1904 - 1905

Rivelazioni

a

Franz Schumi

 

 

Cristo e la Chiesa

 

Scritto teosofico cristiano

n. 58 / 1

 

 

Parte I

Dimostrazione storica tramite le S. Scritture sul falso seggio di Pietro a Roma

 

 

Titolo originale:  Christus und Kirche Band I

 Per l’edizione in lingua originale (1904):

Casa Editrice di Franz Schumi a Zurigo;

Editore su commissione: Cécil Bägel, Altona (Elbe) Holstenstraße 191

Stampa di Otto Bucholz in Amburgo (Germania)

 Traduzione e revisione a cura del gruppo “Amici della nuova Luce

 

 

 

Indice

 

cap. 1

(domanda): Il papa, è il successore e il rappresentante di Pietro?

 

cap. 2

La spiegazione del Padre per i dubbiosi sulle indicazioni delle fonti

22.07.1900

cap. 3

(domanda): Era possibile la presenza contemporanea dei due maggiori apostoli a Roma?

 

cap. 4

Chiarimento del Padre sul seggio di Pietro che non andò mai a Roma

 

cap. 5

Una parola paterna sulle guide spirituali

4.02.1898

Allegato

“Dei Filius” del 24.04.1824

 

 

 

Date storiche citate nel testo

anno 34 d.C. = conversione di Saul/Paolo

anno 37 d.C. = persecuzione di Paolo (At. 9,23-24)

anno 42 d.C. = Luca già discepolo degli apostoli

anni 43-44 d.C. = Pietro guarisce alcuni credenti a Lidda e a Joppe

anno 44 d.C. = uccisione di Giacomo il vecchio (fratello di Giovanni l’evangelista) e Pietro in prigione

anno 44 d.C. = morte di Erode Antipa

anno 48 d.C. = ad Arimatea Pietro scrive la “Lettera agli Ebrei”

anno 51 d.C. = Paolo e Giacomo di Alfeo sono presenti al secondo Sinodo degli Apostoli

anno 51 d.C. = estate - Cefa/Pietro è ad Antiochia

anno 57 d.C. = 6 luglio Pietro scrive la ‘1° Lettera di Pietro’

anno 57 d.C. = autunno - Paolo dalla Macedonia scrive la ‘2° Lettera ai Corinzi’

anno 57 d.C. = Paolo, da Corinto scrive la ‘Lettera ai Romani’

anno 58 d.C. = 28 maggio Pentecoste - Paolo a Gerusalemme

anno 58 d.C. = 1 giugno - cattura di Paolo a Gerusalemme

anno 59 d.C. = 9 ottobre morte di Pietro a Babilonia a 76 anni

anno 61 d.C. = Paolo da Roma scrive ai filippesi

anno 63 d.C. = Luca a Gerusalemme scrive gli ‘Atti degli Apostoli’

anno 65 d.C. = dopo 4 anni in carcere, Paolo a 66 anni fu assassinato a Roma con la persecuzione ai cristiani

anno 160 d.C. = Dionisio di Corinto asserisce (il falso) Pietro e Paolo fondatori della loro comunità di cristiani

anno 200 d.C. = Cajus racconta (falso) delle tombe di Pietro e Paolo a Roma

anno 420 d.C. = Hieronymus asserisce nel suo catalogo la morte di Pietro nel 67 d.C.

 

 

 

 

۞

Cap. 1

(Domanda): “Il papa, è il successore e il rappresentante di Pietro?”

 

Premessa: – Due articoli di fede della bolla pontificia sull’infallibilità del papa recitano così[1]:

14) Se qualcuno afferma che il santo apostolo Pietro non è stato nominato dal Signore, il Cristo, come primo apostolo e capo visibile dell’intera Chiesa combattente, ovvero che della stessa ha ricevuto solo il primato dell'onore, ma non il primato del vero e proprio potere, sia maledetto!

15) Se qualcuno afferma che non è secondo l’istituzione del Signore, il Cristo, che San Pietro abbia avuto continui successori nel primato sull'intera Chiesa, – ovvero che il papa romano non sia, in forza del Diritto divino, il successore di Pietro proprio in questo primato, sia maledetto!)

*

(parla Schumi)

La Chiesa romana fin dall'inizio sapeva come muoversi per procurarsi il prestigio di essere la prima Chiesa cristiana al mondo. Per arrivare a questo, il suo (primo) vescovo doveva essere ritenuto come il vero rappresentante di Cristo, e quindi anche il vero successore e rappresentante dell'apostolo Pietro. – E, per vero, ogni autorità, ogni potere, ogni pretesa della Cattedra romana nella Chiesa cattolica fino al giorno d’oggi, si basa unicamente sul fatto che ciò è sostenuto con fermezza, come se questa sia una verità fondata e provata su fonti originali, nei quali si affermerebbe che il vescovo di Roma è il successore sul Seggio dell'apostolo Pietro.

Questa supposizione è diventata perfino un articolo di fede, poiché chi non dovesse credere che Pietro è stato stabilito da Cristo stesso come capo visibile dell’intera ‘Chiesa militante’[2], e che S. Pietro in questo primato sull’intera Chiesa ha continui successori, e quindi il papa romano, proprio in virtù del diritto ‘divino’ è il successore di Pietro, “…sia maledetto”[3] (si verifichi: Canoni XIV e XV dell'infallibilità del papa)[4]. Essi prendono in prestito la parola ‘Chiesa militante’ dalle parole di Cristo: «Io non son venuto a portarvi la pace, ma la spada» (Mt. 10,34). Solo che qui, Cristo intendeva la lotta contro ‘la brama della carne’; e in un altro passo si parla della spada da guerra: «Chi uccide con la spada, perirà di spada» (Ap. 13,10).

La seconda espressione, …in forza della Parola divina’[5] è infondata, e si regge sul titolo papale: “Santo Padre”[6] che Gesù, come Dio nel Cielo (Gv. 17,11) e il papa, porterebbero sulla Terra come se ci fossero due di uguali dignità!

Il “…che sia maledetto”. – Gesù disse: «Non maledite, ma benedite» (Rom. 12,14 / Mt. 5,44) il papa invece maledice con ognuno dei 21 canoni dell'infallibilità e con tutti gli altri canoni, dove qualcosa è comandato di credere. Di solito, il clero cattolico romano dice: “Ascolta le mie parole dottrinali, e non guardare le mie azioni”, invece in questo (dogma) si afferma: «…noi malediciamo tutti coloro che non ci credono, ma non consideriamo l’effetto della maledizione (su di noi), poiché non tutte le voci vanno nel Cielo».

Per esaminare i dogmi romani sulle loro verità interiori, al popolo mancano le necessarie conoscenze della lingua latina con le quali sono scritti i vecchi libri di storia della Chiesa, per rendersi chiare tutte le parole delle norme. Per questo, nella loro indifferenza e tradizionale abitudine nella fede inculcata, essi non provano neanche il minimo interesse a comprendere quei dogmi, perciò non possono immaginarsi l'importanza di questi e le conseguenze, che essi accettano come verità di fede.

Gli altri religiosi, da parte loro lasciano la faccenda così com'è, dal momento che vedono benissimo che la voce del singolo non conclude nulla; e d'altra parte essi lasciano volentieri tutto immutato, poiché con questa fede vengono mantenuti nel buon sostentamento e nella spensierata esistenza senza dover lavorare, – e comunque, anche per schivare tutte le conseguenze che seguirebbero da una tale indagine e pubblicazione. Anzi, essi prudentemente tralasciano tutto volentieri, per non essere privati della loro esistenza senza pensieri. Quindi questi sono i motivi essenziali, perché non esiste quasi nessuna luce nei circoli cattolici romani, per capire se Pietro è stato a Roma o meno.

Tuttavia, se è degno di lode lasciarsi raccontare ogni fiaba come una verità, come a un bambino piccolo, ognuno può rispondere a se stesso secondo la propria conoscenza della questione. Da parte mia vi darò la risposta come storicamente è dimostrata e come il Signore, su mia preghiera, me l'ha fatta conoscere, e sono entrato in questa verità storica finora non ancora completamente spiegata.

Questa domanda si divide in due, e cioè: “Pietro, è mai stato a Roma?”

E ancora: “Se è stato a Roma, è stato anche (primo) vescovo della comunità cristiana di quel luogo?”

Gli Atti degli Apostoli, che potrebbero darci informazioni su questo, furono presentati solo nell'anno 63 dopo la nascita di Cristo, e secondo la relazione degli storici papali (vedi di Patuzzi: “Storia dei papi”, p. 22), Pietro venne a Roma nell’anno 42; ma gli Atti degli Apostoli, che all'inizio parlano tanto e così dettagliatamente di Pietro, non dicono nulla di questo viaggio così importante!

È invece assolutamente certo che Paolo è stato a Roma e qui subì la morte del martirio sotto l'imperatore Nerone; nel contempo, “con Pietro”, aggiungono gli storici papali, e precisamente, secondo la cronaca romana, nell’anno 67. Secondo gli Atti degli Apostoli (Atti 28,30-31), Paolo rimase a Roma per tre anni[7] e da lì scrisse lettere a differenti comunità e a uomini spirituali, nelle quali nomina parecchi dei suoi amici e discepoli; ma di Pietro non scrive una sola parola. Se Pietro fosse stato a Roma come ‘vescovo’, Paolo non avrebbe potuto evitare affatto di parlare di lui, sia anche solo per lamentarsi del fatto che non lo aveva sostenuto nella sua opera, poiché disse espressamente che coloro che lui chiama aiutanti «Di quelli venuti dalla circoncisione, questi soli hanno collaborato con me per il Regno di Dio, e sono diventati per me una consolazione»[8] (Col. 4,11). Quindi Paolo non scrive nulla che Pietro sia mai stato a Roma, e precisamente durante il suo tempo. Paolo non dice neanche nessuna parola di una preferenza di Pietro, piuttosto egli si ritiene uguale agli altri apostoli (2° Cor. 11,5 / 12,11-12).

