Rivelazioni

nel 1847 al mistico e profeta

Jakob lorber

Dodici scene di dodici personaggi per presentare il momento del passaggio nell’aldilà. Cosa succede al momento della morte? E subito dopo?

 

Oltre la soglia

 

Traduzione dall’originale tedesco “Jenseits der Schwelle”

Opera dettata dal Signore nel 1847 al mistico e profeta Jakob Lorber

Traduzione dalla 7a edizione tedesca 1990

Traduzione di Colombo Maria / Revisione di Liebert Hildegard

Il testo in PDF può essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it 

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Questa edizione in *.html è a cura del gruppo: “Amici della nuova Luce

ISBN 978-88-95947-09-9

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Indice

 Introduzione  (del Signore)

 

(27.07.1847)

 1° scena

un uomo famoso

(28.07.1847)

 2° scena

uno studioso

(2.08.1847)

 3° scena

un ricco

(3.08.1847)

 4° scena

un bellimbusto

(5.08.1847)

 5° scena

una ballerina maniaca della moda

(6.08.1847)

 6° scena

un generale

(10.08.1847)

 7° scena

un papa

(11.08.1847)

 8° scena

un ministro

(12.08.1847)

 9° scena

“il vescovo Martino”

(13.08.1847) + 204 cap

 10° scena

un povero

(16.10.1848)

 11° scena

“Robert Blum”

(27.11.1848) + 302 cap

 12° scena:

Un trapassato 

(18.02.1861)

(25.02.1861)

(4.03.1861)

 Appendice

Il rivedersi nel grande aldilà

(31.05.1852)

 

 

 

Introduzione alle successive scene di trapasso

27 luglio 1847

(dettato del Signore):

1. Il fratello ‘A. H. W.’ vorrebbe sapere come si configura il passaggio dalla vita materiale a quella spirituale o cosiddetta ‘vita ultraterrena’, particolarmente tra i considerati grandi del mondo.

*

2. Questo passaggio è molto facile e del tutto naturale da descrivere.

3. Vedi, che differenza fa l’acqua se vi cade dentro un grand’uomo, oppure un uomo povero e non considerato? Ascolta, tutt’e due annegano nello stesso identico modo! Oppure: quale differenza fa il fuoco? Ascolta, esso consuma sia l’imperatore che il mendicante!

4. Se un mendicante e un ministro o un imperatore cadessero nel medesimo tempo da una torre, sia l’uno che l’altro per la precipitosa caduta, vedi, entrambi troverebbero la morte.

5. Pertanto: “Quale differenza fa in una tomba, fra un ‘grande’ e un cosiddetto ‘piccolo’? Fra un ricco e un povero? Fra uno bello e uno brutto? Oppure tra un giovane e un vecchio? Vedi, proprio nessuna! Tutto imputridisce e diventa escremento dei vermi e infine infima polvere.

6. Ma come avviene al corpo nel regno delle cosiddette forze naturali, altrettanto avviene anche all’anima nel regno degli spiriti. Che essa nel mondo fosse mendicante o un imperatore, ciò nel regno spirituale è perfettamente lo stesso. A nessuno si cucina un menu speciale, per non nutrire la presunzione di nessuno; affinché il grande non venga più accecato dalla propria grandezza, il povero non venga più accecato dalla pretesa al regno dei Cieli – per aver sofferto molto la miseria nel mondo – e il pio non più dal suo “merito per il regno dei Cieli”. Ma, come ho già detto parecchie volte, di là – comprendetelo bene! – di là non vale nient’altro se non solamente il puro amore.

7. Tutto il resto invece è come le pietre gettate nel mare, ove il diamante e la più comune pietra arenaria affondano ugualmente nell’eterno fango maleodorante. È vero che in se stessi rimangono ciò che sono, e ciò che erano fuori dal mare, ma il destino di entrambi è uguale, tutt’al più con la differenza che la pietra arenaria viene disgregata prima del diamante.

8. Così è anche nell’aldilà riguardo alla nobiltà di questo mondo o alla piccolezza di questo mondo. Queste nel fango marino dell’inesorabile eternità si reputeranno sì ancora a lungo nella loro immaginazione ciò che erano nel mondo. L’imperatore si reputerà là ancora imperatore e il mendicante, mendicante, con la pretesa di indennizzo. Ma ciononostante entrambi nella grande realtà condivideranno insieme un uguale destino nel fango marino dell’eternità. Solamente, che il povero potrebbe arrivare prima alla fermentazione – e perciò il suo essere potrebbe essere riempito anche prima dalle vere interiori bollicine di umiltà, che lo tirerebbero poi fuori dal fango e lo porterebbero su all’eterna Luce e Vita – che un imperatore o un qualsiasi altro grande nel mondo.

9. Secondo questo modello o secondo questa regola cardinale, potete valutare esattamente il trapasso di qualunque persona. Attenetevi perciò all’amore, per non aver parte un giorno al destino generale! Amen! Amen! Amen!

 

*  *  *

Un’indicazione per il lettore

 

Mentre Lorber scriveva sotto dettatura le scene di trapasso che seguono, incalzato da un suo amico a capire meglio di cosa si sarebbe trattato successivamente, ricevette un ulteriore messaggio, che qui viene riportato:

«... Il fatto che certe scene saranno riportate qui in parole ed immagini così come si svolgono realmente nel mondo spirituale, è per dare al lettore di questa rivelazione la prova evidente di questo: che l’uomo, dopo aver deposto il proprio corpo terreno, rimane interamente lo stesso uomo con pelle e capelli, col suo linguaggio, con le sue opinioni, abitudini, usanze, consuetudini, inclinazioni e passioni. La stessa cosa vale per le azioni che ne derivano come avvenivano nel mondo, nella sua vita nel corpo. Tutto questo fino a quando egli non ha raggiunto la completa rinascita nello spirito. Perciò questo stato dopo il trapasso si chiama “spiritualità naturale”, mentre uno spirito rinato completamente si troverà nello stato della “spiritualità pura”. Invece, le sembianze del luogo in cui si ritrova, è sempre la trasposizione di come gli spiriti sono costituiti essenzialmente nel loro interiore...».

 

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Prima scena

Un uomo famoso

 

Descrizione: Descrizione: famoso.jpg

28 luglio 1847

1. Andiamo al capezzale di un grande uomo del mondo estremamente famoso – e precisamente alcune ore prima del suo ingresso nell’eternità – e qui con uno sguardo osserviamo il suo comportamento da questa parte e il suo ingresso nell’aldilà, e come qui i due mondi si incontrano e si sovrappongono l’un l’altro. Vi si mostrerà allora subito, chiaro come il Sole, quanto la precedente regola cardinale rappresenti questa cosa interamente ed in pienissima verità.

2. Vedete, le opere e le azioni di quest’uomo nel mondo furono di un genere tale e vennero compiute su un terreno tale, da cui l’eco risonante percorse di solito tutta la Terra come una sibilante meteora, da attirare su di sé gli occhi di tutti gli uomini, ed a causa della forte risonanza del terreno furono sentite in tutti i punti della Terra e se ne discusse e scrisse moltissimo pro e contro, e precisamente su tanta carta che se ne sarebbe potuta ricoprire l’Europa intera. E ora questo grande uomo, questo filantropo, questo in apparenza caloroso difensore degli interessi politici ed ecclesiastici della sua nazione, giace steso nel suo giaciglio pieno di disperazione e di paura per la sopraggiunta ultima ora, di sfuggire alla quale non si evidenzia più per lui neanche la più piccola speranza.

3. In una specie di cupa, dolorosissima confusione, egli – segretamente un ateo – ora vede l’eterno annientamento del suo essere, ora sente di nuovo i presunti dolori della decomposizione, ragion per cui esige per testamento l’imbalsamazione – ed affinché non si svegli più nella tomba, il cuore e le viscere devono essere separati dal suo corpo; ed affinché a queste parti separate il tempo non diventi troppo terribilmente lungo, esse devono essere collocate in luoghi tali che non siano visitate troppo raramente dagli uomini.

4. Ma in mezzo a tali pensieri distruttivi si mischia anche il cattolicesimo con le sue severe minacce dell’inferno, delle quali l’uomo ovviamente aveva riso tra sé, fino a quando s’immaginava di vivere ancora cent’anni. Invece ora queste minacce ritornano come furie facilmente scappate e tormentano orribilmente l’animo del nostro morente, consapevole di parecchie gravi colpe, e né la comunione, né l’unzione, né le ininterrotte preghiere e le molte messe ed il forte scampanio riescono a placare il suo animo. L’anima sua vede solo salire contro di lui sempre più spaventosa ed eterna la fiamma della bolgia.

5. Allora tutta la sua precedente virilità si dilegua e tutta la sua filosofia va in rovina, e il suo cuore che sta per spezzarsi già affonda nella notte della morte che s’infittisce sempre di più. E l’anima, stretta in ogni parte dalla massima paura, negli ultimi respiri cerca ancora un barlume di consolazione nei solchi già morenti del cuore, che una volta aveva così tanto coraggio terreno. Ma là è tutto vuoto, ed invece della consolazione l’ossessiona dappertutto la visione dell’eterno annientamento, oppure l’inferno con tutti i suoi terrori.

6. Così si presentano le cose al di qua. Ma ora diamo anche uno sguardo nell’aldilà.

*

7. Vedi, tre angeli di aspetto uguale, celati, stanno al corrispondente letto del nostro morente, ed osservano il nostro uomo senza distogliere lo sguardo.

8. Ora A dice a B: “Fratello, ritengo che per costui, terrenamente, il viaggio sia compiuto. Su questa siepe di spini, certo terrenamente, non appariranno più grappoli d’uva. Vedi come la sua anima si piega e si contorce e non trova via d’uscita, e quanto intristito appare in essa il povero spirito! Perciò poni tu la tua mano nelle viscere già irrigidite, e togli quest’anima tanto pietosamente misera dalla sua notte, ed io, nel Nome del Signore, le soffierò sopra e la risveglierò per questo mondo. E tu, fratello C, conducila poi per le vie del Signore sul luogo della sua destinazione secondo la libertà del suo amore. Avvenga!”

9. Ora l’angelo B tocca le viscere del nostro uomo e dice: “Nel nome del Signore, destati e diventa libero, fratello, secondo il tuo amore. Sia!”

10. Ora da questa parte l’involucro mortale cade nella polvere; nell’aldilà invece si alza un’anima cieca!

11. Ma l’angelo A si avvicina e dice: “Fratello, perché sei cieco?”. – E il nuovo risvegliato dice: “Sono cieco! Rendetemi vedente, se potete, affinché sappia che cosa mi sia successo, dato che ora tutto d’un tratto tutti i dolori mi hanno lasciato!”

12. Allora A soffia sugli occhi del risvegliato e il risvegliato li apre, e si guarda attorno tutto stupito e non vede nessuno oltre l’angelo C; e gli domanda: “Chi sei tu? E dove sono? E che cosa mi è successo?”

13. Risponde l’angelo: “Sono un messaggero di Dio, del Signore Gesù Cristo, destinato a condurti, se vuoi, per le vie del Signore. Ora però tu, in eterno, sei morto corporalmente per il mondo esterno materiale, e ti trovi ora nel mondo degli spiriti.

14. Qui ti stanno aperte due strade: la via per il Signore nei Cieli, oppure la via per il dominio dell’inferno. Dipende ora completamente da te come vorrai camminare.

15. Poiché vedi, qui tu sei perfettamente libero e puoi fare ciò che vuoi. Se vuoi lasciarti guidare da me e seguirmi, farai bene. Ma se preferirai disporre di te stesso, anche in questo sei libero. Tuttavia sappi una cosa: che qui c’è un solo Dio, un solo Signore e un solo Giudice, e questi è Gesù, Colui che nel mondo fu crocifisso! Tieni solo a Lui, così giungerai alla vera Luce e alla vera Vita. Tutto il resto invece sarà inganno ed apparenza della tua propria fantasia, nella quale tu ora vivi e senti da me questo!”

16. Allora dice il risvegliato: “Questa poi è una nuova dottrina ed è contraria alla dottrina di Roma, dunque un’eresia! E tu che me la vuoi imporre qui in luogo solitario, sembri essere piuttosto un inviato dell’inferno che del Cielo; perciò allontanati da me e non mi tentare più oltre!”

17. E l’angelo C dice: “Bene! La tua libertà mi dispensa nel Nome del Signore Gesù dalla mia cura per te. Perciò ti venga la tua luce, sia!”

18. Dopodiché l’angelo C sparisce e il nuovo risvegliato entra nella sua sfera naturale, ed è così come fra i suoi conoscenti nel mondo e si ricorda ormai a mala pena di quello che gli è successo qui, e ora vive– ovviamente in forma chimerica – come nel mondo, continua a fare ciò che faceva nel mondo e si preoccupa poco sia del Cielo che dell’inferno e meno ancora di Me, il Signore. Infatti, tutti questi sono per lui tre cose vaghe e ridicole, simili al prodotto di un sogno, e chiunque gliele ricordi viene scacciato dalla sua compagnia.

19. Vedete, da questo primo esempio potete ora già rilevare in che tipo di ‘acqua’ sia caduto il nostro uomo grande e famoso. Ma gli ulteriori esempi, illumineranno la cosa ancor più chiaramente.

 

*  *  *

 

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Seconda scena

Uno studioso

 

Descrizione: Descrizione: studente.jpg

 

1. Andiamo al capezzale di uno studioso, per la conservazione della cui vita – come usate dire voi – non cresce più alcuna erba medicinale ed osserviamo questo secondo uomo famoso, come si trova nelle ultime ore ancora al di qua e come si risveglia di là e quale direzione gli dà il suo amore.

2. L’uomo che ora osserveremo, nel mondo era un filosofo e allo stesso tempo un astronomo “in ottima forma”, come voi usate dire.

3. Quest’uomo, nel suo grande zelo di esaminare e di calcolare le stelle, ha raggiunto un’età di una settantina d’anni. Ma in una sera d’inverno molto fredda, mentre stava incessantemente osservando le stelle, si è raggelato talmente che lo si era trovato quasi tutto irrigidito accanto al suo Tubus (cannocchiale). Da qui venne poi subito portato dal suo amico nel suo appartamento riscaldato e fu provveduto all’istante il miglior soccorso medico possibile. Di conseguenza, nel tempo di un paio d’ore egli fu anche ristabilito a tal punto, da poter manifestare ai suoi amici le sue cosiddette ultime volontà, che suonavano così:

4. “Nel nome dell’imperscrutabile Divinità! Dato che non si può sapere per quanto tempo ancora l’imperscrutabile destino lascerà ancora ad un uomo questa misera vita e neanche si sa che cosa gli sarà dato in cambio, così è mia volontà che voi, miei cari amici, per prima cosa, se dovessi morire – preserviate la mia salma dalla putrefazione, imbalsamandola, e in una bara di rame ben chiusa la portiate in un sepolcro dove già riposano parecchi dei miei più stimati colleghi ed in un certo senso mi aspettano. I visceri, però, che sono i primi a putrefarsi, metteteli sotto spirito in un’apposita urna e ponetela nel mio museo, in un luogo che cada subito sotto gli occhi di chiunque, affinché io continui a vivere per lo meno nel ricordo degli uomini, dato che non è pensabile che un’altra vita continui dopo la morte del corpo.

5. Per quanto riguarda il mio patrimonio, sapete comunque, amici miei, che a questo mondo uno studioso possiede raramente più di quello che gli occorre per le sue necessità quotidiane, spirituali e fisiche, e così è anche per me adesso, come lo fu sempre. Non ho mai avuto un patrimonio in denaro e perciò non posso neanche lasciarne. Ma subito dopo il mio trapasso alienate gli effetti da me lasciati e provvedete con questo a ciò che ho disposto subito all’inizio.

6. I miei tre figli ancora viventi, essendo tutti ben collocati, informateli quando non sono più, e il mio figlio maggiore, il mio prediletto, che ha scelto il mio campo di studi, dev’essere l’erede di tutti i miei libri e scritti, e deve mandare quanto prima alla stampa i miei scritti ancora inediti.

7. Con ciò siano concluse le mie volontà per questo bel mondo di stelle, che in futuro mai più guarderò né calcolerò.

8. Ah, che essere misero è dunque l’uomo! Pieno di idee elevate, pieno di speranze ultraterrene fin quando cammina ancora sano sulla Terra, ma sull’orlo della tomba esse vanno tutte dileguandosi come i sogni e i castelli in aria di un bambino, e al loro posto subentra la triste realtà, la morte quale ultimo momento della nostra esistenza e con essa l’annientamento, che non ha confini!

9. O amici, è un pensiero pesante, spaventoso, dall’essere al non essere, per colui che – come me ora – sta sull’orlo della tomba! Il mio intimo mi grida: “Tu muori! Tu adesso muori! Solo pochi minuti ancora, e su tutto il tuo essere è calata la nera notte dell’eterno, sconfinato annientamento!”. O amici, questo grido è spaventevole per colui che sta sull’orlo della tomba; con un occhio guarda ancora le care belle stelle e con l’altro l’eterna morta notte, nella quale nessuna idea soffia sulla cenere della putrefazione; nessuna consapevolezza, nessun ricordo!

10. Dove? Dove sarà soffiata questa polvere fra mille anni? Quale uragano la strapperà dalla tomba? E quale onda marina l’inghiottirà poi di nuovo? O quale altra nuova tomba?

11. O amici, porgetemi da bere, poiché ho terribilmente sete! Datemi un conforto per lenire la mia grande paura! Datemi il vino migliore, e molto, affinché ancora una volta mi ristori e m’inebri, e più facilmente aspetti la spaventosa morte.

12. O tu, terribile morte! Tu, grandissimo scandalo per il nobile umano spirito, che ha creato cose tanto splendide ed ha fatto scoperte che gli tornano a grandissimo onore! Questo spirito ora deve morire, il massimo scandalo è la sua ricompensa: la morte, l’eterno annientamento!

13. O Fato, o Divinità, avete potuto creare stelle eterne, perché non anche un uomo che non morisse? O tu, follia, quanto grande devi essere nella Divinità, che ha piacere di creare ciò che vi è di più elevato, per poi di nuovo distruggerlo in eterno, oppure per formare scandalosamente, dagli uomini, vermi e infusori!

14. Dunque, devo morire? Perché devo morire? Che cosa ho fatto? Che cosa hanno fatto milioni di persone, da dover morire? In verità, in un manicomio si sarebbe potuta statuire una norma creativa migliore che non sia questa qui mortale, messa da una Divinità che dovrebbe essere sommamente sapiente”.

15. Qui gli amici e i medici che attorniano il nostro astronomo lo invitano alla calma, che gli è necessaria se vuole guarire di nuovo, poiché non è scritto da nessuna parte che egli per questo raffreddamento, certo sì molto forte, debba ora morire, bensì invece queste forti eccitazioni dell’animo possono sul serio costargli la cara vita.

16. Questo ammonimento frutta assai poco al nostro astronomo, poiché egli si adira ancora di più e dice in un tono di massima eccitazione: “Via! Via il vostro aiuto! Via questa misera vita maledetta! Se l’uomo non può vivere in eterno, allora la vita è la più grande e la più scandalosa presa in giro, e solo la morte, il non essere, è la verità! Vergognarsi deve il saggio di una tale mostruosità di una vita che dura solo dall’oggi al domani! Io non voglio perciò neanche più vivere! Ora mi fa schifo questa miserabilissima vita mille volte più che la più misera morte; perciò datemi del veleno, il veleno più potente datemi, affinché al più presto mi liberi da questa abominevole vita! Maledetta sia una tale vita, una tale vita da moscerino ed eterno scandalo della Forza primordiale o Divinità o qualunque altro spirito di cloaca sia, che non poté o non volle dare al nobile uomo una vita che potesse misurarsi con le stelle anche per la durata! Perciò via questa vita! Via questa burla della Divinità! Se non può dare all’uomo una vita migliore di questa, di questa me ne infischio, può tenersela per Sé! Addio, miei cari amici! Io muoio! Io voglio morire! Sì, io devo morire, poiché ora, come nobilissimo spirito umano non potrei mai più sopportare lo scandalo di questa vita di beffa!”

17. Qui i medici sollecitano di nuovo il nostro astronomo alla calma. Ma egli ammutolisce e non dà più risposta. I medici gli porgono del muschio, ma egli lo getta via da sé. I medici lo pregano di voler prendere la medicina, ma egli diventa sempre più muto ed incomincia a rantolare. Lo si massaggia e si cerca di salvarlo nuovamente da questa letargia, ma è invano. Dopo un paio d’ore di tempo cessa sì il rantolo, ma al suo posto subentra un acuto delirio – così appare al mondo – nel quale l’astronomo con voce cupa e stridula asserisce quanto segue:

18. “Allora, …dove siete voi, belle stelle che tanto amai? Dunque, vi vergognate di me, che nascondete davanti a me il vostro incantevole volto? O non vi vergognate di me, perché anche a voi spetta pur la stessa sorte che ora mi ha colpito! Anche voi morirete come io ora sono morto! Ma non prendetevela per questo con il debole Creatore come me la sono presa io, poiché, vedete, Egli sicuramente aveva sì la miglior volontà, ma troppo poca sapienza e forza, ragion per cui tutte le Sue opere sono così caduche e passeggere. Certo, ovviamente avrebbe fatto meglio se non avesse mai creato qualche cosa, per cui presso di noi, Sue creature sagge, si è reso solo ridicolo; infatti, un’opera imperfetta non fa presupporre un maestro perfetto! Perciò basta prendersela con quel pasticcione di Creatore, che alla fine avrà il suo da fare a conservare Se stesso, sopra e oltre la sconfinata caducità di tutte le Sue opere.

19. O tu, povero Creatore, solo adesso lo vedo che sei un Essere proprio buono, e Tu stesso ne avresti la massima gioia se la Tua creazione Ti fosse riuscita meglio, ma: “Ultra posse nemo tenetur” (Nessuno è tenuto a fare qualcosa oltre le sue possibilità). Un birbone, chi vuol fare meglio di quello che può. Ma Tu non hai fatto meglio di come eri capace, perciò non sei neanche un Birbone!

20. O povero buon uomo Gesù, tu che hai ben dato al mondo la più saggia morale fra molteplici miracoli apparenti! Anche tu ti sei fidato troppo del tuo presunto Dio-Padre, che a causa della Sua evidente debolezza ti ha lasciato nei guai esattamente proprio quando sarebbe stato maggiormente il momento di sostenerti nel modo più vigoroso con una onnipotenza, con cui avresti potuto soffiar via i tuoi nemici come loppa! Quando pendesti al palo dello scandalo, era ben ovviamente troppo tardi per gridare: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato!?”. Poiché vedi, il tuo Dio ha dovuto abbandonarti già da molto tempo, perché per la tua conservazione, come ora per la mia, gli è venuta meno la forza! Egli fece tuttavia ciò che poté ed avrebbe volentieri fatto anche di più, ma vedi, qui vale sempre l’ultra posse nemo tenetur!

21. Ah, ma è pur ridicolo! Ora io sono morto, e tuttavia vivo, come un asino gabbato! La cosa più rara nella faccenda è che ora mi sembra proprio come se ci fosse la purissima impossibilità di poter mai morire! Ma dove sarà ruzzolata la Terra con i miei buoni amici? È vero che non vedo nulla e neanche odo nulla, eccetto me soltanto, ma intanto sono in lucidissima coscienza e la mia memoria si estende ora del tutto chiara in profondità e ampiezza fino al grembo materno ed oltre. In verità, è strano! Forse che la Divinità mi vorrebbe mostrare che può fare di più di quello che mi sono aspettato da Essa in questo mio ultimo periodo? Oppure il mio corpo vive ancora nell’ultimissimo istante dell’annientamento, e la mia attuale vita assomiglia allo splendore postumo di quei soli che si sono spenti trilioni di anni fa e continuano a vivere solo nell’emanazione della loro luce attraverso lo spazio infinito?

22. Ma per una simile vita apparente, che – per l’esattezza matematica – deve ben anch’essa durare in eterno, poiché il raggio uscente non può mai scontrarsi con un confine limitato e così non può mai cessare completamente, ora sono fin troppo chiaramente cosciente di me stesso. Sì, mille volte più chiaramente che in qualsiasi altro momento in tutta la mia vita terrena. Ora, come ho detto, che io non oda e non veda nulla eccetto me soltanto. Ah, ah! Zitto ora! Mi pare come se sentissi un lieve mormorio, un sussurro! Inoltre, si vuole impadronire di me come un lieve, dolcissimo sonno. Eppure non è un sonno. No! No! È solo come se dovessi svegliarmi da un sonno! Ma ora zitto! Zitto! Sento delle voci in lontananza, voci conosciute, voci molto conosciute! Zitto, vengono! Vengono più vicine!”

