Rivelazioni
nel 1842/1843 al mistico e profeta
Un’opera ricca di insegnamenti sull’aldilà. Il Regno
dei Cieli è come un sole, nel quale qualunque atto ha lo scopo di riconoscere,
conservare e far crescere la Vita interiore-spirituale,
affinché nella propria libertà si riconosca la Fonte. Dieci spiriti
accompagnano il viandante per spiegargli il senso spirituale dei Comandamenti
donati per Amore.
[Vol. 1]
Traduzione dall’originale tedesco “DIE
GEISTIGE SONNE” – VOL.1
Opera dettata dal Signore nel 1842-1843
al mistico e profeta Jakob Lorber
Traduzione di Clara Battistella
1968/1968
Il testo in PDF può essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it
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Questa edizione in *.html è a cura del gruppo: “Amici della nuova Luce”
ISBN 88-88984-20-8
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GESÙ La Nuova Rivelazione”
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capitoli 1-110
[Sole spirituale vol. 2] – capitoli 1 -
66
[vai a: “I bambini nell’aldilà]
– vol. 2 / cap. 67-127
(testo copiato
dalla sua traduzione originale del 1968, non ancora revisionato)
Unità di
misura nel testo
1 klafter
= 1,9 metri
1 piede = 31,6 cm
1 miglio = 7,6 km
L’assordante voce del trambusto del mondo
tace.
In alto alle silenziose altezze degli spiriti noi
guardiamo,
e tra gli sguardi raggianti del sentimento
scorgiamo,
come alla Terra il Regno della verità si china.
Intorno alla nostra anima gioca la Sua Luce
celeste,
scaturisce il suo santo Fuoco tramite la nostra
essenza,
e dalle profonde sorgenti del cuore irrompe
la Vita eterna per la festa dell’alleanza.
Quanto immenso è del Regno di Dio il territorio!
Esso si estende in tutte le lontananze dei tempi,
avvolge la Terra e le innumerevoli stelle,
ed è dove solo un cuore per il bene è
incandescente!
Chi ha ravvisato il numero di color che vi
dimorano?
Chi conosce delle sue forze pienezza e movimento,
le sementi tutte qui seminate all'infinito,
e dell'aurea benedizione del prosperare e maturare?
Qui alita lo Spirito del Padre, silenzioso e puro!
Qui opera, nella massima potenza, la Libertà!
La Speranza fiorisce, e luminose figure della fede
passeggiano nello splendore primaverile dell'Amore.
L'immensa fiducia guarda alla perfezione,
arrossendo l'Umiltà, nella sua stessa Luce.
Nella pace più profonda giace il senso
rappacificato.
Sta in ginocchio la devozione, pregando con
entusiasmo grande.
Il Sole del Regno è lo Spirito del Padre!
Come si slanciano gli eterni spiriti intorno a Lui,
Gli si avvicinano in cerchi sempre più stretti,
finché la loro vita scorre del tutto nella Sua!
Chi non si sentirà conscio della Sua figliolanza?
Chi non sente dolorosamente ciò che nella polvere
gli manca?
Arde nel nostro petto una nostalgia profonda,
e l'anima assetata anela alla sua originaria Sorgente.
Jakob Lorber
۞
* * * * *
Il Sole spirituale: una Scintilla di Grazia
proveniente dal Signore
22
novembre 1842
1. Prima di poterci recare nel vero e
proprio Sole spirituale, dobbiamo anzitutto sapere dove questo è, come sta in
relazione col Sole naturale e come è provveduto.
2. Per potersi fare un concetto il più
possibile completo dell’intera faccenda, deve essere anzitutto osservato che lo
spirituale è tutto ciò che è il più interiore, e allo stesso tempo è ancora il
più compenetrante, per conseguenza è onnioperante e condizionante.
3. Prendete ad esempio un frutto
qualsiasi; qual è la sua parte più interiore? Nient'altro se non la forza
spirituale nel seme! – Cos’è poi il frutto stesso che, con tutte le sue parti
componenti, è per la copertura e la conservazione del seme più interiore? Esso
in fondo è nient’altro che l'organo esteriore, compenetrato dalla forza del
seme, il quale in tutte le sue parti si comporta in senso benefico operante,
necessariamente per il seme esistente.
4. Che l’esteriore del frutto sia un
organo condizionato dalla forza spirituale del seme, risulta dal fatto che non
solo il frutto, bensì l'intero albero o l'intera pianta viene dal seme
spirituale.
5. Cos'è dunque lo spirituale? Lo spirituale è, per primo, la forza più interiore nel
seme, attraverso la quale l'intero albero insieme alle radici, tronco, rami,
foglie, fiori e frutti, è dipendente. Ed è ancora lo spirituale che compenetra
tutte queste menzionate parti dell'albero come per se stesso, oppure per il
proprio beneficio.
6. Lo spirituale è perciò
il più interiore, il penetrante, e di conseguenza anche il tutto comprendente. Poiché ciò che qui è il penetrante,
questo è anche l’avvolgente.
7. Che questo sia giusto,
lo potete osservare in parecchi fenomeni nella natura. Prendete in primo luogo
una campana. In essa, dove si trova la sede del suono? Voi direte: “Più al margine esterno, oppure più nel
mezzo del metallo, oppure più nel margine interno!” – È tutto sbagliato,
poiché il suono è il fluido spirituale più
interiore racchiuso nell’involucro materiale!
8. Quando la campana viene
battuta, allora il colpo è percepito dal fluido più interiore, il quale è come
un substrato spirituale altamente elastico e flessibile, come un qualcosa
disturbante la sua quiete. Con ciò l’intero fluido spirituale viene impegnato
in uno sforzo per il raggiungimento della libertà, il che si dà a riconoscere
nelle persistenti oscillazioni. Se la materia esteriore viene rivestita con
un’altra materia che è compenetrata da potenze spirituali non così facilmente
eccitabili, allora questa vibrazione delle potenze spirituali eccitabili – anzi
il loro sforzo per raggiungere la libertà – viene presto smorzata, e una tale
campana avrà presto cessato di suonare. Se invece la campana è libera, allora
le oscillazioni echeggianti dureranno ancora a lungo. Se, in aggiunta, essa è
circondata esteriormente da un corpo molto eccitabile, qualcosa come un’aria
pura carica di elettricità, allora, con ciò, il suono diventa ancora più
potenziato e si estende in lontananza in un tale corpo, insieme eccitabile.
9. Se ora considerate un
po’ quest’immagine, allora vi dovrà essere necessariamente chiaro che qui uno
spirituale è di nuovo il più interiore, il penetrante e avvolgente. Vogliamo
però fare ancora un altro esempio.
10. Prendete un ferro
magnetizzato. Dov’è nel ferro la forza attraente o respingente? – Essa è nel
più interiore, cioè nei piccoli involucri che rappresentano effettivamente la
materia contemplativa del ferro. Con tale forza più interiore penetra l’intera
materia che per essa non rappresenta nessun ostacolo, e l’avvolge dappertutto. Che
questo fluido magnetico avvolga anche esteriormente la materia in cui si trova,
ognuno può riconoscerlo facilmente constatando come un tale ferro magnetizzato
attiri un pezzetto di metallo simile che gli è lontano. Se non fosse un’essenza
avvolgente e quindi operante anche oltre la sfera della materia, come potrebbe
afferrare un oggetto che si trova lontano e attirarlo a sé?
11. Vogliamo citare, in
aggiunta, ancora un paio di brevi esempi. Esaminate un conduttore elettrico,
oppure una bottiglia di Leida[1]. Se un simile conduttore o una simile bottiglia
vengono riempiti con fuoco elettrico prodotto da una lastra di vetro strofinata,
allora questo fuoco penetra l’intera materia ed è poi, allo stesso tempo, la
sua parte più interiore e penetrante. Ma se cominciate ad avvicinarvi solo un
po’ ad una tale bottiglia oppure a un conduttore, allora vi accorgerete subito
con un leggero soffio e tiraggio, che questo fluido avvolge l’intera materia
della bottiglia e del conduttore.
12. E un esempio ancora più
eloquente vi si manifesta, certo in contorni opachi, in ogni uomo come anche in
altre realtà, ma diventa evidente al massimo grado nei sonnambuli. Fino a che
punto un magnetizzatore e un sonnambulo da lui trattato si possono rapportare
reciprocamente, già parecchi di voi avranno certamente fatto le esperienze più
vivaci. Ebbene, se lo spirito fosse soltanto l’essenza più interiore e non
nello stesso tempo anche una penetrante, allora per primo non sarebbe possibile
già nessuna cosiddetta magnetizzazione; e se lo spirito non fosse nel contempo
anche l’avvolgente e il tutto abbracciante, dite: come sarebbe possibile un
rapporto a distanza tra un magnetizzatore e un sonnambulo? – Io credo che
abbiamo abbastanza esempi per comprendere dove e come si forma dappertutto lo
spirituale, quindi, esposto anche precisamente in, attraverso e presso il Sole.
13. Il Sole spirituale è quindi la parte più interiore del
Sole [naturale]
ed è una scintilla di Grazia [proveniente] da Me. Poi
lo spirituale, operando potentemente, compenetra l’intera materia del Sole, e
infine è anche ciò che avvolge l’intera essenza del Sole. Quindi nel suo
insieme, questo è il Sole spirituale. Questo Sole è il vero e proprio Sole,
poiché il visibile Sole materiale non è altro che un organo dipendente dal Sole
spirituale a suo stesso vantaggio, il quale è costituito in tutte le sue parti
in modo che, in esse e attraverso di esse, lo spirituale si possa manifestare
e, con ciò, si può di nuovo pienamente afferrare nel suo complesso.
14. Chi dunque vuol vedere
il “Sole spirituale”, guardi prima la sua manifestazione esteriore e,
oltre a ciò, consideri che tutto questo è compenetrato e avvolto dal Sole
spirituale in ogni particolare come nell’insieme. Così facendo riuscirà a
formarsi già un debole concetto del Sole spirituale.
15. In aggiunta, però,
costui rifletta ancora che tutto lo spirituale è una perfetta concretezza o un
qualcosa che si afferra completamente dappertutto; mentre il naturale è
soltanto un qualcosa di parziale, di separato, che non si afferra per niente.
Se appare come interdipendente, allora questo dipende solo dallo spirituale che
dimora in esso. In tal modo l’immagine di un Sole spirituale diventerà già più
chiara, e la differenza tra il Sole naturale e il Sole spirituale risulterà
sempre più evidente.
16. Tuttavia, affinché
possiate scorgere questo sempre più chiaramente, allora vi voglio aiutare ad
ottenere, di nuovo con alcuni esempi, una più chiara immagine. Prendete
possibilmente una piccola asta di metallo nobile. Se l’osservate allo stato
grezzo, essa è opaca e ruvida. Se però la levigate e poi la lucidate, come si
mostrerà adesso in una luce del tutto diversa rispetto a prima? Eppure è ancor
sempre della stessa asta! – E qual è la vera e propria causa dell’abbellimento
di questa asta? Io vi dico che la causa è del tutto semplice: attraverso la
levigatura e la lucidatura, le particelle alla superficie dell’asta si sono
avvicinate l’una all’altra e, in un certo qual modo, sono state unite l’una con
l’altra. Per mezzo di ciò esse sono diventate, del pari, più reali, e si sono
afferrate reciprocamente, ed anche, se potete intenderlo nel giusto senso, le sue
molecole sono diventate pienamente di pari sentimento. Nello stato grezzo
precedente, che era ancora uno stato separato, si stavano di fronte come
ostili. Ogni particella separata cresceva rigogliosamente per se stessa con i
raggi nutrienti della luce, li consumava secondo la sua possibile avidità, e
non lasciava nulla alle particelle vicine. Nello stato lucido, che può essere
definito purificato o depurato, queste parti si sono afferrate. Attraverso
questo afferrarsi, i raggi di luce che cadono su di esse diventano un bene
comune, e volendo, ora nessuna delle singole particelle vuole tenerli più per
sé, ma già la particella più piccola li comunica a tutte le sue vicine. – Cosa
accade con questo? Tutte hanno luce in sovrabbondanza, così che non sono in grado
di assorbire tutta la ricchezza a disposizione; e la dovizia di questa
abbondanza di raggi, si riflette ormai in un magnifico splendore armonico da
tutta la superficie dell’asta d’oro lucidata.
17. Riuscite a percepire
già qualcosa da dove deriva questo splendore? Esso deriva dall’unità o
dall’unificazione. Se dunque lo spirituale è qualcosa di perfetto, di unico in
sé, quanto molto più grande deve essere la magnificenza dello spirituale,
rispetto a quello del suo organo, che è solo una parte o un frammento e, con
ciò, per l’appunto, anche un egoista, un interessato, e quindi, morto!
18. Considerate un altro
esempio. Voi sicuramente avrete già visto la sabbia silicea grezza da dove
viene preparato il vetro. Tale sabbia silicea grezza, lascia forse passare
senza ostacoli i raggi, come invece fa il suo derivato, il vetro? Oh, no!
Questo voi lo sapete bene. Ma perché una tale sabbia silicea grezza non lascia
passare i raggi? Perché nelle sue parti è ancora troppo separata e troppo poco
unita in sé. Quando i raggi cadono su di essa, ognuna delle sue particelle
consuma i raggi per sé e non lascia al suo eventuale vicino nulla, oppure
tutt’al più, per così dire, lascia solo lo scarto dei raggi assorbiti. Ma com’è
poi che il suo derivato, il vetro, sia tanto generoso? Vedete, la sabbia
silicea viene per primo tritata e sgretolata finemente. In questo modo ogni
particella, in un certo qual modo, ha dovuto morire all’altra, ovvero, deve
essere completamente separata da essa. Dopo, tale sabbia silicea viene lavata.
Quando è stata lavata, viene asciugata, mescolata con del sale e posta nel
crogiuolo, dove le singole particelle di polvere separate vengono completamente
unite l’un l’altra per mezzo del sale e con il giusto grado del calore del
fuoco.
19. In altre parole, che
cosa vuol dire questo lavoro? Gli spiriti egoisti vengono in un certo qual modo
frantumati attraverso la materia, così da essere completamente separati gli uni
dagli altri. Con questa separazione vengono poi lavati, ovvero purificati. Una
volta che sono purificati, vengono prima portati all’asciutto, il cui stato
corrisponde alla sicurezza. In tale stato essi vengono prima salati con il sale
della Sapienza, e alla fine, dopo essere stati preparati nel modo descritto,
vengono purificati nel Fuoco del Mio Amore. – Comprendete quest’immagine? Se
non la comprendete ancora completamente, vedete, voglio illuminarvela ancora
più da vicino.
20. Il mondo materiale
esteriore, in tutte le sue parti, è [in rispondenza] la sabbia silicea grezza;
la sua separazione è la modellatura nei differenti esseri. Il lavaggio di
questa polvere è la purificazione, ovvero il graduale ascendere degli spiriti
nella materia a potenze più elevate. L’asciugare significa la libera
esposizione o la messa in sicurezza degli spiriti in una unità, che si esprime
già nell’uomo. Il salare è il conferimento della Luce di Grazia allo spirito
nell’uomo. La finale fusione, per mezzo del calore del fuoco nel crogiolo, è
l’unione degli spiriti, tanto tra loro quanto anche con il Fuoco del Mio Amore.
Infatti, come la materia non si può afferrare nel crogiolo finché non è pervasa
dallo stesso grado di calore che il fuoco stesso possiede, così pure gli
spiriti non possono diventare tra loro concordi, e quindi eternamente
conciliati, finché anche loro non vengono completamente compenetrati dal Mio
Amore, al par di Me stesso. Così è detto anche nella Parola: «Siate
perfetti, come è perfetto il Padre vostro nel Cielo”. [Matteo 5,48]. E
ancora: “Affinché essi siano una cosa sola, come lo siamo Tu ed Io». [Giov.17]. Vedete, da questa
spiegazione, l’esempio sarà sicuramente chiaro.
21. Nondimeno, in che modo
si esprime poi, nel vetro, il diventare una cosa sola? Per il fatto che tutte
le particelle ora assorbono il raggio del Sole in un unico e medesimo modo,
vengono illuminate in tutto e per tutto, quindi completamente saziate di luce.
Tuttavia, possono lasciar andare del tutto la luce assorbita senza impedimento
attraverso se stesse. Vedete, quindi già i vetri delle vostre finestre
v’insegnano come sono regolate le condizioni celesti, e nello stesso tempo
v’insegnano anche il modo di guardare, da un gradino considerevolmente più
vicino il Sole spirituale. Noi però non ci vogliamo ancora accontentare di
questo solo esempio, ma alla prossima occasione ne menzioneremo ancora alcuni
e, attraverso di essi, nel modo più semplice, ci slanceremo completamente sul
Sole spirituale stesso, e là osserveremo le inesprimibili magnificenze!
[indice]
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* * * * *
La natura intera: un Vangelo
dell'Ordine del Signore
1. Come vi ho già detto parecchie volte, così ve
lo ripeto ancora una volta: “L’intera natura e anche ogni possibile faccenda, tanto
degli animali quanto del tutto specialmente degli uomini, può essere un
Vangelo, e attraverso le sue connessioni mostrare e dischiudere le cose più
meravigliose del Mio eterno Ordine. Anzi, non c’è bisogno di cercare l’una o
l’altra cosa per un esempio comparativo. Voi potete afferrare qualunque cosa
che sia a portata di mano, per quanto poco appariscente possa essere, porterà
sicuramente in sé quel Vangelo che è perfettamente adatto ad illuminare
qualsiasi relazione spirituale, come se essa fosse stata creata esclusivamente
a tale scopo dall’eternità!”. Dunque, Io ho detto che avremo ancora
bisogno di parecchi esempi per poterci elevare attraverso di essi,
completamente al Sole spirituale. Perciò non vogliamo affatto essere spinosi,
ma faremo del nostro meglio.
2. Prendiamo
una casa di abitazione. Con che cosa viene fabbricata? Come voi sapete, di
solito si tratta di materiale grezzo, senza forme e ammassato. Questo materiale
si trova dappertutto come egoisticamente diviso. Esso è l’argilla, dalla quale
vengono preparati i mattoni, poi una certa specie di pietra, dalla quale una
volta bruciata diventa calce, poi la sabbia e legname informe. Portiamo ora un
tale materiale grezzo insieme su un qualsiasi terreno. Qui si trova innalzata
una montagnetta di terra argillosa, di nuovo un altro
ammasso di pietra calcarea, di nuovo un caotico mucchio di tronchi d’albero,
che però non sono ancora squadrati, e di nuovo un considerevole cumulo di
sabbia. A una certa distanza si trova un più piccolo mucchio di minerali di
ferro grezzo; di nuovo un po’ più in là si trova un mucchio di ghiaia, e non
lontano da questo, un buona pozza d’acqua. Ecco, qui abbiamo radunato a mucchi
il materiale grezzo per fabbricare una casa. DiteMi
però: “Chi tra voi è così lungimirante da scorgere da tutti questi cumuli di
materiale grezzo, una splendida casa ben ordinata? Tutto questo somiglia ad una
casa, un po’ come una mosca somiglia ad un elefante, oppure come un pugno
somiglia all’occhio umano; e tuttavia, tutto questo ha lo scopo di costruire
una splendida casa.
3. Ma adesso cosa deve accadere? I
costruttori di mattoni si recano al mucchio di argilla. L’argilla sciolta viene
inumidita, poi impastata per bene. Se si è dovutamente afferrata ed è diventata
sufficientemente dura, allora vengono formati i ben noti mattoni. Ma affinché
le particelle argillose nei mattoni si afferrino ancora più intimamente e più
fortemente, ciascuno di questi mattoni viene ancora cotto nel fuoco, e in
quell’occasione ottiene di solito anche il colore che ben conoscete, ottenendo
la più grande solidità. Ma cosa accade con la pietra calcarea? Vedete, là ad
una certa distanza sono stati eretti già parecchie calcare, in cui questa
pietra calcarea viene bruciata. Ciò che accade con questo calcareo bruciato, lo
sapete sicuramente bene. Continuiamo a guardare! Anche sulla catasta di tronchi
si sono avventati i carpentieri, e li squadrano secondo la necessità
architettonica, e i fabbri si sono raccolti intorno all’ammasso di metallo, lo
fondono, estraggono il ferro utilizzabile e lo forgiano per ogni tipo di
esigenza strutturale. Inoltre vedete altri tritare e sgretolare la ghiaia e
trasformarla in vetro puro nel modo che vi è già noto.
4. Ora
abbiamo il materiale grezzo sparso tutt’intorno già curato. Perciò viene già il
costruttore edile e segna con picchetti il suo piano di costruzione. Si scavano
le fondamenta, i muratori con i loro aiutanti si danno un gran da fare, e noi
vediamo il materiale grezzo prender forma in un edificio ben ordinato sotto le
mani dei costruttori. A poco a poco la bella casa sorge sopra il terreno e
raggiunge l’altezza stabilita. Ora i carpentieri mettono le mani all’opera, e
in breve tempo l’edificio è completamente fornito della necessaria copertura.
In quest’occasione anche i nostri precedenti cumuli di materiale grezzo sono
completamente scomparsi; vediamo ancora solo una parte del mucchio di sabbia e
una parte di calce spenta, ma or ora va al cosiddetto intonaco e decorazione
della casa. In quest’occasione scompaiono anche i due ultimi resti materiali,
Vedete, la casa è ora completamente intonacata dall’esterno come dall’interno.
Ora però subentrano ancora una quantità di piccoli artigiani specializzati. Qui
abbiamo un falegname, lì un fabbro, di nuovo lì un imbianchino, lì un
lattoniere e di nuovo lì un verniciatore di pavimenti. Questi piccoli artigiani
si danno da fare ancora per un po’, e alla fine la casa sta lì praticamente
tanto, che ispira rispetto.
5. Se ora voi potete paragonate i
vostri sentimenti, cominciando dallo sguardo della rozza materia fino al
completo compimento di questo imponente edificio, allora sicuramente vi
troverete una grande differenza. Ma com’è stata causata questa differenza? Io
vi dico: da nient’altro che dall’appropriato e
giusto ordine ed unione del separato materiale grezzo in un’insieme.
Quando voi prima andavate in giro tra i cumuli di materiale grezzo, vi siete
sentiti a disagio, ed i vostri sentimenti si dimenavano caoticamente. Quando
avete visto di nuovo l’intera rozza materia resa più ordinata e adattata
attraverso il fuoco e attraverso gli attrezzi dei carpentieri, allora vi siete
sentiti già più a vostro agio, poiché avete scorto già più possibilità che da
un tale materiale così riordinato potesse sorgere una casa. Ma ancora non
potevate giungere ancora a nessun completo concetto della casa.
6. Quando
però avete visto il costruttore edile segnare con i picchetti il piano di
costruzione, siete stati in un certo qual modo colti di sorpresa in maniera più
soddisfacente nella vostra emozione, poiché potevate già dire: “Ah, guarda lì: questo diventerà un
magnifico edificio!”. E quando l’edificio stava lì completo, lo avete
osservato con grande compiacimento, e quando siete stati introdotti nelle belle
e graziose stanze della casa, allora vi meravigliaste altamente e diceste: “Chi avrebbe potuto immaginare tale
materiale che poco tempo fa giaceva ancora completamente grezzo?”
7. Ebbene, vedete, così stanno le cose
anche con tutto ciò che abbiamo visto finora nel Sole naturale. Si tratta in
sostanza, di ammassi di materiale grezzo, che appaiono in questo stato senza
connessione e senza unione. Se qualcuno osserva gli abitanti del Sole e tutte
le loro organizzazioni una dopo l’altra, non potrà rintracciare da ciò nessuna
relazione e nessuna connessione. Quindi solo nello spirituale questi ammassi
ancora del tutto grezzi vengono sempre più ordinati, e da questo ordine si può
poi già vedere per quale alta destinazione sono di conseguenza lì, poiché essi
nel loro intimo additano ad un Essere, nel Quale soltanto può essere realizzato
il loro finale e completo ordine per una perfetta totalità.
8. Perciò noi potremo scorgere
l’edificio completamente finito soltanto sul Sole spirituale, nel quale tutto
questo si afferrerà e si metterà in evidenza come un tutto nella più grande
magnificenza.
9. Adesso vedete come questo esempio
ordinario racchiude in sé un meraviglioso Vangelo, e dischiude al profondo
osservatore un ordine di cui nessun mortale si è ancora sognato qualcosa. Da
questo esempio voglio rendervi attenti su qualcosa di più vicino allo
spirituale, e questo, per vero, specialmente sul Sole stesso.
10. Ora avete contemplato le differenti
organizzazioni di tutto il Sole, e anche tutto ciò che c’è in esso e su di
esso. Tutto quanto vi si trova è certamente di innumerevole e quasi di
inesprimibile varietà. Ma come si esprime alla fine tutta questa organizzazione
del Sole sicuramente memorabile?
11. La risposta vi è data da ogni
sguardo che voi rivolgete al Sole, vale a dire in una generale corona di luce e
di raggi oltremodo intensiva.
12. Guardate
come la quasi infinita varietà si riunisce là e, così riunita, opera in
distanze di spazio quasi senza fine. Non sarà necessario illustrare tutti gli
innumerevoli effetti benefici della luce solare, poiché ogni nuovo giorno li
descrive e li magnifica sul vostro piccolo corpo terrestre già innumerevoli
volte. Il Sole, senza questa unità di luce, potrebbe produrre con tutte le sue
innumerevoli parti anche tali meravigliosi effetti? Oh, sicuramente no!
Chiedetelo ad una profonda notte, ed essa vi dirà e letteralmente dimostrerà a
che cosa sarebbe utile un Sole senza luce. Tuttavia non dobbiamo accontentarci
di quest’unico esempio, sempre ancora un po’ gravoso, poiché ce ne sono una
quantità ancora di migliori.
13. Ma affinché possiate persuadervi
ancora di più come qualunque cosa ci possa portare vicino al nostro scopo, se
solo lo consideriamo dal giusto punto di vista, allora per un prossimo esempio
voi dovete scegliere un soggetto qualsiasi, e vedremo in che maniera lo potremo
usare oppure no per il nostro scopo. Io però credo che vi sarebbe alquanto
difficile scegliere un soggetto inadatto a questo proposito. Infatti, cosa c’è
nella forma agglomerata di un minerale trovato? Solo nella fornace e con il
giusto grado di calore gli sarà data la sua sicura destinazione! Perciò non
cercate faticosamente un soggetto, poiché, come vi ripeto, Io posso usare ogni
cosa come un conciaiolo[2] ebreo! E così, per
oggi lasciamo la faccenda, e accontentiamoci!
[indice]
* * * * *
L'orologio: un'immagine della
corrispondenza del Sole
1. Dunque, voi avete scelto un orologio;
quest'esempio è migliore di quanto potete immaginare, poiché anche Io avrei
scelto un misuratore del tempo. Vogliamo, quindi, esaminarlo subito con occhio
critico in tutte le sue parti e si vedrà se ci porterà un gradino più su dell'esempio
precedente.
2. Se voi osservate un orologio,
scorgete in questo piccolo strumento soltanto materiale rifinito. Voi vedete un
meccanismo ben calcolato, così costituito che una ruota motrice interseca i suoi
denti in quelli di un'altra. Voi potete vedere che tutto l'insieme delle ruote
è collegato con una catenina, forte in proporzione, con la molla elastica, la
quale con la sua forza insita, mette in moto tutto il meccanismo. Se noi
esaminiamo ancora più da vicino questo piccolo meccanismo, scopriamo che vi
sono in esso ancora un grande numero di piccoli cilindri con gancetti ed ogni
cosa al giusto posto e con uno scopo preciso.
3. Una volta osservato attentamente il
meccanismo interno, possiamo passare ad osservare la configurazione esteriore.
Che cosa vi scorgiamo? Un quadrante piatto ed un paio di semplici lancette.
Qual è lo scopo di queste lancette sul quadrante? Esse indicano, come sapete,
le ore del giorno e della notte, cioè misurano il tempo. Il tempo che viene
misurato da queste lancette è, certamente, qualcosa che tutto abbraccia e
compenetra anche tutto e ne è anche il centro, da dove voi potete guardare,
poiché nessuno può dire: “Io sono alla fine del tempo”, oppure “il tempo non ha
nulla a che fare con me”, od anche “il tempo non mi circonda”. Poiché qualunque
cosa uno faccia, egli la fa nel mezzo del tempo. Perché ciò? Perché egli è
sempre compenetrato dal tempo e dappertutto ugualmente circondato. Questo ci
viene indicato pure dall'orologio. Nel centro del quadrante sono fissate le
lancette e descrivono, con le loro punte, un cerchio esatto. Dato, però, che
dal centro, fino al suddetto cerchio esterno, tali lancette, quale materia
concreta, procedono senza interruzione, risulta che esse tracciano, partendo
dal centro, un numero infinito di cerchi; è, perciò, chiaro ed evidente che
tale serie di cerchi non intendono finire, se non che per un guasto al suo
macchinario.
4. Però, ora torniamo indietro, cioè
all'ingranaggio del nostro orologio e vi scopriamo due piastre metalliche
inamovibili, tenute insieme da colonnine, nonché una quantità di piccoli perni,
gancetti e viti, ugualmente immobili. In tutte queste cose senza moto c'è
tuttavia qualcosa della destinazione finale di tale strumento che viene ad esprimersi
nel quadrante? Certamente anche in queste parti immote giace, quale base che si
esprime nel suo mutismo, la finale destinazione dell'orologio.
5. Se noi approfondiamo lo sguardo nel
meccanismo, vediamo un vario movimento delle ruote. Anzitutto un vivace
perpendicolo, poi la ruota ad esso più vicina. Il piccolo perpendicolo è ancora
molto lontano dalla principale destinazione, poiché esso non è ancora in grado
di compiere un cerchio completo, bensì esso viene costantemente spinto di qua e
di là, e, malgrado nel meccanismo compia il movimento più rapido, tuttavia non
avanza affatto. La prossima ruota che è palesemente dominata dal perpendicolo
che si dà tanto da fare, sta attenta ad ogni balzo del perpendicolo stesso e,
ad ogni balzo, guizza in avanti di un gradino, sul suo circolo e seppure il suo
movimento circolare sia piuttosto rapido, tuttavia è costante. Si osservano, in
questo suo movimento, ancora gli scatti del perpendicolo, tuttavia ciò non
guasta, poiché il movimento circolare è stato iniziato. La ruota, che segue
quella del perpendicolo, si muove già più omogeneamente, descrive un cerchio
più tranquillo ed è molto più vicina alla destinazione principale. La prossima
ruota si muove ancora più lentamente, uniformemente e tranquillamente e perciò
è anche più vicina alla destinazione, anzi, ne fa già considerevolmente parte.
L'ultima ruota si trova già completamente a destinazione e lo esprime nel suo
stesso meccanismo; però tale destinazione non può essere ancora scorta in tale
meccanismo.
6. Però, proprio là, dove, per quanto
celatamente, la destinazione principale si esprime già nel meccanismo
materiale, spunta dal centro del meccanismo stesso un minuscolo perno o
cilindro sul quadrante, sul quale perno poi sono fermate le lancette, che però
nella loro massima semplicità esprimono l'unica destinazione dell'intera opera
meccanica, messa insieme con tanta arte.
7. Non scorgete ancora abbastanza
chiaramente a che cosa mira tutta questa lunga descrizione? Tutto ciò che vi è
di vario e di congegnato mostra, tuttavia, in sé, la finale unificazione ad uno
scopo principale e nemmeno il più insignificante pernetto deve mancare, se
l'ultimo scopo deve essere raggiunto in modo pienamente sicuro.
8. Ritorniamo ora al nostro Sole;
considerate questo grande orologio d'oro finissimo, come misuratore dei tempi
per voi inconcepibili. Noi abbiamo visto lo svariato meccanismo di questo
gigantesco orologio e ci siamo resi conto che anche qui il Mio Amore è
l'onnipotente molla vivente che mette in moto questa grande opera, fra le due
grandi piastre che, in questo caso, si chiamano «Eternità ed Infinità»! Noi
abbiamo visto tutte le innumerevoli ruote motrici e tutti i pernetti e le
colonnine; ora conosciamo tutto l'apparato meccanico, tuttavia, dalla varietà
dei suoi componenti, riesce altrettanto difficile riconoscere la sua finale
destinazione principale, quanto se qualcuno volesse stabilire l'ora esatta
soltanto contemplando il suo complicato meccanismo, senza curarsi affatto del
quadrante. Questo sarebbe giusto e non offrirebbe la possibilità di sollevare
obiezioni, se qualcuno dicesse che la domanda è diversa e precisamente: “In
tale grande meccanismo (del Sole naturale), come possiamo accorgerci del perno
centrale e raggiungerlo, quale elemento che si eleva dal materiale e si spinge
in alto, al di sopra del grande quadrante dell'unica, grande destinazione
finale?”. Io, però, vi dico: “Questo non deve preoccuparci, poiché nulla è più
facile da effettuare di ciò, quando cioè si è prima esaminato un meccanismo, in
modo che tutte le sue parti siano conosciute, nella loro essenzialità”. Dato
però che, come esempio adatto, abbiamo scelto l'orologio, ce ne serviremo anche
per elevarci fino alla sua grande superficie.
9. Chi ha avuto occasione di esaminare
un orologio, avrà certamente constatato che ci sono in esso tre cose che hanno
quasi lo stesso movimento. La prima è la ruota capsulare, nella quale è fissata
la molla motrice. La seconda è la ruota motrice principale, collegata alla
prima con una catenella e la terza è la ruota centrale che col suo asse mette
in moto le lancette sul quadrante.
10. Se noi vogliamo giungere sul grande
quadrante dobbiamo anzitutto vedere a chi corrispondono queste tre ruote. A
chi, dunque, corrisponde la ruota capsulare della molla? Ciò è quanto mai
evidente, essa corrisponde all'Amore, poichè la molla è racchiusa e genera la
Vita in tutto il meccanismo, cioè dal di dentro. Di conseguenza, è proprio
nell'Amore che trova già unicamente e completamente la sua causa tutta la
destinazione principale dell'opera.
11. A chi corrisponde, allora, la seconda
ruota, di pari movimento, collegata alla prima per mezzo di una catenella?
Questa ruota corrisponde alla Sapienza, che riceve la sua Vita dall'Amore e
che, perciò, sta con Esso in stretto collegamento. A chi corrisponde la ruota
centrale, che con il suo asse, muove le lancette? All'eterno Ordine, che deriva
vivente, dalle due ruote prima menzionate e che dispone in modo che l'intero
meccanismo, in tutte le sue parti, sia congegnato così che alla fine tutto deve
concorrere al raggiungimento di quello scopo principale che, partendo
dall'Amore e dalla Sapienza, viene espresso, appunto, in quest'Ordine. Come
vedete, ora abbiamo già tutto: la ruota col suo asse l'abbiamo trovata, poiché
si chiama «Ordine», e su questo asse noi vogliamo, perciò, collegarci e, alla
fine, completare la grande, finale destinazione delle cose, come essa si
manifesta, conformemente all'Amore, alla Sapienza ed all'Ordine che da essi
emana.
12. Ora, noi avremmo completamente
raggiunto il nostro scopo, sulla base di questo esempio e, perciò, ci troviamo
già sul Sole spirituale, senza che voi possiate ancora supporre e immaginare
come ed in che modo ci siamo arrivati. Io, però, vi dico: “Ripassate, anche
soltanto una sola volta ancora, gli esempi illustrativi e rileverete con grande
facilità che, a partire dal succhiellare l'albero fino ad esaminare l'orologio,
in un certo senso noi ci siamo aggirati vivacemente, in incognito, sul Sole
spirituale, mentre voi siete sempre in attesa di giungervi”. Ora, noi ci troviamo
già sul quadrante del tempo e della Vita e non abbiamo più bisogno di andare a
cercare dove si trovi il suo asse.
13. Ma voi chiederete: “Come mai?”. Ciò
sembra un indovinello! Ma Io vi rispondo: “Dove il significato delle cose,
seppure ancora piuttosto in generale e non nei particolari, viene indicato e
dove viene segnalato pure come, alla fine, tutto raggiunge l'unificazione o
dove tale unificazione viene segnalata con ogni sorta di esempi evidenti, là
non brilla più il Sole naturale, bensì quello Spirituale”. Il seguito,
comunque, metterà ogni cosa nella luce più chiara e poi potremmo constatare,
senza tema di equivoci, che ci troviamo già sul Sole spirituale.
14. Quando qualcuno tiene in mano una
fiaccola, saprà anche il perché la tiene in mano. Quando egli cammina nelle
tenebre, qual è la cosa più facile per aiutarsi, se si possiede una fiaccola,
se non accenderla, poiché, con la celerità del lampo, le tenebre saranno
fugate. Noi, però, abbiamo già la fiaccola accesa in mano e gli esempi sono la
sua luce vivida che da essi emana. Ora non occorre che una scintilla d'Amore e
il grande e significativo quadrante del Sole spirituale sarà immediatamente
illuminato. Perciò, la prossima volta, non faremo altro, se non che, con la
nostra buona fiaccola, illuminare quei vari punti ancora oscuri e scoprire il
loro nascosto significato, e così accontentiamoci per oggi di quanto detto!
[indice]
* * * * *
Il Sole naturale e spirituale:
differenza della loro luminosità
1. Voi chiedete: “Sarebbe, certo, cosa
buona accendere la fiaccola con la Scintilla dell'Amore; dove, però, possiamo
andare a prenderla?”. Io, al riguardo, non posso in verità dirvi altro se non
che la prenderemo proprio dove essa è. Non sarebbe davvero ridicolo se, avendo
a disposizione tutto il Sole infuocato, non fossimo in grado di accendere quel
minuscolo stoppino? Infatti, dicendo Scintilla d'Amore, Io intendevo riferirMi
proprio al Sole, che ormai abbiamo nelle nostre mani, in lungo ed in largo. E,
se siete capaci di accendere un pezzo di spugna, concentrandovi i raggi del
Sole attraverso una piccola lente, mentre il Sole naturale dista da voi
ventidue milioni di miglia, quanto più facile sarà accendere la vostra
fiaccola, ora che il Sole ci è tanto vicino?
2. E allora vogliamo osare fare questo
tentativo, che è un gioco da ragazzi, di mettere a contatto lo stoppino col
fuoco del Sole. Guardate un po' come era facile questa cosa!
3. La Luce della fiaccola ora brilla e vedete
delle distese interminabili per lo Spirito che risplendono alla luce di una
eterna aurora, che proviene da questa fiaccola.
4. Poiché Io stesso sono la Fiaccola ed
illumino d'una Luce giusta. Chi guarda in questa Luce, quegli scorge
dappertutto la Verità, e l'inganno non si presenterà mai dinanzi ai suoi
occhi!”.
5. Oh, meraviglia - dite voi - sul Sole
naturale noi abbiamo visto giganti e nani ed una grande varietà in tutte le
cose. Qui, nelle sfere luminose, tutto è uguale. Noi non vediamo nessuna cosa che
superi l'altra; c'è una luce, c'è una grandezza e l'Amore si manifesta
dappertutto in un'inesprimibile grazia. Noi scorgiamo quasi soltanto delle
pianure. Dove sono i monti del Sole naturale?
6. Gli esseri angelici spirituali, che
infinitamente lieti si aggirano sulle distese luminose, non fanno nessuna
differenza fra terra e acqua; essi leggeri s’innalzano nel limpido etere e si
librano in tutte le direzioni, ebbri di gioia, passando da una beatitudine
all'altra. Noi scorgiamo soltanto dei graziosi alberelli. – Dove sono gli
alberi giganteschi del terreno naturale? Noi vediamo in tutte queste piante,
tanto graziose, una meravigliosa concordanza; da ognuna alita un inesprimibile
senso di delizia che estasia ogni spirito che le si avvicina. O, certo, da ogni
alberello, da ogni delicato filo d'erba, sgorga un diverso senso di diletto e,
tuttavia, in ogni alberello, in ogni altra pianta, come pure nell'erba, vediamo
una completa unità nell'innumerevole.
7. Noi vaghiamo sulle distese
sconfinate, infinite schiere dei più beati spiriti angelici ci vengono
incontro, tuttavia noi non scorgiamo, in nessun luogo, una dimora. Nessuno ci
dice: «Questo
terreno è mio e questo è del mio vicino, bensì, quali viaggiatori gioiosi sulle
strade maestre, vanno e vengono dappertutto, giubilano e cantano lodi al
Signore».
Da qualunque parte ci volgiamo, vediamo soltanto Vita su Vita. Figure luminose
si incontrano e da tutte le parti risuona un grande richiamo fraterno!
8. Tuttavia, noi qui siamo dei profani e
non sappiamo che pesci pigliare. Dove si trova questo mondo luminoso, che ora
scorgiamo? È questo il Sole spirituale?”. Così chiedete con sguardo e cuore
stupefatti.
9. Però, Io vi dico soltanto che il Sole
spirituale, osservato in sé e per se stesso, è perfettamente simile al
quadrante di un orologio, sul quale si manifesta l'intero scopo di tutta
l'intera e ingegnosa opera meccanica. Voi dite, piuttosto sconcertati: “E
questo è veramente tutto il Sole spirituale? Qui è tutto meravigliosamente ed
elevatamente bello e quanto mai pieno di Vita, però, tuttavia, è molto
semplice. Sul Sole naturale abbiamo visto cose di varia e inesprimibile
grandezza, anzi, meravigliose; qui, invece, ci fa l'effetto di una pianura
apparentemente sconfinata, una specie di grande strada maestra per spiriti, sulla
quale non si scorge nemmeno un granello di polvere. Però, dal nostro intimo,
per quello che riguarda l'uniformità, nonché questa, per così dire, monotonia
apparente, di questo luminoso mondo, dobbiamo confessare che ci saremmo
aspettati qualcosa di veramente straordinario, data la grandiosità di quanto ci
è stato dato di scorgere, precedentemente, sul Sole naturale”.
10. Non avete voi l'orologio come
prototipo? Se voi vi aggiraste fra il meccanismo delle sue ruote, che si
afferrano l'una con l'altra, senza avere prima mai visto un quadrante, potreste
immaginare che l'effetto di un tale meccanismo desterebbe in voi meraviglia?
Non direste voi, infatti, osservando il movimento delle ruote: “Se il mezzo è
già tanto meraviglioso, di qual genere tanto più meraviglioso deve essere
allora lo scopo!”. Voi direste all'artigiano, autore di tale opera
d'orologeria: “Signore, indicibilmente ingegnoso e molto ben calcolato è
quest'insieme di ruote, quanto grande ed utile deve essere perciò lo scopo di
questo meraviglioso lavoro! Permettici di guardare il grande risultato in cui
sfocia questo meraviglioso strumento”. L'orologiaio, allora, rivolterebbe il
meccanismo e ci mostrerebbe il quadrante.
11. Voi, ignari di una tale novità,
rimarreste alquanto stupefatti e direste: “Come, questo è tutto ciò per cui
quell'opera così meravigliosa, è stata creata? Per null'altro che una piastra
laccata di bianco, con segnati dodici numeri ed un paio di lancette appuntite
che sfiorano con un movimento inavvertibile, costantemente alla stessa maniera,
le dodici cifre! Oh, noi ci saremmo aspettati, per lo meno, qualcosa di molto
diverso!”. Io dico: “Forse un teatro di marionette o qualche altro grandioso
giocattolo per bambini!”.
12. O, Miei cari, i vostri concetti di
tutto il mondo spirituale sono ancora ben magri! Dunque, non avete ancora
capito, dagli esempi che vi sono stati dati, come tutto l'esteriore, nel suo
sparpagliamento, deve alla fine esprimersi nell'unicità? Voi l'avete scorto
nella descrizione di un albero, nella lucidatura di una barra di metallo
nobile, nella fabbricazione del vetro, nella costruzione di una casa ed,
infine, nel modo più evidente, contemplando un orologio.
13. Invece, se si tratta di passare allo
spirituale, come si potrebbe pensare ad un'eterna durata e ad una eterna Vita,
se lo si dovesse sparpagliare ancora di più di quello che è già sparpagliato
nel naturale esteriore? Perciò, tutto deve unificarsi nello spirituale, in
conformità al vero vivente ordine interiore, per poter diventare, con ciò,
forte, potente e vivente, in maniera durevole, per l'eternità. Voi, a questo
punto, direte: “Questo è evidente, perfettamente giusto e vero, però, a parte
ciò, noi abbiamo, in parecchie occasioni, udito parlare delle grandi
magnificenze del mondo spirituale celeste; ecco, perché, ora, non sappiamo
raccapezzarci. Come possiamo, infatti, di fronte alla semplice grandiosità del
Sole spirituale che noi vediamo, non obbiettare: «Essa ci sembra, in confronto ai
concetti che ci eravamo formati di un mondo celeste, proprio come se fossimo in
un giorno d'estate e vedessimo sciamare un’innumerevole quantità delle
cosiddette effemeridi variopinte, che si incrociano con i raggi del Sole, delle
quali nessuna possa dirci da dove viene e dove va e perché veramente si
aggirano in tutte le direzioni, nell'atmosfera luminosa»”.
14. La vostra obiezione infatti è giusta,
da un punto di vista, però non è venuto ancora il momento di dirvi, come questa
semplicità è connessa con la meravigliosa magnificenza del Regno dei Cieli, che
voi avete spesse volte sentito menzionare, poiché noi dobbiamo prima conoscere
il fondamento. Se, anche voi, finora avete scorto soltanto effemeridi, ciò non
porta, di certo, nessun pregiudizio alla cosa principale, poiché, quello che
seguirà, dimostrerà come stanno realmente le cose con il Sole spirituale da voi
ora scorto. Tenete presente questo e riflettete fra voi, poiché nella prossima
continuazione considereremo questa semplicità con occhi del tutto diversi;
mentre con oggi, facciamo punto!
[indice]
* * * * *
Del Regno di Dio nell'uomo
1. Se vi tratteneste per qualche tempo
su un alto monte e precisamente in una giornata bella e limpida, che cosa vi
colpirebbe in special modo? Qualcuno fra voi rimarrebbe per qualche tempo, come
estasiato, poiché, il grandioso, romantico quadro della natura, con le sue
forme sempre mutevoli, gli offrirebbe argomenti sufficienti a delle rallegranti
riflessioni. Qualcun altro, invece, la penserebbe del tutto diversamente e,
quale risultato di questi pensieri, direbbe: “Che cosa c'è qui, di tanto
straordinario? Si può vedere in lungo ed in largo e poi? Soltanto un monte dopo
l'altro, qualcuno più alto e qualcun altro più basso; qua e là le cime sono
coperte di neve, in altri punti svettano delle informi cime rocciose e quei
monti, che sono lontani, sono i più passabili, mentre quelli più vicini non
esibiscono che tracce di continue devastazioni. Questa è la costante uniformità
della tanto vantata vista dei monti”. Un altro ancora, facente parte della
compagnia, un tipo piuttosto codardo, si pente, quasi piangendo, di essersi
sobbarcato la fatica di salire lassù. “Anzitutto”, egli dice, “qui non si vede
altro se non quello che si può scorgere anche da un buon terreno piano, dal
basso”. Oltre a ciò egli si sente gelare per lo strapazzo, e infine, egli sente
soltanto fame, senza pensare, poi, che dovrà fare la spaventosa via del
ritorno, cosa che gli fa venire già la vertigine in anticipo.
2. Dunque, qui noi abbiamo tre
alpinisti, perché il primo si sente tanto sollevare l'animo, il secondo non
vede che delle forme grossolane ed astratte, mentre, poi, il terzo perfino si
irrita per avere fatto tanta fatica per un compenso di nessun valore. Vedete,
la ragione si trova molto vicina ad ognuno di loro, dato che non si può
trovarla, se non che in loro stessi. E come, dunque? È semplice, vedete: il
primo è di spirito vivo e sveglio e non sono le forme o le alte cime dei monti
che lo rendono beato, bensì questa sua disposizione è in rapporto dalla vita
più elevata, in forma corrispondente, su questi alti monti. Infatti, noi
abbiamo già appreso in altre occasioni quale vita si manifesta sui monti ed è
appunto da questa vita che dipende il sentire delizia di quei visitatori delle
alture, che vi giungono con spirito più desto e più vivo. Lo spirito dell'altro
è ancora immerso in un profondo sonno, perciò egli si accorge soltanto di
quello che vedono i suoi occhi fisici e quindi di quello che misura il suo
arido intelletto terreno. Se, invece, voi lo pagate profumatamente, egli, quale
geometra, con gli strumenti misuratori in mano, adatti alle sue conoscenze
matematiche, sarà allora pronto ad arrampicarsi su tutte le cime dei monti,
senza lagnarsi. Per quello che riguarda lo spirito del terzo gitante, non vi
sarebbe proprio nulla da dire, poiché in lui vive soltanto l'uomo-animale, che
trova la sua beatitudine esclusivamente nel ventre. Se voi voleste, una volta,
riportarlo sull'alto di un monte, dovreste anzitutto aver cura che egli vi
possa arrivare senza fatica e, in secondo luogo, di fargli trovare, giusto
lassù, qualcosa di buono da mangiare e da bere. In questo caso egli
acconsentirà di salire una volta ancora sul monte, anche se non con le sue
gambe, ma con quelle di un somaro bene addestrato. Infatti egli dirà: “A queste
condizioni partecipo anch'io, poiché l'aria di montagna, grazie alla sua
purezza, è molto più favorevole alla digestione che l'aria stagnante delle
valli”.
3. Vedete, da questo esempio noi
possiamo trarre grande ed importante insegnamento, che si adatta perfettamente
al nostro semplice Sole spirituale. E questo insegnamento si accorda
esattamente con quel testo del Vangelo, il quale così dice: «A chi ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; chi non ha, perderà anche
quello che ha».
(Matteo, 13,5) E in questo testo
biblico ci sta un altro detto ancora, che al summenzionato esempio corrisponde
ancora più esattamente e cioè: «Il Regno di Dio non si presenta con sfarzo esteriore, poiché, vedete, esso
è dentro di voi» (Luca, 17,21). Osservate ora come stanno effettivamente le cose, con la
semplicità del Sole spirituale? Voi direte: “Noi osserviamo effettivamente
qualcosa di quello che con ciò s'intende dire ed indicare, però non ancora in
modo sufficientemente chiaro”. Io, però, vi dico: “Soltanto un po' di pazienza
e la cosa vi si presenterà, con poche parole, tanto luminosa, come il Sole a
mezzogiorno”. Voi, perché avete visto il Sole spirituale così semplice? Perché
ne avete scorto soltanto la parte esteriore? Io però vi dico: “Vi è, su di
esso, un'infinita, grandiosa e meravigliosa varietà, della quale voi, finora,
non avete potuto nemmeno farvi un concetto; però, questa varietà, non si trova
così estesamente sul Sole spirituale, bensì nell'interiore degli spiriti. Se
voi volete vederla, allora dovete guardare, con puri occhi spirituali, nell'una
o nell'altra sfera di detti spiriti beati, e, allora, vedrete immediatamente il
vero mondo spirituale del Sole, di solito uniforme, tramutarsi in innumerevoli
meraviglie, poiché voi dovete sapere che, com’è ben vero, ad ogni spirito viene
data un'unica e stessa base, costituita puramente dalla Mia Grazia e dalla Mia
Misericordia e questa base si esprime uniformemente nel Sole spirituale da voi
visto. Per quello che riguarda, invece, «l'arredamento» di questa base, o
l'effettivo mondo abitabile per lo Spirito, questo, ogni spirito deve portarlo
in sé interiormente, e, a sua volta corrisponde all'Amore suo per Me, nonché
alla Sapienza che emerge da questo Amore”. Affinché voi possiate scorgere ciò ancora
più chiaramente, voglio aggiungere un esempio, veramente evidente. Ammettiamo
che qualcuno di voi si trovi su un vasto prato pianeggiante. Su questo prato
non trova nulla, all'infuori di un albero ombroso, nel mezzo, alla cui ombra
cresce dell'erba rigogliosa. Su quest'erba il viandante si pone a giacere e si
addormenta tranquillamente, riacquistando vigore. Però, durante questo dolce e
corroborante stato di riposo, un sogno meraviglioso si è, per così dire,
impadronito di lui. In questo sogno, il semplice viandante solitario, si trova
nei più splendidi palazzi, in compagnia di vari principi e si intrattiene con
loro e gode, con ciò, una immensa beatitudine. Io domando ora: «Com'è possibile
che quest'uomo, in questo prato deserto, possa trovarsi in una tale compagnia
interiore?».
4. Vedete, tutto ciò è una proprietà del
suo spirito, perciò è esistente nel suo proprio spirito quale una creazione
dovuta alla forma dell'Amore esistente in lui, che si manifesta nell'Ordine
della Sapienza, quale frutto dell'Amore. Se voi riflettete un po' su questo
esempio, vi risulterà chiaro, come, a suo tempo, nello spirito, ognuno sarà,
secondo l'Amore e la Sapienza da Esso derivata, il creatore del suo mondo
interiore, abitabile per lui e che questo mondo non è che il vero e proprio
Regno dei Cieli nell'uomo.
5. Dunque, a chi ha l'Amore di Dio in
sé, verrà aggiunta anche la Grazia, nello stesso grado dell'Amore che egli
possiede. Chi, invece, non ha Amore, ma soltanto un arido intelletto mondano,
considerato da questi quale sapienza, gli verrà poi tolto anche quello che
possedeva, con quello che è naturale del mondo, cioè la sua vita naturale
fisico-corporale.
6. Ecco, così stanno le cose. Uno degli
alpinisti sale volentieri sui monti e l'amore è, sulle alture, il creatore
della sua beatitudine. Chi, però, va sui monti soltanto con il suo intelletto,
non vi troverà certo una ricompensa beatificante, al contrario, esso verrà
assai potentemente pregiudicato nel suo intelletto lassù, che potrà dargli
molto poco, anzi nulla affatto. In quanto al terzo gitante, il quale non ha
nulla, sulla altura ci rimette tutto, poiché, chi è morto nello spirito, non
può trovare nessun piacere nella Vera Vita, perché esso è cieco e muto di
fronte ad essa. Così, ugualmente, è altrettanto difficile portare su una altura
una pietra, poiché, se la si lascia andare, precipita con tanta maggiore
celerità nelle profondità della morte. Se voi mettete insieme tutto ciò, il
Sole spirituale non vi apparirà più tanto semplice, come in precedenza.
Comunque, tutto ciò che ancora riguarda questo punto, lo apprenderemo
chiaramente la prossima volta, perciò, basta per oggi.
[indice]
* * * * *
Il Cosmo-diorama spirituale. La sfera
del primo spirito
1. Come dobbiamo regolarci, per poter
vedere qualcosa di più su questo nostro Sole spirituale, tuttavia così
semplice? Dovremo forse adattarci a fare dei lunghi e grandi viaggi di ricerca,
oppure spostarci in un dato luogo, spalancare là occhi e bocca ed attendere che
qualche buon arrosto si lasci addentare? Io vi dico: “Né l'una né l'altra cosa,
bensì, noi ci recheremo in un cosmorama o diorama spirituale, per rallegrarci
là, il più possibile, nella contemplazione di cose meravigliose”. Però,
affinché possiate farvi un’idea migliore di ciò, vi sottometterò nuovamente la
cosa con un esempio molto evidente. Voi avete certamente già avuto occasione di
vedere un cosiddetto “diorama ottico”, il quale ha lo scopo di far vedere, per
mezzo di una lente d'ingrandimento del diametro di mezzo piede, delle immagini
ben dipinte, poste sul fondo di una parete nera. Se voi, attraverso tale lente,
guardate una di tali immagini ben fatta, potete fare quello che volete, anche
moderare e modulare la vostra fantasia e immaginazione e comunque non
riuscirete, per quanto ve ne sforziate, a considerare l'immagine dipinta come
un semplice dipinto, bensì essa vi apparirà sempre perfettamente plastica e
raffigurerà gli oggetti come voi li vedete in natura, a condizione che
l'immagine e il vetro stesso siano assolutamente perfetti.
2. Se voi vi trovate ora in una capanna
in cui sono state installate una ventina di tali finestrelle a ingrandimento,
dall'esterno ogni finestrella vi apparirà perfettamente uguale. Ma se entrate
nella capanna, farete, nei pochi passi fino a raggiungere le venti finestrelle,
un viaggio che voi non avreste altrimenti forse fatto neanche nel giro di anni.
Certo ogni finestrella è simile all'altra ma, guardando attraverso la
finestrella, vi si presenta un intero mondo. Passate poi alla seconda
finestrella e guardateci dentro: quant'è smisuratamente diversa dalla
precedente e così via fino all'ultima. Ogni visione vi ha straordinariamente
rallegrato? Non potete far altro che rispondere di sì, poiché in una finestra
avete visto una grande città raffigurata splendidamente accanto ad un ampio
distretto rurale della sua periferia e nella finestrella successiva un
paesaggio montano estremamente romantico, ritratto così eccellentemente che voi
credete che basti aprirsi un varco nella parete nera per trovarvi del tutto
naturalmente in questo paesaggio. Voi non volete staccarvene, ma la vostra
guida vi dice: “Nella prossima finestrella vedrete qualcosa ancora più
strabiliante”, e voi passate alla terza finestrella. Di primo acchito siete
molto delusi perché vedete una superficie marittima infinitamente estesa. Lungo
il mare un paesaggio rivierasco, con tutte le magnificenze marine, che si perde
in una foschia bluastra. Sull'estesa superficie del mare scorgete delle isole
sparse e una quantità infinita di imbarcazioni, alcune grandi ma la maggior
parte sono piccole. Tutto ciò è raffigurato così splendidamente che non potete
fare a meno di esclamare: “Qui l'arte cessa di essere arte ed entra
completamente nel regno della più pura realtà naturale!”. E così la guida vi conduce
ad un'altra finestrella, davanti alla quale vi stupirete ancora di più e così
via fino all'ultima.
3. Quando, dopo avere osservato
attentamente tutto, vi accingevate ad andarvene, la guida vi trattenne,
dicendovi: “Cari amici, non volete ritornare una volta ancora alla prima
finestrella?”. Ma voi gli rispondeste: “Ma quello l'abbiamo comunque già
visto”; però la guida vi disse: “La finestrella è certamente la stessa, però le
vedute sono completamente cambiate”. Voi vi avvicinaste di nuovo e, con vostro
grande stupore, vedeste delle cose del tutto nuove ed inaspettate e così pure
in tutta la fila delle venti finestrelle. Sotto questa impressione, stavate
nuovamente per allontanarvi, quando la guida si rivolse nuovamente a voi,
dicendo: “Amici miei, se gradite delle nuove vedute, io posso accontentarvi”; e
voi, presi da vivo interesse, vi metteste nuovamente al posto d'osservazione e
già alla prima finestrella esclamaste: “Oh, quale prodigio, pregiato amico, è
inesauribile nel campo della sua arte!”. Ed egli vi rispose: “Certo, amici
cari, io vi potrei intrattenere ancora per parecchi giorni, con delle
variazioni sempre nuove e grandiose”.
4. Vedete, in un tale piccolo spazio
così uniforme voi avete goduto una tale visione del mondo, che parecchi
navigatori, che hanno fatto il giro della Terra, nella realtà non hanno
certamente goduta. I vostri sguardi sono spaziati su distanze di centinaia di
miglia e tutto ciò su uno spazio di pochi Klafter e piedi.
5. Ora, vedete, questo esempio
certamente evidente ci offre una pregustazione molto adatta per la
contemplazione spirituale, quanto mai meravigliosa, che si può godere nel
nostro Sole spirituale e ci dimostra anche qui, su un piccolo spazio, come
possono venir offerte, alla nostra vista spirituale, cose in grande abbondanza,
così come nella piccola cameretta ottica, or ora descritta, si è potuto
contemplare con pochissima fatica per lo meno la metà del globo terracqueo.
“Ma, come potremo realizzare ciò?”. Oramai un cenno è stato dato e, seguendolo,
cominceremmo col fare una piccola prova.
6. Ecco, noi ci troviamo tuttavia sul
nostro semplice Sole spirituale, continuiamo a non vedere altro all'infuori di
spiriti beati, in perfetta figura umana, che si aggirano soli o in compagnia,
di qua e di là, sopra e sotto ed, inoltre, i nostri alberelli, i nobili
cespugli e la bell'erba. Però, ecco, proprio ora un uomo-spirito viene verso di
noi. Egli non Mi vede, rivolgetegli voi la parola, affinché si fermi dinanzi a
voi e quando si sarà fermato, allora avvicinatevi maggiormente a lui, così da
raggiungere la sua sfera, dopo di che voi vedrete immediatamente il Sole
spirituale sotto un altro aspetto.
7. Adesso voi siete nella sua sfera ed
innalzate le braccia al cielo per la sorpresa; che cosa, dunque, vedete? Per la
grande meraviglia, non siete neppure in grado di pronunciare parola! Però, non
ce n'è neppur bisogno, poiché con Me, in proposito, è facile comunicare, dato
che Io scorgo quello che scorgete voi, per di più, in modo infinitamente più
perfetto.
8. Voi vedete delle regioni
meravigliose, monti alti e lucenti, vaste pianure fruttifere, fiumi, ruscelli e
mari che scintillano al Sole come diamanti. Voi scorgete il firmamento di un
pallido azzurro luminoso, cosparso di magnifici gruppi di stelle splendenti di
luce purissima. Uno splendido Sole è visibile in Oriente; esso brilla
chiarissimo, ma, nello stesso tempo, mite e dolce, così che, con la sua luce,
non fa impallidire le belle stelle del cielo. Voi vedete dei bei templi lucenti
ed innumerevoli palazzi e delle grandi città, costruite sulle ampie rive di
grandi mari. Un numero incalcolabile dei più beati esseri camminano sulle
splendide distese, dove alitano ogni sorta di beatitudini. Voi udite perfino le
loro voci ed i loro celesti canti di lode colpiscono il vostro orecchio. Voi vi
guardate tutti intorno, cercando il semplice Sole spirituale di prima, ma
invece non c'è più nulla della precedente semplicità, bensì tutto si è come
dissolto in innumerevoli meraviglie.
9. Ora, però, uscite nuovamente dalla
sfera del vostro uomo-spirito! Guardate, tutto è scomparso e noi ci troviamo
nuovamente sul nostro semplice Sole spirituale. Voi dite ora: “Che cosa è
avvenuto? Come è ciò possibile?”. Un tale spirito porta, dunque, tutto ciò in
un simile stretto cerchio: un mondo infinito pieno delle più portentose
magnificenze, una vita così varia ed ampiamente diffusa, in una sfera così
ridotta? È questa, una realtà, oppure soltanto una vuota apparenza?
10. Miei cari amici, per ora non vi dico
nulla su ciò, bensì noi approfitteremo piuttosto, al più presto, di finestrelle
del nostro diorama spirituale e, dopo soltanto, passeremo ad una illuminazione
interiore, poiché quello che avete ora visto è soltanto un piccolo inizio di
ciò che si presenta ai vostri sguardi.
[indice]
* * * * *
La sfera del secondo spirito
Il fondamento della vita è l'Amore
del Padre
1. Vedete ecco che già si avvicina un
altro spirito. Anche questo deve sostare qui, affinché voi possiate entrare
nella sua sfera. Guardate, egli già vi attende e sa, da un cenno percepito
interiormente, ciò che voi volete. Via, avvicinatevi a lui ed entrate nella sua
sfera! Ora voi ci siete già; diteMi che cosa vedete. Io Mi accorgo di nuovo
che, causa la grandiosità che scorgete, non riuscite ad esprimervi, perciò Io
dovrò nuovamente fungere da buon interprete. Dalla grande ammirazione e
meraviglia voi state come irrigiditi nella sfera di questo spirito.
2. O, certo, una simile vista può
benissimo farvi girare un po' la testa, poiché vedete un susseguirsi di regioni
meravigliose, delle splendide pianure vaste come mondi, che si presentano
dinanzi ai vostri sguardi. Dappertutto voi vedete delle splendenti, tranquille
capanne (casette) abitate da uomini pieni d'Amore. Le loro figure,
inesprimibilmente belle e cordiali, vincolano il vostro cuore, così che vi è
appena possibile abbandonare con l'occhio l'essere che state guardando, per
passare, poi, ad un altro.
3. Voi vi immergete, come perduti, nella
contemplazione di una faccia che esprime il massimo amore e migliaia di altri
esseri vi passano davanti, senza che voi nemmeno ve ne accorgiate, a causa di
quell'uno!
4. Sulle alture di un verde morbido, voi
osservate dei templi che brillano fortemente e che vengono visitati da spiriti
in beatitudine. Voi innalzate i vostri sguardi al firmamento ed anche qui
scorgete dei nuovi gruppi di stelle, ancora più splendide, perfino nell'aria
purissima voi vedete passare, con grande leggerezza e velocità, delle
luminosissime schiere di spiriti beati, che in parte si librano liberi, in
parte invece procedono in lucenti nuvolette. Voi rivolgete i vostri sguardi
verso Oriente e scorgete che un grande Sole è alto sopra l'orizzonte. La sua
luce è simile a quella di una splendida aurora e tutto quello che voi guardate,
riflette la Luce di tale Sole.
5. Poco lontano da voi c'è un tempio
piuttosto alto, ma dolcemente arrotondato. Le colonne splendono al Sole, come
diamanti e al posto del tetto vedete delle nubi lucenti, sulle quali pure si
librano spiriti beati.
6. Voi ora direte: “Infinitamente portentoso
e indescrivibilmente splendido è tutto quello che vediamo, soltanto che ogni
cosa è ancora piuttosto lontana da noi e a noi non è concesso avanzare nemmeno
di pochi passi in un tale magnifico mondo, poiché, se lo facessimo, usciremo
evidentemente dalla sfera dello spirito che ci ospita, ed allora non vedremo
più nulla!”. Io però vi dico: “Ma niente affatto, andiamo soltanto sopra questo
monte ed osservate le cose più da vicino. Ecco, noi siamo già sul monte. Cosa
vedete qui?”.
7. Voi ammutolite ancora di più e, per
la grande meraviglia, non siete nemmeno capaci di pensare, poiché ritenete che
avreste potuto girare in questo tempio, come in un grande edificio sulla Terra.
Soltanto quando voi siete entrati nel tempio, il suo interno si è tramutato in
un nuovo mondo celeste, molto più splendido e che il vostro occhio non riesce
ad abbracciare, così che ora non sapete più dove siete! Tuttavia, per il
momento, questo ha poca importanza, la giusta luce metterà tutto in chiaro. Ora
voi Mi chiedete se anche nella sfera degli spiriti di questa seconda specie
potrete scorgere altre cose.
8. O, certo, il cambiamento di questo
tempio in un nuovo magnifico mondo celeste è, appunto, una conseguenza del
fatto che voi siete entrati nella sfera di quegli spiriti che si trovarono nel
tempio. Però, voi chiedete: “E perché, ora, non vediamo più quegli spiriti
nella cui sfera siamo entrati?”. Perché voi guardate fuori dal loro centro, con
la mia mediazione. Tiriamoci un po' indietro e guardate voi: ecco che il tempio
di prima si trova di nuovo dinanzi a voi e noi vediamo che è affollato di
spiriti beati, che discutono su ogni cosa che si riferisce a Me!
9. Ora vi siete persuasi che anche in un
tale mondo delle sfere degli spiriti si può circolare liberamente, a proprio
piacere, così che possiamo ritirarci e ritornare al punto di prima. Ecco, ci
siamo già. Ora uscite dalla sfera del nostro spirito-ospite e noi ci troveremo
nuovamente sul nostro semplice Sole spirituale.
10. Ora che siete usciti dalla sua sfera
e che il nostro buon spirito si trova ancora in nostra compagnia, voi potete
conversare con lui, poiché egli vi conosce molto bene, dato che anche lui
proviene dalla Terra e discende dal vostro ramo familiare. Per il momento non
voglio entrare in maggiori particolari, poiché si presenteranno delle migliori
condizioni, in cui potremo conoscere più da vicino, tutti questi spiriti che ci
hanno serviti in questa circostanza.
11. Ascoltate, comunque, quello che tale
spirito vi dice: “Oh amici, che ancora peregrinate con i vostri corpi fisici
sulla dura Terra, afferrate, afferrate la Vita nel suo fondamento! Essa è
infinita, e la sua pienezza è incommensurabile! Il fondamento della Vita è
l'Amore del Padre in Cristo, in voi! E questo infinito fondamento afferratelo,
nel più profondo del vostro cuore e così voi troverete in voi stessi quello che
avete trovato nella mia sfera. Quello che avete visto, era soltanto qualcosa di
veramente semplice; invece, nel fondamento della vera Vita, c'è infinito su
infinito, all'infinito!
12. Sono appena trascorsi cinquanta anni
terrestri, da quando io, al vostro pari, peregrinavo sulla Terra, come un
cittadino di quella vita dura e il pensiero dell'inevitabile morte del corpo
spesso mi aveva scosso! Tuttavia, credetemi, la mia paura era vana e vuota,
poiché, quando la morte si è impadronita del mio corpo ed io credevo di andare
incontro all'eterna rovina e piombare nel nulla, allora soltanto mi destai come
da un profondo sogno e passai in questa vita, vera e perfetta.
13. E se anche, fino ad ora, sono ben
lontano dall'aver raggiunto la vera e propria perfezione della vita, tuttavia
sono sempre più vicino a questa perfezione, poiché mi appare, man mano, sempre
più chiara. Io non posso ancora indicare quanto grande e splendida questa
perfezione deve essere; io posso soltanto affermare e con ragione, dalla
pienezza della mia intuizione interiore, che la perfezione della vita nel
Padre, attraverso il puro Amore per Lui, deve essere qualcosa che nessun
spirito, in questa mia sfera, è in grado di concepire, anche soltanto in una
infinitesima parte.
14. Beato colui, sì, infinite volte
beato, che, sulla Terra, ha fatto dell'Amore per il Signore la sua unica
necessità; poiché, così facendo, egli ha imboccato la via più breve per
raggiungere tale perfezione della vita. Infatti, credetemi, miei cari fratelli
terreni, e amici miei, chi porta in sé, sulla Terra, l'Amore per il Signore,
quegli porta in sé anche la perfezione della vita, poiché egli ha in sé e
presso di sé, quella Meta santissima e grandiosamente e meravigliosamente
perfetta, dalla quale io sono ancora tanto lontano, per cui dovrò poi passare
per lunghe vie prima di raggiungerla!
15. La mia condizione attuale di vita è
già, a dire il vero, piena d'inesprimibile e intensa gioia, soltanto che quello
che voi avete visto nella mia sfera e tante altre infinite cose, che voi non
avete ancora viste e che io, invece, posso sempre vedere, pienamente beato, in
una portentosa pienezza costantemente rinnovata, sono nulla al paragone di un
unico sguardo al Padre! Perciò, nella vita terrena, tenete innanzitutto il
vostro sguardo fisso su di Lui e allora vi sarà molto più facile e sicuro allo
stesso tempo, essere guidati senza indugio là dove il Padre dimora, fra coloro
che lo Amano”.
16. Come vi piace il linguaggio di questo
spirito? In verità Io vi dico: “Se a questo spirito fosse dato di scorgerMi
quale Guida fra voi, dalla grande gioia egli sarebbe come annientato!”. Dunque,
afferrate e riflettete in quale beatitudine voi vi trovate, senza, purtroppo,
averne coscienza. Quando Io, giorno per giorno, Mi trovo fra voi, vi allevo e
vi ammaestro e vi indico, col Mio Dito, la Via più diritta e corta che conduce
a Me!
17. Non lasciatevi, perciò, abbindolare
dagli uomini e dalle cose del mondo, poiché esso è pieno di morte, fango e
fuoco infernale; che piega, però, prenderà tutto ciò, dopo l'abbandono del
corpo, avremo occasione di poterlo vedere di passaggio, quale un buon
supplemento presso alcuni spiriti del nostro Sole spirituale, poiché Io vi
dico: “Guai al mondo per la sua malignità, il suo
guadagno avrà un nome spaventoso e miserevole e trovasi nell'Ira di Dio!”.
Tuttavia, basta con tali tristezze; ora si avvicina nuovamente un altro ospite
spirituale, così noi vogliamo approfittare della sua presenza, per acquisire
qualcosa di nuovo dalla sua sfera.
18. I due primi spiriti li teniamo, per
il momento, in nostra compagnia, poiché Anselmo H.W. potrà senz'altro
sopportare la vicinanza di suo nonno! E con ciò, per oggi, basta!
[indice]
* * * * *
La sfera del terzo spirito:
un'immagine dell'infinito
1. Ed ecco, il terzo spirito è già qui e
noi approfitteremo, perciò, alquanto, senza porre tempo nel mezzo, della sua
ospitalità. Entrate, perciò, nella sua sfera e constateremo subito cosa c'è da
vedere. Dal momento che vi trovate già nella sua sfera, diteMi voi, una buona
volta, con la vostra bocca, quello che si presenta alla vista del vostro
spirito! Voi vi stupite nuovamente e vi guardate in giro sconfortati. Cos’è che
ha tanto colpito il vostro sguardo? Io Mi trovo ancora una volta costretto a
fare, per voi, da interprete, poiché voi non avete né il tempo, né la calma,
per trovare le parole adatte a quanto scorto.
2. Voi vi trovate su di una nuvola
splendente, con occhio stupefatto vedete passare dinanzi a voi delle intere
schiere di mondi celesti, in orbite infinitamente vaste. Voi scorgete che essi
sono dappertutto, ricoperti da grandiose opere meravigliose ed esse sono
innumerevoli in ogni singolo mondo. Ognuno di questi mondi sembra essere
infinitamente grande e, tuttavia, voi potete farvi scorrere lo sguardo, da un
polo all'altro. Voi vedete pure infinite schiere di esseri felici aggirarsi,
giubilando su tali mondi, che passano davanti a voi ed ogni nuovo mondo, che si
avvicina a voi, è ricoperto di altre indicibili meraviglie. Voi però dite: “Se
almeno queste grandi e splendide dimore per eserciti di spiriti beati non
passassero così velocemente!”. Oh, attendete, perché anche a questo si può
subito rimediare! Guardate, là sta, appunto, passando un grande Sole
sfavillante, che ha tutta l'aria di essere un Sole Centrale principale! Ora, lo
vogliamo trattenere, affinché lo possiate osservare più da vicino. Ed ecco,
esso è dunque già qui.
3. È ben vero che il suo grande
splendore acceca i vostri occhi e, proprio a causa dell'eccessiva luminosità,
voi non potete scorgere la pienezza delle sue meraviglie, però anche a questo
verrà posto rimedio! E ora ecco che il suo grande bagliore è stato attenuato e
voi potete vedere qual è il suo vero aspetto, cioè esso è un immenso giardino,
di delizia inesprimibile e di stupenda bellezza. Nei singoli giardini potete
scorgere delle grandiose dimore ed intorno ad esse si aggirano degli spiriti
beati che, colmi di gioia, gustano i frutti squisiti che là crescono.
4. Inoltre voi vedete degli spiriti che
s'innalzano nell'etere luminoso, cantando inni di lode, in un altro luogo voi
potete scorgere degli esseri che passeggiano a braccetto nella massima amicizia
ed al colmo della gioia. Più in là c'è una compagnia di saggi che, con le facce
splendenti, inneggiano al Mio Grande Amore, alla Mia Grazia e Misericordia. Sui
rami degli splendidi alberi fruttiferi, innumerevolmente vari, voi potete
vedere scintillare come delle stelle luminose.
5. Voi chiedete naturalmente: “Che cosa
è mai ciò?”. Ed Io vi rispondo: “Osservate la cosa più da vicino e constaterete
cosa si cela dietro a queste stelle”. Però, vi meraviglierete nuovamente,
poiché ora dite: “O grande, Padre Santo, che mai è ciò? Quando noi abbiamo
osservato più attentamente una di tali stelle, essa si dilatò, insieme
all'albero, ad una grandezza infinita”. Il grande mondo di prima, come pure la
grandezza dei singoli alberi, non li possiamo più scorgere, appunto per la loro
infinita vastità, mentre questa stellina è tanto cresciuta, da divenire essa
stessa un nuovo grande mondo e noi vediamo pure questo mondo pieno di nuove
meraviglie! Dunque, voi dite, infine, dove ha termine l'infinita grandezza
delle Tue creazioni meravigliose?
6. Io, però, vi dico: “Voi, domandando
così, avete ragione”, ma Io aggiungo: “L'infinita pienezza e grandiosità delle
Mie Creazioni non hanno né principio, né una fine; infatti, dappertutto, dove
voi scorgete uno, dovete credere che vi è celato l'infinito! Perciò, nulla di quello
che voi potete vedere, ora, nello Spirito, ha in sé alcunché di limitato, bensì
tutto è Infinito; poiché, se così non fosse, esso non sarebbe derivato da Me e
non sarebbe perciò spirituale e la Vita Eterna sarebbe una vera e propria
bugia! Però, se voi già dite, a proposito della spartizione dei corpi naturali,
che le loro parti vanno all'infinito e che in un seme si trovano celati semi
all'infinito, perciò, come mai, lo spirituale dovrebbe sottostare ad una fine?
7. Convincetevi di ciò proprio osservando
questo nuovo mondo; guardate, ora, poco lontano passa uno spirito; entrate
nella sua sfera e vi persuaderete subito di quale infinita nuova pienezza di
meraviglie esso abbondi e, credeteMi, ciò continua così all'infinito! Voi avete
la possibilità di osservare ciò perfino in una immagine naturale. A dire il
vero Io ho già accennato una volta a questa immagine, tuttavia voi potete ora
richiamarla alla memoria.
8. Ecco in che cosa essa consiste.
Ponete due specchi, l'uno di fronte all'altro, e diteMi quando questa reciproca
rispecchiatura ha fine!
9. Vedete, anche qui le cose stanno
così: ogni spirito ha l'infinito in sé e ciò, appunto, in infinita varietà.
Ogni spirito, però, è rispetto all'altro, reciprocamente, come uno specchio,
grazie al suo intimo Amore per Me, e, in questo, per il fratello suo. Di
conseguenza, vi è anche un infinito ed eterno mandarsi e rimandarsi di raggi,
ed è, appunto, questo reciproco irradiare il grande, santo onnipotente vincolo
del Mio Amore, in grazia al quale tutti questi esseri sono collegati con Me e
fra di loro, quale fonte della massima Beatitudine.
10. Ma voi chiedete di nuovo: “Tali
spiriti, che abbiamo visto e che tuttora vediamo dalla sfera del nostro
compiacente spirito-ospite, sono veramente degli spiriti indipendenti, oppure sono
soltanto delle apparizioni che traggono la loro origine da queste irradiazioni
reciproche?”. Ed Io vi dico: “Essi sono entrambe le cose, allo stesso tempo.
Soltanto che, nel regno degli spiriti, non può essere diversamente, perché in
esso tutto vi è condizionato, in modo essenzialmente vivente.
11. Se voi poteste entrare lassù, nella
Mia Sfera Infinita, vedreste tutto l'infinito Regno dei Cieli, come un unico
Uomo Spirituale. Se, poi, voi vorreste entrare nella Sua sfera, quest'Uomo si
dissolverebbe immediatamente in innumerevoli mondi spirituali, che avrebbero
l'apparenza di un numero infinito di singole stelle, sparse in tutta
l'infinità.
12. Se, poi, vorreste avvicinarvi ad una
di tali stelle, essa vi sembrerebbe immediatamente un singolo uomo perfetto.
Se, poi, entrasse nella sfera di questo uomo, al suo posto, un nuovo cielo,
riempito da ogni parte di stelle innumerevoli e se voi, di nuovo, vi avvicinate
ad una di tali stelle, giunti ad una certa distanza, essa vi apparirebbe come
un uomo. E se voi vi avvicinaste sempre più a quest'uomo, voi dareste in
esclamazioni, quasi come, un tempo, il navigatore Cristoforo Colombo, quando si
stava avvicinando al continente americano, poiché pure voi incomincerete a
scorgere un grande mondo celeste, pieno di magnificenze e di portenti! Se, poi,
vi recaste completamente su questo mondo, vi meravigliereste enormemente di
vederlo abitato da innumerevoli eserciti di spiriti. E poi, se alla fine
vorreste entrare nella sfera dell'uno o dell'altro spirito là dimorante, voi scoprireste
pure nuove magnificenze e, contemporaneamente, voi potreste pure, certamente
con sguardo più puro, scorgere il primo mondo base, quale vera e propria dimora
di questi spiriti.
13. E in questo modo, tutto procede
sempre così avanti ed ogni singolo spirito è nuovamente un Cielo completo,
certamente per se stesso, cioè in figura molto ridotta.
14. Perciò, voi dovete comprendere che
l'intero Cielo è un Cielo dei Cieli e come l'intero Cielo è infinito in sé,
così ugualmente anche il Cielo di ogni singolo spirito angelico è infinito in
sé. Da ciò si deduce quello che viene detto nelle Scritture: «Il Regno di Dio non si manifesta in senso esteriore, bensì esso è dentro
di voi!».
15. Per questa ragione ogni spirito
dimorerà in quel Regno che egli si è conquistato con il suo Amore per Me e
perciò pure lo utilizzerà.
16. Come sta pure scritto: «Il Regno dei Cieli è simile ad un granello di senape; questo granello è
uno dei più piccoli fra i semi; se però viene posto nel terreno, cioè in un
cuore pieno d'Amore, esso diventa un albero, fra i cui rami, gli uccelli del
cielo prenderanno dimora».
17. Scorgete ora il granellino di senape?
Ogni singolo spirito, che sia beato, è un tale granello di senape, ciò
significa: “Egli è una creatura del Mio Amore e, con ciò, è una vivente Parola dell'Amore
stesso. Quando questa Parola germoglia nel terreno dell'Amore, che venne posto
libero fuori da Me, essa diventa, da parte a parte, un albero vivente, pieno
d'Amore e di ogni Vita proveniente da Me”.
18. Perciò, quando voi entrate nella
sfera di un tale albero, è naturale che vi prenda meraviglia che, nella stessa,
vi è dato di scorgere una tale infinita meraviglia per la pienezza dei Cieli,
che è simile al Mio Amore, alla Mia Grazia ed alla Mia Misericordia, in ogni
spirito, infinitamente.
19. Però, tutto ciò dovete considerarlo
anche come conforme all'Ordine, poiché, soltanto così, voi ne potrete ritrarre
tutto il vero, intimo, utile e, infine, scorgere in voi, in limpida luce, che
la Mia Parola scritta in sé è simile a Me ed è nello stesso tempo, il vivente,
infinito Regno dei Cieli, presso di voi e, se lo vorrete accogliere attivamente
nei vostri cuori, vivente in voi.
20. Però, quello che del tutto nuovo e
meraviglioso, verrà ancora rivelato, a completamento di questa premessa, lo
vedremo, in grande abbondanza, nelle sfere di altri spiriti ospitali e, con
ciò, uscite dalla sfera di questo terzo spirito, che è, ugualmente, uno dei
vostri parenti, mentre noi, alla prossima occasione, entreremo nella sfera di
un quarto spirito. E così, chiudiamo per oggi!
[indice]
* * * * *
La sfera del quarto spirito: il
mistero del Figlio dell'Uomo
1. Ed ecco, egli è già qui e vi fa egli
stesso cenno di avvicinarvi a lui e di entrare nella sua sfera. Entratevi,
dunque, e fate bene attenzione a ciò che vedrete in tale sfera. Questo spirito
lo vedrete anche voi nella sua sfera e sarà egli stesso a farvi per un po' da
guida nel suo mondo, però attenzione, poiché quello che vedrete avrà già
considerevole importanza.
2. Dunque, voi siete nella sua sfera e
il vostro cuore è quanto mai lieto, poiché voi scorgete lo spirito nella cui
sfera vi trovate con la differenza che, fuori della sua sfera, non potevate
riconoscerlo, mentre nella sua sfera riuscite perfino a riconoscerlo, dato che
un tempo, sulla Terra, è stato vostro fratello carnale. Il Mio Anselmo,
generalmente tanto pronto di parola, riconoscerà benissimo suo fratello Enrico,
non appena lo avrà sentito parlare. È anche per questo motivo che Io voglio che
sia lui a condurvi un po' in giro, dandovi qualche chiarimento di sua
iniziativa.
3. Dunque che cosa vedete? Voi non
potete nemmeno descriverlo, per la grande sorpresa del vostro spirito. Questa
volta, però, Io non voglio fare da interprete. La vostra guida sarà Enrico, e
così essa ora vi dice:
4. “Guardate là, miei cari fratelli,
quel grande, solenne tempio, dinanzi a me; osservate con quanta magnificenza è
ornato di colonne indescrivibilmente splendide. Come tu vedi, fratello mio,
ogni colonna è stata tanto elevata, che la sua altezza ti fa venire le
vertigini e guarda soltanto ai lati, quanto innumerevoli sono le colonne che
circondano questo splendido tempio. E, guarda, sopra le colonne si eleva un
tetto rotondo, che brilla più di mille soli e, in cima al tetto, si innalza una
grande croce infuocata, che sfavilla in un colore rosso, come la più splendida
aurora! Come ti piace questo tempio?”.
5. Tu rispondi: “Fratello mio, la sua
grandiosa, inesprimibile sontuosità, non mi permette di trovare le parole
adatte, per comunicarti le mie impressioni. Però, che cosa c'è in questo
tempio? Caro fratello, non vi ci puoi condurre?”. Oh, certo, miei cari fratelli
ed amici; preparatevi, però, a qualcosa di straordinario, poiché l’interna
magnificenza, anzi, voglio dire la santità di questo tempio, è tanto
inconcepibilmente elevata, tanto portentosamente grande, che voi difficilmente
la potreste sopportare. Voi sapete certamente che io, durante la mia esistenza
terrena, ero veramente un grande amico della Parola di Dio; e, dato che
l'apostolo Paolo, per mezzo del quale i pagani vennero convertiti, era il
nostro apostolo preferito, egli era anche per noi, dopo l'Evangelista Giovanni,
il più caro. Questo voi lo avete appreso da me spesse volte e questo tempio è
basato su tale mia intima, profonda venerazione della divina Parola.
6. Prima che noi entriamo dentro, vorrei
darvi qualche breve spiegazione al riguardo. Queste alte colonne, quasi
innumerevoli, stanno ad indicare i singoli testi delle Scritture e
rappresentano il vecchio patto. Se voi, ora, entrate insieme a me fra queste
colonne, vi si presenta un corridoio molto illuminato. Tale corridoio, dalla
parte interna, è limitato da una parete di un rosso lucente. Come vedete, la
parte è altrettanto alta quanto le colonne ed è collegata con il colonnato
esterno, per mezzo di archi solidi e splendenti. Questo corridoio molto ampio,
che sta fra le colonne e la parete, è il vero e proprio vestibolo del tempio.
Il tetto che voi avete visto rilucere tanto fortemente, al di sopra delle
colonne, nella sua forma rotonda, significa la pienezza di Luce e di Grazia
dall'Alto. La croce sul tetto vuol dire l'origine di questa Luce di Grazia, la
quale, in e da per se stessa, è il Santissimo, cioè l'Amore del Padre nel
Figlio!
7. Ora che voi, miei cari fratelli ed
amici, sapete ciò, venite insieme a me lungo questo corridoio, fin dove voi
vedrete scaturire, dalla parete, una grande luce, che brilla di un rosso,
simile a quello di una splendida rosa primaverile, dove si trova l'ingresso del
tempio. Sapete voi qual è il significato di questa Luce? Essa significa e vuole
esprimere l'Amore a Cristo e non è possibile entrare in questo tempio, se non
attraverso la stretta porta dell'Amore per il Cristo. Come vedete, noi ci siamo
arrivati, ecco qui la porta. Voi vi meravigliate che per entrare in questo
grande tempio ci sia soltanto questa piccola porta, ma sapete anche ciò che sta
scritto: «Chi non passerà per la porta stretta,
non giungerà dal Padre e perciò neanche nel Regno di Dio e, di conseguenza,
neanche nel Regno degli angeli dei Cieli». Curvatevi il più che potete e
seguitemi. Immediatamente noi scorgeremo l'interno del tempio.
8. Ora, cari fratelli ed amici, siamo
nel grande luogo sacro. Che dite di una tale magnificenza? Come vedo, miei cari
fratelli, voi siete completamente privi di parola, perciò io vi avevo detto di
entrare. Preparatevi a qualcosa di straordinario. Ora, come voi stessi vedete,
pieni di stupore, l'interno di questo tempio è troppo infinitamente grande,
meraviglioso e splendido, così che voi ne possiate comunicare anche soltanto
con un pallido cenno. La prima cosa meravigliosa, che qui colpisce, è
l'inaspettata infinita grandiosità del suo interno.
9. Voi credevate che, quando sareste
entrati nel tempio, lo avreste trovato magnificamente adorno e decorato, approssimativamente
come sulla Terra. Invece vedete qui, nel senso letterale e fedele alla Verità,
un’infinita pienezza di mondi spirituali e questi mondi, che non hanno quasi né
principio né fine, sono riuniti in un Regno. Voi fissate i vostri sguardi stupefatti
nelle infinite lontananze, che sono disseminate d'innumerevoli magnificenze mai
immaginate prima. Voi vedete degli alberi che si perdono nella volta del cielo
e dagli alberi pendono abbondanti frutti ben maturi e di luce irradiante.
Guardando attorno, voi scoprite innumerevoli Templi e li vedete abitati da
grandi schiere di spiriti beati.
10. Tutto ciò vi meraviglia
straordinariamente, però, vedete, miei cari amici e fratelli, là verso Oriente,
su un monte non troppo alto, c'è un tempio semplicissimo, ma veramente
eccezionale è il suo splendore. Seguitemi là e vi vedrete qualcosa che vi farà
estasiare molto di più di tutto quello che avete visto finora! Andiamo, dunque.
Voi vedete benissimo quanto lontano si trova tale tempio. Secondo le vostre
misure terrene, voi potreste raggiungere prima la vostra luna che non questo
tempio. Noi, uomini-spiriti, abbiamo, da questo punto di vista, maggiore
comodità, poiché ci è sufficiente volere e noi siamo là dove vogliamo essere.
Dunque, vogliate voi pure essere con me, dove c'è quel tempio e, come vedete,
ora noi siamo già sul posto.
11. Voi rimanete esterrefatti di fronte
alla poderosa mole di questo tempio e non vi azzardate neppure ad avvicinarvi
troppo ad esso; fatevi coraggio, ed entrate con me, e vedrete come verrete accolti
dagli abitanti, quanto mai amichevoli. Non avete che da seguirmi! Questo tempio
rimarrà tale anche nel suo interno e voi vi troverete come in una casa
oltremodo ospitale. Ora, noi ci troviamo già nel vestibolo e, perciò, passiamo
questa porta luminosa ed entriamo finalmente nell’interno vero e proprio del
tempio stesso. Ed ecco, fratelli ed amici miei carissimi, ora ci siamo già.
12. Conoscete voi quest'uomo dall'aspetto
molto affabile, che si trova ad una certa distanza da qui, e che è circondato
da un grande numero di grandi e piccoli spiriti-uomini? Guardate come, nel modo
più affabile e amorevole, egli spiega il grande Mistero del Figlio dell'Uomo e
come ogni parola che esce dalla sua bocca somiglia ad una luminosissima stella!
Però, vedete, il nostro buon ospite ci ha già scorti; egli si alza dal suo
seggio lucente e ci viene incontro a braccia aperte; non lo riconoscete ancora?
Egli ci è già vicino, osservatelo attentamente, lo dovete pur riconoscere. Se,
però, voi non riuscite a riconoscerlo dalla sua eloquente figura, lo
riconoscerete certamente dal suo saluto fedelmente uguale in tutti i tempi!
13. Ascoltate, dunque, egli dice: «O cari fratelli! La Grazia del nostro
Signore Gesù Cristo sia con voi, e così pure l'Amore del Padre nel Figliolo,
nella comunione dello Spirito Santo! Che cosa vi ha indotti a venire qui? Chi è
stata la vostra Guida? Voi non osate pronunciare verbo, però io percepisco in
me di Chi sia l'Amore tanto grande da guidare i Suoi redenti alla Santa
Sorgente della Vita eterna. Oh, cari fratelli! Io vi dico, nel Nome del Signore
Gesù Cristo che io amo sopra ogni cosa, attenetevi a Lui soltanto, al Suo
Grande Amore e voi non andrete mai, per l'eternità, in rovina; poiché, beati
sono coloro che credono al Cristo, Quale il Vero ed Eterno Figlio dell'Iddio
Vivente. Ma, coloro che Lo Amano sopra ogni cosa, vedranno in Lui il Padre
Santo, poiché soltanto per mezzo dell'Amore noi diventeremo dei veri figlioli
di Dio! Perciò io, il vecchio Paolo, vi dico: Attenetevi all'Amore Puro e voi
avrete la Vita eterna in voi! Il mio saluto e la Grazia del nostro Signore Gesù
Cristo, nel Padre e nello Spirito, siano con voi».
14. Dunque, vedete, miei cari amici e
fratelli, con quanta ospitalità ed amorevolezza siamo stati accolti
dall'apostolo del Signore? Guardate come egli si trova già di nuovo in mezzo ai
suoi discepoli e li guida nell'Amore per il Signore. Voi vorreste sapere chi
sono questi fanciulli e uomini-spiriti. Vedete, essi sono dei pagani e figli di
pagani; soltanto non crediate che lo siano tutti, anzi, tutt'altro, soltanto
una piccola parte. Ora, usciamo fuori da questo tempio e rechiamoci all'aperto
e guardate come gli innumerevoli templi, sparsi dappertutto in queste regioni,
risplendono. Essi, in sostanza, non sono che dei veri e propri istituti di
educazione per ogni sorta di pagani e moltissimi discepoli di Paolo fungono da
educatori. Qui si parla nuovamente del primo tempio, quello che racchiudeva
l'infinito numero di mondi spirituali.
15. Ci sarebbero ancora molte cose da
vedere in questo grande tempio, dato, però, che voi siete ancora collegati con
ciò che è terreno, sarebbero necessari milioni e milioni di anni, per dare
anche soltanto una scorsa superficiale ad una piccola parte di esso. A suo
tempo, nello Spirito, invece, voi vedrete tutto ciò in modo pienamente chiaro,
similmente a me e ciò grazie all'infinita Grazia del Signore. E ora usciamo dal
grande tempio; ecco che siamo già alla porticina del vestibolo, lungo i
colonnati, con il suo tetto splendente, libero dinanzi ai nostri sguardi.
16. Ora, però, c'è ancora una cosa. Voi
potete dirmela di certo, poichè anche qui ci sono alcune cose che noi spiriti
afferriamo con difficoltà e talvolta affatto. La vostra visita o per parlarvi
in modo più comprensibile, il fatto che io vi veda e che possa parlare con voi,
mi è completamente chiaro, poiché voi siete stati già spesse volte da me, nel
vostro spirito avete parlato con me, come ora; soltanto che, in quelle
occasioni, non doveva restare in voi alcun ricordo. Di conseguenza, anche la
vostra presente visita è, come detto, pienamente comprensibile per me. Invece,
quello che per me è incomprensibile e che io non posso chiarire è il fatto che,
questa volta, sento, vicino a voi, un senso d'intensa gioia. Infatti, voi
potete credere, quale vostro fratello sincerissimo, che io non ho provato mai
una tale delizia, da quando sono il beato abitante di questo ultrabeato luogo!
Ditemi, dunque, qual è la ragione, se vi è possibile dirmela!”.
17. Ora, però, sono Io che vi dico:
“Questo voi non dovete rivelarglielo; poiché egli deve essere preparato anche
per un solo sguardo che gli potrebbe permettere di scorgerMi, poiché ci sono
qui degli spiriti che Mi amano tanto fortemente che, causa di questo Amore, Io
posso avvicinarMi a loro visibilmente, soltanto un poco alla volta. Perciò,
ditegli che deve ancora un po' pazientare, nel suo desiderio, perché, in breve,
gli verrà svelata la causa della sua beatitudine. Ditegli questo, con il vostro
spirito!”. Vedete, egli ha già percepito quanto detto e, pur nella sua brama,
egli è contento. Un tale stato si chiama «la pazienza dell'Amore».
18. Noi siamo già di nuovo al nostro
posticino di riunione; perciò uscite dalla sfera del nostro spirito-fratello, e
state a vedere, poiché Io voglio farMi scorgere da lui per un attimo! Guardate,
ora egli Mi scorge! Egli cade sulla sua faccia e, ama, prega e piange, ed è
bene! Però, soltanto per un po'. La prossima volta ci serviremo della sfera di
un quinto spirito ed anche questo dovrà guidarvi, come è stato il caso con
questo ultimo, che è tuttora qui, piangente, orante ed adorante, e che potrà
restare ancora in vostra compagnia. Perciò, per oggi basta.
[indice]
* * * * *
La sfera del quinto spirito
Il più grande prodigio: il cuore
dell'uomo
1. Come, non conoscete questo quinto
spirito che si trova già dinanzi a noi? Guardate come egli vi sorride
amichevolmente e vi invita ad entrare nella sua sfera! Andate, dunque, e
contemplate la sua ricchezza. Anche questo spirito sarà per voi riconoscibile
nella propria sfera e vi farà da guida nell'ambito dei tesori della sua vita
interiore; avanti, dunque, entrate nella sua sfera.
2. Ora, voi ci siete e non riuscite a
raccapezzarvi, anche dando, soltanto superficialmente, uno sguardo alla
grandiosa e sublime magnificenza, di ciò che qui si trova. Comunque, seguite il
vostro amichevole spirito-fratello ed al suo fianco apprenderete delle cose che
non avete neppure mai sognato. Come il precedente, anche questo spirito vi farà
da interprete, nel Mio Nome, perciò ascoltate quello che egli sta per dirvi.
3. “Oh, cari fratelli ed amici, quale
diletto, piacere e gioia rivedervi qui! Voi mi conoscete senz'altro, perciò
seguitemi in questa mia beatissima sfera. Io voglio mostrarvi i tesori che
traggono la loro origine dall'Amore per il Signore. Vedete, miei cari fratelli
e specialmente tu, mio caro Anselmo, lassù, su quello splendido monte, voi
potrete appena vedere i tesori della mia beatitudine.
4. Ed ecco, noi abbiamo raggiunto la
sommità del monte, da qui volgete il vostro sguardo nelle distese infinite,
tanto lontano quanto lo sguardo del vostro spirito può arrivare, anzi, tanto
lontano, quanto i vostri pensieri più arditi e più rapidi possano penetrare.
Come vedete, tutto ciò è un grande principio dato a me.
5. Voi mi chiedete: «Ma caro e beato fratello, sei tu,
allora, il proprietario anche di tutti questi innumerevoli splendidi palazzi,
che fanno bella mostra di sé, sfavillando come tanti soli al loro sorgere, sui
monti delle belle forme arrotondate? Pure come proprietario delle innumerevoli
miriadi di spiriti beati, che vediamo passare dappertutto, dimostrandoci
reciprocamente grande amicizia; ed appartengono a te anche gli innumerevoli
sontuosi giardini, con le splendide torri colonnate, che accecano i nostri
occhi stupefatti con la loro potente luce?
6. E, poi, come stanno le cose con quei
monti lontani, che noi scorgiamo elevarsi come soli sorgenti ed il limpido
firmamento, con un numero infinito delle sue magnifiche costellazioni,
appartiene pure a te? E questo Sole, splendente sul nostro capo, i cui raggi
tanto dolci sembrano riempire tutta l'infinità, è pure compreso nella tua
proprietà?»”.
7. “Miei cari ed amati fratelli, io vi
dico: «Certo,
e non soltanto questo che voi vedete,ma anche le cose infinite, che voi non
potete vedere, sono proprietà del mio Amore!». Certo, voi vi meravigliate e dite: «Come mai, caro fratello beato, la tua
spiegazione va intesa come se a te si fossero associati egoismo ed amore di se
stesso, poiché tu dici che tutto questo ed ancora infinitamente di più è
proprietà del tuo Amore. L'Amore, però, è ora il tuo proprio “io” e, perciò,
anche la sua vera vita. Non dovresti sapere che qui tutto è soltanto proprietà
del Signore? Come puoi dire tu che tutto questo è proprietà del tuo amore?»”.
8. “Miei cari fratelli,il vostro
discorso mi è molto gradito e la vostra obiezione ha una base solida, però, in
questo caso, non è al suo giusto posto. Infatti, quando voi giudicate da fuori
verso dentro, il vostro giudizio è ben basato, però, qui ogni giudizio deve
partire dal di dentro verso fuori, per poter colpire sempre giusto, così che,
vedete, il vostro giudizio è fuori di posto. Perciò, se io dico: «Tutto questo ed ancora infinitamente
di più, è proprietà del mio Amore, allora voi dovete giudicare dal di dentro
verso il di fuori e non il contrario, poiché il mio Amore è il mio Signore stesso
ed io non ho nessun altro Amore e, perciò, nessun'altra Via, all'infuori di
quella del Signore!».
9. Affinché, però, miei cari fratelli e
amici, possiate comprendere profondamente che il vostro giudizio verso di me
era esteriore, io vi dico, per vostra necessaria chiarificazione, che se voi
dite: «Tutto
questo è proprietà del Signore», voi esprimete un riconoscimento
soltanto esteriore, cioè che tutto ciò compete soltanto al Signore. Però, con tale
ammissione, tanto il Signore che l'ammissione stessa sono ancora fuori di voi.
Se invece voi dite: «Tutto
ciò è proprietà del mio Amore», voi comunicate fuori da voi che il
vostro Tutto è il Signore e che Egli dimora con il Suo Amore e la Sua Grazia, quale
la Vita eterna in voi. Infatti, se voi dite, nell'Amore del vostro cuore per il
Signore: «Tutto
ciò è proprietà del mio Amore», voi dite la stessa cosa che, a suo
tempo, è stata detta dall'apostolo Paolo, quando peregrinava sulla Terra, nella
sua carne: «Non sono più io che vivo, ma è il
Cristo che vive in me!». Questo ve l'ho detto, affinché
sappiate in quale modo vengono fatti i vostri discorsi, poiché sulla Terra c'è
soltanto un modo di parlare esteriore ed esso deve appena penetrare dal di
fuori verso l'interno. Perciò, discorsi del genere sono sempre incerti e
raramente colgono nel segno, quando non sono foggiati come la Parola del
Signore, che stringe l'uomo da tutte le parti e, in tal modo, lo compenetra.
Invece, il nostro modo di parlare è interiore e non ha nulla di esteriore e
perciò raggiunge e colpisce sempre lo scopo.
10. Ma ora venite con me su quella
collina che sta davanti a noi e sulla quale voi scorgete un palazzo veramente splendido.
Come vedete, noi abbiamo appena espresso la nostra intenzione e ci troviamo già
dove volevamo essere. Ora, però, voi dite: «Il palazzo è magnifico e grandioso,
ma il tempio che abbiamo visto precedentemente nella sfera del nostro fratello
era veramente ancora più grandioso». Io, però, vi dico: «Non giudicate troppo affrettatamente;
prima entrate e poi fate dei confronti». Vedete, anche qui c'è soltanto una
stretta porticina per entrare nel palazzo; chinatevi più che potete e
seguitemi. Ora che abbiamo varcato la soglia, ci troviamo nel palazzo.
11. Che cosa vi accade, per rimanere così
irrigiditi, fissando lo sguardo qua e là? Vedete, cari fratelli, io vi ho detto
in precedenza che non dovete giudicare con troppa fretta, poiché qui il valore
delle cose sta sempre soltanto nel suo interno e mai nel suo esterno. Per
questo motivo, l'interno è pure sempre più elevato e meravigliosamente
grandioso dell'esterno, poiché qui tutto si comporta come la Parola di Dio
sulla Terra. Semplice e senza sfarzo esteriore essa sta nel libro, per mezzo
delle lettere, però, se qualcuno compenetra, con il suo interiore, nella
semplice Parola, attraverso la stretta porta dell'Umiltà, con ardente Amore, a
quale pienezza di meraviglie giunge con la Parola di Dio, che, così semplice e
senza fasto, si trova sul libro, composta da lettere! E proprio così stanno le
cose anche qui.
12. Voi non presagivate affatto che in
quel semplice palazzo voi avreste scorto un’infinità piena di portenti di Dio.
Ora, però, che vedete le innumerevoli schiere di mondi nel loro essere
spiritualmente trasfigurati e miriadi di magnificenze ed innumerevoli beati su
tali mondi, voi vi sorprenderete di come ciò sia possibile in un palazzo,
esteriormente così augusto!
13. Io, però, vi dico: «Questo non è affatto un portento
eccezionale»,
considerato che qui il cuore di un uomo può diventare la dimora dello Spirito
Santo, grazie all'Amore dell'eterno Padre, l'Infinito, Ultrasanto, Onnipotente
Iddio!
14. Se voi volete andare, insieme a me,
su un terreno piano, dove si innalza un meraviglioso tempio rotondo, pieno di
splendore, circondato di tre file di bellissime colonne lucenti, privo di
tetto, al cui posto si trova, invece, una specie di arcobaleno luminoso, che
sembra essere sempre in movimento, non avete che esprimere la vostra volontà.
Ecco, voi siete d'accordo e, vedete, noi siamo già sul posto. Desiderate
entrare in questo tempio con me? Voi lo confermate di lieto cuore, perciò
seguitemi ed entriamo!
15. Ed ecco, noi ci troviamo già
nell'interno e di nuovo voi rimanete stupefatti. Vedete, così stanno le cose
qui da noi. Nell'interno noi siamo a casa nostra. Non lasciatevi, perciò,
sconcertare per le meraviglie ancora più grandi che qui scorgete, poiché quanto
più profondamente noi penetriamo e tutto diventa tanto più splendido e
meraviglioso, mentre il massimo Amore, la Grazia e la Pienezza dei prodigi
stanno nell’Intimo più profondo, cioè nel Signore! Giungere là non sarà mai
possibile a nessuno spirito, per tutte le eternità, per quanto verso di Lui si
possa avvicinarsi costantemente, sempre di più.
16. Ora voi mi chiedete cosa stia a
significare quel mare che si vede laggiù, così scintillante, nonché, non
lontano dalla riva si scorge una magnifica isola con parecchi bei templi, e
specialmente quel tempio che si trova su una ripida altura. Se voi siete
disposti a venire con me fin là, vi sincererete da voi stessi di che cosa si
tratta. Ecco, già che voi lo desiderate, noi siamo già alla meta, poiché, sul
mare, noi non abbiamo bisogno di battelli, dato che con la nostra volontà possiamo
arrivare dappertutto, dove vogliamo. Se volete entrare con me anche in questo
tempio, allora seguitemi. Però, questo tempio non deve essere svelato a voi,
secondo il suo interno, nella rispondenza spirituale, bensì soltanto quale una
apparizione visuale nell'interno del suo edificio.
17. Ecco, noi ci troviamo già. A voi
piace molto questo stile meraviglioso! Però, guardate verso quella grande
finestra da dove penetra una luce rossa. Chi vedete là? Un uomo dall'aspetto
molto amichevole ed una donna altrettanto amichevole ed affabile. Venite con me
e non abbiate nessun timore, poiché questi abitanti sono quanto mai gentili e
premurosi. Vedete, essi ci hanno scorto, si alzano e si affrettano a venirci
incontro, con le braccia aperte. Non li riconoscete ancora? Li riconoscerete,
tuttavia, senz'altro quando saranno giunti più vicino a noi. Ecco, essi sono
qua; lasciatevi benedire da loro, poiché egli è il prediletto del Signore, cioè
l'apostolo Giovanni ed essa, o fratelli ed amici, è la Madre della Carne della
eterna Parola da Dio! Essi, oramai, vi hanno benedetti, però non è ancora
giunto il momento in cui ci è concesso scambiare con loro delle parole. Però,
nel corso della nostra presenza qui, le cose verranno disposte in modo che voi
potete essere loro più vicini, che non ora. Poiché, l'intimo mio mi dice che io
posso guidarvi fino a qui e non oltre, perciò vogliate ritornare con me nel
punto da cui siamo partiti.
18. Una cosa soltanto vorrei sapere da
voi. Sebbene voi non ci avete fatto caso, ma al mio sguardo non è sfuggito che,
ambedue questi alti eletti del Signore, al vostro avvicinarsi, sono stati presi
come da un senso di rispetto profondo, ma, nello stesso tempo, delizioso, in
seguito al quale, appunto, essi non erano in grado di pronunciare parola. Questo
non l'ho mai visto, quantunque io sia già stato spesse volte in questo luogo,
anzi, esso è il luogo di soggiorno che io preferisco, in modo speciale. Voi
tacete e non volete dirmi nulla. Oh, cari fratelli, proprio questo vostro
silenzio mi fa presagire qualcosa di grande, sia fatta la Santissima Volontà
del Signore!
19. Voi mi domandate ora: «Ma, caro fratello, come troveremo la
via del ritorno?».
Guardate dove vi trovate e poi appena chiedete. Voi dite ora: «Come è stato ciò possibile? Noi siamo
già nel luogo da cui siamo partiti!». Come vedete, qui le cose procedono
in modo differente che non come sulla vostra Terra. In realtà, noi non abbiamo
mai lasciato il nostro posto, ma è stato soltanto concesso a voi, appunto in
questa mia sfera che è la Grazia del Signore, di gettare degli sguardi sempre
più profondi nel mio Amore interiore. A voi non occorre altro, se non di
ritirare i vostri sguardi, per constatare che vi trovate, sani e salvi, nel
posto in cui ci siamo incontrati, così che io non ho altro da dirvi, se non che
io sono colui che, sulla Terra, quale vostro fratello, aveva nome Francesco.
Con ciò, io ho compiuto, nei vostri confronti, l'incarico da me avuto
interiormente e così voi potete uscire dalla mia sfera”.
20. Dunque, vi è piaciuto ciò? Voi siete
completamente estasiati. Tutto ciò è bene, ma non è ancora tutto. Vedete, sta
venendo qui, a far parte della nostra compagnia, un sesto spirito, egli non
proviene da questo Sole spirituale, bensì è un abitante della Mia Città Santa.
Nella sua sfera, a dire il vero, vedrete soltanto cose del Sole spirituale,
però in una luce del tutto diversa di quanto è stato il caso finora. Perciò,
preparatevi bene, poiché Io vi dico: “Tutto assumerà un aspetto del tutto
differente”.
21. Questo secondo fratello vostro ha
anche il desiderio di conoscere qual era la vostra base. Io, però, vi dico:
“Egli non è ancora abbastanza maturo. Un attimo sarebbe troppo per lui,
tuttavia vogliamo fargli sentire la Mia vicinanza”. Vedete come egli ne viene
trasfigurato e come, dal suo intimo più profondo, esclama con sospiri di
intensa gioia: “Oh, Padre Santo, Tu non puoi essere tanto distante, poiché una
beatitudine dell'Amor mio, mai presentita, mi dice che Tu ci sei vicino!
Quando, però, ci sarà dato di provare la più alta di tutte le beatitudini, di
vedere Te, o Padre Santo, nel massimo Amore del nostro cuore?”. Io vi dico: “A
questi spiriti verrà presto, anzi molto presto, accordata tale Grazia!”. Noi,
però, vogliamo prepararci per l'ulteriore visita, fino alla prossima occasione
e, con ciò, per oggi basta.
[indice]
* * * * *
La sfera del sesto spirito. La roccia
di Pietro
1. Poiché il nostro amorevole ospite
spirituale è già qui, non occorre che voi facciate tante cerimonie, ma
affrettatevi ad entrare nella sua sfera ed a guardare là le cose in una luce
diversa.
2. Ecco, ci siete già. Perché vi
guardate attorno, con aria tanto spaventata? Voi dite: “Perché ci troviamo su
un alto scoglio e, intorno a noi, non troviamo che un infinito mare in
burrasca”. Tale mare ondeggia con spaventosi e minacciosi ruggiti intorno a
questo scoglio isolato, sul quale ora ci troviamo. Che sarà di noi, se questo
mare sommergerà, con le sue potenti onde, questo piccolo scoglio? Noi non
vediamo che il sicuro sfacelo dinanzi a noi! Da che parte possiamo metterci in
salvo, se le onde dovessero elevarsi al di sopra di noi?”.
3. Io però vi dico: “Voi avete giudicato
male con i vostri occhi, guardate con maggior tranquillità verso Oriente, dove
la vostra superficie dell'acqua sta diventando rossa, dunque cosa vedete
ancora?”.
4. Mi accorgo che il vostro cuore è
invaso dalla paura e, tremando, voi dite: “Oh, Signore e Padre, salvaci,
altrimenti periamo e siamo perduti! Infatti, dei mostri spaventosi alzano le
loro enormi teste, alte come cime di montagne, sui flutti infinitamente vasti
di questo mare sembrano dirigersi proprio verso di noi, a grande velocità!”. Oh
uomini di poca fede e di forza ancora minore; perché temete, dal momento che
sono Io presso di voi, cose che non sono altro che un nulla? Io vi dico: “Usate
la vostra vita in maniera più intelligente, poiché, le cose che voi ora vedete,
sono di grande importanza; e ora volgete il vostro sguardo verso Nord e diteMi
cosa voi scorgete là”.
5. Ora siete ancora più spaventati di
prima e, per l'insensata angoscia, non siete neppure in grado di pronunciare
parola. Che c'è, dunque? Voi vedete là le onde burrascose dividersi e formare
delle pareti, mentre scorgete nel fondo un fuoco minaccioso che s'innalza
sempre più ed assorbe i flutti del mare, tramutandoli in vapore. Nel mezzo di
tale fuoco voi scorgete un drago. Esso ha sette teste e, su ogni testa, dieci
corna; con la sua potente coda divide le onde e da quattro teste, che emergono
dalla superficie del mare, sputa violentemente delle grandi palle di fuoco, in
tutte le direzioni. Ora, voi vedete pure come un numero infinito di pipistrelli
e di altri animali notturni, volino nelle fauci spalancate del drago e come
questo li faccia scendere giù, nel suo esofago fiammeggiante. Sulle teste del drago
voi potete scorgere dei fasci di dense nubi, che girano vorticosamente intorno
alle corna e fanno scaturire dei lampi, che poi vanno, quali fulmini, a colpire
le onde tumultuanti del mare. Questa manifestazione vi riempie d'angoscia, ma
Io vi dico: “Tranquillizzatevi, perché ne seguono delle altre”. Ed ecco,
guardate intorno alla sua coda, come è saldata una robusta catena, alla quale,
nella cima posteriore, sono legate delle innumerevoli catene più piccole. E a
queste catene sono legate innumerevoli schiere di anime che questo mostruoso
drago trascina dietro a sé, nella sua scia infuocata.
6. Voi chiedete ansiosamente: “Padre,
che succederà dei miseri schiavi di questo drago?”. Io però vi dico: “Guardate
una volta ancora, attentamente, verso di loro e scorgerete ben presto come tali
schiavi, dietro il loro drago, esultino con delle spade fiammeggianti in mano e
dicano: «Onore a te, o potente principe, che hai vinto i popoli della Terra e
ti sei reso tributario del cielo, così che tu sei diventato un potente giudice
fra Dio e tutte le sue creature. Tu hai superato i meriti e le opere del Figlio
proveniente da Dio e le hai rese tributarie sulla Terra, al di sopra della
Terra, e sotto di essa»”. Dunque, ora che avete appreso ciò, che ne dite di
questi seguaci del drago? Voi rabbrividite fin nel vostro intimo. Io però vi
dico: “Resistete sul punto in cui vi trovate e guardate profondamente verso
Occidente e ai vostri sguardi si presenterà una scena del tutto differente”.
7. Ora, voi state guardando là. Cosa c'è
nuovamente di tanto spaventoso? Voi dite disperatamente: “Signore, se continua
così, noi siamo perduti, poiché il drago si è adagiato sulla vasta distesa dei
flutti marini, come un potente ed enorme serpente e noi siamo circondati da
tutti i lati, come da una grande muraglia di fuoco. Qui non scorgiamo più
nessuna via d'uscita, così noi siamo senza scampo, sua preda. Al di sopra del
nostro punto d'appoggio, non possiamo elevarci. Che sarà di noi? Infatti, noi
vediamo già la vasta superficie del mare arroventarsi potentemente da ogni
lato; innumerevoli vortici si formano già sulla sua superficie, coperta da
densi vapori. Uragani infuocati spingono i cavalloni ardenti verso il cielo,
alla rinfusa. Oh Padre, aiutaci, prima che questa tribolazione ci venga sempre più
vicina, altrimenti la nostra fine è certa! E quando le onde arroventate, che
sono cariche di pestilenza, ci avranno inghiottiti, ricoprendoci di maledizione
e di fuoco devastatore, come potrai Tu, toglierci da questa rovina?”.
8. Oh voi, pusillanimi, perché alzate
questo pietoso grido di angoscia? Guardate ora verso Sud e scorgete subito una
scena del tutto diversa. Ecco là, intorno a quell'anello arroventato del
serpente, ci sono degli spiriti angelici giganteschi, armati di spade potenti,
che attendono soltanto un Mio cenno, per far fuori il serpente. E ora girate lo
sguardo da tutte le parti e contate gli spiriti angelici incaricati del
giudizio. Non sono essi dodici? Però, guardate nuovamente intorno, gli angeli
hanno ricevuto il cenno e, vedete, il serpente giace fatto a pezzi ed è ormai
morto! Le sue parti inerti scendono nel fondo del mare, accompagnate dalle onde
roventi e le onde stesse si precipitano dietro, da tutte le parti, tumultuando.
E ora, guardate dove sono i flutti, e dov’è il mare.
9. Dei campi pacifici si elevano al
posto dei spaventosi cavalloni e guardate come dei corporei messaggeri vengano
da tutte le parti, portando nelle loro mani la Mia Vivente Parola e la spargano
dappertutto, come frumento. E ora, guardate verso Oriente come sta sorgendo un
nuovo e splendido Sole! Dal cielo cade una abbondante rugiada, sul nuovo
terreno della Mia Grazia e della Mia Misericordia e nuovi magnifici frutti vi
spuntano dappertutto. Comprendete voi questa immagine or ora vista? Io vi dico:
“Questa immagine è a voi molto vicina, e quello che vi succederà, sta dinanzi
agli occhi vostri. Perciò non dovete avere nessun timore, poiché voi avete
visto, nella raffigurazione di una altissima spirituale Verità, la fine della
scandalosa prostituzione. E ora guardate di nuovo intorno a voi ed osservate lo
spirito nella cui sfera voi avete visto tutto ciò. Lo riconoscete?”.
10. Voi dite: “Oh Signore e Padre, non ci
risulta affatto sconosciuto, tuttavia non ci riesce di identificarlo, perciò
non potresti dirci chi si cela dietro a questo nostro ospite, che ci ha
preparato, nella sua sfera, un tale banchetto spaventosamente rallegrante?”.
Io, però, vi dico: “Questo ospite dovete facilmente riconoscerlo da voi stessi,
se prendete in attenta considerazione il punto base, sul quale voi ancora vi
trovate”. A chi Io ho detto, a suo tempo, che egli è una «roccia», sulla quale
Io edificherò la Mia Chiesa, che non potrà venir sopraffatta dalle potenze
dell'Inferno? Voi dite: “A Simone che, perciò, poi venne chiamato Pietro!”.
Vedete, questo è anche il nostro ospite spirituale. Egli vede Me e vede voi
pure, tuttavia, visto che Io parlo con voi, egli si mantiene nel più assoluto
silenzio, perché è pieno d'Amore per Me.
11. E così, uscite dunque dalla sua
sfera, poiché si sta avvicinando a noi un altro spirito, il settimo, nella cui
sfera noi vedremo delle cose del tutto diverse. Questo sesto spirito, cioè
Pietro, lo teniamo comunque in nostra compagnia. Riflettete molto su quanto
avete visto oggi ed attendente, per la prossima volta, una valida soluzione,
appunto, su ciò che avete visto. E oggi, possiamo chiudere il capitolo.
[indice]
* * * * *
La sfera del settimo spirito.
Immagini enigmatiche per stati spirituali
1. Ed ecco, il settimo spirito è qui e
vi attende; entrate, perciò, senza indugio, nella sua sfera, affinché vi
possiate vedere la soluzione e le vie infallibili della salvezza e dell'eterno
e sicuro Ordine. Ora siete nella sua sfera e guardate, sconcertati e
sbalorditi, intorno a voi. Che cosa c’è di tanto strano, così da non sapere se
si tratta di uno scherzo o di una cosa seria? Io vedo chiaramente i pensieri
che attraversano il vostro animo e dei quali non siete completamente consci,
mentre si trovano chiari dinanzi a Me.
2. Dunque, voi dite: “Come mai, da
quello che ora vediamo, potrà venire fuori la soluzione delle cose strane,
precedentemente da noi viste? Questo lo capisca chi vuole, mentre noi, al posto
della soluzione, scopriamo soltanto un groviglio. Come la soluzione potrà
saltare fuori, non possiamo neppure lontanamente immaginarlo, poiché, quale
significato può avere quello che ora scorgiamo? Qui si eleva un monte, di forma
conica, da una parte, degli uomini salgono fino alla cima, mentre, dall'altra,
scivolano di nuovo giù e poi si rialzano e fanno delle rumorose risate su
quelli che li seguono, dicendo in aggiunta: «Allora è proprio vero che un matto
solo ne fa cento!».
Da un'altra parte c'è un grande numero di altalene, appese fra due alti alberi,
in ognuna c'è qualcuno che si dondola con slancio, mentre intorno ci sono molti
spettatori, che si fanno beffe di coloro che si dondolano e gridano loro: «Oh, sciocchi, come potete essere
tanto lieti in questo vostro dondolare, considerato che, se è vero che voi
volate veementemente di qua e di là, rimanete però sempre allo stesso posto?
L'ambito di lancio della vostra altalena è tutto il tragitto che voi dovete
ogni volta ricominciare da capo». Questa è una seconda raffigurazione
che noi vediamo, così dite fra voi e, poi, continuate: “Da un'altra parte
ancora, noi scorgiamo un bastione circolare; all'interno di questo bastione ci
sono delle vie, pure circolari, che vanno a spirale verso il centro, dove si
trova una specie di padiglione. Su queste vie, degli uomini stanno correndo
verso il padiglione e, quando l'hanno raggiunto, voltano strada e corrono
nuovamente verso fuori, cioè verso il bastione. Sopra di questo, stanno, qua e
là sparsi, dei gruppi di uomini che dileggiano in vario modo tali corridori e chiedono
che cosa essi vogliono effettivamente raggiungere, con queste loro corse.
Alcuni ne hanno abbastanza di tale correre, salgono sul bastione e poi dicono:
«Ma come ho potuto essere tanto sciocco e proprio per niente, soltanto per
stancarsi tanto, quasi da morire?».
3. Da un lato, noi scorgiamo un ampio
bacino rotondo, colmo d'acqua, del diametro di circa mille klafter e di uno di
profondità. Nel mezzo di questo bacino c'è una ruota a palette, del diametro di
circa dieci klafter. Questa ruota viene fatta azionare, con un movimento sempre
uguale e continuo, da una impalcatura che si trova al di sopra di essa; ciò ha,
come conseguenza, che tutta l'acqua del bacino è costretta a fare lo stesso
moto rotatorio che, naturalmente, è più rapido vicino alla ruota e sempre più
lento quando è più lontano.
4. Sulla superficie dell'acqua ci sono
delle barchette, nelle quali si trovano dentro degli uomini che si affaticano,
allo scopo di avvicinarsi alla ruota, partendo dalla sponda. Quando, però, sono
arrivati in vicinanza della ruota, ben presto perdono le loro forze e vengono,
poi, rimandati alla sponda dal movimento vorticoso dell'acqua. Intorno alla
sponda ci sono, pure qui, un gran numero di spettatori che prendono in giro
questi stolti navigatori.
5. Questi, per la maggior parte, non
sembrano darsi per vinti, alcuni di loro però, quando sono stati rimandati alla
sponda parecchie volte, scendono finalmente a terra con facce annoiate e
indispettite, abbandonando le loro barchette, e non cessano di meravigliarsi di
come hanno potuto, senza uno scopo, farsi portare in tal modo in giro da una
ruota meccanica. Alcuni di loro stanno a guardare, ancora per qualche tempo, lo
stolto lavorio e, alla fine, partecipano alle risa degli altri spettatori, alle
spalle dei navigatori ancora tanto indaffarati. Altri, invece, si allontanano,
scuotendo la testa, e vanno alla ricerca di un posticino tranquillo, dove
riposarsi dai loro insensati ed inutili strapazzi. Questo, però, è tutto quello
che vediamo nella sfera tanto promettente di questo settimo spirito. Che queste
apparizioni siano molto diverse fra loro, lo vediamo benissimo, però, in
sostanza, sono sempre le medesime. Chi, di conseguenza, può trarre da ciò una
soluzione e, più ancora, la via infallibile dell'Ordine divino, dovrebbe avere
per luce, nei suoi occhi, una intera legione di Soli Centrali principali,
concentrati in un punto. Tutto ciò, che noi possiamo dedurre da tutta questa
storia, è ciò che a suo tempo, hanno detto gli antichi savi: «Sotto il Sole non
c'è nulla di nuovo, bensì, tutto percorre, costantemente, la propria orbita,
ricominciando sempre da capo ed allo stesso modo!»”.
6. Io, all'incontro, vi cito un altro
vecchio proverbio, preso dalla natura delle cose, il quale si esprime così:
“Chi è cieco, non vede nulla!”. Vedete, contro questo proverbio non c'è
obiezione di sorta, poiché così stanno le cose nel mondo, specialmente per
quello che riguarda la vista interiore dello Spirito e tutto il mondo è simile
ad un Tommaso, il quale disse: «Fino a tanto che non pongo le mie mani sulle Sue ferite e sul Suo costato,
io non credo»;
ciò che, con altre parole, significa: “Quello che non afferro con le mie mani e
non posso vedere con i miei propri occhi, alla chiara luce del Sole, vale per
me come non esistente e, perciò, non mi dice niente”.
7. Io vorrei, anzitutto, chiedere ad
ognuno di tali oppositori: “Puoi afferrare, con le tue mani, le stelle del
cielo e puoi tu guardarle alla chiara luce del Sole?”. Come vedi, non puoi fare
né l'una né l'altra cosa; non esistono, forse, con tutto ciò, le stelle? Tu
rispondi: “Le stelle, per lo meno di notte, io le vedo e posso misurare il loro
corso”. Io, però, ti dico: “Questa testimonianza, da parte tua, non fa grande
onore al tuo acume, poiché con ciò tu manifesti apertamente che tu calcoli il Mio
Ordine soltanto dalla tua parte notturna, nonché tenebrosa, mentre l'Ordine del
giorno ti è estraneo e se tu non avessi la notte, staresti in pieno giorno come
un cieco e non saresti nemmeno capace di sognare l'Ordine delle Mie cose”. È
molto triste, quando voi dovete il vostro sapere, nell'Ordine delle cose Mie,
soltanto alla notte, anziché al giorno e, vedete, di questo danno fedele
testimonianza le cose che avete or ora viste.
8. Nella prima scena sono rappresentati
gli avidi di sapere e i vogliosi di esperienza, i quali salgono l'alto monte e
credono che, giunti all'apice, potranno afferrare i Misteri del Cielo ed
assorbire, fino all'ultima goccia, il nettare che vi si trova racchiuso e,
perciò, si affaticano ad arrampicarsi sugli scoscendimenti del monte conico.