Gli storici romano-papali hanno ignorato inoltre che Pietro, come discepolo di Gesù, lasciò moglie, figli e casa (Mt. 8,14-15), e più tardi però prese con sé di nuovo sua moglie (1° Cor. 9,5) e anche il figlio Marco (1° Pt. 5,13), perché come vescovo doveva avere la propria famiglia, moglie e figli, che avrebbe dovuto essere il modello della comunità, altrimenti la dottrina di Cristo, secondo la spiegazione di Paolo (1° Tim. 3,1-7), gli proibiva di essere vescovo, cioè un sorvegliante sulla comunità. Paolo racconta che gli apostoli, i fratelli del Signore e Pietro, erano accompagnati dalle loro mogli (1° Cor. 9,5). Dove hanno le mogli e i figli i nostri vescovi cattolici romani e l'intero sacerdozio, perché secondo l'insegnamento di Gesù attraverso Paolo, nessun sacerdote, anzi nemmeno il diacono, poteva essere senza moglie e figli (Tito 1,5-6; Tim.3,1-13)? Sono i successori degli apostoli, questi che proibiscono ciò che Cristo ha comandato tramite gli apostoli!

Gli intransigenti pontifici avanzano la loro affermazione della presenza di Pietro a Roma dalla prima lettera di Pietro (1° Pt. 5,13). In questa lettera si dice: «La Chiesa in Babilonia eletta insieme a voi vi saluta, come pure mio figlio Marco». Questi signori vogliono che qui, sotto Babilonia, venga compresa la città di Roma. Si può conceder loro questa gioia senza danno, ma se questo ridonda loro a onore, indagare non è faccenda nostra, e tuttavia io indico le fonti secondo le quali Roma significa veramente Babilonia, ma in termini spirituali, e questi sono:

Nel 17° capitolo dell'Apocalisse di Giovanni viene menzionata la ‘grande meretrice’ (Ap. 17,2: ‘meretrice’ significa spiritualmente = tutti gli amori illeciti con il mondo, così ogni desiderio, concupiscenza, opulenza, lusso e ogni mondanità). Questa grande meretrice risiede nella città che si trova su sette colli (Ap.17,9), il che significa la grande città di Roma (tanto in epoca romana, quanto anche sotto il dominio del mondo dei papi) poiché questi avevano l’impero sui re della Terra (Ap.17-18) e questa città è chiamata Babilonia, cioè ‘confusione’, una dimora dei demoni e covo di ogni spirito impuro (Ap. 18,2-10).

Tuttavia, sotto ‘Babilonia’ nella prima lettera di Pietro non è intesa Roma, bensì Baghdad in Siria, cosa che vedremo più avanti. Quindi, dai diretti contemporanei, dai testimoni oculari e auricolari, non abbiamo assolutamente nessuna vera e valida testimonianza sulla presenza e la funzione vescovile di Pietro a Roma. Guardiamoci perciò verso altri, verso dei testimoni più lontani.

Clemente I, vescovo di Roma (eletto nel 91, morto nel 100 d.C.), un discepolo dell'apostolo Pietro (questo, secondo la storia pontificia; ma il Padre Gesù nega la verità di questa informazione) scrive in una delle sue due Lettere ai Corinzi e riferisce di Paolo e Pietro e del martirio di entrambi. Egli dice (Cor. 5,3-7)[9]: «Per l'ingiusto zelo dei suoi nemici, Pietro ha sofferto la persecuzione, non una, non due, ma parecchie volte, e attraverso questo martirio è entrato nell’eterna magnificenza».

Delle sofferenze di Pietro in questa lettera si parla solo in generale, ma da nessuna parte viene indicato anche con una sola parola che Pietro sia stato a Roma e che era un vescovo romano, ma che subì il suo martirio, né viene detto in cosa era consistito questo martirio, né dove Pietro lo abbia sopportato[10].

Pressappoco intorno all'anno 160, appare come testimone il vescovo Dionisio di Corinto, il quale morì nel 200 d.C. Questi racconta che Pietro e Paolo fondarono insieme la comunità di Corinto e da lì andarono a Roma, lì operarono insieme e lì trovarono la morte. La falsità di questa testimonianza è chiaramente evidente. Per primo, Paolo stesso ci assicura che lui soltanto è stato il fondatore della comunità di Corinto, e per vero specialmente nel I, II, III, IV e V capitolo della sua 1° lettera ai Corinzi, e nel I capitolo versetto 19 della sua 2° lettera, dove nomina coloro che hanno predicato il Vangelo ai Corinzi. Lì si dice: «Infatti, il Figlio di Dio Gesù Cristo, che vi è stato predicato da noi, cioè da me, da Silvano e da Timoteo», ecc.

Inoltre, Paolo si mostra come l'unica guida della comunità di Corinto proprio in quelle due lettere, nelle quali scomunica e accoglie di nuovo, dà comandamenti sul matrimonio, consigli sulla verginità, disposizioni sulla celebrazione della Cena del Signore, sulla predicazione, sulla preghiera, sulla profezia, ecc. nelle riunioni di quella città si esprime totalmente dalla propria autorità assoluta, e non fa nessun accenno a Pietro. Altrettanto, il resto di ciò che Dionigi dice su Pietro, della sua presenza in Roma e della seguente morte, è falso, come comprovato dalle fonti finora menzionate e quelle che seguiranno.

Intorno all'anno 200 d.C. sorse un vecchio a Roma di nome Cajus come testimone. Questi raccontò che a Roma si mostravano perfino i luoghi dove Pietro e Paolo avevano trovato la morte e dove erano stati sepolti, e precisamente Pietro avrebbe riposato presso il Vaticano[11], Paolo invece sulla strada per Ostia. Così si cominciò precocemente a fare propaganda per una storia che non ha mai avuto luogo, ma che con il tempo è stata carpita come verità.

*

La tunica di Cristo senza cuciture, per la quale i soldati se la tirarono a sorte, si è moltiplicata da uno a cinque esemplari, perché ce n'è una di questa ad Argenteuil[12], poi una a Santiago, una a Roma, una in Friuli e una a Treviri, e tutte provviste con la bolla papale di autenticità! Qual è dunque l’autentica tra queste? – Tali tuniche che si sono moltiplicate in questo modo, …certamente nessuna!

Non si sa come sia stato possibile che a Pietro, che doveva essere stato condannato da un tribunale pagano come criminale, lo stesso tribunale avrebbe potuto assegnare poi una tomba così distinta e così vicina ai giardini imperiali, presso il grande circo dove venivano tenuti i solenni giochi dei romani. Alla fine, com'è possibile che tutti gli scrittori e testimoni che hanno preceduto Cajus per 200 anni, non dicono una parolina, e solo dopo quasi 200 anni è Cajus il primo a darcene notizia e ad essere sicuro di notizie così specifiche? Da quali fonti, da quali informatori ha avuto le sue informazioni?

Origene[13] ed Eusebio di Cesarea[14] ci riferiscono entrambi che Pietro fu crocifisso a testa in giù a Roma su proprio desiderio, e precisamente per il fatto che nella sua umiltà disdegnava essere troppo simile al suo Signore e Maestro. Questi due scrittori sono il fondamento, come vedremo ulteriormente più avanti, di ciò che la Chiesa romana ha fatto della sua storia di Pietro. – Da ciò si può concludere che dell’assassinio di Pietro circolava tra la tradizione popolare, ma solo il luogo dove avvenne non fu mai noto.

Papa Liberio[15] compilò un catalogo papale e fece governare Pietro per 25 anni, 1 mese e 9 giorni (dal 42 al 67). Questo è vero: poiché Liberio, secondo il suo modo di agire, era contrario, e per l'arianesimo fu uneretico infallibile’, sebbene più tardi venne dichiarato ‘santo’ dalla Chiesa ortodossa.

Hieronymus[16], morto nel 420, nel catalogo Scriptor Explesiast, fa morire Pietro sulla croce nel 14° anno del regno dell'imperatore Nerone, cioè nel 67 d.C.

La citazione dei vecchi eruditi ecclesiastici, i cosiddetti padri della Chiesa, avvenne in verità per amore della conoscenza. Ma si domanda: “Come possono, uomini che hanno vissuto 50, 100, 150, 200, 300, 350 anni più tardi e molto lontano dal luogo dell’operare dell'apostolo, sapere qualcosa di sicuro e testimoniarlo, dal momento che dai nostri tempi noi sappiamo che tutte le notizie provenienti da lontano, quando vanno di bocca in bocca, vengono completamente alterate e guarnite con abbellimenti favolosi?”

Restiamo con le Sacre Scritture, poiché nonostante i piccoli deturpamenti dei papi, ecc., oltre alla nuova Parola del Padre, è l'unica fonte sicura che, secondo Tommaso d'Aquino: “Solo questa è la prima fonte della fede, da cui ogni dogma deve essere dimostrato, se vuol rivendicare la validità”.

Il primo vescovo romano, secondo un’antica documentata tradizione unanime di Ireneo morto nel 202, di Eusebio morto nel 340, di Rufino e delle costituzioni apostoliche del IV secolo, fu Lino, nominato nella 2° lettera a Timoteo 4,21, un discepolo di Paolo (ma il Padre Gesù me lo ha lo negato, come non lo si scorge da nessuna parte dagli Atti degli apostoli).

*

Le testimonianze e le prove che Pietro sia stato a Roma, sono deboli e misere, ma non va meglio se ci si domanda se Pietro avesse un episcopato a Roma. Le testimonianze e le prove invece sono solo contraddittorie, negative, mentre le controprove diffondono la luce della verità, davanti alla quale la tenebrosa menzogna deve retrocedere.

