Rivelazioni
nel 1840/1844 al mistico e profeta
Jakob Lorber
Il governo della famiglia di Dio
(vol. 1)
Traduzione dall’originale tedesco “Die Haushaltung Gottes (1)” – in tre
volumi
Traduzione dalla 5°. edizione tedesca 1981
Casa Editrice del testo originale: LORBER
VERLAG - Bietigheim - Germania
Copyright © by Lorber Verlag
Testo in italiano - Copyright © by
Associazione Jakob Lorber
“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan
e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il
sostegno nella pubblicazione di questo volume”.
Traduzione di Salvatore Piacentini (1925)
ISBN 978-88-88-984-21-6
Il testo in PDF può
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Libri della casa
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[“Governo della Famiglia” vol. 2]
[“Governo della Famiglia” vol. 3]
Vai all’ indice del vol. 1
Il Signore Abedam (l’Alto), lo straniero dai capelli neri
(Asmahele), Emanuel
Abedam (il conosciuto) figlio di Adamo
Abele il secondo figlio di Adamo
Ada una
delle due mogli di Lamec (della pianura)
Adamo il primo uomo (a immagine di Dio)
Aholin fratello di Gioliele
Ahujel discendente nipote di Set
Asmahaele lo straniero (poi rivelatosi il Signore)
Aza moglie
di Ahujel
Bhusin uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)
Cad uno dei re delle dieci città di
Hanoch
Caino il primo figlio di Adamo
Carac uno dei re delle dieci città di Hanoch
Chisehel uno dei figli di Adamo del Mezzogiorno (Meridione)
Emanuel il nuovo nome di Asmahaele
Enoch figlio di Jared (agì come la volontà di
Jehova)
Enos figlio
di Set (fu predicatore del nome di Dio)
Eva la
prima donna
Farac uno dei re delle dieci città di Hanoch (fu una saggia guida di
Dio)
Ghemela una delle cinque figlie di Zuriel, pronipote di
Chisehel
Gioliele fratello di Aholin
Hail figlio
più giovane di Metusael
Hanoch figlio di Caino
Hlad uno dei re delle dieci città di Hanoch
Hored un discendente di Set
Huid uno dei re delle dieci città di Hanoch
Irad figlio
di Hanoch (poi discepolo di Farac)
Jabal figlio di Lamec e di Ada, fratello di
Tubalkain (fu padre degli abitanti delle capanne)
Jared figlio di Maalaleel
Jeha moglie
di Set
Jored figlio più anziano di Metusael
Jubal figlio di Lamec e Ada (era musicista)
Jura uno
tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)
Kaeam figlio di Set della decima generazione
Kenan figlio di Set
Kuramech uno della stirpe di Jabal
Lamec figlio di Metusael
Lamech figlio di Matusalem
Maal fratello
di Noè
Maalaleel figlio primogenito di Kenan
Mahujel figlio minore di Irad
Matusalem figlio di Enoch
Meduhed un comandante di Lamec
Metusael Figlio di Mahujel (scienziato, naturalista)
Molachim uno
dei re delle dieci città di Hanoch
Naeme figlia di Lamec e Zilla (domatrice degli animai
selvaggi)
Noad uno dei re delle dieci città di Hanoch
Noè figlio
di Lamech
Ohorion uno tra i figli della Mezzanotte (Settentrione)
Set terzo
figlio di Adamo
Setlahem figlio di Enos
Tahirac uno dei re delle dieci città di Hanoch
Tatahar (un essere crudele e assetato di sangue)
Tubalkain figlio di Lamec e Zilla (fu maestro lavoratore dei
metalli)
Ufrac uno dei re delle dieci città di Hanoch
Ufrahim uno dei re delle dieci città di Hanoch
Zilla una delle due mogli di Lamec
Zuriel nipote di Chisehel
Un monito del Padre celeste ai suoi figli
15 marzo 1840
dopo le 6.00 del mattino
(Jakob Lorber: “Così parlò il
Signore a me e in me per ciascuno, e ciò è vero, fedele e sicuro”):
1. Chi vuol parlare con Me, costui venga a Me, ed Io gli metterò la risposta
nel cuore; tuttavia solo i puri, il cui cuore è pieno di umiltà,
percepiranno il suono della Mia voce.
2. E chi preferisce Me
al mondo intero, e Mi ama come una tenera sposa ama il suo sposo, con costui Io voglio camminare a braccetto. Egli
sempre Mi vedrà come un fratello vede l’altro fratello, e come Io lo vedevo fin
dall’eternità, prima ancora che egli fosse.
3. Dì però agli ammalati,
che essi non devono affliggersi nella loro malattia, ma devono rivolgersi seriamente a Me e fidarsi assolutamente di Me.
Io li consolerò, e un fiume del balsamo più prezioso si riverserà nel loro
cuore, e la sorgente dell’eterna Vita si rivelerà in essi, inesauribile; essi
guariranno e saranno ristorati, come l’erba dopo una pioggia a dirotto.
4. A coloro che Mi
cercano, dì loro: “Io sono il ‘Vero dappertutto, e il ‘Vero da nessuna parte’.
Sono dappertutto dove Mi si ama e si osservano i Miei Comandamenti, da nessuna
parte, invece, dove Mi si adora e Mi si venera soltanto”. Non è
dunque l’amore più che la preghiera, e l’osservanza dei Comandamenti più che la
venerazione? In verità, in verità Io ti dico: “Chi Mi
ama, costui Mi adora in spirito, e chi osserva i Miei Comandamenti, costui è
colui che mi venera nella verità!”. I Miei Comandamenti però nessuno può
osservarli se non colui che Mi ama; ma chi Mi ama non ha più alcun comandamento
che questo: – e cioè di amare Me e la Mia Parola
viva, che è la vera, eterna Vita.
5. Ai deboli
annuncia dalla Mia bocca: “Io sono un Dio forte. Essi
devono tutti rivolgersi a Me, ed Io li completerò. Da un acchiappa-mosche
voglio fare un domatore di leoni, e i timorosi debbono distruggere il mondo, e
i forti della Terra devono essere dispersi come pula”.
6. Ai danzatori e alle
danzatrici dì, senza timidezza, che essi
sono tutti quanti burattini manovrati da Satana. Egli infatti li afferra
tutti quanti per i piedi e gira attorno con loro velocemente in un vortice,
affinché essi siano in tal modo completamente storditi da non poter né stare,
né andare, né sedere, né dormire, né sostare, né vedere, né udire, né tastare,
né odorare, né gustare, né percepire; essi infatti sono come morti, per cui non
si può né consigliarli né aiutarli. E se ancora volessero volgersi a Me, si
sentirebbero come uno che una persona robusta prendesse per i piedi e facesse
girare in circolo attorno a sé; anche se costui guardasse su al cielo, non
vedrebbe il Sole, ma solo una striscia luminosa che lo accecherebbe, così che
poi vorrebbe chiudere gli occhi e non vedere più nulla del tutto.
7. Colui in cui l’occhio del corpo è cieco, a costui
sta ancora aperta la vista dello spirito; ma chi diventa cieco nello spirito,
costui rimane cieco eternamente!
8. Ai giocatori
puoi dire che essi giocando perdono per prima cosa la
loro vita, e poi tutto ciò che fu dato loro per questa stessa vita. Il
gioco infatti è una fonte piena di velenoso sudiciume; i giocatori però credono
che sia una fonte d’oro nascosta. Perciò essi frugano giornalmente in questa
immondizia, assimilano nelle narici l’alito pestilenziale, si avvelenano fin
nelle più intime fibre e, al posto del presunto oro, trovano l’eterna morte
dello spirito.
9. Coloro che possiedono
la Scrittura e non la leggono, assomigliano
a un assetato alla fontana in cui vi è acqua pura, che essi però non vogliono
bere. Agiscono così o per una certa idrofobia spirituale, a somiglianza
dei cani rabbiosi i quali, per calmare la sete bruciante, mordono le pietre più
dure anziché cacciare il muso nell’acqua e guarire; oppure anche, il più delle
volte, essi agiscono così per una certa indifferente pigrizia, e preferiscono
perciò farsi offrire da certuni indolenti servitori, per calmare la loro sete,
del fango puzzolente dalla più vicina pozzanghera, per poi perire malamente
tutti quanti.
10. Ma ai fornicatori e
alle fornicatrici dì questo: “Chi cammina
nella carne, cammina nella morte, e il suo piacere sarà presto trasformato in
cibo per i vermi. Solo chi cammina nello spirito, arriva alla Luce, la Sorgente
di ogni Vita; la sua parte sussisterà in eterno e si moltiplicherà”.
11. Ai patiti
dell’abbigliamento lussuoso e della moda dì seriamente che essi stanno nudi davanti al loro giustissimo Giudice.
Il loro lusso passerà come una schiuma; la loro sete di potere e il lusso
saranno tramutati nella più bassa schiavitù, ed essi dovranno vergognarsi
eternamente della loro stoltezza. Non è dunque un grande stolto colui che si
propone di dorare un mucchio di immondizia, ed invece fa incastonare le pietre
preziose nel più sudicio escremento anziché nell’oro? Oh, ma quanti, quanti ce ne
sono di pazzi ora a questo mondo! La luce la prendono per tenebra, e la tenebra
per luce!
12. Già sta una stella nell’est, che aprirà la via ad
Orione, e il fuoco del Grande Cane tutti li consumerà; e Io voglio scagliarne
in grande quantità di stelle dal Cielo sulla Terra, affinché tutti i malvagi
periscano e la Mia luce brilli ovunque.
13. Io, Jehova, Dio dall’eternità, il Veritiero e il
Fedele, come ultimo avvertimento! Amen!
14. A te, che hai scritto questo malamente sotto dettatura,
ciò vale per primo, poi però per tutti gli altri! Amen! Questo dice il Primo e
l’Ultimo! Amen!»
[indice]
I comandamenti del Signore agli uomini
16 marzo 1840
(Lorber: “Così continuò a parlare il Signore a me e in me per ciascuno; e
ciò è vero, fedele e sicuro”):
1. Tu sei il Lot di Sodoma, ma vedi di non soffocare
nell’impudicizia, e che il retaggio della meretrice non diventi tua parte, poiché tu sei
come nessuno prima di te e dopo di te. Tu come uomo sei interamente nella carne
e nei suoi piaceri, e come spirito sei completamente libero con occhi e orecchi
aperti. Tu imbratti il tuo corpo di fango, e sul tuo spirito si riversano fiumi
di luce; il tuo corpo si ciba di porcherie, mentre il tuo spirito è circondato
da mille angeli. Hai riempito il tuo cuore mondano di sterco e fango, ed Io Mi
sono eretto una dimora nel tuo cuore spirituale. Tu ti intrattieni con meretrici,
mentre Io parlo con te come un Fratello al fratello; tu puzzi come un pantano,
e il tuo spirito respira le fragranze del più alto dei Cieli; tu sei un mostro
(nell’espressione), e il tuo
occhio irradia i soli. Perciò purifica la tua carne e diventa uno con Me, affinché Io diventi uno con te!
2. Dì alle madri paurose che esse non devono
educare le loro figlie nel timore degli uomini e del mondo, poiché a ciò che
si teme, si ubbidisce ciecamente nella tentazione, e colui che è temuto
diventerà facilmente vincitore. Esse
invece devono piuttosto educarle nel timore di Me e nell'amore per Me, affinché
Io diventi vincitore e affinché esse disdegnino il mondo e godano di ogni
abbondanza nel Mio Amore sconfinato.
Esse non devono condurle in luoghi pubblici allo scopo di conquistare un
marito, bensì da Me, da Me devono portarle, e Io ti dico che non uno dei loro
desideri resterà senza benedizione e insoddisfatto. Poiché Io sono un Dio ricco, che di tutto ha
il più infinito sovrappiù, che tutto può e anche vuole dare in somma
sovrabbondanza.
3. I poveri non devono elemosinare davanti alla porta
del ricco, dove sperimentano la sorte dei cani estranei, e il loro cuore viene volto
a tristezza e amarezza. Essi invece devono solo venire da Me con ferma fiducia,
e Io li ristorerò tutti quanti. Voglio dar da mangiare agli affamati, da bere agli
assetati, vestire gli ignudi e guarire i malati; lo zoppo dovrà saltare come un
cervo, il lebbroso sarà mondato, il cieco vedrà, il sordo udrà, e il debole
voglio renderlo più forte di un leone. Il pavido sarà più coraggioso di un
puledro, e il vecchio troverà riposo. Il povero è il Mio fratello più prossimo;
Io provvedo per lui. Egli, dunque, non deve lasciarsi profanare dai cani;
poiché i ricchi del mondo sono fratelli di Satana e figli del Diavolo,
dell'inferno.
4. Ai Miei amici e alle Mie amiche dì questo: "Essi non devono amare i Miei domestici e servi
più di Me!". La loro
salvezza non devono tanto metterla nelle loro mani, ma piuttosto interamente
nelle Mie, e affidarsi totalmente a Me. Infatti, il domestico deve agire
rigorosamente secondo il comando, se non vuole essere trovato indegno; solo il
Datore della Legge sta al di sopra di essa, e può anche porre al di sopra di
essa chi Egli vuole. Fino a quando però,
essi stanno sotto il giogo, saranno giudicati; ma chi viene da Me, a lui Io
posso condonare il giudizio.
5. La Mia Chiesa sulla Terra è un bagno di purificazione;
chi si è lavato, venga da Me, perché Io lo asciughi col calore del Mio Amore e
lo trattenga. Ma chi prova solo piacere nel battersi e lavarsi, a quello va
come alle ruote del mulino, che non escono mai dall'acqua.
6. Se qualcuno ha compiuto opere di vera
penitenza, venga da Me, perché Io lo accolga come un figlio perduto e lo trattenga
nella Mia Forza. Infatti, il servo può consigliare, Io invece posso fare; il
domestico può istruire, ma la redenzione è solamente opera Mia; il servo può
pregare, ma solo Io posso benedire. Il Mio domestico deve giudicare rettamente,
ma il diritto della grazia ce l'ha solo il Signore. Perciò essi, al di là dei
domestici e dei servi, non devono dimenticarsi del Signore!
7. Questo dì loro fedelmente, parola per parola, senza
alcuna timidezza, poiché tu non devi temere il mondo se Mi vuoi amare, dato che
Io sono più che tutto il mondo.
8. Per il mondo Io sono un eroe assai piccolo, a cui
non si dà alcuna importanza. Gli eruditi a mala pena Mi guardano ancora più in
su delle spalle, e con estrema difficoltà Mi lasciano ancora il nome di un uomo
onesto. Tuttavia alcuni Mi hanno già dato completamente congedo; per costoro,
dunque, Io non ci sono più affatto. Alcuni Mi concedono bensì ancora un qualche
tratto divino, tuttavia solo per breve tempo; dopo, però, al contrario si
lasciano convincere del contrario dai sapienti del mondo. Allora Io vengo
subito vergognosamente respinto e valgo ancora tutt'al più come un vecchio Dio
per donne. Per alcuni dei Miei domestici e servi che vogliono essere grandi, Io
servo ancora solamente come pubblico sigillo ufficiale e come rivestimento
esteriore, di parvenza divina, ma della loro nera insensatezza e della loro
rozza, tenebrosa stupidità e follia! Nondimeno, certuni lasciano bensì che Io
Me ne stia ancora nella Mia Divinità, ma in compenso, per i loro vantaggi
temporali, Io devo lasciar fare di Me ciò che vogliono, e precisamente, il che
è peggio di tutto, Io devo essere una pura assurdità! Amore e Misericordia
posso solo averne fino a quando fa comodo a loro, poi però devo diventare più
inesorabile di una pietra, e devo lasciarMi trasformare nel più scandaloso
tiranno! Devo saltare da un tribunale all'altro e pronunciare una condanna dopo
l'altra; il Mio Amore deve essere dunque solo temporale, ma la Mia tirannia,
con l'annessa severissima funzione di giudice, deve durare in eterno! – Oh, che
enormi pazzi! La sconfinata Longanimità, Mansuetudine, Umiltà e il Mio eterno
Amore per le Mie creature, ovviamente non sono utili per il loro avido
commercio; presto tuttavia dovrà essere tirata una lunga riga sotto i loro
conti! I loro conti stanno davanti a Me, e la misura delle loro azioni è
diventata piena, non mancandone che una, e la paga li attende!
9. Chi non Mi conosce come sono, e chi Io sono,
sarebbe meglio per lui che di Me non sapesse nulla affatto, poiché allora Io
potrei ancora renderlo vivente, là, nel regno degli spiriti; ma così essi si
rendono inadatti al Mio aiuto, poiché uccidono la vita in se stessi, per il
fatto che distruggono Me in se stessi, e così anche Mi uccidono, e sono come i
tralci staccati dalla vite.
10. Io, però, adesso dico questo: "Io sono l'unico, eterno Dio nella Mia natura
trinitaria, quale Padre secondo la Mia natura divina, quale Figlio secondo la
Mia natura perfettamente umana, e quale Spirito secondo ogni vita, azione e
conoscenza". Io sono dall'eternità
l'Amore stesso e la Sapienza stessa; mai ho ricevuto qualcosa da qualcuno.
Tutto ciò che esiste è da Me, e chi ha qualcosa, l'ha da Me! – Come posso
essere un tiranno e un pronunciatore di condanne? – O voi stolti! Io vi amo, e voi Mi disprezzate!
Io sono vostro Padre, e voi fate di Me un giustiziere! Dove Io benedico, voi
maledite! Dove Io costruisco, voi distruggete! Ciò che Io erigo, voi lo piegate
a terra! Dove Io semino, là sopra convogliate flutti mortali! Voi siete
completamente contro di Me! Se Io fossi come voi dite che Io sia, in verità vi
dico che la Terra non sussisterebbe più già da lungo tempo, anzi non sarebbe
neanche mai stata creata; ma poiché Io sono come sono, così tutto sussiste
ancora, com'era, e come sarà eternamente! E anche voi sarete come volete
essere, senza il Mio giudizio di condanna, poiché voi sarete quello che da voi
stessi vi sarete fatti. Invece coloro
che Mi prendono come sono, e Mi amano come Io li amo, di loro Io farò quello
che vogliono, affinché la loro libertà e la loro gioia siano perfette in
eterno!
11. Ai Miei domestici e servi dì: "I Miei incarichi non sono banche di cambio e non
sono botteghe di denaro!".
Chi infatti Mi serve a motivo del denaro, non Mi serve per amore; ma chi
non Mi serve per amore, il suo servizio Mi è estraneo, come Io devo essere del
tutto estraneo per lui, dal momento che non Mi serve per amore; con lui ho già
chiuso il conto! Ma come può essere un servo fedele, colui che vendette i
tesori del padrone senza autorizzazione, come un ladro, per i prezzi più
scandalosi? Iscariota per lo meno Mi vendette per trenta denari d'argento,
senza prevedere ciò che sarebbe stato di Me, e poiché egli era accecato, andò
perduto. Adesso, però, essendo Io già martirizzato, ucciso e di nuovo risorto,
Mi si può avere a ogni minuto per i prezzi più scandalosamente ridicoli. – O
voi scandalosi ladri, voi assassini! – A cosa vi dovrò paragonare? Voi, figli del drago! Voi, razza di vipere!
Voi, prole di serpenti! E' così che Mi
servite? E' così che devo trovarvi? Vi feci sì, dire, tramite il Mio caro
Paolo, che colui che serve all'altare deve anche vivere dell'altare, ma solo
dalle opere dell'amore che produce ogni bene; voi però non avete opere d'amore,
– perciò siete briganti e ladri, e assassini a tradimento del Vangelo e di ogni
verità! Sappiate questo: «Com'è il lavoro, così la paga!». L'amore non si
può avere per denaro, ma solo di nuovo con l'amore. Io sono l'Amore stesso e,
senza eccezione, non Mi si può avere a nessun altro prezzo, se non di nuovo,
solo con l'amore. Con l'amore vi ho riscattati tutti; perciò da voi tutti
pretendo di nuovo, amore! Perciò chi vuole servirMi, Mi serva nell'amore, in
cui Io per lui sono morto in Croce; e chi vuol venire a Me, venga a Me
nell'amore che sanguinò per lui sulla Croce.
12. Ai funzionari e ai signori del mondo dì senza alcuna
timidezza, parola per parola, che i loro incarichi non stanno più in alto degli
incarichi del Mio regno. Tuttavia, ogni incarico che è contro il Mio
incarico, fra poco voglio distruggerlo! Guai ai suoi servitori, poiché sono Io
il Sommo! La Mia Legge è eterna, come lo sono Io, e rimarrà, come Me,
eterna! Le tignole che vogliono
rosicchiare la Mia Legge e fare di nuovo leggi dal loro escremento per
cancellare il Mio Comandamento, su costoro tale Comandamento rotolerà con
grande forza e pesantezza, e li annienterà, come se non fossero mai
esistiti.! Chiunque pecchi contro i Miei
Comandamenti, può essere perdonato se si corregge, se riconosce il suo errore e
se ne pente, e poi si rivolge a Me e rimane in Me e Io in lui. Ma chi vuol
scalzare la Mia Legge, essa lo schiaccerà, ed egli poi non sarà più in eterno!
Tutte le leggi mondane scalzano il Mio Comandamento, se non sono ispirate dal
Mio Amore e date da uomini istruiti attraverso il Mio Spirito. Guai ai tiranni
e guai ai despoti che regnano a motivo del trono e della potenza e
dell'autorità, poiché al loro tempo non manca più che una sola cosa, ed essi
sperimenteranno la potenza dei deboli! Il suolo è Mio, e il campo è Mio! Questo
lo dice il Veritiero, l'eterno Dio di Amore e Sapienza, e l'annuncia a un pazzo
per i sapienti del mondo!
Amen! – Io, Jehova! – Amen!"
[indice]
Il Signore quale Padre dei Suoi figli
20 marzo 1840
(Lorber: “Così parlò il Signore a
me e in me per ciascuno, e ciò è vero, fedele e sicuro”):
1. Io sono un buon Padrone di casa; neanche
una briciola va perduta. Chi investe da Me il suo capitale, a lui esso darà
alti interessi e resterà registrato nel Mio Cuore, e gli interessi cresceranno
in tutte le eternità delle eternità. Guarda in alto, tu, stolto, e contempla il
cielo stellato! Chi mai ha contato i soli il cui numero non ha fine, e le terre
tutte, che Io ho creato a migliaia attorno a ogni singolo Sole? E Io ti dico: –
Io che sono veritiero e fedele, in ciascuna delle Mie parole: «Per un centesimo darò una terra, e per un sorso
d'acqua fresca, un Sole!». In verità, Io ti dico anche: "Il minimo servizio di amore del prossimo, sarà
compensato nel modo più eccezionale, più indicibile!"
2. Tu Mi domandi se è possibile che proprio
dappertutto ci siano uomini come qui sulla Terra che tu abiti, e Io ti dico:
"Sì, ci sono dappertutto uomini che provengono dai Miei visceri, e Mi
riconoscono secondo il tipo di viscere; e quelli che provengono dalle Mie mani
e Mi riconoscono dalle Mie mani; e quelli che provengono dai Miei piedi e Mi
riconoscono secondo i Miei piedi; e quelli che provengono dalla Mia testa Mi
riconoscono secondo la Mia testa; e quelli che provengono dai Miei capelli Mi
riconoscono secondo i Miei capelli; e quelli che provengono dai Miei lombi Mi
riconoscono secondo i Miei lombi; e in generale, quelli che provengono da ogni
e ciascuna singola parte della Mia Entità corporea, Mi riconoscono secondo tale
parte. E la loro vita e la loro beatitudine corrispondono alla parte da cui
sono scaturiti, e tutti sono Mie creature, che Mi sono care; poiché Io sono
tutto Amore, e dappertutto sono l'Amore stesso.
3. Invece gli uomini di questa Terra li suscitai dal
centro del Mio Cuore, e li creai perfettamente a Mia immagine e somiglianza, ed
essi non dovrebbero essere soltanto Mie creature, ma i Miei cari figli, che Mi
devono riconoscere non come Dio e Creatore, ma solo come il loro buon Padre,
Colui che, dopo un breve periodo di prova, vuole riprenderli interamente con
Sé, così che abbiano tutto quello che ha Lui stesso, e possano abitare presso
di Lui eternamente, e con Lui regnare, e giudicare l'Universo. Ma vedi, tutte
le Mie creature Mi amano come loro Creatore nella loro grata gioia di esistere;
invece i Miei figli non vogliono il loro Padre e disdegnano il Suo Amore!
4. Vedi, Io sono triste quando vedo come ad ogni ora,
a mille e mille migliaia, essi avvizziscono e muoiono! Oh, se solo potessi
aiutarli! – Non è triste quando l'Onnipotente non può dare aiuto?
5. Tu già Mi chiedi di nuovo come ciò sia mai
possibile? Oh, “Sì!”, Io ti dico, “Questo è ben possibile!”. Vedi, tutte le Mie
creature dipendono dalla Mia potenza, ma i Miei figli dipendono dal Mio
Amore! La Mia potenza comanda, e così
avviene; ma il Mio Amore desidera soltanto, e comanda con ogni dolcezza ai
liberi figli, e i liberi figli si tappano gli orecchi e non vogliono guardare
il volto del loro Padre. Perciò, poiché essi sono liberi, come lo sono Io, non
posso aiutarli se essi non lo vogliono. Infatti, la Mia potenza va al di sopra
di ogni cosa; ma la Mia Volontà è soggetta ai Miei figli. Nondimeno, ognuno
deve mettersi questo bene in testa: «Io sono vostro
Padre! Sono però anche vostro Dio, e all'infuori di Me non ce n'è un altro!». – Mi volete
come Padre - oppure come Dio? – Le vostre azioni Mi daranno la risposta
decisiva.
6. Dunque, tenetelo a mente: – l’Amore dimora solo nel Padre, e si chiama "il
Figlio". Chi disdegna l'Amore, cadrà in
mano alla potente Divinità e sarà spogliato della propria libertà eternamente,
e la morte sarà la sua parte, poiché, la Divinità abita anche nell'inferno, ma
il Padre abita solo in Cielo. Dio giudica tutto secondo la Sua potenza; ma la
Grazia e l'eterna Vita è solo nel Padre e si chiama "il Figlio". La
Divinità uccide tutto; ma il Figlio, ovvero l'Amore in Me, ha vita, dà vita e
rende vivi".
7. Tutto questo lo dice il buon Padrone di casa
parsimonioso a tutti i Suoi figli, perché abbiano a correggersi, per prendere
un giorno l'eredità che Io ho preparato e serbato per loro tanto fedelmente
dall'eternità.
8. Ai tuoi amici e fratelli dì pure con ogni amore: "Io, il vostro amorevolissimo Padre, ho già spalancato
entrambe le braccia, per stringerli tutti quanti eternamente al Mio Cuore,
eternamente! Mai più devono distogliersi da Me, ma costantemente devono
guardarMi in volto, e il Mio occhio dirà loro, annunciandolo forte, sì, quanto
Io li ami, e come sono rette le Mie intenzioni verso di loro!"
9. Dì loro: “Ho allontanato
dai Miei occhi i loro peccati, e li ho lavati e resi bianchi come la neve; ora
non c'è più alcun ostacolo. Non voglio più essere per loro un Padre invisibile;
essi devono guardarMi sempre e trastullarsi con Me, e scherzare e rallegrarsi;
tutte le loro preoccupazioni devono ora affidarle a Me!
10. Oh, con quale
gioia voglio provvedere ulteriormente per loro! Oh, cosa sono tutte le gioie e
le beatitudini dei Miei Cieli, per Me, Padre, in confronto a quella di essere
amato dai Miei cari figli, quale unico, vero Padre!
11. Vedi, tutte le
beatitudini ve le do’ in cambio di questa sola, che Io ho stabilito solo per
Me, e quindi i Miei figli non devono neanche chiamare nessuno, loro Padre, se
non unicamente e solamente Me; poiché Io anche lo sono, e lo sono pure con ogni
diritto, e nessuno può toglierMi questo diritto, poiché Io sono l'Unico, il
Solo, e all'infuori di Me non c'è più nessuno!”
12. Vedi, Io voglio indicarteli
tutti per nome[1]:
I1 - P - R1 - T - E - GM - A - E - S - M. Essi devono tutti ricevere il Mio paterno
saluto ed oggi stesso, se vogliono, devono essere aperte per loro le porte dei
Cieli, che sono gli occhi del loro spirito; e oggi stesso Io voglio abitare nel
loro cuore. Una cosa soltanto essi devono fare con perseveranza, vale a dire
devono lavare la loro carne e purificarla alla fonte al cui interno c'è acqua
vivente, e devono prendere un bastone, che per metà è nero e per metà è bianco;
lo devono spezzare a metà, e devono gettare la parte nera sotto i piedi del
mondo, e tenere la parte bianca per sé come segno del fatto che essi hanno
rotto per sempre col mondo e con la loro carne.
13. Ma ciò è come dire, che essi devono entrare
seriamente in se stessi, riconoscersi interamente, e poi presentare fedelmente
e sinceramente a Me, nel loro cuore, i difetti che hanno trovato. Io cancellerò
la sporcizia dai loro cuori e li riempirò col fuoco del Mio Amore
divino-paterno. E così, purificati, essi devono poi mostrarsi al sacerdote con
e nella confessione; e subito dopo Io verrò e terrò con loro il banchetto di
gioia all'altare.
14. Inoltre, aggiungi ancora che essi non devono
affatto scandalizzarsi della Chiesa e nella Chiesa, poiché ogni cibo che Io
raccomando, lo purifico per colui che lo vuole gustare nello spirito e nella
verità, e allora egli lo deve gustare senza preoccupazione. Quello che Io do’
ai Miei figli è puro, e non viene profanato dalla forma esteriore per coloro
per i quali Io l'ho benedetto. Io benedirò il tempio, e sarà santo il luogo
dove essi si troveranno; poiché Io, il vostro Padre santo, sarò in mezzo a loro
là dove essi andranno, e a loro non dovrà essere torto un capello.
15. Dì pur loro in tutta certezza e sicurezza: "Il Mio Amore li attende, e le Mie braccia non le
voglio chiudere, se non quando tutti quanti riposeranno fra le Mie braccia,
dove vedranno il loro amorevolissimo, santo Padre, faccia a faccia, e la loro
gioia non avrà mai più fine". – Amen!
16. Dì a tutti quelli che Mi cercano, che Io sono
sempre a casa, non esco mai, e che non ho stabilito solo certe ore o tempi in
cui si possa venire da Me, come dai re della Terra e da tutti i grandi del
mondo. Dunque non solo nel settimo giorno o nelle festività, ma in ogni minuto
Mi è gradito un cuore che ama, e perfino di notte non ho mai chiuso a nessuno
la porta in faccia; dunque, in qualunque momento busserete, voglio dire "Avanti!"
17. Tu devi e puoi pur dirlo ora francamente e
liberamente se ti ho mai costretto a qualcosa in un tempo stabilito, o se non è
sempre stato lasciato alla tua libera volontà di venire da Me e chiederMi
qualunque cosa tu abbia voluto sapere, e se ti sono mai rimasto debitore auna
domanda. E se tu Mi hai interrogato dall'iferno, Io ti risposi; e se eri sulla
Terra, parlai con te; e nei Cieli parlai con te. Di giorno e di notte il Mio
orecchio è costantemente rivolto a te. Quello che tu scrivi qui, lo scrivi pur
solo secondo il tuo orario e il tuo comodo, e per Me va sempre benissimo, e
fino a quando vuoi e quanto vuoi, e vedi, a Me va bene! Perciò dì loro con
tutta fedeltà: "Per Me è
proprio la stessa cosa,quando qualcuno viene da Me",sarà ascoltato e
accolto!
18. Dì ai figli che non devono burlarsi di Me, ma che
devono prendere questo seriamente! Dì loro che non sono per niente un buffone,
né sto a qualunque scherzo; poiché Io ho intenzioni serie con tutti, con grandi
e piccoli, con giovani e vecchi, con maschi e femmine. Da Me non si fanno
eccezioni!
19. Poiché, vedi, le Mie creature che non sono atte a
nulla, le distruggo all'istante e le anniento per l'eternità; ma per i Miei
figli ho anche punizioni in quantità, e voglio castigare i disubbidienti fino
all'ultima goccia del loro sangue, ed essi poi riconosceranno sicuramente che
Io sono per lo meno il Padrone di casa, se proprio non vogliono riconoscerMi
come il loro amorevole e santo Padre.
20. Ma guai a coloro che non comprendono i Miei
paterni castighi e li interpretano falsamente! Dico ancora una volta: "Guai a loro!". Costoro, il
Padre li scaccerà, e allora avranno a che fare col loro Dio, eternamente
inesorabile!
Questo dico a te, un cattivo, pigro servitore. – Amen!
– Io, Jehova! – Amen!
[indice]
La vera Chiesa
22 marzo 1840
(Lorber: “Così parlò il Signore a
me e in me per ciascuno, e ciò è vero, fedele e sicuro”):
1. La Mia grazia è un ricco tesoro; colui che
la riceve non mancherà mai di nulla, nel tempo e nell'eternità, perciò ognuno
deve darsi premura per appropriarsene anche subito; Io infatti la do a chiunque
la voglia avere.
2. Poiché, vedi, se volete il perdono dei vostri
peccati, essi vi saranno perdonati qualora facciate vera penitenza per mezzo di
Gesù, che è la Mia parola viva e l'Amore in Me, e le porte del Cielo vi
staranno aperte, e se vorrete entrare, potrete entrare, e là vedere il volto
del vostro santo Padre, che sono Io, l'eterno Dio Jehova.
3. Questo voi potete farlo in virtù della Parola
vivente, la quale è Gesù Cristo, ovvero l'Amore e la Sapienza eterni in Me, da
cui sgorga tutto ciò che è buono e vero. L'Amore è dato a voi fin dall'inizio;
esso infatti è propriamente la vera vita in voi, così come la Potenza lo è
nelle Mie creature. La Potenza proviene bensì anch'essa dal Mio Amore, e
tuttavia non è l'Amore stesso, non essendovi in essa, libertà, ma solo
l'effetto dell'Amore. Essa di per sé è invece senza vita – per cui anche tutto
ciò che proviene dalla Potenza è di per sé è morta materia, la cui vita è solo
apparente – in realtà però essa è la morte.
4. Perciò, se qualcuno attacca il suo amore al mondo
materiale, il suo amore di per sé viene schiacciato dalla potenza della morte,
e la conseguenza è poi la sorte della materia, ovvero la morte.
5. Chi invece rivolge a Me il suo amore e si attacca a
Me, costui unisce il suo amore di nuovo con l'Amore, ovvero con la Vita di ogni
vita; allora diventa vivo in tutto e per tutto.
6. Ora però vedi: – l'amore di per sé è cieco e buio,
e proprio perciò libero e indipendente, – ma proprio per questo esso è anche
nel grande pericolo di perdersi e andare in rovina.
7. Perciò a ogni amore per Me, Io in aggiunta do anche
subito, secondo il grado della sua grandezza, la giusta parte di luce, e questo
è un regalo e si chiama Grazia; con questa Io fluisco in ogni uomo secondo il
grado del suo amore.
8. Perciò, se uno ha l'amore perché rende viva in sé
la Mia Legge – la quale è il supremo Amore – su di lui saranno riversati fiumi
di luce, e il suo occhio penetrerà la Terra, e vedrà le profondità dei Cieli.
9. Dillo ai figli, e dillo a tutti, siano pure di
qualunque religione – se romani, se protestanti, se ebrei, se turchi, se
bramanisti, se bui pagani – in breve, per tutti deve essere detto: "Sulla Terra c'è una sola vera Chiesa, e questa è
l'amore per Me in Mio Figlio, il cui Amore, però, è il santo Spirito in voi, e
si fa conoscere a voi attraverso la Mia Parola viva, e questa Parola è il
Figlio, e il Figlio è il Mio Amore, ed è in Me, e Io Lo compenetro interamente,
e noi siamo Uno, e così Io sono in voi, e la vostra anima, il cui cuore è la
Mia dimora, è l'unica vera Chiesa sulla Terra.
In essa soltanto è vita eterna, ed essa è l'unica beatificante".
10. Poiché, vedi, Io sono il Signore sopra tutto ciò
che esiste! Io sono Dio, l'eterno e potente, e come Tale sono anche vostro
Padre, il santo e amorevolissimo. E tutto questo Io lo sono nella Parola; ma la
Parola è nel Figlio, e il Figlio è nell'Amore, e l'Amore è nella Legge, e la
Legge è data a voi. Se voi la osservate e agite in conformità ad essa, l'avete
così accolta in voi; essa allora diventa viva in voi ed eleva voi stessi e vi
rende liberi, e voi allora non siete più sotto la Legge, ma sopra essa nella
Grazia e nella Luce, e tutto ciò è la Mia Sapienza.
11. E ciò è la beatitudine, ovvero il regno di Dio in
voi, ovvero l'unica beatificante Chiesa sulla Terra, e in nessun'altra è
l'eterna vita, se non solo e unicamente in questa.
12. Oppure, ritenete forse che Io abiti fra delle
mura, o nella cerimonia, o nella preghiera, o nella venerazione? Oh, no, vi sbagliate molto, poiché là Io non
sono da nessuna parte, – ma solamente dov'è l'amore, là sono anch'Io; poiché Io
sono l'Amore, ovvero la Vita stessa! Io
vi do Amore e Vita, e Mi unisco solo con l'amore e la vita, giammai invece con
la materia, ovvero con la morte!
13. Per questo, infatti, Io ho vinto la morte e Mi
sono resa soggetta la Divinità: – per avere ogni potere su tutto ciò che
esiste, e perché il Mio Amore regni eternamente e renda vivo tutto ciò che gli
è soggetto.
14. E come dunque potete ritenere che Io vi attenda
nella morte, mentre invece sono la Vita stessa? Perciò andate prima nella vera
Chiesa, dove all'interno è vita, – e solo dopo andate in quella morta, affinché
essa diventi viva attraverso voi!"
[indice]
Il mistero della Creazione
1. (Il Signore): Chi
ha orecchi per udire, oda, e chi ha occhi per vedere, veda; poiché, vedi, Io
voglio svelarvi un grandissimo mistero, affinché possiate vedere come il vostro
Padre amorevolissimo e santo, vuole mostrarSi fraternamente a voi, Faccia a
faccia, e farvi gioire del Suo aspetto, poiché i figli devono essere introdotti
fin dall’eternità nella grande gestione della casa del loro Padre!
2. La Divinità era fin dall’eternità la Forza che compenetrava tutta
l’infinità dell’infinità, ed era ed è e sarà eternamente l’Infinità stessa. Al
centro della Sua profondità Io ero, dall’eternità, l’Amore e la Vita stessa in essa; ma vedi, Io ero cieco come un
embrione nel corpo materno! Tuttavia la Divinità si piacque nell’Amore e Si
strinse comopletamente al Suo Amore. E all’Amore divenne sempre e sempre più
caldo nel Suo centro, e masse e masse della Divinità vi si affollarono, e tutte
le potenze e le forze si precipitarono su di esso.
3. E vedi, allora sorse un grande rumoreggiare, fremere e infuriare, e
l’Amore fu oppresso e premuto da tutte le parti, così che l’Amore tremò fin
nell’intimo! E l’Amore percepì tutto ciò, e il rumoreggiare divenne un suono,
ma il suono, nell’Amore, divenne una
Parola, e la Parola disse: «Sia Luce!». E allora divampò nel cuore la fiamma
dell’Amore che si era acceso, e fu luce in tutti gli spazi dell’infinità!
4. E Dio vide in Sé la grande gloria del Suo Amore, e l’Amore fu rafforzato
con la Forza della Divinità, e così la Divinità si unì con l’Amore per sempre,
e la luce scaturì dal calore.
5. E vedi, allora l’Amore vide nella Divinità tutte le glorie, al cui
numero non vi è fine, e la Divinità vide come tutto ciò si riversava dall’Amore
per passare in Essa, e l’Amore vide nella Divinità i Propri pensieri, e trovò
grande compiacenza in essi. Allora l’Amore si accese di nuovo, e le forze della
Divinità rumoreggiarono attorno ad Esso, e vedi: “I pensieri dell’Amore erano essi stessi
amore, ed erano senza numero”.
6. Allora la Divinità vide la propria Gloria, e l’Amore percepì la propria
Potenza. E allora, così parlò l’Amore nella Divinità: «Lasciamo che i pensieri della Gloria rimangano
stabili (‘fissati’), ed escano, perché diventino liberi e possano
percepirCi e vederCi, come Noi li percepiamo e li vediamo, e come Noi li
percepimmo e li vedemmo prima ancora che la luce illuminasse le loro forme!»
7. Allora la Parola trapassò nella Divinità, e la Divinità divenne ovunque,
‘Amore’. E vedi, allora la Divinità, per la prima volta, disse: «Sia fatto!»,
e da Dio divenne libera una schiera di spiriti, il cui numero non aveva fine, e
l’Amore vide Se stesso moltiplicato all’infinito, e vide in maniera perfetta la
Sua infinita bellezza.
8. Ma tutti gli esseri non erano ancora ‘vivi’, e ancora non percepivano e
ancora non vedevano, poiché essi erano ancora ‘forme’ fissate nella Divinità
fuor dall’Amore.
9. E ciò rincrebbe all’Amore, ed Esso si agitò, e l’agitazione salì nella
Divinità, e la Divinità diede i Suoi prigionieri all’Amore, e l’Amore
compenetrò tutto. E vedi, allora le forme divennero vive, e si meravigliarono,
e si scaldarono ai fiumi di fiamme del divino Amore, e così ottennero movimento
e attività autonomi! Ma ancora non si riconoscevano.
10. Allora disse nuovamente l’Amore: «Facciamo in modo che si riconoscano, perché possano poi
riconoscere Me e anche Te attraverso Me!»
11. Allora la Parola salì di nuovo nella Divinità, e nella Divinità risuonò
nella Parola, e la Parola divenne Legge, e la Legge era l’Amore, e questo si
riversò in tutti.
12. E vedi, allora furono formati tre, e da essi ne vennero sette! E i tre
erano simili all’Amore, alla Luce e alla Divinità, e i sette erano simili ai
sette spiriti di Dio, e si chiamarono e si chiameranno eternamente:
I. Amate l’Amore.
II. Temete la Divinità – la quale uccide – per non essere
uccisa.
III. L’Amore in voi è santo; perciò stimatevi l’un
l’altro, come l’Amore nella Divinità vi stima e prova gioia per voi.
IV. Ognuno è proprietà di se stesso, ed è proprietà
dell’Amore di Dio; perciò nessuno diventi preda dell’altro.
V. Nessuno copra mai il proprio volto davanti all’altro,
perché l’altro non sappia com’è l’amore, e ciò affinché voi siate come l’Amore
che vi chiamò a divenire.
VI. Il vostro interiore sia anche il vostro esteriore,
perché non sorga in voi alcun falso impulso e voi non periate.