23. Qui il nostro astronomo ammutolisce completamente e non muove neanche più le labbra, dal che gli amici e i medici che lo circondavano deducono che ora per lui sarebbe completamente la fine. Infatti il mezzo discorso che qui è riportato è comunque udito dalle persone intorno, più come un rantolo stridente che come un’espressione articolata di un’ipotetica fantasia interiore nell’organismo che si stava irrigidendo.

24. I medici ricorrono ancora ai mezzi di rianimazione più estremi, ma questi restano infruttuosi, …e allora lasciano riposare l’astronomo, secondo il loro parere caduto in profondissima letargia, ed attendono ciò che la natura farà comparire da sé.

25. Ma attendono invano, poiché la natura non fa comparire qua nient’altro che la morte del corpo, presto realmente avvenuta.

26. Ma dove per la natura dei medici è avvenuta l’ultima linea rerum (ultimo traguardo delle cose), qua essi si congedano. E anche noi ci congediamo, ma non come i medici, bensì come spiriti che possono seguire quest’uomo anche nell’aldilà, morto per questa Terra, ed osservare ciò che egli vi intraprenderà e dove si volgerà.

*

27. Vedete, eccolo ancora tutto come nel mondo sul suo giaciglio, e nessuno accanto, eccetto i tre angeli a voi già noti. E là dietro ai tre messaggeri ancora Qualcuno!

28. Udite? Egli ancora parla, e dice: “Guarda, ora di nuovo non odo nulla. E allora, che cos’erano prima quelle illusioni acustiche? Hm, hm, ora zitto, zitto tutto. Sono poi ancora, oppure è finita per me? Oh, finita non è in ogni caso, giacché io mi percepisco, sono chiarissimamente cosciente, penso, mi ricordo esattamente di tutto quello che ho fatto. Solo la notte, notte!La scellerata notte, questa non se ne vuole andare! Eppure, una volta voglio cominciare a gridare, per scherzo, e il più forte possibile. Forse, per scherzo, qualcuno mi sentirà davvero! – Ehilà! C’è nessuno vicino a me che mi aiuti ad uscire da questa notte? Aiuto! Se c’è qualcuno che per caso si trova magari vicino a me…”

29. Ora si fa sentire il messaggero A e dice a B: “Fratello, levalo dalla sua tomba!”. E il messaggero B si china sull’astronomo e dice: “Ti avvenga come il Signore di ogni vita e di ogni essere vuole ugualmente in eterno. Alzati dalla tua tomba terrena, fratello terreno!”

30. Vedete, ora l’astronomo si alza all’istante e il suo corpo rimane indietro come una nebbia disciolta! Ma l’astronomo grida: “Fratello, se mi hai tirato fuori dalla tomba, allora tirami fuori anche dalla mia notte!”. – E il messaggero C dice: “Così è dall’eternità e dalla Volontà del Signore, che tutte le Sue creature e particolarmente poi i Suoi figli, abbiano luce e debbano camminare nella luce vedendo bene. Apri perciò i tuoi occhi immortali e vedi e guarda ciò che ti piace. Sia!”

31. Ora l’astronomo apre per la prima volta i suoi occhi nel mondo spirituale e vede chiaramente ciò che lo circonda, e prova una vera gioia nel vedere ora – secondo la sua idea – di nuovo degli uomini, e un suolo su cui poggia il piede. Ora però domanda: “Cari amici, dunque, chi siete voi? E dove sono io? Poiché qui mi sembra in parte molto familiare e in parte però ancora molto estraneo. Inoltre io sono così leggero e insolitamente sano, e non comprendo tanto bene come sono arrivato qui e in che modo la forza delle vostre parole mi ha reso la vista. Poiché io sul serio ero completamente cieco!”

32. L’angelo A dice: “Tu per il mondo sei morto secondo il corpo, e ora, sei vivo – per sempre secondo la tua anima e secondo il tuo spirito – qui nel vero e proprio mondo della vita degli spiriti. Ma noi tre siamo angeli del Signore, a te inviati per ridestarti e condurti per la retta via al Signore, tuo Dio e nostro Dio, al Padre tuo pieno di Amore, Pazienza e Misericordia. Colui che è anche nostro Padre, santo, santissimo. Colui che tu nella tua ultima ora terrena chiamasti ‘una debole Divinità’, poiché eri cieco, che però ti perdonò anche tutto, per il motivo che eri cieco e debole! Ora sai tutto, agisci ora di conseguenza e sarai ultrafelice come noi, eternamente!”

33. L’astronomo dice: “Fratelli, amici di Dio, conducetemi dove volete, io vi seguo! Ma se mai dovessi divenire partecipe dell’infinita grazia di pervenire alla visione di Dio, allora rafforzatemi potentemente, poiché eternamente troppo misero, vergognoso e indegno io mi sento, per sopportare questa santissima vista! Ma vedo pur là ancora qualcuno che ci guarda così tanto amichevolmente! Dunque, chi è quello splendido? Sicuramente lui pure un messaggero dei Cieli?”

34. L’angelo A dice: “Sì, certo, un messaggero di tutti i Cieli! Va’ da Lui; la strada è breve. Egli stesso te lo rivelerà”.

35. L’astronomo va, e quel certo Qualcuno, gli va incontro e dice: “Fratello! Dunque, non Mi conosci?”. – E l’astronomo risponde: “Come potrei conoscerti, se ti vedo per la prima volta? Ma chi sei tu, caro, splendido fratello?”

36. Il cordialissimo dice: “Guarda le Mie cicatrici! Vedi, sono il tuo debole Gesù, e ti vengo incontro per aiutare con la Mia debolezza la tua debolezza; poiché se ti venissi incontro con la Mia forza, tu non avresti la vita, poiché, vedi, ogni vita che comincia è una pianta tenera, che senz’aria non cresce, ma l’uragano uccide la vita della pianta!

37. Così Io sono ora anche soltanto una tenera arietta, che ti viene incontro per rianimarti completamente; e non un uragano per distruggerti. AmaMi come Io ti amo dall’eternità, così avrai la vera, eterna vita!”

38. Dice l’astronomo: “O mio amatissimo Gesù! Sei Tu, dunque, che hai dato agli abitanti della Terra la più splendida Dottrina ed essi, per questo, Ti hanno crocifisso? Oh, insegna anche a me quella retta via che conduce a Dio che Tu hai insegnato; da me, per questo, mai dovrai essere crocifisso! Ma se Ti è possibile, lasciami intanto anche osservare nella sua chiarezza la grande Creazione che mi ha occupato così tanto per tutta la mia vita!”

39. Dice Gesù: “La tua via per Dio non sarà lontana, se la vuoi percorrere subito; se però prima vuoi esaminare le tue stelle, allora avrai una strada molto lunga. Scegli ora quello che preferisci!”

40. Dice l’astronomo: “Mio amatissimo Gesù, vedi, per Dio non sono maturo ancora per molto tempo. Perciò prestami aiuto, se Ti è possibile, affinché io diventi maturo negli astri”.

41. Dice il Signore: “Ti avvenga secondo il tuo amore! Fra questi tre angeli scegline uno che ti guiderà ed alla fine del tuo viaggio ti mostrerà chi è il tuo Gesù immaginario, che tu conosci come un uomo che fu crocifisso!”

42. Vedete ora come questo astronomo cerca ancora la sua ‘acqua’, e vuole nuotare verso di Me solo in quella, non badando che Io ero già da lui e lui da Me! Perciò guardatevi dall’acqua troppo erudita degli astronomi e dei geologi, poiché essa non ha la sua corrente verso di Me, bensì verso l’amore per il campo di erudizione degli studiosi! A questo scopo, questo esempio piuttosto lungo! Amen!

 

*  *  *

 

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Terza scena

Un ricco

 

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1. Eccoci già di nuovo al letto di morte di un uomo che fu molto ricco, amministrò equamente la sua ricchezza, educò meglio che poté i suoi figli, e intanto si ricordò sempre molto bene dei poveri, fra l’altro, certo qualche volta, per una cosiddetta oretta piacevole, (si ricordò anche) di quelle povere ma giovani sorelline che si possono avere con un ducato, per ogni sorta di cose divertenti. Accanto a ciò teneva però in gran conto la Sacra Scrittura, la leggeva spesso e con diligenza, e credeva fermamente che Gesù è il vero e proprio Jehova. Egli infatti apprese questo dalle opere di Swedenborg, del quale nelle sue ore di ricreazione aveva letto tutte le opere, eccetto qualcuna delle più piccole.

2. Questo suo gran leggere tuttavia lo rese anche molto irruente, quando udiva qualcuno parlare con indifferenza o perfino con spregio di Gesù, e se nella sua compagnia si trovava per caso un tale ‘anticristo’, costui doveva per tempo levarsi di mezzo, altrimenti avrebbe avuto certo da temere le peggiori e molto tangibili conseguenze. Per farla breve, il nostro uomo era un perfetto severo eroe del puro cristianesimo.

3. Quest’uomo si ammalò nella sua età notevolmente avanzata, e precisamente in conseguenza di un grande banchetto nel quale egli si diede già comunque troppo da fare, specialmente dopo la tavola – avendo il sangue troppo eccitato per i molti vini vigorosi – in conseguenza dell’essersi accoppiato, come al solito, per due volte con una giovane sorella dalla carne molto florida.

4. Quando il nostro uomo arrivò a casa dopo tale spedizione, ebbe un leggero capogiro, che prese per una ‘sbornietta’. Ma si sbagliava. Era appena in procinto di salire sul letto, che già i piedi gli mancarono il servizio. Egli per il mondo si accasciò incosciente, e fu – come solete dire voi – anche già bell’e morto.

5. Che i suoi, profondissimamente spaventati, fecero immediatamente di tutto per risvegliare il loro padre di famiglia, si capisce da sé. Ma fu una fatica vana, poiché ciò che è preso una volta dagli spiriti angelici, in questo mondo non si risveglia mai più.

6. Perciò al di qua non c’è più molto da osservare e da ascoltare in quest’uomo, ragion per cui vogliamo però anche subito portarci nel mondo degli spiriti e vedere come si comporta là il nostro uomo, che cosa intraprende e dove si volge.

7. Innanzitutto dovete sapere che le persone che vengono prese da un colpo letale non sanno affatto e neanche si accorgono minimamente che sono morte, né come. Essi non trovano alcun cambiamento, né nel loro ambiente domestico come lo avevano sulla Terra, né nel loro stato di salute, salvo che sono completamente sani come però erano solitamente anche nel mondo. Ugualmente, essi non vedono neanche gli angeli, sebbene questi si trovino accanto a loro, e non sentono minimamente nulla del mondo spirituale, nel quale ciò nonostante si trovano pienamente. Per farla breve, essi sono in tutto e per tutto come ancora totalmente nel mondo. Mangiano e bevono, vivono nel luogo a loro ben noto, nella loro casa e interamente nella loro cerchia familiare, dato che, per così dire, non manca loro ciò che hanno di più caro.

*

8. La stessa cosa era ed è esattamente anche per il nostro uomo, vedete, ora già nel mondo spirituale! Egli sale pieno di buon umore sul suo letto nella sua ben nota camera da letto, che qui è meticolosamente disposta in tutto come quella sulla Terra. Vedete come egli si distende tutto comodo nel letto e cerca ed aspetta il sonno! Ma quest’unica circostanza rende il nostro uomo un po’ stupito: poiché questa volta il sonno non arriva. Infatti il sonno è una cosa estranea agli spiriti. Essi hanno sì pure uno stato corrispondente, che là si chiama riposo, ma sostanzialmente non ha la minima somiglianza col sonno terreno.

9. Ma ascoltiamo ora il nostro uomo stesso e vediamo come si comporta nel suo nuovo stato e come questo gli pare.

10. Udite, quello che ora l’uomo dice a letto: “Tu, Lini, dormi?”. – La Lini (sua moglie) si alza a sedere e domanda: “Che cosa vuoi, caro Leopoldo, ti occorre qualche cosa?”. (nota bene: moglie e figli ed altri appartenenti alla casa vengono rappresentati, come mascherati, da spiriti appositamente delegati per questo scopo). – Dice l’uomo: “No, non mi manca proprio niente, sono, ringraziando Dio, del tutto sanissimo. Solo, non mi vuol prendere il sonno, ma neanche il minimo accenno di sonno. Va’ a prendermi le mie pillole per dormire, ne inghiottirò un paio, forse dopo si farà”.

11. La Lini si alza subito e adempie la volontà del marito. Le pillole sono ora ‘inghiottite’, ma il sonno resta ancora lontano.

12. L’uomo dice dopo un po’ di tempo: “Lini, va’, dammene ancora un paio, perché, vedi, non mi viene ancora sonno, divento solo sempre più sveglio, anziché assonnato”.

13. Lini dice: “Va’, lascia stare le pillole, con quelle potresti in più rovinarti lo stomaco. Abbi piuttosto un rapporto con me e forse così ti verrà prima il sonno, se vuoi proprio assolutamente dormire”.

14. Dice l’uomo un po’ colpito: “Sì? Cara Lini, per quell’atto sarà un po’ dura ora per me: lo sai pur dunque, per lunga esperienza, che dopo un gran banchetto non sono mai disposto a quello. La natura infatti mi nega sempre quel certo necessario servizio. Perciò dammi piuttosto ancora un paio di pillole!”

15. Dice la moglie: “Strano, mio caro signor consorte! Si dice pur tuttavia che il ricco Leopoldo, il timorato di Dio, solitamente dopo tali banchetti si rechi da una certa Cilli e là faccia del suo meglio, a tal punto che un giovanotto potrebbe prendersene esempio. Ma quando poi a casa la fedele Lini, certo già un po’ più avanti negli anni, fa capire che è la moglie di Leopoldo e talvolta per certe ragioni anche lei non riesce a prendere sonno, allora il Leopoldo ha poi sempre mille ragioni teosofiche, filosofiche e Dio ancora sa che cosa, per placare la richiesta ragionevole e comunque molto rara della moglie! Guarda Leopoldo, tu amico della verità, come ti senti dunque segretamente dentro di te, quando mentisci così vilmente e davvero ipocritamente a me, la tua sempre fedelissima moglie?

Quante volte mi hai dipinto coi colori più stridenti la scandalosità dell’adulterio! Ma che dici ora a te stesso, se ti posso dimostrare chiaro come il Sole che tu stesso sei un adultero?!”

16. Dice l’uomo tutto sconcertato: “Lini, cara moglie, come sai di me tali azioni? In verità, una cosa simile potrei solo averla fatta in una grossissima sbornia, e se l’ho fatta, ci conto che per una umana debolezza in me avrai anche una cristiana pazienza e non ne farai un uso ulteriore che disonori tutta la nostra casa! Sii savia, cara moglie, sii savia e non parlarne più; poiché vedi, è per questo che tuttavia mi sei oltremodo cara! Sii di nuovo buona, sii buona, mia cara mogliettina, una cosa simile non la farò mai più in tutta la mia vita!”

17. Dice la Lini: “Lo credo pure. Quando uno ha già vissuto così per tutta la sua vita ed ha ingannato la propria moglie fedele almeno ogni quindici giorni e un paio di volte si è perfino preso una ripugnante malattia, allora ovviamente sarà certo tempo di desistere da tali faccende, di cui nella Scrittura sta scritto:  «Fornicatori ed adulteri non entreranno nel Regno dei Cieli!». Dimmi tu, marito mio – ben istruito in tutta l’erudizione divina – che cosa faresti ora, se il Signore improvvisamente ti chiamasse? Come andrebbe qua con la tua beatitudine? Oppure, hai forse per iscritto da parte del Signore, che Egli ti lascerà vivere fino a quando non ti sarai corretto dal fondamento della tua vita? Non vorrei però dire ancora nulla per quella certa sorella Cilli; ma l’inconfondibile inclinazione sensuale che hai manifestato alla nostra propria figlia maggiore, prima che si sposasse, in una maniera che ha impresso sulla tua fronte divinamente istruita un’imperitura macchia di vergogna davanti a Dio e a tutti gli uomini, se lo sapessero, dì: che cosa devo dire allora di questo? O che cosa ne dirà Dio?”

18. Dice l’uomo, ancora più sconcertato: “O moglie, cominci sul serio a tormentarmi. Ovviamente, purtroppo con ogni diritto, poiché sarebbe più che sciocco da parte mia se volessi negartelo. Ciò nonostante mi fa male e non comprendo affatto come tu, per quanto ne sappia, non ne hai accennato nulla per tutto il tempo del nostro matrimonio e ora, in una volta sola, apri tutte le cateratte e mi vuoi letteralmente annientare!

19. Considera che noi esseri umani siamo tutti deboli nella nostra carne, anche se abbiamo lo spirito più volenteroso, e mi perdonerai facilmente tutte le mie debolezze! Considera che il Signore non ha giudicato l’adultera, così anche un adultero pentito troverà certo da Lui, misericordia! E così non giudicarmi neanche tu, cara moglie, poiché io, lo confesso e mi pento sì della mia grande colpa verso di te, insieme all’increscioso peccato contro la nostra figlia sposata! Il Signore Gesù me lo perdoni, come tu me lo perdoni!”

20. Ma la moglie apparente dice: “Bene, dunque, così tutto ciò che è accaduto ti sia completamente perdonato. Però, vedi in futuro di non servirti più della tua debolezza addotta come scusa, altrimenti avrai poco beneficio da questa mia pienissima indulgenza! Ti sopporterò dunque ancora per un periodo, e vedremo! Ma dormire, non dormirai mai più, poiché vedi e ascolta: tu non sei più sulla Terra, bensì qui nel mondo degli spiriti! Ed Io, che ora tu credesti la tua moglie spesso ammaliata, non sono tua moglie, bensì – vedi qui! Io sono il tuo Signore e il tuo Dio! Però, se vuoi, ti lascio come sei ora; ma se vuoi andare più avanti, seguiMi fuori da questa tua vecchia camera della vergogna!”

21. L’uomo Mi riconosce e cade senza parole con la faccia a terra davanti a Me.

22. Ma Io gli dico: “Alzati, poiché il tuo amore è più grande che il tuo peccato, perciò ti sia tutto perdonato! Nondimeno, non puoi ancora prendere dimora da Me, finché ti aderisce ancora qualcosa di terreno. Vedi però, là stanno pronti degli angeli che ti guideranno per le giuste strade, e quando la tua casa terrena sarà colpita da queste tue guide con il bisogno e la povertà, allora troverai da Me una nuova abitazione per l’eternità. Amen!”

23. Vedete, questa è di nuovo un’altra “acqua”. Certuni persistono più a lungo in quello stato naturale, come fu qui quello dell’uomo del nostro esempio; ma questo fu molto breve solo per il motivo che egli nel mondo fece molto bene per amore, e perché egli per il suo peccato mostrò subito un serio pentimento.

 

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Quarta scena

Un bellimbusto

 

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1. Qui l’ultima ora e la morte precoce di un bellimbusto. Costui, eccetto il fumare tabacco, giocare, mangiare e bere smodatamente e fare la corte a tutto il più bel mondo femminile e danzare in modo impareggiabile, oltre a suonare il walzer sul pianoforte a coda – per amore appunto di questo bel mondo – non sapeva far molto, sebbene avesse trascorso quasi tutto il suo tempo in collegi e all’università. Il nostro campione di bellimbusto qui presentato era il figlio di genitori piuttosto ricchi, i quali a questo loro figlio pieno di speranze, viziato oltre misura, naturalmente non fecero fare nient’altro che studiare, non appena ebbe imparato l’A B C.

2. Affinché al tenero ragazzino il duro studio della lingua latina non risultasse tuttavia troppo duro, allora come prima cosa fu mandato in un’ottima pensione, perché avesse da mangiare come si conviene e potesse crescere naturalmente, ma certo non in sapienza e grazia davanti a Dio e agli uomini, bensì soltanto nel corpo. Ed affinché l’arduo studiare non gli tirasse sul collo magari una consunzione, aveva il permesso di ripetere ogni anno, nel caso non avesse potuto farcela – naturalmente con la minima fatica – a superare la classe in un anno. A quest’ultimo scopo in ogni periodo, specie nelle scuole inferiori, venivano anche opportunamente unti i professori, e per ogni materia veniva assunto un mite istruttore.

3. In questa maniera il nostro studente scivolò sì con molte difficoltà attraverso le scuole inferiori, solo che in tal modo gli era scivolato poco o nulla dentro la testa. La conseguenza ne fu che nelle scuole superiori veniva poi continuamente bocciato. E poiché di solito lo studiare gli ripugnava, così, oltre a ciò, si applicava principalmente alle libere arti sopra indicate, ossia fumare tabacco, giocare, mangiare e bere, ecc.

4. Terminati gli studi e superati gli esami, ovunque con esito mediocre, è vero che si provò nelle cancellerie, ma quest’aria di carta e d’inchiostro non gli andava a genio. Riceveva pur sempre da sua madre così tanto danaro, da potersela cavare anche senza cancelleria in modo del tutto cavalleresco. Intanto faceva la corte a tutte le ragazze nobili, e a una dopo l’altra faceva proposte di matrimonio. Così accadde poi anche che per il farsi troppe speranze sul promesso matrimonio, moltissime delle graziose da lui ardentemente amate finirono per avere realmente la ‘speranza’ senza matrimonio.

5. Accanto a queste graziose dotate di cieche ‘speranze’ e perciò, come già osservato, molto spesso, ovviamente, di speranze deluse, in compenso però vive, il nostro ‘uomo di stato’ ricorreva anche ad altri esseri femminili. Queste ultime poteva sempre averle per pochi soldi senza prima promettere loro il matrimonio e farle sperare, e non aveva da temere che queste grazie potessero in tal modo essere da lui messe in una certa altra ‘attesa’.

6. Ma intanto, accadeva poi, anche non raramente, che egli avesse a che fare con la sifilide in tutti i gradi, e alla fine così gravemente, che perfino i medici più esperti in questo campo non riuscirono più a procurargli né consiglio né aiuto. L’inaridimento generale di tutti i liquidi vitali naturali fu la conseguenza di questo ‘bel’ modo di vivere da bellimbusto, male per il quale Io, il Signore, nella creazione del mondo ho purtroppo puramente ‘dimenticato’ di creare una ‘piantina medicinale’. Per cui anche il nostro piccolo bellimbusto nolens volens (volente o nolente) dovette dunque prepararsi a morire. Certamente una situazione molto spiacevole per un fashionable (persona elegante, alla moda) oltremodo affezionato al mondo con i suoi dolci piaceri di Venere. Ma così è: che qui tutto deve percorrere la via della carne. E così alla fine anche questo bellimbusto, che aveva nella carne la sua più grande beatitudine terrena, certo tanto più dovette percorrere la vera e propria “via della carne”.

7. Ma guardate ora al suo maleodorante giaciglio, come egli si piega e si contorce ed è avido di aria e di acqua; ma non ne manda più nello stomaco, poiché tutti i tendini della gola sono seccati e non riescono più a portare giù nello stomaco neanche una sola goccia d’acqua! Il suo respiro è breve e molto doloroso, poiché i polmoni sono già quasi tutti prosciugati. Così pure la sua voce è tutta spezzata; solo mezze parole, brevi, inceppate, egli riesce ancora ad emettere fra grandi dolori, e il loro suono assomiglia a quello di un cattivo fagotto nelle mani di un principiante. Egli vorrebbe sì imprecare ancora come un bellimbusto, e alla fine vorrebbe perfino balbettare ancora qualche frase erudita di Voltaire o di Sir Walter Scott, ma la secchezza generale non gli permette di effettuare niente di simile e i forti dolori in tutti i punti vitali non gli lasciano neanche il tempo di radunare ancora una volta a questo scopo i suoi pensieri su un unico punto. Perciò egli giace qui rantolando muto, solo talvolta emette dalla sua gola completamente asciutta un acuto, stridulo suono di fagotto.

8. Vedete, così si configura spesso la fine di tali libertini nell’al di qua! Ma poiché anche noi di qua non abbiamo più niente da osservare presso questo bellimbusto, perché, come solete dire voi, la morte gli sta da un momento all’altro sulla punta della lingua, vogliamo allora rivolgerci subito all’aldilà e vedere come il nostro ‘uomo’ vi farà il suo ingresso.

