Rivelazioni

nel 1840/1844 al mistico e profeta

Jakob Lorber

 

Il governo della famiglia di Dio

 

(vol. 1)

 

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Traduzione dall’originale tedesco “Die Haushaltung Gottes (1)” – in tre volumi

Traduzione dalla 5°. edizione tedesca 1981

Casa Editrice del testo originale: LORBER VERLAG - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

 

Testo in italiano - Copyright © by Associazione Jakob Lorber

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

Traduzione di Salvatore Piacentini (1925)

ISBN   978-88-88-984-21-6

Il testo in PDF può essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it 

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[“Governo della Famiglia” vol. 2]

[“Governo della Famiglia” vol. 3]

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Personaggi

 

Il Signore                  Abedam (l’Alto), lo straniero dai capelli neri (Asmahele), Emanuel

Abedam                    (il conosciuto) figlio di Adamo

Abele                        il secondo figlio di Adamo

Ada                           una delle due mogli di Lamec (della pianura)

Adamo                      il primo uomo (a immagine di Dio)

Aholin                       fratello di Gioliele

Ahujel                       discendente nipote di Set

Asmahaele               lo straniero (poi rivelatosi il Signore)

Aza                           moglie di Ahujel

Bhusin                      uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)

Cad                           uno dei re delle dieci città di Hanoch

Caino                        il primo figlio di Adamo

Carac                        uno dei re delle dieci città di Hanoch

Chisehel                   uno dei figli di Adamo del Mezzogiorno (Meridione)

Emanuel                   il nuovo nome di Asmahaele

Enoch                       figlio di Jared (agì come la volontà di Jehova)

Enos                         figlio di Set (fu predicatore del nome di Dio)

Eva                           la prima donna

Farac                        uno dei re delle dieci città di Hanoch (fu una saggia guida di Dio)

Ghemela                   una delle cinque figlie di Zuriel, pronipote di Chisehel

Gioliele                     fratello di Aholin

Hail                           figlio più giovane di Metusael

Hanoch                     figlio di Caino

Hlad                          uno dei re delle dieci città di Hanoch

Hored                       un discendente di Set

Huid                          uno dei re delle dieci città di Hanoch

Irad                           figlio di Hanoch (poi discepolo di Farac)

Jabal                         figlio di Lamec e di Ada, fratello di Tubalkain (fu padre degli abitanti delle capanne)

Jared                        figlio di Maalaleel

Jeha                         moglie di Set

Jored                        figlio più anziano di Metusael

Jubal                         figlio di Lamec e Ada (era musicista)

Jura                          uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)

Kaeam                      figlio di Set della decima generazione

Kenan                       figlio di Set

Kuramech                 uno della stirpe di Jabal

Lamec                      figlio di Metusael

Lamech                    figlio di Matusalem

Maal                         fratello di Noè

Maalaleel                  figlio primogenito di Kenan

Mahujel                     figlio minore di Irad

Matusalem                figlio di Enoch

Meduhed                  un comandante di Lamec

Metusael                   Figlio di Mahujel (scienziato, naturalista)

Molachim                  uno dei re delle dieci città di Hanoch

Naeme                      figlia di Lamec e Zilla (domatrice degli animai selvaggi)

Noad                         uno dei re delle dieci città di Hanoch

Noè                           figlio di Lamech

Ohorion                    uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)

Set                            terzo figlio di Adamo

Setlahem                  figlio di Enos

Tahirac                     uno dei re delle dieci città di Hanoch

Tatahar                     (un essere crudele e assetato di sangue)

Tubalkain                  figlio di Lamec e Zilla (fu maestro lavoratore dei metalli)

Ufrac                         uno dei re delle dieci città di Hanoch

Ufrahim                     uno dei re delle dieci città di Hanoch

Zilla                           una delle due mogli di Lamec

Zuriel                        nipote di Chisehel

 

Cap. 1

Paterni richiami del Padre celeste ai suoi figli

15 marzo 1840

 dopo le 6.00 del mattino

“Così ha parlato il Signore a me e, in me (Jakob Lorber), per ciascuno, e questo è vero, fedele e sicuro

1. Chi vuol parlare con Me, venga a Me, ed Io gli metterò la risposta nel cuore; tuttavia solo i puri, il cui cuore è pieno di umiltà, percepiranno il suono della Mia voce.

2. E chi preferisce Me al mondo intero, e Mi ama come una tenera sposa ama il suo sposo, con questi voglio andare mano nella mano. Egli sempre Mi vedrà come un fratello vede l’altro fratello, e come Io lo vedevo fin dall’eternità, prima ancora che egli fosse.

3. Agli ammalati dì questo: essi non devono affliggersi nella loro malattia, bensì devono rivolgersi seriamente a Me e fidarsi completante di Me. Io li consolerò, e un fiume del più delizioso balsamo si riverserà nel loro cuore, e la sorgente della vita eterna si rivelerà in loro in modo inesauribile; guariranno e saranno ristorati, come l’erba dopo una pioggia torrenziale.

4. A quelli che Mi cercano, dì loro: Io sono ilVeritiero, dappertutto e da nessuna parte’. Sono dappertutto, dove Mi si ama e si osservano i Miei Comandamenti; da nessuna parte, invece, dove Mi si adora e Mi si venera soltanto. Non è forse l’amore più della preghiera, e l’osservanza dei Comandamenti, più della venerazione? In verità, in verità ti dico: Chi Mi ama, Mi adora in spirito, e chi osserva i Miei Comandamenti, è colui che mi adora nella verità!”. I Miei Comandamenti nessuno li può osservare, se non colui che Mi ama; ma chi Mi ama non ha altro comandamento che questo: amare Me e la Mia Parola vivente che è la vera, vita eterna!

5. Ai deboli annuncia dalla Mia bocca: Io sono un Dio potente. Essi devono rivolgersi tutti a Me, ed Io li completerò. Da un acchiappa zanzare ne farò un domatore di leoni, i timorosi distruggeranno il mondo e i potenti della Terra saranno dispersi come pula.

6. Ai danzatori e alle danzatrici dì senza timore che tutti sono stati presi da Satana. Ossia, egli li afferra tutti quanti per i piedi e girandosi velocemente attorno a loro, ripetutamente in un circolo vorticoso, ne diventano in tal modo completamente storditi, e non possono né stare in piedi, né andare, né sedere, né dormire, né riposare, né guardare, né ascoltare, né provare, né fiutare, né gustare, né percepire, poiché sono come morti, perciò non li si può né consigliare né aiutare. E se volessero rivolgersi ancora a Me, allora accadrebbe loro come a uno che una persona forte li prendesse per i piedi e li facesse girare in cerchio attorno a sé; anche se costui alzasse lo sguardo al cielo, non vedrebbe il Sole, ma solo una striscia luminosa che lo accecherebbe, così che poi vorrebbe chiudere gli occhi e non vedrebbe più nulla.

7. Chi ha gli occhi del corpo ciechi, ha ancora aperta la vista dello spirito; ma chi diventa cieco nello spirito, rimane cieco eternamente!

8. Ai giocatori dì questo: che essi, giocando, perdono innanzitutto la loro vita, e dopo, tutto ciò che è stato dato a loro per questa. Il gioco, infatti, è un pozzo pieno di velenoso sudiciume, ma i giocatori credono che sia una sorgente d’oro nascosta. Perciò frugano giornalmente in questa stessa, sorbiscono l’alito pestilenziale nelle narici, si avvelenano da parte a parte e, al posto del presunto oro, trovano l’eterna morte dello spirito.

9. Coloro che possiedono le Scritture e non le leggono, somigliano a un assetato al pozzo in cui vi è acqua pura, ma non la vogliono bere, o per un certo spirituale timore dell’acqua, simile ai cani rabbiosi che invece di porre il loro muso nell’acqua e guarire, mordono le pietre più dure per placare la sete ardente; oppure soprattutto per una certa tiepida pigrizia, e quindi preferiscono farsi presentare da certi indolenti servitori del fango puzzolente dalla più vicina pozzanghera per dissetarsi, per poi perire tutti malamente.

10. Ai fornicatori e alle fornicatrici, invece, dì questo: chi cammina nella carne, cammina nella morte, e il suo piacere sarà presto trasformato in cibo per i vermi. Solo chi cammina nello spirito giunge alla Luce, alla Sorgente di ogni vita; la sua parte sussisterà in eterno e si accrescerà.

11. Ai patiti dell’abbigliamento lussuoso e della moda dì seriamente: essi stanno nudi davanti al loro giustissimo Giudice! Il loro splendore svanirà come schiuma; la loro sete di potere e lo splendore saranno tramutati nella più bassa schiavitù, e dovranno vergognarsi eternamente della loro stoltezza. Non è un grande stolto colui che si propone di indorare un mucchio di letame e, invece che nell’oro, fa incastonare le pietre preziose nel più sudicio escremento? Oh, nel mondo, adesso, di pazzi ce ne sono proprio così tanti! Scambiano la luce per tenebre, e le tenebre per luce!

12. Già in Oriente sta una stella che romperà l’orbita a Orione, e il fuoco del Cane Maggiore li consumerà tutti; ed Io voglio scagliare una grande quantità di stelle dal cielo sulla Terra, affinché tutti i malvagi periscano e la Mia luce splenda dappertutto.

13. Io, Jehova, Dio dall’eternità, il Veritiero e il Fedele, per l’ultimo avvertimento! Amen!

14. Tu, che hai trascritto questo in modo brutto, vale prima per te, poi per tutti gli altri! Amen! Questo lo dice il Primo e l’Ultimo! Amen!

 

 

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Cap. 2

Ulteriori richiami del Signore agli uomini

16 marzo 1840

Così ha parlato il Signore a me e, in me, per ciascuno; e questo è vero, fedele e sicuro:

1. Tu sei il Lot di Sodoma, ma vedi di non soffocare nella fornicazione, e che l’eredità della meretrice non diventi la tua parte, poiché tu sei come nessuno prima di te né dopo di te. Tu come uomo sei completamente nella carne e nei suoi piaceri, e come spirito sei completamente libero con occhi e orecchi aperti. Tu imbratti il tuo corpo di escrementi, e sul tuo spirito si riversano fiumi di luce; il tuo corpo mangia con le scrofe, mentre il tuo spirito è circondato da mille angeli. Hai riempito il tuo cuore mondano di letame ed escrementi, ed Io Mi sono eretto una dimora nel tuo cuore spirituale. Tu conversi con le meretrici, mentre Io parlo con te come un Fratello al fratello; tu emani fetore come un pantano, e il tuo spirito respira le fragranze del più alto dei Cieli. Tu sei un mostro, e il tuo occhio eclissa i soli. Perciò purifica la tua carne e diventa uno con Me, affinché Io diventi Uno con te!

2. Alle madri ansiose che non devono educare le loro figlie nel timore degli uomini e del mondo – poiché nella tentazione a ciò che si teme si obbedisce ciecamente, e al temuto diventerà facile la vittoria – bensì devono preferire educarle nel timore e nell'amore per Me, affinché diventi Io il Vincitore, ed esse trascurino il mondo e si delizino nel Mio sconfinato Amore. Esse non devono condurle in luoghi pubblici allo scopo di ottenere un marito, bensì da Me, devono portarle da Me, ed Io ti dico: non uno dei loro desideri dovrà restare non benedetto e insoddisfatto, poiché Io sono un Dio ricco che in tutto ha la più infinita sovrabbondanza, che tutto può e vuole anche dare nella massima misura.

3. I poveri non devono elemosinare davanti alla porta del ricco, dove sperimenterebbero la sorte dei cani estranei, e il loro cuore verrebbe invertito in tristezza e amarezza, bensì devono solo venire da Me con la più salda fiducia, e li ristorerò tutti. L’affamato voglio sfamarlo, l’assetato dissetarlo, l’ignudo vestirlo e l’ammalato guarirlo; lo zoppo dovrà saltare come un cervo, il lebbroso sarà purificato, il cieco vedrà, il sordo udrà, e il debole lo renderò più forte di un leone; il timoroso sarà più coraggioso di un arzillo puledro, e il vecchio troverà riposo. Il povero è il Mio fratello più vicino, provvedo Io per lui. Perciò egli non deve lasciarsi profanare dai cani, poiché i ricchi del mondo sono fratelli di Satana, e figli del diavolo vengono dall'inferno.

4. Ai Miei amici e alle Mie amiche dì loro: essi non devono amare i Miei servitori e inservienti più di Me! La loro salvezza non devono metterla tanto nelle loro mani, bensì, piuttosto interamente nelle Mie, e affidarsi completamente a Me. Il servitore, infatti, deve agire rigorosamente secondo il comando, se non vuol essere trovato indegno. Solamente il Datore della Legge sta al di sopra della stessa, e può anche mettere al di sopra di essa chi vuole, ma finché stanno sotto il giogo, saranno giudicati; invece, chi viene da Me, a questi Io posso condonare il giudizio.

5. La Mia Chiesa sulla Terra è un bagno purificatore; chi si è lavato venga da Me, affinché Io lo asciughi col calore del Mio Amore e lo conservi. Chi invece prova solo piacere a schizzarsi e bagnarsi, a costui va come alle ruote del mulino che non escono mai dall'acqua.

6. Se qualcuno ha operato vera penitenza, venga da Me, affinché Io lo accolga come un figliol prodigo e lo custodisca nella Mia forza, poiché l’inserviente può consigliare, Io invece posso farlo! Il servitore può istruire, ma la redenzione è solo opera Mia! L’inserviente può pregare, ma solo Io posso benedire! Il Mio servitore deve giudicare rettamente, ma il diritto alla grazia ce l'ha solo il Signore! Perciò essi, al di sopra dei servitori e degli inservienti, non devono dimenticarsi del Signore!

7. Questo devi dirlo a loro fedelmente, parola per parola, del tutto senza timore, poiché non devi temere il mondo se Mi vuoi amare, perché Io sono più che il mondo intero.

8. Per il mondo sono un Eroe molto piccolo, al Quale non si dà alcuna importanza. Gli eruditi Mi guardano a mala pena dall’alto delle spalle, e con estrema fatica Mi lasciano ancora la nomina di Uomo onesto. Alcuni, invece, Mi hanno già completamente licenziato, quindi per costoro non sono più esistente. Alcuni Mi concedono certamente un qualche tratto ancora divino, tuttavia solo per breve tempo; dopo, però, si lasciano istruire dai sapienti del mondo su un qualcosa di meglio. Allora vengo subito depennato in modo infame e, tutt'al più, considerato ancora come un vecchio Dio per donnette. Per alcuni Miei servitori e inservienti che vogliono essere grandi, Io servo ancora semplicemente solo come un sigillo di ufficio pubblico e come esteriore avvolgimento di parvenza divina della loro nera insensatezza e della loro rozza, tenebrosa stupidità e follia! Nondimeno, certuni Mi lasciano probabilmente di sicuro essere ancora nella Mia Divinità, ma in cambio, per i loro vantaggi temporali, devo lasciar fare di Me ciò che vogliono, e precisamente, il che è peggio di tutto: devo essere una mera assurdità! Posso avere Amore e Misericordia solo finché fa comodo a loro, ma poi devo diventare più inesorabile di una pietra, e devo lasciarMi trasformare nel più vergognoso dei tiranni! Devo saltare da un seggio di giudice all'altro ed emettere una condanna dopo l'altra; il Mio Amore deve essere, quindi, solo temporale, ma la Mia tirannia e il giudizio più severo ad essa associato devono durare in eterno! – O mostruosi pazzi! La Mia sconfinata Longanimità, la Mia Mansuetudine, la Mia Umiltà e il Mio eterno Amore per le Mie creature, certamente non sono utili alle loro avide cianfrusaglie. Presto, però, dovrà essere tirata una riga attraverso tutti i loro conti! Questi stanno dinanzi a Me, e la misura delle loro azioni è diventata piena, ne manca solo una, e la ricompensa li attende!

9. Chi non Mi conosce come sono e chi Io sono, sarebbe meglio che non sapesse nulla di Me, poiché allora potrei ancora renderlo vivente di là nel regno degli spiriti; invece così si rendono incapaci di ricevere il Mio aiuto, perché uccidono la vita in se stessi, distruggendo Me in se stessi, e quindi anche Mi uccidono e sono i tralci separati dalla vite.

10. Adesso vi dico questo: "Io sono l'unico, eterno Dio nella Mia natura trinitaria, quale Padre secondo la Mia natura divina, quale Figlio secondo la Mia natura perfettamente umana, e quale Spirito secondo ogni vita, attività e conoscenza". Dall'eternità sono l'Amore e la Sapienza stessa. Non ho mai ricevuto qualcosa da qualcuno. Tutto ciò che esiste proviene da Me, e chi ha qualcosa, l'ha da Me! – Come potrei essere un tiranno e un giudice che emette condanne? – O voi stolti! Io vi amo, e voi Mi disprezzate! Io sono Padre vostro; voi fate di Me un giustiziere! Dove benedico, voi maledite! Dove costruisco, voi distruggete! Ciò che innalzo, voi lo demolite! Dove semino, là convogliate flussi soffocanti! Voi siete in tutto contro di Me! – Se Io fossi come voi dite che sia, in verità, vi dico che la Terra non esisterebbe più già da lungo tempo, anzi non sarebbe neanche mai stata creata, ma poiché sono come sono, allora tutto sussiste ancora com’era e come sarà eternamente! E anche voi sarete come volete essere, senza il Mio giudizio di condanna, poiché sarete quello che voi stessi vi siete fatti. Invece, coloro che Mi prendono come sono e Mi amano come li amo Io, di loro farò quello che vogliono, affinché la loro libertà e la loro gioia siano eternamente perfette!

11. Ai Miei servitori e inservienti dì loro: i Miei incarichi non sono né banche di cambio né botteghe di denaro, poiché chi Mi serve a motivo del denaro, non Mi serve per amore, e chi non Mi serve per amore, il suo servizio Mi è estraneo, così come Io devo essergli completamente estraneo, dal momento che non Mi serve per amore. Con lui ho già chiuso il conto! – Ma come può essere un servo, fedele, colui che, come un ladro, ha venduto i tesori del Signore senza autorizzazione, per i prezzi più scandalosi? Iscariota, per lo meno, Mi ha veduto per trenta monete d'argento, senza sapere in anticipo cosa Mi sarebbe accaduto, poiché era abbagliato, e andò perduto. Adesso, invece, Io sono già come martirizzato, ucciso e di nuovo risorto per avere a ogni minuto il prezzo irrisorio più scandaloso. – O vergognosi ladri, voi, assassini! – A cosa vi dovrò paragonare? Voi, figli del drago! Voi, razza di vipere! Voi, cova di serpenti! È così che Mi servite? È così che vi devo trovare? Per mezzo del Mio caro Paolo vi feci certamente dire che chi serve all'altare deve anche vivere dell'altare (Cor. 9,13), ma solo dalle opere dell'amore che operano ogni bene; invece voi non avete opere dell'amore, – perciò siete rapinatori, ladri e assassini del Vangelo e di ogni verità! Voi lo sapete: «Come il lavoro, così la ricompensa!». L'amore non si può avere per denaro, bensì, ancora solo per amore. Io sono l'Amore stesso e, all’infinito, non Mi si può avere a nessun altro prezzo se non, ancora per amore! Vi ho comprati tutti con l'amore, perciò pretendo da voi tutti, ancora amore! Perciò, chi Mi vuol servire, Mi serva nell'amore, nel quale sono morto per lui sulla croce; e chi vuol venire a Me, venga a Me nell'amore che ha sanguinato per lui sulla croce.

12. Ai funzionari e ai signori del mondo dì senza timore e in modo completamente fedele, che i loro incarichi non stanno più in alto degli incarichi del Mio regno. Tuttavia, qualunque incarico che è contro i Miei incarichi, tra poco lo distruggerò! Guai ai suoi servitori, poiché Io sono l’Altissimo, la Mia Legge è eterna come lo sono Io, e rimarrà eterna come eterno sono Io! Le tarme che vogliono rodere la Mia Legge e fare altre leggi dal loro escremento per cancellare i Miei Comandamenti, su questi essa (la Mia Legge) si rovescerà con grande peso e gravità e li distruggerà come se non fossero mai esistiti! Chiunque pecchi contro i Miei Comandamenti può essere perdonato se si migliora, se riconosce i suoi errori e si pente, e poi, se si rivolge a Me e rimane in Me ed Io in lui; ma chi vuol minare la Mia Legge, questa lo schiaccerà, ed egli d’ora in poi non sarà più in eterno! Tutte le leggi del mondo minano i Miei Comandamenti, a meno che non sono date dal Mio Amore da uomini che sono stati istruiti dal Mio Spirito. Guai ai tiranni! Guai ai despoti che governano per il trono, per il potere e per il prestigio, poiché non manca più molto tempo, ed essi sperimenteranno il potere dei deboli! Il terreno è Mio, e il campo è Mio! Questo lo dice il Veritiero, l'eterno Dio dell’Amore e della Sapienza, e lo rivela a un folle per i sapienti del mondo!

Amen! – Io, Jehova! – Amen!"

 

 

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Cap. 3

Il Signore quale Padre dei Suoi figli

20 marzo 1840

Così ha parlato il Signore a me e, in me, per ciascuno, e questo è vero, fedele e sicuro:

1. Io sono un buon Padrone di casa; neanche una briciola va perduta. Chi investe il suo capitale presso di Me, otterrà alti interessi e rimarrà iscritto nel Mio Cuore, e gli interessi cresceranno per tutte le eternità delle eternità. Da’ uno sguardo in alto, stolto, e contempla il cielo stellato! Chi ha mai contato i soli il cui numero non ha fine, e tutte le terre che ho creato a migliaia attorno a ciascuno singolarmente? Ed Io, che sono veritiero e fedele in ogni Mia parola, ti dico: «Per un centesimo darò una terra, e per un sorso d'acqua fresca, un sole!». In verità ti dico: "Il più piccolo servizio d’amore per il prossimo, sarà ricompensato nel modo più portentoso e inesprimibile!"

2. Tu Mi domandi se certamente dappertutto ci sono anche uomini come qui sulla Terra che abiti, ed Io ti dico: sì, dappertutto ci sono uomini che provengono dalle Mie viscere e Mi riconoscono secondo il tipo di viscere; e quelli che provengono dalle Mie mani Mi riconoscono secondo le Mie mani; e quelli che provengono dai Miei piedi Mi riconoscono secondo i Miei piedi; e quelli che provengono dalla Mia testa Mi riconoscono secondo la Mia testa; e quelli che provengono dai Miei capelli Mi riconoscono secondo i Miei capelli; e quelli che provengono dai Miei lombi Mi riconoscono secondo i Miei lombi; e in generale, quelli che provengono da ogni singola parte del Mio essere corporeo, Mi riconoscono in modo corrispondente a tale parte. E la loro vita e la loro beatitudine corrispondono alla parte da cui provengono, e tutti sono Mie creature che Mi sono care, poiché Io sono tutto Amore, e dappertutto sono l'Amore stesso.

3. Gli uomini di questa Terra, invece, li ho chiamati fuori dal centro del Mio Cuore, e li ho creati perfettamente a Mia immagine e somiglianza, e non dovevano essere solo Mie creature, bensì i Miei cari figli che non devono riconoscerMi come Dio e come il Creatore, ma solo come il loro buon Padre, Colui che, dopo un breve periodo di prova, vuole riprenderli completamente a Sé, affinché abbiano tutto quello che Lui stesso ha, e possano dimorare presso di Lui eternamente e, con Lui, regnare e dirigere l'Universo. Ma vedi, tutte le Mie creature Mi amano come loro Creatore nella grata gioia della loro esistenza; mentre i Miei figli (qui) non vogliono il loro Padre e rifiutano il Suo Amore!

4. Vedi, Io Mi rattristo quando li vedo di ora in ora, mille e mille volte mille, come appassiscono e muoiono! Oh, se solo potessi aiutarli! – Non è triste quando l'Onnipotente non può aiutare?

5. Tu Mi chiedi già di nuovo: come è possibile questo? Oh, “Sì!”, ti dico Io, “Questo è molto possibile!”. Vedi, tutte le Mie creature sono appese alla Mia potenza, ma i Miei figli sono appesi al Mio Amore! La Mia potenza comanda, e così avviene, ma il Mio Amore desidera soltanto, e comanda in tutta mitezza ai figli liberi, e i figli, liberi, si tappano gli orecchi e non vogliono guardare il volto del loro Padre. Perciò, poiché sono liberi come lo sono Io, non posso aiutarli se non lo vogliono, poiché la Mia potenza va al di sopra di tutto; invece la Mia Volontà è soggetta ai Miei figli. Ciascuno, però, deve mettersi bene in testa questo: «Io sono il Padre vostro, ma sono anche il Dio vostro, e all'infuori di Me non c'è più nessuno!». – Mi volete come Padre, …o come Dio? Le vostre azioni Mi daranno la risposta decisiva.

6. Allora annotatevelo: – l’Amore dimora solo nel Padre, e si chiama "il Figlio". Chi lo disdegna, cadrà in mano alla potente Divinità e sarà eternamente privato della sua libertà, e la morte sarà la sua parte, poiché la Divinità dimora anche all'inferno, ma il Padre dimora solo in Cielo. Dio giudica ogni cosa secondo il Suo potere; ma la grazia e la vita eterna sono solo nel Padre e rappresentano "il Figlio". La Divinità uccide tutto; ma il Figlio, ovvero l'Amore in Me, ha vita, dà vita e rende viventi.

7. Tutte queste cose le dice il buon Padrone di casa, quale parsimonioso Padre, a tutti i Suoi figli affinché si migliorino, e un giorno prendano l'eredità che Io ho preparato e serbato così fedelmente per loro dall'eternità.

8. Ai tuoi amici e fratelli dì questo con tutto l’amore: Io, il loro amorevolissimo Padre, ho già steso entrambe le braccia per stringerli tutti eternamente al Mio Cuore! Essi mai più dovranno distogliersi da Me, bensì devono guardare costantemente al Mio volto, e i Miei occhi diranno loro, anzi proclameranno loro ad alta voce, quanto Io li ami e quanto intendo fare sinceramente con loro!

9. Riferisci loro: – Ho tolto dai Miei occhi i loro peccati e li ho lavati e resi bianchi come la neve; ora non c'è più alcun ostacolo. Io non voglio più essere per loro un Padre invisibile, essi devono guardarMi continuamente, gingillarsi con Me, scherzare e rallegrarsi, e tutte le loro preoccupazioni devono ora affidarle a Me!

10. Oh, con quale gioia voglio continuare a prenderMi cura di loro! Oh, cosa sono tutte le gioie e le beatitudini dei Miei Cieli per Me, il Padre, in confronto a quella di essere amato dai Miei cari figli, quale unico, vero Padre?

11. Vedi, tutte le beatitudini Io ve le dono in cambio di quest’unica cosa che ho stabilito solo per Me (essere amato dai Suoi figli), e perciò i Miei figli non devono chiamare nessuno come Me, se non unicamente Me, loro Padre, poiché Io lo sono, e anche con ogni diritto, e nessuno può toglierMi questo diritto, poiché Io sono l'Unico, il Solo, e all'infuori di Me non c'è più nessuno!

12. E vedi, (questi peccati) te li voglio indicare tutti per nome[1]: I1(inferno)P(passione)R1(ragione accoppiata all’intelletto)T(talento germogliante con l’intelletto)) E(egoismo) GM(gioia maligna)I(impulso a elevarsi)A(attaccamento) M(falsa moralità) S(sensualità). Essi devono ricevere tutti il Mio saluto paterno e, oggi stesso, se vogliono, devono essere aperte per loro le porte del Cielo, che sono gli occhi del loro spirito, e oggi stesso voglio dimorare nel loro cuore. Una cosa soltanto devono ancora fare con perseveranza, vale a dire, devono lavare la loro carne e purificarla al pozzo al cui interno c'è l’acqua vivente, e devono prendere un bastone che, per metà è nero e per metà è bianco; lo spezzeranno a metà, e getteranno la parte nera sotto i piedi del mondo, e terranno la parte bianca per sé come segno del fatto che hanno rotto per sempre col mondo e con la loro carne.

13. Questo, però, è da fare così tanto in modo da entrare seriamente in se stessi, riconoscersi completamente e poi presentare dinanzi a Me in modo fedele e vero nel loro cuore i loro difetti riscontrati. Io estirperò l’immondizia dai loro cuori e li colmerò col fuoco del Mio divino-paterno Amore. E così, purificati, devono poi mostrarsi al sacerdote attraverso e nella confessione; e dopo verrò Io e, all’altare, terrò con loro il banchetto.

14. Inoltre, dì loro anche questo: che non devono urtarsi nella Chiesa e della Chiesa, poiché ogni cibo che Io raccomando, lo purifico per colui che lo vuol gustare nello spirito e nella verità; e allora lo dovrà gustare senza preoccupazione. Ciò che Io do ai Miei figli è puro, e non viene profanato dalla forma esteriore per coloro per i quali l'ho benedetto. Io benedirò il tempio, e sarà santo il luogo dove si troveranno, poiché Io, il vostro Padre santo, sarò in mezzo a loro là dove andranno, e a loro non dovrà essere torto un capello.

15. Dì loro in modo del tutto preciso e certo: il Mio Amore li attende e le Mie braccia non le voglio chiudere, se non quando, tutti riposeranno tra le Mie braccia, dove vedranno il loro amorevolissimo Padre santo, faccia a Faccia, e la loro gioia non avrà mai fine. Amen!

16. Dì a tutti coloro che Mi cercano, che Io sono sempre a casa, non vado mai fuori, e non ho stabilito solo certe ore o tempi in cui si possa venire da Me come dai re della Terra e da tutti i grandi del mondo. Quindi non solo al Sabato o nei giorni festivi, bensì in ogni momento Mi è gradito un cuore che ama, e perfino di notte non ho mai sprangato a nessuno la porta; quindi ogni volta che busserete, Io dirò sempre: "Avanti!"

17. Tu devi dire, e ora puoi già dirlo francamente e liberamente, se ti ho mai obbligato a fare qualcosa in un determinato momento, oppure, se non è sempre stato lasciato alla tua libera volontà di venire da Me a chiederMi qualcosa che volevi sapere, e se ti sono mai rimasto debitore di una domanda. E se Mi hai chiesto dall'inferno, ti ho risposto; e se eri sulla Terra, ho parlato con te; e nei Cieli ho parlato con te. Di giorno e di notte il Mio orecchio è stato costantemente rivolto a te. Ciò che tu scrivi qui, lo scrivi solo secondo il tuo tempo e il tuo comodo, e per Me va sempre molto bene, e fino a quando lo vuoi e quanto vuoi, vedi, a Me va bene! Perciò dì loro del tutto fedelmente: per Me è completamente indifferente! Quando qualcuno viene da Me, sarà ascoltato e accettato!

18. Dì ai figli: non devono prendersi gioco di Me, ma devono prendere questo seriamente! Dì loro che Io non sono affatto un burlone, né sono disposto ad alcuno scherzo, poiché ho intenzioni serie con tutti, con i grandi e i piccoli, con i giovani e i vecchi, con gli uomini e con le donne. Con Me non ci sono eccezioni!

19. Poiché vedi, le Mie creature che non sono utili le distruggo all'istante e le anniento per l'eternità, ma per i Miei figli ho anche punizioni in quantità e castigherò i disubbidienti fino all'ultima goccia del loro sangue, e poi riconosceranno certamente che Io, per lo meno, sono il Signore della casa, …se proprio non vogliono riconoscerMi come Padre amorevole e santo.

20. Guai a coloro che disconoscono e interpretano male i Miei castighi paterni! Dico ancora una volta: "Guai a loro!". Il Padre li ripudierà, e allora avranno a che fare con il loro eterno inflessibile Dio! Questo lo dico a te come a un cattivo e pigro servitore. – Amen! – Io, Jehova! – Amen!

 

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Cap. 4

La vera Chiesa

22 marzo 1840

Così ha parlato il Signore a me e, in me, per ciascuno, e questo è vero, fedele e sicuro:

1. La Mia grazia è un ricco tesoro, chi la riceve non mancherà mai di nulla, né nel tempo né nell'eternità; perciò ognuno deve sforzarsi di farla subito propria, poiché Io la dono sempre e solo a tutti quelli che la vogliano avere.

2. Infatti, vedete, se volete il perdono dei vostri peccati, vi saranno perdonati; e se operate il vero pentimento per mezzo di Gesù che è la Mia Parola vivente e l'Amore in Me, le porte del Cielo vi staranno aperte; e se volete entrare, potete entrare, e là vedere il volto del vostro Padre santo, che sono Io, l'eterno Dio Jehova.

3. Questo potete farlo in virtù della Parola vivente, la quale è Gesù Cristo, ovvero l'eterno Amore e la Sapienza in Me, da cui scaturisce tutto il buono e il vero. L'amore vi è stato dato fin dal principio, poiché esso è la più effettiva vita in voi, così come la forza nelle Mie creature, che certamente proviene anche dal Mio Amore, ma nondimeno non è l'Amore stesso, dato che in essa non c’è libertà, ma solo l'effetto dell'Amore che, però, in sé e per sé è senza vita. – Pertanto, anche tutto ciò che proviene dalla forza, in sé e per sé è materia morta, la cui vita è solo apparente, …ma in realtà è morte!

4. Perciò, se qualcuno lega il suo amore al mondo materiale, allora il suo amore in sé viene schiacciato dal potere della morte, e la conseguenza è poi il destino della materia, ovvero la morte.

5. Chi invece rivolge il suo amore verso di Me e lo fissa a Me, ricongiunge il suo amore con l'Amore, ovvero con la Vita di ogni vita; allora diventa vivente da parte a parte.

6. Ora, però, vedi: – l'amore in sé e per sé è cieco e buio, e proprio in tal modo è libero e indipendente, – ma proprio per questo è anche nel pericolo più grande di perdersi e andare in rovina.

7. Pertanto, a ogni amore per Me, in aggiunta, do anche subito, secondo il grado della sua grandezza, la giusta parte di luce, e questo è un dono, e si chiama ‘Grazia’; con questa Mi riverso in ciascuno secondo il grado del suo amore.

8. Perciò, se qualcuno ha l'amore, dato che rende in sé vivente la Mia Legge – la quale è il supremo Amore – su di lui si riverseranno fiumi di luce, e il suo occhio penetrerà la Terra, …e vedrà le profondità dei Cieli!

9. Dillo ai figli, e diglielo a tutti, possano essere di qualunque religione vogliano, – se della romana, o protestanti, o giudei, o turchi, o bramini, o tenebrosi pagani, – in breve, che sia detto a tutti: "Sulla Terra c'è una sola vera Chiesa, e questa è l'amore per Me in Mio Figlio, il cui Amore è lo Spirito Santo in voi, e si fa riconoscere attraverso la Mia Parola vivente, e questa Parola è il Figlio, e il Figlio è il Mio Amore, ed è in Me, ed Io Lo compenetro completamente, e noi siamo Uno, e così Io sono in voi, e la vostra anima, il cui cuore è la Mia dimora, è l'unica vera Chiesa sulla Terra. Solamente in essa c’è la vita eterna, ed essa è l'unica che rende beati".

10. Infatti, vedi, Io sono il Signore sopra tutto ciò che esiste! Io sono Dio, l'eterno e potente, e come Tale sono anche il Padre vostro, il Santo e amorevolissimo. E tutto questo lo sono nella Parola; ma la Parola è nel Figlio, e il Figlio è nell'Amore, e l'Amore è nella Legge, e la Legge vi è stata data. Se la osservate e operate di conseguenza, l'avrete accolta in voi; allora diventa vivente in voi ed eleva voi stessi e vi rende liberi, e allora non siete più sotto la Legge, ma al di sopra della stessa nella Grazia e nella Luce, la quale è tutta la Mia Sapienza.

11. E questa è la beatitudine, ovvero il regno di Dio in voi, ovvero l'unica Chiesa sulla Terra che rende beati, e in nessun'altra c’è la vita eterna, che solo unicamente in questa.

12. Oppure, credete forse che Io dimori tra i muri, nelle cerimonie o nella preghiera, oppure nel culto? Oh, no, vi sbagliate di grosso, poiché là non sono da nessuna parte, – bensì, solo dove c'è l’amore, là sono anch'Io, poiché Io sono l'Amore, ovvero, la Vita stessa! Io vi do amore e vita e Mi unisco solo con l'amore e la vita, giammai con la materia o con la morte!

13. Per questo (Io, Gesù) ho vinto la morte e Mi sono reso soggetta la Divinità, affinché avessi ogni potere su tutto ciò che esiste, e il Mio Amore governasse eternamente e rendesse vivente tutto ciò che gli è soggetto.

14. E allora, come potete ritenere che Io vi attenda nella morte, mentre sono la Vita stessa? Perciò andate prima nella vera Chiesa, poiché al suo interno c’è la vita, – solo dopo in quella morta, affinché essa diventi vivente attraverso di voi!

 

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Cap. 5

Il mistero della Creazione

1. (Il Signore): Chi ha orecchi per udire, oda, e chi ha occhi per vedere, veda; poiché, vedi, Io voglio svelarvi un grandissimo mistero, affinché possiate vedere come il vostro Padre amorevolissimo e santo, vuole mostrarSi fraternamente a voi, Faccia a faccia, e farvi gioire del Suo aspetto, poiché i figli devono essere introdotti fin dall’eternità nella grande gestione della casa del loro Padre!

2. La Divinità era fin dall’eternità la Forza che compenetrava tutta l’infinità dell’infinità, ed era ed è e sarà eternamente l’Infinità stessa. Al centro della Sua profondità Io ero, dall’eternità, l’Amore e la Vita stessa in Essa; ma vedi, Io ero cieco come un embrione nel corpo materno! Tuttavia la Divinità Si piacque nell’Amore e Si strinse comopletamente al Suo Amore. E all’Amore divenne sempre e sempre più caldo nel Suo centro, e masse e masse della Divinità vi si affollarono, e tutte le potenze e le forze si precipitarono su di Esso.

3. E vedi, allora sorse un grande rumoreggiare, fremere e infuriare, e l’Amore fu oppresso e premuto da tutte le parti, così che l’Amore tremò fin nell’intimo! E l’Amore percepì tutto ciò, e il rumoreggiare divenne un suono, ma il suono divenne nell’Amore una Parola, e la Parola disse: «Sia Luce!». E allora divampò nel cuore la fiamma dell’Amore che si era acceso, e fu Luce in tutti gli spazi dell’infinità!

4. E Dio vide in Sé la grande gloria del Suo Amore, e l’Amore fu rafforzato con la Forza della Divinità, e così la Divinità si unì con l’Amore per sempre, e la Luce scaturì dal Calore.

5. E vedi, allora l’Amore vide nella Divinità tutte le glorie, al cui numero non vi è fine, e la Divinità vide come tutto ciò si riversava dall’Amore per passare in Essa, e l’Amore vide nella Divinità i Propri pensieri, e trovò grande compiacenza in essi. Allora l’Amore si accese di nuovo, e le forze della Divinità rumoreggiarono attorno ad Esso, e vedi: “I pensieri dell’Amore erano essi stessi amore, ed erano senza numero”.

6. Allora la Divinità vide la propria Gloria, e l’Amore percepì la propria Potenza. E allora, così parlò l’Amore nella Divinità: «Lasciamo che i pensieri della Gloria rimangano stabili (‘fissati’), ed escano, perché diventino liberi, e possano percepirCi e vederCi, come Noi li percepiamo e li vediamo, e come Noi li percepimmo e li vedemmo prima ancora che la Luce illuminasse le loro forme!»

7. Allora la Parola trapassò nella Divinità, e la Divinità divenne ovunque, ‘Amore’. E vedi, allora la Divinità, per la prima volta, disse: «Sia fatto!», e da Dio divenne libera una schiera di spiriti, il cui numero non aveva fine, e l’Amore vide Se stesso moltiplicato all’infinito, e vide in maniera perfetta la Sua infinita bellezza.

8. Ma tutti gli esseri non erano ancora vivi, e ancora non percepivano e ancora non vedevano, poiché essi erano ancora forme ‘fissate’ nella Divinità fuor dall’Amore.

9. E ciò rincrebbe all’Amore, ed Esso si agitò, e l’agitazione salì nella Divinità, e la Divinità diede i Suoi prigionieri all’Amore, e l’Amore compenetrò tutto. E vedi, allora le forme divennero vive, e si meravigliarono, e si scaldarono ai fiumi di fiamme del divino Amore, e ottennero così movimento e attività autonomi! Ma ancora non si riconoscevano.

10. Allora disse nuovamente l’Amore: «Facciamo in modo che si riconoscano, perché possano poi riconoscere Me e anche Te attraverso Me!»

11. Allora la Parola salì di nuovo nella Divinità, e nella Divinità risuonò la Parola, e la Parola divenne Legge, e la Legge era l’Amore, e si riversò in tutti.

12. E vedi, allora furono formati tre, e da essi ne vennero sette! E i tre erano simili all’Amore, alla Luce e alla Divinità, e i sette erano simili ai sette spiriti di Dio, e si chiamarono e si chiameranno eternamente:

I. Amate l’Amore.

II. Temete la Divinità - la quale uccide - per non essere uccisa.

III. L’Amore in voi è santo; perciò stimatevi l’un l’altro, come l’Amore nella Divinità vi stima e prova gioia per voi.

IV. Ognuno è proprietà di se stesso, ed è proprietà dell’Amore di Dio; perciò nessuno diventi preda dell’altro.

V. Nessuno copra mai il proprio volto davanti all’altro, perché l’altro non sappia com’è l’amore, e ciò affinché voi siate come l’Amore che vi chiamò a divenire.

VI. Il vostro interno sia anche il vostro esterno, perché non sorga in voi alcun falso impulso e voi non periate.

VII. Il vostro esterno sia il fedele riflesso del vostro specchio interno, nel quale l’Amore della Divinità Si contempla; altrimenti lo specchio interno sarà spezzato e il vostro aspetto diverrà orribile.

13. Allora la Divinità tuonò negli infiniti spazi un terribile giudizio di punizione per i trasgressori, e così nel sommo timore fu comandata l’adorazione della Divinità, e fu loro comandato di amare l’Amore. Ed essi furono posti fuori nella massima libertà e potevano fare ciò che volevano, e nulla doveva e deve ostacolarli nella loro libertà, fino al tempo in cui si saranno riconosciuti nella loro libertà e nella loro umiltà, affinché la Legge diventi la loro propria legge, ed essi allora diventino perfettamente liberi.

14. Sennonché giunse il tempo in cui essi si riconobbero nella loro grande potenza e nella gloria e maestà che irradiavano su tutto, e il più alto dei tre, simile alla Luce della Divinità, si accese nella sua avidità per impossessarsi completamente della Divinità. Attraverso di lui si accese una grande parte degli spiriti che erano sorti per suo tramite; e tramite costoro anche la Divinità arse nella Sua collera, così come i due spiriti più bassi fra i tre, e lanciò la cattiva masnada nel profondo del profondo della Propria ira.

15. E i due e quelli che erano proceduti da loro, e i sette, nel cui numero erano giusti, furono trovati nella fedeltà della loro umiltà e furono accolti nelle sfere della potenza di Dio; e l’Amore vide che essi erano stati trovati puri, e si rallegrò della loro completezza. E vedi, la Forza della Divinità nell’Amore si erse e la Divinità Si mosse, e i creati percepirono il movimento della Divinità, e la Divinità Si mosse verso il Proprio Amore, e ai creati furono aperti gli occhi, ed essi videro per la prima volta l’eterno Amore.

16. Allora le schiere degli innumerevoli si stupirono e sorse un grande giubilo e una grande gioia fra loro, poiché essi videro la potenza di Dio nell’Amore e videro l’Amore in se stessi, e anche la Forza che li chiamò ad esistere, e si riconobbero e riconobbero l’Amore e riconobbero Dio.

17. Ora Si mosse la Divinità, e i creati ebbero timore della Divinità, e l’Amore vide il loro timore e vide che il loro timore era giusto, e il timore divenne per loro ubbidienza, e l’ubbidienza fu umiltà, e l’umiltà era il loro amore, e l’amore divenne la loro legge, e la legge la loro eterna libertà, e la libertà divenne la loro vita, e la vita la loro beatitudine in eterno.

18. Ora vedi, l’eterno Amore li interpellò, ed essi compresero la Parola! Allora le loro lingue si sciolsero, e la prima parola che sfuggì dalle loro labbra fu "amore". E alla Divinità piacque il suono del loro linguaggio, e la Divinità fu mossa dall’Amore, e il movimento prese forma nei creati, e la forma divenne suono, e il suono fu la seconda parola e fu "Dio".

19. E solo ora i creati furono completi. E l’Amore disse ai creati: «Il primo fra voi andò perduto; perciò assumo Io il suo posto e sarò fra voi eternamente!».

20. Allora le loro lingue si sciolsero di nuovo, e le loro ginocchia si piegarono, ed essi adorarono l’Amore.

21. Adesso, guarda ancora tutto quello che fece l’Amore, e Dio nell’Amore, e l’Amore in Dio! Vedi, l’Amore si dolse per i perduti; ma la Divinità fremette nella Sua ira, e in tutti gli spazi dell’infinità di Dio si udì un grande tuono. E il tuono penetrò fin nell’intimo dell’eterno Amore, e l’Amore soltanto comprese il tuono della Divinità, e il tuono in Lui divenne Parola, e così disse: «Ogni potenza Ti sia soggetta; fa’ come Ti piace e dì ‘Sia!’, e così sarà fatto!»

22. E vedi, l’Amore fu commosso fin nell’intimo, e la prima lacrima fluì dall’occhio dell’eterno Amore, e questa lacrima fluì dal Cuore della Divinità e si chiamava e si chiama e si chiamerà eternamente "Misericordia".

23. Questa lacrima divenne una grande massa d’acqua, e l’acqua si riversò in tutti gli spazi dell’infinità e si riversò nel profondo delle profondità dell’ira della Divinità, e mitigò il fuoco della collera di Dio.

24. E vedi, lo Spirito di Dio nella Sua Forza soffiò dolcemente sulle acque della Misericordia, e le acque si divisero. E Dio parlò dal Suo Amore, e il Suo Amore era la Parola, e la Parola scese nel profondo delle profondità e aleggiò sulle acque, e le acque furono separate come gocce di rugiada, e furono divise in grandi e piccole secondo il numero dei perduti, il quale non ha fine in tutti gli spazi dell’infinità.

25. E vedi, l’ultima goccia che rimase era la più interna delle acque, ed era la più interna della Misericordia; e quella non fu divisa, ma rimase dov’era rimasta, e fu destinata come punto centrale e come teatro della più grande delle azioni dell’eterno Amore.

26. E ora vedi: – quest’ultima goccia fu creata come Terra, che tu e i tuoi fratelli abitate! E le altre gocce furono create come soli, terre e lune di ogni genere, il cui numero non ha fine; e vedi, così sorsero il cielo visibile con le sue stelle, con il Sole, la Luna, e la Terra visibile con i mari e con la terraferma!

27. E ora alza gli occhi in alto e guarda, e comprenderai le meraviglie dell’eterno Amore! Tu vedi sempre lo splendore del Sole, la luce della Luna e il luccichio e scintillio delle stelle nelle loro svariatissime posizioni che voi chiamate costellazioni; tu vedi anche le più disparate formazioni in tutti e tre i regni della Terra naturale; sennonché fino ad ora nessuno ha mai conosciuto a fondo e correttamente compreso che cos’è e da dove viene lo splendore del Sole, e come esso gli fu conferito, e così la lucentezza della Luna e il brillio delle stelle e il loro scintillio, e le loro svariatissime posizioni, e tutte le formazioni della Terra.

28. Poiché vedi, i Miei figli devono essere iniziati in tutte le cose belle che il loro santo e amorevolissimo Padre ha da donare a loro, e precisamente a quei figli che Lo riconoscono e che amano sopra ogni cosa Lui esclusivamente, e che si amano l’un l’altro per amore del loro Padre.

29. Ora vedi: – quando i soli con le loro terre sorsero per la potenza dell’Amore misericordioso dell’eterno e infinito Dio, essi non avevano ancora splendore, né lucentezza, né brillio, né scintillio, poiché vi era ancora una grande notte su tali soli e terre e lune. Ma nel centro dei soli l’eterno Amore fece scendere una piccola scintilla della Sua grazia, e questa scintilla, con rapidità maggiore di quella di un grande lampo, compenetrò di splendore le masse oscure, e vedi, esse illuminarono le terre, e con grande splendore, come tuttora illuminano e illumineranno fino a quando la scintilla di Grazia non sarà loro tolta.

30. E vedi, allora anche le terre e le lune risplendettero, e furono distribuite ai soli in giusto numero, e l’Amore alitò su di essi con la forza e la potenza della Divinità, e vedi, la luce tremolò sui soli, i mari delle terre ondeggiarono e si agitarono vorticosamente nei loro flutti, e le arie e i venti fluirono e spirarono sopra le terre, simili allo Spirito di Dio sopra le acque della Misericordia! E le lune si alzarono poderosamente al di sopra delle loro terre, a cui furono date come un frutto all’albero, e incominciarono a girare intorno ad esse in vaste orbite, come perenni accompagnatrici delle loro origini; e dove ce n’erano molte, esse furono unite in orbite fisse; ciò in segno dell’amore dei figli che devono guardare costantemente il volto del loro Padre, come le lune le loro terre, perché esse non vengano, a motivo della loro soffice costituzione, strappate dalle loro orbite e distrutte.

31. Poiché, vedi, le lune non sono compatte, ma molto soffici[2], e sono simili alla schiuma del mare quando diventa più compatta e più solida, e sono nude e senz’acqua; e l’aria della Terra è come l’acqua delle terre (lune), e l’aria è simile all’etere tra soli e terre. Ed esse (le lune) sono destinate ad accogliere coloro che sono fanatici del mondo, e a racchiudere gli spiriti della materia, e a provare la loro costanza, e a renderli maturi per ricevere la Grazia.

32. E i continenti delle terre sono la parte dell’ira della Divinità addolcita dalla Misericordia, e rinchiudono, in solidi legami, gli spiriti degli smarriti fino al tempo stabilito del loro inconsapevole scioglimento, quando essi poi vengono messi in una materia più tenera, e tuttavia pur sempre per loro abbastanza solida, e cioè legati singolarmente; da questa materia possono poi uscire solamente quando vengono di nuovo risvegliati dall’eterno Amore; e i mari e le acque ne sono pieni, affinché essi vengano posti in umiltà, e l’aria ne è piena, affinché siano purificati. E l’eterno Amore è la forma in tutto; però l’ira della Divinità sulla Terra è solo attenuata, ma non per questo abolita.

33. Ma tieni a mente questo in modo del tutto speciale: “Nel centro del Sole giace la scintilla di Grazia, ed essa, mediante il fuoco dell’ira della Divinità, dà luce al mondo. Invece nel centro della Terra si trova una scintilla d’ira della collera di Dio, simile a un drago di fuoco, che tiene le cattive masnade fissate come pietre, le quali solo mediante l’acqua della Misericordia devono essere ammorbidite, qualora uno debba essere sciolto di nuovo per una seconda prova, per la libertà e per l’eterna vita”. E ora comprendi il mistero del tuo essere, e stupisci per il grande Amore dell’eterna Potenza per quante volte Esso ti ha già fatto nascere da capo, per riguadagnare te, che eri perduto, all’eterna vita, alla libertà, alla legge, all’amore e alla luce, e alla contemplazione del Suo volto. – E vedi, tutto questo Io voglio farlo sapere e fartelo riconoscere, e così anche a molti altri, affinché stavolta possiate finalmente scorgere quanto estremamente buono dev’essere l’eterno Amore, poiché esso, instancabilmente, fa e tollera per voi disubbidienti così tante e grandi cose!

34. Vedi, così è stato dato il movimento alle terre attorno ai loro soli e attorno al loro centro con l’alito della Misericordia dell’Amore, come segno che i figli devono regolare tutto il loro agire secondo il movimento delle terre attorno ai soli e delle lune attorno alle terre, e i deboli devono essere come le lune, e i forti devono essere come le terre, e i rinati devono essere come il Sole. – E i deboli devono guardare il Vigore dell’Amore che non li lascia mai cadere, se essi, come le lune, si volgono costantemente al Volto dell’Amore e Gli girano attorno da tutte le parti in orbite più piccole, e tuttavia per la Sua Forza vengono ugualmente attirati nell’orbita grande. – E i forti devono essere simili alla Terra, ruotando spontaneamente, per tenersi costantemente pronti a ricevere la luce e il calore dalla Grazia dell’Amore, che illumina e vivifica riscaldando mediante la Forza che è in Esso, affinché i forti possano portare frutti di ogni genere dalle opere dell’amore, delle quali i deboli possano saziarsi, ed essi possano ristorare gli incarnati e possano deliziare i rinati. E i rinati dalle acque dell’Amore misericordioso, nei quali la Grazia è perfetta, devono essere come il Sole, e la loro luce deve brillare in tutti i luoghi, e il loro calore deve animare i deboli e deve far fruttificare i forti per il nutrimento dei deboli, perché ci sia una comunità tra i figli di un unico e stesso Padre.

35. E vedi, tu devi osservare ancora più profondamente il come e il perché Io ho preparato tutto così! Vedi, la Luna ha macchie e molti punti scuri, e la Terra a poli freddi ma stabili, ed ha montagne alte ed ha basse valli, ed ha sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi, laghi e grandi e piccoli mari; e il Sole ha macchie, grandi e piccole. Ora vedi, tutto questo è l’effetto dell’Amore e della Grazia, ovvero del corrispondente calore e della luce, e tutto ciò è l’eterno Amore e la Potenza della Divinità attraverso l’Amore. Perciò guarda i deboli e la Luna come si assomigliano, e ti sarà dischiuso il suo essere; osserva i forti secondo tutto il loro agire, e davanti ai tuoi occhi giacerà svelata la Terra; e da un polo all’altro deve esserci la rigida quiete dello spirito nell’amore per l’Amore, affinché tutto ciò che circonda lo spirito si muova in un perenne ordine e possa essere così operante per lo scopo comune dell’eterna conservazione. Infatti, vedi, tutto dipende dalla quiete; senza questa non si può raggiungere nulla, e chi non è come i poli della Terra, costui non penetrerà nel proprio intimo come la linea congiungente i due poli penetra nel centro della Terra. E il vostro amore deve essere freddo come il ghiaccio dei poli, perché voi siate atti a ricevere tutto il calore del divino Amore. Poiché vedi, ciò che è caldo, non è adatto a ricevere il calore; ma ciò che è freddo nella sua quiete, questo è atto a ricevere l’Amore in pienezza e a lasciarlo affluire in tutte le parti della vita. Poiché vedi, chi riceve il calore, che è l’Amore di Dio, lo trattiene saldamente in sé e non lo lascia ulteriormente affluire, costui è un avaro, e sarà dissolto in sé e si distruggerà come il ghiaccio al fuoco; ma chi riceve il calore come i poli, e immediatamente lo dà di nuovo a tutti quelli che sono attorno a lui, vicini e lontani, da lui il divino Amore è al posto giusto e corrisponde interamente alla Volontà del grande e santo Donatore.

36. Questo amore porterà molti frutti e diventerà luce di Grazia, e contemplerà con sguardo costante le incommensurabili profondità della Divinità, simile ai poli, i quali gettano lo sguardo sugli infiniti spazi delle creazioni dell’Amore di Dio, e ad occhi spalancati assorbono in sé i dolci raggi dall’immensità di tutti gli infiniti spazi, nei quali circolano innumerevoli gli esseri della Misericordia, ciascuno secondo la propria specie, e così si accendono di estasi e diletto nel loro amore all’Amore e per l’Amore, e simili a un Sole divengono essi stessi luminosi, simili alla luce dei poli della Terra.

37. Perciò, chi rimane costantemente nel centro dell’amore della conoscenza, il che è la Grazia, i suoi lombi diverranno incandescenti per l’amore da Dio, come la cintura della Terra, e i suoi occhi brilleranno per la conoscenza come i poli, e le sue braccia si muoveranno come i torrenti, i ruscelli e le sorgenti, e le azioni affluiranno ai mari delle divine misericordie, che sono salati con la Grazia e con le conoscenze dell’eterno Amore e dell’eterna Vita.

38. Ora, qui avete la chiave per aprire e per penetrare con lo sguardo la Terra che vi porta».

 

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Cap. 6

La corrispondenza degli astri

1. Ora però alza il tuo sguardo dalla Terra al Sole, che è una fedele immagine dei rinati! Guarda bene e presto ti accorgerai che talvolta si trovano delle macchie sulla sua cintura. Vedi, in natura, come voi dite, queste sono eruzioni dall’interno all’esterno, simili ai vulcani della Terra e, corrispondentemente, sono eruzioni della collera della Divinità, e piccole tracce della Sua potenza onnidistruttiva. Tale Potenza, secondo la natura del mondo, si fa sempre riconoscere parzialmente sulle terre con grandi o piccole tempeste, a seconda della grandezza delle macchie; tuttavia l’Amore in tali manifestazioni diventa sempre tanto più attivo e attenua di nuovo tutto con l’acqua della Misericordia, e sul Sole attenua di nuovo tutto con grandi flutti torrenziali dal mare senza sponde della Sua grazia misericordiosa. E vedi, così tutto viene riportato nel massimo Ordine, e al di fuori di questo Ordine, in cui Io sono l’eterno Amore stesso fin dall’eternità delle eternità e dal quale e nel quale fu fatto tutto ciò che esiste, nulla può sussistere né sorgere; e chi in base alla propria libertà esce da quest’Ordine, costui agisce contro l’Amore e contro la Vita, e andrà eternamente in rovina.

2. Ora hai visto il Sole e l’hai compreso secondo la sua natura, che è e deve essere semplice, affinché possa sussistere per lo scopo per il quale esiste e deve esistere dall’ordine dell’Amore.

3. Poi volgi invece i tuoi occhi alla rinascita dello spirito e al popolo di Dio e alla legge dell’Amore, e alla vita della libertà nella luce della Grazia dalle acque della Misericordia, e il Sole starà svelato davanti ai tuoi occhi, e nessuna piega in esso dovrà restarti nascosta!

4. Ma vedi, anche il Sole ha ugualmente i suoi poli, dai quali tutta la loro luce e tutto il loro calore dal centro della quiete della Grazia si riversa sull’intera sua circonferenza; e se il Sole non avesse la quiete dei poli, non avrebbe neanche luce. Poiché vedi, la quiete è assolutamente necessaria per ricevere la luce e il calore, e deve essere simile alla quiete dell’Amore in Dio; solo dalla quiete viene la ricettività per la vita e la luce.

5. E vedi, quando l’aria è quieta, è anche nitido e sereno sulla Terra; ma se dei venti impetuosi soffiano in diverse direzioni, presto arrivano delle nuvole nere ed oscurano la luce.

6. Le vostre brame sono simili ai venti; a causa di esse voi venite circondati da preoccupazioni di ogni genere che impediscono il fluire in voi della luce di Grazia, come le nuvole che, sospinte dai venti, impediscono ai raggi del Sole di cadere sulla Terra.

7. Perciò voi non dovete affatto preoccuparvi, bensì tutte le vostre brame e le conseguenti preoccupazioni dovete indirizzarle e affidarle a Me, affinché abbiate quiete ed Io possa costantemente fluire in voi.

8. E vedi, come la Terra ruota regolarmente attorno alla sua quiete polare nel Mio Ordine, che è prodotto dalla potenza del Mio Amore affinché nessuna parte resti senza illuminazione, così anche tutte le vostre azioni devono scaturire originariamente dal Mio Amore che è in voi, e successivamente secondo la vostra capacità attraverso la Parola dell’eterno Amore, data nella Legge della Grazia e della Misericordia. E come la notte ristora la Terra, così voi sarete ristorati dall’Amore; e come il giorno della Terra è illuminato, lo sarete anche voi mediante la luce dal Sole di Grazia.

9. Voi dovete essere simili all’inverno, che è freddo nella sua quiete, ma proprio per questo è tanto più atto a ricevere il calore fin nelle più profonde profondità della Terra. E da chi è arrivato l’inverno, da lui arriverà anche la primavera, che è simile alla prima vita dell’amore in voi; e arriverà l’estate in pienissima energia dalla vita dell’amore, che in voi sarà diventato forte mediante la Grazia, ed arriverà il quieto autunno con i frutti delle opere dell’Amore e della Grazia nel quale voi allora, completamente rinati, entrerete nella vita del Sole a contemplare il volto del vostro Padre santo, e a brillare come il Sole a tutto il mondo, mediante la forza grande della Grazia, dell’Amore e della Misericordia del vostro santo e ottimo Padre.

10. Chi però non è simile alla Luna e non diventa simile alla Terra, non può neanche diventare simile al Sole, bensì è simile a una cometa che non ha stabilità neanche minimamente, e tutto il suo essere è razziato dagli efflussi di grazia dei soli, e la sua traiettoria è disordinata come le vie dei ladri e dei briganti, ed essa viene spinta dal timore della luce da una profondità all’altra dei mondi, e non troverà mai più una quiete per l’eternità; e la luce la perseguiterà in tutte le sue vie ed illuminerà la sua nullità.

11. E ancora, alla fine le succederà come alle stelle cadenti che vengono gettate fuori dalla Grazia e cacciate a causa della loro nudità, cosicché siano consumate, per il furto della grazia. Infatti, la luce rubata le annienterà eternamente, ed esse, in seguito, non saranno più, come quei frutti degli alberi che spuntano troppo presto alla luce prima ancora che l’amore li abbia resi saldi, e poiché questi non hanno ancora saldezza, avendo troppo poco legame d’amore, così diventano sempre più deboli, cadono poi dall’albero e vengono calpestati e distrutti.

12. Ora vedi, qui hai svelato davanti a te i soli, le terre, le lune, le comete e le stelle cadenti, secondo tutta la loro essenza e secondo tutto il loro significato, e così anche ogni e ciascuna singola parte, dalla più grande alla più piccola!

13. Lo spirito dell’Amore e della Grazia è in voi, e lo è in ogni sapienza. Chi lo ode, scruterà tutto nella profondità delle profondità, ed egli interrogherà i morti ed essi gli risponderanno, ed egli penetrerà con lo sguardo i viventi e il loro amore lo ristorerà e la loro luce lo estasierà; ed egli porrà il suo orecchio alla Terra, e l’erba gli racconterà i misteri dell’amore, e il suolo gli svelerà le sue profondità, e le montagne ubbidiranno alla sua voce, e il suono delle sue parole penetrerà il midollo della Terra. E se guarderà il mare, i raggi dei suoi occhi illumineranno tutte le sue gocce ed attraverseranno ogni granello di sabbia; e gli spiriti, se dentro ad essi attendono ancora nel giudizio, accorreranno alla luce dei suoi occhi nello stesso modo in cui di notte i pesci e i vermi del mare e delle acque accorrono ad una fiaccola tenuta in superficie, e si lasceranno prendere per essere liberati dalle carceri dell’eterna notte, e riconosceranno l’Amore, e calmeranno la loro sete alle acque della Misericordia, e cresceranno, dapprima debolmente, con il vigore e la forza provenienti dall’Amore del Padre e della Parola, che è l’Amore nel Padre, e dello Spirito che è Forza in entrambi.

14. E vedi, tutto questo e molto di più ancora v’insegnerà il Mio Spirito, se udrete la sua voce! Nondimeno, la sua voce non è rumorosa, bensì molto silenziosa, ma proprio per questo compenetra tutto, come il calore dell’Amore e come la luce della Grazia, e come la Forza dell’Amore misericordioso del vostro Padre santo.

 

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Cap. 7

I primordi della Terra e della Luna

La creazione di Adamo ed Eva

1. Ora vedi, Io voglio mostrarvi la creazione degli organismi, dal primo fino all’ultimo e dal più piccolo fino al più grande come Io li ho fatti dal Mio Amore e dalla Mia Sapienza e dall’eterno Ordine che deriva da entrambi, il quale è la Parola dell’eterna potenza e forza nella profondità della Divinità. E vedi, non vi è nulla in tutti gli spazi dell’infinità, né di grande né di piccolo, che non sia stato fatto attraverso questa Parola!

2. E vedi, e ascolta: «Così ora c’era la Terra, e c’era la Luna, e c’era il Sole, e c’erano le stelle; ma la Terra era ancora nuda, e la sua superficie era ancora simile alla superficie del mare. E sopra le acque giacevano dense nuvole che si addentravano profondamente nei morti spazi dei mondi, e la luce del Sole non poteva illuminare la Goccia della Misericordia. E la Luna era coperta dai vapori della Goccia, e solo in questi vapori fu completamente partorita la Terra e fu nutrita la Luna. E il Sole stava sopra ad entrambe con i raggi della sua luce dal calore dell’Amore in Dio, come una chioccia sopra i suoi pulcini, e rendeva matura la Terra, e separò la Luna dal petto di sua madre.

3. Allora il grande cumulo di nubi si separò e si depositò verso la quiete dei poli, e la cintura della Terra divenne libera, e il Sole si riflesse nelle acque, e la Terra a sua volta irradiò grata la luce ricevuta verso il vasto grembo del Sole, e ad occhi spalancati vide la Luna bagnarsi negli effluvi radiosi della Grazia dell’eterno Amore dal Sole»

4. E vedi e odi ancora: «La Terra si sentiva bene, poiché essa era colma dell’Amore della Misericordia e vedeva il suo tesorino, la Luna, girare vispo attorno ad essa. E l’Amore gonfiò il vasto petto della Terra col fiato della Misericordia, come se questa volesse porgere ancora una volta al bambino il suo petto colmo del latte della Grazia; ma vedi, il latte si coagulò per il calore dell’Amore misericordioso, e divenne terraferma, ed emerse dai mari. E i mari retrocessero nelle profondità e furono simili all’acqua che si separa nella coagulazione del latte, per attenuare l’insita Ira mediante il sale della Grazia e mediante la Misericordia dell’Amore da Dio in ogni forza e potenza.

5. E vedi, allora fu quiete sulla Terra e in tutti gli spazi dell’infinità di Dio, e l’eterno Amore discese per la prima volta interamente sulla Terra, e nella Sua Onnipotenza e Forza alitò sulla superficie della Terra, e l’alito fu un’innumerevole pienezza dei pensieri in forme viventi di ogni specie, per la futura liberazione dei perduti.

6. E vedi, allora dalla parte emersa della Terra germogliarono erbe, piante, arbusti e alberi di ogni specie, e i mari, laghi, fiumi, torrenti, ruscelli e sorgenti brulicarono di vermi, pesci e animali di ogni specie; e l’aria fu animata dagli uccelli di ogni specie. E il numero di ogni specie, sia nelle acque, sia sulle terre emerse e nelle arie, era pari al numero dell’uomo, che fu fatto da questo numero, ed era pari al numero della Grazia dell’Amore, ed era pari al numero della futura redenzione e della rinascita che da questa proviene e scaturisce»

7. E ora vedi e comprendi quello che finora non fu mai visto e compreso da nessuno: «L’eterno Amore prese il numero da Se stesso, e il numero era l’Ordine e l’eterna Legge in Lui, di cui e in cui Lui stesso eternamente consisteva, consiste e consisterà in ogni potenza e forza della Santità di Dio. E l’Amore prese dunque della terra argillosa, simile alla panna del latte coagulato, e formò con la mano della Sua potenza e con la mano della Sua forza, secondo il numero del Suo Ordine, il primo uomo, e gli soffiò attraverso le nari il fiato vivente. E il fiato divenne in lui anima vivente, e l’anima riempì tutto l’uomo, che ora fu fatto secondo il numero dell’Ordine dal quale erano fatti gli spiriti, e furono fatti i mondi negli spazi, e la Terra, e tutto ciò che è su di essa, e la Luna e il Sole.

8. E ora vedi, a questo primo uomo sulla Terra che uscì dalle mani della potenza e della forza dell’eterno Amore, fu dato dalla bocca della Grazia misericordiosa il nome “Adamo” ovvero “Figlio della Misericordia e della Grazia”»

9. E ora nota bene: «Questo Adamo era al posto del primo degli spiriti caduti; non gli fu dato di riconoscere chi egli era; e vedi, egli si annoiava poiché non si riconosceva e neanche riusciva a trovare qualcosa che gli fosse somigliante».

10. E ora comprendi: «Allora l’eterno Amore soffiò invisibilmente su di lui, agli occhi ancora ciechi della sua anima, ed egli si addormentò per la prima volta nella soavità dell’Amore misericordioso. E la soavità dell’Amore misericordioso formò nel cuore di Adamo, quasi come fosse in un dolce sogno, una figura a lui simile, di grande soavità e di altrettanta grande bellezza.

11. E l’eterno Amore vide che Adamo trovava grande gioia in sé per la visione interiore del suo secondo io. Allora l’Amore misericordioso lo toccò al fianco dove gli era stato dato un cuore simile al cuore della Divinità, affinché accogliesse l’Amore e la Vita dall’Amore in Dio, e in tal modo gli tolse l’amore di se stesso per preparare una dimora a Se stesso attraverso la futura legge della Grazia misericordiosa, e pose l’amore di se stesso, nel quale Adamo trovava in sé grande compiacimento, fuori dal suo corpo, fisicamente, e lo chiamò “Caiva”, ovvero, come già siete soliti dire, “Eva”, che è come dire “la liberazione prefigurata dall’egoismo e la conseguente rinascita”.

12. E vedi, allora l’Amore misericordioso lo toccò e lo svegliò affinché guardasse il proprio amor di se stesso fuori di lui, e vide che egli aveva grande compiacenza nel guardare tale suo amore fuor di lui, ed era lieto oltre misura. E l’amore fuor di lui, che ora si chiamava Eva, provò grande piacere per l’uomo Adamo, e si volse a lui e lo seguì ogni suo movimento»

13. E vedi, allora l’eterno Amore interpellò per la prima volta Adamo:

«Adamo!». – E Adamo per la prima volta disse: «Sono qui, Signore della Gloria, della Potenza e della Forza!»

14. E l’eterno Amore disse nuovamente: «Vedi la tua aiutante!». – Ed Eva rispose: «Vedi, Signore, l’ancella giace ubbidiente ai piedi del Tuo figlio ed aspetta i suoi ordini!»

15. E vedi, l’Amore misericordioso trovò grande compiacimento per le opere della Sua potenza e forza attraverso la Grazia della Sua Misericordia, e parlò ulteriormente, e li istruì in tutto, e insegnò loro a conoscere, denominare e usare tutte le cose. E quando essi compresero, conobbero e seppero usare tutto, l’Amore misericordioso parlò di nuovo a loro: «Vedete dunque, ora voi avete appreso tutto, ora conoscete tutto e potete far uso di tutto eccetto di una cosa, e quest’ultima cosa voglio insegnarvela ora, e porre in voi la forza di generare e procreare dei vostri simili; però potete farne uso solamente quando Io ritornerò e vi troverò vestiti con l’abito dell’ubbidienza, dell’umiltà, della fedeltà e della giusta innocenza. Guai a voi, però, se vi troverò nudi! Io vi scaccerò, e la conseguenza sarà la morte!»

 

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Cap. 8

La caduta nel peccato (originale)

1. E vedi, allora l’eterno Amore si coprì il volto e si allontanò secondo il numero dell’Ordine per un determinato tempo, e fu cieco dalla profondità della Sua Misericordia, e non voleva e non poteva sapere ciò che i neocreati avrebbero fatto nel Giudizio della Divinità per la prova della loro libertà, nel tempo del breve periodo sulla Terra grazie all’Amore della Misericordia. E il luogo che fu dato loro per abitare sulla terraferma era una valle, ed era un giardino, ed era chiamato ‘il Paradiso’; e questa era la terra che più tardi sarebbe traboccata di latte e miele, ed era il posto che nel grande ‘Tempo dei tempi’ della più grande delle azioni dell’eterno Amore si chiamò “Bethlehem” (Betlemme), e così si chiamerà in avvenire eternamente; ed era il punto dove l’eterna Parola, da un corpo di carne, dopo, vedrà per la prima volta la Luce della Sua Grazia brillare alla Goccia della Misericordia dal lontano Sole, dalla Luna e da tutte le stelle.

2. E vedi, la loro brama crebbe nel Giudizio della Divinità tentatrice nella Sua ira. E c’era un albero nel giardino, e quest’albero portava mele della più bella specie, ed Eva ne ebbe voglia, e disse ad Adamo: «Vedi, Adamo, ho molta voglia di questo frutto! Se tu vuoi, voglio coglierne uno e assaggiarlo e poi porgerlo a te come primo dono dalla mia mano!»

3. E vedi, Adamo tacque, riflettendo alle parole di Eva. Ma una voce interiore, che era santa poiché proveniva dalla Divinità in lui, gli disse: «Se voi mangerete del frutto di quest’albero, morirete!». E Adamo se ne spaventò molto, così che non poté dare alcuna risposta all’amata Eva.

4. E la brama si accrebbe in Eva, e l’attrasse sotto l’albero e le disse di cogliere una mela da esso. E Adamo si accorse che Eva era diventata infedele al suo cuore, e divenne triste e disse:

5. «Eva, Eva, che fai? Vedi, non siamo ancora benedetti dal Signore della Potenza e della Forza e della Vita! Vedi, tu tieni in mano il frutto della morte; gettalo via da te, affinché noi non moriamo nella nudità davanti al Signore della Giustizia!»

6. E vedi, allora Eva si spaventò nella sua brama davanti alla serietà di Adamo, e lasciò cadere a terra il frutto della morte. E la sua brama l’abbandonò, ed ella divenne libera dalla sua brama, e Adamo trovò grande compiacimento per la liberazione dai lacci della mortifera brama di Eva.

7. Ma vedi, la brama bandita da Eva, dal suo cuore, giacque ora sulla terra, e per la potenza della collera giudicatrice della Divinità si plasmò nella figura di un grosso serpente, che prese il frutto della morte nelle sue fauci, strisciò sull’albero e lo avvolse nelle sue spire in tutti i rami, grandi e piccoli, dalla radice fino alla cima, e rivolse sguardi fissi ad Eva. Ed Eva se ne accorse e guardò il serpente, e Adamo se ne accorse pure attraverso Eva; ma egli non vedeva ancora il serpente.

8. E vedi, Eva si avvicinò al serpente e osservò con grande piacere le sue seducenti spire attorno all’albero, e i colori cangianti della sua fredda corazza di squame.

9. Ma il serpente si mosse e mise la mela nel grembo di Eva che ora stava seduta, poi rialzò la sua testa e rivolse ad Eva le seguenti parole:

10. «Eva, vedi tuo figlio, scacciato da te, avvolgere l’albero del tuo piacere! Non disdegnare il piccolo dono che io ti misi nel grembo, ma godi tranquillamente il frutto del tuo amore; tu non solo non morrai, ma ti sazierai per la conoscenza di ogni vita sopra a Dio, che tu temi, quando invece Egli è più debole di te!». – E vedi, allora la lingua del serpente si divise e divenne più appuntita di una freccia, e il serpente chinò la sua testa verso il petto di Eva, come se volesse baciarla alla maniera infantile; esso invece cacciò ora le sue due frecce velenose nei seni di Eva, ed Eva scorse la sua propria figura nel serpente.

11. E ora anche Adamo notò quello che avveniva sotto l’albero, e gli piacque moltissimo la seconda Eva, e non si accorse che era solamente un serpente. E vedi, allora anche lui si accese nella sua brama, nel piacere per la seconda Eva, prese il frutto dal grembo di Eva, divenne infedele al suo amore e godette del frutto proibito dal grembo di Eva con voluttuosa brama; e nel godimento si riconobbe come quel primo che era andato perduto per la grande vanità del suo cieco egoismo, nel regno della Luce e dell’eterno Amore, che cadde nel mare d’ira della Divinità, che eternamente uccide inesorabile.

12. E ora vedi, come egli si ebbe così riconosciuto, e riconobbe l’accecata Eva attraverso di lui, allora un grande pentimento salì in lui dal profondo del suo cuore, ed Eva si vergognò della propria percepita nudità e della nudità di Adamo, e fu sgomenta dalla cima del capo alla punta dei piedi, e coprì la propria nudità con le foglie di un albero di fichi. E anche Adamo allungò le sue mani alle foglie per coprire le sue nudità, e si nascose in una caverna, e là pianse lacrime di grande dolore; ed Eva si nascose dietro un cespuglio di spine e si dolse enormemente per la sua colpa di seduzione.

 

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Cap. 9

Il giudizio del Signore

1. E vedi, allora l’eterno Amore, mediante la potenza e la forza della Sua Misericordia, tolse la mano della Potenza e la mano della Forza dai Suoi occhi di Grazia, la quale illumina tutto, e la luce della Grazia penetrò specificamente nella caverna dove piangeva Adamo e dietro al cespuglio di spine dove Eva si doleva.

2. E le lacrime di Adamo furono custodite nel grembo della Terra e si chiamarono e si chiamano “Tummim” ovvero “pietre da cui rifulge in forma simbolica la luce dei sette spiriti di Dio”, ed esse divennero solide mediante la luce della Grazia dal calore dell’Amore, simili al suo giusto pentimento, quale perenne memoria della Sapienza che illumina, e furono disperse su tutta la Terra come segno consolatore della futura rinascita, che deve essere simile a queste lacrime di Adamo, atta a ricevere e a restituire, in modo ripartito e bellissimo, la grande Luce dal mare di Grazia delle Misericordie dell’eterno Amore, e deve resistere a ogni durezza delle tentazioni del mondo.

3. E le lacrime di Eva dolente dietro al cespuglio di spine furono custodite nella Terra, e colorate come il giusto rossore della sua vergogna per l’abuso del sacro amore di Adamo in lei.

4. E l’eterno Amore vide che ognuna di queste lacrime di Eva era giusta davanti ad Adamo, il Figlio dell’Amore misericordioso; e il calore dell’eterno Amore solidificò queste lacrime in pietruzze, e il loro nome fu “Urim”, come “segno simbolico del giusto cordoglio di Eva”. E vedi, una lacrima cadde sul cespuglio di spine che la riparava, e vedi, questa fu una lacrima dell’innocenza perduta, e colorò il fiore del cespuglio che prima era bianco; e i fiori furono arrossati, in segno della perduta innocenza di Eva. E ora vedi, gli uomini adesso conoscono sì tutte le piante della Terra, ma il loro vero significato nello spirito e nella verità essi non lo conoscono e non lo conosceranno né comprenderanno fino alla rinascita, dopo che essi se ne saranno appropriati, e ciò è la Misericordia dell’eterno Amore mediante la Grazia della redenzione in se stessi.

5. E adesso vedi ancora un mistero che deve ancora essere compreso a causa dell’empia superbia dei figli del mondo! E vedi, due fiori del cespuglio furono fecondati dalle giuste lacrime per la perduta innocenza di Eva, ed essi, attraverso tutte le tempeste dei tempi durante le grandi guerre di Jehova coi popoli della Terra, conservarono fedelmente la loro benedizione dell’eterno Amore, e al tempo dello scioglimento della Grazia dall’Alto resero viva la moglie di Abramo, come prefigurazione della grande Opera dell’Amore misericordioso, e resero viva la moglie di Zaccaria, per portare realmente a compimento la più grande di tutte le azioni dell’Amore misericordioso dell’eterno Dio.

6. E ora rivolgi i tuoi occhi di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e vieni a visitarli con Me, e guarda come Io, l’eterno Amore, li trovai – nudi e abbandonati – piangenti e dolenti nel giusto pentimento e nella giusta vergogna, e dissi ad Adamo di uscire, e trascinai fuori Eva.

7. E vedi, essi non osavano guardare il volto del loro Padre, poiché erano spaventati da un grande tuono del mortifero giudizio proveniente dalla profondità della collera della Divinità.

8. E le fiamme dell’ira di Dio, l’Infinito, si rotolavano terribilmente attraverso tutti gli infiniti spazi fin giù sulla Terra, sulla quale ora stava il grande Amore accanto ai Suoi figli caduti, pentiti e dolenti, creati con la Sua Grazia misericordiosa.

9. E vedi, ci fu allora un’ardente lotta fra l’eterno Amore, di nuovo mosso a misericordia dal pentimento e dal cordoglio dei creati, e la Divinità incollerita che tutto voleva distruggere per espiare l’offesa alla Sua incorruttibile Santità.

10. Poiché vedi, le fiamme d’ira della Divinità incollerita precipitarono più veloci dei lampi giù sulla Terra, penetrarono fino al suo centro e l’accesero in ogni suo punto, e le fiamme devastatrici giunsero fino alla Luna e fino al Sole, anzi, esse raggiunsero tutte le stelle! E vedi, allora l’intera, incommensurabile infinità, fu un mare di fuoco, e tuoni terribili rullarono attraverso tutti gli spazi infiniti, e urlò la Terra, e mugghiò il mare, e la Luna pianse, e il Sole si lamentò, e tutte le stelle gridarono più forte di tutti i tuoni, oppresse per la troppo grande dolorosa paura dell’eterna distruzione, e le loro grandi voci echeggiarono rintronando dalle sconfinate profondità della collera della Divinità, e le voci gridarono:

11. «Grande Dio sublime, placa la Tua grande ira e spegni le fiamme devastatrici della Tua giustissima Collera, e risparmia gli innocenti nella Tua Santità, poiché la Collera infuocata della Tua ira distruggerà i giusti e annienterà l’eterno Amore in Te, e renderà Te stesso Suo prigioniero nella Tua immensa potenza e forza della Santità!»

12. E vedi e odi con occhi aperti e con orecchi aperti che cosa disse allora l’irata e incollerita Divinità; e il linguaggio tuttavia non lo comprese nessuno, se non unicamente l’eterno Amore che – nel tempo dello scoppio dell’ira e della collera che la Divinità protese sulla Terra urlante alla pentita coppia neocreata – impedì alla grande irata fiamma della Collera di toccare il luogo del pentimento di Adamo e il luogo del cordoglio di Eva, mediante la grande potenza e la forza della Sua Misericordia.

13. E ora odi e comprendi bene le terribili parole dell’ira dal profondo della collera della Divinità. Ed esse suonavano così:

14. «A che Mi serve l’urlare e il mugghiare della Terra? A che, il piangere delle lune? A che, il lamentare dei soli? E a che, il grido di dolore delle stelle? Poiché Io, Dio, sono solo, abbandonato dal Mio Amore che Mi è diventato infedele, che si è allontanato da Me per scendere giù sulla Terra a proteggere la duplice feccia della cattiveria! Cosa debbo fare senza di Lui? Perciò, voglio distruggere tutte le Sue opere dalle fondamenta e annientare tutto, affinché non ci sia più nulla che in tutte le future eternità delle eternità sia in grado di sottrarMi ed allontanare da Me il Mio Amore! Ed Io voglio rimanere Dio, l’Unico, in tutte le eternità delle eternità, com’ero fin dalle eternità delle eternità! E tu, marcio edificio della Creazione del Mio Amore, divenuto debole: – crolla in inutili rovine, nel nulla, affinché Io ritrovi il Mio Amore e Lo renda di nuovo forte con la potenza e la forza della Mia eterna Santità! Amen!»

15. E vedi, i legami delle creazioni in tutti gli spazi dell’infinità di Dio si sciolsero, e le rovine precipitarono attraverso i vasti spazi tra il grande rimbombare, il tuonare, il gridare, il rumoreggiare, il rombare e il sibilare nelle profondità delle profondità verso il loro annientamento, e in questo c’era la Terra stessa, che giaceva altrettanto in rovina nel vasto grembo dell’Amore misericordioso.

16. E i neocreati tremarono dalla paura alla terribile vista di questa grande e spaventosa scena di annientamento, la cui grandezza nessun spirito creato comprenderà mai interamente in tutta la sua pienezza, poiché essa era infinita.

17. E ora vedi e odi ancora quello che allora disse e fece l’Amore misericordioso! Senti le parole dell’Amore nella Sua potenza e guarda le grandi azioni della Misericordia nella Sua forza, e odi e comprendi bene le parole che così suonavano:

18. «Grande, onnipotente Dio di ogni Potenza, di ogni Forza e di ogni Santità! Ritira la Tua grande ira e spegni il fuoco della Tua collera che tutto distrugge, e odi dalla quiete della Tua santità le parole del Tuo eterno Amore, che è l’unica Vita in Te, eterna come Te e potente e forte come Te da Esso ed Esso da Te, e non voler annientare la vita in Esso e Te con Esso, ma usa clemenza e lascia che l’Amore Ti dia soddisfazione, ed esigi espiazione per la Tua Santità ferita e offesa, e nessun sacrificio sarà troppo grande per il Tuo Amore, se Tu volessi esigerlo dall’Amore in eterna espiazione per la Tua Santità!»

19. E ora vedi e odi e comprendi bene che cosa successe poi, e che cosa rispose la Divinità! Il fuoco si placò, e da tutti gli spazi soffiò un più dolce alito, frammisto a tuoni ancora fortemente rullanti, attraverso le volanti rovine dei mondi disciolti, i quali da una immensità all’altra, simili a grandi lampi, ancora guizzavano brucianti. E l’Amore comprese il tuono di Dio che parlava impetuoso:

20. «Voglio mettere ogni colpa su di Te, come le rovine dei mondi sulla Terra, e Tu devi cancellare l’affronto alla Mia Santità, che è l’eterno legame fra Me e Te! E vedi, Io maledico la Terra, perché nessuna macchia contamini la Mia Santità ed Io non divenga come Te, un Dio non santo; e questa maledizione Ti sia lasciata come debito che Tu hai da prendere su di Te e da cancellare per la Mia Santità, e per lavare la Terra col Tuo Sangue dalla maledizione dell’infamia per il peccato di Adamo!»

21. E vedi, odi e comprendi bene ciò che l’Amore allora rispose, e disse quanto segue: «Grande, santissimo Dio di ogni Potenza e Forza: – avvenga secondo le Tue parole!»

22. E vedi, allora d’un tratto si spense tutto il fuoco sulla Terra e in tutti gli spazi della Creazione! E le rovine dei distrutti soli, delle terre e delle lune furono di nuovo ricomposte mediante la potenza e la forza dell’Amore esaudito dalla Divinità, e si riordinarono come erano ordinate al principio della loro formazione; tuttavia essi conservarono come eterno segno, le tracce incancellabili della loro totale distruzione di un tempo, simili alle cicatrici dell’eterno Amore, che più tardi, nel grande Tempo dei tempi, per tutti sanguinò sulla Croce.

23. E sulla superficie, nelle profondità e nei mari della Terra rimasero ancora qua e là le rovine di altri mondi, come segno della potenza e della forza di Dio e, contemporaneamente, però, anche come testimonianze parlanti delle grandiose azioni dell’Amore misericordioso.

24. E vedi e odi ancora e comprendilo bene quello che ora avvenne ulteriormente: – quando l’eterno Amore accettò le richieste, e in tal modo già in anticipo diede soddisfazione alla grande Santità di Dio, allora la Divinità, scrosciando e soffiando più dolcemente, in modo nuovamente comprensibile solo all’Amore, fece sentire il Suo santo Volere e disse quanto segue, in un discorso pieno di dolce suono:

25. «Vedi, la Tua grande Misericordia è salita in Me ed è comparsa davanti ai Miei occhi onniveggenti, ed Io ho riconosciuto nella quiete della Mia Santità la Tua grande Lealtà ed eterna Fedeltà, ed ho contato le gocce di pentimento di Adamo e le gocce di cordoglio di Eva, e Mi sono mossa interamente a compassione attraverso la Tua grande Misericordia.

26. E vedi, perciò voglio ritirare i Miei giudizi in questo tempo – e secondo la tua richiesta far effluire la clemenza in grande pienezza, …e voglio riparare il danno che i Miei giudizi hanno recato. E all’infuori di Me nessuno può riparare nulla se non Io solamente, perché nessuno è buono se non Io, il Padre santo; questo infatti sia il Mio Nome per l’avvenire, eternamente. E Tu, il Mio Amore, sei Mio Figlio, e la Santità, quale possente, onnioperante legame della Forza tra Noi e tra tutto ciò che da Noi è uscito, sia lo Spirito Santo, che deve riempire tutti gli spazi degli spazi e tutte le infinità delle infinità in tutte le eternità delle eternità. Amen! E questo lo ha detto ora il buon Padre santo. Amen!

27. E ora Tu, Mio amato Figlio, dì alla coppia pentita e dolente – e scolpisci le parole nel profondo dei loro cuori – che essi devono osservare inviolabilmente i Comandamenti dell’Amore e della Misericordia fino al termine della loro vita, e poi, nel Tempo che Io ho stabilito, voglio mandare loro un Mediatore fra Me e loro, per espiare la grande colpa e per alleviare il grande, pesante fardello della loro disubbidienza.

28. Fino ad allora, però, essi devono perseverare in ogni pazienza e mansuetudine, e il pane che ora Io voglio dare loro solo con parsimonia, devono gustarlo grati nel sudore della loro fronte, ed essi non devono diventare sazi fino al Tempo del Mediatore, che Io susciterò in mezzo a loro perfetto e buono, come Noi siamo perfetti e buoni, e santi eternamente.

29. E aggiungi loro ancora che Io ho revocato i Miei giudizi solo per coloro che osserveranno puntualmente i Miei severi Comandamenti; invece ai trasgressori tali giudizi siano comminati per tutte le eternità in ogni rigore della Verità eternamente santa, e nella più precisa attuazione alla minima trasgressione!

30. Questo dice il santo e unico buon Padre attraverso Suo Figlio, che è l’eterno Amore in Lui, e attraverso lo Spirito Santo quale Grazia operante da entrambi per il futuro perdono del peccato, il quale ora deve rendere affaticati i vostri corpi e poi, però, dovrà sempre ucciderli nella dimensione temporale per ottenere la vita dopo la morte del corpo, dopo il tempo del promesso Mediatore”.

31. Questo dice l’unico santo e l’unico buon Padre. Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 10

La riconciliazione del Signore

1. E vedi e odi e intendi e comprendi bene ciò che allora l’eterno Amore disse e fece. Quando il buon Padre santo terminò il discorso dalla grande serietà, annunciando clemenza al posto della giustizia, e minacciando il giudizio ai trasgressori della Legge dell’immensa Grazia, e comminando la morte per il peccato, allora l’eterno Amore si commosse fino alla più intima profondità del Suo Cuore misericordioso e pianse per la seconda volta lacrime di compassione e lacrime di intimissima gioia e di beatissimo diletto per la grande e indulgente Grazia del Padre, così immensamente buono e santo, e disse nella più profonda commozione di tutto il Suo Essere ad Adamo e ad Eva:

2. «Adamo, tu hai visto adesso i tremendi giudizi di Dio scorrere davanti ai tuoi occhi, ed Eva li vide e li percepì attraverso te; ora però Io voglio aprire anche a lei gli occhi e gli orecchi, e lei – come anche tutti coloro che discenderanno da lei secondo il numero delle stelle in cielo e secondo il numero dell’erba sulla Terra e secondo il numero della sabbia nel mare, il cui numero è infinito – in ogni tempo futuro deve vedere con i propri occhi e udire con orecchi aperti ciò che la Divinità fece nella collera del Suo giudizio, e ciò che poi fece l’eterno Amore nella Sua sconfinata Misericordia.

3. E la Legge Io te l’ho scolpita nel cuore, come anche tu la devi scolpire nel cuore di Eva. E come segno ammonitore che deve ricordare a voi e a tutti quelli che vi seguiranno i giudizi di Dio a causa del vostro peccato, voglio far sorgere qua e là delle montagne, che alternandosi, devono bruciare fino alla fine dei tempi, e voglio lasciarvi il lampo, che deve richiamarvi la distruzione di un tempo, e il tuono che sempre lo segue, che ogni volta deve annunciarvi vigorosamente il Nome del grande e forte Dio, se mai doveste o poteste scordarvene.

4. E le lacrime della Compassione e quelle della grande Gioia per la Grazia dal Padre santo, Io le ho collocate in segno eterno, quale nuova Creazione, attorno al vasto spazio del cielo, e devono brillare a voi in ogni notte della Terra, e devono ristorarvi nel crepuscolo della vita, e devono annunciarvi il giorno che viene.

5. E ora guardate su al cielo; esse brillano in svariato ordine e in svariato sfarzo: – quelle di luce rosa in segno della Mia Compassione, e quelle di luce bianca in segno di Gioia per la grande Grazia del santissimo e buonissimo Padre. E quella larga striscia chiara scintillante, sopra le stelle della Compassione e della Gioia, consistente essa pure di stelle del primo periodo per la lacrima dell’Amore che già allora ebbe misericordia degli spiriti caduti, la striscia che è tirata in mezzo al vasto spazio del cielo, essa vi serva come segno dell’eterna e santa Alleanza tra l’eterno Amore, che chiamò ad essere voi e tutto ciò che esiste, e la Divinità che tutto giudica secondo la Sua eterna Santità.

6. E ora guarda qui, tu Adamo, e anche tu, Eva, nel Mio occhio sinistro che al di sopra del Mio Cuore irradia dolcemente e benignamente verso di voi davanti al vostro occhio destro. Vedete, ancora una lacrima è attaccata al suo ciglio, e vedete, questa lacrima è la più grande di tutte quelle che sono già sgorgate per voi da questi occhi!

7. Laddove il grande nastro nel vasto cielo sembra dividersi, là guardate volentieri e, tutte le volte che guarderete là, siate sempre grati e profondamente commossi, poiché quel punto deve servire a voi, come anche a tutta la Creazione, come segno perenne della vostra rottura alla fedeltà con Me e della Mia trascorsa rottura con la Santità di Dio per misericordia verso di voi. E quel nastro, nel punto dove appare come riannodato, deve ricordarvi la grande mediazione dell’eterno Amore, che sono Io fin dall’eternità, tra l’intangibile Santità di Dio e voi, che mancando di fedeltà avete peccato al cospetto della Sua sconfinata Santità.

8. E ora vedete, da lì viene questa lacrima, e quello è il luogo della sua origine!

9. E questa lacrima un giorno sorgerà per voi e per i vostri discendenti, quale una leggiadra stella del mattino, che illuminerà tutti i popoli della Terra che nei tempi dei tempi vi seguiranno nelle vostre pentite e dolenti orme. E prima ancora essa laverà la Terra dal fetido fango del peccato e purificherà le vostre lacrime e stille di pentimento e di cordoglio dall’immondezza del serpente.

10. E adesso guardate qui ancora una volta. Questa lacrima voglio farla cadere su un fiore ancora bianco di questo cespuglio, tra i due fiori già fecondati di Eva, e un giorno, da essa deve fiorire una Donna pura, che deve schiacciare la testa al serpente. E il serpente la morderà bensì nel calcagno, ma il veleno non le farà danno; e da lei uscirà questa che adesso è davanti a voi, una leggiadra stella del mattino per tutti i popoli della Terra che sono di buona volontà, e l’eterno giudizio per tutti i ribelli figli del serpente!

11. E gli spiriti dal grembo della Santità del Padre scenderanno sulla Terra corporeamente[3], e annunceranno ai vostri figli il grande Tempo e il modo della Venuta di Colui che ora sta davanti a voi, e che voi adesso ancora udite e vedete, ma che in seguito non udrete e non vedrete più fino alla promessa Venuta, secondo la promessa del Padre santo attraverso Me, l’eterno Amore in Lui.

12. E ora avete sentito tutto quello che vi è necessario sapere per ricevere la Mia benedizione!

13. E così siate dunque benedetti dalla mano della potenza e dalla mano della forza dell’eterno Amore del Padre santo e dalla forza dello Spirito, forza da Entrambi che è santa, e siate fecondi e moltiplicatevi, e riempite la Terra col frutto vivo di questa benedizione!

14. E sempre, ogni volta che vi avvicinerete per questa benedizione, offrirete dapprima a Me i vostri cuori! Se tralascerete questo, il serpente, che ancora vive ed anche vivrà eternamente nella collera della Divinità, guasterà il frutto in voi, e tu, Eva, e tutte quelle del tuo sesso, metterete al mondo, anziché un frutto dalla benedizione, un frutto della rovina. E costoro distruggeranno i figli della benedizione e della luce in gran numero, e al loro imperversare e infuriare non ci sarà fine; e così trasmetterete a tutti il peccato come eredità, e la vostra colpa diventerà visibile fino al grande Tempo dei tempi e anche dopo.

15. E questa offerta dei vostri cuori vi sia data quale sacro servizio alla Mia benedizione di grazia, per compiere il quale voi Mi sarete sempre debitori ogni volta che vi avvicinerete per questa Mia benedizione. Questo nuovo e facile Comandamento che avete appena ricevuto dalla Mia bocca, sia la prima Chiesa che Io fondo davanti a voi in memoria di Me, ed essa vi ricordi con gratitudine le azioni del misericordioso Amore e vi riconduca al santo timore di Dio!

16. Io voglio mandarvi uno spirito senza peccato come messaggero dall’Alto, con una spada fiammeggiante nella mano, perché vi guidi e vi mostri l’intera Terra da una estremità all’altra, ed egli vi illuminerà le tortuose vie del mondo, ma anche vi castigherà, se devierete dalle Mie vie!

17. Tutto questo lo dice l’eterno Amore a voi, nel nome del Padre santo! Amen!»

 

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Cap. 11

La nascita di Caino e Abele

1. E vedi, allora l’Amore scomparve davanti agli occhi dei creati, ritornando nel santo grembo del Padre.

2. (allo scrivano): E ora vedi, tu, Mio pigro e pessimo scrivano a noleggio, che sei ancora molto duro d’orecchio se si considera il fatto che, come ad un ragazzo che impara l’ABC, devo dettarti ogni parola singolarmente e ancora non Mi comprendi, e spesso Mi interroghi due, tre, cinque, spesso fino a dieci volte, e nonostante ciò Io ti ripeto sempre ogni parola fedelmente! Perciò sii più attento, perché si vada avanti più in fretta di quanto è successo fino a ora; il mondo infatti ha bisogno che quest’Opera della Mia grande Grazia sia completata prima possibile! Lasciati dire questo da Me, il vostro Padre santo, che è tutto Amore in tutto il Suo Essere! E ora continua a scrivere!)

3. E ora la coppia neocreata era completamente sola sulla vasta Terra, e l’angelo promesso apparve con la spada fiammeggiante nella sua destra; ed essi scorgendolo si spaventarono molto, e così fuggirono davanti ai suoi occhi, e tremarono di grande paura in tutti i loro visceri.

4. E ora vedi, la paura accelerò la gravidanza di Eva, ed ella con dolori si liberò del frutto proibito che il serpente nella cecità di Adamo aveva posto in lei.

5. E Adamo osservò il frutto nudo e constatò che il frutto gli era simile, e se ne rallegrò molto; ed Eva riconobbe la gioia di Adamo e strinse con ogni ardore questo frutto del suo amore al suo petto pieno.

6. E vedi, allora percepì una fitta nel suo petto, simile alla fitta del serpente, e pose il frutto a terra nella grande angoscia e nella ferma opinione di aver già di nuovo peccato.

7. Ma vedi, allora apparve il grande angelo con volto dolce, davanti alla coppia che si angosciava e s’impauriva, e rivolse loro la parola con voce ferma, dicendo:

8. «Non vi angosciate e non vi impaurite davanti al servo di Jehova, che è stato mandato a voi dall’Alto per mostrarvi la Terra e per illuminarvi le tortuose vie del mondo e anche per castigare voi e i vostri discendenti se deviate dalle vie dell’eterno Amore e dell’infinita Santità di Dio.

9. Vedete, questo frutto non è più un peccato per voi; è però certo la conseguenza della triplice disubbidienza verso Dio, ed è la morte della vostra carne, quella morte che avete generato nella vostra carne mediante la vostra brama nell’egoismo. Non vi è lecito gettare via da voi questo frutto, ma secondo la Volontà dall’Alto tenetelo come testimonianza su voi stessi e sulla vostra umiliazione, affinché un giorno possiate sperimentare come attraverso voi è venuto nel mondo il peccato, e attraverso il peccato però la morte; ma il frutto stesso dovete chiamarlo “Cahin” (Caino) ovvero “Portatore di morte”!»

10. Allora gli animi spaventati della coppia furono tranquillizzati dal discorso del messaggero dall’Alto, ed Eva prese di nuovo il frutto, che aveva deposto a terra, nelle sue mani ancora tremanti, e a richiesta di Adamo, suggerita dall’angelo, porse al lattante il petto pieno, perché succhiasse da lei la vita della Terra.

11. E l’angelo si pose al fianco sinistro di Adamo, ed Eva si mise col frutto sul braccio destro al fianco destro di Adamo, affinché il cuore di lei restasse libero da qualsiasi peso e potesse in avvenire rimanere rivolto all’uomo su tutte le vie e su tutti i sentieri.

12. E così essi camminarono esemplarmente su tutta la Terra per osservare tutte le sue contrade e per stabilire delle dimore per i loro futuri discendenti, e per seminare il pane ad essi, con la potenza e la forza che era loro conferita dall’Amore, mediante la grande grazia della Misericordia.

13. La Terra infatti, con ciò che stava su di essa, era sottomessa alla volontà di Adamo. E il mare e tutte le acque ubbidivano fedelmente perfino al più lieve cenno di Adamo, ed entrambi gli erano sottomessi, dalla superficie fino all’estrema profondità, e pieni di venerazione offrivano il dorso al piede del loro signore, perché camminasse saldo su di essi a piacimento. E gli erano sottomessi tutti i venti; e ubbidivano alla sua voce tutti gli animali delle acque, della terraferma e delle arie.

14. E Adamo era stupito per la forza insita in lui, e vide e riconobbe su quante cose l’eterno Amore gli aveva conferito tali grandi forze, e divenne lieto oltre misura per una così grande grazia dall’Alto, e disse ad Eva:

15. «Eva, moglie mia, vedi, il Signore della potenza e della forza ci ha benedetti; offriamogli dunque i nostri cuori, affinché la Sua benedizione prosperi sulla Terra secondo la Sua grande promessa, e attraverso te essa veda la luce della Grazia quale nuovo abitante di questo luogo!»

16. Ed Eva, piena di umiltà e di intima gioia, disse: «Adamo, vedi la tua ancella ai tuoi piedi ad attendere il cenno del suo signore della Terra, e avvenga a me secondo la tua volontà; accetta il mio cuore colpevole e offrilo al Signore!»

17. E Adamo fece ad Eva, in totale abbandono al Signore, come il Signore gli aveva ordinato.

18. E vedi, la benedizione divenne visibile in Eva, e Adamo se ne rallegrò, e anche Eva provò in sé grande piacere. E ora odi quello che l’angelo di Jehova disse alla lieta coppia, e le sue parole erano ben misurate come parole dall’Altezza e come parole dalla Profondità, ed era l’eterno Amore stesso che parlava per bocca dell’angelo, e queste parole dalla bocca dell’angelo suonarono così:

19. «Adamo! Tu adesso hai appreso molto nel lungo viaggio sopra la Terra; tu hai visto i suoi continenti e le sue acque, e vedesti anche quello che su di essi e in essi esiste, cresce e si muove; e vedesti il grande mammut e da esso in giù tutti gli animali, fino al più piccolo dei vermicelli striscianti; e vedesti il forte pescecane e tutti gli animali delle acque, fino ai più piccoli abitanti della goccia; e vedesti anche tutti i volatili delle arie, dalla gigantesca aquila fino all’uccellino della foglia, e da questo fino al più piccolo moscerino; ed hai provato tutte le loro forze, la loro attitudine e la loro utilità; e scorgesti, anche da questo, quanto riccamente l’eterno Amore ha provveduto per te, e così attraverso te anche per Eva.

20. Tu parlasti ai monti ed essi ti diedero risposta; e interrogasti il mare, ed esso ti rispose; e indirizzasti la tua voce alla profondità della Terra, e la risposta non è rimasta per strada; e indirizzasti il suono delle tue parole a tutti gli alberi, arbusti, piante, pianticelle e a tutta l’erba, ed essi ti dichiararono il loro nome e ti spiegarono rispettosamente la loro attitudine e l’uso che ne deriva per voi secondo il tuo libero arbitrio, e così anche tutti gli animali a cui hai rivolto la voce del tuo petto. Tutti gli animali, ciascuno a proprio modo, ti diedero una risposta percettibile e ugualmente ben precisa, e ti mostrarono fino a che punto sono destinati al tuo servizio e sono soggetti ciecamente al tuo volere. E i venti ti insegnarono a servirti di loro secondo la tua volontà. E tutto questo vide e udì e percepì anche Eva.

21. E ora vedi, Adamo, e anche tu, Eva, tutto questo non ti è stato dato dall’eterno Amore come ti è stata data la vita, e come ti è stata data Eva, bensì la Sua grande Grazia te l’ha dato come regalo, e tu tutto questo lo terrai solamente fino a quando ne farai un saggio uso, secondo la Volontà del Padre santo. Ma queste cose, una dopo l’altra, si allontaneranno dall’ambito della tua grande potenza se tu non manterrai sempre il tuo animo tutto puro al cospetto di Jehova. Perciò sii saggio, come lo è il grande, ottimo e santissimo Padre lassù sopra ogni creazione e laggiù nella profondità sotto ogni creazione!

22. E così come tu ora sei, e come devi essere e rimanere in seguito, secondo la Volontà del Padre santo e dunque secondo la tua propria volontà, così devono essere anche tutti i tuoi discendenti, mentre le discendenti di Eva devono essere come ora lei è davanti e sotto i tuoi occhi.

23. E se però qualcuno non è come tu sei adesso e come devi essere e rimanere in seguito, il dono resterà bensì conservato per un determinato periodo di tempo, ma il regalo della Grazia verrà tolto a quel tale non appena egli non è più come tu sei adesso, come devi essere e rimanere. E perfino le discendenti di Eva si leveranno al di sopra dei loro capi, e diventeranno loro infedeli fino al midollo delle ossa, e correranno dietro ai cani, e si nutriranno dell’escremento dei serpenti, e allatteranno i loro bambini ai seni delle vipere; e i tuoi discendenti saranno avvelenati attraverso esse, e moriranno di una morte amara corporalmente e spiritualmente, in eterna vergogna e penosa infamia.

24. E ora vedi, tu Adamo, e odi, tu Eva! Adesso voi siete ancora nel Paradiso, là dove l’eterno Amore vi ha posti prima e dopo il vostro peccato, e prima e dopo la distruzione; se mai però doveste scordarvi, se doveste non osservare fedelmente le Leggi dell’Amore e i Comandamenti della Sapienza del Padre santo, sarete scacciati da questo bel giardino con questa spada fiammeggiante, e in seguito non vi sarete più ammessi per tutto il tempo della vostra vita corporale e, fino al tempo della Promessa, anche nessuno di tutti i vostri discendenti; ma lo saranno, solamente dopo la Promessa, i figli della Redenzione e della conseguente nuova Creazione dell’eterno Amore.

25. Questo tienilo bene a mente, tu Adamo, e riflettici anche tu, Eva! Il frutto che uscirà da te, Eva, questo frutto vivo, tu, Adamo, devi chiamarlo “Ahbel” (Abele) e devi offrirlo al Signore della Gloria per l’eternità; il suo nome, infatti, significa “Figlio della Benedizione” e deve essere una prima rappresentazione di Colui che un giorno, nel grande Tempo dei tempi, verrà perfetto dall’Alto, dal grembo della potenza e della forza della Santità di Dio.

26. E ora che vi ho guidati, che vi ho mostrato e detto tutto perfettamente secondo la Volontà dell’eterno Amore, è compiuta la mia missione, opera dell’eterno Amore nel Padre di ogni santità e bontà, ed io visibilmente devo lasciarvi, ma invisibilmente vi seguirò passo passo e ognuno dei vostri passi io conterò secondo l’immutabile Volontà di Jehova.

27. E voi mi rivedrete sempre ogni qualvolta offrirete al Signore della Gloria i vostri cuori in totale abbandono; ed io raccoglierò la vostra offerta in un vaso, e lo porterò in Alto a Dio, e lo vuoterò al cospetto del Figlio, e allora il grande Padre santo si compiacerà delle vostre opere.

28. Però mi rivedrete anche nel caso voi doveste o poteste deviare dalla Legge dell’Amore e dai Comandamenti del Padre santo, così come mi vedete ora con la spada fiammeggiante nella mia destra, per scacciarvi dal giardino e togliere a te, Adamo, una gran parte dei regali dell’eterno Amore dalla Sua grande Grazia e a lasciarti poi debole e timoroso del minimo rumore d’erba».

29. E ora vedi, tu cieco scrivano di questa Mia nuova Parola viva in te come anche in tutti voi, e osserva come ora Adamo nel Paradiso era un uomo perfetto eccetto che in una cosa, e le facoltà di cui era dotato lo rendevano un perfetto signore della Terra; e tutte queste sue perfezioni erano solo un Mio regalo, ed egli le conservò fino al tempo in cui si scordò di Me, un’unica volta dopo che l’angelo divenne invisibile ai suoi occhi.

30. E ora vedi: – tutto quello che Adamo possedeva in regalo Io voglio darlo a voi in dono permanente, e anche infinitamente di più, e anche qualcosa di infinitamente più grande, e tutto questo sono Io stesso; e tutto ciò che è Mio deve essere anche vostro, purché Mi amiate, e nulla di più Io chiedo a voi!

31. Ma dov’è il vostro amore che Io riscattai a così caro prezzo e che vorrei chiamare eternamente Mio? Oh, di questo ce n’è ormai davvero così poco sulla Terra! Esso è così leggero e così dolce, e voi non lo volete, e neanche lo cercate dove vi attende, e disprezzate l’alto prezzo in esso!

 

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Cap. 12

La promessa del Signore

1. O voi, figli di Adamo! Perché mai non volete piuttosto diventare figli Miei? O quali fatiche e che estenuante lavoro vi costa guadagnarvi il pane di Adamo grondante del sudore delle vostre mani, che per di più è insozzato dalla bava dei serpenti e impregnato col veleno delle vipere, e col quale nel vostro eccedere la misura vi mangiate la morte temporale e poi anche eterna!

2. Ben diverso è il Mio Pane, il quale è spalmato col miele del Mio Amore, ed è impregnato col latte della vita eternamente libera da Me, e che voi potreste gustarlo nella somma pienezza di ogni eccesso di misura, che non vi farebbe mai alcun male in eterno, anzi vi rafforzerebbe e vi doterebbe di ogni potenza e forza da Me, sia per l’eternità che anche già qui nella dimensione temporale, se solo voleste accettarlo. Vedete, subito dopo ‘la più grande delle Mie azioni, che è la grande opera della redenzione per voi’[4], questo Mio Pane era ancora molto caro, e gli uomini potevano acquistarselo solo in piccola dose e in nessun altro modo che nuovamente col loro sangue e con la vita del loro corpo, a Me sacrificati per questo. E questo Mio Pane aveva allora un sapore amaro nella bocca degli acquirenti, e non era ancora spalmato col miele dell’amore, né impregnato col latte della vita libera anche già nel tempo. Sia il miele, sia anche il latte, venivano invece aggiunti agli afflitti compratori, ben misurati, solo nel regno degli spiriti; e vedi, eppure ce n’erano in gran quantità di tali compratori!

3. Adesso, invece, che Io lo do completamente gratis a chiunque lo desideri e semplicemente per il compenso sicuramente molto piccolo del vostro amore, e lo do con latte e miele, ora vedi, ora lo si disprezza amaramente e si disdegna il grande, amichevole Donatore, colmo sicuramente e veramente di ogni supremo Amore per voi!

4. Tenete a mente dunque: «Le porte dei Miei Cieli Io le ho fatte adesso spalancare. Chiunque voglia entrare, venga, e venga presto, e venga subito; poiché è venuto il grande tempo della Grazia, e la nuova Gerusalemme viene a voi tutti giù sulla Terra, affinché tutti coloro che Mi amano possano prendere dimora in essa, e in essa essere saziati col miele e col pane al latte, e bere a pieni sorsi la pura acqua di ogni vita, e possano attingerla a dismisura dall’eterno pozzo di Giacobbe.

5. Ma sebbene la discesa di questa Mia grande Città sarà una grazia smisuratamente grande verso tutti i Miei figli, tuttavia essa anche schiaccerà con le sue possenti mura tutti i ciechi, e schiaccerà tutti i sordi; poiché la sua grandezza comprenderà l’intera superficie della Terra! E chi non la vedrà discendere, e non sentirà il suo fruscio attraverso le pure arie della Terra, costui non troverà più alcun posto sulla Terra per potersi nascondere da lei e sfuggire al suo peso.

6. Poiché vedi, il peso dei suoi palazzi sgretolerà le montagne e le renderà uguali alle valli, e le sue case Io le voglio mettere sopra le pozzanghere e i pantani; e tutti i vermi che vi abitano saranno schiacciati nel terreno di loro proprietà dalle fondamenta delle case della grande Città di Dio, il vostro Padre santo in Cielo e sulla Terra.

7. E il vero Pastore chiamerà le Sue pecore, ed esse udranno la Sua voce e la riconosceranno bene fino a tutte le estremità della Terra, e accorreranno, e pascoleranno con gran piacere sui pascoli dell’eterno Amore del Padre santo, cioè i grandi giardini della nuova, santa Città del grande Re di tutti i popoli che furono, sono e saranno eternamente.

8. E questi giardini saranno il Paradiso che fu perduto per mezzo di Adamo e che Io per primo ho ritrovato e conservato fedelmente per loro quale eterna dimora.

9. Per questo motivo Io vi ho anche già mostrato molto dettagliatamente, fino ai minimi particolari, la grande gestione della Mia Casa fin dall’eternità, e vi ho mostrato la Creazione da cima a fondo, e vi mostrai il primo uomo nella sua prima origine e voglio mostrarvelo ulteriormente fino alla sua fine, e voglio mostrarvi la grande prostituta e la distrutta Babilonia, e poi condurvi nella Mia grande e santa Città, e in essa darvi un’abitazione permanente in eterno, se Mi amate come Io vi amo, al di sopra di tutto!

10. Guarda i cieli e guarda la Terra! Ebbene, questi un giorno passeranno corporeamente, e sussisteranno solo spiritualmente, ma ciascuna delle Mie parole che a voi viene detta sussisterà così come viene dalla Mia bocca, corporeamente e spiritualmente, in ogni potenza e in ogni forza della Santità, eternamente, eternamente, eternamente. Amen!»

 

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Cap. 13

La cacciata dal Paradiso

1. E ora ritorna di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e vedi come fu l’ulteriore tragitto della loro vita corporale, e il tragitto dei loro due discendenti, davanti agli occhi onniveggenti della Santità di Jehova! E vedi, per un breve periodo, che secondo il vostro calcolo fu di trenta giri terrestri attorno al Sole, che voi chiamate ‘anni’, la coppia visse nella cerchia dei suoi discendenti benedetti, il cui numero era uguale al numero degli anni, con l’eccezione di Caino, che non era benedetto.

2. E adesso vedi ancora quello che è successo! Adamo stava camminando nel giorno del Signore che gli era stato comandato come giorno di riposo nel suo cuore già dall’eterno Amore stesso, e poi più volte dall’angelo, in memoria delle grandi azioni dell’Amore che Si era impietosito e per contemplare con la massima venerazione l’incommensurabile Santità di Dio, il Padre buono. Adamo camminava da solo su un tratto di terreno per contemplare la bellezza della zona; e il mondo gli piacque moltissimo, così che nei suoi pensieri si allontanò totalmente da Dio.

3. E in queste contemplazioni arrivò così alla riva di un grande fiume, il cui nome era “Eheura” ovvero “Ricordati del tempo di Jehova!”; questo infatti esclamava il fiume col suo forte rumoreggiare. Ma Adamo, concentrato nei pensieri del mondo, non notò e neanche comprese il senso di questo linguaggio dei rumoreggianti flutti del fiume.

4. E mentre egli in tal modo stava camminando lungo la riva, d’un tratto restò impigliato col piede sinistro a una pianta che, cresciuta per un certo periodo serpeggiando sopra il terreno, finiva avviticchiata attorno a un grosso albero, ed egli cadde violentemente a terra e percepì un gran dolore nel suo corpo, e questa fu per lui una nuova sensazione; ed egli si adirò con la pianta e la guardò incollerito, e la chiamò a risponderne, chiedendo se non conoscesse il suo signore.

5. E la pianta rispose: «No, non ti conosco!»

6. Allora Adamo osservò più accuratamente la pianta, e non la riconobbe. Allora chiese nuovamente: «Com’è il tuo nome, e qual è la tua attitudine?»

7. E vedi, un vento frusciò attraverso le foglie, e il fruscìo gli divenne comprensibile e suonava così: «Cogli gli acini dai miei rami e spremi il succo, e bevilo, e il mio nome e la mia attitudine ti diverranno noti!»

8. E vedi, Adamo, nella cecità dei suoi pensieri mondani e dimenticandosi totalmente di Dio, fece quello che la pianta serpeggiante gli consigliò nel giorno del Signore. Ed egli prese alcuni acini e li assaggiò, ed avevano un sapore molto dolce; ed egli si rallegrò di questa nuova conoscenza, e si rammaricò con l’angelo perché non gli aveva mostrato anche questo frutto dal sapore tanto buono.

9. Ed egli colse una quantità di acini e li portò a casa, e vi arrivò giusto mentre tramontava il Sole.

10. Ed Eva gli andò incontro accompagnata da Caino, i soli che per tutto il giorno si erano preoccupati, non sapendo dove Adamo fosse andato. Tutti gli altri infatti lo sapevano bene, e non si preoccuparono nel giorno del Signore di Adamo, il padre del loro corpo; poiché essi erano figli della benedizione, e in questo giorno avevano concentrato i loro pensieri in Dio e nel Suo eterno Amore. I due gli tolsero una gran parte del suo carico, ed egli raccontò loro di questa nuova conoscenza; ed Eva ne fu molto rallegrata, e con l’aiuto di Caino fece degli acini secondo il racconto di Adamo.

11. Allora Adamo prese il succo spremuto e disse: «Scopriamo il suo nome e la sua attitudine!»

12. E vedi, egli allora bevve a pieni sorsi di quel succo, e lo diede poi ad Eva e a Caino, e infine lo fece assaggiare a tutti tranne che ad Abele, che non era ancora presente poiché il fuoco ardeva ancora sull’altare che egli aveva eretto per fare offerte alla Santità e all’Amore di Jehova, ciò che al Signore era molto gradito.

13. E allora Adamo, Eva e tutti quelli che avevano assaggiato del succo divennero ubriachi; e in questa ebbrezza Adamo ed Eva, e tutti quelli proceduti da Adamo ed Eva, si accesero selvaggiamente nei desideri della carne, e insieme con Adamo ed Eva si diedero alla lussuria e alla fornicazione, mentre Abele pregava all’altare di Jehova.

14. E quando là ebbero finito di fornicare nell’ebbrezza della dimenticanza di Dio e dimenticandosi di offrire prima a Dio i loro cuori, come era stato comandato di fare sempre e come era dovuto, l’angelo – con la spada fiammeggiante nella sua destra – apparve dapprima ad Abele, e gli disse amichevolmente:

15. «Jehova trovò grande compiacimento nella tua offerta, tant’è vero che ti ha scelto come salvatore dei tuoi genitori e dei tuoi fratelli, senza di che essi ora sarebbero perduti nel giorno del Signore, poiché si dimenticarono di Lui e abbassarono i loro animi alla terra, e non poterono diventare partecipi della benedizione, che sempre in questo giorno, secondo l’Ordine stabilito, si diffonde dall’Alto in tutti gli spazi delle infinità!

16. Perciò io sono ritornato visibilmente, anzitutto a raccogliere la tua offerta in questo vaso della Grazia misericordiosa, che è l’eterno Figlio nel Padre, e portarla davanti al Suo santissimo volto, davanti alla pupilla dell’eterno Padre, e prima ancora però per castigare i trasgressori della Legge dell’Amore e del Comandamento della santa Grazia, per togliere loro una gran parte dei regali, per colpirli di cecità e scacciarli dal Paradiso.

17. E ora lascia il tuo altare delle offerte e poniti alla mia sinistra, affinché la destra punitrice rimanga libera per i trasgressori, e seguimi nella dimora del peccato! E quando io avrò svegliato dal delirio della fornicazione i peccatori addormentati, i quali colti da grande timore fuggiranno davanti alla spada della Giustizia, seguili come compagno di fuga, e porta, per i genitori del tuo corpo, una piccola parte del regalo perduto, e dalla poi a loro per rinvigorirli quando, in un paese lontano da qui che si chiama “Ehuehil” ovvero “Paese del rifugio”, essi cadranno a terra piangendo, spossati ed esausti. E anche in questo paese erigi un altare per le offerte simile a questo qui, che continuerà ad ardere anche sotto le acque che un giorno verranno su tutta la Terra, e diventerà una montagna, inaccessibile ad ogni piede mortale fino al grande Tempo dei tempi. Allora essa piegherà il capo alla bassa terra che si chiamerà “Bethlehem” (Betlemme) ovvero “la piccola città del grande Re”, la quale un giorno diventerà la più grande sulla Terra. La sua Luce infatti brillerà più che la luce degli spiriti di tutti i soli spirituali. E su questo nuovo altare tu devi portare offerte di ringraziamento al Signore, da tutti i regni (naturali) della Terra in questo paese della fuga, perché esse possano diventare commestibili per i peccatori, e rinvigoriscano i pentiti, e consolino i dolenti!»

18. E quando l’angelo ebbe terminato il suo discorso ad Abele, essi si alzarono e andarono con grave passo alla dimora di Adamo – il cui aspetto era simile al tempio di Salomone – la quale, conforme alla sua potenza e forza, consisteva in alti cedri cresciuti liberamente dalla terra, uno strettamente vicino all’altro in forma circolare e molto allargata. Essa non era lontana dalla grotta del pentimento e dal cespuglio di spine del cordoglio, e aveva due entrate, una stretta verso il Mattino (l’Oriente), e una larga verso la Sera (l’Occidente).

19. E vedi, era circa la metà della notte – e non poteva essere prima a motivo del giorno del Signore – quando l’angelo del Signore si affacciò con Abele alla soglia verso il Mattino.

20. Quando Abele mise piede sulla soglia, cominciò a piangere per la grande sventura che doveva colpire e che avrebbe colpito adesso i suoi.

21. Allora l’angelo disse a lui in tono dolce: «Non piangere, Abele, tu figlio della Grazia, colmo di benedizione, e fa’ ciò che ti ho comandato dall’eterno Amore che parla attraverso la mia bocca, e non ti spaventare per le parole tonanti che seguiranno su questi peccatori addormentati!»

22. E Abele fece come l’angelo gli aveva comandato; e quando egli fu del tutto vicino ai suoi, l’angelo tuonò in modo terribilmente serio, parole di spavento e di grande paura sui peccatori ora destati, ed esclamò con grande forza e vigore:

23. «Adamo, alzati, rammentati della tua colpa e fuggi da qui, poiché non ti è più possibile restare ulteriormente in questo luogo! Poiché tu hai perduto il Paradiso per te e per tutti i tuoi discendenti fino al grande Tempo dei tempi, e una gran parte dei regali, per tua colpa, poiché ti sei dimenticato del giorno del Signore e ti sei ubriacato col succo di una pianta che era un capolavoro del serpente, escogitato per catturare la tua libertà, per avvinghiare i tuoi piedi e per turbare i tuoi sensi, per dimenticare Dio e farti addormentare nel rozzo peccato.

24. Fuggi dunque dove vuoi, lontano dal Volto dell’Amore! E ovunque fuggirai, incontrerai la giusta ira di Dio in pienezza, ma la parte dell’Amore ti sarà misurata con parsimonia!»

25. E vedi, allora Adamo si alzò da terra con Eva e con tutti gli altri che avevano dormito a causa della bevanda dello stordimento dalla pianta del serpente, e con ciò tutti quanti avevano perduto il Paradiso e gran parte dei regali, eccetto Abele che era rimasto sobrio, poiché non aveva bevuto della bevanda dello stordimento e rimase memore del giorno del Signore. (nota bene: Così anche voi, quali veri figli di un Padre così santo e buono come sono Io, dovete essere costantemente memori del santo riposo del settimo giorno quale vero giorno del Signore, che sono Io, e alla domenica dovete fare quello che vi è comandato).

26. E quando Adamo scorse l’angelo, si spaventò oltre misura, insieme ai suoi familiari, così che non poté dire nemmeno una parola per scusarsi, ed era come irrigidito per il troppo grande sgomento; solo adesso infatti cominciava ad accorgersi di quello che lui e tutti i suoi avevano fatto al cospetto di Jehova.

27. Allora egli si gettò con la faccia a terra davanti all’angelo del Signore, e pianse e implorò pietà a voce altissima; poiché la spada fiammeggiante gli aveva aperto gli occhi, ed egli vide in quella luce raccapricciante della Giustizia punitrice tutto il peso e la dimensione dell’infelicità indicibile, in cui con la sua leggerezza aveva precipitato se stesso e tutti i suoi.

28. Ma l’angelo stava ritto con occhi bendati e orecchi turati, come gli aveva comandato l’Amore del Padre, e disse più forte di tutti i tuoni, dalla potenza e dalla forza di Jehova:

29. «Nella Giustizia non c’è grazia, e nel Giudizio non c’è libertà; perciò fuggi, spinto dalla Giustizia punitrice, perché i giudizi di Jehova non raggiungano il tuo piede esitante! Poiché il castigo è la paga della Giustizia. Chi lo prende come se lo è meritato, può ancora contare sulla misericordia; ma chi si oppone alla Giustizia e alle sue conseguenze, costui è un traditore della intangibile Santità di Dio, e ricadrà nei giudizi di Dio, dove non vi è più libertà, bensì l’eterna prigione nell’ira della Divinità.

30. Perciò fuggi, e piangi e implora laddove i tuoi piedi ti porteranno; e dove essi non ce la faranno più a portarti oltre, là rimani, piangi, implora e prega perché tu non vada in rovina, e anche Eva e tutti gli altri a causa tua!»

31. E vedi, allora Adamo si rialzò e volle fuggire secondo il comando di Dio dato per mezzo dell’angelo; ma vedi, egli non riusciva, poiché i suoi piedi erano come paralizzati. E incominciò a tremare in tutto il corpo, poiché lo assillava la grande paura del giudizio di Dio, che l’angelo del Signore gli aveva minacciato.

32. Allora Adamo cadde di nuovo con la faccia a terra e pianse e gridò a voce altissima: «Signore, Tu onnipotente, grande Dio, nella Tua grande Gloria di ogni Santità, non chiudere totalmente il Cuore del Tuo sconfinato Amore e della Misericordia a me, un debole davanti a Te, e donami almeno quella sufficiente forza, affinché io indegnissimo sia in grado di fuggire davanti ai Tuoi giudizi, secondo la Tua santissima Volontà, a cui sono soggette tutte le Tue creature, come io lo sono dalla cima dei capelli alla pianta dei piedi. Signore, ascolta la mia supplica!»

33. E vedi, allora parlò l’eterno Amore con la bocca dell’angelo – come Io parlo ora con la tua bocca impura – e disse ad Abele:

34. «Abele, vedi il padre del tuo corpo; aiutalo a sollevarsi! E vedi sua moglie, Eva, la madre del tuo corpo, languire a terra, aiutala a rialzarsi, affinché entrambi e tutti gli altri vengano per mezzo tuo rinvigoriti per la fuga, e il buon Padre santo gioisca di te, mostrando il tuo amore al debole padre del tuo corpo, così come alla tua fragile madre, e così anche a tutti i tuoi fratelli e sorelle, siano essi benedetti o non benedetti; la tua forza infatti li rinvigorirà, e la pienezza della benedizione in te li ristorerà! E così con la mano dell’amore filiale e con la mano della fedeltà fraterna, conducili pure, con ogni pazienza e amore, fino al posto che Io ti indicherò; ed essi, una volta giunti, cadranno tutti a terra esausti!

35. Là rimani, e lascia riposare gli affaticati, e là tu raccogliti davanti a Me, affinché Io ti conceda forze in grande pienezza, per rinvigorire i tuoi genitori secondo la misura della loro necessità e capacità di accoglierle, e per ristorare i tuoi fratelli e sorelle secondo il loro bisogno e secondo la loro capacità di accoglierle. E ora fa’ quello che ti ho ordinato, per amore verso di loro e per ubbidienza verso di Me!»

36. E vedi, allora il pio Abele fu pervaso da grande pietoso amore, s’inginocchiò e ringraziò Dio dal più profondo del cuore, sciogliendosi in lacrime, e poi, rinvigorito dall’Alto, afferrò le mani dei deboli genitori e fece per grande amore quello che il Signore gli aveva ordinato.

37. E quando Adamo vide suo figlio aiutare lui e anche la madre, nonché tutti gli altri, disse allora commosso: «O tu mio caro figlio, che venisti ad aiutarmi in questa nostra grande pena, ricevi dunque anche tutta la mia benedizione, per ringraziamento e per consolazione del tuo debole padre e della tua debole madre!

38. E ringrazia tu il Signore, tu che ancora sei degno dell’Amore del Padre santo, al posto mio e di noi tutti che ci siamo resi indegni di pronunciare il Suo Nome santissimo!

39. E così fuggiamo dunque secondo la Volontà del Signore!»

40. E vedi, allora l’angelo brandì la spada della Giustizia, ed essi fuggirono tutti quanti a passi veloci, giorni e notti continuamente, senza riposo e senza sosta.

41. E così giunsero nel già nominato paese, quando il Sole stava al suo culmine e bruciava intensamente; e non un’erba si poteva vedere sul suolo tutt’intorno, neppure a grande distanza, e neanche un albero, né un cespuglio. E vedi, allora Adamo ed Eva e tutti gli altri si accasciarono a terra spossati e completamente esausti, nella polvere cocente, e chiusero gli occhi, oppressi dalla potenza del sonno che li stordiva, e dormirono come svenuti, incatenati dai lacci della debolezza nella privazione della Grazia.

42. E vedi, allora l’angelo del Signore, che finora li aveva seguiti visibilmente, si avvicinò ad Abele che stava ritto in pienissima freschezza di potenza e forza dall’Alto, e disse:

43. «Abele, vedi, di tutte le offerte che in ogni purezza del tuo animo hai fatto al Signore della Santità, nessuna fu più grande di questa, e nessuna fu a Lui così gradita! Prendi dunque, secondo la Volontà dall’Alto, questa spada della Giustizia dalla mano del tuo fratello dall’Alto – poiché vedi, così noi siamo figli dell’unico e stesso Padre santo – e gestiscila secondo la potenza della Sapienza e secondo la forza dell’Amore per il maggior bene dei tuoi, e fa divampare in essi l’indebolita forza della vita, e rendi di nuovo ardente l’amore per l’Amore del Padre santo, e attizza la fiamma del giusto timore di Dio nei loro cuori! Io però non ti abbandonerò, ma resterò invisibilmente, e quando tu vuoi anche visibilmente, al tuo fraterno fianco con grande amore, sempre pronto a servirti nella Volontà del Signore.

44. Poiché vedi, la consegna della spada significa la tua pienissima libertà come la mia, e così la Volontà del Signore è diventata la tua, e ti ha posto al di sopra di ogni Legge, e ti ha dato in proprietà i Comandamenti, e ora tu sei, come me, un figlio immortale dell’Amore del Padre santo nel puro regno di luce dei liberi spiriti!

45. E ora fa’ ai tuoi genitori e ai fratelli del corpo secondo il tuo amore e la tua sapienza!».

 

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Cap. 14

Adamo riconosce il suo stato e si pente

 

1. Ed ecco, Abele, oppresso quasi dall’eccessiva gioia per l’immensa grazia ottenuta dall’Alto, cadde sulle sue ginocchia ed esclamò: «Oh, Tu, grande e dilettissimo Padre immensamente santo e buono, vedi, qui dinanzi a Te, il Tuo misero servitore nella polvere e nella percezione della sua più profonda indegnità nei confronti di Te, onnipotente e misericordioso, rivolgere il suo sguardo dalla più profonda bassezza fino alla Tua suprema altezza! Porgi benigno ascolto alla voce di un figlio che implora grazia per i suoi deboli genitori e per tutti i suoi fratelli e le sue sorelle, e non mi negare la forza che viene da Te, come un dono grandioso, e fa’ che essa, in grazia, si riversi su di loro per il perdono del peccato, e per riacquistare la vita da Te, con la necessaria potenza e forza!

2. E trasforma, secondo il Tuo gradimento, questo paese, per mezzo della Tua Misericordia e della Tua Grazia, affinché esso divenga fertile; e i deboli vi possano trovare un nutrimento per ristorare le proprie membra, e possano inoltre calmare l’ardore della loro sete a qualche fresca sorgente, e fa’ che vi siano ancora degli animali atti a servire loro, obbedienti al loro volere.

3. O grande e amato Padre, immensamente santo e buono, esaudisci la mia debole preghiera, affinché il Tuo santo Nome sia glorificato nei cuori dei Tuoi pentiti!»

4. E ora vedi e ascolta quanto avvenne quando il pio Abele terminò la sua preghiera, che giunse a Me gradita. Ed ecco, un alito di frescura incominciò a spirare sull’arido deserto, e nuvole chiare ammantarono l’ampio spazio del cielo; e cominciò a piovere sopra tutto il deserto, e frammezzo alla pioggia caddero semi di ogni specie entro i piccoli solchi scavati nella sabbia, prima incolta, dalla copiosa e veemente pioggia di Jehova. E in un attimo la vasta distesa del deserto verdeggiò di erbe, di piante, di arbusti e di alberi di mille specie. E nel luogo dove il pio Abele stava in ginocchio, pregandoMi in spirito e verità, sorse un albero enorme, alto fino quasi a raggiungere le nuvole, e dotato di ampi rami e di larghe foglie, e pieno di frutti del pane, ossia di frutti dolci e gradevolissimi al palato. A quest’albero fu impartito il nome di “Bahahania”, ovvero “conforto e ristoro dei deboli”, conosciuto anche da voi, ancora oggi, con la denominazione di “albero del pane”.

5. Dalle nuvole lucenti e stillanti la benedizione, una voce soave disse al pio Abele: «Oh, Abele, o figlio Mio diletto, divenuto libero, brandisci con la tua mano sinistra la spada sopra coloro che dormono, e ridestali al pentimento e al miglioramento della loro condotta di vita dinanzi a Me, per tutti i tempi futuri. E sii per loro una vera prefigurazione di Colui che un giorno verrà nel grande Tempo dei tempi; e annuncia loro che fino a quel giorno nessuno sarà più libero dalla Legge; e che i Comandamenti, fino a quel giorno e anche oltre, terranno prigionieri tutti coloro che non si renderanno partecipi della rinascita operata tramite il Figlio, che sarà la Via, la Luce, la Verità e la Vita eterna, quale unico Trionfatore sulla Morte.

6. Tu però sei libero come angelo della Luce e sarai accolto dopo che, solo fra poco tempo, l’immagine del Grande che verrà sarà del tutto compiuta. Prima però tu devi renderti perfettamente atto e capace per questo momento, e ciò deve avvenire mediante la crescita della tua umiltà, del tuo amore e di una grande devozione. E ciò deve avvenire nonostante tutte le persecuzioni e i maltrattamenti di cui verrai fatto oggetto, sia da parte dei tuoi fratelli che delle tue sorelle, a causa della glorificazione del Mio Nome»

7. Ed ecco, allora Abele si rialzò da terra, compenetrato di potenza e di forza; e quasi in segno della vera libertà ottenuta si librò nell’aria, e su coloro che dormivano fece come gli era stato comandato.

8. Ed ecco che nuove forze vitali affluirono nei dormienti; e gli stessi si destarono rapidamente, si rizzarono da terra e si guardarono intorno enormemente commossi e meravigliati nel constatare l’immensa e benefica trasformazione del deserto. E stavano per prorompere in grida di giubilo, quando Adamo, alzatosi assieme a Eva che si trovava al suo fianco, così parlò ai suoi figli:

9. «Figli, non giubilate, né tripudiate prima del tempo, ma piuttosto piangete e pentitevi anzitutto con me ed Eva del nostro grande peccato, e pensate bene a quello che abbiamo perduto! Poco importa il Paradiso della Terra con tutti i suoi beni; perché, come io vedo, e come voi pure vedete, il Signore nella Sua immensa, sconfinata Misericordia, ci ha donato così tanto che tutti noi possiamo con tutta facilità e senza rammarico dimenticare la perdita dei beni sovrabbondanti del Paradiso terrestre, vedendo appunto questa nuova, grande e inapprezzabile ricchezza del Suo Amore troppo grande. Vedete, infatti, gli animali dell’aria, come pure della terra, ora si affrettano verso di noi. Osservate l’erba, le piante, gli arbusti e tutti gli altri alberelli, e i grandi alberi, e le brezze che spirano, ed interrogate pure tutte queste cose, ed ascoltate se da qualche parte vi giunge una risposta!

10. Io lo feci subito, quando mi ritrovai desto, e mi convinsi che tutte le cose erano diventate mute per me; e che il suono della mia voce non veniva più compreso. Il cinguettio degli uccelli, l’urlo degli animali, il mormorio di questa sorgente e tutto il sussurrare dell’erba, delle piante, degli arbusti e di tutti gli alberelli e degli alberi colpirono subito il mio orecchio, ma quanto mi spaventai, e mi sento tuttora interamente pervaso dallo sgomento, constatando che di tutto ciò io non comprendevo più nulla, né tuttora sono in grado di comprendere!

11. Ma vedete, non mi spaventai per il fatto che tale comprensione mi fu tolta, ma piuttosto mi rammaricai per la perdita, infinitamente più grande, della Grazia del Padre, che è santo sia al di sopra di tutte le creature, che al di sotto di tutte le creature!

12. Vedete, tutto ciò che ho perduto l’avete perduto anche voi a causa mia, avendo voi peccato per mezzo mio e con me; tutti eccetto uno, che non sono più degno di chiamare “figlio mio”, e che agli occhi onniveggenti del Padre, immensamente santo e buono e a quelli del Suo Amore e del Suo Spirito, è rimasto puro e giusto in tutta la potenza e forza, nella pienezza della Grazia e in quella della Benedizione.

13. E questi è il mio diletto Abele, che però ci fu tolto dal Signore giustissimo, poiché i miei occhi non lo vedono più in nessun luogo; certamente ciò avviene affinché io e tutti voi per mezzo mio percepiamo cosa voglia dire l’essere caduti fuori dalla Grazia dell’eterno Amore e che cosa significhi anche il ritrovarsi nella rigida Giustizia del Signore a causa del peccato di sconsiderata disobbedienza alle Sue mitissime leggi dell’Amore e ai tanto lievi comandamenti della Grazia.

14. Oh, figli, ponderate bene tutto quello che vi ho ora detto e provate a riflettere e convincetevi da soli se vi ho esposto la verità. Poi venite e giudicate da voi stessi come stiano veramente le cose, e cioè se noi dobbiamo piangere ed essere afflitti, quale espressione del nostro immenso pentimento, oppure se sia possibile per noi ritrovare ancora qualcosa che sia capace di rallegrare i nostri cuori!

15. Certo, o figli miei, l’eterno Amore del Padre santissimo ci ha lasciato una sola gioia come dono della Sua grande Grazia, e in tale gioia possiamo e dobbiamo pur rallegrarci, e questo dono consiste nella grande grazia del pentimento e del cordoglio stesso!

16. Ecco, quest’unica cosa ancora ci ha lasciato il Signore: – le lacrime del pentimento e le lacrime del cordoglio! RingraziamoLo dunque di questo dal più profondo dei nostri cuori!

17. Oh, che immensa fortuna per noi è ancora questa, dato che il Signore ci ha fatto questo dono ricchissimo! Che cosa mai saremmo noi senza questa grazia?

18. Dunque, nella profonda coscienza della nostra totale abiezione, prostriamoci a terra e piangiamo, e affliggiamoci fino a quando nessuna lacrima e nessuna stilla di questo nostro cordoglio potranno più scorrere dai nostri occhi e finché non avremo restituito al Signore quello che è Suo e del quale non siamo abbastanza degni; e poi Egli faccia di noi, secondo la Sua Giustizia santissima, quello che è la Sua Volontà, santa e in ogni tempo buona, e che è stata fin dall’eternità!».

19. E vedi, allora Adamo con tutti i suoi si prostrò a terra e fece secondo quanto gli dettava il suo riconoscimento tramite quella minima parte della Grazia rimastagli, per mezzo della tacita e segreta Misericordia dell’eterno Amore nel Padre. Adamo pianse, e si dolse amaramente assieme a tutti i suoi, eccetto Caino. Quest’ultimo, come gli altri, si era pure prostrato a terra, ma il suo occhio rimase asciutto; anzi, si adirò per non poter piangere anche lui come tutti gli altri. Ed egli allora si alzò e se ne andò via. E mentre se ne andava così, fissando il suo sguardo sul terreno verdeggiante, ecco che scorse improvvisamente una serpe che strisciava fra l’erba; allora egli si chinò, e afferratala la fece a pezzi; e in preda all’ira e al furore ne divorò la carne, rendendola così carne propria.

 

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Cap. 15

La confessione di Caino

 

1. E vedi, quando Caino ebbe fatto ciò, ecco apparirgli accanto il pio fratello Abele, che, in nome dell’eterno Amore, così gli parlò:

2. «Oh, fratello mio, perché mangi della carne del serpente, mentre qui ci sono frutti in grande quantità, pronti a calmare la tua fame? Vedi, Adamo, nostro padre, bevette da quella pianta che egli non conosceva, e che il serpente, con astuzia, malizia e con tutta la maestria della sua sconfinata perfidia aveva preparato per la sua perdizione e anche per la perdizione di tutti i suoi discendenti, e così egli peccò dinanzi al Signore di ogni giustizia, e con lui peccaste pure voi tutti; ed io stesso fui gravato dal peso del peccato al cospetto di Dio, e dovetti scontare anch’io come voi tutti che avete bevuto il succo della perdizione, dato che anch’io come voi dovetti abbandonare il Paradiso, e dovetti perciò prendere su di me corporalmente il vostro peso e spiritualmente tutta la vostra benedizione, e così, di conseguenza, fui gravato doppiamente per causa vostra.

3. E come se ciò non bastasse, tu ora ti metti a mangiare perfino la carne viva del serpente, assieme al suo sangue! O Caino, perché mai hai fatto questo?»

4. Allora Caino si calmò nella sua rabbia, nel suo furore e nella sua ira; osservò Abele, e disse: «Ecco, quello che ho fatto, io l’ho fatto per vendetta, ossia per rovinare al serpente la sua progenie, e l’ho fatto anche per la rovina di me stesso, perché non sono mai stato trovato degno della benedizione del Signore, poiché sono diventato quello che sono non per mia colpa, ma per il peccato dei genitori che sono esistiti prima di me, ossia quando ancora non ero nato, dato che io ebbi origine soltanto dopo che essi ebbero peccato innanzi agli occhi di Jehova.

5. Perché dunque devo o dovrei scontare quel certo peccato che io non ho mai potuto in nessun modo contribuire a commettere, considerato che io sono soltanto il frutto del peccato ma non la sua causa, e perciò mi trovai privato della benedizione di cui invece voi tutti godete in tutta pienezza? E perché, a causa di ciò, io dovetti trascinarmi a fatica, essendo gravato dalla maledizione di Jehova che io non meritavo, mentre voi saltavate come cervi?

6. Ecco, questo è il motivo per cui ho fatto così: – perché il serpente fra l’erba mi rivolse la parola e così disse: ‘Divorami e saziati della mia carne, e spegni la tua sete con il mio sangue, e tu diverrai un signore della Terra, e tutti i tuoi discendenti domineranno su di essa, e la loro potenza e forza saranno maggiori di quelle di tutti i benedetti. Ora io non ti do un comandamento, ma soltanto il potere di regnare e la forza di renderti soggetta ogni cosa’

7. E ascolta, così proseguì il serpente: ‘La mia carne ti annienterà nella tua ingiusta colpa dinanzi a Dio, e il mio sangue ti donerà una nuova essenzialità senza colpa, armata di ogni potenza e forza!’. Allora il serpente tacque ed io lo afferrai, lo lacerai e lo divorai, come vedesti proprio ora!»

8. Ed ecco, a questo punto Abele si commosse e brandì con la mano destra la spada della giustizia e la pose sul capo di Caino; e a Caino furono aperti gli occhi ed egli vide il suo immenso torto, poiché aveva accusato Dio e i propri genitori; e scorse in se stesso tutta la sua colpa e vide le imperscrutabili vie dell’eterno Amore nella Sua misteriosa e sconfinata Sapienza; e si accorse che lui stesso era il vero serpente seduttore; e vide che per mezzo di lui il serpente era diventato uomo, per opera della Misericordia illimitata dell’eterno Amore, affinché esso, in seguito a una prova certamente più grave e nel suo stato di transitoria debolezza senza alcuna benedizione, venisse reso consapevole di tale debolezza, cosicché, in tale suo stato di debolezza autocosciente e per decisione propria e in tutta l’assoluta libertà del proprio essere, avesse finalmente potuto e dovuto rivolgersi al Signore di ogni potenza e ogni forza. E dal Signore, poi, sarebbe stata elargita anche ad esso, come ai già benedetti, la benedizione, e con ciò sarebbe avvenuta la sua riammissione nell’immensa Grazia dell’Amore sommamente misericordioso, nella pienezza suprema della potenza e della forza.

9. Ed egli vide che quel serpente, che aveva poco prima divorato, era egli stesso nella sua parte ancora cattiva; e vide che solo per effetto della propria rabbia egli aveva suscitato col proprio alito il serpente sulla Terra, nella sua riapparsa essenzialità; e vide inoltre, che le parole del serpente erano le sue stesse parole, che prendevano origine dal fondamento più intimo del proprio essere primordiale, anteriore ad ogni creazione del mondo visibile della materia.

10. E si rese conto, ancora, di come egli aveva con ciò riaccolto in sé il serpente, ovvero come egli stesso si fosse rafforzato in ogni malvagità e nella falsità che da essa deriva; e vide quanto profondamente egli era nuovamente precipitato nella morte.

11. Allora egli, pervaso da gran pentimento, cadde a terra e pianse, ed esclamò a voce altissima (Caino): «O grande, onnipotente, fortissimo e santissimo Dio! Ora soltanto io riconosco il mio infinito peccato e la mia debolezza infinita dinanzi a Te e alla Tua Giustizia, ma anche dinanzi al Tuo illimitato Amore!

12. Ecco, io non sono degno dell’esistenza: – annientami dunque per l’eternità, fino nel mio più intimo fondamento, affinché d’ora innanzi io non sia più niente in eterno, e affinché il massimo peccato, che è unicamente mio, venga così cancellato per tutta la discendenza benedetta di Adamo e di Eva!»

13. Ed ecco, suo fratello Abele allora brandì nuovamente la spada nella sua mano sinistra, ma questa volta ponendola sul petto di Caino.

14. E vedi, subito una nuova vita si irradiò in Caino, e la “fame della morte” lo abbandonò, ma al suo posto si fece tanto più sentire in lui la “fame della vita”. Al momento però egli non poteva trovare ciò che lo avrebbe potuto saziare, e poiché non trovava nulla, si rivolse nuovamente ad Abele, e così parlò:

15. «Vedi, o fratello, ho una grande fame di un cibo di Vita: – un cibo che abbia la vita in sé, e non la morte, com’era con la carne del serpente e con il suo freddo sangue! Perché, vedi, fratello, essendomi venuta dal profondo del mio essere la conoscenza di come io ero prima, e di come sono ora, io adesso sento in me un grande pentimento, e percepisco una grande fame e una sete ardente dell’Amore divino e della Sua immensa Misericordia! Poiché, vedi, io piango senza voce, e il pentimento è in me senza lacrime: – saziami quindi con la voce dell’Amore, e calma la mia grande sete con le lacrime del pentimento!

16. Perché, ascolta e intendi: – Io, il sommo, ora sono divenuto il più infimo della polvere; io, il fortissimo, sono adesso ridotto ad essere più debole di un moscerino; ed io, il più luminoso, sono diventato ora più tenebroso del punto centrale della Terra!

17. E così sto ora dinanzi a te: – a te che, fuori da me, divenisti un piccolo spirito. Ma ora esso è in tutto più grande di quanto lo fossi stato io allora, quando ancora non esisteva il mondo. Infatti, avvenne che io, da me stesso, nella mia esuberante potenza, mi sono imprigionato nella mia forza eccessiva e divenni per questo il più debole fra tutti. Infatti, allora, coloro che avevano molto perdettero molto, mentre coloro che avevano poco perdettero poco. Ma io, che avevo tutto, perdetti tutto, e questo accadde per colpa mia; e gli altri perdettero il loro molto, oppure il poco, unicamente a causa della mia bruciante colpa.

18. O fratello Abele, non indugiare dunque, e porgimi una vivanda di vita, affinché abbia la voce per piangere; e dona a me, il reietto della benedizione, una bevanda, affinché io non mi strugga in un pentimento senza lacrime!»

19. Allora Abele calcò di nuovo il suolo della Terra e si avvicinò a Caino, del tutto corporalmente, e gli disse: «O Caino, o debole fratello del mio corpo e figlio di Adamo e di Eva, alzati e seguimi! Io voglio ricondurti ai tuoi genitori e a tutti i tuoi fratelli e sorelle, perché là troverai in abbondanza tutto quello di cui sei tanto privo e là verrai saziato, e tutta la tua sete sarà spenta.

20. Ma quando così sarai saziato e sarà estinta la tua sete ardente, pensa allora al Signore, nel Suo Amore e nella Sua Grazia misericordiosa; e pensa ancora che “il primo è l’ultimo, e l’ultimo è il primo!”

21. E ora seguimi in tutta pazienza e mansuetudine; e tutta la tua forza sia d’ora in poi la pazienza, e tutta la tua potenza sia d’ora in poi la mansuetudine; e così tu troverai ancora grazia al cospetto di Colui il cui Amore è infinito e non ha confini in tutte le eternità delle eternità».

 

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Cap. 16

L’incarico del Signore ad Abele

1. E vedi, allora essi si alzarono e si diressero là dove stava il grande albero situato fra il Mattino e il Mezzogiorno (il Meridione=Sud) dal punto dove si trovava Caino, che era fra la Sera (l’Occidente=Ovest) e la Mezzanotte (il Settentrione=Nord). E in tal modo essi fecero ritorno ai loro familiari, i quali, ancora afflitti, stavano piangendo tutti prostrati a terra.

2. E quando furono del tutto giunti presso di loro, Abele disse a Caino: «Qui vedi frutti in abbondanza, ovvero vedi ciò che sono i veri frutti del pentimento e del cordoglio. Chinati, dunque, e cogline e saziati, e spegni la tua sete!»

3. E quando Caino ebbe fatto come suo fratello gli aveva consigliato, sotto Mio suggerimento, ecco che cominciò ad altissima voce a deplorare il suo male, e i suoi occhi versarono torrenti di lacrime di grande pentimento.

4. E vedi, all’eterno Amore piacque il pentimento e il cordoglio; ed Esso parlò per bocca dell’angelo al pio Abele, che ugualmente si scioglieva in lacrime di pietà e nel quale l’Amore aveva grandissimo compiacimento, e disse:

5. «Abele, o benedettissimo figlio dell’Amore, avvicinati ad Adamo e ad Eva, i genitori del tuo corpo, e rialzali, e mostra loro l’albero della vita che Io ho benedetto per voi tutti allo scopo che il corpo ne tragga nutrimento, e anche perché il vostro amore, per ora, ne sia rafforzato.

6. Dì ad Adamo che quando si sarà rafforzato faccia di nuovo rialzare i suoi figli e dia loro da mangiare il pane dell’albero della vita, affinché ne sia rafforzato il loro corpo e il loro amore. E dì ad Eva che si avvicini a Caino e lo faccia alzare, e lo conduca da Adamo; e dì ad Adamo che gli porga la mano sinistra, e in questa prenda la destra di Caino e ponga poi la propria destra sul capo di Caino. Egli dovrà quindi alitare su di lui tre volte, e dovrà alzarlo da terra sette volte; e così Caino, secondo la sua fedeltà, sarà reso atto ad accogliere gradatamente la Benedizione che emana da Me.

7. E tu, però, Abele, prendi la spada nella tua destra e seguiMi ben lontano da qui verso il Mattino, su un gran monte, in un grande deserto! Tu là troverai un’apertura; in questa poni la spada dalla parte dell’impugnatura, cosicché la punta rimanga rivolta al cielo e i due tagli fiammeggianti restino volti l’uno verso Mezzogiorno e l’altro verso la Mezzanotte.

8. Dopo ciò, mettiti in ginocchio e ringrazia Dio finché la fiamma della spada sarà estinta e finché dalla spada uscirà un cespuglio di spine con delle bacche rosse e bianche. Poi cogli subito dal cespuglio tre bacche bianche e sette rosse, e fa quindi ritorno dai tuoi! E quando sarai ritornato, dopo quaranta giorni, erigiMi un altare per sacrifici, così come hai fatto spontaneamente e senza alcuna sollecitazione nel Paradiso. Sopra tale altare poni fascine e frutta, ed accendi il tutto con il fuoco dell’Amore che Io ti manderò dall’Alto, nella forma di un grande lampo.

9. Ma poi prendi dell’argilla dalla terra, impastala bene e formane un vaso, che sia largo sopra e stretto sotto, come il cuore che è in te. Questo vaso riempilo completamente d’acqua pura, e ponilo poi sul focolare di Jehova, sulla fiamma del sacrificio d’amore; e quando l’acqua sarà calda e comincerà a bollire, prendi anzitutto le bacche bianche e gettale nell’acqua bollente; poi, dopo breve tempo, fa la stessa cosa anche con le sette bacche rosse. E quando tu vedrai che tutte le bacche si saranno intenerite, togli via il vaso dal fuoco, prendi con la mano destra le bacche tenere nello stesso ordine in cui le hai poste dentro e passale nella mano sinistra, tenendole fino a che si siano raffreddate; e mangiale, infine, nell’ordine che ormai ti è noto. Dopo però prendi il vaso con l’acqua nella quale saranno state cotte le bacche che sono sorte dalla spada e versa l’acqua sul focolare di Jehova, e consegna poi questo vaso vuoto al padre del tuo corpo.

10. Le bacche ti daranno vigore nella sapienza e nell’amore; e l’acqua raddolcirà il fuoco dell’Amore. Il vaso, però, sia un segno certo, per Adamo e per tutti i suoi discendenti, di come devono essere costituiti i loro cuori, cioè riscaldati e cotti dall’acqua della Misericordia, nella quale sono diventati molli i frutti della Giustizia per effetto del fuoco dell’Amore, per servire di nutrimento ai figli dell’Amore benedicente, e perché con questo stesso cibo i cuori possano venir resi liberi per accogliere lo Spirito della Santità di Dio.

11. E ora va’ e adempi esattamente quello che Io, l’eterno Amore, ti ho comandato! E dopo che tutto ciò sarà compiuto, Io parlerò di nuovo a te, e poi ai tuoi, per bocca del Mio angelo, che è un cherubino, ovvero la “bocca della Sapienza e dell’Amore del Padre santo”. Va’ quindi, e agisci!».

12. E ora vedi, Abele fece come gli era stato comandato; e si allontanò dai suoi, dopo aver portato la Benedizione al padre del suo corpo, secondo quel certo Mio segreto volere che gli fu manifestato nel cuore.

13. E Adamo lo abbracciò, piangendo, ed Eva, dolente, lo strinse al suo cuore. E tutti i suoi fratelli e sorelle gli porsero le mani in modo molto amichevole, in segno del breve congedo al servizio di Jehova. E anche Caino si aggiunse agli altri e gli porse la sua destra; e si chinò dinanzi a lui fino a terra. Così poi Abele si separò da loro fra le reciproche benedizioni, e con la grande Benedizione dall’Alto, accompagnato dall’angelo del Signore.

 

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Cap. 17

Le nuove norme del servizio divino e della vita

1. E quando Abele ebbe così compiuto esattamente la Parola di Dio, e ritornò ai suoi che l’avevano atteso con tanta brama dei loro cuori, e dopo aver anche qui compiuto il sacrificio secondo le indicazioni dell’eterno Amore ed ebbe consegnato ad Adamo il vaso vuoto nella maniera e nel significato che gli era stato comandato, allora l’eterno Amore aprì nuovamente la bocca dell’angelo e disse:

2. «Abele, o figlio obbedientissimo del Mio Amore misericordioso e benedicente, Io ora ti nomino sacerdote e maestro di tutti i tuoi fratelli e delle tue sorelle, e consolatore dei tuoi genitori. E così la mattina di ciascun Sabato, al sorgere del Sole, tu offrirai in sacrificio i frutti più belli e puri che Io più tardi designerò ancora più esattamente. E la sera, al tramontare del Sole, accenderai il fuoco dell’Amore, che Io ti indicherò come è per natura nascosto in una pietra e come lo si può sempre ottenere dalla pietra stessa! E tu non devi coprire il tuo capo a cominciare dalla mezzanotte fino alla mezzanotte successiva, affinché il tuo capo possa rimanere libero per ricevere la Mia grande Grazia. Tutti i tuoi fratelli, però, devono scoprire il loro capo soltanto alla mattina, e devono ricoprirlo nuovamente alla sera. E le tue sorelle corporali devono tenere celata la loro faccia e il loro capo durante tutto il giorno sacro; soltanto Eva potrà per tre volte, verso la metà del giorno, gettare lo sguardo in direzione dell’altare di Dio.

3. Adamo però non dovrà mai, per tutto il tempo della sua vita, tenere coperto il suo capo, a simboleggiare il fatto che egli è il padre della vostra carne e che voi dovete sempre tributare riconoscenza al suo capo e che dovete dappertutto dimostrargli rispetto e amore.

4. Guai a colui che osasse opporsi in qualsiasi cosa al proprio padre! Costui sarà guardato da Me con l’occhio dell’ira, poiché il capo del padre è simile alla Santità di Dio. Ognuno può essere esaudito qualora faccia penitenza nel cuore, ma chi oltraggia la minima parte della Mia Santità, costui verrà afferrato dal Fuoco inestinguibile della stessa, e questo Fuoco divorerà ogni goccia delle lacrime del pentimento in lui, ed egli sarà annientato per l’eternità!

5. E chi con cuore cattivo offende la propria madre e si mette contro il suo amore, Io non lo prenderò in considerazione nel momento del bisogno, poiché la madre è simile all’Amore in Me. Chi disdegna sua madre, troverà assai duro camminare sulle cocenti vie di Jehova!

6. Così pure, se un fratello si mette contro l’altro, costui perderà la Mia grazia, e la Mia misericordia se ne starà lontano da lui; e se qualcuno disprezza la propria sorella, il Mio Cuore rimarrà chiuso dinanzi a lui.

7. Infatti, i vostri fratelli sono pure fratelli del Mio Amore; e le vostre sorelle sono il diletto del Mio Amore.

8. Onorate perciò il padre e amate la madre; e siate l’uno all’altro soggetti in tutto amore, affinché possiate temere il Mio Nome, Jehova, e possiate amare il Mio Amore, e possiate farvi guidare dalla grande santità del Mio Spirito nel giorno della Mia grande santità, in via triplice per ciò che riguarda l’ottenimento della Sapienza e in via settuplice per ciò che riguarda i sei giorni dell’Amore; e tutto questo per procedere in modo retto e giusto dinanzi ai Miei occhi.

9. E ora, Abele, tu insegnerai a tutti i tuoi fratelli vari lavori, ovvero un lavoro differente per ciascuno, affinché essi possano rendersi servizio l’un l’altro con amore, e giovarsi con il consiglio nei vari rami della sapienza.

10. E tu insegnerai pure alle tue sorelle a preparare dei fili dall’erba e dalle piante, e insegnerai loro ad intrecciare questi fili in larghe strisce e a preparare poi delle vesti per i loro fratelli, e quindi anche per loro stesse; e questo affinché l’amore sia mantenuto giustamente nel suo ordine.

11. Però ad Adamo, ad Eva e a te Io donerò delle vesti dall’Alto, le quali saranno differenti nel colore: – bianco per Adamo, rosso per Eva e azzurro con bordi gialli per te. Ma questi colori nessun altro li deve usare per la propria veste, ma ognuno dovrà tingerla a vari colori. Tuttavia in ogni veste di ciascuno non ci deve essere nessuna macchia nera, né alcuno strappo, ad eccezione del caso in cui qualcuno abbia peccato, perché allora il peccatore, in segno di pentimento, strapperà la propria veste e vi passerà sopra del carbone, e cospargerà di cenere il proprio capo a significare che egli è un peccatore al Mio cospetto e che ha lacerato la veste della Grazia, essendosi imbrattato del colore della disobbedienza e per significare che la morte è venuta sopra di lui!

12. Caino però deve chiedere per sé la sorella più bella, la quale si chiama “Ahar”, ovvero la “bellezza di Eva”, e con lei se ne andrà fuori ai campi e farà dei solchi nella terra, adoperando gli arnesi che egli troverà là già preparati; poi spargerà in tali solchi dei granelli, di cui troverà una grande provvista, ed egli dovrà chiamare il frutto “grano” [frumento]. E quando questo grano sarà diventato maturo, il che si riconoscerà dal fatto che i granelli si saranno induriti e le spighe avranno acquistato un colore bruno, egli separerà accuratamente i grani dalle spighe e li triturerà fra due pietre. E la farina così ottenuta egli la inumidirà abbondantemente con acqua, e rimescolerà il tutto facendone una pasta. Questa pasta poi egli la deporrà su di una pietra piatta che è divenuta rovente col calore del Sole, e la lascerà così per una terza parte del giorno; quindi la toglierà dalla pietra e la chiamerà “pane”. Infine egli prenderà questo pane, lo spezzerà, e dopo aver ringraziato Dio lo potrà mangiare assieme a sua moglie Ahar.

13. E ogni qualvolta egli procederà al raccolto dai suoi campi, dovrà sacrificare a Me i primi dieci covoni.

14. Se egli Mi resterà fedele, Io accetterò sempre con piacere la sua offerta dalla terra; ma qualora dovesse dimenticarsi di Me, la sua offerta non sarà accolta e non salirà al Cielo, ma rimarrà sulla terra ai suoi piedi.

15. E così dunque viva e moltiplichi la sua progenie. Però prima è bene che egli Mi sacrifichi tre volte il suo cuore e che mi sacrifichi il cuore di Ahar sette volte. Se egli tralascerà di fare questo, la sua infedeltà apparirà alla luce, ed egli diverrà un malvagio; e il serpente vivrà per mezzo suo e continuerà poi a vivere in tutte le sue figlie, che perciò diventeranno esteriormente belle, ma tanto più orribili interiormente. Esse guasteranno tutti i loro figli e contamineranno con il loro veleno i figli del Mio Amore e faranno allontanare da Me i Miei figli.

16. Ed Io un giorno distruggerò del tutto la sua progenie sulla Terra! Tutto ciò diglielo con fermezza, e ricordagli altresì il Mio santo Nome, Jehova, e il Mio giorno, il Sabato!

17. Ma a te, Mio pio Abele, voglio mostrare un gregge di animali mansueti, perché tu li abbia in custodia e li conduca al pascolo. E il nome che tu darai loro sarà proprio il giusto nome per loro; e quando tu li chiamerai per nome, essi ti riconosceranno come pastore e ubbidiranno dappertutto alla tua voce.

18. E d’ora innanzi non mi sacrificherai più dei frutti, come facesti dopo il ritorno dal monte di Jehova, ma mi sacrificherai invece la primizia del tuo gregge, che sono i frutti più belli e più puri, dei quali Io ti ho già fatto menzione poco fa.

19. E precisamente tu dovrai anzitutto porre trasversalmente della legna secca sopra il focolare; poi sopra ad essa collocherai l’offerta sanguinolenta; quindi Mi rivolgerai il ringraziamento ed infine accenderai il sacrificio con il fuoco che ti ho indicato, che si trova nella pietra, e che tu trarrai da questa secondo la Mia indicazione.

20. E come segno che la tua offerta viene da Me gradita, il suo fumo salirà sempre rapidamente verso il cielo, come se avesse grande fretta di salire. La cenere, però, che tu ricoprirai con una pietra, dovrai lasciarla giacere per tre giorni sull’altare. Il terzo giorno tu ti recherai all’altare e toglierai via la pietra dalla cenere, e vedrai un bellissimo uccello dalle penne splendenti che si leverà dalle ceneri per volare verso il cielo. Poi si alzerà un vento che spargerà le ceneri verso tutti i campi della Terra per la risurrezione di ogni carne, che un giorno avverrà. Ciò corrisponde alle opere del vero amore attraverso la Sapienza dello Spirito Santo, il Quale verrà dato nel grande Tempo dei tempi ai figli e a tutti gli stranieri che ne saranno assetati.

21. Voi mangerete in comune alla mattina, alla metà del giorno e alla sera. Ma mangerete sempre in modo molto moderato, e sempre nel grande timore del Signore, dopo averlo voi ogni volta ringraziato, prima e dopo i pasti, affinché i cibi siano benedetti e con ciò da questi venga allontanata la morte.

22. Se qualcuno tralascerà di fare così, costui si accorgerà ben presto delle brutte conseguenze. Chi se ne dimenticherà per tre volte, Io lo punirò con un lungo sonno; ma chi tralascerà di farlo per un senso di pigrizia, costui diverrà grosso come un bue e grasso come un maiale e ottuso come un asino. I fanciulli si faranno beffe di lui e la sua ripugnante figura sarà oggetto delle loro risate, e se egli vorrà ridiventare come coloro che saranno stati obbedienti, dovrà digiunare a lungo e mangiare pane asciutto.

23. Chi però tralascerà di fare il ringraziamento per ostinata disobbedienza e per spregio di questo Mio lieve comandamento, dato per amore vostro, costui cadrà in braccio alle brame della libidine e di ogni lussuria, in modo che facilmente cadrà nel peccato e, con questo, nella morte. Egli dovrà sostenere una grave lotta per combattere il poderoso serpente della seduzione di Eva, ed Io non lo guarderò prima che egli, nel gran pentimento, non abbia trionfato sulla propria carne.

24. La mattina tuttavia dovete mangiare dei frutti degli alberi; alla metà del giorno invece mangerete dall’albero della vita; e la sera, infine, prenderete per cibo del latte e del miele, che Io farò raccogliere per voi sui rami degli alberi da una quantità di animaletti dell’aria celeste, animaletti che voi chiamerete “celie” (quelli che voi oggi chiamate “api”). Il nome di “celie”, però, significa “la cura dal Cielo”. E il terzo giorno prima del Sabato scannerete una pecora; la monderete del sangue; poi, di giorno, l’arrostirete al fuoco tratto dalla pietra, e la sera ne mangerete la carne in allegria.

25. E anche Caino e sua moglie Ahar vengano da voi e mangino con voi la carne del docile animale, ma solitamente Caino dovrà rimanere sul suo campo e là mangerà del suo pane e dei suoi frutti.

26. E ora sapete tutto quello che per il momento vi occorre. E quando verrà un tempo freddo sulla Terra, necessario per il suo irrobustimento, allora Io vi manderò dall’Alto delle vesti di pelle di pecora per Adamo, per Eva e per te. Ma i tuoi fratelli dovranno raccogliere le pelli delle pecore scannate per la cena e lasciarle seccare al Sole, e conservarle per ricoprire i loro corpi nel tempo del freddo, secondo l’indicazione che Io ti darò dall’Alto. E quando le pelli saranno seccate, essi le laveranno sette volte in acqua fresca, e con ciò le pelli diventeranno morbide e pulite, e adatte al loro buon uso».

 

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Cap. 18

I sacrifici di Caino e di Abele

1. Ed ecco, allora l’angelo si avvicinò ad Abele e gli diede un bacio fraterno; e raccomandò insistentemente a tutti, ma specialmente a Caino, la più severa obbedienza per poter ottenere un giorno la perfetta libertà e la conseguente forza e vigore, i quali sono la grande potenza della Grazia della Misericordia dell’Amore. Tutto ciò consente anche di tramutare in sé il serpente nell’immagine dell’Amore, e di poter generare da questo frutti di benedizione e mai più frutti dell’ira della Divinità.

2. E ora vedi, tu, o Mio ottuso scrivano che continui ancora ad essere un servitore molto sciocco, lento e pigro, e ascolta con entrambe gli orecchi quello che poi successe. – Ecco, tutti allora se ne andarono alla loro destinazione, e fecero così come era stato loro da Me comandato nel supremo Amore proveniente da Me, e vissero così in buon ordine il tempo di dieci cicli terrestri intorno al Sole.

3. Ma, vedi, venne un giorno in cui faceva molto caldo, e il Sole ardeva più forte del solito sul capo dei figli e sul corpo di Caino, tanto che quest’ultimo si irritò fortemente per il grande calore e maledì il Sole. I suoi figli però erano pazienti, e si lavarono con dell’acqua fresca che donò loro forza e vigore, e ne bevettero anche, per spegnere la sete ardente, e lodarono e glorificarono Dio per la grande Grazia di avere, nel Suo eterno Amore, lasciato loro il ruscelletto a conforto per simili tempi di prova nelle angustie.

4. Ora vedi, non lontano dalla capanna di Caino, che egli, secondo la sue conoscenze, aveva edificato con dei rami d’albero ed aveva coperto con la paglia del frumento, scorreva un fiume impetuoso che Io avevo suscitato dalle profondità delle montagne, le quali sono uguali ai monti della Luna e sono situate in mezzo al grande territorio denominato “Ahalas” (ovvero “la culla dei figli dei deboli e dei discendenti di Adamo”, ed è l’antico paese che voi tuttora chiamate “Africa”).

5. Ora vedi, Caino non volle adoperare l’acqua, e divenne assonnato e pigro per il grande calore, e non sapeva cosa dovesse fare; e non si rivolse a Me per un consiglio e meno ancora a suo fratello Abele.

6. Ed ecco, venne così anche il Sabato del Signore, e di conseguenza il giorno del sacrificio. Allora Caino prese dieci covoni di spighe, che non contenevano più alcun frutto per la rabbiosa pigrizia da cui era dominato a causa dell’intenso calore che gli rendeva troppo grave portare all’altare del sacrificio le spighe piene. A Caino inoltre cominciava a dispiacere di dover bruciare invano un frutto con il quale avrebbe potuto prepararsi per tre volte il pane per sé. E così, irato nell’animo, depose sull’altare soltanto della paglia vuota e poi vi diede fuoco. Ma vedi, il fumo non salì affatto verso il cielo, ma, al contrario, cadde a terra, tanto che per questo fatto Caino si irritò maggiormente nel suo cuore.

7. Nello stesso tempo però anche il pio Abele bruciò la propria offerta al cospetto del Signore, e profondamente commosso esclamò: «O Padre buono e santo, che così pieno di Grazia guardi me, debole e povero, con tutta la potenza del Tuo ardente Amore attraverso l’occhio immenso del Tuo Sole! Il Tuo grande Amore brucia certo la mia pelle, ma in questo grande calore il mio cuore, con altrettanta maggiore forza, pulsa e vola incontro al Tuo sconfinato Amore per noi peccatori.

8. Oh, un giorno la Tua ira, o Jehova, bruciò la Terra; ora invece ciò che brucia è l’Amore che viene da Te, o Padre santo!

9. Oh, com’è dolce questo ardore del puro Fuoco della Vita che proviene da Te, questo è un Insegnamento santo che mi indica come io debba rendermi atto ad accogliere, un giorno, la Vita purissima che emana da Te! Oh, come deve essere incommensurabile la Tua Bontà, o Padre santissimo, che già qui sulla Terra ci fai percepire con tanta veemenza l’incommensurabile Grandezza della tua Grazia immensa!

10. Sì, com’è debole questo fuoco che Ti ho acceso dal mio debole amore al confronto del Tuo, e come è piccolo ed oscuro in confronto al fuoco che ora sta irradiando noi, che siamo indegni, dal Tuo vasto Sole che è soltanto una piccola goccia nel mare incommensurabile della Tua infinita Misericordia!

11. Ma nonostante ciò, accogli pure con benevolenza questa mia meschina offerta a favore di tutti noi, quale piccolo segno del nostro amore diventato ardente per Te, o Padre immensamente buono e santo, e conservaci costantemente in questo Tuo ardente Amore, che ora in tanta Grazia ci fai percepire per mezzo del Tuo Sole. Amen!

12. E sia Tua ogni potenza e forza su tutto quanto esiste sulla Terra dinanzi a Te, giacché Tu soltanto sei degno di accogliere ogni lode, ogni onore e ogni gloria da noi, ai quali, per l’immensa Tua Grazia misericordiosa, è concesso di chiamarci Tuoi figli benedetti! Amen!»

 

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Cap. 19

Abele assassinato per opera di Caino

1. E vedi e ascolta ancora! I due altari del sacrificio di Abele e di Caino non distavano molto l’uno dall’altro, dal momento che la distanza era di sette volte dieci passi. L’altare di Abele era situato il Mattino, e quello di Caino verso la Sera.

2. Ora vedi, quando Caino si accorse che il fuoco di Abele saliva verso il cielo, mentre il suo cadeva sulla terra, egli si accese d’ira nel suo cuore; però egli rese la sua faccia impassibile, affinché non trapelasse il suo rancore. Abele, invece, pregava per Caino, di cui aveva scorto la maligna astuzia.

3. E il Signore udì la supplica di Abele e secondo il suo pio desiderio fece intendere all’adirato Caino la Sua voce, e così gli parlò con accento forte e severo:

4. «Caino, perché Mi sei diventato infedele e lasciasti dominare il tuo cuore dall’ira? Perché dissimuli il tuo gesto e menti con i tuoi occhi? Tu nutri cattive intenzioni contro Abele! Non è così? Negalo, se puoi!

5. Io ho udito come tu hai maledetto il Mio Sole, ed ho visto anche le spighe vuote con le quali volesti cibarMi nella tua pigrizia e nella tua avarizia, e ti ho altresì sorpreso spesso a commettere fornicazione nella tua grande indolenza, poiché quasi sempre hai tralasciato di fare come ti era stato comandato prima di unirti a tua moglie. DimMi, dunque, non è così?

6. E vedi, Io sono rimasto ad osservarti con pazienza e non feci cadere sul tuo capo la Mia destra punitrice, e non Mi adirai contro di te nella Mia Santità! Pondera dunque le Mie parole e diventa buono e leale nel tuo cuore, e così Mi sarai gradito pure tu, e la tua offerta verrà di nuovo accolta. Ma se tu persisti nella segreta malizia del tuo cuore, allora in tal modo il peccato si è preparato un luogo di riposo dinanzi alla tua porta ed esso regnerà sopra di te, e tu e tutti i tuoi discendenti diventerete suoi servitori e suoi schiavi, e la morte verrà di conseguenza sopra a voi tutti.

7. Non lasciare perciò al peccato la sua volontà, consentendogli di dominarti, ma infrangila di forza e renditela soggetta, affinché tu divenga libero; che tu divenga cioè un signore della tua propria volontà, la quale però è fondamentalmente cattiva, provenendo da te e non da Me!»

8. E vedi, allora Caino si prostrò fino a terra, come avesse voluto deplorare il suo peccato, ma ecco che ai suoi piedi egli scorse un serpente; ed egli si spaventò fortemente a quella vista e si alzò sollecitamente da terra, e desiderò rifugiarsi presso Abele. Ma ecco che il serpente gli avvinghiò i piedi tra le sue spire, cosicché egli non poté abbandonare il posto dove si trovava.

9. E il serpente alzò il suo capo, ed aprendo le fauci e vibrando la sua lingua biforcuta parlò a Caino, dicendo: «Perché vuoi fuggire dinanzi a me? Che cosa ti ho fatto io? Vedi, io sono un essere simile a te, e sono costretto a strisciare entro queste miserabilissime spoglie. Riscattami, ed io diventerò come te, e più bello ancora di Ahar, tua moglie, e tu diventerai, simile a Dio, forte e potente sopra tutto ciò che esiste sulla Terra!»

10. E vedi, così rispose Caino al serpente: «Ecco, tu menti, perché quando ti trovai fra l’erba e ti lacerai e ti divorai, tu mi ingannasti! Come dunque posso fidarmi ora delle tue parole? Poiché io, allora, dovetti soffrire molto per causa tua, perciò conosco ormai la tua menzogna, al punto che non potrò mai più prestare fede alla tua voce. E non hai udito poco fa le parole proferite dall’Alto da Jehova?

11. Se dunque esiste ancora in te un qualche riconoscimento della verità, dichiarami tutte queste cose con la tua voce, e convincimi del contrario: – allora ti crederò e farò secondo la tua richiesta!»

12. Ed ecco, il serpente parlò di nuovo e disse: «Vedi, la colpa di tutto ricade su tuo fratello Abele! Infatti, egli vuole strappare per sé il potere di dominare per rubare a te i diritti che sono tuoi, essendo tu il primogenito. Ed egli predispone tutto ciò con tanta astuzia da illudere perfino l’Amore della Divinità, tanto che agli occhi di Costui egli si atteggia a buono e pio, ma sta facendo tutto ciò per ottenere che l’Amore gli conceda di regnare sopra ogni cosa che sta sulla Terra, ma sta calpestando te, sprezzantemente sotto ai suoi piedi. Infatti, quando tu mi trovasti fra l’erba e facesti come io ti avevo consigliato, tu saresti diventato davvero un “signore su tutte le cose” se la perfida astuzia del tuo bel fratello non fosse appunto riuscita a scoprire in tempo quello che sarebbe dovuto accadere di te. Abele poi venne subito da te, nel suo ipocrita amore fraterno, come se avesse voluto aiutarti. Oh, davvero, egli ti ha certamente aiutato, ma non per farti salire sul trono che solo a te compete, bensì, al contrario, per far precipitare nella miseria e in una completa nullità il tuo essere maestoso; cosa, questa, di cui per altro avresti ben dovuto accorgerti già da lungo tempo.

13. Vedi, egli era invidioso di te perfino per il fatto insignificante che il Signore aveva accolto la tua offerta come la sua; e con la vergognosa arte della lusinga, egli seppe influire sulla Volontà, comunque già debole, di Jehova, in modo tale da indurLo a respingere la tua offerta e da obbligarLo, come se ciò non bastasse, ad appiopparti ancora un’altra ammonizione quanto mai aspra.

14. E vedi, lui non gradì il fatto che il Signore non ti avesse annientato all’istante. Guarda un po’ là come Abele, tuttora pieno di astuto rancore nella sua preghiera contro di te, cerca di convincere il Signore a compiere quello che Egli fino ad ora ha per benevolenza tralasciato di fare.

15. Ma ora ascoltami: – la grande malizia di Abele consiste nel fatto che egli, mediante la sua ignominiosissima ipocrisia, ha intenzione di indurre il Signore a cedergli, alla fine e nella Sua cecità, tutta la Sua potenza; dopo di che, questo Abele non mancherà di farLo precipitare giù dal Suo trono. E così Dio dovrà poi languire sulla Terra, mentre egli rimarrà un dio che impererà in eterno sul trono di Jehova.

16. Perciò adesso preparati, poiché questa è l’ultima volta che sono ancora in grado di conferirti la forza necessaria per salvare Dio e te stesso! Va’ quindi sollecitamente da lui e inducilo con dolci parole a seguirti spontaneamente fino a qui! Allora io lo avvinghierò ai piedi e alle mani, e tu poi prenderai una pietra e lo percuoterai con forza sul capo, causandogli in tal modo quella morte che egli ha minacciato di far venire sopra di te per mezzo di Jehova! E in questo modo tu sarai liberato dalla morte, che altrimenti per te era sicura, e aprirai gli occhi all’Amore cieco dell’ingannato Jehova, che poi ti farà signore sulla Terra e ti renderà soggetta la morte del peccato»

17. Così dunque accadde che Caino, persuaso nella malizia del suo cuore, abbandonò quel posto e se ne andò da Abele, e con voce dolce gli disse: «Fratello, fratello, vieni qui da me e liberami dal serpente che mi vuole nuovamente rovinare!»

18. Ma Abele gli rispose: «Quello che tu dici che potrebbe avvenire è già avvenuto. Quanto però richiedi da me, nella tua perversità, io te lo concederò nel mio amore, ma la morte che tu pensi di darmi verrà sopra di te, e il mio sangue, con cui abbevererai la terra, griderà a Dio e ricadrà sul tuo capo e su tutti i tuoi figli. E la pietra con la quale tu ucciderai tuo fratello, diverrà la pietra dello scandalo, e tutti i tuoi figli cozzeranno malamente contro di essa. E il serpente guasterà ogni sangue sulla Terra, e i figli della Benedizione grideranno vendetta sopra il tuo sangue. Su tutti voi scenderà poi una grande tenebra, e nessuno comprenderà più la voce del proprio fratello, come tu stesso ormai non comprendi più la mia voce, poiché ti sei lasciato accecare dalla tua grande perfidia, impersonata dal serpente, che si trova dentro e fuori di te. Questa tua perfidia era, è ed eternamente sarà la vera maledizione del giusto Giudizio di Dio!

19. E vedi, come il Signore mi ha mostrato i piani di tutta la tua segreta malizia e mi ha fatto conoscere il tuo immenso furore, così io pure so quello che tu vuoi fare e che farai di me, e conosco il perché del tuo agire!

20. O tu, la cui cecità durerà fino alla fine di tutti i tempi dei tempi, conducimi là dunque, come innocente vittima, e fa’ di me secondo la malvagità che è in te e fuori di te, affinché il tuo serpente venga punito e bollato come l’eterno mentitore, ed affinché tu possa conseguentemente conoscere per tua propria esperienza chi di noi due è veramente l’ingannato!

21. E l’oltraggio compiuto contro il Signore si ritorcerà contro di te e ti terrà prigioniero; e dopo l’azione ingiusta che stai per compiere, ti saranno aperti gli occhi e gli orecchi affinché tu possa vedere come il Signore mi accoglierà a Sé quale l’ultimo sacrificio, a Lui gradito, compiuto per tua mano; nessun altro sacrificio ti sarà dato d’ora innanzi, ma ti sarà data invece quella stessa morte, mediante la quale tu avrai sacrificato tuo fratello.

22. Ora vedi, io ho ogni potere su di te, e mi sarebbe facilissimo annientarti come farò ora con quel monte che si trova al di là del torrente, verso la Mezzanotte!

23. Ed ecco, io parlerò e dirò a quel monte: “Qui sono io, Abele, il benedetto del Signore, colmo della forza e potenza dello Spirito Santo; dunque, svanisci e rientra nel nulla, affinché Caino comprenda quant’è grande la sua menzogna!”

24. E ora vedi, o Caino, come la possente montagna è subito sparita dall’esistenza per la forza dello Spirito d’Amore insito in me! Ma vedi, altrettanto facile sarebbe per me annientare anche te! Però, affinché tu veda che in Dio non c’è affatto debolezza e che non esiste affatto in tuo fratello alcuna forma di ignominiosa brama di dominio, io ti seguirò volontariamente, come un agnello eletto per il sacrificio»

25. Ed ecco, Caino prese Abele per il braccio, con gesto affettuoso, e disse: «Abele, che pensi di me? Io vengo in cerca del tuo aiuto, e già prima di ciò vuoi incolparmi di tramare per la tua morte. Vieni, dunque, e seguimi fino al punto dove il serpente ti aspetta, ed annientalo come hai fatto con la montagna, e rendi me libero, e te prosciolto dal rimprovero del serpente!»

26. Ma Abele rispose brevemente: «Che differenza c’è fra te e il serpente? Credi forse, o cieco, che sia anch’io un fratricida? Tuttavia, io ti seguo e muoio per la vita, mentre tu resti vivo per la morte!»

27. E vedi, queste furono le ultime parole di Abele dette a Caino; e dalle labbra di Abele non giunse più un suono agli orecchi di Caino; e così egli, volontariamente, seguì suo fratello là dove egli voleva condurlo.

28. E quando furono giunti proprio nel luogo dove li attendeva il serpente, quello fu appunto il posto dove l’astuzia di Caino si manifestò ed avvinse i piedi e le mani di Abele, e lo gettò a terra, ed afferrata una grossa pietra schiacciò con questa il capo di Abele, in modo che il suo sangue e il suo cervello sprizzarono tutt’intorno sul terreno per un largo raggio.

29. E il serpente si sciolse dai piedi di Abele, prese la pietra nelle sue fauci e la portò dinanzi alla porta di Caino, e poi si nascose, libero, nella sabbia sotto il cespuglio di spine.

 

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Cap. 20

Maledizione e fuga di Caino

1. E vedi, da tutte le parti allora andarono accumulandosi nere nubi sopra il capo di Caino, e vividi lampi s’incrociarono in tutte le direzioni, accompagnati da rombi formidabili di tuono, e da ogni lato cominciarono a scatenarsi turbini violenti che scagliarono enormi masse di grandine sopra i campi ricchi di frutto, e li distrussero completamente. E questa fu la prima grandine che venne gettata giù dai Cieli; e la grandine era un segno dell’Amore senza Misericordia, poiché la Divinità era stata nuovamente offesa nell’Amore dal misfatto atroce commesso da Caino contro il proprio fratello Abele.

2. Ora vedi, il malvagio Caino fuggì nella sua capanna e trovò sua moglie che giaceva a terra, tutta tremante, e accanto a lei alcuni dei suoi figli, la maggior parte non benedetti, che stavano come morti. Allora si accasciò inorridito, e maledì il serpente, e si trascinò fuori della capanna, e trovò la pietra che la serpe, fuggendo, aveva deposto davanti alla sua porta, in modo che egli, uscendo, vi scivolò sopra e cadde pesantemente a terra. E nuovamente Caino maledì la perfidia del serpente e la pietra apportatrice di morte.

3. E come egli si fu rialzato con il corpo tutto dolorante, se ne andò alla riva del torrente che si trovava molto vicino, per rintracciare il serpente maledetto e per distruggerlo ed annientarlo.

4. Ma quando ebbe raggiunto la riva, ecco che egli vide venirgli incontro, nuotando contro corrente, un mostro spaventoso, lungo seicentosessantasei braccia, largo sette braccia ed altrettanto grosso. Esso era provvisto di dieci teste, e ciascuna testa era ornata da dieci corna come corona.

5. E vedi, quando questo enorme serpente gli fu completamente vicino, esso lo apostrofò contemporaneamente da tutte le sue teste, dicendo: «Ebbene, o forte Caino, uccisore di tuo fratello Abele, se vuoi ed hai voglia di misurarti con me, puoi cominciare la tua opera di distruzione!

6. Quando io mi trovavo fra l’erba ed ero ancora debole, tu hai potuto certo lacerarmi e divorare la mia carne e il mio sangue, ma ora non credo che una cosa simile potrebbe più riuscirti, poiché il nutrimento sostanzioso, che mi preparasti con il sangue di tuo fratello, mi ha reso grande e forte. E adesso, se tu hai ancora intenzione di distruggermi, comincia pure a spegnere la tua sete di vendetta con il mio sangue. Ma siccome tu non hai che dieci dita e non dieci mani, e quindi non puoi afferrare ciascuna delle mie teste nello stesso tempo, così avverrà che le rimanenti otto ti schiacceranno con le loro corna e ti divoreranno con le loro otto bocche!»

7. Allora Caino si spaventò enormemente e fuggì dal cospetto del serpente e lo maledì nuovamente, e vide quanto enormemente era stato ingannato da lui. Ed egli pensò: «Chi mai mi riconcilierà con il Dio eternamente giusto, ora che mio fratello Abele non c’è più? O serpente tre volte maledetto, sei tu l’assassino di mio fratello, e ora volevi uccidere anche me! Oh, se sapessi che tu saresti destinato alla perdizione qualora vi andassi anch’io, allora vendicherei sette volte la sua morte distruggendo me stesso!»

8. Ed ecco che allora il serpente riapparve, dietro di lui, nella figura di una fanciulla estremamente attraente, e così gli parlò: «Caino, fa’ come hai detto, ed io divorerò la tua carne e berrò il tuo sangue, e poi noi saremo ancora una volta una cosa sola, e domineremo tutto il mondo»

9. E Caino osservò l’ornata fanciulla e disse: «Sì, questa è la tua vera figura; così sei più terribile che non altrimenti! Chi ti vedesse con le tue dieci teste, costui ti fuggirebbe come un Giudizio della Divinità, ma a chi tu ti presenterai in questa forma, costui ti correrà dietro per cingerti con le sue braccia, e ti amerà più di quanto egli ami Dio, e si reputerà l’essere più felice quando tu lo afferrerai con le tue mani sempre apportatrici di morte, e gli uomini ti erigeranno templi e altari, e leccheranno il tuo sputo, e mangeranno i tuoi escrementi.

10. E se io non ti avessi visto in precedenza con le tue dieci teste, sarei io stesso divenuto tuo schiavo; però io ormai ti conosco perfettamente, e mi fai più ribrezzo in questa forma che non in quella di prima con le dieci teste»

11. Allora la bella fanciulla disse: «Ma, Caino, come puoi temere queste membra tenere e questo morbido seno?»

12. «Oh, taci», rispose Caino, «le tue morbide membra sono anch’esse altrettanti serpenti pieni di amaro veleno, e sotto il tuo seno, morbido e pieno, si nasconde una corazza impenetrabile con la quale e sulla quale le tue braccia di serpente soffocheranno la mia misera e debole progenie! Poiché in questa attuale forma renderai tuo obbedientissimo schiavo perfino il gigante Leviatano!»

13. Ed ecco, il serpente-donna si accese dalla sua rabbia interiore, in modo che tutto il suo essere risplendette come il Sole, ed assunse la forma di Abele, col volto affettuoso, e di nuovo parlò a Caino:

14. «O Caino, tu cieco e stolto, o malvagio fratello, vedi, colui che tu uccidesti con una pietra si sta ora trasfigurando dinanzi a te e ti offre la sua mano per riconciliarti con lui; e non temere la forma del serpente, perché tu stesso sei il serpente! Fosti tu o il serpente a diventare infedele al Signore? Fosti tu o il serpente ad unirti a tua moglie nella maniera dei cani, senza compiere prima il comandato sacrificio? E chi ha maledetto il calore, e chi, nella propria grande pigrizia, ha offerto della paglia vuota al Signore? Sei stato tu o il serpente? Dimmi: – chi si accese di maligno e geloso furore contro tuo fratello? Fu il serpente o fosti tu stesso? E non fu il serpente, piuttosto, una apparizione esteriore della malvagità che è presente in te, per mezzo della quale, nella tua follia, ti inducesti da solo ad uccidere tuo fratello?

15. E come puoi ora maledire il serpente mentre il serpente sei tu stesso? E perché scorgi il serpente personificato addirittura in tuo fratello? E non fu proprio tuo fratello, ancora vivente nel suo corpo, a chiederti, quando andasti a prenderlo per ucciderlo e inventando astutamente un pretesto, se pensavi forse che fosse un fratricida egli pure?

16. Parla, e rispondi se non è così; e soltanto se non è così allora maledici il serpente. Ma considera te stesso il serpente, e non me, che sono venuto dall’Alto come tuo fratello trasfigurato. Perciò porgimi la tua mano ancora macchiata di sangue fraterno, affinché venga purificata dalla sua grave colpa tramite il mio amore fraterno, e così tu possa ritrovare la Grazia al cospetto del Signore!»

17. E vedi, Caino nella sua cecità fu accalappiato da Satana, e già voleva porgere la mano al Seduttore. Ma ecco, un fragoroso fulmine piombò dal cielo e scoppiò fra il Mentitore e Caino, e il presunto Abele fu ridotto a giacere sul terreno nella sua forma di serpente, e Caino tremava in tutto il corpo in attesa del sicuro giudizio dall’Alto.

18. Ed ecco, Jehova, dalle nuvole, disse a Caino: «Caino! Dov’è tuo fratello Abele? Dove l’hai nascosto?»

19. Ma Caino, rinfrancatosi subito alla vista del serpente sul terreno, rispose:

«Perché lo domandi a me? Sono io forse il guardiano di mio fratello?»

20. E la voce di Jehova chiese con maggiore forza di prima: «Il sangue di tuo fratello grida a Me dalla Terra che ne fu abbeverata per causa tua! Io ho visto l’azione che hai commesso; dov’è dunque Abele, tuo fratello?»

21. Ma Caino disse: «Signore, il mio peccato è così grande che non potrà mai più venirmi perdonato!»

22. «», rispose Jehova, «perciò sii maledetto sopra la Terra che ha inghiottito il sangue di Abele, e d’ora innanzi, quando vorrai lavorare un campo sulla stessa, esso non ti darà più il pane, e tu sarai fuggiasco e ramingo sulla Terra, senza alcun tetto, come una bestia feroce, e ti nutrirai di spine e di cardi!»

23. Allora Caino fu colto da grande spavento e disse con voce tremante: «O Signore, Tu, il Giusto fra i giusti, vedi, Tu mi scacci oggi da questo paese, ed io devo fuggire dal Tuo cospetto e andare ramingo e fuggiasco sulla Terra. E allora a me, misero, accadrà che chiunque mi troverà, mi vorrà uccidere; sii perciò indulgente verso di me a causa dei miei familiari!»

24. Allora Jehova così parlò: «No, nessuno ucciderà Caino, anzi chi uccidesse Caino verrebbe a sua volta ucciso sette volte! Ma affinché nessuno abbia a mettere la mano su di te, Io ti segnerò sulla fronte con una macchia nera, affinché nessuno possa più riconoscerti e riconoscendoti possa poi ucciderti»

25. Ed ecco allora che Caino, con tutti i suoi, fuggì ben lontano dal Mio cospetto, al di là di Eden, in un paese situato nella pianura e chiamato Nod. Eden però era un bel paese, dal terreno leggermente collinoso, e pieno di eccellente frutta; esso piacque a Caino, che avrebbe voluto stabilirvisi. Ma come egli ebbe guardato in alto, dalla parte delle colline, ecco che, dovunque egli posava l’occhio, dappertutto vedeva starsene un uomo dalla faccia dura e con la mano minacciosamente armata di una pietra, come se costui fosse in attesa di Caino per fare vendetta del fratricidio da lui consumato. Questa apparizione era opera del grande spavento che lo dominava. Ed egli vide, quindi, che in quel posto non gli era possibile restare.

26. Allora egli fuggì molto più oltre, verso il Mattino, e giunse in una vasta pianura. Qui egli cadde sfinito a terra, e dormì tre giorni e tre notti. Ma poi un vento impetuoso si sollevò dalle montagne, destò i dormienti, e sibilando e rumoreggiando sferzò le vaste pianure; e finalmente si calmò dove il paese era più basso. Ora questo paese si chiamava ‘Nod’, cioè ‘il fondo asciutto del mare’.

27. E Caino allora guardò di nuovo le alte cime dei monti, e non vi scoprì più immagini di uomini, ma non sapeva cosa dovesse fare. E dopo una breve attesa nel suo smarrimento, protese le sue braccia ed esclamò ad altissima voce:

«Signore, o giustissimo Dio, se da questa grande lontananza il mio grido giunge ancora al Tuo orecchio, volgi lo sguardo, di grazia, oltre a quelle cime, per amore di questi miei figli e di mia moglie, verso questo fuggitivo che la Santità dei Tuoi occhi ha segnato sulla fronte con la macchia che testimonia la notte del peccato, e mi facesti tale macchia perché, se avessi avuto la fronte non segnata, nessuno mi avrebbe riconosciuto quale autore del grande misfatto. Ma esso è invece segnato sulla fronte, sulle mani e sul petto del grande peccatore, il cui peccato è tanto grande che non potrà mai più venirgli perdonato»

28. Allora una nuvola scese dalle alte montagne e si posò a settantasette altezze d’uomo al di sopra dei fuggiaschi; e una voce possente parlò dalla nuvola, e questa era la voce di Abele, la quale disse: «Caino, riconosci questa voce?»

29. E Caino rispose: «O fratello Abele, se tu vieni per vendicarti giustamente di me, che sono il tuo assassino, fa’ di me pure secondo giustizia, ma risparmia tua sorella benedetta e i suoi figli!»

30. Allora la voce si fece nuovamente sentire e disse: «Caino, chi fa il male, è un peccatore; chi ricambia il male con altro male, costui è uno schiavo del peccato; chi rende bene per bene, costui ha saldato il suo debito e niente gli rimarrà come sua parte; chi rende più volte il bene ricevuto, costui è degno dei suoi fratelli; però, al cospetto di Dio, una cosa soltanto ha valore, e questa è: “Rendere il bene per il male, e benedire coloro che maledicono i benefattori, e dare la vita in cambio della morte!”

31. Ora, vedi, io vengo a te come colui che mette in pratica quest’ultimo precetto; non avere dunque paura di me, poiché sono ora mandato a te dall’Alto per mostrarti anzitutto che il Signore è vero e fedele in tutte le Sue promesse, e poi vengo a te per annunciarti che tu devi rimanere in questo paese assieme ai tuoi, e che devi nutrire te e loro con i frutti che vi troverai, e anche per assicurarti che il tuo fratello ha perdonato la tua azione, grazie al grande Amore del Padre in lui.

32. Il mio sangue però tu lo dovrai riscattare con le lacrime del tuo pentimento, e ciò finché non venga perfettamente lavata la macchia dalla tua fronte; e tu devi condurre ed educare tua moglie e i tuoi figli nel pieno timore del Signore. Se non farai questo per tua libera volontà e nel timore del Signore, rimarrai e vivrai come sei ora, cioè “un messo al bando”; però nell’amore tu commuoverai il cuore indurito della Giustizia».

 

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Cap. 21

Patto del Signore con Caino

 

1. E vedi, Caino allora fu tranquillizzato nel suo grande timore. La nuvola svanì ed egli pianse lacrime di pentimento e andò e cercò del cibo per i suoi e rifletté di quanto egli si era allontanato dal Paradiso e sul come avesse perduto così interamente l’Amore del Signore e come fosse stato ricacciato nell’ambito della rigida Giustizia sulla soglia del Giudizio di Dio. E pensando ciò le sue lacrime di pentimento si moltiplicarono e con sempre maggiore evidenza gli si affacciava alla mente quanto grande doveva essere la sua colpa dinanzi a Dio e pensava pure se gli sarebbe mai stato possibile, in qualche modo, riacquistarsi una particella, se pur minima, dell’Amore.

2. E così andava pensando e fantasticando per ogni verso. Ed ecco che, immerso nei suoi pensieri, egli giunse con i suoi ad un rovo sovraccarico di frutta e siccome erano tutti enormemente affamati, avrebbero voluto gettarsi sopra all’istante, per mangiare di quei frutti come li spingeva la loro fame, la loro brama e la loro voracità.

3. Ma vedi, allora venne a Caino un buon pensiero ed egli disse ai suoi: «O moglie mia, e voi figlioli miei, ritraete subito le mani che avete anzitempo protese per cogliere questo abbondante cibo, perché non sappiamo ancora se esso contiene la vita oppure la morte! Prostriamoci anzitutto a terra e confessiamo dinanzi a Dio il nostro grave peccato e nella polvere della nostra impotenza preghiamoLo affinché Egli voglia prima benedire questo frutto e se Egli vorrà farlo nella Sua immensa Misericordia, noi, indegni, allora dovremo prima ringraziarLo e poi soltanto potremo, tementi e tremanti, calmare con parsimonia la nostra fame»

4. E vedi, allora tutti si ritirarono di alcuni passi lontano dal rovo e fecero secondo la volontà e il giusto conoscimento di Caino, il quale, ad esempio per gli altri, ad alta voce pregò e disse tra le lacrime: «O grande Dio, giustissimo e santo, riguarda in grazia a noi, poveri vermi dinanzi a Te, l’Onnipotente, nella polvere dell’impotenza, che nell’immensa nostra colpa non osiamo alzare gli occhi all’indicibile Tua Santità! Oh, considera la nostra debolezza e non lasciarci perire, noi, poveri pentiti e grandi peccatori!

5. Ecco, questo rovo che ci sta dinanzi sembra portare un frutto buono da poter servire da cibo a noi peccatori, ma non abbiamo il coraggio di mangiarne, poiché siamo diventati ciechi a causa della nostra grande malvagità e perciò non possiamo vedere se c’è dentro la morte oppure la vita.

6. Voglia Tu dunque, in grazia, indicarci da che spirito trae origine questo frutto, affinché soltanto dopo noi possiamo umilmente pregarTi, o Giustissimo, di voler levarne via il veleno del serpente e di concederle, sia pure una stilla minimissima di rugiada della Tua benedizione, affinché noi non abbiamo a perire. O Signore, Tu, il Giustissimo e il Santissimo, esaudisci, oh, esaudisci la nostra debole preghiera!»

7. E vedi, allora una nuvola di color rosso acceso scese giù dalle montagne verso la valle e si fermò sopra il rovo, e dalla stessa scoccò un fulmine violento sulla pianta, con enorme fragore. Ed ecco, un grande serpente sbucò fuggendo fuori dal rovo e con le fauci aperte si diresse verso Caino, e questi fu colto da grande spavento. Ma i fulmini non davano tregua al serpente e lo cacciarono in fuga veloce tra le sabbie ardenti dell’ampio deserto e quando fu scomparso del tutto alla vista di Caino, questi allora rivolse di nuovo la sua faccia al rovo e rese, in silenzio, grazie al Signore averlo salvato dal maggiore dei pericoli.

8. Ora, vedi, egli scorse pure come da quella nube infuocata incominciavano a cadere sul rovo delle grandi gocce, così che per un grande tratto tutt’intorno la terra ne fu impregnata.

9. E Caino assieme a tutti i suoi vide la grande liberalità del Signore e con tutti i suoi si prostrò nuovamente a terra, e ringraziò Dio con tutto il fervore del suo cuore per tale grande beneficio e sciogliendosi in lacrime disse: «O Signore, la Tua Giustizia è certo grande e inconcepibile, ma quanto immensamente grande non deve essere poi il Tuo Amore, per poterTi ricordare con tali grandiosi benefici anche del maggiore peccatore contro di Te, o eterno Amore! E quanto grande infine dev’essere stata la mia malvagità che così a lungo ha potuto misconoscerTi!»

10. E vedi, allora da quella nuvola stillante ancora la benedizione si fece udire una voce che pronunciò chiare parole, che furono le seguenti: «Ascolta, o Caino! La Mia Giustizia Io l’ho tramutata in Amore; tuttavia l’Amore dimorerà soltanto presso coloro i quali lo cercheranno d’ora innanzi non unicamente nel momento del bisogno e dell’angustia ma nella loro contentezza e nella loro libertà.

11. Vedi, Io voglio porti un termine di duemila anni e durante questo tempo la Mia Giustizia non colpirà mai più nessuno, e fuori di questa Mia Giustizia Io appresterò un grande vaso e lo metterò sopra le stelle, e fuori dal Mio Amore Io appresterò ancora un secondo vaso e lo metterò sotto la Terra. E così voi potete operare come volete. Se farete il male, le vostre opere riempiranno il vaso della Giustizia e, quando sarà colmo, esso scoppierà in tutti i luoghi e ne lascerà precipitare giù tutto il suo peso sopra tutti coloro che avranno operato il male e li ucciderà. E il vaso dell’Amore, qualora dovesse rimanere vuoto sotto alla Terra, accoglierà poi i morti per il lungo tormento purificatore. E allora coloro che vorranno lasciarsi purificare saranno trasferiti sulle stelle per affrontare lunghe lotte. Coloro invece che si induriranno nella loro interiore malvagità verranno un giorno gettati sotto il fondo di questo vaso e là sarà pianto eterno ed eterno stridore di denti nell’ira di Dio.

12. E ora avvicinatevi al rovo irrorato dalla benedizione e mangiatene i frutti per calmare la vostra fame e ciò facendo pensate sempre da Chi vi è stato elargito questo dono!

13. E propagatevi nel paese della pianura, però nessuno di voi si azzardi mai a porre piede sulle montagne, perché le loro vette sono sante e sono destinate a dimora dei Miei figli! Chi di voi trasgredirà questo comandamento, diverrà preda degli animali di guardia che sempre vi abitano – orsi, lupi, iene, leoni, tigri e anche grossi serpenti che dimoreranno nelle zone più in basso – e lo stesso succederà anche a tutti gli animali mansueti che più tardi vi saranno sottomessi.

14. Soltanto a chi fra voi diventasse del tutto buono e pio e superasse la prova del fuoco del Mio Amore, a questi soltanto verrà concesso di penetrare nelle viscere delle montagne, per raccogliervi minerali e ferro allo scopo di costruire degli utensili e ordigni a seconda delle vostre necessità.

15. E ora mangiate, crescete e moltiplicatevi e respingete da voi la semente del serpente mediante il giusto timore di Me che sono Dio, l’Eterno, il Giusto e il Santo. Amen!»

 

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Cap. 22

Hanoch, figlio di Caino, quale legislatore

 

1. E ora, vedi, essi mangiarono e fecero per un certo tempo come era stato loro comandato. E Caino si unì nuovamente a sua moglie e generò con lei un figlio e gli impartì il nome di ‘Hanoch’, vale a dire ‘l’onore di Caino’. E Caino radunò tutti i suoi figli e disse loro: «Figli miei, eccovi qui un nuovo fratello che il Signore vi ha dato per essere un signore sopra di voi, al quale io conferirò dignità, affinché l’ordine regni tra voi ed abbiano fine i vostri litigi e le vostre contese. Ed egli vi darà dei comandamenti e loderà i fedeli e punirà i trasgressori, affinché anche noi diventiamo un popolo grande e glorioso come quello dei figli di Dio, i quali non hanno bisogno di leggi, avendo essi l’Amore che li rende liberi, e Dio ha posto noi sotto ai loro piedi, ed essi ci calpesteranno, a causa del mio peccato, se noi, senza leggi e senza ordine, non avremo qualcuno che ci rappresenti e ci giustifichi dinanzi alla Sua grande potenza.

2. Vedete, il loro Dio è pure il nostro, ma essi hanno in Lui un buon Padre, mentre per noi Egli è un Giudice! Il Padre conosce il loro amore e il Suo occhio e il Suo orecchio sono con loro. Però questo non avviene anche con noi. Noi siamo abbandonati a noi stessi e possiamo agire come vogliamo, ma se vogliamo sussistere ci è necessario avere un ordine e delle leggi. Perché altrimenti, contendendo, l’uno può uccidere l’altro secondo il proprio arbitrio e così il vaso della Giustizia verrà a colmarsi prima del tempo e allora noi periremo tutti assieme, per l’immenso peso dei nostri misfatti che si rovescerà su di noi. Raccogliamoci dunque assieme con tutte le nostre forze ed accumuliamo pietre in grande numero, grandi e piccole, ed edifichiamo una dimora alta e possente per lui, e poi, per quanti noi siamo, una piccola dimora per ciascuno, in ampio circolo intorno alla sua, affinché egli possa sorvegliare ed osservare tutto quello che voi fate. Però egli sarà esonerato da qualsiasi lavoro, come un principe in mezzo a voi, e mangerà il prodotto delle vostre mani.

3. Ma per ora resto io, come padre, il legislatore di tutti voi in nome della Giustizia di Dio e guai a colui che disobbedirà i miei comandamenti! La mia maledizione lo colpirà duramente, ma poi per il maledetto non vi sarà alcuna misericordia nel mio cuore, dove non dimora più amore, ma solamente la giustizia.

4. Vedete, dove dimora l’amore, là c’è pure misericordia e l’amore vale per il diritto, ma dove dimora soltanto la giustizia, là il diritto non può valere che per il diritto e il giudizio per il giudizio, la ricompensa per la ricompensa, la fedeltà per la fedeltà, l’obbedienza per la legge, il giudizio per la disobbedienza, la punizione per la mancanza, la maledizione per il tradimento e la morte per la morte.

5. E questa sia una consacrazione di tale mia sentenza: – io ora giuro a voi tutti per il Cielo e la sua giustizia inesorabile, e per la Terra che è il duro abitacolo della maledizione di Dio – che ogni trasgressore sarà severamente ed esattamente colpito, così come io ve l’ho annunciato con la mia bocca, come padre e come principe.

6. In seguito subentrerà vostro fratello, quale vostro vero signore e legislatore, secondo il suo giusto discernimento e il suo libero beneplacito; per tali poteri egli anche sarà libero dalla legge, poiché ciascuna delle sue libere azioni deve diventare e restare per voi, legge, finché egli non stimi conveniente revocarla.

7. Ora la mia volontà vi è nota e perciò fate e operate a seconda di questa, se volete sussistere nella rigidità della giustizia tramite le leggi date per l’ordine, per evitare il giudizio, che altrimenti colpirebbe tutti, se nella giustizia non fosse stabilito ‘giudizio per giudizio’»

8. Ed ecco, tutti se ne andarono e si misero all’opera per edificare una città e vi lavorarono per sessant’anni. Ma dato che gli edifici crollavano spesso, essi impiegarono un tempo assai lungo per costruire l’abitazione del nuovo principe e poterono ultimarla soltanto quando Io ebbi mostrato in sogno ad Hanoch come essi avrebbero dovuto costruire, perché Io ebbi pietà dei poveri figli che, in questo lavoro, erano esposti a molti e gravi maltrattamenti da parte di Caino che, fino ad allora, aveva sì proceduto con molto ordine ed aveva agito rigorosamente in base alla legge, ma che tuttavia governava i suoi come un tiranno – fra il grande spavento e l’angoscia delle punizioni – senza grazia e misericordia, poiché in lui non vi era amore ed agiva giustamente nell’obbedienza di tutte le leggi, ma il suo pensiero non si soffermava sul fatto che l’obbedienza, che sia la conseguenza unicamente del grande timore, non è propriamente neanche in minimissima parte un’obbedienza vera, bensì un puro egoismo. Poiché chi ama se stesso, osserva la legge per paura della punizione, la quale certo immancabilmente segue la trasgressione della legge stessa, perché egli sente immensa misericordia di se stesso, provando il dolore della punizione nella sua debolezza senza soccorso, ma non appena avrà trovato la benché minima occasione di fare in modo che nessuno possa scrutare il suo cuore, egli maledirà sia la legge che il suo legislatore, e ben presto si metterà la legge sotto i piedi per calpestarla.

9. E quando poi un tale sarà riuscito a radunare intorno a sé una forza superiore, egli si scaglierà allora con raddoppiata crudeltà contro tutte le leggi, buone o cattive che siano e le distruggerà ed annienterà assieme al legislatore privo d’amore. (nota bene, a Lorber: – Su ciò dovrebbero riflettere bene anche tutti i reggenti e legislatori del vostro tempo attuale, poiché anche a loro è riservata un’identica sorte, se credono che la paura sia l’unico mezzo per mantenere l’ordine e i vantaggi che ne derivano mediante un’obbedienza da schiavi; altrimenti dovranno ben presto e duramente sentire quali frutti portano le leggi che non hanno la loro origine nell’amore più puro e disinteressato, e questo avverrà un giorno, prima o poi, o in questo mondo oppure, con assoluta certezza, nell’aldilà).

10. Perché, vedi, Caino agiva in tal modo, per così dire crudelmente, a rigore di giustizia, per la ragione che egli non sempre aveva trovato presso di Me Grazia e Condiscendenza ogni qualvolta aveva versato lacrime di pentimento dopo un’azione malvagia. Però questo Io non lo potevo fare, dato che il suo pentimento era rivolto soltanto alla perdita della Mia grazia, ma mai al Mio Amore.

11. E vedi, chi è afflitto nel modo di Caino, costui non è nella vera profondità a causa della perdita della Vita, ma piuttosto a causa del vivere bene. Per questo il suo pentimento non è che falso, poiché egli non tiene affatto al pieno ricongiungimento con Me. E se, poi, Io gli volessi dare quello che non domanda e che non vuole, egli allora, mediante questo scambio della volontà, non otterrebbe che la morte, perché la libera volontà è quella che più propriamente costituisce la verissima vita dell’uomo.