VII. Il vostro esteriore sia il fedele riflesso del vostro
specchio interiore, nel quale l’Amore della Divinità si contempli, altrimenti
lo specchio interiore sarà spezzato e il vostro aspetto diverrà orribile.
13. Allora la Divinità tuonò negli infiniti spazi un terribile giudizio di
punizione per i trasgressori, e così nel sommo timore fu comandata l’adorazione
della Divinità, e fu loro comandato di amare l’Amore. Ed essi furono posti
fuori nella massima libertà e potevano fare ciò che volevano, e nulla doveva e
deve ostacolarli nella loro libertà, fino al tempo in cui si saranno
riconosciuti nella loro libertà e nella loro umiltà, affinché la Legge diventi
la loro propria legge, ed essi diventino allora perfettamente liberi.
14. Sennonché giunse il tempo in cui essi si riconobbero nella loro grande
potenza e nella gloria e maestà che irradiavano su tutto, e il più alto dei tre,
simile alla Luce della Divinità, si accese nella sua avidità per impossessarsi
completamente della Divinità. Attraverso di lui si accese una grande parte
degli spiriti che erano sorti per suo tramite; e tramite costoro anche la
Divinità arse nella Sua collera, così come i due spiriti più bassi fra i tre, e
lanciò la cattiva masnada nel profondo del profondo della Propria ira.
15. E i due e quelli che erano proceduti da loro, e i sette, nel cui numero
erano giusti, furono trovati nella fedeltà della loro umiltà e furono accolti
nelle sfere della potenza di Dio; e l’Amore vide che essi erano stati trovati
puri, e si rallegrò della loro completezza. E vedi, la Forza della Divinità
nell’Amore si erse e la Divinità si mosse e i creati percepirono il movimento della
Divinità; e la Divinità si mosse verso il proprio Amore, e ai creati furono
aperti gli occhi, ed essi videro per la prima volta l’eterno Amore.
16. Allora le schiere degli innumerevoli si stupirono e sorse un grande
giubilo e una grande gioia tra di loro, poiché essi videro la potenza di Dio
nell’Amore e videro l’Amore in se stessi, e anche la Forza che li aveva
chiamati ad esistere, e si riconobbero e riconobbero l’Amore e riconobbero Dio.
17. Ora si mosse la Divinità, e i creati ebbero timore della Divinità, e
l’Amore vide il loro timore e vide che il loro timore era giusto, e il timore
divenne per loro ubbidienza, e l’ubbidienza fu umiltà, e l’umiltà era il loro
amore, e l’amore divenne la loro legge, e la legge la loro eterna libertà, e la
libertà divenne la loro vita, e la vita la loro beatitudine in eterno.
18. Ora vedi, l’eterno Amore li
interpellò, ed essi compresero la Parola! Allora le loro lingue si sciolsero, e
la prima parola che sfuggì dalle loro labbra fu "amore". E alla Divinità piacque il suono del loro
linguaggio, e la Divinità fu mossa dall’Amore, e il movimento prese forma nei
creati, e la forma divenne suono, e il suono fu la seconda parola, e questa fu "Dio".
19. E solo ora i creati furono completi. E l’Amore disse ai creati: «Il primo tra di
voi andò perduto; perciò assumo Io il suo posto e sarò fra voi eternamente!».
20. Allora le loro lingue si sciolsero di nuovo, e le loro ginocchia si
piegarono, ed essi adorarono l’Amore.
21. Adesso, guarda ancora tutto quello che fece l’Amore e Dio nell’Amore e
l’Amore in Dio! Vedi, l’Amore si dolse per i perduti; ma la Divinità fremette
nella Sua ira, e in tutti gli spazi dell’infinità di Dio si udì un grande
tuono. E il tuono penetrò fin nell’intimo dell’eterno Amore, e l’Amore soltanto
comprese il tuono della Divinità, e il tuono in Lui divenne Parola, e così
disse: «Ogni
potenza Ti sia soggetta; fa’ come Ti piace e dì ‘Sia!’, e così sarà fatto!»
22. E vedi, l’Amore fu commosso fin nell’intimo, e la prima lacrima fluì
dall’occhio dell’eterno Amore, e
questa lacrima fluì dal Cuore della Divinità e si chiamava e si chiama e si
chiamerà eternamente "Misericordia".
23. Questa lacrima divenne una grande massa d’acqua, e l’acqua si riversò
in tutti gli spazi dell’infinità e si riversò nel profondo delle profondità
dell’ira della Divinità, e mitigò il fuoco della collera di Dio.
24. E vedi, lo Spirito di Dio nella Sua Forza soffiò dolcemente sulle acque
della Misericordia, e le acque si divisero. E Dio parlò dal Suo Amore, e il Suo
Amore era la Parola, e la Parola scese nel profondo delle profondità e aleggiò
sulle acque, e le acque furono separate come gocce di rugiada, e furono divise
in grandi e piccole secondo il numero dei perduti, il quale non ha fine in
tutti gli spazi dell’infinità.
25. E vedi, l’ultima goccia che rimase era la più interna delle acque, ed
era la più interna della Misericordia; e quella non fu divisa, ma rimase
dov’era rimasta, e fu destinata come punto centrale e come teatro della più
grande delle azioni dell’eterno Amore.
26. E ora vedi: – quest’ultima goccia fu creata
come Terra, che tu e i tuoi fratelli abitate! E le altre gocce furono
create come soli, terre e lune di ogni genere, il cui numero non ha fine; e
vedi, così sorsero il cielo visibile con le sue stelle, con il Sole, la Luna, e
la Terra visibile con i mari e con la terraferma!
27. E ora alza gli occhi in alto e guarda, e comprenderai le meraviglie
dell’eterno Amore! Tu vedi sempre lo splendore del Sole, la luce della Luna e
il luccichio e scintillio delle stelle nelle loro svariatissime posizioni che
voi chiamate costellazioni; tu vedi anche le più disparate formazioni in tutti
e tre i regni della Terra naturale; sennonché fino ad ora nessuno ha mai
conosciuto a fondo ed ha compreso correttamente che cos’è e da dove viene lo
splendore del Sole, e come questo gli fu conferito, e così la lucentezza della
Luna e il brillio delle stelle e il loro scintillio, e le loro svariatissime
posizioni, e tutte le formazioni della Terra.
28. Poiché vedi, i Miei figli devono essere iniziati in tutte le cose belle
che il loro santo e amorevolissimo Padre ha da donare a loro, e precisamente a
quei figli che Lo riconoscono e che amano sopra ogni cosa, esclusivamente Lui,
e che si amano l’un l’altro per amore del loro Padre.
29. Ora vedi: – quando i soli con le loro terre sorsero per la potenza
dell’Amore misericordioso dell’eterno e infinito Dio, essi non avevano ancora
splendore, né lucentezza, né brillio, né scintillio, poiché vi era ancora una
grande notte su tali soli e terre e lune. Tuttavia,
nel centro dei soli l’eterno Amore
fece scendere una piccola scintilla della Sua grazia, e questa scintilla, con
rapidità maggiore di quella di un grande lampo, compenetrò di splendore le
masse oscure, e vedi, esse illuminarono le terre e con grande splendore, come
tuttora illuminano e illumineranno fino a quando la scintilla di Grazia non
sarà loro tolta.
30. E vedi, allora anche le terre e le lune risplendettero, e furono
distribuite ai soli in giusto numero, e l’Amore alitò su di essi con la forza e
la potenza della Divinità, e vedi, la luce tremolò sui soli, i mari delle terre
ondeggiarono e si agitarono vorticosamente nei loro flutti, e le arie e i venti
fluirono e spirarono sopra le terre, simili allo Spirito di Dio sopra le acque
della Misericordia! E le lune si alzarono poderosamente al di sopra delle loro
terre, a cui furono date come un frutto all’albero, ed incominciarono a girare
intorno ad esse in vaste orbite, come perenni accompagnatrici delle loro
origini; e dove ce n’erano molte, esse furono unite in orbite fisse; ciò in
segno dell’amore dei figli che devono guardare costantemente il volto del loro
Padre, come le lune le loro terre, perché esse non vengano, a motivo della loro
soffice costituzione, strappate dalle loro orbite e distrutte.
31. Poiché vedi, le lune non sono compatte, ma molto soffici[2],
e sono simili alla schiuma del mare quando diventa più compatta e più solida, e
sono nude e senz’acqua; e l’aria della Terra è come l’acqua delle terre (lune), e l’aria è simile all’etere
tra i soli e le terre. Ed esse (le lune) sono destinate ad accogliere
coloro che sono i fanatici del mondo, e a racchiudere gli spiriti della
materia, e a provare la loro costanza, e a renderli maturi per ricevere la
Grazia.
32. E i continenti delle terre sono la parte dell’ira della Divinità
addolcita dalla Misericordia, e rinchiudono, in solidi legami, gli spiriti
degli smarriti fino al tempo stabilito del loro inconsapevole scioglimento,
quando essi poi vengono messi in una materia più tenera, e tuttavia pur sempre
per loro abbastanza solida, e cioè legati singolarmente; da questa materia
possono poi uscire solamente quando vengono risvegliati di nuovo dall’eterno Amore; e i mari e le acque ne
sono pieni, affinché essi vengano posti in umiltà, e l’aria ne è piena,
affinché siano purificati. E l’eterno
Amore è la forma in tutto; però l’ira della Divinità sulla Terra è solo
attenuata, ma non per questo abolita.
33. Però tieni a mente questo in modo del tutto speciale: “Nel centro del
Sole giace la scintilla di Grazia, ed essa, mediante il fuoco dell’ira della
Divinità, dà luce al mondo. Invece nel centro della Terra si trova una
scintilla d’ira della collera di Dio, simile a un drago di fuoco che tiene le
cattive masnade fissate come pietre, le quali solo mediante l’acqua della
Misericordia devono essere ammorbidite, qualora uno debba essere sciolto di
nuovo per una seconda prova, per la libertà e per l’eterna vita”. E
ora comprendi il mistero del tuo essere, e stupisci per il grande Amore
dell’eterna Potenza per quante volte Esso ti ha già fatto nascere da capo, per
riguadagnare te, che eri perduto, all’eterna vita, alla libertà, alla legge,
all’amore e alla luce, e alla contemplazione del Suo volto. – E vedi, tutto
questo Io voglio farlo sapere e fartelo riconoscere, e così anche a molti
altri, affinché stavolta possiate finalmente scorgere quanto estremamente buono
dev’essere l’eterno Amore, poiché
esso, instancabilmente, fa e tollera per voi disubbidienti così tante e grandi
cose!
34. Vedi, così è stato dato il movimento alle terre attorno ai loro soli e
attorno al loro centro con l’alito della Misericordia dell’Amore, come segno
che i figli devono regolare tutto il loro agire
secondo il movimento delle terre attorno ai soli e delle lune attorno alle
terre, e i deboli devono essere come le lune, e
i forti devono essere come le terre, e i rinati devono essere come il Sole. – E i deboli devono guardare il Vigore dell’Amore che
non li lascia mai cadere, se essi, come le lune, si volgono costantemente al
Volto dell’Amore e Gli girano attorno da tutte le parti in orbite più piccole,
e tuttavia per la Sua Forza vengono ugualmente attirati nell’orbita grande. – E i forti devono essere simili alla Terra, ruotando
spontaneamente, per tenersi costantemente pronti a ricevere la luce e il calore
dalla Grazia dell’Amore, che illumina e vivifica riscaldando mediante la Forza
che è in Esso, affinché i forti possano portare frutti di ogni genere dalle
opere dell’amore delle quali i deboli possano saziarsi, ed essi possano ristorare
gli incarnati e possano deliziare i rinati. E i rinati
dalle acque dell’Amore misericordioso, nei quali la Grazia è perfetta, devono
essere come il Sole, e la loro luce deve brillare in tutti i luoghi, e il loro
calore deve animare i deboli e deve far fruttificare i forti per il nutrimento
dei deboli, affinché ci sia una comunità tra i figli di un unico e stesso
Padre.
35. E vedi, tu devi osservare ancora più profondamente il come e il perché
Io ho preparato tutto così! Vedi, la Luna ha macchie e molti punti scuri, e la
Terra ha poli freddi ma stabili, ed ha montagne alte ed ha basse valli, ed ha
sorgenti, ruscelli, torrenti, fiumi, laghi e grandi e piccoli mari; e il Sole
ha macchie, grandi e piccole. Ora vedi, tutto questo è l’effetto dell’Amore e della
Grazia, ovvero del corrispondente calore e luce, e tutto ciò è l’eterno Amore e la Potenza della Divinità
attraverso l’Amore. Perciò guarda i deboli e la Luna come si assomigliano, e ti
sarà dischiuso il suo essere; osserva i forti secondo tutto il loro operare, e
davanti ai tuoi occhi giacerà svelata la Terra; e da un Polo all’altro deve
esserci la rigida quiete dello spirito nell’amore per l’Amore, affinché tutto
ciò che circonda lo spirito si muova in un perenne ordine e così possa essere
operante per lo scopo comune dell’eterna conservazione. Infatti, vedi, tutto
dipende dalla quiete; senza questa non si può raggiungere nulla, e chi non è
come i poli della Terra, costui non penetrerà nel proprio intimo, come la linea
congiungente i due Poli penetra nel centro della Terra. E il vostro amore deve
essere freddo come il ghiaccio dei poli, affinché voi siate atti a ricevere
tutto il calore del divino Amore. Infatti, vedi, ciò che è caldo non è atto a
ricevere il calore; ma ciò che è freddo nella sua quiete, questo è atto a
ricevere l’Amore in pienezza e a lasciarlo affluire in tutte le parti della
vita. Infatti, vedi, chi riceve il calore, che è l’Amore di Dio, lo trattiene
saldamente in sé e non lo lascia affluire ulteriormente, costui è un avaro, e
sarà dissolto in sé e si distruggerà come il ghiaccio al fuoco; mentre, chi
riceve il calore come i Poli, e immediatamente lo dà di nuovo a tutti quelli
che sono attorno a lui, vicini e lontani, da lui il divino Amore è al posto
giusto e corrisponde interamente alla Volontà del grande e santo Donatore.
36. Questo amore porterà molti frutti e diventerà luce della Grazia, e
contemplerà con sguardo costante le incommensurabili profondità della Divinità,
simile ai Poli, i quali gettano lo sguardo sugli infiniti spazi delle creazioni
dell’Amore di Dio, e ad occhi spalancati assorbono in sé i dolci raggi
dall’immensità di tutti gli infiniti spazi nei quali circolano gli innumerevoli
esseri della Misericordia, ciascuno secondo la propria specie, e così si
accendono di estasi e diletto nel loro amore all’Amore e per l’Amore, e simili
a un Sole divengono essi stessi luminosi, simili alla luce dei Poli della
Terra.
37. Perciò, chi rimane costantemente nel centro dell’amore della
conoscenza, il che è la Grazia, i suoi lombi diverranno incandescenti per
l’amore da Dio, come la cintura della Terra, e i suoi occhi brilleranno per la
conoscenza come i poli, e le sue braccia si muoveranno come i torrenti, i
ruscelli e le sorgenti, e le azioni affluiranno ai mari delle divine misericordie,
che sono salati con la Grazia e con le conoscenze dell’eterno Amore e dell’eterna Vita.
38. Ora, qui
avete la chiave per aprire e per penetrare con lo sguardo la Terra che vi
porta».
[indice]
La
corrispondenza degli astri
1. Ora però alza il tuo sguardo dalla Terra al Sole, che è
una fedele immagine dei rinati! Guarda bene e presto ti accorgerai che talvolta
si trovano delle macchie sulla sua cintura. Vedi, in natura, come voi dite, queste
sono eruzioni dall’interno all’esterno, simili ai vulcani della Terra e,
corrispondentemente, sono eruzioni della collera della Divinità, e piccole
tracce della Sua potenza onnidistruttiva. Tale Potenza, secondo la natura del
mondo, si fa sempre riconoscere parzialmente sulle terre con grandi o piccole
tempeste, a seconda della grandezza delle macchie; tuttavia l’Amore in tali
manifestazioni diventa sempre tanto più attivo e attenua di nuovo tutto con
l’acqua della Misericordia, e sul Sole attenua di nuovo tutto con grandi flutti
torrenziali dal mare senza sponde della Sua grazia misericordiosa. E vedi, così
tutto viene riportato nel massimo Ordine, e al di fuori di questo Ordine, in
cui Io sono l’eterno Amore stesso fin dall’eternità delle eternità e dal quale
e nel quale fu fatto tutto ciò che esiste, nulla può sussistere né sorgere; e
chi in base alla propria libertà esce da quest’Ordine, costui agisce contro
l’Amore e contro la Vita, e andrà eternamente in rovina.
2.
Ora hai visto il Sole e l’hai compreso secondo la sua natura, che è e deve
essere semplice, affinché possa sussistere per lo scopo per il quale esiste e
deve esistere dall’ordine dell’Amore.
3.
Poi volgi invece i tuoi occhi alla rinascita dello spirito e al popolo di Dio e
alla legge dell’Amore, e alla vita della libertà nella luce della Grazia dalle
acque della Misericordia, e il Sole starà svelato davanti ai tuoi occhi, e
nessuna piega in esso dovrà restarti nascosta!
4. Ma
vedi, anche il Sole ha ugualmente i suoi poli, dai quali tutta la loro luce e
tutto il loro calore dal centro della quiete della Grazia si riversa
sull’intera sua circonferenza; e se il Sole non avesse la quiete dei poli, non
avrebbe neanche luce. Poiché vedi, la quiete è assolutamente necessaria per
ricevere la luce e il calore, e deve essere simile alla quiete dell’Amore in
Dio; solo dalla quiete viene la ricettività per la vita e la luce.
5. E
vedi, quando l’aria è quieta, è anche nitido e sereno sulla Terra; ma se dei
venti impetuosi soffiano in diverse direzioni, presto arrivano delle nuvole
nere ed oscurano la luce.
6. Le
vostre brame sono simili ai venti; a causa di esse voi venite circondati da
preoccupazioni di ogni genere che impediscono il fluire in voi della luce di
Grazia, come le nuvole che, sospinte dai venti, impediscono ai raggi del Sole
di cadere sulla Terra.
7.
Perciò voi non dovete affatto preoccuparvi, bensì tutte le vostre brame e le
conseguenti preoccupazioni dovete indirizzarle e affidarle a Me, affinché abbiate
quiete ed Io possa costantemente fluire in voi.
8. E
vedi, come la Terra ruota regolarmente attorno alla sua quiete polare nel Mio
Ordine, che è prodotto dalla potenza del Mio Amore affinché nessuna parte resti
senza illuminazione, così anche tutte le vostre azioni devono scaturire
originariamente dal Mio Amore che è in voi, e successivamente secondo la vostra
capacità attraverso la Parola dell’eterno Amore, data nella Legge della Grazia
e della Misericordia. E come la notte ristora la Terra, così voi sarete
ristorati dall’Amore; e come il giorno della Terra è illuminato, lo sarete
anche voi mediante la luce dal Sole di Grazia.
9.
Voi dovete essere simili all’inverno, che è freddo nella sua quiete, ma proprio
per questo è tanto più atto a ricevere il calore fin nelle più profonde
profondità della Terra. E da chi è arrivato l’inverno, da lui arriverà anche la
primavera, che è simile alla prima vita dell’amore in voi; e arriverà l’estate
in pienissima energia dalla vita dell’amore, che in voi sarà diventato forte
mediante la Grazia, ed arriverà il quieto autunno con i frutti delle opere
dell’Amore e della Grazia nel quale voi allora, completamente rinati, entrerete
nella vita del Sole a contemplare il volto del vostro Padre santo, e a brillare
come il Sole a tutto il mondo, mediante la forza grande della Grazia,
dell’Amore e della Misericordia del vostro santo e ottimo Padre.
10.
Chi però non è simile alla Luna e non diventa simile alla Terra, non può
neanche diventare simile al Sole, bensì è simile a una cometa che non ha
stabilità neanche minimamente, e tutto il suo essere è razziato dagli efflussi
di grazia dei soli, e la sua traiettoria è disordinata come le vie dei ladri e
dei briganti, ed essa viene spinta dal timore della luce da una profondità all’altra
dei mondi, e non troverà mai più una quiete per l’eternità; e la luce la
perseguiterà in tutte le sue vie ed illuminerà la sua nullità.
11. E
ancora, alla fine le succederà come alle stelle cadenti che vengono gettate
fuori dalla Grazia e cacciate a causa della loro nudità, cosicché siano
consumate, per il furto della grazia. Infatti, la luce rubata le annienterà
eternamente, ed esse, in seguito, non saranno più, come quei frutti degli
alberi che spuntano troppo presto alla luce prima ancora che l’amore li abbia
resi saldi, e poiché questi non hanno ancora saldezza, avendo troppo poco
legame d’amore, così diventano sempre più deboli, cadono poi dall’albero e
vengono calpestati e distrutti.
12.
Ora vedi, qui hai svelato davanti a te i soli, le terre, le lune, le comete e
le stelle cadenti, secondo tutta la loro essenza e secondo tutto il loro
significato, e così anche ogni e ciascuna singola parte, dalla più grande alla
più piccola!
13.
Lo spirito dell’Amore e della Grazia è in voi, e lo è in ogni sapienza. Chi lo
ode, scruterà tutto nella profondità delle profondità, ed egli interrogherà i
morti ed essi gli risponderanno, ed egli penetrerà con lo sguardo i viventi e
il loro amore lo ristorerà e la loro luce lo estasierà; ed egli porrà il suo
orecchio alla Terra, e l’erba gli racconterà i misteri dell’amore, e il suolo
gli svelerà le sue profondità, e le montagne ubbidiranno alla sua voce, e il
suono delle sue parole penetrerà il midollo della Terra. E se guarderà il mare,
i raggi dei suoi occhi illumineranno tutte le sue gocce ed attraverseranno ogni
granello di sabbia; e gli spiriti, se dentro ad essi attendono ancora nel
giudizio, accorreranno alla luce dei suoi occhi nello stesso modo in cui di
notte i pesci e i vermi del mare e delle acque accorrono ad una fiaccola tenuta
in superficie, e si lasceranno prendere per essere liberati dalle carceri
dell’eterna notte, e riconosceranno l’Amore, e calmeranno la loro sete alle
acque della Misericordia, e cresceranno, dapprima debolmente, con il vigore e
la forza provenienti dall’Amore del Padre e della Parola, che è l’Amore nel
Padre, e dello Spirito che è Forza in entrambi.
14. E
vedi, tutto questo e molto di più ancora v’insegnerà il Mio Spirito, se udrete
la sua voce! Nondimeno, la sua voce non è rumorosa, bensì molto silenziosa, ma
proprio per questo compenetra tutto, come il calore dell’Amore e come la luce
della Grazia, e come la Forza dell’Amore misericordioso del vostro Padre santo.
[indice]
I primordi
della Terra e della Luna
La creazione
di Adamo ed Eva
1. Ora vedi, Io voglio mostrarvi la creazione degli
organismi, dal primo fino all’ultimo e dal più piccolo fino al più grande come
Io li ho fatti dal Mio Amore e dalla Mia Sapienza e dall’eterno Ordine che
deriva da entrambi, il quale è la Parola dell’eterna potenza e forza nella
profondità della Divinità. E vedi, non vi è nulla in tutti gli spazi
dell’infinità, né di grande né di piccolo, che non sia stato fatto attraverso
questa Parola!
2. E
vedi, e ascolta: «Così ora c’era la Terra, e c’era
la Luna, e c’era il Sole, e c’erano le stelle; ma la Terra era ancora nuda, e
la sua superficie era ancora simile alla superficie del mare. E sopra le acque
giacevano dense nuvole che si addentravano profondamente nei morti spazi dei
mondi, e la luce del Sole non poteva illuminare la Goccia della Misericordia. E
la Luna era coperta dai vapori della Goccia, e solo in questi vapori fu
completamente partorita la Terra e fu nutrita la Luna. E il Sole stava sopra ad
entrambe con i raggi della sua luce dal calore dell’Amore in Dio, come una
chioccia sopra i suoi pulcini, e rendeva matura la Terra, e separò la Luna dal
petto di sua madre.
3. Allora il grande cumulo di nubi si separò e si depositò
verso la quiete dei poli, e la cintura della Terra divenne libera, e il Sole si
riflesse nelle acque, e la Terra a sua volta irradiò grata la luce ricevuta
verso il vasto grembo del Sole, e ad occhi spalancati vide la Luna bagnarsi
negli effluvi radiosi della Grazia dell’eterno Amore dal Sole»
4. E vedi
e odi ancora: «La Terra si sentiva bene, poiché
essa era colma dell’Amore della Misericordia e vedeva il suo tesorino, la Luna,
girare vispo attorno ad essa. E l’Amore gonfiò il vasto petto della Terra col
fiato della Misericordia, come se questa volesse porgere ancora una volta al
bambino il suo petto colmo del latte della Grazia; ma vedi, il latte si coagulò
per il calore dell’Amore misericordioso, e divenne terraferma, ed emerse dai
mari. E i mari retrocessero nelle profondità e furono simili all’acqua che si
separa nella coagulazione del latte, per attenuare l’insita Ira mediante il
sale della Grazia e mediante la Misericordia dell’Amore da Dio in ogni forza e
potenza.
5. E vedi, allora fu quiete sulla Terra e in tutti gli spazi
dell’infinità di Dio, e l’eterno Amore discese per la prima volta interamente
sulla Terra, e nella Sua Onnipotenza e Forza alitò sulla superficie della
Terra, e l’alito fu un’innumerevole pienezza dei pensieri in forme viventi di
ogni specie, per la futura liberazione dei perduti.
6. E vedi, allora dalla parte emersa della Terra
germogliarono erbe, piante, arbusti e alberi di ogni specie, e i mari, laghi,
fiumi, torrenti, ruscelli e sorgenti brulicarono di vermi, pesci e animali di
ogni specie; e l’aria fu animata dagli uccelli di ogni specie. E il numero di
ogni specie, sia nelle acque, sia sulle terre emerse e nelle arie, era pari al
numero dell’uomo, che fu fatto da questo numero, ed era pari al numero della
Grazia dell’Amore, ed era pari al numero della futura redenzione e della
rinascita che da questa proviene e scaturisce»
7. E ora vedi e comprendi quello che finora non fu mai visto
e compreso da nessuno: «L’eterno Amore prese il numero da Se stesso, e il
numero era l’Ordine e l’eterna Legge in Lui, di cui e in cui Lui stesso
eternamente consisteva, consiste e consisterà in ogni potenza e forza della
Santità di Dio. E l’Amore prese dunque della terra argillosa, simile alla panna del latte coagulato, e formò con
la mano della Sua potenza e con la mano della Sua forza, secondo il numero del
Suo Ordine, il primo uomo, e gli soffiò attraverso le nari il fiato vivente. E
il fiato divenne in lui anima vivente, e l’anima riempì tutto l’uomo, che ora
fu fatto secondo il numero dell’Ordine dal quale erano fatti gli spiriti, e
furono fatti i mondi negli spazi, e la Terra, e tutto ciò che è su di essa, e
la Luna e il Sole.
8. E ora vedi, a questo primo uomo sulla Terra che uscì
dalle mani della potenza e della forza dell’eterno Amore, fu dato dalla bocca
della Grazia misericordiosa il nome “Adamo”
ovvero “Figlio della Misericordia e della
Grazia”»
9. E
ora nota bene: «Questo Adamo era al posto del primo
degli spiriti caduti; non gli fu dato di riconoscere chi egli era; e vedi, egli
si annoiava poiché non si riconosceva e neanche riusciva a trovare qualcosa che
gli fosse somigliante».
10. E
ora comprendi: «Allora l’eterno Amore soffiò
invisibilmente su di lui, agli occhi ancora ciechi della sua anima, ed egli si
addormentò per la prima volta nella soavità dell’Amore misericordioso. E la soavità
dell’Amore misericordioso formò nel cuore di Adamo, quasi come fosse in un
dolce sogno, una figura a lui simile, di grande soavità e di altrettanta grande
bellezza.
11. E l’eterno Amore vide che Adamo trovava grande gioia in
sé per la visione interiore del suo secondo io. Allora l’Amore misericordioso
lo toccò al fianco dove gli era stato dato un cuore simile al cuore della
Divinità, affinché accogliesse l’Amore e la Vita dall’Amore in Dio, e in tal
modo gli tolse l’amore di se stesso per preparare una dimora a Se stesso
attraverso la futura legge della Grazia misericordiosa, e pose l’amore di se
stesso, nel quale Adamo trovava in sé grande compiacimento, fuori dal suo
corpo, fisicamente, e lo chiamò “Caiva”,
ovvero, come già siete soliti dire, “Eva”,
che è come dire “la liberazione
prefigurata dall’egoismo e la conseguente rinascita”.
12. E vedi, allora l’Amore misericordioso lo toccò e lo
svegliò affinché guardasse il proprio amor di se stesso fuori di lui, e vide
che egli aveva grande compiacenza nel guardare tale suo amore fuor di lui, ed
era lieto oltre misura. E l’amore fuor di lui, che ora si chiamava Eva, provò
grande piacere per l’uomo Adamo, e si volse a lui e lo seguì ogni suo movimento»
13. E
vedi, allora l’eterno Amore interpellò per la prima
volta Adamo:
«Adamo!». – E Adamo
per la prima volta disse: «Sono qui,
Signore della Gloria, della Potenza e della Forza!»
14. E
l’eterno Amore disse nuovamente: «Vedi la tua aiutante!». – Ed Eva rispose: «Vedi,
Signore, l’ancella giace ubbidiente ai piedi del Tuo figlio ed aspetta i suoi
ordini!»
15. E
vedi, l’Amore misericordioso trovò grande compiacimento per le opere della Sua
potenza e forza attraverso la Grazia della Sua Misericordia, e parlò
ulteriormente, e li istruì in tutto, e insegnò loro a conoscere, denominare e
usare tutte le cose. E quando essi compresero, conobbero e seppero usare tutto,
l’Amore misericordioso parlò di nuovo a loro: «Vedete dunque, ora voi avete appreso tutto,
ora conoscete tutto e potete far uso di tutto eccetto di una cosa, e
quest’ultima cosa voglio insegnarvela ora, e porre in voi la forza di generare
e procreare dei vostri simili; però potete farne uso solamente quando Io
ritornerò e vi troverò vestiti con l’abito dell’ubbidienza, dell’umiltà, della
fedeltà e della giusta innocenza. Guai a voi, però, se vi troverò nudi! Io vi
scaccerò, e la conseguenza sarà la morte!»
[indice]
La caduta
nel peccato (originale)
1. E vedi, allora l’eterno Amore si coprì il volto e si
allontanò secondo il numero dell’Ordine per un determinato tempo, e fu cieco
dalla profondità della Sua Misericordia, e non voleva e non poteva sapere ciò
che i neocreati avrebbero fatto nel Giudizio della Divinità per la prova della
loro libertà, nel tempo del breve periodo sulla Terra grazie all’Amore della
Misericordia. E il luogo che fu dato loro per abitare sulla terraferma era una
valle, ed era un giardino, ed era chiamato ‘il Paradiso’; e questa era la terra
che più tardi sarebbe traboccata di latte e miele, ed era il posto che nel
grande ‘Tempo dei tempi’ della più grande delle azioni dell’eterno Amore si
chiamò “Bethlehem” (Betlemme), e così
si chiamerà in avvenire eternamente; ed era il punto dove l’eterna Parola, da
un corpo di carne, dopo, vedrà per la prima volta la Luce della Sua Grazia
brillare alla Goccia della Misericordia dal lontano Sole, dalla Luna e da tutte
le stelle.
2. E
vedi, la loro brama crebbe nel Giudizio della Divinità tentatrice nella Sua
ira. E c’era un albero nel giardino, e quest’albero portava mele della più
bella specie, ed Eva ne ebbe voglia, e disse ad
Adamo: «Vedi, Adamo, ho molta voglia di
questo frutto! Se tu vuoi, voglio coglierne uno e assaggiarlo e poi porgerlo a
te come primo dono dalla mia mano!»
3. E
vedi, Adamo tacque, riflettendo alle parole di Eva. Ma una voce interiore, che era santa poiché proveniva dalla
Divinità in lui, gli disse: «Se voi
mangerete del frutto di quest’albero, morirete!». E Adamo se ne spaventò
molto, così che non poté dare alcuna risposta all’amata Eva.
4. E
la brama si accrebbe in Eva, e l’attrasse sotto l’albero e le disse di cogliere
una mela da esso. E Adamo si accorse che Eva era
diventata infedele al suo cuore, e divenne triste e disse:
5. «Eva, Eva, che fai? Vedi, non siamo ancora
benedetti dal Signore della Potenza e della Forza e della Vita! Vedi, tu tieni
in mano il frutto della morte; gettalo via da te, affinché noi non moriamo
nella nudità davanti al Signore della Giustizia!»
6. E
vedi, allora Eva si spaventò nella sua brama davanti alla serietà di Adamo, e
lasciò cadere a terra il frutto della morte. E la sua brama l’abbandonò, ed
ella divenne libera dalla sua brama, e Adamo trovò grande compiacimento per la
liberazione dai lacci della mortifera brama di Eva.
7. Ma
vedi, la brama bandita da Eva, dal suo cuore, giacque ora sulla terra, e per la
potenza della collera giudicatrice della Divinità si plasmò nella figura di un
grosso serpente, che prese il frutto della morte nelle sue fauci, strisciò
sull’albero e lo avvolse nelle sue spire in tutti i rami, grandi e piccoli,
dalla radice fino alla cima, e rivolse sguardi fissi ad Eva. Ed Eva se ne
accorse e guardò il serpente, e Adamo se ne accorse pure attraverso Eva; ma
egli non vedeva ancora il serpente.
8. E
vedi, Eva si avvicinò al serpente e osservò con grande piacere le sue seducenti
spire attorno all’albero, e i colori cangianti della sua fredda corazza di
squame.
9. Ma
il serpente si mosse e mise la mela nel grembo
di Eva che ora stava seduta, poi rialzò la sua testa e rivolse ad Eva le seguenti
parole:
10. «Eva, vedi tuo figlio, scacciato da te,
avvolgere l’albero del tuo piacere! Non disdegnare il piccolo dono che io ti
misi nel grembo, ma godi tranquillamente il frutto del tuo amore; tu non solo
non morrai, ma ti sazierai per la conoscenza di ogni vita sopra a Dio, che tu
temi, quando invece Egli è più debole di te!». – E vedi, allora la lingua
del serpente si divise e divenne più appuntita di una freccia, e il serpente
chinò la sua testa verso il petto di Eva, come se volesse baciarla alla maniera
infantile; esso invece cacciò ora le sue due frecce velenose nei seni di Eva,
ed Eva scorse la sua propria figura nel serpente.
11. E
ora anche Adamo notò quello che avveniva sotto l’albero, e gli piacque
moltissimo la seconda Eva, e non si accorse che era solamente un serpente. E
vedi, allora anche lui si accese nella sua brama, nel piacere per la seconda
Eva, prese il frutto dal grembo di Eva, divenne infedele al suo amore e godette
del frutto proibito dal grembo di Eva con voluttuosa brama; e nel godimento si
riconobbe come quel primo che era andato perduto per la grande vanità del suo
cieco egoismo, nel regno della Luce e dell’eterno Amore, che cadde nel mare
d’ira della Divinità, che eternamente uccide inesorabile.
12. E
ora vedi, come egli si ebbe così riconosciuto, e riconobbe l’accecata Eva
attraverso di lui, allora un grande pentimento salì in lui dal profondo del suo
cuore, ed Eva si vergognò della propria percepita nudità e della nudità di
Adamo, e fu sgomenta dalla cima del capo alla punta dei piedi, e coprì la
propria nudità con le foglie di un albero di fichi. E anche Adamo allungò le
sue mani alle foglie per coprire le sue nudità, e si nascose in una caverna, e
là pianse lacrime di grande dolore; ed Eva si nascose dietro un cespuglio di
spine e si dolse enormemente per la sua colpa di seduzione.
[indice]
Il giudizio
del Signore
1. E vedi, allora l’eterno
Amore, mediante la potenza e la forza della Sua Misericordia, tolse la mano
della Potenza e la mano della Forza dai Suoi occhi di Grazia, la quale illumina
tutto, e la luce della Grazia penetrò specificamente nella caverna dove
piangeva Adamo e dietro al cespuglio di spine dove Eva si doleva.
2. E
le lacrime di Adamo furono custodite nel grembo della Terra e si chiamarono e
si chiamano “Tummim”
ovvero “pietre
da cui rifulge in forma simbolica la luce dei sette spiriti di Dio”,
ed esse divennero solide mediante la luce della Grazia dal calore dell’Amore,
simili al suo giusto pentimento, quale perenne memoria della Sapienza che
illumina, e furono disperse su tutta la Terra come segno consolatore della
futura rinascita, che deve essere simile a queste lacrime di Adamo, atta a
ricevere e a restituire, in modo ripartito e bellissimo, la grande Luce dal
mare di Grazia delle Misericordie dell’eterno
Amore, e deve resistere a ogni durezza delle tentazioni del mondo.
3. E
le lacrime di Eva dolente dietro al cespuglio di spine furono custodite nella Terra,
e colorate come il giusto rossore della sua vergogna per l’abuso del sacro
amore di Adamo in lei.
4. E
l’eterno Amore vide che ognuna di
queste lacrime di Eva era giusta davanti ad Adamo, il Figlio dell’Amore
misericordioso; e il calore dell’eterno Amore
solidificò queste lacrime in pietruzze, e il loro nome fu “Urim”, come “segno simbolico
del giusto cordoglio di Eva”. E vedi, una lacrima cadde sul
cespuglio di spine che la riparava, e vedi, questa fu una lacrima
dell’innocenza perduta, e colorò il fiore del cespuglio che prima era bianco; e
i fiori furono arrossati, in segno della perduta innocenza di Eva. E ora vedi,
gli uomini adesso conoscono sì tutte le piante della Terra, ma il loro vero
significato nello spirito e nella verità essi non lo conoscono e non lo
conosceranno né comprenderanno fino alla rinascita, dopo che essi se ne saranno
appropriati, e ciò è la Misericordia dell’eterno
Amore mediante la Grazia della redenzione in se stessi.
5. E
adesso vedi ancora un mistero che deve ancora essere compreso a causa
dell’empia superbia dei figli del mondo! E vedi, due fiori del cespuglio furono
fecondati dalle giuste lacrime per la perduta innocenza di Eva, ed essi,
attraverso tutte le tempeste dei tempi durante le grandi guerre di Jehova coi
popoli della Terra, conservarono fedelmente la loro benedizione dell’eterno Amore, e al tempo dello
scioglimento della Grazia dall’Alto resero viva la moglie di Abramo, come
prefigurazione della grande Opera dell’Amore misericordioso, e resero viva la
moglie di Zaccaria, per portare realmente a compimento la più grande di tutte
le azioni dell’Amore misericordioso dell’eterno Dio.
6. E
ora rivolgi i tuoi occhi di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e vieni a
visitarli con Me, e guarda come Io, l’eterno
Amore, li trovai – nudi e abbandonati – piangenti e dolenti nel giusto
pentimento e nella giusta vergogna, e dissi ad Adamo di uscire, e trascinai
fuori Eva.
7. E
vedi, essi non osavano guardare il volto del loro Padre, poiché erano
spaventati da un grande tuono del mortifero giudizio proveniente dalla
profondità della collera della Divinità.
8. E
le fiamme dell’ira di Dio, l’Infinito, si rotolavano terribilmente attraverso
tutti gli infiniti spazi fin giù sulla Terra, sulla quale ora stava il grande
Amore accanto ai Suoi figli caduti, pentiti e dolenti, creati con la Sua Grazia
misericordiosa.
9. E
vedi, ci fu allora un’ardente lotta fra l’eterno
Amore, di nuovo mosso a misericordia dal pentimento e dal cordoglio dei
creati, e la Divinità incollerita che tutto voleva distruggere per espiare
l’offesa alla Sua incorruttibile Santità.
10.
Poiché vedi, le fiamme d’ira della Divinità incollerita precipitarono più
veloci dei lampi giù sulla Terra, penetrarono fino al suo centro e l’accesero
in ogni suo punto, e le fiamme devastatrici giunsero fino alla Luna e fino al
Sole, anzi, esse raggiunsero tutte le stelle! E vedi, allora l’intera,
incommensurabile infinità, fu un mare di fuoco, e tuoni terribili rullarono
attraverso tutti gli spazi infiniti, e urlò la Terra, e mugghiò il mare, e la
Luna pianse, e il Sole si lamentò, e tutte le stelle gridarono più forte di
tutti i tuoni, oppresse per la troppo grande dolorosa paura dell’eterna
distruzione, e le loro grandi voci echeggiarono rintronando dalle sconfinate
profondità della collera della Divinità, e le voci
gridarono:
11. «Grande Dio sublime,
placa la Tua grande ira e spegni le fiamme devastatrici della Tua giustissima
Collera, e risparmia gli innocenti nella Tua Santità, poiché la Collera
infuocata della Tua ira distruggerà i giusti e annienterà l’eterno Amore in Te,
e renderà Te stesso Suo prigioniero nella Tua immensa potenza e forza della
Santità!»
12. E
vedi e odi con occhi aperti e con orecchi aperti che cosa disse allora l’irata
e incollerita Divinità; e il linguaggio tuttavia non lo comprese nessuno, se
non unicamente l’eterno Amore che –
nel tempo dello scoppio dell’ira e della collera che la Divinità protese sulla
Terra urlante alla pentita coppia neocreata – impedì alla grande irata fiamma
della Collera di toccare il luogo del pentimento di Adamo e il luogo del
cordoglio di Eva, mediante la grande potenza e la forza della Sua Misericordia.
13. E
ora odi e comprendi bene le terribili parole dell’ira dal profondo della collera della Divinità. Ed esse suonavano così:
14. «A che Mi serve
l’urlare e il mugghiare della Terra? A che, il piangere delle lune? A che, il
lamentare dei soli? E a che, il grido di dolore delle stelle? Poiché Io, Dio,
sono solo, abbandonato dal Mio Amore che Mi è diventato infedele, che si è
allontanato da Me per scendere giù sulla Terra a proteggere la duplice feccia
della cattiveria! Cosa debbo fare senza di Lui? Perciò, voglio distruggere
tutte le Sue opere dalle fondamenta e annientare tutto, affinché non ci sia più
nulla che in tutte le future eternità delle eternità sia in grado di sottrarMi
ed allontanare da Me il Mio Amore! Ed Io voglio rimanere Dio, l’Unico, in tutte
le eternità delle eternità, com’ero fin dalle eternità delle eternità! E tu,
marcio edificio della Creazione del Mio Amore, divenuto debole: – crolla in
inutili rovine, nel nulla, affinché Io ritrovi il Mio Amore e Lo renda di nuovo
forte con la potenza e la forza della Mia eterna Santità! Amen!»