*

9. Vedete, ecco il suo giaciglio, uguale a quello del mondo! Egli vi giace ancora con lo stesso aspetto. Ma contemporaneamente vedete al suo giaciglio un solo angelo, con una fiaccola ardente nella mano, per annientare con quella fiamma spirituale l’ultima goccia della linfa vitale del bellimbusto.

10. Accanto ad uomini simili appare un solo angelo, per il motivo che in essi, anima e spirito sono come completamente morti. Soltanto l’angelo sterminatore, che è preposto alla carne e allo spirito dei nervi, ha da fare qui, e precisamente ha da tormentare e bruciare il più intensamente possibile la carne e lo spirito dei nervi, allo scopo di ricacciare in tal modo nello spirito dei nervi i resti lacerati dell’anima e lo spirito altrettanto lacerato in essi, e in questo modo preservare l’uomo morente dalla morte eterna!

11. Egli (l’angelo) non dirà nulla accanto a quest’uomo, ma lo trasporterà soltanto, bruciandolo con la sua fiaccola, dal mondo naturale in questo mondo spirituale, cosa che è solito accadere abitualmente con persone simili e deve anche accadere, perché senza la grazia di quest’ultima manipolazione esse verrebbero private dell’intera esistenza.

12. Quest’atto è simile al deformato atto pagano nella leggenda di Prometeo. Infatti i primi uomini, più spirituali, vedevano operazioni di questo genere nel mondo degli spiriti. Allora queste accadevano ovviamente con una frequenza indicibilmente più rara che non in questo tempo sensuale che supera di molto Sodoma e Gomorra. Così se ne ricavarono poi anche altre leggende, ma dopo un paio di migliaia di anni, travisate oltre misura.

13. Qui invece si rappresenta di nuovo lo stesso Prometeo nel suo vero e proprio agire, non deformato. Ma, vedete, ora l’angelo solitario ha terminato bene la sua opera; la carne del nostro bellimbusto è qui visibilmente bruciata e tutta in cenere e, vedete, dalla cenere, molto lentamente e pigramente, si alza – non magari una splendida, ringiovanita fenice, oh, no – bensì solo una sciocca scimmia, somigliante ad un vecchio, decrepito babbuino! Essa è completamente muta, può solo un po’ vedere.

14. La ragione dell’aspetto di animale è che tali persone per tutta la loro vita dissoluta hanno sperperato completamente con la loro lussuria le più fini particelle specifiche dell’anima umana ed hanno trattenuto come resto solo le particelle più grossolane, animali. A costui è tuttavia rimasta per lo meno ancora un’anima da scimmia. Ma ce ne sono altri che si rovinano completamente fino ai più mostruosi anfibi!

15. In quest’uomo ora neanche si lascia ancora definire l’acqua della sua vita, poiché costui, come solete dire voi, deve essere condotto al pascolo ed essere affidato a spiriti preposti a tali anime bestiali. Forse in cento anni, con tutto l’impegno, essi riusciranno a far sì che quest’anima ritorni ad un aspetto umano.

16. Di più non c’è da descrivere di quest’anima, perciò prossimamente un altro esempio.

 

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Quinta scena

Una ballerina maniaca della moda

 

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1. Segue qui ancora una morte precoce, quella di una giovane eroina della moda, la quale durante un ballo si abbandonò troppo alla danza, per ricavarci un qualche giovane e ricco fidanzato, ma invece di quello ci ha ricavato solo la morte precoce.

2. La giovane ragazza di diciannove anni, di aspetto oltremodo piacevole riguardo al corpo, fu invitata ad un nobile ballo di società, invito che ella, naturalmente col consenso dei genitori, accolse con la massima disponibilità. Immediatamente furono ispezionati i negozi di moda, i quali per fortuna, fra i mille articoli, ne possedevano pur uno che fosse accettabile per la nostra graziosa invitata. Ora si andò dal primo sarto alla moda e ciò nel senso di preparare il vestito non solo secondo l’ultima moda parigina o londinese, bensì per quanto possibile, secondo l’ultima moda di Madrid o New York. Questo affinché ad un ballo così brillante si potesse pur apparire con qualcosa di straordinario, per fare così la massima impressione ed anche essere considerata una figura straordinaria!

3. L’angoscia del sarto non fu piccola a motivo di questo incarico, dato che conosceva bene la sua clientela, con quante dozzine di capricci era impomatata in tali occasioni. Egli perciò si concentrò il più intensamente possibile e preparò davvero un capolavoro di abito da ballo con piena soddisfazione della sua clientela; infatti il vestito poteva essere indossato senza corsetto e ciò nonostante, per i molti finissimi nastri elastici, riusciva a stringere il corpo così strettamente, che la nostra eroina era più sottile attorno alla vita che attorno al suo rotondo collo.

4. Questo vestito alla moda di New York fu però anche proprio specificamente la causa della sua morte precoce e quasi improvvisa; infatti, poiché al ballo fu la regina della bellezza e della grazia, ella danzò anche così furiosamente con una giovane, ricca scimmia, che la fissava negli occhi in modo molto significativo, che in tal modo si fece saltare un grosso vaso sanguigno nei polmoni troppo compressi, e per la conseguente fortissima perdita di sangue in pochi minuti, fu un cadavere.

5. Quando si accasciò sulla pista da ballo e dalla sua bocca di rosa si riversò un fiume di sangue – con raccapriccio di tutte le ragazze e le signore numerose delle quali pure allacciate non troppo morbidamente – allora si precipitarono sì ovviamente accanto a lei i suoi genitori, parenti e medici, le strapparono dal corpo i vestiti e la bagnarono con acqua ghiacciata e le diedero medicine, che ella però, già completamente morta, naturalmente non poteva più prendere.

6. Tutti piansero e fecero alti lamenti. I genitori e la cavalleresca scimmia di un ammiratore si strapparono per la disperazione i capelli dalla testa. Altri maledissero un tale destino, altri ancora compiansero l’infelice. Molti abbandonarono la sala da ballo e si portarono a casa un ‘nota bene’, però naturalmente non molto meglio dei passeri che uno sparo ha scacciato dal tetto.

7. Qui, in questo caso, non avremo proprio niente di rilevante da guardare nel mondo spirituale; ma ciò nonostante dovete vedere come nel mondo spirituale si presentano dei trasferimenti di questo genere.

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8. Vedete, qui giace la nostra eroina ancora rannicchiata sul pavimento visibilmente imbrattato di sangue, e là, un po’ distante, vedete stare uno spirito angelico con le braccia incrociate! Il suo volto tradisce malinconia, ossia una specie di tristezza, che un tale spirito protettore prova in simili casi della più madornale follia degli uomini, quando con tutta la sua cura non è riuscito ad aiutarli.

9. Ma che cosa farà qui questo angelo dolente? Vedete, egli si avvicina alla ragazza, che anche nel mondo degli spiriti appare come un cadavere! Ora è presso di lei e dice: “O essere insensato! Che cosa devo risvegliare ora in te, poiché in te tutto è morto, ovunque io rivolga lo sguardo? O Signore, guarda benignamente giù! Qui non mi basta la forza che Tu mi hai dato; perciò stendi Tu la Tua mano onnipotente e fa’ a questa stolta secondo la Tua compiacenza!”

10. Ora vedete, là arriva già un altro angelo tutto di fuoco! Ora è qua, e vedete, il suo fuoco afferra la morta e la riduce all’istante in cenere (nel mondo naturale questo non può essere osservato, perché quest’atto riguarda solo il corpo animico). Ora nella cenere incomincia a muoversi qualcosa. L’angelo prega sopra questa cenere. Le ultime parole della sua preghiera sono: “Signore, avvenga la Tua Volontà!”

11. Poi il secondo angelo abbandona la cenere che si muove sempre di più; ma il primo angelo rimane. Ma questo muoversi non è nient’altro che un nuovo riordinarsi insieme delle particelle animiche specifiche completamente demolite, disperse e dissestate al massimo, il che avviene ora direttamente mediante la Mia Forza. Ora però si mostrerà anche subito, quanto e che cosa è ancora rimasto di quest’anima di ragazza!

12. Vedete, ora si alza una nuvoletta grigioscura! La nuvoletta si delinea sempre di più. E ora vedete, ecco che abbiamo già una figura! Certo non potete paragonarla a nulla di simile sulla Terra! La testa assomiglia a quella di un pipistrello, il corpo assomiglia a quello di una cavalletta gigante, le mani come zampe d’oca e i piedi simili a quelli di una cicogna! Vi piace ora questa moda come frutto di quella del mondo? Per la moda non ci sarebbe niente di così straordinario; ma che questa stolta, quasi suicida, difficilmente percorrerà mai i campi luminosi del Cielo, ciò è ben diverso!

13. Passeranno ben alcune centinaia di anni prima che costei arrivi alla figura umana, e ciò solo in un modo molto doloroso! Dopodiché ella sarà nel Regno degli spiriti ciò che sono gli albini sulla Terra, e cioè timorosi della luce.

14. Nient’altro c’è più da vedere né da imparare presso costei, perciò prossimamente un altro esempio.

 

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Sesta scena

Un generale

 

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1. Vedete, ci troviamo in una camera di sfarzo regale. Qui tutto straripa di oro e argento e delle pietre più preziose e – per il mondo – dei dipinti più pregevoli. Il pavimento della camera è coperto dai più fini tappeti asiatici e le grandi finestre con vetri di cristallo sono addobbate con tendaggi, dei quali uno solo costa così tanto, che mille poveri ne avrebbero da mangiare per un mese intero. Cassettoni, tavoli, sofà, sedie ed ancora una quantità di pezzi di arredamento principeschi di grande valore l’adornano, e ogni sorta di gradevoli odori profumano tutta la stanza del malato e i medici più famosi circondano il letto riccamente ornato d’oro, nel quale l’alto malato, in senso terreno, attende invano la guarigione.

2. Si tiene un consulto sopra l’altro e le medicine vengono cambiate ogni ora. Nella stanza attigua due monaci pregano di continuo alternandosi, da libri latini stampati in rosso e nero, e ovunque vi sia una chiesa o una qualche cappella viene tenuta una messa festiva per il risanamento del nostro grande generale. Ma tutto questo non serve a niente. Infatti, per questa malattia del generale non c’è più in farmacia, né nel breviario e tanto meno nel libro da messa, un qualche aiuto, bensì questa è la volta in cui si dice: «Vieni e fa’ vedere come sono fatte le tue opere!»

3. Guardate ora il malato come si comporta coraggiosamente! Ma questo coraggio è solo apparenza, poiché all’interno il nostro eroe vorrebbe scomparire dalla paura e dalla disperazione e intanto maledice la malattia molto dolorosa come un ussaro maledice il suo cavallo che non gli vuol obbedire. La storia prende una bella piega: da una parte i monaci che pregano – ovviamente certo con una devozione che non ha pari, alla quale però è anche associato segretamente un altro desiderio del tutto contrario, propter certa quoniam (a causa di una certa cosa)dall’altra colui che maledice. Un vero scandalo!

4. Ora però il suo dolore diventa sempre più acuto, sì, quasi insopportabile, e il nostro paziente, acceso d’ira, parte ora del tutto furente, con stupore di quanti lo circondano, e grida a piena gola: “O maledetta vita da puttana! Non puoi dunque, Creatore, se mai ci sei, togliermela in un modo più indolore? Su una tal vita da puttana devono defecare tutti i diavoli, se mai ci sono; e lo vorrei fare io stesso, se solo potessi! Ehi, stupidissime bestie di medici, che tutti insieme non valete un tiro di polvere, datemi qua una pistola ben carica, che io stesso per questa vita da cane e da puttana mi prescriva una medicina che mi attraversi il cervello, che con un colpo la possa liberare di sicuro da ogni ulteriore martirio!”

5. Un protomedico (medico principale di clinica o corte) si avvicina al letto del malato e vuol sentire il polso, e prega il paziente di stare calmo. Ma l’alto paziente si alza a sedere e dice: “Prova a venire qua, carogna, brutto cane di un medico, che io possa sfogare su di te la mia giusta ira! Va’ a tutti i diavoli, stupida carogna! Non è che vorresti martirizzarmi di nuovo con l’oppio? Guarda come sono furbe queste canaglie! Quando non sanno più niente, arrivano subito con l’oppio, perché il malato si addormenti e così loro si possano sottrarre a parecchie ore di giusto biasimo, che si meritano benissimo, e intanto se la ridono bravamente sotto i baffi e fanno già il conto di quanto qua ciascuno potrà esigere per sé, dopo la mia morte, nella terza fase di transazione! Ah, ah, scruto i vostri piani! Dunque, andate via, cani rabbiosi, altrimenti vi levo, ancora con queste mie ultime forze, la vostra abominevole vita di carogne! Ehi, cosa vedo poi là nella stanza accanto, le due canaglie nere? Che fanno dunque queste carogne? Credo perfino che preghino per la mia anima. Chi li ha autorizzati? Fuori quelli, se no mi alzo e li abbatto a fucilate come cani!”

6. Vedete, a questa potente detonazione altogeneralesca i monaci si tolgono di mezzo molto lestamente; i medici alzano le spalle sempre più nettamente, e il paziente ammutolisce, e fra le smorfie più orrende incomincia a rantolare. Noi però, dato che qui presso il paziente non c’è più nulla da osservare, ci portiamo subito nel mondo spirituale e in tutta brevità faremo la nostra osservazione, su come il nostro eroe entrerà nel mondo degli spiriti.

*

7. Vedete, siamo già qua; e là, su un letto simile, giace il paziente in una stanza di aspetto del tutto uguale. Lui rantola ancora, come potete facilmente notare, fra respiri terribilmente pesanti e si morde la lingua per la collera segreta della sua anima arrabbiata.

8. Ma là, vedete, l’unico angelo sterminatore è già pronto a liberare l’anima irata del nostro eroe dalla sua ultraorgogliosa e superbissima carne di aristocratico. L’angelo è armato di una spada fiammeggiante, come segno della sua grande forza da Me conferitagli e come segno del suo coraggio e della sua totale mancanza di paura davanti a tali grandi eroi della Terra, come davanti all’inferno intero.

9. Vedete, ora nell’urna del tempo è caduto l’ultimo granellino di sabbia per questo eroe, e l’angelo lo tocca con la sua spada fiammeggiante e dice: “Alzati, anima offuscata; e tu, orgogliosa polvere, ricadi nel mare della tua nullità senza fondo!”

10. Vedete, ora il corpo scompare e non sono più visibili il letto e la stanza piena di sfarzo terreno. In cambio si alza un’anima, come potete facilmente notare, tutta grigioscura come la cenere, tremendamente deperita, in piedi su della sabbia soffice che minaccia di inghiottirla. Adirata, confusa e timida essa si guarda intorno, e non vede null’altro che se stessa. Si vede però tutta diversa da come la vediamo noi, essa si vede ancora come un generale decorato con tutte le sue onorificenze e con una spada.

11. “Dove sono, dunque?”, dice ora l’eroe. “Quale diavolo mi ha portato qui? Nulla e di nuovo nulla! Ovunque io guardi, dappertutto è il nulla. Vedete qua, anche sotto di me non c’è nulla!

12. Sono dunque un sonnambulo? Oppure sogno? Oppure dovrei poi davvero essere morto? Ah, è pur dunque uno stato maledettamente stupido! È vero che ora sono proprio sano e non sento alcun dolore, mi ricordo di ogni minima cosa della mia intera vita. Ero pur estremamente malato: ho passato in rivista gli stupidi medici, i due ipocriti li ho mandati al diavolo ed anche, naturalmente a causa del dolore troppo forte, insopportabile, nella mia alterazione ho detto in faccia al Creatore qualche grossa villania. Di tutto questo mi ricordo molto bene! So anche che ero molto arrabbiato ed avrei potuto rompere tutto dalla collera. Ma adesso mi è passato tutto. Andrebbe tutto bene se solo sapessi dove sono in realtà e che cosa mi è successo.

13. È sì un po’ chiaro intorno a me; ma quanto più in là giro lo sguardo, tanto più buio diventa, ed io non vedo niente, niente, niente e ancora niente! Dannazione dunque! In verità, chi non diventa indiavolato adesso, non lo diventa mai più in eterno!

14. Strano! Strano! Divento sempre più sveglio, sempre più vivo, ma anche sempre più vuoto si fa attorno a me. Devo trovarmi sicuramente in una qualche specie di letargia? Ma quelli, se ne sono colpiti, dovrebbero udire e vedere tutto quello che succede attorno a loro. Io invece non odo e non vedo niente, fuor che me. Dunque, questa non può essere una letargia.

15. Qui non fa né freddo né caldo, né completamente buio, sebbene la luce, in verità, uno non lo accechi. Inoltre, cosa che mi è incomprensibile, in questo stato di ‘solitudine’ sono molto sereno e di buon umore, tanto che potrei mettermi a fare il pagliaccio. Eppure, come mostra la figura, di sicuro nel grembo materno non sono stato di più senza compagnia che qui! In verità, se avessi qui con me una tale, eh, una tale così – ora, una tale così – sì, sì, proprio così – un ‘tipetto’ così, veramente, potrei perfino dimenticarmi che io... Ma che il diavolo se lo porti, il generale insieme alle sue cinque dozzine di antenati! In verità, per un ‘tipetto’ del ceto più plebeo, ora mi venderei già tutto!

16. Ma se solo potessi sapere dove sono poi in realtà. Se la cosa dovesse durare ancora molto, questo stato potrebbe diventare ben dannatamente noioso. Ho pur udito una volta qualcosa di un Dio e una volta voglio pur rivolgermi a Lui seriamente. Certo, prima mi sono comportato un po’ bruscamente verso di Lui; ma Lui, se mai ce n’è uno, non se la prenderà troppo a male. – Ehilà, mio Dio, mio Signore! Se mai ci sei, aiutami ad uscire da questa situazione stranamente fatale!”

17. Subito si avvicina un angelo e dice: “Amico, in questa situazione resterai tanto a lungo, fino a quando sarà eliminata da te l’ultima goccia della tua superbia, e pagata così l’ultima goccia di sangue, del sangue che tu hai versato di molte migliaia di tuoi fratelli! Getta via da te tutte le tue insegne da generale, e allora troverai un suolo e più luce ed anche compagnia, ma guardati dai tuoi pari, altrimenti sei perduto! Prima di tutto rivolgiti al Signore, così il tuo cammino sarà breve e facile. Amen!”

18. Però il nostro eroe per adesso non segue questo consiglio. Perciò l’angelo lo lascia, ed egli resterà ancora per qualche centinaio di anni così sospeso.

19. Da ciò potete già notare la sua ‘acqua’, per cui ora niente altro di lui.

 

*  *  *

 

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Settima scena

Un papa

 

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1. In quest’esempio vogliamo cominciare subito dall’aldilà ed osservare un uomo che nel mondo ha avuto un grandissimo ruolo, e alla fine era del parere che il mondo fosse là esclusivamente per lui e potesse farne ciò che voleva, dato che egli si arrogava letteralmente la rappresentanza di Dio, più ancora che qualche altro della sua specie. Nonostante ciò fu costretto a “mordere la polvere” e da questo non lo salvaguardò né la grande potenza arrogatasi, né il mondo, ed altrettanto poco la rappresentanza di Dio.

*

2. Là, guardate, verso settentrione cammina a passo lento una figura d’uomo magrissimo di colore molto scuro, guarda cercando attorno a sé e scruta ora qua, ora là!

3. In sua compagnia vedete un omino, simile ad una scimmia nera come il carbone, che strepita molto indaffarato attorno al nostro uomo e fa come se avesse con quest’uomo cose proprio importantissime da trattare. Ma avviciniamoci solo un po’, affinché possiate sentire quali strani discorsi fa tra di sé quest’uomo, il quale vede il suo compagno tanto poco quanto vede noi.

4. Eccoci già nella giusta vicinanza; ora state in ascolto, egli dice: “Tutto menzogna! Tutto inganno! E il più ingannato è il più felice; ma infelice è l’ingannatore, se è un ingannatore consapevole! Se invece è un ingannatore inconsapevole e mente e inganna senza sapere che mente, ed inganna, allora c’è da congratularsi con lui, poiché allora un asino tira l’altro ed entrambi sono contenti di avere il foraggio peggiore. Ma io, che cosa sono io, dunque? Ero un massimo capo, tutti dovevano credere e fare quello che disponevo; mentre io facevo ciò che volevo, dato che avevo nelle mie mani le chiavi del potere, come uno che le prende senza domandare se ha ben diritto di prenderle. Io sapevo tutto; sapevo che tutto è solo menzogna e inganno e pur tuttavia imponevo menzogna e inganno, punendo severamente chiunque non accettasse e non credesse che tutto quello che proviene da me, scritto o no, fosse da accettare come piena verità.

5. Io però nel mondo ritenevo la morte del corpo l’ultimatum di tutto l’esistere. Questa era la mia ferma fede segreta, e tutta la sapienza del mondo non avrebbe potuto darmi alcuna altra fede! Quest’unica cosa ritenevo verità e, vedi, anche questo è menzogna, poiché io continuo a vivere, sebbene sia morto secondo il corpo.

6. Cielo, purgatorio e inferno feci predicare da molte migliaia di pulpiti, impartii indulgenze e dichiarai santi una quantità di defunti e ordinai digiuni, preghiera, confessione e comunione, e ora sono qua io stesso e non so che pesci pigliare! Ci fosse un giudizio, allora sarei già giudicato. Ci fosse un Cielo, allora ne avrei per primo il diritto, poiché per prima cosa fu pur per volontà di Dio che dovetti diventare governatore della chiesa di Cristo: e ciò che feci poi come tale, fu sicuramente anche quello un altissimo Volere superiore, poiché senza un tal Volere, secondo la Scrittura non può essere torto neanche un capello sulla testa, e non un passero può volare dal tetto.

7. Così pure mi sono confessato e comunicato secondo l’antico precetto, sebbene molto facilmente avrei potuto esentarmene, avendo il potere di dispensare chiunque per tempi eterni dalla Confessione insieme all’austera Comunione, il che però non potei e non volli tuttavia fare per motivi politici. Ci fosse un inferno, anche per questo ci sarebbe motivo sufficiente per trovarmici dentro, poiché davanti a Dio ogni uomo è un assassino! Per lo meno dovrei trovarmi nel purgatorio; quello infatti dovrebbe pur toccare a chiunque almeno per tre giorni! Ma non mi toccano né l’uno né l’altro, perciò Dio, Cristo, Maria, Cielo, purgatorio e inferno non sono nient’altro che menzogna e inganno! L’uomo invece vive solo dalle forze della natura, e pensa e sente solo secondo la particolare concentrazione delle diverse forze della natura in lui, le quali verosimilmente si combinano e si legano allora in un tutto unico eternamente indistruttibile. Perciò ora, il mio compito sarà di indagare meglio queste forze, e poi, mediante la conoscenza più particolareggiata di esse, di costituirmi un Cielo.

8. Ma noto continuamente un certo tirare della mia toga pontificalis! Che mai potrebbe essere, c’è pur forse magari un qualche invisibile spirito vicino a me, o è magari solo un qualche vento? È strano sul serio in questo deserto infinito, poiché si può pure andare dove si vuole, e pur tuttavia si rimane eternamente completamente soli. Si può chiamare, gridare, imprecare, rimproverare e maledire – o pregare chi lo vuole – e tuttavia non si muove niente e si rimane del tutto soli, dopo, come prima! Saranno pur già alcuni anni da che sono morto sulla Terra e in una maniera molto dolorosa, supremamente fatale, e come detto, sono solo, nient’altro che il piattissimo deserto sotto i piedi! Di posto ne ho certo, ecco di nuovo una verità, ma dove sono, che cosa ne dovrà essere di me in futuro? Continuerò a vivere così in eterno, o forse una volta pur tuttavia sparirò del tutto? Ecco un enigma irresolubile.

9. Or dunque, all’opera! Indaghiamo le forze naturali in me e, presto, mediante una loro più precisa conoscenza, dovrà svilupparsi quello che di me deve avvenire!”

10. Lo avete udito ora come ragiona, lui, il rappresentante di Dio sulla Terra? Oh, ragionerà ancora a lungo così da “solista” come gli soffia nell’orecchio il suo invisibile accompagnatore; poiché la sorte di simili uomini molto altolocati sulla Terra è sempre la stessa, e precisamente l’esser soli, dato che essi sulla Terra si sono isolati molto al di sopra di tutto.