12. Ora, vedi, questo era pure il caso di Caino, perché aveva bandito l’amore e in compenso aveva afferrato la giustizia, senza pensare che senza l’amore non vi è vera giustizia e che la vera giustizia non è che il vero e supremo amore stesso, senza il quale tutto perirebbe e dovrebbe anche necessariamente perire.

 

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Cap. 23

I comandamenti tirannici di Hanoch

 

1. Ed ecco, quando la città fu completamente edificata, Caino prese con sé Hanoch e lo condusse nell’alta dimora che era stata costruita per lui, e in presenza di tutti i suoi figli ed ormai anche dei nipoti, gli conferì pieno potere su di loro e lo invitò a dare a tutti le necessarie leggi secondo il suo giusto discernimento e secondo il suo libero beneplacito, dicendo:

2. «Vedi, o Hanoch, qui, in questa dimora edificata per te solo, io rimetto nelle tue mani tutti i miei diritti paterni, con tutta l’autorità e i poteri, affinché governi liberamente i miei, i tuoi e tutti i loro figli per mezzo di leggi, secondo il tuo piacimento. Essi dovranno osservare e considerare come sacre queste leggi, perché poco importa la legge stessa, né che essa sia o non sia espressa in questo o in quell’altro modo, ma ciò che importa è la sua esatta osservanza e perciò dovrà valere questa massima: ‘Agire conformi alla legge è un buon agire, ma agirvi contro è assolutamente un agire male!’. E chi la trasgredisce, deve sempre essere punito secondo la gravità della trasgressione.

3. In tale modo noi, poi, diventiamo liberi per l’osservanza della legge e non per la legge stessa, la cui formulazione non ha alcuna importanza, mentre tutto dipende, invece, dall’osservanza della stessa.

4. Tuttavia tu, quale legislatore, sei esonerato da qualsiasi osservanza, poiché la tua libertà deve essere sacra a causa della legge, affinché non vi siano impedimenti nella tua sfera d’azione, che deve necessariamente rimanere libera, altrimenti saresti tu stesso inceppato nella legge. Di conseguenza tu devi rimanere fuori dal suo ambito, libero come uno che non conosce nessuna legge, ma ciascuna delle tue azioni deve essere rigida legge per loro nella loro qualità di tuoi sudditi assoluti, e quando tu vuoi essi devono operare a seconda della tua volontà, in modo che ogni loro movimento e ogni loro attività abbia da corrispondere soltanto al tuo volere».

5. E allora il nuovo principe aprì la sua bocca e così parlò in tono di assoluto comando: «Udite o voi, miei sudditi, tutti quanti, uomini e donne! Che nessuno consideri alcuna cosa come sua proprietà, ma la consideri come esclusivamente mia, affinché il litigio e la contesa abbiano fine tra di voi! Perciò in futuro voi tutti non servirete che me e lavorerete per le mie dispense. In compenso voi riceverete da mangiare secondo il grado della vostra diligenza e ai più fedeli sarà concesso di avvicinarsi di più a me che non ai meno fedeli. Un migliore trattamento dovranno avere i sorveglianti e gli esecutori della giustizia e gli incaricati dell’applicazione delle giuste punizioni. Guai ai disobbedienti! Io farò cacciare questi sulle montagne e gli animali che là dimorano li strangoleranno e li faranno a brandelli. Coloro però che trasgrediranno le mie leggi per pigrizia, disattenzione o leggerezza, saranno puniti a sangue con le verghe. Quelli che si azzarderanno a contraddire me, il loro principe, in qualsiasi cosa, saranno puniti con i serpenti (e stritolati) fino al midollo delle loro ossa e verrà strappata loro la lingua e questa verrà data in pasto ai serpenti. E chi mi guarderà con occhio bieco, a questi io farò cavare gli occhi, affinché non possa mai più vedere me, il suo principe. Il pigro, però, dovrà fare il portatore di pesi e sarà trattato come una bestia da soma, con pungoli e con fruste, affinché gli si sciolgano i piedi e le mani gli diventino più agili.

6. Altra legge io non vi do all’infuori di quella della più rigorosa docilità e obbedienza a tutte le mie libere richieste e a tutti gli ordini che io vi farò impartire a qualsiasi ora del giorno, come pure della notte. Amen!»

7. Ora, vedi, perfino Caino fu sommamente spaventato, e tutti gli altri con lui, ed uscirono sgomenti dalla dimora di Hanoch e nel loro cuore maledirono Caino, il crudele padre, che in premio alle loro enormi fatiche aveva preparato loro una sorte tanto miserevole.

8. E quando giunse la sera, tutti erano affamati e nessuno osava mangiare, e se ne andarono tristemente da Hanoch e dissero: «Signore, noi abbiamo lavorato tutto il giorno; dacci ora anche da mangiare secondo la tua promessa!»

9. Ma Hanoch, levatosi, disse: «Dove sono i frutti del vostro lavoro? Portateli qui e fatemeli vedere e deponeteli nelle mie dispense, e poi io farò dare a ciascuno secondo giustizia!»

10. Ed essi andarono e portarono, come era stato loro comandato, gli uni molto e gli altri poco e deposero il tutto ai suoi piedi.

11. Caino, però, e sua moglie non portarono nulla, pensando di esserne esonerati. E vedi, allora Hanoch ripartì i frutti dicendo: «Chi ha lavorato, mangerà, ma chi non ha lavorato non mangerà»

12. E così Caino e sua moglie quella volta dovettero digiunare. E vedi, allora Caino con sua moglie abbandonarono piangenti la dimora di Hanoch ed egli non trovò tra tutti i suoi figli e nipoti neanche un cuore pietoso. E quindi andò nei campi e là mangiò dei frutti che erano rimasti e siccome per lui non era stata edificata nessuna dimora, pernottò con la moglie a cielo aperto.

13. E quando il giorno seguente i suoi figli ritornarono dal lavoro, lo trovarono che già raccoglieva frutti e dissero: «Vedete, egli lavora per la prima volta in questo paese, ma ben gli sta, poiché egli stesso ha voluto che al posto dell’amore regni la giustizia!»

14. E vedi, quando essi ebbero nuovamente lavorato senza interruzione fino alla metà del giorno, gli uni costruendo ancora altre case, dimore e dispense, gli altri raccogliendo frutta ed alcuni servendo il loro principe per le comodità sue, di sua moglie e dei suoi figli, tutti andarono di nuovo da lui nell’alta dimora e gli portarono frutta ed altri segni della loro faticosa diligenza e richiesero da mangiare secondo giustizia ed altrettanto fece pure Caino con sua moglie.

15. Ed ecco, allora Hanoch si alzò e con serietà irosa disse: «Quante volte al giorno volete mangiare? Pensate forse che io faccia raccogliere la frutta per voi, affinché possiate poi tranquillamente saziarvi? Di che devo, dunque, vivere io e la mia servitù, cui non spetta il compito di lavorare come voi, ma quello di portare il loro signore sulle loro mani? Perciò andatevene via da me e nessuno di voi si azzardi mai più a varcare la soglia di questa mia alta dimora! D’ora in poi incaricherò i miei servitori di ritirare giornalmente da voi i frutti per la mia casa; voi, però, potete mangiare con moderazione soltanto i frutti che cadono da soli e liberamente giù dagli arbusti e dagli alberi, e ciò valga tanto per chi raccoglie quanto per chi costruisce. E questo sia per voi un nuovo comandamento che voi dovrete osservare come cosa sacra. Guai al trasgressore!»

16. E vedi, allora Caino prese la parola e domandò ad Hanoch, con immensa tristezza e profondamente commosso: «O Hanoch, grande principe che fosti mio figlio, dì, secondo il giusto e il vero e conformemente al tuo cuore: – tuo padre e tua madre non sono esonerati da tutto ciò che hai saggiamente ordinato ai tuoi sudditi, secondo il tuo libero beneplacito? E se proprio devo essere pari ai miei figli, comanda allora che essi debbano nutrire pure il loro padre e la loro madre, i quali sono diventati vecchi, affaticati e deboli. Oppure concedimi, di grazia, di partire da qui fino agli estremi confini del mondo, affinché non veda più, d’ora innanzi, la grande tribolazione dei miei figli che languono sotto il grave giogo della libera giustizia»

17. E vedi, Hanoch allora così gli rispose: «Come mai mi domandi tale cosa? Non agisco bene se io faccio così come tu mi hai insegnato e come me ne hai conferito il potere? Hai pure tu stesso dichiarato che io solo sono libero dalla legge e non hai fatto alcuna eccezione per te! Come puoi chiedere tale cosa a me, contro ogni diritto, e perché vuoi con ciò costringermi a rendere manifeste su di te, che fosti il primo legislatore inesorabile, le conseguenze rigidamente legali della disobbedienza a terribile esempio per gli altri? E se io agisco in tale maniera, dimmi, agisco forse ingiustamente? Infatti, dato che presso di noi non c’è amore, ma unicamente la nuda giustizia, come puoi protestare contro le leggi scaturite dal mio libero beneplacito, perché venga fatta una qualche eccezione a titolo di grazia, grazia che non può mai armonizzare con i diritti della legge del tuo principe? Che tu sia mio padre, a me che importa? Io sono pure venuto al mondo per mezzo tuo, senza che io l’abbia voluto sotto nessunissima condizione! E così tu mi hai generato senza il mio volere, e anche senza questo tu mi hai fatto principe! Ma poiché ora sono diventato e sono quello che sono e come sono interamente senza il concorso della mia volontà – non avendone avuta una – e neppure sotto una condizione qualsiasi, ma unicamente per caso sono qui come tuo figlio a causa della tua libidine e come principe per il fatto della tua sola ambizione, dimmi un po’ quali obblighi debbo avere verso di te dal punto di vista legale!?

18. Fuggi via dunque dal mio cospetto, dove tu vuoi, affinché non ti raggiungano le rigide conseguenze della giustizia! Questa è l’unica grazia che ti concedo di mia libera volontà, dato che posso fare quello che voglio. E ora vattene e fuggi!»

 

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Cap. 24

La partenza di Caino verso il mare

 

1. E ora, vedi, Caino scoppiò in pianto, e con sua moglie e quattro figli, due maschi e due femmine, se ne partì e dopo quaranta giorni giunse alla spiaggia dei mari e si spaventò alla vista della grande distesa di acque, perché credeva seriamente di essere arrivato all’estremità del mondo. Ed egli pensò: «Se mi perseguitasse Hanoch, dove potrei fuggire?

2. Dinanzi a me sta l’estremità del mondo e a sinistra e a destra ci sono alte montagne alle quali non mi è concesso accedere e l’occhio e l’orecchio di Grazia del Signore sono chiusi per me. Oltre a ciò non vedo qui altro che frutti sconosciuti, non benedetti; ora chi si fiderà di mangiarli? La provvista che abbiamo portato con noi è ormai anch’essa esaurita! Che mai devo fare ora?

3. Eppure voglio tentare ancora una volta di rivolgere una potente invocazione al Signore: – o Egli mi esaudirà, oppure ci farà perire e così ad ogni modo ci succederà, almeno alla fine, secondo la Sua Volontà, Volontà che certamente non abbiamo riconosciuto nella nostra cecità durata tutto questo lungo tempo»

4. E vedi, dopo un periodo di settantasette anni, Caino ricominciò a pregarMi incessantemente per tre giorni e tre notti interi e gridava continuamente: «Signore, Tu che sei il Giusto e il colmo d’Amore, guarda di grazia qui al Tuo massimo debitore e fa’ di me secondo la Tua santa Volontà!». E queste parole egli le ripeté migliaia e migliaia di volte.

5. Ed Io ebbi pietà di lui, perché tanto possente era il grido nella sua infinita miseria. Vedi, allora Io mandai a lui Abele, avvolto in una fiamma di fuoco, che gli indirizzò parole che provenivano da Me e gli disse: «Caino, rialzati da terra e guardami in faccia e dimmi, poi, se mi riconosci ancora!»

6. Allora Caino si rialzò ed osservò con timore la fiamma e non la riconobbe né dalla voce né dalla forma, e chiese quindi, tutto tremante per l’angoscia: «Chi sei tu, o strano essere, dentro a questa fiamma?»

7. E Abele gli rispose: «Sono io, tuo fratello Abele, e sto dinanzi a te nella Fiamma dell’Amore divino! Cosa vuoi dunque che ti sia fatto?». – «O fratello», rispose Caino, «se sei proprio tu, vedi, io non ho più volontà! Mio figlio Hanoch mi ha preso tutto, anche la mia volontà; ormai io non ho più volontà. Vedi ora in quale condizione noi stiamo qui? Siamo tutti completamente senza volontà! Perciò altro non posso dire che: “Sia fatto di me e di tutti noi secondo il santo Volere del Signore!”»

8. Allora disse Abele: «Ebbene, ascolta! Questa è la Volontà del Signore, Padre mio e Dio tuo: – mangiate senza alcun timore tutti i frutti che voi troverete qui, poiché il serpente ti ha sospinto fin qui, ma esso è rimasto dov’era, cioè presso i figli nella città di Hanoch con tutto il suo veleno e non avrà più niente a che fare con voi. Infatti, l’uomo che ha ceduto la propria volontà come hai fatto tu, non ha più niente a che fare con quella malvagia progenie. Chi però ha reso soggetta la propria volontà a quella del serpente, costui è suo prigioniero ed è giunta la fine del suo agire.

9. Ma chi è sfuggito ai suoi lacci diventati ormai robusti, e così ha salvato l’ultima goccia della propria volontà e l’ha deposta a terra al cospetto di Jehova, a costui Egli donerà una nuova volontà proveniente da Lui stesso, affinché possa poi operare come uno strumento del Signore. E così è anche Volontà del Signore che tu abbia ad agire d’ora innanzi secondo la Sua Volontà e anche se un giorno i discendenti di Hanoch riuscissero a trovare te e i tuoi, essi non vi riconosceranno, perché l’Amore del Signore brucerà del tutto e in modo permanente la vostra epidermide colorandola di nero.

10. E il tuo nome di “Caino” ti sarà tolto e te ne verrà imposto un altro, cioè “Ateope”, vale a dire “il senza volontà secondo la Volontà del Signore”. Ed essendo così, allora tu dovrai, assieme ai tuoi, intrecciare con canne e giunchi una cesta molto grande, lunga sette lunghezze d’uomo, larga tre e alta una, molto solida e poi vi stenderai sopra uno strato di resina e ogni tipo di altra pece. E quando avrai ultimato questo lavoro con tutta diligenza, spingerai la cesta vicino alla grande acqua e dovrai raccogliere della frutta per quaranta giorni, e quando avrai fatto tutto ciò, trasporterete la frutta nella cesta e alla fine salirete voi pure dentro, tutti assieme!

11. E allora il Signore farà venire un forte flusso della grande acqua, che solleverà la cesta, e voi assieme ad essa, e vi porterà in un paese lontano, nel mezzo di queste grandi acque, dove sarete perfettamente al sicuro da ogni insidia o persecuzione da parte di Hanoch.

12. E lì vicino, da ogni parte, vi saranno in questa grande acqua dei piccoli paesi e quando vi troverete in troppi in un paese, allora andate in cerca di altri paesi e così via, secondo la Volontà del Signore, e popolate gradatamente tutti i piccoli paesi delle grandi acque.

13. E se voi non vi dimenticherete del Signore, Egli un giorno vi darà da abitare un grande continente, dove rimarrete fino alla fine del mondo, ma ciò avverrà soltanto quando esso sarà stato prima purificato dalla maledizione per mezzo del diluvio che si abbatterà ben presto e che soffocherà ed ucciderà la progenie di Hanoch e anche molti dei figli di Dio che si saranno lasciati attirare tra i lacci delle belle figlie di Hanoch.

14. Tuttavia, voi, figli dalla volontà perduta, non sarete raggiunti dalle correnti di questo diluvio, perché la Volontà del Signore vi ha posti sulle acque delle Sue grandi Misericordie. E se voi avete bisogno di qualcosa, conoscete ad ogni modo dove dimora il grande Donatore che non vi abbandonerà, se voi non Lo abbandonerete nei vostri cuori.

15. E ora tu, o Caino, accostati a me!». E vedi, allora Caino si avvicinò al fratello Abele, presente sotto forma di fiamma, e questi lo abbracciò, e Caino diventò nero come il carbone e i suoi capelli divennero crespi come una pelliccia di animale. E ugualmente accadde agli altri cinque.

16. E allora Abele disse: «Ebbene, o fratello Ateope, ora tu sei libero da ogni peccato che è rimasto presso Hanoch; fa’ adesso, dunque, secondo la Volontà del Signore! Amen!»

 

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Cap. 25

Lo sviluppo della progenie di Caino, quale nuovo Ateope

 

1. E vedi, allora Abele scomparve e Ateope mangiò della frutta, perfettamente lieto per la prima volta in vita sua e fece esattamente come gli era stato comandato.

2. E così il suo ultimo ceppo fino al giorno d’oggi popolò tutte le piccole terre nelle acque e, dopo la grande distruzione della progenie del serpente per mezzo dei flutti del cielo, tale ceppo popolò anche i grandi continenti che voi attualmente chiamate “Africa”, “America” e “Australia”. E il suo ceppo non fu fatto perire nel diluvio ed è sempre lo stesso anche nel tempo presente, a testimonianza dei misfatti dei Miei figli e dei figli di Hanoch, nel tempo d’allora e nel tempo attuale.

3. E vedi, ancora oggi vive questo Ateope, naturalmente e spiritualmente, nascosto in una piccola terra nel mezzo delle grandi acque, terra che nessun mortale potrà mai trovare e là egli è il costante osservatore del vostro operare.

4. Dunque, vedi, egli mangiò e bevette frutta di ogni specie e generò ancora settecento figli per il tempo di ancora mille anni. Ma poi egli fu da Me rinnovato e non mangiò e non bevette più, poiché fu saziato con il Mio Amore per l’eternità, il quale è il cibo migliore che vi sia, poiché, chi così viene saziato, non vedrà, non sentirà né assaporerà in eterno la morte; e così egli non avrà mai più fame di un qualsiasi cibo, né sete di una bevanda, e il suo morire sarà come un’uscita vivente dalla vita alla vita nella vita della vita dei viventi tramite il Vivente che sono Io stesso.

5. E così saziato, Ateope vive corporalmente ancora oggi, quale il primo figlio d’uomo sulla vasta faccia della Terra e può guardare ciò che fanno tutti gli uomini ed è perciò un antico testimone di tutte le Mie opere, compiute fino al vostro tempo.

6. Egli conobbe Noè, Abramo, Mosè, tutti i profeti e Melchisedec, il Sommo Sacerdote.

7. Ed egli fu testimone della Mia nascita e della Mia nuova Creazione mediante la massima di tutte le Mie opere, cioè mediante l’opera di Redenzione. E così anche egli verrà custodito finché sarà discesa del tutto la Mia Città santa, evento che comincia appunto ora e dove anche verrà definitivamente accolto quale fedele portinaio, perché, all’infuori di Me, nessuno conosce tanto profondamente il Serpente come lui, poiché con esso ha avuto a che fare più di tutti.

8. Ed ecco, questa è la storia di Caino che ora viene narrata, perché vi sia di sprone a maturare le vostre riflessioni sul vostro conto, allo scopo che con ciò, tanto più presto e con maggiore facilità da voi stessi possiate scoprire e riconoscere il vostro male dalle sue radici, e possiate distruggerlo nelle sue più riposte fondamenta, per ritrovare quindi nel Mio Amore il Paradiso da tanto tempo perduto e per diventare finalmente dei veri fedeli cittadini della Mia nuova, grande e santa Città, continuando Io ad essere il vostro fedelissimo, santissimo e buonissimo Padre, così come lo fui da tutte le eternità delle eternità. Amen!

 

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Cap. 26

L’empio governo di Hanoch

 

1. E ora rivolgi per un po’ ancora la tua attenzione verso Hanoch ed Io vi mostrerò, di passaggio, come stessero là le cose già dopo un periodo di soli trent’anni.

2. E vedi, Hanoch si era scelta la più bella donna ed oltre a questa anche due concubine e con esse si dedicava oltre ogni misura alle pratiche della lussuria. Per questo motivo il suo intelletto si ottenebrò al punto che egli dimenticò completamente ogni questione concernente il governo che gli competeva. I pochi pensieri che a stento poteva raccogliere ancora si rivolgevano esclusivamente ai piaceri, allo splendore, alla morbidezza delle vesti e alla libidine.

3. Bastava che i suoi sudditi gli portassero frutta buona di ogni specie in abbondanza, che ci fosse dello sfarzo davanti alla sua abitazione e che avesse delle vesti veramente morbide, di un tessuto confezionato con un’erba finissima che cresceva a piedi delle montagne, ed egli con ciò era perfettamente soddisfatto e lasciava che leggi e governo andassero come volevano.

4. Ma vedi, allora i suoi sudditi si accorsero che egli era diventato tiepido e volsero a loro profitto la sua cecità. E i suoi servitori pure osservarono come si mettevano le cose e siccome erano accorti e astuti come il serpente stesso, cercarono in tutte le maniere possibili di tenerlo in uno stato di stordimento continuo. Inoltre, affermando – mentendo – che si trattava di un editto d’indulgenza del principe, permisero ai sudditi tutti i possibili divertimenti, purché questi ultimi li fornissero di doni sempre maggiori.

5. E vedi, poiché questi servitori videro allora che essi potevano fare ciò che volevano senza essere puniti, cominciarono addirittura a governare essi stessi e ad emanare leggi ai sudditi. In primo luogo prescrissero di tributare al principe onori divini, mediante ogni tipo di sacrifici ed offerte, e in secondo luogo vollero che l’uno o l’altro suddito donasse al principe la figlia più bella. Al suddito che aveva la fortuna di essere il beato donatore, sarebbero stati condonati tutti i tributi e sarebbe diventato un libero possessore della propria casa e oltre a ciò avrebbe goduto il privilegio di entrare nella dimora del principe e della libertà di intrattenersi a piacimento con i suoi servitori, nonché gli sarebbe stato concesso di vedere una volta all’anno il suo principe e di ringraziarlo per tale grandissima grazia e distinzione.

6. Ora, vedi, con ciò il serpente aveva fatto, come voi usate dire, un vero colpo di genio! Infatti, i genitori allora cominciarono a tenere sempre in casa le loro figlie dedicando ad esse ogni attenzione allo scopo di farle diventare il più possibile delicate e belle, per riuscire un giorno eventualmente ad assicurarsi essi pure una condizione libera. E una bella di questo tipo non degnava più di uno sguardo un uomo comune, dato che si sentiva destinata per il principe.

7. Ma cosa avvenne poi a causa di questi reciproci inganni? Nient’altro che la cosa più tremenda che voi riuscite a raffigurarvi intensificando al massimo i vostri pensieri. Avvenne cioè che i servitori presero finalmente nelle loro mani, senza eccezione, tutti gli affari di governo, con l’astuto pretesto – come diedero a intendere al principe Hanoch con la loro ornata loquacità – che egli ormai non era più un principe, ma un dio del popolo, e che sarebbe stato disdicevole per la sua sconfinata maestà ed inesprimibile magnificenza, che erano ormai divine, prescrivere leggi ai vermi della Terra. Per conseguenza, data l’incommensurabile venerazione che ispirava loro la sua santità eccelsa sopra ogni cosa, tali adulatori spiegarono di voler assumere del tutto a loro carico questa disdicevole incombenza; così egli non avrebbe avuto altro da fare che esternare, con un semplice cenno, il suo gradimento o la sua disapprovazione e accettare con ogni grazia e indulgenza, i tesori che essi avrebbero raccolto per lui in gran quantità.

8. In quanto al resto, Hanoch si sarebbe dovuto degnare di mostrare la sua persona al popolo una sola volta all’anno e in questa occasione tutti si sarebbero gettati a terra e lo avrebbero adorato nella polvere, e qualora poi egli avesse voluto concedere una grazia speciale a qualcuno di quei vermi nella polvere, ciò sarebbe accaduto calcando con il suo piede santo il capo di quel qualcuno tra i vermi.

9. E qualora questa grazia elevata fosse stata concessa a qualcuno, magari in premio dell’offerta di una bella ed attraente prostituta, a costui, dopo averlo fatto rialzare subito da terra, gli sarebbe stato concesso di contemplare la divina maestà del signore di ogni potenza e forza, e in conseguenza di ciò sarebbe stato poi ammesso alla dignità di libero cittadino della santa città del magnifico dio Hanoch.

10. Ora, vedi, questi sottili e raffinati discorsi dei suoi servitori lusingarono l’egoistica vanità di Hanoch al punto che egli stesso diede la piena approvazione senza alcun indugio a tutto quello che gli era stato proposto. Oh, quale mostruosa pazzia fu mai la sua!

11. Perché, vedi, in questo modo i servitori avevano raggiunto quello a cui già da lungo tempo aspiravano, cioè la facoltà di dettare leggi e di punire; in una parola, dunque, la direzione del governo. E così allora sorsero, al posto di uno solo, altri dieci principi, i quali non facevano la benché minima distinzione tra gli uomini, loro fratelli, e gli altri animali; si limitavano a dividerli in bestie ragionevoli e bestie non ragionevoli. E solamente nel caso in cui qualcuno di tali bruti ragionevoli avesse compiuto con successo e a loro profitto qualche atto ispirato ad astuzia e malvagità, soltanto allora gli veniva accordato il diritto di chiamarsi, egli pure, uomo.

12. E quando questi dieci principi ebbero visto come gli uomini-animali obbedivano ciecamente alle loro leggi – certamente a causa del grande spavento per gli inauditi maltrattamenti – allora, gradatamente, ciascuno di essi si scelse ugualmente dieci servitori fra i liberi cittadini e li innalzò ad un certo grado di nobiltà, assieme alle loro mogli e ai loro figli. Era evidente però che, quale compenso, se le loro figlie erano belle ed attraenti a sufficienza per i principi, dovevano essere cedute ai principi stessi per i loro piaceri ed essi generavano così figli a centinaia e a migliaia, che poi venivano tutti consegnati agli uomini-animali perché li nutrissero. E quand’erano cresciuti, i maschi passavano a loro volta alla classe degli uomini-animali, mentre le femmine, nel caso in cui per l’astuzia del serpente, come per lo più avveniva, crescevano molto belle e seducenti, a loro volta venivano destinate a soddisfare i piaceri dei signori e spesso già al loro dodicesimo anno dovevano prestarsi a tale servizio, e per questo motivo diventavano sterili. E così, quando dopo breve tempo avevano perduto tutte le loro attrattive, venivano cacciate tra gli animali e per questi dovevano lavorare e perciò erano chiamate “Huhora”, vale a dire, nel vostro linguaggio, “gente che cura gli animali”.

13. E vedi, questo sistema di vita si protrasse per più di trent’anni. Ma poiché con queste pratiche dissolute gli uomini si erano moltiplicati fino a raggiungere il numero di parecchie centinaia di migliaia e si erano diffusi da tutte le parti del paese e non potevano di conseguenza più essere sorvegliati, allora, con il consenso di Hanoch – il loro dio ormai inattivo e completamente privo di forza che viveva senza alcun sospetto – furono costruite altre dieci città che furono chiamate secondo il nome dei dieci principi. I nomi di questi ultimi erano i seguenti:

14. Cad, Carac, Noad, Huid, Hlad, Ufrac, Farac, Molachim, Ufrahim e Tahirac.

15. E ora vedi, ciascuna di queste città fu costruita esattamente secondo il modello della città di Hanoch, e così nel mezzo di ogni città fu eretto un grande castello del tutto simile all’alta dimora di Hanoch, e questa costruzione era circondata da bastioni e da fossati. Tieni conto del fatto che gli uomini di quel tempo, non disponendo ancora di alcun strumento simile ai vostri attrezzi come picconi, zappe, vanghe e badili, erano costretti ad adoperare le mani e a smuovere la terra con le loro dita, come le talpe!

 

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Cap. 27

La politica dei consiglieri di Hanoch

15 maggio 1840

1. Io ometterò di ricordare qui i maltrattamenti che nell’occasione di una simile costruzione venivano inflitti, ma intendo invece trattenervi sull’argomento principale. Quando dunque le città furono completamente edificate, i dieci principi si presentarono ad Hanoch e dissero: «O Hanoch, grande e magnifico dio d’ogni potenza e forza (nota bene: - Quantunque egli fosse già più debole di una mosca e non possedesse ormai più alcun potere) ed immenso signore di ogni giustizia (nota bene: - La quale su altro non era fondata se non sulla ruberia, la lussuria, l’inganno, su ogni perfidia, aridità completa di ogni sentimento, arti velenose, crudeltà, menzogna e ogni altro genere di crimine e vizio)! Vedi, il tuo popolo è diventato grande sotto la guida sapientissima della tua sconfinata, inconcepibile ed imperscrutabile giustizia (nota bene: - Questa era veramente una giustizia senza alcun confine, per lui del tutto incomprensibile, ma ancora più totalmente inesplicabile) ed esso si è sparso in tutto il vasto paese della tua divina maestà e di conseguenza non può più essere sorvegliato da questa tua alta dimora e, se noi trascurassimo di tenerli d’occhio, tale popolo farebbe quello che vorrebbe, anzi esso potrebbe perfino traviarsi al punto da cominciare ad invocare e ad adorare invece di te, cui spetta unicamente ogni adorazione, nuovamente l’antico Dio di Caino e a tale Dio, poi, potrebbe venire ancora una volta l’idea di esaudire qualcuno di loro e di conferirgli una potenza invincibile; dopo di che questi potrebbe radunare intorno a sé una grande massa di popolo con la quale assalirci, finendo in conclusione per annientarci tutti quanti siamo (nota bene: - Tali preoccupazioni si addicono bene davvero ad un dio tanto possente!).

2. E poi noi, infine, non avremmo più un numero sufficiente di onesti servitori che potessero recarsi dappertutto per prendere in consegna i frutti e per portarli fin qui, e finirebbe che questi servitori ci trarrebbero in inganno e consumerebbero essi stessi lungo la via quello che la terra, in ossequiosa obbedienza, produce unicamente per te, o grande dio!» (nota bene: - Dunque, anche il timore della fame cominciò a tormentare il grande dio?).

3. Ora vedi, allora Hanoch fu colto da grave imbarazzo e non sapeva cosa si sarebbe dovuto fare, poiché prima d’allora egli non aveva mai appreso qualcosa in merito a quanto il popolo si era moltiplicato. Finalmente si alzò e disse con voce stridula, che tradiva un grande spavento: «Che cosa potrebbe mai accadere se quelli che sono di troppo noi li uccidessimo man mano e così ne riportassimo il numero a quello necessario per garantirne la debolezza e il timore? Che ne dite voi, o miei fedelissimi?» (nota bene: - Una bella intenzione per la giustizia divina!).

4. E vedi, così parlarono i dieci: «O dio supremamente giusto, pensa a ciò che è possibile e a ciò che è impossibile! (nota bene: - Il dio supremamente saggio, potente e giusto doveva dunque anche lasciarsi istruire dai suoi servitori sul possibile e l’impossibile). Perché, vedi, in primo luogo essi si scaglierebbero in grandi masse contro di te e contro di noi e ci annienterebbero tutti quanti, anche se ne uccidessimo uno solo; e in secondo luogo pensa al vaso sopra le stelle, del quale Caino ci ha spesso narrato e a quello che succederebbe qualora cominciassimo a commettere degli abomini!» (nota bene: - Dunque, il grande, potente dio aveva ancora paura del vecchio Dio?)

5. E vedi, allora Hanoch così si espresse verso di loro: «Uditemi, dunque, e intendete la mia volontà, che così potentemente suona: “Ciascuno di voi, o miei fedelissimi servitori, prenda possesso di una delle dieci città e vi regni e governi in mio nome ed emani leggi secondo avvedutezza e vero conoscimento e badi, con tutta severità e rigidezza, che le stesse vengano esattamente osservate! Se qualcuno di voi dovesse mai intiepidirsi nel giusto zelo, sopra di lui porrò colui che tra di voi sarà stato il più fedele e il più zelante. Io vi riconoscerò dalla raccolta dei frutti! Il primo che porterà qui i suoi doni come un tributo doveroso alla mia sacra maestà, costui avrà anche per primo la lode della giustizia ed io accoglierò da lui il poco come se fosse molto, ma quelli che giungeranno più tardi dovranno portare molto ed io accetterò questo molto come se fosse solamente poco, perché così potrò valutare la loro pigrizia e rimunerare la loro operosità con una giusta lode o con un giusto biasimo. E l’ultimo dovrà essere sottomesso al primo, affinché si migliori nello zelo e nel rigore per tutte le cose giuste. Poiché la rigida giustizia è l’unico fondamento di un regno che noi abbiamo e deteniamo in nostra assoluta proprietà”.

6. Questa è la mia giusta ed immutabile volontà e vi viene annunciata da me, che sono il vostro dio e signore, dato che non potete e non dovete averne altri, né voi, né tutti i sudditi liberi od obbligati a servire. Deve esserci bensì stato una volta un qualche vecchio Dio, il Quale era molto potente finché rimase giusto, ma pare che in seguito abbia dato il bando alla giustizia, cominciando a fare del bene sia ai colpevoli che ai giusti, spintovi da un impulso che si chiamava amore, simile a quello che noi proviamo per le belle donne. A causa di ciò il vecchio Dio ha del tutto giudicato Se stesso per la rovina, e ora non esiste più.

7. Ed è per questo, come vedete, che adesso mi trovo io al Suo posto, dunque, anche l’invocazione di questo Dio antico ben poco gioverà, dato che non esiste più in nessun luogo. È bene perciò che voi in qualsiasi circostanza vi rivolgiate a me che detengo ormai ogni potere! Amen!»

8. (nota bene: - Asserzioni simili e ancora molto peggiori sul Mio conto devo udire attualmente da parte di molte centinaia di migliaia, i quali pongono sul Mio trono la loro assoluta follia fondata sulla loro tenebrosissima ragione, facoltà questa comune a tutti gli animali tramite i loro sensi acuti, e di conseguenza adorano se stessi, ed oggigiorno non si chiamano più dèi – perché questo nome ai loro orecchi suona troppo volgare e ridicolmente basso – bensì ‘filosofi’ ovvero ‘scienziati materialisti’ e anche ‘dottori’ o ‘professori’ di tutte le specie. Questa tenebrosissima razza vorrebbe addirittura costringerMi ad andare a scuola da loro, qualora volessi essere un Dio per i superscienziati di questa epoca tanto illuminata. Io però vi dico, in verità, che il lombrico strisciante è più assennato di loro, quantunque non sia in possesso che di un unico senso. E ancora dico che questi tali ben presto sgraneranno tanto d’occhi – e tuttavia non vedranno più di quanto veda un topo campagnolo nella terra – e con gli orecchi ben acuti e molto lunghi non udranno più di quanto possa udire un pesce nell’acqua, il quale, non possedendo la voce, non possiede nemmeno l’udito).

9. E vedi, tutto ciò fu per i dieci principi precisamente una fonte perenne di eccellentissima acqua per il loro mulino, perché Hanoch aveva anticipato i loro più riposti desideri ed aveva dato loro un rigido comandamento che veniva perfettamente a proposito, poiché soltanto così si sentivano ufficialmente autorizzati a permettersi ogni immaginabile eccesso e ad ingannare il popolo, nonché il loro dio scimunito.

(15 maggio 1840)

 

10. E ora, vedi, quando il dio Hanoch ebbe così terminato il suo discorso, congedò questi suoi dieci servitori. E questi se ne andarono, in apparenza profondamente colpiti da un discorso così formidabile, ma nei loro cuori erano estremamente lieti, a causa della grande stoltezza di Hanoch, che, in seguito ad ogni tipo di timori e di preoccupazioni, aveva innalzato a rigida legge la loro propria volontà ed infine pareva che egli stesso cominciasse a convincersi di essere un dio. Ma circa questo ultimo punto essi si ingannavano del tutto, perché dentro di sé Hanoch sapeva molto bene di non essere affatto un dio, dato che la sua debolezza e il suo totale esaurimento gli provavano anche troppo evidentemente cosa ci fosse di vero nella sua divinità!

11. Però egli voleva soltanto mantenere e consolidare gli altri nella loro grossolana cecità, e continuare a spacciarsi per un dio a causa del guadagno che gliene derivava, poiché fra di sé egli pensava che predicare ai ciechi è facile, dato che essi non distinguono ciò che è nero dal bianco e prendono il giorno per la notte e viceversa. Ma così pensando egli pure era in errore. In questo modo tra di loro venivano a stabilirsi dei veri rapporti da manicomio, poiché l’uno riteneva che fosse sempre l’altro il pazzo più grande e più sciocco.

12. E quando essi si furono di nuovo riuniti nella loro stanza, Cad cominciò ad indirizzare a tutti gli altri un discorso e disse: «Ebbene, fratelli miei, o voi che come me avete ancora per padre Caino e avete visto il primo padre Adamo e la prima madre Eva, la quale Hanoch non conosce né ha visto, come pure non vedrà mai Adamo, vedete, Caino, nostro padre, fu uno scellerato come nessuno di noi è mai stato e mai lo sarà, ma quando egli si rivolse al Dio di Adamo, Questi gli diede ciò che egli chiedeva.

13. Dunque, cosa ci occorre di più? Noi conosciamo le Sue grandi opere, poiché le abbiamo viste con i nostri occhi e udite con i nostri orecchi, dunque sappiamo dove dimora il grande Potente! Facciamo anche noi come fece Caino nel momento del bisogno e, anzi, sovrabbondiamo pure nelle nostre richieste e potete essere certi che ben presto risulterà dimostrato chi veramente è il Signore nel paese delle pianure! Ciascuno di noi eriga un altare a questo Dio e vi sacrifichi a Lui la frutta del paese e la conseguente potenza che gli richiediamo non si fermerà a metà strada; e allora Hanoch, il pazzo, potrà ben aspettare a lungo il tributo di maestà alla sua immaginaria santità da parte nostra, che abbiamo conosciuto Adamo ed Eva!»

14. E vedi, quando Cad ebbe finito il suo discorso, Carac si alzò a sua volta e disse: «Fratelli miei, se le cose stanno così, la partita è nostra! Vedete, per quello che mi riguarda, sono perfettamente d’accordo con Cad; saremmo dei pazzi più grandi di Hanoch se noi, che siamo più potenti di lui, volessimo nutrirlo al solo scopo di consolidarlo nella sua pazzia, e addirittura ingrassarlo, affinché si accresca ancora di più la sua libidine che sfogherà sulle nostre donne più belle, mentre noi, come voi tutti sapete, dobbiamo reputare come una grazia straordinaria quando lui, essendo stanco di qualcuna che non gli piace più, ce la restituisce! Io credo invece che sia meglio che le più belle ce le teniamo per noi! Le meno belle possiamo cederle ai nostri servitori; le rimanenti, poi, che restino proprietà dei nostri sudditi. In quanto ad Hanoch, che si accontenti di leccare il sangue delle sue figlie e che gusti l’ignominia delle sue stesse mani e che diventi magro come un osso di caprone e mangi con i vitelli e beva con gli uccelli! E perché non dovremmo fare a lui ugualmente a come egli ha fatto a nostro padre? Non si è egli riservato anche delle cose che il padre Caino si era dimenticato di fare e questi dovette fuggirsene, pure essendo suo padre come era altresì nostro? E vedete, ormai egli per noi non è altro che un fratello scimunito. Cosa può dunque esserci d’impedimento a dargli quello che si merita per la fuga di Caino? Ecco, questa è la mia opinione, vantaggiosa per ciascuno di noi, poiché io da parte mia farò all’antico Dio come Cad molto saviamente trovò giusto ed opportuno fare!»

15. Il discorso di Carac riscosse unanime approvazione. Dopo di che si alzò Noad e cominciò anche lui a parlare dicendo: «Vi sono note le mie attribuzioni e il mio incarico, cui ho presieduto per volontà di Hanoch con tutta fedeltà, diligenza e zelo! Eppure ora domando a voi tutti che utile ne abbia ricavato durante tutto questo tempo, e senza dubbio ciascuno di voi mi risponderà: “Niente di più e niente di meno di nulla!”. Vale a dire che io aiutai il peggiore degli imbroglioni nei suoi raggiri e perciò fui io stesso un imbroglione imbrogliato e per aiutarlo nei suoi ipocriti inganni dovetti condurre una vita ben magra dinanzi alle masse, e per corroborare l’opinione circa una sciocca santità apparente dovetti, nella mia qualità di severissimo amministratore della giustizia, rinunciare in pubblico ad ogni allegro piacere, per poi ricevere privatamente nient’altro che aspri rimproveri e grossolane minacce d’ogni tipo, invece di una lode e di un risarcimento in segreto per i torti pubblicamente sofferti. E tutto ciò accadde a causa della sua inconcepibile pazzia. Voi tutti invece avete avuto una vita più facile e poteste fare molte cose secondo il vostro compiacimento, mentre ciò non era possibile a me, poiché, essendo io colui che metteva in atto la sua follia da giudice, dovetti fare secondo i suoi più pazzi e ripugnanti desideri, dando a ciascuno di questi una precisa esecuzione, affinché i desideri stessi, per effetto della mia forzata ipocrisia, di cui mi intendevo bene, o meglio dovevo intendermene bene, potessero acquisire una qualche parvenza di legalità. Dopo di che, per conferire piena validità al mio inganno, io, quale legittimo imbroglione, dovevo nuovamente farmi ingannare e precisamente in tre modi: – anzitutto da Hanoch a motivo della legge, secondariamente da me stesso a motivo del popolo, e in terzo luogo dal popolo e da tutti voi a causa di Hanoch. Io credo di avervi sufficientemente esposto le ragioni del mio malcontento e con ciò di avere deposto ai vostri piedi le mie mentite spoglie. E ora giudicate voi stessi se io ho forse torto, grato come posso essere per tanto riconoscimento della mia opera, a togliere da me il triplice inganno e a scagliarlo con tutta violenza sul capo di Hanoch, rivelandolo al popolo per quello che veramente è. E poi resti a lui la cura di badare da che parte se ne andrà la sua divinità e vi corra lui dietro come uno zoppo alla caccia del cervo. Dunque anch’io farò quello che Cad ritiene opportuno fare e seguirò molto scrupolosamente il consiglio di Carac e i miei contributi non danneggeranno i suoi occhi, né il trotto dei miei cammelli molesterà i suoi orecchi. Di conseguenza io prendo possesso della città che porta il mio nome»

16. E vedi, allora gli altri esclamarono: «Noad ha parlato perfettamente bene e così faccia egli pure come è giusto e buono»

17. Dopo ciò si alzò Huid e il tono della sua voce fu come un fulmine piombato nel mezzo della perversa adunanza e parlò con maggiore veemenza degli altri, dicendo: «Uditemi bene, o fratelli e figli di Caino, l’esiliato, e intendete ciascuna delle mie parole che sono di grande importanza!

18. Chi potrebbe contare tutte le gocce di sangue che, in seguito alle sentenze di Noad, l’imbrogliato, e mediante le mie robuste mani sono sprizzate dai dorsi e dai fianchi del misero e debole popolo, che è discendente di Caino al pari di Hanoch e di noi? Ora, questo sangue non è stato affatto versato a causa della trasgressione di una qualche legge, né per la pigrizia del popolo, né per nessun’altra causa, per quanto minima, apparentemente punibile, ma unicamente, come voi già sapete, per suo divertimento e passatempo, per non parlare poi dei maltrattamenti inflitti al popolo durante la costruzione di ogni città, tanto che mi riesce del tutto inesplicabile come questi disgraziati abbiano potuto conservarsi in vita dopo questo periodo di martirio che dura già da così lungo tempo. Ad ogni nostra osservazione contraria, egli non mancò mai di metterci sotto il naso la fragilità del ben noto vaso sopra le stelle, e si dimenticò assolutamente di quello che è posto sotto la Terra!

19. Ma io domando a voi tutti, in giustizia ed equità, di dirmi se il popolo non si troverebbe meglio sotto i cocci di quel vaso anziché sotto i colpi continui che andiamo infliggendo loro con verghe rigide, bastoni duri e solidi randelli! E ditemi ancora: – che cosa ha fatto Hanoch per il vaso dell’amore che è sotto la Terra? Per conto mio, credo che, tranne le innumerevoli gocce di sangue dei nostri fratelli, ben poco sarà da trovarvi dentro! E se, usando l’astuzia, noi avessimo preso il governo nelle nostre mani, non avrebbe egli, nella sua qualità di dio di ogni abominio, cominciato sicuramente a farli uccidere, l’uno dopo l’altro?

20. Noi stessi dovemmo essere crudeli, per distogliere ogni sospetto da noi che eravamo ancora suoi servitori. Ma le città sono ormai edificate, il popolo è diviso, il potere è nostro come pure il nostro riconoscimento dell’antico Dio e il sacrificio giurato. Cosa ci occorre di più? Se il popolo ci ha obbedito quando lo maltrattavamo, allora non ci diverrà infedele se noi vorremo guarire le piaghe che gli sono state inferte, come anche faremo mediante leggi più savie e miti di quelle attuali che sono ispirate alla più nera crudeltà. Vedete, io sono chiamato il malvagio, ma qui vorrei fare una grave domanda e precisamente: “Chi è più malvagio: – io, Hanoch o il serpente di Caino?”. Io penso che Hanoch sia un maestro di ogni perfidia e che il serpente debba avere covato nel cuore di Hanoch tutte le sue generazioni, altrimenti non sarebbe possibile immaginare crudeltà simili; crudeltà perpetrate da un fratello a danno dell’altro, mediante i propri fratelli e quelli dei figli dei fratelli!

21. Di conseguenza io credo che dovremmo a nostra volta renderci soggetto e suddito Hanoch e, un po’ alla volta, fargli dare dal popolo una molteplice ricompensa per le sue crudeltà, al posto dell’omaggio alla maestà sovrana, e così egli potrebbe poi accumulare sulla propria schiena il legittimo tributo, per portarselo dove volesse»

22. «Giuste e sagge sono le tue parole, o fratello Huid», esclamarono i convenuti «e ad Hanoch avvenga secondo il tuo discorso che ci ha colpito in mezzo agli occhi, i quali hanno spesso visto i suoi gravi misfatti!»

23. E vedi, allora si alzò Hlad e così si espresse con parole determinate: «Fratelli, voi sapete come io dovetti essere insensibile verso tutto, per personificare in certo modo la rigidità della legge, ovvero per rappresentare l’arbitraria crudeltà di Hanoch sotto il manto della giustizia inesorabile e come perciò io dovetti costantemente far buon viso a tutti questi suoi pessimi giochi. Quantunque non fossi io stesso colui che percuoteva, tuttavia dovetti assistere alle persecuzioni e dovetti contare i colpi inferti da Huid e da tutti i suoi aiutanti e riferirli ogni volta ad Hanoch con animo grato. Vedete, allora fui costretto ad apparire insensibile, pur non essendolo affatto, ma adesso intendo ricredermi, come voi vedete! Io voglio schierarmi contro Hanoch e voglio essere di fronte a lui quello che tanto spesso dovetti apparire di fronte al popolo dei nostri fratelli, e verso questi fratelli io voglio essere caldo, mentre intendo essere verso Hanoch un freddo risarcitore dei torti patiti dal popolo per opera sua. Divenga la mia fedeltà verso lui una fredda ricompensa e la mia diligenza mi renda il primo tra voi e la voce della sua lode si converta in urla e ruggiti di dolore e siano questi una delizia per gli orecchi di coloro che furono tanto spesso maltrattati, e che le gocce di sangue stillanti dalla sua schiena ridonino un po’ di vita alle loro guance esangui!

24. Siccome per il resto sono perfettamente d’accordo con voi tutti, penso che il mio giudizio non sia errato se intendo agire secondo il mio sentire, che già da abbastanza lungo tempo ha dovuto guardare, come impietrito, tutti gli orrori e tutte le malefatte di Hanoch. Infatti, chi ha sentimento e sensibilità per il dolore e per il tormento, costui li ha certamente per fare il bene e questo io l’ho constatato innumerevoli volte. In futuro, dunque, vediamo di governare mediante il bene. E a colui che facesse il male, capiti il castigo in proporzione alla sua mala azione, usando però indulgenza, essendo egli pure un fratello; ma chi è obbediente ed opera il bene, a costui di bene ne vada dieci volte tanto. E subito dopo sia offerto un degno sacrificio all’antico Dio, sacrificio che senza dubbio sarà a Lui gradito, dato che gli riporteremo quello che Caino ed Hanoch, con tanta scellerata leggerezza, hanno perduto per tutti noi»

25. E vedi, allora tutti si alzarono e si inchinarono a Hlad e dissero: «O fratello! Il tuo giudizio è il più giusto fra tutti quelli finora espressi. Tu sei il più vicino ai figli di Adamo. E perciò sarai per noi un modello, secondo il quale noi regoleremo e indirizzeremo i nostri ordinamenti, ciò che anche vogliamo fare.

26. Il sangue caldo dei poveri fratelli ha sciolto il ghiaccio che era intorno al tuo cuore e da questo irrompe ora un’abbondanza di calore; agisci ora, dunque, sotto l’impulso di questo calore e riscaldaci tutti con quello che per te è in più!»

27. E vedi, poi anche Ufrac si alzò e disse: «O fratelli, vedete e udite! Tutti i vostri giudizi sono equi e retti, però quello di Hlad, secondo il mio acuto discernimento, è evidentemente il più giusto. E perciò io sono perfettamente della sua opinione, tranne che per una cosa sola che è di grande importanza: – ci vuole una grande astuzia basata sulla prudenza in tutto ciò che vorremo intraprendere. Perché, vedete, fare secondo giustizia, operare il bene, giudicare scrupolosamente e rettamente la giusta ricompensa del bene e del male, nonché un ordine sicuro, queste sono cose di grande e pubblico vantaggio tanto per il popolo quanto per noi tutti. E tutte queste cose sono sufficienti nei rapporti tra noi e il popolo. Però ora anche tutti i liberi cittadini della città di Hanoch sanno che, per questo popolo scimunito, Hanoch rappresenta un vero dio e questa convinzione nessuno di loro se la lascerà togliere neanche con mille bastonate; e tanto più ancora che proprio questi liberi cittadini sono quelli che hanno maggiormente rafforzato l’intero popolo in tale pazzesca illusione.

28. Se noi, dunque, adesso vogliamo subito mettere le mani su Hanoch, non faremo con ciò altro che aizzarli tutti, e precisamente contro di noi, e qualora Hanoch si presentasse in mezzo a loro e spiegasse come noi gli avessimo legato le mani, affinché non potesse difenderli dai maltrattamenti che noi abbiamo inflitto loro, se ciò accadesse, il popolo si scaglierebbe contro di noi e dovremmo essere schiacciati dalle masse.

29. Di conseguenza si rende assolutamente necessario usare scaltrezza e grande prudenza ed astuzia, se noi vogliamo realizzare i nostri piani in modo che la cosa possa tornare a nostro vantaggio. Dato però che io fui il suo più intimo consigliere in ogni faccenda, ne consegue che so meglio di tutti come stanno le cose. Quindi la mia certissima opinione è che per almeno tre anni ancora si debba versare ad Hanoch il tributo richiesto, per salvare le apparenze, ma che nel frattempo il popolo venga trattato bene da noi, perché si affezioni a noi e poi si debba illuminare spesso i più svegli d’intelletto riguardo alla nullità dell’essere di Hanoch e a tutti i suoi inganni e alle sue sopraffazioni molto grossolane e indicare loro le tracce dell’antico Dio e fare loro infine comprendere che tutto fu fatto da parte nostra, per quanto aspro abbia potuto essere, unicamente per salvare loro, nostri fratelli, una buona volta dal duro e grave giogo di Hanoch, e che bisognava che ora avvenisse così, altrimenti tutti assieme sarebbero andati incontro alla morte.

30. Io posso darvi la mia piena assicurazione che, se noi istruiamo così il popolo e poi lo trattiamo come suggerito da Hlad, ci troveremo in uno stato di incalcolabile vantaggio ed io credo che perfino l’antico Dio non ci contesterà la signoria, qualora poi per di più si voglia offrirGli un sacrificio. E sono certo che, soltanto allora, Hanoch avrà da parte del popolo quello cui hanno accennato molto saviamente Huid e Hlad, gli oratori perspicacissimi ed espertissimi che mi hanno preceduto. Considerate bene le mie parole, o fratelli miei e nobili figli di Caino!»

31. Ed ecco, tutti si inchinarono e dissero: «Amen! Così avvenga, affinché le parole di ciascuno abbiano valore contro Hanoch, l’infame esiliatore di nostro padre e l’abominevole sacrilego contro l’antico e possente Dio»

32. Allora gli altri presero nuovamente posto sui loro seggi, ma Farac rimase in piedi e si guardò intorno con aspetto serio, come se avesse voluto vedere se forse dietro a ciascun oratore non fosse rimasto nascosto qualcosa che nessuno aveva il coraggio di portare alla luce del giorno, e ciò che egli andava cercando con gli occhi, lo trovò ben presto facilmente il suo intelletto. Ed egli cominciò a parlare con veemenza e le sue parole non risparmiarono nessuno e furono come una spada sul campo di battaglia. Infatti, egli parlò così:

33. «O fratelli, ammesso che siate ancora degni di questo nome onorevole, io ho udito i vostri discorsi con i quali avete manifestato ad alta voce, dinanzi a me, i vostri pensieri, ma d’altro canto avete tenuto reciprocamente nascosta la vostra avidità in modo insidioso e avete mentito l’uno verso l’altro nell’esporre i vostri piani, rendendovi con ciò l’uno contro l’altro ribelli, poiché ciascuno di voi accarezza il proposito di svignarsela di nascosto e di riferire ad Hanoch di aver convocato, per estrema fedeltà a lui, un’assemblea dei principi prima dell’importante atto dell’assunzione del governo da parte dei suoi saggi e di aver cercato di provocare i convenuti affinché dessero un giudizio ripugnante sul conto di Hanoch e ciò allo scopo che poi Hanoch si rendesse conto in quali mani egli aveva affidato i dieci governi. In conseguenza di questo, Hanoch gli avrebbe conferito ogni potere e l’avrebbe poi posto quale unico principe su tutti noi. Gli altri allora, in seguito alla credulità di Hanoch, avrebbero potuto dividersi tra di loro la sorte di Caino.

34. O birbanti matricolati, o rigurgito di ogni perfidia! Domandate a voi stessi se una volta sola un qualche onesto impulso vi ha mai indotti a fare qualcosa! Poiché tutto quello che io sono e che voi siete, siete riusciti a diventarlo unicamente per mezzo dell’insidia, dell’astuzia, dell’inganno, dell’adulazione e dell’ipocrisia. Il popolo sciagurato non ha ancora sofferto abbastanza? Non è già, ad ogni modo, diventato così misero da non assomigliare più quasi a degli esseri umani? Non ha esso ormai già versato quasi l’ultima goccia di sangue sotto i vostri colpi? E cosa mai abbiamo fatto di bene al popolo, che per così lungo tempo ci ha volonterosamente nutrito per ricevere nient’altro che maltrattamenti di ogni specie? Coloro ai quali voi deste il nome di uomini-animali non hanno gli stessi diritti su quanto esiste sulla Terra? Eppure fu loro proibito di mangiare i frutti maturi e dovettero accontentarsi di quelli guasti. E voi non siete ancora soddisfatti di tutto questo, ma volete renderli mille volte più infelici e più miserabili di quanto già ora lo sono!

35. Mosso da queste considerazioni dichiaro a voi tutti, senza alcun riguardo, che se proprio volete governare il povero popolo, di cui non siete degni di chiamarvi fratelli, abbandonate ogni malizia e ogni insidia, e guidatelo dinanzi al cospetto di Dio, Quello antico e vero, e anche verso Hanoch siate dei veri fratelli e non dei maestri dell’inganno per amore della vostra gola e del vostro ventre; e mediante la vera fedeltà vedete di meritarvi quella posizione che avete ottenuto tramite l’inganno e l’astuzia; altrimenti l’antico Dio non guarderà i vostri sacrifici, ma verrà in soccorso dei deboli e vi renderà schiavi delle bestie cui voi deste tale nome, partorito dalla vostra mente! Riflettete bene sulle parole che ora vi ha detto il crudele. Amen!»

36. Vedi, quando Farac ebbe terminato il suo discorso, gli altri rimasero come pietrificati al loro posto e non furono capaci di trovare neanche una parola a loro scusa e la maggior parte andava pensando dentro di sé: «Certamente, egli in segreto ci ha preceduti presso l’antico Dio, altrimenti come avrebbe potuto scrutare il nostro animo con tanta precisione e profondità? E considerato che ormai è così, chi potrà reggere al suo fianco? Se lo si potesse togliere di mezzo, la cosa sarebbe facilmente sistemata, ma adesso chi potrà opporsi e resistere alla sua potenza? Prima che noi alziamo una mano, la sua ci avrà già colpiti e annientati, perciò vogliamo tranquillamente attendere e vedere che piega prenderanno gli avvenimenti, e allora si vedrà quello che si potrà fare ulteriormente»

37. E vedi, siccome nessuno osava più prendere la parola, Farac si fece innanzi nuovamente e domandò loro: «Ebbene, che cosa ne è di voi? Nessuno ha più il coraggio di intervenire e di ribattere alle mie argomentazioni? Dove mai se ne sono andate le vostre malizie, gli inganni, le astuzie, le vostre lusinghe e le ipocrisie, e dove le vostre menzogne, dove la vostra potenza, dove il vostro principato ed infine dove il vostro truffato dio Hanoch?

38. Ma io vi dico che il linguaggio muto dei vostri pensieri non è certo sfuggito al mio orecchio e che, comunque vadano le cose, voi agirete molto bene facendo d’ora in poi secondo equità e giustizia. E chi di voi non agirà perfettamente secondo equità e giustizia, costui verrà esiliato come lo è stato Caino che voi dite che è vostro padre, perché ha veramente agito ispirandosi a giustizia, ma il suo agire fu troppo cieco e troppo rigido e di conseguenza si trovò prigioniero di se stesso e dovette fuggire dinanzi alla propria opera. Dove sia finito Caino, questo nessuno lo sa all’infuori dell’antico Dio e se Egli lo volesse rivelare a qualcuno, questi lo saprebbe pure. Però tale non è la Sua Volontà. Vedete, Caino fu giusto per timore del Giudizio dell’Antico, ed ha errato in tutte le sue azioni perché egli non fece nulla per amore, che pure gli era stato comandato prima di ogni altra cosa dall’antico Dio.

39. Ma avete gettato ben lontano da voi perfino ogni giustizia e al suo posto avete messo la scaltrezza, l’inganno, l’astuzia e innumerevoli altre ignominie ancora, che per la loro nefandezza non possono trovare un nome; e credete forse che l’antico Dio vi sosterrà subito e con la massima sollecitudine in tutte le vostre infamie, il cui numero non ha fine, per il solo fatto che Gli accenderete ciecamente un qualche insignificante fuoco in sacrificio? Oh, voi siete enormemente in errore! Questo Antico ha una vista acutissima e conosce in maniera perfettissima com’è costituito tutto il vostro essere dal principio alla fine. Quindi il Suo orecchio è molto lontano da voi e non vi esaudirà più nella vostra sconfinata scelleratezza, anche se voleste arderGli tutta la Terra in sacrificio, se prima non purificate i vostri cuori con il fuoco di un amore sconfinato verso i vostri fratelli, deboli per causa vostra e le vostre infelici sorelle e se non vi astenete da ogni pratica lussuriosa che è inconcepibilmente disdicevole per uomini dell’età di duecento anni nella loro dignità di principi.

40. E ora rispondete alle mie domande se potete, oppure ditemi apertamente in faccia, se ne avete il coraggio, così come io vi ho parlato senza alcun riguardo, che cosa avete ancora in animo di fare adesso, poiché io non aspiro a nessuna signoria, né, come voi, ad un principato, ma unicamente all’esatto adempimento dei doveri che la mia carica mi impone, e ciò secondo il gradimento dell’Antico. Per questo io non commisi mai un torto verso qualcuno, né mai violentai una donna né una vergine, né meno ancora una fanciulla di dodici anni o anche al disotto di quest’età come avete fatto voi. Per questa ragione voi mi avete dato il nome di crudele: – perché non volli essere un corrotto furfante come voi!

41. Queste devono essere le mie ultime parole, affinché voi sappiate che non dovete più incontrare da vicino me, il crudele, colui che vedete davanti a voi, se non quel tanto che lo esigerà una necessità suprema, come è l’attuale, affinché tutto non debba perire per l’eternità – sì, dico per l’eternità – nella ridestata ira dell’antico, eterno e santo Dio! Nessuno quindi mi chieda più né il dove né il come! Amen!»

 

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Cap. 28

Il consiglio dei dieci principi

22 maggio 1841

1. E vedi, siccome tra tutti coloro che avevano già parlato nessuno si azzardava a opporre qualcosa alle parole di Farac, si alzò infine Molachim e si rivolse direttamente a Farac, fissandolo fortemente negli occhi e dicendo: «Fratello, le tue parole sono state aspre ed hanno colpito in pieno ciascuno di noi, ma, vedi, per quanto riguarda i nostri discorsi, il loro senso è buono e giusto, eccetto il vostro rigettare Hanoch; solo che tali discorsi sono stati profanati da false brame interiori, che si sono destate in noi in seguito alla considerazione della dignità principesca conferitaci.

2. Ma se, distruggendo in noi stessi tutte queste brame temerarie, volessimo anche diventare veri e fedeli fratelli tanto del popolo quanto di Hanoch, secondo equità e giustizia, allora, chiedo a te Farac, saremmo ancora dei birbanti?»

3. E Farac rispose: «La brama è la vita della volontà; se però in tale modo volete annientare in voi ogni brama, in base a cosa volete poi operare nella vostra qualità di principi? Perciò nessuno deve soffocare in sé le brame, che sono la scintilla dell’amore in Dio, ma basta invece che esse non vengano falsamente indirizzate.

4. La vera direzione che ad esse va data è di guadagnare Dio nel Suo Amore e di uniformare tutte le azioni secondo il riconoscimento della Volontà suprema in noi, che manterrà in perfetta umiltà l’amore di se stessi in noi mediante la consapevolezza della sua nullità e della inconcepibile debolezza contenuta nell’amore di se stessi.

5. La falsa direzione delle brame, invece, è l’egoismo, ovvero la totale cecità e sordità della volontà in noi; per questo tutte le azioni si orientano in base ai propri bisogni, mentre non considerano quelli dei fratelli cui andrebbe tributata pari considerazione.

6. Vedi, allora le false brame, per il fatto del loro continuo moltiplicarsi in noi, vanno gonfiandosi sempre più e soffocano l’umiltà, e mediante la loro gravezza producono l’orgoglio; in questa situazione, poi, l’uomo tende a sgravarsi del suo enorme carico, ma, dato che quest’ultimo, essendo cieco, non vede e, essendo sordo, non ode quello che dovrebbe giovargli, egli nelle sue false brame fa ricorso a tutti i mezzi immaginabili che il suo amore cieco, o amore di se stesso, può escogitare. Con ciò egli non fa che aggiungere nuove gravezze a quelle già vecchie, che con il loro enorme peso schiacciano la vita da Dio in noi e ci degradano ad animali della materia terrestre e ad alimento della morte, la quale dimora dappertutto nella materia, tanto nell’acqua quanto nel fuoco, nell’aria e nella Terra, che è la madre della carne, ovvero della morte, poiché dove c’è carne, là c’è pure la morte. Di conseguenza moriremo tutti nella carne.

7. Chi dunque si trova nell’amore di se stesso, costui giace nell’amore della propria carne; chi però ama la propria carne, nutre la brama della morte, e la morte si riverserà nella sua brama e lo avvincerà in tutte le sue fibre vitali e così lo consumerà e lo ucciderà. In tal modo egli diverrà come un’immondizia della morte e concimerà i campi dove è seminato il frutto della perdizione eterna. E ora voi sapete quanto occorre per vivere giustamente. Operate così e vivrete; altrimenti morirete. Amen!»

8. E vedi, allora Molachim prese nuovamente la parola e disse: «Fratelli, voi sapete qual è il mio compito e quali le mie mansioni: – io non sono stato indotto a mentire ad Hanoch e al popolo né per volontà di Hanoch né per quella del popolo, bensì da voi, ad eccezione di Farac; a voi soltanto io dovevo rivelare la parte più intima della mia scienza. Ma io ora getto ogni inganno a destra e a sinistra dei piedi di Farac e dico apertamente: “Se un giorno un Dio scenderà dal Cielo, le Sue parole non potranno essere più sagge di quelle di Farac!”

9. Io lo confesso liberamente: – se egli non fosse un nostro fratello, mi lascerei cadere ai suoi piedi e lo adorerei, ma egli invece è un uomo come noi; dunque, da dove gli viene questa grande sapienza?

10. Vedete, sono cieco e sordo come voi, ma un intimo sussurrare mi suggerisce: “Ecco, Dio parla invisibilmente per bocca di Farac!”. Noi dobbiamo ascoltare questa voce e ponderarla bene e agire di conseguenza, se vogliamo vivere; altrimenti le lacrime dei nostri fratelli si raccoglieranno fino a diventare un immenso flutto che ci soffocherà nella nostra grande libidine, nei nostri inganni e nella nostra astuzia delittuosa».

 

(22 maggio 1840)

11. E vedi, allora anche Ufrahim si fece coraggio, avanzò e disse: «Amen! Siano rese grazie all’antico Dio perché ha aperto con la massima benevolenza la bocca di Farac, il nostro fratello, senza il quale noi saremmo tutti morti, poiché noi tutti eravamo già profondamente accalappiati dai lacci delle nostre brame apportatrici di morte e ciascuno si proponeva di tradire gli altri, così la morte sarebbe precipitata su tutti noi in un modo o nell’altro quale un giusto giudizio, sia dall’altezza della Santità dell’antico Dio, sia dalla profondità della Sua ira.

12. Io fui un raffinato maestro della lusinga e con ciò causai maggiori mali che non voi ed Hanoch con tutta la vostra violenza, poiché, se non ci fossi stato io, egli avrebbe congedato già da lungo tempo la sua divinità, che veramente gli era stata inculcata da me per suggerimento di Ufrac e con l’aiuto di Noad e di Tahirac. Infatti egli mi confidò, spesso in segreto, che tale divinità era causa per lui di grave angoscia nel suo intimo e che non gli lasciava pace né di giorno, né di notte quando era solo e che egli aveva già più volte maledetto questa infelice idea di Ufrac, non potendo più disfarsi di tale dignità a causa del popolo, quantunque essa gli bruciasse in petto più di qualsiasi fuoco.

13. E vedete, ora qui depongo ogni mia scienza della lusinga e sono convinto che la sapienza di Farac potrà anche, con facilità, guarire gradualmente questa grande ferita del nostro fratello, nella stessa maniera in cui essa è riuscita ad aprire, speriamo, gli occhi a tutti noi, affinché potessimo vedere l’orlo insidioso dell’abisso su cui ci troviamo comodamente adagiati tutti noi nove, senza presagire il pericolo immenso di perdere la vita e con questa anche tutto ciò che per mezzo di essa ha un qualche valore.

14. E tu, o caro fratello Farac, sii per me e per tutti noi una guida fedele verso la luce dalle altezze del vero Dio che ci è divenuto estraneo come lo era divenuto al nostro padre Adamo e guidaci secondo la Volontà dell’unico, vero Dio, a te ben nota. E così pure sii la guida di tutto il popolo, dato che anch’esso è composto da nostri fratelli poveri ed innocenti, dei cui errori noi soli portiamo la colpa a causa della nostra sconfinata perfidia, e quanto tu, o fratello, troverai opportuno fare secondo la Volontà dall’Alto ora nota a te soltanto, a ciò noi vogliamo dare precisissima attuazione – di buon grado e sempre con la massima sollecitudine unendo le forze – con la Grazia dall’Alto.

15. E di conseguenza anch’io depongo qui il mio principato ai piedi dell’amico di Dio, il Dio vero e sarò enormemente felice di potermi chiamare fedele servitore dell’unico, fra tante migliaia in questo paese, che abbia trovato grazia dinanzi al Dio, il solo e vero fedele servitore che qui non può trovare chi lo possa uguagliare.

16. Perciò ascoltate la mia volontà: – la città di Farac sia per noi tutti una città santa. In essa noi vogliamo andare sempre per attingere un saggio consiglio al fine di poter agire conformemente alla saggezza. Desideriamo però che sia Farac stesso il nostro principe e la nostra guida secondo la Sapienza divina che è in lui e sia soltanto lui l’anello di congiunzione tra noi, Hanoch e tutto il popolo, affinché noi possiamo diventare degni non già di essere stati nominati principi, la qual cosa non ha alcuna importanza in quanto abbiamo visto la Sapienza di Dio, ma di essere reputati solo dei servitori fedeli e volonterosi che gioiranno e dovranno gioire del benessere dei popoli e della Sapienza di Dio nel nostro fratello Farac, nonché nel completo risanamento di Hanoch e con ciò anche di tutto il popolo, sia esso libero o soggetto.

17. Dunque io dico ‘amen’ a nome di tutti, e tu, o fratello Farac, guardami nella tua sapienza, e sii per noi tutti un fratello, un principe, una guida, un consigliere ed un savio amico! Amen!»

18. Ed ecco, il discorso di Ufrahim animò nuovamente Tahirac come pure gli altri che, prima di Farac, avevano avuto parole ipocrite dettate dall’egoismo e dall’ambizione, e così pure egli cominciò a parlare come colui che è un depositario ed un vero ricettacolo di ogni male e come colui che si arroga tutti i diritti e cose divine, come la Santità di Dio, eternamente intangibile, la Sua Giustizia, il Suo Amore, la Sua Onnipotenza ed infine perfino tutta la Creazione, quasi egli avesse potuto distruggerla muovendo un dito, poiché egli, come spesso aveva asserito, era venuto a conoscenza degli artifici e dei raggiri dell’antico Dio e osava addirittura misurarsi con la Mia Forza e lanciare pubblica sfida alla Mia Onnipotenza. E poiché Io, per Amore, non avevo voluto impugnare la grande spada del Mio Furore contro un miserabile verme della terra, quale l’Infinito contro un nulla che a mala pena l’occhio può percepire a causa della sua indicibile piccolezza di fronte alla Mia eterna Grandezza ed infinita Potenza, egli diceva a ciascuno che la Mia debolezza aveva timore della sua forza.

19. Che ne dici tu, o Mio servitore, di una simile provocazione?

20. Ebbene, vedi, questa provocazione, tuttavia, non era tanto ridicola quanto quella che Mi viene fatta oggigiorno da parte vostra e che è mille volte peggiore e più perfida di questa.

21. Poiché non hai che da considerare alla radice le vostre istituzioni sacerdotali! Quando il “santo” del mondo parla dal suo trono, Io devo sul serio tacere e anche guardarMi dal rivolgere a qualcuno la parola. Se egli venisse a saperlo, il Mio interlocutore non sarebbe più sicuro della sua vita naturale.

22. Io non ho bisogno di descrivervi più da vicino la spina nel Mio occhio, dato che anche senza di ciò voi potrete facilmente trovarla. Ma vi sia pure ancora un breve tempo d’attesa! E ora ritorniamo all’argomento!

23. E vedi, questo Tahirac, indirizzandosi come un fulmine all’adunanza, cominciò egli pure un discorso conclusivo con brevi e veementi parole e disse:

«O fratelli, che prima di me avete proferito parole savie e potenti, tanto che io ne fui scosso fino nelle più riposte fondamenta della mia perfidia, e che, tramite esse, ho potuto riconoscere il mio nulla e la mia assoluta debolezza nonché tutto il mio grave torto in ogni mio agire, ebbene, io stimo superfluo, o fratello Farac, esporre dettagliatamente dinanzi alla tua sapienza tutte le mie iniquità, poiché anche ai non savi è noto più che a sufficienza il modo e la specie delle mie inqualificabili scelleratezze.

24. Vedete, io sono troppo malvagio per la vostra adunanza perché mi sia possibile pronunciare una qualche parola di scusa, e mi limiterò quindi a dichiarare che io sono il cardine e le fondamenta di ogni male tra di voi, il popolo ed Hanoch. Di conseguenza, non avanzo alcuna pretesa né su di un principato, né su di uno stato di soggezione, né meno ancora di servitù, ma avvenga a me, da parte vostra, come è avvenuto al padre Caino. E così la pietra fondamentale di ogni perfidia sarà tolta via dall’edificio vacillante di tutte le iniquità, in modo che esso poi crollerà e al posto di questo edificio più che abominevole possa essere eretto, per tutti i tempi, un altro migliore della giusta Sapienza da Dio, il Vero e Potente, in Farac.

25. Vedete, o fratelli, questa è l’unica ricompensa che io ho meritato più di tutti voi. Con ciò io spero di non farvi alcuna richiesta ingiusta, poiché ormai so molto bene che l’antico Dio non può né deve più usare verso di me alcuna Grazia e Misericordia, a causa della Sua Santità che io solo ho oltraggiato in maniera inqualificabile.

26. Io perciò dichiaro qui terminato il mio discorso e rimango con tutta fiducia e umiltà in attesa di un giusto, equo e ben meritato giudizio da parte della sapienza di Farac, divina, giusta e forte!

27. E se voi volete concedermi di condurre con me la mia donna e i miei figli nella mia fuga, seguendo le orme di Caino, ciò sia ad ogni modo rimesso alla vostra misericordia. Così dunque avvenga a me secondo la volontà di Farac. Amen!»

 

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Cap. 29

I successori di Hanoch

 

1. Ed ecco, allora Farac si alzò di nuovo e disse: «Vedi, o fratello Tahirac, né Dio, né tutti gli spiriti liberi possono in tutte le eternità delle eternità fare in modo che quello che una volta è accaduto non sia accaduto, e tanto meno una tal cosa la possiamo fare noi, deboli uomini! Pensa tu stesso: – qualora in un uomo vi fosse una qualunque minima scintilla della divina Sapienza, questa non dovrebbe giudicare ed esprimersi che nel seguente modo:

2. “Quest’uomo ha sbagliato enormemente per il suo malevolo discernimento, poiché gli era mancata la Grazia dall’Alto ed era cieco nel suo egoismo, a suo immenso danno nonché di quelli che gli erano vicini. Ora però, tramite l’Amore misericordioso di Dio, un bagliore di lampo dall’Alto si manifestò, accompagnato da un tuono possente, così l’uomo poté vedere tutta la sua abiezione e sentire l’enormità delle sue innumerevoli scelleratezze. E poniamo il caso che l’uomo cominciasse ad essere sopraffatto dall’angoscia e a provare dal profondo del suo cuore un serio pentimento di tutto il suo malvagio procedere e così rigettasse da sé ogni sua perfidia e in pari tempo rimettesse la propria volontà completamente alla Grazia di Dio, dimmi: – cosa faresti tu stesso a un tale uomo?”». – Rispose Tahirac: «Lo perdonerei e lo considererei come se non avesse mai sbagliato, e mi rallegrerei enormemente che uno che si era tanto smarrito e fuorviato abbia potuto ritrovare se stesso, nonché la via d’uscita dal carcere della tenebrosa follia e giungere alla luce della Grazia divina!» – Riprese Farac: «Ecco, in tal modo la tua risposta è buona e giusta, malgrado tu sia semplicemente un uomo. Pensa dunque a quanto più non approverà questa giustizia il Dio sapientissimo, il Quale costituisce il Fondamento primordiale di ogni verità e di ogni amore, dato che Egli meglio di ogni altro sa il come e il perché noi abbiamo tanto spesso peccato!

3. E ora sappi questo: “Noi, uomini senza amore, giudichiamo i nostri fratelli smarriti secondo il numero delle colpe, ci sia o non ci sia stato nel frattempo un pentimento, mentre Dio, invece, non giudica fuori dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza le colpe già commesse e lavate nel pentimento, ma soltanto quelle che si commettono e di cui non ci si pente. Anche se quanto è avvenuto non svanirà più, ma resterà custodito nel ricordo imperituro di Dio quale una macchia oscura sulla linea della nostra vita, la linea però non viene giudicata al suo inizio, né alla sua metà, ma alla sua fine, là dove essa cresce e si prolunga o dritta verso l’amore e verso la giustizia che scaturisce dall’amore oppure tortuosamente deviata verso il male e verso ogni ingiustizia proveniente dal male.

4. E vedi, la forza della Sapienza da Dio ha ora raddrizzato pure quanto vi era di tortuoso in te e quindi non devi giudicarti da te stesso, ma d’ora innanzi devi allungare la linea della tua vita, in tutta fedeltà e giustizia, nella retta direzione verso il vero Dio e devi spesso guardarti intorno alla ricerca della linea resa ormai retta da Dio, affinché tu non ti allontani più dalla retta direzione, poiché allora ti sarà facile scoprire qualunque sinuosità e appianarla ben presto tramite la Grazia dall’Alto, che poi ti rischiarerà la grande meta della tua vita nel Regno dell’eterno Amore e di ogni vita che da questo emana.

5. E ora va’, assumi con tutta fedeltà quanto ti è stato comandato da Hanoch e ricordati di queste mie parole, e così pure tutti voi altri assieme a me, che sono ‘il crudele’, e siate dei fratelli per Hanoch, tutti fratelli tra di voi e fratelli del popolo, che va governato secondo la Volontà di Dio, il potente, il forte, il sapientissimo e l’amorosissimo. Amen!”»

6. E dopo tale discorso conclusivo, tutti si alzarono e si inchinarono dinanzi a Farac e dissero: «O tu Farac, saggio della Sapienza antica di Dio! Noi tutti ora riconosciamo la tua grande potenza e la tua inconcepibile comprensione di tutte le cose, e benché noi non comprendiamo come tu sia giunto a questo, noi, tuttavia, faremo come tu trovi giusto ed equo, poiché noi ci rendiamo conto che la tua sapienza è fondata sull’amore, amore che non delude nessuno, specialmente quando, per di più, si intende procedere per le sue dolci vie, ciò che noi tutti ora faremo e vogliamo fare secondo la tua sapienza ed attingendo alla stessa.

7. Tu però vedi di raddrizzare anche le vie di Hanoch, come hai fatto con le nostre. Amen!»

8. E vedi, allora tutti abbandonarono i loro seggi e si recarono nelle loro città e lì agirono bene e saggiamente secondo il consiglio di Farac, e tutto il popolo fu pieno di giubilo sotto la loro guida.

9. E quando Farac in simile maniera e con facilità, ebbe convertito pure Hanoch, questi si alzò e afferrata la possente mano di Farac disse: «O fratello, tu hai detto il vero ed hai agito bene, poiché, quando una creatura è in vita, là c’è ancora da aspettarsi Amore e Grazia dall’Alto come nel caso mio. Solo con la morte cessa ogni cosa! Ora qui tutto vive ancora e così può anche essere posto rimedio a molte cose. Perciò voglio risanare nuovamente tutte le ferite che sono state inferte ai miei popoli e tutto ciò sarà fatto al tuo saggio e fraterno fianco e con lo stesso aiuto con il quale, con tanta avvedutezza, hai saputo allontanare una così grande sventura da me, così perfidamente ingannato, e anche dal popolo povero e raggirato»

10. E vedi, questo governo ora alquanto migliore durò, con varie vicende, più di cinquecento anni, perfino sotto gli stessi figli, cioè figli e nipoti di Hanoch, quali furono ad esempio il suo figlio più giovane Irad (l’impetuoso) discepolo di Farac, che regnò cent’anni, il suo figlio minore Mahujel il quale pure regnò cent’anni, poi il suo figlio più giovane Metusael (lo scienziato e scopritore della natura e delle sue forze) che ebbe cento dieci anni di regno e infine il figlio di questi, dimentico ormai quasi del tutto di Me, Lamec (l’istitutore della pena di morte) il quale regnò duecento anni.

11. Ma, vedi, sulla storia di Lamec Io dovrò soffermarMi parecchio, dato che con lui cessa ogni forma regolare di governo, il cui posto viene preso dall’idolatria e dal culto di Mammona, come pure dalla maledetta filosofia naturale, che è il capolavoro massimo della più sconfinata perfidia del Serpente.

12. Ora, vedi, Lamec, non essendo né il primo né l’ultimo nato, non era veramente chiamato a regnare, poiché secondo il costume stabilito già dalle prime origini, soltanto il figlio più giovane era autorizzato ad assumere il governo, e unicamente in caso di morte o di altro genere di incapacità subentrava poi il diritto al regno del primogenito, e se anche questi moriva, soltanto allora tale diritto spettava ai nati compresi fra il primo e l’ultimo.

13. Ora, però, era ancora vivente il figlio più anziano di Metusael (l’occulto sapiente alla maniera di Farac, morto già da lungo tempo), il cui nome era Jored, e il costui fratello più giovane Hail (ossia il fedele allievo di Jored e legittimo successore al governo).

14. Ma, vedi, Lamec, uomo rozzo, tenebroso, ambizioso e spergiuro – che per saziare la propria ambizione si era creato uno speciale sistema di ragionamenti filosofici in virtù dei quali si riteneva ugualmente autorizzato a governare, e per di più si trovava circondato da una malvagia banda di individui di pari sentimento – si accese d’ira dentro di sé contro l’antico costume; e quando, a causa della morte di Metusael, si avvicinava l’epoca dell’assunzione di Hail al governo, egli indisse un giorno una malvagia assemblea per tutelare le sue aspirazioni ambiziose e per prendere consiglio sulla via da seguire per raggiungere con sicurezza il suo perfido scopo.

15. E vedi, uno della sua stessa banda, che aveva nome Tatahar (che era un essere efferato e assetato di sangue) gli diede un crudele consiglio, dicendogli:

«Noi siamo settantasette uomini, forti come dei tronchi d’albero, audaci come tigri, coraggiosi come leoni e crudeli come le iene; e tu, dal canto tuo, sei un maestro di tutti noi. Di conseguenza crediamo che non dovrebbe esserti troppo difficile, con una buona clava in mano, mettere fine alla sapienza di Jored, là nel bosco vicino alle montagne, dove ultimamente abbiamo dato la caccia alle tigri. E poi, quando una qualche iena vorace ne avrà triturato le ossa con i suoi denti acuti e poderosi, per dimostrare la tua gratitudine potrai quindi gettarle come dolce pietanza anche il ragazzo Hail; e ciò, per quelle bestie affamate del bosco, sarà un boccone quanto mai gradito. Poi si potrà dire al popolo che essi, essendosi impegnati temerariamente nella caccia delle iene, dunque fidandosi stoltamente della loro segreta sapienza, sono stai sbranati proprio da questi animali sulla montagna e divorati. E poiché tu, facendo così, rimarresti l’unico successore di Caino, di Hanoch, di Irad, di Mahujel e, figlio come sei, di Metusael, chi ancora potrebbe contrastarti la signoria e il governo?

16. Ebbene, o Lamec, cosa ne pensi tu di questo piano d’azione? Questo mio consiglio, più che ogni altro, non è forse tale da farti raggiungere sicuramente lo scopo? Va’ dunque ed agisci di conseguenza, noi ti staremo al fianco e il successo ci arriderà fuori da ogni ragionevole dubbio!»

17. E vedi, questo consiglio era precisamente ciò che, a suo intendimento, faceva al caso di Lamec. Così ben presto trovò il fratello, e questo avvenne, non a caso, con l’aiuto del Serpente. Infatti, Lamec aveva ben osservato come Jored ed Hail si erano incamminati verso la foresta, cosicché vi si recò rapidamente egli pure con la sua micidiale banda, per altra via. Dunque, là nascosto, tra il folto degli alberi, egli attese il passaggio dei due fratelli. E quando questi si trovarono del tutto dentro la foresta, egli si lanciò d’improvviso su Jored, lo ammazzò con un colpo e fece poi di Hail secondo il consiglio di Tatahar.

18. E vedi, questa cosa accadde ai due per la ragione che essi si erano insuperbiti della loro sapienza, poiché, quali figli di principe, si erano dimenticati che la vera sapienza consiste unicamente nella massima umiltà; e che non appena quest’ultima è privata di giusta considerazione, anche la sapienza ne è profanata. Ebbene, poiché tale era il loro caso, non era possibile offrire né consiglio né aiuto, senza dover ledere necessariamente la loro libertà; ciò che Io non posso fare neppure in minimissima misura, poiché la più insignificante particella di libertà sta infinitamente al di sopra di ogni vita naturale o materiale di tutti gli esseri viventi della Terra; e da questo deriva anche la forza che viene concessa nelle guerre; e questo avviene sia pure a causa della libertà di volere e di azione perfino di un solo individuo.

19. Altrettanto sia detto, quale ammonimento, anche a te, che sei uno strumento discretamente buono. Poniti quindi bene in mente che, qualora tu fossi indotto in presunzione, sia in segreto o più o meno apertamente, dinanzi ai tuoi fratelli, per averti Io conferito il dono della sapienza, ebbene, anche a te succederebbero le medesime cose. Poiché, vedi, se tu fossi trascinato alla dissolutezza o tratto a rubare nel momento del bisogno o ti dessi ai bagordi e alla vita sregolata, in un modo o nell’altro, questo dono che ora ti sto facendo, di specie rarissima tra gli uomini, perderebbe la sua potenza in te. Ma se tu, invece, ne diventassi orgoglioso, allora Io te lo toglierei immediatamente, e ti lascerei nudo e spoglio nella foresta dell’errore; poi verrebbero le fiere che ti divorerebbero, in modo che di te più non resterebbe niente altro all’infuori di una cattiva reputazione.

20. Vedi, è proprio nell’umiltà che tu hai ricevuto questo dono, nell’umiltà devi conservarlo, e in tutta umiltà devi pure operare in modo tale per ridonarlo a tutti i tuoi fratelli.

 

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Cap. 30

Lamec fatto re

30 giugno 1840

1. E ascolta ancora! Come, dunque, Lamec ebbe commesso tale misfatto nel bosco a danno dei propri fratelli, alla testa della banda di Tatahar, egli fece ritorno ad Hanoch tutto soddisfatto, e fece dire ed annunciare a tutto il popolo, dentro ed intorno alla città, nonché ai popoli delle altre dieci città e dintorni, ciò che era accaduto ai suoi temerari fratelli, Jored ed Hail, suo allievo. A questa notizia tutta la città di Hanoch inorridì, assieme alle dieci città e a tutto il popolo dimorante fuori da queste. Allora, i più ragionevoli e anche coloro che erano ritenuti i più intelligenti delle città e di tutto il popolo, si radunarono assieme per consigliarsi, ed erano circa tremila uomini, senza contare le donne e i fanciulli rimasti alle loro case.

2. E così questo piccolo esercito d’uomini decise di portarsi nella città di Hanoch, da Lamec, dove uno prese la parola per tutti e disse: «Dov’è il bosco in cui è avvenuta tale disgrazia al giovane re e al suo saggio fratello Jored? Lascia che noi vi andiamo e che vi cerchiamo il posto dove è stato compiuto il misfatto. Chissà forse potremo trovare là qualche misero resto, o una qualche altra traccia che ci convinca della verità di questa notizia, affinché noi possiamo piangere per una così grande sciagura. Andremo quindi alla ricerca della iena assassina, che avrà certamente il muso ancora insanguinato, per strangolarla ed ammazzarla con le nostre clave e le nostre frombole, così distruggeremo tutta la sua razza quale dovuta espiazione per la morte di Jored e Hail»

3. «Sì», rispose allora Lamec, «la decisione che avete preso è buona; ed io, che ormai sono il vostro legittimo re, mi propongo di fare altrettanto in mezzo a voi; e il mio primo servitore Tatahar farà da guida e da scorta assieme ai suoi compagni bene armati!»

4. E vedi, la pronta e compiacente decisione di Lamec piacque al popolo, e tutti esclamarono: «Vedete, vedete ed udite! Huhuhorah! (vale a dire “Vi è ancora un vero re!”); anch’egli è saggio. Sia, dunque, il nostro re!»

5. E dopo ciò, tutti si alzarono e, guidati da Lamec, si avviarono verso il bosco delle tigri e delle iene; e là anche ben presto trovarono il luogo dove si era svolta l’atroce scena e dove c’erano ancora tracce di sangue, e piansero, e raccolsero i resti delle vesti per le onoranze funebri.

6. E quando ebbero compiute là le loro vane cerimonie di cordoglio, ed ebbero raccolto le reliquie di Jored e di Hail, ormai prive di valore, abbandonarono il luogo del misfatto e, colmi di amaro furore, si sparpagliarono nella foresta, suddivisi in bande di cento uomini ciascuna, a piccola distanza di trenta spanne l’una dall’altra, allo scopo di rintracciare la iena infame; ma, vedi, non poterono scorgere neanche un solo animale, e men che meno una qualche iena. E perciò tutti esclamarono: «La bestia nefanda si sarà certamente rifugiata sui monti! Coraggio! Se anche dal tempo di Caino nessun mortale ha mai osato porre piede su di una montagna, noi vogliamo ora, per la prima volta, aprire là un varco, poiché noi abbiamo buone ragioni per farlo, e non c’è Dio che possa disapprovare questo nostro passo, essendo giusta la nostra causa contro queste orrende bestie voraci. Dunque, facciamoci nuovamente coraggio, anche se dovessimo tutti quanti perire in tale sacrosanta impresa!»

7. E vedi, allora Lamec soggiunse: «l vostro proponimento corrisponde alla mia volontà ed è un comando che io vi do in questo senso. Andate, dunque, e fate secondo la vostra decisione. Io però vi attenderò qui alla testa degli armati di Tatahar, e porrò la massima attenzione nell’evitare che una qualche bestia, fra tutte quelle che caccerete, riesca a sfuggire ai vostri poderosi colpi di vendetta!»

8. Con ciò i tremila furono soddisfatti e se ne andarono inoltrandosi nella montagna, pur con passo inusuale e incerto, e appena fidandosi di guardarsi intorno a causa della vertigine che in loro si manifestava alla vista delle altezze che superavano per la prima volta, lasciando le pianure nella profondità. E vedi, per tre giorni essi cercarono la iena assassina, ma neppure una si fece vedere; e allora furono invasi dalla stanchezza e dalla noia, e con le loro clave si diedero a percuotere un’erta parete di roccia alta più di dodici tese che impediva loro di proseguire il cammino. E maledirono i boschi e le montagne, che secondo loro erano dimora di ogni essere mostruoso. E chiesero ragione agli alberi, alle rupi e alle pareti rocciose e sputarono sopra la Terra la vergogna della sua avidità di sangue; e la maledirono fin nelle fondamenta; e maledirono altresì il Sole, per aver rischiarato con la sua stessa luce un’atrocità simile; e così pure maledirono tutte le stelle e la Luna, che avevano potuto assistere ad una nefandezza così inaudita. E uno di loro, che era il più grande e più forte di tutti, e che si chiamava Meduhed (cioè “il più forte”) si girò e rivolse a quella moltitudine, ardente d’ira e di furore, parole brevi ma molto appropriate, dicendo:

9. «Come finirà questo sfogo di pazzia? Ecco, voi mandate in pezzi e in schegge le vostre clave, percuotendo questa morta parete di pietra dura e insormontabile e rendete sdrucciolevole la via del ritorno con la vostra bava! Ma se, rifacendo la nostra strada, ci imbattessimo in iene, tigri, leoni, orsi e grossi serpenti, pensate a come vi difendereste! E se l’antico Dio già qui ha segnato una meta insormontabile alla nostra cieca ed infruttuosa sete di vendetta, quanto più facilmente non potrà Egli segnarci un’altra meta ancor più terribile sulla via del ritorno! Riflettete bene, dunque, che con l’Antico non è buona cosa trovarsi in lite, poiché Egli potrebbe donare vita perfino agli alberi e alle pietre, qualora disponesse di un troppo piccolo numero di animali per annientarci ed ucciderci tutti quanti a causa della nostra stoltezza e della nostra disobbedienza, essendoci noi avventurati per le montagne ed avendo in tal modo infranto il severissimo divieto di Caino, di Hanoch e di Farac, ossia di colui che fu sapientissimo e giustissimo. E chissà se al di sopra di questa parete non dimorino degli esseri superiori, di cui rimane pur sempre un vago ricordo fra il popolo, poiché altrimenti queste montagne non avrebbero motivo di esistere! E se caso mai anche uno di tali esseri si accorgesse della nostra presenza, che cosa sarebbe il nostro grande numero di moscerini di fronte a un simile gigante di Dio? Dunque, facciamo mestamente ritorno, finché è giorno, affinché non abbiamo a perire sotto la maledizione della notte che per noi è sempre stata una grande nemica, come il giorno è sempre stato un tormento, anche se non precisamente congiunto con così tanti e grandi pericoli come la notte. Quindi, seguiamo tutti questo consiglio che è ben fondato. Amen!»

10. E vedi, quando queste parole ebbero ottenuto l’effetto di farli rinsavire e mentre si accingevano a ritornare sui loro passi, Meduhed scorse un uomo di grande statura che stava su una sporgenza della parete di roccia, e quest’uomo era Set, un figlio di Adamo, il quale era stato dato al posto di Abele. Set, più tardi e per mezzo del suo fratello-angelo Abele, era stato istruito da Me di recarsi con Adamo ed Eva nella Terra promessa, per dimorarvi appunto tra le montagne, rimanendo, da lontano, in vista del Paradiso di una volta; di ciò Io, più tardi, aggiungerò comunque qualcosa offrendo maggiori dettagli.

11. Ed ecco, questo Set indirizzò loro la parola in tono energico, dato che egli era ancora uno di quegli uomini al quale il linguaggio di tutte le creature non era divenuto estraneo, e disse: «O voi, rozzi figli di Caino, il fratricida, che siete dimentichi del tutto di Dio! Quale giusta punizione di Dio – il Quale è il Padre mio e di Adamo che ancora vive ed è il Padre di tutti i suoi figli che vivono sulle alture – vi ha condotti qui tra le braccia formidabili della vostra rovina? O razza di serpenti: – quale mai è il vostro aspetto[5]? O voi, predestinati a saziare la fame delle iene, dite: – cosa cercate qui in questo luogo sacro! Cos’è che vi ha spinti fin qui, in questo posto a voi così severamente proibito? Allontanatevi da qui e piombate tutti assieme tra le fauci della punizione che vi è stata minacciata, ossia tra quelle fauci micidiali alle quali voi non sfuggirete, o questa parete di pietra vi seppellirà per sempre!»

12. E vedi, allora Meduhed si prostrò a terra e ad altissima voce implorò misericordia e grazia. – Allora Set, le cui parole provenivano sempre da Me, a questa supplica fu ancora più pervaso dal Mio Amore e si lasciò intenerire dalla voce lamentosa di Meduhed, e disse:

13. «Meduhed, a te soltanto è concesso volgere il tuo sguardo in alto verso di me, nella grande vicinanza di Dio, poiché distogliesti i tuoi fratelli da grave e temeraria perfidia innanzi agli occhi onniveggenti di Dio; perciò tu solo saprai dove e chi è questa iena rapace. Ecco, questo animale è simile a mille iene ed è rimasto giù nella pianura, alla testa, appuntita come la lingua del serpente, della banda di Tatahar. E si chiama Lamec!

14. Ma che nessuno di voi si azzardi a mettere la mano su di lui! Guai settantasette volte a colui che si inducesse a toccarlo, poiché un tale, così facendo, precorrerebbe i tempi di Dio; ciò però sarebbe la cosa più terribile, perché egli distruggerebbe il legame del divino Amore e si scioglierebbe la larga, incommensurabile, cinta dei più aspri giudizi della Divinità, la Quale farebbe precipitare immense colonne di fuoco sopra tutta la Terra e così distruggerebbe tutto il mondo nel fuoco. E ora alzati assieme alla tua compagnia, e ritornatevene in pace al vostro paese. E i vostri sguardi non siano rivolti verso Hanoch, ma a voi stessi e a Dio, il Quale è un fedele Salvatore di coloro che guardano sempre a Lui, tanto nel tempo della gioia quanto in quello della miseria. Amen!»

15. E vedi, in quel momento Set divenne risplendente; ed essi, terrorizzati, fuggirono all’impazzata dalla sua vista e raggiunsero la pianura ancor prima del tramonto e si trovarono già alle loro dimore verso mezzanotte, nonostante queste fossero distanti dalle montagne dieci ore di cammino.

 

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Cap. 31

L’espatrio sotto la guida di Meduhed

 

1. E vedi, prima di separarsi, quando furono giunti sul suolo patrio, Meduhed indirizzò loro ancora brevi parole, dicendo: “Fratelli, prestate bene attenzione, perché quello che ora vi dirò è della massima importanza. Voi avete visto l’uomo sulla prominenza dell’erta rupe nell’alta montagna e avete udito il rimbombo della sua voce poderosa, e infine, avete osservato pure come è rimasto avvolto da una luce abbagliante, tanto che fummo sopraffatti dal terrore e dall’angoscia, e spronati da terribile spavento ci demmo ad una precipitosa fuga, giungendo finalmente qui, sul nostro suolo natio, che ben conosciamo.

2. Voi lo avete udito anche accennare a colui che ci è ben noto e che equivale a mille iene, ed avete udito pure il suo ammonimento che prospettava una vendetta settantasette volte maggiore e voi tutti avete inteso, alla fine, le sue parole che minacciavano l’inaudita punizione con colonne di fuoco.

3. Ma ora giudicate voi stessi cosa si possa fare, date simili circostanze! Se noi lo lasciamo vivere, egli farà ben presto di noi quello che senza alcuno scrupolo ha fatto dei suoi fratelli. Ma se, d’altro canto, facciamo scendere sul suo capo la giusta vendetta, questa poi si ritorcerà in modo settantasette volte maggiore contro di noi, mediante il fuoco dall’Alto. Così, noi ora ci troviamo presi tra due pericoli di morte: – che noi facciamo l’una cosa oppure l’altra, ci attenderà in ogni caso una morte sicura. Di conseguenza il mio consiglio sarebbe questo:

4. Questo segreto, che è orrendo perché è un segreto di morte, teniamocelo nascosto, ben sepolto nelle profondità delle nostre anime. Invece, prendiamo con noi le nostre donne e i nostri figli, e con essi abbandoniamo subito questa terra nefanda, in perfetto silenzio e a notte profonda. E spingiamoci là, verso il Mattino, dove spesso abbiamo osservato un terreno collinoso ed oltrepassiamolo. Allora si vedrà se c’è ancora un altro paese oltre a questo che ormai è macchiato dal delitto. E anche se vi dovessero essere i confini del mondo, io credo che sia sempre meglio vivere là in pace, e addormentarvisi nella vecchiaia, piuttosto che rimanere qui nella perpetua inquietudine, per finire o con l’abbeverare la terra del nostro stesso sangue, oppure con il restare inceneriti.

5. Del resto, anche il gigante sulla sporgenza della rupe parlò in questo senso: ‘Ma non siano i vostri sguardi rivolti verso Hanoch, ma a voi stessi e a Dio, il Quale è un fedele Salvatore di coloro che guardano sempre a Lui, tanto nel tempo della gioia, quanto in quello della miseria!’. Ebbene, nel nostro caso mi sembra che la miseria abbia ora certamente raggiunto il suo vertice massimo.

6. Quindi, o fratelli, che ardete di giustizia come me, confidate nel Dio che il grande della montagna ci ha fatto ricordare con le sue roventi parole, e così facciamo oggi quanto vi ho appena proposto, piuttosto che domani, dato che domani potrebbe forse essere troppo tardi. Coraggio, dunque, confidiamo in Dio e già domani saluteremo il Sole là, su quei colli lontani! Affrettatevi perciò, e conducete i vostri di casa e le vostre cose, ovvero frutta e animali, ed entro tremila istanti ritroviamoci qui ben provvisti di clave. Amen!»

7. E vedi, la schiera rispose: «Amen!», e in due ore tutti furono pronti per la partenza, che era stata prevista all’incirca intorno alla seconda ora dopo la mezzanotte. E quando Meduhed ebbe contati tutti i padri di famiglia ed ebbe verificato che c’erano tutti, ringraziò Dio e fuggì alla testa di questa stessa schiera, molto grande, che lo seguiva e che era composta da diecimila uomini e ventimila donne, assieme ad una moltitudine altrettanto grande di cammelli e di asini di grande taglia.

8. Quando si levò il Sole essi avevano già da lungo tempo raggiunto il lontano terreno collinoso, ciò che sicuramente non sarebbe potuto avvenire senza il Mio particolare Aiuto, considerato che quelle colline distavano trenta ore di cammino in linea retta.

9. Là essi pascolarono per due ore i loro animali, sostarono e mangiarono della frutta che avevano portato con sé e, dietro esortazione di Meduhed, ringraziarono Dio per una tale meravigliosa salvezza. Meduhed, però, incitato dallo spirito, se ne andò un po’ oltre, accompagnato da dieci uomini, e alla loro presenza si prostrò faccia a terra e si accese per Dio; e, nella luce di questo suo slancio d’amore, scorse molto male nel suo cuore, per cui scoppiò in pianto e in lamenti, provando pentimento per i suoi gravi peccati.

10. E poiché Io vidi la serietà dei suoi sentimenti nei Miei riguardi, Io impressi nel suo cuore, a caratteri di fuoco, chiari e leggibilissimi, le seguenti parole: «Meduhed, alzati al cospetto della Mia grande Misericordia! Tu ormai sei salvo assieme a tutti coloro che, mossi dalle tue cure d’amore, ti hanno seguito fin qui. Ma qui non potete sostare, né tanto meno stabilirvi, bensì mettiti in marcia verso il luogo dove vedi che questa stretta valle si prolunga verso il Mattino con il fiumicello che scorre al suo interno, con tutta la tua schiera per la durata di settanta giorni; e quando poi tu giungerai dinanzi ad un’acqua immensa che si estenderà a perdita d’occhio, là fa’ pure una sosta di altri settanta giorni. E come oggi, vieni a Me nel tuo cuore, ed Io ti indicherò la via da percorrere sulle acque, fino a raggiungere un grande paese lontano, dove senza spargimenti di sangue potrete starvene al sicuro da qualsiasi persecuzione da parte delle crudeltà di Lamec, il fratricida. E quando avrete fame, mangiate pure tutti i frutti che troverete in grande quantità nel vostro cammino. E bevete della buona acqua del fiume, il quale vi sarà di guida fino alle grandi acque. E come oggi, ricordatevi voi tutti del vostro Dio, grande e sublime oltre ad ogni altro essere. E pensate che Io, sulla Terra, ho un popolo per il quale sono un Padre santo e oltre ogni dire colmo d’Amore!

11. E pensate anche che «quando la Terra scorreva come una goccia di rugiada dal Mio grande Cuore di Padre, e il Sole, che vedete lassù, sgorgava come una lacrima della misericordia dai Miei Occhi onniveggenti, oh, allora voi pure eravate ancora Miei figli! Dunque, tramite l’amore, o piccola schiera, cerca, di diventare quello che eri una volta, quando là il Sole immenso ardeva nella Mia grazia, prima ancora che la Terra diventasse dimora di una razza fornicatrice!». E ora mettetevi in cammino e procedete nel Mio Nome! Amen!»

12. E vedi, allora Meduhed annunciò alla grande schiera ad alta voce queste Mie stesse parole e fu profondamente commosso e per mezzo di lui tutta la sua gente. Ed egli si alzò sollecitamente ed agì esattamente secondo la Mia Volontà rivelata.

13. E vedi ora, Meduhed dopo settanta giorni raggiunse la riva predestinata di quel grande mare della Terra che voi oggigiorno chiamate “Oceano Pacifico”. Questo presso le rive presentava un colore giallognolo. In parte, però, nei punti più profondi e per lunghi tratti, tale oceano aveva una lucentezza perfettamente azzurra dovuta alla mescolanza dei colori del fondo, abbondante di sale di rame, e dei raggi solari che vi si rifrangevano. Egli si accampò in quel luogo con le sue schiere, proprio lungo le rive dell’oceano, in una regione provvista in abbondanza di frutta eccellente. Tale era, appunto, il luogo in cui Io avevo voluto condurlo.

14. E poiché Meduhed e così pure tutti coloro che lo avevano seguito ebbe la conferma del fatto che Io ero una buona Guida, egli, pieno di gratitudine, si gettò faccia a terra dinanzi alle schiere, e Mi ringraziò dal più profondo del suo cuore. E gli altri, chi più e chi meno ma comunque tutti quanti, seguirono il suo buon esempio, cosa questa di cui Io provai compiacimento.

15. E vedi, quando Meduhed ebbe così compiuto il suo ringraziamento, con il cuore traboccante di commozione per la Mia grande Grazia, egli si rialzò e, contemplando le schiere ancora prostrate e che rendevano grazie, cominciò a piangere di gioia per la Mia immensa Misericordia, che aveva salvato la vita a così tante creature e che aveva ridonato, a coloro che avevano vissuto nella dura ed aspra servitù per così tanto tempo, la libertà preziosa come l’oro ed un soggiorno di pace tanto ricco e anche tanto sicuro sotto la Mia alta Protezione.

16. E quando poco appresso anche le schiere, rafforzate e lietissime, si furono rialzate, Meduhed salì su un piccolo rialzo del terreno, alto circa sette tese, o per meglio precisare sette altezze d’uomo sopra il livello della vasta pianura, e di là indirizzò a tutti un ampio discorso; e le parole gli venivano poste nel cuore dall’Alto, tanto che egli stesso non proferì né una parola di più né una di meno rispetto a quanto gli veniva esattamente ispirato, e divenne dunque un vero predicatore, nel Mio Nome, alle schiere bisognose di luce e di amore. Le parole del suo ampio e lungo discorso furono le seguenti:

17. «Fratelli, rivolgete qui a me i vostri sguardi, ed aprite del tutto gli orecchi e il cuore per intendere le parole che io, per interiore comandamento di Dio, annuncerò a voi tutti. Poiché esse sono di estrema importanza!

18. Ascoltate: “Dio, l’Altissimo, ci ha miracolosamente liberati dalle mani assassine di Lamec, e ci ha fedelmente guidati qui, fino ai limiti del mondo, sani e salvi, dove voi tutti potete vedere dove finisce la Terra e dove incominciano le grandi acque. Vedete, il paese è tanto incantevole e splendido come se fosse disceso dall’alto dei Cieli sulla Terra. E certamente, per ciascuno di noi, sarebbe una gioia grande se si potesse o se fosse lecito prendervi stabile dimora. Ma tale non è la Volontà dalle altezze di Dio; per cui ci è concesso rimanere qui solo settanta giorni, dato che alla fine di tale periodo un crudele esercito di Lamec, con alla testa Tatahar, riuscirà a rintracciarci. E guai allora a chiunque cadesse tra le sue mani terribili, giacché egli lo sbranerebbe, come fa la tigre che ha azzannato un agnello!

19. Per questa ragione il Signore, nella Sua immensa Grazia, mi ha indicato un luogo dove dovremo recarci, e dove troveremo pronti degli attrezzi simili a quelli che sono già stati donati ai Suoi grandi figli che dimorano sulle grandi alture della Terra. Da ciò possiamo anche noi riconoscere che Egli vuole essere pure il nostro Padre e lo sarà, se noi volonterosamente ci rimetteremo nel Suo sconfinato Amore, il Quale ha avuto per noi cure tanto preziose che neppure il migliore cuore paterno ha mai avuto ancora per i propri figli, perfino offrendo di tutto nella massima abbondanza.

20. Poi dovremo prendere quegli arnesi e adoperarli per abbattere degli alberi sottili, per liberarli dalla corteccia e da tutti i rami. Occorrerà quindi squadrarli in modo che le quattro superfici divengano piane come quella di acqua tranquilla; e di questi medesimi tronchi, della specie più bella e migliore, con poco fogliame, ne dovranno essere preparati a dovere diecimila pezzi. Ciascuno di questi tronchi, così ben lavorati, dovrà misurare in lunghezza dieci altezze d’uomo e in larghezza un passo d’uomo. Subito dopo la realizzazione di una serie di trenta tronchi, si dovrà raggruppare a sé quest’ultima, saldando i pezzi fortemente l’uno con l’altro mediante chiodi che troveremo in grande quantità tra gli attrezzi da lavoro. E quando questo stesso pavimento sarà approntato, dovranno essere collocati ai margini dello stesso e congiunti solidamente tre tronchi, l’uno sopra l’altro nel senso della lunghezza del pavimento e due, l’uno sopra l’altro, nel senso della larghezza. Infine, la superficie interna occorrerà ricoprirla di uno strato di resina e di pece prese dagli alberi, che nel frattempo dovranno essere raccolte in grande quantità dalle donne e dai fanciulli.

21. E queste nuove costruzioni dobbiamo erigerle lungo le rive. L’ultimo giorno, a lavoro compiuto, noi dovremo ancora fissare dappertutto, in ciascun angolo di ogni costruzione, un ramo ben grande e provvisto di bel fogliame verde, a simboleggiare la vittoria riportata tramite l’immensa Grazia provenutaci dall’Alto. Per quello che poi sarà ulteriormente da fare, attendiamo che ci venga annunciato l’ultimo giorno, secondo la grande promessa che mi fu fatta quando i nostri occhi erano ancora rivolti alla città di Hanoch, fra grande angoscia e spavento. Dunque, procediamo tutti uniti come fratelli, dato che non abbiamo più nessun principe cui dover corrispondere un tributo, cosa questa che grida vendetta al Cielo, all’infuori del nostro grande Dio, il Quale è Signore di ogni potenza e forza, infinito fin dalle eternità, e che è pure un Signore possente e giusto quanto mai sopra tutti i signori in qualsiasi luogo essi siano, sopra tutta la Terra, ora, e in tutti i futuri tempi dei tempi, se essi si sono macchiati di scelleratezze e dell’assassinio dei propri fratelli. Al nostro Dio, il Quale vuole esserci Padre, noi stessi dobbiamo amore ed incondizionata obbedienza; chi volesse opporsi a ciò non sarà punito dai suoi fratelli né con la sferza, né con verghe, ma Dio stesso lo punirà attraverso la privazione della Sua Grazia”

22. Ora voi sapete, intanto, tutto ciò che il tempo presente richiede; perciò adesso radunatevi e ristoratevi con ogni cibo e bevanda, ringraziate il Signore e poi affrettatevi a dare inizio alla grande opera che ci è stata comandata. Amen!»

 

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Cap. 32

Il cantico della vita ricevuto da Meduhed

 

1. E vedi, quando Meduhed terminò questo discorso, tutti si prostrarono sulle loro facce in adorazione dinanzi a Dio, e Lo ringraziarono e Lo lodarono dal profondo dei loro cuori per un’ora. Poi si rialzarono tutti lieti e guidati dallo Spirito della Grazia si inoltrarono alquanto verso l’entroterra. Là trovarono in una grotta una grande quantità di attrezzi d’ogni specie, come zappe, asce, scuri, pialle, ogni tipo di coltelli, seghe, martelli, succhielli, squadre, accette per abbattere alberi e milioni di chiodi doppi da ribattitura. E vedi, allora la loro contentezza non ebbe più limiti tanto che si misero a balzare dalla gioia e proruppero in grida di giubilo per la Mia grazia che appariva loro tanto inconcepibilmente grande.

2. (nota bene: - Vedete, ciò che Io qui vi dono, è più di questi strumenti, ciò nonostante tra di voi non si è trovato ancora nessuno che nella massima allegria del proprio cuore Mi abbia ringraziato nel modo adeguato. Prendete ben nota di ciò, o voi apatici veneratori del Mio Nome e buongustai della Mia Parola, e spalancate bene le porte dell’amore che è la nuova Città santa dimorante nei vostri cuori. Ciò avvenga affinché Io vi possa mandare i Miei angeli, i quali ne dovranno innanzitutto purificare là le piazze, le vie e i più riposti angoli, come pure tutte le sue annesse dimore. Tutto questo deve avvenire affinché Io possa fare il Mio adeguato ingresso in tale Città; e, contestualmente, tutto ciò è anche richiesto affinché voi stessi, allora, possiate affrettarvi all’incontro con Me, acclamando tra la massima esultanza: « Osanna nel più alto dei Cieli e pace a tutti i popoli di buona volontà; lodato sia il Signore il Quale viene a noi montato su di un’asinella. Alleluia al Figlio di Davide, Alleluia al Principe della pace, Alleluia a Colui che viene nel Nome del Signore Dio-Zebaot: Egli soltanto è degno di tutta la nostra lode e di ogni gloria ed onore, Egli è l’unico Padre santo dei nostri cuori. Amen!»).

3. E ora proseguiamo! Vedi, allora essi presero tutti gli strumenti, assieme ai chiodi e li portarono alla riva; poi si ristorarono con cibo e bevande e si riposarono. Il giorno seguente si accinsero al lavoro con il cuore traboccante di gratitudine, lodandoMi anche quando sbagliavano a colpire. Perciò il loro lavoro procedette con tanta sollecitudine e precisione da essere considerato piuttosto un miracolo che non propriamente un lavoro. E così, dopo quattordici giorni, ben duecentocinquanta cassoni si trovarono bell’e pronti sulle rive, fissati con delle corde, affinché non fossero trascinati via dal flusso e dal riflusso della marea oceanica.

4. Ed ecco, dopo il lavoro fedelmente compiuto, rimasero loro ancora circa cinquanta giorni per riposarsi completamente, e durante tale tempo, tramite Meduhed che si era veramente accresciuto nella devozione e nell’amore, Io inculcai gradatamente a tutta quella gente una sempre migliore conoscenza di Me stesso. Prescrissi loro pure un giorno di Sabato, nel quale, riposando nel Mio Amore, avrebbero potuto astenersi in letizia da qualsiasi lavoro, dedicando, in tutta questa pace, l’intera giornata a Me. E se così avessero continuato ad operare, con costanza, sarebbero infine diventati tutti saggi, proprio alla stessa stregua di come lo era stato Farac e ora lo era divenuto Meduhed. Anzi, Io sarei diventato anche per loro un Buon Padre, se si fossero sforzati non soltanto di diventare devoti nell’alta venerazione e nella conoscenza pura del Mio Nome, ma lo sarei stato ancora di più se avessero cominciato ad amarMi con tutta l’umiltà dei loro cuori e fossero cresciuti in questo amore, e la morte sarebbe stata loro tolta di nuovo, ed essi sarebbero stati successivamente accolti come figli nel vasto grembo del divino Amore, fino ad un determinato Tempo dei tempi della Terra, dopo il quale sarebbero tutti quanti venuti al grande Padre ed avrebbero contemplato eternamente il Suo volto, ed avrebbero potuto saziarsi alle fonti ricche e inesauribili del Mio Amore.

5. E vedi, tutte queste cose essi le appresero per bocca di Meduhed, e giubilavano enormemente e si accalcavano intorno a Meduhed, ed erano desiderosissimi di sentire ogni giorno qualcosa sul Mio conto. E nel Cielo tutto questo era motivo di gioia per Me e per tutti gli angeli della Prima Creazione.

6. E così, per mezzo di Meduhed, Io insegnai loro pure a fissare e a conservare le parole mediante dei segni; e i segni erano delle immagini corrispondenti dietro al cui velo naturale si celava un senso spirituale. E così, dunque, in questo breve lasso di tempo essi impararono anche a scrivere e a leggere.

7. Ed ecco, in questo modo Io Mi formai in poco tempo un popolo che esiste ancora al giorno d’oggi per discendenza diretta; dove esso risieda, però, sarà detto soltanto più tardi! Quando essi, poi, furono così ben preparati e disposti, Io dettai loro, per mezzo di Meduhed, un cantico colmo di nascosta Sapienza e Amore, il quale già allora fu fissato con segni. Il quale esiste ancora oggi, ma dove, però, lo vedremo pure più tardi! E il cantico suonava così:

 

8.

«O tardi figli della Grazia Mia, voi tutti udite,

udite, come Io al gran banchetto tutti invito,

qui nel mezzo Mio, tutti con cuor fedel venite,

il Nome Mio com’è d’uso in allegrezza esultate

che Meduhed, devoto e fedele, v’ha insegnato,

quel primo che nel cuor Me ha bramato.

 

9.

Guardate tutti al suo esempio, al suo puro buon senso,

mirate i suoi occhi, bocca e orecchi e, del mento,

la dolce barba bianca come segno di espressione pia e sapiente.

Vedete: in tutto questo dovete somigliare a lui interamente,

se più tardi vorrete diventar figli Miei, fedeli e prediletti,

liberi del tutto da ogni maligna piaga delle milizie del serpente.

 

10.

Ecco, presto la Terra monderò dagli orrori,

inutilmente dietro al Mio amore andranno i peccatori!

Ma se voi nel cuor rimarrete pii e fedelmente,

Io i Miei flutti vi spingerò dinanzi indulgente,

ben su regioni superiori della Terra vi nasconderò,

quando la Mia ira dai severi lacci scioglierò.

 

11.

Ecco, allora ogni stirpe sulla Terra si lamenterà!

Udite: allora ogni riso di scherno dei grandi cesserà,

e gli alti flutti delle acque sopra i monti scrosciando

del Mio Amore pochi figli nani porteranno!     

Questi son diventati piccoli come i figli d’un moschino,

poiché l’amor divenne zoppicante, e su una gruccia si pose in cammino.

 

12.

Mirate in su agli spazi dei Miei Cieli risplendenti,

mirate le Mie stelle, della Grazia Mia raggianti,

mirate come il Sole silenzioso i campi della Terra  rende radiosi,

mirate la Luna accompagnar la Terra silenziosa,

mirate come tutti i mondi al Mio volere ubbidiscono cheti:

dunque, anche voi tutti ogni vostra opera fatela sempre quieti!

 

13.

Volete sapere cosa sono queste stelle per le creature?

Udite ciò che dico: “L’amor precisamente scioglierà il quesito!”

Quando l’amore nel cuore sarà puro e senza macchia,

Io vi darò il lume della Grazia Mia per luminare;

allora ciascuno facilmente in chiari tratti di fiamma leggerà

l’immensa scritta del Nome di Dio senza falsità!

 

14.

O tu, cuore piccolino, nell’angusto petto chiuso,

se conoscessi la Sorgente dalla quale così grande sei disceso.

Oh, tu mai alle masse morte chiederesti,

sì, del tutto incurante, fluttuar le lasceresti,

giacché tutte queste son futil cose al Creatore,

meschine al paragon d’un cuore che a Lui rivolge amore.

 

15.

Quel che voi, deboli umani figli, spesso esser grande immaginate,

oh, quanto piccolo invece vien dal Mio Amor menzionato!

Oh, quanto son nulle le cose negli spazi senza fine,

come quegli uomini i cui cuori non germogliano dall’amore.

Perciò niente di grande ritenete, oltre che la fedeltà al Mio Amore,

e ciò che più gli si avvicina: il vero pentimento del peccatore!

 

16.

Grande sono Io solo, per mezzo del Mio Amor l’operar possente,

essendo uno Spirito libero che al patto si mantiene saldo.

Ma i Miei soli che su orbite a voi del tutto sconosciute stanno,

essi, e come tutto, vi esortano solo nella vostra debolezza.

Ma cosa sono essi della Mia Divinità nell’infinita grande pienezza?

Nient’altro che di un acaro la lieve logora spoglia caduta.

 

17.

Se pur nel mezzo ai mondi tutti arrampicar vi potreste,

ed ascoltar le voci del rapido volo d’ogni sfera,

là d’ogni sole la forza della luce più splendente ponderare,

e le più grandi opere della Mia Onnipotenza tutte afferrare,

poi, al Mio grande Amore ben vi avvicinereste?

No, dico Io! In ogni dubbio anche rimarreste!

 

18.

Se lassù poteste anche guidare il gran carro del cielo,

e come grandi spiriti, tutte le stelle rincorrere veloci,

se anche poteste alitar dalla bocca vostra luminosi soli,

anzi, al par dei Miei, immergerli nei flutti del mare,

allora tutta la forza vostra, paragonata ben alla Mia,

nient’altro sarebbe che sabbia e polvere di argilla e pietra antica.

 

19.

Mirate dritti ai nastri blu del cielo,

mirate alle onde anche oltre il lontano limite del mare.

CredeteMi, Io ve lo dico: “Lì non ci son confini!”

laddove di giorno il Sole, e di notte miriadi di stelle splendono,

e la pienezza del gran mare non è da comparare

a nessuna goccia in quelle stelle dei più piccoli reami.

 

20.

Perciò a Me solo, al Grande, piccole schiere umane guardate,

per Me unicamente, la brama di sapere, lesinate!

In lungo e in largo, in ogni estremità, l’Amor Mio cercate!

Ovunque i vostri occhi indagatori rivolgiate,

dappertutto i segni del Mio Nome troverete.

Perciò, se non dal Mio Amore, legar da nulla non vi lasciate!

 

21.

Perfino l’erba la lieta novella di Me annuncerà,

se da ogni peccato del regno di Hanoch vi asterrete;

Ma se fedeli come veri fratelli vi amerete,

e al comun bene le vostre membra impiegherete,

allora eccelsa Grazia su voi dall’Alto scenderà,

e poi come lodare il Padre vi si mostrerà!

 

22.

E ora sulla Terra, la madre dei vostri peccati, prostratevi

la polvere da dosso, inutile foraggio mortale del serpente, scrollatevi,

nel cuor vostro ancora lieti, ringraziate Me, il Salvatore,

senza giammai pentirvi del tempo a Me consacrato;

lasciate che la forza del Mio Amore abbia ognora nel cuor da governare,

così un giorno la Luce della Grazia a tutti voi una nuova forma avrà da dare!»

 

23. E ora, vedi, quando Meduhed ebbe messo per iscritto questo importantissimo cantico della vita proveniente dalla Mia grazia, minima scintilla del Mio infinito Amore e di ogni conseguente Misericordia, e quando questo cantico fu completamente scritto e fu letto ad alta voce al popolo, un giubilo irrefrenabile scoppiò tra di loro, giubilo che fu possibile calmare solo mediante un miracolo dal Cielo. E questo miracolo fu una pioggia improvvisa. Pioggia questa dell’Amore proveniente da Me, dato che la loro gioia era giusta, poiché essi si rallegravano per aver fatto la conoscenza del Mio Nome, ma più ancora per aver fatto quella del Mio Amore. E più di tutto la loro gioia andava attribuita al fatto che Dio immenso e santissimo, Si era degnato, con tanta Benevolenza e con tanto inconcepibilissimo Amore, di parlare e d’insegnare a loro, ai figli della miseria, per bocca di Meduhed, quale Padre.

24. E vedi, in questo modo la pioggia li divise, ed essi rientrarono nelle loro tende fatte di rami, di erbe e di argilla bianca, e là, riuniti in piccoli gruppi e sempre giubilanti, lodarono il Mio Nome fin verso la metà della notte. E non avrebbero cessato le loro lodi se Io non li avessi visitati con un dolce sonno, tranquillo e ben meritato.

25. (nota bene: Cose ancor maggiori di queste Io ho donato a voi, in rima e senza rima, quale il vostro vero Padre; però dal tempo del centurione romano e della donna cananea, menzionati nel Vangelo, salvo le poche eccezioni degli apostoli e di alcuni martiri, Io non ho mai trovato un’espressione di gioia così grande. E particolarmente in voi non ne ho trovata affatto, né la richiedo, ma vi dico soltanto che dovete cominciare ad amarMi sempre più. Questa è la Mia Volontà, che Io vi manifesto. Nondimeno, non per questo dovete rattristarvi in cuor vostro, perché quello che ancora non è, si avvererà comunque, un certo giorno, quando imparerete a conoscerMi più da vicino. E in tal modo saranno allargati i vostri cuori, affinché Io possa entrarvi con tutta la pienezza della Grazia Mia, cosa questa che voi dovete sopratutto augurarvelo, e non temere, come è il caso di alcuni fra di voi, la qual cosa non deve accadere nell’amore. Amen!).

 

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Cap. 33

La partenza dei meduhediti

8 luglio 1840

1. E vedi, quando furono trascorsi anche i rimanenti cinquanta giorni, Meduhed, incitato da Me, radunò tutti quanti i suoi e rivolse loro un poderoso discorso, esprimendosi nel modo seguente: «O voi, uomini, amici e fratelli, con tutte le vostre donne, fanciulli, servi e serve che secondo il volere dall’Alto sono ora ugualmente nostri cari fratelli e sorelle, venite tutti qui da me e disponetevi secondo il noto ordine intorno alla piccola collina, affinché possiate bene intendere la Volontà dell’altissimo Dio, così come mi è stata di recente rivelata!

2. Infatti il Signore vuole che voi raccogliate tutti gli strumenti in modo da collocarne in ciascun cassone un’uguale quantità di ogni specie e li collochiate sulla paglia che finora vi ha servito da giaciglio. E quando avrete fatto ciò, ed avrete fissato negli angoli i rami ben verdeggianti con i chiodi che ancora rimangono, allora, subito dopo, portate là i frutti che avete raccolto durante il breve periodo di trenta giorni di viaggio e deponeteli con cautela negli angoli, sopra le foglie di fico e sotto i rami verdeggianti! I cammelli, però, abbandonateli qui con gli asini, per dar segno ai Lamechiti che noi ci trovavamo in questo luogo, e anche per dar segno del fatto che noi lasciamo loro l’animalesco, mentre abbiamo salvato soltanto l’umano, e perciò, con quest’ultimo, anche il divino. Intorno agli attrezzi da lavoro collocate dei ramoscelli fino all’altezza di un piede, e copriteli poi con le vostre coperte e i vostri mantelli di paglia. Le pelli di animale invece gettatele sopra gli attrezzi. E quando tutto ciò sarà stato fatto, esattamente secondo tali divine Disposizioni, espresse per bocca mia, venite poi di nuovo da me qui alla collina affinché, conforme al Volere dall’Alto, io dia ancora a voi tutti altre norme di comportamento. Infine noi ringrazieremo in comune Dio e Lo loderemo solennemente per la Sua incommensurabile e sconfinata Bontà e Misericordia.

3. E ora andate ed affrettatevi a fare ciò che vi è stato consigliato per mezzo mio su ispirazione dall’Alto. Amen!».

4. E vedi, allora tutti s’inchinarono verso Meduhed, ringraziarono Dio nei loro cuori per tali insegnamenti e si avviarono al lavoro, solleciti e volonterosi come era stato comandato, e in sette giorni, secondo il vostro modo di calcolare il tempo, tutto si trovò compiuto nel massimo ordine.

5. E considerato che ormai tutto era stato compiuto nella maniera prescritta, essi, corrispondendo alla pia richiesta di Meduhed, andarono nuovamente tutti alla collina, e là, dinanzi alla sua faccia, Mi ringraziarono per aver potuto condurre a termine il loro lavoro con tutta rapidità e così felicemente.

6. Quando allora Meduhed ebbe constatato il lavoro da loro compiuto, e li vide nuovamente radunati come la prima volta intorno alla collina, con i loro cuori colmi di letizia e devozione, egli riprese a parlare loro, dicendo:

7. «O uomini, amici e fratelli, donne e sorelle, ascoltate! Così vuole il Signore, il nostro onnipotente e grande Dio, prendete posto dentro ciascun cassone in numero di centoventi persone; e precisamente quaranta uomini e ottanta donne. I fanciulli siano messi a sedere o giacere sulle pelli gettate al di sopra degli attrezzi da lavoro. Le donne dovranno sedere sulle coperte e sui mantelli posati sui ramoscelli. E voi, uomini, rimarrete intorno alle donne, tenendo la faccia volta verso la direzione in cui si muoveranno i cassoni, e nella direzione del vento. E mangerete una volta soltanto durante la giornata, e precisamente verso la metà del giorno. Per le vostre necessità naturali, voi, come pure le donne e i fanciulli, dovrete recarvi nella parte posteriore del cassone, sporgendovi verso l’acqua. Tuttavia sarà bene che durante quest’atto vi teniate saldamente l’uno all’altro, affinché qualcuno non cada in mare. Gli uomini, però, durante tutta la traversata non dovranno dormire, né sedersi, né meno ancora coricarsi, poiché il Signore rafforzerà le vostre membra e terrà desti i vostri occhi durante tutto il tempo che noi dovremo passare sui flutti delle grandi acque, secondo la Sua santa Volontà. Le donne e i fanciulli non dovranno stendere da se stessi le mani sulla frutta, ma bisognerà invece che chiedano con umiltà il cibo agli uomini e ai padri, affinché noi diventiamo un popolo secondo la Volontà e l’Ordine eterno ed onnipotente di Dio, degno del Suo compiacimento ed infine del Suo incommensurabile Amore e della Sua Grazia, poiché noi non vogliamo toccare, e non toccheremo, nemmeno un capello del nostro capo senza la Sua santa Volontà!

8. E così, quando noi nel Nome del Signore ci troveremo tutti riuniti sui cassoni, l’anziano che si troverà su ciascun cassone dovrà tenersi pronto, ad un segnale che ci verrà dato dal Cielo mediante un grande lampo, a tagliare immediatamente la corda con un coltello tagliente. Infatti, subito dopo si leverà un vento che spingerà i cassoni in alto mare e precisamente ciò avverrà al cospetto di Tatahar e delle sue bande assassine, i quali giungeranno alla riva nel momento in cui noi ne saremo già lontani per mille altezze d’uomo.

9. Poi vedrete che gli inseguitori ci scaglieranno contro delle pietre che cadranno nell’acqua, ma nessuna potrà arrivare fino a noi, perché la destra del Signore ci condurrà velocemente lontano dalla loro faccia di iene e ci condurrà verso un grande paese, il quale dista trenta giorni e trenta notti da ogni continente. Tale paese si trova quasi nel mezzo della grande acqua e si chiama “Ihypon” (vale a dire “un sicuro giardino”); e questo paese sussisterà fino a tanto che il mondo esisterà, secondo il Volere dall’Alto. Noi lo riconosceremo già da grande distanza, giacché vi scorgeremo un’alta montagna ardente di tutte le grandi fiamme dell’Amore di Dio. (Dovrebbe trattarsi del Fusijama – m. 3780 – sull’isola di Hondo, Giappone). Là non vi sarà che un unico punto accessibile ed anche quello si troverà fra due simili alte montagne ardenti verso il grande territorio; dalle parti delle acque, però il paese sarà frequentemente battuto da potenti ed altissime onde di burrasca. E oltre a ciò, esso sarà circondato dai più grandi monti, sui quali non dimorano né tigri, né iene, né leoni, né orsi, né lupi, né serpenti. Questi monti somiglieranno piuttosto a una muraglia che giunge fino al Cielo, che dunque non sarà accessibile troppo facilmente a nessuno.

10. Nell’interno del paese, però, ci saranno pianure immense che si estenderanno a perdita d’occhio, colme dei frutti più belli e saporiti e di belli ed utili animali domestici che ci daranno il loro latte come alimento salutare. E la terra avrà il sapore del latte e del miele, e sarà senza sabbia, né pietre, e sarà mangiabile come un buon pane. E udite, così dice il Signore: ‘Su tutta la Terra non vi è in nessun luogo un paese che possa eguagliarlo per eccellenza, dato che là non fa né troppo caldo né troppo freddo, ma vi regna un’eterna primavera!’

11. Così pure gli uomini che là vivranno secondo la Volontà di Dio, non invecchieranno mai e il loro morire sarà simile ad un dolce sonno; poi verranno degli esseri invisibili che faranno rivivere segretamente simili uomini e li porteranno verso l’Alto, al Signore. E allora non vi sarà nemmeno un granello di polvere che potrà rimanere attaccato ai piedi di tali rivivificati!

12. Ma chi non porrà attenzione alla Volontà di Dio nel suo cuore, costui pure morirà, ma senza risorgere mai nel suo corpo in eterno. E poi verranno dei vermi della terra sopra la sua carne e la divoreranno insieme ai capelli, alla pelle e alle ossa, mentre la sua anima e lo spirito saranno nuovamente costretti a servire per migliaia d’anni, come corpi solidificati, da sostegno della montagna; e ciò avverrà nell’oscura coscienza della loro miseria e della loro totale nullità. E questo continuerà finché, secondo la Volontà di Grazia dall’Alto, saranno nuovamente assimilati da qualche animale, dal quale poi, miserabili, muti ed affaticati, dovranno cercare di farsi strada di gradino in gradino attraverso l’intero regno animale, per poter finalmente giungere di nuovo alla dignità d’uomo. Questa cosa tenetevela ben presente, poiché in un simile caso dovreste morire molte migliaia di volte prima di poter arrivare nuovamente alla vita proveniente dall’Amore e Grazia di Dio! Dunque, ponete bene a mente quello che con ciò vi manda a dire il Signore!

13. Alle vostre donne però, in futuro, voi non dovete accostarvi mai più prima del vostro quarantesimo anno d’età; e anche allora non dovrete farlo più di quanto sia necessario per generare un essere umano con la Benedizione di Dio. E nessuno deve tenersi più di due o al massimo tre donne, poiché tutto il di più vi verrebbe imputato da Dio come peccato grave, e la vostra vita sulla Terra si accorcerebbe e diverrebbe faticosa, il vostro amore a Dio si indebolirebbe, e voi perdereste con ciò ogni sapienza, dato che quest’ultima non è che un volontario dono di Dio a coloro che osservano scrupolosamente i Suoi comandamenti.

14. E infine vi sia detto ancora: ‘Come qui, anche là dove andremo, voi non dovete considerare niente come vostra proprietà, ma come proprietà di Dio’. E chi volesse sostenere e dire: ‘Questo filo d’erba mi appartiene!’, costui sarà immediatamente punito da Dio con la cecità, affinché in futuro egli non possa più raccogliere da solo nessun frutto sulla terra, ma debba imparare a vivere dell’amore di Dio e dei propri fratelli per tutto il tempo della sua vita.

15. I peccatori non dovranno mangiare niente, all’infuori dell’erba della terra e del fogliame amaro di alberi magri, proprio come gli animali, essendosi abbassati al loro stesso grado mediante il peccato. E finché non avranno fatto sufficiente espiazione per i loro peccati, non dovranno azzardarsi a mangiare altra cosa, se vogliono mantenersi in vita. Tale severo trattamento è prescritto in particolare ai libidinosi, e in special modo a quelle giovani donne che per lussuria volessero avere più spesso contatto con l’uomo. Un simile corpo lussurioso verrà afflitto dal Signore con un morbo pestilenziale; e allora chi porterà in sé tale morbo verrà cacciato via e confinato fino agli estremi limiti del grande paese, fin là dove non cresce altro se non erba e foglie. Infine, così dice ancora il Signore, il nostro grande e onnipotente Dio: “Dovete amarvi fra di voi, e nessuno deve mai erigersi a giudice dell’altro. Invece, il più debole se ne vada dal forte affinché questi lo soccorra e gli sia di aiuto. E il più saggio, poi, sia pronto a rendere servizio a tutti, e divenga un consigliere dei propri fratelli”.

16. E se voi avete compreso chiaramente e con precisione la Volontà del Signore, ringraziate Dio, e fatelo ora, con me, nei vostri cuori. E dite: “O Signore, o Tu, grande e onnipotente Dio, noi Ti ringraziamo con tutto il fervore di cui è capace il nostro cuore ancora debole. Rendilo forte, Tu, o grande, buono potente ed eterno Dio, affinché noi possiamo un giorno, più degni della Tua infinita Santità di quanto lo siamo ora in questa nostra immensa debolezza, ringraziarTi, lodarTi e glorificarTi, ed affinché, come hai promesso con tanta Grazia, possiamo un giorno essere noi pure degni di somigliare, sia pure soltanto in minima parte, ai Tuoi figli. E ora, o grande Dio, sia fatta la Tua Volontà, e concedici di salire su queste imbarcazioni, e guida tutti noi unicamente secondo il Tuo compiacimento! Amen!”»

17. E vedi, quando ebbero finito questa breve preghiera, abbandonarono con Meduhed quel luogo e con il cuore pieno d’allegria montarono sui cassoni.

18. Ed ecco, tutto si svolse esattamente e puntualmente così come Meduhed aveva predetto. Come una grande bufera, le orde di Lamec, guidate e spinte dal Serpente, si scagliarono con furore di iene e di tigri alla caccia dei poveri Meduhediti, ma con altrettanta velocità Io spinsi lontano i cassoni con a bordo il Mio piccolo popolo. E poi, pure rapidamente ma con tutta pace, li diressi verso il grande paese promesso, che si trovava circondato dalle grandi acque.

19. Però i Lamechiti Io li feci perseguitare dai flutti del mare, sempre più crescenti e incalzanti, e questo avvenne finché essi giunsero alla regione delle montagne, dove a migliaia furono sbranati e divorati da iene, tigri, leoni, orsi, lupi e serpenti. Le bande dei persecutori consistevano, infatti, di settemila maschi e settemila femmine. E di questi fecero ritorno ad Hanoch non più di sette giovani e di sette ragazze, che narrarono là quello che era accaduto, e condussero con loro, sani e salvi, gli animali abbandonati dai Meduhediti, e cioè trentacinquemila cammelli ed altrettanti asini. Essi consegnarono a Lamec tutti questi animali, raccontandogli tutto quello che avevano visto; come cioè un lampo vividissimo dal cielo sereno si fosse frapposto tra loro e i fuggitivi e come questi fossero stati spinti, con grandissima rapidità, molto al largo su di un’acqua immensa, senza confini, che esisteva là alla fine del mondo. Narrarono inoltre, che le acque cominciarono a crescere talmente, che essi stessi erano stati ricacciati fino a raggiungere le montagne, dove furono assaliti da innumerevoli schiere delle ben note bestie feroci. Erano stati tutti sbranati e divorati, fatta eccezione di loro. Ed essi stessi si erano salvati unicamente perché si erano rifugiati e nascosti in mezzo alla grande quantità di cammelli e di asini. E dissero altresì a Lamec che bisognava che egli riflettesse bene su quanto era accaduto, perché avevano avuto la chiara sensazione che al di sopra delle stelle abitasse un grande Re, contro il Quale gli uomini non avrebbero mai dovuto scendere in lotta, ma piuttosto avrebbero dovuto adorare e venerare altamente quest’Ultimo per la Sua inconcepibile potenza, considerato che a Lui obbedivano perfino il mare, i venti, i fulmini e tutte le fiere, cose queste che essi avevano visto con i loro occhi, come pure avevano udito una voce possente come il tuono comandare alle fiere, e poi avevano sentito impartire ordini ai principali elementi come da un fragore di tempesta come se parlasse dalla suprema altezza delle stelle.

20. E vedi, quando Lamec ebbe apprese tali cose, divampò di furore nel suo intimo e decise di vendicarsi di Me. Questo, però, era la conseguenza del fatto che il Serpente si era interamente impossessato del suo cuore. Perciò egli così parlò ai giovani che erano ritornati: «Udite, o voi sette innocenti! Io voglio avere soddisfazione dal Re delle stelle e un risarcimento mille volte maggiore; uscite, dunque, e recatevi là dove sapete che Gli si può parlare e ordinateGli, a nome mio, di fare così come io chiedo! E caso mai Egli si rifiutasse, allora diteGli che Egli da parte mia è maledetto; e diteGli inoltre che, per quanto Egli possa essere grande e potente, non potrà evitare che, come il mio popolo è stato sbranato e divorato dalle Sue fiere, così lo sarà Egli pure sulla Terra da parte del Suo popolo, e diteGli che questo avverrà fra le mie risa di scherno. Infatti, con tutta la Sua potenza di vento e di acqua, Egli non è che un debole agnellino se paragonato a me, il re dei leoni. Nei boschi, però, appiccate dappertutto il fuoco e incendiate tutte le montagne, affinché siano arrostite tutte le Sue belve ed Egli possa poi sedere ad una mensa ben preparata e là possa cibarsi della carne e delle ossa delle belve bruciate, e se Egli non vorrà lasciarsi arrostire, allora che rovesci delle onde sopra il fuoco, per farvi annegare dentro la Sua potenza!

21. Oh, io conosco molto bene questo evanescente Re oltre le stelle! Tutto ciò che Egli fa, lo fa appunto perché ha timore di me, dato che Egli conosce la mia grandezza e la mia potenza e forza, che Gli danno già ora abbastanza da fare, e che poi, finalmente, Lo condurranno a perfetta rovina se Egli non acconsentirà alla mia giusta pretesa e ad ogni altro mio desiderio.

22. E ora andatevene, e date esecuzione a quello che vi ho ordinato di fare. Prendete con voi tizzoni e fiaccole per dare fuoco alle montagne nel caso di un eventuale rifiuto!»

23. Allora i giovani si allontanarono e si consigliarono su ciò che avrebbero dovuto fare. «Poiché», essi dissero, «se egli è proprio tanto possente, perché non ci va di persona? Fare il pazzo è più facile del combattere e minacciare, invasi da cieco furore, ed è più facile che attuare le minacce. Infatti, quello che lui ha detto, lo avrebbe potuto benissimo dire anche ciascuno di noi. Ma a che pro? Fino a dove possano giungere le sue e le nostre mani egli lo sa, e lo può constatare ciascuno. Ma chi mai, invece, ha visto anche un dito solo del Re oltre le stelle, per poterne misurare tutta la Sua potenza e forza? Lamec è un moscerino già al paragone di Tatahar e dei suoi seguaci. E dov’è ormai questi con tutto il suo seguito? Adesso, di tutto il nucleo delle sue forze, siamo rimasti appena noi sette: e siamo stati testimoni dell’incommensurabile Potenza del Re oltre le stelle, immenso ed invisibile, ed abbiamo udito le Sue parole talmente forti, che tutta la Terra ne ha tremato, come può tremare solo colui nel quale sia penetrato il gelo fin dentro alle ossa e al midollo.

24. In conclusione, facciamo quello che meglio ci aggrada, ed usciamo fuori; ma invece delle minacce, innalziamoGli una lode e glorifichiamo la grande Potenza e Forza di questo Dio. E chi sa che, così facendo, Egli non accolga anche noi, come ha già accolto Meduhed. Poi Lamec misuri da sé la propria forza a casa sua, e che morda pure, se vuole, le pietre dalla rabbia!

25. Noi però vogliamo piuttosto servire un Re tanto potente e grande, che certamente potrà mantenere pure noi sopra le acque, come ha fatto con le schiere di Meduhed»

26. E vedi, essi fecero così come avevano saggiamente stabilito secondo la decisione presa, che era a Me gradita. Essi presero le loro mogli, asini e cammelli ben carichi di frutta, e si affrettarono a sparire nella stessa direzione dove avevano visto le acque. Giunti là si riposarono sulle rive del grande oceano.

27. Ma uno di loro, cioè quello che aveva fino allora presieduto alle discussioni, si alzò e parlò nuovamente così: «Ecco che noi siamo arrivati! Ma dove vogliamo volgerci adesso? Noi non ne sappiamo nulla! Preghiamo dunque il grande Re che Egli voglia assumerci ai Suoi servizi e che ci indichi il nostro vero luogo di destinazione, dato che noi dobbiamo probabilmente soltanto alla Sua occulta Influenza il fatto di essere sfuggiti agli artigli di Lamec, e poi anche quello di essere giunti liberi fino a qui.

28. E perciò, interpretando i sentimenti e lo spirito di tutti noi che non abbiamo ancora un nome, invoco, con la massima reverenza, Te, o grande e invisibile Re di ogni potenza e forza e Ti dico: “Accetta in primo luogo i ringraziamenti di tutti quanti noi, per averci salvati dai denti delle iene e dalle grinfie di Lamec. E ora io Ti prego affinché Ti piaccia condurre noi pure secondo il Tuo Volere, e perché ci porti in qualche luogo sicuro dove noi possiamo poi servirTi indisturbati. Infatti, noi sappiamo che sei un Signore quanto mai potente, e conosciamo altresì l’assoluta nullità di Lamec del quale abbiamo dovuto involontariamente essere i sostegni. Ormai abbiamo visto la grande potenza della Tua Gloria, e l’abbiamo percepita fino al nostro intimo. E d’altro canto, abbiamo udito anche il vocìo selvaggio, assurdo e vacuo di Lamec, divenuto ormai del tutto impotente.

29. Esaudisci perciò la preghiera che unanimi Ti rivolgiamo, e facci conoscere la Tua Volontà; altrimenti annientaci, poiché è meglio essere annientati da Te che non servire Lamec!”»

30. E vedi, quando questi sette con le loro sette donne ebbero terminata la loro preghiera in tal modo breve sì, ma anche molto sincera, un leggero vento di burrasca cominciò a spirare dalle montagne, e, spinta dalla piccola bufera, apparve, correndo velocemente e saltando, una iena molto grande, dal muso feroce e ardente di furore, la quale si arrestò dinanzi alla piccola compagnia, osservandola con molta attenzione da tutte le parti, quasi avesse voluto scegliersi il boccone migliore dal gruppo oppresso da angoscia mortale. E vedi, quando tutti volevano darsi alla fuga e precipitarsi nell’acqua, colui che fungeva da oratore si rincuorò ed esclamò ad altissima voce: «Uditemi! Restiamo dove siamo ora, circondati da ogni parte dalla potenza invincibile del grande Re e, siatene certi, se anche Egli ci annientasse, pure in tale annientamento noi saremo da Lui ben conservati. E non temete tanto questa iena, che ben può dirsi piccola, dato che noi siamo così felicemente sfuggiti dagli artigli micidiali di una iena molto più grande, e ciò è tanto più valido dal momento che ci troviamo in pianura, dove le iene non hanno più potere di assalire gli uomini e di sbranarli. Perché, se consideriamo che il grande e potentissimo Re oltre le stelle ci ha salvati, là sui monti, dai denti di tante migliaia di bestie tra le più feroci, quando eravamo contro di Lui, perché mai, se ora noi vogliamo essere dalla Sua parte, Egli vorrebbe annientarci?

31. Credetemi, Egli certamente ci conserverà tutti! Osservate bene quello che farò: mi avvicinerò con piena fiducia alla iena, e metterò la mia testa tra le sue fauci! E se la iena mi farà qualcosa di male, allora fuggite nell’acqua o dove altro volete, ma se mi vedrete ritrarre intatta la testa fuori dalle fauci, allora prostratevi e ringraziate il grande Re, poiché in tal caso Egli ci sarà giunto già molto vicino!»

32. E vedi, come egli aveva detto, così anche fece senza alcuno indugio. Se ne andò cioè completamente fiducioso dalla belva che schiumava dalla rabbia e dal furore e che, al suo avvicinarsi, spalancò del tutto le sue fauci, dandogli così modo di introdurvi tutta intera la testa.

33. E vedi, come egli aveva messo la testa entro le fauci della fiera, altrettanto intatta la trasse fuori, senza che gli fosse stato torto nemmeno un capello! Allora l’intera compagnia fu invasa da immenso stupore, e tutti caddero immediatamente a terra, e Mi ringraziarono, certo senza quasi conoscerMi, ma lo fecero da tutta la consapevole profondità dei loro cuori.

34. E quando si trovarono pressoché sfiniti nella loro effusione di grazie e di lode, accadde, con grandissima meraviglia di tutti, che la iena cominciò ad indirizzare loro parole molto ben comprensibili, e disse:

35. «O voi, tardi discendenti di Caino e di Hanoch, alzatevi e guardatemi! Osservate la mia figura spirante rabbia e furore! Io non sono che un animale feroce destinato a custodire fedelmente le montagne, nonché i grandi figli di Dio che vi dimorano, di quel Dio che voi nella vostra cecità chiamate il grande Re. Però, ditemi voi se io, da animale quale sono, ho mai infranto la Volontà di Dio! La mia vita è terra e polvere; il mio tempo non consta che di pochi anni, giorni e battiti di cuore; io non ho niente da attendermi, quello che la mia sete di sangue mi dà è tutto ciò che posso trarre dalla mia esistenza concessami dal Creatore, e chi di voi mi avesse mai visto oltrepassare i limiti che mi sono prescritti, senza la Volontà di Dio, costui afferri una pietra e mi uccida!

36. Tuttavia voi rimanete perplessi, non perché vi manca il coraggio di farlo, ma perché la mia obbedienza alla Volontà di Dio v’induce a meravigliarvi! Ed ecco come una bestia feroce, secondo la Volontà di Dio, vi debba ammaestrare sulla vostra assoluta dimenticanza di Dio ed anche sulla vostra destinazione; voi destinati ad una vita eterna! Vedete, nessuna bestia feroce, neppure sotto il morso della fame, è così selvaggia da assalire il proprio simile in modo da dilaniarlo per saziarsi della sua carne! Solo voi uomini, chiamati a vivere in eterno, uscite a orde per uccidere i vostri fratelli, non già spinti dal bisogno, bensì incitati unicamente da una infernale brama di dominio, e per macchiare del loro sangue la terra e per seppellire in questa stessa terra la loro carne!

37. O voi uomini, vergognatevi, voi che dovreste essere i signori del mondo! Dov’è la vostra magnificenza? Voi siete in quattordici ed io sono sola; ed un’angoscia mortale vi ha assaliti quando avete visto me, un misero animale, originariamente destinato ad essere soltanto al vostro servizio, secondo la Volontà del grande Dio!

38. Venite con me nei boschi, e persuadetevi se magari un qualche animale, per suo volere, signoreggia sugli altri; anzi se accade che un animale diventa litigioso ed invidioso, esso viene immediatamente espulso dalla compagnia, non essendo più conforme alla Volontà di Dio che domina nel nostro interno. E voi non vedrete mai che un animale costringa l’altro ad andare per lui in cerca di preda, per farsi nutrire come un poltrone, tranne il caso in cui uno sia diventato debole, giacché solo allora un altro animale viene a lui e gli trascina una qualche preda fin davanti alle fauci, nella sua tana. E nessuno mette il dente aguzzo e poderoso sulla carne e sulle viscere della preda prima che questa sia diventata fredda, putrida e frolla; questo ce lo insegna la Volontà divina nel nostro interno. E infine, state pur certi che assolutamente nessun animale solleva la sua testa in alto senza la Volontà di Dio!

39. Noi non conosciamo tra di noi alcun limite di proprietà all’infuori di quello della nostra natura e del nostro essere corporeo; voi uomini, invece, del tutto dimentichi di Dio, vi spartite la Terra; e allora un re, un principe o un loro favorito dice: «Questo io ti do in cambio di un piccolo tributo e questo andrà al favorito e ai suoi migliori servitori, per via dei loro pugni ben indirizzati e solidi! Tutto il resto del popolo voi potete adoperarlo come bestie da soma, alle quali basta che diate quel tanto che strettamente occorre per mantenersi miseramente in vita, affinché, vivendo, abbiano poi a sbrigare il molto e noioso lavoro a pro degli oziosi. E caso mai si rifiutassero, ci sono pronti per loro dapprima dei gravi maltrattamenti, e quindi la morte!». E se poi un simile schiavo osasse immaginarsi di essere, o intendesse essere, egli pure un fratello del re, o di un principe, o di un grande qualsiasi creato tale dal re a parità di diritti, non verrebbe egli immediatamente assassinato? O, dite, dove mai su tutta la Terra esiste qualcosa di più feroce di quello che siete voi uomini? Non siamo forse io, oppure un serpente, un leone, una tigre, un lupo vorace e un orso furente degli angeli santi e puri al paragone di voi, uomini? Oh, se ci fosse stato donato l’amore, come è stato donato a voi, come ameremmo Dio! Ma, nonostante ciò, anche senza amore, noi, mediante la nostra precisa obbedienza, Lo amiamo infinitamente più di voi, dato che voi stessi non soltanto vi siete resi dimentichi del Suo Amore, fuori dal Quale foste da Lui creati, ma perfino di Lui stesso che vi ha creati!

40. Interrogate le pietre, domandate all’erba, interpellate l’aria, chiedete all’acqua, sì, domandate a tutto ciò che può cadervi sotto i sensi, a tutto, eccetto che all’uomo, e tutto vi annuncerà il grande Dio e vi narrerà le infinite meraviglie del Suo Amore. Proprio voi, liberi uomini, chiamati addirittura alle supreme eterne beatitudini, proprio voi avete potuto dimenticare il vostro Creatore, il vostro Benefattore infinito! Nessuna meraviglia, dunque, che non abbiate un nome. E che nome mai vi si potrebbe dare? I demoni conoscono Dio e Lo fuggono; i satanassi conoscono essi pure Dio e Lo odiano perché Egli è Dio e Signore della loro esistenza; ma chi siete voi che, grazie al Suo Amore infinito, da demoni e satanassi siete diventati uomini liberi, e che, nonostante tutto ciò, vi siete dimenticati totalmente di Lui? E chi siete voi che nella vostra debolezza da moscerini considerate voi stessi come altrettante deità, e ciò avviene soltanto per il fatto che andate l’un l’altro combattendovi a colpi di pietra e di clava, e perché sapete edificare dei cumuli cavi di pietra che voi chiamate poi città? Vedete, così come siete, voi non siete proprio niente! Un filo d’erba vale di più, e una zampa di iena è una cosa santa di fronte a tutta un’innumerevole razza di uomini simili a quelli che voi avete lasciato ad Hanoch, e come finora siete stati voi stessi!

41. E in breve, per concludere, dirò che così vuole il grande Dio: “Prima che possa esservi data un’altra destinazione, è necessario che per settanta giorni voi veniate a scuola da noi iene, per imparare presso di noi anzitutto la solidarietà umana e l’amore per il prossimo, e poi, sempre con questo mezzo, anche per imparare a conoscere nuovamente Dio. E quando avrete nuovamente riconosciuto la vostra somiglianza con noi, belve selvagge e feroci, e dalla nostra obbedienza muta e cieca avrete di nuovo riconosciuto Dio, soltanto allora il Signore di tutte le creature vi farà indicare, per nostro tramite, una residenza di pace”.

42. E ora seguitemi, secondo la Volontà di Dio, e fatelo volonterosamente e senza altro timore all’infuori di quello di Dio! Al volonteroso non accadrà nulla di male; in quanto poi allo svogliato e al disobbediente, costoro non meritano neppure di essere dilaniati dai denti delle iene, bensì essi attendano pure il medesimo destino di Lamec, dei satanassi e del principe di costoro!»

43. E vedi, avvenne così che tutte le quattordici persone seguirono una furiosa iena in una tana tenebrosa della montagna, e là, per Mia concessione, essi impararono dalla natura degli animali gli stessi diritti dell’umanità, l’amore del prossimo e l’obbedienza. Inoltre, impararono di nuovo a conoscerMi e a confidare interamente in Me, con questo poi si rese loro anche evidente il grande divario che esiste fra la vera umanità e gli animali; e nello stesso tempo impararono pure a conoscere quanto profondamente al di sotto di questi si erano spiritualmente trovati nel condurre la vita di prima, e tutto ciò avvenne per Mia particolare Grazia, la quale permise loro di scorgere la Mia Volontà negli animali selvaggi, facendola percepire loro nella sua massima interezza.

44. (nota bene: - Più che a quel tempo, la vostra frequenza ad una simile scuola sarebbe necessaria adesso! Perché a quei tempi gli uomini, quali figli del mondo, erano malvagi a causa delle tenebre, mentre ora sono malvagi pur godendo pienamente della Luce. E il Principe delle tenebre confessa apertamente che egli è diventato quasi un buono a nulla nell’arte della perfidia, al paragone della raffinatezza dei figli del mondo. E succede a lui quello che già accade a più di qualche debole genitore, il quale viene oggi superato dai propri figli in perspicacia, avvedutezza e cognizioni d’ogni specie).

 

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Cap. 34

Lo sbarco dei Meduhediti in Giappone

 

1. E ora lasciamo questa piccola compagnia alla scuola delle creature inferiori e lasciamo pure che essi mangino bacche selvatiche, erba e radici, fino al tempo da Me stabilito. Noi ora ci rivolgiamo invece a “Ihypon” (oggigiorno “il Giappone”), e là attenderemo l’arrivo dei Meduhediti, e ci tratterremo brevemente presso di loro.

2. Dunque, dopo trenta giorni e trenta notti questa gente giunse sana e salva al menzionato vasto paese insulare, fra grande giubilo ed allegria e lodi al Nome Mio. Essi furono spinti dal Mio vento favorevole, pur attraverso delle piccole deviazioni rese utili a causa della maggior tranquillità del mare. Giunsero alla foce molto larga di un fiume dalle acque che provenivano scorrendo placidamente dall’interno del paese, ed un vento abbastanza forte, venuto a proposito, li fece risalire nei loro cassoni fino nell’interno del paese sulle acque del fiume che defluiva tranquillamente, dato che era discretamente largo.

3. E quando essi furono finalmente arrivati nel mezzo del paese, Meduhed si gettò a terra, rapito e commosso nell’ammirare la meravigliosa bellezza del paese raggiunto. E Mi ringraziò nella silenziosa profondità del proprio cuore ininterrottamente per un’ora, e gli occhi e gli orecchi di tutti erano rivolti a lui.

4. Quando ebbe così terminato la sua preghiera, che a Me riuscì gradita, e durante la quale egli aveva anche scorto la Mia ulteriore salutare Volontà nei riguardi del popolo salvato, egli si rialzò, ed attese finché i cassoni si fossero definitivamente accostati l’uno all’altro.

5. Dopo che tutto ciò si fu verificato lungo la sponda bassa del fiume e secondo la Mia Volontà, egli, eseguendo una Mia Prescrizione percepita nel suo interiore, transitò da un cassone all’altro, e in tutto amore invitò le schiere a non scendere a terra se non dopo che tutti avessero ringraziato nei loro cuori il Signore per tre ore, per tale infinita Grazia ricevuta. E soltanto dopo che il Signore avesse benedetto dinanzi alle loro facce il bel paese donato ed avesse poi resa manifesta tale Benedizione mediante un segno visibile, soltanto allora egli per primo avrebbe messo piede a terra. Poi essi avrebbero dovuto far scendere anzitutto i loro figli, e finalmente sarebbero discesi essi stessi con le loro donne. Quindi, il dovere imponeva loro di prostrarsi sulle loro facce, dinanzi a Dio, e di adorare la Sua Santità, lodando la Sua illimitata Bontà e il Suo Amore infinito.

6. E vedi, quando essi, con la maggiore letizia dei loro cuori, si furono conformati a queste prescrizioni, ad una chiamata di Meduhed essi rivolsero i loro sguardi verso l’alto e scorsero una nuvola chiara ricoprire tutto il paese e videro grosse gocce cadere in abbondanza giù dalla nuvola per un’ora. Poi essi scorsero questa nuvola della Benedizione dividersi nuovamente, e sotto di essa rifulgere un piccolo arcobaleno e percepirono da Levante anche una dolcissima brezza, che per bocca di Meduhed annunciò loro ad alta voce che Io avevo ormai benedetto per loro il paese. Dopo di che essi, nell’ordine prima accennato, scesero a terra. Là, appunto, nella massima letizia dei loro cuori, fecero nuovamente come il devoto e il sapiente Meduhed aveva consigliato loro, pervaso d’amore. E quando anche tutto ciò fu compiuto, allora Meduhed li chiamò ancora una volta tutti a sé e tenne loro un vibrante discorso del seguente tenore:

7. «O uomini, fratelli e sorelle, e voi, o fanciulli, che già siete in grado di comprendere! Ponete la massima attenzione a quello che ora, grazie all’ispirazione proveniente dall’immensa grazia di Dio, io vi annuncerò! Questo sia il fondamento di tutto il nostro pensare e di tutto il nostro operare: – noi non dobbiamo mai perdere di vista nei nostri cuori la santa Volontà di Dio; e occorre poi che tale Sua Volontà noi l’adempiamo sempre scrupolosamente anche nei suoi minimi punti, rendendoGli grazie e lode. Poiché tutto quello che da Lui emana è grande e santo, perciò anche della massima importanza. E per quanto ai nostri occhi piccoli e terreni una certa qual cosa possa apparirci piccola ed insignificante, essa è invece d’incommensurabile valore, perché proviene da Lui, Dio, che è, ora, il Signore di noi tutti. E se noi, con molta buona volontà, saremo obbedienti al Suo Volere, potremo, conformemente alla promessa fatta a tutti noi, diventare pari perfino ai Suoi grandi figli, che voi avete avuto occasione di conoscere standovene sotto la parete di roccia sulle montagne della regione di Hanoch.

8. Vedete, il Signore, il nostro grande Dio, il Quale vuole essere il nostro santissimo Padre, vuole in primo luogo che noi ci amiamo, e cioè che ciascuno debba amare il suo prossimo, come fratelli e sorelle, sette volte più di se stesso. Ognuno sia severo verso se stesso e sia invece mite, dolce e colmo d’amore verso i suoi fratelli e le sue sorelle. Nessuno si immagini mai di essere più grande e di maggior valore del più debole tra i vostri fratelli, perché al cospetto di Dio nessuna cosa ha valore, se non un cuore umile e puro. A chiunque poi il Signore vorrà concedere, come fece con me, il dono della Sua Grazia, costui si stimi ugualmente il minimissimo fra tutti e come me sia sempre pronto a servire ognuno dei suoi fratelli, precedendoli tutti con il suo buon esempio. Soltanto i fanciulli devono ai genitori la più incondizionata obbedienza, e questo a causa della loro iniziale debolezza e per consentire la loro necessaria educazione. E quando loro sono giunti al riconoscimento della Volontà di Dio in sé, allora, al posto dell’obbedienza finale, che da quel momento in poi è dovuta solamente a Dio, deve subentrare l’amore filiale e il rispetto per i genitori, e questo avvenga in gran misura. Inoltre, è volere di Dio che voi prestiate sempre attenzione alle parole del più sapiente tra di voi e che rivolgiate verso di lui i vostri orecchi, per apprendere di buon grado i Comandamenti di Dio, tanto per il bene della comunità come per quello del singolo. Però, guardatevi bene dal tributare ad un simile sapiente più rispetto, più amore e venerazione di quello che non sia dovuto anche ad un altro fratello non ancora divenuto sapiente, ma il quale però sia molto volonteroso, buono e caro.

9. E il rispetto, per chi è sapiente per Grazia di Dio, sia e consista in voi unicamente nell’amore a Dio, nell’amore al prossimo e nella volonterosissima obbedienza agli Ordinamenti di Dio, comunicati tramite il cuore umile di un fratello sapiente.

10. Non giunga mai sulle vostre labbra una menzogna, poiché la menzogna è il fondamento di ogni perfidia. Resti lontana da voi la gioia per il male altrui quando un peccatore fa penitenza, ma il vostro amore aiuti sempre e premurosamente il fratello caduto a risollevarsi.

11. Il paese appartiene a tutti ugualmente, senza alcuna distinzione. Di quello che il terreno abbondantemente produrrà, ciascuno prenda quanto gli occorre per saziarsi; e il forte raccolga volentieri per chi è debole.

12. Fatevi amici gli animali, affinché non si rifiutino di offrirvi il loro latte caldo.

13. Ciascuno sia soggetto al fratello e sia pronto a servirlo. Nessuno però voglia comandare agli altri, ma voi dovete sempre e in ogni luogo trattarvi tra di voi con amore, affinché possiate un giorno diventare, nell’amore, figli di un unico Padre.

14. Siccome il Signore elargisce sempre più di quanto sarebbe necessario all’uomo per sostentare la sua vita, voi non per questo dovete comportarvi smodatamente in nessun piacere. Al contrario, secondo la Volontà di Dio e per il bene della vostra stessa salute, conviene che siate moderati, sotto ogni riguardo, perché così parla il Signore: “Benedetti siano una giusta misura ed un giusto scopo, invece ogni eccesso sia maledetto e siano condannate le vie senza meta, e su di esse procedano solo la lussuria e la fornicazione e vi trovino la notte della perdizione e della morte eterna!”. Perciò raccogliete anche il sovrabbondante della Benedizione, ed edificate dappertutto dei depositi, però non di pietra, secondo il costume di Hanoch, ma di legno. Per fare ciò infiggete nel terreno quattro tronchi accuratamente appuntiti, disponendoli in quadrato, in modo che vengano a sporgere dal terreno per due altezze d’uomo. Su di questi fissate poi pure quattro tronchi trasversali secondo i dettami dell’arte costruttiva a voi già noti. Sopra a tutto ciò fatevi quindi un mezzo tetto, e ricopritelo con canne ed erba. Tra i quattro sostegni di legno emergenti dal terreno costruite pure, con canne e giunchi intrecciati, delle pareti. In ciascuna parete, però, lasciate libera un’apertura della grandezza di quattro lunghezze d’uomo. Nella parete che guarda verso il Mattino ponete anche una porta, tuttavia senza grata, affinché ciascuno vi abbia libera entrata a seconda dei suoi bisogni. Internamente, però, per metà della superficie di un tale deposito, battete nel terreno diversi piccoli pali, in modo che vengano a sporgere per circa una mezza altezza d’uomo. Sopra di questi fissate dei travicelli sottili e sopra stendete poi pure dei giunchi intrecciati, per deporvi infine il sovrabbondante della Benedizione per i vostri fratelli ed anche per voi. L’altra metà della superficie utilizzatela invece per collocarvi dell’erba lunga e ben secca, fino all’altezza di un ginocchio da terra, che serva da giaciglio per la notte, per dare ristoro alle vostre membra stanche e per confortare le vostre viscere.

15. I vostri attrezzi e gli altri utensili, però, deponeteli sotto gli intrecci di giunco destinati a portare le provviste. Tuttavia nessuno deve mai appropriarsi di una simile abitazione, ma ciascuno lavori per tutti, e tutti per ciascuno; e quindi tutti operino per tutti, affinché a nessuno venga a mancare niente fra voi e fra tutti i vostri successori.

16. Vicino alle montagne, che non emettono fumo né ardono assolutamente, come potete vedere qui a grande distanza, scavate delle fosse profonde quanto è alto un uomo, là troverete la terra di pane di cui vi fu già parlato. Ma badate a fare uso molto parco di essa, e non un uso giornaliero, bensì di quando in quando e soltanto per la vostra salute fisica, secondo la Volontà di Dio e qualora le evacuazioni dal corpo avvengano con eccessiva fluidità.

17. Inoltre, sulle montagne, le quali sono ora diventate accessibili anche a voi, quando non siano in fiamme, voi troverete delle belle pietre molto dure e lisce, di queste raccoglietene alquante, e portatele dinanzi alle vostre dimore. In primo luogo vi serviranno per triturarvi sopra i grani di una certa pianta che v’indicherò, e dalla farina così ottenuta dalla stessa potrete fare con dell’acqua una pasta che porrete dentro a un vaso. Troverete grandi quantità di tale genere di pianta se andrete a cercarla lungo le rive del fiume. Oltre a ciò, dovrete costruirvi un forno nella maniera che voi già conoscete, per collocarvi dentro la pasta e cuocervi in tal modo un pane sano. E in secondo luogo, poi, dovrete raccogliere anche delle pietre, simili alle precedenti, però alquanto più tenere, delle quali pure ce ne sono in grande abbondanza ai piedi delle montagne non ardenti. Su tali pietre bisognerà che venga preso nota di tutti questi avvenimenti che avete vissuto, nel modo che già vi è noto, affinché perfino i nostri più lontani discendenti possano apprendere la Volontà di Dio che vi è stata ora rivelata.

18. Poiché, udite, così dice il Signore: “Finché voi e i vostri discendenti osserverete fedelmente quest’ordine che vi è stato prescritto, nessun popolo straniero potrà mai avvicinarsi a questo paese, né potrà mai turbare la vostra pace; ed Io stesso vi insegnerò a conoscere e preparare ogni tipo di cose utili e belle. Ma se voi un giorno uscirete fuori dai limiti del Mio Ordine e resterete nella dimenticanza di Me, trascurando di fare immediatamente ritorno al detto Mio Ordine, allora Io susciterò un altro popolo; lo condurrò qui in questo paese, ed esso vi signoreggerà e vi renderà suoi schiavi. E allora vi sarà un imperatore che distruggerà il vostro santuario e vi percuoterà e farà uccidere molti, e vi farà aggiogare come gli asini dinanzi all’aratro, e vi castigherà, come si fa con i cammelli. Egli si approprierà di tutto e vi lascerà affamati, e vi farà divieto di calmare la vostra sete con il succo dei frutti, invece vi spingerà all’acqua come gli animali domestici. E voi sarete costretti, come ad Hanoch, ad edificare per lui delle città, e a nutrirlo bene, assieme ai suoi servitori, perché egli abbia a crescere in forza per percuotervi e uccidervi.

19. Allora, come compenso per il vostro lavoro, voi non riceverete più né frutta né pane, ma dei segni morti, a seconda della qualità del lavoro; e, in cambio del ritiro di tali segni, vi sarà dato qualcosa da mangiare, anzi, se voi poi non farete ritorno all’Ordine, allora dovrete restituire all’imperatore, a titolo d’imposta sul lavoro, perfino la quinta parte di tali segni che avrete duramente guadagnato, senza riceverne un corrispettivo; ciò sarà un segnale che voi dovrete pregare soltanto per poter ottenere la grazia di lavorare; e allora sarà proprio per ottenere un simile permesso che dovrete pagare la menzionata imposta.

20. Ed Io vi dico che in tutto il paese non vi sarà neppure un cantuccio che l’imperatore non avrà dichiarato di sua proprietà. E poi egli dividerà il paese e lo cederà in feudo ai suoi favoriti e cortigiani, ma voi sarete dichiarati da lui ignominiosa proprietà corporale dei suoi stessi feudatari e dei cortigiani, e questi saranno poi i vostri signori che avranno su di voi diritto di vita e di morte, e vi daranno da mangiare erba cotta e pessime radici, poiché si riserveranno per loro i frutti migliori. E chi si azzarderà a stendere la mano su un tal genere di frutti, costui sarà all’istante punito con la morte.

21. Inoltre, l’imperatore prenderà possesso delle vostre più belle donne e figlie, per soddisfare la sua libidine e quella dei suoi favoriti e cortigiani, mentre costringerà voi a gettare i vostri figli nel fiume per mantenere invece con le vostre fatiche i suoi figli, affinché questi a loro volta possano maltrattarvi. Io chiuderò, oltretutto, i Miei orecchi fino alla fine dei tempi, per non udire le vostre grida di dolore, e voi avrete una sorte mille volte peggiore di quanto non l’abbiate avuta ad Hanoch.

22. Anche queste cose imprimetevele bene in mente e scrivetele sulle pietre più tenere come vi è stato comandato!

23. Ecco dunque, miei cari fratelli, qual è la Volontà di Dio; fate perciò come vi è stato consigliato, e così potrete con tanta facilità, anzi con facilità ancora mille volte maggiore, restare un popolo indipendente senza la benché minima perdita dei vostri diritti. Diventate perciò pieni d’amore e di grazia e resti ben lontano da voi il perfido egoismo; giacché in tal modo rimarrete, come ora siete, un popolo di Dio. Infine è Volere di Dio che voi disponiate questi cassoni l’uno accanto all’altro, in fila, ponendoli attraverso il fiume e tenendoli uniti mediante delle pertiche fissate tra un cassone e l’altro. In questo modo vi costruirete un ponte, per accedere anche al paese posto al di là del fiume e per usarlo a nostro piacimento.

24. E ora prostratevi sulle vostre facce e ringraziate il Signore per questa grande Grazia degli insegnamenti e della manifestazione della Sua Volontà per il supremo benessere di tutti noi ed esclamate con me:

25. “O Tu, grande Dio, supremamente buono, santo e potente, noi Ti ringraziamo nella polvere della nostra nullità! Permetti che ai Tuoi santi Orecchi giunga il debole suono del nostro ringraziamento dal profondo della nostra malvagità, e guarda, di grazia, al nostro timido e umile cuore! O Signore, noi non vediamo quanto grande sia il vuoto del nostro animo; perciò colmaci, di grazia, del calore del Tuo Amore e non togliere mai da noi, miseri figli del peccato, la Tua Grazia! E se mai noi dovessimo dimenticarci di operare secondo il Tuo santissimo Volere, non farci punire dagli uomini, ma puniscici Tu, secondo la Tua Giustizia e la Tua grande Dolcezza. Trasformaci nei nostri cuori, secondo la Tua grande Misericordia, affinché noi possiamo un giorno diventare degni di assomigliare, anche in minimissima parte, ai Tuoi figli! Rimani dunque Tu il santo Dio di tutti noi e il nostro Signore, e divieni un giorno, anche per noi, il nostro Padre diletto e santissimo! O Signore, esaudisci quanto imploriamo e di grazia, porgi ascolto alla nostra debole preghiera! Amen!”

26. Dunque, ora andate, ed eseguite tutto ciò che vi è stato comandato, facendolo a tempo opportuno e secondo il migliore consiglio. E convincetevi di tutto, affinché vediate quanto vero e fedele sia il Signore! E quando avrete compiuto tutto, e se non vi dimenticherete mai del Signore prima e dopo di ciascun lavoro, e prima e dopo di ciascun pasto, prima e dopo del sonno, prima e dopo del levare del Sole, prima e dopo del suo tramonto – particolarmente però quando vi accostate sessualmente allo scopo di procreare, dovete invocare prima e dopo l’atto soprattutto la Benedizione del Signore – allora voi genererete figli della vita e della luce, altrimenti invece i vostri figli saranno purtroppo figli della morte e delle tenebre.

27. Io però, che sono il vostro condottiero ispirato dal Signore, rimarrò qui nelle vicinanze del fiume durante tutto il corso della mia vita, qui, dove siamo approdati; e la mia dimora e dei miei figli sarà proprio lì, dall’altra parte del fiume, in quella grotta ampia, situata su di una bella montagna, affinché voi possiate trovarmi sempre, qualora qualcuno abbia da farmi qualche richiesta. Questa grotta e la montagna pure, il Signore me la dà in consegna per amore vostro, affinché voi mi possiate trovare in qualsiasi momento.

28. Invece, in vostra consegna rimane tutto il restante grande paese, il quale è molto bello. Secondo la Volontà di Dio, io diventerò ancora molto più vecchio e sarò per lungo tempo, poi, testimone di tutte le vostre buone o malvagie opere. E di tutti coloro che, viventi, si trovano qui, io resterò l’ultimissimo e vi seguirò tutti dinanzi al volto del Signore.

29. E voi, o dieci compagni miei, che mi avete seguito e che siete pure avanzati in sapienza, prendetevi cura del popolo, guidatelo e ripartite saviamente la gente per il paese, ed insegnate loro ciò di cui hanno bisogno, e ogni qualvolta farà il plenilunio, venite qui da me per consiglio e per ammaestramenti. Amen!».

*

30. E vedi, quando Meduhed giunse al termine del suo discorso, tutto il popolo gli si inchinò e, senza essere stato incitato in ciò da Meduhed, si prostrò ancora una volta e Mi ringraziò per tale salutare insegnamento. Poi il popolo si rialzò, prese rispettosamente il suo pasto, e si accampò quindi sul terreno, dove fece sosta per tre giorni, intrattenendosi e pregando. Dopo di ciò il popolo si alzò, diede mano agli attrezzi, ed anzitutto approntò il ponte, e poi, dopo che Meduhed gli ebbe impartita la benedizione, tutti se ne andarono alla loro ulteriore destinazione, penetrando in ogni direzione entro il paese e con gioia Mi lodarono e glorificarono dappertutto. Con il tempo, come è facilmente comprensibile, molti divennero saggi alla maniera di Meduhed, e vissero così, da popolo felice, per una durata di tempo di circa millenovecento anni, ossia quasi fino ai tempi di Abramo, poiché essi non furono mai raggiunti dal diluvio di Noè.

31. Ma più tardi anch’essi cominciarono a dimenticarsi gradatamente di Me, giacché, proprio quando Io ne ebbi fatto il popolo più colto e più ricco della Terra, essi si compiacquero di ogni genere di scultura, e così degenerarono completamente nella più nera idolatria e in fornicazioni di ogni specie.

32. E dopo che Io li ebbi osservati attentissimamente per lo spazio di seicento anni e dal momento che ebbi visto che in nessuno, ma proprio in nessuno, c’era il benché minimo accenno di pentimento, né alcuna volontà di miglioramento, allora, come avevo già fatto loro minacciare da Meduhed, Io suscitai nella regione dell’attuale Mongolia un particolare popolo, eletto appunto allo scopo di diventare il loro comune flagello. Mediante un angelo, che rimaneva loro invisibile, feci dirigere tale nuovo popolo verso Jhypon; approntai a questa nuova gente un ponte d’isole che si staccava dall’odierna Cina, ponte del quale rendono testimonianza ancora oggi parecchie isole che formano una linea un po’ arcuata. In questo modo tale gente poté transitare a piede asciutto, come avvenne con gli Israeliti attraverso il Mar Rosso, fatto che tra l’altro si compì quasi contemporaneamente. In tale occasione Io feci poi sollevare, mediante i fuochi della Terra, una quantità di grandi e piccole isole intorno ad Jhypon, che Io lasciai sussistere quali luoghi di rifugio per alcuni pochissimi sapienti. Questi ultimi presero dimora là, vivendo dentro ad alcune grotte; ed essi, sempre rimanendo nel medesimo luogo, Mi servirono in silenzio finché Io non li richiamai a Me dal mondo.

33. In tali grotte si trovano tuttora, a testimonianza del Mio Amore, alcune di quelle tabelle di pietra scritte, di cui abbiamo parlato, ma che oggi nessuno potrebbe certamente leggere. Infatti, molto più dei geroglifici egiziani, quei segni saranno assai difficili da interpretare, e nessuno che non sia perfettamente rinato lo potrebbe fare. Soltanto, qua e là, una sensitiva, gravemente inferma nella propria carne, e tramite il suo spirito infantile e ridestantesi per brevissimo tempo, ne potrà indovinare eventualmente qualcosa.

34. E così nella caverna, (che prima o un tempo veniva chiamata la grotta di Meduhed), si trova oggi ancora l’elevato cantico che voi già conoscete,come pure ancora qualcuno dei noti attrezzi da lavoro. Tuttavia questa caverna è ora inaccessibile, poiché essa si trova su di un’alta montagna, inaccessibilità che Io feci provocare più tardi mediante il fuoco e mediante quei certi terremoti che perdurano ancora attualmente.

35. E così questo paese si trova ancora al giorno d’oggi assoggettato ad un regime imperiale per metà mongolico e per metà di antica origine nipponica. L’incredulo, però, vi faccia un viaggio e si convinca, ma gli gioverà a poco se non ha pienamente raggiunto la rinascita. Ma se qualcuno è già pervenuto a questo grado spirituale, allora egli può osservare a occhio lucido e trasfigurato non solo tutta la superficie della Terra, ma anche fino alle più interne profondità della stessa.

*

36. (Poiché, tutto quello che Io qui vi dono, è vero e fedele per i Miei figli,poiché Io non lo dono al mondo, ma ai Miei deboli figli. Perciò questi non devono misurare il Mio Amore e Sapienza e le Mie parole e la Mia grazia col metro del mondo. Io non voglio infatti brillare davanti al mondo, ma voglio solamente essere amato da voi. Ho infatti soli a sufficienza per far brillare qualcosa davanti al mondo! Ma se voi criticate la Mia Scrittura con la vostra erudizione mondana, che cosa credete che farò Io un giorno della vostra insensatezza mondana? Imparate quindi da Me. Quando sarete prima eruditi daMe, solo allora vedrete e riconoscerete quali regole stanno più in alto: se le Mie, oppure quelle del mondo. Perché il mondo ha la parola nel senso, Io invece ho il senso nella Parola, e per tale ragione disperde enormemente colui che con Me non raccoglie!).

*

37. Prima di condurvi più avanti in questo Governo della Mia Famiglia, voglio dirvi brevemente qualcosa a proposito del Mio angelo[6], ma particolarmente a coloro che, quasi in ogni riga, hanno trovato un cosiddetto intoppo grammaticale a motivo del mondo. Poiché facendo ciò il loro cuore non dimostra malizia, allora essi devono, laddove il Mio debole scrivano segreto della Mia Nuova Parola ha fatto qualche lineetta di troppo o qualcuna di meno sulle ‘n’[7], in seguito ad un’abituale disattenzione ormai inveterata in lui, rettificare secondo il loro parere. Così pure là dove c’è qualche difetto di ortografia o qualche puntino mancante sulle i, ma chi dovesse azzardarsi a spostare anche soltanto una Parola e di cercare una rima migliore oppure di cercare una qualunque nota a piè di pagina non necessaria, costui Io lo guarderò con occhi contrariato. Non cercate la Parola nel senso, bensì il senso nella Parola, se volete giungere alla Verità, poiché la Verità è nello Spirito, ma non lo Spirito nella Verità, cosa che sarebbe assolutamente impossibile, perché lo Spirito è libero e preminente su ogni regola, lasciando attingere da se stesso la Verità. Ma poiché voi una cosa simile la dite perfino dei vostri geni, perché scrutate poi il Mio Spirito con occhi molto critici, come se un allievo vi avesse dato un qualche cattivo compito da correggere! Perciò, se qualcuno crede che Io con questa veste non sia adatto per il mondo, costui Mi lasci a casa; ma per ognuno sarà più meritevole aggiungere alla Mia Scrittura una regola desunta da essa, piuttosto che una critica mondana, perché vi è maggiore beatitudine nel dare che nel prendere! Comprendete bene questo! Amen!

 

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Cap. 35

La predica di penitenza data da una tigre, da un leone e da un lupo

27 luglio 1840

1. E ora facciamo ritorno alla scuola della iena, e andiamo in cerca dei nostri quattordici scolari, intendendo farci là un’idea precisa di quali progressi abbiano veramente fatto durante il breve tempo già noto, coloro che in questo piccolo popolo frequentarono un tale straordinario istituto di educazione, con lo scopo del miglioramento dell’animo.

2. Vedete e intendete bene, e nessuno deve tenere chiusi gli occhi e tappati gli orecchi per non sentire ancora una parola energica dalle fauci della iena di cui abbiamo già parlato; come pure anche degli ammonimenti di una tigre, di un leone, di un lupo e di un orso. Perché gli uomini sono oramai pieni di menzogna, e non ce n’è più uno che possa dire all’altro qualcosa di vero. Ormai l’esperienza vi ha già dimostrato molte volte quanto spesso gli scienziati si trovino in errore. Tutte le loro dottrine erronee, infatti, vengono successivamente e continuamente superate da altre nuove dottrine, molto spesso peggiori ancora di quelle ripudiate e dichiarate nulle. E di conseguenza, neanche per voi è superfluo intendere qualche robusta parola proveniente da una sfera di natura incorrotta e colma di vigoria e di forza. Ciò è utile anche per imprimervi nel cuore un buon nota bene, affinché possiate constatare quanto vero e fedele sia il Padre di tutti voi, che è santo ed eterno.

*

3. Poiché, vedete, quando il tempo predestinato fu efficacemente trascorso, la iena dal rabbioso aspetto comparve nuovamente dinanzi alla compagnia terrorizzata, per colpire tanto maggiormente la loro attenzione quanto era grande l’angoscia che si era impossessata dei loro animi. E come Io avevo concesso, così l’animale parlò con la sua lingua, larga e sciolta, dalle sue fauci spalancate, e disse:

4. «Ridestatevi dalla morte, perché così vuole il grande ed onnipotente Dio e Signore di tutte le Sue innumerevoli creature! Il breve tempo è rapidamente trascorso, i giorni e le notti si sono avvicendati velocemente sopra le vostre deboli esistenze. Allora, quando voi foste guidati in questo luogo da me, iena, per la possente Volontà del supremo Dio, voi vedeste la Luna piena illuminarvi gli aspri sentieri nel dedalo delle montagne fino a questa caverna, abitata da me e dai miei cuccioli, caverna che vi ho volontariamente ceduta. Qui avete potuto ristorarvi alla frescura della terra. Tuttavua, ora guardate nuovamente la Luna, e vedete come essa, ancora una volta, è diventata grande e piena, dopo essere prima svanita fino a ridurre al nulla la sua luce, mentre successivamente è ridiventata come un bambino, quindi come un giovane, e ora è di nuovo uguale a un uomo colmo di forza e maestà.

5. Ciò che questo astro vi dimostra incessantemente nei suoi brevi periodi, con chiaro e pieno significato, e in maniera istruttiva, ebbene, questa cosa voi la dovete imitare fedelmente almeno una volta nella vostra vita. Dunque, deve diminuire, come la luce lunare, quanto di mondano è in voi, affinché, dopo la vostra completa rinuncia a quanto vi era prima di mondano in voi, che proviene in gran parte dal vostro orgoglioso intelletto, diveniate atti ad accogliere una nuova luce dagli alti Cieli, la quale è il vero amore senza egoismo, e da ciò la Grazia di Dio, grande e santo.

6. Vedete, come ora io parlo con voi, così, altrettanto per voi ogni cosa può acquistare voce mediante la concessione di Grazia dall’Alto. Ma se voi vorrete rimanere con il cuore indurito e pervaso dalla brama di dominio, allora prostratevi pure dinanzi a noi iene, pensando a quanto profondamente più in basso di noi vi trovate voi, e quanto più in alto di noi stanno i figli di Dio.

7. Ditemi: – quale animale avete visto mai dominare su un altro della medesima specie? Quale animale avete mai visto appropriarsi di qualcosa? Ovvero: – ci avete voi visti mai assassinarci tra di noi, o mentire e ingannare, o commettere fornicazione per il soddisfacimento della propria libidine?

8. Ditemi: – quando, ci avete visto agire in maniera che non fosse stata del tutto conforme alla nostra natura?

9. Non sarebbe stato equo che gli animali avessero imparato l’utile uso delle loro forze, da voi? E ora, come vedete, noi bestie feroci, dobbiamo mostrarvi ed insegnarvi la dolcezza e la sapiente serietà della vita! – Oh, vergognatevi, voi, signori del mondo, dal momento che un semplice moscerino che ronza intorno ai miei orecchi ha più sapienza di voi, insieme a tutta la città di Hanoch, comprese le dieci città!! Sebbene la durata della vita di tale moscerino sia limitata appena a qualche giorno e la stessa non lasci visibile traccia della sua attività, tuttavia esso ha fatto pure, in questa brevissima durata della sua vita, infinitamente più, di quello che avete fatto tutti voi a partire dai tempi di Caino con tutto il vostro costruire città e il vostro tormentare i fratelli, poiché il moscerino ha adempiuto la Volontà di Dio che in lui domina ed ha gioito con gratitudine di questa sua esistenza, per quanto breve, invece soltanto voi uomini, pur destinati ad una vita eterna, avete potuto dimenticarvi del valore che è insito in voi e, più ancora, dell’infinito valore dell’Amore santissimo del Dio santo ed eterno nel vostro spirito!!

10. Noi, esseri morti, ci rallegriamo e siamo grati della nostra muta e breve vita, mentre voi, viventi, potete provare gioia lambendo avidamente con la lingua l’immondizia della morte!

11. O Tu, grande e santo Dio, perché non hai piuttosto creato solamente iene, tigri, leoni, lupi e orsi che fanno sempre la Tua santa Volontà? Non avresTi mai dovuto pensare di creare nemmeno un solo uomo che, oltre a dimenticarsi della Tua Volontà santissima, avesse potuto dimenticare perfino Te stesso!

12. O voi, uomini dal bell’aspetto e dall’epidermide liscia, guardate qui e considerate la mia figura villosa, miserabile e ributtante. Non è forse come se fosse avvolta nella notte della maledizione di Dio, mentre invece la vostra è come se fosse avvolta nella Benedizione suprema dell’eterno Amore?

13. Ma com’è che da sotto alle spoglie della morte, si eleva gratitudine verso il Creatore, mentre da sotto al vostro involucro di benedizione, a Lui non pervengono che lo scherno, il sarcasmo, il disprezzo e addirittura il completo oblio?

14. Ma ciò deriva dal fatto che voi, mediante la vostra disobbedienza, vi siete ridotti ad essere un rifiuto dell’inferno, mentre la mia generazione, nel suo stato di completa servitù di fronte alla Potenza divina che vi precede già da molte migliaia d’anni sulla superficie della Terra, pur sotto l’oppressione delle sue condizioni selvagge, non è mai uscita da ingrata, dall’ordine che Dio le ha prescritto!

15. Oh, riflettete bene su queste parole di un animale feroce, ed innalzatevi quel tanto almeno da essere reputati degni del nome di ‘creature’, e vedete se un giorno riuscirete a farvi chiamare meritatamente ‘uomini’. Pensate poi quanto più alti e al di sopra di voi sono situati ancora i figli di Dio, e cercate di diventare, come anche dovreste, almeno simili, se non proprio uguali, a loro. Ora io ho terminato il mio dire. Voi, però, rimanete ancora ad ascoltare le parole di un’altra specie di animali! Amen!»

*

16. E vedete, dopo che la iena ebbe finito il suo energico discorso, una grande e poderosa tigre si avanzò furiosa, procedendo a sbalzi. Essa si arrestò davanti alla spaventata compagnia, la scrutò con sguardo terribilmente serio e poi, sferzando rapidamente l’aria con la coda, si rivolse a colui che fungeva da oratore e condottiero. Lo fissò per qualche tempo rigidamente, e infine spalancò le sue fauci micidiali incomincianhdo a parlare come segue:

17. «Sihin! Questo sia il tuo nome, cioè questo nome ti dica che tu sei un figlio del cielo terrestre, il quale è un cielo di animali che detengono, appunto, un’anima proviente dal fuoco del Sole, la cui anima è perfino divenuta atta a parlare alla vostra anima, che invece è un’anima donata da Dio, data a vostra grande vergogna dinanzi a me e a tutti gli avidi bevitori di sangue dei boschi e delle selve. Tale vostra anima, infatti, si è dimenticata del grande Donatore, mentre l’anima nostra non ha mai osato oltrepassare nemmeno di una linea i limiti del Suo Ordine, quantunque noi siamo dotati degli identici cinque sensi così come voi. Del resto, anche noi abbiamo una memoria e una brama, e distinguiamo la terra dall’acqua, il fuoco dall’aria, l’umido dall’asciutto; e percepiamo il divario tra il giorno e la notte, tra l’alto e il basso, il rapido e il piano, tra caldo e freddo. Noi pure, infatti, possediamo una vista molto acuta, dinanzi alla quale non può nascondersi nemmeno uno spirito corrotto, e ciò avviene perché quest’ultimo spirito, dinanzi ad essa, rimane come colpito da mortale spavento e china il capo inorridito, trovandosi al cospetto di un giudice sprezzante ogni timore, forte e inesorabile, che è venuto a compiere su di lui il primo smascheramento e a lacerare il suo palazzo di fango e a bere il suo sangue impuro, affinché le sacre montagne non ne vengano profanate.

18. Voi tutti avete visto con i vostri occhi quello che è accaduto all’esercito di Tatahar, non lontano da qui; credete voi forse che siano stati gli asini e i cammelli a proteggervi dalla nostra giusta furia? Oh, no, sareste in grandissimo errore se vi foste formati una simile opinione fondamentalmente falsa! Dio ci ha comandato di risparmiarvi, e non ci fu tra di noi nemmeno uno che non avesse immediatamente obbedito alla Volontà dell’onnipotente Creatore!

19. E voi uomini, che possedete non soltanto cinque fra i più nobili sensi, ma che nel vostro intimo siete vivificati oltretutto da un’anima immortale nella quale è presente uno spirito divino, come avete potuto dimenticare Dio e non considerare assolutamente il Suo Nome santissimo e la Sua Volontà?

20. O razza miserabile, o infami esseri umani, o vera putredine mostruosa su questa Terra! Dimmi: – cosa sei tu e che cosa vuoi diventare, qualora per te risulti annientato Dio, il santo, il tuo amorosissimo Creatore, Colui, grazie al Quale tu sei ed esisti come esiste pure ogni altra cosa? Egli, oltre a tutto ciò, ti ha donato, per immenso Amore, la più ampia libertà, e lo ha fatto allo scopo di attrarre un giorno proprio te, sempre più vicino al Suo amoroso Cuore di Padre, o rigurgiti infernali! Per questo, Egli, il Padre amorosissimo e santo, dovrebbe essere maledetto e dimenticato da voi? – Trattienimi, o grande Dio, affinché io possa adempiere questa Tua santa Volontà, perché sento abbandonarmi le forze alla vista di tali esseri mostruosi!

21. Guardate l’erba! Essa loda Dio, poiché pur nel suo mutismo, Lo riconosce; e voi, invece, pur godendo pienamente della vostra vivente libertà, non volete sapere niente di Lui! Già guardate queste montagne, guardate le pietre, guardate le acque, guardate noi; sì, tutto ciò che è percepibile ai vostri occhi, ai vostri orecchi ed agli altri sensi, loda, onora e glorifica Dio. E tutti i Cieli sono colmi della Sua grande Grazia, della Gloria e del Suo infinito Onore! Invece, di che cosa mai siete colmi voi, per averLo potuto bandire tanto completamente dai vostri occhi e dal vostro cuore?

22. E ora le mie parole sono finite! Non mi sarebbe possibile guardarvi più a lungo senza astenermi dal dare sfogo al mio giusto furore! Io perciò vi lascio, secondo il Volere dell’Altissimo. Mi limito soltanto ad aggiungere, in conclusione, che quando l’eterno Amore vi avrà tratti fuori dalle nostre grinfie – miti, se paragonate alle vostre mani ancora fumanti del sangue fraterno versato – Egli vi condurrà in libertà, per stabilirvi come un popolo della Terra, allora voi dovrete ricordare quello che vi ha detto e vi ha mostrato un giorno, per Volontà di Dio, una tigre crudele con i suoi occhi fiammeggianti e ghignante per una tremenda sete di sangue, ma che, considerata al vostro confronto, non è nient’altro che un agnello!

23. Perciò imparate dalla natura a scoprire la causa del perché il vostro cuore sia diventato muto nei confronti della voce di Dio, la quale è pure tanto squillante! Amen!»

*

24. E così, subito dopo che la tigre ebbe posto fine al suo discorso poderoso ed efficace, fu la volta del leone che se ne stava in agguato dietro una folta macchia e che, d’improvviso, sbucò fuori con un balzo gigantesco, venendo a piantarsi solidamente sulle sue zampe dinanzi agli occhi di Sihin, che già andava riprendendo un po’ di coraggio. L’animale, spalancate le sue fauci, cominciò anch’esso a parlare, dicendo: «Udite, o sordi, e vedete, o ciechi, voi che volete essere i potenti della Terra, voi, re possenti, principi e signori del mondo, nella vostra debolezza da moscerini! Secondo voi, quale sarebbe il primo dovere per una creatura libera che potesse far uso a suo piacimento delle forze concesse da Dio, alla quale non è posto né può esserlo alcun limite per pensare, attingendo all’amore del grande ed onnipotente Creatore?

25. Vedete, voi mi fissate irrigiditi come un masso di pietra e mi comprendete meno di un tronco d’albero fradicio! Non sarebbe forse il primo dovere quello di sforzarsi di conoscere la santissima Volontà di Colui che diede a voi, come a me, la vita e, precisamente, che diede a voi una vita immortale e a me invece una vita mortale, e di adempierla volonterosamente e riacquistare con ciò la Grazia perduta che voi avete consumato a causa della vostra crassa disobbedienza?

26. Avete mai fatto una cosa simile? O forse la state magari facendo adesso? Oh, no, non avete ancora mai riconosciuto Dio e, verso quello che non si conosce, si resta sollevati da ogni dovere; questa è la vostra spregevole consolazione!! Ma io qui devo dirvi e domandarvi: ‘Come vi è stato mai possibile, dimenticarsi di Colui che ogni giorno e ogni notte, tramite il Sole sorgente, la Luna e le chiare stelle, questi avrebbero dovuto ricordarvi la Sua grande maestà, annunciandovelo ad alta voce?’

27. Vedete, io sono un forte e feroce abitante di questa inospitale regione piena di pietre e di rovi spinosi e pungenti. Io devo vivere tra gravi stenti, e sono costretto dalla mia stessa natura ad andare in cerca di qualche nutrimento miserevole, e lo devo fare anche in maniera crudele. In più, devo accettare con gratitudine ciò che i giudizi di Dio mi concedono soltanto in misura parca, e quindi devo spesso tollerare e sopportare per intere giornate la fame più rabbiosa dentro di me. Perciò, anch’io vi dico, che se qualcuno nella mia grande miseria mi venisse incontro, anche solo con alcune gocce d’acqua per lenire la mia sete ardente e rinfrescasse la mia lingua inaridita, io lo seguirei colmo di gratitudine come fosse un angelo tutelare, dividerei con lui il mio ultimo boccone e sarei pronto a morire per amore di questo mio benefattore!

28. Invece voi uomini non solo percuotete, martoriate e uccidete i fratelli che lavorano per voi, ma siete perfino ingrati verso Dio, maledite la Sua Benedizione e condannate la Sua Grazia e tramutate il Suo universale Amore nell’immondizia velenosissima del serpente!

29. O Lamec, oh, Lamec! Tu volevi appiccare il fuoco ai boschi, e volevi questo per la ragione che noi fummo obbedienti alla Volontà del grande Dio! Ma cosa dobbiamo fare, noi, a te che hai dimenticato Dio e che hai assassinato i tuoi fratelli, volendo che venisse imputato a noi questo tuo delitto di sangue al cospetto del Giusto?

30. Vedete, noi animali feroci non cerchiamo la vendetta, nonostante i suoi piani ci siano ben noti. Soltanto voi, o uomini ingrati, concepite e volete la vendetta a spese degli innocenti! Imparate dunque da me a nutrire gratitudine e ad essere obbedienti a Dio, e solo dopo ciò uscite fuori e diventate finalmente quello per cui il supremo Amore divino vi ha creati, e a cui Esso vi ha chiamati! Amen!»

*

31. E vedi, quando il leone ebbe finito di parlare, avanzò anche un lupo, il quale cominciò a tenere un’altra buona predica a questa compagnia che si era ormai ben ridestata. Esso li richiamò seriamente al dovere dell’obbedienza e a quello del reciproco amore in Dio e verso tutte le Sue creature, dicendo:

32. «Guardate qui: dinanzi ai vostri occhi, ai vostri orecchi e al vostro cuore intimorito sto io, un lupo temuto e feroce, chiamato e suscitato dal grande Amore misericordioso dell’onnipotente e santo Dio – il Quale è la Forza eterna colmo della più perfetta Vita suprema, in Sé e fuori di Sé, ed invisibile a tutti gli esseri che si sono resi profani dinanzi alla Sua Grazia poiché Egli è il Santissimo – per indicare qual è il Suo santo Volere a voi che, in maniera tanto ignominiosa e fratricida, ve lo siete dimenticato a causa di tutto il vostro egoismo, della vostra brama di dominio e, per conseguenza, di ogni disprezzo di tutto ciò che avrebbe potuto anche minimamente ricordarvi l’esistenza del grande Dio e della Sua intangibile Santità.

33. Per questa ragione, a vostra immensa umiliazione e ad inesprimibile vostra vergogna, l’eterno Amore ha ispirato proprio noi, le bestie più disprezzate e temute, per predicarvi in primo luogo l’obbedienza in tutta mansuetudine ed umiltà; e in secondo luogo per mostrare a voi, creature cieche, in modo efficace e persuasivo e mediante tutto il nostro operare e ora pure mediante la Parola della nostra lingua, che per l’occasione ci fu sciolta, qual è la Volontà di Dio nei confronti di voi uomini che dovreste essere e divenire immortali.

34. E questa santa Volontà, nella quale si compendia ed eternamente si compendierà ogni forza e potenza, ogni sapienza, vigore e la più beata, deliziosa libertà, è la seguente: “Voi tutti siete perfettamente uguali dinanzi a Dio, e quindi siete fratelli e sorelle. Perciò nessuno deve mai immaginarsi, neppure in sogno, di avere un qualche diritto di superiorità in confronto agli altri”. Poiché nessun diritto speciale, come neppure una qualche altra forma di distinzione, possono essere mai conferiti né dalla forza, né dalla bellezza, né dalla giovinezza, né dalla vecchiaia, né dalla virtù, né dalla sapienza o da qualsivoglia altra dote particolare; tutte doti, queste, che si ricevono in dono, che voi le dovete unicamente impiegare trasformandole nel completo amore e devozione verso la Volontà divina, e soccorrendo reciprocamente chi è stato intenzionalmente meno dotato, affinché, attraverso questo operare reciproco e caritatevole, vi sia data occasione di esercitare la virtù divina dell’eterno amore del Creatore. Egli, infatti, è immensamente Buono, e il suo Amore è stato innestato in voi. Perciò, soltanto per purissimo ed immenso Amore, l’onnipotente Santità di Dio si lasciò indurre a creare fuori da Sé voi, uomini, che siete divenuti perfidi, ingrati e dimentichi sia di Dio che di ogni senso d’amore e d’onore. Poi Egli, per vostro amore, creò ancora un’innumerevole quantità di esseri, le cui svariatissime specie non si possono contare, affinché tutte queste altre nuove creature avessero a servirvi in ogni maniera possibile e immaginabile.

35. Ma voi, che siete colpevolmente tre volte ciechi e sordissimi, senza vedere né intendere niente di tutto ciò che avrebbe dovuto essere sempre stato unicamente una fonte di gioia per voi; invece la vostra ignominiosa e disordinata sensualità libidinosa e il vostro desiderio carnale vi ha ottenebrati in ogni parte gettandovi in tal modo fra gli artigli di una morte giustamente meritata!

36. Pensate dunque a quello che avreste dovuto e potuto essere e a quello che ora siete: – niente altro che larve miserabili e crisalidi di rettili infernali!

37. Dunque: – mutate i vostri sentimenti! Mettete ordine fra le vostre brame! Purificatevi con l’amore! Diventate l’uno verso l’altro, uguali nell’umiltà, nell’obbedienza e nella ben ordinata educazione dei vostri figli! Tralasciate le pratiche della fornicazione, ma generate invece i vostri figli con la Benedizione di Dio! E siate veramente per quest’ultimi, veri padri e madri nell’Amore e nella Grazia di Dio! Insegnate ai figli, anzitutto, ad obbedire al vostro savio amore e a trovare in esso il grande Amore, la santa Volontà ed anche l’inestimabile Grazia di Dio! E solo dopo questo, anche voi, uomini, riconoscerete che non siamo stati noi, gli animali feroci, ad ammonirvi e ad ammaestrarvi, bensì che è stata tutta opera dello stesso Amore divino, che per grazia, ha appunto indirizzato ai vostri orecchi tali Parole sante, pronunciate mediante la lingua stessa che ci fu sciolta!

38. E se voi diventerete come vi ha ora insegnato l’Amore del Creatore, eterno e santo, allora troverete capaci di parlare non soltanto gli animali, come succede nell’esperienza che state ancora facendo, ma comprenderete anche tutte le altre creature, e la morte svanirà dai vostri cuori, e con vividi occhi e orecchi bene aperti voi percepirete con grande chiarezza le profondità delle meraviglie divine. Considerate bene quello che qui un lupo, certo miracolosamente, vi ha predicato, e nei vostri cuori spezzati concentrate intensamente il vostro pensiero sul fatto di come tutte le cose siano molto facilmente possibili all’Amore eterno e alla Santità di Dio. Poi vi accorgerete, tramite la Grazia di Dio, che in voi ci sono ancora ben altre e ben più strane e rare cose. Amen!»

 

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Cap. 36

Il ricordo della disobbedienza di Adamo e la Grazia di Dio

 

1. E vedete, quando il lupo – fate ben attenzione, un lupo, ho detto – ebbe meravigliosamente terminato questo discorso, naturalmente pieno della Sapienza proveniente da Me, esso fuggì gioiosamente all’aperto, ed un enorme orso si vide apparire d’improvviso, secondo il vostro modo di dire come fosse “caduto dalle nuvole”, davanti alla compagnia ormai meditabonda e afflitta, ed esaminò le persone con sguardo confuso e irrequieto, quasi avesse voluto significare che il loro animo era tuttora simile ai suoi occhi, vale a dire irrequieto e confuso. Accennato perfettamente così al loro stato d’animo, anche tale animale, allora, aprì finalmente le sue fauci e, secondo la Mia Volontà, incominciò a rivolgere loro delle parole energiche e perciò molto convincenti e traboccanti di serietà e di dignità. E disse:

2. «Che cos’è Dio, che cosa siete voi, e chi sono io? Dio, l’Eterno, il Santo e l’Onnipotente creò tutto questo sterminato mondo visibile, con tutti i suoi soli, le terre, le lune, i mari, i monti, le valli e le grandi pianure, traendo tutto questo fuori da Sé, mediante la Sua onnipotente ed essenziale Parola; ed Egli pose sullo stesso pianeta, piante di ogni genere, come sarebbero le erbe, gli arbusti e gli alberi, e precisamente secondo il Suo sapiente Ordine, una dopo l’altra. Poi, successivamente, qualche tempo più tardi costituì, gradatamente e nello stesso ordine, anche animali di ogni specie immaginabile e vide che tutto ciò era buono, perfettamente in concordanza con la Sua Santità. Allora, il Suo Amore parlò in Se stesso a Dio nel centro della Sua infinita, onnipotentissima Santità, e disse:

3. “Ecco, ora tutto è preparato per il meglio; facciamo dunque anche l’uomo con l’argilla più fine della Terra, quale una perfetta immagine proveniente da Me, tanto secondo il Mio Amore, quanto secondo la Mia grazia, e facciamo questo affinché Noi possiamo essere riconosciuti e lodati da una vita autonoma fuori da Noi, ed affinché un giorno avvenga inoltre che anche ogni creatura, in questa vita autonoma e attraverso di essa, possa essere liberata per giungere così nuovamente alla libera coscienza della propria esistenza proveniente da Me e adeguata allo scopo!”

4. Ed ecco, come deciso, così anche fu fatto, immediatamente e completamente. E dopo pochi istanti apparve l’uomo libero, eterno, in tutta la sua splendida maestà, dotato di tutte le infinite perfezioni e di privilegi, con capacità ancora più grandi, finalizzate al raggiungimento delle perfezioni ancora più infinite del divenire simile alla sua prima santissima Origine, cioè per divenire simile al suo grande Dio, fuori e dentro ad ogni sfera di santificazione spirituale.

5. Egli aveva il potere di parlare con tutta la Creazione; non vi era un Sole tanto alto e tanto lontano che non avesse potuto intendere la sua voce potente e le sue domande, né il più alto fra gli spiriti angelici avrebbe osato restare in debito di una risposta al grande interrogatore e oratore.

6. E Dio, che era visibile Egli stesso al Suo prediletto, dialogava con lui come con un fratello dicendogli: “GuardaMi, o Mio diletto Adamo (infatti così si chiamava e si chiama questo primo uomo, tuttora vivente)! Non tanto per sottoporti ad una prova, bensì per renderti perfettamente libero e con ciò per farti in potenza pari a Me, come fossimo una cosa sola, Io ti do un lieve e semplice comandamento per un tempo assai breve. Questo Mio comandamento tu lo devi osservare durante il tempo da Me stabilito, trascorso il quale Io ritornerò subito a te, e se tu l’avrai fedelmente osservato, rimarrò presso di te e tu poi avrai tutto in comune con Me.

7. Vedi, tutto deve inchinarsi dinanzi alla tua potenza, però osserva là, a non molta distanza c’è un albero carico di bellissimi frutti, e questo albero per una ragione molto savia Io non l’ho ancora benedetto! Perciò per prima cosa tu non devi assaggiare il dolce succo della mela, perché il giorno in cui tu ne mangerai prima del Mio ritorno per la benedizione, tu peccherai, ti corromperai e ti renderai debole, fiacco, cieco, sordo e mortale! O Mio diletto Adamo, considera bene le parole del tuo amorosissimo Creatore e non guastare l’opera massima del Mio Amore e della Mia Sapienza, opera che è già tanto progredita!

8. Poiché ora, ciò non dipende più da Me, né da tutta la Mia Onnipotenza, ma solamente ed unicamente da te, per mezzo del difficile atto di conferimento da parte Mia a te della libertà del tuo volere.

9. Dunque, ora tu puoi conservarti oppure rovinarti! Adempi perciò a questo Mio lieve comandamento e divieni, successivamente e in tal modo, un secondo Dio fuori da Me e in Me!”

10. E vedete, il giorno si avvicendò appena sette volte con la sua compagna priva di luce, e già questo primo uomo, che Dio aveva collocato tanto in alto e che lo aveva dotato di tanta libertà, divenuto debole, sordo e cieco dalla voluttuosa, rovinosa vista del suo secondo io, e tuttavia consapevolmente, si dimenticò di Dio – a suo proprio, massimo danno – e intenzionalmente divenne disubbidiente al Comandamento, così facile e così pieno di supremo Amore, del suo Creatore tanto buono e santo.

11. Per questa causa, l’Eterno e Santo si accese d’ira e distrusse tutta la Creazione visibile al cospetto del peccatore ora pentito. Non fu risparmiata nemmeno una pietra che avesse avuto la grandezza di una mela; come pure non fu risparmiato nessun animale che fosse già vissuto migliaia d’anni prima dell’uomo irriconoscente, e che avesse pur vissuto pieno di riconoscenza sulle pianure ancora magre della Terra. Ogni cosa trovò il completo inabissamento nel mare sconfinato del Fuoco dell’ira divina.

12. Per Dio, niente era più sacro. Colpevole o innocente che fosse, era un tutt’uno per la Sua immensa ira. Sopra, e in tutti gli spazi infiniti, la Sua voce tremenda e possente tuonava la sentenza dell’annientamento eterno di tutte le creature. I mondi tremarono, e si sciolsero nelle loro fondamenta. Dinanzi alla Faccia adirata di Dio le macerie volavano da un’infinità all’altra, fra ululati e lamenti spaventosi.

13. Tuttavia, giunte le cose a questo punto, avvenne quello che nessun angelo, in tutte le eternità dei tempi, potrà mai concepire. Mentre Egli, il Santo, con la Sua Destra aveva annientato tutto nell’ira a causa della profanazione del peccato commessa dal grande sacrilego, la Sua Sinistra, ugualmente santa, si estese a proteggere il peccatore piangente! E solo una piccola lacrima del peccatore cadde nell’occhio di Dio tanto spaventosamente arroventato dall’ira. E vedete, così ogni ira svanì, e già una nuova Creazione in tutti e da tutti gli sconfinati spazi, sorrise agli uomini disobbedienti; e le terre e tutti i mondi pullularono nuovamente giubilanti di innumerevoli creature, al servizio dell’uomo disobbediente.

14. E come lo era stato prima del suo peccato, così l’uomo rimase ancora favorito dalla Grazia dopo il peccato, ancora per quasi più di trent’anni, in ogni incomprensibile potenza e forza. Ma poi l’uomo (Adamo) cadde nuovamente, essendosi dimenticato, nell’ebbrezza del piacere superbamente, del suo Creatore tanto colmo d’Amore. Il Creatore lo cacciò (cioè portandolo sulle Sue mani) fuori dal Paradiso, mentre invece il deserto dovette rifiorire in un altro posto sotto i passi del grande peccatore.

15. Il Creatore punì Caino, il fratricida, conducendolo in un paese fertilissimo, e lo fece perché questi aveva pianto sulla sua perversa azione. Per di più liberò lo stesso Caino dalle grinfie di suo figlio Hanoch e gli fece dono del mare e di ogni paese; la stessa cosa Egli fece con Meduhed e con il suo gran popolo. E ora il Suo infinito Amore si dimostra ancora una volta in voi, e il Suo Cuore non rimane affatto chiuso neppure per il maggiore fra gli scellerati, ossia per Lamec!

16. Oh, vedete, vedete o indegnissimi uomini, quale immenso Amore nutriva Dio per voi? Ed Egli conserva sempre i medesimi sentimenti a voi favorevoli, malgrado tutti i vostri peccati che non si possono nemmeno descrivere!