15. E
vedi, i legami delle creazioni in tutti gli spazi dell’infinità di Dio si
sciolsero, e le rovine precipitarono attraverso i vasti spazi tra il grande
rimbombare, il tuonare, il gridare, il rumoreggiare, il rombare e il sibilare
nelle profondità delle profondità verso il loro annientamento, e in questo
c’era la Terra stessa, che giaceva altrettanto in rovina nel vasto grembo
dell’Amore misericordioso.
16. E
i neocreati tremarono dalla paura alla terribile vista di questa grande e
spaventosa scena di annientamento, la cui grandezza nessun spirito creato
comprenderà mai interamente in tutta la sua pienezza, poiché essa era infinita.
17. E
ora vedi e odi ancora quello che allora disse e fece l’Amore
misericordioso! Senti le parole dell’Amore nella Sua potenza e guarda le
grandi azioni della Misericordia nella Sua forza, e odi e comprendi bene le
parole che così suonavano:
18. «Grande,
onnipotente Dio di ogni Potenza, di ogni Forza e di ogni Santità! Ritira la Tua
grande ira e spegni il fuoco della Tua collera che tutto distrugge, e odi dalla
quiete della Tua santità le parole del Tuo eterno Amore, che è l’unica Vita in
Te, eterna come Te e potente e forte come Te da Esso ed Esso da Te, e non voler
annientare la vita in Esso e Te con Esso, ma usa clemenza e lascia che l’Amore
Ti dia soddisfazione, ed esigi espiazione per la Tua Santità ferita e offesa, e
nessun sacrificio sarà troppo grande per il Tuo Amore, se Tu volessi esigerlo
dall’Amore in eterna espiazione per la Tua Santità!»
19. E
ora vedi e odi e comprendi bene che cosa successe poi, e che cosa rispose la
Divinità! Il fuoco si placò, e da tutti gli spazi soffiò un più dolce alito,
frammisto a tuoni ancora fortemente rullanti, attraverso le volanti rovine dei
mondi disciolti, i quali da una immensità all’altra, simili a grandi lampi, ancora
guizzavano brucianti. E l’Amore comprese il tuono di
Dio che parlava impetuoso:
20. «Voglio mettere
ogni colpa su di Te, come le rovine dei mondi sulla Terra, e Tu devi cancellare
l’affronto alla Mia Santità, che è l’eterno legame fra Me e Te! E vedi, Io
maledico la Terra, perché nessuna macchia contamini la Mia Santità ed Io non
divenga come Te, un Dio non santo; e questa maledizione Ti sia lasciata come
debito che Tu hai da prendere su di Te e da cancellare per la Mia Santità, e
per lavare la Terra col Tuo Sangue dalla maledizione dell’infamia per il
peccato di Adamo!»
21. E
vedi, odi e comprendi bene ciò che l’Amore allora
rispose, e disse quanto segue: «Grande, santissimo Dio di ogni Potenza e Forza: – avvenga
secondo le Tue parole!»
22. E
vedi, allora d’un tratto si spense tutto il fuoco sulla Terra e in tutti gli
spazi della Creazione! E le rovine dei distrutti soli, delle terre e delle lune
furono di nuovo ricomposte mediante la potenza e la forza dell’Amore esaudito dalla Divinità, e si
riordinarono come erano ordinate al principio della loro formazione; tuttavia
essi conservarono come eterno segno, le tracce incancellabili della loro totale
distruzione di un tempo, simili alle cicatrici dell’eterno Amore, che più tardi, nel grande Tempo dei tempi, per tutti
sanguinò sulla Croce.
23. E
sulla superficie, nelle profondità e nei mari della Terra rimasero ancora qua e
là le rovine di altri mondi, come segno della potenza e della forza di Dio e,
contemporaneamente, però, anche come testimonianze parlanti delle grandiose
azioni dell’Amore misericordioso.
24. E
vedi e odi ancora e comprendilo bene quello che ora avvenne ulteriormente: –
quando l’eterno Amore accettò le
richieste, e in tal modo già in anticipo diede soddisfazione alla grande
Santità di Dio, allora la Divinità, scrosciando e soffiando più dolcemente, in
modo nuovamente comprensibile solo all’Amore,
fece sentire il Suo santo Volere e disse quanto segue, in un discorso pieno di
dolce suono:
25. «Vedi, la Tua
grande Misericordia è salita in Me ed è comparsa davanti ai Miei occhi
onniveggenti, ed Io ho riconosciuto nella quiete della Mia Santità la Tua
grande Lealtà ed eterna Fedeltà, ed ho contato le gocce di pentimento di Adamo
e le gocce di cordoglio di Eva, e Mi sono mossa interamente a compassione
attraverso la Tua grande Misericordia.
26. E vedi, perciò
voglio ritirare i Miei giudizi in questo tempo – e secondo la tua richiesta far
effluire la clemenza in grande pienezza, …e voglio riparare il danno che i Miei
giudizi hanno recato. E all’infuori di Me nessuno può riparare nulla se non Io
solamente, perché nessuno è buono se non Io, il Padre santo; questo infatti sia
il Mio Nome per l’avvenire, eternamente. E Tu, il Mio Amore, sei Mio Figlio, e
la Santità, quale possente, onnioperante legame della Forza tra Noi e tra tutto
ciò che da Noi è uscito, sia lo Spirito Santo, che deve riempire tutti gli
spazi degli spazi e tutte le infinità delle infinità in tutte le eternità delle
eternità. Amen! E questo lo ha detto ora il buon Padre santo. Amen!
27. E ora Tu, Mio
amato Figlio, dì alla coppia pentita e dolente – e scolpisci le parole nel
profondo dei loro cuori – che essi devono osservare inviolabilmente i
Comandamenti dell’Amore e della Misericordia fino al termine della loro vita, e
poi, nel Tempo che Io ho stabilito, voglio mandare loro un Mediatore fra Me e
loro, per espiare la grande colpa e per alleviare il grande, pesante fardello
della loro disubbidienza.
28. Fino ad allora,
però, essi devono perseverare in ogni pazienza e mansuetudine, e il pane che
ora Io voglio dare loro solo con parsimonia, devono gustarlo grati nel sudore
della loro fronte, ed essi non devono diventare sazi fino al Tempo del
Mediatore, che Io susciterò in mezzo a loro perfetto e buono, come Noi siamo
perfetti e buoni, e santi eternamente.
29. E aggiungi loro
ancora che Io ho revocato i Miei giudizi solo per coloro che osserveranno
puntualmente i Miei severi Comandamenti; invece ai trasgressori tali giudizi siano
comminati per tutte le eternità in ogni rigore della Verità eternamente santa,
e nella più precisa attuazione alla minima trasgressione!
30. Questo dice il
santo e unico buon Padre attraverso Suo Figlio, che è l’eterno Amore in Lui, e
attraverso lo Spirito Santo quale Grazia operante da entrambi per il futuro
perdono del peccato, il quale ora deve rendere affaticati i vostri corpi e poi,
però, dovrà sempre ucciderli nella dimensione temporale per ottenere la vita
dopo la morte del corpo, dopo il tempo del promesso Mediatore”.
31. Questo dice l’unico santo e l’unico
buon Padre. Amen! Amen! Amen!»
[indice]
La
riconciliazione del Signore
1. E vedi e odi e intendi e comprendi bene ciò che allora
l’eterno Amore disse e fece. Quando
il buon Padre santo terminò il discorso dalla grande serietà, annunciando
clemenza al posto della giustizia, e minacciando il giudizio ai trasgressori
della Legge dell’immensa Grazia, e comminando la morte per il peccato, allora l’eterno Amore
si commosse fino alla più intima profondità del Suo Cuore misericordioso e
pianse per la seconda volta lacrime di compassione e lacrime di intimissima
gioia e di beatissimo diletto per la grande e indulgente Grazia del Padre, così
immensamente buono e santo, e disse nella più profonda commozione di tutto il
Suo Essere ad Adamo e ad Eva:
2. «Adamo, tu hai
visto adesso i tremendi giudizi di Dio scorrere davanti ai tuoi occhi, ed Eva
li vide e li percepì attraverso te; ora però Io voglio aprire anche a lei gli
occhi e gli orecchi, e lei – come anche tutti coloro che discenderanno da lei
secondo il numero delle stelle in cielo e secondo il numero dell’erba sulla
Terra e secondo il numero della sabbia nel mare, il cui numero è infinito – in
ogni tempo futuro deve vedere con i propri occhi e udire con orecchi aperti ciò
che la Divinità fece nella collera del Suo giudizio, e ciò che poi fece
l’eterno Amore nella Sua sconfinata Misericordia.
3. E la Legge Io te
l’ho scolpita nel cuore, come anche tu la devi scolpire nel cuore di Eva. E
come segno ammonitore che deve ricordare a voi e a tutti quelli che vi
seguiranno i giudizi di Dio a causa del vostro peccato, voglio far sorgere qua
e là delle montagne, che alternandosi, devono bruciare fino alla fine dei
tempi, e voglio lasciarvi il lampo, che deve richiamarvi la distruzione di un
tempo, e il tuono che sempre lo segue, che ogni volta deve annunciarvi
vigorosamente il Nome del grande e forte Dio, se mai doveste o poteste
scordarvene.
4. E le lacrime
della Compassione e quelle della grande Gioia per la Grazia dal Padre santo, Io
le ho collocate in segno eterno, quale nuova Creazione, attorno al vasto spazio
del cielo, e devono brillare a voi in ogni notte della Terra, e devono
ristorarvi nel crepuscolo della vita, e devono annunciarvi il giorno che viene.
5. E ora guardate
su al cielo; esse brillano in svariato ordine e in svariato sfarzo: – quelle di
luce rosa in segno della Mia Compassione, e quelle di luce bianca in segno di
Gioia per la grande Grazia del santissimo e buonissimo Padre. E quella larga
striscia chiara scintillante, sopra le stelle della Compassione e della Gioia,
consistente essa pure di stelle del primo periodo per la lacrima dell’Amore che
già allora ebbe misericordia degli spiriti caduti, la striscia che è tirata in
mezzo al vasto spazio del cielo, essa vi serva come segno dell’eterna e santa
Alleanza tra l’eterno Amore, che chiamò ad essere voi e tutto ciò che esiste, e
la Divinità che tutto giudica secondo la Sua eterna Santità.
6. E ora guarda
qui, tu Adamo, e anche tu, Eva, nel Mio occhio sinistro che al di sopra del Mio
Cuore irradia dolcemente e benignamente verso di voi davanti al vostro occhio
destro. Vedete, ancora una lacrima è attaccata al suo ciglio, e vedete, questa
lacrima è la più grande di tutte quelle che sono già sgorgate per voi da questi
occhi!
7. Laddove il
grande nastro nel vasto cielo sembra dividersi, là guardate volentieri e, tutte
le volte che guarderete là, siate sempre grati e profondamente commossi, poiché
quel punto deve servire a voi, come anche a tutta la Creazione, come segno
perenne della vostra rottura alla fedeltà con Me e della Mia trascorsa rottura
con la Santità di Dio per misericordia verso di voi. E quel nastro, nel punto
dove appare come riannodato, deve ricordarvi la grande mediazione dell’eterno
Amore, che sono Io fin dall’eternità, tra l’intangibile Santità di Dio e voi,
che mancando di fedeltà avete peccato al cospetto della Sua sconfinata Santità.
8. E ora vedete, da
lì viene questa lacrima, e quello è il luogo della sua origine!
9. E questa lacrima
un giorno sorgerà per voi e per i vostri discendenti, quale una leggiadra
stella del mattino, che illuminerà tutti i popoli della Terra che nei tempi dei
tempi vi seguiranno nelle vostre pentite e dolenti orme. E prima ancora essa
laverà la Terra dal fetido fango del peccato e purificherà le vostre lacrime e
stille di pentimento e di cordoglio dall’immondezza del serpente.
10. E adesso
guardate qui ancora una volta. Questa lacrima voglio farla cadere su un fiore
ancora bianco di questo cespuglio, tra i due fiori già fecondati di Eva, e un
giorno, da essa deve fiorire una Donna pura, che deve schiacciare la testa al
serpente. E il serpente la morderà bensì nel calcagno, ma il veleno non le farà
danno; e da lei uscirà questa che adesso è davanti a voi, una leggiadra stella
del mattino per tutti i popoli della Terra che sono di buona volontà, e
l’eterno giudizio per tutti i ribelli figli del serpente!
11. E gli spiriti
dal grembo della Santità del Padre scenderanno sulla Terra corporeamente[3],
e annunceranno ai vostri figli il grande Tempo e il modo della Venuta di Colui
che ora sta davanti a voi, e che voi adesso ancora udite e vedete, ma che in
seguito non udrete e non vedrete più fino alla promessa Venuta, secondo la
promessa del Padre santo attraverso Me, l’eterno Amore in Lui.
12. E ora avete
sentito tutto quello che vi è necessario sapere per ricevere la Mia
benedizione!
13. E così siate
dunque benedetti dalla mano della potenza e dalla mano della forza dell’eterno
Amore del Padre santo e dalla forza dello Spirito, forza da Entrambi che è
santa, e siate fecondi e moltiplicatevi, e riempite la Terra col frutto vivo di
questa benedizione!
14. E sempre, ogni
volta che vi avvicinerete per questa benedizione, offrirete dapprima a Me i
vostri cuori! Se tralascerete questo, il serpente, che ancora vive ed anche
vivrà eternamente nella collera della Divinità, guasterà il frutto in voi, e
tu, Eva, e tutte quelle del tuo sesso, metterete al mondo, anziché un frutto
dalla benedizione, un frutto della rovina. E costoro distruggeranno i figli
della benedizione e della luce in gran numero, e al loro imperversare e
infuriare non ci sarà fine; e così trasmetterete a tutti il peccato come
eredità, e la vostra colpa diventerà visibile fino al grande Tempo dei tempi e
anche dopo.
15. E questa offerta
dei vostri cuori vi sia data quale sacro servizio alla Mia benedizione di
grazia, per compiere il quale voi Mi sarete sempre debitori ogni volta che vi
avvicinerete per questa Mia benedizione. Questo nuovo e facile Comandamento che
avete appena ricevuto dalla Mia bocca, sia la prima Chiesa che Io fondo davanti
a voi in memoria di Me, ed essa vi ricordi con gratitudine le azioni del misericordioso
Amore e vi riconduca al santo timore di Dio!
16. Io voglio
mandarvi uno spirito senza peccato come messaggero dall’Alto, con una spada
fiammeggiante nella mano, perché vi guidi e vi mostri l’intera Terra da una
estremità all’altra, ed egli vi illuminerà le tortuose vie del mondo, ma anche
vi castigherà, se devierete dalle Mie vie!
17. Tutto questo lo
dice l’eterno Amore a voi, nel nome del Padre santo! Amen!»
[indice]
La nascita di Caino e Abele
1. E vedi, allora l’Amore
scomparve davanti agli occhi dei creati, ritornando nel santo grembo del Padre.
2. (allo scrivano): E ora vedi, tu, Mio
pigro e pessimo scrivano a noleggio, che sei ancora molto duro d’orecchio se si
considera il fatto che, come ad un ragazzo che impara l’ABC, devo dettarti ogni
parola singolarmente e ancora non Mi comprendi, e spesso Mi interroghi due,
tre, cinque, spesso fino a dieci volte, e nonostante ciò Io ti ripeto sempre
ogni parola fedelmente! Perciò sii più attento, perché si vada avanti più in
fretta di quanto è successo fino a ora; il mondo infatti ha bisogno che
quest’Opera della Mia grande Grazia sia completata prima possibile! Lasciati
dire questo da Me, il vostro Padre santo, che è tutto Amore in tutto il Suo
Essere! E ora continua a scrivere!)
3. E ora la coppia neocreata era completamente sola sulla vasta Terra, e
l’angelo promesso apparve con la spada fiammeggiante nella sua destra; ed essi
scorgendolo si spaventarono molto, e così fuggirono davanti ai suoi occhi, e
tremarono di grande paura in tutti i loro visceri.
4. E
ora vedi, la paura accelerò la gravidanza di Eva, ed ella con dolori si liberò
del frutto proibito che il serpente nella cecità di Adamo aveva posto in lei.
5. E
Adamo osservò il frutto nudo e constatò che il frutto gli era simile, e se ne
rallegrò molto; ed Eva riconobbe la gioia di Adamo e strinse con ogni ardore
questo frutto del suo amore al suo petto pieno.
6. E
vedi, allora percepì una fitta nel suo petto, simile alla fitta del serpente, e
pose il frutto a terra nella grande angoscia e nella ferma opinione di aver già
di nuovo peccato.
7. Ma
vedi, allora apparve il grande angelo con volto
dolce, davanti alla coppia che si angosciava e s’impauriva, e rivolse loro la
parola con voce ferma, dicendo:
8. «Non vi angosciate e non vi impaurite davanti
al servo di Jehova, che è stato mandato a voi dall’Alto per mostrarvi la Terra
e per illuminarvi le tortuose vie del mondo e anche per castigare voi e i
vostri discendenti se deviate dalle vie dell’eterno Amore e dell’infinita
Santità di Dio.
9. Vedete, questo frutto non è più un peccato
per voi; è però certo la conseguenza della triplice disubbidienza verso Dio, ed
è la morte della vostra carne, quella morte che avete generato nella vostra
carne mediante la vostra brama nell’egoismo. Non vi è lecito gettare via da voi
questo frutto, ma secondo la Volontà dall’Alto tenetelo come testimonianza su
voi stessi e sulla vostra umiliazione, affinché un giorno possiate sperimentare
come attraverso voi è venuto nel mondo il peccato, e attraverso il peccato però
la morte; ma il frutto stesso dovete chiamarlo “Cahin” (Caino) ovvero
“Portatore di morte”!»
10.
Allora gli animi spaventati della coppia furono tranquillizzati dal discorso
del messaggero dall’Alto, ed Eva prese di nuovo il frutto, che aveva deposto a
terra, nelle sue mani ancora tremanti, e a richiesta di Adamo, suggerita
dall’angelo, porse al lattante il petto pieno, perché succhiasse da lei la vita
della Terra.
11. E
l’angelo si pose al fianco sinistro di Adamo, ed Eva si mise col frutto sul
braccio destro al fianco destro di Adamo, affinché il cuore di lei restasse
libero da qualsiasi peso e potesse in avvenire rimanere rivolto all’uomo su
tutte le vie e su tutti i sentieri.
12. E
così essi camminarono esemplarmente su tutta la Terra per osservare tutte le
sue contrade e per stabilire delle dimore per i loro futuri discendenti, e per
seminare il pane ad essi, con la potenza e la forza che era loro conferita
dall’Amore, mediante la grande grazia della Misericordia.
13.
La Terra infatti, con ciò che stava su di essa, era sottomessa alla volontà di
Adamo. E il mare e tutte le acque ubbidivano fedelmente perfino al più lieve
cenno di Adamo, ed entrambi gli erano sottomessi, dalla superficie fino
all’estrema profondità, e pieni di venerazione offrivano il dorso al piede del loro signore, perché camminasse saldo
su di essi a piacimento. E gli erano sottomessi tutti i venti; e ubbidivano
alla sua voce tutti gli animali delle acque, della terraferma e delle arie.
14. E
Adamo era stupito per la forza insita in lui, e
vide e riconobbe su quante cose l’eterno
Amore gli aveva conferito tali grandi forze, e divenne lieto oltre misura
per una così grande grazia dall’Alto, e disse ad Eva:
15.
«Eva, moglie mia, vedi, il Signore della potenza e della forza ci ha benedetti;
offriamogli dunque i nostri cuori, affinché la Sua benedizione prosperi sulla
Terra secondo la Sua grande promessa, e attraverso te essa veda la luce della
Grazia quale nuovo abitante di questo luogo!»
16.
Ed Eva, piena di umiltà e di intima gioia, disse: «Adamo, vedi la tua ancella
ai tuoi piedi ad attendere il cenno del suo signore della Terra, e avvenga a me
secondo la tua volontà; accetta il mio cuore colpevole e offrilo al Signore!»
17. E
Adamo fece ad Eva, in totale abbandono al Signore, come il Signore gli aveva
ordinato.
18. E
vedi, la benedizione divenne visibile in Eva, e Adamo se ne rallegrò, e anche
Eva provò in sé grande piacere. E ora odi quello che l’angelo di Jehova disse
alla lieta coppia, e le sue parole erano ben misurate come parole dall’Altezza
e come parole dalla Profondità, ed era l’eterno Amore stesso che parlava
per bocca dell’angelo, e queste parole dalla bocca dell’angelo suonarono così:
19. «Adamo! Tu adesso
hai appreso molto nel lungo viaggio sopra la Terra; tu hai visto i suoi
continenti e le sue acque, e vedesti anche quello che su di essi e in essi
esiste, cresce e si muove; e vedesti il grande mammut e da esso in giù tutti
gli animali, fino al più piccolo dei vermicelli striscianti; e vedesti il forte
pescecane e tutti gli animali delle acque, fino ai più piccoli abitanti della
goccia; e vedesti anche tutti i volatili delle arie, dalla gigantesca aquila
fino all’uccellino della foglia, e da questo fino al più piccolo moscerino; ed
hai provato tutte le loro forze, la loro attitudine e la loro utilità; e
scorgesti, anche da questo, quanto riccamente l’eterno Amore ha provveduto per
te, e così attraverso te anche per Eva.
20. Tu parlasti ai
monti ed essi ti diedero risposta; e interrogasti il mare, ed esso ti rispose;
e indirizzasti la tua voce alla profondità della Terra, e la risposta non è
rimasta per strada; e indirizzasti il suono delle tue parole a tutti gli
alberi, arbusti, piante, pianticelle e a tutta l’erba, ed essi ti dichiararono
il loro nome e ti spiegarono rispettosamente la loro attitudine e l’uso che ne
deriva per voi secondo il tuo libero arbitrio, e così anche tutti gli animali a
cui hai rivolto la voce del tuo petto. Tutti gli animali, ciascuno a proprio
modo, ti diedero una risposta percettibile e ugualmente ben precisa, e ti
mostrarono fino a che punto sono destinati al tuo servizio e sono soggetti
ciecamente al tuo volere. E i venti ti insegnarono a servirti di loro secondo
la tua volontà. E tutto questo vide e udì e percepì anche Eva.
21. E ora vedi, Adamo,
e anche tu, Eva, tutto questo non ti è stato dato dall’eterno Amore come ti è
stata data la vita, e come ti è stata data Eva, bensì la Sua grande Grazia te
l’ha dato come regalo, e tu tutto questo lo terrai solamente fino a quando ne
farai un saggio uso, secondo la Volontà del Padre santo. Ma queste cose, una dopo l’altra, si allontaneranno dall’ambito della
tua grande potenza se tu non manterrai sempre il tuo animo tutto puro al
cospetto di Jehova. Perciò sii saggio, come lo è il grande, ottimo e
santissimo Padre lassù sopra ogni creazione e laggiù nella profondità sotto
ogni creazione!
22. E così come tu ora
sei, e come devi essere e rimanere in seguito, secondo la Volontà del Padre
santo e dunque secondo la tua propria volontà, così devono essere anche tutti i
tuoi discendenti, mentre le discendenti di Eva devono essere come ora lei è
davanti e sotto i tuoi occhi.
23. E se però qualcuno
non è come tu sei adesso e come devi essere e rimanere in seguito, il dono
resterà bensì conservato per un determinato periodo di tempo, ma il regalo
della Grazia verrà tolto a quel tale non appena egli non è più come tu sei
adesso, come devi essere e rimanere. E perfino le discendenti di Eva si
leveranno al di sopra dei loro capi, e diventeranno loro infedeli fino al
midollo delle ossa, e correranno dietro ai cani, e si nutriranno
dell’escremento dei serpenti, e allatteranno i loro bambini ai seni delle
vipere; e i tuoi discendenti saranno avvelenati attraverso esse, e moriranno di
una morte amara corporalmente e spiritualmente, in eterna vergogna e penosa
infamia.
24. E ora vedi, tu
Adamo, e odi, tu Eva! Adesso voi siete
ancora nel Paradiso, là dove l’eterno Amore vi ha posti prima e dopo il
vostro peccato, e prima e dopo la distruzione; se mai però doveste scordarvi,
se doveste non osservare fedelmente le Leggi dell’Amore e i Comandamenti della
Sapienza del Padre santo, sarete scacciati da questo bel giardino con questa
spada fiammeggiante, e in seguito non vi sarete più ammessi per tutto il tempo
della vostra vita corporale e, fino al tempo della Promessa, anche nessuno di
tutti i vostri discendenti; ma lo saranno, solamente dopo la Promessa, i figli
della Redenzione e della conseguente nuova Creazione dell’eterno Amore.
25. Questo tienilo bene
a mente, tu Adamo, e riflettici anche tu, Eva! Il frutto che uscirà da te, Eva,
questo frutto vivo, tu, Adamo, devi chiamarlo “Ahbel” (Abele) e devi
offrirlo al Signore della Gloria per l’eternità; il suo nome, infatti,
significa “Figlio della Benedizione” e deve essere una prima rappresentazione
di Colui che un giorno, nel grande Tempo dei tempi, verrà perfetto dall’Alto,
dal grembo della potenza e della forza della Santità di Dio.
26. E ora che vi ho
guidati, che vi ho mostrato e detto tutto perfettamente secondo la Volontà
dell’eterno Amore, è compiuta la mia missione, opera dell’eterno Amore nel
Padre di ogni santità e bontà, ed io visibilmente devo lasciarvi, ma
invisibilmente vi seguirò passo passo e ognuno dei vostri passi io conterò
secondo l’immutabile Volontà di Jehova.
27. E voi mi rivedrete
sempre ogni qualvolta offrirete al Signore della Gloria i vostri cuori in
totale abbandono; ed io raccoglierò la vostra offerta in un vaso, e lo porterò
in Alto a Dio, e lo vuoterò al cospetto del Figlio, e allora il grande Padre
santo si compiacerà delle vostre opere.
28. Però mi rivedrete
anche nel caso voi doveste o poteste deviare dalla Legge dell’Amore e dai
Comandamenti del Padre santo, così come mi vedete ora con la spada
fiammeggiante nella mia destra, per scacciarvi dal giardino e togliere a te,
Adamo, una gran parte dei regali dell’eterno Amore dalla Sua grande Grazia e a
lasciarti poi debole e timoroso del minimo rumore d’erba».
29. E ora vedi, tu cieco scrivano di questa Mia
nuova Parola viva in te come anche in tutti voi, e osserva come ora Adamo
nel Paradiso era un uomo perfetto eccetto che in una cosa, e le facoltà di cui
era dotato lo rendevano un perfetto signore della Terra; e tutte queste sue
perfezioni erano solo un Mio regalo, ed egli le conservò fino al tempo in cui
si scordò di Me, un’unica volta dopo che l’angelo divenne invisibile ai suoi
occhi.
30. E
ora vedi: – tutto quello che Adamo possedeva in regalo Io voglio darlo a voi in
dono permanente, e anche infinitamente di più, e anche qualcosa di
infinitamente più grande, e tutto questo sono Io stesso; e tutto ciò che è Mio
deve essere anche vostro, purché Mi amiate, e nulla di più Io chiedo a voi!
31.
Ma dov’è il vostro amore che Io riscattai a così caro prezzo e che vorrei
chiamare eternamente Mio? Oh, di questo ce n’è ormai davvero così poco sulla
Terra! Esso è così leggero e così dolce, e voi non lo volete, e neanche lo
cercate dove vi attende, e disprezzate l’alto prezzo in esso!
[indice]
La promessa
del Signore
1. O voi, figli di Adamo! Perché mai non volete piuttosto
diventare figli Miei? O quali fatiche e che estenuante lavoro vi costa
guadagnarvi il pane di Adamo grondante del sudore delle vostre mani, che per di
più è insozzato dalla bava dei serpenti e impregnato col veleno delle vipere, e
col quale nel vostro eccedere la misura vi mangiate la morte temporale e poi
anche eterna!
2.
Ben diverso è il Mio Pane, il quale è spalmato col miele del Mio Amore, ed è
impregnato col latte della vita eternamente libera da Me, e che voi potreste
gustarlo nella somma pienezza di ogni eccesso di misura, che non vi farebbe mai
alcun male in eterno, anzi vi rafforzerebbe e vi doterebbe di ogni potenza e
forza da Me, sia per l’eternità che anche già qui nella dimensione temporale,
se solo voleste accettarlo. Vedete, subito dopo ‘la più grande delle Mie azioni, che è la grande opera della redenzione
per voi’[4],
questo Mio Pane era ancora molto caro, e gli uomini potevano acquistarselo solo
in piccola dose e in nessun altro modo che nuovamente col loro sangue e con la
vita del loro corpo, a Me sacrificati per questo. E questo Mio Pane aveva
allora un sapore amaro nella bocca degli acquirenti, e non era ancora spalmato
col miele dell’amore, né impregnato col latte della vita libera anche già nel
tempo. Sia il miele, sia anche il latte, venivano invece aggiunti agli afflitti
compratori, ben misurati, solo nel regno degli spiriti; e vedi, eppure ce
n’erano in gran quantità di tali compratori!
3.
Adesso, invece, che Io lo do completamente gratis a chiunque lo desideri e
semplicemente per il compenso sicuramente molto piccolo del vostro amore, e lo
do con latte e miele, ora vedi, ora lo si disprezza amaramente e si disdegna il
grande, amichevole Donatore, colmo sicuramente e veramente di ogni supremo
Amore per voi!
4.
Tenete a mente dunque: «Le porte dei Miei Cieli Io le ho fatte adesso spalancare.
Chiunque voglia entrare, venga, e venga presto, e venga subito; poiché è venuto
il grande tempo della Grazia, e la nuova Gerusalemme viene a voi tutti giù
sulla Terra, affinché tutti coloro che Mi amano possano prendere dimora in
essa, e in essa essere saziati col miele e col pane al latte, e bere a pieni
sorsi la pura acqua di ogni vita, e possano attingerla a dismisura dall’eterno
pozzo di Giacobbe.
5. Ma sebbene la
discesa di questa Mia grande Città sarà una grazia smisuratamente grande verso
tutti i Miei figli, tuttavia essa anche schiaccerà con le sue possenti mura
tutti i ciechi, e schiaccerà tutti i sordi; poiché la sua grandezza comprenderà
l’intera superficie della Terra! E chi non la vedrà discendere, e non sentirà
il suo fruscio attraverso le pure arie della Terra, costui non troverà più
alcun posto sulla Terra per potersi nascondere da lei e sfuggire al suo peso.
6. Poiché vedi, il
peso dei suoi palazzi sgretolerà le montagne e le renderà uguali alle valli, e
le sue case Io le voglio mettere sopra le pozzanghere e i pantani; e tutti i
vermi che vi abitano saranno schiacciati nel terreno di loro proprietà dalle
fondamenta delle case della grande Città di Dio, il vostro Padre santo in Cielo
e sulla Terra.
7. E il vero
Pastore chiamerà le Sue pecore, ed esse udranno la Sua voce e la riconosceranno
bene fino a tutte le estremità della Terra, e accorreranno, e pascoleranno con
gran piacere sui pascoli dell’eterno Amore del Padre santo, cioè i grandi
giardini della nuova, santa Città del grande Re di tutti i popoli che furono,
sono e saranno eternamente.
8. E questi
giardini saranno il Paradiso che fu perduto per mezzo di Adamo e che Io per
primo ho ritrovato e conservato fedelmente per loro quale eterna dimora.
9. Per questo
motivo Io vi ho anche già mostrato molto dettagliatamente, fino ai minimi
particolari, la grande gestione della Mia Casa fin dall’eternità, e vi ho
mostrato la Creazione da cima a fondo, e vi mostrai il primo uomo nella sua
prima origine e voglio mostrarvelo ulteriormente fino alla sua fine, e voglio
mostrarvi la grande prostituta e la distrutta Babilonia, e poi condurvi nella
Mia grande e santa Città, e in essa darvi un’abitazione permanente in eterno,
se Mi amate come Io vi amo, al di sopra di tutto!
10. Guarda i cieli e
guarda la Terra! Ebbene, questi un giorno passeranno corporeamente, e
sussisteranno solo spiritualmente, ma ciascuna delle Mie parole che a voi viene
detta sussisterà così come viene dalla Mia bocca, corporeamente e
spiritualmente, in ogni potenza e in ogni forza della Santità, eternamente,
eternamente, eternamente. Amen!»
[indice]
La cacciata dal Paradiso
1. E ora ritorna di nuovo indietro ad Adamo e ad Eva, e
vedi come fu l’ulteriore tragitto della loro vita corporale, e il tragitto dei
loro due discendenti, davanti agli occhi onniveggenti della Santità di Jehova!
E vedi, per un breve periodo, che secondo il vostro calcolo fu di trenta giri
terrestri attorno al Sole, che voi chiamate ‘anni’, la coppia visse nella
cerchia dei suoi discendenti benedetti, il cui numero era uguale al numero degli
anni, con l’eccezione di Caino, che non era benedetto.
2. E
adesso vedi ancora quello che è successo! Adamo stava camminando nel giorno del
Signore che gli era stato comandato come giorno di riposo nel suo cuore già
dall’eterno Amore stesso, e poi più volte dall’angelo, in memoria delle grandi
azioni dell’Amore che Si era impietosito e per contemplare con la massima
venerazione l’incommensurabile Santità di Dio, il Padre buono. Adamo camminava
da solo su un tratto di terreno per contemplare la bellezza della zona; e il
mondo gli piacque moltissimo, così che nei suoi pensieri si allontanò
totalmente da Dio.
3. E
in queste contemplazioni arrivò così alla riva di un grande fiume, il cui nome
era “Eheura” ovvero “Ricordati del tempo di Jehova!”; questo
infatti esclamava il fiume col suo forte rumoreggiare. Ma Adamo, concentrato
nei pensieri del mondo, non notò e neanche comprese il senso di questo
linguaggio dei rumoreggianti flutti del fiume.
4. E
mentre egli in tal modo stava camminando lungo la riva, d’un tratto restò
impigliato col piede sinistro a una pianta che, cresciuta per un certo periodo
serpeggiando sopra il terreno, finiva avviticchiata attorno a un grosso albero,
ed egli cadde violentemente a terra e percepì un gran dolore nel suo corpo, e
questa fu per lui una nuova sensazione; ed egli si adirò con la pianta e la
guardò incollerito, e la chiamò a risponderne, chiedendo se non conoscesse il
suo signore.
5. E la pianta rispose: «No, non ti conosco!»
6.
Allora Adamo osservò più accuratamente la pianta,
e non la riconobbe. Allora chiese nuovamente: «Com’è il tuo nome, e qual è la
tua attitudine?»
7. E
vedi, un vento frusciò attraverso le foglie, e il
fruscìo gli divenne comprensibile e suonava così: «Cogli gli acini dai
miei rami e spremi il succo, e bevilo, e il mio nome e la mia attitudine ti
diverranno noti!»
8. E
vedi, Adamo, nella cecità dei suoi pensieri mondani e dimenticandosi totalmente
di Dio, fece quello che la pianta serpeggiante gli consigliò nel giorno del
Signore. Ed egli prese alcuni acini e li assaggiò, ed avevano un sapore molto
dolce; ed egli si rallegrò di questa nuova conoscenza, e si rammaricò con
l’angelo perché non gli aveva mostrato anche questo frutto dal sapore tanto
buono.
9. Ed
egli colse una quantità di acini e li portò a casa, e vi arrivò giusto mentre
tramontava il Sole.
10.
Ed Eva gli andò incontro accompagnata da Caino, i soli che per tutto il giorno
si erano preoccupati, non sapendo dove Adamo fosse andato. Tutti gli altri
infatti lo sapevano bene, e non si preoccuparono nel giorno del Signore di
Adamo, il padre del loro corpo; poiché essi erano figli della benedizione, e in
questo giorno avevano concentrato i loro pensieri in Dio e nel Suo eterno
Amore. I due gli tolsero una gran parte del suo carico, ed egli raccontò loro
di questa nuova conoscenza; ed Eva ne fu molto rallegrata, e con l’aiuto di
Caino fece degli acini secondo il racconto di Adamo.
11.
Allora Adamo prese il succo spremuto e disse: «Scopriamo il suo nome e la sua
attitudine!»
12. E
vedi, egli allora bevve a pieni sorsi di quel succo, e lo diede poi ad Eva e a
Caino, e infine lo fece assaggiare a tutti tranne che ad Abele, che non era
ancora presente poiché il fuoco ardeva ancora sull’altare che egli aveva eretto
per fare offerte alla Santità e all’Amore di Jehova, ciò che al Signore era
molto gradito.
13. E
allora Adamo, Eva e tutti quelli che avevano assaggiato del succo divennero
ubriachi; e in questa ebbrezza Adamo ed Eva, e tutti quelli proceduti da Adamo
ed Eva, si accesero selvaggiamente nei desideri della carne, e insieme con
Adamo ed Eva si diedero alla lussuria e alla fornicazione, mentre Abele pregava
all’altare di Jehova.
14. E
quando là ebbero finito di fornicare nell’ebbrezza della dimenticanza di Dio e
dimenticandosi di offrire prima a Dio i loro cuori, come era stato comandato di
fare sempre e come era dovuto, l’angelo – con la
spada fiammeggiante nella sua destra – apparve dapprima ad Abele, e gli disse
amichevolmente:
15. «Jehova trovò grande
compiacimento nella tua offerta, tant’è vero che ti ha scelto come salvatore
dei tuoi genitori e dei tuoi fratelli, senza di che essi ora sarebbero perduti
nel giorno del Signore, poiché si dimenticarono di Lui e abbassarono i loro
animi alla terra, e non poterono diventare partecipi della benedizione, che
sempre in questo giorno, secondo l’Ordine stabilito, si diffonde dall’Alto in
tutti gli spazi delle infinità!
16. Perciò io sono
ritornato visibilmente, anzitutto a raccogliere la tua offerta in questo vaso
della Grazia misericordiosa, che è l’eterno Figlio nel Padre, e portarla
davanti al Suo santissimo volto, davanti alla pupilla dell’eterno Padre, e
prima ancora però per castigare i trasgressori della Legge dell’Amore e del
Comandamento della santa Grazia, per togliere loro una gran parte dei regali,
per colpirli di cecità e scacciarli dal Paradiso.
17. E ora lascia il tuo
altare delle offerte e poniti alla mia sinistra, affinché la destra punitrice
rimanga libera per i trasgressori, e seguimi nella dimora del peccato! E quando
io avrò svegliato dal delirio della fornicazione i peccatori addormentati, i
quali colti da grande timore fuggiranno davanti alla spada della Giustizia,
seguili come compagno di fuga, e porta, per i genitori del tuo corpo, una
piccola parte del regalo perduto, e dalla poi a loro per rinvigorirli quando,
in un paese lontano da qui che si chiama “Ehuehil” ovvero “Paese del rifugio”,
essi cadranno a terra piangendo, spossati ed esausti. E anche in questo paese
erigi un altare per le offerte simile a questo qui, che continuerà ad ardere
anche sotto le acque che un giorno verranno su tutta la Terra, e diventerà una
montagna, inaccessibile ad ogni piede mortale fino al grande Tempo dei tempi.
Allora essa piegherà il capo alla bassa terra che si chiamerà “Bethlehem”
(Betlemme) ovvero “la piccola città del grande Re”, la quale un giorno
diventerà la più grande sulla Terra. La sua Luce infatti brillerà più che la
luce degli spiriti di tutti i soli spirituali. E su questo nuovo altare tu devi
portare offerte di ringraziamento al Signore, da tutti i regni (naturali) della
Terra in questo paese della fuga, perché esse possano diventare commestibili
per i peccatori, e rinvigoriscano i pentiti, e consolino i dolenti!»
18. E
quando l’angelo ebbe terminato il suo discorso ad Abele, essi si alzarono e
andarono con grave passo alla dimora di Adamo – il cui aspetto era simile al
tempio di Salomone – la quale, conforme alla sua potenza e forza, consisteva in
alti cedri cresciuti liberamente dalla terra, uno strettamente vicino all’altro
in forma circolare e molto allargata. Essa non era lontana dalla grotta del
pentimento e dal cespuglio di spine del cordoglio, e aveva due entrate, una
stretta verso il Mattino (l’Oriente), e una larga verso la Sera (l’Occidente).
19. E
vedi, era circa la metà della notte – e non poteva essere prima a motivo del
giorno del Signore – quando l’angelo del Signore si affacciò con Abele alla
soglia verso il Mattino.
20.
Quando Abele mise piede sulla soglia, cominciò a piangere per la grande
sventura che doveva colpire e che avrebbe colpito adesso i suoi.
21.
Allora l’angelo disse a lui in tono dolce: «Non piangere,
Abele, tu figlio della Grazia, colmo di benedizione, e fa’ ciò che ti ho
comandato dall’eterno Amore che parla attraverso la mia bocca, e non ti
spaventare per le parole tonanti che seguiranno su questi peccatori
addormentati!»
22. E
Abele fece come l’angelo gli aveva comandato; e
quando egli fu del tutto vicino ai suoi, l’angelo tuonò in modo terribilmente
serio, parole di spavento e di grande paura sui peccatori ora destati, ed
esclamò con grande forza e vigore:
23. «Adamo, alzati,
rammentati della tua colpa e fuggi da qui, poiché non ti è più possibile
restare ulteriormente in questo luogo! Poiché tu hai perduto il Paradiso per te
e per tutti i tuoi discendenti fino al grande Tempo dei tempi, e una gran parte
dei regali, per tua colpa, poiché ti sei dimenticato del giorno del Signore e
ti sei ubriacato col succo di una pianta che era un capolavoro del serpente,
escogitato per catturare la tua libertà, per avvinghiare i tuoi piedi e per
turbare i tuoi sensi, per dimenticare Dio e farti addormentare nel rozzo
peccato.
24. Fuggi dunque dove
vuoi, lontano dal Volto dell’Amore! E ovunque fuggirai, incontrerai la giusta
ira di Dio in pienezza, ma la parte dell’Amore ti sarà misurata con parsimonia!»
25. E
vedi, allora Adamo si alzò da terra con Eva e con tutti gli altri che avevano
dormito a causa della bevanda dello stordimento dalla pianta del serpente, e
con ciò tutti quanti avevano perduto il Paradiso e gran parte dei regali,
eccetto Abele che era rimasto sobrio, poiché non aveva bevuto della bevanda
dello stordimento e rimase memore del giorno del Signore. (nota bene: Così anche voi,
quali veri figli di un Padre così santo e buono come sono Io, dovete essere
costantemente memori del santo riposo del settimo giorno quale vero giorno del
Signore, che sono Io, e alla domenica dovete fare quello che vi è comandato).
26. E
quando Adamo scorse l’angelo, si spaventò oltre misura, insieme ai suoi familiari,
così che non poté dire nemmeno una parola per scusarsi, ed era come irrigidito
per il troppo grande sgomento; solo adesso infatti cominciava ad accorgersi di
quello che lui e tutti i suoi avevano fatto al cospetto di Jehova.