Più procedono e tanto minore è l'appoggio, e quando hanno raggiunto il vertice
e di appoggi non ne hanno più affatto, li prende presto la vertigine, e, dato
che sull'altura non trovano alcun punto afferrabile e d'appoggio celeste, si
lasciano andare giù dall'altra china del monte, scivolando giù, fino ad
arrivare nella stessa pianura, dalla quale sono partiti. Ed alla fine non sanno
a che cosa è servita la loro arrampicata e non possono neppure fare a meno,
poi, di prendersi in giro, da se stessi ed, infine, di tenersi questo
discorsetto: “Ora ne sappiamo altrettanto quanto prima, tutto il nostro
affaticarsi era insensato, e, alla fine, anche ridicolo. Nell'arrampicarsi, ci
siamo forzati di precederci l'un l'altro; e perché? Per poi, tutti insieme,
ripartire altrettanto presto, dall'altra parte. Che cosa abbiamo noi, ora, di
più di coloro che non hanno posto piede sull'erta montagna? Nulla affatto,
poiché in primo luogo, noi stiamo al loro stesso punto e, in secondo luogo, in
più, ci siamo fatti deridere da loro, come stolti, dato che per raggiungere lo
stesso scopo, ci siamo sobbarcati una immane fatica, mentre ci saremmo potuti
arrivare in maniera molto più comoda”.
9. Non osservate ancora nulla, da questa
esposizione? Io vi dico soltanto una cosa e così voi vi avvicinerete più
facilmente alla questione”. Come comprendete voi il testo: «Il mio giogo è dolce e il carico Mio leggero!». Dal momento che Io ho annunciato
questo principio, chi obbliga coloro che vogliono venire a Me ad arrampicarsi
su per delle pareti rocciose di monti, per arrivare a Me, mentre Io li attendo
sul terreno piano e sulla via più diritta che esiste? E procedendo: “Perché non
avviene nulla di nuovo sotto il Sole?”. Io ve lo dico: “Per la saggia ragione
che l'umana sapienza del mondo deve smussarsi da sé, a poco a poco, poiché,
alla fine, deve toccare con la mano e che essa non può raggiungere altro, se
non quello che già da lungo tempo prima è stato raggiunto sulla stessa via”.
10. Inoltre, in questa prima immagine,
voi potete trovare un’idonea soluzione di quanto visto nella sfera del sesto
spirito. Se voi ripassate la storia del drago, come la si legge nell'Apocalisse
di Giovanni, potrete senz'altro afferrare con la mano quanto spesso esso si è
già preso la briga di venire di nuovo a galla, dal suo abisso, oppure, secondo
l'immagine odierna, di arrampicarsi su l'un o l'altro monte. Qual è stato,
però, ogni volta, il risultato di tale fatica?
11. Quanto più in alto egli si spingeva,
tanto minore diveniva la base su cui poggiava, e quando aveva raggiunto
l'apice, quale ne era la conseguenza, se non quella di ricadere celermente nel
profondo, dal quale era salito? Questo perché, sulla cima, niente può
mantenersi e se qualcosa vi si vuole fissare o saldare, allora cessa anche ogni
attività, poiché questo non potrebbe essere più ampio di un acuminato punto
d'appoggio, sul quale si trova chi vorrebbe agire. Ciò risulta chiaro a
chiunque volesse agire, trovandosi su una cima, poiché si troverebbe
nell'impossibilità di muoversi, ed ognuno verrebbe sicuramente preso dalle
vertigini e la logica conseguenza sarebbe che esso abbandonerebbe la cima e si
lascierebbe, in compenso, scivolare rapidamente di nuovo nel profondo. Questa,
però, è una scuola molto saggia dell'eterno Ordine! Il suo nome è Abodung, che
significa la mortificazione di tutte le brame egoistiche.
12. Non servirebbe a nulla, anche se
qualcuno, prima dell'ascesa del monte, dicesse: “Ascoltate fratelli, salite con
me, io conosco la via giusta. Venite soltanto con me e unicamente su questa via,
e noi troveremo un vero e valido punto base, sull'altura”. Noi abbiamo già
udito, fin da principio, questi spiriti esclamare, quand'erano giunti in fondo
valle: “Un pazzo ne fa dieci” e, vedete, non dieci, bensì una massa si
arrampica dietro a tale conoscitore della via. Dato, però, che il monte, come
un cono, ha fortunatamente soltanto un apice, esso viene raggiunto regolarmente
da tutte le vie, ma là vale comunque sempre il detto: «Fino a qui e non oltre!». La sorte, però, rimane sempre
quella di scivolare celermente dall'altra parte, per raggiungere quello stato
dal quale si era partiti. Come vedete, in questa immagine c'è già la soluzione
principale di quanto visto precedentemente nella sfera del sesto spirito. Le
prossime raffigurazioni ci chiariranno ancora maggiormente questa soluzione,
perciò rimanete ancora nella sfera di questo settimo spirito, fino a quando
avremo spiegato tutte le immagini. La prossima volta toccherà all'altalena, poi
al bastione con le sue vie a chiocciola e infine al bacino. E con ciò, per oggi
basta.
[indice]
* * * * *
L'altalena nella corrispondenza
Culto religioso cerimoniale e vita
del mondo
1. Voi avete certamente visto, non una,
ma parecchie volte, quel monotono passatempo per bambini, che viene usato nei
giardini pubblici e che è conosciuto col nome di “altalena”; anzi, avrete pure
voi fatto di questi viaggetti, avanti e indietro nell'aria. Che impressione vi
faceva questo, mentre, seduti, venivate spinti di qua e di là, molto energicamente,
da qualche pratico lanciatore? Voi dite: “La nostra impressione era senz'altro
tutt'altro che gradevole. E, quando scendevamo da quel veicolo, eravamo sul
punto di rimettere, a causa di quel continuo e rapido andare su e giù e,
perciò, abbiamo anche perduto del tutto la voglia di ripetere simili viaggi
aerei”.
2. Io dico: “Questa relazione è molto
buona e la potremo usare molto a proposito, per i nostri scopi. Però, non avete
ancora osservato quello che avviene, quando ad una tale altalena viene impresso
un lancio troppo energico”. Voi dite: “Certamente, tanto è vero che essa gira
su se stessa e se il lancio è molto forte essa si capovolge e questo è
tutt'altro che piacevole per il viaggiatore volante”. “Bene”, dico Io. Anche
questo lo possiamo adoperare benissimo. Ci resta ancora da fare una domanda:
“Quanto lontano arrivano i viaggiatori sull'altalena?”. Risposta: “Dopo un'ora
di questo «avanti e indietro», se non si sono stufati prima, scendono
dall'altalena, esattamente allo stesso posto in cui sono entrati, cioè saliti;
così che, in conclusione, essi devono, in aggiunta, adattarsi ad essere presi
in giro perfino da una lumaca, che, con un movimento incomparabilmente più lento,
in un'ora avrà certamente superato, strisciando, la portata di lancio
dell'altalena. Dunque, noi vediamo dalla sfera del nostro ospite spirituale,
come, sulle altalene discretamente grandi, si fanno dondolare stoltamente una
grande massa d'uomini. Guardate un po' in là, fino a tanto che l'altalena ha un
lancio moderato, i dondolanti gridano, rivolti a colui che dà la spinta,
affinché lo slancio sia più forte. Quando, però, l'altalena incomincia a
compiere un trequarti di cerchio, allora gridano: «Basta, ferma, altrimenti
l'altalena si capovolge e siamo perduti!».
3. Non compenetrate ancora il
significato di questa immagine? E sì che esso sta chiaro come la luce del Sole,
dinanzi agli occhi vostri! Se voi gettate anche soltanto uno sguardo al culto
religioso cerimoniale, afferrerete e comprenderete immediatamente questa
immagine.
4. Un bambino, nato e battezzato in una
tale chiesa ricca di cerimonie, viene collocato immediatamente, in senso
spirituale, nel veicolo dell'altalena e quando vi è dentro, esso viene un po'
alla volta messo in moto, con un movimento sempre crescente. In seguito a
questo movimento, l'essere umano è dell'opinione di fare, il Cielo soltanto sa,
chissà quali grandi progressi e di andare molto avanti! Soltanto che ognuno
dovrebbe vedere al primo sguardo e senza difficoltà quanto lontano porta tale
viaggio! Fra due sostegni è appesa la nostra navicella aerea. Un sostegno
indica la cosiddetta roccia della religione; l'altro pilastro è la necessità
statale-politica. Questi due pilastri sono piantati il più solidamente
possibile e collegati fra loro con traverse, così che il viaggio procede fra
questi due pilastri e non si può andare più lontano di quanto la cordicella,
dalla quale dipende la tanto importante altalena, permette. Qualcuno dei dondolanti
si sente venire il vomito e non appena c'è un rallentamento nelle oscillazioni,
ne approfitta per saltare giù e svignarsela. Alcuni voltano definitivamente le
spalle e non ne vogliono più sapere, neppure di nominarla. Soltanto coloro che
sono insensibili al vomito e che sono privi di luce negli occhi rimangono, e
con questi rimangono pure coloro che hanno degli interessi in tali altalene e
vi restano seduti pro forma e, per l'apparenza, si fanno dolcemente dondolare.
E non mancano, all'occasione buona, di lodare e di inculcare la loro opinione a
chi gli si presenta vicino, dicendo che è quanto mai giovevole alla salute un
tale genere di movimenti; ed attirano con ciò i forestieri ed invitano pure
coloro che se ne erano andati a risalire sull'altalena, se sono tanto stolti da
ascoltarli. Infatti, essi così dicono: “Se volete veramente godere
dell'ascensione più sublime, allora voi dovete lasciarvi bendare gli occhi”.
Visto che questo discorso attira parecchi stolti, questi si siedono
sull'altalena e si lasciano bendare e poi, lentamente, dondolare. E così, poi,
nel loro entusiasmo, esclamano: “Ecco, soltanto adesso comprendiamo quali
grandi misteri si celano dietro a questa uniformità, poiché, ora, l'andare
avanti e indietro per noi è cessato, mentre, con la velocità del lampo,
attraversiamo spazi sconfinati!”. Al che questo può dirsi un miracolo. Chi
avrebbe potuto sognare che dietro alla monotonia fossero nascoste delle cose
tanto grandi!?
5. Quando tali viaggiatori credono di
avere compiuto un lungo viaggio, allora chiedono alla parte interessata a tale
altalena, di liberare loro gli occhi. Ma questi, ben sapendo quale sarebbe la
conseguenza, li sconsigliano insistentemente, dicendo loro: “Guai a voi se
osate farlo, poiché nella sfera in cui voi vi trovate, per poco non verreste
accecati, se vi faceste togliere la benda dagli occhi. Soltanto quando saremo
giunti alla meta della vita, potrete allora allontanare la benda, per poter
vedere quanto sicuramente siete stati protetti dai due pilastri ed anche per ricevere
la ricompensa finale, per essere stati fedeli a tale altalena, che, attraverso
questo lungo viaggio, vi ha sbarcati alla meta sicura.
6. Ora, vedete, alcuni si lasciano
ingannare dalle loro chiacchiere e si tengono diligentemente la benda, altri
invece, infastiditi da questo curioso viaggio fatto alla cieca, strappano la
benda e constatano, con grande sdegno, di essere stati gabbati, poiché si
trovano allo stesso punto di partenza, fra i due pilastri e le cordicelle tese.
Essi, allora, sono presi dall'impeto di scendere giù dalla altalena, ma ciò è
pericoloso, perché questa è sempre in movimento, così che essi sono obbligati,
malgrado la loro ribellione, a continuare tale viaggio monotono e quando
incominciano a protestare agli interessati alle altalene, allora, con ogni
sorta di pretesti e raggiri, viene loro raccomandato il silenzio, perché
altrimenti avrebbero la peggio, con l'essere gettati con violenza fuori
dell'altalena. E non solo, vedete, affinché i protestatori si adattino, volenti
o nolenti, alle pretese degli interessati alle altalene, dalla parte della
pista di lancio viene acceso del fuoco e, dalla parte opposta, vengono piantate
delle aste appuntite, in gran numero. Che rimane ai protestatori? Nient'altro,
se non lasciarsi ancora dondolare e, contro la loro volontà, sborsare anche la
tassa per il viaggio a spintoni. Ora i veggenti, con quanta ansia, attendono il
momento che l'altalena si fermi! Ma quando ciò avrà luogo?
7. Noi possiamo fare il calcolo con
grande facilità. Vedete, l'altalena a noi più vicina oscilla ora così
fortemente da raggiungere il trequarti del cerchio. Però, in seguito a questo
forte oscillare, i pilastri di sostegno si sono mossi e vacillano alla sua base,
e il forte attrito ha già consumato molti fili della cordicella dell'altalena.
Vedete, questo logorio dell'apparato oscillatorio è stato osservato perfino
dagli stessi interessati, cosicché essi non si azzardano più a darle troppo
slancio, poiché dicono: “Se noi esageriamo, le corde si rompono e terminiamo
insieme ai passeggeri dondolanti o nel fuoco o sugli spiedi, perciò portiamo le
cose, impercettibilmente, al punto di stasi ed adattiamoci pure, senza che si
accorgano, al volere dei protestatori, facendo cose più comuni e lasciamo che
tutto vada per il meglio, senza impori con la violenza, perché, ai tempi
d'oggi, con questa non si ottiene niente!”.
8. E ora guardate nuovamente: l'altalena
si muove in un ambito molto più ristretto, coloro a cui è caduta la benda,
saltano giù, uno dopo l'altro, e alle altalene sono rimasti soltanto gli
interessati e pochi altri viaggiatori, ai quali la benda non va giù, neppure se
ci mettono loro stessi le mani, per levarsela. Voi vedete pure quanto
indaffarati sono i proprietari delle altalene, per rendere più saldi possibile,
con ogni sorta di puntelli, i due pilastri traballanti. Dei servitori pagati,
con delle scale, salgono in alto sull'altalena, per saldare le cordicelle con
del filo rinforzante. Dato, però, che le corde non stanno mai ferme, essi non
possono in nessun punto fare dei nodi ben stretti. Questo è, tuttavia, un segno
molto importante, in cui si può riconoscere a quale punto stanno le cose con le
altalene, attualmente.
9. Chi volesse considerare quanto
precede soltanto quale una vuota fantasia, non ha che da gettare uno sguardo fuggevole
sul modo di procedere del mondo attuale ed egli scorgerà questi reciproci
allacciamenti ed intrecciature di nodi fra paesi, popoli e confessioni
religiose, fatti alla vista di tutti. Io voglio richiamare la vostra attenzione
soltanto su delle conversazioni fra stati, che finiscono in trattati d'ogni
sorta; per chi osserva tutto ciò, anche superficialmente, vi scorgerà
chiaramente il suddetto rafforzamento delle corde, con degli spaghi e legami
d'ogni tipo. Però, qualcuno Mi potrebbe obiettare, dicendo: “Se le cose stanno
così, perché i protestatori, che sono più veggenti, sono d'accordo su queste
trattative, rafforzamenti e vincoli?”. La risposta è questa: “Fino a tanto che
l'altalena, a forza di riparazioni, resiste, è peccato cambiarla, perché in un
certo modo ci si è affezionati, ed i padroni dell'altalena, poiché questa
rende, si adattano; dunque, si ricorra a nuovi nodi e aggiunte, per non essere
travolti nella caduta nel caso di una repentina e non prevista rottura della
corda”. È facilmente deducibile che questi legamenti e annodamenti sono un
sicuro segno della poca durata e della poca resistenza della corda principale,
dato che, se un paese od un popolo si sentisse sufficientemente forte di fronte
ad un altro, sarebbe esso a dettare delle condizioni, secondo la coscienza
della sua potenza e non si perderebbe dietro a legami e nodi. Dato, però, che
esso è conscio della sua debolezza, fa ricorso a tali rafforzamenti di comodo,
i quali, a parte tutto, non possono dare alla corda nemmeno un secondo di
durata di più di quello che per sua propria natura cela in sé, in seguito al
forte logoramento.
10. Quando la corda non reggerà più al
peso, si romperà e pure i legami e i nodi. Vedete, questo ci insegna la seconda
immagine.
11. Raggruppate tutte le vostre questioni
ecclesiastiche e politiche, oppure comparate ogni singola evenienza delle
stesse con la nostra immagine, e troverete che essa corrisponde altrettanto
esattamente, tanto dal punto di vista generale quanto in quello particolare.
Affinché ciò risulti ancora in una luce più chiara, voglio citarvi, a titolo di
esempio, qualche fatto, tolto sia dalla sfera ecclesiastica che da quella
politico-statale. Da quella ecclesiastica prendiamo la confessione auricolare:
la posizione dell'altalena che ad ogni oscillazione è più vicina al suolo, è
quella dello stato di peccato. E così ci si confessa e con ciò si sale da un
lato verso il cielo, ci si ferma un attimo e poi si ritorna, altrettanto
rapidamente, di nuovo giù. Giunti al punto più basso, ci si confessa e così
segue l'impulso di salire nuovamente, dall'altra parte. In tal modo l'uomo, nel
suo altalenarsi, ripete quest'atto a lungo quanto egli vive e chiude la sua
esistenza terrena, generalmente, di nuovo con la confessione, per quanto
l'altalena si trovi in posizione di riposo. Però, nel trapasso, l'altalena non
oscilla più verso l'alto e l'uomo si trova nello stesso punto di quando è
arrivato su questa Terra. Quali progressi, però, abbia fatto l'uomo spirituale,
voi lo potete vedere dalla nostra raffigurazione nella sfera degli spiriti; sul
Sole spirituale, cioè nell'aldilà, egli continuerà a farsi dondolare
sull'altalena o finché la corda si romperà o finché l'uomo stesso non si sarà
liberato dalla benda, che gli è letteralmente cresciuta con gli occhi. Su tale
misura, ora datavi, potete giudicare tutto il cerimoniale ecclesiastico e non
vi scoprirete altro se non il dondolarsi sull'altalena. Il completo significato
interiore di tutto quanto riguarda il presente stato della chiesa viene messo
in misura, in modo preciso, da ogni campana che, dall'alto della torre
campanaria, ad ogni sua oscillazione, emette molto rumorosamente sempre la
stessa nota, così che l'orecchio armonico ha un bel tendersi e mettersi in
qualunque posto, che non riuscirà ad afferrare soltanto che una monotona nota,
che si è già rivelata più che a sufficienza al primo rintocco. Tutto ciò che un
tale ascoltatore avrà alla fine ritratto sarà: in lontananza, un simile suono
si può ancora ascoltare, in vicinanza però è insopportabile. Perciò è bene
mettersi fuori tiro! Con ciò noi abbiamo preso in considerazione un esempio
ecclesiastico; passiamo ora a quello politico-statale.
12. Guardate un po' la vostra industria e
tutti gli affari di denaro, che sono propriamente il punto centrale di tutta la
vita statale. Chi non vi scorge il maneggio di un'ininterrotta altalena, deve
essere affetto da una settupla cecità. Voi osservate dappertutto, tanto nella
generalità che nei singoli fatti, un'innalzarsi ed un successivo abbassarsi. Se
un regno s'innalza, un altro ricade sul punto più basso della sua altalena. Ma
ben presto precipita quello che si era prima innalzato ed un altro oscilla
verso l'alto. Ogni qualvolta voi avete osservato che uno Stato si è elevato
fino al culmine, questo è il sicuro segnale della sua caduta ancora più rapida
di quanto era stata la sua ascesa!
13. Se voi osservate dei singoli privati
che si sono arricchiti, facendo uso della loro altalena personale, allora
noterete che ad un certo momento, cioè quando hanno raggiunto la massima vetta
immaginabile della loro agiatezza, la loro altalena comincia a fare delle
sempre più brevi oscillazioni. Tutto dipende, allora, dalla lunghezza della
corda; se essa è molto lunga, le oscillazioni sono molto lente e più ampie,
però, se una corda fosse lunga anche dalla Terra al Sole, tuttavia, l'altalena
fissata ad essa, quando avesse raggiunto il punto più elevato, dovrebbe
necessariamente ritornare al suo vano punto più basso, e così la vita del mondo
non è che una mera altalena. Voi potete osservare ciò quanto volete, però, a
chi di voi può dimostrare che da tale vita mondana risulti un progresso
qualsiasi, Io do in regalo una Vita eterna decuplicata! Voi anche qui troverete
che si trova in applicazione il detto dei vecchi savi, e cioè: «Nulla di nuovo sotto il Sole!». Anch'Io sono di questa opinione,
poiché, con questi generali movimenti e progressi apparenti, vi è molto poco di
nuovo che si possa trovare sotto il Sole.
14. Fortunato colui che riesce a
svincolarsi dall'altalena, poiché, su un terreno libero e senza corde e
impedimenti, egli farà di più con pochi passi ed in breve tempo, che non
andando su e giù sull'altalena, in parecchie migliaia d'anni. Chi però vuole
diventare perfetto, com'è perfetto il Padre in Cielo, fugga più di tutto il
trafficare altalenante del mondo, lo strascinare una croce pesante rende molto
di più per lo spirito e per la sua vita eterna che non farsi dondolare,
dolcemente, nell'eterna morte.
15. Dunque, è sperabile che voi abbiate
capito questa immagine e perciò, la prossima volta, vedremo con occhio più
illuminato la terza raffigurazione; così che, per oggi, consideriamo chiusa la
questione.
* * * * *
Il bastione nella corrispondenza
Figure delle diverse chiese cristiane
1. Se voi guardate con attenzione questo
bastione, vedrete che, nel suo interno, ci sono parecchie strade che partono
dalla parte interna dell'orlo e che, a forma di spirale, vanno verso il centro,
dove si trova il padiglione chiuso. Se voi acuite la vostra attenzione,
scorgerete che tutte queste strade sono regolate in modo che, tutto ben
calcolato, non raggiungano mai la porta d'entrata del padiglione, anche se al
margine dell'ampia superficie sta scritto: «Chi può scoprire la via più stretta e
poi, senza deviazioni, vi procede, giunge certamente e infallibilmente nel
padiglione, dove una grande ricompensa l'attende».
2. Che cosa sta a significare questa
strana corsa, lungo queste vie a spirale? Io non vi voglio dare una risposta
assoluta; voi, però, la troverete comunque, per poco che avrete osservato la
cosa più da vicino. Attenzione, dunque, a quanto succede in questo posto,
pazzamente tumultuoso, ma che dice molto, proprio per questa sua pazzia!
3. Come vedete, sempre dove una di tali
strade ha il suo inizio, vi si trovano, di servizio, un capo, un direttore di
corsa ed un considerevole numero di aiutanti, per indirizzare e regolare il
traffico. Osservate come dappertutto questi “funzionari” abbiano delle facce
serie ed importanti. Sul largo bastione, che circonda l'ampia superficie
interna, c'è una grande quantità di persone d'ambo i sessi. Guardate un po' là,
all'inizio di una di tali strade, ci sono i funzionari e il capo, che vantano
la loro strada come l'unica giusta ed infallibile, dicendo: “Venite qui tutti!
Questa è la vera e sola strada, sulla quale voi potete raggiungere il
padiglione e, con ciò, anche entrarvi, dove c'è un immenso premio che vi
attende!”. Però, guardando immediatamente accanto, c'è il capo servizio che si
trova all'imbocco della strada vicina e grida, rivolto agli ospiti: “Non
lasciatevi sviare! Pagate a noi la tassa molto più ridotta, poiché la nostra
strada è la più antica e perciò anche la più sperimentata, sulla quale
un’infinità di viandanti ha raggiunto il padiglione tanto desiderato e il suo
elevato premio”. Ma ecco che il capo servizio di un'altra strada si intromette
subito, protestando vivacemente e rende attenti gli ospiti, facendo molte
pressioni, a non seguire gli ingannevoli allettamenti del primo e del secondo
capo servizio. Ma quest'ultimo insorge a queste invettive e grida con voce
potente: “Io non dico che dovreste venire da noi, io non mi rimetto alla vostra
volontà di usare o meno la nostra via, ma, visto con sicurezza che la mia via è
la più antica e la più giusta, io vi voglio trascinare per i capelli. Infatti è
molto triste che a degli stolti come siete voi, si debba tirar dietro una
indicibile fortuna!”. Di nuovo interviene il capo dell'altra via, gridando più
forte del precedente: “Seguite pure questo mio vicino, però voi non sapete cosa
vi attende nella sua via, in vicinanza al padiglione, poiché vi attende una
fossa profonda, nascosta alla superficie, per essere irrimediabilmente persi,
per tutta l'eternità”. A questa uscita, il capo servizio concorrente si esalta
ancora di più e, senza dire una parola, manda i suoi aiutanti sul bastione e fa
mettere assieme con la forza una massa di presenti, spingendoli verso la sua
strada e quando essi vogliono pagare il tributo, il capo fa ostentatamente il
generoso, e dice: “Io non voglio nulla da voi, bensì io voglio soltanto la
vostra felicità, perciò percorrete pure questa mia via e voi non troverete
nessuna voragine rovinosa, bensì giungerete sani e salvi al padiglione tanto
desiderato”. Una sola condizione vi pongo, che voi non usciate dalla mia
strada. Se voi ne doveste uscire o imprudentemente o volontariamente, allora
non garantisco più nulla, ed al posto del padiglione troverete qualche fossa
accuratamente coperta, quale trabocchetto per inghiottirvi!
4. Però, osservate proprio ora, c'è là
vicino un altro capo servizio. Soltanto questo non fa chiasso ed ha la faccia
atteggiata a cordialità e mansuetudine e gli ospiti gli chiedono perché si
comporta così, e che cosa gli sta tanto a cuore. Ma egli risponde loro, con
grande modestia e molta calma, come segue: “E chi non potrebbe essere triste?”.
Vedete, tutti questi poveretti si incamminano su una falsa strada, mentre
questa soltanto è la più giusta e, quasi in linea retta, porta all'entrata del
padiglione. Io non vi dico, venite qui, ma quando avrete esperimentato
dappertutto, di non aver raggiunto nulla, se non una inutile e vuota seccatura,
sarete voi stessi a venire qui, sulla mia via. Soltanto sarei molto più
contento, se non si facesse dello scalpore, per non suscitare invidia ai capi
servizio vicini, poiché sono molto litigiosi per natura ed io non vorrei
seccature, se non altro per il rispetto e la dignità della mia via.
5. Ma, vedete, anche un poco più in là
c'è un altro capo servizio che guarda di sottocchio astutamente il suo vicino,
scuotendo il capo, mentre alla fine dice: “Bene, bene, però, ride bene chi ride
l'ultimo. Io vi dico, o miei aiutanti, lasciate in pace tutti gli ospiti che si
trovano sul bastione, che quei pazzi facciano quello che vogliono, noi non
invitiamo nessuno, ma superate il bastione e andate sul suolo libero, là
pescateli e portateli qui e vedrete che questi stolti, allora, non cercheranno
un'altra via, all'infuori della nostra. Noi pianteremo soltanto una bandiera
con la scritta: «Unica via giusta per raggiungere la meta», facendo, nel contempo, il minor
chiasso possibile e così i pesci grossi saranno per noi!”.
6. E guardate ancora. Là vicino c'è
ancora un'altra via, ma questa è molto stretta e poveramente allestita. Il capo
servizio sembra che dorma, lì seduto e sembra un poveretto che non si accorge
di nessuno e, per di più, i suoi pochi aiutanti seguono il suo esempio. Con
tutto ciò, parecchi ospiti si avvicinano a lui e gli chiedono come vedano le
cose, con la sua Via. Egli, con poche parole, dice: “La mia via parla da se
stessa e non ha bisogno di essere esaltata e chi ha voglia di percorrerla si
persuaderà se essa conduce alla meta, oppure no”. Queste strane ma semplici
parole fanno stupire parecchi e questi, senza indugio, predisposti
interiormente, s'incamminano per tale via.
7. Allora, gli ospiti chiedono quale sia
il prezzo d'entrata, però egli dice: “Non esiste denaro per varcare questa
soglia, soltanto prima d'incamminarsi è necessario, anzi, indispensabile, che
tutti i vostri averi li distribuiate ai poveri, poiché, giunti alla meta, li
potrete ritirare con gli interessi”. Questa condizione fa stupire nuovamente i
richiedenti e, uno alla volta, essi si ritirano e ritornano nuovamente sul
bastione.
8. Però, guardate ancora, li accanto si
trova un'altra via; il suo capo servizio è un vecchio burbero, egli ha eretto,
all'ingresso della strada, una vera e propria cassa introiti. Egli, a dire il
vero, non invita nessuno, ma se qualcuno viene e chiede: “Che specie di strada
è questa; conduce realmente essa al padiglione?”. Allora il capo servizio in
tono di mistero gli risponde: “Amico, non c'è mai stata una via come questa,
una strada molto vecchia, ma in cambio, molto sicura e porta direttamente al
padiglione. Se tu vuoi percorrerla, non tornerà a tuo danno; però, tu devi
pagare il prezzo d'entrata, in moneta sonante e, stabilito il prezzo, in cambio
tu ricevi una cambiale per pari valore. Se tu segui esattamente la via e non ti
lasci allettare da nessun'altra, tu giungerai senz'altro nel padiglione e, con
ciò, ti assicurerai la vincita principale. Se tu, invece, dovessi smarrirti, ti
rimarrebbe però sempre la consolazione di ricevere un tanto d'interessi per le
tue monete sonanti qui depositate, per il cui ammontare tu hai sempre la cambiale
in mano!”. Questo capo servizio, come voi potete osservare, ha un grande
concorso per grandi e piccoli, ma non certo per amore alla via, perciò egli è
sovraccarico d'oro, d'argento e d'ogni sorta di pietre preziose. Per quello che
concerne il padiglione, egli non se ne cura minimamente, perché quello che per
lui conta, è il traffico del denaro. E, per lo stesso motivo, anche i suoi
pellegrini non danno grande importanza se essi giungono o meno felicemente al
padiglione, dato che il vero interesse sta nella cambiale.
9. Però, guardate ancora. Vi sono
parecchie vie poco frequentate. I loro capi servizio vengono, in certo qual
modo, soltanto tollerati dagli altri capi servizio delle altre vie. Se qualche
pellegrino si avvicina ad uno di loro, va bene; ma se non viene nessuno, non si
fanno venire i capelli bianchi per questo, dato che essi non dipendono dagli
introiti della via, bensì possono vivere agiatamente con i profitti che
traggono dai loro botteghini di cianfrusaglie, che hanno installato accanto alla
loro via. E se qualcuno chiede loro in segreto, se questa è la via giusta, essi
rispondono con la più grande indifferenza: “Se questa non è la giusta, quale
dev'essere, allora?”. Dunque, tutta questa pianura è circondata da capi
servizio d'ogni sorta, grandi nella figura, urlanti, lamentosi, taciturni,
misteriosi e, eccezion fatta per quella via stretta, senza sfoggio o réclame;
voi trovate dappertutto viandanti e cercatori della meta. Dato, però, che tutte
queste vie sono fiancheggiate da alte siepi, avviene che, alla fine, tutti
coloro che le percorrono non si accorgono di andare dentro alle pareti del
padiglione; alla sua porta d'entrata, però, non giunge nessuno. E per quanti
voi vedete imboccare l'una o l'altra via, altrettanti battono il naso soltanto
nella ruvida parete esteriore e, dato che la loro fatica non è servita a nulla,
cercano, con un immediato ritorno, nuovamente la libertà. Giunti al bastione,
allora si recano da quel capo servizio che rilascia delle cambiali in cambio di
monete sonanti. E, guardate la meraviglia, perfino i capi servizio delle altre
vie mandano di nascosto, attraverso i loro aiutanti, borse piene d'oro e
d'argento e li scambiano con delle cambiali.
10. Soltanto dal nostro capo servizio,
che riposa all'ingresso della via stretta ed angusta, non si reca nessuno. Egli
ha, perciò, anche poco da fare e se c'è qualcuno che vuole recarsi da lui,
viene deriso, oppure viene impedito con la forza del convincimento da qualche
capo servizio di altra via.
11. Ora, però, guardate nuovamente là come
sul bastione si è installato un grande numero di gagliardi esploratori e come
osservano la stretta via, completamente deserta. Alcuni fra loro dicono:
“Guardate un po' giù, come è deserta questa via, certamente non presenta la
comodità delle altre vie e non tiene alla porta gli strilloni che annunciano la
bontà e la sicurezza di tale via, ma, siccome tutte quelle altre vie sono state
battute, senza arrivare alla porta, proviamo a percorrere questa e chissà mai
che non sia veramente quella giusta”.
12. Ecco, un gran numero di tali
esploratori girano già intorno al bastione e seguono con l'occhio la via e gli
altri capi servizio non comprendono cosa significhi questo camminare tutto
intorno. Però, guai a tutti i capi servizio delle altre strade, se questi fortunati
indagatori hanno rintracciato il giusto percorso della strada stretta, poiché
le cose si metteranno male per loro, dato che ne dovranno rendere conto. Tutte
le loro vie verranno distrutte, e il saggio capo servizio della via stretta
attirerà a sé tutta l'ammirazione.
13. Perciò, non meravigliatevi se sul
bastione si odono, già abbastanza di frequente, delle sonore risate,
specialmente a danno di quei proprietari di strade che gridano più forte degli
altri. Vedete, tutte queste attuali vie principali devono essere coperte di
scherno. Tutte le loro dottrine e grandi promesse devono diventare un
obbrobrio, specialmente quando la Linea Principale verrà trovata! Però, potete
credere che, come questa apparenza spirituale insegna, così stanno
effettivamente le cose.
14. Ci sono già molti scrutatori di vie,
dalla vista molto acuta, sul bastione e non rimane loro da scrutare che
l'ultima meta della via a spirale. Ancora pochi passi e voi vedrete la stretta
Via molto affollata! I suoi viandanti arriveranno infallibilmente alla porta ed
entro il padiglione vi prenderanno i grandi tesori e li faranno vedere a tutti
gli ospiti, senza alcun mistero.
15. Quando ciò avverrà, allora sarà la
fine di tutte le altre vie; gli ospiti irromperanno in tutte le parti e le
siepi verranno abbattute e così potranno avvicinarsi da tutte le parti alla
porta.
16. Non occorre che venga indicato nei
suoi minimi particolari, specialmente la prima via menzionata, poiché è la
gerarchia ufficiale. La seconda è la chiesa greca. La terza quella protestante.
La quarta l'anglicana. Le altre vie rappresentano le altre sette. Quando sapete
questo, sapete tutto quello che questa immagine descrive e se voi la osservate
bene, ciò costituirà per voi una soluzione ancora maggiore di ciò che avete
visto nella sfera del sesto spirito. Prossimamente passeremo alla quarta
raffigurazione, così, per oggi, basta.
[indice]
* * * * *
Il bacino con la ruota a pale. La
sfera profetica di Daniele
1. Se voi avete osservato bene, fin dal primo
sguardo, questa quarta immagine, deve essere sorta in voi, spontaneamente, la
domanda: “Perché in questo bacino rotondo, l'acqua deve essere continuamente
posta in un moto circolare, mediante una ruota a paletta che si trova nel
centro?”. In questa domanda si trova già una risposta molto importante: in
primo luogo perché nessun navigante può avvicinarsi al centro; in secondo
luogo, perché con questo moto obbligato della superficie dell'acqua, tutto ciò
che, comunque, voglia appressarsi al centro del bacino, viene spinto verso
fuori dal movimento vorticoso dell'acqua, che si diparte dal centro stesso,
malgrado ogni fatica per arrivarci.
2. Infatti, questi naviganti possono
affaticarsi al massimo, tuttavia essi non possono raggiungere la ruota, per
arrestare, poi, il movimento e far sì che l'acqua divenga tranquilla, così che
a questi naviganti sia reso possibile avvicinarsi al centro e, con delle forze
riunite, afferrare tutto il macchinario e portarlo fuori dal bacino, rendendo
libera tutta la superficie dell'acqua, per la generale navigazione di diporto.
3. Ora si presenta un'altra domanda:
“Che cosa c'è di tanto straordinario al centro di questo bacino? La ruota può
sempre esistere, poiché, a parte ciò, non manca spazio sulla superficie
dell'acqua, lasciando fuori il centro”.
4. Tutto ciò potrebbe ancora andare,
fino a tanto che non si sa quello che si nasconde nel punto centrale, proprio
entro il quale è posta la ruota, ma, appunto, quando si sa ciò, può sorgere, in
noi stessi, l'urgente desiderio che fa dire: “Via la ruota con le molte pale!”.
A noi non è di nessuna utilità, poiché il pretesto che il continuo movimento
impedisce all'acqua d'imputridire non è sufficiente, se si considera il danno
forte che ne risulta, non potendo attraversare il lago liberamente. Che cosa
veramente si potrebbe pensare che ci sia di nascosto in quel posto? Questo
potrà essere afferrato pienamente, solamente quando sarà svelato il suo
recondito mistero. Però, affinché non abbiate a scervellarvi troppo a lungo, Io
ve lo dico chiaro e tondo:
5. “Nel punto centrale del bacino c'è
una Sorgente piena dell'Acqua Viva; essa, però, è molto bene otturata e perfino
vi è sparso sopra del piombo fuso, così che non ve ne può scaturire neppure una
goccia”. Malgrado ciò, tutti gli interessati al funzionamento della ruota
dicono, millantandosi, che nel suo sistema tutta l'acqua del bacino è acqua
viva e che la vita di quest'acqua dipende tutta da loro e dal movimento della
ruota. Questa ruota, dicono loro, è stata concessa loro da Dio ed ha il potere di
vivificare l'acqua, fino a quando la ruota viene azionata da loro; ma, caso mai
venisse a cessare tale movimento, allora l'acqua verrebbe a perdere la sua vita
e non gioverebbe più a nessuno. Essi dicono ancora: “Soltanto questo è il
bacino, per quanto ne esistano degli altri, che contiene dell'acqua vera e
viva, in conseguenza, del suo moto centrale, mentre negli altri bacini si va
palesemente alla rovina, a causa dell'assenza dell'apparato centrale.
6. Che questo sia l'unico bacino al
mondo con dell'acqua viva, è comprovato in primo luogo dalla sua antichità; in
secondo luogo, dalla sua straordinaria sontuosità ed elevatezza che sovrasta
tutta l'impalcatura e che fa azionare la potente ruota vivificante; in terzo
luogo, la sua unica autenticità è comprovata dalla sua predominante grandezza;
quarto, per la sua “universalità”, dalla quale è rilevabile il fatto che sulla
superficie dell'acqua vivente c'è sempre il numero maggiore di naviganti; e, in
quinto luogo, dal fatto che tutti gli altri bacini sono derivati da questo, ciò
che è dimostrato dalla quasi completa somiglianza con questo, unicamente vero,
bacino d'acqua vivificante.
7. Ora, rivolgete nuovamente lo sguardo
là. I naviganti, continuamente rimandati a riva, sono almeno per due terzi
infastiditi dal loro viaggio monotono e senza alcun risultato; scendono perciò
dalle loro navicelle e salgono sconcertati sulla riva e voltano le spalle al
bacino, dicendo: “Noi avremmo certamente potuto fare qualcosa di meglio che non
esporci così a lungo a questa canzonatura dell'acqua viva!”. Ci è stato detto: «Basta che persistiate e facciate
ripetute volte il giro intorno, badando però di non diminuire la forza e di non
avvicinarsi troppo alla ruota e, in secondo luogo, di non stare troppo
accostati alle sponde, bensì, utilizzare sempre lo spazio intermedio
dell'acqua, cioè quello fra la ruota e la riva. Infatti, l'avvicinarsi troppo
alla ruota toglierebbe al navigante le forze e questo suo stato di
indebolimento, lo porterebbe inevitabilmente dal regno della vita a quello
della morte».
8. Ora, prudentemente, siamo giunti
sulla riva miracolosamente salvi; però, se anche agli altri naviganti venisse
l'idea di guardare verso la riva, si renderebbero almeno conto che qui la vita
è straordinariamente più viva che non sulla insulsa superficie dell'acqua.
Allora, sicuramente, volgerebbero ben presto le loro barchette verso questa
sponda, tanto più felici e se ne infischierebbero del gran cianciare dei
padroni del bacino”.
9. E poi riprendono così a parlare: “Al
Signore ogni lode ed ogni onore, per averci ispirato ciò! Soltanto ora ci si
domanda: «Dove
prenderemo un'altra acqua migliore?»”.
10. Vedete, ora alcuni di loro dicono:
“Guardate là verso Oriente, a non grande distanza da qui ci sono dei monti; chi
di noi ignora che da questi sgorgano sempre delle buone sorgenti? Andiamoci,
senza por tempo nel mezzo, e troveremo certamente dell'acqua più pura e più
viva che non quella vecchia brodaglia sbattuta da tutte le parti”. Guardate
come una gran massa di naviganti si allontana segretamente dal grande bacino,
per incamminarsi verso i monti. Questo è già un buon segno. Però, a parte ciò,
è forse meglio se rimaniamo ancora qui, vicino al bacino, per vedere ancora un
poco quello che sta succedendo.
11. Non osservate che fra coloro che sono
sulla riva ci sono molti che si sono provvisti di buoni cannocchiali e
finalmente stanno scrutando la ruota da tutte le parti e si sono accorti che le
sue pale sono molto consumate e fradice. Quale ne sarà la logica conseguenza?
Vogliamo ascoltare ciò che dicono, fra loro, i nostri osservatori?
12. Ecco, proprio là ce ne sono un paio
di veramente perspicaci, essi discorrono di buon umore. Ascoltate, dice il
primo: “Vedi, cosa ti avevo detto? Ecco, è venuto il momento in cui a questi
imbonitori comincia ad andare male, poiché la ruota non può essere fermata per
essere sostituita con nuove pale, poiché, se lo facessero, l'acqua rimarrebbe
ferma nel bacino e a qualsiasi stolto navigante risulterebbe ben presto
evidente la mancanza di vita dell'acqua. Non possono più azionare la ruota con
forza, bensì staccano dalla stessa le poche pale da cui cola acqua. Se però
tale cosa accade con certezza, allora dimmi, caro amico, che cosa sarà poi
della vitalità dell'acqua? Poiché la ruota priva di pale ce la farà, con una
rotazione ancora così veloce, ad obbligare l'acqua a compiere un movimento
circolare e a conferirle un'apparente vivacità, altrettanto poco quanto noi del
resto riusciamo a conferire vivacità ai pensieri che non abbiamo ancora pensato”.
13. E il secondo dice: “Fratello, io so
come finirà la cosa. Quando i barcaioli noteranno, come già accade ora molto
spesso da quanto ho osservato, che l'acqua diviene sempre più lenta nel suo
movimento, si convinceranno in parte che la via più saggia per la vivacità
dell'acqua è lontano dalla riva. In parte si avvicineranno, grazie alla
resistenza minima, al cosiddetto «luogo santo» del marchingegno della ruota, e
vedranno con i loro occhi cosa ricaviamo precisamente dalla riva, cioè che tipo
di rapporto essa ha con la potente ruota, così tanto decantata. Tu lo sai, i
pomposi che si interessano alla ruota dicono che è non danneggiabile per tutti
i tempi dei tempi e che ha perciò sempre la stessa potenza di rendere vivente
l'acqua. Cosa diranno quando conteranno le pale e scopriranno, con loro
sorpresa, una tale mancanza e scorgeranno il cattivo stato preoccupante della
pale ancora disponibili nella ruota cieca? Non sei d'accordo con me?
Dirigeranno velocemente le loro imbarcazioni lontano dalla struttura della ruota
e punteranno verso riva”.
14. E l'altro dice: “Ciò sarà chiaro come
il sole a mezzogiorno, soprattutto quando l'acqua troppo poco mossa nei pressi
della riva sbatterà loro in faccia qualcosa del genere: «Ascoltate, voi
naviganti! Affrettatevi ad allontanarvi dalla mia superficie, altrimenti
correte il pericolo di navigare su una pozzanghera puzzolente invece che su
acqua vivente!»”.
15. Vi piace questo dialogo? Io ritengo
non sia male. Ma c'è un'altra compagnia sulla riva, che esamina la profondità
del bacino con piccole aste,percorrono con barche vuote tutte le direzioni e si
comportano come se fossero dei naviganti d'acqua vivente. Ma guardate, ora
sbarcano alcuni di tali visitatori del fondo del bacino e cominciano a tenere
un discorso importante tra di loro. Andate e ascoltate cosa si dicono.
16. Ascoltate cosa dice il primo: “Io ho
sempre detto che tutto questo pantano circolare era poco profondo e che
l'acqua, agitata artificialmente, non permetteva di scoprire la sua lieve
profondità. Dunque, dato che quest'acqua non è che una misera miscela soggetta
facilmente ad andare in putrefazione, essa doveva, per necessità di cose,
essere, anche per questo motivo, tenuta costantemente in agitazione, affinché
il suo esteriore aspetto fosse di una coloritura vivente. Ora, noi sappiamo
come stanno le cose, perciò siamo in chiaro di tutto. In che modo, però,
ritenete voi che si potrebbe ovviare a questa pazzia, che dura già da tanto
tempo?”.
17. Ascoltate, ora prende un altro la
parola: “In un duplice modo, vedete, gli interessati alla ruota dell'acqua
sono, comunque, già in preda a molte ansie e pene e non sanno come fare per
correre ai ripari e quale sia il modo per migliorare la vecchia ruota marcia.
Che cosa è più facile ora se non scavare di nascosto una via sotterranea e
vuotare così tutta la loro insulsa acqua. Quando il bacino sarà vuoto, potranno
far girare la loro ruota quanto vogliono e potete essere certi che allora anche
i naviganti ciechi usciranno dal bacino e si renderanno finalmente conto che la
Vita esiste anche fuori di esso ed in abbondanza dappertutto”.
18. Ed ecco, ora prende la parola un
terzo: “Non avete mai sentito dire che proprio nel posto dove c'è la ruota,
esiste effettivamente una sorgente d'acqua viva? Se potessimo impadronircene,
sarebbe un grandissimo guadagno”. Ascoltate ancora; parla un quarto: “Proprio
adesso mi è venuta una bella idea. Che ne direste se rinunciassimo a vuotare
l'acqua e facessimo una galleria con poca fatica sotto la ruota? Se si trova là
la fonte vivente, noi la convoglieremo senza dubbio verso la luce del giorno,
dove, ben presto, grazie alla sua ricchezza vivente, si riverserà come un mare
su tutte queste valli ampiamente estese e piane. Se accadrà una tale cosa, gli
azionatori della ruota possono far girare quanto vogliono la loro ruota; noi
siamo sicuri di poter contare sulle dita i pazzi che si faranno cullare ancora
nelle loro marce imbarcazioni sulla nera acqua”.
19. E il primo riprende la parola e dice:
“Bravo fratello, questa sì che si chiama una buona idea! Però, bisogna mettersi
all'opera il più presto possibile. Infatti, non per niente essi hanno posto la
ruota proprio in quel punto, poiché, se l'umanità scoprisse dove veramente si
trova la fonte dell'Acqua Viva, allora per loro sarebbe la morte e lo sfacelo
ed è perciò che l'hanno accuratamente chiusa. Ora, però, abbiamo preso questa
decisione ed essa è stabilita nel Cielo. Prepariamoci, quindi, a dare inizio al
lavoro”. Ora, vedete, costoro hanno già dato inizio al lavoro, che procede
senza ostacoli. Sono in parecchi che scavano alacremente e con vigore più
crescente.
20. E guardate ancora: questi si calano
nella galleria con molti altri e scoprono, di primo acchito come dei buoni
esperti di montagna, tracce dell'esistenza dell'acqua vivente. Già si inoltrano
e al primo colpo scoprono una ricca fonte, che riverbera all'esterno con la
stessa potenza della luce del Sole. Continuano a scavare, mettono una mina più
grossa e, poiché non si imbattono in nessuna roccia, il lavoro procede
speditamente.
21. Guardate come, dalle molte vene d'acqua
scoperte, vanno già formando un ruscello scintillante, che scorre giù nelle
valli e come la gente accorre verso il ruscello, dove, con il suo lieve rumore,
ha già reso attenta la gente del circondario. Ora il nostro gruppo di
ricercatori e scavatori è vicino alla fonte principale.
22. E vedete, ora sono arrivati sul posto
e uno degli scavatori dà il colpo di grazia. La fonte è dischiusa. Essa
trasporta a valle tutto ciò che è morto e contaminato, ma, nello stesso tempo,
vivifica ogni cosa e la rende attiva. Finalmente anche i lavoratori possono
viaggiare naturalmente, senza artifici di sorta, verso la Vita eterna, con
infinita libertà!
23. Però, gli interessati alla ruota
stanno osservando il grande fenomeno, avvenuto a loro insaputa e, nello stesso
tempo, chiamano soccorso dall'impalcatura della ruota! Ma è inutile, per quanto
essi facciano girare a tutta forza la ruota, essa manca il suo effetto, perché
le palette, per la loro fracidità, si sono staccate ed i naviganti hanno
abbandonato le loro barchette e preferiscono andare a piedi verso la fonte
dell'Acqua Viva. Soltanto gli interessati alla ruota se ne stanno, per così
dire, nel loro brodo! Alcuni strappano, con rabbia, dei mozziconi della ruota e
se ne servono per raggiungere, nuotando, la beata sponda. Mentre, per gli
interessati principali, non rimane, alla fine, alcun mezzo di salvezza, perché,
essi stessi hanno spinto le barchette via dal centro verso la riva e perciò
nessuno è più in grado di portargli aiuto. E l'Acqua Viva non vuole scorrere
entro il suo bacino putrido.
24. Le cose, in realtà, stanno proprio in
questo modo e questa è pure la perfetta soluzione di tutta la sinistra
immagine, vista dalla sfera del nostro sesto ospite spirituale.
25. Voi, certamente, comprenderete questa
immagine e con ciò basta, poiché anche questo ci viene offerto dalla vista del
Sole spirituale. Come voi avete riscontrato, nel Sole naturale, tutte le
condizioni materiali corrispondono a quelle di tutti i pianeti; così stanno
pure le cose soprattutto per quanto riguarda le condizioni spirituali.
26. Chi è, però, questo settimo spirito,
dalla cui sfera voi avete scorto tutto ciò? Vedete, si tratta di un vecchio
spirito, riservato per questo tempo: è lo spirito del Profeta Daniele. E ora
che sapete ciò, voi potete uscire dalla sua sfera ed entrare, per la prossima
volta, nella sfera di un ottavo spirito, che sta ora avvicinandosi, mentre noi
per oggi concludiamo.
[indice]
* * * * *
La sfera dell'ottavo spirito.
L'orologio dei mondi e “l'ultimo tempo”
La “Nuova Gerusalemme” dalla sfera di
Swedenborg
1. Dunque, il nostro amico ospite è già
qui; perciò entrate immediatamente nella sua sfera. Questo spirito lo rivedrete
nella sua sfera, perché vi farà da guida. Però, fate molta attenzione a quello
che vi mostrerà e dirà, poiché, grazie a ciò, vi risulteranno chiare alcune
cose che, finora, non avete ancora compreso nel loro giusto significato. Voi vi
trovate già nella sua sfera, perciò attenetevi a lui, perché egli è una guida
molto capace e in lui c'è molta Sapienza, proveniente da Me. Strada facendo,
voi apprenderete chi sia propriamente questo spirito, perciò ascoltatelo e
seguitelo!
2. E lo spirito così ora vi parla:
“Venite, venite, fratelli, secondo la Volontà del Signore, io vi voglio guidare
nel Regno della Verità e dell'Amore!
3. Guardate là, verso Oriente, c'è un
bel monte maestoso e osservate come il Sole spirituale, nel quale c'è il
Signore, stia già alto sopra ad esso e quanto splendidamente i suoi raggi, al
pari di una dolce aurora, penetrino nelle valli e negli altri punti bassi del
mondo.
4. In questa occasione guardate anche un
poco indietro e potrete scorgere un gran mare, mosso alla superficie da alte
onde, sulle sue onde si vedono diversi navigli, alcuni grandi e alcuni piccoli.
Vedete come le onde affluiscono verso la riva, per assorbirvi questi magnifici
raggi solari ed anche i navigli, che si trovano in alto mare, hanno regolato le
loro vele, in modo di potere, al pari delle onde, raggiungere la riva
illuminata. Da questo voi potete riconoscere la Forza segreta dei raggi che si
dipartono da quel Sole divino, nel quale il Signore dimora.
5. Ora, però, rechiamoci sul monte e da
là contempleremo come la divina Verità si rende manifesta”. Voi chiedete: “A
quanto sembra, quel monte si trova ad una certa distanza da qui, perciò, come
potremmo noi raggiungerlo abbastanza presto?”. Fratelli, non preoccupatevi per
questo, poiché la nostra volontà è più che sufficiente, per eliminare le
distanze; ed ecco, come vedete, noi siamo già sul posto!
6. Voi dite: “Caro amico e fratello
spirituale, qui è infinitamente splendido, perciò ci rimarremmo volentieri,
dato che qualcosa di simile, per quanto riguarda questo monte, noi ce lo siamo
già immaginato, anche soltanto quale semplice presentimento”.
7. Voi guardate là, verso Mezzogiorno,
perché qualcosa di curioso vi agita l'animo e non potete indovinare di che si
tratta. È ben vero che vedete un Sole grande che pende dall'alto firmamento e
per mezzo di una lunga barra d'oro questo Sole si muove di qua e di là con la
regolare lentezza di un pendolo d'orologio. Voi vorreste sapere di che si
tratta. Ebbene, spostiamoci verso quella parte e voi ne avrete presto una idea.
8. Voi vedete là, dietro a questo grande
pendolo solare, si eleva un enorme edificio dalla base quadrangolare, formato a
scaglioni ed in forma di piramide, fino a toccare con la sua punta l'alto
apparente firmamento celeste. Noi, dunque, andremo ad esaminare un po' più da
vicino tale edificio. L'iscrizione su uno dei lati ci dirà, innanzitutto, come
stanno le cose con quella costruzione. Ecco, come vedete, noi siamo giunti.
9. Ora che siamo qui, guardate in alto.
Sul decimo scaglione, come vedete, ci sono due grandi piramidi luminose,
guardate ciò che vi sta scritto. Voi dite: “La scrittura ci è sconosciuta”;
bene, allora, vi leggerò io ciò che vi sta scritto. Dunque, sulla piramide alla
nostra sinistra si legge: «Questo è il grande misuratore del
tempo per le cose create».
E sull'altra si legge: «L'unico
movimento esatto, di tutte le cose e di tutti gli eventi, secondo l'Ordine
divino!».
Da queste due iscrizioni voi potete facilmente dedurre che cosa questa immagine
stia a significare.
10. Ora, però, salite insieme a me almeno
fino a metà dell'altezza di questo edificio; qui potremo vedere il quadrante di
questo grande orologio mondiale e voi ne potrete facilmente dedurre quale tempo
è l'attuale!
11. Ecco, noi siamo sul posto desiderato.
Voi vi meravigliate che questo quadrante sia segnato con delle cifre da una
parte soltanto, cioè alla sinistra e precisamente come i vostri orologi, da uno
a dodici. La parte destra, che è rivolta verso Oriente, è completamente scevra
di cifre. Ciò dipende dal fatto che qui il lato occidentale rappresenta
soltanto il temporale umano, mentre quello Orientale lo Spirituale.
12. Vedete, quando la Creazione materiale
venne fondata, questa grande lancetta lucente stava rivolta verso il basso,
cioè sul numero uno, che voi vedete brillare ancora fortemente.
13. Dove si trova ora questa lancetta?
Voi dite: “Essa sta diritta verso l'alto ed è vicina all'ultimo numero,
soltanto deve superare ancora due piccoli punti e poi la lancetta sarà fuori,
nel campo luminoso privo di cifre”. Sapete voi cosa voglia significare ciò?
Ebbene, ciò significa “l'ultimo tempo!”.
14. Però voi chiedete: “E quando la
lancetta avrà raggiunto il libero campo bianco, allora le cose cesseranno
d'esistere?”. Di ciò verremo informati da un prossimo quadrante che si trova
più in alto, perciò, salite con me soltanto alcuni scaglioni!
15. Ed ecco, qui c'è già un altro
quadrante. Cosa osservate, ora, in esso? Voi dite: “Noi vediamo una
disposizione esattamente inversa. Il lato rivolto verso Occidente è oscuro,
senza alcuna indicazione di cifre; il lato rivolto ad Oriente, invece, è segnato
da nuove cifre molto luminose. Qui, però, il numero uno sta in alto e il dodici
in basso, la grande lancetta sfiora già la prima punta dell'unità, la quale
brilla come una chiara stella mattutina ed ogni cifra che scende lungo l'ampio
cerchio, verso il basso, partendo dall'unità, brilla sempre più; lo splendore
dell'ultimo numero è simile a quello del Sole, che ad Oriente irradia tanto
splendidamente”. Voi avete visto giustamente, però, cosa sta a significare ciò?
16. Questo lo apprenderete
immediatamente: «Un
tempo vecchio e tenebroso si espande in un tempo nuovo e luminoso. Perciò tutte
le cose non passeranno, bensì sarà dato loro “un nuovo tempo”. E come il primo
tempo era un tempo che andava verso lo sfacelo ed un tempo tenebroso, così
questo tempo che sta venendo è un tempo del sorgere, cioè un tempo del giorno». Ora avete afferrato il significato
di questo grande orologio. Rivolgiamo, perciò, i nostri sguardi via da qui ed
osserviamo attentamente le cose che, in numero infinito, stanno intorno a noi e
sono una meraviglia a vedersi.
17. Voi scorgete là, verso Mezzogiorno,
un edificio quadrangolare di grossa mole, che è simile ad un grande dado e
misura quasi dodicimila klafter da tutti i lati. Al di sopra di esso, ai
quattro angoli, voi potete vedere quattro gigantesche figure umane e ai loro
piedi voi scorgete quattro animali diversi. Rechiamoci subito là, per vedere
che cosa significhi tutto ciò. Eccoci già sulla splendente superficie di questo
grosso dado. Guardate come nel mezzo di questa superficie ci sia ancora un
piccolo dado, eccezionalmente luminoso e, sopra il dado, c'è un libro
completamente sigillato.
18. Il settimo sigillo è ugualmente
aperto e da esso voi vedete salire ogni sorta di gigantesche raffigurazioni.
Molti spiriti bianco-vestiti, con delle grandi trombe, se ne escono, volando in
tutte le direzioni. Uno di loro dà fiato alla tromba e dalla stessa escono ogni
sorta di malanni, come guerre, carestia, fame, malattie. Più in là, un altro dà
fiato alla sua tromba e da essa divampa un fuoco devastatore, che, dove giunge,
tutto divora e fa liquefare le pietre più dure. Un altro dà fiato alla sua
tromba e il mare si solleva come un'alta marea, portando alla riva ogni sorta
di animali immondi e, guardate laggiù, nel profondo, come la vecchia Terra affoghi
in una tale marea. Guardate, dall'altra parte c'è un quarto spirito che dà
fiato alla sua tromba ed un grande drago pieno di fuoco precipita, legato ed
ammanettato, in una voragine senza fine, ardente con un fuoco inestinguibile.
19. Guardate, ora, le quattro gigantesche
figure che si trovano agli angoli del grande dado. Anch'essi sono muniti di
grandi trombe. E, ecco, quella che si trova a settentrione dà fiato alla sua ed
uno spirito si lancia fuori dalla tromba, con in mano un grosso flagello, per
castigare la Terra. E, fate attenzione, anche quello verso Occidente dà pure
fiato alla sua tromba e dalla stessa esce un altro spirito, recando in mano una
scopa rovente e infuocata, per spazzare la Terra dalla sua immondezza. Verso
Mezzogiorno, un grande spirito suona pure la sua tromba e un grande numero di
spiriti escono a precipizio, muniti di cesti, con dentro delle sementi di ogni
tipo, per seminare dei nuovi frutti nel suolo spazzato. Ora è la volta dello
spirito che si trova ad Oriente, esso dà fiato alla sua tromba e da essa esce
una nube sfolgorante e su di essa ci sono delle infinite schiere di spiriti. Al
culmine della nube, voi potete scorgere una Croce luminosa e, a fianco della
Croce, sta un Uomo soave e dolce, come un Agnello.
20. Vedete, questo è il segno del Figlio
dell'Uomo. Con ciò abbiamo visto, in questo luogo, tutto ciò che qui può essere
concesso di vedere, poiché è dalla luce della Verità che voi scorgete tali
cose.
21. Ora, i vostri sguardi sono rivolti
verso Oriente e scorgete, con vostra grande meraviglia, una superlativamente
splendida grande città, la quale brilla, su di voi, come un magnifico Sole! Voi
vorreste sapere che cos'è questa città, e la vorreste vedere anche più da
vicino. Ebbene, trasportiamoci ed ecco che la città sta dinanzi a noi!
22. Cosa vi pare, vi piace stare qui? Voi
dite: “Infinitamente, poiché, veramente, si respira da tutte le parti
dell’Amore puro, e tutto quello che noi scorgiamo, ha un carattere quanto mai
mite e dolce, nonché alitante l’Amore più sublime!”. E poi soggiungete: “Quanto
magnificamente risplendono le mura di questa città, quanto solenni e sontuose
ne sono le sue porte, e quale luce, indescrivibilmente splendida, irradia verso
di noi da ognuna di esse! Delle innumerevoli schiere di superbeati spiriti
angelici vi entrano e ne escono. Oh, quanto deve essere bello abitarvi!”.
23. Dato che il vostro desiderio è di
visitare questa città, inoltriamoci, soltanto sappiate che essa è infinitamente
grande e che noi non potremmo percorrerla tutta, sia pure con la velocità del
pensiero, nemmeno in tutte le eternità delle eternità. Infatti, questa città
diventa grande, anzi infinitamente sempre più grande, soltanto quando si
penetra nel suo interno; perciò noi ci avvicineremo solo ad una porta, gettando
soltanto uno sguardo intorno.
24. Voi dite ora: “Per amore
dell'Onnipotente Signore, quale infinita sontuosità e quali magnifiche
abitazioni! Questa strada, che noi scorgiamo da qui, sembra non avere mai
fine”. Infatti, anch'io vi dico: “Voi potreste camminare sempre avanti, per
questa strada e non arrivereste mai al capo opposto e di queste strade e piazze
ce ne sono in quantità innumerevole, in questa città”. Volete sapere come si
chiama questa città? Non avete che da leggere l'iscrizione sopra questa porta,
essa così si legge: «La santa Città di Dio», oppure: «La Nuova Gerusalemme!».
25. Io però, che vi ho guidati qui, sono
lo spirito di Swedenborg e con ciò avete visto tutto quello che vi è stato
accordato dal Signore, attraverso la mia sfera. Dunque, torniamo indietro e
uscite dalla mia sfera e andate da Colui che vi attende ed il Nome del Quale è
Santo, Santo, Santo!”. Ora voi siete di nuovo qui; avete osservato tutto bene?
26. Voi lo confermate. Io, però, vi dico:
“Quello che voi non comprendete ancora vi risulterà più chiaro a suo tempo e
precisamente nella sfera del prossimo spirito”; e con ciò per oggi concludiamo.
[indice]
* * * * *
La sfera del nono spirito
(Evangelista Marco)
Escursione nel mondo degli spiriti
vero e proprio
Conformazione del peso dell'amore
carnale nell'aldilà
1. Anche questo nono spirito potete
vederlo nella sua sfera; egli vi guiderà in diversi luoghi, dove voi potrete
vedere e venire a conoscenza di cose finora a voi del tutto ignote, che vi
renderanno anche possibile scorgere, molto più chiaramente, ciò a cui vi è
stato dato modo di assistere fino a questo momento.
2. Guardate, il nostro nuovo amico
ospite è già qui; entrate perciò senz'altro nella sua sfera e seguitelo secondo
le sue indicazioni.
3. Ora voi vi trovate già nella sua
sfera; fate dunque attenzione a ciò che questa nuova guida vi dice: “Cari amici
e fratelli, venite con me a vedere tutto quello che l'Amore del Padre, nella
Sua Infinita Grandezza, opera, e quanto soavemente si manifesta dappertutto. Rallegratevi
oltre misura del fatto che il Padre si sia compiaciuto di mostrare tali cose al
vostro spirito, poiché voi potete contemplare, con i vostri occhi, in quale
modo le vie del Signore sono imperscrutabili e come le deliberazioni della Sua
eterna, infinita Sapienza, sfuggano a qualsiasi indagine!
4. Volgete il vostro sguardo a sinistra,
tanto lontano quanto i vostri occhi spirituali ve lo permettono, e ditemi, poi,
quello che riuscite a scorgere. Io vedo che, a causa dell'ampiezza visuale, voi
siete imbarazzati e non sapete da che parte incominciare! Perciò esporrò io
stesso, verbalmente, in buon ordine, quello che voi vedete.
5. Verso Mezzanotte, voi scorgete una
regione piuttosto arida, dei monti alti e ripidi troneggiano, susseguendosi, e
sembrano scrutare, al pari di giudici minacciosi, le sconfinate pianure
sottostanti. Qua e là, fra i monti e sulle colline più basse, voi potete vedere
degli edifici, del tipo dei vostri terrestri. Più verso il basso si scorgono
anche delle chiesette. Nelle parti alte di tali monti, potete seguire delle
nuvole piuttosto oscure che vi si aggirano, mentre, al di sopra, i monti
sembrano consistere esclusivamente di neve e di ghiaccio, come gli alti
ghiacciai da voi, sulla Terra. Infine, voi potete constatare che tutta questa
regione nordica è, per così dire, tagliata fuori dalla zona in cui noi ora ci
troviamo, da un fiume molto ampio.
6. Se voi seguite con l'occhio il corso
di questo fiume, potete constatare che esso proviene dalla regione che si trova
fra il Mattino e la Mezzanotte e che si dirige, formando quasi un mezzo
cerchio, fra Sera e Mezzanotte. I suoi flutti sono fortemente burrascosi,
ragione per cui un unico ponte volante, o per essere più esatti, una libera
navicella, rende possibile la traversata a quegli abitanti che dimorano al di
là del fiume.
7. A voi certamente interesserebbe
sapere di che specie di abitanti si tratta. Noi lo possiamo subito apprendere,
basta che veniate con me. La barca si trova proprio su questa sponda e noi
potremo attraversare il fiume con poca fatica. Salite pure sulla barca con
cuore tranquillo e non abbiate timore delle onde spumeggianti, né della nera
profondità di questo fiume. Noi guideremo la navicella con tanta perizia che
non vi entrerà neppure una goccia d'acqua.
8. Avanti, dunque, voi ci siete. Come
vedete, la traversata si compie in modo molto migliore di quanto supponevate,
noi siamo già in mezzo al fiume. Non spaventatevi per i mostri che sollevano il
capo al di sopra delle onde, anche se spalancano le fauci come se volessero
inghiottire interi uomini, dato che, ormai, noi siamo vicini all'altra sponda,
ecco, l'abbiamo raggiunta. Scendete a terra prima di me; io intanto assicuro la
barca alla riva e poi vi raggiungo.
9. Eccoci, dunque, sulla terra ferma.
Laggiù, abbastanza entro una valle, voi potete scorgere un villaggio molto
sudicio. Andiamo là, a vedere di che cosa si tratta. Eccoci arrivati. Cosa vi
pare qui? Voi siete quasi assaliti dalla febbre, ma io vi dico: “Qui ancora non
c'è male, ne vedrete di peggiori”.
10. Voi, appunto, dite: “Caro fratello ed
amico! A noi basta questo! Infatti, le case, quanto mai sporche, hanno tutto
l'aspetto, come quando, da voi, in qualche angolo remoto della Terra, è
scoppiato un incendio che ha annerito tutto ciò che stava accanto. In quanto
agli uomini che noi vediamo qui, essi sono talmente cenciosi che, sulla Terra,
sarebbe difficile immaginare qualcosa di più cencioso. Ora vediamo una coppia
che si avvicina; l'uomo è mezzo nudo, le sue carni sono magre e sudicie e sul
petto sembra che abbia il segno di una scottatura. Anche i suoi capelli
sembrano a metà bruciacchiati e così pure un lato della sua faccia. Chi lo
accompagna sembra essere una donna. Signore! Quale compassionevole figura
femminile. Sembra che sia stata veramente sepolta per tre anni, soltanto dalle
spalle pendono alcuni cenci sudici. I suoi piedi, completamente nudi, sembrano
piuttosto delle ossa scarnificate, e le braccia poi! Un braccio è scheletrico,
mezzo bruciato, l'altro è pieno di marciume e di bubboni. E la sua testa! Quale
fisionomia! In verità, se qualcuno è capace di scoprirvi qualche caratteristica
che non sia quella della morte, vuol dire che ha gli occhi per non vedere!”.
11. Certo, miei cari amici e fratelli,
non rammaricatevi però di questa vista, poiché questo è ancora l'aspetto
migliore degli abitanti di questa regione ed è, per così dire, il primo
principio della grande miseria, che questa regione cela in sé. Entriamo ora nel
villaggio e voi vi potrete vedere delle cose da far strabiliare.
12. Ecco, qui è, appunto, la prima casa; guardate
nell'interno, da questa finestra bassa; che cosa vedete? Oh, voi indietreggiate
per il ribrezzo! Oh, lo so che qui non siamo in un negozio di profumi, voi
vedete sul suolo di questa stanza degli esseri umani, mezzi putrefatti,
accoccolati alla rinfusa, che si avvoltolano nella loro carne infracidita.
Certo che questa non è una vista gradevole, però non può essere diversamente,
poiché viene mostrato l'amore per la carne.
13. Voi chiedete se questi esseri debbano
considerarsi, generalmente, come perduti, ma sapete pure quanto grandi siano
l'Amore e la Misericordia del Signore! Vedete, da tutti costoro, la carne, o,
piuttosto, la voglia o l'appetito carnale, deve essere consumato nel più
nauseabondo dei modi, prima che essi possano raggiungere uno stato che renda
possibile venire loro in aiuto.
14. Credete che questi esseri, che al
vostro sguardo sembrano estremamente miseri, si sentano infelici in tale stato?
Ma neanche per idea! Se lo sentissero, potrebbero anche sottrarvisi, poiché
ognuno di loro ha ancora abbastanza forza per tirarsi su e per muoversi, fino a
raggiungere il fiume, la cui acqua ha, per loro, una forza purificatrice e
risanatrice. Soltanto che l'aspetto carnale è il loro elemento, così che essi
rodono intorno alla loro carne, fin quando essa viene completamente consumata.
15. Voi chiedete: “Hanno questi miseri
qualcosa per potersi nutrire o la possibilità di far ciò?”. Ebbene, venite fino
alla prossima casa e guardatevi dentro dalla finestra ed assisterete così ad un
pasto.
16. Dunque, che cosa vedete? Ma se voi
non state fermi! Perché avete, così improvvisamente, fatto un salto indietro?
Ecco, anche ciò che avete scorto è una conseguenza della voglia carnale.
Perfino voi, sulla Terra, avete un proverbio che dice: «Questo e quella si vogliono un bene
da mangiarsi!».
Perciò non dovete né spaventarvi né meravigliarvi tanto, se qui avete visto che
gli abitanti di questa casa si mangiano, l'un l'altro, parti della loro carne
imputridita, piena di tarli e di vermi. È così che la carne deve consumarsi,
affinché, poi, quella piccola scintilla di uno spirito migliore, che si trova
ancora in loro, venga resa libera.
17. Ora voi vorreste sapere se questi
miseri esseri hanno qualche occupazione. Vedete, anche ciò potremo constatarlo,
recandoci alla casa qui accanto. Ecco, guardate attraverso questa finestra
mezza diroccata e scorgerete subito una delle occupazioni degli abitanti di
questa casa. Però, di nuovo, voi vi allontanate inorriditi! Dunque, che cos'è
qui che non va e che vi respinge con tanta violenza? La verità è sempre verità,
anche se deriva dalle più infime cloache. Gli abitanti di questa casa tirano
fuori dei brandelli di carne semiputrefatta, la avvolgono intorno alle proprie
ossa nude e, compiuto ciò, il loro pensiero corre subito, di nuovo,
all'accoppiamento sessuale e concentrano tutte le loro forze, per procurarsi
così un voluttuoso piacere carnale!
18. La vostra meraviglia qui non ha
senso, poiché, sulla Terra esiste forse qualcosa di migliore? Oh, voi dovreste
poter vedere, con l'occhio spirituale, qualche carne morbida e delicata, che
sulla Terra fa una gran bella figura ed allora vi meravigliereste ancora di
più, anzi, molto di più che non in questo caso e luogo!
19. Voi chiedete: “Questi miseri esseri
non hanno, dunque, alcun concetto di Dio e nessun desiderio di Lui?”. Andate un
po' avanti; ecco, ora potete vedere qualcosa, su una collina che ha l'aspetto
di sudicie rovine, di un luogo di preghiera. Avviciniamoci, chissà che non vi
scopriamo qualche cosa di rimarchevole! Guardate qui dietro, dalla parte del
monte, c'è una porta d'ingresso, per quanto molto malconcia. È sufficiente che
noi diamo soltanto un’occhiata all’interno e riceveremo, senz'altro, la debita
risposta alla vostra domanda. Ma eccovi nuovamente stupefatti. Ma, infatti,
cosa avete scoperto di tanto sorprendente?
20. Voi riuscite a stento a respirare,
per non parlare poi di dire qualcosa. Voi non dovete comportarvi così,
altrimenti non arriveremo mai alla fine di questo nostro giro d'ispezione,
tanto più che quello che ora avete visto, non è né più né meno che
naturalissimo. Riflettete un po': l'uomo sensuale e carico di desideri porta
tutto ciò, attorno a sé. Perciò, anche quando entra in una chiesa può rivolgere
lo sguardo su qualche cosa, ma il suo amore per la carne è costantemente
attivo. Ogni oggetto viene colorato da questo suo amore morboso e, alla propria
maniera, in modo che questo nauseante amore si fa anche scorgere sensitivamente
in ogni oggetto, sul quale un tale uomo, sensualmente bramoso, ha posto gli
occhi. Ecco la ragione per cui, in questa specie di luogo di preghiera, al
posto dell'altare, voi non avete visto altro che le parti genitali d'ambo i
sessi. Infatti, un piccolissimo crocifisso, quanto mai misero, era ornato da
tutti i lati con tali parti del piacere e voi avete anche visto alcuni uomini
che, come se fossero in un museo d'opere d'arte pornografica, andavano in giro
trascinandosi e i loro occhi si pascevano degli oggetti sopracitati come se
fossero immersi e sprofondati negli stessi.
21. Trovate ciò, forse, esagerato? Io vi
dico che questa è tutta la verità. Infatti, da voi, sulla Terra, c'è un enorme
quantità di uomini i quali, di tanto in tanto, rivolgono un pensiero a Dio,
specialmente quando vedono qualche immagine scolpita che Lo raffigura in modo rozzamente
materiale. Ma, quanto a lungo dura tale ricordo? Basta che il suo sguardo si
rivolga per un attimo su una prosperosa femmina e, ben presto, il ricordo del
Signore, come pure la Sua immagine, vengono addobbati e intessuti con ogni
sorta di parti carnali attraenti e stimolanti! Sulla Terra, semplicemente, è la
vostra pelle che nasconde tutto ciò, ma, per lo Spirito, ciò non è il caso,
perché, dinanzi ad esso, né pelle, né carne possono nascondere qualcosa.
22. Voi chiedete: “Caro amico! Qui, nel
fondo di questo sudicio fosso, si trovano delle botole, vistosamente ornate
nello stesso modo nauseabondo. È questa, forse, la continuazione di tali
onorevoli sconcezze carnali?”. Miei cari amici e fratelli! Basta fare una prova
per rispondere e risolvere questo problema. Noi visiteremo ancora un paio di
questi “palazzi” ed io sono dell'opinione che poi ne avrete abbastanza,
cosicché rinuncerete a fare altre domande sugli altri numerosi “palazzi” che ci
sono ancora. Ecco, qui ce n'è uno, guardate pure dentro e voi sarete sorpresi
di quanto vedrete con un unico sguardo. Voi incominciate a contorcervi, come se
foste assaliti da una colica acuta! Che c'è dunque? Io non ci vedo nulla di
nuovo. Sono delle apparizioni della vostra Terra, così come esse là avvengono.
Voi qui non vedete altro all'infuori di un grande numero di donne che giacciono
su un tavolaccio sudicio e che sono ancora abbastanza in carne. Di speciale c’è
soltanto che degli esseri di sesso maschile, dall'atteggiamento furiosamente
sensuale, e non solo nell'aspetto, si aggirano fra le donne e, con dei coltelli
appuntiti, fanno dei buchi nella loro carne, applicando, poi, i loro genitali
nelle ferite ancora fresche. Poi sono le donne che legano con delle corde le
mani agli uomini intorno a dei pali, dandosi poi da fare intorno ai loro
genitali, in tutti i sensi, mordendoli e strappandoli con i denti roventi. Poi,
a loro volta, sono gli uomini che strappano i seni alle donne e li appendono
alle loro parti genitali e perfino su tutto il loro corpo. Quest'azione infame
ha come conseguenza un grande spargimento di sangue. Questo, però, è ciò che vi
ha fatto più orrore, schifo e nausea. Voi pensate che ciò sia, ad ogni modo, un
po' esagerato. Io invece vi dico: “Niente affatto, poiché se voi poteste vedere
con l'occhio spirituale, anche soltanto su un miglio quadrato della superficie
terrestre, in quante forme si manifestano le brame della carne, vedreste delle
cose con delle varietà ancora più diverse e più schifose di quanto avete visto
qui”. Voi potete credere che se alcuni abitanti della Terra non fossero
trattenuti dal timore dei castighi sanzionati dalle leggi statali e civili,
vedreste delle cose veramente inaudite e sorprendenti, poiché le voglie carnali
si rivelerebbero alla luce del Sole piene di trovate davvero infernali.
23. Vi è rimasto ancora il desiderio di
guardare dentro alla prossima casa? Voi scuotete la testa ed anch'io, da parte
mia, non vi conduco più avanti, soltanto vi dico, in breve, che voi non
vedreste nulla di migliore, ma sempre qualcosa di ancora peggiore. Ad esempio,
nella prossima casa, scorgereste tutti i modi possibili della violazione dei
fanciulli. Andando più avanti, vedreste come delle giovanette vengono sedotte
ed adescate alla libidine dai maniaci carnali. Considerato, però, che tali orrendi
spettacoli vi sarebbero più dannosi che utili, è meglio che li evitiate e non
li guardiate affatto.
24. Io, però, devo informarvi che più si
procede entro questa valle più gli esseri si presentano esteriormente in carne
e più completi che non là, nelle vicinanze del fiume. La causa va ricercata nel
fatto che quelli che stanno vicino al fiume sono più scoperti e liberati dalle
insidie della carne che non coloro che dimorano verso il fondo della valle.
25. Guardate là, in quella fossa lurida,
e vedrete perfino parecchie case in fiamme. Voi chiedete che cosa significa
ciò. Significa che questa brama carnale degenera nel maligno, cioè in qualcosa
di simile alla gelosia sulla vostra Terra. Però, in una tale casa, a voi,
impreparati come siete ad un simile spettacolo, costerebbe la vita guardarci
dentro. Con ciò, noi non abbiamo più nulla a che fare in questa valle oscura,
cosicché, la prossima volta, ci avvicineremo ad un altro villaggio e vedremo
come stanno le cose là. Soltanto io vi dico: “Non illudetevi troppo, perché
anche là ne vedremo d'ogni sorta e colore! E per oggi basta!
[indice]
* * * * *
La conformazione nell'aldilà
dell'usura
1. Prima che ci avviciniamo a
quest'altra valle, voglio rispondere brevemente ad un'altra domanda che voi mi
avete rivolto, cioè voi vorreste sapere se quello che avete visto è proprio
l'Inferno. Io non posso dirvi al riguardo né sì, né no, ma soltanto che quello
che voi avete visto è di natura infernale, ma non è l'Inferno vero e proprio,
poiché quello che qui si mostra, è una isolata visione del vizio. Dove voi
avete visto gli esseri più consunti e distrutti, anche il vizio stesso è più
consunto. Invece, dove avete scorto delle raffigurazioni ancora complete e
carnalmente attive, là la forza del vizio, proveniente dalle maligne brame, con
la facoltà attiva di peccare, non intende diminuire. Altrettanto si manifesta
sulla Terra, dove gli uomini si abbandonano ad ogni genere di peccati,
riducendo la loro natura fisica in uno stato disastroso ed impotente, e per la
schiavitù della libidine e per eccitarsi usano degli eccitanti artificiali.
Vedete, tali appaiono in primo piano, poiché, malgrado tutto, di tanto in tanto
permettono che salga in loro un pensiero che mostri la caducità di tutti questi
piaceri. Invece, nel fondo della valle, avete visto quelli in cui la forza del
desiderio sta ancora più in accordo con la forza attiva del vizio.
2. Da quanto ora detto, potete dedurre
che, quanto da voi visto, non è che un’immagine infernale del peccato e del
vizio e questa conoscenza è sufficiente, per inoltrarsi, poi, nella valle
attigua a questa, alla quale abbiamo già accennato.
3. Come vedete, questa valle è separata
da quella a voi già nota da un dosso montuoso abbastanza sporco. Basta che noi
lo superiamo e vedremo subito come si presenta l'altra valle. Voi volete e
vedete, noi siamo già sulla cresta del monte. Guardate laggiù il nuovo
villaggio. Vi piace? Voi dite: “Da lontano sembra avere un aspetto migliore del
precedente, soltanto il fatto che si trova più verso Occidente non ci permette
di attenderci qualcosa di buono”. Certo, voi avete ragione, e ciò anche sarà.
4. Voi mi chiedete, inoltre, perché
questi edifici sono più grandi e nel loro insieme hanno un aspetto più
rispettabile di quelli del villaggio precedente? Ed io vi dico: “Andiamo giù
nel villaggio e troverete subito la risposta alla vostra domanda”. Dunque, noi
siamo già dinanzi alla prima casa. Vedete, essa ha una parete arrotondata e
sporgente, tinteggiata in un colore bianco sporco, però, senza finestre e senza
un ingresso da questa parte anteriore. Voi chiedete: “E perché, dunque?”.
Perché questo lato della casa è rivolta verso Oriente e ciò costituisce un
orrore per gli abitanti di questo villaggio. In seguito a ciò, dobbiamo
spostarci verso il retro dell'edificio, il quale si trova alquanto sul pendio
del monte, se vogliamo scoprire ciò che regna lì dentro. Ecco, qui c'è già una
finestra spaziosa, guardate all'interno e ditemi quello che vedete. Anche qui
state indietreggiando per lo sgomento.
5. Voi retrocedete subito alla prima
casa. Ma che tipo di rapporto ci sarà mai tra voi e la casa successiva? Voi,
stupefatti, dite: “Per l'Amore di Dio, ciò è inaudito, inumano e inconcepibile!
Sul fondo sta seduto, su un largo scanno, un vero e proprio mostro umano. Egli
ha una grossezza sovrumana, che occupa più della metà della stanza ed un ventre
pendente in modo ributtante. Il collo è circondato da sudici cuscinetti di
grasso, come appesi l'uno sull'altro. Dinanzi a lui stanno, in gran numero,
degli uomini tanto magri da sembrare scheletri viventi e si pigiano intorno a
tale orribile pancia adiposa, che suscita ribrezzo, affinché il mostro si
impietosisca di loro e si degni di divorarli. E realmente questo essere
mostruoso ha già, dinanzi a sé, degli scheletri umani completamente
scarnificati. Più indietro, poi, ci sono alcuni che maledicono il mostro e
nella loro furia vorrebbero avventarsi su di lui, ma vengono trattenuti da
coloro ai quali il mostro ha promesso di divorare anche un po' della loro
carne, per tramutarla, poi, nel grasso del mostro”.
6. È naturale che voi domandiate: “Che
cosa può mai significare questa strana e orribile immagine?”. Io, però, cari
fratelli ed amici, sono costretto a dirvi, se non afferrate e comprendete ciò
al primo sguardo, che ciò vuol dire che sulla Terra non avete imparato un bel
niente, a causa della vostra completa cecità.
7. Non è questo un eccellente ritratto
di un usuraio o di un magnate e grande cavaliere dell'industria, che si è
prefisso, quale scopo della sua vita, di accaparrarsi tutto quello che, in un
modo o nell'altro, gli apporta degli interessi. Siete capaci di stabilire il
limite, dove un tale usuraio o magnate industriale, si dichiari finalmente
sazio? La sua avidità di guadagnare non va all'infinito? Gli rimorderebbe,
forse, anche soltanto un poco la coscienza, se gli fosse possibile strappare a
sé i tesori e le ricchezze del mondo intero? Spargerebbe una lacrima, se
potesse divorare, attirandola a sé, la vita di tutte le vedove e di tutti gli
orfani della Terra?
8. Io vi dico: “Purtroppo i poveri
corrono ancora in schiere da lui e gli sacrificano tutta la loro vita e le loro
forze; per una vile mercede sono costretti da lui a farsi scorticare e divorare
quasi completamente. Ci sono degli altri che portano a lui i loro pochi tesori
e si ritengono fortunati qualora esso li accetti, soltanto in cambio di un
meschino tasso d'interesse. Anzi, molti ingannati, vanno tanto oltre che
considerano letteralmente, come una necessità, che, allo stato delle cose, essi
siano stati ingannati da lui, senza sua colpa.
9. Degli altri, altrettanto avidi quanto
lui, però dei “poveri diavoli”, mondanamente meno astuti, vedendo la sua
furfanteria, lo minacciano di distruzione e morte. Però, coloro che sono legati
per interesse al magnate, impediscono che la morte venga a distruggerlo, per
non rimetterci i loro guadagni”.
10. Dunque, che dite voi ora, riguardo a
quest'immagine? Non mostra, questo orrendo peccato, ponendolo allo scoperto,
così come esso effettivamente è? Questo, però, non è che un bonario principio;
rechiamoci ora alla casa più vicina, che è alquanto più grande ed osserviamone
il contenuto e vedrete che, come detto, le cose cambieranno d'aspetto!
11. Eccoci, noi siamo già alla finestra
giusta, soltanto bisogna che aguzziate la vista, poiché la casa, essendo più
grande ed avendo sul retro soltanto due finestre più piccole e sudicie,
presenta l'interno alquanto oscuro. Dunque, avete già scorto ciò che si trova?
Ecco, invece, che voi tremate per la risposta; questo è già un segno sicuro che
avete scorto quanto è sufficiente. Voi, però, vi trovate impediti a parlare ed
io vi credo volentieri, poiché simili spettacoli fanno trasalire perfino noi,
spiriti forti, e questo specialmente, per il motivo che tali fatti, proprio
adesso, si moltiplicano e diventano anche più grandiosi. Io vedo, però, che in
questo caso sarà necessario esporre quanto visto da voi, dato che voi, per una
tale immagine, non trovereste tanto facilmente le parole adatte.
12. Voi avete visto anche qui, verso il
fondo, un essere orribilmente ingrassato; esso ha un ventre spaventosamente
sporgente. Nella sua faccia si aprono delle fauci grandi come quelle di una
iena, le sue braccia hanno la forma di fortissimi serpenti giganti ed i suoi
piedi sono simili a quelli di un orso. Sulla sua enorme pancia è eretto una
specie di altare e nel mezzo di questo è infilato uno spiedo a due tagli con la
punta rivolta verso l'alto. Su questo spiedo sono infilati degli esseri molto
magri. Una delle braccia a serpente è continuamente indaffarata a togliere
dallo spiedo gli infilzati a e portarli alla bocca dell'ingorgo. L'altro
braccio, invece, gira da tutti i lati alla caccia dell'uno o dell'altro dei
poveretti, confinati disgraziatamente in questo spaventoso locale, e il primo
che gli capita a tiro lo afferra, lo schiaccia e lo scaraventa sullo spiedo che
sta sull'altare. Gli alti lamenti degli infelici rendono, se mai, più attivo il
suo braccio. Ecco, qual è l'immagine da voi vista.
13. Che vi pare? Voi dite: “L'impressione
è semplicemente spaventosa ed orrida!”. E aggiungete: “Questa, però, è
un’esagerazione. È vero che sulla Terra le cose vanno molto male, ma, per
quanto riguarda quest'immagine, sembra, tuttavia, che ci sia una forte
esaltazione”.
14. Io, però, vi dico: “Qui non c'è
niente di troppo, né troppo poco, ma, in ogni tempo, soltanto che la nuda
verità. Fermate un po' la vostra attenzione su certi eroi del commercio e
dell'industria della Terra, prendete un regolo e misurate le fauci della
cupidigia. Poi esaminate le loro braccia, quale forma esse hanno e constaterete
se esse non sono perfettamente identiche a questa immagine. L'uno è occupato ad
accumulare ed a mettere tutto da parte, l'altro a depredare per tutte le vie
con la cattiveria, l'astuzia e la violenza. Quando generalmente si è
impossessato di una preda, questa viene infilzata sullo spiedo, quale offerta
della cupidigia sull'altare”.
15. Ma voi chiedete: “Perché, poi,
quest'altare si trova proprio sulla pancia di questo mostro?”. Vedete, il
ventre sta a significare il raccoglitore della più sudicia specie di avidità e
cupidigia, egoismo e amore di se stesso. Il ventre voluminoso indica quanto
questo genere d'amore è smisurato e l'altare su questo, poi, viene ad indicare
la mondana onorevolezza e superiorità e, di conseguenza, che razza di
presuntuosi ed orgogliosi sono questi sublimi onorevoli cavalieri
dell'industria e del commercio.
16. Lo spiedo a due tagli, rizzato
sull'altare, questo lo potete dedurre da voi stessi, al primo sguardo. Non
avete ancora mai sentito parlare del diritto commerciale o cambiario? Ecco, è
questo che si trova sull'altare! Perciò, basta che un povero diavolo si lasci
prendere in trappola ed egli viene subito afferrato e stritolato senza
remissione, infilzato nel diritto e con tale diritto trafitto a morte.
17. Voi chiedete ancora: “E chi sono
allora quei poveretti che così diligentemente vengono accalappiati? E perché lo
spiedo è a due tagli?”. I poveretti sono ogni tipo di uomini; una parte, cioè
quelli che sono più vicini al cosiddetto ingranaggio, sono anche i più esposti
e sono i piccoli commercianti; un'altra parte è composta di coloro che, spinti
dal bisogno, devono cedere i loro prodotti ai grandi speculatori. Una terza
parte è formata da povera gente estranea che, in un modo o nell'altro, è in
relazione con tale azienda. Una quarta parte è composta di uomini desiderosi di
fare qualche acquisto. Una quinta parte sono i soci d'affari che dimorano
altrove. Una sesta parte sono i dipendenti dell'azienda di classe superiore e
la settima specie sono quelli della classe inferiore e più martoriata. Per
tutte queste classi lo spiedo a due tagli è sempre pronto. Però noi avremmo
dimenticato quale è il significato del doppio taglio.
18. Anche questo si dovrebbe afferrare di
primo acchito: uno dei tagli significa la politica commerciale, l'altro taglio
il diritto di tale politica, col quale gli è concesso abbracciare ogni ramo
della sua attività, in modo da poterne ritrarre il più lusinghiero interesse
strozzinesco. Comprendete ciò? Se non lo comprendete a fondo, consultate le
disposizioni vigenti e ditemi dove si trova prescritto legalmente e qual è il
guadagno che spetta alla classe commerciale. Ecco perché lo spiedo taglia in
ambedue le parti, cioè da una che rappresenta la nota politica commerciale, e
dall'altra che rappresenta l'illimitata cupidigia; ed ambedue queste parti
taglienti sono strettamente collegate con il diritto commerciale, come i due
tagli su una spada. Vedete ora, se questa immagine è corrispondente ai fatti?
Essa mostra, come io vi dissi, né più, né meno la nuda verità.
19. Ora voi dite: “L'immagine è giusta,
però ciò non ci lascia dubbi, che cose simili appartengono all'Inferno!”. Voi,
in fondo, non avete tutti i torti, tuttavia, tutto resta fermo a quanto detto.
Infatti, questa immagine illustra soltanto il peccato per se stesso, senza
tenere conto delle persone che realmente lo commettono. Perciò, tale
raffigurazione è bensì di natura infernale, però non è l'Inferno nella sua
realtà. Infatti, se vi fosse dato di scorgere ciò nel vero Inferno, già al
primo sguardo, l'impressione che ne ritrarreste, sarebbe ben diversa da quella
da voi provata, nella piena e totale vicinanza di una tale immagine del
peccato.
20. Vedete, c'è ancora un grande numero
di tali cose, in questo lurido burrone. Dato, però, che in esso il peccato
della cupidigia vi viene rappresentato sempre più interiormente e, perciò, in
maniera inesprimibilmente e sempre più orripilante, voi non potreste più
sopportare un altro spettacolo del genere. Perciò, limitiamoci alle due case
già viste, poiché, quando questo peccato passa nella sfera della bruciante
gelosia, destata dalla cupidigia, allora, poi, diventa anche completamente e
meramente infernale e perciò non adatto ai vostri deboli occhi ed all'ancora
più debole vostro spirito. Perciò, miglior cosa è che la prossima volta ci
rechiamo in una terza valle. Là ci sarà dato di vedere delle cose del tutto
nuove e, perciò, oggi accontentiamoci di quanto appreso.
* * * * *
La conformazione nell'aldilà della
brama di potere
1. Per raggiungere questa terza valle,
anche questa volta non avremo altro da fare se non superare questo dosso
montuoso, il quale, a dire il vero, è più elevato dell'altro. Voi volete, ed
ecco, noi siamo già sulla cima. Ora guardate giù verso Sera, il villaggio sta dinanzi al vostro sguardo.
2. Però voi dite: “Caro amico e
fratello, all'infuori di alcuni massicci rigonfiamenti del terreno, noi non
possiamo scoprire null'altro che possa somigliare ad un villaggio”. Io, però,
vi dico: “Voi vedete già, senz'altro, quello che c'è da vedere. Guardate più
lontano che vi riesce, specialmente in quella fossa che diventa sempre più
stretta e più buia e voi scorgerete, in gran quantità, tali rigonfiamenti del
terreno”. Voi dite: “Ma là non può dimorare nessuno, qualunque sia l'aspetto
del peccato”. Io, però, vi dico: “Lasciamo perdere ogni ragionamento e
rechiamoci piuttosto verso questi rigonfiamenti, che allora la cosa cambierà
d'aspetto e ora scendiamo”.
3. Ed ecco, noi siamo già dinanzi al
primo rigonfiamento. Che ne dite? Voi vi stringete nelle spalle; io invece vi
dico: “Avvicinatevi ancora un po', ma non troppo, che allora, non vi
stringerete più nelle spalle”. Voi chiedete, perché non ci si dovrebbe
avvicinare troppo ad un tale rigonfiamento di terra, all'apparenza tanto
insignificante. Anche di ciò, quando sarete ad una giusta distanza, voi
riceverete immediatamente la debita spiegazione; avvicinatevi ancora un po'.
4. Cosa mai sta succedendo, dunque, con
questo improvviso salto all'indietro? Non vi ho già detto che questi canali di
terra non sono così vuoti come sembrano, se guardati ad una certa distanza.
Ora, voi dite: “Ma per l'Amor di Dio, che è mai ciò? Non appena ci siamo
avvicinati di un paio di passi, un numero incalcolabile di serpenti, a noi noti
come tra i più velenosi, hanno allungato le loro teste fuori dalle loro tane,
spalancando le venefiche fauci. In verità, se non fossimo saltati via tanto
celermente, essi si sarebbero precipitati su di noi, procurandoci qualche serio
malanno. Dunque, questi cumuli di terra e pietra sono esclusivamente ricetto di
serpenti; non vi è là nulla che somigli all'uomo?”.
5. Io vi dico: “Per sapere ciò, dobbiamo
osservare questo cumulo dalla parte settentrionale, dove, però, è accessibile
con ancora più pericolo. Voi dovete, perciò, camminare dietro a me e guardare
furtivamente al di sopra delle mie spalle e allora vedrete come stanno
esattamente le cose. Venite dunque!”. Come vedete, noi siamo nel posto giusto;
ora osservate bene: nella parte più bassa del cumulo c'è un buco, come nelle
tane delle volpi, osservate attentamente nell'interno e scorgerete qualcosa
d'altro. Però, quando avrete scorto qualcosa, sia pure di molto spaventoso, voi
dovete, tuttavia, mantenervi silenziosi e tranquilli, poiché un moto inconsulto
o un intempestivo grido di paura potrebbe avere, quale conseguenza per voi, di
dover fuggire il più rapidamente possibile.
6. Ebbene, avete guardato nel suo
interno? Voi l'affermate senza aprire la bocca, così va bene. Prima di entrare
in argomento, allontaniamoci il più rapidamente possibile da questo cumulo,
poiché, nelle sue vicinanze, non è consigliabile parlare di ciò che lo
riguarda. Dato che questo cumulo è formato da migliaia di orecchie in ascolto,
è meglio stare ad una debita distanza. Dunque, raccontatemi ora ciò che avete
visto.
7. Voi dite: “O caro amico e fratello,
quanto spaventoso e orrendo era quello che abbiamo visto! Sul fondo c'era un
essere accoccolato, che aveva tutto l'aspetto di un drago ripugnante e spaventoso.
Questo drago aveva bensì una testa simile a quella umana, però, al posto dei
capelli si potevano scorgere una massa innumerevole di serpenti velenosi, che
si attorcigliavano da ogni parte e volgevano tutt'intorno i loro occhi
infuocati, per vedere se a tale orrenda dimora si avvicinava qualche preda.
8. Verso la parte anteriore, lungo le
pareti, si poteva scorgere una quantità di misere figure umane, ammanettate
mani e piedi con catene ed un grande numero di serpenti liberi che strisciavano
intorno a dette figure, mordendone le vene e succhiando fuori il sangue.
Quell'orrido essere aveva, nella sua mano destra, fasciata da un serpente, una
spada rovente e sull'altra mano uno scritto arrotolato. Un serpente, che era
attorcigliato lungo il suo braccio sinistro, sfogliava spesso questo rotolo,
dopo di che passava la sua lingua viscida sulla parte del rotolo così
sfogliato, come se volesse rendere attento il mostro seduto sul fondo su
qualcosa di speciale importanza. Subito dopo vedemmo che, da un punto oscuro
del fondo, venivano tratti fuori, da una quantità di serpenti, molti esseri
umani, dall'aspetto quanto mai infelice. Su di questi, il mostro vibrò
immediatamente la sua spada infuocata, ne dilaniò alcuni, mentre gli altri li
fece mettere in catene da serpenti provvisti di braccia, associandoli, poi, a
quelli che si trovavano già lungo le pareti; questo è tutto quello che abbiamo
visto”.
9. Io vi dico: “Voi avete guardato bene
e constatato tutto in modo pertinente”. Ma ora voi dite: “Caro amico e
fratello, un vizio come quello raffigurato in quest'immagine da brivido non ci
può certo essere sulla Terra!”. Io vi dico: “Ebbene, ancora delle cose
inesprimibilmente e molto peggiori di quanto descritto in questa immagine,
avvengono appunto sulla Terra, in questo campo. Ebbene, vi rendete conto di
quale peccato si cela sotto questa raffigurazione? Vedete, essa corrisponde
alla più sporca ambizione tirannica mondano-politica. Tutto ciò che s'avvicina
al desiderio di dominio, si avvicina pure, nel suo intimo, in maniera
caratteristica, a questa immagine. Voi non dovete confondere la sporca politica
con la saggia avvedutezza di uno stato onesto e di reggenti giusti, ispirati da
Dio, i quali, com'è naturale, devono sorvegliare i loro popoli, affinché
quest'ultimi non si guastino troppo per la loro reciproca cattiveria, oppure
non vadano incontro alla completa rovina. Con questa immagine, invece, si
intende raffigurare soltanto quella scaltrezza infernale che esige dagli uomini
di stato, a rango diversi, di cercare, attraverso la più scandalosa bassezza e
viltà, di crearsi un posto di dominio e, qualora l'abbiano raggiunto, a
trincerarsi immediatamente in una ulteriore umiltà, semplicità e falsa
modestia. Ma questa loro dimora è piena di serpenti velenosi in agguato, che sono
simili ai segreti spioni striscianti di grande astuzia, che, con la massima
sollecitudine, stanno sorvegliando tutto in giro, per arrestare sul nascere,
qualche pericolo per il loro sedicente e modesto padrone. Se effettivamente
qualcuno si avvicina con cattive intenzioni, viene immediatamente afferrato e
trascinato segretamente dinanzi al modesto proprietario di tale dimora. Che ad
una simile preda, in tale discreta dimora, non vada troppo bene, l'avete visto
attraverso l'immagine. I serpenti che si trovano sul capo, al posto dei
capelli, stanno ad indicare lo sforzo senza sosta per la conquista di un potere
sempre maggiore. La spada rovente, nella mano fasciata con un serpente, indica
un posto di comando carpito con l'adulazione e l'astuzia, vale a dire un
impiego o una carica che autorizzi una tale brama di dominio per esercitare il
potere conferitogli. Che la spada sia rovente o infuocata denota l’inesorabile
severità dell'essere tirannico. Che la mano sia fasciata con un serpente
significa che essa viene usata con grande astuzia. Il rotolo nella mano
sinistra, il cui braccio è ugualmente circondato da un serpente, indica la
scaltrezza e l'avidità di dominio, nei cui piani nessuno può mettere l'occhio
all'infuori della sua grande astuzia e abilità.
10. Voi avete visto degli uomini
trascinati dal fondo, questo sta ad indicare come la molteplice astuzia del
tiranno li abbia fatti precipitare nel basso, facendoli così suoi prigionieri.
I grandi serpenti, provvisti di braccia umane, che mettono ai prigionieri le catene,
sono i complici politicanti prezzolati del tiranno. Le catene, invece, indicano
il completo stato di schiavitù di coloro che si trovano sotto la spada di un
tale essere abominevole”. Con questo detto, credo che noi avremmo interpretato
tutto e nel modo giusto.
11. Ora noi avremmo decifrato tutto. Voi,
però, dite: “L'immagine, in verità, sembra esatta, tuttavia crediamo che sia
esposta in un modo alquanto forte”. Ebbene, vi voglio rendere attenti soltanto
su singoli esempi, di cui la vostra Terra, specialmente al tempo presente (anno 1842), è piena, e dagli stessi
potrete dedurre molto facilmente se questa immagine dice troppo!
12. Affinché voi non arrovelliate troppo
il vostro cervello, attirerò la vostra attenzione, in primo luogo, su tutti i maligni
ammutinatori, i quali, per la maggior parte, partendo da un altro principio,
dopo il compimento dei loro astuti e malvagi piani, si sono tramutati nei più
grandi mostri dell'umanità. Robespierre è ancora lontano da essere il peggiore,
fra gli innumerevoli che hanno precipitato la povera umanità della Terra in
molteplici modi, materiali, morali e spirituali, in una infelicità senza nome.
13. Se fosse consigliabile farvi vedere
ciò, nel più profondo dei cumuli di terra, che si trovano più addentro nella valle
infossata, in verità, voi potete credermi, già al prossimo cumulo, perfino il
più impavido fra voi, non sarebbe più in grado di mettere sulla carta nemmeno
una lettera, poiché tutto ciò appartiene al più profondo, nonché perverso
Inferno. Dall'altura avete scorto quanto grande è il numero di questi
rigonfiamenti del terreno in questo orripilante burrone. A questo proposito,
posso soltanto dirvi che in ognuno di questi cumuli, le cose stanno, per dire
un numero, in modo diecimila volte peggiore che nel precedente.
14. E vi basti questo, poiché devo
confessarvi apertamente: soltanto i più potenti spiriti angelici, provvisti di
ogni possibile forza del Signore, possono attraversare questa valle tenebrosa
senza averne danno. Io, però, non potrei penetrare con voi neppure fino al
terzo cumulo, poiché, fino a tanto che questa brama di dominio ha di mira la
vanagloria e il mondano, come voi avete visto nel primo cumulo, essa non è
pericolosa per lo spirituale, quando si usa la necessaria prudenza. Mentre, nel
secondo caso, una tale brama allunga le sue braccia serpentine nello spirituale
vostro, perciò ogni spirito deve fare molta attenzione e stare ad una certa
distanza da un tale cumulo. Con ciò accontentiamoci di quello che abbiamo visto
in questa valle. La prossima volta noi andremo in una zona verso settentrione
su di una altura più sicura e più benigna, dalla quale potremo dare un'occhiata
generale sulle varie condizioni di tale regione e, con ciò, chiudiamo!
[indice]
* * * * *
Entrata all'Inferno
1. Ma per raggiungere questa altura
favorevole dobbiamo andare verso il lato orientale della regione nordica
generale e da lì, poi, potremo salire su quel vertice, poiché la regione che si
estende più verso Nord è troppo orribile per poter continuare il viaggio da
quel lato. Oltre a ciò, da quell'altura, noi potremo comunque abbracciarla con
lo sguardo. Perciò, venite con me e in modo spirituale saremo lassù il più
presto possibile.
2. Ed ecco, noi siamo già presso la
prima valle da noi visitata e, guardate un po' là verso il fiume e vedrete
quella coppia che noi abbiamo incontrato prima e come ora essa si purifichi
nell'acqua del fiume e come essa stia assumendo, sia pure parzialmente, un aspetto
migliore, già rimarchevole. Voi ora chiedete, cosa ciò stia a significare.
3. Il significato è che l'uomo si sente
sazio e stanco del vizio carnale e prova un desiderio, misto a pentimento, di
migliorarsi e di rinunciare completamente a tale peccato e, perciò, di
purificarsi, secondo la possibilità, da tutto il male che il peccato porta con
sé. Voi vedete com’è difficile una tale purificazione, dato che questo fiume ha
poche baie perché possano accedervi questi peccatori induriti. Oltre a ciò,
essi non devono avventurarsi troppo al largo, poiché, in primo luogo, le onde
del fiume sono troppo impetuose e ci sono, poi, delle apparizioni che
minacciano d'ingoiare tali penitenti.
4. Se, però, essi persistono
coraggiosamente, stando calmi, sulla loro baia, allora essi si sentono sempre
più fortificati e in via di guarigione e così incoraggiati e, una volta
raggiunta la piena forza, possono risalire il fiume nella direzione fra Oriente
e Settentrione, da dove il fiume discende. E ora sono giunti ad un ponte, che
unisce una sponda con l'altra, dove, di fronte, si trova una collina,
attraversando la quale, essi giungono, poi, nella regione occidentale (sera).
5. Come stanno le cose nella regione
occidentale, noi avremo occasione di constatarlo quando la percorreremo, subito
dopo aver dato la progettata occhiata alla regione settentrionale. Ora che
sapete ciò, lasciate che ci innalziamo sulla nostra altura, per vedere più in
dettaglio questa regione del Nord.
6. Voi chiedete nuovamente se tale
altura è visibile. Certo che lo è; guardate lassù, abbastanza distante da qui,
quella cresta della montagna bianco-grigia, quella è la nostra destinazione.
Voi rabbrividite un po' dinanzi alla vertiginosa altezza di quella sommità; ciò
però non pregiudica affatto il nostro viaggio lassù, poiché noi raggiungeremo
quella cima altrettanto facilmente quanto abbiamo raggiunto questo punto sul
quale ora ci troviamo e, se voi volete, avviamoci! Ora, siamo sul posto. Come
vedete, c'è spazio a sufficienza su questa cima, soltanto che voi non dovete avvicinarvi
troppo all'orlo, specialmente da quel lato che è rivolto verso il profondo
Nord, che, come vedete, è avvolto nella più completa oscurità.
7. Dunque, avvicinatevi a me e guardate
giù, verso Occidente, e abbastanza distante; vedete i tre burroni? Sono quelli
a noi già noti. Però, dopo questi tre, ce ne sono ancora sette e, se voi
guardate attentamente, scorgerete che sono pieni di buchi, dai quali si eleva
un fumo grigio scuro. Voi chiedete, che cosa ciò significhi.
8. Ciò significa quello stato dell'uomo,
in cui, nella sua vita fisico-materiale, conosce l'essenza del vero e, a suo
proposito, lo tramuta nel falso e poi vi agisce in conformità alla sua
interiore malignità. I buchi, che stanno aperti verso la luce del Mezzogiorno,
indicano il riconoscimento della Verità Reale; il fumo che ne sale da questi
denota l'arbitrario capovolgimento della divina Verità, nella vana falsità; il
fuoco nascosto, dal quale il fumo sale, è il celato maligno fondamentale, quale
massimo grado dell'amore di se stessi e della brama di dominio che ne risulta.
Da questo maligno fondamento tutto il buon seme della luce viene tramutato nel
seme della zizzania, che viene, poi, accesa da questo fuoco divoratore ed
infine bruciata e dissolta in tale fumo.
9. Voi vedete che anche questi sette
burroni sono separati, l'uno dall'altro, da dossi montuosi ed ogni dosso, come
potete scorgere, consiste di dieci colline; ogni collina è ornata come da una
cappella. Voi dite: “Che significa tutto ciò?”. Le dieci colline indicano
dappertutto l'elevata legge mosaica, mentre le cappelle indicano la Sapienza di
tale legge. Le sette valli, che queste colline separano l'una dall'altra,
denotano la settupla legge dell'amore del prossimo.
10. Voi, però, vedete appunto in queste
valli un buco fumante. Questo denota la lenta distruzione della Legge divina e
il completo ottenebramento e l'avvio verso la rovina più completa dell'amore
del prossimo, cose queste, che, prese tutte nel loro insieme, vengono definite
“la grande prostituzione di Babele”. Questo fumo, però, è peggiore di qualsiasi
altra pestilenza. Chi l'ha aspirato una volta ne è immediatamente tanto
stordito ed accecato che non solo nella valle non può trovare un posto libero,
bensì può girare quanto vuole, ma non gli riesce di abbandonare quel posto dove
egli è stato appestato dal fumo.
11. Voi chiedete: “Che gli succede
allora?”. Guardate più attentamente e scorgerete facilmente come, dalle
cappelle ben chiuse, escono dei salvatori, che si affrettano a discendere nel
fondo valle e si avvicinano a tali affumicati e li portano via, su punti più
liberi. Però, voi potete anche vedere che pochi sono quelli che si lasciano
portare lontano; la maggior parte persiste testardamente nel voler rimanere al
proprio posto, mentre preferiscono essere guidati da neri messaggeri che escono
dai buchi.
12. Vedete, questa è la vera immagine del
vostro mondo attuale e sta ad indicare la natura di tutta la peccaminosità
degli uomini, durante la loro permanenza sulla Terra.
13. Voi, però, vedete che questa alta
catena montuosa divide a perdita d'occhio questa regione settentrionale dalla
vera e propria tenebrosa Mezzanotte, che voi potete scorgere dietro alle vostre
spalle e che desta realmente orrore e spavento.
14. Però, prima di gettare uno sguardo
là, diamo ancora un’occhiata verso giù, dalla parte che guarda ad Oriente.
15. Qui potete vedere, dopo le tre già
note valli mediane, da noi visitate, pure altre sette valli. Queste sette
valli, se paragonate a quelle da noi proprio ora osservate dalla parte
occidentale, sono, come potete vedere, considerevolmente più elevate e vi si
scorgono dappertutto parecchi villaggi. Ma per poco che voi aguzzate la vista,
potete facilmente constatare che là non c’è affatto ordine. In nessun luogo si
scorge un po' di vita; i campi sono, per la maggior parte, abbandonati e dove
c'è qualche tratto coltivato a grano, dappertutto spunta fra il nobile
frumento, per lo meno, tre volte tanto, di erbaccia. Soltanto nell'ultima
valle, verso Oriente, sembra che le cose vadano meglio, per quanto anche là ci
sia più disordine che ordine.
16. Anche qui, sulle solite colline fra
le valli, voi potete scorgere delle cappelle, come verso Occidente, però, se
osservate con attenzione, vedrete che sono pochi coloro che vi salgono. I
benevoli custodi delle cappelle hanno preparato dappertutto delle vie comode il
più possibile, ma, tuttavia, perfino queste vie comode, purtroppo, sono
considerate scomode e troppo faticose dagli abitanti dei villaggi , i quali, da
veri ghiri noiosi, non indotti ad uscire dal loro letargo ed a salire alle cappellette
neppure dai bei giardini che le circondano, pieni di alberi fruttiferi e dalla
bella vista che si gode, oltre il fiume, nelle felici distese dell’eterno
Mattino.
17. Voi dite: “Tutto ciò risponde al vero
e lo vediamo con gli occhi nostri, soltanto, cosa significa questo
comportamento?”.
18. Cari fratelli ed amici! Qui io sono
dell'opinione che voi dovreste riconoscerlo al primo sguardo ed a questo
proposito non voglio dirvi altro, se non soltanto quello che il Signore disse
attraverso Giovanni, riferendosi alla comunità dei Sardi, alla quale rivolse
queste parole: «Poiché tu non sei né fredda né calda,
bensì, soltanto tiepida, Io ti sputerò dalla Mia Bocca» (Apocalisse
3,16). Di più non occorre che vi dica; confrontate soltanto il vostro
cosiddetto “mondo buono e migliore” con questa immagine, e lo troverete
rappresentato esattamente alla lettera.
19. Nel mondo non si dice così?: «Comunque io non faccio nulla di male,
in confronto ai Comandamenti che mi riguardano. Se mi mantengo tranquillo e non
faccio danno a nessuno, che cosa si vuole ancora di più da me?». Vedete, sulla base di questi
principi, l'intera popolazione di questa zona sta chiusa nelle sue capanne,
senza curarsi l'uno dell'altro. Se viene qualcuno a chiedere aiuto, nessuno
glielo accorda, oppure qualcuno, dall'angolo dove sta dormendo, bisbiglia: «Aiutati da te, come puoi, poiché
anch'io mi aiuterò da solo, quando avrò bisogno di qualcosa. Tu non hai nulla a
che fare con me, né io con te, perciò ognuno si preoccupi di ciò che lo
riguarda».
20. Vedete, da ciò potete riconoscere
facilmente il vostro mondo, in che stato e dove si trova! Come potete
constatare esso è, innanzitutto, altrettanto ben separato, al pari delle altre
zone dove domina il maligno dalle distese felici, da questo fiume infausto e
fatale. Secondariamente, questa zona è altrettanto vicina a questa catena di
monti confinaria tra il di qua e l'aldilà, quanto quella zona che abbiamo
osservato verso Occidente. E tutte queste valli, che voi vedete, sboccano sotto
la parete di questa alta montagna in dei tenebrosi tunnel o passaggi
sotterranei, che conducono per via diretta in questo aldilà, oltremodo
tenebroso, che si trova dietro le vostre spalle.
21. Voi chiedete: “Che è ciò?”. Io vi
dico: “Dal momento che noi abbiamo osservato l'anteregione, volgiamoci un po' e
guardiamo la regione che sta dall'altra parte e tre brevi occhiate vi diranno
di più di quanto vorreste sapere”.
22. Ecco, voi vi siete voltati; ebbene,
che cosa avete scorto? Voi dite: “Per il momento, ancora nulla, all'infuori di
una notte che diventa sempre più profonda”. Guardate ancora una volta; che cosa
vedete ora?
23. “Oh, oh!”, esclamate, “quale cosa
spaventosa e miseria su miseria! Noi non vediamo che un fuoco dopo l'altro e
serpenti roventi che si attorcigliano nelle fiamme”. Bene, ma ora guardate
ancora una volta; che cosa vedete adesso? Questa vista, a quanto vedo, vi
toglie la facoltà della parola e ora io vi dico: “Quello che si è mostrato al
vostro terzo sguardo, è il primo grado del vero Inferno! Vi è ancora un secondo
grado, e poi un terzo; questi due ultimi, però, non li potete guardare, poiché
già un brevissimo sguardo vi costerebbe la vita, poiché là regna, dappertutto,
la morte più assoluta. Il primo Inferno, tuttavia, ve l'ho mostrato, affinché
voi possiate desumere dove conducono irrevocabilmente i passaggi sotterranei
che partono da tutte queste valli!
24. Quanto difficile diventa per lo
spirito, appesantito materialmente dal maligno, la via del ritorno, voi lo
potete facilmente dedurre dalla incommensurabile profondità che, da questo
dosso montuoso, porta nell'abisso tenebroso”. Di più, per il momento, non
occorre che sappiate, a questo riguardo.
25. Il punto in cui noi ci troviamo è,
invece, quella libera altezza, in cui l'uomo viene a trovarsi, nella sua vita
fisica, dalla quale egli riconosce in sé, fin nell'intimo, in uguale misura, il
vero e il falso e il buono e il cattivo.
26. Colui che si trova a tale altezza, ha
trovato il vero significato della vita e non può più andare perduto, a meno che
egli, di sua spontanea volontà, preferisca gettarsi giù, nell'abisso. Ma,
certamente, una cosa simile egli non la farà, perché sa quanto cara è costata
l'ascesa. Mentre noi ora, invece, scenderemo da questa altura senza rimetterci
niente, per andare dove ci attende la navicella. Voi volete e potete e così noi
siamo nuovamente dove volevamo andare. Bene, ma ora guardate ancora una volta;
che cosa vedete adesso?
27. Salite sulla navicella ed io la
slegherò e vi ricondurrò all'altra sponda più felice. Ecco, la navicella è
sciolta e il viaggio incomincia.
28. Come vedete, questa volta affiora
dall'acqua un numero ancora maggiore di mostri, che minacciano d'ingoiarci
ancora più ferocemente che nella traversata precedente. Però, guardate, la riva
felice è già qui, così che essi possono esercitare i loro denti contro la
navicella, dato che noi siamo già all'asciutto! Ora, da qui rivolgeremo i
nostri passi verso Sera e visiteremo quella regione migliore la prossima volta;
così che per oggi concludiamo!
[indice]
* * * * *
Visita nel territorio Occidentale
1. Vedete, qui c'è una via molto comoda,
procediamo perciò lentamente. Se guardate alla vostra sinistra, potete
scorgere, quale confine di un'ampia pianura, delle catene di monti abbastanza
alti, ma dolcemente arrotondati, coperti da bellissimi boschi di cedri e varie
altre specie di magnifici alberi. Le cime sono dappertutto libere ed ognuna è
ornata con una piramide, sulla cui punta brilla una limpida stella. Se voi, invece,
guardate diritto dinanzi a voi, allora scorgete un'ampia valle, la quale si
allunga in linea retta e ha l'aspetto di essere molto fertile, fin dove potete
spingere lo sguardo. In diversi luoghi di questa valle, potete vedere anche
degli edifici molto graziosi e degli uomini molto solerti che vi entrano e vi
escono, come pure molti altri zelantemente occupati nella coltivazione dei
campi. Dite, non vi sembra di passeggiare sulla vostra Terra, in una bella
valle, nella quale, appunto come qui, dei pacifici campagnoli stanno lavorando
alacremente i loro campi?
2. Se poi rivolgete lo sguardo alla
vostra destra, scorgerete ugualmente, in lontananza, una catena di monti tanto
estesa da non vederne la fine, le cui pendici sono pure coperte di alberi di
buona specie, in mezzo ai quali, qua e là, si mostra una casa di contadini,
mentre sopra la boscaglia, il monte si eleva rapido e pietroso, con la cima
coperta di neve e ghiaccio eterni.
3. Voi dite: “La regione è davvero
meravigliosamente bella, però vi manca dappertutto qualche lago o qualche
fiume. Se qualcosa del genere ci fosse, non sarebbe tanto facilmente possibile
trovare altrove una regione più incantevole e, nello stesso tempo, così
romanticamente bella come questa”.
4. Io, però, vi dico, miei cari fratelli
ed amici, abbiate un po' di pazienza, poiché ben presto vedremo dell'acqua in
grande quantità, dato che noi procediamo molto celermente, così che siamo
penetrati già in questa regione occidentale molto più profondamente di quanto
possiate concepire. Guardatevi un po' intorno e misurate la dolce catena di
monti, ornati con le piramidi e vi sincerereste quanto addentro noi siamo già
penetrati.
5. Voi dite: “Come è possibile ciò?”.
Noi non possiamo vedere la fine di questa catena di monti, mentre, in pari
tempo, ci sembra che essa continui all'infinito, pure dietro a noi. A grande
distanza noi scorgiamo appena scintillare, come pulviscoli solari illuminati,
le belle stelle che si trovano sopra le piramidi. Certo, cari fratelli ed
amici, su questo suolo si viaggia molto velocemente, senza che il viaggiatore
si accorga della velocità del moto. Ciò nonostante, come voi stessi
constaterete, camminando con tutta comodità, passo a passo, la nostra nozione è
tanto rapida, che sulla Terra, di una tale rapidità, nessun può farsi neppure
una pallida idea. Se fosse possibile, fisicamente, raggiungere una tale
velocità, potreste attraversare in un attimo miliardi di sistemi solari. Come
ciò sia possibile, verrà da noi discusso prossimamente.
6. Ora volgiamo nuovamente il nostro sguardo
avanti e riprendiamo nuovamente il cammino. Voi mi chiedete: “Cos'è, laggiù in
fondo, quella superficie scintillante, al di là della quale, sul firmamento un
po' oscuro come la sera che avanza, fanno bella mostra delle stelle molto
scintillanti?”. Abbiate un po' di pazienza, vi giungeremo presto. Guardate ora
verso destra e ditemi se quanto vedete è di vostro gusto. Io leggo dai vostri
occhi la vostra approvazione, ebbene, non è questo un lago in piena regola?
7. Guardate, queste belle isole emergono
sulla calma e pura superficie dell'acqua e sono ben coltivate ed oltre a ciò
ornate d'una graziosa casetta e guardate quanti bei navigli solcano le acque,
cariche di gente che va da una isola all'altra. Voi vi sorprendete e dite che
non ne vedete nemmeno la centesima parte! Più ci inoltreremo e tanto più esteso
questo lago ci apparirà.
8. Come potete vedere, la sponda
sinistra, però, costituisce sempre una larga valle, fino alla catena montuosa
che continua dalla parte sinistra e non dovremo camminare ancora molto prima
che questa valle si restringa e che, all'incontro, il lago si allarghi ancora
maggiormente dinanzi ai nostri occhi. Guardate qui, alla nostra sinistra, su
una bella collina verde c'è un bellissimo tempio, con un tetto d'oro e voi
potete pure scorgere che in questo tempio, aperto da tutti i lati, c'è una
grande quantità di uomini. Voi pure vorreste sapere in che cosa sono occupati.
9. Guardate verso la vicina riva come
scende da un grazioso battello una compagnia, che si recherà in tale tempio.
Rivolgetevi a loro, e noi apprenderemo senz'altro quello che li attrae in quel
tempio. Se però voi non osate, lo farò io.
10. “Ascolta, o buon amico e fratello nel
Signore, che cosa vi attrae nel tempio che si trova sulla cima di questa verde
collina?”. Ed egli risponde: “Amico caro, da dove vieni, che ignori ciò?”. Ed
io replico: “Da dove tu credi che io venga?”. Ed egli: “Da Oriente!”. Ed io
rispondo: “Allora, se tu vedi che vengo da Oriente, come puoi chiedere da dove
vengo? Io, però, desidero, a causa di quelli che sono con me, che tu ti rivolga
a me con linguaggio aperto”.
11. L'interrogato si inchina e dice:
“Potente messaggero del Signore, un savio dell'Oriente, un fratello, cioè, che
a te sarà ben noto, insegna, in quel tempio, l'Amore del Signore, perciò noi ci
rechiamo là, per ascoltare una tale alta Sapienza”. Ed io gli dico: “Da quanto
tempo siete già abitanti immortali di queste isole?”. Ed egli così si esprime:
“Potente messaggero del Signore, noi abitiamo in questa regione da già più di
cento dei vostri anni terrestri!”. Io ribatto: “Non desiderereste avvicinarvi
di più verso l'Oriente?”.
12. Ed egli: “Noi non conosciamo la via,
però quest'isola ci è stata assegnata quale dimora, perché vi ci trattenessimo.
Poi non è venuto nessuno che potesse portarci più avanti ed a noi mancò sempre
il coraggio d'intraprendere di nostro impulso un viaggio che ci sembrava
infinitamente lungo; poiché i più saggi fra noi dicevano che l'Oriente, del
quale scorgiamo benissimo la luce, è infinitamente lontano. Per conseguenza,
noi pensiamo che l'Oriente sia assolutamente irraggiungibile con le nostre
forze e, perciò, non ci rimane altro che attutire il più possibile la nostra
brama di andare là. Oltre a ciò, noi siamo dell'opinione che quello che
possediamo qui è già troppo per noi, quale pura Grazia e Misericordia del
Signore e per questo siamo pieni di riconoscenza. C'è, però, una cosa che noi
vorremmo godere, almeno una volta, cioè poter vedere il Signore!”.
13. Ed io rispondo: “Allora, recatevi nel
tempio, dove viene insegnato l'Amore per il Signore. Guardate, come tutta la
compagnia si affretta a raggiungere il tempio, attraversando i bei campi!”.
14. Ora voi mi chiederete: “A che
categoria di uomini costoro sono appartenuti, durante la loro esistenza sulla
Terra?”. Ed io vi dico: “Questi sono i cosiddetti cristiani credenti, i quali
cercavano la giustificazione nella sola fede e non volevano riconoscere l'Amore
in modo giusto; vale a dire che, secondo loro, l'Amore non serve a nulla per la
Vita eterna ed è questo principio che li trattiene qui. Il lago indica
l'inaccessibilità di coloro che si sono stabiliti su qualcosa di fisso. Le
isole, invece, denotano che il Fondamento è emerso dalla Parola del Signore.
Però, dato che la Verità non è collegata con l'Amore, o altrimenti detto: il
Vero della Fede non è unito nel vero matrimonio celeste col Buono dell'Amore,
così la zona abitabile di questa gente è separata. I navigli, che voi scorgete
nel lago, indicano il buono ed amichevole modo d'agire di tali uomini sulla
Terra e questo modo d'agire porta, come vedete, gli isolani a delle relazioni
reciproche.
15. Questa zona qui, dalla parte
sinistra, contrassegna coloro che, dalle verità della fede, un po' alla volta,
sono passati, sia pure parzialmente, ad una buona attività d'Amore, perciò
credono anche all'Amore del Signore. Tuttavia, essi rimangono sempre più
attaccati alla Fede, che non all'Amore. Questo viene dimostrato dappertutto
dagli alberi, alti e robusti, i quali, però, non producono frutti commestibili,
ragione per cui gli alimenti vengono loro offerti con dei prodotti del terreno
di bassa taglia, però in quantità sufficiente. E così, pure, le piramidi sulle
cime montuose arrotondate, con le stelle lucenti sulla punta, stanno ad
indicare che il principio più alto di questi uomini è la fede e così,
ugualmente, la sola ed unica luce. Quella parte di questi monti, che è
riccamente coperta di cedri, denota il valore di tale fede.
16. Che, però, essi non producono frutti
commestibili, significa che la sola fede non è atta a promuovere la Vita, per
quanto già nella sola fede dimori, per se stessa, una Vita alquanto spirituale,
ma non atta ad avanzare.
17. La regione alla nostra destra, con i
monti scoscesi, confina innanzitutto col Nord! Questa è la ragione per cui sono
così ripidi e alti ed è il segno che là si trova la linea di demarcazione fra
l’Occidente e il Nord”.
18. Voi chiedete se anche la regione a
destra sia abitata. Oh, certo, però, per la maggior parte, da buoni pagani,
come pure da coloro che con l’iconolatria hanno preservato il loro cuore dalla
tristezza e che, del resto, erano dei probi abitanti del mondo. I templi che
vedete emergere, qua e là, dalla boscaglia, sono ugualmente luoghi
d'insegnamento, dove tali esseri possono essere liberati dai loro errori, pur
che lo vogliano seriamente!