17. Udite la Sua voce, che vi annuncia per bocca mia la Sua Grazia! Guardate là verso Mezzogiorno il grande paese già preparato per voi; vedete come Egli vi ha invisibilmente protetti, tenendovi stretti al Suo immenso ed amorosissimo Cuore, dal nostro stesso giustissimo furore!

18. E ascoltate: – non appena le parole che mi sono state comandate cesseranno e voi cadrete piangenti dinanzi al Suo Amore, Egli, mediante un angelo, vi afferrerà visibilmente e vi condurrà dolcemente in quel bel paese che ho appena menzionato.

19. O uomini, pensate a quello che è Dio, a quello che siete voi e a quello che invece potete e dovete essere, grazie al Suo infinito Amore! Ma nella vostra grazia presso Dio, pensate pure a quello che siamo noi, poveri e spregiati animali, ed abbracciate con il Suo Amore disinteressato tutte le creature, come fa Lui – il Quale non soltanto è il vostro Creatore, come pure il nostro, ma vuole essere veramente, come già da ben lungo tempo era ed è, un vero Padre, anche prima che il mondo e noi stessi fossimo creati – e riflettete: – anche noi, esseri muti e senza linguaggio, gioiamo della vita. Perciò nel vostro amore proveniente da Dio lasciate contemplare pure a noi, nel grande giorno che verrà, una nuova luce della vita libera che proviene da Dio, vita nella quale tutte le creature devono vivere e vivranno anche in eterno!

20. E ora prostratevi dinanzi a Dio, il vostro Padre santo, e spargete lacrime di pentimento nel vero amore. Poi però lasciatevi sollevare con il cuore colmo di lode, dalla dolce Mano dell’onnipotente Creatore, che ora è anche il vostro amorosissimo Padre, e lasciate che la Sua Destra benedicente vi conduca nel paese designato. Là diventerete un popolo, così come la Sua santa bocca vi insegnerà ad essere, attraverso le labbra di un grande angelo fratello! Amen!»

21. E vedete, quando l’orso ebbe compiuto il suo discorso, sparì rapidamente alla loro vista e nello stesso istante al suo posto comparve un angelo in una bianca veste di luce. E questo angelo era il pio Abele, che in verità, aveva già parlato invisibilmente attraverso l’anima degli animali (ciò accade sempre ogni qualvolta un qualche oggetto naturale acquista la parola mediante la bocca di un veggente e profeta. Succede così, che un qualche angelo parla dall’oggetto, o all’anima del veggente e profeta, poi questi si esprime per mezzo di corrispondenti parole naturali, scrivendole egli stesso, oppure ancora più facilmente enunciandole subito in forma concisa, e in tali casi certo solamente il veggente e profeta comprende il perché l’una cosa sia più difficile e l’altra più facile. Ed è appunto anche per questo motivo che già gli stessi apostoli ebbero più a parlare che a scrivere, come tutti i veggenti e profeti che li avevano preceduti).

22. Quando, dunque, queste quattordici persone d’ambo i sessi ebbero constatato la presenza dell’angelo, per Mia ispirazione, questi cominciò ad indirizzare loro parole molto miti e parlò in modo fedelmente vero, come segue, cioè:

23. «O figli di Caino, il mio fratello che fu malvagio, che vive ancora e che vivrà corporalmente attraverso gli avvenimenti di tutti i tempi della Terra fino alla fine di ogni tempo, irraggiungibile per ogni mortale fino a quando si annuncerà prossima la fine di ogni perfidia, quando ai tardi discendenti, dopo il grande Tempo dei tempi, l’Onnipotente rivelerà grandi cose per mezzo di un piccolo veggente, e farà particolareggiata menzione del vostro malvagio capostipite (ciò che sta avvenendo adesso e che è già avvenuto), considerate bene quello che io qui vi dirò e che qui manifesterò secondo la Volontà santissima di Dio, dell’eterno, onnipotente Creatore, come anche Padre amorosissimo di tutti gli angeli, dei padri e degli uomini! Voi avete appreso le parole quanto mai preziose dalle bocche degli animali più feroci che Dio ha ammansito per mezzo mio, e che ha dotato di un linguaggio per voi che eravate più guasti di tutti questi animali, e diveniste tali per la grande scelleratezza del serpente di Hanoch, e ora, specialmente, anche a causa di Lamec. Quest’ultimo è diventato un grande autore di nefandezze; dinanzi a lui, ormai, tutta la Creazione nutre il più profondo orrore. Sul collo di Lamec, infatti, gravano pesanti, quanto mondi, i giudizi di Dio, ed hanno un occhio attento rivolto al vaso delle iniquità che è posto sopra le stelle e che è già diventato quasi del tutto colmo.

24. Infatti voi eravate e siete tuttora gli ultimi che, costretti, doveste riunirvi all’esercito dei serpenti di Tatahar, e ciò avvenne contro la vostra volontà un po’ migliore. Ora, l’incommensurabile Amore di Dio ha avuto misericordia di voi, tanto che vi ha fatto riconoscere in primo luogo l’enormità dei delitti di Lamec, il negatore di Dio, nella sua sconfinata e ambiziosissima furia di dominio. Poi Egli vi condusse fin qui, miracolosamente e in breve tempo, facendolo per una via tanto lunga che un uomo a passo normale avrebbe potuto percorrere appena in centoventi giorni. Tutto questo avvenne, inoltre, dopo avervi anzitutto salvati dalle micidiali grinfie delle bestie feroci, là dove l’infame Tatahar trovò invece il suo giusto giudizio. Poi ancora, attraverso la morte Egli vi mostrò la vostra stessa morte. Ebbene, ora ha mandato me a voi, io che già da lungo tempo sono vivente in modo assoluto, e questo avvenne per ridestarvi dal sonno della morte e per mostrarvi la vita nell’umiltà e nella costante, volonterosa e libera obbedienza alla santissima Volontà di Dio, nonché per guidarvi in un paese che l’eterno Amore di Dio ha ben preparato per voi. E quando nell’amore per Lui vi sarete perfettamente riconosciuti in tutta umiltà, solo allora, tramite la Grazia che vi sarà concessa, riconoscerete pure il vero, il santo e il grande valore della vita che si trova in voi, cosicché da questo valore giungerete alla conoscenza del santissimo e massimo valore nell’eterno Amore del Creatore santo e onnipotente, di ogni cosa e dell’amorosissimo Padre di tutti gli angeli e di tutti gli uomini non solo di questa Terra, ma anche di tutti gli altri innumerevoli mondi dei quali voi finora non avete ancora avuto mai la benché minima idea, dato che solamente ai figli e agli angeli di Dio è concessa la conoscenza di ciò.

25. E tuttavia verrà un giorno in cui i mondi si inchineranno addirittura dinanzi a questa Terra, quando la sua luce diverrà maggiore di quella di tutti i Cieli, dal momento che in tale luogo, un giorno, la Santità di Dio risplenderà su tutti i popoli di buona volontà. E se voi vi manterrete fedeli nell’umiltà e nella volonterosa obbedienza alla santissima Volontà del Padre grande ed eterno, questa luce perverrà perfino a voi e vi renderà perfettamente viventi. Tuttavia, se voi vorreste innalzarvi l’uno al di sopra dell’altro, allora questa Luce chiarissima e santissima fra tutte, che si irradia dalle più intime profondità di Dio, giungerebbe fino a voi alla stessa stregua di quanto accade con la luce del più lontano Sole della Creazione nella più tenebrosa notte della Terra.

26. Vedete, i discendenti di Lamec a causa del loro orgoglio, raggiungeranno ben presto il firmamento con il loro capo, lo spezzeranno con la loro infame, cieca e sorda ostinazione come scellerati tenebrosi e malvagi, appunto dove si trova proprio quel grande vaso, molto fragile, che ormai è già quasi del tutto pieno di nefandezze. Poi questo grande vaso precipiterà sulla Terra pieno di peccati e dei Giudizi più tremendi di Dio, e allora tutti i malvagi saranno affogati e soffocati nei flutti melmosi della fornicazione e del delitto. Essi trascineranno con loro un numero grandissimo di figli di Dio che si saranno lasciati avvincere nei loro cuori dalle figlie del Serpente e che avranno praticato con loro l’ignominiosa pratica della fornicazione e avranno generato figli dell’ira e della maledizione divina, che saranno chiamati figli dell’inferno ed infanti del dragone, e allora non saranno risparmiate più di otto persone in tutto (con il Diluvio).

27. Tuttavia, prima che tutto questo accada, il Signore farà venire, durante un periodo di trecento anni, dei maestri e dei profeti, che li ammoniranno a guardarsi dai Suoi Giudizi, e che predicheranno loro la penitenza per il perdono dei loro peccati e per il radicale cambiamento della loro vita apparente, piena di morte nella notte dell’inferno, tali messaggeri indicheranno loro la traccia della vera vita, fuori dall’Amore misericordioso e dalla Grazia infiniti di Dio, ed anticiperanno loro, apertamente e perfino nei dettagli, il tipo degli imminenti, gravi Giudizi di Dio.

28. Tuttavia, accadrà che la malvagia razza metterà le sue empie mani su tali maestri e profeti, in parte uccidendoli, e in parte avviluppandoli con le sue braccia di serpente, traendoli cioè nelle profondità dello stagno putrido delle sue fornicazioni e li corromperà uccidendoli nello spirito, tanto da renderli essi pure assassini dei loro figli. (a Lorber: ‘Come succede ora da voi, nei vostri clubs e nei luoghi di divertimento che, davvero, a Me risultano quanto mai sgraditi!’)

29. Poi Dio concederà che l’ultimo maestro di nome Mahal, un fratello dell’unico giusto figlio di Dio, chiamato Noè, vale a dire il “figlio giusto”, debba, su sua spontanea richiesta, percorrere ancora una volta le città dell’abominio per predicare in esse. Questi però farà cattive esperienze, diverrà cattivo ed alla fine abbandonerà Dio e perirà nella pantanosa putredine.

30. Solo allora il vaso già menzionato, essendo colmo dei peccati e del giudizio, dovrà spezzarsi, e il carico di tutte le maledizioni verrà scagliato sulla Terra per incendiarla in tutti i suoi punti più perversi fuori dal suo centro. E solamente per amore dei pochi giusti rimasti, la Misericordia di Dio aprirà poi le cateratte poderose del Cielo, e i flutti diverranno enormi al punto che si accavalleranno fin ad oltre le più alte montagne. Questo avverrà per mitigare i fuochi dell’inferno e per la conservazione e purificazione dei figli, come pure per la conservazione della Terra stessa, ossia per renderla atta a portare una generazione migliore, secondo la Volontà di Dio.

31. Tuttavia voi non sarete visitati né dal fuoco né dalle acque, se voi presterete obbedienza in umiltà alla Volontà di Dio, che ora vi si è rivelata, e che, in tutto amore, si compendia così:

32. “Il vostro primo pensiero sia Dio, la Sua Volontà, il Suo Amore e la Sua Grazia, e quando il giorno si adagerà tra le braccia scintillanti delle stelle della notte, e quando l’ultimo raggio del bel Sole di Dio andrà dolcemente spegnendosi sulle ampie distese della Terra, allora, in questo contemplante pensiero di luce del vostro spirito immortale, abbandonatevi al riposo benedetto del vostro corpo.

33. Non è necessario che vi diate sollecita cura riguardo al nutrimento del vostro corpo, perché, quando il Signore ha benedetto un qualche paese della Terra, là gli abitanti non avranno mai da soffrire la fame, purché ogni giorno sia loro premura mantenere costantemente dinanzi agli occhi e nel cuore soltanto la santissima Volontà, che tutto benedice, del Padre grande ed eterno. E questo è lo scopo per cui gli uomini sono stati creati, e cioè per riconoscere Dio e la Sua santissima Volontà, e perché vivano secondo questa, e perché nella parola e nella pienezza delle loro opere abbiano a lodare e a glorificare il Nome santissimo del grande ed eterno Dio!”

34. E se voi farete così in tutta umiltà e nella spontanea obbedienza per puro e disinteressato amore verso Dio, allora anch’Egli sarà sempre pronto a manifestarvi in grazia il Suo santissimo Volere. In parte farà questo mediante il linguaggio della natura, in parte però lo farà anche in modo diretto tramite la Sua Parola vivente che si annuncerà con voce ben distinta nei vostri cuori.

35. Ma se voi avrete tralasciato di fare così anche per un solo giorno, in un’apparente autosufficienza che avrà lo scopo di mettervi alla prova, allora colui il cui cuore avesse potuto dimenticarsi di Dio, verrà gravato anzitutto con un senso di tristezza che funge da buona ammonizione, e rimarrà muto per sette giorni come un albero imputridito. E così come avviene che il suolo della Terra sotto i passi dell’uomo docile ed obbediente farà mutare e porterà la frutta più nobile fino alla sua bocca, così ugualmente la terra sotto i passi del disobbediente si ridurrà a deserto e non renderà che polvere, pietre, spine, triboli e bacche velenose.

36. Infatti, l’infinito Amore e la Sapienza di Dio danno a ciascuno il suo; ed è perciò che i figli onesti e docili avranno pane, miele, latte e dolci di frutta, tanto corporalmente che spiritualmente, mentre al contrario, la razza disobbediente e orgogliosa del Serpente avrà pietre, polvere, spine e triboli e bacche velenose sia per lo spirito che per il corpo, affinché la razza malvagia perisca e lo spirito morto, possibilmente, si conservi e quindi, a poco a poco, riviva nell’infinito Amore misericordioso del Padre grande ed eterno, e Lui solo, santissimo sopra ogni cosa.

37. Vedete, voi tutti siete uguali. Uguali voi uomini e uguali voi donne! Tuttavia voi donne dovete tenere ben coperte le vostre parti vergognose, come pure tutto il vostro corpo, ma particolarmente dovete tener coperto il vostro capo, affinché, a causa della lascivia del vostro essere, l’uomo non venga incitato alla lussuria come il serpente, il quale, tramite la grande e misteriosa brama che irradia dai suoi occhi seduttori, può allettare i liberi uccelli dell’aria nella mortale prigionia delle sue fauci colme di veleno, poiché voi donne, prima di ogni altra creatura, siete figlie del Serpente e siete tutte colme del suo veleno. Siate perciò innanzitutto costumate, come la femmina dell’ape che non osa venire alla luce del Sole con il suo essere, ma giorno e notte, si arrampica preoccupata sulle cellette dei suoi figli innocenti, così dovete essere anche voi, obbedienti in tutto ai vostri uomini nella misura in cui lo richiede la Volontà di Dio. Tuttavia qualora un uomo, e ciò non si dovrebbe neppure pensare, volesse costringervi a fare qualcosa contro la santissima Volontà di Dio, sarà anche a voi permesso di scoprire il vostro capo dinanzi all’uomo per richiamarlo amorevolmente ai suoi doveri che traggono origine da Dio. E se voi adempirete scrupolosamente a tutto ciò, allora il Signore colmerà anche voi di grazie immense, e voi diverrete con indicibile bellezza spirituale una delizia agli occhi del Padre eterno e santo, e questo avverrà in modo immortale e per l’eternità.

38. A voi uomini, però, altra legge non vi sia data all’infuori della santissima Volontà di Dio altissimo, la quale si manifesterà sempre a voi. Però, chi mai tra voi dovesse disconoscere tale Volontà nel suo petto, dinanzi a questi la stessa bocca di Dio, nonché quella della natura, si chiuderanno gradatamente. Allora a un tale, dopo che avrà distolto lo sguardo da Dio per badare a ciò che è esteriore, verrà imposta una legge pure esteriore, che, conseguentemente, lo renderà schiavo del peccato e servitore dell’inferno, se egli stesso non vorrà spezzare subito l’orgogliosa durezza del suo cuore purificandolo nell’umile pratica dell’obbedienza, e poi, supplicando nuovamente e pregando a lungo, egli porterà con timore e amore, lo stesso suo cuore davanti a Dio, affinché Egli si compiaccia di ribenedirlo e riconsacrarlo con la Sua santissima Volontà. (nota bene: Questo sia anche per voi un buon segno del come e del perché dovete aspirare alla rinascita!)

39. E ora rialzatevi e indossate queste vesti che i figli di Dio hanno preparato per voi, queste sono per gli uomini e queste altre sono invece per le donne. Tali vesti sono di genere diverso tra loro affinché tramite questa diversità vi possiate distinguere per quanto concerne il sesso, e questo anche nella stessa foggia del vestire. Ciò avvenga costumatamente, pudicamente e civilmente. Però resti del tutto lontana da voi ogni idea di sfarzo e di vanità, dato che la veste ha soltanto lo scopo di coprirvi e di proteggervi corporalmente contro il freddo nelle notti fresche, ed essa serve per portarvi spiritualmente verso Dio nel calore dell’eterno amore, della mansuetudine e dell’obbedienza.

40. E qui, ora ciascuno di voi prenda una fascia e con questa si bendi gli occhi, affinché nessuno sia colto da vertigine passando accanto agli abissi per i quali vi condurrò. E quando ci troveremo al luogo designato, potrete ridonare la libertà alla luce dei vostri occhi ed ammirare in grande letizia la vostra patria d’adozione, squisitamente allestita dall’immenso Amore del Padre, quanto mai buono e santo. Là vi ristorerete con il cibo prodotto dalla Terra e mangerete dalle mani di due dei grandi figli di Dio, un uomo e una donna, che sono già là per attendervi per rinvigorire eternamente il vostro spirito. – E ora seguitemi, secondo la santissima Volontà di Dio! Amen!»

41. E vedi, così il Mio diletto Abele li condusse molto rapidamente, per sette giorni e sette notti, fino al luogo destinato, e per un tratto di strada che altrimenti poteva essere percorso in più di trenta giorni di cammino, e precisamente senza alcuna sosta e senza prendere cibo. Essi erano Miei ospiti e, come voi usate dire, volavano loro i polli arrostiti in bocca, vale a dire che Io nel frattempo li nutrivo spiritualmente. Lo spirito, poi, rafforzava l’anima, e questa a sua volta rinvigoriva il corpo, e tutto avvenne in maniera che, per virtù di questo Mio vero Cibo celeste, essi poterono resistere molto bene.

42. E così, quando essi furono così giunti sani e salvi al luogo stabilito, vennero loro incontro i due figli di Dio, ovvero i figli del Mio Amore che li attendevano, cioè Ahujel e sua moglie Aza, (nomi che significano rispettivamente il figlio del Cielo e la muta e giusta brama). Essi erano nipoti dei figli di Adamo, da Set. Ebbene, costoro levarono ad essi le bende dagli occhi e, molto amichevolmente, diedero il benvenuto ai nuovi arrivati. Allora questi quattordici piccoli si stupirono molto di trovarsi dinanzi ai due grandi figli del Mio Amore, i quali avevano una giusta misura d’uomo, cioè seicentosessantasei pollici (quasi 17 metri, ma siritualmente – vedi il cap.37,1!) l’uomo e sessantasei in meno la donna (oltre 15 metri - spirituali!), mentre i salvati avevano appena la vostra misura, cioè sessanta pollici (150 cm - spirituali).

43. E quando essi furono nuovamente in grado di adoperare completamente i loro occhi e i loro orecchi, l’angelo riprese a parlare, e disse: «O figli, questo è il luogo della vostra destinazione e questi due grandi figli di Dio considerateli come i genitori che Dio vi ha dato e seguiteli in ogni cosa, poiché proprio questa è la Volontà di Dio su cui nell’occasione del mio primo discorso dovetti tacere di fronte a voi!

44. Questi due vi daranno sempre conferma di quanto Dio dirà nel vostro cuore, e saranno sempre pronti a ridestarvi se il sonno accennerà ad insinuarsi nel vostro spirito, e vi insegneranno molte cose utili che vi saranno di grande vantaggio, tanto materialmente che spiritualmente. E voi non dovete mai accostarvi sessualmente tra voi, mai prima che questi due, che considererete ormai quali vostri genitori, vi abbiano benedetti secondo la santissima Volontà di Dio. E quand’anche sarete stati benedetti, rimanga tuttavia lontano da voi ogni fornicazione, ma invece la vostra fronte si adorni della castità come di un sempreverde, e mai la discordia, l’ira, l’invidia, l’ambizione e la lussuria profanino la generazione santificata dei loro figli; ma la vostra norma sia in ogni occasione moderazione in tutto, e l’amore per Dio sopra ogni cosa. Se voi farete così, la vostra vita corporale durerà a lungo, e il vostro congedo dalla Terra avverrà nella grande Luce della Grazia infinita del Padre eterno e santo. Dopo tale congedo, voi ascenderete dove vi attenderà subito la vera ricompensa della vita eterna, ossia nell’ampio Grembo del Padre santissimo e amorosissimo, là negli alti cieli sopra le stelle. E un giorno, finalmente, ascenderete nel Suo Cuore stesso traboccante d’Amore!

45. Ma di tutto ciò vi verranno date maggiori notizie da parte dei vostri nuovi genitori, i quali sono perfettamente istruiti da Dio e non hanno bisogno, di fronte a voi, dei miei suggerimenti! L’Amore di Dio vi benedica, e la Sua Grazia vi illumini, vi santifichi e vi conduca alla vita! Amen! Amen! Amen!»

46. Ed ecco, questa è la fondazione del paese di Sina o Cina, il quale, risparmiato dal diluvio, ancora oggi, preso nel suo complesso, è molto migliore di tanti altri paesi della Terra, se si fa eccezione di alcuni folli peggioramenti che furono introdotti più tardi, in seguito al contatto con altre genti del perfido mondo. Qualcuno che non sia rinato non osi mai andare a predicare il Mio Vangelo in questo paese! Amen!

 

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Cap. 37

Storia delle origini del popolo cinese

La grande muraglia

10 agosto 1840

1. Prima che noi facciamo ritorno ad Hanoch, Io devo necessariamente esporvi ancora qualcosa di più dettagliato sul conto degli abitanti della Cina. – Dunque, vedete e notate anzitutto che, per quanto concerne l’altezza dei grandi figli del Mio Amore di discendenza adamitica, quello che voi vi immaginate è erroneo qualora riteniate che qui sia stato fatto cenno ad una grandezza fisica d’uomo, mentre il numero seicentosessantasei pollici rappresenta il numero perfetto del Mio Amore nell’uomo. I pollici denotano semplicemente la misura del buono derivante dall’amore per Me. E di questi pollici, ne sono destinati a Me seicento; poi sessanta per il prossimo e infine sei per se stessi. E la misura della donna è pari alla misura divina che è nell’uomo; tuttavia, nell’amore per il prossimo e per se stessi, nella donna c’è una differenza di sessantasei unità e, per quanto riguarda ciò, la donna deve perciò obbedire incondizionatamente all’uomo. Dato che essa è formata fuori dall’uomo quale amore di se stesso, così avviene che essa non può amarsi se non attraverso l’uomo, se il suo amore vuole essere giusto. E poiché essa è la più prossima all’uomo, anche l’amore del prossimo che prova la donna è principalmente nell’uomo, e da ciò deriva la differenza.

2. Del resto, questi due, come tutti i figli di Adamo, erano di fatto, anche per quello che concerne il corpo, considerevolmente più grandi in confronto ai figli di Caino – dato che quest’ultimi risultavano di parecchio più indeboliti – e molto più robusti e potenti in tutti i loro muscoli, nelle loro vene e nei visceri.

3. (nota bene: La somiglianza, però, del numero dell’uomo con quello del Mio avversario proviene dal fatto che in quest’ultimo la proporzione è completamente invertita, per rappresentare l’essere più spregevole ai Miei occhi).

4. Ora, vedete, siccome Sihin era stato il primo a rivolgere a Me il suo animo, egli divenne pure il più docile figlio di questi genitori e guidò pure gli altri con ogni cura per le vie dell’obbedienza. Perciò Ahujel, in presenza di Aza e di tutti gli altri, benedicendolo per primo nel Mio Nome, disse:

5. «Sihin, io ti benedico nel Nome del mio e del tuo Dio! Il paese nel quale abiterai dovrà chiamarsi con il tuo stesso nome. Prendi in moglie la più bella fra le tue sorelle e con lei genera, in tutta la più benedetta costumatezza, dei figli simili ai figli di Dio. E chiama i maschi “Figli del Cielo” e le femmine “Figlie della Terra”; e quando l’Amore di Dio toglierà via dalla Terra la mia grande generazione, siano allora gli amorevoli e saggi tuoi discendenti a far da guide ai futuri discendenti dei tuoi fratelli!

6. Cerca il vero Amore, e ti sarà data la sapienza, e il tuo ceppo non morirà fino alla fine di tutti i tempi, perché il Signore concederà molti rami al tuo ceppo, affinché il tuo nome viva fino alla fine di ogni tempo.

7. A te non è data che una donna, tuttavia, con il susseguirsi dei tempi, gli uomini potranno prendersi in tutta onestà anche altre donne per la procreazione delle generazioni, tuttavia sia ben lontano da voi ogni fornicazione e una procreazione di specie non benedetta. E se voi osserverete tutto ciò, il vostro popolo diverrà in mille anni tanto numeroso quanto lo è l’erba della Terra e come le stelle del cielo.

8. Io, con i miei pochi discendenti, vi benedirò e vi guiderò ancora per cinquecento anni, ma poi toccherà a te fare altrettanto fino alla fine dei tempi. Il tempo però lo misurerete prendendo a base la maturità di un frutto che viene a maturarsi cinque volte durante un giro della Terra intorno al Sole. E ogni volta che avrete riconosciuto una cosa, guardate dentro voi stessi e là vi troverete un segno; e con questo segno dovrete sempre significare rappresentativamente la cosa esteriore. Le vostre azioni, però, voi le esprimerete mediante diverse linee, e farete questo in armonica rassomiglianza e corrispondenza; mentre il compimento delle stesse azioni dovrà essere indicato con dei punti. In questa maniera dovrete segnare tutto quello che in futuro ancora udirete ed imparerete da noi; e quello che sarà necessario lo mostrerete pure ai vostri figli, fino alla fine dei tempi, a grande testimonianza, un giorno, della malvagia razza del Serpente. Amen!»

9. Tuttavia, sempre a causa della libertà dello spirito di cui continuava a godere, accadde che anche questo popolo non rimase sempre lo stesso. Contando circa centoventi anni dopo il diluvio, i discendenti di Sihin crebbero ugualmente quale popolo molto numeroso, ma purtroppo essi si vennero a trovare molte volte in dissidio tra loro, e così si formarono dei partiti che si differenziavano nelle usanze e nel servizio divino. Alcuni sostenevano che soltanto i primogeniti erano capaci di guidare e governare; altri, invece, sostenevano che la primogenitura non era affatto qualcosa di preminente, poiché spesso si verificavano delle primogeniture femminili e, di conseguenza, ritenevano che la capacità di dirigere avrebbe dovuto sempre essere fatta dipendere essenzialmente dal cuore più assennato. Questo argomento, poi, veniva colto al balzo da altri fra il popolo, che dicevano: «Se si tratta soltanto della qualità del cuore, perché della direzione del popolo non può essere capace anche il cuore savio di un fratello minore?» – Qualcuno però rigettava tutto ciò, e diceva: «Com’era da principio, così deve restare fino alla fine dei tempi!». – Altri ancora affermavano che in ogni tempo e in ogni dove era necessario rivolgersi sempre a Dio per consiglio e che non si doveva mai agire e giudicare arbitrariamente. Ma ce n’erano degli altri che obiettavano dicendo: «Se è così, ciò lo può fare chiunque. A che scopo, dunque, occorre un singolo oppure una pluralità di dirigenti?». – Altri sostenevano con convinzione che Dio non si manifesta a tutti, affinché gli uomini non giungano al punto di poter fare a meno l’uno dell’altro. – Ma altri ribattevano: «Allora, che ciascun veggente insegni quello che ha appreso, e poi si lasci a Dio la direzione del popolo; dunque a che scopo servirebbero diverse guide?». – Ed altri, dal canto loro, osservavano: «Ma chi ci garantisce che un tale veggente e maestro, che si atteggia a essere superiore, pronunci proprio sempre la Parola di Dio?». – Ed ancora altri dicevano: «Eh, se ai maestri non si può e non è lecito credere incondizionatamente, allora, per noi i maestri e le guide è come se non ci fossero!». E di tali arzigogolate opinioni, tutte in polemica tra di loro, ne sbucavano fuori in quantità, per questo avvenne che si formarono un gran numero di sette e così l’impero si scisse in svariatissimi rami, a seconda del modo di governo e di dottrina. Così frazionato, il Paese durò fino all’anno tremilasettecento dopo la comparsa di Adamo, nel qual tempo sorse, come è già noto ai vostri storiografi, il costruttore della muraglia di protezione di Hehu-Tsin, di nome “Tschi-Hoang-Ti” (la saggia ed unica guida del popolo). Costui cominciò a tenere possenti prediche al popolo, ed inoltre profetizzò loro che un grande popolo, insediato non molto lontano dai confini del loro paese, era venuto in segreto a spiarli; per cui, se non si fossero uniti strettamente tutti quanti assieme per costruire lungo l’intero confine dell’Impero una muraglia alta e grossa, allora questo popolo nemico avrebbe fatto irruzione nel loro paese e l’avrebbe invaso con masse grandi e potenti, per sterminarli tutti.

10. Tale guida disse poi che egli stesso aveva ottenuto da Me il potere di trattenere questa invasione finché la muraglia fosse compiuta, cioè per il tempo di dieci anni, e perciò sostenne che essi avrebbero dovuto impiegare ogni diligenza per compiere al più presto possibile quest’opera grandiosa e santa, la quale gli era stata rivelata secondo la Mia Volontà. Altrimenti se così non avessero fatto, sarebbe loro accaduto del male.

11. Allora tutti coloro che erano disponibili si accinsero con zelo alla realizzazione dell’opera di fortificazione, e in otto anni e mezzo la muraglia si trovò compiuta per una lunghezza di ottocentosettantamila altezze d’uomo. Essa misurava nove altezze d’uomo di larghezza, era alta diciannove altezze d’uomo; e da cento in cento unità di misura d’uomo essa era munita di una torre di guardia, più alta ancora di dieci altezze d’uomo. In quest’ultima torre dovevano continuamente fare la guardia, dandosi il cambio, delle compagnie di cento uomini l’una. Tale cosa certamente non durò troppo a lungo, perché questo falso profeta ebbe a tradirsi da solo dinanzi al popolo, facendo raccogliere tutti gli scritti religiosi e distruggendo e bruciando tutto quello che in essi non era confacente al suo genuino spirito dispotico.

12. Con tali mezzi gli riuscì certamente di riunire e consolidare il suo potere su questo immenso Impero, prima di lui molto frazionato, ma ottenne tutto questo ricorrendo soltanto alla forza. Dunque, egli signoreggiò sul Paese come un vero usurpatore, e lo fece per sessant’anni. Suo figlio, che portava il suo stesso nome, divenne tiepido e cedevole, ma in compenso, il figlio di costui, ovvero il terzo successore di questi due usurpatori, dovette scontare con la vita i suoi gravi delitti, e questo accadde in occasione di una generale sommossa del popolo, avendo egli voluto continuare l’opera di persecuzione contro gli onesti, e in maniera ancora più crudele di quanto non l’avesse già iniziata il suo avo.

13. Poi l’Impero si scisse nuovamente in varie parti, finché, finalmente, nell’anno del mondo 3786, Liehu-Pang (un brigante) radunò intorno a sé un esercito di suoi simili, alla testa dei quali soggiogò tutti, imponendosi infine come unico dominatore (l’imperatore) e quale figlio del cielo. Per quanto gli fu possibile, egli raccolse scritti e leggende antiche che erano ancora nascoste, istituì la religione, costituì dei sacerdoti che dovevano sorvegliare il santuario, ed infine suddivise il popolo in determinate caste e classi, i cui limiti non era mai lecito sorpassare, pena la morte.

14. Fu in tale maniera che egli fondò il cosiddetto Impero “celeste”, ovvero la grande dinastia (Han) e ampliò quest’ultima verso (Ovest (l’Occidente) perfino oltre la grande muraglia, e tutto avvenne in modo assai considerevole. E così questo Impero durò fino al quarto secolo che precedette la grande Incarnazione del Mio Verbo. Dopo, però, si verificò nuovamente una divisione abbastanza profonda e in questa occasione l’Impero perdette una parte rilevante della Tartaria e della Mongolia, e si divise in tre diversi imperi, i quali furono ostili l’uno verso l’altro, e furono chiamati “Tschenkue”. Ancora più tardi, nel quarto secolo dopo la grande Incarnazione del Mio Verbo, questa stirpe si estinse, e l’Impero, pur mantenendo inalterata la sua qualifica di “celeste”, passò sotto la signoria mongolico-tartara, proveniente dai dintorni del lago Baikal, a causa del popolo e del sacerdozio. E sotto questo governo più sopportabile, il popolo di tale paese si trova ancora al giorno d’oggi.

*

15. E così ora avete qui, in brevi parole, esposta tutta la storia della Cina. Chi è duro di fede, faccia un viaggio laggiù e si persuada; però non ne ricaverà molto di più che se volesse andarsene nel Giappone. A chi è cieco, non serve a niente viaggiare e visitare luoghi, anche se cercasse intorno con un lanternino in mano in pieno giorno, al veggente invece è sufficiente la luce del Sole!

16. E ora, poiché ormai abbiamo in tal modo provveduto alla conoscenza dei nostri quattordici scolari, facciamo ritorno ancora una volta e per breve tempo ad Hanoch, per esaminarvi ancora un po’ le pazze faccende e gli armeggi di Lamec. Quando ce ne saremo saziati fin quasi alla nausea, arrivando così ai tempi di Noè, noi muoveremo un passo indietro e faremo una breve visita al progenitore Adamo, e subito dopo apriremo la porta del Cielo. Amen!

 

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Cap. 38

La famiglia di Lamec

 

1. Voi potete immaginarvi molto facilmente come, per effetto di tali considerevoli emigrazioni, sia Hanoch come le rimanenti altre dieci città si trovassero quanto mai spopolate, e come Lamec, avendoci rimesso tutto il gruppo dei suoi fedeli dei quali si era tanto vantato, vedesse ridotta al nulla o quasi la sua potenza, alla quale tanto teneva!

2. Se voi considerate attentamente questa circostanza, non farete molta fatica ad ammettere che Lamec, almeno per i trent’anni del suo regno, dovette per necessità applicare corde più dolci al suo violino, affinché il popolo gli si rendesse di nuovo soggetto e ricominciasse a lavorare per lui, allo scopo che egli potesse divorare a piacimento i frutti così accumulati in compagnia dei suoi senza una preoccupazione al mondo, proprio come farebbe un maiale e come un bue da ingrasso.

3. Ora, la sua famiglia consisteva nelle sue due mogli, cioè Ada e Zilla, (vale a dire “la ben consigliata virtù nella lietezza d’animo” e “la tacita rassegnazione e tolleranza”). Ada aveva due figli, cioè Jabal (il padre degli abitanti delle capanne ai piedi dei monti) e Jubal (il musicista, inventore della zampogna e del violino, strumento quest’ultimo che non era molto dissimile dal vostro attuale, ma che allora consisteva soltanto in un pezzo di legno che egli aveva faticosamente lavorato con degli utensili affilati, tratti dalla pietra).

4. E Zilla, invece, aveva un figlio di nome Tubalkain e una figlia chiamata Naeme. Avendolo concesso per Mia grazia, egli divenne maestro nella lavorazione dei metalli. Naeme, invece, domava gli animali selvaggi e con ciò rendeva possibile a suo fratello e ai suoi aiutanti l’accesso alle montagne ricche di minerali. Ella era immensamente bella in tutto il suo corpo, ed aveva un’anima estremamente umile ma tanto più coraggiosa; e nei suoi occhi era insita una grande forza, tanto che dinanzi al suo sguardo le pietre più solide si rammollivano come cera e i denti durissimi delle belve diventavano come le piume della tortora.

5. Vedi, questa era la famiglia di Lamec e con lui erano pochi i servitori che gli erano rimasti. In tutto vi erano alcune cameriere, nonché qualche concubina senza valore. Dunque, tutto compreso, vi erano all’incirca trenta persone, le quali, senza eccezione, dovevano lavorare con molta diligenza per ottenere qualcosa da mangiare e per coprire il corpo; e ciò avvenne per la durata di circa trenta anni. Dopo questo periodo, più a causa delle utili invenzioni che non richiamato da Lamec, il popolo cominciò a ritornare ad Hanoch per comperare là degli utili oggetti di metallo, e ciò avveniva tramite la pratica del baratto. Dalle altre dieci città, poi, affluiva gente per ascoltare la musica di Jubal, che addolciva il cuore e lo rendeva di nuovo ben disposto verso Lamec. Così pure la grande bellezza di Naeme attraeva tutti i cuori, e colui che non avesse potuto vederla era stimato infelice e ne restava talmente desolato da piangere e lamentarsi per intere giornate.

6. Ma affinché voi possiate convincervi di come ciò fosse stato possibile, Io voglio farvi una breve descrizione della sua persona.Naeme corrisponde a quella stessa figura che nell’antichissimo e tenebroso paganesimo passò alla leggenda quale consorte di un certo fabbro, e che fu la dea della bellezza, con il nome speciale di “Venere”. Dal tempo di Sara e di Rachele, per quanto concerne la bellezza del corpo, non è mai apparsa sulla Terra una figura così bella come quella di Naeme. L’altezza della sua persona era di cinque piedi, secondo la vostra misura. I suoi capelli erano più neri del carbone. La fronte era bianca come la neve caduta di fresco e la carnagione era dolcemente rosea verso gli occhi. Gli occhi erano grandi e di un azzurro perfetto; la pupilla nerissima e scintillante. Le palpebre erano fresche e dolci; come pure erano nere le sopracciglia. Il naso era diritto, e la sua linea andava perdendosi, delicata e dolce, verso le narici, la cui perfetta curvatura conferiva al viso un incantevole aspetto. La bocca era grande proprio quanto un occhio; e la contemplazione delle sue labbra, dolcemente rilevate, avrebbe messo in ombra qualsiasi rosa. Intorno alle sue guance, bellissime e di giusta proporzione, sembrava aleggiare un sereno e perpetuo sorriso, ed esse lasciavano trasparire una tonalità d’incarnato di un roseo tenue e dolcissimo, come se tutte le rose avessero concorso a formarne la tinta. Si sarebbe detto che tale colorazione d’incarnato fosse derivante da una rosa ricoperta lievemente di neve, quando questa, per così dire, concede all’ultimo raggio d’amore della regina dei fiori di accarezzare la fresca superficie dal brillante candore. Così era anche il mento che era quale nessun altro di forma terrena. Il suo collo non era né troppo lungo né troppo corto, ma perfettamente proporzionato, liscio e rotondo, senza la più piccola macchia. Il principio del petto era distinto dal collo solamente per un marcato sollevarsi della linea del petto stesso, delicatamente rigoglioso. E così pure le spalle e la nuca; tutto godeva di una proporzione ideale. Il seno sembrava un’esuberanza vitale, nivea ed eterea, piuttosto che una forma di carne; e sulle sue rotondità, dolcissime e d’un rigoglio maestoso, sembravano sbocciare due pure e fresche rose. Le sue braccia erano così piene e morbide, che voi non potreste farvene nemmeno la più pallida idea, poiché braccia simili non si trovano che in Cielo. E in queste ideali proporzioni era totalmente armonizzato anche tutto il resto del suo corpo, soffuso di un niveo candore, splendente di una dolcezza e morbidezza eteree.

7. Ora questa Naeme divenne moglie del proprio fratello, che con lei generò sette figli, i quali però erano molto goffi e deformi nell’aspetto ed avevano molta analogia con i vostri cosiddetti cretini. La causa di ciò era però da ricercarsi nel fatto che Naeme, secondo la volontà del proprio padre, doveva ben spesso prestarsi con il suo corpo a pratiche di fornicazione per appagarne i disegni progettati secondo l’avidità di dominio, perché proprio con questo mezzo tutta la popolazione maschile si rese nuovamente sottomessa a Lamec. Infatti tutti gli occhi erano rivolti solamente a Naeme, e tutti gli orecchi, di conseguenza, non udivano che i comandi tirannici di Lamec. Naeme rimase, fin nel suo ottantesimo anno d’età, oggetto costante dell’ammirazione umana, ed entro questo tempo il popolo si era nuovamente accresciuto di numero, ed obbediva di nuovo ad ogni cenno di Lamec. E Lamec, avendo visto come egli era nuovamente diventato potente, ricominciò ad adottare sistemi sempre più severi e duri; e per i riottosi decretò crudelmente perfino la pena di morte, alla quale abbiamo già accennato prima.

8. Appunto al tempo di Naeme si effettuò da parte dei figli di Adamo, dietro Mio ordine, il primo invio di un buon messaggero dalla montagna, il quale ebbe il mandato di recarsi nelle pianure di Hanoch per annunciare dappertutto il Mio Nome, e in particolare, appunto, alla corte di Lamec. E vedi, Lamec accolse bene questo Mio messaggero. Ora questo messaggero era un discendente di Adamo, proveniente dal ceppo dei nipoti di Adamo da Set, e il suo nome era Hored ed era grande e saggio, e non aveva né moglie né figli. Lamec, dopo aver inteso gli insegnamenti di Hored, rientrò in sé e, volendo rendere a un tal messaggero un grande onore, fece radunare tutta la corte femminile e lo pregò di scegliersi la donna più bella. E vedi, allora, contro la Mia Volontà, Hored guardò la moglie di Tubalkain e questa dovette ad ogni costo obbedire al comando di Lamec.

9. Poiché, quantunque Naeme avesse allora già quasi ottant’anni, tuttavia essa era tanto bella che al suo paragone una vostra attuale fanciulla, nel fiore dei suoi diciotto anni, avrebbe dovuto nascondersi nel più profondo della notte. In quanto a Tubalkain, era già comunque da lungo tempo abituato all’infedeltà, e quindi non prese tale cosa troppo a cuore, anzi, tanto meno se ne dispiacque dal momento che Hored stesso ebbe a promettergli che, in primo luogo, gli animali selvaggi non avrebbero potuto più nulla contro di lui, grazie alle armi che aveva a sua disposizione e anche per merito della sua veste di metallo; e gli promise, in secondo luogo, che gli avrebbe procurato diversi robusti aiutanti dalle montagne i quali lo avrebbero difeso, e poi gli avrebbero insegnato come si dovevano lavorare veramente i metalli per trarne fuori ogni tipo di cose utili.

10. Con ciò anche Tubalkain si dichiarò soddisfatto, e la cosa fu in tal modo vergognosamente risolta. Poi Hored abbandonò Hanoch con la sua donna e fece ritorno alle montagne.

11. Ma per quanto riguarda gli aiutanti delle alture, la questione rimase allo stato di promessa, perché Hored con la sua donna non si fece più vedere presso i suoi, ma si era cercato, invece, una sede solitaria allo scopo di sfuggire alle invidie che la sua felicità avrebbe potuto suscitare.

12. Però, in seguito a questo inganno, Tubalkain si vide costretto ad accordarsi con suo fratello (fratellastro) Jabal, figlio di Ada, per fare con lui causa comune, e per indurlo a costruirsi delle capanne ai piedi dei monti e a stabilirvisi quale guardiano. Fu in questo modo che Jabal divenne noto [col nome] di “abitante delle capanne”.

13. Così essi edificarono un’officina in piena regola per la lavorazione dei metalli e si misero a fabbricare oggetti di vario genere, in parte di utilità e in parte anche di ornamento, oggetti eleganti e splendenti che andavano a ruba in cambio di frutta. Anzi, da quasi tutte le città e da tutto il resto del paese, la gente accorreva alle sicure capanne e là faceva acquisti dettati o dalla necessità oppure dal lusso, e tutti erano molto affezionati a Tubalkain, e conducevano a lui i loro figli, perché apprendessero l’arte dei metalli, in modo che in breve tempo la popolazione delle capanne si accrebbe tanto che Lamec ne fu intimorito.

14. Infatti, egli pensava tra di sé: «Cosa posso o cosa devo fare ora? L’azione che io ho compiuto a danno dei miei fratelli grava acutamente su di me come una forte spina sul mio petto. Il ‘gran terribile’ della montagna, che è divenuto mio secondo genero, mi ha rinfacciato aspramente il mio delitto, ed egli mi ha comandato di dichiarare al popolo questa nefandezza. Ma se io obbedisco, allora non sono più sicuro della mia vita; e se non faccio così, avrò Dio e i Suoi grandi figli della montagna contro di me, i quali mi annienteranno per la mia disobbedienza»

15. Ed ecco che allora una voce potente parlò fuor dal suo petto, e disse: «Rivelalo alle tue mogli e dì loro: “O voi, mogli di Lamec, udite le parole e considerate bene quello che ora vi dico: “Io ho ucciso un uomo con una percossa, e il colpo è ricaduto su di me; e poi ho colpito l’altro giovane, ferendolo a morte, e ora la ferita si è aperta in me. Se Caino sarà biasimato sette volte, Lamec lo sarà settantasette volte!”».

16. E vedi, così Lamec trovò giusto e così fece come la voce gli aveva comandato. Ma quando le sue mogli ebbero appreso le sue parole, inorridirono tanto da restarne da quel momento mute, e anche per questa ragione esse non poterono raccontare niente a nessuno di tutto ciò. Però, dopo qualche tempo lo abbandonarono di nascosto e si avviarono a rifugiarsi presso i loro figli che vivevano nelle capanne. Ma, prima che giungessero là, furono fermate da due abitanti delle montagne, allora esse riacquistarono la parola e furono condotte sulle sacre alture dei monti dai medesimi due.

17. E non appena furono giunte sui monti, esse chiesero subito notizie di Naeme, ma le guide risposero loro che Hored si era eclissato ai loro sguardi, per infedeltà e invidia, e che non era stato dato loro ordine di rintracciare il luogo dove egli si trovava, forse rincantucciato come un verme. Aggiunsero inoltre, che se avessero tutte voluto lasciarsi benedire da loro, essi le avrebbero accolte come mogli, poiché Ada aveva centodieci anni e Zilla appena cento, ed erano ancora due superbe bellezze, ed all’aspetto erano tali come, nel tempo attuale, potrebbe apparire una giovane perfettamente sana nel suo ventiquattresimo anno di età.

18. Allora esse ricevettero la loro benedizione e diventarono così le loro mogli, e poi con i loro nuovi mariti si avviarono verso la dimora di Adamo, che a quel tempo aveva già raggiunto l’età di novecentoventi anni, per ottenere benedizione anche da lui.

19. E quando Adamo li ebbe scorti, con voce commossa disse: «Udite, o figli dei figli dei miei figli, io, senza eccezione, conosco tutti i miei discendenti che stanno sotto la mia benedizione, ossia secondo la benedizione di Abele che provenne dall’eterno Amore, ma non conosco queste due donne! Da dove vengono?». – E i due risposero: «Esse sono le mogli proscritte di Lamec che hanno ripudiato il suo misfatto».

20. E Adamo allora parlò e disse: «Che cosa dite mai? Io conosco il figlio di Matusalem (Lamech) e questi è dell’età di appena centoventisei anni e ancora non ha mai conosciuto donna!

 

 

Qui in questo punto del testo in una delle prime edizioni stampate del GFD era stata inserita una nota del primo editore che riportiamo: (Nota bene del Signore del 25-6-1841: "Qui, però, 126 anni non indicano l'età, ma si riferiscono soltanto ad uno stato nel quale l'uomo non ha ancora il giusto rapporto che è 100 per Dio, 10 per il fratello e il prossimo, e uno per se stesso! Se tu capisci il calcolo, facendo i conti troverai quando l'uomo è atto alla rinascita. Lamech non aveva mai conosciuto donna perché egli in spirito non stava sul gradino che è posto come fondamento dell'Ordine eterno. Anselm W. Huttenbrenner ha solo 137 anni; si deve togliere ancora qualcosa dal sette e dal tre. Amen! – Questo lo dico Io, vostro Padre. Amen! Amen! Amen!".) – [Nota dell’Editore tedesco: Matusalem aveva allora 233 anni e Lamech 46. Cfr. cap.110, verso 7] [8]

 

Come suonano dunque queste vostre parole? Sia maledetta la menzogna e la bocca che l’ha proferita e la lingua che si muove a dire cosa non vera dinanzi al cospetto di Dio! Per la maledizione di Caino, l’assassino, parlate dunque. Da dove vengono queste donne?»

21. «Non adirarti, o padre Adamo!», risposero essi, «Anche dal grembo di Caino è sorto nella pianura maledetta un Lamec, ed è questi che ha assassinato due suoi fratelli. Queste donne sono rimaste pie ed oneste nella maledizione, perciò il Signore ci ha suscitati per salvare il perduto. E se abbiamo fatto la volontà dell’Alto, non adirarti, o padre, ma piuttosto benedici ciò che il Signore ha salvato!»

22. E vedi, Adamo allora si commosse e così parlò: «Quello che il Signore ha salvato, è già benedetto e quindi la mia benedizione non sarebbe che un sacrilegio; andatevene dunque in pace! Come mai dovrebbe dispiacere a me quello che piace a Dio? Conservate perciò i tesori dell’eterno Amore e della Misericordia! Amen!»

 

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Cap. 39

Principio e cause della decadenza dei figli delle alture

 

1. E vedi, essi poi si ritirarono dal primo padre e se ne andarono e custodirono questi tesori nei loro cuori quasi con troppo ardore, così tanto che per Me non rimase disponibile in questi che un piccolo spazio soltanto, cosa che, naturalmente, non risultava assolutamente più in armonia secondo il Mio Ordine. In questo modo il loro cuore gradatamente si ottenebrò; ed essi diventarono sempre più sensuali. E simili a loro crebbero anche i loro figli, in modo che ben presto non ci fu che una lieve differenza tra loro e gli hanochiti.

2. E quando i figli di Adamo ebbero osservato queste donne e visto che erano straordinariamente belle, chiesero ai due da dove fossero venute.

3. Questi risposero: «Provengono dalla pianura di Hanoch, laddove ce ne sono molte migliaia, le quali sono sorte tutte dal sangue di Caino! Andate dunque laggiù ed annunciate dappertutto il Nome del Signore, ed otterrete ricompensa uguale alla nostra. Hored vi andò e fu ricompensato; noi vi andammo pure e il nostro premio ci sta legato fortemente al cuore!». Essi poi domandarono notizie di Hored, ma i due risposero: «Fratelli, il nostro amore ci ha resi ciechi nella sua dolcezza benedetta, perciò non sappiamo dove egli abbia rivolto i suoi passi. Tuttavia crediamo che egli abbia preso la stessa via di Ahujel e di Aza, e voi sapete che là non si può arrivare prima che il Sole non si sia levato e tramontato ottanta volte[9]; tuttavia non c’è alcun interesse ad invidiarlo nella sua felicità, ma è importante che voi facciate la Volontà di Jehova e che andiate ad Hanoch, e là è anche opportuno che voi annunciate con voce possente il Suo santo Nome; e poi la ricompensa non vi verrà negata». E coloro che intesero tali parole erano sette di numero, e scesero alla pianura.

*

4. Prima di continuare, però, noi daremo ancora un’occhiata a quello che accadeva nelle pianure di Hanoch, e qui li attenderemo prima ancora che essi abbiano il tempo di manifestarsi completamente, e di cominciare ad agire nel Mio Nome, tuttavia non per essere stati chiamati a questo scopo ma soltanto per curare i loro interessi mondani.

*

5. Ora vedete, Lamec non aveva ormai più nessuno che lo consolasse. Nessuna cosa gli andava più a genio, la musica faceva tremare la sua coscienza, e nelle dolci vibrazioni armoniche gli pareva sempre di udire gli ultimi sospiri dei suoi fratelli assassinati; e il suono della cornamusa penetrava come un pugnale nel suo cuore di pietra. Perciò egli malediva Jubal per avere costruito un tale misero strumento che con ciascun suono non soltanto l’uccideva sessantasette volte, ma gli arrecava sempre mille volte la morte. Per questo fatto, dato che in ogni occasione rendeva tanto inquieta la coscienza di Lamec, Jubal dovette abbandonare la corte e fu obbligato a non farsi più vedere, se mai avesse voluto ancora attribuire un qualche valore alla sua vita.

6. Neppure le più belle concubine di Lamec, per quanto fossero attraenti, erano più in grado di riguadagnare il benché minimo favore presso di lui, e perciò esse stracciarono le loro vesti, piansero e se ne afflissero. Ma quando Lamec se ne accorse, si recò da loro e disse: «La mia Ada è partita, e la mia Zilla non c’è più. Cosa devo fare di voi? Uscite fuori ai campi e lavorate, affinché il vostro stomaco non rimanga vuoto ad Hanoch, e anche perché non succeda che voi periate alla mia corte, poiché io non ho più bisogno di nessun altro che di me stesso! Se io possedessi la mia potenza, allora il Sole, la Luna e le stelle tutte dovrebbero inchinarsi dinanzi al mio furore. Invece, dal tempo di Tatahar io sono diventato così debole che nemmeno attraverso le molte esecuzioni, ordinate secondo la mia legge, io posso più ricostruire la mia perduta potenza. Io quindi intendo allontanare tutto da me per restarmene solo con i miei pochi servitori e consiglieri. E voglio limitare il mio governo alla mia sola città. Tutto il resto, dunque, se ne stia senza leggi e liberissimo. E chiunque vorrà avvicinarsi alla mia corte, sarà punito con la morte!

7. E ora alzatevi e andatevene, affinché non siate le prime ad andare incontro ad una tale sentenza, e nessuna osi oppormi nemmeno una parola, se non vuole vedermi spegnere il mio furore nel suo sangue!»

8. E vedi, allora egli si ritirò precipitosamente, e le fanciulle, che erano 30, bellissime e dai venti ai 40 anni di età, si allontanarono. Quando esse si trovarono all’aperto, si sedettero a terra, e fra di loro si consigliarono su quanto avrebbero dovuto fare; ma non potevano giungere ad alcuna decisione favorevole (riflessione)[10]. E vedi, mentre esse a questo modo andavano fantasticando, si accorsero d’improvviso di essere circondate da sette uomini grandi e vigorosi, e perciò furono prese da grande spavento per quest’insospettata sorpresa. Ma quando quegli uomini videro il loro imbarazzo, indirizzarono loro le seguenti parole:

9. «Non spaventatevi, o giovani e leggiadre figlie, perché niente di male potrà accadervi! Noi non veniamo da Hanoch per riportarvi verso la morte, ma veniamo dall’alto, dai monti e vogliamo salvarvi; e se voi consentirete, confessando il santo Nome di Jehova, a lasciarvi benedire da noi, noi vi accoglieremo quali moglie dilette, in grazia dell’Amore di Dio, Padre onnipotente del padre nostro Adamo. Però sarà necessario che poi voi ci seguiate sulle alture, là dove Naeme se n’è andata con il grande Hored, e dove, tra le braccia tutelari e sicure di Aholin e di Gioliele, due fratelli, Ada e Zilla, che prima erano mogli di Lamec, il crudele fratricida, si trovano ora felici»

10. Allora le fanciulle si alzarono e dissero: «Noi siamo in trenta e voi non siete che in sette. Se ciascuno di voi non può prendersi che una moglie, come una volta abbiamo sentito dire, è legittimo chiedere cosa dovranno fare al vostro fianco le altre ventitré?»

11. E i sette risposero: «Le cose non stanno così come credete! Quantunque in origine – come ci ha insegnato il nostro progenitore Adamo, ancora vivente – non siano stati creati che un uomo e una donna, grazie alla forza dell’onnipotente Amore di Dio è stato tuttavia concesso da Dio a noi figli di prendere anche quattro, cinque e anche più mogli, e questo accadde per ragioni di procreazione. Dunque, non datevi alcun pensiero per questo, ma lasciate che noi vi benediciamo, e poi, voi seguiteci!»

12. E vedi, quando le fanciulle ebbero inteso queste parole, ne furono immensamente liete, e subito si misero a seguire gli uomini. E quando ebbero raggiunto del tutto le alture, questi sette non seppero come dividere tra di loro i tesori dell’amore che si erano conquistati. Allora si prostrarono a terra sulle loro facce e chiesero consiglio a Me. Ma, ecco, allora comparve Set vicino a loro, che disse: «Alzatevi e non vogliate tentare Dio con cuori spergiuri, per chiedere al Santo come dovreste ripartirvi tra di voi una preda impura, ma andatevene piuttosto da Adamo, e là pentitevi del vostro errore. Dividete poi le donne tra i vostri fratelli, e fate questo soltanto dopo che il padre Adamo le avrà benedette, affinché in tal modo compariate giusti al cospetto di Dio, poiché voi sapete che Dio è santo e che il Suo paese non deve essere profanato né dalla disobbedienza né dalla libidine dei vostri cuori colmi di vanità!»

13. E vedi, dopo tale ammonizione i sette andarono con le fanciulle, accompagnati da Set, e giunsero dinanzi alla dimora di Adamo. Essi trovarono Adamo ed Eva, assorti in preghiera per Me, con a fianco Enos (“il predicatore del Mio Nome”) che era figlio di Set, e a fianco dei progenitori c’era anche Enoch (“la Volontà di Jehova”), il piissimo figlio di Jared. Allora Set riferì subito al padre Adamo quanto era accaduto e lo pregò di avere misericordia del sangue di Caino, allo scopo di ristabilire con ciò l’ordine che era stato turbato dai sette.

14. Ma Adamo disse: «O Abele-Set, diletto figlio mio, certo tu sei un’immagine fedele del mio buon Abele; tu sei come lo era lui, pieno d’amore, secondo il mio sentire! Lui, infatti, per amore benedisse il suo uccisore, e tu ora cerchi benedizione per il sangue del mio nemico!

15. Sii dunque mille volte benedetto, o destato seme di Dio, e con questa benedizione benedici a tua volta il sangue tanto profondamente profanato e distribuisci poi il sangue tra i figli! E come piace al Signore, ciascuno si prenda una fanciulla e non di più, però non rimanga qui nel paese di Jehova, bensì se ne vada lontano, verso il tramonto (l’Occidente), per trenta giornate di cammino, e scenda nelle valli profonde per stabilire là la sua dimora, e non deve fare ritorno ai padri che dimorano qui prima che il Sole non abbia compiuto cento volte il circolo del suo viaggio. Tu, o mio caro Abele-Set, colmo come sei della Grazia di Jehova, sai già come sia santo questo luogo. In esso, infatti, viene spesso proferito il santo Nome di Dio da ciascuna bocca, in esso si trova il tuo altare, dal quale, da parte di Enos, viene annunciata la santa Volontà del supremo Padre santo e dove questa santa Volontà viene fino al suo ultimo punto adempiuta da Enoch. Opera dunque secondo quanto ti ho detto nel Santissimo Nome di Jehova, e fa questo pure nel mio nome, che è un nome santo, poiché lo ricevetti dalla Sua santissima Bocca, in quanto io sono il primo uomo non nato, bensì creato dalla santa mano di Dio!

16. L’amore ti sia di guida, e la grazia ti conduca in eterno! Amen!»

17. E vedi, Enos ed Enoch accompagnarono il padre Set fuori dalla capanna di Adamo. Ed Eva piangeva di gioia nel vedere Adamo tanto felice, e gli disse: «Adamo, quanto sono lieta ogni volta che ti vedo davvero contento! Ma, poi, se considero di nuovo me, ridivengo triste quando mi si riaffaccia alla mente la gravità del mio peccato e l’immenso male che questo ha già causato. Quanto grande sarà poi questo male presso i discendenti di Caino! Oh, Dio! Quale grande peccatrice sono io!»

18. Adamo però le rispose, confortandola: «O mia cara moglie, mio secondo io, il tuo cordoglio è sempre giusto e gradito al Signore. Perciò datti pace nel tuo cuore e pensa che noi, senza Dio, non possiamo nulla, ma con Dio invece, come Enoch ci insegnò, noi possiamo tutto. Perciò senza Dio noi non potremo mai trovare vera pace, ma per questa ragione dobbiamo anche offrire tutto in sacrificio al Signore. Vedi, Egli è potente, saggio e pieno d’Amore, e perciò saprà trovare i giusti mezzi per raddrizzare nuovamente quello che per causa nostra si è piegato e contorto. Non darti affanno dunque, perché l’Amore del Signore rimetterà ogni cosa in ordine, a suo tempo! Amen!»

19. E vedi, allora la progenitrice rese grazie ad Adamo, ed egli la benedisse per l’ultima volta con il Mio Nome, poi il primo genitore (Adamo = 930 anni!) visse ancora dieci anni; ella però ne visse ancora trenta (Eva = 950 anni!).

20. Frattanto Set aveva fatto come Adamo gli aveva consigliato, però i sette scoppiarono in pianto udendo che si sarebbero dovuti allontanare. Set, la qual cosa dispiacque molto nel suo cuore, si gettò a terra sulla sua faccia e Mi implorò, dicendo in cuor suo: «O Jehova! Vedi, le lacrime di questi figli mi bruciano, e tuttavia il mio amore non è che odio se paragonato alla Tua infinita Misericordia! Oh, indicami tu, per bocca di Enoch, che cosa devo fare, oppure lascia che, come avvenne con Abele, io muoia per non vedere le lacrime dei figli destinati all’esilio! O Jehova! Esaudisci anche questa volta, e come sempre, la mia preghiera! Amen!»

21. E vedi, Enoch volse lo sguardo al Cielo; ed Io gli aprii la bocca, ed egli cominciò a parlare e disse: «Io ho rivolto il Mio orecchio alla Terra, ed ho inteso bene l’amore di Set. Se i sette daranno le fanciulle ai loro trenta fratelli celibi, ed essi vivranno ancora in castità dieci anni, rimangano; ma se non vogliono fare così, fuggano lontano dalla Mia Faccia come Adamo ha loro ordinato! Amen!»

22. E come i sette ebbero appreso tale cosa, si rasserenarono e gioirono nei loro cuori e lodarono e glorificarono Dio per tanta immensa Grazia e, con grande allegria, condussero le fanciulle ai loro fratelli, accompagnati da Set, Enoch ed Enos.

23. Ma quando i fratelli ebbero visto queste fanciulle, temettero, perché non sapevano come sarebbe finita quella faccenda, e perciò si rifiutarono di accogliere le donne. Ma, avendo Io scorto la condiscendenza dei sette, così parlai per bocca di Enoch:

24. «Io ho scrutato i cuori di voi sette, ed ho visto che sono disinteressati e si sono rallegrati di poter procurare gioia ai vostri fratelli; perciò tenetevi le fanciulle, e che esse siano benedette a causa del vostro cuore e della sua generosità, e ciascuno ne abbia quattro, all’infuori dei due più anziani che ne avranno cinque; però il tempo della castità venga ugualmente osservato! Amen!»

25. E vedi, allora Set, Enos ed Enoch li benedissero e li lasciarono, lodando il Mio Nome, e poi se ne andarono da Adamo a narrargli l’accaduto.

 

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Cap. 40

Adamo racconta la sua caduta

14 settembre 1840

1. E come Adamo ebbe udito il racconto di Set, di Enos e del piissimo Enoch, ne gioì enormemente, poiché vide quanto più sublime e quanto più nobile è il Mio Amore rispetto all’amore di tutti gli uomini. E la sua meraviglia non fu poca allorché, da ciò che gli veniva narrato, dovette dedurre che il Mio Amore si era abbassato perfino sulle pianure della maledizione, fino alla scivolosa progenie del Serpente. Così Adamo, commosso fino nelle sue più intime fibre, pronunciò il seguente discorso, e tali sue brevi parole rimasero famose per un lunghissimo tempo, cioè fino al tempo del diluvio. Tuttavia non fu preso nota per iscritto di tali parole, ma esse furono tramandate di bocca in bocca. Ecco dunque le parole di cui si tratta:

2. «O figli miei! Aprite bene gli occhi ed osservate le estese campagne della Terra che ora, fino a dove può arrivare il vostro sguardo, sono già quasi dappertutto popolate dai miei figli benedetti! E guardate ancora in basso e considerate tutte le oscure e vastissime pianure; e guardate là verso il Mattino quell’altissima montagna sempre in fiamme! Abbracciate con il vostro sguardo tutta la Terra, se lo potete, e guardate poi me, il primo uomo di questa Terra. Ma cosa dico mai? Dovrei dire invece: ‘Guardatemi, come si deve guardare colui che doveva essere il primo, e che, come creatura, ne precedette ogni altra nello spirito, colui che, cioè, era risplendente più del centro del Sole e che volle essere più grande di Dio!’. E Dio allora mi mostrò la potenza della Sua Santità e fui condannato e venni gettato nelle infinite profondità del mare dell’ira divina, e là fui scagliato da un’infinità di furore all’altra, attraverso profondità senza confini. Sì, devono essere trascorse eternità su eternità di tempi e, tuttavia, nell’immensità sterminata non c’era più il benché minimo punto nel quale io, in tale grande nullità, avessi potuto trovare un qualche luogo di riposo.

3. E così, mentre cadevo da un’infinità all’altra, e continuavo a cadere sempre eternamente, eternamente e sempre eternamente, cominciai a concepire la grandezza ed anche l’infinita, eterna durata della potenza di Dio. E finalmente mi si affacciò chiara alla mente la visione della vanità dei miei sforzi.

4. Però, fu anche il momento in cui pensai tra me: “A che ti giova ora questo intendimento? Io ormai sono troppo lontano da Dio, ed è impossibile che Egli sappia ancora qualcosa di me, poiché in questa sconfinata nullità del vuoto non regna altro che l’eterna dimenticanza di Dio. Io sono eternamente caduto da un’ira all’altra, dove i flutti del fuoco senza fine battevano continuamente contro la mia fronte, e larghe lingue di fiamma lambivano le mie viscere e mi bruciavano più del metallo rovente. Ma ora sono caduto, per l’eternità e per tutte le profondità, giungendo perfino al disotto di tali fiumi dell’ira divina. Dunque, dov’è ormai l’adirato Dio, e dove sono io? Qui tutto è notte sorda, infinita!”

5. Ma, vedete, mentre in me si avvicendavano tali pensieri di pentimento, ecco che scorsi d’improvviso un essere simile a me, che dalle altezze eterne veniva librandosi dietro a me. L’essere mi raggiunse con la velocità del lampo, mi afferrò con possente mano e, sorridendo dolcemente, mi guardò e mi disse: “O Lucifero, misero spirito caduto, Mi riconosci?”

6. Ed io risposi: “Come potrei riconoscerTi, in questa immensità del nulla, la quale è deserta di ogni essere e totalmente tenebrosa? Ma se Tu puoi annientarmi e rendermi uguale a colui che non fu mai e che non è e che mai sarà, fallo pure, ed io ti ringrazierò anticipatamente, affinché dopo il mio annientamento tu possa ritornare, non privo di ringraziamento, fuori da questa regione vuota di esseri, alle Tue altezze a me sconosciute!”

7. E ora udite, quell’essere così parlò: “Ascolta! Io non voglio annientarti, bensì voglio conservarti per ricondurti, per vie sconosciute, proprio là da dove sei partito, colmo di peccaminoso orgoglio!”

8. Ed io dissi: “Fa’ quello che puoi, però considera l’immensità dell’ira di Dio! Poiché io ero grande e sono caduto nel nulla. Rifletti, dunque, anche se Tu fossi divenuto più grande di me – che Dio è eterno e infinito, e colmo di fiammeggiante ira e furore!”

9. E quell’essere replicò: “Ma non hai mai misurato anche l’Amore in Dio? Vedi, benché il mare dell’ira sia grande, tuttavia il Suo Amore giunge perfino dove i profondi fiumi dell’ira sono eternamente inariditi, sotto ai margini senza fine dell’infinità, dove ha inizio una seconda infinità!”

10. Ed io risposi: “Ascolta, quando ero ancora il principe di ogni luce, mi fu indicata una pallida e piccola fiammella. Io avrei dovuto adorarla, poiché essa era l’eterno Amore di Dio. Ma io non potevo crederlo nello sfolgorio dei miei raggi, perché io mi vidi di gran lunga più maestoso della pallida fiammella. E vedi, allora fui anche preso dall’esaltazione della sublimità della mia luce, mi accesi ancora di più, e con la mia luce volli annientare del tutto la fiammella. Ma, allora, l’ira divina mi afferrò, ed io venni scagliato qui, in questo vuoto tenebroso, eterno, che ho raggiunto solo dopo eternità”.

11. E vedete, d’un tratto scorsi la fiammella librarsi sopra il capo di quell’essere, e quell’essere mi indirizzò nuovamente la parola e mi disse: “O Lucifero, Mi riconosci ora?”. – Ed io risposi: “Sì, o Signore, io Ti riconosco; Tu sei l’Amore di Dio; giungi molto più lontano dell’infinito mare della Sua ira. Guardami ora nella Tua Grazia e procurami un qualche posticino stabile, affinché io possa trovare pace in questo intollerabile ambiente di eterna vacuità!”

12. E vedete, allora dall’occhio limpido dell’eterno Amore spuntò una lacrima, la quale corse giù negli spazi tenebrosi dell’eternità ed essa si trasformò in grandi acque. E l’Amore alitò sopra le grandi acque nell’abisso, e così le acque si separarono, ed innumerevoli gocce si formarono fuori dalle acque. E la fiammella sopra il capo dell’eterno Amore si diffuse all’istante, ed accese le goccioline formandone dei soli immensi, e i soli sprizzarono terre nel calore dell’eterno Amore e queste sprizzarono le loro lune.

13. E ora ascoltate: ‘Dal mezzo della lacrima di Dio io vidi salire a me questa stessa Terra in cui ci troviamo ora, e l’Amore la benedisse e alitò su di essa, e la Terra stessa fiorì come un giardino, ed era liscia, bella e piana, però non vi si trovava ancora alcun essere vivente. Allora l’Amore rivolse alla Terra il Suo sguardo, e forme vitali d’ogni specie pullularono su di essa, nei mari e nelle altre acque, sui continenti come nell’aria ridestata’.

14. Ecco, io vidi tutto ciò e, per la speciale Grazia del Signore, io ora ne sono pienamente conscio. E quando sulla Terra tutto fu così gradatamente disposto, secondo il volere dell’Amore divino e conformemente all’Ordine eterno, allora l’Amore alzò i Suoi occhi alle altezze di Dio e disse:

15. “O sante potenze del Padre, facciamo ora l’uomo e diamogli un’anima vivente, affinché colui che è caduto possa trovare un luogo dove posarsi ed affinché si umilii dinanzi a Te, a Me e a tutta la potenza della nostra Santità!”

16. E allora, dagli spazi eterni divampanti, si udì un tuono, e il tuono era la voce di Dio, e l’Amore soltanto comprese questa voce; e dopo di questo, l’Amore formò dell’argilla finissima e – guardate qui – formò proprio questi piedi, che ormai già da più di novecento anni mi portano, e le mani; e in breve l’eterno Amore mi formò come io ora sto davanti a voi!

17. E ben presto cominciai ad esistere. Però io ero ancora morto, dato che nessun moto e nessun impulso si poteva percepire in me. Allora l’eterno Amore si chinò su questa mia forma morta, e attraverso le narici le alitò nelle viscere anche un’anima vivente assieme al fiato vivificante; e fu proprio allora che io, il primo uomo di questa vasta Terra, mi trovai vivo, come lo sono adesso e mirai la grande Creazione. Ma quest’ultima non era fonte per me di alcuna gioia, e perciò mi destai subito stanco ed insoddisfatto della mia esistenza, per quanto essa fosse meravigliosa. Non potevo comprendere il come, il quando, il cosa, il perché e da dove io ero venuto; perché la mia forma animata e vivente non poteva vedere l’eterno Amore che era il suo Creatore.

18. E vedete, allora l’eterno Amore fece immergere questa mia forma nel primo sonno, e mi disse: “Ecco il tuo luogo di riposo! Entra nel cuore di questa vivente dimora, poiché Io l’ho preparata per te. In essa troverai una tabella completamente e chiaramente scritta, sulla quale sarà segnata la Volontà di Dio a grandi caratteri di fuoco; perciò conviene che tu ti tolga la tua volontà, e che al suo posto tu assuma la Volontà di Dio!

19. Vedi, proprio questa è la via, a te incomprensibile, per la quale Io voglio ricondurti al luogo della tua originale dimora! Non guardare mai te stesso, ma scruta in continuazione questa tabella di Dio, e così tu poi vivrai con Me in eterno e con Me regnerai da un trono sopra tutta l’infinità! Ma guai a te se cadi ancora una volta, perché allora l’Amore ti sarà perfino di maledizione; ed Io donerò all’uomo un altro spirito che uscirà direttamente da Me; e tu, invece, dovrai, per l’eternità delle eternità, abbandonare questo particolare punto di riposo, e non ti sarà concesso mai più alcun tempo, all’infuori di quello del fuoco eterno, nell’ira di Dio e nella maledizione dell’Amore!

20. Dunque, considera bene cosa significa tutto questo! L’ira di Dio può essere attenuata qualora intervenga l’Amore, ma quando l’Amore stesso ti dovesse maledire, – chi mai poi ti potrebbe proteggere dall’eterno furore della Divinità? E quale potrà essere l’intermediario fra l’ira di Dio e te? – Io te lo dico: – niente altro e nessun altro che il giudizio e la condanna! Infatti tu sei un’opera di Dio uscita da Me. Ma dov’è l’essere che vorrebbe toccare la Gloria di Dio? Poiché, per Mio disegno, è pur bene che un’opera divenga libera secondo la volontà della Potenza libera della Santità eterna di Dio, poiché proprio a questo scopo ti fu donata una libera volontà, e questo fu fatto perché, appunto, tu voglia riconoscere in te la Volontà della potenza eterna di Dio. Ma se tu non lo vuoi, ciò significa che non ti importa di niente e allora dovrai riconoscere la potenza infinita di Dio, allorquando Egli ti esilierà nell’eterna nullità ardente.

21. Poiché presso Dio nessun essere è tenuto in alcun conto, e per l’eternità non gli interessano affatto miliardi di spiriti, dei quali tu sei uno, giacché ad ogni istante Egli può suscitare innumerevoli miliardi di spiriti più grandi di te, per poi di nuovo annientarli per l’eternità qualora non corrispondano alla Sua eterna Magnificenza!

22. Dunque, considera ciò che è Dio e ciò che Egli vuole e cosa sei tu, e quello che tu devi volere con la libera volontà che ti fu conferita, affinché in te possa essere rivelata la grande Gloria di Dio, e così avvenga pure in tutti coloro che sono proceduti da te e che in te e con te sono caduti!

23. Guarda la vasta tomba della Terra, come pure quella costituita da tutti gli innumerevoli mondi stellari! Io ti tolgo l’immenso peso di coloro che con te sono caduti, e li pongo ora nella Terra e in tutte le stelle; e poi nemmeno un granellino si librerà inutilmente senza custodire in sé un essere vivente simile a te, e questo avverrà fino al tempo da Me determinato”.

24. E vedete, l’Amore allora prese lo spirito e lo pose nella forma dormiente, e allo spirito piacque di trovarsi in me, poiché vide che egli era ben custodito e che era liberato da un peso così grande che aveva dovuto portare per tempo così lungo, mentre adesso, al contrario, era egli stesso che veniva supportato nella dimora vivente che gli era stata preparata dall’eterno Amore.

25. E quando a questo modo fui diventato una cosa con lo spirito, ecco che allora l’Amore mi destò. Io mi risvegliai, e mi ritrovai quale singolo uomo di fronte a tutta l’incommensurabile Creazione, e non vedevo nessuno all’infuori di me, se non l’erba della terra, i suoi arbusti e gli alberi, e anche il Sole splendente sull’ampio firmamento azzurro. E allora cominciai a provare un senso d’angoscia. Io abbandonai il posto dove mi trovavo, cercai una compagnia, ma non trovai neppure un essere che fosse simile a me!

26. E quando mi sentii stanco per questa ricerca, caddi a terra e di nuovo un dolce sonno si impossessò di me. E vedete, durante questo sonno ebbi il seguente sogno. Nel mezzo del mio cuore vedevo un essere infinitamente attraente e questo essere in me così mi parlò:

27. “Guarda come sono bello e seducente: ho una forma uguale alla tua e la posso contemplare benissimo! E quantunque la mia figura fosse stata un tempo costituita tutta da un’immensa luce che mandava i suoi raggi attraverso gli spazi senza fine, e quantunque disponessi di una figura che si consunse da se stessa proprio in tale immensità di grandezza, tuttavia non potei mai contemplare la mia forma, ma io stesso ero luce nella quale si rivelavano innumerevoli forme. Le forme, nelle quali mi vedevo moltiplicato all’infinito e che io benissimo percepivo, mi sono state tolte, ma al posto di tutto questo ora è stata conferita una forma a me stesso, e questa forma è più bella di tutta la luce di una volta. Ebbene, in questa stessa forma io mi piaccio così tanto che provo un grande diletto di me stesso ed amo me stesso, e sono amato da te, ed ho in me un desiderio intenso di me stesso; ed io posso attrarti a me quando lo voglio, e tu devi sempre seguire l’impulso della mia brama!”

28. E vedete, io avevo davvero, nell’intimo di me stesso, un grande autocompiacimento. E così, mentre ancora dormivo, profondamente immerso in questo mio auto-compiacimento, io vidi una mano lucente attraversare il mio essere e penetrare fin nel mezzo del mio cuore per afferrare stretto questo mio secondo io. E questi, da principio, si dibatté, ma ben presto soggiacque alla stretta possente delle dita dell’Amore di Jehova, poiché la mano luminosa era la mano dell’eterno Amore!

29. Subito le possenti dita di Dio ruppero una costola al mio secondo io; frugarono nel suo interno, e ben presto trassero un verme dalle sue viscere, e infine chiusero nuovamente il punto dove il possente Dito del Signore si era insinuato per toglierne la brama dell’amore di se stesso. Ma poi questo mio secondo io non mi apparve tanto attraente come prima e la sua forma era uguale alla mia, ed io non mi sentivo più attratto verso di essa, ma invece eravamo ambedue attratti dall’eterno Amore. Allora vidi lo spirito cadere in un lieve sonno, e in questo stato si sciolse e si riversò in tutte le mie parti, e così diventammo perfettamente una cosa sola.

30. E mentre ancora si svolgeva in me tale sogno, vedete, d’improvviso fui destato da una voce soave, e questa era la voce del Signore, che disse: “O Adamo, o figlio della Terra, risvegliati ed ammira la tua compagna!”. Ed io vidi Eva che stava dinanzi a me, e ne gioii oltre ogni dire, poiché vidi il mio secondo io uscito fuori da me. E vidi che anche quest’ultimo si rallegrava immensamente di me, e questa gioia costituì il primo amore che io, il primo uomo non partorito, concepii. E per la prima volta ammirai la mia donna diletta, e l’amai di puro amore nel grembo purissimo dell’eterno Amore di Dio, e questo avvenne in tutta la pienezza della vita originale!

31. Ed ascoltate ancora. Immerso in tale dolce sentimento, trascorsi tre giorni e tre notti, ma poi, ad un tratto, percepii in me un non so che di vuoto, e non sapevo cosa avrei dovuto farne o che cosa sarebbe dovuto o potuto accadere!

32. Intorno al mio cuore si andava facendo il deserto, e la mia bocca era arida. Ma, ecco, d’improvviso apparve dinanzi a me l’eterno Amore che spirava dolcezza e amorevolezza immense; Esso alitò su di me e mi rinvigorì, e mi disse: “Adamo, vedi, tu hai fame e sete di cibo e bevanda, e il tuo amore, il cui nome sarà ‘Eva’, non ne ha meno di te. Guarda gli alberi che Io ora benedirò; mangiate dei loro frutti, perché ne sia fortificato il vostro corpo e così pure la vostra anima. Però da quell’albero, che sta nel mezzo del giardino, non dovete mangiare i frutti prima che Io non sia ritornato per benedire voi e l’albero stesso, perché il giorno in cui tu mangerai da quell’albero anche la morte entrerà in te. Certamente tu sarai tentato, però sii forte e perseverante fino alla terza volta, e così facendo purificherai Eva, e preparerai a lei, a te e a tutti coloro che procederanno da te una vita di piena libertà, beata ed eterna in Dio.

33. Vedi, per questo Io feci il tempo, proprio perché la tua prova durasse molto poco, mentre, al contrario, resi eterna la vita conquistata!

34. Vedi, tu non devi combattere contro una forza estranea, bensì devi combattere contro te stesso, poiché Io ti ho reso soggetto tutto affinché la vita divenisse tua. Non trascurare, dunque, questo lieve comandamento ed innalzati sopra te stesso, affinché tu possa vivere in eterno!

35. Vedi, il verme è costituito da quanto c’è di male in te dalle radici, ed è quello che porta in sé il pungiglione della morte. Dunque, non mettere il tuo dente nel pungiglione del verme che ho levato da te prima di creare Eva, traendolo fuori dal tuo cuore, durante il sonno. Eva ti è cara perché è sorta dal tuo amore, e la sua carne è tratta direttamente dalla tua brama, e in lei rimase la radice di morte che tu sei chiamato a vivificare con la tua obbedienza!

36. O diletto Adamo, vedi, Io, che sono l’eterno Amore di Dio dal quale sgorga ogni vita, ti dico, pregandoti, di non guastarMi l’opera tanto grande che ho realizzato in te! Tu già sai quale lungo tempo dei tempi sia trascorso da quando Io ti afferrai fermando la tua eterna caduta dalla vita alla morte! Vedi, sarebbe trascorso un miliardo di anni terrestri se il tempo fosse già esistito, ed Io non ho mai schivato alcuna cura pur di salvare te, o caro fratello creato. Ebbene, poiché Io ho fatto tanto per te, fa’ pure tu, dal canto tuo, quel poco che ti viene richiesto e ridonaMi in te stesso il Mio diletto fratello, affinché possiamo nuovamente diventare, e per l’eternità, un solo amore in Dio, il nostro Padre santo”

37. E vedete, allora l’Amore mi lasciò. Io però mangiai e bevetti e mi fortificai per la disobbedienza! O figli, udite: – io fui disobbediente all’eterno Amore!

38. La Terra può narrarvi l’enormità del mio misfatto, poiché allora, per conseguenza, non vi fu pietra che rimase sopra all’altra; l’Infinità fu pervasa dalla potenza immensa dell’ira di Dio!

39. Io mi nascosi e piansi amare lacrime di pentimento, e l’eterno Amore non disdegnò il mio pianto e anche le lacrime di Eva Gli furono gradite. O figli, udite: l’Amore volse ancora una volta tutto in bene! Poi io, nuovamente, peccai nel Sabato e piansi fortemente sulla mia abiezione. E vedete, l’Amore mandò un angelo e mi fece condurre fuori dal giardino della tentazione, in un paese che Set conosce ancora molto bene, in un paese della correzione, ma anche in un paese del cordoglio e pure in un paese della gioia. Infatti, quando levai la maledizione dal capo di Caino, che per effetto del mio pungiglione mortale era diventato malefico, essendo egli stato generato attraverso il succo della mela bagnata con la bava del verme della morte, allora l’Amore del Signore mi donò il mio caro Abele-Set, e ora sono trascorsi cent’anni da quando il nuovo angelo dell’Amore eterno del Signore ci condusse tutti qui, nel paese della conoscenza di Dio e della Sua eterna Verità, ovvero proprio qui dove Abele piantò la spada e colse dall’arbusto le bacche rosse e le bacche bianche!

40. O, figli! Vedete dunque l’incommensurabile Amore di Dio, ossia tutto quello che Egli ha fatto per me e per voi tutti, e vedete anche quello che ancora Egli fa e che ancora farà in eterno! Perciò siate lieti, considerando il fatto che l’eterno Amore visita perfino i figli di Caino. Tuttavia nessuno di noi deve recarsi da loro senza l’ordine espresso dal Signore, perché quella terra è soltanto un rifiuto dei vermi! Dunque, se qualcuno non è stato prima benedetto dal Signore non si azzardi a recarsi là! Dal momento che tutto il male ora risiede nelle donne della pianura; perciò non dovete contaminarvi con loro! Amen!»

 

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Cap. 41

Enoch eletto a predicatore

21 settembre 1840

1. E quando Adamo, per Mia particolare concessione terminò questo discorso, l’ispirazione interiore fu chiusa, e ciò avvenne per la sua salvezza. Però Set, Enos ed Enoch si meravigliarono oltre ogni dire e non potevano concepire l’alto senso di tutte queste parole; e chiesero ad Adamo che cosa mai avesse inteso dire con ciò.

2. Ma Adamo li guardò stupito, e sembrava ricordarsi appena di aver parlato, e a sua volta domandò loro di cosa mai avesse parlato.

3. E Set allora rispose: «O padre, vedi, tu ci hai rivelato il tuo meravigliosissimo divenire dai primordi di ogni essenzialità e ci mostrasti le inconcepibili vie dell’eterno Amore. Noi non l’abbiamo compreso e volevamo perciò pregarti di darci una più precisa spiegazione. Perdona quindi l’errore in cui fummo indotti dalla nostra curiosità! E come non potrebbero suscitare meraviglia tali cose, che sono ora pervenute ai nostri orecchi, dalla tua bocca?»

4. Ma Adamo allora si alzò agitato e disse: «Se voi avete appreso ora cose meravigliose, pensate che esse provengono dal Signore e non da me; e così sapete pure a Chi anzitutto spetta veramente grazia e onore!

5. Lodate perciò il Signore, poiché è Lui il supremo Amore e la Sapienza stessa in tutta la Santità. E pensate che l’uomo non può dare niente all’uomo se prima non l’abbia ricevuto dall’Amore del Signore, che è l’unico e solo Datore di ogni buon dono! Se dunque vi ho offerto qualcosa di buono, non sono io che ve l’ho dato, ma è il Signore che ha fatto questo. E se vi fa difetto la luce, guardate in alto, alla luce dei Cieli, e allora comprenderete con tutta facilità da dove s’irradi incessantemente la Luce di ogni luce, perché, quando qualcuno riceve un dono, è segno che pure il Grande e il santo Donatore non è lontano. CercateLo quindi, e Lo troverete anche voi e neppure la Grazia della comprensione rimarrà per strada!

6. Prendetevi bene a cuore queste cose, poiché Adamo, il padre di voi tutti, vi ha parlato ora come prima – dall’immensa Grazia indulgente dell’eterno, affettuosissimo e santissimo Padre – del trapasso del divenire![11]. Ma dato che il santo ed amorosissimo ha fatto la Sua parte, fate voi pure ciò che spetta a voi, e perciò siate obbedienti in ogni cosa! Amen!»

7. E vedete, allora essi s’inchinarono dinanzi ad Adamo e se ne andarono per la loro via. Cammin facendo, si consultarono sul come avrebbero dovuto comportarsi in tale circostanza. Ed Enoch, il più giovane di tutti, che a causa della sua particolare devozione era già un maestro del Mio Nome, prese la parola e disse ai padri:

8. «O padri! Adamo, il padre terreno di tutti noi, ha pronunciato parole piene di sapienza e di profondo significato. Noi non le abbiamo comprese, poiché egli parlava, pur non sapendo di aver parlato così. Ma se è così, riesce facilmente comprensibile come egli stesso abbia potuto parlare in maniera tanto avvincente. Poiché, se egli avesse parlato da uomo, per quale motivo noi, che siamo uomini, non avremmo dovuto comprenderlo? Invece, poiché egli diceva, certo nella maniera degli uomini – delle cose dal Nome di Dio con il linguaggio dello spirito, in testimonianza dell’Amore in e da Dio – così accadde che il nostro essere di carne non poteva certamente comprendere niente di tutto quello che riguarda Dio e lo Spirito dell’Amore.

9. Ma se tali cose ci furono dette dallo Spirito dell’Amore, secondo il consiglio eterno della Santità di Jehova, ciò dovette essere detto affinché il Nome santissimo ne venisse glorificato. Noi, con la nostra vista corta, queste cose non le distinguiamo, ma c’è Uno che le comprende e questo Uno è l’eterno Amore del Signore. Da tale Amore è sorto tutto ciò che esiste, e così pure nasce anche il nostro amore per Lui. E di conseguenza, sento che se qualcuno potesse far riversare e penetrare il proprio amore in tutte le parti del proprio essere per l’eterno Amore, che viene da Dio e che è in Dio, costui comprenderebbe un simile linguaggio della sapienza, poiché l’amore è proprio la radice di ogni sapienza, e in alcun altro luogo risiede la sapienza se non nell’Amore per l’amore in Dio.

10. Perciò, o padri, noi possediamo questa radice che proviene da Dio; lasciamo dunque che essa insinui le sue propaggini in tutte le parti della nostra vita, ed io, adesso, sento l’intuizione chiara e possente del fatto che dal mare di Grazia dell’eterno Amore ci saranno donate ancora molte e grandi cose e che queste cose saranno più grandi ancora e più profonde e sublimi di quanto abbiamo finora udito da Adamo. Noi siamo nati da Adamo e da Eva, perciò in noi la carne è molta, mentre al contrario, l’intendimento del cuore è piuttosto scarso. Ma se un giorno potranno essere generati uomini direttamente dal puro Amore di Dio, allora, per tali uomini il nostro intelletto, al confronto, diverrà una cosa da nulla».

11. E vedete, queste parole brevi ed istruttive piacquero molto a Set e ad Enos; anzi piacquero loro a tal punto che Enos, rivolto a Set, gli disse: «O padre Set, Enoch ha proferito delle parole, a tal punto colme di misterioso significato, che mi sono penetrate come un torrente di fuoco fino all’anima, e il mio cuore rabbrividì dinanzi alla profonda e celata sapienza dell’Amore divino in lui.

12. Odi, o padre, l’intuizione di Enoch è vera, poiché tutto il suo essere si esprime nel più puro amore e in perfetta umiltà; ma, per questa ragione, è bene che d’ora innanzi egli svolga un’attività generica di maestro di tutti i nostri fratelli e figli nella segreta sapienza dell’eterno Amore. Poiché, quantunque il Signore abbia concesso a ciascuno tanto l’amore che l’intendimento del cuore quale pura Grazia fuori da Se stesso, d’altro canto è pure evidentemente vero che ciascuno di noi non può sollevare un uguale peso alla stessa identica maniera. E così avviene che uno ha maggiore forza nei piedi; un altro ha più forza invece nelle mani; un altro ancora ce l’ha nel petto; un quarto nella schiena; ed un quinto, poi, nelle sue viscere e così via. L’uno primeggia in una maniera e l’altro nell’altra. Ed è sicuro, ancora, che ciascuno ha una faccia umana, ma pure non c’è uno che somigli del tutto ad un altro. E perciò è questa la mia opinione: – Enoch ha una grande potenza ed autorità nel suo cuore, e in ciò nessuno potrà eguagliarlo, poiché d’amore non se ne può avere quanto se ne vorrebbe, bensì soltanto quanto il Signore ne concede. È certamente vero che Egli ha donato a ciascuno l’amore, però in questo nessuno è simile ad un altro; e per tale motivo anche l’intendimento deve risultare diverso, affinché ciascun fratello si renda necessario all’altro, dato che proprio in questo modo viene parificato tutto quello che il Signore, con tanta suprema Sapienza, ha fatto sorgere in modo disuguale.

13. E tu, mio caro Enoch, dato che hai pure udito ora queste mie parole, dimmi: – è così, oppure è possibile, che sia diversamente? Il tuo cuore è forte e il tuo intendimento annienta il mio; parla, dunque, ed ammaestraci riguardo alle vie del Signore, ed indica a noi tutti le Sue inconcepibili orme, ed insegnaci a rendere la dovuta lode e gloria al giusto e santissimo Nome del Signore, come ben si addice a noi, figli del Suo eterno Amore e, con ciò, figli del nostro antico padre! Amen!»

14. E vedete, quando il pio Enoch ebbe appreso tali nobili parole, piene di dignità e d’elevatezza dalla bocca di Enos, chiese ad ambedue i padri: «Ma converrà, poi, a un debole figlio, predicare a coloro dai quali egli stesso ha da imparare ancora molte cose?»

15. Però Set ed Enos gli risposero: «O caro Enoch, non sai quali insegnamenti ci ha dato spesso Adamo? I padri hanno solo creato, con la benedizione del Signore, nei corpi dei loro figli, delle dimore per i nostri fratelli più giovani; ma poiché siamo i generatori dei corpi e non anche dell’amore, che è uno spirito vivente proveniente dall’Amore di Dio, ne consegue che, nell’amore, non siamo altro che fratelli e sorelle. E quindi dobbiamo considerarci piuttosto tutti figli dell’Uno e stesso Padre santissimo, che risiede nel più alto dei Cieli, eterna dimora della Santità di Dio, il Quale è un vero Padre di tutti noi. Perciò predica dunque nel tuo amore e sii certo: – noi, con la Grazia di Dio, sapremo ben distinguere il linguaggio del fratello da quello del figlio, poiché, quando qualcuno predica l’amore, costui parla da fratello dal Cuore dell’eterno Amore, e perciò la sua parola sarà come il Sole al suo sorgere, la cui luce e il tepore fugano la nebbia dagli oscuri solchi della Terra. Ma chi volesse invece parlare fuori dalla sapienza che gli viene elargita, i suoi insegnamenti sarebbero simili alla luce del Sole di mezzogiorno, la quale non riscalda più, ma brucia con i suoi raggi possenti ed insopportabili, tanto che, a causa del loro dardeggiare acuto, si è indotti a rifugiarsi sotto l’ombra più fitta, per proteggersi da raggi tanto cocenti!

16. Tu, però, o diletto Enoch, hai in te soltanto una gran sorgente d’amore e non di nuda sapienza; fa’ dunque che questo tuo divino Sole mattutino sorga per tutti noi, tuoi fratelli in Dio!»

17. Ed Enoch allora rispose: «O miei cari padri, se è così, e se è come del resto anche la mia percezione proveniente da Dio mi suggerisce che sia, allora voi avete parlato del tutto giustamente. Però una cosa sola avete dimenticato, e questa è una cosa della più grande importanza. Essa è la seguente: – ciascuno può parlare ed operare a suo piacimento ad onore di Dio, e questo come e quando vuole, ma predicare nel Suo Nome può farlo soltanto colui che è stato designato dall’Alto. A me tale cosa è stata conferita soltanto da voi, ma non ancora dall’Alto, ed è per tale ragione che io predico solamente dinanzi a voi. Ma quando ciò mi sarà dato anche dall’Alto, soltanto allora potrò e mi sarà lecito predicare a tutti fratelli, dall’immensa forza del Nome dell’eterno Amore. Però, per quanto concerne il modo in cui si addice la glorificazione del gran Nome, voi, o cari padri, ormai già sapete quale glorificazione e quale lode sia la più gradita al Signore, e conoscete pure che né la parola, né gli atteggiamenti, né i pensieri, né le cerimonie hanno un qualche valore per Lui, perché, anzi, queste cose non rappresentano nulla. Invece quello che conta è soltanto l’amore e l’obbedienza, i quali sono, per Lui, il sacrificio più gradito che noi uomini possiamo offrirGli! Egli, che è Dio e il Padre di tutti noi, sa esattamente quali scopi Egli stesso va perseguendo con noi, perciò sia fatta in ogni tempo la Sua santa Volontà! Amen!»

18. «Certo», disse allora Set, «mio caro Enoch, anche queste tue parole sono colme della sapienza fuori dall’Amore infinito del Signore, ed esse sono simili ad una bella aurora che in te sorge per illuminare dolcemente i nostri solchi ancora oscuri. Vedi, o Enoch, ogni verità è una luce che trae origine dalla mite fiamma dell’eterno Amore, e proprio questa luce, splendida e sublime, costituisce il vero Sole mattutino del cuore. Sì, anzi, essa è l’unica luce, e all’infuori di questa non ce n’è un’altra; e perfino la luce del Sole non è che un pallido riflesso di questa sfolgorante ed unica Luce dell’eterno Amore. Vedi, questa luce risplende nel tuo cuore così dolcemente e ci ristora continuamente e riscalda i nostri cuori con pensieri sublimi e degni del Padre santo. Anzi, quando tu parli, mi sembra di udire delle armonie provenienti da un mondo che, per i nostri lontani successori, sorgerà soltanto un certo giorno che sarà simile ad un immenso torrente di luce proveniente dall’eterno Mattino di Dio. Vedi, così tanto è il ristoro che a noi reca la voce del tuo cuore. E perciò non tacere, ma parla invece e concedi libero corso al tuo cuore e dicci quello che Enos ed io desideriamo!»

19. Ed Enoch, avendo appreso ciò, alzò gli occhi al cielo e fece questo nella sua interiorità, e in cuor suo Mi parlò così : ‘O Padre santo, rivolgi quaggiù il Tuo sguardo, a me, Tuo debole figlio! Vedi, io dovrei dare e non ho niente all’infuori del mio amore per Te! O Padre, vedi, tutti noi non siamo che vermi nella polvere, dinanzi a Te, che sei l’onnipotente santo ed eterno Padre! Non c’è nulla di buono in noi, tranne il nostro amore per Te, ma anche questo, oltretutto, è giunto a noi da Te. Con tale amore in noi, o Padre buono e santo, concedici di poterTi amare oltre ogni misura con tutte le nostre forze! Poiché io, che sono debole, di che posso parlare quando il mio amore per Te mi è sempre d’impedimento alla lingua? Per questo, come Tu sai, io non sono capace di lodarTi, né di glorificarTi, dato che il mio amore per Te mi arresta la lingua!

20. O Padre, guarda con grazia perciò quaggiù a me, misero verme nella polvere, e qualora ciò corrisponda alla Tua Volontà, sciogli la mia lingua, affinché io possa proferire parole a glorificazione del Tuo Nome, facendo questo alla presenza dei miei padri, dei miei fratelli e dei miei figli! Tu sai che Enos, Kenan, Maalaleel e mio padre Jared hanno sempre predicato la grande gloria del Tuo santissimo Nome; oh, fa’ dunque in modo che io non sia un figlio indegno dei miei padri devoti!’

21. E vedete, quando Enoch terminò questa piccola e silenziosa preghiera nel suo cuore amoroso – ed essa era una vera preghiera, ed era tale da riuscirMi gradita proprio in quella forma, e allo stesso modo Mi sarà ugualmente gradita sempre e per l’eternità ogni altra preghiera che sia giusta come quella di Enoch – feci subito scendere sulla Terra un angelo per fortificare là suo fratello Enoch, e feci in modo che gli venisse perfettamente sciolta la lingua. E quando ciò fu fatto, vedete, allora Enoch si rinfrancò nel suo amore e cominciò a parlare a questo modo:

22. «O cari padri e prediletti di Dio, vedete, l’amore a Dio mi ha reso per un breve tempo cieco, sordo e muto; il Signore ha guardato a me nel mio amore, e il Suo Amore immenso mi ha rafforzato ed ha sciolto la mia debole lingua. E vedete, tutto ciò è stato operato dall’eterno Amore. Soltanto ora mi è concesso finalmente di parlare; udite quindi la lode del Padre santo!

23. Vedete, la Volontà del Signore, il Quale è pieno d’Amore, consiste nel fatto che l’uomo Lo ami con tutte le proprie forze, poiché in nessun luogo esiste una qualche potenza o forza se non in Dio soltanto. E così, ogni forza nell’uomo è solamente una forza d’amore che proviene da Dio, e questa forza è posta nel nostro cuore e questa forza non è altro che l’amore stesso. E poiché noi ora abbiamo l’amore, non dobbiamo tenercelo, ma dobbiamo offrirlo in sacrificio a Colui che per Sua Grazia e in maniera tanto meravigliosa e in misura tanto esuberante lo ha posto nel nostro cuore.

24. Ma vedete, noi non abbiamo niente da poter dare al Signore che prima non lo si abbia ricevuto da Lui. E d’altro canto, quale gioia potremo noi procurarGli, quand’anche fosse in nostro potere donarGli tutta la Terra o addirittura l’Universo intero? Egli ci direbbe: ‘Figli Miei, Io non ne ho bisogno in eterno, poiché se trovassi il Mio diletto nei mondi, potrei in ciascun istante crearMene innumerevoli miliardi, e in questo caso avrei a Mia disposizione spazio più che sufficiente per le eternità delle eternità. Ma Io non traggo alcuna gioia dai vostri sacrifici che Mi vengono offerti nella materia, la quale è una dimora della morte, bensì la Mia gioia Io la trovo soltanto in un cuore pentito e afflitto e traboccante d’amore per Me. Questo sì che è completamente vostro come un libero dono da Me, del quale voi siete in pieno possesso; e, se lo volete, potete restituirMelo, e allora Io vi farò il Mio ingresso con la Mia grazia e poi vivrete in eterno con la Grazia nel Mio eterno Amore; e tutte le cose diverranno chiare, come una goccia d’acqua. Ma se entrate voi stessi nel vostro cuore per sbarrare in tal modo le porte dinanzi a Me, cosicché Io non possa più entrare quando voglio, allora consumerete ben presto in voi il vostro pane della vita, poiché a Me, quale l’Unico Donatore di tale pane della vita, non sarà più concesso accedere nel vostro cuore con il Mio dono vitale. Allora la morte eterna sarà pure, e ben presto, la necessaria conseguenza dell’amore di se stessi e dell’egoismo in voi!

25. Perché, vedete’, continua il Signore, ‘il Mio compiacimento non sta affatto nel prendere, ma la Mia suprema Beatitudine consiste solamente ed unicamente nell’incessante donare! Chi vuole ricevere, prenda pure sempre e volonterosamente quando Io do, e lasci che Io colmi il suo cuore della Mia grazia, affinché un giorno vi possa entrare il Mio Amore in tutta la Sua pienezza, poiché colui il cui cuore non sarà del tutto colmo del Mio Amore, costui non assaporerà mai la vita in lui, ma invece sarà la morte ad avvincerlo in ogni sua fibra. Poiché è adesso il tempo in cui Io dono a ciascuno, anzitutto, la Grazia e soltanto dopo verrà l’Amore da Me, fino al grande Tempo di tutti i tempi. Ma, a partire dall’avvento di questo particolarissimo Tempo di Grazia in poi, sarà l’Amore il primo; e chi non avrà l’Amore non sarà reso partecipe nemmeno della Luce di Grazia, ma sarà la luce del mondo che giudicherà ciascuno per la sua rovina!

26. E vedete, miei cari padri, e intendete bene le mie parole, giacché è bene ascoltare quello che ancora vi dice il Signore; e le Sue parole sono queste:

‘Udite, o figli della Mia misericordia, la Mia grazia è un grande tesoro, e la Terra non ha nulla che Le possa somigliare. La Mia grazia è una vera Luce che proviene dalle altezze della Mia Santità, così come il Mio Amore è un vero cibo della vita. Chi non ha ricevuto la Mia grazia, non può credere che sono Io Colui dal Quale eternamente sgorga ogni vita. Chi però non ha la fede, è simile agli animali, e viene giudicato dove va e sta. Tuttavia, se vi fosse qualcuno che volesse riconoscerMi nel suo amore, allora sopra di lui verrebbero riversati torrenti di Grazia; e in questo caso egli verrebbe già anticipatamente reso partecipe di ciò che un giorno, nel grande Tempo dei tempi, sarà concesso a quegli uomini della Terra che sono di buona volontà.

27. Dunque, abbiate fede, affinché possiate un giorno pervenire all’amore e, grazie all’amore, possiate giungere alla vita. E amateMi nel vostro spirito e siano tutte le opere delle vostre mani e della vostra volontà testimoni della vita che si trova in voi. E la vostra lingua vi dica che voi siete figli di Dio. Io giudicherò gli uomini secondo la loro fede, ma i Miei figli li guiderò nel Mio Amore, e la Luce della Mia Sapienza diverrà per essi l’eterno Sole della Vita più beata in Me, che sono il loro amorosissimo e santissimo Padre, ora e in tutte le eternità delle eternità! Amen!’. O cari padri, avete udito ciò che il Signore ha detto?»

28. – E Set rispose: «Sì, o diletto Enoch, noi certo l’abbiamo ben udito, ma anche qui non ci troviamo in condizioni migliori di quanto fu il caso dopo il racconto di Adamo, poiché noi tutti abbiamo certo la Grazia, ma troppo poco amore!»

 

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Cap. 42

Kenan e il suo cantico delle dieci colonne

28 settembre 1840

1. E quando Set ebbe fatto questa breve osservazione sulla povertà dell’amore, ecco venire ancora incontro a questi tre, Kenan, Maalaleel e Jared, i quali li salutarono in tutto amore e Mi ringraziarono per la grazia di rivedersi; e Set li benedisse tutti nel Mio Nome affinché avessero il permesso e la capacità di parlare al cospetto del Mio Amore e al cospetto di Set, il secondo progenitore della linea di Adamo, altamente benedetta, linea che alla fine Io stesso chiusi corporalmente nel gran Tempo dei tempi.

2. E quando questi tre ebbero ottenuto la benedizione, Kenan prese per primo la parola e disse: «O cari padri e figli, udite e intendete bene quello che ora vi dirò, poiché vi narrerò con assoluta fedeltà ciò che ho percepito in una visione notturna. Ora, questa visione rappresentava dieci colonne che emersero da una grande distesa d'acqua, le cui onde spesso percossero con violenza le colonne stesse. Sulla prima colonna stava Adamo, che così parlò ai flutti: “Udite o figli: – Dio, il Signore Zebaot, il grande, il potente, il Padre santo di tutti i figli da me generati, è un Dio unico! Come Egli ha creato me, quale singolo uomo sulla Terra, così pure è Egli, dall’eternità, un singolo e unico Dio e, all’infuori di Lui, non c’è altro Dio, poiché l’infinito è da eternità in eternità del tutto pieno della Sua Gloria, della Sua Santità e del Suo Amore. Credete dunque, o flutti, che il Signore è un Dio uno e unico, grande, eterno, onnipotente, santo, giusto, supremamente sapiente, colmo d’amore, ricco di grazia, misericordioso, immensamente buono e glorioso sopra ogni cosa, e perciò Egli è il Padre di tutti noi! Siate dunque tranquille, o vispe onde, e chiarificatevi, affinché la Luce di quest’unico Dio illumini e compenetri il vostro essere fin nelle profondità della vostra vita! Amen!”

3. E vedete, allora le onde intorno alla colonna di Adamo si calmarono e una luce potentissima dalle altezze di Dio cadde sulla superficie liscia delle acque; allora questa risplendette come il Sole e dal fondo delle acque salì unanime un canto di lode; esso si sciolse dalle acque come una nube lucente e, sempre più splendente e raggiante, salì fino alle altezze sante ed eterne del Padre onnipotente, che è l’unico e solo Dio.

4. O padri e figli diletti, udite ancora quello che ho visto in una visione notturna, certo non con gli occhi del corpo, ma l'ho visto, come incantato, con gli occhi spirituali!

5. Un’altra colonna (la seconda con Set) magnifica, e pressoché pari in altezza a quella di Adamo, si erse non lontano da lì. E le onde vivaci osavano appena innalzare il loro capo radioso verso questa maestosa colonna, e in un dolce ondeggiare, quasi rispettoso, le giravano intorno come se, esprimendosi, avessero voluto dire: “O uomo mortale, vedi, il Nome dell’Altissimo che è santo e amoroso, si chiama ‘Jehova’! Mai sia questo Nome proferito invano da una bocca oltraggiante, poiché santo è il Nome del Padre santo, certamente santo, santo in grado supremo! O uomini, o figli…», così esclamavano le onde che le giravano intorno, «…pensate, oh, pensate a Colui cui appartiene tale Nome! Pensate, in cuor vostro, che è Dio, un Dio a cui spetta un tale Nome!

6. E ora vedete, allorché io, dai gorghi leggeri e ondeggianti che giravano attorno alla colonna, ebbi appreso con stupore la voce appena riportata, fu allora che potei, pieno di paura, alzare la vista stupefatta del mio spirito verso la cima dell’alta colonna, ed io vidi - oh, non posso descrivere quale letizia mi pervase e quale fervore mi si accese nel cuore! - te, io vidi, o padre diletto, proprio te, o Set, io vidi stare sull’estremo dell’alta colonna splendente, serio in viso! E alle onde che si muovevano dolcemente eri proprio tu che parlavi, dicendo quanto ora vi narrerò fedelmente. Credetti dapprima che tale voce venisse da tutte quelle onde avvolgenti, mentre eri tu, dalla tua santa altezza, che parlavi a quelle onde che si cullavano intorno alla sacra colonna; e come ho parlato, così ho pure visto.

7. E uditemi ancora, o padri soavi, e voi pure o figli, sempre docilmente ossequenti! La colonna di Set si innalzava poco lontano da un’altra colonna, ovvero la terza, e anche questa era circondata dalle onde lucenti. Questa terza colonna, circonfusa di luce rossastra, era più maestosa di tutte le altre; e attorno a questa terza colonna tutte quelle onde che intorno ad altre colonne si spingevano con sempre crescente rapidità, mentre qui stavano tranquille, e dai loro solchi, lievi e ondulati, riverenti e penetrati d’amore, un cantico ardente di lode, sotto forma di vapori, s’innalzava al Signore ed eterno Padre santo.

8. E allora io volli scrutare verso quale meta se ne andassero in alto quei vapori tanto infuocati; ma, vedete, i miei occhi quasi abbagliati dal fulgore di quei canti maestosi, che salivano come vapori dalla tranquillità delle acque pure, scorsero sulla santa cima della terza colonna, circondata da nuvole lampeggianti, il terzo di voi, cari padri, e costui era Enos!

9. Sì, proprio tu, o padre Enos, stavi in cima alla terza colonna e rivolgevi parole infiammate a quelle onde tranquille e attente: “O voi, acque terrene, voi tutte, ascoltate; comprendete le parole dall’Alto e ascoltate il suono delle sacre parole! Sei giorni e sei notti voi potete pure ondeggiare, intrecciando le allegre creste, ma se il settimo giorno benedetto del sacro riposo è giunto, se è giunto il Sabato del Signore, giorno santo, udite: – allora dovete festeggiarlo sempre anche voi, per la dovutissima lode e gloria del Padre santo! Poiché, è conforme all’Ordine eterno che abbia riposo e pace ogni cosa dotata da Dio di un’anima vivente, e che nel suo cuore, pensante e amante, percepisca l’Amore dell’eterno Padre santo. Che essa osservi il riposo nella sacra giornata e lo renda solenne, perché la santissima Volontà del Padre santo è sempre questa: ‘Tutte le acque possono lavorare sei giorni, possono fluire e ondeggiare in flutti frementi, ma nel sacro giorno del Sabato, il santo riposo deve spirare quale nube di fuoco invitante alla festa, maestosa, sui flutti silenziosi e attenti!’.”

10. E ascoltate, o voi padri diletti e figli obbedienti, quello che ora vi ho detto è il racconto preciso e fedele di quanto a me fu dato di udire.

11. Amatissimi padri, e voi pure, diletti figli, ascoltate con pazienza e apprendete quali prodigi dell’Amore divino e della Grazia splendente io vidi realmente attraverso gli occhi esterrefatti dello spirito! O padri e figli, come qui mi vedete e mi udite narrare le mie visioni con fervore fremente, allo stesso modo io vidi me stesso, quale quarto personaggio presente nella visione. Ero, infatti, circondato da una luce rossastra e mi trovavo sulla cima di un’altra colonna, soltanto un po’ meno maestosa delle prime. Intorno a questa quarta colonna, similmente alle tre menzionate, le onde giravano attorno con il loro moto, allegre e luccicanti, in modo però un po’ più mite e ordinato. Allora fui colto da gran meraviglia vedendo che mi trovavo innalzato così tanto in alto, proprio come i miei padri; ma ben presto m’invase la tristezza, poiché io scorsi, più lontano dal luogo dove stavo, delle onde sempre più gigantesche, tempestose e tenebrose. Tali onde, come monti fumanti, levavano le loro creste spumeggianti con furia assai minacciosa ed irrompente tutt’intorno, molto oltre la cima dell’alta colonna su cui mi trovavo; io vedevo ingigantirsi sempre più le onde stesse, le quali sembravano spinte a tale intensità dalla violenza di preoccupazioni e affanni, come se fossero dei figli che, senza obbedienza nel cuore, si sforzavano malvagiamente di rovesciare la colonna del padre e anche quella della madre, e anche di schernire con lingue calunniose la colonna nella caduta, di calpestarla sotto i piedi imbrattati dalla più micidiale polvere della nera ingratitudine.

12. E come io ebbi osservato tale cosa, in un brevissimo spazio di tempo e con il cuore sanguinante dal dispiacere, scoppiò improvvisamente un turbine violento che uscì dalla colonna e si scagliò con la furia di mille uragani sul capo spumeggiante delle onde montanti. E vedete, il turbine, uscito dalla colonna, non durò a lungo, perché il potere punitore del turbine, costringendo il furore delle onde sconvolte, si mitigò in una pace benedicente. Qui e là si faceva sentire uno strano, leggero mormorio prodotto dai solchi della superficie d’acque così vaste, solchi che si appiattivano fino alla completa immobilità. Questo mormorio interrompeva non spiacevolmente gli strati luminosi dell’alito proveniente dalla Bocca divina. E quando l’Amore potente dell’eterno Padre santo ottenne fedelmente la pace benedicente con tali mezzi strabilianti, allora, immediatamente, dalla mia bocca cominciò a sgorgare una meravigliosa intonazione. E udite: – questa intonazione risuonò come parole sante, sgorganti dal cuore amoroso del santo, eterno Padre, dalle altezze delle altezze della luce eterna tra le luci delle sfere infinite e splendenti; si riversò a torrenti rigonfi e splendenti, risuonando lontano sull’infinita distesa delle grandi acque in ascolto e, come lo sentii, così fedelmente ora vi espongo il senso del tono sublime della voce divina. Ma il senso che fu espresso in modo bellissimo e meraviglioso, fu questo:

13. «Udite…», così parlò la voce divina, «…o voi, flutti che volete correre all’assalto, voi flutti in tumulto dovete alla colonna di Kenan, obbedienza e amore, se volete bagnare ancora più a lungo i saldi dirupi e i morti crepacci della Terra in cordoglio, ma guai a quelle onde schiumanti che volessero levarsi al di sopra della colonna lucente di Kenan!

14. Per quanto in alto volessero alzarsi quei monti squarciati, Io li irrigidirò per mezzo dell’eterna potenza della Mia grande ira e del Mio ardente furore, rendendoli solidi, a eterno tormento, sia temporale che spirituale, nello stagno bruciante della Mia maledizione eterna!

15. Ma ai flutti tranquilli e obbedienti, la Mia Misericordia ben presto darà in dono l’ondeggiare, sia temporale che spirituale, nella Luce dell’eterno Amore del Padre santo, del Padre dei padri di flutti giocondi e vivaci, benedetti e fluenti ai mari della vita eterna!

16. Alzatevi, sì, ma non oltre la sacra splendente colonna di Kenan. Poiché tale è il Volere del Padre santo ed eterno, del Padre dei padri e dei giudici delle onde impetuose dei mari della vita, fluenti a schiere infinite e sgorganti a torrenti infuocati da Dio!». Vedete, dilettissimi padri, e voi pure, figli amorosi, come io ho fedelmente narrato, proprio così l’ho visto con la vista interiore, pieno di stupore e pieno dell’azione superiore dell’Amore eterno in Dio e da Dio!

17. E ancora ascoltate quanti altri prodigi d’Amore divino io abbia visto in spirito, stupefatto, in una visione così lucida e chiara, che tali cose assai rare parevano avere acquistato forma corporea dinanzi ai miei occhi di carne, aperti alla vista interiore!

18. Io stavo ancora sulla splendente colonna e, un po’ oltre, il mio sguardo scrutò la quinta colonna; ma udite come mi stupii a causa del nuovo prodigio dell’Amore divino del Padre santo ed eterno!

19. La quinta colonna era fosca dal piede alla cima, e lo erano pure le onde che la circondavano con violenti sussulti e che, al pari di metalli roventi, sembravano annientarsi infiammate d’ira. E attraverso gli abissi roventi delle acque adirate, sibilava e strideva la morte, e l’ardente furore costringeva un’onda sull’altra in rigidi ammassi.

20. Io guardai nelle notti degli abissi stridenti di morte, e al mio sguardo si offrirono cose che, oh, udite: la lingua dell’uomo preferirebbe irrigidirsi piuttosto che narrare gli orrori delle onde furenti e rese ardenti dal fuoco micidiale dell’ira!

21. E quando i miei occhi spirituali aperti, scrutando nel cuore dell’anima della carne, furono sazi, levai il mio sguardo con il cuore angosciato in alto, verso la cima dell’alta colonna fosca, e là, udite voi tutti: – vidi te, o Jared, figlio del primo amore benedetto di Maalaleel, mio figlio, supplicante con molta serenità il Padre santo ed eterno che donasse amore alle onde roventi dall’ira e, cozzanti tra loro con furia assassina!

22. E mentre tu, mio Jared, così supplicavi, dai Cieli ampiamente aperti si riversò all’improvviso un fiotto abbondante della misericordia d’Amore sulle onde stridenti e indurite dall’ardore della furia letale. Udite: – nella rigida distesa del mare pieno di morte, stridendo e con sibili, allora le onde, già rigide nella morte, cominciarono di nuovo a sciogliersi dalla loro ostinata durezza e a scorrere come fratelli e sorelle, tremando nei solchi, penetrando e soccorrendosi a vicenda e fluendo dolcemente, felici, nelle braccia e nei cuori penetrati dal nuovo calore, infuso dall’Amore eterno.

23. E non appena ebbi visto tale cosa, d’un tratto una spada di fiamma, scagliata da mano possente, cadde tra le mani tremanti dell’invocante Jared, il quale l’afferrò e, agile, secondo il Volere divino, la brandì fin dove era possibile, e quando ciò fu compiuto, io potei intendere chiaramente queste parole:

24. “O tumulto di onde terrene infedeli, tu non devi mai osare di uccidere gli esseri creati come figli dell’Amore eterno, poiché Io sono il Signore della vita e così pure della morte! Chiunque, con cuore adirato, vorrà uccidere i fratelli e le sorelle, verrà punito sicuramente ben presto con la pena della morte eterna nello spirito e nell’anima. Nessuno deve quindi percuotere o colpire l’altro, né maledire, né assassinare, né uccidere, poiché sono Io il Signore, il potentissimo Dio della vita e così pure della morte, nel tempo e in eterno!

25. Ora udite e vedete, dilettissimi padri, e voi pure, amorosi figli, come ora ho narrato fedelmente e con verità, così pure è avvenuto di segno in segno, di parola in parola:

26. E come, in modo assai chiaro, ebbi appreso e visto tali cose, io poi rivolsi il mio sguardo alla sesta colonna e là vidi, oh, ascoltate voi tutti, dilettissimi padri e, voi pure, o amorosi figli, la timida bocca di Kenan prova ribrezzo a ripetere dinanzi ai vostri occhi indagatori, gli orrendi abomini cui io, il vostro Kenan, dovetti assistere, guardando la sesta colonna.

27. Io vidi la sesta colonna circondata di sangue e di orribile fango, e al posto delle onde vivaci, lambenti le prime colonne, vi strisciavano attorno, suscitando schifo ed orrore, i vermi più orribili e ributtanti che si possano immaginare.

28. E udite: – perfino la colonna, la maestosa colonna, appariva come nessun’altra insozzata dal piede alla cima dal sangue ignominioso degli orridi vermi schifosi! Spesso i vermi strisciavano addirittura fino alla cima e si levavano anche in masse su masse, tanto che a ciascuno restava nascosto il segno maestoso del Volere divino.

29. Fino a dove l’occhio dello spirito riusciva ad arrivare, non poteva vedere altro che ammassi su ammassi e, come tali masse di vermi, schiacciandosi con zelo mostruoso, riunendosi di nuovo, formavano vermi più grandi che poi strisciavano l’uno sull’altro, torcendosi, verso la colonna di Maalaleel insozzata di fango e la avvolgevano fin sotto la cima e volevano toglierle del tutto la forma divina; forma attraverso cui deve essere annunciata la santa Volontà del Padre eterno e santo alle onde pacifiche delle acque grandiose della vita, nel mare infinito del sacro Amore nel cuore del Padre eterno e santo.

30. Ma pure ascoltate quello che poi è fedelmente accaduto! D’un tratto si sentì un fragore tremendo nei Cieli infiammati, il Sole si estinse e neppure la Luna poteva più elargire il mite bagliore della sua fedeltà, e anche le stelle negavano la loro luce, anzi, esse cadevano in quantità innumerevoli dal manto purpureo rovente del Cielo.

31. E udite: – una volta avvenuta tale cosa, innumerevoli morti da tutti gli abissi del fango puzzolente cominciarono ad elevare pianti e lamenti, ed esclamarono: «O voi tutte, stelle spezzate, copriteci voi, affinché in eterno ci venga impedita la visione della faccia di Maalaleel, perché egli è venuto nel Nome del Dio eterno dell’ira, quale flagello di fuoco, a percuotere noi, miserabili vermi che abbiamo avvolto la maestà dell’alta colonna!»

32. E udite: – quando dagli abissi tenebrosi della morte fu sorta tale voce, s’infransero i Cieli e, dagli squarci apertisi, torrenti impetuosi del Fuoco divino si rovesciarono sulla colonna di Maalaleel.

33. Però Maalaleel, illuminato dallo Spirito del Signore, così parlò: «Udite, o voi, onde fetenti che assumeste la forma di vermi: – eterno è l’Amore del Signore, ed è santo ed è puro, perciò anche voi non dovete fare ciò che è impuro!

34. È venuto il tempo in cui un sacro fuoco discenda dal Cielo per lavare voi, vermi fetenti, nel fuoco dell’ira, che è eterno, se voi prima, non vi lavate fino a prendere l’aspetto delle onde vivaci, penetrate della luce di pace, di amore e di grazia»

35. E quando dal labbro infiammato di Maalaleel cessarono di fluire tali parole possenti, tra folgori e tuoni continui e violenti, oh, udite: – allora gli ammassi dei vermi cominciarono a discendere, e dopo che ebbero preso l’aspetto di una distesa piana, le forme obbrobriose e schifose, come duttile metallo sul fuoco sprizzante dei fabbri dall’aspetto cupo e robusto, andarono sciogliendosi all’inizio ancora torbide, poi gradualmente in onde sempre più chiare e in flutti pacifici che qua penetravano l’uno nell’altro e là si separavano maestosamente.

36. E ascoltate: – ben presto e in tal modo fu ristabilito l’ordine, un ordine magnifico, e dopo questa imposizione dell’Ordine divino, io, bramoso, diressi il mio sguardo a distanza infinita sulla distesa biancastra delle acque grandiose ormai diventate pure, ed io scorsi che ormai più in nessun luogo si accavalcavano gli ammassi, e vidi soltanto qua e là delle onde più scure accostarsi alle altre più chiare e, vicino a queste, esse stesse a loro volta che divenivano sempre più chiare e infine divenivano splendenti. E dopo che ebbi distolto il mio occhio scrutatore dalle distese infinite delle acque grandiose e ondeggianti e l’ebbi rivolto verso la colonna di Maalaleel, mi accorsi che questa, lavata da tutto l’obbrobrio del sangue, offriva un piacevole spettacolo, risplendente nel suo bianco chiarore, circondata dalle onde graziose, lucenti e scherzose.

37. Maalaleel, ascolta: – io vidi te inginocchiarti e ringraziare il Signore, il Padre santissimo delle onde lucenti e, vedi, ciascuna parola di grazie al Padre dell’eterno Amore, che sgorgava dal tuo labbro tremante, saliva come un Sole raggiante alle eterne altitudini del Padre eterno e santo!

38. E udite, o voi, padri dilettissimi, e voi pure, o amorosi figli: – come ho visto e fedelmente ho sentito, in modo altrettanto fedele e vero lo narro a voi qui!

39. E poiché voi tutti ascoltaste di buon grado tali cose nel vostro cuore, lasciate che io, Kenan, vi narri ancora i prodigi notturni dell’eterno Amore e della Grazia raggiante di un chiarore supremo dell’eterno Padre santo!

40. Ascoltate ora: – come io mi fui saziato, contemplando la Luce raggiante di Grazia irrompente dalle eterne altitudini del Dio santo e Padre d’Amore e di tutte le onde tranquille e splendenti, il mio occhio d’un tratto si posò su un’altra colonna, la settima, che appariva completamente rovente, ed Enoch, l’onesto e pio Enoch, se ne stava quasi sospeso su questa arrossata colonna.

41. Le onde, nel loro moto insidioso, circondavano la colonna di Enoch che si ergeva alta nelle arie infiammate. Tuttavia gli occhi stupiti del mio spirito non poterono contemplare a lungo tale immagine strana, e ben presto mi accorsi che sotto quei flutti insidiosi, si celavano, incatenate in modo orribile e in parte coperte dal limo del fondo, delle acque straniere, depredate e rubate.

42. E là c’erano delle acque d’amore e delle acque di grazia, e così pure delle acque della vita e delle acque della luce, e ancora là c’erano delle acque di ogni altra specie immaginabile, e udite: queste innumerevoli acque erano tutte fissate come pietre trasparenti con i lacci roventi di quell’amore obbrobrioso che ama solo il proprio io!

43. E vedete, o voi, padri e voi figli, come avvenne la rapina e il furto senza amore. Ascoltate: – come io l’ho vista, così pure ve la voglio narrare! – Sospinte da uno zelo ladresco, da questa insidiosa distesa ondeggiante delle grandi acque, si levavano delle masse come piccole nubi leggiadre, le quali circondavano sterminate la colonna di Enoch in tutte le direzioni immaginabili. Tali piccole nuvolette fuggirono allora molto oltre ai confini dello spazio che spettava loro intorno alla colonna; tuttavia, quando scorsero dei tratti tranquilli in altre regioni delle immense acque, allora scesero più veloci del lampo, afferrarono con avida fretta le onde della pace, riducendole in polvere e in nebbie, e le fecero alzare, sospingendole con moto veemente, quali venti turbinosi nelle inquietanti, fangose profondità delle loro insidiose e umide compagne. Poi, queste acque pacifiche affondarono dentro gli abissi, depredate con tanta perfidia, stringendo e premendo le stesse con la loro potenza rubata, riducendole a pietre durissime e coprendole in maniera obbrobriosa con il limo e con il fango della menzogna a causa dell’esecrabile egoismo.

44. Ma questo perfido operare insidioso non durò a lungo, poiché ben presto io vidi rilucere Enoch più del Sole, e raggi brucianti, sgorganti dal suo capo, penetrando con forza a torrenti potenti, sconvolsero e rischiararono in un solo attimo gli abissi fangosi e fugaci di quelle acque grandiose e roventi di brama rapace.

45. E udite: – non appena i raggi brucianti, sprigionatisi dal capo di Enoch, ebbero toccato la distesa ardente delle acque insidiose, le onde delle acque insidiose cominciarono a sibilare e a fremere. Allora la distesa infinita si diede ad evaporare e a fumare di un fumo densissimo e, forzata dai raggi brucianti, fu costretta a donare la libertà a quelle acque straniere, rubate prima con tanta perfidia e fissate sul fondo fangoso dall’amore di se stessi e dall’avidità. E le acque straniere, come nubi infuocate, allora salirono su ad innumerevoli schiere nelle arie più pure e splendenti, svincolandosi a forza dai vapori più torbidi e oscuri sottostanti, che venivano esalati da quei flutti insidiosi. E vedete, quando furono sfuggite agli abissi della morte, dei venti attivissimi uscirono dalla colonna di Enoch e, afferrati i figli liberatisi da poco, li riportarono in vortici lieti, lungo i vapori infuriati delle acque insidiose, dolcemente, fra le braccia amorose e protese in attesa delle acque nobilitate in virtù dei comandamenti della Grazia divina. E avvenuto tale prodigio del santissimo Amore dall’Alto, Enoch stese ad un tratto le mani con gesto possente, e sereno parlò, comandando con voce tonante:

46. «O voi, onde insidiose, ladre e rapaci, ascoltate: – laggiù dove siete negli abissi tenebrosi del fango, il santo Volere dell’eterno Dio potente, avendo udito le tranquille possenti parole della salvezza, vi dice: “Ogni goccia è contata più volte nel cuore dell’Amore eterno, e quindi ciascuno appartiene a se stesso e all’Amore eterno, ma perciò anche nessuno divenga crudelmente preda dell’altro. Infatti, guai a chi è ladro e rapinatore insidioso e assassino della proprietà di altri esseri più puri e di altre acque più pure; anzi, guai a tutte quelle onde perfide, amanti soltanto di se stesse! E ancora udite bene: – la perfidia dei ladri e dei rapinatori non potrà mai ondeggiare lietamente, girando tra i solchi delle acque serene; perciò udite: – essa verrà, già da subito, o sicuramente un giorno, gettata ed irrigidita nella fissità della morte sotto forma di pietra rovente dell’eterna maledizione, negli abissi più profondi della Terra ad opera del potere letale del comandamento. ‘Non dovete rapinare e rubare!’. Così suona il Volere possente dell’eterno Dio santo!”

47. Intendete ciò, o voi, perfide onde, facendovi bene attenzione!». E udite, o miei padri diletti, e voi pure, o amorosi figli: – tali furono le ultime parole tuonanti di Enoch, proferite dalla cima dell’alta colonna raggiante, quale segno sublime ed eterno del Volere divino! E quando il suono delle parole sublimi fu sperduto lontano per i campi delle distese di tenebra degli orrori ondeggianti, estranei perfino all’occhio dello spirito, allora io potei distinguere chiaramente le parole che salivano dagli abissi. E le parole, che salivano alla colonna in tono obbediente, furono queste: «Oh, rendici pure, o tu, chiaro araldo della possente Volontà dell’eterno Dio santo, affinché anche noi possiamo diventare come le altre acque che piacciono all’occhio splendente e santo dell’eterno Amore santo!»

48. E udite: – allora dei venti infuocati e veementi cominciarono a spirare, scaturendo dalla colonna splendente, congiungendo in lucente abbondanza e in prodigio il fuoco dell’Amore eterno ai flutti ondeggianti delle distese infinite in ascolto. E da tanta splendente dolcezza furono purificate le onde e i flutti, e udite: – esse apparivano chiare come la superficie del Sole e rendevano lode e gloria al Signore della Grazia, circondando la colonna con le onde lucenti. Allora gli echi santi risuonarono in armonia per gli spazi infiniti sopra i flutti splendenti. Ecco, tutto ciò io vidi così, veramente, e così, fedelmente ve l’ho anche narrato.

49. O voi, padri dilettissimi, e voi pure, figli amorosi che, attenti e pazienti avete così a lungo ascoltato me, Kenan, l’oratore spirituale. Vi piaccia di udire da me ancora quali altri prodigi dell’Amore e della Grazia divini ho visto e percepito fedelmente: – a una distanza non grande, io scorsi una colonna (l’ottava) che era del tutto liscia e che quasi appariva di lucente metallo. Ma udite: – tutto intorno ondeggiava un mare di sabbia!

50. Da lontano io credevo di vedere veri flutti delle acque, ma quando questi flutti di polvere mi furono più vicini, tanto più chiaramente e in maniera evidente mi accorsi che qui intorno alla colonna non ondeggiava acqua, bensì sabbia asciutta, la quale, sollevata a gorghi dai venti, assumeva in modo ingannevole, all’occhio scrutatore dell’attento Kenan, l’aspetto di acque ondeggianti!

51. Quando ebbi osservato tutto ciò fra il grande stupore e non riuscendo a scoprire, dopo aver scrutato lungamente, in nessun luogo, neanche una sola goccia d’acqua, alzai gli occhi al Cielo e supplicai il santo ed eterno Padre dell’Amore per ottenere grazia e soccorso, nonché un sapientissimo consiglio; però il Cielo restò muto, soffuso com’era solamente da macchie lucenti e biancastre e qua e là lievemente rossastre, e non giungeva la minima voce dalla santa ed eterna altitudine che si offuscava sempre più, dove c’è la dimora dell’eterno Padre santo, di solito compiacente elargitore di amore e di grazie.

52. E vedete, le onde ingannevoli della sabbia salivano sempre più alte e, com’è comprensibile, più alto salivano e più dense si facevano, tanto che neppure il raggio più acuto di luce poteva penetrare, a ristoro degli occhi, attraverso le masse di polvere ondeggianti della sabbia ingannevole.

53. Ma, udite: – per immensa fortuna l’indegna tenebra non durò a lungo, poiché col cuore rasserenato vidi Matusalem starsene su quella colonna, circondata da sabbie tenebrose, ed egli era armato di un’ardente spada a doppio taglio. Gli occhi erano coperti da una benda di lino, imbrattata di polvere sabbiosa, e gli orecchi erano otturati da pece viscosa. Ma, vedete, d’un tratto, abbagliante di splendore celestiale, un’aquila scese possente con un volo veloce e in cerchi sempre più stretti girò intorno al capo con i sensi impediti di Matusalem e gli sciolse la benda di protezione dagli occhi e, con il becco, picchiando, gli pulì con gran cura gli orecchi, preclusi alla voce dalla pece viscosa. E quando ebbe in questo modo resi liberi i sensi di Matusalem dai lacci che erano stati posti a loro protezione, la potente aquila luminosa, quale stella lontana ancora brillante, se ne volò verso le sacre altezze del Cielo, da dove con tanta maestà era discesa. Matusalem, però, il fedele e vero, afferrò la spada fiammeggiante a due tagli e la brandì con la destra minacciosa, descrivendo, in ogni direzione immaginabile, una linea circolare luminosa come il fulmine.

54. E mentre egli, zelante, brandiva la spada infiammata, da questa si libravano delle lingue lucenti, come ardenti faville provenienti da un tronco di legno resinoso in preda a un fuoco violento, legno che cresce in gran numero e con tronchi spessi ai piedi dei monti.

55. E udite: – le innumerevoli lingue volavano, quant’era possibile, veloci verso ogni direzione immaginabile sulle distese infinite della polvere, lambendo la sabbia ingannevole con il potere del loro fuoco, riducendola a una massa caotica, in modo che era arduo comprendere quello che di utile sarebbe potuto risultare da tale mescolanza.

56. Io, frattanto, in attesa di cose più grandi, osservavo il lavorio prodigioso e continuo, il quale durava così a lungo, mentre delle lingue infuocate si mescolavano alle masse infinite della sabbia ingannevole; tuttavia le manifestazioni desiderate a lungo tardavano e non si vedeva niente all’infuori delle sabbie bianche, ormai fatte del tutto roventi.

57. Ma, vedete, mentre il desiderio si faceva più ardente e ansioso, Matusalem si alzò con sguardo spaventoso e cominciò a predicare, con voce veemente, il santo Volere dell’eterno e santissimo Padre alle sabbie, diventate del tutto roventi. E le potenti parole che con grandissima foga uscivano dalla bocca di Matusalem, si riversarono come acque immense e maestose a torrenti larghissimi fra sibili, rombi e frastuoni terribili, trascinando la sabbia con sé, come prima avevano fatto le lingue in tutte le direzioni pensabili. E i sibili e i rombi e i frastuoni proferivano parole possenti e chiarissime, e queste erano parole di potenza e di eterna grandezza della Santità di Dio!

58. Udite, o voi, padri e figli! Le parole dicevano: «O polvere, che sei nulla, intendi bene il Volere della Santità di Dio! Mai ti sia proprio l’ondeggiare menzognero e ingannatore; convertiti in acqua purissima e fluida e, come tale, ondeggia in onde splendenti ed eterne, e non preoccuparti, poiché un giorno soltanto la menzogna verrà annichilita del tutto!»

59. E vedete, quando l’infinita distesa ebbe appreso tali parole, essa si sciolse di granello in granello in purissime gocce, e queste, in verità, risplendenti, cominciarono a scorrere ricongiunte in letizia, convergendo a una distesa infinita di acque purissime, ondeggiando dovunque e tracciando solchi, glorificando giubilanti il santissimo Nome dell’eterno Dio, e levando via la sabbia che, con tenacia, era ancora attaccata alla colonna di Matusalem, da quella stessa sabbia che testimoniava contro di loro e che, cingendo la colonna con le loro schiere lucenti, le innalzavano lodi, dopo aver adornato con brama amorosa i loro soffici capi, tremolanti e splendenti, con la luce che sgorgava abbondante dalla colonna.

60. Vedete e udite, o degnissimi padri, e voi pure, o diletti figli: – come fedelmente e veramente ho visto, e come con orecchi ben aperti ho pure ascoltato, così fedelmente e veramente vi narro! La verità, o padri e figli, solo la verità è l’essenza deliziosa dell’Amore. Perciò anche la menzogna sarà annientata come nessun altro vizio, perché solo essa è del tutto contraria!alla Verità eterna dell’Amore del Padre.

61. E udite ancora, o dilettissimi padri, e voi pure, o amorosi figli, quali altri prodigi hanno visto gli occhi stupiti del vostro Kenan: – Io avevo l’impressione di essere sempre sospinto con la colonna sulla quale stavo, verso le regioni lontane delle altre colonne; e come mi era già accaduto prima, così mi accadde nuovamente. Ed io vidi dalla mia maestosa altezza la nona colonna dell’Amore..

62. O voi padri, e voi, figli: – l’aspetto di quel luogo era quanto mai strano! Ascoltate: – da una profondità infinita delle notti eterne, una colonna terribile, macchiata di sozzi colori scintillanti in tutte le sfumature, si ergeva a un’altezza dove l’occhio non poteva più giungere. Intorno alla colonna non c’era né ondeggiare d’acque, né polveri né della sabbia, né un moto né una traccia qualsiasi di vita di un essere; solamente una notte, perdurante in eterno, circondava nel silenzio assoluto questa nona colonna, screziata e infinita. E in tale spaventoso, infinito deserto privo di vita, io pensai: “Che cos’è, che significa ciò? Per chi mai è posta qui quest’infinita colonna?”

63. Così io rimasi a lungo a pensare, per spiegarmi in un modo o nell’altro la cosa; però, nonostante tutto il mio riflettere, non un lieve barlume voleva mostrarsi a chiarire la notte infinita ed eterna intorno all’immensa colonna screziata. O padri e figli, l’angoscia allora mi prese, poiché perfino la luce della colonna sulla quale io stavo andava sempre più attenuandosi, tanto che io potevo a stento scorgere che i miei piedi poggiavano ancora sulla cima, emanante uno scarso chiarore. E quando con tristezza ebbi constatato che la luce svaniva, mi prostrai sulla faccia e cominciai a pregare col cuore l’eterno Padre santo, supplicando che non permettesse che io andassi così in perdizione.

64. E udite: – mentre seriamente facevo così, una voce ammonitrice risuonò d’improvviso, e parlò: “O Kenan, sprofonda in puro amore il tuo pensiero in Me, tuo Padre e tuo Dio, e ben presto le cose appariranno del tutto diverse ai tuoi occhi!”. Ed io feci all’istante così come la santa Voce aveva comandato, senza affatto indugiare a riflettere su quel dolce suono colmo d’Amore.

65. E udite: – quando ebbi fatto tale cosa con il cuore rigonfio d’amore, la colonna, che già mi appariva infinita, cominciò sempre più a profondarsi nell’abisso della notte eterna. E mentre l’azione dell’inabissarsi perdurava da poco, un lontano frastuono di grandissime acque, somigliante al tonante rombare delle sfere, giunse ai miei orecchi tesi in ascolto. Prima che io avessi potuto riflettere sulla cosa, ascoltatemi, o padri e figli, vidi masse enormi spumeggianti di acque precipitare giù, con violenza, negli spazi tenebrosi infiniti della notte, che prima, eterna, regnava intorno alla colonna screziata. Ma vedete, il precipitare delle acque non durò a lungo, perché io vidi ben presto il luogo precedente delle notti eterne già del tutto riempito ancora con acqua torbida, però ondeggiante senza fine. Così pure io vidi la cima della colonna che mi era sembrata eterna, scendere giù dalle eterne altitudini dei Cieli e abbassarsi verso quei torbidi flutti ondeggianti delle acque recenti dalla cresta lucente; sulla colonna, in gloria splendente, stava composto Lamech, il figlio di Matusalem, quale araldo soave del santo Volere divino. Quando egli pure si accorse che io ero presente, si diede ben presto a rivolgere ai flutti le seguenti parole:

66. «O voi, grandi acque, ascoltate! Non dovete consumare voi stesse nelle vostre brame, poiché quello che in grazia e amore vi è dato dall’Alto, è proprietà vostra per tempi infiniti ed è sufficiente per l’eternità, giacché non più di una cosa può mai trovare posto nello stesso spazio. Qunque, non cercate mai di annientare voi stesse con brame straniere, ma ondeggiate e girate bensì nella sfera a voi propria, per la lode e la gloria dell’eterno Padre santo!»

67. E udite: – non appena Lamech ebbe proferito tali savie parole, con rapidissimo moto i flutti compenetrati dall’eterna Luce del Volere divino si schiarirono e ondeggiarono. Ma io, Kenan, ho visto fedelmente tale cosa; e come ho visto ed ho ascoltato veramente, così ve l’ho fedelmente narrato.

68. E udite, o padri diletti, e voi pure, o figli amorosi: – oh, ascoltate pure pazienti la conclusione di questo mio discorso e guardate con me – il vostro Kenan – negli abissi dell’ira divina, e comprendete il lieve bagliore di Grazia che scintilla alle genti infedeli della Terra per virtù delle fiamme dell’ira!

69. Oh, ascoltate e vedete tutto ciò che io dovetti ascoltare e vedere nel luogo della tenebra della decima colonna! Udite: – tutte le nove colonne di prima erano dotate, più o meno, di una luce loro propria, anzi la nona colonna era circonfusa perfino d’un lieve scintillio a vari colori; quest’ultima colonna però, cioè la decima, non aveva neanche un punto che tradisse nemmeno una pallida luce; anzi, essa era tenebrosa a tal punto che io la potevo soltanto sentire, ma non già vedere, malgrado provassi ad acuire la vista del mio spirito, e se fosse acqua oppure sabbia o il semplice spazio vuoto e nullo a ondeggiare o impolverarla o a circondarla, oh, uditemi: – tutto ciò era orribilmente nascosto all’occhio scrutatore di Kenan che sognava a causa di tale incredibile notte di nerissima tenebra, nella quale era immersa la decima colonna.

70. Io attendevo ansioso di attimo in attimo e, sforzando quant’era possibile il potere degli occhi, tentavo di guardare se mai un chiarore qualunque volesse mostrarsi; tuttavia ogni tentativo era del tutto vano e perfino gli orecchi che io tendevo all’estremo, non riuscivano ad intendere il benché lievissimo sussurrare d’una brezza!

71. Oh, udite: – allora io fui colto dall’angoscia in questo deserto di tenebra atroce che la morte eterna colmava! Non potevo né pregare né supplicare l’eterno Padre d’Amore che mi liberasse al più presto da una così terribile notte di morte, poiché solo allora mi accorsi che non solo gli orecchi e gli occhi, ma, vedete e udite, pure la lingua era paralizzata.

72. E quando dovetti fare una così amara esperienza in me stesso, un lampo tremendo d’un tratto fendette lo spazio dagli abissi senza fondo della notte eterna, verso le altitudini dal ferreo aspetto del cielo rinchiuso!

73. Tuttavia, mentre di solito il lampo è seguito dal tuono, non il minimo scoppio di tuono rombante si fece udire dopo tale folgore immensa. E com’era l’aspetto già prima del lampo, tale rimase anche dopo, vale a dire: ‘come la notte più densa, estesa da un’infinità all’altra’, e in me, il vostro Kenan, sentii sorgere allora una brama ardentissima di luce e di vita, poiché davvero, vi dico, io ero già del tutto sazio della notte infinita di morte! O padri e figli, la notte, oh, la notte, quanto a lungo è durata, finché finalmente si mostrò una stella minuscola sul cielo ferreo, conseguenza isolata e tardiva della folgore già molto prima sfuggita all’abisso a scagliarsi verso il cielo.

74. I miei occhi, così a lungo accecati, si rivolsero a quel piccolo punto scintillante, guardandolo fisso. E mentre io fissavo stupito quel punto brillante e minuscolo, ascoltate: – nei miei orecchi già divenuti completamente sordi si fece udire all’improvviso un suono assai chiaro, e non erano parole né voci umane né meno ancora era un sibilo, né un fremito o un altro frastuono. Oh, udite: – questo suono somigliava a quei suoni che i pastori traggono dalla loro cornamusa, quando vogliono avere le pecore di Abele radunate intorno a sé secondo il costume antico, ed esse poi si affrettano subito a venire, alzando il loro capo verso il cielo e guardando stupite i loro pastori solleciti.

75. Tuttavia percepii chiaramente solo il suono, mentre non potei vedere nulla delle pecore di Abele! E quand’ebbi appreso ciò con i miei sensi divenuti già morti, una parola attraversò la mia anima, come un lampo chiarissimo, e sentii una parola, e questa parola dolcissima così mi parlò: “Ascolta, o Kenan, la lingua ti è sciolta. Ora prega e supplica il Padre della Luce, dell’Amore e della Vita, perché voglia concedere luce, amore e vita, a questa colonna spezzata nella morte!”

76. Allora mi prostrai sulla faccia e mi diedi a pregare con fervore, implorando il santo Padre d’amore e di ogni vita che si manifesta, che Egli volesse pure elargire nella Sua Misericordia una fiammella ben chiara di Grazia, splendente dall’Alto, affinché i miei occhi potessero contemplare la tremenda grandezza e l’immensa estensione della morte di tenebra. E quand'ebbi supplicato abbastanza in verità e fede il Padre santo, d’improvviso una voce squillante mi chiamò per nome e disse: “Rialzati in fretta e contempla gli abissi profondi della morte più tenebrosa! La colonna spezzata, la decima, indica l’adulterio, la cui metà inferiore dell’amore giace in fondo all’abisso profondo di morte, sfracellata e dispersa, mentre l’altra metà superiore della grazia pende all’arco ferreo, infinito del Cielo e non scenderà ai frammenti, prima che il fondo di questa colonna non sia lavato e purificato dall’immondizia del Serpente. Il fondo è la Terra, una dimora del peccato, e l’immondizia del Serpente è tutta la carne seducente delle donne delle valli di Hanoch. Guai, dunque, alla Terra ingrassatasi ora con il sangue dei fratelli, i quali, a causa della carne di donne lascive si sono uccisi in maniera crudele ed hanno abbeverato la Terra del loro sangue benedetto! Io voglio far sgorgare ben presto dal cielo grandi flutti, per uccidere ogni carne a causa della carne seducente delle donne, per mezzo della quale ogni acqua fu consunta qui intorno alla decima colonna! Oh, fa pure pompa di te, mettiti in mostra, seducente, magnifica carne di tutte le donne come perfidissime figlie del drago! Oh, vantati tu, cibo allettante dei vermi dello stagno, tu, o fiato nauseabondo del Mio Onore! Tu ti bagni e ti lavi ogni giorno nell’acqua finissima profumata di erbe e di aromi e ti ungi la pelle con oli preziosi per farti ancora più provocante e attraente per sedurre i figli dell’eterno, santissimo Padre!

77. Si perpetui dunque sul tuo capo una maledizione! Tali cose le dico Io, Jehova, l’eterno Dio onnipotente; Io voglio ben presto prepararti un tale bagno, nel quale tu avrai in eterno abbastanza da bagnarti e d’aspergerti di unguenti!

78. Ascolta, o Kenan, come tale cosa accadrà, ti verrà appunto ora illuminato dalla luce della Grazia dell’eterno Padre santo; ti devi perciò rialzare sulla tua colonna, ormai essa pure già spenta del tutto, e guardare laggiù negli abissi dove ti sarà rivelato ciò che in breve dovrà accadere!

79. E uditemi, o padri, e voi figli: – io ben presto mi alzai e guardai con uno sguardo notevolmente stupito negli abissi della morte e vidi grandi schiere dei nostri figli lasciare le sacre montagne e scendere frettolosi e in letizia alle figlie degli uomini e congiungersi con loro, generando figli robusti e attraenti figlie, e vidi i figli innalzarsi a reggenti, e poi, come tali sgozzare ed uccidere crudelmente gli inermi, i miseri figli degli uomini! Allora scorsero torrenti di sangue dei fratelli e dei figli degli uomini, e udite: – i torrenti del sangue innocente versato gridavano con voce possente, vendetta verso il ferreo arco del cielo!

80. Ma, ecco, d’un tratto il cielo si lacerò in due parti e dallo squarcio splendente discese in rapido volo un angelo, il quale disse all’amore di Lamech: "O Noè, dunque, erigi l’arca di Grazia, come da lungo tempo il Signore ti ha già fedelmente ordinato, e non appena sarà edificata, rifugiati dentro la stessa con i tuoi e con tutte le cose, secondo il comando che il Signore ti ha dato, poiché, vedi, la maledizione di cui la Terra è gravata, fa già sì che essa arda in moltissimi punti, accesa dall’ira giudicante del Dio eterno! Come vedi, però, il lamento del sangue ha commosso in maniera possente la Grazia del Cielo. Il Padre santo ha perciò già deciso di lavare la Terra dalla maledizione e concimarla tramite questo per una progenie migliore, che ben presto da te, o Noè, sorgerà. Da te, che sei l’unico rimastoGli ancora fedele!

81. E vedete, o voi padri diletti, e voi pure, o amorosi figli: – quando l’angelo splendente, con tali parole affrettate ebbe detto tale cosa all’amore di Lamech, oh, udite, d’improvviso scoppiarono gli archi di ferro del cielo e dalle crepe assai ampie e dagli squarci infuocati si riversarono con terribile violenza torrenti poderosi di flutti dalle acque fumanti, quale Grazia dell’eterno Padre santo, per spegnere il fuoco e preparare la futura redenzione della Terra colpevole dal peccato.

82. E allora, quando le acque cominciarono a colmare le valli terrestri, vidi innumerevoli generazioni salire dalle valli per cercare fra lamenti le altitudini dei monti. Io vidi le donne più belle, quali figlie degli uomini dalle carni bianchissime, sopraffatte di angoscia mortale e sfinite, tentare di raggiungere, con le dita e le mani sanguinanti, le asperrime vette degli alti dirupi, e da altezze che danno la vertigine, innalzare disperate le mani coperte di sangue, torcendole in alto, verso gli squarci aperti del cielo infuocato e implorando con grida strazianti, conforto e aiuto. Invece tutte le grida furono vane, e nel mezzo dei flutti che con sempre maggiore violenza si riversavano dagli squarci roventi del cielo ferreo, si scatenarono venti che nei loro vortici infuocati trascinarono i più teneri figli degli uomini, ardendoli e bruciandoli tutti, strappandoli a forza dalle cime rocciose dei monti raggiunte con tanta fatica, e scagliandoli giù nel baratro dei flutti infuriati come lamentevole preda di morte!

83. E udite: – non appena tali venti infuocati in modo orribile, ora in un luogo ora nell’altro, ebbero reso deserta qualche vetta tutelare dei monti, strappandone la carne più attraente, più tenera e più bianca, infuriando, esclamarono con orribile accento di scherno: “E ora, bagnati e lavati, e ungiti, tu, obbrobrioso ed allettante alimento del diavolo e dei suoi seguaci, e adornati bene tra le braccia olezzanti della morte eterna e prenditi il premio delle tue fatiche che non ebbero mai tregua, per mezzo delle quali è caduta ogni generazione della Terra, dalla prima di Adamo fino all’ultima dell’ultimo abitante della Terra, oppressa dalla maledizione, e percorri la via della morte di tutta la carne attraente!

84. E udite: – in tal modo esclamarono i venti infuriati del fuoco, non appena essi ebbero resa deserta ora l’una, ora l’altra delle cime salvatrici delle alture e dei dirupi dei monti che erano tanto aspre a salire!

85. Ma udite: – non a lungo durò quell’orribile uccidere e soffocare della carne peccatrice delle donne più prosperose e di tutti i figli caduti della Terra e dei figli del Cielo, tristemente ingannati dall’astuzia seducente delle donne; ben presto, infatti, io vidi ondeggiare delle acque immense fin sopra le massime vette pietrose dei monti e non si vedeva nessun’altra creatura vivente all’infuori di me, e si udiva soltanto l’ondeggiare delle acque immense formatesi da poco, che venivano a infrangersi contro la mia colonna, debolmente lucente.

86. In base alle nuove esperienze che già prima avevo fatto, m’aspettavo che, non appena le acque avessero riempito gli abissi sconfinati della morte, una colonna si sarebbe mostrata ben presto già pronta e lucente di luce maestosa al di sopra dell’ondeggiante distesa dei flutti. E quantunque all’ottava colonna non fosse seguita con atto immediato la nona già completa a colpire gli occhi scrutatori di Kenan, tuttavia, allora, dopo brevissimo tempo, vidi Lamech, disceso dal cielo, dominare dall’alto di quella colonna. Invece dopo la decima, oh, udite: – nessun’altra colonna voleva mostrarsi!

87. Attesi molto a lungo, e mi stupii non poco quando vidi l’arca di Grazia, anziché la colonna, venire galleggiando su onde pacifiche. E quando essa fu giunta al punto dove poco prima io, il cieco veggente, avevo potuto intuire l’oscura colonna, udite: – allora le onde impetuose retrocessero, mentre l’arca di Grazia si posò sopra una colonna assai grande sorta fuori dalle acque, in modo piacevole e lucente.

88. E quando quell’arca splendente della Grazia si trovò così liberata del tutto da ogni flutto ondeggiante e da ogni acqua, allora, ascoltate: – sul suo tetto uno sportello luccicante fu aperto, fuori dal quale ben presto sfuggirono delle miti colombe e, volando gaiamente, spaziarono lontano, al disopra delle onde e dei flutti.

89. Ma le gaie colombe non rimasero fuori a lungo, volando qua e là sopra le acque, poiché all’infuori della colonna dell’arca di Grazia non si vedeva nient’altro se non il perpetuo accavallarsi di un’onda sull’altra. E poiché le gaie naviganti dell’aria non trovarono nessun luogo sul quale posarsi, per prendersi adeguato riposo dopo un volo continuo e abbastanza duraturo, subito volsero rapide il volo verso l’arca di Grazia e, assidue, cercando la finestra lucente, penetrarono nella stessa.

90. E quando lo sportello lucente fu di nuovo chiuso, udite: – ben presto dei venti violenti e infuocati cominciarono a spirare da ogni parte, ben oltre all’immensa distesa delle acque ondeggianti che al mio sguardo apparivano eterne. Allora, per effetto di tanto violento spirare dei venti infuocati, masse enormi di nubi cominciarono a levarsi maestose e veloci dalla distesa ondeggiante, come il lampo. Ma tale possente infuriare dei venti non durò a lungo, che già sullo specchio delle acque, ora qua ora là, iniziarono ad emergere le vette più eccelse dei monti, anzi alcune fra queste verdeggiarono ben presto ed apparvero in breve, somiglianti a ridenti giardinetti.

91. E udite: – mentre questa scena si svolgeva dinanzi agli sguardi scrutatori ma lieti di Kenan, nuovamente luccicò lo sportello sopra il tetto dell’arca di Grazia, e di nuovo si aprì e ne uscirono colombe, levandosi in rapido volo, tutte allegre e dirigendosi verso le cime dei monti già divenute verdi. Giunte là, le circondarono in lieti giri con voli aggraziati e indugiarono a lungo, posandosi, cullandosi e saltellando sui rami cresciuti da poco, ma poi, dopo un tratto di tempo notevole, lasciarono quei luoghi ora riccamente provviste di ramoscelli verdeggianti e subito rivolsero le ali verso l’arca di Grazia ospitale.

92. E ora, vedete e udite: – quando ciò si fu svolto con ritmo affrettato, i flutti cominciarono a discendere rapidamente, e montagne e piacevoli campi con terra fruttifera emersero prodigiosamente veloci sulla distesa delle acque sprofondanti e, animate dal calore dei raggi del Sole, diventarono verdi trasformandosi in ameni prati e campi, e in rigogliosi fecondissimi giardini.

93. E là dove prima la colonna era apparsa, oh, udite, là crebbe in maniera da far meraviglia, la terra sempre più alta intorno alla colonna, finché l’arca stessa della Grazia si trovò a riposare del tutto sulla terra maestosamente verdeggiante. Vedete, in quel punto scintillò di nuovo lo sportello sopra il tetto dell’arca di Grazia, e uno stormo numeroso di vivacissime colombe ne sfuggì, turbinando veloci e, malgrado un’attesa assai grande, non fece più ritorno alla finestra lasciata aperta sul tetto dell’arca di Grazia.

94. In tale modo Noè, quale amore di Lamech, da dentro l’arca di Grazia, vide che i flutti erano discesi del tutto ed egli cominciò ben presto ad aprire le porte dell’arca e lasciò che ne uscissero fuori lietamente le generazioni preservate della Terra, e infine, gradualmente, i suoi figli e le donne. E quando ebbero posato il piede tremante sulla Terra verdeggiante, con cuore commosso si prostrarono a terra e, di fronte all’aperta arca di Grazia splendente, ringraziarono e lodarono il Signore, come unico Salvatore pietoso da un così tanto meritato Giudizio dell’ira di Dio santo ed eterno.

95. Quando con animo grato e con il cuore colmo d’amore, essi ebbero rivolto a lungo al santo ed eterno Padre le loro orazioni, apparve un angelo splendente, volando veloce, e recò a Noè la lieta novella dal Cielo sfolgorante e maestoso, cinto dall’arco colorato. E udite: – quell’angelo splendente così parlò:

96. “Ascolta, o Noè, o unico legame del Mio grande Amore: – Io un giorno voglio suscitare da te un seme di vita, che saprà strappare alla morte le innumerevoli prede, poiché Mi sospinge un’immensa pietà per la carne giacente là, sotto le onde irrigidite del peccato, e perciò verrà il giorno nel quale manderò un Salvatore possente e mai più la Terra tremante sarà visitata da simile Giudizio. E il grande arco colorato sarà per i popoli e per sempre l’annuncio che Io non manderò più, fino alla fine dei tempi dei tempi, sulla Terra tale Giudizio. Quello che poi dovrà accadere, nessuno lo conosce all’infuori di Me, vale a dire del Padre eterno!

97. E udite, o voi padri diletti, e voi pure, o amorosi figli: – questo è tutto quello che ho visto e udito, e vi ho fedelmente narrato così come l’appresi; nient’altro mi fu dato di vedere. Ma a voi, saggi padri e figli colmi d’amore, devo lasciare l’interpretazione di quanto ho visto, perché il senso di simili sogni così strani, da Dio, è un mistero per me».

 

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Cap. 43

Enoch spiega le parole di Adamo e di Kenan

12 novembre 1840

1. E vedete, quando Kenan ebbe finito di narrare il suo sogno, in forma scorrevole e piacevole, tutti lo guardarono stupiti e si inchinarono dinanzi a lui, poiché la meraviglia da cui erano stati colti era molto grande e non sapevano cosa pensare di quanto avevano udito.

2. Finalmente, dopo un lungo silenzio, il padre Set si riebbe dallo stupore e cominciò, molto ponderatamente, a parlare ai figli presenti e fece ciò dopo aver alzato gli occhi al Cielo in atto di ringraziamento. E così disse: «O Kenan, o figli, che cos’è mai tutto questo? Cosa significa e dove vuole arrivare?

3. Il discorso misterioso di Adamo, nostro primo padre, è stato percepito a stento da tutti i nostri sensi; non ne siamo ancora venuti a capo di una sillaba nei nostri cuori, deboli d’amore, per quanto ne riguarda la comprensione. Anzi, perfino l’ultimo discorso infuocato di Enoch pare ancora librarsi, come un groviglio oscuro, dinanzi a tutti i miei sensi; e ora vieni infine tu, mio caro Kenan, con un mondo di enunciazioni sinistre, il cui senso non può essere noto che a Dio. Anzi, io sarei quasi portato ad asserire che ad un uomo dovrebbe essere a mala pena possibile conservare ancora la vita, qualora il santo ed eterno Padre lo dotasse di tanta sapienza da poter comprendere il senso profondissimo ed inesplicabile di tali alti argomenti pieni di mistero!

4. O Kenan, Kenan! Perché ti è toccato di dover vedere e ora di raccontare una simile visione a noi, padri e figli poveri e deboli, portando con ciò la confusione in tutti i nostri sensi e rendendoci più poveri di quanto lo fossimo prima? In precedenza, infatti, non ci assillavano le vie e i decreti della Santità eterna di Jehova, che tu invece ci hai esposto in tali discorsi, il cui senso non può trovarsi rivelato dinanzi a nessun angelo, finché l’angelo medesimo rimane semplicemente tale e non potrà mai, in eterno, essere pari a Colui che è il Padre amoroso e santo di tutti noi, il Quale è imperscrutabile in ciascuna delle Sue eterne parole!

5. O figli, voi che avete appreso simili cose dalla bocca del caro Kenan, non pensateci e confessate piuttosto con me, in tutta contrizione ed umiltà del nostro cuore debole d’amore, che tutti noi assieme non possiamo fare nulla. Né nessuno di tutti voi voglia mai nutrire in sé la brama di comprendere tali cose imperscrutabili, ma limitiamoci sempre a rimettere nuovamente a Dio la comprensione delle stesse, che ben saprà cosa intende esprimere per mezzo di tali comunicazioni; però, se Egli ce le ha date, di certo le avrà annunciate perché costituiscano pietra d’inciampo per noi, al fine di dare a noi stessi poveri e deboli, in primo luogo la possibilità di riconoscere quanto Egli sia potente già in un solo atomo di pulviscolo solare e, in secondo luogo, affinché possiamo provare noi stessi nella nostra umiltà, e vedere in tal modo che da soli non siamo affatto capaci di nulla e che solamente Egli, il nostro santo e diletto Padre, è il Tutto nel tutto!

6. O figli, riflettete bene sulle parole di vostro padre Set e preservatevi perciò da qualsiasi tentazione! Amen!»

7. E quando Set terminò le sue parole ben ponderate, il piissimo Enoch avanzò dinanzi ai padri. Egli si inchinò dinanzi a loro e chiese licenza di poter dire al loro cospetto, egli pure, qualche parola su tale argomento, e ciò tanto più, appunto perché in quel momento aveva percepito a quel proposito un particolarissimo incitamento interiore.

8. Set, dopo averlo guardato, gli disse: «Oh, parla, parla tu pure, o sereno, devoto figlio della Primavera eterna! Anche le tue allocuzioni più infuocate non sono che una fresca rugiada mattutina al paragone di tali indicibili ardori solari che provengono dalla bocca di Kenan. Sarà per tutti noi una sensazione di sollievo se ti verrà concesso di mitigarli almeno un po’. Parla dunque, e fallo a tuo piacimento; anzi, avresti dovuto parlare già molto prima. Parla, dunque! Amen!»

9. E tutti allora si associarono al desiderio di Set, ed Enoch cominciò a parlare come segue: «O, cari padri, e voi tutti, figli di Dio, udite e comprendete bene le parole che usciranno ora dalla mia bocca!

10. Se volete e se potete, sollevate i vostri sguardi, più in alto, verso le altezze incommensurabili dei Cieli di Dio, il nostro buon Padre santissimo; e poi rivolgeteli all’ingiù, verso le profondità ugualmente incommensurabili dell’Uno e Medesimo potente Dio, la cui Signoria non ha fine in alcun luogo! Pensate a quante cose possono tenersi celate, tanto nelle sconfinate altitudini quanto nelle profondità, cose delle quali non c’è mente di uomo che le abbia potute nemmeno immaginare in sogno!

11. Kenan soltanto fu così fortunato, per quanto finora mi consta, da aver potuto osservare in spirito un piccolo granellino di pulviscolo scomposto solo un poco, e il nostro primo padre Adamo ci ha ugualmente mostrato solamente un altro atomo dello stesso pulviscolo, un po’ sminuzzato, per non parlare poi dei miei presunti discorsi infiammati e già questo ci riesce incomprensibile e, oltretutto, suscita in noi tanta meraviglia! Ma poi, com’è possibile veder svolgersi dinanzi a noi, attraverso i nostri deboli occhi, l’immensa scena dei soli e dei mondi, pur restando in vita? Chi mai ha potuto scrutare i prodigi che si compiono in un solo filo d’erba che, modesto, si curva sotto ai nostri passi? Quanta grandezza e quanta maestà di Dio non si celano anche là, eppure noi, con il nostro passo indegno, lo calpestiamo e tuttavia continuiamo a vivere!?

12. Non ci accade forse in spirito, proprio come accade ai bambini che vengono turbati alla vista di un pezzo di pane un po’ più duro se viene loro offerto quando si aspettano ancora una leggera zuppa di latte? Ma sarebbe questo un buon motivo per non dar loro mai del pane, dal momento che sono abituati al cibo tenero? Allora, in quale modo mai essi potrebbero giungere alla vigoria virile?

13. Vedete, ora succede precisamente così anche per noi: – finché eravamo infantili e piccoli, il Padre ci nutriva con sostanze leggere e semplici, confacenti alle nostre capacità d’assimilazione; ora però è necessario che diventiamo uomini nello spirito! Vedete, il cibo tenero e leggero non si addice più a noi; ma il Padre ci dà del pane affinché noi possiamo crescere e divenire in tal modo uomini robusti nella Sua Grazia, ed affinché, poi, noi non ci limitiamo a guardare le cose, ma anche a comprenderle a dovere, riconoscendo in esse il Suo grande Amore e la Sua Sapienza, e per riconoscere pure in esse la Sua santissima Volontà, proveniente dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza!

14. Se adesso dunque il nostro primo padre Adamo ci ha narrato le vie originariamente percorse dal suo spirito un tempo smarrito, vie sulle quali e per mezzo delle quali anche il nostro spirito venne a trovarsi in stato di confusione e di smarrimento, ebbene, in tutto ciò non c’è veramente niente di troppo incomprensibile! Infatti è chiaro che lo spirito dovette esistere prima del corpo, come pure necessariamente Dio dovette esistere prima di qualsiasi altra creatura preceduta da Lui, poiché Egli è la Causa prima assoluta e fondamentale di tutte le cose! Altrimenti, per chi avrebbe dovuto essere creato questo corpo, ovvero questo caduco edificio d’argilla, se già da lungo tempo non fosse esistito lo spirito, come necessariamente doveva esistere, spirito soltanto per il quale è chiaro che fu eretta da Dio, il nostro Padre santo, questa dimora che mette alla prova la libertà dello spirito!

15. Non risulta affatto che una gallina abbia mai deposto un guscio d’uovo vuoto; così pure noi tutti sappiamo benissimo che il contenuto dell’uovo deve essere esistito prima del bianco e duro guscio ben chiuso! Può qualcuno ammettere ragionevolmente che lo spirito sorga soltanto in seguito alla presenza del corpo, e che quindi vada formandosi e poi gradatamente sviluppandosi per uscirne un giorno? Certo è, che chi fosse capace di una cosa del genere, dovrebbe essere mille volte più insensato e malaccorto di chi volesse costruire una capanna per qualcuno che ancora non esiste, pensando che la capanna, una volta realizzata, possa di per sé e da sé produrre il rispettivo abitante!

16. Perché l’atto della generazione precede il divenire e perché l’uomo precede la donna? E com’è che noi udiamo il sussurrare del vento, mentre i nostri alberi non accennano ancora a scuotere le loro fronde? Quando il vento viene a raggiungere i nostri alberi, allora tutti i rametti si muovono. E tutto questo non prova forse che il vento deve essere esistito già prima di venire a noi, e prima anche di suscitare nei nostri alberi una vivace attività? Non sono certo gli alberi che hanno prodotto il vento, ma, al contrario, è il vento stesso che è venuto liberamente sopra gli alberi e li ha animati.

17. Oppure potrebbe forse qualcuno sostenere che un qualche frutto sia stato creato grazie all’albero o invece che l’albero deve essere esistito prima, appunto per poter produrre un frutto fuori di sé? Ma com’è allora che voi asserite che Dio pose nella terra ogni specie di sementi dalle quali poi sorsero tutti i tipi di erbe, piante, cespugli e alberi che portarono i frutti delle rispettive sementi, nei quali, poi, si ritrova nuovamente generata la semente vivente!?

18. Ma se Dio va dimostrando a noi, Suoi figli, in tutti i Suoi innumerevoli capolavori, quell’Ordine eterno in seguito al quale la vita, ovvero la forza, deve sempre di gran lunga precedere quello che ancora essa deve divenire per mezzo suo ed infine per essa stessa, allora, perché mai dovremmo veramente meravigliarci tanto se Adamo, in virtù di una superiore rivelazione, ci ha narrato la lunga storia del suo spirito e con ciò ci ha mostrato che in quel modo anche noi, in questa storia, fummo e siamo coinvolti, come lo saranno pure più o meno tutti i nostri discendenti, fino alla fine dei tempi? E perché dovremmo meravigliarci ancora, se tramite tutto questo egli ci ha mostrato anche quanto Dio sia grande e santo, e pur tuttavia così amorevole e colmo di Grazia e di Misericordia, Egli, il nostro Padre onnipotente, e quanto sia infinitamente paziente e indulgente!?

19. Ma quando apprendiamo ciò, perché dovremo temere, se sappiamo benissimo quanta infinita Bontà dimora in Colui che tutto ciò ci fa intendere!? Certamente, noi dobbiamo temere Dio, ma non perché ci dà del pane, ma dobbiamo temere di non amarLo, perché, chi ha perso un attimo dell’amore per Dio, è rimasto morto finché si è trovato fuori dall’amore stesso per Dio. Perciò la nostra principale occupazione deve essere quella di amare costantemente Dio, dato che Egli, secondo la testimonianza di Adamo, il nostro primo padre, già prima che noi fossimo ci ha amati con così tanto fervore che noi siamo divenuti ora quello che siamo come Suoi figli soltanto in virtù del Suo infinito Amore e, di conseguenza, è bene che ogni nostra attività sia dedicata al continuo rinvigorirci nell’amore verso di Lui!

20. Osservate le innumerevoli creature intorno a noi! Esse esistono e sorgono sì in forza di questo onnipotente Amore, ma ad esse non è concesso corrispondere a questo Amore, perché non sono capaci d’amare, né sono mature per l’amore, e questo avviene nello stesso modo in cui noi tratteniamo dal reciproco amore i nostri piccoli, finché non ne siano diventati maturi.

21. Però, ora, noi tutti siamo diventati maturi per l’amore; perciò avvenga quindi che il nostro più grande pensiero sia proprio quello di amare incessantemente Colui che ci ha reso tanto perfettamente maturi per l’amore!

22. Come un marito che invita la sua donna ad amarlo senza posa, perché egli stesso l’ama con tutte le sue forze, così, allo stesso modo, è forse lecito ad un giovane virtuoso dire altrettanto ad una ragazza ancora immatura? Voi rispondete: “Per la Santità di Dio, no, almeno finché l’albero non sia benedetto! Guai a colui che contravvenisse a quest’ordine, poiché prima ci deve essere la maturità, poi la benedizione e soltanto dopo deve venire l’amore!”

23. O padri, se dite così, allora giudicate del tutto rettamente secondo la Volontà di Dio, ma ditelo anche riguardo a voi stessi e quindi datevi da soli una risposta a proposito di tale questione: – non sarebbe un errore ancora più grossolano quello che degli uomini, maturi e già benedetti per l’amore, si comportassero come i fanciulli e fuggissero?

24. Per mezzo di Kenan, Dio ci ha additato il compimento del tempo della nostra piena maturità al fine di nutrire libero amore per Lui; perché allora ci meravigliamo di questo, quasi fossimo fanciulli immaturi, mentre dobbiamo piuttosto meravigliarci di essere, tutti assieme, uomini tiepidi ed incostanti nell’amore, proprio come succede con il moto delle onde del mare. In questo modo la Grazia si sminuzza in noi, come il Sole sulla superficie inquieta dell’acqua!

25. Io dico questo: “Il sogno di Kenan altro non dice se non che noi dobbiamo amare Dio, il nostro Padre santo, sempre di più con tutte le nostre forze, e che nell’amore dobbiamo rimpiangere ciascun istante privo d’amore che ci ha resi morti finché eravamo senza amore”. Vita e Amore, infatti, sono due concetti assolutamente identici. Chi ha dunque la vita in sé, vive per tale ragione nella letizia della sua esistenza, di cui è ben conscio, ed è perciò in tal modo un amico anche della propria stessa vita; ma se, al contrario, qualcuno uscisse fuori dalla letizia della propria vita, egli uscirebbe anche fuori dalla vita stessa non appena avesse perduto la gioia di vivere. E si ucciderebbe, perché diventerebbe suicida alla stessa stregua di come Caino divenne fratricida, morirebbe perciò in modo duplice: – una prima volta egli morirebbe per essersi posto fuori dall’Amore di Dio, e una seconda volta per essersi posto fuori dal proprio stesso amore.

26. Vedete, la nostra vita o il nostro amore è in Dio, e solamente Dio è il nostro Amore e la nostra Vita. Però, se noi ci facciamo tiepidi e deboli nel nostro amore a Dio, allora anche la nostra vita si indebolisce sempre più, e precisamente si indebolisce in maniera tale che noi, infine, in questo mutismo della vita guardiamo, in noi e intorno a noi, le cose come se fossimo ciechi e sordi e senza comprendere niente di tutto ciò che, in noi e intorno a noi, avviene. E siamo poi dell’opinione che a noi, pigri e assonnati nell’amore, non si addica destarsi nell’amore, quando il Padre se ne viene a noi per ridestarci dal sonno con la Sua Grazia. O, cari padri, ciò sia lontano da noi, poiché il nostro Dio è un Dio serio e santo quanto mai, come nostro amorosissimo Padre, e non si diletta né a stuzzicare né a tentare, giacché per quale motivo dovrebbe fare ciò Colui che ha contato tutti i nostri capelli già molto tempo prima che ci crescessero sul capo? Non saprà Egli forse quello che noi faremo? Oh, di simili cose il Signore non ha affatto bisogno!

27. Ma noi, invece, abbiamo tanto bisogno della Sua Grazia, la quale però non è un modo né per stuzzicare né per tentare, bensì essa è il puro dono benedetto del Padre santo, per poter sempre più rinvigorire nel Suo Amore la nostra vita, fattasi debole. O padri, considerate ora le visioni di Kenan nella luce del vero amore a Dio, il nostro Padre santo e vi accorgerete facilmente che con ciò Dio non ha assolutamente fatto altro che prospettarci, in spirito, la morta debolezza del nostro amore per Lui! Dunque, diventiamo nuovamente forti nell’amore in Lui e per Lui, e vedrete che in noi si farà di nuovo luce su tutto quello che finora ci è rimasto oscuro! Amen!»

 

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Cap. 44

Adamo dichiara la propria debolezza

 

1. E quando Set ebbe inteso tutto ciò, i suoi occhi cominciarono ad aprirsi, come pure quelli degli altri, perché ormai tutti comprendevano molto bene che cosa Enoch aveva voluto dire; e furono lieti constatando che Enoch comprendeva tali cose che a tutti loro apparivano incomprensibili sotto ogni aspetto. Quindi, con semplicità di cuore e intimamente, Mi lodarono e Mi glorificarono per avere donato, per il loro bene, tanta sapienza ad un uomo e per aver mostrato cose dall’Alto e pure dal basso, facendone infine spiegare loro il senso recondito per il bene spirituale di coloro che Mi cercavano nel vero amore.

 

2. (Nota bene): «A voi ormai sono state donate parecchie cose, anzi cose molto più grandi; solo che nessuno finora è venuto a Me nella vera intimità del cuore per lodarMi nel vero amore; e non c’è stato nessuno che si sia immensamente rallegrato per i fiumi tanto abbondanti della Grazia che vanno riversandosi su di voi; né vi è stato alcuno che aspirasse segretamente alla consacrazione di servitore, il quale deve essere uno strumento della Mia grazia per una ricompensa un po’ maggiore di quella per la quale ciascuno di voi dovrebbe servirMi nel vero amore. Ma Io ne ho suscitato solamente uno per voi, esponendolo alle beffe del mondo, ed ho fatto questo affinché tutti voi possiate essere innalzati a grandi onori al cospetto degli angeli. Ebbene, quest’unico è il Mio debole e povero servitore (Jakob Lorber), il quale è un pazzo venuto a voi molto presto dalla campagna. Egli fu tra di voi per lungo tempo, senza che qualcuno si accorgesse che egli è un pazzo agli occhi del mondo. Però questo pazzo cercava Me, ed Io Mi sono lasciato trovare da Lui e l’ho destato al vostro cospetto, affinché vi facesse da animale da soma, per portarvi un nuovo pane dell’amore che proviene dai Cieli, il quale è veramente un pane perché dona amore e chiede amore. Ma quando l’animale da soma di Sion si trova su una via pantanosa, voi lo avvicinate e, bramosi, prendete il pane fuori dalle sue ceste, ma dei suoi piedi voi vi curate ben poco e non vedete che essi, e in gran parte per causa vostra, affondano fino al malleolo nel denso fango! Io però vi dico, che se il pane e l’acqua della vita vi piacciono, è bene che non lasciate in difficoltà il mansueto animale da soma! Chi è in grado di farlo, lo faccia, e liberi i suoi piedi dal fango senza essere visti dal mondo, perché altrimenti, se egli rimane presso di voi, con il tempo i suoi piedi si indeboliranno per l’affanno, tanto che egli sarà a mala pena capace di portare del pane per voi, a meno che non venga Io a liberarlo, per condurlo però poi là dove Io vorrò. Tuttavia, di certo, presso voi Io non lo lascerò più, perché è ben vero che Io di figli ne ho ancora molti, ma fra questi ve ne sono pochi che vogliono assumersi la funzione di pazzo. Perché è più facile e comodo mangiare il pane quando esso è bell’e pronto, mentre è molto più difficile lasciarsi aggiogare all’aratro per amore, come si fosse animali da soma, e specialmente per una ricompensa piccola. Considerate bene tutto ciò e lodateMi e glorificateMi con la vostra obbedienza! Chi di voi vorrà fare qualcosa a questo riguardo, non perderà mai neanche uno statere, e a suo tempo gli verrà restituito tutto nel tempo e per l’eternità. Tuttavia, il servitore indicherà a chi volesse farlo, dove i suoi piedi hanno difficoltà a muoversi. Amen!»).

 

3. Dopo che tutti Mi ebbero lodato e glorificato per il tempo di un’ora, si alzò nuovamente Set ed invitò pure gli altri ad alzarsi, e disse: «Figli, il nostro diletto Enoch ha, mediante l’evidente intervento di Grazia proveniente dall’Alto, sgravato i nostri cuori angosciati da un immenso peso, e poi li ha possentemente tuffati in uno sconfinato mare di delizie e di beatitudini; Dio, il nostro santissimo e buonissimo Padre ne sia in eterno lodato e glorificato! Ma dobbiamo considerare che una simile cosa fu concessa per nostro vantaggio attraverso Enoch, in conseguenza della sua spiccata umiltà dinanzi a Dio e ai suoi propri fratelli. E tutto quello che ha ricevuto, egli lo ha fedelmente offerto a noi, a sua volta, senza trattenere la benché minima cosa. Ebbene, se pur ora, con lieto animo, lodiamo e glorifichiamo Dio, il nostro Padre santissimo, io tuttavia credo che nel nostro cuore, nella gioia del nostro amore, non dobbiamo dimenticarci neppure di Enoch, perché, se egli è diventato un prediletto di Dio, per quale motivo non dovrebbe anche esserlo di noi?

4. Quantunque noi sappiamo bene che tutto quanto egli ci ha detto proviene unicamente e solamente dall’Alto, e per quanto noi dobbiamo aver rispetto del luogo dove il padre di tutti noi, Adamo, ha posto il suo piede assieme con la madre Eva, tuttavia credo che sarebbe ancora più conveniente per noi non ignorare la bocca per mezzo della quale Dio stesso ha parlato ai nostri cuori.

5. O figli, prendiamo dunque il caro Enoch in mezzo a noi, e facciamo in modo che egli non debba più lavorare la magra terra perché gli dia un duro boccone; invece, dato che Dio, il nostro santissimo Padre, nel Suo infinito Amore e nella Sua Grazia lo ha scelto per coltivare i nostri cuori ancora deboli nell’amore, facciamo lavorare per lui la terra dai nostri molti altri figli e figlie, che hanno bensì membra robuste, ma tanto più deboli hanno i loro cuori.

6. E tu, diletto Enoch, vorrai accettare, condiscendente e grato, quello che i tuoi padri vorrebbero offrirti a grande ringraziamento e a lode e gloria di Dio, affinché tu possa dedicare interamente il tuo tempo a coltivare attivamente i cuori di tutti noi, secondo il Volere santissimo di Dio!

7. E ora, o figli, seguitemi nella mia capanna e ristoriamo le nostre membra con cibo e bevanda nel Nome del nostro santissimo Padre; e speriamo che poi il nostro caro Enoch vorrà narrarci ancora qualcosa riguardo all’amore! Amen!»

8. E quando Set ebbe ordinato questo ai suoi figli, essi ben presto s’incamminarono verso la capanna di Set, la quale era costruita vicino a quella di Adamo. E quando tutti vi furono giunti, si inchinarono davanti alla capanna di Adamo e subito dopo davanti a quella di Set, e fecero quindi una breve visita al primo padre e alla prima madre e, prima di recarsi a prendere il cibo, chiesero ad Adamo la sua benedizione, ciò che giornalmente usava fare per i presenti, mentre per i lontani veniva proferita una libera benedizione generale. Ebbene, dopo che tutto ciò fu compiuto e quando essi volevano allontanarsi con i segni del massimo rispetto e gratitudine, Adamo li trattene e, commosso, parlò con voce molto malferma, accorata e con accento toccante, dicendo:

9. «Cari figli, e tu, mio carissimo Abele-Set! Io, vostro padre Adamo, vi ho ora benedetti e adesso voi ve ne andate per ristorare con cibo e bevanda le vostre membra; così facendo, fate quello che è giusto e buono. Però, vedete, io sono già molto vecchio e le mie forze vanno affievolendosi come pure avviene per vostra madre Eva, ed io non posso più lavorare. Tutte le mie membra già mi rifiutano i loro servizi. Voi sapete che finora ho sempre lavorato e che non ho mai voluto che altri lavorassero per me, e ciò allo scopo di dare a ciascuno il buon esempio.

10. Solo che, proprio oggi, non sono stato in grado di lavorare. Quando tutti voi eravate ancora incapaci al lavoro, ho lavorato io, vostro padre, con la Grazia e l’aiuto del nostro grande Padre santo, ma ora, ahimè, non lo posso più fare!

11. Figli miei, io ho fame e sete, e perciò, quando vi sarete saziati, allora ricordatevi anche del vostro vecchio padre e di vostra madre: – date anche a noi qualcosa da mangiare e da bere, e d’ora in poi non smettete mai di occuparvi di noi! E quello che voi farete per noi, vostri genitori, fatelo per amore, affinché il boccone che ci offrirete non riesca duro ed amaro, bensì di soave sapore ai vostri genitori, che ormai sono divenuti vecchi e deboli. Del resto, non continuerete molto a lungo ad avere questo piccolo aggravio su di voi, dato che io, il vostro debole padre, certo non dimorerò fra voi in questa capanna per lungo tempo, benedicendovi sempre, ma l’abbandonerò invece per l’eternità; entrerò in un’altra capanna, là dove se n’è già andato Abele. Volonterosi, assumetevi dunque questa cura per me, che sono il vostro vecchio e debole padre, e così pure fate per vostra madre, finché ci troveremo ancora tra voi, giacché tra pochi anni, che trascorreranno ben presto, voi cercherete afflitti colui che proprio ora, nella sua debolezza, vi chiede cibo e bevande, ma la sua capanna non si troverà più su questa vasta Terra. Ora, cari figli, andate nel Nome di Dio, accompagnati dalla mia benedizione e ristorate le vostre membra, ma non dimenticatevi del vostro vecchio, debole padre affamato e così pure della vostra debole madre. Amen!»

12. Ma quando quei bravi figli ebbero inteso tali parole da Adamo, la commozione suscitata nei loro dolci cuori fu tanta che essi proruppero tutti apertamente in pianto; e a lungo non riuscirono a ricomporsi. Ma pure, infine, si alzò Set e disse, con voce che tradiva la più intensa commozione:

13. «O padre e voi figli! Da quando esiste la Terra e il cielo circondato con le sue stelle, la Luna e il Sole, mai ancora una parola più santa è uscita da bocca d’uomo, più santa di quella che io, dopo Adamo, il padre di tutti voi, sto ora per pronunciare. Io dico: “Cadano tutte le stelle giù dal cielo, e il Sole e la Luna perdano eternamente la loro luce, e che tutti i mari, i laghi e i fiumi si dissecchino fino all’ultima goccia e che la Terra divenga tutta nuda pietra, sì, che tutto ciò avvenga pure, piuttosto che in noi abbia a sorgere mai la brama di accostare un boccone alle nostre bocche prima che Adamo, il padre nostro, e la madre nostra Eva non si siano saziati a sufficienza ad ogni periodo del giorno!”

14. O padre e madre, voi già da tempo sapete quale gioia sia sempre stata per me quando voi, nei giorni del vostro pieno vigore, avete acconsentito ad accettare qualcosa da me; ma quanto maggiore è adesso la mia gioia, nel momento in cui vi necessitano le nostre cure, e proprio ora che, finalmente e in grazia, mi è concesso di risarcire, almeno in minimissima parte e con il massimo amore, il mio immenso debito verso di voi, o padre e madre, e di rendervi, sia pure in piccolissima parte, i benefici ricevuti! O padre e madre, accettateli, in grazia, e possiate rimanere benedicenti in mezzo a noi, fino alla fine dei tempi.

15. E tu, Enos, e tu, Kenan, affrettatevi alla mia capanna e prendete subito il miglior cibo e la più fresca bevanda, e dite a mia moglie Jeha, vostra madre, che suo padre Adamo e sua madre Eva ne hanno bisogno. Conducetela qui, affinché lei pure prometta quello che ora io ho così santamente giurato al cospetto di Dio! E ora andate e ritornate solleciti! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 45

La benedizione di Adamo ai suoi figli

 

1. E vedete, non erano trascorsi ancora cento battiti di polso che già i due incaricati, provvisti di cibo e bevanda, entrarono a fianco di Jeha piangente, con i segni del massimo rispetto, nella capanna di Adamo e li porsero a Set con tutta riverenza, affinché poi egli, quale il più degno, prostrandosi dinanzi ad Adamo ed Eva, offrisse loro, nel massimo amore filiale e con la più grande gioia, quello che essi avevano richiesto.

2. Ed ecco, quando Adamo ebbe visto la grande premura dei suoi figli e il loro grande amore, prima ancora di accostare qualcosa alla bocca, alzò gli occhi al Cielo e disse: «O immenso, eccellente e santissimo Padre! Oh, come dev’essere grande il Tuo Amore per noi, uomini deboli e disobbedienti, dato che la minima scintilla di questo Tuo infinito Amore, nei miei discendenti e Tuoi figli, splende già tanto dolcemente e irradia incontro a me, vecchio e debole primo uomo della Terra! O Padre, guarda, in grazia dalle Tue sante Altitudini, giù al Tuo debole figlio caduto, la cui caduta si è ripercossa su tutti i suoi discendenti e benedici Tu pure, nella Tua dolcezza, il caro dono dei miei discendenti, Tuoi diletti figli, affinché esso possa rafforzare me e la mia fedele consorte nel nostro perpetuo pentimento riguardo alla nostra disobbedienza verso di Te, o buono, santo ed amorosissimo Padre! Ma benedici anche questi Tuoi cari figli e fa’, in grazia, che il Tuo santo Nome possa sempre essere magnificato, lodato e glorificato! Amen!»

3. E quando Adamo ebbe pronunciato tali parole, egli prese il cibo offerto e mangiò e bevette assieme ad Eva, con lieto animo e colmo di gratitudine verso di Me e di affetto per i suoi figli. I figli, però, nel silenzio del loro cuore, Mi ringraziarono per l’immensa Grazia della quale Io li avevo degnati concedendo a loro di poter avere cura dei genitori con gran gioia. Vedete, questi erano veramente per Me dei cari figli; di simili ce ne sono ora pochi in tutto il mondo corrotto, oh, loro erano anche figli secondo il Mio cuore! Se ce ne fossero molti di tali figli, oh, allora Io non sarei per loro un Padre tanto nascosto, come purtroppo lo devo essere ora per tanti, affinché non vadano completamente in perdizione nella loro indurita cecità!

4. E quando Adamo ed Eva si furono saziati, in presenza dei loro figli ancora in lacrime per la commozione d’amore, Adamo si alzò e Mi ringraziò dal profondo del suo cuore commosso. E dopo il ringraziamento, egli si rivolse ai suoi figli, e con voce amorevolissima e con accento che tradiva l’emozione, così disse loro: «La Benedizione di Dio e la mia siano sempre con voi e con tutti i vostri discendenti. E finché la Terra resterà Terra, possa la vostra discendenza, ora tanto benedetta, sussistere fino alla fine di tutti i tempi; e chiunque mai vivrà, discendendo dalla vostra linea, in lui possa anche visibilmente manifestarsi, in tutto il suo operare, questa Benedizione da Dio, il nostro Padre santissimo, pronunciata da parte mia che sono il primo progenitore. Ed un giorno questa mia benedizione su di voi tutti si renderà visibile come un Sole, sorto da poco, dell’amore e della grazia da Dio, il Padre, sopra tutti i popoli della Terra. Questi popoli, quindi, vedranno scendere, come una Vita di ogni vita, la immensa Gloria di Dio, accompagnata al supremo amore e alla suprema mansuetudine! Amen! E ora andate, cari figli, e ristoratevi e riconfortatevi con la Benedizione di Dio e con la mia! Amen!»

5. Allora Set si alzò a sua volta e così parlò: «O caro padre, e tu, diletta madre! Non sarebbe bene se anche tu per una sola mezza giornata dovessi provare la fame e se noi, per il grande amore che ti portiamo, non dovessimo pure dividere con te il tuo immeritato disagio, del quale siamo noi la colpa, essendo venuti così tardi da te? Permetti dunque che noi, per il grande amore verso di te e per mezzo di te e con te anche verso Dio, ci asteniamo nella giornata d’oggi dal prendere cibo alcuno, affinché possiamo, con tanta maggiore purezza e dignità, lodare e glorificare Dio nella nostra beatissima sobrietà! O padre, accogli in grazia questa nostra piccola e giusta offerta, ma in compenso concedi a tuo nipote, Enoch, di parlare, dinanzi a te e a noi, dell’Amore di Dio, affinché la sua bocca possa essere santificata anche dalla tua benedizione, come prima è stata santificata da Dio per mezzo di tuo figlio Abele, ritornato ormai in patria! O padre, accondiscendi, in grazia, alla mia preghiera devota! Amen!»

6. Ma quando Adamo ebbe inteso tali parole, ne fu commosso fino alle lacrime, e disse: «O figli miei, voi fate più di quanto vi ho chiesto! Tuttavia, mai vi sia posto alcun limite in ogni cosa buona! Dunque fate pure secondo il vostro desiderio; però quanto intendete fare, fatelo non già in mio onore, bensì sempre in onore di Dio, e non dimenticatevi di vostro padre nella sua grande indigenza e ricordatevi pure sempre della vostra debole madre!

7. E tu, caro Enoch, che per mezzo del mio amatissimo Abele fosti benedetto da Dio e fosti scelto a oratore e a predicatore dell’amore, sii anche da parte mia benedetto in tutti i tuoi discendenti! Dalla tua linea possa un giorno sorgere a tutti i popoli della Terra un gran predicatore, che con parole di vita eterna annunci agli uomini il Regno di Dio! Amen! – E ora con la tua lingua benedetta, parla! Amen!»

8. E quando Enoch ebbe inteso queste alte parole d’incoraggiamento, ne fu quanto mai lieto, ed anzitutto ringraziò Me, nel suo cuore; poi egli si prostrò dinanzi ad Adamo e gli baciò i piedi, e così baciò pure la veste di Eva ed infine pregò ardentemente il progenitore che gli imponesse sul capo le sue mani paterne benedicenti, perché soltanto così la sua debole lingua sarebbe stata resa degna di proferire parole dell’amore dinanzi a quegli orecchi ai quali un giorno erano risuonate parole dalla bocca dell’eterno Amore stesso, anzi a quei medesimi sacri orecchi nei quali la voce di Dio era così molteplicemente penetrata.

9. Ma Adamo, dopo che ebbe fatto ad Enoch come questi aveva domandato, gli disse: «Caro Enoch! Tu hai ben rivolto la tua preghiera, tanto che essa è gradita a Dio e a me, e tutto è così come hai detto; però una cosa devo aggiungere a completare quanto hai detto, cosa questa che certo non sarebbe stato opportuno a te né di pensare né meno ancora di pronunciare; e questa cosa è la seguente: ‘Dinanzi a quegli orecchi, un giorno la santa voce di Dio parlò inutilmente nel supremo Amore!’

10. Vedi, o mio caro Enoch, spetta a me, come a ciascuno di voi, confessare dinanzi a tutti i propri errori e umiliarsi così al cospetto di Dio e della Terra, ma guai a colui che volesse diminuire il nome del suo fratello e intendesse togliergli l’onore che da Dio stesso gli fu dato! Un tale onore è allora per ciascuno una proprietà che proviene da Dio e nessuno ha perciò il diritto, con la lingua, o con la mano, di attentare alla proprietà tanto sacra dell’altro. Ciascuno ha invece il diritto di umiliarsi al cospetto di Dio e della Terra, vale a dire soltanto al cospetto dei propri fratelli anziani e non al cospetto dei più giovani, e questo per evitare che questi stessi giovani siano presi dall’orgoglio, o che possano, in altro modo, esserne scandalizzati.

11. Questo sia dunque per tutti voi un buon insegnamento, e per me poi sia una ragione di grande tranquillità, tramite la quale io stesso sarò perfettamente in grado di intendere bene le parole di Dio dalla bocca benedetta di Enoch! Poiché una cosa è quando un fratello ragiona con l’altro della Terra, della Luna, del Sole e di tutte le stelle, poiché sono tutte cose del mondo e della natura, cioè cose create per amor mio e vostro, ma ben altra cosa è quando un fratello parla all’altro con parole provenienti da Dio di cose che sono di Dio. Ebbene, riguardo queste ultime parole occorre dire che nessuno può né deve ascoltarle, se non prima che egli non si sia umiliato dinanzi alla Santità di Dio, che tutto giudica.

12. Ma qualora qualcuno credesse che il fratello ragioni di tali cose traendole fuori da se e non da Dio, anche se la bocca del fratello è stata benedetta, costui, nella sua presunzione, pronuncerebbe il giudizio contro di sé, poiché penserebbe di poter anch’egli fare altrettanto e che Dio potesse e dovesse parlare per bocca di chiunque senza che fosse precisamente quella di Enoch. Ma, in questo caso, io, il padre corporale di tutti voi e il procreatore della vostra anima da Dio, dico che la cosa non sta in questi termini! Guardate i fiori sul prato! Non è ciascuno di essi differente nella struttura, nel colore, nell’odore e nell’uso che se ne può fare? Eppure fra tutti il più nobile è tuttavia soltanto la rosa, con il suo deliziosissimo profumo e con la sua rugiada che conferisce vigore a ciascun occhio debole, dopo avere prima confortato il cuore con la soavità del suo profumo? E se voi, contemplando le innumerevoli stelle del cielo, farete molta attenzione, troverete che non ce ne sono due a possedere la stessa luce; però, fra tutte le stelle che non abbandonano il loro posto, ce n’è una soltanto, quella che voi chiamate la “stella di Abele”, che brilla come una pura goccia di rugiada sotto la luce del Sole mattutino! Certamente una sola e medesima cura è quella che Dio nutre sia per un granellino di pulviscolo solare come per un Sole intero, ed è per Lui tutt’uno nutrire un moscerino oppure un mastodonte, poiché in questo caso avviene come quando qualcuno possiede molto: – egli può dare sia il poco che il molto con la stessa volontà e con lo stesso amore. A colui che ha bisogno di molto, può dare molto, e a colui che ha bisogno solo di poco, può dare un piccolo dono e può anche distribuire doni di varia specie! All’uno questo, e all’altro quello; quindi a ciascuno qualcosa d’altro e di differente. Ora, a Enoch fu donato l’amore e ricevette un cuore ben illuminato e una bocca benedetta, perciò, dunque, egli è chiamato anche a dare quello che ha ricevuto. E poiché l’amore di Dio è stato ciò che ha ricevuto in dono, conviene che egli ora doni amore a sua volta, come avviene della rosa la quale pure dona quello che essa ha ricevuto, e nessuno può dubitare che quanto essa dà non l’abbia prima ricevuto da Dio, dato che si tratta di un buon dono che delizia i nostri sensi. Ma allora, chi potrà ancora dubitare delle origini del dono di Enoch, quando la sua lingua trema a causa del tanto amore per Dio?

13. Parla dunque, o Enoch, e rafforza noi, tuoi padri, con l’esuberanza della tua Grazia che proviene da Dio! Amen!»

 

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Cap. 46

Della venuta del Signore

 

1. E vedete, quando il padre Adamo ebbe così terminato il suo discorso, solo allora Enoch si alzò, rispettosissimo, e cominciò ad indirizzare il suo discorso ai padri. Tuttavia, prima di prendere la parola, egli rivolse in segreto il suo cuore amoroso a Me e Mi pregò che gli venisse concessa la grazia di parlare del Mio Amore e della Santità del Mio Nome, che è inesprimibile in eterno ad ogni lingua proprio perché Esso è così santo.

2. Ed Io subito gli accordai quanto Mi aveva pregato e resi la sua voce armoniosa e risonante come nobile metallo, e così egli proferì un discorso traboccante di dolcezza e dignità. Né prima né dopo di lui, da nessuna bocca d’uomo fu dato di udire parole paragonabili a queste, fino a Mosè e a tutti i profeti i quali, ugualmente, hanno parlato anch’essi con la lingua di Enoch ed ispirati dallo stesso Spirito. Ebbene, le sue parole furono le seguenti:

3. «O padri! La grande Grazia di Dio, il nostro Padre santissimo, è venuta fra noi come un alito di refrigerio portato dalle brezze del lontano Mattino. Sì, il Padre santo ed eterno si trova fra noi! Tu, o primo padre Adamo, forse dirai: “Odi, o Enoch, ciò non può essere, perché il Signore così mi ha parlato: ‘Tu non Mi vedrai più e non Mi dovrai più vedere, però Io destinerò un angelo affinché ti conduca, ti guidi e ti provi fino al tempo del Mio compiacimento!’”. Solo che, o padre Adamo, considera il seguente esempio: – mettiamo che tra gli uomini ci sia uno che abbia una moglie debole, la quale in un mattino sereno avesse offuscato la faccia lieta del proprio marito, che l’ama profondamente, per non aver voluto seguirlo nella stanza a ricevere la Benedizione di Dio dopo che il Sole è sorto e benedice la Terra, in virtù del Signore, con i chiari raggi dell’Amore misericordioso di Dio! Ebbene, in questo caso, il marito, accorgendosi di tale disobbedienza nell’amore, dirà: “O donna, cosa devo fare per il fatto che tu disdegni la grazia e la potenza di Dio che si trova in me, e per il fatto quindi che la tua superbia ti induce a rifiutare tale Benedizione? Vedi, per rendere soddisfazione alla Santità di Dio nella mia forza, sii da me abbandonata e non ti pervenga alcun’altra benedizione finché il Sole, per settemila volte, non ti abbia guardata e poi non ti abbia, ciascuna volta, trovata a lavarti nelle lacrime del tuo pentimento. Intanto, al posto mio, ti manderò qualcun altro per benedirti nel mio nome e, non appena ti sarai rinnovata nell’anima, io ritornerò da te e ti osserverò da lontano per vedere se sarai diventata degna che io mi avvicini nuovamente a te con la mia forza benedicente. Il ricordo di me aleggia intorno a te, e sul tuo campo cresceranno spine e triboli, ma il seme, dal quale potrebbe sorgere un germoglio da Dio, sarà, in questo tempo, allontanato dalle tue viscere!”

4. Mettiamo anche che il marito, dopo aver parlato così, abbandoni la moglie. E la donna, scorgendo tale santa serietà, si prostri a terra e cominci a piangere e far lamenti sopra di sé e sopra la sua imperdonabile disobbedienza verso la sacra potenza da Dio, presente nel marito, e si avvolga nella polvere della terra per la tristezza. Allora, il marito, ben vedendo la grande serietà del pentimento della donna, così ragionerà fra sé: “Essa deplora fortemente il suo peccato e non sa cosa fare e a che cosa decidersi a causa della mia durezza, la quale sta a protezione della sacra Forza da Dio insita in me. Le sue grida di dolore fanno ammutolire la voce del mio messaggero; perciò voglio spezzare la parola della mia durezza nel mio cuore e lasciarmi guidare dal mio amore estremamente indulgente; per cui ritornerò da lei prima del tempo e la consolerò, accostandomi nuovamente a lei, ed asciugherò le sue lacrime, riaccogliendola così, come prima, quale mia moglie!”

5. La donna, però, che avrà pianto tanto da diventare quasi cieca, riconoscerà solo gradualmente la grande misericordia del marito, e si leverà finalmente da terra e ammirerà la sua faccia, stupita e immensamente felice. E il marito, allora, l’ammonirà dicendole: “O donna, tu ti meravigli che io abbia mancato alla parola data; solo che, vedi, a ciò mi ha indotto il mio amore e il mio rigore ha avuto pietà di te che l’hai, con tanta potenza, raddolcito a causa del tuo pentimento. Ed è per questo che sono venuto da te per accoglierti nuovamente nel mio cuore prima che trascorresse tutto quel tempo che io avevo minacciato d’indugiare!”

6. Ora vedi, padre, come questo marito per il suo grande amore venne a mancare alla sua parola e dimenticò il suo rigore a causa del gran pentimento della sua donna, così pure si comporta Dio, il nostro Padre santissimo, il Quale rinunciò spesso a mantenere il proposito fatto a causa del Suo immenso Amore, e perciò Egli non insistette nel Suo giusto Rigore, e quindi la Sua ira è l’ira di una colomba per il pentito, ma l’Amore di Dio è simile ad una poderosa sorgente che è in grado di nutrire incessantemente l’oceano!

7. O padri, e tu pure, madre Eva, alzate in alto i vostri sguardi ed ammirate il gran Santo fra noi, sì, guardate l’amorosissimo Padre, che rinuncia a mantenere la parola data, il Quale ora si trova fra noi, Suoi figli!

8. O padre, il mio discorso è finito e ora voglia parlare Colui che queste parole mi ha ispirato, poiché dinanzi a Lui la mia lingua deve ammutolire!

9. O Padre santo, pronuncia Tu stesso nel Tuo Amore il grande amen!»

10. E vedete, come Enoch aveva detto, così anche avvenne, ed Io, visibile a tutti, dissi un grande «amen!». E quando essi si furono accorti della Mia presenza, tutti si prostrarono davanti a Me e nella grande contrizione del loro cuore, nella polvere, adorarono Me, il loro Padre santo. E nessuno ardiva di alzare il proprio sguardo, ma Io li chiamai tutti per nome e dissi loro di sollevare i loro capi perché potessero riconoscere il loro Padre santo. Ed essi alzarono in alto gli occhi, e Adamo Mi riconobbe ed avrebbe voluto parlare, solo che la sua lingua non obbediva al suo troppo grande amore, ed Io ebbi pietà di quei deboli figli e Mi trattenni per qualche tempo in mezzo a loro.

11. Ma, vedi, allora accadde che nessuno osava parlare e, essendo combattuti fra il gran timore e l’amore, non riuscivano a far salire la benché minima parola sulle proprie labbra. Ed Io provai pietà di tanta miseria e di tale immenso sbigottimento, tanto che Io infusi loro coraggio e vigore affinché fossero posti in grado di sopportare il tuono della Mia voce e di intendere bene l’alto significato delle parole che sarebbero seguite dalla bocca dell’eterno Amore, parole che si riversarono come un immenso flutto dalle fonti primordiali ed eterne d’ogni divenire e di ogni esistenza.

12. Quando dunque in tale modo furono ben presto rafforzati tutti i loro sensi e, per conseguenza, anche la loro anima e il loro spirito, Adamo si alzò, aiutato dai suoi figli, e così parlò, con espressione d’intenso amore e di umile confidenza: «O Padre santo, Tu, che sei l’eterno Amore stesso, hai voluto nella Tua immensa Misericordia guardare in grazia e con dolcezza e grande Amore a noi che siamo colmi del peccato; perciò io, povero schiavo del peccato, ardisco nella mia infinita nullità dinanzi a Te di rivolgerTi con il cuore tremante questa preghiera: “O Padre santissimo! Dov’è in ciascuno di noi anche una sola fibra vitale che fosse, sia pure in minima parte, degna di poter esclamare, giubilando: ‘È perché io sono ancora incorrotta, che Tu sei venuto o sei potuto venire da noi?’.

13. Sennonché tutti i nostri capelli sono diventati pessimi, ed inutile ciascuna fibra della nostra vita! Oh, rivelaci Tu dunque, per somma grazia, qual è la forza che ha indotto il Tuo Amore a discendere in grazia a noi fra tanta bassezza!

14. O Padre santissimo, non sdegnare questa nostra fervente preghiera e questa contrita domanda; però, come sempre, sia fatta anche questa volta la Tua santissima Volontà!”».

15. E vedete, quando Adamo dal profondo del suo cuore ebbe così parlato al Mio cospetto, tutti si prostrarono nuovamente a Me e Mi adorarono nel loro amore, inesprimibile per un uomo; ma Io, dopo che essi ebbero soddisfatto le esigenze del loro amore, Mi avvicinai e dissi loro di rialzarsi e di aprire gli occhi e gli orecchi per intendere bene la Mia Parola.

16. E quando così fu fatto, soltanto allora Io indirizzai ai loro cuori le seguenti parole, che nella loro forma sensibile o naturale si possono tradurre così:

17. «Udite, o figli Miei! Così parla Colui che vi ha dato un’anima immortale e uno spirito vivente fuori da Sé, affinché possiate riconoscere il Mio grande Amore per voi; e in virtù del vostro amore per Me e dell’amore Mio per voi, Io vi donerò un giorno la vita eterna, quando il grande /debito dell’Amore avrà estinto il debito stesso verso la Santità, cioè in un tempo che Io dovrò creare fuori da Me a questo scopo. E come Io ho creato tutti voi dalla Mia Misericordia, così Io preparerò questo tempo fuori dal Mio Amore[12].

18. Ma come Io ora sono uno Spirito di Grazia tra voi, così allora Io sarò un Uomo colmo del supremo Amore tra gli uomini. Tuttavia, come voi adesso riconoscete che Io, il Padre vostro, sono venuto a voi quale un alto ed eterno Spirito dotato di ogni potenza e forza, e sapete benissimo che sono veramente Io che ora così vi parlo, ebbene, non in ugual maniera faranno i vostri futuri figli, i quali non Mi riconosceranno subito quando Mi troverò tra di loro nelle vesti di un debole e povero fratello. Essi invece Mi perseguiteranno e Mi maltratteranno crudelmente, e faranno infine a Me quello che Caino ha fatto ad Abele. Però sarà difficile uccidere il Signore della Vita, poiché allora la Mia morte apparente tornerà a vita eterna per tutti coloro i quali crederanno che sarò stato veramente Io a venire fra di loro, quale Salvatore possente e armato cioè di tutta la potenza dell’Amore, per espiare la colpa che la vostra disobbedienza ha riversato sopra di voi, come pure sopra tutta la Terra e sopra tutte le stelle, poiché anche là vi sono dei figli i quali nei primordi sono usciti da te, o Adamo. Tale colpa però trarrà all’eterno Giudizio, e per conseguenza alla morte eterna, coloro che nella loro egoistica perfidia rimarranno increduli e ostinati.

19. E così Io verrò sette volte; però la settima volta verrò nel fuoco della Mia Santità. Guai allora a coloro che saranno trovati impuri! Questi non esisteranno più se non nel fuoco della Mia ira!

20. Vedete, un tempo Io fui già qua, all’inizio del mondo, per creare tutte le cose per voi e voi per Me. Tra breve Io verrò nuovamente nei grandi flutti delle acque, per lavare la Terra dalla pestilenza, poiché le pianure della Terra Mi sono diventate un abominio colmo di putrida melma e di peste, le quali sono tutte la conseguenza della vostra disobbedienza. Poi Io verrò per causa vostra, affinché tutto il mondo non perisca e possa sussistere una discendenza della quale l’ultimo rampollo sarò Io.

21. E verrò poi per la terza volta, però in svariate maniere come adesso vengo a voi, senza un preciso numero di volte, in modo ora visibile e ora nuovamente invisibile, e questo avverrà nella Parola dello Spirito, per preparare le Mie Vie. E poi verrò, per la quarta volta, in grande povertà e corporalmente, e questo accadrà nel grande Tempo dei tempi. Subito dopo verrò, e per la quinta volta, in Spirito d’Amore e di ogni Santità. Verrò quindi, per la sesta volta, interiormente, a chi sentirà nel proprio cuore una brama vera e seria di Me; ed Io sarò di guida a colui che, credente e pieno d’amore, si lascerà attrarre da Me alla vita eterna. E subito poi Io mi allontanerò dal mondo, ma chi mi avrà accolto, costui vivrà e il Mio Regno sarà con lui eternamente.

22. E infine, come già detto, Io verrò ancora una volta, però quest’ultima venuta sarà per tutti una venuta permanente, in un modo o nell’altro!»

23. Ascoltate e comprendete bene: “Restate fedeli all’Amore, perché è questo che sarà il vostro Salvatore! AmateMi sopra ogni cosa, perché ciò sarà la vostra vita, in eterno. Amatevi però anche fra di voi, affinché vi venga condonato il Giudizio!” La Mia grazia e il Mio primo amore siano con voi fino alla fine di ogni tempo! Amen!». E a questo punto i loro occhi furono chiusi.

 

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Cap. 47

Della grandezza e profondità della Parola di Dio

 

1. Quando essi si furono completamente riavuti, ecco che Adamo si alzò e disse alla piccola adunanza: «Ebbene, o figli, avete ben visto con i vostri propri occhi ed udito con i vostri orecchi? Sì, certo, voi avete visto il Signore dell’eternità, il Dio dell’infinito. Sì, l’amorosissimo nostro Padre santo voi l’avete proprio visto e avete udito anche la Sua voce la quale è d’una dolcezza inesprimibile! Certo, Egli è come era quando io Lo vidi prima ancora che Egli fosse stato mai visto da occhio mortale che ora è ricoperto dalla triplice notte della morte. La Sua voce è sempre quella traboccante di potenza e forza, al cui suono infinitamente dolce soli e mondi lasciarono il loro nulla e con illimitata reverenza diventarono quello che sono. Anzi, al suono di tale voce, perfino il più possente e il maggiore tra gli spiriti divenne quello che attualmente è, cioè un verme impotente nella polvere della Terra qui, dinanzi ai vostri occhi, dal momento che io stesso sono stato messo al posto suo come una misera, malvagia ed ingrata creatura, colma di disobbedienza, fuor da me stesso!