11. Ma questo isolamento è tuttavia per essi una grande grazia, poiché solo in tal modo è possibile riportarli sulla retta via. Ciò però va molto per le lunghe; essi devono passare in se stessi tutti i gradi della notte e della tenebra, dell’indigenza, anche del dolore come è di casa all’inferno.

12. Dopo che un tale zelota ha fatto questo giro di “a solo” – forse in cinquecento, o mille, anche diecimila anni – allora soltanto egli perviene alla compagnia di severi spiriti. Se non li segue, viene di nuovo abbandonato e messo completamente da solo: allora gli vengono presentate tutte le azioni crudeli che sono state commesse o sotto di lui o sotto i suoi predecessori, occasione nella quale egli deve anche provare tutti i dolori che hanno provato tutti i perseguitati sotto di lui o sotto i suoi predecessori. Se neanche questa cura lo mette a posto, allora viene lasciato com’è; soltanto gli vengono dati per compagnia la fame e la sete, due precettori che, con rarissime eccezioni, col tempo mettono a posto quasi chiunque.

13. Ecco che ora avete di nuovo un quadro dal quale potete conoscere meglio l’aldilà, – e l’acqua che deve attraversare un tale capo, prima di giungere alla riva dell’umiltà, della verità e dell’amore. Perciò, ora nient’altro più su quest’uomo.

 

*  *  *

 

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Ottava scena

Un ministro

 

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1. Dato dunque che anche i grandi signori del mondo devono morire (contro tale caratteristica sommamente fatale della vita non hanno ancora potuto costituire alcuna compagnia di assicurazione, dato che con tutta la loro politica e diplomazia essi non sono ancora arrivati a tanto), così dunque anche il nostro ministro dovette infine una volta accingersi a scambiare il tempora con l’eterno.

2. Il morire è ovviamente, per tali uomini, il fenomeno più spiacevole del mondo, ma ciò preoccupa poco l’angelo sterminatore. Colui presso il quale egli trova piena la misura ben verificata, quello egli lo prende senza grazia né perdono!

3. Il nostro ministro, un uomo che tutto il mondo ossequiava per la sua intelligenza mondana, in età notevolmente avanzata fu messo a letto da una febbre che lo tormentò per quindici giorni, e ciò tanto più acutamente, quante più medicine egli prendeva per eliminare questo male. Verso la fine divenne pieno di risentimento e minacciava i medici di arrestarli, qualora non avessero voluto o potuto rimetterlo prontamente in salute.

4. Ma anziché eseguire la sua minaccia, il sedicesimo giorno della sua malattia egli cadde in un torpore dal quale non si svegliò più in questo mondo, eccetto che giusto un’ora prima della sua morte. In quest’ora egli fece ancora un breve testamento su ciò che doveva accadere ai suoi ingenti averi, in cui però i poveri, come per lo più con uomini simili, solo molto scarsamente furono presi in considerazione. Infatti, che cosa sono mai un paio di migliaia di fiorini, contro i parecchi milioni lasciati in eredità?!

5. Così si pensò pro forma anche alla Chiesa con una donazione, ma non per una qualche cieca fede – infatti un uomo simile o ha fede molto raramente, o non ce l’ha affatto, e tutto quello che fa è pura politica – bensì, come già detto, perché una cosa simile è richiesta dalla prassi politica.

6. Dopo questa dichiarazione delle sue ultime volontà egli cadde indietro sul suo giaciglio, e fu morto senza essersi prima confessato né comunicato, atto al quale egli – sebbene non l’avesse mai manifestato – non dava comunque alcuna importanza. Con ciò non ebbe più a che fare con questo mondo: per cui anche noi non vogliamo rimanere più a lungo presso il suo cadavere, ma portarci subito ‘di là’, e vedere che faccia vi fa il nostro orgogliosissimo uomo aristocratico.

*

7. Vedete, eccoci di già e il nostro uomo sta davanti a noi e davanti a quattro spiriti angelici celati, nel suo completo abbigliamento da statista. Egli però vede solo questi ultimi. Il luogo rappresenta esattamente il suo gabinetto di Stato, nel quale si era proposto di sbrigare e sistemare ancora qualcosa di importante.

8. Ora egli scorge con precisione i quattro nel suo gabinetto segreto e può a mala pena contenersi dalla collera per la tremenda sfrontatezza di questi quattro ‘furfanti’, secondo la sua opinione. Si alza di scatto ed afferra il campanello e vuol suonare, ma il campanello non dà alcun suono.

9. “Tradimento! Alto tradimento!” grida a piena gola. “Come siete arrivati, voi, miseri ribaldi, in questa stanza accessibile a me soltanto, nella quale sono elaborati e custoditi i più segreti e sacri misteri dello Stato? Sapete che per tale alto tradimento è messa la morte? Chi di voi ha manomesso questo campanello, che ora in questo momento ultradecisivo non può emanare alcun suono? Confessate, voi infami: chi di voi è stato il caporione?”

10. Il primo angelo dice: “Ascolta con pazienza e con la massima attenzione quello che ora ti annuncerò! Ben conosco il buon regolamento in seguito al quale nessun uomo al mondo, eccetto il re soltanto, può entrare in questa stanza. Se tu fossi ancora al mondo, non ci avresti neanche visti in questo posto. Ma vedi, ora, secondo il corpo tu sei morto, e adesso sei nel mondo degli spiriti, dove c’è un solo Signore, mentre tutti gli altri spiriti sono fratelli, buoni e cattivi, a seconda di come hanno agito sulla Terra, o nel bene o nel male. Così abbiamo anche dal Signore il perenne diritto, quale dovere d’amore, di visitare ciascuno ed offrirgli i nostri servigi, se questi, come te, è ancora a noi accessibile.

11. Ma in ciò consiste anche appunto la disposizione dell’unico Signore per te mediante noi: che ti dobbiamo annunciare proprio questo ed anche ti informiamo che qui in questo mondo eterno sono cessati per te tutti gli onori e la posizione mondana insieme a tutta la politica; e questa stanza, il tuo abito e tutti questi tuoi presunti importantissimi documenti di Stato sono solo inganno e un prodotto della tua fantasia, che è ancora molto fortemente attaccata al mondo, e scompariranno non appena ci seguirai. Se ci seguirai, allora sarà facile il tuo cammino per il vero, eterno regno della vita, dove ci sono beatitudini senza misura e senza numero; ma se non ci seguirai, allora saranno durissime le condizioni per giungere al divino regno della vita! Poiché vedi, tu fosti sì col permesso di Dio un uomo grande nel mondo ed avesti un grande potere, ma per questo potere si è anche risvegliato in te molto possentemente l’amore per il dominio, che ti ha condotto a fare certe cose che non avevano il loro fondamento nell’ordine divino. Inoltre, questa potestà mondana come brama di dominare ti ha anche tolto la fede nel Signore e molte volte l’amore per il prossimo, e ti ha reso completamente inadatto per il Regno di Dio.

12. Ma, vedi, il Signore sa quale pesante fardello avesti da portare, ed ha grande compassione di te. Per questo ci mandò a te, perché tu debba essere salvato ed elevato, e non affondi per il grande peso del mondo che hai portato ancora qui con te. Non pensare qui a un giudizio, poiché nel regno della libertà dello spirito non c’è alcun giudizio né alcun giudice fuorché la libera volontà propria di ogni uomo! Non pensare neanche all’inferno. Questo non è da nessuna parte, se non in ogni uomo che se lo crea solo da se stesso con la propria cattiveria, appunto in sé. Non pensare però neanche ad un Cielo come ricompensa promessa per le buone opere; la parola del Signore Gesù sia la tua volontà, per mezzo di questa Parola cerca Lui soltanto! Se hai Lui, allora hai tutti i Cieli e un potere derivante dall’Amore, completamente diverso da quello che hai avuto nel mondo, derivante dalla tua intelligenza mondana e dall’alta posizione. Ora sai tutto. Fa’ ciò che ti concede la tua libera volontà, nel nome del Signore Gesù. Amen!”

13. Il ministro dice: “In verità, il vostro discorso è saggio e mi garantisce che tutto è così come ora mi avete annunciato. Mi è ora anche completamente chiaro che corporalmente sono morto. Ma che quel certo ebreo Gesù debba essere l’unico Dio e Signore, questo non lo comprendo! Che cosa sono allora il Padre e lo Spirito Santo? Vedete, questo non si accorda con la stessa dottrina di Gesù, il quale fu ben il primo ad insegnare ovunque una divina triade. Perciò perdonatemi se per questo motivo non posso già seguirvi così in fretta come desiderate, a meno che non mi convinciate in fretta”.

14. Dice l’angelo: “Fratello, ciò non va così rapidamente come pensi tu. Deponi prima il tuo abito da statista e indossane uno diverso, di umiltà e completa abnegazione, allora otterrai subito la pienissima persuasione di quello che adesso ti sembra ancora incomprensibile”.

15. Il ministro risponde: “Bene, dunque, prendetevi cura di me e levate accuratamente tutto ciò che è mondano dalla mia anima, allora si mostrerà quanto di vero c’è nella vostra affermazione”.

16. Ora si avvicinano gli altri tre angeli, tolgono all’uomo le vesti da statista e gli mettono invece degli indumenti grigio cenere, molto stracciati e piuttosto sporchi. Allora il secondo angelo si rivolge a lui: “Ora sei rivestito con l’abito dell’umiltà. Tuttavia, questo soltanto non basta ancora, bensì tu devi essere umile anche nell’agire. Perciò seguici!”

17. L’uomo li segue ed essi arrivano in una fattoria e gli dicono: “Vedi, qui abita un uomo rigido che ha grandi mandrie di maiali. Presso costui tu devi servire ed accontentarti di tutto quello che ti dovesse dare come paga; e se diventasse duro ed ingiusto verso di te, dovrai sopportare tutto con pazienza e cercare giustizia esclusivamente nella Grazia e nella Misericordia del Signore.

18. Se ti colpirà, non colpirlo a tua volta, ma come uno schiavo, porgigli la schiena, così come sulla Terra – in conseguenza della subordinazione militare – hai visto spesso quando un povero soldato dovette mettersi sulla panca completamente senza volontà e sopportare una dura punizione, spesso sommamente ingiusta! Se sopporterai tutto questo con la retta pazienza, allora dovrà esserti assegnata una sorte migliore!”

19. Dice allora l’uomo: “Ringrazio devotissimamente per questo modo di guidarmi! Ridatemi solo il mio abito di stato, voi imbroglioni; state certi che mi aprirò da me stesso la strada! Guarda qua che stracci; di un par mio, che conta per lo meno venti avi, vogliono fare, come se niente fosse, un guardiano di porci! Oh, se fossi ancora al mondo, ve la farei pagare per questo, che ve la dovreste ricordare! Questi vagabondi si spacciano anche per messaggeri di Dio! Ma aspettate un po’, questa ambasciata divina vi verrà a costare cara!”

20. Gli angeli gli restituiscono il suo abito da statista e dicono: “Come vuoi tu. Ecco il tuo vestito terreno! Se non vuoi percorrere le strade della vita, percorri le tue proprie, ma il nostro servizio presso di te è finito”.

21. Ora vedete in quale ‘acqua’ si mette il nostro uomo; avrà da nuotarvi a lungo, prima di giungere, sulla via di ritorno del figlio perduto, al Padre.

22. Si guardi perciò ognuno dalla sete di potere, poiché questa ha sempre le medesime conseguenze. Prossimamente un altro esempio.

 

*  *  *

 

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Nona scena

Il vescovo Martino

 

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13 agosto1847

1. Un vescovo, che teneva in gran considerazione la sua carica e altrettanto i suoi regolamenti, si ammalò per l’ultima volta.

2. Questi, che perfino quand’era un sottoposto sacerdote dipingeva le gioie del Cielo con i colori più meravigliosi, molto spesso si sfiniva completamente nella rappresentazione delle delizie e beatitudini nel Regno degli angeli; accanto a queste meraviglie, ovviamente, non dimenticava neanche l'inferno e il fastidioso purgatorio, e ora – egli stesso vegliardo già quasi ottantenne – non aveva ancora nessun desiderio di prendere possesso di questo suo Cielo così frequentemente esaltato; avrebbe preferito mille anni ancora di vita terrena, piuttosto che un Cielo futuro con tutte le sue delizie e beatitudini.

3. Per questa ragione, dunque, il nostro vescovo ammalato ricorse a tutti i metodi pur di diventare di nuovo sano in terra. I medici migliori dovevano essere sempre intorno a lui; in tutte le chiese della sua diocesi dovevano essere celebrate messe solenni, e tutte le sue pecorelle furono esortate a pregare per la sua conservazione e a fare, a suo favore, delle pie promesse, per ottenere l’indulgenza plenaria, e anche a mantenerle. Nella sua stanza d’ammalato fu eretto un altare, sul quale ogni mattina si dovevano celebrare tre messe al fine che riottenesse la propria salute. Di pomeriggio, invece, tre monaci, tra i più pii, dovevano pregare in continuazione e leggere il breviario con il Santissimo sempre esposto.

4. Egli stesso implorava spesso: “O Signore, abbi pietà di me! Santa Maria, tu cara madre, aiutami, abbi pietà della mia alta carica di principe-vescovo della Chiesa e delle grazie che io porto in tuo onore e in onore di tuo Figlio! Oh, non abbandonare il tuo fedelissimo servitore, tu sola soccorritrice in ogni necessità, tu, unico sostegno di tutti i sofferenti!”.

5. Tutto questo, però, non gli fu di alcun aiuto; il nostro uomo cadde in un vero sonno profondo, dal quale, da questa parte, non si risvegliò più.

6. Che tipo di cerimonie molto solenni avvengano sulla Terra per la salma di un vescovo, lo sapete benissimo, perciò non abbiamo bisogno di soffermarci più a lungo in merito; vogliamo invece guardarci subito intorno nel mondo dello spirito, e vedere che cosa il nostro uomo v’intraprenderà.

*

7. Ci siamo già, e vedete, ecco pure il nostro uomo che giace ancora sul suo letto; poiché fino a quando c’è ancora del calore nel cuore, l'angelo non libera l'anima dal corpo. Questo calore è lo spirito dei nervi, il quale deve essere raccolto interamente dall'anima, prima che possa essere effettuato il completo distacco.

8. Ora però l'anima di quest'uomo ha già raccolto in sé completamente lo spirito dei nervi, e l'angelo, in quest’istante la libera dal corpo con le parole: “Hephata”, ossia: “Schiuditi anima! Tu polvere, invece, ricadi nella tua putrefazione, per essere sciolta attraverso il regno dei vermi e del marciume! Amen!”.

9. Ora guardate, il nostro vescovo già si alza, proprio come quando viveva nella pienezza dei suoi ornamenti vescovili, e apre gli occhi. Sorpreso, si guarda stupito intorno, e non vede nessuno al di fuori di se stesso, non vede nemmeno l'angelo che lo ha svegliato. Il paesaggio gli appare in una luce molto fievole, simile ad un crepuscolo piuttosto avanzato, e il suolo somiglia ad un magro muschio alpino.

10. Il nostro uomo non è poco sorpreso di questa strana situazione, e parla ora con se stesso: “Che cosa significa questo? Dove mi trovo dunque? Vivo ancora, o sono morto? Io, infatti, ero molto malato, ed è facilmente possibile che ora mi trovi già tra i defunti. Sì, sì, per l’amor di Dio, deve essere proprio così! O Maria santissima, san Giuseppe, sant'Anna, voi miei tre potenti protettori, venite e aiutatemi ad entrare nel Regno dei Cieli!".

11. Attende a lungo, premurosamente scruta intorno a sé, cercando di capire da quale parte i tre potrebbero arrivare; ma questi non si vedono.

12. Nuovamente invoca i suoi protettori, ma ancora non appare nessuno.

13. Ancora più forte ripete lo stesso richiamo per la terza volta, ma anche questa volta, inutilmente.

14. Intanto il nostro uomo comincia ad essere molto allarmato. Comincia un po’ a disperare e, nella sua situazione, che diventa sempre più disperata, dice: “Oh, per l’amor di Dio, Signore, aiutami! (Questo però è solo il suo modo di dire). Che cosa vuol dire questo? Ho chiamato tre volte e, …inutilmente.

15. Sono dunque condannato? Questo non può essere, perché non vedo nessun fuoco e nessun diavolo.

16. Hahahaaaaa (trema), è veramente terribile! Così, solo! O Dio, e se adesso venisse qua un diavolo, cosa farei? Poiché non ho nessun’acquasanta tre volte consacrata, e nessun Crocefisso.

17. E poi, ho sentito dire che i diavoli hanno una particolare preferenza per i vescovi! Oh, oh, oh, (trema di nuovo di paura), questa è una situazione assai disperata! Credo perfino di sentire, presso di me, già il pianto e lo stridore di denti.

18. Mi toglierò la veste di vescovo, così, forse, il diavolo non mi riconoscerà. Ma, … e se invece questi avesse ancora più potere su di me? – Ahimè, ahimè, che cosa terribile è la morte!

19. Sì, se solo fossi completamente morto, allora non avrei nessuna paura; ma proprio questo essere in vita dopo la morte, ecco, questo è tremendo. O Dio, aiutami!

20. Che cosa succederebbe se mi avventurassi oltre? No! No! Io resto! Poiché, ciò che c’è qui, ora lo conosco, sia pur da breve esperienza; ma quale conseguenza avrebbe solo un passo nell’oscurità più avanti o più indietro, questo, solo Dio lo saprà! Perciò, nel nome Suo e nel nome della beatissima vergine Maria, voglio restare qui fino al giorno del giudizio universale, piuttosto che muovermi solo di un passo in avanti o indietro”.

*

(Il proseguimento del cammino spirituale di questo vescovo, proseguirà ancora per 204 capitoli, dettati in circa un anno, e rappresenterà una delle opere principali dettate a Lorber, il cui contenuto descrive quanto di più profondo sia mai stato comunicato per riflettere sulla vera fede dal Cielo, rapportata con la fede cattolica promulgata dalla Chiesa romana, ma anche confrontata con quella di molte altre dottrine religiose)

 

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Decima scena

Un povero

 

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16 ottobre 1848

1. Qui segue, come ulteriore scena dal Regno spirituale redatta brevemente, la morte, o propriamente il passaggio, da questa vita terrena di prova alla vera eterna vita dello spirito, di un povero lavoratore a giornata, di quel genere di persone che i grandi del mondo chiamano solo ‘carogne’, ‘canaglie’ e ‘miseri pezzenti’.

2. Venite con me in una poverissima stanzetta, che assomiglia di più alla tana di un orso che ad una stanza abitabile da esseri umani. Appena due tese cubiche misura lo spazio interno. Una porta fortemente danneggiata conduce in questo buco, il quale sopra l’ingresso ha un’apertura lunga due spanne ed alta una spanna. Attraverso questa apertura, riflettendo sullo sporco muro della stalla di un ricco vicino, cade una luce rotta ed indebolita che illumina l’interno del buco quel tanto, che basta perché i suoi sette abitanti non si possano ferire gli occhi l’un l’altro. Questo lusso di sala non ha né stufa né camino; il posto di quest’ultimo è rappresentato in un angolo da una sudicissima pietra calcarea non squadrata, alta appena un piede, sulla quale i poveri abitanti di tale “fossa da orsi” si cucinano un pasto frugale, quando sono così fortunati da procacciarsene il materiale necessario col lavoro e con l’elemosina.

3. Nota bene: Per questa ‘splendida’ abitazione, questi poveracci devono pagare al ricco padrone di casa un fiorino. e trenta kreuzer (antica moneta austriaca) al mese di affitto e ne sono persino contenti, perché il proprietario almeno non li sollecita troppo, se non pagano la quota di affitto subito al primo del mese, ma spesso aspetta perfino quattordici giorni. Sì, il loro padrone di casa è ‘così buono’ che, per la malattia del loro povero vecchio padre settantenne, ha fatto pervenire loro trenta libbre di paglia ammuffita di segale per venti kreuzer ed ha aspettato ugualmente ben dieci giorni per il pagamento! In verità, un padrone di casa così ‘di buon cuore’ e ‘paziente’, potrà dunque, un giorno, anche presso di Me, il Signore, accampare pretese di misericordia e pazienza?

4. Ora vedete, là nell’angolo più buio di questo buco, giace appunto sulla ‘fresca’ paglia da venti kreuzer il nostro povero lavoratore a giornata. Alcuni anni fa, mentre eseguiva un lavoro pesante come muratore, egli cadde da una cattiva impalcatura e si ruppe due costole e un braccio. Fu sì portato in un ospedale dei poveri, là però fu tiranneggiato dai medici per sei mesi e dopo, guarito molto malamente, dimesso, in quanto ritenuto di nuovo sano dai dottori.

5. Da allora infermo, debole e dunque non più adatto ad un lavoro pesante, si aiutò con ogni sorta di lavoretti adatti alle sue forze – con la moglie altrettanto malata e debole e con cinque figlie, la maggiore delle quali conta quattordici anni – e talvolta anche con una qualche benevola offerta che la moglie o le sue figlie avevano in elemosina di quando in quando da qualche raro tenero cuore. Età, debolezza, freddo e pessimo cibo, così come una piaga cancrenosa rimastagli al torace, lo gettarono ora su questo miserrimo letto di malattia, sul quale lo vediamo ora nella nostra visita.

6. Dimagrito come una mummia egizia del tempo dei faraoni, pieno di dolori in tutto il corpo, in cui l’anca, il coccige e la spina dorsale sporgente almeno un pollice sono tutti piagati per il duro giaciglio, inoltre con lo stomaco vuoto, privato di ogni cibo, morso da ardente fame, egli dice con voce rotta a sua moglie: “Mammina, non hai proprio più niente? Non un pezzettino di pane? Non un brodo caldo? Niente patate cotte? O Dio! O Dio! Come sono terribilmente affamato! Per i dolori non mi posso più muovere e in più ho anche una tale fame! O mio Dio, mio Dio! Liberami dunque una buona volta da questa pena!”

7. Risponde la moglie, che per la spossatezza e la fame lei pure può reggersi a mala pena: “O mio povero, carissimo marito! Già alle sei di questa mattina le tre figlie maggiori sono uscite a chiedere qualcosa da alcune buone persone compassionevoli, e ora sono già le tre del pomeriggio e non ne torna ancora nessuna!

8. Tremo in tutto il corpo dalla paura e dall’angoscia che sia capitato loro qualcosa di male. O Gesù e Maria! Se magari fossero cadute nell’acqua o nelle mani impietose della polizia? Mi tremano le mani e i piedi! Gesù ti dia la forza nel frattempo; io con l’aiuto di Dio voglio raccogliere tutte le mie forze e andare proprio alla polizia, a domandare se là non sappiano dove siano mai andate a finire le nostre povere figlie!”

9. Dice il malato: “Sì, sì, cara madre, va’, va’; anch’io sento già paura e spavento oltre misura! Però non restare fuori a lungo e portami qualcosa da mangiare, altrimenti muoio di fame! Pensaci: sono già due giorni interi che tutti noi non abbiamo mangiato nulla. E se le tre povere ragazze fossero magari crollate da qualche parte per lo sfinimento!? O mio Dio! O mio Dio, tutta la miseria deve proprio venire sopra di me!”

10. La donna si allontana, e non appena si affaccia sul vicolo vede uno sbirro di servizio spingere le sue tre figlie davanti a sé. La madre, allora, lancia un grido di spavento ed esclama, alzando le mani sopra il capo: “Dio giusto! O Gesù! Ma queste sono le mie povere figlie!”

11. Le figlie ansimano verso la madre tutte rosse dal pianto: “O madre, madre! Quest’uomo rozzo ci ha colte in un vicolo dove chiedevamo a un uomo un’elemosina per il nostro padre malato mortalmente, poi ci ha rinchiuse in una stanza buia e, poiché ci ha visto mendicare di frequente, ha chiamato un uomo ancora più detestabile che aveva l’aspetto di un signore. Costui, nonostante lo scongiurassimo in ginocchio, ci fece battere con delle verghe, tanto che dietro siamo tutte insanguinate! Dopo ci domandò in tono aspro dove abitassimo, e quando per il dolore a mala pena potemmo indicargli la nostra abitazione, allora comandò a quest’uomo rozzo che ci aveva colpite così terribilmente, di portarci a casa. O madre! Madre, fa spaventosamente male!”