19. Però, fino a tanto che ciò non si
verifica, sono lasciati come sono e non viene fatta, su di essi, nessuna
pressione. Ora che sappiamo ciò, possiamo, senz'altro, rimetterci in cammino.
20. Voi chiedete nuovamente: “Che cos'è
quella colonna, eccezionalmente alta, che si trova laggiù, alla sinistra, dove
il lago si allarga, mentre la striscia di terreno si restringe?”. Rechiamoci
là; ecco, essa ci è sempre più vicina e ora siamo proprio sul posto. Leggete
ciò che sta scritto là in alto. Ebbene, voi avete letto esattamente, poiché vi
si dice: «Segno
di demarcazione fra il Regno dei figlioli e l'Antiregno»; che è la dimora di coloro che non
sono ancora idonei ad un passaggio.
21. E ora guardate dinanzi a voi come si
estende, a perdita d'occhio, un immenso mare, al di là del quale non si scorge
terra. Vedete, questa è, appunto, la superficie scintillante che prima abbiamo
scorto da lontano. Soltanto, guardate ancora più avanti, proprio in fondo,
poichè potrete vedere anche le stelle, tuttavia per oggi faremo sosta dinanzi a
questa colonna, mentre la prossima volta inizieremo la nostra traversata verso
quella profondità stellare, e con ciò chiudiamo per oggi!
[indice]
* * * * *
Confine del Regno dei figlioli
1. Voi chiedete: “Caro amico e fratello!
Come potremo attraversare questa enorme superficie marina, visto che non c'è in
nessun luogo una barca o una nave da poter utilizzare?”. Io, però, vi dico: “Di
ciò noi non abbiamo bisogno. Dipende solo da voi se volete camminare su queste
acque come un tempo il popolo israelita attraverso il mar Rosso o, quindi, come
ha camminato Pietro col Signore sulla superficie delle acque. Entrambe le cose
possono avere luogo ed accadrà come voi volete”. Voi dite che dovrei decidere
io e dichiarare quale sia la cosa migliore.
2. Se dipende da me, preferisco seguire
il Signore che non Mosè. Dunque cercate di camminare sulla superficie delle
acque con me e non abbiate la benché minima paura, perché sulla superficie
acquosa noi cammineremo come sulla terra ferma. Vedete, ora siamo già
sull'acqua; come vi sembra questo suolo? Voi dite: “E' estremamente bello
camminarci sopra. Il suolo è certo molto sottile da qualsiasi parte mettiamo i
piedi, ma è comunque resistente come lo è una piuma e non cede. L'acqua è molto
limpida e sembra essere estremamente profonda. Ma non abbiamo comunque nessuna
paura, dato che siamo convinti che, per poterci sostenere, l'acqua deve avere
una sufficiente saldezza”.
3. Questo è giusto, miei cari fratelli,
fintanto che si è vicini alla sponda e la superficie dell'acqua è calma e
liscia come uno specchio. Quando, però, saremo giunti in alto mare e la
superficie dell'acqua diverrà sempre più fluttuante, ci si dovrà concentrare il
più possibile, per non lasciarsi prendere dalla paura, per poi perdere
l'equilibrio. Tuttavia, se l'acqua è salda qui, ai vostri piedi, rimarrà tale
anche nel mezzo del mare, perciò cerchiamo d'iniziare il nostro viaggio.
Soltanto tenetevi vicini a me e non fate dei passi incerti e vacillanti, ma
sicuri e ben fermi, poiché, con i passi molli e non sicuri, non otterrete mai
un granché. Infatti, come potete vedere, la superficie dell'acqua è quanto mai
scivolosa e se non vi si posano i piedi saldamente e con sicurezza, si può
facilmente scivolare e cadere; in questo caso riesce molto difficile rimettersi
in piedi, però, vedo che voi fate già dei buoni progressi.
4. E ora, sempre avanti in linea retta,
fino a che avremo raggiunto quel punto sul lontano orizzonte, che ha tutta
l'apparenza di essere piuttosto burrascoso. Ora, come vedete, noi procediamo
rapidamente e se anche in qualche punto il suolo già vacilla, in seguito al
moto ondoso del mare, tuttavia, ciò non impedisce affatto il nostro viaggio.
5. Però, cosa state guardando tanto
attentamente nell'acqua? Voi dite che guardate soltanto per vedere se nelle
profondità del mare non ci siano dei pesci od altri animali acquatici. Io vi
dico che ci sono pesci piccoli di nobile specie, ma potete star tranquilli che
qui non ci sono dei mostri marini. Se volete vedere i nobili pesci, che
emigrano da Oriente ad Occidente, dovete volgervi un pochino di fianco. Vedete
quale enorme quantità di pesci lucenti ravvivano queste acque senza fine,
provenendo dalla regione del Mattino? Non hanno essi una certa somiglianza con
i vostri pesciolini dorati che, certamente, il loro splendore non ha nulla in
comune con questi?
6. Voi vorreste pure conoscere qual è il
suo significato? Ebbene, ciò denota la Vita fluente dall'eterno Oriente, che
vivifica questo elemento, compenetrandolo e che poi ne esce, quale una Vita
Libera, diffondendosi negli spazi infiniti delle eterne Creazioni di Dio.
7. Dal momento che ora abbiamo già fatto
una sosta, approfitteremo per dare un’occhiata intorno, sulla superficie di
queste grandi acque. Ed ecco che voi siete spaventati, poiché sembra che tutta
l'Infinità sia riempita di queste acque, dato che noi non riusciamo a scorgere
più, in nessun punto, delle tracce di terraferma. Io, invece, vi dico: “Non
preoccupatevi e riflettete che, malgrado questa enorme superficie acquea
intorno a voi, non va tanto male, com’è andata a Cristoforo Colombo con le sue
misere navi, nel mezzo dell'Oceano Atlantico, dove egli si guardava avanti ed
intorno, pieno di sgomento, per scoprirvi almeno un piccolo braccio di terraferma
qualsiasi”.
8. Ora, però, continuiamo il nostro
viaggio. Come vedete, non ci manca molto per arrivare alle grandi onde. Quando
vi giungeremo, mettetevi bene stretti intorno a me, poiché dovremo passare
delle profonde valli e degli alti monti, formati dal moto ondoso delle acque.
9. Guardate come le onde diventano
sempre più visibili e più vicine a noi; tenetevi saldi poiché ancora un paio di
passi ed avremo raggiunto i marosi. Ecco il margine della prima onda già
dinanzi a noi. Guardate quant'è profondo il solco formato da questa e come
l'acqua vi si precipita, mentre, dalla parte opposta, sembra che si innalzi
fino al cielo un monte di flutti spumeggianti.
10. Voi dite: “O caro amico e fratello,
non è possibile oltrepassare tutto ciò, senza passarci dentro? Poiché è già
spaventoso soltanto guardarlo. Là si accavallano un paio d'onde alte fino al
cielo. Ecco che si costituisce un abisso, formato dalle acque, così profondo
come quando da una altissima montagna si guarda verso il baratro che fa venire
i brividi”.
11. Io però vi dico: “Non vi allarmate,
perché ci andrà molto bene, poiché, come potete osservare, l'abisso formato
dalle acque si sta già richiudendo con in mezzo noi tutti; e così noi possiamo
continuare il nostro cammino e quando avremo raggiunto quella montagna d'acqua
che s'innalza dinanzi a noi, anch'essa poi si sarà appianata”. Anzi, guardate
come essa si sia già abbassata e, così, la via è nuovamente libera. Però, qui
c'è di nuovo un abisso, schiumando selvaggiamente le pareti acquee si
precipitano verso il fondo. Noi, però, pazienteremo per un po', poiché anche
questo abisso diventerà in breve, nuovamente, una via piana. Infatti, ecco che
le pareti si sono già riunite e noi possiamo continuare il nostro viaggio. Là,
però, c’è un’immensa montagna acquea, mentre, dietro a noi, proprio ora si è
formato un nuovo abisso. Voi dite: “Questa mostruosa montagna finirà con lo
spingerci nell'abisso”. Non preoccupatevi, poiché il monte acquoso riempirà
l'abisso e così noi avremo nuovamente una via transitabile.
12. E ora osservate: “Dopo la burrasca e
la pioggia, splende il Sole”. Con questo monte, formato dai flutti, abbiamo
attraversato tutta la parte burrascosa di questo mare e, dinanzi a noi, abbiamo
ora delle acque tranquille, però laggiù, molto lontano, dove vedete un grande
numero di stelle sopra le acque, incontreremo un altro punto pericoloso, con
dei grandi vortici. Soltanto che voi dovete rimanere tranquilli, poiché questi
non potranno danneggiarvi. Ed ecco, data l’attuale maggiore velocità del nostro
procedere, noi siamo giunti vicino ai vortici, soltanto che qui dobbiamo
camminare sempre sull'orlo del vortice e così non ne verremo neppure sfiorati.
E neppure dovete impressionarvi per il suo rumore simile al tuono, piuttosto
guardate verso il firmamento, poiché siamo già sotto le stelle, le quali,
qualche momento fa, ci sembravano tanto distanti. Ora, però, state bene attenti
e guardate cosa si presenta dinanzi a voi!
13. Voi gridate: “Terra, terra!”. Già,
terra; allora questo mare non era veramente tanto infinito, come ve lo
immaginavate fino un momento fa. Guardate laggiù, su una lingua di terra che
s'allunga considerevolmente sul mare, c'è di nuovo una colonna.
14. Cosa sta scritto? «Regione confinante
col Regno dei figlioli». Ora sapete dove ci troviamo, però voi dite: “Ma per
l'Amore del Signore, questa è una regione orridamente montuosa. Dovremo
inoltrarci ancora più profondamente fra queste montagne?”. Ma certo, questo è
proprio lo scopo principale, per cui abbiamo fatto il lungo viaggio fin qui.
Questa regione la dovete vedere, poiché soltanto qui potrete rilevare il vero
significato dell'Occidente. La prossima volta ci azzarderemo a penetrare in
questa regione montuosa, mentre fino allora ci riposeremo accanto a questa
colonna!
[indice]
* * * * *
Chi semina con parsimonia farà una
magra raccolta
1. Dato che ci siamo sufficientemente
riposati e che abbiamo approfittato dell'occasione per gettare un ampio sguardo
retrospettivo ai luoghi ultimamente percorsi (il vasto mare con le sue onde),
la continuazione del nostro viaggio non ci costerà troppa fatica. Guardate,
proprio qui c'è una valle abbastanza larga, con un piccolo braccio di mare, che
porta verso l'interno del paese; perciò iniziamo il nostro cammino dalla parte
destra di questa insenatura. Qui possiamo procedere molto più liberamente, dato
che camminiamo su un terreno solido. Ora guardate verso il fondo della valle,
dove si restringe fortemente, là arriveremo al più presto e vi faremo la nostra
piccola tappa. Avanti, dunque, e lietamente, che in tal modo giungeremo
alquanto prima alla meta. Guardate come la valle si fa sempre più stretta e, da
ogni parte, delle spaventose rocce di alta montagna sporgono dall'alto, come se
si volessero precipitare su di noi. Tuttavia, non lasciatevi prendere
dall'angoscia, poiché a nessuno verrà torto un capello.
2. Ed ecco, noi siamo già vicini allo
stretto baratro. Vi piace qui? Voi dite: “A dire il vero, non eccessivamente!”.
Ma vedrete, quando avremo gettato uno sguardo più attento a questa regione,
essa vi piacerà di più di quanto sia il caso attualmente. Guardate qui, vicino
alla gola; al lato sinistro si diparte uno stretto fosso che va verso Sud; che
cosa vi scorgete? Voi dite: “Noi vediamo dei prati scoscesi, qua e là coltivati
a campi piuttosto miseri. Più in basso sono sparse delle casupole, che sembrano
fabbricate a ridosso del monte. Qua e là ci sono pure delle sorgenti che
precipitano da grande altezza; inoltre alberi e cespugli, così che,
nell'insieme, questa valle ha l'aspetto dunque di un ristrettissimo paesaggio
montano, come in Svizzera sul corpo terrestre.
3. E non vedete delle figure umane? Voi
dite: “Finora non ci si è presentato al nostro sguardo nulla di simile; però,
ora ci sembra che ci siano alcuni poveri contadini che salgono verso la prima
capanna. Essi indossano dei vestiti grigi, di panno grezzo, come sulla Terra.
Più avanti, ora vediamo degli altri simili campagnoli, che sembrano essere
occupati a sarchiare l'erbaccia dal buon grano e, se la vista non ci inganna,
su uno dei prati retrostanti ci dovrebbe essere una mandria di mucche piuttosto
magre. Caro amico e fratello, come puoi sincerarti tu stesso, questo è tutto
ciò che di vivente è dato scorgere qui. Questa valle continua, oppure finisce
con quanto da noi visto?”.
4. Miei cari, questa valle s'inoltra
ancora molto profondamente in questa regione, un po' alla volta diventa più
larga e più accogliente, tuttavia non paragonabile con quella zona che abbiamo
visto prima di arrivare alla prima colonna. Voi chiedete: “Che sta a
significare questa valle?”. Ed io vi dico: “Questa valle e molte simili non
sono altro che una valida spiegazione di quel testo delle scritture, dove dice:
«Chi scarsamente semina, scarsamente
raccoglie». E voi chiedete nuovamente: “Chi erano, dunque, costoro, sulla
Terra?”. Erano persone facoltose e rispettabili, che hanno fatto un po' di bene
nei riguardi della misera umanità. Comunque, essi erano dei grandi benefattori
più di se stessi, che degli altri.
5. Ad esempio, il proprietario della
prima capanna, che voi vedete proprio là davanti, era un uomo
straordinariamente ricco; quest'uomo, in ogni occasione, ha elargito delle
considerevoli somme di denaro per i poveri. Però, tutte queste somme, prese
insieme, non formarono la decimilionesima parte del suo patrimonio. Come
vedete, quest'uomo aveva bensì amore per il prossimo, ma, dall'altra parte,
l'amore di se stesso era tanto predominante che voi scorgerete immediatamente
la ragione per cui egli qui è un misero contadino. Voi dite che questa ragione
si scorge approssimativamente, allora io ve la voglio esporre chiaramente.
Però, prima dovete sapere che qui, nel Regno dello Spirito, si sa benissimo
fare il conto di capitali ed interessi e che si prendono in considerazione
anche le frazioni d'interesse nella misura di un atomo.
6. Fate, dunque, attenzione: questo
campagnolo, che qui è tanto misero, sulla Terra possedeva un capitale che
ammontava, in cifra tonda, a due milioni di fiorini d'argento. Secondo il tasso
legale d'interessi, questo considerevole capitale gli fruttava annualmente
centomila fiorini. I frutti di tale capitale quest'uomo li ha goduti per
trent'anni interi, così che egli ha aumentato il suo capitale iniziale di
ulteriori tre milioni di fiorini. Alla sua economia domestica destinava gli
interessi degli interessi, prelevando dagli stessi pure tutte le elargizioni
benefiche che, alla fine della sua esistenza terrena, ammontarono in totale a
cinquantamila fiorini. In quale proporzione sta questa somma col suo capitale
base, con gli interessi che esso rendeva in tutti questi anni? Essa corrisponde
ad un quinto della sua rendita principale. Egli, però, otteneva annualmente
cinque volte tanto, quale corrispettivo degli interessi sul suo capitale, dopo
aver raggiunto i cinque milioni; mentre la somma indicata di cinquemila
fiorini, impiegati a scopi benefici, si riferisce a tutta la sua vita. Questa
somma viene calcolata da noi sui trent’anni, e quello che corrisponde ad un
anno viene considerato come capitale e gli interessi di questo capitale gli
vengono accreditati. Il capitale corrisponde ora al valore di tutta la sua
presente azienda e l'utile che tale azienda gli rende sta sempre in esatta
proporzione con gli interessi legali. Le due persone che sono ancora con lui,
cioè sua moglie ed un suo figlio, pure trapassato, hanno, in certo qual modo,
collaborato con lo spirito del padre, perciò non dispongono di un capitale
proprio, bensì essi devono vivere degli interessi o della rendita di questa
azienda agricola.
7. Voi chiedete: “E questi esseri non
possono aumentare i loro beni?”. Sì, la possibilità c'è, ma le cose qui
procedono molto a rilento, al confronto della Terra. Però, voi sapete quanto
sia difficile, partendo da un capitale di poco superiore ai mille fiorini,
arrivare poi al milione sulla base degli interessi legali. Ebbene, qui è ancora
difficile raggiungere una maggiore possessione col proprio lavoro, poiché
quello che rende questo magro terreno è sufficiente appena, con la massima economia,
ad offrire a queste tre persone il solo necessario per poter sussistere, così
che non è possibile mettere da parte dei risparmi.
8. Però, si offre loro un unico caso in
cui i miseri abitanti di questa regione possono, un po' alla volta, tirarsi
fuori da tale loro situazione, e questo caso consiste in ciò, cioè quando
giungono qui, attraverso lo stretto abisso, dei pellegrini spaventosamente
poveri, generalmente nudi e straziati dalla fame. E quando questi pellegrini
scorgono tali capanne, si danno alla mendicità. E se un campagnolo, malgrado la
propria indigenza, accoglie il poveretto a braccia aperte, lo conduce nella sua
misera capanna, lo veste e divide con lui il suo misero pasto, allora, quale
compenso di questo atto di solidarietà, il suo capitale viene aumentato della
metà, tuttavia, senza che egli se ne accorga. Se, poi, egli si comporta così
ripetute volte o si prende definitivamente cura di un simile poveretto,
dicendogli: “Vedi, caro fratello, io sono povero e dispongo di pochissimo,
tuttavia, rimani qui, ed io dividerò questo poco fraternamente con te, fino a
tanto che ne disporrò e quando, insieme a te, avrò consumato tutto ciò che ho,
allora prenderò anch'io, volentieri, insieme a te, il bastone del mendicante”.
9. Allora, quando il campagnolo avrà
anche agito così, segretamente il suo capitale verrà centuplicato. E se in
seguito verranno a lui molti altri bisognosi ed egli li accoglierà
amorevolmente e farà il possibile per provvedere loro, ricorrendo all'aiuto di
altri vicini, allora il suo capitale aumenterà mille volte, naturalmente a sua
insaputa.
10. Se, poi, avviene che, per l’amore per
il prossimo, egli si sia spogliato di ogni suo avere e che, sul serio, egli sia
costretto a mendicare insieme ai suoi poveri di famiglia, lo si lascia fare per
un certo tempo, affinché provveda al sostentamento dei suoi accompagnatori
prima e poi a se stesso, però, dando sempre la parte maggiore e migliore al suo
fratello. Ecco, soltanto allora viene a lui, in incognito, uno spirito
angelico, inviato dal Signore, il quale si informa delle sue condizioni. Se,
allora, così egli si esprime: “Caro amico, come tu vedi, io sono povero, però
questa povertà non mi abbatte, soltanto il fatto che io non posso aiutare il
mio povero fratello mi opprime il cuore”. Che cosa pensate che possa accadere,
a questo punto? L'inviato del Signore, presentatosi quale un mendico, gli dice:
“Io venni nudo a te e tu mi vestisti e, quale affamato ed assetato, mi saziasti
e dissetasti e non misurasti la tua offerta, così che tu fosti, poi, obbligato
a mendicare insieme a me e cercasti, dappertutto, pane per me. Vedi, perciò
sono Io ora la tua grande ricompensa, poiché Io, il tuo povero fratello, sono
l'unico Signore del Cielo e di tutti i mondi e venni a te, per aiutarti.
11. Durante il tempo in cui vivesti in
sulla Terra, tu hai seminato con parsimonia e, per conseguenza, uno scarso
raccolto fu la tua ricompensa. Però, tu qui, non hai praticato più l'usura,
bensì hai permesso che il tuo cuore si impietosisse e poi si intenerisse e non
sei stato più capace di lasciar passare, dinanzi alla tua capanna, nessun
mendicante senza aver prima diviso con lui le tue scarse provviste. Vedi,
questo tuo modo d'agire, è stato fruttuoso ed ha fatto di te un ricco abitante
del Cielo. Guarda, questo fratello, che venne incontro a te, ti condurrà nella
tua nuova dimora”.
12. A questo punto il Signore scompare e
il messaggero conduce il povero abitante di questa regione, così operoso
nell'Amore, nell'aureo Mezzogiorno, dove l'attende la nuova proprietà,
proporzionata al capitale della sua attività di Amore.
13. Ma si dà anche il caso che
quell'essere felice così si esprime dinanzi al messaggero: “Caro amico e
fratello, vedi, io sono immensamente felice, per l'immensa Grazia e
Misericordia del Signore, che mi abbia largito ciò. Io so che questa nuova
proprietà sarà sicuramente splendida e doviziosa, soltanto, vedi, qui ci sono
altri fratelli molto poveri; a costoro cedo questi beni destinati a me, mentre
io preferisco che tu mi lasci ritornare nella mia piccola capanna, poiché
potrebbe succedere che, fra i molti poveri che forse visiteranno ancora la mia
dimora, si trovi ancora una volta il Signore. Perciò, io voglio ritornare là e,
in quella povera capanna, accogliere ancora molti fratelli poveri, con Amore
cento volte maggiore di quanto era finora il caso”. In verità, te lo posso
dire, se io, nella mia misera dimora, potessi essere ancora una volta
considerato degno di una tale felicità, sarei, in quella povera capanna, molto
più felice per tutte le eternità, di quanto lo sarei se tu mi dessi i più
grandi e splendidi beni nella più bella parte del Cielo. Dunque, lasciami sul
mio terreno.
14. E poi, succede pure che il messaggero
lascia rientrare il povero campagnolo e la sua piccola famiglia nella sua
capanna, mentre il Signore è là ad accoglierlo a braccia aperte e lo fa
immediatamente abitante dell'eterno Mattino!
15. Vedete, scene di questo genere
avvengono abbastanza spesso, però voi potete appena immaginare quale alto grado
di spirito di abnegazione ciò richiede. Infatti, la povertà porta con sé molto,
anzi troppo spesso, inseparabilmente, il quasi necessario amore di se stessi e,
per conseguenza, un povero mendicante chiede aiuto soltanto per sé. Quando,
mendicando, ha messo insieme un piccolo importo, questo gli è appena sufficiente
per le sue necessità, poiché, di solito, la sua indigenza non gli consente di
dividere il poco che ha racimolato con qualche altro fratello bisognoso,
ragione per cui già voi, sulla Terra, potete constatare, non di rado, fra la
classe dei diseredati, una desolante invidia. Da ciò deriva il fatto che gli
abitanti di questa valle, che sono tutti in condizioni pietose, si nascondino
il più possibile alla vista dei mendicanti. Ed è perciò che se ne scorgono in
questa regione molto pochi fuori dalle case. Mentre quelli che voi scorgete
appartengono già ad una specie migliore.
16. La prossima volta visiteremo la valle
aspra e scoscesa, che si trova alla nostra destra, verso settentrione, e con
ciò oggi chiudiamo.
[indice]
* * * * *
Luogo e condizione degli stoici
nell'aldilà
1. Volgetevi e guardate alla vostra
destra nella valle menzionata e ditemi come la trovate. Voi dite: “Caro amico e
fratello, qui tutto sembra spaventosamente deserto e brullo. Si possono vedere,
qua e là, sui pendii del monte, degli arboscelli contorti e più in basso, in
questa stretta valle, delle siepi spinose, che producono delle bacche a noi
note e, più in fondo ancora, dell'erbaccia acantacea, in quantità piuttosto
abbondante. Il pendio verso Sera, nel suo colore rossiccio, ha un aspetto
arido; quasi nient'altro che pareti rocciose su pareti rocciose troneggiano
l'una sull'altra e dalle fessure fra le rocce precipitano dei torrenti in fondo
valle. Soltanto l'altura che guarda verso Oriente è più dolce e adorna, qua e
là, d'una capanna alpina quanto mai misera, però abitanti non se ne vedono.
Forse si trovano in fondo valle, ma qui, davanti a noi, non si scorge nulla di
vivente”.
2. Certo, certo, voi avete ragione,
poiché dal punto dove ci troviamo ora non è possibile vedere di più. Perciò,
inoltriamoci un po' più profondamente nella valle e, allora, ci imbatteremo in
qualcosa di vivente. Guardate un po' lassù, su uno spuntone di roccia coperto
di muschio, la prima capanna nella quale ci imbatteremo; ebbene, andiamoci.
Ecco, noi siamo già arrivati e ora aguzzate la vista e fate attenzione a quello
che si presenterà al vostro sguardo. Ora che avete seguito il mio consiglio,
ditemi quello che avete visto.
3. Ma voi dite nuovamente: “Per l'amore
di Dio, questi non sono uomini, poiché hanno tutto l'aspetto di scheletri
animati e, oltre a ciò, sono piccoli come dei nanerotti. Noi potremmo
considerarli piuttosto come appartenenti alle scimmie, che non ad una razza
umana. Come stanno le cose con questi poveri esseri, così miseri, consunti
dalla fame e completamente nudi? Insomma, le condizioni di questi esseri
sembrano essere tutt'altro che favorevoli”.
4. Da un lato, avete ragione, ma
dall’altro lato, per nulla affatto, poiché questi esseri, per quanto miseri possano
sembrarvi, tuttavia, dal loro punto di vista, non si sentono affatto miseri.
Infatti, qui stanno di casa i cosiddetti «stoici», o, detto con altre parole
«uomini che bastano completamente a se stessi». Durante la loro esistenza
terrena essi agirono lealmente e onestamente, ma non già per amore verso il
prossimo e, meno ancora, per un certo Amore verso Dio. Ma, semplicemente,
perché in ciò riconoscevano la vittoria della loro ragione e perciò dicevano:
“L'uomo non ha bisogno né del Cielo, né dell'Inferno e neppure di Dio, ma
soltanto di se stesso e della guida della sua ragione, quale il massimo
principio dell'azione. Ed allora egli agirà in modo da non recare pregiudizio a
nessun altro, ragione per cui egli ha il diritto di attendersi altrettanto dagli
altri uomini”.
5. Poiché essi aggiungono: “Se io, in
seguito all'altissimo principio della mia ragione, mi pongo al di sopra di
tutte le futilità del mondo e dal mondo non pretendo niente, se non un parco
saziamento del mio corpo e una semplicissima copertura su di esso. Non sono
debitore ad alcuno di un tributo, poiché, ciò che il mio stomaco consuma, poi,
lo restituisce alla terra e quello che copre il mio corpo può, col tempo,
concimare il suolo. Io, però, fra queste due necessità, sono un dio completamente
dominante, che serve da guida a me stesso e, con ciò, un signore illuminato
della mia propria esistenza”.
6. Ed essi aggiungono ancora: “Se
tuttavia c’è, o ci potrebbe essere un qualche Dio, che cosa mi può Egli fare e
che cosa prendermi, se io sono grande in me stesso e guardo con disprezzo tutto
quello che Egli vuole darmi, oppure togliermi? Tutt'al più questa squallida
vita che io, con la mia ragione, ho imparato già da lungo tempo a disprezzare
profondamente. Oppure, non dipende da me di vivere tanto a lungo, quanto
voglio? Se io trovassi che il togliermi la vita si accordasse con il massimo
principio della mia ragione, anche lo farei. Soltanto che l'onestà,
riconosciuta da me stesso, mi insegna che ciò sarebbe contro il diritto della
suprema ragione. Chi mi ha dato la vita è nel pieno diritto di riprendersela.
Anche la natura stessa ha il diritto di riprendersi quello che essa ha donato,
sebbene alquanto trasformato. La pura ragione deve trovare giusto ciò e deve
dire, anzi, lo dice: «Ad
ognuno il suo!».
Però, appunto, per il motivo che l'uomo nella sua ragione non pretende di
chiamare suo nemmeno un pulviscolo solare, egli è l'essere più elevato, anzi,
elevato al di sopra di qualsiasi dio, sopra qualsiasi Cielo e si eleva potente
anche sopra ogni inferno. Se ogni uomo la pensasse così, ognuno avrebbe a
sufficienza quanto gli occorre e nessuno sarebbe a carico di qualche altro,
poiché lontane sarebbero tutte le forme di attività di lusso, d'invidia,
d'avarizia, d'orgoglio, d'arrivismo, d'ingordigia, d'intemperanza, di libidine,
di menzogna e di inganno. Ammesso che viva un Dio e che Egli sia il supremo
principio della ragione, chi potrebbe trovare da obiettare su questi principi
fondamentali della vita? Se Egli trova in ciò qualcosa da obiettare, allora Egli
non è un Dio, poiché sta molto al di sotto della ragione umana”.
7. Ora, vedete, questi uomini hanno
vissuto sulla Terra in modo da non sottrarre alcunché neppure ad una mosca; non
sono mai stati a carico di nessuno e non hanno mai offeso qualcuno, nemmeno con
una parola. Essi erano molto al di sopra di ogni genere di passioni. Se
qualcuno chiedeva loro un favore o un piccolo servizio, essi non vi opponevano
mai un rifiuto, sempreché non si trattasse di qualcosa che stesse in contrasto
con i diritti e principi della loro ragione e non chiedevano mai una
ricompensa. Se si voleva offrire loro un impiego od una carica onorifica, non
l'accettavano mai e indicavano a tale mecenate, portandosi due dita sulla
fronte, e sottolineando il gesto con le parole: “Qui dimora il più alto impiego
dell'uomo e la più grande carica onorifica!”.
8. Se voi, dunque, osservate ora questi
uomini, potete giudicare da voi stessi, se si sono resi meritevoli di una
qualsiasi punizione. Voi dovete dire: “Certamente no”. Ulteriore domanda: “Si sono
resi idonei ad un premio?”. A questo punto, però, bisogna anche chiederci: “Con
quale premio possono essi venir ricompensati?”. Essi disprezzano il Cielo e non
vogliono neppure riconoscere Iddio al di sopra della loro ragione, di
conseguenza, la cosa più equa è lasciarli godere di quella ricompensa elargita
dalla loro propria ragione.
9. Però, voi chiedete: “Ma a questi
miseri esseri non dà ribrezzo lo stato penoso in cui si trovano?”. Oh, no!
Poiché, questo è il loro proprio e massimo trionfo, dato che, già sulla Terra,
essi trovavano la felicità di un moscerino altamente invidiabile e dicevano:
“Vedete, un pasto quanto mai splendido è, per questo animaletto, una goccia di
rugiada appena visibile, posata su una foglia. L'intera costituzione di questo
animaletto sembra avere delle minime necessità; quando noi, invece, osserviamo
la costituzione straordinariamente dissipativa del nostro corpo, allora, la
nostra ragione non può, e con tutte le buone ragioni, che farne oggetto di
biasimo. Infatti, io devo avere un grande ventre, per mangiare e poi espellere
molto. Un altro scopo, in questo caso, la nostra ragione non lo trova e proprio
per questo, perciò, essa si accontenterebbe volentieri del minimo, se la
costituzione fortemente antieconomica del suo inutile corpo, glielo
consentisse”.
10. Essi criticano, inoltre, tutta la
carne che abbiamo appiccicata intorno alle nostre ossa e dicono: “Il moscerino
fa a meno di tutto ciò ed è già per questo più felice che non il massiccio
uomo, costituito in maniera così dispendiosa”.
11. Quando sapete ciò, la piccola figura
scheletrica di questi uomini non vi sembrerà più tanto misera e degna di
compassione; come è stato il caso, al primo sguardo, poiché essa corrisponde
esattamente ai principi della loro ragione. Voi dite ora: “Ciò è tutto giusto e
noi scorgiamo chiaramente ora che qui non può essere che così e non altrimenti
e che questi uomini si sentirebbero molto a disagio, se avessero un'altra
figura non corrispondente ai loro principi ed in altre condizioni ambientali
diverse da queste, che essi riconoscono essere le più confacenti per loro.
Però, qui sorge, dal profondo del cuore, un'altra domanda, caro amico.
12. «Non è possibile venire incontro a
questi uomini, così da indurli ad imboccare una via migliore?»”.
13. Cari amici e fratelli, questo è un
compito alquanto arduo e molto difficile, poiché essi hanno una sola via
d'accesso che è la via della scienza, ed occorrono una grande pazienza ed una
costanza sconfinate, per sottoporre a questi mercanti della ragione, in modo
che essi la riconoscano giusta e non contrastante con i loro principi, poiché
essi dicono: “Ci sono molte cose che scientificamente possono essere giuste, ma
che queste si accordino perfettamente anche con i principi della ragione,
questa è un'altra questione”. Per giustificare appieno quest'affermazione, essi
elencano un grande numero di “casi scientifici”, che, presi per se stessi, sono
perfettamente esatti, ma che, tuttavia, stanno in pieno contrasto con i
superiori principi fondamentali della ragione. Io vi voglio indicare, come
esempio, alcune di queste obiezioni.
14. Essi, tra l'altro, dicono: “Il
calcolo di un'eclissi è «scientificamente» perfettamente esatto”. Però,
chiedete alla ragione ed al suo esecutore, cioè all'intelletto, a che cosa la
casuale eclissi è utile e che cosa l'intera umanità ci ha guadagnato di
elevato, attraverso le informazioni fornite dalla scienza? E così è altrettanto
giusto, scientificamente, che l'uomo, del nutrimento che prende, una certa
percentuale l’accoglie in sé, per il mantenimento delle parti del suo corpo,
mentre il resto lo espelle con le feci. Ma se voi vi rivolgete alla ragione, la
stessa non può che ridere di un tale calcolo delle proporzioni, veramente
inutili. Inoltre è scientificamente esatto che l'acqua ed altri liquidi vengono
spinti verso il basso a causa della gravità in essi dimorante, ma che cosa dice
la ragione, quando i suoi occhi si posano sulle aride pareti dei monti, dove
non può crescere nemmeno una pianticella di muschio, per il semplice motivo che
quelle pareti montuose vengono sempre a mancare di una giusta e costante dose
d'umidità, per la nutrizione del regno vegetale? Ecco, da questi pochi esempi
potete constatare a sufficienza, quanto sia difficile presentare, a queste
critiche teste ragionanti, un esempio scientifico che possa essere riconosciuto
da loro, come perfettamente concorde con la ragione. Però, affinché voi
possiate pienamente scorgere ed afferrare una conversione del genere, vi
presenzieremo la prossima volta, così che, per oggi, chiudiamo.
[indice]
* * * * *
Una via di accesso per la conversione
degli stoici migliori
1. Guardate qui sotto, nella valle si
vedono proprio ora tre messaggeri che si accingono a tentare una tale pesca;
seguiamoli e porgiamo attento ascolto ai loro discorsi. Essi si inoltrano nella
valle, verso la terza capanna, situata su una roccia arrotondata e coperta di
muschio, ed è proprio là che essi si presenteranno. Guardate come essi si
avvicinano guardinghi alla capanna, facendosi quasi più piccoli, perciò
seguiamoli e facciamo attenzione a che cosa seguirà alla prima accoglienza.
2. Quello che funge da capo, saluta
colui che sembra essere il personaggio più importante della casupola, cioè il
più assennato d'una compagnia di dieci persone. Come suona il saluto?
Ascoltate!: “O uomo sommamente saggio, che osservi le cose dal giusto punto di
vista e che riconosci dall'acuta sommità della tua ragione quello che è giusto
ed ingiusto, quello che è ragionevole ed irragionevole, ordinato e disordinato.
Noi abbiamo appreso in luoghi molto lontani, quanto savio sei, perciò siamo
qui, per ottenere dei buoni consigli su alcune questioni!”.
3. Il presidente della ragione così
risponde: “Da questo lato, voi siete davvero i benvenuti, io vi voglio
volentieri aiutare entro i limiti delle mie forze, però non al di là delle
stesse. Infatti, voi saprete certamente che i miei tesori non consistono in
oro, argento e pietre preziose. Da me non vengono offerti né banchetti
sontuosi, bensì quello che posseggo sono la vittoria della pura ragione, dalla
quale potete attingere quanto volete. Voi potete essere certi che tali tesori
vi renderanno molto più felici di quanto potreste essere entrando in pieno
possesso di tutte le cosiddette nonché sognate magnificenze celesti, che in e
da per se stesse non sono nulla, se non delle necessità segretamente espresse
di uno spirito malcontento di quanto gli è stato dato. Voi sapete che lo spazio
è infinito e che l'uomo, in questo spazio, pensa. Colui che porta i suoi pensieri
nell'infinito dimentica innanzitutto che egli stesso è un essere finito e che,
in secondo luogo, non riflette e non si avvede che, alla fine, tali pensieri
sono, per lui, null'altro che un costante malcontento e, di conseguenza, una
sempre maggiore aspirazione di beni irraggiungibili e, da ciò, infine, anche un
perdurante stato infelice, che la follia umana non fa che alimentare
ciecamente, soltanto con vuote speranze ampliate ed ingrandite artificialmente.
Di conseguenza anche il Cielo non è altro se non un simile bene sognato e serve
soltanto a nutrire la forza d'immaginazione degli spiriti malcontenti di quanto
avuto.
4. Soltanto la pura ragione è in grado
di misurare i veri limiti delle necessità del suo essere soggettivo e richiede,
poi, in tutta l'oggettività, soltanto un’esatta misura della propria
limitatezza e questa misura si chiama la piena soddisfazione. Colui che è
soddisfatto di ciò che egli riconosce essere esatto, secondo la misura della
sua limitatezza, calcolata dalla pura ragione, quegli ha trovato il suo vero
cielo e non ne desidererà mai più un altro, per tutta l'eternità, perché
scorgerà chiaramente che, per la misura della sua limitatezza, non si adatta
altro se non quello che corrisponde pienamente a tale misura”.
5. A tale saggio discorso così ribatte
quello che funge da capo (messaggero): “Noi riconosciamo già da questo tuo
breve discorso che tu hai fatto completamente tua la vittoria della tua
ragione, perciò osiamo anche, contando con piena sicurezza sulla tua saggezza,
esporti ciò che c'interessa”. Il rappresentante della ragione dice: “Benvenuto
sia tutto ciò per cui io possa esservi utile e perciò esprimete liberamente e
senza riserve ciò che vi sta a cuore”. Ed allora il messaggero dice: “Ascolta,
dunque! Nella società, dalla quale siamo stati inviati a te, per ottenere un
buon consiglio, è sorto un gran dibattito sulla necessità o meno della luce. Le
motivazioni in favore della luce, sono altrettanto valide quanto quelle contro
la luce e noi non siamo assolutamente in grado di decidere quale delle due
parti ha ragione”. Il rappresentante della ragione dice: “Ripetetemi alcune di
queste motivazioni e contromotivazioni e potete essere certi che il mio
giudizio colpirà nel segno”.
6. Il messaggero così si esprime:
“Ascolta dunque! Un buon motivo in favore della luce è il seguente: «Che sarebbero tutte le cose senza la
luce? Esse sarebbero altrettanto poco, come se non fossero. Inoltre, la luce è
il principio fondamentale di ogni attività e, conseguentemente, anche di ogni
pensiero, poiché senza la luce, quale unica forza che tutto muove e tutto
incita, nulla sarebbe sorto e perciò neppure nessun essere ragionevole
pensante, poiché la luce è senz'altro anche il principio fondamentale della
ragione ed è, allo stato spiritualmente purissimo, la vera ragione stessa». Ecco, questa è la motivazione in
favore della luce.
7. La contromotivazione è la seguente: «Dal momento che la luce,
evidentemente, è emersa dalle tenebre e che, conseguentemente, prima che la
luce fosse, tutta l'infinità era immersa in uno stato completamente privo di
luce, viene da chiedersi se nello stato di tenebre l'infinità era meno infinita
di quanto lo è ora, nello stato di piena luce». E la parte contraria, così
continua: «E’
a tutti noto che l'interno dei corpi mondiali è, per la maggior parte,
completamente priva di luce e, tuttavia la materia si trova anche in tale stato
buio, anzi ancora più intensamente che non lo sia nella superficie che ruota
nella luce. Se, dunque, tutto il corpo mondiale, per quanto riguarda il suo interno,
può sussistere benissimo senza luce, la luce ha tutta l'apparenza di essere,
fra le cose della natura, un vero e proprio oggetto di lusso». E la contromotivazione così
continua: «Ognuno
sa che, nella notte del grembo materno, è avvenuta la sua generazione e che,
proprio in quella notte, egli ha ricevuto la vita. Per quale ragione, allora,
quello che è diventato vivente soltanto nella notte deve poi uscire nella luce?
Chi volesse anche soltanto fare attenzione un poco a ciò, dovrebbe accorgersi,
di primo acchito, che la luce non è soltanto una cosa superflua, bensì perfino
dannosa alle cose ed agli esseri, perché essi si abituano e allora si sentono
palesemente infelici, se questa, poi, viene a mancare». E così seguitano: «Se gli uomini nascessero completamente
ciechi, non si preoccuperebbero affatto per la perdita della luce, mentre per
un occhio abituato alla luce il diventare cieco è la sua più grande disgrazia». Com’è naturale, gli oppositori
obiettano, dicendo: «In
un tale stato di felice cecità, fra un uomo ed un polipo che si trova sul fondo
del mare non ci sarebbe nessuna differenza, poiché, se un uomo non vedesse
nessuna cosa, egli non potrebbe mai farsi un concetto di nessun genere. E, in
mancanza di concetti, sarebbe proprio il caso di porre una grave domanda, e
cioè: “Quale aspetto avrebbe il pensiero senza concetti e senza le forme del
pensiero stesso?”».
Con riguardo all'infelicità, in seguito ad una casuale cecità, così si
esprimono i difensori della luce: «Se si vuole considerare ciò una
infelicità e farne una motivazione aggiuntiva contro la luce, allora la si può
applicare anche agli altri sensi, che non hanno nulla a che fare con la luce.
Tuttavia, per evitare ogni infelicità del genere l'uomo dovrebbe nascere
completamente senza sensi e nella notte. Però, quale potrebbe essere il
pensiero di un uomo senza sensi, cioè insensibile, lo si potrebbe, nel modo
migliore, apprendere da una pietra». Come vedi, o uomo altamente saggio,
noi ci troviamo in un tale garbuglio e la nostra unica e grande certezza è che
tu potrai sciogliere questo nodo”.
8. Il rappresentante della ragione dice:
“Ascoltate miei stimatissimi amici! Questo è un caso quanto mai critico, poiché
ognuno delle due parti ha la ragione per sé. Però, considerato che in seguito
al riconoscimento della pura ragione non vi possono essere due ragioni, ma una
soltanto, sarà piuttosto difficile, in questo caso, fra due ragioni stabilire
quale è veramente la ragione giusta. Noi potremo trovarla solamente se terremo
nei dovuti limiti la nostra essenzialità, quale un essere individuale, perciò
ascoltate! Io esporrò anzitutto dei principi, traendo poi dagli stessi un buon
risultato. Però, per poter far ciò, devo anzitutto premettere una esistenza non esistente, una esistenza consumante ed una libera esistenza pensante. Una esistenza
che non esiste non ha bisogno di nulla, dunque non c'è nessun consumo. Una
semplice esistenza naturale consumante premette, già necessariamente con la sua
esistenza stessa, che essa è qui soltanto attraverso un consumo ad essa
corrispondente. Tutta la materia ha una tale esistenza che può esistere tanto
nella notte che nella luce. Ma poiché l'uomo è un essere pensante e decide
liberamente di se stesso, una tale esistenza più elevata presume anche un
consumo tale che corrisponda appunto a tale esistenza. E la sostanza che deve
essere consumata, non può in tal caso essere altro che la luce. E così una non
esistenza non ha bisogno di nulla. Una esistenza consumata, quale un prodotto
della notte, non ha bisogno d'altro che di un nutrimento ad essa pienamente
corrispondente. Ed una esistenza chiara, liberamente pensante ha bisogno,
allora, necessariamente, di quel nutrimento che è il principio della sua
esistenza stessa. E così, ogni principio è sufficiente al suo prodotto e deve
necessariamente trovare la sostanza per alimentare la sua vita e, di
conseguenza, dal non essere emerge un non essere, dall'essere della notte un
essere tenebroso e dall'esistenza della luce un essere affine alla luce. Nella
misura in cui l'uomo, grazie alla pura ragione, riconosce che egli, per
necessità di cose, deriva dalla luce, deve anche riconoscere che la luce, da
questo punto di vista, è un substrato a lui necessario. Invece, quando egli si
considera soltanto un consumatore animale e si rende nemica una vita più
elevata e liberamente pensante e si può nuovamente formare quale un embrione
nel grembo materno, allora, certamente, non ha bisogno della luce. Come vedete,
cari amici, voi avete qui, il più chiaramente possibile, la ragione incontestabile,
in favore della luce”.
9. E il messaggero dice: “Ascolta o uomo
saggio! Noi abbiamo riconosciuto, dalla tua esposizione, la predominante tua
ragione e qual è la situazione, però c'è un unico punto ancora nell'ombra, al
quale non ci riesce di trovare una valida risposta e precisamente: «Perché, sul
corpo terrestre, tutti gli innumerevoli prodotti vegetali, nonché il numeroso
regno delle specie animali, hanno bisogno per la maggior parte della luce, sia
per la loro vegetazione che per la loro riproduzione animale?». Infatti, è molto ben noto a tutti i
naturalisti che, in uno spazio assolutamente privo di luce, non c'è quasi
affatto vegetazione, mentre gli animali, in luoghi completamente bui, ben
presto si ammalano e muoiono e tuttavia, secondo la tua esposizione, essi non
sembrano essere, necessariamente, dei consumatori di luce. Essi non sono degli
esseri pensanti, anzi, non possono neppure esserlo, quale una ben fondata
conseguenza della loro essenzialità, rigidamente giudicata. Questa obiezione
noi non la facciamo come se volessimo con ciò menomare la tua pura opinione,
bensì soltanto per trarci da eventuali insidie che potrebbero capitarci”.
10. Il presidente della ragione così si
esprime: “Mi sia anzi benvenuta questa obiezione, così che la portiamo subito
dinanzi al chiaro giudizio della pura ragione e perciò ascoltate! Dato, però,
che, accanto a loro, esistiamo anche noi, quali prodotti della luce, non è
tuttavia possibile per noi accettare la conclusione inversa, cioè che noi siamo
qui per loro? Infatti, un uomo non può dire: «Io sono qui, affinché questa casa
venga da me abitata ed io la serva», bensì deve dire che la casa c'è, in
quanto essa deve servire all'uomo. Dunque, se la luce ha generato noi, la luce
ha dovuto necessariamente disporre, in precedenza, quelle condizioni che sono
indispensabili alla nostra esistenza, imparentata con la luce. E, per
conseguenza, anche le specie da noi menzionate, hanno bisogno necessariamente
della luce, affinché possano servire alle nostre necessità, apparentate con la luce,
quali mezzi di consumo. In questo caso, però, non mi riferisco al consumo dello
stomaco animale, che può essere saziato benissimo anche in una camera buia,
bensì all'alto consumo dello spirito, che si può saziare soltanto dei concetti
e delle forme, che, al pari suo, provengono dalla luce. Un albero, che si
trovasse al centro della Terra, non potrebbe servire da nutrimento allo
spirito, con tutti i suoi frutti, fino a quando non venisse portato esso stesso
alla luce e non si apparentasse con essa. Vedete, miei cari amici, ora è stato
chiarito il vostro punto problematico, se ancora qualche cosa dovesse
risultarvi oscura, vogliate comunicarmela senza riguardo!”.
11. Il messaggero dice: “Stimato ed
altamente saggio uomo, dal momento che tu hai pronunciato il tuo giudizio nella
maniera più giusta, mi vorrai benignamente concedere che ti sottoponga anche
una domanda con riferimento a te stesso; perciò stammi a sentire: «Qual è,
dunque, il vero motivo per cui tu, saggio esponente della ragione la più
illuminata, hai eretto la tua casa proprio in quest'angolo, completamente
appartato dalla luce?»”.
12. Il rappresentante della ragione dice:
“Il motivo è più saggio di quanto tu possa immaginare e precisamente: «Se
vogliamo guardare le cose nella luce e distinguerle le une dalle altre
pienamente illuminate, dobbiamo seguire matematicamente i giusti principi
basilari dell'ottica e non metterci noi nella luce, bensì in un punto che sia
sufficientemente all'ombra. Così facendo, la nostra facoltà visiva viene
rafforzata e gli oggetti che ci stanno di fronte possono venir scorti nei loro
minimi particolari e con contorni bene delineati. Se tu, invece, volgi gli
occhi verso la luce, essi vengono accecati dalla stessa e tu vedrai le cose
vagamente, come fra la nebbia, così che ti dovrai accontentare di quella loro
parte che sta nell'ombra. Ecco perché la mia dimora è rivolta verso l'ombra e
non verso la luce». Ora, se ti sembra che ci siano ancora altri punti da
chiarire tu troverai in me, in qualsiasi momento, un uomo instancabile e sempre
pronto, nel limite delle sue possibilità, a darti piena soddisfazione”.
13. E ora, il messaggero rivolge al
presidente della ragione la seguente domanda: “Io ho constatato una volta
ancora come tu pensi a tutto sulla base di principi fondamentali ben calcolati
e analogamente tu parli e agisci, perciò mi è venuta una grande voglia di
apprendere da te, perché tu, quale difensore del valore della luce, ti sei
stabilito in una zona delle più inospitali, che offre, per lo stomaco animale,
altrettanto poco come per quello spirituale. Non è un gran peccato che tu non
abbia scelto, quale residenza, una zona più ricca, a vera benedizione di molti
uomini di debole intelletto ed in cui anche tu stesso avresti potuto trovare
maggiore nutrimento per il tuo spirito, preparando, in tal modo, agli spiriti
deboli, un cibo più rinforzante, tratto dalle molteplicità dei raggi di luce
che s'incontrano con il tuo spirito?”.
14. “Miei cari amici, su questo punto
della vostra domanda deve venirvi data, senza indugio, luce sufficiente”.
[indice]
* * * * *
Prosecuzione della visita presso gli
stoici
1. L'uomo della ragione così si esprime:
“Come vi trovate voi, rispetto all'Infinito?”. Voi dite: «Non altrimenti che nella maniera
finita e limitata».
Ecco, voi stessi date già, in questa risposta, il motivo per cui io ho scelto
questa regione quale mia residenza. Io perciò vi dico: «Veramente saggio è colui che ha
trovato i limiti della propria ragione e, con questa, ha riconosciuto quanto
occorre per saziare il suo spirito». Questa ragione corrisponde in modo
esatto ai ben riconosciuti limiti della mia ragione stessa, il cui motto è
questo: «Accontentati
sempre di ciò che corrisponde alla tua limitatezza. Non oltrepassare mai la
sfera delle tue cognizioni e riconosci e trova te stesso in tale tua sfera, che
allora, tu hai trovato la felicità della tua vita nel grado più completo ed a
te maggiormente confacente». Vedete, per questo motivo, questa
regione, che voi trovate tanto inospitale, è per me pienamente confacente,
poiché non offre nulla di più di quel tanto che corrisponde ai limiti della mia
ragione. Conseguentemente, se io posso essere utile a qualcuno, lo posso
soltanto entro l'orizzonte delle mie cognizioni, al di fuori dello stesso
dovrei essere un profano e sarei posto nell'impossibilità di essere utile,
anche in minima parte. Da ciò voi potete dedurre perché, per viverci, io abbia
scelto proprio questa regione e nessun'altra. Se, però, voi doveste forse
ritenere che io potessi essere sedotto dalla vanità, per questa mia sapienza,
allo scopo di brillare come una luce, dinanzi ad altri, allora voi vi ingannate
moltissimo sul mio conto. Infatti, il mio incrollabile principio fondamentale è
questo: «Se
tu vuoi aiutare qualcuno, allora riconosci molto bene la sfera dalla quale tu
vorresti aiutarlo. Se, però, questa sfera non la conosci, rinuncia alla tua
filantropia, poiché chi vuole dare di più di quello che ha è un pazzo od un
ingannatore»”.
2. Allora, il messaggero così si esprime:
“Stimatissimo amico, tu hai nuovamente parlato con molta saggezza e noi non
abbiamo nulla da obiettare. Soltanto un punto ci sembra un po' oscuro e dal
momento che tu finora sei stato tanto compiacente da rettificare e chiarire in
modo valido i nostri problemi, vorrai certamente essere ancora tanto benevolo
così da permetterci di ricorrere a te per un consiglio anche su questo punto”.
3. E il presidente della ragione
risponde: “Cari amici, fino a tanto che voi vi trovate su questo mio territorio
potete sottopormi qualsiasi domanda e potete essere certi che io sarò in grado
di darvi, su ogni punto, una chiarificazione perfettamente valida per questo
mio distretto. Ditemi, dunque, quali sono i vostri dubbi”.
4. Il messaggero così si esprime: “Nella
tua saggia esposizione hai parlato di una determinata limitatezza del tuo
orizzonte di conoscenza e del come sia del tutto contrario alla saggezza il
volersi elevare al di sopra di tale orizzonte. L'ultima parte ci è
comprensibile, poiché, in verità, nessuno può fare qualcosa al di sopra delle
sue forze e se vuole farlo è già un pazzo, solo pensando di voler superare i
propri limiti. Però, vedi, quando tu nascesti, la tua ragione non aveva
sicuramente un orizzonte così vasto come l'hai tu ora. Ne risulta che tu hai
dovuto, evidentemente, allargare sempre di più questo tuo orizzonte di
conoscenze, per poterlo portare, con questo allargamento, fino alla presente
circonferenza, veramente stupefacente. Ora si domanda: «E' tale orizzonte da
considerarsi come, definitivamente stabilito, oppure è idoneo ad un ancor
maggiore ampliamento?». Io, da parte mia, sono dell'opinione che, se anche un
essere limitato amplia il proprio orizzonte, egli rimane, però, sempre un
essere limitato e non corre mai il pericolo di riempire tutto l'Infinito”.
5. Il presidente della ragione dice:
“Cari amici, voi avete, da un lato, ragione, ma, dall'altro, torto! Se l'uomo
si fosse dato da se stesso, allora egli potrebbe darsi a suo piacimento quanto
volesse, poiché egli non avrebbe trovato nessuna penuria nell'Infinito, così
che starebbe in lui aumentare senza sosta ed a suo piacimento l'orizzonte delle
sue conoscenze. Considerato, però, che l'uomo non è un datore di se stesso,
bensì un essere dato, così anche l’orizzonte delle sue conoscenze è una cosa
data. Quando voi su un corpo terrestre osservate, ad esempio, sia pure soltanto
una mela, vedete anche che essa, fin dalla sua origine e subito dopo la caduta
della fioritura, ingrossa sempre più il suo orizzonte. Però, quando ha
raggiunto il suo determinato limite, quale sua piena maturità, voi potete
cercare di persuaderla quanto volete, ma essa oltre il suo stato non potrà che
persuadervi e dirvi: «Fin qui e non oltre, poiché la mia misura è colma!». E
perché la mela vi darebbe tale risposta? Perché anch'essa è una cosa data e non
un dono fattosi da se stesso e se voleste forzarla ad allargarsi ulteriormente,
non fareste evidentemente che distruggerla! Vedete, lo stesso caso succede con
l'uomo. Egli è un essere dato e non uno che si dà per se stesso e, di
conseguenza, anche il suo circuito di maturità gli viene dato nel suo limite.
Chi raggiunge completamente tale circuito e riconosce poi in sé che esso è
completo per il circuito che gli è stato posto, quegli è in sé, come tale,
tanto perfetto quanto è possibile. Se, invece, egli rimane entro tale circuito,
senza mai riempirlo, allora è uno schiavo storpiato di se stesso e non avrà la
capacità di svolgere una sufficiente attività neppure a proprio favore. Chi,
infine, voglia gonfiare d'aria il circuito che gli è stato dato, è un pazzo ed
orgoglioso e si avvia, da se stesso, alla sua rovina e di lui avverrà come di
una palla, riempita di polvere pirica, che venisse accesa, nell'esplosione i
pezzi verrebbero lanciati in tutte le direzioni e della palla non rimarrebbe
nulla”.
6. Il messaggero così parla: “In
sostanza, non abbiamo nulla da ribattere a questa tua dissertazione, poiché
essa è perfettamente esatta. Però, tu, caro amico, presenti le tue risposte
come un magnifico studio, in modo così saggio da suscitare in noi un nuovo
appiglio, per il quale si rende necessario ricorrere a te, per ulteriori
delucidazioni. E così, in questa tua saggia esposizione, ti sei pronunciato nel
senso che l'uomo è soltanto una cosa data e non ricevuta da se stesso. Dunque, se
questo è, senza alcun dubbio, il caso, allora si deve chiedere evidentemente
chi è il Datore, poiché qualcosa di dato si presuppone abbia sicuramente un
donatore, come qualunque fenomeno ha la sua causa corrispondente. Ecco perché
noi gradiremo molto ricevere da te un’adeguata delucidazione proprio sul
Donatore”.
7. Il presidente della ragione dice:
“Cari amici, per quello che concerne il Donatore, Esso sta al di sopra
dell'orizzonte delle nostre conoscenze e abbiamo fatto tutto quanto era di
nostra competenza, riconoscendoci come dati. Però, se noi vogliamo scrutare il
Donatore, allora è come se volessimo, con un compasso alla mano, misurare il
circuito dell’Infinità. Questo è certamente vero, poiché, sopra un circuito
stabilito, viene fatto di pensare a dei circuiti sempre più ampi, con i quali
il circuito più piccolo, tuttavia, ha una certa somiglianza. Se questo
piccolissimo circuito dovesse tuttavia diventare completamente simile nelle
dimensioni, al grande, esso per forza di cose dovrebbe essere lacerato, e poi,
la sua linea periferica, tanto più corta, dovrebbe essere stesa per portarla
alla sua rotondità. Soltanto l'esperienza insegna che la periferia del piccolo
circuito, per quanto tesa, potrebbe raggiungere forse appena la millesima parte
della tanto maggiore periferia del circuito successivo. E così soltanto in
millesima parte sarebbe in consonanza con la periferia del circuito più grande,
mentre tutte le altre novecentonovantanove parti resterebbero eternamente
irraggiungibili. E, vedete, in questo esempio sono in ballo soltanto due
circuiti limitati. Ora, prendete questo circuito limitato e non la linea della
sua superficie distesa, tentate di misurare il circuito infinito e sconfinato,
e chiedete a voi stessi a che cosa potrebbe essere comparato un tale lavoro o
un tale impegno, da parte della nostra ragione. Io sono dell'opinione che non è
neppure paragonabile una più grande pazzia nel cervello umano. E questo sarebbe
anche il caso, se noi volessimo indagare sull'infinito Donatore, per sapere Chi
Egli sia. E così, come ho già detto prima, è sufficiente per ogni uomo, se egli
si riconosce quale un essere fisso fatto e se su questa base egli regola pure
il suo limitato circuito della conoscenza. Per quello che riguarda il Donatore,
Esso non concerne per nulla con colui che è dato, poiché Egli deve essere,
evidentemente, infinitamente al di sopra di ciò che Egli dà! Che cosa può
diventare una mela, una volta che ha raggiunto la maturità? Che cosa può
succedere di un cerchio, quando la linea che è partita da un punto, ha
raggiunto se stessa, nello stesso punto? Esso, perciò, rimanga quello che è,
che, allora sarà perfetto, per quello in cui è stato dato”.
8. Il messaggero così si esprime:
“Quanto ora hai esposto è una giusta risposta, però, a parte ciò, noi avremmo
tuttavia ancora una domanda da sottoporti, perciò ascolta: «Nella regione dalla
quale noi veniamo viene predicato, continuamente, dalla cosiddetta parte
migliore, dell'Amore verso Iddio e noi non sappiamo cosa si voglia dire con
ciò, sulla via dei tuoi saggi principi. Poiché, come amore, noi intendiamo un
afferrarsi ed un attirarsi. Come può un essere limitato o una forza limitata,
afferrare ed attirare a sé, una forza illimitata?»”.
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* * * * *
Superamento e liberazione di un
saggio stoico
1. Il presidente della ragione osserva:
“Cari amici, per poter dare a questa domanda una risposta accettabile, è
anzitutto necessario fare una debita distinzione. Quale prima cosa è necessario
chiarire come si deve comprendere il concetto “amore”, in modo che concordi
perfettamente con la ragione e poi soltanto si può rilevare come tale concetto
sta, con riguardo a se stesso ed a tutto ciò che lo circonda. Il concetto
“amore” non è altro, anzi è impossibile che sia altro se non una necessità che
si esprime, la cui causa, a sua volta, non può essere altro se non la mancanza
di ciò per cui, appunto, tale necessità si esterna. La necessità o il bisogno è
simile alla fame. Quando un uomo è molto affamato, la sua fame gli dà la sensazione
che potrebbe inghiottire un mondo, per poter sfamarsi completamente. Mentre
l'esperienza gli dice: «Mangia
una libbra di pane e sarai sufficientemente saziato!». Vedete, per quanto concerne il
bisogno spirituale, corrispondente al concetto “amore”, il caso è quasi
completamente identico. L'uomo affamato d'amore è dell'opinione che dovrebbe
riempire il vuoto del suo cuore con tutta l'Infinità, prima di potersi sentire
effettivamente sazio. In che cosa deve essere ricercata la causa di questa erronea
brama? Essa è da ricercarsi soltanto nel fatto che il suo orizzonte di
conoscenza non è sufficientemente saziato; in seguito a ciò, necessariamente,
un vuoto tira l'altro, una mancanza tira l'altra e, con ciò, da un bisogno si
passa all'altro. L'amore brama di essere saziato e dato che questo è una pura
facoltà meccanica di fame spirituale, esso ha la facoltà di giudicare di che
cosa ha bisogno per saziarsi veramente. Dunque, considerato che attraverso
questa facoltà di bramare si manifesta un vuoto nella conoscenza, quest'ultimo,
che a ben guardare significa nessuna conoscenza, non è in grado, perciò, di
giudicare qual è la sostanza necessaria al suo saziamento. In una simile
situazione, tali teste vuote si rivolgono, con la loro cieca facoltà di bramare,
all'ambito dell'Infinito e sono dell'opinione che da questa eterna cornucopia
volerà loro in bocca tutto quello che a loro manca. Però, come sia vuota questa
loro opinione, veramente insensata, lo si può constatare facilmente, dato che
tali amanti dell'Infinità, anziché sentirsi, in un modo o nell'altro,
completamente sazi, sentono, invece, una fame sempre più forte, ciò che del
resto è del tutto naturale, come lo si può dimostrare con il seguente esempio:
basta che voi prendiate un uomo naturalmente affamato, se egli, con tutta la
sua fame, sta seduto accanto ad una cesta di pane, ma spalanca la bocca verso
lo spazio infinito, come se volesse inghiottire tutto il firmamento, mentre non
si cura del pane che gli sta vicino, è evidente che con un tale appetito
dell'Infinità la sua fame aumenta sempre più e se non si decide presto a metter
la mano nella cesta, finirà col morire di fame. E da ciò, miei stimatissimi
amici, potete dedurre facilmente, senza ulteriori spiegazioni, come stanno
realmente le cose con il cosiddetto “Amore a Dio”. Il vero Amore verso Dio non
può essere altro, sennonché ogni essere “dato” deve riempire il suo circuito,
per formare quell'orizzonte di conoscenza, che gli è stato dato. Questo
riempimento non può assolutamente realizzarsi, se non soltanto dopo che l'uomo
ha conosciuto se stesso e, con ciò, anche il circuito a lui assegnato. Per
poter fare ciò, l'uomo deve allontanare dalla sua vita tutti gli ostacoli,
liberarsi da tutti i piccoli e grandi bisogni esteriori e soltanto poi recarsi
nel suo punto centrale, dal quale gli sarà possibile abbracciare con lo sguardo
il suo intero orizzonte, riempiendolo poi di ciò che ancora gli manca. Quando
egli ha compiuto tutto ciò con costanza e perseveranza, rinunciando a tutte le
cose vuote ed insignificanti, allora egli ha pure saziato il suo cuore e la sua
bramosa necessità. Tutto quello, poi, che egli digerirà, lo potrà poi
facilmente e senza indugio risarcire con quella sua pienezza che gli è stata
data. Questo, poi, è considerato, dal punto di vista della ragione pura, un
amore perfetto e sazio, il quale non si manifesta più come fame, bensì quale
una piacevole sazietà. Vedete, questa è per me, nel mio orizzonte, la mia
opinione espressa il più chiaramente possibile. Se voi avete qualcosa da obiettare,
come detto, potete farlo liberamente, così come anch'io, da parte mia, sono in
grado di ribattere qualsiasi obiezione”.
2. Il messaggero dice: “Caro amico, tu
hai ponderato molto bene la tua risposta e noi, in fondo, non possiamo
sollevare alcuna obiezione. Dal momento, però, che tu ci concedi di parlare
ancora, vogliamo consultarci con te su una questione straordinariamente
importante; ascoltaci dunque!
3. Vedi, presso di noi viene insegnata
principalmente ancora una cosa e, contro questo insegnamento, nessuno si sente
di opporsi. A parte ciò, noi non sappiamo, tuttavia, come dovremmo considerarlo
dal tuo punto di vista. Tale dottrina consiste in quanto segue:
4. «Dio, quale Principio di Forza e Potenza
che tutto abbraccia, dovrebbe avere afferrato Se stesso nel Suo Centro e
formato in questo un punto culminante di tutta la Sua Forza e Potenza ed essere
sceso sul pianeta Terra, in forma umana, e precisamente nella Persona di un
certo Gesù Cristo. Proprio come punto culminante di tutta la divina Essenza,
là, Egli stesso, ammaestrando gli uomini e peregrinando fra loro come un
Fratello, alla fine, per il grande Amore verso le Sue creature, Si è lasciato
uccidere da loro, secondo il corpo che Egli aveva assunto!
5. A comprova della Sua Divinità, Egli
compì cose ed azioni che non sono possibili a nessun uomo e ridestò Se stesso
tre giorni dopo la morte del Suo Corpo e alla presenza di molti ritornò nel Suo
Centro divino!
6. E quando Egli era sulla Terra, l'insegnamento
più importante e più grande fu quello per cui gli uomini dovevano amarLo sopra
ogni cosa, ed Egli promise, a coloro che lo avessero fatto, il ‘Suo Regno’, che
dovrebbe consistere nella sempre più profonda conoscenza di Dio, nell'Amore
sempre aumentante per Lui e nella Beatitudine, inesprimibilmente piena di
delizie, che sorge appunto da tale conoscenza, da tale Amore e Beatitudine che
viene chiamata ‘La Vita eterna in Dio’».
7. E, come vedi, ciò non è così vuoto
come tu credi. Nella regione, dalla quale proveniamo, dimora lo stesso Cristo.
E noi abbiamo potuto in ogni tempo persuaderci, nel modo più evidente e vivo,
che a Lui obbedisce ogni creatura, in tutto l'Infinito. A Lui basta un cenno
soltanto e innumerevoli schiere di mondi sono creati all'istante. Che ne dici
tu ora dell'atmosfera che noi abbiamo portato nella tua sfera?”.
8. Il presidente della ragione così
risponde: “Se tutto il vostro racconto non è una chimera, non c'è nulla
d'impossibile nell'afferrarsi della Potenza e della Forza Infinita in un certo
centro, dato che da un punto qualunque possono senz'altro dipartirsi delle
linee infinite. Invece, ci sarebbe da obiettare riguardo all’incarnazione nella
forma umana di questo Centro della divina Forza e Potenza, per quanto la
ragione pura non può proprio accogliere ciò come una vera e propria
contraddizione. Però, che questo Essere abbia insegnato, poi, in prima linea
l'Amore per Lui, questo appare al puro pensatore come un mero egoismo da parte
dell'Essere divino. Ma se accettiamo questo bisogno egoistico, da parte
dell'Essere divino o da parte della Forza Originaria concentrata in Sé, Essa
cessa innanzitutto di essere assoluta, e se ciò dovesse essere discutibile,
allora ogni esistenza si troverebbe esposta al totale annientamento.
9. Per conseguenza, le cose devono stare
in modo diverso, con riguardo a questo Amore, ed il Centro divino si può allora
manifestare benissimo nella forma umana. Se invece, con quest'Amore da voi
esposto, si intendesse riferirsi unicamente ad uno stato di fame, allora
dovreste ammettere senza difficoltà in quali mani si dovrebbe trovare
l'esistenza di tutte le cose, se l'infinita Potenza e Forza, quasi spinta dalla
necessità, dovesse ricorrere ad esse per saziarsi.
10. Dato, però, che mi avete pure detto
che questo Cristo, in certo qual modo per mantenere una promessa fatta, si
trova operante fra voi, quale la costante espressione della Sua Onnipotenza e
Forza, voi dovete evidentemente ammettere che io, da questo circuito che mi è
stato dato, non posso dire qualcosa, né pro né contro. Quando si tratta di
simili cose, tutto dipende dalla propria esperienza.
11. Se potessi vedere io stesso questo
Cristo, o il Centro umanizzato, allora saprei anche, in modo certo, che cosa
c'è in tutto ciò, ma per come stanno le cose ora, miei onorevoli amici, dovete
accontentarvi di quanto detto. Se voi portate questo Cristo qui da me, potete
anche essere certi che io non giudicherei l'Essere Suo in modo sconsiderato,
per quanto, naturalmente, sta nella mia sfera. Soltanto che al di sopra della mia
sfera, non deve essere posto niente!”.
12. E il messaggero dice: “Mettiamo il
caso che questo Cristo, quale l'Essere più pieno d'Amore, venisse qui e ti
dicesse di seguirLo; che faresti tu allora?”.
13. E il presidente della ragione
risponde: “Se Egli è ciò che voi avete detto di Lui, ed io Lo riconoscessi come
tale, non si può pensare nulla di più chiaro se non che la potenza
infinitamente più piccola deve seguire necessariamente di proprio impulso
quella infinitamente più grande, poiché non esiste né una via di mezzo, né una
d'uscita. Se, però, le cose non stanno così, allora è altrettanto chiaro che io
non posso uscire arbitrariamente dalla mia sfera, appunto perché io, insieme
alla mia sfera, come già chiaramente spiegato, sono stato «dato», ma non mi
sono dato da me stesso”.
14. Allora il Messaggero dice: “Guarda,
il Cristo sono Io! Che cosa vuoi tu da Me?”.
15. Il presidente della ragione dice: “Se
tu Sei il Cristo, dimostramelo, ed io Ti seguirò”.
16. Ed il Cristo, quale messaggero, dice:
“Sia fatta luce in questa sfera, e tu, regione brulla, diventa un Paradiso!”.
17. E ora guardate, il presidente della
ragione si prostra dinanzi al Signore e lo adora dicendo: “Così è dunque,
soltanto a Dio sono possibili tutte le cose! Signore, dal momento che hai già
fatto una grazia così grande a me, miserabile, messomi al bando da me stesso,
accoglimi dunque nella Tua Cerchia!
18. Però, nella Tua Cerchia di Grazia,
lasciami essere il minimo! Io so che Tu puoi allargare il mio orizzonte nello
stesso modo in cui Tu hai «dato» fuori da Te me stesso, così come sono. Io,
però, mi sono abituato a questo circuito limitato, quale il più ristretto di
una sfera umana vivente, lasciami perciò anche in questo circuito quale il più
insignificante fra tutti coloro che Tu hai degnati della Tua Grazia! Credimi, o
Signore, e guarda, in tutto il mio essere provenuto da Te, il mio spirito era
sempre incapace di concepire il pensiero di poter vedere Te, Infinito Donatore,
nel Suo Essere Originario. Dato, però, che ora Ti ho scorto, con questa visione
sono state anche adempiute le massime condizioni vitali del mio spirito”.
19. E il Signore così parla: “SeguiMi,
dunque, e tu non devi essere affatto il più piccolo, qualora ci sono Io, fra i
Miei figlioli! Però, non qui, bensì appena là tu dovrai riconoscere in Me il Santo
Padre Amorevolissimo!”.
20. E vedete, miei cari amici, quest'è
ancora una delle specie migliori della liberazione di un tale spirito della
ragione pura, dalla sua sfera. Vi è, però, una grande quantità di tali spiriti,
in questa regione che vi sta dinanzi, con i quali le cose non vanno tanto
facilmente così come con questo spirito. È molto spesso il caso, ed anche
tutt'altro che raro, che questi stoici, prigionieri della ragione, abbiano
anche un grado considerevole di orgoglio in sé, per il loro sapere. Non sarebbe
neppure adatto per voi assistere ad una tale conversazione, poiché potete
credere che, in casi simili, non di rado falliscano parecchie centinaia di
tentativi alla conversione. Comunque, abbandoniamo ora questa regione, mentre
la prossima volta ci inoltreremo sul burrone centrale. E così, per oggi,
chiudiamo!
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* * * * *
Le valli dei ricchi, dei dotti, degli
uomini razionali e intellettuali
1. Ed ecco, noi siamo nuovamente al punto
da cui eravamo partiti. Voi rabbrividite alquanto al pensiero di inoltrarvi in
questo burrone, soltanto che tra le ripide pareti rocciose c'è uno spazio
sufficiente, perché possiamo procedere abbastanza comodamente sulla via da noi
scelta, per quanto impervia. Lungo il cammino scoprirete, tanto a destra quanto
a sinistra, un grande numero di strette gole; quelle di sinistra, cioè dalla
parte di Mezzogiorno, hanno lo stesso significato della prima valle a sinistra
da noi visitata, dove dimorano i ricchi della Terra. La differenza consiste
solamente in ciò che gli abitanti di queste gole, situate più verso il fondo,
sono sempre più poveri in quanto a buone opere, per quanto essi siano stati
sempre molto più ricchi, sulla Terra, di beni terreni.
2. Nelle valli a destra, invece, ci sono
dimore per ogni sorta di eruditi, di razionalisti e di intellettualisti e
quanto più in fondo a queste valli questi esseri dimorano tanto più lontano dal
Signore era il bagaglio delle loro conoscenze sulla Terra. Ora che sapete ciò,
possiamo iniziare il nostro cammino per dei buoni risultati e recarci in quelle
regioni dove avrete delle cose molto importanti da imparare. Dunque, avanti!
3. Voi chiedete dove hanno origine tutte
queste acque, che provengono dalle valli che si trovano in ambedue le parti, e
precipitando in questo stretto burrone, attraverso il quale, come un torrente
impetuoso, si riversano nell'insenatura del grande mare. Le acque significano
le condizioni e le opere di utilità pratica che ne derivano, cose, queste, che
tali uomini hanno tratto, grazie alla luce del loro intelletto e della loro
intelligenza, sulla via delle esperienze dalle norme naturali delle cose. Le
acque che giungono dalla parte destra sono, come vedete, più torbide. Ciò
significa che nel bagaglio delle cognizioni scientifiche c'è molto di falso.
Mentre quelle meno torbide, che provengono da sinistra, indicano che i ricchi
del mondo, per quanto in possesso di nozioni scientifiche più scarse, sapevano
fare meglio i loro conti, dei veri e propri scienziati, senza mezzi. Che le
acque s'incontrino in questo burrone significa che la potenza della scienza e
quella dei beni del mondo sempre si uniscono e, alla fine, diventano “uno”,
poiché l'erudito cerca la scienza per diventare, per mezzo di questa, ricco dei
tesori del mondo. Mentre l'uomo ricco di beni mondani cerca la scienza, per
potere, per mezzo della stessa, aumentare ancora i suoi beni. Questa è la
ragione per cui potete osservare che le acque che provengono dalla sinistra non
sono tanto torbide e tumultuose come quelle che giungono dalla destra. Il che
equivale a dire che il ricco in tesori mondani sa sempre intrufolarsi fra gli
scienziati, diplomaticamente, per appropriarsi delde loro cognizioni e di
qualcosa che possa prestarsi alle sue necessità speculative. Anche questo ora
sappiamo, così che ora continueremo il nostro viaggio.
4. Guardate là in fondo, ancora
abbastanza distante da qui, c'è un'altra parete di pietra e là anche tutto
questo insieme di valli, gole e burroni termina tanto a destra che a sinistra.
Questa parete si apre, talvolta, e forma una screpolatura abbastanza larga. Se
vi si giunge in quel momento, si può penetrare dall'altra parte. Però, se non
si coglie quel momento, non si passa più. Voi dite: “Neppure nel modo in cui,
nella regione nordica, ci siamo innalzati al di sopra dei monti?”. Ed io vi
dico: “Qui non serve quel sistema, poiché voi avete ancora del terrestre in
voi. Comunque, noi coglieremo proprio il momento in cui la parete si aprirà e
poiché al di là della parete si estende una ampia pianura, passeremo prima che
la fenditura si restringa”. Ed ecco, noi siamo vicini alla parete, pazientate
un po', poiché ben presto essa si aprirà. Ora io dico: “Apriti!”. E guardate
come già si divide la grossa parete; e ora che la fessura si è fatta abbastanza
ampia, lestamente attraversiamola. Dato che siamo passati feliceeente,
volgetevi per un attimo indietro e vedrete come ora la parete è nuovamente
chiusa.
5. Ora, però, guardate davanti a voi,
nella regione in cui ci troviamo; cosa vi pare? Voi dite: “Che domanda! Come
potrebbe piacerci questa regione in cui manca la luce e nella quale per
procedere, andiamo a tentoni? Noi dobbiamo tenerci stretti a te, altrimenti ci
smarriamo, poiché non vediamo neppure il suolo che calpestiamo e non sappiamo
se esso è composto di pietre, sabbia, luridume od acqua, poiché, come già
detto, qui non vediamo né te né noi stessi”.
6. Certo, miei cari amici, qui è così e
non si può fare nulla. Voi chiedete se, comunque, in questa regione ci sono
degli esseri viventi. Io, però, vi dico: “Non è molto facile trovare un'altra
regione tanto popolata come questa, poiché qui si può dire seriamente: «Questo
mercato delle tenebre brulica di uomini»”.
7. Voi vorreste avere un po' di luce,
per poter farvi una idea del luogo. Io, però, vi dico: “Non andrebbe troppo
bene qui, se sapessimo servirci di una qualsiasi luce, poiché verremmo subito
circondati dagli abitanti di questa regione, quasi come un verme caduto in un
formicaio”. Però, basta che voi attendiate un pochino e allora la pupilla si
allargherà così che noi potremo scorgere qualcosa, anche in queste tenebre.
Dunque, andiamo un po' avanti. Come va, incominciate già un po' a vedere
qualcosa?”. Voi dite: “Incominciamo a scorgere molto debolmente che sotto ai
nostri piedi il suolo è di sabbia e che, dinanzi a noi, qualcosa si muove”.
8. Certo, avete ragione, avviciniamoci e
vediamo di che cosa si tratta. Ecco, ciò che si muoveva, ci viene incontro.
Guardate bene, si tratta di una figura umana, dall'aspetto molto misero e tutta
rattrappita”. Voi chiedete chi è. Ebbene, interpellerò io questa figura.
9. “Che fai tu qui, o misero essere? Da
dove vieni?”. L'essere risponde: “Io sono, già da tre anni terreni, in questa
regione e corro intorno come un animale selvaggio e non trovo nulla che possa
calmare la mia forte fame. Proprio non so perché, dopo la mia dipartita dalla
Terra, io abbia dovuto venire in questa miserabile regione. Io ero, sulla
Terra, un grande signore ed avevo una carica importante. Io ho amministrato
questo mio ufficio, onestamente e fedelmente. Non mi sono lasciato mai
corrompere da nessuna offerta lusinghiera, ma procedevo rigorosamente secondo
la legge, disimpegnando, in tal modo, il mio dovere, con una generale stima e
venni apprezzato e segnalato dal mio monarca. Io ho fatto spontaneamente delle
opere buone, usando mezzi tolti dal mio stipendio e sono vissuto, da tutti i
punti di vista, in modo esemplare. Invece, quando abbandonai l'esistenza
temporale, mi trovai in questa orribile regione, nella quale, come già detto,
sto errando da tre anni, senza trovare una via d'uscita”.
10. Allora io, il vostro messaggero, gli
chiedo ancora: “Mio buon amico, tutto quello che ci hai raccontato può essere
vero, soltanto non hai mai pensato al Cristo, il Signore, e creduto in Lui? Hai
fatto qualche volta del bene, per amore Suo? Hai considerato quali tuoi
fratelli, tutti gli uomini, per quanto bassi e volgari potessero essere? Dimmi,
come stanno le cose in questo campo?”. E il poveretto così risponde: “Come può,
un uomo nobile e colto, credere in un Cristo, buono soltanto per i poveri di
spirito e per le donnette? Nonostante ciò, per non scandalizzare nessuno dal
punto di vista politico, io ho partecipato a tutte le sciocchezze cristiane.
Inoltre, chi potrebbe essere così stolto da pretendere che un uomo, che riveste
un'alta carica statale, possa considerare suoi fratelli tutti gli straccioni
che incontra per la via? Oppure, per fare qualcosa per amore del Cristo degli
oziosi bacchettoni bisognerebbe dapprima diventare tanto sciocchi da credere in
un tale Cristo e poi vedere se si può fare qualcosa per un certo amore per Lui.
Tuttavia io credevo in un Dio e spesso pensavo fra me: «Se questo Dio è giusto, ciò che Egli
evidentemente deve essere, allora, ammesso che dopo la morte ci sia una vita,
Egli dovrebbe rendere piena giustizia ad un uomo equo e giusto com'ero io». Che dopo la morte ci sia una vita,
lo sto sperimentando già da tre anni in questa regione spaventosa, errando qua
e là come una bestia selvatica. Però, in questo mio stato, purtroppo, devo
persuadermi che un Dio non c'è, poiché, se ve ne fosse uno, Egli dovrebbe avere
di me quella stessa considerazione che ha avuto il mio imperatore. Considerato
indubbiamente che tutto è opera del cieco caso, così devo attendere ciò che Esso
farà di me. Se, però, avete qualcosa da mettere nello stomaco, datemelo, poiché
ho molta fame, perché qui non ho altro nutrimento all'infuori di qualche
pianticella di muschio, sempre trovata per caso”.
11. Ed io, il vostro capo, gli dico:
“Ascolta, amico! Vi è soltanto un Dio, che è immensamente giusto e questo Dio
non è altro se non il Cristo dei poveri di spirito e delle vecchiette. Questo
sia per te un raggio di Grazia, affinché tu sappia a chi tu devi rivolgerti, se
ti dovesse andare ancora peggio di adesso.
12. Vedi, tutto quello che tu hai fatto,
per quanto giusto per te e da te stesso, lo hai fatto unicamente sotto la
spinta dell'amore di te stesso. Poiché il tuo amore era molto importante per la
carica che rivestivi, per il compiacimento che te ne derivava da ogni parte e
l'alto apprezzamento del mondo. Perciò tu non hai portato con te null'altro che
il tuo proprio amore, che da allora è completamente privo di luce, poiché
quella del mondo gli è stata tolta. La vera Luce dello Spirito e la Sua
Giustizia sono il Cristo! Rivolgiti a Lui nel tuo cuore e allora ti verranno
dati luce e pane secondo l'esatta misura della tua conversione. Ora, però,
lasciaci!”.
13. Guardate come ora se ne va, quatto
quatto, riflettendo, ed osservate in quale modo la nera nuvolaglia sopra di lui
vada assumendo un leggero chiarore grigiastro. Questo dipende dal fatto che
egli ha incominciato a riflettere su Cristo. Noi, invece, procediamo avanti,
poiché ci verranno offerti dei casi ancora più interessanti.
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* * * * *
Nel Regno delle tenebre
dell'incredulità
1. Guardate, non molto distante da noi
si muove nuovamente qualcosa; l'avete osservato voi pure? Se l'occhio non ci
inganna, questa volta si tratta di due uomini macilenti e consumati fino alle
ossa; voi dite: “Voi avete ragione, però,
facciamo un paio di passi e così li raggiungiamo”. E ora eccoli qui, però non
si sono neppure accorti della nostra presenza e per il momento va bene, perché
così possiamo ascoltare il loro discorso. Anzi, non ci faremo neppure vedere e
soltanto alla fine ci presenteremo al loro animo come un leggero suggerimento,
così che grazie a ciò, l'uno o l'altro possa essere indotto possibilmente a
modificare un poco il suo modo di pensare. Perciò, aprite bene le orecchie ed ascoltate,
poiché proprio ora incominceranno a discutere della cosa principale.
2. A. dice: “Allora, mio stimatissimo
amico, a te le cose non vanno ora niente affatto meglio che a me. Da quanto
tempo ti trovi in questo luogo?”. B. risponde: “Stimato amico, secondo il mio
sentire dovrebbero essere alcune settimane. E tu?”. A. dice: “Per me,
purtroppo, sono già trascorsi all'incirca vent'anni”. B. osserva: “Mi riesce
assolutamente inconcepibile il come posso essere capitato qui, poiché, mi puoi
credere, dato che tu, quale uomo più anziano, mi hai conosciuto quale un
ventenne molto attivo ed io ho sempre continuato a vivere, secondo le mie
conoscenze, come ho trovato leale e giusto. Io ho adempiuto il mio ufficio
sacerdotale con grande fedeltà; non ho mai trascurato nemmeno una lettera dei
precetti della Chiesa. Io ho sempre predicato nello spirito dell'unica Chiesa
beatificante e, entro i limiti della possibilità, ho sempre aiutato coloro che
riconoscevo essere veramente bisognosi, cioè che erano diventati poveri senza
loro colpa. Io davo onore a Dio giornalmente nel santo sacrificio della Messa e
non posso ricordarmi nemmeno un giorno, fino all'ultima ora, in cui io abbia
smesso di pregare secondo il breviario. Io mi conformavo a tutti gli statuti
emessi dai capi della Chiesa e sarei stato pronto a combattere, per la vita e
per la morte, per i diritti della stessa. Io ero severo nel confessionale e
credo di avere guadagnato molte anime per il Cielo ed io, così come voluto dal
Cristo, mi sono interessato ai bisognosi, dando da mangiare agli affamati e da
bere agli assetati, vestito i nudi, visitato i prigionieri, così che, dopo il
mio trapasso, mi attendevo, sicuramente, di venir accolto in Cielo, considerato
specialmente che oltre a tutto ciò mi ero assicurato una indulgenza plenaria,
da parte di sua santità il Papa!
3. Che tipo di relazione, però, ciò
avesse con il Cielo che speravo di ottenere, lo puoi capire anche tu
altrettanto bene quanto me. Però, mio caro amico, sai, io ho pensato spesso,
fra me e me, del tutto segretamente, senza farlo mai trapelare pubblicamente,
che il cristianesimo, insieme al Cristo, non fosse altro se non un paganesimo
più raffinato ed avevo posto, perciò, ben poca fiducia in Cristo con tutta la
sua Trinità. E ora risulta chiaro dinanzi a me quanta ragione avevo io con
questa mia segreta sfiducia. E tu, che dici a proposito di ciò?”.
4. A. dice: “Eh, mio stimabile amico,
che potrei dire? Io non ero un sacerdote, però vivevo, lo si può ben dire,
quasi altrettanto rigidamente, come cioè, e questo lo si comprende da sé, i
migliori sacerdoti mi avevano insegnato. È ben vero che, in certo qual modo,
anch'io avevo dei dubbi, però pensavo: sia come si voglia, io vivo
tranquillamente così come mi è stato insegnato dai preti e ciò non può essere
sbagliato. Infatti, pensavo: ammesso che la loro dottrina sia falsa, oppure
un’insensatezza, essi ne sono i responsabili, io, però, me ne lavo le mani. E
se Iddio è sul serio un Giudice così giusto, come tutti i preti predicano dal
pergamo, Egli mi deve premiare sempre che, naturalmente, Egli esista. Se,
invece, non esiste nessun Dio, allora in qualunque modo si viva, non ha
importanza. Se vi è una vita nell'aldilà, essa deve essere, di sicuro,
corrispondente al carattere costantemente probo e onesto di un uomo. Se una
vita nell'aldilà veramente non esiste, dopo la morte del corpo, non avrà
nessuna importanza come si è vissuti su questa Terra. Tu puoi dedurre da ciò
che io, sulla Terra, sono vissuto quale un uomo probo, prudente e fedelmente
obbediente, ora, invece, mi trovo qui già da lungo tempo e questo è stato il
vero premio!
5. Dunque, null'altro che una notte
gelida, quasi impenetrabile, senza nessuna alternativa di un giorno per quanto
nuvoloso e fosco. All'infuori di un po' di muschio sabbioso, nessun altro cibo
entra nel mio stomaco e questo dovrebbe concordare con l'Amore, la Misericordia
e la Giustizia di Dio, tanto spesso predicati da voi sacerdoti? Io penso, da
più di vent'anni, se c'è veramente un Dio oppure no, e in qualunque luogo
incontro qualcosa e discuto questo punto con lui, egli non sa al riguardo nulla
più di me. Perciò, mi fa ancora più meraviglia che un sacerdote, che ha sempre
lavorato per il “Regno di Dio”, stia proprio subendo la stessa mia sorte. Io
ritengo che tutti siamo stati ingannati, insieme a Cristo. Infatti, mi è
sembrato spesso enigmatico come un Dio abbia potuto lasciarsi uccidere! I
vecchi e saggi Ebrei conoscevano certamente il Cristo meglio di noi ed hanno
saputo liberarsene nel modo migliore, quale un ipocrita sognatore ebreo. E Lo
hanno poi affibbiato con finezza ai Romani, fino allora felici, quale premio
per avere quest'ultimi distrutta la loro città dei re. Essi, per conto loro,
rimasero al loro vecchio Dio, il quale, evidentemente, ha un aspetto molto più
divino del nostro Crocifisso. Dopo ciò, siamo stati noi a dover accogliere, in
seguito a questo colpo del genio ebreo, proprio quel Dio, che presso di loro
era stato l'essere più diffamato. Secondo me ciò si può toccare con mano,
poiché, se nel Cristo ci fosse qualcosa, in questa sfera mondiale, io te lo
posso dire, ci sarebbe almeno qualcuno che sa qualcosa di reale su di Lui.
Invece, tu puoi incontrare migliaia di uomini che devi riconoscere quali esseri
assennati e modesti, che di Lui non conoscono neanche la minima cosa. Io te lo
posso dire che mi sono trovato già con uomini, che si trovano in questa
regione, da mille ed anche da duemila anni e che si sono anche abituati a
mangiare muschio. Questi, nella Terra, erano dei contemporanei di Cristo,
sempre che, detto fra noi, un Cristo sia veramente esistito ed essi sanno di
Lui altrettanto poco quanto noi. Ci sono, perfino, alcuni che affermano di non
avere mai udito questo Nome. Ecco, vedi, queste sono le mie idee, alle quali
sono giunto nel corso della mia presenza qui e, parzialmente, già durante la
mia esistenza terrena, naturalmente di nascosto. Che te ne pare?”.
6. B. dice: “Stimato amico; devo
ammettere apertamente che le tue idee hanno della saggezza; tuttavia non posso
accettare pienamente l'idea che i saggi Ebrei, che conoscevano il vero Dio,
come vendetta verso una grande nazione, come era quella romana, le abbiano
affibbiato, quale Dio, quasi un avanzo di galera. Poiché proprio a quel tempo
c'erano, fra i romani, anche degli uomini molto saggi e, perciò, non sarebbe
ragionevole considerare quella grande e saggia nazione tanto sciocca da fare un
simile misero scambio con i propri dei, molto significativi, e tanto
magnificati e celebrati in versi.
7. Considerato, però, che ti sei
rivelato nella tua opinione, voglio aprirmi pure io a te e comunicarti quello
che io, non di rado, ho pensato durante la mia esistenza terrena e
precisamente: i romani, anzi, per essere più precisi la casta sacerdotale
romana, aveva osservato segretamente che, col tempo, non si sarebbe più potuto
continuare con tutte le loro divinità, perciò, un po' alla volta, i capi
cercarono, per il popolo che stata diventando sempre più materiale, anche un
“mito” più materiale. Allora essi fecero credere che il massimo Dio, Giove,
aveva avuto misericordia dell'umanità e, dato che fra tutti i popoli la nazione
giudaica era la più lontana dal paganesimo, Giove stesso era disceso sulla
Terra, assumendo la figura di un Ebreo, insegnando al popolo la verità, sulla vera
dottrina di Dio, a Roma. Questa dottrina per gli Ebrei, era un orrore, tanto
più che, in quel tempo, i Romani pesavano loro sullo stomaco. Essi fecero,
perciò, il possibile per rendere sospetto questo vero dio Giove, in forma
umana. Pilato sapeva benissimo chi si celava sotto il Cristo, ragione per cui
lo ha difeso il più possibile. Dato, però, che gli Ebrei non si lasciavano
ammansire e che minacciavano Pilato di denunciarlo all'imperatore, quale
complice allora Pilato pensò fra sé: «Se io abbandono a loro l'Onnipotente,
Egli saprà certamente meglio di me, quello che potrà lasciari fare», e Giove, oppure Cristo, si è
lasciato crocifiggere pro forma, all'uso dei Romani e, quale Giove, risorse
facilmente da morte e fece poi comunicare agli alti sacerdoti di Roma, quello
che avevano da fare. A quei sacerdoti, questa era proprio un'acqua desiderata
al loro mulino; ed essi ammaestrarono allora il popolo sulla base del mito che
essi avevano creato in accordo con i Romani, che si trovavano nel paese degli
Ebrei. Inventarono, in aggiunta, un’infinità di martiri e, d'accordo con
l'imperatore, ricorsero anche a delle crudeltà, vere o finte, e riempirono la
testa al popolo sciocco con la inscenatura di molte apparizioni miracolose e,
in tal modo, il vecchio e scialbo paganesimo, già imputridito sempre sotto lo
stesso pontificato, è giunto fino a noi. E, per necessità di cose, siamo stati
abbastanza balordi da accettare, quale oro colato, un tale autentico tiro
birbone. Perciò, secondo la mia opinione, qui è perfettamente rappresentato il
premio del nostro paganesimo neocreato”.
8. A. dice: “Mio carissimo, devo
riconoscere sinceramente che la tua opinione è più attendibile che la mia,
solamente non comprendo come, in occasione di una simile scaltra impresa,
abbiamo potuto basare sul giudaismo il neocreato paganesimo. Poiché, da quanto
io so, traendolo dai cosiddetti Evangeli, il Cristo si riferisce esclusivamente
ai profeti degli Ebrei e non è tanto facile accettare l'idea che i Romani,
saggi e superbi, per creare una religione si siano serviti proprio della
religione degli Ebrei, da loro disprezzati oltre misura. Inoltre, devo
riconoscere apertamente, di fronte te, che l'assoluta dottrina del Cristo,
lasciando da parte i miracoli, in se stessa è una Dottrina umanamente intelligente
e, secondo il mio parere, si presenta meno di qualsiasi altra, alla ben nota
avidità di lucro dei Romani. Per questo motivo, non è tanto facile provare che
essa sia stata opera della casta romana, bensì sicuramente dei Giudei; ciò
tanto più che si sa, dalla storia, in modo certo, quanto accanitamente i Romani
si siano opposti all'introduzione di questa Dottrina!”.
9. B. dice: “Stimato amico, tu sei poco
addentro nelle segrete scappatoie della casta sacerdotale. Vedi, hai letto
nella storia che diversi imperatori romani si sono posti, quasi giorno per
giorno, contro l’introduzione di questa religione. Nominami invece anche un
solo pontefice romano che si sia opposto. Ecco, la cosa era così ben tramata
che questa neocreata religione non avrebbe trovato un modo migliore per
introdursi, se non, appunto, attraverso la necessaria opposizione,
apparentemente crudele, degli imperatori romani. Che questa neocreata religione
si sia basata sul giudaismo, ha una ragione molto evidente nel fatto che i savi
romani, in occasione delle loro varie conquiste, avevano l'opportunità di
conoscere a fondo un gran numero di religioni ed erano in grado di constatare
che la neocreata religione da loro progettata non avrebbe potuto basarsi meglio
su nessuna altra religione che non fosse quella giudaica. Ecco perché anche il
loro Giove, diventato uomo, è stato fatto nascere, per delle ragioni molto
sagge, nel paese degli Ebrei, poiché sapevano molto bene che tutte le altre
religioni erano ancora più imputridite della loro”.
10. A. dice: “Oh sì, stimatissimo amico,
ora la tua idea assume un aspetto del tutto diverso e non posso esimermi
dall’aderirvi. Certo, se così non fosse, da dove, altrimenti, verrebbe questa
avidità di oro e d'argento, dell'ancora presente pontificato romano? Però, a
parte ciò, devo riconoscere che la vera e pura Dottrina morale di Cristo,
provenga da dove si voglia, è buona al di sopra di ogni critica, questo è
quello che mi ha fatto persistere nel Cristianesimo. Che, col tempo, alcune
egoistiche piante parassitarie si siano appiccicate a questo puro albero,
questo, lasciamolo dire, è anche innegabile e, perciò, devo dirti, anzi ora mi
viene un'idea, se si presentasse il caso che dovessi imbattermi in un vero e
puro seguace di Cristo, in verità, è escluso che potrei essergli nemico!”.
11. E B. osserva: “Infatti, se ve ne
fosse uno, anch'io ci starei, ma qui sta il difficile!”. Ed A. risponde: “Sai
cosa facciamo, cerchiamo di scoprire questo indizio e, trovatolo, per lo meno,
avremo un emblema della fedeltà”. Come vedete, sopra A. si è già fatto un po'
di chiarore, ma sopra B. ci vorrà ancora molto tempo. Ora, dato che qui non
abbiamo più nulla da fare, continuiamo la nostra via!
[indice]
* * * * *
Un filosofo spirituale e una bigotta
1. Guardate laggiù, a circa cinquanta
passi dinanzi a voi potete scorgere una coppietta. Andiamo direttamente verso
di loro e in breve li avremo raggiunti. Anche costoro non devono avvedersi
della nostra presenza. Perciò, affrettiamoci, così da apprendere, da un altro
nuovo episodio in formazione, qualcosa che c'interesserà. Eccoci vicini a loro
e, come potete vedere, in questa coppia c'è una donna sparuta dall'aspetto
molto affaticato ed un uomo consumato quasi fino all'ultimo pezzetto di carne e
con qualche goccia di sangue, per poter avere ancora un po' di forza per
strascicarsi avanti, in caso d'estrema necessità. Guardate come essa gli porge
la mano e si rallegra dell'incontro.
2. Ascoltate ora cosa decidono tra di loro
questi due: “Salute a voi, in nome del Cielo! Come sono lieta, di tutto cuore,
che un caso fortunato ha fatto sì che ci incontrassimo. Devo, però, confessarle
che non avrei mai creduto di trovarla in un simile luogo, poiché sono sempre
stata dell'opinione che Lei si trovasse già beato nel Cielo, dato che, da
quanto ricordo, Lei sulla Terra è stato un uomo molto pio e probo. Grazie a
Lei, quale professore molto erudito del clero, sono usciti a cura delle sue
mani, molti ed eruditi bravi e degni sacerdoti, atti alla cura delle anime e
ora, santo Cielo, La devo incontrare in questo stato miserabile, in un simile
luogo, nel quale anch'io, Dio sa il perché, sono giunta due mesi fa”.
3. Ed egli dice: “È così, mia
pregiatissima amica, e mi rincresce proprio che anche Lei si trovi qui, ma che
cosa ci possiamo fare? Lei è qui come una ingannata ed io, ugualmente, quale un
ingannato. Noi, durante la vita terrena, ci eravamo fatti delle grandi speranze
di una vita felice - il Cielo saprà il perché, premesso che ce ne sia uno in
qualche luogo - soltanto che io già da parecchi anni, mentre lei da pochi mesi,
stiamo apprendendo quanto felice è questa vita e qual è la ricompensa per le
buone azioni che si compiono sulla Terra!”.
4. E lei osserva: “Ma, in nome del
Cielo, se penso alla vita austera che lei conduceva e che nel mondo non ha
avuto nulla di buono e che quando Lei predicava in chiesa tutti commossi
piangevano, ed ai magnifici insegnamenti ed ammonimenti che Lei dava durante la
confessione, e come, nel più profondo raccoglimento, compiva il santo
sacrificio della messa, io non posso comprendere veramente come Lei sia giunto
qui. Per una di noi è più ammissibile, dato che, forse, si è sottaciuto qualche
peccato nella confessione o perché non si è scrutata in profondità la nostra
coscienza. Mentre uno come Lei, conoscitore di ogni cosa, controllore di tutti
i suoi moti, ripeto, saprà soltanto il Cielo, perché è capitato proprio qui.
Lei ha fatto forse qualche supposizione per spiegare ciò?”.
5. Egli allora dice: “Oh pregiata amica,
ho fatto qualcosa di più che una semplice supposizione, ma credo non sarebbe
tanto facile per Lei comprenderla”. Essa dice: “La prego, parli senza riguardo,
chissà che non ne possa ritrarre qualche utilità anch'io!”. Egli risponde: “E
va bene, gliene comunicherò qualche cosa. Però, non mi voglio assumere la
responsabilità di quanto Le dirò, potrà esserle utile oppure la scandalizzerà,
perciò stia a sentire qual è la mia supposizione:
6. «Io suppongo che non esista né un Dio
né un Cielo e che, per delle buonissime ragioni, noi esseri umani non siamo
altro se non dei prodotti della natura. Quando la parte grezza e materiale cade
via, come un involucro, dalla forza vitale naturale; questa forza si mantiene
in vita ancora per qualche tempo, ma, un po' alla volta, muore anch'essa. La
forza, a sua volta, si disperde nello spazio, come la forza della polvere da
sparo che esce fuori dall'imboccatura di un cannone, allora è finita per tutta
l'eternità con tutte le speranze e tutte le attese degli uomini». Se Lei mi osserva attentamente, si
accorgerà che io mi sto avvicinando alla completa dissoluzione ed al finale
annientamento ed allora la mia supposizione risulterà chiara perfino in questa
valle tenebrosa”.
7. Lei dice: “Santo Cielo - sempreché
esista - che cosa mai mi sta raccontando? Ciò è oltremodo spaventoso, per
quanto nessuno meglio di voi può esserne a conoscenza. È vero che anche a me
sulla Terra sono sorti questi pensieri, specialmente in seguito al fatto che
qualche persona colta ed illustre mi fece osservare che, dopo la morte, non
esiste più nulla di buono. E soltanto ora vedo che quel distinto signore aveva
pienamente ragione e che così, col tempo, avverrà di me quello che sta
avvenendo di Lei. Per lo meno, quand'ero sulla Terra, se le cose mi andavano male,
potevo dire: «Mio Dio e Mio Signore non abbandonarmi!». Mentre, che cosa posso
fare ora, se veramente Dio non esiste? Potrebbe Lei, pregiatissimo amico, dirmi
ancora come stanno le cose col Cristo e con la Sua ultrabeata Madre Maria, che
dovrebbe essere stata vergine? E perché abbiamo dovuto, nel mondo, recitare
tanti rosari, litanie e giaculatorie per questi due santi e perché Lei ha detto
tante messe, pieno di raccoglimento, se le cose stanno proprio così come ha
affermato Lei, un momento fa?”.
8. Egli dice: “Eh, mia cara amica, su
ciò anch'io ho visto chiaro soltanto in questo mondo qui. I grandi signori del
mondo non potevano soggiogare il popolo senza avere trovato, da prima, un dio
qualunque e poi una religione per lo stesso. Per mezzo della religione è stato
facile per loro tenere a freno la plebe che lavorava tanto diligentemente per
loro, così che essi, senza preoccuparsi affatto di lavorare, potevano
ingrassare su morbidi letti e poltrone nei loro palazzi e castelli. A questo
scopo vennero assunti dappertutto sacerdoti e maestri, i quali, a loro volta,
vennero tenuti nella confacente ignoranza e stupidità allo scopo di fare
diventare altrettanto stupido anche il popolo comune. Quando, però, questi
sacerdoti erano delle persone avvedute, anch'esse potevano vivere molto bene,
per evitare che, con la loro intelligenza, potessero diventare pericolosi ai
grandi del mondo. Però, per dare a questa religione, che in se stessa non è
niente, una significativa vernice, è stato necessario adornarla con ogni sorta
di cerimonie e riti mistici del tutto privi di significato, dato che altrimenti
non avrebbero potuto ottenere, presso la comune plebe, i necessari effetti.
Come vedete, pregiatissima amica mia, questo è stato anche il mio caso.
9. Già sulla Terra avevo scorto, fra me
e me, che con la vita nell'aldilà le cose stavano in modo molto diverso da
quello che io stesso predicavo dal pergamo. A questo riguardo, mi ero anche
estrinsecato, del tutto segretamente, con i grandi signori al potere, chiedendo
chiarimenti. Soltanto che chiarimenti non mi vennero mai dati, ma in compenso
io ho avuto, non so bene neppure io né come né perché, una considerevole
promozione e mi si nominò professore e pure ben pagato e, infine, perfino,
direttore del seminario. Mia opinione è che i signori hanno pensato che io ero
troppo avveduto per coprire un posto di basso rango, perciò me ne hanno dato
uno migliore, affinché nel mio interesse, con la mia avvedutezza, potessi
soltanto rendermi utile e non danneggiare gli interessi della casta sacerdotale.
È vero che sono vissuto sempre da uomo onorabilissimo, ma quello che è stato
sciocco da parte mia e che ancora adesso rimpiango, è che, con tanta
promozione, io sono stato ingannato e, in secondo luogo, che io, in tale mia
carica che rendeva bene, ho condotto, sia pure anche soltanto in apparenza, una
vita troppo stupidamente rigida dal punto di vista spirituale, per il mio
benessere. È ben vero che pensavo che una tale vita di rinunce mi avrebbe
procacciato in poco tempo la dignità vescovile, però avevo fatto male i conti,
poiché i grandi signori avevano calcolato molto bene che, per il posto che mi
era stato assegnato, possedevo il giusto grado di stupidità, a causa del quale
non potevo più essere pericoloso, perciò mi lasciarono tranquillamente
ammuffire nella mia carica. Come vedete, mia stimata amica, così stanno le
cose, con tutto quello che riguarda la religione nel mondo, perciò dissi, fin
da principio, che siamo stati ambedue ingannati”.
10. Lei dice: “Adesso, improvvisamente,
ci vedo chiaro anche io! Se avessi saputo ciò, finché ero sulla Terra, come
avrei potuto vivere allegramente! Infatti, io ero, anzitutto, come si diceva,
una bella ragazza ed oltre a ciò anche molto benestante. Quanti giovanotti per
bene mi corteggiavano, ma io, sotto l'influsso della religione, non osavo
neppure guardarli. E per amore del nostro Signore Iddio e della beatissima sua
madre vergine Maria sono diventata una vecchia zitella, senza contare che già
durante la mia esistenza terrena ho ceduto stupidamente, quasi per intero, il
mio patrimonio alla santa madre Chiesa!
11. Oh! Quanto sono stata sciocca! Come
sarebbe stato meglio, se fossi diventata un'allegra prostituta, per lo meno
avrei goduto un po'! Ecco, mio eccellente amico, se le cose stanno realmente
come Lei le ha descritte, allora mi verrebbe la voglia d'imprecare e di
maledire tutto, tuttavia no, non voglio farlo! Quando le cose mi andranno molto
male io voglio comunque, magari per abitudine, aiutarmi con l’invocare Iddio e
la beata vergine Maria. Poiché posso rammentarmi che, sulla Terra, alcune volte
l'invocazione del Cristo e della cara Signora mi ha palesemente aiutata, ciò
tanto più che se con questa invocazione non si guadagna nulla, neppure si perde
nulla. A dire il vero, non posso farmi proprio dei rimproveri, per aver fatto
durante la mia vita terrena qualcosa che abbia attirato su di me un simile
castigo, cioè trovarmi in questo luogo tenebroso, se non, forse, aver tenuto
troppo, talvolta, dalla parte dei preti, naturalmente senza che l'onore e la
morale ne venissero intaccate, poiché, da questo punto di vista, sono stata
sempre molto rigorosa. Però, più volte ho vituperato degli uomini che mi
sembravano cattivi e mi sono scagliata contro di loro ed anche, ogni volta, li
ho giudicati, naturalmente, soltanto di fronte al clero e, insieme a loro, ho
condannato pure tutti i Luterani, gli Ebrei, ed i Mussulmani ed i pagani, in
nome della santa Trinità. Però, erano stati i signori sacerdoti a dire che,
come una buona credente cristiana, dovevo proprio fare così. Essi, certamente,
pure dicono che si deve pregare per loro, affinché possano abbracciare la
religione giusta e perciò mi sono regolata così: prima, come conviene, li ho
condannati e poi ho pregato per loro. In ciò, credo, dovrebbe esserci stato
qualcosa di sbagliato, perché, altrimenti, proprio non saprei cosa potrebbe
essere stato d'altro. I poveri li ho aiutati, ma non troppo, perché ho
preferito legare il mio patrimonio alla Chiesa, perché pensavo che i sacerdoti
avrebbero saputo ripartirlo meglio di me. E così, più io ci ripenso e ci
rifletto e tanto più mi convinco di essere arrivata qui senza una vera colpa
ma, bene inteso, se le cose stanno come Lei mi ha spiegato prima, allora né
l'una né l'altra cosa avrebbe potuto danneggiarmi né essermi utili.
12. Però, come ho detto prima, rimango
ferma nel mio proposito sull'invocazione di Dio e della cara Signora; e mi
voglio trascinare in lungo ed in largo in questo luogo, quanto sarà necessario.
Forse, col tempo, mi imbatterò in qualcuno che potrà dirmi qualcosa di meglio
di quanto mi ha detto Lei, del resto sempre mio stimatissimo amico. E così La
saluto, poiché vedo che in sua compagnia non potrei diventare più felice. Anzi,
come sento ora nel mio animo sarebbe stato più gradito, se non l'avessi neanche
mai incontrato! Infatti, ora scorgo molto chiaramente che la stupidaggine è
preferibile, perché rende più soddisfatti gli uomini, di quelli del più acuto
intelletto.
13. Ad ogni modo, sono pure lieta di non
essere capitata nel Purgatorio, da me tanto temuto, oppure perfino
nell'Inferno, poiché, a ben guardare, non mi va tanto male, dato che non sento
nessun dolore, eccezion fatta per quello della fame. È vero che per sfamarsi
devo ricorrere all'erba, che qui è in sufficiente quantità. Se le cose non
peggiorano, a questo cibo finirò con l'abituarmi e perciò non mi resta che
dirle addio!”.
14. Ed egli dice: “E va bene, addio anche
a Lei e procuri di ingrassare mangiando erba; comunque Le auguro buon appetito.
Io, però, non sono stato ancora così fortunato come Lei a trovare dei ricchi
posti d'erba, ma soltanto del misero e scarso muschio, e questo, finora, è
stato il mio unico nutrimento”.
15. Guardate, ora tutti e due si
allontanano, egli si avvia verso la parte più settentrionale, lei verso quella
più meridionale”.
16. Voi chiedete: “Come mai lei si trova
in questa regione?”. Per quello che riguarda lui, quello che ha espresso è più
che sufficiente a comprenderne il perché.
17. Miei cari amici! Per quello che
riguarda la donna, si dovrebbe comprenderlo alla prima occhiata. Poiché, quale
specie di amore è quello di chi fa qualcosa per procurarsi poi un bene da lui
riconosciuto come sicuro, sia esso immediatamente ottenibile, oppure un premio
futuro? Questo non è che un amore di se stesso. Infatti, chi fa il bene e il
giusto, per proprio utile, quello ama soprattutto se stesso e fa pure il
possibile per provvedere a se stesso nel modo migliore. Le cose stanno così
anche in quell'essere che, per assicurarsi il Cielo, largì il suo patrimonio,
come qualcun altro lo impiega per comperare una casa o qualcosa d'altro, che
possa dargli dell'utile. Del vero amore per il Cristo, che dev'essere sempre
altamente disinteressato, essa non ha mai avuto neppure il minimo sentore! Per
questo motivo essa deve venir liberata in questo tenebroso luogo, interamente,
dal suo appetito di una ricompensa ed indotta a cercare e desiderare Iddio per
Amor di Lui stesso. Allora soltanto è possibile a simili esseri avvicinarsi al
vero Amore ed alla Sua Grazia. Mentre per l'uomo, prima di poter essere idoneo
ad un più alto accoglimento della Grazia, si deve scorgere in lui, secondo il
suo sentire, completamente annientato.
18. Tuttavia, voi non dovete raffigurarvi
nessuno come completamente perduto, ma, per certuni, possono trascorrere cento,
mille, due o tremila anni, secondo i vostri calcoli, appunto, prima che questi
divenga capace di accogliere una Grazia più elevata.
19. Però, affinché possiate fare delle
ulteriori esperienze, con riguardo ai vari motivi per cui tanti uomini giungano
qui, noi c'inoltreremo ulteriormente in questa regione. Quando ci imbatteremo
in intere compagnie, sorgerà in voi una luce molto maggiore e riuscirete a
scorgere di quali innumerevoli follie è, in fondo, affetta quella parte detta
“migliore” dell'umanità, presentemente vivente sulla Terra e che, comunque, le
loro buone azioni sono fatte, per la maggior parte, per interessi egoistici. E
con ciò, per oggi basta!
[indice]
* * * * *
Il luogo delle tenebre “dappertutto è
grida e stridore di denti”
1. Guardate laggiù, abbastanza lontano
da noi, dove si scorge un chiarore smorto, grigio rossastro, si trova una
compagnia, formata da una trentina di persone d'ambo i sessi; avviamoci da
quella parte. Ecco, ora li abbiamo raggiunti. Potete già scorgere qualche cosa?
2. Voi dite: “Oh, certo, però sembra che
si tratti di gente molto agitata, anzi, come se venissero alle mani fra loro”.
Io dico: “Voi avete osservato esattamente, però si tratta soltanto
dell'apparenza”. Ad una certa distanza una disputa spirituale sembra una vera
zuffa, perciò, avviciniamoci ancora un poco e l'immagine assumerà
immediatamente tutto un altro aspetto ai vostri occhi. Osservate soltanto che,
man mano che ci avviciniamo a questa compagnia, più quiete diventano le mani
dei suoi componenti. In contrapposto noi percepiamo una specie di abbaiamento,
simile al rumore di un mulino per grano, frammisto a delle voci o meglio urla e
lamenti. Voi dite: “Caro amico, questo suona quasi come le parole rivolte dal
Signore ai figlioli della Luce; cioè, riguardo a coloro che dovranno venir
cacciati nelle massime tenebre, dove la loro sorte sarà il «pianto e lo stridor
di denti». Certo, miei cari amici, poiché siamo già allo stesso significato.
Però, che cosa si deve intendere, illuminato spiritualmente, sotto le parole: «Venir cacciato nelle massime tenebre, con
pianto e stridor di denti», lo potrete apprendere, con i vostri
occhi e le vostre orecchie, quando saremo in tutta vicinanza. Dunque, facciamo
ancora alcuni passi e ora siamo proprio dove volevamo essere.
3. Che cosa vedete qui? Voi dite: “La
vista non è poi tanto brutta, se si eccettuano le facce consunte, alle quali,
però, oramai ci siamo già abituati; per il resto, la compagnia ha un aspetto
tollerante. Essa sta circondando un oratore, che si accinge a tenere una
conferenza”.
4. Miei cari amici, voi avete ragione, è
appunto per questo discorso che vi ho condotti qui. Voi però chiedete: “Visto
che qui non abbiamo trovato, in nessun luogo, un punto alquanto elevato e che
tutto questo regno della notte sembra consistere di una infinita pianura
sabbiosa, noi vorremmo sapere come questo oratore si sia potuto elevare
considerevolmente al di sopra dei suoi uditori”. Voi avete ragione, così
chiedendo, poiché, qui, la cosa più insignificante ha un grande significato.
Questo oratore si è edificato una collinetta, pigiando la sabbia con i suoi
piedi, però, come la sua tribuna oratorio è costituita, altrettanto lo sarà il
suo discorso. Fino a tanto che l'oratore si manterrà tranquillo sulla sua
tribuna di sabbia, essa lo sosterrà, ma quando, anche soltanto per poco, egli
vorrà affrontarvisi, la sua collina si sfalderà ed egli, poi, si troverà allo
stesso livello dei suoi uditori. Ora, però, egli ha dato il segnale che sta per
cominciare a parlare, porgiamo, dunque, attento ascolto a quanto starà per
dire, però senza essere notati.
5. Ecco il discorso, ascoltiamo dunque!:
“Miei stimatissimi amici ed amiche, io ho appreso da voi tutti, singolarmente
come voi siete, che tutti quanti siete vissuti sulla Terra, quali cittadini
perfettamente e completamente onesti e leali, qualcuno in un ramo e talaltro in
uno diverso (applausi generali). Voi, da “buoni cristiani”, avevate un giusto
timor di Dio e così, pure, in una misura perfettamente giusta, eravate benefici
verso l'umanità sofferente. I vostri nomi stavano sempre scritti, a grandi
lettere, quali primi, nei giornali, grazie alle vostre considerevoli offerte,
in occasione di tutti i sinistri o infortuni, ciò che era anche più che giusto.
Infatti, perfino i ciechi ed i sordi devono ammettere che, con riguardo
all'aiuto ed all'appoggio, non c'è nulla di più lodevole e di fruttuoso che il
fare conoscere quelle persone che hanno sempre praticato la beneficenza.
Poiché, in primo luogo, con tale pubblicità la povera umanità sa dove
rivolgersi in caso di bisogno e, secondariamente, è evidente che altri ancora
vengano stimolati ad entrare, essi pure, nella bella categoria filantropica dei
grandi benefattori dell'umanità, in tal modo resi noti (Applausi molto
accalorati).
6. Certo, voi eravate dappertutto dove
si trattava di fondazioni benefiche di qualsiasi genere e, con cuore
profondamente commosso, posso dire che voi eravate dei veri nobili cittadini
del mondo, nel senso più completo e perfetto di questa definizione (Applauso
generale e fra gli uditori, invasi dalla commozione, si sentono le seguenti
parole: “Splendido divino oratore uomo divino!”.)
7. Voi avete sempre dato il vostro
appoggio alle arti e alle scienze, avete servito lo stato quali cittadini
esemplari; certo, di voi si può dire che siete vissuti nel senso più perfetto
dell'Evangelo, poiché ognuno può constatare che avete sempre dato a Dio quello
che è di Dio. Mai è stata la brama di onori o di gloria la spinta alle nobili
vostre azioni, bensì sempre ed in ogni cosa è stata l'altruistica necessità del
bene operare, l'impulso per tutto quanto di grande e di splendido voi avete
fatto (Nuovamente applausi scroscianti, misti a lacrime, singhiozzi e pianti).
Perciò, la vostra vita era senza macchia, come un Sole in un cielo sereno della
nostra Terra, mentre qua, purtroppo, di Sole non c'è nessuna traccia. A questo
punto, però, miei cari amici, permettetemi una grande ed importante domanda.
8. Qual è ora la ricompensa per tali
azioni molto rimarchevoli ed eccezionalmente onorifiche? Dov'è il Cielo tanto
decantato che venne promesso a coloro che si fossero comportati da puri
cristiani degni di venir imitati? (Applauso eccezionale da parte di tutti i
presenti; si ode che parecchi di loro fanno eco, lamentosamente, alle ultime
parole pronunciate dall'oratore. Certo, dov'è questo Cielo tanto decantato, per
guadagnare il quale noi abbiamo largito tante offerte?).
9. Miei stimatissimi uditori! Ecco qui
questo suolo sabbioso, queste tenebre più che egiziane ed il nostro laudabile e
scarso cibo, consistente in muschio, rappresentano la ricompensa e il Cielo che
i preti ci hanno tanto decantato! (di nuovo applausi).
10. Dov'è il Dio giusto, per amor del
Quale voi avete compiuto opere nobili, poiché, negli Evangeli, è detto: «Quello che farete ai poveri è come se l'aveste fatto a Me e perciò ne
avrete la ricompensa».
Inoltre è detto: «Con la misura con cui misurerete,
verrete anche misurati». Dunque, stimatissimi uditori, voi
avete fatto tutto ciò, avete protetto migliaia di poveri e siete stati giusti,
senza parsimonia, nella misura e nel peso.
11. Dov'è allora, il tesoro nel Cielo, e
dove la ricca misura che doveva essere restituita, di tutte le opere benefiche,
che noi da veri cristiani avevamo compiuto? (Quale eco risuona: “Oh, sì, dov'è tutto questo?”)
12. Eccolo qui il tesoro celeste, in
questa tenebra, la misura giusta di quanto ci viene restituito, con questo
scarso muschio, che, sulla Terra, soltanto l'alce si sarebbe adattato a
mangiare.
13. Quante volte sulla Terra, in diverse
grandiose occasioni, noi abbiamo intonato il “Te Deum laudamus” ed i preti ci hanno gridato da tutti i pergami,
così da intronarci le orecchie; «Lassù, nel luminoso Regno dei Cieli,
voi intonerete appena il grande ed eternamente vivente “Te Deum laudamus”». Miei pregiati uditori, permettetemi
una domanda e precisamente:
14. «Come stanno le cose ora, qui, in
questo splendido Regno dei Cieli, con il tanto lodato “Te deum laudamus”?». Voi vi stringete nelle spalle. In
verità, io non mi limiterei a stringermi nelle spalle, ma in tutto il corpo, se
non temessi che, con tale movimento, la mia molle tribuna oratoria mi deponesse
dal mio posto importante, venendomi a mancare il terreno sotto i piedi. Io sono
della opinione, senza voler con ciò precedere nessuno nell'esprimere
eventualmente la sua, che con questo vitto tanto sostanzioso le nostre gole ben
difficilmente potrebbero emettere delle voci sufficientemente sonore, per
intonare un tale sublime inno; ciò tanto più che, in questo luminoso Cielo,
sorge spontanea un'altra domanda:
15. «Vi è o non vi è un Dio?». E così
pure il sedere a tavola dinanzi a dei cibi celesti, con Abramo ed Isacco, è
cosa quanto mai dubbia. Se io fossi ora sulla Terra, potrei prendermi il gusto
di scrivere una ben azzeccata esegesi di tali testi così promettenti. Io direi
che sotto Abramo ed Isacco sono intese tenebre e sabbia, e per il tavolo
imbandito s'intende il più bel muschio islandese; un vero cibo onorevole per
renne ed alci e se c'è qualcuno che volesse o potesse dire che noi stiamo
meglio di tali miseri animali del gelido Nord, io gli cedo immediatamente la
mia tribuna traballante. Io ritengo, però, che per costatare ciò non ci è
necessario che palpare il nostro ventre, dove questo cibo indigesto rumoreggia
come paglia bene asciutta e dare una occhiata a questo suolo sabbioso, così
bene illuminato, dopo di che la prova che siamo trattati al pari degli animali
suddetti è a piena portata di mano.
16. Il buon Redentore del mondo non
conosceva neppure lontanamente che aspetto aveva il cosiddetto Regno dei Cieli
che Egli predicava, poiché, se lo avesse saputo, non si sarebbe lasciato
affiggere alla croce. Se il Suo decantato Iddio Padre, dopo la crocifissione e
morte, Lo ha trattato come siamo stati trattati noi, questo Uomo, per Se stesso
veramente degno di tanto rispetto ed ammirazione, avrà fatto tanto d'occhi
quando, alla fine dei suoi giorni, si sarà trovato nella sala dell'ultima Cena,
tramutata in questi splendidi campi di muschio, per scorgere i quali non
facciamo meno fatica che scoprire delle perle sul fondo del mare. Ora, però,
pregiatissimi uditori, vi sottopongo una altra domanda importante e
precisamente:
17. «Oramai noi siamo qui, questo è fuor
d'ogni dubbio, fino a quando, però, resteremo abitanti di questo regno frugale?
La nostra permanenza qui avrà, una volta o l'altra, una fine? Oppure avremo il
beatissimo piacere di aggirarci su queste distese per l'eternità?». Vedete,
questa è una domanda molto importante, soltanto molto difficile da risolvere.
Onorevoli uditori, se dovesse dipendere da me, potete essere sicuri che sarebbe
più facile ottenere una risposta da una pietra, che da me. Comunque non voglio
prevenire nessuno, poiché in teste diverse ci possono essere anche dei punti di
vista diversi. Tuttavia, suppongo che, con questa straordinaria illuminazione
della nostra grande scena, possa esporre con chiarezza qualche cosa di utile,
poiché, per esporre qualcosa di chiaro, ci deve essere anche della luce e, per
avere della luce, ci occorre il Sole.
18. Qui, però, mettere in chiaro
qualcosa, significa, con altre parole, ritenere se stesso e tutti gli altri
degli autentici pazzi. Però, è pure vero che qui i grandi eruditi della Terra
avrebbero molto tempo per riflettere. Felici loro se, guadagnando tanto tempo
per riflettere, portassero con sé anche molto materiale; poiché, diversamente,
con questi tre elementi: tenebre, sabbia e muschio, sarebbero ben presto a
corto di argomenti. Microscopi ed altri strumenti ottici possono benissimo
lasciarli sulla Terra, dato che servirebbero ben poco, poiché al di fuori della
sabbia, del muschio e delle tenebre non c'è altro. Anche studiosi, sapienti e
bibliotecari troverebbero qui di che annoiarsi spaventosamente, poiché qui
incontrerebbero difficilmente dei loro simili. Anche grandi artisti e virtuosi
farebbero qui dei gran cattivi affari.
19. Miei pregiatissimi amici, se questa
nostra sorte attende tutti gli uomini che vivono sulla Terra, cosa della quale
non voglio dubitare, allora io sono dell'opinione che il probo Mosè e l'ancor
più probo Cristo crocifisso hanno imboccato con le loro leggi e dottrine una
via molto vacillante ed incerta. Se specialmente Mosè, con la sua verga
miracolosa, avesse colpito la Terra, dicendo: «Sole, oscurati, poiché per la nostra
stupidaggine, la luce delle stelle è sufficiente e tu, terra, diventa una
steppa sabbiosa, sulla quale nulla possa crescere; allora, tutta la severa
legislazione fra tuoni e lampi, avrebbe potuto essere omessa, poiché, in simili
circostanze, anche il peccare sarebbe diventato da per se stesso una grande
rarità, come i diamanti genuini in Groenlandia, sullo Spitzberg e a Nova
Zembla. Infatti, io vorrei conoscere colui che fosse capace di commettere qui
una rapina o un furto e un voluttuoso che riuscisse a spassarsela con questo
cibo magro e con il nostro fascino sensuale da scheletri di trapassati; anche
un bugiardo lo pagherei a peso d'oro, se ne avessi. E che cosa potrebbe qui
incitare qualcuno a compiere un omicidio? Trovarne uno, con i tesori e le
ricchezze di cui disponiamo, sarebbe ancora più difficile che, per un
astronomo, scoprire con i suoi strumenti ottici, pianeti e soli in questa
eterna oscurità! In breve, possiamo fare tutto quello che vogliamo e parlare
pure a volontà, tuttavia sono persuaso che non possiamo migliorare minimamente la
nostra sorte. Poiché io ho intrapreso qui dei viaggi molto più lunghi di
Cristoforo Colombo e veleggiato in tutte le direzioni, su questo mare di sabbia
e di tenebre, ma non ho avuto la fortuna di poter gridare: «Terra, terra», bensì ho trovato dappertutto notte,
muschio e sabbia. Perciò, quale conclusione di questo mio discorso; questa è la
mia opinione:
20. «Poiché, fra tutti gli uomini che
hanno calcato la Terra, Cristo è il più leale che io abbia trovato, il Quale,
in certo qual modo, abolì la prolissa legge mosaica, che aveva in sé qualcosa
di tirannico; predicando, in sua vece, l'unica e santa legge dell'Amore del
prossimo, io mi dichiaro d'accordo con questa legge, poiché si dirà quel che si
vuole, questo è l'unico modo affinché, esseri intelligenti, qualunque siano le
condizioni di vita, possano vivere il più felicemente possibile. Io propongo,
perciò, che anche noi, per amor del bene stesso, rimaniamo fedeli a questa
legge. Teniamo fermo nella nostra mente il Cristo, Quale un vero galantuomo,
tentando di essere il più possibile contenti, in queste circostanze, malgrado
la nostra amara sorte, poiché io credo che così, renderemo meno amaro il nostro
destino, fino a tanto che esso durerà».