2. O figli, vedete dunque quanto sia immensamente buono il nostro Dio, un Dio che, anzi, è anche il nostro amorosissimo e santissimo Padre! Vedete, questo immenso spirito, il cui posto detengo ora io quale povero e debolissimo uomo di polvere, era stato chiamato ad essere un fratello dell’eterno Amore della Santità del Padre; solo che l’egoismo e la disobbedienza ridussero questo spirito, grande e potente, a questa mia bassezza senza nome. Dato dunque che ora non sarebbe più possibile che nella nostra complessiva nullità noi ci avvicinassimo in maniera degna della Divinità, neanche di un granello di pulviscolo solare, così, per attirarci più vicini a Sé, Egli vuole, come tutti voi avete bene inteso, immergersi nella nostra nullità, appunto per donare con ciò a questa medesima nostra nullità più di quanto anche la massima elevatezza spirituale potrebbe mai concepire; cioè, se io ho ben compreso, Egli vuole essere per noi, vermi nella polvere, non soltanto un Dio e un Padre santo, la qual cosa Egli era pure dall’eternità, ma vuole anche diventare per noi addirittura un vigoroso fratello, per poter con ciò congiungere a Sé per la vita eterna noi, indegni!

3. O figli, chi mai può comprendere un simile sconfinato Amore? Dov’è il cuore che, pur nel suo massimo ardore, sia capace di reggere al fuoco di una scintilla anche solo infinitesimale di tale Amore, Amore che ha il potere di indurre il grande Dio, il Padre santissimo, a scendere a noi e ad aver misericordia della nostra nullità e, infine e sempre per virtù di tanto Amore, a rivestire Se stesso della nostra nullità per poter diventare per noi, tutto, tutto, tutto?

4. O figli, i miei sentimenti sono d’impedimento alla mia lingua; perciò continua a parlare tu, o Enoch, tu che sei l’oratore benedetto da Dio e lasciaci percepire il potere meraviglioso della tua lingua! Ma, senti: – dove io ho cessato di parlare, là comincia anche a parlare tu del grande Amore del Padre santissimo! Amen!»

5. E come Enoch ebbe appreso tale desiderio, vedi egli si raccolse, si alzò da terra, Mi ringraziò in tutto l’annichilimento e l’umiltà del proprio cuore puro, s’inchinò infine dinanzi a tutti e, avvicinatosi ad Adamo, non senza prima essersi di nuovo inchinato, così gli parlò:

6. «O padre dei miei padri! Vedi, qui ci sono i miei padri e tuoi figli, ma, data un’apparizione talmente inaudita, come potrei azzardarmi perfino d’incominciare ad aprire bocca dinanzi a coloro che Dio chiamò ad esistere prima di me, traendoli fuori da te, e cioè dinanzi a coloro che Egli mi ha dato per mezzo della natura come padri? Perciò sia loro gradito concedere con amorosa pazienza che io possa, nella pace completa del mio animo, proferire la Parola della grazia immensa di Dio al cospetto dei padri tutti e della nobile madre Eva»

7. Ma quando i padri ebbero intese tali parole, ispirate a grande modestia ed umiltà, si alzarono e, inchinatisi ad Adamo, Mi lodarono ad alta voce e Mi ringraziarono per avere donato ad Enoch un cuore tanto umile e modesto. E dalla faccia di tutti si irradiava un senso di altissima gioia per l’onestà di Enoch. E lo stesso Adamo lodò quanto mai la sua umiltà e la sua saggezza, e lo pregò che ormai, con il più lieto consenso di tutti, cominciasse pure e di buon animo a parlare del grande Amore di Dio, il Padre santissimo ed eterno.

8. E quando Enoch ebbe inteso ciò, allora e soltanto allora, dopo aver nel silenzio del suo intimo invocato la Mia grazia e la Mia misericordia, egli cominciò a parlare e a dire quanto segue:

9. «O dilettissimi padri! Che cosa può fare la maldestra lingua del debole, limitato e piccolo essere umano? Che cosa può enunciare, essa, balbettando tremante in questo luogo tanto altamente santificato, dove solo pochi istanti fa l’eterno Amore e l’eterna Sapienza del Padre santissimo hanno indirizzato ai nostri cuori parole di pura essenza spirituale, dense di un significato infinito ed eterno?

10. O padri, che cos’è la nostra più grande parola se paragonata alla Sua più piccola, dal momento che la potenza eterna di un tale santo Amore è stata di per sé sufficiente a creare un’infinità di cose grandi e piccole, e sufficiente anche per colmare lo spazio infinito, eterno della Sua Volontà, mentre i nostri più grandi ed elevati discorsi non sono capaci di spostare neanche un minimissimo granello di pulviscolo solare dall’ordine che gli fu destinato!

11. O padri, vedete, se noi ben ponderiamo tutto ciò, non dobbiamo averne l’impressione come se noi stessimo su dei carboni ardenti ed io, l’oratore, come se fossi esposto ai raggi del Sole di mezzogiorno alto sull’orizzonte, quando i suoi raggi, sopra il nostro capo, rendono fluido il duro metallo?

12. Pensate, era Dio che Se ne stava qui quale possente ed eterno Spirito; ed Egli disse a noi parole immense che traeva fuori da Sé; e noi non le comprendiamo, né pienamente le comprenderemo mai, in eterno, poiché quello che di per sé non è niente, come dovrebbe o come potrebbe abbracciare l’eterna, infinita Individualità di Dio e comprendere così l’eterno spirito di una parola proveniente dalla Bocca di Dio? Infatti tutti noi sappiamo benissimo di quante parole hanno avuto bisogno l’Amore e la Sapienza eterna per creare noi e l’intero Universo infinito, che per noi è altrettanto perfetto quanto inconcepibile?

13. O padri, vedete, se si riflette su ciò e se si volesse ragionare della gloria infinitamente grande di Dio, dove mai si dovrebbe cominciare e mai si dovrebbe finire?

14. Dovremmo noi forse rivolgerci al pulviscolo solare che, scintillando sotto i raggi del Sole così insignificantemente, si libra nell’aria della nostra piccola capanna, mentre non sappiamo quale sia il primo granello dal quale si potrebbe incominciare? O, a chi è noto quale sia l’ultimo granello, cosicché egli potesse opportunamente intonare un dovuto cantico di lode al Signore, il Padre santissimo, infinito ed eterno Dio?

15. O padri, se dunque già nella nostra capanna vediamo l’impossibilità di salutare, in maniera degna e gradita a Dio, il primo granello di pulviscolo solare e di ringraziarLo per il riconoscimento dell’ultimo, dove mai cominceremo, qualora uscissimo dalla nostra capanna e ci mettessimo a considerare l’infinita quantità del pulviscolo sulla faccia della vasta Terra?

16. E tuttavia, dobbiamo confessare che tutto ciò, per noi, che pur all’apparenza ci sembra infinito, è come un niente di fronte a Dio. Nonostante la piena rivelazione anche soltanto di un simile granello di pulviscolo, la nostra anima si troverebbe occupata per un’eternità se noi dovessimo conoscere tale granello nell’infinita perfezione di Dio.

17. O padri, vedete dunque: – se un simile minuscolo granello come ora lo conosciamo è già così grande per noi, quanto non deve essere poi grande l’infinita molteplicità nel proprio ordine, dal primo fino all’ultimo! Dov’è quindi, all’infuori di Dio, un essere capace di comprendere l’eterna Sapienza del Padre santissimo che entro vi si cela?

18. Ma, considerato tutto questo, cosa diremo poi della Terra stessa e di tutte le innumerevoli stelle e di tutto quello che c’è sulla Terra, per non parlare di tutto ciò che si trova sulle grandi stelle? E che cosa potremmo dire di noi, quali siamo ora e quali eravamo nei primordi dell’essere? Eppure tutto ciò non è che l’effetto di una semplice Parola della Bocca di Dio!

19. O padri, solo adesso riflettete bene su quante parole ha ora proferito dinanzi a tutti i nostri occhi, orecchi e cuori, quello stesso eterno, infinito e santissimo Padre, che per effetto del suo onnipotente “Sia!” ha riempito l’infinito di cose altrettanto infinite!

20. Oh, ascoltate: “Mai in eterno l’eternità comprenderà, né l’infinito è sufficientemente grande per accogliere quello che noi, sopraffatti dalla delizia, abbiamo pochi istanti fa udito dalla Sua bocca santissima! Noi uomini siamo nell’impossibilità perfino di pensarlo, ma quando tutto questo, secondo tale santissimo e supremo decreto, troverà adempimento, allora cielo e Terra dovranno essi pure diventare infiniti. I granelli di polvere dovranno diventare terre e l’infinito stesso dovrà essere ampliato all’infinito, e ciò accadrà prima che noi tutti riusciamo a comprendere anche un solo minimissimo atomo di ciò che il santissimo Padre di tutti noi ha in animo di fare, per diventare un nostro santo fratello!”

21. O padri, vedete quale grandiosità e profondità c’è in Dio ed io, povero vermetto nella polvere, dovrei osare, dopo un tale discorso, di presentarmi dinanzi a voi per spiegarlo, mentre tutto ciò è stato detto per un nuovo Cielo a nostra grande consolazione e non per questa ristretta Terra? Noi altro non possiamo fare se non amarLo, Lui che è sempre santo, santo, santo e santo eternamente sarà. Tutto quello che noi dobbiamo riconoscere consiste nel fatto che noi potremmo amare sempre più il nostro Padre santissimo. E la nostra massima sapienza sia questa: – noi dovremmo amare sopra ogni cosa Colui che è assolutamente l’eterno Amore stesso e dovremo amarci tra di noi per amor Suo, eternamente! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 48

Della benedizione divina sulla Terra

23 dicembre 1840

1. E quando Enoch ebbe così finita la sua allocuzione di scusa, egli nel suo intimo Mi ringraziò per avergli Io suggerito il senso appropriato delle sue parole; poi s’inchinò nuovamente dinanzi ad Adamo e a tutti i suoi padri. Ma Adamo e gli altri padri, allora, si alzarono e pronunciarono in coro l’Amen ed abbracciarono Enoch, che di solito era molto schivo ed aveva poco coraggio di farsi valere in qualche modo di fronte agli altri. D’altra parte, Enoch aveva tanto più coraggio di amarMi immensamente nel silenzio del suo cuore e nella sua illimitata umiltà, nonché di obbedire con assoluto filiale amore ai propri padri, i quali pure Mi ringraziarono con grande amore e ferma fiducia per la grazia di aver suscitato fra loro un parlatore tanto amorevole dell’amore.

2. Poi Set, però, ringraziò ancora del tutto particolarmente il padre Adamo per la benedizione concessa alla lingua di Enoch e Mi pregò al cospetto di tutti affinché, fino alla fine di tutti i tempi, quella lingua benedetta di Enoch potesse continuamente sussistere presso tutti i discendenti di quel ceppo fondamentale dell’umanità .

3. E tutti allora pronunciarono l’ ‘amen’. Adamo benedisse quindi il desiderio di Set e disse: «Il Signore rimarrà fedele in tutte le Sue grandi promesse fino alla fine dei tempi; possano, dunque, tutti i nostri discendenti diventarGli sempre più fedeli fino alla fine di tutti i tempi! Amen!

4. E ora, miei cari figli, con la mia molteplice benedizione e con tutto quello che è avvenuto nel Nome santissimo del Padre nostro eterno, supremamente buono ed amorosissimo, recatevi alle vostre dimore e là riposate le vostre membra, la vostra anima e lo spirito, in Dio! E tu, o Abele-Set, non dimenticarti di tuo padre e portami il mio cibo e la mia bevanda, e fa’ poi, con la mia triplice benedizione, quanto è stato consigliato ai tuoi figli! Enoch, però, per tutto il tempo della mia vita dimorerà nella mia capanna e mangerà da quel piatto dal quale mangerò io; ed egli in compenso sarà sempre pronto a servire me e tutti i suoi padri, fratelli e sorelle nell’amore dello spirito che viene da Dio! E ora andate e fate come avete inteso! Amen!»

5. E subito tutti s’inchinarono ad Adamo e se ne andarono alle loro capanne, che erano situate non lontano. Set, però, con l’aiuto di sua moglie accudì immediatamente ai suoi doveri, ed Enoch, dal canto suo, andò a prendere, nella sua poco appariscente capanna, il proprio giaciglio e lo trasportò fino alla capanna di Adamo; e infine, dopo un tacito ringraziamento, portò il suo giaciglio dentro la capanna stessa dove la vecchia madre Eva l’aiutò, secondo le sue forze, a rendere il giaciglio più soffice che era possibile. E quando in questo modo tutto fu in perfetto ordine, Set era già ritornato con sua moglie ben provvisto di cibo e bevande ed egli, con il cuore quanto mai commosso, Mi ringraziò per la grande Grazia che gli era stata concessa dinanzi a tutti i suoi fratelli più anziani, ossia della grazia di poter offrire cibo e bevande ai suoi genitori e al diletto Enoch che a lui appariva come una sorgente stella del mattino.

6. E quando la cena fu finita e così pure fu compiuto il rendimento di grazie, Adamo parlò ancora a Set e gli disse: «O Abele-Set, tu sai che domani è il sesto giorno della settimana e che il giorno dopo sarà la santa giornata di riposo del Signore! Al tempo dell’offerta vogliano quindi radunarsi qui tutti i miei figli proceduti da te e i loro figli e i figli dei loro figli, come anche quanti più possibile di quei miei figli che il Signore mi ha dato dopo di te!

7. Bisognerà dunque che domani venga indicato loro, e così anche a coloro che si sono presi le loro mogli dalle pianure, che essi si devono purificare per accedere a questo luogo santo dove l’eterno Spirito d’Amore e di ogni Sapienza è apparso in piena verità, potenza e forza; e inoltre, che si purifichino anche per udire dalla bocca di Enoch in questo stesso luogo, una nuova Dottrina ispirata da Dio, la cui dottrina sarà dolce al loro cuore come lo è stato al nostro, poiché essa lo ha colmato di attese tanto immense provenute dall’incommensurabile Amore di Dio. E ora, mio caro Set, per quanto concerne me, tutto ti è stato detto per oggi e domani, il resto te lo rivelerà il tuo cuore. Ti accompagnino, quindi, la Grazia di Dio e la mia benedizione. Amen!»

8. E prima di andarsene a riposare, Enoch si avvicinò timidamente ad Adamo, e disse: «O padre dei padri, vorresti permettermi di venire a darti il disturbo di una piccola preghiera ancora? Ma prima perdona questa mia arbitraria domanda!»

9. Adamo, tutto commosso da tanto modesta ed umile cordialità, attirò Enoch al suo petto e lo baciò ed accarezzò e infine esclamò, piangendo di gioia: «O Tu, gran Padre, immensamente buono e santo! Quale splendido frutto mi hai donato al posto del tanto rimpianto Abele! Abele fu un eroe al Tuo e al mio cospetto, ma il frutto di Set è come una rugiada di miele dolcissimo che proviene dal Tuo mattino eterno. Oh, grazie; Ti siano rese grazie eterne per tanto amore e misericordia! O mia Eva, vedi quanto è buono il nostro Dio e Padre santo! Vedi di quali tesori Egli ci ha arricchiti!»

10. Ed Eva rispose: «O Adamo, nella mia immensa gioia per tanta grazia e amore ricevuti, non posso far altro che piangere! Noi non ne siamo minimamente degni, perché accanto a questa mia immensa gioia sento l’immenso carico che per mia sola colpa grava sulle pianure della Terra. O Caino, perché dovesti diventare una maledizione per la Terra? O Adamo, questo pensiero tronca sempre ogni parola nella mia bocca e ogni mia gioia si trova sempre mescolata a quelle spine che hanno accolto la mia prima lacrima, mentre ero ancora nel Paradiso! O Adamo, lascia che io pianga e preghi!»

11. Ma Adamo allora disse: «O donna, datti pace, lascia ormai tali cure a Dio e fa’ secondo il desiderio del tuo cuore! E tu, mio diletto Enoch, aprimi il tuo amorosissimo cuore e dimmi qual è la tua pia richiesta! Il mio cuore, gli occhi e i miei orecchi pendono dalle tue labbra benedette; parla dunque, se vuoi, quando e come vuoi e per me sarà sempre tutto bene. Amen!»

12. Ed Enoch, dopo che ebbe intese queste parole, rivelò il desiderio del suo cuore e lasciò che la sua bocca si esprimesse con giusti accenti dinanzi ad Adamo, dicendo: «O padre dei miei padri, benedici il mio giaciglio nella tua capanna, affinché anche la mia anima vi possa perfettamente riposare, poiché la nobile madre si è data già pena per il riposo del mio corpo!

13. Infatti, quando il corpo riposa, l’anima deve avere pace, altrimenti il corpo riposa male e lo spirito non può, nel frattempo, esercitarsi nella contemplazione di se stesso e nel procedere verso la sua meta, che è la somiglianza alla propria forma originaria in Dio. Ma come il sonno, quale riposo del corpo, è un beneficio di Dio elargitoci mediante natura, così la pace dell’anima rappresenta quell’interiore calore nascosto dell’eterno Amore, dal quale soltanto viene prodotta quella sostanza necessaria allo spirito per svilupparsi così in modo completo e diventare con ciò un giorno, e di nuovo, un vero recipiente per raccogliervi l’amore e, per conseguenza, la vita da Dio.

14. O padre dei padri, vedi, non fu piccola cosa quella per cui m’indussi ad avvicinarti e a pregarti di benedire il mio giaciglio! Poiché al mondo non c’è nulla che non provenga dalla vita e che, riconducendo poi alla vita, non ci additi le vie della salvezza grazie alla Misericordia infinita dell’eterno Amore e della Grazia incommensurabile. Ma gli uomini proprio per questo non devono mancare di benedire prima tutto, dall’amore di Dio, i fenomeni, la notte, il giaciglio, il riposo e tutto quello che è in esso e con esso. In tale maniera poi, all’uomo puro, le visioni nel sonno mostreranno fedelmente le opere dell’amore nello spirito e gli sarà allora cosa facile esplorare se stesso. Ma chi invece trascura i fenomeni e non osserva la benedizione del giaciglio e così del riposo, costui assomiglia ad un cieco e sordo, e l’amore e la vita passeranno muti dinanzi a lui.

15. Ma se non fossi capace di percepire quanto c’è di grande nel piccolissimo, come potrei poi percepire quanto c’è di grande nell’infinito, e nell’infinito, l’eterno Amore e l’infinita stessa Sapienza, Potenza e Forza di Dio stesso?

16. Non rifiutarmi dunque, o padre dei miei padri, la benedizione del mio giaciglio, e dona così la pace alla mia anima, affinché questa possa riposarsi in letizia nell’amore di Dio, per poter quindi testimoniare validamente l’immensa grazia in spirito e piena verità dalla misericordia eterna. Amen!»

17. E quando Adamo ebbe intesa tale preghiera devota, si fece condurre là, dove era il giaciglio di Enoch e lo benedisse tre volte. E allorché, compiuto l’atto della benedizione, egli fu di ritorno al suo posto, egli così parlò: «O Enoch, tutto è avvenuto a seconda del desiderio della tua fedeltà a Dio! Ma ora, vedi, dato che una simile benedizione ti è necessaria, questa dev’essere necessaria anche a tutti gli altri e quindi neanche per me sarebbe certamente superflua, ma chi, in questo caso, benedirà il mio giaciglio?»

18. Ma Enoch, in tono di grande amore e della massima reverenza, così si espresse: «O padre dei miei padri! Tutte le montagne sono piene della tua benedizione e il tuo giaciglio ha ben contemplato Colui che ti ha benedetto prima ancora che occhio umano avesse mai ammirato le fulgide dimore del Padre grande e santo. Ma il Padre grande e santo ti ha già benedetto con tutto ciò che Egli ti ha donato; dunque, come potresti tu chiedere a me una benedizione, mentre io stesso non sono che appena una piccola parte della tua benedizione da Dio?

19. Oh, rimani nella completa pace da Dio! Infatti la Terra stessa solo a te è stata messa sotto i piedi della grande sovrabbondanza di benedizione uscente da te e per te; perciò anche il tuo giaciglio è già del tutto benedetto, e questo da gran lungo tempo. Con ciò ti è concesso libero riposo e un’alta pace della tua anima da Dio, mentre la mia anima altro non è che un’anima proveniente da te e, di conseguenza, essa è solo una piccola parte dell’immensa benedizione che ti fu concessa immediatamente dalla Mano dell’eterno Amore del Padre santissimo. Voglia tu dunque ben riposare in piena pace in quel luogo che è stato illuminato e abbondantemente benedetto dalla santissima presenza di Dio fra noi tutti! Perciò, vedi, non è necessario che tu ti curi di ciò che è stato già provvisto dal Signore molto, ma molto prima che un Sole abbia rischiarato la Terra!

20. A me è permesso di ringraziarti per la grazia, così alta, di aver benedetto il mio giaciglio; ma il benedire il tuo giaciglio con la mia mano, o padre dei miei padri, questa sarebbe da parte mia la massima presunzione! Ovvero, come potrebbe colui che non possiede niente dare qualcosa a colui che già da lungo tempo ha ricevuto tutto da Dio?

21. Vedi, io non ho ricevuto nulla all’infuori dell’amore, e quindi non posso restituire altro che questo, così come l’ho ricevuto! Però la benedizione non è stata concessa che a te, e noi stessi siamo la tua benedizione; riposa dunque nella perfetta pace della tua anima che proviene da Dio! Amen!»

22. Ma Adamo si commosse quanto mai a queste parole e baciò tre volte Enoch sulla bocca e si espresse in termini profondi, nel modo seguente: «O mio caro Enoch! Così ha parlato un tempo anche mio figlio Abele, quando egli, nella fuga dal Paradiso, portò sulle sue spalle me e la mia benedizione, benedizione che egli fedelmente mi rese nel paese di Eucippe.

23. O Enoch, quanto più a lungo ti ascolto, tanto più mi sembra di riconoscere il suono delle tue parole e mi pare come se udissi la dolce voce del mio Abele! Seppure il tuo corpo non sia quello di Abele, tuttavia la tua figura è perfettamente quella di Abele e così le parole e così l’amore e lo spirito.

24. O grande e santissimo Padre, la Terra sarà abitata da uomini a mala pena dieci volte il tempo in cui io l’ho abitata e ancora l’abiterò corporalmente secondo la Tua santissima Volontà; ma pure quand’anche io vivessi fino alla fine, quale altra cosa sarebbe più meritevole di ricordo e tale da attirarsi la maggiore benedizione del mio cuore su questa Terra, se non che Tu, o Jehova, ora mi ridonassi il mio Abele? Eppure anche questo desiderio, che a me pareva impossibile potesse trovare adempimento, è ormai esaudito e con tanta magnificenza! O Jehova, non ho forze sufficienti per ringraziarTi della Grazia infinita che mi hai concessa con l’avermi ridonato in Enoch il mio Abele, e con ciò anche tutta la benedizione. E in Enoch, da Te reputato degno, sorga un giorno dalla sua discendenza un germoglio che dovrà essere un grande e santo fratello per tutti i miei figli provenienti da Te! O Jehova, accogli in grazia i miei ringraziamenti più profondi!

25. E tu, o madre Eva, vedi, non per nulla ti sei gioiosamente data tanta cura di rendere morbido e soffice il giaciglio di Enoch, poiché colui che per seicento anni hai pianto ora ci è restituito in Enoch! Rallegrati dunque con me, perché, vedi, egli non morrà mai, bensì, come egli è, rimarrà finché noi vivremo sulla Terra. Ugualmente poi ritornerà là, da dove è venuto, così come è venuto e come è ora! Gioisci dunque con me, o Eva! E tu, Enoch, dimmi, non è così?»

26. Ed Enoch allora rispose: «Sì, o padre Adamo, la mia carne proviene da Eva, e la mia anima proviene da te e il mio spirito proviene da Dio! Come non dovrei essere io colui che tu hai benedetto, sia in Abele oppure in qualsiasi altro del tuo seme benedetto, dato che tanto il mio spirito quanto quello di Abele è lo stesso spirito che proviene da Dio? Ti sia dunque dolce il riposo nella pace della tua anima in Dio e a te pure, o diletta madre Eva! Amen!»

 

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Cap. 49

La preghiera mattutina di Adamo e di Enoch

 

1. E quando Enoch ebbe pronunciato tali parole, Adamo fu colmo di giubilo con Eva che pure ne gioì enormemente. Poi Adamo, per concludere, esclamò: «Amen! Il Signore, Padre santissimo di tutti noi, sia con noi tutti; e così dedichiamoci ora al riposo ed esso scenda su tutti i nostri figli! Amen!»

2. In tal modo queste tre persone andarono a riposare e dormirono placidamente fino al mattino seguente, quando una brezza fresca, gaia e rinvigorente li venne a ridestare. Il tempo di coricarsi era, secondo il vostro modo di contare, le ore nove di sera e quello del levarsi, sempre calcolato nello stesso modo, le tre del mattino. E come essi, così rafforzati, si furono completamente alzati, ciascuno fece, nel segreto del cuore, una breve orazione e dopo aver fatto ciò, in silenzio, Adamo si alzò subito e recitò la seguente concisa preghiera in presenza di Enoch e di Eva:

3. «O gran Padre, amorosissimo e santissimo, nel Tuo Nome supremamente santo, che è colmo di potenza e forza e di ogni gloria, io ho vissuto un nuovo giorno ancora al Tuo cospetto! O Signore, fa’ che per questo giorno intero i miei pensieri e le mie opere siano tali, che la tarda brezza crepuscolare possa stasera alitare incontro a me e dirmi nella sua dolce armonia: “Gioisci, o Adamo, poiché non hai distolto il tuo occhio dalla faccia di Jehova e i tuoi piedi non hanno deviato dal sentiero dell’eterno Amore; e come il Sole è andato percorrendo la sua via attraverso il firmamento, diffondendo in silenzio luce e calore, così il tuo cuore ha seguito il tacito alitare dell’eterno Spirito!”

4. O Padre, Tu che ancora non hai mai distolto il Tuo occhio e orecchio da me, non distoglierli né oggi né mai per tutta l’eternità da me!

5. O Signore, dove io oggi camminerò, là il Tuo Amore riduca in polvere ciascuna pietra sulla via del mio pellegrinaggio, affinché i miei piedi non sdrucciolino, provocando la mia caduta; oppure che non succeda che il mio piede abbia ad urtare violentemente contro una pietra restandone addirittura ferito, così da impedirmi di proseguire ancora per le Tue vie con le membra diritte!

6. O Signore, al mattino conta i miei capelli e non permettere che alla sera ne manchi neppure uno e così pure ciascuna goccia di sudore, affinché alla sera nessuna possa essere trovata impura!

7. O Signore, benedici e rafforza me, che sono debole, affinché io, con il vigore proveniente da Te, possa oggi e in seguito, finché Ti piaccia, benedire nel Tuo Nome santissimo i figli che Tu mi hai donato!

8. O Padre santissimo, esaudisci la mia debole preghiera, nel nome di tutti i Tuoi figli e di ogni creatura! Amen!»

9. E quando Adamo ebbe finito tale sincera e modesta preghiera, ecco, egli si volse ad Enoch che ancora pregava in silenzio e gli disse: «Enoch, vedi, io adesso ho pregato ad alta voce dinanzi a Dio e a te e ne ho tratto una grande forza, tanto che mi sento in grado di benedire voi tutti, degnamente ed efficacemente; vada dunque a te la mia prima benedizione! E poiché ormai tu sei benedetto, alzati e fa’ tu pure la tua orazione ad alta voce davanti a Dio e davanti a me, affinché noi, io e tua madre, possiamo nella maniera più degna e pia elevare il nostro spirito nella soave aurora del tuo cuore traboccante d’amore. Tu hai udito la mia preghiera, con la quale ho esposto fedelmente al Signore dal profondo del mio cuore, la mia richiesta umana e paterna, ma, dato che non puoi pregare quale padre, bensì quale figlio, fa’ risuonare alta la voce dell’amore filiale del tuo cuore. Amen!»

10. E quando l’amorevole e pio Enoch ebbe inteso tale desiderio di Adamo, egli si alzò subito in piedi, ringraziò con fervore Me e Adamo per la benedizione ricevuta e infine, secondo il desiderio di Adamo, cominciò a indirizzarMi la seguente e breve preghiera:

11. «O grande Dio, o santissimo Padre, o eterno Amore colmo della più incommensurabile Misericordia e della Grazia più santa! Quantunque io sappia bene che Tu consideri soltanto la parola nel cuore e non porgi ascolto a quanto risuona nella bocca, e non guardi il respiro dei polmoni e disdegni ogni gesto del corpo, tuttavia, secondo il pio desiderio di Tuo figlio Adamo, io intonerò la mia voce per la Tua lode.

12. O santissimo Padre, vedi, quale debole fanciullo io stesi ieri le mie membra stanche sul soffice giaciglio benedetto e vi riposai, nella potenza della Tua dolcezza, fino all’odierno, sacro mattino della Tua Grazia infinita e mi levai tanto pieno e traboccante delle Tue misericordie!

13. Chi può mai scrutare a fondo la Grandezza delle Tue infinite opere d’Amore che tu compi su di me? Oh, se io potessi comprenderne almeno una parte anche infinitamente piccola!

14. Che cos’è l’uomo al paragone di te, che tu Ti ricordi di lui, o Tu, dinanzi al Quale il più leggero alito le eternità se ne fuggono come lievi fiocchi di neve in balia del vento più violento!

15. Come deve essere grande, anzi, infinitamente grande il Tuo Amore, perché il debole uomo possa ancora sussistere di fronte a Te, pur essendo egli colmo di ingratitudine dinanzi a Te in tutto il suo presunto amore e la sua presunta umiltà, dal momento che egli non può sapere, né mai in eterno saprà, quale gran debitore egli sia al Tuo cospetto, come pure mai egli sarà in grado di valutare completamente la sua infinita bassezza in rapporto a Te!

16. O santissimo Padre, guarda perciò ugualmente quaggiù a me, che sono infinitamente debole, in grazia della Tua infinita altezza, forza e potenza. E quale grazia immensa, accogli il mio amore per Te supremamente imperfetto, poiché, vedi, se io avessi in me anche l’intero amore di tutti i miei fratelli e padri, che cosa sarebbe anche questo mio amore nei Tuoi confronti?

17. Già gli universi non sono che gocce di rugiada dinanzi a Te! Oh, accetta ugualmente questo mio debole ed imperfetto amore, per quanto sia tutto quello che io, con animo grato, posso nutrire verso di te; e quindi rafforzami sempre di più, secondo la Tua Misericordia! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 50

Considerazioni mattutine di Enoch

9 gennaio 1841

1. E quando, in tal modo, Enoch ebbe finito questa preghiera pronunciata ad alta voce, ecco che Adamo si alzò tutto lieto e lodò e glorificò il Mio Nome, e Mi ringraziò fervidamente per il dono dell’udito che rende possibile apprendere simili magnificenze, e per la luce degli occhi, i quali sono atti ad ammirare le opere meravigliose della Mia Misericordia, e per la voce, la quale rende l’uomo capace di presentare nella maniera più comprensibile possibile al piccolo cuore umano chiare parole di lode e di gloria per la Maestà infinita del grande e santo Dio, inconcepibile sopra ogni cosa. E così egli Mi ringraziò per tutti gli altri sensi, poiché Adamo comprendeva molto bene che il loro dono e la costante conservazione di questo costituiscono un immenso beneficio che proviene dalla mano generosa del Mio Amore.

2. E quando fu giunto alla fine di tali replicate manifestazioni di lode, di glorificazione e di ringraziamento, cosa che del resto egli era solito fare ogni giorno, si rivolse nuovamente ad Enoch che nel frattempo aveva fatto la medesima cosa in silenzio nel suo cuore, e disse:

3. «O Enoch, eletta bocca dell’eterno Amore di Dio, vedi, io ti chiamai prima “Abele”; solo che ti ho arrecato un torto e quindi sono stato ingrato verso Dio! Poiché, vedi, Abele era bensì il primo figlio benedetto che Dio mi aveva donato, ed era perciò un prediletto del mio cuore e uno strumento fedele nella mano di Dio, strumento concesso a me per la mia salvezza. Tu, invece, sei stato ora mandato a me dal Signore, nei miei anni tardi, come balsamo corroborante, affinché la ferita infertami da Caino possa, nei miei ultimi tempi, essere risanata nel mio cuore, poiché se tu fossi soltanto l’anima e lo spirito di Abele sotto le spoglie di Enoch, saresti quello che era Abele e saresti simile al mio diletto Set che il Signore mi ha dato al posto di Abele. Tu però fosti suscitato dal Signore fuori dal Suo Amore ed Egli ha posto questo Amore nel seme di Jared, affinché tu divenissi un puro frutto dell’amore per poi indicare a tutti i tuoi padri e fratelli la dolce via dell’amore e per dimostrare che l’amore vale più di tutta la nostra sapienza, la quale può cadere, mentre l’amore crea montagne e rupi fuori dalla fanghiglia del mare.

4. O Enoch, mio diletto Enoch, vieni qui sul mio petto paterno e lascia che io ti ami e ti benedica con sovrabbondante misura, affinché la tua benedizione possa bastare fino alla fine di tutti i tempi! Poiché tu ora hai versato un olio puro nel mio cuore già molto indurito, in modo che esso ricomincia ad intenerirsi e a diventare come era quando il Signore, per la prima volta, portò verso di me la mia amata compagna, e in questo mio grande pensiero vedo sorgere un cespuglio di rose dai molti rami e alla sommità vi scorgo un bocciolo, o Enoch, un bocciolo! E questo bocciolo, ancora chiuso, risplende più del Sole a mezzogiorno! Ma ora non parliamone più; vedi, tutto ciò sei stato tu a produrlo!

5. Dunque, tu non sei né Abele né Set, anche se tu sei una pura vita che proviene da Dio per mezzo del seme di Jared, per cui anche tu possiedi una tua vita propria, la quale mai dovrà soggiacere alla morte. Perciò, distribuisci fra tutti quanto hai in sovrabbondanza, affinché essi pure possano giungere a riconoscere che non la sapienza, ma soltanto l’amore costituisce la vera vita eterna proveniente da Dio, perché soltanto ora io stesso vedo che unicamente nell’amore sarò indistruttibile per l’eternità. E perciò tutta la nostra sapienza sarà e deve anche essere ridotta a nulla dinanzi a Dio, ma l’amore, il piccolo amore, un giorno verrà fatto grande da Dio, poiché Egli stesso altro non è che Amore.

6. O Enoch, quando il Sole sorgerà, esortami e parla. Amen!»

7. E quando Adamo ebbe finito, egli strinse ancora una volta Enoch al suo petto paterno, lo benedisse di nuovo e lo incaricò di sincerarsi se Set e i suoi figli dormissero ancora nelle loro capanne, di vedere anche la posizione delle stelle, e se il Sole fosse già prossimo al levare, e quale aspetto avessero le pianure, se nebbioso o sereno, quale fosse la direzione del vento, se il firmamento fosse limpido del tutto oppure cosparso qua e là di nuvolette e se l’erba fosse ben ricoperta di rugiada.

8. E dopo che egli avesse esattamente osservato tutto ciò, lo pregò che volesse far nuovamente ritorno e portargli, verso l’approssimarsi della gloriosa aurora, fedeli notizie riguardo a tutto quanto gli era stato richiesto.

9. E vedi, Enoch ringraziò Adamo con il massimo rispetto e si recò subito fuori per adempiere a quanto Adamo gli aveva comandato.

10. Allora però erano, secondo il vostro modo di calcolare il tempo, già passate le ore quattro del mattino quando Enoch uscì dalla santificata capanna di Adamo. E quando egli si trovò così all’aperto, vedi, egli subito si esortò nel cuore e meditò in silenzio:

11. ‘O eterno, grande e santissimo Padre, colmo del più inconcepibile, purissimo e supremo Amore! Oh, com’è piccola questa santificata capanna di Adamo, il nostro padre terreno, paragonata a questo Tuo incommensurabile edificio! Come scintillano piccine ed isolate nella Tua grande casa le stelle infuocate, che sono mondi immensi, eppure il loro numero è sterminato, come la casa non ha pareti; tutte loro, invece, si librano nella Tua Grazia e si tengono strette al Tuo Amore, e nessun’altra forza, all’infuori della Tua, può condurle per le orbite lontane dei cerchi infiniti.

12. O Padre santo, come sei grande, potente e buono; e quale maestà ci dev’essere in Te, nella Tua Luce, se già la Tua notte è tanto grandiosa, ammirabile e bella!

13. O Padre mio, santo e buono, rendi il mio petto ancora più ampio, affinché mi sia dato di amarTi a pieni palpiti, perché troppo bello e grande è tutto ciò che ora il mio occhio contempla! Quanto splendidamente si stagliano le cime degli alti cedri nell’aria libera, dolcemente mossa e cosparsa di luci, e scuotono lievemente le loro fronde, come volessero far cenni d’amore alle stelle! Ma poi ben presto si manifesta un qualche alito da Te, tanto che essi percepiscono la Tua santa vicinanza e chinano senza indugio i loro maestosi capi a terra. Ma poi ecco subito che si risollevano di nuovo, attratti dall’immensa, santissima potenza del Tuo Amore e, giubilanti nella loro libera altezza, Ti innalzano, con lo stormire delle foglie, un inno di lode imperscrutabile e denso del più profondo significato. Oh, quale grandiosità e quale maestà ci deve essere in questa lode, poiché a me non riesce nemmeno d’intuire quale santo sacrificio viene offerto con ciò dalla Natura che Tu creasti, sacrificio per Te, il sublime Creatore! Incessantemente Ti lodano la terra, l’erba, le piante, i cespugli, gli alberi e tutte le fulgenti stelle; soltanto l’uomo può dormire in mezzo ad offerte tanto sacre!

14. O Padre santo e immensamente buono, non voglio mai cessare di lodarti; e ciascun granello di polvere che si muove sia per me un incitamento a non tralasciare mai di lodarTi sempre di più!

15. Dato che Tu mi donasti un cuore colmo d’amore e di devozione, io voglio essere sempre lieto per la Tua immensa ed infinita Bontà e voglio sempre giubilare altamente in Te, o mio Dio, che sei tanto pieno d’Amore e di Grazia verso chiunque gioisca nel Tuo Nome santissimo.

16. O letizia, letizia, o ammirabile compagna dell’amore, come riesci dolce al cuore, quando questo batte secondo la Volontà del Padre santo!

17. Oh, è bene essere quanto mai buoni e lieti, giacché il Padre santissimo accoglie con grazia tanto una grande lode che proviene dall’infinito quanto pure da una sola goccia di rugiada che svanisce al più lieve alito del Sole mattutino!

18. O Padre, guarda, in grazia, quaggiù al mio debole cuore e riconosci la mia lode anche nella sua nullità; e fra gli squillanti inni di grazia dei Tuoi soli Ti giunga pure il mio misero cinguettio, il quale forse è più debole ancora del lieve ronzio di un moscerino insignificantissimo, stordito dalla notte!

19. O Tu, mio amorosissimo grande e santo Padre, Signore e Dio, accetta in grazia questo mio confuso balbettio, e fa’ che adesso io possa adempiere fedelmente al volere del primo padre Adamo! Amen!’

 

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Cap. 51

La gioia di Jared nel rivedere suo figlio Enoch

 

1. E vedi, allora Enoch se ne andò, come Adamo gli aveva comandato ed osservò tutto attentamente, secondo le indicazioni che quest’ultimo gli aveva dato.

2. Ma, quando giunse alla vicina capanna di Set, trovò che egli dormiva ancora e non osò svegliarlo, giacché Set era per lui, dopo Adamo, un padre altamente benedetto. E quando poi egli ebbe scrutato il cielo stellato ed ebbe diretto lo sguardo verso il Mattino, per giudicare dall’intensità dell’albeggiare il tempo del levar del Sole, ecco che apparve Jared che benedì Enoch e così parlò a suo figlio:

3. «O mio caro figlio, vedi, questa notte non ho potuto dormire per la gioia causatami dal fatto che tu hai trovato tanta grazia dinanzi a Dio! Poiché, per il santo rispetto dovuto, chi mai all’infuori di Set avrebbe osato varcare, dopo il tramonto, la soglia della sacra capanna di Adamo? Ma ora a te è concesso addirittura di dimorarvi! E tanto più adesso, dopo che tutti noi fummo testimoni ieri, con i nostri occhi e con i nostri orecchi, della grazia incommensurabile scesa su questa capanna dalle altezze supreme di Dio!

4. O mio diletto figlio, vedi, la mia gioia è troppo grande perché io possa anche in minima parte dimostrarti come, per questa ragione, il mio cuore, inebriato di grato gaudio, sia rimasto quasi sopraffatto dal sentimento d’amore. Certo, a me sembra di dover abbracciare con amore anche ogni albero e baciarne la scorza; le stelle stesse mi appaiono oggi del tutto vicine ed esse spirano soltanto amore verso di me!

5. O Enoch, vedi, la gioia e l’amore mi hanno sopraffatto e la mia lingua trema per la letizia, tanto che non potrei più oltre parlare con te! Dimmi solo: – che cos’è che già tanto di buon’ora ti ha indotto ad uscire dalla sacra dimora del nostro primo padre?

6. Poiché ad indurti ad uscir fuori non può essere stato se non quello che ha impedito il sonno a me! Giacché ciò che sta dinanzi a me è la gioia e la grazia. Tu, però, sei nella gioia e grazia, e perciò, vedi, ci dev’essere una volontà superiore che ti accompagna! O Enoch, mio caro figlio, non celarmi quanto di sacro ti è stato posto nel cuore, dato che tu non hai, né puoi avere, niente di meschino nel tuo cuore, quando si tratta di una cosa oggetto della tua attenzione! Oh, dunque, non celare questa cosa dinanzi a me, il padre tuo!»

7. Ma quando il pio Enoch ebbe inteso queste parole di suo padre, si fermò per ringraziarlo della benedizione e per accarezzarlo. E gli disse:

8. «O caro padre Jared, tu ben conosci tuo figlio, del quale sai che ogni cosa è anche la tua, come pure che io non ho niente che non avessi ricevuto prima da te. E il mio amore è costituito sulle tue fondamenta, e la mia gioia sta nella tua benedizione, e attraverso i miei occhi guarda un’anima che proviene da te, e il tuo sangue rigonfia le mie vene e tutti i miei visceri sono da te; e così pure fosti tu ad insegnarmi solo Dio e il Suo Amore e a farmi notare la Sua Grazia. Vedi, dunque, che ogni mio passo e ogni mio agire sono opera tua, per mezzo della grande Grazia dall’Alto, e quindi nulla ti può essere estraneo di ciò che faccio. Però, vedi, colui che ora mi ha mandato qui fuori è da più di te e di me, ed egli è il primo padre di tutti noi, Adamo! Il perché egli mi abbia mandato qui, a lui solo è lecito saperlo prima degli altri, sia perché fra tutti noi è il primo su questa Terra, e poi perché quello che egli mi ha affidato non è né mio né tuo, bensì suo.

9. Perciò, caro padre, ti prego di non voler indagare prima che tu non l’abbia appreso da colui al quale appartiene, per darne poi dall’alto in giù a coloro che ne hanno bisogno.

10. Ben presto egli verrà fuori e allora tu l’apprenderai molto bene al levar del Sole!»

11. E quando Enoch ebbe così finito, ecco già avanzare pure Set, fuori dalla capanna, e come egli ebbe visto i due, subito si avvicinò a loro e li benedisse. Questi, però, gli si inchinarono grati con il più profondo rispetto e gratitudine. E Set allora chiese anch’egli ad Enoch notizie riguardo a ciò di cui appunto si era già informato Jared, ma gli riuscì di strappare ad Enoch altrettante poche informazioni come prima Jared. Set però si meravigliò di trovare Enoch così riservato, ma questi così gli rispose:

12. «O padre Set, tu sei un figlio benedetto al posto di Abele e sai che tu hai Dio e Adamo per padre più vicini di quanto io abbia mio padre Jared! Ma non è forse vero che egli ti ha dato tutte le sue cose tanto che ora sono diventate tue? Però, se Adamo, di sua volontà, mi ha mandato a ricercare ciò che è del suo cuore, vedi, come puoi pretendere da me che ne dia a te prima che a colui il cui cuore mi spinse a raccogliere per lui tali cose, affinché egli potesse poi, quale padre, avere qualcosa da distribuire al mattino fra tutti voi?

13. Vedi, quello che è mio, tu lo puoi avere certamente senza alcuna restrizione, perché era già tuo molto tempo prima che divenisse mio, ma Adamo ha di fronte a tutti noi una certa priorità e perciò conviene oltretutto che egli riceva per primo, affinché lui stesso, poi, possa a sua volta darne a te e a tutti gli altri. Ecco, il Sole si avvicina al suo sorgere, mentre la Luna, pallida, si affretta al tramonto e le stelle si ritraggono dalla grande scena della notte, e il padre Adamo già se ne sta sulla soglia della sua dimora, la quale è aperta proprio in attesa che io ritorni. Abbiate dunque soltanto un po’ di pazienza ancora, e ben presto riceverete notizia di quello che sono stato mandato a raccogliere tanto di buon mattino!»

14. Dopo tali parole Enoch si congedò dai suoi padri e si avviò, frettoloso, verso la capanna di Adamo. Si prostrò dinanzi a lui con la faccia a terra, Mi ringraziò nella polvere e infine si alzò su invito di Adamo, ed entrò rispettosamente nella capanna e gli riferì con precisione tutte le osservazioni che egli aveva fedelmente fatte.

15. E come Adamo le ebbe fedelmente apprese dalla bocca di Enoch, vedi, egli subito si alzò e anzitutto disse a Eva: «O Eva, mia fedele compagna, continua pure dolcemente a riposare nella grazia di Dio finché io ritorni accompagnato nell’uscire e nel rientrare da Enoch, poiché su tutti i monti i figli sono già in attesa della mia benedizione. E tu, mio diletto Enoch, accompagnami sulla collina che si trova verso il Mattino, affinché la mia benedizione non giunga più tardi dei raggi del Sole mattutino a tutti i figli sulle montagne, come pure a tutti coloro che, in qualità di pastori, dimorano nelle piccole valli tra i monti. E voglia il Signore risparmiare ancora per qualche tempo i Suoi severi Giudizi agli abitanti delle pianure! E ora affrettiamoci. Amen!»

 

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Cap. 52

Il canto mattutino di Enoch

 

1. E subito i due lasciarono la capanna e si avviarono di buon passo verso la piccola altura a forma di cupola e immediatamente vi salirono. Essa era sopraelevata di sole dieci altezze d’uomo sul terreno dov’era situata la capanna di Adamo, ed era tutto intorno libera da qualsiasi albero. Le cime dei cedri giungevano solamente fino al piede di questa altura libera, alla sommità della quale conduceva un sentiero stretto, ma del resto anche molto comodo.

2. E così essi raggiunsero la vetta sette minuti prima del levare del Sole, stando al vostro modo di calcolare il tempo. Giunti là, Adamo si sedette a terra; Mi ringraziò per il nuovo giorno concessogli e Mi pregò d’impartirgli la Benedizione, affinché poi egli potesse a sua volta benedire efficacemente tutti i suoi figli, nel Mio Nome, ossia nel Mio Amore dalla Mia grazia.

3. (nota bene: - Cosa questa che ora viene poco osservata da voi e che dal mondo viene considerata un’insulsaggine; perciò anch’Io e la Mia benedizione dobbiamo starcene lontani, dato che già da lungo tempo nessuno ne sente più il bisogno!).

4. E quando egli ebbe finito la sua preghiera, vedi, egli percepì il Mio Alito e benedisse tutti i suoi figli prima del levar del Sole.

5. Quando, allora, Adamo ebbe mandato la sua benedizione proveniente da Me a tutti i suoi figli, senza tuttavia dimenticarsi, facendo ciò, anche di coloro che dimoravano nella pianura, ecco che i primi raggi del Sole mattutino scoccarono fuori dall’ampio orizzonte e Adamo pianse di gioia nell’ammirarli, poiché i suoi occhi vedevano nuovamente la Mia grazia irradiare sopra i vasti campi della Terra. Ed egli sentì che, tramite il Mio Amore misericordioso, il Sole cominciava nuovamente a riscaldare il terreno dei monti, reso gelido dalla notte, dove pure faceva sempre più freddo che non nella pianura, come avviene anche oggigiorno.

6. E dopo che Adamo ebbe così giubilato, vedendo pure Enoch colmo di letizia, si ricordò di lui e lo invitò a parlare in occasione del sorgere del Sole, come egli aveva con lui convenuto già prima, subito dopo la preghiera mattutina.

7. E come Enoch ebbe inteso il suo desiderio, egli cominciò subito a parlare dall’Amore, e il suo discorso fu il seguente:

8. «O padre, tu richiedi parole delle quali io non sono capace! Ed io dovrei, ora, cantarti le glorie del mattino al pari di Set, il quale è un oratore quanto mai fecondo in tali cose, mentre io non sono che un cieco sentimentale dell’amore!

9. Vedi, voglia tu dunque usare indulgenza, se io non posso fare così come il nobile Set; però quello che si agita nel mio cuore, io voglio comunque darlo, per quanto possa bastare a questo scopo la capacità della mia povera lingua.

10. O padre, che cos’è questo pallido, debole e fuggente mattino paragonato al mattino eterno dello spirito, che proviene dall’infinito Amore del Padre santo! Io vedo questo Sole, con il suo incerto splendore, ma che cos’è la sua luce di fronte alla gloria infinita dell’Amore in Dio? Null’altro che un oscuro punto tra i raggi del divino Amore! Certo, esso non è che l’ultimo punto terminale di una minima scintilla di Grazia, fuori dall’eterno Amore in Dio, eppure noi restiamo meravigliati nel contemplarne la maestà! Ma cosa dovremmo mai fare, qualora ci fosse dato di contemplare l’eterna Fonte originaria di ogni Luce nell’Amore del Padre, in tutta la Sua Santità?

11. Sia però lontano da me il voler biasimare il Sole, bensì, al contrario, dico che il Sole deve farci da primo maestro, e deve dirci: “O voi, deboli uomini, perché guardate con tanta meraviglia me, povero astro destinato ad illuminare la Terra? Quant’è meschino quello che sulla mia superficie acceca i vostri occhi di fronte a ciò che si cela nel vostro petto! Se a me fosse dato tanto quanto possiede il minimo tra voi, in verità, la mia luce penetrerebbe con infinita e indiminuita potenza fino agli estremi poli dell’infinito; solo che dove i miei raggi cominciano a mancare, là l’occhio del vostro spirito spazia ancora con i suoi raggi nella loro piena potenza, e in compenso riceve, a sua volta, altri nuovi e più potenti raggi che provengono dal mattino eterno dell’Amore in Dio!”

12. O padre, vedi, ha ben ragione il Sole se così ci insegna mediante il suo primo raggio! Infatti, se noi dobbiamo ritornare in noi stessi e considerare il grande ed infinito spazio dei nostri pensieri, ed anche lo spazio ancora più vasto dei nostri sentimenti e, solo dopo, lo spazio massimo e supremo dell’amore a Dio, che deve certo essere infinito, perché solo con ciò ci è reso possibile abbracciare l’infinità e l’eternità di Dio e amarLo così, come possiamo ritenere maestosa e grande la luce della polvere, quasi adorandola, la quale ha spazio sufficiente nell’occhio di carne, mentre, d’altra parte, il Padre santo, immenso ed eterno, concede che noi Lo si ami e si rende per noi accessibile, lasciandosi completamente abbracciare nell’Amore?

13. Certo, mediante gli occhi del nostro cuore umano, il nostro cuore si rallegra del mite raggio del Sole mattutino, e tutto l’esercito degli animali accoglie il fulgido elargitore del giorno con il suo frastuono di alto giubilo e i calici dei fiori si aprono per assorbire avidamente il primo dono di soavi raggi, che la serena benedizione mattutina del bel Sole invia loro, e le onde lontane del mare saltellano liete come teneri bimbetti e, al pari di questi, sembrano voler aggrapparsi all’ampio mantello di luce della loro madre radiosa; certamente tutte queste sono pur immagini bellissime del pensiero, ma se penso che, per percepire tutta questa bellezza, ci vuole pur sempre un uomo il cui cuore sia capace di concepire tali immagini del pensiero, qualora il suo animo si sia fedelmente riposato nell’amore in Dio, mi si presenta evidente il consolante pensiero conseguente, che corrisponde all’ordine vero, secondo il quale tutte queste scene mattutine della creazione, o di altro genere che possano essere, sarebbe come se non ci fossero, se non potessero essere viste, né intese, né percepite, né, per conseguenza, esteriormente comprese da qualche essere umano dotato in sé di un’anima vivente e in essa di uno spirito eterno dell’Amore proveniente da Dio.

14. Ma, poiché questa cosa la sappiamo benissimo, come si spiega allora che noi gioiamo regolarmente quando, conformemente al Volere divino, il Sole viene fatto sorgere affinché appaia al tempo determinato? Eppure, se noi consideriamo il nostro libero spirito, quasi quasi non ci meravigliamo affatto se scorgiamo in esso una luce che, mai tramontando, irradia da tutte le parti nella più mirabile libertà, e che fa questo con sempre eguale capacità d’amore e potenza, nelle sconfinate regioni della Grazia e di ogni Amore del Padre eterno e santo?

15. Sì, una goccia di rugiada che pende da un ramo ci riempie di meraviglia, quando i suoi raggi iridescenti e il suo tremolante scintillio vengono a solleticare i nostri occhi bramosi; mentre, quasi non badiamo affatto all’incommensurabile e meravigliosa goccia di vita che l’Amore divino pone in noi! Quando una brezza mattutina ci alita intorno, oh, allora le corriamo incontro con animo lieto e siamo tutti sorridenti per tanta soavità; invece, scarso è il nostro giubilo quando ci accorgiamo della purissima brezza vitale dall’eterno mattino di Dio, la quale, senza posa e in misura quanto mai abbondante, alita su di noi al cospetto del Sole dello spirito per una vita eternamente sempre più libera! E così pure tendiamo tutto il potere visivo dei nostri occhi verso l’ampia distesa del mare ondeggiante e ci deliziamo immensamente ammirando il pazzo gioco delle acque luccicanti, ma le grandiose onde di luce del mare sconfinato della Grazia di Dio molto spesso ci passano vicino senza lasciare traccia e la gioia che in noi deriva da tali onde ha ben presto raggiunto i suoi limiti! Ugualmente, suscita stupore in noi la vista di una farfalla, con le sue smaglianti ali rosse, verdi, blu, ma un nobile pensiero nel petto di un fratello immortale viene rigettato con tutta facilità quale pazzo prodotto di una fantasia tacciata d’inganno! E così non di rado si ammira il nido di un uccello e Dio viene altamente lodato per questo; mentre un’opera preziosa, inestimabile dello spirito immortale che è libero viene assai poco apprezzata e del tutto posposta!

16. Oh, quale senso di maestà suscita nel nostro animo lo stormire dei cedri, quando un vento irrompente si precipita impetuoso attraverso i loro teneri rami; ma il santo stormire dello spirito dell’Amore eterno non è percepito dall’orecchio assordato dal vento, orecchio che nel vento cerca parole, e non bada allo squillante richiamo della voce di Dio nel proprio petto!

17. O padre, poiché ho cominciato a parlare dinanzi a te, concedi che ancora continui a parlare fuori dal mio cuore, il quale, al cospetto di Dio, riconosce che veramente non è giusto, anzi che è contrario ad ogni ordine, se qualcuno, avendo un vaso grande e un vaso piccolo, mette poco nel grande e vuole invece mettere molto nel piccolo, cosicché, quello che non vi trova posto, si riversa tutto intorno a terra, così da essere calpestato, mentre il vaso grande, dentro il quale moltissime cose potrebbero stare comodamente, rimane quasi vuoto! Il nostro corpo sensoriale è il vaso piccolo, quello che noi sovraccarichiamo sempre ed enormemente; mentre il nostro spirito d’amore, che è il vaso infinitamente grande, non lo consideriamo quasi affatto e perciò vi mettiamo dentro tremendamente poco!

18. Noi bruciamo regolarmente le nostre offerte e crediamo di far piacere al Signore quando, davanti all’altare del sacrificio, ci prostriamo sulle nostre facce nella polvere; solo che queste sono tutte cose che vanno a sovraccaricare il vaso piccolo, mentre, in questa occasione, ben poca attenzione si presta a quel grande vaso del sacrificio, del quale unicamente si compiace il Signore, quello cioè del puro amore in spirito e in verità!

19. Ma ora penso che, se facciamo questa cosa per segno visibile della nostra cecità spirituale, tanto meno dobbiamo desistere dall’operare la cosa principale, la quale è essa soltanto condizione della vita vera ed eterna dello spirito dell’Amore in Dio! Perché, e questo ce lo ricorda ciascun mattino e ogni sorgere del Sole, noi non sappiamo da dove venga e cosa sia, a causa della cecità del nostro spirito. Questo ce lo ricorda anche la corteccia dell’albero che lo riveste, in modo che nessuno può asserire che l’albero sia stato fatto per la corteccia, bensì che la corteccia è per l’albero, affinché la potenza creatrice di Dio, nell’albero, possa essere protetta e restare nascosta alla curiosità della nostra carne, ed affinché, però, allo spirito questo valga come un cenno da Dio, che così parlerà:

20. “Vedi, Io ho nascosto la vita agli occhi della carne, affinché la morte non si accorga di lei, ed ho celato la Mia proprietà in te, affinché tu abbia a portarla, ben conservata, fino al tempo in cui verrà svelata! Sotto la corteccia ferve un lavorio possente e là agisce ed ordina il sapiente, amorevolmente serio e santo Amore dell’eterno Dio, là mormorano correnti possenti della vita operante da Dio!”

21. O padre, dunque, tutto, tutto quello che può cadere sotto i nostri occhi di carne, non è altro che un morto rivestimento dentro il quale palpita una vita silenziosa che ci deve attrarre, e cioè in primo luogo la nostra vita in noi. E quando noi nel puro amore a Dio l’abbiamo trovata, solo allora diventano viventi le meraviglie intorno a noi, alla cui morta contemplazione esteriore noi tanto spesso ci siamo senza alcuno scopo lasciati trascinare, quasi adorandole.

22. Chi mai si penserebbe di fare oggetto di ammirazione una goccia d’acqua, per la sola ragione che è acqua? Che cosa si dovrebbe fare, allora, contemplando il mare o una fruttuosa pioggia che cade dall’alto, in innumerevoli gocce per fecondare la terra?

23. Ma quando, invece, lo spirito contemplerà nella goccia la propria immagine, o padre, solo allora questo spirito comincerà a raccogliere a favore del vaso della vita, e ogni meraviglia sarà giustificata, giacché, a seconda degli insegnamenti del Sole prima accennati, egli scoprirà in sé, come pure nei propri fratelli, quel massimo prodigio che è l’eterno ed infinito Amore di Dio in noi, Amore colmo della massima umiltà! Ecco, o padre, con questo ho concluso; accogli quanto ho detto in grazia e mostrami con la massima benevolenza qual è ancora la tua volontà! Amen!»

 

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Cap. 53

La meraviglia di Adamo per la sapienza di Enoch

 

1. E quando Adamo, sommamente sorpreso, ebbe inteso questo discorso dalla bocca di Enoch, egli si passò la mano sulla fronte, si batté sette volte il petto e infine esclamò:

2. «O amore, ma che cosa sei tu veramente, che io non posso essere adirato con te? O Enoch, ascolta, tu sei un possente oratore, poiché mi hai aspramente rinfacciato la mia colpa ed hai fatto fortemente vibrare in me quelle corde che dai tempi di Abele fino ad oggi erano rimaste per ciascuno una cosa sacra ed inviolabile. Ma chi mai può adirarsi con te, dato che tu proferisci parole che non sgorgano dalla tua sorgente ma sono parole pure dell’Amore eterno?

3. Perché, come tu parli, non può parlare nessun uomo, a meno che tutto questo non gli venga dato dall’Alto; e nessuno avrebbe il potere di ragionare di alcuna cosa dinanzi a me, se dall’eterna potenza dell’Amore del Padre santissimo non gli fosse concesso un sentimento tanto possente.

4. Ma tu parli senza alcun timore per la forza del tuo grande amore a Dio, e distribuisci le parole traendole fuori dal vaso grande e così tu non hai alcuna responsabilità, giacché, per il tuo amore, ciascuna colpa viene giustificata e così anche la mia. E non posso replicarti nient’altro se non che tu sei certamente un uomo secondo il Cuore di Dio, perché, quando tu parli, il mio cuore trema come quello di un fanciullo nelle tenebrose notti di tempesta, e quando preghi, tutto il mio corpo piange.

5. O Enoch, la tua parola è sempre simile a un Sole che sorge, il quale dall’inizio si può guardare con grande letizia, ma quando poi esso va man mano sempre più innalzandosi sull’orizzonte, ciascun suo ammiratore deve ricoprire la propria faccia, perché l’occhio fosco dell’uomo non riesce affatto a sopportare la potenza di tali raggi, né potrebbe conservare vive le sue facoltà visive.

6. O Enoch, tu mi hai detto così tanto che dubito che mi sarà mai possibile comprenderlo nella sua interezza durante questa vita terrena, ed io perciò ne sono rimasto ad un tempo, lieto e turbato. Sono lieto, perché mai come oggi il tuo spirito angelico ha brillato così chiaramente da te; sono invece turbato, perché la tua luce che è maggiore di quella del Sole mi ha indicato con straordinaria chiarezza tutti i miei difetti, indicibilmente grandi al cospetto di Dio e del Suo eterno Ordine santo!

7. Però, se io considero che sei stato tu, o mio diletto Enoch, ad annunciarci ieri l’inattesa venuta dell’eterno Amore, allora di nuovo si riempie di letizia il mio cuore al solo vederti ad anche al pensare che tu sei un prediletto del grande Padre santo, per la qual cosa sei diventato tale anche per me per tutta la mia vita, e anche lo resterai fino a quando camminerò su questa Terra, mentre il tuo nome come il mio rimarrà fino alla fine di tutti i tempi.

8. E ora, caro Enoch, facciamo ritorno alla capanna, dove Set sicuramente avrà già preparato per noi la colazione; dopo la colazione, però, ce ne andremo a visitare, qua e là, i figli intenti al lavoro e li faremo lieti della nostra presenza e con me verranno Eva, Set e il suo primogenito Enos, poi il primogenito di Enos, Kenan, il veggente e quindi ancora il primogenito di Kenan, Maalaleel, nonché il suo primogenito, tuo padre Jared e infine tu, che procederai alla mia destra, e così concluderemo vantaggiosamente la mattinata. Verso mezzogiorno, però, ristoreremo le nostre membra non senza, prima e dopo, tributare la dovuta lode al Signore. Il pomeriggio invece lo trascorreremo di nuovo nella mia capanna, dove, concentrati nel nostro animo, ci dedicheremo a ben considerare la grande apparizione di ieri.

9. La tua bocca, però, non ti sia mai chiusa, perché le tue parole sono necessarie a tutti. In particolare però abbi presente di santificare, con la tua lingua benedetta, il libero Sabato di domani dinanzi ai tuoi padri e fratelli, e come tu ora hai parlato senza riguardo similmente parla pure oggi, domani e sempre!

10. E vedi, ecco che Set già si affretta incontro a noi, andiamocene dunque anche noi! Amen!»

 

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Cap. 54

Discorso di Enoch sul vero rendimento di grazie e di lode

20 gennaio 1841

1. Con queste parole allora si alzarono entrambi e, volgendo le spalle alle terre del Mattino, cominciarono a scendere dal monte, ai piedi del quale Set già ardentemente li attendeva. Come i due gli furono giunti vicini, Set si prostrò davanti ad Adamo, e questi allora gli impartì la benedizione mattutina e quindi gli disse di levarsi da terra e di accompagnarli alla capanna.

2. E giunti che vi furono dopo breve tempo, Adamo ed Enoch vi entrarono immediatamente e trovarono la madre Eva che già li attendeva con qualche apprensione. Set, dal canto suo, si avviò sollecito verso la propria capanna ed ordinò a sua moglie di portare al più presto la colazione già preparata alla capanna di Adamo. Egli però, in unione ad Enos, Kenan, Maalaleel e il giubilante Jared, si profuse anzitutto in lodi al Mio Nome e poi si recò, con il massimo rispetto, alla capanna di Adamo per porgere a questi il dovuto saluto mattutino e i ringraziamenti per la benedizione ricevuta. E quando essi, a tale scopo, furono entrati nella capanna di Adamo e mentre, con la più grande venerazione, si accingevano a compiere il loro dovere, vedi, Adamo li esortò dolcemente ad attendere alcuni istanti, finché Enoch avesse compiuto la preghiera che doveva precedere la colazione, e alla quale egli stava in quel momento per dare inizio. E quando ebbero appreso tale desiderio, si trattennero e, ritiratisi alquanto, stettero con gli occhi, gli orecchi e i cuori in attesa di ciò che Enoch avrebbe detto. E questi, allora, si diede ad indirizzare a Me, con tutta fedeltà, la seguente breve preghiera, cominciando così:

3. «O santissimo Padre, immensamente grande e amoroso, china, in grazia, il Tuo santo orecchio alla mia debole bocca ed intendi il misero sussurro di un verme nella polvere della terra nel giorno della Misericordia eterna del Tuo infinito Amore, giorno nel quale a Te piacque sciogliere, fuori dalla polvere terrestre, il nostro primo padre Adamo e da lui la prima madre e di porre poi in ambedue la benedizione della potenza generatrice, nella cui pienezza noi tutti siamo sorti dal seme d’amore e con noi un seguito innumerevole, come innumerevoli saranno le generazioni che verranno dopo di noi e che si susseguiranno fino alla fine di tutti i tempi. Seme che tu, o eccellente, santissimo Padre, prendesti dal Tuo Amore eterno affinché la nostra anima potesse assurgere a vivente immagine Tua, tramite l’Amore del Tuo Spirito in lei! Oh, Ti siano rese grazie e lode e gloria per tanta grazia e misericordia, la cui grandezza non possiamo nemmeno intuire! Infatti Ti sei degnato così tanto da comandare, con tanta amorevolezza, a ciò che eternamente non era, di essere e di sussistere e di riconoscere in ogni libertà se stesso e Te, e di contemplare la Tua Maestà e di ammirare le opere della Tua immensa potenza e gloria!

4. Vedi, qui ci troviamo al cospetto di Adamo, del Tuo nobile primogenito, e dinanzi a noi sta un buono e fresco ristoro! O santissimo, eccellente Padre, benedici noi e benedici questo fresco ristoro, affinché esso possa ridonarci la vita nel Tuo Amore, e mai la morte della Tua ira. Fa’, mediante la Tua Grazia, che nella memoria di noi tutti rimanga ben presente quanto di infinitamente grandioso ha fatto il Tuo infinito Amore in questa vigilia di Sabato a tutti noi e per tutti noi!

5. Oh, concedi che in noi ci sia sempre il ricordo del fatto che fu il Tuo Amore soltanto a comandare che sorgesse, dalla polvere della Terra, il primo padre Adamo, e che fu sempre ancora la gran mano del tuo Amore a formarlo a Tua immagine e a far procedere meravigliosamente noi tutti in maniera tanto perfetta da lui, come egli procedette da Te. Oh, perciò voglio ringraziarTi, lodarTi e glorificarTi per tutta la mia vita; basta che voglia Tu, in grazia, accogliere questo mio grido impotente, quantunque esso non sia affatto degno di avvicinarsi al Tuo Cuore dove tutte le creazioni non ardiscono guardare! O Signore, benedici noi e questo ristoro, cosicché tutto il nostro essere non diventi altro che una benedizione da Te, per l’eternità! Amen!»

6. E quando Enoch ebbe pronunciato tale preghiera, tutti i padri si inchinarono ad Adamo e compirono il loro dovere, a seconda di quanto è stato menzionato prima. Adamo, però, li benedisse e così parlò loro: «Miei cari figli, restate ancora un altro po’ presso di me, finché Eva, il devoto e amorevole Enoch ed io, ci saremo ristorati con quanto Dio ci ha donato! Poi, subito dopo, vi farò conoscere la mia volontà ed interpreterò le apparizioni del mattino; frattanto prendete posto e pensate alla preghiera di Enoch. Amen!»

7. Ed essi allora si sedettero e fecero tacitamente come Adamo aveva loro comandato, ma quando la colazione fu consumata, vedi, accadde che Adamo si alzò, ed innalzò commosso il suo sguardo a Me e Mi ringraziò in cuor suo, mentre altrettanto facevano pure Eva e, al suo fianco, Enoch.

8. E quando Adamo ebbe terminato il suo ringraziamento, si rivolse ad Enoch e gli disse: «Caro Enoch, quello che cominciasti prima del ristoro, ecco completalo ora ad alta voce alla presenza di tutti i tuoi padri, affinché così la tua opera venga completata al cospetto di Dio e di tutti noi, che siamo i tuoi padri. Amen!»

9. Allora Enoch si alzò immediatamente, tutto lieto, e ringraziò Adamo per averglielo ricordato, e ricominciò a rivolgere a tutti il seguente discorso, breve ma al tempo stesso tanto più ricco di significato:

10. «O cari padri, cosa mai potrebbe esserci di più giusto del rendere a Dio, senza interruzione, le più filiali grazie per ciascun Suo dono e farlo con tale sonoro accento da far tremare, umiliati, il Sole, la Luna e tutte le stelle? Solo che, poniamo a noi stessi la domanda: – renderemmo davvero un gran servizio al gran Signore, se noi, accecati dal nostro orgoglio, volessimo in certo qual modo, dimostrare con quale potenza e grandiosità il Suo Amore si presenti operante nel nostro petto?

11. O padri, il grande e santo Padre nel Cielo non ha bisogno di ciò, poiché quello che Egli ha posto in noi, Egli, dinanzi al Quale tutte le opere giacciono apertamente manifeste, lo conosce meglio di ogni altro! Però soltanto nella nostra umile debolezza noi siamo veramente qualcosa al Suo cospetto, in quanto così Egli ci guarda nel Suo Amore; ma la nostra forza invece è una cieca stoltezza agli occhi della Sua Santità.

12. Non è Egli stesso tutta la nostra forza? Ma, allora, come possiamo gloriarci di ciò che non è nostro, bensì di Colui che nella Sua immensa Misericordia ce l’ha donato, affinché noi stessi diventiamo Sua proprietà?

13. Ma se volessimo continuamente gridarGli dinanzi, con grande voce potente, le nostre grazie e le nostre lodi, non acquisterebbe ciò, al Suo cospetto, il significato come se lodassimo e ringraziassimo noi stessi, qualora ci facessimo belli dinanzi a Lui con la Sua proprietà e cercassimo, infine, forse di persuaderci che siamo, per virtù nostra, di fronte a Lui qualcosa?

14. Vedete, dunque, se qualcuno parla con voce solenne (vale a dire con parole sublimi) come se enunciasse queste medesime parole traendole fuori da sé, è segno che questa voce non è sua, bensì essa è una voce del Signore tramite l’uomo, ma, in questo caso, come potremmo volere, nella nostra cecità, che il Signore abbia da Se stesso a lodarsi, glorificarsi e ringraziarsi al posto nostro, mentre Egli, con ciò, non fa che additarci in grazia quello che noi, nella nostra debolezza, siamo tenuti a fare, affinché possiamo, in futuro, diventare degni di ottenere da Lui un giusto rinvigorimento?

15. Oh, vedete, se noi vogliamo degnamente lodare, glorificare e ringraziare il Signore, dobbiamo invece farlo nella nostra debolezza, con tutta umiltà; allora verremo considerati da Lui nella Sua Misericordia e verremo sempre rinvigoriti di nuovo tramite il Suo infinito Amore. Amen!»

16. Ma quando Adamo, assieme agli altri, ebbe inteso tale discorso, ecco che egli si volse ben presto ad Enoch e gli chiese: «Ma, caro Enoch, che cos’è questo discorso che hai ora pronunciato? Se io non lo comprendo, come potranno comprenderlo i miei figli, a causa dei quali veramente ed anzitutto io ti ho chiesto di parlare? Poiché, secondo quanto intendo dalle tue parole, risulta chiaro che a questo modo noi non dobbiamo lodare né glorificare né ringraziare il Signore, poiché noi tutti e tutto quello che è in noi certamente è di Dio ed è proceduto da Lui!

17. Se dunque qualcuno volesse lodare, glorificare e ringraziare il Signore, allora sarebbe costretto immediatamente a tacere al pensiero che il Signore venga così a lodare, glorificare e ringraziare Se stesso in noi, quali opere Sue!

18. Vedi, tutto ciò che è in noi è, senza dubbio, forza e potenza di Dio e noi siamo assolutamente Sua opera e particelle viventi che provengono da Lui! Ma allora, vedi, ogni nostro operare non sarebbe altro che una vana presunzione di fronte a Dio, qualora pensassimo che siamo noi ad agire, mentre non agisce che Dio, poiché in noi non c’è niente di nostro, bensì unicamente di Dio!

19. O Enoch, per questi motivi quanto ora ci hai detto è bene che tu lo renda più accessibile al nostro intelletto, altrimenti andiamo tutti in perdizione nella tenebra dei nostri dubbi!»

20. E come Enoch si fu accorto di tale malinteso, battendosi il petto, rispose:

«O cari padri, perché tanta meraviglia da parte vostra? Chi mai è colui che può mangiare il legno dell’albero, dato che esso è troppo duro, eppure il dolce frutto proviene proprio dall’albero medesimo, che è di legno, e come tale non si presta a servire da cibo! Ma quando noi gustiamo il frutto, noi siamo grati per il frutto e non per l’albero sul quale il frutto è maturato per noi!

21. Ora, però, immaginatevi di essere noi l’albero e di portare a maturazione un frutto come è capitato all’albero: – a chi spetta ringraziare il Signore, l’albero oppure il frutto, considerato che comunque l’albero ha il compito di produrre frutti?

22. Il frutto non costituisce forse un dono d’amore del Signore, dono che non può né deve ringraziare il Signore, mentre ciò spetta, secondo una libera legge, solo all’albero, quantunque sorto dal medesimo frutto, per la ragione che all’albero è stata conferita inoltre, in successione ininterrotta, la potenza dall’Alto di poter riprodurre un frutto vivente e, in questo, un’innumerevole quantità di alberi della medesima specie?

23. Ma, allora, quale differenza c’è nel piantare, se noi togliamo all’albero dei ramoscelli e li piantiamo nella terra e ne risulta nuovamente un albero, o se noi ne prendiamo il frutto e lo poniamo nella terra e ne risulta similmente un albero?

24. Vedete, noi siamo i ramoscelli e il seme è la Benedizione di Dio. Se noi riconosciamo di non essere né il frutto né il seme, bensì solo ramoscelli e alberi che vorrebbero ottenere la benedizione del frutto e del seme, in tal caso la voce solenne in noi è il frutto e il seme di Dio, i quali, di per sé, non devono lodare, glorificare e ringraziare, poiché essi sono appunto quelle cose per le quali un ringraziamento sarebbe dovuto. Noi però siamo simili all’albero e ai ramoscelli e perciò dobbiamo lodare, glorificare e ringraziare in quanto siamo ma mai per quanto riceviamo, affinché noi possiamo diventare perfettamente liberi dinanzi a Dio e possiamo, con ciò, corrispondere alle Sue sante intenzioni. Amen!»

 

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Cap. 55

La confessione di Kenan

 

1. Ma quando Adamo e gli altri padri ebbero inteso tale discorso esplicativo, vedi, essi furono tutti pervasi da gran meraviglia nel constatare che Enoch fosse in grado di pronunciare parole di così alta sapienza, pur essendo egli un giovane di estrema modestia, nel quale certo nessuno avrebbe potuto supporre un grado talmente alto di sapienza, da ridurre lo stesso Adamo, per propria convinzione, al silenzio!

2. E allora Kenan cominciò a parlare e disse: «O padre Adamo, vedi, finora sono stato io un veggente ed è stato mio compito, ad ogni vigilia del Sabato, dichiarare, in maniera esplicativa, le mie e le tue visioni, nonché le osservazioni fatte prima dell’albeggiare, tanto nel firmamento quanto sulla Terra, affinché tu le avessi poi a benedire e a comunicare a tua volta ai tuoi figli!

3. Ora però il Signore, di propria mano, ha benedetto e sciolto la lingua di Enoch! Ecco, perciò la mia lingua non ardisce più di muoversi dinanzi a te e dinanzi agli altri padri e figli. Voglia dunque il nostro diletto e saggio Enoch assumersi pure questa incombenza. Se anche un giorno abbiamo lavato il suo corpo con la rugiada del mattino, tanto più si rende ora necessario a noi stessi di essere lavati da lui con la rugiada mattutina del suo spirito, che stilla abbondante dalla sua lingua benedetta!

4. O Enoch, lavami secondo la tua grazia dall’Alto, perché io riconosco e confesso che chi non sarà lavato con quest’acqua, costui andrà in perdizione e la sua vita inaridirà, come quella dell’erba sulla quale non è caduta alcuna goccia vivificatrice.

5. Il Signore ha donato interamente soltanto ad uno, affinché gli altri possano prendere da lui, ogni volta che essi ne vogliano fare uso. Poiché la vita è bensì data a tutti, ma non così l’immortalità; di questa soltanto uno è il portatore in sé per tutti. E chi vuole prenderla da lui, egli diverrà immortale come lui; ma chi trascurerà di prendersela, la sua vita verrà afferrata dalla morte in un tempo in cui l’immenso Signore porrà la Sua falce all’erba inaridita.

6. Se accostiamo la mano al nostro cuore, noi percepiamo benissimo il suo pulsare ad intervalli perfettamente misurati e similmente lo percepirà pure Enoch; ma se noi interroghiamo il nostro cuore palpitante e chiediamo: “Dove batti, o mio inquieto cuore?”, noi ne otterremo una risposta ottusa e confusa, la quale si riassumerà, in maniera abbastanza impressionante, in questo modo: “Io batto continuamente alla ferrea porta della morte eterna e sto in attesa, fra grandi angosce, che la stessa si apra per inghiottirmi per l’eternità!”

7. Ma se noi chiediamo al cuore di Enoch, che come il nostro, pulsa ugualmente: “O pio cuore, fedele e amoroso, dove batti tu?”, allora udiremo quel cuore risponderci, con chiarissimo accento: “Ascoltate fratelli, io batto continuamente alle chiare porte della vita e sono colmo della più dolce e più assoluta certezza che queste, ben presto, si apriranno per accogliermi nella sconfinata pienezza della vita che proviene da Dio, della quale soltanto una minima stilla è sufficiente ora a vivificarmi e animarmi!”

8. O padri, fratelli e figli, che sia così, io spesso l’ho percepito nelle mie visioni, ma che così non debba restare, questo lo insegna a ciascuno il proprio amore per la vita. Noi, reciprocamente, non possiamo darci nulla, poiché nulla abbiamo, però noi possiamo prendere da colui che ha. Enoch l’ha ricevuto dall’Alto; e se dunque egli vuole, come anche gli è lecito, dividerlo con noi, allora certo dipende da noi accettarlo o meno.

9. O Enoch, muovi perciò la tua lingua colma di vita con assiduità, affinché tutti possiamo venir lavati dalle punte dei piedi fino alla sommità del capo con la rugiada vitale che discende abbondante nella tua lingua benedetta, fuori dal mattino eterno e spirituale della vita in Dio. Concedi perciò, o padre Adamo, che Enoch assuma il mio posto, in modo che egli abbia bene a mostrarci e ad interpretare i segni della vita, tanto nel Cielo quanto sulla Terra. Amen!»

10. E quando Kenan ebbe terminato questo buon discorso, ecco che Adamo si alzò e disse: «Kenan, tu hai anticipato il mio stesso desiderio; voglia quindi Enoch fare molto velocemente quello che voi tutti chiedete e di cui sento ardente desiderio. Amen!»

11. Enoch allora si alzò immediatamente e con il massimo rispetto così parlò: «Ebbene, o padri, ascoltate! Le stelle vanno per le loro vie e brillano, ora più ora meno, e anche i venti spirano, ora da una, ora dall’altra parte e, sussurrando, percorrono le loro strade verso mete lontane e sulle loro ali oscillanti portano, talvolta, delle nuvolette leggere e talvolta delle masse imponenti di nubi; così pure cadono la rugiada e la pioggia, e ondeggia l’erba, e gli alberi sventolano la loro chioma con il tremante fogliame. Ora, la ragione di tutto ciò non ci è affatto nota, e noi vorremmo romperci il capo per poter capirla. Ma, quando infine giunge il tempo della raccolta, noi diciamo: “Il Signore ha ben diretto i Suoi elementi, poiché il raccolto è stato tanto abbondante!”. E così poi attribuiamo ben poca importanza a dove i venti abbiano portato le nubi.

12. Vedete, questa è anche la migliore interpretazione! Poiché tutto ciò che il Signore fa, è cosa saggia; noi, però, la miglior cosa che possiamo fare è lasciare al Signore tutte queste cure, senza preoccuparcene e senza voler interpretare le Sue vie, bensì, invece, dobbiamo andare piuttosto in cerca di noi stessi e della vita che è in noi.

13. Vedete, questa è la migliore interpretazione, nella quale sta celato ogni mistero! Strada facendo, però, avremo ancora occasione di parlare di tale argomento. Amen!»

 

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Cap. 56

Nella grotta di Adamo

21 gennaio 1841

1. Ma quando Enoch ebbe terminata la sua buona spiegazione, vedi, accadde che Set, al colmo della gioia, si gettò al collo di Enoch, lo abbracciò e disse: «O padre Adamo, com’è concisa la parola dell’Amore sui luminosi sentieri della Sua Sapienza e, tuttavia, quanta chiarezza, quanta vita, potenza ed efficacia risiedono il lei!

2. Il tardo intelletto umano conta faticosamente tutte le stelle, e poi tra fatiche e dubbi segue la traccia dei sentieri del vento, guarda a bocca aperta il corso delle nubi e vuole svegliare di soprassalto dal loro riposo benedicente le nebbie che dormono nelle valli. Tale intelletto esamina e sembra quasi voler pesare le gocce di rugiada e sembra voler pazzamente e senza senso alcuno interrogare l’erba, le piante, gli arbusti e gli alberi tutti, per sentire, forse, come hanno riposato la notte, per farsi finalmente, dopo tutte queste inutili informazioni, un giudizio di altrettanto scarso significato, in base al quale poter, con una certa semisicurezza, dedurre, o meglio indovinare, come sarà il futuro raccolto, se buono, mediocre o scarso, e ciò sempre dopo lunghe discussioni ancora. Qui, una tale interpretazione di Enoch è un puro frutto del Cielo, la quale ci esonera da qualsiasi altra osservazione simile senza senso e senza alcun valore, cui ormai, secondo il mio riconoscimento, va attribuita precisamente quell’importanza che può meritare il tempo trascorso già da cent’anni, senza lasciare alcuna traccia di sé.

3. O, mio diletto Enoch, continua pure ad interpretare i segni della vita in noi, perché sono convinto che una simile interpretazione sarà per noi tutti di vantaggio infinitamente maggiore che non se potessimo discorrere con tutte le stelle, i soli e le lune, perché da una simile conversazione noi non comprenderemo nulla di ciò che pure è il fondamento e la causa di ogni nostro impulso e di tutto ciò che le nostre sensazioni e i nostri sentimenti ci suggeriscono e del modo in cui l’eterno Amore si manifesta in noi e si dà a riconoscere e del modo in cui si fa riconoscere la vita eterna per mezzo dell’amore!

4. O figli, questa è una cosa che sta infinitamente più in alto di tutti i campi ricchi di messi e di tutti gli alberi da frutto, sui quali, nonostante tutte le nostre esplorazioni ed interpretazioni nelle vigilie del Sabato, a noi non riesce di far crescere neppure una mela o un altro frutto qualsiasi, mentre, anche in questo campo, malgrado tutte le nostre inutili cure, il Signore fa soltanto quello che è conforme al Suo Amore, alla Sua Sapienza e alla Sua Santità!

5. O Enoch, parla e interpreta dunque solo tu, affinché il nostro legno, irrigiditosi, nonché i nostri ramoscelli dopo Kenan possano ben presto portare frutti di vita eterna ed immortali. Amen!»

6. E dopo ciò si alzò Adamo, ed esclamò: «Amen! Che tu sia benedetto, o mio caro Abele-Set, ed altamente benedetta sia la vivente lingua di Enoch e benedetti siano pure tutti i miei figli che sono di cuore buono e devoto!

7. Ma ora andiamo, e visitiamo fedelmente tutti i nostri figli che sono intenti al lavoro, ed annunciamo loro il Sabato di domani, e ciò che in questo giorno possono attendersi dalla lingua tanto altamente benedetta del nostro diletto, saggio e pio Enoch!

8. Voglia il Signore proteggere ciascuno dei nostri passi da qualsiasi molestia. Amen!»

9. Allora si alzarono tutti, ed Eva al fianco di Set, e Adamo al fianco di Enoch, uscirono con animo lieto fuori dalla capanna. I figli si inchinarono tutti dinanzi all’antica dimora del loro padre e lasciarono che questi uscisse per primo assieme ad Enoch; seguì poi Set, a fianco di Eva ed infine gli altri figli della discendenza principale.

10. E come si furono mossi verso il Mattino, quando già avevano percorso un discreto tratto di strada, ecco che giunsero ad una grotta, dalla quale scorreva una sorgente purissima. Ora questa grotta era conosciuta con il nome “Il riposo di Adamo”, mentre la sorgente si chiamava “Il ruscelletto delle lacrime di Eva”. Là, Adamo era sempre solito riposarsi, e così anche questa volta rimase là a ragionare e a parlare.

11. La grotta era molto spaziosa, anzi, essa lo era a tal punto che dentro avrebbero potuto comodamente rifugiarsi ventimila persone. La caratteristica principale di questa grotta, però, era la seguente rarità: – essa cioè era, in primo luogo, alta quanto cento uomini e, più che di una grotta vera e propria, si trattava di una galleria che attraversava una montagna, la quale galleria godeva di un’immensa fama perché, verso il Mattino, essa formava un corridoio attraverso un cocuzzolo di montagna a formazione cristallina verde e gialla, nel cui centro si trovava una fonte zampillante a grande altezza, sulla quale si proiettava, in mille giochi di colori, la luce del Sole dopo essere stata rifratta dai prismi cristallini variamente colorati.

12. Per quanto anche la luce, insinuandosi e riflettendosi più pallida tra i punti più svariati, illuminasse in modo meraviglioso questa galleria, discretamente lunga, tuttavia il già menzionato punto mediano, con la sua sorgente zampillante, era di un’attrattiva prodigiosa e formava senz’altro la parte più imponente di questa galleria, superando di gran lunga in magnificenza tutto quello che voi conoscete finora.

13. Vedete, anche per tali ragioni questa grotta-corridoio era un luogo prediletto da Adamo e, all’infuori dei figli della discendenza principale, ben di rado era concesso agli altri di attraversarla, non per invidia, ma unicamente per timore che, forse, qualche animo facilmente eccitabile si sentisse trascinato a genuflettersi in adorazione di un simile luogo meraviglioso.

14. Quando dunque questa compagnia dei principali padri si trovò nel mezzo della grotta, dove tutt’intorno all’ampio e rotondo bacino dai riflessi d’oro c’erano, in quantità, dei blocchi di cristallo puro bene conformati e variamente colorati, fra i quali ad uno era stato dato il nome “La sedia aurea del Padre”, Adamo vi si mise un po’ a sedere e così gli altri poterono imitare il suo esempio; soltanto Enoch rimase in piedi, a lato di Adamo.

15. Ma quando Adamo se ne fu accorto, vedi, egli gli rivolse la parola, dicendo: «Caro Enoch, perché non fai come ho fatto io e come hanno fatto gli altri? Vedi, qui, alla mia destra, c’è un blocco di cristallo verde molto comodo, prendi posto, dunque, e riposa con me e con tutti gli altri»

16. E allora Enoch fece subito secondo il desiderio di Adamo, però disse: «O padre Adamo, poiché mi permetti di riposare sulla pietra di Set, io certo voglio farlo senz’altro, poiché la tua parola è più alta di quella di tutti gli altri padri, ma se mi fossi seduto senza il tuo permesso, vedi, mi sarei reso colpevole di una grave presunzione ed avrei certo meritato di essere guardato con occhio sdegnato da Set e da tutti gli altri padri! O cari padri, perdonatemi se ardisco di fare ciò, dato che voglio agire senz’altro nella pienezza del rispetto verso voi tutti e nessuna cosa che possa mai rendermi indegno del vostro amore deve essere fatta da me. Amen!»

17. A queste parole, Set si alzò e disse, rivolgendosi ad Enoch: «O mio dilettissimo Enoch, sono sovrumane la tua modestia e la tua umiltà, ma non sai che già da lungo tempo sei tu il radioso punto mediano in cui converge il nostro amore? Vedi, nel mio capo potresti sì ancora prepararti un posto, poiché nei nostri cuori è già da tempo che te lo sei preparato, e il capo non sopravanza in eccellenza il cuore!

18. Ma poiché noi già da lungo tempo ti abbiamo assegnato a dimora il nostro cuore e il nostro vivere, vedi, come potrebbe importarci di una fredda pietra sulla quale ti poni a sedere? Sii dunque a tale riguardo perfettamente tranquillo! Invece, vedi, quello che importa a me e certamente pure agli altri, è un’altra cosa: – osserva questo magnifico punto! Diletto Enoch, lascia che il parlare sgorghi liberamente dalla tua lingua benedetta, senza alcun impedimento. Amen!»

19. E quando Adamo e gli altri ebbero appreso tale desiderio di Set, vedi, da tutte le parti furono fatte pressioni ad Enoch, affinché traesse fuori dal suo cuore qualcosa di buono, amorevole e sublime da dire su questa galleria.

20. E il pio e obbediente Enoch anche questa volta non si fece ripetere la richiesta, ma si alzò invece subito e, inchinatosi ai padri, cominciò ad indirizzare a tutti loro il seguente memorabile discorso, dicendo:

21. «O cari padri, mi viene chiesto di parlare in questo luogo destinato al riposo di Adamo, senza che io sappia veramente cosa ho da dire e a quale oggetto debba riferire le mie parole! O padri diletti, finora vigeva ancora il costume che, se qualcuno desiderava sapere qualcosa da un altro, egli rivolgeva al conoscitore dei misteri almeno una domanda, con la quale dava a conoscere a quest’ultimo che c’era nuovamente qualcosa che a lui, che domandava, era ignota.

22. Ma, ecco, che ora devo parlare senza che mi sia stata rivolta una sola domanda!

23. E così sia pure, poiché a questo modo la mia lingua è libera e può enunciare quello che il mio occhio vede scritto a caratteri di fuoco e a tratti chiarissimi nel cuore! E questi segni sono dei tratti viventi dell’eterno Amore e della Grazia misericordiosa del Padre eterno e santo in me e così, questa volta, voglio parlare da questi tratti e dirò cose immortali, traendole fuori dal mio e vostro Dio e fuori dal Mio Padre santo che è colmo di Amore e dal vostro Padre santo colmo d’Amore, di Grazia e di ogni Misericordia!

24. O cari padri, questa grotta è una fedele immagine del cuore umano, così come esso è in rapporto a Dio! Verso qualunque parte si vogliano dirigere i nostri sguardi, non possiamo scorgere affatto alcun punto che non sia splendente, ad eccezione del terreno che ci regge.

25. Se noi contempliamo in alto la volta vivacemente rischiarata da luci dai mille colori, con quanta magnificenza questa bella luce fa brillare, animandola meravigliosamente, questa fontana d’acqua viva zampillante!

26. Chi mai potrebbe descrivere tale splendore, mille volte cangiante in un attimo, che deve sorprendere già l’occhio del semplice osservatore, perché ogni goccia che cade è simile ad una stella che, ardita, si innalza verso il cielo, ma poi, quasi a punizione della sua temeraria audacia, viene riscagliata in giù dallo stesso?

27. Ecco, se volgiamo gli occhi verso il Mattino, si diffonde verso di noi, dall’ampio passaggio esistente, una luce verde; ma se guardiamo invece dalla parte da dove siamo venuti, dal passaggio si diffonde verso di noi una luce gialla; e ancora più innanzi questa luce volge al rosso-sangue; e così, da qualsiasi parte noi volgiamo il nostro occhio, esso è sempre colpito di sorpresa da una luce differente!

28. Ma quando ci siamo saziati di ammirare, allora, soggiogati da tanta magnificenza, esclamiamo: ‘O grande Dio, quanta suprema bellezza e quale gloriosa maestà c’è in tutto quello che Tu hai fatto, o Signore! Noi apprezziamo le Tue opere e Tu ci benedici, suscitando in noi una brama di queste cose, inutilmente deliziosa, poiché Tu certo le hai fatte per noi, e noi perciò ce ne rallegriamo immensamente e vogliamo sempre lodarTi, glorificarTi e ringraziarTi, per aver creato tali magnificenze per noi, Tu che nella Tua grande Misericordia ci hai trovati degni di essere chiamati Tuoi figli’.

29. O cari padri, certamente è giusto e buono se noi facciamo così; ma se volessimo domandare se il grande Artefice di tanti nobili cose ha creato appunto queste meraviglie nel Suo infinito Amore e Sapienza soltanto per il piacere dei nostri sensi, oppure se Egli non abbia piuttosto celato in queste meraviglie esteriori delle altre cose, le quali siano proprio quelle che noi dobbiamo in primo luogo cercare e trovare per la vera glorificazione del Suo Nome santissimo – oh, cari padri, questa è tutt’altra questione!

30. Vedete, uno soltanto è il Sole, che lascia cadere i suoi raggi bianchi sull’alta vetta di questo monte di puro cristallo, ma che effetto ha la sola luce del Sole in questa grotta!

31. Oh, guardiamo un po’ in alto! Chi mai sarebbe in grado di osservare singolarmente le innumerevoli forme che già, dinanzi al più fuggevole sguardo, vanno moltiplicandosi all’infinito? Eppure tutto è l’effetto dell’una e medesima luce!

32. Vedete, cari padri, proprio qui il Signore ha posto a noi stessi un monumento grandioso!

33. Nella nostra esistenza terrena siamo noi questa grotta, con un ingresso verso la Sera e una uscita in direzione dell’eterno Mattino. Nel mezzo appunto stiamo noi, così come siamo nella pienezza terrena della vita ed entriamo dalla parte della Sera quali figli nella grazia e nella misericordia, e non guardiamo ad altro che al punto di mezzo della vita che ci sta dinanzi, senza riflettere che questa grotta della vita non è chiusa, bensì per tutti noi, dalla parte opposta, verso il Mattino, resta sempre benissimo aperta anche un’uscita.

34. O miei padri diletti, anche la deliziosa e beata fiammella dell’eterno Amore è una semplice luce! Il potere visivo della nostra anima è la volta maestosa. Questa sorgente zampillante è simile al nostro spirito che continuamente anela a salire verso la luce, ma continuamente viene respinto in giù con questo insegnamento:

35. “Cos’è dunque, o impotente, che ti incita a salire? Questa non è una via per te! Rimani e rientra invece nel bacino d’oro del tuo umile ed obbediente amore! Là guardati nell’illusoria luce della tua anima che serve per metterti alla prova, e sii sempre pronto a seguire il corso del ruscelletto verso Levante. Appena giunto qui, dei raggi possenti del Sole di Grazia ti afferreranno e ti innalzeranno, come una nuvoletta di fuoco, nella perfettissima libertà della tua vita verso il luogo da dove sei venuto!”

36. O cari padri! Considerato che noi, già prima, nella capanna abbiamo ragionato di segni, vogliate aggiungere alle altre anche questa interpretazione. Amen!»

 

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Cap. 57

La confessione di Adamo

27 gennaio 1841

1. E quando Enoch terminò questo giusto discorso, vedi, Set si alzò nuovamente e disse: «In verità, è proprio così come tu, o caro Enoch, ce l’hai ora fedelmente esposto con parole magnifiche, attinte da un’alta fonte!

2. Poiché io scorgo molto bene in me che vado continuamente balzando in alto nella mia sapienza e, una volta che questo vano impulso, ad una limitata altezza, mi ha abbandonato alla mia propria debolezza, oh, allora ricado sempre, come queste gocce, nel bacino della mia innata nullità dove vengo di nuovo inghiottito subito e riportato così all’umiltà dalle cure comuni e giornaliere, e infine vengo trascinato dalla corrente naturale e solo dopo, nella mia impotenza, ricomincio a riconoscere gradatamente la gran legge che il Signore ha posto nella mia intera natura con suprema saggezza e amore, e cioè che colui al quale il Signore non ha assolutamente fatto dono di ali per volare, deve restarsene a casa, in piena umiltà, nel riposo benefico ed efficace e là deve attendere tranquillo e grato, finché all’eterna Misericordia piaccia di far accogliere dal ruscelletto anche la modesta gocciolina che dovrei essere sempre io, per condurla fuori, verso l’eterno Mattino, là dove eternamente si irradia la Grazia del Signore e dove l’infinito Amore del Padre eterno e santo non lascerà certo perire nemmeno la modesta gocciolina.

3. O caro Enoch, dimmi se è così come ho detto e se ti ho perfettamente compreso! Perché credo sia veramente così e credo pure che nessuno possa averlo compreso altrimenti.

4. Perciò dichiara, dunque, ancora a noi tutti brevemente se la questione sta così, oppure se sta altrimenti!»

5. E vedi, allora Enoch rimase incantato dalle parole di Set e, avvicinatosi a lui, abbracciò il padre e gli disse: «O mio caro padre Set, ti sia a grande consolazione l’avere perfettamente intesa la voce dell’eterno Amore, la quale, come i raggi del Sole nascente, si è riversata sulla mia debole lingua tremante!

6. Poiché quello che dico non è mio, bensì è solamente dell’eterno Amore dell’eccellente e del santissimo Padre, per la qual cosa anche tutto il mio essere, in tutte le sue fibre e con tutte le sue forze, deve in eterno lodarLo, glorificarLo e ringraziarLo e, d’ora innanzi, non dovrà esserci su di me, fuori da me e in me nulla che non sia consacrato all’amore, alla lode, alla gloria e alla grazia del nostro Padre tanto buono, santo e amoroso, dal Quale noi e tutte le cose proveniamo tramite la Sua immensa Misericordia.

7. Ma da ciò deve dedursi pure che l’uomo non può fare nulla da sé, né deve fare nulla, per quanto possa vedersi e sentirsi anche lusingato dalla coscienza benefica di una vita superiore nella limitatezza del proprio petto; bensì, come la gocciolina, egli deve affidarsi del tutto soltanto al Signore, e certamente Questi lo educherà e lo guiderà secondo il Suo eterno Amore e Ordine nel modo che sarà il più opportuno, e certamente però anche il migliore in assoluto per l’uomo. Amen!»

8. «Certo, è così!», confermò Adamo «e similmente lo è anche per tutti i figli presenti della discendenza principale, poiché tutto cresce e prospera molto bene sulla Terra e tutto si affida con assoluta dolcezza e modestia all’Ordine eterno di Dio, potente sopra ogni cosa. Noi vediamo giornalmente come il raggio del Sole trae, con grande potenza, l’erba fuori dal grembo oscuro della terra e così pure le piante, gli arbusti e tutti gli alberi; e vediamo come lo stesso raggio, mite e possente, va ammantando amorosamente di una luce soave le nuvolette che sorgono dalle umide pianure della Terra e dal mare, per innalzarle a sé verso il firmamento, in modo che, infine, queste nuvolette, trasfigurate nella gloria del Sole e simili esse stesse alla luce, non possono più essere percepite dai nostri rozzi sensi, anche se rimangono imperiture per l’eternità all’occhio dello spirito. E per quanto ciò sia soltanto un’immagine terrena di rispondenza, tuttavia si uguaglia completamente all’ordine superiore dell’uomo, al quale è dato un corpo animato e fornito di sensi, affinché, nello stesso, abbia a prosperare il nobile frutto secondo l’Ordine eterno per l’eterna vita in Dio, così come il prodotto della concezione prospera per l’azione dell’anima, tramite la potenza dell’Amore proveniente da Dio e del Suo Ordine, fino a diventare un nuovo frutto immortale.

9. Vedete, figli, il Signore ci ha preparato un oratore e gli ha aperto gli occhi e per mezzo suo ha reso più liberi i nostri orecchi, affinché noi finalmente incominciamo, d’ora in poi, a comprendere del tutto i grandi piani che il santissimo Padre persegue con noi! E giacché qui abbiamo bene appreso, con grande letizia, le consolanti e sagge parole riguardo al significato di questo mio luogo prediletto, proseguiamo ora il nostro cammino, poiché la Terra porta in sé ancora molti tesori sconosciuti, e nei quali il nostro spirito potrà ulteriormente rinvigorirsi. Amen!»

10. E vedi, allora i compagni e i figli del primo uomo della Terra Mi ringraziarono in silenzio e subito dopo si alzarono e si incamminarono verso l’uscita, situata in direzione di Levante, dove la galleria si restringeva un po’ e così giunsero ben presto all’aria limpidissima. Qui si trattennero alquanto per seguire meravigliati il limpido corso del ruscelletto, mentre più lontano scorsero delle tenui nebbioline sollevarsi rapidamente dal ruscello stesso verso gli spazi liberi della luce e poi videro come esse, trasfigurate dal calore, andavano scomparendo, sottraendosi ai loro sguardi. E tutti allora compresero bene questo spettacolo naturale e vi si riconobbero, compiaciuti, e perciò Mi lodarono nel profondo del loro cuore e ne furono colmi di giubilo ed infine procedettero innanzi per una spianata abbastanza ampia dove molte famiglie avevano dimora. E quando queste ebbero scorto già da lontano il primo padre, dai capelli candidissimi, gli si affrettarono incontro, a schiere, per il sentiero molto frequentato e chiesero ad Adamo la sua benedizione, e poi lodarono il Mio Nome, così il suono delle loro voci pure si diffuse tutt’intorno, suscitando echi che andavano man mano smorzandosi fino ai monti lontani e questo era un invito, per tutti i figli che dimoravano là, a partecipare alla festività del riposo del giorno seguente, il Sabato, nel quale sarebbe stato nuovamente acceso in Mio Onore un dovuto sacrificio.

11. E vedi, così i padri, con i cuori giubilanti, proseguirono ancora il cammino per un buon tratto, fino al punto in cui una rupe, altissima e candidissima, sbarrava loro bruscamente la via. Là essi si sedettero nuovamente a terra, contornati da migliaia di figli i quali si davano ogni premura per offrire ai loro padri del ramo principale ogni genere di rinfreschi. In questa occasione ciascuno si riteneva felice, se il dono offerto di tutto cuore veniva dai padri semplicemente toccato in segno di benedizione.

12. Ecco, in questo luogo del riposo, Adamo alzò il suo sguardo in alto, verso le grandi ed alte cuspidi di quella montagna di roccia che pareva slanciarsi fino al cielo, e rimase per lungo tempo muto e del tutto concentrato in sé, e nessuno ardì chiedergli che cosa mai stesse osservando. E così, per un certo tempo, subito tacque il rumoroso giubilo dei figli, poiché tutti avevano visto che il padre aveva gli occhi umidi di pianto.

13. E tutti fantasticavano, pensando a cosa egli avrebbe inteso fare e, all’infuori di Enoch, nessuno si accorse di quello che si agitava nell’anima di Adamo.

14. Finalmente egli distolse i suoi occhi dai dirupi di quella montagna e, contemplando in silenzio le schiere dei suoi figli che da tutt’intorno si erano radunate là, alla fine così parlò, con accento della più profonda commozione:

15. «Oh, tutto questo è per colpa mia! O Tu, grande, santo e giusto Padre, perché lasciasTi che il mio peccato crescesse fino all’altezza di una tale montagna? Io vivo ancora e la montagna arriva pressoché al cielo, ma quanto alta diverrà fino alla fine di tutti i tempi!

16. Ecco ciò che ora contemplo, alla vigilia del Sabato, circondato da mille figli, mentre qui sto riposando sulla massicciata del mio peccato. E ugualmente un giorno anche l’ultimo uomo rimarrà solitario qui, privo di ogni creatura vivente e di ogni figlio, scontando il mio peccato, volgendo tristemente in alto il suo sguardo verso le eterne altezze dei mondi splendenti nell’infinità di Dio e con brama ardente attenderà che la montagna precipiti su di lui, schiacciandolo e seppellendo sotto le macerie l’ultima goccia della mia immensa colpa!

17. O figli, vedete, là in alto, dove ancora fuma e arde, là sono sorto io ed ho peccato al cospetto di Dio e della Terra!

18. Allora io ero ancora perfetto e ogni creatura mi era soggetta, ed io potevo comprenderla chiaramente, a partire dal punto centrale della Terra fino a là sull’ultimo mondo dei mondi al quale non giungerà mai nemmeno il supremo pensiero di un qualche spirito!

19. E a che cosa mi ha ridotto la colpa? Cosa sono diventato nella notte del mio peccato? Null’altro che un miserabile verme nella polvere della terra, che a mala pena è capace di trascinarsi un povero rimasuglio della più misera vita!

20. O figli, chi di voi potesse cadere giù dall’ultima e più lontana stella dell’altezza, fino sull’ultima e più lontana stella della profondità, vedete la sua caduta sarebbe appena simile al salto di un grillo che frinisce, al paragone della caduta fatta da me dall’altezza in cui mi trovavo in precedenza, fino a questa indicibile bassezza!

21. Già nel principio della mia vita terrena fui posto lassù agli scopi del massimo riconoscimento di me stesso nell’umiltà, ed io mi riconobbi e perciò caddi più profondamente ancora, anzi, dovetti cadere fino a qui, e i miei piedi scesero più in basso ancora per mezzo di Caino!

22. Oh, la caduta che non ha nome! Io, che all’infuori di Dio, non avevo di simile in nessun luogo, oggi sono costretto a pregare i miei figli per ottenere del pane e degli insegnamenti!

23. Ma ormai è così, e così sia dunque nel Nome di Colui al Quale è piaciuto fare di me quello che io sono al cospetto di tutti. Amen!»

24. E come Adamo fu giunto al termine di queste sue parole, intonate a grande mestizia, vedi, egli scoppiò in lacrime e il suo stato di turbamento si diffuse fra tutti coloro che erano presenti, ad eccezione di Enoch. Ed Eva si sentì tuttavia gravare doppiamente sul petto il peso che opprimeva Adamo, ma cercò di nascondere le proprie lacrime, per non rendere più acuto, con il suo pianto, il dolore del cuore di Adamo, e tale stato di turbamento durò quasi un’ora, ma poi Set si avvicinò e, asciugate le lacrime che inondavano la faccia del padre, così parlò:

25. «O padre, non piangere perché il Signore ti ha fatto questo; se tu fossi un cattivo padre, come mai potremmo noi amarti come tale?

26. Noi invece non abbiamo ancora mai trovato alcun male in te, anzi, tutto ciò che abbiamo trovato in te e quello che da te abbiamo ricevuto è stato sempre buono, è buono e buono rimarrà; perciò anche noi tutti, senza eccezione, ti porgiamo sempre volentieri l’amore e la nostra venerazione, quale un vero e filiale sacrificio di grazie. Consolati, dunque, caro padre e non ti risultino di turbamento le vie infinitamente sagge del Padre onnipotente, amorosissimo e santissimo!

27. Poiché tu stesso sempre ci insegni che tutto quanto il Signore fa, è anche ben fatto; ma se Egli ora ha fatto ciò a noi tutti, come dovrebbe o potrebbe questo non essere che ben fatto? Dunque è del tutto inutile affliggersi, per il fatto che, tramite un procedere possente e ispirato ad amore accoppiato a sapienza, le vie del Signore risultano essere ben altre da quelle che noi, nella nostra infinita limitatezza di fronte a Dio, avremmo voluto che fossero!

28. O padre, se anche, un giorno, ti è stato conferito un pieno potere, per effetto del quale il Sole, la Luna e tutte le stelle dovevano obbedirti, pure tale cosa ti era data solo in prestito dal Signore di ogni potenza e forza e quindi non era un pieno potere che potevi trarre fuori da te stesso, bensì un pieno potere proveniente da Dio.

29. Ora, quello che è del Signore, Egli lo può sempre riprendere secondo il Suo Ordine d’amore e di sapienza. E così poi, sempre conforme al Suo Amore e alla Sua Sapienza, il Signore fa soltanto e senz’altro quello che è ritenuto da Lui come migliore e più opportuno per noi, che grazie alla Sua immensa Misericordia possiamo chiamarci figli Suoi.

30. Ma se Egli è il Padre di tutti noi, come potrà mai dimenticarsi dei Suoi figli, a causa del Suo infinito amore e della Sua misericordia illimitata, che è una conseguenza del Suo Amore?

31. Perciò, padre mio, si rassereni nuovamente la tua fronte e si rallegri il tuo cuore; e permetti al caro Enoch, dopo che questi figli si saranno allontanati, di rivolgere alcuni raggi della sua aurora a tutte le cose che sono qui, affinché, tramite la sua lingua sgorgante vita, esse vengano trasfigurate e diventino pascolo e ristoro per il nostro spirito!

32. O padre, rasserenati dunque! Amen!»

33. E vedi, quando Set ebbe terminato tali parole efficacemente consolatrici, Adamo lo guardò con animo più sereno e fece cenno ad Enoch affinché volesse accondiscendere al desiderio di Set e degli altri figli della discendenza principale; ed aggiunse che, tuttavia, lo facesse solo dopo che tutti gli altri si fossero allontanati, ad eccezione di uno che aveva i capelli neri e non apparteneva alla loro stirpe. Costui, infatti, per il momento era sfuggito alla pianura e si era frammischiato ai figli di Adamo, ardentemente desideroso di apprendere, poiché l’aveva spinto anche il grande timore di Lamec a fuggirsene, lui, mortale, agli immortali delle montagne.

34. E quando fu dato un tale cenno ad Enoch, allora, vedi, si alzarono subito come del resto era un’antichissima usanza in occasioni simili – Enos, Kenan e Maalaleel e dissero ai figli di recarsi il prossimo Sabato, prima del levar del Sole, sul posto conosciuto dinanzi alla capanna di Adamo, per portare i loro doni. Aggiunsero, inoltre, che ora sarebbe stato opportuno allontanarsi per un breve tempo, essendo tale il desiderio del padre che aveva bisogno di un po’ di pace per il suo cuore, ma che quando però sarebbe stato fatto un segnale, si riunissero tutti per accompagnare il padre fino a dove dimorano i figli del Mezzogiorno, dal quale luogo avrebbero poi dovuto far ritorno alle loro abitazioni.

35. Dopo che questi tre padri ebbero adempiuto fruttuosamente la loro incombenza e dopo che furono di ritorno ai loro posti, conducendo con loro, secondo il volere di Adamo, l’uomo dalla capigliatura nera, ecco, Adamo anzitutto si alzò e poi interrogò lo straniero:

36. «Che cos’è che, strappandoti alla morte, ti ha condotto fin quassù? Rispondi o altrimenti fuggi dal cospetto del padre dei padri della Terra, poiché nelle tue vene scorre un sangue letale e sulla tua fronte grava ancora evidentemente il marchio della morte che Caino diede ad Abele. Parla, dunque, se puoi parlare o se la tua bocca è capace di un qualche linguaggio! Amen!»

37. Lo straniero (dai capelli neri) allora subito si prostrò a terra dinanzi ad Adamo e molto spaventato balbettò qualche parola inarticolata, che nessuno riuscì ad intendere all’infuori del solo Enoch.

38. Ma Set disse ad Adamo: «O padre, vedi, il tuo giusto zelo opprime a morte il figlio della Terra; perciò con grandissima clemenza e pieno di benedizione ritira la tua giustizia e dì che il vivente Enoch gli infonda vita, affinché gli sia poi possibile soddisfare la tua giusta richiesta! Amen!»

39. E Adamo, concesso quello che il cuore di Set desiderava, disse ad Enoch: «Qui ora vedi un morto che proviene dalla pianura, rianimalo e sciogli la sua lingua, affinché possa rendere manifesto dinanzi a noi qual è l’impulso del suo cuore. Amen!»

40. Allora Enoch si alzò immediatamente, e le parole che uscirono dalla sua bocca furono queste: «O padri, perché chiamate quest’uomo un morto figlio della Terra, mentre egli pure vive al pari di noi e non è che un poveretto che giunge dalla pianura! Ma se un animale infermo si presentasse davanti alla nostra dimora, noi non lo cacceremmo via per questo, anzi ne avremmo cura fino a quando fosse guarito; e ora che una creatura umana, povera e perduta, abbandona la pianura e si rifugia fra gravi difficoltà tra di noi, noi lo lasciamo trascinarsi al nostro cospetto come un verme nella polvere!

41. Eppure noi tutti abbiamo visto come egli è venuto a noi, vivente; e tutti sappiamo bene che ogni vita, come pure la conservazione di questa, non possono trarre in alcun altro luogo origine, se non in Dio e da Dio.

42. O cari padri, concedete dunque a quest’uomo di alzarsi, affinché egli possa riconoscere il gran Dio su queste alture, poiché l’Amore del gran Padre eterno e santo giunge di certo molto più lontano di quanto il nostro più eccelso pensiero sarà mai in grado di concepire.

43. Ma come mai, allora, un tale infinito Amore non dovrebbe toccare pure i figli della pianura? E quando Esso ne ha tratto uno quassù da noi, non sta a noi respingere una simile povertà, bensì accoglierla, come fosse cresciuta qui in alto dove tuttora fuma e brucia, là dove noi talvolta stoltamente ancora dirigiamo il nostro sguardo, pensando che la pietra sia nostra colpa, oppure noi la colpa della pietra!

44. Oh, infinitamente poco importa quanto lontano e quanto alta sia cresciuta una simile pietra, perché essa è pur sempre una pietra, mentre noi rimarremo figli immortali di Dio; inoltre, la sua apparizione è passeggera, mentre noi eternamente immortali. Ma quello che più di tutto importa è invece il nostro amore, il quale non deve escludere nessuna creatura, men che meno poi un povero fratello della pianura. Se non siamo che figli dell’Amore e con ciò siamo figli di Dio, facciamo allora anche così, affinché possiamo veramente e degnamente essere quello che siamo chiamati ad essere. Amen!»

 

 

Per la comprensione dei capitoli seguenti, che iniziano con l’apparizione del Signore

tramite l’aspetto di uno Straniero con la pelle scura, vedi n ota al cap. 39,8

 

 

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Cap. 58

Asmahaele, lo stranierodai capelli neri

2 febbraio 1841

1. E vedi, dopo tutto questo, Enos, su richiesta di Adamo, si chinò a terra e rialzò l’uomo dai capelli neri e poi chiese ad Adamo e a Set il permesso di poter dire, prima della partenza da quel luogo, qualche parola che gli stava a cuore.

2. E da tutte le parti si acconsentì che egli parlasse a seconda del suo desiderio.

3. E vedi, allora Enos si inchinò, ringraziò del permesso ottenuto e, indirizzandosi a tutti i presenti, cominciò il seguente notevole discorso:

4. «O padri e figli! È appena sorto nella mia mente un grande pensiero che ora rimane fisso nella mia anima molto agitata come il bagliore permanente di un lampo violento. Una volta – quella volta in cui dormii fino a dopo il levar del Sole, cosa per la quale allora fui un po’ rimproverato – ho sognato che noi, appunto come oggi, ci trovavamo in questo luogo nella contemplazione di questo meraviglioso paesaggio, e gioivamo molto nel vedere i nostri numerosi figli, che noi invitammo, come è avvenuto ora, ad un imminente sacrificio del Sabato. Ed ecco, mentre così ci rallegravamo, una figura che irradiava un forte splendore, apparì in mezzo a noi, tanto che rimanemmo tutti spaventati per la grande intensità della luce! Solo che quell’apparizione non ci lasciò a lungo nel nostro stato di timore, ma ben presto si rivelò ai nostri occhi accecati da quel fulgore.

5. O padri e figli, questa figura manifestatasi era Abele, il quale conduceva con sé un uomo precisamente simile a questo, con il quale si presentò al cospetto del primo padre e disse in tono dolcissimo:

6. «Ascolta, o padre! Eccetto me, a nessuno è derivato alcun male da parte di Caino, a causa del quale soltanto il mio corpo è andato perduto per te. Vedi, a Caino ho perdonato tutto di cuore ed ho potuto fare ciò con tanta maggiore facilità, in quanto non ho mai avuto verso di lui alcun rancore! E quando più tardi egli fuggì dinanzi a suo figlio Hanoch e si diresse verso Mezzogiorno, fino alla riva di una delle più grandi acque della Terra, dove patì per il calore, la fame, la sete e il timore, con pochi dei suoi che riuscirono a salvarsi, vedi, allora, per concessione del Padre eterno e santo, venni a lui, di mia spontanea volontà, mi rivelai e lo trovai che si scioglieva in lacrime d’intenso pentimento, tanto che nel più profondo del mio essere ne fui mosso a pietà e gli insegnai ad intrecciare un grande paniere impenetrabile dall’acqua e poi condussi i suoi e lui sopra le onde in un paese lontano, fertile e sicuro.

7. Ed io feci la stessa cosa anche con parecchi dei suoi discendenti che provenivano da Hanoch, e che erano di sentimenti alquanto migliori.

8. Tuttavia non ardii mai di condurre a te, o padre, neppure uno di quelli di Hanoch, la grande città di Caino, poiché ben conoscevo la tua giusta collera, che grava sul capo di Caino. Però sapevo anche quello che il Signore aveva detto a Caino, mentre questi, colmo di amaro pentimento, se ne fuggiva sulla faccia della vasta Terra, quando Egli lo aveva assicurato con le parole: ‘Perciò chi uccide Caino, subirà la vendetta sette volte!’.

9. Ma ora, secondo la volontà di Jehova, ti ho condotto pure un fuggiasco dalla pianura che cerca Dio; dagli quindi ciò che cerca, ed accoglilo in tutto il tuo paterno amore, perché anche nelle sue vene scorre il tuo sangue!

10. Ridestalo con la tua benedizione, e il Signore desterà i tuoi figli, affinché possano poi predicare in maniera meravigliosa il Suo Nome ai figli della pianura, per la possibile salvezza della Terra!”

11. O padri e figli! Così vedo io ora lo stesso uomo fra noi, così come lo vidi allora, ed ho visto altresì, appunto in questo istante, lo splendente Abele abbandonare questo luogo e in verità pure Enoch l’ha visto, per la qual cosa egli ebbe a serbare il silenzio. E con ciò la mia richiesta è finita. Ora pensateci su ed agite secondo il vostro discernimento! Amen!»

12. Ed Enoch confermò subito quanto Enos aveva asserito e disse: «Sì, così è stato e così è!»

13. E vedi, quando Adamo ebbe inteso questo, rimase profondamente stupito e domandò ansiosamente: «In quale luogo si trovava Abele?»

14. Enos ed Enoch allora indicarono contemporaneamente un medesimo punto e così Adamo credette loro fermamente, poiché non si erano contraddetti nella contemporanea designazione del posto dove Abele aveva confessato la propria fedeltà e il proprio amore davanti ad Adamo.

15. Dopo ciò, però, egli in segreto si fece ancora descrivere da ciascuno dei due la figura di Abele e siccome anche a questo riguardo le indicazioni erano concordi e descrivevano molto bene la sua figura, in Adamo non rimase più alcun dubbio riguardo alla perfetta autenticità di questa visione.

16. E convinto in questo modo, Adamo, pieno di gioia, esclamò: «O Abele, ciò che tu mi porti, senz’altro lo accolgo, anche se fosse Caino in persona!

17. Conducete dunque qui a me il debole protetto di Abele, affinché lo benedica e lo accolga nel nostro seno, e mi presenti a lui quale il primo uomo nonnato, sorto immediatamente fuori dall’onnipossente mano dell’eterno Amore, e così voglio mostrargli anche la madre di tutti gli uomini, la quale è proceduta da me ed infine Colui la Cui Grandezza, Potenza, Santità e Amore fedelmente testimoniano tutte le eternità e tutte le infinità, traboccanti di esseri, come pure testimoniamo tutti noi, che siamo coloro ai quali Dio ha donato fuori da Lui un eterno spirito!»

18. E subito dopo aver pronunciato tali parole, gli fu presentato quell’uomo dai capelli neri e Adamo, toccatolo, lo benedisse tre volte e gli chiese quale fosse il suo nome. Ma questi rispose: «O grande e nobile primogenito di Dio, del gran Re della Terra, tu, saggio padre di tutti i padri della Terra, perdona me, povero fuggiasco dalla pianura, che, dopo essere stato strappato dalle mani assassine di Lamec, venni guidato qui da una splendente figura! Vedi, non ho nome, poiché non ero che uno schiavo costretto al lavoro, e questi schiavi, laggiù nella pianura, non hanno un nome, bensì, come le bestie vengono chiamati con un grido vuoto di senso ed inarticolato. Agli schiavi, infatti, è concesso soltanto di capire il linguaggio, ma non di parlarlo. E chi mai di loro volesse far uscire dalla sua bocca un suono comprensibile, costui dovrebbe immediatamente scontare il crimine della sua loquacità con la più crudele delle morti!

19. Non sdegnarti dunque se io, povero schiavo, non posso darti quanto mi chiedi, poiché, vedi, la crudeltà regna sovrana nella pianura e non c’è ormai più nessuno che sia sicuro della propria vita, perché, in qualsiasi luogo qualcuno tentasse di rifugiarsi, verrebbe ben presto raggiunto dagli sgherri e dai guerrieri di Lamec e là, dove venisse preso, egli sarebbe messo a morte nella maniera più crudele, senza grazia né pietà!

20. O grande padre dei padri della Terra! Laggiù le cose sono arrivate al punto tale che nessuna bocca umana è capace di raccontare gli orrori che vi si commettono. L’uccisione crudele dei muti schiavi operai è ancora il meno, poiché può sempre ancora essere designata con un nome. Ma là vengono perpetrati pure degli abomini che non hanno nome; però io non oserò mai certo narrarli, affinché con ciò non vengano profanate queste alture. Amen!»

21. Ma quando Adamo, unitamente ai suoi figli, intese tale racconto da colui che non aveva un nome, inorridì enormemente e già era in procinto di prorompere in una maledizione contro la pianura, quando il senza-nome lo interruppe nella sua fiera invettiva esclamando:

22. «O buon padre dei padri della Terra, trattieni tale funesta parola; perché ascolta: – coloro che sono laggiù, della tua maledizione non ne hanno alcun bisogno, perché di maledizione ne hanno già in misura più che abbondante! Basta il solo Lamec per tutta la Terra, poiché, qualora il gran Re sopra le stelle volesse tuonare la Sua maledizione più terribile sopra la Terra, altro non gli occorrerebbe se non di mandare ancora un secondo Lamec e tu, o padre della Terra, puoi essere certo che prima che il Sole sorgesse e tramontasse cento volte, all’infuori di Lamec nessun essere vivente molesterebbe la Terra con la sua presenza!

23. Piuttosto, o padre dei padri della Terra, là dove vorresti scagliare la maledizione, oh, ascoltami, fa’ in modo che scenda la benedizione. Sì, soltanto di benedizione hanno bisogno le pianure, le quali sono gravate dagli orrendi abomini a causa appunto di una terribile maledizione. Se volessi gravare ancor più con le maledizioni il suolo già tenebroso dell’abominio, allora guai, guai a quei miseri schiavi che, muti, lavorano giù nelle pianure!

24. Il loro sangue, versato in grande abbondanza, come turbine urlante va già ora gridando vendetta alle stelle; ma se tu volessi aggiungere altra maledizione a quelle che già affliggono le pianure, oh, tu allora vedresti le onde del sangue lambire ben presto le cime sacre dei monti!

25. O, padre dei padri della Terra, benedici, oh, benedici là dove vorresti lanciare una maledizione, pur in tutta giustizia! Amen!»

26. Ora vedi, quando Adamo ebbe udito tale preghiera, ne fu enormemente commosso, lodò il giovane che non aveva nome e gli chiese: «Ascolta, o povero figlio dal sangue di Caino! Poiché laggiù nella pianura non ti era concesso di parlare, da dove proviene alla tua lingua tanta scioltezza da uguagliare quasi quella di Kenan?

27. Perché tu parli come se fossi già stato da molto tempo fra di noi, quale cantore consacrato di Dio, e così le tue parole risultano perfettamente appropriate e colgono sempre il senso giusto. Dimmi, dunque, veramente da dove è venuto a te un simile dono!»

28. E vedi, subito quell’innominato si rincuorò e rispose: «O padre dei padri della Terra! Di ciò che tu chiedi con stupore riguardo al mio sciolto linguaggio, il mio giovane cuore si rallegra, perché può vantarsi al cospetto di te, che sei il padre del più saggio maestro!

29. Ora vedi e ascolta: “Il maestro che mi insegnò a parlare in maniera così savia, fu colui che fedelmente mi guidò qui da te, o padre dei padri! Tu lo conosci e l’hai conosciuto già prima di coloro che, in attesa e ascoltando con fedeltà, ti circondano. Fu Abele, il tuo figlio splendente, che animato da amore superiore mi sciolse la lingua che si trovava legata, affinché io qui potessi esporre le forme assai rare della verità, con la tua compiacenza, o padre, e anche alla presenza dei tuoi discendenti, tutti colmi di grazia e di benedizione”.

30. O padre dei padri della Terra, ecco, ormai ogni cosa che dapprima poteva sembrarti estranea ora ti è nota. Oh, lascia dunque che il povero estraneo e fuggiasco delle pianure cerchi quel Regno possente, pieno di giustizia e di bontà, qui fra voi, sulle sacre alture, regno del quale testimoniano così meravigliosamente il Sole, la Luna e tutte le stelle!

31. O padre dei padri della Terra, proferisci amorosamente il tuo ‘Amen’!»

32. Ma quando Adamo ebbe intese tali parole, si commosse talmente che non poté pronunciare nessuna parola, e i suoi occhi si riempirono di lacrime di gioia e di pietà.

33. Finalmente egli si fece forza, e tutto commosso così parlò a colui che non aveva nome: «Odimi, o caro straniero che sei venuto qui dalla pianura degli abomini; se le cose a tuo riguardo stanno così come la tua bocca me le ha manifestate e confermate, tanto che non potrei mai dubitare che fosse diversamente da come mi hai detto, e Dio ti ha già elargito una Grazia assai grande, è certo opportuno che noi, suoi figli, non potremo agire altrimenti verso di te da come ha agito il Padre di tutti noi, grande e santo, nella Sua infinita Misericordia. Ti accada dunque secondo le brame del tuo cuore.

34. E vedi, qui alla mia destra vi è Enoch, e anche lui è giovanissimo! Vedi, egli è ora un oratore benedetto di Dio, ed è lui che diverrà, d’ora in poi, il tuo maestro nelle cose di Dio, il nostro amorosissimo Padre e Signore dell’infinito!

35. E considerato inoltre che tu non hai un nome, così voglio darti io un nome, secondo il quale tu sarai chiamato “Asmahaele”, vale a dire “fedele straniero alla ricerca di Dio”, poiché qui ciascuna cosa deve avere il proprio nome, e ogni azione deve essere distinta con una parola, e così pure deve essere definita ciascuna qualità e ciascuna proprietà insita in una cosa, e deve essere esattamente precisato il come, il quando, il dove, il perché e il tramite, mediante cui una cosa esiste ed avviene; perciò tanto meno può restare un uomo senza un nome.

36. Nondimeno, ciascun nome deve corrispondere con precisione a colui che lo riceve; e tuttavia, chi ha ricevuto un nome, deve anche vivere fedelmente in modo conforme al suo nome, altrimenti diventa un mentitore, poiché le sue opere non sono corrispondenti al nome che egli porta. E poiché tu ormai hai un nome, vedi anzitutto di riconoscerlo e poi agisci conformemente in tutta fedeltà ad esso, altrimenti, in caso diverso, diverrai un mentitore al cospetto di Dio e di tutti i suoi figli, e sarai svergognato dinanzi ad un qualunque granello di polvere, il quale sempre corrisponde al proprio nome.

37. E così, dunque, ancora una volta ti benedico e ti dico: “O Asmahaele! Io, Adamo, quale primo uomo sorto su questa Terra dalla Mano di Dio, l’eterno Padre santo e amorosissimo, ti benedico al pari dei miei figli; con ciò tu sarai un fedele portatore del tuo nome!

38. Io ti porgo la mia mano e ti innalzo al pari dei miei figli”

39. E ora, figli miei, seguite il mio esempio e diventate i suoi padri; e tu, diletto Enoch, sii per lui fratello e maestro!

40. Tu però, o Jared, l’accoglierai per sempre al posto di Enoch, il quale ormai dimora nella mia capanna!

41. E a te, o Asmahaele, il Signore apra il cuore e tutti i sensi della tua anima all’eterna vita del tuo spirito in Dio! Amen!»

42. Allora Asmahaele cadde subito ai piedi di Adamo, li baciò e ad altissima voce ringraziò per l’immensa grazia che gli era stata concessa sulle alture dei Miei figli, poiché ben presto cominciò anche a percepire in sé gli effetti della benedizione, per la qual cosa cominciò ad esultare dicendo:

43. «Asmahaele, un nome tanto splendido che io non sono ancora degno di portare! Tuttavia io sono del parere che un nome, dato all’inizio, impone legittimamente il Dovere a colui che fedelmente lo riceve, questo santo giudice (un grande, vivo Comandamento), di seguire il nome stesso, fin dove la conoscenza possa mai rivelargliene il sentiero. E anche se qualcuno dovesse qua inseguire le orbite molto lontane del Sole e delle stelle, quale portatore del nome che lo vincola, dovrebbe adempiere questo con gioia e fedeltà, per la grazia così grande a lui capitata, e ciò perfino se fosse posta ancora più in alto la benigna richiesta del santo nome! O padre e voi padri dei padri della Terra, per chi fu spesso costretto a lottare con la morte, oh, ascoltate, per lui non è per niente faticoso seguire le vie della vita eterna; e se nel fango di tenebra dell’orrore del peccato, in continua lotta si è stati costretti, in miseria, a spianarsi la via verso una luce scarsissima e verso una vita più meschina ancora e che spesso fu oppressa già nel germe più delicato da tenebrosissimi dubbi, oh, udite, com’è facile invece il seguire vivente le vie luminose che conducono alla vita!

44. Asmahaele, o fulgido nome, o nome che è bello tra i belli e che dovrà essermi di guida lassù, verso la sante altitudini eterne di luce e di vita! Oh, udite, ora lo straniero non porterà invano un così santo dono di grazia. Amen! Amen! Allora io dico: Amen!»

 

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Cap. 59

Sull’umiltà

8 febbraio 1841

1. E quando Asmahaele ebbe terminato il suo discorso, Adamo, tutto commosso, si alzò nuovamente e disse: «Enoch, vedi, ora tocca di nuovo a te! Dopo tutto quello che è avvenuto, è opportuno sentire delle parole ispirate dall’Alto, per poter poi, sulla scorta di queste, adeguare perfettamente tutta la nostra attività alla Volontà del Signore. Poiché, vedi, quanto stava in me l’ho già fatto, a seconda dei suggerimenti del mio amore; solo che il nostro amore non sempre è puro e perciò anche non è sempre sicuro e, di conseguenza, non è sempre stato santo neppure l’effetto delle sue opere. Ora, quindi, è quanto mai opportuno che tu, caro Enoch, faccia udire a noi tutti la voce vivente.

2. Parla dunque, e mostraci le giuste vie del tuo protetto! Amen!»

3. Ma quando Adamo ebbe detto ciò, vedi, tutti si alzarono e si inchinarono davanti a lui e lo ringraziarono per aver comandato che così venisse fatto. Ma Set, in particolare, pareva voler quasi balzare dalla gioia, perché egli era il più fervente ammiratore di Enoch e il maggior veneratore della sua parola e perciò non poté fare a meno, prima ancora che Enoch cominciasse a parlare, di rivolgergli alcune parole d’incoraggiamento, dicendogli:

4. «O diletto Enoch, vedi, quello che il mio cuore già da lungo tempo ardentemente bramava, ora l’ha mandato ad effetto il giusto e buon ordine dato per mezzo di mio padre e del vostro padre! Oh, io mi rallegro immensamente di ascoltare qual è la santa Volontà in questa questione, perché è ben vero che noi talvolta vorremmo fare qualcosa che ci appare buono, però che sia veramente buono e giusto per il fatto che a noi così appare, questa è una questione del tutto differente!

5. E questo è appunto quello che tu dovresti chiarirci. Dunque, comincia a parlare fuori dalla vita proveniente da Dio, che è in te. Amen!»

6. Allora subito si alzò Enoch e cominciò ad indirizzare a tutti le seguenti parole, ma egli fece questo dopo che in cuor suo si fu rivolto a Me, facendo cioè precedere in sé questa invocazione:

7. ‘O gran Padre, Signore e Dio, santissimo e amorosissimo, concedi a me, il più debole di tutti, la Tua Grazia, affinché mi sia possibile, in tutto amore e umiltà, manifestare fedelmente ai padri il Tuo Volere e donare loro in abbondanza ciò che proviene da Te, secondo la brama dei loro cuori.

8. O santissimo Padre, sia fatta però soltanto la Tua Volontà in eterno! Amen!’

9. E vedi, allora Io destai del tutto lo spirito di Enoch, ed egli cominciò a parlare nel modo seguente: «O cari padri, che un tale desiderio sia sorto in voi è cosa equa e perfettamente comprensibile, poiché l’Amore di Dio sta sopra ogni cosa e tutto è soggetto alla Sua Volontà, ma che voi mi chiamiate a rivelarvi, nella mia debolezza, quello che tutte le eternità non potranno in eterno mai né abbracciare né comprendere, questo, vedete, cari padri, non è equo, né giusto per la vostra dignità paterna!

10. Credete voi forse che il Signore abbia delle preferenze, così da badare ad uno meno che ad un altro, qualora ambedue volessero agire secondo la Sua Volontà? Oh, padri miei, voi siete in grave errore e le cose non stanno affatto così!

11. Guardate lassù gli spazi radiosi dell’infinito! Chi di noi può dire che non è in grado di vedere gli ampi torrenti della luce e tutte le cose che da questa sono circondate? Qual è l’orecchio che da se stesso non percepisce il fruscio del fogliame secco, mosso anche da una lieve brezza? Oppure c’è fra di noi qualcuno cui non è stato fatto dono di tutti i sensi funzionanti alla perfezione e così pure di un cuore vivente e sensibile?

12. Ma se tutto quello che proviene da Dio appartiene a noi tutti, senza distinzione, come potrebbe qualcuno appartenere di più e qualcun altro appartenere di meno al Signore, se egli stesso è proceduto dal Signore e a Lui vorrebbe ritornare? O padri, vedete, quale figlio vorrebbe venire da voi per avere un santo consiglio e voi non vorreste ascoltarlo per dargli quello che gli è utile?

13. Ora, dato che voi, quali uomini caduti, siete misericordiosi perfino verso uno straniero, allora quanto più il buonissimo e santissimo Padre farà per voi quello che vi è utile e darà volentieri a ciascuno ciò per cui Egli stesso lo ha già in precedenza reso adatto a ricevere!

14. Sia dunque lontano da voi il credere che io sia un organo eletto della vivente voce di Dio; oh, no, di certo io non lo sono, ma, anzi, voi piuttosto lo siete! Quindi rivolgetevi pure liberamente a Lui e sicuramente vi sarà reso noto qual è la Volontà del Signore! Amen!»

15. E dopo tali parole, Enoch tacque, tutto raccolto in sé e conseguentemente anche in Me. E a cominciare da Adamo fino a Jared e ad Asmahaele, nessuno riusciva a capire come si doveva interpretare questo breve discorso di Enoch, e perciò l’uno chiese all’altro:

16. «Che cosa significa ciò? Cosa ha inteso dire Enoch affermando che noi siamo capaci, come lui, di dire una parola di vita proveniente dalle altezze di Dio? Davvero, queste cose le comprenda chi può. Noi, questa volta, non le comprendiamo affatto!»

17. E così, in questo modo, tali commenti passarono di bocca in bocca e tutti furono colti da altissimo stupore per la rigida brevità di Enoch, questa volta ritenuta alquanto arida. Perfino Set rimase sorpreso quanto mai che Enoch se la fosse sbrigata con tutti loro così seccamente.

18. «Poiché», diceva Set, «a che serve essere stati rimessi a noi stessi, quando, anche senza Enoch, sappiamo bene quello che possiamo e sappiamo, anche fino a quanto il Signore nel Suo Amore sia accessibile a noi, e anche quanto della Sua voce abbiamo inteso finora! Poiché questa è una proprietà dell’Amore, come la sapienza è proprietà della Grazia.

19. Dunque, come può qualcuno amare il Signore ed annunciare la Sua Parola prima che egli, necessariamente, abbia ottenuto dal Signore questo Amore e questa Parola? Ma chi di noi può vantarsi di tanto, ad eccezione di Enoch? Oppure, è forse possibile che io non sappia quello che a me è proprio?

20. Noi tutti abbiamo certo la grazia di essere figli di Dio, come pure fra tutte le creature abbiamo innegabilmente la superiore capacità, come uomini, di essere effettivamente tali. Inoltre, come uomini, abbiamo tutti i medesimi sensi e ne facciamo uso in uno stesso modo; ma ora ciascuno chieda a se stesso se, nonostante tutta questa comunanza di sensi e di grazia, la stessa cosa riesce mai a soddisfare ugualmente ognuno in un’unica e stessa maniera!

21. Tuttavia, da ciò risulta evidente che neppure la grazia è concessa a ciascuno in eguale misura, per non parlare poi del fatto che l’amore venga distribuito in giuste proporzioni. E questo colpisce ancora di più, sapendo per lunga esperienza con quale incostanza l’amore procede con qualunque cosa esso vada afferrando e quanta rinuncia e grande abnegazione si esige per diventare, a qualsiasi riguardo, fermi nell’amore.

22. Quantunque con ciò io non possa né intenda asserire che per tale ragione non possiamo assolutamente divenire sempre più fermi nell’amore al Signore, questo però è certo: – a noi viene data solo la grazia invece dell’amore, e ci viene data, tramite la grazia, unicamente la capacità di conquistarci l’amore e solo dopo di accoglierlo in noi. Ma dietro una nostra semplice richiesta non ci viene concesso mai l’amore per quanto struggente fosse tale richiesta. A dirla breve, qualora al Signore piaccia donare amore in abbondanza, come nel caso di Enoch, ebbene, questo è precisamente un atto della misericordia del Signore, atto per il quale Egli, di certo, non chiederà consiglio a nessuno allorquando vorrà saziare qualcuno d’amore. Voi tutti, però, udite: “Non c’è affatto una regola, e noi possiamo desiderare quello che vogliamo, ma il Signore, malgrado tutto, rimane l’unico Signore ed Egli fa e opera secondo la Sua imperscrutabile Sapienza, com’è il Suo compiacimento; noi però non siamo altro che semplici testimoni di quello che Lui fa davanti a noi e per noi”.

23. E tu, mio caro Enoch, intendi bene queste mie parole e parla secondo questo intendimento, poiché mi è ben nota la tua grande modestia e la tua umiltà che ti hanno reso così caro a me. Quindi in futuro non è necessario che tu divenga troppo modesto e che ti nasconda dietro alla tua grande umiltà quando si tratta di un servizio di cui sei debitore a Dio e a noi, tuoi padri. Perché, vedi, che tu sia tale, noi lo sappiamo tutti da lungo tempo; il Signore poi lo sa in maniera infinitamente ancora più perfetta di noi; è stato per questo che Egli ti concesse permanentemente l’amore. Dunque a noi non serve nessuna ulteriore prova a tale riguardo, ma se noi ti chiamammo a fungere da maestro e da oratore di Dio, questo avvenne precisamente in seguito a tali tue virtù. Perciò puoi parlare dinanzi a noi senza alcun timore, come già molto spesso hai fatto al cospetto di tutti noi.

24. Può essere però che quello che dicesti prima, ti sia stato comandato dal Signore; nel qual caso non avresti potuto parlare altrimenti, ed avresti fatto bene a parlare così!

25. Ma se considero il fatto che tu hai parlato, ammonendoci a prestare ascolto alla voce della vita proveniente da Dio, vedi, Dio non potrebbe allora fare altrettanto quanto hai fatto tu stesso, e potrebbe perciò richiamare molto bene i nostri cuori su quello che tu hai fatto?

26. Solo che, dato che tu a questo modo hai già cominciato a parlare per ispirazione di Dio, vedi, non basta soltanto rimandarci semplicemente a Colui dal Quale, come ciascuno di noi sa benissimo, provengono tutte le cose, bensì, poiché uno è stato del tutto particolarmente dotato da parte del Signore per il vantaggio di tutti, questi dovrebbe, in tale sua sovrabbondanza, venire in aiuto, equamente e doverosamente, dell’uno o dell’altro meno dotati in questo o in quel campo. Facendo questo renderemo veramente manifesto dinanzi al Signore che noi siamo veramente Suoi figli!

27. Vedi, per queste ragioni, dunque, anche la modestia e l’umiltà hanno e devono avere i loro saggi ed utili limiti!

28. Prendiamo ora le cose dal loro lato naturale. Vedi, se noi, quando il nostro padre ci rivelò la debolezza del suo corpo, per un sentimento di esagerata umiltà ci fossimo dimostrati schivi nel concedergli quello che egli sentiva essere richiesto dalla sua natura, oh, a cosa gli sarebbe giovata, in questo caso, la nostra umiltà esagerata, se nessuno si fosse azzardato ad offrirgli cibo e bevanda?

29. Oh, vedi, dunque, la vera umiltà non deve mai uscire fuori dalla sfera dell’attività d’amore, qualora voglia essere veramente di compiacimento al Signore, e a noi incombe, perciò, il dovere di venirci sempre reciprocamente in aiuto, ogni volta che ci rendiamo reciprocamente manifesto che abbiamo, in una o nell’altra situazione, bisogno l’un dell’altro. Poi, per quanto concerne l’indirizzarsi al Signore, è certo giusto ed equo che il più forte abbia così a suggerire al più debole, però bisogna che il primo non abbandoni l’altro finché quest’ultimo non abbia detto: “Vedi, il Signore ha ora destato anche me!”

30. O Enoch, vedi, nessuno di noi può dirti ancora qualcosa di simile, poiché noi tutti non siamo niente dinanzi a Dio; bandisci dunque quanto vi è di inutile in te e nella pienezza del tuo amore pensa a quello che occorre al momento a noi tutti, nella situazione in cui ci troviamo, affinché noi possiamo apparire del tutto giusti nell’amore dinanzi a Dio!

31. Oh, non indugiare, e appaga il nostro amore in Dio! Amen!»

 

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Cap. 60

La giustificata discrezione di Enoch

 

1. E vedi, dopo che Set ebbe parlato così, si alzò Adamo e disse: «La parola di Enoch è stata dura, e dolce è stata quella di Set!

2. Dato però che ambedue avete parlato giustamente, soltanto che l’uno ha parlato in tono alto, duro e incomprensibile, mentre l’altro in tono soave e comprensibile, da parte mia ritengo che a nessuno debba essere imputato alcunché di colpa. Per altro, un principio buono è certo questo: – non si porga ai figli alcun cibo ne non sia ancora adatto ai loro denti! E così, Enoch, il tuo cibo per questa volta è troppo duro, sarà bene perciò rendere molle il cibo che hai dato, in modo che noi lo possiamo mangiare con profitto! Amen!»

3. Dopo ciò si alzò nuovamente Enoch e cominciò a rivolgere a tutti i presenti le seguenti e notevoli parole:

4. «O cari e stimatissimi padri! Quello che il padre Set, animato dai migliori sentimenti, ha onestamente e con piena dignità detto di fronte a me, è vero, giusto e buono, e mostra con evidenza e chiarezza quanto dell’uomo è di nuovo per l’uomo; poiché questo è pure il Volere dall’Alto, e quindi ciascuno ha il diritto d’amore di venire in aiuto dell’altro in cose che concernono l’uomo; e ciò tanto più nel momento del bisogno nel quale l’aiuto viene invocato, e meriterebbe ben poco di essere uomo colui che puramente, per una qualche vana ragione, si inducesse a desistere dal fare o dire quello che è giusto in base al dovere e all’amore.

5. Tuttavia, o cari e stimatissimi padri, dite o domandate a voi stessi che cosa si potrebbe fare nel caso in cui il primo padre, Adamo, essendogli stata fatta dai figli una qualche domanda, per non dover parlare egli stesso, avesse dato a me una risposta concisa, dura e dal significato profondo e preciso. Ammettiamo ora che i figli questa risposta non l’abbiamo compresa e ammettiamo che io pure, quale strumento della risposta, non l’avessi compresa a fondo, bensì solamente quel tanto che il primo padre avesse voluto spiegarmi, alla precisa condizione di non dare a nessuno per il momento tale spiegazione, affinché i cuori dei figli, nella sfera del loro pensiero, non fossero indotti ad eccessiva pigrizia, bensì potessero sempre più destarsi. Ma se poi i figli, a causa della risposta un po’ oscura, mi facessero pressioni e mi costringessero a parlare in maniera più chiara e comprensibile, o padri, giudicate voi stessi: – quale richiesta è situata più in alto, quella del primo padre o quella dei figli prematuramente avidi di sapere?

6. O padri, voi non potreste fare a meno di darmi perfettamente ragione se, mediante una giustificata discrezione, intendessi serbare il comandamento del primo padre fino al tempo che a lui piacesse, così come oggi ho fatto prima dell’alba verso Jared, il padre del mio corpo, poiché la parola del primo padre è più alta di tutto il desiderio più intenso di tutti i suoi figli! E se io rimasi silenzioso, non feci forse quanto era giusto e secondo quanto prescriveva il dovere?

7. Ma allora come mai, dato che ben sapete che quando parlo, non parlo da me, bensì dal Signore, voi poi mi rimproverate, quasi io avessi parlato da me, mentre già ieri dovreste avere avuto a sufficienza la prova più lampante del fatto che visibilmente il Signore ha accompagnato da vicino la mia debole lingua?

8. Ma siccome ora non avete interrogato me, bensì il Signore tramite me e perciò il vostro interesse era rivolto non alla mia voce, ma a quella del Signore, allora chiedete a voi stessi a chi tocca il rimprovero!

9. Posso fare di più di quanto è nella Volontà del Signore? Posso dare più di quanto abbia ricevuto io stesso?

10. E se anch’io avessi ricevuto in piena misura, ma la Volontà del Signore mi avesse posto dei limiti determinati di dirvi per il momento solo quello che vi ho riferito con precisione, dato che il Signore aveva, di sapiente proposito, richiesto tale cosa precisamente da me, e se io obbedisco al Signore in ogni timore e amore, o padri cari, giudicate e dite voi stessi se io non agisco rettamente quando considero la Volontà del Signore più eccelsa di ogni vano richiedere degli uomini, i quali tutti assieme non sono niente di fronte a Lui, e senza di Lui non possono assolutamente niente, mentre possono tutto con Lui!

11. O padri, vedete, verso di me il rimprovero è superfluo come ad un albero che non può portare altri frutti se non quelli che il Signore ha posto in esso, siano essi dolci o amari; ma per quanto riguarda il Signore, dite, qual è la creatura che non vorrà eternamente approvare ciascuna delle Sue parole, per la cui comprensione si consumeranno invano e completamente perfino le eternità!

12. Ora, se voi mi interrogate dal Signore, è segno che credete pure che io parlo fuori dal Signore, ma, se qualcuno dubita nel proprio cuore, allora le domande e le risposte risultano di per sé inutili, perché egli non ha fede e diffida del proprio cuore.

13. Ma come può qualcuno diventare fermo nell’amore tramite il proprio fratello, se già il suo cuore è vacillante nel Signore? Confidate perciò nella Parola del Signore, affinché possiate diventare fermi nell’amore!

14. Il figlio certamente non è al di sopra del padre; ma quando il Signore parla con il figlio, allora il figlio è del Signore e il padre non dovrebbe affliggersi per la voce del Signore nel figlio.

15. Asmahaele, Abele ed io vi abbiamo, ad ogni modo, annunciato la Volontà del Signore, la qual cosa è un prodigio per tutti noi. Ma allora, a che scopo un’altra domanda? Doveroso e giusto, invece, è operare nell’amore e nella fede nel Signore; quanto va oltre a ciò sia eternamente del Signore! Amen!»

 

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Cap. 61

Della Parola divina nel cuore dell’uomo

11 febbraio 1841

1. E quando Enoch ebbe così terminato tale discorso, vedi, subito si alzò nuovamente Set e disse: «Oh, cosa siamo e cosa possiamo noi? Nulla!

2. È vero che quando parliamo tra di noi alla maniera umana, tutti ci crediamo saggi, tuttavia, vedo ormai chiaramente che ogni sapienza umana dinanzi a Dio è pura stoltezza, della quale Egli certo non può compiacersi.

3. Ascoltate, non erano le mie parole di prima tali da essere originate soltanto dal più nobile cuore umano? Ma a che cosa sono esse ridotte ora? Non ad altro che ad una vana stoltezza, ed io con ciò vengo ad assomigliare ad un balordo che con i suoi pensieri dispersi in tutto l’universo, chiede dov’è la sua capanna, mentre vi si trova dentro!

4. Ma perché, perché non abbiamo già potuto prima accorgerci della nostra vana stoltezza e ci siamo tanto terribilmente denudati al cospetto del Signore? A meno che noi non siamo tutti quanti ciechi, non sarebbe altrimenti concepibile che noi abbiamo potuto senza alcun scopo inquietare il caro Enoch ancora con una domanda del tutto inutile a questo riguardo; noi abbiamo già avuto conferma della meravigliosissima decisione dell’Alto nei suoi confronti per mezzo di Abele, Enoch, Kenan e infine in maniera stupefacente per mezzo di Asmahaele stesso. Come avremmo potuto preferire diffidare della parola di Enoch piuttosto che scrutare nella nostra propria cecità? Oh, che assurda stoltezza! Potessimo non averla mai commessa! Infatti, com’è disdicevole adesso doversi vergognare dinanzi a propri figli, quale padre!

5. Ma ormai tutto ciò non può andare diversamente, e perciò sia sacrificato al Signore!

6. Io però penso così nel mio cuore: – il Padre amorosissimo e santissimo, nella Sua grande Mitezza, interpreterà in senso buono la mia e la nostra troppo preoccupata ansietà, e ci assisterà nel Suo Amore e non nella Sua Sapienza, al paragone della quale non siamo assolutamente nulla. Ed Egli ci considererà come dei figli che dormono, i quali sognano di essere svegli; oppure, restando ad occhi chiusi, credono che, non vedendo niente, neppure quelli che sono desti devono o possono vedere niente!

7. O Enoch, dunque, destaci pure, perché ben verrà anche per noi il tempo in cui vedremo quello che tu vedi, mentre ora lo vediamo tutti solo tramite te!

8. Tuttavia, in futuro verrà anche questo: – il Signore susciterà i figli a maestri dei loro genitori e donerà ai genitori un cuore infantile. Ed un giorno, dopo di noi, verranno ancora dei figli i quali nella loro impotenza compiranno cose più grandi che non noi con tutta la nostra forza. E così, in ogni tempo, avverrà secondo la Volontà del Signore!

9. E tu, diletto Enoch, alzati e dimmi se, così come ho detto, ho parlato bene, e ristora con ciò il cuore di noi tutti! Amen!»

10. Allora Enoch, sorridendo amorevolmente a tutti i padri, così rispose: «O padri diletti, perdonatemi se talvolta il mio linguaggio suona in apparenza alquanto aspro, perché non sono io, il vostro figlio Enoch, a usare la mia lingua per pronunciare parole che dovrebbero essere a voi comprensibili, bensì è il Signore che la muove, secondo il Suo piacimento. Perciò, anche nessun carico può essere fatto allo strumento, quando il Signore l’adopera conformemente al Suo intendimento! E quando ragiono di cose il cui senso giace nascosto come il germe nella semente, allora il procedimento stesso insegna, e qui ancora di più l’ordine naturale, che neppure il germe si sviluppa, fuori dal granello di semente, d’improvviso a frutto pienamente maturo quando da poco viene affidato alla terra, bensì il granello deve dapprima marcire ed essere annientato, e soltanto dopo la vita viene resa libera e si accresce gradatamente, affrontando più d’una bufera e sotto l’influsso del Sole e della pioggia, fino a diventare molteplice frutto ricco di benedizione.

11. Vedete, così precisamente avviene di ciascuna Parola del Signore! Essa non sarà fruttifera appena è stata data, bensì quando viene deposta nel terreno dei nostri cuori; essa vi viene deposta ben custodita entro un duro guscio; ma, quando poi, per effetto del nostro amore, questo duro involucro si scioglie e viene consunto nel cuore, allora, vedete, il germe vivente, ovvero l’intelligenza vivente e fattiva, irrompe alla luce del Sole dello spirito e, esposta poi a svariate prove tempestose, nonché alle piogge d’amore dall’Alto e alla luce di Grazia del santissimo ed amorosissimo Padre, prospererà e maturerà a frutto inestimabile di ogni vita e d’ogni amore nella Sapienza di Dio, nostro Padre!

12. O padri, vedete, questa è la Volontà del Signore, ed è così che dobbiamo afferrare ciascuna delle Sue parole! E soltanto a questo modo forniremo chiara prova dinanzi al Signore che noi siamo veramente Suoi figli, i quali comprendono la Parola del Padre e bene riconoscono sempre la Sua voce. Amen!».

 

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Cap. 62

La comprensione del discorso di Enoch da parte dei patriarchi

 

1. Vedi, queste erano parole davvero giuste ed opportune, e tuttavia non riuscirono del tutto chiare ai padri, per la qual cosa anche Adamo chiese a tutti i figli che gli stavano intorno:

2. «Figli miei, avete tutti ben compreso quanto ha ora detto Enoch con il suo discorso?»

3. Tuttavia, Set rispose: «O padre, se soltanto ora la semente è stata deposta, come potrebbe avvenire che noi comprendiamo interamente tali cose? Noi abbiamo bensì ricevuto il guscio con dentro il germe, così come la pietra con dentro la vita, però la decomposizione della materia non è ancora avvenuta affinché ne sia scaturita la vita. Ma confido fermamente che il tempo del Signore farà sicuramente la sua parte e convertirà i nostri cuori in un nuovo Paradiso! Amen!»

4. E Adamo domandò pure ad Enoch per comprendere maggiormente. Ma questi rispose: «O padre, una volta vidi un mucchio di pietre informi, tozze e pesanti, e il loro colore era uniforme. Però ben presto cominciò a scendere dal cielo una pioggia fecondatrice, e questa pioggia cadde pure sul cumulo di pietre; ma queste pietre, essendo state prima potentemente riscaldate dal Sole, assorbirono avidamente ciascuna goccia e si diedero ad emanare vapori, apparendo quasi deliziate da tanta frescura; tante erano anzi le emanazioni, che non potei più scorgere le pietre, avvolte come erano entro lo spesso velo dei vapori. Però, in seguito, assieme alla pioggia cominciò a levarsi un leggero vento, che ben presto liberò le pietre dalla cortina di vapori e le potei nuovamente vedere. Ma come le trovai cambiate!

5. Il colore uniforme si era convertito in mille colori e l’acqua, penetrata nelle pietre, le aveva rese del tutto trasparenti e, anzi, alcune le trovai disfatte in una poltiglia bianca, cosicché, di conseguenza, potei, quasi fin troppo chiaramente, osservare la loro multiforme struttura.

6. E così anche credo adesso di vedere, dinanzi a me e in me, un tale cumulo di pietre, le quali appaiono possentemente riscaldate dai raggi della Grazia dall’Alto e non vi è finora che pochissimo divario fra di loro; però ormai credo anch’io fermamente che quando verrà la pioggia, accompagnata da tempeste, accadrà senz’altro alle mie pietre come a quelle che ho visto, dove le trasparenti saranno simili alle comprensioni perfette e quelle disfatte in una poltiglia saranno simili alla decomposizione, in seguito alla quale germoglierà una nuova vita dalla terra del mio cuore, nella stessa maniera come, nell’altro caso, dalla bianca poltiglia era sorta un’erba fresca e lussureggiante. Amen!»

7. E subito anche a Kenan fu indirizzata una simile domanda, e la sua risposta fu questa: «O padri, non molto tempo fa, in una giornata torrida ed affannosa, scorsi che delle regioni lontane andavano man mano scomparendo alla mia vista e a nulla giovava neanche il massimo sforzo degli occhi; in breve esse svanirono del tutto e la luce del Sole non era capace di impedire che un tale disastro andasse sempre più avvicinandosi. E così da questa cosa assurda furono inghiottite gradatamente anche le alte e ripide vette dei nostri monti vicini. Io fui colto allora dall’angoscia per la Terra e così mi rifugiai nella mia capanna.

8. In quella notte scoppiò una tempesta. Lampi e tuoni facevano a gara nel manifestare la loro potenza. Un turbine cacciava l’altro; le bufere passavano oltre, infuriando sopra la mia capanna e dal cielo precipitò una pioggia torrenziale, i cui flutti ardenti fendevano le cime dei monti; e poi, con un fragore di tuono ed un sibilare schiumoso, scendevano violenti per fosse profonde e per valli, fino a raggiungere il mare.

9. O padri, tutti i miei famigliari languivano, immersi in una angoscia talmente grande da lasciarli storditi, e avevano paura di Dio!

10. Io pregavo. La bufera passò. Verso il mattino tutto era ritornato tranquillo; allora, qualche tempo prima dell’alba, abbandonai la mia capanna e guardai lontano, stupito e grato. Oh, era il mattino più sereno che avessi mai visto e il mio occhio scopriva cose ad una distanza da me mai immaginata prima, e vidi queste cose come se fossero entrate in una vita serena!

11. E così, io credo anche fermamente che dopo questa notte tempestosa del mio cuore sorgerà similmente un mattino tranquillo e quanto mai sereno e puro nell’amore e per l’amore a Dio, l’amorosissimo, santissimo Padre di tutti noi. Amen!»

12. E ora una risposta era attesa da Maalaleel, riguardo al fatto, cioè, se avesse compreso o meno il discorso di Enoch e in quale modo.

13. E con la sua usuale parsimonia di parole, egli così si espresse: «O padri, non è molto tempo che io mi proposi, un certo mattino, di fissare il Sole finché avessi potuto sopportarlo, e ciò per scoprirvi qualcosa come si fa contemplando la Luna quando è piena. Solo che, dopo brevi istanti fui punito per la mia pazzia, poiché, non appena i miei occhi non furono più in grado di tollerare l’immensa ed ardente potenza della luce, vedete, io distolsi il mio sguardo dal Sole e, con mia grande angoscia, mi accorsi che i miei occhi non erano capaci di vedere niente; anzi, io mi trovai come perduto in me stesso, tanto che non potei più vedere né il terreno, né me stesso, ma soltanto percepirli con il tatto.

14. E in tale stato rimasi per tutta la giornata e, venuta la sera, a mala pena potei osservare come la notte andava ricoprendo la Terra.

15. I miei figli mi accompagnarono nella mia capanna, e là pregai il buon Padre santo che volesse, in grazia, ridonare la luce ai miei occhi, luce che avevo perduto a causa della mia grande stoltezza. Dopo di che mi addormentai e la notte sparse generosamente la rugiada sulle mie palpebre e sui miei occhi infiammati spirarono fresche brezze e calmarono il bruciore del Sole nella mia vista. Così trascorse la notte e siano rese grazie ed onore al buon Padre santo! Per me nuovamente sorse un mattino tranquillo, sereno, fresco e puro. La mia vista si trovò rinvigorita, ma non più per una nuova stoltezza, bensì per contemplare le distese della Terra cosparse di fiori e per porre attenzione su come la vita va svincolandosi liberamente dal dissolvimento in forme innumerevoli e nelle figure più allegre.

16. E così io pure credo fermamente che, anche se il mio occhio spirituale è per il momento abbagliato dall’eccessiva luce di grazia proveniente dalle sante altitudini di Dio, tuttavia il riposo nella pace notturna del cuore e il refrigerio della rugiada d’amore, con l’aiuto di una brezza rinvigorente d’amore dalle altitudini del Padre buono e santo, nel grande mattino dello spirito faranno pure sorgere tra breve, sulle distese del mio cuore, una vita meravigliosa fuori dalla dissoluzione dei miei duri pensieri e sentimenti. Amen!»

17. E infine fu il turno di Jared, e questi rispose nel modo seguente: «O padri! Che cosa devo rispondere? Enoch è bensì proceduto immediatamente da me, così come il Sole sembra sorgere da dietro i monti fuori dalla Terra, ma, in breve tempo, esso si trova ad un’altezza immensa, sopra la distesa della Terra e inonda di raggi lo spazio infinito e tutta la Terra s’immerge poi abbagliata nei potentissimi raggi della sua luce e ogni vita si desta a lieta operosità e ai prodigiosi e innumerevoli sviluppi fuori dalla dissoluzione della notte!

18. E così anch’io credo tenacemente e con fermezza che Enoch sia stato innalzato come un Sole ad altezze incommensurabili al di sopra di me. E ora tutto il mio essere sarà abbagliato dalla sua grande luce. Ma questa luce santa basterà che operi come la luce del Sole e la mia notte tornerà per me a benedizione, perché, se la luce origina vita e provoca lo spuntare del germoglio vivente, fuori dalla dissoluzione, e lo plasma e lo guida poi in modo meraviglioso, allora certamente anch’io, non meno di una pianta, verrò considerato dal Signore nella silenziosa pace della mia umiltà. O padri, di questo io sono certissimo! Doni il Signore a ciascuno, secondo il Suo piacimento! Amen!»

 

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Cap. 63

Il discorso di Asmahaele riguardo alla Parola divina

 

1. «E ora», così proseguì Adamo, «poiché tutti, ad eccezione di Enoch, mi hanno dato risposta, ed è naturale che sia così, dato che Enoch è del tutto, e già da lungo tempo, la stessa risposta vivente – sentiamo, infine, come Asmahaele abbia compreso tutto ciò e la sua risposta sarà l’ultima ed inoppugnabile prova del suo desiderio di essere accolto nel modo più degno nel nostro seno paterno, conformemente alla Volontà di Jehova.

2. Dunque, esponi tu pure, o Asmahaele, il tuo migliore intendimento. Dicci come hai compreso le parole del maestro che ti fu destinato; parla dunque come tu puoi! Amen!»

3. E vedi, allora immediatamente Asmahaele cominciò il seguente discorso, quanto mai notevole, e si espresse fedelmente così come Io lo ispiravo, e disse:

4. «O dilettissimi padri dei padri della Terra, troppo gravoso fu per voi, figli dell’altissimo e santissimo Padre, intendere la meravigliosa parola di Enoch e comprenderla pienamente dalle più intime profondità della radice di vita! O padri dei padri della Terra, ora è a me che tale compito si vorrebbe affidare, a me che come un miserissimo verme me ne vado strisciando nella polvere. Ora proprio io sono chiamato a fornire spiegazioni fino a dove mi sia possibile legare l’infinito al finito, la morte alla vita, la notte alla luce, la Terra con il Sole, e ciò che è temporaneo con quello che è eterno e, infine, le creature con Dio!

5. O voi padri dei padri della Terra, se un tale potere fosse dato a me, oh, allora la Terra non sarebbe davvero più scarsamente illuminata di giorno da un unico Sole. Oh, udite: – da ciascuna parola, da un semplice suono della lingua sorgerebbero ad eserciti i soli, che, giocondi, si vedrebbero circolare tutt’intorno alla Terra!

6. O padri dei padri della Terra, io penso che la potenza di tali parole e la vostra comprensione finale si situano ad altezze troppo alte ed infinite perché io, misero schiavo da poco strappato alla morte e alla notte, possa già rivelare il maggiore fra i prodigi: – il prodigio dei prodigi nella Parola!

7. Spesso ho visto compiere azioni molto sagge da parte degli animali; erano cose che suscitavano tanto stupore che l’uomo, pur dedicandovi diligenti fatiche non sarebbe mai riuscito ad imitare; ma parole per dare un nome a quello che hanno prodotto. Oh, sentite, questo prodigio di tutti i prodigi il mio orecchio in ascolto non l’ha mai percepito dalla bocca del più saggio animale!

8. Allora io pensai: “Anche la più saggia delle azioni non potrà mai annunciare alla vita (all’uomo) la Vita della Vita (di Dio)!”. Infatti io vidi spesso dei ragni morire nel mezzo della più ardita ragnatela; sì, perfino nei più grandi palazzi delle potenti città della pianura, già spesso la morte celebrò una terribile festa del raccolto!

9. Sì, perfino gli uomini verso gli uomini mostravano, senza le parole, a mala pena più vita di quanto sia capace di dimostrarne una pietra alla pietra!

10. Ma le parole, ascoltate, le parole che hanno radice nella Vita ci mostrano la Vita a loro volta! E in quale cosa, in origine, la Vita avrebbe potuto trovarsi, se non solo nella Parola?

11. Nella Parola è la Vita, la Parola è la Vita e Dio è la Parola e la Vita. Solo nella Parola si trova la Vita, ed è la Parola che, generando se stessa eternamente in Dio e trovandosi eternamente in Dio come Vita della Vita, deve anche aver parlato molto possentemente e così aver tutto formato e tutto creato infinitamente da sé!

12. O padri dei padri della Terra: – ma se ora per bocca di Enoch mi è dato di apprendere il possente operare della Parola e sento che per mezzo suo, tutto si trasforma in me e si rinnova, oh, allora non chiedo della Vita! In verità, io l’ho già fedelmente trovata nella Parola, e a chi tale prova della Vita non basta, allora, o padri, io penso che difficilmente ne troverà un’altra! Amen!»

 

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Cap. 64

Discorso di Enoch sull’essenza della Parola

15 febbraio 1841

1. Ma quando Adamo e gli altri padri ebbero udito tali parole dalla bocca di Asmahaele, vedi, tutti, eccetto Enoch, furono colti da grandissima meraviglia, ed essi non sapevano affatto in quale senso avrebbero dovuto essere comprese.

2. E come Enoch si fu subito accorto di tanto imbarazzo dei padri, fu mosso a pietà e, senza esserne richiesto, cominciò a rivolgere loro le seguenti parole, colme di luce, cosicché essi ne furono oltremodo lieti:

3. «Perdonatemi, o cari padri, se ora, non richiesto, riprendo a parlare liberamente. Però ora devo farlo, perché vedo che a voi tutti necessita una luce maggiore dall’Alto. Ascoltate, dunque: ciò che adesso la mia lingua vi annuncerà, sarà una parola di vita, una parola dall’Alto, e anche una parola dalla Profondità. Dall’Alto colma di luce, e dalla Profondità colma di vita, poiché nell’Alto, Dio è la Luce di ogni luce, e nella Sua Profondità Egli è la Vita di ogni vita.

4. Vedete, questo ragionamento è da comprendersi così: – se noi gettiamo uno sguardo verso l’alto e poi lo rivolgiamo giù, verso la Terra, e ciò nella forma e nel modo del tutto più naturale, noi vedremo che nell’alto tutto è pieno di luce, mentre nella Terra e su di essa tutto è traboccante della più multiforme attività. Quaggiù, nei solchi della terra, giacciono sepolti innumerevoli sementi che celano in loro la vita, ed altrettanto innumerevoli sementi del mondo animale nei tiepidi nidi, come pure nelle viscere degli animali medesimi, e sono in attesa del calore e del raggiungimento della luce.

5. Ma, in verità, prima che tutti i solchi della terra, tutti i nidi e tutte le viscere animali siano interamente compenetrati dal calore, nessuna vita potrà sorgere nel proprio germe, sorgendo fuori da tutti questi carceri, né potrà liberamente innalzarsi negli spazi della libertà, dove tutto è inondato di luce!

6. Non vediamo forse che l’estate e l’inverno sono elargitori alla Terra di una medesima luce, eppure, non è lo stesso calore che scalda i solchi della Terra? Ma se la luce fosse la portatrice del calore, vedete, sotto gli stessi raggi del Sole dovrebbe fare sempre ugualmente caldo, però che così non sia ce lo insegna il freddo inverno, spesso quanto mai rigido.

7. Naturalmente, però, si domanda ora: ‘Che cos’è e dov’è allora il calore, dato che questo non è connesso con la luce e che, per conseguenza, la luce non è la portatrice del calore?’

8. Vedete, il calore è la stessa vita nascosta ed assopita nella Profondità e non può, di per sé, rendersi libera, ma, quando la luce viene a risplendere per un tempo sufficiente sopra la profondità della Terra, vedete, essa desta il calore dal suo sonno. Questo, poi, lacera il suo contenitore gelato e ne esce liberamente ed attivamente; si congiunge poi con la luce e forma un essere che estende ancora le proprie radici nel grembo primordiale della vita e là va cercando il suo nutrimento, mentre innalza liberamente sopra il terreno la parte che è affine alla luce. Ciò avviene per mantenere continuamente desta la propria vita, ormai distolta dal sonno, e quello che costituisce il principio ridestante nelle piante, tale rimane pure trattandosi di animali dell’una come dell’altra specie. E tutto viene attratto dalla luce e spinto dal calore.

9. Però tutto ciò non è che un fenomeno naturale e l’attività che si esplica in varie forme è da considerarsi vivente soltanto per l’essere che è il portatore di una vita superiore.

10. Ma quando vediamo che esseri di pari specie si attraggono e si trovano, mentre altri esseri di specie disuguale si respingono e si fuggono, dobbiamo dedurre da ciò che in essi non esiste una sola qualità di calore e di luce che li spinge e li attrae, bensì in questo caso c’è una luce depredata ed un calore rubato, mediante i quali vengono spinte ed attratte tutte le male erbe, nonché tutti gli insetti schifosi; tuttavia una vita superiore e libera è atta ad accorgersi di tutto ciò!

11. E ora si domanda: “Come mai una vita superiore e libera è capace di tanto e perché?”. O padri, qui appunto sta il nodo principale che conviene sciogliere!

12. Ascoltate, dunque: – come la forma di tutte le cose, nella loro immensa varietà, è un’espressione del calore naturale in congiunzione con la luce e si differenzia soltanto a seconda della capacità di accoglimento di più o meno luce o di maggiore o minore calore, così anche il linguaggio umano è una forma plasmata dal calore spirituale, che è l’Amore divino nel cuore, e della luce spirituale costituita dalla grazia divina dell’uomo.

13. Ora, come potremo proferire parole intelligibili, se queste non ci venissero date quali forme eterne dello spirito? Ma, considerato che possiamo denominare tutte le cose, dite, chi ci ha insegnato tutto ciò?

14. Dio solo ha potuto farlo, essendo soltanto Lui l’eterno compendio di tutte le forme, perché Egli è la Vita e la Luce, o l’Amore e la Sapienza stessi e, quale eterno, inscindibile legame di ambedue, Egli è la Forma originaria di tutte le forme o l’Essere originario di tutti gli esseri, ovvero dunque l’eterna Parola stessa!

15. Se dunque qualcuno ha trovato esteriormente la Parola e l’ha compresa e accolta, egli allora non ha trovato un oggetto, bensì una vita spirituale nella sua piena consistenza, perché ciascuna parola è una forma risultante dal calore e dalla luce spirituali. Perché ci meravigliamo allora per le parole del nostro Asmahaele?

16. Oppure, non assomigliamo, in problemi del genere, ai pesci che, standosene nell’acqua, non la vedono, così come noi, che siamo immersi nell’aria, non la vediamo; o non è proprio così che noi, trovandoci nella pienezza della vita da Dio, ci meravigliamo e restiamo colpiti, apprendendo la vera sensazione di Asmahaele?

17. Però, o padri, tutto ha la sua ragione! Vedete, nella parola stessa abbiamo sì la vita indistruttibile, ma questa vita è ancora simile a quella racchiusa nel granello di semente! Se rivolgiamo il nostro cuore al mondo, allora in noi subentra l’inverno; e la luce di grazia, avendo troppo breve durata, non è capace di liberare in noi il calore spirituale. Ma se noi invece rivolgiamo continuamente il nostro cuore verso le altezze di Dio, allora la luce di grazia, che in questo caso dura a lungo, anzi è perpetua, libererà ben presto dai lacci il calore della vita spirituale in noi, e noi stessi poi, quali forme viventi, ovvero quali parole viventi ci innalzeremo, ridestati per l’eternità, nella Luce del Signore.

18. Ma chi non agisce in questo modo, egli è un predone e un ladro, e diverrà zizzania e ripugnante insetto, ed apparirà quale una deformazione orrenda della vita, come la si può constatare in coloro che dimorano nella pianura.

19. Chi dunque ha la parola, egli ha anche, in eterno, la vita; però, a seconda di come è la parola, così sarà pure la sua vita!

20. Così va inteso quello che Asmahaele ha voluto dire. Amen!»

 

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Cap. 65

Sguardo retrospettivo di Adamo alla propria vita

 

1. Dopo tale grande sprazzo di luce da parte di Enoch, tutti si alzarono e Mi ringraziarono in silenzio per questo dono nel loro cuore. E Adamo richiese poi un leggero ristoro per il suo corpo, ristoro che gli fu immediatamente portato. E come egli si fu ristorato con un po’ di miele, latte e pane, Mi ringraziò per questo dono, e poi, rivoltosi ai suoi figli, parlò così:

2. «Figli! In questo luogo, un giorno, persi tutto per colpa mia; ma, in verità, il Signore, il nostro amorosissimo e santissimo Padre, colmo di Grazia, ha concesso che io ora ritrovassi qui mille volte più di quanto ebbi a perdere allora!

3. O paradiso, o incantevole giardino, o luogo di splendore dove io, ancora nella Mano di Dio, brillavo come un Sole nascente e, nella pienezza assoluta della vita, ero più possente dell’impulso di tutti i mondi, poiché ero il tuo baldanzoso abitante, mentre tu non eri che il mio debole portatore!

4. Io un giorno caddi e tu, deliziosa illusione dei miei occhi, non fosti capace di aiutarmi a rialzare! La caduta del possente ti aveva schiacciato, e il tuo terreno di piume fu compresso come una fresca lanugine che il vento strappa dall’albero e fa poi cadere a terra, perché venga calpestata dai nostri piedi.

5. A causa della mia forzata fuga tu sei bensì cresciuto, senza aggravi, fino alla vana altezza della tua fragilità e davvero non ti opprime più il piede di nessun potente; però in te non c’è neppure più molta ragione di gloria, se si eccettua il vano ricordo che tu un giorno fosti il mio debole portatore.

6. Sennonché il Signore, nella Sua Misericordia, vide che per il pesante, che era soggetto alle cadute, il tuo terreno era troppo inconsistente; per questa ragione Egli pose delle pietre sotto ai miei piedi, affinché la loro solidità mi preservasse da una futura caduta.

7. Oh, che buon terreno è questo sul quale posano adesso i miei piedi! È un terreno che mi ha preservato da una nuova caduta ormai da quasi novecento anni, cosa questa che non fosti capace di fare nemmeno per trent’anni! Questo buon terreno fece in modo o fu la causa umiliante per cui io sono diventato portatore di te più valido di quanto tu, un giorno, lo sia stato per me. Perché ormai ti ho sollevato, in me stesso, ed ho fatto questo con magnificenza infinite volte maggiore tramite l’immensa Grazia provenutami dall’Alto. E sono sicuro del fatto che tu in me non cadrai mai più in eterno. E se fosse anche possibile che tu cadessi in me, tu non mi piegherai né mi opprimerai, bensì, con la Grazia proveniente dall’Alto, sarò bene in grado di risollevarti affinché tu possa restare un abitante costante di colui i cui capelli stanno al Signore più a cuore che non tutta la Terra, la quale fu, altre volte, la tua vacillante portatrice!

8. O figli, io venni qui rattristato, perché rimpiangevo la mia perdita come già prima io l’ho rimpianta mille volte, ma questa volta il mio sospiro è stato l’ultimo ed ultima la lacrima che qui ha inumidito la tua nuda parete. D’ora innanzi non ti calcherò più, o antico e vuoto guscio d’una vita consunta, bensì il mio piede camminerà giubilante sul proprio terreno dov’è prosperato e avviato a maturazione il frutto della vita eterna!

9. O figli, mi sento oltremodo lieto e contento, e a te, o mio Enoch, vada perciò la mia benedizione, in eterno!

10. Figli, se qualcuno ha ancora qualche dubbio, attenda ad esporlo quando saremo, nel pomeriggio, di ritorno alla mia capanna. E ora fate radunare i figli, affinché li benedica e li avverta che si trovino domani, prima del levar del Sole, come al solito, al luogo consacrato per il sacrificio. Amen!»

11. E vedi, quando così Adamo fu al termine delle parole di lode, di grazia, di glorificazione, come anche di disdegno, di congedo e di impartizione di ordini, i suoi figli eseguirono il tutto secondo la sua volontà. Allora tutti i figli si affrettarono a loro volta giubilanti, poi furono benedetti da Adamo e fu loro fatto solennemente l’invito di radunarsi il Sabato a tempo opportuno. Dopo di che i figli, tra le lodi al Mio Nome, furono di nuovo congedati in pace.

12. Ma poi, Adamo disse: «Ebbene, o figli miei, andiamocene ora verso Mezzogiorno, per fare là quanto abbiamo fatto qui!

13. Il Signore sia con te, o Enoch, e con noi tutti e con Asmahaele e con tutti i nostri figli che dimorano qui e altrove!

14. Il Signore ci guidi e predisponga i cuori di tutti i figli alla nostra benedicente venuta e alla Sua grande Misericordia e Grazia, affinché possano domani comparire con cuore ben preparato e comprensivo, per la glorificazione del Suo Nome e per vivificare la loro anima e ridestare il loro spirito ancora dormiente!

15. E ora mettiamoci lietamente in cammino in direzione del Mezzogiorno! Enoch ed Asmahaele siano le mie guide e gli altri mi seguano, secondo l’ordine di prima. Tuttavia, considerato che il Sole ha già fortemente acuito i suoi raggi, avviamoci attraverso il bosco per qualche sentiero ombroso, affinché le nostre membra non si infiacchiscano prima del tempo destinato al riposo, dopo il dovere fedelmente compiuto. Cammin facendo, però, conviene che ciascuno si mantenga nel silenzio e che badi bene a dove posa il piede, affinché non ne abbia danno nel suo incedere diritto.

16. O Signore, o Tu, Padre eccellente e santissimo, non distogliere il Tuo occhio benigno da tutti noi! Amen!»

 

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Cap. 66

Asmahaele e la tigre

 

1. E così i padri si incamminarono tranquillamente per un sentiero ombroso, fra cedri e palme, dirigendosi verso Mezzogiorno e durante questo percorso che durò circa un’ora si mantennero tutti di lietissimo umore e Mi lodarono e glorificarono nei loro cuori, poiché essi, allora, avevano in grande abbondanza di che ammirare, poiché la natura si manifestava in modo completamente trasparente dinanzi ai loro occhi, rinvigoriti dalla Mia Parola.

2. (nota bene: - Nella maniera già resavi un po’ percettibile nell’ambito delle Testimonianze dalla natura)

3. E mentre essi avevano già percorso metà del cammino, vedi, improvvisamente Asmahaele arretrò, tremando in tutto il corpo e non si azzardò a muovere più un passo.

4. Ma Enoch subito gli chiese: «O Asmahaele, cos’hai che le tue giovani membra ti rifiutano il servizio? Fatti animo e dicci se tu scorgi un qualche pericolo, oppure se un qualche altro male ti ha colpito, poiché appunto proprio ora stiamo procedendo per le vie del Signore e il Signore è con noi come noi siamo con Lui! Facci dunque conoscere sinceramente cos’è che ti riempie d’angoscia e che ti è d’impedimento. Amen!»

5. Allora Asmahaele si riebbe alquanto e in tono sempre angustiato disse: «O padri dei padri della Terra e tu, pure, mio saggio e amorevole Enoch! Guardate un po’ oltre e vedrete una tigre possente e furiosa! Già aguzza i denti bramosa e distende gli artigli mortali; è già pronta al gran balzo per prendermi e sbranarmi, per bere il mio sangue e divorare la mia carne! Poiché il guardiano della sacre alture non si può mai ammansire nella sua collera spaventosa, perché la vigile, crudele fedeltà all’ira in quest’animale è tale che la terra vorrebbe augurarsi che non esistesse qualcosa di simile!

6. O padri dei padri della Terra, affinché pure voi non andiate incontro con me alla rovina, ritiratevi e lasciate che la tigre potente mi afferri, quale vittima per la vostra salvezza, affinché la vostra santa vita in Dio rimanga preservata! Oh, salvatevi, salvatevi, o degnissimi padri possenti!»

7. E vedi, allora i padri guardarono un po’ oltre e videro ciò che incuteva tanti timori ad Asmahaele.

8. Ma Adamo disse ad Enoch: «Ascolta, caro Enoch! Va’ e conduci qui il fiero guardiano, affinché il timoroso Asmahaele familiarizzi con la potenza di Dio nell’uomo, per la quale l’uomo è stato posto a signore sulla Natura e ogni creatura è chiamata ad obbedirgli! Amen!»

9. Ed Enoch si diresse subito presso la tigre, ma questa però, all’istante, si accovacciò a terra dinanzi ad Enoch e si diede a tremare in tutti i suoi muscoli e in tutte le sue fibre.

10. Ma Enoch, con voce fortissima, così parlò alla tigre: «Alzati, o feroce animale dai muscoli poderosi! Recati da Asmahaele e piega la tua schiena robusta davanti al tuo signore, affinché tu l’abbia a portare con ogni circospezione al mio fianco e a quello di Adamo e precisamente in direzione del Mezzogiorno, quindi fermati – poi in direzione della Sera, e fermati – poi in direzione della Mezzanotte, quindi fermati e poi sosta finalmente alla dimora di Adamo, e poi il riposo completo, la tua ricompensa e il tuo finale destino! Amen!»

11. E vedi, immediatamente la poderosa tigre si sollevò in tutta la sua colossale corporatura e procedette umilmente al fianco di Enoch fin da Asmahaele e fece come le era stato comandato.

12. (nota bene: Questa specie di tigre gigante si trova ancora solamente in qualche foresta vergine sulle montagne all’interno dell’Africa, come pure in quelle dell’Asia, però molto raramente).

13. Ma quando Asmahaele vide il fatto, ammutolì completamente per la meraviglia e non poté proferir parola, né poté quasi reggersi in piedi, poiché, allora, gli risultò rivelato dinanzi ai suoi occhi quello che una volta sua madre gli aveva raccontato di una certa visione avuta in sogno. Poiché sua madre era stata, pur nella propria condizione, una donna pia, ed aveva dovuto pagare ignominiosamente la sua onestà con la morte, assieme al marito, essendosi rifiutata di adorare Lamec quale supremo Dio, dopo che le era stata concessa l’alta grazia di doversi prestare alle pratiche più libidinose, innaturali e sfrenate da parte del minimo fra gli armigeri di Lamec, e questo per un’intera notte.

14. E dopo che suo marito si era rifiutato, con indignazione, di rendere tale genere di grazie, così anche a lui, ancora vivente nel corpo, erano stati strappati con degli uncini di ferro gli intestini fuori dal ventre.

15. Da dove però Lamec fosse così presto venuto in possesso di simili strumenti, di questo si dirà a suo tempo.

16. E vedi, quando ben presto Asmahaele si fu rincuorato, egli esclamò con calore: «O possenti padri dei padri della Terra, la vostra forza corporale e la vostra grandezza non potrebbero ammansire una tale fiera gigante, certo no, ma soltanto un Dio potentissimo lo può fare, per mezzo dei vostri cuori consacrati! Grazie siano rese a Lui solo, e anche ogni lode, ogni gloria e onore. Sì, santo onore vada al potente santissimo Padre di tanto maestosi e possenti figli! Amen!»

17. Ed egli fu lodato, da parte di Adamo, per il suo giusto riconoscimento dell’amore a Dio, e anche perché egli aveva tributato ogni onore a Me soltanto.

18. Poi Enoch mise Asmahaele sulla schiena dell’animale, e questi portò con ogni cura e circospezione il suo signore, procedendo a lato di Enoch.

19. E così la comitiva continuò il suo cammino lungo il sentiero profumato ed ombroso, e nessun impedimento sorse più ad ostacolare la via. E uccellini tutt’intorno cantavano vispi, cullandosi sui rami e il gorgheggio era una lieve ed armoniosa canzone profetica all’uomo, era la canzone dell’Uomo degli uomini che i vispi uccellini cantavano a Lui.

 

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Cap. 67

La visita dei padri ai figli del Mezzogiorno

 

1. E così essi, per nulla stanchi, arrivarono alle dimore dei figli del Mezzogiorno, i quali, appena si furono accorti dell’avvicinarsi della comitiva, sospesero ogni lavoro e si affrettarono ad accogliere i patriarchi per salutarli nel modo più degno.

2. Invece, quando quei numerosi figli ebbero scorto la tigre che portava Asmahaele, furono presi da grande timore, perché essi conoscevano la crudele tenacia di questo animale, avendone fatta esperienza in una determinata occasione, quando cioè alcuni dei giovani fra loro si erano riuniti in comitiva per intraprendere un viaggio ad Hanoch, città di cui essi avevano udito parlare.

3. Quella volta all’animale non era stato concesso di fare loro alcun male, però aveva avuto il potere di intimorirli notevolmente e di farli retrocedere con il suo aspetto feroce e con il suo poderoso e furente agitarsi, e così essi furono distolti dalla loro pazzia; tuttavia l’animale poté dimostrare a loro la forza dei propri muscoli, assalendo con violenza un toro selvatico che si era slanciato allora fuori dal folto del bosco e divorandolo, dinanzi ai loro occhi esterrefatti, fino alle ossa.

4. Questo spettacolo aveva avuto per effetto di indurre i pochi giovani avventurosi ad un pronto ritorno, e questo fatto tolse loro, anche per il futuro, ogni voglia di compiere quel viaggio; tanto più, poi, che in quella occasione il condottiero della piccola schiera si era buscato perfino un violento colpo di coda da parte della tigre.

5. In seguito ad una simile lezione, questi figli avevano perciò anche un particolare rispetto per quell’animale, e si meravigliarono non poco vedendo Asmahaele sedere sulla schiena senza alcun timore, facendosi portare da esso con tutta comodità.

6. Ma Adamo, che si era subito accorto del timore da cui essi erano stati colti, disse ad Enoch: «Vedi, i figli hanno paura dinanzi al poderoso portatore di Asmahaele; va’ quindi innanzi e infondi loro forza nel Nome del Signore, affinché si liberino dal timore e possano accostarsi a noi per ricevere la mia benedizione! Amen!»

7. E subito Enoch si avvicinò ai figli timorosi e rivolse loro queste parole:

«Udite, o voi tutti, figli di Adamo e figli colmi di sapienza! Perché arretrate, spaventati, alla vista di un animale bensì poderoso, ma pur sempre del tutto obbediente?

8. Com’è che voi, pur avendo ricevuto la sapienza di Set, provate paura dinanzi a ciò che è chiamato ad obbedirvi?

9. Può essere che siate usciti voi stessi, una qualche volta, fuori dall’ambito dell’obbedienza, la quale è il fondamento assoluto di ogni sapienza, e siate stati ben presto indotti a rientrarvi, per il potere dell’obbedienza rigida di tali animali; altrimenti sarebbe quanto mai difficile immaginare da dove possa avere origine il vostro timore!»

10. E i figli allora risposero: «Ascolta, o Enoch, grande figlio di Jared, è così come hai detto: – cinque giovani, contro il nostro volere, in segreto, si provarono a disubbidire alla nostra volontà, perché i loro occhi avevano gettato uno sguardo bramoso verso Hanoch, ma i loro piedi furono ben presto risospinti, da un animale simile, entro i limiti delle fondamenta della sapienza.

11. Ma poiché essi ci ebbero raccontato dell’esperienza fatta con un simile animale e della sua immensa forza e crudeltà, ora ne abbiamo gran timore!»

12. Ed Enoch replicò loro: «O, come se non sapessi cosa è stato da lungo tempo ad angustiarvi i cuori! Bene per voi dall’Alto che si sia trattato soltanto dei vostri figli nei quali tentava di mettere radice una maligna semente deposta da voi, altrimenti questa tigre sarebbe diventata per voi un malvagio traditore e Colui che l’animale porta sulla schiena avrebbe convertito in grande stoltezza tutta la vostra sapienza!

13. Ma ora, bandendo da voi ogni paura, recatevi dal primo padre Adamo, affinché egli vi dia quello di cui ora voi innanzitutto avete bisogno; fatevi dunque coraggio nel Nome del Signore e seguitemi senza alcun timore! Amen!»

14. E subito una schiera dopo l’altra avanzò fino ad Adamo, dove tutti si prostrarono sulle loro facce e Adamo li benedisse.

15. E dopo che tutti ebbero ricevuto la benedizione, Enos fu incaricato di annunciare loro che si alzassero.

16. Quando tutto ciò, secondo l’antica usanza, fu compiuto, essi portarono subito frutta, pane, latte e miele che presentarono ad Adamo e ai suoi principali figli. E questi assaporarono tutti quei cibi, innalzando lodi a Me per tali doni concessi ai figli e dissero quindi a loro di ritirarsi di trenta passi, affinché Enoch potesse nuovamente proferire qualche parola dalla profondità della vita in Dio riguardo a quella regione del Mezzogiorno.

17. Solo che, mentre questi figli del Mezzogiorno, appunto, si accingevano a ritirarsi, la tigre cominciò a ruggire in maniera tanto terribile che il terreno tremò sotto ai loro piedi ed essi, per lo spavento, si accasciarono tutti a terra e con voce angosciata si diedero ad invocare soccorso.

18. Adamo stesso si rivolse ad Enoch e gli chiese che cosa significasse quel fatto.

19. Anche Set e gli altri padri fecero lo stesso, dato che all’infuori di Enoch e di Asmahaele nessuno poteva comprendere tale contegno della tigre, poiché Enoch lo sapeva per mezzo Mio e il suo discepolo per mezzo di Enoch, per la qual cosa egli se ne stette tranquillo e senza alcun timore seduto sul dorso della tigre che emetteva i suoi spaventosi ruggiti.

20. Ma Enoch, allora, volgendosi con il massimo rispetto verso Adamo, gli disse: «O padre, se tu vuoi, tocca la lingua dell’animale ed esso ti annuncerà il perché del suo tremendo ruggire!»

21. E Adamo osservò: «O Enoch, è poi il mio dito più possente del tuo?»

22. Ma Enoch rispose: «O padre, il tuo dito è da Dio, mentre il mio è soltanto da te ed è in ciò che sta la potenza del tuo dito per la glorificazione del Nome di Jehova!»

23. Allora Adamo toccò la lingua dell’animale e questo immediatamente fece udire, con voce possente, le seguenti chiarissime parole: “O Adamo, tu, gran fine e principio di tutta quanta la Creazione che è uscita dalla Mano di Dio! Vedi, quelli ai quali tu ordinasti di ritirarsi hanno una obbedienza cieca, ma la loro volontà pecca in questa cecità! Ridesta, quindi, prima la loro fedeltà nei cuori e rendi moderata la loro volontà, e soltanto dopo vedi quali frutti ti porterà il Mezzogiorno. Perché se tu vuoi fare inviti alla mensa dello spirito, non devi dire ai tuoi figli di ritirarsi, poiché, quando io me ne sto a mensa, non caccio affatto via i miei figli, eppure non sono che una tigre! Amen! Odimi bene: Amen!”

 

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Cap. 68

Discorso di Adamo ai suoi e ai figli del Mezzogiorno

24 febbraio 1841

1. E quando Adamo ebbe appreso tali parole, ne fu colmo di gioia ed esclamò: «O figli! Rallegratevi tutti con me, poiché, in verità, ho ritrovato la parte veritiera del Paradiso! Novecento anni sono già trascorsi per me nella mia ottusità, in cui io non potevo più intendere il regno degli animali; solo che ora ho di nuovo la percezione benefica di avere perfettamente compreso l’acuto senso delle parole dell’animale e questo mi rende oltremodo lieto!

2. O Enoch, te beato ed immortale! Grande è la tua luce e grande l’amore che è in te! Vadano in eterno lode e grazie al Signore, gloria ed esaltazione, per averci per mezzo tuo dimostrato tanta Misericordia!

3. Cosa saremmo noi tutti senza di questa? Null’altro che macchine mobili, semi-intelligenti che infine sarebbero state consunte dalle loro proprie pazze illusioni e il signore della natura sarebbe diventato un misero schiavo, percosso da grande timore e in fuga alla vista di un ranocchio, come un agnello alla vista di un lupo rapace, perché egli non saprebbe cosa è insito in questo e quello; e men che meno saprebbe che la sua anima è un’anima composta per ultima, la quale è formata in modo completo ed immortale, anzi essa è un’anima in cui sono riunite tutte le anime delle creature! E poiché tali cose egli assolutamente non potrebbe apprenderle di per sé, essendo per tre quarti morto, come mai gli sarebbe possibile comprendere addirittura la sua vita interiore, il suo amore, il suo spirito e la derivazione puramente divina di questo?

4. O Enoch, o figli! La forte voce della tigre, meravigliosamente comprensibile, certo vi avrà scossi profondamente, e più ancora lo saranno i figli di questa regione del Mezzogiorno che sono stati accusati. A me, però, tale voce ha donato somma letizia. Poiché un giorno era a me soggetta non solo questa specie, bensì anche tutte le creature, dalla più grande alla più meschina e dalla più forte alla più debole. Certo, alla mia parola obbedivano addirittura tutti gli elementi e il Sole, la Luna e le stelle non rimanevano sordi alla mia voce e muti alla mia richiesta!

5. Tuttavia, poca importanza ha ormai il fatto che non possiedo più tale potere, né io perciò vorrei mai dolermi o pregare il Signore che Egli volesse di nuovo ridonarmi tutto questo. Ben più importanza invece ha l’altro fatto, ossia che noi possiamo ben comprendere come si debba amare il Signore sopra ogni cosa. Perché è in ciò che si cela ogni vita, così come nella potenza e nella capacità prodigiosa di prima si celava ogni tentazione e con questa la caduta!

6. Essere un signore vuol dire essere grande, savio e potente; ebbene, se all’uomo che dovrebbe essere umile viene conferita la capacità di essere un signore, allora, in verità, quello dell’umiltà viene ad essere per lui un aspro calice! Invece, se l’uomo depone dinanzi a Dio le sue capacità di signore ed elegge invece l’amore, e con ciò si rende una creatura minima al cospetto del Signore, oh, allora ascoltate, ben lieve peso risulta essere l’umiltà per colui che si è fatto piccolo!

7. Oppure, che cosa può dare ancora di più al Signore chi, per virtù del proprio amore e dell’umiltà, si è reso proprietà del Signore? Ma una volta che nell’amore siamo diventati proprietà del Signore, a che ci servirebbe ancora una signoria?

8. Non sta già la potenza del Signore sopra ogni cosa? Ma se noi apparteniamo all’Amore del Signore, è certo che apparterremo pure alla Sua Forza e alla Sua potenza! E così il più debole nel Signore sarà in tutto più forte del più forte per forza propria, quand’anche gli fossero soggetti tutti gli elementi!

9. A che cosa mi giovò, un giorno, quella tale potenza da Dio? La debolezza di Abele nel Signore ha pareggiato tutta la mia potenza! O Signore! Vedi, ora non Ti supplico più che Tu mi riconceda potenza e forza, bensì prego che Tu mi dia debolezza, affinché nel più umile annientamento di me stesso io possa amarTi sopra ogni cosa, perché quando io ho abbracciato soltanto Te nel mio cuore, allora tutto il mondo e tutta la sua forza e potenza mi appaiono come una goccia di rugiada discioltasi in vapori, che era e che adesso non è più.

10. O figli! Vedete, questa è la ragione per cui le parole dell’animale mi hanno reso lieto, non perché abbia pensato che il Signore mi ha conferito di nuovo la mia primitiva potenza e la signoria sul mondo, oh, no, bensì perché io, nella mia umile debolezza, sono divenuto una nuova proprietà dell’Amore del Signore! Infatti la mia debolezza esitava a toccare la lingua dell’animale, ma la Parola possente del Signore donò forza alla punta del mio dito, e questo sciolse la lingua dell’animale perché proferisse parole di sapienza. O figli, questo è infinite volte di più del comprendere la natura di tutta la Creazione; la prima cosa è solo umana, mentre la seconda è puramente divina e nulla è paragonabile ad essa!

11. E ora ascoltate, figli! Vi sia detta, a conclusione, ancora una parola. Affinché venga data soddisfazione al saggio ammonimento dell’animale, fate avvicinare tutti i figli, perché ascoltino una parola anzitutto da me, poi una da Set ed infine una da Enoch; quindi Enos e Kenan annunceranno loro la giornata di domani e che, non appena oggi il Sole declinerà in direzione della Sera, essi abbiano ad astenersi da qualsiasi lavoro.

12. Ma prima di abbandonare questa regione, anche Asmahaele, dal dorso della tigre, vorrà dire qualcosa riguardo a questa regione a confronto della pianura, affinché venga fornita ai figli una testimonianza vivente della loro stoltezza; poi prenderemo un piccolo ristoro, dopo di che seguirà la benedizione e la partenza! Amen!»

13. E subito Enoch si avvicinò alla schiera, la incoraggiò; ed essi, i figli del Mezzogiorno, avanzarono e, molto intimoriti e tremanti, stettero in attesa di quanto avrebbe dovuto venire su di loro.

14. E quando tutti si furono disposti intorno, ordinatamente, in ranghi a seconda dell’età, Adamo si alzò al loro cospetto e cominciò ad indirizzare loro le seguenti, notevoli parole:

15. «Figli, voi che abitate la regione sulla quale, vista dalla mia dimora, il Sole viene a stare verso la metà del giorno, dite o attestate a me, il primo di tutti i primi padri, se voi avete ben compreso la parola che è stata una parola sincera, proveniente dalla bocca dell’incorrotta natura di un animale solitamente privo di linguaggio!»

16. E i figli confermarono ciò e riconobbero la loro colpa fra intense lacrime di pentimento. E Adamo continuò a parlare e disse:

17. «Bene per voi che vi pentiate della vostra scelleratezza, perché il Signore non ha che intenzioni serie con il Suo popolo! E voi avreste potuto a ragione essere giudicati e le vostre spalle sarebbero state gravate da sciagura, se voi non vi foste pentiti di quello da cui vi ha distolto proprio questo animale.

18. Credete che la vostra disobbedienza abbia cessato di essere tale e che il vostro peccato non sia più peccato per il semplice fatto che siete ritornati? Oh, no affatto, ve lo dico io! Poiché non il timore del Signore né meno ancora l’amore per Lui vi ha trattenuti dall’attuare il vostro peccaminoso proposito; no, fu soltanto lo spavento causato dalla forza di questo animale, che ora testimonia contro di voi!

19. E così foste giudicati dal Signore mediante questo animale a vostra grande vergogna, poiché il Signore vi ha tolto la vostra maestà e, al suo posto, ha colmato di grande angoscia e di spavento il vostro cuore, e fece questo servendosi della creatura della quale dovevate essere voi i signori e che perciò avrebbe dovuto fuggire dinanzi a voi!

20. Oh, vedete in quale stato di schiavitù vi ha ridotti la vostra disobbedienza!

21. In verità, se non aveste provato gran pentimento per la vostra scelleratezza, questo animale sarebbe diventato per voi un giudice crudele!

22. Però non basta che voi deploriate la vostra azione a causa del grande disonore con cui vi ha colpiti il Signore, o che della vostra azione vi pentiate perché il Signore vi ha tolto una grande parte della Sua Grazia e vi ha posti sul confine della Sua Misericordia, oppure perché il Signore ha posto questo animale, come il vostro giudice, quale un testimone e lo ha ora suscitato, in maniera assolutamente miracolosa, come oratore contro di voi, ma invece, se veramente volete pentirvi della vostra azione o del vostro proposito, ringraziate allora con cuore sereno il Signore per avervi mantenuto ancora nel giudizio, e piangete per il fatto che in un solo istante abbiate potuto dimenticarvi del Suo tanto immenso e santissimo Amore paterno, quantunque il Sole, dall’alto del cielo, ogni giorno vada così ammonendovi: “Figli, il vostro Padre santo e buono mi ha creato per voi; dunque, riconoscete il Suo grande Amore!”. E la Luna vi grida: “ Figli, udite, l’amorosissimo, santo e buon Padre mi ha creata per voi perché io sia la custode fedele e la perpetua accompagnatrice della Terra e affinché continuamente sia per voi una testimone del Suo Amore infinito!”, e quantunque, infine, tutte le stelle vi avvertano: “O figli, il nostro numero è grandissimo e non ha fine; noi siamo per lo più dei soli di mondi lontani, che corrispondono tutti parzialmente all’essere vostro, singolarmente per ciascun atomo, come pure nella moltiplicazione di questi fino all’infinito! Vedete, noi siamo state fatte per voi e così pure tutta l’infinità! Oh, vedete e riconoscete quanto è potente, grande, amoroso, buono e santo il vostro Padre!”

23. E tutta la Terra vi grida: “O figli, udite: – io stessa e tutto ciò che porto è fatto per voi! Come una tenera madre, devo portarvi attraverso spazi infiniti; devo giornalmente lasciarvi succhiare ai miei seni sempre aperti; devo girare e rivolgermi, affinché per voi sia giorno e notte; ed affinché voi, come fanciulli che si trastullano, dopo le vostre occupazioni possiate aver riposo! O figli, chi mai potrebbe enumerare le innumerevoli incombenze alle quali io, in me e fuori di me, sono destinata ad accudire per voi!? Vedete, tutto ciò lo ha così ordinato il vostro Padre santo e buono, per l’immenso Amore che vi porta!”

24. O figli, domandate all’acqua e questa vi dirà pure così; chiedete alle valli e ai monti e sarà la medesima cosa; interpellate tutta l’erba, le piante, gli arbusti, gli alberi, tutti gli animali e dappertutto avrete la stessa risposta. Sì, ogni goccia di rugiada ve lo annuncerà ad alta voce, e ciascun granello di pulviscolo solare vi dirà, con leggero bisbiglio, che Dio, Jehova e Signore, è il nostro buon Padre santo e amorosissimo; e vi dirà inoltre che Egli, per la nostra completa formazione ed educazione, ci ha posti in mezzo a meraviglie amorevoli e benefiche del Suo cuore paterno, affinché noi, nell’amore per Lui, possiamo acquistare la capacità di ricevere benefici sempre più grandi e sempre maggiori beatitudini, fino a giungere a quella che è la più inesprimibile fra tutte, cioè la vita eterna nel Suo Grembo!

25. O figli, vedete, vedete, quanto buono è il nostro Padre santo; come mai dunque avete potuto, sia pure per un solo istante, dimenticarvi di Lui e per di più a causa di una cosa tanto futile!

26. E ora, se volete davvero pentirvi della vostra disobbedienza, è qui che dovete cercare di riconoscere la vera ragione del vostro pentimento, perché ogni altra cosa sarebbe vana ed inutile!

27. Noi tutti siamo germogliati fuori dall’Amore eterno, e perciò siamo tutti figli dell’uno e medesimo Padre santo, il Quale dimora, infinito, nella Sua eterna Gloria e Santità e nel Suo Amore presso di noi, e noi presso di Lui. Quindi anche noi dobbiamo attribuire ogni importanza al Suo Amore, perché soltanto nell’amore e per mezzo dell’amore noi siamo Suoi figli; soltanto tramite l’amore noi possiamo degnamente glorificarLo quale Dio e Signore. Tramite l’amore ci è dato altresì di riconoscerLo; nell’amore possiamo avvicinarci a Lui, e, così, unicamente nell’amore e per mezzo dell’amore ci è possibile vivere, trovare e conservare la vita eterna.

28. Dio, nella Sua Santità, è inaccessibile; nella Sua Sapienza è imperscrutabile; incommensurabile nella Sua Grazia; temibile sopra ogni cosa nella Sua potenza; insuperabile per l’eternità nella Sua forza. La Sua Luce è una Luce di ogni luce; e il Suo Fuoco è un Fuoco di ogni fuoco. E così Egli, in tutto ciò, è un Dio intangibile e del tutto estraneo a noi, il Quale non ci vuole ed eternamente ci respinge da Sé; però proprio questo Dio è nello stesso tempo il supremo Amore stesso. Questo Amore addolcisce la Sua Divinità tanto che Egli vuole averci vicino a Sé, e se noi Lo amiamo, allora Egli si riversa fuori da tutta la Sua Divinità attraverso l’Amore che nutre per noi, ci rende Suoi figli e poi Si fa riconoscere da noi quale il migliore, il più amoroso Padre santo in qualsiasi cosa possa riguardarci, e ci concede di amarLo sempre più e di deliziarsi di Lui, ed infine perfino di contemplarLo perfettamente quale Padre, nella vita eterna e libera.

29. Considerate dunque bene, o figli, Chi e Che cosa è veramente Dio, e Chi e Che cosa è il nostro Padre santissimo, e in conformità, poi, operate fedelmente. Amen!»

 

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Cap. 69

Le parole consolatrici di Set

 

1. E vedi, quando i figli ebbero inteso tutto ciò dalla bocca di Adamo, essi si batterono il petto e versarono serie lacrime di pentimento, tanto che a mala pena poterono venir calmati. Infatti, ormai vedevano quello che avevano perduto; però non scorgevano nessuna via per riottenere il perduto e credevano di essere già completamente giudicati.

2. Ma Adamo, avendo visto la sincerità del loro pentimento, disse a Set:

«Ascolta, mio figlio caro, alzati, apri la tua bocca e risolleva i loro cuori nella piena pace e nell’amore a Jehova! Amen!»

3. E allora Set si alzò subito e cominciò a rivolgere loro le seguenti memorabili parole, dicendo: «Ascoltate, figli, che qui dinanzi ai nostri occhi e ai nostri orecchi piangete giuste lacrime di pentimento! Il nostro Dio e Padre santo è certo un Signore supremamente giusto, ma è pure un Padre colmo di ogni Amore e di ogni Misericordia. Pensate forse che noi non possiamo fare nessuna cosa che possa affliggere Dio quale Dio, o che possa esserGli contraria? Poiché, in sostanza, che differenza ci sarebbe fra distruggere un granello di pulviscolo e distruggere un mondo?

4. In rapporto a Dio sia l’uno che l’altro sono un puro nulla, come anche noi, tutti assieme, siamo nulla paragonati a Lui. Ma come potrebbe o vorrebbe il nulla fare al nulla qualcosa che fosse da prendersi in qualche considerazione al cospetto di Dio?

5. È per questo che anche a noi poco importa sapere cosa fanno gli animaletti quasi del tutto invisibili sotto una minimissima fogliolina marcita che un lieve soffio di vento staccò dal muschio e che poi fece cadere nel mare con una gocciolina di rugiada attaccata ad essa! Tuttavia, appunto questo paragone non è quasi neanche un paragone in confronto alla considerazione di quante infinite volte meno di Dio sia un mondo intero assieme con tutti noi. E così ne consegue che noi e tutto il nostro agire sono assolutamente nulla di fronte a Dio.

6. Però ascoltate! Questo Dio, appunto, ha una cosa alla quale Egli tiene moltissimo e questa cosa è precisamente il Suo proprio, eterno Amore stesso, per mezzo del Quale siamo sorti noi e tutte le cose per noi. In questo Amore e tramite questo Amore, Dio è il nostro Padre, e noi siamo Suoi figli. E in questo Suo Amore, per Lui ha importanza sia l’insignificantissimo quanto l’immenso, ed Egli ha di tutto ciò la medesima cura; di conseguenza anche in tale cura d’amore, Egli rende manifesti in tutte le cose la Sua inconfondibile Divinità e il Suo paterno Amore.

7. Dunque, all’Amore di Dio non può risultare indifferente il fatto che noi operiamo in un modo oppure nell’altro. Se consideriamo l’amore come indipendente, esso pure è costituito in modo tale da essere cieco per tutte le azioni dei Suoi figli, come una madre tenerissima verso i propri lattanti; solo che Dio senza Amore non sarebbe Dio, e l’Amore senza Dio non sarebbe Amore. Ma da ciò consegue che Dio e il Suo Amore sono un Essere solo e ne consegue anche che Dio è potente nel Suo Amore, e che l’Amore è santo tramite Dio. E questo Unico Dio, dunque, è nel complesso il Padre nostro amorosissimo e santissimo, come noi siamo perfettamente Suoi figli, Sua immagine, poiché anche noi abbiamo un cuore e in questo cuore vi è uno spirito d’amore, come pure dobbiamo riconoscere che in tutto il nostro essere possediamo un’anima vivente colma d’intelligenza, in modo tale che anche in noi l’intelletto è di per sé uguale all’Essere di Dio e l’amore dello spirito nel cuore, con la sua libera volontà, è uguale all’Amore in Dio. E quando poi dall’anima e dallo spirito, mediante la libera volontà, si forma un essere, allora pure noi siamo perfettamente simili a Dio in tutto, e proprio così diventiamo Suoi figli.

8. Ma come Dio per noi solo nell’Amore è Dio e di noi tutti l’amorosissimo Padre santo, così anche noi possiamo diventare Suoi figli solo nell’amore. Però, l’unione di Dio con il proprio Amore equivale all’ubbidienza. Se ora noi, con il nostro baldo intelletto, obbediamo a quanto percepiamo essere le esigenze dello spirito e congiungiamo così la luce con l’amore, diventiamo con ciò figli dell’amore, colmi di sapienza, certi del pieno Compiacimento di Dio e figli pieni di vita eterna.

9. Ebbene, vedete dunque, cari figli, siccome voi, nella baldanza del vostro intelletto, vi siete resi infedeli al vostro intimissimo amore che è posto da Dio in voi, così siete divenuti nella vostra anima come disobbedienti al vostro santuario, e così anche all’Amore in Dio. Il vostro amore si è poi ritirato, e voi avete vissuto soltanto nella vostra anima, tendendo ad estendervi solo esteriormente (se fosse stato possibile, all’infinito). Ora, però, giudicate voi stessi e dite che cos’è più consistente: – se una nebbia che si estende da tutte le parti, benché nella sua transitoria grandezza avvolga intere regioni del mondo, oppure una minuscola pietruzza rotonda e trasparente come una goccia di rugiada! Vedete, qui appunto è da ricercare il perché del vostro timore e la ragione della vostra cecità!

10. Non è forse la pietruzza tanto solida, che nessuno può triturarla, e resistere ad ogni uragano, ad ogni pressione e ad ogni colpo? Certo, voi vedeste la tigre lacerare improvvisamente un toro poderoso in minimi pezzi, ma, in verità, se questa tigre avesse voluto mordere una simile pietruzza, grande appena quanto un uovo, allora la sua arma più terribile sarebbe stata spuntata! E se l’avesse inghiottita intera, avrebbe contemporaneamente inghiottito la sua morte e nella decomposizione del suo corpo la pietruzza sarebbe rimasta intatta!

11. Vedete, o figli, l’uomo, nella sua obbedienza è uguale a questa pietruzza, mentre alla nebbia corrisponde l’uomo quale essere di intelligenza puramente esteriore! Ma quando il vento comincia a premere la nebbia contro altra nebbia, non avviene forse che si formano delle gocce d’acqua? E se diverse e molte di tali gocce scorrono, convergendo assieme, non finiscono forse con il costituire un lago? Però il grande peso della massa d’acqua preme eccessivamente nella profondità e allora, per effetto di tale pressione, le sue particelle si afferrano tra di loro e formano una pietra trasparente, che poi è una solida pietra raggiante, identica al tummim, il quale è un simbolo e un grande indizio della obbedienza che ritorna per mezzo del vero pentimento.