12. La madre, appena in grado di parlare, manda un profondo sospiro verso di Me, dicendo: “O Signore, Tu giustissimo Dio! Se Tu vivi, come puoi guardare questi misfatti e lasciarli accadere impuniti? O mio Dio, mio Dio, come puoi lasciar venire su di noi una tale pena!?”. Mentre piange amaramente, il poliziotto però le rinfaccia di ragionare così sulla strada per far sì che i passanti le prestino attenzione, e le ordina di ritirarsi subito in casa sua.

13. La donna si scusa in quanto madre e dice piangendo: “O Signore, che altro posso fare se non piangere? Il mio settantenne marito, malato a morte, giace superaffamato su pura paglia; noi tutti non abbiamo mangiato nulla per due giorni. Questo autunno avanzato è umido e già molto freddo e non abbiamo un truciolino di legno per riscaldare la nostra abitazione umida e fredda. Io stessa sono debole e malata. Queste tre ragazze erano il nostro unico sostegno, e queste ce le avete picchiate fino a renderle storpie! O Dio! Come potrei tacere per giunta? Come potete voi proibirmi il giusto pianto? Non siete dunque un uomo, un cristiano?”

14. Qui il poliziotto vuole cacciarla indietro; ma dietro un angolo balza fuori un uomo coraggioso e grida al poliziotto: “Fermo amico! Fin qui e non un filo più oltre! Qui, povera madre, hai 30 fiorini. Sostentati con questi meglio che puoi. Tu invece, insensibilissimo sicario, allontanati immediatamente da qui, altrimenti caccio un paio di pallottole tra la tua testa di tigre!”

15. Il poliziotto vuol arrestare il benefattore per questa minaccia; ma il forestiero estrae subito dalla tasca interna della sua giacca una pistola carica e la tiene puntata contro lo sbirro, il quale ora ovviamente ritiene più consigliabile allontanarsi con la massima rapidità, piuttosto che farsi sparare da quest’uomo, che ora ha un aspetto terribilmente serio.

16. Dopo che lo sbirro è sparito dalla vista, anche il benefattore prosegue per la sua strada tutto calmo e tranquillo. La madre e le tre figlie gli lanciano ancora da lontano i loro baci di gratitudine. E la madre, sostenuta dalle sue tre figlie battute, che a causa di questo benefattore hanno completamente dimenticato il loro dolore, si affretta subito nella prima taverna e compra pane, un po’ di vino e carne. Il cameriere rimane perplesso quando riceve da questi poveri straccioni una banconota da 10 fiorini da cambiare. Ma pensa tra sé:

“Soldi sono soldi, che siano rubati o guadagnati in modo onesto!”. Cambia alla poveretta la banconota e le consegna quanto richiesto.

17. Con ciò si affrettano a casa e trovano il pover’uomo che piange per il dolore e per la fame. La madre gli dà subito un po’ di pane e vino e la figlia maggiore fa un salto da un vicino commerciante e compra legna per un paio di grossi (antica moneta austriaca), un accendino ed anche una mezza libbra di candele.

18. Quando ritorna a casa, trova con suo spavento due sbirri davanti alla porta del povero, i quali sono ora ritornati in tutta fretta, o per ritrovarvi ancora l’uomo caritatevole, oppure in caso contrario, per informarsi possibilmente presso la povera donna sulla posizione e sulla dimora di quest’uomo, e qualora la donna non avesse risposto a dovere, si sarebbe dovuta arrestare.

19. Con questo ‘lodevole’ proposito, su ordine dell’ufficio di polizia, essi entrano con la povera ragazza nella buia stanza, pretendendo immediatamente una luce e intimando alla donna di dare notizie, minacciandola altrimenti di seguirli all’ufficio di polizia. La povera donna, sentendo questo, si accascia a terra per la paura. La figlia maggiore, anch’ella tremante di paura, porta la luce pretesa, e i due sbirri, vedendo il malato quasi nudo sul pavimento, coperto solo parzialmente coi più miseri stracci, all’inizio indietreggiano un po’ rabbrividendo, ma presto si riprendono ed interrogano la donna mezza morta, sulla posizione e sulla dimora del benefattore.

20. La donna trema ed è incapace di alcuna risposta. I due sbirri prendono questa circostanza per un’astuzia, strappano la donna dal pavimento e vogliono subito portarla dentro. L’uomo ammalato e le cinque figlie chiedono grazia e pietà, ma i due eseguono muti il loro ‘bell’ufficio’.

21. Ma nel momento in cui i due sbirri tengono già la donna sulla soglia dell’uscio, arriva il nostro uomo con altri tre vigorosi aiutanti. Essi dapprima liberano la donna mezza morta dalla paura dalle mani dei due sbirri, e poi li bastonano fino a tramortirli, così che a mala pena possono camminare, e li minacciano con tutto il loro ufficio, dicendo: “In nome di Dio! Se voi, misere bestie, osate ancora una volta calpestare questo luogo santo, dove abitano gli angeli di Dio, allora aspettatevi da noi la più terribile vendetta! Noi non siamo uomini ed esseri di questo mondo, ma siamo gli spiriti custodi di questi angeli, che fanno qui la prova della carne!”

22. Dopodiché i quattro soccorritori scompaiono. Anche i due sbirri, se ne vanno, ora tutti calmi, per non ritornare più.

23. La donna si riprende poco dopo e provvede ora – ringraziando Me per questo soccorso – che il marito, molto prossimo alla fine, riceva una minestra calda. La minestra è presto pronta e fra mille benedizioni viene offerta al vecchio uomo, il quale, ringraziando Me e i suoi, la mangia con grande appetito.

24. Così un po’ rinvigorito, egli dice alla moglie e alle sue figlie: “Tu, mia cara moglie, e voi, mie amatissime figlie, avete sopportato molto a causa mia, ma intanto vi siete anche visibilmente convinte che la mano del Signore combatte per voi e scaccia via i vostri nemici come un brutto fantasma. Dunque, continuate a confidare nel Signore; Egli vi sarà più vicino proprio quando le vostre difficoltà saranno più grandi! Perdonate a tutti quelli che furono duri contro di noi e particolarmente contro di voi: essi sono come delle macchine, strumenti di un comando di polizia cieco e dispotico, ed agiscono senza indagare o sapere quello che fanno. Il Signore soltanto deve essere il loro Giudice!

25. Sopportate la vostra croce con pazienza e non cercate mai fortuna in questo mondo; infatti i figli fortunati di questo mondo non sono i figli di Dio. Ciò che è splendido in questo mondo, davanti a Dio è un abominio! Non temete nulla così tanto come la fortuna del mondo, poiché questa è la più grande sfortuna per lo spirito.

26. Vedete, a che cosa mi sarebbe servito o che cosa mi potrebbe servire ora, se io fossi uno dei più ricchi cittadini di questo mondo? Ora al termine della mia corsa terrena non avrei nient’altro davanti a me che la sicura morte eterna. Ma com’è tutto diverso ora per me! La morte si è completamente spogliata dei suoi spaventi; per me non c’è più alcuna morte! Già sono liberato da tutti i miei dolori terreni e davanti a me sta già spalancata la splendida porta del Regno di Dio!

27. Vedete, il mio corpo, questo logoro sostegno dell’anima per portare la croce di Dio, giace ora già freddo e morto sul duro letto di paglia. Ma io, anima e spirito, che abitai per settant’anni questo corpo ora morto, da me caduto, sono ora libero, vivo già una vita eterna e non ho né visto né sentito la morte fisica; infatti, in un meraviglioso istante di cui ero appena cosciente, sono stato liberato dal mio gravoso fardello. Tastate il corpo e convincetevi che è già completamente morto.(La moglie e le figlie tastano il corpo e lo trovano freddo e duro e morto). E, vedete, io vivo tuttavia e parlo con voi ora molto più perfettamente di come abbia mai parlato!

28. Ma la ragione di ciò è che io ho sempre creduto in Gesù, il Crocifisso, e per quanto mi fu possibile, ho agito secondo i Suoi Comandamenti. Ciò che Egli ha insegnato nel tempio – e cioè che coloro che accolgono la Sua Parola, e vivono in conformità ad essa, non vedranno e non proveranno la morte – si è confermato ora in me come eternamente vero; infatti io ho deposto il corpo senza aver sentito come e quando.

29. Non vi ho lasciato in eredità alcun patrimonio, la mia grande povertà terrena è l’eredità di voi tutti! Ma rallegratevi di questo; se i ciechi uomini ricchi della Terra sapessero quale ricchezza per lo spirito è la povertà terrena, sfuggirebbero i loro sacchi di denaro come la peste! Invece la loro grande cecità ritiene un guadagno proprio quello che li uccide eternamente. Così, lasciamoli dunque percorrere la via della perdizione. Se anche voi, alla fine del vostro viaggio terreno, volete essere felici così come lo sono io ora, allora sfuggite la fortuna del mondo e non cercatela mai più!

30. Credete a me, che ora già parlo con voi dall’aldilà. Quanto più grande è la croce che una persona porta e quanto più pesante è da sopportare, tanto più facile ed impercettibile sarà il suo passaggio da questo mondo della materia in quello dello spirito. Infatti, tutti coloro che seguono l’esempio di Cristo devono percorrere la via della carne. Tutti devono essere crocifissi in Cristo e in Lui morire, altrimenti non potranno mai eternamente pervenire al risveglio e alla risurrezione in Lui e per mezzo di Lui!

31. Ma mediante la povertà, l’indigenza ed altri fardelli della vita, la carne viene già crocifissa ed uccisa in Cristo; perciò, dunque, anche ciascuno che viva come noi abbiamo vissuto e come voi vivete ancora, là dove i ricchi alla fine della loro fortuna terrena muoiono in senso vero e proprio, là questo viene risvegliato e nell’apparente letto di morte mieterà già la piena risurrezione per la vita eterna! Infatti il povero che si abbandona alla volontà di Dio muore costantemente, e quando il suo scopo è compiuto, allora ha già anche finito con ogni morte e perciò non può più morire, ma solo risorgere in Cristo. Tutt’altro è per quell’uomo che è vissuto continuamente per i suoi appetiti. Un uomo simile, al traguardo della sua carne, muore davvero e completamente, e solo difficilmente può essere risvegliato nell’aldilà, o forse nient’affatto e mai più.

32. Tutto questo conservatelo nel vostro cuore, e siate pieni di gioia se il mondo vi disprezza e vi copre di nomi ingiuriosi e vi perseguita con ogni sorta di armi del suo cuore duro e malvagio, poiché il Signore osserva sempre i ‘malvagi’ e conosce i loro progetti! Io vi dico: quando voi vi rialzerete, allora essi andranno in rovina! Perciò cercate prima di tutto, solo il Regno di Dio e la Sua Giustizia: tutto il resto vi sarà dato in più gratuitamente.

33. Quindi non rallegratevi mai per i ricchi di questo mondo, ma molto più compiangeteli; essi infatti sono molto poveri nello spirito. Tanto più invece rallegratevi di coloro che come voi sopportano ogni genere di croce e di indigenza! Costoro infatti muoiono giornalmente in Cristo, per poi alla fine non morire più, bensì risorgere alla vita eterna in Cristo.

34. Queste mie ultime parole in questo mondo siano la vostra grande ricchezza che vi lascio in eredità; per questa eredità non avrete da versare alcuna tassa! Ma portate via presto il mio corpo dalla stanza; infatti esso è completamente morto. Non celebrate alcuna cerimonia, poiché tutte queste cerimonie sono un abominio davanti a Dio. Così pure non pagate alcuna messa in mio suffragio, poiché il Signore Dio ha ribrezzo di una preghiera pagata. Ma tutto quello che fate sia una lode vivente al Signore, perché mi ha voluto concedere una grazia così grande. A Lui soltanto sia ogni onore, ogni lode e tutto il nostro amore in eterno. Amen”.

35. Con queste parole egli ammutolisce per questo mondo ed è, come secondo il corpo, completamente morto.

36. Immediatamente vede accanto a sé tre uomini oltremodo cordiali, ritti in bianchi abiti a pieghe, che lo salutano molto affettuosamente e gli tendono le mani per un eterno legame di fratellanza. Volentieri, essendo beato, dimenticando ogni terrena sofferenza, egli porge loro anche le sue, trovandosi ancora seduto diritto nel suo corpo terreno e dicendo: “O miei cari amici del Signore Gesù Cristo, come siete sicuramente, ed a me ancora del tutto sconosciuti! Per sette interi decenni che ho trascorso sulla dura Terra, ho vissuto – secondo l’ottica terrena – pochi giorni buoni, ma in compenso tanti di più pieni di afflizioni, e gli ultimi furono certo i più amari. In quelli, infatti, solo una pioggia di dolori e di profondissima indigenza è ricaduta sulla mia povera pelle peccatrice. Ma sia tutto offerto al Signore, e a Lui solo tutta la lode e tutto il mio amore in eterno per questo! Infatti, benché in verità abbia molto sofferto, tuttavia non mi sono mai mancate delle temporanee consolazioni. Queste mi hanno completamente risollevato nel cuore e mi hanno insegnato a disprezzare, nel nome del Signore, tutti i dolori e le ferite del corpo, fisicamente orribili e mortalmente amari. E ora, con la grande Grazia, l’aiuto e la misericordia di Dio, il Signore Gesù Cristo, ho tutto superato ed aspetto, proprio nella pazienza che sulla Terra così spesso mi attenuò tutti i dolori, quello che la santissima Volontà del Signore disporrà su di me. A Lui solo sia offerto tutto il mio amore, tutta la mia lode e la mia adorazione. Avvenga la Sua Volontà che sola è santa!”

37. Domanda uno dei tre uomini biancovestiti: “Caro amico, ma che cosa faresti tu se il Signore, per amore della Sua grande Santità e a causa dei tuoi peccati veniali – e ciò secondo la fede che professi – ti ordinasse di andare, così, magari per un tempo imprecisato, in purgatorio, dove dovresti patire grandissimi dolori? Potresti anche là, fra i grandissimi tormenti del fuoco, lodare ancora ed esaltare il Signore? E potresti ancora amarLo?”

38. Risponde il povero: “O caro amico, l’infinita Santità del Signore esige sì la più grande purezza di quell’anima che dovesse diventare degna della Sua visione, ma la Sua altrettanta infinita Sapienza e Bontà sanno bene anche quanto dolore può sopportare una povera anima, e perciò non la sovraccaricheranno! Se però la Sua Giustizia, a motivo della Sua infinita Santità, esige questo da me, avvenga la Sua santa Volontà! Infatti anche in questo io scorgo ancora il Suo grande Amore, il quale prescrive una tale purificazione all’anima soltanto perché essa possa diventare degna di essere accolta alla visione di Dio!

39. Io dico che il Signore è sempre l’Amore più puro, per cui essendo infinitamente buono, tutto quello che Egli fa è buono. Perciò avvenga solo ed esclusivamente la Sua santissima Volontà! Poiché, se anche io implorassi pietà e misericordia, sicuramente ciò non sarebbe per me una cosa altrettanto buona di quella che l’altissima Sapienza e l’Amore del Signore prescrivono e stabiliscono per me. Perciò dico una volta per tutte in eterno: ‘Sia lodato il Signore Gesù Cristo, che quale unico Signore-Dio, col Padre e con lo Spirito Santo, qui regna e governa di eternità in eternità! Sia esaltato il Suo Nome santissimo ed avvenga la Sua Volontà che sola è santa!”

40. Dice il biancovestito: “Qui ora hai detto perfettamente il giusto e il vero. Ma rifletti che sei morto senza confessione e comunione; non potrebbe accadere facilmente che, se tu ora dovessi comparire davanti al tribunale di Cristo, venga trovato in te un peccato mortale e tu in stato di disgrazia – secondo l’insegnamento della tua Chiesa – debba andare all’inferno per l’eternità? In che modo, là, loderesti ed esalteresti il Signore?”

41. Dice il povero: “Amici, quello che ho potuto fare, l’ho fatto sicuramente. Che alla fine non potessi confessarmi, non fu certo per colpa mia. E comunque mi sono confessato tre settimane fa, e allora il padre confessore mi assicurò che non avrei più avuto bisogno a lungo della confessione. O amici, se però ciò nonostante dovessi avere in me qualche peccato mortale di cui sono inconsapevole, allora certo pregate il Signore per me, povero peccatore, che voglia essermi clemente e misericordioso, poiché arrivare all’inferno dopo una vita terrena piena di sofferenze, sarebbe sì la cosa più terribile! O Signore avvenga sì la Tua Volontà, però sii tuttavia clemente e misericordioso con me, povera anima peccatrice”.

42. Dice di nuovo l’essere candido: “Sì, caro amico, però, nel caso avessi in te un peccato mortale, la nostra intercessione forse non cambierebbe niente. Infatti, lo sai pure dalla dottrina della tua Chiesa che presso Dio dopo la morte non può aver luogo alcuna misericordia, a causa della Sua Giustizia immutabilissima e perfettissimamente ultrasevera. Inoltre, nel mondo hai sempre tenuto poco all’intercessione dei santi e all’offerta della messa, e per così dire, alla fine, nulla del tutto, per cui verso la tua Cchiesa ti sei comportato indiscutibilmente da eretico, e al suo cospetto diventasti un grandissimo peccatore. Se anche ora noi pregassimo qui per te presso Dio, ritieni forse che la nostra intercessione ti potrebbe giovare a qualcosa? Perché dunque non hai tenuto in nessun conto le litanie della Chiesa e le sue messe per le anime defunte, secondo la tua propria ultima ammissione, dato che a quelli che hai lasciato desti l’insegnamento che le preghiere pagate sono un abominio davanti a Dio, per cui, dunque, non dovevano pagare per te alcuna messa? Ma dato che tutto questo è proprio così per te, come possiamo noi pregare per te presso Dio? Che pensi ora a questo riguardo? Ti gioverà o ti potrà giovare pur qualcosa questo, presso Dio?”

43. Dice il povero, pieno di spirito e pieno di profonda fermezza: “Amici, chiunque possiate anche essere, ciò mi è indifferente; più che creature di Dio non siete, e ciò – grazie e amore in eterno al Signore Dio – lo sono anch’io e credo di poter parlare con voi altrettanto liberamente come voi parlate con me.

44. Io al mondo fui sì molto povero e misero, ma sapevo leggere, scrivere un po’ e contare abbastanza bene. Le domeniche e i giorni di festa li ho trascorsi per lo più leggendo con la massima attenzione ed esaminando la Sacra Scrittura. Quanto più mi destreggiavo in essa, tanto più mi diveniva chiaro che la Chiesa romano-cattolica fa e vuole che sia fatto proprio il netto contrario di tutto ciò che Cristo e gli apostoli, secondo i quattro Vangeli e le Lettere degli apostoli, hanno insegnato e fatto essi stessi. In una lettera dell’apostolo Paolo trovai perfino il passo tuonante: «E se un angelo dai Cieli venisse ad insegnarvi un Vangelo diverso da quello che vi annuncio, e cioè di Gesù il Crocifisso, quello sia maledetto!» [Gal.1,8].

45. Questa sentenza mi attraversò l’anima come mille fulmini, ed io pensai e mi interrogai circa il rapporto fra siffatte parole dell’apostolo e la dottrina di Roma, che non solamente non insegna la Parola di Dio e proibisce a tutti i laici di leggerla, bensì insegna tutt’altre cose che assomigliano del tutto al paganesimo più oscuro. A chi devo credere ora?

46. Una voce intima mi disse quasi gridando: “Credi alla Parola di Dio!”. Ed io feci come l’intima voce aveva detto.

47. Mi divenne più chiaro di giorno in giorno che avevo ragione. Infatti comprendevo nel cuore ed ero convinto in spirito e verità di tutto quello che sinceramente credevo e facevo, – che la Dottrina di Cristo è pura ed è la sola verissima Parola di Dio, nella quale soltanto è da cercare e trovare tutta la salvezza e la vita eterna!

48. Dio è immutabile. Come Egli era, così resterà anche l’unico infinitamente perfettissimo eterno spirito del purissimo amore. Come potrebbe aver fondato la Chiesa di Roma, che non predica altro che odio e persecuzione, rovina, morte e inferno? – “No! No in eterno!”. Mi fu detto: “Chi giudica e condanna i suoi fratelli, costui è egli stesso giudicato e condannato! Ma anche tu non giudicare e non condannare nessuno nel tuo cuore, così anche tu non sarai giudicato!”. Così sentii e così anche agii. Vidi bensì sempre più chiaramente come i preti di Roma, col Signore, nello spirito, facevano mille volte anche peggio di coloro che un tempo Lo crocifissero realmente secondo il corpo; ma ciò nonostante io non li giudicai mai, bensì sempre dissi al mio cuore: “Signore, perdona loro, poiché tutti quanti sono completamente ciechi e non sanno quello che fanno!”

49. Io vedevo e comprendevo sempre più e più l’infinito amore del Signore. Perciò cresceva il mio amore per Lui così possentemente in me, che tutte le mie sofferenze terrene non potevano neanche minimamente scalfirlo, anzi lo rinvigorivano sempre di più! E così ora vi dico anche del tutto liberamente ed apertamente: Cristo è il mio amore e la mia vita! Anche all’inferno, se anche vi dovessi essere condannato da parte vostra, neanche l’inferno me Lo rapirà mai!

50. Lo so bene che davanti a Dio mi trovo come indegnissimo peccatore e non sono degno di alzare gli occhi fino a dove Egli, il Santissimo, dimora! Ma ditemi, dov’è mai, nella vasta infinità di Dio dove abita un angelo o un uomo, che possa dire come il Signore: “Chi di voi può accusarmi di peccato?”. – In verità, mi è più beato dire: “Signore, sono il più indegno di tutti!”, piuttosto che: “Sono il più degno della Tua Grazia!”. Io, e anche sicuramente voi, possiamo solo dire, quando anche avessimo fatto tutto quello che Egli ci ha ordinato di fare: “Signore, noi tutti siamo stati i Tuoi servi più inutili, e in nulla ci siamo resi degni della Tua Grazia! O Signore, o Padre, sii perciò – a causa dei Tuoi esclusivi infiniti meriti, per noi indegnissimi – verso di noi clemente e misericordioso!”

51. Unicamente di dire e di chiedere questo noi abbiamo il diritto, ma tutto quello che è in più lo ritengo un vero e proprio peccato mortale, nel tempo e nell’eternità. Spero che ora comprenderete perché non ho tenuto per nulla alle litanie e alle preghiere pagate. Invece, a una vera intercessione secondo la verità e l’amore del cuore da parte di un fratello per l’altro, fui sempre favorevole, e dunque anche per questa ragione ve ne pregai. Voi però potete fare ciò che volete, ma in tutto avvenga in eterno la santissima Volontà del Signore!”

52. Dice di nuovo il biancovestito, interiormente del tutto rapito per questo nuovo splendido fratello: “Caro fratello, vediamo la tua vera serietà, il coraggio e lo zelo per il Signore, che in verità stanno come una roccia. Tuttavia interroga il tuo cuore, se anche in faccia al Signore ti azzarderesti a parlare così?”

53. Risponde il povero: “Allora solo il mio grandissimo amore per Lui potrebbe sì incepparmi la lingua, ma mai farmi mancare il coraggio. E in verità, non ci vuole affatto molto coraggio per riconoscere davanti a Dio stesso che dinanzi a Lui, nella massima verità, ci si vanti di essere servi inutilissimi e perciò molto bisognosi della Sua grazia e misericordia. Oh, io, Cristo non l’ho mai temuto in senso vero e proprio, poiché Lo amavo troppo per poterLo temere. Ditemi solo se resterò ancora a lungo qui oppure no. Vorrei proprio sapere in modo ben preciso dove dovrò recarmi!”

54. Dice l’uomo biancovestito: “Ancora un po’ di pazienza, dobbiamo aspettare ancora qualcuno per causa tua. Come questi arriverà, portando dal Signore il tuo giudizio, sarai subito sciolto da questo posto e andrai dove lo stabilirà la Volontà di Dio. Vedi, là da oriente già egli viene; presto sarà qui! Non hai paura di lui, che viene nel nome del Signore?”

55. Risponde il povero: “Oh, no! Se amo il Signore stesso sopra ogni cosa, come potrei temere colui che Egli mi manda?”

56. Dice l’uomo biancovestito: “Però, caro fratello, tu sai che perfino l’uomo più giusto pecca sette volte al giorno, senza sapere che pecca. Se tu ora sommi tutti i giorni, cominciando da quando avevi l’età della ragione e li moltiplichi per sette, dovrebbe pur venirne una quantità molto notevole di peccati mortali, specialmente ammettendo che – secondo Ignazio di Loyola – quattro peccati piccoli ne fanno anche uno grosso! E se il messaggero venisse fuori con un tale calcolo, anche allora non avresti paura del messaggero del Signore?”