21. Però, io vi prego, amici cari, di non
voler considerare questo mio desiderio come fosse una legge assoluta, bensì
quale un desiderio bene intenzionato. Tuttavia, se noi ci comportiamo sempre
più socievolmente, penso che proprio in grazia a ciò, con le nostre piccole
forze riunite, potremo portare più facilmente e leggermente il nostro carico,
che non egoisticamente ognuno per sé. Io, da parte mia, sarò sempre pronto a
sostenervi con la mia parola, per quanto sta nelle mie forze, in qualunque
occasione, con questo desiderio e questa assicurazione chiudo anche questo mio
discorso (Applausi generali da tutti i componenti)”.
22. Come potete vedere, l'oratore scende
con cautela dalla sua poco stabile tribuna e viene accolto molto amichevolmente
da tutta la compagnia. Molti sono quelli che gli stringono la mano, dicendo:
“Un simile uomo, che ha la testa e il cuore al giusto posto, è bene che sia fra
di noi, perciò siamo anche molto lieti di aver trovato te, caro e fedele amico,
e molto volentieri siamo pronti a seguirti, ovunque sia!”.
23. Guardate ora come si fa un po' più
chiaro sopra questa compagnia e come tanto l'oratore che tutti gli altri
incominciano a meravigliarsene e come l'oratore fa sentire nuovamente la sua
voce, dicendo: “Ecco, è proprio come pensavo, se non è il Cristo crocifisso,
come la Sua Dottrina filantropica, che ci porta Luce, noi rimaniamo eternamente
spiriti della notte!”.
24. Come vedete, si fa di nuovo molto
chiaro sopra questa compagnia, mentre potete scorgere, come dal lato d'Oriente,
si avvicinano frettolosamente due messaggeri inviati dal Signore, per portare
ancor maggior Luce in questo gruppo. Noi, perciò, attenderemo ancora un poco,
per vedere cosa succederà.
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* * * * *
Nascita dalle tenebre a un primo
grado di luce vitale
1. Guardate: anche la compagnia ha già
scorto i due messaggeri, ed il nostro oratore, come potete vedere, va loro
incontro cordialmente, per accogliere come si conviene; esprimendosi così:
2. “Siate mille volte benvenuti, tanto
per me, quanto per tutti questi miei compagni. Io, a dire il vero, non vi
conosco, però, da quanto vedo, voi siete uomini al pari di noi, appena giunti
qui dalla Terra, oppure venite da qualche luogo, dove il pascolo è migliore del
nostro, dato che avete un aspetto magnifico, in confronto a me e a tutta la
nostra compagnia. Se voi siete appena giunti dalla Terra, vi rendo avvertiti
che i cosiddetti Robinson sono in condizioni migliori delle nostre e questa mia
asserzione non ha bisogno di altre prove, se non che voi ci guardiate da capo
ai piedi ed il nostro aspetto inumano vi dirà, al primo sguardo, molto
chiaramente, come ci si trova qui, in quanto a benessere. Però posso
assicurarvi che qui non ci sono assolutamente malattie, poiché, in noi, cosa
potrebbe ancora ammalarsi? Noi potremmo soggiacere tutt'al più a quelle
malattie che intaccano le pietre, poiché quando si è privi, quasi completamente
di tutti i succhi vitali, io sono dell'opinione che si è pure liberi da ogni
tipo di malattie. L'unico malanno, del quale, per lo meno da principio si è afflitti,
è quello della fame, dunque un mal di stomaco, dato però che la fame è il
miglior cuoco, c'è un cibo per questa fame, col quale soltanto deve venir
superata una prova straordinaria. Guardate qui ai nostri piedi, sulla sabbia
c'è una piccola “pietra d'inciampo” per il nostro stomaco. Vedete, si tratta di
muschio, anzi si potrebbe dire: vero muschio islandese e siberiano. Le scarse
gocce di rugiada, che stanno fra le foglioline del muschio, sono l'unico mezzo
per spegnere la sete in questo immenso deserto sabbioso. Non impressionatevi
anche se tali condizioni dovessero durare eternamente, poiché la pazienza e
l'abitudine, rendono alla fine tutto sopportabile. A noi tutti, inoltre, ci
rallegrerà molto se voi vorreste restare fra noi, con le vostre vesti alquanto
fosforescenti, poiché vi posso assicurare che a tutto ci si può abituare prima,
che a queste tenebre; perciò vi potete immaginare che a tutti noi questo
barlume di fosforescenza sembra addirittura un Sole! Ora, però, miei cari
amici, vorreste essere così buoni a dirci per quale ragione, dalla Terra, siete
stati condotti qui, oppure, se voi provenite da qualche zona migliore, infatti,
che cosa vi ha indotti ad abbandonarla, per venire in questo luogo così
misero?”.
3. Uno dei due dice: “Povero amico, tu ti
sbagli sul nostro conto, e di molto. Infatti, noi non siamo venuti qui dalla
Terra né da qualche zona migliore di questa vostra, bensì siamo inviati dal
Signore, Quello che voi considerate un uomo molto probo e leale, mentre Egli è
l'Unico Signore del Cielo e della Terra, per mostrarvi qual è la ragione per
cui voi vagate da tanto tempo in questo luogo, senza nessun aiuto.
4. Se voi vi chiedete: «Come siamo vissuti sulla Terra, la
nostra chiara rimembranza vi dirà che noi siamo sempre vissuti ed abbiamo sempre
agito così, semplicemente per il nostro bene, più che per il bene degli altri;
gli onori mondani, le lodi e la stima e la rinomanza di fronte agli altri
uomini erano il vero risultato e costituivano il movente principale di tutte le
nostre azioni».
Poi potrete aggiungere: «Noi
siamo sempre stati fedeli cittadini dello stato e della Chiesa». Ma perché? Forse per amore verso
Dio? Ancora direste: «Come
potevamo amare Iddio, dal momento che non Lo conoscevamo affatto, e così pure
non conoscevamo quale fosse la Sua Volontà? La nostra fedele sottomissione allo
Stato ed alla Chiesa si fondava innanzitutto sulla possibilità, per noi, di
procacciarci facilmente, proprio in grazia a ciò, molti vantaggi di fronte agli
altri, che non stavano in posizione tanto favorevole dinanzi allo Stato ed alla
Chiesa, come noi».
E inoltre, questa fedele dipendenza dallo Stato e dalla Chiesa, se considerata
dal punto di vista della piena cecità dello spirito, aveva anche un'altra
ragione, perché voi pensavate: «Se vi è veramente nell'aldilà una
vita dopo la morte, secondo gli insegnamenti dei preti e di altri cavalieri
dell'immortalità, noi non possiamo certo andare incontro alla rovina, con un
tal modo di agire. Se, invece, una tale vita oltre la tomba non esiste, per lo
meno la fama delle nostre opere si propagherà sulla Terra attraverso i nostri
figli e nipoti, in modo da rendere vivo almeno il ricordo di noi». E inoltre dite: «Quelli sì che erano uomini, e quelli
erano tempi in cui potevano vivere tali uomini!».
5. Vedete, anche questo deve dirvi il
vostro intimo, e perciò voi siete passati dalla vita fisica-corporale a questa
vita dell'anima senza averne interiormente il minimo concetto e non sapevate
affatto quello che occorre anzitutto alla vita spirituale e meno ancora come questa
è costituita e in che cosa consiste. Che cosa, dunque, di più naturale che voi,
in questa vita spirituale, non potevate trovare nient'altro, se non soltanto
ciò che voi avevate portato qui dalla vita corporale-fisica, cioè una figura
magra da far pietà, rappresentante l'esser vostro nella sua interezza, con la
completa tenebra nella vita dello spirito. Voi arrivaste qui come nella
procreazione dell'uomo, dove un embrione entra nel corpo della madre, dove pure
regna completa tenebra. L'embrione si nutre, per così dire, soltanto dello
scarto del sangue della madre, fino a che esso, con questo nutrimento,
raggiunge quella naturale e sufficiente forza che gli permette di abbandonare
tale suo oscuro luogo di formazione. Perciò, voi qui vi siete trovati, per così
dire, in un “corpo materno” e avete dovuto nutrirvi della stessa immondezza di
tale corpo.
6. Però, considerato che in voi si trova
ancora una scintilla vivente che porta alla Vita eterna, e cioè quel po' di
amore e di venerazione per il Cristo, allora questa scintilla vi ha, quali
embrioni spirituali, maturati per un parto fuori da questa vostra sfera
tenebrosa e, perciò, può accadere a voi quello che tu hai detto alla tua
compagnia a conclusione del tuo discorso e cioè: «Se con il Cristo non ci viene
alcuna Luce, possiamo esser certi che queste tenebre rimarranno sempre nostra
eterna proprietà».
7. E così, dunque, la Luce è venuta a
voi in Cristo e, perciò, voi dovete anche apprendere quello che il Signore ha
detto a uno dei Suoi discepoli e cioè: «Nessuno
può ricevere la Vita eterna e con ciò il 'Regno di Dio', se non è nato di nuovo»
(Giov. 3,4). Fu di notte che il
Signore così parlò al suo seguace, per dimostrargli con ciò che ogni spirito,
non ancora rinato, si trova nella notte, quale un embrione nel ventre materno,
e che anche di notte il Signore viene allo spirito non rinato perché venga
partorito fuori da una tale notte, nella Luce dell'eterna Vita.
8. Dato che, in seguito al destato amore
per il Signore, per quanto ancora molto magro, il tempo del parto è giunto e
noi siamo stati mandati qui, per guidarvi fuori da questo luogo e condurvi dove
verrete messi sotto protezione, come dei bambini, grazie a ciò voi potrete
raccogliere nuovamente delle fresche forze vitali, grazie alle quali poi, a
seconda che esse vengano più o meno sviluppate secondo la vostra volontà,
raggiungerete quella sfera che il Signore giudicherà essere la più
proporzionata alla vostra capacità e forza.
9. Però, non dovete mai pensare ad un
'Cielo', quale luogo-premio per le buone opere che l'uomo ha compiuto sulla
Terra, bensì pensate solamente che questo Cielo non è altro che l'Amore vostro
per il Signore!
10. Quanto maggiore sarà il vostro Amore
per il Signore e quanto più umili sarete nei Suoi confronti e dinanzi a tutti i
vostri fratelli e tanto più del vero Cielo porterete in voi. Perciò, adesso
raccoglietevi e seguiteci!”.
11. Guardate ora, come tutta questa
compagnia si rallegra e segue i due messaggeri.
12. Voi chiedete dove essi condurranno
questa compagnia. Volgetevi e guardate dietro di voi, a considerevole distanza,
«l'alta parete aperta» a voi ben nota. Che ne dite? Non ha, forse, l'aspetto
della vagina materna che si apre alla nascita di un bambino?”.
13. Voi dite: “Ora noi comprendiamo questa rispondenza proprio meravigliosamente.
Però, quando questo abisso sarà stato oltrepassato e la compagnia sarà giunta
al di là della parete, dove verrà a trovarsi?”. – Io
vi domando: “Dove si trova il bambino
subito dopo la nascita?”. – Voi dite: “In morbidi pannolini e poi in una culla,
dunque, sempre in condizioni di vita limitate”. – Bene! Non avete visto,
dunque, le molti valli che si trovavano, a destra e a sinistra, sulla via che
ci condusse a questa parte, venendo da Oriente? Ecco, quelle valli sono i
pannolini e la culla. Dunque, questi uomini verranno posti in quelle valli dove
le cose stanno approssimativamente così.
14. Infatti, come avviene con un bambino
appena nato, che non diventa uomo dall'oggi al domani, così procedono le cose
anche con lo spirito neonato, specialmente nel regno degli spiriti, certamente
con grande lentezza. Ora sapete in quale regione effettivamente vi trovate,
perciò non deve neppure meravigliarvi se qui non scorgete, fra i molti
errabondi, quasi nessun maestro più elevato. Poiché ciò non porterebbe nessun
vantaggio, dato che sarebbe come chi volesse impartire una istruzione ad un
bambino che si trova ancora nel ventre materno.
15. Però, quando giunge per il bambino il
momento adatto ad impartirgli degli insegnamenti, voi lo sapete comunque.
Perciò questi due messaggeri non possono essere considerati come maestri, bensì
come dei veri e propri ostetrici spirituali. Ora che sappiamo ciò, possiamo
procedere un po’ più oltre, dove ci verrà presentata una scena completamente
nuova; e così, per oggi, chiudiamo!
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* * * * *
Delle manifestazioni spirituali
1. Se voi volete aguzzare la vista,
scorgerete, più verso destra, qualcosa che somiglia ad una nuvola di polvere.
Voi lo confermate, e va bene, perciò affrettiamoci ad andare da quella parte e
così potremo osservarla nella sua figura dispiegata. Voi chiedete: “Che
significato ha, qui, una tale nuvola di polvere?”. Io vi dico: “Non proprio
molto”. Voi avrete già udito parlare spesso sulla Terra di gente che pretende
di far vedere “lucciole per lanterne” e questa è l'immagine corrispondente.
Come ed in qual modo? Quando saremo più vicini, constaterete da voi tale
fenomeno.
2. Guardate, ci siamo già; dunque, che
cosa vedete? Voi dite: “Non vediamo più la nuvola di polvere, ma, al suo posto,
una numerosa compagnia di persone d'ambo i sessi, molto deperite, e simili ai
dei nani, i quali si gonfiano l'uno di fronte all'altro e si sollevano sulla
punta dei piedi, perché ognuno vuol essere più grande dell'altro. I più
piccoli, perfino, prendono in mano della sabbia e la gettano in alto, sopra a
loro, e vorrebbero con ciò far credere agli altri che specie di giganti sono”.
Dunque, voi avete osservato bene, poiché, nell'apparenza, il loro modo di
sentire si manifesta così.
3. Ora, però, avviciniamoci
completamente a loro e l'intera compagnia assumerà immediatamente un altro
aspetto. Ecco, noi siamo proprio alle loro spalle; che cosa osservate adesso?
Voi dite: “Adesso ci sembrano un po' più grandi, si guardano l'un l'altro molto
amichevolmente e si comportano come certe donne civettuole, in società”. Però
voi vorreste sapere da che cosa dipende che questa compagnia appare sempre
diversa, a seconda del punto da cui la si guarda. Vedete, questo dipende dal
fatto che, sulla Terra, essa è anche così: in
piena vicinanza nessuno usa dire la verità ad un potente e perfino i potenti,
fra loro, la evitano. Ecco perché si fanno l'un l'altro una specie di corte.
4. Invece, quando ognuno va per conto suo,
egli s'innalza sopra l'altro e trova da ridire su tutti. Tuttavia, nessuno osa
esprimersi a voce alta, o su qualcosa di positivo, ma si limita a fare
modestamente dei paragoni. Soltanto di fronte a se stesso, egli giudica tutto
dal più alto punto di vista e questo significa gettare sabbia al di sopra di
sé, oppure, detto con altre parole, “innalzare la propria personalità sopra
tutti gli altri”. Ad una maggiore distanza, una tale compagnia, nel suo
insieme, viene interpretata come una insensatezza e i suoi discorsi e il suo
agire viene considerato niente di più che un fumo vuoto o una vuota
millanteria.
5. Se voi considerate queste due diverse
situazioni e le mettete a confronto, ne potete trarre la seguente conclusione:
da lontano si presenta il vero prospetto di una cosa, meno lontano, il
prospetto complessivo si va sempre più perdendo e in confronto risultano di più
i particolari. Nella massima vicinanza non si scopre più niente del prospetto
principale, mentre i singoli dettagli appaiono allo sguardo tanto più definiti.
6. Se qualcuno non potesse afferrare ciò
chiaramente, io lo rendo soltanto attento su un fenomeno che si riscontra nel
mondo materiale. Quando, ad esempio, egli si trova a circa dieci ore di cammino
distante da un monte importante, lo guarda nel suo insieme e il monte sta quale
una immagine in sé definita. Se egli si avvicina al monte per qualche ora il
cammino, esso si scomporrà, per così dire, nelle sue diramazioni ed egli vi
scoprirà una infinità di contrafforti e burroni, che da lontano sembravano
formare, col monte tutto, una superficie piana. Quando, poi, sale sul monte
stesso, gli succede come chi non vede il bosco, per i troppi alberi, poiché da
dove si trova, non scorge quasi più nulla di quanto visto al primo momento da
lontano. Io sono dell'opinione che, considerando attentamente questo esempio,
anche i tre diversi aspetti della nostra compagnia dovrebbero risultare chiari.
Ora però voi chiedete: “Tutto ciò è giusto, ma che cosa ha da fare con questa
compagnia? Di che spirito sono figli costoro?”. Noi non possiamo dedurlo
esattamente dal comportamento di questi esseri, poiché tutto il loro agire e
tutto il loro linguaggio somigliano più ad una pantomima che ad una
conversazione composta di parole comprensibili.
7. Ebbene, io vi dico: “Questo è appunto
molto chiaro; voi dovete essere ancora molto ciechi, per non indovinare come
stanno le cose, da dove questi esseri provengono e quali erano i loro scopi.
Vedete, questa è una compagnia composta esclusivamente dai cosiddetti grandi
funzionari statali, avidi di prestigio mondano e di utili personali, i quali
hanno esercitato la loro carica soltanto nel proprio interesse, anziché per il
bene dello stato e dei suoi cittadini.
8. Questi individui si comportavano
sulla Terra quanto mai affabilmente e amichevolmente l'uno verso l'altro, ma,
indipendentemente da ciò, ognuno, con molta finezza, sapeva farsi valere di
fronte agli altri. Nessuno, però, si fidava dell'altro e trovava perciò
necessario fare in modo che, per vie subdole, l'altro non potesse avere molti
segreti di fronte al suo vicino. Che cosa è una tale amicizia egoistica e una
così raffinata cortigianeria, se non una sfacciata civetteria, la quale, da per
se stessa, non è altro se non una radice o un seme della vera e propria
prostituzione? Infatti, è così che una avida e voluttuosa prostituta getta i
suoi sguardi amichevoli e molto promettenti a qualcuno, per irretirlo e
ricevere qualcosa da lui. Nello stesso modo anche l'avvoltoio porta in alto la
tartaruga, per poi lasciarla cadere giù e guadagnarsi così un bel pranzetto.
9. Questi individui sono ben poco utili
alla comunità e essi stessi non si trovano nelle condizioni più favorevoli,
esposti come sono alla sopraffacente astuzia degli altri. Anzi, simili uomini
somigliano pure ai giocatori che alla sera si scambiano visite amichevoli e
fraterne e sono pieni di reciproche premure, però, quando sono seduti al tavolo
da gioco a nessuno di loro farebbe né caldo né freddo, se chi gioca contro di
lui, ci rimettesse anche la casa.
10. A questo punto voi dite: “Ma,
carissimo amico, evidentemente questi sono degli esseri cattivi d'animo e si
devono considerare degli esseri perduti!”. Però io vi dico: “Voi giudicate
troppo crudelmente e non siete in grado di fare una differenza fra i ladri che
usano violenza e i cosiddetti poveri ladri occasionali? A quest'ultima
categoria appartiene anche la nostra compagnia. La loro posizione nel mondo ha,
in certo qual modo, concesso un diritto politico statale per comportarsi così,
ed essi, nel loro intimo, sono persuasi di aver sempre agito completamente in
conformità alla loro carica.
11. Qui, nel regno degli spiriti, non
viene mai imputata, quale condannabile, un'azione, se l'uomo l'ha commessa
senza che la sua coscienza venisse turbata da un inquietante sentimento di giustizia;
e questo è stato anche il caso di tali individui. Per loro nulla è una realtà
assoluta, né il bene né il male, bensì tutto è, in un certo senso, soltanto una
commedia politica, più o meno astuta. Questo è il motivo per cui anche essi si
trovano qui, affinché il futile e il falso in loro venga consumato. Quando ciò
sarà compiuto, certamente sulla base di un progresso oltremodo lento, allora
soltanto verranno partoriti fuori da questa regione e verranno accolti nelle
valli che si trovano a destra, verso il fondo, dove noi abbiamo fatto
conoscenza con i nostri stoici”.
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* * * * *
L'influsso reciproco dei coniugi
nell'aldilà
1. Voi dite: “Tutto ciò va bene e lo
comprendiamo benissimo, però, dato che in quella compagnia abbiamo visto delle
donne, alle quali, certamente, non era stato affidato nessun incarico pubblico,
si domanda che cosa esse ci stiano a fare qui e perché in questa compagnia esse
sono così amalgamate?”.
2. Miei cari amici, dovreste
meravigliarvi voi stessi se non comprendete ciò al primo sguardo.
3. Non è noto, fin dall'eternità, che la
donna in tutto è considerevolmente più debole e vuole e desidera tanto
ansiosamente proprio quello le è meno adatto, cioè dominare e governare? Quando
gli uomini rivestono una certa carica e prendono moglie o l'hanno già, allora è
più che sicuro che, alla fine, è la donna che governa più che non l'uomo
chiamato propriamente alla direzione.
4. Per realizzare i suoi piani, essa impiega
l'astuzia femminile in tutta la sua pienezza ed è necessaria una straordinaria
fermezza da parte dell'uomo, se non vuole essere sopraffatto da essa, cioè
dalla sua “Eva”.
5. Voi chiedete di nuovo: “E qual è la
ragione per cui la donna, con la sua astuzia, riporta generalmente vittoria?”.
Io vi dico: “La sua ragione è naturalissima e perciò, facilmente comprensibile.
Riflettete: la donna è, propriamente, la radice dell'uomo, e tutto il resto vi
risulterà chiaro”.
6. Il tronco di un albero, con i suoi
rami, in verità sta sotto la luce del cielo e assorbe un nutrimento eterico dai
raggi del Sole, ma nessuno osserva che, ciò non di meno, il suo nutrimento
principale esso lo riceve dalle radici. Perciò, se le radici dovessero
cospirare contro l'albero e, in seguito a ciò, rendersi libere da esso, che
cosa succederebbe, in breve, dell'albero? Esso inaridirebbe e, alla fine, non
produrrebbe più frutti.
7. E, vedete, questo la donna lo sa, nel
suo intimo, e sente esattamente quanta necessità l'uomo ha di lei; se essa,
però, è stata male allevata ed ha un animo guasto, essa fa quello che fanno,
talvolta, le radici di un albero, che emettono cioè, fuori dal terreno, nuovi
germogli e li nutrono, mentre l'albero viene privato, con ciò, del necessario
nutrimento. Da questi polloni, che provengono dalle radici, non si forma mai un
albero robusto e fruttifero, bensì soltanto un cespuglio affine all'albero.
Comunque ne risulta che se l'albero non viene abbondantemente aiutato con il
più elevato cibo dal cielo contro tale disordine delle radici, in modo tale che
i suoi rami e ramoscelli si allargano fortemente, facendo appassire, con la
loro ombra, il maligno germoglio delle radici, e ciò anche con l'aiuto del gelo
di una stagione invernale favorevole che lo soffoca, certamente l'albero si
trova evidentemente in una situazione molto sfavorevole per quanto riguarda la
propria esistenza e per il suo campo d'azione e d'attività.
8. E questo succede anche all'uomo,
quando ha una moglie imperiosa e che vuole imporre la sua volontà in ogni cosa.
Se egli non è capace di tener testa, deliberatamente, con i suoi germogli
bastardi, diventerà sempre più debole e sottomesso ed alla fine inaridirà e
dovrà stare a guardare, senza poter reagire all'operato della moglie sua.
9. Un altro esempio ci viene offerto
anche dai fanciulli, che, nella loro debolezza, non di rado, sono più forti del
più grande eroe, dinanzi al quale tremano migliaia su migliaia. Ammettiamo che
un eroe sia un padre, e che egli abbia un bambino piccolissimo, che è appena in
grado di balbettare, e gli dica: «Babbo, rimani con me quest'oggi, e
non uscire, perché ho molta paura che ti succeda qualcosa»; ebbene, l'eroe s'intenerisce, e
obbedisce al bambino.
10. Dopo questo esempio, rivolgiamoci
nuovamente alle donne. L'uomo, come sapete, già nell'adolescenza cambia il tono
della voce, mentre la donna conserva la stessa tonalità del bambino. E, vedete,
come la donna conserva questa tonalità di voce, così essa continua a conservare
in sé, in un grado maggiore o minore, qualcosa dell'essere infantile.
11. In grazia a questa facoltà, essa,
alle volte, può agire con quella forza infantile che non di rado è maggiore
della forza di volontà di un grande generale. Sempre grazie a tale facoltà, la
donna, appunto, può far leva sull'uomo fin dalla radice. Se essa vede che,
sulla via dell'abituale astuzia femminile, non ottiene nulla, allora ricorre
ben presto alla sua infantilità, apparentemente debole, con la quale, nella
maggior parte dei casi, riporta vittoria sull'uomo forte.
12. Credo che, da quest'esempio, la cosa
vi risulterà ancora più chiara e potrete dedurre per quale ragione fanno parte
di questa compagnia anche degli esseri femminili. Tuttavia, dovete sapere che
nel mondo spirituale la donna sta attaccata all'uomo fino a che questo non si è
completamente purificato da tutte le sue scorie del mondo.
13. Parecchi uomini potrebbero
raggiungere molto prima la purezza spirituale, se non ne fossero impediti,
sempre nelle stesse circostanze, dalle loro donne più sensuali. Anche a questa
nostra compagnia sarebbe andata molto meglio, se essa non fosse intersecata di
donne.
14. Ogni qualvolta un uomo prende una
buona decisione e vuole, nel suo animo, imboccare la via migliore, la donna sa
sempre come fare, in seguito alla sua intima brama di dominio, per trattenerlo,
indicandogli un'altra via. O, detto con altre parole, un uomo, che ha una
simile moglie, trova nel mondo spirituale ancora maggiore difficoltà di
liberarsene, che non sulla Terra. Se egli vuole allontanarsi da lei, di punto
in bianco, essa sa indurlo, con le sue preghiere e esponendogli la sua
debolezza, a restare di nuovo vicino a lei, non solo, ma egli si sente spinto a
darle ogni sorta di assicurazioni che egli non vuole lasciarla per tutta
l'eternità.
15. Anzi, spesso accade che uomini di
cuore buono giungano in questo luogo con donne che, da per se stesse, si sono
rese interamente degne per l'Inferno. Queste sono le più pericolose ed anche le
più tenaci, poiché il loro cuore è attratto da ciò che è peccaminoso e basso,
ma, ciò non di meno, per varie considerazioni di guadagno e di dominio, tengono
anche al loro marito.
16. Dato, però, che il sentire di una
tale donna tende evidentemente verso l'Inferno e che il marito non ha la forza
sufficiente per dividersi da lei, cede, perciò, alla debolezza apparente della
moglie. Essa lo attrae a sé un po' alla volta, nel modo più innocente, al di là
dei confini di questa regione, oltre il fiume a voi già noto, cioè nell'Inferno
ed occorre allora una grande pazienza ed un faticoso lavoro perfino da parte di
potentissimi angeli, per svincolare un tale uomo dalla moglie infernale.
Secondo il vostro calcolo del tempo un tale lavoro potrebbe richiedere anche
parecchie centinaia d'anni e, vedete, anche in questa compagnia sono presenti
alcune di tali donne”.
17. Voi dite: “Ma qui potrebbe
intervenire il Signore e tirare una grossa riga sul conto di tali donne”. Un
simile intervento può sembrare logico, fino a che non si conoscono le altre vie
dell'Ordine divino. Chi invece conosce quest'Ordine, sa anche molto bene che un
tale intervento è assolutamente impossibile, perché vi è condizionato il
mantenimento della vita dello spirito.
18. Voi dovete sapere che l'amore
dell'uomo è la sua vita e questa vita egli la porta in sé. Che cosa ha permesso
all'uomo che la moglie riportasse vittoria su di lui? In seguito al fatto che
egli l'ha accolta troppo nel suo amore. Ora l'uomo dovrebbe esaminarsi e porre
su una bilancia molto sensibile l'amore per la sua donna e l'Amore per il
Signore e pesare con l'ansiosa sollecitudine queste due specie di amore e fare
molta attenzione a dove si manifesta un eccesso di peso superiore. Poi egli
dovrebbe scrutare profondamente e scrupolosamente in sé quale perdita sarebbe
per lui più sopportabile, cioè se egli preferirebbe perdere la sua amata moglie
e tutti i vantaggi che da essa gli derivano, oppure l'Amore del Signore.
19. Questo, però, non deve limitarsi,
come detto, ad una espressione esteriore, così come se qualcuno dicesse: “Io
sono pronto a sacrificare al Signore non soltanto una, bensì anche dieci
mogli”, poiché a questa domanda della Vita deve sempre venir risposto con la
radice della stessa.
20. Prendiamo il caso che il Signore, ad
un tale uomo, che a parole sostiene che egli ama il Signore dieci volte di più
di sua moglie, Egli gliela togliesse con la morte del corpo.
21. Se allora l'uomo, sentendolo in sé in
modo vivente, può dire: “Signore, io Ti ringrazio per avermi fatto ciò, perché
in grazia al mio Amore per Te, io so che tutto quello che fai è fatto per il
meglio”; se, oltre a ciò, un tale uomo trova realmente nell'Amore per il
Signore, compenso sufficiente per la perdita della moglie, allora il suo amore
per il Signore è, in lui, veramente maggiore di quello per la sua moglie.
22. Invece, se a questa Opera del
Signore, lo invade la tristezza ed egli così si esprime: “Signore, vedi, io Ti
amo tanto, perché mi hai riservato una tale mestizia ed un tale dolore?”; in
verità, voi potete credere, un simile uomo amava sua moglie più del Signore!
23. Ed anche quando un tale uomo
sopravvive alla moglie per parecchi anni e col tempo l'ha anche dimenticata e
si è rivolto completamente al Signore, ciò nondimeno non ha bandito
completamente tale amore dal suo cuore, poiché, se dopo dieci anni gli fosse
concesso di ritrovarla, egli ne sarebbe incantato e l'accoglierebbe con il
massimo amore, specialmente se essa gli apparisse spiritualmente ringiovanita.
24. A questo punto, voi chiedete
nuovamente: “Come è possibile ciò, dal momento che il vedovo si è rivolto
completamente al Signore?”. Io invece vi chiedo a mia volta: “Era questa una
sottomissione spontanea o non, piuttosto, soltanto forzata? Si sarebbe egli
comportato così, se il Signore non gli avesse tolto la moglie?”. Presso il
Signore vale soltanto il libero volere e, per conseguenza, la completa
abnegazione di sé, in tutto.
25. Questo uomo era triste per la perdita
della moglie, perciò egli si rivolse al Signore, per trovare, presso di Lui, il
necessario conforto e l'acquietamento del suo animo affranto.
26. Che cosa è stato per lui, da questo
punto di vista, il Signore? È stato Egli l'Amore centrale, nel cuore di un tale
uomo, o non piuttosto un mezzo tranquillizzante, una specie di copertura sul
dolore sofferto e perciò anche un impiastro risanatore? A questo punto, voi non
potete dire altro, se non che il Signore, in tal caso, è stato soltanto un
mezzo, una copertura e, perché no, anche un impiastro. Chi può perciò dire che
un amore, frutto della riconoscenza, possa essere considerato allo stesso
livello dell'Amore fondamentale del cuore?
27. Non è questa una differenza simile a
quella di quando un uomo ama il suo benefattore, perché lo ha reso felice
oppure, frammisto a tale amore, egli prova ad amare anche per la felicità che
gli è derivata? Io sono dell'opinione che, fra queste due specie d'amore, ci
sia una grande differenza, poiché l'amore per il benefattore non è che la
conseguenza dell'Amore fondamentale che dimora nella felicità ottenuta e non è
perciò un amore fondamentale, bensì un amore di seconda mano.
28. Che aspetto assume ciò di fronte al
Signore, dato che l'uomo dovrebbe porre la sua massima felicità soltanto in
Lui, poiché considerando appunto le cose, partendo da tale felicità, tutte le
altre felicità dovrebbero apparire vuote e vane e, perciò, non indispensabili
per tutta l'eternità. Infatti, l'uomo dovrebbe poter dire in modo vivente in se
stesso: “Se io ho soltanto il Signore, non chiedo né un Cielo né una Terra e,
perciò, meno ancora, una moglie”.
29. Da quanto detto, comprenderete perché
io vi ho resi tanto intimamente attenti sulla necessità, per l'uomo, di
esaminare in modo straordinariamente vivente e profondo la differenza che c'è
fra il suo amore per il Signore e quello per sua moglie, poiché è il Signore stesso
che dice: «Chi ama suo padre, sua madre, sua
moglie, fratello e figlioli più di Me, non è degno di Me!».
30. E, a questo punto, voi chiederete
ancora: “È, dunque, un tale uomo da considerarsi perduto, per questo suo amore
di seconda mano, per il Signore?”. Ma neanche per idea, però, egli non può
giungere al Signore, fino a che non si è completamente staccato dalla sua base
o fondamento del suo amore e non ha tramutato tale suo amore in un Amore
principale e fondamentale per il Signore.
31. Quali difficoltà, però, sono
collegate, non di rado, in questo regno degli spiriti, per il tramutamento di
questo Amore, noi l'abbiamo rilevato osservando questa compagnia. Noi, però,
avremo occasione di scrutare questo punto importantissimo in una prossima
scena, più chiaramente e più a fondo e in un modo pratico. Voi potrete vedere
quanto spesso un tale falso amore coniugale, che sembrava definitivamente
spento, si ridesta nuovamente dall'origine, quando tali coniugi si ritrovano
nell'aldilà. Con ciò, lasciamo che questa compagnia continui indisturbata la
sua via e noi procediamo per nostro conto.
[indice]
* * * * *
Una coppia sposata nell'aldilà
1. Guardate, non lontano da qui potete
scorgere una coppia di esseri umani, proprio in quella situazione che si presta
magnificamente al nostro scopo. Affrettiamoci da quella parte, così da
raggiungerli senza indugio. Voi chiedete qual è esattamente la situazione dei
due! Ed io vi dico: “Essa non potrebbe essere la più adatta, poiché la moglie è
morta soltanto sei anni prima del marito; quest'ultimo l'ha molto rimpianta,
ma, dopo un paio di anni, si è gettato nelle braccia della religione ed è
vissuto molto fedelmente ed in accordo con questo suo riconoscimento. Ora,
però, è stato anche lui richiamato dalla Terra ed è venuto qui che è da poco”.
Questo preambolo, per il momento, è sufficiente, il resto lo apprenderemo in
seguito, nello spirito.
2. Dato che noi, nel frattempo, abbiamo
felicemente raggiunto la nostra coppietta, a noi non occorre altro se non
ascoltare con attenzione il dialogo che sta per cominciare. Ascoltate, dunque,
come essa rivolge una domanda al marito, e precisamente:
3. “Io sono straordinariamente lieta di
rivederti dopo tanto tempo, ora, però, dimmi soltanto se le mie ultime volontà
sono state eseguite esattamente, poiché questo mi sta straordinariamente a
cuore”.
4. Il marito risponde: “Moglie mia,
amata sopra ogni cosa, affinché tu veda quanto puntualmente le tue ultime
volontà sono state rispettate, io non posso che dirti che anch’io, disponendo
le mie ultime volontà, non ho fatto altro che nuovamente confermare le tue,
attenendomi completamente alle stesse, ad eccezione di alcuni legati
insignificanti. Tutto il resto del nostro patrimonio comune, aumentato ancora
da me di parecchie migliaia di fiorini, l'ho lasciato, per testamento, ai
nostri figlioli. Ne sei contenta?”.
5. La moglie risponde: “Mio sempre amato
marito, ad eccezione dei legati, sono pienamente contenta! Dimmi, però, a
quanto ammontano e chi sono i legatari?”. “Mia amata consorte”, dice lui, “i
legati ammontano, in totale, a non più di duemila fiorini, divisi in cinque
parti, e ad eccezione di una parte, i legatari sono quattro parenti tuoi.
Soltanto la quinta parte l'ho lasciata alla cassa dei poveri, per non offendere
l'onore e il decoro. Io non avrei fatto neppure ciò, se tu durante la tua vita
terrena non avessi spesso espresso l'intenzione di ricordarti di tali tuoi
parenti. Per quello che riguarda i poveri, tu sai comunque che qualche cosa si
deve fare, in prima linea già per il mondo e poi qualcosa anche per l'Amor di
Dio, dato che si è, tuttavia, dei cristiani e non dei pagani. Del resto, questa
bagatella di duemila fiorini conta poco in confronto al grande patrimonio che
abbiamo lasciato, poiché dai miei ultimi calcoli, ognuno dei nostri sette
figlioli ha ereditato la bella somma di centocinquantamila fiorini. Oltre a ciò
tutti i figlioli sono stati allevati così da attenersi ad una saggia economia,
di modo che tu puoi essere completamente tranquilla per quanto riguarda il
patrimonio da te lasciato, così come io lo sono e puoi ora, insieme a me,
andare alla ricerca di un altro patrimonio, che ci possa portare in una
posizione corrispondentemente più felice, nella quale ci sia dato di vivere,
per lo meno, come siamo vissuti sulla Terra”.
6. Essa dice: “A me basta, per essere
contenta, che i figlioli siano ben provveduti. Certo, che con quei duemila
fiorini, ognuno di essi avrebbe avuto subito un piccolo importo in mano, tanto
per cominciare, senza toccare immediatamente gli interessi del capitale;
tuttavia, dal momento che è cosa fatta e che non possiamo portare nessun
cambiamento, devo, volente o nolente, dichiararmi soddisfatta.
7. Quanto però tu dici, riguardo ad un
capitale utilizzabile qui, io ti prego, quale tua moglie sempre fedelmente
amorosa, di non farti delle assurde illusioni, poiché sei anni sono ormai
trascorsi, da quando io vado vagando in questo tenebroso ed arido deserto, con
grande angoscia e trepidazione; e tutto quello di commestibile che ho potuto
trovare, spinta da una spaventevole fame, è stato una specie di muschio e, non
di rado, alle volte ci si imbatte in qualcosa che sembra erba secca, con la
quale, alla fine, ci si può riempire lo stomaco. Se tu non fossi giunto dalla
Terra, ancora avvolto in un barlume di luce, proprio in questo punto, ben
difficilmente avremmo potuto incontrarci per tutta l'eternità”.
8. Ed egli dice: “Ma, amata moglie mia,
non hai proprio nessuna idea del motivo per il quale tu sei giunta in questo
luogo tenebroso? Io son dell'opinione che è stato il tuo sentire troppo mondano
a portarti qui. Tu usavi esprimerti talvolta in maniera non troppo encomiabile
e ti attenevi, più di tutto, alla esperienza ed alla filosofia mondana. Io,
però, ti dicevo molto spesso, mia cara moglie, che se nell'aldilà c'è una vita,
secondo me, non si sarebbe potuto ottenere nulla con l'esperienza del mondo e
che, perciò, sarebbe stato meglio attenersi alla Parola di Dio. Infatti, ciò
che è del tempo, dura poco, mentre se c'è un'eternità, noi, con la nostra
saggezza peritura, ce la caveremmo molto male. Vedi, amata moglie mia, queste
sono, letteralmente, le parole che molto spesso io ti ho rivolto in confidenza
e, come ora mi convinco con grande meraviglia e rincrescimento, tali mie parole
si sono purtroppo avverate. Io sono, perciò, dell'opinione, cara moglie mia,
che questo è proprio l'ultimo momento, se qui ci si può esprimere così, in cui
possiamo rigettare completamente tutti i nostri pensieri del passato, specie
quelli mondani e rivolgerci al nostro Signore Gesù Cristo, implorando da Lui
Grazia e Misericordia, poiché, se non ci aiuta Lui, noi siamo perduti per
l'eternità. Io so e sento in me, nel modo più sicuro che, all'infuori di
Cristo, non c'è per noi, in tutta l'infinità, nessun altro Dio e nessun altro
Aiutante. Se Egli ci aiuta, noi siamo effettivamente aiutati e se Egli non ci
aiuta, noi siamo irremissibilmente perduti! Adesso io preferirei che avessi
dato tutto il nostro patrimonio ai poveri e che i nostri figlioli fossero
diventati dei mendicanti; questi ci avrebbe portato più benessere spirituale,
che non tutte le nostre prudenti cure, per la sistemazione materiale dei nostri
figlioli. Perciò, mia cara moglie, dal momento che non possiamo rimediare alla
nostra follia mondana, non ci resta altro che rivolgerci soltanto al Cristo, in
tutta serietà, con l'esclusione di tutti gli altri pensieri e desideri, affinché
Egli voglia, con la Sua Grazia e Misericordia, considerare la nostra grande
follia una debolezza umana e risolvere in bene, per i nostri figlioli, il
nostro operato!”
9. La donna dice: “Io ho sempre pensato
che tu avresti portato anche in questo mondo la tua farneticante follia
religiosa. Che cosa abbiamo fatto di male noi due nel mondo? Non siamo stati
sempre equi verso ognuno? Siamo stati mai debitori verso qualcuno o non abbiamo
pagato quanto pattuito a qualche domestico? Se ci fosse un Dio, o, secondo il tuo
modo di pensare, un Cristo, sarebbe la più grande ingiustizia, se Egli dovesse
premiare degli esseri come noi con il premio che ci sta qui davanti. Oppure
quale Dio potrebbe, anche minimamente, biasimare un uomo, se egli non può
prestare fede ad una vecchia “leggenda”, piena d'insensatezza e di
ridicolaggini? Infatti, io penso che perfino un cieco dovrebbe scorgere che, se
ad un Dio, ammesso che ci sia, dovesse effettivamente interessare il genere
umano, nessun uomo potrebbe nemmeno sognare che questo Dio si sia avvicinato,
soltanto una volta, personalmente agli uomini, munito di tutta la Sua Forza
miracolosa e ciò soltanto agli abitanti di un distretto molto piccolo, mentre
tutta la Terra era popolata.
10. Dimmi, dunque, può un Dio pretendere incondizionatamente
che quegli uomini e popoli che, in primo luogo non possono accettare come
valida l'affermazione che è stato proprio Lui a istituire tale dottrina, vi
debbano credere senza eccezioni e se non possono farlo, ammesso che Egli sia
Giusto, li possa biasimare. Non possono, allora, gli uomini ed i popoli,
insorgere contro questo Dio, sempre ammesso che ci sia, e dirGli: “Come vuoi Tu
raccogliere, dove non hai seminato? Come pretendi Tu di giudicarci, dal momento
che Tu sei un Dio ingiusto? Vuoi tenere un equo Giudizio? Allora giudica coloro
che Ti hanno visto e sentito le Tue prediche, ma lascia noi in pace, perché non
Ti abbiamo mai visto e neppure abbiamo potuto persuaderci della Tua esistenza!
La Parola che dovrebbe essere Tua e che è giusta, non può diventare un giudice
nostro, poiché può essere tanto inventata, quanto vera, anzi molto più
facilmente inventata che vera. Fino a tanto che siamo vissuti sulla Terra, noi
abbiamo visto soltanto la vecchia natura. Di Te, però, non c'era traccia. Noi
siamo venuti al mondo quali meri figli delle forze naturali, gli uomini e gli
insegnanti del mondo ci hanno resi intelligenti. Durante tutta la nostra
esistenza non abbiamo scorto la minima traccia di Te. Come vuoi Tu disputare
con noi, dal momento che non ci hai mai voluto dare una prova che testimoniasse
della Tua Presenza e della Tua esistenza?».
11. Vedi, marito mio caro, questo è tanto
chiaro, come sulla Terra il Sole di mezzodì. Tu non scorgi ancora ciò, perché sei
qui appena da poco tempo, però quando ci starai tanto più a lungo, tutto ciò
risulterà chiaro anche a te, malgrado queste fitte tenebre. Quale prova del mio
amore per te, io ti dico che, dappertutto, qui vicino a me, puoi chiamare tanto
a lungo e tanto ad alta voce cgme vuoi, il tuo presunto Cristo-Dio; anche se la
tua chiamata durasse degli anni, dovresti arrivare alla chiara persuasione che
io, la moglie tua fedele, nel mio intelletto naturale, vedo molto più chiaro,
che tu, con tutta la tua cosiddetta erudizione divina.
12. Vedi, un vecchio proverbio così dice:
«Oh
Bibbia, oh Bibbia, tu sei per gli uomini un malanno!». E, vedi, il proverbio ha ragione.
Se gli uomini sulla Terra avessero il coraggio di strappare, fin dalle radici,
questa vecchia insensatezza giudaica e mettere al suo posto la pura ragione
umana, il mondo sarebbe più avanti, nella cultura, di parecchie centinaia di
anni. Così come stanno le cose, invece, chissà per quali considerazioni si deve
tenere tuttora in vigore questa vecchia insensatezza, in seguito alla quale non
di rado a degli uomini leali e probi vengono legate mani e piedi, impedendo
loro un libero agire. Quale ne è la conseguenza? Pensaci un po’ tu, con la tua
abituale avvedutezza. Dove si trova il più grande numero di individui poveri,
cattivi e invidiosi? Certamente non altrove, se non proprio là dove dominano la
Bibbia e specialmente la nuova dottrina cristiana. Va a Roma, va in Spagna, va
in Inghilterra e troverai conferma di quanto ti sto dicendo.
13. Gli uomini che si rimettono in un Dio
incominciano a poltrire, nella speranza del Suo aiuto. L'aiuto, poi, non viene,
e come logica conseguenza, tali uomini impoveriscono e, se non diventano
veramente dei cattivi soggetti, tuttavia finiscono sempre con il rimanere a
carico degli uomini attivi ed industriosi. Dappertutto si strombazza: «Dio è la
stessa Bontà, Egli è pieno d'Amore e di Misericordia; però lascerebbe che i
mendicanti morissero di fame, se non fossero gli uomini attivi e laboriosi a
provvedere per loro».
14. Vedi, mio caro marito, a spese degli
uomini benpensanti, attivi e perciò anche benestanti, l'oziosa pretaglia ha
facile gioco nel predicare di un Dio buonissimo e misericordioso, ma, se
depenniamo tali uomini, vedremo ben presto la fine ingloriosa di tutte queste
prediche. Se questi urlatori, neri o bianchi che siano, sapessero sulla Terra
come stanno realmente le cose con la vita nell'aldilà, predicherebbero ben
diversamente, oppure sostituirebbero le loro prediche vuote con il molto di più
redditizio aratro. Può darsi che un Dio ci sia, quale Forza Fondamentale che
guida tutto l'Universo, ma è certo che un Dio, come insegna la Bibbia, non
esiste”.
15. Il marito le dice: “Oh amata moglie
mia, i tuoi pensieri si smarriscono in un vicolo cieco ed in una via errata.
Proprio in scrittori celebri, molto profondi nella conoscenza delle cose di
Dio, ho letto che gli spiriti infernali si esprimono proprio come te. Io ti
posso assicurare che ciò è anche la causa, più che valida, per cui tu ti trovi
in questa eterna notte. In verità, sono terribilmente angosciato e avvilito per
te! Infatti, con simili principi, ti vedo irremissibilmente perduta per
l'eternità. Se tu non vuoi assolutamente accettare degli altri principi, io mi
sento obbligato, per necessità, a lasciarti per sempre al tuo destino”.
16. Essa dice: “E tu saresti capace di
comportarti così con me, la moglie tua che t'ama, e che ti è stata sempre
fedele? Io, però, ti dico, che non sarei capace di una cosa simile, neppure se
tu fossi realmente condannato all'Inferno! Io non ti abbandonerei nemmeno nel
fuoco, mentre tu mi vuoi lasciare per un discorso che, del resto, è
indubbiamente ragionevole. Inoltre tu sei pienamente libero di espormi,
ragionevolmente, le tue opinioni, soltanto le insensatezze è assolutamente
necessario che vengano evitate, poiché io ti amo troppo per lasciarti imboccare
delle vie sbagliate. Comunque, io ti voglio condurre in un altro luogo, dove ci
troveremo meglio che non qui, e, in una compagnia più numerosa, tu apprenderai
poi, più esattamente, come stiano le cose qui”.
17. Ed egli così risponde: “Mia amata
moglie, io non voglio lasciarti, poiché, per far ciò, io ti voglio troppo bene
e voglio perciò anche seguirti dove tu vuoi condurmi. Perché io vedo che,
malgrado la tua ignoranza della vera religione, sei tuttavia sempre di cuore
leale e sei sempre la mia buona moglie, riguardo alla quale io non ho nulla
d'obiettare, seppure non puoi condividere il mio punto di vista. Perciò, se tu
conosci qualche posto migliore, in questo regno di ogni tenebra, conducimi là,
e vedremo che cosa, allora, si potrà fare”. Guardate, essa gli afferra il
braccio e lo conduce avanti. Noi, da parte nostra, vogliamo seguire questa
coppia, veramente interessante, per essere ulteriormente testimoni del
risultato di un tale rapporto. Dunque, seguiamoli.
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* * * * *
La coppia sposata e uno spirito
bugiardo
1. Non dovete impressionarvi, se i
vostri occhi, questa volta, saranno esposti ad una prova piuttosto forte,
poiché la via volge di più verso settentrione, e perciò diventerà sempre più
tenebrosa. Tuttavia, per conto nostro, noi avremo sempre luce a sufficienza,
affinché anche in questa occasione, nulla ci sfugga.
2. Non percepite ancora nulla ad una
certa distanza? Voi dite: “A dir vero, percepiamo qualcosa, però molto diverso
da una voce umana. Sembra trattarsi, piuttosto, come dello strepito di diversi
carri, frammisto allo scrosciare di una grande cascata d'acqua”. Voi chiedete:
“Che cosa significa ciò?”. Ed io vi dico: “Seguiamo senz'altro la nostra coppia,
e ce ne faremo un’idea”.
3. Non scorgete ancora, laggiù, qualcosa
di rossastro, un barlume simile a quello di un pezzo di ferro rovente, ma non
troppo? Ecco, proprio là volgete lo sguardo, perché ci attende uno spettacolo
di prim’ordine.
4. Man mano che ci avviciniamo, quello
strano rimbombo di tuono assume sempre più il suono di voci umane, rauche; ora,
però, fermiamoci, poiché la massa si dirige proprio da questa parte, e, come
voi vedete, anche la nostra amorosa avanguardia ha preso una posizione
d'attesa.
5. Vedete come il marito è pieno
d'ansiosa aspettativa di ciò che si sta avvicinando, e, per l'angoscia e la
paura, accenna a fare qualche passo indietro. Essa, però, gli afferra un
braccio e lo prega, per quanto c'è di più caro nel cuore, di ascoltarla
soltanto per questa volta, e di restare con lei, poiché questa è la fortuna che
lei ha predetto e che egli deve conoscere, per potersi persuadere se essa è
dalla parte della ragione o in quella del torto.
6. Egli chiede che cos'è che si sta
avvicinando, che a lui sembra così spaventoso. Ed essa gli dice: “Che cos'è che
cos'è?! Sono degli autentici e profondi pensatori; ciò che potrai presto
constatare da te”.
7. Vedete, egli si tranquillizza, ed
attende la truppa “profondamente pensante” che si sta avvicinando. Ed ecco, una
compagnia discretamente numerosa è già qui. La nostra coppia, per cortesia, va
loro incontro e, per conseguenza, noi dobbiamo fare altrettanto, se non per
cortesia, bensì per altri motivi.
8. Vedete, ora fanno gruppo e si
accolgono l'un l'altro con ogni tipo di cortesia; avviciniamoci ancora un po',
affinché nulla ci sfugga.
9. Come vedete, dal mezzo della
compagnia si avvicina alla nostra coppia una figura straordinariamente magra e
consumata, e la donna l'accoglie con molta gentilezza e grande benevolenza.
Anche il marito della donna s'inchina profondamente dinanzi a questa figura
d'uomo.
10. Quest'ultimo prende la parola,
dicendo: “O mia pregiatissima signora, mi fa immensamente piacere di avere
nuovamente la gioia di poterla considerare una dei nostri, poiché la sua
intelligenza e il suo quanto mai pregevole contegno fa grande onore alla nostra
società ed è, in verità, il più bel ornamento. Dunque, mia cara signora, se lei
ha qualche cosa nel suo delicatissimo cuore, allora sarebbe una vera felicità
per me se ella volesse esternare un tale suo affanno”.
11. Ed essa dice: “Mio pregiatissimo e
soprattutto stimatissimo amico! Guardi, l'uomo che mi sta a fianco è il mio
consorte terreno tanto teneramente amato. Egli si è comportato sulla Terra, in tutte
le sue azioni, in modo retto, distinto e vantaggioso, così che io, in tutta
serietà, devo riconoscere che il nostro matrimonio era uno dei più felici.
Poiché, una donna cosa può desiderare di più, qualora un marito sa venirle
incontro a tutti i desideri del cuore femminile? Salvo qualche punto senza
importanza, non avrei davvero nulla da obiettare.
12. Ora, però, viene un punto importante,
sul quale non abbiamo potuto accordarci e che, conseguentemente, è stato sempre
fra noi un piccolo ostacolo. Io, però, desidero esporle in che cosa consisteva
questo ostacolo, così come ad una donna è concesso di esprimersi dinanzi a lei,
mio pregiatissimo amico, e vorrà poi avere pure lei la compiacenza di
sussurrare in proposito un paio di paroline a mio marito, che sicuramente lo
guariranno radicalmente”.
13. E l'uomo dice: “O prego, prego, mia
pregiatissima signora, lei è troppo benevola! Io posso soltanto assicurarla che
mi tornerà a grande onore ed a speciale felicità, se mi sarà dato di poter dire
a me stesso di aver servito, nella mia piccolezza, una donna tanto affabile! Io
la prego perciò di confidarmi questa pena del suo cuore”. Essa risponde: “Ah,
pregiatissimo amico mio, lei è troppo buono e modesto, ed è proprio questa
bontà e modestia che infonde al mio cuore il coraggio di non tener celato nulla
dinanzi a lei; perciò, voglia benignamente ascoltarmi!
14. Questo fatale punto non consiste in
nient'altro se non che mio marito, per tutto il resto un uomo bravo, buono e
molto affabile, è un appassionato della Bibbia, e con ciò è pure un Cristiano.
Il vero motivo però per cui si è gettato fra le braccia di questa ridicola
setta, sta nel fatto che egli è di bassa estrazione. In considerazione di ciò,
gli venne inculcata, fin dalla culla, con la ninnananna, anche questa filosofia
da mendicanti, come è generalmente il caso nelle classi povere. Quanto sia poi
difficile liberare qualcuno da questa insensatezza, assorbita col latte materno
e diventata carne della propria carne, lei, pregiatissimo amico, lo sa
certamente meglio di me. Con questa filosofia da poveretti, questo amico mio,
del resto uomo pregevolissimo, è anche giunto qui, nel regno delle forze
primitive della natura, come lei tanto spesso ha avuto la bontà di spiegarci.
Però, questo non mi va giù: egli si attiene ancora fermamente al suo Cristo
che, è cosa più che certa, non esiste in nessun luogo. Dunque, mio stimatissimo
amico, le ho esposto, in tutta brevità, la mia preoccupazione e di che cosa ho
bisogno, e la prego perciò di accogliere con la massima benevolenza questo
povero marito mio, alquanto smarrito, ed illustrargli qualcosa di convincente
da questo punto di vista”.
15. E l'uomo dice: “Oh, se si tratta
soltanto di questo, noi ce la sbrigheremo presto e bene, in questo regno dove
la verità è completamente nuda”. A questo punto, egli si volge al marito della
donna, gli porge cordialmente la mano e gli dice: “Ma caro amico, è proprio sul
serio così come la sua amabile signora mi ha riferito?”.
16. Il marito della donna dice:
“Pregiatissimo amico, devo ammettere francamente che, per quanto cara e
preziosa mi sia mia moglie, tuttavia, io sono convinto che su questo punto non
concorderemo mai, poiché, comunque vadano le cose, io ho preso la ferma
convinzione e decisione di rimanere eternamente alla mia fede in Cristo. Poiché
io sono convinto che questo Nome mi ha procurato sempre un grande conforto ed è
sempre stato, infallibilmente, la mia Stella splendente. Quando ho sbagliato
strada, è stato sempre per colpa mia, e soltanto perché non mi sono attenuto
abbastanza strettamente al Cristo. Quando, poi, mi sono rivolto nuovamente a
Lui, io sono stato nuovamente aiutato, come da una potente bacchetta magica!
17. Lei, da uomo benpensante e saggio,
dovrà ammettere che sarebbe quanto mai ingiusto, da parte mia, allontanarmi
proprio ora da un tale Benefattore, quando cioè, come mi risulta, io ho il
massimo bisogno di Lui. Perciò, pregiatissimo amico, non si prenda nessuna
briga per me in questo riguardo, poiché l'assicuro, a cuore aperto, che sarebbe
fatica sprecata. Io sono stato, anche troppo a lungo, uno schiavo del fascino
di mia moglie. Dopo la sua dipartita, io ho imparato a fare a meno di lei, ed
in Cristo, il mio Signore, io ho trovato la vera Vita e spero che, qui, la mia
consorte non vorrà tentarmi più, dato che io, con la morte del corpo, ho
cessato di corrispondere ai doveri coniugali. Se mi vuole seguire, essa potrà
anche essere sempre per me degna e cara, ma scambiare la mia fede in Cristo con
lei, questo non lo farò mai più; anche se, con la violenza, essa dovesse
trascinarmi nel centro dell'Inferno. Dunque, se essa si accontenta che io le
stia vicino, indisturbato, col mio Cristo, allora io non intendo rompere il
nostro vecchio amore, se invece non è contenta così, allora, con ciò, io ho
pronunciato la mia ultima parola, in sua presenza”.
18. Il presunto saggio così si esprime:
“Caro amico, io ho ascoltato, pazientemente, dal principio alla fine e, con
riguardo a quanto da Lei espresso, non posso opporre, in tutta serietà, che il
mio più vivo rincrescimento. Però, affinché Lei sappia con chi Lei ha a che
fare, io sono il grande maestro «Melanchton», del quale Lei, certamente, avrà
udito parlare sulla Terra”. Il marito della donna dice: “Certamente, e con ciò
cosa vuole dire?”. Il sedicente M. dice: “Mio pregiatissimo amico, nient'altro
che io so meglio di Lei chi sia il Cristo, poiché ho lavorato con grande
diligenza, nella cosiddetta “vigna del cristianesimo”, fino all'ultima ora
della mia esistenza e Le posso garantire che, se fosse stato necessario, per il
Cristo avrei affrontato perfino la morte. Io ho ripulito, da tutte le scorie,
non solo la dottrina romana, bensì anche quella di Lutero; ed io vissi
letteralmente secondo il significato di tale dottrina, ma qual è stata la
ricompensa? Io non ho certo bisogno di illustrarglielo con molte parole; basta
che Lei getti uno sguardo sul mio intero essere e Lei vedrà qual è stato il
risultato del mio, per così dire, cristianesimo quintessenziale. Di più non
occorre che io Le dica. Applichi perciò il vecchio detto “experientia docet” anche al caso suo ed io sono convinto che fra
cento anni, se le cose vanno bene, ci ritroveremo tali e quali noi siamo ora.
Lei, amico mio, è qui ancora come un novellino e non sa come si vive, qui, nel
regno delle forze fondamentali centrali. Quando, per parecchi secoli, Lei sarà
stato spinto in questa notte eterna a vagare senza meta, ed avrà sofferto la
fame, è allora che delle condizioni più solide e profonde troveranno maggior
spazio nella sua testa, dove sono venute a galla tutte le mondane sciocchezze”.
19. L'uomo dice al sedicente M.:
“Pregiato amico, se Lei possiede, a questo proposito, delle conoscenze così ben
basate, me le comunichi, poiché io non sono affatto contrario di ascoltarla;
per quanto, io non rinuncerò minimamente alle mie idee, se le sue non le
dovessi trovare molto convincenti”.
20. Il sedicente M. ribatte: “Bene, amico
mio, io voglio «proprio» renderla attenta sui frutti che il Cristianesimo ha
portato sulla Terra. I Romani erano un gran popolo, fino a quando erano rimasti
alla loro dottrina della ragione pura. Tutte le loro opere erano grandi e
ricche di significato, i loro principi legislativi sono ancora oggi le basi
fondamentali di tutte le leggi statali e del diritto delle genti. Quando, però,
il Cristianesimo si è insinuato, allora si è insinuata pure la morte per il
popolo romano; così che, al posto dove un tempo risiedeva il grande ed eroico
governo romano, regnano dei preti pigri ed oziosi ed un gran numero di
straccioni che sulle strade stanno in agguato, quali briganti e ladroni, con il
rosario in mano, così che nessun viandante è sicuro della sua vita. Come vede,
questo è un frutto del giardino del Cristianesimo. Provi a viaggiare nella
magnifica Spagna e provi a riandare con il pensiero agli antichi tempi di
questa nazione e passi poi al Medioevo cristiano e non Le sfuggirà come tale
benedizione cristiana fa che a migliaia e migliaia sanguinano, e migliaia su
migliaia non esalino la vita nel modo naturale, bensì essa viene loro strappata
dalla disperazione sui roghi ardenti che li riducono in cenere! Guardi un po'
la commovente introduzione del Cristianesimo sotto Carlo Magno; come egli, per
far ciò, abbia passato a fil di spada delle altre migliaia di migliaia. Si
rechi poi in America, ne esamini un po' la storia, e troverà un numero infinito
di esempi pietosi e penosi, cioè, dei frutti della benedizione cristiana. Da
lì, poi, vada al mio tempo e osservi gli orrori «pieni di grazia» della guerra
religiosa dei trent'anni, ed io sono convinto che Lei potrebbe passare in
rassegna, con occhio critico, la storia originaria di tutti i popoli; ed io mi
obbligo di portarla attorno eternamente sulle mie braccia, se Lei è capace di
rintracciarvi delle scene dissimili a quelle or ora accennate.
21. Io non voglio richiamare la sua
attenzione sulle molte benedizioni del Cristianesimo avvenute in altri luoghi
ed in altre epoche, ma vorrei soltanto farle presente lo stato di quei popoli
che sono tuttora liberi dal Cristianesimo. Come ad esempio i cinesi, quasi
eternamente in pace, ed altri popoli importanti dell'Asia e di isole non ancora
scoperte. E Lei dovrebbe essere tre volte cieco, se non scorgesse, di primo
acchito, la differenza fra il Cristianesimo e la vera sapienza dei veri popoli
pacifici, pieni d'esperienza. Tuttavia, io Le dico: tutte queste grandi
manchevolezze svantaggiose del Cristianesimo, o meglio neogiudaismo, si
potrebbero smascherare se qualcuno dicesse: «Questi dati di fatto, storici,
sono infatti tutti veri; soltanto che il Cristo non c’entra per niente e non
gli si può attribuire la colpa di tutto quello che d'insano ha portato con sé
la diffusione della Sua Dottrina, poiché questa era quanto mai pura e
caritatevole»”. Il sedicente M. dice: “Caro amico, tutto ciò è piacevole
d'ascoltare; ed io stesso, durante la mia terrena esistenza, ero un zelante
difensore di tale Dottrina. E' stato soltanto qui che ho scorto il vero e
proprio veleno, per il popolo, di questo insegnamento, quale un evidente
indirizzo all'infingardaggine ed alla poltroneria. L'uomo che, anche senza di
ciò, ha in sé innata la tendenza alla pigrizia e all'indolenza, trova, in
questa Dottrina, il miglior difensore del suo stimolo, dato che in essa è
indicato palesemente di non far nulla, ad eccezione di cercare soltanto un
certo Regno Spirituale, nel qual caso verrebbe, nullameno, provveduto a tutto
quanto necessario all’esistenza. E veda, dopo un certo tempo non troppo lungo,
parecchi uomini saggi si sono persuasi che non si poteva fare assolutamente
conto di venir provvisti del necessario; e perciò ricorsero ad altri mezzi,
cioè alla vecchia spada. Poi, lasciarono il popolo, oramai cristianizzato,
nella sua cecità. E ora, amico mio, consideri da qualunque punto di vista
questo insuccesso e non ne ritrarrà nulla di diverso, se si eccettuano le più
elevate esperienze spirituali sul Cristianesimo, che si possono fare qui, in
uno stato più libero; come è stato il caso mio, nel corso degli ultimi secoli.
Mio pregiatissimo amico, per ora ho finito, e Lei è libero di pensare e fare
come più Le aggrada. Ad ogni modo, Lei può contare sulla mia stima ed amicizia
e sarà un grande piacere per me, se, fra qualche secolo, ci incontreremo
nuovamente”. Come vedete, il sedicente M. si congeda dall'uomo e procede per la
sua via con tutta la sua compagnia, abbandonando la nostra coppia a se stessi.
Sull'effetto di questo interessante discorso e degli amichevoli insegnamenti,
faremo qualche ulteriore esperienza la prossima volta. E con ciò va bene per
oggi!
[indice]
* * * * *
La debolezza dell'uomo. Viaggio della
donna all'Inferno
1. Ormai, la compagnia non è più
visibile, mentre la coppia è sempre allo stesso posto, immersa in profonde
riflessioni. Poi, essa gli chiede: “Dunque, amatissimo marito mio, che ne
dici?”. Egli scuotendosi, risponde: “Amata moglie mia, c'è poco da dire: o
l'oratore ha ragione e la cosa è risolta e non c'è nulla d'aggiungere, oppure
egli ha torto, ed allora non resta che rimanere fermi ai propri principi, ed
anche in tal caso non c'è molto da dire. Tuttavia, se egli ha ragione o torto,
non è cosa che si possa risolvere su due piedi; ma che si deve lasciare alla
propria esperienza di decidere, appena dopo qualche tempo”.
2. Essa dice: “Però, caro marito,
consideri allora me, la moglie tua fedele, e questo degno uomo, quali dei
mentitori; dal momento che, alle parole tanto persuasive di costui, non hai
prestato subito piena fede? Vedi, gli uomini sono indotti a mentire e ad
ingannarsi reciprocamente, soltanto dove ciò può portare loro, dei vantaggi.
Ora, dimmi, quale vantaggio potrebbe venir ritratto qui, con una bugia, od un
inganno? Infatti, qui non c'è nulla da perdere, e nulla da guadagnare, bensì,
una cosa soltanto è certa, che una compagnia, per quanto riguarda il saziamento
dello stomaco, sta sempre peggio dell'uomo singolo, vagante in questa regione
infinita, dato che il singolo fa ancora abbastanza presto a trovare muschio o
erba commestibile, per riempire lo stomaco. Mentre, invece, quando sono in
molti, è molto difficile che vengano saziati a sufficienza.
3. Tu mi chiedi che cosa io intendo dire
con ciò. Mio amatissimo marito, nient'altro se non che, né io, né quell'uomo
avveduto, volevamo persuaderti per ritrarre vantaggio che tu rinunciassi alla
tua vecchia fede nella Bibbia, poiché, se io vago per conto mio e tu per conto
tuo, ognuno di noi ci guadagna, in conseguenza del magro terreno per
sostentarci. Se noi due avessimo voluto mentirti o ingannarti, ti avremmo
lasciato ai tuoi principi, in seguito a che, ti saresti allontanato da noi,
almeno quale un consumatore. Invece, noi non abbiamo voluto che indicarti la
purissima verità, della quale, certamente, sulla Terra, nessun mortale nemmeno
si sogna, e, meno di tutti, un simile infatuato della Bibbia e del
Cristianesimo, come sei tu. Che cosa vuoi ancora riflettere? Arrenditi dinanzi
alla ragione, e segui me, la tua moglie che tanto t'ama, per lo meno qui, nel
regno della nuda verità, dove ho fatto sei anni d'esperienza prima di te; dal
momento che non hai voluto ascoltarmi, già da quando eravamo sulla Terra. Vedi,
nel mondo, tutto è inganno, perché, appunto con l'inganno, ognuno guadagna
qualcosa, o, per lo meno, si illude di guadagnare qualcosa. Mentre qui, un vero
guadagno non esiste, e, perciò, cadono menzogne ed inganni. Credimi, nulla mi
vincola a te, all'infuori del mio amore, e quest'è, ancora, l'ultimo guadagno
che ho con te. Se, però, tu rimani sempre fedele ai tuoi futili principi, anche
questo guadagno per me cessa. Per conseguenza, noi possiamo essere felici
soltanto nella completa concordanza delle nostre idee e conoscenze dei nostri
animi. Però, se non si può stabilire questa armonia, allora ti devo dichiarare,
apertamente, che io, peregrinando da sola, sarò più felice, che nella tua vuota
vicinanza, poiché io, ora, non posso far nulla di più, a tuo vantaggio, se non
dirti ancora: “Poiché io ti amo sinceramente, e sempre ti ho amato, ho fatto
tutto quanto stava nelle mie possibilità, per comprovare l'amore e la fedeltà a
te giurati. Ma, dato che il tuo amore non eguaglia il mio, tu sei pronto ad
abbandonarmi, sempre per amore della tua follia. Giudica ora, cosa sei disposto
a fare”.
4. Ecco, l'uomo incomincia a grattarsi
la testa, e, dopo un po', così si esprime verso la moglie: “Senti mia cara,
vedi, dalle tue parole ho potuto rilevare che tu realmente mi ami, e questo non
lo posso mettere in dubbio. Se in questo tenebroso mondo degli spiriti non c'è
nulla da guadagnare né da perdere, né con la verità e neppure con la menzogna o
l'inganno, non comprendo perché tu voglia appiopparmi, senza scopo o guadagno
alcuno, un altro tipo di verità, che, alla fine, può portare altrettanto poco
utile quanto le mie idee dichiarate false da te e da quell'uomo erudito. Io
sono, perciò, dell'opinione che se il tuo amore per me è davvero tanto intenso,
come da te esposto or ora, tu puoi seguire me, come io te; a meno che tu non
abbia trovato, in qualche luogo, qualcosa di meglio che stia sulla via della
tua verità; nel qual caso, io ti seguirò senz'altro, per persuadermi della
migliore realtà della tua verità. Se questo non è il caso, allora è del tutto
indifferente, ovunque andiamo.
5. Però, io penso sempre che noi, sulla
Terra, siamo vissuti come cristiani di nome; ed abbiamo letto i Vangeli; ma, in
sostanza, non abbiamo mai seguito quegli insegnamenti. Bensì, noi vivevamo ed
operavamo secondo il nostro punto di vista, ed alla nostra convenienza.
Insomma, né da parte mia, come neppure da parte tua, quella Dottrina è stata
messa in pratica, cioè, in modo operante.
6. Infatti, nella Dottrina è detto: «Ama Dio sopra ogni cosa, e il prossimo tuo
come te stesso!». Lo abbiamo noi, forse, fatto? Se ora, io lo domando al
mio cuore, esso spiritualmente mi risponde che, in verità, l'amore a Dio, gli è
completamente ignoto. Tu, invece, ad un Dio, non hai mai creduto, e così il tuo
cuore deve essere ancora più estraneo del mio, a questo amore.
7. E' detto, inoltre, nella Parola
rivelata negli Evangeli: «Chi vuol
entrare con Me, nella Vita, prenda su di sé la sua croce, e mi segua!».
Dimmi, mia cara moglie, quando abbiamo fatto ciò, sulla Terra? Io non ho mai
portato una croce, e tu meno ancora; tutta la nostra croce, se così si può
chiamarla, è consistita soltanto in mere cure mondane per procacciarci denaro.
8. Inoltre, negli Evangeli, è riferito
quello che il Signore disse al giovane ricco: «Vendi tutti i tuoi beni terreni, e ripartiscili fra i poveri; però tu
seguiMi, che così avrai la Vita eterna». Cosa aggiunge, poi, il Grande
Maestro ai discepoli, o, più ancora, ai Suoi apostoli, quando il giovane, a
questo annuncio, si era allontanato piangendo? Vedi, le Sue parole erano molto
significative, e, come mi risulta, noi stiamo usufruendo proprio ora, il triste
significato di quelle Parole, che così si esprimono: «E' molto più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un
ago, che un uomo ricco entri nel Regno dei Cieli!».
9. E si trova ancora, nella Parola del
Signore, dove invitò molti ospiti ad un banchetto, ma che gl'invitati non
avevano tempo per prendervi parte, a causa dei loro molti affari mondani. Vedi,
dunque: non siamo noi stati invitati molte volte e molto spesso? Abbiamo noi
accolto questo invito? Ora, amata mia moglie, noi non possiamo iscrivere che a
noi stessi, se oggi ci troviamo in questo luogo di fitte tenebre, dove sono
urla e stridor di denti, cose tutte, queste, che il Signore ha predette a
quegli uomini che si comportano come noi.
10. Che qui non ci sia alcuna fede nel
Signore, e che quella venerabile compagnia s'esprima negativamente sul Suo
conto, così, come hai sempre fatto tu, ciò significa semplicemente che tutta
quella gente si trova qui, per le stesse ragioni per cui ci troviamo noi due. E
se il grande Amore e la Misericordia del Cristo non aiuta noi tutti, io sono
persuaso che se le eternità fossero stracariche delle cosiddette verità
melanconiche, noi non potremmo che ricavarne ben poco aiuto.
11. Del resto, però, se, in seguito alle
verità a te profondamente note, hai trovato qualcosa di meglio, come detto,
sono pronto a seguirti, per dimostrarti che anch'io ti amo; e non ti voglio
caricare dei miei principi fondamentali, come tu hai voluto fare, nei miei
riguardi, con le tue presunte verità”.
12. La donna dice: “Puoi dire quello che
vuoi, ma la ragione è dalla mia parte. Io non ti posso dare nessuna
assicurazione di aver già trovato qualcosa di meglio; ciò nullameno io son
dell'opinione che se tu vuoi seguirmi, fra non molto potremo trovare un luogo
dove ci dovrebbe essere luce in grande abbondanza. Infatti, spinta dal
sentimento della mia verità interiore, sono andata, una volta, in linea retta,
dalla nostra parte destra, e sono giunta alla fine, ad un fiume molto ampio. Al
di là del fiume io scorsi un monte imponente, e dietro al monte saliva una luce
come l'aurora quando sta spuntando. Se soltanto si potesse attraversare il
fiume, io sono sicura che si dovrebbe arrivare in una regione più chiara di
questa”.
13. Ed il marito risponde: “E va bene, ti
seguo, conducimi là”. Ora però, andiamoci noi pure, poiché voi dovete assistere
a questa scena, fino alla sua soluzione totale.
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* * * * *
Nel primo grado dell'Inferno
1. Voi dite: “Caro amico, come questa
coppia ci precede nel cammino, così pure noi li seguiamo già da lungo tempo,
ciecamente e in silenzio, come è cieca e silenziosa questa notte stessa; e, vedi,
da nessuna parte è possibile scorgere il rosseggiar del mattino, come promesso
dalla donna”. Dov'è esso? Forse la donna ha mentito all'uomo? Ma io vi dico:
“Abbiate ancora un po' di pazienza, e voi scorgerete perfino troppo presto il
pregevole rosseggiar del mattino, come promesso dalla donna”. Guardate
piuttosto, la nostra coppia, come la donna diventa sempre più lieta, mentre
l'uomo diventa sempre più triste e tetro.
2. Voi chiedete: “E perché ciò?”. La
risposta è chiara: “Essa si avvicina al suo elemento, dove il suo egoistico
amore è diretto, perciò, si sente tanto più lieta. Mentre per lui, invece, il
caso è completamente opposto; poiché egli si sta avvicinando ad un elemento che
gli è contrario, e non viene, perciò, attirato dal suo amore; bensì piuttosto
trascinato dall'amore di quella sirena di sua moglie”.
3. Con lui avviene quasi come veniva
raccontato dagli antichi, nelle favole dell'amore delle sirene. Fino a che
l'innamorato guardava dalla sua sfera l'ammaliante sirena, egli ne era
estasiato, ed un braccio di una simile innamorata gli appariva incantevole, al
di sopra di ogni immaginazione. Quando, invece, egli le si avvicinava, ed essa,
stringendolo nelle sue morbide braccia, incominciava ad attirarlo nel suo
elemento, allora tutto il precedente fantastico fascino amoroso si disperdeva,
e vi subentrava un grande spavento ed un'ansia mortale.
4. Vedete, proprio questo è il caso
anche qui. L'uomo osserva che, man mano essi procedono in quella direzione, si
fan sempre più tenebre. Una simile notte sempre più profonda non è il suo
elemento, mentre lei si trova sempre più a suo agio. Quanto più si fa buio, e
tanto più essa si trova nell’elemento del suo amore, e, perciò, anche della sua
vita. Ora, però, potete già percepire, a distanza, un sordo rumore, come una
lontana cascata d'acqua.
5. Voi chiedete, cosa ciò significa? Io
vi dico: “Questo non significa altro, se non che noi siamo giunti abbastanza
vicini a quel fiume divisorio, che noi abbiamo potuto scorgere già in occasione
della nostra visita alla regione settentrionale”. Affrettiamoci, dunque,
affinché possiamo giungere, al più presto, alla riva. Voi chiedete, ora, di
nuovo: “Come mai quel rosseggiare dietro il monte non vuole ancora farsi
scorgere?”. Pazientate ancora un po'; quando avremo raggiunto la riva del
fiume, alla quale siamo vicinissimi - come del resto voi potete accorgervi dal
rumore sempre aumentante - allora si potrà scorgere dietro il monte, in
lontananza, il tanto desiderato rosseggiare. Adesso però, fate attenzione, e
guardate dove ponete i piedi, poiché soltanto pochi passi ci dividono dalla
riva del fiume.
6. Ora fermatevi, noi siamo giunti già
sul posto, e guardate lungo il fiume; come proprio sullo sfondo si può scorgere
un rosseggiare simile a quello prodotto da un grande incendio lontano. Ora,
però, fate attenzione al dialogo che si sta iniziando fra la nostra coppia.
Essa dice: “Dunque, amato marito mio, che ne dici ora; avevo ragione o torto?
Guarda laggiù un magnifico rosso mattutino; e qui, guarda l'ampio fiume. Che
cosa dovremo fare, ora, per raggiungere quella regione più chiara? Come vedi,
il fiume non lo possiamo attraversare, però, camminando sulla riva, lungo il
corso dell'acqua, noi possiamo discenderlo. Si fa sempre più chiaro, come puoi
vederlo tu stesso, e, con il tempo, noi potremo, certamente, raggiungere anche
quella regione molto più luminosa”.
7. L'uomo dice: “Mia cara e pregiata
moglie, questa luce non mi offre nessuna sicurezza, poiché questo rosso qui,
non ha nessuna affinità con quello dell'aurora. Esso somiglia, a quanto vedo,
più che alla luce del Sole che sorge, a quella di una città che brucia dietro
al monte. Che si tratti dell'incendio di una città, io lo dubito, ma che si
tratti di un incendio qualsiasi, dovrebbe essere fuor d'ogni dubbio. Perciò, io
voglio continuare a camminare con te, fino a tanto che, di questo fuoco, noi
abbiamo abbastanza luce, ma più avanti non ci vengo; poiché non si può sapere
qual è l’origine di quel chiarore; così che prudenza insegna di stare lontano.
Infatti, l'uomo non deve avvicinarsi a quello che non conosce, e che non è
affine alla sua natura”.
8. Essa dice: “Ma queste sono
chiacchiere assurde!”& Si vede benissimo, da ciò, quanto sei sciocco; quale
ne è la causa? Io te lo dico: “La causa sta nel fatto che, innanzitutto, non ti
sei mai curato di ciò che riguarda i veri effetti delle forze naturali
originarie; ragione per cui tu, anche ora, non sei in grado di spiegare un tale
fenomeno. In secondo luogo, tu sei qui da troppo poco tempo, ed hai avuto poche
occasioni di osservare fenomeni del genere e di farti ammaestrare, al riguardo,
dai saggi della regione”. Guarda, però, lungo la riva, vengono, proprio verso
di noi, due uomini; andiamo loro incontro, ed io sono persuasa che, se tu
vorrai discorrere con loro, ne ritrarrai molto profitto”. E l'uomo dice: “O
certo, cara moglie, io sono stato sempre un grande amico di uomini ricchi di
cognizioni; perché non dovrei esserlo ora?”.
9. Ora, però, io vi dico adesso di fare
molta attenzione. L'uomo saluta, molto gentilmente, il più grande e più appariscente
dei due nuovi venuti, il quale, a sua volta, fa un freddo inchino e chiede al
marito della donna: “Che cosa vi ha spinti, o gentaglia tenebrosa, a percorrere
la via che porta ai campi della Luce?”.
10. E l'uomo risponde: “Illustrissimo
amico, io sono giunto in questo luogo tenebroso, appena da un paio di giorni;
mia moglie, invece, si trova, da quasi sei anni, in questa regione. Essa
conosceva questo campo di luce; io non ne sapevo proprio nulla, ma, siccome
avevo un desiderio ardente di luce, non mi restò, perciò, null'altro da fare,
se non, quale un completo inesperto, farmi guidare qui, da mia moglie, già più
esperta. Voglia, perciò, illustre amico, non considerare ciò come un errore da
parte mia. Se qualcuno, facendo ciò, ha sbagliato, è stata evidentemente
soltanto mia moglie”.
11. Il forestiero dice: “E tu, quale
uomo, ti azzardi a dichiarare, qui, una cosa simile? In verità, tu non dimostri
di essere molto avanti; poiché uomini che hanno bisogno della guida delle loro
mogli, sono considerati qui da noi, alla stessa stregua delle scimmie”. A
questo punto, il forestiero si rivolge alla donna, e le dice: “E' stata sul
serio opera sua, o affabilissima e vezzosa signora?”. Essa risponde: “O mio
illustrissimo amico, io devo purtroppo riconoscere, a mia vergogna, che questo
marito mio, del resto molto caro, sarebbe rimasto sicuramente per qualche
centinaia d'anni nelle fitte tenebre, nutrendosi di muschio ed erba secca. E
tutto questo per il mero amore, assurdo e futile per il filosofo ebreo a noi
ben noto; anziché imboccare le vie della luce, non soltanto secondo il mio
consiglio, ma anche secondo quello molto più saggio di quel grande sapiente che
anche voi conoscete, e che si chiama Melanchton”.
12. Il forestiero dice: “O mia
pregiatissima e affabilissima signora; io devo, davvero, compiangerla di tutto
cuore, e, d'altra parte, ammirare la forza del suo cuore, per dover occuparsi,
tanto instancabilmente, di riportare sulla retta via questo vero balordo d'un
marito. Però, lei deve pure perdonarmi, pregiatissima signora, se mi eccito
alquanto, poiché, quando io, in questa epoca illuminata e che diventa sempre
più chiara, sento ancora parlare della vecchia filosofia cristiano-giudaica;
non sto più nella pelle dalla rabbia che mi fa. Una cosa simile mi fa l'effetto
ancora più sciocco ed assurdo, come se qualcuno si proponesse di restar fedele
ad una foggia di vestire, di migliaia d'anni fa, nel mentre tutto intorno a
lui, il mondo intero, da lungo tempo, si è accorto dei vantaggi di una nuova
foggia di vestire, e non l'ha adottata”.
13. Ora il forestiero si rivolge
all'uomo, e gli dice: “Dunque, è proprio vero, quello che tua moglie, che
dimostra essere una donna molto assennata, ha detto di te?”.
14. Guardate, l'uomo rimane alquanto
sbalordito, e, al momento, non sa che risposta dare a questo forestiero, che
gli sembra già essere molto erudito. Da Cristo egli non si vuole separare, e,
d'altra parte, il menzionarLo non gli sembra neppure consigliabile, di fronte a
questo sapientone presuntuoso, perciò egli tace.
15. Però, il colto forestiero si rivolge
nuovamente a lui, e dice: “Ecco mio caro amico, io immagino che con te questo
sia il momento giusto; allora sei un uomo «esente da tasse»! Comprendi ciò?”.
L'uomo dice: “No, il significato delle tue parole io non l'afferro”. E il forestiero
osserva: “Questo non mi sorprende, però, per quanto riguarda la definizione
«esente da tasse», essa era in uso già presso gli antichi e saggi Romani e
Greci, e trovava applicazione per i pazzi ed i balordi. Ed anche all'epoca
attuale, agli uomini del tuo stampo, si conferisce il diploma di pazzi, liberi
da bolli, grazie al quale vengono poi accolti facilmente in qualche manicomio
ben organizzato, cosa questa che a te non dovrebbe essere ignota, dato che,
sulla Terra, da quanto so, ti era stata affidata la direzione di un ufficio
statale. Comprendi ora, il significato di quella frase?”.
16. L'uomo dice: “Purtroppo la devo più
che comprendere; ora però permetti anche a me una domanda: «Chi dà a te,
malgrado la tua cultura, il diritto di essere, verso di me, così sgarbato, come
sulla Terra il più grande pedante verso uno scolaro sciocco che viene istruito
gratuitamente, nel mentre io mi sono rivolto a te, con molta cortesia?»”. Il
forestiero risponde: “Ascolta, mio caro amico; se io mi rivolsi a te alquanto
bruscamente, fu soltanto quale segno speciale di distinzione da parte mia; per
il quale tu devi essere grato alla tua solidale moglie; poiché, altrimenti, io
avrei affrontato un tale sciocco e goffo seguace di Cristo in modo del tutto
diverso, così che questo incontro gli avrebbe tolto sicuramente per l'eternità,
la voglia di cercare una regione chiara. Se tu però, vuoi fartene una ragione,
accanto a tua moglie, e mi assicuri che ti penti della tua vecchia
scempiaggine, in seguito alla quale, appunto, sei venuto in queste tenebre, io
voglio condurti - comprendi bene però, soltanto per riguardo a tua moglie -
vicino al luogo che si vede illuminato, in un istituto di rieducazione, nel
quale potrai formarti una maggiore opinione su come stanno veramente le cose,
sempreché tu non sia troppo stupido”.
17. L'uomo dice, umilmente sorpreso:
“Caro e pregiatissimo amico; se le cose stanno così, conducimi là; io ero sulla
Terra, quale studente, sempre uno dei più distinti; così, nella tua scuola, io
non sarò certamente, uno degli ultimi”.
18. Il forestiero risponde: “E va bene,
io ti accolgo, però preparati, in caso di mancato progresso, tu dovrai
abbandonare immediatamente l'alto collegio, e verrai rimandato nella tua notte
primiera. Se invece, sarai uno studente diligente, non ti mancherà la giusta
distinzione. Per quanto poi si riferisce alla tua vecchia filosofia
cristiano-giudaica, io ti consiglio in anticipo, di non menzionarla troppo
nell'alta scuola; poiché tu corri il rischio di venir deriso; e questo sarebbe
già un segno molto sfavorevole; poiché i fanatici non sono idonei allo studio
delle alte scienze serie, dato che queste abbisognano di pensatori assennati e
spassionati”.
19. A questo punto interviene anche la
donna, che si precipita verso l'erudito, e lo ringrazia, già in anticipo, con
le più lusinghiere parole, per questo straordinario favore, e l'erudito le
risponde: “Certo, certo, pregiatissima e amabilissima signora, però di ciò,
egli deve ringraziare soltanto lei, dato che è stato preferito di fronte a
molte migliaia, anzi, ai molti milioni di esseri che popolano questa tenebrosa
regione. Dunque, seguitemi!”.
20. Vedete, la donna afferra il braccio
del marito - seguendo l'erudito - e gli dice, durante il cammino: “Dunque, che
cosa dici tu, adesso? Spero che ora converrai, che qui ci sono delle condizioni
del tutto diverse da quelle che sognavi sulla Terra”. Il marito le risponde:
“Mia cara moglie, questo è evidente ed indiscutibile; se però queste condizioni
sono buone e vantaggiose, lo dirà il seguito. Detto fra noi, tutta questa
storia mi sembra sempre molto scabrosa, però, come detto, attendiamo di vedere
quale sarà il risultato di questa impresa.
21. C'è perfino scritto in un testo del
degno apostolo Paolo: «Esaminate tutto, e
trattenete il buono». Ed io voglio attenermi a ciò; soltanto la mia intima
opinione è che da questo singolare esame, non ci sarà da trattenere che un bel
niente, o, tutt'al più, una cosa irrisoria. Infatti, questa luce che diventa
sempre più intensa - e che a me sembra quella di una città che sta bruciando -
non è affatto adatta ad illuminare il bene e il buono; tuttavia, come detto,
tutto dipende da una prova. Guarda un po' questo fiume, là in fondo, esso
sembra diventare rovente; e le onde sembrano sciogliersi in vapori ardenti. A
me fa l'effetto come se ci avvicinassimo ad un mare di fuoco, intento a
divorare l'acqua di questo fiume”.
22. La donna dice: “Certo, mio caro
marito, qui si tratta di conoscere le forze operanti alla loro origine, ed è
naturale che ciò si presenti, alla vista, in forma grandiosa; specialmente se
si fa un confronto con un povero studente che, sulla Terra, sta consultando,
alla luce di una debole lampada, la notte, un autore romano”.
23. Guardate, qui c'è una navicella
legata alla riva; la guida dice: “Se voi volete seguirmi, per vostra grande
fortuna, salite su questa navicella, affinché seguiamo il corso del fiume,
verso i sublimi campi della luce”.
24. Ed ecco, la donna va lestamente nella
barca, mentre il marito è incerto, e non sa cosa decidere; e soltanto per non
rimanere solo, e per un po' di vergogna, vi sale. La navicella viene sciolta,
e, guardate, come essa discende il fiume, con la velocità di una freccia. Ora,
però, muoviamoci anche noi, senza imbarcazione ed altri mezzi di trasporto, al
di fuori della nostra volontà.
25. Ora, guardate come i flutti, al di
sotto della navicella, stanno sempre più diventando accesi, e ciò fino a che il
fiume sbocca in una stretta gola fra i monti. Però noi sorvoliamo oltre questa
montagna ed attendiamo la nostra navicella allo sbocco del fiume. Soltanto, non
spaventatevi, poiché qui noi siamo 'esenti da tasse'; e tutte le cose
spaventose che qui vedrete non ci nuoceranno.
26. Ed ecco, ci siamo già; voi vi
spaventate, poiché vedete il fiume precipitare rimbombando, come un'ampia
cascata arroventata, in una spaventosa profondità fiammeggiante, di cui non si
vede la fine. Voi chiedete che cosa significhi ciò.
27. Ed io vi rispondo: “Questa è la
promessa 'alta scuola', nella quale il nostro povero uomo farà la conoscenza
delle forze originarie nella loro fondamentale attività; ma, detto con termini
più appropriati, questo è il primo grado dell'Inferno!”.
28. Ora, però, guardate giù al fiume,
perché in questo momento sta arrivando la navicella. Vedete, l'uomo si torce le
mani, e vuole saltare fuori dal natante, ma la moglie gli si avvinghia intorno,
per tenerlo fermo, mentre il sobbalzo fa capovolgere la navicella, ed il
quartetto, bene o male accordato, va a finire nell’'alta scuola'.
29. Voi chiedete: “Dobbiamo forse
scendere laggiù anche noi?”. Ed io vi dico, anzi ve l'ho già detto fin dal
principio: “Voi dovete assistere alla soluzione completa di questa scena,
altrimenti saprete soltanto la metà di ciò che significa il legame di un doppio
amore, in un cuore”. Però, non abbiate alcun timore di queste fiamme, poiché
esse sono soltanto un'apparenza di ciò che è infernale. Quando saremo sul
posto, però, la cosa assumerà tutto un altro aspetto. Perciò, seguitemi senza
alcun timore.
[indice]
* * * * *
Dove sono il Cielo e l'Inferno
1. Voi dite: “Ma, qui la discesa è
ripida, e la via è cosparsa di scogli e di pendii scoscesi!”. Certo, miei cari,
questo, però, sembra soltanto a voi. Invece, coloro il cui animo corrisponde a
questo luogo, hanno, dinanzi a sé, una strada larga e praticabile. Dunque,
procediamo coraggiosamente, e non durerà molto che noi avremo raggiunto la
pianura, apparentemente invasa dalle fiamme.
2. Ora, guardate giù, come a poco a poco
le fiamme svaniscono, però, voi chiedete: “Dovremo forse noi, camminare sulla
brace?”. Non curatevi di tutto ciò, poiché non sono che apparenze, e denotano
lo stato d'animo di coloro che, laggiù, dimorano. La “fiamma” significa l'attività del male; il “vapore misto a fumo” indica il falso fondamento; e la “brace” il completo egoismo, con lo zelo
maligno, e la volontà, diventata cattiva, di coloro che si trovano in tale
amore di se stessi. Però, come tutto ciò dà prova di sé, singolarmente, lo
vedrete ben presto con i vostri occhi, sul posto.
3. Ora, guardate nuovamente giù: che
cosa scorgete adesso? Voi dite: “Le fiamme sono completamente scomparse, e la
brace si è come raccolta in mucchi; però, fra un mucchio e l'altro, noi vediamo
la notte più profonda”. Voi chiedete nuovamente: “E dove è andato a finire il
fiume rovente che noi abbiamo visto precipitare?”. Vedete, questo fiume è,
ugualmente, un'apparenza, e indica il corso di ciò che è falso, e come esso
scorra male. E così, pure questo “abisso”
denota la profondità del male, e come esso combina dei piani astuti e ben
meditati per il compimento dei suoi maligni propositi.
4. Ora che sapete ciò, mettiamoci subito
in cammino, per raggiungere al più presto la nostra meta, nonché la nostra
comitiva. Ancora alcuni passi, ed ecco, noi siamo già al piano, e perciò anche
alla massima profondità. Voi, qui, non riuscite a veder niente, dato che le
tenebre sono tanto fitte che, con la luce dei vostri occhi, non potreste
scorgere alcunché per tutta l'eternità. Perciò, qui sarà necessario che ci
procuriamo tanta luce che ci basti per vedere qualcosa, però nessuno dei qui
presenti deve avere il minimo sentore di questa luce, e voi dovete starmi
vicinissimi, e non accostarvi alla sfera di nessun spirito, se non alla
distanza che vi sarà concessa, per mezzo mio.
5. Dunque, guardate, noi abbiamo, ora,
luce quanto mai sufficiente al nostro bisogno, per dare una occhiata al luogo.
Che cosa osservate qui? Voi dite, come sotto l'influsso di un po' di febbre: “Cosa
è mai ciò che si vede? Che specie di orrido luogo è questo? Al nostro sguardo
non si presentano altro che della sabbia nera, e delle grosse pietre, pure
nere, ed il suolo è formato esclusivamente di ciò; e, fra mezzo di queste, esce
del vapore fumoso, come noi abbiamo avuto spesso occasione di osservare dove si
produce il carbone”. Inoltre voi chiedete: “Dove sono qui visibili degli
esseri, dato che questa regione sembra essere completamente morta?”. Certo,
miei cari amici, anche questa è solamente un'apparenza, che denota la morte.
Però, non preoccupatevi per la mancanza di esseri, in questo luogo; infatti, in
breve ne scorgerete in gran numero.
6. Ed ecco, non lontano da noi c'è
qualcosa da vedere, circa, come da voi sulla Terra, un rogo di proporzioni
abbastanza considerevoli. A questa pira noi ci avvicineremo, e vi accorgerete
subito di quale materiale è composta. Ecco, ora siamo abbastanza vicini;
osservate attentamente. Dunque, che cosa vedete? E voi dite nuovamente: “Ma per
l'amor di Dio, che cos’è mai ciò? Si tratta di uomini, stipati l'uno
sull'altro, come le aringhe sott'olio, e, oltre a ciò, sono assicurati con
delle grosse catene, tanto fortemente al suolo, che a nessuno è possibile fare
il minimo movimento. Se questo è il caso, effettivamente le cose vanno molto
male, per quello che riguarda la libertà dello spirito, che, a quanto si dice,
dovrebbe durare eternamente”.
7. Certamente, miei cari amici, così
sembra di primo acchito, se noi osserviamo la cosa, alla nostra luce celeste;
però, anche questa è soltanto un’apparenza, che corrisponde alla verità. Ma, in
fondo, questa apparenza significa, appunto, come una società, dalla sua propria
fondamentale falsità e dal male che ne consegue, sia stata fatta prigioniera.
Però, andiamo più avanti e abbandoniamo questa catasta! Guardate, qui davanti
ce n'è un'altra ancora più grande! Dato che noi ci troviamo proprio alla giusta
distanza, ditemi, anche ora, quello che vedete. E voi dite: “Caro amico, noi
non vediamo nulla di diverso di prima, soltanto che la catasta è di forma
conica e sopra questo cono è gettata una gran massa di catene, dal cui peso
questi vengono fortemente compressi. Soltanto noi non possiamo vedere, in
nessun punto, qualche faccia; poiché, come sembra, tutti questi esseri hanno la
faccia rivolta verso il basso”. Voi chiedete se in questo mucchio si trovi
anche il nostro quartetto? No, miei cari amici, noi li raggiungeremo poi;
soltanto, procediamo un po' più avanti.
8. Guardate, dinanzi a noi, ad una certa
distanza, c'è un vero e proprio monte; dato che ora ce ne siamo abbastanza
avvicinati, osservatelo un po', e ditemi cosa vedete. E voi dite: “Che cos'è
mai ciò? Si tratta pure qui di veri esseri umani, stivati, incatenati fra delle
inferiate; e, tra di loro, vi è una gran quantità di serpenti e vipere che
guardano da tutte le parti con i loro occhi nefandi, facendo guizzare le loro
lingue. Che significa ciò?”. Questo significa che, una società umana, dalla sua
falsità, è passata sempre più nel male. Però, andiamo via di qui, avanzando
ancora un po'; e guardate, non lontano da qui, c'è una catena montuosa tanto
vasta, che non la potreste afferrare tanto facilmente con un'occhiata. Del
resto, ciò non è neppure necessario, poiché un solo punto è l'immagine del
tutto. Ed ecco, qui c'è già il piede di uno dei contrafforti della montagna.
Osservate più da vicino, e ditemi cosa vedete. Voi dite: “Noi non vediamo altro
se non dei mostri di ogni sorta, ammanettati e come pressati al suolo; e
soltanto qua e là, le ossa schiacciate di qualche cadavere umano. Che cosa sta
a significare tutto ciò?”. Questo significa il mero amore di se stessi; ed è
l'apparenza della potenza, della grandezza e della ricchezza mondana, quando
questi attributi sono stati usati nel mondo, a scopo malvagio ed egoista.
9. Però, voi chiedete ancora: “Ma, caro
amico, dal momento che noi sappiamo benissimo che ci troviamo nella tua sfera
e, in fin dei conti, sul Sole spirituale, dove noi supponevamo che non ci
fossero che cose celestiali, come avviene che noi vi troviamo l'Inferno al completo?”.
Ebbene, miei cari amici, non vi è stato spiegato dal Signore stesso, alla
discesa nel Sole spirituale, che lo spirituale è quanto di più intimo possa
essere, il quale tutto compenetra e tutto abbraccia? Se lo spirituale è dunque
così costituito, esso compenetra tutti i pianeti e l'intera sfera in cui
penetra la luce del Sole naturale, e, preso in senso puramente spirituale,
ancora infinite volte più lontano. Per conseguenza, voi non vi trovate, ora,
nella sfera del vero e proprio Sole, bensì nella sfera singola del vostro
pianeta. Però, siccome dal vero Sole naturale, tutti i pianeti ricevono la sua
luce e il suo calore, e la sua efficace atmosfera compenetra tutti questi
pianeti, questo è il caso pure con il Sole spirituale, poiché noi, sul vibrare
dei suoi raggi spirituali, possiamo anche penetrare con lo sguardo, nel campo
spirituale dei suoi pianeti. Ora che abbiamo chiarito tale concetto, vi sarà
sperabilmente chiaro che pure su questa via spirituale si può anche scorgere
chiaramente la natura spirituale dell'Inferno, con riferimento al vostro
pianeta.
10. Del resto, voi non dovete
raffigurarvi il Cielo e l'Inferno come dei luoghi materiali, distanti l'uno
dall'altro; bensì soltanto come delle condizioni o degli stati diversi d'animo.
Infatti, localmente, Cielo ed Inferno si possono trovare benissimo vicini, così
come un uomo celestialmente buono può camminare a fianco d'uno infernalmente
malvagio; anzi, possono sedersi sulla medesima panca. L'uno ha il Cielo
perfetto in sé; mentre l'altro il completo Inferno. A comprova di ciò, io
potrei mostrarvi, sul momento, nella mia stessa sfera, come qui possa trovarsi
altrettanto bene il Cielo, come pure l'Inferno da voi scorto or ora. Infatti,
voi vedete tutto ciò soltanto nella mia sfera, e non abbisognate perciò, che di
fare un passo fuori della stessa, per ritrovarvi nello stesso punto, dal quale
originariamente, vi siete entrati. Ora che sapete ciò, possiamo voltare le
spalle a questo monte e osservare tutto questo da un'altra luce.
11. Fate attenzione, la luce è cambiata.
Come vedete ora questo monte? Voi vi meravigliate, poiché, invece del monte,
voi scorgete dei gruppi di esseri che camminano liberamente, e perfino
abitazioni d'ogni sorta, certune simili a bettole sudicie; altre che sembrano
neri castelli medioevali, e, tutto ciò, in una mezzaluce rossastra.
12. Però, guardate là, non lontano da
noi, si trova appunto uno di questi castelli, edificati su una altura rocciosa.
Là vogliamo andare. Guardate, vi siamo già; la porta è aperta. Noi qui siamo
invisibili, perciò entriamo in questa rocca, e osserviamo quello che succede.
Ecco, questa è la prima sala; alle pareti sono appesi strumenti di tortura e di
morte d'ogni sorta. Là in fondo, siede su un trono, il sedicente castellano, e
tiene consiglio con i suoi complici, su cosa sarebbe da fare, allo scopo di
impadronirsi dei beni e dei tesori di un vicino castellano, dello stesso suo
tipo. Ascoltate l'incarico che dà loro: essi devono assalire, senza farsi
notare, il castello preso di mira, e poi, senza remissione, massacrare tutto
ciò che vive, e, infine, impadronirsi dei tesori. Se qualcuno dovesse opporsi
loro come invincibile, devono portarlo da lui, come già fatto altre volte, ed
egli verrebbe sottoposto alle peggiori torture. Ora il consiglio è finito;
tutti afferrano le armi e si precipitano fuori. Dal momento che qui non abbiamo
più nulla da fare, corriamo anche noi dietro a loro.
13. E non tanto lontano, sta già, davanti
a noi, il castello preso di mira; esso viene circondato, e la spaventosa
carneficina incomincia; quegli esseri maligni lottano ferocemente l'uno contro
l'altro. E vedete, gli abitanti del secondo castello vengono fatti a pezzi,
mentre, ora, i complici del primo castellano vengono verso di noi, portando
strettamente legato il nostro quartetto. Avviciniamoci ed ascoltiamo cosa
dicono. Ecco, l'uomo dice alla moglie: “Oh tu, miserabile serpente, ora ti
riconosco; il mio amaro presentimento mi aveva sempre suggerito di quale vile
spirito tu sei figlia! Guarda, questa è l'alta scuola e la tua luce, di cui -
come se tu fossi un essere spiritualmente esperto - mi parlavi con tanta
astuzia, ipocrisia e menzogna. E questo scellerato d'un professore, qui
ammanettato insieme a noi, fa parte di questa spaventosa prigionia, dato che
diversa non può essere la nostra sorte orrenda!”.
14. E la donna dice: “Come puoi pensare
una cosa simile di me? Chi poteva prevedere una simile disgrazia? Le mie
intenzioni con te, erano buone”. Ma il marito risponde: “Ora taci, miserabile
serpe. Te sola devo ringraziare, se mi trovo, ora, nell'evidente Inferno. Fra
me e te sia sciolto, per l'eternità, ogni legame. Tu, oh mio Gesù, al quale mi
sono sempre rivolto, liberami da questa spaventosa prigionia! Io preferisco, se
questa è la Tua Santissima Volontà, peregrinare per molte migliaia d'anni,
nella regione oscura che ho lasciato al di là del fiume, e là scontare tutti i
miei peccati, piuttosto che restare qui ancora un attimo di più, poiché questo
luogo spaventoso sembra essere escluso, eternamente, da ogni Tua Grazia e
Misericordia! Oh Gesù aiutami! Oh Gesù mio, salvami!”.
15. E guardate, a questo corteo
s'avvicinano, frettolosamente, due figure mascherate. Ecco, esse sono già qui.
Essi si scoprono e, come vedete, sono due angeli giustizieri del Signore.
Ognuno ha in mano una spada fiammeggiante. Uno dei due, traccia con la spada,
un fendente sopra il castello conquistato, e gli esseri dilaniati si
ricompongono in figure complete e si lamentano per l'ingiustizia subita.
L'altro angelo fa un gesto con la spada sul primo castello, ed esso immediatamente
s'incendia, e, tra le fiamme, da tutte le aperture, porte e finestre, si
gettano nel vuoto degli esseri urlanti e ardenti come torce che maledicono i
due angeli vendicatori.
16. E ora, uno degli angeli introduce la
sua spada fiammeggiante fra i quattro incatenati, ed ogni vincolo è sciolto;
l'uomo cade sulla faccia dinanzi ai due angeli ed implora la Grazia di venir
salvato. E guardate, uno degli angeli lo afferra e lo attira a sé; ma anche la
donna lo afferra, ed implora il marito di avere pietà di lei, e di non
abbandonarla. Guardate quanto a lungo essa si fa trascinare, insieme all'uomo,
dallo spirito angelico! Ora, i due angeli s'elevano verso l'alto e uno dei due
porta l'uomo; la donna però non lascia la presa, e si fa portare pur essa.
Adesso soltanto, quando si trovano a grande altezza, l'altro angelo segna con
la spada un fendente e, con gran fatica, scioglie la presa della donna
dall'uomo. Ora, essa precipita urlando, nel suo elemento, e l'uomo viene
portato ai confini del regno dei figlioli, dove, però, c'è ancora aridità e
tenebre.
17. Così avete assistito ad una
liberazione, ed una delle migliori. Però, ve ne sono delle altre, ed
innumerevoli, molto più spaventevoli e per le quali si deve lottare contro una
maggiore caparbietà, la cui vista, anche se percepita attraverso la parola, voi
la potreste difficilmente sopportare. Ritorniamo, perciò, nella regione in cui
ci trovavamo precedentemente, dalla quale poi, passeremo in quella del
Mezzogiorno. E con ciò, facciamo punto per oggi.
[indice]
* * * * *
Dove sono i pagani nell'aldilà
1. Non occorre soffermarci ancora una
volta, sul fatto che, in questa regione occidentale, a voi ormai ben
conosciuta, c'è ancora una gran quantità, anzi una grandissima quantità di scene,
simili a quelle alle quali abbiamo assistito fino ad ora.
2. Se qualcuno poi, desiderasse sapere
dove sono coloro che provengono dal paganesimo, posso rispondervi che, per la
maggior parte, arrivano proprio in questa regione. Tuttavia, tali punti di raccolta
sono tenuti rigidamente separati, cosicché un pagano non può avvicinarsi a
quella zona riservata ad una qualsiasi delle sette cristiane.
3. Queste distinzioni hanno luogo
perfino nell'Inferno; e non c'è nessun luogo, a differenza di quanto credete voi,
in cui ci siano delle mescolanze, poiché queste distinzioni sono necessarie in
massimo grado. Se tali spiriti fossero lasciati insieme, in seguito alla loro
interiore malignità, si guasterebbero l'un l'altro, talmente, che non sarebbe
possibile venire loro in aiuto, in nessun’altra maniera, all'infuori che con il
totale annientamento.
4. Infatti, voi dovete figurarvi ciò,
come due elementi diversi che, sulla Terra, sono tanto contrastanti, da
distruggersi costantemente l'un l'altro. Nello stesso modo, vi sono, anche
nella sfera spirituale, tali elementi fondamentali, che non devono venire a
contatto, poiché, se ciò avviene, succederebbe, nella sfera spirituale, quello
che avviene quando, sulla Terra, si mette della paglia secca vicino al fuoco.
Oppure della polvere pirica, oppure se gettaste dell'acqua su un edificio
costruito con dell'argilla. Perciò, nel mondo degli spiriti, dove a nessuno può
venir posto un divieto, queste distinzioni sono rigidamente necessarie.
5. Se però, qualcuno desiderasse sapere,
tuttavia, come si presentano questi posti d'approdo di spiriti pagani, si può
rispondere che non è opportuno, per uno spirito cristiano, visitare tali
luoghi, qualunque sia lo spirito accompagnatore.
6. Il Signore soltanto dovrebbe guidarlo
ed accompagnarlo direttamente; altrimenti, una tale visita sarebbe, per ognuno,
più pericolosa che salutare.
7. Noi però, prima di passare nel
meridione, rechiamoci dall'uomo salvato, per vedere cosa fa, e come è
sistemato. Ecco, la nota parete è nuovamente aperta; dunque, approfittiamo di
questa occasione per recarci, attraverso la fessura, ai confini del regno dei
figlioli. Eccoci, ci siamo; la parete si è rinchiusa dietro a noi; rechiamoci,
senz'altro, subito in quella stretta valle, che si trova vicino alla parete, e
che volge verso Mezzogiorno. Affrettiamoci dunque.
8. Guardate laggiù, proprio in fondo, in
un angolo paludoso, una comunissima capanna di legno, intorno alla quale fa
piuttosto buio, dato che il sito è come chiuso fra le rocce. Rechiamoci là,
perché quello è il posto assegnato al nostro uomo.
9. Voi certo chiedete: “Ma perché gli è
stato assegnato un simile deserto, e, come ciò non bastasse, proprio in un
angolo melmoso ed umido?”. Cari amici miei, con tali spiriti, salvati
faticosamente dall'Inferno, da principio non si può procedere diversamente,
poiché essi, durante la loro permanenza là, hanno sempre accolto in sé, più o
meno, qualcosa d'infernale, che è conforme al fuoco dell'Inferno. E si esprime,
in maniera maggiore, o minore, in una forma egoistica suscitata dalla necessità.
Infatti, è noto che ogni bisogno ha questo, di particolare, cioè ha sempre, più
o meno, quale accompagnatore costante, il gretto egoismo. Chi è in pericolo,
dimentica generalmente tutto, e si preoccupa soltanto della propria salvezza.
Il povero chiede l'elemosina solamente per sé; il malato cerca soltanto per sé
un mezzo risanatore. Chi cade in acqua, cerca di salvare se stesso. Colui sopra
il cui capo le fiamme si chiudono, generalmente scappa da solo, per sottrarsi
all'elemento devastatore. Soltanto quando egli è al sicuro, pensa agli altri,
che stanno subendo la stessa sorte.
10. Premesso ciò, questo posto è
pienamente conforme allo scopo, per quanto riguarda il nostro uomo. Il terreno
umido, servirà benissimo a smorzare il suo fuoco egoistico; e l'oscurità ancora
abbastanza fitta, sarà molto salutare per i suoi occhi, abituati alle tenebre
profonde. Poiché, una luce improvvisamente forte, sarebbe per lui altrettanto
dannosa, come se si esponessero gli occhi di un neonato, immediatamente, agli
intensi raggi solari. Del resto, questa sua proprietà corrisponde esattamente
al conto interessi di quel capitale che egli, quale cristiano, nella sua fede
ed Amore per il Signore, ha largito ai poveri propriamente detti. Voi non vi
dovete includere il noto legato, da lui disposto per testamento, alla sua
dipartita dalla Terra per il mondo degli spiriti, ma soltanto quelle offerte,
fatte da lui, ai poveri, segretamente, per un sentimento di pietà vero e
proprio, e quale cristiano credente. Questo capitale dovrebbe ammontare a
qualcosa di più di duecento fiorini d'argento. Se voi paragonate questo
capitale da lui dato ai poveri, veramente per Amore verso il Signore, con il
gran capitale da lui lasciato ai suoi, allora troverete anche l'esatto rapporto
matematico fra l'amore di se stesso, e quello per il Signore.
11. Anche queste eccessive cure per
assicurare l'avvenire dei figli, è amore di se stessi, poiché chi amasse
veramente il Signore più di se stesso, quegli avrebbe pensato
proporzionatamente più al Signore, che non a se stesso nei suoi figli. Voi
chiedete: “E perché mai?”. Perché, in questo caso, il Signore gli avrebbe
concesso l'intimo riconoscimento, grazie al quale egli avrebbe potuto scorgere,
chiaramente, che il Signore può prendersi cura dei suoi figli, mille volte
meglio di quanto può fare egli stesso nel suo amore di sé in loro, poiché il
Signore non ha detto: «Quello che voi avrete fatto ai vostri figli carnali, lo
avrete fatto a Me», bensì Egli si è riferito esclusivamente ai poveri, agli
ignudi, agli affamati, agli assetati ed ai prigionieri, ed ha soggiunto: «Quello che voi avrete fatto a costoro, lo
avrete fatto a Me».
12. Egli non ha detto neppure: «Quando
voi accogliete i vostri propri figli nel Nome Mio, voi avete accolto Me», bensì
questo Egli ha detto, soltanto in una occasione, quando cioè molti poveri
avevano condotto a Lui i loro ancor più miseri figli: «In verità, chi ha accolto nel Mio Nome un tale misero fanciullo, ha
accolto Me».
13. Ed inoltre, così dice il Signore: «Chi ama suo padre, sua madre, sua moglie e i
suoi figli più di Me, non è degno di Me»”.
14. Qualcuno, a questo punto, potrebbe
dire: “Tutto ciò ha soltanto un profondo significato spirituale”. O certo, dico
io, anzi, un profondissimo significato, poiché si tratta della più pura e della
più immediata Parola di Dio. Io, però, chiedo perché voi non cercate l'oro alla
superficie della Terra, ma scavate dei pozzi profondi e delle lunghe gallerie?
Voi dite: “Come si deve comprendere ciò”. Ma io vi dico: “Nulla di più facile;
chi vuole arrivare all'oro, non deve trascurare la terra esterna, perché la
deve perforare, per giungere all'interno giacimento dell'oro”. Allo stesso
modo, anche il significato letterale della divina Parola deve dapprima essere
completamente osservato esteriormente per poi soltanto poter passare a quello
spirituale, naturalmente comprendendo bene nel senso giusto e conforme allo
scopo.
15. Se voi, ora, osservate il nostro
uomo, troverete che ha portato con sé quasi più di un milione di amore di se
stesso, e soltanto qualcosa al di sopra di duecento fiorini di Amore per il
Signore. Questo, purtroppo, è un rapporto troppo misero; ora, però, come
vedete, l'abitazione che egli ha qui, è calcolata esattamente in proporzione
agli interessi di tale capitale. Ora si vedrà come egli impiegherà questo
capitale; infatti, non mancherà di verificarsi dalla parte opposta, il fatto
che degli esseri molto miseri lo visiteranno e gli chiederanno aiuto. Se egli
farà il possibile, nel limite delle sue forze, per provvedere a questi poveri
fratelli, sia pure miserevolmente, il suo capitale aumenterà dieci, ed anche
cento volte; ed allora egli verrà trasferito in un luogo migliore. Però, non
potrà tanto facilmente raggiungere la via che porta al Signore prima che il
capitale guadagnato qui non sarà diventato dieci volte maggiore di quello che
egli ha lasciato ai suoi figli, o all'amore di sé. Tuttavia, anche qui ci sono
dei casi eccezionali, ma questi devono avere le caratteristiche come
nell'esempio che vi è stato illustrato da principio, cioè, quando qualcuno, dà
tutto ciò che ha, e, in aggiunta a ciò, continua ad avere cura, con tutte le
sue forze, dei suoi fratelli; allora è anche possibile un’immediata e totale
liberazione da questo luogo. Infatti, in questo caso, un tale spirito umano è
simile alla donna che diede la sua offerta al Tempio, contemporaneamente a
molti altri. La donna diede l'offerta minima, ma, in confronto agli altri, essa
diede del suo necessario per vivere, mentre questi, soltanto il loro superfluo.
16. Vedete, così si presenta qui una scuola
di purificazione per la Vita eterna, perfettamente giusta, e che trae la sua
origine nel grande Amore e nella Misericordia del Signore.
17. Ora che noi abbiamo appreso tutto
ciò, che, naturalmente, deve venir osservato da ognuno, noi possiamo lasciare
questa regione, e andare verso Sud. Voi chiedete quale ne è la via. Non vi
curate di ciò; in occasione di questo tragitto, non indugeremo tanto come
abbiamo fatto qui, bensì impiegheremo davvero una via spirituale, e perciò
saremo, in un batter d'occhio, alla meta che ci siamo prefissati. Ci sarebbero,
a dire il vero, lungo la via che porta là, ancora parecchie graduazioni da
considerare; dato, però, che esse somigliano a quelle già viste, è sufficiente
che voi ricordiate bene tutto quanto visto finora, che in tal modo potrete
immaginare tutti i passaggi che ci sono, lungo il tragitto da questa regione
fino a quella meridionale.
18. Le grandi acque formano una linea
divisoria principale, che non può venir superata per vie ordinarie, poiché
quest’acqua indica il grande grado della sapienza che è richiesta per
raggiungere il mezzodì. Perciò, coloro che passano nella regione del mezzodì,
devono diventare molto forti nel Fuoco dell'Amore, affinché possano raggiungere
un grado di sapienza simile a quello che queste grandi acque denotano. Ora che
sappiamo anche questo, la prossima volta ci recheremo come detto, senza
volgerci indietro, nello splendente Mezzogiorno; così che, per oggi, basta.
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* * * * *
Visita nel Mezzogiorno
Effetto del vero della Fede e del
buono dell'Amore
1. Ora guardate, come vi ho detto, prima
che voi possiate girare attorno lo sguardo, noi siamo già dove volevamo andare;
eccoci, perciò, nel Mezzogiorno. Ditemi, innanzitutto, le vostre impressioni su
ciò che vedete.
2. Voi dite: “Qui ci piace molto ogni
cosa, però dobbiamo confessarti che ci aspettavamo molto di più di quanto si
presenta al nostro sguardo. Questa regione ci sembra simile ad un bel paese
sulla Terra, però non ci riesce di scoprire nulla che abbia qualcosa di
ultraterreno”.
3. Certo, miei cari amici, voi, in
fondo, avete ragione. Anche qui splende un Sole, e, come vedete, esso è
assolutamente allo Zenit. Se anche il Cielo è piacevolmente azzurro, come da
voi sulla Terra, tutt'intorno la vita è quanto mai varia: ci sono dei campi
fertili, delle colline coltivate ad alberi fruttiferi e non mancano neppure
delle vigne, simili alle vostre. Qua e là voi potete scorgere dei monti, che
spuntano alti dietro alle colline. Ci sono pure, sparse qua e là, delle case di
bell'aspetto, e degli uomini che vi entrano e ne escono, ed alcuni sono anche
occupati con la raccolta e la coltivazione dei frutti.
4. Qui, osservato superficialmente, non
c'è che dire, ha una sorprendente somiglianza con le più belle regioni della Terra;
io, però, vi dico che basta che ci avviciniamo ad una di queste dimore e
immediatamente la sua disposizione vi farà cambiare idea. Guardate, proprio su
questa via, fiancheggiata da una doppia fila di alberi da frutto, si trova una
graziosa casetta; a questa noi vogliamo avvicinarci, e vedere com'è disposto il
suo interno.
5. Eccoci. Il proprietario della casa si
trova proprio sulla soglia, però non ci può scorgere, poiché, per gli abitanti
del Mezzogiorno, noi siamo ancora invisibili; tuttavia, egli ci percepisce
interiormente, ragione per cui egli porge anche ascolto. Come vedete, egli ha
tutto l'aspetto di un uomo che, all'improvviso, si sia abbandonato a profondi
pensieri. Comunque, noi entriamo, senz'altro, nella sua abitazione.
6. Vedete noi siamo già nell'interno
della casa: cosa ve ne pare? Voi vi stupite enormemente e dite: “Ma per amor di
Dio, com’è possibile? Noi vediamo l'interno della casa grandiosamente ornato;
non solo, ma l'ampiezza interiore, sembra superiore, e di molto, alla cinta
esteriore; e se noi guardiamo fuori dall'una o dall'altra finestra, non
scorgiamo nulla della regione che poco fa circondava la casa, ma tutto quello
che si vede attraverso le varie finestre, è incomparabilmente più elevato e
diverso. Tutto intorno, scorgiamo invece dei palazzi e dei templi magnifici e
grandiosi; mentre i monti lontani brillano come se fossero costruiti con
particelle di luce, e, davanti a noi, si estende un'ampia pianura. Sulla
stessa, sono sparsi innumerevoli palazzi di una magnificenza e grandiosità
inconcepibile. Nel mezzo scorre un fiume, le cui acque scintillano come se
fossero cosparse di splendidi diamanti finemente lavorati, che rotolano alla
rinfusa; e lungo le rive, crescono degli alberi giganteschi. E' ben vero che
noi abbiamo visto degli alberi simili sul Sole naturale, soltanto che questi
sono molto più splendenti poiché essi sono trasparenti, ed il loro fogliame
irradia verso tutti i lati, come una parte viva dell'arcobaleno. Qualcosa di
simile alla magnificenza dell'interno di questo edificio, l'abbiamo vista
soltanto sulla fascia centrale del Sole naturale, ma più goffa e sgraziata al
suo confronto. Soltanto nell'osservare una minuzia, si potrebbe stare, per
degli anni, pieni della massima ammirazione. Anche soltanto l'infinita sontuosità
dei colori, che sono suddivisi dappertutto in maniera così adatta e splendida,
è già in sé e da per se stessa tanto celestiale e attraente, che noi proprio
non ci possiamo decidere di lasciare questa casa”.
7. Oh certo, miei cari amici, è così!
L'interiore, qui, ha già il suo valore; questo, tuttavia, è ancora
commensurabile, ma comunque, al di sopra di tutti i vostri concetti, poiché
esso è un effetto della luce di quella Sapienza che deriva dal Vero della Fede
nel Signore, e, da questo Vero della Fede, poi, anche in un grado
corrispondente dal Bene dell'attività d'Amore, il quale è un gradino inferiore
del vero e proprio Amore per il Signore.
8. Voi chiedete: “Una casa come questa
qui, è abitata da un unico di tali spiriti umani?”. Oh no, passiamo da questo locale,
in quello che si trova dirimpetto, e voi vi scorgerete parecchi felici spiriti
umani d'ambo i sessi! Guardate là in fondo, ce ne sono più di una trentina,
tutti gli abitanti di questa casa, e colui che abbiamo visto sulla soglia è il
servo di tutti coloro che qui dimorano, e si ingegna nel modo più zelante, di
provvedere tutti d'ogni cosa possibile. Perciò, egli è anche il più grande fra
loro e un giorno sarà il proprietario assoluto di questo possedimento.
9. Non osservate voi come questi trenta
abitanti indossano delle splendide vesti, e certuni portano perfino delle
corone lucenti sopra il capo? Essi sono ultrabeati e, pervasi di delizia,
lodano il Signore!
10. Ora, invece, guardate il nostro uomo,
che è sempre sulla soglia di casa, come è semplice; una veste bianca, tenuta
insieme alla vita, da una semplice cintura. Questo è tutto quello che ha preso
per sé, da tutto questo sfarzo celeste. Egli potrebbe adornarsi molto
sontuosamente, ma questo non lo fa. La sua beatitudine consiste soltanto nel
rendere beati i suoi fratelli e le sue sorelle, per quanto sta nelle sue forze.
Tutto ciò che egli guadagna attraverso l'Amore e la Grazia del Signore, lo
trasmette immediatamente ai suoi amici; e se procura loro grande gioia, ne è
commosso, egli stesso, fino alle lacrime, e quando ha dato tutto, allora è al
colmo della beatitudine.
11. Voi, però chiedete: “Allora perché
non sta, egli, in mezzo alla compagnia?”. Questo lo potete dedurre
dall'espressione della sua faccia. Egli medita profondamente che cosa potrebbe
escogitare per procurare alla sua compagnia una nuova beatitudine. Guardate,
egli deve aver già trovato qualcosa. Io vi ho detto, già in anticipo, che egli
non ci vede, ma ci sente interiormente. Perciò, egli procura di penetrare
sempre più profondamente in sé, per poterci scorgere, e pensa, già ora, di
acquisire qualcosa da noi, per la sua compagnia, e si guarda intorno, se forse,
qualche nuovo venuto fa la sua apparizione, per andargli subito incontro ad
accoglierlo, come sarebbe suo desiderio, nella sua casa.
12. Fino a tanto che noi restiamo
nell'interno della casa, egli non ci può vedere, quando invece, ne usciremo,
egli ci scorgerà, ed allora vedrete la sua immensa gioia, e riconoscerete in
lui, un uomo molto amorevole ed ospitale. Usciamo dunque!
13. Ed ecco, egli ci vede, e si prostra
dinanzi a noi, dicendo: “Oh, elevati amici del Signore, a me ancora ignoti; io
vi presentivo, ma non riuscivo a scorgervi; perciò, vi prego, per l'infinito
Amore del Signore, che non ve ne andiate, bensì rientriate in questa dimora, insieme
a me, affinché io, con voi, renda più gioiosa la mia piccola comunità! Poiché
voi certo saprete qualcosa di più di noi da parte del Signore, l'Amorosissimo
Padre. Udire la Parola proveniente da Lui, vale per noi molto di più di tutte
le magnificenze che noi possediamo qui, in indicibile abbondanza”.
14. Ora, parlo io con lui: “Gemaniel,
rialzati, e noi ti seguiremo nella tua dimora!”. Ed ecco, egli si rialza, viene
a noi a braccia aperte, e, sorridendo umilmente, ci dimostra amicizia ed amore,
invitandoci a precederlo.
15. Venite con me, poiché ora tutta la
compagnia potrà vedervi. Guardate come tutti si alzano, e si affrettano a
venirci incontro; ora, però, ascoltate come Gemaniel ci presenta loro. Egli
dice: “Guardate, guardate sorelle, fratelli miei, profondamente amati; io ve
l'ho detto che il Signore e Padre che è la stessa Bontà, ci renderà presto
partecipi di una grande felicità, inviandoci l'uno o l'altro dei Suoi grandi
amici, affinché da questi possiamo apprendere una Parola del Signore! E,
guardate, il Benevolo Padre è venuto incontro al nostro intimo desiderio, e
prima che noi avessimo tempo di guardare intorno, tali amici entrarono nella
nostra dimora.
16. All'inizio gli occhi nostri profani
non poterono certamente vederli, per la loro magnificenza; però, la grande
Grazia del Signore ha consacrato gli occhi nostri e ora noi li vediamo in mezzo
a noi, a nostra grande beatitudine. Noi non sappiamo come essi si chiamino, e
chi essi siano; ma noi riconosciamo che sono gli intimi amici del Signore, e
questo è già, per noi, la più grande beatitudine”.
17. Ed ecco, ora si volge a noi, e ci
chiede, con la massima umiltà, di dire una Parola del Padre, dicendo: “Oh voi,
alti amici del Signore! Io so benissimo che una Parola del Padre è troppo santa
- anche se pronunciata dalla vostra bocca - perché noi la possiamo percepire
degnamente; ma, il nostro Amore per Lui, il Padre infinitamente Buono, non ci
dà pace, perciò noi vi rivolgiamo, in tutta umiltà, questa preghiera!”.