12. Vedete, in seguito alla vostra disobbedienza siete diventati nebbia! Ma poi vennero dei venti di ogni specie, i quali vi hanno oppresso e angustiato da ogni parte. Voi percepiste tale pressione e angustia e versaste perciò lacrime di dolore. Vedete, questa è la pioggia! Però non è stato sufficiente che voi diveniste acqua similmente alle singole gocce, bensì fu necessario che diventaste, nel vostro pentimento, come un lago. E voi ormai siete diventati questo lago. Certo è, che voi percepite in misura maggiore di prima la pressione nella profondità della vostra vita, ma, udite, vedete e comprendete bene: – proprio mediante quest’ultima pressione, come le particelle dell’acqua, la vostra duplice vita si è riafferrata e rinsaldata, e una nuova pietra della vita e della vera sapienza si è formata in voi. Siate dunque lieti e di buon animo, poiché non siamo venuti qui per rovinarvi, ma al contrario, affinché vi sia data una nuova vita nel vero amore a Dio, il Padre santissimo di tutti noi. Amen!»

13. (nota bene: Ascoltate, questa è la cosiddetta “Pietra filosofale”, quella cioè che il mondo non è più capace di trovare, né troverà mai più!)

 

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Cap. 70

Enoch predica dell’Amore

1 marzo 1841

1. E quando così i figli ebbero inteso tali parole amorevoli e sagge dalla bocca di Set, essi alzarono in alto i loro capi, osservarono il cielo e Mi ringraziarono e Mi glorificarono con tutto fervore, perché avevo suscitato Set e perché avevo fatto loro annunciare per bocca sua una tale consolazione salutare e meravigliosa.

2. Però Adamo, commosso egli pure, disse: «E ora che avete ricevuto da me una parola di istruzione e da Set una giusta parola consolatrice, preparatevi bene adesso, ed aprite del tutto i vostri cuori a ricevere pure una parola di vita dalla bocca di Enoch! Per mezzo mio siete diventati un campo concimato, che Set ha dissodato con la sua lingua, ma il seme vivente non giace ancora nei solchi dei vostri cuori dissodati. Enoch, però, è il seminatore destinato dall’Alto; ricevete dunque da lui la semente della vita! Amen!»

3. E subito Enoch si alzò, rivolse il cuore a Me e Mi invocò nel suo amore, che era indescrivibilmente grande, affinché Io, in misericordia e grazia, volessi colmarlo di parole di vita perché con esse potessero essere vivificati coloro che avevano pianto e si erano afflitti nel Mio Nome, Nome al quale essi si erano resi infedeli mediante la loro vana impresa.

4. E ben presto Io destai pienamente il cuore di Enoch, ed egli perciò percepì immediatamente nel suo cuore un divampare di luce chiarissima, e per la prima volta vide nella sua anima una splendente scritta di fuoco e da questa riconobbe che egli era una vivente parola proveniente da Me. Egli interiormente Mi ringraziò con grande calore ed infine aprì la sua bocca e cominciò a rivolgere a tutti il seguente discorso, quanto mai memorabile:

5. «O padri, e voi, figli del Mezzogiorno! Ascoltate tutti quello che dice il Signore, Dio nostro e nostro santissimo Padre!»

6. E vedi, quando i padri ebbero inteso questo doppio appello, furono un po’ meravigliati per il fatto che Enoch si era indirizzato anche a loro oltre che ai figli del Mezzogiorno.

7. Però Enoch così proseguì il suo discorso: «O padri, dovreste forse essere esclusi dalla vita, quando questi figli del Mezzogiorno sono in procinto di accoglierla? Poiché ora non sono affatto io che parlo, bensì adesso attraverso la mia bocca parla Colui che ha la Vita, e la dà con ogni Sua Parola sgorgante dal Suo Amore infinito!»

8. Ma allora Set si alzò all’istante ed esclamò precipitosamente: «O Enoch, sia ben lontana da tutti noi una cosa simile! Ascolta: – noi sappiamo benissimo dove si cela il nostro più grave difetto; parla pure dunque apertamente e dà anche a noi quello che ci può far giungere alla vita! Amen!»

9. E così Enoch iniziò il suo discorso vero e proprio e disse: «Il campo è concimato e l’aratro è già passato sul terreno, questo è vero; però è la semente che manca ancora dentro i solchi. Ma da dove dobbiamo prendere la semente, per collocarla in forma vitale nei solchi, affinché dentro questi essa possa prosperare e rendere un frutto vivente?

10. O padri, e voi, figli del Mezzogiorno! La semente è l’Amore, l’Amore è la Vita e la Vita è la Parola. La Parola, però, è dall’eternità che dimora in Dio. Dio stesso era nella Parola, come la Parola era in Lui. Tutte le cose e noi stessi siamo sorti da questa Parola, e questa Parola nessun altro la può pronunciare all’infuori di Dio. Ma questa Parola è propriamente il Nome di Dio e nessuno Lo può proferire; e questo Nome è l’Amore infinito del Padre santissimo, e noi dobbiamo riconoscere in noi questo Amore, e con questo Amore poi dobbiamo, con tutte le nostre forze, amare Colui al Cui Amore noi e tutto ciò che è creato siamo debitori della lietissima esistenza.

11. La vita eterna, per tali ragioni, consiste in questo: – noi questa vita, come tale, la riconosciamo nell’amore per Dio, vale a dire che noi riconosciamo l’Amore mediante il nostro amore per Dio, il nostro Padre santissimo e la vita eterna in questo Amore.

12. Ma se noi consideriamo il nostro occhio corporale e constatiamo a quali grandi distanze possiamo arrivare con esso, allora è evidentemente chiaro e vero che a noi questa luce non è stata conferita perché restiamo fermi, ma perché ci muoviamo e siamo attivi. Ora, chi mai potrebbe dubitare che qualcuno non possa raggiungere una certa meta adocchiata, quando a questo scopo egli è, oltre a ciò, provvisto di due piedi atti a portarlo alla meta in questione?

13. Però se a noi, similmente agli occhi e ai piedi del corpo, è conferito il potere visivo interiore del sentimento e per mezzo di questo potere visivo scorgiamo l’amore in noi, allora, come il piede del corpo, noi abbiamo pure la libera volontà, in virtù della quale a noi è dato di perseguire tenacemente e fortemente una tale meta di ogni vita e in questo modo possiamo condurre all’amore tutto il nostro essere, fino a farlo afferrare e compenetrare interamente da esso, affinché il nostro essere si renda del tutto vivente.

14. E quando noi abbiamo compiuto una simile opera, come non dovrebbe essere nostra la vita eterna, ugualmente com’è nostra la luce degli occhi del corpo? Oppure pensate forse che questa vita eterna sia un’illusione? Alora io domando: “Siamo noi e tutte le cose che esistono pure un’illusione gli uni per le altre?”

15. Però, se non è possibile ritenere un’illusione già una semplice corteccia, a chi ancora potrebbe venire in mente di considerare un’illusione il legno e la parte più interiore che è il midollo vitale?

16. Oppure credete che il Signore abbia creato semplicemente delle macchine viventi allo scopo di divorare l’erba e la carne, per averne forse un divertimento? Oh, in verità, la Sua suprema Sapienza dovrebbe ben essere capace di un godimento superiore a quello di essere costretto a crearsi delle macchine divoratrici di vegetali, per starsene poi a vedere compiaciuto come queste convertono l’erba ed altro in rifiuti fetenti! Oh, che ignominiosa mancanza di fede sarebbe questa!

17. Oppure, pensate forse, nella grande limitatezza delle vostre idee e quando fate o producete una cosa limitata tanto nel tempo che nello spazio, che Dio, l’Infinito, sia anch’Egli, al pari vostro, capace di idee limitate? Oh, quale insulto alla Santità di Dio!

18. Oh, mostratemi la creatura che voi sareste capaci di annientare completamente! Indicatemi qualcosa che non contenga in sé l’infinito! Suddividete nello spirito (nel vostro spirito) il più piccolo granello di polvere e mostratemi poi le ultime particelle non più atte ad essere ulteriormente suddivise, oppure fatemi vedere un grano di semente che non sia capace di una riproduzione infinita!

19. Ma poiché già queste piccole cose sono la prova del carattere infinito delle Idee divine, quanto mai da stolti e da ciechi sarebbe già il solo pensare che Dio abbia posto un’idea limitata nel tempo a fondamento di quegli esseri che Egli ha tanto ben dotati del sentimento vivente della vita eterna nell’amore per Lui, l’infinito, il sublime sopra ogni cosa, il santo, l’eterno colmo d’Amore e di ogni Vita!

20. O padri, e voi, figli del Mezzogiorno, ascoltate queste parole: – esse discendono dalle altezze sante dell’amorosissimo Padre!

21. Non abbiamo nessun comandamento all’infuori di quello della vita eterna, la quale è l’Amore, e questo comandamento suona così: “Ama Me, tuo Dio e Padre santo, con tutto l’amore che Io, dalle eternità, ti ho dato per la vita eterna e quale vita eterna! Se Mi ami, ti ricongiungi a Me e la tua vita non avrà mai fine. Ma se tralasci di fare così, allora tu stesso ti separi dalla vita, ma non perciò la vita cesserà, né Io perciò in eterno cesserò di essere il tuo Dio giudicante. E anche se tu, separato dalla Mia Vita, cadrai lungo gli eterni spazi degli abissi della Mia ira, in verità, la tua caduta non avverrà fuori di Me! Mai perderai Me, il tuo Dio, ma quello che perderai è il tuo buono, amorosissimo, Padre santo, e con Lui perderai una vita di eterna durata, libera e colma di delizie!”

22. O padri e voi, figli del Mezzogiorno! Questo è l’unico comandamento che noi abbiamo; esso è già profondamente inciso nel cuore di ciascun fanciullo. Questo comandamento è la semente viva che voi tutti dovete seminare nei vostri cuori, se volete vivere quali figli di un Padre santo, che è il Dio santo, santo, santo di eternità in eternità.

23. Voi padri, è vero, avete parlato molto di obbedienza, ed avete con ciò reso cedevoli i cuori dei figli; però Io aggiungo e dico che colui che ama può fare anche a meno dell’obbedienza. Non è l’obbedienza la via spirituale che conduce all’amore, che è la meta di ogni Vita? Ma se qualcuno, proseguendo per la via dell’obbedienza, ha raggiunto la Meta, dite: – per quale ragione dovrebbe egli continuare a percorrere ancora la via stessa?

24. Perciò, se qualcuno è ancora lontano dalla meta, costui fa bene se continua a camminare fino a quando l’ha raggiunta; ma quando vi è arrivato, allora è bene che l’afferri con tutte le sue forze e la tenga ben salda, vale a dire: “Se egli ama Dio sopra ogni cosa, ha ricevuto tutto. Egli ha trovato, per l’eternità, il Padre della Vita e alla sua libertà non verrà mai posto più fine”.

25. Così, dunque, prendete questa preziosa semente della vita, o voi padri e voi figli! È Dio stesso che me l’ha data per voi. O Amore! Questa semente che vive sei tu! Vivifica perciò i cuori dei deboli e dei morti! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 71

Setlahem chiede la vera sapienza

 

1. E ora ascolta, queste parole di Enoch avevano fatto ammutolire quasi tutti, perché ora le comprendevano benissimo e stavano ormai riflettendo, ognuno per sé, su tutti gli errori nei quali fino ad allora tutti, senza eccezione, erano rimasti duramente irretiti. Ed anche ai loro figli si aprirono molto gli occhi; essi, di nuovo, si riconobbero e riconobbero pure Me, e ciò sempre più in virtù dell’amore che in loro si destava. E solo ora, a cominciare da Adamo fino a Jared, tutti i figli della discendenza principale compresero perfettamente il discorso pronunciato da Enoch nella grotta e fu loro del tutto chiaro il significato della grotta. E Adamo considerò profondamente il levar del Sole e lo comprese bene. Set però si levò, innalzò il suo sguardo al cielo e Mi ringraziò per questo immenso dono che Io avevo fatto loro, e il suo esempio fu seguito da tutti gli altri presenti ed essi Mi lodarono e glorificarono oltre misura nei loro cuori.

2. Allora uno dei figli del Mezzogiorno, che era della discendenza di Set e di Enos, avanzò, avvicinandosi ad Enoch, e si inchinò profondamente davanti a lui e disse: «O Enoch, vedi, io mi presento qui davanti a te in nome di tutti; il mio nome è Setlahem (cioè “un figlio di Set altamente dotato di sapienza”).

3. In primo luogo mi incombe l’obbligo di rendere, per mezzo tuo, le grazie più doverose al santo Donatore di tanta alta grazia. Poiché, dato che tu sei il più vicino di tutti al Signore e detieni la Sua vivente Parola, è certo anche più conveniente che sia tu ad integrare quanto vi è di carente nel nostro debole ringraziamento verso il Signore per un beneficio così grande. Giacché, avendo ottenuto dal Signore la sapienza, feci sempre così come questa mi insegnava, né di più potei fare, considerato che la mia sapienza reputava sufficiente quello che facevo. Solo che ciò che tu qui hai insegnato, nel tuo linguaggio colmo di vita, è di più di tutta la sapienza di tutti gli uomini presi assieme; è la radice di ogni vita e il fondamento eterno di ogni sapienza; anzi, è Dio che tu qui annunci! E vedi, la mia sapienza in questo caso non basta per rendere a Questi le adeguate grazie; quindi, al posto mio, fai tu quanto è di diritto! L’altra cosa, però, che mi indusse a presentarmi a te è questa: – io vorrei cioè pregarti di concedermi che io divenga tuo allievo e che tu voglia insegnarmi la via che hai percorso fino a raggiungere profondità simili della vita da Dio.

4. O Enoch, non andare in collera per questa mia duplice preghiera, perché la mia sapienza mi dice che tu sei un vero veggente di Dio. Infatti l’Amore dell’Altissimo ha riempito il tuo cuore e la tua lingua è stata lambita dal fuoco che con immensa potenza sgorga dal Dito di Dio. Oh, mostra dunque a Setlahem come e quando ti è stato fatto tutto ciò! Amen!»

5. Ma Enoch immediatamente si alzò e rispose: «Ascolta, o Setlahem, a che scopo il glorificare? Hai forse ottenuto la sapienza perché tu te ne vada in giro glorificando ciò che non è degno di glorificazione, mentre non sai esaltare Colui al Quale pure spetta ogni gloria? O pensi che la vita si possa imparare come quella tale sapienza che ti sei acquisito a cuore freddo, per diventare un maestro nella sapienza?

6. O, Setlahem, Setlahem, guarda bene che tu non rimanga soffocato nella tua vana brama di sapere!

7. Vedi qui un fico e là un albero già carico di prugne semimature! Che diresti se il pruno andasse a scuola dal fico per apprendere da questo l’arte di produrre sui propri rami, invece di prugne, anch’esso dei fichi a somiglianza del fico? Credi che ciò potrebbe verificarsi un giorno?

8. Certo, se la tua sapienza serve a qualcosa, essa ti deve ammonire all’istante in modo assolutamente convincente che un fenomeno simile non si verificherà mai, per tutte le eternità!

9. Ma se qualcuno prende dei ramoscelli dell’albero di fico, provvisti di semi, incide in vari punti il pruno, taglia i tronchetti di quei ramoscelli provvisti di semi e li conficca poi nelle incisioni fatte prima, avendo cura di ricoprire le parti incise dell’albero con terra e resina, allora ben presto gli umori del pruno verranno trasformati nei ramoscelli di fico per la vita del fico, e così, dopo non lungo tempo, sul pruno convertito in questo modo appariranno dei fichi saporiti.

10. A procedere così già da lungo tempo te l’ha insegnato la tua sapienza, ma come avviene che essa non ti ha, in pari tempo, insegnato ad amare il Signore con tutte le tue forze, affinché anche tu possa produrre, quale frutto della vita, dei fichi anziché delle prugne?

11. Però io ti dico: – o Setlahem, vedi, Adamo ha inciso te, come tutti i tuoi figli e fratelli, e Set vi ha tagliati, e il Signore per mezzo mio ha ora posto in voi gli innesti della vita eterna; e adesso cercate della terra fresca e della resina nella reciproca attività d’amore, poi coprite e saldate bene in voi la vita mediante la fede, e in questo modo troverete anche e ben presto quello che tu, invano, hai cercato di imparare ora qui da me!

12. E ora va’ ed agisci in conformità, così tu vivrai! Amen!»

13. Quando però Setlahem ebbe udito queste parole, si batté il petto e disse:

«O Enoch, riconosco l’alta verità di quanto hai detto; solo che per te è facile pronunciare tali parole, possedendole già in te, poiché il Signore te le ha liberamente donate fuori da Sé, senza che tu abbia dovuto fare quello che hai indicato di fare a me! Ora vedi, è bello riposarsi all’asciutto, e com’è facile prendere senza offrire pegno, ma, per quanto mi concerne non è così! È già da lungo tempo che lavoro e lotto incessantemente per avere quello che tu hai ottenuto senza fatica, ma purtroppo è tutto vano! Per me il Cielo è sbarrato da pietre e riuscirebbe più facile scavare nella terra un foro che giungesse fino a dove non c’è più terra che ottenere che una sola goccia di rugiada della vita d’amore si riversasse giù dall’Alto.

14. Ma che sia così, tu non hai che da guardare là i nobili padri, perché abbiano a testimoniare per me di fronte a te! Non sono essi, in virtù del loro stato, tutti più altolocati di te e per conseguenza anche naturalmente più vicini di te al Signore? Ma perché allora il Signore rimane lontano da loro e procede con te strettamente mano nella mano?

15. O Enoch, se tutto ciò non ti venisse elargito quale un libero dono dall’Alto, assolutamente immeritato, da parte del Padre santo, in verità tu avresti parlato fino a questo istante come me, lamentando la terribile fame e sete dell’anima!

16. Ovvero pensi forse che io abbia saputo solo adesso che un albero non può imparare qualcosa da un altro? Vedi, a questo riguardo potrei fare a meno delle tue parole, ma se noi dobbiamo insegnare ai figli quanto è necessario per loro, come camminare, parlare e lavorare, per poter loro indicare con ciò, in maniera comprensibile, la traccia del supremo Dio, dimmi: – siamo noi, allora, di più di fronte a Dio, di quanto lo sono i nostri figli di fronte a noi? Io credo che noi siamo infinitamente meno di Lui! Ma, allora, come dovrebbe e potrebbe venirci additata la via se non per mezzo dell’insegnamento, come succede con tutti i figli?

17. O Enoch, tu hai creduto di sbarazzarti facilmente di me, indirizzandomi all’amore fraterno e all’amore per Dio; però, non ti sarà invece così facile, come hai creduto, liberarti di me! Io intendo prima vedere tutto questo in te e poi lo accetterò!

18. Ma nel tuo modo sbrigativo di liquidarmi, non mi pare che il grado supremo dell’amore del prossimo vi si trovi celato; ma se l’amore del prossimo è una irradiazione collaterale dell’amore per Dio, allora davvero io non so cosa pensare del tuo amore per Dio!

19. Bada, dunque, che ben presto tu stesso non divenga eventualmente l’unico prossimo tuo!

20. È giusto, forse, che le parole di qualcuno indispettiscano qualcun altro? Vedi, quanto è stato per me edificante il tuo primo discorso, altrettanto mi hanno indispettito le tue parole di poco fa! Perché so bene che tu sei un veggente di Dio e possiedi la Parola vivente, e se non lo sapessi, non verrei mai da te e non vorrei glorificare una simile manifestazione sacra in te! Ma poiché tu, a causa di ciò, mi hai biasimato, io domando: “Chi ti ha indotto a metterti questo in testa e a biasimarmi per questo?”

21. Oh, vedi, non è bello congedare da sé così aridamente un fratello in Dio che piange ed ha sete e fame!

22. La pazienza è la prima cosa e l’umiltà è l’anima dell’amore! Enoch, io so che tu sei un maestro di tali virtù, ma allora perché mi mostri la fronte e sembri aver chiuso il tuo cuore dinanzi a me? Eppure non ti ho fatto mai niente di male! Rivolgimi dunque il tuo cuore e sii per me un fratello in Dio e non un freddo ed arido indicatore della via! Amen!»

23. E dopo che Enoch ebbe ascoltato, tutto placido e sorridente, queste parole di Setlahem, si alzò di nuovo e così gli rispose:

24. «Vedi Setlahem, se fosse così come tu hai dichiarato nel tuo discorso, in verità tu mi avresti già da molto tempo visto piangere ai tuoi piedi; però non è così!

25. Ma affinché, a causa delle mie parole rimaste da te incomprese, tu non abbia a rientrare nella tua capanna ingiustamente indispettito, vedi di ammansire il tuo cuore ed ascolta quello che adesso ti dirò: “Setlahem, guarda verso il lontano orizzonte azzurro e indicami di che qualità e di che specie sono là le piante, gli alberi, gli arbusti e l’erba e se sono come qui, oppure altrimenti.

26. E dimmi poi quali pietre, quali terreni e quali sorgenti, se sono come qui, oppure di quale altra specie! Quali esseri viventi vi dimorano? Vi sono anche là degli uomini? E che cosa stanno facendo adesso?”

27. Odi Setlahem, il tuo silenzio ti dice che tali cose tu non le sai! Ma ora ti domando: “Con quale mezzo potresti tu, nella maniera più conveniente, procurarti queste cognizioni?”

28. Mettiamo il caso che io stesso in quei luoghi ci fossi già stato e che avessi già osservato quello che là c’è ed anche avviene. Potrebbe darsi allora che i padri mi chiedessero, in tua presenza, delle notizie in proposito e che io rivelassi loro il lontano orizzonte azzurro. Ma se poi apprendendo ciò e non conoscendo il come, il cosa e il perché, tu venissi da me e mi dicessi: “Ascolta, quello che hai raccontato ora mi piace immensamente! Anch’io vorrei parlare in tale maniera della lontana regione, ecco, io perciò intendo venire a scuola da te per parlare di simili cose!”. Ma se io allora replicassi: “Ascolta, una cosa simile non può, con intima convinzione, impararla colui che aspira ad acquistarsi quest’intima convinzione, perché quanto faticosa sarebbe la via fino al riconoscimento purissimo e quanto sterile!

29. Però, se tu ti dai la pena di percorrere il più vicino sentiero che oltrepassa queste montagne, sii certo che entro tre giorni sarai qui di ritorno e, come me, potrai ragionare dell’argomento in piena verità, in modo che non ti sarebbe altrimenti possibile imparare a ragionare con l’interiore energia vitale, impiegandovi sia pure degli anni!”

30. E se tu poi ritornassi da me, e volessi incolparmi di mancanza d’amore per un simile consiglio, breve ma pieno di verità, confessa ora a te stesso: in che termini può reggersi una tale accusa di mancanza d’amore, per un consiglio, seguendo il quale tu certamente potresti in tre giorni raggiungere quello che altrimenti raggiungeresti a mala pena e imperfettamente in migliaia d’anni?

31. Vedi, con tutta la tua sapienza, purtroppo, tu hai dato in questo caso un tremendo colpo nel vuoto!

32. Nondimeno, la via ti è stata ugualmente indicata. Se ti manca il coraggio di percorrerla da solo, allora vieni da me e mettimi alla prova, per vedere se vorrò o meno accompagnarti fraternamente e con ogni amore, e credo pure che in questo modo, molto difficilmente, potrai trovare motivo di una qualche lagnanza!

33. Ma se io mi inducessi ad agire verso di te secondo la tua stolta richiesta, vedi, io dovrei senz’altro diventarti prima nemico, affinché nella mia spregevolezza potessi ingannare te, il mio caro e povero fratello in Dio e in Adamo!

34. Vedi, il sapere non ti servirà mai, in eterno, a raggiungere la vita, mentre se tu opererai in conformità alla verità, allora troverai la testimonianza della verità e questa verità sarà la testimonianza dell’amore e l’amore sarà la vita eterna in Dio! Amen!».

 

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Cap. 72

La sapienza di Setlahem e quella di Asmahaele

9 marzo 1841

1. E quando Setlahem ebbe inteso tale discorso, si prostrò dinanzi ad Enoch e disse: «O Enoch, la tua grande sapienza mi ha annientato, tanto che ora ho la sensazione di non esistere più, però mi accorgo che ora, nel mio annientamento, ti comprendo più di prima, nella mia sapienza! E accetta dunque i miei ringraziamenti per la grande pazienza che hai avuto con me e perché non ti adirasti a causa della mia grande stoltezza che mi indusse a comparire con arroganza dinanzi alla tua faccia raggiante d’amore e a disputare con te, che sei uno strumento vivente nella Mano del Padre onnipotente e santo!

2. Vedi, tu hai bensì resi ciechi i miei occhi ed io non distinguo ancora quello che è giusto; ma ora percepisco un’altra luce la quale mi indica una nuova via, ancora scarsamente illuminata, però questa è una via che in un istante mi porterà più lontano di quanto l’infruttuosa luce dei miei occhi mi abbia potuto portare in molti, anzi già in moltissimi anni.

3. O Enoch, se su questa via nuova il mio piede dovesse incontrare, un giorno, qualche luogo di dubbia solidità, concedimi, allora, che io possa venire da te, affinché tu mi indichi se mi trovo sempre sul retto sentiero.

4. O Enoch, avvertimi se tu dovessi scorgere che, nella mia cecità, sto per fare un passo falso! Amen!».

5. Ed Enoch allora gli disse: «O Setlahem! Vedi, una buona volontà ti sta guidando e sei animato da onesto fervore, tanto che sei meritevole di lode. Però c’è in te ancora una cosa da biasimare, e cioè che tu cerchi presso di me, che sono solo un debole uomo quanto lo sei tu, quello che unicamente Dio, il Padre santissimo di tutti noi, può dare ai Suoi figli. Tu sei portato a tributare lode allo strumento, anziché all’Artefice!

6. Pensi forse che io sia più condiscendente dell’Amore infinito e della Misericordia del Padre eterno e santo? O Setlahem, non lasciarti mai trarre in errore dalla segreta stoltezza del tuo cuore e non rivolgerti mai agli uomini prima di esserti, con tutto amore e pentimento, rivolto a Dio nelle tue intime profondità! E se tu dovessi rimanere inesaudito per lungo tempo, soltanto allora pensa che tutti gli uomini, non esclusi neppure i migliori, rappresentano, al paragone di Dio, la vana perfidia e la mancanza d’amore e pensa inoltre che in ogni caso Dio ti darà ogni cosa prima che il più misericordioso occhio d’uomo ti degnerà anche solo di uno sguardo.

7. Però, per quanto riguarda noi, sappi che siamo venuti da voi per disposizione di Dio, il nostro buonissimo e santissimo Padre, e per virtù del Suo Amore in noi, perciò non distoglieremo mai i nostri occhi da voi. Dunque, volgi il tuo cuore verso l’Alto ed ama il Padre santo con tutte le tue forze, così avrai vita, poiché soltanto un simile amore t’insegnerà, in un istante solo, di più che non tutti i migliori e più sapienti uomini in molti secoli. Vedi, ora tu hai tutto quello di cui per il momento hai bisogno; procedi quindi conformemente ed opera nell’amore per Dio! Amen!»

8. E dopo tali parole, Setlahem s’inchinò ai padri, si ritirò riconoscente e cominciò a percepire in sé un sentimento di grande gioia, ed egli Mi glorificò, per questa Grazia, nel suo cuore.

9. Poi Enoch, rivolgendosi ad Adamo, gli disse: «Caro padre, non essere sdegnato con me per averti trattenuto qui più a lungo di quanto tu avessi previsto per me, poiché, vedi, il Signore elargisce i Suoi doni d’Amore non secondo la nostra misura del tempo, bensì quando Egli vuole, così Egli dà e dunque vadano sempre a Lui, il grande e santissimo Elargitore, tutti i nostri più fervidi ringraziamenti e la nostra lode, e Sua sia sempre ogni gloria e ogni onore! Amen!»

10. Ma Adamo rispose: «O caro Enoch, non darti pensiero a causa di ciò, perché noi tutti sappiamo che quello che il Signore fa è sempre ben fatto! Amen!».

11. E pure Set si unì, ad alta voce, a tale affermazione ed infine aggiunse: «E sempre anche al momento più opportuno! Amen!»

12. Adamo però si alzò nuovamente e, rivolto ad Enoch, disse: «E ora Enoch, invitiamo subito pure Asmahaele a dare inizio alla sua orazione, affinché, in primo luogo, adempia il suo numero e in secondo luogo ci esponga anch’egli il suo parere circa il bellissimo aspetto di questo paesaggio ed infine ci dica in quale modo ha compreso tutto ciò. Dopo di che ci disporremo subito a proseguire il nostro viaggio, per far giungere un breve invito ancora ai figli che dimorano verso la Sera e a quelli verso la Mezzanotte ed infine ritorneremo alle nostre capanne. Amen!»

13. Ed Enoch si rivolse ad Asmahaele, chiedendogli di esprimersi come richiesto da Adamo.

14. E vedi, subito l’animale avanzò con il suo cavaliere in groppa. I figli del Mezzogiorno, frattanto, si intrattenevano intorno ai vari argomenti e ragionavano con voce piuttosto alta. L’animale, però, emise allora di seguito tre ruggiti terribili e tutti ne rimasero enormemente terrorizzati e il loro vocio si convertì all’istante nel più profondo silenzio.

15. E dopo che l’ordine si trovò così ristabilito, l’animale subito ammutolì ed Asmahaele incominciò il seguente discorso, quanto mai notevole e reso in forma nobilissima. Egli, infatti, disse:

16. «O degnissimi padri dei padri della Terra! Che dovrei e che potrei dire io che da poco sono sfuggito dal tenebroso abisso di morte ora su queste alture tanto sacre, dove tutto, pieno di prodigio, pieno di grazia, pieno di vita, rende la più possente parola rigida sulla mia lingua tremante?

17. Chi non può esprimere fuori da sé le sacre parole di vita, come mai potrebbe descrivere l’incanto di questo paesaggio; e quando la lingua balbetta, come mai potrebbe essa esporre, scomposte nelle loro parti, le forme mirabili di gloria e bellezza?

18. O padri dei padri della Terra, brevissimo è il tempo trascorso da quando io a mala pena osavo aprire gli occhi, perché fossero capaci di scrutare nei prodigi delle sacre alture e ora io povero, io cieco, io morto dovrei rivelarli a voi, che godete appieno la grazia, la vita, la forza e la potenza, a voi che già da lungo tempo scrutate nell’intima essenza le cose nelle loro rarissime forme?

19. Cosa sono queste verdi pianure, circondate da pareti di roccia e picchi che giungono al cielo, se il loro senso grandioso deve restare nascosto alla vita apparente? Non starebbe una umile pietruzza infinitamente più in alto nel sacro rango che non ogni altura e tutti i monti della Terra e questa con essi, per me e per chiunque potesse comprenderla nell’intima essenza?

20. Com’è facile dire che là, verso il Mattino, un re del monte fumante che si eleva fino al cielo s’innalza superbo come se dovesse dominare la Terra! Oh, in verità, tale cosa la può vedere anche l’occhio degli animali! Però quando io mi chiedo: ‘Asmahaele, comprendi simili possenti prodotti?’, allora nella notte del mio cuore mi sento rispondere: “Come potrebbe ciò che è morto comprendere quello che è senza vita? La tua vita è solo apparenza e illusione dei tuoi sensi! La lingua flessibile è tutto ciò che può distinguerti dagli animali!”

21. O padri, se ho percepito tale cosa, pensate quanto si sottraggono le forme delle sacre alture alla mia indagine!

22. Fra il Mattino e la Mezzanotte, io scorgo laggiù un monte che splende in modo ancora più fulgido dello stesso Sole in cielo, poiché uno solo è il colore dei raggi del Sole, mentre il monte, umiliando il Sole, sfrutta in potenti fiotti la luce di tutte le stelle e dei fiori. Tuttavia, se mi chiedo: ‘Come succede ciò? Da dove, e perché?’. Oh, allora tutta l’erba, come pure tutte le pietre, con ben comprensibile cenno mi dicono all’orecchio: “O tu, stolto, perché mai ti affatichi la mente a scoprire i miracoli della luce? Quella luce, che sgorga da Dio, a chi è dato vederla?

23. O stolto, vedi, l’onnipotenza di Dio creò il Sole perché illuminasse, non mai, però, lo fece per guardarlo, e se ti fu data la capacità di un maturo pensiero, non riflettere sui pensieri; il che uguaglia, in stoltezza, guardare il Sole.

24. I pensieri sono luci dell’anima, che rischiarano il groviglio della vita del corpo, ma tu non li devi usare esclusivamente a tale scopo! Come potresti comprendere i prodigi che sorgono all’esterno, se devi fuggire te stesso, come il prodigio più prossimo a te?”

25. Oh, vedete, o degnissimi padri dei padri della Terra, oh, se davvero tale cosa si deve apprenderla per forza dalla muta natura, oh, allora, è duro il riposo sulle alture della Luce!

26. Io non venni mandato qui per risplendere, no di certo, bensì perché io stesso potessi ottenere luce; e a voi mi guidò la splendente figura di Abele! Perciò fatemi udire le vostre parole colme di luce e di vita; di parlare per me non è ancora venuto il momento! Oh, chi potrebbe ancora trovare parole che suonassero più sante di quelle colme di forza e di vita dall’Alto, fluenti dalla bocca di Enoch, delle quali una sola è già più poderosa dell’essere immane e pesante della Terra, da un polo all’altro! Perché, quando la parola proferita si offre con abbondanza non solo come un suono armonioso, bensì strappa abbondantemente, con successo e benedizione, la vita alle profondità mortalmente nascoste nell’uomo, oh, ascoltate me, misero, una simile parola è certo più grande e importante di tutto ciò che all’occhio è possibile guardare e di quanto i sensi del corpo sono in grado di pesare!

27. Concedetemi dunque, o degnissimi padri dei padri della Terra, a me povero, a me morto, di tacere ora, perché a chi è morto non si addice parlare a coloro nei cui petti si cela una vita da Dio nella luce più bella, da cui ciascuna parola, con lingua benedetta, sparge la vita come il Sole va spargendo la sua luce tremante.

28. O padri dei padri della Terra, lasciatemi dunque finire la mia parola da nulla, la quale altro non è che semplice suono, poiché il tempo è destinato a cosa migliore che non alle vane chiacchiere!

29. Se anche il paesaggio, quale riflesso della vita, è assai bello, tuttavia migliore cosa è l’anelare alla vita! Oh, in verità, come io sento, per chi l’ha trovata è più bella una goccia della vita racchiusa nello spazio più angusto che non se egli potesse, con sguardo profondo e acuto, scrutare negli infiniti spazi dei soli e della morte!

30. O Enoch, mio sapiente maestro per Grazia e Amore dall’Alto, perdona le mie vane chiacchiere, e scusa al morto la sua cecità! Il morto e il cieco sono io! Amen!»

 

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Cap. 73

La tigre affamata

 

1. E come Asmahaele ebbe finito il suo discorso, ecco che Adamo si alzò e lodò molto Asmahaele, per aver dato prova di tanta umiltà, la quale ha per fondamento maggiore sapienza di quanta ne avesse dimostrata Setlahem con tutti i suoi figli; dopo di che egli si rivolse nuovamente ad Enos e Kenan e li incaricò di invitare i figli del Mezzogiorno per l’imminente Sabato, affinché essi “…volessero comparire prima ancora del levar del Sole al sacrificio mattutino che noi dobbiamo e vogliamo offrire a Jehova, e che anche gli offriremo!”

2. E subito i due fecero secondo l’ordine ricevuto. Poi i figli portarono bevande e cibo ai padri della discendenza principale; e questi presero quanto loro venne offerto, mangiarono e bevettero e diedero da mangiare e da bere pure ad Asmahaele.

3. Quando però la tigre vide i padri della discendenza principale mangiare e bere, si dimostrò inquieta e cominciò a spalancare rabbiosamente le fauci e a sferzare la coda intorno a sé.

4. E allora Adamo disse ad Enoch: «Caro Enoch, guarda un po’ come si agita l’animale. Che può voler dire ciò? Vedi di farlo stare tranquillo, altrimenti non sarà buona cosa proseguire il viaggio con esso! Amen!»

5. Ma Enoch si alzò subito e disse: «Pensate forse, che simili animali possano nutrirsi di aria, o che vogliano mangiare l’erba? Certamente no; tutto ciò è contrario all’ordine stabilito per loro! Esso non fa che domandare cibo; portate dunque tre animali impuri, affinché possa saziarsi!»

6. Allora furono immediatamente condotti là tre caproni, ed Enoch disse ad Asmahaele: «Ecco qui del cibo per l’animale che ti porta! Scendi e presentaglielo per suo nutrimento e come segno che tu porti al guardiano la tua impurità dalla pianura perché venga divorata!»

7. E Asmahaele fece anche subito come Enoch, alla presenza dei padri, gli aveva consigliato.

8. Ma quando Asmahaele ebbe presentato i tre caproni all’animale, questo non li toccò affatto, bensì li cacciò via da sé con la coda e cominciò a ruggire terribilmente.

9. E tutti furono colti da spavento, eccetto Enoch, il quale non aveva ancora mangiato nulla del cibo offerto, mentre, in compenso, si ristorava nel proprio cuore con il Mio amore e così si rinvigoriva molto bene.

10. Però Adamo, rivolgendosi di nuovo ad Enoch, gli disse: «O Enoch, vedi bene di non ingannarci, dato che l’animale respinge il cibo che tu hai fatto venire! Se lo puoi, prendi consiglio su cosa si debba fare, perché comincio a temere per Asmahaele! Vedi come s’impenna orribilmente e quali tremendi ruggiti manda, mentre il suo aspetto è tanto furioso che sembra volerci divorare tutti! Trova quindi consiglio ed aiuto, se vuoi e se puoi!»

11. Ma Enoch allora si avvicinò immediatamente all’animale e così l’apostrofò: «Calmati, poiché comprendo molto bene il tuo atteggiamento; tuttavia, affinché anche questi altri lo possano comprendere, ti sia sciolta la lunga e larga lingua! Rendi dunque manifesta la tua ragione e dì loro cos’è che ti induce a tenere un tale spaventoso atteggiamento!»

12. E l’animale allora si fece innanzi risoluto in mezzo ai padri, e dalle sue fauci spalancate fece udire distintamente le seguenti parole:

13. “Udite, uomini dall’udito ottuso e dalla vista nulla! È perfettamente vero che la fame mi tormenta già in ogni mia fibra, non avendo per tre giorni potuto andare a caccia di qualche cibo, e perciò, nella mia miseria, divorerò anche il nutrimento impuro che mi è stato offerto, però tale cosa non mi era possibile finché non mi fosse stata data la possibilità di rendervi attenti tutti, ad eccezione di uno, su come sia per voi disdicevole ed ingiusto in altissimo grado accostare alla bocca i doni di Dio prima di aver invocato, dal santo Donatore, la benedizione del cibo ed averLo poi ringraziato in tutta umiltà e amore per un simile grande e duplice dono.

14. Non sapete voi, stolti e ciechi che siete, che sulla Terra non cresce più nessuna erba pura, tale da servire da alimento agli immortali, affinché non deperiscano?

15. Dunque, non dovrebbe esserci per voi desiderio più ardente di quello che il grande e santo Donatore avesse ogni volta a purificare per voi e a benedire qualsiasi cibo, per il benessere della vostra vita?

16. Oh, vergognatevi voi, i più prossimi testimoni dell’Onnipresenza dell’Altissimo! Voi siete chiamati a testimoniare di Lui e siete capaci di dimenticarLo, quando maggiormente di Lui dovreste ricordarvi!

17. Oh, com’è ingrata la vostra libertà piena di vita e come soltanto di parole è costituito l’amore che voi Gli portate, se perfino io, che sono una fiera feroce, mi sento pervasa dal più giusto sdegno nel dover constatare una tale empietà da parte dei figli di Dio! Voi vorreste maledire la pianura, mentre nelle stesse vostre profondità si tiene celata tanta ingratitudine al punto che perfino voi porterete corporalmente nella pianura la massima fra le sue sciagure, qualora nei vostri cuori non vi occuperete di più per gli atti di ringraziamento e per il vero amore!

18. Secondo voi, io dovrei inghiottire l’impurità portata da Asmahaele? Allora vi dico e vi consiglio questo: ‘Ponete piuttosto sui caproni l’impurità del vostro cuore ingrato, affinché io divenga non solo il portatore di Asmahaele, ma piuttosto, pure, quello della vostra grande ingratitudine!’

19. E ora, oh Asmahaele, fa’ come ti hanno consigliato i padri; portami qui i caproni ed aggravali della maledizione, affinché i padri pentiti possano abbandonare purificati questo luogo ed io e te pure con loro; così sia!»

 

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Cap. 74

L’essenza della verità e dell’amore

17 marzo 1841

1. Quando però i padri ebbero inteso tali parole miracolose provenienti dalle fauci dell’animale, vedi, inorridirono enormemente e si batterono il petto; deplorarono il loro errore e Mi promisero solennemente, nel loro cuore, di non toccare più per quel giorno né cibo né bevanda. Per mezz’ora essi implorarono nei loro cuori il Mio perdono e all’infuori di Enoch nessuno si azzardò a levare gli occhi da terra.

2. E proprio in questo tempo la fiera ebbe l’opportunità di consumare il suo pasto, al quale scopo si era ritirata alquanto da parte. Quando essa ebbe divorato i tre caproni, fece subito ritorno, spiccò alcuni salti fino ad una vicina sorgente e là si rinfrescò i denti e la lingua, affinché ne venisse ammansito il suo furore e calmata la sua sete di sangue.

3. Dopo di che essa si avvicinò nuovamente ad Asmahaele e parve volergli offrire ulteriormente i suoi servizi.

4. Enoch però, guardando i padri, chiese a bassa voce ad Adamo se egli aveva ancora qualche desiderio, oppure se ci si doveva disporre alla partenza.

5. E Adamo, con la sua voce senile ancora tutta tremante, gli rispose: «O Enoch, vedi, l’angoscia ha infiacchito le mie membra, tanto che non posso più sollevarmi e, come vedi, similmente è accaduto pure alla madre Eva e tuttavia abbiamo il dovere di partire in direzione della Sera! Ma come potremo fare per proseguire il viaggio?

6. E vedi, caro Enoch, neanche gli altri si trovano in condizioni molto migliori delle mie! Prendi dunque consiglio dal tuo amore per Dio riguardo a quello che ci sarà da fare, poiché, in verità, sento profondamente l’empietà della nostra tiepidezza, ma altrettanto profondamente sento anche la debolezza delle mie membra!

7. O verità, verità, quale terribile potenza risiede in te! Questa fiera è una fedele immagine della tua durezza. Tu non risparmi nessuno, possa essere il primo o l’ultimo abitante della Terra! Per te tutte le età sono uguali. Tu colpisci i padri assieme ai loro figli e non risparmi neppure la loro debole madre. Tu premi i nostri capi a terra ed infiacchisci le membra fino a renderle inutili. Dov’è, all’infuori di Dio, un essere ancora capace di reggere tutto il carico del tuo peso?

8. O mite, dolce e santo amore! Se tu, quale la più santa benedizione della Vita di Jehova, non vai a braccetto con la verità, oh, allora il riconoscimento della verità pura ed isolata a sé è davvero una morte per gli uomini!

9. O figli, non cercate, d’ora innanzi, mai più nessuna verità in quanto tale, bensì unicamente e solamente l’amore! E quel tanto di verità che questo amore recherà con sé sarà pure giusto per l’uomo e vantaggioso per la sua vita.

10. A chi però il Signore donerà più verità che amore, costui, alla fine, ne rimarrà schiacciato, o il Signore stesso dovrà farsi per lui portatore dell’immenso peso della verità.

11. Insegnate perciò anche voi, in futuro, a tutti i vostri figli la verità nell’amore e ai fratelli l’amore nella verità!

12. E ora, o Enoch, fa’ quanto tu puoi e pensa e odi e vedi quello che la verità cruda e nuda ha fatto di tutti noi! O Enoch, unisci la tua preghiera alla mia, affinché la sera non abbia a sorprenderci qui! Amen!»

13. Enoch, però, nel suo cuore si rivolse a Me e dal suo petto salì una tacita invocazione, che così diceva: ‘O Tu, amorosissimo Padre di tutti gli uomini, che sei grande e santo e che sei il Creatore onnipotente, il Dio infinito, eterno e santissimo! Guarda, in grazia, noi, poveri e deboli vermi nella polvere, e guarda noi dalle Tue altezze incommensurabili di grazia e nell’infinita pienezza del Tuo Amore considera la nostra immensa debolezza. Noi, annichiliti dalla grande potenza della Tua Verità, languiamo al cospetto della Tua Dolcezza paterna!

14. Oh, concedi che noi possiamo rialzarci dal duro suolo della Terra con le membra di nuovo rinvigorite e di animo lieto, e guidaci secondo il Tuo santo Volere là dove la Tua Grazia e il Tuo Beneplacito ritengono opportuno; e non permettere che i padri vadano incontro ad un qualche dolore, ma fa’ invece che noi tutti possiamo procedere continuamente nel Tuo Amore e nella Tua Grazia!

15. O santissimo Padre, esaudisci la mia silenziosa preghiera e le mie suppliche! Amen!’.

16. E dopo che egli ebbe proferito tali parole nel suo cuore colmo d’amore e di viva fiducia, vedi, egli percepì subito in sé una voce possente, dolce e santa, che gli disse:

17. «Ascolta, o Enoch! Io ho ben inteso la tua supplica ed ho esaudito la tua preghiera! Avvicinati ai tuoi padri, reca loro una consolazione colma della benedizione dalla Mia grande Misericordia e assicurali sulla Mia Promessa. Poi sorreggili, ed essi tutti, riacquistato nuovo vigore, si leveranno agili come giovinetti e con grande vivacità si accingeranno a compiere il cammino che ancora rimane loro da percorrere, secondo la Mia Volontà!

18. Tuttavia non lasciare che l’animale entri nella dimora di Adamo, né che calpesti il terreno, bensì, a viaggio compiuto, lascia che esso faccia in pace ritorno al luogo di sua destinazione.

19. E ora va’ e fa’ quanto ti è stato comandato, ed educa lo straniero Asmahaele in Onor Mio. Amen! Ascolta in tutto amore. Amen!»

 

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Cap. 75

La causa del timore

 

1. Allora Enoch Mi ringraziò subito in cuor suo per il dono di un così abbondante pane proveniente dalla vera Casa paterna, si recò poi in mezzo ai padri e cominciò a indirizzare loro le seguenti parole consolatrici ispirate da Me, dicendo:

2. «O padri diletti, il Padre santo e Signore di ogni potenza, nella Sua grazia ci ha concesso che si verificasse un piccolo prodigio di carattere insolito, e ciò per destarci dal sonno della nostra abituale tiepidezza. Egli sciolse a un animale la lingua, che altrimenti sarebbe rimasta muta in eterno, e fece scorrere fuori dalle sue fauci non abituate alla parola soltanto una minimissima scintilla della verità eterna. Noi intendemmo questa minima scintilla dal greve contenuto e ne inorridimmo, quasi ci fossimo trovati d’improvviso all’inesorabilissimo cospetto di un tormentoso ed eterno annientamento!

3. Oh, la vana paura e la semidisperazione! Ma, ditemi, cari padri, colui che veramente ama, cosa può temere?

4. Non è dunque il vero e disinteressato amore per Dio la mano protettrice del Padre santo, posta sul nostro cuore, dinanzi alla cui potenza tutto l’infinito s’inchina, tremando, obbediente e riverente, fin nelle sue più riposte fondamenta?

5. Quel dito di Dio, che è parte della Sua mano, la quale ci sorregge e difende, non porta tutta quanta intera l’incommensurabile vòlta dell’infinità con tutte le sue innumerevoli stelle, il Sole e la Luna e noi restiamo quasi immoti e sfiniti per un piccolo avvenimento insolito, mentre, di gran lunga, avremo maggior diritto di diventare deboli e di rimanere sbigottiti se volessimo riflettere un po’ su noi stessi e su come questo inaudito prodigio della capacità di parlare ci appartiene ininterrottamente, tanto che non esiste quasi più oggetto visibile al quale noi non saremmo in grado di dare più di mille nomi?

6. Oh, vedete, questo non ci meraviglia affatto e noi non diventiamo affatto deboli, quando ci scambiamo l’un l’altro delle parole!

7. Ma se dunque i prodigi infinitamente maggiori, considerata la nostra capacità d’intendimento, non hanno il potere di renderci deboli, oh, com’è stolto diventare impotenti all’udire la voce di un grillo! Ascoltate: – in questo caso fa capolino molto più il timore servile che non il vero amore vivente!

8. Ma è davvero possibile che chi è completamente vivo sia colto da brividi al cospetto della morte, oppure che, sopraffatto da debolezza, arretri dinanzi a lei tremando?

9. In verità, se il vivente trema dinanzi alla morte, è segno che egli stesso porta ancora in sé poderose tracce di morte!

10. Non è stato posto l’uomo a signore di tutte le creature nell’immenso universo? Dunque che cosa è avvenuto di lui che ora indietreggia spaventato dinanzi al ronzio di un moscone, come se Dio avesse già tenuto a suo carico un mezzo Giudizio?

11. O cari padri! Io so qual è la causa di ciò, la quale non è come voi credete, la caduta originale del primo padre e della prima madre – perché questa, per se stessa, fu soltanto una conseguenza – bensì la causa è questa: – l’uomo, nella sua libertà, comincia a stimarsi grande e potente e poi, in questa stolta e immensa presunzione, si va smarrendo così da persuadersi che soli e mondi pendono da ciascun suo capello. Ma quando poi l’amorosissimo Padre viene a destare il figlio, che stoltamente dorme e sogna, mediante una qualche goccia rinfrescante e piena d’amore, di misericordia e grazia, allora questo stesso figlio apre improvvisamente gli occhi, riconosce la propria debolezza e nullità, e scoppia in lacrime, quando scopre che non è altro che un debole fanciullo.

12. Però, quando scorge suo padre, forte e robusto, allora si rallegra e corre a lui con tutto l’amore, lo accarezza e lo prega di dargli del pane. Ora, dove sono il padre e la madre che vorrebbero respingere da sé i loro prediletti?

13. Ma se il fanciullo è caparbio, il padre sa come punirlo, affinché divenga mansueto; e qualora il fanciullo non volesse proprio lasciarsi mai destare del tutto, vorrà allora il padre forse lasciare intentato sia pure un solo mezzo per ottenere di ridestare il figlio alla vita?

14. E quando il figlio avrà di nuovo aperto gli occhi e guarderà sorridente il padre preoccupato, il padre non se ne rallegrerà di più che non per gli altri cento figli che saranno rimasti sempre svegli?

15. O cari padri! Oh, vedete quanto è vano il vostro timore e la vostra debolezza! Ridestatevi nell’amore e guardate come il gran Padre, amoroso e santo, vi sta vicino, pieno di amorevoli cure. E guardate anche come ansiosamente Egli è in attesa che vogliate innalzare a Lui i vostri sguardi d’amore!

16. Oh, destatevi! Per noi Egli non è un Padre lontano, bensì molto vicino e colmo d’amore, di dolcezza e di pazienza!

17. Se anche ora siete infiacchiti dal sonno ed esauriti dal sogno, destatevi completamente e sarete rinvigoriti, così da balzare come cerbiatti dalla gioia! Oh, destatevi, dunque, nell’amore al Padre! Amen!».

 

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Cap. 76

La gioia dei primi padri nel Signore

 

1. Dopo aver finito tale discorso, Enoch Mi ringraziò nuovamente nel proprio cuore e, distese le mani, prese i padri sotto le braccia, mantenendo anche durante quest’atto l’ordine di anzianità. E vedi, ben presto tutti i padri si alzarono da terra lieti, agili e perfettamente rinvigoriti; Mi ringraziarono oltre misura per tale grazia e glorificarono ad alta voce il Mio Nome. Anzi, la loro esultanza fu così grande da doverne manifestare l’esuberanza con dei salti di gioia, e neppure Adamo ed Eva fecero eccezione. Set poi, per il grande giubilo, sembrò perdere quasi ogni freno e spiccava dei salti tanto più alti quanto più gli concedevano i piedi.

2. Però, durante questo suo sfogo di gioia, avvenne che egli cadde e si fece un po’ male al ginocchio destro, così che non poté più continuare i suoi salti. E subito egli si turbò, perché ritenne quella una punizione, e perciò egli si rivolse immediatamente a Me e così parlò nel suo cuore:

3. ‘Oh Signore, Padre immensamente buono e santissimo di tutti noi! Guarda, in grazia, quaggiù a me, povero, debole e infermo. Vedi, io ero lieto oltre ogni dire nel Nome Tuo, e nell’eccesso della mia gioia sono caduto!

4. O Padre santo, amorosissimo e immensamente buono! Aiutami a rialzarmi, poiché d’ora innanzi non vorrò mai più rallegrarmi con i piedi, ma invece altrettanto di più nel cuore ed altrettanto di più, pure, Ti loderò e glorificherò piuttosto con la mia bocca, mentre i miei piedi li userò secondo la Tua Volontà e le mie mani secondo il Tuo compiacimento, ma per questa volta soltanto togli dal mio ginocchio il dolore, o Padre santo, amorosissimo e immensamente buono! Oh, esaudisci la mia preghiera! Amen!’

5. Allora egli immediatamente percepì una grande Voce che gli parlava così nel suo cuore: “Ascolta, o Set! Rallegrati sempre nel Mio Nome; rallegrati di tuo Padre e giubila di tutto ciò che in qualsiasi maniera può innalzarti a Me! Però, facendo ciò, tralascia ogni fatica del corpo che non giova a nulla, ma rallegrati nel silenzio del cuore! Allietati nella vita perché hai trovato la vita, ma non mescolare mai nelle gioie della vita quello che è proprio della morte; così facendo non avrai mai da soffrire danno né nel corpo né, meno ancora, nella vita dello spirito fuori dal tuo e dal Mio Amore contemporaneamente!

6. Ricordati bene queste cose e vedi di assimilarle il più profondamente ti sarà possibile nella vita; in tal modo il tuo gaudio non avrà mai più fine, e ora alzati e cammina lieto nel Mio Nome! Amen!”

7. Ma quando Set ebbe inteso tutto ciò in sé con tutta chiarezza e precisione, si diede a versare lacrime di gioia e ad alta voce Mi ringraziò per tale Grazia inattesa.

8. Però tutti gli altri ora si accorsero che a Set era accaduto qualcosa di speciale e tutti, ad eccezione di Enoch, si meravigliarono dell’improvvisa tranquillità di Set e del suo straordinario umore lieto.

9. A Set, però, non sfuggì quanto avveniva nell’animo degli altri e pregò che non volessero turbarlo con domande nella sua gioia per il ritrovamento della vita da Dio, poiché la sera essi ne sarebbero venuti a conoscenza in sé per opera dall’Alto.

10. Allora Adamo si rivolse ai figli, Mi ringraziò, li benedì tutti, e benedì pure i figli del Mezzogiorno, nonché il loro paese; e poi disse:

11. «E ora, figli, ringraziate il Signore, e disponetevi a proseguire il viaggio in direzione della Sera, restando invariato l’ordine di prima: – Asmahaele nel mezzo fra me ed Enoch, montato sull’animale delle verità! Amen!».

 

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Cap. 77

La partenza dei patriarchi in direzione dei figli dimoranti verso Occidente

22 marzo 1841

1. Allora tutti si misero subito in ordine secondo la volontà di Adamo, e si accinsero a proseguire il viaggio verso i figli che dimoravano verso la Sera.

2. E ciascuno Mi offrì il proprio cuore e in silenzio Mi lodò, sia chi partiva, sia i figli del Mezzogiorno che rimanevano.

3. E i figli del Mezzogiorno che rimanevano, s’inchinarono dinanzi ai genitori della discendenza principale e li ringraziarono per tale lieta ambasciata, e glorificarono il Mio Nome e lodarono il Mio Amore oltre ogni dire, e furono colmi di gioia per la Mia grande Misericordia.

4. E vedi, in tali buoni rapporti i primi uomini della Terra si congedarono qui dai loro figli.

5. In quel tratto di paese che andava dal Mezzogiorno fino alla Sera, la via da percorrere era qualcosa di immensamente grandioso, bene inteso soltanto dal punto di vista umano! Era cioè, al massimo grado, quello che voi intendete con l’espressione “romantico”.

6. Data la grande rarità della cosa, quale attualmente non è più riscontrabile in nessun luogo, Io voglio prospettarla un po’ più da vicino dinanzi ai vostri occhi. Annotatevela, dunque, ed imprimetevela bene nel cuore!

7. Questa regione, attraverso la quale correva il sentiero che conduceva in direzione della Sera, appariva così: – raffiguratevi sette formazioni coniche di color grigioazzurrastro, disposte in una linea, ciascuna alta settemila piedi e del diametro di un settimo di miglio alla base! E pensate che questi coni erano situati l’uno vicino all’altro così come se qualcuno li avesse collocati in fila, in modo tale che essi si toccassero l’un con l’altro alla base!

8. Ma come i sette coni appaiono schierati su di un fronte, così – immaginatevelo! – dietro a ciascun cono ne sorgono ancora altri dieci, di dimensioni sempre decrescenti e dalla colorazione più svariata. Dalla vetta di ciascun cono sprizza un getto d’acqua sorgiva purissima. Davanti al fronte principale, ad una distanza di circa cento tese, corre una strada dritta ad un’altezza di mille piedi dalla base dei coni, che passa lungo il dosso di una montagna la cui parete settentrionale è riccamente coperta da bellissimi cedri, palme, pioppi e platani. Dalla parte meridionale invece, all’infuori dei già menzionati ammassi rocciosi a forma di cono e con i loro immensi spruzzi rumoreggianti come cascate d’acqua, altro non colpisce l’occhio se non un terreno pietroso e nudo, sul quale, soltanto qua e là, si mostra un po’ di erba magra e dei muschi.

9. Ebbene, questa è in brevi cenni la descrizione della via che conduceva dal Mezzogiorno alla Sera! Immaginatevi ancora, in aggiunta, l’effetto indescrivibile che era provocato dai raggi del Sole che si rifrangono in innumerevoli arcobaleni, e poi anche la magnificenza della svariatissima colorazione delle serie di coni più piccoli che si offrono alla vista attraverso i vani aperti tra un cono della fila di fronte e l’altro, e voi avrete in breve tutto quanto vi occorre per rappresentarvi, in maniera abbastanza chiara, l’impressione che faceva una simile escursione in montagna nella direzione verso la Sera.

10. Anche questa via era una fra le predilette da Adamo. Egli passeggiava qui particolarmente volentieri nelle giornate molto calde, perché vi spiravano sempre fresche brezze, e oltre a ciò, già nei primi periodi della sua vita, lo spettacolo di un tale paesaggio aveva sempre suscitato in lui un entusiasmo immenso. Quando ritornava da una simile passeggiata, egli s’intratteneva con i suoi figli con parole nobili ed elevate riguardo al Mio Amore, alla Grazia, alla Sapienza, alla Misericordia, alla Santità, alla Grandezza e alla Potenza, e anche perciò egli chiamava questa via ‘la contemplazione delle sette potenze dall’eternità del grande Dio Jehova’.

11. Quando dunque i padri ebbero raggiunto questa via, ed erano arrivati a poco a poco dirimpetto al cono mediano, Adamo fece un po’ arrestare la marcia, per potersi godere un po’ quel meraviglioso spettacolo naturale.

12. E subito tutti i figli si sedettero a terra e si deliziarono al possente e muto pulsare della morta e pur fremente natura.

13. Ma, dopo una breve pausa, durante la quale il pensiero fu, bene inteso, rivolto a Me, Adamo si rivolse ad Asmahaele e gli chiese: «Asmahaele, dicci quali pensieri suscita in te questa scena e se essa ti piace!».

14. Ed Asmahaele, volgendosi con il massimo rispetto ad Adamo, così rispose: «O padre dei padri della Terra! Tu chiedi qui al debole una cosa che pure al più forte appare già troppo grandiosa e copiosa. Tuttavia, se considero le colonne appuntite che si ergono alte con i ripidi fianchi di roccia di colore azzurro bagnati dalle acque, colonne plasmate dal dito possente dell’eterno Dio, allora nel cuore mi sorge un pensiero: “Per i grandi, il grande non è grande, e per i piccoli il grande è inutile!”. Che cosa può il moscerino trarre fuori dai monti? E le dita dell’uomo, a che giovano alla mosca?

15. E se io osservo questa grande e possente scena, o padri dei padri della Terra, mi appare assai chiaro che il grande può giovare soltanto ai grandi, e invece conviene che la mosca si mostri contenta di quel paio d’ali leggere e ronzanti, che le furono donate!

16. O padri, voi grandi e potenti figli dell’Altissimo! Per voi sono state formate cose così grandi, così splendide dal dito possente di Dio; voi potete comprenderle, usarle per vostro vantaggio e lodarle; per me i monti poggiano sul dorso della mosca.

17. O padri dei padri della Terra, in ciò che vi ho detto, si compendia tutto quello che io potevo dirvi. Oh, se voi lo potete, insegnatemi come si debba comprendere nello spirito una tale grandezza di cose! Amen!».

18. Quando però Adamo ebbe intese queste espressioni, tanto umili e modeste, se ne rallegrò moltissimo e disse, rivolgendosi agli altri:

19. «O diletti figli, ascoltate! Asmahaele comincia a sembrarmi come un campo da lungo tempo non toccato dall’aratro, che durante l’epoca del riposo non ha bensì portato frutto perché era un campo, per l’appunto, abbandonato, ma se sul suo terreno viene seminato un buon seme e viene profondamente collocato nei solchi, allora su di un simile campo, in breve tempo, farà bella mostra di sé il frutto centuplicato.

20. Questa è l’impressione che a me fa Asmahaele, poiché non sono trascorsi neppure due giri d’ombra completi (circa due ore) da quando si trova fra noi, ma, in verità, eccezion fatta per noi soli, egli potrebbe senz’altro confondere tutti i figli delle alture!

21. Udite, cari figli! Se quei miseri che dimorano nella pianura somigliano tutti quanti in qualche modo ad Asmahaele in fatto di fertilità, allora sarebbe proprio un vero peccato che noi non venissimo loro in aiuto!

22. Perciò, una volta ritornati nella nostra capanna, ci consiglieremo, con la potente assistenza di Dio, per vedere cosa si dovrà fare a tale riguardo.

23. Il Signore, però, voglia preservarci da qualsiasi atto arbitrario! Amen!»

 

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Cap. 78

Il ringraziamento di Asmahaele

 

1. E quando Asmahaele udì tali parole dalla bocca di Adamo, egli ne fu commosso fino alle lacrime, con gli occhi levati al cielo esclamò:

2. «Oh, se fosse possibile salvare i poveri, i poveri fratelli uccisi, oh, davvero, io, non come una mosca ma come un possente avvoltoio vorrei volare velocissimamente laggiù nelle pianure per avvincervi tutti i fratelli, i miseri, i morti alla luce e alla verità, per poi portarli, più ancora velocemente del pensiero, tutti quanti quassù; perché essi potessero vedere e stupirsi con me in che modo veloce e sublime sulle alture sacre i possenti figli del Signore, ammaestrando in modo saggio, svelino ai deboli e ai morti le cose più colme di prodigi e mostrino in possenti forme costituite da sante parole la dimora della vita nell’uomo, e in modo ancora più possente di tutto questo, essi vanno indicando il Signore, il potentissimo Creatore dei mondi e dei soli, quale Padre degli uomini!

3. Oh, se ciò fosse possibile!

4. O padri dei padri della Terra, spesso l’occhio, nel guardare stupito agli infiniti spazi della splendente Creazione, neanche mai vede l’insignificante granello di polvere, eppure una volta che questo insignificante granello, portato dal vento, è caduto nell’occhio di colui che guarda, allora il grande (uomo) comincia a strofinarsi l’occhio dolorante, e cerca di liberarsi da ciò che gli chiuse la vista col fastidio e col bruciore! E così il fratello non di rado dice al fratello:

5. “Oh, vieni, e cerca di togliermi questa cosa minuscola e fastidiosa dall’occhio!”. E quando il fratello l’ha scorto, sepolto nell’occhio del fratello che lacrima, esclama: “O fratello, ora è innocuo il minuscolo nemico che ti ha offeso l’occhio! Ora giace sepolto nel flutto trionfante delle tue lacrime! Ben presto, con tua gioia, le lacrime pietose ti libereranno dal piccolo nemico temuto, poiché, non appena il granello è divenuto esso stesso lacrima, non ti può più offuscare né impedire la vista per contemplare gli spazi splendenti della Creazione eterna”.

6. O padri dei padri della Terra, voi guardate nei pascoli infiniti delle luci eterne, con occhi santi, ma laggiù, laggiù sulle pianure di tenebra dell’umana miseria, imperversa un furioso uragano che non di rado solleva nei suoi vortici la polvere nemica fino a qui, sulle sacre alture offuscandovi la vista!

7. Se la polvere vi causa dolore, oh, lasciate che una lacrima pietosa l’afferri e, pazienti, attendete fino a quando la polvere stessa sia convertita in lacrima grata!

8. Oh, perdonate me, povero e debole! E se anche la mosca non può ruggire al pari delle tigri e dei leoni, tuttavia anche il suo lieve ronzio vi esprime dimostrandovelo: “O padri dei padri della Terra, pure io sono sorta dalla potente mano del vostro Padre santo; concedete dunque, voi grandi, uno sguardo pietoso anche a me, debole”. – Lo avete sentito? Amen!»

9. Ma Adamo, estremamente lieto delle belle parole di Asmahaele, disse: «Io ho inteso bene i tuoi giusti sospiri e conosco molto bene la mala polvere delle pianure, questo grande nemico di ogni contemplazione interiore; tuttavia prima di dare inizio a una qualche buona azione in questo senso, è bene che venga indagata con precisione quale sia la Volontà dell’immenso Signore. Poiché, da parte nostra, non deve mai venire intrapreso niente, senza prima ben conoscere la Volontà dall’Alto; perciò attendiamo ancora un breve tempo ed oggi stesso verrà deciso quale sarà stata la risoluzione del grande Signore, sopra le stelle, riguardo alle pianure dell’abominio e ciò sarà la cosa migliore. E sia che questa decisione sia favorevole o contraria, comunque venga sempre adempiuta nella maniera più scrupolosa la Sua santissima Volontà! Amen!»

10. Ma ben presto si alzò pure Set, e disse ad Adamo: «Caro padre! Come è avvenuto nella tua grotta, non sarebbe opportuno che qui Enoch ci desse una breve spiegazione di questo mirabile paesaggio? Vedi, io avrei una brama intensa di saperlo! Quante volte ci ho riflettuto; tuttavia altro non mi è riuscito di ricavarne una volta per sempre, se non quello che gli occhi vedevano e che i miei orecchi udivano, cioè queste vette rocciose che sembrano arrivare al cielo, nella loro uniformità e con i loro meravigliosi getti d’acqua, i quali, dispersi in innumerevoli perle liquide, precipitano fragorosamente a terra scorrendo giù per le ripide pareti e che, per effetto di questo armonico fragore, incantano l’orecchio in maniera prodigiosa.

11. Ti piaccia dunque di concedere che Enoch riveli a tutti noi il vero significato di questi fenomeni. Amen!».

12. E Adamo, acconsentendo di buon grado e lietamente alla richiesta di Set, rispose: «O Set, tu mi hai prevenuto! Poiché tale era già da lungo tempo il mio desiderio; sia fatto dunque secondo la tua brama! E tu, diletto Enoch, voglia porgere ai tuoi padri assetati un sorso fresco e ristoratore fuori dal tuo amore, secondo il mio desiderio e quello di Set! Amen!»

13. E vedi, allora Enoch si alzò immediatamente e cominciò ad indirizzare ai padri le seguenti parole, oltremodo notevoli, dicendo:

14. «O padri! Nel grembo dell’infinità immensa di Dio certo vi saranno da ammirare scene naturali più grandi e più meravigliose e indicibilmente più maestose di queste vette di roccia in numero di sette volte dieci, con i loro getti d’acqua, vette che si elevano dalla loro base a mala pena qualche migliaio di altezza d’uomo, ciò che, tuttavia, non significa di gran lunga quello che è il rapporto esistente fra noi e un minuscolo àcaro delle foglie, eppure è così che un simile animaluccio è, nella sua specie, più grande di tutto questo intero gruppo di vette rocciose, con le loro sorgenti!

15. Ma poiché una simile scena, che appare tanto grandiosa, va predicando una muta parola fuori dalla Sapienza del Padre amorosissimo e santissimo, ne consegue che il senso soltanto è sublime e non lo strumento, muto e privo di vita, ugualmente come anche una bocca non è più nobile di un’altra per il fatto che essa ha proferito parole della più grande maestà, poiché la maestà è non già nella bocca, bensì nella parola.

16. Una cosa simile si verifica pure con questo spettacolo naturale. Quanto c’è di nobile non sta nel fatto che esso rappresenta una cosa in sé nella quale, per le vie della rispondenza spirituale interiore, noi possiamo riconoscere i sette spiriti o le sette potenze di Dio, e neppure nel fatto che ciascuna di queste è colma dell’acqua vivente della Grazia la quale si riversa continuamente sul magro terreno della nostra anima e tuttavia questo non porta maggiori frutti del terreno sempre annacquato ai piedi di questi coni di roccia, né nel fatto che i dieci coni, che s’innalzano dietro a quelli della fila di fronte, rappresentano i sacri doveri dell’amore i quali sono sempre gli stessi, perché, propriamente, anche i sette spiriti non sono che uno spirito soltanto, come testimonia l’identica altezza, l’identica tinta, l’identica forma, l’identica massa, l’identica direzione, la stessa acqua e lo stesso armonioso fragore; bensì quello che è veramente nobile e maestoso sta solamente nel riconoscimento che possiamo trarne in noi stessi! Lo spettacolo, di per sé, invece, non ha che una scarsa importanza!

17. Così dice il Signore: “Sciogliete anzitutto i prodigi nel vostro cuore; in verità, solo allora sarete concordi con Me ed esclamerete: ‘O Signore, chi ha gustato anche una sola goccia del Tuo Amore, costui, per il puro giubilo nel suo cuore a causa di Dio, proverà disgusto per la Terra! Amen!’”»

 

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Cap. 79

La debolezza di Adamo

26 aprile 1841

1. E dopo che Enoch ebbe finito questo discorso, s’inchinò con il massimo rispetto dinanzi a tutti i padri e poi Mi ringraziò in cuor suo per la grande Grazia, tramite la quale egli era stato di nuovo posto in grado di annunciare ai padri, traendole da Me, tante cose puramente buone e vere.

2. Adamo però, alzatosi, disse: «Amen!», e proseguì poi dicendo: «Mio amatissimo Enoch, questa volta scorgo ormai in maniera del tutto chiara che le parole da te pronunciate adesso non sono sorte nel tuo corpo, ma che è stato invece il Signore e Creatore onnipotente di tutti noi e nostro Padre santissimo a portele prima fedelmente nel cuore!

3. Perché, in verità, cari figli, qual è l’uomo che potrebbe, attingendo da sé, rivelare con tanta evidente chiarezza ed efficacia questo gruppo di montagne in tutto ciò che esso ha di meraviglioso, come l’ha potuto fare Enoch, per virtù della potenza e della misericordia immensa dell’altissimo Dio?

4. Ebbene, è la primissima volta che ti ho compreso tanto perfettamente, per così dire, dal più profondo delle più riposte radici!

5. Ma una sola cosa ancora non mi si presenta alla mente in tutta certezza ed evidenza, e questa unica cosa è la seguente: – io non riesco ancora a raffigurarmi bene in quale modo la santa Parola, che poi proferisci, la ricevi in te e la odi ed immediatamente dopo l’annunci, tanto che essa suona come se fosse parola tua, mentre il suo senso infinitamente alto sta visibilmente addirittura in netto contrasto con ciò, sì, un contrasto tanto netto, come lo sarebbe, rispetto alle montagne, una superficie d’acqua totalmente quieta, sulla quale non si potesse scoprire neanche la minima increspatura.

6. O caro Enoch, non oggi, ma in un’altra occasione più opportuna, purché sia gradito al Signore, vedi di spiegarci e di dichiarare questa cosa a tutti noi, affinché possiamo ottenere per mezzo di questo una norma interiore ed essere così in grado di valutare in base a questo come e quando ciascuno di noi potrebbe intendere in sé la santa Parola, o per se stesso o per tutti.

7. Io però te lo ripeto: – non ora, bensì in un momento più conveniente! Ma per ora ringraziamo tutti il Signore per averci reputati degni di un insegnamento tanto alto, e poi ci disporremo a proseguire il viaggio, e precisamente nell’ordine già conosciuto nel Nome di Jehova! Amen!»

8. E tutti fecero, nel profondo più interiore del loro cuore, come Adamo aveva comandato.

9. E quando essi ebbero compiuto del tutto il loro rendimento di grazie, si alzarono subito e si accinsero a rimettersi in cammino.

10. Però, prima ancora che si fossero avviati, Adamo rivolse la parola a Set e gli disse: «Ascolta, mio caro Abele-Set, io ho fame, le mie membra che tendono ad infiacchirsi me lo dicono, ma conosci il voto che ho fatto al Signore in unione a tutti voi, quando le fauci dell’animale ci fecero rabbrividire quasi tutti.

11. E adesso cosa si dovrà fare? Io lo vorrei domandare ad Enoch, ma in verità qui è la prima volta in vita mia che mi manca il coraggio di interrogare un figlio – che per di più è un figlio dei figli! – riguardo a come dovrei fare per combattere la mia fiacchezza senza venir meno al giuramento!

12. Recati da lui, esponigli sottovoce il caso e chiedigli consiglio! Amen!»

13. E subito Set si avvicinò ad Enoch e gli disse: «Odi, caro Enoch, il nostro padre Adamo è stato colpito da una grave spossatezza in tutte le sue membra! Egli avrebbe estremo bisogno di prendere cibo, ma la solenne promessa fatta gli impone di non mangiare per tutta la giornata d’oggi. Dimmi, se tu lo sai: “In quale altro modo potrà il primo padre Adamo liberarsi dalla propria fiacchezza?”

14. O, caro Enoch, fa’ secondo ciò che è in tuo potere! Poiché, quantunque io pure sia venuto alla vita, percepisco ora in me piuttosto una vita di debolezza e non una vita di forza, per la qual cosa temo che diverrei per il primo padre un ben debole sostegno!

15. Tu, invece, di vita ne hai in grande abbondanza. Dunque, dai un consiglio o un aiuto! Amen!»

16. Allora Enoch si avvicinò immediatamente ad Adamo e disse: «O padre, non lasciarti sopraffare dalla tentazione! È il Signore stesso che concede che avvenga così, allo scopo di provare la forza del tuo vincolo in te.

17. Quando ancora tu non esistevi, il Signore ebbe il potere di chiamarti all’esistenza, tanto che tu divenisti un libero uomo e uno spirito a Sua perfetta immagine.

18. Ormai tu, già da lungo tempo, sei un libero osservatore ed un accoglitore delle emanazioni indicibili del Suo infinito Amore, della Sua Misericordia e della Sua Grazia; come puoi lasciarti vincere dalla paura e tremare dinanzi alla polvere caduca della carne, quando la morte di cui sono costituite le sue membra ti ricorda che ad essere destinata alla vita in Dio non è la carne, questa spoglia della vita esteriore che invecchia sempre più, bensì lo spirito d’amore il quale costituisce la più vera e propria vita interiore?

19. Lascia pure che la carne infiacchisca e, quando essa sarà diventata debole fin dentro alla dimora della vita, allora questa tanto più facilmente e tanto prima si riverserà nella sua integrità dentro tutta l’anima, e mediante questa nutrirà anche nel migliore dei modi ciascuna fibra della carne per la futura vita eterna.

20. Infatti, allora lo spirito accoglierà in sé la vita della carne, e così la morte non avrà più nulla da poter strozzare all’infuori di se stessa, cioè della stessa vana carne.

21. O padre, nella tua debolezza edifica sulla forza di Jehova; allora, nella tua riacquistata forza, giubilerai nella potenza della vita ed esclamerai:

22. “O Signore, o Padre eccellente e santissimo! Io non ero e Tu mi hai chiamato ad esistere, ed io fui in tutta la balda pienezza di forza della vita lieta e serena proveniente da Te. A Te piacque mettermi alla prova con un po’ di debolezza; io riconobbi, con la tua Grazia, la nuova prova e Ti offrii nella mia spossatezza un sacrificio di amore filiale. Ma Tu ora hai nuovamente guardato la mia stanchezza ed io vivo adesso, nell’alto gaudio, una nuova vita, meravigliosamente deliziosa in Te, o Jehova! Siano Tuoi in eterno ogni onore, gloria, lode e grazie!”

23. O caro padre Adamo, tu che sei degnissimo di ogni venerazione! Credi a me, il debole Enoch: – non trascorrerà un giro d’ombra (un’ora) ancora di questa giornata e tu sentirai le tue membra più vigorose di quelle della forte tigre; però il patto che facesti devi mantenerlo! Perché il Signore ha sempre in spregio il vacillare senza fede del cuore.

24. Ma, intanto, permetti che ti accompagni fino al territorio della Sera e ti aiuti a sorreggerti, e ben presto riconoscerai completamente la guida meravigliosa del Signore! Amen!»

 

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Cap. 80

L’aurea norma delle scuole dei profeti

 

1. E quando Adamo apprese queste parole consolatrici di Enoch, ritornò subito di cuore lieto e sopportò con grande rassegnazione la sua crescente spossatezza e si lasciò condurre innanzi da Enoch.

2. E così la comitiva procedette bensì un po’ faticosamente, però sempre con velocità ancora discreta. Durante tutto l’intero percorso di circa mezz’ora, non venne più scambiata alcuna parola, ma invece ciascuno Mi supplicò di per sé, in cuor suo, con tutto il fervore, affinché Io volessi rinvigorire e mantenere Adamo. In modo particolare, poi, Enoch era colmo d’incrollabile fiducia, e nel suo amore per Me faceva esatto calcolo che, con assoluta certezza, Io non avrei mai smentito la sua fiducia inflessibile nella Mia misericordia e nella Mia grazia.

3. Infatti, anche se gli altri riconoscevano che a Me nessuna cosa è impossibile, tuttavia dubitavano ancora della Mia Volontà, perché, in cuor loro, non avevano ancora imparato la grande e libera arte di contare sulle solidissime vie del puro amore e di valutare bene e giustamente la Mia Fedeltà, eterna e indicibile sopra ogni cosa; arte questa, invece, nella quale il Mio diletto Enoch aveva raggiunto già la massima capacità, e per tale ragione egli era anche assolutamente e sempre sicuro dell’immancabile verificarsi di quanto, nel suo giusto amore, si attendeva da Me.

4. Egli perciò non era mai triste, né compiangeva nessuno quando vedeva accadere qualcosa di spiacevole. Poiché il suo occhio riposava costantemente sul Mio Cuore e così egli percepiva molto bene la guida misteriosa del Mio Amore, e come essa, ricorrendo ad ogni mezzo – per quanto strano possa apparire – sa sempre meglio di ogni altra guidare i figli nel modo assolutamente più adatto ad acquistarsi la vita eterna. Anzi, nel calcolo del suo amore per Me, egli andava tanto lontano da stabilire perfino con la massima sicurezza come, quando, dove e perché qualcosa avrebbe dovuto verificarsi e a quale scopo. E così egli fu, in un certo modo, anche il primo profeta della Terra e il fondatore originario delle cosiddette scuole dei profeti, le quali si mantennero fino al tempo della Mia venuta sotto umane spoglie sulla Terra e che consistevano puramente ed unicamente nel fatto che i loro scolari, quasi già dalla nascita, venivano allevati ed educati nell’amor Mio. Il mondo veniva loro raffigurato, per indicarlo come solida base del Mio Amore, come un’immensa scuola in cui tutti gli uomini, dopo un breve periodo d’isolamento da Me, devono, per impulso proprio della loro vita interiore, pervenire a un’ardente brama di Me. Gli allettamenti esteriori del mondo esistono solamente come tentazione, affinché gli uomini debbano regolarsi da se stessi secondo il Mio Amore. E non appena qualcuno, in seguito a ciò, non troverà più alcun compiacimento nel mondo, ma, al contrario, unicamente nella sempre più crescente brama di Me, a lui saranno ben presto dischiuse la vista e l’udito interiori, e allora, benché egli permanga ancora vincolato al corpo mortale e seduttore, gli sarà di nuovo dato di udire il Padre santo e pure di vederLo, di quando in quando.

5. Allora lo Spirito dell’eterno Amore si riverserà in tutto il suo essere; egli contemplerà ovunque il futuro, il presente e il passato. E l’approssimarsi della morte del corpo lo colmerà di indicibile gioia, perché soltanto allora egli comincerà a vedere, in maniera sovrumanamente chiara, che la morte del corpo non è la vera morte, bensì soltanto un totale e perfetto ridestarsi alla vita eterna.

6. Tutto questo ed altro ancora, in strettissimo legame col Mio Amore, era l’essenza vera e propria della scuola dei profeti, di cui, come già osservato, Enoch fu il primo fondatore, secondo la Mia Volontà.

7. La sua regola aurea, per mezzo Mio, rimase sempre il cardine e l’intimo fondamento di tutte le scuole dei profeti. Ora questa regola diceva così:

8. “Non è possibile che tu creda che ci sia un Dio, se tu non Lo hai già prima amato con tutte le forze del tuo cuore filiale”. Chi asserisce: ‘Io credo in un Dio!’, ma non riesce ad amarLo, costui è un morto mentitore e non ha alcuna vita, perché Dio è la Vita eterna stessa e questa Vita è il Suo Amore. Ma come si può concepire la vita altrimenti se non mediante la Vita? Considerato, però, che soltanto l’amore è la vita, che in Dio è eternamente proveniente da Lui, e nell’uomo c’è tramite la Misericordia proveniente da Dio, come può allora l’uomo sostenere che egli crede in Dio quando invece va rinnegandoLo in mille maniere nel suo stato privo d’amore che non è affatto vita, bensì solo una certa operosità della natura creata da Dio, atta all’accoglimento della vita d’amore da Dio?

9. Per quanto un corpo umano abbia la possibilità di muoversi a suo piacimento, non per questo può chiamarsi uomo, ma esso è così costituito perché sia il portatore di un uomo in virtù dell’anima vivente, alitata in lui; ma se quest’anima, provvista di corpo, non accoglie in sé la vita d’amore da Dio, essa, nonostante ogni operosità e capacità dei suoi sensi, è morta”.

10. Questa era dunque la regola aurea. Che con essa e da essa col tempo ne siano sorte anche delle altre, è certo così naturale com’è naturale che dal primitivo amore, il quale a poco a poco presso i popoli si perse sempre più unicamente nella fede, sorsero i dieci Comandamenti e tutti i Profeti, e da questi infine di nuovo il puro amore, per mezzo Mio, verso di Me e di conseguenza verso il prossimo.

11. E così pure il sistema di vita, rigidamente ispirato alla rinuncia delle cose del mondo fino al tempo del ricevimento dello spirito vitale d’amore, era una conseguenza tratta da questa regola. Dopo questa epoca, l’ulteriore tenore della vita terrena veniva certamente modificandosi conformemente alla libertà interiore, seguendo la quale, poi, ciascun profeta viveva, procedeva e agiva.

12. Dunque, in questo modo stavano le cose rispetto alle scuole dei profeti che, come già detto, ebbero in Enoch il loro fondatore, in quell’Enoch che ormai vediamo essere già felicemente arrivato, assieme al padre Adamo, presso i figli che dimorano verso la Sera.

13. Ma quale fu la meraviglia di tutti quando scorsero che Adamo, che procedeva al fianco di Enoch e prima era tanto stanco, aveva d’improvviso riacquistato la pienezza delle proprie forze!

14. Adamo stesso, però, era fuori di sé dalla gioia e fra molte lacrime di contentezza Mi ringraziò per tale istantaneo rinvigorimento ed infine esclamò, rivolto ad Enoch come pure a tutti gli altri:

15. «O Enoch, o figli! Quale sorprendente magnificenza non risiede nel nostro Dio? Quanto è buono, colmo d’Amore e di Misericordia! Egli, che non conosce alcuna sofferenza, come pure nessuna imperfezione, Egli, il Dio santo, infinito, eterno e potente sopra ogni cosa, può tuttavia creare, dalla Sua infinita Perfezione, degli esseri imperfetti, ma non perché non Gli sia possibile crearli perfetti – una tale supposizione sia ben lontana da noi – ma per riversare, di eternità in eternità e gradatamente, in questi esseri imperfetti, in virtù della Sua sconfinata Sapienza, sempre di più il Suo paterno Amore fuori da tutte le Sue immense Profondità di Grazia e di Amore, e per dimostrare loro che soltanto Egli è l’unico verissimo Padre di tutti gli uomini e di tutti gli spiriti.

16. O Enoch, o figli, questa cosa la scorgo soltanto ora in tutta la sua completezza! Se non fossi stato colto da spossatezza, come avrei mai potuto percepire il beneficio indicibile del rinvigorimento?

17. Ma il Padre santo concesse che io divenissi fiacco e debole, per rendermi con ciò maggiormente accessibile al Suo indicibile Amore! Oh, l’eccellente Padre, quale non sarà poi la Sua Bontà verso coloro che non hanno mai peccato contro di Lui, se già con me, che pure sono il più gran peccatore avendo peccato al Suo cospetto, è tanto buono, colmo di Grazia e Misericordia!

18. Oh, giubilate voi che siete poveri, poiché lo siete per ricevere tanto di più! Gioite voi che siete deboli, perché lo siete per ricevere tanta più forza! E voi che siete tristi, giubilate, poiché siete tali appunto per accogliere tanta più gioia! Voi pure, che siete affamati e assetati, gioite, giacché voi avete fame e sete per venire tanto più saziati! E giubilate anche voi, infine, o spiriti ciechi, perché, vedete, il Signore ha fatto la notte affinché essa abbia a percepire il bisogno del giorno! Chi avrebbe mai provato il bisogno dell’esistenza del giorno quand’era giorno, se il Signore non avesse posto la notte innanzi al giorno? O morte, se non fossi la morte, tu pure dovresti gioire, poiché tu non sei sorta fuori dall’Ordine eterno per semplice causa di te stessa! Chissà se il Signore non ti abbia fatta sorgere per trarre fuori da te, forse un giorno, la vita suprema.

19. In verità, in verità, dove il Signore dona, Egli dona, quale Padre, nella misura del Suo Amore eterno; ma beato colui al quale il Signore toglierà qualcosa, poiché egli la riavrà moltiplicata all’infinito dalla Mano dell’eterno Padre!

20. O Enoch, o figli! Io, il padre vostro Adamo, sono immensamente felice, perché il Signore mi ha concesso una Grazia tanto grande da essere stimata maggiore della mia intera vita!

21. Ma tu, o Enoch mio caro, sii altamente benedetto; il tuo seme non perirà fino alla fine di tutti i tempi; e alla fine di tutti i tempi il tuo nome sarà conosciuto ai popoli della Terra come se tu stesso ti trovassi in mezzo a loro! I futuri oratori del Signore esalteranno il tuo amore per il Padre presso i loro figli, e tu sarai di esempio a tutti loro.

22. Mai come ora tu hai dimostrato quanto sei affezionato al Padre, perché, se io ho riacquistato il mio vigore, questo lo devo appunto al fatto che tu ami con tanta potenza il Padre e che tanto confidi in Lui!

23. Ma a Te, o mio gran Dio, Signore e Padre, vada ogni gloria, ogni onore, ogni lode e tutti i nostri ringraziamenti, perché Tu solo sei degno di ricevere tutto ciò da noi!

24. Figli, lodate tutti il Signore, poiché Egli è buono, amorevole, colmo di Grazia e di Misericordia!

25. Vedi Enoch, il sentimento inesprimibile di gratitudine per Dio, che è in me, quasi mi paralizza la lingua, tanto che mi è appena possibile proferire parola! Dunque, siccome siamo già arrivati ai figli della Sera, disponi, in unione ad Asmahaele, affinché siano avvisati che noi li attendiamo, e in modo tale che siano invitati a venire qui per ricevere la benedizione e la sacra novella del Sabato di domani. Tutto il resto lo apprenderanno e lo vedranno soltanto qui! Amen!».

 

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Cap. 81

I patriarchi presso i figli dell’Occidente

3 maggio 1841

1. Quando Adamo ebbe finito il suo discorso, nonché espresso il suo desiderio, Enoch, benedetto da Adamo e in seguito al Mio tacito suggerimento, s’inchinò ben presto ai padri, e così pure fece anche Asmahaele che, seguendo Enoch, continuava sempre a rimanere in groppa sul suo portatore.

2. Allora i due si affrettarono a recarsi dai figli della Sera, e là annunciarono ad alta voce la presenza del loro primo padre Adamo, che li attendeva presso il confine della regione occidentale. E quando quei figli ebbero appreso ciò, si raccolsero assieme in tutta fretta, presero immediatamente con sé ogni tipo di frutta e di altre provvigioni e, frettolosi e rispettosi, si avviarono insieme ad Enoch ed Asmahaele dove si trovava Adamo. Quando essi giunsero vicino a lui in gran numero, si prostrarono sulle loro facce e non osarono rialzarsi finché Adamo, per mezzo di Kenan, non ebbe ripetutamente detto loro che, desistendo dalle loro esagerate manifestazioni di rispetto, si levassero da terra al cospetto dei padri per ricevere la benedizione di Adamo a giustificazione della loro presenza e poi per ascoltare, con orecchio attentissimo, la sacra parola d’invito alla festa dell’offerta e dell’olocausto, per la santa giornata del Sabato che stava per giungere.

3. Solamente allora essi si alzarono, colmi di spavento e d’angoscia, e si atteggiarono come se la loro coscienza racchiudesse qualche piccolo verme roditore che pareva non voler troppo arrischiarsi di uscire alla libera luce del Sole.

4. A questa constatazione Adamo rimase alquanto sorpreso; ed anche Set e gli altri figli, ad eccezione di Enoch e di Asmahaele, non riuscivano troppo bene a mettersi d’accordo nel giudicare tale enigmatico fenomeno e finirono coll’ammutolire nelle loro supposizioni.

5. Adamo però si alzò all’istante e chiamò a sé Enoch e Asmahaele, e naturalmente interrogò di preferenza Enoch – ma anche Asmahaele aveva piena libertà di rispondere – dicendo: «Enoch, cosa succede con questi figli? Mi sembra come se i loro cuori non fossero affatto liberi, bensì oppressi e legati da ogni specie di assurdità!

6. O mio caro Enoch, e tu pure, o fidatissimo Asmahaele, dite o almeno scrutatelo in voi, per vedere di far chiarezza su come si possa spiegare un simile fenomeno!

7. Io, da parte mia, sostengo che un malo seme si trova in mezzo al grano e, se così fosse, noi non potremo allontanarci da qui finché il grano puro non sarà stato nuovamente ritrovato fra la pula e la zizzania, ed anche finché non avremo provvisto a custodirlo per bene nella nostra paterna severità d’amore.

8. Mi sembra pure quanto mai strano che l’animale volga continuamente il sedere a questi figli e che non li degni neppure di uno sguardo, mentre poco fa, trattandosi dei figli del Mezzogiorno, non faceva che fissarli con gli occhi spalancati e con una vivacità terribile!

9. O caro Enoch! Fa’ che noi ci chiariamo questo fatto il più presto possibile e che con ciò venga ristabilito l’ordine desiderato! Amen!».

10. Ma allora Enoch si alzò e disse: «Odi, Adamo e tutti voi pure, padri, udite! Questi figli, in seguito all’essere stati troppo gravemente mortificati da parte nostra, hanno perduto tutto il loro coraggio, e tale umiliazione ha rubato loro l’amore e al suo posto ha riempito loro i cuori di timore servile.

11. Noi, per loro, non siamo più oggetto d’amore e di rispetto filiale, ma siamo diventati oggetto di spavento e di segreto disprezzo. Se essi non fossero trattenuti dal loro grande timore per la nostra forza interiore e potenza spirituale proveniente dall’Amore del Signore, in verità, sarebbero capaci di fare con noi quella stessa cosa che l’egoismo di Caino fece con Abele!

12. O padre Adamo, vedi, qui sta sepolta e ben custodita questa apparizione così strana, della quale nessuno, se non noi stessi, porta la colpa maggiore, tanto dinanzi a loro quanto al cospetto di Dio; certamente, dunque, deve essere ora nostro compito rimediare a questo errore!

13. L’animale, però, si è così collocato appunto per significarci che la colpa si trova in mezzo a noi, ed è anche per tale motivo che esso guarda noi, mentre volge il sedere ai figli, e ci dà a conoscere, in questo modo, che essi sono stati resi impuri da noi.

14. Ora voi mi chiedete nei vostri cuori: ‘Quando e come noi abbiamo reso impuri questi figli? E se ciò fosse accaduto senza il concorso della nostra volontà, come sarà possibile riparare a questo errore?’

15. O padri, alla prima metà della domanda, cioè come e quando siano essi stati resi impuri, è cosa quanto mai facile rispondere, ma tanto più difficile è invece rispondere alla seconda metà!

16. O padre Adamo! Vedi, la ragione sta nel fatto che tu, per effetto del tuo precedente senso di giustizia, angosciosamente severo e fondato più sul timore di Dio che non sull’amore per e dinanzi a Lui, hai fatto certe distinzioni fra i figli, in modo che ne hai assegnati alcuni a dimorare verso il Mattino, e questi sono felicissimi, ed hai condannato gli altri a starsene verso il Mezzogiorno, affinché dovessero sempre pensare di essere inferiori ai prediletti di quelli del Mattino, e questi qui li hai condannati ad abitare verso la Sera, essendoti essi sembrati tardi nello spirito, perché spesso al mattino si lasciavano sopraffare dal sonno, ed infine hai condannato gli ultimi a dimorare verso la Mezzanotte, in modo duro, per il fatto che essi non volevano condividere la tua opinione riguardo a più di una delle usanze esteriori.

17. Oh vedi, diletto padre Adamo, se tu quella volta fossi già stato vivificato dall’Amore del Padre eterno e santo come lo sei ora, le tue sentenze sarebbero certamente state ben differenti! Solo che la nuda giustizia, quand’anche circonfusa da tutti i raggi della sapienza, è opprimente e dura qualora dal suo sfondo, sia pure questo alquanto nascosto, non s’irradi un benefico e lieve raggio d’amore compenetrante tutti i sette volte dieci ammassi conici di roccia che sprigionano dai loro vertici dei getti dell’acqua dell’infruttuosa sapienza.

18. Vedi, come avviene che l’acqua che cade pesantemente da grande altezza non vivifica l’erba, ma anzi la distrugge ed uccide, e sotto il suo stillare greve non permette che si trovi altro se non delle pietre lavate e dure, così avviene altrettanto precisamente riguardo la nuda giustizia che viene imposta dall’altezza incommensurabile della sapienza. Essa uccide ed annienta la vita interiore. E giunta che sia la vita ad essere simile a una morta pietra lavata sotto il duro rovesciare dell’acqua, sarà naturalmente quanto mai difficile trarre da una tale pietra una qualche pianticella vivente!

19. Perché la greve e continua pressione dell’acqua della giustizia e della sapienza avrà tolto via il terreno molle e soffice di prima, arrivando così fino a raggiungere la dura pietra; e il percuotere continuo dell’acqua avrà lavato ed anche incavato la pietra già resa morta. Ma che cosa poi si potrà fare della pietra?

20. In verità, prima che la pietra non si sia trasformata in soffice terra, mediante un’esuberante fuoco d’amore, qualunque seme che si vorrà spargere sulla pietra si seccherà ed infine morirà del tutto!

21. Camminare sulle pietre non è cosa buona ed è pericoloso saltarvi sopra. Chi cade su di una pietra, cade duramente e si sfracella; e se una pietra precipita su qualcuno, essa lo schiaccia. Quindi, è anche difficile rispondere alla seconda metà della domanda.

22. Dal canto mio, la mia opinione è questa: – se questi figli, fratelli e sorelle di pietra non si possono rabbonire e rendere morbidi attraverso la via dell’amore che può tutto, allora una quantità più grande d’acqua avrà un effetto solo di poco superiore a quello limitato della giustizia più savia.

23. Noi però dobbiamo imparare dal nostro stesso Padre amorosissimo ed eternamente santo come Egli guida tutti i Suoi esseri viventi. Gli uccelli del cielo, grandi e piccoli che siano, non sono confinati né verso il Mattino, né verso la Sera, né verso Mezzogiorno o verso la Mezzanottwe; gli animali dei boschi vagano in tutte le direzioni, e perfino i pesci nell’acqua e i vermi non trovano in nessun luogo pareti che ostacolino i loro movimenti e le loro dimore.

24. Il Signore non ci ha dato alcun comandamento di maledire i figli di Caino; perché allora noi facciamo tale cosa verso i nostri figli, fratelli e sorelle, e li esiliamo in determinate regioni, affinché non siano più liberi e si convertano in pietre?

25. O padre, sciogli gli inutili lacci della giustizia e del rigore, e stringili invece tra i vincoli onnipossenti del santo amore; soltanto in questo modo la sapienza, attraverso l’amore, diverrà per loro una libera guida, ed essi poi, illuminati da questi nuovi raggi, si riconosceranno ben presto quali figli dell’Uno e dello stesso Padre santo e, così giubilanti, verranno a stringersi al tuo paterno cuore e a cingerti il petto con le loro braccia frementi del più fervido amore, chiamandoti con il nome di padre diletto!

26. O padri! In un granello d’amore, grande quanto una goccia di rugiada, giace più forza e più sacra potenza che non in un mondo interamente colmo della giustizia più savia, quando questa non abbia come fondamento l’amore! Ora fate dunque che spirino le brezze possenti dell’amore, affinché possano sciogliere questi massi di ghiaccio irrigiditi, per farli ritornare allo stato di goccioline feconde di rugiada, e fate che le pietre stesse vengano rammollite dal potente fuoco dell’amore, affinché il vostro seme non sia sparso invano nei loro solchi! Amen!»

 

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Cap. 82

Set rimprovera ad Enoch la parola di verità

 

1. Quando però Adamo intese tutte queste cose dalla bocca di Enoch, rabbrividì nel suo cuore, perché l’accenno al fratricidio commesso per puro e semplice egoismo da Caino gli aveva riaperto l’antica ferita, tanto che le sue labbra febbricitanti non furono quasi capaci di proferir parola e di conseguenza se ne rimase muto e tutto tremante.

2. Ma allora Set si avvicinò ad Enoch e disse: «Caro Enoch, tu non avresti dovuto agire così da causare al vecchio padre Adamo angoscia e cordoglio tanto dannosi mediante l’allusione un po’ incauta al misfatto di Caino. Tu avresti potuto certamente accennare a tutto ciò in qualche altra maniera, più impercettibile! Vedi, questa è la prima volta che io mi sento costretto a muoverti qualche rimprovero, ma un’altra volta, in simili occasioni, cerca di pesare prima le tue parole sulla bilancia dell’equità, affinché il padre ne sia consolato e non turbato! Tu stesso sei quello che sempre ci insegna amore e dolcezza, però prima è bene che tu stesso ti conformi, con l’azione, in modo precisissimo a quanto ci vai insegnando, e soltanto in seguito a ciò i tuoi insegnamenti, pieni di benedizione, guadagneranno forza e potenza sui nostri cuori! Amen!».

3. Enoch però, che nel silenzio del proprio cuore Mi ringraziava per la parola che egli aveva annunciato ad Adamo, fu quanto mai sorpreso per tale ammonizione, però non obiettò nulla e si rivolse invece subito nuovamente a Me, pregandoMi che gli volessi indicare che cosa avrebbe dovuto fare di fronte al breve discorso di Set.

4. Così cominciò Enoch a pregarMi nel suo cuore: ‘O Padre amorosissimo e santo, Tu che vedi nella più chiara luce ogni tenebra del mondo, Tu sai che io ho annunciato fedelmente la Tua santa Parola ad Adamo, senza nulla aggiungervi e senza nulla togliervi! Ma com’è che il così degno padre Set l’ha compresa così male?

5. Infatti, io non potevo affatto parlare altrimenti da come mi ha suggerito il Tuo Amore infinito!

6. Inoltre, appunto Set è stato poco fa testimone di come Tu, o Jehova, hai liberato Adamo dalla sua spossatezza e l’hai rafforzato in ogni fibra della sua vita!

7. O Padre santo, Tu che sei colmo d’Amore e di Misericordia, mostrami, nella mia incondizionata obbedienza al Tuo santissimo Volere, da dove proviene ciò e come potrebbe la cosa rientrare nell’ordine perfetto nei riguardi di Set! Io, il Tuo povero e debole Enoch, Ti prometto solennemente nel mio cuore – che sopra ogni cosa Ti ama ferventemente – che non un capello del mio capo si muoverà senza l’espressa Tua santissima Volontà! Amen!

8. Ma ben presto Enoch vide una scritta di fiamma nel suo cuore e stava scritto: “O Enoch, perché ti affliggi a causa di ciò? Il suo cuore non è ancora in grado d’intendere completamente tutto, perché non è ancora pienamente colmo dell’eterno Amore; ma quando questo amore verrà, allora pure Set udrà le pietre, l’erba, le piante, gli arbusti e gli alberi scambiare parole ben chiare ed intelligibili fra di loro.

9. Tu però rimani frattanto in silenzio e lascia che il tuo allievo prenda la parola per te! Amen!

10. Ma Set, che aveva scorto come Enoch non si disponeva affatto a rispondere alle sue parole di ammonizione, cominciò ad interrogare affannosamente se stesso nel proprio cuore, per cercare la ragione per cui tutto intorno a lui sembrava ammutolito; però anche il suo cuore rimase muto. E così Set si trovò costretto a rivolgersi nuovamente ad Enoch, per chiedergli il motivo per cui non aveva trovato nulla da replicare alle sue osservazioni.

11. E allora Enoch, nel tono di massima venerazione e amore, rispose: «O degno padre Set! Un figlio ha il diritto di insorgere contro l’ammonizione di un padre? Tu mi hai bensì rimproverato per la Parola del Signore che ho dovuto pronunciare; solo che, quando tu parli con me nel Nome del Signore, allora mi è lecito risponderti e renderti conto di ogni cosa! Ma se tu invece mi parli quale padre, in tono da maestro, vedi, allora il mio dovere di figlio è quello di obbedirti incondizionatamente, di tacere e di unirmi senza indugio nel mio cuore all’Amore di Jehova. Ora però, guarda, pieno di presentimento ma senza alcun timore, l’oratore che siede sul dorso dell’animale, poiché tale è ora la Volontà del Signore: egli per il momento deve esprimersi al posto mio! Chiedilo a lui ed egli ti darà la risposta nel Nome di Colui che lo ha a ciò prescelto! Amen!».

12. Questa modesta risposta di Enoch fece ammutolire completamente l’onesto Set, mentre invece ebbe il potere di sciogliere nuovamente la lingua ad Adamo, il quale così parlò a Set: «Ma diletto figlio! Tu, che mi fosti donato da Jehova al posto di Abele per mia consolazione, dimmi cosa è stato che ha potuto ingannare in tal modo il tuo cuore?

13. Come hai potuto rimproverare all’oratore di Dio la Parola santa del Signore? Eppure, non più di dieci istanti fa avesti occasione di convincerti di quanto meravigliosamente Essa mi abbia rinvigorito!

14. La Parola dalla bocca di Enoch, proveniente dal Signore e concernente i figli, ha operato in me un nuovo miracolo, il quale sta più in alto di Caino e Abele!

15. Certo, è vero che gli accenni di Enoch nel suo discorso all’egoismo di Caino e al generale indurimento di questi figli per colpa mia mi hanno inferto una ferita profonda, però è altrettanto certo che era necessario che egli mi ferisse così, perché altrimenti non sarebbe stato possibile che io guarissi completamente dalla mia antica piaga che continuava sempre a bruciare, come appunto è avvenuto proprio ora! Poiché, dove il Signore ferisce, là anche Egli risana in maniera prodigiosa; ma quando invece gli uomini s’infergono reciprocamente delle ferite, in verità, qualora il Signore non abbia Misericordia di loro, come l’ha avuta ora di me, non giungeranno in eterno mai a riparare reciprocamente ai danni che essi stessi si sono arrecati!

16. Nel Paradiso ho peccato contro la mia fedele compagna, e il mio primogenito divenne la mia grave ferita, e fino ad oggi io non fui capace di guarirla! E ora sono trascorsi trecento anni da quando volli duramente dividere i figli, e soltanto oggi mi accorgo che con ciò non feci altro che cospargere veleno nella mia vecchia ferita.

17. Ora il Signore mi ha tolto il veleno ed ha guarito la mia antica piaga mediante le parole meravigliose di Enoch. Perché dunque hai attaccato l’Amore, prima di aver riconosciuto e visto nel tuo cuore il senso prodigioso delle sue parole?

18. O Set! O Set, abbi cura che il Signore non ti ritolga dal cuore quello che Egli, con tanto splendore, ebbe già a donarti! Ma la prossima volta ognuno faccia prima attenzione alla mia voce, e chi chiamerò ad assistermi, venga e mi aiuti! Solo che, in occasioni simili a questa, dove pure con tanta evidenza risulta come il Signore proceda con noi, non è certamente affatto necessario che noi, non chiamati, ci diamo reciprocamente assistenza, poiché anche il migliore aiuto degli uomini è cosa da nulla al paragone dell’inesprimibile vero Aiuto del Signore tramite la Sua Parola onnipotente, la quale non è come la parola umana, bensì corrisponde sempre a un’azione già completamente compiuta per tutte le eternità delle eternità.

19. Dunque, o caro Set, riconosci il tuo errore al cospetto del Signore, prostrati a terra e pregaLo che ti conceda Grazia e Misericordia, perché Egli voglia di nuovo guardarti! Amen!».

 

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Cap. 83

Il discorso di Enoch riguardo all’errore di Set

12 maggio 1841

1. Però Set aveva ormai compreso benissimo le parole di Enoch riguardo il mutismo dei figli della Sera, nonché il discorso di scusa di Adamo ed infine disse:

2. «O padre, o Enoch, adesso mi è tutto chiaro! Voi due, tu, diletto padre e tu, caro figlio, certamente perdonerete il mio errore dovuto al timore, ma potrò io ottenere altrettanto dal Signore, contro la cui santissima Parola io mi sono letteralmente scagliato? Come potrò ottenere da Lui il perdono?

3. Già si era fatta luce nella mia anima, ed io già percepivo chiaramente come una vita nuova e vera stava sorgendo nel mio cuore; ma ora mi accorgo che purtroppo la notte e la morte hanno fatto ritorno nelle mie viscere!

4. In verità, i figli della Sera e della Mezzanotte cominceranno a parlare come fossero sorti dal centro del Sole; io però resterò più muto di una pietra nel profondo del mare, avendo usato la mia lingua per la contraddizione, mentre avrei dovuto usarla per un ringraziamento eterno! Neppure il caro Enoch potrà più indirizzarmi parole di vita provenienti dall’Alto, bensì tutto dovrò io attendere da Asmahaele! O gran Dio, come dev’essere immensamente grave il mio peccato al Tuo cospetto, se Tu, che sei il Signore della Vita, a causa della mia caparbietà hai comandato ad Enoch di non rivolgere a me la parola, bensì hai conferito questo incarico soltanto ad Asmahaele, affinché egli mi istruisca riguardo a tutti i miei errori!

5. Oh, guai a me se il Signore non mi volesse più guardare nella Sua Misericordia! Allora chi mi salverà dalla notte della morte?

6. O Signore, fa’ pure che il Tuo Asmahaele rivolga parole piene di giovanile vigore in tutta pienezza della vita, a noi che siamo colmi di ottusità e di sensi morti, e che poi le rivolga particolarmente a me, ma concedi che non per questo la lingua tanto altamente benedetta di Enoch se ne rimanga muta dinanzi a noi e specialmente dinanzi a me, affinché nessuno abbia qualcosa da perdere a causa mia.

7. O Signore, Dio e Padre, usa Grazia e Misericordia a me, povero stolto e cieco! Amen!»

8. Dopo di ciò, Enoch, per ordine Mio, si alzò subito e cominciò a indirizzare a Set, nonché a tutti gli altri, le seguenti parole piene di energia, provenienti da Me:

9. «O caro padre Set, vedi: – qual è l’uomo che, irretitosi in un errore, possa aiutarsi da sé, trovandosi in mezzo all’errore? Poiché, vedi, quando parla, lo fa come se sognasse; e quando agisce, agisce come un cieco; e quando cammina, procede come se i suoi piedi fossero sprovvisti di ossa; quando vorrebbe starsene in piedi, cade come colpito dalla vertigine; se vuole rialzarsi, non è capace di rizzarsi sui propri piedi; e quando vorrebbe vedere ed udire, egli vede l’ombra invece dell’oggetto ed ode un suono vuoto al posto della viva parola.

10. Vedi, questo è lo stato in cui ti trovavi e nel quale tuttora ti trovi! Nella regione del Mezzogiorno non percepisti in te che l’ombra della vita e del vero amore; e poi, contento di ciò, tu fosti indotto a contrastare l’eterno Amore formando segretamente in te il pensiero che ormai ciascuna tua parola dovesse essere proveniente dall’Alto. Ma appunto perciò il Signore permise che tu cadessi, affinché ora tu dovessi ben comprendere che è molto più difficile impossessarsi del supremo bene dell’Amore eterno di Jehova che non portare al sicuro tutti i frutti della Terra in tre volte sette giorni!

11. Vedi, tu errasti quando mi rimproverasti la Parola del Signore! Ma perché errasti? Errasti perché supponesti che la richiesta del tuo cuore fosse già puramente dall’Alto e come tale ti desse l’incontestabile diritto di scagliarti, ammonendo, contro la Sapienza stessa di Dio, perché Essa non voleva illuminare il tuo cuore oscurato dall’ombra della vita e perciò Essa ti apparve ingiusta e micidiale.

12. Ora però hai errato nuovamente, avendo dimostrato in primo luogo di ritenere più accessibili alla conciliazione Adamo e me che non l’Amore eterno di Jehova stesso, del Quale noi tutti pure siamo, nel senso più proprio della parola, i figli, senza eccezione alcuna, per quanto si sia buoni oppure disobbedienti al massimo. In secondo luogo, tu hai errato poiché hai dato ad intendere di voler attribuire particolare importanza soltanto alla mia parola, senza riflettere che la Parola del Signore, anche se proferita da una pietra, rimane sempre la stessa Parola santa e vivente.

13. Dunque, non invocare la mia lingua, ma la Parola vivente; non attribuire importanza alcuna allo strumento, bensì alla Grazia, la quale proviene dal Signore, qualunque sia lo strumento del quale Egli si serve, si chiami questo Enoch oppure Asmahaele; allora sì che procederai del tutto giustificato al cospetto dell’Amore eterno di Jehova, il quale sa sempre e vede meglio di ogni altro quale strumento sia il più adatto per questo o per quello. Ma se al Signore è gradito parlare pure per mezzo di Asmahaele, dite: – saranno le parole del Signore perciò meno parole del Signore?

14. O padre Set, vedi, questa è la Volontà del Signore: – ciascuno deve incessantemente tendere nel proprio cuore alla vita eterna dell’anima e dello spirito, ma, facendo ciò, nessuno deve lasciarsi sedurre dall’opinione di aver già raggiunto tutto da un giro d’ombra all’altro! (da un’ora all’altra)

15. Ma se qualcuno ha già ottenuto qualcosa dal Signore, faccia come fanno i fanciulli quando hanno scoperto un tesoro nascosto, che lo nascondono perfino agli occhi dei loro genitori, per timore che esso possa venire loro ritolto!

16. Nessuno gioisca eccessivamente del fatto di diventare uno strumento del Signore, ma ciascuno persista in ogni sacro silenzio e nella grande umiltà e nell’occulto amore! Poiché non è affatto una cosa né grata, né costituisce alcun merito, quando qualcuno viene chiamato dal Signore a fungere da strumento, dato che il Signore può riuscire ugualmente, anche senza strumenti, ad attuare le Sue grandi opere. Però bisogna stare bene attenti che a noi non succeda di voler andare in cerca del Signore per poi imporGli i nostri vani servizi, volendo così quasi dimostrare che noi siamo e possiamo qualcosa, bensì cerchiamo piuttosto l’uno e medesimo Padre santo, affinché Egli voglia, in grazia, accoglierci quali figli della vita eterna, mediante il risveglio del nostro spirito dormiente, in grazia e in pieno amore, e mediante l’illuminazione della nostra anima ottenebrata dal mondo.

17. Però, colui che è stato chiamato dal Signore a testimoniare del Suo infinito Amore dinanzi ai fratelli, certamente dia pure la sua testimonianza, ma operi sempre nella suprema umiltà del proprio cuore e si ricordi sempre che egli è solamente un servitore quanto mai inutile, dato che il Signore può fare a meno di lui con la massima facilità!

18. Guai però a colui che, chiamato dal Signore, credesse per ciò di essere di più dei propri fratelli o di essere indispensabile al Signore; in verità, un tale empio non sfuggirà al proprio giudizio!

19. Tuttavia, quando ci dedichiamo a servire, serviamoci allora reciprocamente in tutto amore, quali fratelli e figli dell’uno e medesimo Padre, e sia la nostra suprema sapienza quella di amare il Padre santo sopra ogni cosa. Nessuno imponga all’altro una certa dottrina con la forza, quasi fosse chiamato come un cane ad abbaiare o come un gallo a cantare. Però, qualora il Padre l’abbia prescelto, che faccia così come è stato chiamato a fare, ma sempre con grandissima umiltà e amore, perché soltanto in questo modo egli testimonierà che i suoi insegnamenti provengono veramente da Dio quale eterna Sorgente Originaria di ogni Amore e di ogni Vita.

20. Chi predica, si stimi il minimo fra tutti i fratelli, così egli renderà testimonianza di essere, in verità, un servitore dell’Amore!

21. Chi percepisce la Parola del Signore dalla bocca del fratello, ringrazi il Signore per tale Grazia inesprimibile; il predicatore, invece, consideri se stesso, fra tutti i suoi fratelli, il più indegno e tenga ciascuno dei propri fratelli come migliore di se stesso; così egli preserverà il proprio cuore dall’orgoglio, il quale è il padre della morte e sarà per il Signore una silenziosa dimora, poiché soltanto in questo modo Egli trova compiacimento!

22. Vedi, o padre Set, questo è quanto il Padre vuole e richiede da noi! Facciamo il possibile dunque, in tutto amore e umiltà, in modo che Egli abbia a compiacersi di noi, e così noi vivremo e non ci lasceremo mai più illudere dall’ombra della vita! Amen!»

 

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Cap. 84

La saggia parola di Adamo a Set

 

1. Quando Set e tutti gli altri ebbero appreso queste parole da Enoch, Set si alzò di nuovo e così cominciò a parlare:

2. «O sì, caro Enoch, purtroppo è vero, già, anche troppo vero quello che il Signore ha fatto annunciare per mezzo tuo, facendo questo particolarmente per me, che più degli altri merito tali rimproveri!

3. O padre Adamo, e voi tutti, figli, ringraziate il Signore al posto mio. Infatti, io sono troppo perverso e indegno per azzardarmi a tributare al Signore di ogni Vita e di ogni Amore una lode impura, e proprio con quella lingua che pochi istanti fa ha screditato la Sua santa Parola!

4. Ma ora lasciate che a me predichi Asmahaele, dato che non sono più degno di ascoltare la parola di Enoch!

5. Anzi, perfino la parola di Asmahaele è troppo sacra per uno che è morto! Lasciate che a me predichi la tigre, affinché, per virtù della sua voce spaventosa, io sia ridestato da morte a vita!

6. O padre Adamo, non chiamarmi più tuo figlio, perché tu sei da Dio mentre io invece sono sorto dalla pienezza della ribellione! Ecco, io d’ora innanzi non voglio essere che un tuo servo, anzi il servo di voi tutti e voglio servirvi come uno schiavo delle pianure ed essere muto come una pietra, per ricompensare il Signore del fatto che io mi sono precipitato da solo nelle tenebre, mentre Egli andava spargendo intorno a me tanta Luce con la parola e con l’opera!

7. Ringraziate voi, che siete degni, il Signore per me, povero, debole e morto Set! Amen!»

8. Ma allora Adamo si alzò e disse a Set brevi ma savie parole, e queste parole furono come un balsamo risanatore per l’ammalato, tanto che quest’ultimo ritornò nel pieno amore e nella fiducia in Me e si diede a lodare immensamente il Mio Nome.

9. E le parole di Adamo furono queste: «O Set, Set, tu ti proponi di fare troppe cose che il Signore non ti ha comandato! Fa bene attenzione: – se il Signore ti prova e se tu poi ti fai più debole ancora di quanto lo sei adesso e nella tua debolezza cadi, dimmi, chi ti soccorrerà poi?

10. Pensi forse che sarà Dio a soccorrerti? Lui che tu volevi ricompensare in modo stolto, se consideri che Egli è indubbiamente infinito e santissimo, mentre tu al Suo cospetto non sei che un granellino finito di polvere della Terra?

11. Chi mai è colui che può ricompensare il Signore? Chi è che vuole rivolgere a Lui le preghiere e renderGli grazie, ritenendosi puro e senza difetto, oppure che voglia lodarLo e glorificarLo ritenendosi senza peccato? E chi può invocarLo nella sua qualità di figlio e chiamarLo Padre senza avere una macchia nell’anima?

12. E che cosa possediamo noi, che non l’abbiamo già prima ricevuta da Lui? Cosa possiamo darGli che Egli non ci abbia donato già prima? E cosa possiamo fare che Egli non abbia già da lungo tempo fatto a noi?

13. Non darti dunque alcun inutile comandamento, ma preoccupati di osservare soltanto quell’unico comandamento, secondo il quale tu devi amarLo sempre di più in tutta l’umiltà del tuo spirito, e tutti i tuoi fratelli e me dieci volte più di te stesso! Tutto il resto lascialo alla cura del Signore, poiché Egli conosce meglio di chiunque altro quale carico tu sei capace di sopportare!

14. Ma se ti riesce difficile adempiere praticamente quest’unico comandamento, come vorresti riuscire ad adempierne tanti altri?

15. Non sai, dunque, che ogni legge porta con sé la maledizione, il peccato, il giudizio e la morte?

16. Abbi timore perciò di qualsiasi comandamento, se tu vuoi vivere! Molto più facile è il prescrivere le leggi che non osservarle.

17. Ora, che cos’è preferibile: – essere libero nell’amore tramite l’amore, oppure spasimare sotto il duro gioco dell’obbedienza servile, anelando alla libertà dell’amore, che è ed eternamente sarà aspra a conquistarsi, quando il cuore, vanamente bramoso, dovrà sanguinare per lungo tempo sotto i duri colpi della tentazione?

18. Vedi come sono caduti nel giudizio i figli della Sera per effetto di un singolo e lieve comandamento; quanto sarà difficile aiutarli, se il loro cuore si è indurito a causa della troppo lunga oppressione!

19. Noi, però, vogliamo sempre ringraziare il Signore e glorificare il Suo Nome per averci donato un cuore libero per amare liberamente, e vogliamo pure pregarLo continuamente perché tenga lontano da noi ogni comandamento, affinché noi possiamo vivere unicamente del Suo eterno Amore come liberi figli.

20. O Set, verranno tempi, un giorno, durante i quali i nostri tardi figli vivranno sotto montagne di leggi e invano aneleranno alla libertà che rimarrà loro tanto celata quanto lo saranno le pietre roventi nelle profondità della Terra! E i loro fratelli cacceranno dentro buche di pietra coloro che non saranno pronti all’obbedienza e li priveranno di ogni libertà. Allora i peccati saranno come la rena del mare e come l’erba della terra!

21. Desisti dunque dalla tua stoltezza e fa’ ciò che puoi e che è gradito a Dio, a seconda delle tue forze, ma tutto il resto rimettilo al Signore, e allora, così, tu potrai vivere! Amen!

22. Abbi la mia benedizione e procedi nuovamente in libertà e giustizia dinanzi a Dio, dinanzi a me e a tutti i nostri figli! Amen!».

 

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Cap. 85

Il discorso di Asmahaele sulla legge

 

1. E come Set ebbe inteso tali parole, riconobbe ben presto la meschina stoltezza del suo proponimento e ridivenne un uomo libero e Mi lodò e Mi glorificò immensamente nel suo cuore ormai rivivificato; si rallegrò molto in attesa dell’imminente discorso di Asmahaele, il quale, dietro invito di Enoch, cominciò a parlare subito e precisamente riguardo al mutismo dei figli della Sera. Quello però che egli disse, erano parole ispirate da Me per mezzo dello spirito di Abele, parole che scorrevano concise e placide come le acque di un ruscelletto, le quali seguono tranquille il loro corso sussurrando dolcemente e schiumando lievemente intorno ai ciottoli e ai piccoli banchi di sabbia, finché giungono al fiume, in cui si riversano lietamente, che accoglie a braccia aperte le predilette acque per portarle poi sulle sue larghe spalle verso il mare della pace.

2. Ora il discorso di Asmahaele, divenuto tanto famoso, fu il seguente:

3. «O padri dei padri della Terra! Piangendo, il mio occhio vede la schiera languente degli splendidi figli dei padri della Terra; essi se ne giacciono, così, muti e morti, come le pietre in fondo ai mari e alle altre immense acque.

4. Comandamenti, comandamenti duri e difficili! O uomini, voi, uomini duri e privi d’amore, dove condurrete i fratelli e che cosa farete diventare i figli innocenti con tutti gli inutili comandamenti!

5. Ognuno di questi comandamenti deve necessariamente trarre dietro a sé una schiera infinita di altri nuovissimi comandamenti!

6. Oh, chiedete a voi stessi, o padri dei padri della Terra: – quanti comandamenti l’eterno Dio prescrisse a voi tutti, nella Sua Misericordia e nella Sua Sapienza, perché li osservaste?

7. Io lo so, e a voi lo devo dire: “Nessun comandamento Dio vi diede all’infuori di quello per cui voi siete chiamati a riconoscere l’eterna libertà in tutto l’infinito Amore del Padre, eterno e santo!”

8. Noi fummo forse creati da Dio per reggere sulle spalle il peso immenso dei comandamenti, gravoso quanto un mondo? È dunque Dio un così debole Signore che Egli deve prescrivere delle leggi agli uomini per imbrigliarli duramente nell’Ordine?

9. O padri, come sarebbe stolto pensare una tale cosa di un Dio santo, eterno, infinito e onnipotente, il Cui più leggero alito ha il potere di annientare in un baleno i mondi innumerevoli e le schiere infinite degli spiriti più possenti!

10. Un Dio dotato di tanta suprema potenza dovrebbe forse gravare gli uomini con il peso insopportabile di tali comandamenti morti, di rigidi principi che Egli stesso infine, malgrado la Sua potenza, non potrebbe, né dovrebbe mitigare, poiché, se Egli volesse aprire qualcuno di questi carceri spirituali della vita, non dovrebbe Egli temere di venir fatto prigioniero alla fine dalle Sue proprie creature, per dover poi sperimentare su di Sé che cosa sia diventare schiavo di creature che, rispetto a Lui e prese tutte insieme, non sono nemmeno quello che è un granello minuscolo di polvere al paragone del Sole!?

11. O padri dei padri della Terra, mai potrebbe sorgere dentro la vostra mente un pensiero più stolto di quello secondo cui il Padre, il Padre santo, eterno e pieno d’Amore, il Dio potente, libero e infinito abbia voluto creare degli esseri, perché siano dannati a una morte crudele, schiacciati sotto il peso insopportabile di leggi gravanti più di un mondo su di loro!

12. Oh, davvero, per me sarebbe molto più facile immaginare che io e il mio animale crudele che mi porta fossimo un solo essere, pieno di notte e di luce e collocato entro il centro della Terra, che non piuttosto di immaginare che il nostro Dio potente, santo, libero, eterno, potesse far sorgere un essere per poi opprimerlo e costringerlo sotto il peso di comandamenti a muoversi libero, il che sarebbe semplicemente ancora più impossibile che non il fatto in cui il Padre e Creatore liberissimo e santo volesse, tramite delle catene di ferro, rendere Se stesso schiavo di quegli schiavi che laggiù popolano le pianure di Lamec!

13. O padri dei padri della Terra, com’è che voi, come unici figli del Padre eterno, santo e pieno d’Amore, non sapete nulla del Suo sapientissimo, splendidissimo e liberissimo Ordine? Voi predicate l’amore per il Padre fra di voi e, come chiaramente ora scorgo, di un tale Fondamentale, eterno e santo Elemento non avete conoscenza maggiore che quella di poterlo definire con parole che sono piene di vuota risonanza!

14. Oh, udite, l’Amore, l’Amore possente, santo dell’eterno Padre non è altro che l’eterno Ordine liberissimo in Dio! In modo conforme, e assolutamente conforme a questo eterno e santo Ordine, da Lui sono sorte tutte le infinite schiere degli spiriti, dei mondi, e voi, Suoi unicissimi figli, liberi come Lui stesso.

15. Ma per insegnarvi che vi dovete sentire liberi com’è completamente libero Egli stesso, Egli, quale Padre, dalle profondità più interne dell’Amore, a voi che siete figli, diede non già un comandamento – non voglio mai chiamarlo comandamento – bensì un solo benevolo consiglio supremamente savio, ossia quello di non cercare appoggio in nessuna cosa e nemmeno di toccare alcuna cosa che potrebbe crearvi impedimento nell’uso della vostra libertà. Voi, però, nella pienissima consapevolezza della libertà divina e pienezza della forza, non voleste rispettare il consiglio dell’amoroso Padre e tendeste perciò le mani per afferrare tutto quello che doveva inceppare tanto la vostra vita che la vostra libertà, le quali non erano ancora affatto consolidate. Questo operare era contrario al grande Ordine eterno dell’Amore, e il Padre santo fu così costretto a trasformare l’infinita Creazione per rimettervi ancora una volta nella libertà della vita.

16. Ora voi, quali figli del Padre santo, nel piacevole stato in cui l’Amore vi ha posti, vi trovate liberi e siete traboccanti di vita e grazia dall’Alto; come potete, dunque, cosi ciecamente e per nessun motivo esiliare i figli – che pure sono figli dello stesso Padre santo – in diverse regioni e disperdendoli attraverso la costrizione di una legge tenebrosa che non può dar loro né vita, né gioia, ma che invece li uccide nel corpo e nello spirito?

17. Sciogliete dunque i lacci della morta legge, che da lungo tempo sono arrugginiti, dai loro martoriati piedi, e lasciate che coltivino la terra a loro piacimento. Conviene soltanto che venga loro evitato ogni contatto con le tenebrose pianure, perché così essi vivranno ed ameranno Dio e Gli renderanno gloria e onore, e quindi voi sarete riconosciuti da loro quali padri onesti e figli possenti del Signore; ascoltate: amen! Ascoltate: amen! Ascoltate: amen!»

 

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Cap. 86

Le meditazioni dei patriarchi riguardo al discorso di Asmahaele

15 maggio 1841

1. Dopo che Asmahaele ebbe terminato il suo discorso, subentrò fra i padri un silenzio abbastanza lungo, e lo stesso Enoch si era immerso in profondi ragionamenti riguardo all’amore, e andava meditando fra sé e sé, se fosse eventualmente possibile errare nell’amore.

2. Poiché egli pensava: ‘Asmahaele ha senz’altro piena ragione in tutto quanto ha detto! Però l’amore che afferra, quell’amore potente che con forza dolce e irresistibile attrae il cuore in alto verso il Padre santo ed eterno, in modo che colui che ne è acceso non può, né vuole più liberarsene, che questo amore onnipotente – oh, no, no una cosa simile non mi è possibile sentirla e pensarla! – non sia forse una legge eterna nel Signore stesso, dalla quale, secondo la quale e per mezzo della quale Egli tutto crea, ordina e continuamente mantiene?

3. Eppure Asmahaele ha detto con tanta chiarezza che appunto l’amore è la suprema libertà, tanto in Dio quanto anche in tutti i Suoi figli!

4. Certo è vero però che, del resto, ciascuna vita è condizionata da un determinato grado di libertà e che questa libertà procede sempre di pari passo con l’amore; dunque, dove regna il massimo amore, là vi è pure il massimo della vita e con questa anche la massima libertà!

5. Ma che cosa ne è allora dello stabilimento dell’ordine, per mezzo del quale ciascun essere è obbligato a mantenere la forma che gli è stata data e non può modificarla secondo il proprio libero arbitrio? Il Creatore, il nostro santo Dio e Padre, ha certo disposto così – questo è assolutamente vero e sarà vero in eterno -; ma ciò che condiziona negli esseri e nei figli l’immutabilità della forma non dovrebbe allora costituire, nei riguardi del Signore, una legge dettata e tratta fuori da Lui stesso, che Egli è tenuto ad osservare fino al minimo punto infinitesimale e finché per il Suo Amore gli esseri devono rimanere quello che Egli, dal Suo Ordine eterno, ha voluto che fossero?

6. Questa è la legge! Ora chi può negare che questa sia legge!? E chi può sostenere, al contrario, che si tratti della più sfrenata ed assoluta libertà?

7. O Asmahaele, Asmahaele! Chi può intendere le tue parole e vivere?

8. O padri, poveri padri miei, voi mi avete eletto a maestro! Finché io potevo amare, potevo parlare per mezzo dell’incomprensibile Grazia del Signore, ma ora il discorso di Asmahaele mi ha mostrato, in maniera anche troppo evidente, che le parole ispiratemi dall’eterno Amore per me e per i miei padri, io non le ho mai comprese, neppure in minimissima parte. Il dolce e libero amore è diventato, dunque, una cosa doppia: esso è la libertà suprema, ma in pari tempo è anche l’immutabilissima e rigidissima legge di tutte le leggi, alla quale è condizionata la vita. Nella libertà posso amare e vivere; mentre nella legge devo amare oppure morire di morte eterna! Ma come si possono ora conciliare tra di loro, da una parte, la libertà pienissima ed assoluta e, dall’altra, la legge immutabilissima?

9. Chi può dirmi in maniera convincente, adesso, se il mio amore è libertà oppure legge? Considerato che io amo e vivo, esso è libertà; ma quando l’amore mi attira e mi dà letizia indicibile, esso è una legge eternamente giudicante, per mezzo della quale io, che devo amare per l’irresistibile impulso del cuore verso Dio, risulto morto, anzi eternamente morto, come anche necessariamente devo esserlo!

10. O Padre santo, vedi, io sono annichilito in conseguenza delle parole di Asmahaele, e non posso affatto aiutarmi; se Tu non vieni in soccorso a me e ai padri, e non ci rialzi nuovamente, noi siamo tutti perduti per l’eternità!

11. Solo adesso vedo bene come l’uomo, da se stesso, non può affatto nulla, se Tu, o Padre santo, non lo guidi continuamente. Egli cessa di essere, e diviene il simbolo dell’annientamento eterno, come non fosse mai esistito! O Padre, caro Padre santo, salvaci Tu da questa rovina, nella quale ci ha precipitati tutti la parola di Asmahaele, la quale è impossibile da comprendersi! Amen!’

12. Ma quando anche Set si fu riavuto dall’immenso stupore suscitato in lui dal discorso di Asmahaele, si alzò e chiese al padre Adamo: «Ascolta, caro padre, le parole pronunciate poco fa da Enoch sono state per me una luce così viva da illuminare la via degli errori! Seguendo questa via mi ero addormentato nello spirito. Tu mi svegliasti da un sogno innaturale e fu molto opportuno per me che tu mi abbia benedetto. Ma ora, cosa può essere e cosa sarà di noi?

13. Asmahaele ha pronunciato delle parole il cui senso non potrà mai venire compreso da un uomo naturale! Ma se questo senso l’uomo non lo ha completamente afferrato, egli diviene simile ad una pietra la quale non porta in sé altro che morte e tenebre.

14. Ad interrogare Enoch io non mi azzardo affatto! Se tu non ti trovi nelle mie stesse condizioni e se vi è in te della luce riguardo a queste parole che abbiamo udito, rendimene fedelmente partecipe, affinché Cielo e Terra non vadano in perdizione a causa della mia grave incomprensione, prima ancora che noi abbiamo fatto ritorno alle nostre dimore! Amen!»

15. Però Adamo guardò tutto stordito Set, non sapendo egli, quale padre, cosa avrebbe in proposito dovuto rispondere al figlio per salvare il proprio onore. E solo dopo qualche tempo di riflessione riuscì a fargli capire di attendere fino ad un tempo più opportuno, dato che in quel momento aveva altre cose a cui dedicare i suoi pensieri.

16. Enos frattanto aveva tirato Jared per la veste e gli aveva detto in un orecchio, senza che nessuno dei due si fosse alzato: «Ascolta, Jared, tu sei un saggio maestro di tuo figlio e gli hai insegnato molto bene ad amare Dio nel suo cuore, e gli hai mostrato come l’amore per Dio sia simile all’amore di un uomo per un altro uomo e come questo amore si manifesti con maggior forza di quello che un uomo porta alla sua donna e ai suoi figli. Vedi, non può essergli sfuggito che noi tutti ci troviamo in un grave imbarazzo; perché, dunque, egli lascia ora che noi vi restiamo immersi dentro?

17. La mia impressione è precisamente come se Asmahaele gli avesse fatto perdere completamente il coraggio! Va’ da lui, dunque, e digli che non voglia lasciarci qui interdetti, adesso, perché è chiaro che in questo momento è più che mai necessario che mediante la sua bocca benedetta egli tragga noi, suoi padri, fuori dal massimo degli imbarazzi. Va’ dunque, se lo credi e riferiscigli questo! Amen!»

18. Invece Jared si grattò dietro l’orecchio e finalmente osservò: «Vedi, padre Enos, quando un raggio di Sole mi punge, io abbandono il posto e mi rifugio dove c’è ombra e frescura! E se anche la potenza bruciante del raggio riesce a scavare un buco nel terreno, davvero poco me ne importa, perché ho già trovato un buon posto all’ombra! Dovrei invece essere un pazzo se volessi abbandonare il mio posto all’ombra prima che il Sole sia tramontato!

19. Perciò, lasciamo risolvere a loro anche questo affare e che essi ricoprano pure di una tenda tutto il firmamento, se credono che il Sole riscaldi troppo. Il maestro non avrà certo difficoltà a cavarsela con il suo scolaro, se è un vero maestro! E se l’allievo è al di sopra del proprio maestro?

20. In questo caso, se lo scolaro parla di cose che il cuore del maestro non comprende, è certo poco saggio chiamare scolaro colui che in fatto di sapienza interiore supera lo stesso maestro e tutti i padri, tanto che essi non sono in grado di ribattere nemmeno con una parolina a quello che è stato detto da lui! Per conseguenza mi limito a restare pacificamente all’ombra e mi accontento degli sprazzi di luce che si insinuano attraverso il fogliame che si scuote, mentre lascio che fissi il Sole in faccia colui che ha una voglia particolare di diventare completamente cieco!

21. Dunque, padre Enos, vedi che io non voglio quello che vuoi tu, perché ai miei occhi ci tengo più che non a tutta la comprensione delle cose, le quali non si possono mai comprendere veramente nella loro integrità, e perciò dico ‘amen!’ a nome di tutti con un nulla di fatto»

22. Anche fra Kenan e Maalaleel si svolgeva a voce bassa uno scambio di idee, all’incirca su questo tono:

23. Maalaleel disse: «Cosa ne pensi tu, Kenan? Secondo te arriveremo in giornata a casa nostra? I figli della Sera giacciono muti come pietre sulla cara terra, e a noi, dopo le parole davvero straordinarie di Asmahaele, non va meglio neanche di un pelo. Perfino il nostro buono e caro Enoch, almeno secondo la mia impressione, pare si trovi non poco in imbarazzo!»

24. Kenan disse: «Se tu sai qualcosa, parla! E se non sai niente, allora fa’ come faccio io, che pure non so nulla! Questo però è certo: – Asmahaele ne sa più di me e di te! Ma a cosa giova predicare ai sordi e mostrare qualcosa ai ciechi? Tu conosci il sogno che io ho fatto, e questo fu certamente uno di quelli che non si fanno facilmente! Io l’ho raccontato coscienziosamente e fedelmente, così come l’ho sognato. Infine, Set e tutti gli altri non mi seppero dire niente di più di quello che avrei potuto dire io a me stesso, vale a dire niente! Allora ci ho pensato su ed ho detto: “Prima non sapevo nulla, adesso neppure so nulla, e non saprò nulla neanche in seguito”. Ora vedi, io me ne accontento!»

25. Maalaleel disse: «Se tu dici una cosa simile di te, considerato che sei un fine oratore e che il tuo linguaggio è del tutto pari a quello di Asmahaele, che cosa dovrei dire io che, come tu sai meglio di ogni altro, sono duro di lingua? Però la mia indifferenza comincia un po’ ad abbandonarmi, di fronte a questo generale ammutolimento, perché se presto non ci giunge una qualche soluzione dall’Alto, io ti dico, padre, che qui nei territori della Sera dove ci troviamo, dovremo passare certamente la sera e probabilmente anche la notte, la quale, almeno spiritualmente, non sembra esserci troppo lontana!»

26. Disse Kenan: «Lasciamo stare le cose come sono! Anche se si dovesse pernottare qui, la terra non sarà presa dal tarlo, né il terreno solido si convertirà in acqua. Il Signore sa meglio di tutti perché ha preparato alle nostre lingue affaccendate una piccola giornata di riposo! La mia massima, però, è stata sempre questa: “È meglio agire che parlare sempre e far da maestri”. Io ascolto bensì molto volentieri i discorsi forbiti e gli insegnamenti, ma, detto sinceramente, durante questo viaggio di buono ce n’è fin troppo. Non si può più digerire, e il discorso di Asmahaele è addirittura una pietra; ascolta: – secondo il mio parere, essa richiede ancora un bel po’ di riposo per essere digerita! Lasciamo dunque stare e stiamo in silenzio! Amen!»

 

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Cap. 87

L’ammonizione di Eva a Set

 

1. Set, però, aveva osservato che i figli erano intenti a scambiarsi tra di loro parole sommesse, e andava pensando fra di sé: ‘In verità, sono stati tutti colti dal dubbio, e non possono trovare né consiglio né aiuto! Oh, come mi piacerebbe venire in vostro aiuto, se mi fosse dato! Quello che sorprende in questa circostanza è che Enoch possa restarsene così muto tanto a lungo!

2. La povera madre Eva, certo, soffre anche lei di nuovo enormemente in silenzio, e forse deplora la nostra comune stoltezza nel segreto del suo cuore!

3. Cosa succederebbe se io mi rivolgessi a lei di nascosto con il pretesto di chiederle informazioni riguardo alla sua salute?

4. Chi sa se nella sua tacita rassegnazione non celi nel suo cuore qualche brillante scintillina, la quale, se venisse a splendere nella nostra tenebra, potrebbe rendere un servizio decisamente meraviglioso?

5. Facciamoci dunque coraggio, perché non potremmo certo trovarci in peggiori condizioni di adesso, quando cioè, a quanto posso giudicare, tutti sono immersi nell’oscurità e grondanti di sudore, mentre né dalla terra, né dal Cielo rovente viene a cadere sulla nostra anima che langue nemmeno una goccia di rugiada a portare qualche refrigerio!’

6. E vedi, allora Set così interpellò la madre Eva: «Diletta madre, tu sembri triste! Oh dimmi, dunque, se forse una qualche segreta preoccupazione turba la tua anima?

7. Vedi, la bocca di Asmahaele ci ha colpiti tutti con una triplice tenebra e, come vedi, non sappiamo come trarcene fuori! Sennonché quello che oggi il Signore torce lo raddrizzerà certamente, poi, nel tempo che a Lui piacerà! Dunque, se mai un’afflizione dovesse opprimerti, ridona la calma al tuo cuore nell’Amore del Signore! Ma se tu trovi in te una qualche piccola luce che possa illuminare ciò che opprime tutti noi, non racchiuderla troppo profondamente nel tuo cuore, perché, in una notte fittissima ed ingombra di nubi, anche un minimo bagliore ristora l’occhio, assetato di luce, del pellegrino che si è smarrito!

8. O madre, sono io, il tuo diletto figlio Set che parla con te; apri il tuo occhio e il tuo cuore, e fagli intendere con brevi parole qual è il tuo affanno e, se possibile, fagli anche vedere qualche scintilla dall’Alto! Amen!»

9. Eva però rispose immediatamente a Set in tono piuttosto serio: «Caro figlio, tu che mi sei stato dato da Dio al posto di Abele, vedi, dalla riservatezza della mia condotta, puoi pur sempre desumere che l’assorta madre di tutti gli uomini viventi sulla Terra non dovrebbe avere le maggiori ragioni per concedere al proprio cuore di balzare dalla gioia, particolarmente poi quando lei è obbligata a constatare che perfino il suo prediletto le viene vicino con cuore più astuto che sincero!

10. Set, mio caro figlio, perché mi hai chiesto notizie delle mie condizioni, mentre quello che ti stava a cuore era soltanto una scintillina?

11. Credi tu forse che l’astuzia, anche se procede da buone intenzioni, sia una virtù della sapienza?

12. O Set, tu t’inganni enormemente! Vedi, appunto la schiettezza – il cuore nella bocca e la lingua nel cuore – è il fondamento di ogni sapienza! Quello che vorresti avere, chiedilo; quanto ti ripugna, fuggilo, affinché tu possa amare Dio con cuore sincero, tanto nel tuo intimo, quanto dinanzi al mondo, così non si farà mai sera, né mezzanotte nel tuo cuore!

13. Vedi, a te è stata data la sapienza, perché allora non sei proceduto sempre per la diritta via?

14. Le svolte artificiose e le parole altisonanti sono sempre e certamente degli elementi rivelatori della propria debolezza, con i quali si vorrebbe volentieri provare agli altri di essere ancora straordinariamente forti, mentre chi è diritto vede già da lontano che chi vuole essere forte cammina tutto storto. Perciò, mio caro Set, abbandona le tue svolte e procedi per la diritta via, dinanzi a Dio e ai figli; così facendo la mancanza di luce non ti opprimerà mai!

15. Pensa che quando fai un cerchio, il punto più lontano della circonferenza (che vai tracciando) è anche quello che risulta più vicino all’origine e inizio (del cerchio); però, ascolta, non ti devi prendere una lumaca come maestra del cerchio, altrimenti non arriveresti mai là da dove sei partito!

16. Capisci bene la tua vecchia madre, e sii tranquillo nel cuore e in Dio! Amen!»

17. Ma quando Set ebbe inteso tali parole di Eva, ne rimase angosciato, poiché pensava fra sé: «Com’è tutto strano qui nella Sera (in Occidente)! Ogni parola è un errore; ogni sentimento di pietà è inopportuno e del tutto fuori luogo; ciascun pensiero che si esprime ancora chiaramente nel cuore, per quanto buono possa apparire, risulta poi essere nient’altro che il disordinato volare di una falena la quale va girando continuamente intorno alla fiamma brillante, finché questa le ha sottratto tutta l’energia delle sue lievi ali!

18. La mia volontà è una volontà morta che è perfettamente simile a quella del sogno. E il risultato di tale medesimo sogno è pure, precisamente, che si deve incondizionatamente volere quello che una forza estranea e imperscrutabile costringe in maniera misteriosa a volere e a fare. Il mio amore per Dio mi appare come se io amassi l’aria e l’acqua. Io sento sussurrare il vento, ma neppure il suo alito più lieve mi sfiora la faccia. Io ho fame e sete, ma non mi sento né di mangiare né di bere. Io ho sonno e non posso addormentarmi. Io sono stanco, ma le mie membra rifiutano ogni riposo. Io prego Dio, ma il mio cuore giace immoto come una pietra sulla terra. Io volgo il mio sguardo verso le alture inondate di luce ed esse sono ricoperte da pesantissime masse di nubi. Io ho la percezione che ora, tanto in me quanto fuori di me, tutto proceda in modo assolutamente strano! Io esisto come se non fossi; e tutto quello che mi cade sott’occhio mi appare come se disponesse soltanto di una mezza esistenza, oppure che esistesse come se non ci fosse o come se da un momento all’altro dovesse svanire.

19. O Signore e Padre, non lasciarci cadere dalle Tue mani e ridestaci nuovamente, e non permettere che ci addormentiamo sulla via della vita durante il tempo luminoso del giorno! Mandaci via da questa regione, mandaci via e abolisci le stolte distinzioni che noi abbiamo posto fra regione e regione! Infatti, quanto nelle regioni della Sera come in quelle del Mattino, possono e devono anche dimorare i migliori uomini!

20. Noi stessi abbiamo imbrattato d’immondizia questa regione e ancor più la terra verso la Mezzanotte. Ora che siamo venuti noi stessi, l’immondizia si riversa sul nostro petto e ci soffoca quasi del tutto. O Dio, Signore e Padre, ormai non possiamo farci più niente! Aiutaci Tu a trarci da questa grande miseria, e non lasciarci andare in perdizione a causa della nostra immensa stoltezza! Amen!».

 

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Cap. 88

Enoch spiega le parole di Asmahaele

 

1. Passato un po’ di tempo, ecco che Enoch si sentì nuovamente ridestato, e allora cominciò a rivolgere a tutti i padri le seguenti meravigliose parole che provenivano da Me:

2. «Ascoltate, cari padri! Il Signore Dio Jehova, il Padre amorosissimo e santissimo di tutti noi, ha guardato, nella Sua grande Misericordia, alla afflizione dei nostri cuori umiliati ed ha fatto grazia al nostro procedere stolto, nel quale noi abbiamo perseverato per ben trecento anni con ostinazione, e ci vuole risollevare dal pantano della nostra miseria; però è necessario anzitutto che ciascuno bandisca dal proprio cuore la stolta differenza tra le varie regioni e che poi, però, dimostri con le opere tale espulsione!

3. Udite: – al Signore Dio-Jehova, Padre santissimo e amorosissimo di tutti noi, è piaciuto suscitare Asmahaele, allo scopo di mostrare a noi tutti la stoltezza della legge quando questa non sia in stretta relazione con l’Ordine divino! Noi tutti, senza eccezione, ci siamo trovati fuori dall’Ordine e perciò non potevamo comprendere nulla di tutto ciò, poiché da una parte ci siamo irretiti nella necessità ferrea della legge, e quindi eravamo morti in ciascuna parola e pensiero nonché nella volontà e per conseguenza anche in ciascuna nostra azione, d’altra parte, invece, sentivamo molto accentuato nel nostro cuore il massimo bisogno della vera libertà della vita, senza la quale la vita non è vita, né potrebbe in eterno mai diventare tale.

4. Noi eravamo degli esseri doppi, eravamo cioè morti e viventi. Da un lato, stavamo incomprensibilmente vicini alla verità, ma dall’altro ne eravamo incomprensibilmente lontani, poiché la legge e la libertà, per l’intendimento dei nostri cuori, avevano creato una voragine insormontabile, per superare la quale non ci era possibile di spiccare il salto né dalla legge alla libertà, come neppure dalla libertà alla legge. In conseguenza di ciò, per effetto della nostra propria necessità, eravamo costretti a vedere Dio stesso o prigioniero della propria legge oppure sciogliersi in uno stato di assolutissima ed annientante libertà; quindi noi eravamo morti a destra e a sinistra!

5. Io stesso ho percepito in me questa cosa e, nonostante tutti i taciti sforzi del mio cuore, non mi riusciva possibile raccogliere e riunire acqua e fuoco in un medesimo vaso! Poiché pensavo: ‘La legge dell’Ordine è, essa pure, una legge che Dio deve osservare finché Egli vuole avere e vedere in Sé ed intorno a Sé degli esseri durevolmente costituiti. Dunque, se qualcuno è obbligato ad osservare delle leggi, allora come può essere libero?’

6. Ma poi io mi dicevo ancora: ‘Chi può mai costringere Dio a fare qualcosa? Se Egli la fa, allora la fa senza alcun dubbio secondo la propria Volontà, che è santissima e supremamente libera, e può distruggere subito quello che ha creato e può immediatamente annientare ciascuna opera Sua!’

7. E quindi di nuovo sorse, nel mio pensiero, la domanda: ‘Da dove proviene, allora, il fatto della permanente conservazione?’.

8. Ma ecco che a questo punto si annunciò l’Amore che disse: ‘Io sono il Fondamento e la Causa di ogni conservazione!’, e null’altro aggiunse!

9. Ed io formulai di nuovo la domanda in me stesso: ‘Se Tu sei il Fondamento e la Causa di ogni conservazione, in verità, allora costituisci Tu stesso, per Te, una legge eterna! Ma allora come si concilia ciò con la Tua libertà?’

10. E come io pensavo, così pensava pure il padre Adamo. E il padre Set, dal canto suo, non pensava precisamente così, ma bensì nel suo petto egli sentiva profondamente l’abisso vuoto ed insormontabile, e allora cercò e trovò. Però, in mancanza di strumenti adatti, con quanto egli aveva trovato non poté gettare un ponte oltre l’immensa voragine. E anche gli altri padri facevano, similmente, analoghe riflessioni tra loro, con maggiore o minor tiepidezza. Però non poterono giungere ad altro risultato se non ad una paziente aspettativa delle cose, e tentarono di riversare prudentemente la colpa un po’ di qua e di là; ma non avvenne per questo che nei petti smarriti si manifestasse maggiore luce e calore.

11. La madre Eva indicò bensì al padre Set una gran luce, ma l’intenso bagliore nella notte accieca l’occhio debole ancora di più della stessa notte di prima. E così i tentativi di ciascuno trovarono il loro biasimo nella susseguente triplice tenebra.

12. Tuttavia non vi è maestro più saggio della necessità stessa. Nel bisogno noi tutti ci rivolgemmo al santo ed amorosissimo Padre ed Egli, considerando la miseria dei figli, scese tra di loro con la Sua Grazia. Noi siamo i Suoi figli e così Egli ora si trova fra di noi ed Egli stesso ci ammaestra!

13. E le Sue parole sono un appello sonoro, colmo d’Amore e di Sapienza, poiché ora così dice il Padre amorosissimo e santo:

14. “Ascoltate, o voi, figli del Mio Amore, e comprendete bene nei vostri cuori quello che ora vi dico: ‘Io sono un Dio unico ed eterno, Creatore di tutte le cose che ho tratto fuori da Me, e sono Padre del Mio Amore nonché di tutti coloro che procedono da tale Amore.

15. Io sono eternamente libero e senza alcun vincolo, e il Mio Amore è la beatitudine della Mia eterna Libertà stessa.

16. Tutte le creature non sono una necessità, bensì solo segni, visibili alle creature stesse, della Mia suprema potenza perfettamente libera e della conseguente Beatitudine di tutte le beatitudini. Che cosa potrebbe o dovrebbe costringerMi ad agire così, oppure altrimenti?

17. Quello che voi chiamate ‘legge’ è per Me la libertà suprema in tutta la beatitudine del Mio Amore; ma quello che voi chiamate “libertà” non è altro che la Mia libera potenza’. Vivete quindi per l’amore e vivete perciò per l’eterno Amore in Me, e così vivrete veramente liberi! E soltanto dopo la libertà della vita vi insegnerà compiutamente che la legge dell’Amore è propriamente la suprema libertà e che la legge e la libertà sono simili ad un cerchio che dappertutto s’incontra con se stesso e che si rende libero mediante l’Ordine entro il quale essa va eternamente edificandosi nella perfezione infinita!

18. Amate, dunque; così vi renderete soggetta la legge e sarete perfettamente liberi, come perfettissimamente sono libero Io, il vostro Padre! Amen!”».

 

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Cap. 89

Le opere della sapienza e le opere dell’amore

 

1. E Adamo allora si alzò e, congiunte le mani, elevò il cuore a Me e gli occhi al cielo e, con commozione profonda e perfetta dedizione del suo cuore, esclamò: «O Padre grande e santo, o Amore eterno! Come posso e come devo ringraziarTi, io?

2. Noi non eravamo e Tu ci chiamasti ad essere, affinché gioissimo altamente della nostra esistenza tanto beata nel Tuo infinito Amore, Misericordia e Grazia! Tu ci creasti in modo che, simili a Te, già corporalmente siamo atti quasi a qualsiasi godimento, poiché possiamo udire, vedere, fiutare, gustare, sentire e percepire e addirittura possiamo amare Te con grande forza, sopra ogni cosa, e i nostri figli come la nostra stessa vita.

3. Noi possiamo camminare, fermarci, stare sdraiati e sedere; possiamo voltarci a piacimento e piegare in mille modi tutte le nostre membra, e volgere da tutte le parti il capo e gli occhi; ed hai benedetto la nostra lingua affinché essa usi un linguaggio d’amore ispirato da Te, per intenderci reciprocamente! Oh, chi mai potrebbe ringraziarTi adeguatamente e in modo degno di Te, poiché i tuoi atti prodigiosi d’amore sono incommensurabili verso di noi, che siamo oggetti infinitamente piccoli delle Tue cure!?

4. Oh, come saremmo assolutamente nulla noi per noi stessi! Ma se noi siamo qualcosa, certo dobbiamo questo unicamente alle Tue opere d’Amore per noi; e la nostra vita è il Tuo Amore; e tutta la nostra conoscenza è Grazia Tua!

5. O Padre santo, o Padre immensamente grande e buono! Guarda, in grazia, il nostro cuore diventato umile e colmo di filiale amore per Te, ed accettalo come il migliore ringraziamento che noi possiamo porgerTi, poiché la nostra lingua dipende troppo dalla Tua Benedizione quando essa vuole produrre qualcosa di veramente degno di Te. E quando essa manifesta qualcosa, anche allora tutto non è opera nostra, bensì sempre Tua. Però, la Tua Parola e la Tua Opera sono già, di per sé e in eterno, la Tua maggior lode, sia in se stessa, sia sulle nostre labbra!

6. Perciò non abbiamo niente che tu ci abbia concesso come perfettamente nostro se non l’amore e il peccato.

7. O Padre! Se io non avessi l’amore, cos’altro mi rimarrebbe se non il peccato e la morte? Ma potrei io lodarTi nel peccato e glorificarTi nella morte?

8. Per questo Tu mi donasti l’amore, affinché non fossero opera mia unicamente il peccato e la morte, bensì anche l’amore e le sue opere vive; affinché esse venendo dall’amore fossero puramente mie, e venendo dalla Tua Grazia e Misericordia, però, solo ed esclusivamente Tue!

9. O Padre santo, poiché io da solo non possedevo che la sapienza, le mie opere non potevano essere che quelle del peccato, ed io ero perciò costretto a lodarTi e glorificarTi con i miei peccati! Tu allora accogliesti la mia lode impura come se fosse stata una lode pura proveniente dal Tuo e, di conseguenza, anche dal mio amore, mentre essa davvero non era che un’opera impura del peccato!

10. Io divisi i figli per mezzo della sentenza apparentemente giusta della mia sapienza alitata da Te in me. E poiché credevo che la sapienza mi fosse propria, così risultò che la mia opera fu peccato e, per conseguenza, anche Ti lodai nel mio peccato, ed io ne sarei andato in perdizione. Ora però Tu mi donasti l’amore e, di sapienza, non più di quanta l’amore ne possa concepire, affinché io non abbia più a disperdere, bensì a raccogliere. Poiché la morte sta nel disperdere, mentre la vita soltanto nel raccogliere. Lascia dunque che io, nell’amore e mediante l’amore, raccolga di nuovo tutti coloro che ho disperso per effetto della sapienza male impiegata.

11. Io Ti ringrazio, Padre santo, e Ti lodo e glorifico per averci dato Enoch e lo straniero, affinché ci rendessero prima ciechi nella sapienza, perché poi, nella tenebra che raccoglie, potessimo divenire atti ad accogliere il fuoco dell’Amore proveniente da Te, nel quale Amore domina soltanto la vita in ogni raccolto, come nella sapienza domina la morte del peccato per effetto della dispersione! Oh, fa che questo fuoco divenga in noi un incendio immenso, un incendio tale che possa distruggere ogni nostra stoltezza ed inghiottire tutte le nostre opere perverse!

12. Fa’ che noi tutti ci ritroviamo nel Tuo Amore e Misericordia e ci raccogliamo nella Tua Misericordia e nella Tua Grazia, e lascia che domani, nel Tuo santo Sabato, noi celebriamo una nuova festa dell’amore, nella quale crediamo, e in tutto amore speriamo di poter rendere a Te, o Padre santo, un servizio di grazie, di lode e di gloria, del quale Tu abbia a compiacerTi maggiormente che non prima, in tutta la nostra presunta sapienza e nella nostra ingiusta giustizia.

13. O Padre nostro, immensamente buono e santo, concedi che il nostro invito sia il primo passo per ricondurci a Te, ora e in eterno! Amen!

14. E voi, Enoch, Asmahaele, Set e Kenan, andatevene ai figli e ridestateli nel vero amore e nella vera libertà, ed invitateli al raduno di domani, ed alla raccolta della vita, e fate loro come l’amore vi comanda, ma tutto quello che fate, fatelo nel Nome di Jehova, ora e sempre in eterno! Amen!»

 

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Cap. 90

La potenza redentrice dell’amore

 

1. E subito i nominati si alzarono e si avvicinarono ai figli che giacevano ancora a terra prosternati sulle loro facce, ed essi annunciarono loro l’amorevole comandamento di Adamo, che era un comandamento di libertà, un invito tale da ridonare la libertà a quello che è prigioniero, perché è un comandamento dell’Amore.

2. Dopo che essi ebbero compiuto la loro missione, subito i figli si alzarono e Mi lodarono e Mi glorificarono per aver intenerito il cuore di Adamo, senza di che quest’ultimo non li avrebbe mai guardati, ed essi avrebbero evidentemente dovuto languire fino ad andare consunti, qualora fossero stati costretti a subire più a lungo l’oppressione di abitere verso la Sera.

3. Ma quando Enoch ebbe percepito la gratitudine del loro cuore devoto – nella serietà e in ogni verità – verso di Me come pure verso i padri, egli si concentrò ben presto nello spirito del Mio fedelissimo Amore ed indirizzò le seguenti parole, ispirate da Me, ai figli della Sera ormai destati:

4. «Ascoltate, o amati fratelli e sorelle in Dio: – il nostro Dio è un Signore potente sopra tutte le cose, nonché il Padre amorosissimo e santo di tutti noi, come pure di Adamo – che è un primogenito creato dall’onnipotente, eterno Amore di Dio – ed è anche il padre corporale di tutti noi.

5. Il comandamento che con vincoli ferrei vi teneva duramente segregati verso la Sera, debole di luce e povero d’amore, è ora come se non fosse mai stato un comandamento. L’immenso calore dell’eterno Amore di Dio ha fatto sciogliere questi ferrei lacci, come l’estate avanzata fa del ghiaccio rigidissimo sulle montagne, e vi ha dato ormai un altro comandamento e una legge, secondo la quale dovete essere liberi, perfettamente liberi, come io e tutti i padri siamo assolutamente liberi nel vivente amore per Dio, il Quale è Egli stesso eternamente il supremo e purissimo Amore, nonché in Sé e per Se stesso è la Vita di ogni vita stessa.

6. Se voi Lo amerete più di voi stessi e più dei vostri genitori e figli e più di ogni altra cosa che la Terra porta e offre, allora soltanto riconoscerete in voi cosa voglia dire essere liberi nell’amore per Dio!

7. Allora Dio vi risusciterà. E come voi, che finora eravate colmi d’angoscia e di afflizione sotto il giogo duro e pesante del comandamento della sapienza, siete ora colmi di letizia per la riacquistata libertà, poiché vi abbiamo destati dal lungo sonno della cieca sottomissione per ordine di Adamo, similmente, anzi in maniera indicibilmente superiore, voi giubilerete quando Dio, in seguito al vostro grande amore per Lui, ridesterà voi stessi alla vita eterna tanto dell’anima quanto dello spirito, congiunti nella contemplazione della verità suprema da Lui.

8. In verità, chi di voi comincerà oggi, ebbene costui stesso potrà rallegrarsi già domani del suo cuore altamente benedetto! Ma chi, invece, indugerà nell’amore e vorrà piuttosto tenere occupato il proprio intelletto, con lui anche Dio indugerà e, al posto della benedizione, Egli darà all’intelletto delle pietre ben dure da mordere, le quali stritoleranno i denti deboli molto prima che questi giungano ad aver ragione delle durissime ed infrangibili pietre della sapienza!

9. Nondimeno, ciascuno chieda a se stesso quale cosa sia più facile: – amare Dio come Egli è per noi tutti, cioè un Padre amorosissimo e santo, oppure riconoscere Dio così come Egli è Dio dalle eternità nel Suo infinito Spirito di eterna Potenza, Forza, Maestà, Sapienza, Santità, Ordine ed Amore!?

10. Ma se vuoi costringere tuo fratello a rivelarti i segreti del suo cuore, vedi, allora tuo fratello nasconderà il suo cuore dinanzi a te che cerchi d’esplorare cosa vi sta celato dentro, e tu da lui non otterrai che un rimprovero che ti sarà di ammonimento a tenere a freno la tua stolta brama di sapere e a non affannarti per i segreti del cuore di tuo fratello, ma conviene piuttosto che tu ti dia cura del suo amore, per sapere cioè se egli ti ama come tu lo ami. Se invece di andare in cerca dei segreti che appartengono soltanto a tuo fratello, ti limiti ad amarlo dieci volte più di te stesso, vedi, quando tuo fratello si accorgerà di tale impulso del tuo cuore, egli allora ti aprirà il suo cuore e ti ammaestrerà riguardo a tutto ciò che potrà essere di utilità e di somma contentezza per te, o almeno che ti potrà rendere colmo di fiducia verso il tuo fratello!

11. Vedete, cari fratelli, presso Dio avviene appunto la stessa cosa! Chi mai potrebbe obbligare Dio a mostrargliSi e a rivelargliSi? Ed anche se Egli volesse farlo, chi mai potrebbe comprenderLo e restare in vita? Ma se voi amate Dio sopra ogni cosa, Egli vi condurrà e vi guiderà per tutte le vie della sapienza e delle conoscenze supreme, di eternità in eternità sempre di più, a seconda della capacità e della grandezza dell’amore che nutrirete per Lui nel vostro cuore!

12. Dunque, o cari fratelli, non perdetevi in indagini e non affannatevi a causa dell’intelletto, bensì amate Dio, il Padre santo ed amorosissimo di tutti noi, con tutte le vostre forze e sopra ogni cosa; così facendo otterrete in un istante più di quanto il vostro intelletto, sia pure al massimo della lucidità, riuscirebbe a decifrare molto imperfettamente in migliaia d’anni!

13. L’amore è la radice di ogni sapienza; dunque amate, se volete diventare davvero saggi! Ma se voi amate, allora amate a causa dell’amore e mai della sapienza; in questo modo sarete veramente saggi!

14. Voi siete ormai liberi, qui nelle terre della Sera, ma soltanto l’amore vi renderà completamente liberi nei vostri cuori. Venite, dunque, domani; venite tutti con amore alla nuova celebrazione del Sabato nel vero e libero amore per Dio! Amen!»

 

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Cap. 91

Set riconosce Asmahaele, lo straniero

 

1. Dopo che Enoch ebbe terminato di parlare, egli s’inchinò dinanzi a coloro che l’accompagnavano e salutò di nuovo i figli della Sera. Però Set, Kenan ed Asmahaele vi aggiunsero il loro “Amen!”. E Set volle poi rivolgere ancora brevi parole ai figli della Sera liberati, le quali furono:

2. «O figli, voi sapete che trecento anni or sono fui io ad annunciarvi il comandamento di Adamo! Voi ne rimaneste rattristati, e nella vostra tristezza non poteste trovare consolazione alcuna, per cui vi siete resi amico il sonno.

3. Il comandamento era opprimente e voi ne sopportaste il peso dormendo durante la lunga notte dei vostri cuori. Ora però sono nuovamente venuto a voi, in mezzo a coloro che Dio ha destato nello spirito, affinché siano atti ad accogliere la Sua Grazia suprema, la quale è l’Amore nella sua pienezza, e per annunciare la Sua santa e vivente Parola, colma di Potenza e di Forza. Quindi non è stato Adamo, né sono stato io a rendervi liberi, ma unicamente la Parola santa del grande Dio, per mezzo della bocca di Enoch e di Asmahaele, portato dinanzi a voi dal robusto animale e che Dio ha mandato a noi in maniera meravigliosa, facendolo salire quassù, secondo quanto ha ammesso lui stesso, dalla pianura, della quale avete udito che è colma di perfidia degna di maledizione. Io, però, per conto mio credo che egli ci venga inviato dall’Alto, poiché le parole che lui ha proferite, non le può proferire nessuno che provenga veramente dal basso.

4. La sapienza certo non dimora nella muta pianura e molto meno ancora vi dimora l’amore.

5. Ma egli ci ha spiegato la legge e ci ha dimostrato la nostra grande stoltezza dinanzi a Dio, come se fosse un signore della legge. Egli venne a noi per apprendere la sapienza, ma già nel tempo di un’ora ci ha confusi tutti, tanto che perfino Enoch ne è rimasto enormemente sbalordito!

6. Non avete forse inteso prima le sue parole, o almeno la sua voce potentissima? Dite, può qualcuno che sia della pianura parlare con tale voce, o qualcuno ha mai udito una bocca di uomo enunciare tali concetti da quando la Terra ha cominciato a portare generazioni umane?

7. Ascoltate: – io vi parlo spinto da un forte sentimento, non per voler dire anch’io qualcosa o per rendermi più breve il tempo per mezzo di chiacchiere, bensì per dimostrarvi ampiamente la vostra libertà nell’amore di Dio! Costui, straniero all’apparenza, che siede in umile atteggiamento, ma che è tanto più maestoso nelle sue parole, un giorno si farà portare da un altro animale ed un popolo della Terra acclamerà il seduto sull’animale in tutta l’afflizione del proprio cuore e dirà: ‘Osanna a Dio nel più alto dei Cieli, lodato sia Colui che viene nel Nome del Signore, montato su un puledro d’asina da soma!’

8. O figli, e tu pure, diletto Enoch, e tu, Kenan, se potete obiettarmi qualcosa, fatelo, ma se siete animati dallo stesso sentimento, penso che varrebbe la pena di rivolgere lo sguardo più attento e un cuore umilissimo a questo straniero dalla parola oltremodo possente, poiché chi parla di Dio in maniera tanto sbalorditiva come ha parlato lui, deve provenire dalla suprema altezza di Dio, oppure egli stesso deve essere ...

9. In breve, io non posso né devo esprimermi oltre!

10. Sì, certo, in verità, la salvezza in tutta la pienezza di ogni vita ci è giunta molto più vicino di quanto noi lo possiamo immaginare!

11. Se qualcuno vuole e crede, si rivolga ad Asmahaele! Il mio sentimento mi dice: “Chi non diventa libero per mezzo di Lui – come tutti noi abbiamo riacquistato libertà dopo una breve lotta con la nostra innata tenebra in virtù della Sua possente parola – non giungerà alla libertà mai più in eterno!”

12. O Asmahaele, o caro e nobile straniero che tanto coraggiosamente siedi sull’animale ed ascolti con tanta mansuetudine ed umiltà noi, vermi della terra – come se Tu volessi apprendere qualcosa da noi, mentre ciascuna migliore parola dalla nostra bocca esiste in Te nella sua suprema purezza già molto tempo prima che la nostra lingua la renda impura – rendici liberi ed eternamente viventi in Te!

13. Oh, non abbandonarci, e sii in eterno la nostra guida e il vero liberatore dei nostri cuori! Amen! Amen! Amen!»

14. E dopo che Set ebbe finito il suo discorso, Asmahaele si mosse subito nel mezzo dei tre e disse loro:

15. «Ascolta, Set e tu, Kenan e tu pure, Mio caro e stimato Enoch! Dovete serbare il silenzio al cospetto di Adamo e di tutti i figli della Sera su quello che tu, o Set, hai percepito in te e che nella tua effusione hai reso manifesto dinanzi a Kenan e ad Enoch e a tutti i figli della Sera, i quali non l’hanno ancora compreso. È bene che essi non sappiano, né presentiscano Chi si cela sotto la spoglia di Asmahaele!

16. Perciò conviene che voi tacciate, se volete che Io rimanga ancora più a lungo il vostro accompagnatore; così pure non dovete esteriormente riconoscerMi o nominarMi se non altrimenti quale lo straniero venuto dalle pianure cui Adamo ha imposto il nome di “Asmahaele”, non sospettando che fosse Jehova in Persona quello che era venuto, sconosciuto a voi, dal luogo che voi chiamate “il Mattino”, per guidarvi fattivamente personalmente verso l’amore e la vita eterna per vie note soltanto a Me!

17. Se Io avessi voluto, già da lungo tempo Enoch Mi avrebbe riconosciuto, e Set non sarebbe mai giunto a prevenirlo; tuttavia a chi, come Set, deve sostenere un’aspra prova e nella sua cura d’amore pensa che Io sia ancora del tutto estraneo e lontano, in verità, Io a costui sto il più vicino di tutti, anche di coloro che Mi amano come Enoch!

18. Io sono, in verità, Colui che Set ha annunciato; però ora voi dovete tacere su di Me! In segreto potete tuttavia venire da Me e prendere da Me la più alta delle benedizioni! Se frenate la brama della lingua, Io dimorerò ancora a lungo tra di voi quale guida visibile, ma se Mi palesate anche con una sola minima parola, allora sarò costretto a lasciarvi immediatamente! – Ascoltate! Amen! Ascoltate! Amen! Ascoltate! Amen! Questo ve lo dice Asmahaele! – Ascoltate! Amen! Ascoltate! Amen! Ascoltate! Amen!»

 

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Cap. 92

La testimonianza di Asmahaele

 

1. Quando però i tre appresero dalla bocca di Asmahaele tale testimonianza sul conto di Se stesso, furono colti da un senso di timore e di angoscia, e non seppero a quale partito appigliarsi. Dovevano forse prostrarsi subito dinanzi ad Asmahaele e adorarLo? Ma allora Egli sarebbe stato palesato, perché gli altri padri se ne sarebbero senz’altro accorti!

2. Oppure dovevano oppure no credere alla testimonianza? Perché tra di loro così andavano pensando: ‘Se crediamo alla testimonianza, allora siamo vincolati al cospetto di Adamo e degli altri padri, perché la nostra reverenza e il grandissimo amore verso Asmahaele renderanno di sicuro manifesto ai padri che dietro ad Asmahaele deve, senza alcun dubbio, celarsi qualcosa d’insolito, considerato l’immenso rispetto e il grandissimo amore che Gli tributiamo, come anche necessariamente siamo tenuti a tributarGli. Ma, d’altro canto, se non crediamo alla testimonianza, cosa diventiamo poi al cospetto di Asmahaele? Nient’altro che degli evidenti mentitori e ingannatori dei nostri padri, fratelli e figli, oppure dobbiamo rinunciare assolutamente ad aprire bocca, se vogliamo persistere nella verità! Poiché, se noi proferiamo una sola parola riguardo a Dio, il Quale si trova fra noi, ma che noi, non credendo, rinneghiamo nei nostri cuori, allora saremmo, come già detto, mentitori ed ingannatori, perché così vorremmo far credere indubbiamente agli altri che vi sia qualcosa dove i nostri occhi non vedono neppure un’ombra!

3. Ma se ci comportiamo così come al solito, dando a vedere che riteniamo essere Asmahaele tuttora un discepolo di Enoch, in che situazione verremo a trovarci? Da un lato avremo sempre di fronte un rimprovero, perché dovremo dire: “Il Signore, il nostro grande Dio ed amorosissimo Padre, Si trova presso di noi, per istruirSi!”

4. Ma che cosa potrà apprendere da noi, vermi nella polvere, quando non c’è dubbio che ogni migliore parola della nostra bocca deve innanzitutto provenire in noi da Lui, per essere soltanto poi pronunciata da noi? Ma d’altro canto, benché noi faremmo così sotto il pretesto della segretezza, i nostri padri, fratelli e figli ne risulterebbero triplicemente ingannati: – la prima volta per effetto di ciascuna nostra parola, perché necessariamente dobbiamo agire in un modo e pensare in un altro nel nostro cuore; la seconda volta per il fatto che dinanzi a loro dobbiamo darci l’apparenza di annunciare e adorare un altro Dio che non è niente e in nessun luogo, e dobbiamo, anzi, secondo la loro volontà, incoraggiarli addirittura a rinnegare il Dio vero e vivente che si trova fra di noi e con noi.

5. E infine, l’inganneremmo una terza volta, perché mediante un falso amore per un Dio che non esiste in nessun luogo, essi non riceverebbero né potrebbero mai ricevere niente affatto di quanto viene promesso, per la ragione che l’ottenimento dello spirituale dipende sempre dall’amore in spirito e in verità.

6. Ovvero, in questo caso la nostra promessa non sarà altro, che come dire a qualcuno durante una notte scurissima: “Odi, fratello, se hai fame, basta che tu proceda innanzi per cento passi; là troverai ben presto un fico stracolmo di frutti con i quali ti potrai saziare abbondantemente!”, e ciò mentre sappiamo anche troppo bene che al posto indicato non c’è mai stato un albero di fichi, non c’è ora e mai vi sarà, perché il posto stesso è costituito da una voragine incommensurabile, mentre invece sappiamo che un albero di fichi c’è veramente dietro alle nostre spalle, anche ben carico di frutta!’»

7. E dopo tali pensieri, essi divennero esteriormente ed interiormente muti, e non sapevano da che parte volgersi; se a destra o a sinistra, se dentro o fuori, se in alto o in basso.

8. Allora Asmahaele aprì subito la Sua bocca e disse ai tre: «Perché lasciate sorgere dei dubbi nei vostri cuori? È mai possibile che facciate male, eseguendo la Mia Volontà? Come mai potete pensare che Io abbia voluto comandarvi di fare ciò che pensate? Ma perché, se avete qualche dubbio, andate adesso interrogando il vostro cuore e non Me, dato che Mi trovo fra di voi? Oppure credete forse che sia giusta solamente quella via che il vostro occhio miope riconosce come tale?

9. Non dite voi stessi che le Mie vie sono imperscrutabili e che è imperscrutabile il Mio Consiglio? Come potete allora dubitare ancora e traviarvi con il pensiero nei vostri cuori?

10. Oppure, è forse il vostro amore per i vostri padri, fratelli e figli, maggiore del Mio Amore, che chiamò all’esistenza tutte le cose loro e voi stessi, per l’eterno compimento della vita in Me e che proviene da Me?

11. Ma se voi credete che qui, sotto le spoglie di Asmahaele, Mi trovi veramente Io, il Creatore e Padre santo di tutti voi, come potete domandare ancora se sarà proprio buono e giusto quello che vi consiglio di fare?

12. Non sono Io forse più di Adamo, che è stato fatto da Me, e più di tutti i suoi figli che ho suscitato fuori da lui?

13. Dunque non datevi alcun affanno e seguite il Mio imperscrutabile consiglio, e così facendo agirete bene, perché le vostre parole saranno ispirate da Me e gli insegnamenti che voi Mi donerete saranno un ammaestramento per voi e per i vostri figli, e i vostri padri ne avranno grandissimo diletto ed esulteranno apertamente di questo.

14. Ma ora anch’Io devo adempiere ancora la volontà di Adamo! Amen!»

 

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Cap. 93

La curiosità di Adamo

 

1. E quando Asmahaele fu giunto al termine delle Sue parole ammonitrici ai tre, Egli rammentò a Set che egli avrebbe dovuto chiamare a raccolta i figli della Sera e particolarmente gli anziani, affinché, secondo la volontà di Adamo, avessero da ricevere ed intendere anche da Lui, Asmahaele, una parola di liberazione.

2. E non appena Set ebbe udito tale cosa, si affrettò tra i figli rapido come il vento, e con grande vivacità annunciò loro il proposito di Asmahaele che prometteva tanta benedizione, e rese pure noto a loro che avrebbero dovuto prestare la massima attenzione, perché mai avrebbero udito parole tali, quali quelle che avrebbe pronunciato ben presto Colui che sedeva sull’animale.

3. «Poiché Egli è..... ascoltate...... Egli è.... in poche parole, figli,..... Egli supera in fatto di amore e di sapienza di gran lunga tutti noi, e ciascuna Sua parola è più grande di tutto, cioè di tutte le nostre parole!»

4. E immediatamente gli anziani si avvicinarono ad Asmahaele ed ansiosamente restarono in attesa del Suo discorso con la massima attenzione.

5. Quando però gli altri figli della linea principale, i quali assieme ad Adamo erano rimasti circa a un centinaio di passi più indietro di questi quattro, si accorsero che là c’era qualcosa di straordinario in procinto di svolgersi, visto che i figli della Sera cominciavano così ad affollarsi intorno ai quattro, allora Adamo parlò così:

6. «Udite, sarebbe opportuno che pure noi ce ne andassimo là, per vedere e sentire con maggiore facilità quello che eventualmente dirà Asmahaele, perché, quantunque noi non abbiamo compreso proprio a fondo il suo ultimo discorso, tuttavia è certo che questo è stato colmato di sapienza!

7. C’è davvero da meravigliarsi dei progressi che ha fatto questo giovane della pianura nel breve tempo di appena tre giri d’ombra (circa tre ore), ascoltando semplicemente le nostre savie e amorevoli parole; ma dove potrà arrivare egli, quando si sarà trattenuto più a lungo con Enoch e con noi, e quando poi sarà stato pure testimone e nostro compagno alla sacra solennità del Sabato di Jehova?

8. E così portiamoci là anche noi; andiamo dunque! Amen!»

9. Ma quando i figli della Sera videro che il primo padre, assieme a Eva e agli altri padri, si era loro avvicinato, gli fecero immediatamente posto, affinché essi potessero avvicinarsi senza difficoltà ad Asmahaele e a Set, Kenan ed Enoch.

10. Quando Adamo si trovò completamente in mezzo ai suoi, egli domandò subito cosa stesse per accadere e se Asmahaele avesse forse già parlato.

11. Ma Set, dopo averlo salutato, gli rispose: «Odi, caro padre! Asmahaele non ha detto ancora nulla ai figli, bensì Egli ha conversato soltanto con noi. Adesso, però, si dispone a rivolgere qualche parola anche ai figli, e ciò in conformità al tuo volere. Infatti, considerato che Egli è dovuto venire con noi, s’impone che Egli pure faccia quello che tutti noi abbiamo già fatto secondo la tua volontà. Non è giusto così, caro padre?»

12. Adamo, però, colmo di devota curiosità, non poté fare a meno di chiedere a Set che cosa mai avesse detto prima Asmahaele a loro.

13. Nondimeno, questa domanda mise naturalmente il povero Set in una tale posizione d’indicibile imbarazzo che al momento se ne restò muto. ‘Infatti’ egli pensava tra sé: ‘se io parlo, divengo un traditore; se dico qualcos’altro, divento un mentitore, e se non rispondo nulla, sono come un figlio disobbediente e devo starmene qui, come uno che non osa fiatare o come uno che non ritiene il proprio padre degno di una risposta!

14. Io però dirò ad Adamo che mi riservo di dargli risposta a una prossima occasione, visto che il tempo è prezioso, non essendo opportuno far ritardare Asmahaele nel Suo discorso ai figli, il quale è imminente e certo sarà insuperabile!’

15. E così anche Set si espresse con tutta dolcezza verso Adamo, ma per questi la risposta non fu soddisfacente, ed egli osservò a Set:

16. «Ascolta, mio caro Abele-Set, io scorgo che tu ti vorresti nascondere dinanzi a me! Nel tuo cuore vi è cosa diversa da quella che hai sulle labbra! Perché arrossisti alla mia onesta domanda e rimanesti muto per un po’ di tempo?

17. Io, Adamo, tuo padre, ti dico però che Asmahaele non deve aprire bocca prima che tu non mi abbia dato una fedele risposta!

18. Odi dunque: – a Dio e a me tu devi fedeltà; parla dunque senza indugi e senza scuse! Amen!»

19. Ma Set frattanto era fuori di sé dall’angustia e non gli fu possibile proferire parola.

20. E allora Enoch si fece subito innanzi, e disse ad Adamo: «Padre, caro padre, non ci hai tu stesso insegnato che la via diritta è la più breve? Asmahaele non si trova fra noi? Perché deve rispondere Set per Lui, considerato che Set può forse aver dimenticato qualcosa di quanto Asmahaele ci ha detto, certo con maggiore facilità di quanto possa averlo dimenticato il san... l’oratore voglio dire, cioè Asmahaele stesso? Rivolgiti dunque all’Autore di tutto... intendo dire ad Asmahaele in Persona, e sta certissimo che noi confermeremo con tutta fedeltà e per assolutamente vera ciascuna Sua parola! Amen!»

21. Però Adamo obiettò anche ad Enoch e gli disse: «Neanche tu mi piaci, perché le tue parole non sono libere come al solito! Dimmi tu, dunque, che cos’è che inceppa la lingua di Set! Narrami quello che Asmahaele vi ha detto, poiché la tua memoria è di certo più forte di quella di Set. Parla dunque tu al suo posto, ed io mi accontenterò! Amen!»

22. Ma allora Enoch rispose: «Padre, odimi e intendimi bene! Ogni diritto su questa Terra ha i suoi limiti, come li ha la Terra stessa e così pure il diritto del padre sui propri figli.

23. Ma tu, esigendo da me e da Set una risposta, hai forse considerato profondamente se il comandamento, che nel tempo presente chiude la bocca a Set e a me, non sia situato più in alto della tua richiesta un po’ intempestiva?

24. E precisamente così stanno le cose! Noi abbiamo ricevuto da Dio il comandamento di tacere dinanzi a te riguardo a ciò, finché così piacerà a Lui; non voler quindi d’ora innanzi costringerci a violare il comandamento di Dio dinanzi a te e dinanzi a Lui!

25. Per soddisfare parzialmente la tua onesta curiosità, ti basti questo: – è bene che tu sappia che Jehova ci è più vicino di quanto tu possa supporre! Non forzarci perciò a peccare al cospetto di Dio, ma odi tu stesso, anzi, se vuoi sapere quello di cui Asmahaele ha parlato con noi, rivolgiti, come ho detto prima, solo a Lui stesso, perché Egli ha, o meglio, Egli non ha, per quanto a me consta, ricevuto da Dio alcun comandamento di tacere dinanzi a te.

26. Egli è del tutto libero, ma invece questo non è il nostro caso; quindi risparmiaci prima del tempo tale domanda! Amen!»

27. Nell’udire tali parole, però, Adamo provò una strana sensazione e gli parve di essere ritornato al tempo della sua nudità, quando cioè egli, dopo il peccato, si era nascosto nella caverna dove aveva udito la Mia voce che gli chiedeva: “Adamo! Dove sei?”

28. Adamo non era preparato ad un simile svolgersi della cosa e perciò ne fu anche immensamente rattristato e non poteva trovare né consiglio, né aiuto. Egli si lasciò quindi cadere a terra senza dire niente, e pianse tra sé e si afflisse nel suo cuore, dicendo:

29. «Mio grande Dio e Signore, Creatore di tutte le cose e Padre santo di tutti gli spiriti e di tutti gli uomini! Mi hai creato proprio per tormentarmi dal principio fino ad oggi?

30. Oh, allora quanto mi dovrei essere ingannato nel Tuo Amore! Perché dovetti diventare un essere vivente conscio di se stesso, ad eterno soddisfacimento della Tua immensa stravaganza? Non sarebbero state buone a questo scopo anche le pietre morte?

31. Tu mi animasti di tutti i sensi e mi ispirasti ogni specie di brame, e contro queste mi desti dei comandamenti, affinché ne fossi guastato dinanzi a Te e Tu potessi poi condannarmi!

32. O Signore, se Amore e Misericordia Ti appartengono, fammi ora ciò che volevi fare dopo il mio peccato ed annientami per l’eternità! Fa’ di me come se non fossi mai esistito, poiché certo è indicibilmente migliore per me “non essere” eternamente che essere una creatura liberamente conscia di sé sotto l’eterna oppressione della Tua invincibile potenza e servire a Te da trastullo, anzi da spregevole trastullo alla Tua stravaganza eternamente incommensurabile e che arreca diletto solo a Te.

33. Certo, Tu sei un Dio ed un Signore potentissimo, ma Tu non sei certamente un Padre!

34. Dimmi, se vuoi e se puoi, se io come padre ho mai attuato tali stravaganze verso i miei figli! Ho mai insegnato loro a restarsene muti dinanzi a Te? Ma perché allora chiudi le loro bocche e i loro cuori dinanzi a me?

35. Chi o che cosa sono io allora, perché Tu abbia a tormentarmi? Annientami, dunque, e prenditi per Tuo trastullo le pietre o qualche altro oggetto!

36. Se Tu sei un Dio santo, come puoi ispirarmi delle brame profanatrici della Tua Santità?

37. Se io sono opera Tua, distruggimi; e se non lo sono, lasciami così come sono! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 94

La preghiera di Adamo ad Enoch

1 giugno 1841

1. Dopo che Adamo ebbe esaurito questa serie di acri pensieri, e l’irruenza della sua curiosità si fu gradatamente calmata, egli si alzò nuovamente da terra, disse ad Enoch di avvicinarsi a lui e gli chiese:

2. «Enoch, dì a me, padre afflitto fin nella più intima fibra del cuore, almeno se la parola indirizzatavi da Asmahaele è stata o no di grande importanza! Era essa una parola di Luce e d’Amore, oppure una parola che proveniva dagli abissi di ogni tenebra e di ogni abominio?

3. E se davvero il Signore vi ha proibito di rivelarmi tale cosa, dimmi fuori dal Signore, perché Egli l’ha nascosta a me, mentre l’ha rivelata a voi!?

4. Caro Enoch, non tenermi nascosto questo, sii sincero con me, dato che io sono stato sempre anche troppo aperto, buono e giusto con voi, e non vi ho mai tenuta nascosta nessuna cosa!

5. Il Signore lo sa e deve anche sapere quanto sincero sia stato il mio comportamento in ogni tempo verso voi tutti! Di tutto quanto mai avrebbe potuto esservi di vantaggio, io ne ho sempre fatto parte a voi, quantunque io, quale padre, avrei avuto maggiore diritto di farne mistero dinanzi a voi che non voi dinanzi a me, il padre vostro!

6. Voi ora state davanti a me con il cuore chiuso. Può sempre essere che il Signore vi abbia comandato di tenere di fronte a me un tale contegno, ed è altresì possibile che Egli ci sia più vicino di quanto io possa supporre, e che Asmahaele non abbia ricevuto dal Signore alcun ordine di tacere dinanzi a me, lo voglio ammettere di buon grado; però, dal punto di vista dell’ordine, è bene che i figli mandino via il padre perché si rivolga allo straniero dal quale egli potrà apprendere quello che ai figli è proibito dire?

7. Vedi, diletto Enoch, riflettici bene ed attentamente, e allora troverai come già di primo acchito riesca difficile conciliare un simile stolto comandamento con l’Amore e la Sapienza di Dio! Poiché, se l’una e la stessa parola, mentre è proibita a voi, è permessa invece ad Asmahaele, è chiaro ad ogni modo che alla parola non va attribuita nessuna importanza o comunque non troppa, e in ogni caso poco importa la parola come tale, per la quale veramente non esiste un divieto, dato che Asmahaele la può liberamente proferire, bensì assolutamente importante è la lingua vincolata.

8. Perché, per la medesima parola, la vostra lingua è inceppata, mentre quella di Asmahaele è libera?

9. Chi può mai pensare che una cosa simile provenga dal Signore? Che Egli intenda chiudere i cuori dei figli dinanzi ai padri ed aprire invece quelli degli stranieri, affinché con ciò venga suscitata ed alimentata fra padre e figlio una diffidenza incurabile?

10. Vedi, se Dio facesse così, Egli sarebbe evidentemente un promotore della perfidia, ma in nessun modo un autore di ogni giustizia, grazia, amore e misericordia!

11. Sta dunque bene in guardia e scruta bene se questo comandamento sia davvero l’enunciazione di uno spirito buono o non piuttosto di uno cattivo!

12. Ma se è da Dio, allora guai a noi tutti, perché allora, senza eccezioni, non siamo altro che il vano trastullo di una potenza senza freni ed imperscrutabile, la quale crea fuori da sé degli esseri come passatempo per dilettarsi a tormentarli per un certo tempo, e facendo loro gustare le dolcezze della vita tra due estremità, vale a dire dalla nascita fino alla morte, che ancora attende noi tutti; dopo di che ricomincia la linea infinita dell’eterno annientamento, e noi tutti, atrocemente tormentati, diventiamo di nuovo quello che eravamo prima della nascita, cioè un nulla senza fine!

13. Se però tale comandamento è opera di un malo spirito, allora guai doppiamente a noi, perché in primo luogo dovremmo esserci terribilmente allontanati da Dio a causa di una qualche colpa a noi sconosciuta, per la quale Egli ci abbandona alla Sua ira in preda a un eterno fuoco di vendetta, oppure la mala potenza ha paralizzato al Padre il braccio dell’Amore, tanto che Egli non può più aiutarci e salvarci dalla morte o forse anche da qualcosa ancora peggio!

14. Caro Enoch, pensa bene a quello che ti ho detto ora, e dammi la risposta che ti ho chiesto! E se ti è possibile, ridonami la pace, poiché, vedi, io sono rattristato fin nelle più recondite fibre della mia vita! Intorno alla mia anima si è fatto notte, e neanche la benché minima stella brilla più nella fitta tenebra della morte!

15. Enoch, quando ero sazio, ti fu concesso di porgermi un cibo dal Cielo; fallo tanto di più ora che la fame e la sete mi tormentano assai! Ascolta e fallo! Amen!»

 

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Cap. 95

L’ammonimento ad Adamo

 

1. E quando Enoch ebbe inteso il discorso e la domanda di Adamo, si alzò immediatamente e gli rivolse le seguenti parole, che erano da Me, dicendo:

2. «Nel nome del grande Dio che è con noi per tutte le vie, visibile e invisibile, visibile per tutti coloro che Lo amano veramente, ed invisibile per i sapienti e per chiunque ambisce più alla sapienza che al vero amore. Dunque, nel Nome di questo nostro grande, onnipotente Dio e Padre amorosissimo sopra ogni cosa, io ti dico, mio caro e venerato padre, che tu ti sei scostato in maniera gravissima dalla via del Signore!

3. Vedi, io voglio, posso e devo dirti ora che hai enormemente errato nella tua patriarcale sapienza, poiché nel tuo cuore hai incolpato il Signore di dispettosa stravaganza a nostro riguardo, asserendo che Egli ci ha creati unicamente per Suo trastullo e diletto!

4. O padre, se tu potessi immaginare anche alla lontana quant’è grande, anzi infinitamente grande il tuo errore, vorresti pregare non nel tuo rancore, bensì nel tuo pentimento il Signore di annientarti per l’eternità, giacché, come conseguenza di una tale grossolana imputazione, tu ti dovresti condannare da te stesso e dovresti augurarti che tutte le montagne potessero caderti addosso per nasconderti dinanzi al volto di Colui che non è stato mai tanto terribilmente così vicino a te e a noi tutti, e che non ha ancora mai operato tanta indicibile attività d’Amore quanto, appunto, nel momento attuale in cui tu Lo credi il più lontano da te, e perciò ti scagli contro di Lui come fossi il Suo signore.

5. Credi tu forse, o padre, che il Signore sia incostante e capriccioso al pari di noi, come la fogliolina che pende dal filo di ragno? E credi cioè che Egli faccia, con le Sue opere, quello che usano fare i piccoli fanciulli con i loro balocchi quando sono stanchi e annoiati di averli tra le mani? O padre, quali pensieri hai mai lasciato sorgere nel tuo cuore rispetto a Dio?

6. Vedi, se il Signore fosse davvero così come tu Lo accusi di essere, Egli non avrebbe forse, per causa tua, preparato a tutti noi una fine miserevolissima già da lungo tempo? Ma invece Egli non è affatto come tu hai testimoniato di Lui in modo perfido e falso nel tuo cuore, bensì è colmo soltanto del più infinito Amore, Indulgenza e Mansuetudine. Anzi, considerato nella Sua complessa Essenza divina supremamente santa, Egli è immensamente umile ed è, appunto perciò, pieno di Grazia e di Misericordia verso di noi. Egli, infatti, ci ha creato, traendoci fuori da Sé, come ricettacoli viventi nei quali, tramite le Sue continue cure amorose, è chiamato a formarsi spiritualmente e a maturarsi un essere perfettamente simile a Lui, libero ed immortale per le eternità. Per tutte queste ragioni noi tutti siamo ancora in vita, personalmente continueremo a vivere ancora parecchio tempo su questa Terra e, nel Suo Amore e nella Sua Misericordia, otterremo la vita eterna e la manterremo!

7. Vedi, caro padre, nella tua sapienza hai accortamente mirato a cogliere da me il frutto proibito, ma credimi: – la più raffinata sapienza, al paragone dell’umile amore, è una cordicella grossolana, la quale è bensì pure confezionata con dei sottili fili dell’amore, contorti assieme, però questi fili non sono più liberi e quindi non sono più strettamente legati, e insieme non sono neanche più tanto flessibili e tali da potersi adattare anche ai minimissimi interstizi.

8. La cordicella della sapienza serve soltanto per legare assieme disordinatamente e per breve tempo dei pezzi grezzi e pesanti; mentre i delicati dell’amore circondano la vita più interiore e delicata, e in questa loro funzione possono percepire con tutta facilità le più lievi vibrazioni e sensazioni dell’anima contemplante!

9. EccoLo là, seduto sul dorso del feroce animale. È Lui che ha parlato a me, a Kenan e a Set! Se tutto quello che ha detto abbia una qualche importanza, non io, bensì Colui che sta in groppa all’animale te lo annuncerà fedelmente, come ancora ti dirà la ragione per cui, da parte di Dio, un vincolo è stato posto alla mia lingua dinanzi a te.

10. Ritorna alla calma e sii paziente, rassegnato e devoto di cuore; in tal modo ben presto potrai assistere al massimo dei prodigi di Dio! Amen! Ascolta: amen!»

11. Quando Adamo ebbe inteso una simile inattesa risposta dalla bocca di Enoch, egli esclamò ad alta voce:

12. «Mio Dio! Mio Dio, perché mi hai creato e, ora, del tutto abbandonato?

13. Allora, quando io, rigettato da Te, caddi attraverso le eternità, Tu, eterno Amore, raggiungesti il misero che precipitava ed edificasti la Terra per me, traendola fuori dalla Tua Parola, e allora su di questa mi ponesti, così come in parte sono tuttora. Ora però ti grido dal mio cuore di annientarmi oppure di salvarmi; sennonché Tu non vuoi ascoltare la mia voce e mi lasci languire di fame e di sete, e proibisci perfino ai miei figli di porgermi quello che potrebbe alquanto calmare la fame e la sete!

14. Mio Dio, mio Dio! Perché Ti sei fatto così duro verso di me?

15. Ascoltate, figli, io vi dico: “Fate quello che stimate buono, e Asmahaele parli pure ai figli secondo il suo piacimento; tuttavia la mia fame e la mia sete, che i miei figli non hanno potuto calmare, egli non dovrà saziarla, né spegnerla! Poiché d’ora innanzi lo stomaco del mio spirito dovrà soffrire fame e sete per tutto il tempo della mia vita, ed io non voglio mandare giù né una briciola né una goccia proveniente da mano estranea, bensì ciò che il mio terreno interiore mi darà, quello mangerò, ma di questo, nessuno sarà ammesso a mangiare con me! La mia curiosità è bene che rimanga soffocata nella palude della mia colpa dinanzi a Dio. E tarde lacrime di pentimento dovranno abbeverare la vita inaridita al fuoco del mio cieco zelo! E quando, da lungo tempo, io non sarò più, voglia Dio, nella notte del mondo, indossare la mia veste per salvarmi e per sanarmi la ferita stillante veleno che il Serpente del mio proprio cuore ha inferto alla mia carne con i suoi denti acuminati, per la morte di tutti gli uomini che calpesteranno questa Terra!

16. Figli, conservate il ricordo di quanto ora ho detto, poiché d’ora innanzi avrete ben poco da ricordare di me! Tuttavia, la Volontà del Signore sia con me e con voi in eterno. Amen! Io vi dico anche: – ascoltate! Amen!”»

 

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Cap. 96

Il discorso di Asmahaele riguardo alla Parola di Dio

 

1. E quando Adamo terminò il suo discorso, poiché neppur volendo non trovò niente da dire, i figli lo ringraziarono per quest’ultima comunicazione, perché tutti, ad eccezione di Enoch, pensavano che Adamo non avrebbe più parlato. Ma dopo di ciò, Enoch richiamò l’attenzione dei figli sull’imminente discorso di Asmahaele e tutti concentrarono i loro sensi su Quest’ultimo, in attesa delle Sue parole, e Set aggiunse:

2. «O Signore, donami ora cento cuori e settecento orecchi, affinché nulla di quello che sta per sgorgare dalla Tu... – ah sì! – dalla bocca di Asmahaele e che viene da Te, come se uscisse proprio dalla Tua bocca, vada perduto. O Signore, Dio e Padre colmo del supremo Amore e di ogni Misericordia, guardami qualche volta durante il Tu... – ah sì! – il discorso di Asmahaele, affinché il Tuo sguardo, serio e dolcissimo in pari tempo, illumini i labirinti del mio cuore impuro! Amen!»

3. Invece, a questa invocazione di Set, Adamo riaprì tuttavia la sua bocca e disse: «Caro Set, a quanto posso molto ben giudicare dalla tua esclamazione alquanto imbarazzata, a te interessa molto di più il discorso di Asmahaele che seguirà che non tutti i discorsi di Enoch, che pure sono stati anch’essi ispirati da Dio, e tutte le mie parole, attraverso le quali pure tu hai, la prima volta, riconosciuto l’Essere divino così come Egli è, quale Creatore di tutte le cose ed anche quale Padre colmo d’Amore per tutti i miei discendenti che Lo amano sopra ogni cosa. Mai ancora prima d’oggi io ti ho udito invocare il Signore e pregarLo di concederti cento cuori e settecento orecchi per accogliere le nostre parole!

4. Tuttavia non intendo affatto chiedertene il motivo; quindi voglia Asmahaele dare inizio al suo discorso e far sì che noi possiamo ben presto recarci dai figli della Mezzanotte! Amen!»

5. Allora Asmahaele si alzò subito e cominciò ad indirizzare a tutti le Sue parole ispirate a grande Pazienza e Indulgenza:

6. «Ascoltate tutti e comprendete bene voi, figli della Sera e voi, padri e tu, Adamo, non meno degli altri: –“Quando il grano viene posto nella terra, esso imputridisce, e da questa sua dissoluzione sorge fuori una nuova pianta che riproduce in maniera centuplicata il granello imputridito. La stessa cosa avviene pure di ciascuna Parola proveniente dalla bocca di Dio.

7. Il cuore è il terreno, l’amore è il concime e l’Amore di Dio è la pioggia fecondatrice; la Luce di Grazia che a ciò segue è il caldo raggio del Sole. Tutti e quattro questi fattori hanno il primo effetto di provocare la putrefazione del grano. Questo stato è simile alla notte, ovvero allo sterile inverno. In questo stato l’uomo non sa niente e non comprende niente e non vede niente, e l’accompagna la sensazione dell’annientamento. Ma quando poi viene la primavera, o il mattino, allora ben presto dalla putrefazione cominciano a spuntare delle radici che s’insinuano nel terreno, e là, dove queste si uniscono nell’amore e si raccolgono in un fascio, spunta un nuovo stelo colmo di vita, e si edifica audacemente una nuova dimora per la maturazione futura di una centuplice vita.

8. Guardate quante migliaia di canaletti costituiscono lo stelo sul quale si culla la spiga gravida di frutto e di vita, attraverso i quali la spiga non fa che succhiare il nutrimento dal grembo della terra! Ammirate le lunghe foglie che pendono dallo stelo: come sono belle ed opportunamente formate e provviste di innumerevoli minuscole punte terminali ai margini, fatte per accogliere il cibo del cielo per mezzo di esse, ed ottenere con ciò che pure quello della terra divenga vivente! Osservate gli anelli brunastri sullo stelo, i quali sono fatti affinché, a seconda che la vita del nuovo frutto si sia gradatamente sempre più innalzata e liberata fuori dalla putredine della morte della terra, in primo luogo la vita pura sia tutelata contro le insidie impure della putredine proveniente dal basso, e in secondo luogo perché il nutrimento preso alla terra sia raffinato e nobilitato e completamente mescolato per la vita con il cibo proveniente dai cieli, che è il solo vivificante! Guardate le numerose cosiddette spine, disseminate di punte, come si volgono con ogni cura verso la luce per assorbire avidamente il puro cibo di grazia dal Sole di Dio, affinché il frutto della vita, racchiuso in nuovi involucri, non venga più alimentato da alcun altro nutrimento se non da quello della grazia dal Sole! Guardate il fiore che subito poi, diligentemente, si sporge fuori dal bocciolo e che è abbondantemente provvisto con manna nutriente offerta dai cieli supremi, la quale è visibile sotto forma di una rugiada finissima e dona da sola al frutto la potenza vitale eterna della riproduzione! Osservate come, subito dopo questo susseguirsi di azioni, tutto quello che dello stelo fu tolto dal terreno comincia ad appassire e in certo modo a morire, ma quanto più va morendo l’elemento terreno, tanto più si va consolidando e rendendosi libera la vita nella spiga, che va morendo essa pure nei suoi morenti involucri!

9. E quando poi il frutto è diventato maturo, voi andate o mandate i vostri figli perché raccolgano e portino nelle vostre dimore e nei vostri granai il frutto vivente.

10. Vedete, altrettanto fa il Signore! Voi pure siete il grano; il vostro corpo è lo stelo, la vostra anima è il nutrimento purificato della terra, il vostro spirito è il cibo dei Cieli e la Mia Parola vivente è la manna del supremo dei Cieli, la quale vi porta la vera vita eterna, qualora voi vogliate accoglierla quali spighe e fiori sul tronco del mondo che va disseccandosi. Tuttavia, come già detto, la Parola in voi viene seminata due volte, e precisamente la prima volta in modo vivente nel terreno del vostro cuore, agli scopi della prova e della decomposizione che vi purifica; tale Parola ciascuno la trova in parte già in sé e in parte la ottiene in maniera verbale mediante maestri e oratori suscitati a tale scopo. Ma quando questa semente si è decomposta e la putrefazione ha prodotto nuove radici per la nutrizione materiale di una nuova vita, allora sopravviene l’altra Parola vivente, così come oggi essa vi proviene dall’Alto sopra la spiga della vostra nuova vita e rende quest’ultima pienamente libera e matura per la vita eterna. Divenite quindi simili al grano, e così voi ben presto potrete riconoscere che soltanto Colui che cammina fra di voi ha e dà la Vita. Ascoltate ciò per la Vita! Amen!»

 

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Cap. 97

La confessione di Adamo

4 giugno 1841

1. Dopo queste parole di Asmahaele, però, si alzò subito nuovamente Adamo, sentendo di non potersi mantenere fedele al voto da lui fatto di non parlare per tutto il tempo della sua vita, voto che egli, del resto, l’aveva già prima violato parlando con Set. Egli cominciò invece il seguente discorso, che fu come una vera e propria confessione, dicendo:

2. «Udite voi tutti, figli della discendenza principale, come pure di quelle laterali, novecentoventi pietre ho già deposto, una per ciascun anno, ogni qualvolta, dopo l’inverno, i primi fiori hanno cominciato ad abbellire la nuda terra.

3. Fino ad oggi in me era più o meno notte e tutta la mia presunta luce non era la luce del giorno, bensì soltanto il bagliore illusorio e fuggevole della Luna che permette appena di vedere fievolmente le cose nella loro forma esteriore, ma per quanto concerne il calore, il quale è un riflesso ristoratore delle verità divine e dei misteri profondissimi della vita interiore, fedelmente rimane un colore soltanto, cioè quello giallo della morte; tutti gli altri sono annientati e trasformati, tanto che essi poi sono come se non fossero affatto.

4. Chi mai potrebbe contare tutto quello che, durante la notte da me vissuta con minimo successo, ebbe a colpire la mia mente riguardo a quante cose io abbia profondamente meditato e su quante pure spesso io abbia invano pianto ed infine quante volte io abbia pregato e sospirato al mio e vostro Dio? A voi io diedi la luce, ma, in quanto a me, rimasi continuamente sepolto nel bagliore ingannevole della notte del mio cuore. Nulla ebbe il potere di mantenermi durevolmente nella luce. La parole di Enoch e di tutti gli altri, dal contenuto buono e vero, sono state come lampi nella notte, la cui luce accecante, tuttavia, illumina per qualche istante i campi della Terra, ma subito dopo colpisce l’occhio stupito dell’osservatore con la più intensa ed impenetrabile tenebra. E in verità, figli miei, a me, dopo ciascun discorso, non accadde proprio niente di meglio! Infatti comprendevo precisamente quello che veniva detto, però, quando cominciavo a riflettere e ad indagare da una parte o dall’altra, il debole bagliore non era più sufficiente, e per me un albero lontano diventava tutto quello che la mia immaginazione voleva fare di esso, soltanto che non poteva diventare una verità permanente per me! E a niente poteva servirmi la luce dei lampi notturni. Io spesso credevo di toccare con mano la cosa, ma prima ancora che io avessi potuto riavermi dallo stupore improvviso e potente, dovevo ben presto convincermi di nuovo che non soltanto l’oggetto che la mia mano voleva afferrare, ma anche la stessa mano da me invano stesa era scomparsa dalla mia vista nella notte impenetrabilissima.

5. In verità, perfino l’apparizione assolutamente inaspettata del Signore, con cui Egli ha voluto ieri manifestarci la Sua Grazia, quantunque fosse accompagnata da una luce altissima di Amore e di Grazia, è stata per me non tanto meglio di un lampo immensamente abbagliante nella notte oscura!

6. Finché il Signore è rimasto fra noi, credetti di comprendere tutto, ma non appena Egli si allontanò di nuovo e non fu più visibile per noi, fui subito costretto a pregare Enoch di darmi una spiegazione riguardo alle parole di Jehova, che erano parole di una profondità senza fine.

7. Enoch fece così, e precisamente con le parole che erano ispirate dal Signore stesso, ma per la mia notte la sua scintilla era troppo debole ed io, per dirla in tutta verità, non compresi, sia dopo di allora che prima di allora, niente altro all’infuori che delle parole che costituivano il discorso bello e sublime.

8. O figli miei, udite e rallegratevi con me; questa lunga notte è in me ormai giunta alla fine!

9. Non la pallida luce lunare, non il bagliore del lampo mi compenetrano ora come già per tempi eterni, oh, no, bensì è il Sole di Jehova; il giorno eterno dell’eterna vita è sorto in me!

10. O Asmahaele! Asmahaele! Chi mai è come Te, che proferisci parole che sono viventi com’è vivente Dio stesso? Egli in verità non è uno straniero, ma è invece di casa, nel cuore di ogni uomo!

11. Asmahaele, perdona a me, debole uomo dinanzi a Te, se malgrado tutto oso far udire la mia voce al Tuo cospetto!

12. La Tua Parola non è solo una parola ispirata, bensì è la Tua Parola! Ora ben comprendo perché i figli dovettero tacere dinanzi a me!

13. Mio Dio e mio Signore! Lascia che ora anch’io taccia, affinché Tu non abbia ad abbandonarci! Sia fatta la Tua santa Volontà! Amen!»

 

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Cap. 98

Il silenzio dell’amore

 

1. Dopo questa confessione di Adamo, anche Set si alzò subito e voleva cominciare a parlare, però Asmahaele gli fece segno di tacere ed aggiunse:

2. «Set, non sai tu che il vero amore è muto e che la vera sapienza pure si esprime soltanto quando ad essa viene richiesto di farlo per il vantaggio degli altri?

3. Se tu hai l’amore, tacciano le tue labbra e parli soltanto il tuo cuore; e se hai la sapienza, attendi che qualcuno te la richieda, e quando questo è avvenuto, allora dì poche parole e parla fuori dal cuore e non dall’intelletto di ciò che può essere utile al richiedente!

4. Però è incomparabilmente meglio tacere e turare gli orecchi, come pure chiudere gli occhi, che non continuamente affilare la lingua e gorgogliare come un’acqua cadente o porre gli orecchi ad ogni angolo di strada e lanciare lo sguardo da ogni parte, come fa la rondine con il suo andirivieni.

5. “Alla bocca tre cose, sette all’orecchio e dieci all’occhio!”, questa è certo la vostra norma di sapienza; allora, – a che scopo dunque fate così tanti discorsi? E perché il vostro orecchio ascolta mille cose invece di sette? E perché il vostro occhio guarda un’infinità di cose invece di dieci?

6. Io però conosco bene quello che tu Set volevi dire; tienilo per te e vedrai che domani il Sole sorgerà come il solito all’ora stabilita!

7. E voi altri, tutti, fate lo stesso! Nessuno sforzi l’altro ad ascoltare, ma chi ha bisogno di sapere qualcosa si rivolga a uno che ha il cuore che intende bene, vale a dire un cuore che percepisce sempre in sé la voce dell’eterno Amore e ben comprende la Parola della Vita da Dio nel tempo in cui una comunicazione si renda necessaria. Ma quando poi una simile parola viene detta con parsimonia, come scarsamente si trova l’oro della Terra, allora è certo giunto il momento di aprire orecchi ed occhi da parte del cuore; ascoltate e comprendete bene tutto ciò!

8. E ora voi, o figli, che dimorate dove Adamo dalla sua capanna vede tramontare il Sole, levatevi e siate di cuore libero, fedele e sincero verso Dio, verso i vostri padri e verso tutti i vostri fratelli! Ricevete da Adamo la benedizione, fate oggi e domani quanto vi viene comandato per amore di Dio e diventate figli dell’aurora e dell’amore e non del tramonto e della notte di morte!

9. La regione che voi abitate sia d’ora innanzi uguale a quella del Mattino, del Mezzogiorno e della Notte, poiché in futuro saranno considerate solamente le regioni del cuore, mentre non verranno affatto prese in considerazione le regioni della Terra! Amen!»

10. Quando però Adamo ebbe udito tali parole da Asmahaele, si avvicinò a Lui con la massima reverenza interiore e Gli disse:

11. «O Asmahaele, non mi verrà imputato a colpa se, dopo la Tua Parola colma di suprema Benedizione, pronuncerò anche la mia insignificante benedizione sul capo dei figli che Tu hai visitato con la Tua vivente Parola?

12. In verità, la benedizione che ora dovrei impartire mi appare precisamente così come se io volessi portare acqua al mare per ingrandirlo ed aumentarlo!

13. O Asmahaele, usa a me Grazia e Misericordia! Amen!»

14. Asmahaele però replicò ad Adamo: «Ascolta, Adamo, se la cosa ti appare così, fa’ pure nel Nome Mio comunque ti possa apparire, e sii certo che al mare non verranno arrecati danni. Ad ogni modo sappi che ogni dono torna più a vantaggio di chi lo dà che non a chi lo riceve!