*

Dopo queste discussioni, veniamo alle fonti determinanti che per noi sono autorevoli perché sicure, poiché in ogni fatto storico entrano in azione principalmente le testimonianze dei contemporanei. Infatti, i testimoni oculari e auricolari sono sempre i migliori per quanto riguarda soprattutto la verità dei fatti, e per lo più sono gli unici informatori sicuri; a meno che non siano in qualche modo prevenuti e lavorino per i propri scopi, come hanno fatto qui e là gli storici clericali romani (Schumi: - Si confronti le decretali isidoriane[17], cioè quelle falsificazioni di documenti iniziate in un monastero nel IX secolo, ecc.). Tra le nostre fonti, la seguente:

La più vicina, e certamente l'unica testimonianza valida alle nostre due domande, ce la danno gli Atti degli Apostoli. Tuttavia caro lettore, prendi solo una volta in mano il Nuovo Testamento – latino, tedesco o greco è la stessa cosa – apri gli Atti degli Apostoli, sfoglialo dalla mattina presto fino a tarda notte e sillaba tutti i 28 capitoli dello stesso con i suoi 1005 versetti con la massima diligenza, allora dalla prima all'ultima parola non troverai il più lieve riferimento ad una presenza di Pietro a Roma, in quanto si parla di Pietro solo fino al 12° capitolo, e precisamente fino alla storia della sua liberazione dalla prigione (anno 44). Tutto il resto della seconda parte degli Atti degli Apostoli, dal capitolo 13 fino alla fine, tratta esclusivamente di Paolo e termina proprio con il suo arrivo a Roma.

Tuttavia, attingendo e confrontando diverse fonti, è possibile ottenere una luce e un discernimento nei fatti affinché, alla fine, tutti i dubbi scompaiano e la verità emerga chiara ed è dimostrata, come mettono in evidenza questo ulteriore studio delle fonti:

L'anno 34 d.C. non molto tempo dopo la lapidazione del diacono (o elemosiniero) Stefano che, secondo la Bibbia, avvenne nel 34 d.C. e precisamente alla festa di Pasqua (tra il 22 e il 28 aprile), seguì la conversione delgiovane’ (di Paolo, cioè un giovane uomo ancora non sposato, che di professione era un fabbricante di tappeti o tende [Atti 18,3]). Il termine giovane qui non significa un ragazzo sbarbato, né tanto poco discepolo o seguace di Gesù; significa = un ragazzo di scuola, ildiscepolo’. Pietro allora nel 33 aveva cinquant'anni e ciononostante era ‘“discepolo’ o ‘seguace’. Saul di Tarso aveva 35 anni, secondo una comunicazione del Padre celeste a me fatta, e la sua conversione davanti e a Damasco avvenne il 26 agosto dell'anno 34.

 

[indice]

۞

Cap. 2

La spiegazione del Padre per chiarire i dubbi con l’indicazione delle fonti attendibili

22 luglio 1900

(parla il Signore)

1. Oggigiorno gli uomini credono solo a ciò che leggono da antiche scritture, come per esempio dalla Bibbia, e rifiutano qualsiasi rivelazione che non provenga dalle Sacre Scritture.

2. Questo tipo di cristianesimo scettico dimostra che tali scettici non vivono secondo il Mio Insegnamento che i Miei apostoli e discepoli hanno tramandato ai posteri attraverso il Nuovo Testamento. Non è certamente bravura di sapienza prendere posizione contro le Mie parole che Io do attraverso i Miei media, una volta chiamati profeti e profetesse, e dichiararli come prodotti propri di tali uomini.

3. Una volta parlavo tramite i profeti, ma anche tramite persone semplici, come mettono in evidenza le prove di Simeone e Anna nel Tempio (Lc. 2,25-36) e le quattro figlie del discepolo Filippo (Atti 21,9).

4. Un giorno dissi ai Miei discepoli: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo» (Mt. 28,20). Se sotto questo fosse stato inteso solo i Miei apostoli, allora avrei dovuto dire: ‘Io sono con voi finché vivete nel mondo’; infatti, i Miei apostoli non aspettavano la fine del mondo, ma morirono come tutti gli altri uomini dopo il corso del loro periodo di prova terrena e di insegnamento. Da ciò, ognuno può apprendere che ho parlato in generale per tutti i Miei figli che vivono secondo i Miei insegnamenti, poiché solo con questi Io parlo, e questi ascoltano la Mia voce profetica (Pt. 1,19 ; Gal. 1,11-12).

5. Io sono il Padre spirituale di tutti gli uomini del mondo, e nessuno viene preferito presso di Me, perché il Mio Spirito dimora in ogni singolo uomo (Cor. 3,16 / 6,19; 2° Cor. 6,16 ; Rom. 8,11) e quindi non posso amare gli uomini in modo differente, perché provengono tutti da Me e sono guidati da Me. Pertanto, se alcuni sono favoriti per il fatto che Io, attraverso la parola interiore, parlo con loro, con questo non è detto che presso di Me valgano più degli altri, ma che tali uomini adempiono le condizioni poste su di loro per il conseguimento del Regno di Dio, mentre altri con i quali non posso aver relazioni come ‘Padre’, vivono ancora troppo mondanamente e fanno aderire troppo potentemente la loro anima alla materia.

6. Non dovete dubitare che Io non abbia relazioni con i Miei figli che Mi amano, ma dovete comprendere che voi non adempite ancora queste condizioni di vita tramite le quali potrei aver relazioni con voi. Solo col seguire i Miei insegnamenti e calcare le Mie orme riuscirete ad aver relazioni con Me, poiché Io ero, sono e sarò in eterno lo stesso Padre al Quale potete giungere attraverso le virtù di Gesù (Gv.14,6 / anche Atti 2,17-18, poiché questo grande tempo è già iniziato, e le virtù di Gesù si trovano nel “Libro delle preghiere cristiano-teosofiche”). Amen!

7. L'anno 37 d.C. – Dopo la sua conversione avvenuta nel 34 d.C., Saul rimase a Damasco quasi tre anni e predicò l’Insegnamento cristiano in modo così potente, che gli ebrei miscredenti lo perseguitarono nel 37 d.C. per ucciderlo (Atti 9,23-24) ed Areta, il governatore del re, fece sorvegliare le porte della città in modo da catturarlo. Ma Saul venne calato giù in una cesta da una finestra lungo le mura della città, e così scampò (Cor. 11,32) e andò a Gerusalemme per vedere Pietro (Gal. 1,18). E rimase presso Pietro quindici giorni e si consultò con lui e con Giacomo, figlio di Alfeo; non vide però gli altri apostoli (Gal. 1,19). E mentre Saul pregava nel Tempio, il Signore lo esortò a lasciare Gerusalemme e lo scelse come “Apostolo dei pagani”, come racconta lo stesso Saul (Atti 22,17-21). Iniziò anche a contendere con gli ebrei greci, ma poiché questi volevano ucciderlo, i discepoli lo mandarono nella sua città natale, Tarso in Cilicia, nel 37 d.C. (Atti 9,30).

8. Anno 43 e 44 d.C. La storia dell'apostolo Pietro dal 43 fino al 44 è la seguente: Pietro andava spesso da Gerusalemme alle città e alle comunità limitrofe, guariva gli ammalati e convertiva gli ebrei. Così anche nell'anno 43 andò fuori nella stagione invernale e precisamente alla costiera e venne a Lidda[18]. Lì guarì Enea, il gottoso, in Joppe risvegliò Tabita dalla morte e dimorò in Joppe presso Simon Gerber fino alla fine di febbraio del 44 (Atti 9,32-43).

9. A Cesarea c'era un capitano timorato di Dio della coorte[19] italica di nome Cornelio, a questi venne manifestato su sua richiesta attraverso un angelo che la sua preghiera sarebbe stata ascoltata. Cornelio invia ora tre messaggeri a Pietro su ordine di Dio e lo prega di venire da lui; allo stesso tempo, in un rapimento, Pietro ricevette tre volte l’ordine di non rendere impuro ciò che Dio aveva purificato, perciò all'inizio di marzo del 44 andò con i messaggeri da Cornelio, predicò a lui e ai suoi compagni la salvezza, ed ecco, lo Spirito Santo scese su tutti gli ascoltatori, e ora Pietro non poté rifiutarsi di battezzarli (Atti 10,1-48). I giudei cristiani a Gerusalemme, a causa di questo fatto, fecero dei rimproveri a Pietro, ma questi furono convinti dalla stesso Pietro che anche i pagani sono chiamati al Regno di Dio (Atti 11,1-18).

10. Anno 44 d.C. Nella festa di Pasqua di quell’anno, che durò dal 22 al 28 marzo, il re giudeo Erode Agrippa I fece uccidere il fratello dell'evangelista Giovanni, Giacomo il Vecchio, Pietro invece fu imprigionato. Un angelo però liberò Pietro, che si mostrò alla comunità e poi lasciò subito Gerusalemme per evitare la persecuzione di Erode.

11. Erode allora andò a Cesarea, ma qui, quando il popolo gli dimostrò onore divino, e lui non diede l'onore a Dio, venne punito da Dio con una malattia che lo rosero i vermi, e morì subito dopo quella Pasqua del 44 d.C. (Atti 12,1-25).

12. Sorge allora la domanda: “Se Pietro (secondo i canoni romani) si trattenne a Roma ininterrottamente dall'anno 42 fino al 67, come poteva essere stato catturato in Gerusalemme nell'anno 44 e gettato in prigione?”

13. Questa è la prima prova della falsità dell’affermazione storica romana.

14. Anno 48 d.C. = Gli anni 44 e 51 mostrano che Pietro in quel periodo si trattenne a Gerusalemme.

15. Nell'aprile del 48 Pietro si fermò in Arimatea presso il ben noto Giuseppe di Arimatea, e questi lo spinse a scrivere la famosa lettera agli Ebrei, scritta da suo figlio Marco, da cui derivò anche il Vangelo di Marco.


[indice]

۞

Cap. 3

(domanda): Era possibile la presenza contemporanea dei due maggiori apostoli a Roma?