18. E ora, io voglio dar loro una Parola
del Padre, perciò ascoltate: “Ascolta mio caro Gemaniel, e, ascoltate pure voi,
suoi compagni, amici e fratelli! Così parla il Signore: «Lasciate i piccoli venire a Me, poiché di loro è il Regno dei Cieli!».
E vedete, come tutti trasfigurati si prostrano, e Gemaniel dice, sospirando
d'Amore: “Oh, certo, questa è veramente la Parola e la Voce del Padre; chi non
è piccolo, e non è simile ai fanciulli, non entrerà nel Regno dei Cieli! Oh
miei cari fratelli ed amici, fate che questa Santissima Parola diventi il
maggior ornamento e la ricchezza nella nostra dimora!
19. Vogliamo, perciò, essere piccoli in
ogni tempo e per l'eternità per diventare con ciò forse un giorno degni della
grande Grazia, cosicché, se Egli passasse nella nostra zona, noi ci
affretteremmo in strada e se i Suoi grandi amici ci proibissero di avvicinarci
a Lui, Egli direbbe, colmo di Grazia: «Lasciate
che questi piccoli vengano a Me e non proibitelo a loro, poiché di essi è il
Regno dei Cieli!»”.
20. Ora avete visto come vanno le cose
qui, tuttavia voi mi chiedete segretamente: “Ma costoro non sono già in Cielo,
come possono quindi parlare, come se nessuno di loro avesse visto il Signore?”.
Io, però, vi dico che essi vedono di certo costantemente il Signore, come voi
sulla Terra, vedete il Sole. Questo significa che la Luce di Dio è sopra il
loro capo e denota, con ciò, la sfera della Sapienza.
21. Dato però, che l'Umano del Signore
rappresenta il più puro Amore, che deve essere di natura del tutto diversa di come
è qui; essi, proprio per questo, non possono vedere l'Umano del Signore, e
sono, perciò, anche suscettibili di un sempre maggiore perfezionamento. Succede
anche - per quanto soltanto rare volte - che il Signore, o in modo immediato, o
per mezzo di uno dei più alti Spiriti angelici, visiti questa regione; ciò che
ha sempre, come conseguenza, che i più piccoli vengano accolti e condotti
nell'Oriente.
22. Ora, però, vogliamo lasciare questa
casa, benedicendola, e muovere i nostri passi verso quei monti più alti che si
scorgono laggiù, per poi superarli. Là conosceremo un'altra parte del
Mezzogiorno, così che, per oggi, chiudiamo.
[indice]
* * * * *
Viaggi differentemente veloci
nell'aldilà
1. E' ben vero che mi chiedete se, prima
d'andarcene, non ci congederemo, come si conviene, dai cari abitanti di questa
casa, esprimendo il nostro compiacimento, per l'affettuosa accoglienza avuta?
Miei cari amici, mi dispiace molto che voi non vi siate ricordati di questo
prima d'ora, poiché noi ci troviamo già sulla cima di una di quelle montagne da
voi scorte poco fa, da lontano, e la nostra casetta è, ora, a grande distanza
dietro a noi! Questo vi sorprende alquanto, e dite: “Ma, caro amico, come
avviene che noi viaggiamo con la velocità del pensiero, mentre nelle regioni
settentrionali ed occidentali, con poche eccezioni, procedevamo passo a passo?
Noi sappiamo, da esperienze fatte in precedenza, che nello spirito ci si può
spostare e procedere con la velocità del pensiero; perciò, non è questo che ci
sembra strano, bensì, che proprio in quelle regioni che, in se stesse erano
molto magre di ogni sorta di apparizioni che si possano qualificare belle e
splendide, noi camminavamo passo dietro passo, mentre, in questa regione
celestiale, tutto ciò che vi è di magnifico, ci passa davanti con la celerità
del lampo, quasi inosservato. Ecco ciò che ci sembra strano”.
2. Miei cari amici, voi giudicate, alla
vostra maniera, molto giustamente, ma spiritualmente invece non è così. Quando
noi, in questo grande regno degli spiriti, ci muoviamo in quelle regioni, le
quali, per il loro stato e condizione, corrispondono più a ciò che è naturale,
allora, automaticamente, ogni nostro moto viene frenato e, perciò, il nostro
cammino si fa più lento; ed un tale senso indica anche, fondamentalmente, il
faticoso avanzamento dello Spirito. E quanto più profondamente noi siamo
penetrati in tali regioni e tanto più faticoso ed anche più lento diventava il
nostro cammino. Qui invece, dove lo Spirito gode già della sua piena libertà,
il nostro cammino è pure libero da vincoli trattenenti, e perciò il suo
procedere è molto più libero e per conseguenza anche più rapido.
3. Però, voi chiedete: “Tutto ciò è
buono, vero ed esatto, soltanto ci rammentiamo che proprio nella regione settentrionale,
abbiamo fatto una rapida trasvolata di una catena di montagne. E poi, anche
uscendo dall'Inferno, siamo ritornati, a grande velocità, nel Regno dei
figlioli, e, da là fino a qui, il nostro viaggio è durato soltanto un batter
d'occhio. Come si deve comprendere tutto ciò?”. Miei cari amici! Mi dovrebbe
davvero far meraviglia che voi ancora non comprendiate ciò; dal momento che voi
stessi, sulla Terra, avete sperimentato, già molto spesso, qualcosa di simile,
con la formazione del vostro Spirito. Io ve ne voglio rendere attenti, soltanto
con un esempio, e allora voi scorgerete profondamente, e comprenderete
pienamente, queste apparenti contraddizioni, nei vostri viaggi rapidi.
4. Se voi, ad esempio, eravate esperti
nel ramo della matematica o di qualche altra scienza, e, in tale occasione,
dovevate apprendere, in modo analitico e dimostrabile, un assioma di difficile
comprensione, sul quale era basato, quasi completamente, l'intero concetto di
tale scienza, vi è costata, certamente, molta fatica, prima di poterlo
afferrare appieno, e certamente voi avete dovuto procedere a passi lenti, da un
punto all'altro. Però, cosa succedeva, quando avevate compreso completamente
tale assioma? Non ha allora il vostro spirito, proprio in seguito a ciò, fatto
un rapido volo verso l'alto, ponendosi, con altrettanta rapidità, su un punto
di vista, dal quale esso poteva abbracciare con uno sguardo quello che prima,
con tanta fatica, aveva scrutato ed esplorato? Non solo, ma esso era in grado
di scorgere, in questi concetti di cui si era impadronito, anche delle
conseguenze o risultati ad esso ignoti fino allora, cosicché, grazie a questo
rapido volo, il vostro spirito era diventato chiaroveggente, scrutatore e
perfino un creatore di future verità! Comprendete, ora, un tale rapido volo
verso l'alto?
5. Vedete, le cose stanno esattamente
così, nello spirito; poiché quello che voi sulla Terra chiamate un lavoro
spirituale, o un lavoro del pensiero, è qui, nel Regno dello Spirito, precisa
realtà. Noi andammo a passi lenti verso Sera e durante il cammino potemmo
conoscere ogni tipo di condizioni. Su tale via, tanto istruttiva, arrivammo
fino all'ultima profondità raggiungibile del vostro spirito. Tutto dovette
venir sezionato analiticamente, dinanzi a voi, fino alla definitiva soluzione.
Che cosa ha fatto, in seguito a ciò, il vostro spirito? Esso ha imparato un
secondo concetto importante, e, con l'apprendimento di tale importante
problema, si è anche reso possibile un secondo rapido volo verso l'alto.
6. Noi giungemmo nel Regno dei figli, e
cioè al suo confine più esterno; là noi dovemmo imparare un terzo importante
concetto intermedio, che però aveva un’importante relazione con tutto il
precedente e che servì quale un valido pronostico di quanto sarebbe seguito nel
Mezzodì. Dato che voi avete afferrato presto e con facilità questo concetto
intermedio, anche il volo dello spirito che ne è seguito rapido verso l'alto in
questa regione luminosa, è stato altrettanto fondato, quanto tutti i
precedenti.
7. Ora noi siamo nella regione dell'alta
luce; come non ci può far meraviglia, se qui il nostro progredire, dato che lo
spirito è diventato molto più pronto e più aperto, è tanto più rapido che non
nelle due regioni precedenti? Io, però, vi dico: “Qui noi facciamo, ancora,
soltanto dei passi corti, per quanto rapidi; però, non al di là del punto dove,
nella regione, giunge l'occhio del nostro spirito.
8. Ma quando ci avvicineremo, da questa
regione, al Mattino, allora i nostri passi saranno infinitamente più lunghi e
più rapidi; e, vedete, anche ciò è altrettanto naturale, dal punto di vista
spirituale. Una cosa simile, la si può del resto già scorgere chiaramente anche
su un corpo mondiale, negli spiriti più desti; poiché un pensatore esperto è
capace di compenetrare celermente un oggetto che gli viene sottoposto per un
suo giudizio, sezionandolo abilmente ed a fondo in tutte le sue parti.
Tuttavia, egli deve avere sempre un oggetto dinanzi a sé, perché senza un
oggetto, l'attività del suo spirito cessa.
9. Nello stesso modo, anche noi possiamo
percorrere rapidamente gli spazi già visti qui. Però, quando lo spirito ha
raggiunto uno stato molto più libero e svincolato, allora esso non si occupa
più del sezionamento dell'obiettivo che gli viene dato, bensì, dato che esso ha
già prima trovato, dappertutto nell'oggettività, le Potenze dell'Infinito,
anche il suo sguardo è diventato infinitamente più profondo e la sua celerità,
o il suo procedere, molto più pronto. Comprendete bene tutto ciò? Voi me lo
confermate, ed io dico va bene, allora noi possiamo volgere i nostri sguardi da
questa bella altura, sempre verso avanti, nelle regioni ancora molto più belle
che si estendono a noi dinanzi.
10. Voi vi meravigliate che ora da questa
bella montagna, che noi guardavamo prima dalla nostra casetta a grande
distanza, noi vediamo dinanzi a noi del terreno uniforme e non come avviene
quando si guarda da un monte verso la pianura situata più in basso; infatti dal
nostro punto di osservazione si estendono bellissime campagne, fertilissime;
sempre, però, al nostro stesso livello. Ed ancora più sorpresi voi siete per
quanto riguarda il largo fiume, già prima ammirato; dato che esso, in tutta la
sua ampiezza, scorre liberamente e apertamente verso l'alto del monte.
11. Ma voi dite: “Caro amico, questo è,
evidentemente, contro natura!”. Voi avete ragione, fino a tanto che osservate
un simile fenomeno, con l'occhio vostro naturale, ma se voi l’osservate,
invece, con l'occhio spirituale, la cosa assume un carattere del tutto diverso.
12. Voi chiedete: “Come mai che, questo,
noi non lo possiamo afferrare nel suo giusto senso?”. Questo lo penso anch'io,
tuttavia, voi dovreste essere già tanto avanti, che questo fenomeno dovrebbe
spiegarsi da se medesimo. Ditemi: “Perché l'acqua, nei corpi mondiali, scorre
verso il basso?”. Voi dite: “Per la sua gravità immanente”. E cos'è che
condiziona la gravità immanente dell'acqua? Voi dite: “La forza d'attrazione
del punto centrale di gravità della Terra”. Ben risposto! Dunque, se il punto
centrale di gravità della Terra condiziona la gravità e con ciò anche lo
scorrere dell'acqua verso il fondo, che cosa riconoscete voi, in questa regione
spirituale, quale punto generale di gravitazione che tutto attira a sé? Non è
questo, il Signore, che abita nella sublime altezza di tutte le altezze?!
Vedete, questa è la ragione per cui anche lo scorrere dell'acqua, al di sopra
delle alture, è spiritualmente altrettanto naturale, quanto è naturale sulla
Terra il suo scorrere verso il basso. Ora voi comprendete anche questo,
cosicché, sperabilmente, comprenderete anche ciò che significa questa montagna,
nonché la regione che appunto da essa si diparte.
13. Voi dite: “Noi ne abbiamo, è vero, un
leggero sentore, tuttavia, noi non saremmo in grado di esprimerci chiaramente,
in merito”. Però, io vi dico che questo suona molto strano da parte vostra.
Perché voi, nelle case a più piani, ci mettete delle scale con molti gradini? A
che servono? Voi sorridete e dite: “Questo è naturale; come si potrebbe,
altrimenti, raggiungere il piano superiore da quello inferiore? Si dovrebbe farsi
sollevare faticosamente con una corda!”. Benissimo! Se voi già nel mondo
attrezzate le vostre case così comodamente, pensate che il Grande Architetto
dovrebbe rimanere indietro, in quanto a buone idee, rispetto a voi?
14. Non avete mai udito come, a suo tempo,
il vecchio Giacobbe sognò una scala, sulla quale spiriti angelici salivano e
scendevano, e sulla cui cima si trovava il Signore? Ed ecco, qui noi abbiamo
già un piolo, appunto, di tale scala celeste. Dato, però, che un simile gradino
di questa scala celeste ha un significato molto maggiore di quello delle vostre
case, noi vediamo, anche su questo gradino, un numero infinito di meraviglie e
di splendori. Però, li esamineremo più attentamente, appena alla prossima
occasione; e, con ciò, basta per oggi!
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* * * * *
Singolare regione e dimora di spiriti
beati
1. Se voi vi guardate un po' attorno, in
questo magnifico posto, che cosa vi osservate, e, specialmente, cosa vi
colpisce di più? Voi dite: “Caro amico, come sarebbe bello discorrere, se si
avessero parole sufficienti a descrivere tutte le cose che si presentano
innumerevoli alla nostra vista. Soltanto, quando le parole mancano, non resta
altro da fare se non indicare tutt'al più con il dito, quello che ci ha colpito
di più.
2. Infatti, quello che scorgiamo,
dinanzi a noi, non può essere, di per se stesso, né un edificio, né un albero e
neppure un monte; esso è, in certo qual modo, la fusione, in un unico insieme,
di parti componenti d'ogni specie, però perfette, anche se prese
singolarmente”. Certamente, da un lato voi potete avere ragione, ma se voi
guardate più attentamente quest'insieme, quello che riguarda i singoli oggetti,
vi apparirà molto più chiaro.
3. Vogliamo fare una piccola prova. Che
cosa vedete voi, in linea retta dinanzi a voi, alla parte destra del fiume?
Dite: “Noi vediamo una collina di forma dolcemente conica, circondata, alla
base, da un muro di cinta. Questo muro, però, ha più l'aspetto di una spalliera
vivente da giardino, che non un muro vero e proprio; soltanto il fogliame
sembra uscire da questa specie di muro.
4. Questo muro è colorato a tratti, ma,
nello stesso tempo, è trasparente, quasi nell'ordine dell'arcobaleno. La sua
altezza dovrebbe raggiungere appena un klafter. Sul muro ci sono degli archi,
come di vetro; sopra di questi, corre una specie di gronda, come d'oro, nella
quale si muovono, continuamente, varie palle colorate e brillanti, del diametro
di circa due spanne, e distanti circa mezzo klafter l'una dall'altra. La cima
di questa collina è adornata da una specie di tempio. Le colonne sembrano dei
pioppi molto slanciati, mentre il tetto ha l'apparenza di essere d'oro ben
lucidato, e sembra di stare sopra a questo come librandosi, anziché poggiare
direttamente su di esso. Al vertice del tetto, però, sta una sfera trasparente
e luminosa.
5. Ecco, caro amico, questo è ciò che
noi ora scorgiamo, cioè alla riva destra dello splendido fiume. Però, tutto ciò
sembra formare un tutto. Noi non abbiamo mai visto nulla di simile; anzi, un
uomo non può neanche immaginarselo tanto facilmente. Perciò, non sappiamo
neppure cosa sia, a che cosa serva, e quale denominazione abbia. E' vero che
all'occhio esso si presenta quale un magnifico spettacolo straordinariamente
notevole, però, tutto questo è quanto di notevole noi, finora, abbiamo potuto
ritrarne”.
6. Ebbene, miei cari amici, voi avete
molto ben considerata la cosa e perciò io posso già dirvi che anche questa è
appunto una dimora di spiriti beati. Voi dite, veramente: “Ciò può essere, ma,
finora, noi non possiamo scoprire, in una tale strana dimora, nessun segno di
abitabilità”. Io invece vi dico: “Avvicinatevi soltanto a questa singolare
abitazione e vi sincererete subito se è abitabile o meno”. Ed ecco, noi abbiamo
raggiunto il muro di cinta, e proprio qui c'è una porta d'ingresso.
Oltrepassiamo la soglia e noi ci troveremo immediatamente faccia a faccia con
gli abitanti di questo edificio.
7. Eccoci nell'interno; guardate in
giro, e ditemi che cosa vi sembra ora. Voi fate tanto d'occhi, e dite: “Ma dunque,
di quale nuova canzonatura si tratta, qui? Noi siamo appena entrati attraverso
la porta del muro di cinta, ed ecco, il muro non c'è più, la collina non c'è
più, e per conseguenza, neppure quello strano edificio che sembrava un tempio;
e tutta la zona, fin dove il nostro sguardo giunge, sembra ora del tutto
diversa da quella di prima. Un momento fa, noi scorgevamo, sparsi sulla
pianura, in gran numero, tali singolari edifici d'abitazione, costruiti su
delle colline simili, più grandi o più piccole. Ora, invece, vediamo una gran
quantità di palazzi grandiosi del più splendido stile, e alla riva del fiume -
l'unica cosa che sia rimasta intatta - perfino delle città di considerevole
estensione. Caro amico, come si deve comprendere una tale metamorfosi? Non
avremmo noi dovuto vedere, anche interamente, come tale, quella singolare
costruzione che noi abbiamo, poco fa, scorta dal di fuori?”.
8. Certo, miei cari amici, secondo il
punto di vista terreno, questa sarebbe stata la cosa più giusta e naturale.
Secondo il punto di vista spirituale, invece, ciò proprio non va. Voi dite:
“Non ha dunque, lo spirito, degli occhi per guardare le cose, come esse sono?
Perché deve guardare una cosa, come essa è, soltanto da un lato, e poi, quando
vuol guardare la stessa cosa dall'altro lato, essa per lui è scomparsa ed è
come se non esistesse più?”.
9. Certo, certo, amici miei, quando voi
sulla Terra, osservate una cosa con gli occhi fisici, essa rimane costantemente
la stessa, non subisce alcun cambiamento e voi potrete sempre ancora
riconoscerla dalla sua costruzione esteriore. Però, io pongo il caso che a
qualcuno non basti vedere sempre la forma esteriore, e che desideri perciò,
conoscere l'essenza dell'intero oggetto, e precisamente a cominciare con il
separare, meccanicamente, le singole parti. Quando poi, egli ha diviso
sufficientemente l'oggetto in molte parti e le ha esaminate singolarmente, egli
ricorrerà, come seconda operazione, alla chimica, dissolvendo tutte le parti
dell'oggetto nelle diverse componenti originarie. Così che, al posto del
precedente oggetto formale, si troverà ad avere soltanto degli elementi, dai
quali il precedente oggetto era costituito nella sua forma.
10. Non potrei io, ora, anche chiedervi:
“Perché, dunque, in occasione di un tale esame chimico, la forma precedente
dell'oggetto non è più visibile?”. Voi dite: “Caro amico, questo è più che
naturale, poiché nella dissoluzione delle sue parti, la precedente forma
esteriore doveva necessariamente andar perduta”. Bene, rispondo io: “Qual era
il motivo, o meglio, la causa, per cui le parti che, precedentemente,
concorrevano a formare una forma precisa, dovevano venir dissolte? Voi vi
stringete nelle spalle e avete difficoltà a trovare una giusta risposta. E va
bene, voglio rispondervi io stesso: “La causa era lo spirito che voleva
penetrare profondamente nell'interno della materia, ma, in seguito a ciò, è
evidente che la sua forma originaria sia completamente scomparsa”.
11. Dunque, vedete, quello che sulla
Terra viene intrapreso, di solito meccanicamente o chimicamente o
biologicamente, per saziare le necessità dello spirito, si presenta, qui nello
spirito, nella più bella realtà armonica. Poiché se voi, qui, penetrate in una
cosa qualsiasi che avete scrutata in precedenza dal di fuori, questo significa
che voi entrate nell'intimo significato, e, per conseguenza, nella completa
scomposizione e dissoluzione della cosa stessa, o, in altre parole, voi andate
al fondamento della cosa veduta. Ecco perché, qui, non si può più scoprire, dal
di dentro, la forma scorta dal di fuori, bensì soltanto il significato
interiore, che corrisponde, spiritualmente, a tale forma esteriore ancora in
modo più profondo.
12. Però, affinché voi possiate scorgere
ciò ancora più chiaramente, io voglio spiegarvi, nella sua rispondenza, la
forma da voi vista prima dal di fuori, in confronto, a quella vista ora
internamente. Il “fiume”, rappresenta
qui, la fluente Vita spirituale, visibile e percettibile in tutti i sensi,
sorta dall'Amore e dalla Sapienza, e dal Vero della Fede e dal Buono dell'Amore.
La “collina” dalla forma conica, alla
riva destra del fiume, indica, in e di per se stessa, il tendere verso l'Alto
della Sapienza. La “dolce salita”
denota che la Sapienza deriva dall'Amore. Il muro di cinta, che racchiude la
collina, indica che la Sapienza si muove, ancor sempre, entro una certa forma.
Il “muro di cinta”, formante un
cerchio perfetto, denota la 'forma Sapiente', raddolcita dall'Amore. Un tanto
lo indicano anche le “foglie” che
crescono fuori dal muro, cioè che il cerchio della Sapienza è intessuto con la
Vita, che è ugualmente l'Amore. Che questo “muro”
sia, qua e là, “colorito e trasparente”,
cioè trasparentemente colorito, significa la fusione dell'Amore con la
Sapienza. Gli “archi”, sopra questo
muro circolare, indicano l'ordine della Sapienza, quando essa è fusa con
l'Amore. La “gronda”, che gira tutto
intorno sopra gli archi, significa un recipiente ricettivo aperto, il quale è
una via della Luce. Le “palline roteanti
e luminose”, stanno ad indicare la vera Vita, che proviene dalla Sapienza,
quando questa è unita con l'Amore.
13. Il “tempio sulla collina”, le cui colonne sono simili a pioppi viventi
e, sul quale, si trova, librandosi, un tetto d'oro con in cima una sfera irradiante,
significa che tale Sapienza è vivificata dall'Amore per il Signore; e da ciò,
le colonne viventi. Il “tetto d'oro”,
che si libra nell'aria, indica la ricchezza della divina Grazia, derivante da
tale Amore; la “sfera irradiante”, in
cima al tetto, denota poi l'alta Scienza vivente nelle divine cose. Ecco,
questa è tutta quanta la raffigurazione di quanto visto esteriormente.
14. Quando, ora, noi c'inoltriamo in
essa, questo significa appunto la sua fine, mentre al suo posto voi scorgete
l'alta Realtà che vi era rappresentata e che, in tale sfera, emerge dalla
Sapienza collegata con l'Amore per il Signore. Tutti questi palazzi, edifici e
città, corrispondono, allora, alla loro utilità, in conformità al Buono
dell'Amore; mentre la splendida forma che si riscontra dappertutto, corrisponde
alla sfavillante Sapienza.
15. Dunque, così avremmo fatto propria
anche questa cosa importante, in modo che possiamo inoltrarci in questa
regione, ed esaminarne tutte le magnificenze. Tuttavia, non entreremo in
nessuno di questi edifici, poiché, nel loro interno, voi scorgerete,
nuovamente, delle cose del tutto diverse, e ci sarebbe poi, molto da discutere
e da chiarire, così che non si arriverebbe mai alla fine. Però, quando voi, un
giorno, sarete più puri spiritualmente e, nello stesso tempo, liberi
dall'involucro materiale; avrete, comunque, la possibilità di vedere e di
osservare le infinite varietà e meravigliose diversità del Regno Spirituale,
per tutta l'eternità. Nostro compito, qui, è soltanto di percorrere, con lo
sguardo, i diversi modi in cui lo spirituale si forma e si sviluppa. Perciò,
voi potete, ora, girare liberamente lo sguardo tutt’intorno, ed osservare, a
vostro piacere, le grandi meraviglie, mentre la prossima volta, continueremo il
nostro cammino, dopo aver riassunto tutto quanto visto. Con ciò, basta per
oggi.
[indice]
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Bellezza e splendore del Mezzogiorno
Ammaestramento sull'essenza
dell'Amore e della Sapienza
1. Dunque, ora voi avete guardato in
giro, ed avete visto magnificenze di ogni sorta, innumerevoli, e al di là
d'ogni misurazione. Ditemi perciò, quali, tra le cose da voi scorte, vi è
piaciuta di più. Voi dite: “Caro amico, anche a te è concesso di leggere nel
nostro intimo; abbi, perciò, la bontà di riassumere quello che, di migliore e
di più splendido, noi abbiamo osservato”. Bene, dunque, io voglio farlo, come
voi desiderate, poiché io leggo, nei vostri occhi, e dall'espressione della
vostra faccia, ciò che vi è piaciuto di più di tutto.
2. Non sono stati certo i grandi,
solenni, brillanti palazzi a piacervi più d'ogni altra cosa, e neppure le città
costruite lungo il fiume che destarono in voi il desiderio di soffermarvi a
lungo lo sguardo; bensì, laggiù, al di là del fiume, verso il Mattino, vi hanno
colpito quelle dolci colline, sulle quali sono costruite delle casette
piuttosto misere; è stato proprio là che i vostri sguardi sono stati
maggiormente attratti.
3. Io vi dico: “Se qui si dovessero
giudicare le cose dal punto di vista estetico-mondano, si potrebbe dire che
voi, miei cari, siete di pessimo gusto; se, invece, noi giudichiamo
spiritualmente, io devo dirvi che non avete affatto sbagliato e che il vostro
fiuto ha avuto il sentore che, dietro a tali residenze apparentemente misere,
si cela qualcosa di molto più elevato di quello che si può riconoscere con gli
occhi”.
4. Perciò voi dite segretamente nel
vostro animo: “Caro amico e fratello, se noi dovessimo scegliere, noi
scambieremmo volentieri centinaia dei più magnifici palazzi visti qui per una
tale casetta”.
5. Certamente, voi non avete torto,
malgrado ciò in questa regione anche un magnifico palazzo ha la sua importanza.
Ora, osservate attentamente uno di questi magnifici palazzi, come esso è
edificato in pietre bianche lucenti, ed ha esattamente sette piani, dei quali
ognuno ha un'altezza di trenta braccia, ed ogni palazzo ha quattro facciate
complete, ed ogni facciata ha settanta grandi finestre, distanti l'una
dall'altra, sette braccia. Da ognuna delle finestre esce una luce simile a quella
del Sole, ed ogni facciata è ornata, su ogni piano, dinanzi alle finestre
luminose, con un colonnato che brilla, come se fosse d'oro trasparente, ben
brunito, ed il tetto di un tale palazzo sembra essere ricoperto di grandi
tavolette di diamante. Intorno a questo grande palazzo, vi è pure un magnifico
giardino, di ampiezza corrispondente, nel quale potete vedere migliaia su
migliaia dei più splendidi fiori, e così pure, molte migliaia di magnifici
alberi fruttiferi di ogni qualità. Fra i fiori e gli alberi fruttiferi, voi
vedete scintillare delle piramidi variopinte, le cui cime sono adorne di sfere
lucenti, e, sopra le sfere, voi potete scorgere una corona, dalle cui punte
sprizza l'acqua, tanto in alto nell'aria lucente, quanto il vostro sguardo lo
permette. Le goccioline sembrano ingrandirsi in quest'aria luminosa, e cadono
poi, nuovamente nel giardino, variamente colorate, lentamente e maestosamente
nell'ordine più perfetto ed infine evaporano, disperdendosi nei più svariati
profumi celesti.
6. E se, poi, voi aguzzate ancor più la
vostra vista, potete scorgere, in tale giardino, un gran numero di esseri
beati, bellissimi e radiosi, di ambo i sessi, che stanno passeggiando.
Guardate, proprio ora, vicino all'entrata del magnifico giardino sta un uomo;
la sua veste è di bisso bianco ed ha sul capo una corona splendente. La sua
faccia è bianca come la neve, e la sua capigliatura è d'un colore che sembra
oro; guardate come quest'immagine umana è imponente.
7. Osservate quanto vantaggioso sia il
contrasto fra il colore della pelle e il rosso splendente dell'orlatura della
veste; mentre, la cintura intorno ai fianchi, scintilla come se consistesse di
un gran numero di stelle! E ora guardate; ecco che uno spirito femminile si
avvicina alla porta d'ingresso; che ne dite, vi piace questo spirito?
8. Voi dite: “Caro amico, alla vista di
questo essere c'è da perdere pure i sensi. In verità, qualcosa di tanto
perfetto, un uomo non può contemplarlo, senza un immediato pericolo della vita;
figurarsi poi, se è capace d'immaginarlo tale! Questo essere femminile
spirituale, si potrebbe affermare che è, al di sopra di tutti i concetti umani,
più che celestialmente bello! Quale elevata ed infinitamente dolce affabilità
nel viso; quale morbidezza e quale splendida coloritura nei suoi lineamenti! E
poi, gli abbondanti capelli di un biondo chiaro luminoso; e, sulla sua
magnifica testa, una corona splendente, come se fosse formata dai più splendidi
diamanti. Ed anche la veste di colore cielo azzurro, con orlature rosso
pallido, splendente essa pure. Oh, quanta armonia grandiosa e soave, in tutto
questo! Noi vediamo anche un braccio, al sommo del quale, questa magnifica
veste è raccolta in pieghe, per mezzo di un bellissimo fermaglio. Quale
rotondità e quanta armonia in quel braccio! Esso sembra essere tanto morbido
quanto un soave alito della più bella aurora primaverile! E ora, o caro amico,
in contrapposto al braccio ora descritto, scorgiamo anche la gamba, fin oltre
il ginocchio, di questa donna-angelo. In verità, questa vista è eccessiva anche
per un occhio spirituale, perché l'armoniosa morbidezza e perfezione sono
indescrivibili. In verità, soltanto ad un Dio può essere possibile produrre una
simile ed inesprimibile armonia! E, caro amico, noi scorgiamo ancora
un’infinità di tali armonie meravigliose, verso il piano pieno di luce; in
verità, in una simile compagnia, essere un fratello beato sarebbe, tuttavia,
una delizia troppo grande!”
9. Certo, fratelli miei carissimi, di
tali magnificenze ce ne sono in numero infinito; io però vi chiedo: “Come vi
piace ora, un tale palazzo?”. A quanto sembra, vi sentite alquanto imbarazzati;
ciò che dovrebbe significare: “Caro amico, se dipendesse proprio da noi, dal
modo in cui le cose si presentano, noi non avremmo quasi più nulla da obiettare
su questo magnifico palazzo, confrontandolo con le casette costruite sulle
colline, al di là del fiume. Poiché, in mancanza d'altro, e, naturalmente, allo
stato puro spirituale, noi saremmo contenti di una tale beatitudine, per tutte
le eternità; specialmente se qui, di tanto in tanto, ci venisse accordata la
Grazia di vedere il Signore. Se questo non dovesse essere il caso, allora,
certamente, noi dovremmo ritirare alquanto ciò che abbiamo or ora affermato”.
10. Sì, miei cari amici, così come è
accaduto a noi, alla vista di tante magnificenze, è già accaduto a parecchi
altri. La differenza consiste soltanto nel fatto che voi, qui, ve la cavate
senza pagare il dazio; mentre gli spiriti realmente giunti in questa sfera, vi
trovano una prova (o tentazione) ancora molto potente, in occasione della quale
essi si devono dimostrare capaci di una grande abnegazione, se vogliono
giungere alla zona collinare al di là del fiume, dove si trovano le graziose
casette.
11. Voi chiedete chi sono e da dove
provengano gli spiriti beati che dimorano in questo palazzo. Sono gli spiriti
di famiglie della Terra, in parte povere, ed in parte ricche, alcune giunte qui
con il tempo, dall'Occidente, a voi ben noto, ed alcune, anche direttamente, in
seguito al loro giusto sistema di vita, scrupolosamente conformato, e ben
basato sulla loro Fede nel Signore. Più avanti, verso il più profondo
Mezzogiorno, voi vi imbatterete in spiriti pagani beati, i quali, sulla Terra,
sono vissuti fedelmente secondo la loro fede, e sono stati pronti ad accogliere
la Fede nel Signore, una volta giunti nel mondo degli spiriti.
12. In questo palazzo che sta dinanzi a
noi, abitano dei fedeli alla fede cristiana della, cosiddetta, setta dei
Calvinisti. Tre, fra di essi, erano ricchi sulla Terra; qui però, essi non sono
i più ricchi, ma appartengono piuttosto alla servitù. Quei due però, che voi
avete scorto quali primi, all'ingresso del giardino, dove li potete ancora
vedere, erano sulla Terra, i più miseri. Egli era un pastore sulle Alpi
svizzere, ed essa era pure una misera guardiana di mucche. Con il tempo, questo
pio pastore riconobbe le buone qualità cristiane della ragazza, e la fece sua
moglie, secondo la sua confessione. Questa coppia trascorse onestamente, e
sempre insieme, la loro vita, fino all'ultima ora. Essi ebbero parecchi figli,
che allevarono rigidamente, secondo la loro confessione cristiana, e questa
base venne anche fedelmente mantenuta da cinque rami familiari. E così, qui,
voi potete vedere, caso quanto mai raro, una famiglia veramente beata, legata
da vincoli di sangue, composta dai genitori, dai figli e dai nipoti. La coppia
che noi vediamo, è perciò quella degli avi di tutta la famiglia. I tre più
umili della compagnia, sono veramente anche dei parenti, ma di quella categoria
che, in seguito a delle felici circostanze terrene, si sono mondanamente
elevati. In seguito alla loro ricchezza terrena, nonché alla favorevole
posizione mondana, essi hanno goduto, sulla Terra, parecchi vantaggi e
comodità, che sono sempre rimasti ignoti agli altri membri della famiglia,
rimasti poveri. Questa è la ragione per cui quei tre devono sottostare, qui, a
delle rinunce di cose, delle quali, i più poveri membri della famiglia, possono
godere in grande abbondanza. Indipendentemente da ciò, quei tre sono, tuttavia,
felici qui, in misura, per voi, inesprimibile, perché essi hanno impiegato la
loro posizione mondanamente elevata, e la loro ricchezza, per la maggior parte,
a scopi buoni.
13. Dal momento che siamo qui, facciamo,
tuttavia, una visitina a quei due primi abitanti, che stanno sempre dinanzi
all'ingresso del loro giardino, e questo, appunto, affinché voi possiate
constatare di quale spirito siano animati; andiamo dunque là, per breve tempo.
Ecco, essi ci hanno già scorto, e si affrettano a venirci incontro; però, come
voi vedete, all'improvviso si fermano. Quale ne può essere la causa? Essi
sentono ancora qualcosa di materiale in voi, perciò, preferiscono attendere che
noi ci avviciniamo a loro. Ed ecco, noi siamo presso di loro, ed il bellissimo
uomo ci accoglie con le seguenti parole: “Io vi saluto nella Luce pura del
Signore! Posso io, l'infimo servo di questa dimora, chiedervi quale sentimento,
puro e buono, vi ha guidato qui?”.
14. Poiché non ve la sentite di parlare,
devo parlare io al posto vostro. “Caro amico, la tua domanda è giusta ed
opportuna, ed anche il tono del tuo discorso è pieno di purissima Sapienza del
Cielo, però, vedi, c'è una cosa di cui le tue parole mancano, e questa cosa è
l'Amore! Tu sei magnificamente a posto, nella tua economia domestica, e, dalla
tua pura Sapienza, deriva la tua splendida possessione, però , un minuscolo
granello nel Regno dell'Amore del Signore, vale infinite volte di più di tutta
questa magnificenza. Vedi, costoro che mi accompagnano sono discepoli
dell'Amore; ed io sono, ora, per loro, dal più elevato Amore, una Guida nel
Nome del Signore; ed è da questo punto di vista che tu devi riconoscermi ed
accogliermi! Vedi, la purezza dei costumi è una splendida virtù, ed il giusto è
un amico del Signore. Però, sappi, se qualcuno è un peccatore, e se fa
penitenza per Amore per il Signore, quegli Gli è più gradito che non
novantanove di quei tali come sei tu, che, in tutta la purezza dei tuoi
costumi, non hai mai avuto bisogno di far penitenza.
15. E tu, o pura moglie di questo puro
uomo, in verità, la tua vita è stata la via di questo splendido Regno. Però,
vedi, nell'eterno Mattino, dimorano parecchie del tuo sesso, le quali, molto
spesso, hanno peccato contro la loro carne. Queste peccatrici hanno
riconosciuto la loro colpa, si sono umiliate, piene di pentimento dinanzi al
Signore, e s'infiammarono, poi, di tanto Amore per Lui, che non cercarono altro
di Lui, se non la Grazia che Egli avesse tanta Misericordia di loro, così da
accoglierle, dopo la loro morte, fra i più miseri che potevano godere, appunto,
di tale Sua infinita Misericordia! E vedi, esse dimorano ora, sommamente bene,
nella costante compagnia del Signore, nell'eterno Mattino! In verità, qui è
tutto splendido e solenne, ma una misera capanna di paglia nel Regno dove il
Signore dimora, è infinitamente superiore a tutto questo splendore!”.
16. Guardate, ora, come questa coppia si
batta il petto, ed ambedue dicano ad una voce: “Oh potenti amici del Signore,
voi ci avete detto cose infinite, con poche parole! E' da lungo tempo che noi
presentivamo che vi doveva essere qualcosa di più alto e di più sublime di
quanto c'è qui, ma noi non conoscevamo la via, tanto più che la nostra sapienza
sapeva creare, qui, quanto c'è di più elevato. Ora, invece, sappiamo che ciò
era soltanto una concessione, affinché noi potessimo riconoscere, da ciò,
sempre più, l'Amore. Dicci, dunque, cosa dobbiamo fare, per renderci degni di
accogliere anche soltanto una goccia dell'Amore fondamentale vero e proprio”.
17. E ora, io dico a loro: “Caro amico, e
tu cara amica, non avete mai udito quello che il Signore ha detto al giovane
ricco: «Dona tutte le tue ricchezze ai
poveri, e poi seguimi»? Inoltre, non avete mai letto quel punto
nell'Evangelo, dove viene detto che il Signore ha fatto un paragone che vale
per l'eternità, quando, nella parte anteriore del Tempio, un giusto fariseo
presenta al Signore le sue opere gradite e conformi alla Legge di Mosè, mentre,
in fondo al Tempio, un povero peccatore si batteva il petto, e diceva: «Oh Signore, io non son degno d'innalzare il
mio sguardo al Tuo Tabernacolo!». Chi è stato giustificato qui dal Signore?
Voi dite: «L'umile peccatore». Vedete, dunque, da ciò voi potete facilmente
dedurre qual è la vera Via che conduce al Signore. Fate pure voi altrettanto,
poiché la Parola del Signore ha la sua piena validità anche nei Cieli, e ciò,
per tutte le eternità.
18. Ed ascoltate ancora: «Dinanzi a Lui
non c'è nulla che si possa veramente considerare giusto e puro, poiché Egli
soltanto è Puro, Buono e Misericordioso! Non consideratevi perfetti, bensì fate
quello che fece il peccatore nel Tempio, nonché quello che fece un compagno di
crocifissione del Signore, a Voi ben noto, e soltanto allora voi troverete la
vera giustificazione che è l'esclusivo Amore per il Signore. Diventate poveri
completamente, se volete arricchire dell'immensa Grazia e dell'Amore del
Signore!»”.
19. E ora, guardate, la coppia s'alza e
ritorna piangendo verso la sua dimora, e adesso tutti si raccolgono dinanzi al
palazzo ed ascoltano attentamente quello che dicono i loro progenitori, e
guardate come tutti si tolgono i loro ornamenti e cambiano le loro magnifiche
vesti con delle altre semplicissime, che hanno il solo scopo di coprire le loro
nudità. Ed ecco, i progenitori consegnano tutte queste magnificenze a quei tre,
che prima erano i più poveri, mentre, come potete vedere, una grande compagnia
di parecchie centinaia di spiriti esce dal giardino, venendo verso di noi.
20. Voi chiedete: “Ma caro amico, che ne
faremo di loro?”. Io, però, vi dico: “Non preoccupatevi, voi avrete qui la
possibilità di assistere, in questa occasione, ad una vera scena celestiale,
che ne rimarrete sbalorditi”. Però, a questa scena, assisteremo appena la
prossima volta; cosicché, per oggi, basta.
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Mangiare e bere degli spiriti celesti
nella rispondenza
Il matrimonio celeste
1. Ed ecco, la grande compagnia ci è già
giunta vicino; osservate questi cari figli, come l'uno è celestialmente più
bello dell'altro! Nella fisionomia d'ognuno si presenta una bellezza diversa:
gli angeli maschili sono giovanilmente robusti; nella forma della loro faccia
si può scorgere, dappertutto, una soave serietà. I loro occhi sono grandi, e
stanno a significare che in essi c'è molta luce. Il loro naso è ben formato e
delicato. Ciò significa che essi hanno un senso del tutto oltremodo sensibile e
molto acuto. La bocca è di linea morbida e la maggior parte la tiene chiusa.
Ciò denota che la Sapienza è discreta e riservata. Il mento è ugualmente dolce
e privo di barba; questo sta ad indicare che la vera e propria Sapienza è
aperta (libera) e non avvolta in un ispido e cespuglioso misticismo. Liscio e
rotondo è il loro collo; ciò che significa che la Verità, considerata secondo
il suo principio fondamentale, è qualcosa di ben accogliente e in sé un tutto
arrotondato. Guardate inoltre la morbidezza delle mani; ciò indica che la
Sapienza prende tutto con un buon ordine prestabilito e non ama mettere mano ad
alcunché d'imperfetto.
2. Voi dite, a questo punto: “E' quanto
mai degno di nota che qui gli esseri maschili abbiano delle forme bellissime ed
arrotondate, quasi come quelle femminili, cosicché, alla fine, non si sa se si
trovi più piacere nell'ammirare una figura maschile, oppure una femminile!”.
Questo, miei cari amici, ha la sua ragione nel vero matrimonio celeste, e
precisamente, in seguito a quello che è detto già nelle Scritture, che l'uomo e
la donna devono essere soltanto una sola carne. Perciò così, qui, si
differenziano soltanto un poco e sono, come ebbe a dire il Signore, tutti
simili agli angeli di Dio.
3. Ma voi chiedete se anche negli
spiriti, qui, non ci sia una differenza di sesso. Ed io vi dico: “Ciò è qui
altrettanto il caso, quanto sui pianeti o corpi terrestri; e gli spiriti
mangiano e bevono e si liberano anche dalle scorie. Inoltre, questi coniugi
celesti godono pure, come sulla Terra, le gioie coniugali”. Però, qui, tutto
viene realizzato, dal punto di vista del significato, differentemente che sulla
Terra e sugli altri corpi terrestri.
4. Infatti “mangiare e bere” significa
l'accoglimento del Buono e del Vero Divini, mentre, quell'atto che voi
conoscete, dal punto di vista sensuale, quale l'“accoppiamento”, significa
l'unione del Buono dell'Amore e del Vero della Fede, che ha, quale risultato,
un'attività d'Amore; cosicché, l'intera cosa si presenta qui come causa, azione
ed effetto. Per conseguenza, chi vuole operare, deve innanzitutto accogliere in
sé il principio operante quale causa basilare; questo appunto viene inteso
quale nutrimento, cioè nutrirsi.
5. La digestione di questo nutrimento
produce e sostiene la costante vita degli spiriti. Però, la Vita non vuole e
non può rimanere isolata per se stessa, bensì essa afferra l'oggetto che le
piace e che le corrisponde e si mette in comunione con esso; cosicché, in certo
qual modo, da due vite ne deriva perfettamente una. Questo lo si può
considerare dal punto di vista dello scopo. Dallo scopo però sorgono dei
germogli di opere, dato che una vita formata dall'azione, o meglio dalla
unificazione di due vite, è molto più potentemente operante, in tutto, che non
una vita singola, che non può venir considerata quale una vita completa. Dato
che è impossibile che in essa si manifesti uno scopo e, per conseguenza,
neanche un pieno e vero germoglio. Comprendete quanto or ora vi ho detto?
6. Voi dite: “Caro amico, in parte
abbastanza bene, però non completamente chiara”. E va bene, io vi voglio dare
ancora qualche altro chiarimento. Voi stessi, sulla Terra, avete un atto
corrispondente, cioè che ha somiglianza con l'accoppiamento degli spiriti.
7. Cosa avviene quando un uomo pieno di
vita magnetizza, come voi usate dire, un essere di sesso femminile? In tal caso
non succede nient'altro se non che l'uomo, con il suo forte spirito, penetra
nello spirito più debole della donna e con ciò lo desta ad attività
proteggendolo con la sua forza, nel senso che per un certo tempo entra in
rapporto con esso e parzialmente si unisce con esso “fluidamente” o piuttosto
compie con esso “un’unione coniugale spirituale”.
8. Qual è l'effetto di tale azione? Se
voi osservate per un po' le varie manifestazioni in questo campo, non potete
dire altro se non che: “Il debole spirito femminile, grazie all'unione con la
forza dello spirito maschile, si è rafforzato e in uno stato molto più
rinvigorito può compiere delle cose che nello stato isolato non potrebbe
compiere”. La chiaroveggenza e la penetrazione spirituale, fortemente chiara
nella Creazione, altrimenti imperscrutabile, non sono che un effetto di tale
unione.
9. Ed ecco, proprio così si effettua qui
il cosiddetto atto di accoppiamento spirituale; esso è un reciproco afferrarsi
di forze spirituali intimamente affini e l'effetto di un tale afferrarsi è poi
appunto corrispondente a quello della magnetizzazione, del quale abbiamo
parlato or ora. E' vero che ora voi dite che ciò vi risulta chiaro, ma tuttavia
voi chiedete ancora in qual modo tale atto venga compiuto qui, secondo
l'apparenza esteriore. Io vi dico che tale atto si presenta esteriormente allo
stesso modo come esso viene compiuto dai coniugi, soltanto che esso non viene
accompagnato dalla benché minima traccia di sensualità.
10. Nella prima Chiesa, che era quella
adamitica, un tale atto procreativo veniva compiuto dagli uomini d'allora - che
erano in continuo rapporto con i Cieli - ugualmente, più in modo spirituale che
sensuale. In occasione di un tale atto, ambedue i cofiugi venivano
compenetrati, più del solito, dallo Spirito divino; in seguito a ciò cadevano
in un sonno fisico, si risvegliavano ben presto da questo sonno naturale e
diventavano allora uno nello Spirito, e perciò anche completamente trasportati
nei Cieli. Appena là compivano l'atto della procreazione, e dopo ciò essi
venivano immediatamente separati e riportati nei loro corpi fisici, nel mondo
naturale.
11. Questa è la ragione per cui, allora,
tale atto veniva anche chiamato “addormentarsi insieme” o vicini. Dato, però,
che con il tempo, a causa i piaceri del mondo, gli uomini erano diventati
sempre più materiali e sensuali, essi incominciarono ad accostarsi alle donne,
senza alcuna preparazione spirituale, nella loro sfera naturale, dunque in
maniera meramente animale, e quindi non caddero più in quel sonno naturale così
da poter rendere libero lo spirito. In seguito a ciò, anche i frutti, a causa
di tale azione, diventarono più sensuali e più materiali, come appunto erano
più sensuali e materiali la causa e l'azione stessa che li avevano prodotti.
Voi stessi usate dire: “E trunco con fit
mercurius” (Tale il padre, tale il
figlio), perciò, come sarebbe possibile, per la via puramente animale,
generare frutti dello spirito? Io sono dell'opinione che se voi riflettete un
po' su questa importantissima esposizione tratta dalla storia antica, potrete
raffigurarvi, in modo più esatto e più degno, l'atto dell'accoppiamento
puramente celestiale di quanto avreste potuto concepirlo considerando
quest'atto soltanto sulla base della sua presente manifestazione esclusivamente
sensuale. Ed anche in seguito a ciò, la legge massima lo definiva,
necessariamente per la sua impudicizia, impuro e perciò anche profano.
12. Oramai, tutto ciò vi è noto. Che cosa
sta a significare ancora l'“evacuazione” da parte degli Spiriti? In primo
luogo, incominciamo con il chiederci che significato e quale scopo abbia quella
naturale. Essa non significa altro se non l'allontanamento dell’esteriorità
formale materiale, quando le sostanze vive sono uscite dagli alimenti, per
incorporarsi nelle cellule dell'uomo. Ora, vedete, la Vita non ha nessun'altra
possibilità di manifestarsi e di palesarsi se non soltanto sotto una forma ad
essa corrispondente. Questa forma corrisponde a tutti gli attuali involucri
esteriori delle cose. E se anche questi frutti, che voi qui vedete,
originariamente non sono altro che delle rispondenze viventi dell'Amore e della
Sapienza del Signore, cioè rispondenze del Vero della Fede e del Buono
dell'Amore, non possono comunque venir presentati senza la forma apparente,
come altrettanto poco è presentabile un pensiero senza la forma, attraverso la
parola.
13. Perciò, quando voi ascoltate delle
parole, voi vi nutrite di frutti spirituali; le parole, quali involucri
materiali, vengono quanto prima evacuate, mentre il significato o essenza
spirituale rimane in voi quale nutrimento sostanziale.
14. Le forme sono le portatrici di ciò
che è vivente; dato, però, che il vivente è soltanto divino e perciò il più
interiore, per conseguenza lo spirituale puro non può venir accolto da nessun
elemento esteriore. Ecco perché il Signore crea i veicoli, o “forme d'Amore”
corrispondenti, che sono le portatrici della Sua Vita. Perciò, se vogliamo
accogliere in noi questa Vita, la dobbiamo accogliere, in un primo tempo,
assieme alla forma. Appena in noi, tale veicolo o forma viene distrutta, per
poi liberare la Vita racchiusa in essa e riunirla al più presto con la Vita in
noi, che è altrettanto divina, rafforzandola vivificamente per la conservazione
d'entrambe. La forma stessa, quale involucro distrutto, viene poi evacuata
interamente dal nostro essere vivente, secondo l'ordine naturale predisposto
dal Creatore.
15. Da voi, sulla Terra, ciò viene
chiamato “escrementi”, qui, invece, “separazione”. Da voi la forma è
grossolanamente materiale; da noi, invece, è fluida e scompare interamente.
Dato che ora avete raggiunto tale ragguaglio, rivolgiamoci nuovamente alla
nostra numerosa e bellissima compagnia.
16. Ecco, la nostra nota coppia di
progenitori è già qui; l'uomo mi si avvicina e dice: “Potente abitante
dell'eterno Oriente che certamente sei un carissimo amico del Signore, guarda,
noi abbiamo abbandonato ogni cosa e donato tutto il nostro avere e le nostre
cose preziose, secondo il tuo consiglio. Tu vedi che noi siamo in molti e
tuttavia nessuno è animato da un sentimento diverso dal mio. Ora noi stiamo
qui, in tutta umiltà, dinanzi a te, che sei venuto nel Nome del Signore. Ti
piaccia esprimere pure quale sia la Volontà del Signore, giacché noi siamo
tutti pronti a riceverla ed a eseguire tutto ciò che con essa comporta”.
17. Dico io: “Cari fratelli e sorelle!
Non pentitevi della vostra decisione nell'Amore per il Signore e seguitemi nel Nome
Suo Santo! Guardate laggiù, al di là di questo fiume, dove su delle colline,
che sembrano essere piuttosto inospitali, potete scorgere, abbastanza in
lontananza, delle piccole casette poco appariscenti: là io intendo guidarvi e
dare a ciascuno la sua abitazione. Oh, certamente, là voi non vivrete tanto
comodamente e splendidamente, come in questo magnifico palazzo, però, vedete,
voi dovete disabituarvene, poiché “nell'eterno Oriente”, alla costante presenza
del Signore, non si abita in simili palazzi, bensì in piccole e semplicissime
capanne. Così, ugualmente, non si è tanto riccamente vestiti come qui, bensì i
veri figli del Signore vanno in giro quasi nudi; inoltre, là nessuno deve
poltrire e perciò il Signore sa come tenere continuamente occupati i Suoi
figli.
18. Qui, voi avevate “beato riposo” e lo
splendido e tranquillo godimento di tutto quello che voi possedevate in tutta
pienezza; là, però, il trattamento è del tutto diverso, poiché il pane
quotidiano lo si deve guadagnare letteralmente con zelo e solerzia.
19. Voi, qui, non eravate tenuti né a
chiedere né a ringraziare per nessuna cosa, poiché il Signore vi dava tutto,
spontaneamente, nella massima sovrabbondanza; là, invece, dovrete sempre
chiedere al Signore e Padre e ringraziarLo.
20. Qui, ognuno aveva per sé, come un
signore, il proprio tavolo e poteva mangiare e bere a suo piacimento; là,
invece, nessuno ha il proprio tavolo, bensì, tutti devono venire alla Tavola
del Signore.
21. Qui voi potete mangiare quello che
volete, là, invece, vige la regola del «mangiate quello che vi si pone
davanti!».
22. Se siete soddisfatti e contenti di
questo cambio, allora seguitemi; però, la vostra volontà sia completamente
libera”.
23. Ecco come si esprime tutta la
compagnia: “Oh grande e caro amico del Signore, se anche noi possedessimo, qui,
mille di tali palazzi, li abbandoneremmo se ci fosse concesso di essere vicino
alla dimora di questo Grande Padre Santo, anche soltanto quali ultimi ed infimi
servi! Tutte le condizioni che tu ci hai poste sono troppo grandi e troppo
elevate per noi. Se noi fossimo considerati degni delle briciole che cadono
dalla Tavola del Signore, noi saremmo già infinitamente più felici di quanto
siamo stati qui, dato che noi, proprio fra questa grande magnificenza, dobbiamo
sentire la mancanza proprio di quello che solo costituisce la suprema
beatitudine di tutti gli angeli e ciò è la visione del Signore Che è là un
Santo Padre eccellente per coloro che abitano presso di Lui ad Oriente.
24. Noi scorgiamo il Signore, anche qui,
nel santo Sole di Grazia sopra di noi, mentre il Padre, fra i Suoi figli, noi
non Lo abbiamo mai scorto!
25. Dunque, guidaci dove vuoi e dacci
disposizioni secondo la tua opinione celeste; vogliamo seguirti!”.
26. Ora parlo io: “Allora seguitemi al di
là del fiume, in quella regione collinare. Non abbiate paura delle onde che
finora abitualmente non potevano sorreggervi, dato che il vostro fondamento non
era il vero e proprio «Fondamento della Vita», cioè l'Amore vero per il
Signore. Però, dato che ora esso è diventato anche il vostro fondamento, così
l'acqua del fiume vi sosterrà, poiché essa è il significato di tale
fondamento”. Guardate ora come tutti ci seguono e come l'acqua del fiume li
sostiene come un terreno solido!
27. E così, noi vogliamo recarci tutti
insieme su quella zona collinare, sistemare là la nostra compagnia e osservare
poi cosa succede e se la compagnia vi si trova bene ed è contenta.
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* * * * *
Nell'eterna terra collinosa del
Mattino. Piccolo esame d'Amore
Come vi raffigurate il Signore?
1. Ed ecco, secondo il nostro rapido
modo, oramai già abituale di viaggiare, siamo già sul posto. Come vedete,
proprio davanti a noi, si trova una di tali casette; simili, nell'aspetto, a
quelle alpine della Svizzera. Voi dite: “Infatti, ne hanno proprio l'aspetto;
soltanto che, confrontate con uno dei palazzi, o, più ancora, con delle grandi
città, che si trovano laggiù sulla pianura, ultimamente visitata, crediamo sia
preferibile l'abitare qui!”
2. Bene, allora noi daremo un'occhiata all'interno
di una tale casa, per osservare la sua disposizione, nonché i suoi abituali
abitanti. Ed ecco che noi ci siamo già, e ora voi chiedete: “Ma caro amico,
come avviene che questa casa, nel suo interno, non cambi il suo scopo e
carattere, secondo il sistema abituale spirituale; bensì, corrisponde il suo
interno con l'esterno suo carattere, quale una dimora solida e stabile?”.
3. Cari amici, ciò lo comprenderete
esattamente in seguito, e con il praticare con gli abitanti di questa regione,
come essi si presenteranno a noi.
4. Non osservate che, anche qui, si
trovano attrezzi agricoli d'ogni sorta? Guardate, ci sono falci, zappe,
rastrelli, aste, e non mancano l'aratro e l'erpice. Guardiamo, ora, un po'
intorno; dietro la casa c'è perfino un piccolo edificio di disimpegno, nonché
una stalla per un paio di buoi. Qui, poi, c'è una cucina, là, una stanza per la
servitù e, sul davanti, una stanza arredata con molto buon gusto, per i
proprietari della casa. Che ne dite di tutto ciò?
5. Voi siete piuttosto meravigliati, da
quanto vedo, poiché voi dite fra di voi: “In verità, tutto ciò è molto
accogliente, e noi saremmo disposti a fermarci qui, senza pensarci su due
volte; tuttavia, tutta questa disposizione terrena, in pieno Cielo, ci risulta
alquanto strana”.
6. Amici miei cari, io pensavo già che
ciò vi avrebbe recato sorpresa; ma ciò causerebbe una sorpresa ancora maggiore
a qualche “papista incallito”, che si figura il Cielo quale un ritrovo
dell'ozio. Però, come vanno le cose qui, lo potremo constatare nel corso del nostro
peregrinaggio in questa regione orientale, e ciò, in maniera più che
sufficiente.
7. Tuttavia, affinché voi sappiate
perché avete trovato, qui, ogni sorta di attrezzi, come sulla Terra, vi dico,
frattanto, solamente che questi non sarebbero mai stati scoperti sulla Terra,
se già prima non fossero esistiti in tutti i Cieli, nella forma e modo
perfettamente corrispondenti.
8. Per conseguenza, non può farvi
meraviglia di trovare, nel vero e proprio luogo del Cielo, le caratteristiche
originarie, poiché tutti questi attrezzi denotano l'attività d'Amore, e si
trovano qui quale mezzo per la produzione del buono e del fruttuoso; di più,
per il momento, non occorre sapere.
9. Ora guardate; da uno dei campi, sta
incamminandosi il suo proprietario verso questa casa; vogliamo andargli
incontro, porgergli il nostro saluto, ed esporgli il nostro desiderio? Ecco,
egli ci ha scorto, e ci viene incontro con le braccia aperte. Vi piace la sua
foggia di vestire? Voi dite: “Caro amico, veramente non c'è male, poiché, tali
vestimenti, noi siamo abituati a vederli. Egli ha tutto l'aspetto di un
campagnolo della Terra, timorato di Dio, e onestamente zelante nel suo lavoro.
Noi vediamo che esso indossa una camicia comune un po' rustica, e poi, dei
calzoni confezionati, pure, con la stessa tela della camicia; e questo è tutto
quanto noi possiamo vedere su di lui. Se egli non avesse, alla vita, una
cintura rossa, non si distinguerebbe da un comune lavoratore dei campi”.
10. Certo, miei cari amici, qui le cose
non procedono tanto brillantemente come laggiù, nei palazzi. Voi, naturalmente,
chiedete: “Caro amico, deve proprio essere un grado di beatitudine superiore
questo qui, se paragonato a quello laggiù, nell’infinita pianura, dove
abbondano innumerevoli magnificenze e una sontuosità indescrivibile?”. Io,
però, vi dico: “Il grado di beatitudine è, dappertutto, tanto più elevato,
quanto più esso sta al di sotto di tali magnificenze e sontuosità”. Come ciò
sia possibile, vi verrà esposto chiaramente, in breve. Infatti, il nostro bravo
uomo è già qui, perciò, prepariamoci ad accoglierlo subito, come si deve.
11. Ascoltatelo, egli vi parla: “Siate
mille volte i benvenuti, cari e miei amati fratelli! Io vedo che, con voi,
avete portato una considerevole compagnia, ed io so già quello che essa cerca
qui. Però, vi dico apertamente, e senza indugio, che ad essa costerà molto
impegno e molte rinunce abituarsi a questa vita molto più laboriosa e più
elevata, e, perfino dopo essersi abituati, le costerà un considerevole sforzo,
prima che questa vita superiore possa diventare sua propria. Tu però, mio caro
fratello, sai benissimo che con l'Amore e la Pazienza tutte le difficoltà
possono venir superate.
12. Ed anche da parte mia non verrà
omesso nulla di ciò che si richiede per provvedere, in modo efficiente, eterno
e vivente, a questi cari fratelli e sorelle.
13. E ora, miei cari amici, vogliamo
entrare un po', nella mia dimora, prendendo, con noi, la coppia principale di
questa compagnia, per stabilire i necessari accordi; affinché tutti, al più
presto, possano venir ospitati, secondo l'eterno Ordine dell'Amore. Andiamo,
dunque!”
14. Ecco, il nostro ospite fa già cenno
alla nota coppia, ed essa entra con noi, seguendo, lieta, il dolce invito. Noi
siamo già nell'interno della stanza; e ora fate attenzione a quello che verrà
detto.
15. Il nostro ospite così si esprime
dinanzi alla coppia: “Miei cari amici, siate i benvenuti in tutta la profondità
del mio Amore; ditemi, liberamente ed apertamente, che cosa vi ha indotti ad
abbandonare la vostra grande magnificenza ed a scegliere, quale vostra futura
residenza, queste colline, dove non c'è alcuna sontuosità, ricchezza ed
abbondanza?”.
16. L'interrogato risponde: “Amico
celeste! Io non so ancora chi tu sia nell'esser tuo. Dato, però, che tu, dalla
più intima base della tua Vita, mi chiedi quale sia stato il movente della
nostra iniziativa, ti dirò che il Signore è l'unico motivo che ha spinto me, e,
con me, tutti gli altri, a questa impresa”.
17. L'ospite dice: “L'apprendere ciò da
voi, è un’incomparabile delizia per il mio cuore, però, il Signore vi ha già
largito, comunque, un’incommensurabile ricompensa; cosa volete ancora, dunque,
di più? Infatti, mi sembra che dovrebbe essere sufficiente che il Signore vi
abbia dato tutto ciò a cui il vostro cuore può aspirare nella sua massima
profondità; così che, una tale impresa, secondo me, assume quasi l'aspetto
dell'ingratitudine, da parte vostra”.
18. L'uomo dice: “Caro amico,
esteriormente ne potrebbe avere l'aspetto, ma non così, secondo il nostro
intimo, poiché, vedi, che faresti al mio posto se tu avessi delle magnificenze
che alla vista appaiono mille volte maggiori delle mie, ma che, con tutto
questo splendore inesprimibile, non ti fosse data la possibilità di vedere,
nell'Esser Suo, il Santo Donatore? Vedi, è più che certo che, per il tuo grande
Amore per il Signore, abbandoneresti tutto, onde rendere possibile, con ciò,
l’avvicinarti sempre più al Signore”.
19. L'ospite risponde: “Cari amici,
questo lo comprendo benissimo, e so anche perché tu mi hai parlato in tal modo;
però, sai tu, con sicurezza se qui tu vedrai il Signore, e quando? Oppure sai
tu se questa è la regione fra quelle, nelle quali il Signore appare
personalmente?”.
20. L'uomo dice: “Stimatissimo amico,
questo non lo so di certo; quello che so, però, è che il Signore ha più caro
quello che è piccolo, piuttosto che quello che è grande; dato che Egli ha
detto: «Lasciate i piccoli venire a Me!».
Perciò, io non ritengo di essere sulla via sbagliata, se mi trovo ora qui,
dinanzi a te, dopo aver abbandonato, per Amore del Signore, tutta la mia magnificenza
ed ho cercato la semplicità e l'umiltà di questa collina”.
21. E il nostro ospite dice: “Bene, mio
caro amico, tu hai risposto giustamente, soltanto a me sembra che questa tua
risposta sia qui fuori luogo; poiché, vedi, il Signore dice ciò soltanto dinanzi
al mondo, dato che Egli dichiara apertamente, come tutte le grandezze umane
siano un orrore dinanzi a Lui; e poi Egli dice pure: «Chi nel mondo è il
minimo, dinanzi a Lui, nei Cieli, è il più grande». Tu ora, però, non sei più
nel mondo, bensì tu sei nel Cielo. Nel mondo tu eri piccolo; infatti tu eri un
povero pastore sulle Alpi; e per questo, il Signore ti ha fatto grande nel
Cielo; perciò, domanda a te stesso, che cos'è quello che tu cerchi ancora!”.
22. E l'uomo risponde: “Caro amico, io
riconosco molto bene che tu, nella Sapienza che ti proviene dal Signore, mi
superi infinitamente; però, so pure che io, nel corso della mia grande
beatitudine, che dura già da lungo tempo, non ho visto il Signore che soltanto
nel Suo Santo Sole di Grazia”.
23. E l'ospite chiede: “E cosa vuoi tu di
più? Non hai tu dunque, mai letto: «Il Signore Iddio Geova dimora nella Luce
inaccessibile?». Dunque, come potresti avvicinarti a Lui, più di quanto ti è
possibile?”.
24. L'uomo risponde: “Sì, caro amico,
questo è vero, però, il Signore Iddio Geova era anche un Uomo sulla Terra, ed
ha, perciò, assunto la nostra natura, ed ha fatto, ai Suoi, la promessa che
essi dimoreranno presso di Lui, eternamente. Non solo, Egli ha detto perfino al
malfattore crocifisso contemporaneamente a Lui: «Oggi tu sarai con Me in Paradiso!». E l'apostolo Paolo, si
rallegrava di andare al Signore. E, così, credo anch'io che, nei Cieli di Dio,
ci debba essere una qualche possibilità d'incontrare il Padre, e contemplarlo
con occhi pieni di beatitudine e con il cuore colmo di tutto l'Amore!”.
25. L'ospite dice: “E va bene, dal
momento che tu credi che quello che il Signore ha detto sulla Terra, sia anche
veramente detto, nella stessa misura, per tutti i Cieli, e ciò, appunto, perché
tutti i Cieli sono fatti dalla Parola che il Signore ha pronunciato sulla
Terra.
26. Ora, però, mio caro amico, viene
qualcosa d'altro. Vedi, laggiù tu eri un signore, nella tua vasta, elevata
proprietà; ed altrettanto lo era tutta la tua compagnia. Qui, invece, voi
dovrete “servire”, e dovrete guadagnarvi il pane e l'altro nutrimento, con il
lavoro delle vostre mani, poiché, come vedi, pure io stesso devo lavorare e
coltivare, qui, il terreno, per ottenere un raccolto, e procurarmi così, il
sostentamento.
27. Il terreno è, a dir vero, molto
benedetto dal Signore, e rende più di un frutto centuplicato rispetto al seme;
ciò non toglie che deve venir diligentemente coltivato, altrimenti il Signore
non fa prosperare la Sua Benedizione. Perciò, voi dovrete, qui, coltivare il
campo e il prato, con ogni sorta di utensili agricoli; poi, dovrete recarvi sul
campo con la falce, tagliare il grano, legarlo in covoni, e portarlo nel
granaio, e liberare il grano dalle spighe. Però, tutto ciò voi dovrete farlo
quali servi, e non come padroni, voi stessi, di qualche fondo. Anzi, nel fare
questi lavori, voi dovrete mettere una grande diligenza, poiché qui ora non si
sopporterà che qualcuno di voi se ne vada bighellonando, con le mani in tasca.
28. Su questo voi dovete riflettere bene;
e se voi troverete che ciò è consigliabile per voi, allora rimanete, poiché
lavoro qui non manca, bensì, spesso, c'è mancanza di lavoratori. Se, però,
queste inderogabili condizioni non vi garbano, voi potete, senz'altro,
ritornare alle vostre magnificenze”.
29. L'uomo dice: “Oh caro amico, non
preoccuparti di ciò; è vero che noi, già da lungo tempo, ci siamo abituati ad
una certa mollezza; tuttavia, non ci siamo disabituati d'un lavoro benedetto,
poiché quello che, più o meno, abbiamo fatto sulla Terra, e, a dir vero, per
amore di noi stessi, noi lo facciamo qui, sicuramente, mille volte più
volentieri, per Amore al Signore, e, da questo Amore, anche per amore per te,
che sei, certamente, un amico di non poco rilievo, del Signore!”.
30. E l'ospite dice: “Dal momento,
dunque, che le cose stanno in questi termini, restate qui!”. L'uomo dice: “Ma
caro amico, noi siamo alcune centinaia; come potrai alloggiarci tutti in questa
modesta casetta?”. L'ospite risponde: “Mio caro amico, non preoccuparti, non
hai tu, dunque, mai udito quello che il Signore ha detto sulla Terra, quale
Uomo? Non ha Egli detto: «Nel Regno del
Padre Mio ci sono parecchie dimore?». Guardate la collina, verso Oriente,
fin dove può giungere il vostro occhio potete vedere quante casette simili a
questa ci sono. In esse, voi tutti potrete trovare posto a sufficienza. Voi
chiedete a chi appartengano tutte queste dimore. Ed Io vi dico che queste
dimore nel loro insieme, appartengono ad un unico Proprietario, ed io voglio,
perciò, condurvi in esse, ed assegnare, a tutti voi, il lavoro da compiere. Voi
chiedete se io sia un rappresentante autorizzato del proprietario di tutte
queste dimore. Miei cari amici, se io non lo fossi, come potrei parlare in tal
modo? E come potrei io giustificarmi di fare, con voi, la volontà di altri, se
io non avessi il diritto di disporre, a seconda del Mio giusto e Amorevole
piacimento?
31. Tu, e tua moglie, voglio tenervi qui
nella Mia dimora, la cara compagnia intendo alloggiarla in tutta Mia vicinanza!
Dunque, uscite, ed annunciate a tutti questa decisione”.
32. E vedete, la coppia esce dalla
casetta, e comunica tutto ciò, con espressione amorevole e lieta, a coloro che
erano in ansiosa attesa, e, guardate, come tutta la compagnia si prostra piena
di gratitudine, e ringrazia il Signore, per aver voluto fare loro, tanto
amorevolmente, la Grazia di trovare qui, servizio ed alloggio.
33. Ora, anche il nostro Ospite esce, e,
guardate come Egli impone su tutti, le Sue Mani, ed indica le dimore che essi
possono occupare.
34. Voi, ora, potete anche vedere come i
componenti della nostra compagnia, dopo l'imposizione delle Mani, hanno subito
dei cambiamenti. Il loro colore bianco si è trasformato in un naturale colore
rosato; ed il loro essere, eccezionalmente delicato, ha assunto una reale
consistenza. Ed ecco così, quale aspetto lieto, vivace e compiaciuto hanno,
ora, mentre, prima, la loro espressione era di una sapiente serietà, piena di
mistero.
35. Guardate, ora essi si dividono, e
vicino ad ogni dimora loro assegnata, gli abitanti li attendono a braccia
aperte.
36. Ora, però, il nostro Ospite rientra
in casa con la coppia di progenitori, e chiede loro: “Miei cari amici, come vi
raffigurate voi il Signore, così da poterlo riconoscere, se dovesse presentarSi
a voi?”.
37. L'uomo dice: “Oh caro amico, che, in
Nome del Signore, ci hai accolto tanto amorevolmente, questa è una domanda,
alla quale è difficile rispondere! Infatti, sulla Terra, nella nostra
religione, non ci siamo mai occupati di dare al Signore una forma umana, bensì
ci siamo curati soltanto della Sua Parola, pensando che, in questo modo, Egli,
comunque, Si sarebbe fatto riconoscere immediatamente; e noi Lo avremmo, oltre
a ciò, riconosciuto dalle Sue Parole. Però, appena ora, mi accorgo che, oltre
alle Sue Parole, anche il vero Amore per il Signore vuole afferrare la Sua
Figura Personale. Soltanto che, a questo riguardo, il nostro amore non ha mai
avuto occasione di soffermarvisi, e perciò, non ha neppure potuto accoglierne
alcunché. Perciò, tu vorrai avere la bontà, anche in questo caso, caro amico,
di descriverci la Figura del Signore”.
38. E l'Ospite dice: “E va bene, dal
momento che voi lo desiderate vivamente, nell'intimo vostro, io vi dico:
«Guardate Me, poiché il Signore, come figura umana, corrisponde alla Mia»”.
39. L'uomo dice: “Ah, caro amico, questo mi
è di grande consolazione e di grande gioia, ed io sono già ultrabeato di
vedere, dinanzi a me, un’immagine tanto perfetta del Signore! Quanto grande
però, sarà la mia beatitudine, quando mi sarà dato di vedere Lo stesso
Signore!”.
40. L'Ospite dice: “In verità, il tuo
Amore per il Signore è diventato grande; rallegrati perciò appieno, poiché,
vedi, Io sono il Signore ed a te è concesso di dimorare presso di Me,
eternamente!”.
41. Ora, però, vedete voi stessi come
tutto è improvvisamente mutato. Della regione orientale non si scorge più
nulla, però la primiera semplicità è rimasta, ed essa è l'unico, vero, eterno
Oriente del Signore! Però, per noi non è ancora giunto il momento di fermarci
qui, bensì, secondo la Volontà del Signore, d'inoltrarci ulteriormente nella
regione del Mezzogiorno. Dunque, continuiamo il nostro viaggio.
[indice]
* * * * *
Il cielo romano-cattolico. Nel
Mezzogiorno più esterno
1. Ora, guardate come il panorama della regione
è già svanito dinanzi ai nostri occhi; non si scorgono più le colline e nemmeno
le casette su queste: noi siamo nel puro Mezzogiorno. Questo lo potete dedurre
dal Sole che si trova allo Zenit, e dalla grande sontuosità di questa regione,
come pure dal fiume che scorre da qui, verso Oriente. Voi chiedete: “Ma caro
amico, come è possibile che, adesso, tutta questa regione del Mattino,
infinitamente grande, sia scomparsa, così completamente, alla nostra vista?”.
2. Cari amici, non comprendete dunque ancora,
che il “Mattino” denota l'Amore operante, mentre il “Mezzogiorno”, la Sapienza
indagatrice? Noi stiamo nuovamente indagando, perciò, siamo sulla via della
Sapienza, cioè, nel “Mezzogiorno”, e per questo, ora, siamo al di là
dell'Amore.
3. Voi certamente chiedete: “Però, noi
anche prima ci trovavamo nel Mezzogiorno, tuttavia, da qui, potevamo scorgere
la regione orientale; allora, perché questo non va più? Non eravamo anche
allora, al di fuori dell'Amore attivo?”.
4. Miei cari amici, veramente noi
eravamo anche prima, nel Mezzogiorno, ma ci trovavamo alla riva del fiume, il
quale indica come l'Amore e la Sapienza si afferrino, e passino alla Vita
eterna. Dunque, noi ci trovavamo, allora, al centro fra l'Amore e la Sapienza,
e, grazie a ciò, noi potevamo anche abbracciare, con lo sguardo, tutte e due le
regioni; però, dato che poi siamo passati realmente nel “Mattino”, da là
potevamo vedere ampiamente nella zona meridionale. E perché ciò? Perché la
Sapienza emerge dall'Amore, e le cose stanno esattamente come quando qualcuno,
che conosce la causa fondamentale, può anche scorgere e riconoscere, con
esattezza, l'effetto di tale causa. Chi, invece, vede soltanto l'effetto,
partendo da questo, ben difficilmente riuscirà a scorgere la causa, a meno che
egli non si ponga proprio nel punto in cui la causa passa nell'effetto. Ora,
però, che avete compreso ciò, inoltriamoci nel più esterno Mezzogiorno, dove
potrete vedere delle cose che potranno toccarvi molto da vicino.
5. Ecco, noi ci troviamo già al giusto
posto, però voi dite: “Caro amico, noi scorgiamo nuovamente, dinanzi a noi, un
mare tanto esteso che non se ne vede la fine, e, nel lontano orizzonte, vediamo
per la prima volta, in questo mondo spirituale, anche delle nuvole salire verso
il cielo, come in una bella giornata sulla Terra. Anzi, ci sembra che, qui, il
Sole non stia esattamente allo Zenit, ma, piuttosto, alquanto dietro a noi,
così che possiamo scorgere già un'ombra dinanzi a noi. Dovremmo, forse,
camminare sulla superficie dell'acqua, anche qui?”
6. Miei cari amici, per quanto riguarda
questo mare, vi dirò che esso è collegato con quello nel quale ci siamo
imbattuti nella regione della Sera, e si estende sempre avanti, infinitamente,
partendo dalla Sera, fra il Mezzogiorno e il Mattino. Ma, proprio qui di fronte,
dove voi scorgete la nuvolaglia, è limitato dalla terraferma, e, al di là, vi è
nuovamente una regione di un’estensione tale che supera di molto i vostri
concetti. Questa regione è chiamata “l'estremo Mezzogiorno”, e là noi ci
recheremo.
7. Voi siete in procinto di chiedere
nuovamente, come andremo al di là del mare. In questo caso, noi faremo il
nostro abituale viaggio rapido. E ora, guardatevi attorno, noi siamo dove
volevamo essere! Ora, tutta l'ampia distesa del mare è già dietro a noi, e, se
alzate gli occhi, constaterete che siamo già sotto le nuvole bianche. Voi, a
questo punto, osserverete certamente: “Caro amico, le nuvole risplendono
magnificamente, ma non c'è più traccia del Sole; dov’è andato a finire?”.
8. Miei cari amici, il Sole c’è anche
qui, anche se è ricoperto dalle nubi, poiché la sua luce è visibile soltanto
rifratta; mentre, il Sole stesso, si mostra molto raramente attraverso le
nuvole. Voi chiedete: “Ma che sorta di regione è questa? Che significa tutto
ciò?”.
9. Vedete, questo è il cosiddetto Cielo
cattolico-romano, nel quale, la maggior parte dei pii cattolici-romani vengono
quando sono vissuti praticando l'amore, e con coscienziosa fedeltà, secondo la
loro Fede. Per conseguenza, questo Cielo è, piuttosto, un “Cielo di prova”, che
non un Cielo vero e proprio. Però, come stiano veramente le cose, a questo
riguardo, lo potremo constatare chiaramente, in seguito, osservandolo più da
vicino.
10. Gettate, ora, uno sguardo più verso
l'interno della zona, e potrete scorgere, in gran numero, le chiese ed i
conventi cattolici, a voi ben noti. Guardate, non lontano da noi, su uno
spiazzo, si trova una chiesa imponente. Andiamo a vedere che vi avviene. Udite
lo scampanellio? Voi dite: “In verità, caro amico, è proprio lo stesso suono
che noi abbiamo, tanto spesso, udito sulla Terra”. Però, ascoltate ancora più
attentamente, e voi percepirete persino il suono d'organo. Voi vorreste sapere
quale funzione venga, ora, celebrata nella chiesa.
11. Io vi dico che noi vi arriveremo
proprio alla prima benedizione. Ecco, noi siamo già all'ingresso della chiesa;
vedete l'altare maggiore, sul quale ardono innumerevoli candele? Ora voi
vedete, pure, come il sacerdote afferra l'ostensorio, e, allo stesso modo come
sulla Terra, impartisce la benedizione ai numerosi presenti. Ora che abbiamo
ricevuto, pure noi, la benedizione, vogliamo assistere anche alla Messa.
12. Guardate, tutta la cerimonia si
svolge esattamente come da voi sulla Terra, e, come potete udire, essa viene
accompagnata fino alla fine, dai soliti cantici e dal suono dell'organo, e,
proprio ora, incomincia la seconda benedizione. Voi chiedete: “Caro amico,
quale santo viene venerato là, sull'altare maggiore? Noi non riusciamo a
distinguere ciò che è raffigurato nel quadro”.
13. Avviciniamoci un po' di più;
guardate, l'immagine è molto chiara, e così pure molto ben dipinta: si tratta
della “Santa Trinità”. In ciò consiste l'unica differenza, che qui, in questo
“Cielo di prova”, sull'altare maggiore, non deve venir esposta nessun'altra
immagine. Sugli altri due altari, cioè, quelli laterali, a destra, il Salvatore
crocifisso, e, a sinistra, sotto forma di colomba, lo Spirito Santo. Neppure su
questi altari laterali devono apparire delle altre immagini. Questo avviene per
Saggia disposizione, affinché coloro che giungono qui, non abbiano ad essere
indotti a continuare la vecchia idolatria, dando, ad uno dei “cosiddetti
santi”, lo stesso onore che dev'essere tributato soltanto a Dio.
14. Questo è il motivo per cui tutti i
cosiddetti santi, insieme ai papi, vengono sempre tenuti lontano da questa
regione; e se anche dei papi arrivassero qui, non devono venir considerati come
tali, bensì come dei semplici e comuni sacerdoti. Però, voi dite: “Caro amico,
allora, come stanno le cose con quel «cosiddetto Cielo», in cui le «Tre Divine Persone»
siedono su una nuvola luminosa; e tutti i beati, insieme agli angeli, pure su
delle nuvole lucenti, stanno in ginocchio intorno a questa Trinità e, così,
vedono ed adorano Dio faccia a faccia?”.
15. Attendete soltanto un poco, cioè,
fino a che questo “ufficio divino” sarà finito. Subito dopo, assisteremo ad una
vera e propria ascesa al Cielo da parte di questi spiriti che sono stati
presenti alla messa. Ecco, il sacerdote annuncia, proprio ora ai suoi fedeli,
che, immediatamente dopo l'ufficio divino, avrà luogo l'“ascensione”. Usciamo
perciò, subito dalla chiesa, ed attendiamo fuori la continuazione della storia.
[indice]
* * * * *
Una processione durante un’apparente
scalata del Cielo
1. Ed ecco, noi siamo già fuori, e gli
spiriti, recanti rami di palma, escono in massa dalla chiesa, e ora, li segue
anche il sacerdote, con indosso i paramenti sacri, e nelle mani l'ostensorio.
Su lui, cioè, sopra il suo capo, poi potete vedere pure un baldacchino portato
da quattro spiriti maschi, biancovestiti; dinanzi a lui si schierano tutti gli
spiriti, seguendo il gonfalone processionale; e ora tutti si mettono in moto,
con tutte le abituali formalità cerimoniali. Non manca neppure il campanello;
un crocifisso precede il baldacchino; e tutta la compagnia intona l'inno a voi
ben noto: “Santo, Santo, Santo, è il Signor nostro Iddio Zebaot”.
2. Guardate, ora la processione ha
raggiunto una piccola altura; là vogliamo raggiungerla. Questa altura è molto ingannevole,
poiché non ha, tanto presto, una fine, come sembrerebbe al primo sguardo.
3. La strada che vi conduce è la vera e
propria “cattolica via del Cielo”. Appena quando si è giunti su questa prima,
visibile altura, se ne scorge una seconda, che porta di nuovo più in alto.
Raggiunta che si abbia anche questa seconda altura, si scopre appena che segue
una terza, e così continua, a seconda dello stato d'animo degli ascensori del
Cielo; dato che, certe volte, ce ne sono di quelli che devono salire più di mille
di queste alture nascoste, prima che possano raggiungere la cosiddetta “regione
celeste delle nuvole”.
4. Non di rado avviene che, in occasione
di una tale ascesa al Cielo, taluni ne abbiano abbastanza, e considerino la via
troppo lunga; allora si rivolgono al sacerdote, e chiedono quanto ancora il
viaggio potrebbe durare. Allora, quale risposta, il sacerdote cita quel passo
della scrittura che dice: «Chi persevera
fino alla fine, diventerà beato». E, dopo questa risposta, il corteo
continua il suo cammino.
5. Dopo una tirata di alcune cinquantine
di alture, si domanda al sacerdote se, data la lunghezza del viaggio, non si
potrebbe un pochino riposare. In questo caso, il sacerdote dà da seguente
risposta: “Pregate senza interruzione!”. Questo, nel mondo spirituale,
significa che là non si deve mai riposare, una volta che si è sulla via del
Cielo; poiché si sa, come cosa certa, che i neghittosi e i tiepidi vengono
sputati fuori dalla bocca di Dio, e non viene loro permesso di entrare nel
Regno dei Caeli. Ragione per cui essi devono raccogliere tutte le loro forze, e
continuare la loro ascesa, fino a che non avranno raggiunto la porta beata del
Regno dei Cieli. In seguito a questo ammonimento, l'ascesa continua.
6. Quando, dopo forse un'altra
cinquantina di alture, lo stesso sacerdote si sente stanco, e tutta la
compagnia non ce la fa più a salire, egli finalmente dice: “Ascoltate, o
pecorelle del mio gregge! Noi, qui, siamo appena a mezza strada; vogliamo,
perciò, dare onore a Dio, e ringraziarLo per averci concesso di raggiungere
questo punto?”.
7. Allora tutti fanno sosta,
s'inginocchiano e ringraziano Dio, secondo l'intenzione del sacerdote, e
precisamente, in primo luogo Dio il Padre, poi Dio il Figlio, e, da ultimo, Dio
lo Spirito Santo.
8. Quando tutta la compagnia, in questo
modo, si è un po' rimessa, il corteo continua la marcia. Dato, però, che il
sacerdote sente nei suoi piedi, che l'ascesa non potrebbe continuare tanto
facilmente, senza le necessarie soste, annuncia fin d'ora, che, al superamento
di ogni futura altura, si pregherà una stazione della “Passione”. Naturalmente,
egli stesso approfitta dell'occasione per riposare; ma quando le dodici, e, in
caso sfavorevole, le quattordici stazioni sono giunte a termine, e le alture
sono sempre più ripide e si susseguono l'una con l'altra, senza alcun cenno a
finire, si ricorre alla recita del “rosario” da suddividersi. Quando, però,
anche tutto il rosario è recitato, e le alture diventano sempre più erte, senza
che se ne veda la fine, tutti si rivolgono al sacerdote, chiedendogli cosa
significhi ciò, dato che, malgrado tutti i suoi suggerimenti, la meta sembra
ancora molto lontana.
9. Allora il sacerdote dice: “Certo,
care pecorelle del mio gregge, qui appena comincia il punto in cui il Regno di
Dio richiede violenza: coloro che se ne impadroniranno con la forza, lo
possederanno!”. Contemporaneamente, però, il sacerdote dispone che, ad ogni
altura superata, si dovrà recitare un Salmo di Davide, e così, il corteo
continua, penosamente, l'ascesa.
10. Però, considerato che il nostro
corteo subisce tutti questi eventi, e ne fa esperienza, lo seguiremo anche noi,
passo passo, fino alla fine, quando il rosario non verrà più recitato.
11. Guardate, la prossima altura è già
molto erta, e richiede parecchio sforzo per salirla. Dopo molta fatica, la
compagnia ha raggiunto la cima. Come vedete, essi si adagiano tutti,
immediatamente, su un piccolo spiazzo piano; e lo stesso sacerdote, levando
dalla tasca un salterio, e poggiando da un lato l'ostensorio, comincia a
leggere il primo Salmo, il più lentamente possibile, per guadagnare a sé ed a
tutta la compagnia, una sosta con un riposo più lungo.
12. Ora, egli ha finito di leggere il
primo Salmo; prende nuovamente l'ostensorio, ma, tuttavia, dice ai quattro
portatori del baldacchino, dato che il Cielo è comunque vicino, che è cosa
ragionevole che essi abbandonino sul posto quel piccolo “cielo” d'onore.
13. Dopo questa disposizione, tutti si
rialzano, e, come vedete, incominciano subito a salire faticosamente l'erta
salita. Come potete constatare, questa ascesa si compie anche con le mani, ed
al nostro sacerdote non va tanto bene, come al portabandiera ed al portatore
del Crocifisso. Così, che il sacerdote si fa tirare su, bene o male, da alcuni
arrampicatori che lo precedono, mentre i portatori del gonfalone e del
Crocifisso usano le loro celesti insegne, al posto dei bastoni da montagna.
14. Ora, con grande fatica e sforzo, un
altro ripiano sarebbe stato raggiunto, ma la superficie piana, questa volta, è
appena tanto grande, che la nostra compagnia vi trova soltanto uno spazio molto
ristretto per riposarsi. Dunque, essi si sono nuovamente accampati, e il
sacerdote incomincia la lettura del secondo Salmo. Però, come vedete, anche lui
viene preso dall'angoscia, poiché, innanzi tutto, egli scorge, dinanzi a sé,
un'altra altura ancora più ripida, e, se guarda verso il basso, lo prendono le
vertigini.
15. Che cosa deve fare ora? Egli viene
tempestato di domande in proposito, da parte degli ascensionisti al Cielo, e
gli si chiede dove siano i gradini che portano a questo. Il sacerdote così
risponde: “Io credo che questi potenti ripiani montuosi siano i gradini, e voi
stessi state facendo qui l'esperienza, quanto puri d'ogni sorta di peccati si
dev’essere, affinché non si venga aggravati su questi possenti gradini del Cielo”.
Poi continua: “Qui, noi, dovremo separarci, poiché potrebbe essere che, sul
prossimo ripiano, non si trovi posto sufficiente per tutti: dato che lo spazio
piano, fra altura e altura, sembra diventare sempre più stretto, così che non
sarebbe possibile riposarvi tutti insieme, cantando le lodi al Signore, ed alla
divina Trinità. Perciò, vadano avanti i più intrepidi fra voi, e si riposino
fino a tanto che vedranno che noi qui ci alziamo, e poi salgano il prossimo
gradino, nel caso che dovessero trovarne ancora uno”.
16. E, come potete vedere, cioè, con
l'occhio del vostro spirito, metà della compagnia si alza, e sale su di
un'altura molto erta, servendosi delle mani e dei piedi. Alcuni raggiungono la
sommità, ma altri, meno robusti, scivolano nuovamente giù. Il sacerdote chiede
a coloro che sono già sopra, se vi sia ancora un'altra altura. Ed essi, quale
risposta, gridano: “Vittoria! Non ci sono più alture! Noi ci troviamo già al
principio di una vasta pianura, e, in grande lontananza, dinanzi a noi,
scorgiamo già le nubi celesti, e, nel mezzo, una luce fortissima, che, però,
non possiamo ancora distinguere a che cosa sia dovuta!”.
17. Guardate ora, tutti coloro che si
trovano nel gradino inferiore, si alzano, raccolgono le proprie forze; il
sacerdote si lega l'ostensorio sulla schiena, e sale pure lui, come meglio può,
con le mani e con i piedi.
18. Finalmente, con molta fatica e grandi
sforzi, tutti si sono arrampicati su quest'ultima altura; lodano ora il
sacerdote dicendo: “Questa è una prova sicura che nessuno, senza una tale guida
spirituale, può raggiungere il Cielo!”. Il sacerdote, però, dice: “Miei cari
figlioli, certamente ciò è vero, poiché è Iddio stesso che così ha comandato.
Però, non a me, bensì soltanto a Dio compete l'Onore! Infatti, se io giudico
me, retrospettivamente, devo ammettere che io vi ho portati fin qui, piuttosto
con qualcosa che somiglia ad un inganno, che non ad una mia conoscenza. Dato,
però, che il Signore stesso ha raccomandato ai Suoi apostoli di usare
l'astuzia, io sono giustificato dinanzi a voi, e la riuscita del mio modo di
guidarvi, vi dimostra, ora, che io vi ho guidato giustamente e fedelmente;
secondo la dottrina della nostra Chiesa, l’«Unica Beatificante»”. E il
sacerdote così continua: “Rimettiamoci, perciò, nell'ordine iniziale, e
procediamo verso la meta!”.
19. E ora vedete, il corteo, rinvigorito,
incomincia a muoversi sul vasto altopiano, e, come potete osservare, con
velocità sempre crescente. Le nuvole celesti ci sono sempre più vicine, anzi,
come vedete, noi vi siamo già proprio al di sotto. Ed ecco, qui si scorge un
alto muro, dove c'è una porta d'oro che serve d'ingresso; soltanto che questa,
ora, è chiusa. Il sacerdote vi si avvicina e dice: “Miei cari figlioli, noi
abbiamo pregato, e ci è stato dato; abbiamo cercato, ed abbiamo trovato. Ora
siamo giunti al momento di picchiare, perciò, è il Crocifisso che deve,
anzitutto, picchiare al Crocifisso, e per tre volte, in Nome del Padre, del
Figlio e dello Spirito Santo; e la porta, certamente, verrà aperta”.
20. E ora, guardate, tutto avviene
secondo le parole del sacerdote, poiché, effettivamente, al terzo colpo, la
porta si apre, e, come potete vedere, appaiono Pietro e l'Arcangelo Michele, i
quali esaminano la nostra compagnia, e poi la lasciano entrare, tutta insieme,
in Cielo. Soltanto, sono stati omessi, qui, certi attributi di Pietro e
dell'Arcangelo Michele, affinché potesse venir spenta, per lo meno, la prima
scintilla, a dir vero, molto materiale, di coloro che stavano entrando in
Cielo.
21. Voi vorreste sapere, se si tratta
veramente di Pietro e dell'Arcangelo Michele. Ebbene, vi dico che tutto ciò è
soltanto apparenza, che viene eseguita, nel Nome del Signore, dagli spiriti
angelici. Nello stesso modo è pure formato tutto il Cielo; e così deve anche
essere, dato che, altrimenti, non sarebbe possibile aiutare questi spiriti che
si sono basati su qualcosa di erroneo e falso.
22. Però, ognuno trova anche il mondo
spirituale e il Cielo, così come egli, nella sua fede, se l'è creato
“fondamentalmente” nello spirito; ad eccezione del solo Purgatorio, che il
Signore non permette, perché, per mezzo di questo, potrebbe derivare il più
grande danno per gli spiriti se essi, in una tale condizione, anziché al
Signore si rivolgessero ancora più energicamente ai santi, ricorrendo anche
all'ausilio delle messe mondane, tutte cose queste che con il tempo
ucciderebbero completamente lo spirito. Infatti, lo spirito, a questo riguardo,
rinunzierebbe completamente alla propria attività e, per la sua beatitudine,
farebbe ricorso esclusivamente alla Misericordia diretta o mediata di Dio; ciò
che, con altre parole, significa commettere su se stesso un assassinio
spirituale!
23. A questo punto, voi chiedete: “E come
mai?”. Questo è facilmente comprensibile, poiché la vita dello spirito consiste
soltanto e unicamente nel suo Amore e dall'attività che da questo deriva.
24. Che cosa succede di colui che, nel
mondo, ha rinunciato ad ogni attività? Egli alla fine perde ogni forza ed
energia e diventa tanto debole da ridursi in una completa miseria, e come
l'esperienza del mondo insegna, nel maggior numero dei casi, porta al suicidio.
Perciò, nel mondo spirituale ugualmente sarebbe un suicidio spirituale, perché
tali sofferenti, non vedendosi aiutati e liberati con l'invocazione dei santi,
perderebbero completamente la fede e si abbandonerebbero totalmente alla
disperazione, ciò che appunto è una vera e propria morte dello spirito.
25. Perché? Perché la disperazione nello
spirito significa un completo e violento distacco dal Signore. Per questa
ragione, un tale stato di cose non è permesso nemmeno nell'Inferno. Quando là,
il male si fa troppo attivo, il Signore fa anche in modo che la cattiveria
venga sanzionata, e ciò, certamente, nel modo più sensibile; però, quando, in
seguito a ciò, il male cessa, allora, anche la sanzione viene tolta.
26. Dunque, per quello che riguarda
questo Cielo (cattolico), esso non è affatto d'ostacolo alla vita dello spirito
e può essere considerato, qui, quale una buona scuola vivente, nella quale gli
spiriti cominciano a riconoscere il vero Cielo. In quale modo, però, ciò
avvenga in questo nostro Cielo (cattolico), lo scorgeremo la prossima volta, in
spirito, il più profondamente possibile, e con ciò, per oggi, chiudiamo.
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* * * * *
Alla tavola di Abramo nella contemplazione
della santa Trinità
1. Dato che la nostra compagnia è stata
fatta entrare, approfittiamo noi pure di oltrepassare questa soglia. A questo
scopo Pietro e Michele hanno lasciato la porta aperta, poiché essi sanno
benissimo ciò che noi abbiamo da fare qui.
2. Voi conoscete le varie immagini ed
idee del Cielo, che sono specialmente presso la Chiesa cattolica. Se voi non ne
doveste essere pienamente a conoscenza, qui, ne verrete, effettivamente, molto
ben informati. Guardate dinanzi a voi, poiché camminate dietro alla nostra
numerosa compagnia, noi stiamo per assistere alla prima scena.
3. Cosa vedete non lontano da voi? Voi
dite: “Noi scorgiamo un sontuoso e splendido palazzo, e, sopra di questo, si
può leggere una scritta formata da chiare nuvolette raggruppate; e, se noi
vediamo bene, in esse noi leggiamo: «Dimora di Abramo»”.
4. Bene dico io, che cosa vedete ancora?
Voi dite: “Noi scorgiamo, intorno a tale grande edificio, un giardino
straordinariamente ampio, che sembra avere inizio già a pochi passi davanti a
noi”. Che cosa vedete ancora? Voi dite:
5. “E' veramente meraviglioso, noi
vediamo un tavolo tanto lungo che sembra non avere una fine; é ben fornito di
cibi squisiti, e poi, un gran numero di ospiti ha già preso posto ad ambedue i
lati, e si servono molto alacremente. Vediamo anche innumerevoli esseri
indaffarati, che servono tali ospiti, zelantemente. Infine scorgiamo che alcuni
ospiti stanno animatamente discorrendo con questi spiriti addetti al servizio”.
6. Ed io vi dico che voi vedete
giustamente, perciò entriamo anche noi nel giardino, senza indugio, seguendo la
nostra compagnia che si sta già avviando lungo il tavolo, così da poter fare le
nostre considerazioni.
7. Vedete, Pietro e Michele indicano i
posti ai componenti della nostra compagnia, dicendo loro: “Sedete, dunque, nel
Regno dei Cieli, alla mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe, e gustate, in
soprannaturale pienezza, i frutti delle vostre opere terrene, che voi avete
compiuto sempre indefessamente, per Amore del Cielo, ed in Amore a Dio”. Guardate
ora come la nostra compagnia si siede al tavolo, con facce esprimenti
gratitudine ed alta beatitudine, servendosi subito ed alacremente di cibi e
bevande. Lasciamo che questa si sazi indisturbata e di lieto animo, e noi
passiamo avanti.
8. Guardate laggiù, dove si scorge a
malapena la fine di questa tavola; siedono, circondati da grande gloria,
Abramo, Isacco e Giacobbe, e qui, dinanzi a voi, c’è un ospite che discorre con
uno dei servitori celesti. Di che cosa possono parlare? Avviciniamoci ancora un
poco, e così potremo subito conoscere il tenore del discorso.
9. Ascoltate, proprio ora, un ospite
sazio fino alla nausea, il quale, secondo il computo del vostro tempo, già da
quattro settimane si trova a tavola, mangiando in continuazione, chiede al
servitore: “Caro amico, quanto tempo ancora, durerà questo splendido
banchetto?”. E il servitore a sua volta, chiede all'ospite: “Amato amico del
cuor mio, perché me lo chiedi?”. L'ospite, alquanto imbarazzato, risponde:
“Caro amico, non ti farei questa domanda se io fossi ancora sulla Terra, poiché
anch'io sarei dell'opinione, che, con una tale domanda, commetterei un peccato.
Però, dato che io, ora, sono in Cielo, dove nessuno può più peccare, così mi
permetto di farti questa domanda.
10. La vera ragione della mia domanda,
però, è questa: «Vedi
- ed a Dio sia eternamente ogni lode ed onore - il trovarsi qui è in verità
indescrivibilmente splendido, ed i cibi e le bevande sono indubbiamente e
celestialmente buoni. Ciò nulla meno, io ti devo confessare che questa costante
monotonia incomincia a stancarmi»; ecco perché t’ho chiesto quanto a
lungo si debba ancora restare a tavola”.
11. E il servitore dice: “Oh caro amico,
non hai dunque udito mai, sulla Terra, che le gioie celesti sono di durata
eterna? Come puoi tu, dunque, chiedermi quanto a lungo durerà questo banchetto?
Vedi, esso dura per l'eternità!”.
12. E vedete, a queste parole, l'ospite
si spaventa, e chiede al servitore: “Questo lo comprendo; però, sulla Terra, io
ho anche udito parlare di un’eterna contemplazione di Dio. Io vedo bensì,
laggiù, Abramo, Isacco e Giacobbe; però, di Dio Padre, di Dio Figlio e di Dio
Spirito Santo, non scorgo nessuna traccia in nessun luogo”.
13. E il servitore risponde: “Ma mio caro
amico, supponi che la divinità Trina debba sedere sul tuo naso? Guarda laggiù,
al di sopra dei tre patriarchi, e scorgerai, ben presto, Iddio nella Sua
Trinità, nella Luce inaccessibile. Poiché tu avrai molto spesso udito parlare
sulla Terra, che Iddio dimora bensì nel Cielo, e tutti i beati possono
scorgerLo faccia a faccia, cioè dalla faccia del Padre fino a quella dello
Spirito Santo. Però, di per Se stessa, la divina Trinità dimora nella Luce
inaccessibile! Dunque, caro amico, vuoi tu dunque un Cielo ancora più
perfetto?”.
14. E il nostro ospite dice: “Oh caro
amico, neanche per idea, io sono completamente contento, ma se almeno potessi,
al par di te, fare un po' il servitore, soltanto per potermi muovere un poco,
oppure se fosse permesso di andare a fare un giretto, di tanto in tanto, in
questo grande giardino, tanto bello, che, allora, questa celeste beatitudine,
verrebbe considerevolmente aumentata!”.
15. Il servitore dice: “Caro fratello,
che devo udire dalla tua bocca? Il tuo desiderio suona come un malcontento di
ciò che Iddio ti ha assegnato nel Cielo. Tu parli di far moto e di passeggiare
in questo giardino; non hai sempre pregato tu stesso: «Signore dà loro l'eterno
riposo e l'eterna pace?». Non hai tu, qui, un riposo ed una pace eterna? Quale
moto pretendi tu, di fare qui?”.
16. L'ospite è molto imbarazzato, e alla
fine, così dice al servitore: “Caro amico, io riconosco che tutto ciò è giusto,
e che qui, il Regno dei Cieli, in verità, si esprime proprio letteralmente; ed
io vedo pure che, in seguito alla Verità detta per l'eternità, non può essere
altrimenti. Se, d'altra parte, rifletto, che dovrò star seduto in questo posto,
eternamente, in verità, mi sento gelare, ed inoltre ti devo confessare
apertamente, che, di fronte ad una tale prospettiva di beatitudine e gioia
celesti, io, quale misero campagnolo sulla Terra, ero molto più felice là, che
non qui, con questa eterna vista del Cielo! Dal momento però, che in Cielo ci
sono già, io ne faccio offerta a Dio. Soltanto una cosa è buona qui, che non si
può peccare”.
17. Il servitore dice: “Comunque, io vedo
che tu, con il Cielo, sei insoddisfatto; che cosa devo, allora, fare con te?
Per te non può venir scompigliato l'ordine suo celeste!”.
18. E l'ospite dice: “Caro amico, io ho
udito una volta sulla Terra, ed ho visto delle immagini dipinte, in cui i beati
stavano in ginocchio sulle nuvole, da dove, immobili, contemplavano Iddio.
Però, qui, c'è soltanto un giardino, dove sono dunque le nuvole?”. Il servitore
risponde: “Mio caro amico, osserva il terreno un po' più attentamente, e ti
sincererai ben presto, quanto leggera sia la base su cui ci troviamo; pensi
forse che si tratti di un suolo terrestre? Guarda un po' qui; io smuoverò un
poco il terreno con la mano, e ti convincerai immediatamente, che noi tutti ci
troviamo sulle «nuvole celesti»”.
19. Guardate: il servitore spinge da
parte un po' d'erba, e il nostro ospite scorge, con non poca sorpresa, che la
base, effettivamente, altro non è, se non una leggera nuvola; e, dopo questa
constatazione, si rivolge subito al servitore, e fa la seguente domanda: “Mio
caro amico, se il suolo è tanto inconsistente, non sarebbe possibile che
qualcuno, in seguito ad un movimento impulsivo ed inconsiderato, potesse cadere
fuori della nuvola? E, in un simile caso, dove andrebbero a finire? Non si
trova forse il Purgatorio, qui sotto di noi?”.
20. Il servitore dice: “Caro amico, di
ciò non devi avere alcun timore, poiché, ora, tu sei uno spirito molto leggero,
e questo suolo è, per te, altrettanto solido, quanto a suo tempo era il suolo
terrestre, per il tuo sostegno”.
21. E l'ospite continua: “Caro amico,
permettimi ancora una domanda: «Questo suolo è così solido, soltanto qui, in
vicinanza di questo tavolo, oppure ha la stessa resistenza dappertutto?»”. E il
servitore chiede: “Caro amico, perché domandi cose che non ti riguardano? Qui,
dove tu godi della tua beatitudine, vedi bene che il suolo è sufficientemente
solido per tutta l'eternità. Per quanto riguarda il vasto giardino, comunque,
tu non hai d'andarci; perciò, che t'importa della solidità del suo suolo? Dal
momento, però, che m’hai fatto questa domanda, io voglio risponderti che il
suolo del giardino ha, dappertutto, la stessa saldezza; altrimenti, non
reggerebbe neppure noi che dobbiamo raccogliere e portare qui,
ininterrottamente, frutti in abbondanza, per quest’eterna mensa”.
22. L'ospite si dichiara finalmente
soddisfatto, e il servitore sta per allontanarsi; ma all'ospite viene una nuova
idea, e prega il servitore d’essere così buono d’ascoltarlo, e dice: “Caro
amico, dal momento che abbiamo già discusso su parecchi argomenti, vorrei chiederti
ancora una cosa, però, confidenzialmente fra noi, e precisamente: «Che cosa
potrebbe succedere qui, a qualcuno che, stanco dal non far niente, tuttavia, si
alzasse, e volesse fare un po' di moto su questi magnifici prati?»”.
23. Il servitore risponde: “A te non
succederebbe proprio nulla, però, tu sai che Iddio non vedrebbe volentieri che
uno spirito beato fosse malcontento delle Sue disposizioni. Perciò, quello che
da questo punto di vista ti potrebbe accadere, io proprio non saprei
spiegartelo. Una cosa tuttavia è certa, cioè che il tuo posto libero verrebbe
immediatamente occupato da qualcun altro; perciò, poi, tu dovresti sedere più
lontano. Del resto, però, a quanto vedo, durante tutto il nostro lungo
colloquio, non hai rivolto neppure una volta lo sguardo alla Trinità,
nonostante sia scritto di tenere lo sguardo immobile su Dio!”.
24. L'ospite dice: “Caro amico, questo è
tutto giusto e vero, però, vedi, tutto l'essere mio anela fortemente ad una
maggiore libertà e, se possibile, anche a qualche attività. Poi, in Nome di
Dio, io devo dirti che, come stanno le cose ora, io non resisto più neppure un
attimo, figurati per l'eternità!”.
25. Vedete, il nostro ospite si alza e
corre via a tutta velocità; e, nel suo esempio, trova degli imitatori. I
servitori li rincorrono, e quando li avranno raggiunti, li raggiungeremo anche
noi, per fare delle ulteriori considerazioni, e vedere quale sarà la piega che
prenderà questa storia; e, con ciò, per oggi basta.
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* * * * *
Insostenibilità di questa idea
materiale del Cielo
1. Ed ecco, abbiamo già raggiunto i
servitori; guardate un po' più avanti; i fuggitivi sono giunti ai confini del
grande giardino. Esso è circondato da un muro trasparente, il quale, come voi
potete sincerarvi dal punto di vista dell'apparenza, costituisce un
bell’ornamento per il giardino; ma si scorge pure, attraverso a questo, al di
fuori, uno spaventoso abisso. I nostri ospiti, dopo la loro fuga, potrebbero
fare un altro tentativo, cioè di scavalcare il muro, dato che non è molto alto,
però, questo inconveniente, a noi già noto, impedisce loro di tentare
l'impresa. Infatti, noi vediamo, ora, l'intero gruppo, fermo davanti al muro,
completamente sconcertato, e nessuno sa che decisione prendere. Però, proprio in
questo momento, parecchi servitori si avvicinano loro, ed il capo così li
interpella: “Cosa mai avete fatto?”. Essi rispondono: “Perdonateci, cari amici,
non abbiamo fatto altro se non quello che sentivamo in noi, quale una vera e
propria necessità di vita, e, proprio in seguito a questo nostro intimo
bisogno, di evadere da questo Cielo poco convincente”.
2. Il capo dei servitori dice: “Io vedo
bene che lo stare seduti a lungo, e il continuo mangiare, come pure la monotona
contemplazione della vostra divina Trinità, devono aver cominciato con
l'annoiarvi; ma se voi riandate, con il pensiero, alla vostra terrena
esistenza, in verità, dovete riconoscere che, fino alla vostra ultima ora, non
avete pregato che per «l'eterno riposo» e per «una luce eternamente splendente»,
ed anche di venir «saziati alla mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe, nel Regno
dei Cieli». E là, di vedere Dio, faccia a faccia, il Quale dimora nella Sua
Luce, eternamente inaccessibile. Se per voi, ora, tutto ciò si è realizzato
fedelmente, come mai potete trovarLo poco convincente ed ingiusto?”.
3. L'ospite interlocutore ribatte: “Caro
amico! Io voglio parlare in nome di tutta la compagnia, ti prego, perciò, di
volermi pazientemente ascoltare! Noi, sulla Terra, credevamo fermamente e senza
il minimo dubbio, a quello che la nostra chiesa ci esponeva, e, così facendo,
pensavamo: «Se noi viviamo lealmente e rigidamente secondo l'insegnamento di
questa, attivi nella fede, resa vivente dall'Amore, non vi può essere errore in
noi; poiché ci è stato predicato che questa Chiesa non può ingannarci, né
sbagliare, dato che è in pieno possesso dello Spirito Santo». E vedi, ora,
abbiamo anche raggiunto, esattamente, ciò che la Chiesa ci ha insegnato e ciò
che noi abbiamo anche creduto fermamente.
4. Soltanto che, disgraziatamente, con
il raggiungimento di tutto quello in cui avevamo creduto, si è accesa una luce
molto differente; e, in seguito a ciò, ci è venuto il sospetto che questo non
possa essere il vero Cielo, ma che, in qualche luogo, dovrebbe trovarsi quello
veramente vero, mentre questo è soltanto una vera e propria prigionia. A che
cosa serve una mensa eternamente ben fornita; a che cosa l'eterna
contemplazione delle tre divine Persone, se tutto ciò non è soggetto ad alcun
piacevole cambiamento? E poi, permettimi, caro amico, l'eterno star seduti!
Soltanto con il pensare ad una cosa simile, con il tempo, può spingere alla
disperazione qualunque spirito, per quanto timido e sottomesso possa essere!
5. Certamente, noi dobbiamo ammettere
che lo star seduti a lungo, non procura, qui, nessun dolore, come è il caso,
invece, sulla Terra. Non è neppure spiacevole trovarsi continuamente in bella e
pia compagnia; anche l'occhio viene sempre, gradevolmente emozionato dalla
vista divina della divina Trinità. I cibi e le bevande sono tanto squisiti, che
non stancano né il palato né lo stomaco; oltre a ciò, di tanto in tanto, si
odono dei canti soavi, che partono dalla grande compagnia che occupa la tavola,
e che sfiorano l'orecchio, rallegrandolo.
6. Vedi, tutto ciò sarebbe in perfetto
ordine; ma, in aggiunta, c'è di mezzo la spaventosa eternità; così che, se
anche tu possiedi un vivo e vero sentimento umano, devi sentirti inorridire,
dato che la vita è una forza libera e movimentata. Questa forza la sentiamo in
noi e, malgrado questa vivente percezione, dovremmo stare relegati a questa
tavola, per l'eternità? Non sarebbe ciò, una palese contraddizione con il
concetto della vera vita?
7. Infine, io devo ancora aggiungere
un’esperienza da me fatta, sulla Terra, e credo che tu potrai rilevare
facilmente, da tale paragone, quanto sia innaturale questo Cielo, con riguardo
all'umano modo di sentire. Quando io, sulla Terra, ero ancora un uomo pieno di
vita, sui trent'anni, e scapolo, una volta m'incontrai, casualmente, con una
ragazza. Essa mi sembrò di una bellezza talmente celestiale, che io nel mio
cuore dissi: «Mio Dio e mio Signore, se tu farai in modo che questa ragazza
diventi mia moglie, allora io sarei più felice che se Tu mi aprissi subito le
porte del Cielo!». Ed io stesso, nel mio cuore, avevo pure giurato, dicendo:
«Questo angelo celeste deve diventare mia moglie!». Dopo questo giuramento, io
ricorsi a tutti i mezzi possibili perché ciò si avverasse. Questo mi costò
molta fatica e impegno; ma, quanto più dovevo combattere per far mio questo
angelo terrestre, tanto più beato io mi raffiguravo il suo possesso, nel mio
intimo sentire. Anzi, la mia sentimentale fantasia andava tanto oltre, che,
seriamente, mi immaginavo se quell'angelo femminile stesse eternamente dinanzi
a me, e che io potessi soltanto contemplarlo continuamente dalla testa ai
piedi, non me ne sarei saziato per tutta l'eternità!
8. E vedi, dopo una lotta durata due
anni, quella donna-angelo divenne, realmente, mia moglie. In verità, nel primo
tempo, non potevo nemmeno ragionevolmente credere, che io fossi sul serio,
quell'uomo felice, che poteva dire, con pieno diritto, a quell'angelo: «Mia
cara moglie!». Infatti, io ero troppo felice; ma, vedi, dopo circa due anni,
quest'angelo diventò, per me, qualcosa di talmente abituale, che, non di rado,
mi costava considerevole sacrificio, restare in casa presso di lei, se non
altro per buona creanza e per punto d'onore. Da principio ero, nel mio intimo,
tanto geloso, che sarei montato in collera perfino se un vero angelo del Cielo
avesse osato avvicinarsi al mio supercelestiale ideale. Dopo due anni invece -
a te lo devo dire sinceramente a mia propria vergogna - ero molto lieto quando,
talvolta, il mio ideale del cielo riceveva qualche visita, poiché, con ciò,
guadagnavo un po' di tempo per andare a passeggiare all'aperto, nella divina e
libera natura.
9. E vedi, già allora pensavo fra me:
«Mio Dio e Mio Signore, se, a suo tempo, dovesse accadere qualcosa di simile
anche con il Cielo, ciò non corrisponderebbe affatto alla necessità dell'uomo».
Tuttavia, pensavo quale risposta: «Se anche il Cielo dovesse essere un’eterna
monotonia; Iddio modulerà il sentire dello spirito immortale, così che tale
monotonia offrirà, tuttavia, nello spirito stesso, un’eterna inesprimibile
delizia». E ora, io ho assaggiato anche il vero Cielo, e, devo dirti che non mi
va affatto meglio; anzi, considerevolmente più male di come mi sia andata con
il mio cielo terreno. Se il Signore non toglie da me questo fatale senso di
noia, a causa della prolungata vista della stessa uniformità, mi sarebbe molto
più gradito se mi facesse ritornare sulla Terra, magari come un eterno
taglialegna, poiché, caro amico, sia detto una volta ancora, il senso che desta
l'eterna durata di tutto quello che qui si gode, o, veramente si vede, senza il
minimo mutamento, è qualcosa di spaventoso!
10. Ora, giudica tu, sulla base di questo
discorso resosi necessario, e fa con noi quello che tu vuoi. Però, alla mensa,
io non mi lascio più ricondurre, qualunque cosa tu faccia; piuttosto, svolazzerò
eternamente, in questo giardino e, quando avrò fame, coglierò io stesso, dagli
alberi, di che saziarmi; ma, come detto, alla mensa non voglio più tornarvi!
11. Io devo anche dirti che i ricordi
della vita attiva sulla Terra, mi procurano, qui, ancora un piacere molto
maggiore, che non tutta la tavola celeste, ad eccezione, ben s'intende, della
contemplazione della divina Trinità, sul che, veramente, ci sarebbe di certo,
qualcosa da dire. Però, si tratta di cosa troppo sacra, e noi non siamo degni
di esprimerci maggiormente al riguardo; perciò, giudica soltanto quanto ti ho
detto finora, ed agisci in conformità!”.
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* * * * *
La vera Trinità. Il peccato contro lo
Spirito Santo
1. Il capo dei servitori dice: “Mio caro
amico, io comprendo benissimo quello che tu intendi dirmi; soltanto io non
afferro perché tu, durante la tua vita fisica, non ti sia fatto del Cielo, una
diversa raffigurazione, e tuttavia leggevi, non di rado, l'epistola di S.
Paolo. Dimmi un po', che cosa pensavi, quando leggevi: «Come l'albero cade, così egli giace!»? Ora ti stringi nelle spalle,
e non sai che cosa potresti rispondere. Io però ti dico che l'albero indica
propria la tua fede, e, con altre parole, non dice altro, se non che: «Come tu
credi, così ti succederà!». Infatti, come è la fede, così è anche
riconoscimento; come è il riconoscimento, così è anche l'incitamento
all'attività che dal riconoscimento deriva. E come è l'incitamento
all'attività, così è anche l'Amore, il quale, però, è la Vita vera e propria
dello Spirito.
2. Vedi, voi tutti avete creduto in un
Cielo, così come ora si presenta a voi, ed operaste rettamente, sulla base di
tale credenza, per raggiungere questo Cielo, e come l'albero, dopo il compimento
della vita terrena, è caduto nella vita spirituale, così anche esso giace. Io
non posso assolutamente darvi un altro Cielo, diverso da quello che vi siete
dati da voi stessi, poiché nelle Scritture è detto: «Il Regno di Dio non si presenta con sfarzo esteriore, bensì esso è
dentro di voi!». Dunque, anche questo Cielo, così come si presenta, è un
prodotto della vostra fede, che ha la base nel vostro intimo. Che volete farci
ora? Potreste voi espellere, dal vostro interno, la vostra fede?
3. Potete voi, forse, diventare perfino
luterani, oppure dei puri Evangelici? L'ospite risponde: “Caro amico! Da ciò ci
preservi la Santa Trinità, dato che un simile passo potrebbe portarci perfino
all'Inferno!”.
4. E il capo servitore dice: “Certo,
certo, ma ora che decisione avete preso, date le circostanze, non vi resta
altro che mantenervi nel più completo riposo per tutta l'eternità dei tempi!”.
5. E l'ospite dice: “Caro amico, come
sarebbe, se noi ritornassimo nel luogo dove siamo giunti subito dopo la nostra
morte terrena? A me sarebbe molto più gradito, e sarei pronto a fare quello che
mi venisse comandato. Per farla breve, per un frugale vitto, io sarei disposto
ad eseguire qualsiasi genere di lavoro a vantaggio altrui, e ciò sarebbe, per
me, così come io sento, infinitamente più piacevole, che lo stare seduto qui,
per l'eternità”.
6. E il servitore dice: “Già, già, mio
caro amico, questo lo comprendo altrettanto bene quanto tu; soltanto che non
riesco a spiegarmi, come del resto ti ho già accennato prima, perché tu, sulla
Terra, non sia giunto ad una migliore raffigurazione del Cielo; e questo tanto
più che tu, non di rado, ti annoiavi terribilmente, assistendo ad una messa
tirata troppo in lungo ed attendevi ansiosamente l'«Ita missa est»”.
7. L'ospite dice: “Oh caro amico, ti
confesso che l'hai azzeccata giusta! Infatti, molto spesso mi è andata così, e,
tale errore, io l'ho sempre anche confessato, ma non me ne potevo liberare. Il
sacerdote mi ha spiegato che si trattava dell'opera maligna del demonio; ed io mi
sforzavo con grande abnegazione di immaginarmi il sacrificio della messa come
la cosa il più piacevole possibile, ma purtroppo ogni fatica era vana. Io
recitavo bensì, tutte le mie preghiere, da un buon messale, e, durante la
messa, procuravo di concentrarmi in meditazione il più possibile; ma non ho
potuto mai spingere le cose al punto da provare rincrescimento quando la messa
era giunta alla fine; anzi, segretamente, io ero sempre lieto quando era
arrivato il momento di uscire dalla Chiesa. Nelle giornate estive, quando non
faceva troppo caldo e qualche buon coro accompagnava la messa, poteva anche
andare, ma durante l'inverno, caro amico, te lo assicuro sinceramente, io
consideravo tale funzione come una specie di Purgatorio, per espiare i peccati;
ma in nessun caso, quale un gradino del Cielo. Però, che io mi raffigurassi,
allora sulla Terra, una simile monotonia come sopportabile - e lo stesso dicasi
per la monotonia del Cielo, nel quale credevo come ci veniva insegnato - doveva
avere la sua ragione per il fatto che io vivevo nel mondo, e che questo mi
offriva ogni tipo di fatti ed eventi, in modo tale che il mio stato veniva
continuamente mutato.
8. Però, qui, dove ogni mutamento è
cessato di colpo, dove la notte non c'è e non c'è neppure nulla da fare in un
eterno oziare, con una vista costantemente la stessa; si viene a perdere il
gusto di assaporare la vita. Dunque, ti prego, parla tu con Abramo, Isacco e
Giacobbe, affinché essi ci diano qualcosa da fare; oppure, come già accennato
prima, ci permettano di andare giù, nella zona inferiore, dove, forse troveremo
qualcosa di cui occuparci; poiché qui, a queste condizioni, noi non possiamo
resistere”.
9. Il servitore capo dice: “Ma cosa mai
pretendi tu? Che vuoi fare tu, qui? E che cosa, laggiù? Voi non avete detto e
creduto già sulla Terra: «Il Signore Iddio Zebaot è un Dio Onnipotente e non
abbisogna dei servizi degli uomini?». Soltanto sulla Terra Egli permette di
lavorare, affinché possano conquistarsi il Cielo. Poiché, nel Suo Regno, ha poi
fine ogni lavoro. Vedi, anche in questo voi credevate; dunque, che cosa vuoi
fare tu qui, accanto all'Onnipotenza divina?”.
10. L'ospite dice: “Oh caro amico,
credimi! Ora riconosco il mio grande errore, e ti confesso apertamente, che noi
tutti, qui, ci troviamo letteralmente in un Cielo di punizione; poiché , in
seguito a questa tua domanda, le mie idee si sono schiarite. Infatti, se il
Signore sulla Terra, per pura Misericordia, ci ha permesso di lavorare affinché
potessimo guadagnarci il Paradiso, io non vedo proprio il perché la Sua
Misericordia e il Suo Infinito Amore dovrebbero cessare proprio qui in Cielo?
11. Caro amico, io scorgo, invece, che tu
hai qualcosa d'altro nella mente; perciò, noi ti preghiamo urgentemente di non
tenerci più a lungo in sospeso e comunicarci qual è la giusta e vera Volontà
del Signore! Noi vogliamo fare tutto e prestarci in ogni cosa; soltanto, non
portarci più a quella tavola lunga e noiosissima, nel vero senso della parola;
preferirei cessare di esistere, anziché essere simile ad un polipo vorace, alla
superficie di questo mare di luce!”
12. Il capo dei servitori dice: “Caro
amico e fratello! Vedi, ora soltanto tu sei maturo; ed io posso annunciare a
te, ed a voi tutti, la Verità; perciò, ascoltate:
13. «Questo Cielo che qui vedete, non è
altro che un'apparenza creata dalla vostra fede erronea; e la Trinità che voi
contemplate, rappresenta il punto culminante del vostro errore».
14. Come avete potuto pensare che tre
Dei, alla fine possano tuttavia essere un Dio? E che ognuno di questi tre Dei
esegua qualcosa di diverso, e, tuttavia, debbano essere tutti e tre
perfettamente un Essere unico ed un'unica natura? Inoltre, come avete potuto
immaginarvi un Dio ozioso, dal momento che Egli è stato, fin dall'eternità,
l'Essere più attivo? Vedete, questa è la ragione per cui vi siete immaginati
anche una vita eterna da trascorrere nell'ozio, senza riflettere che la Vita è
la Forza operante che Iddio ha alitato in tutte le sue creature dalla Sua forma
eterna.
15. Non ha detto il Signore sulla Terra
che Egli e il Padre sono Uno? Non ha Egli detto: «Chi vede Me, vede anche il Padre?». Non ha Egli detto pure: «Credete che Io sono nel Padre, e il Padre è
in Me?». Vedete, tutto ciò avrebbe potuto, molto facilmente, attirare il
vostro pensiero sul fatto che il Signore è soltanto Uno; e, per conseguenza,
anche una sola Persona; dunque, mai un Dio triplice, come voi ve lo siete
rappresentato.
16. Voi, a questo punto, certamente mi
direte: «Caro amico, tu sai come la nostra fede era vincolata; ed a noi era
impossibile riconoscere qualcosa di diverso da quello che 'la Chiesa' - sotto
minaccia di eterni castighi nell'Inferno, e, all'incontro, di vaghi accenni di
beatitudini celesti - ci ha insegnato», aggiungendo oltre a ciò: «Nessun occhio ha mai visto, e nessun
orecchio udito, e nessuna mente immaginato, quello che Iddio ha preparato per
coloro che Lo Amano!».
17. Oh, amici e fratelli! Questo io lo so
benissimo, e so anche, perciò, che voi siete stati ingannati e portati su una
falsa via; ed è per questo che è anche giunto, ora, per voi, il momento della
liberazione, nel quale, appena, voi potrete riconoscere il Vero Dio e il Vero
Cielo.
18. Voi avete letto, nella Parola del
Signore, sotto quali forme Egli ha presentato il Regno dei Cieli; così che,
qualunque sia la forma in cui a voi piaccia contemplarlo, deve saltarvi agli
occhi che in nessun caso il Signore ha annunciato un Regno dei Cieli ozioso,
bensì, al di fuori della forma, soltanto straordinariamente attivo.
19. Rivolgetevi quindi, anche ora,
all'Unico Signore Gesù Cristo, poiché Egli è l'Unico Dio e Signore del Cielo e
della Terra. Però, rivolgetevi con il vostro interiore, con l'Amore nel cuore
per Lui, ché, allora troverete immediatamente in Lui, e da Lui in voi, la vera
destinazione dell'eterna Vita, scorgendola, poi, chiaramente in voi.
20. Questa erronea Trinità, però, deve
tramontare in voi, completamente, affinché possiate riconoscere la vera
Trinità, la quale è l'Amore, la Sapienza e l’eterna Potenza operante,
nell'Unico Signore Gesù!
21. Non dovete pensare che, al Battesimo
del Cristo, si sia manifestata una triplice personalità divina; poiché tutto
ciò non era che un'apparizione, permessa dal Signore, affinché l'umanità
potesse riconoscere nell'Unico Signore, la piena Onnipotenza, e la piena
Divinità. Infatti allora “la Sapienza di Dio”, quale la sua eterna Parola,
provenendo dall'eterna Vita, si è incarnata e si chiamò “Figlio di Dio”, ciò
che ha lo stesso significato, come se si dicesse che la Sapienza è il Frutto
dell'Amore e proviene da Esso, come la luce dal calore; e la figura visibile
dello Spirito di Dio, sul Figlio, indicò semplicemente, quale un’apparizione,
che anche l'eterna ed infinita forza di Dio, proviene dall'Amore al pari della
Sapienza, pur operando attraverso l'Amore; così come il calore del Sole, con il
diffondersi della luce, ne rende manifesti gli effetti.