15. Quando tu fuori dal tuo cuore hai aumentato il mare anche di una goccia, con ciò hai pure confortato ed alleggerito il tuo cuore, e il mare ti sarà grato anche per quell’unica goccia! Perché Io ti dico che tu non conosci né la goccia né il mare, ma se la buona usanza lo esige, fa’ in cuor tuo quanto credi sia tuo dovere, e non ti curare del mare! Colui però che ha contato le gocce del mare, non dimenticherà di contare anche la tua goccia!

16. Dunque, impartisci pure ai tuoi figli la tua benedizione, ed Io, perciò, non ritirerò la Mia! Amen!»

17. E Adamo, allora, adempì la santa Volontà di Asmahaele e fu colmo di gioia.

 

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Cap. 99

Leggi divine e leggi umane

 

1. Dopo di ciò, i figli presentarono bevande e cibi che consistevano in svariatissime qualità di frutta e pane vecchio e fresco. Adamo però sentiva di non poterne approfittare, perché il voto fatto nella regione del Mezzogiorno gli vietava di accostare qualcosa alla bocca; perciò egli si limitò a toccare ogni cosa, benedicendola, e lo stesso fecero pure tutti gli altri.

2. Ma siccome tutti avevano già cominciato a sentire abbastanza distintamente gli stimoli della fame, in seguito ai quali tutti, non escluso neppure Enoch, andavano gettando alla frutta e al pane delle occhiate visibilmente bramose, provocate dal segreto appetito, dando così a vedere lo sforzo fatto per sacrificarsi e per non violare il voto, allora Asmahaele interpellò Adamo:

3. «Adamo, ascolta: – Chi ha imposto a te e ai tuoi figli il digiuno? Se hai fame, perché non mangi della frutta? E perché la stessa cosa non la fanno i tuoi figli se hanno fame essi pure?

4. Vi ha forse Jehova ordinato una cosa simile? Oppure, – quale servizio credi di rendere a Dio se, punendo te stesso, digiuni e combatti la tua natura? DimMi, ma prima chiedilo a te stesso, se Dio può trovare compiacimento quando un uomo, che tramite la sua abnegazione non è ancora mai arrivato a tanto da poter osservare con certezza ed assolutamente, neanche un solo comandamento di Dio, essendo egli fin troppo debole per osservare un lieve comandamento, se poi finisce con l’addossarsi, in aggiunta, ancora un proprio personale comandamento molto più pesante, che gli riesce infine più impossibile osservare, che l’obbedire a cento comandamenti divini, i quali stanno sempre anche in strettissimo nesso con la natura della creatura! Infatti Dio non darà mai da portare un carico superiore alla natura stessa dell’essere, poiché Egli vede assolutamente meglio di altri e sa lo scopo per cui ha chiamato una creatura alla libera esistenza fuor da Sé, ed ha fatto così in modo che essa fosse! Ma tale scopo non è certo quello che, avendo la creatura trascurato per leggerezza l’Ordine divino, per ristabilire l’ordine essa debba prescrivere a se stessa delle leggi che, già per l’egoismo innato, essa deplora molto prima che si sia affacciata la tentazione necessaria alla trasgressione; lo scopo vero è invece che la creatura abbia a vivere conformemente all’Ordine divino, che mangi e beva a seconda delle necessità del corpo, che riconosca Dio e che Lo ami sopra ogni cosa e che ami il suo prossimo come figli e fratelli di pari amore come ama se stessa e, per amor dell’amore, dico io, che abbia ad amare gli stranieri dieci volte di più di se stessa e dei figli della propria carne.

5. Vedi, questo è quanto Dio chiede a te e a tutti voi, e non vi dà assolutamente alcun altro comandamento all’infuori di quello dell’amore, il quale include ogni lode, ogni gloria e ogni rendimento di grazie, il cui fondamento, in sé e per sé, è l’unico vero riconoscimento di Dio e quindi anche la stessa vita eterna.

6. Ma se tu ti leghi, mentre Dio vuole scioglierti dai lacci per ridonarti ad eterna libertà, allora non sei forse uno stolto quando ti affanni a rendere difficile, all’eterno Amore, la Sua opera di liberazione? Tu storpi te stesso per tua stoltezza, invece di renderti libero nel Mio Amore, nella Mia Misericordia e Grazia! Sciogliti dunque da te stesso dai ceppi della tua stoltezza, e mangia e bevi, affinché Dio possa aiutarti in ciò che in te c’è di contrario al Suo Ordine eterno!

7. Dunque, perciò Io anche dico: “Guai, d’ora innanzi, a coloro che fanno voti! Essi avranno da sottostare a un duplice giudizio: – l’uno da Me e l’altro da loro stessi a causa del Mio comandamento che essi non hanno osservato e, ritenendola cosa gradita, hanno voluto poi, con una stoltezza ancora maggiore, offrirMi risarcimento per la precedente stoltezza, contrastando il Mio Ordine”. Ascolta, così dice il Signore e così dico Io, per bocca e lingua del Signore:

8. “Se tu vuoi farMi un voto, del quale Io possa compiacerMi, fa’ allora il voto nel tuo cuore di non peccare e di non fare mai più nessun voto, se non questo solo, cioè di non peccare mai più”.

9. Però, chi è fra voi che può dire: “Odi, o mio Signore e mio Dio: – io non peccherò mai più al Tuo cospetto!?”

10. Vedi, tu, pur essendo un essere libero, una cosa simile non la puoi dire, ma allora come e da dove potrai cominciare se, contro la Mia Volontà, ti poni sul collo un giogo insopportabile, che ti schiaccia e ti rende muto di fronte alla legge divina dell’Amore e di ogni libertà della vita, in esso e fuori da esso?

11. Odi, dunque: – mangia e bevi e pensa nel tuo cuore che Dio non si compiace affatto del tuo stolto atto di schiavitù, bensì solamente del tuo amore e della tua libertà! Ascolta, Adamo, questo te lo dice il Signore dalla Sua stessa bocca e con la Sua propria lingua; perciò prestaci attenzione e sii libero! Amen!»

12. E dopo questo discorso di grazia, Adamo, fra ringraziamenti e lodi al Mio Nome, prese sollecito della frutta e del pane, mangiò e bevette ed invitò anche gli altri ad imitare il suo esempio. E tutti allora mangiarono e bevettero e furono ristorati nel corpo, come pure anche nello spirito.

13. E quando essi si sentirono rinvigoriti con la Mia Benedizione, si alzarono e Mi ringraziarono nei loro cuori e furono colmi di gioia. Ed Adamo esclamò:

14. «O mio grande Dio e Signore, e che mi fosse concesso di chiamarTi “Padre”! Il bello ed immenso Paradiso di una volta era sovrabbondante di ogni gioia della vita, ma di queste gioie io non seppi trarne vantaggio. Quando io ero ricco, allora mi allontanai da Te; Tu però mi togliesti la ricchezza e mi desti invece ogni forma di povertà. Soltanto ora, Signore, Te ne rendo grazie e ad alta voce dico:

15. “Se Tu, o mio Dio, mi avessi donato mille Paradisi, in verità, io sarei ancora più miserabile di un verme nella polvere, mentre ciascuna Tua Parola è certo più preziosa di mille terre, che sia pure ciascuna dotata di diecimila Paradisi!”

16. O Signore, la Tua Parola e la Tua Volontà santa sono il vero Paradiso della Vita! O Signore, lasciami dimorare in eterno in questo Paradiso! Amen!»

17. Tuttavia, dopo che ebbero inteso il ringraziamento di Adamo, sia Enos che Maalaleel e Jared, e anche la madre Eva, cominciarono a pensare tra sé:

‘Che cos’è questo atteggiamento di Adamo, che per primo ha violato il suo voto ed ha mangiato e bevuto? E quando ora parla, si esprime così come se egli si trovasse al cospetto di Dio in Persona!»

18. Ma in quel momento in Adamo si fece luce ed egli osservò: «Se ciò vi meraviglia, rivolgete a voi stessi la seguente domanda: “Perché non ci meraviglia la nostra propria vita?”. E la risposta sarà: “Perché ora Dio ci è, e deve essere sempre più vicino come nostra stessa vita, poiché ora noi viviamo veramente tutti in Lui!”. Ascoltate questo! Amen! Amen! Amen!»

 

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Cap. 100

Le riflessioni di Jared riguardo all’Essenza di Asmahaele

 

1. Dopo di ciò, Set si avvicinò ad Adamo e gli chiese se là c’era ancora da attendersi qualche avvenimento, oppure se avrebbero dovuto prepararsi per la partenza.

2. Ma Adamo rispose: «Set, tu ormai conosci Chi si trova con noi! Quando a Lui piacerà, noi ce ne andremo; fino ad allora attendiamo in tutto amore e pazienza! Amen!»

3. Però anche Jared, a sua volta, si avvicinò ad Enoch e gli domandò in segreto: «Ascolta, mio caro figlio, ora mi appare tutto così strano! Questo Asmahaele, destinato ad essere tuo allievo e ad abitare la mia capanna, secondo quanto posso giudicare, ha tanta sapienza e tanta cognizione in tutte le cose che bisogna ammettere che le sue parole sono di gran lunga superiori alle tue! Io, con ciò, non voglio affatto muoverti rimprovero, perché, quando parli, le tue parole sono certo ispirate dall’Alto e non vi è nei tuoi discorsi alcuna parola vana, mentre ciascuna parola esprime perfettamente il senso tanto dal punto di vista materiale che spirituale, e di tutto quanto hai detto finora, in ciascun cuore umano si sono trovate le corrispondenti forme viventi, ma a parte tutte queste cose buone e vere e senza minimamente intaccarle, c’è però un divario grande fra il tuo linguaggio e quello di Asmahaele!

4. Ma tale divario lo percepii potentemente. Quando tu parli, scopro chiaramente che la tua parola è una vera luce, e chi opera conformemente ad essa può e deve giungere alla vita. La tua parola, sempre mite, è altresì paragonabile all’aurora che pure è la più certa annunciatrice del giorno a venire, come, nello stesso modo, la tua parola è l’annunciatrice della vita che certamente deve seguire.

5. Ma nelle parole di Asmahaele osservai che esse donano la vita, già di per se stesse, in tutta pienezza; e così il suo discorso è come una azione compiuta, ed ha l’identico effetto di questa!

6. Egli parla di cose che entrano nella sfera della sapienza suprema, e chi mai potrebbe renderle comprensibili per le vie ordinarie? Ma esse appaiono tanto familiari come se si fosse cresciuti giocando con esse fin dall’eternità!

7. E non potrebbe anche a nessuno passare mai per la mente di affannarsi per ottenere in proposito un qualche chiarimento. A dirla in breve, si diventa immediatamente una cosa sola con la parola stessa e, per conseguenza, una vita.

8. Tuttavia, in un solo punto la comprensione mi riesce stranissima e inefficace: – come può essere possibile una cosa simile, proprio a questo tuo allievo dalla pianura, quando ancora egli non ha veramente avuto da te nessun insegnamento!?

9. Secondo quanto ha asserito, egli è un figlio di schiavi, e al suo paese non gli era lecito dire mai una parola, pena la morte più orribile.

10. I suoi genitori furono uccisi nella maniera più crudele di questo mondo. Egli si rifugiò presso di noi e stamani, dinanzi a noi tutti, posò il piede sulla terra benedetta delle alture sacre, senza avere un nome e inoltre, gravato da terribili sospetti. Tu lo facesti alzare al cospetto di Adamo, e Adamo lo riconobbe, lo benedì e gli diede un nome, e poi lo affidò a me e a te. E fuori dalla brama vivente del proprio cuore, egli aveva detto che ambiva a cercare e a trovare Dio.

11. Ma non appena gli fu lecito aprire la sua bocca, ecco che ciascuna parola risultò tanto ponderatamente buona e vera che, infine, a noi non rimase altro che meravigliarci per ogni parola che diceva!

12. Quanto ad Adamo, a Set e quasi a tutti noi, tu trovasti finora da rettificare qualche espressione, ma le parole di Asmahaele sono state invece sempre assolutamente ineccepibili e quanto mai maestose.

13. Enoch, a me non sembra che la cosa proceda per vie normali!

14. Sul serio, è davvero sconcertante con quanta convincente rapidità egli se la sia sbrigata con il voto che noi abbiamo fatto!

15. E dopo ciò, noi abbiamo mangiato e bevuto senza che, contrariamente al solito, la nostra coscienza si facesse neanche minimamente sentire, e oramai è arrivato al punto che perfino Adamo sembra dipendere interamente da lui, come pure tu, Set e Kenan!

16. Però, la cosa più meravigliosa di tutto in questa faccenda, è che egli, in primo luogo, almeno a quanto io sappia, non ha mangiato ancora niente; e, in secondo luogo, che egli, d’un colpo solo per così dire, ha annullato tutte le leggi di Adamo, ossia quelle vigenti finora e che venivano considerate tanto inviolabili; e tutto ciò è avvenuto senza che Adamo si sia minimamente opposto!

17. Se una cosa simile l’avessi fatta io, in verità, non avrei potuto più guardare la capanna di Adamo per un anno intero!

18. So che basta che Asmahaele apra la sua bocca e, come detto, ciascuna sua parola è già come se fosse un’azione compiuta!

19. Enoch, io te lo dico: “Chi è capace di mettere d’accordo e di spiegarsi queste cose, costui deve saperne di più di noi due, e certamente anche di più di tutti noi presi assieme”.

20. Tuttavia, se in te vi è una qualche luce nascosta a tale riguardo, non lasciare che tuo padre rimanga cieco accanto a te. Che se a te non va meglio che a me, allora sarà certo alquanto difficile chiarire la faccenda una volta per sempre!

21. Tuttavia, se tu sei in grado di spiegarmi qualcosa, dimmelo in brevissime parole, in modo che Asmahaele e gli altri non possano accorgersene! Amen!».

 

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Cap. 101

La risposta di Enoch a Jared riguardo ad Asmahaele

11 giugno 1841

1. E allora così rispose Enoch a suo padre Jared: «Ascolta, padre! Le tue osservazioni non sono senza fondamento, anzi, sotto ogni riguardo hai ragione! Quando Asmahaele giaceva stamani dinanzi a noi nella polvere, anch’io avrei pensato che il Sole meridiano avrebbe avuto il potere di fondere tutte le pietre in acqua piuttosto che pensare alla possibilità che quest’uomo proveniente dalla pianura fosse capace di compiere fra noi tali meraviglie; però altro non si può dire una volta per sempre se non che al Signore piace innalzare chi è minimo e di abbassare, invece, chi è grande!

2. Così avviene che Egli fa tramontare il Sole e al suo posto fa scintillare il cielo di mille e mille piccole stelle, ma quanta più magnificenza e quanto più infinita maestà non ha il cielo stellato al paragone di quello inondato dalla luce del Sole! Quanta serenità di vita non manifestano le ammirabili stelle con il loro tremolante luccichio, e quanto immensamente varia è la loro luce!

3. Considera ora il cielo di giorno! Non è il giorno più sereno, in pari tempo, anche il più uniforme? Chi può mirare la luce ardente ed intensa del Sole, pienamente e in ogni punto, senza venire punito?

4. Se non ci fossero le fuggevoli ed insignificanti formazioni delle nuvole, e se vari pennuti dell’aria non s’intrecciassero nei loro allegri giri, chi potrebbe innalzare lo sguardo al cielo dalla Terra di giorno!

5. Vedi, così opera il Signore continuamente! Egli non bada a quello che è grande, ed eleva al Suo Amore invece quello che è piccolo e meschino. Il grande mastodonte ha una vita che sembra dover durare quasi eternamente. Egli cammina pigramente intorno, come fosse egli stesso una piccola massa terrestre, morta in apparenza. Ma guarda invece un formicaio, come vi pullula la vita in tutta la sua varietà e in tutta la sua vorticosa confusione!

6. E da mille di tali minimi fenomeni risulta evidente, già in natura, dove il Signore opera la maggiore attività e dove Egli domina di preferenza con la Sua potenza vitale. Ma precisamente così avviene anche con gli uomini. Egli solleva i minimi e i meno ragguardevoli e per mezzo dei deboli dimostra ai grandi e ai potenti della Terra la Sua potenza infinitamente grande e la Sua Forza eternamente invincibile.

7. Questo non è forse ugualmente stato il caso mio, dato che ora sono già trascorsi quasi due giorni durante i quali dovetti predicare di Lui a padri, secondo il Suo Amore, pur essendo io il minimo e il più debole di tutti? Ma ancora più meschino e più debole di quanto io sia mai stato e di quanto mai sarò e potrò essere, se ne venne a noi Asmahaele dalla pianura, debole e tanto meschino.

8. Il Suo Zelo era immensamente grande e il Suo Amore illimitato. Quello che Egli cercava presso di noi lo ha portato già con Sé, nella pienezza suprema del Suo infinito ardore, tanto che ora si addice perfettamente che noi siamo più atti a ricevere qualcosa dalla Sua sovrabbondanza che non a cercare di arricchire Lui con il nostro scarso zelo.

9. Dunque, caro padre Jared, non darti adesso alcun pensiero, e sii completamente tranquillo. Quello che seguirà ci rivelerà ancora più di un enigma sul conto di Asmahaele, e questo avverrà mediante Lui stesso, quando Egli dimorerà nella nostra capanna! Gioiscine, perciò, caro padre Jared, e credimi: – questi saranno giorni di vita e di suprema letizia! Amen!»

10. Allora Jared, tutto contento, osservò: «Tu hai perfettamente ragione in ogni tua risposta; deve essere certamente così! Perché, se così non fosse, come potrebbe Asmahaele enunciare simili parole, dense di attiva potenza?

11. Ma ascolta, quando egli entrerà e dimorerà nella mia capanna, e probabilmente ci sarai di nuovo anche tu, allora avremo bene l’opportunità di apprendere da lui molte cose.

12. Io ne sono quanto mai lieto. Te lo devo dire apertamente, possa essere ciò più o meno giusto: – già ora il mio sentimento abbraccia Asmahaele in maniera tanto evidentemente più forte che non te! Ma quello che poi con il tempo potrà diventare la mia predilezione per Asmahaele, non te lo posso dire ora in anticipo con tutta sicurezza, perché molto dipende dal fatto che egli voglia rimanere o meno anche in futuro così fedele a se stesso. Tu, per altro, non devi ritenerti leso per questa ragione, giacché non per questo tu perderai qualcosa da parte mia, che sono tuo padre!

13. Ma adesso stiamo zitti, perché egli sembra essersi accorto del nostro bisbigliare! Guarda, egli fa cenno all’animale e questo si dirige direttamente verso di noi. Dunque, silenzio, mio caro Enoch, restiamocene quieti! Amen!»

 

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Cap. 102

Antitesi fra Dio e gli uomini

 

1. Jared aveva appena finito la sua ultima parolina che Asmahaele era già arrivato fra i due, dato che prima Egli si era intrattenuto con diversi tra i figli della Sera, avendoli interrogati riguardo a parecchie cose e a sua volta avendoli ammaestrati riguardo a parecchie altre cose.

2. I due da principio rimasero un po’ sconcertati, ma tuttavia si rincuorarono subito, ed Enoch chiese ad Asmahaele: «Dilettissimo Asmahaele, che cosa ci sarà da fare ora? Dobbiamo fermarci ancora qui oppure dobbiamo prepararci a continuare il viaggio?»

3. Asmahaele rispose: «Io non sono venuto da voi per risolvere il problema che tu Mi poni e che ti venne suggerito dall’imbarazzo, bensì Io sono venuto qui perché ho scorto in voi due un grande amore per Me!

4. Rallegrati, o Jared, per il fatto che vengo a dimorare presso di te; e tu pure, o Enoch, per il fatto che così tanto stimi il Mio Amore; poiché dove Io vengo a dimorare, là mai più la morte celebrerà una festa del raccolto, ma dove Io non vengo a prendere dimora, guai alla dimora stessa! Perché in quel luogo la devastazione non avrà più fine e la morte si stabilirà in ogni stanza di una tale casa dove Io non vorrò entrare.

5. In verità Io ti dico, caro Jared: “Chi ha Me per ospite, possiede tutto; chi invece Mi ha respinto, ha perso tutto!”

6. Se anche l’uomo venuto stamani a voi dalla pianura, in tutta umiltà, ti appare alquanto strano e non riesci a spiegarti in maniera affatto chiara la Sua essenza, pensa che pure Dio non può né vuole assolutamente spiegarSi come gli uomini, quali Sue creature, vogliano stimarsi più grandi di quanto si senta in modo sovranamente vivo Dio stesso dall’eternità!.

7. Vedi, gli uomini si giudicano l’un l’altro, mentre Dio fa sorgere il Suo Sole ogni giorno sopra tutti gli esseri e sopra tutte le cose, e fa cadere la Sua pioggia sopra tutta la Terra!

8. Gli uomini fanno differenze e non ritengono tutti degni della loro sapienza; Dio invece, il grande Maestro di tutti i soli, dei mondi, degli spiriti e di tutti gli uomini, non disdegna niente e non reputa al di sotto della Sua Dignità essere un maestro, sapiente oltre ogni dire, del verme nella polvere, della mosca e di tutti gli altri animali, per quanto piccoli e miseri essi possano essere! Gli uomini invece considerano sacre le loro dimore, e permettono che davanti a queste abbiano a prostrarsi sulle loro facce i propri figli e fratelli, mentre Dio lascia che perfino l’animale più volgare si muova libero sulla Terra senza chiedere affatto che si prostri sulla sua faccia.

9. Gli uomini maledicono e puniscono duramente coloro che hanno in qualche modo peccato contro la loro volontà; Dio invece benedice perfino le pietre ed usa la massima Misericordia verso chiunque abbia smarrito il retto sentiero! Ma non maledice mai, ed è pieno di immensa Pazienza, di Mansuetudine ed è estremamente contenuto nei Suoi Giudizi.

10. Quando gli uomini si rivolgono a Dio, essi lo fanno come se essi stessi fossero degli dèi. Guai a colui che volesse confonderli in questo o non tributasse loro rispetto supremo quando stanno celebrando il cosiddetto servizio divino! Particolarmente poi, quando offrono il loro sacrificio, essi sono intrattabili più che in ogni altro momento, e questo avviene ad un punto tale che se qualcuno venisse e non cadesse all’istante sulla sua faccia dinanzi a loro ed all’olocausto, egli verrebbe immediatamente bandito per sempre, qualora non venisse addirittura mezzo ammazzato, in ogni caso, però, non sfuggirebbe alla maledizione.

11. Ma quando Dio viene agli uomini, Egli viene come un servitore in uno stato di assoluta umiltà e dimostra, poi, che in tutti questi cosiddetti servizi divini Egli non trae affatto alcun compiacimento!

12. Vedi, quando gli uomini stanno accudendo ad incombenze in certo modo relative al servizio divino, allora tutto deve prostrarsi e tremare per il grande rispetto e venerazione; ma quando invece essi assistono giornalmente alle opere massime e meravigliose che Dio compie per loro e dinanzi a loro, allora nessuno cade sulla propria faccia dinanzi al vero e grande servizio divino che Dio stesso compie, cosa che Dio non chiede, né in eterno chiederà mai!

13. Vedi dunque, o Jared, non solo a te sembra di trovarti di fronte a più di una cosa insensata, bensì anche per Dio c’è un gran numero di tali azioni insensate da parte degli uomini; quindi non ti affannare per Me, ma sii invece lieto e di buon animo, poiché hai accolto presso di te la vita! Amen!».

 

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Cap. 103

L’invito di Asmahaele a proseguire il viaggio

14 giugno 1841

1. E dopo che Asmahaele finì di pronunciare le parole di vita indirizzate a Jared ed Enoch, si allontanò nuovamente e, dirigendosi dove si trovava Adamo, disse a questi:

2. «Adamo, se pensi che qui non ci sia altro da fare, allora siamo pronti. Dì ai figli di ritornarsene alle loro abitazioni; noi invece vogliamo proseguire verso la Mezzanotte (il Nord)! Amen!»

3. Ma Adamo si spaventò, perché l’appellativo di “Adamo” risuonava ai suoi orecchi come quello che egli aveva udito quando, dopo il peccato, aveva cercato di nascondersi dinanzi a Me, e non poté rincuorarsi, né si azzardò a ribattere, limitandosi, dopo una breve pausa, solamente a dire: «Signore, sia fatta la Tua santa Volontà!»

4. Ma allora Asmahaele proseguì e disse: «Adamo, perché temi? Perché te ne stai intimorito davanti a Colui che devi amare sopra ogni cosa? Hai perso qualcosa? Non sarà dunque possibile ritrovarla?

5. O forse credi di dover perdere ancora qualcosa? Ma cos’è che dovresti ancora perdere che tu non abbia già in ogni modo perduto da lungo tempo?

6. Vedi, Io però ti dico: “Quando qualcuno ha perduto tutto, egli si è praticamente sbarazzato di tutto quello che aveva ricevuto, e ormai non potrà più perdere nient’altro; ma chi non ha più nulla da perdere e tuttavia vive ancora nonostante la perdita, vive evidentemente per riguadagnare, poiché è diventato spoglio di tutto quanto possedeva prima”.

7. E ancora Io ti dico: “In un lontano futuro i tuoi discendenti che vorranno acquistarsi la vita eterna, non dovranno perdere soltanto tutto quello che è del mondo, bensì anche la vita!”

8. Tu vivi già da oltre novecento anni, ma ai tuoi discendenti sarà concesso di vivere corporalmente a mala pena la ventesima parte della tua vita. Vedi quante cose dovranno perdere per causa tua gli uomini che vivranno in un remoto futuro, e questo per salvare la loro vita eterna, ed essi non dovranno spaventarsi del loro nome quando lo udranno pronunciare da Me! Tu invece ti sei molto spaventato, poiché sei in continuo guadagno e non hai più nulla da perdere, bensì solo da guadagnare ed hai già infinitamente guadagnato, poiché il guadagno supremo ti sta ora dinanzi!

9. RiconosciLo e allora tu starai qui eternamente senza timore, e un giorno ti troverai eternamente nella pace dell’eterno Amore! Amen!»

10. Adamo allora si rincuorò, avendo afferrato il senso di tali parole, e disse: «Ascolta, o Asmahaele, mio diletto sopra ogni cosa; Tu leggi nel mio cuore e conosci il mio timore! Ma il mio spavento è uno spavento d’amore! Il Tuo amore mi ha reso debole, tanto che io non fui in grado di darTi una risposta. Del resto Tu già sai che, quando qualcuno è immensamente felice, perde il dominio della propria parola!

11. O Asmahaele, sia fatta perciò, sempre e soltanto la Tua santa Volontà! Se Tu vuoi, noi pure possiamo e vogliamo volentieri partire, e così dunque sia fatto!»

12. Però Asmahaele disse: «Allora fa’ che Io rimanga sconosciuto e disponi le cose in modo che coloro i quali non Mi conoscono si accingano subito a proseguire il viaggio! Ma durante il viaggio lasciate che Io vi segua da solo; poi tu con Eva e, davanti, Enoch con Jared, e in questo ordine la comitiva proceda attraverso il fitto bosco, fino alla regione più bassa della Mezzanotte (del Nord)! Amen!»

 

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Cap. 104

Asmahaele elegge Abedam a compagno di viaggio

 

1. Allora Adamo chiamò a sé Enoch e Kenan e fece conoscere loro qual era la volontà di Asmahaele. Ed essi andarono e salutarono i figli, e rinnovarono loro l’invito a comparire il Sabato; e poi dissero di ritornarsene alle loro dimore, per dedicarsi alle loro occupazioni in allegria.

2. Ed immediatamente si alzarono anche i figli e gli anziani, che prima circondavano i padri e che avevano appreso ciascuna parola detta ad alta voce.

3. Invece uno fra gli anziani domandò ad Enoch: «Giovane figlio diletto di tuo padre Jared, il quale è un nipote di colui che è con te, e che a sua volta è un figlio di mio fratello, dimmi, se ti è lecito e se vuoi: chi è veramente quel giovane così saldamente seduto sulla tigre e da dove è venuto?

4. Ti chiedo ciò, poiché il suo contegno è assai strano e vi è un’immensa potenza nella sua parola dal bel suono, e oltretutto c’è una risolutezza fiduciosa nel suono di ogni sua parola che non si può né si è propensi a fare a meno di credere che egli debba, con la sua parola, riuscire a spezzare le montagne e, con l’alito della sua bocca, suscitare nei mari un tale ondeggiamento da uguagliare quello provocato da mille violentissimi uragani che si scatenano contemporaneamente.

5. Vedi, per queste ragioni mi sarebbe quanto mai gradito conoscere la provenienza di questo giovane e la sua sostanziale natura ma, come già detto, solo se ti è lecito e se vuoi dirmelo! Amen!»

6. Enoch gli rispose: «Ascolta, o caro padre Abedam, lo farei volentieri se mi fosse lecito. Pazienta però soltanto per breve tempo ancora e nel tuo amore sempre crescente per Dio ben presto ti verrà chiarito che cosa si debba pensare riguardo al giovane che siede sulla tigre!

7. Tu conosci il suo nome, e per ora non investigare oltre! Al momento opportuno il tuo stesso amore per Dio ti rivelerà tutto. Quindi sia Dio con tutti voi, ora e per sempre! Amen!»

8. Allora Abedam, con cuore molto commosso, ringraziò Enoch, dicendo: «Caro Enoch, ricevi i miei ringraziamenti! Io sono perfettamente soddisfatto, poiché mi hai detto adesso a sufficienza quello che io volevo sapere; infatti, voler sapere di più riguardo a dove sta il tesoro e dove e quando lo si possa trovare sarebbe un vano capriccio. Il cercare, però, è cosa della vita stessa, perciò ti ringrazio, poiché tu ora hai tanto confortato il mio cuore, quanto ancora non lo fu mai! Vadano dunque a te, nuovamente di tutto cuore, i miei ringraziamenti e vada a Dio tutta la mia vita! Amen!»

9. Dopo ciò essi salutarono ancora una volta i figli e gli anziani e fecero ritorno dove i padri li attendevano.

10. E quando si furono riuniti alla comitiva dei padri, Adamo benedisse di nuovo i figli ed essi si disposero poi nell’ordine stabilito per il viaggio. Ma allorché tutti si trovarono in quest’ordine, Asmahaele avanzò di nuovo verso Adamo e disse:

11. «Adamo, se non ti dispiace, lascia che Io prenda quale compagno di viaggio uno tra questi figli! Amen!»

12. Ma Adamo, tutto commosso, rispose: «O Asmahaele, come puoi chiedere qualcosa a me? Non siamo forse io e ogni cosa soggetti con gran gioia al Tuo Volere?

13. Sia fatta dunque sempre la Tua Volontà e soltanto la Tua Volontà con nostra suprema gioia! Amen!»

14. Allora Asmahaele chiamò ad alta voce: «Abedam! Abedam! Abedam! Se tu vuoi, puoi seguirci ed esserMi compagno di viaggio, poiché Io ho scrutato il tuo cuore e i tuoi reni ed ho trovato che in te non vi è falsità. Vieni dunque con noi, ma senza alcuna preoccupazione, ed Io poi ti aiuterò a cercare il tesoro e te lo farò anche sicuramente trovare e, ascolta, farò questo anche presto, proprio presto, proprio molto presto!

15. Poiché Io voglio già oggi ucciderti, per poi risuscitarti domani a vera vita eterna! Amen!»

16. Ma come Abedam ebbe inteso tale chiamata, si avvicinò in tutta fretta e disse: «Io Ti seguirò dove vorrai! Uccidimi pure anche mille volte, poiché quante più volte mi ucciderai, tanto più vita certo mi restituirai!

17. O Tu, che siedi sul robusto animale, perdonami se Ti parlo così come sento! Io credo che al Tuo fianco non sarà difficile trovare il gran tesoro!

18. Io ho l’impressione che quando si possiede Te, si può facilmente fare a meno di ogni altro tesoro! E mi sembra altresì che chi Ti ha trovato, può liberamente rinunciare a qualsiasi ulteriore ricerca, poiché egli ha già trovato il vero e proprio tesoro, e la morte e la risurrezione alla vita eterna!

19. O Asmahaele, non per ora soltanto, bensì per sempre lascia che il povero Abedam rimanga presso di Te; però non che egli abbia ad essere il Tuo compagno di viaggio, bensì Tu il suo per la vita eterna! Amen!

20. Oh, concedi che io Ti possa sempre seguire! La Tua Volontà sia fatta! Amen!»

21. E subito Abedam, immensamente lieto, si collocò vicino ad Asmahaele e seguì molto rafforzato la comitiva dei padri al Suo possente fianco.

 

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Cap. 105

Le domande di Jared sull’Essenza di Asmahaele

 

1. Così la comitiva procedette attraverso il bosco e tutto era silenzioso. Jared soltanto non poté trattenersi e domandò ad Enoch: «Ascolta, figlio mio, c’è forse per noi un comandamento che c’imponga di tacere, strada facendo?»

2. Ma Enoch rispose: «Non mi risulta nessun comandamento, ma soltanto un consiglio, secondo il quale si deve sempre procedere silenziosi; solo che io sono dell’avviso che si debba intendere il cammino come vita ma non come il procedere con i piedi!»

3. E Jared allora osservò: «Se la cosa sta così, la nostra lingua, come i nostri piedi, non ha niente che le impedisca di muoversi e possiamo quindi parlare a volontà. Dichiara dunque apertamente a tuo padre cosa si deve pensare di Asmahaele! È egli un angelo incarnato, dotato di ogni potenza, o è... – basta, non vado oltre! – in breve, dimmi cosa ne pensi! Amen!»

4. Ma Enoch rispose brevemente: «Caro padre, io te lo dico: “Egli è... – basta, non vado oltre!”. E così Egli è intanto un uomo come noi, però pieno di forza e potenza divine... – basta, non si dica più oltre anche qui! Amen! Comprendi quanto ti ho detto! Amen!»

5. Ma Jared riprese a parlare, e disse: « Enoch, mio caro figlio, sarebbe tutto bello e buono se io comprendessi! Però questa è appunto la ragione per la quale ti domando, perché non lo comprendo, eppure ardo dal desiderio di comprendere che cosa veramente ci sia sotto a questo Asmahaele! Perché vedi, dopo le tue parole di prima, io fui del tutto tranquillizzato e perfettamente soddisfatto; ma dopo, avvenne che Asmahaele si avvicinò a noi, e alla fine del suo discorso, in certo qual modo, affermò che se qualcuno lo accoglieva nella propria dimora, ovvero se egli entrava nella dimora di qualcuno, avrebbe avuto motivo di sentirsi supremamente felice, perché dove egli entrava, là sarebbe entrata pure la vita eterna!

6. Vedi dunque, come io ho osservato, in questo senso egli ha indirizzato le sue parole particolarmente a me! Ma ora dimmi, mio caro Enoch, o comprendilo tu stesso: – un uomo che sta diritto in piedi, non dovrebbe mettersi con la testa in giù e saltellare, per non riferire il senso di tali parole immediatamente a un essere superiore presente?

7. Qual è l’uomo che potrebbe, anche soltanto in via di similitudini, dire di sé, oppure addirittura asserire esplicitamente, come se egli fosse immediatamente Dio stesso?

8. Però Asmahaele questa cosa la fa senza affatto riferirla a Dio, bensì direttamente a se stesso soltanto! È possibile ad un uomo fare ciò senza temere che la Terra, nella sua ira e nel suo disprezzo massimo, inghiotta il sacrilego per l’eternità nel suo immenso ventre di fuoco per vendicarsi?

9. Vedi, tu sei certamente illuminato come nessun altro tra tutti noi, ma oseresti affermare precisamente una cosa simile di te?

10. Senza alcun dubbio ti tureresti la bocca con il fango prima di lasciare che la tua lingua commettesse un simile misfatto!

11. Ma allora, chi dunque è colui che può dire di se stesso: “Io sono la Vita!”, oppure: “Dove io entro, là entra la Vita, anzi la Vita eterna!?”

12. O Enoch: – chi di sé asserisce una cosa simile e la Terra non si infuria contro di lui, e la possente tigre diventa sotto di lui come un agnello, egli, conscio della sua forza e potenza, deve essere Dio altrettanto veramente di quanto io stesso, nella mia timidezza, mi sento semplicemente uomo; altrimenti la Terra stessa non sarebbe altro che una menzogna raffazzonata e messa malamente insieme, se essa volesse portare un uomo che in tal modo si presentasse come Dio e non fosse altro che un debole uomo come noi, mentre il contrario viene dimostrato già più che a sufficienza dalla vivificante parola di Asmahaele!

13. E adesso, se puoi e vuoi, confuta la mia asserzione; ma credo invece che ti converrà non farne niente! Solo a causa della parola vorrei sentire da te brevemente una opinione; parla dunque! Amen!»

14. Enoch così rispose: «Caro padre, se è così come tu credi e come anche altrimenti non può essere in virtù del tuo ragionamento, fondato su solide basi, allora qualunque mia ulteriore osservazione risulta puramente superflua! Oppure dovrei fare di Asmahaele quello che Egli non è, o fare che Egli sia quello che è comunque? Vedi, questa sarebbe una cosa del tutto inutile!

15. Io però sono del seguente parere: – a chi ama Dio nel proprio cuore, secondo lo spirito e la verità, cosa può importare che Asmahaele sia Dio o che Dio sia con Lui?

16. Invece ognuno abbia cura che Dio sia con lui stesso attraverso il vero e puro amore per Lui!

17. Ma se tu ami Dio, puoi essere certo che Asmahaele non si adirerà con te! E se ami Asmahaele come Dio, non per questo Dio si dimenticherà di te nel Suo Amore; di ciò tu puoi essere ugualmente certissimo. Mi comprendi bene? Amen!»

 

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Cap. 106

La relazione fra Kenan e Maalaleel

15 giugno 1841

1. Ora i due che li seguivano, Kenan e Maalaleel, avevano udito qualcosa del colloquio fra Jared ed Enoch, e così anche Maalaleel cominciò a fare delle domande a Kenan, dicendogli:

2. «Io sento parlare di cose grandi e vedo che ci si meraviglia per cose che hanno del prodigioso; ma da dove viene ciò che è grande? E da dove viene ciò che è meraviglioso tra noi?

3. Ascolta, o padre Kenan: – che cos’è che mi fa sentire così stranamente? Di certo non è questo uniforme e poco frequentato sentiero del bosco! Oh, se ci fosse ancora una grotta di Adamo, o la bianca montagna fumante verso il Mattino, o anche i sette getti d’acqua sorgiva tra il Mezzogiorno e la Sera, oppure qualche altro fenomeno naturale straordinario! Il fatto è, però, che di tutto ciò qui non vi è traccia alcuna!

4. Non è neppure il nostro ordine invertito, poiché è dopo tutto indifferente se io cammino accanto a te o tu accanto a me, se Enoch dietro oppure davanti, se con Jared o con Adamo, oppure – no, non mi sembra che sia tutto la stessa cosa! – se Asmahaele dietro o davanti, e con chi egli cammina!

5. Infatti qui, nel comporre la comitiva, sembra si sia voluto seguire un certo ordine di rango fra i padri. Comprendo bene che Adamo con la madre Eva procedano dietro a noi tutti, ma che Asmahaele con Abedam siano proprio gli ultimi, dietro ancora ad Adamo, questo, o padre Kenan, non riesco a spiegarmelo completamente!

6. Jared ed Enoch, dinanzi a noi, hanno ragionato tra di loro di cose meravigliose sul conto di Asmahaele, questo l’ho inteso; ma anzitutto non ho inteso con la necessaria chiarezza cosa veramente abbiano detto tra di loro e, inoltre, quello che ho inteso, non ho potuto comprenderlo! Ma questo è certo: – ho udito qualcosa di grande e visto in me stesso qualcosa di meraviglioso, in base alle parole dei nostri lesti predecessori, nonostante le abbia percepite in modo imperfetto!

7. Io perciò ti prego, se ti è possibile, di aiutarmi un po’ nella mia ignoranza rispetto a questa impressione che a me sembra tanto straordinariamente meravigliosa, purché tu sia volentieri disposto, o caro padre Kenan. Amen!»

8. E allora Kenan così rispose a suo figlio Maalaleel: «Ascolta, mio caro figlio, dall’inizio grandioso delle tue parole che mi indirizzasti ho pensato, lo sa il Cielo, chissà quale cosa inaudita sarebbe emersa!

9. Ma ora mi accorgo che tu sei sempre ancora l’antico Maalaleel, che ogni volta che da principio apre la bocca, sembra quasi voler gettare fuori dei soli come fossero piselli; solo che, in conclusione, non compaiono neppure i piselli, ma solamente il solito po’ di saliva! Che cosa c’entra qui l’ordine invertito, se per te è tutt’uno? A che vantaggio sprecare parole? Se Asmahaele si trovasse davanti, cosa vi sarebbe perciò di cambiato in Lui? O forse dovrebbe apparirti più grandioso, non trovandosi Egli più dietro?

10. Ora è Abedam che l’accompagna; ciò significa forse di più di quanto possa significare il fatto che tu cammini vicino a me? Ma se hai detto tu stesso, usando parole grandi, che per te è la stessa cosa sia se cammini vicino a me oppure io vicino a te! Vedi, quando tu vuoi qualcosa, finisce che poi non sai veramente quello che vuoi!

11. Che cosa mai ti ha fatto la grotta di Adamo e la montagna bianca e i sette getti d’acqua verso la Sera, perché tu li abbia a prendere a prestito per adornare il tuo discorso, pur non dicendo niente?

12. Tu asserisci che tutto ciò ti appare tanto meraviglioso per il solo fatto che i due che ci precedono li hai visti parlare l’uno con l’altro, però, senza averli uditi, e di conseguenza senza aver compreso quello che dicevano. Ma allora dimmi: – cos’è che ti è parso tanto straordinariamente prodigioso durante il colloquio di questi due, colloquio che tu hai solamente visto?

13. Vedi, mio caro figlio, quando tu desideri qualcosa, tieni prima di tutto consiglio con te stesso riguardo a cosa veramente vorresti avere e, dopo aver ben chiarito le tue necessità, soltanto allora domanda quello che vorresti sapere!

14. Se ora la persona di Asmahaele ti colpisce forse alquanto, io ti domando: “Quando Egli ebbe a pronunciare le Sue meravigliose parole provenienti da Dio, hai prestato a qualcun altro i tuoi orecchi, dato che tu adesso, almeno all’apparenza, sembri ignorare la cosa principale, mentre mi vai citando delle circostanze che non significano nulla, per dare sostanza alla tua principale meraviglia?”

15. O figlio, tu sei ben lontano dalla meta! Consigliati quindi anzitutto con te stesso riguardo alla questione principale e mettiti d’accordo con te stesso; poi vieni ed aprimi il tuo cuore tramite la tua bocca! Amen!»

16. Maalaleel però si era accorto benissimo che il discorso di Kenan mancava di un fondamento preciso, e queste sue parole, che avrebbero voluto essere un rimprovero, non erano altro che un paterno e prudente pretesto per sfuggire a una precisa risposta. Perciò, nel tono del più profondo rispetto, ribatté a Kenan:

17. «Ascolta, caro padre! Mi pare che nei nostri discorsi non ci siamo superati per nulla l’un l’altro! Chi di noi due però abbia tirato il maggior colpo nel vuoto, questa è una cosa che andrebbe vagliata con molta attenzione!

18. Vedi, neanche una parola uscita dalla bocca di Asmahaele andò perduta per me, ma non potevo fartene menzione, poiché supponevo che ciò sarebbe stata un’inutile perdita di tempo: cosa questa che tu pure, indubbiamente, vorrai presupporre sia nei miei riguardi come in quelli del padre Jared e di Enoch!

19. Tu dicesti proprio ora che io avevo soltanto visto parlare i miei figli; ma, vedi, con ciò tu hai solamente voluto nascondermi qualcosa che tu stesso hai udito, parola per parola, altrettanto bene quanto me, e con ambedue gli orecchi non disattenti! Infatti, come potrei asserire di fronte a te che tali discorsi suscitarono in me la visione di cose prodigiose, se così non fosse, e considerato inoltre che verrei altrimenti a starmene al tuo cospetto e a quello di Dio come un miserabile mentitore?

20. Ma, vedi, le tue parole tuttavia mi hanno detto qualcosa che tu certo non pensavi di dirmi e questo qualcosa è che ti trovi di fronte a me con la lingua legata e che per il momento non ti è lecito dirmi quello che io vorrei sapere! Per questo motivo era anche inutile che tu tirassi tanto per le lunghe la tua risposta negativa la quale è più scarsa di sostanza che non la mia domanda. Se tu mi avessi brevemente indicato il vincolo divino da cui la tua bocca era impedita, avresti fatto molto meno fatica che non proferendo invano tante parole. Vedi, io sono sempre stato un figlio molto obbediente; perché mi hai misconosciuto ora?

21. Caro padre, tieni pure per te, senza alcun affanno, quello che devi tenerti fino al tempo in cui sarai sciolto dal vincolo; soltanto non considerarmi un mentitore e con ciò anche un indagatore estremamente cieco delle cose divine! Poiché tu hai generato soltanto il mio corpo, ma il mio spirito invece, come il tuo, proviene da Dio. Di conseguenza ritengo che anche un padre non dovrebbe intaccare quanto c’è di divino nei propri figli, giacché è già abbastanza che lo spirito sia comunque punito mediante la gravità del corpo e che debba partecipare alle manchevolezze di questo; però, quando il padre punisce il corpo dei suoi figli, lo spirito ha già ricevuto la sua parte dalla mano del genitore. Di più non occorre. Ma quando poi lo spirito divino del figlio si rivolge allo spirito divino del genitore, allora i due spiriti divini non devono più punirsi, ma devono riconoscersi in tutto amore quali fratelli in Dio, assistendosi amichevolmente e tenendosi per mano e, uniti di cuore, condursi l’un l’altro verso la soglia attraverso cui sgorga la vita eterna di ogni grazia, misericordia e amore; eternamente inesauribile.

22. O padre diletto, ora non credere che abbia voluto con ciò sciorinare dinanzi a te una dottrina che ti è ancora sconosciuta! Oh, no, bensì ho dovuto soltanto fino a questo punto giustificarmi dinanzi a te, affinché noi due possiamo, d’ora in poi, nuovamente procedere rettamente l’uno al cospetto dell’altro, come pure entrambi al cospetto di Dio. Così il discorso precedente io l’ho fatto più per amor tuo che per causa mia.

23. Io conosco il tuo cuore: – esso è dinanzi a me puro come il Sole. Ma vidi che la tua bocca e la tua lingua erano imbrattate di polvere e non potei fare a meno, da vero figlio, di renderti in tutto amore un servizio, pulendo la tua bocca e la tua lingua da una polvere che corrompe.

24. Poiché, vedi, questo è il pensiero che ho avuto io: ‘Padre, la Mano eterna e immensa dell’Amore di Dio ha posto un nobile laccio alla tua bocca! Che cosa allora sta a farci la polvere? Via, dunque, tutto ciò che appartiene alla morte!’

25. Padre, non per questo sarai arrabbiato ora con tuo figlio e non riterrai che le sue parole siano una velata menzogna, ma riconoscerai che Maalaleel non vorrà stoltamente sciogliere un laccio con il quale Dio, odi, ha ornato la tua bocca.

26. Di conseguenza non ti adirerai con me, ma sarai anche in avvenire il mio diletto padre in Dio! Amen!»

27. Queste parole commossero Kenan fino alle lacrime, e dopo una breve pausa disse a suo figlio: «Maalaleel, mio carissimo figlio, ti ho fatto un torto, poiché ho voluto disperdere le tue prime parole ed annientarle esteriormente, mentre nel mio interno ero fin troppo convinto della loro sincera profondità!

28. In te però vi è una vera luce che è più grande della mia. Quello che devo tenere nascosto dinanzi a te lo troverai ancora prima che io stesso sia stato capace di comprenderlo del tutto. Rimani dunque il mio caro figlio e il mio dilettissimo fratello in eterno! Amen! Ascolta quanto ti ho detto, quale fratello in Dio in eterno! Amen!»

 

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Cap. 107

Sulla furbizia

 

1. Dunque, dopo il colloquio avvenuto fra Kenan e Maalaleel, preceduto prima da quello fra Jared ed Enoch, pure Set ed Enos sentirono in loro segretamente acuirsi la brama di scambiarsi qualche parola, e questa brama si era destata anzitutto in Set ed era poi passata ad Enos, e precisamente nel modo e per le cause seguenti:

2. Set avrebbe desiderato ardentemente sapere quali supposizioni Enos andasse facendo sul conto di Asmahaele, ma aveva anche un’altra ragione per cominciare ad interrogare Enos su Asmahaele, e questa ragione, viceversa, non era nient’altro che una specie di timore di essere interrogato anzi tempo da Enos.

3. Poiché egli, tra sé, pensava così: ‘Se io lasciassi passare il tempo in modo tale che poi mio figlio cominciasse a farmi delle domande, che risposta potrei dargli io?

4. Ma se per primo io stesso interrogassi lui, bisognerebbe bene che egli mi fornisse una risposta, in questo caso potrei starmene ad ascoltare, in pace e senza preoccupazioni, tutto quello che di certo non insignificante volesse espormi mio figlio, in modo che sicuramente non gli passerebbe più per il capo di molestarmi poi con altre domande. In questa maniera, che è la più semplice ed innocente del mondo, eviterei qualsiasi occasione di tradirmi. Sia da me dunque fatto così!’

5. E allora Set si diede ad interrogare Enos, dicendogli: «Ascolta Enos, caro figlio mio, considerato che coloro i quali ci precedono e che, per così dire, ci fanno da guida, vanno scambiandosi le loro opinioni riguardo ad Asmahaele, perché dobbiamo astenercene noi, visto che gli altri, per quanto ne so io, non hanno alcun comandamento che lo proibisca? E così vorrei apprendere molto volentieri da te cosa pensi tu di Asmahaele!

6. Quali sono dunque le tue impressioni sul Suo conto, considerando già dal momento del Suo primo apparire fra di noi? Infatti, per quanto meschina possa essere sembrata la Sua prima comparsa in mezzo a noi, altrettanto straordinario però si manifesta ora l’effetto di ciascuna delle Sue parole, cosa questa che al tuo spirito tranquillo non sarà certamente sfuggita.

7. Vedi, per queste ragioni anch’io vorrei adesso apprendere da te qual è il tuo giudizio a questo riguardo. Dunque ti prego di esternarlo! Amen!»

8. Ecco, la furbizia di Set si poteva dire giusta, perché furbo lo aveva reso solo il grande amore per Me; ma la furbizia stessa di per sé e in sé non è una cosa buona, perché è una doppia essenza ed è contro l’ordine dell’amore, anche se non direttamente contraria all’amore stesso. Poiché, come doppia essenza, essa, riguardo al corpo, in un essere umano è simile a una doppia natura che la natura ha mescolato in modo che è in parte uomo e in parte donna. Ma chi vorrebbe unirsi in matrimonio con una tale donna-uomo? Oppure: – quale ragazza potrebbe concepire da un tale uomo-donna, i cui organi non sono adatti né alla generazione né al concepimento?

9. Ma come una tale persona ama tuttavia anch’essa il suo prossimo integro [non castrato] e questo suo prossimo ama a sua volta tale persona, ne consegue che essa non è contro l’amore, però non è neppure nell’ordine dell’amore, il quale solo è fecondo, – e così pure non lo è la sua sorella spirituale, la furbizia. Infatti, per mezzo di essa nessuno può essere fecondato alla vita, né essa stessa può, di per sé, operare nulla di fecondo per la vita, dato che essa, quand’anche fosse in un certo qual modo innocua e senza colpa, costituisce tuttavia solo un inganno, il quale poi ha, come conseguenza, di suscitare più o meno risentimento nell’ingannato. In effetti, quest’ultimo interroga se stesso e il furbo, anche se quest’ultimo aveva una buona intenzione, dicendo: “Perché ho dovuto, seppure per il bene, essere catturato mediante l’astuzia? E perché mio fratello a fin di bene usò verso di me l’astuzia? Non è il bene già di per sé buono, senza che fosse necessario farlo diventare buono con l’astuzia? Oppure sono o ero dunque io stesso malvagio, che ho dovuto essere conquistato al bene solo attraverso l’astuzia?”

10. Ma se l’astuzia è accessibile al male, ciò vuol dire che essa stessa deve necessariamente essere un male, perché, se fosse un bene, il male se ne fuggirebbe dinanzi a lei!

11. Vedi, tale fu pure il modo di procedere di Set verso Enos, poiché egli pensava di disporre la cosa perfettamente bene. Invece, così facendo, non giunse ad altro risultato che a quello di imprigionarsi da solo in modo tale, che se non fosse intervenuto Asmahaele, Set avrebbe dovuto apparire dinanzi a suo figlio in una luce particolarmente sospetta, ciò che si potrà rilevare in maniera assolutamente chiara dalla risposta innocentissima di Enos, che fu la seguente:

12. «Caro padre, come puoi domandare a me una cosa che ragionevolmente avrei dovuto ed anche voluto essere io a chiederti? In verità, già da lungo nutrivo un tale desiderio e facevo fatica a tenere a freno la mia lingua ed ero già del tutto in procinto d’importunarti con una domanda su Asmahaele; solo che tu mi hai preceduto.

13. Ma poiché sotto questo riguardo la notte dopotutto sta ora dalla mia parte, e da essa io non posso brillare davanti a te come una stella, essendo tu, per quanto ne so e percepisco, nel giorno o per lo meno nell’alba riguardo ad Asmahaele, così sii tu a volermi illuminare dal tuo giorno!

14. Lo dici pur tu stesso che ogni luce viene dall’alto. Come potrei ora io, dal basso, far luce a te in alto?

15. O dovrei forse impegnarmi con te in una chiacchierata vana e priva di valore riguardo a qualcosa che nella sua maggior parte mi è ancora perfettamente estraneo e che non posso spiegarmi?

16. Vedi, padre, siccome certo vale la pena di intrattenersi sul conto di Asmahaele, mi permetto di girare a mia volta la domanda; abbi dunque la bontà di comunicare a me, tuo figlio, che me ne sto povero e bisognoso dinanzi a te, quella stessa cosa che ti saresti atteso da me!

17. Vige pure, e già da tempo immemorabile, il costume che, trattandosi di cose straordinarie, i figli vengano ammaestrati dai loro genitori, e perciò, nonostante questa piccola tentazione paterna, non ho affatto intenzione di sovvertire il santo ordine antico, e sono perciò in lieta attesa di ottenere, in tutta riconoscenza filiale, esauriente chiarimento riguardo a questo argomento.

18. O caro padre, non rifiutarmelo, ma concedimi invece una luce sicura! Amen!».

 

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Cap. 108

L’imbarazzo di Set a causa della contro domanda di Enos

 

1. Ma quando Set, invece di ottenere la risposta attesa con tanta ansia, si vide porre un’altra domanda, venne a trovarsi in estremo imbarazzo e per parecchio tempo non fu in grado di aprire bocca.

2. Questa circostanza non mancò di dare nell’occhio ad Enos; per questo egli fu poi indotto a chiedere: «Caro padre Set, tu che sei una perfetta immagine di Adamo come questi è un’immagine di Dio, dimmi almeno, dato che tu ora taci, quello per cui io ti ho interrogato! Non fu dunque bene che io stessi zitto, dato che io non sapevo nulla che avrei voluto darti come risposta?

3. Eppure già da quando esiste il tempo, ha valore il detto che una domanda in sé e di per sé è libera e che la risposta poi non è altro che una spiegazione a piacimento della domanda stessa!

4. Ma chi mai dovrebbe essere vincolato a rispondere, o a dare quanto la risposta richiede, quando egli non possiede affatto nulla per illuminare la notte in cui giace la domanda?

5. Tu mi hai domandato una cosa alla quale io non ero in grado di risponderti, e perciò dovetti diventare verso di te debitore di luce; ma quando poi fuori dalla mia notte ti domandai quello riguardo a cui avrei dovuto darti una buona risposta, con ciò, mio caro padre, non ti ho affatto addossato la necessità di darmi una risposta, ma intendevo chiederti soltanto d’indicarmi se era ingiusto che io seguissi il tuo esempio!

6. Tra di noi, però, c’è già da lungo tempo l’usanza che i diritti del padre passino ai suoi figli e quelli della madre alle sue figlie, avendo il grande e santo Creatore già disposto così nella natura di tutte le cose. Ora, se in conseguenza di questa stringente circostanza mi sono avvalso di un tale giusto diritto, dimmi, caro padre, potresti per questa ragione essere arrabbiato con me?

7. Oppure è contrario all’ordine se al figlio manca la luce proprio in ciò in cui il padre lo interroga? È in qualche modo colpa mia se io non posso rispondere alla tua domanda in modo da fare luce? Oppure commetto errore se io, come figlio, chiedo un consiglio a te, padre mio?

8. Vedi, credo che qui non sia celato alcun errore, ma che si tratti di un’azione legittima dinanzi a te, ad Adamo e a Dio; azione, dico, non celata ma aperta. Perciò se tu vuoi, puoi ritenermi degno di una qualche risposta sia pure di ammonizione, se non proprio di spiegazione! Amen!»

9. Set allora rispose: «Caro Enos, aspetta un po’. Io non ho certo la lingua di Enoch o di Kenan da potermela sbrigare così presto con una buona risposta! Pazienta dunque un po’, che poi qualcosa verrà ben fuori. Se poi è notte o se è luce, lo vedrai da te.

10. Non è perciò necessario che tu mi reciti i tuoi diritti, che io conosco bene quanto te, e nemmeno tutte le usanze che sono sempre state buone e applicate, come lo saranno sempre, fino alla fine di tutti i tempi, presso i perfetti, dato che tutto questo te l’ho insegnato io stesso! Ma per quanto riguarda la risposta alla tua domanda, essa non è così facile come tu forse credi, bensì esige certamente qualche ponderazione finché la si abbia concepita in maniera concisa e nei suoi giusti termini. Abbi pazienza ancora per poco e, come già detto, se è notte oppure se è luce, lo vedrai da te! Amen!»

11. Ma dentro di sé Set andava invece pensando: ‘Oh, quale stoltezza ho mai di nuovo commesso! Cosa mi è venuto in mente, volendo usare l’astuzia, di interrogare mio figlio e di destare così in lui una brama che, considerata a sé, è veramente buona? Ma a che serve tutto ciò, se a me non è lecito soddisfarla?

12. Cosa posso fare adesso? Quale risposta gli darò tra breve, quando la dilazione chiesta sarà troppo presto trascorsa?

13. Non dire niente non è ormai assolutamente possibile, perché evidentemente, ciò sarebbe contrario ad ogni diritto divino che è conferito all’attesa ansiosa in conseguenza di una promessa.

14. La verità non posso dirla, e una menzogna meno ancora!

15. O Asmahaele! Asmahaele, ora soltanto comprendo in tutta la sua intima essenza quanto funesta sia già una legge così lieve. Ma cosa si potrà dire poi di una legge più greve o addirittura di più leggi in una volta!?

16. O Asmahaele, se Tu ora non mi aiuti, rimango di nuovo annichilito! Oh, non lasciarmi precipitare nella notte densissima di ogni perdizione! Amen!»

 

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Cap. 109

La sosta dei padri sotto l’albero del pane

 

1. Frattanto i padri, intrattenendosi in questo modo, erano giunti a metà del cammino, ed Adamo sentiva molto il desiderio di riposarsi, poiché, secondo il vostro modo di calcolare il tempo, erano allora le undici, quando il Sole cioè comincia a mandare i suoi raggi ardenti sulla Terra.

2. E così per il vecchio Adamo, nei riguardi del corpo, era quanto mai desiderabile ed opportuna una piccola sosta, all’ombra rinfrescante di un grande albero di Bahania dai molti tronchi, e ciò anzitutto per ravvivare le forze, poi per godersi un po’ di refrigerio e infine per rigenerarsi a una sorgente fresca e abbondante, molto ben conosciuta a tutti i padri, alla quale Adamo attribuiva già da lungo tempo un particolare potere corroborante.

3. In quel punto, dunque, sostarono i padri e Mi glorificarono e lodarono di tutto cuore, e coloro che già Mi avevano riconosciuto si rallegrarono immensamente, ad esclusione solamente un po’ Set, per il fatto che la sua promessa ad Enos non gli lasciava libera alcuna pulsazione e gli opprimeva atrocemente il cuore!

4. Però Adamo ben presto si accorse che in Set doveva esserci qualcosa che non gli lasciava pace e perciò gli chiese: «Ascolta, o caro figlio, dimmi cos’è che ti turba!

5. Perché vedi, tu respiri come chi cercasse di contare dove non ci sono numeri e dove non c’è niente da contare! Cosa succede? Apri la tua bocca dinanzi a me e il tuo cuore dinanzi a Colui che si trova qui con noi! Amen!»

6. Ma allora Set si trovò più imbarazzato che mai, perché Enos gli era sempre al fianco e non fu in grado di dire neanche una parola.

7. E fu a questo punto che Asmahaele avanzò in mezzo a loro e così aiutò il povero Set a tirarsi fuori dalla morsa molto dura, ed Egli così parlò:

8. «Se qualcuno viene fatto prigioniero, in un modo o nell’altro, sia con la parola che con i fatti, perché non è così veloce come l’altro che lo ha fatto prigioniero, allora la causa della cattura non sta dalla parte del catturato, bensì da quella di colui che lo ha catturato.

9. Perché, vedi, se un lupo veloce raggiunge e cattura un asino che ha per natura le gambe più lente del lupo il quale corre e salta con grande agilità, chi mai vorrebbe ascrivere all’asino la colpa di essersi lasciato pigliare e ferire dal lupo? È chiaro invece fino all’evidenza che l’unico colpevole della cattura è il lupo più veloce, avendo fatto indebito uso della sua attitudine a catturare e a correre rapidamente, mentre avrebbe dovuto misurarsi solamente con cervi, caprioli e camosci o con altri veloci abitanti dei boschi!

10. Ma se un lupo, per proprio sollazzo, si lascia prendere da un asino e poi questo, nella sua stupidità, gli sferra un colpo con il suo duro zoccolo e gli fracassa la testa, in verità, è colpa del lupo ferito stesso – che per suo divertimento si è lasciato pigliare – se la stupidità dell’asino l’ha condotto alla rovina! Set, comprendi questa immagine?

11. Che te ne pare del lupo e che cosa pensi dell’asino? Ma se tu hai della sapienza dinanzi a te e in te, che cosa è stato ad inceppare i tuoi piedi, considerato che nell’anticipato calcolo astuto del tuo sollazzo non fosti capace di prevedere pure quello che l’asino avrebbe fatto, quando avesse raggiunto il lupo che si era dimostrato lento nel correre?

12. Vedi, non già la legge, come tu ti lamentavi, ma è soltanto la stoltezza che si punisce da sé così!

13. Chi ti ha suggerito di domandare ad Enos, cieco ancora, quello di cui, da parte di Dio, ti è stato per il momento proibito di dire?

14. Vedi, nell’astuzia non c’è un briciolo di sapienza, poiché una cosa è la modesta ragionevolezza e tutta un’altra cosa è l’astuzia. La ragionevolezza procede sicura per la sua via, mentre l’astuzia non di rado deve arrendersi alla stoltezza.

15. Per questa volta ti sia dato aiuto, perché tale cosa l’hai fatta per amore; ma in avvenire bada bene che il tuo asino non ti venga con lo zoccolo troppo vicino al capo, altrimenti potrebbe accaderti come è accaduto al lupo!

16. E tu Enos, attendi per la risposta fino a domani, ma sarai l’ultimo ad intenderla, perché ti giustificasti dinanzi a tuo padre, causando così angoscia nel suo cuore. Conviene dunque che tu aspetti fino a domani! Amen!»

 

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Cap. 110

La potenza prodigiosa di Asmahaele

18 giugno 1841

1. Dopo tali parole, però, Asmahaele smontò dall’animale e gli rivolse la parola dicendo: «Hehèra (significa “vattene”), poiché il tuo servizio è giunto alla fine e tu con esso!». E l’animale scomparve all’istante!

2. Ma a tale vista tutti i padri furono colti dallo spavento e lo stesso Enoch non rimase indifferente, mentre Abedam non sapeva se fosse desto o se sognasse, perché essi non avevano visto l’animale spiccare un qualche salto, bensì letteralmente svanire come se fosse stato annientato.

3. Asmahaele poi si ritirò, lasciando i padri al loro riposo e alle loro riflessioni, particolarmente coloro che non sapevano Chi veramente si celasse sotto la spoglia di Asmahaele.

4. Frattanto Jared aveva tirato per la veste Enoch e gli aveva detto a bassa voce: «Enoch, tu cosa ne dici? Dov’è sparito l’animale?

5. Giù nella terra non se n’è andato, di fianco neanche, in aria neppure! In minor tempo di un baleno fu sottratto alla nostra vista, e oltre a ciò non ha lasciato di sé nemmeno la più piccola traccia, e tutto ciò è accaduto per mezzo di una parola dalla bocca di Asmahaele!

6. No, caro figlio, chi adesso ne capisce ancora qualcosa, certamente e indubbiamente ne sa molto più di te e di me!

7. Vedi, se tuo figlio Matusalem e suo figlio Lamech, che ha poco più di quarant’anni[13], avessero assistito con noi a questa scena, sicuramente Matusalem si sarebbe destato dalla sua indifferenza e il suo Lamech si sarebbe calmato nella sua esuberante vivacità!

8. Io volevo veramente condurli con me! Certo a questo riguardo non mi era nota la volontà di Adamo, e poi a tua moglie sarebbe venuto a mancare il suo diletto sostentatore, considerato che tu, ad ogni modo, sei stato richiesto da Adamo e perciò non puoi presiedere alle faccende della nostra comune capanna.

9. Lamech invece avrebbe benissimo potuto venire, ma il padre Adamo lo può sopportare poco a causa della sua continua inquietudine e del suo vano ciarlare riguardo ad ogni tipo di cose, che però a me non sembra tanto insensato.

10. In poche parole, penso che sarebbe bene se anch’essi fossero presenti adesso!

11. Ebbene, questa è bella! Non so più cosa mi abbia preso; ora mi viene da parlare come mi capita, che è tutto una confusione!

12. Che ne dici? Ho fatto bene a far chiamare segretamente i due perché ci vengano incontro dalla zona della Mezzanotte?

13. Oh, se almeno li avessi fatti avvisare di venire con qualche rinfresco per Adamo! O Enoch, tutto mi sembra ora così strano! Te ne prego, dimmi qualcosa per la mia tranquillità! Amen!»

14. Ma Enoch allora si mise ad accarezzare suo padre, dicendogli: «Mio caro padre, che buon cuore hai! Credimi, cuori simili il Padre santo non li lascia mai languire a lungo, e a quanto ora mi pare di vedere, Egli ha già preparato una gioia per noi!

15. Guarda là, dove la via va verso la Mezzanotte; ecco i nostri due figli che già si affrettano verso di noi e vedi come Asmahaele va allegro incontro a loro e da solo!

16. O padre Jared, ora tutto è compiuto; il mio amore per il Signore e per te ha spezzato ogni freno. Oh, lasciami dunque amare il Signore e concedi che la mia lingua taccia dinanzi a Lui e a te! Amen!»

 

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Cap. 111

Asmahaele conduce Matusalem e Lamech alla compagnia

 

1. E così pure anche tutti gli altri si stupirono e non seppero cosa pensare, ma quando Adamo scorse i due discendenti di Enoch venire verso la comitiva, accompagnati da Asmahaele, chiese ad Enoch:

2. «Chi ha detto a quei due di venire qui, considerato che non ho voluto che venissero con noi, essendo l’uno troppo tiepido e l’altro una testa sventata senza nessuna serietà?»

3. Allora Enoch rispose: «Vedi, padre Adamo, questa cosa l’ha fatta l’amore paterno di Jared al posto mio, ma la ragione principale è da ricercare in Colui che procede in mezzo a loro e che li guida verso di noi!

4. Ma se tu Lo conosci, come puoi domandare che cos’è che fa il Signore?

5. Piuttosto rallegrati con me, perché il grande Dio trova tanta gioia in ciò che è basso dinanzi al mondo, ma anche, guarda compiaciuto a ciò che è piccolo e a ciò che tanto sollecitamente si affretta in aiuto di ciò che è debole dinanzi i nostri occhi!

6. Perciò, sia lodato in eterno il nostro grande e santissimo Dio e Padre! Amen!»

7. Adamo a queste parole si commosse fino alle lacrime, e Mi lodò e Mi glorificò dal profondo del suo cuore, ormai raddolcitosi di molto.

8. Drattanto Asmahaele era giunto, ed Egli condusse i Suoi due protetti ai padri, e cominciò a indirizzare a tutti i presenti le seguenti parole:

9. «Ascoltate voi tutti che siete qui presenti in corpo e in spirito e nell’amore e nella fede. Ma del tutto particolarmente ascoltate voi che fate distinzione fra questo e quello, e dite: “Questo è un mio prediletto poiché egli è sempre obbediente al mio cuore. La sua vita è veramente da me, poiché egli si adegua completamente al mio volere!”. Ma invece poi dite: “Questo figlio, o quest’uomo, non voglio né posso amarlo, perché non ha operato secondo le richieste del mio cuore, e perché la mia volontà è per lui come cosa estranea, ed egli non fa assolutamente attenzione a quello di cui io mi compiaccio! Se io voglio il riposo, egli salta; se voglio camminare, egli corre oltre il sentiero; ma quando invece dovrebbe parlare, egli tace; mentre parla quando dovrebbe tacere; e inoltre, quando è necessario camminare, egli si corica; e si addormenta quando dovrebbe rimanere sveglio, e fuori dai suoi sogni non porta altro con sé che vuote fantasticherie!”. E così avviene che voi, secondo tali criteri, giudicate coloro che non vedete di buon occhio, e li bandite dal vostro cuore perché non corrispondono al vostro egoismo. Vedete dunque quanto ingiusti sono i vostri giudizi!?

10. Nondimeno: – quando Dio chiamò un uomo all’esistenza, lo chiamò per la maledizione o per la benedizione?

11. Quando mai Dio ha fatto distinzione tra una creatura umana e l’altra, salvo quella naturale del sesso? Oppure: – quando mai vi ha fatto annunciare un qualche comandamento dicendo: “I figli e gli uomini, che non vogliono plasmarsi così come piace al vostro egoismo, dovete disprezzarli e dovete invece stimare e amare solo quelli ai cui non è proprio alcun altro volere all’infuori di quello del vostro cuore!”?

12. Oh, vedete, ma se fate così pur non avendo in tale senso alcun comandamento, – come potete maledire la schiavitù nella pianura che è un disordine della tenebra, sorto da voi, mentre d’altra parte rendete schiavi i vostri stessi figli?

13. Così dice il Signore: “Non sono Io, un Padre pure dei vostri figli, altrettanto quanto Lo sono di voi stessi?

14. Non ho Io forse nessun diritto di concedere anche ai figli una propria libera volontà? E se ho fatto questa cosa per la quale vi arrabbiate, sono tenuto forse addirittura a rendervene conto?

15. Ma se già voi, anziani, non rendete affatto conto della vostra volontà ai vostri figli, come potete effettivamente esigere una cosa simile da Me, che pure vi abbraccio tutti con pari Amore, e non come fate voi, uno di più e l’altro di meno, o qualcuno poi per niente affatto?

16. MostrateMi un solo luogo sull’intera superficie della Terra, dove non sia mai ancora caduta una goccia di pioggia o un raggio di Sole, e dove una goccia sia stata meno umida di un’altra!

17. In verità Io vi dico: ‘Nessuna schiavitù è più dura di quella della rigida ostinazione, alla base della quale sta l’egoismo che pretende che tutti s’inchinino dinanzi alla volontà di un singolo!’

18. Ma poiché il Padre santo, eterno, sapientissimo ed amorosissimo ha concesso a ciascuno una propria libera volontà, come pure un proprio cuore, non ne consegue allora che è ingiusto se l’anziano non vuole assolutamente prendere in considerazione la libera attività vitale del proprio figlio adulto?”

19. Perciò, ora Io dico: – che quantunque per il figlio sia meglio obbedire per tutto il tempo della sua vita a suo padre e mai contrastarlo in qualcosa, tuttavia per il padre è immensamente più indicato guidare il figlio già dalla nascita in maniera tale che egli in seguito sia posto in grado di agire libero e indipendente, affinché poi, quale uomo libero e per proprio impulso d’amore, faccia ritorno al padre e gli dica:

20. “O padre, vedi, tuo figlio è venuto e vorrebbe portarti sul palmo della mano!”

21. Dite: – non ha ciò maggior valore che non se voi dobbiate dire ai vostri figli: “Vieni qui e aiutami!”, e il figlio viene subito e fa secondo la tua volontà, ma non avrebbe osato venire da te se tu non l’avessi chiamato?

22. Oh, vedete, quanto ancora vi differenziate e quanto poco siete ancora simili a Colui che vorrebbe fare di voi i Suoi eterni figli!

23. Guardate le foglie di questo grande albero che ora vi protegge tutti dai raggi pungenti del Sole e consigliatevi in voi stessi per decidere quale foglia sorpassi l’altra in valore!

24. Voi allora direte: “Né quelle di sopra né quelle di sotto fanno differenza alcuna! Tuttavia, se le foglie fossero un cibo saporito, le più grandi sarebbero più pregiate delle piccole!”

25. Tale è il vostro apprezzamento! Ma che cos’è che ha avuto in voi la funzione di estimatore? Potreste fare a meno di confessare liberamente che è stato il vostro egoismo ad ambire di godere molto, senza avere il benché minimo riguardo per il Creatore e senza riflettere se forse Egli non abbia affidato alle foglie più piccole un compito ancora più grande di quello affidato alle grandi, meglio confacenti al vostro ventre?

26. Quando voi costruite una scala, perché fate i pioli inferiori più grandi dei superiori?

27. Io però vi dico: – cosa che già voi conoscete – che non per questo i pioli inferiori sono più utili dei superiori, quantunque questi ultimi siano più piccoli degli inferiori e siano situati molto distanti da essi verso l’alto, ma quando poi appoggiate la vostra scala all’albero, non sono precisamente i pioli più piccoli a toccare il frutto?

28. Oh, in verità vi dico: “Io pure Mi costruirò così una scala di uomini, e precisamente una scala che appoggerò all’albero della vita che arriva fino al Cielo di ogni vita, dalle fondamenta della Terra! E beati saranno quei pioli che Io porrò al sommo della scala, poiché solo quelli raggiungeranno la vita, mentre i grandi attenderanno, sottoposti ad ogni gravezza, quello che della vita verrà gettato giù in basso!”

29. Intendete bene quanto vi ho detto e quindi non giudicate mai più i vostri figli secondo il vostro egoismo, bensì secondo la Libertà divina e il divino Amore! Amen!»

 

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Cap. 112

Il colloquio fra Lamech e Matusalem riguardo allo straniero

 

1. Ma come Adamo e con lui anche gli altri padri ebbero inteso tali parole, quasi tutti furono presi da un senso di raccapriccio, tanto che nessuno si azzardò a fare alcuna obiezione, e perciò fra di loro subentrò un lungo intervallo di silenzio.

2. I due nuovi arrivati, però, non avevano compreso nulla di quanto Asmahaele aveva detto ai padri, e andavano pensando tra sé e sé:

3. ‘I padri si sono arrabbiati in primo luogo per la nostra intempestiva comparsa, e in secondo luogo per il discorso pronunciato dallo sconosciuto che ci ha presentati qui e dalle cui parole ci è riuscito di capire che egli si è espresso a nostro favore dinanzi ai padri’.

4. E subito, Lamech domandò a bassa voce a Matusalem: «Padre mio, che facciamo adesso? Dobbiamo nuovamente svignarcela di nascosto ed abbandonare i padri che in segreto sembrano adirati per causa nostra, o dobbiamo restare e sopportare con pazienza gli eventuali rimproveri?

5. E chi mai potrà essere questo giovane che tanto amorevolmente ci è venuto incontro e che poi con tanto coraggio ci ha condotto qui dai padri?

6. Le sue parole devono essere molto significative se i padri lo hanno ascoltato con tanta attenzione, e se ora non si arrischiano, a quanto mi sembra, a ribattere alcunché!

7. O padre mio, pensaci su e poi dimmi cosa te ne pare e se così a te piace! Amen!»

8. Anche Matusalem se la sbrigò con suo figlio in poche parole, dicendogli: «Mio caro figlio, considera se noi, facendo in un modo piuttosto che in un altro, possiamo migliorare la situazione!

9. Se restiamo, considerato che nessuno ci manda via, i nostri padri rimarranno quello che sono, vale a dire, i nostri padri, e noi due i loro figli! Ma se ci allontaniamo senza che ce lo comandino, noi con ciò non annulleremo il fatto che essi sono i nostri padri, e di conseguenza, così facendo, non dimostreremo né la nostra obbedienza né il nostro amorevole rispetto, ed essi, in un modo o nell’altro, potrebbero prendersela con noi, poiché, alla fin fine sono i nostri padri, che nonostante tutto ci amano di più di quanto ci disprezzino.

10. Io parto sempre da un principio che è anche quello di mio padre Enoch, e che così suona: “Ama colui che è arrabbiato con te, e tu ben presto lo avrai per amico!”

11. Perciò, facciamo una cosa simile anche noi e i padri sicuramente non saranno scontenti di noi; stanne pur certo!

12. Ma per quanto riguarda quell’uomo quanto mai amorevole, per me è un enigma da dove sia venuto, chi sia, come sia stato accolto in compagnia dei padri e che cosa veramente faccia presso di loro!

13. Che egli sia più saggio di me e di te, ce lo ha già dimostrato mediante le sue parole; e inoltre, che nella sua parola sia presente una forza del tutto particolare ce lo prova a sufficienza il silenzio dei padri, apparente o reale che sia. E ora a noi, per il momento, non occorre sapere di più, e perciò possiamo restarcene tranquilli ed aspettare pazientemente, e vedere e ascoltare quello che potrà seguire! Amen!»

14. Ma allora subito Asmahaele si avvicinò ai due e disse loro: «Udite: – è bene stare dove Io sono, e nessuno ha da preoccuparsi né da temere nulla. Rimanete dunque, giacché rimango Io! Poiché, chi rimane dove rimango Io, egli è ben custodito ed ha trovato una permanente dimora presso Colui a Cui piace chi è di cuore retto!

15. Quello che voi non comprendete ancora, lo comprenderete in seguito nella vita, quando Mi riconoscerete!

16. Tuttavia rallegratevi, perché non siete lontani da Me; udite e comprendete! Amen!»

 

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Cap. 113

Enoch parla a Matusalem e a Lamech

25 giugno 1841

1. Quando i due ebbero inteso Asmahaele esprimersi in questo modo, cominciarono a meravigliarsi enormemente. E dopo che Asmahaele si fu allontanato un po’ da loro, Lamech disse a Matusalem:

2. «Padre, cosa ne pensi di queste succinte parole del giovane? Da quanto si può giudicare, pare che egli, senza dirlo espressamente, tenga se stesso in gran conto, e che questo sia così lo dimostra di certo abbastanza quando dice: “Dove io sono, è bene stare!”. Ma perché allora non ha detto invece: “Dove è Adamo e i figli di Dio, è opportuno stare!”?

3. Vedi, questa cosa, come pure altre ancora, sono per me del tutto inesplicabili! Dimmi dunque, se puoi e se vuoi, che impressione ti fa tutto ciò e che cosa pensi di questo giovane, e chi mai possa essere! Amen!»

4. Tuttavia, in quel momento ai due si era avvicinato Enoch, il quale provvide a rimetterli sulla buona strada dicendo loro: «Ascoltate, figli miei, e comprendete: – se io qui prendo in mano una pietra e la tengo ferma e frattanto qualcuno si avvicina a me e mi chiede: “Amico, che cos’è che tieni in mano?”, io allora gli mostro che è una pietra, ma l’altro di nuovo mi domanda: “Cosa ne vuoi fare di questa pietra?”. A questo punto, non gli risponderò forse: “Perché ti interessi di ciò? Se anche tengo una pietra sollevata dal terreno nella mia mano, come può diventare una pietra dello scandalo?

5. Ma che t’importa di ciò che non è di aggravio a te? Se a me sta bene il peso che porto, non c’è affatto ragione di farlo oggetto delle tue angosciose domande!”

6. Però, può qualcuno ridurre in polvere una pietra dura tenendola nella mano? Senza alcun dubbio ognuno rinuncerà a una simile impresa!

7. Ma non è più conveniente portare la pietra in mano, che non inciampare nella stessa sulla strada e ferirsi? Ora, chi mai è colui che vorrebbe fuggire dinanzi alla propria vita?

8. Ma se egli ha la vita, perché allora si comporta come se non l’avesse mai ricevuta ed agisce ciecamente in ogni circostanza?

9. Che cosa sa l’uomo? Tutto quello che egli sa, non è forse proveniente da Dio? Come può allora pensare di essere un Dio e agire di conseguenza ritenendo di bastare a se stesso e di non aver bisogno di un consiglio da parte di Dio? Ma quando poi comincia a tenere consiglio, egli tiene consiglio così a lungo che finisce con l’andare in rovina!

10. Non altrimenti domandate e tenete consiglio anche voi! Ma se io vi dicessi: “Io, Enoch, sono vostro padre!”, cosa potreste pensare riguardo a questa asserzione?

11. Potreste rimproverarmi, poiché asserisco tale cosa di me dinanzi a voi, che io faccio gran conto di me stesso? Non sono io, dunque, quello che la mia bocca asserisce di essere?

12. Ma cosa verrà poi fuori, se i ciechi cominciano a sentenziare? Chi non vede niente di giorno, come può pretendere che la notte lo illumini?

13. Ora, se già non siete capaci di comprendere le parole di Asmahaele, dove mai potrà posare il vacillante piede del vostro giudizio sul conto dello stesso Asmahaele?

14. Ma se vi domandassi: “Che cosa è il crescere di una rosa e che cosa è la rosa stessa?”, allora ammutolireste!

15. E com’è allora che vi domandate cosa si debba pensare di Asmahaele? Io però vi dico: “Aspettate fino a domani e tutto vi verrà chiarito”. Frattanto affezionatevi ad Asmahaele ed apprezzate al massimo grado ciascuna Sua parola! Amen! Comprendete e udite! Amen!»

 

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Cap. 114

L’impazienza di Lamech e la risposta di Matusalem

 

1. E dopo che Enoch, per di più, ebbe raccomandato ai due di prestare un’attenzione del tutto particolare a ciascuna Parola dalla bocca di Asmahaele, egli si allontanò nuovamente e ritornò dal padre Jared, ed attese lì finché fosse stato dato il segnale di proseguire il viaggio verso la Mezzanotte (il Settentrione), perché la giornata era calda e i vecchi padri gustavano troppo il riposo alla frescura delle foglie larghe e folte dell’albero di Bahahania (chiamato anche Bahania).

2. Ma i due invece non trovavano pace, e specialmente Lamech era quello che si assumeva la parte del disturbatore della quiete. Ed infatti egli riprese a parlare e disse:

3. «Ascolta, o padre Matusalem: – che cosa c’è di nuovo in questo? Che cosa ha voluto dire il padre Enoch con le parole ora pronunciate, anche se non gli abbiamo domandato nessuna spiegazione?

4. Adesso qui tutto procede con una tale tensione, che ogni parola è una predica, e il padre parla con il figlio come se il figlio non fosse degno del suo discorso, e il figlio a sua volta pare che spesso non ascolti la parola del padre o almeno non la comprenda. Vedi, con noi due è ora già questo il caso: – il padre Enoch ha parlato e, almeno io, di quanto egli ha detto ho compreso terribilmente poco, ad eccezione della raccomandazione di attenerci molto strettamente ad Asmahaele e poi della dichiarazione che domani tutto ci sarà chiarito.

5. Ma di quello che egli ha detto della pietra e della vita, e poi del consiglio e della sentenza, tutto questo, mio caro padre, è stato proprio come se non l’avessi inteso.

6. Però se tu, caro padre, hai davvero compreso qualcosa, fai capire anche a me; tuttavia, se fossi anche tu nella mia medesima situazione, allora certamente non ci resta altro da fare che seguire tranquillamente l’esempio dei padri anziani e nel Nome del grande Dio aspettare con tutta pazienza la giornata di domani, quando cioè si potrà vedere quali e quanti frutti della luce potranno maturarsi per noi. Dunque, se tu sai qualcosa, caro padre, io sono qui! Amen!»

7. E Matusalem rispose al figlio: «Mio caro figlio, chi dovesse dare una risposta a ciascuna delle tue domande, dovrebbe anche essere provvisto a questo scopo di dieci lingue e di altrettanti polmoni, perché la tua vita non è altro che una grande, lunga ed estesa domanda. E per il momento sulla Terra non cresce alcun albero abbastanza grande e robusto per dar luogo al maturarsi di un frutto tale che possa contenere una risposta sufficientemente grande per la tua domanda!

8. Cosa dovrei dirti? Non hai inteso la parola, in primo luogo di Asmahaele e quindi subito dopo, al posto della mia, quella del padre Enoch?

9. Rifletti dunque silenziosamente fra te e te riguardo a tutti questi fatti e se tale sarà la volontà del grande Signore, allora gradatamente si farà luce sempre più chiara in te! Che cosa è tutto il nostro aiuto, e che cosa la nostra luce, se simili cose non vengono date dall’Alto?

10. Ma ogni aiuto umano non serve a nulla e la luce dell’uomo altro non è che la più fitta tenebra. Perciò avviene che quando gli uomini vogliono aiutarsi fra di loro, finiscono solamente col nuocersi l’un l’altro; e quando l’uno vuole illuminare l’altro, non fa che creargli tenebre!

11. Vedi, in conseguenza di ciò limitati a purificare nel silenzio e con tutto zelo la sacra fiammella dell’amore nel tuo cuore e così potrai ben presto fare facilmente a meno di qualsiasi luce estranea, perché una minima Scintilla divina ha maggior valore di un intero cielo pieno zeppo di soli, di lune e di stelle, siano pure della specie più bella e splendente!

12. Dunque, stai tranquillo e ora taci, e pazienta fino a domani che ci appare ricco di promesse! Amen! Ascolta: amen!»

 

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Cap. 115

Il serpente sull’albero

 

1. Dopo queste parole, però, ogni lingua ammutolì, mentre ciascuno, più o meno, andava considerando tra sé gli avvenimenti di questa giornata e lodava e glorificava Dio nel proprio cuore per tante e così grandi dimostrazioni di Grazia. E coloro che avevano già riconosciuto Asmahaele, tenevano continuamente il cuore, o l’occhio o l’orecchio rivolti soltanto a Lui. Ma Asmahaele, frattanto, s’intratteneva tranquillamente con Abedam, senza però che nessuno potesse intendere nulla di quanto si diceva là.

2. Ed era trascorso un certo tempo, quando si udì Eva gettare un forte grido e la si vide cercare di fuggire, perché, osservando a lungo i rami e i ramoscelli che s’intrecciavano graziosamente, aveva scorto precisamente sopra il suo capo un serpente di proporzioni colossali.

3. E quando ben presto anche tutti i padri se ne furono accorti, si alzarono in fretta e volevano fuggire assieme ad Eva dinanzi al mostruoso animale.

4. Ma Asmahaele sbarrò loro il passo e comandò a tutti di restare e di non abbandonare i loro posti prima che Egli non avesse fatto un cenno a proposito.

5. Allora tutti ritornarono ai posti di prima e rimasero tranquilli e con meno timore a causa del mostro, in attesa appunto di ciò che sarebbe seguito.

6. Allora Asmahaele si avvicinò al luogo dove il serpente andava contorcendosi orribilmente da tutte le parti e così lo apostrofò: «O bestia dell’ira e della notte! Cosa cerchi qui, o maledetto?»

7. E il serpente rispose sibilando: «Colui che dall’eternità mi perseguita, affinché io possa trascinarLo in rovina!»

8. Asmahaele di nuovo lo interpellò: «Chi è Colui che tu accusi di persecuzione eterna e che vuoi trascinare in perdizione?»

9. E il serpente a sua volta: «Egli è il Dio delle eternità e Creatore di tutte le cose; cose che Egli donò a me, divenendo poi debole quando vide che la mia gloria era maggiore della Sua, per questo Egli poi si accese nel fuoco più violento della Sua ira, mi maledisse, mi privò della gloria e fece ornamento della stessa agli ignominiosi vermi della Terra affinché divenissero Sue perfette immagini. Invece colpì me con la maledizione eterna e mi costrinse entro questa forma di verme, che è la più obbrobriosa!»

10. Allora Asmahaele, visibilmente acceso nel Suo furore, tuonò al serpente la seguente risposta: «O Satana! Quanto immensamente grande è la tua menzogna e com’è sconfinata la tua perfidia!

11. Quand’è che Io ti avrei maledetto e perseguitato? Dimmi piuttosto: – quando tu, di tuo arbitrio e spinto dalla tua somma perfidia, Mi fuggisti attraverso le eternità e volesti invadere il campo inviolabile dell’infinita Santità di Dio entro la quale saresti rimasto annientato per tutte le eternità, chi stese allora il Suo lungo braccio, potentissimo, per prenderti con tutto Amore? E Chi fu a collocarti qui e a volerti fare compiutamente simile a Lui?

12. Ma anche allora la tua superbia poté disdegnare il supremo Amore del grande Dio eterno, onnipotente ed infinitamente santo! Tu abbandonasti ignominiosamente la casa che Io avevo creato per te e volesti distruggere la Mia Opera, o miserabile mentitore, e ridurre Me, tuo Dio e Creatore, alla rovina, o perfido Satana!

13. Guarda qui! Adamo, una dimora che era stata fatta per te, vive ancora senza di te, e vivrà eternamente, come pure i suoi discendenti; però d’ora innanzi sia maledetto il tuo seme! Io d’ora in poi metterò un’inimicizia irriconciliabile fra il tuo seme e quello della donna, e questo ti dannerà nell’abisso; una donna ti schiaccerà il capo e tu le morderai il calcagno, ma il tuo morso al suo calcagno non la manderà in rovina.

14. E ora fuggi, e sparisci immediatamente! Amen!».

15. E subito il perfido e mostruoso animale scomparve.

 

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Cap. 116

Il discorso di Asmahaele sulla potenza di Dio nell’uomo

 

1. Allora, però, lo sbalordimento dei presenti giunse al colmo, tanto che non sapevano né cosa pensare né cosa dire. Quelli che erano a conoscenza di Chi si celava in Asmahaele innalzavano fervide preghiere nei loro cuori colmi di lode, di grazie, di glorificazione e di vero amore e di vera riverenza. A coloro invece a cui tale mistero era stato celato fino ad allora, furono repentinamente aperti gli occhi e non sapevano cosa fare. Dovevano lasciarsi andare consunti per la grande venerazione o immergersi nella preghiera oppure dovevano credere ai loro occhi e considerare possibile la cosa, o infine dubitare? Dovevano forse interrogare in proposito i padri, o addirittura direttamente Asmahaele, dicendogli: ‘Chi sei tu che nella tua parola sei tanto potente ed enunci fuori da te quello che deve accadere, e non appena la tua parola è proferita, anche l’azione è già perfettamente compiuta? Oppure: – cos’altro avrebbero mai dovuto fare?’

2. E mentre così andavano rimuginando, si sentirono tutti in segreto pervadere da un angoscioso timore, poiché questo secondo esempio di così immediato annientamento aveva fatto sorgere in loro dei pensieri del tutto strani.

3. E dopo che questo fantasticare infruttuoso durò per un certo tempo, Asmahaele venne in mezzo a coloro che ancora non sapevano che concetto farsi sul Suo conto, e così parlò loro: «Ascoltate, o voi che così confusamente vi consigliate a Mio riguardo: – quali sono i vostri pensieri?

4. Adamo, Set ed Enoch non vi hanno dimostrato abbastanza spesso con poderose parole tutto ciò che l’uomo è capace di operare nel Nome di Dio? Ma voi, sempre sordi di spirito e d’orecchio e ciechi d’occhio, non poteste mai comprendere quello che ciò voleva dire e quale forza potesse essere conferita nel Nome dell’unico Dio Jehova a ciascun uomo, quando egli opera sotto l’impulso dell’assoluta certezza ed è incrollabile nell’amore e su di questo fonda la più completa fiducia.

5. Ma invece di porre attenzione a questo, andate chiedendovi l’un l’altro: ‘Chi è Asmahaele e cosa può esservi in lui, perché riesca a compiere simili opere?’

6. O ciechi e sordi che siete! A quale scopo dunque vi sono state date spiritualmente e corporalmente un udito e una vista? Forse soltanto perché guardiate l’erba e le altre cose della Terra e del firmamento? E l’udito, vi è forse stato dato perché vi serva unicamente per ascoltare il canto degli uccelli e ogni altro ronzio, ruggito e frastuono proveniente da tutte le parti del mondo? Oppure non vi è stato dato tutto ciò, piuttosto, affinché lo dobbiate riferire e indirizzare interiormente, cioè affinché facciate anzitutto attenzione a quanto succede in voi, e perché tutto quello che vedete ed udite esteriormente lo riconduciate in voi fino alla radice di ogni esistenza?

7. Non giace forse in maniera viva in voi la ragione di tutte le cose? Ma se qualcuno è giunto al fondo di qualcosa o ne è arrivato alle radici fondamentali ed ha afferrato la cosa con la forza che si appoggia in Dio attraverso l’amore e la fede, quale ostacolo potrebbe ancora sorgere a impedire che qualcosa accadesse così come il vero uomo l’ha concepita nella sua profondità e l’ha fermamente voluta in Dio?

8. Ora, chi è in grado di compiere una cosa ci riesce unicamente per mezzo di Dio, poiché all’infuori di Dio e senza Dio non è possibile alcuna azione!

9. Fate così e non domandate prima chi o cosa sia Asmahaele; in questo modo troverete Asmahaele in voi, ciascuno per sé e per tutti, perché allora saprete qual è il concetto che ad Asmahaele corrisponde! Amen!»

 

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Cap. 117

La domanda di Adamo ad Asmahaele

1 luglio 1841

1. Dopo di ciò si alzò Adamo e chiamò a sé Asmahaele. E dopo che Asmahaele si trovò presso Adamo, costui Gli domandò:

2. «O Tu, il cui Nome la mia lingua non osa pronunciare, o Asmahaele, non vorrai già essere adirato con me, debole, se Ti farò una domanda, la cui risposta avrebbe il potere di alleggerire il mio cuore da un peso greve quanto un’intera montagna?»

3. E Asmahaele osservò: «Adamo, se tu conosci Asmahaele, perché mai vuoi farGli delle domande riguardo a quello che ti opprime? Non sai che Colui che ha costituito il centro della Terra ed ha teso la volta immensa del Cielo infinito, come un ragno tende la sua rete, è pure il Creatore del tuo cuore e sa perfettamente bene ad ogni istante ciò che vi si agita al suo interno?

4. Dunque, se tu Mi conosci, non domandare; se invece ancora non Mi conosci, come può venirti il pensiero che Io sarò in grado di levare dal cuore la tua pietra, oppure addirittura una montagna, se non proprio tutta la Terra?

5. Ma quello che ti opprime, esponilo ad Asmahaele con piena confidenza, amore e fede dentro di te, nel tuo cuore; ed Asmahaele, che ti sta ora dinanzi, ti darà interiormente la più fedele e vivente risposta che veramente ti vivificherà, mentre ogni risposta che ti venisse per le vie esteriori ti ucciderebbe, invece di vivificarti. Poiché qualunque cosa venga nell’uomo da qualsiasi parte per vie esteriori, è per lui di specie e di natura mortale; la vita invece procede sempre dall’interno, così come Dio stesso opera dal Suo proprio centro d’Amore infinitamente ed eternamente!

6. Fa’ dunque nel modo che ora ti ho detto e a te accadrà come il tuo cuore desidera! Amen!»

7. E Adamo fece così come gli era stato consigliato, e subito la sua faccia risplendette di gioia suprema, poiché in quel momento gli era stato levato ogni dubbio riguardo ad Asmahaele e quindi giubilò e glorificò Dio nel suo cuore tanto che intorno a lui tutto apparve trasfigurato!

8. Tale cosa però non sfuggì a nessuno dei figli che lo circondavano ed essi gli si avvicinarono e chiesero al primo padre quale nuovo fatto si fosse verificato, dato che intorno a lui tutto risultava trasfigurato.

9. Ma Adamo, indicando Asmahaele, disse: «O figli, non domandate a me. Ecco là il grande Maestro e l’imperscrutabile Artefice di tutte le cose! Non cercate fuori da voi, ma dentro di voi, perché così insegna Colui che è eternamente in Sé la Vita eterna stessa!

10. Realtà, verità e vita si trovano soltanto interiormente nell’uomo, dove cioè solamente si devono cercare e dove unicamente pure si possono trovare, ma invece tutto quanto entra dall’esterno nell’uomo, non è altro che apparenza e non sostanza ed è di natura mortale.

11. Se però qualcuno riceve un insegnamento dall’esterno e vuole trarne un vantaggio per la vita, non deve appunto lasciarsi dapprima ‘uccidere’ nella sua volontà e poi attendere, rimanendo muta la sua volontà, quale frutto si maturerà dal seme dell’insegnamento?

12. Ma chi invece si rivolge alla Vita della vita in sé e con ciò a Colui che è santo, santo, santo, eternamente vero e fedelmente colmo d’Amore, Misericordia e Grazia, ebbene costui otterrà quanto chiede come io l’ho ottenuto ora, e non soggiacerà più ad alcun dubbio riguardo a una qualche cosa, l’incertezza della quale gli avrà fino a quel momento gravato sul cuore come un enorme masso di pietra. Dunque non domandate, ma fate come ho fatto io, così troverete in maniera vivente in voi stessi tutto quello di cui avete bisogno! Amen!»

13. E dopo aver inteso tali parole, tutti si volsero verso Asmahaele, Lo guardarono ma non proferirono alcuna parola, bensì ciascuno meditava sui propri dubbi, associando questo pensiero a quello di Asmahaele, ad eccezione di Enoch, Abedam, Matusalem e di suo figlio Lamech, poiché i primi due sapevano molto bene ciò che Adamo aveva voluto dire con il suo discorso, dato che essi tale cosa la conoscevano fuori da Me, mentre gli ultimi due non sapevano, a dire il vero, ancora niente; anzi per loro tutto assumeva l’aspetto del meraviglioso che si accumulava sul meraviglioso. E in verità, per loro, non sarebbe affatto stato indesiderato assistere ancora ad altri simili spettacoli, anzi, la loro allegra meraviglia era tanta che si dimenticarono quasi del tutto di domandarsi reciprocamente informazioni sul Mio conto, ciò che frattanto era cosa che veniva per loro molto a proposito.

14. Ma Set, Enos, Kenan, Maalaleel e Jared erano andati sempre più intensificando il loro pensiero alla domanda che si associava ad Asmahaele; ed ecco, nessuna risposta vivificante voleva affacciarsi a loro, ed essendosi perciò accorti dell’infruttuosità delle loro ricerche, essi, uno dopo l’altro, fecero di nuovo ricorso ad Adamo, dicendo e chiedendo:

15. «Vedi, padre, in me non vuole verificarsi quello che dovrebbe avvenire secondo il tuo consiglio! Che cosa dunque si deve pensare di questo fatto e di noi?

16. Il consiglio è forse incompleto, oppure noi l’abbiamo compreso male?

17. Infatti, in noi prima c’era almeno un bagliore crepuscolare, ma adesso invece non c’è che notte fonda! Cosa dobbiamo fare ora? Illuminaci tu, caro padre! Amen!»

18. Adamo però disse a loro in tono amorevole e serio: «Non vi dissi io forse come avreste dovuto fare? Ma dov’era il vostro spirito mentre io parlavo?

19. Qui dinanzi a voi sta Asmahaele! Può bastare il semplice pensare? Che cos’è il pensiero senza il pieno amore, senza la piena confidenza e senza la piena fede? Nient’altro che una parvenza vuota di ogni sostanza, alla quale si accompagna altrettanta vita quanta se ne può attribuire a un fiocco di neve caduto cent’anni prima su una pietra arroventata!

20. Perciò quello che fate, fatelo compiutamente, se volete cogliere il frutto! Qui però, come detto, c’è Asmahaele. Comprendete bene questa cosa, o figli: – Asmahaele si trova in mezzo a voi! Amen!»

21. E i cinque allora si rivolsero subito ad Asmahaele. Ma Questi rispose loro: «Dovrei insegnarvi altrimenti da come ha fatto Adamo che l’ha ricevuto da Me? Sia lungi da Me una tale cosa, bensì agite secondo la norma e così voi pure arriverete dove è giunto Adamo, poiché ciascuno di voi è chiamato alla vita.

22. Ma se voi non fate come giustamente va fatto, allora ogni domanda indirizzata alla vita è vana, poiché il vivente non risponde ai morti, ma soltanto a coloro che hanno un cuore vivente. Comprendetelo bene! Amen!»

 

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Cap. 118

La vita terrena e il suo scopo

 

1. Quando però i cinque ebbero udito tali parole dalla bocca di Asmahaele, Set si alzò tra di loro e disse: «Figli, quanto abbiamo udito è la radice della Vita, così come l’unico sicuro contrassegno della Vita in noi, cioè il segno che la possediamo in noi veramente e perciò non siamo più morti secondo lo spirito se – secondo la santa Parola di Asmahaele – percepiamo in noi ben distintamente il Vivente che istruisce e conforta.

2. In verità, una pietra o un qualunque altro masso morto, non sarà mai in eterno capace di tanto! Oppure: – è mai possibile che il morto si manifesti al morto?

3. Come potrà un morto insegnare con parole accessibili e come potrà l’altro morto intenderle e comprenderle e finalmente agire secondo queste?

4. Ma se anche il vivente volesse disperdere le sue parole dicendole a un morto, a che gioverebbero le parole di quest’ultimo, se non è possibile che le intenda?

5. Noi certo abbiamo una vita corporale, solo che questa vita ci è data soltanto quale uno strumento per stare desti, affinché attraverso questo medesimo mezzo possa essere destato nel nostro cuore l’eterno vivente amore per Dio; infatti, quantunque un tale amore sia dato a tutti noi, tuttavia esso ci viene dato solamente come una sposa dormiente che noi dobbiamo prima destare in noi attraverso la grazia inestimabile della vita esteriore, affinché lei poi, quale propria e vera vita in noi, impari soltanto dalla Vita di ogni vita a vivere in tutta libertà, potenza e forza, ed affinché accolga in sé la nostra vita esteriore ed infine perché noi, con lei e in lei, come lei in Dio, possiamo diventare una e la stessa vita eterna.

6. Nella vita esteriore possiamo pensare secondo le forme esistenti, e precisamente da immagine a immagine e da un oggetto e da un’azione ad un altro oggetto e azione. Però tutto questo pensare non è opera nostra, perché il Signore ha costituito la nostra dimora in modo che nella stessa si possa trovare di tutto. Ora tutto quello che c’è in noi, lo possiamo percepire soltanto attraverso e mediante i nostri pensieri! Ma tale cosa è data forse soltanto per la dimora della vita fisica, oppure per la vita dello spirito?

7. Vedete, questa è tutt’altra questione! Io considero però i pensieri come dei cercatori che cercano costantemente e che di solito non trovano nulla, quando si scostano troppo dal luogo dove riposa nascosta la vita.

8. I veri pensieri non devono lanciarsi in un alto volo come un avvoltoio, ma devono andare, come il passero, in cerca del brillante vermetto sotto le verdi foglie delle piante e dove l’ombra dell’erba verde è più fitta, vale a dire dove la fiducia è più ferma; qui certo dimorerà il vermetto e di conseguenza si potrà anche trovarlo.

9. Vedi, o Asmahaele, così io ho compreso la cosa! Se dunque questa è la mia fede, io troverò, vero, la vita e con me anche i figli? Ti piaccia farmi sapere se tale è il Tuo Volere! Amen!»

10. Ma allora Asmahaele rivolse a Set questa domanda: «Ascolta, Set! Se tu ora hai parlato giustamente, dimMi, da dove ti sono venute tali parole!? Se invece supponi di trovarti in errore, perché vai tormentando inutilmente e così a lungo i tuoi polmoni e la tua lingua?»

11. E Set replicò: «O Asmahaele, senza di Te chi mai può far giungere al suo labbro sia pure una sola parola?

12. Tu puoi annunciare parole di vita anche fuori dalle pietre e dalle fauci delle belve; come dunque non lo potresti fare per mezzo della mia bocca, che Tu hai creato a questo scopo?

13. Io credo che non sia la stessa cosa parlare e comprendere perfettamente quello di cui si è parlato, poiché, durante il cammino dal Mezzogiorno alla Sera, Tu hai fatto capire con sufficiente amorevole chiarezza quanto poco noi tutti avevamo compreso di ciò che già da lungo tempo andavamo predicandoci l’un l’altro.

14. Perciò anch’io ora credo di aver enunciato la pienissima verità proveniente da Te; ma se io l’ho pure altrettanto pienamente compresa, o Asmahaele, questa è cosa che Tu saprai certamente meglio di ogni altro! Sii perciò indulgente e nel Tuo Amore e nella Tua Misericordia dimmi se ho parlato bene! Amen!»

15. Allora Asmahaele accondiscese, e così si espresse: «Ascolta, Set! La tua parola è vera, perché è una parola proveniente da Me. Ora, ciascuno che sia umile di cuore e che parli per amore del Mio Nome e che non faccia ciò per l’impulso di una ragione materiale qualsiasi o di un egoistico interesse, bensì unicamente per amore a Me, come pure per il conseguente amore del fratello, in verità ti dico che non un suono uscirà dalle sue labbra che non provenga da Me! Ma chi invece parla bensì nel Mio Nome, però così facendo innalza i propri occhi al di sopra di quelli del fratello, abbassando il suo cuore e, avidamente ed egoisticamente, lo fa sprofondare entro i solchi della terra, in verità egli è simile a una pianta velenosa, poiché converte in sé la Luce divina e il suo Calore che tutto vivifica in un elemento di distruzione e di morte, anziché in quello dell’utilità e della vivificazione eterna!

16. Ma se tu hai già destato la tua sposa dormiente, hai potuto perciò parlare così; allora, ad ogni modo, altro non ti manca che soltanto l’azione conforme. Agisci dunque in conformità a quanto hai detto e a questo modo diverrai una cosa sola con te stesso e così pure con Me, e così accadrà a tutti coloro che faranno come te! Cerca di comprendere. Amen!»

 

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Cap. 119

Le preoccupazioni di Jared per ospitare Asmahaele

6 luglio 1841

1. E quando Set ebbe inteso tali parole, cominciò subito a concentrarsi in sé e a scrutarsi, e con ciò anche a riconoscersi sempre di più. E tutto quello che replicò al discorso di Asmahaele fu un tacito ringraziamento nel proprio cuore, che egli però non rese manifesto a voce alta, ben sapendo che Io posso ascoltare il cuore anche nel suo silenzio e che in esso non c’è vibrazione di nessuna fibra che non sia percettibile a Me.

2. Dunque, altri ancora avrebbero voluto cominciare a fare domande riguardo all’uno o all’altro argomento, ma Adamo si alzò subito e disse: «Ascoltate, o figli, nel Nome di Jehova: – chi nel proprio cuore ha ancora qualche richiesta, egli la tenga per sé e la porti con sé in silenzio alla propria dimora, perché, a tempo debito, ciascuno otterrà dall’Alto una luce chiara che illuminerà l’oscura celletta del proprio cuore! Per ora considerate che noi non siamo ancora arrivati nelle terre dela Mezzanotte e men che meno alle nostre capanne, e dunque quello che anzitutto necessita è che riprendiamo il cammino nell’ordine stabilito poco fa, in modo da poter ricordare il Sabato di domani alla maggioranza dei figli della Mezzanotte, nonché invitarli alla suprema celebrazione vivente di questa sacra giornata, che Dio stesso ha stabilito come giorno di riposo ed anche ha posto per giorno di commemorazione, affinché in un tal giorno ci ricordiamo che il Signore, il nostro grande e santo Dio Jehova, è il Creatore, il Sostenitore, la Guida e il Padre amorosissimo di tutti noi e che è immensamente misericordioso e pieno di Grazia!

3. Di conseguenza, come già detto, adesso leviamoci tutti nel Nome di Colui che si trova fra noi! Amen!»

4. Allora tutti si alzarono da terra, lasciarono l’albero ombroso e si avviarono nell’ordine stabilito da Asmahaele verso la Mezzanotte (il Settentrione), per un sentiero attraverso il bosco ricco di fogliame.

5. Tuttavia Jared che procedeva a fianco di suo figlio Enoch, durante il cammino non poté trattenersi dall’interrogarlo riguardo a diverse cose. Le sue prime domande furono di preferenza dirette a consigliarsi riguardo al modo migliore in cui Asmahaele avrebbe dovuto essere ospitato, una volta giunti alla loro dimora.

6. E poi chiese quali frutti Egli avrebbe preferito, quale tipo di pane e quale bevanda – se solo latte puro o latte con miele vergine o del succo pressato di bacche dolci – e inoltre, quale giaciglio Gli sarebbe stato più gradito e a che ora avrebbe voluto alzarsi la mattina.

7. Ma a tutte queste domande Enoch si limitò a rispondere poche parole, dicendo: «Mio caro padre, tu ti affanni invano! Asmahaele non ci terrà nascosto quello che vuole da noi; di una cosa però puoi essere certo: – tutti noi, fino al momento presente, abbiamo ricevuto da Lui più di quanto in tutte le eternità saremo in grado di restituirGli da parte nostra, il che al paragone non sarà neppure quant’è grande un granello di pulviscolo solare!

8. Dunque, caro padre, non curarti di cosa vane, poiché una sola cosa è necessaria e questa è il vero amore per Dio, il Padre di tutti noi, indicibilmente colmo d’amore!

9. Vedi, caro padre! Io credo che Asmahaele con questo vitto sarà certo più che soddisfatto quando si troverà sotto il nostro tetto; anzi, ha già detto dal principio Egli stesso, prima ancora che Adamo gli avesse dato un nome, cosa Lo ha indotto a salire dalla Sua pianura fin quassù alle nostre alture!

10. Il fedele straniero (straniero per gli uomini! – vedi  cap. 58,35) alla ricerca di Dio (vale a dire: alla ricerca del nostro amore per Dio!), se questo è il significato del Suo Nome, vedi, caro padre, allora ogni tua preoccupazione per il cibo, per la bevanda, per il giaciglio e per il tetto è straordinariamente inutile! Dunque, dedichiamoci invece a qualcosa di migliore e lodiamo Dio nel nostro cuore e facciamo che Egli possa entrarci in tutta benevolenza, poiché il nostro cuore ha più bisogno di Asmahaele che Questi della nostra capanna! Amen!»

11. Jared replicò ad Enoch e disse: «Caro figlio, tu parli sempre giustamente, ed io non potrei obiettarti nulla; ma ora mi accorgo che parli di Asmahaele precisamente come si trattasse di Dio in Persona, in modo che ormai non riesco affatto a comprendere di chi tu veramente parli, se cioè di Dio o di Asmahaele. Perciò ti prego di spiegarti un po’ più chiaramente e di dirmi perché fai così!

12. Giacché, vedi, quando dici che per noi è meglio lasciare entrare Dio nei nostri cuori, questo si comprende bene, ma se tu poi dici: “Poiché il nostro cuore ha più bisogno di Asmahaele, che non Questi della nostra capanna!”, questo, vedi, non è comprensibile! Infatti, che cosa ha da fare Asmahaele nel nostro cuore, se egli non è Dio, come anche non si potrebbe mai credere che lo fosse, dato che egli vive fra noi soltanto come uomo, anzi completamente come uomo?

13. Per quanto la sua dottrina sia grande e tale da superare ogni cosa e immensamente potente nell’azione, tuttavia una cosa simile la si può attendere dalla bocca di ciascun uomo che sia stato chiamato da Dio a questo; quindi, se tu vuoi, puoi chiarirmi tale questione, affinché, procedendo al tuo fianco, io non cammini nell’errore e non inciampi, cada e così vada totalmente in perdizione! Amen!»

14. Enoch allora rispose a Jared soltanto come Adamo aveva prima raccomandato, e Jared si accontentò e tacque.

 

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Cap. 120

I patriarchi si intrattengono sul conto di Asmahaele

 

1. Dal canto suo anche Enos non dava pace a Set e continuava a fargli delle domande e gli disse: «O padre Set! Io ho osservato molto bene che tu prima hai parlato con Asmahaele, il meraviglioso giovane, ed ho anche in parte inteso le parole che vi siete scambiati; ma, per quanto straordinariamente elevate e colme di sostanza siano le sue parole, devo tuttavia confessare che talvolta egli sembra dimenticarsi chi è e cominciare a darsi una grande importanza, specialmente quando si tratta di accompagnare un’azione come quella, ad esempio, dell’annientamento del grande serpente della menzogna, perché allora egli comincia a parlare come non fosse affatto un uomo, ma come fosse direttamente Dio stesso. E ora egli parla sempre per sé e a proprio nome e molto raramente, invece, parlando si riferisce a Dio; e qualche volta, quando lo fa, allora egli e Dio convergono e si fondono tanto strettamente insieme che alla fine non si riesce a comprendere di chi e in quali rapporti si sente parlare.

2. O un uomo parla nel Nome di Dio, e per far ciò egli è pieno dello Spirito di Dio e di tutta la potenza e forza che ne derivano; oppure, in verità – almeno non potrei figurarmi la cosa in altro modo – Dio e Asmahaele dovrebbero essere precisamente la stessa persona!

3. Ecco, è per questi motivi, certo non insignificanti, che mi vedo indotto, anzi, per la ragione già prima detta, costretto ad esporre a te, caro padre, mediante questa domanda, i punti nei quali mi trovo debole e in cui riscontro in me la massima deficienza di luce! Dimmi dunque cosa devo pensare di Asmahaele, naturalmente per quanto tu voglia e possa farlo, e così pure per quanto tu lo ritenga necessario o vantaggioso per me e conciliabile con la santissima Volontà di Dio! Amen!»

4. E allora Set rispose a suo figlio: «Mio caro Enos, tu sei giusto e giusta è la tua domanda, e in tutto il mondo non può esservi nessuna altra richiesta più giusta e più necessaria di questa, né sulla Terra può esservi uomo più giusto di quello che seriamente si interessa di Dio e dinanzi ai cui occhi le opere di Dio non si svolgono inosservate; ma, tuttavia, più grande di tutto ciò è ancora questo: – osservare per purissimo amore ciascuna legge che, fuori dall’Ordine eterno di Dio, viene data a qualcuno!

5. Vedi, una legge simile chiude dinanzi a te la mia lingua in rapporto ad Asmahaele; accontentati quindi per ora di questa scusa, però credi fermamente che prima ancora che il Sole venga a salutare il nuovo giorno, imparerai a conoscere Asmahaele faccia a faccia!

6. Rallegrati di questo, poiché Asmahaele è grande! Amen!»

7. E così Enos si accontentò e tacque, immergendosi nelle sue riflessioni.

8. Però anche Maalaleel non poteva trovare pace e perciò egli pure si rivolse a Kenan e gli chiese: «Ascolta, padre! Tu sai che abbiamo già visto parecchie cose e che abbiamo assistito a diversi avvenimenti nel corso della nostra vita durata già discretamente a lungo; ma puoi ricordarti di aver in qualche occasione visto che un uomo, con la sua semplice parola, abbia immediatamente attuato qualcosa senza il benché minimo sussidio dell’opera delle sue mani?

9. Forse tu mi risponderai: “Figlio, vedi, tu vai fantasticando! Non ha proprio oggi il nostro Enoch, appunto, domato la tigre per Asmahaele e Adamo? Non ha fatto uscire parole dalle fauci della belva toccandole la lingua?

10. Ma da quando in qua tutti gli animali non sono più soggetti al nostro fermo volere e così pure tutta l’erba, le piante, gli arbusti e gli alberi, anzi, in caso di bisogno, addirittura tutti gli elementi?”. Allora io dovrei rispondere: “O padre! Tutto ciò è ben perfettamente certo e vero e né all’una né all’altra cosa si può assolutamente fare nemmeno la più piccola obiezione, ma senza il concorso delle nostre mani o talvolta anche dei nostri piedi, nessuno di noi poté mai attuare qualcosa, e se anche qualcosa fu fatto, ci volle ogni volta un certo tempo prima che la natura muta, non di rado aiutata da noi con mani e piedi, eseguisse il nostro volere. Non corrisponde questo, fino all’ultimo suo punto, a verità?”

11. Ma ora, invece, in che relazione può stare tutto ciò con quanto ha fatto Asmahaele? Che cosa è avvenuto in un solo istante della poderosa tigre per effetto della sua parola? E non è stata ancora la sua parola a scagliare il serpente con rapidità maggiore di quella del pensiero, annientandolo del tutto?

12. Chi mai ha predicato ad Adamo in modo che questi si sia poi completamente conformato alla predica? Chi non veniva da lui pregando, doveva sempre ritornarsene a casa senza aver concluso niente; perfino la parola di Enoch è sembrata finora piacergli più per la profondità dei concetti e per la tenerezza cui essa s’ispira che non perché possa servire quale savia norma della vera vita. Ma adesso, invece, quando Asmahaele parla di qualcosa, dispone ed anche comanda, Adamo non devia più da quanto Asmahaele prescrive neanche quanto è grosso un capello e gli obbedisce ciecamente assieme a tutti gli altri figli e alla madre Eva!

13. E dopo aver considerato tutto ciò, dimmi, o caro padre, quale opinione ti sei formato in te di questo Asmahaele?

14. Per conto mio lo ritengo infallibilmente come qualcosa di più di un semplice uomo, poiché ciò che fa sorpassa di gran lunga ogni possibilità umana; tutto dipende ora da chi o cosa lo ritieni tu! Amen!»

15. E Kenan rispose a suo figlio brevemente così: «Figlio mio, tu hai perfettamente ragione! Che sia così, certo ognuno l’ha visto, però, secondo la volontà di Adamo, resta nella tua opinione al più tardi fino a domani, perché certo sarai d’accordo con me nel non voler essere disobbediente ad Adamo!

16. E nel frattempo puoi tenere occupato costantemente il tuo cuore con Asmahaele e vedrai che ben presto Lo avrai rivelato dinanzi a te, giacché, in verità, Egli ti è giunto più vicino di quanto tu Lo possa credere!

17. Credi, dunque, ama e confida fortemente! Amen!»

 

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Cap. 121

Lamech e Matusalem discorrono di Asmahaele, lo straniero

22 luglio 1841

1. Frattanto anche il loquace Lamech non aveva potuto fare a meno di interrogare suo padre Matusalem, dicendo: «Ascolta, padre, considerato che i nostri padri vanno ugualmente scambiando parole tra di loro, nonostante il primo padre Adamo l’abbia in certo qual modo proibito a tutti, che ne dici: – dobbiamo noi soli ritenere inviolabile questo comandamento, o anche i padri?

2. Tuttavia, del resto, se almeno così alla larga ho giustamente compreso, mi pare di dover credere che Adamo non abbia fatto a questo riguardo nessuna differenza. Ma se malgrado ciò i padri parlano tra di loro pur comprendendo meglio di noi ciascun comandamento, io sono dell’opinione che potremmo anche noi, senza alcun pregiudizio, scambiare pian piano qualche parola, e cioè principalmente riguardo ad Asmahaele.

3. Poiché, vedi, io sento ormai in cuor mio un prurito molto forte di consultarmi con qualcuno riguardo a questo Asmahaele; in verità, anzi, mi sembra come se dovessi cominciare a parlare di lui e di proseguire poi non so fino a quando senza interruzione!

4. Io ti dico, caro padre, che questo giovane comincia ad insinuarsi in maniera straordinaria nel mio cuore! Sì, egli mi sembra sempre più imperscrutabile, dalla sua faccia non traspare niente che lo possa far ritenere tanto straordinario, ma quando egli comincia a parlare, allora la sua parola dà inizio al suo agire con la massima energia e più veloce del lampo, e ciascuno deve certamente trovarsi in uno stato d’animo quanto mai strano!

5. Devo dirti che mi sono già tanto affezionato a lui, che mi sembra come se il mio cuore fosse addirittura cresciuto con il suo!

6. Vedi, è per questa ragione che vorrei tanto chiacchierare e solo di questo caro, giovane Asmahaele!

7. Guarda con quanta semplicità e con quanta modestia ed umiltà se ne viene dietro di noi assieme al vecchio Abedam, che tuttavia appare ancora molto svelto ed arzillo! E vedi come egli cammina prodigiosamente leggero; qualche volta mi fa anzi l’effetto come se veramente i suoi piedi non toccassero affatto il terreno!

8. O Asmahaele, o dolce e caro straniero, quale indicibile ardore hai suscitato in cuor mio!

9. Se volessi procedere anche al mio fianco così come te ne vai a fianco di Abedam, quale indicibile beatitudine sarebbe per me!

10. O padre, perdonami se forse la mia lingua ti causa già qualche molestia! Ma cosa posso farci? Tu stesso vai sempre dicendo: “Quando il cuore brucia, nel vaso dell’amore tutto ribolle, e nella bocca comincia a traboccare!”. Ecco, la stessa cosa succede ora anche a me!

11. Però, se tu pure vuoi dire qualcosa, parla senz’altro ed io ti presterò molto volentieri ascolto, ma bisogna che parli di Asmahaele soltanto! Amen!»

12. Allora Matusalem si fece animo e così parlò al proprio figlio: «O Lamech, mio diletto figlio, ascolta: – è perfettamente nell’ordine delle cose che il padre ammaestri il proprio figlio quando vede che il figlio inesperto fa una cosa del tutto imprudente e disdicevole, oppure quando il figlio se ne viene pregando il padre per prendersi dalle sue riserve di esperienza qualcosa a lui utile.

13. Però devi comprendere tu stesso cosa mai resterebbe da fare qualora il figlio venisse dal padre pregandolo di dargli una determinata cosa estranea al suo bagaglio d’esperienza e il padre fosse immediatamente costretto a rispondergli: “Caro figlio, vedi, a questo riguardo le nostre dispense hanno la medesima età e nessuna delle due, in confronto all’altra, può vantarsi di godere il benché minimo privilegio, poiché i nostri occhi hanno visto nella giornata di oggi l’uno e lo stesso Asmahaele contemporaneamente e così pure nel medesimo istante per la prima volta!

14. Vedi, quello che tu sai dire di questo giovane straordinario, lo potrei dire in uguale misura anch’io; solamente la mia lingua non è tanto flessibile come la tua da permettere al sentimento interiore, che si agita a causa di Asmahaele, di assumere la forma di parole ben comprensibili e di farle fluire abbondantemente fuori dalle labbra, come invece riesci a fare tu”.

15. Ma affinché tu non abbia proprio del tutto invano chiesto a tuo padre di esprimersi in qualche modo riguardo ad Asmahaele, vedi, a tale scopo mi è appunto venuto adesso un buon pensiero, che è questo:

16. “Dio ha bensì fatto per l’uomo due occhi e li ha collocati al loro posto per la visione delle cose esteriori, ma nonostante ciò l’uomo con due occhi non vede di più che con uno; però ambedue si facilitano reciprocamente la funzione visiva. Così pure Egli ha fatto per lui due orecchi per percepire la voce del mondo esteriore, eppure nessuno può udire con questi due orecchi più che con uno solo; però anche in questo caso un orecchio è di aiuto all’altro. La stessa cosa può dirsi del senso dell’olfatto: – una narice collabora con l’altra. Invece Dio all’uomo non ha dato che un solo senso del gusto ed uno solo senso del tatto, affinché ciascuno possa da solo gustare ben distintamente e percepire qualsiasi cosa con il tatto. Vedi, dunque, questi due ultimi sensi se ne stanno ciascuno per sé, del tutto indipendenti! Ma una cosa simile si verifica pure con l’uomo. Noi abbiamo in comune la vista e l’udito, come pure la percezione più sottile, ovvero l’impressione che le cose fanno su di noi riguardo alla loro costituzione, ma per quanto concerne il giudicare una cosa e la sensazione che essa suscita in noi, qui ciascuno si trova nel proprio campo, secondo il quale poi viene individualmente plasmato il giudizio e la conseguente sensazione”.

17. Vedi, precisamente così ci troviamo noi due! Tutti e due abbiamo visto, udito e certamente anche percepito di Asmahaele assolutamente le identiche cose e a tale riguardo siamo simili alle piante e all’erba, agli arbusti e agli alberi, poiché assorbono tutti la medesima luce, il medesimo calore e la medesima pioggia. Ma quale aspetto invece assume la cosa se la si considera dal punto di vista dell’elaborazione interiore di questi elementi e dalle qualità dei prodotti che ne risultano?

18. Vedi, caro figlio, qui dunque c’è un divario formidabile! L’identica cosa si può dire rispetto alla nostra comprensione interiore, alla nostra facoltà di critica e di giudizio e alla nostra individuale sensazione, tutte queste possono essere giuste ma anche ingiuste e possono essere tempestive oppure anche, nella maggior parte dei casi, intempestive. Ma perché allora dobbiamo guastarci anzitempo col rimpinzarci dei nostri intempestivi giudizi e di sentimenti dissimili che da questi vengono suscitati?

19. Quindi è sempre meglio, intanto, che noi prima lasciamo giungere a piena maturazione in noi queste nuove piantagioni e che più tardi soltanto, constatata in noi tale completa maturazione, vediamo se i frutti potranno riuscire saporiti e salutari anche per gli altri.

20. Chi vuol parlare di una cosa che in lui stesso non è ancora giunta a maturazione, è uno stolto, poiché ogni discorso è un insegnamento riguardo ora a una cosa e ora all’altra. Ma quale vantaggio potrà mai arrecare un maestro o un oratore immaturo, oppure chi vorrà egli nutrire con i suoi frutti immaturi? Oppure quale benedizione potrà mai spargere intorno a sé con le sue erbe colte anzitempo, se ancora non conosce niente di queste né può ancora sapere se si tratta di erbe pure o impure, o forse addirittura sature di veleno mortale?

21. Vedi, queste considerazioni si possono riferire nuovamente a noi! La semente di Asmahaele ha a mala pena gettato in noi alcune piccole e deboli radici; noi non conosciamo della pianta che ne risulterà né le foglie, né i fiori e men che meno il frutto; eppure, nonostante questo, vorremmo farci vicendevolmente da maestri!

22. O figlio, pensa bene che specie d’insegnamento ne verrebbe fuori! Perciò ognuno insegni quanto vede e ode e in qualche modo percepisce che qua o là c’è qualcosa o non c’è niente, e quando ha fatto così ha già fatto abbastanza; tutto il resto lo lasci stare fino al tempo della maturazione, perché allora, quando nel suo cuore si sarà maturato un nobile frutto, Dio lo chiamerà certo a farne parte con i fratelli. E se poi il frutto non sarà nobile, Dio pure saprà meglio di ogni altro cosa se ne potrà fare, poiché di fronte a Dio tutte le cose sono buone. E perciò attendiamo anche noi la maturazione e dopo soltanto parleremo! Amen!».

 

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Cap. 122

Asmahaele espone una parabola

 

1. Quando Matusalem terminò tale discorso rivolto a suo figlio Lamech, Asmahaele si trovò immediatamente in mezzo a loro e cominciò ad indirizzare loro le seguenti parole:

2. «Cari amici, ascoltate e comprendete bene quello che ora vi dirò riguardo allo scambio di idee che avete avuto proprio ora. – Supponete che vi sia qualcuno che sia esperto in più d’un ramo della sapienza e nella molteplice attività che in essa ha il fondamento, ma che nel suo ambiente vi siano delle persone che tendono costantemente sì ad acquistarsi sapienza in tutte le forme di attività che derivano dalla sapienza, ma che non siano capaci di arrivare a niente di utile, poiché manca loro ogni cognizione della radice di ogni sapienza, ed anche perché essi si fanno appendere davanti agli occhi ogni tipo di rami d’albero del mondo e lasciano che si otturi loro gli orecchi applicandovi delle pietre lisce, in modo da non poter né vedere né udire.

3. Ammesso ora che quest’uomo fuori dalla sua vera sapienza operi dinanzi a loro delle cose meravigliose, ebbene quelli che stanno intorno al sapiente non cominceranno forse a domandarsi ben presto l’un l’altro: “Ma come può mai compiere cose tali, che per noi uomini non è assolutamente possibile comprendere neanche in minima parte? Del fare poi qualcosa di simile, ciò è del tutto fuori questione! Chi è costui? Viene egli dal basso, oppure dall’Alto? Da dove trae tale potenza? Nessuna sua parola cade a vuoto, ma ciascuna è un fatto compiuto. Egli parla come per potere proprio e sembra oltre a ciò tenere se stesso in gran conto. Che cosa c’è dunque in quest’uomo che veramente si presenta semplicemente come uno di noi, ma quando invece passa all’azione, allora agisce assolutamente come se a lui fosse del tutto soggetta ogni forza e ogni potenza di Dio?”

4. E dopo tante domande, nessuno sa cosa pensare di se stesso e cosa del sapiente: – deve temerlo, oppure deve amarlo? Deve fuggirlo, oppure seguirlo?

5. Allora finisce che alcuni sono pieni di timore, altri d’amore, altri ancora sono presi da curiosità, altri ancora sono pieni di dubbi, e altri, infine, sono accesi dal desiderio e dalla brama ardente di fare le stesse cose, ma nessuno invece pensa di provare a diventare simile a lui nell’amore e nella vera umiltà, la quale soltanto costituisce la vera radice di ogni sapienza.

6. Ora, qual è la vostra opinione? Se questo sapiente, fuori dal complesso di persone non sapienti che lo circonda, volesse sceglierne alcune, – quali fra queste saranno quelle che la sua possente scelta richiederà per la sua scuola?

7. Io ve lo dico subito: “Coloro a cui manca il coraggio, certamente no; gli amanti dell’esibizione neppure; e nemmeno coloro i quali vanno chiedendo: ‘Chi e che cosa è e da dove viene costui che riesce a fare simili cose, grazie alla sua sola parola?’. Neanche coloro che sono assillati dal dubbio e non hanno in alcun punto solidità, né nei piedi, né nelle mani, né nel capo, né nel cuore, né in tutte le viscere né nelle giunture saranno eletti; e nemmeno saranno prescelti i ciechi e i sordi nello spirito; ma saranno invece prescelti soltanto quelli che sono pieni d’amore e di umiltà verso Dio e verso i propri fratelli!”

8. Vedete, tutto ciò vi sta dinanzi agli occhi e voi non lo riconoscete!

9. Nondimeno, ve lo dico Io, essendo Colui che vi sta dinanzi: “Beati siete voi, poiché Io Mi trovo fra di voi quale l’unico sapiente dinanzi a tutto il mondo!”

10. Tu, Matusalem, rivestiti dell’amore di tuo figlio. E tu, Lamech, indossa la veste della pazienza di tuo padre, così facendo voi ben presto vedrete con tutt’altri occhi lo Straniero! – Amen! ComprendeteMi bene. – Amen!»

 

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Cap. 123

Alla “Mano secca della Terra”

28 luglio 1841

1. Mentre Asmahaele parlava, i padri erano giunti a una grande parete di roccia che per effetto delle incavature e delle erosioni rivelava le forme più meravigliose, tanto che per questa ragione già da lunghissimo tempo i padri le avevano dato il nome di “Mano secca della Terra”. Questa parete divideva i figli della Mezzanotte dai padri; però, per via naturale, da quella parte non si poteva arrivare alla regione abitata dai menzionati figli. Chi dunque voleva giungervi, bisognava che si rassegnasse a compiere un lungo giro, perché era necessario prima percorrere tutta la regione della Sera e poi incamminarsi per un dosso di montagna che si estendeva in linea circolare e che infine, dopo aver descritto la sua ampia curva, andava congiungendosi con la regione settentrionale dalla parte di Nord Est.

2. Solo che, in primo luogo, questa via per i padri comportava una distanza troppo grande e poi, essendo essi ormai arrivati alla parete, utilizzare tale strada rappresentava in quel momento per loro un’impossibilità, perché, volendolo fare, avrebbero dovuto rivolgersi di nuovo in direzione della Sera e da lì poi prendere il sentiero lungo l’estesa curva delle montagne.

3. Ma, come detto, i padri erano ormai giunti alla parete e non potevano più fare un passo in avanti; perciò tutti, ad iniziare da Adamo, cominciarono a chiedersi l’un l’altro cosa ci sarebbe stato da fare per annunciare, in primo luogo, ai figli della Mezzanotte, l’imminenza del Sabato e, in secondo luogo, per ridonare loro la libertà già fatta ottenere ai figli della Sera e per scioglierli in tal modo dal duro giogo di una legge immensamente opprimente.

4. E qui, certo un buon consiglio tra i padri appariva alquanto difficile, perché questa volta non avrebbero potuto giovare a nulla né i richiami a voce spiegata né gettar pietre, poiché aveva cominciato a soffiare un vento fortissimo, come di solito accade sulle alte montagne verso quasi la metà del giorno, dovuto al fatto che il Sole si trova allo zenit e al conseguente surriscaldamento del terreno; quindi gridare non sarebbe servito a niente. E così pure, per la medesima ragione, si dovette lasciar cadere anche l’idea del gettar pietre per segnalare la presenza dei padri; infatti, quale scopo avrebbe potuto avere questa segnalazione, se poi ai figli, resi in tal modo attenti, non fosse stato possibile indirizzare qualche parola in modo da farsi intendere?

5. E così accadde che i padri non vennero a trovarsi in condizioni molto migliori della cosiddetta “Mano secca della Terra” stessa e nessuno sapeva che partito prendere o che consiglio dare; e in un simile stato d’imbarazzo pure nessuno poté facilmente ricordarsi quanto vicino a loro si trovava Colui al quale sono possibili con estrema facilità tutte le cose, e perfino Enoch non poté abbastanza in tempo riacquistare la padronanza di se stesso.

6. Tuttavia, dunque, Abedam, dopo una breve pausa, a interpellò voce bassa Asmahaele, e Gli disse: «Signore, Tu che sei tanto infinitamente maestoso e santo, santo sopra ogni cosa e al di sopra di qualsiasi nome che lingua umana potrà mai formulare ed esprimere, posso forse io, miserissimo verme nella polvere della polvere dinanzi a Te, con il Tuo graziosissimo permesso, giovare a qualcosa? Se sì, ordinamelo in grazia, poiché sono del tutto pronto a un Tuo cenno a saltare giù da questa parete alta circa cinquecento uomini, per cercare i figli della Mezzanotte e comunicare loro a viva voce tutto quello che i padri intendono riferire e annunciare loro.

7. Perché vedi, o inesprimibile eterno Amore, o mio Dio e mio Tutto, la Tua Parola sostiene tutta l’intera, infinita Creazione in tutta la sua grandezza e in tutta la sua infinita gravezza. – Come potrebbe essa lasciare che andassi in rovina io, che non sono che un minimissimo granello di polvere al paragone della Terra stessa?

8. Quindi, una Tua Parola soltanto, ed io sarò perfettamente pronto a seguire quello che ho detto! E se anche ciò dovesse costarmi la vita del corpo, io nel mio cuore sono troppo convinto che è meglio morire infinite volte corporalmente nella Tua Parola, anzi piuttosto soffrire così mille morti, che non vivere pure mille volte, ma senza di essa!

9. Tuttavia, o Signore, non la mia, bensì soltanto sia fatta sempre in eterno la Tua santissima Volontà! Amen!»

10. E come Asmahaele ebbe inteso da parte di Abedam una tale generosa offerta d’amore, Egli lo guardò con sguardo amorosissimo e gli rivolse a voce alta le seguenti parole:

11. «Abedam! In verità, Io ti dico che sulla Terra non c’è un secondo che ti sia pari nella fede e nell’amore! Enoch è grande nell’amore e nell’umiltà, e in questi ha trovato qui l’immortalità, ma colui che si acquista la vita con la morte, è più grande di colui che l’acquista con la vita stessa. E colui che abbandona la propria vita per il bene dei fratelli e dei padri, è più grande di colui che cerca di dare loro vita soltanto con parole viventi ispirate da Me, poiché l’ammaestrare gli altri è più facile che abbandonare per gli altri la propria vita.

12. Ma in verità, Abedam, in verità, Io ti dico: “Chi nel Mio Nome e nella Mia Parola trova la morte del corpo, egli ha già conquistato per sé, con potenza da eroe, la vita eterna, ed è diventato perfettamente una cosa sola con Me!”

13. Però, Mio caro e forte Abedam, vedi, il tempo di lasciare nel Mio Nome o nella Mia Parola la vita del corpo, non è ancora giunto, e così il tuo incrollabile volere ti sia computato come opera compiuta per intero, poiché nel tuo cuore, come da te stesso, essa risulta appieno compiuta nella fede, nella confidenza e in tutto l’amore per Me. E perciò anche tu Mi hai interamente trovato, e d’ora innanzi mai più in eterno ti scosterai dal Mio fianco!

14. Ma ora vedi, diletto Abedam, Io dispongo ancora di altri mezzi per liberare i deboli padri da questo imbarazzo, e posso perciò fare a meno del tuo sacrificio! Ma è bene per te, Abedam, che tu Mi abbia offerto con tutta fedeltà un simile sacrificio nel tuo cuore! Io ti dico che hai superato Abele che è stato ucciso soltanto una volta, mentre non disdegnasti di voler morire mille volte nel Mio Nome. E perciò abbi mille volte anche la vita in Me!

15. Pertanto, affinché tu riceva da Me una Parola per poter fare qualcosa nel Mio Nome secondo la tua volontà, recati ora da Enoch e digli di venire da Me perché devo dirgli qualcosa di necessario in presenza di tutti i padri, poiché se egli Mi ama, è bene che venga a Me, affinché soltanto poi Io possa definitivamente accoglierlo, e affinché egli divenga uno nell’amore per Me e per ogni vita che da questo amore sorge; ciò in modo tale, che solo poi s’innalzi come te a eroe e infine adempia al cospetto dei padri la Mia Volontà. Amen!».

16. E Abedam allora si recò da Enoch e gli annunciò la Volontà di Asmahaele.

17. Enoch allora si presentò immediatamente ad Asmahaele e gli disse: «O Signore, guarda in grazia a me, il debolissimo, e ogni fibra del mio essere impotente sia in eterno soggetta a Te, mio Signore e mio Dio e Padre mio santissimo ed eterno! Amen!»

18. E allora Asmahaele, afferrata la destra di Enoch, esclamò ad alta voce: «Enoch! Colui che ha creato questa mano dal nulla, ora te la fortifica al cospetto dei padri. Perciò recati là dove si trova la “Mano secca della Terra” e infondi vita a quella morta parete, affinché diventi un morbido ponte e un sentiero piano che conduca a coloro che hanno il maggior bisogno del nostro aiuto, poiché non a causa dei sani, bensì è a causa degli infermi che Io Mi trovo qui fra voi! – Amen!»

19. Ed Enoch si accostò subito alla parete e le comandò di sparire nella sua forma attuale e di trasformarsi invece in un sentiero piano che conducesse a coloro che laggiù languivano e ai quali più che ad altri urgeva portare soccorso.

20. E vedi, in un baleno la parete precipitò e il sentiero piano apparve già pronto!

21. Ma tutti i padri furono colti da un profondo brivido dinanzi alla potenza infinita di Asmahaele. Tuttavia Questi li rianimò nuovamente e ben presto nei loro cuori cominciarono a lodare Dio e a glorificare il Suo Nome per tale immenso prodigio e poi, consolati, si rimisero in cammino.

 

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Cap. 124

Adamo chiede dei figli del Settentrione

29 luglio 1841

1. In tal modo i padri giunsero ben presto alla regione settentrionale che era molto estesa. Adamo allora, secondo l’usanza, la benedisse e benedisse poi tutti i figli della discendenza principale; dopo di che tutti sostarono per un breve riposo.

2. Ma trascorsa circa una mezz’ora da quando si erano fermati, vedi, essi cominciarono tutti a meravigliarsi molto, constatando che durante questo tempo neppure uno dei figli della Mezzanotte si era fatto vedere. E subito Adamo fece chiamare Enoch e gliene chiese la ragione dicendo:

3. «Enoch, tu che al nostro cospetto fosti tanto rafforzato da Asmahaele da poter obbligare la “Mano secca della Terra” a piegarsi dinanzi all’alito della tua parola, guarda, qui non si vedono figli! Dove mai se ne sono andati?

4. Il crollo della parete li ha forse tutti sepolti e uccisi? Oh, dimmi, se lo sai: – dove possono essersene andati? O cosa può essere accaduto di loro?

5. Perché, vedi, la regione ha veramente l’aspetto come se da poco tempo la morte ignominiosa avesse celebrato tra loro una festa generale della mietitura!

6. Io certo vorrei chiederlo ad Asmahaele, ma per fare ciò, davvero a me come a molti altri, manca il coraggio. Poiché se considero Chi si cela dietro ad Asmahaele e poi chi e che cosa sono io, allora la lingua e i polmoni si rifiutano di servirmi ed io non sono più quasi capace di fare giungere una sola parola fino alle mie labbra. Oltre a ciò anche il cuore mi dice: ‘A quale scopo vuoi interrogare l’onnisciente Dio, quasi potesse forse essere a Lui estraneo quello che segretamente si agita in te! Non ha Egli già dall’eternità ordinato i tuoi pensieri, dunque molto prima che Egli ti formasse ad essere pensante fuori dal Suo infinito Amore e Misericordia?’

7. Vedi, caro Enoch, per questo non posso fare come ora ardentemente bramerei! Fa’ dunque quello che non posso più fare io! Se tu stesso sai qualcosa tramite Asmahaele, tranquillizza me e tutti gli altri, ma se nel tuo cuore non c’è più di quanto c’è nel mio, allora rivolgiti senza indugio ad Asmahaele; Egli certo vorrà in tutta grazia e misericordia ancora una volta liberare noi tutti da questo grave imbarazzo e da questa angoscia! Amen!»

8. E quando Enoch ebbe appreso tali cose da Adamo, s’inchinò e voleva subito affrettarsi da Asmahaele per esporGli la preghiera di Adamo, poiché la vista di quella regione spopolata aveva in lui stesso suscitato un enorme stupore. Ma egli aveva appena mosso il piede, che già Asmahaele li aveva prevenuti entrambi ed era lì pronto a parlare in mezzo a loro, e cominciò a rivolgere loro queste parole:

9. «O Adamo! Credi forse nel tuo cuore, dove dimora il tuo spirito molto indebolito, che il Signore sia come un re della pianura, o che Egli sia simile a te, per cui si debba esigere un gran cerimoniale per giungere fino a Lui? Vedi, Io non ho bisogno di alcuna guardia, né di portinai e nemmeno di figli primogeniti della linea principale gerarchicamente ordinati, per mezzo dei quali qualcuno debba essere introdotto a Me; né Io chiedo ad alcuno che prima rimanga per un’ora prostrato sulla sua faccia dinanzi a Me per essere con ciò reputato degno di rialzarsi poi al cospetto di Me, suo Dio e Creatore, bensì tutto quello che Io, amando, richiedo, è un cuore fedele rivolto a Me, colmo d’amore e di umiltà, purificato dal pentimento; e, con un simile cuore, nessuno ha bisogno di percorrere, per giungere a Me, vie indirette, poiché Io gli sono certamente sempre, come devo essere, “il più vicino”! E se così non fosse, chi mai potrebbe, anche per un solo rapidissimo istante, conservare la sua vita, considerato che senza dubbio ogni vita, anzitutto e assolutamente, sgorga esclusivamente da Me, né mai eternamente potrà avere altra origine!

10. Però se tu temi di interrogare l’onnisciente Dio, – com’è invece che l’Onnisciente non evita di interrogare voi riguardo a varie cose per il vostro stesso bene, affinché vi vogliate destare?

11. Ora Io sono del parere che nel caso in cui manca la conoscenza su una cosa, colui che non sa, ha più motivo di rivolgere le domande all’Onnisciente, che non l’Onnisciente a chi non sa!

12. Dunque, se Io faccio domande a voi che non avete risposta, non sarà certo errato quando voi domanderete a Me quelle cose che non conoscete, ma che pure bramereste molto conoscere!

13. Vedi, o Adamo, Io so molto bene ciò che ti manca! Tu chiedi dei figli della Mezzanotte e ti piacerebbe quanto mai conoscere dove se ne sono andati, ma al momento attuale Io non te lo dico, bensì sei tu che devi cercarli e farli cercare. E qualora tu non potessi trovare nessuno, solo allora vieni da Me e chiediMi, ed Io poi ti condurrò dai figli, poiché conviene che il perduto, venga dapprima cercato! Amen!»

 

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Cap. 125

Adamo manda a cercare i figli del Settentrione

 

1. E Adamo ponderò intensamente nel suo cuore tali possenti parole, poi Mi ringraziò e, pervaso da pentimento e fervore, fece subito radunare vicino a sé tutti i presenti ad eccezione di Set, di Enoch e, naturalmente, di Asmahaele, e disse loro:

2. «Ascoltate o voi tutti, figli miei donatimi da Dio secondo il corpo e l’anima, però ciascuno dotato di un libero spirito da Dio! Noi siamo giunti qui desiderosi di portare una nuova e libera vita a questi figli aspramente separati da noi dall’estesa parete che noi chiamavamo la “Mano secca della Terra”, parete alta e profonda, orribilmente dirupata, in modo che noi non potevamo giungere oltre ad essa da loro, né essi da noi. Quando noi ogni tanto gettavamo uno sguardo attraverso gli squarci della rupe giù alle profonde pianure, non di rado scorgevamo che queste pullulavano di figli e ancora di figli, e se c’era calma di vento la voce poderosa di Kenan giungeva perfino a rendere loro nota la mia volontà, tanto che poi i più anziani non evitavano il lungo e indiretto cammino e giungevano con la loro offerta di frutta ancor prima del Sabato e sospiravano poi dinanzi alla mia capanna affinché fosse loro concesso di vedermi sia pure per un solo istante.

3. Ma ora io, e con me Qualcun altro ancora, sono disceso qui da loro, in un modo meraviglioso e, vedete, in nessun luogo è possibile scoprire neanche la minima traccia di essi!

4. Perciò ora da parte di Dio è mio volere che voi tutti vi affrettiate immediatamente in ogni direzione e che li cerchiate per un’ora. E se trovate qualcuno, conducetelo sollecitamente qui, affinché ci dia notizia di tutti gli altri! Ma se voi non trovate nessuno, allora, dopo che sarà trascorsa un’ora destinata alla ricerca, fate subito ritorno qui, affinché noi possiamo rivolgerci a quell’Uno per un superiore consiglio riguardo a cosa sarà ulteriormente da fare e da intraprendere!

5. E adesso affrettatevi ed eseguite quanto vi è stato ora spiegato! La Benedizione di Jehova e la mia siano con voi tutti! Amen!».

6. E allora tutti coloro che ne avevano ricevuto l’incarico partirono sollecitamente in tutte le direzioni e trovarono dappertutto una quantità d’abitazioni vuote con dentro ogni tipo di masserizie ed utensili abbandonati, nonché numerosi animali domestici lasciati in libertà e ogni specie di frutta già spiccata e raccolta, ma, accanto a tutto questo, non un occhio umano fu dato loro di rintracciare, per non parlare poi di una qualsiasi creatura umana! E quando coloro che andavano cercando, dopo una buona mezz’ora non riuscirono a trovare nessuno, cominciarono a gridare a voce altissima lanciando richiami in tutte le direzioni e chiamando per nome l’uno e l’altro dei figli conosciuti. Sennonché ogni loro fatica fu vana, poiché in risposta essi non intesero altro che l’eco dei loro richiami rimandati dalle pareti di roccia circostanti e l’inabissarsi rumoroso delle loro voci nelle gole e nei tenebrosi precipizi della montagna.

7. Alcuni tra loro salirono perfino su alcune colline situate in quelle vicinanze, per tentare eventualmente di scorgere dall’alto qualche fuggitivo. Ma anche questa volta fu tutta fatica sprecata, perché ai loro occhi diligentemente in vedetta non volle mostrarsi neanche l’ombra di un qualsiasi fratello indugiatosi nella fuga, né i loro orecchi, tesi con la massima attenzione in ascolto, poterono percepire altro all’infuori del rombo monotono e sordo dei torrenti di montagna scroscianti giù per le pareti dei burroni.

8. E così trascorse la breve ora destinata alla ricerca e i figli fecero ritorno tristemente e senza aver trovato nessuno da poter condurre dove Adamo con tanta ansia li attendeva.

9. E quando furono giunti più vicini al luogo del riposo, Adamo si diede attentamente a scrutare, sperando di poter scoprire tra coloro che ritornavano qualcuno che fosse stato ritrovato, però man mano che gli inviati alla ricerca andavano avvicinandosi, davano sempre più a riconoscere che essi ritornavano soli.

10. Allora Adamo fu colto da grande tristezza, scoppiò in pianto e cominciò a lamentarsi ad alta voce.

 

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Cap. 126

Asmahaele invia Enoch

5 agosto 1841

1. Quando gli inviati alla ricerca furono tutti di ritorno senza aver concluso nulla, narrarono che non avevano trovato altro che capanne abbandonate con dentro qualche arnese, animali domestici e provviste di frutta quasi intatte, e che in nessun luogo avevano trovato la benché minima traccia di un abitante; allora Adamo si prese il capo fra le mani e ad alta voce esclamò:

2. «O Tu, Dio giusto, grande e sublime! Dove li hai condotti? O li ha inghiottiti la Terra? O cos’altro è avvenuto di loro?

3. Si trovano ancora in qualche luogo, oppure sono stati del tutto annientati? O Dio, Dio d’Amore e di Misericordia, abbi pietà di me, primo debole vegliardo della Terra!

4. Se Tu li hai uccisi, puoi ben uccidere anche il mio cuore, affinché esso, struggendosi, non debba essere gravato dal carico del lutto insopportabile al quale esso in ogni caso soggiacerà, se non mi verrà fatta luce sul conto di coloro che la mia immensa stoltezza ha bandito e cacciato qui in questa regione settentrionale, dove evidentemente sono tutti periti!

5. O Asmahaele, Asmahaele! Dove sei Tu, o Possente? Vieni, oh, vieni, poiché mai ancora come oggi il mio spirito, che sono io stesso fuori da Te, ha desiderato tanto Te, o Santo!

6. Oh, non indugiare, ma vieni subito qui a me, debole progenitore di questa Terra e soccorrimi nella mia grande angoscia e nella mia immensa tristezza! Amen!»

7. E vedi, immediatamente Asmahaele si trovò dinanzi ad Adamo e seriamente gli chiese: «Adamo, o cieco, che vuoi che Io ti faccia?»

8. E Adamo rispose: «O Signore, se sono cieco, fa’ che possa vedere e che possa quindi vedere anche coloro che qui sono andati perduti in una maniera o nell’altra!»

9. E Asmahaele replicò ad Adamo: «Vedi, tu hai mandato fuori i tuoi figli per cercare i loro fratelli ed essi non hanno trovato nessuno! Ora Io invierò Enoch e vedremo se anch’egli ritornerà a mani vuote, e se dovesse essere così, allora Io stesso Me ne andrò quale ultimo messaggero e radunerò tutte le pecore, e tu puoi essere sicuro che le pecore riconosceranno la voce del giusto Pastore ed esse si affretteranno verso di Lui e Gli verranno incontro saltellando di gioia!

10. E tu, o Enoch, va sollecito e chiama a gran voce: “Fratelli, ascoltate! Il vostro padre Adamo è sceso fino a voi, al fine di rendervi come me, liberi da qualsiasi giogo, e per mostrarvi un nuovo e solido ponte oltre il quale voi possiate, per la via più breve, giungere alla sua sacra patria, per celebrare là, già domani, con lui, il libero e santo Sabato del Signore!”

11. Tale richiamo fallo risuonare per tre volte! Chi in tal modo si presenterà, tu lo condurrai qui, ma chi invece non si presenterà, a lui soltanto Io proverò poi a far risuonare la Mia Voce, e allora vedremo e conteremo se mancherà ancora qualcuno, e questo sarà un segno per mezzo del quale alla fine dei tempi della gran tribolazione futura, i ritardatari dovranno essere invitati ad entrare nella grande casa paterna originaria!

12. Ma ora affrettati e fa’ come Io ti ho consigliato! – Amen!»

 

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Cap. 127

Tre figli di Adamo danno ascolto alla chiamata di Enoch

 

1. Ed Enoch sollecitamente si incamminò, e fece secondo il consiglio datogli da Asmahaele.

2. Alla prima chiamata, si vide subito comparire, sbucato fuori da qualche nascondiglio, un vecchio figlio di Adamo, il quale esclamò: «Enoch, figlio di Jared, se io ti ho ben compreso, intendo anche seguirti!»

3. Ed Enoch gli rispose: «Così vuole Colui che attende te e tutti i tuoi figli; dunque, non vi è errore in ciò che tu hai compreso!

4. Io però devo chiamare ancora per due volte, e in tale occasione ti convincerai benissimo dell’esattezza della prima chiamata!»

5. Allora Enoch chiamò per la seconda volta. E anche a questa chiamata comparve soltanto un vecchio figlio di Adamo, il quale interrogò Enoch ugualmente come aveva fatto il primo, e ricevette da lui l’identica risposta.

6. E subito dopo Enoch lanciò la terza chiamata. Però anche dopo questa, l’ultima, essendo stata anche la più forte, comparve precisamente soltanto un altro vecchio figlio di Adamo, il quale interpellò Enoch ugualmente come i primi due.

7. Ma Enoch gli rispose: «Dà ascolto alla mia chiamata, e tu ben presto ti convincerai da dove la chiamata e la voce hanno colpito il tuo orecchio!

8. La voce è bensì quella di Enoch, ma la chiamata giunge dall’Alto!

9. E ora non indagate più oltre, bensì seguitemi rapidamente, senza però dirmi dove sono i vostri figli e le vostre donne, perché subito dopo di me verrà un altro Banditore, la voce del Quale sarà ben riconosciuta come la giusta e vera voce da tutti i vostri figli e dalle vostre donne.

10. Se anche la mia chiamata è stata una giusta chiamata dall’Alto, tuttavia fu sempre una voce estranea a lanciarla; per questo, anche pochi soltanto le hanno dato ascolto. Ma quando invece risuonerà una chiamata per mezzo della voce del gran Banditore, questa vera Voce che chiama penetrerà nelle profondità della Terra, e allora non vi sarà più alcun morto o alcun vivo che non vorrà riconoscere immediatamente e pienamente come genuina, la vera chiamata dell’unico vero Banditore, e nessuno gli domanderà alcuna cosa come avete fatto voi verso di me, bensì ciascuno seguirà la Sua voce, in un modo oppure nell’altro.

11. E ora affrettiamoci, perché il padre vi attende! Amen!»

 

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Cap. 128

La gioia di Adamo nel rivedere i propri figli Jura, Bhusin ed Ohorion

 

1. Allora tutti e quattro si avviarono rapidamente al luogo che conosciamo. E quando Adamo vide avvicinarsi Enoch con i tre vecchi figli, la sua faccia cominciò alquanto a rischiararsi, ma in pari tempo egli si diede pure a lodarMi e a ringraziarMi fervidamente, poiché i suoi occhi erano stati fatti degni ancora una volta da Me di guardare i propri figli, i più anziani dopo Caino ed Abele e cioè Jura, Bhusin ed Ohorion.

2. E mentre Adamo così ringraziava in cuor suo, anche i quattro erano giunti del tutto vicino a lui. Ed Enoch s’inchinò dinanzi ad Adamo, mentre gli altri tre si prostrarono sulle loro facce, come già da antichissimo tempo erano abituati a fare. Ma Adamo diede subito incarico a Set, dicendogli:

3. «Set, figlio mio, ecco qui i tuoi fratelli più anziani e ora i miei figli più vecchi! Aiutali a rialzarsi e conducili qui sul mio cuore, e nello stesso tempo dì anche loro: “Il vecchio padre Adamo non è più un dominatore, bensì è ormai un padre le cui braccia vorrebbero attirare al suo cuore con amore perfino Caino, per non parlare poi dei suoi vecchi figli e compagni di aspri tempi passati!”

4. E dì loro ancora che non soltanto il paradiso perduto è stato ritrovato, bensì cose infinitamente più numerose, più grandiose e indicibilmente più sublimi e maestose! E ora va e fa come ti ho detto! Amen!»

5. Allora Set si accostò immediatamente ai tre, li fece alzare amorevolmente, e riferì loro le parole di Adamo, nell’udire le quali i tre figli anziani scoppiarono in lacrime di gioia. E e, rivolto a Set, esclamò: «O mio diletto fratello! Non so dirti quanto felice sia io, anzi lo siamo tutti e tre, che ci sia ora concesso di vedere ancora una volta te e il nostro amatissimo padre!

6. Vedi, caro fratello, come siamo diventati vecchi e deboli dal lungo tempo del nostro meritato esilio!

7. O a Te, grande Jehova, siano rese grazie, eterne grazie a Te soltanto, perché certamente solo Tu sei stato a predisporre in tal modo le cose e ad intenerire il cuore del nostro padre intensamente amato, affinché venissimo ora di nuovo accolti nella sua grazia.

8. Vadano quindi eterne grazie e lodi a Te, o Jehova! E tu pure, caro fratello, sii ringraziato! Ma ora conduci noi tre dal vecchio padre!»

9. Set allora li condusse ad Adamo e questi li benedì e li strinse poi al suo cuore ed infine, profondamente commosso, esclamò: «O figli miei, come è felice adesso il vostro padre Adamo!

10. O Asmahaele! Chi mai potrebbe magnificarTi, considerato che la Tua Bontà è infinita e che il Tuo Amore immenso dura in eterno!?»

11. E quando Adamo si fu riavuto un po’ dalla sua effusione d’amore, Asmahaele si avvicinò subito a loro e disse: «Adamo! Ti rendi conto ora di che cosa ha maggior valore? La legge, oppure l’amore?»

12. Ma Adamo, vinto dalla commozione, non poté dire altro che questo: «O Tu, il Cui Nome la mia bocca non osa più proferire, Tu sei di più, infinite volte di più di quanto tutte le eternità saranno mai capaci di comprendere! A Te solo vadano dunque grazie, lode, onore, gloria e tutto il mio amore che Ti venera in eterno! Amen!»

 

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Cap. 129

Il discorso di Asmahaele riguardo all’Essenza di Jehova

7 agosto 1841

1. E dopo che Adamo ebbe terminato queste parole, Asmahaele si mise subito dinanzi ai tre nuovi venuti e disse loro: «Ascoltate voi tre, tu Jura, tu Bhusin e tu Ohorion!

2. Chi è così timido come una mosca, pieno di timore come una colomba, e di angoscia come un toporagno che al minimo accenno che qualcuno voglia avvicinarglisi se ne vola via atterrito, e al minimo rumore fugge nel folto del bosco e se una qualche scheggia di pietra cade giù a valle si rintana spaventato nei buchi del terreno?

3. Dunque: – pensate che Jehova sia proprio sempre pronto a seminare la morte tra i suoi figli, quando talvolta fa rotolare l’una sull’altra alcune pietre?

4. Se Egli avesse gioia nell’uccidere, tale gioia l’avrebbe avuta già fin dall’eternità, e se Egli fosse così un amico della morte, in verità, voi potrete esser certi che Egli anche con tutta sicurezza non avrebbe creato non solo la Terra, la Luna, il Sole e le stelle con tutti i loro immensi prodigi della Creazione, ma neppure un minimissimo granello di pulviscolo solare!

5. Ma siccome Jehova – come potete constatare da tutto quello che vi circonda – non è tale, ma invece è precisamente e perfettamente l’opposto, vale a dire il più grande Amico della Vita, così tanto, che Egli di per Sé e solo Lui costituisce più propriamente ed eternamente la Vita stessa, mentre tutto ciò che vive grazie al Suo Alito vive fuori da Lui, ne consegue che Egli è pure la Vita eterna stessa, e perciò non fa che attrarre eternamente a Sé tutte le Sue opere. Tutte le creature hanno quindi il loro ordine saviamente costituito; invece i figli sono liberi nella loro volontà e nella loro azione, e questo per la ragione che Jehova è un amico della Vita, e non della morte! Di conseguenza, anche particolarmente i Suoi figli, non occorre proprio che nutrano eccessive preoccupazioni riguardo alla rapida uccisione, specialmente poi quelli che, come voi, amano fedelmente il grande Jehova santo e immensamente buono, e che hanno posto ogni loro speranza in Lui!

6. State dunque ora di buon animo, e non lasciate più che sorgano in voi simili stolte paure, perché se Jehova avesse voluto uccidervi, come avreste potuto raggiungere l’età che già oggi avete?

7. Tuttavia verrà ancora un tempo su questa Terra nel quale i vostri discendenti non conteranno mai più tanti anni di prova corporale quanto voi, per raggiungere la fine della loro vita di prova, e tra loro ve ne saranno pure molti che ameranno Jehova molto di più di quanto non Lo amiate voi adesso. Sì, in quei tempi perfino i figlioletti verranno tolti ai loro genitori, da Jehova, via dal seno materno, e perciò molti genitori saranno molto afflitti, e nonostante ciò, e nel loro dolore, innalzeranno lodi a Jehova e Gli sacrificheranno tutto, ma tuttavia non penseranno affatto come voi, e cioè che Egli sia tale da provare gioia nell’uccisione!

8. Vedete, questo è stato un grossolano errore da parte vostra, ma per l’avvenire coltivate la vostra fiducia e fate che il vostro amore per Jehova si accresca; allora potrete con piede sicuro calcare anche le macerie fumanti dei mondi, poiché possente è il braccio di Jehova, e chi Egli tiene per mano e conduce, a lui stesso neanche i mondi crollanti saranno in grado di arrecare alcun danno, né alcuna potenza alla quale Egli li ha dati in balìa fino al tempo determinato della prova della loro propria libertà, la quale è la ben nota potenza del Serpente.

9. Ora però aspettate qui per un breve tempo in pace, finché Io abbia fatto ritorno, poiché ora Me ne vado, quale ultimo Messaggero, a prendere i vostri figli per condurli qui tutti assieme, affinché anch’essi imparino e riconoscano quanto immensamente buono e colmo d’Amore è quel Jehova che voi stoltamente temete!

10. Certamente, l’ira di Dio è terribile! Essa è un Fuoco eterno che non si estingue mai, ma ciononostante tutta la Sua potenza, l’Iddio l’ha posta nell’Amore, ed assolutamente non nella Sua ira, la quale è per l’eternità soggetta all’eterno Amore, che è la Vita eterna, liberissima!

11. A questo pensate frattanto, fino a che Io abbia fatto ritorno! Amen!»

 

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Cap. 130

Il richiamo efficace di Asmahaele ai figli del Settentrione

 

1. Immediatamente, allora Asmahaele abbandonò l’intera compagnia e parve come se un lampo di fuoco si fosse sprigionato.

2. E quando Egli fu completamente scomparso alla loro vista, ciascuno cominciò tra sé a glorificare il grande Dio. Però i tre rivolsero la parola ad Adamo e gli chiesero:

3. «O caro e nobile padre! Vedi, le parole di questo giovane che ora si è proprio allontanato con tanta rapidità, ci hanno da un lato immensamente confortati, ma d’altro canto la loro incomprensibile maestà è stata come un incendio possente e tale, da avvolgere nelle sue fiamme tutta la Terra! Oh, dicci chi è quest’uomo e da dove viene, perché parole simili non sono ancora mai giunte ai nostri orecchi! In verità, in verità, non è possibile che quest’uomo sia di questa Terra!

4. Ma se può essere, o padre, non lasciarci nell’incertezza! Sia fatta la tua volontà! Amen!»

5. E Adamo rispose loro: «O figli, rifletteteci su. Egli stesso vi ha detto già tanto, che è come se vi avesse detto anche questo! Ma per il resto attendete che Egli ritorni! Amen!»

6. Allora i tre ringraziarono Adamo e cominciarono a pensare ciascuno per conto proprio; però non poterono trovare niente di adatto per soddisfare il loro cuore. L’uno supponeva potesse trattarsi dell’angelo che nel paese di Eucipe, dopo la fuga, aveva consegnato ad Abele la spada fiammeggiante, l’altro pensava che fosse presente lo spirito di Abele stesso, mentre il terzo non sapeva farsi un’opinione. E così durante quell’intervallo di tempo regnò un gran silenzio fra tutti coloro che erano là radunati, in parte perché ciascuno trovava nei propri pensieri sufficiente occupazione, in parte però anche perché si aspettavano, aguzzando bene l’udito, di poter forse percepire la chiamata di Asmahaele. Sennonché una tale aspettativa era inutile e perfettamente vana, poiché Asmahaele sapeva bene quello che faceva e come lo faceva e non Gli era affatto necessario ricorrere ad urla, come un asino ragliante, ma a Lui bastava far squillare la Sua voce possente nei cuori dei timorosi che si erano nascosti. E i nascosti intesero molto bene in loro questa maestosa chiamata, e non uno ne rimase indietro, anzi grandi e piccini, vecchi e giovani si affrettarono là dove si trovava il gran Banditore interiore, e ciascuno Lo riconobbe per Colui che aveva prima lanciato la misteriosa chiamata nei loro cuori.

7. In tre minuti Asmahaele fu circondato da settecentomila persone, che Egli subito, con la Sua mano, benedisse visibilmente, e che poi le condusse tutte e senza indugio da Adamo.

8. Quando però Adamo con gli altri suoi figli vide approssimarsi quelle immense schiere che con l’occhio non si potevano abbracciare, con Asmahaele alla testa, ammutolì del tutto e fu incapace di proferire alcuna parola.

9. Perfino ad Enoch una tale straordinaria spedizione apparve come un prodigio talmente sbalorditivo che non poté capacitarsene affatto. E fra sé andava dicendo: ‘Ma com’è possibile che i figli della Mezzanotte siano tanti?

10. Se qua, oltre i tre quarti di loro, non sono stati creati direttamente da Dio, vale a dire non procreati in modo naturale, io veramente sul serio non riesco assolutamente a raccapezzarmi, perché, o sto sognando, oppure è opportuno dire che il mio occhio vede cento per uno! Perché qui di creature umane ce ne sono tante, quanta sabbia c’è nel mare ed erba sulla superficie terrestre!

11. O Asmahaele, chi mai, chi mai in eterno Ti potrà comprendere? Tu sei infinito in ciascuna Tua Parola, e il Tuo Alito fa muovere i mondi come il mio può far muovere una quantità indicibilmente minima di pulviscolo steso sul palmo della mia mano impotente. Tu guardi il Sole e tutte le stelle splendenti ed esse tremano pervase di inesprimibile e maestosa venerazione, e grate inviano alla piccola Terra il sublime, per quanto languido, riflesso dell’infinita dolcezza del Tuo occhio. E come i miei orecchi percepiscono un tuono che mi scoppia vicino, i Tuoi intendono già le brame e i più lievi desideri di quegli esseri embrionali che forse soltanto sorgeranno un giorno da Te sotto forma di future nuove creazioni. E l’alito di un invisibilissimo e minutissimo infusore nel più lontano degli spazi mondiali Tu senti come il mio orecchio a mala pena sente l’infuriare di un uragano. E quale divario nella percezione stessa! Per Te tutto è purissima armonia, mentre per me tutto è un confuso caos!

12. Per Te ogni gorgogliare di una qualche sorgente è una parola dal significato profondissimo. Tu comprendi il fruscio dell’erba, e il lamento di una foglia che cade non passa inosservato al Tuo orecchio.

13. Il gran canto di lode del vento sibilante Tu lo intendi, e il rumoreggiare delle onde non Ti rimane estraneo; e tuttavia fai attenzione al vermiciattolo nella polvere come se Tu non udissi altro all’infuori del suo tenuissimo lamento!

14. O Asmahaele, o Dio e grande Signore, sublime, santo, amorosissimo e potentissimo sopra ogni cosa! Mai, mai più uno spirito finito potrà comprenderTi e si perderà nell’eterna notte della Tua potenza; chiunque Ti vorrà scrutare! Certo già una goccia d’acqua lo inghiottirà nelle sue innumerevoli profondità abissali e l’inghiottito non si ritroverà mai più in eterno fuori di sé nell’oceano sconfinato di una gocciolina d’acqua e delle sue meraviglie senza fine!

15. Ma per questo anche, per tutto il tempo della mia vita, non voglio più scrutare nulla, bensì, o mio Dio, voglio soltanto amarTi e a ogni passo della sapienza voglio in tutto amore e umiltà confessare la mia nullità e dire: “Fino a qui e non più oltre!”. Poiché ogni mio palpito deve essere soggetto alla Tua Volontà, poiché, chi è vivente di fronte a Te che sei Tu solo la Vita?

16. Io vivo soltanto in quanto vivo amandoTi; perciò per me null’altro è vivente all’infuori di Te! Oppure, non sono tutte le cose, per me, come morte? O non vive forse maggiormente per Te la pietra più morta, di quanto non viva per me il più agile uccello? Poiché la pietra per Te non è muta; ma invece cos’è per me lo stridìo del grillo vivace?

17. Quindi, per il vivente tutto è vivo; e per il morto tutto è morto! E ora sia pure fino a qui e non più oltre!’. Amen!»

 

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Cap. 131

La gioia e i ringraziamenti di Adamo. Jura, smanioso di sapere, interroga Asmahaele.

 

1. E mentre Enoch giungeva così alla fine di questo notevole soliloquio, anche Asmahaele arrivò con la Sua innumerevole preda vicino alla comitiva dei padri che se ne stavano tutti, senz’alcuna eccezione, ammutoliti dallo stupore.

2. E quando infine si trovò a circa trenta passi ancora lontano da Adamo e dinanzi a coloro che erano in attesa, Egli ordinò all’immensa schiera di prendere posto, e quindi si avvicinò ad Adamo che non si era ancora ripreso dal suo sbalordimento, dicendogli:

3. «Adamo, destati e guarda quello che può la Voce del vero Banditore! Poi conta, e verifica se qualcuno manca! Ma prima benedicili tutti. – Amen!»

4. Adamo allora si alzò e disse con il cuore profondamente afflitto: «Asmahaele, concedi che io faccia nel Tuo Nome l’ultima cosa soltanto! Poiché ciò che Tu, o Signore, hai contato, là certo il numero è sempre perfettamente completo, poiché Tu sei sempre l’Eterno e l’Infinito e quello che Tu fai è pure sempre fatto nel migliore dei modi!

5. Io e tutti i figli che Tu mi hai donati altro non possiamo che lodarTi! O Signore, accogli in tutta grazia i nostri cuori come fossero parole ferventi di ringraziamento e d’amore per Te e fa’ di noi tutto secondo il Tuo compiacimento! Amen!»

6. E Asmahaele allora chiamò a Sé Jura, Bhusin ed Ohorion e disse loro:

«Ascoltate! Vostro padre si trova qui in questa vostra regione già da quasi due ore e nessuno ancora gli ha offerto un ristoro. Mandate dunque dei messi alla vostre capanne affinché prendano diversi tipi di frutta, del pane, latte e miele in quantità tale che possa bastare abbondantemente per tutti quanti siamo qui presenti! E ora andate e fate così! Amen!»

7. Jura incaricò immediatamente i suoi due fratelli di andare, mentre egli si fermò ancora alcuni istanti presso Asmahaele, e gli domandò:

8. «Giovane possente! Non vorresti confessarmi chi sei e da dove vieni? È Adamo, è pure il padre tuo, oppure c’è forse su questa Terra qualche altro padre originario, più potente ancora di nostro padre Adamo, alle cui parole hanno obbedito un giorno anche il Sole e la Luna?

9. Ma poiché una volta cadde al cospetto di Jehova, così decadde pure la sua potenza e tutti noi siamo oramai schiavi della debolezza, e non possiamo più risollevarci dalla nostra impotenza.

10. Tu però sei tale che uguagli in potenza Adamo prima che egli cadesse dinanzi a Jehova; quindi io avrei molto piacere di ottenere una risposta a quanto io ti ho chiesto proprio ora; tuttavia, purché ovviamente tu lo voglia! Amen!»

11. Ed Asmahaele così gli rispose: «Jura, tu sei giusto e giusta è la tua domanda; però rifletti tu stesso: – quale vantaggio potrà derivartene che tu lo sappia, oppure che per il momento tu non lo sappia!?

12. È impossibile che una menzogna esca dalla Mia bocca, e per la verità non sei ancora maturo nel tuo cuore. Prima della tua maturità, la verità stessa ti ucciderebbe. Abbi dunque pazienza finché tu avrai raggiunto questa maturità, e ama e temi Dio, e così facendo ti verrà spontaneamente nel cuore una risposta riguardo a Colui che ora ti dà un simile consiglio!

13. Tuttavia puoi sapere questo: – per Me non c’è posto in nessuna delle tue domande, e quindi ciascuna delle tue supposizioni è errata. Perciò, cura la tua maturità, e così contemplerai una gran Luce che è una Luce di ogni luce.

14. E ora va’ tu pure, ed imita i tuoi fratelli! – Amen!»

15. E Jura allora se ne andò egli pure e con gli altri fece portare in abbondanza cibi e bevande secondo la disposizione data da Asmahaele.

16. E quando i figli della Mezzanotte furono giunti portando il loro ricco carico ed ebbero deposto questo dinanzi ad Adamo e agli altri figli, si avvicinò Asmahaele e benedì tutto, e disse a tutti che ne mangiassero, ed Egli stesso si sedette agli ultimi posti dinanzi alle ceste, e per la prima volta mangiò assieme a loro.

17. Nondimeno, Adamo allora osservò: «O Asmahaele! Come puoi prendere l’ultimo posto davanti alle ceste, mentre a Te compete il primissimo posto?»

18. Asmahaele gli rispose: «Adamo! Dov’è l’alto e dov’è il basso? Sappi che il primo posto è quello dell’umiltà! Ma non sai che là dove si è seduto il Primo, anche il Suo posto diventa simile a Lui? Dunque non darti eccessiva cura a causa del Mio posto, bensì goditi tutto ora senza alcuna preoccupazione! Amen!»

 

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Cap. 132

Il pasto in comune – La reverenza e la modestia inducono alcuni dei padri al digiuno

L’amore di Enoch per Asmahaele – La vera preghiera

27 ottobre 1841

1. E Adamo si adattò soddisfatto a questa decisione e con lui anche tutti i figli. E così, dopo un vero e spirituale ringraziamento interiore, ciascuno si diede a mangiare e a bere secondo il proprio bisogno e il proprio gusto.

2. Avvenne però che Abedam, Jura, Bhusin ed Ohorion non si azzardavano a prendere parte alla colazione e così pure Matusalem con suo figlio Lamech, e né ad Adamo, né a qualcun altro fra i figli della linea principale venne in mente di invitarli. Allora immediatamente Asmahaele si volse verso di loro e domandò:

3. «Perché dunque non mangiate e non bevete con noi?»

4. Ma essi risposero: «O potentissimo Asmahaele, come potremmo osare di prendere parte al pasto? Vedi, dove il primo padre mangia, quale audacia sarebbe mai da parte nostra mettere mano con lui alle ceste e mangiare con lui e il bere fuori da quel vaso che la sublime bocca del nobile padre ha toccato?

5. Per noi già poter vedere come i nobili padri lietamente si ristorano è ad ogni modo causa di massima letizia, gioia e sazietà. Perciò, o Asmahaele, non preoccuparti per noi, giacché ora abbiamo in grande abbondanza quello che è oltre ogni dire atto a ristorarci! Tuttavia vadano a te il nostro amore e le nostre grazie per tale tuo benevolo pensiero a nostro riguardo! Amen!»

6. Tuttavia Abedam aggiunse ancora: «O grande e potentissimo Asmahaele, detto fra noi, nel mio presagio e sommo rispetto e amore per Te, ho inteso: “Vicino a Te, e ora alla Tua incomprensibile presenza, chi dovrebbe, chi potrebbe sentire gli stimoli della fame? Tu stesso sei ben l’eterna sazietà di tutte le cose!”

7. O Asmahaele, Tu mi hai saziato già per tutte le eternità; e chi accanto a Te si sazierà, certamente per tutte le eternità non avrà mai più né fame né sete! Dunque, a Te solamente siano rese grazie e amore! Amen!»

8. Dunque, quando Asmahaele ebbe inteso tale giustificazione, disse ai quattro: «Voi così avete parlato bene, e il senso delle vostre parole è riuscito gradito al Mio Cuore; giuste furono ciascuna delle vostre parole, e quanto tu hai detto, o Abedam, è vero per tutta l’eternità; sennonché, Miei cari amici, per il momento vi trovate ancora sulla Terra ed avete un corpo che alla Terra appartiene; dunque si rende altresì necessario rinvigorire questo corpo in adeguata misura con cibo e bevanda!

9. Che Adamo prenda o meno qui cibo e bevanda, che differenza c’è tra Adamo e Me?

10. Ma se adesso vi dico: “Venite e mangiate!”, chi vorrà escludervi dalla colazione, se sono Io che vi invito?

11. Venite dunque e sedetevi qui accanto a Me; mangiate e bevete senza alcun timore, poiché da questo momento in poi i primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi! – Amen!»

12. E dopo che i quattro ebbero appreso queste parole, s’inchinarono dinanzi ai padri, glorificando Dio e infine, al colmo della gioia, si sedettero a terra a fianco di Asmahaele e mangiarono e bevettero.

13. E grande gioia ne ebbero pure tutti i padri, Adamo compreso. Soltanto Jared, Maalaleel ed Enos erano troppo commossi dalla grandiosità di Asmahaele per poter rendere manifesta la loro allegria. Essi non erano coscienti se mangiavano e bevevano qualcosa. Non avevano inteso chi aveva parlato e cosa era stato detto e neppure potevano fare attenzione al fatto che i quattro ormai mangiavano assieme a loro, poiché la prodigiosa opera di Asmahaele, come nessun’altra prima, li aveva resi, per così dire, muti dallo stupore, dal quale stato essi non poterono per lungo tempo riaversi.

14. Ma frattanto Enoch era tutto in lacrime per la immensa gioia e per l’intenso amore ad Asmahaele, e infine non poté più trattenersi, si alzò e si recò al fianco di Asmahaele per spargere su di Lui la piena del sentimento che il suo cuore non era più capace di contenere.

15. Intanto, quando Asmahaele scorse – cosa che per Lui non era per niente difficile – cos’era che incitava il caro Enoch, si alzò Egli pure in piedi e andò incontro a quell’esuberante amore, dicendo:

16. «In verità, mio diletto Enoch, chi come te se ne verrà a Me, egli pure vedrà come Io immediatamente Mi alzerò e gli verrò incontro oltre la metà della via!

17. In verità, Io ti dico che ora tu hai ritrovato la vita, e ogni morte è fuggita da te! I tuoi occhi non vedranno mai il giorno della morte; il tuo amore ha perfino trionfato sulla tua carne e l’ha riempita di immortalità. E come tu sei ora e vivi, così tu sarai e vivrai in eterno!

18. Vedi, coloro che procederanno da te, saranno quelli che Io manterrò fino alla fine di tutti i tempi, e nella tua discendenza la grande promessa troverà perciò un giorno il suo pieno adempimento! Amen!»

19. Quando Enoch intese queste parole, ne ebbe il cuore così spezzato, che non un suono poté uscire dalle sue labbra.

20. Asmahaele però gli infuse vigore dicendogli: «Mio caro Enoch, ritorna tranquillo, e ogni pace sia con il tuo spirito! Io so bene quello che ora vorresti dirMi.

21. In verità, ti dico: “Chi così prega e ringrazia come ora fai tu nella completa contrizione del proprio cuore, egli prega in spirito e in tutta verità”.

22. Chi dunque può ancora pregare e ringraziare con la bocca, è segno che nel suo corpo batte un cuore le cui fibre sono ancora molteplicemente aderenti ai rami degli alberi del mondo, e quando viene il vento e sbatte i rami degli alberi del mondo, anche il cuore viene sconquassato con essi.

23. Ma invece, un cuore come il tuo è del tutto al suo posto, e quando i venti vengono, esso è tranquillo e non si cura del mondo, ma appunto perciò esso è anche libero di amare il Signore sopra ogni cosa e di amare tutto il resto soltanto attraverso il Signore!

24. Chi ama in questo modo, ama veramente, e il Signore rimarrà con lui in eterno! Amen!»

 

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Cap. 133

La promessa di Asmahaele ad Enoch

 

1. Allora la lingua di Enoch si sciolse, tanto che poté rivolgere distintamente a tutti le seguenti parole:

2. «O cari padri, e voi pure, miei amati figli, guardatemi e stupitevi altamente vedendo me, debole, che sono diventato forte nel Signore, il quale è il mio Dio e il vostro Dio, il mio Padre amorosissimo e il vostro Padre amorosissimo, il mio tutto e il vostro tutto, e certo la mia vita libera, eterna, come pure la vostra! Guardatemi e stupitevi di me, poiché tanta grazia ho trovato al cospetto di Dio, il Quale è il mio solo massimo amore. Egli ha benedetto la mia stirpe fino alla fine di tutti i tempi per effetto della grande promessa! Certo, ancora una volta esclamo: “Guardatemi e stupitevi di me enormemente sopra ogni cosa, perché io ora sono stato fatto imperituro, costituito cioè in modo stabile, e rivestito di un corpo immortale, tanto che perfino la mia carne non sarà soggetta mai più in eterno alla dissoluzione!”

3. O voi padri, e voi figli, questo ha voluto fare ora il Signore a me in presenza di voi tutti. Voi tutti sapete come noi finora ponemmo una pietra per ciascun giorno e per ciascun plenilunio e, quando era trascorso un anno, ammucchiammo le pietre dei giorni e dei pleniluni, e in tal modo erigemmo a ciascun anno un monumento durevole. Vedete, qui c’è più di un giorno, di una Luna, di un anno. Concedetemi dunque di erigere adesso qui, sul posto dove io mi trovo, nel modo più degno, un gran monumento al Signore, il quale in maniera tanto splendida, meravigliosa, e con tanto amore ci ha visitati in Asmahaele e che ora si trova fra di noi e fra di noi vuole rimanere fino alla fine di tutti i tempi, anzi per tutta l’eternità! È già la terza parte del giorno che Egli sta con noi e ci guida amorosissimamente, e a nessuno ancora è venuto in mente di porgerGli una lode maggiore di quanto sia quella reciproca tra l’uno e l’altro. O padri e figli, noi invitiamo per domani, Sabato, tutti i figli al sacrificio che intendiamo offrire al Signore! Vedete? Come vedete, il Signore non si è fatto aspettare da noi, ed è venuto oggi come venne ieri e come è ora fra noi! Ma, ditemi, che cosa è di più: il Signore o il Sabato?

4. Dove c’è il Signore, là è pure il Sabato con Lui! O voi padri, e voi figli, per questo voglio edificare un altare a Colui che si trova fra noi e su questo voglio far ardere un’offerta, poiché a Lui solo spetta ogni onore, ogni ringraziamento, ogni lode, ogni gloria, tutto il sacrificio e tutta la nostra adorazione!

5. O figli, andate dunque, e portatemi delle pietre piatte e pure, ed aiutatemi ad erigere qui un altare, e poi andate a prendermi l’offerta da ardere; che sia un agnello di sette lune, e del legno puro di cedro da accendere al sacrificio! Andate e fate tutto ciò sollecitamente!

6. Ma Tu, o santo Asmahaele, mio Adorato sopra ogni cosa, vorrai in grazia accogliere come gradita a Te questa offerta e nel Tuo Amore infinito vorrai usare verso di me indulgenza se, incitato dal mio amore per Te, ora io faccio una simile cosa!

7. Che cosa sono il Cielo e la Terra al Tuo paragone, e che cosa il misero Sabato? Dove Tu dimori e dove Tu sei presente, là è presente tutta l’eternità e tutta l’infinità, anzi, la gloria senza fine, la santità di tutti i Cieli, di tutti i soli e di tutti i mondi!

8. Tu ci hai bensì vietato di riconoscerTi apertamente prima che a Te non fosse piaciuto; sennonché il mio grande, possente amore per Te, che da Te venne nel mio cuore, m’impose di fare immancabilmente così. Poiché esso mi disse:

9. “Vedi, o Enoch, mediante questo lieve comandamento, il Signore non ha voluto altro che mettere alla prova la forza del tuo amore! Finché l’amore gira dentro modesti circoli, un simile comandamento lo puoi certo osservare, ma quando una volta si è acceso al massimo grado, esso infrange tutte le barriere, si manifesta e corre in gran fretta a gettarsi tra le braccia dell’oggetto amato”. E Tu, ora, il tanto altamente Amato da me e da noi tutti, Tu stesso, che sei questo oggetto dell’amore, vorrai certo perdonarmi un errore contro cui io non posso far niente, quello cioè che, essendo stato preso con tanta potenza dall’amore, non ho potuto fare a meno di confessarTi il mio amore ad alta voce dinanzi al popolo!?

10. O Asmahaele! Accetta in grazia da me e da tutti noi quello che intendiamo offrirTi, e consacra e benedici l’altare, così esso sarà benedetto e consacrato per tutti i tempi dei tempi! Amen!»

11. E dopo che Enoch ebbe finito di parlare, Asmahaele si alzò nuovamente e, rivolto a tutti i padri e ai figli, si espresse in questo modo:

12. «Ascoltate, così è! Enoch procede per la giusta via. Chi così procede, si è scelto la via più breve per raggiungere l’oggetto del suo amore. In verità, chi non cammina per questa via, difficilmente giungerà a Me, ed Io non gli verrò incontro! Ma se qualcuno ha l’amore, e questo è diventato possente nel suo cuore, – vorrà egli forse contare i giorni per raggiungere l’oggetto del suo amore, o non considererà invece ciascun istante come l’istante santificato, nel quale affrettarsi verso l’oggetto che il suo amore ha abbracciato?

13. Vedete, dov’è il Sabato dei ruscelli e dei fiumi? Non è questo Sabato nel mare stesso? E prima di giungere al mare, per i ruscelli e per i fiumi, non vi è pace e non vi è Sabato! E quando un ruscello ha raggiunto il mare, ovvero il mare si è esteso fino a lui, non inizierà allora il ruscello a riposare, quando sarà giunto al mare? O forse vorrà aspettare l’indomani, perché il mare possa venirgli incontro?

14. Ma ugualmente, così Io dico qui: “Io sono venuto a voi, ma nessuno Mi è venuto incontro all’infuori di Enoch”. Io vi diedi un comandamento; voi l’osservaste per il timore di perderMi, senza riflettere che l’amore vero, l’amore puro, non ha mai nulla da perdere, e men che meno poi presso di Me.

15. Voi avete riconosciuto solo pallidamente il divario fra Me e voi, mentre Enoch ha riconosciuto Me. Perciò, caro Enoch, Io benedico l’offerta del tuo cuore e consacro l’altare che tu Mi edifichi! Vedi, in questo stesso punto un giorno la tua stirpe sarà salvata dal diluvio del peccato, e un tuo futuro nipote riedificherà questo altare, e sullo stesso Mi offrirà un sacrificio di grazie! Sii dunque benedetto per tutti i tempi! – Amen!»

 

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Cap. 134

Asmahaele espone una parabola dell’amore

 

1. Dopo queste parole di Asmahaele, che erano state udite molto bene anche da Enos, Maalaleel e Jared, si alzò pure Adamo e con lui tutti gli altri, e tutti volevano avvicinarsi precipitosamente ad Asmahaele, in parte perché spinti da gran timore reverenziale che era il sentimento predominante e in parte dall’amore, che non va mai disgiunto dal timore reverenziale e che, particolarmente in presenza di chi è l’oggetto della venerazione, è molto di rado assente. Solo che Asmahaele disse loro di restare ai loro posti, e così parlò:

2. «Ascoltate, Io vi esporrò una parabola, e voi sarete chiamati a darne un giudizio! Ma la parabola è questa:

3. “Quando il Sole risplende su un buon terreno, quest’ultimo si fende e le fenditure si fanno ampie e profonde per accogliere in sé più profondamente e più intimamente i raggi del Sole e per venirne completamente riscaldate. La sabbia, invece, non si fende mai e si lascia riscaldare soltanto alla superficie. Ma quando il raggio si diparte da questa superficie, anche il calore scarsamente assorbito se ne va. Una cosa simile avviene del sasso: – esso si lascia bensì riscaldare molto fortemente, ma se poi sopravvengono dei venti freddi, abbandona ben presto ogni calore e diventa poi più freddo dei venti stessi.

4. Non in maniera differente vanno le cose quando la pioggia cade dal cielo: – finché piove, tutto è colmo di umidità, ma cessata la pioggia e quando poi cominciano a spirare i venti che depurano e asciugano, la sabbia e i sassi di lì a poco diventano asciutti, e solamente il buon terreno mantiene l’umidità vivificante della pioggia e con essa abbevera il suo mondo vegetale”.

5. E ora scrutate in voi stessi, e vedete se forse i vostri cuori non si trovano nelle stesse condizioni della sabbia e dei sassi!

6. Poiché voi ora, attraverso le Mie opere e le Mie parole e per la testimonianza di Enoch, Mi avete riconosciuto, pure voi vi trovate riscaldati, e perciò siete colmi di venerazione e d’amore per Me, ma qualora Io per voi divenga di nuovo invisibile, dite: – accadrà di voi, poi, come del buon terreno?

7. Io ormai sono da parecchie ore fra di voi; ma chi di voi ha pensato di fare per Me quello che ha fatto Enoch?

8. Certamente voi avete una grande stima di Me, però anche le cime pietrose delle montagne assorbono il primo e l’ultimo raggio del Sole, poiché sono assetate di luce, ma quando alla luce si aggiunge il calore, allora ben presto esse si ammantano di fosca nebbia e di fitte nuvole, affinché la loro neve eterna e il loro ghiaccio eterno non si sciolgano e svaniscano. E così pure il vostro amore somiglia a quello dei vitelli per le poppe piene della mucca madre, alle quali essi corrono e con la testa vi premono su e succhiano finché dentro c’è ancora del latte, ma quando le poppe non vogliono più assolutamente fornire latte, allora il vitello abbandona immediatamente la mucca, e poi non c’è più nulla da scorgere nel vitello che possa somigliare all’amore.

9. Voi ora avete visto come Enoch è stato accolto da Me, e similmente vorreste essere accolti pure voi. Io perciò vi domando: “Mi avete accolto anche voi così come Mi accolse Enoch?”. Vedete, già da principio, Enoch Mi ha accolto per puro amore. – Avete forse anche voi fatto altrettanto?

10. Certamente quando avete visto le Mie opere, allora soltanto Mi avete accolto! Ma pensate forse che ciò sia avvenuto per amore? Oh, vedete, il vero amore non procede così, bensì così procede il vero egoismo che si nasconde nell’intimo! Infatti, poiché Io Mi trovo fra voi, voi vedete anche il grande vantaggio di tutto ciò che si potrebbe ottenere per mezzo Mio, e dunque la Mia potenza infinita vi ispira l’alta reverenza per Me, ed è il vantaggio congiunto all’alto rispetto a suscitare in voi l’amore per Me.

11. Ma quando Io giunsi a voi venendo dalla pianura e dal basso, quale uomo, Mi lasciaste giacere nella polvere dinanzi a voi!

12. Dite: – chi allora Mi accolse in tutto amore e chi non aveva allora in mente di trarre qualche vantaggio dalla situazione?

13. Voi avete certo fatto nel Nome di Jehova l’invito ai figli per la solennità del Sabato di domani, ma credete forse che ciò sia accaduto per amore di Jehova? Oh, voi siete in grave errore; questa cosa l’avete fatta per timore servile, e fuori da questo per il rispetto ispirato dalla potenza infinita di Jehova, e poi ancora, in aggiunta, per la gratitudine suggeritavi dal timore e perciò anche imposta dal sentimento del dovere; gratitudine imposta in gran parte dalla grandezza di Dio!

14. Ma da dove appare qui l’amore puro, quell’amore che, al di sopra e all’infuori di tutto ciò, non costretto da null’altro se non dall’amore stesso, ama sopra ogni cosa fedelmente ed incorruttibilmente Dio in se stesso e così pure in ciascuna opera di Dio?

15. Voi di certo vorreste obiettarMi: “Signore, noi di sicuro crediamo che tu sia l’unico vero Dio, santo, grande, eterno e potente, colmo d’Amore e di Misericordia e di Grazia!”

16. Io però vi dico: “Per chi non crede nel puro amore del suo cuore, la sua fede è come se non ci fosse, e dinanzi a Me non ha nessun valore!”. Voi potete esclamare innumerevoli volte: “O Jehova! Tu grande, maestoso, possente, santo e misericordioso Dio, Signore, Creatore di tutte le cose, caro Padre!”, e così via, ma in verità, Io vi dico che a questo riguardo è molto meglio per voi risparmiare le vostre labbra, i denti, la lingua, il palato, la gola e i vostri polmoni, poiché un tale vano vocìo della fede non giungerà mai ai Miei orecchi!

17. Chi non se ne viene a Me come Enoch e non parla come lui, per lui ogni fatica è inutile; Io in eterno non lo guarderò! E quando egli pregherà, la sua preghiera giungerà ad orecchi di ferro e tutti i cieli saranno sbarrati dinanzi a lui con spranghe di metallo finché dal suo cuore non sarà svanita anche l’ultima goccia di egoismo sotto qualsiasi aspetto.

18. Chi dunque Mi ama così, deve amarMi come una sposa pura ama il suo puro sposo, in modo cioè che siano unicamente i cuori ad attrarsi; tutto quello che è al di sopra o al di sotto di questo è di peso al libero amore; per ciò anch’esso poi non può innalzarsi mai fino al Mio cuore, poiché quello che è sotto l’amore attira il cuore nella profondità limacciosa; d’altro canto quello che sta sopra l’amore, preme su di questo e lo spinge a terra e lo aggrava tanto che esso poi diventa troppo fiacco e troppo debole per potersi mai più rialzare.

19. Dunque, l’amore deve essere puro in modo che esso, non impacciato né costretto da alcuna cosa, possa elevarsi in libertà e con le proprie forze riunite possa volare incontro all’oggetto scelto liberamente da solo, per abbracciarlo strettamente e non abbandonarlo mai più in eterno.

20. Riconoscere Dio corrisponde al destarsi dell’amore, ma con ciò non vuol dire ancora amare Dio; amare Dio invece significa vivere in Lui pienamente.

21. Dunque il riconoscimento non vivificherà mai nessuno, né gli aprirà le sacre porte dell’eterno Amore e con ciò della vita eterna, bensì – e questo è da comprendere bene! – a tali risultati non può giungere che il puro amore per Dio e in Dio, senza sopra né sotto, quindi senza la benché minima idea di un egoistico vantaggio all’infuori di quello del vantaggio del puro amore stesso.

22. Sulla scorta di quanto vi ho detto esaminate i vostri cuori e poi soltanto alzatevi e venite da Me! Amen!»

 

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Cap. 135

La stolta replica di Adamo

 

1. E quando Asmahaele ebbe indirizzato ai presenti questo discorso improntato a grande fervore, vedi, tutti allora furono presi da grave angoscia, e nessuno fu in grado di assistere l’altro con qualche rasserenante parola di consolazione poiché la verità, fin troppo evidente in ciascuno, in questo caso rendeva perfettamente impossibile qualsiasi scappatoia per trarne una ragione di conforto, e quindi subentrò un assoluto silenzio, durante il quale ciascuno litigava col proprio cuore e cercava, fra l’altro, affannosamente una qualche scusante consolatrice. Sennonché il cuore impoverito non poteva crearsi un patrimonio di quel bene del quale esso stesso soffriva la più grande mancanza.

2. Dopo una pausa abbastanza lunga si alzò infine Adamo e disse in tono mite e pacato, ma in pari tempo quanto mai serio:

3. «Asmahaele, chiunque Tu possa essere, o uomo o il santo e altissimo Dio, vedi, in verità, questo mi è ora, come sempre, indifferente! Vedi, io sono ormai caduto sulla pesante via della Volontà divina e non posso più rialzarmi! Io volli sempre procedere per la via giusta e, per quanto mi fu possibile, io cercai pure di evitare ogni intralcio nel quale avrei potuto inciampare; ma non fui io a costruire la Terra con la sua superficie disuguale e seminata di pietre, bensì essa è un’opera di Dio. Se io dunque, malgrado tutta l’attenzione, quale primo uomo, sono qua e là inciampato, dimmi: – può o deve ciascun urto venir posto come un peso mortale soltanto a mio carico? E se il mio cuore è diventato o di sabbia o di pietra, non esiste proprio alcun mezzo per poterlo durevolmente trasformare in buon terreno?

4. E se io sono già un malfattore tanto consumato, dico io: – non c’è più per questo nessuna Misericordia nel cuore di Dio?

5. Poiché, secondo la Tua Parola ammonitrice, ad eccezione di Enoch, non è più possibile a nessuno aver salva la vita dinanzi a Dio!

6. Come si può amare Dio, senza prima farsi una qualche idea di Lui, cioè quanto Egli sia sempre – in maniera immensamente grande, anzi infinitamente grande – differente anche dalle Sue più perfette creature?

7. Ecco, Tu chiedi a noi l’impossibile! Ma se anche nella Tua Perfezione questa impossibilità Tu non la vedi, non puoi fare a meno di ribattere quello che io stesso percepisco, anche troppo chiaramente e precisamente, sul mio conto!

8. Se dunque Tu ora, nel Nome di Dio, oppure quale il supremo Dio stesso, avanzi una così grave pretesa a me e a tutti i miei discendenti, dimmi, non è equo se noi Ti domandiamo di mettere nel nostro cuore, oltre alla Tua richiesta, anche i mezzi con i quali a noi tutti riesca visibilmente possibile offrire garanzia immutabile alle Tue richieste?

9. Che a noi tutti non faccia difetto la buona volontà, speriamo che Tu possa rilevarlo in maniera chiara e precisa da queste mie parole, come anche dal mio cuore! O possente Asmahaele, voglia Tu accogliere, non senza grazia, questo sfogo del mio cuore al quale mi costringe la necessità; chi ha la potenza sempre a sua disposizione può aiutarsi se qualcosa lo opprime, ma all’impotente verme nella polvere non rimane altro che di torcersi morendo, quando lo zoccolo del poderoso cavallo lo calpesta e gli schiaccia a metà il corpo!

10. Oh, considera queste mie parole e pondera bene cosa voglia dire essere una creatura priva di potenza, conscia di trovarsi al fianco di un invisibile Creatore infinito e possente per l’eternità sopra ogni cosa!

11. Vedi, è un rapporto inconcepibile ed inesprimibile; una impotenza che deve essere libera sotto una potenza libera, infinita ed eterna!

12. Soccorrici, dunque, se mai è possibile, invece di calpestarci ancora di più di quanto ora comunque già siamo calpestati! Sarebbe meglio annientarci del tutto che non tormentarci sempre di più! Amen!»

 

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Cap. 136

L’ammonizione di Asmahaele ad Adamo

 

1. A questo sfogo di Adamo, Asmahaele si agitò un po’, e in risposta rivolse ad Adamo, come pure a tutti gli altri, le seguenti serissime parole, eppure immensamente piene d’amore:

2. «O Adamo! Adamo! Grande e potente è diventata la tua stoltezza! Innanzitutto Io interrogo il tuo cuore, poiché sei padre di tutti questi figli e di molti altri ancora che popolano questa Terra. DimMi in cuor tuo che cosa faresti di un tuo figlio che, ad una tua ammonizione istruttiva, grande ed importantissima, riguardo a gravi e volontarie mancanze contro i tuoi sapienti ordinamenti, ti volesse obiettare quanto segue, sia pure con un discorso impostato arditamente e quasi verosimile:

3. “Perché pretendi da me quello che non posso fare? Se non è bene quello che faccio, che colpa ne ho io? Non sono io uscito da te, e non sei stato tu a darmi una vita tanto miserabile e colma di difetti?

4. Se ora io sbaglio, l’errore non va attribuito che a te, per la ragione che sono preceduto da te così e non altrimenti, cioè in modo più perfetto! Accontentati dunque di quello che sono e non esigere da me quello che non può essere! Se però vuoi avermi assolutamente diverso da quello che sono, puoi annientarmi senz’altro e poi generarmi in un’altra e migliore maniera oppure, se una seconda generazione dovesse riuscirti forse impossibile, potresti addirittura rinunciarvi, perché per una vita così miserabile che mi donasti non potrò mai in eterno ringraziarti!

5. Fa’ che quello che era nulla, rimanga nulla in eterno, poiché è meglio non esistere in eterno che condurre vicino a te una vita miserevole e limitata! Ma perché adesso vuoi migliorarmi, considerato che ormai sono qui come sono? Se tu mi avessi fatto meglio, anch’io sarei migliore! Ma dato che ormai sono così, non è tua la colpa se sono fatto così? Perciò migliora prima te stesso, e poi soltanto vedi come vuoi e come puoi venire a capo del mio miglioramento!”

6. O Adamo, dimMi ora quale sarebbe lo stato del tuo amoroso cuore paterno dopo una simile replica di uno dei tuoi figli, e per di più di un tuo figlio fra i principali e primissimi!?

7. Tu hai maledetto Caino pentito. Ma dimMi: – che faresti con un figlio che non solo uccidesse la carne del fratello, ma scagliasse contro di te una maledizione e volesse uccidere il tuo spirito? DimMi! DimMelo, Adamo: – cosa vorresti fare di un simile incorreggibile figlio!?

8. Ecco, ora stai quieto come il sorcio quando ha fiutato il gatto; eppure tu, quale primo figlio della linea principale, hai voluto comportarti dinanzi a Me, esattamente nell’identico modo di obiettare!

9. Per te, Dio e l’uomo sono la stessa cosa! Che cosa importa a te chi sia che parla con te, se un Dio, se tuo padre oppure un altro uomo come te, perché non sei stato tu a crearti, bensì a fare questo è stato un Dio invisibile, a te del tutto sconosciuto! Se Egli ti ha creato in maniera così miserevole ed atto a peccare, che si accontenti anche di averti così come sei, perché è sempre Lui che non ti ha fatto più perfetto e quindi non può pretendere dall’opera mal riuscita che sia meno imperfetta di quanto essa è sorta, con il suo discreto carico di peccati, fuori dalla mano del Suo Creatore in un momento di cattivo umore!

10. Vedi, e fa’ attenzione al tuo cuore se è proprio così che si lamenta!

11. Tu Mi hai rinfacciato la via della Volontà divina, difficile a percorrersi sulla accidentata superficie della Terra, ed hai posto in evidenza la tua buona volontà di camminarvi fedelmente se ciò fosse possibile. Tutta la colpa della tua caduta l’hai caricata sulle Mie spalle, e a tuo dire sono stato Io a commettere l’errore, mentre tu neanche minimamente, perché sono Io che ti ho creato così e non diversamente da così! E se si volesse che tu diventassi altrimenti, dovrebbe venirti fornito un mezzo per darti la possibilità di operare secondo la Volontà divina!

12. Vedi, questa è pure un’asserzione che per il Padre santo e colmo di immense e amorose cure non è certo fonte di alcuna gioia!

13. Tu vai invocando misericordia. Ma cosa potrei fare Io ancora più di così se non venire Io stesso a voi, quale Uomo e quale Padre, e con la Mia Bocca insegnarvi il vero amore e la vera sapienza, e con la Mia mano guidarvi sopra la Terra che è stata posta sotto ai vostri piedi a scopo di prova per la vostra futura e massima perfezione? Non sono forse Io stesso la suprema Misericordia, il supremo Amore e il Mezzo più sicuro e infallibile?

14. Oppure, per corrispondere alla tua richiesta, dovrei Io forse fare di voi delle macchine animate, vale a dire che si muovono?

15. O cieco e stolto che sei! Basterebbe che tu stesso volessi vedere almeno un po’, e allora non ti potrebbe non rendersi evidente la grande perfezione che esiste in te, e per mezzo della quale ti sei posto tanto in alto rispetto a tutti gli altri esseri, tanto che tu puoi perfino peccare volontariamente, ma, d’altro canto, puoi anche procedere volontariamente senza peccato ed agire così come agisce Enoch! E tu Mi rinfacci di essere sorto da Me quale opera sconnessa e mal riuscita?

16. Vedi, vedi Adamo, quanto lontano ti sei nuovamente smarrito dalla tua via!

17. Tu dici che Io esigo cose impossibili da voi. Ma guarda qui, guarda Enoch, guarda qui i sei al Mio fianco, anzi guarda tutta questa grande massa di popolo, e domanda a tutti se le cose stanno o no in questo modo!

18. Io però ti dico che sei tu stesso a voler cercare, onorare e abbracciare un Dio fatto secondo la tua idea, e a voler rendere possibile ciò che è in sé assolutamente impossibile, a voler caricare sulla propria testa tutta l’eternità e a voler cercare un Dio che per te non esiste in nessun luogo; ma il Padre invece tu Lo vuoi misconoscere, disprezzare e fuggire, proprio Lui che, colmo di supremo Amore, ora parla con te!

19. In verità, vicino a un Dio come tu te lo rappresenti e che onori con l’adorazione del Sabato, l’esistenza delle creature sarebbe non solo miserissima, infinitamente più misera di quella del verme calpestato nella sabbia rovente; certamente, te lo dico Io, sarebbe anche assolutamente impossibile da parte del tuo Dio sognato, poiché un Dio talmente imperfetto non soltanto non sarebbe in grado di creare nemmeno qualcosa di raffazzonato e messo malamente insieme, ma verrebbe davvero a trovarsi in condizioni peggiori ancora di quelle in cui ti trovi tu che da solo non sei capace di creare neanche un atomo!

20. Se Io biasimai in voi il vostro stolto indagare e la brama insensata di andare in cerca di un Dio che non si trova in nessun luogo, ed invece vi indirizzai unicamente all’amore del Padre, Padre che Io stesso di eternità in eternità sono stato, sono ed eternamente sarò, dimMi, Io, come Padre, ho forse fatto a voi, che siete i figli, una richiesta ingiusta e impossibile?

21. Vedi, perfino i figli più piccoli adempiono con somma esattezza a questa richiesta indicibilmente lieve, perché essi amano il loro padre sopra ogni cosa senza chiedere – sfoggiando acutezza d’intelletto – al cuore del padre che spieghi loro perché essi lo amano, bensì essi lo amano perché egli è il loro padre! Perciò, dimMi, Adamo, figlio Mio: – hai mai preteso per te di più dai tuoi figli?

22. Dunque, se Io ora, quale unico vero Padre colmo d’Amore, non richiedo di più a te e a voi tutti, e vi tengo lontani da tutto ciò che anche solo in minimissima parte vi rende difficile la vita e che poi gradatamente finisce col trascinarsi dietro l’inevitabile morte – la quale è costituita da una sempre crescente cecità fondata nel proprio volere, cecità che, a causa dell’infinità delle idee, è impossibilitata a raggiungere una meta, così che termina con l’accendersi nell’ira e rinfaccia al Creatore di essere un volgare e capriccioso raffazzonatore e in tal modo si ottenebra sempre più finendo per uccidersi – ebbene, sono forse Io uguale a quel Dio che hai prima descritto?

23. Impara dunque a conoscere meglio il Padre, e riconosci quanto poco e quanto facile sia ciò che Egli ti chiede; e soltanto dopo ciò alzati e vieni da Me e dimMi se Io sono un Dio e un Padre ingiusto! Per ora però rimetti ordine nel tuo cuore e prendi migliore consiglio, poiché Io non sono un Padre che maledice Caino! Comprendilo bene! Amen!»

 

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Cap. 137

Conversione e confessione di Adamo

2 novembre 1841

1. Questo discorso su Adamo, fece il preciso effetto come se la Terra fosse stata immersa nell’incommensurabile mare di fuoco del Sole. Adamo non soltanto era diventato – come si suol dire – molle come la cera, ma si trovò altresì ridotto come un olio finissimo e depurato all’estremo, che è un balsamo prezioso per ferite di ogni genere; per questo egli chiese ad Asmahaele il permesso di fare dinanzi a tutti i figli una nuova confessione, ciò che nella sua qualità di primo padre corporale gli fu anche concesso di tutto cuore tanto da parte di Asmahaele quanto da parte di tutti i figli, ed egli si alzò subito e cominciò a fare, con frasi bene ordinate, la seguente confessione, dicendo:

2. «O immenso, maestoso, potentissimo sopra ogni cosa, santo e amorosissimo Signore, Padre e Dio Jehova, Tu, che ora sei visibile a noi nell’uomo Asmahaele, vedi, fui io a darTi il nome di “Asmahaele”, e Tu, che saggiamente Ti presentasTi come un “senza-nome”, fosti lieto, perché Ti era stato conferito un nome per bocca mia, un nome dei figli di Dio che solo noi già da lungo tempo e stoltamente sognavamo di essere! Allora Tu eri per noi più o meno uno straniero, giacché in Te non ci aveva colpito pressoché nulla all’infuori del Tuo discorso sempre incomprensibilmente ben ordinato nel Tuo modo di esprimerTi a noi, ciechi, discorso che Tu desti ad intendere che Ti era stato insegnato da Abele, mio figlio. Sennonché ora le cose io le vedo sotto il seguente aspetto:

3. “Dalla notte sorge il giorno, e la notte anela al giorno, come il giorno alla notte”. Ma chi è capace, durante la notte, di camminare come di giorno? Invece ciascuno può, quand’è giorno chiarissimo, chiudere i propri occhi, e allora per lui la notte di giorno è più grande della notte reale stessa nel suo centro più fitto!

4. Questo è stato il mio caso, come pure quello di quasi tutti noi, e perciò anche noi non vedevamo nulla, non udivamo nulla né osservavamo nulla, e di conseguenza noi pure non comprendevamo nulla di nulla. In tale nostra generale cecità, noi in primo luogo ti demmo un nome che sarebbe certamente stato maggiormente appropriato per noi tutti, se appunto non fossimo stati sordi e ciechi; infatti, come avresti potuto cercare per Te Colui che Tu stesso eri dall’eternità, che sei e che in eterno sarai?

5. Quando dichiarasti che Tu venivi dalla pianura, vedi, nessuno di noi comprese cosa s’intendeva per la pianura di Lamec!

6. Soltanto ora io, e speriamo anche gli altri, abbiamo molto bene riconosciuto, attraverso la Tua Grazia – ed eterne grazie Ti siano rese – l’orrenda notte e l’abisso immondo che è in noi! E quando di Te dicesti che era stato Abele a condurTi da noi e a scioglierTi la lingua, come avrebbero potuto i sordi intendere tale predizione?

7. Solo ora, dato che hai aperto in noi anche l’orecchio del nostro cuore, comprendiamo e ci convinciamo di quanto orribilmente ciechi e sordi eravamo ancora durante lo splendido mattino di oggi; per questa ragione la Parola del Tuo incommensurabile Amore paterno affluiva incompresa ai nostri cuori e risuonava come la parola di uno straniero, mentre da parte Tua essa era indirizzata a noi più chiara del Sole.

8. Ma per il cieco, che cos’è anche la più fulgida luce del giorno, e per il sordo che cos’è anche il più fragoroso rombare del tuono? In verità, ora soltanto riconosco – e, come detto, speriamo anche gli altri – che chi è contemporaneamente cieco e sordo è come se fosse morto del tutto! Se gli mancasse ancora il senso del tatto, egli somiglierebbe perfettamente a una pietra sulla cui dura fronte battono non percepiti i venti; e, ancora, somiglierebbe a colui che, cadendo sia sul proprio simile o sul molle terreno oppure nell’acqua, non sente e non sa distinguere su che cosa è caduto e che da null’altro è possibile che venga trasformato e convertito se non unicamente dalla potenza inesorabile ed incommensurabile del fuoco!