(parla Schumi)

Nel 51 d.C., 14 anni dopo il primo viaggio dell'apostolo Paolo a Gerusalemme (Gal.2,1), Paolo viaggiò con Barnaba e Tito per il grande Sinodo degli Apostoli a Gerusalemme, e lì s’incontrò con le tre colonne della Chiesa: Giacomo, figlio di Alfeo, Simon Pietro e Giovanni, che allora guidavano la comunità in Gerusalemme. Giacomo in questa assemblea emerse già come il vero e proprio capo della comunità di Gerusalemme (Atti 15,1-29 ; Gal. 2,1-10).

In questo sinodo degli apostoli, Pietro esordisce per primo, tiene un discorso sulle sue esperienze a Cesarea, dopo la relazione di Paolo e Barnaba prende la parola Giacomo, figlio di Alfeo, e quindi gli apostoli e la comunità prendono una decisione, la mettono giù per iscritto e la mandano ad Antiochia per mezzo di Giuda Barsaba e Sila, secondo cui i pagani che diventano cristiani non devono essere circoncisi. Con questo la questione in quale modo i Gentili diventano cristiani è stata finalmente risolta, e Paolo ora poteva iniziare i suoi grandi viaggi missionari come Apostolo dei Gentili.

Qui viene determinante alla luce del giorno che Pietro non è mai stato a Roma: Primo: Paolo riferisce nella sua ‘Lettera ai Galati’ (1,18) che tre anni dopo la sua conversione andò a Gerusalemme dagli apostoli e vi rimase per 15 giorni, cioè, questo fu nell'anno 37 d.C. Secondo: Paolo scrisse ai ‘Galati’ (2,1) che dopo altri 14 anni tornò per la seconda volta al Sinodo degli apostoli a Gerusalemme. Poiché questo sinodo, come riferisce Graßmann nella sua storia del Regno di Dio II vol., pag. 109, ebbe luogo nella prima metà dell'anno 51, quindi la conversione di Paolo era avvenuta 17 anni prima del 51, cioè nella seconda metà dell'anno 34 d.C (un’ulteriore conferma). Qui a questo Sinodo troviamo presente Pietro, che invece di parlare di Roma o di un viaggio da Roma a Gerusalemme, riferisce le sue esperienze nel suo viaggio missionario a Cesarea, quindi Pietro viveva ancor sempre nella sua patria d’origine e non a Roma, e qui faceva i suoi viaggi missionari, tra cui l’ultimo fu a Cesarea.

Che Pietro non avesse nessuna preferenza davanti agli altri apostoli, lo dimostra il passo negli Atti 8,14, secondo il quale gli apostoli mandarono Pietro e Giovanni in Samaria come assistenti di Filippo, sul cui sforzo gli abitanti di Samaria accolsero la Parola di Dio per farsi battezzare. Essi pregarono per i battezzati affinché ricevessero anch’essi lo Spirito Santo.

La comunità di Gerusalemme chiamò certamente Pietro, Giovanni e Giacomo, tre colonne della comunità, ma non come tre papi (Gal. 2,9).

Alla seconda metà del 51 d.C., Cefa (’Pietro’ secondo la lingua greca) venne ad Antiochia e mangiò con i pagani, ma quando arrivarono alcuni inviati di Giacomo, si ritrasse standosene da parte per timore dei circoncisi (ovvero ebrei). In tal modo Pietro indusse ancora altri, e Paolo lo prese di sbieco e lo rimproverò alla presenza di tutti: «Se tu, che sei giudeo, vivi da pagano e non da giudeo, perché costringi i pagani a vivere da giudei?» (Gal. 2,11-14).

A questo punto sorge la domanda: cosa avrebbe avuto da fare Pietro ad Antiochia, la capitale della Siria, se fosse stato vescovo di Roma? Quindi vediamo che ogni notizia su Pietro porta il contrario di ciò che sostengono i papali storici romani.

Prima della sua cattura il 1° giugno del 58 d.C. a Gerusalemme, quindi tre anni prima del suo arrivo a Roma (vedi anno 61), Paolo ha già scritto nell'anno 57 d.C. da Corinto alla comunità di Roma, una lettera lunga piena di contenuto, e sebbene in questa lettera menzioni da 30 fino a 40 persone che vengono salutate da lui, da nessuna parte tra queste viene menzionato Pietro. Questa è dunque certamente una buona ragione per presumere che Pietro semplicemente non fosse a Roma e non era il vescovo di Roma, perché Paolo si vedeva costretto ad istruire i romani, cui Pietro non lo aveva fatto.

Per la Pentecoste del 58 d.C., che cadde il 28 maggio, Paolo venne a Gerusalemme. Il primo giorno (martedì 28 maggio) visitò Giacomo, figlio di Alfeo, che trovò al vertice della comunità a Gerusalemme, mentre Pietro, Giovanni e gli altri apostoli operavano al di fuori di Gerusalemme. Il 4° giorno (sabato 1° giugno) Paolo fu fatto prigioniero dai romani a causa di una controversia religiosa con i giudei (Atti 21,27), attraverso la quale egli, poiché pretendeva dall'imperatore la sua risposta, dopo quasi 3 anni di carcere arrivò a Roma nella primavera del 61 d.C. per l’interrogatorio davanti all'imperatore. 

In questo avvenimento cosi importante ci accorgiamo della mancanza di Pietro a Gerusalemme; e le altre fonti per gli anni dal 61 fino al 63 non sanno nulla di un Pietro a Roma. Questa è tuttavia una contraddizione imbarazzante che tutte le fonti contemporanee rifiutino l'asserzione (dei cattolici), ormai così fermamente asserita, che Pietro era a Roma quale primo vescovo di Roma.

Nella primavera del 61 d.C., Paolo venne a Roma (Atti 28,14) e vi rimase per oltre 2 anni (Atti 28,30), cioè fino al 63 nel proprio alloggio, solo un soldato di guardia lo proteggeva (Atti 28,16). Accoglieva tutti coloro che venivano da lui, predicando il Regno di Dio ed insegnava con tutta libertà e senza ostacoli quanto riguardava il Signore Gesù (Atti 28,30-31).

Se fosse vero che Pietro, come si sostiene (si veda Patuzzi, “Storia dei papi”, p. 22), avrebbe trascorso 25 anni interi a Roma dal 42 fino al 67 d.C., dove avrebbe dovuto necessariamente incontrarsi con Paolo, lì Paolo avrebbe certamente sentito parlare di Pietro, tanto più che non era soggetto a custodia rigorosa dei romani e stava in attivo collegamento con la comunità cristiana di Roma, come è stato dimostrato sopra negli Atti degli Apostoli.

Un eventuale incontro a Roma dei due più illustri apostoli, sarebbe stato troppo importante per non menzionarlo negli Atti degli Apostoli. Ora però Paolo da Roma scrive ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, ai Colossesi e ai Tessalonicesi, a Timoteo e a Filemone, e non fa la più piccola menzione di Pietro in tutte queste lettere; anzi, manda i saluti a tutti i cristiani più distinti nella comunità di Roma, e a Pietro non manda alcun saluto? Questo sarebbe stato possibile solo se Pietro fosse stato a Roma, anzi perfino se addirittura fosse stato il vescovo della comunità romana.

*

(Atti degli Apostoli 28,15): «Dal momento che lì i fratelli (a Roma) avevano sentito parlare di noi (che eravamo arrivati), ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle tre taverne. Quando Paolo vide questo, rese grazie a Dio e prese di nuovo coraggio».

Si cita questo perché se in quel tempo Pietro fosse stato a Roma e, allo stesso tempo, vescovo, allora sarebbe stato certamente riferito il grande avvenimento, tanto che Pietro con i fratelli sarebbero andati incontro a Paolo per salutarlo ed accoglierlo come il grande compagno nella funzione di apostolato. Ma non c’è il minimo accenno di questo, sebbene Pietro e Paolo fossero in rapporti amichevoli, poiché Pietro nella sua seconda lettera dice:

- (2° Pt. 3,15-16) «Paolo da Pietro è definito come «fratello molto amato» e raccomanda i suoi scritti ai fedeli».

Nell'inverno del 61 d.C. Paolo da Roma scrisse ai filippesi che la sua attività nell’annunciazione del Vangelo per lo sviluppo della comunità romana era accompagnata da buoni risultati:

- (Fil. 1,12-14): «Voglio poi che voi sappiate, o fratelli! che tutto quanto mi è accaduto ha maggiormente contribuito ai progressi del Vangelo; Al punto che a tutti quelli del pretorio e al corpo di guardia dell’imperatore e tutti gli altri è divenuto noto che sono in catene per amor di Cristo; Le mie catene hanno reso molti fratelli nel Signore coraggiosi, tanto che hanno preso più ardire nell’annunciare senza timore la Parola di Dio».

Questa relazione discredita la presenza e un'attività di insegnamento di Pietro a Roma come vescovo, poiché solo attraverso Paolo la comunità a Roma iniziò ad espandersi, e solo attraverso la fermezza di Paolo anche altri osarono predicare pubblicamente il Vangelo. Dov'era Pietro a Roma dal 42 fino al 61, cioè per ben 19 anni, dal momento che nessuno seppe niente di lui, né è rimasta alcuna traccia della sua attività di insegnamento? Noi conosciamo Pietro come un temerario oratore e divulgatore del Vangelo dagli Atti degli Apostoli. Non si sarebbe dovuto vedere a Roma per 19 anni, né parlare con lui? Qui la verità e la menzogna vengono portate alla luce del giorno. È la stessa Sacra Scrittura a punire gli storici romani.

Paolo ha detto nella sua ‘Lettera ai Romani’ nel 58 (Rom. 1,11-15): «Desidero molto vedervi per rafforzarvi attraverso la comunicazione di doni spirituali. Questo è per incoraggiarci a vicenda in mezzo a voi attraverso la vostra e la mia fede». Questo linguaggio di Paolo mostra chiaramente che né un insegnante di religione né tanto meno un vescovo ‘Pietro’ era a Roma, poiché altrimenti Paolo non avrebbe potuto parlare così, come a una comunità che non aveva una propria guida. E che a quel tempo a Roma non c'era nessun sovraintendente della comunità (vescovo) o un insegnante religioso, me lo ha comunicato il Padre Gesù. Paolo disse inoltre: «14 Sono debitore ai Greci e ai non Greci (romani) istruiti e non istruiti. 15 Per quanto mi riguarda, sono pronto ad annunciare il Vangelo anche a voi che siete a Roma».