57. Replica l’uomo povero: “No! E sia detto ancora una volta: no affatto! Devo confessarvi apertamente, miei cari amici, che addirittura mi rallegrerei di essermi trovato un grandissimo peccatore! Infatti il peccato non mi innalza, bensì mi rende umile; e ciò è buono e giusto. L’ho provato molto spesso sulla Terra, quando di frequente, ovviamente per breve tempo, non ero consapevole di alcun peccato, cosa che mi succedeva specialmente dopo una confessione: in un tale stato ero dentro di me molto superbo per la presunta pura illibatezza morale, e dicevo anche segretamente tra me, se mai incontravo un qualche vero furfante di un uomo: Lode a Dio che non sono come questo individuo dimentico di Dio e di ogni diritto umano!

58. Ma quando poco dopo io stesso cadevo di nuovo in un qualche peccato, ecco che allora, quando m’imbattevo in un altro peccatore, pensavo con tutta la contrizione del mio cuore: ‘Guarda, questo che io ritengo per un cattivo individuo, davanti a Dio è forse di gran lunga più puro di me. Perciò Tu, o Dio, sii clemente e misericordioso con me, povero peccatore, poiché ora non mi sento nemmeno degno di alzare gli occhi ai Tuoi Cieli!’. E questo, amici, era sicuramente un miglior pensare, più consono ad un perenne peccatore, che pensare e dire tra sé: ‘Signore! Io sono un puro ed ho osservato tutte le leggi fin dall’infanzia, per cui, dunque, ora attendo anche con pieno diritto davanti a Te la promessa ricompensa!’

59. Amici, io so però che davanti a Dio sono un uomo peccatore. Perciò sono umile e non spero nulla da Lui secondo un qualche merito, bensì tutto unicamente dalla Sua grazia e misericordia.

60. Non so neanche davvero quali meritevoli guadagni avrebbero potuto accumulare delle creature davanti all’onnipotente Dio, il Quale solo può tutto e non ha mai avuto bisogno del nostro aiuto! Hanno forse aiutato il Signore Dio a creare Cielo e Terra, o a compiere la redenzione? O forse qualcuno è stato utile in qualche cosa a Dio, il solo Santo, per il fatto di aver più o meno osservato per il suo proprio bene le leggi date dal Signore? Ritengo che Dio senza di noi sarebbe altrettanto perfettamente Dio come ora è, dato che noi siamo pur solo destinati ad accogliere in noi la Sua grazia, la Sua misericordia e il Suo amore infiniti, e non a prestargli altri eventuali servizi, eternamente non necessari.

61. Vedete, così ho sempre pensato, così penso anche ora e così penserò anche sempre, ammesso che in seguito mi venga assegnata un’esistenza eterna! Per questa ragione non vedo perché ora io debba aver paura del messaggero del Signore, dal momento che non posso trovare alcuna ragione per aver paura del Signore stesso. Sì, io temo il Signore, ma non come un malfattore, bensì come un innamorato che si sente troppo peccatore e molto indegno, col suo cuore impuro, di amare il Signore in tutta la propria forza vitale! Che ne pensate ora, cari amici, ho ragione o no?”

62. Dice il biancovestito: “Lo vediamo ora del tutto chiaramente che non ti lascerai mai convertire da noi; perciò non ti vogliamo più neanche procurare altri fastidi e lasciamo ogni cosa a Colui che viene. Vedi, è già qui!”

63. Il messaggero si avvicina subito con viso cordialissimo all’uomo povero, gli porge molto amichevolmente la mano e dice: “Caro fratello, alzati sopra i tuoi resti mortali, e sorgi alla vita eterna nel tuo Dio e Signore, che tu in Gesù Cristo hai sempre amato così profondamente!”

64. Ora il povero si alza subito come perfettamente libero e ricolmo di grande forza e vigore, e dice al messaggero, che ha un aspetto molto semplice e modesto: “Insigne inviato del grande Dio onnipotente, un inesplicabile senso di gioia percorse l’intero mio essere quando mi desti la mano; questo vale per me anche come sicurissima prova che tu sei veramente un messaggero dell’Altissimo, inviato a me, povero peccatore. Poiché tu lo sei veramente, non solo per la precedente affermazione di questi tre fratelli che volevano incutermi grande paura e timore di te, bensì secondo il mio attuale indubitabile intuito. Oh, dimmi ora benignamente: ‘Che ho da aspettarmi dal giustissimo tribunale di Dio?’. Meriti, certo non ne ho, come neanche li avrò in eterno; ma poiché sento che davanti a Dio sono sicuramente un rozzo e grande peccatore, dimmi dunque se posso sperare grazia e misericordia”.

65. Dice il messaggero: “Caro fratello, come puoi domandare questo? Il tuo cuore è pieno di amore per il Signore, quindi è già in te il Signore Gesù, il Quale soltanto è Dio di eternità in eternità! Ma chi ha Gesù nel cuore, come può domandare se può sperare da Lui, grazia e misericordia? Io ti dico: tu ora sei già beato e non avrai da subire mai un giudizio! Vieni ora con me davanti al tuo Dio, davanti al tuo amorevolissimo santo Padre, e ricevi là ciò che è preparato in grande abbondanza a tutti coloro che come te Lo amano in tutta verità sopra ogni cosa!”

66. Dice il povero: “O insigne messaggero di Dio! Perdonami! Fin là non posso seguirti, poiché di tale grazia non sono degno eternamente! Portami invece così da qualche parte in un posticino tranquillo dove abitano i minimi beati, così senza meriti, come me, con la speranza di conseguire la visione del Signore Gesù da lontano una volta ogni cento anni terreni, e là sarò beato come i più puri e perfetti angeli! Inoltre non potrei affatto sostenerlo, che il Signore Gesù mi venisse troppo vicino, poiché il mio amore troppo grande e possente verso di Lui mi distruggerebbe interamente se arrivassi a Lui! Perciò fammi quello di cui ti ho pregato dal più profondo del mio cuore”.

67. Replica il messaggero: “Mio carissimo fratello, questo non può essere. Vedi, il Signore vuole così! Ma se io posso sempre resistere nella massima vicinanza del Signore, lo potrai certo anche tu. Perciò vieni dunque con me e non temere minimamente! Io ti dico: noi due ci troveremo bene davanti al Signore!”

68. Dice il povero: “Or bene, nel Nome di Dio, se la pensi così, allora ovviamente voglio osare! Ma dimmi: perché questi tre fratelli biancovestiti, ora ci guardano entrambi così come completamente toccati e rapiti nel loro intimo? Vedono già da qualche parte il Signore?”

69. Risponde il messaggero: “Può ben essere; ma essi hanno anche segretamente una grandissima gioia per te come per chiunque arrivi qui con un tale amore come te. Vedi, là, verso oriente, dove si eleva una dolce montagna su cui brilla una più che splendida aurora, di là passa la nostra strada che prestissimo e molto facilmente avremo percorso! Da quell’altura vedrai allora immediatamente davanti a te la nuova santa Gerusalemme, l’eterna Città di Dio, nella quale abiterai eternamente!”

70. Dice il povero: “Ah, fratello, quanto magnifica, quanto puramente divina splende dunque questa magnifica luce mattutina. Che magnifiche nuvole! E che magnifiche aiuole e gli alberelli! O tu, tu mondo celeste inesplicabilmente bello! Che cosa sono al confronto tutti gli splendori della Terra? Ma ora vedo anche grandi schiere dirigersi verso di noi e sento anche magnifici canti ultracelesti! Oh, quale armonia! Chi può misurare l’incommensurabile bellezza del suono? Come splendono possentemente quelli che ci vengono incontro! Come mi presenterò fra loro in questo mio abito dall’aspetto ancora così terreno? O Dio! O Dio! In verità, quasi non si può più sopportare! Vedi, ci vengono già del tutto vicini, e ora, ora: che è dunque? Cadono in ginocchio e chinando il volto come davanti a noi, e sembrano essere del tutto prosternati! Forse viene magari perfino il Signore stesso da qualche parte, dietro a questa schiera? Oh, dimmi dunque che deve significare questo!”

71. Risponde il messaggero: “Sarà ben qualcosa di simile. Lo vedremo subito noi stessi quello che è. Ancora un po’ di pazienza, in pochi passi siamo su e vedremo che cosa c’è là”.

72. Dice il povero: “O mio insigne amico, mi sento ora molto strano! Pensa solo come può andare a gente come noi e come possiamo sentirci a vedere per la prima volta il Signore del Cielo e della Terra, il Signore sopra ogni vita e sopra ogni morte! O amico, tremo dalla paura e dal desiderio e per la gioiosa trepida aspettativa delle cose che ora ci capiteranno. In verità, ancora solo pochi passi e la vetta è raggiunta! Ah, ah, che cosa vedrò mai?!

73. O amico, non hai dunque timore davanti a Dio quando ti viene incontro, in qualche simile occasione? È dunque divenuta già per te un’abitudine, tanto che non ti emozioni molto quando ti capitano queste cose? Eppure noto in queste schiere, così come nei tre fratelli che ci seguono, che essi non sono meno commossi di me. Solo tu sei del tutto indifferente ed hai un’espressione, come se tutto quello che succede qui fosse una cosa del tutto insignificante. Oh, dimmi: come si spiega questo, e com’è da prendersi? Devo forse anch’io, il che mi sarebbe puramente impossibile, comportarmi come te?”

74. Replica il messaggero: “Mio carissimo fratello, lo scorgerai presto il perché non ho timore davanti a Dio e perché non faccio come i nostri tre accompagnatori, né come te e neanche come queste schiere. È tuttavia meglio se tu ora ti comporti come mi comporto io;, poiché presto ti convincerai tu stesso che la tua paura è puramente vana. Poiché io ti dico che il Signore non pretende tutto questo; ma se i figli davanti al Padre esprimono così il loro intimo amore e l’umiltà, ovviamente non sbagliano.

75. So che tu in precedenza, di fronte ai tre che ti salutarono per primi, fosti completamente impavido ed imperterrito, il che mi piacque molto, sebbene si fossero impegnati molto per incuterti una certa paura. Com’è dunque che ora diventi così timoroso?”

76. Dice il povero: “Già! Allora non avevo neanche idea di una tale infinita sublimità di Dio e dei Suoi santi Cieli; ma ora ho davanti agli occhi ciò che prima a mala pena osavo pensare. Ma qui è anche tutto diverso! Che aspetto deve avere Dio, dato che costoro si abbassano così vibranti, sicuramente per il grandissimo santo rispetto davanti a Dio, l’Infinito, davanti a Dio, l’Onnipotente! Sarà pur in grado il mio occhio, ancora molto inabile ed inabituato alla luce, di guardare il Viso di Dio?”

77. Dice il messaggero: “Via! Via, carissimo fratello! Andrà tutto bene. Se fin qui non sei diventato cieco, le cose andranno bene anche in seguito. Sta’ solo calmo; vedi, siamo già sulla vetta ora, e là come all’orizzonte, sopra il quale vedi quel Sole di Dio, la cui Luce illumina tutti i Cieli e tutti i cuori degli uomini e degli angeli, scorgi già anche la santa Città di Dio, nella quale tu, precisamente accanto a Me, abiterai per l’eternità! Dirigiamoci là ormai molto velocemente e giungeremo subito alla nostra meta!”

78. L’uomo povero sgrana ora gli occhi e resta quasi paralizzato dalla tanta meraviglia; solo non comprende ancora la ragione per cui le schiere prima prosternate si levano e, insieme ai tre, li seguono, cantando in continuazione i più splendidi salmi in onore di Dio coi più armoniosi suoni.

79. Dopo una pausa di muta, beatissima contemplazione di questa regione del Cielo, che non è paragonabile a nulla di terreno, egli domanda di nuovo, dicendo: “O carissimo amico e fratello, dunque, dimmi: dove è mai che quelli che ci seguono vedono il Signore Dio, dato che essi cantano esattamente come se Egli fosse tra di loro? Io guardo a sinistra e a destra e avanti e indietro, ma non riesco a vedere nulla che mi potrebbe rammentare Dio. Sono dunque i miei occhi ancora troppo inabili, oppure ancora troppo indegni, per guardare il santissimo Volto di Dio? Verosimilmente sarà ben in eterno quest’ultimo caso? In fondo però lo preferisco anche, detto sinceramente; infatti io sento, e Dio lo saprà e lo vedrà per il meglio, che non sopporterei la Sua santissima visione. O sono già ultrabeato di vedere ora al tuo fianco tutte queste cose celestiali e che Dio vede me. Ovviamente, sai, una volta però vorrei pur vederLo, Lui, che così possentemente amo; ma certo solo principalmente, detto in verità, nella persona del Signore Gesù Cristo.

80. Oh, se potessi vedere solo una volta il caro, carissimo, sì, il più caro di tutti, il Signore Gesù, allora sarei già in assoluto la persona più beata e più felice di tutti i Cieli”.

81. Dice il messaggero: “Io ti dico, sta’ solo calmo; ti convincerai presto che vedrai Gesù prima di quanto tu pensi. Sì, Io ti dico, tu propriamente Lo vedi già, solo che ancora non Lo riconosci! Perciò sta’ solo calmo”.

82. L’uomo povero si guarda ora di nuovo attorno diligentemente da tutte le parti per vedere Gesù, ma ancora non scorge nessuno che potrebbe ritenere per Gesù. Si rivolge perciò di nuovo al messaggero e dice: “Eppure è strano! Tu dicesti che io Lo vedo già, solo che ancora non Lo riconosco. Eppure adesso ho esaminato accuratamente coi miei occhi tutti quelli che ci seguono; ma fra loro non può essere, poiché tutti sembrano essere prosternati fin nel loro più intimo e colti da profondissimo rispetto e tutti lodano ed esaltano come da una sola bocca Gesù, il Signore dall’eternità. I tre uomini biancovestiti fanno lo stesso, e così, secondo il mio pensiero, è ben difficile ammettere che il Signore Gesù, Jehova, si trovi visibilmente tra di loro. E tuttavia tu dicesti che io Lo vedo! Oh, ti prego, dimmi dunque come e dove esattamente lo vedo?”

83. Dice il Messaggero: “Guarda alla Città di Dio, alla quale ora siamo già molto vicini; in essa ti diverrà tutto chiaro. Camminiamo già adesso verso le mura esterne e perciò saremo presto nella Città santa stessa e giusto là ti saranno aperti gli occhi completamente, e ciò, press’a poco nella stessa maniera come ai due discepoli che camminavano verso Emmaus. Perciò sta solo calmo, poiché qui tutto deve essere ed accadere così, affinché nessuno patisca un qualche danno nella sua salute e vita e libertà. Ma ti piace ora questa Città nella quale siamo appena entrati?”

84. Dice il povero: “O amico, dove prenderei le parole per descrivere l’infinita magnificenza e la maestà di questa Città? Quale innumerevole quantità dei più grandiosi e splendidi palazzi, e tutti sembrano essere pienamente abitati! O Dio, questo splendore, questo sfarzo, oh, questa infinita maestà! La bellezza è certo inesprimibile; questo certo nessun senso umano lo concepisce e lo intende! Ma ora io domando, dato che stavolta siamo nella Città: dov’è ora Emmaus, e dov’è il Signore Gesù che ancora non vuol mostrarSi ai miei occhi?”

85. Dice il Messaggero: “Vedi la grande casa davanti a cui siamo ora, dalle cui radiose finestre e gallerie esterne ci salutano innumerevoli fratelli e sorelle? Questa è la vera eterna Emmaus! In questa d’ora in poi abiterai eternamente! E poiché ora siamo già a Emmaus, che tu ora vedi molto bene, volgiti ora anche verso di Me ed osserva Me, allora riconoscerai anche Colui per il Quale porti nel tuo cuore un desiderio e un amore così tanto grandi!”

86. Il povero fissa ora felicemente il Messaggero, che sono Io stesso, e ora riconosce all’istante Me stesso nel Messaggero. Ed egli cade subito di colpo sulle ginocchia e dice: “O Tu mio Signore e mio Dio! Dunque, Tu stesso eri il Messaggero? O tu, infinitissimo eterno Amore! Come? Come? Come hai potuto mai abbassarti così profondamente, da fare a me, un poverissimo peccatore, una Grazia simile?”

87. Dopo queste parole egli ammutolisce per il beatissimo rapimento, e viene così introdotto nella dimora della Mia Casa.

88. L’ulteriore beatissima condizione di quest’uomo potete immaginarla facilmente voi stessi, così come la sua eterna destinazione di attivo amore. Perciò vogliamo terminare così anche questa scena e passare ad un’altra. Amen!

 

*  *  *

 

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Undicesima scena

Robert Blum

 

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27 novembre 1848

1. Robert Blum venne su questa Terra in condizioni misere, e fino ai suoi ultimi anni ebbe sempre da lottare con la miseria della vita, cosa che gli toccò per buoni motivi, certamente ignoti al mondo. La sua anima e il suo spirito provenivano da quel pianeta del quale voi sapete dalla rivelazione del “Sole naturale”, che i suoi abitanti spostano intere montagne con ostinatissima perseveranza e, ciò che essi non compiono corporalmente, lo mettono in opera perfino come spiriti[1].

2. Quest'uomo, giustiziato dal mondo per la sua temerarietà, mostrò già dall'infanzia di quale spirito perseverante egli fosse. Sebbene Io stesso[2], ogni qualvolta si voleva innalzare, per la sua salvezza gli ponessi costantemente gli ostacoli più adeguati sulla via, ciò servì ben poco, specialmente per questo mondo. Lo sforzo troppo perseverante del suo spirito, infatti, riuscì alla fine a farsi strada fuori di ogni mediocrità, e giunse ad operare in modo grande.

3. Qui egli subito fece migliaia di grandi piani e li mise anche in opera dove c’era possibilità. Innanzi tutto gli stava a cuore un certo benessere dei popoli, per raggiungere il quale non temeva sacrificio alcuno. Se avesse posseduto tutti i tesori della Terra per realizzare quest'idea, che per lui era suprema, li avrebbe messi tutti quanti in gioco, insieme alla sua vita.

4. Quest'idea del benessere dei popoli egli la doveva principalmente alla scuola della religione mondiale di Ronge[3] e compagni. In realtà però questa non è una religione e nemmeno una Chiesa, perché essa rinnega Me, il Signore, e fa di Me un comune uomo e maestro del popolo dell’epoca antica. Questa "Chiesa" rigetta quindi anche la pietra fondamentale sulla quale essa vuole costruire il suo edificio, e la sua casa avrà perciò una pessima stabilità.

5. Come però Ronge costruì la sua chiesa, così anche il nostro uomo costruì sulla sabbia le sue idee riguardo al benessere dei popoli. A lui tutto ciò che offriva il mondo sembrava piccolo e insignificante. Soltanto nella sua arte oratoria egli vedeva quella grande potenza che in breve tempo doveva riuscire a rompere lo scettro di tutti i potenti.

6. La sua convinzione era così forte da esser capace di non avere quasi nessun dubbio in merito. Anche se Io lo ammonivo interiormente di fronte alle sue imprese troppo rischiose, questo non era tuttavia in grado di fermarlo da quello che aveva intenzione di realizzare. Per lui, infatti, era una specie di slogan elettorale, secondo cui un buon tedesco doveva sacrificare tutto piuttosto che abbandonare un'idea una volta presa.

7. Egli si rafforzò a tener fede alle sue idee e ad attuarle, anche per il fatto che esse avevano un ripetuto e splendido successo. E così affrontava anche un monte Himalaya perché era riuscito a rimuovere alcune colline politiche. Con questo lavoro si era anche fatto notare da tutti e si guadagnò con questo la fiducia di un intero paese, cosa che però gli spianò poi la strada per la sua rovina terrena.

8. Sperimentò spesso, nell’Assemblea Tedesca[4], la potenza della sua lingua e aveva grande gioia delle sue vittorie, dovute certamente per lo più al suo spirito agguerrito. Sostenuto da queste, si affrettò in una grande città della Germania orientale[5], dove il popolo cominciò in effetti a sostenere apertamente le sue idee. Allora voleva, per così dire, abbattere in un colpo solo una trentina dei cosiddetti principi “piccioni”, non riflettendo che dietro questi piccioni avrei avuto anch'Io da dire un paio di paroline.

9. Il nostro uomo partiva principalmente da un'idea, idea che aveva preso a prestito dalla Mia parola: che si doveva essere "perfetti" come perfetto è il Padre nel Cielo, e che soltanto Uno è il Signore, mentre tutti gli altri sono "fratelli", senza distinzione di classe. Lui però per primo non credeva in Colui al quale gli uomini dovevano somigliare nella perfezione. In realtà riteneva se stesso per un signore – grazie alla forza dell’eloquenza. Dimenticò completamente che anche i principi sono uomini in possesso della potenza che proviene da Me; e dimenticò anche il testo della Scrittura: "Date a Cesare, ciò che appartiene a Cesare, e a Dio, ciò appartiene a Dio!".

10. Quest'uomo nella città su menzionata, dove voleva realizzare la sua idea di rendere felici i popoli con la forza delle armi, nonché con i suoi discorsi, fu imprigionato come individuo pericoloso per lo stato e, dopo un processo sommario, fu spedito da questo all'altro mondo[6]. E quindi si concluse anche la sua sfera d’azione di questo mondo che doveva rendere i popoli felici.

28 novembre 1848

11. Ora ci si domanda: “Come giunse la sua anima e il suo spirito nell'eterno mondo dello Spirito?”

12. A questo punto deve essere osservato che la maggior parte delle persone che perdono la loro vita terrena in modo violento attraverso un tribunale penale, giungono nel mondo dello Spirito con un cocente sentimento d’ira e di vendetta contro i loro giudici e, per un certo periodo, si aggirano deliranti come delle furie. Per questo motivo, tali neo-arrivati, se sono realmente criminali contro i Comandamenti di Dio, quindi fondamentalmente malvagi, vengono spinti subito nel loro elemento vero e proprio, nell'Inferno, per esercitare là la loro vendetta. Non appena però la loro vendetta si è un po' raffreddata, tornano di nuovo nel vero e proprio mondo dello Spirito e cominciano lì di nuovo, certamente su vie molto limitate, a compiere la loro prova di libertà.

13. Ma spiriti del genere del nostro uomo che giungono nell'aldilà, giudicati soltanto come criminali politici contro le leggi del mondo, all'inizio vengono trasferiti soltanto in uno stato privo di luce. Nel quale stato essi si trovano come ciechi e quindi, non scorgono nemmeno essere sul quale raffreddare la loro cieca vendetta. Grande ira e grande vendetta già presso gli uomini su questo mondo terreno hanno per effetto che essi divengano letteralmente ciechi per l’ira e cocente collera. Tanto più nell'Aldilà queste malvagie passioni suscitano nell'anima e nello spirito uno stato di totale cecità. E in questo stato tali spiriti sono lasciati fin tanto che la loro vendetta si trasformi in un sentimento d’impotenza. L'anima, profondamente offesa e oltraggiata, sentendo la propria impotenza, comincia a piangere, cosa che in verità trae origine anche dall'ira, ma a poco a poco la allontana e la indebolisce.

*

14. Nell'aldiquà il nostro uomo non poteva far altro che salvare il più possibile la propria dignità di uomo. Perciò egli si mostrò anche deciso e sprezzante della morte durante la sua esecuzione – cosa che però in verità non era assolutamente il caso, poiché egli sentiva oltremodo forte dentro di sé la paura della morte, e questo tanto più che, come neo-cattolico[7] convinto, non credeva assolutamente ad una vita dell'anima dopo la deposizione del corpo.

15. Ma circa sette ore dopo la sua esecuzione, poiché la sua anima si era, in un certo senso, di nuovo qua e là raccolta, si convinse rapidamente dell'infondatezza del suo credo terreno e si accorse ben presto di continuare a vivere. Allora però la sua convinzione del proseguimento dell'esistenza dopo la morte si trasformò in un'altra cosa da non credere: egli ora credeva tra sé e sé di essere stato certamente condotto sulla piazza delle esecuzioni, ma di essere stato fucilato soltanto apparentemente per provare completamente la paura della morte. L'ufficiale gli avrebbe fatto bendare gli occhi affinché non si accorgesse degli spari a vuoto nell'aria, ed egli si sarebbe accasciato soltanto tramortito dalla paura. Privo di sensi sarebbe stato poi portato in un carcere assai buio, da dove sicuramente una protesta immediata dei cittadini della Germania lo avrebbe riportato all’auspicata libertà.