22. Se voi, ora, comprendete tutto ciò,
vi riuscirà di comprendere facilmente, pure, il perché, nel Signore, dovevano
essere presenti il Suo infinito Amore, emanante l'eterna luce della Sapienza,
e, con la somma dei Due, la totale ed infinita divina Potenza operante.
23. Infatti, così dice anche Giovanni: «In Cristo dimora la pienezza della Divinità»;
e dice anche: «In principio era Dio, e
Dio era la Parola, e la Parola era presso Dio; e la Parola si è fatta Carne, ed
ha avuto dimora fra noi». Voi, a dire il vero, dite che sta pure scritto: «In principio era la Parola, Iddio era la
Parola, poiché la Parola era presso Dio, e Dio era nella Parola». Vedete,
questo non modifica nulla, poiché Dio e Parola sono l'unica e la stessa cosa,
come Figlio e Padre. O se voi dite: «Parola e Dio, che è pure Uno come Padre e
Figlio; oppure Dio e la Parola o Amore e la Sapienza sono dall'eternità,
perfettamente Uno». Per conseguenza, voi potete girare e voltare il testo di
Giovanni, a vostro piacere, che la sua testimonianza ha sempre l'uno e stesso
significato; cioè, che il Signore è Uno, tanto come Padre, quanto come Figlio,
che come Spirito.
24. Voi chiedete come si debba
comprendere, allora, quel testo della Scrittura, in cui è detto che «i peccati contro il Padre e contro il Figlio
si possono rimettere, mentre i peccati contro lo Spirito Santo, no». Questo
è, tuttavia, facilmente comprensibile, poiché, chi combatte contro l'Amore
divino, allora, questo l'afferra e lo porta alla ragione. Chi lotta contro la
divina Sapienza, Questa gli riserva lo stesso trattamento; ma, ditemi voi: «Se
ci fosse un pazzo che volesse, sul serio, rivoltarsi contro l'infinita Potenza
e Forza divina, quale ne potrebbe essere la sorte se non quella di venir
afferrato e scaraventato negli abissi infiniti, da cui egli poi percorrerà una
via del ritorno disperatamente lunga per riavvicinarsi possibilmente all'Amore
e alla Misericordia di Dio?».
25. E vedi, tutto ciò viene sempre fatto
dall'Uno e stesso Signore, e si manifesta in ogni uomo come l'uomo stesso
vuole. A colui che vuole misurarsi con la Sua Forza, il Signore farà anche
assaggiare quale sia il sapore della Sua Onnipotenza, rispetto all'impotenza di
una tale creatura. Però, non pensare che il Signore condanni ed annienti un tale
stolto combattente, poiché tutto ciò che il Signore fa, è per il Suo Infinito
Amore, affinché nessuno vada perduto. Ora, ponderate su tutto ciò, nel vostro
intimo, dopo di che io ritornerò e vi guiderò nel luogo che voi avrete trovato
e riconosciuto in voi!”.
[indice]
* * * * *
La vera povertà di spirito. Pericolo
del cieco scetticismo
1. Ora, guardate voi pure! I servitori
si allontanano; i rimasti incominciano a consultarsi, così che viene da chiedersi
se raggiungeranno un accordo, dal punto di vista spirituale. Di che cosa
discutono ora? Soltanto un po' di pazienza e lo apprenderemo subito. Colui che
si è principalmente intrattenuto con il capo dei servitori, e che, sulla Terra,
è stato un campagnolo, si farà presto avanti, e comunicherà a tutta la
compagnia la sua proposta. Voi vorreste già conoscerla. Io però vi dico: “Tali
cose non possono accadere così, improvvisamente, nello spirito. L'acquisire
consapevolezza da parte di uno spirito nel suo stato più perfetto e più puro è
certo incredibilmente veloce per i vostri concetti, ma l'acquisire
consapevolezza da parte di uno spirito più imperfetto è, in compenso, tanto più
faticoso e lento. Voi chiedete: “E perché dunque?”. Questo è facilmente comprensibile;
perché lo spirito non ha nulla su cui appoggiarsi, bensì, tutta la sua
proprietà è l'intimo suo.
2. Lo spirito perfetto ha, in sé, anche
il perfetto Buono e il perfetto Vero in infinita sovrabbondanza, perciò ha
anche la capacità d'afferrare, in ogni cosa, ciò che c'è di Buono e di Vero, in
senso realmente spirituale, in maniera incredibilmente rapida. Lo spirito
imperfetto non ha, in sé, altro che idee e concetti erronei; e quando egli,
dovrebbe fare qualche progresso nel “Buono” e nel pienamente “Vero”, egli deve
innanzi tutto afferrare quello che in sé, ha d'erroneo, riconoscerlo come tale,
cacciarlo fuori di sé, e cadere poi in una grande povertà, per poter diventare
un “vero povero nello spirito”. Grazie a questa povertà, o completo vuoto spirituale
di concetti, la Scintilla divina - la quale è il Buono dell'attività dell'Amore
- diventa libera, incomincia ad espandersi sempre più, ed a riempire poi il
precedente vuoto spirituale con una nuova Luce, ed in questa Luce, lo spirito
giunge appena ad una comprensione che diventa sempre più completa. Dunque, come
vedete, alla nostra compagnia costa molta fatica liberarsi dall'immagine del
Cielo da essa scorta.
3. Essi continuano ancora sempre a
vedere quello che hanno scorto fin da principio. Però, questo denota che
nell'afferrare il puro Vero e il Buono, essi non sono ancora cambiati molto.
Voi vorreste sapere quale ne dovrebbe essere la causa, considerato che il
servitore, come voi usate dire, ha messo sotto il naso a tutta questa compagnia
la Verità, e ciò, piuttosto energicamente.
4. Ed io vi dico, che spesso ciò dipende
da una bazzecola; infatti, tutti questi eroi del Cielo cattolico, non sono in
fondo che degli scettici afflitti da cecità. Lo scetticismo è per gli uomini,
quello che è per gli alberi, un coleottero. Infatti, è più che sufficiente un
singolo punto non completamente attendibile. Questo punto diventa, poi, un
insetto dannoso per la Verità, che, alla fine, per la sua riproduzione,
straordinariamente abbondante, rovina grandi boschi d'albero della conoscenza e
del riconoscimento.
5. A questo punto voi chiedete: “Caro
amico, in che cosa consiste questo punto pericoloso, in questa compagnia?”. Ed
io vi dico che questo punto è, di per sé, appena degno d'attenzione. Ma lo
scettico, il quale rode tutte le fibre dell'albero della Vita e della
Conoscenza, pone questo punto sotto un microscopio ad enorme ingrandimento e
scopre, in questo punto insignificante, delle montagne di asperità e di
ineguaglianze che non hanno naturalmente nulla a che fare con la superficie del
legno vivente, esaminato naturalmente.
6. La causa di ciò è dovuta al fatto che
questi scettici si aggirano costantemente intorno a questo punto
insignificante, con il microscopio del loro intelletto. Ma a nessuno viene in
mente di usare il microscopio al di là dei confini di questo punto, allo scopo
di poter constatare come questo punto, che a loro sembra tanto scabroso, si
colleghi invece benissimo con l'altro legno della Vita.
7. Tuttavia, affinché voi possiate
scorgere in che cosa consista questo punto, vi rendo attenti che il capo
servitore, dal punto di vista esteriore, ha un po' mescolato i testi della
Scrittura da lui citati. Una rettifica, l'avete già appresa durante questa
discussione; tuttavia il servitore ha, secondo l'apparenza, citato un testo di
Paolo, come se fosse di Giovanni. Dato però, che l'oratore della compagnia, ed
alcuni altri ancora, sono abbastanza versati nelle Scritture, essi se ne sono
subito accorti; e questo è, principalmente, la ragione per cui si stanno tanto
vivacemente consultando.
8. Il nostro oratore ha fatto rilevare
ciò, in tutta segretezza, dicendo: “Miei cari, beati amici! Se questo servitore
fosse effettivamente esperto conoscitore delle Scritture, non avrebbe, tanto
facilmente, scambiato Paolo con Giovanni; invece egli ha chiaramente citato
qualcosa come detto da Giovanni, mentre è stato pronunciato soltanto da Paolo;
e questo mi basta per credere che egli non sia affatto a conoscenza della vera
e propria Verità divina; così, che anche per tutto il resto che ha detto, gli
si dovrebbero fare delle riserve.
9. Perciò, io sono dell'opinione, che
questo Cielo sia cioè, un Cielo completamente vero; come poi, secondo il
racconto e la testimonianza del servitore, dovrebbero stare le cose con la
prigionia alla tavola, mi sembra ugualmente, che si tratti di supposizioni
basate sulle nuvole. Noi siamo liberi, e possiamo sedere a tavola quando
vogliamo; e così pure possiamo passeggiare in questo ampio giardino, a nostro
piacere; e perciò, sono dell'opinione che anche questo enorme e splendido
palazzo, che sta dietro a quella grande e lunga tavola, sarà certamente
possibile visitarlo; non solo, ma forse ci sarà concesso di abitarvi. Infatti,
non ha detto il Signore: «Nel Regno del
Padre Mio ci sono molte dimore?». E perciò, in quell'enorme palazzo vi
potrebbero essere un gran numero di tali dimore, oppure un gran numero di
palazzi simili potrebbe essere da qualche parte un po' più lontano. Perciò,
ritengo non valga la pena d’attendere ulteriormente quel servitore, così
esperto nelle scritture, bensì, che sia preferibile avviarci subito, secondo la
nostra libertà di decisione, e secondo il nostro piacere, alla volta del grande
palazzo. Dato che non possiamo più peccare, possiamo anche fare ciò che
vogliamo.
10. E' certamente meglio essere già in
questo Cielo, con piena coscienza, che non in un vero cielo di contadini,
secondo l'opinione forzata del nostro servitore. Se poi questo Cielo non
dovesse essere quello giusto, che possiamo farci noi, dal momento che, nel
mondo, non ce ne venne indicato un altro? E se, come ci venne insegnato nel
mondo, qui tutto procede con giustizia, ciò che è anche indubbiamente il caso,
vorrei proprio comprendere per quale ragione noi dovremmo essere presi in giro,
per un certo tempo, con un Cielo falso. Infatti, noi abbiamo sempre creduto in
un Cielo Giusto e Vero, e non in uno apparente e canzonatore. Sarebbe perfino
davvero infame, da parte nostra, il supporre che Iddio abbia voluto divertirsi
alle nostre spalle; perciò incamminiamoci senza timore!”.
11. Come potete vedere, come questo un
punto, al pari di un coleottero, ha attaccato tutto un bosco delle buone
conoscenze, e i nostri scettici sono ricaduti nel loro originario errore. Però,
qui voi chiedete: “Perché il servitore si è comportato così?”. Ed io vi dico:
“Il servitore si è espresso esattamente, nel senso spirituale, però i nostri
scettici, schiavi del loro errore, non hanno smosso il microscopio spirituale
dal punto dubbio, così non hanno potuto riconoscere le buone correlazioni
secondarie”.
12. Voi avrete osservato che il servitore
non ha pronunciato interamente il testo dell'apostolo Paolo ed ha omesso il
concetto di «essenziale» o anche «corporeo» o «corporale». Vedete, questo è un
punto molto importante di correlazione; ed è proprio questo punto di correlazione
che manca a tutta questa compagnia, punto questo, che vuol dire proprio l'Amore
attivo ed operante, derivante dalla fede pura nell'Unico Signore.
13. Osservate ancora tutto l'Evangelo
secondo Giovanni, cosa significhi la vivente Parola Interiore, o l'Amore per il
Signore, che si riassume, in senso celeste, nel testo pronunciato dal
servitore, e dà la luce giusta con riguardo al solo Signore.
14. Paolo, invece, abbraccia in sé questa
luce in modo vivente, la qual Luce in Giovanni è l'Amore per il Signore; questa
è la ragione per cui Paolo dice: «Non
sono io che vivo, ma è il Cristo che vive in me!». In seguito a ciò, il
testo citato dal servitore proviene dall'insieme del Vangelo di Giovanni, e non
può essere di Paolo, poiché a tutta questa compagnia manca ancora
l'essenzialità dell'Amore per il Signore. Per quanto riguarda il seguito di
questa interessante discussione, lo potremo constatare la prossima volta,
seguendo da vicino la nostra compagnia.
[indice]
* * * * *
Sorprese nel Cielo apparente
1. E ora guardate, tutta la compagnia
mette in opera la sua decisione, e si avvia lungo il muro, alla volta del
palazzo. Adesso, però, fate attenzione, poiché si sta preparando una scena
madre, dato che, ben presto, questa compagnia si troverà di fronte ad una
voragine, che partendo dal muro, va verso la grande tavola. Superare questa
voragine non è possibile a nessuno, però, se qualcuno di essi vuol gettarvi lo
sguardo, si accorgerà che si tratta di un abisso tenebroso e profondo da
incutere spavento.
2. Ed ecco, la compagnia si sta, proprio
ora, avvicinando alla voragine; e il fecondo condottiero è il primo ad
arrivarci; ancora alcuni passi, e guardate, egli indietreggia precipitosamente,
e grida: “Ma per l'amor di Dio, che è mai ciò! Guardate un po' qui, questo è un
abisso che sembra portare, per via direttissima, all'Inferno! Oh, se io mi
troverò nuovamente, faccia a faccia, con il noto servitore, gli farò
comprendere, senza peli sulla lingua, quanto poco egli sia esperto in questa
geografia celeste. Non ha dichiarato, poco fa, quando si trovava dietro a me,
mentre io sedevo a tavola, ed egli aveva leggermente smosso il terreno sopra le
nuvole, che il suolo di questo grande giardino era uguale dappertutto? Ed
invece, guardate questa spaventosa voragine che, con nostra grande sorpresa,
abbiamo testé scorto dinanzi a noi!”.
3. Un altro della compagnia si avvicina
all'oratore, e gli dice, facendo la faccia molto seria: “Fratello, non esporti
tanto, altrimenti il servitore potrebbe dire anche a te che sei piuttosto
debole nelle Scritture. Vedi, in questo caso io mi raccapezzo meglio: questa è
sicuramente quella fossa dalla quale il ricco Epulone, dall'Inferno, ha parlato
con Abramo che si trovava in Cielo, e lo ha pregato di dargli una goccia
d'acqua ed altro ancora. Questa voragine è stata sicuramente lasciata come un
ricordo eterno di quel fatto. Dato però, che questa voragine noi non possiamo
oltrepassarla - ciò che per gli “spiriti beati” risulta essere piuttosto strano
- rifacciamo la strada e, quatti quatti, andiamo a sederci nuovamente a
tavola”.
4. Il primo oratore risponde: “Fratello,
non hai torto; sarà certamente come tu dici, e perciò, insieme agli altri, io
voglio seguire il tuo consiglio”. Ed ecco, tutta la compagnia si accinge a tornare
indietro. Ma, guardate, qui c'è di nuovo una fatale circostanza: dietro di loro
si è formata un'altra voragine, così che la nostra compagnia si trova come
presa fra due fuochi, e dispone appena di una lingua di terra, larga appena
alcuni klafter, su cui camminare per recarsi a tavola.
5. Ora, però, ascoltate il nostro
oratore, come si esprime alla vista della seconda voragine. Eccovi le sue
parole: “Oh, oh, per l'amor di Dio! Che specie di celeste tiro mancino è
questo? Dunque, proprio così vanno le cose in Cielo? Ciò non è altro che una
segreta cattiveria del nostro egregio servitore, il quale, da qualche luogo
nascosto, ha spiato i nostri discorsi; e poi, grazie a qualche mezzo magico a
sua disposizione, ha formato questi abissi; e noi stiamo qui, senza sapere che
pesci pigliare. Egli, però, si guarda bene dal farsi vedere, poiché si sarà già
accorto dell'opinione che ci siamo formati di lui. In verità, se quel
villanaccio venisse adesso qui, io sarei disposto a dargli una lezione perfino
con le mani celesti! Queste due voragini qui, sono una cosa spaventosa! Se non
avessimo fatto attenzione, qualcuno di noi giacerebbe già, in un eterno abisso!
E ora, celesti fratelli e sorelle, io mi sono già pronunciato fin dal
principio, e ora sono fermo su questa idea che purtroppo, tutto questo Cielo
non è altro che una canzonatura. Il servitore ci ha preso in giro tutti quanti.
Con la nostra passeggiata siamo stati burlati, e così sono state canzonate
tutte le nostre terrene speranze dei Cieli. Ora non mi manca altro che una
piccola voragine messa di traverso, e così siamo a posto!”.
6. Un altro fratello così gli parla:
“Mio caro, non eccitarti tanto. Non conosci il proverbio in uso sulla Terra:
«Chi ha il lupo in bocca, lo ha sulla coppa?». Se il servitore ci ha già giocato
questo doppio tiro, gli potrebbe saltare il ticchio di farcene un terzo,
tagliandoci la via che porta alla tavola. Io sono perciò dell'opinione, che noi
dovremmo avviarci tranquillamente ed umilmente, verso la tavola, su questa
lingua di terra, poiché, altrimenti, potrebbe anche darsi che noi veniamo, qui,
condannati agli arresti celesti, con accompagnamento della fame. Infatti, io
sono dell'opinione che se anche in Cielo non si può peccare, tuttavia non sia
neppure cosa lecita fare quello che si vuole, e, perciò, sarebbe facilmente
possibile che, per gli spiriti celesti disobbedienti, vi siano anche delle
punizioni adeguate, delle quali, naturalmente, non c'è mortale che ne sappia
qualcosa. Dato che, come tu sai, e voi tutti sapete, sulla Terra non abbiamo
potuto mai saper nulla di positivo del Cielo, perciò, dobbiamo appena qui
formarci un’idea in che cosa consista. Io penso, che qui in presenza della
Santissima Trinità, noi dovremmo tentare di destare in noi un po' di
pentimento, affinché la nostra condotta ci venga perdonata”.
7. Il primo oratore dice: “Caro
fratello, non hai proprio tutti i torti; ora, però, mi viene in mente che gli
antichi Romani favoleggiavano, a suo tempo, di Scilla e Cariddi, così che sono
dell'opinione che, se il Cielo è qualcosa di simile, da qualunque parte andiamo
ci sia poco da guadagnare. Se noi dobbiamo rimanere qui, abbiamo la prospettiva
dell'eterna fame; se arriviamo alla tavola, si tratta allora di rimanere
eternamente seduti, mangiando e bevendo per l'eternità. Perciò, se qualcuno di
voi ha voglia di ritornare alla tavola, tenti di andarci, sempre che non si
imbatta in nessun'altra voragine. Io, invece, rimango qui, e non mi allontano
di un passo, fino a tanto che il servitore, come ha promesso, non ritorni e mi
dia le necessarie spiegazioni su questi inabissamenti intorno a noi”.
8. Come vedete, una parte della comitiva
incomincia ad avviarsi sulla lingua di terra e può procedervi senza ostacoli.
Ma, ora, anche il nostro capo oratore incomincia a sentire un po' d'appetito, così
che vorrebbe seguire quelli che se ne sono andati. Egli incomincia, perciò, a
camminare nella stessa direzione, insieme a coloro che erano rimasti indietro
con lui; ma, guardate, ora essi si trovano, effettivamente, in presenza
dell'ostacolo trasversale, dapprima preveduto, ed al di là del quale non è
possibile spiccare un salto. Però, ora, udite l'oratore, quale abitante del
Cielo, come incomincia ad avventarsi contro queste celesti disposizioni,
dicendo: “Ecco ci siamo! Come immaginavo, questo è un Cielo tale, che proprio
non si può desiderarne uno migliore! Cari fratelli ed amici, sono dunque queste
le cosiddette gioie celesti? Io devo sinceramente ammettere che, fino a quando
sono vissuto sulla Terra, non mi ricordo di essermi trovato in un simile imbarazzo,
come proprio qui, nel luogo della beatitudine.
9. Quando penso a tutto quello che ho
fatto, sulla Terra, per meritarmi questo Cielo! Quanto spesso ho digiunato;
quante migliaia di rosari ho recitato; quante messe ho pagato, e le tante altre
alle quali ho assistito io stesso, con tanta devozione; a quanti poveri ho dato
da mangiare, durante tutta la mia vita, pur essendo un povero contadino io
stesso! Anzi, devo confessare sinceramente, che per questo Cielo mi sono
lasciato togliere la pelle di dosso. E ora io godo, insieme a voi tutti, la
tante volte decantata ricompensa! Come potete constatare, essa consiste in
pochi metri quadrati di spazio libero, circondato da tre lati, da voragini; da
qui, in compenso, ci è concesso di guardare la Santa Trinità fino a consumarci
gli occhi. Però non possiamo nemmeno muoverci, altrimenti precipitiamo, Dio sa
dove! Ora manca soltanto che anche questo piccolo quadrilatero di suolo
celeste, sul quale ci troviamo, incominci, un po' alla volta, a scendere nel
baratro, nel qual caso, non ci resterebbe altro che, volenti o nolenti,
scendere con esso, Dio solo sa fin dove. Oppure, noi potremmo salire sul muro,
e là cavalcare fra due abissi; sempre che anche il muro non faccia una bella
scivolata, insieme al nostro quadrilatero. Cari amici, quando ripenso alla
lunga via che il nostro sacerdote ci ha fatto fare - in un modo che ora mi
sembra alquanto subdolo - non appena siamo giunti in questo mondo spirituale, e
quanta fatica ci è costata prima che potessimo giungere al portone d'oro del
Cielo, mi sento scoppiare dalla rabbia, poiché laggiù, stavamo mille volte
meglio che non qui!”.
10. A questo punto, un altro della
compagnia tira il nostro oratore per la manica, e gli indica, con il dito, la
voragine obliqua, rendendolo con ciò attento che un bel pezzo del quadrilatero
aveva già incominciato a scendere. Il nostro oratore si tira un po' indietro, e
dice, piuttosto imbarazzato: “Dunque, che cosa avevo detto? Bisognerà proprio
mettersi a cavalcioni sul muro! In verità, se io proprio non sapessi con
sicurezza, e ciò in seguito alla mia ferma fede, che dal Cielo non si può
certamente venir precipitati nell'Inferno, dato questa mia presente miserabile
vita celeste, tuttavia, si potrebbe dire che tutto sia già pronto, in modo
perfetto, per un simile viaggio. Io penso che la cosa migliore sia, ora, salire
subito sul muro, poiché non si può mai sapere, quanto spazio di questa
superficie potrà venir inghiottito alla prossima eventuale occasione. Una volta
che noi siamo sul muro, noi possiamo scivolare indietro, così da esser fuori da
questo fatale quadrilatero, cercando di raggiungere la porta d'uscita del
Cielo, dopo di che, potremmo rifare la già nota lunga via, fatta in salita. Dio
ci conceda soltanto quel po' di misericordia e di fortuna occorrente, affinché
anche il muro non ci giochi qualche brutto tiro, ché solamente così saremo in
grado di levarci da questo impaccio, salvando la nostra pelle”.
11. A queste parole, tutti si affrettano
verso il muro; raggiunto questo, constatano che, disgraziatamente, è troppo
alto, perché essi vi possano salire comodamente. Perciò, i nostri componenti si
aiutano a vicenda, formando delle scale umane, e così prendono il muro
d'assalto.
12. Si sarebbero sollevati tutti, ma non
appena anche l'ultimo uomo viene tirato su, il muro incomincia ad incurvarsi,
ed il nostro oratore sbotta: “Cari amici, non perdetevi di coraggio: a Dio, il
Signore, ogni onore! Ora che vada come vada, per me è tutt'uno; poiché da
quanto vedo, adesso è tutto chiaro, con la sola eccezione della divina Trinità,
che noi continuiamo a scorgere, tutto questo Cielo non è che un bel nulla;
oltre a ciò, il nostro onorevole servitore non si fa più vedere, malgrado che
ce lo abbia promesso, e ci abbandona in questa enorme difficoltà celeste. E
ora, guardate, questo nostro pezzo di muro, già a metà pendente, si è staccato
dal resto, e noi viaggiamo verso il basso, Dio sa dove!”.
13. Ed allora, cari amici, viaggiamo
anche noi con loro, e ascoltiamo il nostro oratore anche durante il tragitto.
La sua compagnia mostra tutti i segni della disperazione; il buon umore, però,
non abbandona il nostro oratore. Egli conforta i suoi compagni, per quanto gli
è possibile, dicendo: “Non datevi pena, cari fratelli; il Signore vuole sempre
quanto c'è di meglio, per l'uomo. Noi non possiamo sapere a che cosa questo
viaggio debba servire; forse, proprio in questa occasione, noi faremo un
viaggio celeste, veramente interessante dal punto di vista spirituale. Forse
faremo la conoscenza con il Cielo stellato che ci sta sotto, e può darsi il
caso che ci imbattiamo in un bel mondo straniero. Ed io a ciò aggiungo: succeda
la Volontà del Signore! Ucciderci nessuno lo può, e forse ci andrà meglio, che
non quel Cielo lassù. Certo, sarebbe fatale se noi dovessimo continuare a
cadere per tutta l'eternità, ma questo è poco probabile, poiché, in tal caso,
anche la Trinità, che a noi tutti è ancora visibile, dovrebbe essere
un'apparenza meteorica-spirituale. Però, noi dobbiamo trovarci molto in basso,
poiché l'immagine della Trinità sta diventando sempre più piccola. Ebbene,
amici cari, in verità, sia come si vuole, ma io sono molto curioso di vedere
dove arriveremo alla fine di questo viaggio aereo spirituale”.
14. Ed ecco, uno della compagnia osserva,
rivolgendosi all'oratore, che gli sembra di vedere, sotto di loro, a grande
profondità, una smisurata superficie d'acqua; l'oratore osserva pure, e dice:
“Su un tale basamento, il nostro pezzo di muro non ci offrirà certamente un
grande appoggio; però, non me ne importa nulla, dato che, in simili condizioni,
io sono veramente sazio della vita! Succeda quello che vuole; acqua o non
acqua, per me è lo stesso!”. E ora, guardate, tutta la compagnia raggiunge la
superficie dell'acqua, ed il loro pezzo di muro si tramuta in una navicella, e,
in essa, tutta la compagnia si trova sana e salva. Ora incomincia a soffiare un
venticello, e la navicella s’avanza sulle onde.
15. Ed ecco, fra il Mattino e il
Mezzogiorno, sorge ora, come salendo dai flutti, uno splendido paese, molto
esteso, e il nostro oratore si rivolge alla compagnia, dicendo: “Io ve l'ho
detto che non perdevamo niente, lasciando quel Cielo là sopra. A Dio il
Signore, ogni lode ed ogni ringraziamento, per questa meravigliosa salvezza. E
sia perdonato anche quel bel tomo del nostro servitore. Se però, m'incontrerò
nuovamente con lui, voglio dargli una lezione con i fiocchi!”. E ora, la
navicella sta accostandosi alla terraferma, però, aguzzate la vista, perché,
proprio là, sulla riva, li attende una sorpresa, poiché il nostro ben noto
servitore sta in attesa del loro arrivo, dato che la loro navicella si avvicina
rapidamente alla sponda. Anche il noto oratore deve essersi accorto di lui,
poiché rivolge degli sguardi stupiti verso Terra. Quello che succederà, lo
potremo vedere la prossima volta.
[indice]
* * * * *
Liberazione dal Cielo apparente
1. Ed ecco, man mano che la navicella si
avvicina alla sponda, anche il nostro oratore riconosce sempre più il servitore
che lui ha notato molto bene, perciò si rivolge ai suoi compagni, dicendo:
“Guardate un po' là, se quello non è colui che ci ha servito a tavola; se
questo non fosse il caso, anche l'elemento su cui navighiamo, allora, non
sarebbe acqua. Oh, certo che lo è, tutto il suo modo, la sua faccia, i suoi
lunghi capelli biondi; in breve, più ci avviciniamo, e tanto più sicuramente mi
risulta che sia proprio lui. Se io ne avessi la potenza, ora farei scoppiare
sul suo capo uno di quei temporali! Dal momento che non lo posso fare, allora,
quando c'incontreremo, gli farò gustare per lo meno qualche fulmine dalla mia
bocca. Poi, io non posso credere che, in questo regno degli spiriti, cioè,
lassù in quel Cielo dubbioso e quaggiù in questo paese, ci siano due spiriti che
si somiglino a tal punto. Comunque, noi non intraprenderemo nulla; soltanto
quando gli saremo vicino, attenderemo che sia lui a parlare per primo. Se non
lo dovesse fare, procurerò io d'informarmi, facendogli dire se egli è o non è
quel servitore”. Però, un altro componente della compagnia dice all'oratore:
“Ascolta amico, posto il caso che questo spirito che ci sta attendendo, sia,
effettivamente, il ben noto servitore, sono, tuttavia, di opinione diversa
della tua, mio caro amico e fratello. Vedi, era comunque la tua, come pure la
nostra volontà, di uscire da quel Cielo lassù, dove l'unica occupazione era
star seduti, divorare e bere; da quanto so, quel servitore ti aveva anche
assicurato che sarebbe ritornato. Il fatto che egli non sia più ritornato da noi,
non mi meraviglia affatto, poiché permettimi di dirti, in primo luogo, subito
dopo che se n'era andato, hai cominciato a prendertela con lui a causa dei
testi biblici falsati. In secondo luogo, nessuno di noi - proprio per tale
ragione - ha seguito le sue istruzioni sul modo in cui avremmo dovuto
comportarci. Che, a causa di ciò, egli ci abbia tenuti un po' sulla corda, e
che ci abbia posti in un considerevole imbarazzo, io lo trovo più che
giustificato, considerata la nostra vera mancanza verso di lui. Dato poi, che
noi siamo stati così meravigliosamente portati in salvo, e questo, sicuramente
per mezzo suo, secondo me, dovremmo lasciar da parte ogni sorta di temporali,
di fulmini e di astuzie d'alcun genere; poiché, a lui, potrebbe venir l'idea,
nuovamente, di dimenticarsi di noi, e di renderci questo paese, che ora ci è
tanto a portata di mano, altrettanto instabile, quanto il Cielo lassù”.
2. L'oratore dice: “Mio pregiatissimo
amico e fratello, seriamente parlando, non hai torto, io ero soltanto corrucciato,
ma il tuo discorso mi ha fatto rinsavire completamente. Questo servitore
potrebbe essere benissimo, un angelo travestito, per quanto io non abbia scorto
alcuna traccia di ali, che, però, egli potrebbe tener celate sotto la veste. E
se lo fosse, la Santa Trinità ci protegga, poiché noi ne verremmo sopraffatti;
dato che un tale angelo dovrebbe essere spaventosamente forte. Una volta, un
sacerdote molto pio mi ha raccontato che un tale angelo, con la sua immensa
forza, potrebbe, molto facilmente, tagliare in due la Terra con un colpo solo
della sua grande spada fiammeggiante. Dunque, se noi, qui, lo affrontiamo con
modi scortesi, gli sarebbe possibile trarre, da sotto la veste, oltre al suo
paio d'ali, anche una spada bene affilata. Io rinuncio a dilungarmi su cosa
eventualmente egli potrebbe fare contro di noi, spaventosamente deboli come
siamo”.
3. L'altro oratore dice: “Certo, certo,
caro amico e fratello; su questo punto, hai nuovamente ragione tu; tanto più,
che se anche, a quanto sembra, non è tanto esperto nelle Scritture, tuttavia
può essere realmente un angelo, così che faremo bene ad avvicinarci a lui, con
tutta umiltà”.
4. Interviene un terzo, il quale
osserva: “Ascoltate, fratelli! Tre teste e sei occhi vedono di più che non una
testa con un paio d'occhi. Soltanto io sono dell'opinione che non sia il caso
di fare tanto chiasso, con riferimento alla mescolanza dei testi biblici, o
meglio, dei nomi degli apostoli in occasione delle note citazioni. Infatti,
cosa possiamo saperne noi di come gli spiriti celesti, e specialmente gli
angeli, conoscano la Parola di Dio, di come la leggano, e di come la
comprendano? Potrebbe anche essere, facilmente, che Giovanni avesse udito
proprio così quanto detto da Cristo, e che non l'avesse messo in iscritto;
oppure, quanto scritto, fosse andato smarrito, attraverso i molti passaggi.
Come, da quanto mi consta, un'intera Epistola di Paolo è andata perduta nel
mondo. Nel Cielo, sicuramente, non si hanno tal sorta di smarrimenti. Perciò,
ripeto, non dobbiamo presumere troppo a tale riguardo, data la nostra
ignoranza. Infatti, come sapete, nel mondo io ero un sacerdote, e precisamente
un dottore in teologia; e, in tale veste, io ho trovato, nel sacro Libro,
parecchie lacune; però mi sono sempre confortato dicendo che se questi testi
mancanti fossero stati assolutamente indispensabili per la salvezza degli
uomini, il Signore non avrebbe permesso che andassero smarriti. Poi pensavo
ancora che tali testi li avremmo un giorno ritrovati in Cielo per uno scopo più
altamente spirituale”. E come vedete, il nostro oratore e la compagnia tutta,
sono soddisfatti di quanto è stato detto.
5. Ora però, anche la navicella ha
raggiunto la riva, e tutta la compagnia che supera le cento persone, scende a
terra, e il servitore che la stava aspettando le va incontro a braccia aperte.
Il nostro oratore gli si avvicina, pieno di rispetto, e gli chiede: “Sei tu,
oppure non lo sei?”. Il servitore gli risponde: “Si, sono io, e noi siamo
nuovamente insieme, come te lo avevo già detto lassù. Tu, con la tua compagnia,
non vi siete attenuti alle condizioni che vi avevo sottoposto, e così, non ho
potuto mantenere le mie, nella forma o misura nella quale te le avevo
prospettate. E, per essere precisi, perché tu hai scompaginato la tua misura.
Tuttavia, io volevo liberarti dal tuo Cielo falso; per conseguenza, secondo la
tua misura scompaginata, anch’io ho dovuto ricorrere ad una via sconcertante,
per trarre te e gli altri, fuori da quel Cielo illusorio.
6. Tu mi domandi ora, che cosa stia a
significare tale via tanto singolare, con il suo andamento così straordinario;
e chiedi pure, cosa indichi l'evidente contraddizione fra la solidità del
terreno che ti ho mostrato mentre eri ancora a tavola. Ed il crollo del suolo
celeste, seguito a breve distanza di tempo, poiché , dal punto di vista
normale, quello sarebbe un vero e proprio tranello. Ebbene, io ti dico che
tutto ciò ha un significato completamente corrispondente con il vostro sentire
interiore; poi, quando al tavolo, ti mostrai la solidità del tuo Cielo, io non
ti feci vedere altro che la tua fondazione, ancora solida, nella erroneità dei
tuoi concetti sul tuo Cielo.
7. Dato, però, che tu, nella mia
vicinanza, hai cominciato a percepire l'insufficienza e l'insensatezza,
contraria ad ogni realtà spirituale del tuo Cielo, tu ti sollevasti dal centro
del tuo essere, e, insieme a molti altri che, segretamente incitati da me,
condividevano il tuo punto di vista, fuggisti; e nel più lontano confine del
tuo essere, io ti indicai quello che ancora ti vincolava al tuo stolto Cielo.
Ecco ciò che tu avresti dovuto considerare; tu, invece, perfino al limite
estremo del tuo errore, rimanesti saldamente attaccato allo stesso, e non fosti
capace di afferrare quello che ti avevo detto; perciò tu hai voluto, poi,
continuare a procedere nel tuo errore. Non io, bensì la Parola che io ti avevo
comunicato ha reso molle il tuo errore, malgrado la tua volontà di procedere su
quella falsa via; e tale Parola lo lacerò in parecchi punti, attraverso i quali
tu hai potuto scorgere la piena infondatezza del tuo Cielo apparente. Però,
alla fine, la Parola stessa ti ha imbrigliato; invece, quelli troppo deboli
vennero separati da te da una nuova voragine, e tu divenisti, come detto, in un
certo senso, conquistato.
8. Dato che, in seguito a ciò, il tuo errore
incominciò, sempre più, a scendere, tu ti rifugiasti, con la tua compagnia, sul
muro. Questo muro era la divina Parola in te, a dir vero, molto aderente, però,
interamente incompresa in tutte le sue parti, perciò, non aveva, per te e per
la tua compagnia, alcuna forza portante. E il muro apparente si staccò, e cadde
insieme a voi, nel profondo; ciò significa che la Parola, la Quale, fino ad ora
dava da fare soltanto al vostro intelletto, cadde, in piccola parte, nella
vivente profondità del vostro cuore. Voi scorgeste, ben presto, delle grandi
acque sotto di voi, che minacciavano d'inghiottirvi; però, quelle acque non
erano altro, se non la visibile sapienza del riconoscimento, che si trova
celata, nel profondo di te, in tale piccolissima parte della Parola. Con questo
“muro” della Parola, nel tuo cuore, tu raggiungesti, ben presto, il grande,
luminoso Mare della conoscenza, e la Parola era, per te, come per voi tutti,
una sicura Portatrice, sui flutti infiniti della divina Sapienza, la quale è
celata, anche soltanto in questa piccola parte della Parola. Quando tu,
segretamente accogliesti, sempre più, la Parola in te, Essa ti portò, secondo
il grado del tuo accoglimento, sempre più vicino ad una solida sponda della
Vita. Tu non avresti potuto raggiungerla, fino a che questa Parola non avesse
riportato piena vittoria sulla presunzione del tuo cuore. La Parola, però, ha
vinto, e, con Essa, tu hai raggiunto anche la solida sponda.
9. Ripensa soltanto a tutte le ridicole
sciocchezze che sono germogliate dal tuo bonario rivestimento esteriore, e
scorgerai, facilmente, tutta l'insostenibilità e la vacuità di tutti i tuoi
concetti su Iddio e sul Cielo. Ora, però, tu sei sul primo vero fondamento
della Parola; indaga, perciò, su questo fondamento, e tu, insieme alla tua
compagnia, incomincerete a riconoscere Iddio e il Cielo da un punto di vista
completamente diverso.
10. Guarda laggiù, fra il Mattino e il
Mezzogiorno, c'è un grande palazzo. Là dovrete andare, e troverete tutto quanto
abbisognate”.
11. E l'oratore dice: “Oh caro, e
celestialmente pregiatissimo amico, potresti essere tanto buono da
accompagnarci là?”. Il supposto Servitore dice: “Non ce n'è bisogno, poiché
fino a lì, non potete sbagliare la strada. Io però, voglio precedervi, più
rapido del pensiero, per poi ricevervi e introdurvi là! Là appena potremo
illustrare più da vicino alcune parole su Giovanni e Paolo; e verrà allora
dimostrato chi di noi tutti è più esperto nella Parola. Perciò seguite il mio
consiglio ed avviatevi. Amen!”. Ed ecco, il supposto servitore è scomparso e la
nostra compagnia incomincia ad avviarsi sul percorso indicato, certamente,
ancora piuttosto sconcertati. Però vogliamo pure noi seguirla ed essere
testimoni di tutto quanto di rimarchevole accadrà ancora.
[indice]
* * * * *
Prima dimora solida dopo il Cielo
apparente
Incomprensibile Trinità. Il Cristo
Evangelico
1. Il primo oratore, rivolgendosi alla
compagnia, dice: “Ma guarda un po', questo è veramente strano! Finora ho sempre
creduto che gli spiriti potessero diventare improvvisamente invisibili,
soltanto per gli uomini, ma che gli spiriti possano diventare invisibili pure
per gli spiriti stessi, questa è, per me, una novità proprio nuova di zecca.
Domandi, dunque, chi si sente di domandare, come mai questo spirito, che è
sicuramente un angelo, è scomparso così repentinamente, sotto i nostri occhi, e
vi risponda chi è capace di farlo. Per la mia povera vita, io son
dell'opinione, che sulla Terra sarebbe più facile dare un morso alla Luna, che
rispondere a questa domanda”. Un altro della compagnia replica: “Caro amico,
vedi, anche questo io non lo trovo tanto strano, poiché, sulla Terra, ho udito
dire tante volte, che gli spiriti angelici si possono spostare con la rapidità
del lampo. Dunque, se questo spirito, che è sicuramente angelico, è ora
scomparso così rapidamente alla nostra vista, ciò non è altro che la conferma
visibile di ciò che noi abbiamo tanto spesso udito dire sulla Terra!”.
2. Un terzo interviene, dicendo: “Cari
amici, è tutto giusto quello che si riferisce alle prerogative angeliche del
nostro servitore, però, per effettuare la sua rapida fuga volante, avrebbe,
tuttavia, dovuto dapprima allargare le sue ali; fino a tanto che non scorgo in
qualcuno le ali, io non credo che sia un angelo. Infatti, da tutti gli uomini
pii, sulla Terra, gli angeli sono stati scorti forniti di ali, e ciò succedeva
sempre nello stato cosiddetto di rapimento spirituale, dunque, sempre e
soltanto con gli occhi spirituali. Dunque, se gli uomini pii scorgevano sempre
gli angeli di Dio, alati, perché non dovrebbe essere questo il caso anche con
noi, dato che ora, pure noi stessi, siamo completamente spiriti?”.
3. Il primo oratore osserva: “Mio caro
amico, io ti devo dire apertamente che il tuo desiderio si basa su una
considerevole debolezza dello spirito, poiché, riguardo alle ali, ognuno
dovrebbe sapere che esse stanno a significare semplicemente, la grande mobilità
di questo spirito. Quello che colpisce di più, invece, è il fatto, come ho già
detto, che uno spirito possa diventare invisibile dinanzi ad un altro spirito.
A me non turba nemmeno il fatto che noi, quali spiriti, non possiamo spostarci
con la celerità del nostro servitore; poiché, per far ciò, io credo sia
necessario anche un certo esercizio, dato che, con l'esercizio, si diventa
maestri in ogni cosa. Però, questo diventare invisibili, non mi esce dalla
mente. Però, ora, lasciamo stare questo argomento per quando ci sarà nuovamente
concesso di trovarci con lui; poiché sarà egli stesso a chiarircelo.
4. Piuttosto, osserviamo questa regione
meravigliosamente bella; in verità, essa mi è mille volte più cara che il
nostro alto Cielo precedente. Mi piacerebbe molto stabilirmi qui, e, su quelle
alture, fare agiatamente il contadino. Guardate soltanto questa magnifica erba
rigogliosa, gli splendidi fiori, i bei viali alberati, a quanto sembra, con dei
nobili alberi fruttiferi; e non mancano i ruscelletti. E guardate più avanti,
quell'ampia e splendida pianura, circondata da splendidi gruppi di monti, che,
a loro volta, sono ornati da sontuosi edifici, anzi da veri palazzi; e, se
l'occhio non m'inganna, io scopro, sul monte a noi più vicino, anche degli
esseri viventi in bianche vesti, che passeggiano davanti ai palazzi. Questo sì
che mi piace, e questa regione ha veramente l'aspetto di un Cielo, e non quel
Cielo in cui noi avremmo dovuto abitare quali eterni poveri divoratori.
5. Certo, questa è una sontuosità
chiara, limpida; a dire il vero qui non si scorge nulla della Trinità, in
compenso, però, brilla uno splendido Sole che illumina tutta la regione; e vi
devo confessare sinceramente, che riguardo alla contemplazione della Trinità,
parlando apertamente, io ne posso benissimo fare a meno alla presenza di queste
magnificenze, come ne ho potuto fare a meno nel mondo. A proposito di ciò, ora
mi viene un'altra idea.
6. Se in qualche luogo si potesse
trovarsi con Cristo il Signore, e precisamente nella forma in cui Egli, a suo
tempo, è vissuto sulla Terra ed ha ammaestrato i Suoi apostoli, questo sì che
sarebbe per me, in aggiunta a tutto il resto, il massimo diletto. Poiché io
devo dirvi sinceramente un'altra cosa che mi riguarda, e cioè che la vista
della divina Trinità è, certamente, di per se stessa molto elevata, però io
sarei veramente un infame bugiardo se dovessi asserire che tale vista ha
destato, in me, del calore d'Amore. Io mi sono sempre forzato, nel limite del
possibile, ma non sono mai riuscito ad abbracciare tutte e tre le Persone con
uguale amore; poiché, se amavo il Padre, non potevo nello stesso tempo amare il
Figlio, e quando mi accingevo ad amare l'Uno, mi veniva il pensiero che ciò non
poteva venir accolto favorevolmente, né dal Padre, né dal Figlio. Se poi, io
volevo amare solo il Figlio, allora pensavo che, dal Padre, questo avrebbe
potuto non essere considerato giusto.
7. In quanto poi, allo Spirito Santo,
l'amarlo quale una Colomba, devo confessarlo, mi è costato molte lotte inutili
con il mio cuore. Infatti, in tal caso, io avrei potuto benissimo amare un
pezzo di legno, piuttosto che questa terza divina, ma quanto mai impersonale,
Persona. Lo Spirito, perciò, ricevette la minima parte delle mie preghiere, e
questo per la buona ragione che non sono mai riuscito a scorgere quale fosse la
Sua base, e che cosa potessi fare di Esso! Padre e Figlio erano sempre più
vicini al mio cuore, e se non fossero stati due, bensì o l'Uno o l'Altro solo
per se stesso, io avrei potuto amare o l'Uno o l'Altro ardentemente.
8. Ho pensato molto spesso, naturalmente
in segreto: «Oh,
se il Cristo, almeno una volta, fosse sceso dal Suo elevato trono in qualche
luogo dove avrei potuto incontrarlo da solo a solo, allora, mi sarei innamorato
di Lui, da morirne!».
Ma, con un Amore per una luce inaccessibile, o, meglio detto, con il mio amore
di così corta portata, io non ho potuto avvicinare né il Padre né il Figlio
nella Loro luce inaccessibile. Del resto, io trovo del tutto innaturale,
mandare il proprio amore a perdersi nell'infinità sconfinata, poiché l'amore
richiede un oggetto raggiungibile. Amare qualcosa di irraggiungibile, io, da
parte mia, sono propenso a considerarla una vera e propria pazzia.
9. Quando ero ancora sulla Terra, mi ero
proposto di vedere se, caso mai avessi potuto innamorarmi di una bellissima
stella. A questo scopo, per lungo tempo, io contemplai questa stella; e, ciò
facendo, feci pressione sul mio cuore, il più possibile. Credete voi che io sia
stato in grado di destare, in me, per tale stella, un vero amore, come quello
che si prova per un buon amico, o per un'amabile amica? Oh, nemmeno per sogno, questo
non mi è mai riuscito!
10. E così mi accadde anche con l'amore
per la Trinità, come pure con l'amore per il Santo Sacramento dell'altare: non
mi andò affatto meglio. Poiché, per quanto spesso facessi la comunione, e poi
indagassi il mio cuore, per vedere se ci tenessi di più al sacramento che
all'amore per mia moglie e per i miei figli, devo riconoscere, forse a mia
vergogna, che l'amore per i miei di famiglia era incomparabilmente più forte di
quello per il Santo Sacramento. Così, che io non ho mai potuto afferrare
rettamente, con il mio cuore, né la Trinità, né la Santa Eucarestia; soltanto
io mi avvicinavo a tutto ciò sempre con un segreto sacro timore; cosicché, alla
fine, io giunsi a considerare come un vero peccato, l'amare Dio con l'amore
naturale del cuore.
11. Soltanto con Cristo facevo
un'eccezione. Quando leggevo i Suoi santi Evangeli, io me Lo raffiguravo sempre
presente dinanzi a me; e, nella mia povera vita, pensavo sempre che se avessi
avuto la Grazia, come è avvenuto agli apostoli, in verità, anch'io sarei
diventato un vero apostolo, e con pochissima fatica; e per il sopraffacente
amore per Lui, avrei abbandonato moglie e figli! Oh, sì, io devo anche dirvi
che, a ben guardare e se ci ripenso, io ho fatto tutto, soltanto per amore del
Cristo evangelico, e grazie a ciò, certamente, ho pure fatto dei magnifici
sogni con il Cristo; per la maggior parte, molto soavi.
12. Per ritornare a quanto riguarda la
Santa Trinità e all'Eucarestia, io rimasi sempre, involontariamente, un
costante martire meditativo del mio cuore; poiché, per queste divine sublimità,
straordinariamente misteriose e incomprensibili, il mio cuore era come
circondato da un eterno ghiaccio polare. Però, miei cari amici, io non intendo
assolutamente influenzarvi con il mio modo di sentire, bensì, ho voluto
soltanto dare anche uno sfogo al mio cuore, in questa libera regione. Se anche
qualcuno di voi sente il bisogno di dare sfogo al suo cuore, lo faccia pure
liberamente, poiché, prima che noi raggiungeremo il palazzo che ci è stato
indicato, trascorrerà ancora un po' di tempo”.
13. Parecchi componenti la compagnia si
fanno avanti, e dicono: “Caro amico e fratello, noi ti possiamo assicurare
sinceramente che, a questo riguardo, a noi le cose non sono andate affatto
meglio. Noi credevamo a tutto, come di dovere, ed eravamo, non di rado, dei
veri stolidi, a causa di un segreto sacro timore di fronte a tali straordinarie
cose divine; e trovavamo anche noi pieno acquietamento soltanto nel Cristo
evangelico. Per questa ragione, eravamo anche spesso più portati per la
beatissima Madre di Dio, come pure per qualche altro Santo, che non per la
sublime elevatezza divina, che noi, bensì, temevamo, e non di rado, fino alla
disperazione. Ma, in quanto ad amarla, eravamo molto lontani; dato che, quello
che tanto penosamente si teme, molto difficilmente si può amare.
14. Se, in questa regione, potremo vedere
la Beata Vergine Maria e qualche altro Santo, noi non ne abbiamo l'idea,
poiché, in quel Cielo lassù, dove ci trovavamo, per quanto abbiamo scrutato
dappertutto con la massima attenzione, non ne potemmo scoprire nemmeno una
traccia. Tu, caro amico, che abitualmente hai le migliori idee, potresti dirci
qualcosa di soddisfacente al riguardo?”.
15. Il primo oratore così risponde: “Miei
cari amici, io credo che, su questo punto, non dovremmo fare troppe domande,
bensì, in primo luogo, procurare di raggiungere, al più presto, il palazzo che
c'è stato indicato, per ricevere là i promessi chiarimenti su quella Parola di
Dio, da me e da voi non compresa. E, specialmente su ciò che si riferisce a
Paolo ed a Giovanni. Poi, noi dobbiamo stabilire, quale principio base per noi
tutti - dato che la Santa Trinità è diventata per noi invisibile - di ritornare
al nostro Cristo evangelico, ed attenerci a Lui. Questo anche per il motivo che,
basandoci sul Suo detto: «Nel Regno del Padre Mio, ci sono parecchie dimore»,
questo ha molta più somiglianza con il Cielo vero ed autentico, che non quello
lassù. Ora, però, non parliamone più, poiché, guardate, il nostro supposto
servitore ci viene già incontro. Andiamogli incontro anche noi, silenziosi e
tranquilli”.
[indice]
* * * * *
In cammino verso Cristo
1. E vedete, essi sono nuovamente
assieme, ed il supposto servitore sta già chiedendo al nostro oratore, come è
piaciuto il viaggio a tutti loro; e quali osservazioni si sono scambiati
durante il tragitto. L'oratore dice: “Caro amico e fratello, dato che sei,
certamente, uno spirito di una categoria specialmente elevata, io mi limito a
citare il noto detto: «Molto rumore per nulla!». Questo è stato anche il caso
nostro. Noi abbiamo chiacchierato molto, ma però, preso tutto insieme e posto
sulla bilancia della Verità, dovrebbe pesare ben poco. Secondo me, dovrebbe
essere del tutto inutile ripetere a te, che puoi leggerci in fronte la nostra
sciocchezza, tutte le nostre stupidaggini, ad eccezione di una cosa, che per la
verità l'ho detta io, ciò che non significa, però, che possa avere qualche
importanza per questo, bensì soltanto per l'argomento trattato, cioè, per se
stesso”.
2. Il supposto servitore, allora chiede:
“In che cosa consiste, dunque, quello che tu hai detto che è importante per se
stesso? Come vedi, noi dobbiamo ancora percorrere un bel pezzo di strada, prima
di giungere al palazzo; così che tu hai tempo sufficiente per dirmelo”. Il
nostro oratore dice: “Caro amico e fratello, se hai la pazienza d'ascoltarmi,
avrei una gran voglia di comunicarti esattaeente, dal mio più profondo e intimo
sentire, in che cosa, tanto per me, che per tutta la compagnia, consista ciò
che è, per noi, della massima importanza. Tu mi fai un cenno d'assenso, e dici
che posso parlare; perciò, io voglio liberarmi completamente di tutto quello
che si trova in me. Segretamente, tali idee io le coltivavo già sulla Terra, ma
esse non erano, allora, che delle fantasie passeggere, che dovevano lasciar
sempre, di nuovo, il dovuto posto alla mia “fede cattolica”. Queste fantasie
erano, ed oggi lo sono ancora di più, della seguente natura: per prima, la
incomprensibile Trinità era, per me, collocata tanto in alto, che io potevo
fare tutto il possibile, senza per questo riuscire ad elevare l'amore del mio
cuore, interamente, fino ad Essa. E' bensì vero che io avevo una paura da far
pietà; ed un incredibile sacro terrore; però, questo era tutto quello che
sentivo per questo trino ed elevatissimo Essere. Di più non mi era possibile
ottenere dal mio cuore.
3. Quando però, contemporaneamente,
pensavo che si debba Amare Iddio sopra ogni cosa e con tutte le forze vitali, e
mi chiedevo: “E’ questo il caso, con te? Non è evidente che tu, nel tuo cuore,
ami di più tua moglie, i tuoi figli, ed alcuni tuoi amici, che non la
Santissima Trinità?”. Allora, dal profondo, io ricevevo sempre la risposta,
tutt'altro che ambigua, che infatti io amavo moglie, figli ed amici, più della
Santissima Trinità. Anzi, io devo aggiungere, con tutta sincerità, che non mi
riusciva di capire come possa essere possibile ad un uomo, amare questa
Trinità, poiché, più io volevo estendere questo amore, e tanto più mi
persuadevo quanto l'uomo non sia capace di amare ciò che è troppo grande.
4. Anzi, io ho tentato di provarlo in
me, con ogni sorta di pensieri sperimentali. Una volta, pensai fra me: «Potresti tu amare la donna più bella
del mondo, se essa fosse alta il doppio di un campanile?». Io mi raffigurai, nella mia
fantasia, una tale donna il più possibile viva; e Dio sa come avvenne: se ciò
dipese dalla forza della mia immaginazione, o dall'aiuto di qualche spirito, in
breve, io scorsi effettivamente l'apparizione di una figura femminile
immensamente grande. Da quanto rammento, questa figura era, nelle sue
proporzioni, veramente bella, però, invece di destare nel mio cuore un
sentimento d'amore, s'impadronì di me uno spavento veramente infernale,
cosicché, grazie a quella esperienza, io ho imparato, praticamente, che il
cuore dell'uomo non è fatto per amare cose troppo grandi; e sente, invece,
dinanzi ad esse, un grande spavento, come un bambino pauroso che veda per la
prima volta un eroe coperto di una completa armatura.
5. E così, ho pure chiesto al mio cuore,
se avrei potuto amare un monte, o tutta la Terra. Io tentai anche di destare,
nel mio cuore, tale sentimento, ma fu come se un uomo, non abbastanza robusto,
dovesse sollevare un peso sproporzionato alle sue forze. Io mi feci presente,
in occasione di tali tentativi, alcuni grandi eroi, e mi chiesi: «Costoro devono aver amato
ardentemente tutta la Terra, per aver tanto lottato per la sua conquista?». Il mio cuore però mi rispose: «Tali esseri non hanno amato la Terra,
bensì soltanto se stessi; poiché essi non volevano essere i padri, oppure i
figli, bensì soltanto i signori e dominatori della Terra». Quando scoprii ciò, io trovai anche
il mio principio base, tanto più rafforzato, e scorsi, ancora più chiaramente,
che l'uomo non può mai abbracciare con il suo amore, ciò che, in rapporto a
lui, è troppo grande. Una volta volli innamorarmi di una stella, ma anche
questo non funzionò, poiché essa era troppo lontana da me; e, in questo
tentativo d'amore, ero simile ad un pesce fuori d'acqua, che boccheggia
continuamente per l’acqua, ma tuttavia neppure una goccia passa attraverso le
sue branchie. Con questi strani esempi d'amore, io ho messo, in molti modi,
alla prova il mio cuore, ma restai sempre con un pugno di mosche.
6. E lo stesso avvenne con l'amore per
la Santissima Trinità; anzi, potrei affermare che le cose andavano ancora
peggio; dato che, con le dette prove d'amore, ad eccezione per l'apparizione di
quella donna gigantesca, io non avevo paura; mentre io temevo, sempre
enormemente, la Trinità. Perché io conoscevo questo Sommo Essere, secondo la
mia fede, soltanto quale un giudice severissimo ed inesorabile, che dimostra la
Sua Grazia all'uomo, soltanto dopo una breve vita sulla Terra; sempre che la
trascorra nella più rigida penitenza. Però, una volta che l'uomo muore, anche
questa parca Grazia cessa, e, al peccatore, non è riservata che l'eterna
dannazione; e, se va un po' meglio, un Purgatorio orribile e spaventoso. Del Cielo,
prima del Giudizio Universale, non è il caso di parlare. Quando questo verrà,
non lo sanno nemmeno gli angeli, con tutta la loro sapienza. E' vero che dopo,
è promessa una beatitudine eterna, sullo stampo di quella che abbiamo gustato
noi, ultimamente.
7. Se tu, dunque, caro amico, riassumi
tutto ciò, cioè, per primo, la natura del tutto speciale, piena di mistero ed
incomprensibile della Trinità di Dio; secondo, l'inesprimibile severità di
giudice di questo Essere; e terzo, l'Inferno, il Purgatorio, il Paradiso, il
Giudizio Universale; e, in aggiunta a tutto ciò, quarto, quell'eterno Cielo da
fannulloni e divoratori, associato ad un eterno riposo, vorrei proprio
conoscere il cuore, che sia pure con molto sforzo e violazione dei suoi
sentimenti, potesse provare, per un Essere divino di tal genere, il più ardente
Amore!
8. Con il numero “uno”, caro amico,
sarei a posto; ora abbiamo un numero “due”, che non è molto migliore, ed è
l’altrettanto pieno di mistero sacramento dell’altare. In questa occasione, io
voglio soltanto renderti attento, da parte mia, solo su un pensiero sciocco.
Vedi, la nostra dottrina ci mostra nell'Ostia, infallibilmente ed
incontestabilmente, la Divinità completa. D'altra parte, però, c'è una quantità
di chiese ed in ogni chiesa una quantità di Ostie. Se, ad esempio, parecchi
sacerdoti leggevano contemporaneamente la Messa, e non di rado quasi nello
stesso momento transustanziavano, amico, questo mi costava non di rado una
rilevante lotta, giacché io dovevo veramente raffigurarmi in ogni Ostia il Vero
e proprio Essere divino, e Questo quale un Essere completo e non suddiviso.
Qual era allora per me la conseguenza di tale raffigurazione? Io, davvero, non
potevo trattenere il pensiero di molti déi, ed in particolare quando io vi
riflettevo ed anche, allo stesso tempo, con i miei occhi vedevo che
nell’esposto reverendissimo si trovava un perfetto Dio, poi uno, ugualmente
perfetto, era mostrato da molti sacerdoti anche nella transustanziazione in cui
io dovevo necessariamente immaginarne una completa comunione-ciborio di altri
cento déi.
9. Ora immaginati che, proprio spesso,
questo era quello che provavo, specialmente quando volevo accogliere una di
tali Ostie con tutto il mio amore. Alla vista, da me immaginata, delle tante
Ostie, io non potevo assolutamente raffigurarmene una soltanto ed ero così
costretto a non amarne quasi nessuna. Alla meno peggio, ciò mi riusciva ancora
con quella che si trovava nell'ostensorio, poiché essa vi si tratteneva più a
lungo. Quanto ora descritto è ancora quanto di meno sciocco pensavo e sentivo
in me. Però, un'altra cosa si è impadronita in me e mi era impossibile
digerirla; io ti prego, però, se te la comunicherò, di non ridere troppo di me.
10. Ecco di che si tratta: quando io
guardavo una così completa Ostia-Dio, mi veniva il seguente pensiero che mi
faceva disperare: se questo è un vero Dio completo, come mi insegna la mia
religione, come stanno allora le cose in Cielo con il Dio vero e proprio? Deve
Egli discendere ogni volta interamente o, mentre nel frattempo il Padre resta
in Cielo, è soltanto il Figlio che discende, oppure è lo Spirito Santo che
sbriga questo servizio?
11. A questo riguardo, io ho sottoposto
perfino delle domande, ma non ho ricevuto mai altra risposta, se non che questo
era un impenetrabile mistero divino, e che il soffermarvi sopra il pensiero,
era quasi già uno dei peccati più gravi che, insistendo, poteva diventare,
facilmente, un peccato contro lo Spirito Santo.
12. Ad una tale risposta, io fui
costretto a rinunciare, per quanto possibile, a quei miei sciocchi pensieri;
poiché vedevo chiaramente, che, sulla Terra, non avrei potuto ottenere nessuna
spiegazione, e mi consolavo, pensando al mondo spirituale. Certamente, pensavo
anche alle Parole del Cristo, che aveva detto soltanto: «Questo è il Mio Corpo», ma non la Sua Divinità. Ma anche
questo pensiero mi era di poca utilità. Mi sentivo meglio, quando io, sotto
queste parole, mi raffiguravo un Pane vivente dai Cieli, il quale può dare,
all'uomo credente, un cibo per la Vita eterna; e vissi in questa fede, come
meglio mi fu possibile, fino alla mia fine terrena.
13. Questa sarebbe, dunque, la mia
fantasia numero due. E ora ne segue una terza, e questa riguardava il Cristo
evangelico. Di questo Cristo, devo confessarlo sinceramente, io ero
costantemente innamorato, come una Maddalena. E dopo aver avuto di Lui alcuni
sogni, e con il tenere sempre presente alcune scene del Suo peregrinaggio
terreno; devo dirlo, il mio cuore era sempre infuocato. Io non so come ciò
avvenisse, ma potevo fare qualunque cosa, senza riuscire, assolutamente,
malgrado la dottrina cattolica, a considerarlo un Giudice inesorabile. Infatti,
la scena con il ladrone, sulla Croce, il modo in cui Egli, morente, chiede al
Padre di perdonare ai Suoi oltraggiatori e crocifissori. Poi, la parabola del
figliol prodigo, quella del buon Samaritano, poi quella del gabelliere e del
fariseo nel Tempio, dell'adultera ed altre simili in gran numero formavano una
specie di solida muraglia, contro la quale nulla poteva la mia credenza
cattolica in un giudice. E perciò, io mi immaginavo anche un Cielo, alla mia
maniera, e precisamente:
14. «Se nell'aldilà ci fosse un luogo
simile ad una bella regione sulla Terra, nel quale si avesse l'inesprimibile
felicità di trovarsi insieme al solo Cristo e venir ammaestrati da Lui, e
ricevere anche da Lui, quale un discepolo, un incarico da svolgere nell'Amore,
questo sarebbe, davvero, un Cielo tale, che nessun mortale potrebbe immaginarne
uno più bello, più felice e più elevato».
15. Io ho pure pensato, molto spesso che
se fosse possibile avere così il Cristo, magari anche saltuariamente, anche la
più misera capanna sarebbe, per me, il più alto dei Cieli! Anzi, non di rado
pensavo: «Se avessi soltanto Te, o amatissimo Cristo del mio cuore, io non
chiederei né un Cielo, né una Terra beata!». Vedi, caro fratello ed amico,
queste sono le mie fantasie; i pensieri non pagano dazio, e, a conti fatti,
tutto avviene, poi, come Iddio vuole! Rifletti quanto vuoi, su quanto ti ho
detto; e se, da tutto ciò, tu puoi trarre qualcosa per il nostro
ammaestramento, sarà utile e buono. Se, invece, questo non è il caso, allora
avvenga come sempre, e soltanto la Volontà dell'Onnipotente Trino Iddio!”.
16. Il supposto servitore sorride al
nostro oratore e gli dice: “Ascolta amato amico mio; le tue fantasie sono
migliori di quanto tu possa immaginarti; specialmente la tua terza fantasia è,
incontestabilmente, la migliore. Vedi, è vero che, nella Divinità, ci sono
delle cose e delle situazioni eternamente imperscrutabili; delle vie e delle
deliberazioni che nessun essere creato sarà mai in grado di comprendere. Però,
riguardo al tuo Amore per il Cristo, in breve, ti verrà fatta luce piena. In
anticipo, posso soltanto dirti che tu, e tutta la compagnia, sarete sicuramente
resi partecipi al più presto, del Cielo immaginato dalla tua fantasia! Dato,
però, che ora siamo proprio dinanzi alla porta del palazzo, entriamoci, e là tu
avrai altre spiegazioni.
[indice]
* * * * *
Il palazzo della vita della società
Il seme per il Regno Celeste: la
Parola di Dio
1. Ora, guardate come la nostra
compagnia sosta dinanzi alla porta, meravigliosamente incorniciata e tempestata
di diamanti e rubini, mentre questa è d'oro purissimo. L'oratore principale si
esprime dinanzi al supposto servitore: “Ma caro amico, questo è veramente
troppo, poiché, per poco che me ne intenda, io potrei quasi dire che il valore
di questa porta, calcolato sulla base del valore terreno, dovrebbe superare,
indubbiamente, quello di tutti i tesori e le ricchezze di tutta la Terra.
Infatti, in primo luogo, questa porta dovrebbe essere alta per lo meno tre
klafter e, oltre a ciò, è anche oltremodo massiccia. Io passo sopra al valore
dell'oro, ma i diamanti ed i rubini, grossi come pugni, sono inestimabili!
2. Il più ricco imperatore non potrebbe
comperarne nemmeno uno, e qui ce ne sono parecchie centinaia! Qual è lo scopo,
qui, di un tale spreco?”. Il servitore risponde: “Caro amico, lascia andare;
presso Dio non esiste spreco. Hai mai tu contato tutte le stelle del Cielo,
parecchie delle quali sono un milione di volte più grandi della vostra Terra, e
che brillano tutte di luce propria? Diresti, anche a tale riguardo, perché tale
spreco di Soli nell'incommensurabile Universo?
3. Vedi, il Signore è ricco abbastanza,
ed i Suoi tesori non si possono misurare. Perciò, questo piccolo ornamento non
può assolutamente venir considerato uno spreco, mentre esso è, su questa porta
d'entrata, del tutto adatto allo scopo e pieno di significato, e ti mostra
quanto del Vero della Fede e del Regno dell'Amore ci sia in te. Il portone
d'oro sta, invece, ad indicare la tua condotta durante la vita terrena, in
seguito al vero della tua fede, e nell'attività del bene del tuo amore, così
che, ora, varchiamo la soglia di questa porta, e passiamo nel palazzo”.
4. Ed ecco, ora entrano tutti; andiamo
anche noi, affinché possiamo essere subito presenti, quando ci sarà una scena
importante. Guardate un po' il nostro oratore, come si guarda intorno, tutto
stordito, e, con lui, tutti gli altri. Quale ne è la causa? Voi lo potete
facilmente indovinare: il fatto è, che il nostro buon oratore, ora, non vede
più nulla di tutto il palazzo, bensì, egli si trova a lato del supposto
servitore, sotto un grande tempio a dieci colonne. Colonne che sono di puro diamante,
mentre le basi sono d'oro; ed i capitelli d'oro trasparente, il tetto di
rubini, ed il pavimento di lastre d'ametista. Guardando fuori del tempio, da
tutti i lati, si scorge una pianura che si estende all'infinito, mentre qua e
là ci sono delle collinette, ornate da templi, del tutto simili a quello dove
ora essi si trovano. La pianura stessa, però, è coltivata dappertutto con
splendidi alberi da frutto di ogni sorta, e tutto è tanto bene ordinato, come
se fosse stato disposto da un famosissimo giardiniere, provetto nell'arte sua.
5. Ascoltiamo, ora, il nostro oratore,
cosa ha da dire, e quale risposta dà al supposto servitore, alla domanda da
quest'ultimo rivoltagli, cioè come gli piaccia l'interno del palazzo: “Mio caro
amico e fratello, che specie di canzonatura celeste, di nuovo, è questa? Io mi
ero già formato, nella mia fantasia, un'idea delle splendide stanze del
palazzo, e, non appena oltrepassata la soglia, tutto il palazzo è stato come
soffiato via! Al posto del palazzo, ora sta questo tempio, che è certo
inesprimibilmente splendido, ed intorno ad esso, in tutte le direzioni, si
estende - al posto delle stanze del palazzo da me già immaginate di rara
bellezza - una regione infinita di indescrivibile splendore. No, no, questo non
mi sembra proprio giusto, e chi è capace di spiegarlo, dovrebbe essere nato
almeno diecimila anni prima di Adamo! Infatti, nessuno dei figli di Adamo
dovrebbe essere all’altezza di poterlo fare. Dimmi dunque, mio caro amico e
fratello, ci capisci, almeno tu, qualcosa?”.
6. Il presunto servitore così risponde:
“Non preoccupartene, io ti farò solamente un paragone; e tu, sulla base dello
stesso, verrai ben presto in chiaro; dunque, fa attenzione! Se tu, quando
peregrinavi ancora sulla Terra, hai osservato un seme, tu lo avrai visto sempre
nella sua semplice forma. Però, tu prendevi il seme e lo piantavi nel terreno.
Ben presto il seme s’infradiciava nella terra, ma al posto del seme, fuori dal
terreno, cresceva una magnifica pianta, la quale assorbiva, quasi
contemporaneamente, i tuoi sensi. Allora tu ti dicevi: «Oh mio Dio, com'è possibile ciò! Era
tutto questo già presente nel seme?». Così chiedevi tu, e il tuo
sentimento e la tua ragione ti dicevano: «Come si sarebbe formato tutto ciò
così, se nel seme, non fosse stata già presente la causa prima?». E tu, perciò, trovavi che la
magnificenza interiore di un seme era infinitamente maggiore che la precedente
apparenza nuda del seme stesso.
7. Eh, mio caro amico, non ha il grande
Maestro dell'Umanità paragonato, una volta, il Regno dei Cieli ad un granello
di senape? Tu dici: «Sì,
questo lo so molto bene!».
Ora, vedi, il granello di senape, è la Parola di Dio nella sua forma letterale
esteriore; quando, invece, questa Parola viene posta nel terreno del cuore,
essa si sviluppa e diventa un vero e proprio albero, sotto i cui rami dimorano
gli uccelli del Cielo. Che cos'è effettivamente l'albero? L'albero è
l'interiore riconoscimento spirituale della Parola, e “gli uccelli” stanno a
significare il celestiale o divino, dunque lo Stato originario da cui la Parola
è provenuta.
8. E così, tutto l'insieme dell'albero,
significa, la Sapienza che sorge dall'Amore; e che tale sapienza soltanto è in
grado di riconoscere il celestiale o divino. Quando l'albero ha raggiunto la
sua maturità, non darà una ricchezza di semi mille volte maggiore? E se tu
spargi nuovamente nel tuo terreno tale abbondanza di semi, non crescerà, per
te, già un abbondante raccolto, dato che tu, al posto di uno, ne vedrai
crescere, nel tuo terreno, mille di tali alberi? Tu dici: «Oh, sì, ciò è più che certo!». Ed io ancora ti domando: «Hai tu osservato, nel primo semplice
seme, tutti questi innumerevoli prodotti?». Ecco, così stanno appunto, le cose
anche con il Cielo.
9. Tu non puoi entrare in nessun Cielo,
come luogo, bensì, il tuo Cielo devi prepararlo da te stesso. Il seme, per il
Regno dei Cieli, è la Parola di Dio; chi l'accoglie in sé, e si rende attivo a
seconda di Essa, quegli ha posto questo Seme Celeste nel suo vero terreno, e da
questo Seme, germoglierà un Cielo, al pari di un albero.
10. Ed ascolta ancora: quando noi siamo
giunti alla porta del palazzo, tu lo vedesti ornato di diamanti, perché avevi
accolto la Parola in te, e di rubini, perché avevi operato secondo la stessa.
Però, questi erano, ancora, dei granelli di semente esteriori; il palazzo, nel
suo insieme, raffigurava tutta la tua vita, e da ciò, la porta con i diamanti
ed i rubini, che tu avevi costruito in te stesso per mezzo della Parola di Dio,
quale la porta di entrata.
11. Noi oltrepassammo quella soglia; che
cosa sta ciò a significare? Vedi, nient'altro se non che noi siamo entrati
nell'interno, cioè nell'intimo tuo, come in quello di voi tutti qui presenti,
oppure che noi siamo penetrati nell'intimo significato della Parola. La Parola,
però, non è un termine vuoto, e non è neppure, nel senso matematico,
perfettamente esatta, come se qualcuno dicesse: «Uno più uno eguale a due»; bensì la Parola è un mezzo
esteriore per esprimere l'essenzialità interiore. E tutto quello che tu scorgi
qui, ed ancora infinitamente di più e maggiormente profondo, è già così
presente, perché creato nella Parola divina, nello stesso modo come in un unico
seme, una quantità infinita di piante e di alberi, insieme ai loro frutti, come
già esistenti, perché già creati! Vi è una sola differenza, e cioè che il seme
dà sempre soltanto quel che porta in sé, senza nessuno speciale cambiamento di
forma; mentre la Parola di Dio, quale seme del Cielo, si manifesta in
un’esprimibile varietà. E perché? Perché la Parola di Dio è un seme completo e
perfetto. Ora, mio caro amico, io ritengo che, se tu fai ben attenzione a tutto
ciò, comprenderai, con poca fatica, questa presente apparizione”.
12. Il nostro oratore dice: “Oh caro
amico, tanto a me, che, certamente, a tutti gli altri, credo incominci ora per
noi a farsi strada una nuova e magnifica luce, e quando penso ai miei
precedenti concetti del Cielo, gli stessi mi fanno il medesimo effetto di certi
sogni notturni, ai quali si riandava, talvolta, con il pensiero, in pieno
mezzogiorno! Quale pienezza deve esserci nella Parola del Signore, se già il
primo germoglio del granello di senape, ci mostra ora tanto! Certo, ora io
comprendo anche il testo che così dice:
13. «Il
Regno di Dio non si manifesta con sfarzo esteriore, bensì questo lo si trova dentro
di voi, cioè, nel vostro intimo». Oh, sì, ora parecchie altre cose mi
risultano chiare, ed incomincio ad afferrare per quale ragione tu, lassù, in
quel vero e proprio Cielo illusorio, hai apparentemente attribuito a Giovanni
un testo di Paolo! Paolo, a sua volta, è pure una porta, dinanzi alla quale si
trovano, nella massima pienezza della magnificenza, i semi della Parola di Dio;
ma, da Giovanni, oh sì, da tutto Giovanni brilla la pienezza della Divinità in
Cristo, nella Sua Essenza! Con questo, io intendo dire che Paolo effettivamente
parla di quanto da te citato in un suo testo. Ciò mi sembra come un seme;
mentre Giovanni lo esprime nella pienezza, e questa è già una pianta. Ho, sì o
no, ragione?”.
14. Il supposto servitore dice: “Sì, tu
hai ragione e quello che tu vedi è già il primo germoglio; e se tu vuoi vedere
il primo sviluppo di questo primo germoglio, entra sempre più profondamente
nella tua terza fantasia, così allora tu raccoglierai, ben presto, i frutti di
questa splendida piantagione, nella sua piena maturità!”.
15. E l'oratore osserva: “Certo, caro
amico, tu hai perfettamente ragione; ora, non mi manca nulla, all'infuori di
quest’Unico Essere da me amato sopra ogni cosa; cioè il Cristo! Se, anche
soltanto una volta, io potessi averLo a portata di mano, potrei dare libero
sfogo al mio cuore, in un modo che nessuno potrebbe nemmeno immaginare”.
16. Il supposto servitore dice: “Rimani
soltanto in questa tua attuale disposizione di spirito, poiché io ti dico che
tu sei molto più vicino a questo sfogo, di quanto tu supponi! In verità, se tu
saprai afferrare Cristo dal vero verso, Egli sarà anche presso di te!”.
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* * * * *
Il desiderio ardente di Dio
Un esame d'Amore e poi la santa Meta
1. E il nostro oratore dice: “Caro amico
e fratello, queste tue ultime parole hanno, certamente per se stesse, un tono
quanto mai confortante; soltanto io vorrei osservare che fino a tanto che il
Cristo non si trova dinanzi a me, si ha un bel dire di afferrarLo per il giusto
verso. Per quanto riguarda il mio cuore, io l'ho già da tempo afferrato, e
così, ugualmente, tutta la compagnia; tuttavia, il Caro Cristo non ha voluto
lasciarsi afferrare da noi, nella Sua essenza, e ora noi tutti ardiamo per Lui.
Noi vorremmo afferrarLo e per il tantissimo Amore non lasciarLo mai più, per
l'eternità; soltanto che a noi, per realizzare questa impresa quanto mai
beatificante, non manca che l'Oggetto stesso d'afferrare, che in questo caso è
la cosa principale!
2. Oh, sarebbe una buona cosa, caro
amico, anzi superbuona, afferrare il Cristo con tutte le nostre forze; tutto il
mio essere e le mie mani Lo ambiscono con beatitudine, ma qui Egli deve essere
o per lo meno farsi trovare in qualche luogo, in questa regione! In verità, se
dipendesse da me, non m'importerebbe affatto di venir gettato fuori da mille
Cieli, per Amor Suo, per non parlare del Cielo che sta qui sopra e per il quale
è già cosa fatta. E se solo avessi la certezza che dopo essere stato gettato
fuori la millesima volta dai Cieli, io cadrei proprio ai Piedi di Cristo. Ma se
di ciò non sono pienamente certo, il mio Amore per il Cristo equivale più o
meno ad un inutile boccheggiare, in cerca di questa beatificante Aria della
Vita, quando ci si trova in una sfera in cui, di tale Aria Vitale, ce n'è ben
poca, o niente affatto”.
3. Il supposto servitore dice: “Hai tu
dunque, qui, poca aria da respirare, dal momento che tu parli come se dovessi
boccheggiare in cerca di aria vitale?”.
4. Il nostro oratore risponde: “Mio caro
amico e fratello, io non vorrei che tu fraintendessi quanto da me detto, poiché
c'è una duplice aria della vita, secondo il mio intendimento. L'aria per i
polmoni, qui, è più che a sufficienza. Il cuore è anche un organo elevato che
ha molto bisogno di respirare; cioè, per come la capisco io, esso deve espirare
Amore ed anche perciò inspirare Amore.
5. Vedi, quando io vivevo sulla Terra
ancora da uomo, io ero, come già una volta accennato, fortemente innamorato di
una ragazza. Per i miei polmoni, in tale occasione, io avevo dappertutto aria
sufficiente per respirare; però, quando io non mi trovavo vicino all'oggetto
del mio amore, mi sentivo soffocare, malgrado la grande abbondanza d'aria.
Quando, invece, io ero vicino all'oggetto del mio amore - non devi volermene se
qui uso dei termini non adatti - allora l'aria diventava, per me, del tutto
simile a dell'etere profumato.
6. Vedi, qui mi succede la stessa cosa,
e, certamente, questo è il caso dell'intera compagnia, perciò ti dico: «Spazza
via tutte queste magnificenze celesti e poni in questo luogo, dove si trova
questo lussuoso tempio, una comune capanna di contadini; dammi, in sostituzione
di queste lussuose vesti, un ordinario vestiario di campagnolo e al posto di
tutti questi viali, fiancheggiati da maestosi alberi fruttiferi, mettici degli
alberi stenti e un campicello di grano, ma aggiungi a tutto ciò il Cristo e tu
mi renderai molto più felice, come se in aggiunta sorgessero ancora mille altre
regioni, altrettanto splendide.
7. Anzi, io voglio dirti ancora di più
su quanto riguarda il mio cuore; se una simile situazione fosse possibile, io
sarei inesprimibilmente più felice e beato nel più misero angolo della Terra,
anche se avesse l'aspetto dell'anticamera dell'Inferno o perfino nell'Inferno
stesso, se io potessi essere con il Cristo, che non senza la Sua Reale
Presenza, umanamente visibile, nel più elevato e più meraviglioso Cielo! Io
credo, caro amico e fratello, di aver parlato molto chiaramente»”.
8. Il nostro supposto servitore dice:
“Mio caro amico, ti ho compreso benissimo, soltanto mi sembra che tu, il tuo
amore per il Cristo, lo metta alla stessa stregua del tuo sensuale amore
mondano. Secondo me, l'Amore per il Signore dovrebbe essere del tutto diverso
da quello per una futura sposa e, perciò, son dell'opinione che, fino a che tu
non separerai tale amore nel tuo cuore, non amerai il Cristo nel modo giusto;
e, fino a tanto che tu non l'amerai nel modo giusto, ritengo che il Cristo ci
penserà prima di apparirti e di venire a te”.
9. Il nostro oratore principale dice:
“Mio caro amico, questo è più facile a dirsi che a farsi. Metti nel mio cuore
ancora un secondo amore, che sia sicuramente più degno del Signore di questo
che è là nel quale io ora vivo, ed io lascerò subito andare il primo. Però, io
credo che se ho riunito ora tutto il mio amore in me, anche quello che sentivo
un tempo per mia moglie, e se ho dedicato segretamente tutto questo amore
riunito, già da lungo tempo, soltanto al Signore, cosicché possa dire dal più
profondo della mia vita: «Io ho rinunciato per il Cristo a tutto quello che
avevo», non posso per il momento fare nulla di più. Se, però, tutto questo
amore è semplicemente indegno del Signore, allora, come ti ho detto or ora, io
non posso procurarmene un altro più degno a nessun prezzo. Però, io non posso
nemmeno credere che il Signore voglia essere amato da noi con un altro amore
che non sia proprio quello che Egli stesso ci ha posto nel cuore.
10. Se poi pensi a tutti i prediletti del
Signore, che Gli erano vicini durante la Sua Vita terrena, mi risulta che Gli
sono stati più cari quelli che lo hanno amato con il comune amor filiale del
cuore. E così, il Suo prediletto era Giovanni che, certamente, ha baciato
spesso il Signore e che, nell'Ultima Cena, si è letteralmente appoggiato al Suo
Petto, in un impeto d'Amore. E lo stesso era il caso con Maria, sorella di
Marta, e come pure con Maddalena, che era innamorata di Lui; e che, proprio in
seguito a questo grande Amore, è stata la prima a vederLo, dopo la
Risurrezione.
11. L'esempio più vivente e più palpabile
lo ha dato Lo stesso Cristo, quando portarono a Lui i bambini, ed Egli disse: «Lasciate i pargoli venire a Me, e non
impedite loro di avvicinarsi, poiché a questi appartiene il Regno dei Cieli!».
Vedi, è cosa certa che i bambini non sapevano nulla di un amore più elevato e
più degno del Signore, bensì essi si strinsero intorno al Signore del Cielo e
della Terra con il loro amore filiale naturale e, tuttavia, dopo di ciò il
Signore disse, rivolto ai suoi apostoli e discepoli: «Se voi non diventate come questi piccoli fanciulli, non entrerete nel
Regno dei Cieli!».
12. Vedi, caro amico, questo mi dà
pienamente il coraggio di amare il Signore con il mio naturale amor filiale o
infantile, e chissà che a Lui questo mio amore, per se stesso oltremodo
semplice, non sia più gradito, considerato dal mio punto di vista, che non se
L'amassi col purissimo amore di un serafino, anche se lo possedessi! In verità,
a questo riguardo, io non farei certo del mio cuore una cassa di risparmio
dell'amore; come stanno invece le cose, io devo esclamare col caro apostolo
Pietro: «Mio Caro Cristo, vedi, nel mio cuore non ho né oro né argento, però
quello che ho io vorrei darlo tutto a Te, se io soltanto Ti avessi!»”.
13. Il nostro supposto servitore apre le
Sue Braccia e dice all'oratore e, attraverso di lui, a tutta la compagnia: “Mio
amatissimo amico e fratello, non ti ho Io dunque detto: «Afferra soltanto il
Cristo nel suo giusto verso ed Egli sarà qui!». E tu l'hai afferrato, e perciò
è avvenuto quello che ti avevo detto, poiché il Cristo ti si è avvicinato e,
d'ora in poi, non uscirai più dalla Sua Compagnia, per l'eternità; e così,
dunque, tu puoi abbracciare il tuo Cristo, secondo il desiderio del tuo
cuore!”.
14. Il nostro oratore principale, con
l'animo tutto eccitato nel suo amore, chiede a colui che egli ritiene sempre
sia il noto servitore: “Oh, caro amico, dove, dov’è Egli dunque, cosicché io e
tutta la mia compagnia possiamo cadere ai Suoi Piedi?”.
15. E il supposto servitore dice: “Amici
e fratelli, Egli si trova qui, dinanzi a voi: ecco, sono Io Colui che voi avete
cercato nel vostro cuore. Io, però, ero presso di voi già lungo tempo addietro,
e vi ho cercati e portati qui. Dunque, venite qui, ed Io vi porterò dove dimoro
fra coloro che Mi amano, come voi Mi amate; poiché, in verità, Io non domando
né oro né argento, bensì del puro Amore filiale Io chiedo! Per quanto a
sontuosità e splendore, sta nella Mia Potenza adornare in modo meraviglioso
tutta l'Infinità!
16. Invece, Io sono per voi un vero
Padre, figli Miei cari; e, perciò, i vostri cuori, nella loro filiale
semplicità, valgono per Me molto di più di tutte le magnificenze dei Cieli!
Dunque, seguiteMi!”.
17. E, vedete, come ora tutto è cambiato.
Tutti i componenti la nostra compagnia circondano il Signore; ognuno Lo ama, e preme
il suo cuore verso il Padre, come fanno i bambini quando non vedono i loro
buoni genitori per un tempo abbastanza lungo. E il Signore li guida come un
buon Padre, ed insegna loro, Egli stesso, a conoscere le sue meraviglie.
Guardate quanta beatitudine irradia ora dalla faccia di tutti, ed il nostro
oratore non può trattenere ancora un’esclamazione: “Oh, quale viaggio è questo,
in cui il Padre Santo conduce i Suoi figli là, dove Egli dimora!”.
[indice]
* * * * *
Arrivo nel Mattino eterno
Limitatezza dell'Onnipotenza divina
nell'educazione dell'animo umano
1. Voi chiedete ora, se noi dobbiamo
aggregarci ulteriormente a questa compagnia. Ed io vi dico che ciò è
necessario, poiché voi dovete seguire l'intero decorso, dal principio alla
fine; dato che, attualmente, tutti costoro sono troppo beatamente sorpresi, e
troppo presi dall'amore per il Signore, e che, appena nel giusto posto ed al
giusto momento, tale primo violento scaturire del sentimento d'amore potrà
venir regolato, ed allora il nostro oratore non mancherà di attingere
chiarificazioni su parecchie cose, alla migliore delle Sorgenti.
2. Infatti, questa è una particolarità
dei migliori romano-cattolici, cioè che essi giungono nel Regno degli spiriti,
profondamente assetati di Luce; e, come nel caso attuale, anche nel vero Cielo,
così che essi hanno pronta un’infinità di domande, per poter illuminare tutti
quegli angoli che, durante la loro esistenza, sono stati lasciati nelle più
profonde tenebre.
3. Guardate, noi siamo già abbastanza
vicini al giusto posto; la zona delle basse colline, a noi ben nota, ci sorride
già; ed il Sole di questo Cielo si trova molto basso, e manda una meravigliosa
luce che tende al rosso; anche la nostra compagnia sta osservando tutto ciò, e si
meraviglia della semplicità di questa regione che s'apre dinanzi ad essa.
4. Ed ecco, qui c'è già la ben nota
casetta, ed anche i suoi abitanti non ci sono scgnosciuti. Guardate come
s'affrettano ad andare incontro al Padre ed a coloro che lo seguono, quanto mai
gioiosi nel loro amore, e pieni del massimo diletto, alla Sua vista.
5. Ed anche il Padre li accoglie a
braccia aperte, e dice loro: “Guardate un po' qua, quanto più ricco Io sia
diventato nuovamente. Ogni lavoratore è meritevole della sua mercede; come vedete,
anch'Io ho lavorato, e perciò, porto con Me, la Mia mercede. Io porto qui,
nuovi fratelli e nuove sorelle, e ad essi è concesso di stare a intorno a Me,
al pari di voi; affinché la Mia Parola venga compiuta eternamente; cioè, Dove
ci sono Io, là devono essere anche i Miei collaboratori, e coloro che Mi Amano
devono dimorare presso di Me!”.
6. A questo punto, il Signore si rivolge
al noto oratore, dicendogli: “Dunque, mio amato figlio, fratello ed amico,
guarda, questo è il mio posticino: come ti piace?”. Il nostro oratore si
raccgglie un po', e poi dice: “Oh, Signore, come puoi chiedermi una tal cosa?
Sarebbe più naturale che io domandassi a Te come ti piace qui? Infatti, per
quanto mi riguarda, mi piacerà sempre infinitamente, e più di ogni altro luogo,
dove sei, dove abiti e dove piace di più a Te.
7. In verità, questo luogo ha lo stesso
aspetto di quei luoghi che noi, poveri contadini, avevamo sott'occhio sulla
Terra; soltanto che qui si gode di una magnifica vista! Laggiù, quella pianura
si estende all'infinito, ed è ornata con una sontuosità inesprimibile! Città,
ed enormi palazzi d'una grande magnificenza, ce ne sono in numero da far
tremare, mentre, dalla parte opposta, cioè davanti a noi, questa splendida
regione collinare, con le sue piccole casette, sembra non aver fine, per
l'eternità.
8. Da che cosa dipende che la pianura,
laggiù, appaia tanto indescrivibilmente più sontuosa, di questa zona collinare?
Però, io sono un gran chiacchierone, appena adesso mi accorgo che mi sto
perdendo in mille domande, perciò, o Padre, perdonami!”.
9. Il Signore prende per mano l'oratore,
e gli dice: “Guarda, nella regione là sotto, generalmente, abitano uomini che,
in seguito alla sola loro fede in Me, hanno condotto una vita completamente
giusta. Fra di loro vi sono, per la maggior parte, i cosiddetti protestanti, ed
altre sette cristiane. Più lontano ancora, dimorano i pagani, che nel mondo
hanno vissuto rettamente secondo la loro fede, e, soltanto qui, hanno accolto
la fede in Me. Ed ancora più in fondo, in quella parte che sta fra il
Mezzogiorno e l'Occidente, c'è la dimora di quei fedeli crisitano-cattolici,
che si chiamano, in parte, romani, in parte, greci, ma che qui non si sono
potuti purificare completamente dei loro errori, senza danno per la loro vita e
la loro libertà. Non che per questo non siano beati, anzi, essi godono di una
grande beatitudine e non sono confinati nella loro zona; al contrario, essi
possono fare dei progressi, in seguito ad un maggiore approfondimento sul reale
e Vero basilare (originario).
10. Tu vorresti sapere in che cosa
consista un tale errore! Vedi, esso consiste nell'accettare la fede come un
obbligo, per timore di Dio, e poi vivere fedelmente secondo questa fede. Chi
così crede, non può giammai amare Dio, perché Lo teme troppo. Questa paura
esagerata di Dio è appunto l'errore che non si può togliere loro, tanto
facilmente, senza danno per la vita o la libertà. Tu, naturalmente, pensi fra
te: “Come può esprimersi così l'Onnipotente?”. Vedi, quando si tratta della
piena libertà di un essere, Io stesso devo tenerMi da parte con la Mia
Onnipotenza; poiché, se la usassi, sarebbe l'immediata rovina dell'essere, ed
Io avrei, anziché dei figli liberamente viventi, pensanti e operanti, delle
vere e proprie macchine giudicate, che si muoverebbero secondo la Mia Volontà,
però mai spontaneamente. Perciò, Io posso far uso della Mia Onnipotenza, in
primo luogo, soltanto quando essa è assolutamente necessaria, e, in secondo
luogo, quando non limita, in alcun modo, il libero spirito, nel suo conoscere e
volere.
11. Anzi, ti voglio subito dare un
esempio del modo in cui Io faccio uso della Mia Onnipotenza.
12. Quello che concerne il mondo
naturale, e, in generale, la conformazione di tutte le creature, è l'opera
della Mia Onnipotenza. Quando, poi, gli spiriti sono diventati liberi, in
seguito alla Mia Parola ed al modo di vita che ne consegue, ed hanno accolto in
sé, la Mia Vita, allora, L'Onnipotenza Mia agisce in modo che tutto ciò che gli
spiriti, divenuti liberamente viventi, riconoscono in sé, quale apportatore di
utilità nel campo del Buono e del Vero, lo possano immediatamente scorgere
quale realtà disponibile in grande quantità, per il loro spontaneo uso.
13. Questa regione inferiore è in gran
parte opera della Mia Onnipotenza e corrisponde in tutto al Vero della Fede e
all'utile operare che ne deriva, così come si trova nell'intimo di tali spiriti
beati. E questo è il caso dappertutto dove tu giri lo sguardo, sia su tutto il
Mezzogiorno che su tutto l'Occidente.
14. Tu chiedi, ora, nel tuo pensiero: «Non è, dunque, questo il caso anche
con l'eterno Oriente?».
No, esso dipende da condizioni del tutto diverse, ed è, in tutte le sue parti,
pienamente immutabile e solido, come lo è qualsiasi mondo dal punto di vista
naturale; e la stabile solidità dell'Oriente sta come l'intima, eterna solidità
originaria, contro la solidità esteriore naturale. La ragione di ciò sta nel
fatto che, in primo luogo, Io stesso sono eternamente immutabile nel Mio
Volere; e quello che Io ho formato una volta, in modo fisso e determinato,
resta anche eternamente, determinato ed immutabile, così come immutabile e
deciso sono Io stesso nel Mio eterno Volere.
15. In secondo luogo, questa regione è
immutabilmente stabile, anche perché i Miei figli, che vengono qui da Me, sono
Uno con Me, nel loro volere e nel loro conoscere, in seguito al grande Amore
che essi Mi portano; oppure, detto in altre parole, perché essi si sono
umiliati fino alle più intime fibre, e per il loro Amore per Me, hanno
completamente rinunciato alla loro volontà, ed al suo posto, hanno accolto in
sé, la Mia, eternamente vivente.
16. Perciò, essi, qui, non vogliono
altro, se non quello che Io voglio. Però, la Mia Volontà è una chiarissima
raffigurazione, saldamente stabilita del Buono e del Vero; per conseguenza,
anche questa regione dove Io dimoro con i Miei, è completamente stabile ed
immutabile; e, in nessun luogo, c'è un’illusione o un inganno. Quello che tu
vedi qui è perfettamente la stessa cosa, tanto esteriormente quanto
interiormente. Tutte le piante, gli alberi, i frutti, i campi di grano, non
sono qui soltanto quali rispondenze apparenti, bensì sono delle realtà
perfettamente fisse e stabili. Se qui, tu vai da un luogo all'altro, puoi
contare i tuoi passi, tanto nell'andata, che nel ritorno, e constaterai la
stessa distanza.
17. Tu Mi chiedi, come è logico, se
questa solidità abbia qualche cosa in comune con quella della Terra. La
solidità di questo mondo celeste non ha nulla a che fare con quella del mondo
materiale; poiché la solidità del mondo materiale è, pure, soltanto apparente, e
dura, per ogni spirito, soltanto fino a che egli sia un abitante della materia.
Una volta che lo spirito ha abbandonato la materia, cessa, per lui, tale
solidità. Invece, qui, non è così, poiché questa solidità è vera, immutabile ed
indistruttibile, per tutte le eternità delle eternità; perché essa è una
perfetta espressione del Mio eterno Amore Paterno.
18. Tu chiedi fin dove si estenda questa
regione. Figlio Mio carissimo, questa regione, che tu vedi volgendo lo sguardo
verso Oriente, non ha mai una fine, ed è, per conseguenza, tanto grande che, se
su tutti gli innumerevoli molti corpi mondiali nascessero eternamente degli
uomini e tutti venissero in questa regione, non ammonterebbero, nel corso di
migliaia di eternità, rispetto alla grandezza di questa regione a più di più di
quanto ammonti un granello di sabbia rispetto all'infinità dello spazio eterno.
19. E tu vorresti sapere, ancora, come Io
possa abbracciare, con lo sguardo, tutto ciò, e se coloro che dimorano molto
lontano, addentro nel vasto Oriente, possano talvolta vederMi. Mio caro figlio,
fratello ed amico, anche questo voglio dirti, poiché ai Miei figli non deve
venir celato nulla!
[indice]
* * * * *
Il Sole-Dio originario. Spiegazione
della reale
Onnipresenza del Signore.
Preparazione alla tavola del Padre
1. Volgi lo sguardo verso l'alto, ed
osserva come, visto da qui, il Sole sia molto basso. In questo Sole Io dimoro
completamente e propriamente da sempre. Questo Sole si trova nell'eterno
inamovibile Centro del Mio Essere divino. I raggi, che partono da questo Sole,
riempiono con la loro natura tutta l'Infinità e, in se stessi, non sono altro
che la Mia Volontà d'Amore e la Saggezza che, dalla stessa, eternamente e
costantemente emana. Quindi, questi raggi sono dappertutto completamente
viventi e, dappertutto, essi sono pienamente e perfettamente la Mia stessa
Essenza.
2. Ne consegue che ovunque un raggio
cada là sono Io stesso, così come nel Sole, completamente presente. Dunque, non
soltanto operante, bensì anche Personalmente presente; e questa Personalità,
per conseguenza, è dappertutto l'Una e la stessa. In qualunque luogo tu voglia
andare, tu Mi troverai dappertutto, completamente in casa Mia. Entra in una
qualsiasi di queste piccole casette, a tua scelta, e tu puoi essere certo che
M'incontrerai in ognuna, quale un perfetto Padrone di casa.
3. Tu, ora, dici che, in questo modo, Io
non sia il vero e proprio Cristo originario, che ha peregrinato sulla Terra ed
ha ammaestrato le genti, bensì che Io sia soltanto una copia vivente e perfetta
di Esso; nel mentre il Cristo, in Sé e di per Se stesso, dimora tuttavia nella
Luce inaccessibile. E tu dici ancora: “Se la cosa sta in questi termini, ne
deriva, evidentemente, un politeismo”.
4. Ascolta, mio caro amico, fratello e
figlio! Tu, a questo riguardo, pensi ancora secondo la natura esteriore ed
umana, però, solo quando penserai interiormente, secondo lo Spirito, allora,
questa questione assumerà per te un aspetto del tutto diverso. Tuttavia, affinché
dal tuo modo di pensare naturale tu possa passare tanto più facilmente a quello
spirituale, Io ti voglio guidare attraverso degli esempi naturali.
5. Ecco, sulla Terra tu vedevi soltanto
un Sole; però, se tu tenevi uno specchio contro il Sole, quello stesso Sole era
anche nello specchio, ed è escluso che tu possa affermare che quello nello
specchio fosse un altro, e non quello che splendeva nel cielo. Se, però tu
avessi avuto parecchie migliaia di tali specchi, e li avessi esposti al Sole,
non avresti tu, scorto, in ognuno di essi, un Sole perfetto, che emanava in sé
altrettanta luce e altrettanto calore?
6. Tu dici: “Questo dovrebbe essere
senz'altro il caso”. Io, però, voglio darti un esempio ancora più convincente.
7. Sulla Terra, certamente, tu avrai
udito parlare dell'effetto del cosiddetto grande specchio ustorio. Tu dici che
ne possedevi uno. Quando tu facevi cadere i raggi del Sole su un tale specchio,
nella loro rifrazione, erano mille volte più intensi di quelli partenti dal
vero Sole.
8. E se anche di tali specchi tu ne
tenessi parecchie migliaia di fronte al Sole, pure tu potresti constatare la
maggiore potenza negli effetti di ciascuno di essi. Questo è perfettamente
vero.
9. Però, che cos'è che opera in questi
specchi? Vedi, nient'altro che sempre l'uno e medesimo Sole, che tu, attraverso
il numero considerevole degli specchi, hai moltiplicato.
10. Ora, invece, Io domando a te:
“Attraverso questa moltiplicazione, il Sole è stato proprio sul serio
moltiplicato, oppure quello che è stato moltiplicato è soltanto il suo
effetto?”. Tu dici ora: “Certo, l'effetto soltanto!”. Bene, dico Io a te:
“Quanti Soli avevi tu, dunque, nei tuoi specchi?”. E tu dici: “Dal punto di
vista degli specchi, tanti Soli quanti erano gli specchi; però, in realtà,
considerando la cosa dal punto di vista del Sole, io ne avevo soltanto uno, e
sempre lo stesso”.
11. Dunque, vedi, quello che viene
indicato in questo esempio tratto dalla natura, qui si presenta nella massima
vivente realtà e pienezza.
12. E' ben vero, però, che tu dici in te:
«Questo
lo scorgo ora, perfettamente. Comunque, a parte ciò, se si volesse esaminare
ogni Sole che si vede riflesso nello specchio, ed avvicinarglisi, per poterlo
conoscere nel suo vero e proprio essere, tutti questi Soli non sarebbero di
nessuna utilità, e la vera essenza del Sole rimarrebbe, tuttavia, completamente
estranea all'occhio indagatore».
13. Questo è esatto, però, tanto tu,
quanto la Terra tutta, cosa avreste potuto guadagnare, se il vero Sole si fosse
avvicinato alla Terra ed a te, come tu ti sei avvicinato ad esso, per mezzo
dello specchio? Vedi, tutta la Terra, te compreso, sarebbe stata dissolta come
una minuscola goccia d'acqua su quel ferro rovente. Di che utilità ti sarebbe
stato, allora, l'avvicinamento del Sole reale?
14. Perciò, infinitamente di più è il
caso con questo Mio Sole. Esso deve sempre stare in un Centro inaccessibile, al
quale nessun essere può avvicinarsi al di là dell'ordine stabilito, poiché ogni
avvicinamento che superi la misura fissata, apporterebbe ad ogni essere il
completo annientamento. Questo è stato detto anche da Mosè, quando voleva
vedere la Faccia di Dio, poiché sotto “vedere” tu non devi comprendere lo
scorgere con gli occhi, bensì il completo avvicinarsi all'Essere Fondamentale
della Divinità.
15. Come vedi, se Io sono l'Uno e il
Medesimo come sono nel Sole e, tuttavia, Io sono qui dinanzi a te, cosicché tu
puoi avvicinarti completamente a Me, come un fratello all'altro fratello, non
ha ciò molto più valore? E non dimostra più Amore e Misericordia che non se tu
potessi realmente avvicinarti a questo Sole, per poi venir completamente
annientato, in seguito al tuo avvicinamento?
16. Inoltre, come sarebbe imperfetta la
felicità, tanto tua, quanto Mia, se non Mi fosse possibile trasferirMi,
Personalmente ed essenzialmente, in tutta la Mia pienezza, in qualunque luogo
dove i Miei figli si trovino!
17. Vedi, il Cielo è infinito! Se a Me
non fosse possibile questa essenziale infinita molteplicità della Mia Unità,
pienamente innocua, come si sentirebbero orfani i Miei figli e come Mi sentirei
Io solo fra loro!
18. Che Io sia perfettamente Lo stesso e
possieda tutta la vivente divina Coscienza e tutto l'Amore, la Sapienza e la
pienezza della Potenza divina, lo puoi dedurre, in primo luogo, dal fatto che
Io ti ho condotto qui, Personalmente ed essenzialmente e, in questo modo, Io ti
ho mostrato la Potenza del Mio Amore, della Mia Sapienza e del Perfetto divino
Mio Volere. Se tutto ciò tu non dovessi trovarlo sufficiente, pensa qualunque
cosa vuoi, ed Io voglio che essa appaia dinanzi a te, immediatamente quale una
cosa creata.
19. Ecco, tu vorresti una regione della
Terra a te nota. Guarda davanti a te; Io l'ho creata visibile e percettibile!
20. Ora tu dici: “In verità, una cosa
simile può farla soltanto l'Unico Iddio!”. Bene, dico Io, così tu dovrai
ammettere che Io, che sto qui dinanzi a te e ti svelo i portenti dell'Esser
Mio, sono perfettamente e completamente Quello stesso che si trova eternamente
in quel Sole, nella Sua Essenzialità fondamentale!
21. Tu dici: “Certo, questo lo credo ora
pienamente; però, se ora io andassi in un'altra casa e Tu rimanessi qui, ed io
trovassi là, evidentemente, un secondo Essere della Tua stessa Origine, cioè,
come Te, sarebbe esso perfettamente Uno con Te e sarebbe simile a Te in
tutto?”.
22. Ed Io ti dico: “Questo dipende
soltanto da una prova da parte tua. Io voglio fare in modo che tu ti trovi con
la velocità del pensiero là in fondo, molto lontano da qui, presso una di
quelle casette, mentre Io resterò qui. Del che, la tua compagnia ti renderà
testimonianza al tuo ritorno, mentre tu Mi dirai, allora, se là Mi hai
ritrovato perfettamente uguale, oppure no. Dunque sii là!”.
23. Ora, vedi, Mio caro figlio, fratello
ed amico! Tu sei, qui, adesso, come lo puoi constatare nel lontano Oriente. Tu
puoi riconoscere ciò, guardandoti intorno, poiché non scorgerai altro che
soltanto le infinitamente ampie distese dell'Oriente con le sue abitazioni; ed
anche dei tuoi compagni non c'è nessuna traccia. Dimmi, dunque, non sono Io,
qui, pure lo stesso?
24. Vedi, così davvero deve essere,
poiché, se così non fosse, addirittura non sarebbe stato creato nulla e nessun
essere umano sarebbe pensabile come tale! Infatti, la vita di ciascun essere
umano è, appunto, essa pure soltanto un'immagine perfettamente simile a Me. E
quando un essere umano è vissuto secondo la Mia Parola, oppure quando milioni
sono così vissuti, può soltanto uno di loro dire: “Cristo vive in Me!”, oppure
non possono dirlo tutti gli innumerevoli giusti? Dunque, se tutti lo possono
dire, sono Io, per questo, un Cristo diviso fra di loro, oppure Uno eternamente
indiviso?
25. Io sono eternamente e sempre l'Uno e Lo
stesso nel cuore di ogni uomo; e quando milioni e milioni hanno riempito di Me
i loro cuori, e precisamente ognuno completamente per sé, non ha, in seguito a
ciò, per sé un altro e particolare Cristo, bensì nel cuore di ognuno dimora
integralmente l'Uno e Lo stesso Cristo. Dunque, che ne dici ora? Non sono Io,
qui, perfettamente Quello stesso che tu hai lasciato là, presso la tua
compagnia?
26. Tu dici: “Sì, o Signore, Tu sei Lo stesso
e non vi è alcuna differenza, né nella figura né nella Parola e nemmeno nel Tuo
divino Volere. Perciò non posso pensare ad altro, se non che Tu sia venuto qui
con me, con la stessa velocità!”. O certo, così sembra naturalmente a te; però,
come ti ho detto, al tuo ritorno, la tua compagnia darà testimonianza della Mia
costante Presenza presso di loro, così che lo saprai subito anche tu. Ora, Io
ti dico: “Sii di nuovo là!”. E vedi, tu sei di nuovo con la tua compagnia, e
ora dimMi, come Mi hai trovato là?
27. Tu dici: “Tu eri laggiù, interamente
Te stesso, come Lo sei qui, e non c'era la minima differenza”. Io ti dico che
questo è giusto; ora però domanda ai tuoi compagni se, nel frattempo, Mi sono
allontanato da qui. Vedi, essi dicono: “Ma neanche per idea; al contrario, il
Signore ci raccontava quello che ti stava accadendo”. Ed ecco, tu ora ti
meravigli e non ti puoi capacitare. Ma Io ti dico che questo non è affatto un
miracolo, bensì questo avviene attraverso un procedimento più che ordinato e
giusto.
28. Se tu, sulla Terra, fossi stato un
ottico, ciò ti risulterebbe ancora più evidente. Come avviene che parecchi
uomini, per proprio conto, scoprano l'uno e lo stesso oggetto, completamente
come uno, e tuttavia ogni singolo soltanto il proprio? Vedi, questo dipende
dall'occhio dell'uomo. Dall'oggetto partono raggi in tutte le direzioni ed
ognuno accoglie l'immagine, formata dai raggi, nel suo occhio, ed ognuno
contempla poi, in sé, soltanto tale immagine da lui accolta, la quale è
perfettamente simile all'oggetto scorto.
29. Tale oggetto è stato forse
moltiplicato, dato che ognuno lo vede in sé, così come esso è? Tu dici: “Niente
affatto”. E vedi, qui abbiamo anche lo stesso caso, ma in modo vivente; mentre,
nel mondo, esso è soltanto naturale e, con ciò, è anche apparentemente morto.
30. Tu devi contemplare questa meraviglia
ancora più profondamente, però, prima tu devi un po' digerire tutto quanto ti è
stato detto finora, quale un vero Pane dai Cieli.
31. Ma Io nel frattempo voglio andare in
questa Mia dimora e farvi allestire la Mia tavola dai Miei servitori, affinché
tu, insieme alla tua compagnia, possiate sedere a mensa, per la prima volta,
pienamente con Me e gustare il Pane del tuo vero Padre Celeste! E, perciò,
pazienta un po' qui fuori, finché Io ritorni e ti conduca nella Mia Casa!”.
[indice]
* * * * *
Il pranzo alla tavola del Padre:
agnello, pane e vino
1. Voi chiedete, ora: “Dobbiamo
attendere anche noi questo invito?”. Certo, ciò sta nell'Ordine, poiché tutto
ciò succede, appunto, a scopo di ammaestramento; perciò, voi dovete essere
presenti fino alla sua piena conclusione. Con “piena conclusione”, voi dovete
intendere, in questo caso, un completo ingresso nell'Ordine divino. Però,
guardate, il Signore esce già dalla casetta e fa cenno alla compagnia di
venire.
2. A questo punto, chiedete: “E
troveranno posto tutti in quest’abitazione?”. Ma io vi dico, non preoccupatevi
di ciò, poiché, in questo caso, trova letteralmente applicazione il vostro
proverbio: “Pecore pacifiche hanno sufficiente posto, in molte, in una stalla”.
Anche delle cose ben ordinate hanno molto posto in piccolo spazio. La compagnia
sta, proprio ora, entrando in casa, seguiamola, dunque, noi pure.
3. Guardate come tutti si siano ben
accomodati, e cioè, in una stanza; e, come vedete, il Signore stesso ha cinto
un grembiule, e serve in tavola.
4. Come vedete, abbiamo visibile davanti
a noi la Santa Cena: c'è un agnello arrostito, poi del pane e del vino; e,
guardate come anche qui, il Signore spezzi il pane, e ne ponga un bel pezzo
dinanzi a ciascuno; c'è anche del vino in un calice, e tutti bevono da
quell'unico calice.
5. E guardate pure, come, ora, tutta la
nostra compagnia incominci a mostrare maggior forza vitale; e come, nel sorriso
che illumina la faccia di ciascun ospite, vada, verso il Signore, un gioioso
ringraziamento, pieno d'Amore! Ma qui, le sedute a mensa non durano eterne, e
il Signore dice: “Ora, Miei cari amici, fratelli e figli, voi vi siete
rinvigoriti, per la prima volta, nel Mio Regno. Ora sapete pure che Io sono qui
costantemente, come pure dappertutto, essenzialmente in casa Mia, con la Mia
Forza, uscite dunque nuovamente con Me, che Io voglio destarvi appieno per la
vostra vera ed eterna destinazione.
6. Dunque, noi siamo qui riuniti dinanzi
alla casa, vogliate, perciò, ascoltare la Mia Volontà:
7. «Voi avete già appreso, sulla Terra,
che il Mio raccolto è grande, però, ci sono ancora pochi lavoratori sul Mio
grande campo, dove la raccolta deve venir fatta. Questo è, perciò, il luogo in
cui voi dovete diventare i Miei veri lavoratori e collaboratori, per portare al
sicuro il Mio raccolto, e cioè, allo stesso modo, come molti dei vostri
fratelli lo sono già diventati. Guardate un po' qui! Voi riconoscete, senza
difficoltà, tutti gli attrezzi che appartengono ad una buona amministrazione:
un aratro, un erpice, una zappa; e poi, falci, coltelli da vigna, ed altri
strumenti; e, tutt’intorno, da ogni lato, potete scorgere dei grandi campi, e,
più in là, delle vigne. Più verso Oriente ancora, c'è un vero e proprio bosco
di alberi fruttiferi.
8. Vedete, questo è il campo della
vostra attività, che non dovete, però, svolgere nel modo in cui voi l'avete
fatto sulla Terra, bensì come viene fatto qui, nel significato più intimo, e perciò,
anche più vivente. Voi, qui, non arerete, non erpicherete, e non taglierete
neppure il grano, né coltiverete la vigna, e non ne raccoglierete nemmeno i
frutti; poiché tutto ciò, è qui soltanto, quale una veritiera rispondenza
interiore dell'operare dell'Amore, che voi dovete esercitare da qui a favore
dei fratelli della Terra.
9. Ma non soltanto ai fratelli della
Terra, poiché, qui, Io intendo parlare con voi in senso molto esteso, e dico
perciò: «Io ho ancora parecchi greggi, che non dimorano nell'ovile della Terra;
bensì, che vivono, a seconda della loro natura, su innumerevoli altri corpi
mondiali. Tutti questi greggi devono venir guidati in questo Ovile della Vita».
10. Perciò, Io do ora a voi la Mia Forza
nella pienezza, affinché, attraverso di questa, voi possiate operare
dappertutto dove vi manderò, così completamente, come se operassi Io stesso. E'
ben vero che potrei svolgere tutto questo lavoro Io stesso; ma Io divido con
voi tutta questa attività, affinché così, la vostra beatitudine, vicino a Me,
possa costantemente aumentare da eternità a eternità.
11. Perciò, quando Io invierò l'uno o
l'altro di voi, in qualche luogo, a tale grande scopo, voi dovete poter
scorgere, al pari di Me, dall'origine più interiore, tutto il mondo, per quanto
possa essere esteriormente naturale, e voi dovete poterlo osservare, dal suo
più profondo fondamento, fino alla sua crosta più esteriore; e così pure
all'inverso, partendo dal di fuori, fin nel suo profondo più interno. Per ciò
che riguarda quello che avrete da fare, in occasione di una tale missione, lo
apprenderete sempre, nel modo più perfetto e completo, nell'intimo vostro».
12. E così, Io vi ho indicato la vostra
grande destinazione, nella quale voi potete essere attivi al massimo, secondo
il Mio Amore, la Mia Sapienza e il Mio Ordine; e, con ciò, Io anche vi eleggo e
faccio di voi dei veri e propri angeli del Mio Regno, nonché dei veri abitanti
della Mia Città Santa, che è l'eterna Gerusalemme! E ora vi siano aperti i
vostri occhi interiori, affinché voi vediate quanto grande e splendido è Colui
che ora parla con voi, e che rimarrà presso di voi, eternamente! Guardate ora,
verso Oriente, e diteMi che cosa vi scorgete”.
13. E l'oratore principale risponde: “Oh
Signore! Mio Amatissimo Gesù Cristo! Oh Tu, vero Padre, infinitamente colmo
d'amore, che sei Santo, Supersanto! Che cosa vedono i miei occhi! Quale Gloria
infinita! E in questa Gloria, una Città senza fine! E la Città sembra proprio
essere infinita; e il Sole, il magnifico Sole, splende nel mezzo, stando sopra
la Città; e la Città splende quanto il Sole! E ora vedo nuovamente il mio
vecchio Cielo stellato, e lo sguardo mio penetra - o mio Dio e mio Signore -
nelle infinite profondità delle Tue creazioni; o certo, questo sì che si chiama
Cielo, poiché questo è letteralmente vero.
14. Che nessuno ha mai neppure
immaginato, quello che Tu, oh Padre Santo, hai preparato per coloro che Ti
amano! Oh, in quali infinite beatitudini, penetra ora, il mio occhio immortale!
Oh Tu, amorosissimo e Santo Padre, dimmi, posso abbracciarTi ed amarTi con la
massima potenza del mio cuore?”.
15. Il Signore dice: “Mio caro amico,
fratello e figlio! Guarda, Io sono qui, dinanzi a te; amaMi così, come ti è
possibile amarMi; è infatti per questo che Io ti ho creato; cioè, affinché tu
Mi potessi riconoscere ed amare così da sentirti beato, e tu, a tua volta,
fossi per Me, un carissimo figlio, da poter amare con tutta la pienezza della
Mia divina paternità!
16. Ora, però, rechiamoci nella Mia
Città, e non domandate cosa succederà con queste casette d'abitazione, poiché
esse sono rispondenze della vera umiltà, che emana dal puro Amore per Me.
Queste abitazioni rimarranno tali e quali sono, e Noi ci verremo spesso; dato,
però, che Io ho già la Mia grande “Cancelleria ufficiale” nella Città, anche i
Miei angeli devono essere là dove li attende la loro principale destinazione,
cioè, per lo svolgimento dell'attività dell'Amore.
17. Ora voi chiedete ancora da chi
saranno abitate queste casette. Vedete, Miei cari figlioli, gli abitanti delle
grandi Città sulla Terra, non hanno anche loro, una o più dimore in campagna,
che sono loro molto utili per cambiare aria e riposarsi? Perché non dovremmo
averle pure noi? Perciò, Io vi dico: “Quando noi avremo compiuto qualche grande
opera, Ci concederemo, qui, una necessaria e piccola ricreazione; e ora,
dunque, rechiamoci nella Città!”.
18. Guardate, come il Signore stesso
conduca la nostra compagnia, nella Città Santa; e dato che qui, generalmente si
procede, senza accorgersi, molto rapidamente, anche noi li seguiamo allo stesso
modo, e ora stiamo avvicinandoci a questa Città di tutte le Città,
nell'infinità intera.
19. Vedete, come dalle porte della Santa
Città di Dio, un’immensa folla stia venendo incontro al Signore che è in
procinto di entrarvi. Come vedete, in prima fila ci sono gli amici del Signore,
a voi ben noti, cioè, i Suoi apostoli, e poi, a cominciare da Abramo, seguono
tutti i Padri ed i Profeti! Ascoltate l'espressione di grande giubilo che sale
da questa beata schiera che viene verso il Signore; e come, nella loro grande
beatitudine, allarghino le braccia per accogliere il Signore con il più ardente
Amore; e quale gioia si riflette sulla faccia di tutti i componenti la nuova
schiera or ora conquistata!
20. Ed ecco, le due schiere si
convergono, e vengono avvolte in una grande Gloria, che si diparte dal Signore,
in modo che tutti ne sono partecipi.
21. Che cosa ne dite di questa scena? Ora
però andiamo avanti, poiché il Signore si fa precedere da tutti, nell'entrare
in Città; ed Egli segue i Suoi figli, come qualunque semplice pastore, con le
sue pecore! Ora anche noi ci troviamo nella Città; guardate un po' l'infinita
maestosità e tutte le magnificenze, che nessuna parola umana può descrivere,
che lungo questa via si presentano ai nostri sguardi, da ambedue i lati. Tutto
è avvolto nella Gloria del Signore; delle aure sante alitano in tutte le vie e
strade, e queste aure sono la Vita che qui emana dal Signore, nell'infinita
pienezza!
22. Ora il Signore si ferma dinanzi ad un
grande edificio e dice alla nostra grande compagnia: “Ecco, figli Miei amati,
questa è la dimora, nonché la nostra grande «Sede ufficiale»: qui vogliamo
entrare!”.
23. E vedete, essi entrano, seguendo il
Signore, e dentro vi sono molte splendide stanze, perfettamente preparate per
ricevere i nostri “Principi del Cielo”, di nuova nomina!
24. E vedete ora come il Signore indica
loro una tabella di colore chiaro e dice: “Su questa tabella voi scorgerete
sempre la Mia Volontà”. Poi impone loro le Mani e li riempie completamente
dell'Onnipotente Spirito del Suo Amore. Vedete, ora parlano fra loro delle
infinite divine condizioni delle cose, come dei vecchi confidenziali amici e
fratelli!
25. Ora, voi avete scorto l'autentica
destinazione dell'uomo nel vero e proprio Cielo perfetto; ed avete pure visto
qual sia stata la conclusione per la nostra compagnia.
26. Tuttavia, non dovete credere che
questo sia sempre il caso con coloro che si trovano nel Cielo fittizio; bensì,
questo avviene soltanto con quei pochi che hanno veramente amato il Signore
sopra ogni cosa già durante la loro terrena esistenza, secondo il loro intimo
sentire, e malgrado tutti i concetti errati che a loro son stati insegnati.
27. Come invece vadano le cose, con
parecchi altri, lo osserveremo sempre con i nostri occhi, per Volontà del
Signore; perciò, lasciamo ora questa Santa Città; e rechiamoci nuovamente, con
un rapido viaggio, nel mondo spirituale della Chiesa cattolico-romana.
28. Guardate, io ho appena terminato di
parlare, e ci troviamo nuovamente nella nota zona, molto vicino ad un convento.
Voi chiedete: “Caro amico, per quanto ci dispiaccia molto aver dovuto lasciare
così improvvisamente la tanto splendida Città di Dio, vorremmo sapere, dal
momento che ci troviamo di nuovo qui, a quale ordine appartiene questo
convento!”. Miei cari amici e fratelli, qui noi conosceremo dapprima un
convento di suore e cioè delle Carmelitane. In tale occasione, voi farete
diverse esperienze vive sul modo in cui stanno le cose qui, in un convento di
tal genere. Però, prima riflettete voi stessi su quello che sapete di
quest'Ordine, affinché, poi, voi possiate tanto più facilmente scorgere, in
quanto tale Ordine sia gradito al Signore; ed in quanto, invece, Gli sia
sgradito. E, con ciò, chiudiamo per oggi.
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* * * * *
Visita alle Carmelitane
1. Voi chiedete: “E qui, ci lasceranno
entrare? Infatti, se le cose stanno qui, con quest'Ordine, come sulla Terra,
almeno secondo la nostra conoscenza, non ne ricaveremo gran che di utile”. Miei
cari fratelli, qui le cose stanno come sulla Terra. Questo, però, a noi non
sarà d'alcun inciampo, poiché, a questo riguardo, noi siamo al di sopra d'ogni
difficoltà, e nessuno può impedirci di ficcare il naso, nei più riposti
segreti; cosicché, pure in questo caso, entreremo alla chetichella nel
convento; e non sfuggirà nulla al nostro fiuto. Venite con me, e non
preoccupatevi di nulla.
2. A questi esseri, noi resteremo
completamente invisibili ancora per lungo tempo, poiché voi dovete sapere che
gli spiriti angelici, o dal Terzo Cielo stesso o per volontà del Terzo Cielo,
restano invisibili pure per altri Cieli sottostanti, fintanto che questi
ultimi, secondo il loro intimo, non hanno accolto essi stessi l'essenzialità
dell'Amore per il Signore; e cioè, dapprima quale concetto, e poi quale fattiva
attività d'Amore. Dunque, noi possiamo entrare in questo convento senza
preoccupazione di sorta, perché nessuno ci scorgerà, e cioè: me, no, perché
sono un cittadino della Città Santa, e voi neppure, perché siete dentro alla
mia sfera, ed in questa voi ci siete per Volontà del Supremo Cielo, che è il
Volere Santo del Signore!
3. Come vedete, noi siamo già penetrati
nel convento, e precisamente ci troviamo nel loro refettorio. Ora vengono
portati in tavola dei cibi di stretto digiuno; e, come vedete, ora stanno
arrivando le nostre monache. Non sono esse vestite come sulla Terra? Voi dite
che non avete mai avuto occasione di osservarle da vicino, bensì nelle immagini
soltanto, e queste corrispondono esattamente.
4. Ora, però, guardatele come si
accingono a recitare il “Benedicite”. In che cosa consiste questa preghiera?
Come potete facilmente udire, in un lungo rosario e in aggiunta in alcune frasi
latine prese dai Salmi e dai padri della Chiesa, che però anche qui non vengono
capite da nessuna delle monache. Ed ecco, la superiora siede a tavola e le
altre fanno, dinanzi a lei, un inchino quasi fino a terra, e poi stanno in
piedi accanto alle loro sedie. La superiora dà il segnale di sedersi. Essa ha
vicino a sé un campanello che lei suona proprio ora, quale inizio del pasto.
5. Però, davanti alla tavola, ce n'è una
in piedi; questa non deve mangiare ora, bensì deve leggere, alle monache che
stanno mangiando, la Passione del Signore. Ora, le nostre monache hanno
terminato il loro pasto corporale e la superiora suona nuovamente il
campanello. Questo significa che devono alzarsi dalle loro sedie. Infatti, esse
si alzano, s'inchinano di nuovo profondamente dinanzi alla superiora, poi
s'inginocchiano per recitare la preghiera di ringraziamento, consistente
nuovamente in un ben nutrito rosario. A questo seguono cento silenziose Ave
Marie. Quando anche queste, dopo tre quarti d'ora, sono state recitate, è di
nuovo la volta delle preghiere latine. Terminate queste, le monache vanno
dinanzi al Crocifisso, si prostrano completamente dinanzi ad Esso; poi si
recano dinanzi all'immagine di Maria e fanno altrettanto, e così pure dinanzi
all'immagine di Giuseppe; ed infine dinanzi a quella della fondatrice
dell'Ordine, cioè di Teresa (d'Avila), dopo di che si recano dinanzi alla
superiora e si prostrano anche dinanzi a lei, quale Teresa “in corpore”.
6. Finalmente la superiora dice a tutte
di levarsi in piedi e aggiunge che devono essere pronte, fra un'ora, per la
preghiera nel coro. Nel frattempo, però, esse devono rileggere nelle loro celle
la preghiera corale loro destinata, affinché poi, nel coro, tutto possa
procedere senza disturbi; ciò che potrebbe causare facilmente qualche piccola
irritazione e generare così perfino un peccato veniale. Considerando poi,
soggiunge la superiora, che comunque l'uomo più giusto pecca giornalmente sette
volte dinanzi a Dio, e quanto attento deve egli stare per non peccare otto
volte e forse anche di più.
7. Una delle monache, a questo punto,
prega la superiora di permetterle di dire una parola; e dato che, proprio in
questo momento, non è prescritto il rigoroso silenzio, essa le concede quanto
chiesto. (Chiedere, però, in questo convento significa pregare umilmente). Che
cosa mai vuole domandare questa monaca? Stiamola ad ascoltare. Essa dice:
“Degnissima sposa di Cristo, fino a tanto che noi siamo vissute corporalmente,
sulla Terra, ci era gradita la rigida vita del monastero, almeno per
accaparrarci il Cielo, dopo la morte fisica. Dato, però, che già da qualche
tempo abbiamo scambiato la vita terrena con questa eterna con la stessa rigida
vita conventuale di prima e non abbiamo ancora il minimo sentore del Cielo,
viene da chiedersi se questa vita claustrale non avrà mai una fine; poiché, se
noi dovessimo rimanere per sempre in questa severa chiusura, sarebbe qualcosa
di spaventoso!”.
8. La superiora dice: “Oh tu, figlia
disobbediente! Come hai potuto permettere che il demonio prendesse tanto
possesso del tuo cuore, da osare di sottoporre una tale orribile domanda? Non
sai tu, dunque, che prima del giorno del Giudizio nessuno può giungere in Cielo
e che per la Grazia dell'intervento della Santissima Vergine Maria, di Santa
Teresa e, fra loro due, di San Giuseppe, Cristo il Signore ha esonerato il
nostro Ordine proprio perché è il più severo, dalle pene del Purgatorio, e, di
conseguenza, per la nostra completa purificazione ci ha accordato la Grazia,
perfino dopo la fine della nostra vita corporale, di scontare i peccati veniali
commessi sulla Terra, nonché di cancellare le macchie di quelli mortali?