Questa promessa ed annuncio di Paolo che egli era disposto ad annunciare il Vangelo ai romani, conferma la spiegazione del Padre di cui sopra (cap. 2,12), che né Pietro né un altro annunciatore del Vangelo era a Roma, altrimenti Paolo sarebbe stato di troppo. Secondo la spiegazione del Padre, i cristiani di Roma pregarono Paolo di venire a predicar loro il Vangelo, da qui la sua ‘Lettera ai Romani’, nella quale (versetto 15, come sopra) egli fa loro la promessa che è disposto ad andare a predicar loro il Vangelo. Dopo la sua cattura, avvenuta poi a Gerusalemme a causa della disputa religiosa, il Signore gli apparve di notte e gli disse: «Sii di buon animo, perché come hai testimoniato di Me a Gerusalemme, dovrai testimoniare anche a Roma» (Atti 23,11)

Paolo manifestò il suo punto di vista, che menziona nelle due ‘La 2° lettera ai Corinzi’ e nella ‘Lettera ai Romani’, che egli non interferisce nell’attività dove già altri sono attivi.

Nella 2° lettera ai Corinzi, nell'autunno del 57 d.C., inviata dalla Macedonia (la lettera era terminata il 5 novembre 57 e immediatamente inviata, secondo l’indicazione del Padre Gesù). Egli scrisse:

- (2° Cor. 10,16): «In modo da portare il Vangelo anche nei paesi che sono aldilà del vostro, senza doverci gloriare nel campo d’azione riservato ad altri e di ciò che da essi è già stato fatto».

Ovvero, come si dice oggigiorno: “Adornarsi con piume estranee”. La ‘Lettera ai Romani’ fu inviata da Corinto nell'autunno del 57 d.C. e qui egli dice la stessa cosa secondo il suo carattere:

- (Rom. 15:20): «Ho avuto così l’onore di annunciare il Vangelo, non lì dove Cristo era già conosciuto, affinché io non avessi a costruire sul fondamento posto da altri».

*

Secondo queste due sicure affermazioni, Paolo non avrebbe neanche debuttato a Roma se Pietro o un altro avesse pubblicamente annunciato la dottrina di Cristo prima di lui.

In verità, Pietro viveva ancora quando in Roma esisteva già una comunità cristiana, tuttavia egli non ha mai fatto qualcosa o contribuito alla fondazione della Chiesa romana. La comunità romana iniziò a formarsi dopo la morte di Cristo, quando a Roma si venne a sapere della Sua resurrezione, poiché in città c'erano molti uomini che al tempo di Cristo si erano trattenuti in Giudea e nelle regioni circostanti per differenti affari e occupazioni e questi, avendo partecipato alle esposizioni di Gesù e molti erano stati convertiti dal loro paganesimo[20], ritornati a Roma condivisero ciò che avevano vissuto e sentito, e così la fede cristiana cominciò a diffondersi. Singoli uomini e intere famiglie divennero cristiani.

Alla fine giunse a Roma la notizia della crocifissione e della resurrezione di Cristo e questo provocò un gran parlare nella città. Molti riferirono pubblicamente che erano stati personalmente presenti a quelle esposizioni ed avevano parlato con Gesù, e in tal modo i credenti si riconobbero e si compresero l'un l'altro diventando una nuova comunità di fedeli.

Da Gerusalemme a Roma giungevano ripetutamente notizie di ciò che gli apostoli e i discepoli facevano e di come si era formata una comunità cristiana a Gerusalemme, così anche a Roma gli amici e seguaci del cristianesimo si unirono insieme più strettamente. Tuttavia non stabilirono una guida, perché nessuno era abbastanza formato nella nuova Dottrina. Si radunavano, tenevano l’Eucarestia, pregavano e cantavano, ma per molto tempo non si venne all’istituzione di una solida comunità.

Quando Paolo venne a Roma nel 61, c'erano ben già molti cristiani, ma ancora nessun vescovo della comunità di Roma. Ecco perché nelle sue lettere egli parla dei nomi di parecchi cristiani romani, ma mai di un vescovo, perché non ce n'era ancora nessuno. E Paolo, come prigioniero e messo in catene, non poteva essere sovrintendente di alcuna comunità (vescovo).

Da ciò è chiaro che durante il tempo di Paolo a Roma (61-65), per i seguaci di Cristo non presiedeva né un pubblico insegnante religioso né un vescovo.

Se Pietro fosse stato a Roma già dall'anno 42, allora come apostolo sarebbe stato a capo della comunità e allo stesso tempo come vescovo, e in tal caso avrebbe proibito a Paolo di insegnare senza il suo permesso nella sua comunità da lui fondata; così anche un altro vescovo o sovrintendente di comunità avrebbe fatto lo stesso; e Paolo, a prescindere dalla sua missione divina (Atti 23,11), sarebbe stato senza carattere e le lettere di cui sopra sarebbero state contraddittorie, se lì avesse esordito come usurpatore verso Pietro o verso un altro vescovo di comunità già esistente.

Queste due lettere sono troppo convincenti per definire Paolo come un uomo senza carattere a favore della storiografia romana.

*

Luca il medico (Col. 4,14), nato in un villaggio non più esistente nei dintorni di Gerusalemme, era un discepolo degli apostoli dall'anno 42. Egli viaggiò con la stessa nave che portò Paolo a Roma come prigioniero, e a Roma fu suo collaboratore (Fil., 24).

Luca lasciò Roma nel gennaio 63 e ritornò a Gerusalemme dove scrisse le notizie per il suo Vangelo e dei suoi Atti degli Apostoli, che completò nel 63. Secondo il rapporto del Padre, Luca fu lapidato a Capernaum nell’anno 63; quindi i suoi Atti degli Apostoli arrivano solo fino all’anno 63. Di questo egli lo riferisce al suo amico Teofilo, il quale insegnò il Vangelo nella sua città natale, Atene, (secondo quanto mi riferisce il Padre) come segue:

- (Lc. 1,1-4): «Dopo che molti si sono già impegnati ad ordinare e compilare una narrazione degli eventi che si sono verificati in mezzo a noi, come ce li hanno tramandati quelli che da principio furono testimoni oculari e servitori della parola (cioè apostoli), così è parso bene anche a me, eccellentissimo Teofilo, descriverlo secondo l'ordine, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dalla sua origine, affinché tu possa convincerti della veridicità  delle parole che hai sentito (dalla bocca di Paolo)».

Dal momento che Luca era stato testimone oculare dell'arrivo di Paolo a Roma, come anche suo collaboratore nell'opera di Dio per quasi 2 anni, allora avrebbe dovuto riferire nei suoi Atti degli Apostoli, sotto ogni circostanza, l'arrivo di Pietro a Roma, un fatto così straordinariamente importante per la Chiesa (romana!)! Luca invece tace completamente su Pietro, e questa è una ulteriore prova pienamente valida che Pietro non è mai stato a Roma, né lì è stato papa.

Già nell’anno 51 d.C., al Sinodo degli Apostoli a Gerusalemme, tra Giacomo, Pietro e Giovanni, che erano visti come colonne della comunità da un lato, e Paolo e Barnaba dall'altro, si misero d’accordo con una stretta di mano, che i primi tre dovevano predicare il Vangelo tra i circoncisi, cioè tra i giudei, mentre gli ultimi due tra i gentili (Gal. 2,7-9).

Con l'intesa missionaria fatta nell’anno 51, Pietro non avrebbe avuto nulla da cercare e da fare tra i pagani di Roma.

Ciò che ce lo fa capire più chiaramente è il fatto che Pietro – dopo che, secondo gli storici romani sarebbe stato vescovo a Roma già per 9 anni,– non si trovasse più a Roma bensì a Gerusalemme, e qui avrebbe concluso un accordo che egli, come vescovo di Roma tra i pagani, non avrebbe avuto bisogno di concludere, né avrebbe potuto accedervi, poiché Paolo e Barnaba non sarebbero venuti a predicare nel territorio della città di Roma, e Pietro, come apostolo o vescovo di Roma, se non gli fosse stato permesso, non sarebbe andato a convertire nessun pagano, né da allora in poi si sarebbe perfino privato e annullato di ogni attività precedente. Questo non si può accettare, perché presupporrebbe una stoltezza di Pietro che non ha un suo pari negli ‘Atti degli Apostoli’, e che presenterebbe la peggiore testimonianza della qualifica di Pietro come insegnante. D'altra parte, se Pietro fosse stato vescovo di Roma, un tale accordo sarebbe stato un palese tradimento da parte di Paolo e Barnaba e spogliazione di Pietro della sua attività di servizio a Roma.

Qualcuno potrebbe rispondere e dire: “Pietro in tal modo aveva rinunciato alla conversione dei pagani e voleva convertire in giudea solo gli ebrei di Roma!”. Solo, che con questa obiezione si sarebbe solo fondamentalmente sconfitto, e il perché lo do nella risposta qui in anticipo.

Cito dagli ‘Atti degli Apostoli’ (Atti 28,17-29): «Tre giorni dopo il suo arrivo a Roma, Paolo fece radunare presso di sé i sovrintendenti degli ebrei» e riferì loro il perché era stato portato a Roma. Su questo essi gli risposero: «Non abbiamo ricevuto dalla Giudea nessuno scritto per cagion tua, né è venuto alcun fratello a riferirci o dir qualcosa di male. Sappiamo che questa setta (dei cristiani) incontra ovunque dell’opposizione». Essi dubitarono delle affermazioni di Paolo, e quando Paolo li rese attenti attraverso i profeti, lo lasciarono pieni di collera e disputarono tra loro sulle sue parole.