27.
Allora egli si gettò con la faccia a terra davanti all’angelo del Signore, e
pianse e implorò pietà a voce altissima; poiché la spada fiammeggiante gli
aveva aperto gli occhi, ed egli vide in quella luce raccapricciante della
Giustizia punitrice tutto il peso e la dimensione dell’infelicità indicibile,
in cui con la sua leggerezza aveva precipitato se stesso e tutti i suoi.
28.
Ma l’angelo stava ritto con occhi bendati e
orecchi turati, come gli aveva comandato l’Amore del Padre, e disse più forte
di tutti i tuoni, dalla potenza e dalla forza di Jehova:
29. «Nella Giustizia non
c’è grazia, e nel Giudizio non c’è libertà; perciò fuggi, spinto dalla
Giustizia punitrice, perché i giudizi di Jehova non raggiungano il tuo piede
esitante! Poiché il castigo è la paga della Giustizia. Chi lo prende come se lo
è meritato, può ancora contare sulla misericordia; ma chi si oppone alla
Giustizia e alle sue conseguenze, costui è un traditore della intangibile
Santità di Dio, e ricadrà nei giudizi di Dio, dove non vi è più libertà, bensì
l’eterna prigione nell’ira della Divinità.
30. Perciò fuggi, e
piangi e implora laddove i tuoi piedi ti porteranno; e dove essi non ce la
faranno più a portarti oltre, là rimani, piangi, implora e prega perché tu non
vada in rovina, e anche Eva e tutti gli altri a causa tua!»
31. E
vedi, allora Adamo si rialzò e volle fuggire secondo il comando di Dio dato per
mezzo dell’angelo; ma vedi, egli non riusciva, poiché i suoi piedi erano come
paralizzati. E incominciò a tremare in tutto il corpo, poiché lo assillava la grande
paura del giudizio di Dio, che l’angelo del Signore gli aveva minacciato.
32.
Allora Adamo cadde di nuovo con la faccia a
terra e pianse e gridò a voce altissima: «Signore, Tu onnipotente, grande Dio,
nella Tua grande Gloria di ogni Santità, non chiudere totalmente il Cuore del
Tuo sconfinato Amore e della Misericordia a me, un debole davanti a Te, e
donami almeno quella sufficiente forza, affinché io indegnissimo sia in grado
di fuggire davanti ai Tuoi giudizi, secondo la Tua santissima Volontà, a cui
sono soggette tutte le Tue creature, come io lo sono dalla cima dei capelli
alla pianta dei piedi. Signore, ascolta la mia supplica!»
33. E
vedi, allora parlò l’eterno Amore con la bocca
dell’angelo – come Io parlo ora con la tua bocca impura – e disse ad Abele:
34. «Abele, vedi il
padre del tuo corpo; aiutalo a sollevarsi! E vedi sua moglie, Eva, la madre del
tuo corpo, languire a terra, aiutala a rialzarsi, affinché entrambi e tutti gli
altri vengano per mezzo tuo rinvigoriti per la fuga, e il buon Padre santo
gioisca di te, mostrando il tuo amore al debole padre del tuo corpo, così come
alla tua fragile madre, e così anche a tutti i tuoi fratelli e sorelle, siano
essi benedetti o non benedetti; la tua forza infatti li rinvigorirà, e la
pienezza della benedizione in te li ristorerà! E così con la mano dell’amore
filiale e con la mano della fedeltà fraterna, conducili pure, con ogni pazienza
e amore, fino al posto che Io ti indicherò; ed essi, una volta giunti, cadranno
tutti a terra esausti!
35. Là rimani, e
lascia riposare gli affaticati, e là tu raccogliti davanti a Me, affinché Io ti
conceda forze in grande pienezza, per rinvigorire i tuoi genitori secondo la
misura della loro necessità e capacità di accoglierle, e per ristorare i tuoi
fratelli e sorelle secondo il loro bisogno e secondo la loro capacità di
accoglierle. E ora fa’ quello che ti ho ordinato, per amore verso di loro e per
ubbidienza verso di Me!»
36. E
vedi, allora il pio Abele fu pervaso da grande pietoso amore, s’inginocchiò e
ringraziò Dio dal più profondo del cuore, sciogliendosi in lacrime, e poi,
rinvigorito dall’Alto, afferrò le mani dei deboli genitori e fece per grande
amore quello che il Signore gli aveva ordinato.
37. E
quando Adamo vide suo figlio aiutare lui e anche
la madre, nonché tutti gli altri, disse allora commosso: «O tu mio caro figlio,
che venisti ad aiutarmi in questa nostra grande pena, ricevi dunque anche tutta
la mia benedizione, per ringraziamento e per consolazione del tuo debole padre
e della tua debole madre!
38. E
ringrazia tu il Signore, tu che ancora sei degno dell’Amore del Padre santo, al
posto mio e di noi tutti che ci siamo resi indegni di pronunciare il Suo Nome
santissimo!
39. E
così fuggiamo dunque secondo la Volontà del Signore!»
40. E
vedi, allora l’angelo brandì la spada della Giustizia, ed essi fuggirono tutti
quanti a passi veloci, giorni e notti continuamente, senza riposo e senza
sosta.
41. E
così giunsero nel già nominato paese, quando il Sole stava al suo culmine e
bruciava intensamente; e non un’erba si poteva vedere sul suolo tutt’intorno,
neppure a grande distanza, e neanche un albero, né un cespuglio. E vedi, allora
Adamo ed Eva e tutti gli altri si accasciarono a terra spossati e completamente
esausti, nella polvere cocente, e chiusero gli occhi, oppressi dalla potenza
del sonno che li stordiva, e dormirono come svenuti, incatenati dai lacci della
debolezza nella privazione della Grazia.
42. E
vedi, allora l’angelo del Signore, che finora li
aveva seguiti visibilmente, si avvicinò ad Abele che stava ritto in pienissima
freschezza di potenza e forza dall’Alto, e disse:
43. «Abele, vedi, di
tutte le offerte che in ogni purezza del tuo animo hai fatto al Signore della
Santità, nessuna fu più grande di questa, e nessuna fu a Lui così gradita! Prendi
dunque, secondo la Volontà dall’Alto, questa spada della Giustizia dalla mano
del tuo fratello dall’Alto – poiché vedi, così noi siamo figli dell’unico e
stesso Padre santo – e gestiscila secondo la potenza della Sapienza e secondo
la forza dell’Amore per il maggior bene dei tuoi, e fa divampare in essi
l’indebolita forza della vita, e rendi di nuovo ardente l’amore per l’Amore del
Padre santo, e attizza la fiamma del giusto timore di Dio nei loro cuori! Io
però non ti abbandonerò, ma resterò invisibilmente, e quando tu vuoi anche
visibilmente, al tuo fraterno fianco con grande amore, sempre pronto a servirti
nella Volontà del Signore.
44. Poiché vedi, la
consegna della spada significa la tua pienissima libertà come la mia, e così la
Volontà del Signore è diventata la tua, e ti ha posto al di sopra di ogni
Legge, e ti ha dato in proprietà i Comandamenti, e ora tu sei, come me, un
figlio immortale dell’Amore del Padre santo nel puro regno di luce dei liberi
spiriti!
45. E ora fa’ ai tuoi
genitori e ai fratelli del corpo secondo il tuo amore e la tua sapienza!».
[indice]
Adamo
riconosce il suo stato e si pente
1. Ed
ecco, Abele, oppresso quasi dall’eccessiva gioia
per l’immensa grazia ottenuta dall’Alto, cadde sulle sue ginocchia ed esclamò:
«Oh, Tu, grande e dilettissimo Padre immensamente santo e buono, vedi, qui
dinanzi a Te, il Tuo misero servitore nella polvere e nella percezione della
sua più profonda indegnità nei confronti di Te, onnipotente e misericordioso,
rivolgere il suo sguardo dalla più profonda bassezza fino alla Tua suprema
altezza! Porgi benigno ascolto alla voce di un figlio che implora grazia per i
suoi deboli genitori e per tutti i suoi fratelli e le sue sorelle, e non mi
negare la forza che viene da Te, come un dono grandioso, e fa’ che essa, in
grazia, si riversi su di loro per il perdono del peccato, e per riacquistare la
vita da Te, con la necessaria potenza e forza!
2. E
trasforma, secondo il Tuo gradimento, questo paese, per mezzo della Tua
Misericordia e della Tua Grazia, affinché esso divenga fertile; e i deboli vi
possano trovare un nutrimento per ristorare le proprie membra, e possano
inoltre calmare l’ardore della loro sete a qualche fresca sorgente, e fa’ che
vi siano ancora degli animali atti a servire loro, obbedienti al loro volere.
3. O
grande e amato Padre, immensamente santo e buono, esaudisci la mia debole
preghiera, affinché il Tuo santo Nome sia glorificato nei cuori dei Tuoi pentiti!»
4. E
ora vedi e ascolta quanto avvenne quando il pio Abele terminò la sua preghiera,
che giunse a Me gradita. Ed ecco, un alito di frescura incominciò a spirare
sull’arido deserto, e nuvole chiare ammantarono l’ampio spazio del cielo; e
cominciò a piovere sopra tutto il deserto, e frammezzo alla pioggia caddero
semi di ogni specie entro i piccoli solchi scavati nella sabbia, prima incolta,
dalla copiosa e veemente pioggia di Jehova. E in un attimo la vasta distesa del
deserto verdeggiò di erbe, di piante, di arbusti e di alberi di mille specie. E
nel luogo dove il pio Abele stava in ginocchio, pregandoMi in spirito e verità,
sorse un albero enorme, alto fino quasi a raggiungere le nuvole, e dotato di
ampi rami e di larghe foglie, e pieno di frutti del pane, ossia di frutti dolci
e gradevolissimi al palato. A quest’albero fu impartito il nome di “Bahahania”, ovvero “conforto e ristoro dei deboli”, conosciuto anche da voi, ancora
oggi, con la denominazione di “albero del
pane”.
5.
Dalle nuvole lucenti e stillanti la benedizione, una voce soave disse al pio
Abele: «Oh, Abele, o figlio Mio diletto, divenuto libero, brandisci con la tua
mano sinistra la spada sopra coloro che dormono, e ridestali al pentimento e al
miglioramento della loro condotta di vita dinanzi a Me, per tutti i tempi
futuri. E sii per loro una vera prefigurazione di Colui che un giorno verrà nel
grande Tempo dei tempi; e annuncia loro che fino a quel giorno nessuno sarà più
libero dalla Legge; e che i Comandamenti, fino a quel giorno e anche oltre,
terranno prigionieri tutti coloro che non si renderanno partecipi della
rinascita operata tramite il Figlio, che sarà la Via, la Luce, la Verità e la
Vita eterna, quale unico Trionfatore sulla Morte.
6. Tu
però sei libero come angelo della Luce e sarai accolto dopo che, solo fra poco
tempo, l’immagine del Grande che verrà sarà del tutto compiuta. Prima però tu
devi renderti perfettamente atto e capace per questo momento, e ciò deve
avvenire mediante la crescita della tua umiltà, del tuo amore e di una grande
devozione. E ciò deve avvenire nonostante tutte le persecuzioni e i
maltrattamenti di cui verrai fatto oggetto, sia da parte dei tuoi fratelli che
delle tue sorelle, a causa della glorificazione del Mio Nome»
7. Ed
ecco, allora Abele si rialzò da terra, compenetrato di potenza e di forza; e
quasi in segno della vera libertà ottenuta si librò nell’aria, e su coloro che
dormivano fece come gli era stato comandato.
8. Ed
ecco che nuove forze vitali affluirono nei dormienti; e gli stessi si destarono
rapidamente, si rizzarono da terra e si guardarono intorno enormemente commossi
e meravigliati nel constatare l’immensa e benefica trasformazione del deserto.
E stavano per prorompere in grida di giubilo, quando Adamo,
alzatosi assieme a Eva che si trovava al suo fianco, così parlò ai suoi figli:
9.
«Figli, non giubilate, né tripudiate prima del tempo, ma piuttosto piangete e
pentitevi anzitutto con me ed Eva del nostro grande peccato, e pensate bene a
quello che abbiamo perduto! Poco importa il Paradiso della Terra con tutti i
suoi beni; perché, come io vedo, e come voi pure vedete, il Signore nella Sua
immensa, sconfinata Misericordia, ci ha donato così tanto che tutti noi
possiamo con tutta facilità e senza rammarico dimenticare la perdita dei beni sovrabbondanti
del Paradiso terrestre, vedendo appunto questa nuova, grande e inapprezzabile
ricchezza del Suo Amore troppo grande. Vedete, infatti, gli animali dell’aria,
come pure della terra, ora si affrettano verso di noi. Osservate l’erba, le
piante, gli arbusti e tutti gli altri alberelli, e i grandi alberi, e le brezze
che spirano, ed interrogate pure tutte queste cose, ed ascoltate se da qualche
parte vi giunge una risposta!
10.
Io lo feci subito, quando mi ritrovai desto, e mi convinsi che tutte le cose
erano diventate mute per me; e che il suono della mia voce non veniva più
compreso. Il cinguettio degli uccelli, l’urlo degli animali, il mormorio di
questa sorgente e tutto il sussurrare dell’erba, delle piante, degli arbusti e
di tutti gli alberelli e degli alberi colpirono subito il mio orecchio, ma
quanto mi spaventai, e mi sento tuttora interamente pervaso dallo sgomento,
constatando che di tutto ciò io non comprendevo più nulla, né tuttora sono in
grado di comprendere!
11.
Ma vedete, non mi spaventai per il fatto che tale comprensione mi fu tolta, ma
piuttosto mi rammaricai per la perdita, infinitamente più grande, della Grazia
del Padre, che è santo sia al di sopra di tutte le creature, che al di sotto di
tutte le creature!
12.
Vedete, tutto ciò che ho perduto l’avete perduto anche voi a causa mia, avendo
voi peccato per mezzo mio e con me; tutti eccetto uno, che non sono più degno
di chiamare “figlio mio”, e che agli occhi onniveggenti del Padre, immensamente
santo e buono e a quelli del Suo Amore e del Suo Spirito, è rimasto puro e
giusto in tutta la potenza e forza, nella pienezza della Grazia e in quella
della Benedizione.
13. E
questi è il mio diletto Abele, che però ci fu tolto dal Signore giustissimo,
poiché i miei occhi non lo vedono più in nessun luogo; certamente ciò avviene
affinché io e tutti voi per mezzo mio percepiamo cosa voglia dire l’essere
caduti fuori dalla Grazia dell’eterno Amore e che cosa significhi anche il
ritrovarsi nella rigida Giustizia del Signore a causa del peccato di sconsiderata
disobbedienza alle Sue mitissime leggi dell’Amore e ai tanto lievi comandamenti
della Grazia.
14.
Oh, figli, ponderate bene tutto quello che vi ho ora detto e provate a
riflettere e convincetevi da soli se vi ho esposto la verità. Poi venite e
giudicate da voi stessi come stiano veramente le cose, e cioè se noi dobbiamo
piangere ed essere afflitti, quale espressione del nostro immenso pentimento,
oppure se sia possibile per noi ritrovare ancora qualcosa che sia capace di
rallegrare i nostri cuori!
15.
Certo, o figli miei, l’eterno Amore del Padre santissimo ci ha lasciato una
sola gioia come dono della Sua grande Grazia, e in tale gioia possiamo e
dobbiamo pur rallegrarci, e questo dono consiste nella grande grazia del
pentimento e del cordoglio stesso!
16.
Ecco, quest’unica cosa ancora ci ha lasciato il Signore: – le lacrime del
pentimento e le lacrime del cordoglio! RingraziamoLo dunque di questo dal più
profondo dei nostri cuori!
17.
Oh, che immensa fortuna per noi è ancora questa, dato che il Signore ci ha
fatto questo dono ricchissimo! Che cosa mai saremmo noi senza questa grazia?
18.
Dunque, nella profonda coscienza della nostra totale abiezione, prostriamoci a
terra e piangiamo, e affliggiamoci fino a quando nessuna lacrima e nessuna
stilla di questo nostro cordoglio potranno più scorrere dai nostri occhi e
finché non avremo restituito al Signore quello che è Suo e del quale non siamo
abbastanza degni; e poi Egli faccia di noi, secondo la Sua Giustizia
santissima, quello che è la Sua Volontà, santa e in ogni tempo buona, e che è
stata fin dall’eternità!».
19. E
vedi, allora Adamo con tutti i suoi si prostrò a terra e fece secondo quanto
gli dettava il suo riconoscimento tramite quella minima parte della Grazia
rimastagli, per mezzo della tacita e segreta Misericordia dell’eterno Amore nel
Padre. Adamo pianse, e si dolse amaramente assieme a tutti i suoi, eccetto
Caino. Quest’ultimo, come gli altri, si era pure prostrato a terra, ma il suo
occhio rimase asciutto; anzi, si adirò per non poter piangere anche lui come
tutti gli altri. Ed egli allora si alzò e se ne andò via. E mentre se ne andava
così, fissando il suo sguardo sul terreno verdeggiante, ecco che scorse
improvvisamente una serpe che strisciava fra l’erba; allora egli si chinò, e
afferratala la fece a pezzi; e in preda all’ira e al furore ne divorò la carne,
rendendola così carne propria.
[indice]
La
confessione di Caino
1. E
vedi, quando Caino ebbe fatto ciò, ecco apparirgli accanto il pio fratello Abele, che, in nome dell’eterno Amore, così gli parlò:
2.
«Oh, fratello mio, perché mangi della carne del serpente, mentre qui ci sono
frutti in grande quantità, pronti a calmare la tua fame? Vedi, Adamo, nostro
padre, bevette da quella pianta che egli non conosceva, e che il serpente, con
astuzia, malizia e con tutta la maestria della sua sconfinata perfidia aveva
preparato per la sua perdizione e anche per la perdizione di tutti i suoi
discendenti, e così egli peccò dinanzi al Signore di ogni giustizia, e con lui
peccaste pure voi tutti; ed io stesso fui gravato dal peso del peccato al
cospetto di Dio, e dovetti scontare anch’io come voi tutti che avete bevuto il
succo della perdizione, dato che anch’io come voi dovetti abbandonare il
Paradiso, e dovetti perciò prendere su di me corporalmente il vostro peso e
spiritualmente tutta la vostra benedizione, e così, di conseguenza, fui gravato
doppiamente per causa vostra.
3. E
come se ciò non bastasse, tu ora ti metti a mangiare perfino la carne viva del
serpente, assieme al suo sangue! O Caino, perché mai hai fatto questo?»
4.
Allora Caino si calmò nella sua rabbia, nel suo
furore e nella sua ira; osservò Abele, e disse: «Ecco, quello che ho fatto, io
l’ho fatto per vendetta, ossia per rovinare al serpente la sua progenie, e l’ho
fatto anche per la rovina di me stesso, perché non sono mai stato trovato degno
della benedizione del Signore, poiché sono diventato quello che sono non per
mia colpa, ma per il peccato dei genitori che sono esistiti prima di me, ossia
quando ancora non ero nato, dato che io ebbi origine soltanto dopo che essi
ebbero peccato innanzi agli occhi di Jehova.
5.
Perché dunque devo o dovrei scontare quel certo peccato che io non ho mai
potuto in nessun modo contribuire a commettere, considerato che io sono
soltanto il frutto del peccato ma non la sua causa, e perciò mi trovai privato
della benedizione di cui invece voi tutti godete in tutta pienezza? E perché, a
causa di ciò, io dovetti trascinarmi a fatica, essendo gravato dalla
maledizione di Jehova che io non meritavo, mentre voi saltavate come cervi?
6.
Ecco, questo è il motivo per cui ho fatto così: – perché il serpente fra l’erba
mi rivolse la parola e così disse: ‘Divorami
e saziati della mia carne, e spegni la tua sete con il mio sangue, e tu
diverrai un signore della Terra, e tutti i tuoi discendenti domineranno su di
essa, e la loro potenza e forza saranno maggiori di quelle di tutti i
benedetti. Ora io non ti do un comandamento, ma soltanto il potere di regnare e
la forza di renderti soggetta ogni cosa’
7. E
ascolta, così proseguì il serpente: ‘La
mia carne ti annienterà nella tua ingiusta colpa dinanzi a Dio, e il mio sangue
ti donerà una nuova essenzialità senza colpa, armata di ogni potenza e forza!’.
Allora il serpente tacque ed io lo afferrai, lo lacerai e lo divorai, come
vedesti proprio ora!»
8. Ed
ecco, a questo punto Abele si commosse e brandì con la mano destra la spada
della giustizia e la pose sul capo di Caino; e a Caino furono aperti gli occhi
ed egli vide il suo immenso torto, poiché aveva accusato Dio e i propri
genitori; e scorse in se stesso tutta la sua colpa e vide le imperscrutabili
vie dell’eterno Amore nella Sua misteriosa e sconfinata Sapienza; e si accorse
che lui stesso era il vero serpente seduttore; e vide che per mezzo di lui il
serpente era diventato uomo, per opera della Misericordia illimitata
dell’eterno Amore, affinché esso, in seguito a una prova certamente più grave e
nel suo stato di transitoria debolezza senza alcuna benedizione, venisse reso
consapevole di tale debolezza, cosicché, in tale suo stato di debolezza
autocosciente e per decisione propria e in tutta l’assoluta libertà del proprio
essere, avesse finalmente potuto e dovuto rivolgersi al Signore di ogni potenza
e ogni forza. E dal Signore, poi, sarebbe stata elargita anche ad esso, come ai
già benedetti, la benedizione, e con ciò sarebbe avvenuta la sua riammissione
nell’immensa Grazia dell’Amore sommamente misericordioso, nella pienezza
suprema della potenza e della forza.
9. Ed
egli vide che quel serpente, che aveva poco prima divorato, era egli stesso
nella sua parte ancora cattiva; e vide che solo per effetto della propria
rabbia egli aveva suscitato col proprio alito il serpente sulla Terra, nella
sua riapparsa essenzialità; e vide inoltre, che le parole del serpente erano le
sue stesse parole, che prendevano origine dal fondamento più intimo del proprio
essere primordiale, anteriore ad ogni creazione del mondo visibile della
materia.
10. E
si rese conto, ancora, di come egli aveva con ciò riaccolto in sé il serpente,
ovvero come egli stesso si fosse rafforzato in ogni malvagità e nella falsità
che da essa deriva; e vide quanto profondamente egli era nuovamente precipitato
nella morte.
11.
Allora egli, pervaso da gran pentimento, cadde a terra e pianse, ed esclamò a
voce altissima (Caino): «O grande, onnipotente, fortissimo e santissimo Dio! Ora soltanto io
riconosco il mio infinito peccato e la mia debolezza infinita dinanzi a Te e
alla Tua Giustizia, ma anche dinanzi al Tuo illimitato Amore!
12.
Ecco, io non sono degno dell’esistenza: – annientami dunque per l’eternità,
fino nel mio più intimo fondamento, affinché d’ora innanzi io non sia più
niente in eterno, e affinché il massimo peccato, che è unicamente mio, venga
così cancellato per tutta la discendenza benedetta di Adamo e di Eva!»
13.
Ed ecco, suo fratello Abele allora brandì nuovamente la spada nella sua mano
sinistra, ma questa volta ponendola sul petto di Caino.
14. E
vedi, subito una nuova vita si irradiò in Caino, e la “fame della morte” lo
abbandonò, ma al suo posto si fece tanto più sentire in lui la “fame della
vita”. Al momento però egli non poteva trovare ciò che lo avrebbe potuto
saziare, e poiché non trovava nulla, si rivolse nuovamente ad Abele, e così parlò:
15.
«Vedi, o fratello, ho una grande fame di un cibo di Vita: – un cibo che abbia
la vita in sé, e non la morte, com’era con la carne del serpente e con il suo
freddo sangue! Perché, vedi, fratello, essendomi venuta dal profondo del mio
essere la conoscenza di come io ero prima, e di come sono ora, io adesso sento
in me un grande pentimento, e percepisco una grande fame e una sete ardente
dell’Amore divino e della Sua immensa Misericordia! Poiché, vedi, io piango
senza voce, e il pentimento è in me senza lacrime: – saziami quindi con la voce
dell’Amore, e calma la mia grande sete con le lacrime del pentimento!
16.
Perché, ascolta e intendi: – Io, il sommo, ora sono divenuto il più infimo
della polvere; io, il fortissimo, sono adesso ridotto ad essere più debole di
un moscerino; ed io, il più luminoso, sono diventato ora più tenebroso del
punto centrale della Terra!
17. E
così sto ora dinanzi a te: – a te che, fuori da me, divenisti un piccolo
spirito. Ma ora esso è in tutto più grande di quanto lo fossi stato io allora,
quando ancora non esisteva il mondo. Infatti, avvenne che io, da me stesso,
nella mia esuberante potenza, mi sono imprigionato nella mia forza eccessiva e
divenni per questo il più debole fra tutti. Infatti, allora, coloro che avevano
molto perdettero molto, mentre coloro che avevano poco perdettero poco. Ma io,
che avevo tutto, perdetti tutto, e questo accadde per colpa mia; e gli altri
perdettero il loro molto, oppure il poco, unicamente a causa della mia
bruciante colpa.
18. O
fratello Abele, non indugiare dunque, e porgimi una vivanda di vita, affinché
abbia la voce per piangere; e dona a me, il reietto della benedizione, una
bevanda, affinché io non mi strugga in un pentimento senza lacrime!»
19.
Allora Abele calcò di nuovo il suolo della Terra
e si avvicinò a Caino, del tutto corporalmente, e gli disse: «O Caino, o debole
fratello del mio corpo e figlio di Adamo e di Eva, alzati e seguimi! Io voglio
ricondurti ai tuoi genitori e a tutti i tuoi fratelli e sorelle, perché là
troverai in abbondanza tutto quello di cui sei tanto privo e là verrai saziato,
e tutta la tua sete sarà spenta.
20.
Ma quando così sarai saziato e sarà estinta la tua sete ardente, pensa allora
al Signore, nel Suo Amore e nella Sua Grazia misericordiosa; e pensa ancora che
“il primo è l’ultimo, e l’ultimo è il primo!”
21. E
ora seguimi in tutta pazienza e mansuetudine; e tutta la tua forza sia d’ora in
poi la pazienza, e tutta la tua potenza sia d’ora in poi la mansuetudine; e
così tu troverai ancora grazia al cospetto di Colui il cui Amore è infinito e
non ha confini in tutte le eternità delle eternità».
[indice]
L’incarico
del Signore ad Abele
1. E vedi, allora essi si alzarono e si diressero là dove
stava il grande albero situato fra il Mattino e il Mezzogiorno (il Meridione=Sud) dal punto dove si trovava Caino,
che era fra la Sera (l’Occidente=Ovest) e la Mezzanotte (il Settentrione=Nord). E in tal modo essi fecero ritorno ai loro familiari, i quali, ancora
afflitti, stavano piangendo tutti prostrati a terra.
2. E
quando furono del tutto giunti presso di loro, Abele
disse a Caino: «Qui vedi frutti in abbondanza, ovvero vedi ciò che sono i veri
frutti del pentimento e del cordoglio. Chinati, dunque, e cogline e saziati, e
spegni la tua sete!»
3. E
quando Caino ebbe fatto come suo fratello gli aveva consigliato, sotto Mio
suggerimento, ecco che cominciò ad altissima voce a deplorare il suo male, e i
suoi occhi versarono torrenti di lacrime di grande pentimento.
4. E
vedi, all’eterno Amore piacque il
pentimento e il cordoglio; ed Esso parlò per bocca
dell’angelo al pio Abele, che ugualmente si scioglieva in lacrime di
pietà e nel quale l’Amore aveva grandissimo compiacimento, e disse:
5. «Abele, o
benedettissimo figlio dell’Amore, avvicinati ad Adamo e ad Eva, i genitori del
tuo corpo, e rialzali, e mostra loro l’albero della vita che Io ho benedetto
per voi tutti allo scopo che il corpo ne tragga nutrimento, e anche perché il
vostro amore, per ora, ne sia rafforzato.
6. Dì ad Adamo che
quando si sarà rafforzato faccia di nuovo rialzare i suoi figli e dia loro da
mangiare il pane dell’albero della vita, affinché ne sia rafforzato il loro
corpo e il loro amore. E dì ad Eva che si avvicini a Caino e lo faccia alzare,
e lo conduca da Adamo; e dì ad Adamo che gli porga la mano sinistra, e in
questa prenda la destra di Caino e ponga poi la propria destra sul capo di
Caino. Egli dovrà quindi alitare su di lui tre volte, e dovrà alzarlo da terra
sette volte; e così Caino, secondo la sua fedeltà, sarà reso atto ad accogliere
gradatamente la Benedizione che emana da Me.
7. E tu, però,
Abele, prendi la spada nella tua destra e seguiMi ben lontano da qui verso il
Mattino, su un gran monte, in un grande deserto! Tu là troverai un’apertura; in
questa poni la spada dalla parte dell’impugnatura, cosicché la punta rimanga
rivolta al cielo e i due tagli fiammeggianti restino volti l’uno verso
Mezzogiorno e l’altro verso la Mezzanotte.
8. Dopo ciò,
mettiti in ginocchio e ringrazia Dio finché la fiamma della spada sarà estinta
e finché dalla spada uscirà un cespuglio di spine con delle bacche rosse e
bianche. Poi cogli subito dal cespuglio tre bacche bianche e sette rosse, e fa quindi
ritorno dai tuoi! E quando sarai ritornato, dopo quaranta giorni, erigiMi un
altare per sacrifici, così come hai fatto spontaneamente e senza alcuna
sollecitazione nel Paradiso. Sopra tale altare poni fascine e frutta, ed
accendi il tutto con il fuoco dell’Amore che Io ti manderò dall’Alto, nella
forma di un grande lampo.
9. Ma poi prendi
dell’argilla dalla terra, impastala bene e formane un vaso, che sia largo sopra
e stretto sotto, come il cuore che è in te. Questo vaso riempilo completamente
d’acqua pura, e ponilo poi sul focolare di Jehova, sulla fiamma del sacrificio
d’amore; e quando l’acqua sarà calda e comincerà a bollire, prendi anzitutto le
bacche bianche e gettale nell’acqua bollente; poi, dopo breve tempo, fa la
stessa cosa anche con le sette bacche rosse. E quando tu vedrai che tutte le
bacche si saranno intenerite, togli via il vaso dal fuoco, prendi con la mano
destra le bacche tenere nello stesso ordine in cui le hai poste dentro e
passale nella mano sinistra, tenendole fino a che si siano raffreddate; e
mangiale, infine, nell’ordine che ormai ti è noto. Dopo però prendi il vaso con
l’acqua nella quale saranno state cotte le bacche che sono sorte dalla spada e
versa l’acqua sul focolare di Jehova, e consegna poi questo vaso vuoto al padre
del tuo corpo.
10. Le bacche ti
daranno vigore nella sapienza e nell’amore; e l’acqua raddolcirà il fuoco
dell’Amore. Il vaso, però, sia un segno certo, per Adamo e per tutti i suoi
discendenti, di come devono essere costituiti i loro cuori, cioè riscaldati e
cotti dall’acqua della Misericordia, nella quale sono diventati molli i frutti
della Giustizia per effetto del fuoco dell’Amore, per servire di nutrimento ai
figli dell’Amore benedicente, e perché con questo stesso cibo i cuori possano
venir resi liberi per accogliere lo Spirito della Santità di Dio.
11. E ora va’ e
adempi esattamente quello che Io, l’eterno Amore, ti ho comandato! E dopo che
tutto ciò sarà compiuto, Io parlerò di nuovo a te, e poi ai tuoi, per bocca del
Mio angelo, che è un cherubino, ovvero la “bocca della Sapienza e dell’Amore
del Padre santo”. Va’ quindi, e agisci!».
12. E
ora vedi, Abele fece come gli era stato comandato; e si allontanò dai suoi,
dopo aver portato la Benedizione al padre del suo corpo, secondo quel certo Mio
segreto volere che gli fu manifestato nel cuore.
13. E
Adamo lo abbracciò, piangendo, ed Eva, dolente, lo strinse al suo cuore. E
tutti i suoi fratelli e sorelle gli porsero le mani in modo molto amichevole,
in segno del breve congedo al servizio di Jehova. E anche Caino si aggiunse
agli altri e gli porse la sua destra; e si chinò dinanzi a lui fino a terra.
Così poi Abele si separò da loro fra le reciproche benedizioni, e con la grande
Benedizione dall’Alto, accompagnato dall’angelo del Signore.
[indice]
Le nuove
norme del servizio divino e della vita
1. E quando Abele ebbe così compiuto esattamente la Parola
di Dio, e ritornò ai suoi che l’avevano atteso con tanta brama dei loro cuori,
e dopo aver anche qui compiuto il sacrificio secondo le indicazioni dell’eterno
Amore ed ebbe consegnato ad Adamo il vaso vuoto nella maniera e nel significato
che gli era stato comandato, allora l’eterno Amore
aprì nuovamente la bocca dell’angelo e disse:
2. «Abele, o figlio
obbedientissimo del Mio Amore misericordioso e benedicente, Io ora ti nomino
sacerdote e maestro di tutti i tuoi fratelli e delle tue sorelle, e consolatore
dei tuoi genitori. E così la mattina di ciascun Sabato, al sorgere del Sole, tu
offrirai in sacrificio i frutti più belli e puri che Io più tardi designerò
ancora più esattamente. E la sera, al tramontare del Sole, accenderai il fuoco
dell’Amore, che Io ti indicherò come è per natura nascosto in una pietra e come
lo si può sempre ottenere dalla pietra stessa! E tu non devi coprire il tuo
capo a cominciare dalla mezzanotte fino alla mezzanotte successiva, affinché il
tuo capo possa rimanere libero per ricevere la Mia grande Grazia. Tutti i tuoi
fratelli, però, devono scoprire il loro capo soltanto alla mattina, e devono
ricoprirlo nuovamente alla sera. E le tue sorelle corporali devono tenere
celata la loro faccia e il loro capo durante tutto il giorno sacro; soltanto
Eva potrà per tre volte, verso la metà del giorno, gettare lo sguardo in
direzione dell’altare di Dio.
3. Adamo però non dovrà
mai, per tutto il tempo della sua vita, tenere coperto il suo capo, a
simboleggiare il fatto che egli è il padre della vostra carne e che voi dovete
sempre tributare riconoscenza al suo capo e che dovete dappertutto dimostrargli
rispetto e amore.
4. Guai a colui che
osasse opporsi in qualsiasi cosa al proprio padre! Costui sarà guardato da Me
con l’occhio dell’ira, poiché il capo del padre è simile alla Santità di Dio.
Ognuno può essere esaudito qualora faccia penitenza nel cuore, ma chi oltraggia
la minima parte della Mia Santità, costui verrà afferrato dal Fuoco
inestinguibile della stessa, e questo Fuoco divorerà ogni goccia delle lacrime
del pentimento in lui, ed egli sarà annientato per l’eternità!
5. E chi con cuore
cattivo offende la propria madre e si mette contro il suo amore, Io non lo
prenderò in considerazione nel momento del bisogno, poiché la madre è simile
all’Amore in Me. Chi disdegna sua madre, troverà assai duro camminare sulle
cocenti vie di Jehova!
6. Così pure, se un
fratello si mette contro l’altro, costui perderà la Mia grazia, e la Mia
misericordia se ne starà lontano da lui; e se qualcuno disprezza la propria
sorella, il Mio Cuore rimarrà chiuso dinanzi a lui.
7. Infatti, i vostri
fratelli sono pure fratelli del Mio Amore; e le vostre sorelle sono il diletto
del Mio Amore.
8. Onorate perciò il
padre e amate la madre; e siate l’uno all’altro soggetti in tutto amore,
affinché possiate temere il Mio Nome, Jehova, e possiate amare il Mio Amore, e
possiate farvi guidare dalla grande santità del Mio Spirito nel giorno della
Mia grande santità, in via triplice per ciò che riguarda l’ottenimento della
Sapienza e in via settuplice per ciò che riguarda i sei giorni dell’Amore; e
tutto questo per procedere in modo retto e giusto dinanzi ai Miei occhi.
9. E ora, Abele, tu
insegnerai a tutti i tuoi fratelli vari lavori, ovvero un lavoro differente per
ciascuno, affinché essi possano rendersi servizio l’un l’altro con amore, e
giovarsi con il consiglio nei vari rami della sapienza.
10. E tu insegnerai pure
alle tue sorelle a preparare dei fili dall’erba e dalle piante, e insegnerai
loro ad intrecciare questi fili in larghe strisce e a preparare poi delle vesti
per i loro fratelli, e quindi anche per loro stesse; e questo affinché l’amore
sia mantenuto giustamente nel suo ordine.
11. Però ad Adamo, ad
Eva e a te Io donerò delle vesti dall’Alto, le quali saranno differenti nel
colore: – bianco per Adamo, rosso per Eva e azzurro con bordi gialli per te. Ma
questi colori nessun altro li deve usare per la propria veste, ma ognuno dovrà
tingerla a vari colori. Tuttavia in ogni veste di ciascuno non ci deve essere
nessuna macchia nera, né alcuno strappo, ad eccezione del caso in cui qualcuno
abbia peccato, perché allora il peccatore, in segno di pentimento, strapperà la
propria veste e vi passerà sopra del carbone, e cospargerà di cenere il proprio
capo a significare che egli è un peccatore al Mio cospetto e che ha lacerato la
veste della Grazia, essendosi imbrattato del colore della disobbedienza e per
significare che la morte è venuta sopra di lui!
12. Caino però deve
chiedere per sé la sorella più bella, la quale si chiama “Ahar”, ovvero la
“bellezza di Eva”, e con lei se ne andrà fuori ai campi e farà dei solchi nella
terra, adoperando gli arnesi che egli troverà là già preparati; poi spargerà in
tali solchi dei granelli, di cui troverà una grande provvista, ed egli dovrà
chiamare il frutto “grano” [frumento]. E quando questo grano sarà diventato
maturo, il che si riconoscerà dal fatto che i granelli si saranno induriti e le
spighe avranno acquistato un colore bruno, egli separerà accuratamente i grani
dalle spighe e li triturerà fra due pietre. E la farina così ottenuta egli la
inumidirà abbondantemente con acqua, e rimescolerà il tutto facendone una
pasta. Questa pasta poi egli la deporrà su di una pietra piatta che è divenuta
rovente col calore del Sole, e la lascerà così per una terza parte del giorno;
quindi la toglierà dalla pietra e la chiamerà “pane”. Infine egli prenderà
questo pane, lo spezzerà, e dopo aver ringraziato Dio lo potrà mangiare assieme
a sua moglie Ahar.
13. E ogni qualvolta
egli procederà al raccolto dai suoi campi, dovrà sacrificare a Me i primi dieci
covoni.
14. Se egli Mi resterà fedele,
Io accetterò sempre con piacere la sua offerta dalla terra; ma qualora dovesse
dimenticarsi di Me, la sua offerta non sarà accolta e non salirà al Cielo, ma
rimarrà sulla terra ai suoi piedi.
15. E così dunque viva e
moltiplichi la sua progenie. Però prima è bene che egli Mi sacrifichi tre volte
il suo cuore e che mi sacrifichi il cuore di Ahar sette volte. Se egli
tralascerà di fare questo, la sua infedeltà apparirà alla luce, ed egli diverrà
un malvagio; e il serpente vivrà per mezzo suo e continuerà poi a vivere in
tutte le sue figlie, che perciò diventeranno esteriormente belle, ma tanto più
orribili interiormente. Esse guasteranno tutti i loro figli e contamineranno
con il loro veleno i figli del Mio Amore e faranno allontanare da Me i Miei figli.
16. Ed Io un giorno
distruggerò del tutto la sua progenie sulla Terra! Tutto ciò diglielo con
fermezza, e ricordagli altresì il Mio santo Nome, Jehova, e il Mio giorno, il
Sabato!
17. Ma a te, Mio pio
Abele, voglio mostrare un gregge di animali mansueti, perché tu li abbia in
custodia e li conduca al pascolo. E il nome che tu darai loro sarà proprio il
giusto nome per loro; e quando tu li chiamerai per nome, essi ti riconosceranno
come pastore e ubbidiranno dappertutto alla tua voce.
18. E d’ora innanzi non
mi sacrificherai più dei frutti, come facesti dopo il ritorno dal monte di
Jehova, ma mi sacrificherai invece la primizia del tuo gregge, che sono i
frutti più belli e più puri, dei quali Io ti ho già fatto menzione poco fa.
19. E precisamente tu
dovrai anzitutto porre trasversalmente della legna secca sopra il focolare; poi
sopra ad essa collocherai l’offerta sanguinolenta; quindi Mi rivolgerai il
ringraziamento ed infine accenderai il sacrificio con il fuoco che ti ho
indicato, che si trova nella pietra, e che tu trarrai da questa secondo la Mia
indicazione.
20. E come segno che la
tua offerta viene da Me gradita, il suo fumo salirà sempre rapidamente verso il
cielo, come se avesse grande fretta di salire. La cenere, però, che tu
ricoprirai con una pietra, dovrai lasciarla giacere per tre giorni sull’altare.
Il terzo giorno tu ti recherai all’altare e toglierai via la pietra dalla
cenere, e vedrai un bellissimo uccello dalle penne splendenti che si leverà
dalle ceneri per volare verso il cielo. Poi si alzerà un vento che spargerà le
ceneri verso tutti i campi della Terra per la risurrezione di ogni carne, che
un giorno avverrà. Ciò corrisponde alle opere del vero amore attraverso la
Sapienza dello Spirito Santo, il Quale verrà dato nel grande Tempo dei tempi ai
figli e a tutti gli stranieri che ne saranno assetati.
21. Voi mangerete in
comune alla mattina, alla metà del giorno e alla sera. Ma mangerete sempre in
modo molto moderato, e sempre nel grande timore del Signore, dopo averlo voi
ogni volta ringraziato, prima e dopo i pasti, affinché i cibi siano benedetti e
con ciò da questi venga allontanata la morte.
22. Se qualcuno
tralascerà di fare così, costui si accorgerà ben presto delle brutte
conseguenze. Chi se ne dimenticherà per tre volte, Io lo punirò con un lungo
sonno; ma chi tralascerà di farlo per un senso di pigrizia, costui diverrà
grosso come un bue e grasso come un maiale e ottuso come un asino. I fanciulli
si faranno beffe di lui e la sua ripugnante figura sarà oggetto delle loro
risate, e se egli vorrà ridiventare come coloro che saranno stati obbedienti,
dovrà digiunare a lungo e mangiare pane asciutto.
23. Chi però tralascerà
di fare il ringraziamento per ostinata disobbedienza e per spregio di questo
Mio lieve comandamento, dato per amore vostro, costui cadrà in braccio alle
brame della libidine e di ogni lussuria, in modo che facilmente cadrà nel
peccato e, con questo, nella morte. Egli dovrà sostenere una grave lotta per
combattere il poderoso serpente della seduzione di Eva, ed Io non lo guarderò
prima che egli, nel gran pentimento, non abbia trionfato sulla propria carne.