Perciò, la regola dell'Ordine della nostra elevata fondatrice deve venir
osservata, qui, nel modo più rigoroso. Altrimenti potrebbe anche succedere che
una tale figlia disubbidiente come sei tu si senta dire nel giorno del
Giudizio, dall'inesorabilmente severissimo e giustissimo Giudice, quale una
sentenza inappellabile: «Lungi da Me, o maledetta, poiché Io non ti ho mai
riconosciuta come Mia Sorella!»”.
9. Come vedete, queste parole della
superiora hanno colpito la nostra povera richiedente come mille fulmini in una
volta sola. Essa cade sulla sua faccia, dinanzi alla superiora, e la prega di
una congrua punizione, e la superiora dice: “Oh certo, una grave punizione te
la sei meritata! Però io ti voglio punire, per questa volta, soltanto con uno
schiaffo, e poi con un giorno di digiuno. Però, non devi por tempo in mezzo per
far chiamare il confessore ed esporgli esattamente, ed in tutta umiltà, il
discorso infernale ed altamente condannabile dinanzi a Dio che tu mi hai fatto,
e fare poi dieci volte la penitenza che egli ti darà; e ciò in onore della
Santa Trinità, in onore delle cinque piaghe di Gesù Cristo, in onore delle Sue
amare sofferenze e della Sua Morte, in Onore della Sua Santissima Vergine Madre
Maria, in onore di San Giuseppe ed in onore di Santa Teresa. Ora rialzati, e
vieni a ricevere il mio schiaffo!”.
10. Ed ecco, la nostra monaca si rialza,
porge umilmente la guancia alla superiora, e questa le appioppa, come vedete,
per scacciare il demonio, un ceffone talmente energico da far venire le
vertigini. La nostra monaca ci piange sopra, amaramente, ringrazia la superiora
per questo castigo ed esce dal refettorio insieme alle altre sorelle, recandosi
poi nella sua cella. Ciò che succederà in seguito, lo osserveremo la prossima
volta!
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* * * * *
La confessione della suora e il padre
confessore
1. La monaca, non appena giunta nella
sua cella, dà il segnale con un campanello, affinché la servente del convento
venga da lei. Che cosa avrà da dirle? Non si tratta che di chiamare il padre
confessore, affinché essa si possa purificare del suo peccato, commesso dinanzi
alla priora, ancor prima di prendere parte al coro per la preghiera. La
servente sbriga immediatamente quest'incarico, e la nostra monaca scende subito
nel confessionale, s'inginocchia dinanzi alla grata ed attende il confessore.
Rechiamoci là anche noi, e tendiamo, per una volta, l'orecchio ad una
confessione. Cosa la monaca confesserà, noi lo sappiamo; quello che, invece,
non sappiamo ancora, è ciò che il confessore dirà; comunque lo apprenderemo adesso.
2. Il confessore è giunto all'altro lato
della grata, e vi pone l'orecchio. Ora, la confessione è finita, ed egli le
dice: “Ascolta mia cara figliola, se la regola del tuo Ordine, come essa aveva
vigore sulla Terra, la poni dinanzi all'animo tuo, è evidente che, con la tua
manifestazione, hai peccato. Però, non contro l'Ordine di Dio, poiché è stato
quest’Ordine che ti fece pensare in tal senso, bensì contro l'Ordine del
convento, che ti proibisce di avere simili pensieri. Per il tuo errore contro
l'Ordine del convento tu hai anche ricevuto dalla tua superiora la punizione
adeguata, e dopo la punizione, secondo le disposizioni che ti erano state
impartite, ti sei presentata qui. Ora si tratta del perdono del tuo peccato
dalla parte divina; Iddio, però, in tutte le Sue Parole non ha mai fatto, di
tale Ordine conventuale, una legge. Precetti umani, anche se fossero in vigore
da millenni, Iddio non li ha mai sanzionati come Suoi, e non guarda nemmeno se
qualcuno, per così dire, costretto dalla necessità, commette qualche infrazione
contro i precetti del mondo; detto questo, io, qui, non ho nulla da perdonarti
dalla Parte divina”.
3. La nostra monaca dice al confessore:
“Venerabile sacerdote, che siedi qui, dinanzi a me, nel Tribunale della
Giustizia divina, come puoi dire tu, che l'Ordine del nostro convento e la sua
Regola non siano divini, bensì soltanto precetti e regolamenti umani!? Vedi, se
io dovessi comunicare ciò alla nostra priora, noi due corriamo pericolo di
essere severamente castigati; io verrei trattata come un’ossessa dal demonio; e
tu, quale un evidente eretico, verresti scomunicato, o, perfino, colpito
dall'anatema chiesastico; perciò, spiega chiaramente ciò che intendi dire”.
4. Il confessore dice: “Ascolta mia cara
sorella; chi ama sopra ogni cosa Cristo il Signore, Quale l'Unico Vero Dio del
Cielo e della Terra, non teme la scomunica, né l'anatema. Vedi, gli uomini
sulla Terra, che hanno tendenze mondane, e che sanno ben poco o anche nulla del
Cristo, ridono di queste misure arbitrarie della Chiesa. Perché, dunque,
ridono? Perché, in queste misure arbitrarie, non scorgono nessun danno per la
loro vita di traffici. E perché non dovrebbero ridere coloro che amano
veramente il Cristo? Infatti, essi hanno da temere un danno ancora
infinitamente inferiore, da parte di queste misure o condanne arbitrarie.
5. Dunque, non hai mai udito quello che
il Cristo ha detto, una volta nel Tempio, all'adultera, quando i farisei ed gli
scribi l'avevano portata dinanzi a Lui, come meritevole della lapidazione?”.
6. La penitente dice: “Questo lo so
bene, ma che cosa intendi dire tu con ciò?”.
7. “Io non intendo dirti altro -
risponde il confessore - se non che il Cristo, nei Suoi giudizi, è molto più
mite dei Suoi sacerdoti e scribi. Costoro avevano riconosciuto l'adultera,
quale meritevole della pubblica lapidazione, senza la minima grazia e
misericordia, ma il Cristo disse loro: «Chi
di voi è senza peccato, scagli la prima pietra!».
8. Vedi, queste parole hanno colpito,
come un fulmine, i farisei e gli scribi, poiché c'era anche un'altra legge, la
quale voleva che l'alto sacerdote fosse senza peccato, e, questa legge, i
farisei e gli scribi la conoscevano altrettanto bene come quella contro
l'adultera. Ma, contemporaneamente, essi sapevano, pure, di aver commesso essi
stessi l'adulterio sotto ogni aspetto, tanto spirituale che materialmente.
Perciò essi si spaventarono talmente a questa inattesa e penetrante risposta,
che, dimenticando completamente l'adultera, se la diedero tutti a gambe.
Infatti, essi non volevano, in quell’occasione, stuzzicare troppo il Cristo,
perché temevano che Egli potesse rivelare, ai molti Giudei credenti, la loro
ignominia, poiché questi ultimi avrebbero potuto afferrarli, e trattarli con la
severità contemplata, per simili casi, dalla legge mosaica. Che cosa avvenne,
invece, con la nostra adultera? Essa sola era rimasta dinanzi al Signore.
L'avrebbe Egli, forse, condannata? Oh, non di certo! Egli le chiese: «Coloro che ti hanno portato qui, non ti
hanno condannato?». E l'adultera rispose: «No, o Signore, nessuno mi ha condannata!». Ed Egli le disse: «Perciò, neppure Io ti condanno, vattene in
pace, e non peccare più!». Dunque, che cosa dici su questo modo d'operare
del Signore?”.
9. La monaca risponde: “Io non posso dir
altro, se non che il Signore è, senz'altro, più misericordioso di tutti gli
uomini della Terra presi assieme”. E il confessore dice: “Bene, mia cara
sorella, se tu riconosci ciò, dovrai, allora, anche riconoscere che il mio
ammaestramento è anche perfettamente valido. Dunque, se la bontà del Signore,
con riguardo all'adultera, non si è attenuta alla Legge mosaica, che era stata
emanata da Lui, quanto meno Egli si atterrà ad una regola conventuale. Poiché,
vedi, il Signore è completamente libero, e può fare ciò che vuole; e se
qualcuno gli domandasse: «Che
cosa fai?».
Egli non gli darebbe nessuna risposta. Io, però, sono stato mandato a te, quale
confessore, pienamente nel Nome Suo, e, perciò, porto anche il Suo Nome.
Dunque, se io agisco secondo il Suo Nome, e nel Suo Nome, dimmi, che ho io da
temere?
10. Tu dici: «Il Signore certamente no, dato che tu
agisci perfettamente nel Suo Nome». Dunque, dal momento che non ho da
temere Lui, dovrei io, forse, temere il tuo convento, o l'arbitrio chiesastico?
Vedi, questo con me non è affatto il caso, e perciò io ti dico: se tu hai un
vero Amore per il Signore, tu devi anche osare qualcosa per questo Amore, e
cioè, andare ora dalla tua superiora e dirle quello che io ho detto a te; e
dille pure che, secondo la mia volontà, deve venire subito qui da me, insieme a
te!”.
11. La monaca chiede ancora quale
penitenza deve compiere quale riparazione.
12. Ma il confessore le risponde:
“Null'altro, se non quello che io ti ho detto, or ora, di fare!”.
13. La nostra monaca si rialza, e, dato
che alla superiora, in seguito alla lunga assenza della monaca, era sorto
qualche dubbio, essa s'imbatte proprio all'uscita del confessionale con la
stessa, che le stava venendo incontro, e le racconta tutto quello che il
confessore le ha detto. La superiora si torce le mani, e dice alla nostra
monaca: “Vedi, dunque, quale peccato tu hai commesso: la Grazia di Dio si è
completamente allontanata da te, ed un demonio ha preso il posto d'un angelo di
Luce, e si è messo al posto del confessore, dandoti quell'insegnamento
condannabile! Non solo, ma pretendendo perfino che io mi presti ad un colloquio
con lui, affinché, attraverso di me, che sono l'anima del convento, tutte le
monache vengano attirate giù, nell'eterna dannazione. Io ho pensato, molte
volte fra me, che tu avresti portato una tale disgrazia su questa Santa Casa.
Ora non c'è altro mezzo, se non che noi tutte riuniamo le nostre forze, e che
sottoponiamo questa nostra difficoltà alla beatissima Vergine Maria, a San
Giuseppe, ed a Santa Teresa. Se costoro non ci ascoltano, noi siamo perdute,
poiché qui, non c'è più né Grazia, né Misericordia da parte di Dio!”.
14. La nostra monaca dice alla reverenda
madre: “Dica quello che vuole, o madre superiora, tuttavia, dopo
l'ammaestramento del reverendissimo confessore, io non credo più a nessuna
delle parole sue, e sono pronta, se ciò fosse possibile, qui, a morire ancora
una volta, piuttosto che coltivare in me delle opinioni storte e contrarie
all'insegnamento di questo degnissimo confessore!”.
15. A questo punto, la reverenda madre
superiora, nel suo zelo monastico, vuole dare un colpo mortale sulla bocca alla
nostra monaca, ma il confessore è talmente energico e pronto, da strappare la
grata, e a sottrarre la monaca a tale maltrattamento. Quello che segue, lo apprenderemo
la prossima volta.
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* * * * *
Liberazione delle povere prigioniere
“Giudizio” e “Ultimo Giorno”
1. La priora, però, vedendo quello che
sta succedendo, si fa subito, l'uno dopo l'altro, parecchi segni di croce; poi,
cerca rifugio vicino ad una pila d'acqua benedetta, e ne spruzza al confessore
ed alla monaca. Contemporaneamente, chiama, a gran voce, tutte le sorelle, per
averne un valido aiuto. Esse vengono senza indugio, e guardano fisso il
confessore, senza, però, scoprire in lui, la benché minima traccia di
diabolico. Ora, la priora fa un ampio segno di croce davanti a sé, si avvicina
al confessore ed alla monaca, con l'intenzione di prenderli con la forza, e
grida a voce stridula: “Oh tu, abominevole demonio infernale, che hai avuto la
temerarietà, per mezzo della menzogna e dell'inganno, di introdurti sotto la
figura di un angelo di Luce nel nostro Santuario, io ti comando, nel Nome della
Santa Trinità, della Santissima Vergine Maria, di san Giuseppe, e di santa
Teresa, di allontanarti, all’istante, da questo Santo Luogo, ritornando subito
nella tua eterna dannazione, nel tuo fuoco infernale, per bruciarvi là, per
tutte le eternità!”.
2. Ma ora guardate: il nostro confessore
non si lascia minimamente turbare da questo misero anatema esorcistico, e dice:
“Ascolta, o cieca superiora di questo povero gregge; tu mi hai chiamato
demonio, perciò mi hai anche condannato come si conviene; dimmi se io, quale un
- da te supposto - demonio, ho fatto qualcosa di simile con te e con questa
sorella?
3. Io ho detto a questa sorella,
soltanto quello che, qui, nel Regno degli spiriti, è la piena verità, e ti ho
fatto chiamare da lei, affinché anche tu, quale priora, potessi venir istruita
più profondamente, nella Verità divina. Anziché ascoltarmi, hai afferrato
subito la spada ardente del giudice, e avresti voluto, se ti fosse stato
possibile, colpire a morte, con un colpo, questa povera sorella, per lo meno,
mandarla senza indugio, all'Inferno.
4. Io, secondo te quale un demonio, ho
avuto compassione di questa povera sorella, e la salvai con la mia potenza
dalla tua furia; in compenso tu mi hai esorcizzato e gratificato di un anatema.
5. Se, ora, noi poniamo i nostri due cuori
l'uno accanto all'altro, ci sarebbe da rispondere ad una domanda veramente
importante; e cioè, in quale dei due c'è più Amore del prossimo: se nel tuo che
pretende di essere celestiale, o nel mio, che dovrebbe essere demoniaco?
6. Io, però ti dico: «Il tuo spadroneggiare su questo
povero gregge cieco, è giunto alla fine!». E' ben vero che Teresa ha fondato,
sulla Terra, quest’Ordine; però, al tempo suo, e nella sua regola, la sua base
fondamentale era il vero Amor del prossimo, e l'attività nell'Amore il primo
precetto dell'Ordine, così, come la necessaria purezza di cuore; regola questa,
che Teresa introdusse pure nell'Ordine da essa fondato. Però, quest'Ordine,
sotto queste condizioni, era anche gradito a Dio. La tua regola, invece,
collegata con la più stretta clausura, e le molteplici preghiere, recitate
soltanto con le labbra, e, per la maggior parte di voi, incomprensibili, sono
per il Signore un abominio, ed affatto gradite, neanche in minima parte;
specialmente poi, quando, com'è il caso attualmente, si è insinuata nell'Ordine
una vera avidità di dominio tirannica e dispotica, associata al pregiudizio più
cieco!
7. Avete mai, voi, udito parlare, sulla
Terra, che, dopo la morte del corpo, nel mondo spirituale, ci siano dei
monasteri, e delle clausure claustrali? Da quanto so, voi avete soltanto
creduto che, dopo la morte del corpo, si passi in un dolce sonno dell'anima,
fino al giorno del Giudizio, oppure si venga accolti in Paradiso, e, talvolta,
anche subito nel Cielo. Dunque, come ha potuto sorgere questo monastero, dato
che voi pensavate del tutto il contrario?
8. Ecco, a questa mia domanda, voi
rimanete mute, e non potete rispondere nemmeno una parola. Questa stessa
domanda è stata già rivolta, poco fa, da questa povera sorella, proprio a te, o
priora; siccome, però, non sei stata in grado di rispondere a lei, così non sei
stata neppure capace di rispondere a me, bensì, ti accendesti di un'ira
incontrollata, e desti alla richiedente un ceffone da farla tramortire.
9. Ora, però, ti dico da dove proviene questo
convento: ecco, esso proviene dalla tua fondamentale ambizione, e perciò,
solamente quale conseguenza dei tuoi ciechi pregiudizi, tu hai edificato anche
qui, nel mondo spirituale, con la menzogna e l'inganno questa clausura per te e
per queste povere sorelle. Perciò, questa clausura è soltanto illusoria, e, per
conseguenza, non gradita al Signore, in nessuna sua rispondenza. Ed io ho il
potere, malgrado che dinanzi a te io debba apparire quale un vero Belzebù, di
abolire, per tutte queste povere sorelle, tale clausura e di condurle fuori di
qui, libere, lasciando te sola, in questa clausura, fino a tanto che in te ti
renderai conto, con pentimento, che una tale clausura è un’errata fondazione
dello spirito e che in essa non c'è né una Verità né alcunché di buono.
10. Affinché, però, tanto tu, quanto
tutte queste povere sorelle, possiate riconoscere che io ho il potere di fare
tutto ciò, e che non sono un inviato di Belzebù, che tu, o priora, hai
spruzzato con la tua acqua benedetta, io vi dimostro bensì - dato che provengo
immediatamente da Dio - quale prima cosa, che questa sorella da me salvata è
proprio la stessa Teresa in persona che è stata inviata a voi, da me, per
liberarvi dai vostri pregiudizi e, in secondo luogo, vi dico che Io sono Quello
stesso che Teresa tanto Amava! Se non lo volete credere, fate come Tommaso, e
ponete le vostre dita nelle Mie stimmate!
11. E ora, guarda, o superiora di questo
convento; tu Mi hai condannato nella tua grande cecità; mentre avrei Io
soltanto il potere di condannare te, ma, affinché tu veda che Io sono migliore
del tuo Ordine, Io non ti condanno, bensì, ti ammaestro e ti indico la Via che
conduce a Me. Tuttavia, per il momento tu non Mi puoi seguire, bensì solo
quando avrai smantellato questo tuo convento illusorio, fino alle sue
fondamenta”.
12. E vedete, tutte le sorelle si
prostrano dinanzi al Signore, e Lo lodano e Lo magnificano per il Suo Grande
Amore e la Sua Misericordia; ed implorano da Lui la Grazia per la superiora. E
il Signore dice: “E sia, secondo la vostra preghiera; però, la priora ha la sua
volontà, e sempre l'avrà. Se vuole smantellare il suo convento, allora potrà
venire con voi, ma se vuole mantenerlo in piedi, Io non l'accoglierò nemmeno un
secondo, prima che essa non abbia, volontariamente, dato corso alla condizione
da Me posta!”.
13. E vedete, la superiora se ne sta come
impietrita dinanzi a tutte le sorelle riunite, e non sa cosa fare ora, poiché,
in se stessa, continua a considerare quanto avviene come una eccezionale messa
in scena demoniaca. E il Signore dice: “Come pensi, dunque, in te? Non era un
precetto di fede, presso di voi, che Satana debba fuggire dinanzi al Nome di
Gesù Cristo e che dinanzi a questo Nome tutte le ginocchia debbano piegarsi in
Cielo, in Terra e sotto la Terra? Dunque, se Satana ha già una potente paura
dinanzi al Nome di Gesù, come potrebbe pronunciarlo egli stesso e perfino
tramutarsi nella Sua figura? Vedi quanto grande è la tua follia! Perciò tu non
sei ancora matura per una luce più pura e neppure lo sarai fino a quando non
avrai annientato in te perfino l'ultima pietra del tuo convento.
14. Io, ancora in aggiunta, ti dico che
tu devi rivolgerti soltanto a Me, se mai tu vorrai essere liberata dalla tua
clausura.
15. Tu aspetti invano il tuo “giorno del
giudizio”, poiché tale giorno dura continuamente nell'eternità, per tutti gli
uomini: esso è, per i giusti dell'Amore, un giorno di risurrezione all'eterna
vita, che è la completa rinascita dello Spirito. Però può essere anche un
“giorno del Giudizio” per tutti coloro che non Mi vogliono accogliere né nello
Spirito né nella Verità e, per conseguenza, neppure nell'Amore.
16. Ora tu sei informata della tua
situazione e posizione; adoperati a seconda, così allora avrai raggiunto il tuo
“nuovo giorno” per l'eterna Vita; altrimenti, il Sole che illumina questo
giorno, non sorgerà più per te, per delle eternità!”.
17. A questo punto, il Signore Si rivolge
alle sorelle e le invita a seguirLo. E come voi potete vedere nello Spirito, la
superiora, come una disperata, si getta finalmente ai Suoi Piedi e Lo prega,
dal momento che essa ora Lo ha riconosciuto, di non lasciarla indietro così
sola. E il Signore le dice: “Guarda qua, la Mia cara sorella Teresa: Io voglio
che essa rimanga con te e ti aiuti a distruggere il tuo convento”. E vedete,
Teresa rialza con ogni amore la priora, la riporta indietro e le indica le vere
vie del Signore.
18. Il Signore, invece, si avvia con i
Suoi innocenti agnelli verso l'eterno Mattino. Però, non durerà molto a lungo
che la cara discepola del Signore riuscirà a liberare la sorella ancora cieca
dalla sua clausura. Essa però non verrà portata tanto presto nell'Oriente,
bensì soltanto nel Mezzogiorno.
19. E così, voi avete nuovamente potuto
osservare un'altra specie ed un altro modo di liberazione da un errato luogo
spirituale di beatitudine; e questo caso era, certamente, uno dei migliori. Ve
ne sono, di questo tipo, una grande quantità, nei quali le cose si svolgono con
molta maggior difficoltà. La prossima volta ispezioneremo un convento maschile,
che dev'essere anche uno dei più severi. E voi potrete constatare con quante
difficoltà si debba lottare per la Vita, dove il flusso delle errate credenze
ha soffocato, pienamente, la semente della Vita stessa.
20. Perciò, nessuno deve basarsi su
qualcosa di particolare o di diverso per raggiungere la vera Vita; bensì deve
prendere, quale norma di vita, soltanto l'Amore per il Signore e per il
prossimo; poiché l'Amore è un buon terreno sul quale il seme della Vita
prospera nel migliore dei modi. Ma se questo terreno è già ingombro dalle erbacce
o dalla zizzania, il buon seme allignerà molto faticosamente su di esso. Il
prossimo esempio ce lo dimostrerà chiaramente, così che, per oggi, chiudiamo!
[indice]
* * * * *
Un chiostro di monaci Agostiniani e
loro fondazione
1. Vogliamo, dunque, lasciare questo
convento femminile, e recarci un po' più avanti. Guardate laggiù, tra Meridione
e Occidente, si trova uno di tali chiostri, come lo si può riconoscere al primo
sguardo. Ecco, infatti, una sontuosa Chiesa, con due massicce torri campanarie,
e, ai due lati della Chiesa, i veri edifici claustrali, con finestre piuttosto
piccole; e, come vedete, tutto l'insieme degli edifici, Chiesa compresa, è
circondato da un solido muro. Voi vorreste sapere quale sia l'Ordine che vi
abita. Ed io vi dico: uno dei più severi, e precisamente l'Ordine dei
cosiddetti Agostiniani scalzi.
2. Quest'Ordine era, a suo tempo, un
Ordine di penitenti molto considerato, e cioè, secondo la regola del padre
della chiesa, Agostino, il quale, come è noto, si diede molto da fare, per
rappresentare l'Essenza della Trinità sotto un concetto stabilito. Questo
cristiano era molto zelante, ed è stato perfino ammonito dal Signore stesso, a
non occuparsi più di questa sua triplice, inutile ricerca; malgrado ciò, egli
fece solidamente lega con i Vescovi romani, e si dichiarò pienamente d'accordo
a Nicea, sulla Trinità formata da tre Persone Divine, e tentò, poi, di rendere
valida, per quanto possibile, per la Chiesa, quest’immagine della Trinità,
grazie alla sua, del resto vivace, sapienza mondana. E' stato in grazia a ciò,
che venne elevato all'onore di essere chiamato Padre della Chiesa e Maestro
della stessa.
3. Comunque, era molto strano che tali
maestri della Chiesa si facessero chiamare anche padri della Chiesa, dal
momento che possedevano l'Evangelo, nel quale dal Cristo era stato stabilito
Chi era l'Unico e Vero Padre di tutti gli uomini; e perciò, tanto più anche
della Sua Chiesa. Dato però, che queste ricerche Agostino non le faceva per un
proprio utile, bensì, con un intendimento retto, non gli vennero imputate a
carico, ed egli vide il suo errore nel mondo spirituale, e, in parte, almeno
per sé, già in questo naturale, e venne perciò subito accolto dal Signore, e
guidato su vie migliori. In seguito alle sue migliori conoscenze terrene, già
durante la sua esistenza terrena aveva fondato una piccola scuola segreta,
intorno a sé, che aveva anche un migliore, e perciò, più vivo riconoscimento
del Dio Uno e Trino. A questo scopo, Agostino aveva fatto la conoscenza con
l'interiore Parola Vivente, e così pure imparato la Via per la quale ci si può
ad Essa avvicinare.
4. Questa Via, in sostanza, era la più
assoluta umiltà, la piena trascuratezza del mondo, e, in compenso, afferrare il
Signore con l'Amore. Questa scuola aveva incontrato grande appoggio, per quanto
venisse mantenuta il più possibile segreta; perfino il Vescovo romano ne venne
a conoscenza, e, ufficialmente, non ne era contrario; anzi, aderì egli stesso a
questa scuola. Egli si accorse ben presto che la dottrina ufficiale non
concordava con questa nuova; ma oramai non poteva nuotare contro corrente.
Dunque, affinché questa scuola non finisse male, dato che essa era
un’importante scoperta per quel tempo, egli le concesse, tuttavia, il libero
esercizio; e la chiamò la Scuola dei veri sacerdoti, che, con il tempo
ricevettero il nome di “scolastici”. Naturalmente, questi scolastici non devono
venir identificati con quelli dell'antico Egitto, i quali si occupavano del
magico misticismo, bensì questi erano, piuttosto, scolastici nel significato
interiore della Parola.
5. Essi si fecero un'altra immagine
della Trinità, e questa consisteva in un occhio in un triangolo, che si trovava
in una specie di corona di raggi solari. E se anche questa raffigurazione non
era corrispondentemente giusta, tuttavia, Dio veniva rappresentato in un'Unità.
6. L'Occhio raffigurava il Sole del
Signore; nel quale Egli si trova nel Suo Amore e Sapienza eterni; e questo
anche perché l'essere umano li comprende. Infatti, fuor dall'occhio guarda l'Amore,
come pure la Sapienza quale Luce. I tre angoli della figura, nel cui centro si
trova l'occhio, rappresentano i tre gradi, nei quali il divino si esprime quale
il più intimo. I due angoli inferiori indicano: quello di sinistra, il
naturale, quello di destra, lo spirituale, mentre l'angolo superiore stava a
rappresentare il celestiale. Per quanto poi concerne l'irradiazione dell'occhio
verso tutti e tre gli angoli, essa stava ad indicare il fluire dell'Amore
attraverso tutti questi tre gradi. Il sovrabbondare dei raggi, al di fuori di
questa figura, indicava l'infinita Potenza e l'imperscrutabilità dell'Essere
divino, e, per conseguenza, questa raffigurazione era una figura
rappresentativa, discretamente riuscita, dell'Una e Trina Essenza di Dio. Secondo
questa regola è stato anche fondato l'Ordine degli Agostiniani scalzi.
7. Voi, ora, vorreste sapere perché
questi cosiddetti nuovi scolastici non abbiano rappresentato, in modo più
perfetto, l'Essere Uno e Trino di Dio; e perché il Signore non glielo abbia
indicato. Questo deriva dal fatto che tutti costoro si trovavano ancora come
avvolti in qualcosa di falso, a causa delle precedenti tre Divine Persone. Una
parte di questi Scolastici aderì, comunque, ad una migliore e più approfondita
conoscenza; ed è stato questo il motivo per cui si mise sotto la protezione
della Chiesa greca; dove, poi, formò una vera e propria setta, sotto il nome di
“Unitari”; mentre, sotto il Vescovo romano, si rimase sempre con la vecchia
regola, e cioè sotto il più stretto silenzio di clausura, il quale, con il
tempo, arrivò al punto che perfino gli iniziati non dovevano scambiare fra loro
che pochissime parole. Però, ognuno poteva per sé parlare con la Parola
Interiore, ma non era permesso di parlare e comunicare ad altri quanto detto o
udito. E così si guastò, con il tempo, anche questo buon Ordine, e sotto
parecchi dei successivi gerarchi non godette più di una grande considerazione
ed importanza. In seguito a tale stato di cose, da quest'Ordine ne sorsero
altri simili; che, sempre per tali buone ragioni, si rinchiusero rigidamente
dinanzi al mondo.
8. Tali Ordini, anche se presi tutti
insieme, malgrado la loro buona volontà, non potevano realizzare nulla di
buono; in primo luogo, perché ne erano tuttavia impediti dall’esteriore ordinamento
della Chiesa, e, in secondo luogo, perché quello che essi potevano discutere
fra loro nella loro stretta clausura, non poteva venir usato utilmente nella
cura delle anime che erano a loro affidate.
9. Si formarono ancora molti Ordini, nei
quali, da principio, la base era buona; poiché tutti, più o meno, erano seguaci
dell'interiore scolastica; ma, con il tempo, questo andò completamente perduto
e non restò altro all'infuori della forma esteriore. E dato che, con il tempo,
alcuni Ordini incominciarono ad agire molto a favore del Vescovo romano, dallo
stesso vennero loro concessi dei considerevoli favori esteriori. In seguito a
ciò, sorsero ben presto delle “Fondazioni” e degli “Ordini” privilegiati, che
stavano molto meglio di coloro che si erano attenuti alla Regola fondamentale.
Ciò diede fastidio ai piccoli Ordini e così essi incominciarono a lavorare in
favore di Roma; e vennero a loro volta sempre più favoriti. In questo modo andò
completamente perduta ogni traccia di ciò che, nell'Ordine, era interiore; e,
al suo posto, subentrò una fondazione contraffatta.
10. E' proprio su una tale fondazione che
noi vediamo qui questo chiostro, che non ha altro se non il nome del suo
originario fondatore; ciò che voi potete facilmente riconoscere dalla
tripersonale Trinità che si trova sopra la porta maggiore della Chiesa, e, al
di sotto, come premuto dalle nuvole, si trova il cosiddetto “Occhio di Dio”,
ciò significa che l'erroneo ha riportato vittoria sul vero.
11. Questi monaci (spiriti) vanno
naturalmente ancora a piedi scalzi, e sono sempre ricoperti dalla stessa veste;
ma, se voi volete vedere l'interiore scolastica, essa non consiste in altro, se
non che, questi monaci, esteriormente, si comportano e agiscono come, a suo
tempo, i veri Agostiniani si sono comportati e hanno agito. Ma se chiedete ad
uno di loro perché lo faccia, non ricevereste nessuna risposta, o, semmai, essa
sarebbe su per giù la seguente: “Questo lo facciamo come costanti penitenti per
amore del Cielo, poiché il Regno dei Cieli richiede violenza; e coloro che non
l'attraggono a sé, con la violenza, neppure l'avranno”. Da ciò, voi potete
facilmente riconoscere quale sia il vero motivo della loro vita severa; e
questo, quando va bene. Essi fanno tutto per amore del Cielo; essi amano e
anche temono il Signore, ma non per Lui stesso, bensì soltanto a motivo del
Cielo e dell'Inferno. Se il Signore togliesse loro l'Inferno e tramutasse il
loro Cielo sognato di ozio e di vita comoda in un Cielo di lavoro, allora
farebbero ben presto una bella croce sulla loro rigorosa vita di penitenza, per
scegliersi il Cielo di delizie, d'ozio e di comodità.
12. Così vanno le cose, nel migliore dei
casi; ma presso molti conventi, lo stretto adempimento della Regola non è che
un mezzo politico per assicurarsi dei considerevoli vantaggi temporali, e
venirne, naturalmente, in possesso. E questo modo d'agire è, perfino, di specie
infernale, ed un obbrobrio dinanzi al Signore. Però, ciò non lo constateremo
qui, poiché coloro che così si comportano, si trovano nel profondo Occidente,
e, se la cosa è infima, perfino nell'Inferno.
13. Qui, perciò, c'imbatteremo soltanto
nei rigidi aspiranti al Cielo, che essi vogliono servire, come operai presi a
giornata, con la severa osservanza della Regola del loro Ordine. Che il
convento appaia anche qui come tale, questo deriva dal fatto che, anche in
loro, ci sia la credenza materiale nel giorno del Giudizio; e, di questa
credenza, voi vedrete, in questo convento, tutte le variazioni che derivano
dalla falsa fondazione che l'anima, dopo la morte fisica - in seguito ad alcuni
mal compresi concetti dell'antica scolastica-mistica - continui a vivere, o
nella cosiddetta “Psychepanichia”, cioè, sonno animico generale, oppure di una
vita inattiva in Paradiso, e, tra l'altro, anche in un Cielo conquistato subito
dopo la morte. Che piega prendano le cose, qui, lo vedremo la prossima volta;
così che, per oggi, basta.
[indice]
* * * * *
Spiegazione dei regolamenti del
chiostro Agostiniano visitato
1. Voi mi domandate, ora: “Caro amico e
fratello, come vedi, il convento è chiuso dappertutto; entreremo, forse, a
porte chiuse, oppure ce le faremo aprire?”.
2. Cari amici e fratelli, noi non faremo
né l'una né l'altra cosa, poiché il convento sembra chiuso soltanto ad una
certa distanza; ciò significa che coloro che vi abitano sono poco accessibili,
poiché questo chiostro chiuso rappresenta, in modo visibile esteriormente, la
fondazione inaccessibile di questi spiriti.
3. Però, come noi ci avvicineremo a
questo convento, entreremo nella sua sfera; e, in tal modo, c'introdurremo,
anche visibilmente, nella fondazione strutturale e mentale dei suoi abitanti;
così noi lo vedremo subito aperto; dunque, avviciniamoci, affinché possiate
convincervi da soli. Ed eccoci, noi ci troviamo già nella sfera del chiostro,
e, come vedete, le porte si sono aperte.
4. A questo punto voi osservate: “Caro
amico e fratello, noi non possiamo ancora comprendere bene come ciò avvenga:
succede ciò per volere di coloro che vi dimorano, oppure, a questo scopo, vi è
stato applicato qualche congegno soprannaturale, grazie al quale, con una
semplice pressione, tutte le porte vengono aperte all'improvviso?”.
5. Cari fratelli, questo non è affatto
il caso; tuttavia, affinché possiate scorgere la vera causa, vi voglio aiutare
con un facile esempio. In una società si trova un “saggio del mondo”, che voi
definite con il termine di “filosofo”. Quest'uomo si esprime, tutt'al più, a
sillabe, ed anche, non parla affatto. Perché ciò? Anzitutto perché non vuole gettare
le sue perle ai porci; e in secondo luogo, perché egli stesso considera alcune
delle sue idee alquanto pericolose, e, perciò, non si fida di renderle note
pubblicamente; e questo, da un lato, per non compromettere con una leggerezza
la sua fama di erudito, e dall'altra, però, anche per paura che qualche
orecchio poliziesco e politico possa causargli dei gravi dispiaceri. Dunque,
l'uomo, per non compromettersi in alcun modo, si chiude in se stesso, e si
abbandona al suo formale sonno animico; o ricorre al suo paradiso spirituale di
sapienza; oppure al suo cielo stoico; ciò che, in tale stato, gli permette pure
di guardare accuratamente in giro, per vedere se, fra la gente che l'attornia,
ci sia qualche spirito affine a lui. Se riesce a scoprirne uno, egli diventa
subito fiducioso, e incomincia ad aprire, l'una dopo l'altra, le porte del suo
nascondiglio. E se egli trova parecchi che sono completamente iniziati nelle
sue idee, e che oltre a ciò le hanno fatte proprie, allora, le porte del suo
nascondiglio non hanno più limiti, e vengono spalancate completamente e tutte
in una volta. Poi, il nostro uomo non farà a meno di tributare tutto il suo
doveroso plauso a tali compagni animati dalle stesse sue idee. Ma, a dire il
vero, noi non siamo qui per partecipare seriamente alle false e sfacciate
argomentazioni di quest'Ordine conventuale; tuttavia, in seguito al nostro
avvicinamento, noi verremo considerati spiritualmente come tali da parte del
chiostro.
6. Voi chiedete, appunto, se gli spiriti
che abitano in questo convento ci vedono. Io però vi dico che da un lato questo
non sarebbe proprio necessario, poiché, qui, si tratta semplicemente di farvi
conoscere le condizioni che vi regnano; e noi, a questo scopo, possiamo entrare
dappertutto dove vogliamo senza ostacoli, e così osservare in segreto tutto
quanto vi avviene. Però, dato che qui si tratta di procurare a voi anche una
tangibile compenetrazione, è necessario che ci rendiamo visibili agli abitanti
di questo chiostro. Per questo motivo, siamo anche stati visti mentre ci
avvicinavamo; e le porte, ora, stanno aperte per noi; così possiamo entrare
liberamente. Come prima cosa, noi entreremo nella Chiesa, e daremo un'occhiata
intorno per vedere se c'è qualcosa di notevole; eccoci arrivati: che cosa
scorgete voi di speciale?
7. Voi dite: “Strano a dirsi, ma questa
Chiesa è veramente magnifica! Lo splendido stile, l'ampiezza, i magnifici
quadri che adornano le pareti suscitano, veramente parlando, una grande
meraviglia. L'altare maggiore, poi, è un perfetto capolavoro della scultura.
Anche una raffigurazione della Trinità si distingue per il suo carattere
elevato, e, nello stesso tempo, raffinato come un'opera di un vero maestro.
Infatti, l'immagine della Trinità, per quanto - come noi sappiamo - sia errata,
non l'abbiamo mai vista dipinta con tanta arte come qui. Questa pittura è
veramente degna di nota, poiché il Padre e il Figlio tengono le teste
vicinissime l'una all'altra, perciò, ambedue si trovano nel triangolo
illuminato, e sopra le due teste, nell'angolo superiore, c'è la colomba,
rappresentante lo Spirito Santo, ed è collocata in modo che sembra poggiare
proprio sul triangolo stesso, mentre abbassa la sua testa, fra le due teste che
le stanno sotto.
8. Inoltre, è pure degno di nota che,
sotto la Trinità, sono ritratte schiere su schiere inginocchiate ed oranti
avanti, su delle nuvole, e, fra i beati, noi quasi non scorgiamo altri se non
gli antichi profeti, gli apostoli del Signore, e Maria e Giuseppe, proprio
sotto la Trinità; poiché un gran numero dei noti martiri, e, dopo di loro,
papi, cardinali, vescovi e prelati, alcuni monaci famosi, imperatori, re,
principi, conti e cavalieri; ed anche delle beate, ma, purtroppo, nessun
contadino beato c'è fra loro”.
9. Voi avete visto abbastanza, ma non
tutto; perciò, guardate bene, molto in basso, proprio dove sta per finire il
dipinto, e potrete scorgere un tratto di terreno dove sono raffigurati, in gran
numero, dei miseri campagnoli che alzano, imploranti aiuto, le mani verso i
beati. E più in basso ancora, si scorge perfino il Purgatorio, ed una massa di
gente dei campi che allunga le mani al di sopra delle fiamme che le sfiorano,
chiedendo soccorso ai santi che si trovano in Cielo. Infine, sulla parte
sinistra del dipinto, un po' sopra terra, è raffigurata una nuvola, piuttosto
scura, e c'è una scala che, dal suolo la raggiunge. In cima alla scala, voi
potete vedere una porta a due battenti, secondo la forma delle tavole della
legge di Mosè. Dietro la porta stanno il nostro Pietro e l'Arcangelo Michele;
e, sulla scala, potete scorgere alcuni, in procinto di salire, dei quali però,
alcuni, raggiunta la nuvola, poi, precipitano con la testa all'ingiù. Sullo
sfondo di questa nuvola oscura, si possono vedere anche alcuni beati
inginocchiati; questi sono i cosiddetti Ognissanti!
10. Come vedete, a questa immagine non
manca proprio nulla, ad eccezione dell'Inferno. Dato, però, che l'Inferno sta
al di fuori di ogni comunità, ed anche al di fuori della memoria di tutti
questi beati, neppure può far parte di questo dipinto. Ora che abbiamo esaminato
attentamente il dipinto dell'altare maggiore, dall'alto in basso, non ci resta
da vedere che il tabernacolo, il quale è formato da un gruppo di teste di
serafini, molto artisticamente disposte; poi, la piccola porta dello stesso, in
cui è raffigurato il Cristo risorto; e, se vedete bene, questo Cristo è quasi
trasparente; e si scorge, dalla parte del Suo Cuore, uno splendido ostensorio,
con il “Santissimo” che scintilla. Certo, come nelle immagini, così è anche
nell'attività pratica delle opere. L'Amore del Cristo rappresenta ora l'Amore
per l'oro, l'argento e le pietre preziose; e il Pane della Vita si è travestito
con queste insegne principali del mondo.
11. Se tu, ora, buon amico e fratello,
vorresti illustrarci la cosa più chiaramente, non ci farebbe certo male”.
12. O, sicuro, questo posso farlo
senz'altro. Domandate a voi stessi con quali mezzi si dovrebbe venir qui, se si
volesse raggiungere il Pane della Vita? Anzitutto bisognerebbe ricorrere al
Cristo fatto di pietre preziose. Però, questo non raffigurava che la morta
muraglia della Chiesa o la Chiesa murata. Chi, in questa Chiesa, non viene
battezzato e cresimato, non può giungere al vivente tesoro della grazia della
Chiesa; quando, però, qualcuno si trova, una volta, nella Chiesa murata, egli non
si dimentica dell'oro e dell'argento, poiché le chiavi di Pietro sono fatte con
questi due metalli. E così, se qualcuno porta oro e argento, gli è anche
accordato di raggiungere il Pane della Vita.
13. Voi non dovete già pensare che si
debba pagare per la comunione; poiché la piccola Ostia, ognuno che si confessa
la riceve gratuitamente quanto spesso voglia. Ma se qualcuno vuole ottenere il
completo effetto dell'Ostia, allora deve pagare, in aggiunta, una Messa di
benedizione. Se poi vuole che, dopo la sua morte, vengano regolarmente
celebrate delle Messe, deve fare una ricca donazione, o istituire una
fondazione permanente; e se poi vuole che la lettura delle Messe abbia un
effetto ancora più forte, essa deve aver luogo negli altari privilegiati.
Suppongo che, da questi pochi esempi, voi dedurrete senza troppa fatica, come
il Santissimo, che voi avete scorto, si possa raggiungere soltanto attraverso
argento, oro e pietre preziose. Nel mondo, quest'oro, argento e pietre
preziose, stanno a significare “Onoranze a Dio”, cioè: “Omnia ad majorem Dei gloriam!”. Qui, però, ciò viene compreso del
tutto diversamente, e, così tradotto, vuol dire: «Tutto per una nostra sempre maggiore
importanza, per la nostra esaltazione e per il nostro sempre crescente, e
sempre più ricco vantaggio sacerdotale»; oppure, detto in modo ancora più
comprensibile: «Lasciateci
diventare signori del mondo, ed ogni Imperatore chinerà il capo dinanzi ai
nostri piedi».
14. A questo punto, viene proprio da
chiederci dove veramente riposi la vera umiltà cristiana e il disprezzo del
mondo, sotto tutto questo ammasso di oro, argento e pietre preziose; e dove
siano andati a finire l'Amore del prossimo, la rinuncia a se stessi, e dove «Prendete la vostra croce e seguiteMi!»?
Poiché, per quanto riguarda l'oro, l'argento e le pietre preziose, il Signore
avrebbe dovuto dire: «Prendi il tuo oro,
il tuo argento e le tue pietre preziose, e così splendidamente carico vieni
dietro a Me». Anche Pietro, a suo tempo, non avrebbe dovuto dire: «Oro ed argento io non ne ho!». E, una
volta ancora, il Signore non avrebbe dovuto fare, al giovane ricco, quell'amaro
discorso ed aggiungere alla fine che «E’
più facile ad un cammello passare per la cruna di un ago che ad un ricco
entrare nel Regno dei Cieli!». Come vedete, purtroppo, così è tutto
rovesciato e distrutto. E la Chiesa che si nomina la “sola beatificante”, di
cristiano ha soltanto il nome.
15. Chi, in un attestato o altro
documento indica se stesso soltanto come “cattolico”, non ha bisogno di
aggiungervi la parola “cristiano”. Se, invece, qualcuno ci mette soltanto
“cristiano”, egli viene considerato una specie di piccolo eretico e si può
perfino esporre a cose spiacevoli. Lasciamo, però, ora, da parte tutto ciò,
dato che le conseguenze di tali grandi e gravi errori ci stanno chiare e aperte
dinanzi a noi; e, dal momento che voi conoscete il vero Cielo, non vi sarà
difficile scorgere il grande divario fra qui e là, già al primo sguardo.
16. Certamente voi chiedete perché,
allora, il Signore non ponga fine immediata e completa a questi errori, e
perché abbia permesso che sorgessero. Io, però, vi dico che le vie del Signore
sono immense ed imperscrutabili, e le Sue decisioni insondabili. A voi basta
sapere che il Signore è infinitamente Buono, e quanto grandi ed infinite siano
la Sua Pazienza e la Sua Misericordia, e come Egli, quale Supremo Amore e
Sapienza, sa molto bene, e senza possibilità di errore, come portare tutte le
piante alla loro maturità; e, quando sono diventate mature, Egli sa utilizzarle
nel modo più adatto e migliore per i Suoi scopi eternamente colmi d'Amore e di
saggezza.
17. Voi potreste, con altrettanta buona
ragione, domandare perché il Signore abbia posto, sulla Terra, tanta zizzania e
tanti animali feroci e velenosi, dei quali, voi non potete scorgere nessun utile.
Io, però, vi dico che in tutto ciò, il Signore persegue le Sue vie
imperscrutabili, e sempre le Sue precise determinazioni; ed a noi basta
conoscere, in modo vivente, che Egli è un Padre infinitamente Buono. E quando
sappiamo questo, sappiamo pure che Egli non ha creato nulla per uno scopo
malvagio, bensì che Egli convoglia tutto alla meta inesprimibilmente migliore
ed eternamente così farà! Ora voi chiedete se noi si debba visitare ed
esaminare anche le altre parti della Chiesa. Ebbene, questo non è necessario,
perciò rechiamoci ora nel vero e proprio chiostro e facciamo là le nostre
considerazioni. Guardate, proprio ora ci viene incontro un amichevole
Agostiniano, uscendo dalla cosiddetta sacrestia. Egli ci saluta e ci fa cenno
di raggiungerlo; seguiamolo, dunque!
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* * * * *
Pietro ha fondato la Chiesa romana?
1. Che cosa vorrà dunque mostrarci o
dirci questo Agostiniano? Nient'altro che quello che è a noi necessario. Eccoci
presso di lui; ascoltate dunque quello che dice ed osservate come ci accoglie.
Ecco le sue parole:
2. “Siate mille volte i benvenuti, cari
amici e fratelli, nel nome della misteriosissima Trinità, in nome della
beatissima Vergine Maria, di San Giuseppe, e del patrono della nostra Chiesa,
Agostino, che è stato un vero apostolo e seguace del Signore Gesù Cristo! Può
la mia sottomessa meschinità rivolgere a voi la domanda, quale pio proposito vi
ha condotto in questo Tempio, il solo gradito al Signore? Siete voi, forse,
degli appartenenti al mio Ordine, qui arrivati di fresco, oppure siete venuti
qui, quali pii penitenti spirituali, per la remissione dei peccati veniali e
per evitare, con ciò, il Purgatorio? Cercate qui, l'eterno riposo e l'eterna
luce; oppure il vivente pane degli angeli, veramente spirituale; oppure
desiderate di venir iniziati perfino negli alti misteri della Trinità? In
breve, se uno o l'altro di questi scopi vi ha condotto qui, voi potete essere
certi che ne otterrete la più completa soddisfazione, poiché voi certamente
saprete, che fuori di questa Chiesa non vi è salvezza, e in nessun altro luogo
si può raggiungere la beatitudine.
3. Infatti, il Cristo Signore ha fondato
la Sua Chiesa in modo tale da dare le chiavi del Regno dei Cieli soltanto a Pietro.
La nostra Chiesa è edificata sulla roccia di Pietro, dunque fondata da Pietro,
ed è stata data a lui, per tutti i tempi dei tempi, la potenza di rendere
beati, oppure di condannare. Che poi la Chiesa abbia anche il diritto di
condannare, conferitole dal Cristo, risulta chiaramente da quei testi, in cui è
detto: «Voi occuperete i seggi dei
giudici e giudicherete, insieme a Me, le dodici tribù d'Israele»; e
altrove: «Ciò che scioglierete sulla
Terra, sarà sciolto anche in Cielo, e quello che legherete sulla Terra, sarà
legato anche in Cielo». Ed ancora: «Accogliete
lo Spirito Santo: a coloro ai quali rimetterete i peccati, essi saranno rimessi
anche in Cielo; ed a coloro che li riterrete, saranno ritenuti anche in Cielo».
E ci sono ancora alcuni di questi testi, in cui il Signore ha dato a Pietro,
sulla Terra, ogni potere sopra il genere umano. Quale logica conseguenza, non è
possibile sollevare alcun dubbio sul fatto che la Chiesa cattolica romana,
fondata da Pietro stesso, secondo la determinazione immutabile di Dio, sia
l'Unica beatificante.
4. Se voi, com'è indubbiamente il caso,
appartenete a questa Chiesa, allora, potete trovare soltanto qui, la porta del
Cielo; se, invece, non vi appartenete, allora dovrete ben presto giungere alla
conclusione di quale sia la sorte che vi attenda; poiché nella Scrittura è pure
detto: «Chi non appartiene a questa
Chiesa, e non viene in essa battezzato, deve venir condannato»”.
5. Ora, però, parlo io a lui: “Ascolta,
caro amico, tu ci hai fatto diverse domande e ci hai pure comunicato i punti
più importanti delle Scritture che stanno in relazione con la vostra Chiesa. A
parte ciò, io debbo darti, innanzitutto, l'assicurazione che, in primo luogo,
noi non siamo venuti qui per le ragioni accennate nelle tue domande, e, in
secondo luogo, che i testi da te citati non ci riguardano affatto.
6. Tu ora fai una faccia alquanto
turbata e perplessa e pensi fra te cosa si sia venuti a fare qui, se non
abbiamo l'intenzione formulata da te e, riguardo al nostro proposito,
contestiamo addirittura i testi formulati da te e che dovrebbero rendere
manifesta la Chiesa romana come la sola beatificante. Però, che vuoi farci, se
le cose stanno proprio così e non altrimenti?
7. Se noi fossimo venuti qui, soltanto
da un punto di vista esclusivamente scientifico, per apprendere da voi
qualcosa, e vedere ed esaminare, presso di voi, pure qualcosa? Non potremo
essere, in questo caso, o sotto questo aspetto, anche dei benvenuti per te?”.
8. Il monaco dice: “Miei pregiatissimi
amici, non avete mai udito, sulla Terra, che, nel mondo spirituale, la scienza
non porta più frutto, bensì soltanto la fede cattolico-romana, quando essa è
vivente, attraverso le buone opere?”. Dico io: “O certo, questo lo abbiamo
udito dire parecchie volte. Però, noi abbiamo anche udito che, nel mondo
spirituale, si può venir illuminati su tutti i dubbi terreni, e che una tale
luce può venir chiamata anche una scienza spirituale; la quale, in sostanza,
non è che una chiara penetrazione dei Misteri Divini. Ed inoltre, visto che nel
mondo spirituale così, come prima in quello naturale, ci sono dei chiostri e
delle Chiese, circondati da muri, ed adornati con ogni sorta di oggetti
artistici; perché, allora, nel mondo spirituale, non potrebbe esserci anche una
scienza, la quale, già sulla Terra era, evidentemente, più spirituale delle
muraglie di un chiostro e di una Chiesa, e di tutte le opere dipinte o scolpite
che vi si trovano?”.
9. “Ascoltate - dice il monaco - voi,
come rilevo dalle vostre parole, mi sembrate pieni di sentimenti eretici e
condannabili; poiché, chi considera tutto quello che appartiene all'altissimo
servizio di Dio, anziché puramente spirituale, soltanto materiale, dimostra
chiaramente, che egli è, nella parola e nell'opera, sempre condannabile al più
profondo Inferno. Dunque, se quanto avete or ora pronunciato, corrisponde
seriamente al vostro sentire, si renderà necessario gettarvi fuori da questo
purissimo Tempio di Dio, nell'eterna dannazione; poiché è detto: «Tu devi fuggire l'eretico». Ed ancora: «Un tale eretico lo dovete cacciare dalla
comunità, e - secondo Paolo - consegnarlo
al demonio». Non sapete voi, che colui che se la prende sulle disposizioni
della Chiesa, l'unica beatificante, commette il peccato più grave contro lo
Spirito Santo; peccato che non può venir mai rimesso? Perciò, io dichiaro
chiaramente, in questo Santo luogo, affinché non ti colpisca l'eterna
dannazione; come, in verità, a noi, puri servitori di Dio, è più gradito che
tutto il mondo venga dannato, piuttosto che la Santità del Cielo venga
macchiata da un peccato anche minimo. Qui hanno fine ogni grazia e
misericordia. A chi non è puro, nel vero senso della Chiesa, come il Sole nel
Cielo, non deve mai venir permesso di entrare nel Regno di Dio”.
10. Ora, parlo io a lui: “Caro amico, tu,
certamente, non hai preso la Parola di Dio dal lato più dolce e mite, bensì da
quello severamente giudicante. Però, io vorrei porti una domanda, e tu puoi
darmi una risposta; soltanto tu devi assicurarmi in anticipo che risponderai”.
Il monaco dice: “Sempre che questa non sia puramente demoniaca, io ti
risponderò; perché tu, certamente saprai, che al demonio non si è obbligati a
rispondere”. Ed io gli dico: “E sta bene, io ti farò una domanda; se tu potrai
provare che sia diabolica puoi restartene a casa con la tua risposta, ma se tu
non riesci a dimostrarlo alla perfezione non ti potrai muovere dal tuo posto.
Però, guardati bene dal ricorrere alle bugie, perché queste ti potrebbero
costare care. Dunque, ecco la mia domanda:
11. «Come puoi tu provarmi, sulla base
delle Sacre Scritture, che sul serio, è stato l'apostolo Pietro a fondare la
Chiesa cattolico-romana?». Da quanto io so, nelle Scritture che sono pervenute
fino a noi, non se ne trova il minimo accenno. Che un Paolo abbia insegnato a
Roma, e predicato l'Evangelo del Signore, è generalmente noto; ma che veramente
Pietro abbia fondato a Roma il papato, non mi ricordo proprio che nelle
Scritture si trovi neanche una sillaba. Se tu, con il tuo diritto di scomunica
ecclesiastico, vuoi appiopparmi la dannazione, devi dapprima provarmi che la
Chiesa romana sia stata, senza dubbio, fondata da Pietro, al quale il Signore
aveva conferito un tale diritto. Se, però, tu non puoi provarlo, e precisamente
con le sacre Scritture, tu avrai d'affrontare, con me, una dura lotta”.
12. Guardate, come il monaco fa una
faccia compassionevole, e si stilla il cervello per trovare una risposta
valida, però, senza riuscirvi. Allora ricorre ad una stupida sortita, che gli
servirà ben poco. Egli ci fa cenno di ascoltarlo, e perciò ascoltiamolo.
Dunque, il monaco così parla: “Oh voi, detestabili demoni, questa è la più
diabolica delle domande, enormemente eretica e talmente contraria allo Spirito
Santo che, per un tale eretico, mille dei più orridi e profondi inferni, con
una dannazione della durata di mille eternità, sarebbero ancora troppo miti! Ad
una tale domanda dovrei rispondere, affinché poi tutti i demoni in una volta
vengano a prendermi? Avete un bell'attendere da parte mia una risposta!
13. La Chiesa romana non dovrebbe essere stata
fondata da Pietro, il quale, nella stessa Roma, ha insegnato per tre anni, ha
stabilito il suo seggio e subìto anche il suo martirio su una croce a rovescio?
Oltre a ciò, il suo corpo incorruttibile si trova ancora attualmente nella
Santa Cripta della Chiesa a Roma; e il suo seggio è, ancor oggi, il potente
trono del Papa; e tu, o demonio infernale, mi vuoi sottoporre una simile
domanda e ti permetti di presentarti con tanta insolenza davanti a me, un puro
servo di Dio, un sacerdote consacrato! Io t'impongo, nel Nome di Dio trino,
della beata Vergine Maria, di San Giuseppe ed in nome di tutti i Santi
apostoli, discepoli, martiri; in nome di tutti gli altri Santi ed in nome di
tutta la Chiesa cattolico-romana, unica beatificante, che tu, orrendo demonio,
insieme alla tua infernale compagnia, fugga da questo Santo luogo, altrimenti
chiamo qui tutti i miei fratelli, che riposano in Paradiso o sono in Cielo,
affinché, con tre altamente consacrati crocifissi e con altre insegne
ecclesiastiche benedette, vi perseguitino e vi tormentino tanto a lungo, fino a
che questo diventi per voi un lungo martirio, peggiore del più profondo
Inferno! Oh tu, maledetto ed orribile demonio; demonio mangia cristiani,
ingannatore di tutti gli uomini, rifiuto del settimo giorno della Creazione;
oh, tu, creatura di Dio eternamente dannata, via, via, via di qui!”.
[indice]
* * * * *
Nella disputa con un Agostiniano.
Pietro e Paolo
1. Parla Marco: “Ascolta, mio caro
amico, il tuo esorcismo, straordinariamente spietato, non ha certamente nessun
potere ecclesiastico. Infatti, come vedi, noi, tutti e tre, che secondo te
siamo dei demoni del più profondo Inferno, siamo qui dinanzi a te completamente
illesi. Tu puoi essere anche sicuro, in anticipo, che non fuggiremo nemmeno
dinanzi a cento secchie d'acqua benedetta; poiché, fintanto che, da parte tua,
noi non apprenderemo la vera ragione, documentata dalle Scritture, per cui la
tua Chiesa, che sola può rendere beati, è stata fondata da Pietro, noi non ci
allontaneremo da qui nemmeno di un passo. Anzi, al contrario, perché noi
abbiamo tutta l'intenzione di penetrare ancora più profondamente nel tuo
chiostro, senza permettere che alcun esorcismo ci venga a turbare ed a
trattenerci. A questo proposito t'invito perfino a renderci un servizio, cioè
il condurci nelle stanze dei tuoi fratelli, che sono altrettanto insensati
quanto lo sei tu!”.
2. Il monaco risponde, dopo essersi
fatto dapprima tre segni di croce: “Dio mi guardi, dal fare una cosa simile! Io
ho spesso udito dire che le tentazioni del demonio, nel mondo spirituale, sono
mille volte peggiori di quelle del mondo naturale. E che appena nel mondo
spirituale ci si può fare un esatto concetto della malvagità ed astuzia del
demonio, così che quella che io ho letto al riguardo, nei santi libri scritti
da uomini pii e timorati di Dio, sta ora, nel vero senso della parola, dinanzi
a me. Io però ti chiedo, o demonio eternamente orrendo e costante ingannatore
di Dio e di tutto il genere umano: «Credi tu che Iddio si lasci ingannare?». Tu
t'inganni, e così come Iddio non si lascia ingannare, non mi lascio nemmeno io,
quale fedele servitore in ogni tempo di Dio, ingannare da te. E, prima che io
ceda davanti a te, voglio tenerti testa, con l'aiuto di Dio e della beatissima
Vergine Maria, finché tu venga a perdere la pazienza di lottare ulteriormente
con me. Perciò, tu puoi fare quello che vuoi, ma non riuscirai a farmi
rinnegare la mia Chiesa.
3. Non hai mai udito quanto richiede la
Chiesa in seguito al potere conferitole da Cristo, cioè, che si deve credere ad
essa, incondizionatamente, ed a tutto quello che essa dispone, tanto per
iscritto, che a voce? Infatti, se la Chiesa è in possesso dello Spirito Santo,
il quale parla attraverso di Essa, quale vero e sincero cristiano dubiterebbe
di crederle? Se, invece, si volessero far delle domande, come fai tu ad ogni
decisione o decreto della Chiesa, allora, si potrebbe anche domandare dove
stava scritto prima quello che Mosè ed i profeti hanno detto come proveniente
da Dio! Vedi, o lercio demonio, quello che essi hanno detto proveniva dallo
Spirito Santo, e perciò è rimasto e rimarrà come una Verità eterna!
4. Nello stesso modo, anche la Chiesa ha
lo Spirito Santo, ma esso non è ristretto soltanto a ciò che è già stato
scritto prima, bensì può sempre parlare ed ammaestrare liberamente; ed i figli
della Chiesa sono tenuti a riconoscere ciò come una verità indiscutibile, in
ogni tempo.
5. Dunque, se la Chiesa afferma che
Pietro, storicamente è vissuto realmente a Roma, che egli ha eretto là la sua
sede e vi è morto crocifisso, questa è una verità garantita, perché annunciata
dalla Chiesa, la quale è in pieno possesso dello Spirito Santo. Ecco, qui hai
la prova da te richiesta, e perciò allontanati, come ti sei impegnato di fare!
A dire il vero, io non ero affatto obbligato d'impartirti questo insegnamentg,
tuttavia l'ho fatto per preparare a te una dannazione tanto maggiore”.
6. Ora parla Marco: “Bene, amico mio, e,
seriamente parlando, fratello immerso nella più profonda oscurità. Io ti
chiedo, dal momento che mi hai esposto in modo così evidente lo Spirito Santo
della Chiesa, come sia allora possibile che questo Spirito Santo si sia potuto
tanto ingannare con riguardo alle notizie riguardanti la presenza di Pietro a Roma,
date dai diversi profeti della storia della Chiesa, i quali profeti, secondo le
tue affermazioni, hanno sempre parlato e scritto sotto l'influsso dello Spirito
Santo? Infatti, tu hai parlato, poco fa, della presenza di Pietro a Roma, il
periodo di tre anni. Io, però, posso assicurarti che non mi è sconosciuta
nemmeno una sillaba di ciò che, storicamente, è stato scritto su Pietro.
7. Dunque, per quanto poco tu sia
versato nella storia della Chiesa, avrai certamente scoperto delle varianti, su
questa presenza di Pietro a Roma, che vanno dai ventiquattro anni, giù fino ai
tre anni. Anche l'anno della morte di questo apostolo a Roma è molto diverso, e
ci si può dire fortunati quando la differenza non supera un anno. Però, che
quanto io dica sia esatto, lo puoi constatare dai diversi storici, dato che la
vostra biblioteca è fortunatamente in possesso di tutte queste testimonianze.
Ora dimmi, a quale tu riservi completamente la tua fede?”.
8. Il monaco dice: “Questa è di nuovo
un'indiavolata domanda allo scopo d'intrappolarmi; che cosa devo risponderti?
Io ti dico: «Il vero credente cristiano è ubbidiente, non dubita di nulla e non
domanda su date inesatte; mentre l'ingannatore eretico rumina e rovista tutto,
e poi a quale pro?». Anche nelle Scritture Sacre si trovano simili
contraddizioni; dovremmo per questo forse rigettarle? Se tu non sai come lo
Spirito Santo parli, allora ti dico che Esso parla sempre a seconda
dell'interiore sapienza; e tali detti hanno un significato del tutto diverso, e
che nessun demonio comprende. Mentre noi, illuminati dalla Grazia santificante
di Dio, conosciamo questo significato e conosciamo quello in cui crediamo. In
tal modo, ora, tu non sei debitore di alcun'altra domanda, affinché, con ciò,
aumenti sempre più la tua dannazione!”.
9. Ora, parlo io Marco: “Bene, amico
caro, se ciò è giusto, allora io non vedo proprio per quale ragione allo
Spirito Santo sia piaciuto riferire, tanto fedelmente, ciò che riguarda
l'apostolo Paolo e non abbia ritenuto, invece, di dire qualcosa su colui che tu
chiami San Pietro, dal momento che era chiamato personalmente a fondare la
Chiesa di Cristo.
10. Paolo soltanto era chiamato ad essere
un apostolo per i Gentili, mentre non è scritto in nessun luogo che il Signore
abbia chiamato anche Pietro per tale lavoro. Oltre a ciò, Pietro conosceva
l'eccellenza dell'apostolo Paolo e non vedeva, quindi, alcuna necessità di fare
da secondo dove Paolo aveva già fondato una comunità. Si sa inoltre dalla
Scrittura, e cioè da Paolo stesso, che egli, una volta, aveva ammonito Pietro,
ma in nessun luogo si fa menzione di un caso in cui Paolo e Pietro abbiano
preso iniziative in comune accordo.
11. Dato dunque che Pietro, quale il
primo capo supremo della Chiesa, era già stato trovato in errore da Paolo, e
perciò chiamato a giustificarsi, si deve dedurre che lo Spirito Santo non gli
abbia concesso il necessario aiuto, o meglio detto, che si sia completamente
dimenticato d'intervenire a favore di Pietro. E, perciò, si potrebbe anche
concludere che tutte queste date storiche, tanto contraddittorie, siano frutto
della fantasia o, altrimenti, si dovrebbe accusare, in tal caso, lo Spirito
Santo di infedeltà.
12. Io so, invece, che Cristo il Signore
ha dato a tutti gli apostoli una stessa Potenza. Anzi, a quanto dice Giovanni,
Egli, dopo la Sua Resurrezione, disse a Pietro di seguirLo; Lo seguì anche
Giovanni, e quando Pietro volle fermarlo, il Signore lo rimproverò, dicendogli:
«Che importa a te, se Io voglio che egli
rimanga?». Ciò che equivale a dire: «Se
egli Mi segue al par di te?». E perché allora? Perché il Signore ha voluto
decisamente dimostrare, con ciò, che questo discepolo (Giovanni), in complesso,
al pari di Pietro, doveva seguire il Signore invariabilmente e costantemente,
malgrado l'obiezione di Pietro.
13. Inoltre, io so pure che il Signore,
in seguito a delle lagnanze presentate dai Suoi apostoli, prese le difese di un
certo Giovanni, uno che non seguiva Gesù, e ricondusse la calma negli animi
gelosi dei Suoi apostoli. Poi, non sappiamo proprio nulla sull'eventuale
edificazione di qualche tempio che il Cristo abbia ordinato a qualche apostolo;
e di una disposizione supplementare, da parte dello Spirito Santo, non ne
sappiamo proprio nulla.
14. E' vero che il Cristo ha detto: «Predicate dappertutto questo Mio Evangelo!»,
ma non è fatta menzione in alcun luogo che Egli abbia detto: «CostruiteMi dei
templi». Invece, noi sappiamo che, al pozzo di Giacobbe, ha detto alla
samaritana:
15. «E
viene il tempo, anzi è già venuto, in cui i veri adoratori di Dio Lo adoreranno
in Spirito e in Verità! e per questo non sarà necessario né il Tempio di
Gerusalemme né il monte Garizim, bensì lo si potrà fare dappertutto in Spirito
e in Verità».
16. Noi sappiamo pure che il Signore ha
raccomandato agli oranti di ritirarsi nella propria 'cameretta'. Però, agli
apostoli non disse mai di rinchiudersi nei chiostri, bensì disse: «Andate nel mondo e predicate il Vangelo a
tutte le genti!».
17. Dunque, se la tua manifestazione di
potenza ecclesiastica vuoi renderla autorevole per mezzo dello Spirito Santo,
allora tu castighi il Cristo come un evidente mentitore e come un maestro
imperfetto, il quale, durante la Sua attività di insegnante, non sapeva ciò che
era necessario alla Sua Dottrina; ed ha dovuto perciò migliorarla
successivamente, in modo per così dire ambiguo, a causa di parecchi dati
storici contraddittori. Egli non aveva considerato che, per la diffusione della
Sua Dottrina, si sarebbero resi necessari chiostri e templi. Egli non ha
previsto che Pietro, a Roma, avrebbe dovuto fondare la Sua Chiesa e, con il
tempo, edificare un'enorme luogo di preghiera, ed una casa d'abitazione, ancor
più enorme, per i suoi successori.
18. E, nello stesso modo, il Cristo non
ha potuto nemmeno prevedere che, con il tempo, alla Sua Chiesa, sarebbero state
necessarie delle grandi gerarchie nel Suo sacerdozio, per la diffusione della
Sua Dottrina; poiché, se avesse scorto ciò, durante il Suo pellegrinaggio
terreno, nell'occasione in cui gli apostoli Gli facevano delle domande sulla
preminenza, non avrebbe potuto dar loro quella risposta che sta in pieno
contrasto con il presente ordinamento ecclesiastico, e cioè: «Soltanto Uno è il Maestro, mentre voi siete
tutti fratelli!».
19. La Sua ignoranza va, anzi, ancora più
lontano; chi non sa, infatti, che Egli ha detto: «Nessuno è buono, tranne Dio; e non dovete chiamare nessuno padre,
poiché solamente Uno, in Cielo, è vostro Padre. Così pure, nessuno è Santo, se
non Dio solo». Ora, come mai ogni apostolo è Santo, e il successore di
Pietro è addirittura un «Santo Padre?».
20. Se tu, caro amico, rifletti bene su ciò,
devi, con il generale consenso del tuo Ordine, incolpare necessariamente il
Cristo di tali debolezze che ora ti ho esposto; e se tu credi alla Sua
Divinità, devi anche dire: «Iddio scorge appena, come un debole uomo, un po'
alla volta, ciò che è per il meglio; ed è anche obbligato a piegarsi dinanzi
alle Sue creature, con il rischio della Sua eterna Verità ed infinita
Sapienza».
21. Noi sappiamo benissimo che il Signore
ha fondato la Chiesa ebraica, per mezzo di Mosè e dei profeti, intesa a
rappresentare la Sua Chiesa, che aveva, in tutte le sue parti, come riferimento
Lui. Questo, però, Egli lo fece letteralmente per mezzo di Mosè. Però, che il
Signore, al Suo apparire nella somma Persona del Cristo, abbia voluto
nuovamente fondare una Chiesa ricca di cerimonie e di immagini di ogni tipo,
Egli non ne ha fatto il minimo accenno. Bensì, Egli pose, quale solido
fondamento della Sua Dottrina, nient'altro se non il solo Amore del prossimo;
e, a tale Amore, quale inevitabile fondamento preliminare e di base, l'Amore
per Dio, poiché Egli disse espressamente: «Amatevi gli uni gli altri, così come
Io vi ho amato e tuttora vi Amo; perché, soltanto così, si riconoscerà che voi
siete veramente Miei discepoli».
22. E così pure, Egli disse che i Suoi apostoli
e discepoli non dovevano condannare e giudicare nessuno, affinché non venissero
a loro volta giudicati e condannati. Anzi, il Signore, con riferimento a Se stesso,
disse perfino che Egli non era venuto sulla Terra per giudicarla, bensì per
farla beata e per cercare quello che in essa era perduto.
23. Dunque, come mai avete potuto ergervi
a giudici - tutto all'opposto e al contrario di questo nobile, chiaro e preciso
insegnamento di Cristo - e ad attribuirvi il diritto di emettere delle sentenze
di condanna e di morte, tanto nel tempo che per l'eternità?
24. Non potrebbe essere questo il caso di
applicare a voi quel testo in cui Egli, eccitato in Sé, rivolgendosi a coloro
che avrebbero potuto dirGli: «Noi abbiamo
predicato nel Tuo Nome, profetizzato e scacciato demoni». Dirà:
25. «Via
da Me, o voi operatori del male, Io non vi ho mai conosciuti, poiché siete voi
che in ogni tempo vi siete opposti allo Spirito Santo!».
26. Perciò, io ti dico, rifletti
accuratamente in te su queste mie parole, e poi dammi una risposta; guardati
bene, però, di ricorrere nuovamente a degli esorcismi, poiché, diversamente, ti
farò vedere io la potenza di un altro esorcismo, che aprirà i tuoi occhi ciechi
e tu scorgerai l'abisso che ti attende, se tu insisti caparbiamente nella tua
follia.
27. Vedi, il Signore ha avuto
misericordia di voi e mi ha inviato qui per la vostra salvezza. Se voi volete
ascoltarmi, potete venir salvati; se non lo volete, io ho il potere di gettarvi
nelle profonde tenebre, in un posto adatto a voi, stabilito dal Signore”.
28. Come vedete, il monaco incomincia a
stupirsi sempre di più e non sa cosa pensare, né come cavarsela; perciò si
volta e ritorna spaventato dai suoi compagni. Andiamogli dietro e vediamo un
po' quale piega prendano simili errori, nel mondo spirituale.
[indice]
* * * * *
I monaci Agostiniani a consiglio
1. Ecco, egli si reca in una sala
abbastanza ampia, e, come vedete, parecchi monaci gli vanno incontro; ed alcuni
gli chiedono, vedendoci, chi siamo e che cosa vogliamo. E il nostro monaco
risponde furtivamente: “Non domandate, poiché si tratta di esseri spaventevoli
che, per una strana concezione, ci vogliono disturbare, al di sopra di ogni
immaginazione, nella nostra beatissima quiete. Io non so se quello che sta in
mezzo sia Lucifero in persona o il suo primo aiutante; una cosa però è certa,
cioè che egli si è preso gioco di tutti i miei mezzi ecclesiastici d'esorcismo
più potenti e che oltretutto, cosa veramente inconcepibile, mi ha minacciato di
precipitarmi nel vero e proprio Inferno se io non gli comprovo letteralmente,
secondo le Scritture, che Pietro ha sicuramente fondato la Chiesa romana.
2. Io vi dico che ho raccolto tutta la
mia sapienza e gli ho sottoposto tutti i migliori argomenti al riguardo, ma, di
fronte alla sua astuzia, essi erano altrettanto poco validi ed efficaci quanto
una goccia d'acqua per spegnere un incendio. Che cosa si può dire di più,
quando qualcuno comprova, togliendolo dalle Scritture, che se la Chiesa romana,
nel suo ordine attuale, viene guidata e mantenuta dallo Spirito Santo, allora
il Cristo era un mentitore oppure un Essere, se pur derivato dalla Divinità, di
una tale imperfezione che la stessa Divinità considera necessario apportare
successivamente dei considerevoli miglioramenti, per mezzo dello Spirito Santo,
alla Dottrina fondata dal Cristo.
3. In breve, egli comprova
minuziosamente che, dato l'attuale Ordine ecclesiastico, i casi sono due, e
cioè: o la Dottrina del Cristo è pienamente d'origine divina, ed allora la
nostra Chiesa è un bel niente se non un arbitrario tenebroso paganesimo,
oppure, se la nostra Chiesa è veramente in regola, allora è il Cristo che non è
niente, e se il Cristo non è niente, questo niente ricade anche sulla nostra
Chiesa. Ecco, fratelli, cos'è veramente spaventoso!
4. Oh, se qui, in questo Regno, avessimo
la Santa Inquisizione e potessimo martirizzare questi spiriti eretici, come
sulla Terra gli uomini in carne ed ossa, noi vorremmo rendere la loro eresia
così rovente per loro da superare le pene del più profondo Inferno. Cosa si può
fare, qui, dove non si ha più nessun potere? Si deve proprio, in senso
letterale, prendere sulle proprie spalle quest'orribile croce e seguire
pazientemente il Cristo!
5. Guardate, egli si muove già con i suoi
aiutanti, incamminandosi verso questa sala; io non posso darvi nessun altro
consiglio se non quello di farvi furtivamente un segno di croce ad ogni sua
parola e non dare nessuna risposta alle sue eventuali domande. Rifugiamoci
dietro il Crocifisso del nostro refettorio e manteniamoci tranquilli là! Ed uno
di noi si metta dietro la Croce, e faccia che, dalle ferite del Crocefisso,
sgorghino delle gocce di sangue, e quest'ospite infernale non ci potrà nuocere
in alcun modo”.
6. Ed ecco, tutto il gremio, composto di
circa cinquecento spiriti, si reca dietro al Crocifisso, e, come vedete, dalle
ferite dell'immagine del Cristo comincia a sgorgare sangue. I monaci si
comportano come se dormissero e il nostro primo interlocutore si trova proprio
dietro a tutti.
7. Voi dite: “Caro amico, da quanto
vediamo qui sarà inutile ogni lavoro ed ogni fatica; noi siamo dell'opinione
che costoro non potrebbero essere portati sulla retta via neppure dal suolo
sabbioso e muschioso dell'estremo buio Occidente. Infatti, è proprio spaventoso
come, da questi esseri, le più stringenti parole del Signore vengano
considerate addirittura come parola di Satana. Certamente, Lo stesso Signore
potrebbe apparire personalmente, e predicare contro la loro insensatezza, che
essi Lo considererebbero per quello che hanno considerato te; e se Egli dovesse
testimoniare della verità del Suo Essere con dei miracoli, essi direbbero, come
a suo tempo i farisei: «Egli opera tutto ciò per mezzo del capo dei demoni»”.
8. Certo, amici cari, la vostra
osservazione è giusta, e, con questi esseri, le cose stanno effettivamente in
questi termini. D'altra parte, però, è altrettanto vero che al Signore sono
possibili innumerevoli cose, anzi, più che innumerevoli, infinite, delle quali
tutta la nostra sapienza non ha la minima idea. Perciò, anche qui noi faremo
qualche esperimento e si vedrà subito quale sarà l'effetto che si otterrà con
questi esseri. Dunque, fate attenzione! Come vedete, questo crocifisso truccato
è il loro punto d'appoggio, un'opera che li protegge nella loro insensatezza.
Incominceremo perciò da questo: lo tireremo giù e lo annienteremo sotto i
nostri piedi!
9. Dunque, avviciniamoci; come vedete,
il macchinista che fa colare il sangue, si sta già allontanando al nostro
avvicinarci, ed io dico: “O tu, immagine fallace, che sei sorta dalla falsa
fondazione, la quale dura già da troppo tempo in questi esseri, precipita nel
nulla! Poiché, dinanzi agli occhi del Signore, non esiste obbrobrio maggiore di
una tale immagine ingannatrice, che abbia riferimento a Lui e per mezzo della
quale migliaia e migliaia di cuori umani vengano riempiti con la più tenebrosa
illusione e con le più abominevoli brutture della morte”.
10. Ecco, il crocifisso ora sta
completamente distrutto al suolo, come un mucchio di pula sudicia, ed i monaci,
senza parlare, si alzano l'uno dopo l'altro, e da ogni faccia sprizzano verso
di noi ira e rancore, tuttavia non osano metterci le mani addosso. Nessuno di
loro vuol dire una parola; in compenso, voglio dire io qualcosa a colui che sta
dietro a tutti e che noi già conosciamo.
11. E io gli dico ora: “Ascolta, o
spirito tenebroso che ti tieni alla lontana! Vieni avanti e dammi la risposta
alla domanda che io ti ho rivolto nel tempio!”. Il monaco si avvicina, come
forzato dalla paura, e vuole ribattere, anziché con la risposta, con una
maledizione, a causa della distruzione del crocifisso; ma, guardate, proprio
davanti a lui si apre una spaccatura nel terreno, larga circa un klafter, ed
egli scorge, nella profondità, l'Inferno; ed io così gli dico: “Guarda, o
spirito tenebroso, questo è il tuo cristianesimo, e il tuo cuore è pieno zeppo
di tutto ciò che tu vedi, laggiù, in quel baratro.
12. Al posto del soave Amore del Cristo,
che tutto predomina e che sanguinante sulla Croce pregava in Sé il Padre di
perdonare agli esecutori del male, voi invece non avete che odio, furia
settaria, maledizione, giudizio e fuoco; perciò siete dei veri malvagi
anticristi, diretti antagonisti della Dottrina fondamentale del Cristo. A tutti
coloro che vi onorano, e vi riconoscono per quello che voi apparentemente
mostrate di essere, togliete fino all'ultima goccia di Vita e in contraccambio
riempite i loro cuori con la morte.
13. Invece del Pane vivente, che è la
vera, vivente Parola di Dio, voi date loro da mangiare delle pietre roventi,
affinché essi diventino, al pari di voi, pieni di spirito di vendetta e di
furore, di giudizio e di condanna, contro tutti coloro che il Padre stesso ha
voluto allevare ed ammaestrare. Voi non vi fate nessuno scrupolo di rafforzare
la vostra oppressione sui popoli, per la vostra sete di dominio e di guadagno,
bandendo in tal modo e il più possibile la Parola di Dio dalla comunità e
imponendo, su un eventuale possessore della stessa, la maledizione all'eretico
e la sua rispettiva condanna. Invece che la Parola di Dio, voi nutrite il
popolo con il vostro egoismo e con la vostra ambizione; nonché il vostro motto
migliore consiste nel tenere lontana dal popolo, più che sia possibile, ogni
Scintilla di Luce migliore, mentre il Cristo ha detto espressamente: «Siate perfetti, com'è perfetto il Padre
vostro nel Cielo!».
14. Che cosa devo fare di voi? Proprio
voi, che dovevate pascolare il gregge del Signore, per paura del lupo vi siete
rinchiusi dietro sette mura, ed anziché fedeli pastori, avete fatto di voi
stessi dei lupi rapaci fuori da questa vostra tana, mentre tutt'intorno se ne
stanno a migliaia di migliaia coloro che hanno provato la durezza dei vostri
denti felini, e che, con alti lamenti, vi accusano dinanzi al Giudizio di
Cristo.
15. Che cosa devo fare di voi, che avete
sempre calpestato sotto i piedi la Parola di Dio perché non si prestava alla
vostra insaziabile sete di dominio e di guadagno? Cosa devo fare di voi, che
sfacciatamente osavate vantarvi dinanzi al popolo dicendo: «La Terra giace ai nostri piedi e
portiamo Dio nelle nostre mani?». Io vi dico che un attestato più
vantaggioso, e nello stesso tempo più azzeccato, voi non potevate trovare,
poiché in verità voi avete posto, ovunque ciò era possibile, sotto i vostri
piedi, avidi di poteri e di lucro, i popoli con i loro Re e Imperatori
consacrati, e con Dio nelle vostre mani faceste commercio come con una merce
scadente. In contrapposto, però, i vostri cuori erano sempre vuoti di ciò che è
di Dio, mentre invece erano sempre colmi di quello che tu, o spirito tenebroso,
vedi ai tuoi piedi, attraverso questo baratro aperto.
16. Dunque, che devo fare con voi? Volete
voi chiedermi chi io sia? Allora io vi risponderò dicendo che io sono un vero
apostolo del Signore e sono stato inviato qui affinché io vi destassi nel Suo
Nome. Però, come posso destarvi se voi siete pieni dell'eterno Giudizio? Perciò
io vi domando ancora una volta: “Che cosa volete fare?”. Parlate, altrimenti
questo baratro v'inghiottirà!”.
17. Ascoltate, ora, il nostro monaco così
si esprime: “Io ti prego, in nome di tutti questi miei fratelli, chiunque tu
possa essere, che tu voglia risparmiarci questa dura prova da te annunciata;
poiché, se noi siamo effettivamente diventati ingannatori nei riguardi della
Dottrina di Cristo, nostro Signore, non lo siamo stati spontaneamente, bensì
dovevamo essere così come siamo e nessuno di noi doveva parlare ed agire
diversamente da come gli era imposto da parlare e di agire dalla Chiesa stessa.
Eravamo dei lupi? Ebbene, dovevamo esserlo. Perciò, se tu sei effettivamente un
messaggero dell'Alto saprai anche benissimo come le cose stavano con noi, ed
ancora stanno, e che noi, qui, siamo altrettanto incarcerati come lo eravamo
nel mondo. Perciò, se ti è possibile, rendici liberi e noi saremo pronti ad
accogliere la pura Parola di Cristo. Soltanto, innanzitutto, copri
quest’orribile abisso dinanzi a noi”.
18. Dico io a loro: “Se tu vuoi superare
quest'abisso, allora tu devi soffocare in te, in spirito e in verità, quello
che tu scorgi entro di esso, poiché ciò non è che un’apparizione, simile a ciò
che tu stesso celi nel tuo cuore. Perciò, indaga in te, e voi tutti che siete qui
fate altrettanto. Destatevi dal vostro sonno di morte. Però, in questo chiostro
vi sono ancora molti altri, e costoro io devo dapprima esortare; e quando essi
si saranno ritrovati, allora soltanto ritornerò e v’indicherò una nuova via nel
Nome del Signore”. E ora essi cominciano a lamentarsi e a piangere. Noi però
non staremo qui ad ascoltarli, bensì ci recheremo subito dai monaci che si
trovano nel Paradiso.
[indice]
* * * * *
Dagli Agostiniani paradisiaci
1. Guardate qui di faccia, lungo questo
grande cortile, c'è una porta aperta che conduce in un giardino abbastanza
esteso; là vogliamo andare e guardare ciò che vi si trova. Ed ecco, il giardino
sta già dinanzi ai vostri sguardi, in tutta la sua estensione. Come vi piace?
Voi dite: “Caro amico, in verità, si dovrebbe essere un nemico dell'alta
estetica, se non si trovasse piacere nel guardare questo giardino. Queste
splendide arcate lungo i muri considerevolmente alti del giardino, i giochi
d'acqua, i magnifici templi bene lavorati e poi gli innumerevoli fiori
deliziosi, per non parlare degli alberi fruttiferi, disposti in buon ordine;
bisogna proprio dire che qui sono riuniti arte e gusto sublime e la natura si
trova dappertutto ben calcolata nel migliore armonico accordo con l'arte. E
laggiù s'innalza, al di sopra del muro del giardino, un palazzo
straordinariamente bello; in quanto a fasto, non lascia proprio nulla a
desiderare. Noi siamo dell'opinione che, se coloro che eventualmente dimorano
in questo palazzo, corrispondono, anche per poco, alla sua magnificenza, non
devono affatto avere, in e per se stessi, dei sentimenti completamente
corrotti, di nessun genere”. Certo, vi dico io, cari amici e fratelli, almeno
questo ne è l'aspetto; però, voi non dovete mai dimenticare, al riguardo, la
seguente regola:
2. “Dove fra gli uomini vi è molto fasto,
là vi è grande spreco; dove c'è molto spreco, là si cela anche molta ambizione,
e dove c'è molta ambizione, la c'è molto amor di se stessi; e questo, a sua
volta, non è altro che un grande egoismo”. Per conseguenza, il fasto esteriore
non è un indizio favorevole per coloro che vi sono inclini. Guardate un po'
sulla Terra: “Chi dimora nei grandi e sontuosi palazzi?”. Raramente qualcuno
che non sia ricco e potente. A chi porta qualche utilità, tale sontuosità? A
nessuno, se si eccettua il proprietario stesso. In qual modo gli è utile? In
vario modo, e cioè: in primo luogo, quale un'insegna messa bene in mostra della
sua agiatezza e del suo potere dominante che induce i passanti ad un profondo
rispetto, li intimidisce e così non si fidano tanto facilmente di avvicinarsi
ad una tale sontuosa dimora, in nessuna occasione. In secondo luogo, tale
sontuosità trattiene sempre la povera umanità dall’avvicinarsi al proprietario
per chiedergli qualche piccola offerta. In terzo luogo, tale sontuosità è una
sorgente inesauribile per il costante nutrimento dell'orgoglio e di conseguenza
anche del permanente disprezzo delle classi povere dell'umanità. E, in tal
modo, una simile sontuosità è anche il mezzo migliore per mantenere
costantemente la povera umanità nella debita cecità.
3. Voi chiedete il perché? Perché l'uomo
semplice, specialmente il campagnolo, considera i proprietari di tali
sontuosità quali esseri superiori e non è capace di liberarsi da tale suo modo
di sentire. Certo, io devo dirvi che se la Chiesa dedicata a Pietro, ed il
Vaticano papale, non fossero costruiti con una sfarzo e grandezza tale da
superare quasi la maggior parte dei concetti umani, allora ci sarebbero
parecchi che non considerebbero come una grande grazia essere ammessi al bacio
della pantofola del Papa; ed anche le false indulgenze, se rilasciate in una
capanna di contadini, non avrebbero mai avuto l'effetto “redditizio” come è
invece il caso, visto che provengono dalla splendida sontuosità terrena del
Vaticano. Voi avete sempre potuto constatare che qualsiasi religione, una volta
passata nel materiale esteriore, comincia ad aiutarsi proprio con lo sfarzo per
poter ritrarre, ancora per qualche tempo, il massimo utile sfruttando la cecità
degli uomini. Però, bisogna pure domandarsi, se questo accecamento dell'umanità
sia mai servito a qualche cosa.
4. Perfino il Tempio di Salomone non era
in realtà nulla di diverso se non un profeta muto che, con la sua esistenza,
dai tempi di Salomone in poi, indicava a tutto il popolo israelitico come esso
stesso era passato dallo spirituale al materiale e come, alla fine, in tutto il
Tempio non si poteva trovare più niente di buono e di vero. E Lo stesso Signore
diede agli ebrei la testimonianza che essi avevano tramutato quel luogo di
preghiera in una spelonca di assassini. O certo, in quel Tempio sono state
commesse delle atrocità senza nome, e gli uomini vennero accecati dal Tempio,
fino al punto che non hanno potuto riconoscere il Signore della Magnificenza; e
la crocifissione del Signore venne decisa proprio nel Tempio. Anche Giuda
ricevette, nel Tempio, il prezzo del suo tradimento ed è stato pure nel Tempio
che egli gettò quel denaro insanguinato, quale una grande testimonianza che
appunto il Tempio era già da lungo tempo una spelonca d'assassini dello Spirito
di Dio.
5. Per poco che voi riflettiate su
quanto ora detto, tutta questa sontuosità non apparirà più ai vostri occhi
sotto una buona luce; e sul come qui le cose stiano effettivamente, noi potremo
averne, ben presto, un piccolo assaggio nell'avvicinarci al primo tempio del
giardino.
6. Guardate un po' lì; due monaci
biancovestiti ci vengono incontro. Voi però chiedete: “Costoro, sono forse
Domenicani o Cistercensi?”. No, miei cari fratelli, essi sono soltanto
Agostiniani paradisiaci, poiché in Paradiso essi si svestono degli abiti neri e
ne indossano dei bianchi. Cosa guardate ora, con tanta attenzione, dalla parte
del palazzo? Io so già cosa vi ha colpito; sono degli angeli saltellanti qua e
là, con attaccate sul dorso delle ali confezionate con penne bianche. Voi
certamente vorreste sapere se possono anche volare. Oh no, affatto; poiché le
ali non sono cresciute, ma attaccate artificialmente, come per una scena
teatrale, mentre il loro saltellare deve rappresentare la loro vivacità; e come
sono pronti questi angeli a servire gli abitanti del paradiso, al loro minimo
cenno. Guardate, ce n'è già una mezza dozzina che corre dietro ai due monaci
che stanno avvicinandosi a noi; e voi vi accorgerete subito che gli angeli di
questo paradiso sono provvisti di sacri randelli e sciabole per scacciarne
fuori eventuali ospiti non graditi, in un modo tutt'altro che paradisiaco.
7. Voi chiedete: “Chi erano questi
angeli, sulla Terra?”. Non avete mai udito parlare dei fratelli laici, o meglio
detto, servi del chiostro? Come vedete, anche qui essi sono spiriti al servizio
del chiostro; ed affinché tale servizio risulti loro più piacevole, vengono
vestiti da angeli. Tutto ciò dipende dalla falsa fondazione, in seguito alla
quale essi hanno scambiato il temporale con l'eterno. Il grande Amore e la
Misericordia del Signore, però, lasciano questi esseri in tale fondazione tanto
a lungo fino a tanto che essi cominciano lentamente a comprendere che una tale
attuazione deve avere qualcosa di sbagliato. Anzitutto perché, malgrado l'abbondanza
di questi frutti, essi non riescono mai a sentirsi veramente saziati. Infatti,
il mangiare e il bere sembrano loro di farli in sogno. In secondo luogo, essi
vedono passare, in alto, sempre delle nuvole bianche, ma non riescono a
scorgere da dove esse prendano luce; e, in terzo luogo, con il tempo li
colpisce il fatto che, pur sapendo di essere nel mondo spirituale, non vedono
mai, in nessun luogo, né un Santo, né la Madre di Dio, Maria Santissima, né
Pietro e neppure l'Arcangelo Michele. C'è pure una quarta circostanza, molto
fatale per loro, e cioè: guardando oltre il muro del giardino, dopo esservi
saliti con delle scale a pioli, non scorgono che delle steppe sterili, mentre
soltanto il loro giardino è fertile. C'è, infine, una quinta circostanza che un
po' alla volta concorre a destarli, e cioè che la Chiesa del loro chiostro non
viene frequentata da nessun altro che da loro stessi. E ci sono molti altri di
questi mezzi stuzzicanti, grazie ai quali lo spirito può venir reso attento.
8. Questi abitanti del Paradiso hanno, a
dire il vero, ancora il Cielo del chiostro dinanzi a loro; Cielo che noi
vedremo più tardi, ma anche il cielo presenta ancora parecchie difficoltà,
abbastanza importanti. Perciò, gli abitanti del Paradiso devono essere molto
diplomatici e tenere il più possibile segreti i rischi che presenta il cielo,
poiché altrimenti andrebbe molto male per questo loro Paradiso che deve
provvedere anche per il cielo, e i nostri vivaci angeli non vorrebbero più
occuparsi della coltivazione del grande giardino. Infatti, voi dovete sapere
che il Signore permette che questi spiriti, qui, debbano procurarsi il
sostentamento come sulla Terra, con il lavoro delle loro mani e il sudore della
loro fronte; insomma, essi devono lavorare, se vogliono mangiare.
9. Ora, però, i nostri due abitanti del
Paradiso si avvicinano a noi, perciò silenzio, e fate attenzione
all'accoglienza! Guardate, uno degli uomini paradisiaci fa cenno a due angeli,
muniti di randelli, di mettersi accanto a lui, affinché egli possa avvicinarsi
a noi sotto buona scorta; e l'altro uomo paradisiaco, insieme a quattro angeli
armati di sciabola, formano la retroguardia dell'avanguardia, nel caso che
quest'ultima dovesse dimostrarsi troppo debole di fronte al nemico.
10. Fate bene attenzione; il primo uomo
paradisiaco apre già la bocca e ci chiede: “Da dove venite, dall'Alto o dal
Basso?”. Dico io: “Dall'Alto”. E questi ci domanda ancora: “Dov'è l'Alto?”. Io
indico, con la mano, il petto, e dico: “Qui, nel cuore, e nell'esclusivo Amore
per il Signore, è l'Alto!”. Il monaco dice: “Come mai chiacchieri di simili
assurde fandonie? Non sai tu dov'è il Cielo e non sai che qui tu ti trovi nel
Paradiso di Dio?”. Ed io gli dico: “Io so dov'è il Vero Cielo e conosco molto
bene il Paradiso, ma questo paradiso qui e il tuo cielo io non li riconosco
affatto come tali, bensì io li riconosco soltanto secondo la Verità; nella
Verità, questo vostro cielo e paradiso non sono altro che «un prodotto della
vostra follia», profondamente mondana”. Egli dice: “Che discorso è mai questo?
E così che parlano coloro che vengono dall'Alto? Aspetta soltanto un momento e
noi ti mostreremo, in modo palpabile, dov’è il Basso. Venite qui, voi angeli di
Dio, ed impadronitevi di questi tre avanzi di galera, e conduceteli dove voi
già sapete, cioè nella scuola dove s'impara a distinguere l'Alto dal Basso”.
11. Ed ecco, gli angeli ci circondano;
questa volta li lasciamo fare e ci lasciamo condurre da loro. Appena quando
essi avranno pronunciato su noi una “filantropica” sentenza, allora cominceremo
a muoverci alquanto. Infatti, tutto ciò fa parte della scena; senza ciò voi non
potreste farvi un'idea esatta di questa situazione spirituale; mentre, d'altra
parte, questi spiriti non sarebbero tanto facilmente recuperabili per altre
vie; né noi potremmo liberarli dalla loro illusione nel modo migliore per essi.
Perciò, lasciamoci condurre via da loro, di buon animo, affinché voi possiate
constatare in quali modi, infinitamente molteplici, il Signore sa utilizzare i
Suoi servi, cosicché sia l'Amore sempre a predominare ed a portare frutto.
[indice]
* * * * *
Nell'apparente prigionia degli
Agostiniani paradisiaci
Loro dubbio riguardo la giustizia
delle loro azioni
1. I due monaci ci precedono, mentre gli
angeli, con i loro randelli e sciabole, ci seguono. Voi chiedete dove essi
intendano condurci. Guardate laggiù, più verso Nord, nell'angolo del giardino,
presso il muro di cinta c'è una torre sudicia, con una porta di colore nero. Là
essi vogliono rinchiuderci; quello che succederà poi, sarà la propria
esperienza ad insegnarlo. Strada facendo, ascoltate qual è l'oggetto di cui i
due monaci discutono.
2. Uno dei due dice proprio ora: “Che
pensi tu? Se questi tre, che sembrano dei vagabondi, fossero invece degli inviati
venuti da qualche luogo migliore di qui, in cui non possiamo mai mangiare
abbastanza da saziarci? Non si dovrebbe, in questo caso, come prima cosa,
ascoltarli ed informarci più esattamente da dove essi, in realtà, provengano?
Infatti, la nostra domanda a loro indirizzata, se cioè venivano dall'Alto
oppure dal Basso, è stata troppo precipitosa, poiché noi abbiamo posto, come si
suol dire, il carro davanti ai buoi. Mettiamo il caso che essi fossero
veramente dall'Alto e noi ci comportassimo con loro, in questo Paradiso, in
maniera tutt'altro che paradisiaca, ciò potrebbe costarci caro. La mia opinione
sarebbe perciò la seguente: anziché rinchiuderli nella torre fortificata,
portarli piuttosto laggiù, verso Mezzogiorno, nella torre libera che è aperta dappertutto
verso fuori e chiusa verso l'interno”.
3. L'altro risponde: “Caro amico e
fratello, io ritengo che proprio qui, in Paradiso, tu non vorrai diventare un
eretico. E' ben vero che il Signore, sulla Terra, ha peregrinato senza sfarzo e
magnificenza, e che questo era pure il caso con i primi annunciatori e
propagatori della Sua Dottrina. Tu però sai anche che, in quel tempo, la Chiesa
del Signore era povera e sofferente. Appena dopo il grande concilio di Nicea,
essa ha trionfato su tutti i pagani, per un vasto raggio; e, perciò, ha cessato
pure di essere misera e sofferente ed ha incominciato a diventare una Chiesa
ricca, trionfante, piena di splendore, importanza e potenza.
4. Dunque, se già sulla Terra il Signore
circonda la Sua Chiesa ed i Suoi servi con tanta magnificenza, quanto più Egli
lo farà qui nel Regno degli spiriti beati. Perciò, se Egli c'invierà qualche
alto messaggero, tu devi attenderti, con tutta certezza, che esso non apparirà
nella figura di questi autentici straccioni, bensì con sfarzo e maestosità
celeste. Infatti, sta scritto nei sacri Testi che il Signore verrà sulle nuvole
del Cielo con grande Potenza e Gloria. Allora come potrebbero, questi
straccioni, essere degli inviati di Dio? Dei messi travestiti dell'Inferno,
certo, ma non elevati messi del Cielo. Ma, ti ripeto, elevati messi del Cielo
no di certo! Dunque, dentro la torre fortificata sia il loro posto. Quella
torre è edificata esclusivamente con pietre benedette e così risulterà
immediatamente di quale spirito essi siano animati, poiché una sola di quelle
pietre è più che sufficiente per bruciare mille volte di più del più profondo
Inferno”.
5. Il primo interlocutore ribatte:
“Bene, fa quello che vuoi, io, dal canto mio, resto nella mia opinione. Se poi
la cosa prenderà una brutta piega, la responsabilità sarà tutta tua; ripeto, fa
come vuoi, io non pongo alcun ostacolo al tuo piano. Guarda, ecco la torre, io
ti consegno la chiave ed in questa faccenda non voglio entrarci per nulla. Io
ho già ponderato parecchie volte fra me, che noi, nella nostra Chiesa romana,
siamo sempre molto più solleciti nel condannare che nel benedire; perciò,
talvolta ho pensato, sempre tra me, su quel testo del Signore in cui Egli
ammonisce energicamente i Suoi apostoli a non condannare e giudicare.
6. Per detta ragione mi ero ripromesso
segretamente di non condannare e giudicare più nessuno; e voglio perciò
anzitutto mettere in pratica questo mio proposito proprio con questi tre, e
così ti dico ancora una volta di fare quello che vuoi, io però non intendo assolutamente
partecipare al tuo modo di agire!”.
7. L'altro dice: “E va bene, io prendo
la chiave e voglio praticare la Giustizia divina come si deve; poiché grande è
l'Amore del Signore, ma la Sua Giustizia sta al di sopra di Essa, tanto che
chiese perfino il Sangue del Figlio Suo”.
8. Il primo risponde brevemente al
praticante della giustizia: “Io, da parte mia, ho appreso dalle Scritture che
il Signore non ha dato ai Suoi apostoli e discepoli altro comandamento se non
quello dell'Amore. E so pure che una volta Egli portò, quale esempio degno
d'essere imitato, un amministratore ingiusto. Poi disse anche che Lo rallegrava
di più un peccatore pentito che non novantanove giusti. E, infine, non riesco a
rammentarmi affatto che ci sia un testo in cui il Signore abbia vantato, in
modo altrettanto evidente, la severa giustizia. Come pure si legge la piena
giustificazione del gabelliere e il biasimo del fariseo ligio alla legge.
Quando rifletto su ciò, e metto in suo confronto l'arcigna giustizia da noi
praticata, allora il mio animo viene meno. E perciò, cos'altro potrei
aggiungere per giustificarmi? Nient'altro che tu faccia come la tua coscienza
di detta; la torre è qui, e qui sono anche i tre; la chiave l'hai in mano e con
ciò io mi ritiro”.
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* * * * *
Domande delicate. Risposta schietta
1. Quello spirito-monaco, l'abitante di
questo paradiso celeste, che è ora in possesso della chiave, apre la porta
della torre e ci fa cenno di entrare. Che ne dite voi? Dobbiamo ubbidire all'invito?
Qualche cattolico direbbe: “L'ubbidienza lo richiede”. Però, dato che c'è un
altro precetto che dice di obbedire a Dio prima che agli uomini, allora non
daremo corso all'invito e rimarremo bellamente al di fuori, e oltre a ciò io mi
prenderò la libertà di tramutare, di punto in bianco, questa torre in un
mucchio di polvere impalpabile, con il semplice tocco della mia mano. Dato,
però, che il detentore della chiave ci minaccia dicendoci: “Se non vi entrate
immediatamente, farò ricorso alla violenza!”, allora dobbiamo avvicinarci alla
torre, e precisamente quel tanto che è sufficiente affinché io la possa
sfiorare almeno con un dito. Eccoci arrivati, e guardate, ora la torre non
esiste più.
2. Però, guardate anche la faccia che fa
il detentore della chiave, mentre l'altro, quello dai sentimenti migliori, gli
si avvicina e gli dice: “Dunque, mio caro fratello, che ne dici di questa
sparizione? Potrebbe il demonio fare qualcosa del genere?”. L'altro dice: “Oh,
mio caro fratello, la cosa mi riesce oltremodo misteriosa. Finora nessun
demonio aveva potuto attaccare questa torre, infatti, essa stava lì come una
inespugnabile fortezza di Dio e tutti gli eretici ed i servitori del demonio,
quali antagonisti dell'unica Chiesa beatificante, hanno trovato in essa l'asilo
della loro dannazione e mai, fino ad ora, un demone ha osato avvicinarsi a
questa torre. E, guarda un po', questo empio, od altro che egli sia, ha
sfiorato la torre soltanto con un dito ed all'istante non ne è rimasta nemmeno
una traccia. Ora credo che la miglior cosa da fare è di cercare di allontanare
questi tre da questo Paradiso, altrimenti se egli tocca qualcosa d'altro,
l'annienta al pari della torre.
3. Io devo sinceramente ammettere che
Iddio il Signore è, a dire il vero, un Essere molto enigmatico; quando si pensa
di aver fatto qualcosa per il meglio, Egli manda poi tutto a catafascio. In
questo modo, Egli ha fondato una Chiesa dopo l'altra, e quando una di tali
Chiese si era ben sviluppata, così da servire Iddio per filo e per segno,
allora viene Lui e, come ad una Parca pagana, taglia il filo nel mezzo e tutto
va in rovina, così che non ne resta tutt'al più che il nome, come è avvenuto
con la città di Babilonia, della quale non si può identificare il posto dove
tale grande città mondiale si trovava. Comunque, per quanto riguarda la mia
persona, non voglio avere più nulla a che fare con questi tre esseri. Se tu
vuoi trattare ulteriormente con loro, fallo pure; però dubito molto che tu
possa ottenere qualcosa da loro. La mia opinione sarebbe di riunire un concilio
generale, quale mezzo migliore per decidere sul da farsi dopo un simile evento.
Però, come si fa a riunirlo, fintanto che questi tre sono qui?”.
4. L'altro dice: “Io ritengo che ciò non
sia necessario, poiché se questi tre, com'è evidente, sono dall'Alto, a che
servirebbe il nostro concilio? Essi lo polverizzerebbero altrettanto come la
torre. In quanto a credere che siano dal Basso, è meglio che non ne parliamo
affatto, poiché è detto che la roccia, o Chiesa di Pietro, non può venir
sopraffatta dalle potenze infernali. Cosa risulterebbe, poi, se in un concilio
sentenziassimo che questi tre sono inviati dall'Inferno e tuttavia, in
contrasto con l'attestazione di Cristo, hanno distrutto la torre? Con ciò non
affermeremmo altro se non che la nostra Chiesa, l'unica beatificante, non è
stata fondata né da Pietro né da Cristo. E questa testimonianza sarebbe
infinitamente peggiore che non la distruzione della torre. Se noi, invece,
riconosciamo che il Signore ci ha fatto questo in seguito alla Sua incommensurabile
determinazione, non ci danneggiamo minimamente, poiché il Signore può fare
quello che Egli vuole, e tutto quello che Egli fa è sicuramente ben fatto”.
5. L'opponente dice: “Tu hai ragione e non
trovo nulla da obiettare, però, cosa diranno di tutta questa storia tutti i
nostri fratelli beati ed i molti angeli serventi, quando apprenderanno ciò che
è accaduto? Sarebbe perciò doveroso informarli di ciò e senza indugio,
altrimenti faremmo una meschina figura dinanzi a loro”.
6. L'altro risponde: “Al riguardo sono
di tutt'altra opinione; non preoccupiamoci di ciò che i nostri fratelli
potrebbero dire, bensì nel Nome di Dio, lasciamo che questi tre, fintanto che
sono qui, facciano quello che vogliono e noi laviamocene le mani. I nostri
fratelli tentino pure, se sono capaci di nuotare contro un fiume montano che
scorre a precipizio”.
7. E ora io parlo al migliore dei
monaci, dicendogli: “Ascolta, caro amico, il tuo discorso non mi dispiace
affatto, poiché tu sei più vicino al vero Regno di Dio di parecchi altri, anche
se sono poche le opere che ti hanno seguito qui. Tuttavia hai in te una
scintilla di luce maggiore degli altri e, in seguito a ciò, ti verrà qui
offerta l'occasione di recuperare quell'attività di opere che ti manca per
raggiungere poi il Regno di Dio. Disponi perciò che tutti i finti beati di
questo Paradiso si radunino qui al più presto possibile”.
8. Il nostro monaco migliore così dice:
“Caro amico, questo può essere fatto all'istante; basta una chiamata ed un
cenno e tutti verranno qui immediatamente”.
9. Dico io: “Fai pure come hai detto”.
Il monaco fa ciò e, vedete, da tutte le parti arrivano in gran numero e,
guardate, alcuni si mettono le mani sui capelli, quando non vedono più la
torre; e la prima generale domanda è la seguente: “Per L'Iddio Uno e Trino, che
cosa è avvenuto qui? Quale empio ha commesso ciò?”. E il nostro monaco risponde
a voce abbastanza alta: “Ascoltate, fratelli, io vi dico di non fare delle
domande a tale riguardo, poiché i tre potenti si trovano ancora fra noi, e
quello che sta nel mezzo è colui che noi volevamo rinchiudere nella torre, per
punirlo; mentre lui ha sfiorato la torre soltanto con un dito e in un batter
d'occhio la torre venne annientata. Noi, però, sappiamo che la potenza di
Satana non può fare ciò; siate perciò prudenti, affinché non ci capiti un danno
maggiore”.
10. E ora un superiore di questo gremio
paradisiaco di monaci si avvicina a noi tutto timoroso, e ci rivolge la
seguente domanda: “Noi e tutti i buoni spiriti lodiamo Iddio il Signore; se voi
pure siete dei nuovi spiriti, diteci qual è il vostro desiderio!”.
11. Parla Marco: “Vedi, il mio desiderio
è molto semplice, e non consiste in altro se non che tu mi dica in quale
occasione Pietro ha fondato la Chiesa romana e in quale occasione poi ha
fondato la casta monacale in genere. Questo però me lo devi provare con la
Scrittura, poiché ogni altra prova verrà da me respinta”.
12. E ora guardate come questo priore fa
una faccia proprio pietosa e come si fa segretamente il segno della croce e,
sottovoce, dice al suo vicino: “Dio ci aiuti, poiché noi ci troviamo di fronte
alla massima Trinità infernale. Qui ci sono Lucifero, Satana e il Leviatan!
Questo è più che sicuro. Però la domanda è stata rivolta a noi; cosa risponderemo?
Se noi stiamo zitti, questa Trinità, da cui Dio ci guardi, distrugge l'intero
nostro chiostro, il nostro Paradiso e il nostro Regno dei Cieli e alla fine ci
porta diritti all'Inferno! Se noi rispondiamo,
ciò equivale, per noi, ad assicurarci comunque l'Inferno”. Ora si rivolge a me
e dice: “In verità, le disposizioni di Dio in questo mondo prendono una tale
piega che nemmeno in Paradiso ed in Cielo si sa con certezza quale sia l'esatta
posizione in cui ci si trova. Dato, però, che non posso provare assolutamente
l’apostolica autorità della Chiesa romana con la Scrittura, la miglior cosa che
io posso dire è che con esattezza non posso dire nulla; soltanto che,
attraverso una tradizione storica, si dice che questo apostolo dovrebbe avere
trascorso a Roma qualcosa più di vent'anni. Se questo che viene detto è
realmente vero, soltanto Iddio lo sa.
13. Io però, al mio tempo cattolico
romano, credevo, insegnavo ed agivo nello spirito di questa Chiesa e penso di
non aver sbagliato. Se, però, le cose stanno altrimenti, allora tu stesso puoi
informarcene. Io non sono restio ad ascoltarti e tu perciò puoi parlare. Se sei
uno spirito buono, non puoi volere il male, se invece sei uno spirito maligno,
allora pensa che Iddio è più potente di te e perciò parla di ciò di cui devi
parlare”.
[indice]
* * * * *
Una domanda al priore del chiostro
Agostiniano
1. Io gli dico: “Per il momento te la
sei cavata bene, e dato che tu stesso ammetti di non poter rispondere alla
domanda, voglio considerare questa tua mancata risposta, quale una vera
risposta. Però, ora fai attenzione, perché voglio farti un'altra domanda; forse
a questa troverai una risposta in te. Data la tua conoscenza della Scrittura e
dato che anche durante la tua vita terrena non hai potuto mai apprendere se
l'apostolo Pietro è realmente vissuto a Roma e se vi ha fondato la Chiesa
romana, io vorrei tuttavia sapere da te, in primo luogo, per quale ragione,
allora, ti è venuto in mente di disbrigare tanto alacremente per ottenere il
priorato del monastero. E poi perché, dopo aver carpito il priorato attraverso
ogni sorta di astuzie, ti sei rivolto al capo della Chiesa, affinché ti facesse
il generale dell'Ordine, oppure, se mai possibile, vescovo. Vedi, questa è una
domanda importante e tu sarai tanto più sicuramente in grado di darmi una
risposta, considerato che tutto ciò lo hai sperimentato in te e che esso è
ancora sempre vivo nel tuo ricordo”.
2. E ora, come vedete, il nostro capo
paradisiaco fa una faccia sbalordita e cerca in ogni angolo della sua mente una
risposta scaltra, come si può dedurre dalla sua espressione imbarazzata. Però
non trova in sé nulla del genere, cosicché egli si sente indotto a venir fuori
- nolens volens - con la verità. E per quanto la verità, date le circostanze,
gli faccia sulla lingua l'effetto di una zuppa bollente, tuttavia non c'è via
di scampo, perciò egli decide di dire la verità, succeda quello che si vuole.
3. Vedete, egli apre la bocca e dunque ascoltate
quello che dirà. Il priore, dunque, così si esprime: “Caro amico, qualunque sia
il posto da cui tu vieni, io ti dico francamente che ho fatto tutto ciò in
senso letterale per me stesso, e perché lo feci? Perché, essendo perfettamente
a conoscenza dei precetti basilari della Chiesa cattolica romana, vedevo anche
troppo bene qual era la vera mira dei suoi teoremi cristiani, cioè soltanto
quella di dominare il mondo. Ma per ottenere ciò, bisognava anzitutto crearsi
autorità ed importanza e, attraverso queste, ammassare tesori e ricchezze. E di
quale immagine ne ricavi la pura cristianità in tutto questo, tu lo saprai
benissimo, nella Chiesa romana nessuno si è mai curato.
4. E, se non erro, questo stato di cose
dura dal tempo di Carlo Magno, il quale, da quanto ne so, ha donato al vescovo
di Roma dei latifondi e ne ha fatto con ciò un sovrano mondano.
5. Da quel tempo si è considerato,
naturalmente soltanto in segreto, che il Cristianesimo, nella sua pura sfera,
non si adattava agli interessi della Chiesa, poiché, nella sua autenticità,
esso è diametralmente opposto alla vistosità mondana e perciò se ne mantenne
soltanto il nome e si modellò poi la Dottrina in modo che si potesse adattare,
per necessità di cose, alla grandezza ed al fasto mondano.
6. Io ti devo dire ancora che non di
rado, riflettendo segretamente sul Papato, mi ritornava alla mente, in modo
vivo, il dio menzionato da Daniele, cioè Maozin, al quale si sarebbero offerti
in sacrificio oro, argento e pietre preziose e nel quale non ci sarebbe stato amore
per nessuna donna. Ma a che cosa potevano servire tutte queste mie riflessioni?
Oramai io non ero che uno stupido bove attaccato al giogo; chi avrebbe potuto
sciogliermi? Una cosa però è certa: i buoi che si trovano davanti al carro
hanno meno da tirare di quelli attaccati più dietro, ed io ero contento di
constatare ciò e di fare il possibile per venir attaccato ad un giogo il più
possibile avanti ed essere così più un bove da parata che non da tiro. Che ne
dici, avrei forse dovuto agire altrimenti?
7. Certo, io avrei desiderato
comportarmi diversamente, se Iddio non mi avesse dato una pelle tanto
sensibile. Però, in seguito alla straordinaria sensibilità della mia pelle e
alla vista sempre rinnovata dei roghi ardenti, feci il furbo e in pratica non
m'occupai più di nulla. Infatti, pensavo fra me: fare del bene, dal punto di
vista veramente cristiano, così com'era nelle intenzioni del divino fondatore,
è, in simili circostanze, assolutamente impossibile; io preferisco non fare
nulla e seguire l'esteriore stupidità per il meglio. Perciò cercai, dov'era
possibile, di tramutare tale stupidità a mio vantaggio temporale. Io sapevo
benissimo che ciò era sbagliato se ci dovesse essere qualcosa di autentico
nella Dottrina di Cristo, ma, d'altra parte, pensavo:
8. «Se il Signore ha fondato questa
Dottrina come essa sta nei Vangeli, allora Egli avrà anche le Sue ragioni, per
aver lasciato degenerare questa Sua semplice Dottrina, estremamente pura!».
Inoltre pensavo spesso a Paolo, che aveva invitato le sue comunità ad essere
soggette al potere mondano, buono o cattivo che fosse, poiché non c'è in nessun
luogo un potere che non sia da Dio. Per conseguenza, se ciò che tali capi della
Chiesa fanno, è ingiusto, saranno essi a doverne rispondere a suo tempo; io,
invece, farò come fece Ponzio Pilato, quando non gli riuscì di mandare a vuoto
la crocifissione di Cristo. E il Signore, quale l'Essere perfettissimo,
riconoscerà sicuramente che uno di noi, con il suo potere limitatissimo, non
può certo nuotare contro la generale corrente del mondo.
9. Allora ecco, caro amico, da qualunque
luogo tu sia, questa è la risposta alla tua domanda e ora anche se tu mi
levassi la pelle, non potresti ottenerne nessun'altra da me”.
10. Ora parlo io: “Bene, mio caro amico,
tu non hai taciuto nulla, bensì hai comunicato effettivamente tutto quello che
hai trovato nel tuo ricordo. Soltanto vorrei apprendere ancora da te per quale
ragione tu sei poi giunto in questo Paradiso. Infatti, se tu, secondo quanto
hai detto, eri persuaso della fallibilità della Chiesa romana, avresti dovuto
essere persuaso che anche la sua dottrina della sopravvivenza dell'anima dopo
la morte doveva, ugualmente, essere falsa, come tutto il resto. Inoltre devo
anche dirti che parecchi di loro, provenienti appunto da questa Chiesa, quando
sono giunti qui, sono tuttavia stati subito accolti nel vero Regno di Dio. E ti
devo ancora dire, affinché tu possa comprendere, che se pure la Chiesa
cattolica si è trovata e si trova in pieno contrasto con ciò che è veramente
cristiano, tuttavia non mi rammento affatto che essa abbia mai proibito l'amore
per il prossimo e l'umiltà, perciò vorrei apprendere da te come avvenne che tu,
come già accennato, sia venuto in questo Paradiso”.
11. Il nostro priore dice: “Caro amico,
da qualunque luogo tu possa provenire, rispondere a questa domanda è da parte
mia molto difficile, poiché conosco il motivo che mi ha portato qui quanto
conosco il centro della Terra. Infatti, se voglio essere sincero, devo
confessare che, durante la mia esistenza terrena, avevo rinunciato a credere
nell'immortalità dell'anima ed a molte altre cose ancora. Dunque, quando non si
crede alla vita spirituale dopo la morte, nel mondo non resta altro che vivere
secondo l'antico detto romano: “Ede,
bibe, lunde, post mortem nulla volupatas!”[3]. E così io sono anche vissuto nel mondo,
cioè per mangiare e bere ed ho preso parte a tutte le commedie del mondo.
12. Quando, poi, a suo tempo, è capitata
anche per me la pur fatale morte del corpo, in merito alla quale, durante la
mia esistenza terrena, avevo fatto molti inutili pensieri, allora, appena
appreso che la morte veramente non era la fine, bensì che io, dopo la
deposizione del mio involucro terreno - deposizione che fino al tempo presente
mi era ignota - avrei continuato a vivere come ero vissuto sulla Terra, con la
sola differenza che qui, anziché nelle sudicie celle del chiostro, passo il mio
tempo in questo grazioso salone del giardino. Invece di una veste nera, ne
porto una bianca; non celebro più messe e mi trovo qui come un pidocchio dotato
della ragione e sono, nel senso letterale della parola, un vero parassita.
13. Che qui vengano ancora osservate le
regole claustrali mondane, è altrettanto inspiegabile come tutto il resto. Noi
ci raffiguriamo di essere felici, ma in realtà non lo siamo che in grazia alla
nostra regola claustrale abituale, però sempre un po' migliorata, che abbiamo
ritrovato qui. Se ci viene tolta anche questa, allora i topi campagnoli sono
più felici di noi. Ed in aggiunta a tutto ciò, devo confessarti che tutti
quanti noi non sappiamo assolutamente perché siamo qui.
14. Se tu sai qualcosa di più e di
meglio, informaci, che siamo volentieri disposti a scambiare questa apparenza
incerta anche con una certezza sgradevole. Fa’ di me e di noi tutti quello che
vuoi; soltanto risparmiaci l'Inferno ed ulteriori domande, poiché ora ti ho
detto tutto ed altro non potrei dirti, perché dove non c'è nulla, neppure la
morte può raccogliere qualcosa”.
[indice]
* * * * *
Domanda riguardo l'Amore per Cristo
1. Ora parlo io: (Marco) “Ascolta, caro amico, suppongo che muto come una pietra tu
non lo sia affatto e, perciò, sarai in grado di rispondere ancora ad una
domanda. Questa domanda voglio rivolgertela nel modo più semplice possibile,
perciò ascolta:
2. «Durante la tua carriera sacerdotale
non hai mai riflettuto sul Cristo e non ti è mai venuto in mente che potresti
amarLo con tutte le tue forze». Vedi, questa è una domanda molto semplice, alla
quale tu puoi rispondere con un sì oppure con un no, soltanto che alla base
della tua risposta ci deve stare la verità”.
3. Il priore così risponde: “Caro amico,
qualunque sia la tua provenienza, a questo genere di domande, io posso ancora
rispondere, anche se tu me ne sottoponessi parecchie, invece per ciò che
riguarda la Chiesa romana, non devi domandarmi più nulla, dato che sono
indicibilmente lieto, come un semplice soldato congedato e che qui non ha più
nulla a che fare con essa. Di quello che riguarda il Cristo, invece, io sono
pronto a discorrere con te quanto a lungo tu vorrai, ed in risposta alla tua
domanda posso dirti che io, fra me, ho molto spesso pensato al Cristo e, non di
rado ho percepito in me che avrei potuto essere un apostolo tutt'altro che
cattivo, se avessi avuto la fortuna di peregrinare con il Cristo, come
l'apostolo Pietro. Anzi, devo dirti che il Cristo sarebbe l'unica divina
Persona che io potrei amare con tutte le mie forze, se Essa esistesse realmente
in qualche luogo.
4. Che io, durante tutta la mia carriera
sacerdotale, mi sia potuto occupare, ufficialmente, meno di tutto del Cristo,
ti sarà certamente noto il come ed anche il perché, poiché, quando io nella
veste di capo del chiostro venivo chiamato da qualche alta autorità
ecclesiastica, o da un vescovo oppure come avvenne una volta perfino da Roma,
durante tali incontri non si parlava mai di Cristo, bensì esclusivamente di
quello che riguardava il chiostro, di come venivano amministrati i beni della
Chiesa, di quali provvedimenti avrei dovuto prendere nel caso in cui il
chiostro dovesse rendere troppo poco, e fare in modo che le rendite
chiesastiche venissero ad aumentare! Una volta mi comandarono di recarmi a
Roma, pensavo che là avrei ricevuto una luce più elevata sul Cristo, ma anche a
Roma non trovai traccia di ciò! Venni soltanto interrogato, nei minimi
dettagli, su come stavano le cose con le entrate ecclesiastiche; mi venne
chiesto se nessun importante lascito era già esigibile e se questo dovesse
essere il caso, come s'intendeva di impiegare i rispettivi capitali.
5. Ed allora risposi che nel nostro caso
non si poteva parlare di lascito o donazione ancora esigibili, mentre tutti i
vecchi lasciti erano già stati incamerati da tempo nel capitale chiesastico del
chiostro e che i nuovi lasciti o donazioni, dati i tempi troppo illuminati,
diventavano sempre più rari, così che ci si doveva accontentare di semplici
legati o di alcune messe pagate per i defunti, ma che era passato il tempo dei
lasciti di eterna durata. A questa mia esposizione, come prima cosa, un
cardinale lanciò, con voce tonante, una potente maledizione a tutti gli eretici
e protestanti ed a me venne detto soltanto di disporre la gente con severe
prediche e ammonimenti durante la confessione, così che, in primo luogo, non
avessero a farsi illuminare dai cosiddetti protestanti e, in secondo luogo, che
si facesse il possibile per incorporare per sempre alla Chiesa, l'unica
beatificante, dei ricchi lasciti o generose donazioni, allo scopo di
guadagnarsi il Cielo. Dopo questa esortazione, mi venne consegnata una intera
raccolta di alcune centinaia di indulgenze plenarie, che avrei dovuto
collocare, il più presto possibile, al prezzo di dieci talleri per ogni
indulgenza.
6. A me venne elargita gratuitamente
un'indulgenza plenaria, alla condizione però che essa avrebbe avuto effetto
soltanto quando avrei spedito a Roma il controvalore di tutte le altre
indulgenze.
7. In tale occasione volevo attingere
qualche chiarimento su questioni religiose, soltanto mi si fece cenno di
tacere; ed uno dei componenti il gremio mi disse, di sfuggita, che dovevo
ringraziare in tutta umiltà per una tale grazia da parte del massimo
“luogotenente” di Cristo e che andassi per la mia strada, lasciando Roma il
prima possibile, ed arrivare a casa, per adempiere là la volontà del Santo
Padre. Io seguii tale consiglio, però prima della partenza mi venne perfino
fatta la grazia di essere ammesso al bacio della pantofola, ma con questa
grazia mi venne anche impartito l'ordine di non trattenermi a Roma per più di
ventiquattro ore.
8. Da quanto ora detto, puoi facilmente
dedurre di che razza di Cristianesimo si è trattato là. In verità, se un
cardinale non avesse detto “luogotenente di Cristo”, io sarei stato a Roma
senza sentir pronunciare, presso queste superiori autorità, il Nome di Cristo,
eccezion fatta, naturalmente, durante le cerimonie ecclesiastiche.
9. Questa visita a Roma mi ha
impoverito, in tal modo, perfino dell'ultima goccia della mia credenza
nell'immortalità dell'anima e così pure del mio sentire per il Cristo.
10. Quando fui di ritorno nel mio
monastero, con quelle famose indulgenze, le misi a disposizione dei miei
confratelli e, da quanto so, essi le hanno tutte collocate, però hanno dovuto
mercanteggiare. E quando io mi sincerai che l'alienazione delle indulgenze, dal
punto di vista morale, presentava una certa difficoltà, feci in modo che anche
Roma riducesse le sue pretese ed infatti essi si accontentarono di un importo
minore. Ed ecco, questo è tutto quello che posso dirti in risposta alla tua
domanda.
11. Per quanto riguarda il mio amore per
il Cristo, dedurrai da te che quando, con simili maneggi ecclesiastici, si è
eliminato completamente Cristo e che l'uomo, specialmente della casta
sacerdotale, ha perduto la fede, la va molto male anche con il suo amore per il
Cristo. Io non intendo affatto dire con ciò che non amerei il Cristo, se Egli
fosse in qualche luogo. Anzi, io Lo potrei perfino amare sopra ogni cosa,
poiché la Sua Dottrina è realmente la più pura e la migliore che ogni uomo
mortale possa immaginare.
12. Però il “se” influisce fatalmente su
ciò; io sono venuto qui e ora vivo qui, come ho già rivelato precedentemente,
senza sapere il perché, né dove, né come e questo mentre nel mondo avevo
completamente abbandonato l'idea dell'immortalità dell'anima umana. Del resto
anche qui, finora, non ho sentito parlare del Cristo più di quanto avessi
appreso sulla Terra, così che, fra me e Cristo, si mette costantemente quel
fatale “se”. Toglimelo e tu avrai in me un discepolo quale Giovanni o quale una
Maddalena”.
13. Ora parlo io: “Bene, amico caro, tu
hai dato, alla mia breve domanda, una risposta molto estesa e perciò io voglio
dire a te ed a voi tutti qualcosa d'importante. Se voi osserverete quanto sto
per dirvi, potrete imboccare la via che porta alla Vera Vita eterna. Altrimenti
nel posto dove la torre è scomparsa è già aperta per voi la via che conduce
all'eterna morte!