Ora io (Schumi) domando: “Pietro, dal 42 fino al 61, quindi per 19 anni interi, avrebbe dormito invece di insegnare, tanto che gli ebrei in Roma non conoscevano nemmeno i cristiani e i loro insegnamenti così da definirli una setta della quale dissero che incontrava ovunque, opposizione?Può esserci una prova maggiore sull’insostenibilità dell’affermazione che Pietro fosse stato a Roma e, come vescovo, dal 42 al 67? Dal 51 non poteva più convertire i pagani senza essere chiamato un uomo sleale e senza carattere, e gli ebrei di Roma, che non sapessero nulla di lui e del suo insegnamento di Cristo! Dove c’è ancora una prova della presenza, dell'attività e della funzione di vescovo di Pietro a Roma?

Questo fatto è così decisivo sulla questione del seggio di Pietro a Roma, che ogni obiezione davanti a questa luce centrale della verità deve ammutolire.

*

Ora ascoltiamo la chiarificazione che lo stesso Padre Gesù ci ha dato spesso su questa oscura e molto contestata questione, poiché questa chiarificazione è genuina e rimane schietta, anche se tutte le forze tenebrose si precipitano contro, dal momento che Gesù stesso ha dato la testimonianza su Se stesso: «Cielo e Terra passeranno, ma le Mie parole non passeranno» (Mt.. 24,35 ; Mc. 13,31 ; Lc. 21,33). Le parole di Gesù qui di seguito, ci chiariscono il passo della 1° Lettera di Pietro nella quale l’apostolo alla fine indica che scriveva da Babilonia:

 

[indice]

۞

Cap. 4

Chiarimento del Padre sul seggio di Pietro che non andò mai a Roma

1. Dall’anno 33 fino all’anno 57 Pietro si trattenne in parte a Gerusalemme, in parte nelle province della Giudea e della Galilea, dove insegnò e convertì gli ebrei. Di quando in quando andava anche oltre i confini della sua piccola patria e operava in differenti città e comunità dell’Asia, convertendo gli ebrei al cristianesimo, rafforzando i convertiti ed incoraggiandoli alla perseveranza.

2. L’attuale città di Baghdad nella Turchia asiatica, ai Miei tempi era una residenza regale. Alcuni anni dopo la Mia morte (cioè nell'anno 50) giunse lì l'apostolo Matteo con il suo compagno, in occasione del suo viaggio in India, e fu molto ben accolto dal re di quel tempo, trattenendosi presso di lui per un anno intero.

3. Quando volle proseguire il suo viaggio verso l’India con il suo compagno, allora il re gli diede una scorta sicura fino ai confini del suo regno, e così questo apostolo fu uno dei primi testimoni di Me presso questo re e volle andare nella città che a quel tempo si chiamava ancora Babilonia – sebbene l'antica Babilonia formasse un gran mucchio di macerie molto lontano da questa città – per fare conversioni tra i pagani che, per lo più, erano servitori di Baal. Il re però lo dissuase e disse: “È sufficiente che io e la mia corte sappiamo e vediamo cosa dobbiamo credere e come stiamo con questa fede, per il resto ci occuperemo io e mio figlio, poiché non vi voglio abbandonare alla furia sconfinata dei miei sacerdoti, ma quando questi (i sacerdoti) a poco a poco saranno scomparsi ed io provvederò che nessun sostituto venga più dopo di loro, allora si potrà trattare più facilmente col popolo”. Con questa dichiarazione del re i due apostoli furono soddisfatti e non si preoccuparono più di diffondere il Mio insegnamento tra i popoli del re.

4. Sette anni più tardi (all'inizio di giugno del 57), Pietro e suo figlio Marco andarono da questo stesso re, furono anche assai ben accolti e fecero anche rimostranza al re di far conoscere per lo meno un po’ alla volta alla città la Mia dottrina; ma il re, che amava moltissimo Pietro come anche Marco, lo sconsigliò, ben sapendo di quale spirito erano animati i suoi sacerdoti di Baal, e disse proprio a Pietro: “Vedi, noi viviamo qui in una regione che, particolarmente lontano verso est fino al grande fiume Gange, è pieno di tutti i tipi di selvagge e laceranti bestie, e non meno di ogni specie di erbacce velenose; ma dove Dio, il Signore, fa crescere tali animali e piante velenose in grande quantità, allora sicuramente, tanto il terreno e soprattutto l'aria, è traboccante di spiriti e diavoli maligni, e questi corrono intorno come affamati e ruggenti leoni, come tigri, pantere e iene, e così vanno alla ricerca di uomini per divorarli. Le su indicate bestie sono feroci e molto maligne, e si può dar loro la caccia solo con grande pericolo; nondimeno, i miei sacerdoti di Baal sono mille volte più maligni. Di cui ognuno ha per lo meno mille diavoli dentro, e nessun altro si può opporre a loro facilmente ed efficacemente che solo io con il mio massimo rigore e i miei soldati, che per la maggior parte sono ebrei, greci e romani, mentre io stesso, come re, sono solo un vassallo di Roma, cosa che sarà noto ad entrambi, poiché l'Impero Romano si estende fino al Gange, dopodiché inizia il grande impero indiano, i cui confini da noi non sono conosciuti”.

5. A Pietro per vero piacque questo consiglio del re, ma sentì comunque in segreto un impulso di tenere conversazioni con alcuni cittadini di questa città sulla Mia dottrina e sul Mio Regno, di cui i sacerdoti ricevettero ovviamente anche presto notizie, e proposero a Pietro, tramite i loro messaggeri, di far conoscere anche a loro un tale beatificante discorso.

6. Pietro non si lasciò certamente sedurre per lungo tempo, soprattutto perché suo figlio e assistente Marco lo metteva in guardia seriamente e gli diceva sempre: “Lascia al re disporre qui per la nostra causa, e non agiremo contro la volontà del Signore; allora seguiamo il consiglio del re”, e così la cosa rimasse immutata per lungo tempo.

7. Subito dopo l’arrivo a Babilonia (Baghdad), Pietro scrisse da lì ‘La 1° Lettera’ il 26 luglio del 57 – (egli aveva già scritto diverse lettere prima, ma sono andate perdute) – agli ebrei cristiani che dimoravano sparpagliati nel Ponto, Galazia, Cappadocia, Asia e Bitinia (Pt 1,1), e che precedentemente nei suoi viaggi dall'anno 35 aveva visitato, convertito e di nuovo visitato.

8. Silvano, menzionato in questa lettera (Pt 5,12) è un ebreo convertito della Cappadocia, il quale copiò la lettera e la portò alle suddette comunità, di questa furono fatte molte copie perché fu diffusa in ogni comunità tra gli ebrei credenti. In questa lettera viene menzionato Marco, il figlio di Pietro, il quale dimorava a Babilonia col padre, con il quale saluta le comunità nominate.

9. Da questa lettera scorgiamo i paesi in cui fu attivo Pietro dal 35 fino al 57, quindi per 22 anni. Le province menzionate in questa lettera dall’est all’ovest, nell'ordine citato, si trovano tutte nell’Asia Minore dal Mar Nero alla Cilicia-Cipro.

10. Se Pietro fosse stato vescovo a Roma dall'anno 42, come avrebbe potuto indirizzare i suoi scritti dalla Babilonia romana (a Roma nel Medioevo sotto il dominio dei papi le cose andavano molto alla maniera di Babilonia e i capitoli 17 e 18 nell'Apocalisse di Giovanni sono diretti a questa Babilonia-romana) alle comunità delle suddette province dell'Asia Minore, se non le avesse fondate e continuamente visitate e rafforzate? Certamente, dopo una lontananza di 15 anni, dal 42 al 57, le comunità si sarebbero dimenticate di lui già da lungo tempo, se soprattutto le avesse fondate lui. Il fatto che Paolo scrisse ai romani, era certo conforme alla sua intenzione, dopo che aveva già fondato in lungo e in largo le comunità, e non esisteva più nessuna sfera d’azione che viaggiare a Roma e da lì in Spagna (Rom. 15,23-24). Un altro punto d’appoggio per smentire la presenza di Pietro a Roma è fornito non solo con questa lettera, ma perfino completamente confermato dal fatto che i luoghi della missione non sarebbero stati nella lontana Asia Minore, bensì a Roma e in Italia, se Pietro fosse risieduto a Roma.

11. Pietro aveva in Siria, dove si trovava la capitale (Nuova) Babilonia, già da principio le sue tappe di fedeli, e le visitava come riferiscono gli Atti degli Apostoli, dove Pietro poteva essere incontrato in Lidia, in Galilea, Samaria, Joppe, Cesarea, Antiochia, Tiro e Sidone, ecc., quindi in Giudea, in Galizia, Fenicia, Siria, Samaria, e al Mar Nero, a quel tempo luoghi chiamati Ponto, Galazia, Cappadocia, Bitinia, e sotto il nome generico ‘Asia’ dalla lettera di Pietro, da queste sono da intendere anche molti luoghi presso e intorno alle nominate regioni, perché gli apostoli visitavano tutte le comunità dove dimoravano gli ebrei, per convertirli al cristianesimo, quindi vi sarà certamente chiaro che Pietro doveva occuparsi di una diocesi molto grande, se si dovesse indicare questo concetto con un termine odierno, e che questa non era in Italia, bensì in Asia. Perciò da questa chiarificazione scorgiamo la terza grande falsità della Chiesa romana, secondo cui Pietro, nonostante tutto questo, sia stato visto a Roma e da nessun’altra parte, ma piuttosto si sostiene ostinatamente il vuoto, il fatto che per 25 anni fosse vescovo a Roma.