24. La mattina tuttavia
dovete mangiare dei frutti degli alberi; alla metà del giorno invece mangerete
dall’albero della vita; e la sera, infine, prenderete per cibo del latte e del
miele, che Io farò raccogliere per voi sui rami degli alberi da una quantità di
animaletti dell’aria celeste, animaletti che voi chiamerete “celie”
(quelli che voi oggi chiamate “api”). Il nome di
“celie”, però, significa “la cura dal Cielo”. E il terzo giorno prima del
Sabato scannerete una pecora; la monderete del sangue; poi, di giorno,
l’arrostirete al fuoco tratto dalla pietra, e la sera ne mangerete la carne in
allegria.
25. E anche Caino e sua
moglie Ahar vengano da voi e mangino con voi la carne del docile animale, ma
solitamente Caino dovrà rimanere sul suo campo e là mangerà del suo pane e dei
suoi frutti.
26. E ora sapete tutto
quello che per il momento vi occorre. E quando verrà un tempo freddo sulla
Terra, necessario per il suo irrobustimento, allora Io vi manderò dall’Alto
delle vesti di pelle di pecora per Adamo, per Eva e per te. Ma i tuoi fratelli
dovranno raccogliere le pelli delle pecore scannate per la cena e lasciarle
seccare al Sole, e conservarle per ricoprire i loro corpi nel tempo del freddo,
secondo l’indicazione che Io ti darò dall’Alto. E quando le pelli saranno
seccate, essi le laveranno sette volte in acqua fresca, e con ciò le pelli
diventeranno morbide e pulite, e adatte al loro buon uso».
[indice]
I sacrifici
di Caino e di Abele
1. Ed ecco, allora l’angelo si avvicinò ad Abele e gli
diede un bacio fraterno; e raccomandò insistentemente a tutti, ma specialmente
a Caino, la più severa obbedienza per poter ottenere un giorno la perfetta
libertà e la conseguente forza e vigore, i quali sono la grande potenza della
Grazia della Misericordia dell’Amore. Tutto ciò consente anche di tramutare in
sé il serpente nell’immagine dell’Amore, e di poter generare da questo frutti
di benedizione e mai più frutti dell’ira della Divinità.
2. E ora vedi, tu, o Mio ottuso
scrivano che continui ancora ad essere un servitore molto sciocco, lento e
pigro, e ascolta con entrambe gli orecchi quello che poi successe. – Ecco, tutti allora se ne andarono alla loro destinazione, e fecero così
come era stato loro da Me comandato nel supremo Amore proveniente da Me, e
vissero così in buon ordine il tempo di dieci cicli terrestri intorno al Sole.
3.
Ma, vedi, venne un giorno in cui faceva molto caldo, e il Sole ardeva più forte
del solito sul capo dei figli e sul corpo di Caino, tanto che quest’ultimo si
irritò fortemente per il grande calore e maledì il Sole. I suoi figli però
erano pazienti, e si lavarono con dell’acqua fresca che donò loro forza e
vigore, e ne bevettero anche, per spegnere la sete ardente, e lodarono e
glorificarono Dio per la grande Grazia di avere, nel Suo eterno Amore, lasciato
loro il ruscelletto a conforto per simili tempi di prova nelle angustie.
4.
Ora vedi, non lontano dalla capanna di Caino, che egli, secondo la sue
conoscenze, aveva edificato con dei rami d’albero ed aveva coperto con la
paglia del frumento, scorreva un fiume impetuoso che Io avevo suscitato dalle
profondità delle montagne, le quali sono uguali ai monti della Luna e sono
situate in mezzo al grande territorio denominato “Ahalas” (ovvero “la culla dei figli dei deboli e dei discendenti
di Adamo”, ed è l’antico paese che voi tuttora chiamate “Africa”).
5.
Ora vedi, Caino non volle adoperare l’acqua, e divenne assonnato e pigro per il
grande calore, e non sapeva cosa dovesse fare; e non si rivolse a Me per un
consiglio e meno ancora a suo fratello Abele.
6. Ed
ecco, venne così anche il Sabato del Signore, e di conseguenza il giorno del
sacrificio. Allora Caino prese dieci covoni di spighe, che non contenevano più
alcun frutto per la rabbiosa pigrizia da cui era dominato a causa dell’intenso
calore che gli rendeva troppo grave portare all’altare del sacrificio le spighe
piene. A Caino inoltre cominciava a dispiacere di dover bruciare invano un
frutto con il quale avrebbe potuto prepararsi per tre volte il pane per sé. E
così, irato nell’animo, depose sull’altare soltanto della paglia vuota e poi vi
diede fuoco. Ma vedi, il fumo non salì affatto verso il cielo, ma, al
contrario, cadde a terra, tanto che per questo fatto Caino si irritò
maggiormente nel suo cuore.
7.
Nello stesso tempo però anche il pio Abele
bruciò la propria offerta al cospetto del Signore, e profondamente commosso
esclamò: «O Padre buono e santo, che così pieno di Grazia guardi me, debole e
povero, con tutta la potenza del Tuo ardente Amore attraverso l’occhio immenso
del Tuo Sole! Il Tuo grande Amore brucia certo la mia pelle, ma in questo grande
calore il mio cuore, con altrettanta maggiore forza, pulsa e vola incontro al
Tuo sconfinato Amore per noi peccatori.
8.
Oh, un giorno la Tua ira, o Jehova, bruciò la Terra; ora invece ciò che brucia
è l’Amore che viene da Te, o Padre santo!
9.
Oh, com’è dolce questo ardore del puro Fuoco della Vita che proviene da Te,
questo è un Insegnamento santo che mi indica come io debba rendermi atto ad
accogliere, un giorno, la Vita purissima che emana da Te! Oh, come deve essere
incommensurabile la Tua Bontà, o Padre santissimo, che già qui sulla Terra ci
fai percepire con tanta veemenza l’incommensurabile Grandezza della tua Grazia
immensa!
10.
Sì, com’è debole questo fuoco che Ti ho acceso dal mio debole amore al
confronto del Tuo, e come è piccolo ed oscuro in confronto al fuoco che ora sta
irradiando noi, che siamo indegni, dal Tuo vasto Sole che è soltanto una
piccola goccia nel mare incommensurabile della Tua infinita Misericordia!
11.
Ma nonostante ciò, accogli pure con benevolenza questa mia meschina offerta a
favore di tutti noi, quale piccolo segno del nostro amore diventato ardente per
Te, o Padre immensamente buono e santo, e conservaci costantemente in questo
Tuo ardente Amore, che ora in tanta Grazia ci fai percepire per mezzo del Tuo
Sole. Amen!
12. E
sia Tua ogni potenza e forza su tutto quanto esiste sulla Terra dinanzi a Te,
giacché Tu soltanto sei degno di accogliere ogni lode, ogni onore e ogni gloria
da noi, ai quali, per l’immensa Tua Grazia misericordiosa, è concesso di
chiamarci Tuoi figli benedetti! Amen!»
[indice]
Abele
assassinato per opera di Caino
1. E vedi e ascolta ancora! I due altari del sacrificio di
Abele e di Caino non distavano molto l’uno dall’altro, dal momento che la
distanza era di sette volte dieci passi. L’altare di Abele era situato il
Mattino, e quello di Caino verso la Sera.
2.
Ora vedi, quando Caino si accorse che il fuoco di Abele saliva verso il cielo,
mentre il suo cadeva sulla terra, egli si accese d’ira nel suo cuore; però egli
rese la sua faccia impassibile, affinché non trapelasse il suo rancore. Abele,
invece, pregava per Caino, di cui aveva scorto la maligna astuzia.
3. E il Signore udì la supplica di Abele e secondo il suo
pio desiderio fece intendere all’adirato Caino la Sua voce, e così gli parlò
con accento forte e severo:
4. «Caino, perché Mi
sei diventato infedele e lasciasti dominare il tuo cuore dall’ira? Perché
dissimuli il tuo gesto e menti con i tuoi occhi? Tu nutri cattive intenzioni
contro Abele! Non è così? Negalo, se puoi!
5. Io ho udito come
tu hai maledetto il Mio Sole, ed ho visto anche le spighe vuote con le quali
volesti cibarMi nella tua pigrizia e nella tua avarizia, e ti ho altresì sorpreso
spesso a commettere fornicazione nella tua grande indolenza, poiché quasi
sempre hai tralasciato di fare come ti era stato comandato prima di unirti a
tua moglie. DimMi, dunque, non è così?
6. E vedi, Io sono
rimasto ad osservarti con pazienza e non feci cadere sul tuo capo la Mia destra
punitrice, e non Mi adirai contro di te nella Mia Santità! Pondera dunque le
Mie parole e diventa buono e leale nel tuo cuore, e così Mi sarai gradito pure
tu, e la tua offerta verrà di nuovo accolta. Ma se tu persisti nella segreta
malizia del tuo cuore, allora in tal modo il peccato si è preparato un luogo di
riposo dinanzi alla tua porta ed esso regnerà sopra di te, e tu e tutti i tuoi
discendenti diventerete suoi servitori e suoi schiavi, e la morte verrà di
conseguenza sopra a voi tutti.
7. Non lasciare
perciò al peccato la sua volontà, consentendogli di dominarti, ma infrangila di
forza e renditela soggetta, affinché tu divenga libero; che tu divenga cioè un
signore della tua propria volontà, la quale però è fondamentalmente cattiva,
provenendo da te e non da Me!»
8. E
vedi, allora Caino si prostrò fino a terra, come avesse voluto deplorare il suo
peccato, ma ecco che ai suoi piedi egli scorse un serpente; ed egli si spaventò
fortemente a quella vista e si alzò sollecitamente da terra, e desiderò
rifugiarsi presso Abele. Ma ecco che il serpente gli avvinghiò i piedi tra le
sue spire, cosicché egli non poté abbandonare il posto dove si trovava.
9. E il serpente alzò il suo capo, ed aprendo le fauci e
vibrando la sua lingua biforcuta parlò a Caino, dicendo: «Perché vuoi fuggire
dinanzi a me? Che cosa ti ho fatto io? Vedi, io sono un essere simile a te, e
sono costretto a strisciare entro queste miserabilissime spoglie. Riscattami,
ed io diventerò come te, e più bello ancora di Ahar, tua moglie, e tu
diventerai, simile a Dio, forte e potente sopra tutto ciò che esiste sulla
Terra!»
10. E
vedi, così rispose Caino al serpente: «Ecco, tu
menti, perché quando ti trovai fra l’erba e ti lacerai e ti divorai, tu mi
ingannasti! Come dunque posso fidarmi ora delle tue parole? Poiché io, allora,
dovetti soffrire molto per causa tua, perciò conosco ormai la tua menzogna, al
punto che non potrò mai più prestare fede alla tua voce. E non hai udito poco
fa le parole proferite dall’Alto da Jehova?
11.
Se dunque esiste ancora in te un qualche riconoscimento della verità,
dichiarami tutte queste cose con la tua voce, e convincimi del contrario: –
allora ti crederò e farò secondo la tua richiesta!»
12.
Ed ecco, il serpente parlò di nuovo e disse:
«Vedi, la colpa di tutto ricade su tuo fratello Abele! Infatti, egli vuole
strappare per sé il potere di dominare per rubare a te i diritti che sono tuoi,
essendo tu il primogenito. Ed egli predispone tutto ciò con tanta astuzia da
illudere perfino l’Amore della Divinità, tanto che agli occhi di Costui egli si
atteggia a buono e pio, ma sta facendo tutto ciò per ottenere che l’Amore gli
conceda di regnare sopra ogni cosa che sta sulla Terra, ma sta calpestando te,
sprezzantemente sotto ai suoi piedi. Infatti, quando tu mi trovasti fra l’erba
e facesti come io ti avevo consigliato, tu saresti diventato davvero un
“signore su tutte le cose” se la perfida astuzia del tuo bel fratello non fosse
appunto riuscita a scoprire in tempo quello che sarebbe dovuto accadere di te.
Abele poi venne subito da te, nel suo ipocrita amore fraterno, come se avesse
voluto aiutarti. Oh, davvero, egli ti ha certamente aiutato, ma non per farti
salire sul trono che solo a te compete, bensì, al contrario, per far precipitare
nella miseria e in una completa nullità il tuo essere maestoso; cosa, questa,
di cui per altro avresti ben dovuto accorgerti già da lungo tempo.
13.
Vedi, egli era invidioso di te perfino per il fatto insignificante che il
Signore aveva accolto la tua offerta come la sua; e con la vergognosa arte
della lusinga, egli seppe influire sulla Volontà, comunque già debole, di
Jehova, in modo tale da indurLo a respingere la tua offerta e da obbligarLo,
come se ciò non bastasse, ad appiopparti ancora un’altra ammonizione quanto mai
aspra.
14. E
vedi, lui non gradì il fatto che il Signore non ti avesse annientato
all’istante. Guarda un po’ là come Abele, tuttora pieno di astuto rancore nella
sua preghiera contro di te, cerca di convincere il Signore a compiere quello
che Egli fino ad ora ha per benevolenza tralasciato di fare.
15.
Ma ora ascoltami: – la grande malizia di Abele consiste nel fatto che egli,
mediante la sua ignominiosissima ipocrisia, ha intenzione di indurre il Signore
a cedergli, alla fine e nella Sua cecità, tutta la Sua potenza; dopo di che,
questo Abele non mancherà di farLo precipitare giù dal Suo trono. E così Dio
dovrà poi languire sulla Terra, mentre egli rimarrà un dio che impererà in
eterno sul trono di Jehova.
16.
Perciò adesso preparati, poiché questa è l’ultima volta che sono ancora in
grado di conferirti la forza necessaria per salvare Dio e te stesso! Va’ quindi
sollecitamente da lui e inducilo con dolci parole a seguirti spontaneamente
fino a qui! Allora io lo avvinghierò ai piedi e alle mani, e tu poi prenderai
una pietra e lo percuoterai con forza sul capo, causandogli in tal modo quella
morte che egli ha minacciato di far venire sopra di te per mezzo di Jehova! E
in questo modo tu sarai liberato dalla morte, che altrimenti per te era sicura,
e aprirai gli occhi all’Amore cieco dell’ingannato Jehova, che poi ti farà
signore sulla Terra e ti renderà soggetta la morte del peccato»
17.
Così dunque accadde che Caino, persuaso nella malizia del suo cuore, abbandonò
quel posto e se ne andò da Abele, e con voce dolce gli disse: «Fratello,
fratello, vieni qui da me e liberami dal serpente che mi vuole nuovamente
rovinare!»
18.
Ma Abele gli rispose: «Quello che tu dici che
potrebbe avvenire è già avvenuto. Quanto però richiedi da me, nella tua
perversità, io te lo concederò nel mio amore, ma la morte che tu pensi di darmi
verrà sopra di te, e il mio sangue, con cui abbevererai la terra, griderà a Dio
e ricadrà sul tuo capo e su tutti i tuoi figli. E la pietra con la quale tu ucciderai
tuo fratello, diverrà la pietra dello scandalo, e tutti i tuoi figli cozzeranno
malamente contro di essa. E il serpente guasterà ogni sangue sulla Terra, e i
figli della Benedizione grideranno vendetta sopra il tuo sangue. Su tutti voi
scenderà poi una grande tenebra, e nessuno comprenderà più la voce del proprio
fratello, come tu stesso ormai non comprendi più la mia voce, poiché ti sei
lasciato accecare dalla tua grande perfidia, impersonata dal serpente, che si
trova dentro e fuori di te. Questa tua perfidia era, è ed eternamente sarà la
vera maledizione del giusto Giudizio di Dio!
19. E
vedi, come il Signore mi ha mostrato i piani di tutta la tua segreta malizia e
mi ha fatto conoscere il tuo immenso furore, così io pure so quello che tu vuoi
fare e che farai di me, e conosco il perché del tuo agire!
20. O
tu, la cui cecità durerà fino alla fine di tutti i tempi dei tempi, conducimi
là dunque, come innocente vittima, e fa’ di me secondo la malvagità che è in te
e fuori di te, affinché il tuo serpente venga punito e bollato come l’eterno
mentitore, ed affinché tu possa conseguentemente conoscere per tua propria
esperienza chi di noi due è veramente l’ingannato!
21. E
l’oltraggio compiuto contro il Signore si ritorcerà contro di te e ti terrà
prigioniero; e dopo l’azione ingiusta che stai per compiere, ti saranno aperti
gli occhi e gli orecchi affinché tu possa vedere come il Signore mi accoglierà
a Sé quale l’ultimo sacrificio, a Lui gradito, compiuto per tua mano; nessun
altro sacrificio ti sarà dato d’ora innanzi, ma ti sarà data invece quella
stessa morte, mediante la quale tu avrai sacrificato tuo fratello.
22.
Ora vedi, io ho ogni potere su di te, e mi sarebbe facilissimo annientarti come
farò ora con quel monte che si trova al di là del torrente, verso la
Mezzanotte!
23.
Ed ecco, io parlerò e dirò a quel monte: “Qui sono io, Abele, il benedetto del
Signore, colmo della forza e potenza dello Spirito Santo; dunque, svanisci e
rientra nel nulla, affinché Caino comprenda quant’è grande la sua menzogna!”
24. E
ora vedi, o Caino, come la possente montagna è subito sparita dall’esistenza
per la forza dello Spirito d’Amore insito in me! Ma vedi, altrettanto facile
sarebbe per me annientare anche te! Però, affinché tu veda che in Dio non c’è
affatto debolezza e che non esiste affatto in tuo fratello alcuna forma di
ignominiosa brama di dominio, io ti seguirò volontariamente, come un agnello
eletto per il sacrificio»
25.
Ed ecco, Caino prese Abele per il braccio, con
gesto affettuoso, e disse: «Abele, che pensi di me? Io vengo in cerca del tuo
aiuto, e già prima di ciò vuoi incolparmi di tramare per la tua morte. Vieni,
dunque, e seguimi fino al punto dove il serpente ti aspetta, ed annientalo come
hai fatto con la montagna, e rendi me libero, e te prosciolto dal rimprovero
del serpente!»
26.
Ma Abele rispose brevemente: «Che differenza c’è
fra te e il serpente? Credi forse, o cieco, che sia anch’io un fratricida?
Tuttavia, io ti seguo e muoio per la vita, mentre tu resti vivo per la morte!»
27. E
vedi, queste furono le ultime parole di Abele dette a Caino; e dalle labbra di
Abele non giunse più un suono agli orecchi di Caino; e così egli,
volontariamente, seguì suo fratello là dove egli voleva condurlo.
28. E
quando furono giunti proprio nel luogo dove li attendeva il serpente, quello fu
appunto il posto dove l’astuzia di Caino si manifestò ed avvinse i piedi e le
mani di Abele, e lo gettò a terra, ed afferrata una grossa pietra schiacciò con
questa il capo di Abele, in modo che il suo sangue e il suo cervello
sprizzarono tutt’intorno sul terreno per un largo raggio.
29. E
il serpente si sciolse dai piedi di Abele, prese la pietra nelle sue fauci e la
portò dinanzi alla porta di Caino, e poi si nascose, libero, nella sabbia sotto
il cespuglio di spine.
[indice]
Maledizione
e fuga di Caino
1. E vedi, da tutte le parti allora andarono accumulandosi
nere nubi sopra il capo di Caino, e vividi lampi s’incrociarono in tutte le
direzioni, accompagnati da rombi formidabili di tuono, e da ogni lato
cominciarono a scatenarsi turbini violenti che scagliarono enormi masse di
grandine sopra i campi ricchi di frutto, e li distrussero completamente. E
questa fu la prima grandine che venne gettata giù dai Cieli; e la grandine era
un segno dell’Amore senza Misericordia, poiché la Divinità era stata nuovamente
offesa nell’Amore dal misfatto atroce commesso da Caino contro il proprio
fratello Abele.
2.
Ora vedi, il malvagio Caino fuggì nella sua capanna e trovò sua moglie che
giaceva a terra, tutta tremante, e accanto a lei alcuni dei suoi figli, la
maggior parte non benedetti, che stavano come morti. Allora si accasciò
inorridito, e maledì il serpente, e si trascinò fuori della capanna, e trovò la
pietra che la serpe, fuggendo, aveva deposto davanti alla sua porta, in modo
che egli, uscendo, vi scivolò sopra e cadde pesantemente a terra. E nuovamente
Caino maledì la perfidia del serpente e la pietra apportatrice di morte.
3. E
come egli si fu rialzato con il corpo tutto dolorante, se ne andò alla riva del
torrente che si trovava molto vicino, per rintracciare il serpente maledetto e
per distruggerlo ed annientarlo.
4. Ma
quando ebbe raggiunto la riva, ecco che egli vide venirgli incontro, nuotando
contro corrente, un mostro spaventoso, lungo seicentosessantasei braccia, largo
sette braccia ed altrettanto grosso. Esso era provvisto di dieci teste, e
ciascuna testa era ornata da dieci corna come corona.
5. E
vedi, quando questo enorme serpente gli fu
completamente vicino, esso lo apostrofò contemporaneamente da tutte le sue
teste, dicendo: «Ebbene, o forte Caino, uccisore di tuo fratello Abele, se vuoi
ed hai voglia di misurarti con me, puoi cominciare la tua opera di distruzione!
6.
Quando io mi trovavo fra l’erba ed ero ancora debole, tu hai potuto certo
lacerarmi e divorare la mia carne e il mio sangue, ma ora non credo che una
cosa simile potrebbe più riuscirti, poiché il nutrimento sostanzioso, che mi
preparasti con il sangue di tuo fratello, mi ha reso grande e forte. E adesso,
se tu hai ancora intenzione di distruggermi, comincia pure a spegnere la tua
sete di vendetta con il mio sangue. Ma siccome tu non hai che dieci dita e non
dieci mani, e quindi non puoi afferrare ciascuna delle mie teste nello stesso
tempo, così avverrà che le rimanenti otto ti schiacceranno con le loro corna e
ti divoreranno con le loro otto bocche!»
7.
Allora Caino si spaventò enormemente e fuggì dal
cospetto del serpente e lo maledì nuovamente, e vide quanto enormemente era
stato ingannato da lui. Ed egli pensò: «Chi mai mi riconcilierà con il Dio
eternamente giusto, ora che mio fratello Abele non c’è più? O serpente tre
volte maledetto, sei tu l’assassino di mio fratello, e ora volevi uccidere
anche me! Oh, se sapessi che tu saresti destinato alla perdizione qualora vi
andassi anch’io, allora vendicherei sette volte la sua morte distruggendo me
stesso!»
8. Ed
ecco che allora il serpente riapparve, dietro di
lui, nella figura di una fanciulla estremamente attraente, e così gli parlò:
«Caino, fa’ come hai detto, ed io divorerò la tua carne e berrò il tuo sangue,
e poi noi saremo ancora una volta una cosa sola, e domineremo tutto il mondo»
9. E Caino osservò l’ornata fanciulla e disse: «Sì, questa
è la tua vera figura; così sei più terribile che non altrimenti! Chi ti vedesse
con le tue dieci teste, costui ti fuggirebbe come un Giudizio della Divinità,
ma a chi tu ti presenterai in questa forma, costui ti correrà dietro per
cingerti con le sue braccia, e ti amerà più di quanto egli ami Dio, e si
reputerà l’essere più felice quando tu lo afferrerai con le tue mani sempre
apportatrici di morte, e gli uomini ti erigeranno templi e altari, e
leccheranno il tuo sputo, e mangeranno i tuoi escrementi.
10. E
se io non ti avessi visto in precedenza con le tue dieci teste, sarei io stesso
divenuto tuo schiavo; però io ormai ti conosco perfettamente, e mi fai più
ribrezzo in questa forma che non in quella di prima con le dieci teste»
11.
Allora la bella fanciulla disse: «Ma, Caino,
come puoi temere queste membra tenere e questo morbido seno?»
12.
«Oh, taci», rispose Caino, «le tue morbide
membra sono anch’esse altrettanti serpenti pieni di amaro veleno, e sotto il
tuo seno, morbido e pieno, si nasconde una corazza impenetrabile con la quale e
sulla quale le tue braccia di serpente soffocheranno la mia misera e debole
progenie! Poiché in questa attuale forma renderai tuo obbedientissimo schiavo
perfino il gigante Leviatano!»
13.
Ed ecco, il serpente-donna si accese dalla sua
rabbia interiore, in modo che tutto il suo essere risplendette come il Sole, ed
assunse la forma di Abele, col volto affettuoso, e di nuovo parlò a Caino:
14.
«O Caino, tu cieco e stolto, o malvagio fratello, vedi, colui che tu uccidesti
con una pietra si sta ora trasfigurando dinanzi a te e ti offre la sua mano per
riconciliarti con lui; e non temere la forma del serpente, perché tu stesso sei
il serpente! Fosti tu o il serpente a diventare infedele al Signore? Fosti tu o
il serpente ad unirti a tua moglie nella maniera dei cani, senza compiere prima
il comandato sacrificio? E chi ha maledetto il calore, e chi, nella propria
grande pigrizia, ha offerto della paglia vuota al Signore? Sei stato tu o il
serpente? Dimmi: – chi si accese di maligno e geloso furore contro tuo
fratello? Fu il serpente o fosti tu stesso? E non fu il serpente, piuttosto,
una apparizione esteriore della malvagità che è presente in te, per mezzo della
quale, nella tua follia, ti inducesti da solo ad uccidere tuo fratello?
15. E
come puoi ora maledire il serpente mentre il serpente sei tu stesso? E perché
scorgi il serpente personificato addirittura in tuo fratello? E non fu proprio
tuo fratello, ancora vivente nel suo corpo, a chiederti, quando andasti a
prenderlo per ucciderlo e inventando astutamente un pretesto, se pensavi forse
che fosse un fratricida egli pure?
16.
Parla, e rispondi se non è così; e soltanto se non è così allora maledici il
serpente. Ma considera te stesso il serpente, e non me, che sono venuto
dall’Alto come tuo fratello trasfigurato. Perciò porgimi la tua mano ancora
macchiata di sangue fraterno, affinché venga purificata dalla sua grave colpa
tramite il mio amore fraterno, e così tu possa ritrovare la Grazia al cospetto
del Signore!»
17. E
vedi, Caino nella sua cecità fu accalappiato da Satana, e già voleva porgere la
mano al Seduttore. Ma ecco, un fragoroso fulmine piombò dal cielo e scoppiò fra
il Mentitore e Caino, e il presunto Abele fu ridotto a giacere sul terreno
nella sua forma di serpente, e Caino tremava in tutto il corpo in attesa del
sicuro giudizio dall’Alto.
18.
Ed ecco, Jehova, dalle nuvole, disse a Caino: «Caino! Dov’è tuo
fratello Abele? Dove l’hai nascosto?»
19.
Ma Caino, rinfrancatosi subito alla vista del
serpente sul terreno, rispose:
«Perché
lo domandi a me? Sono io forse il guardiano di mio fratello?»
20. E
la voce di Jehova chiese con maggiore forza di
prima: «Il
sangue di tuo fratello grida a Me dalla Terra che ne fu abbeverata per causa
tua! Io ho visto l’azione che hai commesso; dov’è dunque Abele, tuo fratello?»
21.
Ma Caino disse: «Signore, il mio peccato è così
grande che non potrà mai più venirmi perdonato!»
22. «Sì»,
rispose Jehova, «perciò sii maledetto sopra la Terra che ha inghiottito
il sangue di Abele, e d’ora innanzi, quando vorrai lavorare un campo sulla
stessa, esso non ti darà più il pane, e tu sarai fuggiasco e ramingo sulla
Terra, senza alcun tetto, come una bestia feroce, e ti nutrirai di spine e di
cardi!»
23.
Allora Caino fu colto da grande spavento e disse
con voce tremante: «O Signore, Tu, il Giusto fra i giusti, vedi, Tu mi scacci
oggi da questo paese, ed io devo fuggire dal Tuo cospetto e andare ramingo e
fuggiasco sulla Terra. E allora a me, misero, accadrà che chiunque mi troverà,
mi vorrà uccidere; sii perciò indulgente verso di me a causa dei miei
familiari!»
24.
Allora Jehova così parlò: «No, nessuno ucciderà Caino, anzi chi
uccidesse Caino verrebbe a sua volta ucciso sette volte! Ma affinché nessuno
abbia a mettere la mano su di te, Io ti segnerò sulla fronte con una macchia
nera, affinché nessuno possa più riconoscerti e riconoscendoti possa poi
ucciderti»
25.
Ed ecco allora che Caino, con tutti i suoi, fuggì ben lontano dal Mio cospetto,
al di là di Eden, in un paese situato nella pianura e chiamato Nod. Eden però
era un bel paese, dal terreno leggermente collinoso, e pieno di eccellente
frutta; esso piacque a Caino, che avrebbe voluto stabilirvisi. Ma come egli
ebbe guardato in alto, dalla parte delle colline, ecco che, dovunque egli
posava l’occhio, dappertutto vedeva starsene un uomo dalla faccia dura e con la
mano minacciosamente armata di una pietra, come se costui fosse in attesa di
Caino per fare vendetta del fratricidio da lui consumato. Questa apparizione
era opera del grande spavento che lo dominava. Ed egli vide, quindi, che in
quel posto non gli era possibile restare.
26.
Allora egli fuggì molto più oltre, verso il Mattino, e giunse in una vasta
pianura. Qui egli cadde sfinito a terra, e dormì tre giorni e tre notti. Ma poi
un vento impetuoso si sollevò dalle montagne, destò i dormienti, e sibilando e
rumoreggiando sferzò le vaste pianure; e finalmente si calmò dove il paese era
più basso. Ora questo paese si chiamava ‘Nod’,
cioè ‘il fondo asciutto del mare’.
27. E
Caino allora guardò di nuovo le alte cime dei
monti, e non vi scoprì più immagini di uomini, ma non sapeva cosa dovesse fare.
E dopo una breve attesa nel suo smarrimento, protese le sue braccia ed esclamò
ad altissima voce:
«Signore,
o giustissimo Dio, se da questa grande lontananza il mio grido giunge ancora al
Tuo orecchio, volgi lo sguardo, di grazia, oltre a quelle cime, per amore di
questi miei figli e di mia moglie, verso questo fuggitivo che la Santità dei
Tuoi occhi ha segnato sulla fronte con la macchia che testimonia la notte del
peccato, e mi facesti tale macchia perché, se avessi avuto la fronte non
segnata, nessuno mi avrebbe riconosciuto quale autore del grande misfatto. Ma
esso è invece segnato sulla fronte, sulle mani e sul petto del grande
peccatore, il cui peccato è tanto grande che non potrà mai più venirgli
perdonato»
28.
Allora una nuvola scese dalle alte montagne e si posò a settantasette altezze
d’uomo al di sopra dei fuggiaschi; e una voce possente parlò dalla nuvola, e
questa era la voce di Abele, la quale disse:
«Caino, riconosci questa voce?»
29. E
Caino rispose: «O fratello Abele, se tu vieni
per vendicarti giustamente di me, che sono il tuo assassino, fa’ di me pure
secondo giustizia, ma risparmia tua sorella benedetta e i suoi figli!»
30.
Allora la voce si fece nuovamente sentire e
disse: «Caino, chi fa il male, è un peccatore; chi ricambia il male con altro
male, costui è uno schiavo del peccato; chi rende bene per bene, costui ha
saldato il suo debito e niente gli rimarrà come sua parte; chi rende più volte
il bene ricevuto, costui è degno dei suoi fratelli; però, al cospetto di Dio,
una cosa soltanto ha valore, e questa è: “Rendere il bene per il male, e
benedire coloro che maledicono i benefattori, e dare la vita in cambio della
morte!”
31.
Ora, vedi, io vengo a te come colui che mette in pratica quest’ultimo precetto;
non avere dunque paura di me, poiché sono ora mandato a te dall’Alto per mostrarti
anzitutto che il Signore è vero e fedele in tutte le Sue promesse, e poi vengo
a te per annunciarti che tu devi rimanere in questo paese assieme ai tuoi, e
che devi nutrire te e loro con i frutti che vi troverai, e anche per
assicurarti che il tuo fratello ha perdonato la tua azione, grazie al grande
Amore del Padre in lui.
32.
Il mio sangue però tu lo dovrai riscattare con le lacrime del tuo pentimento, e
ciò finché non venga perfettamente lavata la macchia dalla tua fronte; e tu
devi condurre ed educare tua moglie e i tuoi figli nel pieno timore del
Signore. Se non farai questo per tua libera volontà e nel timore del Signore,
rimarrai e vivrai come sei ora, cioè “un messo al bando”; però nell’amore tu
commuoverai il cuore indurito della Giustizia».
[indice]
Patto del
Signore con Caino
1. E
vedi, Caino allora fu tranquillizzato nel suo grande timore. La nuvola svanì ed
egli pianse lacrime di pentimento e andò e cercò del cibo per i suoi e rifletté
di quanto egli si era allontanato dal Paradiso e sul come avesse perduto così
interamente l’Amore del Signore e come fosse stato ricacciato nell’ambito della
rigida Giustizia sulla soglia del Giudizio di Dio. E pensando ciò le sue
lacrime di pentimento si moltiplicarono e con sempre maggiore evidenza gli si
affacciava alla mente quanto grande doveva essere la sua colpa dinanzi a Dio e
pensava pure se gli sarebbe mai stato possibile, in qualche modo, riacquistarsi
una particella, se pur minima, dell’Amore.
2. E
così andava pensando e fantasticando per ogni verso. Ed ecco che, immerso nei
suoi pensieri, egli giunse con i suoi ad un rovo sovraccarico di frutta e
siccome erano tutti enormemente affamati, avrebbero voluto gettarsi sopra
all’istante, per mangiare di quei frutti come li spingeva la loro fame, la loro
brama e la loro voracità.
3. Ma
vedi, allora venne a Caino un buon pensiero ed
egli disse ai suoi: «O moglie mia, e voi figlioli miei, ritraete subito le mani
che avete anzitempo protese per cogliere questo abbondante cibo, perché non
sappiamo ancora se esso contiene la vita oppure la morte! Prostriamoci
anzitutto a terra e confessiamo dinanzi a Dio il nostro grave peccato e nella
polvere della nostra impotenza preghiamoLo affinché Egli voglia prima benedire
questo frutto e se Egli vorrà farlo nella Sua immensa Misericordia, noi,
indegni, allora dovremo prima ringraziarLo e poi soltanto potremo, tementi e
tremanti, calmare con parsimonia la nostra fame»
4. E
vedi, allora tutti si ritirarono di alcuni passi lontano dal rovo e fecero
secondo la volontà e il giusto conoscimento di Caino,
il quale, ad esempio per gli altri, ad alta voce pregò e disse tra le lacrime:
«O grande Dio, giustissimo e santo, riguarda in grazia a noi, poveri vermi
dinanzi a Te, l’Onnipotente, nella polvere dell’impotenza, che nell’immensa
nostra colpa non osiamo alzare gli occhi all’indicibile Tua Santità! Oh,
considera la nostra debolezza e non lasciarci perire, noi, poveri pentiti e
grandi peccatori!
5.
Ecco, questo rovo che ci sta dinanzi sembra portare un frutto buono da poter
servire da cibo a noi peccatori, ma non abbiamo il coraggio di mangiarne,
poiché siamo diventati ciechi a causa della nostra grande malvagità e perciò
non possiamo vedere se c’è dentro la morte oppure la vita.
6.
Voglia Tu dunque, in grazia, indicarci da che spirito trae origine questo
frutto, affinché soltanto dopo noi possiamo umilmente pregarTi, o Giustissimo,
di voler levarne via il veleno del serpente e di concederle, sia pure una
stilla minimissima di rugiada della Tua benedizione, affinché noi non abbiamo a
perire. O Signore, Tu, il Giustissimo e il Santissimo, esaudisci, oh, esaudisci
la nostra debole preghiera!»
7. E
vedi, allora una nuvola di color rosso acceso scese giù dalle montagne verso la
valle e si fermò sopra il rovo, e dalla stessa scoccò un fulmine violento sulla
pianta, con enorme fragore. Ed ecco, un grande serpente sbucò fuggendo fuori
dal rovo e con le fauci aperte si diresse verso Caino, e questi fu colto da
grande spavento. Ma i fulmini non davano tregua al serpente e lo cacciarono in
fuga veloce tra le sabbie ardenti dell’ampio deserto e quando fu scomparso del
tutto alla vista di Caino, questi allora rivolse di nuovo la sua faccia al rovo
e rese, in silenzio, grazie al Signore averlo salvato dal maggiore dei
pericoli.
8.
Ora, vedi, egli scorse pure come da quella nube infuocata incominciavano a
cadere sul rovo delle grandi gocce, così che per un grande tratto tutt’intorno
la terra ne fu impregnata.
9. E Caino assieme a tutti i suoi vide la grande liberalità
del Signore e con tutti i suoi si prostrò nuovamente a terra, e ringraziò Dio
con tutto il fervore del suo cuore per tale grande beneficio e sciogliendosi in
lacrime disse: «O Signore, la Tua Giustizia è certo grande e inconcepibile, ma
quanto immensamente grande non deve essere poi il Tuo Amore, per poterTi
ricordare con tali grandiosi benefici anche del maggiore peccatore contro di
Te, o eterno Amore! E quanto grande infine dev’essere stata la mia malvagità
che così a lungo ha potuto misconoscerTi!»
10. E
vedi, allora da quella nuvola stillante ancora la benedizione si fece udire una voce che pronunciò chiare parole, che furono le
seguenti: «Ascolta,
o Caino! La Mia Giustizia Io l’ho tramutata in Amore; tuttavia l’Amore dimorerà
soltanto presso coloro i quali lo cercheranno d’ora innanzi non unicamente nel
momento del bisogno e dell’angustia ma nella loro contentezza e nella loro
libertà.
11. Vedi, Io voglio
porti un termine di duemila anni e durante questo tempo la Mia Giustizia non colpirà
mai più nessuno, e fuori di questa Mia Giustizia Io appresterò un grande vaso e
lo metterò sopra le stelle, e fuori dal Mio Amore Io appresterò ancora un
secondo vaso e lo metterò sotto la Terra. E così voi potete operare come
volete. Se farete il male, le vostre opere riempiranno il vaso della Giustizia
e, quando sarà colmo, esso scoppierà in tutti i luoghi e ne lascerà precipitare
giù tutto il suo peso sopra tutti coloro che avranno operato il male e li
ucciderà. E il vaso dell’Amore, qualora dovesse rimanere vuoto sotto alla
Terra, accoglierà poi i morti per il lungo tormento purificatore. E allora
coloro che vorranno lasciarsi purificare saranno trasferiti sulle stelle per
affrontare lunghe lotte. Coloro invece che si induriranno nella loro interiore
malvagità verranno un giorno gettati sotto il fondo di questo vaso e là sarà
pianto eterno ed eterno stridore di denti nell’ira di Dio.
12. E ora
avvicinatevi al rovo irrorato dalla benedizione e mangiatene i frutti per
calmare la vostra fame e ciò facendo pensate sempre da Chi vi è stato elargito
questo dono!
13. E propagatevi
nel paese della pianura, però nessuno di voi si azzardi mai a porre piede sulle
montagne, perché le loro vette sono sante e sono destinate a dimora dei Miei
figli! Chi di voi trasgredirà questo comandamento, diverrà preda degli animali
di guardia che sempre vi abitano – orsi, lupi, iene, leoni, tigri e anche
grossi serpenti che dimoreranno nelle zone più in basso – e lo stesso succederà
anche a tutti gli animali mansueti che più tardi vi saranno sottomessi.
14. Soltanto a chi
fra voi diventasse del tutto buono e pio e superasse la prova del fuoco del Mio
Amore, a questi soltanto verrà concesso di penetrare nelle viscere delle
montagne, per raccogliervi minerali e ferro allo scopo di costruire degli
utensili e ordigni a seconda delle vostre necessità.
15. E ora mangiate,
crescete e moltiplicatevi e respingete da voi la semente del serpente mediante
il giusto timore di Me che sono Dio, l’Eterno, il Giusto e il Santo. Amen!»
[indice]
Hanoch,
figlio di Caino, quale legislatore
1. E
ora, vedi, essi mangiarono e fecero per un certo tempo come era stato loro
comandato. E Caino si unì nuovamente a sua moglie e generò con lei un figlio e
gli impartì il nome di ‘Hanoch’, vale
a dire ‘l’onore di Caino’. E Caino
radunò tutti i suoi figli e disse loro: «Figli miei, eccovi qui un nuovo
fratello che il Signore vi ha dato per essere un signore sopra di voi, al quale
io conferirò dignità, affinché l’ordine regni tra voi ed abbiano fine i vostri
litigi e le vostre contese. Ed egli vi darà dei comandamenti e loderà i fedeli
e punirà i trasgressori, affinché anche noi diventiamo un popolo grande e
glorioso come quello dei figli di Dio, i quali non hanno bisogno di leggi,
avendo essi l’Amore che li rende liberi, e Dio ha posto noi sotto ai loro
piedi, ed essi ci calpesteranno, a causa del mio peccato, se noi, senza leggi e
senza ordine, non avremo qualcuno che ci rappresenti e ci giustifichi dinanzi
alla Sua grande potenza.
2.
Vedete, il loro Dio è pure il nostro, ma essi hanno in Lui un buon Padre,
mentre per noi Egli è un Giudice! Il Padre conosce il loro amore e il Suo
occhio e il Suo orecchio sono con loro. Però questo non avviene anche con noi.
Noi siamo abbandonati a noi stessi e possiamo agire come vogliamo, ma se
vogliamo sussistere ci è necessario avere un ordine e delle leggi. Perché
altrimenti, contendendo, l’uno può uccidere l’altro secondo il proprio arbitrio
e così il vaso della Giustizia verrà a colmarsi prima del tempo e allora noi
periremo tutti assieme, per l’immenso peso dei nostri misfatti che si rovescerà
su di noi. Raccogliamoci dunque assieme con tutte le nostre forze ed
accumuliamo pietre in grande numero, grandi e piccole, ed edifichiamo una
dimora alta e possente per lui, e poi, per quanti noi siamo, una piccola dimora
per ciascuno, in ampio circolo intorno alla sua, affinché egli possa
sorvegliare ed osservare tutto quello che voi fate. Però egli sarà esonerato da
qualsiasi lavoro, come un principe in mezzo a voi, e mangerà il prodotto delle
vostre mani.
3. Ma
per ora resto io, come padre, il legislatore di tutti voi in nome della
Giustizia di Dio e guai a colui che disobbedirà i miei comandamenti! La mia
maledizione lo colpirà duramente, ma poi per il maledetto non vi sarà alcuna
misericordia nel mio cuore, dove non dimora più amore, ma solamente la
giustizia.
4.