9. E così pure noi non eravamo che pietre morte cadute su ogni specie di terreno e di abisso. Tu ora ci hai raccolti fuori da tutti gli abissi dell’inganno da noi non percepiti, e ci hai posti dentro l’immenso fuoco del Tuo incommensurabile Amore paterno. E vedi, noi pietre su questo sacro terreno fummo trasformati, venimmo nuovamente colmati di vita, vedemmo e udimmo e comprendemmo! E così pure ora noi riconosciamo che Abele, vale a dire il minimo timor di Dio e l’amore per Te, che abbiamo noi alla maniera di Abele, Ti ha condotto dalla nostra propria bassezza senza nome a noi, morti, sciogliendo in noi la lingua che non riusciva più a chiamarTi ‘Padre’, nello spirito di Verità e dell’eterno Amore!

10. Oh, come dovevamo essere tutti infinitamente ciechi, sordi, insensibili e morti, poiché nessuno si accorse, né poté neanche lontanamente intuire che fra noi era venuto il Sole di tutti i soli, il Fuoco di tutti i fuochi, l’Amore di tutti gli amori, certo, la Vita di ogni vita e la Potenza e la Forza di ogni potenza e forza.

11. O figli, ascoltate ora: “Colui che noi, nella nostra cecità, chiamavamo ancora ‘Asmahaele’, è e si chiama ‘Jehova, Dio, l’Eterno dell’eternità’, ma per noi d’ora innanzi si chiamerà ‘Emanuel’ e, infine, per coloro i cui cuori sono colmi d’amore il Suo nome sarà ‘Abbà, amato e santo Padre’!”

12. O Emanuel, vedi, io non sono degno che Tu faccia a me come hai fatto ad Enoch, che è colmo, fino alla sua più intima fibra, di ogni amore per Te! Tuttavia una cosa concedimi in grazia, e questa cosa è che a me pure e a tutti noi sia dato di poterTi amare di più e sempre infinitamente di più con tutte le nostre forze fino alla fine della nostra vita terrena, e che sia poi concesso a noi tutti di poterTi chiamare in eterno in maniera vivente attraverso questo Tuo amore in noi per Te, e d’invocarTi: Abbà, Abbà, Abbà!

13. O Emanuel! Accogli in grazia questa mia confessione e sii e rimani per noi Abbà, ora e in tutte le eternità delle eternità! Amen!»

 

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Cap. 138

Discorso di Emanuel riguardo alla Sua venuta agli uomini

 

1. Ed Emanuel allora rispose ad Adamo, e con lui pure a tutti i suoi figli, e disse: «Vedi, Adamo, adesso tu hai parlato bene, e quello che hai detto è vivo e vero! Rifletti sul fatto che Io sono venuto stamani a voi e, come sapete, tu e voi tutti che siete a fianco di Adamo, Io dissi di essere un muto schiavo della pianura di Lamec fuggito con l’aiuto di Abele; se nello spirito di verità e di ogni amore la cosa non stesse così, bensì altrimenti, non apparirei Io ora quale un puro mentitore e simile al serpente della Terra che è padre e principe di ogni menzogna e di ogni inganno?

2. Però, come tu stesso fedelmente hai confessato ora, tu eri cieco, sordo e muto ad ogni sensazione, e anche per questo non ti accorgesti di quelle cose che sono dell’Ordine divino eterno. Vedi, se io fossi venuto a voi come Emanuel, dove sarebbe ora la vostra vita?

3. Allora, per questa ragione, Io venni a voi sotto quella forma nella quale voi stessi interiormente vi trovavate, affinché voi, quali freddi Asmahaele, riscaldandovi a Me, avreste potuto trovare l’Abbà-Emanuel!

4. Io fui bensì ieri sera presso di te e ti feci una grande promessa, ma tu Mi riconoscesti soltanto come in un sogno, poiché sabbia ed aride pietre erano ammucchiate intorno al tuo cuore. E già la mattina successiva in te non rimase di Me niente di più di un nudo e freddo ricordo. Io allora preparai Enoch perché fungesse da interprete presso di voi. Però voi non faceste altro che ammirare le sue parole, ma il vostro cuore morto non le comprese. Certo, cercavate tutti quanti e ciascuno voleva essere una saggia guida per l’altro, per potergli mostrare quanta alta sapienza dimorava nel proprio cuore.

5. Ma quando poi la mattina vi immaginavate di mandare tutto a compimento, venni Io a voi come una brillante stella per indicarvi, strisciando nella polvere dinanzi a voi, che anche il vostro cuore era profondamente sepolto nella sabbia; solo che la brillante stella ebbe un bel procedere dal Mattino al Mezzogiorno, dal Mezzogiorno alla Sera e dalla Sera fin qui, e il vostro cuore continuò ancora in segreto a considerarMi un mentitore, e pochi soltanto furono capaci di vedere perfettamente il chiarissimo raggio della stella.

6. Una tigre dovette portarMi al vostro cospetto e dovette con ciò strappare se stessa dai vostri cuori!

7. Vedete, quanto era lucente la stella, e voi purtroppo non scorgeste i suoi chiari e miti raggi!

8. Nella regione delle sette pietre, le cui cime riversano giù a terra l’acqua a ruscelli, il Mite vi insegnò l’umiltà. Voi però eravate ancora sordi e ciechi e il brillare della stella era ancora vano.

9. In direzione della Sera la stella fece sfolgorare raggi ancora più chiari. Lampeggiò e tuonò con veemenza ma soltanto pochi morti risuscitarono e si sciolsero dai putridi lacci. Sennonché il calore del fermento della putrefazione, che veniva a mancare, causò negli altri una sensazione dolorosa tanto che sorse un aspro litigio. E una presunta priorità di sapienza combatté allora contro l’altra, per questo molti ancora non furono in grado di vedere la luce più intensa della stella.

10. La stella vi condusse più innanzi ancora. La sua potenza cacciò da voi la vostra tigre e fece ammutolire il verme del vostro orgoglio, l’antico serpente!

11. Allora voi vi fregaste gli occhi, perché la luce della stella era troppo forte per voi e troppo possente il calore del suo fuoco e in conseguenza a ciò guardaste con occhio bieco Matusalem e Lamech che avevano accolto la stella.

12. Alla fine giungemmo alla parete pietrosa del vostro cuore. Il fulmine e il tuono della stella la fece crollare, e voi vedeste il gran deserto della vostra vita interiore. Voi chiamaste la vita, ma purtroppo non vi fu possibile ritrovala. Ed Io vidi la vostra grande miseria, perciò andai Io e vi riportai la vita in grande quantità!

13. Adamo! Ed ancora la stella ti rimaneva estranea; tu Mi chiamavi ancora come prima, Asmahaele, eppure eri stato testimone di simili segni!

14. Ora vedi e fa attenzione, dato che adesso Mi hai dato un altro nome: quest’ultimo segno diventerà il primo e il primo l’ultimo, e nel futuro ai tuoi discendenti non dovrà accadere come a te, quando Io ritornerò!

15. In verità, coloro che si saranno abituati al tuono e al lampo troveranno la morte nella collera, quando Io alla fine verrò, come sono venuto ora al mattino! Comprendetelo! E ora fate tutto ciò che è dovuto ad Emanuel-Abbà. Amen! – Ma in voi! – Amen!»

 

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Cap. 139

Il grande amore di Lamech per Emanuel

3 novembre 1841

1. Dopo tale spiegazione di Emanuel, tutti i figli e l’afflittissimo Adamo assieme a loro, pervasi da fervido amore, ringraziarono l’Abbà in Emanuel, e tutti tennero lo sguardo rivolto ad Emanuel, e non potevano saziarsi di ammirarLo, quantunque non vi fosse niente di mutato nella Sua precedente figura di Asmahaele. E ciascuno, non escluso Enoch, pervaso da gioia immensa andava dicendo tra sé: ‘Dunque è Egli Colui del Quale già tanto spesso si è parlato e detto che Egli è Dio, l’Eterno, l’infinitamente Potente, il Creatore del Cielo e della Terra e di tutte le cose che esistono su questa, e che Egli soltanto è il vero Padre di tutti gli uomini, ed è pieno di supremo Amore e Misericordia per loro, nonché di suprema, infinita Sapienza!

2. Se Egli lo volesse, non scompariremmo immediatamente noi e tutte le cose, come se esse non fossero mai esistite?

3. E questo Dio onnipotente si trova ora fra noi, l’infinito ed eterno Dio! Dunque, è veramente l’Emanuel!»

4. «Sì certo», andava dicendo apertamente il giovane Lamech a Matusalem, «non vi è alcun dubbio che si tratti veramente di Lui, tanto è vero che io sento che quasi vorrei morire d’amore! Com’è indicibilmente caro, mite, dolce e buono! E tuttavia, quanta nobile serietà traspare da Lui!

5. O padre! Se ne avessi il coraggio, come vorrei correre a Lui, e poi per il grande amore stringerLo tanto al mio petto e non lasciarLo mai più per tutta la mia vita, tanto da poterne e volerne morire!

6. Credi tu, padre, che se io facessi così sarebbe peccato, oppure almeno una scortesia grossolana?

7. Oh, guarda come Egli si intrattiene ora con l’uno ora con l’altro e sempre amorosamente, ma in pari tempo con espressione di grande potenza! Oh, quanto Egli è infinitamente caro!

8. No, padre Matusalem, io non posso più trattenermi; devo, devo correre da Lui!

9. Guarda, Egli aiuta Enoch perfino a mettere assieme e in ordine perfetto le pietre che abbiamo ora portate qui!

10. O padre, vedi; e vedi: Colui che un giorno mediante la Sua possente Parola ha creato Cielo e Terra e tutto ciò che su di questa esiste, ora – oh, quale vista! – aiuta Enoch a edificare quel piccolo altare dei sacrifici!

11. O Dio, Dio mio, Padre mio diletto, quanto sei supremamente buono Tu! Che buon Padre sei!

12. Oh, se osassi! Ma Egli mi appare troppo santo! Sì, certo, Egli è santo, santissimo! Ma il mio amore è troppo potente perché la Sua Santità possa trattenermi ancora dal correre da Lui!

13. Chi può sapere quanto tempo ancora Egli rimarrà con noi? Forza e coraggio, dunque!»

14. E dette queste parole, Lamech voleva infatti precipitarsi verso Emanuel, ma Matusalem, afferratolo per la veste, lo trattenne, dicendogli a mezza voce:

15. «Cosa vuoi fare, o irruento giovane! Pensa prima Chi è Emanuel! Il mio cuore è anch’esso colmo di ardente amore per Lui! Tuttavia Dio non Lo si deve amare come ci si ama tra di noi, bensì con riverenza suprema e nella tacita adorazione del proprio cuore, così si deve amare Dio, e non in una maniera tanto sfrenata!

16. Non hai inteso prima come Egli stesso ha detto di guardare unicamente il cuore e niente altro? Perciò fa’ anche tu quello che è bene secondo la Sua Volontà, e non dimenticarti dell’alto e santo rispetto che, accanto al supremo e intimissimo amore, noi tutti dobbiamo, anzi eternamente dobbiamo a Dio! Amen!»

17. E Lamech allora replicò a Matusalem: «Padre, puoi dire il tuo ‘amen’ ancora mille volte di seguito, se vuoi, ma per questa volta ciò non può servire affatto a calmare l’amore per Emanuel in me! Lamech, tuo figlio, non ti è stato mai ancora disobbediente, ma questa volta egli violerà l’obbedienza e non tenterà di moderare il suo amore, ma seguirà invece l’impulso del suo cuore, perché ora darei davvero mille padri come te per un solo sguardo d’amore di Emanuel!

18. Lasciami quindi andare, e non trattenermi sulla via che conduce al mio Dio e al tuo Dio e al Padre mio e al Padre tuo! E ora anch’io dico “Amen!”»

19. E così dicendo, Lamech si divincolò e corse via a precipizio verso Emanuel.

20. E come egli fu del tutto giunto vicino ad Emanuel, Questi si atteggiò come se non avesse scorto Lamech. Allora un senso di angoscia invase Lamech, frammisto al massimo amore, tanto che egli non si azzardò a toccare Emanuel, e così cominciò a riflettere se forse non aveva errato, non obbedendo a suo padre Matusalem.

21. Ma poi un altro pensiero gli si affacciò, e fu questo: ‘L’amore, l’amore puro incorrotto a Dio, cresciuto e potentemente rinvigoritosi nel cuore, perfettamente disinteressato, – non è questo amore libero e il più nobile e più santo, e molto, molto di più di tutti i riguardi umani e delle esigenze che vi si connettono?

22. Oh, sì! Esso deve significare di più, anzi infinitamente di più, perché l’oggetto che esso ha abbracciato è anche infinitamente di più di tutti gli uomini e di tutti i padri corporali di tutta questa Terra! Perciò...’

23. Ma a questo punto Emanuel si volse e lo guardò, e Lamech ammutolì, sciogliendosi in lacrime d’amore.

24. Ma Emanuel chiese a Lamech, con accento d’immensa dolcezza: «Mio caro Lamech, che cos’hai che sei qui e piangi?»

25. E Lamech, sorpreso, rispose: «O Emanuel-Abbà, come puoi fare a me una tale domanda, Tu, cui ogni più riposto pensiero è noto già una eternità, prima che esso venga pensato da un essere creato?

26. O Emanuel-Abbà! Tu che conosci i bisogni di ogni erba, di ogni granello di pulviscolo solare, a Te certo non sarà sfuggita l’immensa e dolce necessità del mio cuore! O Emanuel-Abbà! Perdonami se forse il mio indomabile amore dovesse riuscirTi increscioso!»

27. E allora Emanuel osservò a Lamech: «Mio caro Lamech, vedi, tuo padre però è rattristato a causa della tua disobbedienza! DimMi ora: – è giusto forse affliggere il proprio padre?»

28. E Lamech rispose: «O Emanuel, io però penso così: ‘Maledetto sia il figlio che causa del male al padre!’. E come Tu sai, io non ho mai meritato una simile maledizione; tuttavia, ora che Ti trovi fra di noi, il nostro vero Padre santo ed eterno, per l’eccessivo, possente e libero amore per Te, non potei più domare il mio cuore, e così avvenne che per questo amore per Te, Padre mio, che mi è sacro sopra ogni cosa, io sono diventato per la prima volta disobbediente, ma anche questa prima volta nella speranza certissima che Tu non vorrai imputarmi ciò a peccato troppo grave, e che otterrai presso mio padre il suo perdono!»

29. Ed Emanuel domandò nuovamente a Lamech: «Lamech! E che faresti se Io volessi invece stimare molto grave questo errore, in modo che Mi trovassi perciò indotto a scacciarti da Me e dal Mio amore e dalla Mia grazia?»

30. E Lamech rispose mestamente e in tono addolorato: «O Emanuel, Tu solo vedi e puoi esattamente giudicare com’è fatto il nostro cuore! Io posso avere errato, però sono cieco, e l’errore non lo vedo, mentre sento solamente, e ora più chiaramente che mai, che io per amor Tuo non soltanto abbandonerei Matusalem, il mio padre terreno, ma anche, come ho già detto, mille padri e il mondo intero accanto a loro!

31. Tu puoi anche punirmi, ma malgrado ciò il mio amore per Te nella sua presente potenza non svanirà da me prima che io stesso non sia svanito dinanzi a Te, o Padre santo!

32. Vedi, o Emanuel, non Ti chiedo nient’altro che Tu mi conceda di amarTi! Tu hai reso Enoch immortale per il suo amore. Vedi, io non Ti chiedo una simile grazia e non ne sono neanche degno, fa’ dunque che io muoia, ma tuttavia che, anche morendo, mi sia concesso di amarTi.

33. O Emanuel, perdona le mie parole, perché non ho colpa se il mio cuore che vive ancora, costringe la mia bocca ad esprimermi così! Che la Tua Volontà sia fatta! Amen!»

34. Allora Emanuel si commosse, e il Suo volto divenne raggiante come il Sole, tanto che tutti si prostrarono a Terra ed Egli alzò gli occhi al cielo ed esclamò:

35. «O Amore, puro, santo ed eterno Amore, Tu hai trionfato e trionfatore rimarrai in eterno! Tu, o cielo, tu, o Sole e tu, o Terra, voi tutti passerete e di voi più non resterà alcuna traccia, anzi passerà ogni magnificenza, ogni maestà e ogni gloria e solo Tu, o santo Amore, resterai e non passerai mai più!

36. Alzati, Lamech! Tu hai vinto; anzi, Io ti dico che hai riportato una grande vittoria! Vedi, tu hai conquistato Me, tuo Dio e Padre! Solamente adesso tu hai Me, e ora ti è lecito e puoi amarMi con tutte le tue forze, poiché hai combattuto con tuo padre e con Me per avere Me, e volevi morire e svanire per avere il Mio Amore. Vedi, ora sono Io il pegno della tua vittoria; ora dunque abbracciaMi a tuo piacimento!»

37. E Lamech allora cinse con le braccia i piedi di Emanuel, e disse: «O Emanuel-Abbà! Ora lascia che io muoia, perché il mio amore ha ottenuto la sua ricompensa, poiché null’altro che questo domandava il mio cuore. Che la Tua Volontà sia fatta! Amen!»

38. Ed Emanuel rialzò Lamech e lo strinse al Suo santo Petto paterno, dicendogli: «Lamech, pensi proprio che potresti morire in questo tuo amore per Me? In verità, cielo e Terra passeranno, ma un simile amore mai più passerà, dato che questa appunto è la vita eterna, indistruttibile, quando qualcuno Mi ama come Mi ami tu!

39. Ora però Io ti benedico, affinché Enoch e tutti gli altri possano pur vedere quanto Io sia fedele in ogni Mia promessa.

40. Un giorno ti donerò un figlio; questi diverrà un salvatore del popolo, e gli animali che egli guarderà saranno risparmiati dalla Mia ira ed egli Mi edificherà di nuovo questo altare che ora Mi ha edificato Enoch.

41. Ma per il fatto che tu ora volevi morire per amor Mio, vedi, questo lo farò Io un giorno per amore della tua stirpe e di ogni carne, affinché tutti possano essere guadagnati alla vita eterna!

42. O Mio Lamech, ora tu rimani con Me ed Io con te in eterno! Amen!»

 

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Cap. 140

Emanuel biasima il ringraziamento insincero di Matusalem

4 novembre 1841

1. Però Matusalem, avendo visto come suo figlio Lamech era stato accolto, se ne rallegrò enormemente e andò perciò da Emanuel, e Lo ringraziò per tanta grazia di cui era stato beneficato suo figlio.

2. Ma Emanuel osservò: «Perché ringrazi per una cosa in cui tu non hai parte? Aspetta finché verrà il tuo turno, allora soltanto, vieni e ringrazia!

3. Non trattenesti prima tuo figlio per la veste, quando egli voleva venire da Me? E avresti provato gioia se Io lo avessi respinto da Me! Ma poiché tale cosa Io non l’ho fatta, anzi ho tenuto Lamech, – ora vieni e Mi ringrazi, contrariamente a come senti nel tuo cuore?

4. Vedi, un ringraziamento di questo genere non è libero, bensì forzato! Tuttavia, chi vuole offrirMi un sacrificio di grazie, il suo cuore deve essere libero come è libero l’amore, essendo il ringraziamento un fiore e un frutto dell’amore stesso.

5. Chi dunque ringrazia in maniera differente da come ama, il suo ringraziamento è pari a un frutto vuoto nel quale non dimora alcun germe di vita!

6. Dunque, anzitutto ritorna sui tuoi passi e crea ordine nel tuo cuore; poi soltanto vieni e sacrifica la tua offerta, affinché Io la guardi e, se sarà senza macchia, allora anche l’accolga! Amen!»

7. E Matusalem si rattristò molto a queste parole, e disse fra sé: ‘O Emanuel, duro e quanto mai difficile è avere a che fare con Te, poiché Tu richiedi da me una purezza di cuore che supera tutto quello che la più alta sapienza umana potrebbe mai immaginare!’

8. Ed Emanuel gli rivolse la parola dicendo: «Matusalem, ora il tuo cuore ha detto il vero, e questo vale di più del tuo intempestivo e bacato frutto del ringraziamento!

9. In verità, i sapienti e gli esperti del mondo avranno sempre da faticare al massimo per trattare con Me, e di Me si scandalizzeranno enormemente! Ma i figli, invece, si trastulleranno con il loro Padre, e al Padre riusciranno sempre e in eterno più graditi i balocchi dei figli che non tutta la sapienza, per quanto compassata, degli aridissimi sapienti del mondo!

10. Comprendi bene quanto ti ho detto e fa’ come ti fu consigliato! Amen!»

11. E Matusalem se ne andò e cominciò ad esplorare il suo cuore e lo trovò colmo d’immondizia; tanto che egli ne rimase inorridito e voleva fuggire e nascondersi in un qualche angolo della vasta Terra.

12. Ma allora immediatamente Emanuel gli attraversò la via e gli disse: «Matusalem, tu vuoi fuggire da Me e vuoi nasconderti dinanzi alla Mia Faccia; Io però ti dico che tu non troverai un luogo in tutto l’infinito dove il Mio Occhio non possa penetrare! Anche se tu andassi fino agli estremi limiti dell’Universo, in verità, tu Mi troveresti sempre!

13. E se tu volessi anche discendere negli abissi del mare, – credi che Io non vi sarò? Oh, tu ti trovi in un immesso errore; vedi, anche ogni creatura del mare riceve il nutrimento dalla Mia mano!

14. O dove vorresti fuggire, in modo che Mi fosse impossibile seguirti, passo per passo, nella tua fuga?

15. Vedi, per questo ogni tua fatica è vana. Rimani dunque dove sei e purifica il tuo cuore, affinché Io possa quindi aiutarti! Amen!»

16. Allora Matusalem rimase e pianse sulla sua stoltezza.

17. Mentre avveniva questo scambio di parole, che in tutti i figli fu causa di grandi mutamenti nei loro cuori, anche l’altare del sacrificio si trovò completamente edificato; e la legna vi era già stata collocata e disposta in croce e l’agnello per il sacrificio era pronto.

18. E allora Enoch, pieno di fervidissimo amore, si avvicinò ad Emanuel e Gli disse: «Signore, Padre amorosissimo di tutti noi, vedi, tutto è pronto! Quando vuoi dunque che Ti venga offerto questo sacrificio per la carne peccaminosa?»

19. Ed Emanuel rispose: «La legna è collocata come conviene, e pure l’agnello per il sacrificio, come si conviene; tutavia Io scorgo che manca ancora una cosa! Perciò, Mio caro Enoch, va’ a prendere quello che manca, giacché è a questo che Io do la maggiore importanza! Io ti dico che senza di questo, il sacrificio non avrebbe alcun valore; va’ dunque e portalo subito! Amen!».

 

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Cap. 141

Enoch incoraggia i padri sull’amore per Emanuel

Predica sull’assurda intercessione

 

1. Ed Enoch comprese bene quello che ancora mancava. E perciò se ne andò ben presto dai padri e nel Nome di Emanuel rivolse loro le seguenti parole:

2. «O padri, ascoltate una parola dalla mia bocca in Nome di Emanuel! L’altare è ormai pronto, ed è un altare sacro e puro dinanzi a Dio, perché è Dio stesso che ha soccorso le mie deboli mani per edificarlo.

3. Su di esso giace, ben disposta e in giusto ordine, la legna grassa del cedro e l’agnello del sacrificio è pure pronto ed attende di essere avviato alla sua sublime destinazione; e così è pronto tutto, tranne una cosa, e questa cosa siete voi, padri!

4. Tu sì, Adamo, che sei pronto, ed Eva pure lo è con te, poiché voi siete una carne. Ma dove sono invece Set, Enos, Kenan, Maalaleel, Jared e tu, Matusalem, figlio mio?

5. Voi siete qui sì presenti secondo la carne, ma in essa batte ancora un cuore assente. E invece questo cuore dovrebbe essere presente nel vero e purissimo amore, poiché è presente qui in maniera visibile e vivente il supremo Amore del Padre stesso.

6. Vedi, o Set, quando io ho aperto la mia bocca, tu fosti sempre il primo ad accogliere con somma gioia ciascuna mia parola come un raggio di Sole apportatore di calore nell’inverno, e fosti pure il primo a tenerla con ogni cura e fermezza nel cuore e a conformarvi anche la sua vita. Ora, però, mentre il Signore stesso si trova fra noi ed insegna e parla con tanto Amore che perfino le pietre più dure potrebbero diventare olio e ogni erba, ogni arbusto e ogni albero tremano per l’immensa delizia e beatitudine dinanzi a Colui che Si trova fra noi e insegna cose tanto sublimi, vedi, ora rimani taciturno, come se il tutto non ti riguardasse neppure in minimissima parte, e invece stai, con occhio avido e pieno di curiosità, in attesa di nuovi miracoli sempre più grandi, per averne un divertimento! Ma per offrire nel tuo cuore al Signore un puro sacrificio d’amore, vedi, per fare ciò sei diventato troppo pigro; ma, per questo fatto, il Signore certo non si glorierà di te. Alzati dunque, prepara il tuo cuore e poi affrettati verso il Signore, affinché Egli ti accolga di nuovo come ha accolto Adamo, Lamech, Abedam, Jura, Bhusin ed Ohorion e molti altri ancora e come siano rese grazie eterne a Lui per questo! – ha accolto infine anche me!

7. Alzati, dunque, affrettati a non perdere la vita, poiché, vedi: – tu sei morto! Sii perciò sollecito e affrettati verso la Vita dell’Amore, finché essa dimora visibilmente fra di noi! Chi non l’afferrerà ora con ogni sollecitudine come ha fatto Lamech, in verità, la perderà in eterno!

8. Sia fatta dunque la Volontà del Signore! Amen! – Amen per te, padre Set!»

9. E Set fu colto da grande spavento, tanto che balzò in piedi e si affrettò verso Emanuel e Gli aprì il suo cuore invocando da Lui Misericordia e Grazia.

10. Ed Emanuel gli disse: «Set, poiché Io ti feci chiamare, tu sei venuto, e perciò puoi anche restare. In avvenire però resteranno soltanto quelli che, non chiamati, verranno, e che in spirito, in verità e amore Mi invocheranno: “Abbà, Abbà, Abbà! La Tua Volontà sia fatta. Amen!”. ComprendiMi bene e sii puro! Amen!»

11. E mentre Enoch si disponeva a rivolgere la sua chiamata anche agli altri, vedi, essi balzarono affrettatamente in piedi e ad una voce esclamarono: «O Enoch, non chiamarci, poiché la tua chiamata è più terribile di ogni morte!

12. Perché, vedi, vediamo dinanzi a noi l’intero cumulo di peccati e perciò non siamo degni della tua chiamata. Va’ tu però dal Santo il cui Nome non meritiamo di proferire, e pregaLo tu per noi, per i tuoi poveri padri morti e per tuo figlio morto Matusalem, che Egli voglia usarci Grazia e Misericordia! Amen!»

13. Ma Enoch rispose loro: «Quali cose insensate lasciate che sfuggano dalle vostre bocche? Credete forse che se da parte mia ci fosse qualcosa da perdonare trovereste presso di me esaudimento prima che non presso Emanuel?

14. Oh, come siete ciechi e sordi ancora! Io che sono l’imperfezione stessa, io che non ho niente e non posso niente, io che per l’infinita Misericordia del Signore sono appena risuscitato nell’amore e nel quale, in aggiunta, anche tutto quanto vi è di buono è assolutamente del Signore, ed è dunque un libero dono immeritato al massimo grado, voi pensate dunque che io potrò essere più misericordioso di Emanuel, di Lui che è la Misericordia suprema e il supremo Amore stesso, che è pieno di ogni Mansuetudine, Indulgenza e somma Pazienza verso ogni debolezza?

15. Oh, ricredetevi, e non vogliate ridurmi a nuovo peccatore al Suo cospetto!

16. Davvero, se anche dipendesse da me fare questo, il mio maggiore beneficio non sarebbe per voi altro che una maledizione, se paragonato ad uno solo sguardo che Emanuel volesse rivolgervi anche con un occhio solo!

17. Aprite dunque i vostri cuori ed affrettatevi verso là dove c’è il Padre! Poiché non sono io che vi chiamo, ma è Lui, il Padre santo ed infinitamente sollecito con tutti; Lui, il supremo Amore, è Lui che vi chiama per mezzo della mia pessima e fiacca lingua!

18. Andate dunque dove in realtà si trovano e in eterno si troveranno Amore, Vita e Misericordia, e non fate mai ricorso alla mia intercessione, bensì rivolgetevi esclusivamente a Colui il cui infinito Amore vi ha fatto chiamare! Amen!»

19. E allora tutti, pentiti della loro stoltezza, si presentarono ad Emanuel e confessarono dinanzi a Lui la loro colpa e vuotarono i loro cuori al Suo cospetto.

20. Emanuel però li guardò e disse: «O figli, perché mai temete il migliore e più amoroso dei padri, e invece non avete nessun timore degli uomini, nei quali tutto il buono proviene soltanto da Me, mentre quanto è loro proprio è soltanto malizia e falsità corruttrici?

21. Credete forse che Io Mi lascerò indurre dagli uomini a fare qualcosa e che vorrò con questo dimostrare che gli uomini sono più misericordiosi di Me?

22. Oppure pensate forse che in Enoch vi sia più amore che in Me, Amore attraverso il quale egli avrebbe dovuto spingerMi a condonarvi il vostro peccato? O stolti che siete! Voi stessi siete padri ed amate i vostri figli, quantunque siate pieni di cattivi principi! Dite: – quando mai uno straniero ha amato i vostri figli più di voi stessi? Oppure: – quale voce preferireste ascoltare? Quella di vostro figlio, o quella di un intercessore, non chiamato, e imperfetto?

23. Ma se voi, uomini pieni di malvagità davanti a Me, agite così, – come potete avere su di Me dei pensieri tanto sconsiderati?

24. Mutate dunque i vostri sentimenti, e pensate che Io soltanto sono il Padre di tutti voi, e che voi tutti siete i figli di un solo Padre e che tramite l’amore avete tutti un diritto su di Lui! Amen!».

 

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Cap. 142

Della libertà dell’uomo

5 novembre 1841

1. E dopo queste brevi parole ammonitrici di Emanuel, Set si alzò e intensamente preso d’amore così si espresse:

2. «O Emanuel-Abbà, perdona a noi tutti la nostra orribile tiepidezza! Infatti, vedi, io e tutti gli altri come me siamo diventati del tutto insensibili e muti per effetto dei Tuoi straordinari ed immensi prodigi. E i discorsi di Adamo e di Enoch, il modo in cui sono stati accolti favorevolmente le Tue parole infuocate e i Tuoi insegnamenti ardenti d’amore, che rapidamente si susseguirono, hanno sovraccaricato il nostro spirito per sua natura alquanto lento, e non ci fu in alcun modo possibile seguire con la nostra mente le magnificenze indicibili uscite dalla Tua Bocca santa. Noi quindi soggiacemmo alla nostra grande impotenza, e in segreto ci rimettemmo ad Enoch, pensando che più tardi avrebbe ben potuto spiegarci ogni cosa, e che noi poi avremmo avuto tempo e modo di comprendere facilmente il tutto.

3. Tuttavia un’altra luce santa, completamente diversa, venuta da Te, ha dimostrato ora a tutti noi che non sono state tutte queste cause ora citate a provocare simili effetti, ma fu invece la nostra pigra volontà a causare in noi una tale deplorevole tiepidezza. Ridesta perciò, o Emanuel, la nostra volontà sempre morta e rafforza con la Tua Grazia i nostri deboli cuori, affinché noi possiamo assimilare in maniera viva quanto è sgorgato dalla Tua santa Bocca e possiamo altresì indirizzare la nostra vita conformemente e in maniera che Tu ne sia compiaciuto! Amen!»

4. Ed Emanuel replicò a Set e con lui a tutti gli altri quanto segue: «Set, vedi, Io vi purifico per amore della verità della tua confessione! Ma la vostra verità è nuda, come voi stessi siete nudi dinanzi a Me; per questo rivestite il vostro cuore di libero amore per Me, per divenire viventi! Perché io posso darvi tutto, eccetto il libero amore del vostro cuore per Me. Questo non lo posso dare a nessuno! E se anche facessi una cosa del genere, cosa sarebbe il vostro amore?

5. Io ve lo dico: “Esso non sarebbe che un impulso estraneo in voi che vi costringerebbe ad amarMi, e di conseguenza ad adorarMi, contro la vostra volontà!”

6. Ma Io vi ho creati per essere uomini liberi e liberi figli, ed ho donato a ciascuno una propria buona porzione d’amore, che suscita e causa la vita in voi. Con questo vostro libero amore dovete abbracciarMi, e così abbraccerete in voi anche la vita!

7. Io ho donato a ciascuno di voi quella quantità per cui ogni parte risulta del tutto giusta e ben misurata per ognuno, perfettamente come in ciascun granello di semente vi è posto un piccolo germe vivente che proviene dall’amore. Quando il seme viene collocato nel terreno, la rugiada d’amore si raccoglie intorno ad esso. Questa rugiada sopprime la carne che racchiude il germe vivente e rende libero quest’ultimo che, una volta libero, comincia ad accogliere in sé avidamente la rugiada d’amore e di vita che lo circonda, e cresce gradatamente e si fa sempre più grande; poi, per la propria energia, spunta ben presto fuori dal terreno e si innalza libero, anelando alla luce del Sole. In tale stato di libertà il seme si irrobustisce, e in simile maniera, infine, dal germe minuscolo e quasi invisibile sorge un albero grande e poderoso, traboccante di vita e perciò anche colmo di molteplice frutto; e ogni vita è, in questo caso, una vita del tutto propria all’albero, attraverso cui esso riproduce il suo simile migliaia di volte.

8. Ora guardate e chiedete a voi stessi se qualcosa di simile non avviene altresì con il proprio libero amore in voi, il quale è un vero germe di vita eterna posto nella vostra carne, che è simile alla materia del grano di semente.

9. La Mia Parola e il Mio Amore per voi sono la rugiada d’amore; ed esse agiscono in voi come con il grano di semente deposto nel terreno. Accogliete dunque la Mia Parola in voi, affinché essa distrugga tutto ciò che avete di mondano, e in modo tale che essa renda poi veramente libero il vostro amore, che è la vera vita eterna! Soltanto in questa vita libera potrete diventare utili alberi da frutto e potrete fare ciò che è della vita per la vita. Frattanto, però, il vostro compito non è altro che quello di rendervi liberi e viventi nel vero amore per Me, affinché soltanto per questa via possiate diventare poi, in verità, viventi in Me e per mezzo di Me, il vostro vero, eterno e santo Padre! Amen!

10. E ora mettetevi a destra dell’altare, e considerate in voi il sacrificio di Enoch, e lasciate che i vostri cuori poveri d’amore si riscaldino alla sacra fiamma del sacrificio! Amen!»

11. Tutti allora fecero secondo la Parola di Emanuel, e si collocarono sul fianco destro dell’altare che era rivolto verso il Mezzogiorno. Sul lato verso iol Matino stavano Emanuel, Enoch incaricato dell’offerta, e gli altri ridestati, e i lati verso la Sera e in direzione della Notte (Settentrione=Nord) rimanevano liberi a disposizione di tutto il resto del popolo.

12. E quando tutto fu così pronto e in ordine perfetto per il sacrificio, Adamo si avvicinò ancora una volta ad Emanuel e, pieno d’intimo e purissimo amore e di massimo rispetto, Gli domandò:

13. «Emanuel, Tu non vorrai già lasciarci subito dopo questa offerta, ma Ti compiacerai in grazia di santificare pure l’offerta sull’alto luogo nel Sabato di domani e di accettarla in tutta grazia? Poiché, vedi, i figli che dimorano verso il Mattino, verso il Mezzogiorno e verso la Sera non Ti hanno ancora riconosciuto! Oh, come sarebbero felici se potessero vederTi in mezzo a noi e ascoltare qualche parola di vita dalla Tua santa bocca!

14. Però, o Emanuel, non la mia, né la nostra volontà sia fatta, bensì sia fatta, ora e sempre in eterno, soltanto la Tua santissima Volontà! Amen!»

15. Ed Emanuel rispose ad Adamo: «Vedi, tu ti dai pensiero di ciò, e la tua cura non è una cura vana, perché sei padre di tutto il libero sangue della Terra, ma una cosa vi è nella tua cura che confina con la vanità della vita esteriore, e questa è la visibilità del Mio Essere, all’occhio materiale, in una Persona simile a voi! Credi che quando Io sono invisibile sia forse per voi meno presente ed un Padre meno sollecito che non quando è possibile vederMi?

16. Vedi, questa è veramente una cosa vana. A te Io dico però che è molto meglio per ciascuno non vederMi nel Mio Essere, ma vederMi solo attraverso l’amore nel proprio cuore! Perché quando sono visibile per voi c’è in ciò una costrizione, mentre la Mia invisibilità, invece, è la libertà della vostra vita. Ora mediante la costrizione nessuno può giungere a vita eterna, mentre ciò può avvenire unicamente per mezzo della libertà, la quale consiste nel puro amore per Me!

17. Colui al quale Io venissi e rimanessi presso di Lui, verrebbe inghiottito da Me, poiché la fiamma del Mio Amore è troppo infinita per essere sopportata da un essere ancora mortale e creato solo per l’immortalità. Ma se qualcuno viene a Me liberamente, avendoMi prima cercato nel proprio cuore, vedi, costui si è saldamente costituito e si è pure rinvigorito, in modo che Io non l’inghiottirò più, ma invece lo accoglierò per la contemplazione eterna della Mia Infinità e per bearsi eternamente e liberamente agli effluvi del Mio infinito Amore e Grazia!

18. Tuttavia Io esaudirò la tua preghiera, e anche domani tutti i tuoi figli potranno per un momento vederMi ed udirMi. Comprendi bene! – Amen!»

 

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Cap. 143

L’inizio del sacrificio – Le parole ammonitrici infuocate di Lamech

Della mansuetudine e della pazienza

 

1. Allora Adamo ringraziò Emanuel con tutto il fervore del suo cuore per la grande Grazia promessa e poi si ritirò tornandosene al posto di prima.

2. Dopo di ciò, si fece innanzi Enoch e disse ad Emanuel: «Vedi, Abbà-Emanuel, Tu che sei santo, santissimo! Ora sarebbe tutto pronto; se Ti fosse gradito, ora vorrei mettere fuoco sull’altare ed offrirTi per tutti noi l’agnello e la frutta»

3. Ma Emanuel gli rispose: «Enoch! Vedi, Io non ho né fame né sete e tu con il sacrificio non puoi saziarMi, però a Me l’offerta più gradita è un cuore pentito e afflitto, che Mi cerca e che sopra ogni cosa Mi ama!

4. Sennonché, considerato che tu hai già edificato l’altare, vi hai posto la legna ed hai approntato l’offerta, allora puoi deporre questa sull’altare e sacrificarla a Me! Amen!»

5. Ed Enoch fece il tutto secondo la Parola di Emanuel e collocò anzitutto l’agnello vivo sulla legna che non ardeva ancora, e lo scannò sull’altare.

6. Adamo però fece l’osservazione che non si addiceva versare il sangue dell’agnello sull’altare.

7. Ed Emanuel allora ribatté ad Adamo, dicendo: «Adamo! Non ti curare di quello che fa Enoch, poiché non è a te, bensì è a Me che egli offre il sacrificio! E vedi, per Me la cosa va bene! Perché dunque non dovrebbe essa essere in ordine anche per te?

8. Ma Io ti dico anzi che, in segno del Mio compiacimento per il modo usato da Enoch nel sacrificio, l’Altissimo offrirà un giorno all’Altissimo il Suo Sacrificio supremo appunto in questa maniera! Comprendi bene! Amen!»

9. E Adamo, un po’ sconcertato, obiettò in un certo modo chiedendo: «O Emanuel, c’è dunque all’infuori di Te, che sei l’Altissimo, ancora un altro Altissimo? O come è da intendersi questa cosa?»

10. Ed Emanuel gli rispose: «Io dissi, e ora lo dico a te: “Al di là della carne ci sono molte cose ancora nascoste, ma queste, nella tua carne, non potrai mai vederle!”. Infatti, il maestro della carne è il tempo, ma lo spirito le riconoscerà quando egli farà ritorno là da dove si è originato. Amen!”»

11. Dunque ormai l’agnello era già scannato, ed Enoch prese le pietre e le sfregò con forza l’una contro l’altra, tenendole su della paglia secca cosparsa di polvere di resina asciutta, ma per quanto Enoch fosse solitamente molto abile ad accendere il fuoco, questa volta la cosa non voleva riuscire, e perciò si rivolse subito ad Emanuel e gli disse:

12. «O Signore, Abbà-Emanuel! Vedi, questa volta non posso ottenere del fuoco. Oh, concedimi che la cosa possa riuscirmi!»

13. Ed Emanuel rispose a Enoch: «Vedi, Mio diletto Enoch, se il fuoco non ti obbedisce, non puoi esserne che contento, poiché è meglio essere un signore del proprio cuore che non un abile artefice del fuoco! Così a Me è pure più gradito chi Mi innalza il proprio cuore, di chi mediante la sua parola e per effetto dei suoi discorsi infuocati ha convertito a Me migliaia di persone, ma in se stesso è rimasto un’offerta fredda, sotto la quale non si trova alcuna fiamma d’amore, bensì solo fredda sapienza.

14. Tuttavia, se a te non riesce di fare del fuoco, vedi, noi troveremo subito il rimedio! Dà i mezzi per accendere il fuoco al giovane e robusto Lamech! Sotto le sue mani, che sono più vigorose, le pietre daranno bene quello che hanno rifiutato a te. Tu invece rimani qui presso di Me, e lascia la cura del fuoco a Lamech! Amen!»

15. E subito Enoch, lietissimo, consegnò le pietre focaie a Lamech e questi le prese e le sfregò l’una con l’altra con tanta energia, che produsse del fuoco in quantità tale che non solo la paglia immediatamente si accese, ma il fuoco si appiccò direttamente alla legna e alla vittima, divampando d’un tratto in chiare fiamme.

16. Tutti però si meravigliarono per l’abilità dimostrata da Lamech. E Lamech, quando ebbe inteso tali espressioni di lode da parte dei padri e del popolo, si volse di scatto verso di loro e con grande veemenza così parlò:

17. «O padri e fratelli, siete di nuovo già fuori di senno che porgete a me una lode? Ma chi è allora Emanuel? Chi possiede il fuoco e chi lo dona?

18. Oh, in verità, se non foste miei padri e miei fratelli, sarei portato a tacciarvi di cieca stoltezza! Rendete dunque lode e gloria a Colui cui tutto ciò compete! Non sapete a chi compete ogni lode e ogni gloria? Se non lo sapete, allora posso dirvelo io che tutto ciò spetta unicamente a Dio, perché Egli solo è ed era e sarà eternamente santo! Amen! Capitelo bene. Amen!»

19. E subito Emanuel si volse verso Lamech e osservò: «Ascolta, o Lamech, sfregando hai fatto scaturire quasi troppo fuoco!

20. A te non sarebbe bene affidare il fulmine e i tuoni, perché sotto la tua reggenza la Terra dovrebbe in breve tempo risultare del tutto come vetrificata, o dovrebbe apparire come quei luoghi dove il raggio più intenso del Sole fonde la sabbia dei più profondi ruscelli e poi ricopre le loro rive di una sostanza vitrea e trasparente all’esterno, ma appunto perché questa accoglie e fa passare la luce solo esternamente, sotto il vetro si fa poi tenebra e freddo più che non là dove la sabbia, ancora nuda, offre la sua arida fronte ai raggi del Sole. E senti: – sul vetro non crescerà mai in eterno alcun frutto!

21. Quindi ci vuole dolcezza, calma e pazienza in tutte le cose, in ogni parola e in ciascuna azione, poiché la dolcezza, la calma e la pazienza sono i migliori concimi del terreno! E se poi qualcuno vi sparge una buona semente, questa germoglierà e renderà infine a te e a Me un raccolto abbondante!

22. Chi lavora di spada e di randelli e fulmina e tuona, costui ferisce e non di rado uccide, e sul suo campo ben poca frutta farà la sua comparsa.

23. Chi invece è sempre pieno di dolcezza, ed è calmo e paziente, egli innaffia le piante del proprio campo quando i possenti raggi del Sole inaridiscono il terreno.

24. E ora, Mio caro Lamech, giudica tu stesso su quale campo già tra breve tempo si renderà visibilmente manifesta la pienezza della benedizione!

25. Sii dunque tu pure sempre dolce, calmo e paziente di fronte a chiunque; così facendo radunerai intorno a te i cuori e spargerai su di questi la benedizione della vita! Comprendi bene! Amen!»

 

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Cap. 144

Benedicendo l’offerta, Emanuel pronuncia parole di congedo

Una promessa per il Golgota. Della magnificenza della libertà spirituale

 

1. E Lamech riconobbe il proprio errore e andò da Emanuel e poi anche dagli altri padri e con il cuore pieno di commozione domandò a tutti perdono. E tutti i padri se ne rallegrarono e non tralasciarono di far tesoro della infiammata ammonizione di prima.

2. Poco dopo, Emanuel guardò di nuovo all’offerta di Enoch e la benedisse dicendo: «Io, Abbà-Emanuel, veramente non trovo compiacimento in un simile olocausto, bensì solamente in colui che di puro cuore l’ha preparato per Me; tuttavia benedico questo olocausto per ricordare in anticipo un altro olocausto, che un giorno sarà offerto per la vivificazione di tutti i morti e di tutti i viventi. E così, anche per tutti i tempi che verranno fino alla fine di tutti i tempi. Ora la cosa resti limitata all’agnello e al pane! Amen!

3. (Continua Emanuel:) Guai però a coloro che vorranno apportarvi qualche cambiamento. In verità Io vi dico che essi il loro olocausto non l’offriranno a Me, bensì all’immondizia del mondo e mediante la loro offerta diventeranno simili a ciò a cui avranno offerto l’olocausto!

4. E vedi, Enoch, Io ho benedetto il tuo olocausto in modo che esso è divenuto un olocausto vivente; perciò un giorno da questo agnello arso dalla fiamma sorgerà un grande, vivente e possente Agnello del mondo, il Quale prenderà sulle proprie spalle tutte le debolezze della Terra ed aprirà a ogni carne le porte della vita eterna, le quali non si chiuderanno mai più! Amen!

5. Io non vi do più alcun comandamento, bensì vi rendo liberi da qualsiasi legge. I comandamenti sono necessari solo per fat fronte a servitori indolenti. Chi vive secondo i comandamenti è un morto schiavo che vuole continuamente essere giudicato in ogni suo operare e non ha alcuna libertà nel proprio cuore. Quando egli lavora, allora lavora soltanto perché il lavoro gli è stato comandato, perché senza il comandamento non avrebbe mai ritenuto necessaria un’attività. Quando egli ama, ama perché l’amore gli è stato ordinato, però il suo cuore non sente veramente la necessità e la santità dell’amore stesso e della vita eterna che proviene dall’amore, bensì solo la costrizione dell’amore. Ma perché avviene ciò? Perché egli è uno schiavo in tutte le cose, dalle profondità del fango!

6. Invece il cuore dell’uomo libero batte liberamente, e il suo polmone respira liberamente, e nessuna legge che limita la vita turba il vigoroso circolare del sangue nelle sue vene, poiché il libero amore per Dio lo rende figlio dell’Altissimo.

7. Ora, chi è un figlio dell’Altissimo è ancora un figlio degli uomini?

8. Ma dato che egli è un figlio di Dio, non ha in sé quello che è sempre santo e perfettamente simile a Colui che è suo Padre, quindi divino e perfettamente libero?

9. E perciò, a voi tutti che possedete un cuore libero e Mi amate col vostro cuore libero, ora Io proclamo che pure voi siete dèi, come lo è dall’eternità il vostro Padre santo, liberamente da Sé e per Sua propria, eterna e santa Potenza.

10. Vedete, per queste ragioni Io non vi do alcun comandamento, ma vi mostrai e vado mostrandovi ancora ed unicamente, solo l’amore per Me: – il vero libero e vivente amore, l’unico vivificante come sorgente prima di ogni vita e di ogni essere! Faccio questo affinché vogliate farne uso nello spirito e in tutta verità, per rendervi completamente viventi, quale unico mezzo per giungere alla comunione con Me.

11. E neppure vi dico che dovete fare questo o quello, bensì che potete liberamente farlo se ciò vi aggrada! Anzi, questi Miei insegnamenti non siete chiamati a seguirli nemmeno per amore alla vita, bensì per libero amore di Me, ed unicamente per amore dell’amore e, con ciò, anche per amore di Me che, unicamente, sono il vostro Padre amorosissimo!

12. Vedete, dato che Io vi amo perché siete Miei figli, così anche voi dovete amarMi per il fatto che sono vostro Padre!

13. Ma come voi amate Me, appunto così voi pure dovete amarvi vicendevolmente tra di voi, quali fratelli e sorelle! Nessuna cosa deve mai poter fare opera di corruzione su di voi e farvi deviare da questi principi; ma fratello, sorella, padre e madre, sia tutto incentivo a destare in voi il libero amore!

14. Ciò che voi potete dare, in cambio del Mio eterno Amore paterno, a Me che da nessuno ho bisogno di qualcosa, deve trovarsi anche nei vostri cuori verso di Me e verso tutti; e allora voi, come Me, sarete viventi fuori da voi mediante l’uso libero e giusto del Mio libero Amore in voi, e tramite questo vivrete, come Me, in modo eterno ed indistruttibile.

15. Se rimarrete così, la potenza del serpente si terrà lontana, e nessuna macchia offuscherà e renderà impuri i vostri cuori. Chi però vuole essere uno schiavo del mondo, può pure esserlo per sempre. Per tale uomo, Io non ho nessun comandamento!

16. Nondimeno, quale uomo, egli deve almeno sapere che Io per causa sua non sovvertirò il Mio Ordine eterno! La vita non esiste in nessun’altra cosa se non nel libero amore per Me, e all’infuori di tutto ciò c’è dappertutto l’eterna morte!

17. E tu, Mio diletto Enoch, sii d’ora innanzi il Mio primo sacerdote, e il tuo amore sia il fondamento della prima e più pura chiesa di questa Terra!

18. Quando tu domani celebrerai il sacrificio, Io verrò a te e ti metterò sulla lingua le parole che annuncerai dinanzi a tutti i figli. Il Mio amore, la Mia grazia e la Mia benedizione siano con voi! Amen!». E dette queste parole, Emanuel scomparve agli occhi di tutti.

 

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Cap. 145

Le disposizioni di Adamo per l’imminente Sabato

8 novembre 1841

1. E quando già tutti i padri e tutto il popolo che li circondava ebbero constatato che Emanuel non si trovava più fra loro, ma che invece era corporalmente scomparso come se di Lui non fosse mai esistito nulla, tutti ne rimasero afflitti ad eccezione di Enoch, e furono scambiate fra loro unicamente poche parole. Solo quando il Sole si trovò molto basso sull’orizzonte, Adamo si riebbe e disse:

2. «O figli, ora che tra noi non si trova più visibilmente Colui che è Jehova, Abbà-Emanuel, santo, santissimo, – cosa ci resta da fare qui ancora?

3. Pertanto, andatevene dai figli ed invitateli per il Sabato di domani, poi ritornate immediatamente qui, affinché noi possiamo partire solleciti, affrettandoci verso la nostra patria sulle alture!

4. Ma voi, Jura, Bhusin ed Ohorion e tu pure, Abedam, potete d’ora innanzi restare in mezzo a noi, se così vi piace! Tuttavia, come adesso avete appena appreso chiaramente dalla bocca dell’Altissimo che ciascuno è perfettamente libero, così allo stesso modo siete liberi anche da parte mia che sono il vostro padre terreno. Quello che desiderate, così anche lo potete fare, e non dovete temere di perdere, o forse di guadagnare qualcosa, facendo in un modo piuttosto che nell’altro, bensì in ogni vostra decisione vi sia di guida soltanto la libera volontà. E la Parola del Signore e il Suo eterno Amore vi conducano per ogni via e per ogni sentiero, e siano il tutto della vostra vita! Amen!»

5. E subito Enos, Kenan, Maalaleel e Jared andarono ed invitarono i figli della Mezzanotte a recarsi sulle alture per essere presenti al sacrificio, l’indomani, il Sabato.

6. Jura però parlò così ad Adamo e disse: «Vedi, padre, è stata una gioia indicibile per noi tutti il fatto che ci hai invitati presso di te concedendoci di rimanere con te sulle alture, ma qui una domanda si rende necessaria e cioè di che giovamento siamo ora noi sulle alture consacrate, e cosa dovrà avvenire dei nostri figli.

7. Enoch è ormai tra di voi un sacerdote vivente del Signore. Vedi, i nostri figli non hanno nessuno che sia stato destato all’infuori di noi; dunque noi intendiamo essere per loro, seppure non in un senso tanto perfetto, ciò che, da parte di Emanuel, è ora Enoch per voi, e dopo di voi anche per noi tutti.

8. Tali cose le metteremo a profitto per tutto il tempo della nostra vita, per questo anche noi verremo non di rado sulle alture e resteremo in mezzo a voi attingeremo nuovo calore e nuova luce per noi e per i nostri figli. E perciò ora rimaniamo qui, ma domani, molto prima ancora dell’alba, vogliamo intonare dinanzi alla tua capanna un cantico del Signore! Amen!»

9. E Adamo replicò: «Così sia e con la Benedizione del Signore vi accompagni e vi rafforzi pure la mia benedizione e quella di tutti noi! Amen!»

10. E dopo di ciò egli si rivolse ad Abedam e gli domandò quali fossero le sue intenzioni.

11. E Abedam, con grande dolcezza, gli fece conoscere la sua decisione, la quale era perfettamente identica a quella di Jura. E Adamo, nonché tutti gli altri, lo lodarono per la sua fedeltà, ed Enoch gli si avvicinò e così gli parlò:

12. «Ascolta, o Abedam, la via ti è conosciuta! La Volontà del Signore è tua, e il Suo Amore è soggetto a te. I tuoi figli sono ancora tutti ciechi. Vedi, non per nulla il Signore ti ha destato: affrettati dunque ad andare dai tuoi e porta loro la lieta novella, e non tenere nascosto niente, e racconta ad alta voce e con potenza d’amore tutto ciò che il Signore ha fatto per tutti noi!

13. Abbi i miei saluti, o caro fratello nel Signore e in Adamo, ora e in eterno! Amen!»

 

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Cap. 146

L’incontro di Abedam con lo straniero

 

1. Ben presto Abedam fra molte benedizioni abbandonò il sacro luogo e si avvicinò sollecitamente ai suoi, con la provvista completa dei più splendidi tesori celesti. E mentre egli, tra sublimi pensieri e pieno d’amore per il Signore, così procedeva in senso inverso per quella stessa via che tutti avevano prima percorso in maniera tanto meravigliosa venendo dalla direzione della Sera, ecco che nel luogo medesimo dove tutti avevano fatto sosta e dove egli, quale unico compagno di viaggio di Asmahaele, si era trovato al Suo fianco, s’imbatté in un giovane robusto che gli domandò:

2. «Dove vai ad ora così tarda del giorno? Vedi, il Sole già tocca l’orlo dei monti e la Luna è lontana ancora con la sua luce. Aspra è la via e colmo di pietre è il sentiero. Odi, Abedam, io ho inteso che presso i figli della Mezzanotte devono essersi verificate grandi cose al cospetto di tutti i padri! Io vorrei recarmi là, per vedere anch’io qualcosa di tali cose, ma particolarmente per vedere i padri rinvigoriti. Non vorresti dunque ritornare sui tuoi passi e condurmi là?»

3. E Abedam non si perdette in lunghe riflessioni, e domandò allo straniero:

«Oh, certo, farò volentieri e con gran gioia quello che mi chiedi, se però hai un qualche nome, non vorresti farmelo conoscere, affinché possa poi presentarti ai padri?»

4. E a sua volta lo straniero gli domandò la stessa cosa e gli disse: «Se tu mi dici il tuo nome, anch’io ti dirò il mio, e ti dirò ancora qualcosa del tutto differente; però dimmi prima il tuo nome!»

5. E Abedam rimase stupefatto e disse allo straniero: «Come puoi chiedermi il nome, se l’hai pronunciato, per l’appunto, quando mi fermasti pregandomi di rifare il cammino per condurti là dove poco fa si sono svolti avvenimenti tanto grandi e inauditi! Vedi: – come devo comprendere la tua domanda?»

6. Ma lo straniero replicò: «Vedi, Abedam, tu giungi in questo punto dal luogo sacro dove cose tanto grandi sono accadute e dove certamente anche tu fosti fra i destati! Ma tu, che pure sei fra i destati, come puoi non comprendere questa facile domanda?»

7. E Abedam rimase completamente sconcertato e non sapeva cosa avrebbe dovuto rispondere allo straniero.

8. E lo straniero gli chiese nuovamente quale fosse il suo nome. E Abedam, interamente fuori di sé per la meraviglia, sentendo che lo straniero continuava a chiamarlo per nome e d’altra parte insisteva per conoscere il nome di Abedam, infine gli rispose:

9. «Ascolta, come tu mi chiamasti, così mi chiamo, e non ho nessun altro nome all’infuori precisamente di questo che tu mi desti e che Adamo ed Emanuel mi diedero!»

10. E lo straniero, guardandolo con sguardo acuto, gli disse,: «Vedi, Abedam, ora sono contento perché tu mi hai detto qual è il tuo nome! Perché, vedi, io ti ho ben già dato da principio il nome, solo che questo, essendo un nome datoti da me, non era il tuo nome, bensì il mio nome in te, che ti fossi così chiamato o no. Ora questo nome è tuo e anche mio, e così hai appreso contemporaneamente il tuo nome e il mio, e adesso puoi tranquillamente condurmi dov’è mio desiderio andare!»

11. Ma non fu poca la meraviglia di Abedam sentendo che lo straniero si chiamava anch’egli precisamente con il suo nome, e cominciò subito a rifare la strada in sua compagnia.

12. Strada facendo però Abedam chiese all’altro Abedam: «Dimmi, se lo vuoi: – da quale regione sei venuto ora fin qui e per mezzo di chi hai saputo quello che si è svolto nel paese della Mezzanotte?»

13. E lo straniero rispose: «Per quanto riguarda la tua prima domanda, io vengo direttamente dal Mattino; ma riguardo alla seconda, ti racconterò una brevissima storiella:

14. “Vedi, un padre della regione del Mattino – certamente ricchissimo di figli e di amore per loro – era rimasto per lungo tempo spettatore di come i suoi figli andassero dilettandosi di ogni tipo di cose utili, ma più ancora di quelle dannose. Però il saggio padre aveva disposto tutto in modo tale che nessuno dei figli fosse in grado di accorgersi della sua presenza. Solo che, dopo un tempo non lungo trascorso in simili trastulli, i figli cominciarono a traviarsi in modo che a mala pena ne rimase uno che volle mantenere puro il suo cuore per amore del padre che non era visibile. Quest’unico figlio ammoniva pur con ogni cura e costantemente tutti i fratelli più anziani, ed essi ascoltavano veramente di buon grado la sua parola, ma nessuno voleva convertirsi proprio di tutto cuore.

15. Allora il padre prese la decisione di assumere una forma tale da non essere riconosciuto e di avvicinare così i figli come se egli venisse quale straniero dalle pianure.

16. I figli sì lo accolsero, ma non con amore. Essi lo accolsero per la mediazione di quell’unico figlio, però solo come uno straniero, perché, essendosi il loro cuore traviato nella stoltezza e nelle cure del mondo, anche i loro occhi erano diventati ciechi e i loro orecchi sordi, in maniera che non riuscivano a riconoscere il loro padre.

17. Ma come poi il padre si fu gradatamente dato a conoscere con l’azione e la parola, i figli si sentirono colti da timore ed angoscia e pochi poterono sopportare la sua vicinanza.

18. Ed avendo il padre osservato quanto immaturi erano ancora i suoi figli, li riscaldò tutti con il suo amore, tanto che si volsero a lui e lo lodarono e glorificarono. E il padre li rafforzò tutti, li benedisse e poi li lasciò per un breve tempo allo scopo di metterli alla prova”.

19. Questo padre, allontanandosi dai suoi figli, venne da Me e Mi comunicò ogni cosa; perciò Io ora sono qui per constatare come sono i figli e quello che fanno in assenza del loro padre.

20. ConduciMi dunque al luogo sacro! Amen!».

 

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Cap. 147

La conversazione di Abedam con Abedam lo straniero

9 novembre 1841

1. Però quando Abedam ebbe appreso tali cose per bocca dello straniero, la meraviglia in lui cominciò a farsi quanto mai grande, e disse:

2. «Ma, o mio stimatissimo Abedam, questa è appunto la storia dei figli delle alture, i quali sono i nostri padri della discendenza principale!

3. Il Padre si chiama Emanuel, Abbà e Jehova, Dio l’Altissimo, santo, santissimo!

4. Oh, dimmi, se ti aggrada: –  dove hai incontrato questo Padre santo, e che aspetto aveva e da che parte se ne è andato lasciandoti?

5. Oh, dimmelo, te ne prego, perché vedi, i miei occhi e i miei orecchi furono testimoni di tutto quanto si è verificato nel percorso dalle terre della Sera fino a quelle verso la Mezzanotte, e mi fu concessa inoltre la grazia suprema, inesprimibile, pur essendo io il più indegno di tutti, di camminare continuamente al Suo fianco!

6. O amico Abedam, quale beatitudine in questa occasione abbia goduto io, povero peccatore, non potrebbe descrivertela minimamente neppure il più alto fra gli angeli, facendo uso del più ardente linguaggio!

7. Certo, questo soltanto posso dirti: – che durante questo breve tratto di tempo, io stesso ho provato forse più sublime beatitudine che non il più alto degli angeli in una eternità!»

8. E allora così lo straniero l’interpellò: «Ma cosa è stato veramente a procurarti una felicità così intensa, perché tu abbia a stimare al paragone, quasi nulla, la beatitudine degli alti e liberi angeli?»

9. E Abedam rispose: «O mio caro omonimo, vedi, io sono sempre stato di un carattere del tutto particolare, e in seguito a questa particolarità mi è causa della massima beatitudine precisamente quello che invece potrebbe forse turbare migliaia di persone! E questa strana particolarità consiste nel fatto che io mi sento felice al massimo quando mi trovo accanto a qualcuno presso il quale percepisco sempre più, in via assoluta e nell’intimo del mio cuore, la mia perfetta nullità di fronte al suo tutto; per la qual cosa mi è anche gradito non vedere mai nessuno come inferiore a me, bensì sempre, e per quanto ciò sia possibile, sopra di me. E quindi la mia massima è questa: “Beata è l’umiltà del cuore, e la impotente debolezza è la più grande ricchezza del verme!”

10. Poiché, se il verme fosse forte in tutta la pienezza di vita, come potrebbe dolersi quando viene calpestato! Invece la sua debolezza e la continua impotenza della sua vita fanno diventare forse il gaudio supremo della sua vita, quello che a noi appare doloroso.

11. Per quanto io non sia tale da conoscere la natura dei vermi in maniera uguale a Colui che li ha creati, tuttavia la cosa a me sembra così, poiché sento la massima beatitudine appunto trovandomi premuto da tutte le parti.

12. Ma ora, mio caro omonimo, ti prego cortesemente di rispondere alle mie tre domande di prima, purché tu lo voglia! Amen!»

13. Ed Abedam, lo straniero, gli rispose: «Vedi, mio caro Abedam, considerata bene la cosa nella sua vera luce, dimmi: – a che cosa potrebbe ormai più giovarti la risposta alle tue tre domande?

14. Vedi, la mia massima e il mio principio sono questi: “Se tu con una parola non puoi essere di utilità al fratello, lascia che la lingua riposi, e muovila soltanto allora, quando puoi essere d’aiuto al fratello!”

15. Vedi, in conseguenza di questa mia massima, io preferirei piuttosto restarti debitore della risposta! Sei contento così?»

16. E Abedam gli obiettò: «Veramente, mio caro amico Abedam, da un lato sono contento, perché da ciò riconosco che la mia volontà è soggetta alla tua, e questo mi fa bene; dall’altro lato, però, dato che ormai amo sopra ogni cosa questo Padre santo, che tanto io che tu conosciamo, il mio cuore è riempito di grandissima brama di trovarmi costantemente presso di Lui, o almeno di parlare continuamente di Lui, di amarLo, di lodarLo e di glorificarLo sopra ogni cosa e, quale Santissimo, di adorarLo, nonché, come nella presente occasione, cercare di sentire raccontare da qualcuno l’una o l’altra cosa di Lui. Ora, vedi, per effetto di questa intensissima e vivificantissima brama del mio cuore non sono contento che tu non voglia darmi risposta a ciò che ti ho domandato! Per quanto concerne la tua massima, puoi farlo senz’altro senza alcun timore, perché non è possibile che così facendo tu agisca ai danni del mio cuore, bensì non potrai che arrecare a questo cuore che un infinito vantaggio. O non è forse ogni azione e ogni parola di massimo profitto per i nostri fratelli soltanto quando abbiamo operato per i loro cuori e ai loro cuori abbiamo parlato?

17. Vedi, questa cosa non è forse né giusta né concordante con la tua massima davvero nobile e bellissima?

18. Dunque, se tu vuoi, puoi certamente dare risposta alle mie domande!»

19. E Abedam, lo straniero, disse allora ad Abedam, il conosciuto: «Ascolta, Abedam, il senso delle tue parole mi piace così tanto che ormai non posso fare a meno in primo luogo di rispondere alle tue domande, e in secondo luogo poi di renderti partecipe ancora di qualcosa, e infine, di nuovo, ancora di qualcosa. Dunque ascolta:

20. Questo Padre che tu ben conosci, Io l’ho incontrato appunto là dove prima ci siamo incontrati. Poi, per quanto concerne il Suo aspetto, puoi credermi: – Egli mi assomiglia perfettamente così quasi come si assomigliano i nostri nomi, e per questa ragione Egli pure assomigliava molto a te.

21. Dove però Egli fosse diretto, non te lo posso dire con precisione. Questo soltanto è certo: – Egli non è andato via dai Suoi figli, bensì, facendo una piccola deviazione, è andato di nuovo dai Suoi figli.

22. Vedi, adesso hai tutto quello che ti occorre come risposta alla tua domanda; ora però viene ancora qualcosa che dà luogo a una controdomanda!

23. Vedi, considerato che sei un destato ed hai così a lungo contemplato il Padre, mi meraviglia come tu non abbia potuto, di primo acchito, rilevare questa somiglianza fra me, te e Lui!

24. E ora c’è ancora il qualcosa d’altro, e questo consiste in una nuova domanda! Vedi, è stranissimo però, che la tua massima sia pure la mia, e il paragone del verme è già da lungo tempo cresciuto sul mio terreno! Dimmi dunque se ora noi non facciamo l’uno per l’altro!

25. Ma su una cosa rifletti: – se qualcuno per la propria beatitudine vuol essere il minimo fra tutti, non è ciò, nascostamente, ugualmente e precisamenmte come se qualcun altro, per la medesima ragione, volesse essere il più grande tra tutti i suoi fratelli?

26. Vedi, tale cosa è causa di qualche pensiero per te! Se tu dunque lo vuoi, puoi ben sciogliermi questo nodo!»

27. E Abedam, il conosciuto, non seppe quale risposta dare al suo omonimo; e perciò lo pregò dicendogli:

28. «Caro amico Abedam, che tu sia un figlio delle terre del Mattino, vedi, questo lo rivela la tua sapienza, davvero incomprensibilmente alta! Io volentieri vorrei dare risposta alle tue domande, se mi fosse possibile; però non riesco a comprendere nemmeno le tue strane risposte alle mie domande e a procurare loro un posto sicuro nel mio cuore.

29. Per quanto concerne interamente le tue domande, sarà dunque ben necessario che tu rinunci ad ottenere da me una risposta, perché soltanto adesso mi accorgo bene come io sia ancora terribilmente stolto.

30. Certo, caro amico, è venuto molto a proposito che tu mi abbia trattenuto e costretto al ritorno, perché, se fossi giunto ai miei con questa stoltezza, riconosciuta solo ora, oh, come avrebbe allora una stoltezza destato l’altra, e come infine l’avrebbe soppressa del tutto!

31. Perciò non chiamarmi più destato, ma chiamami invece stolto addormentato, poiché quanto più ora rifletto su me stesso, tanto più stolto appaio a me stesso.

32. In verità, poiché in forza della mia massima mi trovai beato presso questo Padre santo, io mi ritenni anche già destato, e soltanto ora mi accorgo proprio bene di quanto poco il mio cuore abbia compreso tutte le sublimi parole dalla bocca del Padre, e di quanto poco esso abbia accolto profondamente in sé queste parole come una semina meravigliosa dell’eterno Amore e così pure della vita eterna!

33. O amico Abedam, perdonami se per questi motivi non posso rispondere alle tue domande! Amen!»

34. E Abedam, lo sconosciuto, allora replicò: «Ascolta, mio fedele omonimo, io sono anzi perfettamente soddisfatto della tua risposta, perché mi hai appieno sviscerato ciascun punto della mia domanda, e così noi siamo completamente concordi!

35. Tu ora scorgi quello che ancora ti manca, e ti sei giustamente umiliato nel tuo cuore. Contempla ora la tua massima nella giusta luce, ma io intendo essere utile a ciascuno con la parola e con l’opera!

36. Dì, dunque, e giudica: – non siamo fatti l’uno per l’altro, e come se io già dall’eternità esistessi per te e ti avessi creato soltanto per me?»

37. E Abedam, al colmo della gioia, esclamò: «Sì, certo, la cosa appare ora a me stesso già chiara quanto il Sole, come un padre per il figlio e come il figlio per il padre!

38. Abedam, carissimo amico mio, ho ancora l’impressione come se non potessimo mai più in eterno separarci l’uno dall’altro, e come se io non potessi mai più fare a meno del tuo aiuto! E così io pure voglio che noi restiamo uniti non solo temporaneamente, ma anche per l’eternità!»

39. E Abedam, lo straniero, osservò: «Vedi, tu mi hai prevenuto! Da quando io ti conosco, questo è stato anche il mio unico desiderio e la mia unica volontà!

40. Ma ascolta: – Io odo degli inni di lode. Siamo vicini alla meta. Calmati dunque e conducimi da Adamo e dagli altri! Amen!».

 

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Cap. 148

L’arrivo di Abedam, lo straniero, presso i padri

10 novembre 1841

1. «In verità…» disse allora Abedam, il conosciuto, «…ecco qui la parete crollata! E vedi, a quanto mi sembra, essi sono ancora tutti radunati là! E a quanto mi sembra di scorgere, Enoch sta tenendo appunto il discorso di congedo ai figli della Mezzanotte. Ecco, certo egli parla a Jura, a Bhusin e ad Ohorion!

2. Proseguiamo perciò di buona lena! Forse arriviamo anche noi a sentire qualche parola che può fare al caso nostro. Affrettiamoci dunque!»

3. Ma Abedam, lo straniero, obiettò al conosciuto: «Ascolta, mio caro amico, dimmi a che cosa può giovare la fretta quando ci si trova già sul posto!

4. Per quello che riguarda le parole di Enoch, le ultime non ci gioveranno un granché se abbiamo perduto le prime, o a cosa servono a un altare le pietre di sopra, se prima non sono state poste le pietre di sotto a fondamento dell’altare stesso?

5. Oppure: – hai mai visto che il giorno cominci di sera, o che un albero dia inizio al suo sviluppo dalle cime che sono nell’aria e che poi da queste, procedendo all’ingiù, vada formandosi il tronco terminante infine nelle radici che sono entro il terreno?

6. O a che servirà a qualcuno coprirsi il capo con un cencio, se non ha niente altro con cui ricoprire il resto del corpo?

7. Vedi, io penso perciò così: – lasciamo che Enoch finisca il suo discorso, e piuttosto attendiamo qui un po’, per non turbare nessuno nell’attenzione del proprio cuore!»

8. E Abedam, il conosciuto, si dichiarò perfettamente d’accordo, e disse ad Abedam, lo straniero: «Mio caro amico, io credo che con la potente parola della tua sapienza, che è altresì colma della più deliziosa armonia, tu potresti condurmi anche nel fuoco, ed io ti seguirei in tutte le profondità dei mari e in tutte le acque della Terra!

9. In verità, mio carissimo amico, non solo la tua figura, ma anche la tua parola hanno una somiglianza straordinariamente grande con quella del Padre – tu già sai di Chi intendo parlare; soltanto fisicamente mi sembri molto più robusto di quanto mi fosse apparso il Padre, poiché la Sua figura appariva considerevolmente più esile e più piccola, cioè – bisogna che tu mi comprenda bene – considerando sempre la Persona; ma, naturalmente, in tali considerazioni non può entrare affatto la figura spirituale del Padre, che è dotata in eterno di forza e potenza infinite!»

10. E Abedam, lo straniero, osservò: «Dunque ora scorgi questa contemporanea somiglianza e diversità tra me e il Padre?

11. Sì, certamente hai ragione; è stato davvero così! Ma mio caro amico: – qual è il tuo pensiero per quanto riguarda la figura più piccola e più debole? Vedi, dal canto Mio sono di questa opinione: – se, come tu pure saprai, questo Padre appare ai Suoi figli sotto una figura un po’ estranea, per mostrare con ciò a loro come era costituito il loro cuore, potrebbe molto facilmente essere che anche la Sua parvenza più debole d’allora sia da mettersi in strettissima relazione con questo fatto!

12. E qualora Egli forse ritornasse inatteso dai propri figli, e i loro cuori si trovassero più liberi e più ferventi d’amore, cosa ne dici tu, non potrebbe forse il Padre mostrarsi più vigoroso della prima volta, e non potrebbe in questo caso accadere che Egli mi assomigliasse fino all’ultimo particolare?

13. Poiché io credo che la figura del Padre rispetto ai figli si regoli sempre secondo l’amore più o meno libero dei loro cuori per Lui! Ma tu, che idee hai a questo riguardo?»

14. E Abedam, il conosciuto, completamente fuori di sé per la meraviglia, rispose all’altro Abedam: «O amico, devo confessarti apertamente che come misteriose sono suonate le tue parole finora, altrettanto chiare suonano invece adesso!

15. E di nuovo puoi persuaderti di quanta maggiore sapienza vi sia in te che non in me! In verità, questa circostanza quanto mai importante, cui accennasti proprio ora, sarebbe del tutto sfuggita al mio cuore!

16. Tutavia devo già dirti in anticipo che, per come si presentano in questo momento le cose al mio giudizio, io credo che quando Adamo, Enoch e tutti gli altri ti sentiranno ragionare riguardo a qualche argomento, in verità, tutti costoro spalancheranno gli occhi ed aguzzeranno fortemente gli orecchi! Perché, da quanto posso giudicare, quando ti si ode parlare, si dovrebbe davvero senz’altro credere che tu, o sia stato assolutamente e completamente destato dal Padre che incontrasti, oppure – bisogna che tu mi comprenda! – che tu sia addirittura il Padre stesso. Comprendi bene, mio caro amico, che tutto ciò lo dico solo in via di paragone!

17. Sì, certo, in verità, con te non farò brutta figura presso i padri!

18. Dal canto mio, però, sono immensamente felice e devo apertamente confessarti che se io interrogo il mio amore, e gli dico: “Chi ami di più, il Padre, oppure questo amico?”, esso mi risponde: “Quello che io possiedo, l’ho di certo tutto dal Padre, ma quello che do al Padre e a questo amico, è perfettamente identico e non vi è in ciò alcun divario!”

19. O Adamo! O Enoch! O voi tutti che lì vivete: – sarà ben stranamente particolare la vostra meraviglia per questa sapienza!

20. Ma adesso, mio carissimo amico, vedi, ora Enoch si è inchinato all’altare e ai padri, e il suo discorso è finito! Se tu vuoi, io vorrei presentarti!»

21. E Abedam, lo straniero, osservò: «Ascolta Abedam, è meglio che tu mi preceda e che mi annunci. Solo dopo fa’ ritorno qui, portami buone notizie e poi conducimi da tutti i padri! Amen!»

22. E Abedam si mosse subito, si avvicinò ai padri e riferì loro quello che nel breve tempo trascorso dalla sua partenza gli era accaduto. Di ciò tutti si sorpresero moltissimo, perfino Enoch, tanto anzi che questi immediatamente gli domandò: «Caro Abedam, fratello in Dio Emanuel-Abbà! Dimmi in poche parole soltanto, che effetto fecero sul tuo cuore le sue parole»

23. E Abedam gli rispose: «Fratello Enoch, davvero, come ho già confessato, per mio conto non constatai assolutamente la benché minima differenza tra lui e l’Emanuel!

24. In poche parole dirò a te che pure poco fa, quando mi congedai da qui, mi chiamasti destato, che questa mia qualità era, al paragone della sua sapienza immensamente chiara e alta, anzi altissima, la più evidente cecità, stupidità e nullità, e quanto di più inutile e stolto tu saresti mai capace d’immaginare che si potesse desumere da tutto ciò!

25. Per questo, caro fratello Enoch, ti dico: – rallegrati di lui con tutto il cuore, perché lui sarà immancabilmente anche per te, causa di grandissima gioia! Ma ora è tempo di andarlo a raggiungere e presentarlo a voi!».

26. Enoch perciò chiese ad Abedam se non avrebbe potuto andare anche lui incontro allo straniero.

27. E Abedam acconsentì di tutto cuore. E così entrambi giunsero ben presto benvenuti presso Abedam, lo straniero.

28. E Abedam, lo straniero, chiese immediatamente ad Enoch: «Carissimo Enoch, vedi, si è fatta sera! Voi siete in procinto di abbandonare il luogo consacrato per far ritorno alle vostre dimore. Vorreste concedere a me e al mio omonimo di venire con voi sulle alture, di pernottare presso di voi, e poi di celebrare con voi, domani, il Sabato del Signore? Poiché, vedi, dato che Io ho appreso quali e quanti avvenimenti si sono svolti qui, è sorta in me una brama ardente di vedere i destati e viventi figli del grande Padre santo e di ascoltare poi dai loro cuori viventi pure delle viventi parole!»

29. Ed Enoch gli rispose: «O amico e mio nuovo fratello che io non conosco ancora, per ospiti della tua specie noi abbiamo dimore in grande quantità sulle alture. E non solo per oggi e per domani, ma per tutti i tempi dei tempi e per le eternità delle eternità tu puoi dimorare con noi!

30. Gli amici del Padre sono pure i nostri, e coloro che Egli ci invia, possono avere presso di noi dimora in eterno! Perciò se ora vi è gradito, seguitemi pure e la vostra volontà sia fatta! Amen!»

31. Essi allora si mossero, e quando furono giunti del tutto vicini agli altri padri, li salutarono, e tutti si affollarono intorno ai due Abedam. Adamo, però, si girò, poiché Abedam passava dietro di lui, e domandò ad Abedam, lo straniero:

32. «Caro e benvenuto amico ed ospite del nostro amore! Siccome tu, a quanto prima ci raccontò il tuo omonimo, giungi direttamente dalla regione del Mattino, dimmi, se ti aggrada: – che cosa vanno facendo là i figli? E se vuoi: – chi è tuo padre, degnissimo senza alcun dubbio, e da quale linea discende da me?»

33. E a questa domanda di Adamo, Abedam, il conosciuto, fece subito un cenno ad Enoch e gli disse: «Carissimo fratello mio Enoch, adesso aguzza il tuo orecchio e il tuo cuore!»

34. Ed Enoch lo ringraziò per avergli richiamato tale circostanza alla memoria, mentre lo straniero così rispose ad Adamo: «Ascolta, Adamo: – per quello che concerne la tua prima domanda, la risposta è contenuta già nella domanda stessa; e se tu pure sei nel numero dei destati, ti deve essere ben più chiaro del Sole quello che mi domandasti! O forse, davvero non ti è chiaro quali sono i figli che si chiamano ‘figli della regine del Mattino?

35. Ma se tale è il caso, allora – permetti, o padre Adamo, che te lo dica – certamente la tua domanda, concepita in modo straordinariamente superficiale, ne risulta scusata, e alla stessa non ti può essere data altra che una risposta altrettanto superficiale, quella cioè che i tuoi figli della regione del Mattino sono tutti vegeti e sani, e che molti si rallegrano per la giornata di domani.

36. Però, per quanto riguarda la tua seconda domanda, essa è simile a un laccio per accalappiare. Ma vedi, tu non mi piglierai così facilmente; anzi, io ti dico che l’aquila che vola nelle alte regioni dell’aria la piglierai molto prima di quanto potrai pigliare me! Tuttavia ti consento di fare questa domanda, poiché è stato l’amore a suggerirtela; se non fosse stato così, ne avresti avuto una dura risposta!

37. Se io facessi a te l’identica domanda, che risposta mai mi daresti?

38. Ma vedi, nella tua qualità di destato ti dovrebbe pure risultare ben chiaro se io ho un padre oppure se non ce l’ho. Oppure, se tu dormi ancora».

39. E Adamo si meravigliò in sé moltissimo per la risposta ricevuta, e non si azzardò più ad interrogare lo straniero riguardo a nessuna cosa.

40. Enoch invece chiese ad Abedam, il conosciuto: «Ma caro fratello: – è proprio vero che tu non hai riconosciuto ancora il tuo omonimo?»

41. E Abedam, sconcertato, rispose di no! Ed Enoch aggiunse: «In verità, nell’uomo non c’è niente più del cuore che possa rimanere così a lungo nella non comprensione! O Signore, usa pazienza con noi che siamo deboli! Amen! – Abedam, io sono del parere che tutti i destati dormono ancora! Mi comprendi tu?».

 

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Cap. 149

La domanda di Abedam, lo straniero

11 novembre 1841

1. E Abedam, il conosciuto rispose ad Enoch: «Carissimo fratello in Abbà-Emanuel! Che io in nessun modo possa essere contato fra i destati, questa cosa la percepisco anche troppo chiaramente in me e, per dirla apertamente, questa chiarezza sembra, anzi è, quanto di più chiaro vi sia in tutta la mia vita.

2. Riguardo poi alle condizioni in cui si trovano gli altri, fratello Enoch, questo certo non lo potrà rilevare proprio con grande celerità qualcuno che disponga della chiarezza della vita di cui ho detto prima e della quale io porto la colpa!

3. Ma se le cose stanno realmente così come appaiono alla grande stupidità della mia vita, mi sembra – detto sottovoce fra noi – che neppure al nostro amato padre Adamo vada troppo bene!»

4. Ed Enoch allora gli replicò: «Ascolta, le tue parole suonano bensì alquanto vuote, però sta pur sicuro che se tu scorgi la notte in te, vuol dire che sei già destato! Poiché, se tu dormissi, potresti ben poco accorgerti della notte che è in te, bensì piuttosto sogneresti di essere nel giorno più cieco di tutti. Infatti, chi sogna, non sa di dormire e sognare.

5. Vedi, io la penso così: – prima che ci apparisse il Padre santo ed amorosissimo in Emanuel-Abbà, noi dormivamo e sognavamo tutti, ma quando Egli venne, ci destò tutti. Ma, vedi, noi ci svegliammo sì, ma non nel giorno della vita, bensì nella notte dei nostri cuori e, qualora Emanuel non ci avesse fatto così, noi dormiremmo ancora nel giorno morto del nostro sogno!

6. Invece, come sai, da noi vige una norma già antica, cioè quella di destare i figli almeno una buona ora prima del levar del Sole, affinché i loro occhi deboli si abituino progressivamente al giorno che si annuncia, e perché poi possano facilmente e senza svantaggio sopportare la luce intensa del giorno. Dunque: – credi che così facendo noi ci dimostriamo forse più saggi di Emanuel?

7. Oh, vedi, anche questo Egli ce lo insegnò a causa della natura della carne! Ma l’occhio dello spirito non vale di più di quello della carne?

8. Ma se noi procediamo così per il benessere degli occhi della carne, puoi pensare che il Signore agirà meno pietosamente verso gli occhi dello spirito?

9. O mio caro fratello Abedam, vedi, quello che il Signore fa, è sempre fatto bene e saviamente!

10. Noi siamo desti, e sarebbe una grande ingratitudine verso il Padre, tanto immensamente santo e buono, non riconoscere quello che Egli ha fatto a noi! Però noi tutti fummo destati nel mezzo della notte, e ciò per effetto del supremo Amore di Abbà, ma non dobbiamo riaddormentarci mai più! Il giorno dello spirito è più splendente di quello della carne. Perciò anche per il benessere dell’occhio spirituale è necessario essere destati verso la metà della notte, poiché coloro che dormiranno fino al giorno fatto, saranno certamente uccisi dalla luce intensa del giorno! Mi comprendi, o caro fratello?»

11. E dopo che Enoch ebbe indirizzato ad Abedam queste parole, Abedam, lo straniero, Si volse indietro verso i due, e disse loro le seguenti parole che vanno assai ben notate:

12. «O carissimi amici Miei! In verità, non una parola del vostro colloquio è sfuggita al Mio orecchio! E tu, Abedam, sei desto perché scorgesti e tuttora scorgi la notte in te; e tu, Enoch, sei desto in maniera vivente, dato che ti accorgi del tempo in cui il Padre vi ha destati, e ti rendi conto del perché, e presagisci con grande certezza il gran giorno che viene!

13. Tu hai ben parlato a tuo fratello, e ciascuna delle tue parole è già scritta con i caratteri fiammeggianti delle stelle nel libro della vita eterna. Però ora Io vi farò una domanda alla quale vorrete cortesemente rispondere, giacché, senza la soluzione di questo problema, ciascun uomo, anche se destato nella notte con forti scosse, rimane più o meno assonnato; e un tale stato del destato è peggiore del sonno stesso!

14. Ma l’importante domanda di cui intendo parlare è questa: “Che differenza visibile c’è fra il crepuscolo, la mezzanotte e l’alba?”

15. Vedete, questa cosa è fondata nell’Ordine eterno di Dio! Il dormiente però non distingue alcun divario nella notte, perché dorme, e quando il gran Destatore viene, quale un vento mugghiante della mezzanotte, egli apre bensì gli occhi, ma poi si volta dall’altra parte e si riaddormenta per sognare finché il Sole si è levato. E quando infine si alza, egli teme la luce e cerca al più presto di nascondersi sotto la fitta ombra.

16. Un altro invece si alza, si sfrega gli occhi e si stira tutte le membra; tuttavia rimane sonnolento fino al levar del Sole e procede barcollando continuamente di qua e di là pieno di rabbia, e non sa affatto che ora sia, e non fa che rimpiangere il dolce sonno perduto, mentre non pensa affatto al giorno che sta per arrivare. E per quanto sia esortato a vestirsi, egli tuttavia se ne sta là pigro e svestito finché il Sole non si sia alzato, e gli sarebbe molto più caro che ritornasse il crepuscolo, piuttosto che si annunciasse il mattino della vita.

17. In verità per lui il giorno non sarà apportatore di alcuna letizia!

18. Ma colui che si è veramente e pienamente destato si rallegra invece dello stato sveglio della vita già al primo destarsi, e nella mezzanotte glorifica il suo grande e santo Destatore. Ora sì che quest’ultimo, il pienamente destato, è di certo colui che ben presto riconosce quale ora è, e che perciò conosce anche il divario che c’è tra il crepuscolo, la mezzanotte e l’albeggiare!

19. Ad ogni suo respiro egli è in attesa del giorno che viene, e già i primi albori riempiono il suo spirito di una gioia che è maggiore di tutti i cieli visibili!

20. Vedete dunque, Miei cari amici, quale importanza assuma la risposta alla domanda fatta! Ma Io vi aggiunsi pure questa spiegazione, affinché possiate trovare con maggiore facilità una risposta conveniente a questa domanda così importante. E dunque, rispondeteMi uno dopo l’altro, tuttavia purché lo vogliate! Amen!»

21. E Abedam, il conosciuto, rivolto ad Enoch disse subito: «Fratello, le parole che tu prima indirizzasti alla mia stoltezza mi hanno purificato gli occhi, tanto che adesso vedo molto bene a che ora della notte sono stato svegliato dal sonno; grazie eterne siano rese al gran Destatore santo. E so anche, ormai, che sono veramente desto e il perché lo sono. Tuttavia, fratello, questa domanda, o mio amatissimo omonimo, la tua domanda non è cresciuta sulla nostra magra Terra! Io, per conto mio, sento di nuovo con assoluta chiarezza che non sarò il solutore di un tale problema!

22. Certamente sono desto – ne vada al Signore ogni lode, ogni grazie, ogni onore e ogni amore – tuttavia fino a quale punto il mio stato di veglia nella notte sia accompagnato pure da una molesta sonnolenza, vedi io riesco a mala pena a scorgerlo! Perciò, caro fratello Enoch, sarà necessario che ti incarichi tu della risposta a questa domanda capitale, se lo vuoi! Amen!»

23. Ed Enoch disse ad Abedam, il conosciuto: «Odi, caro fratello: – a me sembra invece che il nostro carissimo amico abbia proposto la domanda includendovi già la risposta, e sta dunque soltanto a noi non tanto rispondere alla domanda medesima, quanto piuttosto riconoscere la risposta che si trova già inclusa nella domanda ed accoglierla poi nella vostra vita!

24. Poiché vedi, io la penso così: – colui dalla cui bocca esce una domanda simile, dal suo cuore sgorga pure, assieme alla domanda, un’inesprimibile benevolenza! E sii pur certo che questo proponitore di problemi non ha come scopo sottoporci ad esame, oppure esplorare il nostro granello di pulviscolo solare che male arde senza alcuna fiamma, per far piacere alla propria imperscrutabile sapienza, bensì la sua gioia Egli la trova soltanto nell’elargire doni di una magnificenza inaudita, celati nel mistero! Mi comprendi tu, Abedam?»

25. E Abedam, lo straniero, afferrò i due sotto le braccia, li sollevò un po’ da terra e li depose poi di nuovo giù dolcemente, e cominciò a dare loro la spiegazione seguente:

26. «O Miei pienamente amati, una gran fedeltà risiede nei vostri cuori. In te, Enoch, vi è Luce che proviene dall’amore, mentre in te, Abedam, c’è invece amore che proviene dalla Luce! Entrambe le cose sono buone ed abbracciano il senso dell’Ordine divino, e la fonte della vita sgorga incessante e lieta verso il giorno grande ed eterno.

27. Ma il crepuscolo, la mezzanotte e l’alba non scorrono con il giorno, bensì rimangono indietro e svaniscono una dopo l’altra.

28. E tuttavia sono necessarie, in base a quel medesimo Ordine per cui il terreno è necessario alla semente; quindi anche loro lo sono alla vita! Ne consegue allora che il crepuscolo corrisponde al tempo della semina e del riposo del terreno; la mezzanotte corrisponde invece al primo tempo del destarsi e del sorgere del germe dalla materia; e l’alba al tempo della deposizione della materia e della crescita attraverso l’assorbimento della rugiada mattutina.

29. Spesso però la rugiada cade già molto prima del levar del Sole, e tale è appunto il caso che qui si verifica ora con noi.

30. Vedete, il Giorno del Signore non è come uno dei giorni della Terra, bensì quando esso viene, viene solo, e a lui non segue mai più in eterno alcuna notte, e perciò anche la notte che vi precede è sicuramente giusta, secondo l’Ordine divino, poiché essa è una necessaria precorritrice del gran Giorno!

31. Ma quale vivente vorrà mai restare nella notte? Se non si lascerà destare, non svanirà con essa quando sarà venuto il giorno?

32. Vedete, queste sono le grandi differenze, ed anche perciò Io vi sollevai entrambi, affinché questa cosa voi vogliate comprenderla nella vita! Intendetela bene, e rimanete con Me come Io rimango con voi. Però è bene che tacciate fino a domani! Amen!»

 

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Cap. 150

Un vangelo dell’amore

12 novembre 1841

1. Dopo di ciò, Enoch aggiunse ancora: «Sì, certo, la cosa sta veramente così! Così la percepì profondamente il mio spirito; soltanto che la mia lingua non ha osato esprimerla perché anche qui lo spirito mi disse di lasciare in riposo la mia debole lingua, giacché tale cosa se l’è riservata la lingua di un Altro, ben più possente, affinché porti efficacemente la benedizione!

2. O grande Abedam, ascoltami nel silenzio del mio cuore, perché ora io vi sento dire: “Jehova, come deve essere grande e santo il Tuo Amore! Se Tu destini una grazia a qualcuno per l’indomani, Tu, santo e buon Padre, senza che il cieco beneficiato se ne accorga, gli dai in dono la grazia già nel momento stesso in cui gli annunci di avergliela concessa!

3. E anche perciò, o santo ed eccellente Padre, quanto più il mio cuore cerca di scrutare nella Tua infinita Bontà, tanto meno parole esso trova per lodare degnamente, glorificare e adorare Te, o Padre; e il mio cuore, per la potenza dell’amore per Te, diventa troppo angusto. E così infine l’amore che non può più essere contenuto nel cuore, deve ardentemente abbracciarTi ed amarTi sopra ogni cosa in tutte le parti e nelle membra nelle quali si è riversato!”

4. Ma se poi io interrogo di nuovo il mio spirito e dico: “Ma non posso amare il Padre santo e buono, in modo ancora più veemente e infinitamente di più?”. Nello spirito mi viene risposto: “Chi è colui che, avendo il cuore colmo d’amore, può amare come vorrebbe? Vedi, l’amore non è mai sazio, e perciò mai esso potrà trovare sazietà, se non unicamente nell’Amore infinito del Padre santo!”

5. Dunque, o Padre, io Ti amo con sempre più intensa fame d’amore, e se fosse possibile, oh, con quale ardente brama vorrei, o Padre, amarTi fino a morirne!

6. O Padre, mio caro Padre santo, accogli la goccia di rugiada del mio amore come tuttavia fosse qualcosa al Tuo cospetto! Amen!

7. E tu, diletto mio fratello Abedam, dimmi: – qual è ora lo stato del tuo cuore, sì, del tuo cuore amante, dato che certo ormai avrai riconosciuto in quale periodo della notte ci troviamo?»

8. E Abedam, il conosciuto, rispose allora ad Enoch: «Carissimo fratello, vedi, nel tuo amore tu sei più felice di me, poiché nel fuoco del tuo cuore puoi esprimere ancora parole! Io, invece, anche a questo riguardo, vedi come sono terribilmente sciocco! Quando, come ora succede, l’amore mi afferra con forza proprio grande, allora con la maggior fatica di questo mondo riesco appena a mettere insieme le poche parole che appunto adesso intendi da me, ma non devo nominare l’oggetto del mio amore, perché altrimenti è finita con la mia misera arte oratoria!

9. Però un qualcosa riesco tuttavia a dirti ancora, e cioè che la mia sconfinata stoltezza ha pure essa riconosciuto finalmente quello che non ha riconosciuto prima. Infatti riconosco a che ora e in quale periodo della notte ora ci troviamo, pur avendo già preteso di saperlo. Ora posso dirti che conosco anche l’ora esatta! Ma ora lo sai anche tu che dobbiamo tacere fino a domani! Vedi, me ne sto già zitto!»

10. Abedam, lo straniero, espresse allora ai due il Suo compiacimento, e disse: «Ascoltate: – così è infatti! Il vero amore deve anche amare a morte, sia nello spirito, sia nell’azione della carne, e solo questa morte è la genuina risurrezione alla vera vita eterna, nella quale poi, solo e unicamente questo amore vivrà nella delizia suprema, sempre nell’eterna crescita e nella beatitudine vera e potentissima della propria vita. Tuttavia un destino risolutivo attende ciascun amore. Chi ama il mondo, morrà nel sempre crescente amore per il mondo; ma poiché il mondo non ha vita, bensì soltanto la morte, così anche il morto nell’amore per il mondo non risorgerà neppure a una nuova vita, bensì soltanto a una nuova morte.

11. Chi ama la carne, per effetto di questo amore anche morrà per la carne, ma poiché anche la carne è morta, neppure lui risorgerà a nuova vita, bensì alla nuova morte della carne come gli amanti del mondo.

12. Chi ama se stesso, anche morrà nel proprio amore; e siccome ciascun uomo in sé e per sé è morto, così pure colui che per se stesso morrà non risorgerà mai più a nuova vita, ma anch’egli, invece, risorgerà appunto in sé alla nuova morte. Chi però è del tutto privo d’amore ed è colmo d’odio per tutte le cose, ebbene, presso un tale uomo la seconda morte ha già edificato la propria dimora. Chi però ha il cuore pieno d’ira, al suo cuore batte già la seconda morte; e chi è avaro e pieno d’invidia ha già stretto a sé con entrambe le braccia la seconda morte.

13. E chi infine raccoglierà per sé i tesori e le ricchezze del mondo, egli sarà colui che erigerà alla seconda morte una perpetua dimora; e chi ama la vita di questa Terra, che è una morte transitoria oppure un morire parziale e continuato, non cesserà mai più di morire[14].

14. È vero che ogni amore uccide, e questo vale anche per l’amore per Dio, però in nessun amore ucciso si ritroverà giammai la vita, se non unicamente nell’amore per Dio, poiché Egli soltanto è la Vita eterna stessa.

15. Ciascun amore di certo si ritroverà conscio di se stesso; ma, amici, nel ritrovarsi ci sarà una differenza infinita, e cioè: – nella Vita, oppure nella morte!

16. E così, Enoch, il tuo amore è già morto per tutto e si è ritrovato in Dio; per questo tu già sei un nuovo vivente per tutte le eternità delle eternità. Tuttavia, nel modo in cui hai trovato la seconda vita, d’ora innanzi pochi soltanto la troveranno, poiché solamente il più possente fuoco dell’intimo amore per Dio può operare una simile grazia. Comprendete bene quanto vi ho detto, e fino a domani tacete!»

17. Mentre questo discorso giungeva al termine, la comitiva era felicemente arrivata alla capanna di Adamo, dove tutti si sedettero per qualche tempo a terra e, secondo l’antica usanza, ricevettero da Adamo la buona benedizione paterna.

18. E dopo di ciò si alzarono tutti, s’inchinarono con la massima reverenza ad Adamo, lo ringraziarono per la benedizione e infine venne dato loro il permesso di ritirarsi per il riposo. Adamo pregò Enoch, i due Abedam e Lamech di entrare nella sua dimora e rimanervi. A Set egli ricordò la necessità di provvedere alla cena, e subito Set si recò nella sua capanna, dove sua moglie e molti dei suoi figli lo attendevano ansiosamente. Egli disse loro di andare nella capanna di Adamo per riceverne là la benedizione, come tutte le molte altre mogli e i figli che aspettavano da tempo l’arrivo di Adamo e degli altri padri con grande desiderio.

19. E dopo che tutti ebbero ottenuto da Adamo la benedizione, ed ebbero di nuovo abbandonato la capanna fra dimostrazioni di reverenza e gratitudine, allora comparve Set, seguito da sua moglie, entrambi ben provvisti di cibo e bevanda.

20. Però l’oscurità si era frattanto molto accentuata, e in pari tempo si annunciava una violenta burrasca, in modo che la sera ne risultava ancora più tenebrosa.

21. E Adamo perciò pregò Set di procurarsi una buona fiaccola di legno resinoso, la cui produzione era affidata alle cure di Enoch, per poter con essa fare un po’ di luce nella capanna assai oscura.

22. Ma Abedam, lo straniero, disse ad Adamo e a Set: «Ascoltate, amici, lasciate perdere! Vedete: – perché addossare tutta questa fatica superflua a Set, che è stanco, dato che egli non è più un giovanotto?

23. Per quel che riguarda l’illuminazione della capanna, lasciatene la cura soltanto a Me, e qui dentro sarà ben presto fatta luce, perché di far luce Me ne intendo meglio ancora di Enoch con le sue fiaccole!

24. Ed Io basta che dica: “Luce sia fatta!” e, come voi tutti vedete, di luce ce n’è in quantità sufficiente per tutti noi nella capanna!».

25. Ed immediatamente si fece chiaro nella capanna come in pieno giorno, ma nessuno seppe come, perché in nessun luogo si poté scorgere una fonte luminosa.

26. Enoch e Abedam sapevano bensì con precisione da dove veniva la luce e quale ne era l’Autore; ma come ciò avvenne, rimase nascosto anche per loro. E così tutti ringraziarono il Signore, dopo lunghe meraviglie, e infine presero posto e mangiarono e bevettero di lieto umore. E l’altro Abedam non Si fece più notare in alcuna maniera, e mangiò e bevette di buon animo con gli altri.

 

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Cap. 151

Set cerca la luce nella luce

13 novembre 1841

1. A Set, però, questa particolare maniera di procurarsi la luce da parte di Abedam non poteva uscir fuori dal capo. Egli tuttavia non si azzardava di domandare a nessuno, ma ugualmente spiava qua e là. I suoi occhi esplorarono tutti gli angoli della capanna, e con il pensiero non trascurava di passare meticolosamente in rassegna nessuno dei modi di far luce.

2. Ma il modo di far luce mediante un semplice “La luce sia fatta!” e per di più ancora una luce che illuminava tutti gli angoli con uguale intensità e senza provocare ombre in nessun luogo, questa cosa a Set non era mai capitato ancora di vederla, e tuttavia non si fidava di domandare spiegazioni a nessuno.

3. Questo cercare di Set però non sfuggì ad Adamo, il quale gli disse: «Abele-Set, figlio mio, che cosa cerchi o che cosa vedi? Oppure scorgi forse nella capanna alcunché di strano?»

4. E Set rispose con il massimo rispetto: «Caro padre, vedi, si tratta veramente di una cosa alquanto strana, dato che mi trovo proprio nella condizione di dover cercare la luce nella luce senza però trovarla affatto! Fuori c’è bensì il lampeggiare di un temporale violento che si leva dalla regione del Mattino e viene verso di noi; ma in primo luogo esso è ancora troppo lontano perché il continuo chiarore dei lampi possa illuminare in questa maniera la capanna, e in secondo luogo il tetto è così in buon stato che, se anche il temporale si trovasse già sopra di noi, in nessun caso il bagliore di un lampo, per quanto intenso, potrebbe penetrare così facilmente qui dentro.

5. Ma se anche lo potesse, non dovrebbe esso con la sua luce suscitare contemporaneamente anche le ombre degli oggetti illuminati?

6. Ecco, caro padre, questo è tutto quello che io cerco. Tutto ciò è bensì strano, ma vero: – cercare la luce nella luce!»

7. E Adamo allora replicò a Set: «Sì, davvero strano! Ma, vedi, più strano ancora mi appare il fatto che tu vada cercando invano, mentre vedi che l’Autore della cosa è fra noi! È dunque Lui quello a cui ti dovresti rivolgere per ottenere ben presto la tua luce nella luce!

8. Se tu vedi una pietra luminosa, tu vai scervellandoti e ti domandi da dove proviene la sua luce? Però tu non puoi interrogare nessuno riguardo all’origine e alla causa della luminosità, perché il grande e possente Artefice è santo e non risponde a colui che appare impuro dinanzi a Lui, e allora è difficile chiarirsi le idee riguardo alla luminosità della pietra.

9. Tu vedi tanto di notte che di giorno le più svariate qualità di luci, – ma chi puoi interrogare riguardo alla loro essenza, qualora esse suscitino in te meraviglia?

10. Qui invece sono contemporaneamente presenti la luce e l’Artefice, e tu vai cercando quello che è tanto vicino a noi tutti, cioè la luce nella luce? O non vorresti forse tentare di cercare, quando fosse anche già, il giorno nel giorno?»

11. Le parole di Adamo rivolte in questa occasione a Set erano piene della più splendente verità; solo che come Set cercava quello che il suo cuore non comprendeva, così anche Adamo in questa occasione proferì parole che egli stesso non comprendeva neanche in minima parte.

12. Ma Set, dopo aver inteso quanto aveva detto Adamo, stava tuttavia per rivolgersi ancora ad Abedam, per avere da Lui informazioni su come Egli avesse potuto produrre quella splendida luce.

13. Abedam, diede però il benvenuto a Set e gli rispose prima ancora che questi, alquanto intimidito in quel momento, gli avesse esposto la domanda del caso, e le sue parole furono queste:

14. «O Set, non vorresti anche tu produrre luce in questa maniera? Sì, Io sono sicuro che tu lo vorresti, e ti dico pure che una simile cosa non è così difficile come te lo immagini, e il mezzo al quale è opportuno ricorrere è quanto mai semplice! E come hai potuto osservare nel caso Mio, questo mezzo non consiste in altro se non unicamente in un “Sia fatta luce!”, ma detto con fede seria, e la luce allora si manifesta dove altrimenti avrebbe regnato l’oscurità!

15. Vedi, ora tu hai tutto, il mistero si è rivelato tutto, e così pure hai ottenuto la tua luce nella luce, e il seguito ti insegnerà che tu hai ora trovato con assoluta certezza la luce, anzi la luce verissima nella più vera Luce!

16. Però Io scorgo sulla tua faccia ancora qualche punto interrogativo! Non è forse sufficiente che Io ti abbia indicato proprio tutto quello che c’è nella Mia arte?

17. Va’ nella tua capanna che è immersa nelle tenebre, e fa’ con seria fede ugualmente come Mi hai visto fare qui, e allora ben ti convincerai che le cose in rapporto a quest’arte stanno proprio così!»

18. E Set allora uscì immediatamente dalla capanna di Adamo ed entrò nella sua, dove i suoi erano raccolti nell’oscurità e temevamo per l’uragano che andava avvicinandosi sempre più tremendamente minaccioso! Ed egli, entrando, esclamò: «Sia fatta luce!», e vedi, al momento luce fu fatta!

19. Ma dopo questo risultato prodigioso che indusse tutti i suoi figli a inorridire restando quasi irrigiditi dallo stupore, lo sbalordimento di Set non ebbe più fine!

20. Tuttavia egli riprese animo, tranquillizzò anzitutto i suoi, ma poi fece subito ritorno alla capanna di Adamo, dove, appena giunto, in primo luogo ringraziò Abedam, lo straniero, per avergli insegnato una tale arte meravigliosa, e poi cominciò a sciorinare tutto ciò che nuovamente lo aveva colpito in relazione a quel prodigioso risultato della straordinaria produzione di luce.

21. E Abedam allora gli replicò, dolcemente istruendolo, come segue: «Set, vedi? Vedi quanto sei rimasto ancora un uomo esclusivamente esteriore, nonostante tu pure fosti nella regione della Sera fra coloro la cui luce interiore riconobbe Asmahaele prima di altri, e fosti in seguito testimone di tutte le Sue opere meravigliose!

22. In verità, allora non sorsero in te tante domande fondate sul dubbio quante ne sorgono ora! Sono dunque sfuggite al tuo orecchio le parole indirizzate da Emanuel ad Adamo quando questi Lo pregò di non volerSi allontanare da voi tutti così presto, subito dopo il sacrificio offerto da Enoch?

23. Credi tu forse che la potenza di Emanuel sia più presente nella Sua visibilità, che nella Sua invisibilità?

24. Vedi, in ciò consiste tutto quello che ancora ti tiene prigioniero! Puoi forse con l’occhio materiale contemplare una qualche forza agente, o hai mai visto che cosa fa muovere a tuo piacimento le tue membra senza la tua cooperazione, o che cosa spinge il sangue attraverso tutte le tue vene e fa crescere i tuoi capelli e le tue unghie e la pelle, e spezzetta i cibi nello stomaco e compie innumerevoli altre funzioni ancora?

25. Oppure hai mai visto il vento e quale ne è la sua figura, o la forza che sviluppa il germoglio, o quella che fa muovere il Sole dal suo levare al suo tramontare, e in simile modo ciò che muove le stelle e la Luna? O con quali occhi hai mai visto la forza che spinge al mare tutti i ruscelli, i fiumi e i torrenti?

26. Vedi, dunque, quanta stoltezza ancora è rimasta in te! Ascolta perciò, e annotatelo bene: – ciascuna forza, che in qualsiasi cosa, in qualsiasi luogo o in qualsiasi modo agisce, proviene da Dio, quale Sorgente prima di tutte le potenze e di tutte le forze. Dio, però, quale Dio, non può essere visto né compreso nella Sua Essenzialità primordiale da un essere da Lui creato, poiché chi volesse vedere Dio non potrebbe rimanere in vita, dato che Dio è infinito, mentre ciascun essere, invece, è finito. Perciò: – come mai potrebbe il finito contemplare e comprendere l’infinito?

27. Oppure: – pensi forse che ti sarebbe possibile essere esteso e dilatato all’infinito, pur conservando la piccola Scintilla di vita che è in te?

28. Vedi, se anche tu nel tuo cuore replichi con la domanda: “Ma chi o che cosa era allora l’Emanuel che abbiamo visto?”

29. Io però ti dico questo: “Dio, quale Padre amoroso, può in qualsiasi luogo crearSi un corpo apparente, e può agire per mezzo di esso, ma in questo caso il Padre non è quello che tu vedi, bensì quello che agisce per mezzo di ciò che tu vedi!”

30. Questa cosa è necessario che tu la comprenda, affinché il tuo amore non rimanga attaccato ad alcunché che non sia propriamente il vero!

31. E così pure, rispetto alla luce nella luce, sappi questo: – se il tuo occhio non fosse luminoso e splendente, potrebbe mai percepire il Sole e la sua luce? E così pure: – se in te non vi fosse la Forza di Dio, potresti mai concepire alcunché di divino? Ma siccome tu lo puoi, è segno che anche in te esiste la Forza divina. Ma allora: – questa forza può comprendere soltanto se stessa, o non può forse fare ancora di più?

32. Vedi quanta tenebra ancora si trova in te! Perciò, comanda una buona volta che anche in te, finalmente, sia fatta la luce! Amen!»

 

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Cap. 152

Della semplicità. Il prodigio dell’Amore di Dio

15 novembre 1841

1. E Set, a cui queste parole di Abedam erano veramente indirizzate, fece tanto d’occhi, come pure quasi tutti gli altri, quantunque tale discorso li avesse toccati soltanto alla sfuggita. Ma né Set, né gli altri osarono rivolgere ad Abedam ulteriori domande, poiché l’alta Sapienza di Abedam li aveva per così dire quasi annichiliti tutti. Solamente Abedam, il conosciuto, l’unico a cui rimaneva la lingua a posto e il cuore tranquillo, incitato dalla sua loquacità, si annunciò ben presto ai padri e all’altro Abedam, chiedendo il permesso, considerato che là tutto taceva, di dire qualcosa di suo spontaneo impulso, giacché fino ad allora egli non aveva fatto comunque altro che domandare o rispondere alle domande altrui.

2. Ed essendogli stato accordato di buon grado tale permesso, egli cominciò senza indugio a muovere la lingua dicendo:

3. «Miei cari padri e fratelli, e Tu pure, mio omonimo enormemente stimato sopra ogni cosa e ardentemente amato! Da noi è in voga un antico proverbio, secondo il quale gli uomini molto sciocchi e i fanciulli dicono per lo più la verità; ora, siccome io certamente di buon diritto appartengo e da sempre sono appartenuto principalmente ai primi, così io sono fatto proprio per fare il predicatore! Per questo motivo io dico a voi tutti, e confesso apertamente di cuore, che fra tutti voi io sono il più felice, naturalmente fatta eccezione per il mio carissimo omonimo.

4. Voi vi meravigliate a causa della luce che prima fu fatta in modo prodigioso; io invece non mi meraviglio affatto, perché, se ci si volesse meravigliare di tutto ciò che l’infinita potenza e forza e la suprema Sapienza del Signore possono suscitare e con estrema facilità ottenere, in verità, bisognerebbe trascorrere la propria vita passando da uno stato di meraviglia a quello di una meraviglia ancora più grande!

5. Non è forse un prodigio ugualmente grande ciascun battito del nostro cuore? Ma chi vorrà far ciò oggetto di continua meraviglia?

6. Oppure, il fatto che noi vediamo, udiamo, fiutiamo, gustiamo e percepiamo con il tatto, ci muoviamo volontariamente, stiamo fermi, camminiamo, corriamo, saltiamo, poi di nuovo ci corichiamo, dormiamo, sogniamo, pensiamo, amiamo, parliamo in modo da essere compresi, mangiamo, beviamo, eliminiamo dal corpo per le vie naturali le impurità, possiamo perfino generare nell’amore il nostro simile, insomma, a dirla breve, tutto quello che noi percepiamo con i nostri sensi, dite, non sono questi degli incomprensibili prodigi su prodigi?

7. Ma dove vive l’uomo che volesse meravigliarsi costantemente di tutto ciò e potesse anche farlo, essendo in grado di pensare anche solo una spanna al di sopra della terra?

8. Chi non si rende conto che un uomo forte può sollevare un peso maggiore che non un uomo debole? A chi dunque può far meraviglia se il forte è più forte del debole?

9. Se io prendo una pietra e la lancio a trenta lunghezze d’uomo lontano da me, mentre uno più forte e più abile la getta lontano a cento lunghezze da lui, dite: – chi se ne meraviglia? Eppure, questo è un prodigio altrettanto grande come se Abedam, invece di questa semplice luce, avesse creato, mediante un possente “Sia fatto!”, un secondo Sole per rischiarare la notte!

10. In verità, se si considera la cosa nella sua giusta luce, o l’uomo si deve meravigliare sempre, oppure non si deve meravigliare assolutamente mai! Perché, se io mi meraviglio per un’opera del Signore e per un’altra, invece, non mi meraviglio affatto, non divento allora o uno stimatore che suddivide in classi le opere di Dio, delle quali veramente nessuna nella sua specie è inferiore a un’altra, o dovrei essere per lo meno ancora cento volte più stolto di quanto già lo sia per mia natura, se non fossi capace di constatare di primo acchito che Dio in ciascuna Sua opera è imperscrutabile, inconcepibile ed infinito!? Ma se tale cosa io la riconosco, come mai allora dovrei meravigliarmi quando il Dio onnipotente e supremamente sapiente manda a compimento opere le quali, sotto ogni possibile e pensabile aspetto, devono corrispondere alla Sua Perfezione infinita?

11. Certamente, se qualcuno disponendo della sola debolezza umana potesse con un’unica parola suscitare un cielo stellato, in verità allora sarei autorizzato a meravigliarmi enormemente; ma che una cosa simile la possa fare soltanto la potenza di Dio, vedete, questo invece non mi fa assolutamente nessuna meraviglia!

12. Oppure dovrebbe forse nessere considerato un prodigio se il Dio onnipotente, dal Suo Ordine eterno e supremamente sapiente, può compiere tutte queste cose con assoluta facilità?

13. Vedete, ciò non mi meraviglia, né mi meraviglierà in eterno; quello invece che mi colma di stupore grandissimo è che, secondo quanto noi ora sappiamo, questo Dio onnipotente è contemporaneamente il Padre amorosissimo e santo di tutti noi! E così io riconosco un solo prodigio dei prodigi, e questo è l’Amore, e precisamente l’Amore infinito di Dio per noi che siamo dinanzi a Lui un nulla, e poi anche l’amore in noi per Lui, amore che corrisponde a un abbraccio dell’Infinito da parte del finito!

14. Vedete, questa è l’unica cosa della quale io mi meraviglio sempre di più, e per la ragione che qui due rapporti impensabili – un indicibile nulla ed un indicibile Tutto – si afferrano vicendevolmente e, per così dire, tendono con il massimo zelo a pareggiarsi!

15. Vedete, questo è ciò che mi riempie di meraviglia, e questo io lo chiamo un prodigio! Ma tutto il resto – poiché Dio fa, in virtù della Sua forza e potenza eterne, tutto ciò che a Lui è sempre possibile e anche noi facciamo ciò che ci è possibile – come dovrebbe o potrebbe suscitare in me una qualche meraviglia?

16. Dunque, se non trovo di che meravigliarmi io, che non posso proprio lamentarmi di avere troppa sapienza, com’è che voi, pur essendo tutti dotati di sapienza in quantità abbondante, restate ammutoliti a causa della luce fatta nella capanna, mentre normalmente non trovate ostacoli a chiacchierare tutto il giorno, come se nulla fosse, sotto il prodigio molto più grande e spesso bruciante del Sole? Ma la luce del Sole è forse più debole di questa? O forse la sua luce è, meno di questa, il prodotto della potenza della Parola divina?

17. Vedete, questa cosa risalta quale un prodigio agli occhi di un insensato; e in verità è anche un prodigio, che però a voi che siete saggi non vi ha colpito, pur avendolo sotto gli occhi già da lungo tempo.

18. Noi possiamo di certo, con gratitudine, rallegrarci di ciascuna azione di Dio, poiché sicuramente Egli la fa per puro Amore verso di noi, esseri nulli, ciò che soltanto è l’unico e vero prodigio; però il non meravigliarsi davanti ad un’opera della Potenza divina e il restare del tutto indifferenti dinanzi a un’altra opera della stessa divina Potenza, in verità, questo, considerato nella sua vera luce, non significa altro che valutare con la nostra stoltezza le opere e gli atti di Dio!

19. Non ve ne abbiate a male, cari padri e fratelli, ma non ho proprio più potuto fare a meno di annoiarvi con un biasimo riguardo a una cosa che, solo con un minimo di riflessione, avrebbe dovuto risaltare stolta e completamente indegna di Dio anche a un cieco!

20. Sia dunque, per tutti noi ed eternamente, motivo di meraviglia soltanto quest’unico prodigio dell’Amore, grazie al quale il Dio onnipotente è nostro Padre, ci ama e fa che noi possiamo e ci sia concesso riamarLo! Ma in quanto a tutto il resto, ringraziamoLo di lieto cuore ugualmente per ciascuna cosa, e così saremo certamente più degni di poterci chiamare Suoi figli che non guardando giorno e notte, con gli occhi spalancati ed attoniti e muti per la meraviglia, i granelli di pulviscolo solare, dimenticandoci d’altra parte dell’amore, della gratitudine e di tutto ciò che, soltanto, si addice a dei veri figli!

21. Rallegriamoci dunque di tutte le opere di Dio e ammiriamole, perché sono opere del Padre, il Quale le ha fatte per amor nostro; ma in quanto a valutarle, questo lasciamolo modestamente solo a Colui che le ha fatte! Amen!».

 

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Cap. 153

La vera fratellanza tra Enoch e Abedam, il conosciuto

16 novembre 1841

1. E dopo che Abedam, il conosciuto, terminò di parlare, tutti fecero un viso ancora più meravigliato, e nessuno seppe cosa obiettargli.

2. Solo dopo qualche tempo, Enoch si alzò e, porgendo ad Abedam la mano, gli disse:

3. «In verità, carissimo fratello Abedam, certamente non sarebbe contrario all’Ordine divino se talvolta i figli volessero presentarsi dinanzi ai saggi quali veri predicatori di sapienza e rettificare le molteplici stoltezze dei maestri che tanto spesso si atteggiano a depositari dell’alta sapienza! Tu ora mi hai tolto un peso immenso dal cuore!

4. Quante volte io avrei potuto essere lieto e sereno in Dio, se le tue parole fossero giunte prima d’ora al mio orecchio!

5. Perciò resterà eternamente vero che quello che il Signore, l’amorosissimo Padre di tutti noi, ha tenuto celato ai sapienti. Egli lo dona in abbondantissima misura ai deboli e ai fanciulli!

6. Sì, è veramente vero che chi vuole scrutare in Dio è un vano temerario, un grande stolto che va affannandosi a morte, mentre i figlioletti ricevono con gioia, grati e senza alcuna preoccupazione dalla mano di Dio, il Padre santo, il pane prezioso della vera vita eterna!

7. Oh, come è grande la stoltezza degli uomini!»

8. E Abedam, il conosciuto, aggiunse: «Caro fratello Enoch, ‘…e senza dimenticare di mettere in conto anche la mia stoltezza!’, perché tu sai già quali siano state le mie condizioni fino a non molto tempo fa!

9. Tuttavia, quello che io ho detto ora, fratello, è talmente evidente, che perfino un cieco l’avrebbe notato all’istante!

10. Però, non per questo posso atteggiarmi a tuo maestro, cosa per cui mi manca ancora molto. Tuttavia, solo tu rimani il mio maestro nel Signore! Amen!»

11. Ed Enoch allora replicò ad Abedam: «Fratello Abedam, cosa vorresti ancora imparare da me? Forse un po’ di stoltezza in aggiunta alla tua libertà?

12. Vedi, per conto mio sono anch’io come te, e perciò non cambierei una minima pietruzza di amore per tutta una Terra colma di sapienza, ed anche per questa ragione non ho mai detto a nessuno nemmeno una parola di mio proprio e vano impulso, bensì, quando ho parlato, l’ho fatto soltanto perché ero spinto dall’interiore Spirito divino. E spesso, a discorso finito, non sapevo cosa avessi detto, perché non ero io che parlavo, bensì solo lo Spirito divino parlava dalla mia pessima bocca.

13. Vedi, fratello, a questo riguardo noi non saremmo affatto in una posizione di vantaggio l’uno di fronte all’altro; però adesso viene qualcosa che mi rende stolto dinanzi a te, e questa cosa è che io, nella mia interiorità, non raramente ho meditato sulle opere di Dio e – come hai detto tu – le ho valutate come se fossi in grado veramente di valutarle!

14. Detto dunque fra di noi, giudica e dì ora tu stesso chi di noi due ha più o meno un qualche vantaggio sull’altro, e chi quindi è il primo autorizzato a fare all’altro da maestro e da vero modello!

15. Prima, cammin facendo per venir qui, io ti ho bensì dato un insegnamento; solo che allora non ti conoscevo come ti conosco ora, e perciò anche il mio insegnamento è stato una piccola usurpazione nei diritti dell’Amore divino; però quello che allora ti dissi, non te lo dissi affatto per dimostrarti di essere destato in misura maggiore di te, bensì lo feci unicamente per amore di te. Ora, tuttavia, mi duole il cuore di aver insegnato qualcosa a colui che mi è un grande maestro d’umiltà!»

16. Allora, Abedam, il conosciuto, si espresse così verso Enoch: «Fratello, non rendermi triste; io mi trovo bene soltanto sull’ultimo gradino! Se tu cominci ad innalzarmi anche di poco, allora tutta la mia felicità se ne va d’un tratto, poiché, vedi, per mia natura io sono fatto in modo che soltanto la condizione di massima umiltà ha su di me un effetto beatificante!

17. Ma perché dovrebbe un fratello innalzare l’altro fratello sopra di sé senza che ci sia assolutamente nessun motivo?

18. I fratelli dunque rimangano tra di loro soltanto fratelli! Se a uno viene a mancare qualcosa, che l’altro gli venga in aiuto con le sue risorse, e così pure viceversa, affinché nessuno goda di alcun privilegio di fronte all’altro. Ma se un fratello – e senza dubbio per concessione del Signore e per il bene dell’altro fratello – dice per buon cuore una parola forse un po’ migliore, dovrebbe essere questo un valido motivo per cui l’altro cominci a farne un semidio?

19. Dunque, rimani tu il mio caro fratello Enoch, e attingendo alla tua sovrabbondanza offri sempre da fratello quando vedi che a me manca qualcosa, ma poi non rimpiangere quello che hai donato al fratello, e così pure anch’io farò lo stesso! E quando tutti si comporteranno così, in verità, fratello, ben difficilmente si litigherà tra fratelli; ed io credo fermamente che un simile modo di vivere tra fratelli sia fondato nell’Ordine divino già dall’eternità e solidamente. E noi vogliamo d’ora innanzi rimanere così in eterno! Amen!»

20. Allora Enoch, commosso fino alle lacrime, abbracciò Abedam e, dopo avergli dato un vero bacio fraterno, gli disse:

21. «Sì, fratello nel Signore e in tutto l’Amore proveniente da Lui, tu hai d’un colpo abbattuto un albero! Come sono semplici le tue parole e tuttavia così divinamente vere, e rimarranno vere in eterno!

22. E così pure tutti noi vogliamo restare non soltanto temporaneamente, bensì per l’eternità! Amen!».

 

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Cap. 154

Del vero amore per il prossimo

 

1. Abedam, lo straniero, che durante tutto questo tempo aveva ascoltato tranquillo e compiaciuto il colloquio tra Enoch ed Abedam, a questo punto si alzò in fretta e saltò in mezzo ai due fratelli che Egli cinse con le Sue mani, e poi disse loro:

2. «Sì, questo è vero, equo e giusto, ed è in conformità all’Ordine divino. E quando dei fratelli vivono in questo modo tra di loro, allora il Padre, come è il caso ora, anche in ogni avvenire non sarà lontano, quale Padre, da quei figli che così pensano di Dio nei loro cuori colmi d’amore e che così agiscono tra di loro quali fratelli!

3. In verità Io vi dico che chi dice “Io amo Dio e i miei fratelli!”, e però possiede qualcosa in più rispetto ai suoi fratelli, e questa cosa non la divide con loro in maniera che ne rimanga per lui solo la più piccola parte, costui è ancora pieno di egoismo e non è degno del Padre! Se qualcuno avesse dieci fratelli, e si trovasse in possesso di dodici mele, costui dovrebbe distribuire ai fratelli undici mele trattenendo per sé solo la metà della dodicesima, mentre anche l’altra metà dovrebbe conservarla per i fratelli; allora egli sarebbe veramente un figlio del Padre santo nel Cielo e degno di Lui!

4. Se un padre ama i propri figli più di quelli di suo fratello, costui pure si trova nell’egoismo e non è degno del Padre. Ed Io dico: “Veramente beato sarà colui il cui vero cuore fraterno, a causa della miseria del fratello, avrà dimenticato la propria miseria, e che così pure, per placare il bisogno dei figli del fratello, avrà sacrificato a Dio, il suo vero Padre, il bisogno dei propri figli con perfetta, grata ed amorosissima devozione”.

5. Meglio è per te se per amore dei tuoi fratelli sei il più povero fra tutti, anziché il più ricco, poiché, se tu hai diviso con loro quello che possiedi e ti è rimasta ancora una parte, tu hai sempre ancora pensato per te, senza tener conto della cura del Padre tuo nel Cielo. Ma se tu per vero amore fraterno del prossimo hai donato tutto ai fratelli, e non ti sei tenuto niente per te, allora ti sei reso completamente libero ed hai lasciato ogni cura a tuo riguardo al Padre che è nel Cielo; ma, dopo ciò, ritieni forse che questo Padre potente, immensamente buono e santo, lascerà patire un simile figlio?

6. Io invece vi dico: “In verità, in verità, costui riceverà cento per uno, e cento volte cento per dieci, e infinite volte per il tutto!”

7. Giudicate voi stessi: – potranno mai il bisogno e la miseria regnare tra i fratelli, qualora tutti siano colmi di amore l’uno verso l’altro, e siano ‘uno come tutti’ e ‘tutti come uno’?

8. Oh, in verità, chi vive così avrà in abbondanza assoluta la benedizione dalle sante cure del Padre santo!

9. Se voi dunque volete essere figli degni e ben tutelati dell’unico Padre santo nel Cielo, vivete in questo modo come veri fratelli e sorelle! Se voi vivrete così tra di voi, allora anche il Padre vivrà e dimorerà tra voi, ed avrà cura di voi tutti. Se non vivete così, ciascuno ben presto ricadrà nell’antica maledizione, e dovrà cercarsi un boccone di pane molto duro con il sudore della propria fronte fra spine e rovi!

10. Sia dunque questo il vostro comportamento reciproco: “Se tuo fratello ha fatto qualcosa a tuo vantaggio, non congedarlo senza una buona ricompensa; ma se tu hai reso un servizio a tuo fratello, non deve nemmeno passarti per la mente, neppure in sogno, che per tale servizio egli rimanga debitore di qualcosa verso di te, ma sia proprio il tuo amore fraterno la massima ricompensa per te”. Se questo sarà il tuo agire, il Padre tuo nel Cielo si compiacerà molto. Qualora, però, l’amore di tuo fratello lo costringa a darti un compenso, non accettare questo come tale, ma accettalo come una prova d’amore del tuo fratello, e pertanto ringrazialo e bacialo, poiché ogni cosa che ricevi devi considerarla unicamente come dono, e così sarai un vero fratello per gli altri fratelli, e il Padre santo si compiacerà in eterno ed enormemente di simili figli! Amen!».

 

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Cap. 155

Lamech chiede Abedam, lo straniero, l’origine della sua sapienza

17 novembre 1841

1. Dopo questo discorso di Abedam, lo straniero, anche Lamech, l’innamorato di Emanuel, si avvicinò ad Abedam ed osservò attentamente la sua persona, poiché queste ultime parole avevano avuto il potere di destare anche lui dalla sua ebbrezza d’amore afflitto, ed avevano stupito il suo cuore. E considerato che egli, immerso nella sua afflizione d’amore per la scomparsa di Emanuel, non aveva inteso quasi niente di quanto Abedam aveva detto prima, era sicuro che queste parole di luce e d’amore, ora percepite improvvisamente dalla bocca divina di Abedam, dovessero produrre un effetto sorprendente sul suo cuore che si era appena destato e, per conseguenza, ancora di più sull’amore dolorante di Lamech, poiché Colui dalla cui bocca e dal cui cuore sgorgavano, era l’Emanuel stesso, celato sotto nuove spoglie!

2. E dopo che ebbe contemplato Abedam, per così dire, a sazietà, e che nonostante tutto il suo guardare comprese di non poter venire a capo di nulla, egli si prese finalmente la libertà d’interrogarlo e gli disse:

3. «Ascolta, Abedam, tu sei per me una persona ancora del tutto estranea, che con bocca d’uomo dice delle parole puramente divine, e questo avviene in modo tale che se il mio dilettissimo Emanuel-Abbà si trovasse qui e volesse parlare riguardo a questo momento fondamentale di ogni vita umana, sarebbe impossibile che Egli parlasse altrimenti da come ora tu stesso hai parlato! Abbi dunque la bontà di dirmi da dove ti è venuta tutta questa sapienza d’amore incomprensibilmente alta!

4. Poiché, vedi, la scomparsa di Emanuel mi ha finora reso cieco e sordo ad ogni cosa, e così certamente è la prima volta che ti vedo fra noi con i miei occhi, e ora non posso stupirmi a sufficienza sul tuo conto! Narrami dunque qualcosa di te, perché il mio cuore desidera quanto mai a conoscerti più da vicino!»

5. E Abedam allora rispose a Lamech: «Mio caro Lamech! Adesso ascolta: sai dirMi che ora è in questo momento, e in che luogo ci troviamo qui dove siamo ora?»

6. E Lamech rispose: «Da quanto adesso posso vedere e ricordarmi in maniera del tutto vaga, questa è la capanna di Adamo nella quale, dopo aver raggiunto le patrie alture, egli ci accolse tutti quanti siamo qui; tuttavia questa cosa io la so come se l’avessi vista in sogno! Però, circa l’ora che fa in questo momento, non saprei dirti nulla di preciso; ad ogni modo, a giudicare dalla luce discretamente viva nella capanna, direi che la sera non dovrebbe essere ancora molto inoltrata»

7. E Abedam replicò a Lamech: «Vedi, Mio caro Lamech, per te adesso è di fondamentale importanza sapere con maggiore precisione in quale ora della sera sia ora; perciò va un po’ fuori dalla capanna, e dall’intensità del crepuscolo giudica se ora la sera sia al suo inizio oppure sia già inoltrata!»

8. E Lamech seguì subito il consiglio; ma quale non fu il suo spavento allorquando, invece dello sperato rosseggiare del crepuscolo, si trovò circondato dappertutto dalla tenebra più fitta su tutta la Terra, oscurità che veniva spaventosamente interrotta ogni tanto da lampi costanti che annunciavano una imminente e grande bufera.

9. Ma egli non indugiò a lungo fuori dalla capanna, bensì in tutta fretta fece ritorno quasi retrocedendo, poiché egli provòava in sé un grande timore sia della notte che delle bufere. E così, allora, si avvicinò timoroso ad Abedam e gli disse:

10. «O caro, buon uomo, poiché tu avrai sicuramente saputo che ora inoltrata della notte sia adesso, perché mi hai fatto uscire a guardare questa notte tremenda e orribile, in cui già da tempo ogni crepuscolo è tramontato e al suo posto solo violenti lampi e tuoni dal sordo rimbombo sembrano aver dato inizio ad una spaventosa lotta con la più fitta, ostinata notte?

11. Vedi, tremo ancora in tutto il corpo per la gran paura! O Emanuel, se Tu fossi qui ora! Con Te oserei volentieri guardare questa notte terribile, perché a Te avrebbe dovuto ubbidire, raddolcendosi, anche questo tempo infuocato, duro e spaventosamente minaccioso, avido della battaglia devastatrice.

12. L’unica cosa buona è che Enoch sia ancora presso di noi, altrimenti per noi sarebbe proprio finita! Però tu pure sembri non preoccuparti più di tanto del temporale che si sta avvicinando! Ma una tale cosa bisogna perdonartela, perché qui sei ancora uno straniero e probabilmente non hai ancora sperimentato lo spavento di un simile temporale di notte sulle alture, ma se una volta sola avrai l’occasione di assistervi, come certo sarà il caso terribile di questa notte, vedrai che all’avvicinarsi di una prossima tempesta tu sicuramente sarai ancora più angosciato di quanto lo sia io in questo momento in cui mi vedi quanto mai affranto!

13. O mio Emanuel-Abbà, oh, fossi Tu rimasto almeno questa notte ancora visibilmente con noi!»

14. E Abedam allora guardò Lamech con espressione amichevolissima e, presolo per mano, gli domandò: «Mio caro Lamech, vedi, considerato che fuori hai trovato un’oscurità tanto fitta, non vorresti dirMi da dove proviene la luce che illumina questa capanna?»

15. Solo in seguito a questa domanda l’attenzione di Lamech fu attratta dalla luce; e, siccome non poté scoprire nulla che gliene rivelasse la sorgente, egli si rivolse nuovamente ad Abedam, dicendogli:

16. «Vedi, caro e buon uomo, io trovo che essa è meravigliosa! È luminoso senza che vi sia una luce, anzi qui dentro fa chiaro come se fosse giorno, eppure non riesco a scoprire in nessun luogo quale ne sia la fonte! Che significa questo? Da dove proviene la luce? E come è possibile ciò?

17. L’hai forse provocata tu, o la causa va ricercata nel violento temporale? Infatti, nell’occasione di forti uragani accompagnati da lampi frequenti, ho già osservato qualche volta che a notte fittissima gli alberi, l’erba e le pietre appaiono spesso come circondate da una materia luminosa di colore azzurrastro; però, tutte le volte che ho visto una cosa simile, la luminosità di per sé era quanto mai debole, e paragonata a questo chiarore, la si dovrebbe reputare un’oscurità assoluta!

18. Perciò potresti spiegarmi ben tu quello che mi hai domandato!»

19. Abedam però l’invitò a rivolgersi a Set con queste parole: «Lamech, va da Set, ed egli ti dirà come questa luce è sorta, e poi troverai ben presto una luce nella luce, così come ora non hai potuto trovare luce nella luce!»

20. Allora Lamech si presentò immediatamente a Set, e lo pregò nel seguente modo: «Caro padre Set, non vorresti chiarirmi riguardo a quella cosa per la quale tuo fratello e figlio – o cos’altro mai possa essere per te – mi ha indirizzato a te?»

21. E Set gli rispose: «Perché prima dormivi nel tuo cuore? Se tu fossi stato desto, questa domanda sarebbe per te superflua, ma poiché fu il tuo grande amore per Emanuel-Abbà a renderti cieco e sordo per ogni altra cosa, tu hai già in te la più valida ragione per essere scusato, e perciò sappi che l’Artefice incomprensibilmente potente di questa illuminazione meravigliosa è quello stesso che ti ha indirizzato a me, ed Egli l’ha prodotta semplicemente per mezzo della Sua sola parola, dicendo: “Sia fatta luce!”, e ciò per il potere della Forza divina in Lui. E adesso te ne puoi andare, perché ormai sai tutto quello che so io; ogni altra cosa è bene che tu l’attenda dall’Artefice stesso! Amen!»

22. E Lamech se ne andò di nuovo da Abedam con l’intenzione di fare secondo il suggerimento di Set.

23. Però Abedam gli disse: «Caro Lamech, cerca un po’ nell’amore del tuo cuore, e tu ben presto troverai l’Artefice della luce, poiché vedi, Colui che tu ami tanto non è così lontano come tu credi! Ma quando L’avrai trovato, non dirlo a nessuno fino a domani!

24. Nel frattempo, questa notte assisterai a grandi cose! Amen!»

 

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Cap. 156

Lamech sopraffatto dall’amore

19 novembre 1841

1. Lamech però, avendo inteso questo da Abedam, cominciò a concentrarsi; e non passò lungo tempo che finì con l’accorgersi qual era la situazione e Chi era che si celava in Abedam!

2. E siccome Abedam vide immediatamente che Lamech Lo aveva trovato e riconosciuto, allora gli chiese: «Ascolta, Mio caro e fedele Lamech! Come ti senti ora? Hai ancora paura della tremenda bufera che tra poco scoppierà sulle nostre teste?

3. Oppure devo proprio anch’Io cominciare sul serio ad averne timore con te?»

4. Ma Lamech, soffocato dalla gioia, si mise a piangere e non poté dare risposta. Solo dopo una pausa alquanto lunga, quando le abbondanti lacrime d’amore e di gioia gli ebbero alleggerito il cuore e questo si trovò debitamente ampliato per accogliere quella improvvisa e immensa visione, egli cominciò, in uno stato di estasi suprema, a rivolgere ad Abedam le seguenti parole:

5. «O Abedam! O Emanuel! O Abbà! Finalmente Ti ho ritrovato, Tu, Tu, o mio Abbà!

6. Come potrebbe, come dovrebbe ora incutermi timore proprio quello che è un nulla di fronte a Dio?

7. Se Tu vuoi, lascia che innumerevoli fulmini riducano in polvere la Terra e che il mare evapori come una goccia di rugiada caduta sul ferro rovente; sì, lascia che turbini di fuoco infurino con violenza tale che la loro forza, voglia giocare con le montagne come fa la tempesta mugghiante con le foglie degli alberi; e fa pure che massi enormi come mondi precipitino sopra la Terra, e Tu non scoprirai mai un timore in me! Poiché dove Tu sei, là è dappertutto bello stare; ma senza di Te anche con il tempo più sereno e tranquillo, è terribile dappertutto sulla Terra e tutto è deserto e vuoto, e qualunque cosa si guardi, ha per noi un sogghigno orrendo, minaccioso e letale. Il vento va urlando: “Morte!”. L’erba muore. L’acqua rumoreggia: “Morte!”. E le rive tremano e trapassano. E l’acqua evapora nella morte, nel tenebroso nulla. Il raggio del Sole, che di solito vivifica, uccide il verme della fossa.

8. Le forze della carne del corpo mortale svaniscono, e la massa materiale, pigra e morta, si accascia sulla terra moderatamente animata, e ciò che si è accasciato, poi sprofonda da una morte all’altra. E le stelle, solitamente gaie, si fanno pallide e fosche, e nessun amichevole tremolio viene più a turbare la loro morta quiete, orribilmente tetra. In breve, dove Tu sei, là perfino le pietre si fanno vive ed estremamente gradevoli, tanto che è una gran gioia guardarle! Sì, io credo che in Tua compagnia, anche trovandosi dentro il fuoco al punto tale che le fiamme normalmente divoratrici di ogni cosa si chiudessero alte al di sopra del capo, si avvertirebbe, anzi si dovrebbe avvertire, soltanto una mite e dolce frescura anziché un dolorosissimo bruciore, poiché Tu sei in ogni tempo e in ogni luogo l’Amore!

9. Perciò anch’io, vedi, ora sono del tutto privo di timore, perché Ti ho di nuovo con me! Però Tu non devi più sparire via da me in modo che io non possa più sapere dove Ti sei nascosto!»

10. E Abedam allora rispose brevemente a Lamech: «Certo, certo, tu non Mi perderai mai più, né ora né per tutte le eternità! Amen!»

11. Ma per il momento è opportuno che tu non dica nulla ad Adamo e a Set, ad Eva e alla moglie di Set, come pure a tutti gli altri figli, poiché Io voglio che ciascuno debba trovarMi così come tu Mi hai trovato e riconosciuto nel tuo cuore!

12. Però Io ti dico che questa notte li condurrà tutti al nostro cospetto! Ma, quando essi verranno, nessuno di voi tre deve rivelare chi sono Io, bensì quando la grande angoscia li sospingerà nell’intimo di loro stessi, e così dinanzi ai loro occhi sarà rivelato il loro cuore e questi immediatamente annuncerà loro quanto e quale amore vi regni dentro, allora e soltanto allora si vedrà quanto amore per Me dimora nel loro cuore; sulla base di questo amore essi o Mi riconosceranno o non Mi riconosceranno.

13. Vedi, Io agisco come un fidanzato che esplora il cuore di colei che egli intende eleggere a sua sposa! Egli se ne va di notte, anzi in una notte tempestosa, a scrutare intorno alla capanna dove dimora l’eletta del suo cuore. Con il cuore angustiato sta in ascolto e aguzza quanto più può l’orecchio, perché vorrebbe udire i segreti sospiri d’amore dalla bocca della sua eletta. Bene per lei se il suo cuore sarà colmo del suo fidanzato, poiché ciò di cui è pieno il cuore sgorga poi dalla bocca! Se infatti il suo pensiero sarà rivolto a lui, lei lo invocherà e lo chiamerà per nome. Ed Io ti dico che i suoi sospiri e le sue chiamate spezzeranno il cuore al fidanzato, ed egli entrerà nella sua stanza, e ancora di notte la condurrà nella propria capanna affinché lei divenga sua moglie!

14. Ma credi tu che se il fidanzato, scrutando in questo modo di notte l’eletta, la trovasse addormentata, oppure se la stessa chiamasse fra i sospiri un altro nome, egli entrerebbe nella sua stanza per poi condurla a casa sua?

15. Oh, vedi, egli non lo farebbe mai, bensì da quel momento egli fuggirebbe la sua vicinanza e disprezzerebbe la sua faccia!

16. Vedi, similmente Io ora, nella notte tempestosa, Me ne sto alla porta di tutti i Miei eletti! Là dove nel cuore sentirò sospirare facendo il Mio Nome, là anche Io entrerò subito e farò ugualmente come il fidanzato che ho menzionato prima; ma dove troverò gli eletti o immersi nel sonno, o sospiranti che invocano nomi estranei, là farò pure come farebbe il fidanzato da Me indicatovi.

17. Tuttavia c’è un divario tra Me e il fidanzato. – Io vengo con Amore, porto Amore, dono Amore, cerco amore e richiedo amore; e chi trovo dormiente, viene destato fino a settantasette volte settantasettemila volte! Se neppure dopo questo tempo egli non si risveglia, solo allora Io Mi ritiro! Guai però a colui dal quale Io Mi sarò ritirato! In verità, egli poi per lungo tempo, anzi per lunghissimo tempo, invano sospirerà e invocherà il Mio Nome, ma Io non gli risponderò!».

 

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Cap. 157

La bufera

20 novembre 1841

1. Non appena Abedam fu giunto però alla fine di queste Sue parole molto notevoli e rivolte a Lamech, ecco presentarsi, sospinti da grande spavento, Enos, Kenan, Maalaleel, Jared e Matusalem e intorno alla capanna erano venuti affollandosi a centinaia i figli e i figli dei figli, i quali in preda alla disperazione gridavano a Jehova invocandoLo che li aiutasse e che, con Grazia e Misericordia, distogliesse da loro quella devastazione che diventava spaventosa e gli inauditi orrori della notte.

2. Dei cinque entrati nella capanna, Kenan, l’oratore, prese subito la parola, e cominciò ad esprimersi così dinanzi ad Adamo:

3. «O padre Adamo, ascolta: – se lo scomparso Emanuel e la tua benedizione paterna attraverso la potenza del Suo Amore non ci vengono senza indugio in soccorso, noi siamo tutti irrimediabilmente perduti, senza grazia né pietà!

4. Vedi e odi cosa ora succede fuori: – tutta la terra del Mattino è un mare di fuoco! Non soltanto innumerevoli fulmini fiammeggianti si scagliano giù da una massa di nubi immensamente densa, infuocata e così rovente, bensì anche fuori dal terreno sorgono dappertutto lampi e fiamme!

5. La tua magnifica grotta, per effetto di mille e mille fulmini tremendi, è già ridotta tutta in macerie, al punto che di essa non è possibile più trovare nemmeno traccia!

6. Come ti dico, mai Jehova ha visitato i Suoi figli in maniera tanto spaventosa e tremenda come questa volta! Però quello che ti ho raccontato e descritto finora non è che la cosa più insignificante; ma odi quello che avviene ancora:

7. Fra grandi sibili, scrosci, fragori e schianti, il mare sale fuori dalla profondità! Tutte le fiere si rifugiano da noi: – tigri, leoni, iene, lupi, orsi e serpenti penetrano a centinaia nelle nostre capanne abbandonate, per non parlare poi degli altri animali grandi e piccoli.

8. Io dico che nessuna lingua umana sarebbe capace di descrivere la desolazione in cui ci hanno fatto piombare questi pochi minuti trascorsi! Noi cinque siamo ancora i soli a non essere stati colti dalla disperazione. Ad eccezione di noi, tutti giacciono mezzi morti con la faccia a terra nell’attesa della fine certa di tutte le cose. Alcuni si lamentano, altri urlano, altri ancora tremano in tutto il loro corpo, alcuni gridano e piangono a voce altissima, altri invece sono come irrigiditi e muti per la troppo grande angoscia e spavento!

9. O padre, è una vista orribile! E vedi, le scene di terrore vanno sempre più moltiplicandosi da tutte le parti! Davvero, più tremendo di così non può essere stato quando tu, essendo ancora in paradiso, vedesti nell’ira di Dio le ardenti macerie dei mondi volare confuse negli spazi e la Terra distrutta sotto ai tuoi piedi!

10. Dunque, o padre, non indugiare, ma accorri in soccorso di tutti noi, per quanto ancora sia possibile pensare a un qualche aiuto!

11. Odi, odi solo lo schianto continuo! Ascolta il tuono che tutto scuote! Senti l’ininterrotto tremare della terra e il frastuono del mare già vicino! Odi come da mille fauci di belva si leva un raccapricciante ululato, e con echi spaventosi esso si mescola al sibilo, al fragore e al rombare degli uragani di fuoco!

12. O padre, se a te pare possibile ancora un aiuto, allora non indugiare, ma vieni in tutta fretta in nostro soccorso con la tua benedizione!

13. Là, là, o padre, o voi tutti, guardate verso la porta: – oh, l’immensa, inaudita sciagura! Guardate tutti là verso la porta! Verso la porta guardate! Anche qui sono già giunti gli ospiti estranei e terribili! Ospiti dinanzi ai quali noi siamo fuggiti dalle nostre capanne!

14. Adamo, padre, Enoch, Lamech, voi due Abedam, voi che siete i prediletti di Emanuel, aiutate noi e voi!

15. Vedete, anche un mostruoso serpente già accenna sibilando a voler entrare dalla porta!»

16. E Adamo, del tutto inorridito, e Set, mezzo morto dallo spavento, e così pure Eva e la moglie di Set risposero in coro: «Che la cosa sia tanto terribile, lo sentiamo e lo vediamo ora noi tutti in modo fin troppo evidente e chiaro!»

17. E Adamo, poi per conto suo, proseguì: «Figli, qui la mia benedizione non sarà più sufficiente; se Dio non ci aiuta, noi siamo tutti perduti!

18. Mio Signore e mio Dio! Perché sono stato costretto ad assistere anche a questo? E per di più oggi, nella notte del Sabato!

19. O Signore e Padre e Creatore di tutte le cose, il sacrificio di domani forse Ti è già ora sgradito, perché Tu sembri volerlo rendere vano mediante queste scene di spavento? Oh, allora togli da noi un tale orrore e facci conoscere nel cuore la Tua santa Volontà, e poi noi tutti faremo con volonteroso amore secondo il Tuo compiacimento; ma togli da noi questa prova tremenda, e fa che noi tutti possiamo di nuovo, grati e di lieto cuore, innalzare i nostri sguardi a Te!

20. O Padre, Padre santo, questa notte non giudicarci tutti per la nostra rovina! Amen!»

21. Ma quando Lamech vide le belve mostruose penetrare una dopo l’altra nella capanna, e quando udì lo scoppio degli innumerevoli fulmini e i tuoni che scuotevano la terra, il muggito del mare, dei venti, tanto che perfino gli animali rifugiatisi nella capanna di Adamo cominciarono ad urlare e ruggire terribilmente, allora tale sinistro spettacolo iniziò a turbare intensamente anche lui, tanto che egli si accostò quanto più poteva ad Abedam, cercando di stringersi il più possibile a Lui; ed uno stato d’animo uguale cominciava a crearsi anche in Enoch e in Abedam, il conosciuto.

22. E Abedam, lo straniero, domandò loro: «Come vedo, anche voi vi lasciate vincere dal timore?»

23. E Abedam, il conosciuto, Gli rispose: «Signore e Padre, di fronte a uno spettacolo simile credo che il timore sarebbe perdonabile anche in un angelo, giacché la vista di questi strani ospiti urlanti e ruggenti in una tale notte di spavento, non potrebbe presso di noi fare a meno di colpire ciascun spirito, anche quello più inaccessibile al terrore!

24. Io però preferisco vedere le opere del Tuo Amore che non quelle della Tua potenza; perciò io ora mi trovo pervaso da timore dovendo assistere alle opere della Tua potenza! Oh, convertile in opere del Tuo Amore! Amen!»

 

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Cap. 158

Timore di Dio e Amore di Dio

22 novembre 1841

1. E l’Alto Abedam (cioè Abedam lo straniero) ribatté allora ad Abedam, il conosciuto, rispondendo alle sue brevi parole di scusa per il timore provato:

2. «Tu hai detto certamente il vero, però, a dirla fra noi, una piccola obiezione te la devo fare. Vedi, se questa lieve bufera fosse un’opera della Mia potenza, dove sarebbe la Terra a quest’ora? Anzi, Io dico a te e anche a voi: – dove sarebbe l’intera Creazione?

3. Ma se tu vuoi vedere veramente un’opera della Mia potenza, allora guarda l’intera infinita Creazione, come tutto è reso stabile e sussistente come una totalità nella sua specie, e che, però, come totalità, a sua volta è solo una parte della totalità infinita; e come nulla può allontanarsi dalla Terra, nulla dal Sole, nulla dalla Luna, anzi nulla da tutte le stelle, all’infuori della sola cosa più imponderabile, vale a dire all’infuori di una luce giustamente dosata! Vedi, queste sono opere della Mia potenza!

4. Ma credi forse che la Mia potenza sia una Potenza della rovina o una Potenza dell’annientamento?

5. In verità, se fosse vera una simile opinione della Mia potenza, non sarebbe mai stato creato nulla proprio tramite questa Mia potenza!

6. Ma siccome, invece, la Mia potenza non è una Potenza dell’annientamento e della distruzione, bensì è una Potenza del continuo suscitare e della conservazione del suscitato, per tali motivi essa è pure una Potenza dell’Ordine eterno.

7. E ora, considerato che per quanto concerne la Mia potenza le cose stanno unicamente così e non possono stare altrimenti, – dove si trova in essa, ciò che t’incute tanto timore!?

8. Oppure pensi forse che questa tempesta sia meno un’opera del Mio Amore, che non un giorno tranquillo e sereno?

9. Io però vi dico: “Un giorno tranquillo e sereno somiglia a un innamorato che siede pacificamente con sua moglie nella propria capanna. Egli continua certamente ad amare la propria moglie, seguendo per così dire una linea costantemente diritta, anzi egli l’ama con fedeltà, ma che differenza c’è invece tra il suo amore e quello di un giovane innamorato che aspira soltanto all’amore dell’eletta del suo cuore!

10. Se la moglie dice al proprio marito: ‘Non vorresti andare un momento a prendermi dall’albero qui vicino alcune pere o qualche altro frutto maturo? Perché, vedi, ho un po’ di fame ed ho proprio voglia di mangiarle!’

11. Allora il marito si gratterà il capo, e infine, con accento alquanto seccato, le dirà: ‘Ma, cara moglie mia, vedi, basta fare tre passi soltanto per uscire a prenderle; perciò lasciami ora un po’ in pace! Se hai proprio tanta voglia, puoi andare tu stessa a prenderti quello che brami!’. Vedi e dimMi se non succede proprio così!?

12. Ma se invece una delicata fanciulla dicesse al suo ardente adoratore: ‘La mia mano e il mio cuore saranno tuoi; ma in segno del tuo amore io ti chiedo di andare in un luogo a cento giorni di viaggio da qui e che da lì tu mi porti un dono raro, costoso e pregevole!’

13. Credete forse che l’aspirante alla mano della fanciulla ardentemente amata, dopo tale sua richiesta, farà come il marito verso sua moglie nella capanna?

14. Oh, no, ve lo dico Io, bensì egli le dirà: ‘O diletta, non solo cento giorni di strada, ma se vuoi, per rendermi a te gradito, io sono pronto ad andare fino in capo al mondo per raccogliere tutti i tesori della Terra e deporli poi nel tuo dolce grembo!’. Dite: – non è così?”

15. Ora considerate prima il giorno tranquillo e sereno nella capanna, e poi la notte di tempestoso amore nel petto del giovane innamorato! Che differenza tra queste due specie d’amore!

16. Se questa notte di furore, proveniente da Me per voi, o figli, somigliasse proprio a quell’amore del giovane innamorato, potresti tu, Abedam, sostenere ancora che questa è un’opera spaventosa della Mia potenza, che appare a te tanto tremenda?»

17. E Abedam, il conosciuto, allora rispose: «O Signore, mio alto amorosissimo omonimo, vedi, ora è stata annientata ancora grande parte della mia stoltezza! Grazie eterne Ti siano rese per questo!

18. Credo però che, nonostante tutto, si tenga ancora nascosto in me, ancora in agguato, una significativa parte di pazzia, dato che io non posso ancora liberarmi completamente dal timore.

19. E poiché Tu, o mio alto omonimo, hai già insaccato tante di quelle cose che in grazia hai levate via da me, Ti piaccia di togliere da me, con somma indulgenza, anche questa mia stoltezza per poi metterla in un luogo qualunque, che sia di Tuo gradimento!»

20. E l’Alto Abedam allora gli rispose: «Vedi, ora tu hai trovato proprio la giusta espressione! Sì, in verità, molte cose Io devo insaccare da parte vostra, e il sacco nel quale sono deposte le vostre innumerevoli stoltezze si chiama ‘la Mia Indulgenza’ e ‘grande Pazienza’!

21. Tuttavia vi dico che nessuno deve fare eccessivo assegnamento su questo sacco, poiché non è affatto da escludersi che un giorno esso possa lacerarsi! E se questo accadesse, guai allora alla Terra e ai suoi abitanti! E voi due, tu Enoch, e tu Lamech, provate ancora timore?»

22. Ed Enoch rispose: «O Abbà, per mio conto purtroppo devo rispondere affermativamente alla Tua domanda; tuttavia a questo riguardo io penso che come tutti i fanciulli sono pieni di timore e d’angoscia, così lo sono io pure! Ma questa cosa io la trovo giusta, poiché se alla Tua Bontà paterna, a causa della debolezza del figlio, non vi fosse aggiunta un’adeguata porzione di timore e di angoscia, e tutto ciò commisurato secondo amore e sapienza, che cosa avverrebbe del debole figlio che nella sua presunzione si ritiene illusoriamente forte? Chi sarebbe capace di guidarlo e di allevarlo?

23. Così, invece, il timore è già il più grande maestro del fanciullo! Esso era già in origine con me, e vi resterà anche d’ora innanzi, giacché io so anche troppo bene che appunto accanto al timore dei deboli si manifesta il Tuo massimo Amore.

24. Esso è il più fedele custode dei piccoli; perciò deve rimanere presso di me come lo era all’inizio, sempre in eterno; ed essere anche il mio custode così come lo era in qualità di grande dono d’amore da parte Tua, Padre buono e santo!

25. Io so e percepisco, grazie alla Tua Misericordia e in maniera del tutto vivente in me, che grazie alle Tue sollecite premure e alla Tua Grazia d’Amore nulla di male può, né deve accadermi; tuttavia, simili straordinari avvenimenti io li temo, e proprio perché io Ti amo sopra ogni cosa.

26. Vedi, dove c’è amore, c’è anche timore; ma dove non c’è timore, là non vi è neppure amore!»

27. E l’Alto Abedam allora disse: «Enoch, quanto tu hai detto è vero! Ma chi ti ha insegnato a parlare così?

28. Sì, certo, è perfettamente vero che Io sono presente nel timore dei deboli! Chi ama il Padre, teme Dio; Tuttavia, senza il timore di Dio, nessuno può amare il Padre.

29. È per questo che il timore di Dio e l’amore per Lui sono pari, e l’uno non può stare senza l’altro; tuttavia una cosa è bene tener presente: – l’amore dev’essere collocato più alto del timore. Perché soltanto nell’amore c’è vita, ma non nel timore. Nel timore si trova la morte, ma non la vita! Quindi ciascuno deve infine far sì che il timore venga vinto e fatto prigioniero dall’amore; in questo modo egli vivrà nel Padre, il Quale solo e soltanto Lui è Signore di ogni vita. Comprendete bene ciò che vi ho detto!»

30. A questo punto Lamech prese egli pure la parola e domandò ad Abedam: «Non vorresti dirmi in fretta se anche in me vi è sul serio timore?

31. Vedi, quello che succede qui è tale da ispirare veramente spavento, e gli ululati che si fanno sempre più forti, gli scoppi e i tuoni, questo sinistro sibilare, muggire e infuriare, riempiono anche se non lo si vuole il cuore di grave, anzi, di sempre crescente angoscia. E quantunque tutto ciò si verifichi in me, tuttavia io non saprei giudicare con precisione se ciò sia da attribuirsi a sciocco timore oppure a un qualche altro stato d’animo a me finora ignoto! O Abbà, se tale è la Tua santa Volontà, chiariscimi questa cosa! Amen!»

32. E Abedam, guardandolo con estrema amorevolezza, gli rispose: «Lamech, Io credo che in te gli alberi siano tanto fitti da impedirti di vedere il bosco! Ma come si può domandare a qualcuno se il timore si è impadronito del suo cuore, quando per l’angoscia egli trema in tutto il corpo?

33. Guarda quali sterili parole hai appena lasciato cadere dalle tue labbra! Dove se ne sono andati il tuo gran coraggio e la tua incrollabile fiducia? Eppure non si è ancora verificato nessuno degli spaventosi casi evocati da te! Noi tutti ci troviamo ancora sulla Terra, che è tuttora discretamente solida. Essa non è ancora distrutta, il mare non è ancora evaporato, sulla Terra non sono ancora caduti dei chicchi di grandine voluminosi come mondi, né gli uragani di fuoco hanno divelto alcuna singola montagna, né le fiamme si sono chiuse al di sopra dei nostri capi. E tuttavia, tu tremi accanto a Me come se tutte le febbri si fossero attaccate a te!

34. Ma cosa poi ne sarebbe di te se Io, per metterti alla prova, avessi permesso che si verificassero i fatti da te menzionati poco fa con tanto spregiudicato coraggio?

35. Dunque, prendi nota anche di ciò: – è meglio, come Enoch, rimanere nel timore che promettere troppo nella foga dell’amore. Infatti è del tutto uguale quello che qualcuno promette o nella foga d’amore oppure in quella del timore colmo di sordità e di cecità, poiché tutte queste promesse non vengono mantenute appunto per la ragione che un simile stato di esaltazione non può mai essere durevole.

36. Come l’incendio d’amore sia di per sé variabile, ne hai la prova nell’amore coniugale, il quale è un fuoco smorzato che non fa più ribollire il sangue nel cuore, ma che lo riscalda soltanto dolcemente e lievemente, e proprio così vivifica!

37. E quale durata abbia il timore e la promessa contenuta in esso, tu puoi constatarlo già nei deboli fanciulli, i quali mantengono nel timore il promesso miglioramento finché il padre con espressione accigliata li rimprovera con voce tonante; ma, quando la sua faccia è ritornata serena, anche il timore se ne va, e con il timore se ne vanno anche le promesse fatte sotto la sua influenza!

38. Ora, se tu vuoi essere perfetto, devono esserci in te sempre tre parti di timore e sette parti d’amore; e allora a tutte le tue preghiere potrai infine aggiungere anche questa: “Padre, non mettere alla prova la mia debolezza, ma liberami da ogni male tanto nello spirito quanto nel corpo!”. E così la tua preghiera sarà giusta, poiché la prova non è buona per l’uomo libero, per la ragione che essa in primo luogo uccide il corpo e in secondo luogo paralizza lo spirito.

39. Felice certo sei tu, che trionfasti sul timore mediante l’amore – per quanto anche soltanto fino al tempo della prova – e non lasciasti fuggire l’amore quando venne il momento della prova, ma invece mediante il tuo timore facesti incrementare la potenza del tuo amore per Me. Però in avvenire saranno felici soltanto coloro che, sempre con giusto timore dinanzi a Dio, si desteranno nell’amore per il Padre! E così il primo dovere degli uomini verso Dio sarà quello di una volontaria obbedienza, la quale è frutto del vero timore di Dio. Soltanto in questa obbedienza gli uomini potranno poi rinascere a figli di Dio, e in Lui riconosceranno il Padre amorosissimo e santo, e quindi Lo contempleranno.

40. Il timore, ad ogni modo, è il seme dell’amore; ma come senza seme nessun frutto potrà mai svilupparsi, così anche senza il giusto timore di Dio non si svilupperà mai un vero amore.

41. E come il seme imputridisce nel terreno e si sviluppa il germe vivente dell’amore e poi cresce e porta frutti viventi, così pure l’amore, questo santo germe di vita eterna, sorgerà dal timore. L’antico timore, invece, andrà in putrefazione; ma appunto fuori da questa putrefazione, che avverrà nel buon terreno del Mio Amore per voi, sorgerà un frutto straordinario, un albero della vita sotto i cui rami, poi, perfino gli abitanti del Cielo erigeranno le loro dimore. Notate bene tutto ciò!

42. Però adesso non ne parliamo più oltre, perché, vedete, Adamo si è alzato e, abbastanza timoroso, comincia a rivolgere i suoi passi verso di noi, poiché anch’egli inizia a fiutare che presso di Me c’è l’aiuto. Dunque, tacete tutti dinanzi a lui! Amen!».

 

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Cap. 159

Adamo e Set nel momento dell’angustia e della prova

(23 novembre 1841)

 

1. E Adamo, accompagnato da Set, mentre gli altri cinque circondavano Eva e la proteggevano dalla vicinanza degli strani ospiti selvaggi – e particolarmente da quella dei serpenti per i quali lei sentiva di solito il massimo orrore – Adamo, dunque, destreggiandosi abbastanza con fatica fra la massa diventata già alquanto numerosa e varia degli ospiti estranei, giunse finalmente all’unico posto rimasto ancora libero, a quello cioè dove si trovavano i quattro.

2. E giunto presso Abedam, egli voleva parlare ma, dominato com’era dallo spavento, non poté quasi pronunciare una parola. L’Alto Abedam però lo prevenne e, avvolgendolo in uno sguardo estremamente amoroso, gli disse: «O Adamo, tu vai ancora in cerca di un aiuto incerto! Guarda invece nel tuo cuore e, al posto di un aiuto incerto, ben presto troverai là quello sicuro!

3. Non vi ha forse benedetti tutti Emanuel? E non vi ha indicato il luogo certissimo dove Lo si può trovare sempre?

4. Vedi, se tu Lo avessi cercato in quel luogo, già da lungo tempo Lo avresti anche trovato; e poi già da lungo tempo Egli ti avrebbe teso la Sua mano potente e soccorritrice, e così per mezzo tuo avrebbe già portato aiuto a tutti. Solo che tu, come primogenito di tutta l’umanità, non Lo hai ancora cercato nel luogo a questo destinato. Perciò, ora fa in tutto amore e in pienissima fiducia quello che hai tardato a fare finora e anche tu poi, in breve, ti persuaderai di quanto immensamente vicino a tutti voi sia Emanuel e con Lui anche ogni aiuto!»

5. E Adamo fece come l’Alto Abedam gli aveva consigliato, e infatti ben presto trovò anche quello che avrebbe potuto trovare molto tempo prima.

6. Con gli occhi colmi di lacrime di pentimento e di gioia, alzò lo sguardo verso Abedam, e voleva cominciare a parlare e pregare. Però Abedam gli disse: «Taci fino a domani! Sii lieto e non aver timore, infatti non sarà torto un capello a nessuno, poiché Io a tale scopo sono qui in mezzo a voi! Comprendilo! Amen!».

 

(24 novembre 1841)

 

7. E Adamo, dopo tali parole di Abedam, l’Alto, riacquistò piena pace in cuor suo, ringraziò con fervore Colui che nuovamente aveva riconosciuto e, accompagnato da Set, ritornò subito al posto di prima.

8. Tuttavia, questo ritornare al posto di prima non gli fu tanto privo di molestia e di pena come forse qualcuno se lo potrebbe immaginare; anzi, in questa occasione la costanza di Adamo, il suo coraggio e la sua fiducia furono posti – come si suol dire – a una vera prova del fuoco, e il suo amore e la sua fede dovettero affrontare una prova del tutto particolare, la quale consistette in ciò:

9. Quando egli si trovava a mala pena a tre passi di distanza da Abedam, mentre stava ritornando al suo posto, vedi, d’improvviso sorsero dalla terra vampate di fiamma in maniera tale da sbarrargli completamente il passo. Egli allora si spaventò enormemente, ma immediatamente si ricordò anche delle ultime parole di Abedam, quando gli aveva detto: ‘A tale scopo Io sono appunto qui in mezzo a voi!’

10. E allora egli così apostrofò la fiamma: «Nel Nome di Colui che si trova fra noi, io t’impongo di estinguerti, e a non sbarrarmi la via per recarmi al luogo dove devo andare!»

11. Ma la fiamma non obbedì, e s’innalzò anzi con maggiore violenza. E Adamo s’inasprì e si arrabbiò a causa della disobbedienza della fiamma al Nome del Signore e, rivolto ad essa, esclamò con forza:

12. «Ascoltate, voi tutte acque della Terra, e voi pure, acque di tutti i cieli! Precipitate immediatamente su questo mostro che è muto e colmo di disobbedienza verso il Nome del Signore, ed annientatelo soffocandolo per l’eternità!»

13. Ma neppure le acque si mossero per adempiere la volontà di Adamo.

14. E Adamo, avendo ormai visto che non si sarebbe potuto fare nulla contro la disobbedienza della fiamma, disse a Set: «Proviamo dunque a passare da un’altra parte, e la fiamma arda pure finché piacerà al Signore!»

15. Ed essi si volsero a destra, dove nessuna fiamma si era ancora levata dal terreno ed anche nessuna cominciava ad ardere. Ma, invece della fiamma, almeno trenta serpenti adulti e giganteschi saettarono con le loro lingue verso Adamo che vagava, ed egli perciò dovette nuovamente fermarsi, non potendo assolutamente proseguire. Anche qui egli apostrofò con energia i serpenti, ma non ottenne maggior successo di prima con la fiamma. E come ebbe reso manifesta la sua grande ira contro quella frotta mostruosa, vedi, uno dei serpenti cominciò a spalancare le sue fauci accennando a slanciarsi verso di lui, e Adamo, accortosi della mala intenzione dell’animale, rimase inorridito e retrocesse in tutta fretta.

16. E allora egli disse a Set: «Vedi, anche qui la via ci è sbarrata nella maniera più orribile; basta però non perdere il coraggio, né la fede, né la fiducia e tenersi saldamente nell’amore per il Signore, alla Sua Parola santa!

17. Vediamo dunque se la cosa riuscirà almeno dalla parte sinistra, dato che là io non scorgo ancora alcun impedimento. Sbrighiamoci perciò sollecitamente, prima che qualche altro ostacolo venga a precluderci anche questo stretto varco!»

18. Ma quando, fatti pochi passi, vi furono giunti, ecco che anche là trovarono la via sbarrata da ogni tipo di fiere, e in modo tale che non era più possibile nemmeno pensare ad aprirsi un passaggio!

19. Adamo allora si fermò e chiese a Set: «Cosa facciamo adesso? Alla nostra parola più niente ci obbedisce, e forzare il passo in tali condizioni è assolutamente impossibile; eppure Abedam mi ha comandato di ritornare al mio posto!

20. O mia vecchia capanna, di quale variatissima miscela sei diventata dimora in così poco tempo!?

21. Set, che ne dici? Dato che non ci è possibile andare oltre in nessun punto, che cosa accadrebbe se noi ritornassimo dal grande Abedam, santo e potente, la Cui luce meravigliosa continua sempre ad illuminare questa capanna? Io credo che Egli non vorrà respingerci da Sé»

22. Ma Set rispose ad Adamo: «Io penso che, considerato che eravamo presso di Lui, non avremmo dovuto farci congedare così presto, ma avremmo piuttosto fatto meglio a restare presso di Lui e avremmo dovuto almeno pregarLo di venire con noi, in modo che tutta questa fatica ci sarebbe stata risparmiata! Perciò è anche giunto certamente il momento di ritornare da Lui, perché altrimenti non è escluso che con tutta facilità ci venga tagliata anche la via per arrivare a Lui, e allora il secondo malanno sarebbe ancora più grave del primo!»

23. E Adamo replicò a Set: «Sì, sì, mio caro Abele-Set, tu hai perfettamente ragione; tale cosa potrebbe accadere molto facilmente! Dunque, meglio di tutto è ritornare in fretta!»

24. E come era deciso, così anche fecero. Essi si voltarono. Ma quello che Set aveva presentito si era già tradotto nei fatti, ed essi non poterono più muovere né un passo avanti, né uno indietro! Neanche chiamare era più possibile; perché il rumore delle fiamme, il continuo urlare delle belve, il rombo, il sibilare e il fragore degli uragani, gli scoppi di tuono e mille altre manifestazioni di questo genere alla fine fecero in modo che nessuno era più capace di udire le proprie parole.

25. E così Adamo e Set si trovarono completamente circondati da un doppio fuoco, poiché, sia a destra che a sinistra c’erano belve di ogni specie. Essi per qualche momento si videro perduti; tuttavia Adamo si fece coraggio e così parlò nel suo cuore:

26. «O Emanuel, o Abbà, o Abedam, guarda con benevolenza la nostra immensa angustia! Non esporci più a tali gravi prove, ma redimici e liberaci da questi e da tutti gli altri mali che per Tua concessione di grazia sono venuti in qualsiasi modo sopra di noi già ora e che tuttora pendono sul nostro capo, e che in avvenire ancora potrebbero confondere i nostri cuori!

27. O Jehova, santo e amorosissimo Padre, esaudisci la mia preghiera, e poi lasciami andare, o vivere, o morire in pace; ciò che a Te è più gradito! Amen!»

 

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Cap. 160

L’aiuto divino e le cure umane

 

1. E vedi, allora all’istante tutte le fiamme si estinsero istantaneamente e tutti gli animali arretrarono. E Adamo, unitamente a Set, fu liberato dalla grande prova e si trovò ad avere ormai libero passo verso qualunque punto della capanna, tanto che avrebbe potuto recarsi dove avesse voluto.

2. Perciò fra sé e sé, disse: ‘Eva ormai non ha più bisogno della mia protezione già così debole, poiché come potrei essere di aiuto a qualcun altro, quando mi è stato del tutto impossibile aiutare me stesso? Dunque, visto che grazie alla grande Misericordia del Signore, questa mia vecchia capanna adesso è divenuta libera da tutti gli orrori, posso incamminarmi liberamente verso quel luogo da cui ci è giunta questa santa salvezza!’

3. E immediatamente entrambi, sia Adamo che Set con lui, si diressero verso Abedam.

4. Questi, però, venne loro incontro. E siccome i cuori di ambedue traboccavano di gratitudine e per la commozione nessuno riusciva a dire una parola, anche qui l’Alto Abedam venne loro incontro anticipandoli e disse loro:

5. «Dato che tu nel momento del bisogno ti sei avvicinato al Signore ed Egli ha esaudito la tua preghiera, allora non devi mai più volgerGli le spalle, bensì devi rimanere presso di Lui con il volto e con tutto il tuo cuore, poiché, se Egli può proteggere te, non potrà forse proteggere anche coloro che la tua cura ha stoltamente abbracciato?

6. Vedi, Eva e tutti gli altri vivono ancora e sono del tutto incolumi! Che cos’hanno giovato loro le tue vane e stolte cure? Se Io non li avessi tutelati e tenuti assolutamente al sicuro, che cosa sarebbe accaduto ora a loro? Oppure avresti potuto tu recare loro aiuto, qualora fossero stati sbranati dall’ira delle forti belve assetate di sangue, o qualora fossero stati afferrati dalla potenza annientatrice del fuoco?

7. Vedi, perciò una sola cura è necessaria all’uomo, e questa consiste nel cercare continuamente Dio, il Padre santo, in ogni momento, non solo nel momento del bisogno, ma anche sulle vie del giusto amore! E chi Lo ha trovato quale il supremo Bene, non deve subito volgerGli le spalle, ma deve invece restare presso di Lui, altrimenti egli dovrà sempre prendere atto della sua impotenza già a metà del tornare indietro, e soltanto a costo di amare esperienze dovrà riconoscere quanto nulla sia stata la sua capacità d’azione senza di Me.

8. Infatti, se qualcuno invoca il Mio Nome ma rivolge verso di Me le sue spalle, in verità non sarà esaudito finché non avrà rivolto verso di Me il suo cuore e il suo volto!

9. Tuttavia, annotatevi bene questo: “Un tale secondo rivolgersi a Me sarà sempre accompagnato però da una prova ben grave, e solo allora si vedrà quanta serietà si trovi a regnare nel cuore – poiché allora il mondo infurierà terribilmente intorno a lui – e nessuna altra parola sarà esaudita se non unicamente quella del cuore!”

10. Comprendi bene questa cosa, e non volgerMi più le spalle, bensì lasciati, dappertutto, condurre e guidare da Me! Amen!»

 

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Cap. 161

Il ringraziamento di Set

25 novembre 1841

1. E quando i due ebbero appreso queste parole da Abedam, Lo ringraziarono di cuore, e il suolo del loro cuore si aprì e cominciò a lasciar divampare chiare fiamme di vero amore. E così avvenne che pure Set riconobbe Abedam, ed egli, dominato dalla più intensa commozione interiore, parlò così:

2. «O Padre santo! Solo ora mi trovo destato da un sonno durato quasi più di ottocento anni, e ormai vedo nei suoi principali e chiarissimi tratti, tutto quello che opera il Tuo infinito Amore paterno per vivificare veramente e rendere pienamente indipendenti e libere le Tue creature, per poi educarle ed innalzarle a Tuoi veri figli, affinché esse poi, come Tuoi veri figli, possano e debbano essere qualcosa anche accanto a Te!

3. Per amore Tu distruggesti i mondi dinanzi ai loro occhi, affinché essi potessero riconoscere il loro nulla e il Tutto del Tuo santo Amore!

4. Tu Ti sei nuovamente nascosto ai loro occhi, affinché essi Ti cerchino e vogliano, con questo santo cercare, dimenticare il mondo e le sue passeggere attrattive!

5. Chi si è avvicinato in stato d’immaturità a Te, Tu lo hai dolcemente allontanato e lo hai posto su un buon terreno, affinché potesse giungere a maturazione con tanta maggior rapidità e potesse quindi, provvisto di molteplice frutto, fare ritorno a Te. E Tu, per di più ancora, l’hai ricompensato per essersi lasciato infinitamente amare da Te e pazientemente colmare d’innumerevoli atti d’amore della Vita!

6. Già da lungo tempo Tu Ti accorgesti e vedesti la grande tiepidezza del nostro cuore; però, anziché punirci tutti come avremmo meritato, venisti Tu stesso visibilmente a visitarci, e c’insegnasti, e tuttora ci insegni mediante le Tue parole e le Tue azioni sante, a riconoscere in noi Te stesso e quindi anche la vita eterna!

7. Per amor nostro Tu metti in moto meravigliosamente Cielo e Terra, nonché tutti gli elementi, e perfino col fragore del tuono fai predicare il Tuo Amore immenso e la Tua Misericordia ai nostri sordi orecchi; e mediante lo scoppiare dei fulmini abbaglianti desti i nostri occhi che si trovano ancora immersi nel sonno più profondo della morte, affinché possano contemplare le opere del Tuo infinito Amore paterno, anzi, affinché possano contemplare Te, Te stesso, Padre santo!

8. O Padre! Chi mai può amarTi abbastanza, e chi mai può ringraziarTi anche una sola millesima parte di quel minimissimo, infinitesimale tributo di grazia che per un figlio è doveroso rendere al padre?

9. Oh, quale buon Padre Tu sei! O cuore mio, ampliati ora, sì ampliati oltre tutti i cieli visibili! E tu, o santa fiamma nuovamente destata del vero amore, riempi in ogni sua parte il mio cuore così allargato, affinché sia possibile anche a me amarTi, o Padre santo, con tutte le mie forze, anzi, oltre tutte le mie forze!

10. E tu, Enoch, solo ora tutte le parole, spesso rivoltemi da te nel Nome del Padre, sorgono per me come brillantissime stelle; sì, soltanto ora mi è tutto chiaro! Ora, fin dal primo mattino dell’infanzia, ho sentito che ogni brezza che ha scherzato con i miei capelli, ogni gocciolina di rugiada che ha bagnato i miei piedi e ogni cosa che mai ebbe a toccarmi, anzi perfino ogni mio sogno, era un’opera del Tuo infinito Amore, o Padre santo!

11. Per tutto quello che hai fatto per me accogli i ringraziamenti più sinceri che il mio cuore può ora, come continuamente in eterno, offrire a Te con tutto amore e che, con la Tua Grazia, riuscirò anche sicuramente a manifestarTi con sempre crescente ardore!

12. Oh, se mi fosse lecito urlare, se potessi ora rivelare Chi Tu sei! In verità, come poco fa gli elementi scatenati soffocavano la mia voce, adesso, o Padre, vorrei io con le mie lodi a Te soffocare la loro!

13. Ma pure, o Padre mio, perdona se io forse parlo troppo! Però, o Padre, a chi è possibile, avendoTi riconosciuto, moderarsi nell’amore, e chi può fare troppo in questa circostanza? Chi può tributarTi troppa lode, chi troppe grazie?

14. Qual è il cuore capace di ampliarsi troppo per accogliere la grandezza inesprimibile delle Tue Misericordie, della Tua Pazienza, della Tua Indulgenza ed infine l’immensità del Tuo paterno Amore?

15. O Padre, Padre buono, santo ed eccellente! Ti sia offerto in eterno tutto il mio cuore in sacrificio di grazie; accettalo in grazia, o Padre diletto e santo di tutti noi! Accettalo da tutti noi! Che la Tua Volontà sia fatta, Amen!»

 

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Cap. 162

L’Alto Abedam nella cerchia dei Suoi figli beati

La fine della tempesta

 

1. E dopo queste ferventi parole di ringraziamento, l’Alto Abedam, con espressione di grandissimo amore, si volse verso Set e gli disse: «O Set, figlio Mio, vieni qui, vieni su questo petto che ti ha amato già prima che un qualche Sole avesse illuminato il cammino di un pianeta!

2. AmaMi! Ama di tutto cuore il Padre, che per il Suo eterno Amore distese l’ampio cielo sopra la Terra, il Sole, la Luna e tutte le stelle, per poterti dimostrare che Egli è un Padre immensamente buono e santo per te, eternamente era ed eternamente intende essere e pure sarà!

3. O Mio caro Set, dimMi: “Non è vero che fa bene riposarsi sul cuore del santo ed eterno Padre?”

4. E tu pure, Adamo, vieni, e voi tutti e tre, provate e gustate come è dolce l’Amore del Padre santo e quale ristoro esso sia per il cuore stanco dei figli!»

5. Ma essi allora caddero ai Suoi piedi e, in stato di rapimento supremo, esclamarono: «O Padre nostro immensamente buono e santo!». E nessuno poté aggiungere una parola di più.

6. Invece Abedam li rialzò e disse loro ancora: «Miei diletti figli! Voi spesso Mi avete cercato, Mi avete cercato a lungo e faticosamente, anzi Mi avete cercato oltre a tutte le stelle, mentre Io invece continuavo a camminare in mezzo a voi. Solo che voi non avete potuto trovarMi, né riconoscerMi, poiché i vostri occhi e similmente i vostri cuori erano sempre rivolti troppo lontano per cercare e amare Colui che invece si trovava tanto vicino a voi tutti, anzi più vicino di quanto ciascuno fosse vicino a se stesso!

7. Tuttavia ora Mi avete trovato, e siete felici quanto mai di averMi trovato. E adesso usciamo dunque dalla capanna, e vediamo chi e che cosa attende da noi aiuto!

8. A te, Set, Io do ora il potere di calmare la bufera che tuttora imperversa violenta, e poi in tal modo ben presto si vedrà chi ancora riconoscerà il Padre che è tanto vicino! Amen!»

9. E così uscirono fuori dalla capanna, all’aperto, dove la tempesta, quantunque all’apparenza accennasse a diminuire di violenza, continuava ad infuriare ancora con molta forza. E passando dinanzi ad Eva, Abedam, l’Alto, disse ai cinque che la circondavano e la consolavano:

10. «Per ora restate dove siete, fino al nostro ritorno! Chi pratica l’amore del prossimo troverà a sua volta amore del prossimo; e chi assiste la debole madre, sarà ricompensato sulla Terra con amore; ma chi ottiene amore in ricompensa, ha in mano un pegno prezioso attraverso il quale potrà acquistarsi facilmente ciò che è prezioso sopra ogni cosa.

11. Io però vi dico: “Se l’uomo sapesse quanto spesso si trova vicino alla felicità suprema, egli abbandonerebbe tutto per seguire questa!”. Solo che anche questo è buono, e cioè che egli non lo sappia, poiché se lo sapesse diventerebbe pigro e trascurerebbe di lavorare il proprio terreno.

12. Perciò anche voi restatevene qui, e lavorate il vostro terreno; poiché può trattarsi anche di un tempo non lungo, e talvolta la cosa dipende da un minuto solo. Se durante questo minuto la semente cade entro il terreno, essa ben presto si sviluppa, e il germoglio che rapidamente ne sorge tenderà in breve i suoi freschi ramoscelli alla luce del giorno!

13. Ora Io sono un seminatore molto esperto, e conosco bene il tempo in cui il seme va sparso nel terreno. Fate dunque che questo seme si sviluppi precocemente, e sollecitatene la crescita mediante il calore del vostro cuore! In verità vi assicuro anche che non sarà affatto il solito e comune frutto ad apparire poi sui rami rapidamente cresciuti!

14. Rimanete qui, dunque, e ponderate bene queste parole!»

15. E dopo che l’Alto Abedam ebbe detto ciò, essi uscirono dalla capanna. Ma i cinque, dopo che i sei furono usciti dalla capanna, cominciarono tra di loro a domandarsi: «Chi mai è questo straniero? Da dove viene?

16. Non è egli colui che di sera si è unito a noi con Abedam che era ritornato?

17. L’aspetto suo, in generale, è quello di un qualsiasi altro uomo! Ma da dove gli è venuta tanta sapienza, dato che prima d’oggi non lo abbiamo mai visto fra noi?

18. Il suo discorso è stato uno dei più straordinari che noi abbiamo mai sentito! Di se stesso egli disse di essere un seminatore molto esperto, e che ha sparso ora in noi una semente, e che questa dovrebbe svilupparsi rapidamente, e che, come noi possiamo comprendere, già il giorno prossimo, e quindi il Sabato di domani, dovrebbe produrre rami, foglie e addirittura dei frutti insoliti e pienamente maturi! Che tipo di frutti potranno mai essere?

19. Queste cose le comprenda chi può e chi vuole; ma noi, che pure abbiamo tutti visto e udito Emanuel-Abbà e fummo testimoni di tutti i Suoi prodigi e fummo da Lui destati e benedetti, noi non possiamo comprendere il senso di queste parole!

20. Però è bensì cosa strana che noi, pur benedetti come siamo, non siamo in grado di comprenderlo. Eppure è così!»

21. Una cosa però finì col dare nell’occhio ad Enos, e questa fu la luce che illuminava la capanna; ed egli subito richiamò su questo fatto anche l’attenzione degli altri.

22. E Kenan allora disse ad Enos e pure agli altri: «Ascoltate, questo è davvero straordinario, soltanto adesso me ne accorgo anch’io! Non si vede in nessun luogo un corpo luminoso, eppure qui regna luce come in pieno giorno!

23. Come è possibile? Chi fra tutti noi può comprenderne la ragione?»

24. Ma Eva allora si alzò e fece questa osservazione ai cinque: «Figli, perché andate chiedendovi l’un l’altro cose che nessuno di voi comprende!

25. Ascoltate: – ogni bufera è ammutolita; la pace di nuovo si diffonde dolcemente sui campi duramente provati della Terra; le foglie degli alberi lasciano cadere le ultime gocce della grave angoscia sopportata, e una fresca rugiada sta già risanando più d’una ferita che i fulmini hanno certamente inferto ai tronchi sani degli alberi; e sugli occhi dei piccoli e timidi fanciulletti sarà forse già sceso un sonno ristoratore, e tutti coloro che questa lunga ora di terrore aveva forse spinto alla disperazione, saranno ora prostrati sulle loro facce e, con cuore afflitto e sciogliendosi in lacrime di pentimento, ringrazieranno Dio per la salvezza ottenuta.

26. Come potete dunque rompervi il capo, ora, per un fiocco di lana che avete trovato, mentre non ponete affatto attenzione alla pecora che vive?

27. L’esperto seminatore ha sparso in voi un meraviglioso seme; ma, se voi lo calpestate continuamente, allora ben pochi rami vedranno la luce del giorno!

28. Ognuno di voi sappia però che la semente nel terreno deve aver pace qualora si voglia che essa germogli producendo frutto, e perché, così benedetta, abbia poi a prosperare! Perché voi non volete accordare pace alla semente del vostro grano, ed invece lo calpestate con la fiacca rigidità del vostro intelletto?

29. La tempesta non è cessata soltanto per coloro che stanno lì fuori, ma anche per voi! Dunque, noi tutti siamo salvi! Invece, piuttosto di tormentarvi il cervello, pensate nei vostri cuori a Chi ci ha salvati, e ringraziateLo per così grande Misericordia, e così senza alcun dubbio sarà fatta luce in voi ancora prima che non la otteniate mediante tutti i vostri rompimenti di capo!

30. Non chiedetevi chi sia lo straniero, considerato che nessuno di voi Lo conosce, ma fate piuttosto attenzione alla Sua Parola sublime nel cuore, affinché essa ben presto germogli e sorga! E quando poi, venuto il giorno, potremo vedere il frutto, certamente vi riuscirà più facile riconoscere dal frutto anche l’estraneo grande Seminatore che non procedendo così, come ora fate voi che volete guardare, o forse addirittura pretendere di vedere già la luce del giorno con la tenebra dei vostri capi!

31. E poi sappiate che se anche la donna non è chiamata ad insegnare, tuttavia spetta sempre alla madre redarguire i suoi figli stolti quando si accorge che la stoltezza purtroppo ha trovato dimora presso di loro. Comprendete bene! Concentratevi nei vostri cuori, e là cercate luce per rischiarare la vostra tenebra, e tacete! Amen!»

32. Queste parole di Eva penetrarono profondamente nel cuore dei cinque, tanto che essi, molto grati, immediatamente fecero quello che anche Eva aveva legittimamente richiesto da loro, ispirata dall’amore materno.

33. Ma cosa facevano nel frattempo i sei che erano usciti dalla capanna? E una volta usciti, come trovarono la Terra e i figli sulla Terra?

34. I lampi continuavano ancora a saettare a migliaia attraverso nuvole roventi; cento montagne tutt’intorno erano ancora in piena attività vulcanica; il mare era retrocesso per molte miglia; qua e là ardevano ancora dei boschi che i fulmini avevano incendiati; si faceva ancora sentire il rombo sordo dei tuoni; e non raramente dei fulmini colpivano con formidabili scoppi il terreno che tuttora tremava fortemente, e l’eco delle urla degli abitanti dei boschi, che già si erano ritirati lontani, giungeva ancora spaventosamente dalle valli!

35. Tale era ancora lo stato delle cose lì all’esterno. E i figli a migliaia e migliaia, in ampi cerchi intorno alla capanna di Adamo, lodavano Dio per la salvezza ottenuta, e le madri, ancora tremanti e piangendo, accarezzavano i loro piccini non di rado piangenti anch’essi; alcuni però, affranti dallo spavento, si erano già addormentati sul grembo delle madri che ancora singhiozzavano.

36. E i sei girarono intorno visitando e consolando i cuori oppressi dei padri e delle madri.

 

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Cap. 163

La forza miracolosa di Set calma la bufera di fuoco

Le indagini e i presentimenti di Kaeam; il suo amore per l’Alto Abedam

29 novembre 1841

1. E dopo che i sei, usciti dalla capanna, ebbero confortato i cuori di molti rattristati, Abedam, l’Alto, così parlò a Set:

2. «Caro Set, il tempo della prova è trascorso. Quest’uragano di fuoco ha dovuto imperversare per il regolare consolidamento della Terra e così, ora, per mezzo del potere che ti venne conferito, puoi comandare all’uragano di cessare del tutto e di tacere, e contemporaneamente puoi ordinare al cielo di rasserenarsi. Soltanto le montagne lontane che appaiono tutt’intorno e che ancora ardono, quelle lascia che continuino nella loro necessaria attività, la quale è del tutto innocua! Amen!»

3. E Set allora si prostrò dinanzi ad Abedam, Gli tributò lode e Lo ringraziò; ma poi egli subito si rialzò e, con largo gesto delle mani distese, fortemente commosso esclamò:

4. «O Padre santo, Signore e Creatore di tutte le cose, come dalle eternità era e come in eterno sarà, sia fatto anche ora secondo la Tua santa Volontà; e così, nel Tuo Nome, avvenga anche qui secondo quanto Tu hai detto, ora come sempre! Amen!»

5. E come Set ebbe appena terminato il suo ‘amen’, già nessuna nuvoletta fu più visibile nel cielo, e soltanto agli estremi confini dell’orizzonte delle colonne di fumo, appena percettibili, rivelavano l’esistenza delle montagne ardenti ancora in attività. Il cielo sembrava creato di recente, ed appariva adorno delle più splendide costellazioni, e tutto ciò che aveva vita e respiro sembrava gioire della pace e dell’ordine ristabiliti.

6. E quando tutto fu così ben disposto, e mentre giù dal cielo scendeva una rugiada ristoratrice a risanare ogni ferita e ogni piaga naturale, e mentre lievi brezze alitavano dolcemente sull’erba rialzandone i fili curvati dalla tempesta, allora Abedam disse ai suoi compagni:

7. «La quiete è ristabilita, e la Terra ha di nuovo la sua pace. Facciamo dunque ritornare tutto il popolo alle sue capanne per dedicarsi là al necessario riposo naturale; e poi noi pure facciamo subito ritorno alla nostra dimora per risollevare coloro che là ci attendono!»

8. Dopo di ciò, essi andarono dai figli che erano accampati in vari luoghi intorno alla capanna di Adamo, ed annunciarono loro l’opportunità di far ritorno alle loro abitazioni e di non aver paura, perché ormai già da lungo tempo tutte le fiere erano fuggite nuovamente nelle profondità dei boschi. Oltre a ciò ciascuno avrebbe trovato nella propria capanna tanta luce da poter facilmente perlustrarne ogni angolo con il suo sussidio, e che ciò avveniva anche per convincersi che il Padre santo e potente non è mai così lontano dai Suoi figli come spesso essi credono stoltamente e come sono portati a credere nella loro estrema cecità.

9. E quando si fossero convinti che tutto era tornato tranquillo e libero da ospiti inopportuni, sarebbe stato loro dovere ringraziare Dio, e poi senza alcun pensiero dedicarsi al riposo richiesto dalle necessità del corpo.

10. Quando furono annunciate queste cose a tutti, il popolo si levò in massa e si affrettò sollecito verso le dimore. Però, alcuni fra gli anziani si presentarono ai sei e, prostratisi sulle loro facce, ringraziarono con cuore afflitto i padri, e mediante questi anche Dio. E dopo che si furono rialzati, uno di loro, figlio di Set in decima linea generazionale, si fece coraggio e domandò a quest’ultimo:

11. «O padre, come mai hai potuto con tanta rapidità ridurre tutti gli elementi all’obbedienza per il solo effetto della tua parola? Un simile potere, io non l’ho ancora mai osservato in te!

12. In verità, qui ci deve essere qualcosa che è da più di te solo! Oh, dimmelo, affinché pure noi possiamo riconoscere come una cosa simile sia possibile a un uomo!»

13. Allora Set rispose all’interrogante: «O Kaeam, mio caro figlio, tu ben vedi ciò che è possibile all’uomo e ciò che gli è impossibile; ma come nonostante ciò molte cose siano possibili in Dio e mediante Dio, questo oggi non lo potrai comprendere ancora. Però rallegratevi della giornata di domani, la quale sarà per voi tutti apportatrice di una gran luce! In questa luce, ogni angolo del vostro cuore sarà completamente illuminato, e allora vedrete con tutta chiarezza e precisione come tali avvenimenti siano possibili!

14. Frattanto, per oggi ritornate di cuore tranquillo e grato alle vostre capanne, ormai purificate e bene illuminate, e prendetevi nel Nome del Signore un riposo sano e privo di preoccupazioni, com’è richiesto per il benessere della vostra vita naturale! Amen!»

15. E l’Alto Abedam, facendo Egli pure coro all’Amen, aggiunse ancora:

«Quando voi varcherete le soglie delle vostre capanne e le troverete bene illuminate e libere da ogni scomodità, pensate allora al divario che c’è fra ciò che è possibile a Dio e ciò che è possibile all’uomo!

16. E quando avrete considerato questo, paragonate il vostro cuore con la capanna come essa era fino a poco fa e come si trova adesso, e allora una grande e pesante benda vi cadrà dagli occhi, e ben presto vi accorgerete e riconoscerete Chi oggi ha cooperato alla cessazione di questa bufera! Amen!»

17. Kaeam ringraziò per tale alto insegnamento, e poi disse: «O tu, le cui parole come un alito supremamente vitale hanno ora colmato tutto il mio essere, vorresti permettermi, dopo che avrò condotto i miei alla capanna che già da lungo tempo mi serve da luogo di riposo, di ritornare immediatamente per trascorrere qui la notte, sia pure fuori dalla capanna di Adamo, solo in questa tua vicinanza che mi fa sentire immensamente bene?»

18. E l’Alto Abedam gli rispose: «Kaeam, fa pure come l’amore del tuo cuore richiede! Ma se tu hai piena fiducia e se in te riconosci che qui vi è di più di quanto contiene la tua capanna, deponi allora ogni tua cura a terra e seguici subito nella capanna di Adamo, poiché in essa posto ce n’è abbastanza!»

19. E Kaeam, quanto mai lieto, allora esclamò: «O magnifico! Com’è dolce la tua parola! Chi mai può resistervi quando la sente?

20. Vedi, tutte le mie cure le ho già poste sotto i miei piedi, sopra il suolo di questa Terra! Davvero, se avessi cento capanne e mille figli con appunto cento donne, per amor vostro e particolarmente per amor tuo, o sublime maestro, io le abbandonerei con altrettanta facilità e sollecitudine per seguirti, come faccio ora con la sola capanna che ho!

21. Poiché, vedi, io credo che colui al quale obbediscono gli elementi e che ha cura di tutta la Terra, non vorrà certo dimenticare, nella sua santa cura, neppure la mia povera capanna! Perciò io ti seguo, se vuoi, anche fino al capo del mondo senza alcun pensiero. Amen!».

 

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Cap. 164

Le rime consolatrici di Kaeam

1 dicembre 1841

1. Ora gli altri quattro, essendo rimasti alquanto indietro a Kaeam, e poi per il brusio causato dal popolo che si avviava alle proprie dimore non avevano compreso nulla del colloquio di cui dicemmo prima e non potevano così rendersi conto di quello che Kaeam avrebbe voluto fare. Perciò essi si avvicinarono e l’interrogarono in proposito.

2. Però Kaeam rispose loro: «Giacché mi domandate, io vi rispondo che rimango qui presso colui che ci ha salvati; ed anche voi potete fare la stessa cosa, se lo volete!»

3. E gli altri chiesero nuovamente a Kaeam che cosa avrebbero dovuto fare della moglie e dei figli e di tante altre cose!

4. Ma Kaeam replicò loro ancora una volta:

«In tal modo, rimanendo, tutto ho fatto già! /

Chi per oggi non ha lasciato dissolversi la Terra, /

e i legami del cielo non lacererà, /

di sicuro Egli anche fino a domani lo farà /

e della mia povera capannuccia, cura ne avrà!

5. Neanche voi vi dovete angustiare, /

non perciò la Terra andrà in frantumi; /

meglio passo dopo passo seguire /

Uno dal centro della santa schiera, /

come nella Sua capanna a riposare /

dopo l’abituale usanza della dormitina!

6. A poco a me servirebbe la capanna

se quell’Uno non la proteggesse!

Ciò che Egli fa, tralascerà,

amando noi senza misura,

se io Lo seguo dall’impulso migliore.

Seguite, seguite anche voi l’Amore!»

7. Gli altri però non compresero quello che Kaeam aveva rivelato loro, e ancora una volta gli domandarono cosa volesse intendere con simili parole.

8. Ma egli replicò loro:

“Chi nel cuore non si infiamma, se il Padre ha ritrovato,

anche difficilmente lì riconoscerà, Chi a lui la vita ha legato!

Pertanto, pure a casa trascinatevi e nelle vostre capanne riposatevi

e per oggi a indagare in mezzo a noi. non affannatevi. – Amen!”

9. Ma subito l’Alto Abedam si rivolse ai quattro e disse a loro: «Chi comprende ciò che non vede, e intende ciò che non ode?

10. Se il cieco o uno che abbia gli occhi chiusi, già in pieno giorno non vede niente, cosa potrà vedere di notte? E chi ha l’orecchio sordo anche per il rombare del tuono, come potrebbe comprendere il dolce alitare dell’amore?

11. Io però vi dico: “Chi già al primo sguardo non riconosce il Sole che sorge, ha un difetto enorme nell’occhio! E chi non si desta al fragore del tuono, ha certamente il sonno molto profondo!”

12. Perciò, pure voi andatevene tranquilli e di buon animo alle vostre capanne, e giunti là vedete di esaurire il vostro sonno; soltanto, non dimenticate di destarvi a tempo debito domattina! Amen!»

13. Quando però i quattro ebbero inteso le parole di Abedam, furono colti da un senso d’angoscia, e uno tra di loro domandò ad Abedam: «Chi sei tu, dunque, al suono delle cui parole i nostri cuori tremano con tanta veemenza? Che cosa abbiamo noi a spartire con te?»

14. E l’Alto Abedam rispose: «Chi sono Io? Io sono Chi sono; voi però avete avuto ancora assai poco a spartire con Me!

15. Se Io, dai tempi che furono, avessi avuto a spartire con voi così poco come voi avete avuto a spartire con Me, in verità, avreste mangiato ancora poco pane!

16. Comprendetelo bene, e ora andate a riposarvi! Amen!»

17. E visto che Abedam li aveva congedati così bruscamente, essi si rivolsero ancora a Set e gli chiesero cosa avrebbero dovuto pensare di quello straniero, poiché le sue parole avevano una risonanza tanto straordinaria e suscitavano nei loro petti delle sensazioni che fino allora erano rimaste per loro del tutto estranee.

18. Ma Set replicò a loro: «Non avete inteso prima quello che vi ha detto lo straniero: “Se il cieco o uno che abbia gli occhi chiusi già di pieno giorno non vede niente, come potrà vedere di notte?”

19. L’occhio interiore del vostro cuore è ancora estremamente cieco; per questo motivo voi non vi accorgete del Sole radioso sull’orizzonte di ogni vita; perciò ritornate alle vostre dimore, esaurite là, dormendo, la vostra stoltezza, e venite domani da noi con lo spirito desto! Amen!»

20. E i quattro, avendo visto che tutte le loro domande non approdavano a nulla, ringraziarono i padri e, immersi in pensieri di varia specie, si avviarono verso le loro capanne le quali, secondo l’attuale sistema di misurazione, distavano da lì circa mezz’ora di cammino in direzione di Mezzogiorno.

21. Però, strada facendo, l’uno chiedeva all’altro che cosa pensasse del forestiero che si trovava in compagnia dei padri della linea principale.

22. E uno fra di loro, di nome Kuramech, così rispose loro, dicendo: «Se volete sentirlo, potete sentirlo se vi va’ di sentirlo! Ma se uno è stupido, è perché è stupido; ora purtroppo noi siamo come non dovremmo essere, pensiamo senza pensare, guardiamo senza luce dinanzi, chiediamo senza bocca, stiamo in piedi senza una base.

23. Una volta trovai un albero cavo e strisciando penetrai dentro la sua ampia cavità. Là dentro c’era il deserto. Non potei vedere altro che muffa e putredine puzzolente; però la vita dell’albero io non la trovai, e tuttavia esso appariva al di fuori come vivente! Era carico di foglie; ma se portasse pure dei frutti, non lo so, perché questi io non li potevo vedere a causa della sua grande altezza.

24. Così pure una volta vidi un grande uccello che attraversava l’aria. Era un’aquila. Essa imitava il cinguettio degli uccellini. Gli uccellini allora salivano, illudendosi di trovare un loro simile; ma come scappavano spaventati quando si accorgevano di avere a che fare con una possente aquila! Il canto somigliava a quello degli uccellini, ma risuonava poderoso e si espandeva lontano tutto intorno da quella tremenda altezza. Spavento allora mi prese, e grande angoscia quando il mio orecchio tale voce intese!

25. Una volta, di notte, ho udito come un violento rumoreggiare di tempesta; eppure le foglie degli alberi non si muovevano neanche, e io allora pensai: ‘Che cos’è che rumoreggia quando la calma regna completa?’

26. Ben presto (il rumore) ammutolì, e nessun vento passò.

       Un potente fragore, …e senza vento;

       ciò nondimeno, che strane cose sono!

27. E ancora una volta, mentre mi trovavo su un’alta rupe, vidi come un nebbione che saliva su dal mare, grigiastro e pesante. Esso continuò a salire imperterrito fino all’orlo dell’alta rupe. Allora volli guardare cosa vi si celasse dentro; ma ben presto mi ritrassi inorridito, perché quanto più quella foschia si avvicinava avvolgendomi, tanto più tenebrosa si faceva la valle. – Allora, sappiate: io fuggii il più velocemente possibile dalla rupe, dritto verso la mia capanna, e in essa trovai l’antica pace.

28.  Se qualcos’altro ci sarà,

       il tempo la nebbia solleverà!

       E perciò non lasciamoci rompere la testa,

       non buchiamo arrabiati un vespaio!

       Le montagne sono curve,

       noi siamo sciocchi;

       cosa può dire uno a un altro

       sulla stupidità di stupide domande?

       Al massimo della propria sventura, rammaricarsi.

       Tale è la sciocchezza che deve sopportare.

       Perciò io vorrei ormai tacere.

       quieto nella mia capanna intendo ritornare,

       là, nelle gioie della silenziosa speranza,

       al dolce mio riposo accontentarmi!

29. Volete chiedervi ancora inoltre

        finché il mattino vi dichiarerà:

       “I miei raggi vi annunziano

       che ancora siete tutti colmi di peccati!

       Perché non volete riposare,

       bensì solo cose inutili fare?”

       Vedete allora, se i vostri occhi

       saranno adatti per il Sole!

30. Dunque fate ciò che volete!

       Le mia lingua non vi porti rancore,

       domani si scoprirà sì di certo

       ciò che alla notte volevate strappare!

31. Nessun sole creerete,

       per quanto la notte voi anche fissiate;

       domani si scoprirà di certo

       ciò che alla notte volevate strappare! Amen!»

32. E dette queste parole, Kuramech li abbandonò e si diresse frettoloso verso la sua capanna per riposare. Gli altri tre, invece, si sedettero per terra e fugarono il sonno rivolgendosi ogni tipo di domande.

33. Quando però Kuramech entrò nella sua capanna e trovò sua moglie e i suoi figli colmi di stupore per il fatto che l’interno della loro capanna era completamente illuminato, si ricordò delle parole dello straniero e cominciò a concentrarsi in se stesso e gradatamente riconobbe sempre più che lo straniero non era affatto tale, ma che era invece Uno che è dappertutto a casa Sua!

34. E così egli cominciò a lodarLo e a lodarLo finché il necessario sonno non gli fece ammutolire la bocca, che altrimenti non si sarebbe stancata nella lode.

 

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Cap. 165

Abedam, l’Alto, e i cinque cercatori di luce

Non l’indagine, bensì l’amore conduce alla vita

2 dicembre 1841

1. Contemporaneamente ai quattro di cui dicemmo prima, anche l’altra comitiva, composta ormai da sette persone, giunse alla capanna di Adamo ed, entratavi, trovò che i cinque tenevano compagnia ad Eva di lieto umore.

2. Entrati così nella capanna, Abedam si avvicinò immediatamente ai cinque, e disse loro: «RaccontateMi ora ciò che avete trovato durante il tempo in cui siamo stati assenti! E come vi ha plasmati la Mia parola? Vi ha rinnovati o invecchiati? EsponeteMi dunque tali cose dal vostro cuore!»

3. Ed Enos, che era il primo, così si espresse: «Io ho visto in me una luce intensa che produceva un chiarore potente. Volli sapere da dove essa sorgesse, ma ecco che la luce si estinse, ed io non vidi più il viscere[15] nel mio corpo!

4. Allora interrogai il mio cuore per sapere dove la luce si fosse nascosta. Ma il cuore rimase muto ed io glielo chiesi per la seconda e terza volta, e di nuovo rimase muto e lo è rimasto fino a ora!

5. Vedi, questo è tutto ciò che ho trovato io! Un atteggiamento muto del mio cuore – questo è tutto – e con una luce ancora spenta!»

6. E Abedam gli ribatté: «Se invece di perderti in indagini, ti fossi dato ad amare Colui che dall’eternità già ti ha amato, il tuo cuore non sarebbe diventato muto, ma invece vi avresti trovato la luce e la parola! Invece tu volevi soltanto sapere, e vedi, la scienza è per la vita quello che il fetore della putredine è per la luce! Con questo fetore tu spegni la vita, e con essa anche la sua luce nel cuore, per questo si fecero in te le tenebre e il tuo cuore ammutolì!

7. Però accadrà lo stesso anche a molti altri ancora in sulla Terra! Ma chi sarà come te, riuscirà ben difficile riacquistare la vita e la sua luce!

8. Se tu invece vuoi vivere, tralascia d’indagare cosa ti è suggerito dalla tua brama di sapere, e colma invece il tuo cuore con l’amore, e così, riacquistando vita, otterrai in adeguata misura anche Luce!

9. Se tutti gli uomini volessero riunire assieme tutto il loro sapere, potrebbero essi con ciò conoscere Dio più da vicino anche solo di un filo?

10. Ma che differenza c’è tra uno che studia le leggi e uno che le osserva?

11. Dunque, chi le studia non è forse ucciso dall’ammasso confuso delle leggi, mentre chi le osserva risulta appunto vivificato dalle leggi stesse?

12. Tu però vorresti ribatterMi: ‘Ma la legge non deve essere accolta fra le proprie cognizioni, prima che sia possibile osservarla?’

13. Io ti dico che da un lato hai ragione; tuttavia, per guidarti verso la vera luce, voglio esporti una similitudine, e tu stesso te ne devi servire come tale e poi giudicarla:

14. Supponi di avere due servitori: – l’uno, quando gli ordini un determinato lavoro, si dà scientificamente a lambicarsi il cervello per scrutare la tua richiesta, e lasciandolo fare perderebbe l’intera giornata per studiare tutti gli aspetti e i significati dell’ordine e per rendersi conto di tutto ciò che vi può essere di nascosto al suo interno.

15. L’altro, invece, non si perde in riflessioni e in indagini; bensì va e, poiché ti ama, e quindi ha fiducia in te, adempie subito la tua volontà con l’azione.

16. DimMi ora: – quale dei due servitori terrai presso di te e lo inizierai in molti dei tuoi segreti e nei desideri del tuo cuore?

17. No di certo colui che dibatte scientificamente la tua volontà, bensì quello che costantemente opera a seconda della tua volontà!

18. Credi tu che presso Dio avvenga diversamente? Oh, no, te lo dico Io: – anche Dio si comporta nell’identica maniera, dato che Egli non bada affatto a uno spirito che indaga, bensì sempre a quello che soltanto ama e che, a seconda del suo amore, agisce!

19. Dunque, fa anche tu lo stesso; e così tu vivrai ed apprenderai, dal gran Signore e Padre, in un minuto, più che non in decine di secoli con la tua bramosia di sapere!

20. Queste cose comprendile nel tuo cuore, e opera in conformità! Amen!»

21. Poi Abedam, rivoltosi a Kenan, gli chiese: «MostraMi anche tu il tuo cuore: – che cosa vi hai trovato?»

22. E Kenan rispose: «In verità, anche a me non è andata meglio che al padre Enos! Anche dinanzi ai miei occhi io vidi fuggire cose che avevano l’aspetto di lampi abbaglianti; però i miei occhi non poterono seguirle. Esse si abbassavano con troppa velocità sotto il lontano orizzonte, e ben presto le tenebre più fitte ricoprirono il globo terrestre. Quindi, io dovetti constatare con mia grande angoscia quanto sono insufficienti le forze umane, e quanto terribilmente lente a raggiungere una luce che ci passa davanti!

23. Ma interrogare il mio cuore significa interrogare una pietra! Chi sa cosa può esservi celato dentro? Io non posso riceverne alcuna risposta!

24. Io certo fui pure presente quando Emanuel-Abbà ci ha benedetti; solo che la Sua Benedizione deve essere passata dinanzi a me come la luce di cui dissi prima, senza aver toccato di me null’altro che gli occhi!»

25. E Abedam gli disse: «Come è accaduto a te, così un giorno accadrà a moltissimi, e a questi moltissimi così accadrà tanto a lungo che essi nella sapienza del mondo troveranno anche la morte. I loro cuori si faranno di pietra, e la conseguenza sarà l’avidità. Questa però porterà con sé l’invidia, l’avarizia e l’assassinio. E l’avaro, nella sua parsimonia sempre egoista, sarà ritenuto un essere virtuoso. Allora il destino di molti sarà una grande povertà, e quello di molti più ancora sarà la morte!

26. Ma se tu vuoi vivere, fa come Io ho consigliato ad Enos di fare! Amen!»

27. E poi Abedam chiese a Maalaleel: «E tu cosa hai trovato in te? DimMelo pure!»

28. E Maalaleel allora rispose: «In verità, a me è accaduto di peggio ancora che non ai miei padri! Essi almeno videro una luce, mentre a me non fu dato di scorgere che la notte dappertutto: – nient’altro che una fredda notte!

29. Io sono deserto e vuoto in ogni mia parte. In qualunque punto mi fossi provato a battere su di me, sempre si fece sentire la risonanza del vuoto. E quando io levai gli occhi verso l’alto del cielo, mi accorsi che era di metallo, e non lasciava passare neppure la minima speranza per una vita più illuminata.