12. Dopo un paio di anni in cui Pietro era alla corte del re in Babilonia, uscì tuttavia ancora una volta fuori in città, come se andasse a passeggiare, lì trovò parecchi mendicanti e malati; i poveri li consolò, i malati li guarì mediante la forza del Mio Spirito insita in lui. Anche parecchi sacerdoti di Baal vennero a quest'opera miracolosa, riconobbero Pietro e lo pregarono molto fervorosi di recarsi un po’ con loro oltre e verso l’interno del paese, ed egli diede ascolto alle loro molte preghiere e fedeli assicurazioni, perché gli dissero che in un luogo conveniente e molto vicino, si trovava una moltitudine di malati che nessun medico era in grado di guarire, e se lui avesse guarito anche questi, allora anche loro e tutti gli altri sacerdoti avrebbero accolto il suo insegnamento e distrutto i loro templi con le proprie mani.

13. A questo discorso, Pietro andò con questi sacerdoti e, dopo un'ora di cammino, giunse con loro davvero in un luogo dove c'era una quantità di malati di febbre e ossessi, che egli guarì, e resuscitò in vita perfino un morto.

14. I guariti tuttavia cominciarono a lodare Pietro e dicevano: “Questi deve essere mandato dal vero Dio, altrimenti non sarebbe possibile a lui causare cose simili in noi semplicemente attraverso la sua parola, cosa che tutti i nostri molti déi non sono mai stati in grado di causare!”

15. Questo rese rabbiosi oltre ogni misura i sacerdoti che accompagnavano Pietro; essi lo costrinsero cortesemente, ma solo secondo l’esteriore, a visitare con loro ancora un posticino, al quale si poteva giungere attraverso un bosco di mirti e rose; in questo bosco afferrarono Pietro, gli strapparono le vesti e lo uccisero, poi lo appesero per i piedi a un albero di mirto secco, al quale fissarono sotto di questo una sbarra e le sue mani legate alla stessa con corde, lasciandolo lì così appeso e poi si allontanarono per tornare in città per un'altra via.

16. Dal momento che Pietro mancò troppo a lungo al re in quei giorni, lo mandò a cercare dappertutto, tanto dentro quanto fuori la città; e fu solo il secondo giorno che a lui riuscì di trovare Pietro nel bosco di mirti, ovviamente del tutto morto e ridotto molto male.

17. In tal modo fu anche informato dai guariti che i sacerdoti della città lo avevano portato via da loro in tutta gentilezza, e che Pietro li aveva resi magnificamente sani ed aveva anche riportato in vita un morto, a cui però si aggiunse che egli era andato ancora avanti con i sacerdoti e verso l'interno del paese.

18. Il re ne fu molto rattristato, fece seppellire Pietro nel sepolcro regale e fece portare anche l'albero di mirto nella sua tomba; ma agli oltre duemila sacerdoti di quella città andò molto male. Il re non ne risparmiò nemmeno uno, li fece uccidere tutti dai suoi soldati e poi da morti li fece portare lontano nel deserto in più di quattrocento carri, dove furono gettati e lì servirono come pasto alle bestie selvagge.

19. Tuttavia il discepolo Marco, con l'aiuto del re e di due procuratori regali, iniziò poi a convertire gli uomini dell’intera città col Mio Insegnamento, e non durò un anno che l'intera città fu convertita alla Mia Dottrina con la più grande benedizione e, tramite di essa, anche subito l'intero paese.

20. E con la presente vi do, Miei giovani seguaci, in questa occasione, la conoscenza di dove e come ha cessato di vivere il primo apostolo per questo mondo; quindi non a Roma, né tanto meno a Gerusalemme, bensì nella città Nuova Babilonia, a cui più tardi ottenne il nome saraceno di Baghdad.

*

(parla Schumi):

Secondo la comunicazione del caro Padre, questa notizia di cui sopra era contenuta negli Atti degli Apostoli, che però fu eliminata dal sacerdozio romano già nel III secolo, e così non comparve tra gli scritti che furono portati al Concilio di Nicea nel IV secolo (325); perciò non la contiene neanche la Bibbia greca. Secondo quanto rivelato dal Padre Gesù, l'assassinio di Pietro avvenne nell’anno 59, il 9 ottobre all’età di 76 anni. Con ciò la profezia di Gesù in Giovanni 21,18-19 andò in adempimento.

La cosa che colpisce in questa storia è che proprio da ciò che si è tramandato nel sacerdozio romano che si conosce il tipo di morte di Pietro, cosa che nessuno di loro avrebbe potuto conoscere se non fosse stato riportato originariamente dagli Atti degli Apostoli, e tuttavia non fu riferito in questi Atti, da dove è chiara la storia del Seggio di Pietro a Roma. Ciò denota come a Roma abbiano lavorato per tempo per acquisire il primato apostolico per primeggiare con questo.

La domanda: “Ha Pietro fondato la Chiesa romana?”, è stata discussa dal Signore nel “Grande Vangelo di Giovanni” (GVG vol.8/162) dove è anche stato mostrato come ciò fu inventato.

La seconda lettera di Pietro è anche stata scritta da Babilonia (Baghdad) nell'agosto del 58, nella quale egli scrive che Gesù gli ha rivelato che presto sarebbe morto (2° Pt. 1,14).

Su Paolo, il Padre mi ha dato la seguente notizia: «Paolo venne a Roma nella primavera del 61 e vi rimase imprigionato per quattro anni;  fu assassinato nella persecuzione dei cristiani sotto Nerone nell'anno 65, quando aveva 66 anni». Interessante notare che il Nuovo Testamento – Att. 28,30 – parla solo di 2 anni che Paolo rimase nella sua abitazione, quindi è dimostrato che gli Atti degli Apostoli arrivano solo fino all'anno 63, il che anche il Padre me lo conferma.

Da ciò scorgiamo che l'intero papato romano fu un inganno storico perseguito nei secoli, allevato per la dominazione del sacerdozio romano, perché rendeva molto denaro e un onore straordinario, e produsse il potere papale del dominio del mondo fondato su statuti umani ingiustificati; infatti, chi non credeva veniva maledetto, scomunicato, perseguitato, torturato e bruciato sul rogo. Perciò nei secoli passati, la fede nella verità dei dogmi papali, anche se si sapeva che erano bugie – almeno per questo mondo – rendeva beati. Finché si stava sotto la sferza del sacerdozio, era una necessità di prudenza tacere cheti cheti sulle diverse convinzioni acquisite, per godersi una vita tranquilla.

 

[indice]

۞

Cap. 5

Una parola paterna sulle guide spirituali

Graz, 4 febbraio 1898

(parla il Signore):

Miei cari figli! Io, vostro Padre Gesù, vi dico che non dovete eleggere sulla Terra nessun uomo che porti dei titoli altisonanti, come vostra guida spirituale, poiché portare un titolo, dimostra quale spirito predomina in un tale guida per la vita spirituale. Solo quelle guide che umilmente e disinteressatamente Mi riconoscono come la suprema e unica Guida del cuore dell’uomo, vi possono tornare a benedizione. Chi invece si circonda di una grande aureola e splendore, questi non è nessuna guida spirituale secondo le Mie parole: «Il maggiore deve essere il vostro servitore di tutti» (Mt, 23,11; Mc. 10,43; Lc. 22,26-27). E quindi anche il papa non è secondo il Mio Cuore e le Mie parole, ma secondo i desideri di coloro che lo hanno eletto e stabilito. Tuttavia la fine delle condizioni anormali è vicina, ed Io ristabilirò un ordine cristiano delle origini. Questo lo dice a tutti voi che siete interessati, il Padre vostro Gesù, Jehova Zebaoth, il Signore del mondo. Amen!

 

 

[indice]

 

 

ALLEGATO

 

Di seguito si riportano i ventuno codici (falsi), che furono presentati a Graz e al popolo della Carinzia al tempo di Schumi, e spacciati per i diciotto originali contenuti nella Bolla del papa Pio IX, “Dei Filius del 24/04/1870, i quali trattavano dell’infallibilità della Chiesa, e non dell‘infallibilità del papa/successore di Pietro come in questa falsa a Graz. Il documento sull’infallibilità fu redatto in un'altra bolla papale alcuni mesi dopo, nella Pastor Aeternus” del 18/07/1870

 

1°) Se qualcuno afferma che la religione di Cristo non esiste e non è espressa in una specifica comunità fondata da Cristo stesso, bensì che può essere tenuta ed esercitata individualmente, da sé, senza riguardare una specifica comunità, ed essere questa la vera chiesa di Cristo, costui sia maledetto!

2°) Se qualcuno afferma che la Chiesa non ha ricevuto dal Signore, il Cristo, nessuna determinata ed immutabile forma di costituzione, bensì, proprio come le altre comunità degli uomini, è sottoposta, oppure potrebbe essere sottoposta a seconda della diversità dei tempi, a cambiamenti e trasformazioni, costui sia maledetto!

3°) Se qualcuno afferma che la Chiesa delle divine Promesse non è una comunità esteriore e visibile, bensì è una completamente interiore e invisibile, sia maledetto!

4°) Se qualcuno afferma che la vera Chiesa, in sé, non è un corpo unito, bensì è costituita da differenti, diverse comunità cristiane disperse, denominate cristiane, ma questo corpo è diffuso nelle stesse, ovvero che le differenti comunità pur differenziandosi l'una dall'altra nel loro credo e vivendo separate, formino, per così dire, come membra o parti, l'unica e universale Chiesa di Cristo, sia maledetto!

5°) Se qualcuno afferma che la Chiesa non è una comunità assolutamente necessaria per il raggiungimento della beatitudine eterna, – ovvero che gli uomini possono diventare beati attraverso l'esercizio di qualunque religione, sia maledetto!

6°) Se qualcuno afferma che l'intolleranza con la quale la Chiesa cattolica bandisce e condanna tutte le sette religiose separatesi dalla propria comunità, non è prescritto dal Diritto divino, – ovvero che sulla verità della religione possano esserci opinioni, ma non certezze, e quindi tutte le sette religiose della Chiesa sarebbero da tollerare, sia maledetto!