Vedete, dove dimora l’amore, là c’è pure misericordia e l’amore vale per il
diritto, ma dove dimora soltanto la giustizia, là il diritto non può valere che
per il diritto e il giudizio per il giudizio, la ricompensa per la ricompensa,
la fedeltà per la fedeltà, l’obbedienza per la legge, il giudizio per la
disobbedienza, la punizione per la mancanza, la maledizione per il tradimento e
la morte per la morte.
5. E
questa sia una consacrazione di tale mia sentenza: – io ora giuro a voi tutti
per il Cielo e la sua giustizia inesorabile, e per la Terra che è il duro
abitacolo della maledizione di Dio – che ogni trasgressore sarà severamente ed
esattamente colpito, così come io ve l’ho annunciato con la mia bocca, come
padre e come principe.
6. In
seguito subentrerà vostro fratello, quale vostro vero signore e legislatore,
secondo il suo giusto discernimento e il suo libero beneplacito; per tali
poteri egli anche sarà libero dalla legge, poiché ciascuna delle sue libere
azioni deve diventare e restare per voi, legge, finché egli non stimi
conveniente revocarla.
7.
Ora la mia volontà vi è nota e perciò fate e operate a seconda di questa, se volete
sussistere nella rigidità della giustizia tramite le leggi date per l’ordine,
per evitare il giudizio, che altrimenti colpirebbe tutti, se nella giustizia
non fosse stabilito ‘giudizio per giudizio’»
8. Ed
ecco, tutti se ne andarono e si misero all’opera per edificare una città e vi
lavorarono per sessant’anni. Ma dato che gli edifici crollavano spesso, essi
impiegarono un tempo assai lungo per costruire l’abitazione del nuovo principe
e poterono ultimarla soltanto quando Io ebbi mostrato in sogno ad Hanoch come
essi avrebbero dovuto costruire, perché Io ebbi pietà dei poveri figli che, in
questo lavoro, erano esposti a molti e gravi maltrattamenti da parte di Caino
che, fino ad allora, aveva sì proceduto con molto ordine ed aveva agito
rigorosamente in base alla legge, ma che tuttavia governava i suoi come un
tiranno – fra il grande spavento e l’angoscia delle punizioni – senza grazia e
misericordia, poiché in lui non vi era amore ed agiva giustamente
nell’obbedienza di tutte le leggi, ma il suo pensiero non si soffermava sul
fatto che l’obbedienza, che sia la conseguenza unicamente del grande timore,
non è propriamente neanche in minimissima parte un’obbedienza vera, bensì un
puro egoismo. Poiché chi ama se stesso, osserva la legge per paura della punizione,
la quale certo immancabilmente segue la trasgressione della legge stessa,
perché egli sente immensa misericordia di se stesso, provando il dolore della
punizione nella sua debolezza senza soccorso, ma non appena avrà trovato la
benché minima occasione di fare in modo che nessuno possa scrutare il suo
cuore, egli maledirà sia la legge che il suo legislatore, e ben presto si
metterà la legge sotto i piedi per calpestarla.
9. E
quando poi un tale sarà riuscito a radunare intorno a sé una forza superiore,
egli si scaglierà allora con raddoppiata crudeltà contro tutte le leggi, buone
o cattive che siano e le distruggerà ed annienterà assieme al legislatore privo
d’amore. (nota bene, a Lorber: – Su ciò
dovrebbero riflettere bene anche tutti i reggenti e legislatori del vostro
tempo attuale, poiché anche a loro è riservata un’identica sorte, se credono
che la paura sia l’unico mezzo per mantenere l’ordine e i vantaggi che ne
derivano mediante un’obbedienza da schiavi; altrimenti dovranno ben presto e
duramente sentire quali frutti portano le leggi che non hanno la loro origine
nell’amore più puro e disinteressato, e questo avverrà un giorno, prima o poi,
o in questo mondo oppure, con assoluta certezza, nell’aldilà).
10.
Perché, vedi, Caino agiva in tal modo, per così dire crudelmente, a rigore di
giustizia, per la ragione che egli non sempre aveva trovato presso di Me Grazia
e Condiscendenza ogni qualvolta aveva versato lacrime di pentimento dopo
un’azione malvagia. Però questo Io non lo potevo fare, dato che il suo
pentimento era rivolto soltanto alla perdita della Mia grazia, ma mai al Mio
Amore.
11. E
vedi, chi è afflitto nel modo di Caino, costui non è nella vera profondità a
causa della perdita della Vita, ma piuttosto a causa del vivere bene. Per
questo il suo pentimento non è che falso, poiché egli non tiene affatto al
pieno ricongiungimento con Me. E se, poi, Io gli volessi dare quello che non
domanda e che non vuole, egli allora, mediante questo scambio della volontà,
non otterrebbe che la morte, perché la libera volontà è quella che più
propriamente costituisce la verissima vita dell’uomo.
12.
Ora, vedi, questo era pure il caso di Caino, perché aveva bandito l’amore e in
compenso aveva afferrato la giustizia, senza pensare che senza l’amore non vi è
vera giustizia e che la vera giustizia non è che il vero e supremo amore
stesso, senza il quale tutto perirebbe e dovrebbe anche necessariamente perire.
[indice]
I
comandamenti tirannici di Hanoch
1. Ed
ecco, quando la città fu completamente edificata, Caino
prese con sé Hanoch e lo condusse nell’alta dimora che era stata costruita per
lui, e in presenza di tutti i suoi figli ed ormai anche dei nipoti, gli conferì
pieno potere su di loro e lo invitò a dare a tutti le necessarie leggi secondo
il suo giusto discernimento e secondo il suo libero beneplacito, dicendo:
2.
«Vedi, o Hanoch, qui, in questa dimora edificata per te solo, io rimetto nelle
tue mani tutti i miei diritti paterni, con tutta l’autorità e i poteri,
affinché governi liberamente i miei, i tuoi e tutti i loro figli per mezzo di
leggi, secondo il tuo piacimento. Essi dovranno osservare e considerare come
sacre queste leggi, perché poco importa la legge stessa, né che essa sia o non
sia espressa in questo o in quell’altro modo, ma ciò che importa è la sua
esatta osservanza e perciò dovrà valere questa massima: ‘Agire conformi alla legge è un buon agire, ma agirvi contro è
assolutamente un agire male!’. E chi la trasgredisce, deve sempre essere punito
secondo la gravità della trasgressione.
3. In
tale modo noi, poi, diventiamo liberi per l’osservanza della legge e non per la
legge stessa, la cui formulazione non ha alcuna importanza, mentre tutto
dipende, invece, dall’osservanza della stessa.
4. Tuttavia
tu, quale legislatore, sei esonerato da qualsiasi osservanza, poiché la tua
libertà deve essere sacra a causa della legge, affinché non vi siano
impedimenti nella tua sfera d’azione, che deve necessariamente rimanere libera,
altrimenti saresti tu stesso inceppato nella legge. Di conseguenza tu devi
rimanere fuori dal suo ambito, libero come uno che non conosce nessuna legge,
ma ciascuna delle tue azioni deve essere rigida legge per loro nella loro
qualità di tuoi sudditi assoluti, e quando tu vuoi essi devono operare a
seconda della tua volontà, in modo che ogni loro movimento e ogni loro attività
abbia da corrispondere soltanto al tuo volere».
5. E
allora il nuovo principe aprì la sua bocca e
così parlò in tono di assoluto comando: «Udite o voi, miei sudditi, tutti
quanti, uomini e donne! Che nessuno consideri alcuna cosa come sua proprietà,
ma la consideri come esclusivamente mia, affinché il litigio e la contesa
abbiano fine tra di voi! Perciò in futuro voi tutti non servirete che me e
lavorerete per le mie dispense. In compenso voi riceverete da mangiare secondo
il grado della vostra diligenza e ai più fedeli sarà concesso di avvicinarsi di
più a me che non ai meno fedeli. Un migliore trattamento dovranno avere i
sorveglianti e gli esecutori della giustizia e gli incaricati dell’applicazione
delle giuste punizioni. Guai ai disobbedienti! Io farò cacciare questi sulle
montagne e gli animali che là dimorano li strangoleranno e li faranno a
brandelli. Coloro però che trasgrediranno le mie leggi per pigrizia,
disattenzione o leggerezza, saranno puniti a sangue con le verghe. Quelli che
si azzarderanno a contraddire me, il loro principe, in qualsiasi cosa, saranno
puniti con i serpenti (e stritolati) fino al midollo delle loro ossa e
verrà strappata loro la lingua e questa verrà data in pasto ai serpenti. E chi
mi guarderà con occhio bieco, a questi io farò cavare gli occhi, affinché non
possa mai più vedere me, il suo principe. Il pigro, però, dovrà fare il
portatore di pesi e sarà trattato come una bestia da soma, con pungoli e con
fruste, affinché gli si sciolgano i piedi e le mani gli diventino più agili.
6.
Altra legge io non vi do all’infuori di quella della più rigorosa docilità e
obbedienza a tutte le mie libere richieste e a tutti gli ordini che io vi farò
impartire a qualsiasi ora del giorno, come pure della notte. Amen!»
7.
Ora, vedi, perfino Caino fu sommamente spaventato, e tutti gli altri con lui,
ed uscirono sgomenti dalla dimora di Hanoch e nel loro cuore maledirono Caino,
il crudele padre, che in premio alle loro enormi fatiche aveva preparato loro
una sorte tanto miserevole.
8. E
quando giunse la sera, tutti erano affamati e
nessuno osava mangiare, e se ne andarono tristemente da Hanoch e dissero:
«Signore, noi abbiamo lavorato tutto il giorno; dacci ora anche da mangiare
secondo la tua promessa!»
9. Ma
Hanoch, levatosi, disse: «Dove sono i frutti del
vostro lavoro? Portateli qui e fatemeli vedere e deponeteli nelle mie dispense,
e poi io farò dare a ciascuno secondo giustizia!»
10.
Ed essi andarono e portarono, come era stato loro comandato, gli uni molto e
gli altri poco e deposero il tutto ai suoi piedi.
11.
Caino, però, e sua moglie non portarono nulla, pensando di esserne esonerati. E
vedi, allora Hanoch ripartì i frutti dicendo:
«Chi ha lavorato, mangerà, ma chi non ha lavorato non mangerà»
12. E
così Caino e sua moglie quella volta dovettero digiunare. E vedi, allora Caino
con sua moglie abbandonarono piangenti la dimora di Hanoch ed egli non trovò
tra tutti i suoi figli e nipoti neanche un cuore pietoso. E quindi andò nei
campi e là mangiò dei frutti che erano rimasti e siccome per lui non era stata
edificata nessuna dimora, pernottò con la moglie a cielo aperto.
13. E
quando il giorno seguente i suoi figli
ritornarono dal lavoro, lo trovarono che già raccoglieva frutti e dissero:
«Vedete, egli lavora per la prima volta in questo paese, ma ben gli sta, poiché
egli stesso ha voluto che al posto dell’amore regni la giustizia!»
14. E
vedi, quando essi ebbero nuovamente lavorato senza interruzione fino alla metà
del giorno, gli uni costruendo ancora altre case, dimore e dispense, gli altri
raccogliendo frutta ed alcuni servendo il loro principe per le comodità sue, di
sua moglie e dei suoi figli, tutti andarono di nuovo da lui nell’alta dimora e
gli portarono frutta ed altri segni della loro faticosa diligenza e richiesero
da mangiare secondo giustizia ed altrettanto fece pure Caino con sua moglie.
15.
Ed ecco, allora Hanoch si alzò e con serietà
irosa disse: «Quante volte al giorno volete mangiare? Pensate forse che io
faccia raccogliere la frutta per voi, affinché possiate poi tranquillamente
saziarvi? Di che devo, dunque, vivere io e la mia servitù, cui non spetta il
compito di lavorare come voi, ma quello di portare il loro signore sulle loro
mani? Perciò andatevene via da me e nessuno di voi si azzardi mai più a varcare
la soglia di questa mia alta dimora! D’ora in poi incaricherò i miei servitori
di ritirare giornalmente da voi i frutti per la mia casa; voi, però, potete
mangiare con moderazione soltanto i frutti che cadono da soli e liberamente giù
dagli arbusti e dagli alberi, e ciò valga tanto per chi raccoglie quanto per
chi costruisce. E questo sia per voi un nuovo comandamento che voi dovrete
osservare come cosa sacra. Guai al trasgressore!»
16. E
vedi, allora Caino prese la parola e domandò ad
Hanoch, con immensa tristezza e profondamente commosso: «O Hanoch, grande
principe che fosti mio figlio, dì, secondo il giusto e il vero e conformemente
al tuo cuore: – tuo padre e tua madre non sono esonerati da tutto ciò che hai
saggiamente ordinato ai tuoi sudditi, secondo il tuo libero beneplacito? E se
proprio devo essere pari ai miei figli, comanda allora che essi debbano nutrire
pure il loro padre e la loro madre, i quali sono diventati vecchi, affaticati e
deboli. Oppure concedimi, di grazia, di partire da qui fino agli estremi
confini del mondo, affinché non veda più, d’ora innanzi, la grande tribolazione
dei miei figli che languono sotto il grave giogo della libera giustizia»
17. E
vedi, Hanoch allora così gli rispose: «Come mai
mi domandi tale cosa? Non agisco bene se io faccio così come tu mi hai
insegnato e come me ne hai conferito il potere? Hai pure tu stesso dichiarato
che io solo sono libero dalla legge e non hai fatto alcuna eccezione per te!
Come puoi chiedere tale cosa a me, contro ogni diritto, e perché vuoi con ciò
costringermi a rendere manifeste su di te, che fosti il primo legislatore
inesorabile, le conseguenze rigidamente legali della disobbedienza a terribile
esempio per gli altri? E se io agisco in tale maniera, dimmi, agisco forse
ingiustamente? Infatti, dato che presso di noi non c’è amore, ma unicamente la
nuda giustizia, come puoi protestare contro le leggi scaturite dal mio libero
beneplacito, perché venga fatta una qualche eccezione a titolo di grazia,
grazia che non può mai armonizzare con i diritti della legge del tuo principe?
Che tu sia mio padre, a me che importa? Io sono pure venuto al mondo per mezzo
tuo, senza che io l’abbia voluto sotto nessunissima condizione! E così tu mi
hai generato senza il mio volere, e anche senza questo tu mi hai fatto
principe! Ma poiché ora sono diventato e sono quello che sono e come sono
interamente senza il concorso della mia volontà – non avendone avuta una – e
neppure sotto una condizione qualsiasi, ma unicamente per caso sono qui come
tuo figlio a causa della tua libidine e come principe per il fatto della tua
sola ambizione, dimmi un po’ quali obblighi debbo avere verso di te dal punto
di vista legale!?
18.
Fuggi via dunque dal mio cospetto, dove tu vuoi, affinché non ti raggiungano le
rigide conseguenze della giustizia! Questa è l’unica grazia che ti concedo di
mia libera volontà, dato che posso fare quello che voglio. E ora vattene e
fuggi!»
[indice]
La partenza
di Caino verso il mare
1. E
ora, vedi, Caino scoppiò in pianto, e con sua
moglie e quattro figli, due maschi e due femmine, se ne partì e dopo quaranta
giorni giunse alla spiaggia dei mari e si spaventò alla vista della grande
distesa di acque, perché credeva seriamente di essere arrivato all’estremità
del mondo. Ed egli pensò: «Se mi perseguitasse Hanoch, dove potrei fuggire?
2.
Dinanzi a me sta l’estremità del mondo e a sinistra e a destra ci sono alte
montagne alle quali non mi è concesso accedere e l’occhio e l’orecchio di
Grazia del Signore sono chiusi per me. Oltre a ciò non vedo qui altro che
frutti sconosciuti, non benedetti; ora chi si fiderà di mangiarli? La provvista
che abbiamo portato con noi è ormai anch’essa esaurita! Che mai devo fare ora?
3.
Eppure voglio tentare ancora una volta di rivolgere una potente invocazione al
Signore: – o Egli mi esaudirà, oppure ci farà perire e così ad ogni modo ci succederà,
almeno alla fine, secondo la Sua Volontà, Volontà che certamente non abbiamo
riconosciuto nella nostra cecità durata tutto questo lungo tempo»
4. E
vedi, dopo un periodo di settantasette anni, Caino
ricominciò a pregarMi incessantemente per tre giorni e tre notti interi e
gridava continuamente: «Signore, Tu che sei il Giusto e il colmo d’Amore,
guarda di grazia qui al Tuo massimo debitore e fa’ di me secondo la Tua santa
Volontà!». E queste parole egli le ripeté migliaia e migliaia di volte.
5. Ed
Io ebbi pietà di lui, perché tanto possente era il grido nella sua infinita
miseria. Vedi, allora Io mandai a lui Abele,
avvolto in una fiamma di fuoco, che gli indirizzò parole che provenivano da Me
e gli disse: «Caino, rialzati da terra e guardami in faccia e dimmi, poi, se mi
riconosci ancora!»
6.
Allora Caino si rialzò ed osservò con timore la
fiamma e non la riconobbe né dalla voce né dalla forma, e chiese quindi, tutto
tremante per l’angoscia: «Chi sei tu, o strano essere, dentro a questa fiamma?»
7. E Abele gli rispose: «Sono io, tuo fratello Abele, e sto
dinanzi a te nella Fiamma dell’Amore divino! Cosa vuoi dunque che ti sia
fatto?». – «O fratello», rispose Caino, «se sei
proprio tu, vedi, io non ho più volontà! Mio figlio Hanoch mi ha preso tutto, anche
la mia volontà; ormai io non ho più volontà. Vedi ora in quale condizione noi
stiamo qui? Siamo tutti completamente senza volontà! Perciò altro non posso
dire che: “Sia fatto di me e di tutti noi secondo il santo Volere del
Signore!”»
8.
Allora disse Abele: «Ebbene, ascolta! Questa è
la Volontà del Signore, Padre mio e Dio tuo: – mangiate senza alcun timore
tutti i frutti che voi troverete qui, poiché il serpente ti ha sospinto fin
qui, ma esso è rimasto dov’era, cioè presso i figli nella città di Hanoch con
tutto il suo veleno e non avrà più niente a che fare con voi. Infatti, l’uomo
che ha ceduto la propria volontà come hai fatto tu, non ha più niente a che
fare con quella malvagia progenie. Chi però ha reso soggetta la propria volontà
a quella del serpente, costui è suo prigioniero ed è giunta la fine del suo
agire.
9. Ma
chi è sfuggito ai suoi lacci diventati ormai robusti, e così ha salvato
l’ultima goccia della propria volontà e l’ha deposta a terra al cospetto di
Jehova, a costui Egli donerà una nuova volontà proveniente da Lui stesso,
affinché possa poi operare come uno strumento del Signore. E così è anche
Volontà del Signore che tu abbia ad agire d’ora innanzi secondo la Sua Volontà
e anche se un giorno i discendenti di Hanoch riuscissero a trovare te e i tuoi,
essi non vi riconosceranno, perché l’Amore del Signore brucerà del tutto e in
modo permanente la vostra epidermide colorandola di nero.
10. E
il tuo nome di “Caino” ti sarà tolto e te ne verrà imposto un altro, cioè “Ateope”, vale a dire “il senza volontà secondo la Volontà del
Signore”. Ed essendo così, allora tu dovrai, assieme ai tuoi, intrecciare
con canne e giunchi una cesta molto grande, lunga sette lunghezze d’uomo, larga
tre e alta una, molto solida e poi vi stenderai sopra uno strato di resina e
ogni tipo di altra pece. E quando avrai ultimato questo lavoro con tutta
diligenza, spingerai la cesta vicino alla grande acqua e dovrai raccogliere
della frutta per quaranta giorni, e quando avrai fatto tutto ciò, trasporterete
la frutta nella cesta e alla fine salirete voi pure dentro, tutti assieme!
11. E
allora il Signore farà venire un forte flusso della grande acqua, che solleverà
la cesta, e voi assieme ad essa, e vi porterà in un paese lontano, nel mezzo di
queste grandi acque, dove sarete perfettamente al sicuro da ogni insidia o
persecuzione da parte di Hanoch.
12. E
lì vicino, da ogni parte, vi saranno in questa grande acqua dei piccoli paesi e
quando vi troverete in troppi in un paese, allora andate in cerca di altri
paesi e così via, secondo la Volontà del Signore, e popolate gradatamente tutti
i piccoli paesi delle grandi acque.
13. E
se voi non vi dimenticherete del Signore, Egli un giorno vi darà da abitare un
grande continente, dove rimarrete fino alla fine del mondo, ma ciò avverrà
soltanto quando esso sarà stato prima purificato dalla maledizione per mezzo
del diluvio che si abbatterà ben presto e che soffocherà ed ucciderà la
progenie di Hanoch e anche molti dei figli di Dio che si saranno lasciati
attirare tra i lacci delle belle figlie di Hanoch.
14.
Tuttavia, voi, figli dalla volontà perduta, non sarete raggiunti dalle correnti
di questo diluvio, perché la Volontà del Signore vi ha posti sulle acque delle
Sue grandi Misericordie. E se voi avete bisogno di qualcosa, conoscete ad ogni
modo dove dimora il grande Donatore che non vi abbandonerà, se voi non Lo
abbandonerete nei vostri cuori.
15. E
ora tu, o Caino, accostati a me!». E vedi, allora Caino si avvicinò al fratello
Abele, presente sotto forma di fiamma, e questi lo abbracciò, e Caino diventò nero come il carbone e i suoi capelli
divennero crespi come una pelliccia di animale. E
ugualmente accadde agli altri cinque.
16. E
allora Abele disse: «Ebbene, o fratello Ateope,
ora tu sei libero da ogni peccato che è rimasto presso Hanoch; fa’ adesso,
dunque, secondo la Volontà del Signore! Amen!»
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Lo sviluppo
della progenie di Caino, quale nuovo Ateope
1. E vedi,
allora Abele scomparve e Ateope mangiò della frutta, perfettamente lieto per la
prima volta in vita sua e fece esattamente come gli era stato comandato.
2. E
così il suo ultimo ceppo fino al giorno d’oggi popolò tutte le piccole terre
nelle acque e, dopo la grande distruzione della progenie del serpente per mezzo
dei flutti del cielo, tale ceppo popolò anche i grandi continenti che voi
attualmente chiamate “Africa”, “America” e “Australia”. E il suo ceppo non fu
fatto perire nel diluvio ed è sempre lo stesso anche nel tempo presente, a
testimonianza dei misfatti dei Miei figli e dei figli di Hanoch, nel tempo
d’allora e nel tempo attuale.
3. E
vedi, ancora oggi vive questo Ateope, naturalmente e spiritualmente, nascosto
in una piccola terra nel mezzo delle grandi acque, terra che nessun mortale
potrà mai trovare e là egli è il costante osservatore del vostro operare.
4.
Dunque, vedi, egli mangiò e bevette frutta di ogni specie e generò ancora
settecento figli per il tempo di ancora mille anni. Ma poi egli fu da Me
rinnovato e non mangiò e non bevette più, poiché fu saziato con il Mio Amore
per l’eternità, il quale è il cibo migliore che vi sia, poiché, chi così viene
saziato, non vedrà, non sentirà né assaporerà in eterno la morte; e così egli
non avrà mai più fame di un qualsiasi cibo, né sete di una bevanda, e il suo
morire sarà come un’uscita vivente dalla vita alla vita nella vita della vita
dei viventi tramite il Vivente che sono Io stesso.
5. E
così saziato, Ateope vive corporalmente ancora oggi, quale il primo figlio
d’uomo sulla vasta faccia della Terra e può guardare ciò che fanno tutti gli
uomini ed è perciò un antico testimone di tutte le Mie opere, compiute fino al
vostro tempo.
6.
Egli conobbe Noè, Abramo, Mosè, tutti i profeti e Melchisedec, il Sommo
Sacerdote.
7. Ed
egli fu testimone della Mia nascita e della Mia nuova Creazione mediante la
massima di tutte le Mie opere, cioè mediante l’opera di Redenzione. E così
anche egli verrà custodito finché sarà discesa del tutto la Mia Città santa, evento
che comincia appunto ora e dove anche verrà definitivamente accolto quale
fedele portinaio, perché, all’infuori di Me, nessuno conosce tanto
profondamente il Serpente come lui, poiché con esso ha avuto a che fare più di
tutti.
8. Ed
ecco, questa è la storia di Caino che ora viene narrata, perché vi sia di
sprone a maturare le vostre riflessioni sul vostro conto, allo scopo che con
ciò, tanto più presto e con maggiore facilità da voi stessi possiate scoprire e
riconoscere il vostro male dalle sue radici, e possiate distruggerlo nelle sue
più riposte fondamenta, per ritrovare quindi nel Mio Amore il Paradiso da tanto
tempo perduto e per diventare finalmente dei veri fedeli cittadini della Mia
nuova, grande e santa Città, continuando Io ad essere il vostro fedelissimo,
santissimo e buonissimo Padre, così come lo fui da tutte le eternità delle
eternità. Amen!
[indice]
L’empio
governo di Hanoch
1. E
ora rivolgi per un po’ ancora la tua attenzione verso Hanoch ed Io vi mostrerò,
di passaggio, come stessero là le cose già dopo un periodo di soli trent’anni.
2. E
vedi, Hanoch si era scelta la più bella donna ed oltre a questa anche due
concubine e con esse si dedicava oltre ogni misura alle pratiche della
lussuria. Per questo motivo il suo intelletto si ottenebrò al punto che egli
dimenticò completamente ogni questione concernente il governo che gli
competeva. I pochi pensieri che a stento poteva raccogliere ancora si
rivolgevano esclusivamente ai piaceri, allo splendore, alla morbidezza delle
vesti e alla libidine.
3.
Bastava che i suoi sudditi gli portassero frutta buona di ogni specie in
abbondanza, che ci fosse dello sfarzo davanti alla sua abitazione e che avesse
delle vesti veramente morbide, di un tessuto confezionato con un’erba finissima
che cresceva a piedi delle montagne, ed egli con ciò era perfettamente
soddisfatto e lasciava che leggi e governo andassero come volevano.
4. Ma
vedi, allora i suoi sudditi si accorsero che egli era diventato tiepido e
volsero a loro profitto la sua cecità. E i suoi servitori pure osservarono come
si mettevano le cose e siccome erano accorti e astuti come il serpente stesso,
cercarono in tutte le maniere possibili di tenerlo in uno stato di stordimento
continuo. Inoltre, affermando – mentendo – che si trattava di un editto
d’indulgenza del principe, permisero ai sudditi tutti i possibili divertimenti,
purché questi ultimi li fornissero di doni sempre maggiori.
5. E
vedi, poiché questi servitori videro allora che essi potevano fare ciò che
volevano senza essere puniti, cominciarono addirittura a governare essi stessi
e ad emanare leggi ai sudditi. In primo luogo prescrissero di tributare al
principe onori divini, mediante ogni tipo di sacrifici ed offerte, e in secondo
luogo vollero che l’uno o l’altro suddito donasse al principe la figlia più
bella. Al suddito che aveva la fortuna di essere il beato donatore, sarebbero
stati condonati tutti i tributi e sarebbe diventato un libero possessore della
propria casa e oltre a ciò avrebbe goduto il privilegio di entrare nella dimora
del principe e della libertà di intrattenersi a piacimento con i suoi
servitori, nonché gli sarebbe stato concesso di vedere una volta all’anno il
suo principe e di ringraziarlo per tale grandissima grazia e distinzione.
6.
Ora, vedi, con ciò il serpente aveva fatto, come voi usate dire, un vero colpo
di genio! Infatti, i genitori allora cominciarono a tenere sempre in casa le
loro figlie dedicando ad esse ogni attenzione allo scopo di farle diventare il
più possibile delicate e belle, per riuscire un giorno eventualmente ad
assicurarsi essi pure una condizione libera. E una bella di questo tipo non
degnava più di uno sguardo un uomo comune, dato che si sentiva destinata per il
principe.
7. Ma
cosa avvenne poi a causa di questi reciproci inganni? Nient’altro che la cosa
più tremenda che voi riuscite a raffigurarvi intensificando al massimo i vostri
pensieri. Avvenne cioè che i servitori presero finalmente nelle loro mani,
senza eccezione, tutti gli affari di governo, con l’astuto pretesto – come
diedero a intendere al principe Hanoch con la loro ornata loquacità – che egli
ormai non era più un principe, ma un dio del popolo, e che sarebbe stato
disdicevole per la sua sconfinata maestà ed inesprimibile magnificenza, che erano
ormai divine, prescrivere leggi ai vermi
della Terra. Per conseguenza, data l’incommensurabile venerazione che ispirava
loro la sua santità eccelsa sopra ogni cosa, tali adulatori spiegarono di voler
assumere del tutto a loro carico questa disdicevole incombenza; così egli non
avrebbe avuto altro da fare che esternare, con un semplice cenno, il suo
gradimento o la sua disapprovazione e accettare con ogni grazia e indulgenza, i
tesori che essi avrebbero raccolto per lui in gran quantità.
8. In
quanto al resto, Hanoch si sarebbe dovuto degnare di mostrare la sua persona al
popolo una sola volta all’anno e in questa occasione tutti si sarebbero gettati
a terra e lo avrebbero adorato nella polvere, e qualora poi egli avesse voluto
concedere una grazia speciale a qualcuno di quei vermi nella polvere, ciò sarebbe accaduto calcando con il suo piede
santo il capo di quel qualcuno tra i vermi.
9. E
qualora questa grazia elevata fosse stata concessa a qualcuno, magari in premio
dell’offerta di una bella ed attraente prostituta, a costui, dopo averlo fatto
rialzare subito da terra, gli sarebbe stato concesso di contemplare la divina
maestà del signore di ogni potenza e forza, e in conseguenza di ciò sarebbe
stato poi ammesso alla dignità di libero cittadino della santa città del
magnifico dio Hanoch.
10.
Ora, vedi, questi sottili e raffinati discorsi dei suoi servitori lusingarono
l’egoistica vanità di Hanoch al punto che egli stesso diede la piena approvazione
senza alcun indugio a tutto quello che gli era stato proposto. Oh, quale
mostruosa pazzia fu mai la sua!
11.
Perché, vedi, in questo modo i servitori avevano raggiunto quello a cui già da
lungo tempo aspiravano, cioè la facoltà di dettare leggi e di punire; in una
parola, dunque, la direzione del governo. E così allora sorsero, al posto di
uno solo, altri dieci principi, i quali non facevano la benché minima
distinzione tra gli uomini, loro fratelli, e gli altri animali; si limitavano a
dividerli in bestie ragionevoli e bestie non ragionevoli. E solamente nel caso
in cui qualcuno di tali bruti ragionevoli avesse compiuto con successo e a loro
profitto qualche atto ispirato ad astuzia e malvagità, soltanto allora gli
veniva accordato il diritto di chiamarsi, egli pure, uomo.
12. E
quando questi dieci principi ebbero visto come gli uomini-animali obbedivano
ciecamente alle loro leggi – certamente a causa del grande spavento per gli
inauditi maltrattamenti – allora, gradatamente, ciascuno di essi si scelse
ugualmente dieci servitori fra i liberi cittadini e li innalzò ad un certo
grado di nobiltà, assieme alle loro mogli e ai loro figli. Era evidente però
che, quale compenso, se le loro figlie erano belle ed attraenti a sufficienza
per i principi, dovevano essere cedute ai principi stessi per i loro piaceri ed
essi generavano così figli a centinaia e a migliaia, che poi venivano tutti
consegnati agli uomini-animali perché li nutrissero. E quand’erano cresciuti, i
maschi passavano a loro volta alla classe degli uomini-animali, mentre le
femmine, nel caso in cui per l’astuzia del serpente, come per lo più avveniva,
crescevano molto belle e seducenti, a loro volta venivano destinate a
soddisfare i piaceri dei signori e spesso già al loro dodicesimo anno dovevano
prestarsi a tale servizio, e per questo motivo diventavano sterili. E così,
quando dopo breve tempo avevano perduto tutte le loro attrattive, venivano
cacciate tra gli animali e per questi dovevano lavorare e perciò erano chiamate
“Huhora”, vale a dire, nel vostro
linguaggio, “gente che cura gli animali”.
13. E
vedi, questo sistema di vita si protrasse per più di trent’anni. Ma poiché con
queste pratiche dissolute gli uomini si erano moltiplicati fino a raggiungere
il numero di parecchie centinaia di migliaia e si erano diffusi da tutte le
parti del paese e non potevano di conseguenza più essere sorvegliati, allora,
con il consenso di Hanoch – il loro dio ormai inattivo e completamente privo di
forza che viveva senza alcun sospetto – furono costruite altre dieci città che
furono chiamate secondo il nome dei dieci principi. I nomi di questi ultimi
erano i seguenti:
14.
Cad, Carac, Noad, Huid, Hlad, Ufrac, Farac, Molachim, Ufrahim e Tahirac.
15. E
ora vedi, ciascuna di queste città fu costruita esattamente secondo il modello
della città di Hanoch, e così nel mezzo di ogni città fu eretto un grande
castello del tutto simile all’alta dimora di Hanoch, e questa costruzione era
circondata da bastioni e da fossati. Tieni conto del fatto che gli uomini di quel
tempo, non disponendo ancora di alcun strumento simile ai vostri attrezzi come
picconi, zappe, vanghe e badili, erano costretti ad adoperare le mani e a
smuovere la terra con le loro dita, come le talpe!
[indice]
La politica
dei consiglieri di Hanoch
15 maggio
1840
1. Io
ometterò di ricordare qui i maltrattamenti che nell’occasione di una simile
costruzione venivano inflitti, ma intendo invece trattenervi sull’argomento
principale. Quando dunque le città furono completamente edificate, i dieci principi si presentarono ad Hanoch e dissero:
«O Hanoch, grande e magnifico dio d’ogni potenza e forza (nota bene: - Quantunque egli fosse già più
debole di una mosca e non possedesse ormai più alcun potere) ed immenso signore di ogni giustizia (nota bene: - La quale su altro non era fondata se non sulla
ruberia, la lussuria, l’inganno, su ogni perfidia, aridità completa di ogni
sentimento, arti velenose, crudeltà, menzogna e ogni altro genere di crimine e
vizio)! Vedi, il tuo popolo è diventato grande sotto la
guida sapientissima della tua sconfinata, inconcepibile ed imperscrutabile
giustizia (nota bene: - Questa era
veramente una giustizia senza alcun confine, per lui del tutto incomprensibile,
ma ancora più totalmente inesplicabile) ed esso si
è sparso in tutto il vasto paese della tua divina maestà e di conseguenza non
può più essere sorvegliato da questa tua alta dimora e, se noi trascurassimo di
tenerli d’occhio, tale popolo farebbe quello che vorrebbe, anzi esso potrebbe perfino
traviarsi al punto da cominciare ad invocare e ad adorare invece di te, cui
spetta unicamente ogni adorazione, nuovamente l’antico Dio di Caino e a tale
Dio, poi, potrebbe venire ancora una volta l’idea di esaudire qualcuno di loro
e di conferirgli una potenza invincibile; dopo di che questi potrebbe radunare
intorno a sé una grande massa di popolo con la quale assalirci, finendo in
conclusione per annientarci tutti quanti siamo (nota bene: - Tali preoccupazioni si addicono bene davvero ad un dio
tanto possente!).
2. E
poi noi, infine, non avremmo più un numero sufficiente di onesti servitori che
potessero recarsi dappertutto per prendere in consegna i frutti e per portarli
fin qui, e finirebbe che questi servitori ci trarrebbero in inganno e consumerebbero
essi stessi lungo la via quello che la terra, in ossequiosa obbedienza, produce
unicamente per te, o grande dio!» (nota bene: -
Dunque, anche il timore della fame cominciò a tormentare il grande dio?).
3.
Ora vedi, allora Hanoch fu colto da grave imbarazzo e non sapeva cosa si
sarebbe dovuto fare, poiché prima d’allora egli non aveva mai appreso qualcosa
in merito a quanto il popolo si era moltiplicato. Finalmente si alzò e disse
con voce stridula, che tradiva un grande spavento: «Che cosa potrebbe mai
accadere se quelli che sono di troppo noi li uccidessimo man mano e così ne
riportassimo il numero a quello necessario per garantirne la debolezza e il
timore? Che ne dite voi, o miei fedelissimi?» (nota bene: - Una bella
intenzione per la giustizia divina!).
4. E
vedi, così parlarono i dieci: «O dio
supremamente giusto, pensa a ciò che è possibile e a ciò che è impossibile! (nota bene: - Il dio supremamente saggio,
potente e giusto doveva dunque anche lasciarsi istruire dai suoi servitori sul
possibile e l’impossibile). Perché, vedi, in primo luogo essi
si scaglierebbero in grandi masse contro di te e contro di noi e ci
annienterebbero tutti quanti, anche se ne uccidessimo uno solo; e in secondo luogo
pensa al vaso sopra le stelle, del quale Caino ci ha spesso narrato e a quello
che succederebbe qualora cominciassimo a commettere degli abomini!» (nota bene: - Dunque, il grande, potente dio
aveva ancora paura del vecchio Dio?)
5. E
vedi, allora Hanoch così si espresse verso di
loro: «Uditemi, dunque, e intendete la mia volontà, che così potentemente
suona: “Ciascuno di voi, o miei fedelissimi servitori, prenda possesso di una
delle dieci città e vi regni e governi in mio nome ed emani leggi secondo avvedutezza
e vero conoscimento e badi, con tutta severità e rigidezza, che le stesse
vengano esattamente osservate! Se qualcuno di voi dovesse mai intiepidirsi nel
giusto zelo, sopra di lui porrò colui che tra di voi sarà stato il più fedele e
il più zelante. Io vi riconoscerò dalla raccolta dei frutti! Il primo che
porterà qui i suoi doni come un tributo doveroso alla mia sacra maestà, costui
avrà anche per primo la lode della giustizia ed io accoglierò da lui il poco
come se fosse molto, ma quelli che giungeranno più tardi dovranno portare molto
ed io accetterò questo molto come se fosse solamente poco, perché così potrò
valutare la loro pigrizia e rimunerare la loro operosità con una giusta lode o
con un giusto biasimo. E l’ultimo dovrà essere sottomesso al primo, affinché si
migliori nello zelo e nel rigore per tutte le cose giuste. Poiché la rigida
giustizia è l’unico fondamento di un regno che noi abbiamo e deteniamo in
nostra assoluta proprietà”.
6.
Questa è la mia giusta ed immutabile volontà e vi viene annunciata da me, che
sono il vostro dio e signore, dato che non potete e non dovete averne altri, né
voi, né tutti i sudditi liberi od obbligati a servire. Deve esserci bensì stato
una volta un qualche vecchio Dio, il Quale era molto potente finché rimase
giusto, ma pare che in seguito abbia dato il bando alla giustizia, cominciando
a fare del bene sia ai colpevoli che ai giusti, spintovi da un impulso che si
chiamava amore, simile a quello che noi proviamo per le belle donne. A causa di
ciò il vecchio Dio ha del tutto giudicato Se stesso per la rovina, e ora non
esiste più.
7. Ed
è per questo, come vedete, che adesso mi trovo io al Suo posto, dunque, anche
l’invocazione di questo Dio antico ben poco gioverà, dato che non esiste più in
nessun luogo. È bene perciò che voi in qualsiasi circostanza vi rivolgiate a me
che detengo ormai ogni potere! Amen!»
8. (nota bene: - Asserzioni simili e ancora molto
peggiori sul Mio conto devo udire attualmente da parte di molte centinaia di
migliaia, i quali pongono sul Mio trono la loro assoluta follia fondata sulla
loro tenebrosissima ragione, facoltà questa comune a tutti gli animali tramite
i loro sensi acuti, e di conseguenza adorano se stessi, ed oggigiorno non si
chiamano più dèi – perché questo nome ai loro orecchi suona troppo volgare e
ridicolmente basso – bensì ‘filosofi’ ovvero ‘scienziati materialisti’ e anche
‘dottori’ o ‘professori’ di tutte le specie. Questa tenebrosissima razza
vorrebbe addirittura costringerMi ad andare a scuola da loro, qualora volessi
essere un Dio per i superscienziati di questa epoca tanto illuminata. Io però
vi dico, in verità, che il lombrico strisciante è più assennato di loro,
quantunque non sia in possesso che di un unico senso. E ancora dico che questi
tali ben presto sgraneranno tanto d’occhi – e tuttavia non vedranno più di
quanto veda un topo campagnolo nella terra – e con gli orecchi ben acuti e
molto lunghi non udranno più di quanto possa udire un pesce nell’acqua, il
quale, non possedendo la voce, non possiede nemmeno l’udito).
9. E
vedi, tutto ciò fu per i dieci principi precisamente una fonte perenne di
eccellentissima acqua per il loro mulino, perché Hanoch aveva anticipato i loro
più riposti desideri ed aveva dato loro un rigido comandamento che veniva
perfettamente a proposito, poiché soltanto così si sentivano ufficialmente
autorizzati a permettersi ogni immaginabile eccesso e ad ingannare il popolo,
nonché il loro dio scimunito.
(15 maggio 1840)
10. E
ora, vedi, quando il dio Hanoch ebbe così terminato il suo discorso, congedò
questi suoi dieci servitori. E questi se ne andarono, in apparenza
profondamente colpiti da un discorso così formidabile, ma nei loro cuori erano
estremamente lieti, a causa della grande stoltezza di Hanoch, che, in seguito
ad ogni tipo di timori e di preoccupazioni, aveva innalzato a rigida legge la
loro propria volontà ed infine pareva che egli stesso cominciasse a convincersi
di essere un dio. Ma circa questo ultimo punto essi si ingannavano del tutto,
perché dentro di sé Hanoch sapeva molto bene di non essere affatto un dio, dato
che la sua debolezza e il suo totale esaurimento gli provavano anche troppo
evidentemente cosa ci fosse di vero nella sua divinità!
11.
Però egli voleva soltanto mantenere e consolidare gli altri nella loro
grossolana cecità, e continuare a spacciarsi per un dio a causa del guadagno
che gliene derivava, poiché fra di sé egli pensava che predicare ai ciechi è
facile, dato che essi non distinguono ciò che è nero dal bianco e prendono il
giorno per la notte e viceversa. Ma così pensando egli pure era in errore. In
questo modo tra di loro venivano a stabilirsi dei veri rapporti da manicomio,
poiché l’uno riteneva che fosse sempre l’altro il pazzo più grande e più
sciocco.
12. E
quando essi si furono di nuovo riuniti nella loro stanza, Cad cominciò ad indirizzare a tutti gli altri un
discorso e disse: «Ebbene, fratelli miei, o voi che come me avete ancora per
padre Caino e avete visto il primo padre Adamo e la prima madre Eva, la quale
Hanoch non conosce né ha visto, come pure non vedrà mai Adamo, vedete, Caino,
nostro padre, fu uno scellerato come nessuno di noi è mai stato e mai lo sarà,
ma quando egli si rivolse al Dio di Adamo, Questi gli diede ciò che egli chiedeva.
13.