16. Ora lo disturba soltanto la forte oscurità. Il suo luogo di dimora gli pare un buco oscuro che non gli sembra tuttavia umido e maleodorante. Egli si tocca anche i piedi e le mani e trova che non gli sono messe da nessuna parte catene. Così cerca di ispezionare la grandezza del suo carcere e com’è costituito più o meno il suolo. Chissà se nelle sue vicinanze non si trova forse un tribunale segreto?

17. Si sorprende però molto quando non scorge nessun suolo e tanto meno una qualche parete nel carcere; e in secondo luogo non riesce nemmeno a trovare una qualsiasi amaca nella quale egli si ritrovasse magari sospeso in un libero spazio vuoto di una catacomba.

29 novembre 1848

18. Questa faccenda gli sembra strana e sospetta. Mette alla prova anche la sua sensibilità, se questa, nelle sue membra, in un certo modo, non è forse ancora mezza morta. Si convince però, con un forte pizzicotto e sfregamento in tutte le sue parti del corpo animico, che la sua sensibilità non è assolutamente morta, ma al contrario, è fin troppo viva.

19. Ora, dopo essersi convinto da ogni parte di essere completamente vivo e, all'infuori della notte e delle tenebre, non si trova rinchiuso in alcun modo da nessuna parte, alla fine si chiede totalmente disperato:

20. "Nel nome di tre diavoli, dove sono io dunque? Che cosa hanno fatto di me quei sanguinari? Essi non mi hanno fucilato, altrimenti non vivrei! Nemmeno mi hanno imprigionato, poiché qui non trovo né pareti né pavimento e nemmeno catene ai miei arti! Ho anche la mia perfetta sensibilità; ho anche gli occhi, essi non mi sono stati cavati, eppure non vedo niente! Davvero, questo è spaventosamente singolare! – Quel bastardo che mi ha fatto fucilare pro-forma, deve avermi fatto forse addormentare con un narcotico sconosciuto, perciò mi ritrovo ora in questo stato! – Aspetta però, tu tiranno sanguinario, tu, assassino dei diritti dei popoli, non appena uscirò da questa narcosi, avrai di che rallegrarti! Ti cucinerò una zuppa maledettamente bollente!

21. Questo stato non durerà in eterno. Mi si cercherà a Francoforte e in tutta la Sassonia. Devo andare là! E non appena ci sarò, allora dovrai imparare a conoscere che razza di misfatto è mettere le mani così, senza riguardi, su uno dei primi deputati del Reichstag! Questo sarà espiato in un modo tale che l'intera storia mondiale non ha ancora nessun esempio da mostrare!

22. Se soltanto fossi svegliato presto da questa strana narcosi! Brucio dalla voglia di vendetta, e questo fastidioso stato continua a perdurare! Questa è certo una vera invenzione diabolicamente maledetta! Ma pazienza soltanto, le cose miglioreranno presto, anzi dovranno migliorare!".

*

(Questo ulteriore dettato relativo alla tematica del trapasso nell’aldilà, proseguirà ancora per altri 302 capitoli/dettati che verranno presentati in una delle opere comunicate a Lorber dal titolo “Dall’inferno al Cielo” in due estesi volumi, in cui si può comprendere nel modo più ampio l’evoluzione nell’aldilà di ‘Robert Blum’, un uomo di spicco della storia politica di quel tempo veramente vissuto, fucilato a Vienna come rivoluzionario nell’anno 1848 per ordine del principe Windischgraetz)

 

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Dodicesima scena

Un trapassato

 

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(Un trapassato che al tempo della sua vita aveva conosciuto Lorber, ebbe il permesso di rivolgersi direttamente a Jakob Lorber e di riferirgli del proprio trapasso nel mondo dell’aldilà e della sua prima sosta nella sfera della Terra spirituale che circonda la nostra Terra naturale, per la prima volta il 18 febbraio 1861):

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18 febbraio 1861

1. Parla B: “Dio per saluto, caro amico! Nella mia solitudine, sempre un po’ penosa, ho pensato a te e a tutti gli altri amici, e spesso ho richiamato alla memoria anche quelle ore in cui abbiamo discorso con tanta consolazione di cose spirituali. Ma l’onnipotente Volontà del Signore mi ha richiamato dal mondo e, in verità, sono giunto qui in circostanze non molto allegre, di cui ovviamente solo io stesso ne avevo colpa. Volli riportare al miglior equilibrio possibile tutto ciò che nella mia vita terrestre era dissestato, e perciò mi diedi molto da fare, ma invano, e per questo – per parlare alla maniera terrena – non ebbi proprio tempo di apparire a te o anche a qualcun altro, se lo avessi voluto.

2. Ma ora sono più libero, al Signore tutta la lode! E così, finalmente ho cominciato ad accorgermi da me stesso che qui tutta la mia fatica e il mio lavoro, fatti in modo simile alla norma terrena, non erano altro che veramente la fatica e il lavoro di un sogno, e ne desistetti. Poiché vedi, per me il morire del corpo non fu altro che un dolcissimo addormentarsi di un operaio a giornata stanco del lavoro, e mi trovai direttamente, come in un sogno lucido, in una regione molto amena, incontrandomi subito con parecchi buoni vecchi amici, per lo più triestini, che mi si fecero incontro molto cordiali e gentili, intrattenendosi a parlare con me, ma per lo più solo su cose del tutto irrilevanti. Io non sospettai che quello non fosse un sogno, poiché nei miei sogni, al tempo della mia vita sulla Terra, avevo percepivo spesso come presentimento.

3. Solo che in tale occasione mi colpì uno di questi miei amici triestini di cui sapevo certamente che era morto di colera nello stesso e medesimo giorno in cui era morta mia moglie, e col quale spesso mi ero intrattenuto molto su cose spirituali, accanto ad un bicchierino di ‘triestino’ (la grappa) nella sua ben situata campagna, e allora gli chiesi come mai fosse arrivato lì. “Poiché”, aggiunsi “amico, so con fin troppa certezza che tu sei morto nello stesso giorno con la mia D. per la cattiva epidemia, e sei anche stato sotterrato sotto i miei occhi in lacrime, e ora tu vivi così come io vivo, e spero di non sognare”.

4. Allora il buon vecchio amico mi guardò molto, molto seriamente, e tuttavia cordialmente, e disse: “Amico, stiamo contenti di cuore che ce l’abbiamo fatta, e il mondo con tutti i suoi mali lo abbiamo alle spalle, poiché vedi, anche tu hai lasciato per tutte le eternità il penoso terreno-temporale, e proprio domani il tuo involucro marcito viene consegnato alla terra, il che davvero non è peccato!”. – Quando io udii questo, allora mi sentii pur tuttavia un po’ impaurito e dissi: “Or dunque, in nome di Dio se sul serio deve essere così! Ma i miei figli? E le mie faccende? Mi manca ancora molto prima di aver sistemato tutto nella miglior maniera!”. – Disse l’amico: “Ehi, non ti preoccupare di questo, lo faranno già quelli che sono rimasti indietro ancora per breve tempo!”

5. Su questo punto fui presto d’accordo e mi trovai d’un tratto come condotto da un incantesimo nella campagna del mio amico; e tutto rapito io guardai il mare con le sue meraviglie ed esclamai: “Amico, ma tutto questo è pur tuttavia natura interamente tangibile; e noi dovremmo essere solo puri spiriti?”. – Allora lui mi disse: “Amico, quando dimoravamo ancora nella nostra cattiva carne, anche allora era pur solo come anime viventi che vedevamo la natura tangibile. Non era con il nostro corpo morto! Se era così un tempo, ove il fardello e il buio spessore del corpo ci era di grande impedimento, perché dunque non adesso, nel nostro stato di vita più libero?”

6. Su ciò fui completamente d’accordo e cominciai a sentire di essere diventato privo del corpo, non però come e in quale maniera fosse avvenuto. Ma qui cominciai a preoccuparmi dove avrei potuto trovare mia moglie e se potevo ricostruire il commercio dei libri che avevo abbandonato con molta pena e preoccupazione. Ma a Dio tutta la lode! Ora anche questo è alle mie spalle e ora ho incominciato ad occuparmi esclusivamente di cose superiori, e ti visiterò più spesso e ti comunicherò ancora qualcosa delle mie attuali vicissitudini ed esperienze, così da essere utili per i credenti sul vostro mondo. Sta bene ora, in Dio il Signore”.

 

25 febbraio 1861

7. B: “Buon giorno, buon giorno, caro amico! I miei più cordiali saluti anche a tutti gli altri buoni amici! Non ho bisogno di domandare come stanno, poiché qui si sa molto bene come va all’uno o all’altro amico che è ancora sulla Terra, visto che dalla sfera vitale esterna di ciascuna anima possiamo accorgerci di tutto questo con la massima precisione, se lo vogliamo. Ho tuttavia sempre una grande gioia, quando qui sulla Terra spirituale mi accorgo che qualcuno progredisce nella Luce del Signore dei Cieli; infatti coloro a cui il Signore vuol bene, quelli li visita pur sempre con ogni sorta di piccole croci. Queste piccole croci sono veri stimoli all’unificazione dello Spirito del Signore con l’anima, di per sé sempre in pena. L’anima, di per sé, senza un sostegno, è un essere molto misero; ragion per cui la maggior parte delle anime si appoggia alla carne marcia e cadente, subendone sofferenza, in quanto del solidissimo ed eterno sostegno dello Spirito di Dio non hanno presagio, – non parliamo poi di riconoscerLo! Ed appunto per questo, quelle certe piccole croci di onorificenza dalla mano del Signore sono tanto buone ed utili per il vero ed eterno bene dell’anima, perché essa con ciò viene obbligata a distogliersi dal punto d’appoggio carnale e a rivolgersi nella fede a quello dello Spirito.

8. Basta che l’anima abbia fatto inizialmente solo una volta questo propizio cambiamento, ed ecco che da parte del Signore viene fornita di piccole croci di vario genere, fino a quando non abbia cominciato ad uniformarsi pienamente con lo spirito. Una volta però che ciò sia avvenuto e non ci sia neanche più da temere che un’anima possa o voglia ritornare di nuovo comodamente alla carne, cessano anche tutte le piccole croci, e l’uomo intero può allora già nel mondo passare ad una vera felicità.

9. Anch’io nella vita sulla Terra l’ho capito molto meno di quanto non lo capisca adesso in questa vita pura e completamente indolore che è propriamente la vera vita. E ciò fu anche la ragione per cui mi trovavo continuamente in bilico tra il punto d’appoggio della vita dell’anima, marcio e transitorio, e quello eternamente durevole, vero e vigorosissimo dello spirito, e tuttavia avevo intanto anche da sopportare continuamente, sempre soffrendo, ora questo ora quello. Ciò fu comunque preordinato molto amorevolmente dal Signore, e solo adesso sento sempre di più il grande beneficio di tutte le prove da me sostenute, spesso dal sapore molto amaro. Infatti, dove e che cosa sarei io ora senza quelle?

10. Ah, caro amico, quando si ha qui, come me ora, l’occasione di vedere e di riconoscere la miseria e la grande angustia di certe anime di alcuni uomini mondani, non si potrebbe essere mai abbastanza grati al Signore in eterno per aver sempre mandato tali sorveglianti e guardiani, per mezzo dei quali viene impedito ai più ricettivi di diventare uomini mondani fatti e completi. Sopportate perciò tutto per amore del Signore in tutta pazienza, a Lui grata, poiché la vera ‘California’ della vita la troverete eternamente solo qui. Infatti, ogni fedele lavoratore nella grande vigna di vita del Signore troverà qui la sua più che splendidaa ricompensa in eterno!

11. Nondimeno, questo è pur già conosciuto dalla bocca del Signore stesso, che coloro che Lo professano su questa Terra vengono in un certo senso crocefissi con Lui, ossia nel Suo spirito, per dunque risorgere con Lui e in Lui per la vita eterna.

12. Carissimo amico, lo so bene che questo non ti è sconosciuto, ma lo dico a te e anche agli altri cari amici, solo perché la parola di uno che ha fatto una esperienza propria ha pur dunque un peso maggiore e più efficace che quella di un profeta, che è ancora un abitante della carne.

13. Tu vorresti sapere da me certe condizioni dell’essere e dell’esistere spirituali, e in verità te le comunico anche volentieri, per quanto unicamente nel mio stato attuale mi sia possibile. Vedi, mi trovo ancor sempre su questa Terra, e cioè per lo più nella regione costiera attorno a Trieste, ma anche spesse volte sono qui a Graz, e vedo questa Terra molto meglio di come sia mai in grado di vederla una persona che ancora cammina nella carne. E vedo anche le persone che ancora vivono qui e posso benissimo trattare con loro. Infatti le mie parole diventano in essi come pensieri insospettati e sorti improvvisamente; e i loro successivi pensieri che ne derivano mi danno plasticamente risposta. Tuttavia la Terra che io vedo molto chiaramente non è la vera e propria Terra materiale stessa, bensì solo in un certo senso, quella spirituale, senza la quale la Terra materiale non potrebbe affatto sussistere, dato che tutto ciò che è materiale, di per sé, non è altro che solo dello spirituale giudicato e fissato.

14. È tuttavia un po’ strano che da noi la ‘Terra spirituale’ in un certo senso deriva dall’anima, per mezzo dell’onnivivificante ed onnicreante Potenza del suo Spirito da Dio, così come un albero completamente cresciuto è derivato dallo spirito del piccolo involucro di germinazione dentro al poco appariscente seme. Solo che qui, ciò accade più prontamente che lo sviluppo dell’albero dal seme. Ora tu ovviamente penserai e dirai: ‘Già, se è così, allora nel regno spirituale ci sono altrettante terre spirituali quanti sono gli spiriti’. Ma non è proprio così, poiché è singolare come ciascuno spirito porti in sé, giustamente, la ‘sua’ Terra spirituale nell’aldilà, ma nn appena questa si sviluppa da lui, essa si unisce istantaneamente anche con le terre spirituali di tutti gli altri spiriti, e perciò esiste una sola Terra spirituale in tutto completamente simile a quella materiale, solo molto più nobile, marcata e completa di quella materiale agli occhi della carne, i quali non possono guardare le grandi meraviglie nella costruzione degli atomi. E perciò, la ‘Terra spirituale’ è per noi anche tutt’altra visione che per voi quella materiale.

15. Il nostro viaggiare di qua e di là è naturalmente anch’esso diverso che da voi, poiché noi non abbiamo niente a che fare col tempo materiale e con la sua spazialità. Ma come da noi avviene, te lo mostrerò meglio prossimamente, e cioè in un modo facilmente comprensibile. E così, stai bene ora, nel Signore”.

 

4 marzo 1861

16. B: “Buon giorno, e Dio per saluto! Ora su questa Terra incomincia di nuovo la primavera, e sarà sicuramente molto buona; infatti lo notiamo bene dalla particolare attività degli spiriti naturali che ora incominciano a muoversi e a mischiarsi in modo molto variopinto. In verità, è tuttavia singolare in quali forme di massima molteplicità e diversità essi si sviluppano d’un tratto, come per un colpo di bacchetta magica nella nostra aria eterea, come si raggruppano e poi diventano subito attivi. La massima diversità di forme e di raggruppamenti mischiati insieme costituisce una nuova forma quale nuovo intero. Ora si vede la forma nuova, ma in essa si vedono anche le singole forme speciali nel loro collegamento meravigliosamente ordinato, e ciò supera ampiamente quello che si può vedere e scoprire anche col più perfezionato microscopio. Infatti, ciò che si può vedere con gli occhi carnali sono già le forme fissate, che sono per lo meno alla decima potenza rispetto alla combinazione progressiva delle forme e degli esseri. È in un certo senso sono qualcosa di spirituale già avvolto da una pellicola o da un bozzolo, che solo da un tal bozzolo fa poi la propria comparsa in modo corrispondente nel mondo materiale. Ma quale gigantesca quantità delle più rare pre-forme e raggruppamenti, precede il suddetto bozzolo nel mondo della natura spirituale!

17. Questa attività degli spiriti naturali specifici, prima che si chiudano nel loro bozzolo, è propriamente la cosa più meravigliosa che noi spiriti possiamo osservare qui, se ne abbiamo voglia e amore. Ma anche qui da noi succede come sulla Terra materiale fra gli uomini: chi non riesce a portare con sé di qua una mentalità già desta per qualcosa di più alto, costui anche qui non ne ha altra, se non quella che aveva sulla Terra. L’uomo legato all’oro e al denaro rimane anche qui un affarista e uno speculatore; così il commerciante, l’artigiano, il contadino e così via, ciascuno a suo modo. E allora, in verità vale il detto: «Molti sono chiamati, ma solo pochi gli eletti!»

18. Questo lo so da me stesso, perché anch’io all’inizio del mio essere cominciai a cacciarmici dentro, cioè nel commercio mondano. Devo ringraziarne solo dei buoni amici già molto pratici di qui, se me ne distolsi e riconobbi abbastanza presto il proprio e vero scopo del mio essere qui, e ora mi trovo ad un gradino più alto di una più pura conoscenza e visione. Oh, qui è ancora più difficile liberarsi dalla falsa materia, che non sul mondo realmente materiale, e l’ateismo qui è pure mille volte più rappresentato che nel mondo materiale. E una volta che uno ci è dentro, quello, secondo la mia esperienza fino ad ora, è difficile tirarlo fuori, o è addirittura impossibile, a mio parere. Con spiriti di tal genere ho cominciato a parlare occasionalmente di cose trascendentali, come si dice, ma subito ricevetti in risposta: ‘Dobbiamo forse fare anche qui ancora i buffoni per i preti e per i dominatori? Stiamo contenti che stavolta ci troviamo finalmente in un mondo in cui ciascuno è pienamente libero signore del suo posto!’. A uno di questi ho chiesto proprio recentemente se di tanto in tanto non pensasse che il grande Maestro di Nazareth non potesse tuttavia essere il Signore e Creatore di tutto il mondo spirituale e sensoriale. E dunque, là ho dovuto presto far fagotto: egli fece l’atto di diventare rozzo e grossolano e fece esternazioni di tal genere sul Signore, che qui non vorrei ripetere. Non c’è niente da fare con tali spiriti; la cosa migliore, possibilmente, è sfuggirli!

19. Ho ottenuto di vedere il Signore già un paio di volte, ma solo da una certa distanza, ed avevo una grande nostalgia di parlarGli. Ma finora ciò non è ancora potuto avvenire. Il mio amico mi disse che Egli ritornerà al più presto, e forse allora avverrà”.

*  *  *

 

Appendice

 

Il rivedersi nel grande aldilà

31 maggio 1852

1. (premessa dettata): In moltissime persone, che del resto hanno davvero testa e cuore al posto giusto, qualora non siano proprio così forti nella fede, continua ancora a sussistere il fatale interrogativo se ‘dopo’ questa breve vita terrena c’è un’altra vita, ‘come’ questa è fatta, e ‘se’ l’uomo si riconoscerà per ciò che era qui. Inoltre, si domandano se rimarrà loro la consapevolezza del tempo di qui (vita terrena) e la piena reminiscenza[8] di tutte le proprie esperienze terrene, oppure se la consapevolezza, nonché la reminiscenza, assomiglieranno molto di più a quelle di un sogno, in cui l’uomo che sogna si riconosce come se stesso per come e per che cosa è nella reale vita terrena, e se sarà assolutamente consapevole della sua soggettività, benché in condizioni di vita sempre completamente nuove. Nel sogno tutte le condizioni oggettive della vita terrena si smarriscono, eccetto poche cose profondamente radicate nell’animo, come forse i parenti più prossimi e i luoghi visti molto spesso o di cui si è animatamente parlato e i luoghi d’origine; ed anche, queste, quasi sempre in condizioni e con aspetti estranei. E ci si chiede: di là, nel grande aldilà, ci si troverà in condizioni spirituali di vita, tali – se press’a poco simili ad un sogno lucido – e cioè un rivedersi reciproco in cui ci si riconosca bene?

*

2. Io, il Signore, dico e rispondo a questa estesa domanda: Sì, in un modo o nell’altro, a seconda di come l’uomo ha trascorso questa prova di vita terrena più o meno perfettamente secondo il Mio Ordine rivelato a tutti gli uomini|

3. Chiunque qui abbia già raggiunto questo obiettivo, che è facilmente possibile a chiunque, riesce ad ottenere la vera e piena rinascita del suo spirito, e qui può vivere come individuo completamente rinato, tanto che gli diventa visibile in modo perfettamente chiaro il mondo spirituale con tutte le sue condizioni, e anche nella sua relativa azione di influenza sul mondo materiale, così come il mondo materiale stesso. Per costui (cioè per un rinato), lasciare il proprio corpo – il quale comunque non è capace di avere consapevolezza di se stesso e di qualunque ricordo – non può assolutamente comportare un qualsiasi cambiamento nel modo di pensare, di volere o ricordare, né perdere la più viva consapevolezza soggettiva ed oggettiva di se stesso.

4. Infatti, se la vita con tutte le sue influenze e i suoi effetti, già su questa Terra è trapassata completamente nello spirito – il quale si trova eternamente nella più alta e pura consapevolezza di se stesso, ed è eternamente superiore ad ogni materia ed assume l’esistenza apparente della materia soltanto quale pensiero fissato per un tempo stabilito o come idea trattenuta – Io ritengo che questo dovrebbe essere certo tangibile per chiunque abbia le idee un po’ più chiare, tanto più che gli stanno a disposizione per questa opinione anche migliaia di prove dalla vita dei sonnambuli e di molti veggenti e profeti, dato che la vita puramente spirituale nell’aldilà deve per forza essere una vita molto più lucida ed altrettanto più nitidamente consapevole di se stessa e di tutti gli altri avvenimenti, circostanze e relazioni della vita, soggettivi ed oggettivi, nella misura in cui lo spirito sta eternamente al di sopra di ogni materia, la quale, come indicato, non è nient’altro che un’espressione fissata dei Suoi pensieri e delle Sue idee, essendo lo spirito, in se stesso, luce, vita, forza e massima consapevolezza.

5. Ma, poiché non soltanto uno, bensì tutti gli uomini che vivono secondo il Mio Ordine trapassano in un’uguale perfettissima vita, così la domanda sul rivedersi nell’aldilà è vana. Infatti, se gli uomini già in questa imperfetta vita larvale possiedono la capacità di riconoscersi e rivedersi naturalmente, facoltà che non possono certo mettere in discussione o in dubbio, di certo, tanto più possiederanno questa facoltà nella perfettissima vita puramente spirituale, dove tutto il loro essere è l’espressione imperitura e il principio fondamentale di ogni vita e di ogni relazione ed avvenimento della stessa! In questo mondo l’anima riconosce pur anche al di là del corpo, per mezzo dello spirito in essa, le persone a lei note o imparentate, e con altre può legarsi in amicizia o interamente in parentela e poi le riconosce costantemente come tali, dall’aspetto e dal carattere. Ma se l’anima e lo spirito possono fare questo attraverso tutte le migliaia di pareti carcerarie del corpo in se stesso morto, quanto più essi potranno fare una tal cosa nel loro stato pienamente libero, fatto che è stato già osservato fin troppo spesso in moltissimi sonnambuli, i quali ad occhi completamente chiusi riconoscevano rapidamente e benissimo non solo chi li circondava, spesso fino al più intimo fondamento vitale, bensì anche le persone che si trovavano da qualche parte in paesi lontani, sulle quali erano interrogati e con tutte le loro circostanze e relazioni! Eppure, l’anima di un sonnambulo, per quanto lucido, non è ancora di gran lunga nello stato libero di un’anima, perfino la più imperfetta, che ha già lasciato il suo corpo.