7°) Se qualcuno afferma che proprio questa stessa Chiesa di Cristo può sprofondare nelle tenebre oppure essere infettata da abusi, attraverso i quali essa si smarrisce dalla beata verità della fede e della morale, discostandosi dalla sua istituzione originaria, ovvero ‒ degenerata e corrotta ‒ alla fine cesserà di essere, sia maledetto!

8°) Se qualcuno afferma che l'attuale Chiesa di Cristo non è l'ultima e la più alta istituzione per il conseguimento della salvezza, bensì c’è da aspettarsene un'altra attraverso una nuova e più piena effusione dello Spirito Santo, sia maledetto!

9°) Se qualcuno afferma che l'infallibilità della Chiesa si limita solo a ciò che è contenuto nella Rivelazione divina e non si estende anche ad altre verità, che sarebbero necessarie affinché il tesoro della rivelazione sia completamente conservato, sia maledetto!

10) Se qualcuno afferma che la Chiesa non è una perfetta comunità, bensì un’unione (un collegio), ovvero che sta nella società borghese o nello Stato cosicché è soggetta al dominio mondano, sia maledetto!

11°) Se qualcuno afferma che la Chiesa istituita da Dio è, in certo qual modo, una comunità di simili, ma i vescovi deterrebbero certamente una funzione e un servizio, ma non una propria autorità di governo che spetta agli stessi per incarico divino, e che da loro dovrebbe essere esercitata liberamente, sia maledetto!

12°) Se qualcuno afferma che dal nostro Signore e Salvatore, il Cristo, è stato dato alla Sua Chiesa solo il potere di guidare mediante consiglio e persuasione, ma non anche di ordinare mediante leggi, né punire o costringere i perduti e gli ostinati mediante sentenze esteriori e salutari punizioni, sia maledetto!

13°) Se qualcuno afferma che la vera Chiesa di Cristo, al di fuori della quale nessuno può diventar beato, non è l'unica Chiesa santa, cattolica e apostolica romana, sia maledetto!

14°) Se qualcuno afferma che il santo apostolo Pietro non è stato nominato dal Signore, il Cristo come primo apostolo e capo visibile dell’intera Chiesa combattente, ovvero che della stessa ha ricevuto solo il primato dell'onore, ma non il primato del vero e proprio potere, sia maledetto!

15°) Se qualcuno afferma che non è secondo l’istituzione del Signore, il Cristo, che San Pietro ha avuto continui successori nel primato sull'intera Chiesa, – ovvero che il papa romano non sia, in forza del Diritto divino, il successore di Pietro proprio in questo primato, sia maledetto!

16°) Se qualcuno afferma che il papa romano ha solo la carica di sorvegliare o guidare, ma non il pieno e supremo potere di giurisdizione sull’intera Chiesa, ovvero che questo suo potere non è secondo le regole e diretto su tutte le chiese, sia maledetto!

17°) Se qualcuno afferma che il potere ecclesiastico indipendente, come è stato conferito da Cristo secondo l’insegnamento della Chiesa Cattolica, e il potere civico supremo non possono esistere uno accanto all’altro, così che rimangano tutelati i diritti di entrambi, sia maledetto!

18°) Se qualcuno afferma che il potere che è necessario per il governo di uno Stato civile, non provenga da Dio, ovvero, che lo stesso (governo) non deve essere debitore di nessuna sottomissione secondo la stessa legge di Dio, – ovvero che lo stesso deve opporsi alla naturale libertà dell’uomo, sia maledetto!

19°) Se qualcuno afferma che tutti i diritti esistenti tra gli uomini derivino dallo Stato politico, – ovvero, che non esiste nessuna autorità, all’infuori di quella comunicata, sia maledetto!

20°) Se qualcuno afferma che nelle leggi dello Stato politico o nell'opinione pubblica degli uomini c’è la norma suprema della coscienza per gli atti pubblici e sociali, – ovvero, che su questi atti non si devono estendere le pretese della Chiesa, attraverso le quali essa esprime ciò che è permesso e non permesso – ovvero qualcosa che, pur permessa in forza della legge civile, in virtù della legge divina o ecclesiastica è proibita, sia maledetto!

21°) Se qualcuno afferma che le leggi della Chiesa non hanno forza vincolante, a meno che non siano convalidate mediante la sanzione del potere civile, – ovvero che spetta a questo potere civile, in virtù della sua autorità suprema, di dare un giudizio e una sentenza nelle faccende della religione, sia maledetto!

 

 

[indice]

 

[Home Schumi]  [home sito]

 

 

 

 



[1] Al tempo di Franz Schumi nella città di Graz e per tutta la Carinzia circolò una fantomatica Bolla pontificia, in cui erano stati annotati 21 canoni spacciati per i diciotto originali “DEI FILIUS” del 24.04.1870 (vedi in allegato), nei quali al n. 14° e al 15° è contenuto il concetto dell’infallibilità del papa, e tutti i ventuno falsi canoni finivano con la nota “…sia maledetto”, mentre gli originali riportano “…sia anatema”. In realtà, Il dogma dell’infallibilità del papa fu stabilito circa tre mesi dopo la Dei Filius, in un altra bolla pontificia molto più conosciuta, la “PASTOR AETERNUS”. del 18 Luglio 1870 nella quale un unico ‘comma’ - suddiviso in quattro parti - avrebbe dovuto rappresentare una integrazione della precedente Bolla. [n.d.r.]

[2] Nel testo “DEI FILIUS” originale approvato da Pio IX il 24.04.1870, non esiste il termine ‘Chiesa combattente’, ma una sola volta viene citata come “Chiesa militante”. [n.d.r.]

[3] Nei diciotto articoli di fede nel documento papale “DEI FILIUS”, tutti i diciotto articoli terminano con la parola ‘anatema’, e non: “maledetto”. [n.d.r.]

[4] Il riferimento tra parentesi di Schumi in cui viene citata l’infallibilità del papa, ci fa comprendere la validità del disguido tra l’originarle bolla papale “DEI FILIUS”, che tratta dell’infallibilità della Chiesa cattolica, la falsa Bolla pontificia “PASTOR AETERNUS”. [n.d.r.]

[5] Qui è un errore di memoria di Schumi, perché sulla (falsa) bolla papale in possesso di Schumi al n° 15 sull’infallibilità del papa, la frase è: ‘…in forza del Diritto divino’. [n.d.r.]

[6] Santo Padre: – In effetti, sia nelle due bolle pontificie originali, che in quella falsa, non si indica mai il pontefice ‘santo’, il cui aggettivo viene usato per lo Spirito Santo e per Pietro quale santo. Solo successivamente e verbalmente, per rafforzare il concetto dell’infallibilità, al papa fu accreditato ed indicato verbalmente con il termine di ‘Santo Padre’. [n.d.r.]

[7] Il Vangelo in nostro possesso dice due anni. [n.d.r.]

[8] Tali fratelli nella fede elencati in Colossesi 4,10-14, sono citati: Aristarco, Marco, Barnaba, Epafra, Luca e Dema.

[9] Clemente scrisse due lettere ai corinti, per cui non bisogna confondere con le lettere scritte da Paolo nelle 1° e 2° lettera ai corinzi!

[10] Il testo esatto della ‘1° Lettera ai Corinzi’ di papa Clemente I tradotta dal greco al punto V,3-7 – che Schumi evidentemente non aveva, ma solo per sentito dire – è questo: «3. Prendiamo i buoni apostoli. 4. Pietro per l'ingiusta invidia non una o due, ma molte fatiche sopportò, e così col martirio raggiunse il posto della gloria. 5. Per invidia e discordia, Paolo mostrò il premio della pazienza. 6. Per sette volte portando catene, esiliato, lapidato, fattosi araldo nell'oriente e nell'occidente, ebbe la nobile fama della fede. 7. Dopo aver predicato la giustizia a tutto il mondo, giunto al confine dell'occidente e resa testimonianza davanti alle autorità, lasciò il mondo e raggiunse il luogo santo, divenendo il più grande modello di pazienza». [n.d.r.]

[11] Come Pietro morì si legga la spiegazione del Signore dettata a Schumi nel capitolo 1/7. [n.d.r.]

[12] La tunica di Argenteul è una tunica datata in un periodo compreso tra il VI e IX secolo che, secondo la tradizione sarebbe l’abito indossato da Gesù nelle ultime ore dalla Sua vita; è detta “incosutilein quanto è stata confezionata senza cuciture. Dal IX secolo è custodita nella basilica di Saint-Denys (Dionigi) ad Argenteul, nella Francia settentrionale. [n.d.r.]

[13] Origene: (Alessandria 185-Tiro 254) teologo e filosofo.

[14] Eusebio di Cesarea (265-340) prelato e scrittore greco, vescovo di Cesarea di Palestina.

[15] Liberio: 36° papa dal 352 al 366: romano, successore di S. Giulio difensore di s. Atanasio, fu esiliato dall’imperatore Costanzo II; iniziò la costruzione della basilica di S. Maria Maggiore, detta Liberiana.

[16] Girolamo, santo (Stridone 347-Betlemme 420). Dottore della Chiesa; letterato e filosofo pagano, convertitosi durante un soggiorno ad Antiochia (374) si ritirò nel deserto attendendo allo studio e all’asegesi biblica.

[17] Decretali isidoriane: sono una quantità di testi completamente falsi o copie contraffatte, di documenti papali dei primi papi (circa 150), accreditati all’opera di un certo Isidoro Mercator negli anni 847-852 nella diocesi di Reims, e stampate solo nel 1886 col titolo “Pseudo-Isidorian Forgeries”.

[18] Lidda è la mitica città di Lod della tribù di Beniamino, i cui abitanti furono deportati in cattività a Babilonia. Si trova a 4 km. a nord della cittadina di Ramla.

[19] Coorte: unità tattica dell’esercito romano divisa in manipoli e rappresentante la decima parte della legione.

[20] Vedi nella rivelazione a Max Seltmann il libro XIX “La ridestante vita nell’uomo”, in cui un romano di nome Ursus torna a Roma dalla Palestina. [n.d.r.]