Dunque, cosa ci occorre di più? Noi conosciamo le Sue grandi opere, poiché le
abbiamo viste con i nostri occhi e udite con i nostri orecchi, dunque sappiamo
dove dimora il grande Potente! Facciamo anche noi come fece Caino nel momento
del bisogno e, anzi, sovrabbondiamo pure nelle nostre richieste e potete essere
certi che ben presto risulterà dimostrato chi veramente è il Signore nel paese
delle pianure! Ciascuno di noi eriga un altare a questo Dio e vi sacrifichi a
Lui la frutta del paese e la conseguente potenza che gli richiediamo non si
fermerà a metà strada; e allora Hanoch, il pazzo, potrà ben aspettare a lungo
il tributo di maestà alla sua immaginaria santità da parte nostra, che abbiamo
conosciuto Adamo ed Eva!»
14. E
vedi, quando Cad ebbe finito il suo discorso, Carac
si alzò a sua volta e disse: «Fratelli miei, se le cose stanno così, la partita
è nostra! Vedete, per quello che mi riguarda, sono perfettamente d’accordo con
Cad; saremmo dei pazzi più grandi di Hanoch se noi, che siamo più potenti di
lui, volessimo nutrirlo al solo scopo di consolidarlo nella sua pazzia, e
addirittura ingrassarlo, affinché si accresca ancora di più la sua libidine che
sfogherà sulle nostre donne più belle, mentre noi, come voi tutti sapete,
dobbiamo reputare come una grazia straordinaria quando lui, essendo stanco di
qualcuna che non gli piace più, ce la restituisce! Io credo invece che sia
meglio che le più belle ce le teniamo per noi! Le meno belle possiamo cederle
ai nostri servitori; le rimanenti, poi, che restino proprietà dei nostri
sudditi. In quanto ad Hanoch, che si accontenti di leccare il sangue delle sue
figlie e che gusti l’ignominia delle sue stesse mani e che diventi magro come
un osso di caprone e mangi con i vitelli e beva con gli uccelli! E perché non
dovremmo fare a lui ugualmente a come egli ha fatto a nostro padre? Non si è
egli riservato anche delle cose che il padre Caino si era dimenticato di fare e
questi dovette fuggirsene, pure essendo suo padre come era altresì nostro? E
vedete, ormai egli per noi non è altro che un fratello scimunito. Cosa può
dunque esserci d’impedimento a dargli quello che si merita per la fuga di
Caino? Ecco, questa è la mia opinione, vantaggiosa per ciascuno di noi, poiché
io da parte mia farò all’antico Dio come Cad molto saviamente trovò giusto ed
opportuno fare!»
15.
Il discorso di Carac riscosse unanime approvazione. Dopo di che si alzò Noad e cominciò anche lui a parlare dicendo: «Vi sono
note le mie attribuzioni e il mio incarico, cui ho presieduto per volontà di
Hanoch con tutta fedeltà, diligenza e zelo! Eppure ora domando a voi tutti che
utile ne abbia ricavato durante tutto questo tempo, e senza dubbio ciascuno di
voi mi risponderà: “Niente di più e niente di meno di nulla!”. Vale a dire che
io aiutai il peggiore degli imbroglioni nei suoi raggiri e perciò fui io stesso
un imbroglione imbrogliato e per aiutarlo nei suoi ipocriti inganni dovetti
condurre una vita ben magra dinanzi alle masse, e per corroborare l’opinione
circa una sciocca santità apparente dovetti, nella mia qualità di severissimo
amministratore della giustizia, rinunciare in pubblico ad ogni allegro piacere,
per poi ricevere privatamente nient’altro che aspri rimproveri e grossolane
minacce d’ogni tipo, invece di una lode e di un risarcimento in segreto per i
torti pubblicamente sofferti. E tutto ciò accadde a causa della sua
inconcepibile pazzia. Voi tutti invece avete avuto una vita più facile e
poteste fare molte cose secondo il vostro compiacimento, mentre ciò non era
possibile a me, poiché, essendo io colui che metteva in atto la sua follia da
giudice, dovetti fare secondo i suoi più pazzi e ripugnanti desideri, dando a
ciascuno di questi una precisa esecuzione, affinché i desideri stessi, per
effetto della mia forzata ipocrisia, di cui mi intendevo bene, o meglio dovevo
intendermene bene, potessero acquisire una qualche parvenza di legalità. Dopo
di che, per conferire piena validità al mio inganno, io, quale legittimo
imbroglione, dovevo nuovamente farmi ingannare e precisamente in tre modi: –
anzitutto da Hanoch a motivo della legge, secondariamente da me stesso a motivo
del popolo, e in terzo luogo dal popolo e da tutti voi a causa di Hanoch. Io
credo di avervi sufficientemente esposto le ragioni del mio malcontento e con
ciò di avere deposto ai vostri piedi le mie mentite spoglie. E ora giudicate
voi stessi se io ho forse torto, grato come posso essere per tanto
riconoscimento della mia opera, a togliere da me il triplice inganno e a
scagliarlo con tutta violenza sul capo di Hanoch, rivelandolo al popolo per
quello che veramente è. E poi resti a lui la cura di badare da che parte se ne
andrà la sua divinità e vi corra lui dietro come uno zoppo alla caccia del
cervo. Dunque anch’io farò quello che Cad ritiene opportuno fare e seguirò molto
scrupolosamente il consiglio di Carac e i miei contributi non danneggeranno i
suoi occhi, né il trotto dei miei cammelli molesterà i suoi orecchi. Di
conseguenza io prendo possesso della città che porta il mio nome»
16. E
vedi, allora gli altri esclamarono: «Noad ha
parlato perfettamente bene e così faccia egli pure come è giusto e buono»
17.
Dopo ciò si alzò Huid e il tono della sua voce
fu come un fulmine piombato nel mezzo della perversa adunanza e parlò con
maggiore veemenza degli altri, dicendo: «Uditemi bene, o fratelli e figli di
Caino, l’esiliato, e intendete ciascuna delle mie parole che sono di grande
importanza!
18.
Chi potrebbe contare tutte le gocce di sangue che, in seguito alle sentenze di
Noad, l’imbrogliato, e mediante le mie robuste mani sono sprizzate dai dorsi e
dai fianchi del misero e debole popolo, che è discendente di Caino al pari di
Hanoch e di noi? Ora, questo sangue non è stato affatto versato a causa della
trasgressione di una qualche legge, né per la pigrizia del popolo, né per
nessun’altra causa, per quanto minima, apparentemente punibile, ma unicamente,
come voi già sapete, per suo divertimento e passatempo, per non parlare poi dei
maltrattamenti inflitti al popolo durante la costruzione di ogni città, tanto
che mi riesce del tutto inesplicabile come questi disgraziati abbiano potuto
conservarsi in vita dopo questo periodo di martirio che dura già da così lungo
tempo. Ad ogni nostra osservazione contraria, egli non mancò mai di metterci
sotto il naso la fragilità del ben noto vaso sopra le stelle, e si dimenticò
assolutamente di quello che è posto sotto la Terra!
19.
Ma io domando a voi tutti, in giustizia ed equità, di dirmi se il popolo non si
troverebbe meglio sotto i cocci di quel vaso anziché sotto i colpi continui che
andiamo infliggendo loro con verghe rigide, bastoni duri e solidi randelli! E
ditemi ancora: – che cosa ha fatto Hanoch per il vaso dell’amore che è sotto la
Terra? Per conto mio, credo che, tranne le innumerevoli gocce di sangue dei
nostri fratelli, ben poco sarà da trovarvi dentro! E se, usando l’astuzia, noi
avessimo preso il governo nelle nostre mani, non avrebbe egli, nella sua
qualità di dio di ogni abominio, cominciato sicuramente a farli uccidere, l’uno
dopo l’altro?
20.
Noi stessi dovemmo essere crudeli, per distogliere ogni sospetto da noi che
eravamo ancora suoi servitori. Ma le città sono ormai edificate, il popolo è
diviso, il potere è nostro come pure il nostro riconoscimento dell’antico Dio e
il sacrificio giurato. Cosa ci occorre di più? Se il popolo ci ha obbedito
quando lo maltrattavamo, allora non ci diverrà infedele se noi vorremo guarire
le piaghe che gli sono state inferte, come anche faremo mediante leggi più
savie e miti di quelle attuali che sono ispirate alla più nera crudeltà. Vedete,
io sono chiamato il malvagio, ma qui vorrei fare una grave domanda e
precisamente: “Chi è più malvagio: – io, Hanoch o il serpente di Caino?”. Io
penso che Hanoch sia un maestro di ogni perfidia e che il serpente debba avere
covato nel cuore di Hanoch tutte le sue generazioni, altrimenti non sarebbe
possibile immaginare crudeltà simili; crudeltà perpetrate da un fratello a
danno dell’altro, mediante i propri fratelli e quelli dei figli dei fratelli!
21.
Di conseguenza io credo che dovremmo a nostra volta renderci soggetto e suddito
Hanoch e, un po’ alla volta, fargli dare dal popolo una molteplice ricompensa
per le sue crudeltà, al posto dell’omaggio alla maestà sovrana, e così egli
potrebbe poi accumulare sulla propria schiena il legittimo tributo, per portarselo
dove volesse»
22.
«Giuste e sagge sono le tue parole, o fratello Huid», esclamarono i convenuti «e ad Hanoch avvenga secondo il tuo
discorso che ci ha colpito in mezzo agli occhi, i quali hanno spesso visto i
suoi gravi misfatti!»
23. E
vedi, allora si alzò Hlad e così si espresse con
parole determinate: «Fratelli, voi sapete come io dovetti essere insensibile
verso tutto, per personificare in certo modo la rigidità della legge, ovvero
per rappresentare l’arbitraria crudeltà di Hanoch sotto il manto della
giustizia inesorabile e come perciò io dovetti costantemente far buon viso a
tutti questi suoi pessimi giochi. Quantunque non fossi io stesso colui che
percuoteva, tuttavia dovetti assistere alle persecuzioni e dovetti contare i
colpi inferti da Huid e da tutti i suoi aiutanti e riferirli ogni volta ad
Hanoch con animo grato. Vedete, allora fui costretto ad apparire insensibile,
pur non essendolo affatto, ma adesso intendo ricredermi, come voi vedete! Io
voglio schierarmi contro Hanoch e voglio essere di fronte a lui quello che
tanto spesso dovetti apparire di fronte al popolo dei nostri fratelli, e verso
questi fratelli io voglio essere caldo, mentre intendo essere verso Hanoch un
freddo risarcitore dei torti patiti dal popolo per opera sua. Divenga la mia
fedeltà verso lui una fredda ricompensa e la mia diligenza mi renda il primo
tra voi e la voce della sua lode si converta in urla e ruggiti di dolore e
siano questi una delizia per gli orecchi di coloro che furono tanto spesso
maltrattati, e che le gocce di sangue stillanti dalla sua schiena ridonino un
po’ di vita alle loro guance esangui!
24.
Siccome per il resto sono perfettamente d’accordo con voi tutti, penso che il
mio giudizio non sia errato se intendo agire secondo il mio sentire, che già da
abbastanza lungo tempo ha dovuto guardare, come impietrito, tutti gli orrori e
tutte le malefatte di Hanoch. Infatti, chi ha sentimento e sensibilità per il
dolore e per il tormento, costui li ha certamente per fare il bene e questo io
l’ho constatato innumerevoli volte. In futuro, dunque, vediamo di governare
mediante il bene. E a colui che facesse il male, capiti il castigo in
proporzione alla sua mala azione, usando però indulgenza, essendo egli pure un
fratello; ma chi è obbediente ed opera il bene, a costui di bene ne vada dieci
volte tanto. E subito dopo sia offerto un degno sacrificio all’antico Dio,
sacrificio che senza dubbio sarà a Lui gradito, dato che gli riporteremo quello
che Caino ed Hanoch, con tanta scellerata leggerezza, hanno perduto per tutti
noi»
25. E
vedi, allora tutti si alzarono e si inchinarono
a Hlad e dissero: «O fratello! Il tuo giudizio è il più giusto fra tutti quelli
finora espressi. Tu sei il più vicino ai figli di Adamo. E perciò sarai per noi
un modello, secondo il quale noi regoleremo e indirizzeremo i nostri
ordinamenti, ciò che anche vogliamo fare.
26.
Il sangue caldo dei poveri fratelli ha sciolto il ghiaccio che era intorno al
tuo cuore e da questo irrompe ora un’abbondanza di calore; agisci ora, dunque,
sotto l’impulso di questo calore e riscaldaci tutti con quello che per te è in
più!»
27. E
vedi, poi anche Ufrac si alzò e disse: «O
fratelli, vedete e udite! Tutti i vostri giudizi sono equi e retti, però quello
di Hlad, secondo il mio acuto discernimento, è evidentemente il più giusto. E
perciò io sono perfettamente della sua opinione, tranne che per una cosa sola
che è di grande importanza: – ci vuole una grande astuzia basata sulla prudenza
in tutto ciò che vorremo intraprendere. Perché, vedete, fare secondo giustizia,
operare il bene, giudicare scrupolosamente e rettamente la giusta ricompensa
del bene e del male, nonché un ordine sicuro, queste sono cose di grande e
pubblico vantaggio tanto per il popolo quanto per noi tutti. E tutte queste
cose sono sufficienti nei rapporti tra noi e il popolo. Però ora anche tutti i
liberi cittadini della città di Hanoch sanno che, per questo popolo scimunito,
Hanoch rappresenta un vero dio e questa convinzione nessuno di loro se la
lascerà togliere neanche con mille bastonate; e tanto più ancora che proprio
questi liberi cittadini sono quelli che hanno maggiormente rafforzato l’intero
popolo in tale pazzesca illusione.
28.
Se noi, dunque, adesso vogliamo subito mettere le mani su Hanoch, non faremo
con ciò altro che aizzarli tutti, e precisamente contro di noi, e qualora
Hanoch si presentasse in mezzo a loro e spiegasse come noi gli avessimo legato
le mani, affinché non potesse difenderli dai maltrattamenti che noi abbiamo
inflitto loro, se ciò accadesse, il popolo si scaglierebbe contro di noi e
dovremmo essere schiacciati dalle masse.
29.
Di conseguenza si rende assolutamente necessario usare scaltrezza e grande
prudenza ed astuzia, se noi vogliamo realizzare i nostri piani in modo che la
cosa possa tornare a nostro vantaggio. Dato però che io fui il suo più intimo
consigliere in ogni faccenda, ne consegue che so meglio di tutti come stanno le
cose. Quindi la mia certissima opinione è che per almeno tre anni ancora si
debba versare ad Hanoch il tributo richiesto, per salvare le apparenze, ma che
nel frattempo il popolo venga trattato bene da noi, perché si affezioni a noi e
poi si debba illuminare spesso i più svegli d’intelletto riguardo alla nullità
dell’essere di Hanoch e a tutti i suoi inganni e alle sue sopraffazioni molto
grossolane e indicare loro le tracce dell’antico Dio e fare loro infine
comprendere che tutto fu fatto da parte nostra, per quanto aspro abbia potuto
essere, unicamente per salvare loro, nostri fratelli, una buona volta dal duro
e grave giogo di Hanoch, e che bisognava che ora avvenisse così, altrimenti
tutti assieme sarebbero andati incontro alla morte.
30.
Io posso darvi la mia piena assicurazione che, se noi istruiamo così il popolo
e poi lo trattiamo come suggerito da Hlad, ci troveremo in uno stato di incalcolabile
vantaggio ed io credo che perfino l’antico Dio non ci contesterà la signoria,
qualora poi per di più si voglia offrirGli un sacrificio. E sono certo che,
soltanto allora, Hanoch avrà da parte del popolo quello cui hanno accennato
molto saviamente Huid e Hlad, gli oratori perspicacissimi ed espertissimi che
mi hanno preceduto. Considerate bene le mie parole, o fratelli miei e nobili
figli di Caino!»
31.
Ed ecco, tutti si inchinarono e dissero: «Amen!
Così avvenga, affinché le parole di ciascuno abbiano valore contro Hanoch,
l’infame esiliatore di nostro padre e l’abominevole sacrilego contro l’antico e
possente Dio»
32.
Allora gli altri presero nuovamente posto sui loro seggi, ma Farac rimase in piedi e si guardò intorno con aspetto
serio, come se avesse voluto vedere se forse dietro a ciascun oratore non fosse
rimasto nascosto qualcosa che nessuno aveva il coraggio di portare alla luce
del giorno, e ciò che egli andava cercando con gli occhi, lo trovò ben presto
facilmente il suo intelletto. Ed egli cominciò a parlare con veemenza e le sue
parole non risparmiarono nessuno e furono come una spada sul campo di
battaglia. Infatti, egli parlò così:
33.
«O fratelli, ammesso che siate ancora degni di questo nome onorevole, io ho udito
i vostri discorsi con i quali avete manifestato ad alta voce, dinanzi a me, i
vostri pensieri, ma d’altro canto avete tenuto reciprocamente nascosta la
vostra avidità in modo insidioso e avete mentito l’uno verso l’altro
nell’esporre i vostri piani, rendendovi con ciò l’uno contro l’altro ribelli,
poiché ciascuno di voi accarezza il proposito di svignarsela di nascosto e di
riferire ad Hanoch di aver convocato, per estrema fedeltà a lui, un’assemblea
dei principi prima dell’importante atto dell’assunzione del governo da parte
dei suoi saggi e di aver cercato di provocare i convenuti affinché dessero un
giudizio ripugnante sul conto di Hanoch e ciò allo scopo che poi Hanoch si
rendesse conto in quali mani egli aveva affidato i dieci governi. In conseguenza
di questo, Hanoch gli avrebbe conferito ogni potere e l’avrebbe poi posto quale
unico principe su tutti noi. Gli altri allora, in seguito alla credulità di
Hanoch, avrebbero potuto dividersi tra di loro la sorte di Caino.
34. O
birbanti matricolati, o rigurgito di ogni perfidia! Domandate a voi stessi se
una volta sola un qualche onesto impulso vi ha mai indotti a fare qualcosa!
Poiché tutto quello che io sono e che voi siete, siete riusciti a diventarlo
unicamente per mezzo dell’insidia, dell’astuzia, dell’inganno, dell’adulazione
e dell’ipocrisia. Il popolo sciagurato non ha ancora sofferto abbastanza? Non è
già, ad ogni modo, diventato così misero da non assomigliare più quasi a degli
esseri umani? Non ha esso ormai già versato quasi l’ultima goccia di sangue
sotto i vostri colpi? E cosa mai abbiamo fatto di bene al popolo, che per così
lungo tempo ci ha volonterosamente nutrito per ricevere nient’altro che
maltrattamenti di ogni specie? Coloro ai quali voi deste il nome di
uomini-animali non hanno gli stessi diritti su quanto esiste sulla Terra?
Eppure fu loro proibito di mangiare i frutti maturi e dovettero accontentarsi
di quelli guasti. E voi non siete ancora soddisfatti di tutto questo, ma volete
renderli mille volte più infelici e più miserabili di quanto già ora lo sono!
35.
Mosso da queste considerazioni dichiaro a voi tutti, senza alcun riguardo, che
se proprio volete governare il povero popolo, di cui non siete degni di
chiamarvi fratelli, abbandonate ogni malizia e ogni insidia, e guidatelo dinanzi
al cospetto di Dio, Quello antico e vero, e anche verso Hanoch siate dei veri
fratelli e non dei maestri dell’inganno per amore della vostra gola e del
vostro ventre; e mediante la vera fedeltà vedete di meritarvi quella posizione
che avete ottenuto tramite l’inganno e l’astuzia; altrimenti l’antico Dio non
guarderà i vostri sacrifici, ma verrà in soccorso dei deboli e vi renderà
schiavi delle bestie cui voi deste tale nome, partorito dalla vostra mente!
Riflettete bene sulle parole che ora vi ha detto il crudele. Amen!»
36.
Vedi, quando Farac ebbe terminato il suo discorso, gli
altri rimasero come pietrificati al loro posto e non furono capaci di
trovare neanche una parola a loro scusa e la maggior parte andava pensando
dentro di sé: «Certamente, egli in segreto ci ha preceduti presso l’antico Dio,
altrimenti come avrebbe potuto scrutare il nostro animo con tanta precisione e
profondità? E considerato che ormai è così, chi potrà reggere al suo fianco? Se
lo si potesse togliere di mezzo, la cosa sarebbe facilmente sistemata, ma
adesso chi potrà opporsi e resistere alla sua potenza? Prima che noi alziamo
una mano, la sua ci avrà già colpiti e annientati, perciò vogliamo
tranquillamente attendere e vedere che piega prenderanno gli avvenimenti, e
allora si vedrà quello che si potrà fare ulteriormente»
37. E
vedi, siccome nessuno osava più prendere la parola, Farac
si fece innanzi nuovamente e domandò loro: «Ebbene, che cosa ne è di voi?
Nessuno ha più il coraggio di intervenire e di ribattere alle mie argomentazioni?
Dove mai se ne sono andate le vostre malizie, gli inganni, le astuzie, le
vostre lusinghe e le ipocrisie, e dove le vostre menzogne, dove la vostra
potenza, dove il vostro principato ed infine dove il vostro truffato dio
Hanoch?
38.
Ma io vi dico che il linguaggio muto dei vostri pensieri non è certo sfuggito
al mio orecchio e che, comunque vadano le cose, voi agirete molto bene facendo
d’ora in poi secondo equità e giustizia. E chi di voi non agirà perfettamente
secondo equità e giustizia, costui verrà esiliato come lo è stato Caino che voi
dite che è vostro padre, perché ha veramente agito ispirandosi a giustizia, ma
il suo agire fu troppo cieco e troppo rigido e di conseguenza si trovò
prigioniero di se stesso e dovette fuggire dinanzi alla propria opera. Dove sia
finito Caino, questo nessuno lo sa all’infuori dell’antico Dio e se Egli lo
volesse rivelare a qualcuno, questi lo saprebbe pure. Però tale non è la Sua
Volontà. Vedete, Caino fu giusto per timore del Giudizio dell’Antico, ed ha
errato in tutte le sue azioni perché egli non fece nulla per amore, che pure
gli era stato comandato prima di ogni altra cosa dall’antico Dio.
39.
Ma avete gettato ben lontano da voi perfino ogni giustizia e al suo posto avete
messo la scaltrezza, l’inganno, l’astuzia e innumerevoli altre ignominie
ancora, che per la loro nefandezza non possono trovare un nome; e credete forse
che l’antico Dio vi sosterrà subito e con la massima sollecitudine in tutte le
vostre infamie, il cui numero non ha fine, per il solo fatto che Gli
accenderete ciecamente un qualche insignificante fuoco in sacrificio? Oh, voi
siete enormemente in errore! Questo Antico ha una vista acutissima e conosce in
maniera perfettissima com’è costituito tutto il vostro essere dal principio
alla fine. Quindi il Suo orecchio è molto lontano da voi e non vi esaudirà più
nella vostra sconfinata scelleratezza, anche se voleste arderGli tutta la Terra
in sacrificio, se prima non purificate i vostri cuori con il fuoco di un amore
sconfinato verso i vostri fratelli, deboli per causa vostra e le vostre
infelici sorelle e se non vi astenete da ogni pratica lussuriosa che è
inconcepibilmente disdicevole per uomini dell’età di duecento anni nella loro
dignità di principi.
40. E
ora rispondete alle mie domande se potete, oppure ditemi apertamente in faccia,
se ne avete il coraggio, così come io vi ho parlato senza alcun riguardo, che
cosa avete ancora in animo di fare adesso, poiché io non aspiro a nessuna
signoria, né, come voi, ad un principato, ma unicamente all’esatto adempimento
dei doveri che la mia carica mi impone, e ciò secondo il gradimento
dell’Antico. Per questo io non commisi mai un torto verso qualcuno, né mai
violentai una donna né una vergine, né meno ancora una fanciulla di dodici anni
o anche al disotto di quest’età come avete fatto voi. Per questa ragione voi mi
avete dato il nome di crudele: – perché non volli essere un corrotto furfante
come voi!
41.
Queste devono essere le mie ultime parole, affinché voi sappiate che non dovete
più incontrare da vicino me, il crudele, colui che vedete davanti a voi, se non
quel tanto che lo esigerà una necessità suprema, come è l’attuale, affinché
tutto non debba perire per l’eternità – sì, dico per l’eternità – nella
ridestata ira dell’antico, eterno e santo Dio! Nessuno quindi mi chieda più né
il dove né il come! Amen!»
[indice]
Il consiglio
dei dieci principi
22 maggio
1841
1. E
vedi, siccome tra tutti coloro che avevano già parlato nessuno si azzardava a
opporre qualcosa alle parole di Farac, si alzò infine Molachim
e si rivolse direttamente a Farac, fissandolo fortemente negli occhi e dicendo:
«Fratello, le tue parole sono state aspre ed hanno colpito in pieno ciascuno di
noi, ma, vedi, per quanto riguarda i nostri discorsi, il loro senso è buono e
giusto, eccetto il vostro rigettare Hanoch; solo che tali discorsi sono stati
profanati da false brame interiori, che si sono destate in noi in seguito alla
considerazione della dignità principesca conferitaci.
2. Ma
se, distruggendo in noi stessi tutte queste brame temerarie, volessimo anche
diventare veri e fedeli fratelli tanto del popolo quanto di Hanoch, secondo
equità e giustizia, allora, chiedo a te Farac, saremmo ancora dei birbanti?»
3. E Farac rispose: «La brama è la vita della volontà; se
però in tale modo volete annientare in voi ogni brama, in base a cosa volete
poi operare nella vostra qualità di principi? Perciò nessuno deve soffocare in
sé le brame, che sono la scintilla dell’amore in Dio, ma basta invece che esse
non vengano falsamente indirizzate.
4. La
vera direzione che ad esse va data è di guadagnare Dio nel Suo Amore e di
uniformare tutte le azioni secondo il riconoscimento della Volontà suprema in
noi, che manterrà in perfetta umiltà l’amore di se stessi in noi mediante la
consapevolezza della sua nullità e della inconcepibile debolezza contenuta
nell’amore di se stessi.
5. La
falsa direzione delle brame, invece, è l’egoismo, ovvero la totale cecità e
sordità della volontà in noi; per questo tutte le azioni si orientano in base
ai propri bisogni, mentre non considerano quelli dei fratelli cui andrebbe
tributata pari considerazione.
6.
Vedi, allora le false brame, per il fatto del loro continuo moltiplicarsi in
noi, vanno gonfiandosi sempre più e soffocano l’umiltà, e mediante la loro
gravezza producono l’orgoglio; in questa situazione, poi, l’uomo tende a
sgravarsi del suo enorme carico, ma, dato che quest’ultimo, essendo cieco, non
vede e, essendo sordo, non ode quello che dovrebbe giovargli, egli nelle sue
false brame fa ricorso a tutti i mezzi immaginabili che il suo amore cieco, o
amore di se stesso, può escogitare. Con ciò egli non fa che aggiungere nuove
gravezze a quelle già vecchie, che con il loro enorme peso schiacciano la vita
da Dio in noi e ci degradano ad animali della materia terrestre e ad alimento
della morte, la quale dimora dappertutto nella materia, tanto nell’acqua quanto
nel fuoco, nell’aria e nella Terra, che è la madre della carne, ovvero della
morte, poiché dove c’è carne, là c’è pure la morte. Di conseguenza moriremo
tutti nella carne.
7.
Chi dunque si trova nell’amore di se stesso, costui giace nell’amore della
propria carne; chi però ama la propria carne, nutre la brama della morte, e la
morte si riverserà nella sua brama e lo avvincerà in tutte le sue fibre vitali
e così lo consumerà e lo ucciderà. In tal modo egli diverrà come un’immondizia
della morte e concimerà i campi dove è seminato il frutto della perdizione
eterna. E ora voi sapete quanto occorre per vivere giustamente. Operate così e
vivrete; altrimenti morirete. Amen!»
8. E
vedi, allora Molachim prese nuovamente la parola
e disse: «Fratelli, voi sapete qual è il mio compito e quali le mie mansioni: –
io non sono stato indotto a mentire ad Hanoch e al popolo né per volontà di
Hanoch né per quella del popolo, bensì da voi, ad eccezione di Farac; a voi
soltanto io dovevo rivelare la parte più intima della mia scienza. Ma io ora
getto ogni inganno a destra e a sinistra dei piedi di Farac e dico apertamente:
“Se un giorno un Dio scenderà dal Cielo, le Sue parole non potranno essere più
sagge di quelle di Farac!”
9. Io
lo confesso liberamente: – se egli non fosse un nostro fratello, mi lascerei
cadere ai suoi piedi e lo adorerei, ma egli invece è un uomo come noi; dunque, da
dove gli viene questa grande sapienza?
10.
Vedete, sono cieco e sordo come voi, ma un intimo sussurrare mi suggerisce:
“Ecco, Dio parla invisibilmente per bocca di Farac!”. Noi dobbiamo ascoltare
questa voce e ponderarla bene e agire di conseguenza, se vogliamo vivere;
altrimenti le lacrime dei nostri fratelli si raccoglieranno fino a diventare un
immenso flutto che ci soffocherà nella nostra grande libidine, nei nostri
inganni e nella nostra astuzia delittuosa».
(22 maggio 1840)
11. E
vedi, allora anche Ufrahim si fece coraggio,
avanzò e disse: «Amen! Siano rese grazie all’antico Dio perché ha aperto con la
massima benevolenza la bocca di Farac, il nostro fratello, senza il quale noi
saremmo tutti morti, poiché noi tutti eravamo già profondamente accalappiati
dai lacci delle nostre brame apportatrici di morte e ciascuno si proponeva di
tradire gli altri, così la morte sarebbe precipitata su tutti noi in un modo o
nell’altro quale un giusto giudizio, sia dall’altezza della Santità dell’antico
Dio, sia dalla profondità della Sua ira.
12.
Io fui un raffinato maestro della lusinga e con ciò causai maggiori mali che
non voi ed Hanoch con tutta la vostra violenza, poiché, se non ci fossi stato
io, egli avrebbe congedato già da lungo tempo la sua divinità, che veramente
gli era stata inculcata da me per suggerimento di Ufrac e con l’aiuto di Noad e
di Tahirac. Infatti egli mi confidò, spesso in segreto, che tale divinità era
causa per lui di grave angoscia nel suo intimo e che non gli lasciava pace né
di giorno, né di notte quando era solo e che egli aveva già più volte maledetto
questa infelice idea di Ufrac, non potendo più disfarsi di tale dignità a causa
del popolo, quantunque essa gli bruciasse in petto più di qualsiasi fuoco.
13. E
vedete, ora qui depongo ogni mia scienza della lusinga e sono convinto che la
sapienza di Farac potrà anche, con facilità, guarire gradualmente questa grande
ferita del nostro fratello, nella stessa maniera in cui essa è riuscita ad
aprire, speriamo, gli occhi a tutti noi, affinché potessimo vedere l’orlo
insidioso dell’abisso su cui ci troviamo comodamente adagiati tutti noi nove,
senza presagire il pericolo immenso di perdere la vita e con questa anche tutto
ciò che per mezzo di essa ha un qualche valore.
14. E
tu, o caro fratello Farac, sii per me e per tutti noi una guida fedele verso la
luce dalle altezze del vero Dio che ci è divenuto estraneo come lo era divenuto
al nostro padre Adamo e guidaci secondo la Volontà dell’unico, vero Dio, a te
ben nota. E così pure sii la guida di tutto il popolo, dato che anch’esso è
composto da nostri fratelli poveri ed innocenti, dei cui errori noi soli
portiamo la colpa a causa della nostra sconfinata perfidia, e quanto tu, o
fratello, troverai opportuno fare secondo la Volontà dall’Alto ora nota a te
soltanto, a ciò noi vogliamo dare precisissima attuazione – di buon grado e
sempre con la massima sollecitudine unendo le forze – con la Grazia dall’Alto.
15. E
di conseguenza anch’io depongo qui il mio principato ai piedi dell’amico di
Dio, il Dio vero e sarò enormemente felice di potermi chiamare fedele servitore
dell’unico, fra tante migliaia in questo paese, che abbia trovato grazia
dinanzi al Dio, il solo e vero fedele servitore che qui non può trovare chi lo
possa uguagliare.
16.
Perciò ascoltate la mia volontà: – la città di Farac sia per noi tutti una
città santa. In essa noi vogliamo andare sempre per attingere un saggio
consiglio al fine di poter agire conformemente alla saggezza. Desideriamo però
che sia Farac stesso il nostro principe e la nostra guida secondo la Sapienza
divina che è in lui e sia soltanto lui l’anello di congiunzione tra noi, Hanoch
e tutto il popolo, affinché noi possiamo diventare degni non già di essere
stati nominati principi, la qual cosa non ha alcuna importanza in quanto
abbiamo visto la Sapienza di Dio, ma di essere reputati solo dei servitori
fedeli e volonterosi che gioiranno e dovranno gioire del benessere dei popoli e
della Sapienza di Dio nel nostro fratello Farac, nonché nel completo
risanamento di Hanoch e con ciò anche di tutto il popolo, sia esso libero o
soggetto.
17.
Dunque io dico ‘amen’ a nome di
tutti, e tu, o fratello Farac, guardami nella tua sapienza, e sii per noi tutti
un fratello, un principe, una guida, un consigliere ed un savio amico! Amen!»
18.
Ed ecco, il discorso di Ufrahim animò nuovamente Tahirac come pure gli altri
che, prima di Farac, avevano avuto parole ipocrite dettate dall’egoismo e
dall’ambizione, e così pure egli cominciò a parlare come colui che è un
depositario ed un vero ricettacolo di ogni male e come colui che si arroga
tutti i diritti e cose divine, come la Santità di Dio, eternamente intangibile,
la Sua Giustizia, il Suo Amore, la Sua Onnipotenza ed infine perfino tutta la
Creazione, quasi egli avesse potuto distruggerla muovendo un dito, poiché egli,
come spesso aveva asserito, era venuto a conoscenza degli artifici e dei
raggiri dell’antico Dio e osava addirittura misurarsi con la Mia Forza e
lanciare pubblica sfida alla Mia Onnipotenza. E poiché Io, per Amore, non avevo
voluto impugnare la grande spada del Mio Furore contro un miserabile verme
della terra, quale l’Infinito contro un nulla che a mala pena l’occhio può
percepire a causa della sua indicibile piccolezza di fronte alla Mia eterna
Grandezza ed infinita Potenza, egli diceva a ciascuno che la Mia debolezza
aveva timore della sua forza.
19. Che ne dici tu,
o Mio servitore, di una simile provocazione?
20. Ebbene, vedi,
questa provocazione, tuttavia, non era tanto ridicola quanto quella che Mi
viene fatta oggigiorno da parte vostra e che è mille volte peggiore e più
perfida di questa.
21. Poiché non hai
che da considerare alla radice le vostre istituzioni sacerdotali! Quando il
“santo” del mondo parla dal suo trono, Io devo sul serio tacere e anche
guardarMi dal rivolgere a qualcuno la parola. Se egli venisse a saperlo, il Mio
interlocutore non sarebbe più sicuro della sua vita naturale.
22. Io non ho
bisogno di descrivervi più da vicino la spina nel Mio occhio, dato che anche
senza di ciò voi potrete facilmente trovarla. Ma vi sia pure ancora un breve
tempo d’attesa! E ora ritorniamo all’argomento!
23. E
vedi, questo Tahirac, indirizzandosi come un
fulmine all’adunanza, cominciò egli pure un discorso conclusivo con brevi e
veementi parole e disse:
«O
fratelli, che prima di me avete proferito parole savie e potenti, tanto che io
ne fui scosso fino nelle più riposte fondamenta della mia perfidia, e che,
tramite esse, ho potuto riconoscere il mio nulla e la mia assoluta debolezza
nonché tutto il mio grave torto in ogni mio agire, ebbene, io stimo superfluo,
o fratello Farac, esporre dettagliatamente dinanzi alla tua sapienza tutte le
mie iniquità, poiché anche ai non savi è noto più che a sufficienza il modo e
la specie delle mie inqualificabili scelleratezze.
24.
Vedete, io sono troppo malvagio per la vostra adunanza perché mi sia possibile
pronunciare una qualche parola di scusa, e mi limiterò quindi a dichiarare che
io sono il cardine e le fondamenta di ogni male tra di voi, il popolo ed
Hanoch. Di conseguenza, non avanzo alcuna pretesa né su di un principato, né su
di uno stato di soggezione, né meno ancora di servitù, ma avvenga a me, da
parte vostra, come è avvenuto al padre Caino. E così la pietra fondamentale di
ogni perfidia sarà tolta via dall’edificio vacillante di tutte le iniquità, in
modo che esso poi crollerà e al posto di questo edificio più che abominevole
possa essere eretto, per tutti i tempi, un altro migliore della giusta Sapienza
da Dio, il Vero e Potente, in Farac.
25.
Vedete, o fratelli, questa è l’unica ricompensa che io ho meritato più di tutti
voi. Con ciò io spero di non farvi alcuna richiesta ingiusta, poiché ormai so
molto bene che l’antico Dio non può né deve più usare verso di me alcuna Grazia
e Misericordia, a causa della Sua Santità che io solo ho oltraggiato in maniera
inqualificabile.
26.
Io perciò dichiaro qui terminato il mio discorso e rimango con tutta fiducia e
umiltà in attesa di un giusto, equo e ben meritato giudizio da parte della
sapienza di Farac, divina, giusta e forte!
27. E
se voi volete concedermi di condurre con me la mia donna e i miei figli nella
mia fuga, seguendo le orme di Caino, ciò sia ad ogni modo rimesso alla vostra
misericordia. Così dunque avvenga a me secondo la volontà di Farac. Amen!»
[indice]
I successori
di Hanoch
1. Ed
ecco, allora Farac si alzò di nuovo e disse:
«Vedi, o fratello Tahirac, né Dio, né tutti gli spiriti liberi possono in tutte
le eternità delle eternità fare in modo che quello che una volta è accaduto non
sia accaduto, e tanto meno una tal cosa la possiamo fare noi, deboli uomini!
Pensa tu stesso: – qualora in un uomo vi fosse una qualunque minima scintilla
della divina Sapienza, questa non dovrebbe giudicare ed esprimersi che nel
seguente modo:
2.
“Quest’uomo ha sbagliato enormemente per il suo malevolo discernimento, poiché
gli era mancata la Grazia dall’Alto ed era cieco nel suo egoismo, a suo immenso
danno nonché di quelli che gli erano vicini. Ora però, tramite l’Amore
misericordioso di Dio, un bagliore di lampo dall’Alto si manifestò,
accompagnato da un tuono possente, così l’uomo poté vedere tutta la sua
abiezione e sentire l’enormità delle sue innumerevoli scelleratezze. E poniamo
il caso che l’uomo cominciasse ad essere sopraffatto dall’angoscia e a provare
dal profondo del suo cuore un serio pentimento di tutto il suo malvagio
procedere e così rigettasse da sé ogni sua perfidia e in pari tempo rimettesse
la propria volontà completamente alla Grazia di Dio, dimmi: – cosa faresti tu
stesso a un tale uomo?”». – Rispose Tahirac: «Lo
perdonerei e lo considererei come se non avesse mai sbagliato, e mi rallegrerei
enormemente che uno che si era tanto smarrito e fuorviato abbia potuto
ritrovare se stesso, nonché la via d’uscita dal carcere della tenebrosa follia e
giungere alla luce della Grazia divina!» – Riprese Farac:
«Ecco, in tal modo la tua risposta è buona e giusta, malgrado tu sia
semplicemente un uomo. Pensa dunque a quanto più non approverà questa giustizia
il Dio sapientissimo, il Quale costituisce il Fondamento primordiale di ogni
verità e di ogni amore, dato che Egli meglio di ogni altro sa il come e il
perché noi abbiamo tanto spesso peccato!
3. E
ora sappi questo: “Noi, uomini senza amore, giudichiamo i nostri fratelli
smarriti secondo il numero delle colpe, ci sia o non ci sia stato nel frattempo
un pentimento, mentre Dio, invece, non giudica fuori dal Suo Amore e dalla Sua
Sapienza le colpe già commesse e lavate nel pentimento, ma soltanto quelle che
si commettono e di cui non ci si pente. Anche se quanto è avvenuto non svanirà
più, ma resterà custodito nel ricordo imperituro di Dio quale una macchia
oscura sulla linea della nostra vita, la linea però non viene giudicata al suo
inizio, né alla sua metà, ma alla sua fine, là dove essa cresce e si prolunga o
dritta verso l’amore e verso la giustizia che scaturisce dall’amore oppure
tortuosamente deviata verso il male e verso ogni ingiustizia proveniente dal
male.
4. E
vedi, la forza della Sapienza da Dio ha ora raddrizzato pure quanto vi era di
tortuoso in te e quindi non devi giudicarti da te stesso, ma d’ora innanzi devi
allungare la linea della tua vita, in tutta fedeltà e giustizia, nella retta
direzione verso il vero Dio e devi spesso guardarti intorno alla ricerca della
linea resa ormai retta da Dio, affinché tu non ti allontani più dalla retta
direzione, poiché allora ti sarà facile scoprire qualunque sinuosità e
appianarla ben presto tramite la Grazia dall’Alto, che poi ti rischiarerà la
grande meta della tua vita nel Regno dell’eterno Amore e di ogni vita che da
questo emana.
5. E
ora va’, assumi con tutta fedeltà quanto ti è stato comandato da Hanoch e
ricordati di queste mie parole, e così pure tutti voi altri assieme a me, che
sono ‘il crudele’, e siate dei fratelli per Hanoch, tutti fratelli tra di voi e
fratelli del popolo, che va governato secondo la Volontà di Dio, il potente, il
forte, il sapientissimo e l’amorosissimo. Amen!”»
6. E
dopo tale discorso conclusivo, tutti si alzarono
e si inchinarono dinanzi a Farac e dissero: «O tu Farac, saggio della Sapienza
antica di Dio! Noi tutti ora riconosciamo la tua grande potenza e la tua
inconcepibile comprensione di tutte le cose, e benché noi non comprendiamo come
tu sia giunto a questo, noi, tuttavia, faremo come tu trovi giusto ed equo,
poiché noi ci rendiamo conto che la tua sapienza è fondata sull’amore, amore
che non delude nessuno, specialmente quando, per di più, si intende procedere
per le sue dolci vie, ciò che noi tutti ora faremo e vogliamo fare secondo la
tua sapienza ed attingendo alla stessa.
7. Tu
però vedi di raddrizzare anche le vie di Hanoch, come hai fatto con le nostre.
Amen!»
8. E
vedi, allora tutti abbandonarono i loro seggi e si recarono nelle loro città e
lì agirono bene e saggiamente secondo il consiglio di Farac, e tutto il popolo
fu pieno di giubilo sotto la loro guida.