30. Io allora piansi nell’immensa povertà del mio proprio cuore; solo che ora non posso più nemmeno piangere e sono perfettamente simile a una pietra, perché le mie lacrime furono inghiottite dalla sabbia ardente del mio deserto.

31. Vedi, questo è ciò che io ho trovato e che trovo ancora attualmente, ad eccezione di un leggero sollievo che provo vicino a te!»

32. E Abedam gli disse: «Come accade ora a te, così accadrà un giorno negli ultimissimi tempi a un numero immenso!

33. Ma ancora felice sei tu che riconosci la grande miseria in te, poiché tale riconoscimento è pure una grande luce. Gli altri, invece, non riconosceranno il loro stato di morte. Il loro verme interno li roderà come un tronco d’albero morto marcisce nel bosco, e non si accorgeranno di ciò che li corrode in polvere che eternamente li annienta!

34. Essi estrarranno dai monti tanta quantità di metallo da poter costruire delle strade di ferro; ma su queste vie rigide e rettilinee ne cammineranno pochi, certo ben pochi che desidereranno essere come adesso sei tu. E se anche tra le molte migliaia di uomini sorgerà un qualche vivente, per quest’ultimo, nonostante la brevità della vita terrena, sarà duro compito dimorare tra i morti!

35. Invece coloro che saranno come ora sei tu, riconosceranno i viventi soltanto nella misura in cui ora tu riconosci Me. E in quel tempo molte parole della vita non potranno fare effetto su di loro, quanto lo può adesso una sola parola su di te.

36. Tuttavia fra i tre il più felice sei tu nella tua povertà di luce, poiché ben presto ti sarà fatta una buona ambasciata!

37. Ma anche tu, agisci come Io ho consigliato ad Enos, così vivrai ed avrai luce in grande quantità! Amen!»

 

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Cap. 166

Come deve essere il vero amore verso Dio

3 dicembre 1841

1. E Abedam chiese a Jared: «Jared, non vorresti anche tu dirMi, come gli altri padri, che cosa hai finora trovato in te mentre eravamo assenti?»

2. E Jared rispose: «Vedi, io sapevo già prima che poco o nulla si sarebbe potuto trovare; perciò io non cercai nulla, e invece, prima e dopo il periodo d’angoscia causato dalla bufera cercai d’allietarmi sognando. Così in questo stato estremamente piacevole sognai che Asmahaele era rimasto e che aveva dimorato presso di me. Oh, quale felicità sarebbe stata questa per me!

3. E poi sognai ancora se Egli, sotto le spoglie di Emanuel-Abbà, fosse almeno rimasto con noi fino al tempo della bufera, e tutti noi avremmo accolto quest’ultima giubilando!

4. E sognai ancora che Emanuel-Abbà avesse deliberatamente fatto venire sopra di noi una simile tempesta, per provare, per amore di noi stessi, il nostro amore e la nostra fiducia in Lui. E poi mi dissi: ‘Chissà! Forse Emanuel si trova fra noi proprio nella bufera, ed è addirittura possibile che Egli sia nella bufera stessa!’

5. E così andavo edificando un sogno dopo l’altro. Luce, per me, certo non si voleva fare da nessuna parte, però sentivo più sollievo e fiducia intorno al cuore.

6. Infatti, io facevo queste considerazioni: ‘Se io posso sia pure soltanto sognare di Colui che il mio cuore ha con tanto ardore abbracciato, come un giovane sogna la fidanzata scelta da poco, già questa è di per sé una Grazia immensa della quale io non sono affatto degno!’

7. E vedi, così io mi creai una beatitudine dopo l’altra, e sognando passai da uno stato felicissimo a un altro più felice ancora! E questo è anche tutto ciò che io ho trovato! E che cosa altro poi avrei dovuto cercare e trovare se non solo quello che l’Amato dell’amor mio mi diede? Ed aggiungo ancora, che altro non vorrei davvero cercare, né trovare! Però io credo fermamente, e secondo i Suoi insegnamenti, che Emanuel, quando io dovrò abbandonare questa Terra, non eviterà di rivolgermi il Suo sguardo pieno di Grazia, se mi presenterò a Lui con un tale risultato delle mie ricerche che sempre mi rende supremamente beato!

8. Dunque, io voglio sempre rallegrarmi del mio Dio, del mio Emanuel e del mio amorosissimo Abbà!

9. Ecco, o mio caro straniero, come ho già detto, questo è ciò che di eterno ho trovato!»

10. Ma a questa confessione di Jared, Abedam portò la mano agli occhi per celare dinanzi a lui una lacrima che gli era spuntata sul ciglio e, solo dopo una lunga pausa, Egli levò la mano dai Suoi occhi e disse finalmente a Jared:

11. «Jared, alzati e vieni da Me! Poiché d’ora innanzi non ti sarà più necessario sognare di Emanuel che ti è tanto caro e che hai sempre amato, motivo per cui anche Asmahael per bocca dei padri si era deciso a prendere dimora nella tua capanna. Certo, di Lui non dovrai più sognare, bensì tu Lo avrai continuamente vivente sotto il tetto della tua casa!

12. Jared, vieni qui e non temere, perché, vedi, il tuo Emanuel, il tuo Abbà, il Padre tuo è qui che stende verso di te le Sue braccia!

13. Vedi, Io voglio edificare un Cielo che sarà il più alto di tutti i Cieli; ma là non sarà lasciato entrare nessuno, a meno che non Mi venga incontro con ciò che ha trovato, che è la stessa cosa con cui Mi sei sempre venuto incontro in silenzio come hai fatto ora!

14. O Mio Jared, vedi, Enoch, Matusalem e Lamech, tutti voi dimorate sotto un tetto! L’amore non lasciò che foste separati, e così neppure Io stesso da voi; e dunque anch’Io voglio restare ugualmente con voi e con tutti i vostri successori. Quindi, fino alla fine di tutti i tempi i successori della tua linea saranno riconoscibili da questo fatto: Io prenderò sempre dimora presso di loro!

15. Vedete tutti voi, così è formato il vero amore: silenzioso e paziente, non cerca se non solo l’oggetto che il suo cuore ama. E quando il cuore ha trovato questo oggetto, allora esso è felice, felicissimo, anche se non ha l’Amato dinanzi ai propri occhi, ma, in compenso, ce l’ha tanto più nel cuore!

16. Ma quando l’Amato vede la brama tacita e paziente dell’amante colmo di umiltà, che a mala pena osa sollevare lo sguardo all’Amato, allora, in verità, l’amore di un simile amante è tale da uguagliare l’Amore di Colui che egli ama e che già lo amò prima ancora che esistesse!

17. Chi farà così come ho consigliato ad Enos di fare, vivrà; ma Io prenderò dimora solo nelle case di Jared! Amen!»

18. E infine Abedam si rivolse a Matusalem e anche a lui domandò: «Matusalem, tu ormai sai Chi parla con te, ma questa circostanza non deve esserti d’ostacolo a indicarMi quello che hai trovato. Dunque, se vuoi, fallo!»

19. E allora Matusalem, sopraffatto da un sentimento d’immensa reverenza, rispose infine con voce tremante: «O Signore e Padre, Tu che scruti tutti i cuori e tutte le nostre viscere, come puoi rivolgere una domanda a me che non sono nulla al Tuo cospetto?

20. Vedi, io non mi conosco; Tu invece mi conosci in ogni mia fibra! Ora se dovessi parlare dinanzi a Te, con quanta facilità potrebbe accadere che, nella mia ignoranza, io lasciassi sfuggire dalle mie labbra una cosa non vera!?

21. E quale verrebbe ad essere allora la mia posizione dinanzi a te, o Padre santo? Giudicami dunque secondo come mi hai trovato; però usa anche a me Grazia e Misericordia!»

22. E Abedam gli disse: «O Matusalem, quello che tu Mi hai detto, è anche quello che hai trovato; ciò che hai trovato ti sta dinanzi! Io ti dico che tu pure dimori nella capanna di Jared, ed in questa dunque tu dimori con Me sotto un unico tetto!

23. Tutti devono cercare così, e tutti devono dimorare sotto questo tetto! Coloro che così cercheranno, così pure, come te, troveranno!

24. Ma, dato che Mi hai chiamato anche Giudice, accadrà che tu avrai da vivere più a lungo che ogni altro sulla Terra, poiché, vedi, Io sono bensì un Giudice per tutte le creature, però non è lecito ai figli chiamare Giudice il Padre! Ma d’ora innanzi verranno giudicati tutti coloro che invocheranno il Padre quale Giudice! E la vita più lunga su questa Terra ti sia dunque concessa quale piccolo dono del Giudice, affinché tu possa avere tempo sufficiente per riconoscere nuovamente il tuo Giudice quale Padre! Amen!»

25. E ora, o figli, la mezzanotte non è più lontana; al vostro corpo necessita il riposo, e perciò andiamo a riposare! –

26. Tu però, diletto Jared, hai libera scelta di rimanere qui con Me, oppure di prenderMi con te nella tua capanna affinché Io vi rimanga!»

27. E Jared rispose: «O Padre, caro Padre, sia fatta la Tua santa Volontà ora come sempre!

28. Con Te è bello stare dappertutto, e la mia capanna è in qualunque luogo dove Tu sei; tuttavia per causa mia nessuno deve subire un danno! Che sia fatta la Tua santa Volontà! Amen!»

29. E Abedam allora gli disse: «Si, tu hai rettamente parlato; resta dunque qui con Me! Amen!»

30. E così tutti andarono a riposare con il cuore pieno di gratitudine e d’amore.

 

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Cap. 167

Della vera preghiera

La Divinità giudicante e il Padre amante nel Signore

4 dicembre 1841

1. E così riposarono tutti tranquillamente fino a un’ora prima del levar del Sole. Soltanto l’Uno non riposò, non avendo Egli bisogno di riposo, dato che Egli stesso è la suprema Pace come la suprema Attività stessa.

2. Quest’Uno – qui chiamato l’Alto Abedam – fu il primo ad essere in piedi, e svegliò anche tutti i figli dal sonno corporale. Fu sufficiente una sola chiamata:

«Destatevi e alzatevi!», e immediatamente nello stesso tempo furono tutti risvegliati e si alzarono, uscirono subito dalla capanna e andarono a lavarsi i piedi, le mani, quindi i genitali, poi il petto e solo alla fine il viso, poiché presso i figli tale forma di pulizia era già da antichissimo tempo un’usanza giornaliera.

3. E quando si furono lavati, ad eccezione di Eva – poiché le donne usavano lavarsi soltanto dopo gli uomini e ad un’altra sorgente – essi presero dell’olio e si unsero il capo. E solo dopo tale unzione essi intonarono il ringraziamento mattutino all’Alto Abedam, allora presente, e il ringraziamento così suonava:

4. «O Padre amorosissimo e santo, Te noi ringraziamo, Te noi amiamo e Te lodiamo! Come indicibilmente buono sei Tu, o Padre santo! Vada a Te ogni onore, ogni lode, ogni gloria, ogni grazie, ogni amore e tutta l’adorazione!

5. Non togliere a noi, che ci chiamiamo Tuoi figli ma che veramente non siamo altro che dei peccatori, la Tua Misericordia, il Tuo santo Amore e la Tua santa Grazia! Fa che la Tua Benedizione venga su noi, scuotici e guidaci, rendi acuti i nostri sensi e ammorbidisci i nostri duri cuori, in modo che possano diventare soavi e molli come miele e cera, e allarga il nostro stretto petto affinché possa sempre di più accogliere il vero Amore che emana da Te, o Padre santo!

6. Dacci anche la Tua Benedizione, affinché per essa noi possiamo celebrare l’odierno Tuo santo Sabato in maniera gradita soltanto a Te! E qualora Tu, o Padre santo, dovessi scoprire in noi ancora molti e grandi difetti, come certo già ora li vedi e come li vedesti in noi già dall’eternità, puniscici allora nel Tuo Amore, nella Tua Misericordia e nella Tua Grazia, e rendici tali da essere più degni di chiamarTi “Padre” e di poterTi anche amare con cuore più puro e glorificarTi con una lingua più pura!

7. O Padre buono e santo, sii e rimani per noi eternamente il Padre santo, amoroso e buono, come già lo fosti fin dall’eternità; ma Ti prego di essere e di rimanere tale eternamente, non soltanto per noi che siamo qui presenti, bensì pure per tutti i nostri figli e per i loro più tardi successori! Amen! La Tua santa Volontà sia fatta; sia con noi il Tuo Amore, la Tua Misericordia e la Tua Grazia. Amen!»

8. E l’Alto Abedam allora aggiunse: «Amen! Dico anch’Io. Amen secondo l’amore dei vostri cuori. Amen secondo ogni attività ispirata a questo amore! Ed Io non dico eternamente in nessun luogo amen, se non unicamente nel solo e unico puro amore!

9. Voi però non dovete in altro modo pregare Dio, il quale è santo, santo, santo, se non nell’Amore del Padre, poiché di fronte a Dio tutti gli uomini sono un abominio, mentre solamente per il Padre essi sono dei figli.

10. La Santità di Dio è intangibile; però l’Amore del Padre scende ai figli.

11. L’ira di Dio predispone tutte le cose per l’annientamento eterno, ma la Misericordia del Padre non lascia mai perire nemmeno il più insignificante sogno.

12. Da parte di Dio deve morire tutto, ma poi sopra i morti viene la vita del Padre. Chi cerca Dio, Lo perderà, e perderà se stesso e la propria vita, perché Dio non si lascia toccare. E la sapienza umana che Lo cerca, è per Lui una stoltezza orribile e ripugnante, ed è nello stesso tempo inevitabilmente letale per coloro che Lo vanno cercando. Perché l’uomo con la sapienza tocca Dio, ma nessun essere creato può con un senso, qualunque questo sia, toccare Dio e conservare la vita.

13. Poiché Dio è un Fuoco eterno e purissimo, ma anche infinitamente potente, che non si estingue mai; e qualora il Padre non lo mitigasse, esso distruggerebbe immediatamente tutto per l’eternità. Perciò ognuno deve temere Dio sopra ogni cosa, ma deve anche amare sopra ogni cosa il Padre, giacché il Padre è il più assoluto opposto di Dio.

14. E tuttavia Dio non sarebbe Dio senza il Padre, che è l’eterno Amore in Dio; e il Padre non sarebbe Padre senza Dio.

15. Ma come il è tutta la vita in Dio, così anche Dio è tutta la forza e tutta la potenza nel Padre. Senza il Padre, Dio sarebbe per Se stesso inesprimibile, poiché ogni Parola in Lui è rappresentata dal Padre. Ma il Padre non potrebbe mai essere Padre senza Dio; e così Dio e il Padre sono una cosa sola!

16. Chi dunque tocca il Padre con l’amore, tocca pure Dio. Ma chi si dimentica del Padre e con la sua sapienza vuol solo toccare la Divinità, costui non sarà guardato dal Padre; ma invece il Fuoco della Divinità lo investirà e lo lacererà ed annienterà disperdendolo nell’infinito, cosicché egli poi non potrà più ritrovarsi per l’eternità. E poi non potrà neanche più tanto facilmente accadere che il Padre lo raccolga nuovamente, cercandolo in tutte le infinità, per quindi riunirlo e nuovamente plasmarlo.

17. Ma dove è il Padre, là è anche Dio. Tuttavia solo il Padre si rivela ai figli; Dio invece non può rivelarSi a nessuno se non unicamente mediante il Padre, e in questo caso, come ora avviene, è il Padre che rivela la Divinità. Chi dunque Mi ode, Mi vede e Mi ama, ode, vede e ama pure Dio. Chi viene accolto dal Padre, sarà accolto anche da Dio.

18. E se qualcuno, indegno, non sarà accolto dal Padre, cadrà nelle mani della sola Divinità, che giudica e annienta, e allora non vi sarà Misericordia, né Amore, né Grazia!

19. Temete dunque la Divinità, perché terribile cosa è cadere nelle Sue mani!

20. Ma invece amate il Padre! Tenetevi saldi al Suo Amore e lasciatevi sempre muovere e guidare dall’Amore del Padre; così non assaporerete mai più la morte, tranne il fatto della separazione dal corpo, la quale è una maledizione della Divinità in cui avviene che la vita emanante dal Padre è tutelata contro l’ira della Divinità per l’azione protettiva dell’Amore del Padre.

21. Dalla mano della Divinità tu ricevi la maledizione, ma dalla mano del Padre ottieni invece la Benedizione dell’Amore e di ogni vita che da questo Amore proviene. Attieniti dunque in eterno all’Amore, e così nell’Amore ti manterrai! Ma se tu ti attieni alla sapienza, allora ti distruggerai e sarai spazzato via e ridotto a nulla per l’eternità dallo Spirito della Divinità!

22. Ciò che vi ho detto sia un grande dono mattutino del Sabato da parte del Padre, i cui figli siete voi, e che vi ama più di tutto ciò che si trova nella ricca infinità! Riflettete su questo nel vostro cuore e agite di conseguenza; allora vivrete e non cadrete mai nelle mani della Divinità!

23. E ora, o Set, esci fuori, dato che il Sole si è già levato, e fa preparare una colazione abbondante; perché, vedi, poiché lo spirito ha ricevuto quanto gli spetta, è bene che esso abbia poi cura anche del corpo in misura adeguata! Perciò chiama pure i tre che già da lungo tempo stanno salmeggiando qui fuori, e che sono delle terre a metà prima di quelle della Mezzanotte, e dì loro che entrino. I loro nomi sono Jura, Bhusin ed Ohorion. Va dunque, ed esegui bene l’incarico! Amen!».

                                       

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Cap. 168

Uno sguardo retrospettivo alla notte tempestosa

L’amore scaccia il timore

6 dicembre 1841

1. E Set ringraziò l’Alto Abedam per l’incarico avuto, con la massima gioia d’amore del suo cuore, e poi andò sollecito ad adempiere la Volontà del Signore.

2. Ed appena che fu uscito dalla capanna, scorse i tre della zona della Mezzanotte starsene non molto lontano. Egli allora li chiamò per nome, ed essi immediatamente dettero ascolto alla chiamata.

3. E quando gli furono vicini, egli disse loro: «Ascoltate, c’è Uno nella capanna il Quale vuole che voi pure entriate, perché Egli da parecchio tempo e già a distanza ha udito il vostro cantico di lode, così come prima che io uscissi, in vicinanza della capanna.

4. Entrate dunque nella capanna, poiché una benedizione altissima, incalcolabile attende anche voi!»

5. E Jura domandò a Set: «Fratello Set, come dobbiamo comprendere ciò? In questa notte di spavento è venuto da voi forse addirittura l’altissimo e potentissimo Emanuel? Perché, vedi, a noi tutti è venuto questo pensiero quando cessò all’improvviso la bufera di fuoco, inaudita, universale!

6. Noi tutti pregavamo ed invocavamo Emanuel che ci liberasse. E quando questa liberazione venne in modo tanto repentino e meraviglioso, la prima cosa che facemmo fu appunto quella di ringraziare Emanuel. Dicci dunque se non è e se non fu così!»

7. E Set rispose loro: «Cari fratelli, il come e il se, voi lo apprenderete non appena sarete entrati nella capanna! Io però ho fretta, dovendo provvedere a una buona colazione; perciò non posso, né devo ora trattenermi più a lungo con voi».

8. E i tre allora si accontentarono di questa informazione, e poi, pieni del massimo rispetto, entrarono nella capanna, dove, appena giunti, si prostrarono sulle loro facce dinanzi ad Adamo e a tutti gli altri.

9. Adamo però immediatamente comandò loro di alzarsi e aggiunse: «Miei cari figli, io sono quanto mai lieto di vedervi qui, presso di me, in così buono stato!

10. La mia preoccupazione per tutti voi fu assai grande questa notte, e ciò a causa degli elementi scatenati in lotta orribile fra di loro. Però molto più grande ancora fu la mia fiducia nel Signore, il dilettissimo Padre di tutti noi, il Quale in ogni tempo è santo, santo, santo e colmo di suprema Potenza e Forza, e pronto al soccorso e alla salvezza, perché, non meno degli altri fummo esposti alla più grave prova, e così dovemmo sostenere una vera e propria prova del fuoco. Questa mia vecchia capanna era diventata la dimora degli animali più selvaggi: serpenti, iene, leoni, lupi, orsi e una quantità di altre belve ancora riempirono questa mia dimora, e chiare fiamme di fuoco irromperono direttamente fuori dal suolo. E nonostante ciò era necessario che la nostra fiducia non vacillasse, ma ben presto ci fu dato di percepire gli effetti sublimi della tutelare Benedizione di Emanuel!

11. E ora andate là da quell’Uomo che è per voi ancora uno straniero, e che si chiama pure Lui Abedam. Lui vi darà adeguate spiegazioni riguardo a ogni cosa! Amen!»

12. E i tre si inchinarono ad Adamo e si avvicinarono poi a quell’Uomo che essi non conoscevano ancora.

13. E Jura, in qualità di anziano fra i tre, prese la parola e gli disse: «Abbi i nostri più cordiali saluti, Abedam! Il primo padre Adamo ci ha indirizzati a te per ottenere più dettagliate spiegazioni riguardo a questa inaudita notte di tempesta ormai passata – ogni lode e ringraziamento al Signore Emanuel! – poiché, vedi, noi tre siamo figli di Adamo e già da ottocento anni peregriniamo sul suolo di questa Terra. Noi fummo presenti alla fuga dal Paradiso, e da allora abbiamo dovuto assistere a molte cose tristi e terribili; però noi non siamo ancora mai stati testimoni di qualcosa di simile a questa notte passata! Un tale orrore non è mai venuto sulla Terra, almeno da quando noi vi dimoriamo, in verità proprio no!

14. Io non voglio dire niente di tutte le meteore di fuoco, né delle montagne che qui intorno continuano ancora a vomitare fuoco e fumo, né vogliamo dire nulla del continuo tremare del suolo, né degli innumerevoli fulmini, né dei boschi incendiati e fumanti, né dei venti infuocati ed altri simili fenomeni. Il tuono, infatti, di anno in anno resta sempre uguale a se stesso, e così pure gli altri fenomeni, i quali durante la lotta degli elementi continuano a presentarsi ai nostri occhi e colpiscono anche gli altri sensi, incutendo non meno spavento. Ma ascolta, buon uomo, non è possibile cancellare dalla memoria fatti come questi: – il mare, il mare immenso con un fracasso mai ancora udito, tremendo, esce dai suoi confini e sale sempre più terribilmente alto, schiumando e ruggendo, e in questo suo spaventoso salire comincia ad inghiottire una montagna dopo l’altra. E inoltre, non possiamo dimenticare le innumerevoli belve che fuggivano davanti alle onde, che costringevano perfino noi, inquilini della regione della Mezzanotte, ad abbandonare in tutta fretta le nostre capanne. Anzi non possiamo scordarci di quando, purtroppo, le onde cominciarono ad infuriare avanzando con tanta violenza da inghiottire addirittura le nostre capanne e cacciando dietro a noi le fiere dei boschi nonché una quantità di animali mostruosi ed orribili mai visti, che probabilmente, come molti altri animali, vivono nelle acque. Ricordiamo infine che essi lottavano in maniera spaventosa tra di loro e, scagliandosi qua e là, offrivano ai nostri sguardi un mugghiante spettacolo di orrore e terrore!

15. Certo, però, che in questa occasione è da notarsi in modo del tutto particolare un contrasto stridente: – proprio quando queste scene d’orrore ebbero raggiunto il culmine della loro intensità, d’improvviso scomparvero completamente come non si fossero mai manifestate. E così pure il mare si ritirò d’un tratto con tanta rapidità che esso, invece di rientrare semplicemente nei suoi confini di prima, andò perdendosi del tutto, che ora non è possibile scoprirne alcuna traccia in nessun luogo, all’infuori del fondo melmoso che si estende da tutte le parti a perdita d’occhio, il quale prima era servito al mare come letto.

16. Dunque, se adesso tu vuoi e puoi, dacci la spiegazione di tutti questi inauditi avvenimenti!»

17. E l’Alto Abedam rispose loro: «Miei cari amici, in tali eventi, per coloro il cui spirito dorme va ovviamente molto male, ma tanto meglio va a coloro il cui spirito è desto!

18. DiteMi: – quale spirito veramente desto, congiunto all’Amore del Padre eterno e santo, può essere o verrà sopraffatto dall’angoscia, anche se perfino tutta la Terra fosse ridotta a frammenti sotto i suoi piedi e perfino se un mare di fuoco inghiottisse tutte le polverose macerie della Terra?

19. Ma quel Padre potentissimo, la cui Volontà porta, ordina e cura innumerevoli miliardi di mondi incomparabilmente più grandi di questo e di spiriti, non sarà un simile Padre capace pure di assicurare la più assoluta e certa protezione a un figlio che Lo ama sopra ogni cosa e che perciò è anche riamato da Lui sopra ogni cosa, per quanto il figlio possa trovarsi sopra a quell’atomo eventualmente in procinto di scoppiare e che voi chiamate “Terra” e “mondo”?

20. Vedete, questa cosa dovete concederMela! Ne segue che ora rimane soltanto da vedere a quale pianta debba attribuirsi il frutto della vostra disperata angoscia e del vostro terrore! Ovvero, perché i fanciulli temono la notte?

21. Vedete, la ragione di ciò va ricercata nella debolezza dell’amore per il Padre santo! Ma come è costituito l’amore, così pure è formata la fiducia; ora la scarsa fiducia è la causa generatrice di ogni angoscia!

22. Tutto quello che voi avete narrato ha pochissima importanza; ma invece tutto dipende dal come è costituito il vostro cuore.

23. Quand’anche Io vi dessi ogni spiegazione possibile, tutt’al più sarebbero soltanto i vostri orecchi a rimanere soddisfatti, ma ciò non servirebbe per il riconoscimento del cuore. E per conseguenza la cosa migliore è che voi vi raccogliate molto intensamente nel vostro cuore e che vi rivolgiate là a Dio con l’amore del cuore stesso, ed Io vi dico che in questo modo voi apprenderete in un minuto più di quanto potrebbero altrimenti darvi migliaia d’anni di spiegazioni e narrazioni!

24. Però ora restate qui, e prendete con noi la colazione che in questo momento Set sta portando con i suoi!

25 Siate calmi nella vostra brama di sapere, ma tanto più ferventi nel cuore verso l’Alto; così la vostra notte tempestosa sarà ben presto trasformata nel più sereno Sabato di pace! Comprendete bene! Amen!».

 

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Cap. 169

La colazione dei patriarchi nel Sabato

9 dicembre 1841

1. E quando l’Alto Abedam ebbe detto ciò ai tre, li invitò a seguirLo. Egli però procedette per primo e chiamò al Suo fianco Enoch e Lamech; immediatamente dopo veniva Abedam, il conosciuto, che aveva alla sua destra Jared e alla sua sinistra Matusalem; dietro a questi tre seguivano Enos, Kenan e Maalaleel, e a questi si aggiunsero anche Kaeam e Jura, Bhusin ed Ohorion.

2. E dopo pochi passi, giunti presso ad Adamo, tutti presero posto intorno ad Abedam, in maniera da formare un circolo aperto fino ad Adamo; circolo che veniva poi a chiudersi con Adamo ed Eva.

3. Ma siccome Set era fuori del circolo, Abedam disse a coloro che Gli erano intorno di far posto a Set.

4. E così anche Set entrò nel cerchio, e precisamente a fianco di Adamo. A questo modo furono sedici le persone a prendere parte alla colazione, compreso l’Alto Abedam. Essa consisteva di pane, miele e latte, ed era abitudine, secondo un’usanza antichissima, di mangiare sempre prima il pane con il miele, e solo dopo che questo era consumato si beveva del latte di fresca mungitura.

5. Quindi, conformemente a tale usanza, anche questa volta la colazione fu consumata in questo modo.

6. Ma perché viene fatta qui menzione di questo pasto mattutino del Sabato? La causa di ciò non va cercata lontano se si pensa che fra i primi uomini di questa Terra prese parte a questo pasto visibilmente il Supremo Padre santo stesso, ponendo così le fondamenta della prima Chiesa regolare della Terra. E come in origine Adamo ed Eva furono considerati la prima coppia umana, così questa può essere pure considerata come la prima fondazione della Chiesa di Jehova, poiché strettamente connesso a questa Chiesa è poi l’Ebraismo, ed esso in molti punti ne è la continuazione. E nel centro dell’Asia, in una zona di montagna molto alta, non lontano dall’Himalaja, vive tuttora appartato un piccolo popolo, il quale vive del tutto rigidamente secondo questa Scrittura, che più tardi i figli di Noè fissarono su lastre di pietra in forma di certe figure o immagini corrispondenti, di cui, posteriormente, i geroglifici egiziani non rappresentarono che una sottospecie degenerata e falsa.

7. Tuttavia il cosiddetto Sanscrito dei Gebri, dei Parsi e degli Indù, non deve essere considerato come un’identica Scrittura, perché anche il Sanscrito è, in primo luogo, molto più recente, e poi, come i geroglifici dell’Egitto, esso è un prodotto degenerato e tenebroso, nonché pieno di gravi errori, perciò anche il loro servizio divino si riduce a un abominevole paganesimo.

8. Vedete, anche per tale ragione viene fatta qui menzione di questa colazione mattutina, la quale per la fondazione della Chiesa primordiale si svolse quasi precisamente così, come dopo il compimento del gran giorno dei popoli, il quale è durato quasi quattromila anni, l’ultima grande cena per la fondazione di un nuovo Testamento, il quale è una nuova Chiesa di Grazia e di Misericordia, ricolmata di Vita eterna e perciò ricolmata mediante Dio e di Dio!

9. Tuttavia, lasciamo ora da parte queste disquisizioni storiche e facciamo ritorno alla capanna di Adamo, e vediamo e sentiamo tutto ciò che là ebbe a verificarsi dopo la colazione!

*

10. Dopo che tale colazione fu consumata, e dopo che tutti ebbero ringraziato Abedam Emanuel-Abbà nei loro cuori ardenti d’amore, ben presto l’Altissimo si alzò e rivolse a tutti le seguenti parole:

11. «Ascoltate tutti, voi che siete qui presenti e che foste testimoni di quanto avvenne questa notte, nonché, ad eccezione del solo Kaeam, anche di quanto si svolse durante quasi l’intera giornata di ieri! Tutto ciò vi sia sempre presente per ricordarvi Chi era, Chi è, e Chi in eterno sarà Colui che è venuto a voi per insegnarvi personalmente le diritte vie dell’Amore e la vera infinita Sapienza che in questo Amore ha le sue radici. Egli è venuto a voi non per insegnarvi la sapienza del mondo, con grande fatica del cervello e più ancora del cuore, bensì la vera Sapienza che scaturisce dallo Spirito dell’Amore e da ogni conseguente Verità. Tutto ciò costituisce la Vita vera, libera ed eterna.

12. Per una simile colazione voi dovete ugualmente riunirvi anche per l’avvenire, prima che vi accingiate ad offrire al Padre il sacrificio del Sabato; poiché in verità, vi dico: “Nessun sacrificio sarà considerato, se non dopo che voi, riuniti per la colazione, non vi siate bene riconosciuti nei vostri cuori quali veri fratelli e sorelle nel Mio Amore, e quindi pure quali figli dell’uno e medesimo Padre!”

13. Ogni qualvolta che tra di voi così procederete nel vero e vivente amore per Me del vostro cuore, anch’Io Mi troverò presente fra di voi, o visibilmente per coloro il cui cuore arderà per Me, o sempre invisibilmente per i più tiepidi.

14. Sì, voi potrete tutto nel Mio Amore. Ma senza il Mio Amore non potrete niente! Poiché il Mio Amore è come un buon campo fertile sul quale siete seminati voi. Chi non si lascerà strappare fuori dal nemico, crescerà rigoglioso e porterà numerosi e magnifici frutti. Chi invece non avrà insinuato le radici della propria vita d’amore con sufficiente profondità e con sufficiente solidità entro il terreno di questo campo di cui ora ho parlato, in verità gli andrà male nel tempo in cui ritornerà la tentazione, cioè quando verrà il nemico dell’amore e proverà a strappare gli alberelli dal terreno del campo! Egli non lascerà assolutamente nulla d’intentato pur di arrivare al suo scopo, e dove egli troverà un alberello debole, pensate forse che lo risparmierà?

15. Oh, no di certo, egli lo strapperà dal terreno del buon campo assieme alle deboli radici, e poi lascerà che esso si guasti, e ciò a causa delle radici che non potranno più attrarre gli umori vitali, e l’alberello dovrà quindi inaridire e ben presto passerà nella morte totale! Infatti: – chi di voi ha mai visto sorgere e prosperare una pianta unicamente nell’aria?

16. Ma voi forse vorreste dire: «Eppure, ciascuna pianticella ha bisogno anche dell’aria per vivere!». E anch’Io dico la stessa cosa; tuttavia, la prima necessità è il terreno, e l’aria senza di questo non serve a nulla!

17. Ma l’aria è simile alla Parola divina, e l’amore del vostro cuore è il terreno in cui è seminato uno spirito vivente circondato da un’anima, la quale pure è vivente.

18. Questo seme della vita eterna in voi – l’aria santa della Dottrina di Dio – può volgere a suo profitto con la promessa di buoni frutti, soltanto se esso ha germogliato ed ha gettato profonde e solide radici nel terreno dell’amore dei vostri cuori per Me. Se non si svolge prima un processo simile, giudicate e dite voi stessi: – quello che avrebbe dovuto formare il seme fino a farlo divenire una pianta ricca di frutto, cioè l’aria, non sarà forse, in questo caso, la causa di morte per il seme stesso?

19. Vedete, ne consegue che può giovarvi ben poco la Mia Parola se i vostri cuori non sono colmi d’amore per Me e perciò anche per i vostri fratelli, e dunque, la vostra sapienza intellettuale, essendo priva di un vero terreno e campata in aria, è la morte del vostro amore!

20. Ma se il vostro amore, che deve servire da nutrimento allo spirito, è morto come quell’alberello strappato dal terreno del Mio Amore per voi, le cui radici portano a mala pena appiccicato ancora un po’ del terreno inaridito del vostro amore per Me, da dove può ricevere ancora nutrimento vitale il vostro seme, ovvero il vostro alberello debole e strappato fuori dal terreno?

21. Sia dunque per voi questa colazione mattutina un segno visibile di ammonizione. Attraverso tale ammonizione voi dovete sempre e dappertutto attenervi all’Amore! E se voi procederete per questa via, avrete pure con voi e in voi la vita, e così avrete anche Me, quale Sorgente prima di ogni Amore, di ogni vita e di ogni sapienza proveniente da Me!

22. Queste parole scolpitevele bene nel cuore, e operate tutti, invariabilmente, in conformità alle stesse; così voi vivrete in tutto e per tutto e non dovrete più chiedervi: “Dov’è il Padre?”, né avrete bisogno d’invocarLo dicendo: “Vieni!”, perché Egli sarà con voi e in voi come lo è attualmente e come lo sarà anche in eterno! – Amen!

23. E tu, Enoch, va ora e prepara il tuo sacrificio, poiché il tempo è venuto! – Amen!»

 

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Cap. 170

Un vangelo dei sacrifici

10 dicembre 1841

1. Dopo queste parole Enoch si alzò immediatamente, e con il cuore colmo di gratitudine e d’intimo amore chiese all’Alto Abedam:

2. «Signore e Padre amorosissimo di tutti noi, Tu che sei santo, santissimo, sarebbe Tuo santissimo volere se di Sabato, anche qui sulle alture, Ti venisse offerto un sacrificio simile a quello che Ti offrimmo ieri nella valle? O è Tuo compiacimento che le cose continuino a procedere alla maniera di Abele, di Set e di Enos? O Abbà, rendimi nota la Tua santa Volontà!»

3. Abedam rispose ad Enoch: «Enoch, come puoi rivolgerMi ora una simile domanda, considerato che meglio di ogni altro sai in che cosa unicamente consiste il sacrificio che è a Me veramente gradito?

4. Quando anzitutto Mi viene interiormente offerto il sacrificio di un cuore pentito, afflitto e colmo d’amore, qualunque sacrificio ne risulta poi santificato, sia che esso venga offerto alla maniera di Abele, di Set ed Enos, oppure nella forma usata ieri nella valle!

5. Tuttavia Io scorgo un vuoto in tutti i vostri cuori! Questo spazio vuoto voi l’avete consacrato al sacrificio per Dio; però, proprio a causa del vuoto voi non vedete a chi offrite un sacrificio e perché l’offrite! Dunque, comprendete bene: – il Padre non vuole alcun sacrificio all’infuori di quello del cuore; ma il Padre è pure l’unico, eterno, santissimo e potente Dio, ed è a Questo soltanto che compete un sacrificio, così come al Padre compete il puro Amore.

6. Il sacrificio consuma, distrugge e uccide ogni dono offerto entro il fuoco che arde sull’altare. Vedete, questa è una testimonianza dell’uomo davanti a Dio, la quale sta a significare che egli ha riconosciuto Dio – o palesemente o soltanto con una oscura intuizione nel cuore – come Dio è, e che Dio agisce come il sacrificio!

7. Chi tuttavia si attenesse unicamente al sacrificio senza legarsi all’amore del Padre, il sacrificio simile a Dio alla fine afferrerebbe lui stesso, lo consumerebbe, lo distruggerebbe e lo ucciderebbe, non essendosi egli prima bagnato con l’acqua della Vita, la quale è il puro amore per il Padre!

8. Ma Io vi dico: “Chi nel proprio cuore offre un sacrificio al Padre, ha già offerto anche a Dio un gradito sacrificio. Ma chi sull’altare offre un sacrificio soltanto a Dio, e con ciò crede di rendersi gradito anche al Padre, è in grande errore, poiché in verità il Padre non Si compiace affatto dell’olocausto del fuoco, bensì solamente del vivente olocausto del cuore!”

9. Ovvero, il Padre vivente, dal quale ogni vita trae la sua origine, dovrebbe forse compiacersi del morto olocausto del fuoco, ovvero di un sacrificio nel quale ogni offerta viene consumata, distrutta e quindi addirittura uccisa?

10. Oh, certo – come già detto – se prima viene offerto nel cuore un sacrificio vivente dell’amore al Padre, allora sarà preso in considerazione anche l’olocausto del fuoco mediante il quale l’uomo dà a riconoscere quello che egli ha trovato nel cuore, e cioè che il Padre è santo, santo, santo, e che Dio è l’Onnipotente dall’eternità. Senza questo sacrificio precedente, attuale e conseguente, ogni olocausto del fuoco è un abominio dinanzi a Me.

11. Gettate uno sguardo al passato e considerate Caino e Abele! Caino offriva senza amore, Abele invece con amore. Ebbene, quale offerta salì verso l’alto e quale fu rigettata giù verso terra?

12. Ma siccome l’offerta di Caino era un abominio agli occhi del Padre, quale fu perciò la conseguenza di tale sacrificio? Il sacrificio afferrò Caino stesso e lo rese fratricida!

13. E così avverrà un giorno, che il solo sacrificio cieco afferrerà molti ancora, e questi faranno allora come Caino, e uccideranno spiritualmente e corporalmente innumerevoli fratelli.

14. Ma se voi volete proprio offrire un sacrificio, allora offriteMene almeno uno che sia giusto, così come Io vi ho già indicato a sufficienza!

15. E come avvenne con il sacrificio che fu offerto ieri nella valle, ugualmente sia offerto oggi un sacrificio qui; tuttavia l’olocausto voi non lo dovete più accendere sull’altare alla sera, bensì di mattina, affinché in questo modo i figli che dimorano lontano fino alle terre della Sera possano raggiungere le loro case.

16. E all’atto del sacrificio è bene d’ora innanzi che non si conducano anche tutti i fanciulli piccoli, bensì è sufficiente che siano presenti due uomini e una donna di ogni capanna. Però a nessuno deve venir fatto apparire come fosse un obbligo vitale comparire al sacrificio, perché il sacrificio non santificherà mai nessuno, bensì solamente l’amore per il Padre!

17. Chi sarà indotto a presenziare al sacrificio dall’amore per il Padre, attraverso costui il sacrificio sarà santificato ed egli poi mediante il sacrificio sarà edificato nello spirito. Ma chi sarà spinto a compiere il sacrificio non dall’amore ma da una rigida e formale regola costrittiva, imposta da una qualche legge, così da averne un cuore avverso, profanerà il sacrificio, ed esso lo distruggerà, e il suo cuore inaridirà. E poi, quello che egli Mi offrirà diverrà simile al suo cuore inaridito, cioè un’opera priva di vita, un dono morto.

18. Dunque, ci si deve attenere a ciò che è stato detto proprio ora!

19. E adesso, caro Enoch, puoi già dare inizio alla tua opera. E voi altri uscite pure, e informate coloro che sono qui convenuti da ogni parte e che sono in attesa del sacrificio su come sia da considerarsi il sacrificio stesso. Tuttavia, continuate a tacere su di Me e sul come Io sia sostanzialmente qui presente!

20. E soltanto tu, Jared, tu, Abedam e tu, Adamo, seguiteMi fino al tempo dell’offerta nella capanna di Jared. I figli di Set, però, accompagneranno Eva da noi più tardi!

21. E ora sia dunque fatto tutto in maniera giusta, e ciò sia fatto nell’amore e per mezzo del solo amore! Amen!».

 

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Cap. 171

Enoch prepara il sacrificio

 

1. Enoch allora si accinse subito all’opera. Dispose trasversalmente la legna di finissimo cedro un pezzo sull’altro, e mentre accudiva a questo lavoro, pregava continuamente.

2. Ma mentre egli era così affaccendato, ecco che si avvicinarono a lui alcuni fra i presenti, i quali provenivano dalla regione del Mezzogiorno, e gli domandarono come mai la legna venisse già da ora collocata sull’altare, mentre era usanza farlo soltanto la sera.

3. Allora Enoch ribatté chiedendo a sua volta: «Perché ciò vi rende perplessi? Forse io faccio quello che faccio di mia iniziativa?

4. La mia l’opera è diventata per voi una menzogna perché non la comprendete?

5. Si, certo, per i ciechi molte cose sono una menzogna, perché tutto quanto si dice loro corrisponde, almeno per loro, a una specie di menzogna, considerato che essi non vedono.

6. Che giova, al cieco, la luce raggiante del Sole? Perché voler tentare di rendergli comprensibile la luce del Sole? Perché mentirgli? Il Sole del cieco è nero; a questo egli crede. Per questa ragione un Sole che splende è per lui una menzogna, poiché se al tesoro posseduto da qualcuno si aggiunge qualcosa di estraneo, che cosa viene a rappresentare questo qualcosa di estraneo per il proprio tesoro? Niente altro che una menzogna, giacché esso non è simile al proprio tesoro, quantunque si trovi pure accanto ad esso, bensì è una cosa estranea, o qualcosa di simile a ciò che non esiste per colui per il quale esso non porta in sé il marchio visibile della caratteristica a lui propria.

7. Perciò anche voi m’interrogate invano, poiché oggi meno ancora che in altra occasione sono portato a mentirvi! Per chi vive già nella verità, ogni menzogna si è inabissata nell’eterno Nulla; ma per chi, invece, è ancora colmo di menzogna nel proprio cuore e ritiene la stessa come verità, che cosa mai può rappresentare la verità effettiva e santa? Nient’altro che una menzogna!

8. Per chi cerca la luce del mondo, che cosa è mai la luce interiore dello spirito? Null’altro che menzogna, ossia una tenebra assoluta! E infatti, come potrebbe essere mai luce per qualcuno ciò che, per toccarlo, occorre che la mano debba portarsi oltre il campo visivo di chi la stende?

9. Dunque, lasciatemi in pace anche voi! Voi non potete ancora comprendere le vie del Signore, poiché la notte scorsa ha percosso i vostri cuori con le tenebre; per questo voi pure non sapete più che il vero amore per Dio non è vincolato a nessuna norma, ma è perfettamente libero, come altrettanto libero è il sacrificio che l’amore offre a Lui. Ma se già voi amate liberamente le vostre donne, e per questo non vi sentite legati al tempo e all’ora, perché mai, allora, l’amore per Dio dovrebbe essere misurato?

10. Perciò, andate pure a prendere miglior consiglio! Amen!»

11. E quando quei curiosi abitanti del Mezzogiorno si videro congedati da Enoch in maniera così sbrigativa, ma nello stesso tempo tanto opportuna per loro, essi cominciarono a mormorare tra sé, essendo enormemente indispettiti dal fatto che Enoch avesse dato alla loro domanda una risposta così strana, considerato che, come diceva loro il cuore, con la loro domanda non avevano nessuna intenzione cattiva.

12. E uno tra di loro disse agli altri: «Ascoltate, fratelli, io conosco molto bene Enoch, e da quanto ieri ho potuto osservare a distanza, credo che i padri abbiano affidato a lui le mansioni del sacrificio; ma siccome egli è sempre stato bizzarro in ogni sua parola ed in ogni sua azione, così pare che non voglia smettere con le sue bizzarrie anche trattandosi di questa mansione!

13. Io però sono del parere che così alla leggera non si dovrebbe lasciare all’arbitrio di un singolo l’antica e pia usanza nel predisporre il sacrificio alla maniera di Abele, che è stata finora gradita a Dio. Dunque se dovesse rendersi consigliabile qualche cambiamento, sarebbe bene che la cosa dovesse essere sottoposta al Consiglio riunito di tutti i figli. Ma se così non fosse, allora che cosa dovremmo dire noi quali uomini di pari rango?

14. Se il sacrificio deve essere ritenuto valido anche da parte nostra, allora deve avere in sé qualcosa che lo tenga in relazione anche con il nostro consiglio; ma in questa forma, invece, esso non porta in sé che la nostra contrarietà e, per conseguenza, non ha per noi neanche un effetto.

15. Come possiamo approvare una cosa simile, tanto più se consideriamo che finora noi stessi siamo sempre stati chiamati a consiglio riguardo a questioni di carattere prettamente divino?

16. Io dunque penso che Setlahem, essendo il più anziano ed esperto fra noi, dovrebbe ancora una volta presentarsi ad Enoch per domandargli con tutta serietà come sia da spiegarsi questa anticipata sistemazione della legna sull’altare!»

17. Setlahem però, il quale pure si trovava nel gruppo, obiettò all’indispettito: «Ascolta, io non ho affatto una gran voglia di fare come tu dici, perché ieri ho imparato a conoscere Enoch in una maniera – e lo dico qui a tutti – quanto mai speciale e straordinaria!

18. Io lo vidi dotato di una potenza tale che ancora oggi, se ci penso, mi vengono i brividi dappertutto!

19. La notte scorsa è stata orribile! Come tutti sapete, tutti gli elementi infuriavano scatenati con tale spaventosa veemenza che noi corremmo a rifugiarci sulle alture, e giacemmo là al colmo dell’angoscia, proprio sul suolo della Terra che era tutto un fremito, e vi rimanemmo finché durò la bufera. Ma per quanto grande fosse quell’angoscia, non poté essere cancellato dal mio cuore quanto io avevo visto e udito da Enoch nella giornata di ieri!

20. Quando alcuni tra noi furono presi dalla voglia di scendere giù alla pianura, voi tutti sapete che una tigre enorme e poderosa si presentò a sbarrare loro la strada, e li costrinse a battere velocemente in ritirata mediante una sua certa esibizione di forza, ovvero facendo a pezzi un toro gigantesco.

21. Udite, quella stessa tigre, che io ho riconosciuto benissimo, la vidi ieri sottomessa come un agnello alla volontà di Enoch, e obbediva ad ogni suo cenno! Ma non basta che una simile fiera dimostrasse ad Enoch la massima obbedienza; essa dovette, e questa è la cosa più inaudita, addirittura parlare ed usava parole, molto ben comprensibili a ciascuno di noi, colme di sapienza!

22. Queste cose certamente voi non le avete potute osservare, essendo voi accampati a terra molto in fondo, presso le vostre capanne; ma io invece, che mi trovavo in prima fila, queste cose le ho viste ed udite in maniera indimenticabile.

23. Che io mi sentissi fortemente attratto verso Enoch in conseguenza di ciò, potete bene immaginarvelo; ed anch’io, appena mi si offerse l’occasione, la prima cosa che desiderai fare fu quella di attaccare discorso con lui.

24. Ma quando ebbi incominciato a parlare ed ebbi espresso il desiderio di diventare addirittura suo discepolo, vedete, egli mi espose una similitudine riguardo all’impressione che può fare una montagna lontana, e mi rese chiaro con tanta evidenza il divario tra l’impressione narrata e quella propria di se stessi, che io, a spiegazione finita, nonostante tutta la mia sapienza apparii a me stesso in suo confronto come fossi appena uscito dal grembo materno!

25. E come succedeva a me, così successe pure a tutti i padri, non escluso nemmeno Adamo, dato che stavamo sotto il dominio della sua parola, ed egli, unico e solo, conduceva il discorso per loro.

26. Per queste ragioni io vi dico: – chi di voi, dopo che egli ci ha congedati in modo così sbrigativo a causa della nostra curiosità intempestiva, ha ancora voglia di proporgli qualche altro quesito più intempestivo ancora, può fare senz’altro il tentativo; quanto a me, invece, desidero essere lasciato in pace!

27. Ma anche per quanto vi concerne, io credo che la vostra lotta con lui sarà estremamente ridicola, non molto diversa da quella fra un topo ed un leone! Non occorrerà proprio un grande profeta per pronosticare chi uscirà vittorioso da una lotta di questo genere. Io credo che questo si possa già stabilire in anticipo!

28. Per altro, se nonostante tutto ciò avete ancora voglia di rivolgergli la vostra rigida e seria domanda, non posso che augurarvi che ‘Dio ve la mandi buona e senza vento’! Ma una cosa ancora conviene che io aggiunga a tutto quanto vi ho già detto; con coloro che stanno certamente in un qualche rapporto con Dio, non bisogna mai permettersi di scherzare. È meglio, infatti, che noi prestiamo attenzione a quello che essi fanno piuttosto che ci affanniamo a domandarne la ragione, sia pure con serietà, poiché le vie del grande Dio sono imperscrutabili ed impenetrabili sono i Suoi consigli!

29. Ponderate bene queste cose nel vostro animo prima d’intraprendere qualche passo!»

30. Quando gli indispettiti ebbero inteso tali cose da Setlahem, desistettero immediatamente dal loro progetto, e si arresero al sapiente consiglio di Setlahem.

31. Enoch invece, obbedendo al suo intimo impulso, richiamò a sé Setlahem e gli disse:

32. «Setlahem, devo renderti lode! Vedi, ora davvero hai agito saggiamente, essendo venuto in soccorso di questi deboli, i quali senza il tuo aiuto sarebbero immancabilmente precipitati in un profondo abisso, poiché essi sono ciechi e quindi non vedono come è costituito il terreno sotto i loro piedi!

33. Tu però d’ora innanzi non devi più scostarti dal mio fianco, finché pure tu vedrai quello che i tuoi occhi mortali non hanno ancora visto e finché udrai ciò che i tuoi orecchi mortali non hanno ancora udito!

34. Non fosti forse colpito anche tu, in qualche modo, da questo attuale mattino tanto sereno e gradevole, nonostante sia seguito a questa notte di spavento?

35. E se hai potuto seguire con la mente il decorso della tempesta e il suo improvviso cessare, dimmi, in questa occasione la tua attenzione non si è proprio soffermata su nessun momento particolare?»

36. E Setlahem allora gli rispose: «O Enoch, chi mai non avrebbe dovuto rimanerne colpito? Ma ad una persona come me cosa giova anche il fatto che l’attenzione venga colpita? Infatti, rimanendone o non rimanendone colpito, non arrivo comunque a comprendere niente di tutto ciò, e devo perciò limitarmi a fare la seguente riflessione per mia tranquillità:

37. “Il Signore, Jehova, certamente già conoscerà molto bene, e con assoluta sicurezza, il perché avviene una cosa o perché l’altra! E più di me ne sapranno senza dubbio coloro ai quali Jehova è più vicino che non a me; tuttavia ogni grazie sia reso a Lui per avermi Egli donato almeno la pace! Ed io con ciò sono già soddisfatto a sufficienza!”

38. Cosa ne pensi tu, caro Enoch: – non va bene così?»

39. Ed Enoch gli rispose: «O Setlahem, il tuo terreno è buono! Quando il seme cadrà in questo tuo terreno, esso ti renderà mille volte frutto!

40. Ascolta, oggi tu vedrai uno Straniero in mezzo a noi; basterà che tu ti rivolga a Lui, ed Egli con una parola ti dirà di più di quanto potrei dirti io anche in migliaia d’anni! Anzi, io ti dico che Egli ti renderà vivo in tutto e per tutto!

41. Ora però facciamo silenzio, perché Lo vedo già arrivare!»

 

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Cap. 172

Dell’essenza dell’intercessione

13 dicembre 1841

1. E così Enoch tacque, e altrettanto fece Setlahem nella silenziosa attesa di Colui che stava arrivando, e che era grande.

2. Ma essi non ebbero molto da attendere, perché ad un tratto Egli si trovò già fra loro, vicino e a fianco di Jared e di Abedam. Adamo però, e con lui Eva nonché i figli di Set, dovevano portarsi frattanto sulla già nota collina del mattino e rimanere là nella lieta attesa di Lui e di tutti coloro, a noi noti, che venivano dalla capanna di Adamo.

3. E non appena si trovò vicino ad Enoch, tuttora occupato presso l’altare, l’Alto Abedam gli chiese subito: «Ascolta, mio caro Enoch, Io ho udito un mormorio dal cuore di alcuni di coloro che provengono dal Mezzogiorno! È pur vero che Setlahem ha turato loro la bocca, ma il loro cuore grida tanto più miserevolmente ed è colmo di aspri sentimenti!

4. Cosa pensi che noi possiamo o dobbiamo fare a loro?»

5. Ed Enoch così rispose all’Alto che lo interrogava: «O Abbà, sei Tu che lo dici nel mio cuore! Avvenga loro secondo la Tua Volontà, e così avverrà subito di loro il meglio possibile!»

6. E Abedam disse nuovamente ad Enoch: «Vedi Enoch, unicamente a causa di questi figli fu permesso che si scatenasse la tempesta notturna, e ciò affinché i loro cuori orgogliosi venissero umiliati; sennonché, ora hai visto con i tuoi occhi e udito con i tuoi orecchi quale minimo effetto essa fece su di loro!

7. Non sarebbe dunque meglio che questi maligni non ci fossero, piuttosto che esserci?

8. Ed è per questo che si dovrebbe farli inghiottire dalla Terra, affinché il loro alito non appesti ulteriormente questo sacro luogo!

9. Ebbene, cosa pensi che sarà bene fare, perché a loro avvenga secondo il merito dei loro cuori?»

10. Ed Enoch rispose all’Alto Abedam: «O Signore, Tu che sei colmo d’Amore e di Misericordia, la Tua Volontà è santa in ogni tempo ed infinita è la Tua Misericordia, e certo per Te non vi è bisogno che nessuno invochi la Tua Misericordia; tuttavia qualche volta Tu ci porgi l’occasione di esaminare i nostri propri cuori per persuaderci quanto amore fraterno e del prossimo vi alberghi dentro, e quali siano i nostri progressi verso l’obiettivo di assomigliarTi in misericordia.

11. Vedi, dato che io attraverso la Tua infinita Grazia e Misericordia, riconosco che la misericordia e l’amore che sono in me verso i miei fratelli, altro non sono che la Tua Misericordia e il Tuo Amore, una scintillina del Tuo infinito, santissimo Fuoco d’Amore, così vengo qui anch’io da Te nella mia misericordia soltanto apparente, e confesso che niente è mio, ma che tutto è Tuo, e dichiaro che il mio amore non è altro che il Tuo Amore in me, ed inoltre che la mia misericordia è la stessa Tua Misericordia in me! Perciò, o Abbà, vadano a Te eterne grazie, lode e gloria per questo!

12. O Abbà, quando io sento misericordia in me per qualcuno, allora percepisco nel medesimo istante quanto infinitamente si manifesti la mia misericordia in rapporto alla Tua!

13. Dove sarebbe un povero e debole cieco già quando, in seguito alla mia misericordia, io volessi venire in suo aiuto, se Tu non avessi già infinitamente prima avuto Misericordia di lui?

14. Però io posso certamente pregarTi di usare Misericordia verso i deboli e ciechi! Ma se io Ti rivolgo una simile preghiera, o Abbà, con ciò non Ti prego per indurTi a fare qualcosa, bensì lo faccio affinché Tu, in grazia, guardi il mio cuore mentre Ti porta, attingendo dal Tuo tesoro, un piccolo sacrificio a vantaggio dei fratelli!

15. E perciò io dico anche qui, come dappertutto e come sempre: “O Abbà, sia fatta soltanto la Tua santa Volontà!”. E quello che il mio cuore Ti offre per amore e misericordia verso i fratelli – misera offerta a paragone del Tuo infinito Amore e della Tua Misericordia – accoglilo in grazia come se veramente fosse qualcosa dinanzi a Te, affinché poi, quando già la Tua Misericordia per qualcuno si manifesta pienamente nell’azione che diviene visibile anche per noi ciechi, mi sia permesso e sia in grado di rallegrarmi con coloro in favore dei quali la Tua Misericordia si è visibilmente resa manifesta!

16. O Abbà, accetta, in grazia, questa mia confessione, ed abbi pazienza con la mia stoltezza, e la Tua santa Volontà sia fatta ora e in eterno! Amen!»

17. Abedam allora guardò Enoch con immensa amorevolezza, e gli disse:

18. «Caro Enoch, perfette sono state le tue parole, poiché esse hanno dimostrato com’è costituito il tuo cuore e quanta sapienza generata dall’amore regna in esso! Tuttavia, affinché tu giunga a comprendere del tutto intimamente come deve essere realizzata ogni intercessione fondata nell’Ordine eterno, ascolta quanto segue:

19. Quando tu vedi un qualsiasi povero fratello o anche sorella procedere in modo malsicuro, sia perché misero nel corpo a causa della debolezza, o addirittura per assoluta inabilità funzionale dell’uno o dell’altro dei sensi, sia perché egli è povero nel cuore, povero d’amore, povero nell’energia per l’azione, povero di volontà, povero di avvedutezza, povero d’intelletto, o del tutto impoverito nello spirito e in ogni cosa attinente allo spirito, e tu, nell’amore del tuo cuore per Me, e fuori da questo amore all’amore per il fratello o la sorella, ti senti mosso a compassione per lui o per lei, allora la tua misericordia è perfetta, poiché la cosa è già un accoglimento della Mia grande Misericordia, nello stesso modo di quando il vento spira attraverso il bosco e scuote gli alberi, e muove ciascuna fogliolina dell’albero, per la qual cosa ciascuna foglia, muovendosi, provoca essa pure una propria leggera brezza che viene accolta dal gran vento che spira attraverso tutto il bosco, come se in rapporto a lui essa fosse qualcosa.

20. Tu però avrai già fatto spesso l’osservazione che, quando il vento soffia, questo muove anche le foglie secche; solo che, dato che esse sono inaridite, e perciò irrigidite e morte, non resistono alla pressione del vento, ma invece si staccano ben presto dai rami e vanno svolazzando finché cadono morte giù sulla terra morta. E se anche il gran vento per qualche tempo le trascina con sé, finiscono pur sempre per abbassarsi sempre più fino a posarsi là dove l’annientamento le attende!

21. Questo è il destino della foglia dell’albero; ma non così quello dell’uomo! Guai a colui però che si è inaridito sull’albero della vita; in verità, egli non sfuggirà al proprio annientamento!

22. Ma da tale similitudine è da apprendersi che soltanto il vivente può essere mosso a vivente misericordia mediante la Mia immensa Misericordia; la sua misericordia viene accolta, così, dalla Mia come se fosse qualcosa. Ma come il vento accoglie la lievissima brezza causata dalla foglia e conducendola poi con sé rende anche partecipi di questa le foglie compagne, altrettanto avviene con la misericordia dell’uomo verso il suo prossimo; perciò un fratello è chiamato – dall’amore vivente che proviene dal Mio Amore e tramite Me – a fare il massimo che può a vantaggio dell’altro fratello, e allora Io considererò la sua opera e la sua intercessione come se fossero qualcosa al Mio cospetto!

23. Dunque, vedi, quando il vento spira, esso trae con sé pure il tuo alito come se fosse qualcosa! Ma credi forse che il tuo alito infonderà maggiore energia al vento, oppure addirittura gli imprimerà una diversa direzione?

24. Oh, vedi, un effetto simile non lo può ottenere nemmeno l’alito di tutti gli uomini viventi presi assieme! Poiché il vento possente viene da dove nessun uomo sa; e dove esso vada, neppure lo sa nessuno; e soltanto dal modo come spira tu puoi accorgerti della sua direzione. E se dirigi il tuo alito verso questa sua direzione, allora esso sarà accolto e trascinato con lui; ma se tu intenzionalmente aliti contro la direzione del vento, il tuo alito, allora, sarà ricacciato indietro e si infrangerà contro la tua propria bocca, e così concorrerà a soffocare la tua propria vita!

25. Se tu piangi sulla riva di un torrente, e lacrime pietose cadono dai tuoi occhi, in verità, qualora le lacrime tu le abbia lasciate cadere nell’acqua del torrente, in modo che siano diventate con questa una sola cosa, allora anch’esse saranno condotte al mare della misericordia! Ma se qualcuno si mettesse a piangere sulla riva di un torrente, però non facesse attenzione all’acqua e lasciasse invece cadere la sue lacrime sulla riva sabbiosa del torrente, giungeranno forse tali lacrime esse pure al mare?

26. Vedi, colui che mediante la sua intercessione s’illudesse di farMi condividere la sua misericordia, non è forse più sciocco ancora di uno che fosse dell’opinione che là dove egli ha versato una lacrima, spetta al mare venire per accogliere la lacrima stessa, senza neanche riflettere minimamente su che cosa sia il mare e quale sia ad ogni modo la direzione che perfino ogni più piccolo ruscelletto prende?

27. Chi  però si lascia indurre a misericordia da Me, con la sua misericordia è nell’Ordine, e le sue lacrime cadono subito nel mare!

28. Invec: – chi mai può aver fatto intercessione presso di Me o Mi ha indotto a crearvi, quando all’infuori di Me non esisteva ancora nulla? Oppure: – da quella volta, sono forse diventato più duro e di minor Amore, al punto che Io debba lasciarMi indurre dalle Mie creature a fare qualcosa?

29. Oh, vedi, di ciò non c’è davvero bisogno; ma c’è bisogno invece che i Miei figli si lascino destare da Me nei loro cuori e che Mi accolgano nel puro amore, e che poi facciano attenzione allo spirare della brezza delle Mie misericordie immense, e quindi occorre che a queste stesse misericordie essi si associno in maniera vivente! Vedi, questa è la Mia Volontà!

30. Ebbene, quando prima ti domandai cosa si sarebbe dovuto fare di questi recalcitranti, la tua risposta fu certo giusta, perché tu ti sei lasciato afferrare e muovere da Me, e proprio così in avvenire dovrebbe essere in qualsiasi occasione in cui è destata una giusta pietà verso un qualunque povero, poiché ciascuno è fratello all’altro nel Mio Amore. Dunque, se Io voglio risuscitare i morti, chi sarà colui che Mi pregherà di non volerli risuscitare?

31. E vedi, Enoch, tu, che non hai perfettamente compreso la Mia domanda di prima, anche questi mormoratori devono prima essere inghiottiti dalla terra della vera umiltà, finché non siano diventati viventi!

32. Ed è perciò anche che ti ho dato ora questo insegnamento. Adesso però lasciate che i mormoratori si avvicinino a Me! Amen!»

 

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Cap. 173

I sette mormoratori del Mezzogiorno dileggiano Setlahem

15 dicembre 1841

1. Quando Setlahem ebbe assistito a questa scena di persona, e con i propri orecchi ebbe inteso tutto quello che l’Alto Abedam aveva detto, cominciò a presentire grandi cose. Il suo cuore ardeva, e un giudizio interiore gli diceva:

‘Come parla questo straniero, non è possibile che parli un uomo! Certo, sotto le sue spoglie deve celarsi qualcosa di straordinario!’

2. E conformemente a tale giudizio interiore, e da questo fortemente incitato, Setlahem si avvicinò nella massima umiltà allo straniero e gli chiese:

3. «O nobilissimo straniero, tu che sei colmo di ogni divina Sapienza, e non sembri essere meno colmo di divina Potenza, se io te ne pregassi, non vorresti accettare da me il meschino servizio che io andassi là, e traessi qui dinanzi alla tua faccia coloro che vanno mormorando contro le disposizioni di Jehova, senza pensare o senza almeno lasciarsi radicalmente insegnare che Jehova, l’eterno Dio santo, ha certamente previsto già fin dall’eternità tutto ciò che è già avvenuto, e quello che ora avviene e che per l’eternità ancora avverrà, e sotto un certo punto di vista, anche se riguarda l’uomo libero, ha anche stabilito così?

4. A giudicare in primo luogo da quello che già Enoch mi riferì di te con fedeli parole, e da ciò che, in secondo luogo, io stesso ho appreso ora dal tuo colloquio con Enoch, credo che una tua parola contribuirà certamente al miglioramento di questi mormoratori più che non mille delle mie parole.

5. Poiché appunto questi sette sono, parlando in generale, anche i più inflessibili di tutta la regione del Mezzogiorno.

6. In verità, che non avvenga loro del male; però dovrebbero essere completamente emendati, anzi bisogna che vengano emendati!

7. Se tu vuoi, dunque, io me ne vado subito da loro».

8. E l’Alto Abedam gli rispose: «Setlahem, Io te lo dico: «Se tu comprendessi la Mia Parola, comprenderesti pure che Io posso fare a meno dei tuoi servizi!

9. Dato però che per te, Io sono ancora assolutamente uno straniero, puoi senz’altro andare a fare secondo il tuo desiderio!

10. Ma se il caso volesse che i tuoi sette mormoratori non intendessero seguirti, puoi ben fare immediatamente ritorno qui da solo, anche dopo non aver ottenuto alcun risultato! Amen!»

11. E Setlahem se ne andò subito dai mormoratori, i quali erano fermi ad una cinquantina di passi di distanza. Quando fu arrivato vicino a loro, uno di essi gli domandò subito in tono di scherno:

12. «Ebbene, a che grado sei arrivato ormai con la tua sapienza?

13. Ti ha forse chiarito Enoch l’inacidita parabola di ieri riguardo alle montagne lontane? O ti ha forse addirittura presentato una nuova tigre dotata di parola?

14. Eh, certo, con la gente come te, un animale parlante deve sempre assumere le funzioni di predicatore della sapienza, perché in ogni caso le parole di uno di noi non vengono più prese in nessuna considerazione.

15. Setlahem, vedi, è davvero un gran peccato che quel grande stravagante di Enoch non ti sia stato vicino durante la scorsa notte con l’uragano, quando cioè almeno alcune centinaia delle più belle tigri e moltissime altre bestie ci fecero onore della loro visita! Cosa avresti mai potuto imparare da questi sapienti dei boschi dalla lunga coda, se Enoch li avesse tutti resi parlanti!?

16. Davvero, questo si chiama sguazzare un po’ troppo nella pazzia! Una tigre che parla!

17. Se le cose vanno avanti così, al più tardi l’anno prossimo cominceranno a parlare anche gli alberi e l’erba, se non addirittura le pietre stesse e i ruscelli ed infine addirittura il mare!

18. E il terzo anno, poi – e ora lo credo fermamente, perché questa è una tua massima! – ogni goccia di pioggia che cadrà giù dal cielo ti dirà: “Buon giorno a te, saggio Setlahem! Hai dormito bene?”. E ti si offriranno ancora altri simili bocconi di sapienza!

19. Solo allora tu aguzzerai gli occhi, e tenderai molto lontani i tuoi orecchi e spalancherai la tua bocca di più ancora di quello che non faccia una tigre con le sue fauci quando essa, del tutto dolcemente e con un sol boccone, concede a un toro intero di fare una trottata nel proprio stomaco, e con un’espressione d’infinita e meravigliata sapienza ti andrai domandando: “Ma che cosa è questo?”

20. Setlahem, come mai non ti accorgi ancora di quanto sono stolte le tue fantasticherie sulla sapienza?

21. Vedi, se a quanto asserisce Adamo, che vive ancora e, come padre di tutti noi, merita piena fede – premesso che egli è il primo uomo della Terra, poiché la Terra sembra essere più grande di quanto sarebbe occorso qualora in origine fosse stata destinata per un uomo solo! – già dai primordi vigevano delle antiche e pie usanze, ebbene, che ragione c’è di apportarvi dei cambiamenti se, per di più, consideriamo che per i veramente saggi e intelligenti in questa antica cerimonia non c’è comunque affatto niente di importante all’infuori del lato storico-venerabile dell’antichità? Ma se ora anche questo aspetto viene a cadere, quale altro valore può avere questo vero gioco da fanciulli, per uomini che pensano con la propria testa?

22. Oppure, da sapiente che sei, vorresti o potresti forse sostenere il caso che Dio, l’Infinito, proverà gioia e compiacimento quando in Suo Onore accenderemo un paio di ceppi, e quando ci metteremo a guardare con gli occhi sbarrati la pallida fiamma divorante una pecora scannata, in maniera forse più stupida di quanto lo sia la stessa pecora scannata?

23. In verità, tali concetti estremamente sciocchi della Divinità, di Cui testimoniano innumerevoli stelle e soli che ardono come un eterno sacrificio, fanno un pessimo onore allo spirito umano!

24. Dì, adesso, Setlahem, se hai anche una sola briciola di sano intelletto, se le cose stanno o no così, e se non trovi anche tu che debbano necessariamente essere così, purché tu non sia stato eventualmente ammaestrato in modo diverso da un qualche sapiente striato dei boschi! Poiché quanto può fare un tale argomento che d’un colpo si mangia un toro intero, lo comprendiamo tutti!

25. Parla, parla dunque, se vuoi e puoi parlare! Oppure non hai ancora digerito a sufficienza le montagne azzurre lontane? O forse non ti riesce di spalancare abbastanza la bocca?

26. Vedi, noi non abbiamo orecchi tali da richiedere prima il solletico di un ruggito di tigre per poter poi intendere la tua nuova e raffinata sapienza alla maniera di Enoch, bensì ai nostri orecchi umani è sufficiente ancora una comune voce umana. Apri dunque la tua bocca sapiente di buon animo! Amen!»

27. Come rimanesse il povero Setlahem a queste pungenti parole, non sarà difficile immaginare, e se oltre a ciò si pensa che egli, dandosi un po’ delle arie, aveva voluto approfittare dell’occasione per poter emergere in qualche modo, ma d’altro canto egli era tanto compenetrato dalle parole dello straniero e pure da quelle di Enoch, che egli volse il suo sguardo continuamente a terra, per vedere se il terreno non cominciasse già in qualche modo ad aprirsi per inghiottire dei bestemmiatori così accaniti.

28. Così egli non fu in grado di far giungere alle labbra nemmeno una parola, e voltata d’un tratto la schiena a loro, di nuovo si affrettò a far ritorno ad Enoch e allo straniero, enormemente avvilito ed umiliato.

 

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Cap. 174

Un vangelo per gli offesi

16 dicembre 1841

1. E quando Setlahem si trovò nuovamente presso l’altare in mezzo ad Abedam, a Enoch, a Jared e ad Abedam, il conosciuto, trasse un profondo sospiro, ed era in procinto di sfogarsi a dovere con una motivata accusa per le offese fattegli da parte dei sette.

2. Ma l’Alto Abedam lo prevenne, e gli disse, come rivolgendogli una domanda: «Setlahem, dove mai sono i sette?

3. Io non vedo che te solo. Come hai potuto lasciare che rimanesse in tale forma incompiuto il servizio che ti eri proposto di rendere?

4. Ed invece di condurre qui i sette, ritorni ora completamente solo, e per di più ancora con cuore offeso e colmo di amari lamenti?

5. Cosa devo fare adesso con te? Tuttavia ti dico che se vuoi vendicarti dei tuoi sette fratelli, scrivi subito la loro colpa nella sabbia! E se qualcuno in cuor suo ti vuole male, benedicilo come fosse il tuo figlio primogenito; così tu sarai un vero figlio immortale dell’eterno Amore, sarai colmato di grazia e di amore e di ogni sapienza che proviene dall’amore!

6. Vedi, a che ti può giovare uno spirito pensante, se tu sei privo dell’amore? Io ti dico che tu andrai eternamente brancolando nel buio! Perché se tu volessi, anche per mille anni di seguito, guardare intensamente quella lontana montagna e volessi aguzzare su di essa il tuo pensiero tanto da poterne scavare un buco nella pietra, dimMi, contribuirà tutto ciò a rivelarti più chiaramente come è costituito il lontano azzurro?

7. Io penso invece che questo non sarà affatto il caso! Ma se tu, lasciando da parte gli intensi e freddi pensieri, farai sì che il tuo cuore si accenda per l’azzurro lontano, allora, non ti disporrai forse ad incamminarti immediatamente e, scegliendo subito alcuni compagni di pari sentimento, non intraprenderai senza indugio un viaggio per visitare la lontana regione a te sconosciuta? E quando tu sarai arrivato là, la troverai forse così come le centinaia di migliaia di tuoi ciechi pensieri te l’avevano prima falsamente raffigurata?

8. Là ogni sguardo, per quanto vuoto di pensieri, non ti rivelerà forse più che non qui, un numero senza fine dei cosiddetti acutissimi pensieri anche in mille anni?

9. Vedi dunque quale immenso vantaggio l’amore abbia sulla sapienza del pensiero?

10. Chi ha l’amore – vale a dire il puro amore per Dio, il Padre di tutti gli uomini e il Creatore di tutte le cose, e fuori da questo amore anche il vero amore verso tutti i suoi fratelli e in pura e giusta misura altresì verso le proprie sorelle – costui ha tutto; ha cioè la vita eterna e ogni evidente, chiara e santa sapienza, e non la tenebrosa scienza intellettuale del mondo, la quale, ad altro non serve che a maturare, a poco a poco, l’uomo vivente per la morte eterna, e infine addirittura ad ucciderlo!

11. Ma se, appunto, tu vuoi giungere alla vera e vivente sapienza mediante l’amore, in verità, bisogna che prima il tuo cuore elimini da sé ogni rancore verso i tuoi fratelli, e con questo anche tutta la sapienza dei tuoi pensieri intellettuali! Se ciò non avverrà, tu, così, continuerai sempre a brancolare nel buio, così da non essere nemmeno capace di distinguere chi tu abbia dinanzi a te, se un uomo, oppure un Dio eterno ed onnipotente, cosa che, ora, è decisamente il tuo caso.

12. Dunque, prendi innanzitutto consiglio nel tuo cuore! Perdona ai tuoi fratelli, anche se essi hanno agito con perfidia verso di te, così anch’Io perdonerò la tua stoltezza e ti guarirò per la vita eterna!

13. Ma se ti irrita che i tuoi fratelli pensino e parlino diversamente da te, – perché non consideri nello stesso tempo che i tuoi diversi pensieri amareggiano là sette cuori, mentre tutti e sette assieme hanno a che fare con te solo?

14.

Vedi: un colpo qui e un colpo là,

quando ci sarà un guadagno?

Ma se avete un senso,

dov’è l’amore in ciò?

allora avete già il guadagno.

Anche se di vero non vi è molto,

Io vi sono ancora più vicino,

se però son più vicino,

non è allora un guadagno?

15. Dunque, adesso ritorna dai tuoi fratelli! Chiedi loro perdono e guadagnane i cuori; così sarà più facile indurli a seguirti qui e riacquistarli alla vita vera ed eterna!

16. Mai guadagnerai l’ostinato con l’ostinazione, nemmeno se fosse il tuo proprio figlio! Poiché tu stesso nella tua sapienza dici ed hai sperimentato che due forze della stessa specie non possono mai unificarsi, bensì che l’una si volge sempre contro l’altra e cerca d’annientarla; perciò anche tra due pietre, l’una non può prendere nello stesso tempo il posto dell’altra.

17. Non vedi, dunque, che questo è proprio ciò che tu stesso vai insegnando? Ed Io aggiungo ancora a tutto questo, che l’insegnamento è giusto e perfettamente vero.

18. Non hai mai osservato, quando la pietra debole cede alla più forte? Chi è che segue l’altro, e che poi diventa la guida dell’altro ed infine il fondamento dell’altro?

19. In verità, certo non il più forte che ha smosso il più debole dal suo posto, bensì il più debole che ha ceduto al più forte! Vedi, anche questa è sapienza!

20. Perciò ora va dai tuoi fratelli e fa lo stesso; così tu pure diverrai la loro guida e loro maestro secondo il migliore impulso del tuo cuore! Amen!»

 

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Cap. 175

Setlahem e i sette mormoratori

 

1. E qui Setlahem accennò a voler fare una nuova domanda; ma anche questa volta Abedam lo prevenne e gli disse:

2. «Setlahem, tu non sei ancora puro, poiché una grave domanda, generata dal dubbio, opprime il tuo cuore e ti rende cieco, per questo non vuoi e non puoi comprendere le Mie parole!

3. Che importa se ciò che i tuoi fratelli hanno in mente sia vero o falso? Perché nemmeno tu hai niente ancora con cui poter garantire la genuinità del tesoro della tua sapienza!

4. Ma cosa è meglio: – combattere il falso con dell’altro falso, oppure riconoscere in sé il nullo valore del proprio falso e poi non opporsi al falso del fratello in nome della concordia e dell’amore, ottenendo con ciò che, poi, il fratello che ora ti ama, ti seguirà volentieri se otterrai una vera luce, dato che egli ti ama?

5. Ma se tu, come fratello, opponi ostinatamente il tuo proprio falso al falso dell’altro, egli si arrabbierà; e vorrà egli seguirti, quando per te si è fatta una vera luce?

6. Vedi, l’amore è il principio di ogni sapienza; l’umiltà però è una leva possente tanto dell’amore quanto della sapienza! Se tu sei umile, in verità, nessuno vorrà bisticciare con te, perché là dove il battagliero non trova opposizione, egli stesso mette ben presto da parte la sua clava, e quello che tu hai in te, nessuno mai te lo contesterà! E così l’umiltà è la massima protettrice di ogni sapienza, e inoltre, anche la migliore scuola per ogni sapienza, il cui seme è l’amore.

7. L’orgoglio, invece, è sotto ogni aspetto l’opposto più assoluto e più diretto, come già da tempo la tua esperienza ti ha insegnato abbondantemente.

8. Va dunque e prima riconciliati con i tuoi fratelli, e poi, subito dopo, conducili qui da Me; ed infine vedremo anche da quale parte il falso risulterà più grave! Comprendilo bene! Amen!».

9. Allora, dopo queste parole una gran luce cominciò a farsi in Setlahem, per la qual cosa egli non si azzardò neppure a fare altre domande, bensì s’inchinò fino a terra dinanzi al forestiero ed immediatamente poi si diresse verso i sette fratelli.

10. Quando fu giunto presso di loro, era estremamente agitato. Egli avrebbe voluto volentieri incominciare subito a parlare; solo che non era assolutamente in grado di farlo. Perché il quasi riconoscimento di Colui che tali insegnamenti gli aveva impartito, lo aveva tanto preso che egli ebbe un bel da fare per ridonare un po’ di scioltezza alla propria lingua.

11. E come i sette videro che egli se ne stava là senza poter aprire bocca, cominciarono ad essere impensieriti per lui, perché, del resto, egli era molto stimato da tutti per la sua sapienza. Soltanto bisognava che egli evitasse di presentarsi con delle novità, e nei loro riguardi egli doveva invece attenersi rigorosamente a ciò che era vecchio, e in questo caso egli avrebbe potuto profetizzare quanto gli fosse piaciuto, potendo contare di avere in loro i più attenti uditori. Ma non appena egli avesse voluto venir fuori con delle novità, i loro orecchi si sarebbero senz’altro distolti dalla sua bocca, oppure, infine, lo avrebbero addirittura invitato a tacere qualora non avesse avuto niente di meglio da offrire loro.

12. Tuttavia questa volta, che era anche la prima, visto il suo lungo silenzio, essi gli permisero di offrire loro anche qualcosa di nuovo se proprio non voleva più occuparsi delle venerabili antichità; anzi, il pungente oratore gli confessò che gli rincresceva di averlo investito con tanta asprezza.

13. E Setlahem si sentì alleggerire il cuore. I suoi polmoni incominciarono a respirare più liberamente e, sentendosi ormai di nuovo atto a parlare, così disse loro:

14. «Cari fratelli, basta che mi lasciate parlare questa volta soltanto! Io non intendo imporvi nulla, e ciascuno, pur ascoltando le mie parole, può restare dell’opinione che più gli aggrada; però questa volta devo anche pregarvi di aver pazienza e di ascoltarmi dal principio alla fine. Quando mi avrete inteso, potrete sempre farvi quel giudizio che vorrete! Ascoltatemi dunque.

15. È ben vero che noi praticamente ci sentiamo attaccati all’antico perché è antico, ma non ci rendiamo conto che, in fondo, non c’è niente di antico. Certamente, se noi consideriamo una cosa come essa esiste accanto a noi e l’abbiamo vista invecchiare, allora senza alcun dubbio possiamo dire: “La cosa è antica perché è invecchiata con noi!”

16. Però, anche giudicando in questa maniera noi cadiamo in un grave errore. Se infatti realmente noi fossimo vecchi, allora il nostro aspetto dovrebbe certo essere ancora quello che avevamo cinquecento anni fa!

17. Invece da quell’epoca ad oggi come è cambiata la nostra figura! E allora, come si può chiamare antico quello che non ha conservato in sé alcuna traccia di ciò che veramente costituiva l’antico?

18. Certo, sotto ogni rapporto noi siamo completamente cambiati! Dove sono i nostri capelli? Dov’è la maggior parte dei nostri denti? Quante volte non si è già rinnovata la nostra epidermide? Ovvero, io vorrei domandare: “Dov’è andato a finire il nostro corpo vigoroso e gagliardo?

19. Dove sono ormai gli alberi dei quali noi mangiavamo la frutta quando eravamo ragazzi? Dove, le pecore e le capre, e le mucche che ci hanno provvisto di latte durante la nostra fanciullezza?”

20. Noi ora mangiamo la frutta di alberi del tutto nuovi, e beviamo il latte di animali nuovi, e per noi così sta bene, avendo l’Ordine di Dio disposto così.

21. Poniamoci ora davanti a una sorgente; chi di noi tutti potrà mai sostenere che ciascuna delle gocce che da essa sgorgano non è una goccia nuova o almeno rinnovata? Eppure noi tutti gustiamo immensamente tale continuo rinnovamento!

22. Qualcuno di noi ha mai scoperto una vecchia goccia di pioggia?

23. E quando viene la pioggia, la quale è sempre rinnovata, noi ne siamo lieti per il beneficio offerto ai nostri campi!

24. Noi preferiamo il grano nuovo a quello vecchio già stantìo. Noi abbiamo brama di frutta nuova. Le persone più nuove, e perciò più giovani, d’ambo i sessi, ci sono state sempre più gradite che non le vecchie.

25. Chi è che non gioisce più del Sole nascente che del Sole al tramonto, perché già vecchio di un giorno, pure essendo sempre lo stesso? E a chi non riesce più gradita la nuova primavera del vecchio e freddo inverno?

26. Vedete, miei cari fratelli: – dato dunque che in tutto ciò che noi possiamo guardare ci attrae di più il nuovo, o almeno il ringiovanito, che anche ci giova di più dell’antico e già da lungo passato, e poiché in noi tutti c’è innegabilmente la brama ardente del nuovo, e considerato per di più che il Signore Jehova Zebaot, ovvero Dio, l’eterno e continuo Creatore, va sempre rinnovando continuamente tutto dinanzi ai nostri occhi, come possiamo noi mormorare ingiustamente se al sacrificio del Sabato, e secondo la volontà di Jehova Zebaot, venisse apportato qualche piccolo cambiamento?

27. Ma io con ciò non voglio affatto schierarmi troppo contro la vostra opinione, bensì la mia intenzione è soltanto quella di tranquillizzarvi, perché voi pure potete avere delle idee lodevolissime, anche essendo queste di specie opposta, cosa della quale non potrei mai dubitare, dato che già spesso mi avete fornito la prova di quanto acuto sia il vostro spirito nell’emettere più d’un giudizio!

28. Ora però, a conclusione, devo aggiungere ancora una preghiera: – cioè, che voi vogliate venire con me ancora una volta là, presso l’altare, e che mi aiutiate a scrutare profondamente quello Straniero che vi aspetta, nonché a riconoscere chi Egli è. Poiché vedete, il Suo discorso è tanto poderoso e nello stesso tempo tanto penetrante, che io sono quasi sul punto di considerarlo come Jehova stesso!

29. Io vedo che questa mia asserzione pare voglia costringervi a ridere, solo che io vi esorto a non ridere prima del tempo, bensì esaminate anzitutto la cosa di cui vorreste ridere, e così infine certamente vi sarà resa più evidente ancora la bontà della mia vecchia massima, secondo la quale “ride bene chi ride ultimo!”

30. Che cosa potreste pensare di un uomo che vi potesse rinfacciare i vostri pensieri più nascosti e potesse parlare di cose divine, così come se lo facesse da se stesso?

31. Quante volte non avete voi dimostrato ai vostri figli e a tutti i vostri discendenti, con assoluta precisione, come i pensieri più intimi dell’uomo li conosce soltanto Dio, mentre ad un semplice uomo tale cosa è assolutamente impossibile!

32. Su questo punto io non vi ho mai contraddetti, perché vidi sempre che il vostro ragionamento era perfettamente giusto.

33. Ma ora venite con me e persuadetevi! E se voi non lo troverete così come ve l’ho descritto, potrete deridermi a vostro piacere dinanzi a tutto il popolo, e non me ne avrò a male!

34. Dunque, se volete, andiamo subito! Amen!»

35. I sette allora si guardarono meravigliati l’un l’altro, e non sapevano cosa pensare di quanto avevano inteso.

36. Ma l’oratore mordace di prima fece osservare agli altri, e disse: «Ebbene? Setlahem ci ha già molto spesso introdotto a cose di vario genere! Fra queste ne trovammo parecchie di molto sciocche, ma d’altro canto spesso anche di molto savie! Tuttavia, dato che ormai siamo abituati a questo suo modo di fare, possiamo concedergli anche questa volta il piacere che chiede!

37. Però, Setlahem, se ti capita di doverci far vedere ancora qualche stupidaggine, stai fresco! Ti faccio fare poi una bella figura!»

38. E Setlahem gli rispose: «Fratello Chisehel, vedi, tutto questo non c’entra nella questione; io credo invece che tu diverrai nella fede più grande ancora di me e di tutti gli altri!

39. Andiamo dunque senza attendere nient’altro! Amen!»

 

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Cap. 176

Temerarietà ed umiliazione del mordace Chisehel

20 dicembre 1841

1. Così i sette se ne andarono e, naturalmente, giunsero ben presto vicino all’altare. Una volta arrivati, l’intrepido Chisehel si fece innanzi e si mise a squadrare l’Alto Abedam dal capo alle piante dei piedi e, osservandolo minuziosamente, non rilevò in lui nulla di particolarmente notevole all’infuori dell’espressione seria e in pari tempo amichevole del suo viso; per la qual cosa egli trovò subito il coraggio sufficiente per cimentarsi con colui che gli era ancora estraneo, in una conversazione che per lui avrebbe rivestito il carattere di un’inchiesta, e che egli iniziò così:

2. «Caro straniero, vedi, noi amiamo il nostro fratello Setlahem poiché in lui c’è molta sapienza, e già molto spesso egli ha giovato a noi tutti con la sua bontà di cuore. Ad eccezione di qualche sua concezione troppo sottile, la sua sapienza è stata sempre d’esempio a noi tutti! Solo questa volta, e con rincrescimento di tutti noi, egli sembra in procinto di voler spiccare un salto troppo azzardato, e c’è da temere, data la sua innata credulità che sembra essere un difetto della sua immaginazione troppo vivace, che egli, avendo riscontrato in te un alto grado di sapienza, ciò che io non vorrei né potrei assolutamente mettere in dubbio, da ritenerti Jehova!

3. Vedi, se tu sei veramente savio, devi convenire che questo è davvero un po’ troppo!

4. E se tu, accanto alla tua sapienza di cui non dubito affatto, possiedi anche soltanto un po’ di amore, togli al povero Setlahem, parlandogli, questa follia del suo cuore e del suo intelletto!

5. Poiché, non è forse vero che fra te e Jehova, come ritengo, si potrà fare una distinzione discretamente simile a quella che si dovrebbe fare tra un punto e l’infinità eterna?

6. Dunque, ti rivolgo questa preghiera anche a nome di tutti i miei fratelli, facendo appello a quell’amore fraterno di cui, a giudicare dal tuo aspetto, il tuo cuore non soffrirà affatto la mancanza. Facci dunque il favore di mettere nuovamente a posto la testa e il cuore del nostro fratello Setlahem! Amen!»

7. E l’Alto Abedam allora, rispondendo a Chisehel, così si espresse: «Chisehel, Io ho scrutato accuratamente il tuo cuore, ed ho trovato che questo è soltanto per metà occupato dall’amore fraterno, mentre l’altra metà è colma di egoistica gioia dell’altrui male!

8. E accanto alla prima metà, per cui le intenzioni per tuo fratello sono buone, c’è l’altra, per la quale ti sei già proposto di conciarlo a dovere con la tua lingua mordace e poi di deriderlo ferocemente qualora la sua asserzione non trovasse conferma!

9. Dato però che tu hai fatto appello al Mio amore fraterno, Io vorrei pure apprendere da te da quale danno dovrei preservarlo in primissimo luogo: – se da quello del suo cuore, o da quello della sua testa!

10. Io, per conto Mio, ci tengo piuttosto a preservare il cuore; tu, invece, sei portato ad optare per la testa! Ma se Io lo devo salvare, vorrei volentieri salvarlo completamente e non soltanto a metà. DimMi dunque tu come si dovrà procedere per venirne a capo!»

11. E Chisehel, dopo non lunga riflessione, così rispose ad Abedam: «O amico, la tua sapienza è davvero assai grande, e supera ogni idea che di essa io avrei potuto formarmi! Tuttavia, che tu, appunto considerata tutta la tua sapienza, possa ancora rivolgere a me una domanda, vedi, questa è una cosa che mi riesce nuova, poiché i saggi della tua specie, dinanzi ai quali neppure i cuori dei fratelli sono più sicuri, non usano più domandare, bensì insegnano soltanto!

12. E perciò per questa volta dovrai accontentarti se ti rimango debitore della risposta!

13. Che cosa potrà accadere quando gli avrai rimesso a posto la testa? Probabilmente il mondo non andrà in rovina, anche se non farò nulla con la mia lieve minaccia che per altro ho espresso senza cattive intenzioni.

14. In essa non c’è senz’altro di più che solo un semplice scherzo!

15. Ma nel mio preambolo io ti ho pure fatto comprendere con sufficiente chiarezza che noi tutti abbiamo caro il fratello Setlahem. Com’è dunque che domandi tale cosa che non fa affatto grande onore alla tua sapienza, la quale, addirittura, scruta e legge i cuori? O il saggio non è forse tenuto a rimanere coerente?

16. Ora, una sapienza che mostra delle lacune è ancora lontana dalla vera sapienza coerente!

17. Dunque, prima rimedia a questa deficienza, e poi avrai da me risposta!

18. (Volgendosi poi a Setlahem) «O fratello Setlahem, vedi, qui ci manca molto ancora perché faccia capolino Jehova! Io spero che ben presto ci chiariremo le idee!»

19. L’Alto Abedam guardò Chisehel seriamente, e gli disse: «Davvero, se continui così, bisognerà che Jehova venga a scuola da te per apprendere una sapienza senza difetti!

20. Ma affinché tu veda – e a causa di ciò tu per parecchio tempo muoia in spirito – che la sapienza di Jehova non ha affatto lacune, guarda ora verso il Mattino! Vedi là perfettamente il grande cumulo di pietre disperse che questa notte tempestosa ha preparato per te con la distruzione della grotta di Adamo, affinché ti sia da testimonianza della sapienza di Jehova priva di lacune?

21. Comprendi tale sapienza? Puoi tu, coerente alla tua sapienza, ricostruire questa grotta precisamente così com’era prima fino al minimo dettaglio?

22. Vedi, tu neghi una simile possibilità da parte tua, e in cuor tuo Mi chiedi se sarei Io capace di compiere un simile prodigio!

23. Però anch’io Ti resto debitore della risposta, e alla grotta dico semplicemente: “Risorgi!”

24. Vedi, ora la grotta è già perfettamente ricostruita!

25. Ma qualora la tua fede fosse troppo debole, se vuoi, puoi recarti là per convincerti con tutti i tuoi sensi che effettivamente la grotta si trova ora perfettamente, di dentro e di fuori, nel suo stato iniziale, ossia in quello precedente, e ciò fino al più minuto granello di sabbia!

26. Solo che ora il tuo cuore credente Mi risponde che tale cosa è del tutto inutile, poiché a chi è possibile ricostruire l’esterno, a costui deve essere di certo possibile riedificare anche l’interno con pari facilità!

27. E adesso, considerato che tu confermi questo coerentemente, dimMi dunque quante lacune ancora scorge la tua sapienza nella Mia!»

28. Allora Chisehel assieme agli altri, ad eccezione di Enoch che conosceva benissimo la potenza del Signore e andava lodandoLo e glorificandoLo, rimasero tutti come pietrificati. Un grande spavento li aveva sopraffatti tutti e nessuno si azzardò a proferire neanche una parola.

29. E Abedam di nuovo rivolse la parola a Chisehel e gli domandò: «Chisehel, perché Mi resti adesso debitore della risposta?

30. Vedi, Io ti ho nuovamente interrogato, e ti ho forse svelato qualche nuovo difetto della Mia Sapienza! Ma se Io Mi offro di venire a scuola da te, perché ora taci e non Mi dichiari quali sono le lacune che riscontri in Me?»

31. Chisehel, allora, cadde con la faccia a terra dinanzi ad Abedam, ed esclamò piangendo: «O Signore del Cielo e della Terra, non colpire troppo duramente il verme che giace nella polvere al Tuo cospetto! Io ora riconosco la mia colpa eterna dinanzi a Te. Ma Tu, che con tanta facilità hai potuto riedificare la grotta di Adamo distrutta, vorrai certo avere misericordia, un giorno, anche del verme nella polvere, e la Tua ira non si accenda troppo veemente contro la mia cecità che ha misconosciuto il Sole! La Tua eterna e santa Volontà sia fatta! Amen!»

32. E Abedam disse loro: «Rialzatevi e ritornate al vostro posto di prima, e cercate di riconoscerMi nel vostro cuore, poiché questo riconoscimento è per voi un giudizio di morte! Quando Mi avrete riconosciuto nell’amore dei vostri cuori, allora soltanto tale riconoscimento di Me sarà per voi elemento di vita!

33. Ma quando i vostri cuori chiameranno il Mio Nome, allora ritornate da Me affinché Io vi faccia poi risorgere completamente dalla terra che, tranne Setlahem, vi ha ora inghiottiti!

34. E ora andate e fate come vi è stato comandato! Tu, però, Setlahem, rimani qui! Amen!»

 

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Cap. 177

La confessione di Chisehel

21 dicembre 1841

1. E quando i sette ebbero inteso tali parole da Abedam, Lo ringraziarono afflitti e rassegnati nel Suo volere, e si recarono poi al loro posto assegnato.

2. Quando poco dopo vi furono arrivati, giunsero da loro le mogli e i figlioli, ossia i loro figli maschi, i quali non erano più dei giovinetti, bensì anch’essi dei vegliardi di alcune centinaia d’anni, e le madri di costoro.

3. E come ebbero osservato che i loro padri, solitamente di umore gioviale, erano afflitti, domandarono loro cosa avessero per rendere manifesta tanta afflizione.

4. E Chisehel rispose loro con le seguenti parole: «Figli, non chiedete perché noi per la prima volta in vita nostra siamo giustamente afflitti, bensì guardate là verso il Mattino, e vedete in quanta maestà ora splende nuovamente la grotta di Adamo! Tuttavia lo sapete tutti, e meravigliati avete dato espressione al dolore per aver dovuto constatare, stamani arrivando qui, che al suo posto non si trovava più che un grande cumulo di sparse rovine!

5. Ora però, che impressione vi fa questo imprevisto avvenimento? Pensateci su in voi stessi!

6. Io vi dico soltanto, che con Enoch si trova Uno presso l’altare! Raccoglietevi nei vostri cuori, anzi, concentratevi in Dio Jehova-Zebaot, e nell’amore dei vostri cuori cercate il Padre! E così preparati, accostatevi con la massima reverenza all’altare, e voi troverete là – ascoltate! – quello che avrete cercato!

7. Ma ora lasciateci nuovamente soli e seguite il mio consiglio; così voi sarete felici, sì, sarete proprio felici, indicibilmente felici!»

8. E tutti i figli e le donne, quando ebbero appreso ciò, fecero ritorno ai loro posti di prima; e per il sentimento di immensa reverenza da cui erano dominati non osarono contemplare la magnificenza di quella grotta raggiante, ma si prostrarono tutti con la faccia a terra e lodarono e glorificarono la grande bontà, la potenza e lo splendore di Dio. E nei loro cuori andò sempre più accrescendosi l’amore per Jehova.

9. Chisehel invece si volse verso i fratelli dicendo: «Fratelli, cosa vi dice il cuore, cosa provate ora?

10. Vedete, potrei quasi scoppiare dall’amore! Una forza prepotente mi attrae là presso l’altare! In verità, se non fossi con tanta presunzione caduto così in basso, non vi sarebbe fuoco capace di trattenermi! Attraverso fiamme divampanti fino al cielo io vorrei correre a Lui, sì a Lui, a Lui!

11. Ma la mia colpa, la mia grandissima colpa dinanzi a Lui, il santissimo, paralizza i miei piedi! La mia anima trema, e qui, dove io sto, la terra vacilla; ed io non posso ancora andarmene da Lui!

12. Colui che ora io amo sopra ogni cosa, Colui stesso che io ora pure temo sopra ogni cosa! Ma io non temo già la Sua potenza infinita che può distruggermi per l’eternità, né temo la Sua ira che può annientarmi per l’eternità, e neppure il Suo furore che può maledirmi ed uccidermi per l’eternità. No, io temo di amarLo con troppo poco fervore!

13. Oh, perché non sono tutto amore? Perché non sono amore le mie ossa? Perché non lo è tutto il mio corpo?

14. Certo, fratelli, prima è bene che le fiamme del cuore compenetrino tutte le mie ossa, e nell’amore consumino tutto il mio corpo, dato che prima che ciò avvenga io non posso avvicinarmi a Lui e neppure tutti lo potete! Il giusto è puro, poiché non conosce il peccato, avendolo egli fuggito già dal seno materno. Invece noi sguazzammo tanto a lungo nel peccato che il peccato stesso ci apparve, infine, come fosse un diritto assoluto acquisito di fronte a Dio!

15. Ma con ciò il peccato ci ha anche completamente induriti e inariditi, in modo tale che noi, ora, non siamo capaci di trasformarci del tutto in amore; e tuttavia tale cosa deve pur avvenire, e precisamente come un rinnovamento che procede dal cuore!

16. La fiamma dell’amore deve diventare nel nostro cuore tanto ardente, fino a consumare il nostro corpo peccaminoso, e dalle ceneri del corpo consumato sorgerà un nuovo corpo perfettamente capace di amare, e quindi noi potremo avvicinarci a Lui solo dopo che saremo rivestiti di questo corpo!

17. Sì, fratelli, prima che ciò avvenga, io non sento di poterGli stare accanto; perché di tutti i peccati ora io ritengo che il peggiore sia quello di amare troppo poco Lui, il santissimo ed amorosissimo Padre, l’eterno ed infinito Dio, e di avvicinarsi a Lui con un amore tanto imperfetto.

18. O fratelli miei, comprendetelo bene, poiché voi pure avete con me percepito cosa significhi avvicinarsi a Lui essendo indegni di ciò!

19. Oh, ma perciò ponderate bene queste parole! In verità, le eternità non giungeranno mai a cancellare dal mio spirito questa tremenda impressione di essermi trovato peccatore al cospetto di Dio!

20. O fratelli, riflettete su tutto ciò! E tu pure, Terra, considera queste cose, poiché è Dio che ora tu porti!

21. La mia fiacca lingua balbetta, trema la Terra e tuonano i soli, non comprendendo mai interamente Dio! È un Dio, un Padre santo, Colui che voi glorificate!

22. O Terra, come sei santa ora che il tuo onnipotente Creatore posa su di te il Suo piede!

23. E non meno santo sei tu, bello splendore del Sole! O Sole, pensa, pensa con la mia nullità a Chi è che oggi concede che su di Lui si riversino i tuoi raggi!

24. O Padre, Padre santo! Tu venisti a noi, non siamo Tuoi figli, come troppo spesso ci chiamammo profanando un tal nome, ma venisti a noi che siamo peccatori indegni!

25. Chi potrà mai comprendere la Tua infinita Misericordia e chi l’immensità del Tuo Amore!

26. Oh, aiutatemi voi a lodare e glorificare Colui che è venuto a noi che siamo peccatori, voi tutti fratelli miei, e voi tutti, figli miei, e tu, Terra, e tu, Sole, e tu pure, intero corpo mio indurito nel peccato! Venite in mio aiuto nel tributare lode a Lui, voi creature tutte, e voi tutti, angeli, poiché Egli solo è buono, Egli solo è santo ed Egli solo è colmo di supremo Amore, di potenza e di forza!

27. A Lui solo spetta ogni onore, ogni gloria e tutto il nostro amore, ora e in eterno! Amen!»

28. E dopo queste parole egli ammutolì e si prostrò piangente a terra, e tutti i suoi fratelli lo imitarono.

29. Ma Abedam disse ad Enoch: «Vedi, come egli Mi ha trovato, non Mi ha trovato ancora mai nessuno! Egli nella sua cecità ha bensì peccato, ma quando giunse a riconoscerMi, è diventato più grande di tutti coloro che sono qui! Giacché, vedi, egli si ritiene il inimassimo e il più indegno! Andiamo dunque da lui e dai suoi fratelli, ed aiutiamoli a risollevarsi! In verità, Chisehel oggi Mi ha acceso il più sublime olocausto, perché egli ha offerto tutto se stesso alla consunzione tra le fiamme del proprio amore, avendo voluto, egli, diventare tutto amore! Ed Io vi dico che effettivamente egli è diventato proprio tale!

30. Andiamo dunque, e rialziamolo! Quello che là ora vedrete ed udrete, non si è mai ancora presentato a nessuna mente. Dunque andiamo! Amen!»

 

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Cap. 178

Preghiera di pentimento di Chisehel

22 dicembre 1841

1. E così essi si portarono là dove i sette giacevano prosternati sulle loro facce. E quando in breve furono arrivati lì, obbedendo al Volere di Abedam, si arrestarono per un pò rimanendo in ascolto di quanto Chisehel, giacente a terra e in preghiera, andava dicendo come rivolgendosi a se stesso. E le sue parole erano queste:

2. «O me, miserrimo e abbiettissimo peccatore! Che cosa ho fatto? Al cospetto di Dio mi sono vantato della mia stoltezza infinitamente grande, che io apprezzavo come coerente sapienza, e addirittura adoravo in me stesso!

3. La Sua Misericordia mi ha mostrato solo una piccola scintilla della Sua Sapienza infinita, la quale un giorno ordinò Cielo e Terra, dando in tal modo un’esistenza così meravigliosa perfino a me, miserabilissimo verme colmo di ingratitudine e di disobbedienza, ed io già mi trovo qui impotente nella polvere!

4. Ma cosa sarebbe accaduto di me, se Egli mi avesse mostrato qualcosa di più di una piccola scintilla della Sua eterna, infinita ed imperscrutabile Sapienza?

5. Oh, come sarei allora rimasto d’improvviso annientato del tutto, come se non fosse esistito mai nulla di me!

6. Ma la Sua incommensurabile Bontà, il Suo infinito Amore e la Sua Misericordia illuminata hanno risparmiato la mia incredibile audacia. Anziché punirmi all’istante, in maniera anche troppo adeguata con l’annientamento eterno che io durante tutta la mia vita ho meritato cento volte per ciascun momento della mia indegnissima esistenza, Egli ha perdonato la mia indicibile colpa e mi ha mandato qui affinché io Lo cerchi e Lo riconosca in me, per poi fare ritorno a Lui!

7. Ritornare da Lui, io, il più indegno e grande peccatore? O Terra, apriti piuttosto e inghiottimi del tutto! Perché, quantunque io senta che il mio essere è diventato tutto amore per Lui e a Lui, possono le eternità cancellare la mia empietà come se io non avessi mai peccato dinanzi a Lui?

8. O Tu, Padre santo di migliori figli! No, no, questo non può, questo non deve accadere, poiché Tu, o buon Padre, sei santo, santissimo! Oh, come potrei io peccare ancora una volta e più gravemente ancora al Tuo cospetto?

9. È abbastanza; sì, sarà in eterno abbastanza che io abbia peccato una sola volta dinanzi a Te, quando io ero cieco ed incapace di riconoscerTi! Ma quale nome meriterebbe un mio secondo peccato, se io, da verme nella polvere che sono al Tuo cospetto, o Padre santo, avendoTi ora riconosciuto, mi presentassi con la consapevolezza di essere peccatore dinanzi al Tuo santo volto?

10. Oh, quale terribile pensiero! Io, peccatore, davanti a Dio – no, no – o Padre santo, Tu sei troppo ultra buono e non vorrai punire così duramente me, misero peccatore!?

11. Certo, avrei meritato la punizione più dura, solo che se d’altra parte rifletto nuovamente su quanto inesprimibilmente io adesso Lo ami, tanto che mi sembra di percepire amore in ogni mio capello come se dentro vi fossero mille cuori ardenti dell’incendio d’amore, allora questo annullerebbe la punizione da me meritata, perché io con ciò vorrei solo seguire l’impulso infinitamente possente del mio cuore! Perciò io voglio rimanere qui a piangere sulla mia immensa stoltezza! E se anche, a quanto ne so io, non ho mai giovato alla Terra, possano almeno le mie lacrime irrorarne il suolo! Chissà che una qualche piccola radice d’erba assetata non possa rinvigorirsene; ma potrebbe anche trovare la morte congiungendosi alla dura lacrima di un gran peccatore!?

12. Si, certo, nobile, piccola radice: la mia lacrima del pentimento, che il peccato ha reso rovente, non ha in sé alcuna benedizione, perché essa sgorga dal mare della mia empietà dove essa potrebbe purtroppo soffocarti e ucciderti! E così io voglio far scorrere le mie lacrime sulla sabbia, sulla sabbia arida e ardente, e non mi alzerò prima che i miei occhi non abbiano più lacrime da versare, o che Dio e Padre, giusto e santo, non mi invii un Suo messo, che mi porti una ben meritata sentenza di condanna!

13. Si, nella punizione di un eterno esilio io mi troverò meglio, e nel più estremo angolo della Terra sarò più contento che non qui in questo luogo santo, dove io mi sento indegno di rimanere!

14. O tranquilla solitudine, dove sei tu, affinché ti trovi, e in te, senza che nessun testimone osservi né si affligga per la mia grande miseria, muoia per il mio peccato; sì, che io muoia del tutto e per l’eternità!

15. Oh, certo, solo ora ho trovato la giusta soluzione; dinanzi a Dio non vi può essere altra espiazione del mio peccato se non la morte soltanto, il cessare per sempre di esistere! Poiché quando l’autore del peccato non esiste più, con lui rimane annientato anche il peccato. E così per colui che più non è, tutto è finito anche con lui!

16. Ma se dinanzi a Dio un annientamento non fosse possibile, cosa accadrebbe poi? Può mai Dio dimenticare qualcosa?

17. E quello che nella indistruttibile, eterna ricordanza di Dio continua ad esistere, può questo mai trapassare?

18. E cosa siamo noi, se non delle libere raffigurazioni emergenti fuori dal ricordo perpetuo di Dio, dinanzi al Dio stesso?

19. Ora chi mai potrà sottrarre se stesso a questo eternamente possente ricordo di Dio?

20. O mio Dio, Padre grande e santo! Solo ora vedo come tutti gli uomini sono nulla dinanzi a Te; Tu solo sei il Tutto nel tutto!

21. E così pure ora io scorgo che noi tutti, uomini, peccatori e giusti, nulla possiamo dinanzi a Te; il Tutto nel tutto sei solo Tu!

22. Per chi è giusto al Tuo cospetto, o Padre santo, qual è il suo merito? Nessuno, dato che tutto non è altro che la Tua immensa Misericordia!

23. Chi dinanzi a Te è peccatore, che cosa è egli? Un nulla miserevole al Tuo cospetto, poiché egli voleva essere qualcosa senza aver prima pensato che non è nulla di fronte a Te!

24. Qual è dunque la differenza tra un peccatore ed un giusto? Sì, ora io scorgo ben chiaramente davanti a me che il peccatore è un grande stolto perché, illudendosi, si comporta come fosse di per sé qualcosa dinanzi a Dio; il giusto, invece, riconosce il suo nulla, e riconosce altresì che quanto è in lui altro non è che pura Misericordia di Dio, del Padre santo.

25. Questa è la luce del giusto; la notte del peccatore, però, è la sua grande illusione!

26. O Padre grande e santo, ora vedo, anche con troppa chiarezza, che io non potrò in eterno, mai e in nessun luogo, nascondermi da Te, perché Tu sei il Tutto nel tutto certamente dappertutto. Ma io vedo, inoltre, che pure la Tua Misericordia è infinita! Oh, non essere dunque adirato con me nella Tua Santità, bensì nella Tua infinita Dolcezza paterna, usa Grazia e Misericordia verso di me, cieco peccatore. E quando a Te piacerà, fa che la Tua santa Volontà si compia su di me, lasciando, dove sia possibile, che io rimanga pure un minimissimo fra coloro che vengono tutelati dalla Tua Misericordia! O Padre santo, sia fatta la Tua santa Volontà! Amen!»

27. Poi tacque, e singhiozzando forte sparse a terra le sue lacrime, mentre i suoi fratelli piangevano con lui.

28. Però anche Setlahem e tutti gli altri, compreso Enoch, furono così commossi, che non poterono fare a meno di piangere anche loro, giacché le parole di Chisehel avevano rivelato loro un’insospettata, immensa luce.

29. Perciò Abedam fece loro comprendere che là vi era molto di più di diecimila altari del sacrificio ardenti al massimo grado.

30. Ma Setlahem andava nel frattempo dicendo tra sé nel suo cuore: ‘O povero fratello! Io solo sono la causa della tua grande miseria! Oh, se l’avessi saputo prima, mi sarei lasciato fare a pezzi da te piuttosto che prepararti una situazione simile!

31. O Abedam, Padre sublime e amorosissimo! Abbi pietà di lui!’

32. Ma Abedam allora gli rispose: «Non ti affannare per tuo fratello, ma affannati invece per divenire come il tuo fratello! Poiché, in verità ti dico: “Chi non diverrà come lui, un giorno rimarrà ben piccolo dinanzi a lui nel regno della vita eterna!”

33. Comprendi bene ciò, e non ti curare più di colui che ora è vivente! Amen!»

 

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Cap. 179

Dell’essenza del peccato e del come il peccato si vince

23 dicembre 1841

1. Dopo questa breve ammonizione indirizzata a coloro che si trovavano con Lui, l’Alto Abedam attese ancora un poco, ma poi si avvicinò a Chisehel che giaceva ancora a terra sulla sua faccia, lo toccò e gli disse:

2. «O Chisehel, risorgi a vita eterna; poiché tu veramente l’hai trovata!

3. Io, Abedam Jehova, l’Eterno, Io, il Padre tuo buono e santo, sono venuto Io stesso a te per aiutarti e sollevarti! Alzati dunque senza timore, poiché vedi, Io ho estirpato per l’eternità il tuo peccato, avendoMi tu avvinto con l’amore del tuo cuore come finora non Mi ha avvinto nessuno fra tutti i Miei figli di questa Terra! Risorgi dunque come nessuno è risorto ancora! Risorgi dotato di quella grande sapienza che ti è sgorgata dal tuo amore, e sii pure armato di grande potenza, che ti è venuta dal tuo amore, potenza alla quale saranno soggette perfino tutte le cose che non hanno vita e tutte quelle viventi, ed infine sii rivestito con la vita eterna, poiché veramente tu non assaggerai mai più la morte in eterno, avendo ucciso la tua carne, sotto ogni rapporto, mediante l’amore per Me!

4. Ma chi così muore come tu adesso sei morto nell’amore per Me, e al quale Io poi vengo e lo ridesto, in verità, egli non è ridestato soltanto per questo tempo, bensì è ridestato alla vita per l’eternità!

5. Io però ti dico: «Colui che come te non si acquisterà la vita eterna, dovrà attendere ben lungo tempo nell’aldilà finché non sarà giunto sopra i morti il gran giorno del riscatto!

6. Rialzati, dunque, e rialza pure i tuoi fratelli e tutti i tuoi figli, e poi seguiMi! Amen!»

7. E quando Chisehel ebbe inteso la Voce e le parole del Signore, egli trasse un profondo sospiro e si risollevò, ma era così completamente stordito dall’impressione di immensa e grata gioia, che egli tremava in tutto il suo corpo e non gli era possibile di pronunciare una sola parola.

8. Ma Abedam gli venne del tutto vicino e, toccatolo nuovamente, gli disse:

9. «Io dico a te: “Sii forte e rimani tale, e ogni timore sia da te bandito per l’eternità, e con il timore sia pure bandito ogni peccato, anzi perfino la possibilità di ricadervi! Poiché quello che tu d’ora innanzi farai, lo farai nel Mio Nome e nel Mio Amore. Ma chi, ciò che fa e che dice, lo fa e lo dice nel Mio Nome e nel Mio Amore, come potrebbe pensare ad un peccato?”

10. Ora però Io vi dirò che cos’è il peccato, e come qualcuno può peccare, e come anche possa non peccare mai più.

11. Dunque, è questo il peccato: quando qualcuno percepisce in sé un impulso e ne scorge il vantaggio, e poi asseconda l’impulso stesso e lo afferra con la sua brama, e quindi lo converte in elemento che gli appartiene e infine agisce allo scopo di averne un utile per se stesso. Dall’appropriazione di un simile impulso, che l’egoismo ha seppellito in se stesso, si origina quindi un cattivo spirito, il quale compenetra e ottenebra tutto l’uomo, cosicché questo poi non è più in grado di distinguere il vero dal falso e il bene dal male.

12. Ma se qualcuno percepisce in sé un qualche impulso, e però immediatamente pensa e dice fra sé: “O Signore, io riconosco che Tu mi hai toccato! L’impulso viene da Te, o Padre! La Tua infinita Bontà ha avuto misericordia di me e vuole rafforzare me, indegno, nella vera umiltà e così pure nel vero amore per Te. O Padre, io non sono degno di fare una tale cosa quale Tu me l’hai data a riconoscere mediante l’impulso tentatore! Tua è ogni potenza e Tua ogni forza; Tu solo sei il Signore del Cielo e di tutta la Terra. Lascia dunque che io faccia soltanto quello che mi si addice di fronte a Te, o Padre santo, cioè che io Ti ami soltanto di amore filiale! Ma togli, in grazia, di nuovo via da me, come me l’hai dato, questo superiore impulso all’azione, poiché esso è una Forza divina! Se io, creatura e figlio povero e ancora debole, volessi operare conformemente a questo impulso, sarei un essere che si dovrebbe sentire in questo particolare riguardo pari a Te, perché dovrei agire subito con quella forza che è soltanto Tua e con la quale soltanto a Te spetta di agire! Togli dunque via da me il Tuo Santuario, di cui sono indegno, e lascia che io rimanga unicamente nel filiale amore per Te, o Padre santo!”

13. Vedete, quando troverò tanta umiltà in un uomo, credete voi che Io gli toglierò l’impulso della Mia Forza?

14. Oh, no, Io vi dico! Anzi: benedirò l’impulso in lui e desterò l’uomo a vita eterna con l’impulso stesso! E così poi, appunto con quello stesso mezzo con il quale l’uomo agendo per proprio conto sarebbe potuto diventare un grossolano peccatore, egli, vivente per l’eternità, viene congiunto a Me, e allora potrà esplicare quella stessa attività con energia mille volte maggiore, proveniente da Me, e ciò facendo non potrà mai più peccare, poiché quello che egli fa ora, non proviene più da lui, bensì da Me!

15. Credete voi che il peccatore faccia altra cosa che non sia unicamente la Mia Volontà? Oh, Io vi dico di no, assolutamente! Nessuno può toccare un capello del proprio capo senza la Mia Volontà!

16. Certamente ora voi pensate: “Ma come mai può peccare colui che opera secondo la Tua Volontà?”

17. Io vi ho già dimostrato com’è costituito il peccato, e ora vi aggiungerò ancora un esempio affinché possiate comprendere la cosa più da vicino:

18. “Supponiamo che qualcuno a causa dell’agire di un suo fratello fosse colto da ira terribile tanto che egli, come Caino, si sentisse spinto ad uccidere il proprio fratello; ma egli si ricrede immediatamente e riconosce da dove questo impulso gli è venuto. Però non è ancora sufficiente che egli riconosca una tale cosa, bensì questo riconoscimento del potente impulso estraneo, in umiltà, lo condurrà ben presto all’altro riconoscimento, e cioè che Io soltanto sono il Signore della vita e della morte. In questo riconoscimento, poi, colui che è stato toccato così dalla Mia Forza, si prostrerà dinanzi alla Mia Santità che gli sarà giunta tanto vicino, e di cuore onesto e gratissimo Mi restituirà quello che è Mio.

19. Ma Io, allora, non ritirerò più da lui la Mia Forza che l’avrà afferrato, bensì con questa stessa Forza Io lo benedirò e lo desterò a vita eterna.

20. Poi egli andrà da suo fratello e lo convertirà, vale a dire lo ucciderà per il mondo, con la pienezza della Mia Forza in lui, e lo renderà di nuovo vivente per la vita eterna.

21. Ora, chi potrà sostenere ancora che, così facendo, egli avrà peccato contro suo fratello?

22. Ma chi subito dopo essersi accorto dell’impulso estraneo in sé, volesse agire come di proprio arbitrio, sebbene agisca per mezzo della Mia Forza, non sarebbe egli forse un grande peccatore al pari di Caino, il quale aveva pervertito in sé la Mia Forza diventando malvagio ed arrivando così all’uccisione del proprio fratello?

23. Ma, in un simile modo avverrà inoltre, che ciascun peccatore, se riconosce in tempo la propria stoltezza e poi torna da Me pentito e colmo di amore, sarà come un giusto fin dalla nascita, se operando in tal modo depone nuovamente dinanzi a Me quello che sarà stato illegittimamente depredato e si rivolge a Me in tutta umiltà. Io vi dico in verità che gli saranno perdonati tutti i peccati, anche se il loro numero uguagliasse quello dei granelli di sabbia che sono nel mare! Nulla gli sarà tolto, e diverrà grande a seconda della grandezza del proprio pentimento, della propria umiltà e del proprio amore.

24. Ma guai tanto maggiore all’ostinato!”. Dunque, Chisehel, anche tutto il tuo peccato è stato cancellato, e tu ora sei come se in eterno non avessi mai peccato, poiché hai riconosciuto quello che è Mio in te!

25. Perciò sii forte e seguiMi assieme ai tuoi fratelli, poiché adesso ce ne andremo dai tuoi figli! Amen!»

 

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Cap. 180

Le cinque figlie di Zuriel

28 dicembre 1841

1. E subito essi andarono dai figli di Chisehel, i quali erano anch’essi tuttora prostrati a terra, pervasi da grandissima reverenza, e nei loro cuori pregavano veramente, lodandoMi con grande fervore.

2. E quando furono ben presto giunti là dove erano raccolti i figli, l’Alto Abedam si avvicinò del tutto a loro e disse:

3. «Rialzatevi voi tutti, figli di Chisehel e dei suoi fratelli, assieme alle madri! Poiché Io stesso, dinanzi al quale voi giacete prosternati sulle vostre facce, sono venuto a voi avvolto in spoglie simili alle vostre, e voglio ora che risorgiate alla vita dell’Amore proveniente da Me!

4. In verità, coloro che si alzano quando Io li chiamo, quelli anche risorgeranno alla vita, e non assaporeranno mai la morte, mai in eterno!

5. Ma coloro che non seguiranno la Mia chiamata, quelli continueranno a giacere per molto e molto tempo! Dunque, alzatevi ora, liberi e lieti! Amen!»

6. E allora tutti immediatamente si alzarono e piansero d’immensa gioia, poiché essi riconobbero subito Chi era Colui che aveva detto loro di alzarsi, e Lo lodarono e glorificarono nei loro cuori ardenti d’amore.

7. Ora, tra quei figli erano presenti anche cinque fanciulle, le quali erano delle pronipoti di Chisehel. Esse erano di eccezionale bellezza, e in età dai trenta ai quarant’anni, nessuna era ancora maritata, pur essendo grande il numero degli aspiranti alla loro mano, e questo perché il loro padre, uomo pio, aveva loro sempre insegnato a cercare e ad amare Me soltanto. Così diceva loro spesso che, qualora esse avessero seguito i suoi consigli, sarebbe stato Jehova che le avrebbe congiunte a tempo debito a uomini eletti, con i quali avrebbero avuto una grande gioia, forse addirittura assieme ad alcuni dei figli della linea principale di Adamo.

8. (Giacché per coloro che erano di lontana discendenza, la linea principale significava più che non oggi un principe reale o imperiale).

9. E seguendo tali insegnamenti, le cinque fanciulle si erano trovate ad amare Jehova con intensità sempre maggiore nonostante la loro giovinezza che, per quei tempi primordiali, era ritenuta ancora tenerissima.

10. Ed Io, perciò, di quando in quando avevo fatto percepire con grande intensità il Mio Amore, in modo che esse erano, invisibilmente, proprio innamorate di Me, il loro Jehova, e non potevano assolutamente più rivolgere lontano da Me i loro cuori, e la brama ardente di Me andava aumentando di giorno in giorno e perfino di ora in ora.

11. Però anche tra di loro si amavano teneramente, ed erano quasi inseparabili, in maniera che l’una faceva quello che facevano le altre, e tutte le altre quello che faceva una.

12. Qualunque cosa esse avessero guardato era per loro oggetto di rapimento, poiché in ogni cosa esse riconoscevano un prezioso ricordo dell’unico loro Amato.

13. Particolarmente, però, quando esse trovavano un qualche fiorellino fresco, d’insolito aspetto, appariva loro come cosa certissima che esso era stato destinato a loro da Me! Ma questa era nuovamente una ragione per andare fuori di sé dalla letizia perché allora esse, tutte tremanti di amorosa reverenza, coglievano il fiorellino e si affrettavano dal loro padre, al colmo della gioia, per mostrargli quale bellissima cosa avessero di nuovo ricevuto in dono dal loro santo Innamorato. E questo era poi motivo di grandissima gioia anche per il padre il quale Mi ringraziava sempre dal profondo del cuore per il fatto che Io avevo tutelato le sue dilette figlie contro più d’una impura insidia dovuta alla concupiscenza degli uomini. E dopo aver compiuto il rendimento di grazie, egli Me le sacrificava di nuovo, e con tutto fervore Mi pregava di continuare ad educare i cuori delle sue figlie in grazia e misericordia. Questa preghiera, date le circostanze, non rimaneva di certo inesaudita da parte Mia.

14. E così queste cinque fanciulle erano cresciute unicamente nel Mio Amore, e con ciò si erano fatte sempre più belle, affascinanti e delicate, tanto nello spirito che nel corpo. Sì, la loro bellezza era così grande che tutte le attuali bellezze terrene anche se concentrate in una sola bellezza, non costituirebbero neppure una minima goccia di rugiada in loro confronto, perché a causa del loro grande amore per Me, Io le feci diventare, per quanto è possibile corporalmente, di una bellezza celestiale perfetta, e per questo motivo esse venivano pure da tutti chiamate “Allurahelli”, che significa “le belle figlie dell’amore”.

15. Da quanto precede, ognuno può farsi una piccola idea di quali sentimenti si agitassero nei cuori di queste cinque fanciulle quando scorsero in Abedam il loro Jehova ardentemente amato.

16. Se il loro padre non le avesse trattenute, nel loro fervore Gli si sarebbero precipitate incontro.

17. Abedam però, il quale vedeva certo chiaramente quanto mai il loro amore da così lungo tempo provato, disse allora al padre delle fanciulle:

18. «Ascolta, Zuriel , tu non devi trattenere coloro che vogliono venire a Me! O forse non sono Io Colui che insegnasti esclusivamente ad amare alle tue figlie? Lascia dunque che esse vengano a Me, e non trattenerle!»

19. E il pio Zuriel , colmo di reverenza suprema, condusse le sue figlie da Abedam, s’inginocchiò dinanzi a Lui (poiché l’inginocchiarsi era un suo rispettoso costume quando Mi pregava), e disse:

20. «O Jehova, Padre santissimo di tutti gli uomini e Creatore di tutte le cose, guarda a me in grazia, e intendi il balbettio della mia bocca!

21. Vedi, quelle che già fin dall’infanzia io Ti ho ogni ora sacrificato e i cuori delle quali io ho guidato a Te con la Tua Grazia, ebbene, questi Tuoi doni fatti a me, indegno, io li riporto nuovamente a Te, o Jehova, quale offerta pura, a mio avviso, per quanto più possibile. Ed io Ti ringrazio con il massimo fervore del mio cuore per esserTi degnato di affidare a me, che ne sono del tutto indegno, un così prezioso tesoro!

22. Possa l’offerta che Ti faccio esserTi gradita!

23. O Jehova, sia la Tua Grazia e la Tua Misericordia con me, povero peccatore al Tuo cospetto! O Jehova, che la Tua Volontà sia fatta in eterno! Amen!»

24. E l’Alto Abedam così rispose a Zuriel : «Odi, Zuriel , cieco e muto era il dono quando esso dalla Mia mano venne deposto nel grembo di tua moglie, ed esso in stato impuro e colmo d’immondizia vide la luce del giorno! Tu, secondo il Mio Volere, l’hai purificato con tutta la diligenza del tuo cuore, ed hai coltivato per Me cinque leggiadri alberelli della vita, i quali porteranno ben presto nel Mio giardino i frutti più splendidi; di questo puoi esserne sicuro!

25. La più giovane Io la benedirò per tutta la Terra, e i suoi discendenti vedranno la gran fine di tutte le cose. Per mezzo delle altre però sarà benedetto l’operare spirituale nelle arti, poiché tempi verranno in cui voi avrete bisogno delle arti, e queste saranno una benedizione per coloro che le useranno saggiamente, ma esse costituiranno altresì un giudizio per coloro che le useranno e adopereranno soltanto a proprio egoistico vantaggio.

26. E tu, Zuriel , non assaporerai mai più la morte! Vedi, ora Io ho reso il tuo spirito libero dalla carne, affinché egli sia signore nella propria dimora di carne, e da questa possa uscire e rientrarvi a piacimento; tu però non dovrai abbandonare completamente la tua dimora prima che Io non ti abbia fatto chiamare.

27. Io te lo dico: “Nel regno della Luce d’Amore, tu un giorno possiederai, con tutti i tuoi, la più bella dimora, molto più bella in verità di tutti i cieli visibili, e più grande di questi. Per ora rimani qui presso di Me con i tuoi! Amen!”»

28. Ed Abedam continuò a parlare alle cinque ammiratrici chiedendo loro in certo qual modo: «Allurahelli! Vi piaccio? Siete contente di me? Mi avete immaginato così, quando nel vostro amore avete cercato nei campi i miei segni di riconoscimento?» 

29. E le cinque, arrischiandosi appena di guardare, risposero con voce soave e tremante: «O Tu, che per l’eternità sei l’unico oggetto del nostro amore, Tu certo leggi nei nostri cuori; e noi siamo troppo indegne di questa Tua Grazia!

30. O Jehova, Tu solo, assolutamente solo Tu sei la nostra speranza; Tu solo sei l’Amato dei nostri cuori!

31. Quali meriti mai ci siamo acquistate perché Tu, in tanta grazia, ci hai concesso di amarTi? Soltanto questo noi riconosciamo, in tutta umiltà, come la benedizione suprema!

32. O Jehova, se ci fosse permesso di toccarTi ed almeno di premere la Tua mano sul nostro cuore!»

33. Allora Abedam disse loro di avvicinarsi al Suo corpo, e Si lasciò completamente abbracciare dicendo:

34. «Dopo di Eva voi siete le prime a cui è stato concesso di toccarMi! Ma poiché voi Mi avete già preso, anch’Io vi prenderò con quella Mano che un giorno ha formato il Cielo e la Terra, e vi bacerò per la vita eterna con quella Bocca che un giorno, come ora, ha chiamato all’esistenza tutte le cose!

35. Rimanete dunque voi pure presso di Me, e adesso seguiteMi fin sull’altura del mattino, da Adamo! Amen!»

 

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Cap. 181

Le apprensioni dell’umile Zuriel

29 dicembre 1841

1. E le cinque fanciulle si serrarono strette intorno al loro Amato con tanta forza che Egli in maniera naturale non avrebbe potuto incamminarsi, a meno che non avesse voluto farsi largo a forza oppure trascinare le fanciulle con Sé.

2. Però Zuriel  pensava che tale contegno delle sue figlie avrebbe infine potuto riuscire forse un po’ increscioso per Jehova, e perciò egli, con il massimo rispetto e ancora ginocchioni, chiese ad Abedam:

3. «Le mie figlie forse Ti danno già molestia; devo eventualmente richiamarle, se così a Te piace? Perché certo Tu vorresti ora andare fino sull’altura del mattino, da Adamo, ed esse sono d’impedimento ai Tuoi sacri piedi!»

4. Ma Abedam gli rispose: «Odi, Zuriel , tu pensi di Me nel modo del mondo! Chi mai può essere d’impedimento ai Miei piedi? Qual è la Terra che potrebbe fermarMi e trattenerMi nei Miei passi?

5. Credi tu che se il contegno delle tue figlie fosse a Me increscioso, credi che Io non potrei sbarazzarMi di loro? Tu sei fortemente cieco ancora dall’occhio destro!

6. Guarda qui e osserva: – ciascun granello di sabbia che si attacca ai tuoi piedi Io devo, con la forza del Mio Amore, serrarlo così stretto, di gran lunga più stretto di quanto possano fare le fanciulle con i Miei piedi affinché esista come tale, e tuttavia tu puoi portarlo in giro liberamente, tu pure che non sei altro che un’altra creatura fuori da Me, e che, in aggiunta, Io devo tenere stretto infinite volte più intimamente ancora, affinché tu possa esistere e vivere, e perché tu possa pensare, percepire ed essere chiaramente cosciente di te stesso, e perciò inoltre, non sei da Me trattenuto dal muoverti liberamente!

7. Vedi, la Terra è libera nel suo moto, la Luna e il Sole pure, e non meno libere nel loro moto sono le innumerevoli stelle, le quali tutte non sono altro che altrettanti mondi costituiti in maniera così varia, che per te sarebbe incomprensibile. Mondi come questa Terra e soli come il vostro Sole, e qualcuno incomparabilmente più grande, ma qua e là anche più piccolo e di varia luce!

8. Io devo continuamente e senza fine tenerli tutti saldamente serrati in tutte le loro parti infinitamente svariate, a cominciare dall’atomo fino al massimo dei soli centrali, rispetto alle cui dimensioni fisiche – comprendi bene! – questa terra insieme al Sole, che di per sé è parecchie migliaia di volte più grande della Terra stessa, è nello stesso rapporto di un atomo rispetto alla Terra. E se Io non li tenessi così stretti, in un attimo essi cesserebbero di esistere; e vedi, malgrado ciò, tutto può muoversi liberamente!

9. Comprendi ora la tua cecità? Come mai è potuto venirti in mente che le tue figliolette potessero essere d’impedimento ai Miei piedi?

10. Oh, vedi, ancora molti ve ne sono tra di voi che condividono una così stolta opinione!

11. Che però a Me non rincresca il modo in cui le fanciulle si comportano, ma che anzi sia causa di grande compiacimento per Me, tu lo puoi dedurre senz’altro dal fatto che Io le vedo di tanto buon grado intorno a Me. O non dovrei tollerare accanto a Me chi Mi ama? Ma allora chi mai potrebbe avvicinarMi?

12. Io però dico a voi tutti: “Se una donna non mi abbraccerà e non Mi terrà stretto come queste Mie care figlie, essa non vedrà mai in eterno il Mio volto!”

13. Comprendi tu, Zuriel , il senso di queste parole?»

14. E allora Zuriel  rispose: «O Jehova! Perdona a me, stolto, povero e cieco, questo è quanto ora io posso dirTi; e usa con me pazienza e indulgenza! Oh, io vorrei sparire dinanzi a Te; questa cosa non potrò mai perdonarmela!

15. Quanto più adesso ci penso, tanto più chiara mi si rivela la stoltezza indicibile della mia domanda! O Jehova, salvami Tu, altrimenti l’immensa vergogna per la mia stoltezza mi consumerà al Tuo cospetto! La Tua santa Volontà sia fatta! Amen!»

16. Però Abedam stese la Sua mano verso Zuriel  e gli disse: «Zuriel , Io ti dico: “Sii tranquillo nel tuo cuore, perché il tuo errore ebbe origine dal tuo cieco amore per Me! È stato per questo che anch’Io feci ora splendere ai tuoi occhi una luce, affinché in avvenire tu non debba amare così ciecamente come finora, bensì vedendoci da ambo gli occhi”. Tuttavia ti dico ancora: “Chi non comincerà ad amarMi nella propria cecità e non rivolgerà le proprie cure anzitutto a Me come hai fatto tu, ben difficilmente otterrà mai una luce maggiore dal Mio Amore!”

17. Ma dato che ora sei diventato del tutto vedente, potrai anche convincerti, senza che te ne derivi alcun danno, di quanto poco, ovvero di come nulla affatto siano in grado di intralciare il Mio cammino queste fanciulle che tengono abbracciati i Miei piedi.

18. Guardati un po’ qui intorno, dove siamo attualmente, e tu potrai constatare con ancora maggiore precisione la vanità della tua precedente preoccupazione!

19. Che ne dici di questo luogo? Oppure noi ci troviamo ancora al posto dove Io venni a voi? Però, di quanti eravate ne manca forse qualcuno?»

20. Ma Zuriel  era ammutolito per la meraviglia, perché soltanto allora si accorse che essi si trovavano già perfettamente sull’altura del Mattino, distante quasi mezz’ora di cammino dal punto dove si erano trovati prima, e quindi addirittura presso Adamo stesso.

21. E Abedam chiese subito a Zuriel : «Ascolta, Zuriel , perché sei muto? Non va bene che noi ci troviamo già sul posto per raggiungere il quale avremmo dovuto camminare ancora a lungo e faticosamente?»

22. E Zuriel , raccapezzandosi a mala pena, rispose: «O Jehova, se così va bene? Quello che Tu fai è certo sempre in eterno ben fatto; solamente – no, non comprendo davvero – proprio non è un sogno – siamo veramente qui?

23. Certo, ma come è avvenuto ciò? E con una rapidità talmente incomprensibile che non mi sono nemmeno accorto di aver fatto alcun movimento? Io ero inginocchiato e lo sono ancora!

24. O Jehova, com’è meravigliosa la Tua potenza, e come è santo il Tuo infinito potere! Oh, chi non dovrebbe amarTi sopra ogni cosa avendoTi sia pure tacitamente riconosciuto, Tu che sei il supremo Amore stesso!

25. E certo, di nuovo, sarebbe quanto mai stolto da parte mia se io, o Jehova, Ti domandassi ancora una volta come ciò sia possibile! No, no, io non domando nulla! E che cosa potrebbe mai esserTi impossibile?

26. O Jehova, vedi, io vado parlando come una vecchia in sogno, tanto confusamente che c’è da arrossirne!

27. Abbi pazienza con me, e lascia prima che mi riabbia e mi raccapezzi, perché tutto ciò è troppo in una volta per me che sono impuro al Tuo cospetto!

28. Io Ti ringrazio, Padre santo, santissimo, per tanta infinita Grazia e Misericordia; io non ne sono certamente degno neanche in minimissima parte!

29. Solo Tu, Padre santo, hai degnato tutti noi della Tua Presenza; vada dunque in eterno tutta a Te l’afflizione dei nostri cuori! Amen!»

30. E Abedam gli replicò, e disse: «Zuriel , tu sei preso da tanta meraviglia perché ora ti sei trovato qui d’improvviso assieme a tutti gli altri, eppure Io ti dico che ogni tuo respiro e ogni battito del tuo cuore, anzi, ciascuna cosa che esiste in te, è un prodigio più grande di quello che è avvenuto ora, prodigio che Io feci unicamente perché tu ti convincessi con tanta maggiore chiarezza come sia stata del tutto vana la tua preoccupazione per la libertà dei Miei piedi!

31. Tu però sei giusto e vivente, poiché hai un cuore enormemente sincero; dunque, rimani pure un libero abitante della tua dimora! Amen!»

32. Frattanto anche Adamo si era unito alla comitiva, ed egli lodò e glorificò Abedam per il fatto che Egli dimostrava perfino verso il sesso femminile Grazia e Misericordia in modo così indulgente.

33. E Abedam gli rispose: «Adamo, non è Eva uscita dalla Mia mano? Dunque perché la donna dovrebbe essere da Me, meno amata?

34. Infatti Io ti dico, che quando un giorno edificherò un nuovo Cielo, Io comincerò ad edificarlo in una donna, e non in un uomo!

35. Tuttavia, riguardo a ciò conviene che nessuno Mi rivolga altre domande; prima d’allora avverranno cose ancora più grandi! Amen!».

 

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Cap. 182

Il Signore e Ghemela

30 dicembre 1841

1. Ma le cinque fanciulle, che si tenevano strette all’Alto Abedam, erano così immerse nell’amore dei loro cuori, che esse non avevano osservato niente di quanto era accaduto intorno a loro.

2. E siccome una tale completa dedizione dei loro purissimi cuori era quanto mai gradita ad Abedam, Egli allora le toccò nuovamente, le chiamò con dolcissima voce e rivolse loro le seguenti parole:

3. «Allurahelli, Mie dilette figlie e spose del Mio Amore, ora destatevi anche voi dal vostro puro amore ad una altrettanta pura luce di grazia proveniente da Me, ed osservate un po’ dove vi trovate, poi diteMi qual è la vostra impressione e che cosa ne pensate!»

4. E subito le fanciulle si alzarono e cominciarono timidamente a guardarsi intorno. E soltanto dopo avere osservato a lungo, si accorsero che si trovavano sulla ‘Collina del Mattino’ di Adamo.

5. Ma, allora, anche il loro stupore fu al colmo. Ciascuna avrebbe voluto cominciare a parlare e a domandare una cosa e l’altra all’Alto Abedam; solo che nessuna seppe dare un conveniente inizio alle loro parole. Abedam, però, scorgendo il loro imbarazzo più che naturale, venne immediatamente in loro aiuto e disse alla più giovane:

6. «A te, come pure alle tue quattro sorelle, fa meraviglia di trovarvi già qui, senza saperne come?

7. Basta però che pensiate alla bufera della notte scorsa, che cessò così all’improvviso, e dopo di che, tutto rientrò nell’ordine iniziale ad eccezione del mare, il quale dovette ritirarsi per lasciare dietro a sé un paese fertile di cui voi ben presto avrete bisogno quando il vostro numero si sarà moltiplicato; e ad eccezione dei monti che ardono ancora tutto qui intorno a grande distanza, allo scopo che la Terra si allarghi nel suo interno, e sia resa cava e atta ad accogliere il mare che si è ritirato, per ricevere quegli esseri che Mi odiano e Mi fuggono, affinché essi possano là urlare con il mare, inabissandosi, e poi stridere coi denti, in unione con il più forte mostro del mare, il quale assieme a questo si è sprofondato negli abissi dell’ira della Terra, e che si chiama “Leviatan”.

8. Vedete, tutto il resto è, invece, qui di nuovo intatto così com’era da tempi immemorabili!

9. Ma dato che tale bufera perfino Set, rafforzato dalla Mia Volontà, è stato capace di sedare, quanto più non deve essere mai possibile ogni cosa a Me stesso!

10. Però, non a causa vostra Io feci accadere tale cosa, bensì soltanto a causa del vostro padre pio e a Me devoto, e precisamente perché egli andava nutrendo il vano timore che voi, in seguito al vostro amore per Me, avreste potuto essere d’impedimento al muoversi dei Miei piedi.

11. Io invece stesi la Mia mano e vi portai qui dopo aver sollevato tutti voi. E quando vostro padre vide che noi eravamo già arrivati sul posto, allora soltanto egli comprese definitivamente che proprio nulla può esserMi d’impedimento sulle Mie vie.

12. Le ragioni di questo avvenimento ve le ho esposte, Mie spose e figlie dilette, affinché possiate attingere Luce da tale notizia, sicura e necessaria e, destandovi completamente dal vostro sonno, possiate altresì riconoscere che pure la donna è stata da Me creata per l’amore e per la luce, e non soltanto per l’amore muto e, accanto a questo, per la tenebra! Comprendi le Mie parole?»

13. E la più giovane interrogata rispose: «O Jehova, come mai potrò ringraziarTi? Vedi, ora si è fatto tutto chiaro in me! Io comprendo la Tua santa Parola; anzi io vedo anche me stessa come se il mio sguardo attraversasse il mio essere, e mi sembro adesso diventata di una leggerezza estrema!

14 Oh, come mi sento infinitamente bene ora! E quanto è immensa la Tua Bontà, o Jehova!

15. Ma, o dilettissimo Jehova, mio solo Adorato, dimmi dunque: “Le mie sorelle si sentono pure tanto bene come me? E anch’esse, si vedono attraverso la Tua Grazia, con la stessa chiarezza di come mi vedo io?”»

16. E Abedam le rispose: «Oh, basta che tu le guardi un po’, e ti accorgerai ben presto che anche a loro non manca niente presso di Me!

17. Chi presso di Me si trova come ora voi vi trovate, egli è già ben provvisto di tutto!

18. Vedi, Mia cara Ghemela, Io ti amo tanto come se nell’immensità dell’infinito non avessi nessun altro da poter amare! Ma invece, vedi, così non è, poiché l’infinito contiene innumerevoli esseri che come te, Mi amano, e che pure sono da Me riamati come te, e chiunque riceve da Me, da Me ha ricevuto tanto che gli basterà a dismisura per tutte le eternità delle eternità.

19. Ma come tu ora sei felice e beata nel tuo puro amore per Me, così lo saranno pure, perfettamente e nella loro particolare maniera, tutti coloro che ameranno Me solo, e poi per mezzo Mio anche tutti i loro fratelli e sorelle perfettamente come Me!

20. Però, affinché tu, diletta Ghemela, possa ammirare una piccolissima parte di ciò che tutto gioisce del Mio Amore, prenditi quel fiorellino là ai tuoi piedi, il quale attende proprio che tu lo colga!»

21. Lei subito staccò il fiorellino dal gambo e lo mostrò ad Abedam. Egli allora lo toccò ed alitò sugli occhi a Ghemela dicendole:

22. «Quello che tu vedi, dillo pure in poche parole a tutti quelli che ci stanno qui d’intorno!

23. Sentiamo dunque ciò che scorgi sul tuo fiorellino! Non temere di raccontarcelo; tu già appartieni a Me per l’eternità, e mai, mai più verrai a perdere il Mio immenso Amore per te! Cosa vedi dunque?»

24. Allora Ghemela, tutta timida nel suo amore, cominciò a parlare e disse: «O Jehova, Tu grande, Tu santissimo e gloriosissimo! Che cos’è quello che io vedo? Oh, prodigio, prodigio su prodigio! Questo non è un fiore! Sono mondi, mondi immensi di cui non si vede la fine!

25. Chi mai potrebbe contarne il numero sterminato? L’uno supera l’altro in magnificenza mai presentita da nessuno! E uno splendore indescrivibile li circonda tutti!

26. E – o Jehova, Padre indicibilmente santo! – Io vedo pure degli esseri viventi di ogni specie! Infinito è il loro numero! E ancora vedo acque immense sia dentro che sulla superficie di questi innumerevoli mondi meravigliosi; anche loro sono pieni di innumerevoli vite! E vedi, innumerevoli altri esseri si dipartono continuamente da questi mondi, e innumerevoli altri invece fanno ritorno a questi mondi sfolgoranti!

27. O Jehova, Jehova! Le parole mi mancano; i prodigi sempre più si moltiplicano e si fanno più grandi e più nuovi! O Jehova, come devi essere santo e buono Tu! O mio Jehova!»

28. A questo punto ella non poté più proseguire, perché le meraviglie che si accrescevano sempre più le troncarono la parola, ed ella cadde come svenuta sul petto di Abedam.

29. Ma Egli la ricevette fra le Sue braccia, la ridestò immediatamente e poi le chiese: «Ghemela, non ti saresti certo aspettata di vedere tutte queste cose in un fiorellino?

30. Eppure, vedi, è proprio così! Anzi, da parte Mia lo è in modo ancora infinitamente più svariata! Ma verrà il giorno in cui tu potrai vedere molto meglio ancora tutte queste cose nel Regno Mio, e potrai gioirne molto di più!

31. Vedi a quante cure Io devo sobbarcarMi già trattandosi di un simile fiorellino; e pensa quante cure poi sono richieste dall’infinità del mondo della materia e dello spirito!

32. E tuttavia Io ti amo tanto, come se nell’Universo Io non avessi altri che te!

33. Ora tu Mi comprendi già meglio, non è vero? Oh, Io ti dico, che eternamente e sempre più tu imparerai a conoscere il tuo Amato, e a comprenderLo! Amen!»

 

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Cap. 183

Uno sguardo alle profondità della Creazione

31 dicembre 1841

1. Ora, dopo che le cinque fanciulle avevano visto, ed essendosi assolutamente convinte dell’immensa bontà ed amorevolezza di Jehova, e come la più completa fiducia può essere riposta in Lui, esse ripresero tanto più animo, e particolarmente Ghemela.

2. Per conseguenza, questa cominciò garbatamente a rivolgerGli ogni tipo di domande riguardo a questioni interessantissime. Ed alcune fra le più rare domande che il cuore di Ghemela suggerì alle sue labbra furono le seguenti:

3. «Mio adoratissimo Jehova, la Tua inesprimibile Grazia e il Tuo indicibile Amore mi hanno fatto vedere l’infinito prodigio di un fiorellino! Anzi, questo fiorellino resterà in eterno per me uno dei ricordi più cari di questo tempo! Vedi, molto spesso io ho contemplato, con grande godimento del mio cuore appassionato, anche le care e graziose stelline che di notte appaiono in cielo, ed ho cercato in tutte le maniere di raffigurarmi che cosa dovessero o potessero essere! Ma la cosa non poté mai andare oltre il limite dei miei pensieri, perché una certezza in un senso o in un altro non mi fu mai possibile acquisirla.

4. Molte volte io ho pensato che, viste da vicino, dovrebbero essere meravigliosamente belle, molto più belle dei fiorellini, dato che già a distanza esse sono di una magnificenza sorprendente.

5. Una volta siamo andate con nostro padre ben lontano da quella parte là, dove vedevamo sempre sorgere le stelline nella speranza di poterle osservare più da vicino; ma vedi, o mio solo adorato, eccellente e santo Jehova, le care stelline si sono ritirate da noi, lontano, lontano, e sono sorte in un luogo interamente sconosciuto, il quale, tuttavia, pareva situato troppo lontano da noi, perché, dato il tempo della notte e lo stato di grande stanchezza in cui già ci trovavamo, non ci siamo potuti azzardare d’intraprendere ancora un ulteriore viaggio per arrivarvi!

6. Oltre a ciò, nostro padre quella volta ci ha anche calmate dicendo che non dovevamo rammaricarcene, perché queste stelline dovevano essere troppo sacre per causa Tua, e perciò dovevano ritirarsi sempre dinanzi agli sguardi profani degli uomini, e un’immensa gratitudine Ti era già dovuta per il fatto che agli uomini era concesso di contemplare, impuniti, e sia pure a grande distanza, una simile sacra manifestazione.

7. Vedi, allora noi riacquistammo la nostra pace, e non potemmo far altro che lodarTi e glorificarTi con tutto l’amore dei nostri cuori per una Grazia così grande!

8. Ma adesso, o mio adoratissimo Jehova – dopo che ho visto il fiorellino – adesso – oh, non oso proprio più esprimere il mio pensiero! O dilettissimo e buon Jehova! Non vorrai adirarTi con me?»

9. Ma Abedam la incoraggiò e le disse: «O Mia Ghemela! Domanda pure quanto vuoi senza timore, e nel tuo e nel Mio Amore sii pur certa che Io, in primo luogo, non Mi adirerò mai con te e, in secondo luogo, che Io non resterò mai in debito con te di alcuna risposta, e ti concederò tutto quello che il tuo puro amore richiederà da Me!

10. Però, Io già vedo che dovrò ancora una volta aiutarti a toglierti dall’imbarazzo! Non è forse vero che tu vorresti vedere le stelle, queste cose che a te appaiono come dei fiorellini splendenti del cielo, a una distanza ravvicinata e tale da permetterti di constatare che cosa esse siano?»

11. E Ghemela, che era tutto un sorriso nella sua estasi, affermò con un allegro cenno del capo che era vero.

12. E Abedam le disse: «Ebbene, porgiMi la tua mano destra, la sinistra però porgila a tuo padre e alle tue sorelle, affinché essi pure possano vedere quello che adesso vedrai tu!»

13. E dette queste parole, Egli alitò sopra loro tutti, ed essi poterono gettare uno sguardo nelle profondità della Creazione .

14. Ma ben presto Ghemela si diede a gridare e a invocare aiuto – e con lei anche gli altri che erano intenti a guardare – dicendo:

15. «O Jehova, Jehova, Jehova! Soccorrici, salva noi, miseri, che siamo un nulla dinanzi a Te, poiché l’infinita grandezza della Tua Creazione ci inghiotte; sì, noi siamo già annientati! Nessuno può vedere una cosa simile e conservare la vita; salvaci Tu dunque, o Jehova, grande e santo Dio e Padre!»

16. E Abedam allora li richiamò dalla loro visione, e questa svanì. E quando si trovarono ridestati, si prostrarono dinanzi a Lui e cominciarono ad adorarLo, poiché un grande timore li aveva invasi così tanto, che essi ne tremavano in tutto il corpo.

17. Abedam però li toccò e, confortandoli, disse loro dolcemente di rialzarsi, e infine domandò a Ghemela con soavissimo accento:

18. «Ghemela, a quanto Mi pare, le stelle non ti sono piaciute tanto come il fiorellino di prima?

19. Cos’è dunque accaduto che tu sei ancora tutta tremante? Fatti di nuovo coraggio e racconta a tutti qualcosa di quanto hai visto! Ecco, tu ormai sei nuovamente accanto a Me, dove non hai più niente da temere; perciò puoi senz’altro narrarci quello che ti è toccato di vedere in questi tre istanti!

20. Vieni qui ed appoggiati un po’ al Mio Petto; poi il coraggio ritornerà di certo!»

21. Lei allora con impeto ardente si slanciò verso Abedam, e soltanto quando ebbe riposato un certo tempo su quel santissimo Petto poté riaversi e, riconfortata, cominciò a parlare con voce che nella sua dolcezza ancora tradiva sempre un po’ di spavento, e disse:

22. «O Jehova, Tu onnipotente, santissimo ed infinito Jehova! Dov’è la bocca che potrebbe degnamente aprirsi per celebrare la Tua immensa grandezza, la Tua sublimità, la Tua profondità e la Tua potenza?

23. Io non vidi altro che innumerevoli mondi di grandezza incommensurabile e fiammeggianti di luce indescrivibile, i quali si muovevano con la velocità del lampo attraverso l’immensità; e l’uno superava in misura infinita l’altro in grandezza, splendore e magnificenza!

24. Anzi, quando io volli ancora penetrare più profondamente con il mio occhio atterrito, non vidi altro che uno sconfinato mondo di fiamme; e nel mezzo di queste fiamme – che si estendevano all’infinito e che erano di uno splendore insopportabilissimo, come la luce solare – a mio grande spavento io scorsi ancora delle figure umane dall’aspetto terribile, e quasi tanto grandi che non si potevano abbracciare con lo sguardo, ed essi si muovevano con grande rapidità!

25. Allora alla mia mente si presentò il loro tormento, e poi mi parve che si fosse aperto un abisso senza fine il quale inghiottì questo mondo di fiamma, e con esso pure le figure umane che probabilmente erano in preda a gravissime sofferenze.

26. E questo tremendo abisso sembrò voler inghiottire anche me, e perciò in quel momento io gridai e Ti invocai perché mi aiutassi, cosa che pure immediatamente facesti soccorrendo me, poveretta, che in eterno vorrei ringraziarTene e lodarTi per lo stesso motivo!

27. Vedi, di più io non potrei dire; oh, abbi pazienza con me che amo solo Te sopra ogni cosa! Oh, Jehova, queste sono dunque le stelle che tante volte ho contemplate con rapimento?

28. Tu però non devi serbarmi rancore se Ti confesserò apertamente che considero più cari i fiorellini che non le stelle, perché queste hanno un aspetto tremendamente spaventoso!

29. E se Tu me lo permetti, io adesso vorrei domandarTi qualcos’altro»

30. E Abedam le rispose: «Ghemela, tu hai già ricevuto ogni Mia assicurazione! Domanda dunque quello che vuoi, Io certo non ti resterò debitore di alcuna risposta; soltanto delle stelle tu non devi domandare più nulla, perché per te queste sono troppo grandi, ma di ogni altra cosa puoi domandare senz’altro!»

 

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Cap. 184

Dell’essenza del tempo e dell’eternità

3 gennaio 1841

1. Dopo questa assicurazione colma di infinita amorevolezza, data da Abedam a Ghemela, questa rientrò in possesso di tutto il suo coraggio, e il suo cuore riacquistò completa pace. Il suo petto respirò di nuovo liberamente, e non mancò di far subito uso della concessione avuta dando corso a una domanda suggeritale dal suo cuore, domanda che si doveva annoverare ancora fra quelle garbate e rare. Dunque, questa seconda rara domanda, fu la seguente:

2. «Mio unico adorato, amorosissimo Jehova, santo sopra ogni cosa e onnipotente! Giacché Tu ti sei tanto, e con tanta grazia, indicibilmente abbassato quaggiù fino a noi, poveri peccatori e peccatrici, e mi hai concesso di fare delle domande, vorresti aiutarmi nella mia stoltezza a chiarirmi il problema seguente, se così Ti piace?

3. Vedi, le cento e mille volte io ho udito le parole “eterno” ed “eternità”, ed io stessa le ho pronunciate non meno volte; però, è certo e vero che io non le ho mai comprese!

4. O Jehova, se ciò corrisponde alla Tua santa Volontà, io bramerei molto conoscere il giusto significato di tale parola!»

5. E Abedam, pronto a soddisfare la sua domanda, le rispose in maniera comprensibile per tutti, dicendole:

6. «Ascolta, Mia diletta Ghemela, quello che propriamente è l’eternità per Me, tu non lo potresti mai comprendere, e allo stesso tempo conservarti in vita; per tale ragione sarebbe impossibile renderti nella sua piena evidenza quello che per Me è l’eternità. Tuttavia, ciò che tu e tutti gli altri potete comprendere, è che l’eternità è per lo spirito quello che il tempo è per il corpo, con la sola unica differenza che il tempo distrugge e fa svanire tutto intorno a sé, mentre l’eternità non lascia che trapassi nemmeno un atomo.

7. Questo tempo è costituito e sorge dall’incessante moto di tutte le cose corporee create, poiché se esse non si muovessero, dovrebbero con il tempo stesso cadere tutte l’una sull’altra; soli e terre e lune e ogni essere vivente, e tutto dovrebbe ridursi a un ammasso confuso e caotico all’infinito, il quale poi, a causa dell’enorme, infinita pressione delle cose l’una sull’altra, finirebbe ben presto con l’accendersi completamente, e così si consumerebbe da sé, restandone alla fine del tutto annientato.

8. Invece, dato che agli scopi della conservazione di tutte le cose, dalla più grande alla più piccola, tutto deve muoversi a distanze perfettamente calcolate, e dato che perfino le singole parti di un complesso corporeo devono avere in sé un continuo impulso al moto per mezzo del quale esse ad un eventuale cessare dell’impedimento al moto possano senza indugio cominciare a muoversi, allora i moti continui che sempre si ripetono nell’ambito delle stesse leggi, e gli incontri reciproci e conformi all’ordine prestabilito, determinano i cosiddetti periodi di tempo che si lasciano contare. E quello che produce tale perpetuità del moto, cioè il logorarsi delle parti che vengono a contatto a causa del moto stesso, e in tal modo si verifica il lento o il più rapido trapassare delle cose, è il tempo che consuma tutto. Perciò, tutto quello che è del tempo è anche caduco, perché le cose trapassano e al loro posto ne sorgono di nuove, e quindi la misura del tempo è determinata a seconda dello svanire e del ricomparire delle cose.

9. Invece con l’eternità il caso è diametralmente all’opposto! Nell’eternità, infatti, ogni moto non è che apparente, e in sostanza regna in ogni cosa la più perfetta quiete.

10. Nel tempo le cose sembrano essere in stato di quiete, eppure perfino la pietra più dura si muove in tutte le sue innumerevoli parti, e non vi è niente che possa godere di una qualche pace.

11. Invece nell’eternità avviene perfettamente il contrario! Là tutto sembra muoversi continuamente; ma ciò nonostante, dal Mio punto di vista, tutto giace nella quiete più completa.

12. Ma affinché la cosa possa riuscirti proprio ben chiara ed evidente, voglio citarti un esempio sicuro e fedele:

13. Vedi, se tu volessi recarti da qui fino a quella lontana montagna del fuoco, allora dovresti incamminarti senza indugio e procedere faticosamente, passo a passo, per potervi giungere, forse, in due o tre giorni.

14. Nell’eternità, invece, ciascuno può risparmiarsi la strada, e può rimanere continuamente fermo nello stesso e medesimo punto e, con il solo pensiero sorto dal sentimento, può intraprendere i viaggi più incredibilmente lunghi. Egli, pienissimamente consapevole e cosciente, può contemplare tutto esattamente, mentre la sua propria persona non deve spostarsi nemmeno di un capello dal luogo preciso in cui si trova, e così egli viene a trovarsi in uno stato di continua e dolcissima quiete, cioè considerato dal Mio punto di vista.

15. Vedi, la cosa puoi raffigurartela come se tu dormissi su un soffice, morbidissimo giaciglio, e nel tuo dolce sonno tu facessi i più bei sogni, con la sensazione di correre qua e là e volerti mettere a saltare e a ballare dalla gioia, e anche fare, per di più, un viaggio di piacere lungo e rapido attraverso l’aria!

16. Vedi, dunque, e comprendi: nonostante tutta questa attività di moto durante il sogno, non si potrebbe constatare nella tua persona il benché minimissimo movimento tendente a farle cambiare di posto!

17. Ma così è pure costituita l’eternità, in maniera talmente più perfetta, che a te deve riuscire ancora incomprensibile. Poiché, vedi: come nel moto, e mediante il moto, ha la sua origine il tempo, la distruzione, la transitorietà e infine la morte di tutte le cose, così mediante la quiete viene conseguita la conservazione eterna, l’imperiturità e l’incessante, eterna e perfettissima vita, simile alla Mia, di tutti gli esseri che sono completamente simili a Me nell’amore e nel loro spirito vivente!

18. Come avviene che anch’Io non ho bisogno di intraprendere dei viaggi per arrivare da un’infinità all’altra, così i Miei diletti, con Me non avranno neppure essi bisogno di portarsi personalmente dappertutto per contemplare tutte le infinite meraviglie, bensì essi godranno tutti, come Me, la vera vita eterna nella completa pace eterna, pur non essendo mai consci di questa pace, bensì essendo consci solamente di un’eterna beatissima operosità, la quale però, appunto attraverso questa propria quiete personale-spirituale, viene resa indistruttibile e, conseguentemente, mantenuta durevole in eterno.

19. Vedi dunque, amata Ghemela, questa è l’eternità, e tale è il divario che esiste fra essa e il tempo che uccide!

20. Per quanto poi riguarda la durata, questa procede parallelamente alla durata del tempo. Perciò è vero che vi possono essere delle eternità altrettanto come vi sono dei tempi; solo che la durata dell’eternità non viene percepita così come quella del tempo, perché quello che è passato, il tempo non lo riporta più di ritorno, mentre l’eternità stessa conserva durevolmente il passato per te più inconcepibile, come un presente luminosissimo, e d’altro canto non meno dinanzi a sé ha l’avvenire come già presente. Comprendi tu tali cose?»

21. E Ghemela rispose sorridendo amorosamente: «O Jehova, se Tu vuoi, e nella misura in cui Tu vuoi, io queste cose le comprendo per Grazia Tua; però non mi è ancora del tutto chiaro come nella perpetua quiete ci si possa tuttavia muovere. Vedi, io bramerei molto comprenderla del tutto questa cosa, se tale fosse la Tua Volontà!»

22. E Abedam allora le disse: «Una simile cosa, cara Ghemela, tu non la potrai mai perfettamente comprendere qui, finché ti trovi in un corpo; nondimeno un giorno la comprenderai certamente in tutta la sua integrità!

23. Domanda piuttosto qualcos’altro, ed Io ti darò risposta a tutto dal Mio Amore per te! Amen!»

 

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Cap. 185

L’essenza della vita. Le promesse del Signore a Ghemela

4 gennaio 1841

1. A questa decisione di Abedam riguardo la sua ultima breve domanda, Ghemela fu completamente tranquillizzata, e fattasi di nuovo coraggio, chiese al suo Amato:

2. «O soavissimo Jehova, che sei colmo della Misericordia più sublime, di Amore e di Grazia, poiché noi abbiamo trovato infinitamente tanta grazia dinanzi a Te, oso, dal più profondo amore per Te che c’è nel mio cuore, importunarTi ancora con una domanda! Io so bene che Tu, o santissimo, vieni profanato da ciascuna delle mie parole impure; perciò m’invade sempre lo sgomento nell’aprire la mia impurissima bocca dinanzi a Te, in modo che poi la piena coscienza della mia totale indegnità e bassezza dinanzi a Te m’irrigidisce il petto, e la mia gola ne rimane per qualche tempo come chiusa ed impossibilitata a condurre fino alle mie labbra anche una sola parola; ma se poi il mio pensiero nuovamente si volge alla Tua infinita ed indicibile Bontà, al Tuo Amore e alla Tua Misericordia, allora certo mi ritorna il coraggio per approfittare del permesso che con tanta benignità mi hai accordato.

3. Dunque, allora oso ancora una volta pregarTi di spiegare a me ed anche a tutti gli altri, qualora forse anche questi al pari di me non lo sapessero, illuminandoci nella nostra grande ignoranza, che cosa sia effettivamente la vita, e come avviene che noi possiamo diventare pienamente coscienti, al punto da sapere e percepire fino alla più intima fibra che noi esistiamo e possiamo fare liberamente qualunque cosa che vogliamo in altrettanta piena libertà!

4. Ma io so che in me stanno nascoste delle sciocchezze di ogni genere; e certamente anche adesso, con questa mia domanda, ne avrò aumentato considerevolmente il numero già grande dinanzi ai Tuoi santissimi Occhi.

5. Oh, si, io scorgo già dal Tuo volto che io ho fatto una domanda quanto mai stolta! Oh, se potessi in fretta trovare qualche altra domanda invece di quella!

6. O Jehova, non sei adirato con me a causa della mia stoltezza? Oh, se ciò fosse, vorrei piuttosto nascondermi nel più profondo abisso della Terra per la grande vergogna, e là piangere sulla mia follia tra le più fitte tenebre durante tutta la mia vita!

7. Però, o Jehova, o mio unico Adorato sopra ogni cosa, io non pretendo da Te la luce, bensì accogli questa domanda soltanto come una mia umilissima preghiera, e la Tua Volontà santissima sopra ogni cosa faccia quello che le è gradito, e io riconoscerò tutto, nelle più intime profondità del mio cuore e riconoscentissima, come Tua immensa Misericordia e Tuo massimo Amore di Padre, supremo e inesprimibile, qualunque cosa essa vorrà donarmi!

8. O Tu, il cui Nome il mio cuore, accesosi in tutto l’amore per Te, non osa più pronunciare, perdona!»

9. E allora Abedam Si commosse fortemente, e così parlò a lei e a tutti gli altri:

10. «In verità, Io dico a te, come pure a voi tutti, che tanta umiltà Io non l’ho trovata in nessuno fra tutti voi!

11. Ghemela, Mi ami tu veramente tanto, sopra ogni cosa, e anche Me soltanto?»

12. E Ghemela allora scoppiò in pianto e rispose fra i singhiozzi ad Abedam:

«O Tu, l’ardentemente Amato, Tu, che sei l’eterno Amore stesso! Come puoi chiedermelo Tu, che mi creasti e mi donasti un cuore capace di amare Te solo!

13. Oh, se fosse possibile, io stessa vorrei soffrire mille volte la morte per amor Tuo, se non vi fosse la possibilità di dimostrarTi come io amo Te solo, Te solo, sopra ogni cosa, su ogni cosa, in ogni cosa! Ma cosa vado mai dicendo? Tu vedi certo il mio cuore!»

14. E Abedam allora chinatoSi a terra, sollevò Ghemela che giaceva a terra davanti a Lui, anzi la sollevò del tutto sul Suo braccio destro e la strinse visibilmente e appassionatamente al Suo santo Petto, dicendo:

15. «O soavissima, dilettissima e preziosa perla del Mio Amore e della Mia Misericordia, in verità, il tuo giovane cuore ha in sé più amore e più vita che non tutta la Terra. Quello che ora accade a te, non è accaduto ancora mai nemmeno al più puro e più saggio degli angeli!

16. Io ti voglio benedire per tutti i tempi! Vedi, diletta Ghemela, come ora Io, il tuo Creatore, il tuo Padre eterno e santo, ti porto sul Mio Cuore, il quale è il fondamento eterno di ogni vita e di ogni essere in tutto l’Universo, così un giorno una figlia del tuo sangue, perfettamente simile a te, porterà – ascolta! – nel suo grembo, Me stesso, Me, l’eterno Dio infinito, la Vita eterna, l’onnipotente Creatore di ogni creatura, dall’atomo fino al più sublime spirito angelico; Me, l’Unico Signore di ogni potenza e forza!

17. Ma a te, fra non molto Io darò un figlio mediante il Mio Lamech. Ebbene, a questo figlio tu porrai il nome di Noè, ed egli diverrà un salvatore del tuo popolo.

18. Ma come succederà un tale cosa e quando, questo lo riceverà direttamente da Me a tempo debito il tuo futuro figlio, come tu adesso ricevi da Me questa promessa della Mia Misericordia. Considera bene questo e allora coglierai anche presto e comprenderai a sufficienza che cos’è la Vita, e come ogni uomo ne diviene consapevole e poi, nella Vita, può fare liberamente ciò che vuole!

19. Ma nel frattempo, affinché tu non abbia a posare nuovamente i tuoi piedi sulla terra senza avere ottenuto risposta alla tua domanda, sappi questo: “Quello che la Vita è in Me e per Me stesso, a te sarebbe assolutamente impossibile comprenderlo, perché, come Io stesso sia la Vita più vera e propria nell’infinito e nell’eternità, questo non sarà mai in grado di vederlo e di comprenderlo nemmeno il più alto dei cherubini dotato della massima acutezza e profondità di pensiero. Invece, per ciò che riguarda quello che propriamente è la vita in te, essa non è altro che il Mio Alito, ovvero la Mia perfetta immagine in ciascun uomo. Dunque, come Io eternamente ed infinitamente Mi trovo nella perfetta chiarissima coscienza della Vita supremamente propria e più perfetta, così pure anche ciascuna creatura ha in sé una parte, per quanto tanto minima da riuscire incomprensibile al tuo intelletto, di questa Mia stessa Vita, e da questa medesima Vita essa è perfettamente vivente per tutto quanto può occorrerle.

20. Ogni vita, però, è costituita in modo tale che essa può continuamente aumentare ed accrescersi attraverso il Mio incessante affluire; e quanto più la vita si accresce, tanto più, poi, essa si presenta anche sempre più perfetta.

21. Ciononostante, la vita diventa conscia di se stessa solo quando essa, unitamente a una piccola scintilla dell’amore, ottiene pure una piccola scintilla della luce di Grazia proveniente da Dio. Mediante questa luce, la vita che è stata data riconosce il suo stesso essere proprio, e così diventa liberamente conscia di se stessa.

22. Se poi però questa vita consapevole di sé diviene consapevole non solamente di se stessa ma anche, in se stessa, della sua eterna, santa Origine, e ad Essa rende grazie, onore, amore e adorazione, e riconosce la Volontà di Colui che l’ha creata, allora e soltanto allora essa diviene perfettamente libera. E per effetto di questo riconoscimento diviene, attraverso l’amore, figlia dell’eterno Amore e dell’eterna Vita. E solo mediante tale Vita, la vita creata perverrà alla massima chiarezza nella consapevolezza di se stessa e alla viva consapevolezza di Colui che adesso ti porta sulle Sue mani”.

23. Ghemela Mia, hai compreso bene tutto quello che ti ho detto?»

24. E allora Ghemela, in stato di rapimento veramente celestiale, rispose al suo Adorato:

25. «O Padre mio santo, o Amore supremo, chi non dovrebbe o non potrebbe comprendere e capire la Tua Parola, particolarmente poi quando, per di più, si ha la Grazia inesprimibile che Tu ancora mi dimostri, di essere portata sulle Tue Mani da Te, o Padre santissimo!

26. Dunque, vedi, la Tua Ghemela non può non comprendere quello che il Tuo infinito Amore paterno le ha irradiato di luce! Con la mia bocca non posso renderTene adeguate grazie; ma tanto più arde sempre il mio cuore per Te!

27. Ma ascolta, o Jehova, unico mio Adoratissimo, ora mi è venuta in mente una domanda terribilmente triste!»

28. E Abedam, come sorpreso, le chiese immediatamente: «Oh, come mai, Mia cara e deliziosa Ghemela! Cosa può esserti venuto in mente di tanto triste e così d’improvviso, mentre sei ancora sulle Mie Mani?

29. Oh, dimMelo subito; chissà che Io non trovi ancora qualche consolazione per il tuo cuoricino spiritualmente tenero!»

30. E mentre Ghemela scherzava con i folti ricci di Abedam, sorrise alquanto imbarazzata, e non si azzardava a spiegarsi apertamente.

31. E solo dopo un’attesa un po’ lunga, e quando Abedam l’ebbe ancora una volta incoraggiata, ella si decise finalmente di esporre la sua triste domanda, e disse con voce tremante d’amore:

32. «O Jehova, vedi, da più d’una delle Tue santissime parole io ho ora constatato che Tu ben presto ci lascerai, e vedi, dato che io Ti amo già infinitamente, per quanto è concesso al mio piccolo cuore, che cosa sarà di me, poverina, quando non Ti vedrò più e non potrò averTi così vicino come adesso, mio eterno Amore?»

33. Ma Abedam le rispose: «Ascolta, Mia soave, dilettissima Ghemela, certamente, da un lato la tua apprensione non è senza fondamento, poiché così come ora sono, Io non posso rimanere sempre con voi, né ciò sarebbe vantaggioso per nessuno, giacché, se Io restassi sempre in questo modo presso di voi, allora nessuno potrebbe mai giungere alla vita vera, indipendente e liberissima, per la ragione che già una volta il peccato ha tratto il mondo in dura schiavitù, ed appunto per questo di costrizione e di violenza ce n’è già comunque in grande abbondanza sulla Terra. Se ora Io, essendo la suprema Forza e Potenza originarie, dimorassi permanentemente così in maniera visibile tra voi, allora avreste pure una seconda forma di costrizione sulla Terra, in modo tale che nessuno potrebbe muoversi liberamente neanche in minimo grado, sia qua o là, all’insù o all’ingiù.

34. Ma se Io rimango estraneo ai vostri occhi però – qualora qualcuno seriamente lo voglia come tu ora lo vuoi e come sempre fedelmente l’hai voluto tanto più posso diventare conosciuto e familiare al suo cuore; allora, nonostante la dura schiavitù del peccato, egli resta perfettamente libero. Questa schiavitù egli può calpestarla con spregio e, cercandoMi nell’amore del suo cuore e abbracciandoMi liberamente, può rivolgersi a Me; e allora egli, nella misura del suo amore, sarà accolto da Me, e a seconda della sua volontà d’amore sarà trattenuto e conservato da Me; solo tutto questo consente di ottenere la vita eterna.

35. Ma invece, pensa: “Chi si azzarderebbe a fare qualcosa, se Mi vedesse e se con tutta certezza sapesse di averMi sempre al suo fianco per tutta la sua vita!?”

36. Basta che tu guardi qui e che osservi coloro che sanno che Io sono visibilmente presente! Ebbene: – che cosa fanno ora?

37. Nessuno di loro ardisce liberamente nemmeno di trarre un respiro; per non parlare poi di fare qualcos’altro, sia in bene, sia in male! Ma, invece, guarda le molte schiere che ci stanno attorno, le quali non hanno nemmeno il più lontano presentimento che Io possa trovarMi qui visibile e vivente tra voi, e vedi come si muovono vivaci e disinvolti!

38. Molti di loro Mi credono al di sopra di tutte stelle; altri invece Mi credono presente nella brezza che passa, ed altri ancora hanno di Me mille concetti svariati e fondati sempre sulla Mia lontananza.

39. Vedi, tutti costoro non soffrono di alcuna costrizione da parte Mia, e perciò sono completamente liberi, ciò che invece non è il caso di tutti voi, quantunque, essendo vicini a Me, siate veramente lontani dalla schiavitù del peccato; però siete tanto più attratti dal Mio Amore; perciò voi ora non potete fare altro che amarMi sopra ogni cosa. Ciò comunque, malgrado il sacro diritto di un tale amore, costituisce sempre una costrizione, perché voi dinanzi al Mio volto altro non potete fare se non amarMi così!

40. Ma finché Io Mi trovo visibile fra voi, l’attuale amore non può essere computato a nessuno per la propria vita, bensì lo sarà soltanto quando Io non camminerò più visibilmente tra voi, ed anche questo avverrà a seconda di come qualcuno Mi ha amato prima della Mia visibilità!

41. Vedi, Mia soavissima, dilettissima Ghemela, anche il tuo presente amore per Me non avrebbe affatto valore se già prima tu non Mi avessi amato con altrettanto e talvolta perfino con maggior fervore di adesso, quando cioè non sei tu veramente che ami, bensì sono Io soltanto che ti sazio con il Mio Amore per la vita eterna!

42. Però, malgrado tutto ciò e pur tenendo debito conto di quanto Io ora ho detto, puoi lasciare che la tua triste domanda si perda nel vento, poiché il tuo amore ha già da tempo assolto liberamente il suo compito, dato che tu avesti molto da lottare con il mondo per causa Mia, essendo la tua persona dotata di tanta immensa bellezza che come prima di te non lo è stata ancora nessuna del tuo sesso.

43. Ora, in seguito a questa tua tenace lotta, ti sei resa anche immune di fronte al pericolo della Mia visibilità e perfino del Mio contatto, e precisamente in modo tale che Io stesso potei mostrare soltanto a te cose la cui vista avrebbe ucciso moltissimi che non avessero come te conseguito già prima la vittoria d’amore.

44. E per conseguenza anche la Mia visibilità, per quanto frequente, non potrà mai in eterno nuocerti, poiché tu sei già congiunta a Me. E come Io ora visibilmente ti porto sulle Mie mani, così continuerò anche invisibilmente a portarti sulle Mani del Mio Amore e, quando Io Mi mostrerò a te, tu allora Mi vedrai sempre che ti porterò così. Dunque, sii del tutto serena e lieta nel tuo cuore, perché d’ora innanzi non sentirai mai più in eterno la mancanza di Me!

45. Vedi, Mia soavissima, tenerissima e dilettissima Ghemela, credi forse che Io potrei fare a meno di te?

46. Oh, vedi, ormai sei diventata per il Mio cuore altrettanto indispensabile quanto lo sono Io per il tuo; sii perciò consolata nella certezza che Io non ti abbandonerò affatto come ti sembra.

47. Dunque, Mia deliziosa e carissima Ghemela, come già ti ho detto, lascia senza affanni né preoccupazioni che la tua triste domanda si disperda nel vento!».

 

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Cap. 186

Innocenza e vergogna. Il ritorno e l’accoglienza dei messi

 

1. E dopo che Ghemela ebbe inteso tali sublimi parole consolatrici di Abedam, fu presa da tanta esultanza che si mise letteralmente a balzare mentre ancora stava sulle Sue mani, e nell’ebbrezza della sua gioia e con il suo agitarsi scomposto, senza avvedersene, scoprì alquanto il suo corpo; e per tale cosa anche suo padre, Zuriel , l’ammonì a non scoprirsi tanto, e a pensare Chi era Colui che la portava.

2. Abedam però rimproverò Zuriel  per tale inopportuno ammonimento, e gli disse:

3. «Se tu Mi conoscessi, perché mai ti affanneresti? E se tu non dovessi averMi ancora riconosciuto, fatti piuttosto tu stesso correggere dalle tue figlie, affinché tu pure possa riconoscerMi come esse Mi hanno riconosciuto!

4. O vorresti forse mostrare alle tue innocentissime figlie il serpente dell’impudicizia, e procurare loro una triste coscienza del mondo in cambio della loro perfetta innocenza?

5. Oh, vedi, quanta stoltezza vi è in te! Chi mai può comportarsi sulle Mie Mani in maniera sconveniente e tale da esserMi sgradita?

6. Sii dunque più accorto in avvenire! E tu, Ghemela, non lasciarti distogliere dalla tua allegrezza, perché questa è la pienezza della vita eterna che si riversa da Me in te, e come tu ora la provi, non l’ha provata mai ancora nemmeno il più puro fra gli angeli. Dunque, salta e danza pure a tuo piacimento, perché sulle Mie Mani è bello saltare e danzare!»

7. E Abedam continuò ancora per un po’ ad abbracciarla e ad accarezzarla, e poi le disse: «Vedi, Mia purissima amata, per non destare forse la gelosa invidia di coloro che appunto adesso cominciano ad avvicinarsi a noi da ogni parte, avendo Io stamani inviato loro dei messi illuminati, e per non dare loro il pretesto per infuriarsi in segreto, perché essi non Mi conoscono ancora come Mi conosci tu e tutti i qui presenti, ora Io ti deporrò soltanto visibilmente di nuovo a terra; però, in maniera invisibile agli occhi della carne, quindi in spirito e in tutta verità, tu rimani sulle Mani del Mio eterno Amore»

8. Detto ciò, Abedam la strinse ancora una volta al Suo Cuore, e poi la depose dolcemente a terra accanto ai Suoi Piedi. E poco dopo arrivarono i messi che erano stati inviati per annunciare il sacrificio al popolo e per illuminare quest’ultimo secondo la parola di Abedam, ed essi si prostrarono davanti a Lui sulle loro facce, e Lo adorarono nel profondo dei loro cuori; e dietro di loro sterminate schiere seguirono il loro buon esempio.

9. Dopo qualche tempo, però, Abedam disse loro che si levassero, e così parlò: «Voi avete lavorato onestamente e fedelmente, giacché i frutti della vostra opera vi seguono, e perciò Io Mi compiaccio molto di voi, e intendo lasciarvi ora piena libertà di chiederMi una ricompensa. E qualunque possa essere il vostro desiderio, esso verrà immediatamente esaudito; fate dunque parlare i vostri cuori!»

10. Ma tutti allora cominciarono a gridare: «O Signore, Dio santo, Tu che sei l’amorosissimo Padre santo di tutti noi, il nostro Emanuel Abedam! Cosa possiamo chiederTi ancora, quando abbiamo già Te, l’eterno Amore, Te, il nostro santo Creatore e Padre?

11. Che cosa potrebbe mai immaginare anche il più ardente egoismo che fosse più di Te?

12. Vedi, per i nostri cuori che amano Te solo sopra ogni cosa, noi abbiamo già ricevuto in Te la ricompensa suprema e santissima, e ciò in misura talmente grande che se noi anche per delle eternità di seguito potessimo servirTi ogni giorno ancora indicibilmente di più di stamani, non l’avremmo neanche in minima parte meritata! Anzi, tutto il nostro più zelante lavoro attraverso le eternità bisognerebbe considerarlo un nulla puramente vano di fronte alla grandezza infinita di questa anticipata ricompensa, inesprimibile e santissima, che Tu, amorosissimo e santissimo Padre, ci hai concesso. Tu stesso, infatti, hai deciso di scendere quaggiù per noi, miseri vermi della polvere terrestre, e ci hai tutti colmati del Tuo Amore e della Tua santissima luce di Grazia, ciò di cui noi tutti eravamo e tuttora siamo completamente indegni!

13. Oh, possa la Terra diventare per noi tutti un immenso abisso di fiamme il momento in cui oltre al desiderio di Te dovesse in noi sorgere un benché minimo altro desiderio, quantunque, o Emanuel, noi non potremo in eterno ringraziarTi mai abbastanza anche per questo permesso che ci hai concesso di chiederTi qualcosa!

14. E di che cosa dovremmo pregarTi? Sappiamo forse che cosa sarebbe buono ed utile per noi?

15. Noi tutti però sappiamo, attraverso la Tua Grazia, che Tu solo ci sei necessario. Ma tutti noi abbiamo già Te!

16. E per che altro potremmo ancora pregare? Noi certo potremmo pregarTi di non volerci lasciare mai più! E se questa preghiera trovasse esaudimento, noi avremmo infinite volte più di quanto i nostri cuori, che ardono del massimo desiderio, potrebbero escogitare in tutte le eternità delle eternità! Perciò questa preghiera soltanto Ti rivolgiamo, ma non certo in ricompensa dei nostri meriti, che sono del tutto nulli, bensì unicamente facendo ricorso alla Tua Misericordia e al Tuo Amore!

17. O Emanuel! Tu però perdonaci anche questa preghiera, perché dinanzi a Te noi tutti siamo ciechi, e non sappiamo ciò che facciamo! Soltanto quello che a Te può esser gradito costituisce la Tua santa Volontà; e così sia fatta, sempre e soltanto, la Tua santa Volontà, ora e in eterno. Amen!»

 

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APPENDICE

[Doni del Cielo v. 3 cap. 84]

 

(Chiarimento delle dieci lettere citate nel capitolo 3, verso 12

secondo il loro significato spirituale)

27 maggio 1847

 

«E vedi, Io voglio indicarteli tutti per nome. “I1 – P – R1 – T – E – GM – A – E – S – M”»

 

1. Per quanto riguarda queste dieci lettere non ancora comprese dall’inizio fino ad ora, in primo luogo da ciò non dipende la salvezza del Sole e della Luna, ed anche le stelle proseguono il loro cammino senza lasciarsi deviare dall’incomprensione di queste dieci lettere. Ognuno di voi però sa che per la Vita eterna una cosa sola è necessaria; chi aspira a questa e la cerca, costui ha scelto la parte migliore per il suo spirito, – tutto il resto arriva in aggiunta al tempo giusto come un libero dono. E così anche ognuno di voi secondo il proprio spirito, avrebbe potuto svelare già da tempo questo piccolo segreto, se con tale richiesta si fosse rivolto a Me nel suo cuore, in modo serio e pieno di fiducia. Invece voi avete già ben spesso rimuginato – molto più con il vostro intelletto che con il cuore – e da ciò deriva però poi anche il fatto che voi ancora non comprendete questo piccolo mistero, e questo perché, perché cose simili non sono date per l’intelletto, ma solo ed unicamente per il cuore e per lo spirito!

2. Ma affinché il vostro cuore, ancora fortemente senza senno in cose puramente spirituali, non abbia a mandar ancora più a lungo il misero intelletto come esploratore nel misterioso territorio spirituale, come un cacciatore cieco che finora non gli ha ancora mai portato a casa una qualche grassa selvaggina, ma sempre solo una carogna mezza marcia, allora vi voglio Io nondimeno presentare più da vicino questi amici simbolici indicati sotto queste dieci lettere; e così ascoltate, ed afferratelo bene!

3. La lettera “I1 significa lInferno come appartenenza carnale dell’anima; il numero ¹” (all’esponente) significa superbia, ambizione e orgoglio proprio dell’inferno in ogni uomo e quindi anche in voi. L’Inferno però è il più intimo amico di ogni uomo terreno, in quanto gli procura tutto ciò che lusinga la sua natura e riempie la stessa con ogni genere dei più piacevoli stimoli carnali.

4. 5. Se ora Io voglio accogliere un uomo nel Regno Mio ed educarlo alla vita eterna, allora devo anche accogliere la sua amicizia, da cui l’uomo, finché vive sulla Terra, non è mai in grado di separarsi completamente; per questo anche il peccato, appartenente a questo amico, deve necessariamente comparire dinanzi ai Miei occhi come completamente cancellato, senza questa comparizione non è pensabile un’ulteriore educazione del vostro spirito e non lo può essere. Detto con altre parole: “Se vi voglio conservare, devo cingere anche l’inferno della vostra casa con le Mie sante Mani paterne, e così alzarvi al Grembo Mio insieme al vostro – fino ad ora – molto intimo amico!” – Qui avete adesso la prima lettera, di cui ho taciuto finora la spiegazione, e questo per motivi ben saggi.

6. La successiva lettera “P” significa tutte le possibili Passioni che procedono proprio dalla ‘I’. Che anche le passioni siano amiche dell’uomo secondo la sua natura carnale e debbano essere da Me afferrate, elevate e convertite in qualcosa di nobile, se lo spirito dell’uomo deve guarire per la vita eterna, questo s’intenderà ben assai chiaramente da se.

7. La “R¹” significa la Ragione, accoppiata con l’Intelletto come il mondo, ovvero l’Inferno, lo dà all’uomo esteriore naturale. Che questa coppia dominante tutto il mondo goda, accanto all’Inferno, il più grande amichevole favore di ogni uomo, non c’è bisogno di menzionarlo più da vicino, perché un uomo rinuncia più facilmente a tutto, che non a questi suoi cari ed assai intimi amici di casa. Anche se un uomo talvolta non è proprio soddisfatto al massimo delle altre sue amicizie interiori mondane, contro queste due egli tuttavia non ha quasi mai, o solo molto raramente, qualche minima piccolezza da obiettare.

8. Ma se Io voglio innalzare a Me l’uomo, allora non rimane altro da fare che concedere anche a questi suoi più intimi amici di casa piena amnistia. Io penso che questo dovrebbe essere molto chiaro anche per ciascuno di voi, dato che anche voi, ancor fino ad oggi, tenete in gran conto questi vostri vecchi amici di casa, sebbene accanto a ciò comprendiate ben fin dove si possa arrivare con loro nel territorio dello spirito!

9. La lettera “T” indica il Talento germogliante subito con l’intelletto, attraverso il quale l’uomo può giungere ad ogni genere di gradi di lustro, sui quali è di preferenza a casa la lettera “E” Egoismo e con questa la “GM” quale gioia maligna, – tutti amici di casa dell’uomo del mondo, amici che Io devo pur accogliere con l’uomo se voglio salvare il suo spirito!

10. Da questi deriva (“A”) il fedele Attaccamento a tutto lo splendore mondano e lo stimolo a salire sempre più in alto nelle grazie del mondo e, nel suo tornaconto, (“E”) di Elevarsi dominando quanto più possibile su tutto alla sua maniera, perché il suo amico T (il talento) gli ha spianato la via!

11. S’intende già nuovamente da sé che nell’accogliere l’uomo secondo il suo spirito i due amici A ed E non possono rimanere indietro e devono essere accolti anch’essi per la conversione e la vera nobilitazione spirituale. E se già tutto è stato accolto, allora non possono restare indietro nemmeno i due ultimi “S” ed “M”, ovvero gli svariati tipi di Sensualità che sono in ogni uomo a legioni, e infine l’ultrastupida mondana Moralità, ad ognuno ben conosciuta, come moda, convenevoli, ecc..

12. Vedete, questi sono gli amici e fratelli menzionati nell’opera principale[16], in voi così come nel Mio servitore, con il quale però è inteso ognuno. A questi dovete annunciare ad alta voce, in voi stessi, che Io ho steso le Mie mani verso di loro ed ho lavato il loro male, ho tolto il peccato e li ho portati in sintonia con i veri interessi del vostro spirito, così che voi, se ora volete, potete continuare a percorrere del tutto liberamente la via della Luce e della Vita a voi fedelmente mostrata.

13. Se, nonostante tutto questo, voi volete rimanere più fedeli a questi vostri vecchi amici, invece che a Me, che senza il vostro intervento vi ho dimostrato questa grande Grazia e santissima Benevolenza paterna, sta liberamente a voi. Anche da questo non dipenderà la salvezza del Sole e della Luna, e le stelle non mancheranno il loro percorso! – Infatti, voi lo sapete pur già da molto tempo che da parte Mia non esiste nessun obbligo per lo Spirito! – Io penso però, avendo già fatto così tanto per voi, che voi farete anche questo poco, e cioè d’ora in poi attaccarvi a Me sempre più forte con il vostro amore e non lascerete in difficoltà i fratelli vostri!

14. Tuttavia avrei potuto spiegarvi i dieci amici della vostra vita terrena nella carne già da molto tempo, se ciò fosse stato salutare per voi; ma poiché Io ben vedevo che questi vostri vecchi amici in voi avrebbero fatto un gran baccano se, prima del tempo, ve li avessi fatti conoscere soltanto nelle lettere iniziali, e questo soltanto nella persona del servitore (Jakob Lorber), così ho finora ritardato questa spiegazione più particolareggiata.

15. Ma poiché ora l’avete, adesso sta anche in voi rifletterci molto seriamente ed adempiere l’incarico richiesto nell’Opera principale, per quanto stia nelle vostre forze proprio in queste dieci lettere; poiché, fintanto che non conoscevate l’esatto significato di queste lettere, Io ho fatto per voi ciò che pretendevo da voi ed ancora pretendo, nella persona del servitore dal servitore stesso e da ognuno di voi.

16. Ora però che questo mistero vi è stato svelato, siete voi stessi obbligati ad adempiere in voi questo compito, altrimenti non potrete essere completamente adatti per il Mio Regno, – qui, infatti si tratta di metter mano all’aratro, e nel frattempo non voltarsi indietro! – Ma Io tuttavia vi ho sempre mostrato per altre vie cosa c’è nell’uomo naturale, e ciò che egli deve fare per trasformare l’uomo naturale un po’ alla volta in quello spirituale. E così finora potevate già fare a meno di questa attuale rivelazione, e perciò non siete stati privati di nulla ed avete potuto continuare a percorrere la retta via senza esitazione, cosa che in futuro sarà anche il caso se osservate con fedeltà quanto vi mostro da osservare nel modo più fedele.

17. Soprattutto, però, attenetevi all’amore; questo non vi abbandonerà! Tutto può passare, solo l’amore rimane in eterno! Ma dove c’è questo, là c’è tutto, poiché l’amore conserva tutto ed è ovunque è la pietra fondamentale di ogni esistenza! – Perciò non siate paurosi, non siate tristi, non burberi, non angosciati, ma in ogni cosa siate coraggiosi, sereni, d’animo e di sentimento lieto, di cuore e spirito gradevoli e servizievoli, allora percorrerete leggeri la vostra via ed avrete le porte del Regno del Cielo sempre spalancate dinanzi a voi, attraverso le quali avrete poi gioco facile introdurre i vostri amici mondani, in precedenza svelati, nobilitati nel Regno Mio, che è la più ardente amorevole Volontà di Colui che qui, attraverso il servitore, vi ha concesso questa grande Grazia. Amen! Amen! Amen!

 

Fine del volume n. 1

 

Indice

 

Cap. 1

Un monito del Padre celeste ai Suoi figli

15.03.1840

Cap. 2

I Comandamenti del Signore agli uomini

16.03.1840

Cap. 3

Il Signore quale Padre dei Suoi figli

20.03.1840

Cap. 4

La vera Chiesa

22.03.1840

Cap. 5

Il mistero della Creazione

 

Cap. 6

La corrispondenza degli astri

 

Cap. 7

I primordi della Terra e della Luna – La creazione di Adamo ed Eva

 

Cap. 8

La caduta nel peccato (originale)

 

Cap. 9

Il giudizio del Signore

 

Cap. 10

La riconciliazione del Signore

 

Cap. 11

La nascita di Caino e Abele

 

Cap. 12

La promessa del Signore

 

Cap. 13

La cacciata dal Paradiso

 

Cap. 14

Adamo riconosce il suo stato e si pente

 

Cap. 15

La confessione di Caino

 

Cap. 16

L’incarico del Signore ad Abele

 

Cap. 17

Le nuove norme del servizio divino e della vita

 

Cap. 18

I sacrifici di Caino e di Abele

 

Cap. 19

Abele assassinato per opera di Caino

 

Cap. 20

Maledizione e fuga di Caino

 

Cap. 21

Patto del Signore con Caino

 

Cap. 22

Hanoch, figlio di Caino, quale legislatore

 

Cap. 23

I comandamenti tirannici di Hanoch

 

Cap. 24

La partenza di Caino verso il mare

 

Cap. 25

Lo sviluppo della progenie di Caino, quale nuovo Ateope

 

Cap. 26

L’empio governo di Hanoch

 

Cap. 27

La politica dei consiglieri di Hanoch

15.05.1840

Cap. 28

Il consiglio dei dieci principi

22.05.1840

Cap. 29

I successori di Hanoch

 

Cap. 30

Lamec fatto re

30.06.1840

Cap. 31

L'espatrio sotto la guida di Meduhed

 

Cap. 32

Il cantico della vita ricevuto da Meduhed

 

Cap. 33

La partenza dei Meduhediti

8.07.1840

Cap. 34

Lo sbarco dei Meduhediti in Giappone

 

Cap. 35

La predica di penitenza data da una tigre, da un leone e da un lupo

27.07.1840

Cap. 36

Il ricordo della disobbedienza di Adamo e la Grazia di Dio

 

Cap. 37

Storia delle origini del popolo cinese – La grande muraglia

10.08.1840

Riflessione

 

Cap. 38

La famiglia di Lamec

 

Cap. 39

Principio e cause della decadenza dei figli delle alture

 

Cap. 40

Adamo racconta la sua caduta

14.09.1840

Cap. 41

Enoch eletto a predicatore

21.09.1840

Cap. 42

Kenan e il suo cantico delle dieci colonne

28.09.1840

Cap. 43

Enoch spiega le parole di Adamo e di Kenan

12.11.1840

Cap. 44

Adamo dichiara la propria debolezza

 

Cap. 45

La benedizione di Adamo ai suoi figli

 

Cap. 46

Della venuta del Signore

 

Cap. 47

Della grandezza e profondità della Parola di Dio

 

Cap. 48

Della benedizione divina sulla Terra

23.12.1840

Cap. 49

La preghiera mattutina di Adamo e di Enoch

 

Cap. 50

Considerazioni mattutine di Enoch

9.01.1841

Cap. 51

La gioia di Jared nel rivedere suo figlio Enoch

 

Cap. 52

Il canto mattutino di Enoch

 

Cap. 53

La meraviglia di Adamo per la sapienza di Enoch

 

Cap. 54

Discorso di Enoch sul vero rendimento di grazie e di lode

20.01.1841

Cap. 55

La confessione di Kenan

 

Cap. 56

Nella grotta di Adamo

21.01.1841

Cap. 57

La confessione di Adamo

27.011841

Fine inciso dal cap. 38

Cap. 58

Asmahaele, lo straniero dai capelli neri

2.02.1841

Cap. 59

Sull’umiltà

8.02.1841

Cap. 60

La giustificata discrezione di Enoch

 

Cap. 61

Della Parola divina nel cuore dell’uomo

11.02. 1841

Cap. 62

La comprensione del discorso di Enoch da parte dei patriarchi

 

Cap. 63

Il discorso di Asmahaele riguardo alla Parola divina

 

Cap. 64

Discorso di Enoch sull’essenza della Parola

15.02.1841

Cap. 65

Sguardo retrospettivo di Adamo alla propria vita

 

Cap. 66

Asmahaele e la tigre

 

Cap. 67

La visita dei padri ai figli del Mezzogiorno

 

Cap. 68

Discorso di Adamo ai suoi e ai figli del Mezzogiorno

24.02.1841

Cap. 69

Le parole consolatrici di Set

 

Cap. 70

Enoch predica dell’Amore

1.03.1841

Cap. 71

Setlahem chiede la vera sapienza

 

Cap. 72

La sapienza di Setlahem e quella di Asmahaele

9.03.1841

Cap. 73

La tigre affamata

 

Cap. 74

L’essenza della verità e dell’amore

17.03.1841

Cap. 75

La causa del timore

 

Cap. 76

La gioia dei primi padri nel Signore

 

Cap. 77

La partenza dei patriarchi in direzione dei figli dimoranti verso Occidente

22.03.1841

Cap. 78

Il ringraziamento di Asmahaele

 

Cap. 79

La debolezza di Adamo

26.04.1841

Cap. 80

L'aurea norma delle scuole dei profeti

 

Cap. 81

I patriarchi presso i figli dell'Occidente

 3.05.1841

Cap. 82

Set rimprovera ad Enoch la parola di verità

 

Cap. 83

Il discorso di Enoch riguardo all'errore di Set

12.05.1841

Cap. 84

La saggia parola di Adamo a Set

 

Cap. 85

Il discorso di Asmahaele sulla legge

 

Cap. 86

Le meditazioni dei patriarchi riguardo al discorso di Asmahaele

15.05.1841

Cap. 87

L'ammonizione di Eva a Set

 

Cap. 88

Enoch spiega le parole di Asmahaele

 

Cap. 89

Le opere della sapienza e le opere dell'amore

 

Cap. 90

La potenza redentrice dell'amore

 

Cap. 91

Set riconosce Asmahaele, lo straniero

 

Cap. 92

La testimonianza di Asmahaele

 

Cap. 93

La curiosità di Adamo

 

Cap. 94

La preghiera di Adamo ad Enoch

1.06.1841

Cap. 95

L'ammonimento ad Adamo

 

Cap. 96

Il discorso di Asmahaele riguardo alla Parola di Dio

 

Cap. 97

La confessione di Adamo

4.06.1841

Cap. 98

Il silenzio dell'amore

 

Cap. 99

Leggi divine e leggi umane

 

Cap. 100

Le riflessioni di Jared riguardo all'Essenza di Asmahaele

 

Cap. 101

La risposta di Enoch a Jared riguardo ad Asmahaele

11.06.1841

Cap. 102

Antitesi fra Dio e gli uomini

 

Cap. 103

L'invito di Asmahaele a proseguire il viaggio

14.06.1841

Cap. 104

Asmahaele elegge Abedam a compagno di viaggio

 

Cap. 105

Le domande di Jared sull'Essenza di Asmahaele

 

Cap. 106

La relazione fra Kenan e Maalaleel

15.06.1841

Cap. 107

Sulla scaltrezza

 

Cap. 108

L'imbarazzo di Set a causa della contro domanda di Enos

 

Cap. 109

La sosta dei padri sotto l'albero del pane

 

Cap. 110

La potenza prodigiosa di Asmahaele

18.06.1841

Cap. 111

Asmahaele conduce Matusalem e Lamech alla compagnia

 

Cap. 112

Il colloquio fra Lamech e Matusalem riguardo allo straniero

 

Cap. 113

Enoch parla a Matusalem e a Lamech

25.06.1841

Cap. 114

L'impazienza di Lamech e la risposta di Matusalem

 

Cap. 115

Il serpente sull'albero

 

Cap. 116

Il discorso di Asmahaele sulla potenza di Dio nell'uomo

 

Cap. 117

La domanda di Adamo ad Asmahaele

1.07.1841

Cap. 118

La vita terrena e il suo scopo

 

Cap. 119

Le preoccupazioni di Jared per ospitare Asmahaele

6.07.1841

Cap. 120

I patriarchi si intrattengono sul conto di Asmahaele

 

Cap. 121

Lamech e Matusalem discorrono di Asmahaele, lo straniero

22.07.1841

Cap. 122

Asmahaele espone una parabola

 

Cap. 123

Alla "Mano secca della Terra"

28.07.1841

Cap. 124

Adamo chiede dei figli del Settentrione

29.07.1841

Cap. 125

Adamo manda a cercare i figli del Settentrione

 

Cap. 126

Asmahaele invia Enoch

5.08.1841

Cap. 127

Tre figli di Adamo danno ascolto alla chiamata di Enoch

 

Cap. 128

La gioia di Adamo nel rivedere i propri figli Jura, Bhusin ed Ohorion

 

Cap. 129

Il discorso di Asmahaele riguardo all'Essenza di Jehova

7.08.1841

Cap. 130

Il richiamo efficace di Asmahaele ai figli del Settentrione

 

Cap. 131

La gioia e i ringraziamenti di Adamo – Jura, smanioso di sapere, interroga Asmahaele

 

Cap. 132

Il pasto in comune – La reverenza e la modestia inducono alcuni dei padri al digiuno – L'amore di Enoch per Asmahaele – La vera preghiera

27.10.1841

Cap. 133

La promessa di Asmahaele ad Enoch

 

Cap. 134

Asmahaele espone una parabola dell'amore

29.10.1841

Cap. 135

La stolta replica di Adamo

 

Cap. 136

L'ammonizione di Asmahaele ad Adamo

 

Cap. 137

Conversione e confessione di Adamo

2.11.1841

Cap. 138

Discorso di Emanuel riguardo alla Sua venuta agli uomini

 

Cap. 139

Il grande amore di Lamech per Emanuel

3.11.1841

Cap. 140

Emanuel biasima il ringraziamento insincero di Matusalem

4.11.1841

Cap. 141

Enoch incoraggia i padri sull'amore per Emanuel

 

Cap. 142

Della libertà dell'uomo

5.11.1841

Cap. 143

L'inizio del sacrificio. Le parole ammonitrici infuocate di Lamech – Della mansuetudine e della pazienza

 

Cap. 144

Benedicendo l'offerta, Emanuel pronuncia parole di congedo – Una promessa per il Golgota – Della magnificenza della libertà spirituale

 

Cap. 145

Le disposizioni di Adamo per l'imminente Sabato

8.11.1841

Cap. 146

L'incontro di Abedam con lo straniero

 

Cap. 147

La conversazione di Abedam con Abedam lo straniero

9.11.1841

Cap. 148

L'arrivo di Abedam, lo straniero, presso i padri

10.11.1841

Cap. 149

La domanda di Abedam, lo straniero

11.11.1841

Cap. 150

Un vangelo dell'amore

12.11.1841

Cap. 151

Set cerca la luce nella luce

13.11.1841

Cap. 152

Della semplicità – Il prodigio dell'Amore di Dio.

15.11.1841

Cap. 153

La vera fratellanza tra Enoch e Abedam, il conosciuto

16.11.1841

Cap. 154

Del vero amore per il prossimo

 

Cap. 155

Lamech chiede ad Abedam, lo straniero, l’origine della sua sapienza

17.11.1841

Cap. 156

Lamech sopraffatto dall'amore

19.11.1841

Cap. 157

La bufera

20.11.1841

Cap. 158

Timore di Dio e Amore di Dio

22.11.1841

Cap. 159

Adamo e Set nel momento dell'angustia e della prova

 

Cap. 160

L'aiuto divino e le cure umane

 

Cap. 161

Il ringraziamento di Set

25.11.1841

Cap. 162

L'Alto Abedam nella cerchia dei Suoi figli beati – La fine della tempesta.

 

Cap. 163

La forza miracolosa di Set calma la bufera di fuoco – Le indagini e i presentimenti di Kaeam; il suo amore per l’Alto Abedam

29.11.1841

Cap. 164

Le rime consolatrici di Kaeam

1.12.1841

Cap. 165

Abedam, l’Alto, e i cinque cercatori di luce – Non l'indagine bensì l'amore conduce alla vita

2.12.1841

Cap. 166

Come deve essere il vero amore verso Dio

3.12.1841

Cap. 167

Della vera preghiera – La Divinità giudicante e il Padre amante nel Signore

4.12.1841

Cap. 168

Uno sguardo retrospettivo alla notte tempestosa – L'amore scaccia il timore

6.12.1841

Cap. 169

La colazione dei patriarchi nel Sabato

9.12.1841

Cap. 170

Un vangelo dei sacrifici

10.12.1841

Cap. 171

Enoch prepara il sacrificio

 

Cap. 172

Dell'essenza dell'intercessione

13.12.1841

Cap. 173

I sette mormoratori del Mezzogiorno dileggiano Setlahem

15.12.1841

Cap. 174

Un vangelo per gli offesi

16.12.1841

Cap. 175

Setlahem e i sette mormoratori

 

Cap. 176

Temerarietà ed umiliazione del mordace Chisehel

20.12.1841

Cap. 177

La confessione di Chisehel

21.12.1841

Cap. 178

Preghiera di pentimento di Chisehel

22.12.1841

Cap. 179

Dell'essenza del peccato e del come il peccato si vince

23.12.1841

Cap. 180

Le cinque figlie di Zuriel 

28.12.1841

Cap. 181

Le apprensioni dell'umile Zuriel 

29.12.1841

Cap. 182

Il Signore e Ghemela

30.12.1841

Cap. 183

Uno sguardo alle profondità della Creazione

31.12.1841

Cap. 184

Dell'essenza del tempo e dell'eternità

3.01.1842

Cap. 185

L'essenza della vita – Le promesse del Signore a Ghemela.

4.01.1842

Cap. 186

Innocenza e vergogna – Il ritorno e l'accoglienza dei messi.

 

Appendice

 (Spiegazione delle lettere citate nel capitolo 3, verso 12)

27.05.1847

 

 

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[1] (La spiegazione sarà data a parte, sette anni dopo, e pubblicata molti anni dopo nel volume 3° di Doni del Cielo cap. 84, successivamente inserita in allegato alla fine di questo primo volume – vedi appendice)

[2] In seguito a questa affermazione, Giulie Huttembrenner, una delle figlie di un amico di Lorber, chiese spiegazioni sulla Luna, (vedi D.d.C. vol. 1 cap. 127), e ne nacque l’opera dettata nel 1841 “La Luna”.

[3] Ciò è riferito quale profezia, che può essere considerata adempiuta in “Un angelo sulla Terra”, (circa 500 anni prima di Gesù), ln cui l’arcangelo Raphael con il nome di Asarja si presenta tra gli uomini per una missione di aiuto a Tobia. E al tempo di Gesù, circa gli ultimi sette anni prima della nascita, in “Da lontano dalla Terra”, l’arcangelo Gabriel con il nome di Simeone, per l’annunciazione e fino alla circoncisione di Gesù.

[4] Frase questa un po sibillina, e lo dovette essere anche per Jakob e per i suoi amici. Tale però da stimolare un opera particolare, per donare una spiegazione piuttosto articolata. Questa fu dettata a Lorber circa un anno dopo, dopo la dettatura del cap. 77 con il dettato del 29.03.1841. Un opera dal titolo omonimo: “Il grande Tempo dei tempi”, composta da 151 strofe di 10 righe in rima baciata a due a due.

[5] L’aspetto dela stirpe di Caino che era stato ‘annerito’, e quindi di tutti i suoi discendenti.

[6] Trattasi della poesia comunicata a Lorber il 9 giugno 1840 e riportata su “Doni del Cielo” vol. 1 cap. 22.

[7] Si riferisce al modo di scrivere  nel 1800 la lingua tedesca. La ‘n’ si distingueva dalla ‘u’ solo per la presenza di un trattino sopra la lettera stessa.

[8] Questa nota scaturì dalla richiesta (di Lorber o da uno dei suoi amici) di spiegazioni sulla discordanza dell’età di Lamech (di 46 anni) riportata al successivo cap. 110,7. – Nota conclusiva dell’editore, fuorviante per il lettore, perché il Signore nella sua risposta che spiega il significato spirituale del numero 126, quindi in un certo senso ne conferma l’età di Lamech. Pertanto, è evidente che il numero 46 scritturato da Lorber è errato, (probabilmente per il fatto che la frase si conclude con il considerare Lamech nella “…sua esuberante vivacità” – vedi nota n.13), e pertanto anche il presunto calcolo dell’età di Matusalem derivato dalla Bibbia in Genesi 5,25 è sbagliato, dovendo essere di 187+126=313 anni.

[9] Il termine tedesco è achtzigmal (ottanta volte), ma probabilmente è un errore, poiché le vicissitudini raccontate lasciano supporre che la distanza, sia con la vista della pianura dalle alture dei figli, come anche dai rapporti successivi dei due popoli, fanno pensare a un tempo molto inferiore, circa otto volte (cioè actmal). [n.d.r.]

[10] Riflessione: – A dire il vero, in questo punto del dettato manca la connessione con il successivo, poiché “all’aperto” sarebbe al di fuori della reggia di Lamec, ma non si lega con il fatto che i sette dicono: “…non veniamo dalla città”, per cui esse dovevano già essere ben distanti da questa. Ed è strano che questi sette scendessero dalle alture di Adamo per andare verso la città senza essere stati autorizzati. – E ancora: al cap. 42,80 nel cantico delle dieci colonne, Kenan parla di Noè come se fosse conosciuto, mentre la nascita di Noè viene annunciata al cap. 3,34 del 2° volume, ribadito al cap. 11,7 del 3° volume, e nascerà al cap. 117,9 del 3° volume. – E ancora: al  cap. 46,10 il Signore compare tra molti, ma ciò non sarebbe stato possibile, poiché sarebbe la prima comparsa e senza alcuna preparazione dei figli, mentre poi sappiamo che si presenterà gradualmente sotto mentite spoglie di uno straniero dai capelli neri nominato poi da Adamo come Asmahaele, poi come l’Alto Abedam o Abedam lo straniero, per non ledere il libero arbitruio, e perfino al cap. 46,18 viene profetizzata la nascita e il martirio di Gesù e le successive venute e il Giudizio, che più avanti negli altri due voluni sarà appena accennato. – Diverso sarebbe stato se tutto ciò che segue, da adesso fino al cap. 57 compreso, fosse stato inserito come facente parte del tempo degli ultimi dieci anni della vita di Adamo, ed inserito prima del cap. 115 del terzo volume. [ndr]

[11] cioè il passaggio del divenire da Lucifero ad Adamo. (Nota dell’Editore tedesco)

[12] Ciò è da intendere con l’incarnazione attraverso Gesù.

[13] Il termine in tedesco è vierzig, ma probabilmente un errore (casuale o voluto di Lorber), poiché al cap. 38,20, Adamo aveva già indicato l’età di Lamech in 127 anni. Perciò il termine in tedesco dovrebbe essere undert vierzig.

[14] Ciò deve intendersi, evidentemente, in un contunuo reincarnarsi e quindi in un continuo nascere e morire.

[15] Probabilmente riferito al cuore (n.d.r.)

[16] Questa prima Opera dettata: “Il Governo della Famiglia di Dio”.