6. Che le anime imperfette, dopo essere divenute libere dal corpo, fin troppo presto si oscurino sempre di più, questo dipende dalla loro cattiva volontà. Tali anime, allora ovviamente non vedono più nulla del mondo, il che è molto necessario, poiché se vedessero, recherebbero un danno troppo notevole al mondo e precisamente a coloro che annoverano fra i loro nemici. Tali anime e i loro rispettivi spiriti vedono allora soltanto quello che si sviluppa dalla loro fantasia, simile ad un infimo mondo di sogno. In tale mondo di fantasia tali anime rimangono allora spesso centinaia di anni, senza vedere le anime che arrivano ininterrottamente, pur se se furono sulla Terra i loro parenti più stretti, e non li vedono neanche se questi le riconoscono subito, poiché esse vedono soltanto il loro mondo di fantasia che dura a lungo e sono perciò accessibili soltanto all’insegnamento degli angeli, per mezzo di pure rispondenze, che gli angeli sono in grado di introdurre nel mondo di fantasia di tali anime cieche.

7. Se esse accettano l’insegnamento e con ciò di migliorare la loro volontà, allora a poco a poco il loro mondo di fantasia scompare ed esse pervengono poi, sempre più alla vera Luce e alla visione di tutto ciò che esiste, e così a rivedere i loro parenti e i loro amici. Allora anche molto presto, li riconoscono nuovamente come tali e provano una vera gioia per loro.

8. Se invece non si correggono, allora esse rimangono nel loro mondo di sogno per lungo tempo, che diventa sempre peggiore. E qui allora non si può parlare di un gioioso rivedersi e riconoscersi. Quanto poco un qualsiasi uomo materiale, in un sogno molto pieno di materialità può in qualche modo ricordarsi, delle circostanze esterne relative alle sue condizioni di vita, bensì vede soltanto le cose ingannevoli che la sua fantasia gli presenta come plasticamente, – così altrettanto poco, e propriamente molto ma molto meno ancora, un’anima oscura può in qualche modo nell’aldilà ricordarsi di qualcosa o riconoscere qualcosa, dal momento che non è mai attiva, bensì sempre e soltanto sofferente, e perciò non può neanche mai rendersi libera da se stessa, e ciò per un tempo quasi eterno, se calcolato secondo la misura di questa Terra.

9. Chi qui (sulla Terra) non è rinato nello spirito, per lo meno a metà, perviene nell’aldilà più o meno nello stato sopra indicato, e in esso può aiutarsi da se stesso altrettanto poco come un embrione nel grembo materno, il cui muoversi e spostarsi dipendono dalle necessarie condizioni esterne della madre. Tuttavia esiste fra tali anime una situazione del tutto particolare, il che allora ha qualcosa di diverso dallo stato dell’embrione nel grembo materno. E ciò, per parlare in modo percettibile all’intelligenza degli uomini, consiste nel fatto che l’embrione nel grembo materno, quale nuova creatura che si sta formando, è assolutamente passivo, mentre l’anima oscura è attiva e passiva allo stesso tempo. Essa non può diventare non-attiva, per poter diventare così non-sofferente, perché è lei stessa che non lo vuole.

10. Ma come avviene ciò?

11. Se un uomo a questo mondo ha fatto solo pochissimo o nulla per attivare e sviluppare ciò che la sua anima porta nascosto nel proprio cuore, bensì si è adoperato tutto soltanto per l’intelligenza esteriore e poi ha utilizzato questa intelligenza per imboccare vie ben calcolate che gli procurassero tesori mondani – di qualsiasi specie e di qualsiasi nome possano mai essere – e ciò allo scopo di procurarsi attraverso tali tesori, piaceri e godimenti il più possibile sottili e gradevoli sotto ogni riguardo, allora, quando poi l’anima di un uomo simile giunge nell’aldilà, la sua divina camera luminosa è saldamente sprangata e chiusa. Invece, la luce dell’intelligenza terrena, la quale propriamente è soltanto una combinazione delle immagini luminose esterne, materiali, le quali sono visibili per l’anima nei molti milioni di superfici delle tavolette del cervello e dalle quali l’anima fa sempre i propri calcoli al modo degli sciocchi astrologi, e poi si sente obbligata ad agire di conseguenza come dalla potenza della più fitta superstizione, questa luce dell’intelligenza terrena resta comunque indietro nel mondo, così come la galleria di quadri di un appassionato amatore quando egli muore. La conseguenza è che una simile anima deve allora necessariamente giungere nel mondo degli spiriti del tutto oscura e non conservare nulla, se non la consapevolezza o l’espressione della vita, e quanto al ricordo delle proprie condizioni e relazioni terrene, essa lo conserva solo nella misura in cui queste sono riprodotte in tipi corrispondenti nella camera cerebrale dell’anima corrispondente (al cervello del corpo); tipi che l’anima, comunque sensibilissima, percepisce e scorge, anche se in conseguenza della propria oscurità non li può osservare chiaramente.

12. Che una tale situazione ad un’anima avvezza a tutti i godimenti della vita divenga fin troppo presto insopportabile, è sperabile che si riesca a capirlo facilmente e perfino a sentirlo vivamente. Una tale anima cade poi presto in una grande paura e angoscia, e alla fine in una grande stizza ed ira, per cui poi in essa si sviluppa una specie di bagliore rovente.

13. Infatti ovunque qualcuno già nel mondo giudicato della materia scorge una qualche intensa attività – come per esempio una violenta tempesta, una forte risacca, un forte strofinio fra due oggetti dello stesso o di diverso tipo, una potente pressione fra due corpi duri ed altre cose simili, – là egli vedrà svilupparsi contemporaneamente, specialmente di notte, un fuoco e una luce, o per lo meno un bagliore. Ciò viene designato dagli scienziati col nome generico, però non sempre appropriato, di elettricità. In fondo, tuttavia, e del tutto esattamente secondo piena verità, non è nient’altro che un’eccitazione degli spiriti naturali imprigionati più o meno duramente in tutta la materia, i quali sempre possono essere eccitati tanto prima e tanto più facilmente, quanto più duramente essi sono prigionieri. Se invece sono trattenuti più lievemente, come per esempio nell’aria, nell’acqua, nel nell’argilla e in ogni sorta di altri corpi fluidi e molli, allora occorre proporzionalmente un movimento (dell’attività) più intenso, affinché gli spiriti naturali, non potendo sfuggire facilmente ad esso, vengano eccitati e, mediante il loro movimento vibratorio velocissimo dentro l’involucro leggero e molto trasparente che li tiene prigionieri, divengano visibili come una luce o come un arroventamento.

14. Ma che questo eccitamento degli spiriti naturali consista nella vibrazione, qualsiasi persona animata da solo un po’ di spirito di osservazione lo può scorgere e riconoscere facilmente da migliaia di fenomeni che compaiono nel mondo della natura. Quando una qualsiasi persona o perfino anche un animale vengono molto eccitati nel loro animo da una qualsiasi cosa, si osserva in essi un tremore, il quale non deriva da nient’altro che esclusivamente dall’eccitabilità degli spiriti naturali imprigionati nella carne e nel sangue. Una corda su uno strumento musicale vibra quando riceve una spinta o un colpo, perché gli spiriti imprigionati nella materia della corda vengono eccitati dalla spinta o dal colpo. La fiamma di ogni luce, la quale non è altro che un atto di liberazione degli spiriti naturali imprigionati nella materia, consiste in vibrazioni sempre più visibili, ed è causata dall’attività degli spiriti naturali che diventano liberi. E di fenomeni simili ce ne sono altre migliaia e ancora migliaia, nei quali può essere osservato lo stesso processo.

15. È stato detto che l’anima, per la perdita della sua luce mondana e di tutti i divertimenti derivanti da questa luce, cade dapprima in una grande paura ed angoscia, e alla fine in una grande rabbia e collera, per cui in essa viene prodotto una specie di bagliore rovente. Questo bagliore rovente sorge nell’essere dell’anima in modo del tutto simile, in corrispondenza, a quello del mondo della natura.

16. La paura è la prima eccitazione delle infinite potenze specifiche animico-spirituali presenti in ogni singola anima. Quando tutte le potenze vengono ad un tremito (vibrazione) sempre più intenso, allora lo spazio della forma a loro data diventa presto troppo stretto. Ma poiché la forma esteriore, dentro la quale tutte le innumerevoli potenze sono riunite in un’unica vita, diventa presto troppo stretta – dato che tale forma non può e non deve essere allargata così facilmente – allora la conseguenza è poi necessariamente un sempre più intenso spingere e schiacciare da tutte le parti, per cui nella concreta vita complessiva o per meglio dire unica vita, compare il sentimento dell’angoscia.

17. Se lo spingere e lo schiacciare perdurano divenendo sempre più violenti, ne deriva allora uno stato di agitazione spirituale che viene chiamato ‘stizza’. Ma come già nella natura il risultato di un’agitazione che diventa sempre più violenta è una piena accensione, così altrettanto il risultato finale della grande agitazione delle potenze specifiche dell’anima è una piena accensione, e quest’ultima si chiama ira. E da questa ira deriva poi anche la manifestazione del bagliore rovente, il quale, se diventa sempre più intenso, si trasforma infine in un pieno incendio, e questo, essendo la peggiore manifestazione di vita, si chiama ‘furia’, e nel senso vero e proprio dell’inferno, lo è.

18. Se ora un’anima trapassata cade in questa forma nel suddetto bagliore rovente, attraverso questo bagliore incomincia a scorgere molto debolmente le stimmate (impronte) spirituali presenti nel suo cervello, e presto riconosce nel suo essere molte cose vanamente cattive e poche buone. In tale penombra essa non raramente prende anche una mosca per un elefante e viceversa un elefante per una mosca. Da tali osservazioni si sviluppano poi nell’anima ogni sorta di forme del tutto aeree e trasparenti, si potrebbe dire ‘forme informi’, simili nel mondo ai castelli in aria di un giovincello innamorato, i cui castelli, con una fantasia molto fervida, non raramente per qualche istante si rendono letteralmente visibili, ma al minimo disturbo dell’animo scompaiono nel nulla.

19. Ma poiché l’anima nella maniera mostrata non può portare nulla ad una realtà stabile e poiché attraverso le immagini che (fuggevolmente) affiorano, più tali a caricature che a immagini ben ordinate, essa viene irritata ed eccitata sempre di più, per cui alla fine perfino la sua parte più intima incomincia a ricevere ‘colpi al cuore’, allora perciò questo intimo perviene poi anch’esso ad un’attività, ma del tutto opposta.

20. Attraverso questa attività (dello Spirito originario di Dio), la frenetica attività dell’anima viene calmata, così che alla fine l’anima cade in se stessa in un vero e proprio sonno, così riposa, e in questo riposo essendo maggiormente unita al suo originario Spirito proveniente da Me, perviene ad un vero e proprio sogno e, poiché in questo stato essa si trova del tutto a suo agio, vi rimane anche: uno stato che gli antichi studiosi dell’anima e della vita chiamavano ‘il sonno dell’anima’.

21. Lo spirito originario, attivo nel cuore dell’anima contro i suoi appetiti, crea ora per l’anima via via sempre più delle immagini tali che contengano sempre ciò che si confà alla tendenza egoistica, prepotente e sensuale dell’anima; ma non appena l’anima vuole afferrare con grande bramosia tali cose, nel sogno che essa naturalmente ritiene realtà, allora queste cose o si annientano oppure si allontanano e sfuggono via. Tuttavia, d’altra parte vengono anche prodotte all’anima le cose che le giovano e, se essa le afferra e le adopera per il suo vero bene, queste rimangono, e dal sonno incomincia così a svilupparsi (per l’anima) un mondo fisso e durevole.

22. Quanto più l’anima afferra ciò che le viene offerto dal suo spirito originario, tanto più essa si unisce a lui e, senza accorgersene, entra così nel suo spirito originario e con lo stesso si unisce alla Luce originaria e ad ogni verità che ne proviene. E presto, essa allora riconosce completamente di nuovo se stessa e tutti i suoi conoscenti e parenti e viene solitamente guidata poi tramite costoro a Me stesso, dove poi, secondo la misura del suo comportamento e dell’unificazione col suo spirito, le vengono date sempre più luce e sapienza, e la piena capacità di guardare nei mondi naturali e di poter divenire utilmente attiva. Che in questo caso un molteplice rivedersi sia una conseguenza del tutto naturale del suo completamento spirituale, non ha certo bisogno di un’ulteriore dimostrazione.

23. Dunque, che avviene poi di quelle anime le cui immagini e apparizioni presentate nella loro vita di sogno ultraterrena, a cui la loro mente egoistica e sensuale avidamente aspira, non possono essere scacciate dalla mente che le brama mediante le apparizioni buone? – “Che avviene”, domando Io, “di una tale anima che si adira sempre di più perché non può raggiungere né trattenere gli oggetti della sua brama che le vengono messi davanti come per magia? C’è anche in questo caso un rivedersi?”. – “No”, dico Io, “qui non c’è un rivedersi!”

24. Per un’anima simile il suo stesso spirito diventa allora il giudice più inesorabile. Esso alla fine le lascia raggiungere le cose e gli oggetti rappresentati e la lascia divertire con quelli secondo la sua tendenza malvagia; inoltre, un tale divertimento procura sempre all’anima il più grande e cocente dolore, e la rende di nuovo completamente buia per un lungo periodo.

25. Lo spirito, poi, permette che un’anima divenuta così buia, nella grande furia che l’arde e che le dà una luce così cattiva per percepire i suoi simili fuori di sé, s’incontri ora realmente con quelle anime della sua stessa specie.

26. Qui allora avvengono subito contatti ed assembramenti di anime in modo tale che incominciano a palesarsi reciprocamente la loro furia. Esse si costruiscono fortificazioni contro i nemici con cui vengono in relazione, per esse molto ripugnanti, in tale loro vita di sogno, vita che però tali anime ritengono realtà, e prendono le decisioni più accese di vendetta, di uccidere se stesse per quanto possibile, piuttosto che lasciarsi piacere una qualche pur minima divina disposizione.

27. In tale costruzione, quale fortificazione, esse prendono il materiale dalla loro immaginazione, per quanto siano capaci di una qualche immaginazione nel loro furioso bagliore, e di ciò esse persistono spesso per tempi molto estesi, e a causa di queste diventano nuovamente solo più stizzite, adirate e furiose, per cui esse stesse sfondano poi le loro fortificazioni e a orde vanno a cercare il nemico, dato che nessuno ha voluto spingersi dentro la loro difesa, cosicché potessero spegnere su di essi la propria sete di vendetta. Ma il loro cercare è vano! Esse s’incontrano solo con altre orde della loro stessa specie che anch’esse cercano il nemico, e presto fanno cosa comune con queste, cercando poi insieme in tutta precipitazione il nemico, ma naturalmente non ne trovano mai uno.

28. Una volta che di tali misere anime se ne raggruppano insieme parecchie migliaia – l’assembramento di queste nel mondo degli spiriti, per l’occhio degli spiriti puri, si presenta all’incirca così come sulla Terra eventualmente è il bagliore nell’aria, di una casa che sta bruciando da qualche parte nella valle – allora esse scelgono il più acceso fra loro, che ritengono il più coraggioso e il più saggio, come condottiero. Costui le guida poi sopra un terreno che solitamente corrisponde pure all’immaginazione di tali anime, che ha l’aspetto o di una buia steppa sabbiosa, o di una pianura a perdita d’occhio, su cui non compare altro che muschio secco. Su simili terreni, dopo un lungo girovagare e fra grande fame e sete, esse solitamente non trovano pure nient’altro che un’orda girovagante in modo simile, sotto un condottiero fortemente acceso. E allora accade che, o si aggrediscono l’un l’altro per la già troppo grande sete di vendetta, lacerandosi e mutilandosi, oppure si riuniscono sotto due condottieri. Ciò però dà già luogo ad attriti, perché allora ciascuno dei due condottieri vuole essere il primo, il che in un breve lasso di tempo riesce tuttavia a produrre una guerra delle due orde.

29. Quando con queste guerre tali infelicissime anime si sono lacerate quasi interamente a pezzetti – naturalmente il tutto solo all’apparenza – allora ritornano ad una certa calma, e il loro spirito mostra poi loro di nuovo, come in un sogno lucido, come fu inutile, infruttuosa e vana la loro fatica stoltamente e completamente cieca, e mostra loro una via migliore verso la conversione.

30. Talvolta alcuni accettano questa indicazione e si convertono. Ma per lo più, proprio dopo una tale visione, esse diventano interamente furiose e tornano alla condizione di pure anime senza spirito, che allora è di molto peggiore della precedente. E tali condizioni sono ‘inferno’, da cui è difficile trovare una via d’uscita! Chi allora non percorre lo stesso sentiero che passa attraverso il proprio cuore, non se la cava più e può persistere in tale inferno per periodi di trilioni e decilioni di anni terrestri.

31. Così, ora vi è stato mostrato come la vita dell’anima nell’aldilà, per quanto riguarda le condizioni, si suddivide come genere in due principali tendenze e caratteristiche, tra loro diametralmente opposte: o verso l’alto o verso il basso. Con tutto questo però non è che sia stata rappresentata ogni manifestazione nel mondo degli spiriti, bensì, come già detto, solo le due principali tendenze generali, dunque i più stridenti pro e contro.

32. In mezzo a queste due condizioni principali c’è ancora un’innumerevole quantità di manifestazioni che qui non occorre rappresentare, dato che sono state mostrate più che a sufficienza nelle opere “Il Sole Spirituale”, “La Terra”, “La Luna”, e nelle scene del mondo spirituale qui presentate, così come parzialmente nelle altre molteplici comunicazioni e nei trattati naturalistici. Nondimeno, tutte le manifestazioni di qualunque genere illustrate in queste opere si fondano sulla norma ora mostrata, e le vie fondamentali verso l’alto o verso il basso sono di per sé le stesse.

33. Il rivedersi propriamente vero avviene soltanto nel Regno di Dio, ossia nel Cielo, il quale secondo lo spazio riempie tutta l’infinità e perciò è presente dappertutto, e nel quale ogni uomo può giungere solo attraverso il suo cuore.

*

34. Poiché ora nel mondo ci sono molti uomini abbastanza interessati alle cose materiali senza avere nessun sentore e nessuna idea sulle relazioni spirituali delle cose, ed essi leggono di ‘spiriti naturali’ senza capire ciò che questi sono e in cosa consistono, allora voglio qui far seguire su questo punto una brevissima spiegazione supplementare.

35. L’intera Creazione materiale, così come quella puramente spirituale, non è nient’altro che un’idea dal Cuore o dalla Vita della Divinità, realizzata mediante la Volontà onnipotente della Divinità stessa e, poiché è da Dio, essa è in ultima analisi: spirituale! Se ora tutta la cosiddetta Creazione materiale venisse privata della sua fissità continuamente durevole – il che sarebbe facilissimo a Dio – allora essa troverebbe di nuovo posto nell’animo di Dio come un grande pensiero interamente spirituale, visibile solo alla Divinità e, per la realizzazione di una libera autonomia di innumerevoli esseri, sarebbe la fine!

36. Ma Dio continua a volere eternamente che i Suoi grandi pensieri e le idee debbano essere realizzati per la più libera autonomia in continuità eterna. E così Dio, avendone visto la possibile realizzazione in quest’unico modo, affinché tutti i pensieri e le idee divine potessero stare come immutabilmente fissati per amore dei Suoi piani e scopi, aveva tracciato questa via, che è la sola efficace.

37. Gli innumerevoli pensieri e idee (di Dio) debbono essere in un certo senso resi via via sempre più liberi in fasi successive, ma solo in particelle spirituali piccolissime di ogni genere, ed intanto essere attratti e trattenuti a lungo da una qualche idea principale di Dio, la quale, visibile come corpo celeste, gira come fissata nell’infinito spazio dei pensieri e delle idee. Ciò fino a quando essi, a poco a poco, si radunano in base alla loro somiglianza (animica), e così trapassano in un’entità sempre maggiore fino all’uomo.

38. Tali particelle rilasciate in modo sempre più libero dalla globale Idea principale, così come le parti non ancora lasciate libere bensì ancora trattenute nell’idea principale, si chiamano, su fino all’uomo, “spiriti naturali”. Questi spiriti naturali più liberi – o forze naturali come li chiamano gli scienziati del mondo, – si trovano già attivi autonomamente nell’aria, o nell’acqua, o nel suolo piuttosto soffice, e lì attirano gli spiriti ancora duramente prigionieri ad uscire in libertà; poi, riunendosi ad essi e rivestendosi con questi spiriti meno liberi, costituiscono ogni genere di forme di vita: dapprima piante, da queste, animaletti ed animali di tipo più grande e grandissimo, fino ad arrivare all’uomo. Solamente nell’uomo, ora già maturi a sufficienza per un’autonomia pienamente libera, tali spiriti – come anima – ed anche per quanto concerne la parte meno libera ancora grossolana, come suo corpo, vengono di nuovo presi dall’Essere stesso originario di Dio e letteralmente istruiti ed esercitati – all’inizio però costantemente come dall’esterno – per il successivo stato puramente spirituale, che dura in eterno.

39. Dunque, quelli che si fanno piacere una tale istruzione e quindi volontariamente entrano in quell’Ordine, in cui soltanto è possibile una loro condizione di vita eternamente autonoma e liberissima, pervengono poi anche al grande rivedersi con Colui dal Quale sono usciti. Essi vedranno come e da dove, e per la Potenza e la Sapienza e l’immutabile Perseveranza, di Chi sono giunti alla vera e propria esistenza e riconoscimento.

40. Contemporaneamente, però, in quanto unica e stessa entità con la loro prima Origine, essi stessi attueranno anche nuove creazioni, allo stesso modo per una loro grande beatitudine, dalla loro sapienza, ora strettamente propria, però assolutamente simile a quella divina, e perciò saranno interamente nel Mio Ordine, creatori del loro personalissimo Cielo, attraverso il quale giungeranno poi al realizzato rivedersi di tutti i loro pensieri e idee.

41. E tutto questo sarà allora un grande realizzato rivedersi di durata eterna, nella sconfinata pienezza di tutto ciò che uno spirito divino cela in sé eternamente inesauribile. E questo soltanto sarà allora il perfetto, grande rivedersi!

*

42. Ritengo ora che chi ha occhi per vedere e orecchi per udire, costui ne potrà attingere indescrivibilmente molto a suo eterno vantaggio per la piena conoscenza della vita spirituale.

43. Chi invece lo leggerà solo per una specie di curiosità e vi metterà la lima della sua intelligenza mondana, a costui andrà un giorno esattamente come si può leggere in questa descrizione, poiché la Mia Misericordia non può e non potrà mai estendersi oltre i confini del Mio immutabile Ordine, mostrato ora dalle sue fondamenta. Infatti questo Ordine di per sé è già la Mia eterna Misericordia.

44. Chi però oltrepassa i limiti di questo Ordine, dovrà ascrivere solo a se stesso una condizione oltremodo lunga ed infelicissima nell’aldilà, poiché ciascuno deve necessariamente conformarsi da sé, se vuole essere ciò che deve essere. Se qualcuno non vuol fare questa fatica, allora deve anche restare nel giudizio eternamente necessario, tanto a lungo fino a quando comincerà a trasformarsi da se stesso, il che costerebbe all’anima una dura lotta!

45. Perciò ognuno di voi stia in guardia verso l’aspirazione egoistica verso i beni terreni, ricchezze, lustro e considerazione; e invece, secondo le proprie forze, sia abbondantemente caritatevole verso i fratelli e le sorelle più poveri, così gli sarà facile la lotta con le tenebre. Amen!

46. Questo dice il Signore di ogni vita a tutti voi. Amen! Amen! Amen!

 

*  *  * *  *

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[1] Questo pianeta è Urano; vedi „Il Sole Naturale“ Cap. 44,20

[2] Dio Padre incarnato in Gesù.

[3] Fondatore del cattolicesimo tedesco, indipendente da Roma, 1843-1887.

[4] Assemblea Nazionale di Francoforte sul fiume Meno – 1848.

[5] Vienna

[6] Robert Blum fu fucilato a Vienna secondo la legge marziale il 9 novembre 1848 per ordine del comandante-colonnello imperiale, principe Windischgrätz

[7] Robert blum aveva aderito alla „Chiesa“ di Ronge, fondatore del Cattolicesimo tedesco indipendente da Roma, secondo la quale dopo la morte si perde eternamente ogni forma di vita.

[8] Reminiscenza: – termine poco usato correntemente, poiché nell’ambito dei dipinti viene riferito a ciò che le immagini di un’opera artistica richiamano alla memoria quelle di un altro autore. Nelle rivelazioni dall’Alto viene usato per indicare la capacità di ricordare, in particolare la vita precedente a quella terrena. Ad esempio, si dice che nell’incarnazione di ciascuno di noi viene tolta la reminiscenza, cioè il ricordo.