9. E
quando Farac in simile maniera e con facilità, ebbe convertito pure Hanoch, questi si alzò e afferrata la possente mano di
Farac disse: «O fratello, tu hai detto il vero ed hai agito bene, poiché, quando
una creatura è in vita, là c’è ancora da aspettarsi Amore e Grazia dall’Alto
come nel caso mio. Solo con la morte cessa ogni cosa! Ora qui tutto vive ancora
e così può anche essere posto rimedio a molte cose. Perciò voglio risanare
nuovamente tutte le ferite che sono state inferte ai miei popoli e tutto ciò
sarà fatto al tuo saggio e fraterno fianco e con lo stesso aiuto con il quale,
con tanta avvedutezza, hai saputo allontanare una così grande sventura da me,
così perfidamente ingannato, e anche dal popolo povero e raggirato»
10. E
vedi, questo governo ora alquanto migliore durò, con varie vicende, più di
cinquecento anni, perfino sotto gli stessi figli, cioè
figli e nipoti di Hanoch, quali furono ad esempio il suo figlio più
giovane Irad (l’impetuoso) discepolo di Farac, che regnò cent’anni, il suo figlio minore Mahujel il quale pure regnò cent’anni, poi il suo
figlio più giovane Metusael (lo scienziato e scopritore della natura e delle sue forze) che ebbe cento dieci anni di regno e infine il figlio di questi,
dimentico ormai quasi del tutto di Me, Lamec (l’istitutore della pena di morte) il quale
regnò duecento anni.
11.
Ma, vedi, sulla storia di Lamec Io dovrò soffermarMi parecchio, dato che con
lui cessa ogni forma regolare di governo, il cui posto viene preso
dall’idolatria e dal culto di Mammona, come pure dalla maledetta filosofia
naturale, che è il capolavoro massimo della più sconfinata perfidia del
Serpente.
12.
Ora, vedi, Lamec, non essendo né il primo né l’ultimo nato, non era veramente
chiamato a regnare, poiché secondo il costume stabilito già dalle prime
origini, soltanto il figlio più giovane era autorizzato ad assumere il governo,
e unicamente in caso di morte o di altro genere di incapacità subentrava poi il
diritto al regno del primogenito, e se anche questi moriva, soltanto allora
tale diritto spettava ai nati compresi fra il primo e l’ultimo.
13.
Ora, però, era ancora vivente il figlio più anziano di Metusael (l’occulto sapiente alla maniera di Farac, morto già da lungo tempo), il cui nome era Jored, e il costui
fratello più giovane Hail (ossia il fedele allievo di Jored e legittimo successore al governo).
14.
Ma, vedi, Lamec, uomo rozzo, tenebroso, ambizioso e spergiuro – che per saziare
la propria ambizione si era creato uno speciale sistema di ragionamenti
filosofici in virtù dei quali si riteneva ugualmente autorizzato a governare, e
per di più si trovava circondato da una malvagia banda di individui di pari
sentimento – si accese d’ira dentro di sé contro l’antico costume; e quando, a
causa della morte di Metusael, si avvicinava l’epoca dell’assunzione di Hail al
governo, egli indisse un giorno una malvagia assemblea per tutelare le sue
aspirazioni ambiziose e per prendere consiglio sulla via da seguire per
raggiungere con sicurezza il suo perfido scopo.
15. E
vedi, uno della sua stessa banda, che aveva nome Tatahar
(che era un essere efferato e assetato di sangue) gli diede un crudele consiglio, dicendogli:
«Noi
siamo settantasette uomini, forti come dei tronchi d’albero, audaci come tigri,
coraggiosi come leoni e crudeli come le iene; e tu, dal canto tuo, sei un
maestro di tutti noi. Di conseguenza crediamo che non dovrebbe esserti troppo
difficile, con una buona clava in mano, mettere fine alla sapienza di Jored, là
nel bosco vicino alle montagne, dove ultimamente abbiamo dato la caccia alle
tigri. E poi, quando una qualche iena vorace ne avrà triturato le ossa con i
suoi denti acuti e poderosi, per dimostrare la tua gratitudine potrai quindi
gettarle come dolce pietanza anche il ragazzo Hail; e ciò, per quelle bestie
affamate del bosco, sarà un boccone quanto mai gradito. Poi si potrà dire al
popolo che essi, essendosi impegnati temerariamente nella caccia delle iene,
dunque fidandosi stoltamente della loro segreta sapienza, sono stai sbranati
proprio da questi animali sulla montagna e divorati. E poiché tu, facendo così,
rimarresti l’unico successore di Caino, di Hanoch, di Irad, di Mahujel e,
figlio come sei, di Metusael, chi ancora potrebbe contrastarti la signoria e il
governo?
16. Ebbene,
o Lamec, cosa ne pensi tu di questo piano d’azione? Questo mio consiglio, più
che ogni altro, non è forse tale da farti raggiungere sicuramente lo scopo? Va’
dunque ed agisci di conseguenza, noi ti staremo al fianco e il successo ci
arriderà fuori da ogni ragionevole dubbio!»
17. E
vedi, questo consiglio era precisamente ciò che, a suo intendimento, faceva al
caso di Lamec. Così ben presto trovò il fratello, e questo avvenne, non a caso,
con l’aiuto del Serpente. Infatti, Lamec aveva ben osservato come Jored ed Hail
si erano incamminati verso la foresta, cosicché vi si recò rapidamente egli
pure con la sua micidiale banda, per altra via. Dunque, là nascosto, tra il
folto degli alberi, egli attese il passaggio dei due fratelli. E quando questi
si trovarono del tutto dentro la foresta, egli si lanciò d’improvviso su Jored,
lo ammazzò con un colpo e fece poi di Hail secondo il consiglio di Tatahar.
18. E
vedi, questa cosa accadde ai due per la ragione che essi si erano insuperbiti della
loro sapienza, poiché, quali figli di principe, si erano dimenticati che la
vera sapienza consiste unicamente nella massima umiltà; e che non appena
quest’ultima è privata di giusta considerazione, anche la sapienza ne è
profanata. Ebbene, poiché tale era il loro caso, non era possibile offrire né
consiglio né aiuto, senza dover ledere necessariamente la loro libertà; ciò che
Io non posso fare neppure in minimissima misura, poiché la più insignificante
particella di libertà sta infinitamente al di sopra di ogni vita naturale o
materiale di tutti gli esseri viventi della Terra; e da questo deriva anche la
forza che viene concessa nelle guerre; e questo avviene sia pure a causa della
libertà di volere e di azione perfino di un solo individuo.
19.
Altrettanto sia detto, quale ammonimento, anche a te, che sei uno strumento
discretamente buono. Poniti quindi bene in mente che, qualora tu fossi indotto
in presunzione, sia in segreto o più o meno apertamente, dinanzi ai tuoi
fratelli, per averti Io conferito il dono della sapienza, ebbene, anche a te
succederebbero le medesime cose. Poiché, vedi, se tu fossi trascinato alla
dissolutezza o tratto a rubare nel momento del bisogno o ti dessi ai bagordi e
alla vita sregolata, in un modo o nell’altro, questo dono che ora ti sto
facendo, di specie rarissima tra gli uomini, perderebbe la sua potenza in te.
Ma se tu, invece, ne diventassi orgoglioso, allora Io te lo toglierei
immediatamente, e ti lascerei nudo e spoglio nella foresta dell’errore; poi
verrebbero le fiere che ti divorerebbero, in modo che di te più non resterebbe
niente altro all’infuori di una cattiva reputazione.
20.
Vedi, è proprio nell’umiltà che tu hai ricevuto questo dono, nell’umiltà devi
conservarlo, e in tutta umiltà devi pure operare in modo tale per ridonarlo a
tutti i tuoi fratelli.
[indice]
Lamec fatto
re
30 giugno 1840
1. E
ascolta ancora! Come, dunque, Lamec ebbe commesso tale misfatto nel bosco a
danno dei propri fratelli, alla testa della banda di Tatahar, egli fece ritorno
ad Hanoch tutto soddisfatto, e fece dire ed annunciare a tutto il popolo,
dentro ed intorno alla città, nonché ai popoli delle altre dieci città e
dintorni, ciò che era accaduto ai suoi temerari fratelli, Jored ed Hail, suo
allievo. A questa notizia tutta la città di Hanoch inorridì, assieme alle dieci
città e a tutto il popolo dimorante fuori da queste. Allora, i più ragionevoli
e anche coloro che erano ritenuti i più intelligenti delle città e di tutto il
popolo, si radunarono assieme per consigliarsi, ed erano circa tremila uomini,
senza contare le donne e i fanciulli rimasti alle loro case.
2. E
così questo piccolo esercito d’uomini decise di portarsi nella città di Hanoch,
da Lamec, dove uno prese la parola per tutti e
disse: «Dov’è il bosco in cui è avvenuta tale disgrazia al giovane re e al suo
saggio fratello Jored? Lascia che noi vi andiamo e che vi cerchiamo il posto
dove è stato compiuto il misfatto. Chissà forse potremo trovare là qualche
misero resto, o una qualche altra traccia che ci convinca della verità di
questa notizia, affinché noi possiamo piangere per una così grande sciagura.
Andremo quindi alla ricerca della iena assassina, che avrà certamente il muso
ancora insanguinato, per strangolarla ed ammazzarla con le nostre clave e le
nostre frombole, così distruggeremo tutta la sua razza quale dovuta espiazione
per la morte di Jored e Hail»
3.
«Sì», rispose allora Lamec, «la decisione che
avete preso è buona; ed io, che ormai sono il vostro legittimo re, mi propongo
di fare altrettanto in mezzo a voi; e il mio primo servitore Tatahar farà da
guida e da scorta assieme ai suoi compagni bene armati!»
4. E
vedi, la pronta e compiacente decisione di Lamec piacque al popolo, e tutti esclamarono: «Vedete, vedete ed udite! Huhuhorah!
(vale a dire “Vi è ancora un vero re!”); anch’egli è saggio. Sia, dunque, il nostro re!»
5. E
dopo ciò, tutti si alzarono e, guidati da Lamec, si avviarono verso il bosco
delle tigri e delle iene; e là anche ben presto trovarono il luogo dove si era svolta
l’atroce scena e dove c’erano ancora tracce di sangue, e piansero, e raccolsero
i resti delle vesti per le onoranze funebri.
6. E
quando ebbero compiute là le loro vane cerimonie di cordoglio, ed ebbero
raccolto le reliquie di Jored e di Hail, ormai prive di valore, abbandonarono
il luogo del misfatto e, colmi di amaro furore, si sparpagliarono nella
foresta, suddivisi in bande di cento uomini ciascuna, a piccola distanza di
trenta spanne l’una dall’altra, allo scopo di rintracciare la iena infame; ma,
vedi, non poterono scorgere neanche un solo animale, e men che meno una qualche
iena. E perciò tutti esclamarono: «La bestia
nefanda si sarà certamente rifugiata sui monti! Coraggio! Se anche dal tempo di
Caino nessun mortale ha mai osato porre piede su di una montagna, noi vogliamo
ora, per la prima volta, aprire là un varco, poiché noi abbiamo buone ragioni
per farlo, e non c’è Dio che possa disapprovare questo nostro passo, essendo
giusta la nostra causa contro queste orrende bestie voraci. Dunque, facciamoci
nuovamente coraggio, anche se dovessimo tutti quanti perire in tale sacrosanta
impresa!»
7. E
vedi, allora Lamec soggiunse: «l vostro
proponimento corrisponde alla mia volontà ed è un comando che io vi do in
questo senso. Andate, dunque, e fate secondo la vostra decisione. Io però vi
attenderò qui alla testa degli armati di Tatahar, e porrò la massima attenzione
nell’evitare che una qualche bestia, fra tutte quelle che caccerete, riesca a
sfuggire ai vostri poderosi colpi di vendetta!»
8.
Con ciò i tremila furono soddisfatti e se ne andarono inoltrandosi nella
montagna, pur con passo inusuale e incerto, e appena fidandosi di guardarsi
intorno a causa della vertigine che in loro si manifestava alla vista delle
altezze che superavano per la prima volta, lasciando le pianure nella
profondità. E vedi, per tre giorni essi cercarono la iena assassina, ma neppure
una si fece vedere; e allora furono invasi dalla stanchezza e dalla noia, e con
le loro clave si diedero a percuotere un’erta parete di roccia alta più di
dodici tese che impediva loro di proseguire il cammino. E maledirono i boschi e
le montagne, che secondo loro erano dimora di ogni essere mostruoso. E chiesero
ragione agli alberi, alle rupi e alle pareti rocciose e sputarono sopra la
Terra la vergogna della sua avidità di sangue; e la maledirono fin nelle
fondamenta; e maledirono altresì il Sole, per aver rischiarato con la sua
stessa luce un’atrocità simile; e così pure maledirono tutte le stelle e la
Luna, che avevano potuto assistere ad una nefandezza così inaudita. E uno di
loro, che era il più grande e più forte di tutti, e che si chiamava Meduhed (cioè “il più
forte”) si girò e rivolse a quella moltitudine, ardente
d’ira e di furore, parole brevi ma molto appropriate, dicendo:
9.
«Come finirà questo sfogo di pazzia? Ecco, voi mandate in pezzi e in schegge le
vostre clave, percuotendo questa morta parete di pietra dura e insormontabile e
rendete sdrucciolevole la via del ritorno con la vostra bava! Ma se, rifacendo
la nostra strada, ci imbattessimo in iene, tigri, leoni, orsi e grossi
serpenti, pensate a come vi difendereste! E se l’antico Dio già qui ha segnato
una meta insormontabile alla nostra cieca ed infruttuosa sete di vendetta,
quanto più facilmente non potrà Egli segnarci un’altra meta ancor più terribile
sulla via del ritorno! Riflettete bene, dunque, che con l’Antico non è buona
cosa trovarsi in lite, poiché Egli potrebbe donare vita perfino agli alberi e
alle pietre, qualora disponesse di un troppo piccolo numero di animali per annientarci
ed ucciderci tutti quanti a causa della nostra stoltezza e della nostra
disobbedienza, essendoci noi avventurati per le montagne ed avendo in tal modo
infranto il severissimo divieto di Caino, di Hanoch e di Farac, ossia di colui
che fu sapientissimo e giustissimo. E chissà se al di sopra di questa parete
non dimorino degli esseri superiori, di cui rimane pur sempre un vago ricordo
fra il popolo, poiché altrimenti queste montagne non avrebbero motivo di
esistere! E se caso mai anche uno di tali esseri si accorgesse della nostra
presenza, che cosa sarebbe il nostro grande numero di moscerini di fronte a un
simile gigante di Dio? Dunque, facciamo mestamente ritorno, finché è giorno,
affinché non abbiamo a perire sotto la maledizione della notte che per noi è
sempre stata una grande nemica, come il giorno è sempre stato un tormento,
anche se non precisamente congiunto con così tanti e grandi pericoli come la
notte. Quindi, seguiamo tutti questo consiglio che è ben fondato. Amen!»
10. E
vedi, quando queste parole ebbero ottenuto l’effetto di farli rinsavire e
mentre si accingevano a ritornare sui loro passi, Meduhed scorse un uomo di
grande statura che stava su una sporgenza della parete di roccia, e quest’uomo
era Set, un figlio di Adamo, il quale era stato
dato al posto di Abele. Set, più tardi e per mezzo del suo fratello-angelo
Abele, era stato istruito da Me di recarsi con Adamo ed Eva nella Terra
promessa, per dimorarvi appunto tra le montagne, rimanendo, da lontano, in
vista del Paradiso di una volta; di ciò Io, più tardi, aggiungerò comunque
qualcosa offrendo maggiori dettagli.
11.
Ed ecco, questo Set indirizzò loro la parola in
tono energico, dato che egli era ancora uno di quegli uomini al quale il
linguaggio di tutte le creature non era divenuto estraneo, e disse: «O voi, rozzi figli di Caino, il fratricida,
che siete dimentichi del tutto di Dio! Quale giusta punizione di Dio – il Quale
è il Padre mio e di Adamo che ancora vive ed è il Padre di tutti i suoi figli
che vivono sulle alture – vi ha condotti qui tra le braccia formidabili della
vostra rovina? O razza di serpenti: – quale mai è il vostro aspetto[5]?
O voi, predestinati a saziare la fame delle iene, dite: – cosa cercate qui in
questo luogo sacro! Cos’è che vi ha spinti fin qui, in questo posto a voi così
severamente proibito? Allontanatevi da qui e piombate tutti assieme tra le
fauci della punizione che vi è stata minacciata, ossia tra quelle fauci
micidiali alle quali voi non sfuggirete, o questa parete di pietra vi
seppellirà per sempre!»
12. E
vedi, allora Meduhed si prostrò a terra e ad altissima voce implorò
misericordia e grazia. – Allora Set, le cui
parole provenivano sempre da Me, a questa supplica fu ancora più pervaso dal
Mio Amore e si lasciò intenerire dalla voce lamentosa di Meduhed, e disse:
13. «Meduhed, a te soltanto è concesso volgere il
tuo sguardo in alto verso di me, nella grande vicinanza di Dio, poiché
distogliesti i tuoi fratelli da grave e temeraria perfidia innanzi agli occhi
onniveggenti di Dio; perciò tu solo saprai dove e chi è questa iena rapace.
Ecco, questo animale è simile a mille iene ed è rimasto giù nella pianura, alla
testa, appuntita come la lingua del serpente, della banda di Tatahar. E si
chiama Lamec!
14. Ma che nessuno di voi si azzardi a mettere
la mano su di lui! Guai settantasette volte a colui che si inducesse a
toccarlo, poiché un tale, così facendo, precorrerebbe i tempi di Dio; ciò però
sarebbe la cosa più terribile, perché egli distruggerebbe il legame del divino
Amore e si scioglierebbe la larga, incommensurabile, cinta dei più aspri
giudizi della Divinità, la Quale farebbe precipitare immense colonne di fuoco
sopra tutta la Terra e così distruggerebbe tutto il mondo nel fuoco. E ora
alzati assieme alla tua compagnia, e ritornatevene in pace al vostro paese. E i
vostri sguardi non siano rivolti verso Hanoch, ma a voi stessi e a Dio, il
Quale è un fedele Salvatore di coloro che guardano sempre a Lui, tanto nel
tempo della gioia quanto in quello della miseria. Amen!»
15. E
vedi, in quel momento Set divenne risplendente; ed essi, terrorizzati,
fuggirono all’impazzata dalla sua vista e raggiunsero la pianura ancor prima
del tramonto e si trovarono già alle loro dimore verso mezzanotte, nonostante
queste fossero distanti dalle montagne dieci ore di cammino.
[indice]
L’espatrio
sotto la guida di Meduhed
1. E
vedi, prima di separarsi, quando furono giunti sul suolo patrio, Meduhed indirizzò loro ancora brevi parole, dicendo:
“Fratelli, prestate bene attenzione, perché quello che ora vi dirò è della
massima importanza. Voi avete visto l’uomo sulla prominenza dell’erta rupe
nell’alta montagna e avete udito il rimbombo della sua voce poderosa, e infine,
avete osservato pure come è rimasto avvolto da una luce abbagliante, tanto che
fummo sopraffatti dal terrore e dall’angoscia, e spronati da terribile spavento
ci demmo ad una precipitosa fuga, giungendo finalmente qui, sul nostro suolo
natio, che ben conosciamo.
2.
Voi lo avete udito anche accennare a colui che ci è ben noto e che equivale a
mille iene, ed avete udito pure il suo ammonimento che prospettava una vendetta
settantasette volte maggiore e voi tutti avete inteso, alla fine, le sue parole
che minacciavano l’inaudita punizione con colonne di fuoco.
3. Ma
ora giudicate voi stessi cosa si possa fare, date simili circostanze! Se noi lo
lasciamo vivere, egli farà ben presto di noi quello che senza alcuno scrupolo
ha fatto dei suoi fratelli. Ma se, d’altro canto, facciamo scendere sul suo
capo la giusta vendetta, questa poi si ritorcerà in modo settantasette volte
maggiore contro di noi, mediante il fuoco dall’Alto. Così, noi ora ci troviamo
presi tra due pericoli di morte: – che noi facciamo l’una cosa oppure l’altra,
ci attenderà in ogni caso una morte sicura. Di conseguenza il mio consiglio
sarebbe questo:
4.
Questo segreto, che è orrendo perché è un segreto di morte, teniamocelo
nascosto, ben sepolto nelle profondità delle nostre anime. Invece, prendiamo
con noi le nostre donne e i nostri figli, e con essi abbandoniamo subito questa
terra nefanda, in perfetto silenzio e a notte profonda. E spingiamoci là, verso
il Mattino, dove spesso abbiamo osservato un terreno collinoso ed
oltrepassiamolo. Allora si vedrà se c’è ancora un altro paese oltre a questo
che ormai è macchiato dal delitto. E anche se vi dovessero essere i confini del
mondo, io credo che sia sempre meglio vivere là in pace, e addormentarvisi
nella vecchiaia, piuttosto che rimanere qui nella perpetua inquietudine, per
finire o con l’abbeverare la terra del nostro stesso sangue, oppure con il
restare inceneriti.
5.
Del resto, anche il gigante sulla sporgenza della rupe parlò in questo senso: ‘Ma non siano i vostri sguardi rivolti verso
Hanoch, ma a voi stessi e a Dio, il Quale è un fedele Salvatore di coloro che
guardano sempre a Lui, tanto nel tempo della gioia, quanto in quello della
miseria!’. Ebbene, nel nostro caso mi sembra che la miseria abbia ora
certamente raggiunto il suo vertice massimo.
6.
Quindi, o fratelli, che ardete di giustizia come me, confidate nel Dio che il
grande della montagna ci ha fatto ricordare con le sue roventi parole, e così
facciamo oggi quanto vi ho appena proposto, piuttosto che domani, dato che
domani potrebbe forse essere troppo tardi. Coraggio, dunque, confidiamo in Dio
e già domani saluteremo il Sole là, su quei colli lontani! Affrettatevi perciò,
e conducete i vostri di casa e le vostre cose, ovvero frutta e animali, ed
entro tremila istanti ritroviamoci qui ben provvisti di clave. Amen!»
7. E
vedi, la schiera rispose: «Amen!», e in due ore
tutti furono pronti per la partenza, che era stata prevista all’incirca intorno
alla seconda ora dopo la mezzanotte. E quando Meduhed ebbe contati tutti i
padri di famiglia ed ebbe verificato che c’erano tutti, ringraziò Dio e fuggì
alla testa di questa stessa schiera, molto grande, che lo seguiva e che era
composta da diecimila uomini e ventimila donne, assieme ad una moltitudine
altrettanto grande di cammelli e di asini di grande taglia.
8.
Quando si levò il Sole essi avevano già da lungo tempo raggiunto il lontano
terreno collinoso, ciò che sicuramente non sarebbe potuto avvenire senza il Mio
particolare Aiuto, considerato che quelle colline distavano trenta ore di
cammino in linea retta.
9. Là
essi pascolarono per due ore i loro animali, sostarono e mangiarono della
frutta che avevano portato con sé e, dietro esortazione di Meduhed,
ringraziarono Dio per una tale meravigliosa salvezza. Meduhed, però, incitato
dallo spirito, se ne andò un po’ oltre, accompagnato da dieci uomini, e alla
loro presenza si prostrò faccia a terra e si accese per Dio; e, nella luce di
questo suo slancio d’amore, scorse molto male nel suo cuore, per cui scoppiò in
pianto e in lamenti, provando pentimento per i suoi gravi peccati.
10. E
poiché Io vidi la serietà dei suoi sentimenti nei Miei riguardi, Io impressi nel suo cuore, a caratteri di fuoco,
chiari e leggibilissimi, le seguenti parole: «Meduhed, alzati al cospetto della Mia
grande Misericordia! Tu ormai sei salvo assieme a tutti coloro che, mossi dalle
tue cure d’amore, ti hanno seguito fin qui. Ma qui non potete sostare, né tanto
meno stabilirvi, bensì mettiti in marcia verso il luogo dove vedi che questa
stretta valle si prolunga verso il Mattino con il fiumicello che scorre al suo
interno, con tutta la tua schiera per la durata di settanta giorni; e quando
poi tu giungerai dinanzi ad un’acqua immensa che si estenderà a perdita
d’occhio, là fa’ pure una sosta di altri settanta giorni. E come oggi, vieni a
Me nel tuo cuore, ed Io ti indicherò la via da percorrere sulle acque, fino a
raggiungere un grande paese lontano, dove senza spargimenti di sangue potrete
starvene al sicuro da qualsiasi persecuzione da parte delle crudeltà di Lamec,
il fratricida. E quando avrete fame, mangiate pure tutti i frutti che troverete
in grande quantità nel vostro cammino. E bevete della buona acqua del fiume, il
quale vi sarà di guida fino alle grandi acque. E come oggi, ricordatevi voi
tutti del vostro Dio, grande e sublime oltre ad ogni altro essere. E pensate
che Io, sulla Terra, ho un popolo per il quale sono un Padre santo e oltre ogni
dire colmo d’Amore!
11. E pensate anche
che «quando la Terra scorreva come una goccia di rugiada dal Mio grande Cuore di
Padre, e il Sole, che vedete lassù, sgorgava come una lacrima della
misericordia dai Miei Occhi onniveggenti, oh, allora voi pure eravate ancora
Miei figli! Dunque, tramite l’amore, o piccola schiera, cerca, di diventare
quello che eri una volta, quando là il Sole immenso ardeva nella Mia grazia,
prima ancora che la Terra diventasse dimora di una razza fornicatrice!». E ora
mettetevi in cammino e procedete nel Mio Nome! Amen!»
12. E
vedi, allora Meduhed annunciò alla grande schiera ad alta voce queste Mie
stesse parole e fu profondamente commosso e per mezzo di lui tutta la sua
gente. Ed egli si alzò sollecitamente ed agì esattamente secondo la Mia Volontà
rivelata.
13. E
vedi ora, Meduhed dopo settanta giorni raggiunse la riva predestinata di quel
grande mare della Terra che voi oggigiorno chiamate “Oceano Pacifico”. Questo
presso le rive presentava un colore giallognolo. In parte, però, nei punti più
profondi e per lunghi tratti, tale oceano aveva una lucentezza perfettamente
azzurra dovuta alla mescolanza dei colori del fondo, abbondante di sale di
rame, e dei raggi solari che vi si rifrangevano. Egli si accampò in quel luogo
con le sue schiere, proprio lungo le rive dell’oceano, in una regione provvista
in abbondanza di frutta eccellente. Tale era, appunto, il luogo in cui Io avevo
voluto condurlo.
14. E
poiché Meduhed e così pure tutti coloro che lo avevano seguito ebbe la conferma
del fatto che Io ero una buona Guida, egli, pieno di gratitudine, si gettò
faccia a terra dinanzi alle schiere, e Mi ringraziò dal più profondo del suo
cuore. E gli altri, chi più e chi meno ma comunque tutti quanti, seguirono il
suo buon esempio, cosa questa di cui Io provai compiacimento.
15. E
vedi, quando Meduhed ebbe così compiuto il suo ringraziamento, con il cuore
traboccante di commozione per la Mia grande Grazia, egli si rialzò e,
contemplando le schiere ancora prostrate e che rendevano grazie, cominciò a
piangere di gioia per la Mia immensa Misericordia, che aveva salvato la vita a
così tante creature e che aveva ridonato, a coloro che avevano vissuto nella
dura ed aspra servitù per così tanto tempo, la libertà preziosa come l’oro ed
un soggiorno di pace tanto ricco e anche tanto sicuro sotto la Mia alta
Protezione.
16. E
quando poco appresso anche le schiere, rafforzate e lietissime, si furono
rialzate, Meduhed salì su un piccolo rialzo del
terreno, alto circa sette tese, o per meglio precisare sette altezze d’uomo
sopra il livello della vasta pianura, e di là indirizzò a tutti un ampio
discorso; e le parole gli venivano poste nel cuore dall’Alto, tanto che egli
stesso non proferì né una parola di più né una di meno rispetto a quanto gli
veniva esattamente ispirato, e divenne dunque un vero predicatore, nel Mio
Nome, alle schiere bisognose di luce e di amore. Le parole del suo ampio e
lungo discorso furono le seguenti:
17.
«Fratelli, rivolgete qui a me i vostri sguardi, ed aprite del tutto gli orecchi
e il cuore per intendere le parole che io, per interiore comandamento di Dio,
annuncerò a voi tutti. Poiché esse sono di estrema importanza!
18.
Ascoltate: “Dio, l’Altissimo, ci ha miracolosamente liberati dalle mani
assassine di Lamec, e ci ha fedelmente guidati qui, fino ai limiti del mondo,
sani e salvi, dove voi tutti potete vedere dove finisce la Terra e dove
incominciano le grandi acque. Vedete, il paese è tanto incantevole e splendido
come se fosse disceso dall’alto dei Cieli sulla Terra. E certamente, per
ciascuno di noi, sarebbe una gioia grande se si potesse o se fosse lecito prendervi
stabile dimora. Ma tale non è la Volontà dalle altezze di Dio; per cui ci è
concesso rimanere qui solo settanta giorni, dato che alla fine di tale periodo
un crudele esercito di Lamec, con alla testa Tatahar, riuscirà a rintracciarci.
E guai allora a chiunque cadesse tra le sue mani terribili, giacché egli lo
sbranerebbe, come fa la tigre che ha azzannato un agnello!
19.
Per questa ragione il Signore, nella Sua immensa Grazia, mi ha indicato un
luogo dove dovremo recarci, e dove troveremo pronti degli attrezzi simili a
quelli che sono già stati donati ai Suoi grandi figli che dimorano sulle grandi
alture della Terra. Da ciò possiamo anche noi riconoscere che Egli vuole essere
pure il nostro Padre e lo sarà, se noi volonterosamente ci rimetteremo nel Suo
sconfinato Amore, il Quale ha avuto per noi cure tanto preziose che neppure il
migliore cuore paterno ha mai avuto ancora per i propri figli, perfino offrendo
di tutto nella massima abbondanza.
20.
Poi dovremo prendere quegli arnesi e adoperarli per abbattere degli alberi
sottili, per liberarli dalla corteccia e da tutti i rami. Occorrerà quindi
squadrarli in modo che le quattro superfici divengano piane come quella di
acqua tranquilla; e di questi medesimi tronchi, della specie più bella e
migliore, con poco fogliame, ne dovranno essere preparati a dovere diecimila
pezzi. Ciascuno di questi tronchi, così ben lavorati, dovrà misurare in
lunghezza dieci altezze d’uomo e in larghezza un passo d’uomo. Subito dopo la
realizzazione di una serie di trenta tronchi, si dovrà raggruppare a sé
quest’ultima, saldando i pezzi fortemente l’uno con l’altro mediante chiodi che
troveremo in grande quantità tra gli attrezzi da lavoro. E quando questo stesso
pavimento sarà approntato, dovranno essere collocati ai margini dello stesso e
congiunti solidamente tre tronchi, l’uno sopra l’altro nel senso della
lunghezza del pavimento e due, l’uno sopra l’altro, nel senso della larghezza.
Infine, la superficie interna occorrerà ricoprirla di uno strato di resina e di
pece prese dagli alberi, che nel frattempo dovranno essere raccolte in grande
quantità dalle donne e dai fanciulli.
21. E
queste nuove costruzioni dobbiamo erigerle lungo le rive. L’ultimo giorno, a
lavoro compiuto, noi dovremo ancora fissare dappertutto, in ciascun angolo di
ogni costruzione, un ramo ben grande e provvisto di bel fogliame verde, a
simboleggiare la vittoria riportata tramite l’immensa Grazia provenutaci
dall’Alto. Per quello che poi sarà ulteriormente da fare, attendiamo che ci
venga annunciato l’ultimo giorno, secondo la grande promessa che mi fu fatta
quando i nostri occhi erano ancora rivolti alla città di Hanoch, fra grande
angoscia e spavento. Dunque, procediamo tutti uniti come fratelli, dato che non
abbiamo più nessun principe cui dover corrispondere un tributo, cosa questa che
grida vendetta al Cielo, all’infuori del nostro grande Dio, il Quale è Signore
di ogni potenza e forza, infinito fin dalle eternità, e che è pure un Signore
possente e giusto quanto mai sopra tutti i signori in qualsiasi luogo essi
siano, sopra tutta la Terra, ora, e in tutti i futuri tempi dei tempi, se essi
si sono macchiati di scelleratezze e dell’assassinio dei propri fratelli. Al
nostro Dio, il Quale vuole esserci Padre, noi stessi dobbiamo amore ed
incondizionata obbedienza; chi volesse opporsi a ciò non sarà punito dai suoi
fratelli né con la sferza, né con verghe, ma Dio stesso lo punirà attraverso la
privazione della Sua Grazia”
22.
Ora voi sapete, intanto, tutto ciò che il tempo presente richiede; perciò
adesso radunatevi e ristoratevi con ogni cibo e bevanda, ringraziate il Signore
e poi affrettatevi a dare inizio alla grande opera che ci è stata comandata.
Amen!»
[indice]
Il cantico
della vita ricevuto da Meduhed
1. E
vedi, quando Meduhed terminò questo discorso, tutti si prostrarono sulle loro
facce in adorazione dinanzi a Dio, e Lo ringraziarono e Lo lodarono dal
profondo dei loro cuori per un’ora. Poi si rialzarono tutti lieti e guidati
dallo Spirito della Grazia si inoltrarono alquanto verso l’entroterra. Là
trovarono in una grotta una grande quantità di attrezzi d’ogni specie, come
zappe, asce, scuri, pialle, ogni tipo di coltelli, seghe, martelli, succhielli,
squadre, accette per abbattere alberi e milioni di chiodi doppi da ribattitura.
E vedi, allora la loro contentezza non ebbe più limiti tanto che si misero a
balzare dalla gioia e proruppero in grida di giubilo per la Mia grazia che
appariva loro tanto inconcepibilmente grande.
2. (nota bene: - Vedete, ciò che Io qui vi dono, è
più di questi strumenti, ciò nonostante tra di voi non si è trovato ancora
nessuno che nella massima allegria del proprio cuore Mi abbia ringraziato nel
modo adeguato. Prendete ben nota di ciò, o voi apatici veneratori del Mio Nome
e buongustai della Mia Parola, e spalancate bene le porte dell’amore che è la
nuova Città santa dimorante nei vostri cuori. Ciò avvenga affinché Io vi possa
mandare i Miei angeli, i quali ne dovranno innanzitutto purificare là le
piazze, le vie e i più riposti angoli, come pure tutte le sue annesse dimore.
Tutto questo deve avvenire affinché Io possa fare il Mio adeguato ingresso in
tale Città; e, contestualmente, tutto ciò è anche richiesto affinché voi
stessi, allora, possiate affrettarvi all’incontro con Me, acclamando tra la
massima esultanza: « Osanna nel più alto dei Cieli e pace a tutti i popoli di
buona volontà; lodato sia il Signore il Quale viene a noi montato su di
un’asinella. Alleluia al Figlio di Davide, Alleluia al Principe della pace,
Alleluia a Colui che viene nel Nome del Signore Dio-Zebaot: Egli soltanto è
degno di tutta la nostra lode e di ogni gloria ed onore, Egli è l’unico Padre
santo dei nostri cuori. Amen!»).
3. E
ora proseguiamo! Vedi, allora essi presero tutti gli strumenti, assieme ai
chiodi e li portarono alla riva; poi si ristorarono con cibo e bevande e si
riposarono. Il giorno seguente si accinsero al lavoro con il cuore traboccante
di gratitudine, lodandoMi anche quando sbagliavano a colpire. Perciò il loro
lavoro procedette con tanta sollecitudine e precisione da essere considerato
piuttosto un miracolo che non propriamente un lavoro. E così, dopo quattordici
giorni, ben duecentocinquanta cassoni si trovarono bell’e pronti sulle rive,
fissati con delle corde, affinché non fossero trascinati via dal flusso e dal
riflusso della marea oceanica.
4. Ed
ecco, dopo il lavoro fedelmente compiuto, rimasero loro ancora circa cinquanta
giorni per riposarsi completamente, e durante tale tempo, tramite Meduhed che
si era veramente accresciuto nella devozione e nell’amore, Io inculcai
gradatamente a tutta quella gente una sempre migliore conoscenza di Me stesso.
Prescrissi loro pure un giorno di Sabato, nel quale, riposando nel Mio Amore,
avrebbero potuto astenersi in letizia da qualsiasi lavoro, dedicando, in tutta
questa pace, l’intera giornata a Me. E se così avessero continuato ad operare,
con costanza, sarebbero infine diventati tutti saggi, proprio alla stessa
stregua di come lo era stato Farac e ora lo era divenuto Meduhed. Anzi, Io
sarei diventato anche per loro un Buon Padre, se si fossero sforzati non
soltanto di diventare devoti nell’alta venerazione e nella conoscenza pura del
Mio Nome, ma lo sarei stato ancora di più se avessero cominciato ad amarMi con
tutta l’umiltà dei loro cuori e fossero cresciuti in questo amore, e la morte
sarebbe stata loro tolta di nuovo, ed essi sarebbero stati successivamente
accolti come figli nel vasto grembo del divino Amore, fino ad un determinato
Tempo dei tempi della Terra, dopo il quale sarebbero tutti quanti venuti al
grande Padre ed avrebbero contemplato eternamente il Suo volto, ed avrebbero
potuto saziarsi alle fonti ricche e inesauribili del Mio Amore.
5. E
vedi, tutte queste cose essi le appresero per bocca di Meduhed, e giubilavano
enormemente e si accalcavano intorno a Meduhed, ed erano desiderosissimi di
sentire ogni giorno qualcosa sul Mio conto. E nel Cielo tutto questo era motivo
di gioia per Me e per tutti gli angeli della Prima Creazione.
6. E
così, per mezzo di Meduhed, Io insegnai loro pure a fissare e a conservare le
parole mediante dei segni; e i segni erano delle immagini corrispondenti dietro
al cui velo naturale si celava un senso spirituale. E così, dunque, in questo
breve lasso di tempo essi impararono anche a scrivere e a leggere.
7. Ed
ecco, in questo modo Io Mi formai in poco tempo un popolo che esiste ancora al
giorno d’oggi per discendenza diretta; dove esso risieda, però, sarà detto
soltanto più tardi! Quando essi, poi, furono così ben preparati e disposti, Io
dettai loro, per mezzo di Meduhed, un cantico colmo di nascosta Sapienza e
Amore, il quale già allora fu fissato con segni. Il quale esiste ancora oggi,
ma dove, però, lo vedremo pure più tardi! E il cantico suonava così:
8.
«O tardi figli della Grazia Mia, voi tutti udite,
udite, come Io al gran banchetto tutti invito,
qui nel mezzo Mio, tutti con cuor fedel venite,
il Nome Mio com’è d’uso in allegrezza esultate
che Meduhed, devoto e fedele, v’ha insegnato,
quel primo che nel cuor Me ha bramato.
9.
Guardate tutti al suo esempio, al suo puro buon senso,
mirate i suoi occhi, bocca e orecchi e, del mento,
la dolce barba bianca come segno di espressione pia e sapiente.
Vedete: in tutto questo dovete somigliare a lui interamente,
se più tardi vorrete diventar figli Miei, fedeli e prediletti,
liberi del tutto da ogni maligna piaga delle milizie del serpente.
10.
Ecco, presto la Terra monderò dagli orrori,
inutilmente dietro al Mio amore andranno i peccatori!
Ma se voi nel cuor rimarrete pii e fedelmente,
Io i Miei flutti vi spingerò dinanzi indulgente,
ben su regioni superiori della Terra vi nasconderò,
quando la Mia ira dai severi lacci scioglierò.
11.
Ecco, allora ogni stirpe sulla Terra si lamenterà!
Udite: allora ogni riso di scherno dei grandi cesserà,
e gli alti flutti delle acque sopra i monti scrosciando
del Mio Amore pochi figli nani porteranno!
Questi son diventati piccoli come i figli d’un moschino,
poiché l’amor divenne zoppicante, e su una gruccia si pose in cammino.
12.
Mirate in su agli spazi dei Miei Cieli risplendenti,
mirate le Mie stelle, della Grazia Mia raggianti,
mirate come il Sole silenzioso i campi della Terra rende radiosi,
mirate la Luna accompagnar la Terra silenziosa,
mirate come tutti i mondi al Mio volere ubbidiscono cheti:
dunque, anche voi tutti ogni vostra opera fatela sempre quieti!
13.
Volete sapere cosa sono queste stelle per le creature?
Udite ciò che dico: “L’amor precisamente scioglierà il quesito!”
Quando l’amore nel cuore sarà puro e senza macchia,
Io vi darò il lume della Grazia Mia per luminare;
allora ciascuno facilmente in chiari tratti di fiamma leggerà
l’immensa scritta del Nome di Dio senza falsità!
14.
O tu, cuore piccolino, nell’angusto petto chiuso,
se conoscessi la Sorgente dalla quale così grande sei disceso.
Oh, tu mai alle masse morte chiederesti,
sì, del tutto incurante, fluttuar le lasceresti,
giacché tutte queste son futil cose al Creatore,
meschine al paragon d’un cuore che
a Lui rivolge amore.
15.
Quel che voi, deboli umani figli, spesso esser grande immaginate,
oh, quanto piccolo invece vien dal Mio Amor menzionato!
Oh, quanto son nulle le cose negli spazi senza fine,
come quegli uomini i cui cuori non germogliano dall’amore.
Perciò niente di grande ritenete, oltre che la fedeltà al Mio Amore,
e ciò che più gli si avvicina: il vero pentimento del peccatore!
16.
Grande sono Io solo, per mezzo del Mio Amor l’operar possente,
essendo uno Spirito libero che al patto si mantiene saldo.
Ma i Miei soli che su orbite a voi del tutto sconosciute stanno,
essi, e come tutto, vi esortano solo nella vostra debolezza.
Ma cosa sono essi della Mia Divinità nell’infinita grande pienezza?
Nient’altro che di un acaro la lieve logora spoglia caduta.
17.
Se pur nel mezzo ai mondi tutti arrampicar vi potreste,
ed ascoltar le voci del rapido volo d’ogni sfera,
là d’ogni sole la forza della luce più splendente ponderare,
e le più grandi opere della Mia Onnipotenza tutte afferrare,
poi, al Mio grande Amore ben vi avvicinereste?
No, dico Io! In ogni dubbio anche rimarreste!
18.
Se lassù poteste anche guidare il gran carro del cielo,
e come grandi spiriti, tutte le stelle rincorrere veloci,
se anche poteste alitar dalla bocca vostra luminosi soli,
anzi, al par dei Miei, immergerli nei flutti del mare,
allora tutta la forza vostra, paragonata ben alla Mia,
nient’altro sarebbe che sabbia e polvere di argilla e pietra antica.
19.
Mirate dritti ai nastri blu del cielo,
mirate alle onde anche oltre il lontano limite del mare.
CredeteMi, Io ve lo dico: “Lì non ci son confini!”
laddove di giorno il Sole, e di notte miriadi di stelle splendono,
e la pienezza del gran mare non è da comparare
a nessuna goccia in quelle stelle dei più piccoli reami.