14. Dunque ascoltate: «Gesù Cristo è
l'Unico Dio, Signore di tutti i Cieli, di tutti i Soli e di tutti i mondi! Egdi
è in Sé, solo in seguito al Suo Infinito Amore, il Padre, ed in seguito alla
Sua Infinita Sapienza, il Figlio; e poi, in seguito alla Sua eternamente
Onnipotente inviolabile Santità, lo Spirito Santo stesso». E come Egli stesso
disse di Sé: «Io e il Padre siamo Uno e
chi vede Lui, vede pure il Padre»; e nello stesso tempo, lo Spirito Santo
emana da Lui, così come l'ha dimostrato quando Egli alitò sui Suoi discepoli e
disse loro: «Ecco, prendete lo Spirito
Santo!».
15. Dunque, questo è per voi il primo
articolo di fede, senza il quale nessuno può raggiungere la Vita eterna, poiché
anche nella Scrittura è detto: «Chi non
crede che il Cristo è il Figlio dell'Iddio Vivente, il quale è Amore del Padre,
non sarà beato».
16. Io però vi dico: «Se non afferrerete
nel Figlio in Cristo, tanto il Padre quanto lo Spirito Santo, non avrete
accesso alla Vera Vita!».
17. Non dovete sentirvi urtati dal testo
in cui si dice: «Il Padre è maggiore del
Figlio», poiché questo significa che l'Amore, quale il Padre in Sé, è
l'Essenza fondamentale di Dio e che dall'Amore stesso emana eternamente la Sua
Luce e lo Spirito eternamente potente. Questo sia per voi il secondo articolo
di fede.
18. Il terzo articolo di fede, però, così
si deve intendere: «Siate umili con tutto
il vostro cuore ed amate Iddio nell'Unico Cristo sopra ogni cosa e fra voi,
quali intimi fratelli, ognuno sia al servizio dell'altro e faccia il possibile
per servire tutti, considerando se stesso come il più misero!».
19. E quando avrete accolto in voi
completamente questi tre articoli di fede, soltanto allora vi verrà indicata la
Via che conduce alla Vita eterna. Voi, dalla Terra, non avete portato qui che
cattive e false immagini e perciò dappertutto queste appaiono dinanzi a voi.
Tutte queste illusioni non avevano base alcuna, perciò ben presto svaniranno
nel nulla dinanzi agli occhi vostri, cioè non appena verrà infranta la vostra
notte interiore che su di voi incombe. A questo scopo vi ho dato un nuovo seme,
nel Nome del Signore, seminatelo nel vostro cuore, affinché possa diventare una
pianta fruttifera ed appena il frutto sarà atto a rinvigorirvi ed a infiammare
il vostro amore, questa fiamma illuminerà per voi la nuova via che conduce alla
Vita eterna!
20. E ora guardate tutti questi monaci
paradisiaci, come incominciano a battersi il petto ed a gridare: «Quale abisso,
sotto i nostri piedi, e quale profondità oscura sopra di noi! Oh Signore, sii
Misericordioso con noi poveri peccatori! Chiudi l'abisso e copri le profondità
sopra di noi, poiché non siamo degni neppure di una scintilla della Tua Grazia!
Annientaci, piuttosto di condannarci, perché noi non meritiamo altro!».
21. Come vedete, costoro rientrano in sé
molto più facilmente dei precedenti. Lasciamoli ora in questa disposizione
d'animo e rechiamoci nel Cielo del chiostro, dove sperimenterete, nel senso
letterale del termine, che il detto «nedum
ternuere beati» ha qui la sua realtà; poiché il Cielo qui è peggiore del
sonno dell'anima”.
[indice]
* * * * *
Ingresso nel Cielo del chiostro
1. A questo punto voi chiedete: “Caro
fratello ed amico! Dov'è qui questo Cielo?”. Ed io vi dico: “Non sarà
necessario che andiamo molto lontano per scoprirlo. Guardate dinanzi a noi quel
maestoso palazzo, dove, proprio nel mezzo, in capo ad una scala si scorge una
porticina. Quella è l'entrata del Cielo, poiché è necessario che voi sappiate
che il Cielo e il Paradiso non si trovano molto lontani l'uno dall'altro. Voi
chiedete naturalmente se Pietro e Michele si possono trovare anche qui. Ebbene,
essi non mancano neppure qui, però non stanno davanti, bensì dietro della
porta. Qui non entreremo con la forza e non appena picchieremo, constaterete la
presenza di Pietro e Michele. Dunque, andiamo alla porticina e picchiamo,
affinché ci facciano entrare.
2. Eccoci giunti, però fate attenzione a
che cosa ci verrà chiesto, attraverso la porticina, dopo che avremo picchiato.
Ecco, io picchio e, udite, Pietro è già presente e chiede: Da dove venite,
dall'Alto oppure dal Basso?”. Io rispondo: “Dall'Alto”. Pietro chiede: “Qual è
il tuo nome?”. Io dico: “Messaggero del Signore!”. E Pietro continua a
domandare: “Di quale Signore?”. Io dico: “Io conosco soltanto un Signore, cioè
Gesù Cristo!”.
3. E Pietro dice: “Tu sei un mentitore.
Come può il Cristo inviarti qui dal di fuori, dal momento che Egli dimora
soltanto qui in Cielo e siede alla destra del Padre? Se tu fossi veramente inviato
da Lui, dovresti venire qui dal Cielo, mentre arrivi qui dal di fuori e, per di
più, con voce ignota, perciò sei un mentitore, un ingannatore ed un peccatore
della peggiore specie contro lo Spirito Santo; dunque, via da qui e
precipitatevi subito nell'abisso infernale, insieme a chiunque altro sia come
te!”.
4. Parlo io: “Ascolta, o cieco custode
del Cielo, tu t'inganni di molto; tuttavia, visto che mi chiedi da dove vengo e
quale è il mio nome, così anch'io ti chiedo chi sei tu, dal momento che ti
arroghi il diritto di condannare, mentre il Signore ha sconsigliato tutti i
Suoi apostoli, nel modo più energico, dal farlo”.
5. Pietro dice: “Io sono Pietro, una
roccia sulla quale Cristo ha edificato la Sua Chiesa, e messaggeri dal Basso
come sei tu non prevarranno su questa Chiesa e perciò tu insisti inutilmente di
entrare”.
6. Ed io gli dico: “E se io, malgrado il
tuo celeste potere, sfondassi questa porta e mi impadronissi completamente del
tuo Cielo, chi penseresti che io fossi?”.
7. Pietro risponde: “Oh esecrabile demonio,
prova un po' ad afferrare la maniglia e sentirai subito come scotta; io ti
posso comunque assicurare già in anticipo che questa maniglia ti brucerà
terribilmente, facendoti soffrire in un attimo più che mille anni del più
profondo Inferno”.
8. Parlo io: “Ascolta, tutto dipende da
una prova e, perciò, io afferro la tua pericolosa maniglia, e guarda come la
porta si è aperta, e ti posso assicurare che io, innanzitutto, non ho sentito
nessun dolore e che ho già oltrepassato la soglia, così che ora ti chiedo,
faccia a faccia, chi pensi che io sia, dal momento che ho superato la tua porta
di roccia con la mia entrata. Parla, dunque!”.
9. Pietro dice: “Come posso parlare alla
presenza di un tale eretico, che calpesta con i suoi esecrabili piedi,
prendendosene beffe, la santa dimora di Dio e dei Suoi santi?”.
10. Dico io: “Così tu mi parli, quale
Pietro? Non sai che il Cristo ha comandato ai Suoi apostoli di essere dolci
come colombe? Mentre qui tu sei inavvicinabile come un cane da catena! Se tu
fossi veramente Pietro, dovresti sapere che il Signore ha raccomandato ai Suoi
discepoli, in prima linea, di praticare la vera umiltà del cuore, la massima
dolcezza d'animo e il completo amore del prossimo. Se ora io, quale un presunto
demonio, ti rammento ciò, vuol dire che io, malgrado questo, sono più vicino di
te alla divina Verità, quantunque tu ritenga di essere Pietro e supponga di
essere un vero lavoratore del Cielo. Mentre la Parola del Signore ti è
altrettanto estranea, nella sua messa in pratica, quanto il centro della Terra;
perciò ti invito ancora una volta, nel vivente Nome del Signore, a dichiarare
la completa verità, dicendomi chi sei!”.
11. Il pseudo Pietro dice: “Ascolta, o
orrendo demonio, tu non sei degno di una risposta e se non lasci subito questo
posto chiamo senz'indugio tutte le forze celesti e cioè, in primo luogo, i
santi. Se, poi, ancora non fuggirai dinanzi a loro, chiamerò la beatissima
Vergine Maria e San Giuseppe e se anche dinanzi a loro non prenderai la via
della fuga, chiamerò la stessa Trinità e con ciò ti verrà dimostrato chi è qui
il più potente, tu o la Santa Trinità! Perciò non indugiare e va’ di buona
voglia giù, nel tuo maledetto Inferno, poiché, se tu lasci che tutte le potenze
celesti vengono su di te, verrai allora legato con delle catene roventi insieme
ai tuoi complici, con una pena mille volte maggiore e gettato giù, nel più
profondo degli Inferni, dove in tali pene, enormemente moltiplicate, arderai e
sarai arrostito per tutte le eternità!”.
12. Ed io dico a lui: “Ascolta, dato che
alla mia domanda, che era accompagnata dal vero Amore del Signore, hai dato
questa misera risposta e mi hai perfino minacciato con tutte le tue potenze
celesti, io, allora, da parte mia, devo prendermi la libertà, insieme a questi
miei complici, di penetrare nel tuo Cielo senza il tuo permesso e sincerarmi se
là tutte le tue celesti potenze saranno proprio sul serio in grado di farmi
godere di tutto ciò di cui mi hai minacciato”.
13. In seguito a questo mio discorsetto,
Pietro lancia delle grida lamentevoli e ci contrappone Michele, però egli
scappa via e chiama in aiuto le potenze celesti, tutte in una volta; noi diamo
al presunto Michele, un leggero buffetto e, guardate, egli pure corre dietro a
Pietro, così che la scala è libera. Saliamoci e così voi potrete perfino constatare
che Pietro e Michele, insieme alle altre potenze celesti, per pura politica
celestialmente modesta, si ritirano verso il fondo del Cielo.
14. Ed ecco, noi siamo già arrivati e il
Cielo si estende dinanzi ai nostri occhi, ma in misura molto più limitata di
quella che, nella loro fondazione, questi celesti abitanti si immaginano. Che
ne dite voi di questo Cielo? Come vedo, vi stringete nelle spalle e dite: “Ma
via, e questo dovrebbe essere un Cielo?”. A noi sarebbe stato molto più facile
scorgere un Cielo nel giardino del Paradiso che abbiamo visitato prima che in
questo miserabile mercato di scena da teatro da pochi soldi. In verità, non ci
saremmo mai immaginati che questi abitanti del Cielo potessero essere tanto
sciocchi. Se per lo meno avessero mascherato la Chiesa di Pietro, a Roma, come
un Cielo, allora un tale grado di cecità sarebbe ancora perdonabile, ma una
simile grossolana e volgare esibizione non costringerebbe sulla Terra
all'applauso nemmeno il più sciocco ed ingenuo bambino di campagna e verrebbe
fischiata a tutta forza dalla parte anche soltanto un pochino migliore degli
uomini.
15. Sulla scena si vedono dei tavoli
molto comuni messi assieme e dovrebbero rappresentare la mensa di Abramo,
Isacco e Giacobbe, e alla mensa, anziché in rilievo, questi tre padri sono
rappresentati in una immagine molto male dipinta, e sul palcoscenico celeste,
formato da quinte con nuvole dipinte, si trova la “Trinità”, intagliata in un
grosso e rozzo cartone, anche questo dipinto tutt'altro che artisticamente, ed è
attaccato sul fondo della scena con dei chiodi ordinari e ben visibili. I
Cherubini e Serafini, che dovrebbero sostenere l’immagine della Trinità, sono
dei veri e propri sgorbi! La cosa migliore è ancora quella grande finestra
rotonda, provvista di un vetro giallo, che si trova dietro alla Trinità. Certo,
miei cari amici, voi avete visto giusto, soltanto che ora vorreste sapere
perché qui il Cielo ha un aspetto tanto pietoso.
16. Io vi dico: “Tutto questo ha le sue
buone ragioni”, e voi avete appreso già nel giardino, come là, la spiacevolezza
del Cielo debba venir coperta per bene, affinché gli abitanti del Paradiso non
vengano eccitati ad una eventuale sommossa, e questo in special modo da parte
degli angeli che prestano servizio. Tuttavia non occorre avere qui tanto
riguardo di ciò, poiché un inganno tira sempre un altro. Man mano che noi
faremo le nostre considerazioni, penetreremo chiaramente anche dietro alle
ragioni per cui questo Cielo ha un tale aspetto rozzo e materiale.
Approfitteremo perciò di ogni buona occasione per venirne in chiaro. Infatti
potete sapere già in anticipo che alla clausura è riservato anche un Cielo
molto claustrale.
17. Considerato però che in un tale
chiostro dimorano generalmente due diverse categorie, cioè i veri monaci ed i
fratelli laici addetti al servizio, perciò, anche questo Cielo, che non desta
certo l'appetito dei monaci, viene occupato per la maggior parte dai fratelli
laici, che ne sono pienamente soddisfatti - a loro è sufficiente avere da
mangiare per bene - perché, in seguito alla loro straordinaria laicità, non
hanno mai potuto figurarsi un Cielo migliore. Infatti, essi appartengono a
quella classe cattolica quanto mai tenebrosa ed incolta, per la quale è molto
più miracolosa un’immagine male scolpita o male dipinta, che non un capolavoro
dal punto di vista estetico. Anzi, avrete certamente già avuto occasione di
osservare che le immagini che ricordano qualche fatto miracoloso sono, per la
massima parte, delle vere e proprie caricature. Questa è la ragione per cui per
questi celesti abitanti un Cielo come quello che noi abbiamo visto ultimamente
sarebbe troppo bello, perciò non tanto vero e tanto possentemente operante.
18. In breve, tralasciamo per ora di fare
un'ulteriore analisi di questo Cielo, poiché noi apprenderemo comunque
chiaramente e completamente nei minimi particolari, man mano che verrà svelata
la natura di questi celesti abitanti. Voi vedrete qui rappresentare, in senso
letterale, una cosiddetta commedia celeste, poiché questi abitanti daranno ben
presto inizio ad un tale spettacolo, per scacciarci via dal loro Cielo. Così la
prossima volta assisteremo impassibili a questo spettacolo teatrale, inscenato
contro di noi!
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* * * * *
Il gonfiarsi del Cielo ingannevole
1. Voi vedete questo Cielo ancora nella
sua limitatezza, dato però che i suoi abitanti, oltre alla loro falsa
fondazione, sono inclini al male, dopo qualche riflessione, essi decidono di
ricorrere al gonfiamento, quale arma contro di noi, e l'effetto di questo
gonfiore lo vedremo presto in tutto questo Cielo. Voi chiedete come ciò sia
possibile, dato che un momento fa gli abitanti di questo Cielo, per timore di
noi, si sono nascosti. Questo sta nella natura di ogni uomo di un sentire
ancora fortemente terreno, nel quale la paura e non di rado anche la tristezza
non sono altro che un seme dal quale sorge ben presto l'ira ed infine perfino
anche una disperata tracotanza, frutto del terrore. Manifestazioni del genere
si possono constatare facilmente nei combattenti che entrano in campo contro il
nemico e che avanzano con gran tremore e riluttanza. Quando giungono a contatto
con il nemico e sentono il rumore delle fucilate e l'odore della polvere, e poi
arrivano ad un combattimento corpo a corpo con il nemico, diventano addirittura
feroci, e in tale occasione un combattente dapprima tanto pauroso, si getta poi
furibondo nella mischia, dove il pericolo è maggiore.
2. Lo stesso avviene anche con coloro
che si sentono molto rattristati. Se tali esseri giungessero a comprendere qual
è la causa effettiva del loro misero stato ed avessero anche sufficiente
potere, in verità, non andrebbe affatto bene a quelli che sono la causa di una
tale tristezza. Io potrei perfino indicarvene a migliaia che nella loro vana
tristezza hanno bestemmiato il Signore nel modo più orrendo. Ecco perché anche
il Signore ha sempre disapprovato la tristezza nel mondo, eccezion fatta quando
riguarda il proprio stato, se esso non è come l'Ordine che il Signore esige. In
questo caso la tristezza o la mestizia deve essere simile al vero pentimento
del cuore e deve avere, quale fondamento, un naturale grande Amore per il
Signore o, con altre parole, chi è triste allora deve sentire la tristezza in
tutta la dolcezza del cuore.
3. D'altra parte, però, è cosa certa che
chi Ama veramente il Signore avrà sempre ben poche ragioni di essere mesto,
poiché la mestizia, in fondo, non è altro che un dolore come la perdita di una
cosa o di un oggetto, oppure un’insoddisfazione delle cose della vita terrena.
Se, però, qualcuno ha il Signore, che cosa può egli perdere veramente, la cui
perdita gli possa veramente causare dolore? Voi sapete dalla Scrittura che
molte donne, alla crocifissione del Signore, avevano seguito il Guaritore tanto
maltrattato, Lo hanno pianto e fatto cordoglio. Egli, però, non ha approvato in
pieno la loro tristezza, anzi, le ha rimproverate e ha fatto loro intendere che
avrebbero dovuto piangere molto di più su se stesse, sui loro peccati e sui
loro figli.
4. E così, come stanno le cose con la
mestizia, stanno anche con la paura, la quale non è altro che la lamentevole
coscienza della propria impotenza e debolezza. Quando però si ha il Signore nel
proprio amore e con ciò sicuramente anche nella propria piena fiducia, come si
potrebbe aver paura di qualcosa? Perciò la paura è sempre la conseguenza di una
coscienza non pura, oppure, come già detto, del riconoscimento della propria
impotenza e debolezza.
5. Dunque, se dopo questa definizione
noi passiamo a considerare gli abitanti di questo Cielo, constateremo
ugualmente che essi si accordano perfettamente con tale definizione. Infatti,
se guardate questo Cielo scoprirete facilmente che tutti questi oggetti celesti
si stanno man mano ingrandendo e ciò lo fanno per imporci, con questa
apparizione, il dovuto rispetto. Questo ingrossarsi ha la sua origine nel
gonfiarsi degli animi di questi abitanti, e guardate là, come tutto il
palcoscenico teatrale comincia ad estendersi da ogni lato.
6. Le teste dei Cherubini e Serafini,
che prima avevano appena la grandezza di un pugno, hanno già raggiunto il
diametro di un klafter; la Trinità è già tanto grande che sulla Terra potreste
distinguerla benissimo ad una distanza di dieci miglia, mentre lo spazio
retrostante del podio, che prima era appena avvertibile, sembra ora avere una
profondità di venti miglia, mentre le nuvole che raffigurano le quinte, come
vedete, hanno tutta l'apparenza di enormi, pesanti nuvole temporalesche. Ora,
però, gettate un'occhiata anche alla platea dove ci troviamo e potrete
constatare che anch'essa si è estesa nelle stesse straordinarie proporzioni,
così che noi sembriamo tre piccoli punti appena rimarcabili in tale spazio così
grande. Vi piace questa storia?
7. Voi dite: “Davvero, questa metamorfosi
o piuttosto questa fantasmagoria veramente teatrale è ancora la cosa migliore e
meritevole da vedere in tutto questo Cielo, per quanto si deve dire
sinceramente che alla vista di un tale enorme ingrandimento d'ogni cosa si
senta una certa inquietudine oppure, con altre parole, quando uno scherzo passa
i limiti, allora cessa di essere uno scherzo!”.
8. Però vi avevo avvisati che la
commedia vi avrebbe alquanto sorpresi, ma la vera commedia non è neppure
incominciata. Questa apparizione non è, in certo qual modo, altro che l'aprirsi
del sipario, come nei teatri della Terra, che per la maggior parte sono
oltremodo disgustosi. Quando, su questo palcoscenico celeste, vedrete recitare
i personaggi, soltanto allora spalancherete gli occhi per la sorpresa. Comunque,
non dovete impressionarvi affatto per quello che verrà, poiché tutto ciò deriva
dalle arti illusorie di questi spiriti, completamente vuote per se stesse.
9. E ora guardate nuovamente verso il
palcoscenico, quale straordinaria estensione esso ha assunto, tanto in
larghezza che in altezza; presentemente ha un'altezza apparente pari alla
distanza dalla vostra Terra alla Luna, sempre, all'apparenza. Ora, però, ha
raggiunto il suo completo gonfiamento, così che, sul fondo, si mostrerà un
commediante. Ecco, guardate, egli ha già messo un piede fuori dalle quinte, ora
lo si vede completamente; io però osservo che incominciate a spaventarvi. Che
cosa succede?
10. Voi dite: “Ascolta amico, quella che
vediamo è una mostruosa figura umana. Se un simile gigante stesse in qualunque
sito della Terra andrebbe male perfino per la Luna; noi non possiamo nemmeno
abbracciare con lo sguardo, tutta in una volta, la sua spaventosa figura,
malgrado la grande distanza che c'è fra noi e lui. E quale spada, di grandezza
assurda, tiene nella sua mano! In verità, con tale spada riuscirebbe, con la
minima fatica, a tagliare in due la Terra, come se questa fosse una mela. Amico
e fratello, se egli dovesse avvicinarsi a noi, saremmo quasi dell'opinione di
fuggire al più presto possibile, prima che questo vero commediante, che sembra
provenire da Sirio, possa raggiungerci con la sua spada, che, a dire il vero,
incute timore”.
11. Oh miei cari fratelli e amici, questo
non deve affatto spaventarvi, poiché qui, nel regno degli spiriti, noi, servi
del Signore, dobbiamo non di rado affrontare ben altri combattimenti, che non
questo, del quale però scorgerete appena soltanto l'inizio. Aspettate che
questi eroi avanzino verso il proscenio, carichi d'ogni sorta di armi, soltanto
allora potrete scorgere tutto il gigantesco di questi teatrali eroi. Ora vedete
pure quello che era il piccolo tavolo di Abramo, è stato ampliato, come tutto
il resto e ben presto vedrete anche che, senza curarsi di noi, compariranno
alcuni giganteschi servitori addetti alla mensa, i quali disporranno sulla
tavola della frutta in proporzione gigantesca; e potrete scorgere il vero
capolavoro di tutta questa messa in scena, quando la frutta verrà divorata,
poiché, nel vero senso della parola, avrete dinanzi a voi dei divoratori di mondi.
Dunque, per oggi accontentatevi di quello che avete visto; la prossima volta si
potrà assistere alla vera e propria commedia.
[indice]
* * * * *
Commedie nel Cielo del chiostro
La tavola gigantesca e nutrizione dei
mondi
1. Ed ecco, coloro che devono preparare
la mensa sono già qui ed ognuno ha le stesse proporzioni di quell'eroe che è
uscito dalle quinte. Guardate come quattro di questi imbanditori stendano sulla
tavola, tutt'altro che graziosa, una tovaglia che secondo le apparenze sarebbe
grande abbastanza da contenere tutto il vostro sistema planetario, compreso il
Sole, così da farne un fagotto e portarli al mercato, come fossero tante mele
insignificanti. Ora verrà posta della frutta sulla tavola, consistente in mele,
pere, susine ed altra frutta ancora; vi viene aggiunto una specie di pane ed al
posto destinato ad ogni persona anche un calice, che all'apparenza dovrebbe
contenere tutti i mari della Terra. Voi chiedete: “Ma cos'è e cosa significa
tutto ciò?”.
2. Io però vi dico: “Agli spiriti in sé
ciò è facilmente possibile”, poiché, come avete sperimentato spesso sulla Terra
quando volevate usare un poco la vostra fantasia, vi risultava facile cosa
rappresentarvi un animale a voi noto o qualcosa d'altro in una misura
enormemente aumentata che, alla fine, doveva quasi spaventarvi. Ora, vedete,
quello che a voi sulla Terra era possibile soltanto nella fantasia del vostro
spirito ed è possibile ad ogni uomo a modo suo, ciò è possibile qui nel regno
degli spiriti anche ad ogni spirito secondo la capacità di produrre
manifestazioni apparenti. Questo genere di produzioni vengono chiamate qui
“arti ingannevoli”, delle quali si servono di preferenza gli spiriti maligni,
quando vogliono fare di nascosto qualche brutto tiro. Dunque, considerato che
questi spiriti hanno in sé ancora del falso e perciò del maligno, essi possono
servirsi di queste loro produzioni, che, per se stesse, sono piuttosto innocue,
per spaventare noi, quali presunti nemici. Soltanto che ben presto essi si accorgeranno
che noi non ci spaventiamo dei loro giochetti e tutta la loro arte si ridurrà
rapidamente allo stato naturale e così non ripeteranno i loro inganni una
seconda volta.
3. E ora, guardate, i commedianti si
avvicinano al tavolo, giungendo da tutte le parti, e con le loro mani
gigantesche afferrano i frutti colossali e li portano alla loro bocca
spaventosamente grande, che apparentemente sembra inghiottire tutta la Terra
come se fosse una fragola. Voi vi meravigliate ora di come sia possibile per i
vostri occhi scorgere, con la massima facilità e internamente, tutta questa
fantastica apparizione illusoria, malgrado la sua enorme grandezza. Questo
dipende dal fatto che questa apparente grandezza anzitutto non è affatto una
grandezza, ma soltanto una illusione; però noi siamo, per grazia del Signore,
nella più chiara luce, così che, dinanzi a noi, nulla può essere rappresentato
tanto grande nella sua illusorietà, che noi non possiamo scorgerlo
immediatamente con uno sguardo, in tutte le sue parti false. Oltre a ciò, ed in
secondo luogo, questo ha anche un'altra causa, e precisamente che di fronte a
questi spiriti anche la nostra figura apparente aumenta, nella pienezza della
verità, nelle stesse proporzioni in cui aumenta il senso ingannevole di tali
spiriti. Ecco come deve essere compreso.
4. Ora però rivolgete la vostra
attenzione al già ben noto podio teatrale di questo Cielo illusorio. Guardate
come da dietro le nuvole avanza un gran numero di combattenti giganteschi, che
indossano armature e corazze; il condottiero li precede, portando un crocifisso
altrettanto grande quanto la persona che lo porta. Ora, però, fate attenzione
ad un'altra apparizione, infatti, proprio ora il Cristo-gigante incomincerà a
rivolgersi a noi dalla croce, ascoltate, egli sta già parlando e ci dice:
“Fuori dal Cielo, o voi maledetti, poiché vi siete sempre opposti allo Spirito
Santo della mia Chiesa cattolica romana, la sola beatificante e siete sempre
stati per me degli eretici, odiosi sopra ogni cosa. Perciò, fuori di qui, nelle
massime tenebre, poiché non c'è posto per voi qui nel Cielo, ed io non vi ho
ancora mai riconosciuti. Non obbligatemi a ricorrere alla violenza, poiché, se
fossi obbligato a farlo, la vostra dimora sarebbe il più profondo inferno. Se
voi non avete creduto prima al mio apostolo Pietro, crederete tuttavia a me,
che vi parlo dalla croce!”.
5. Adesso qui vi meravigliate alquanto,
io però vi dico: “Non lasciatevi turbare da questa apparizione, poiché, vedete,
la croce e la figura sono vuote”. Il portatore, come vedete, tiene la croce
vicino alla bocca e parla attraverso un'apertura, che poi sbocca proprio nella
bocca della figura del Cristo in croce. Ecco perché la voce è come se venisse
dalla bocca dell’immagine, dunque, anche questo è un vano e maligno trucco, dato
che con ciò viene sfruttata l'immagine del Signore per un inganno. A parte ciò,
quest'inganno non è completamente maligno, perché il condottiero che fa questo,
in realtà, manca di una volontà fondamentale maligna.
6. Del resto, potete anche vedere che
non si fida di venire troppo avanti con il suo strumento e questo è già un
segno che a lui questo artificio non porterà una grande benedizione, perciò
egli ritorna dai suoi guerrieri e fa cenno di tentare di spaventarci con un
poderoso urlo. Poi comincia fra loro un grande movimento, si percuotono l'un
l'altro con le loro spade con gran fragore e accennano a volersi avvicinare a
noi. Soltanto essi constatano che non intendiamo farci spaventare, così tutti
si ritirano nuovamente insieme al loro condottiero dietro le quinte. Anche i
commensali vedono che neppure loro ci spaventano con il loro grandioso ed
enorme pasto, perciò, uno dopo l'altro, se la svignano. Però, la commedia non è
ancora finita, poiché incomincia subito il secondo atto e chi di voi s'intende
di zoologia, lo troverà molto divertente, nonché interessante, poiché ve lo
dico in anticipo, i nostri celesti abitanti ora oseranno il massimo, cioè si
presenteranno a noi quali giganteschi animali d'ogni specie. Noi, però, che
sappiamo ciò, non ci spaventeremo dinanzi a loro ed alle loro produzioni
grossolane e fantastiche.
[indice]
* * * * *
Secondo atto della commedia del Cielo
del chiostro
1. Guardate verso il fondo: sta
arrivando proprio ora un coccodrillo ben pasciuto, naturalmente nella grandezza
proporzionata a tutte le cose ed a tutti gli esseri. Esso spalanca le fauci
come volesse inghiottire mezza creazione. Dato però che nulla gli vola dentro,
esso modestamente le rinchiude. E ora, sempre dal fondo, avanzano parecchie
tigri, iene, leoni, leopardi ed orsi e più in fondo ancora strisciano a questa
volta dei serpenti giganti. E ora guardate tutti questi animali che si lanciano
l'uno contro l'altro, con salti impressionanti e feroci avvitamenti, come se
volessero farsi a pezzi. E laggiù in un angolo fa capolino una grossa testa di
scimmia ed osserva se noi ci siamo spaventati, oppure no! Soltanto, dato che
non ci spaventiamo affatto, anche questo combattimento fra animali incomincia
ad allentarsi.
2. Voi, com'è naturale, chiedete in qual
modo una tale metamorfosi sia possibile. Ed io vi dico: “Una tale metamorfosi
è, a dire il vero, impossibile ad uno spirito buono, da per se stesso.
Tuttavia, con la forza esistente in lui, tramite il Signore, è in grado di
formare tali immagini con la sua volontà, però fuori di lui, cosicché poi esse
sembrano realmente esistenti. Tali produzioni vengono chiamate nel regno degli
spiriti «illusioni
visive».
Però questo non è il caso delle apparizioni che si svolgono presentemente
dinanzi a noi. Infatti, gli spiriti che hanno in sé qualcosa di maligno, non
possono produrre fuori di loro alcuna visione illusoria, però possono, al
massimo, far uscire da loro questo maligno, così che esso diventi la loro forma
esteriore”. Il caso è appunto questo che anche con questi spiriti, in cui avete
avuto occasione di vedere, raffigurata esteriormente, è ciò che di rozzo e di
maligno c'è in loro. Dunque, così stanno qui le cose.
3. Perciò qui, da una parte, è tutto
finzione e boriosa falsità, però, d'altra parte e secondo il vostro detto
biblico: “Al puro tutto è puro”, per
noi non c'è nulla d'ingannevole in tutte queste apparizioni, poiché proprao con
queste gli spiriti si denudano, mostrando il loro intimo, dato che qui a
nessuno è possibile esternare qualcosa di proprio che corrisponda perfettamente
alla sua intima base di vita.
4. Da prima voi avete conosciuto il
falso Pietro; ciò significa che tutta l'apostolicità della loro Chiesa è basata
su un Pietro completamente falso. Perciò voi troverete anche in parecchie
migliaia di chiostri sempre un tale falso Pietro. E come le cose stanno con il
loro Pietro, così esse stanno con tutto il resto. Secondo la vostra stessa
constatazione, voi avete trovato innanzitutto questo Cielo nella massima
sudicia ridicolaggine. Osservate soltanto il mercato burlesco, prettamente
pagano, delle vostre chiese, perché, allora, voi dovrete ammettere che questo
Cielo, nella sua rispondenza, è ancora troppo buono per simili follie.
5. Con riguardo, poi, alla tavola di
Abramo, quanto mai sudicia, essa è una immagine fedele della mensa del Signore
nelle vostre chiese, mensa sulla quale vengono fatte, non di rado, al Signore
delle offerte propiziatorie molto compiacenti, per denaro, per la guarigione di
cani malati, cavalli, buoi, pecore, maiali ed ogni altro genere di animali e
per ogni sorta di azioni nefande. E su quella stessa mensa viene amministrato
il Pane del Signore, cosa questa che qualunque spirito, per poco illuminato,
deve considerare una insensatezza talmente grande da non essere superabile! Una
tale mensa non somiglia ad una vera mangiatoia per maiali, nel quale viene
porto il cibo? E colui che mangia da questa mangiatoia non è anche simile
appunto ad un maiale? In verità, l'uno è un maiale e l'altro, che si
frammischia al cibo dei maiali, è egli stesso colpevole, se poi i maiali lo
divorano.
6. Il Signore, invece, ha paragonato la
Sua Parola alle perle, che non si devono gettare ai porci; cosicché io sono
anche dell'opinione che, fuori da una tale mangiatoia per maiali, non sarà
certo possibile carpire granché del Pane Vivente. Da ciò voi potrete facilmente
dedurre che questa mensa di Abramo, così come l'abbiamo vista prima, è ancora
troppo buona per rappresentare la piena infamia di parecchie mense del Signore
nelle vostre chiese. La ragione di ciò sta nel fatto che questi fratelli laici,
nel loro intimo, spinti dalla loro condizione, si sono raffigurati la mensa del
Signore in un modo molto migliore di quanto sia nella realtà, poiché non
avevamo avuto mai alcun sentore che la “mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe” non
indicava altro se non il purissimo Amore per il Signore e da questo Amore ogni
fruttuosa attività a favore del bene spirituale dei fratelli. Per conseguenza,
come è la mensa, tale è il Cielo; poiché, dato che il vero e proprio Cielo non
lo si può acquistare per denaro, mentre la vostra Chiesa sulla Terra lo vende
costantemente a prezzo fisso, allora anche questo Cielo pecuniario è perfettamente
corrispondente e deve perciò avere tutto l'aspetto dei mezzi con i quali si è
riusciti a procurarselo.
[indice]
* * * * *
Sguardo sul vero percorso al vero
Cielo
1. Per poco che riflettiate, non vi
sfuggirà che il vero e proprio Regno dei Cieli del Signore, quale vita
fondamentale dello Spirito in sé, adempie pienamente le condizioni prescritte
dal Signore per il conseguimento proprio di questa Vita. Ciò significa che egli
deve dapprima trovare questa Vita in sé e, una volta trovata, soltanto allora
deve rafforzarla e rinvigorirla secondo l'Ordine indicato dal Signore, il Quale
è il solo che può sapere quello che è necessario per il raggiungimento della
Vita spirituale realmente stabilita.
2. Dunque, se qualcuno vuole comperare
con dei mezzi folli, mondanamente egoistici ed oltre a ciò completamente morti
e carichi di sudiciume, il Regno dei Cieli, il quale, come già osservato, è la
vera e propria Vita dello Spirito perfettamente sviluppata, questo suo modo di
agire è molto pazzo ed insensato, come quello d'un uomo che avesse seminato del
frumento in un campo molto pietroso e che, vedendo che il grano non cresceva,
avesse portato sul campo delle altre pietre, per spingere il grano a
germogliare. Il coltivatore assennato non deve, invece, dapprima tramutare il
suo campo in un buon terreno, poi concimarlo e appena dopo spargere il seme nei
solchi, affinché presto germogli, cresca e porti molto frutto? Qualsiasi
persona che sia soltanto un po' esperta di cultura, deve confermarlo.
3. Dunque, se già il frumento diventa
fruttifero soltanto a queste sole e vere condizioni, uniche per ottenere la
benedizione, allora, come può crescere il seme della Vita dello Spirito, tanto più
nobile, su un campo assurdo e diventare frutto vivente dell'eterna Vita?
4. Io vi voglio offrire un esempio in
piena chiarezza, dal quale voi vedrete ancora più chiaramente questo punto
estremamente importante. Per capire questo esempio nella pienezza della
chiarezza vogliamo premettere alcuni punti prima dello stesso, attraverso i
quali venga raffigurata in modo veramente matematico la correttezza del
prossimo esempio, e perciò ascoltate!
5. “Voi sapete che oggetti o cose di
qualità diverse non si possono né sommare né dividere assieme; chi, ad esempio,
ha un sacchetto con entro mille grossi, potrà aumentare questo danaro,
aggiungendovi delle pietre? Se qualcuno possiede una casa potrà ingrandirla,
soltanto perché vi ha aggiunto degli altri mobili? Se qualcuno ha dieci pecore
in una stalla, otterrà più pecore per il fatto che vi ha aggiunto un'altra
stalla vicino? Da ciò risulta evidente che per poter aumentare degli oggetti o
cose è necessario aggiungervi altri oggetti e cose della medesima specie.
6. Ora che ci siamo soffermati su ciò,
vi presento l'esempio: “C'è, in un luogo qualunque, un uomo stolto, che ha il
vivo desiderio di avere dei figli propri, per vedere poi, in essi, continuare
la sua vita. Visto, però, che si tratta di un uomo stolto, il quale non sa come
vengano generati i figli, egli si rivolge ad un falso amico e gli chiede
consigli sul modo di attuare questo suo desiderio. Ma siccome il falso ed
interessato amico si accorge della stoltezza dell'uomo, che però è
discretamente facoltoso, egli pensa fra sé: «Nel torbido si pesca sempre bene».
L'idiozia di costui voglio tramutarla in un utile per me, in modo divertente,
e, deciso ciò, egli dice così allo stolto: «Ascolta, amico mio, quello che tu
vuoi ottenere, è molto difficile e richiede molte spese. Tuttavia, se si tratta
di una cosa veramente seria, voglio procurarti l'occasione e istruirti poi sul
modo in cui devi comportarti, però pongo come condizione assoluta che tu poi
segua indubbiamente le mie istruzioni. In questo caso, l'opera che progetti dovrà
riuscire, altrimenti sarai perduto per sempre!».
7. In risposta a questa premessa del
falso amico, l'uomo stolto lo rassicura dicendo: «Poiché so che tu solo sei un
uomo molto ricco di conoscenza, mi affido completamente a te. Indicami soltanto
il modo e nulla sarà troppo caro per me». Cosa fa allora il falso amico?
Ascoltate. Anziché procurare allo stolto una donna vivente, gli vende a caro
prezzo una morta statua di legno e gli dice: «Mettila in un letto ed alita su
di essa diligentemente. Se tu pure ti poni nel letto vicino ad essa, con il
tempo avrai, senza dubbio, una ricca discendenza». Il nostro uomo prende la
statua, la porta nella sua casa, la pone subito nel suo letto ed anche lui si
mette a giacere vicino ad essa e incomincia ad alitare. Egli fa questo per un
anno, ma nessun discendente viene alla luce, egli si reca perciò dal falso
amico e gli chiede quale ne potrebbe essere la causa. Però costui gli dice: «Ma
quale sciocchezza ti viene in mente? Chi può pretendere di avere dei frutti
viventi in un anno, dal momento che un albero, piantato in terra, comincia a
dar frutti appena dopo parecchi anni?». Egli, però, elogia, nello stesso tempo,
parecchi altri mezzi, per il raggiungimento di tale scopo, che sono
acquistabili presso di lui.
8. L'uomo stolto li acquista al prezzo
richiesto e li usa nel modo indicato dalle false prescrizioni; tuttavia,
malgrado ciò, non si vede nessun frutto vivente. Allora lo stolto ingannato
ritorna dal falso amico e gli chiede quale potrebbe essere la causa della
mancata riuscita. Il falso amico attribuisce con finta saggezza la causa della
mancata riuscita ad ogni sorta di circostanze astutamente inventate, facendo il
misterioso e continua così a tranquillizzarlo, fino a che lo stolto, anche in
seguito alla età avanzata, non ha più la vera forza di procreare e alla fine il
falso amico lo conforta, dicendogli che avrà senz'altro una vivente
discendenza, quando egli avrà lasciato la vita temporale e gli indica ancora,
in aggiunta, dei mezzi di protezione da usare per la statua alla fine della sua
terrena esistenza, affinché da essa sorga una sicura e vivente discendenza. E
vedete quel pazzo si dichiara soddisfatto perfino di questa promessa. Ecco,
dunque, questo è l'esempio”.
9. Ora si domanda: “Da quale punto di
vista dobbiamo considerarlo, per trarne fuori la dovuta luce?”. Io vi dirò:
“Questo è facilmente individuabile: n°1. È rilevabile che la Vita si può
riprodurre soltanto nella Vita e non da una materia morta, così che un uomo
deve avere una donna viva e non un simulacro di materia morta.
10. Ora però viene il n° 2.
Consideratevi, ora, come uomini nei quali il vero Regno dei Cieli dovrebbe
essere generato precisamente con la santa Sposa della Vita, che è la “Parola di
Dio” vivente e che si chiama la “Chiesa del Signore”.
11. Se però la Chiesa è una statua di
materia morta, nella quale non c'è alcuna Vita, ma che da avidi e falsi amici,
che si fanno chiamare sacerdoti di Dio, viene venduta per danaro,
dichiarandola, con inganno, vivente e come l'unica e sola idonea a generare la Vita,
mentre la Vita può essere generata soltanto dalla Vita. Allora si deve
necessariamente concludere che una tale Chiesa è un inganno oltre ogni dire
indegno, così che è impossibile immaginarne uno maggiore, e che i seguaci di
tale Chiesa non sono per nulla meno sciocchi ed insensati dell'uomo preso quale
esempio e che ciò deve risaltare agli occhi a qualunque ben pensante e lucido
di mente che sia.
12. Non ha Paolo predicato, con grande
eccitazione del suo animo, che deve essere maledetto chiunque voglia predicare
un altro Evangelo che non fosse quello predicato dal Signore, cioè il Signore stesso
che è stato crocifisso, dunque Gesù Cristo operante nello Spirito e nella
Verità, il quale dice: «Chi non è Risorto non entrerà nel
Regno dei Cieli, bensì sarà condannato?».
13. Osservate dunque, ora, una Chiesa
fabbricata con delle pietre, una Chiesa il cui scopo principale è l'oro,
l'argento e le pietre preziose, una Chiesa che promette un Cielo che essa
stessa non conosce minimamente, una Chiesa che tormenta, incita, giudica e per
di più, pure diligentemente, condanna i suoi stolti credenti, promettendo con
ogni tipo di mezzi misteriosi e naturalmente per danaro il conseguimento di un
Cielo ancora più stolto, ed allora non vi sarà difficile riconoscere al primo
sguardo l'immagine vuota dello stolto e che all'uomo, alla fine, non rimane
altro che il vivo desiderio di avere dei successori viventi, senza però potersi
mai rallegrare di ciò.
14. Vedete, così purtroppo si presentano
i fatti religiosi nel mondo e non soltanto nella nota Chiesa cattolica, bensì
in qualsiasi delle altre Chiese separate, perché tutte con il tempo finiscono
con il diventare settarie”.
15. Se voi osservate ora, secondo
l'esempio dato, il Cielo che si estende dinanzi a voi, lo scorgerete di certo
perfettamente corrispondente. Infatti, dato che esso è un frutto di una Chiesa
che è simile ad una statua morta, così ugualmente tutto ciò che in sé dovrebbe
essere Vita vera è ugualmente una rozza plastica e nient'altro che il prodotto
di un desiderio sciocco e falso e perciò anche privo di vita. Che un simile
Cielo abbia anche poca consistenza lo potete dedurre molto facilmente se
riflettete che esso non è altro che un'illusione plastica dello spirito, che
avrebbe voluto generare vita, ma che non ha potuto farlo, perché gli mancavano
i mezzi viventi. Ora che sappiamo ciò e che conosciamo le rispondenze di questo
Cielo, possiamo passare ad esaminare lo sviluppo e il suo svolgimento,
spiegazione che ci aiuterà a venire in chiaro su certi apparenti misteri.
[indice]
* * * * *
Ulteriore spiegazione della commedia
ingannevole
La condotta infinitamente
diversificata della vita spirituale
1. Voi dite: “Noi comprendiamo benissimo
come gli spiriti di questo Cielo si siano potuti ingrandire e tramutare, invece
non ci è ancora abbastanza chiaro come, insieme a se stessi, abbiano potuto
ingrandire anche il loro Cielo, il quale, secondo l'apparenza che scorgiamo, si
trova completamente al di fuori di loro ed essi girano intorno, su di esso ed in
esso, come su di un suolo naturale.
2. Ascoltate, cari amici e fratelli, ciò
è altrettanto facile da comprendere, come tutto il resto, poiché tutto il Cielo
non è altro se non un'errata maniera di raffigurare di questi spiriti, la quale
poi cresce nella stessa forma insieme a loro, nella medesima estensione fino
alla quale essi si gonfiano. Però, affinché possiate afferrare anche ciò a
fondo, vi voglio dare un esempio della Terra, facilmente comprensibile.
3. “Un uomo si trova in una compagnia,
in cui viene discusso un certo argomento. Quest'uomo non ha la minima idea di
quest'argomento, però, per far vedere che anche lui comprende qualcosa, mette
insieme una frase fondamentalmente falsa, che si potrebbe prestare a qualunque
altra cosa, piuttosto che non all'argomento in discussione. Quando viene il suo
turno di esprimersi, egli la pronuncia, ma viene subissato da una risata
generale. Però, che avviene in seguito a ciò?
4. Precedentemente un tale uomo non
aveva attribuito alla sua frase nessuna importanza, perché fra sé egli si dice:
«L'argomento
in discussione mi è ignoto quanto il centro della Terra. Quello che gli altri
hanno detto al riguardo, ha tutta l'apparenza di essere altrettanto
incomprensibile quanto la mia stessa ignoranza, perciò posso anch'io
pronunciare una frase qualunque, se non altro per aver detto anch'io qualcosa».
5. Come vedete, fino a questo punto il
nostro uomo era ancora modesto e sopportabile; ma la risata degli altri ha
toccato il suo punto d'onore e ora egli incomincia a riflettere sulla frase
pronunciata e la trova, nella presunzione del proprio valore, sempre più
esatta, molto significativa e ben azzeccata. Alla scoperta di questa
attendibilità che si trova, secondo lui, in fondo alla frase, della quale, a
dire il vero, egli non può dare alcuna garanzia, egli si irrita e perciò
incomincia ad elevare sempre più la sua idea e alla fine cerca il modo di
vendicarsi di tutta la compagnia, dato che questa si era permessa di ridergli
in faccia. Egli incomincia a dimostrare loro che simili teste vuote non lo
hanno affatto compreso; espone loro con enfasi che neppure in cento anni essi
potrebbero giungere al punto di comprendere a fondo anche soltanto una minima
parte di ciò che egli con tanta facilità aveva gettato là quasi con noncuranza.
6. Gli si avvicina allora uno dei
presenti, e gli dice: «Ascolta
amico, il tuo termine di cent'anni è troppo breve, poiché dopo una profonda
riflessione io sono riuscito più che a scorgere, a presentire, come attraverso
un velo, la straordinaria profondità della tua frase e perciò sono
dell'opinione che un simile senso recondito potrà diventare di pubblica ragione
appena fra mille anni».
7. Un elogio simile glielo fa, in gran
segreto, anche un altro dei presenti, dopo di che è finita con lui; il nostro uomo
incomincia appena adesso a meravigliarsi della sua infinita sapienza, si gonfia
ora spaventosamente e considera gli altri ospiti e le loro esposizioni come dei
moscerini a confronto delle sue. Si eleva alla fine tanto in alto che dice
loro: «Con
delle teste che sono per lo meno mille anni indietro, uno di noi non può
impegolarsi in una discussione su un argomento, dal momento che egli può ora
premettere che già quella singola frase da lui detta non potrà venir compresa
da loro neanche in mille anni»”.
8. Ecco, questo esempio è molto chiaro
ed è, per così dire, preso dalla vita d'ogni giorno e indica in modo manifesto
come una insensatezza, insieme all'insensato, possono gonfiarsi ed aumentare,
se la cosa viene destramente maneggiata dalla controparte, una tale
insensatezza diventa alla fine una idea fissa e di conseguenza un falso
prodotto spirituale. Dunque, com'è questo il caso sulla Terra, ciò è tanto più
evidente qui, nel regno degli spiriti. Gli abitanti di questo Cielo, prima
della nostra apparizione qui, non avevano attribuito un grande valore al Cielo
stesso. Se non fossero stati nutriti dal Paradiso, essi lo avrebbero già da
tempo abbandonato. Dato, però, che noi siamo venuti ed abbiamo incominciato a
rendere dubbio il loro Cielo, da principio si sono ritirati spaventati, perché
si sono accorti che non potevano darci ad intendere nulla con la loro
stupidità. Dato, però, che nel loro intimo si sono sentiti svergognati, allora
in ognuno di loro è incominciato a farsi sentire ed a crescere sempre più il prurito
della vana gloria e la loro rappresentazione celeste, cioè questo loro Cielo, è
cresciuto poi insieme a loro.
9. È stato appena allora che si sono
accorti della straordinarietà della loro rappresentazione e perciò hanno
recitato due atti sul loro palcoscenico ed uno spettacolo alla mensa di Abramo
e questo tutto contro di noi, per mostrarci con ciò la grandiosità del loro
Cielo. Dato che noi, in un certo senso benignamente, non ci siamo lasciati
spaventare e manteniamo ancora costantemente il nostro posto, questi abitanti
del Cielo ora studiano una vera, fattiva vendetta. Ed anche questa manovra noi
dobbiamo lasciarla svolgere, dato che soltanto poi saranno accessibili ad una
parola da parte mia.
10. Voi, però, da tutto ciò potreste
constatare una cosa importantissima, cioè come la scuola, per ogni tipo di
spiriti con falso fondamento, dev'essere costituita, per poterli portare un po'
alla volta sulla retta via della Vita. Il concetto fondamentale è il seguente:
“Nessuno spirito, in seguito alla sua libertà, può venir fatto prigioniero,
prima che non si sia fatto prigioniero da se stesso”. Perciò, è necessario
lasciare anche a questi spiriti tutte quelle occasioni, attraverso le quali,
senza nuocere alla loro libertà, vengano tuttavia, in certo qual modo, costretti
da se stessi a cadere nella propria rete. Quando viene il momento, ciò che
prima o poi succede sempre, che essi non vedono più nessuna via d'uscita,
devono arrendersi, ciò che è su per giù la stessa cosa che avviene pure sulla
Terra, quando ad uno scienziato viene confutato da tutte le parti, in modo
matematicamente esatto, un suo principio erroneo, così che alla fine deve
cedere le armi ed affidare il parto del suo spirito ad un migliore educatore.
11. Come però ciò avviene qui in senso
letterale e spiritualmente, nell'assoluto regno degli spiriti, lo scorgerete
chiaro come una luce del Sole, dopo questa manovra per la vendetta, ora in
preparazione. O certo, miei cari amici e fratelli, nell'infinitamente grande
Regno Spirituale vi sono delle scene, delle quali nessuna immaginazione umana
può farsi la minima idea. Se voi poteste scorgere con una visione totale come
vengono guidati sulla Via della Verità i vari uomini della Terra e poi quelli
degli innumerevoli altri mondi e con ciò assistere a miliardi di scene, voi ci
rimettereste la vita, poiché io vi dico:
12. “In nessun'altra cosa il Signore si
mostra più Saggio e più Meraviglioso che in questa, infinitamente e
supremamente varia guida della Vita spirituale, e tuttavia, la Sua Sapienza ha
dappertutto le vie più infallibili, per portare tutte queste infinite diversità
sotto lo stesso tetto”.
[indice]
* * * * *
Terzo atto sul palcoscenico
tragicomico
1. Guardate laggiù verso il celeste
palcoscenico, la nuvolaglia si oscura e la grande apertura sul fondo, dietro
alla Trinità, si restringe sempre più e fra non molto non rimarrà che un
minuscolo forellino. Fate attenzione a ciò che si prepara ad apparire.
2. Ed ecco, ora la volta celeste è completamente
al buio e gli orli delle nuvole sembrano diventare ardenti e voi potete già
percepire un sordo brontolio, come di un potente tuono lontano. E ora anche la
colossale Trinità sta diventando come infiammata dall'ira e dalla bocca dei
Cherubini cominciano a partire dei lampi. Il temporale si avvicina; da dietro
alle nubi si dipartono delle fiamme che attraversano incrociandosi l'ampio
spazio, come dei possenti fulmini.
3. La scena si fa sempre più carica di
lampi e tuoni e sulla platea scendono fasci di fiamme come fosse grandine con
il suo fragore, che accende la materia con cui viene a contatto e questo fuoco
divampante non ha intenzione di cessare. Che ne dite di questa scena?
4. Io già pensavo che tutto ciò vi
avrebbe causato un po' di angoscia e che non avreste ritenuto consigliabile
assistere fino alla fine a questo terzo atto della commedia, tutt'altro che
celeste. Io, però, vi dico: “Sta in nostro potere far cessare immediatamente
questo fuoco, contrapponendolo con uno contrario, del quale i nostri avversari
assaggeranno la potenza con forti bruciatori”. Dato, però, che questi
troveranno che il nostro fuoco brucia troppo, essi allora scenderanno dal
palcoscenico e si recheranno in platea per sfuggirlo. Però tale fuoco li
afferrerà e distruggerà in loro la malignità; soltanto dopo diverranno idonei
ad accogliere da noi delle parole per la loro salvezza.
5. E guardate, io faccio un cenno con la
mano ed immediatamente una incalcolabile quantità di fasci di fiamme bianche
cadono sul celeste palcoscenico, attraversando i fasci rossastri e, come
vedete, tutto è avvolto in un incendio carico di vapori. E ora udite i lamenti
di questi abitanti celesti! Ecco, ora essi si precipitano giù verso di noi,
chiedendo aiuto, però, come potete vedere, ogni fuggitivo viene avvolto in una
colonna di fiamme e non vi può sfuggire. Ora tutta la compagnia ardente si
precipita quaggiù in platea. A questo punto voi potete osservare che fra i
lampi si riversano pure dei torrenti d'acqua e questo vero nubifragio porta un
gran lenimento ai nostri eroi in preda alle fiamme.
6. A questo punto voi dite: Caro amico e
fratello, questa è davvero una maniera spaventosa di guarire. Io però vi dico:
“Così deve essere per questi ammalati gravi che devono guarire, poiché questi
esseri appartengono, nel rapporto spirituale, agli “artritici” e questo male
può venir guarito soltanto per mezzo di un potente bagno purificatore. Anche
voi, sulla Terra, avete dei bagni a vapore, perché allora non ci dovrebbero
essere, per casi simili, anche nel regno degli spiriti, dei corrispondenti
bagni a vapore spirituali?
7. Io vi dico: “Sulla Terra non esiste
alcuna cosa della quale non trovi il corrispondente nel regno degli spiriti”.
Per conseguenza, quanto da voi scorto ora non è tanto strano come avete potuto
immaginarlo da principio, soltanto che non dovete confrontare questo fuoco con
quello terrestre, perché qui, quando questo appare, indica soltanto un grande
“zelo”. Come avete visto, gli abitanti di questo Cielo volevano vendicarsi di
noi e metterci in fuga con il loro grande zelo, che in sostanza è un prodotto
del “falso” che è in loro e del conseguente “maligno”.
8. Dato, però, che il modo d'agire
celeste non è certo quello di contraccambiare il male con il male, ma di fare
soltanto il bene a coloro che tentano di distruggerci e di benedire coloro che
ci maledicono, così non siamo andati contro di loro con un fuoco simile, bensì
con un “fuoco d'Amore”, altrettanto elevato nella misura, quanto era elevato il
loro “fuoco dell'ira”, che essi hanno riversato su di noi. E questo significa
veramente: “Raccogliere carboni ardenti sul capo dei nostri avversari”. E ciò
lo constaterete ben presto, poiché l'“acqua viva”, che da parte nostra abbiamo
fatto riversare su di loro, li farà sufficientemente riflettere.
9. Però, guardate ora: tutta la
compagnia, che raggiunge il migliaio, si restringe nuovamente alle proporzioni
iniziali, ciò sta a significare che essi nel loro zelo hanno subìto una giusta
umiliazione. Anche il Cielo che finora si era molto gonfiato, si restringe
nella stessa proporzione. Il fuoco si spegne ed i nostri celesti abitanti
stanno completamente nudi dinanzi a noi. E, come potete constatare,
incominciano a provare una benefica vergogna, che è sempre un segno sicuro che
il vinto incomincia ad accorgersi della sua follia e dei suoi torti ad essa
congiunti.
10. Ora, dunque, per lo meno sono idonei
per ascoltare più volentieri una parola da parte mia di quanto finora non fosse
il caso. E perciò voglio anche rivolgere subito all'ex falso Pietro, che si
trova proprio in prima fila, la seguente domanda: “Come vedi, o sedicente
Pietro, noi siamo ancora qui, poiché tutte le tue celesti potenze e forze non
hanno potuto far nulla contro di noi. Dato che ciò è ben manifesto dinanzi a
te, come pure dinanzi a tutta la tua compagnia, dimmi ora chi sono io, secondo
te? Sono dal Basso, oppure molto più sicuramente dall'Alto?”.
11. Il pseudo Pietro risponde:
“Ascoltami! Io e tutta la compagnia eravamo e siamo tuttora preda di un grande
smarrimento. Però ora noi vediamo molto chiaramente che, con questo
disgraziatissimo Cielo, in cui noi tutti siamo stati trattati molto male, le
cose non stanno proprio come dovrebbero essere. E vediamo pure che se in questo
Cielo si dovessero ripetere spesso scene del genere di quelle di poco fa, lo si
potrebbe considerare un Inferno di prima classe e se proprio non un Inferno,
per lo meno un “Purgatorio” in piena regola. Ti prego, perciò, anche a nome di
tutti i miei fratelli, liberaci, se ti è possibile, da questo, oltre ogni dire,
fatale Cielo! Insieme a questa preghiera, depongo ai tuoi piedi la mia falsa
personalità di Pietro, riconoscendola come falsa, ma riconosco ugualmente che
io non sono adatto ad essere un Pietro, né lo sono stato mai, perché sono
troppo cattivo ed anche troppo sciocco perfino per fare il guardiano di porci
in qualche pascolo spirituale, sempre che in questa regione ci sia una simile
occupazione.
12. Io non ti chiedo altro se non di
liberarci da questo indecente “Cielo di cartone” e qualunque sia il luogo dove
ci porterai, noi siamo volentieri pronti a servire il Signore con tutto il
cuore, anche per un cibo scarso. Soltanto risparmiaci il Purgatorio e
l'Inferno, poiché abbiamo sperimentato in modo spaventevole quanto brucia quel
fuoco, anche se per breve tempo, così da rammentarcelo per l'eternità”.
13. Ora parlo io: “Bene, bene, questo
linguaggio mi piace di più del precedente, ora però vestitevi e seguitemi nel
“Paradiso” dove molti dei vostri fratelli sono in attesa di una simile
liberazione”. Come vedete, tutti quelli che erano nudi sono ora rivestiti con
degli abiti di tela grigio chiaro e dato che ora abbandoniamo questo luogo,
essi ci seguono, lodando seriamente Iddio, per la prima volta. Voi dite:
“Queste vesti di tela sembrano quelle rozze casacche di traliccio militari e
tutto questo preso insieme ha l'aspetto di una misera tradotta di soldati”.
14. Certo, miei cari amici, le vesti si
regolano qui a seconda del riconoscimento del Vero e del Buono che ne deriva;
però quanto di Vero e di Buono ci fosse in questi spiriti, lo avete potuto dedurre
chiaramente dal loro Cielo e dal loro modo di comportarsi, perciò queste vesti
sono perfettamente corrispondenti al loro stato. Ciò che succederà in seguito,
lo vedremo alla prossima occasione.
[indice]
* * * * *
Arrivo dei nuovi acquisti nel
“giardino del Paradiso”
Riconoscimento della loro colpa
1. E ora noi ci troviamo nuovamente nel
cosiddetto “Paradiso” e, come potete sincerarvi, esso è ancora esattamente
così, come lo abbiamo lasciato. E guardate nel centro, là attendono i noti
abitanti del Paradiso, però in una disposizione d'animo molto più umile e più
riflessiva che non prima, quando siamo giunti qui dal chiostro. Gli abitanti
del “Cielo” ci seguono pure umilmente, così che noi andiamo, con questa nuova
retata, direttamente dove attendono i paradisiaci.
2. Guardate, il nostro priore ed i due
primi oratori fanno tanto d'occhi vedendo che tutta la comunità del Cielo ci
segue, poiché non erano sufficientemente preparati ad una conquista del genere e
nel segreto del loro intimo avevano considerato la nostra spedizione nel Cielo
quale una pietra di paragone, dalla quale doveva risultare l'indiscussa verità
del nostro mandato.
3. Dato, dunque, che tutto il Cielo
viene dietro a noi umiliato e vinto, il priore, rivolto alla sua compagnia,
dice: “Ascoltate amici, date queste circostanze, la cosa assume naturalmente
tutto un altro aspetto. Questi tre sono stati certamente inviati qui da una
divina Potenza a noi ancora sconosciuta, ciò è ora tanto chiaro, quanto il Sole
di mezzogiorno sulla Terra. Ma che cosa possiamo fare di fronte a questa
spaventosa certezza, è tutta un'altra questione. Qual è lo stato della nostra
coscienza? Come la mettiamo riguardo al nostro precedente contegno, con questi
alti messaggeri? Ecco un'altra domanda da far tremare. Secondo la loro
sentenza, saremmo condannati, se va bene, al Purgatorio, oppure - Iddio ci
guardi - perfino all'Inferno! Ascoltate amici, questa è ancora una domanda
tanto spaventosa da far disperare!
4. Essi si stanno avvicinando a noi con
delle facce terribilmente serie, dalle quali per noi non c'è d'aspettarsi
veramente nulla di confortante. Quando, però, penso qual era sulla Terra la
nostra vita sacerdotale e rifletto come noi, pur conoscendo benissimo il
Vangelo del Signore, tuttavia non si abbia mai messo in pratica tra noi,
neppure nei minimi termini, nel suo vero significato e come abbiamo sempre
lavorato, nel senso letterale della parola e del significato, contro il puro
Spirito divino, allora, o fratelli, temo di non aver mai azzeccato una cosa
tanto sicuramente come la seguente: a noi tutti, date le tristi circostanze,
non spetta altro che il mero, nudo e caldissimo Inferno! Mi verrebbe quasi la
voglia d'invocare che le montagne ci piombino addosso, per non vedere più la
faccia di questi tremendi giudici!”.
5. L'altro oratore, quello migliore,
rivolgendosi al priore, dice: “Ascolta fratello, secondo me, non è il caso di
disperarsi prima del tempo, poiché, per farlo, ci sarà sempre tempo
sufficiente, cioè quando saremo condannati sul serio. Del resto, con le buone è
più facile spuntarla. Rimettiamoci perciò nella preghiera e nella massima
umiltà possibile e non disperiamo, data la grande Misericordia del Signore e
chissà se questi messaggeri ci giudicheranno con severità inesorabile. Poiché,
se sono inviati da Dio, essi saranno migliori di noi e perciò più miti nella
loro sentenza di quello che eravamo noi verso i presunti peccatori contro la
nostra Chiesa sedicente e la sola beatificante.
6. Il priore dice: “Oh caro fratello, le
tue parole consolatrici sono dolci come il miele e il miglior latte, però io
ripenso alle parole di Cristo, riportate nell'Evangelo contro i 'falsi
profeti', cristiani soltanto di nome e cioè: «Andate via da Me, o maledetti, nel fuoco eterno, che il demonio e i
suoi angeli hanno preparato, poiché Io non vi conosco, o operatori del male,
che vi siete sempre opposti allo Spirito Santo!». Che ne dici amico, di
questo testo?”.
7. L'altro risponde: “Certamente,
fratello, il testo è spaventoso e per noi credo che sia a nostra misura;
soltanto io devo pure confessarti che non sono ancora troppo maturo per
l'Inferno. Se il Signore effettivamente non sarà più misericordioso di quanto
lo siamo stati noi, per la maggior parte, quando eravamo sulla Terra, allora questo
testo dovrebbe trovare purtroppo la sua più giusta applicazione nei nostri
confronti, poiché è detto: «Siate
misericordiosi, allora troverete misericordia!». E questo è il punto,
poiché la misericordia sulla Terra non la conoscevamo nemmeno di vista! Se
rifletto ora con quanta leggerezza e senso di trionfo abbiamo condannato
all'Inferno interi popoli, sento salire in me un senso d'angoscia e le mie
parole di conforto, or ora a te dirette, incominciano a perdere ogni
significato anche per me”.
8. Un terzo interlocutore interviene e
dice: “Amici e fratelli, io vi comprendo appieno; noi siamo perduti! Perciò
ritengo che dovremmo riunirci e presentarci al capo dei messaggeri, che sta nel
mezzo, e non dovremmo pregarlo d'altro, se non di assegnarci ad un grado
dell'Inferno non troppo infuocato, risparmiandogli così anche di pronunciare la
sentenza più spaventosa; e questo sulla base dell'unica considerazione a nostro
favore, che sulla Terra eravamo obbligati ad agire così e non altrimenti, in
massima parte per imposizione da parte del potere chiesastico. Noi abbiamo
perciò adempiuto alle prescrizioni della Chiesa, giuste od ingiuste che
fossero, perciò ritengo che se anche abbiamo agito così con la coscienza che il
nostro modo d'agire non era secondo la Parola di Dio ed abbiamo perciò servito
mammona, è stato anche perché non era facile per noi fare altrimenti.
9. O, certo, noi avremmo dovuto
piuttosto subire il martirio, che operare contro Cristo, ma per far ciò la
nostra fede, sempre per colpa della nostra Chiesa, era troppo debole per
realizzare tanto. Perciò suppongo che la nostra colpa non sia tale da meritarsi
il più profondo Inferno. Al Signore ogni onore, e il Suo Nome sia sempre lodato
sopra ogni cosa! Ritengo, dunque, che Egli non avrà l'intenzione di riservarci
il peggio, attendiamo perciò con umilissima calma ciò che il Signore deciderà
per noi”.
10. Guardate, ora tutta la compagnia è
d'accordo con lui, in piena umiltà, visto che con ciò tutti si sono debitamente
abbassati ed umiliati ed hanno anche riconosciuto fra loro la propria colpa.
Avviciniamoci ai nostri monaci, per giungere con loro a una giusta
determinazione. Però, voi pure, avanzando insieme a me, siate molto seri,
poiché a questa compagnia è ancora attaccato qualcosa che deve venire da essa
completamente eliminato, prima che possa diventare idonea ad una più elevata
destinazione.
[indice]
* * * * *
L'eterna Parola di Dio come lo
scranno del giudice di Cristo
1. Noi saremmo ormai giunti al momento
buono per discorrere con questa compagnia di monaci, perciò ora ritengo
opportuno rinnovare le mie domande, per poter constatare quale progresso ha
fatto in seguito a quanto esposto precedentemente. Voi, però, domandate: “Ma
ciò, in questo mondo spirituale, deve sempre essere fatto verbalmente, oppure
spiriti della tua elevatezza non hanno la possibilità di riconoscere al primo
sguardo, senza scambiar motto, come sono nel loro intimo questi spiriti
ingannatori?”.
2. Io vi dico: “Ciò spetta ad ogni
spirito del più alto Cielo e perciò egli può contemplare ad oltranza, al primo
sguardo, ogni spirito imperfetto, ma con ciò viene portato poco aiuto a tale
spirito, ed è la stessa cosa come se sulla Terra un delinquente venisse
arrestato. Il giudice già alla prima udienza è pienamente persuaso, attraverso
testimonianze, che l'arrestato sia colpevole di un certo reato, tuttavia,
secondo la legge non si può condannare il colpevole fino a quando esso stesso
non si sia espresso in merito alla sua colpevolezza. La parola, però, è l'unico
mezzo per esternare il proprio intimo o, con altre parole, tanto l'uomo che lo
spirito si espongono con la parola alla vista esteriore, vale a dire essi
mostrano com'è fatto il loro intimo essere.
3. Ecco perché, anche qui, il solo
riconoscimento, da parte mia, della condizione interiore di questi spiriti,
considerata unicamente per se stessi, non serve praticamente a nulla. Però, in
seguito a questo riconoscimento, posso guidare gli spiriti nella loro
manifestazione, in modo che tali spiriti, come spinti dal bisogno, non mi
possano sfuggire e debbano perciò esternare il loro intimo sentire per mezzo
della parola ed esporlo alla vista generale.
4. Con ciò risulta anche evidente, nella
pienezza della Verità, quel punto della Scrittura, in cui è detto: «La si diffonderà, ad alta voce, dai tetti», oppure, come si legge in Paolo: «Noi dobbiamo renderci palesi dinanzi al Tribunale del Cristo»; ciò che, con altre parole,
significa: tutto deve diventare palese e manifesto per mezzo della ‘parola’,
perché la ‘parola’ è il vero Tribunale di Cristo. E annunciare ad alta voce dai
tetti significa che ognuno si giudicherà attraverso la propria parola o, meglio
detto, che ognuno dovrà esternare completamente il suo intimo, poiché, come il
tetto abitualmente è il mezzo di protezione della sua casa, così anche la
‘parola’, presa spiritualmente, è quel mezzo, costituito dall'amore di se
stesso, per la propria protezione, con il quale l'uomo, durante la sua
esistenza terrena si difende il meglio possibile dalle burrasche che lo minacciano.
Però, mentre da questo punto di vista la parola propria è simile al tetto di
una casa, qui, nel mondo spirituale, essa non può offrire più né sicurezza né
protezione e perciò è detto: «La si diffonderà, ad alta voce, dai tetti», cioè attraverso la propria parola
si manifesterà esteriormente la propria natura intima, sia in bene che in male.
Voi avete già udito un gran numero di queste manifestazioni verbali, tuttavia
quella che udrete ora non vi sarà superflua.
5. Perciò intendo rivolgere a questa
compagnia di monaci, per le ragioni ora esposte, la mia domanda prestabilita e
voi potrete constatare quale nucleo maligno e tenebroso è ancora celato in
essa. Fate dunque attenzione; io pongo la domanda, dicendo:
6. “Dunque, come vedete, sono ritornato
qui, dopo aver vinto il vostro Cielo (vedi cap. 69,18). Ora, come stanno le cose con il vostro riconoscimento
interiore e la conseguente mortificazione? Vi sentite ancora sinceri servi del
Signore o piuttosto degli ingannatori del popolo e a vostra volta ingannati, a
causa della vostra ostinazione?”.
7. Il priore dice: “Noi ci siamo
esaminati e ci siamo trovati completamente meritevoli di venir condannati
all'Inferno, poiché, dopo matura riflessione, abbiamo pienamente riconosciuto
che tu sei un vero messaggero della Giustizia divina e, oltre a ciò, dotato di
una potenza dinanzi alla quale tutti i nostri muri e le nostre torri si
sfasciano come pula. Noi siamo e rimaniamo eterni debitori del Signore ed
ognuno di noi porta tanto di questo debito sulle spalle che, data appunto la
Giustizia divina, non potrà venirgli rimesso, per tutta l'eternità. Perciò non
abbiamo alcun argomento di cui discutere con te, bensì ti preghiamo, se ciò ti
è possibile, di avere tanta Grazia e Misericordia divina e di non condannarci,
per il nostro peccato, al più atroce e doloroso grado dell'Inferno.
8. Se qui fosse possibile confessarsi,
saremmo disposti a farlo per cento anni consecutivi, per ottenere l'assoluzione
del nostro peccato, secondo il grado della penitenza, collegato con la
confessione. Dato, però, che qui ciò non è più possibile e che noi, come dice
Paolo: «Giacciamo come siamo caduti», non ci resta altro che stare in
attesa, pieni di spavento e di tristezza, della tua sentenza di condanna”.
9. Ora parlo io (Marco): “Dunque, voi siete dell'opinione che con la confessione
sarebbe possibile liberarsi dei peccati? Se questa è la vostra fede, allora
ditemi in quale occasione il Signore, sulla Terra, ha emanato tale articolo di
fede, quale mezzo di remissione dei peccati?”.
10. Il priore dice: “Caro amico, tu saprai
di sicuro che il Signore ha conferito ai Suoi apostoli il potere di sciogliere
e di legare, con ciò è luminosamente provato che il Signore ha istituito la
confessione e ne parla anche formalmente l'apostolo Giacomo quando dice: «Confessate l'un l'altro i vostri peccati». Se ci si riflette su ciò, come pure
su altri testi ancora, è del tutto impossibile mettere in discussione il fatto
che il Signore ha istituito la confessione, quale un mezzo di remissione dei
peccati”.
11. Ora parlo io: “Ascolta, amico e fratello,
se tu comprendi così la Parola del Signore, non deve far meraviglia che tu qui
ti possa trovare nella disperazione. Dimmi, quale follia potrebbe essere
maggiore di quella di due uomini, reciprocamente nemici, ossia di due peccatori
o debitori l'un verso l'altro, ad ognuno dei quali, con il tempo, venisse a
pesare sulla coscienza questo stato peccaminoso e che per liberarsi da questo
fardello andassero da un uomo qualunque e volessero che questo estraneo ai loro
fatti, al quale non riguarda affatto la reciproca inimicizia dei due, li
liberasse della loro colpa o del loro debito? Dimmi, se questo estraneo dovesse
aderire alla richiesta ed accordasse loro l'assoluzione, come si potrebbe
qualificarlo? Non sarebbe un grandissimo ingannatore? Tu confermi ciò
nell'animo tuo. Bene. La cosa però ti verrà ancor più chiarita.
12. Mettiamo il caso che un certo A.
invece di restituire fedelmente i mille talenti a B. si lasci indurre da un
certo ingannatore di nome C., al quale A. non ha mai dovuto alcun denaro, di
pagare a lui soltanto cento talenti, considerando così saldato il suo debito di
mille talenti verso B. Che cosa direbbe B. di questa regolazione del debito? Ed
A., da parte sua, cesserebbe con ciò di essere debitore di B.? Io ritengo che
neppure gli spiriti più infernali e più miseri potrebbero sostenere una cosa
simile; ragione per cui lo si può tanto meno asserire con riguardo al testo
evangelico dato dal Signore, dato che, in Sé, il Signore è il massimo Amore e
la massima Sapienza.
13. Risulta perciò necessario sottoporre
i testi da te citati sul potere della remissione dei peccati ad un'altra
spiegabile chiarificazione, poiché quella data da te ora non corrisponde a
verità. Perciò, ti accordo un breve termine, affinché tu possa scrutare in te e
darmi poi comunicazione su come consideri ora la cosa. Però, non devi indugiare
più di sette minuti. Dunque, scrutati nello Spirito della Verità. Amen!”.
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* * * * *
Del peccato contro lo Spirito Santo
1. Ed ecco, il nostro priore si è già
scrutato ed incomincia il suo dire. Ascoltate, dunque: “Caro amico, ho ben
soppesato nel mio intimo tanto il tuo esempio quanto la tua domanda ed al
riguardo non posso dirti altro se non che hai perfettamente ragione. Infatti,
io vedo per la prima volta, nella mia duplice vita, che la confessione è una
enorme interferenza, tanto nei diritti divini, quanto in quelli reciproci dei
fratelli.
2. Perciò, come io scorgo ora, non si
può immaginare nulla di più insensato della pretesa che si possa mettere
d'accordo, per la loro soddisfazione, due reciproci debitori, così che ambedue
risultino reciprocamente soddisfatti se un terzo, completamente estraneo alla
cosa, rimetta il debito all'uno o all'altro o se un terzo, con l'accettazione
di un modico importo - ciò che naturalmente è la cosa più illegale del mondo -
riesce a convincere un debitore che egli con ciò ha saldato completamente il
suo grosso debito verso il suo creditore. Oh amico, ciò mi è ora tanto chiaro
quanto quest'aria trasparente, ora, però, sorge un'altra domanda, e cioè:
3. «Se le cose stanno indubbiamente ed in
modo più che convincente così, qual è la sorte che aspetta i folli confessori e
quale i penitenti?».
Se io rifletto che nella mia Chiesa proprio questa è la “conditio sine qua non”, mi sento attraversare alternativamente da
un freddo glaciale e da un caldo infernale.
4. Ma, come è stato dunque possibile,
per amore di Dio nostro Signore, che questa orribile insensatezza abbia potuto
mettere delle radici tanto profonde e inestirpabili? Oh amico, io voglio
volentieri espiare la mia follia nell'Inferno, però fammi ritornare sulla Terra
per tre anni in un corpo immortale. Io voglio accendere alla Chiesa una luce
tanto forte che, per la sua insensatezza, dovrebbe diventare più pericolosa di
un ferro rovente per una goccia d'acqua. Perché so con quanta ostinazione le
alte gerarchie sacerdotali insistono su questo insensato inganno e vedo pure
che non ci rinuncerà mai attraverso vie comuni. Per questo motivo, come ho già
detto, sarei disposto a scendere sulla Terra, certamente con un corpo
indistruttibile, per farla finita con questa insensatezza, nonché con parecchie
altre, non meno importanti”.
5. Ora parlo io (Marco): “Caro amico e fratello, vedi, di tutto quello che tu
vorresti fare, il Signore non ne ha bisogno, invece, procura di comprendere
qui, dove ora ti trovi, dal vero punto di vista, ciò che significa «la remissione dei peccati», che così ti verranno offerte
occasioni a migliaia di impiegare questa conoscenza in modo migliore, utile e
fruttuoso che non se tu operassi sulla Terra, con ogni possibilità miracolosa,
ammesso che ciò ti fosse concesso per un migliaio d'anni, nel senso da te
suggerito.
6. Infatti, la Terra non è un luogo di
purificazione, bensì un luogo di prova della libera volontà e perciò là anche
tutto è libero; buon senso e insensatezza, Satana e angeli possono camminare
accanto, di pari passo.
7. Ed affinché la volontà dello spirito
si possa esercitare nella sua libertà su un corpo mondiale, devono essere
presenti ogni sorta di eccitamenti, che operano senza sosta, per sottrarre
l'uomo alla Verità e guidarlo verso il falso. Così che ogni uomo, come pure
intere comunità hanno da sostenere una continua lotta, attraverso la quale la
forza vitale viene esercitata e la libera volontà deve prendere una qualsiasi e
decisa direzione.
8. Perciò, se tu volessi mettere in
pratica questa tua intenzione, portando una luce operante su un corpo mondiale,
come pure una compagnia ecclesiastica, dovresti, quale prima cosa, eliminare
tutti gli eccitamenti della carne, specie quello del sesso e poi di tutti i
sensi vivi in generale e oltre a ciò distruggere tutte le necessità dell'uomo
corporale. Se tu facessi ciò, o meglio, se lo potessi fare, che cosa sarebbe
allora l'uomo su un corpo mondiale?
9. Vedi, da questi eccitamenti viventi
derivano innanzitutto il genere umano e poi anche tutti gli altri stimoli
all’attività propria dell'uomo. Dunque ritengo che ora ti sarà certamente
chiaro che sui corpi mondiali, presso gli uomini, l'estirpazione di ciò che è
falso e del maligno che ne consegue, preso nel suo insieme, non è che
l'estirpazione del genere umano stesso. E, perciò, dovrai pure ammettere che la
tua presunta miracolosa presenza sulla Terra sarebbe ancor meno fruttuosa,
tanto per il presente e meno ancora per l'avvenire, rispetto a quanto ha
fruttato per il capovolgimento di tutto ciò che era falso e maligno la
meravigliosa Presenza del Signore stesso sulla Terra e dopo di Lui, pure quella
di molti Suoi apostoli e discepoli, ricolmi del Suo Spirito.
10. Io però ti voglio dire perché
veramente tu vorresti andare sulla Terra; vedi, per due ragioni: la principale
si chiama vendetta e la seconda per dare al Signore, in modo completamente
sbagliato, attraverso un mezzo falso ed erroneo, una soddisfazione ancora più
insensata di quanto insensato è stato il tuo comportamento sulla Terra.
Rinuncia perciò al tuo proposito, in modo vivente, e lascia che nel tuo cuore,
al posto della vendetta, germogli il vero amore del prossimo, perché soltanto
così ti sarà possibile vedere in quale maniera, molto più conforme allo scopo
qui proprio sul posto, si possono affrontare le insensatezze del mondo,
conformemente all'altissimo saggio Piano d'Amore del Signore.
11. Visto che tu, come sto constatando,
insieme a tutta la tua compagnia, comprendi e riconosci tutto ciò, devo ora
renderti attento che tu mi devi ancora una risposta riguardo ai testi della
Scrittura che parlano della remissione dei peccati e noi non possiamo fare
nessun ulteriore passo avanti, finché ciò non sia stato messo in piena luce in
modo vivente. Perciò, apprestati a rispondere in primo luogo a ciò che riguarda
«lo sciogliere e il legare» (Matteo
18, 18 e Giovanni 20, 23). Quando avrai risposto a ciò, soltanto allora
passeremo a commentare Giacomo; parla dunque”.
12. E il priore dice: “Oh caro ed elevato
amico! A questo riguardo mi andrà molto male, perché si tratta di un compito
indicibilmente difficile e spero che tu non ti adirerai con me. Infatti, a questo
riguardo potresti difficilmente avere da me una risposta soddisfacente, poiché
nemmeno la morte può prendere qualcosa dove non c'è nulla”.
13. Ora parlo io: “Vedi, io sapevo già
che sarebbe finita così e pensare che tu volevi andare sulla Terra per migliorare
la tua Chiesa. Dimmi un po', in quale modo te la saresti cavata, dal momento
che a te, per una simile impresa, manca proprio tutto ciò che è necessario ed
essenziale?”.
14. Il priore dice: “Oh elevato amico, la
mia insensatezza cresce come la gramigna su un terreno concimato. Soltanto ora
vedo, alla luce di questa tua domanda e della tua esposizione, che non sono
idoneo nemmeno a fare il guardiano di porci, figurarsi poi il miracoloso
miglioratore di Chiese. Oh, dimmi, quanta enorme insensatezza si cela ancora in
me”.
15. Dico io: “Non preoccuparti per
questo; quello che importa è la risposta alla mia domanda, che farà in te dei
miracoli. Perciò, fa’ attenzione a come ti risponderò.
16. Anzitutto voglio spiegarti quello che
dice Giovanni, dato che egli vi antepone l'illuminazione dello Spirito Santo,
cioè, con le parole: «Ricevete lo Spirito
Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi anche in Cielo, e a chi li
avrete ritenuti, saranno ritenuti anche in Cielo». Questo, dunque, è il
testo; qual è, però, la sua interpretazione?
17. «Ricevete lo Spirito Santo», significa: «Siate illuminati dalla Mia Verità», e più profondamente ancora: «SeguiteMi in tutto!», e nel significato assoluto: «Amatevi l'un l'altro come Io vi ho amati!». Poiché da ciò si riconoscerà che
voi siete Miei veri discepoli, cioè se vi amate gli uni gli altri.
18. Vedi, questo è il significato vero e
proprio di “Ricevere lo Spirito Santo”, poiché il Signore non ha dato nessun
altro comandamento all'infuori di quello dell'Amore, per conseguenza Egli non
può offrire e dare nessun altro Spirito che non sia quello dell'Amore.
Comprendi ora questo testo? Tu me lo confermi con il cuore; bene, allora
procediamo.
19. «A coloro ai quali rimetterete i peccati, saranno rimessi anche in Cielo!». Questo significa: «Quando chiunque di voi, secondo il
Mio Spirito di Amore e di Sapienza, ha rimesso al fratello il debito che ha
verso di lui, allora anch'Io voglio rimettere non soltanto il debito al
fratello debitore, bensì anche ogni debito che colui che ha rimesso il debito
ha verso di Me. Se invece qualcuno, come detto nella seconda parte del testo,
non rimetterà il debito al fratello, Io, da parte Mia riterrò il debito anche
al creditore. E se il creditore vuole riconciliarsi con colui che ha peccato
contro di lui, ma il debitore non vuole riconciliarsi, allora anch'Io sarò
irriconciliabile verso il debitore, fino quando non si sarà riconciliato con il
suo avversario».
20. Vedi, questa è l'unica spiegazione di
tale testo valevole in Cielo. Però, per quanto concerne i peccati che l'uomo
commette contro Dio e poi contro il proprio spirito, nessuno può rimettere il
primo, all'infuori di Colui contro il cui Ordine è stato commesso. E il secondo
peccato, cioè quello contro il proprio spirito, non può, com'è naturale, venir
perdonato o rimesso da nessun altro, se non appunto dal proprio spirito, cioè
con la più seria volontà e con il rinunciare a se stesso per Amore al Signore e
con il proposito di non commettere tale peccato mai più.
21. Riguardo poi ad un peccato commesso
direttamente contro lo Spirito Santo, che in sé e per se stesso è l'Amore
operante del Signore, risulterà certamente chiaro che, se qualcuno si mette
volontariamente contro il Sommo e più operante Mezzo di Grazia, sorge allora la
domanda molto significativa: «Con quale mezzo sarà egli salvabile,
se si mette empiamente in lotta con l'Altissimo, al di sopra del Quale non c'è
nessuno?».
22. Vedi, questa perciò è la spiegazione
nel suo pieno significato, dove i testi parlano della remissione dei peccati,
che si trovano esposti in breve nell'elevata preghiera del “Padre nostro”, in
cui viene irrevocabilmente detto: «Rimettici i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», mentre non si dice affatto: «Perdonaci la nostra colpa, secondo il
grado della nostra penitenza, dato che ci siamo confessati e poi comunicati, e
che il nostro confessore ci ha rimesso i nostri peccati». Ed in un altro punto ancora si
parla di un perdono generale dei peccati, dove cioè è detto: «Siate misericordiosi, che allora troverete misericordia». Anche qui non si dice: «Confessatevi, che allora i peccati vi
verranno rimessi».
23. E nel figliuol prodigo, il Signore
indica, per così dire con il dito, qual è il mezzo più idoneo per ottenere la
remissione dei propri peccati e precisamente il ritorno in attività d'Amore in
umiltà a Dio, che è il più Amoroso dei padri, fra tutti gli uomini! Comprendi
ciò? Tu me lo confermi, allora possiamo passare avanti ed esaminare il testo di
Giacomo.
[indice]
* * * * *
La Parola del Signore è il vero
giudice!
1. Riguardo poi a Giacomo, egli non dice
affatto che la Comunità debba confessare i propri peccati ad un anziano o capo,
bensì semplicemente gli uni agli altri, in modo che nella comunità non vi sia
nulla di nascosto a cui non si possa portare rimedio. Ed è questa la ragione
per cui Giacomo raccomanda, ma non comanda affatto di riconoscere
reciprocamente i propri peccati o errori.
2. Se, dunque, tutto ciò è
indiscutibilmente il senso della Scrittura, che cos'è perciò la cosiddetta
“confessione auricolare” nella Chiesa cattolica? Io ti dico: «Essa non è altro che una redditizia
banca dei peccati, dove gli uomini trasferiscono le obbligazioni e le polizze
della vita loro, rendendola, con questo passaggio, doppiamente redditizia per
se stessi, in grazia al tasso usuraio praticato dalla Chiesa». Poiché, infatti, in grazia alla
confessione, l'uomo si sottrae alla vista dei suoi fratelli e concittadini,
affinché non sappiano chi egli è veramente nel proprio intimo, o, per lo meno,
lo ritengono nuovamente, subito dopo la confessione, un uomo fondamentalmente
onesto, mentre egli dopo la confessione non subisce mutamenti di sorta e rimane
tuttavia esattamente quello che era prima.
3. In questo modo, tutti i peccati
confessati vengono conservati ed ogni singolo proprietario li riceve di nuovo,
aumentati in seguito agli interessi; e così in primo luogo inganna se stesso e
poi il prossimo suo! Se stesso, perché dopo ogni confessione si sente e si
considera un uomo completamente degno della Grazia divina e quale effetto egli
prova nei propri confronti un certo compiacimento che gli alleggerisce la
coscienza. Inganna invece i suoi simili, anzitutto perché non hanno mai saputo
come veramente stavano le cose con lui, e perciò erano, per così dire,
costretti a considerarlo molto migliore di quanto egli nella realtà sia mai
stato.
4. Perciò, questi sono gli interessi e
si chiamano: “doppio inganno” e questo inganno poi diventa ancora un inganno
principale, che consiste nel fatto che il penitente incorre nell'illusione di
essersi completamente giustificato anche dinanzi al Signore.
5. Io ti posso assicurare che se Giuda,
il traditore, avesse fondato una comunità cristiana, sarebbe certamente
riuscita migliore di questa, che non è derivata dal Cristianesimo, bensì
esclusivamente dal paganesimo, al quale non è stato aggiunto che un po' di
sale. E come in un cibo il sale forma la minima parte, così pure in questo
nuovo paganesimo il Cristianesimo forma appena la minima parte. E questo
potrebbe anche andare, se, per lo meno, il sale non fosse insipido. Ma essendo
tale, come può condire sufficientemente il completo paganesimo, così da farlo
diventare almeno parzialmente un Cristianesimo?
6. Il paganesimo aveva molti “dei”, per
questa ragione, malgrado il condimento puro, non poteva accontentarsi di un
unico Dio, così che di Lui ne fecero tre e dopo questo Dio tripartito si
divinizzarono poi anche gli uomini che erano vissuti sulla Terra, per ottenere
con ciò un compenso, per i “semidei” ed i “lari”, già troppo sfruttati.
L'antico paganesimo era molto redditizio per i sacerdoti, mentre il puro
Cristianesimo invece era contrario a questa sete di guadagno, per il fatto che
la Scrittura dice: «Voi l'avete ricevuto gratuitamente,
perciò gratuitamente dovete diffonderlo».
7. Ciò non era redditizio per il
paganesimo, perciò si preferì fare un “registro dei peccati” e dato che secondo
la Legge mosaica si peccava troppo poco, vi si aggiunsero arbitrariamente altre
leggi, difficili da seguire. In aggiunta al “Registro dei peccati” ed al
voluminoso “libro delle leggi”, si istituì la “confessione” che rimette i
peccati e si indusse, con questo mezzo, l'umanità a corrispondere ogni sorta di
redditizie offerte e opere di penitenza grazie alle quali, poi, con l'aiuto
anche di produttivi “servizi divini”, il pontificato unico beatificante, salì
ad uno splendore mondano tale che tutti i re tremavano di fronte ad esso!
8. Però, affinché questo pontificato
potesse diventare ancora più indipendente e operare ancora più illimitatamente,
esso seppe, con un mezzo adeguato, formarsi un esercito stabile, forte, con più
di un milione di unità, che espugnò degli imperatori, re e principi, rendendosi
con ciò soggetti e tributari tutti gli stati. L'esercito è rappresentato da
tutti i “sacerdoti” e dai “monaci”, ed il mezzo di fedeltà è il “celibato”. In
questo modo è stata fondata la nuova potenza chiesastica pagana. Tuttavia,
siccome ogni dominatore, se vuole conoscere come la pensano i suoi sudditi,
deve avere degli informatori segreti, così anche al pontificato tali
informatori segreti erano oltremodo necessari; e questi sono l'insieme del
clero.
9. E come si chiama il mezzo, attraverso
il quale tutti i più segreti sentimenti venivano e vengono tuttora indagati?
Questo mezzo non è altro che la “confessione” e, come vedi, questo è il secondo
guadagno, quello cioè per i confessori, dunque, per tutto l'insieme del
tenebroso clero.
10. E in che cosa consiste questo utile?
Io te lo dico: «Esso
non consiste in nient'altro, se non che per la Chiesa tutti i penitenti vengono,
per così dire, registrati all'attivo come cosa propria, non senza l'aggiunta
necessaria dell'inganno egoistico, con il quale tali penitenti sono portati ad
illudersi di essere tanto spesso giustificati dinanzi a Dio, quanto spesso essi
si sono confessati».
11. E proprio così, provveduti di questo
“guadagno”, state ora voi qui, cosicché si presenta una nuova domanda e cioè: «Che cosa presenterete voi per la
riduzione o perfino per la completa estinzione di un tale vero e proprio
guadagno infernale?».
Infatti, io devo subito aggiungere che nessuno può entrare nella Vera Vita per
la mera ed immediata Misericordia da parte del Signore, poiché a chi non ha,
sarà tolto anche quello che ancora esso ha.
12. Vedete, questa è una domanda
importante, che voi dovete ancora dibattere. Anche per questo vi accordo un
certo respiro. Se voi potete produrre qualcosa che qui, nel Regno della Verità
nuda e della piena infallibilità, può essere accettato, allora va bene, se
invece non lo potete fare, avete già in voi quello che vi giudicherà.
Credetemi, né io né il Signore vi giudicheremo, bensì sarà la Parola che il
Signore ha pronunciato; è quella che vi giudicherà in voi stessi, dato che,
come avete potuto chiaramente apprendere da questa mia spiegazione, voi avete
sempre agito contro tale Parola, la Quale, perciò, in nessun punto può essere a
vostro favore, bensì deve essere proprio completamente contro di voi”.
13. Il priore dice: “Certo, purtroppo è
così. Ora la sentenza di condanna per l'Inferno è come se fosse pronta.
Infatti, cosa potrei presentare a mio vantaggio?”. Io non posso dir altro se
non: «Signore,
sii verso di noi poveri pazzi ciechi e grandissimi peccatori, misericordioso e
benigno!».
Io non vedo altro se non la pienezza traboccante della mia colpa, dinanzi a me
e perciò non ho bisogno di un certo tempo per riflettere, poiché alla fine
tutto si riduce per noi a rimanere più a lungo nella penosa situazione di
attendere la spaventosa sentenza. Questa attesa per me e sono certo anche per
tutti gli altri, è già ora più dolorosa di quanto possa esserlo il fuoco dello
stesso Inferno. Perciò ti prego, non trattenerci più a lungo, bensì dacci pure
la spinta nella direzione del nostro luogo di appartenenza”.
14. Dico io: “Qui non vale il mio
beneplacito, bensì l'Ordine divino! Perciò tu devi sottometterti ad esso, se
non vuoi andare arbitrariamente alla perdizione per l'eternità. Dunque, per
questo tu devi parlare su quel punto che ti è stato indicato. Infatti, io vedo
in te ancora qualcosa in favore della confessione e finché ciò non esce da te,
non puoi lasciare questo luogo, perciò approfitta del respiro che ti è concesso
e poi parla. Amen!”.
[indice]
* * * * *
Il Signore è puro Amore anche
nell'Inferno
1. Il nostro priore, nel nuovo e breve
tempo a sua disposizione, ha scrutato in tutti i meandri del suo essere e ha,
come voi percepirete presto dalla sua bocca, per fortuna trovato un appoggio
alla sua causa. Offriamogli, dunque, l'occasione di esporre la sua scoperta e
perciò, gli dico: “Caro amico e fratello! Io vedo che tu hai fatto una scoperta
e cioè che in certi casi favorevoli una giusta confessione può essere sensata.
Se, però, quanto da te scoperto può venir devoluto a tuo favore, questa è tutta
un'altra questione”.
2. Il priore dice: “Ho fatto sul serio
una scoperta che nel caso più favorevole può giustificare una confessione
sincerissima; se però questa scoperta può essere considerata a mio favore,
questa è tutta un'altra questione. Io devo riconoscere in questo caso,
altrettanto sinceramente come in tutto il resto, che questo punto, per quanto
mi riguarda, è stato per me quasi sempre un conforto, specialmente con
riferimento alla confessione.
3. Se, però, questo conforto era giusto
od ingiusto, questa è appunto un'altra questione. Ed ecco qual era il punto:
“La parabola dell'amministratore ingiusto”, che nella sua posizione si comporta
quasi come un confessore con i suoi penitenti. Il Signore lodò l'amministratore
ingiusto e disse perfino ai Suoi discepoli che anch'essi avrebbero dovuto
procurarsi degli amici con dei beni ingiusti, affinché, quando il Signore
avrebbe domandato al Suo amministratore la resa dei conti, costoro lo avessero
potuto accogliere nelle loro dimore celesti.
4. Vedi, tutto questo è quanto ho potuto
trovare in mio favore ed io penso pure che molti dei miei penitenti saranno
stati accolti dal Signore e si troveranno nelle celeste dimore. Io ero
certamente un amministratore infedele ed ho peccato contro il Bene della divina
Parola ed ho speculato con questo inapprezzabile Bene a vantaggio del Grande
Padrone di casa; Bene che io ho tramutato in un misero mammone.
5. Quanto spesso io ho rimesso, nel
confessionale, le loro colpe ai più induriti debitori verso il Signore ed ho
cancellato loro interamente il capitale principale e soltanto un piccolo
capitale residuo l'ho lasciato ai debitori, quali peccati veniali, che potevano
venir considerati come le macchie lasciate dai peccati grossi. E soltanto per
queste macchie venne richiesta la necessaria purificazione della penitenza,
senza contare che, per questa penitenza, si faceva ricorso a mezzi purificatori
con i quali il debitore si poteva liberare facilmente e con poca fatica del suo
cosiddetto peccato veniale.
6. Che la Chiesa abbia disposto
arbitrariamente dei sistemi, ai quali non soltanto io, bensì ogni altro
sacerdote, doveva attenersi rigidamente in simili casi di peccati veniali, io,
come qualunque altro al mio posto, non potevo farci nulla. Qui tu hai tutto
quello che posso dirti, la tua sapienza saprà giudicare meglio la cosa, che non
la mia ragione”.
7. Ora parlo io: “Ora, caro amico e
fratello, io ho udito la tua perorazione e ti dico che essa si adatta alla
questione della confessione auricolare, però, come? Quest'è una cosa del tutto
diversa, che ti comunicherò immediatamente.
8. Quando il confessore nel suo cuore è
pieno di amore, egli approfitta, nel vero senso, dell'occasione che gli offre
questo ministero, in modo tale che mostri al penitente quando e in che modo i
peccati gli possono essere rimessi, però soltanto dal Signore, aggiungendo che
la confessione, da per se stessa, senza l'osservanza dei consigli amichevoli e
la loro piena applicazione, è completamente priva di significato. Mentre, in
confronto, quando un peccatore crede di aver ottenuto con la semplice
confessione la piena remissione dei suoi peccati, allora, in questo caso, la
confessione lo rende ancora più incallito ed incorreggibile. E se il
confessore, dopo averlo reso attento su ciò, dà al penitente, amichevolmente e
pieno d'amore, il consiglio che egli deve procurare con ogni cura e serietà,
attraverso la rinuncia a tutti i peccati fino allora commessi, di procedere
senza più sviarsi sulle vie indicate dell'Evangelo - vie sulle quali soltanto
si può giungere alla rinascita dello Spirito - e se il penitente dopo di ciò assicura
il confessore che farà il possibile per seguire il suo consiglio e se il
confessore, a tale evidente viva assicurazione, rimette al penitente, nel Nome
del Signore, i peccati confessati, allora soltanto è un ‘giusto confessore’ e può in tal caso essere considerato ‘un ingiusto amministratore’.
9. A questo punto ti chiedi come sia mai
possibile, in un tale caso, che un vero e giusto confessore sia ancora un
infedele amministratore. Questo lo puoi dedurre in parte dalle circostanze da
me già esposte, in seguito alle quali nessuno ha il diritto, fra due, creditore
e debitore, di estinguere il debito, a meno che il terzo non intervenga spinto
dall'amore e riconcili le parti in causa, sempre con il permesso dei due e non
arbitrariamente per conto proprio. E se il debitore è impossibilitato, per
povertà, a saldare il suo debito al creditore, allora, in questo caso, la terza
persona dotata d'altruistico amore, può venire incontro ai due e saldare il
debito.
10. Anche in questo caso l'ingiusta
amministrazione, in un simile giusto confessore e alleviatore dell'umanità, si
può vedere a meraviglia da quel testo della Scrittura, in cui il Signore dice
ai Suoi apostoli e discepoli: «E quando avrete fatto tutto ciò che stava nelle vostre capacità e forze,
dite e riconoscete che voi siete dei servitori inutili».
11. Suppongo che a questo riguardo non
sarà più necessario ammaestrarti ancora più profondamente, poiché, se conservi
ancora in te anche soltanto una scintilla di fede viva nell'Evangelo, quanto ti
ho detto deve essere per te pienamente convincente quale un’eterna
incontestabile verità. Ora nel tuo animo dici: «Oramai ciò mi è fin troppo chiaro;
però cosa succederà adesso con me e con noi tutti, dato che tutti quanti siamo
qui, siamo ben lungi dal poter essere appena considerati degli “amministratori
ingiusti”, dato che non ci siamo mai trattenuti nel confessionale, con questo
vero significato».
(Parla Marco): “Io però ti dico che la via è già aperta e ti verrà ben presto
offerta l'occasione di fare qui, nel Regno dell'Immortalità, la parte di un
ingiusto amministratore di specie migliore di quella fatta da te sulla Terra,
in cui ti mancavano completamente Luce, Fede e Amore.
12. Guarda, dietro di noi, l'intero
seguito dei laici ingannati, guarda il gran numero dei laici di questo Paradiso
e infine guarda la considerevole massa dei “dormienti nell'anima”, in questo
chiostro della vostra falsa fondazione. Va’ da loro e predica il vero Evangelo
e poi portali tutti qui, e tu con ciò farai il primo passo per diventare, nel
Regno di Dio, un vero “amministratore ingiusto”.
13. Il priore dice: “Oh tu, divino amico
e fratello! Sarebbe, dunque, ancora possibile che io potessi sottrarmi
all'Inferno?”.
14. Io gli dico: “Ma caro amico, chi ti
ha mai condannato all'Inferno? Pensi che i messaggeri dell'eterno Amore
facciano ciò? Se tu non ti condanni da te stesso, con il tuo sentire ostinato e
se tu, come io vedo, non senti in te amore per il Signore, dov'è colui che ha,
al di sopra di tutto ciò, il potere di condannarti all'Inferno? Credi, forse, che
il Signore invii i Suoi messaggeri per condannare e mandare i peccatori
all'Inferno, come facevate voi sulla Terra? Tu sei in grande errore!
15. Se il Signore invia dei messaggeri,
questo lo fa con il solo scopo di redenzione e mai per la condanna e la dannazione.
Piuttosto procura che il tuo amore per il Signore divampi luminoso e recati con
tale Amore dai tuoi fratelli e conducili qui, fuori dal loro carcere ed appena
allora comprenderai come il Signore giudica i Suoi figlioli.
16. Credimi, anche all'Inferno il Signore
è puramente l'Amore e non si trova neppure uno spirito maligno, soltanto che lo
voglia, che non possa essere giustificato e accolto come un figliol prodigo che
ritorna dal Padre! Dunque, se questo è il caso generalmente noto e infallibile,
così pure tu, illuminato dal tuo Amore per il Signore, potrai concludere che la
Sua Onnipotenza non ti ha creato per l'Inferno. Dunque, ora va’ e fa’ quello
che ti ho detto, affinché ben presto giunga per te una vera soluzione!”.
[indice]
* * * * *
Della differenza tra la vera e la
falsa applicazione della confessione
1. Ed ecco, ora il priore va a prendere
coloro che abbiamo lasciato poco fa al di là del baratro fiammeggiante. Voi chiedete
se, al di sopra del baratro, è stato già costruito un ponte, affinché i
dormienti lo possano valicare. Io vi dico che a questo riguardo non è avvenuto
ancora niente, poiché i nostri dormienti nell'anima, dopo che ci siamo
allontanati, hanno incominciato a commiserarsi, ciò che per l'uomo,
spiritualmente, porta con sé un effetto oltremodo deleterio.
2. Nell'autocommiserazione l'uomo
giustifica se stesso, mentre attribuisce ogni colpa ad altri e si presenta
quale un uomo innocente e perciò meritevole di ogni compassione. Dato che, come
già osservato, questo è il caso con i nostri dormienti, non vi può essere un
ponte da adattare sopra il baratro, attraverso il quale potrebbero giungere qui
da noi. Però questo serve anche per il nostro priore, quale una prova e verrà
dimostrato quale effetto farà su di lui lo stato dubbioso di questa fratellanza
con i dormienti.
3. Voi vorreste essere testimoni del suo
modo di agire; io però vi dico che non è necessario per il momento, infatti, lo
rivedremo quanto prima, dato che ritornerà senza aver concluso nulla. Noi
invece, nel frattempo, ci rivolgeremo piuttosto ad un altro monaco, per vedere
quale effetto ha avuto su di lui il modo in cui ci siamo lavorati il priore.
4. Non abbiamo nessuna necessità di
dirgli: “Vieni qui e rivelati a noi”, poiché egli stesso si sente spinto ad
avvicinarsi, proprio a questo scopo e proprio ora mi rivolge la seguente
domanda: “Oh buon amico e fratello, io ho ascoltato il tuo insegnamento sulla
confessione dal principio alla fine, con la più grande attenzione e intimo
apprezzamento, e ne ho dedotto che, purtroppo, questa funzione capitale, nella
Chiesa cattolica, è per lo più un deplorevole abuso della divina Parola, così
che non si può realmente ribattere e confutare nulla alla pura verità da te
esposta. Malgrado ciò, questa funzione continua ad esistere e continuerà per
secoli.
5. Dunque, se questa funzione è di così
grande svantaggio, tanto per il confessore quanto per il penitente, dato che si
riferisce ed ingerisce nella vita dello Spirito, si deve, in piena coscienza,
chiedere perché il saggissimo ed onnipotente Signore e Dio del Cielo e della
Terra tollera un tale orrore proprio sulla Sua vigna?
6. Oltre a ciò devo riconoscere che,
proprio per mezzo della confessione, parecchi uomini sulla Terra erano, in modo
alquanto evidente, dei veri prediletti del Signore ed Egli stesso si è
manifestato loro corporalmente parecchie volte, e da quanto mi rammento, Egli
non si è mai espresso negativamente su questa funzione.
7. Al contrario, so di parecchi casi in
cui, appunto, con tale mezzo il Signore ha comunicato agli uomini, con il
tramite di tali prediletti, che avrebbero dovuto dare vera penitenza per la
remissione dei loro peccati, dopo averli confessati con profondo pentimento. Io
so anche di molti casi, in cui degli uomini, che avevano preso profondamente a
cuore questo consiglio, dopo una tale confessione compiuta in spirito, con
piena serietà, sono completamente rinati e dopo di allora, sono rimasti dei
veri amici del Signore, degni della massima considerazione.
8. Se, invece, con questa funzione, le
cose stanno come tu hai insegnato a noi tutti poco fa, ti devo confessare che
il governo del genere umano sulla Terra, da parte del Signore, è per me un
insolubile enigma. Da quanto posso ricordare, la confessione funziona,
comunque, in modo che il peccatore, soltanto dopo aver eseguito la penitenza,
riceve la remissione dei suoi peccati, sempreché si dichiari pentito, con il
più serio proposito di non commetterli più nel futuro.
9. Se questa condizione non viene adempiuta
da parte del penitente, allora dal pergamo viene reso noto il più spesso
possibile e soprattutto nei periodi precedenti la confessione che nessuno, come
già detto, può ricevere l'assoluzione dai suoi peccati senza che le condizioni
siano state adempiute completamente.
10. Sia dal pulpito che dal confessionale
viene predicato e insegnato con cura che il Signore non può rimettere a nessuno
un peccato se il penitente non si è prima riconciliato con tutti i suoi
debitori dal più profondo del suo cuore. Se con questa funzione viene compiuto
forse un eccesso piuttosto grave, nonostante sia contemplato nella regola
generale ecclesiastica che proprio questa funzione sia mantenuta in tale senso
puro, un abuso non può venir messo a carico della comunità.
11. Riguardo a questa questione non
voglio neppure toccare il tasto se la Chiesa ha compreso rettamente o no quanto
dal Signore richiesto con i noti testi. Però è cosa certa che il Signore non
deve considerare tale funzione proprio completamente ingiusta, almeno per la
Terra, anzitutto perché l'ha lasciata germogliare e in secondo luogo perché
tollera ancor sempre, nella Sua vigna, l'albero cresciuto da tale germoglio,
albero che gli porta, com'è noto, sempre un ricco raccolto.
12. Dato che è cosa certa che, qualora
uno si senta ammalato, ricorra dal medico ad indicargli dove egli si senta
male, affinché il medico ne riconosca la causa ed offra al malato un efficace
mezzo risanatore. Dunque, se nessuno può riconoscere ciò come ingiusto dal
punto di vista umano, dato che si potrebbe anche dire: «Soltanto all'Onnipotente è possibile
guarire tutte le malattie, se il sofferente, nella fiducia viva nel Signore, fa
uso dei mezzi fornitigli dal medico esperto, come se fossero benedetti da Dio».
13. Ora non vedo il perché ciò non debba
valere per l'anima malata dell'uomo. Se, sulla Terra, dei veri medici non
devono essere considerati superflui a fianco dell'Amore e dell'Onnipotenza
Divini, per quale ragione, poi, dovrebbero venir considerati superflui dei
medici aggiunti spirituali, a fianco dell'Amore e della Misericordia Divini?
Oltre a ciò, agli uomini è stato suggerito dal Signore di essere attivi
nell'Amore.
14. Dunque, se non può venir certamente
considerato come sbagliato vestire gli ignudi, saziare gli affamati, dissetare
gli assetati, consolare gli afflitti, liberare i prigionieri e così via e il
Signore stesso, nell'esempio dato per dimostrare chi veramente sia il nostro
prossimo, ha mandato aiuto al ferito, a mezzo del Samaritano. Come potrebbero
essere un obbrobrio opere spirituali della Misericordia e dell'Amore del
Signore, da parte dei Suoi medici spirituali, alla loro maniera, cioè in
conformità alla loro natura? E se anche tali opere non sono rette come
dovrebbero essere, cioè perfettamente corrispondenti a questo purissimo Regno
della Verità; che cosa possiamo farci noi, tardivi servi successori di questa
principale regola ecclesiastica, se ne abbiamo fatto uso, così come essa
attualmente risponde, per la remissione dei peccati e il miglioramento degli
uomini?
15. Però io ritengo che un obbrobrio
assoluto il Signore lo avrebbe già da lungo tempo estirpato sulla Terra, dato
che sicuramente ciò non continua a sussistere in senso assolutamente negativo.
Sarebbe mio desiderio, come già accennato dal principio, ricevere da te, a tale
riguardo, una chiara delucidazione”.
16. Ora parlo io: “Amico e fratello mio,
la tua domanda è molto significativa ed importante, più di quanto tu possa
immaginare e per poterla illustrare come si conviene è necessaria una tale luce
che ora non saresti in grado di sopportare. Per il momento voglio soltanto
dirti che il governo delle anime da parte del Signore è molto più meraviglioso
e straordinario di quanto saresti in grado di afferrare, anche soltanto in
minima parte, per delle eternità.
17. Vedi, dal punto di vista del Signore
non c'è in nessun luogo una via sbagliata e ognuna è dal Signore molto bene
conosciuta ed ognuna è collegata a Lui, come un legame della Vita. Tuttavia tu
saprai almeno fare una distinzione fra una via diritta ed una via curva?
18. Che il Signore si trovi a Suo agio
anche su una via curva, però, questo è sicuramente fuori da ogni dubbio. Che
d'altra parte un uomo, su una via curva, non arrivi tanto presto alla meta,
sarà comprensibile e fuori d'ogni dubbio. Soltanto risulterà altrettanto chiaro
che per il Signore non può essere la stessa cosa se qualcuno segue la via curva
al posto della retta, per arrivare a Lui.
19. A questo punto, nel tuo intimo tu
dici: «Ciò
è del tutto giusto»,
ma, nonostante ciò, non scorgi come la confessione possa adattarsi a questo
esempio, poiché la consideri ugualmente una via brevissima. Io ti dico: “Non è
affatto il caso di mettere in dubbio che tale funzione, non di rado, per alcuni
uomini, è stata la via più corta; come, però?”. Perché il Signore, ad un tale
uomo che pensava seriamente a migliorare la sua vita, venne incontro e lo guidò
poi Egli stesso sulla via diritta e più breve. Questa, però, non è ancora una
buona ragione per approvare questa funzione. Ci sono anche migliaia e migliaia
di pagani a cui il Signore va incontro nello stesso modo e li guida sulla retta
via a Suo modo. Questa è una libera misericordia del Signore. Poiché il Signore
ha misericordia di tali pagani, si dovrebbe perciò difendere la causa del
paganesimo?
20. Comunque, io ho già indicato, nel
corso del mio ammaestramento, come dovrebbe procedere una confessione, per
poter essere considerata dal Signore quale giusta e perfino raccomandabile. Io
ho indicato l'amministratore infedele, nel quale il Signore, prevedendola,
approvava, unicamente e solamente l’esistente confessione cattolica. Se,
perciò, il confessore è simile all'amministratore ingiusto e fa la sua parte
solo in questo senso unicamente vero e approvabile, allora la confessione è
anche evangelica, dunque un ramo congiunto al vero albero della Vita. Se,
invece, è soltanto un arbitrario giudizio pretesco, allora essa è un ramo
staccato dall'Albero della Vita, il quale non può portare alcun frutto.
21. Che da parte della Comunità
cattolica, sotto il governo del vescovo romano, essa abbia portato molti frutti
graditi al Signore e che questa funzione sia, non di rado, una buona prova
d'umiltà per gli uomini, noi lo sappiamo molto meglio di te, poiché, se questo
non fosse il caso, tu puoi essere sicuro che il Signore sa sempre come ovviare
ad un eccessivo disordine, come Egli ha fatto ai tempi delle diverse riforme
ecclesiastiche, dato che proprio allora questa funzione aveva raggiunto il
grado più insensato della degenerazione. Però, da tutto ciò non emerge ancora
una completa approvazione per questo Regno della Pura Verità.
22. Quando il confessore dice che non
lui, bensì soltanto il Signore, può rimettere i peccati e che lui si considera
solamente un amorevole strumento, il quale nella confessione o dal pergamo
indica, a chi è angustiato nello spirito, la pura Via verso il Signore, allora
egli è un confessore giusto, cioè è come tale un vero filantropo colmo d'Amore,
al quale sta a cuore soprattutto il bene dei suoi fratelli. Invece, quando egli
dice: “A me è stato conferito il potere di rimettere o ritenere i tuoi peccati
e dipende da me mandarti all'Inferno o in Cielo”, allora usurpa il Potere
divino e rende Dio superfluo a suo fratello, lacera con ciò il legame fra Dio e
l'uomo e di questo fa o un disperato spregiatore di tutto ciò che è divino o,
spesso, un maledetto scellerato, il quale con il tempo si pone al di sopra di
tutto”.
23. Ed alla fine non ha più nessun
ritegno a commettere tutte le possibili atrocità, senza sentirsi minimamente
rimordere la coscienza. Oppure egli fa dell'uomo o un apatico indifferente o un
dormiente, che dopo la confessione si sente la coscienza tranquilla, ma che, in
effetti, non è affatto diverso da quello che era prima, mentre egli crede di
aver vuotato il sacco dei suoi peccati durante la confessione. E, infine,
questa condizione fittizia lo porta nuovamente a peccare, in modo che, quale
abitudinario penitente, potrà alla prossima confessione vuotare nuovamente il
sacco.
24. Dunque, se, come detto, le cose
stanno proprio così, dimmi se è il caso di approvare la “confessione
auricolare”. Ciò, tu lo neghi nell'intimo tuo. Perciò, ti dico ancora questo:
che la tua prima domanda deve considerarsi definitivamente superflua, per lo
meno per il momento attuale. Mentre alla seconda ti è stato risposto con quanto
detto ed esposto ora”. Quello che seguirà, però, vi illuminerà appena a questo
riguardo molto di più.
[indice]
* * * * *
Il priore in difficoltà davanti al
baratro
Del vero ponte della liberazione.
Dalla morte alla vita
1. E ora guardate là, il nostro priore
sta venendo con una faccia disperata e con un nulla di fatto. Uscendo dal
chiostro, si avvicina a noi con l'animo pieno di dubbi angosciosi. Egli non
mancherà di dare subito inizio alla sua relazione; fate perciò attenzione, dato
che quello che dirà, vi offrirà la possibilità di fare un considerevole passo
verso una più profonda conoscenza dell'operosità divina delle anime.
2. Il priore è già qui ed incomincia a
parlare. Ascoltiamolo: “Oh amico e fratello! Come stiano effettivamente le
cose, prima con la tua e ora anche con la mia missione, il Signore lo saprà
meglio di tutti, io però non ne capisco nulla. Infatti, secondo la tua
indicazione, andai là dai nostri fratelli, animicamente addormentati e volevo
appunto condurli qui, secondo il tuo invito, però dovetti accorgermi che
qualcosa di spaventoso ci separava!
3. Vedi, fra me e loro, che urlavano e
si lamentavano, c'era una grande voragine, dalla quale salivano delle vivide
fiamme. Dietro queste fiamme c’erano i miei fratelli, che continuamente si
affaticavano, per trovare il modo di venire al di qua, ma inutilmente. Io
procurai di porre, al di sopra della voragine, degli oggetti, così da formare
un ponte di fortuna, ma tutto quello che vi ponevo, diveniva immediatamente
preda delle fiamme e consumato in un batter d'occhio.
4. Dato, però, che, malgrado tutti i
miei sforzi e la mia migliore buona volontà, non ho potuto dar corso alle tue
istruzioni, allora pensai che neanche Iddio stesso può pretendere l'impossibile
da nessuno e perciò neppure un messaggero da lui inviato lo può. Infatti, il
costruire su un tale abisso un ponte, che potesse resistere a tale simile
elemento, era per me semplicemente impossibile.
5. Perciò, costretto dalla necessità,
sono qui di ritorno con un nulla di fatto, tale e quale come sono stato mandato
ed ho pensato fra me o di non aver ben compreso il tuo incarico oppure che,
proprio con questo incarico, hai voluto offrirmi una prova evidente, dalla
quale potessi scorgere quanto infinitamente inetto e disadatto sono per il
Regno di Dio. Sia come si voglia, ho pensato pure che un'ulteriore
delucidazione, da parte tua, sarebbe qui proprio al giusto posto. Perciò sono
ritornato e ti sto comunicando come stanno le cose. Tu, però, puoi fare quello
che vuoi, poiché scorgo chiaramente che noi tutti non siamo nella possibilità
di opporci a te e se anche tu non fossi un messaggero dell'Alto, tuttavia la
nostra misera forza dovrebbe lasciarsi soggiogare dalla tua, perché non potrebbe
minimamente opporvisi.
6. Inoltre, ti devo confessare che, alla
vista delle grandi sofferenze dei miei fratelli, ho incominciato a dubitare
della tua divina missione, tuttavia ho poi pensato che si deve attendere la
fine e soltanto poi giudicare. Perciò attendo qui la promessa soluzione, dopo
di che formulerò in me un giudizio, dal quale mi possa risultare chiaro in
quali mani mi trovo”.
7. Ora parlo io: “A me sembra realmente
strano che tu non abbia potuto costruire un ponte sopra una voragine infuocata,
dal momento che il capo supremo della Chiesa si fregia del titolo molto
significativo di “Pontifex maximus”, in seguito a che tutti i sacerdoti che
stanno sotto il suo scettro sono sicuramente dei “pontefices minores”. Infatti,
tu, quale uno di tali “pontefices minores”, hai celebrato, durante la tua
esistenza terrena, un gran numero di messe a pro delle anime, ed eri
dell'opinione, così facendo, di edificare dei ponti, attraverso i quali le
anime dei defunti potessero passare dal Purgatorio in Paradiso; com'è allora
che non sei capace ora di costruire neppure un piccolo e insignificante ponte,
per attraversare quella misera e stretta voragine?”.
8. Il priore dice: “Caro amico e
fratello, si fa già un po' di chiaro in me, se non erro, con questo tuo
incarico, hai voluto prendermi un po' in giro, affinché potessi scorgere come
stanno le cose nella loro realtà, specialmente con le nostre “messe per i
defunti”, come pure con tutte le altre funzioni mortuarie, naturalmente sempre
a pagamento”.
9. Ora parlo io: “Certo, caro amico e
fratello, questa volta l'hai azzeccata giusta; sai qual è l'unico mezzo di
redenzione e con ciò anche l'unico ponte dalla morte alla Vita? Tu mi fai cenno
di non scorgerlo chiaramente; io pure ti dirò: «Rivolgi il tuo sguardo al Signore!». Cosa credi che abbia spinto il
Signore a redimere il genere umano ‘caduto’ della Terra, e in tal modo
costruire ad ogni suo singolo abitante, un ponte che va dalla morte alla Vita e
che avrebbe resistito per l'eternità? Ebbene, io ti dico: «Non era che il Suo eterno, divino,
misericordioso Amore Paterno!». Ora tu me lo confermi; io però
aggiungo ancora qualcosa:
10. «Se un re sulla Terra avesse dei
prigionieri e ci fosse qualcuno che volesse aiutarli, come gli sarebbe
possibile, dato che questi sono custoditi in una fortezza inespugnabile, della
quale nessuno ha la chiave, all'infuori del re? Quest'uomo, però, che è molto
preoccupato per la sorte dei prigionieri, ha appreso che il re è accessibile
soltanto ad una grande dimostrazione d'umiltà dinanzi a lui e poi ad un grande
amore che superi ogni altro sentimento».
11. Ora che sappiamo ciò, io ti domando: «Come si regolerà quest'uomo, per
ottenere una via d'uscita dalla cattività per i prigionieri?». Ecco io te lo dico: «Egli procura, come prima cosa,
attraverso il suo amore per i prigionieri, di destare in sé un desiderio
ansioso di saperli liberi. Vedi, questa è la prima testa di ponte. Dopo questo
lavoro preliminare, egli rifletterà che il re, essendo accessibile soltanto con
l'umiltà e l'amore, dev'essere un monarca nobile, buono e giusto, allora,
giunto a questa considerazione, metterà insieme tutta la sua umiltà e tutto il
suo amore, per così dire, concentrandoli, e li esporrà al re quale offerta.
Vedi, fatto questo, egli ha completato anche la seconda testa di ponte.
12. Dato, però, che lo straordinariamente
nobile, buono ed equo re accetterà con molto compiacimento una tale offerta,
contraccambierà il nostro costruttore di ponti con un Amore molto più grande di
quello che gli era stato offerto. Ora risulterà chiaro che l'Amore del re si
fonderà con l'amore del costruttore di ponti, ad un unico e solo scopo, così
che il ponte sul fossato della fortezza sarà costruito e il re stesso verrà ad
aprire il portone della fortezza e libererà tutti i prigionieri, conducendoli
fuori dell'ignominia, per recarsi poi nel paese della pace e della
magnificenza!».
13. Dunque, ora che abbiamo aggiunto
questa parabola, ti risulterà chiaro di quale materiale bisogna servirsi e come
un simile ponte deve essere costruito, così che non possa essere distrutto dal
fuoco dell'egoismo e dall'amore di se stesso, dall'invidia e dalla discordia”.
Tu ora dici: “Sì, io riconosco che si tratta veramente dell'Amore del prossimo,
congiuntamente all'Amore verso Dio”.
14. “Bene - dico io - ritorna là, dunque,
e costruisci con questo materiale un ponte, e puoi essere certo che tale parte
diverrà una roccia indistruttibile, tale da affrontare qualsiasi potenza
infernale e così essa sarà pure la vera chiave con la quale tu, come pure
ognuno di voi, potrai aprire qualsiasi genere o tipo di prigione e potrai in
seguito anche dischiudere le porte dei Cieli.
15. Tu, nella tua vita terrena, hai
celebrato molte messe e così pure altre funzioni religiose per il bene degli
uomini morti, ma hai costruito dappertutto sulla sabbia, e il materiale stesso
che adoperavi per costruire non era nient'altro che sabbia, poiché in tutte
queste funzioni non avevi come base l'amore, bensì soltanto le entrate
ecclesiastiche.
16. Che cosa di utile è risultato da
tutto ciò per i tuoi fratelli? Hai potuto persuadertene da te, poiché i tuoi
tentativi materiali di costruire un ponte corrispondevano alle tue funzioni
ecclesiastiche. Ora però ritorna là e costruisci un ponte sulla vivente roccia
di Pietro, che è l'Amore e la sua luce vivente e puoi essere certo che
constaterai che il risultato sarà ben diverso da quello di prima.
17. Però devi credere che non tu, bensì
soltanto l'unico assoluto Re, può liberare i prigionieri e così anche avverrà,
se tu, alla luce del tuo amore, credi vivamente. Dunque, ora va’ di nuovo, nel
Nome del Signore. Amen!”.
[indice]
* * * * *
La preghiera vivente del priore e il
suo effetto
1. Ed ecco, il priore si avvia già di
nuovo verso il chiostro, dove si trovano i dormienti nell'anima. Questa volta,
però, devo anch'io mantenere la parola loro data, perciò seguiamo il priore,
anche affinché possiate assistere a ciò che succederà. Come vedete, noi siamo
già sul posto, facciamo perciò attenzione a quanto il priore si accinge a fare,
però di nascosto, affinché non ci vedano. Egli si trova vicino alla voragine e
incomincia il suo discorso.
2. Fate dunque attenzione poiché il
priore dice: “Cari fratelli! Voi sapete che quello che ci ha sempre divisi nel
nostro convento, non era altro, dunque, che una diversità di vedute e di
opinioni sullo stato dell'anima dopo la morte del corpo. Voi sostenevate che
l'anima doveva restare semicosciente, in un inattivo stato di sonnolenza, fino
al giorno del Giudizio e vi riferivate, per sostenere questa vostra opinione,
ai veri maestri della Chiesa. Noi, che attualmente siamo fuori del chiostro,
eravamo contrari a tale vostra opinione e vi dimostravamo che, se
effettivamente l'anima dopo la morte del corpo si trova in un tale stato di
sonno appena cosciente ed è perciò completamente inattiva, allora tutte le
funzioni religiose che celebriamo per il suo bene, non sono altro che una
illusione ed un inganno, poiché, considerato un tale stato dell'anima, né un Purgatorio
né un grado qualsiasi dell'Inferno sono ammissibili.
3. Malgrado questa prova contraria, voi
avete insistito con grande veemenza sulla vostra opinione, così che fra voi e
noi c'era sempre una segreta voragine ardente, fuori dalla quale divampavano, distruttrici,
delle alte fiamme, ogni qualvolta tentavamo di costruire un ponte, affinché ci
unisse. Quello che nel mondo si manifesta come una opinione morale, qui si
verifica nella visibile realtà.
4. Ora, però, devo rendervi noto
qualcosa d'altro. Voi sapete, altrettanto bene quanto noi, dell'arrivo qui di
un potente messaggero, venuto a noi per liberarci tutti dal nostro vecchio
errore. Questo messaggero mi ha dimostrato luminosamente quanto falsi e stolti
siano i nostri concetti su ogni cosa, mi ha indicato una nuova via e questa via
non consiste in altro se non solo nell'Amore per il Signore Gesù Cristo, che è
l'Unico Dio di tutti i Cieli e di tutti i monti e che ha detto di Se stesso che
Egli e il Padre sono Uno e chi vede Lui, vede il Padre! E il Signore ha ancora
detto: «Chi ascolta la Sua Parola e vive in
conformità ad Essa, ha l'eterna Vita in sé e colui che crede che Egli è
l'Unigenito Figlio di Dio non assaporerà mai in eterno la morte!».
5. Questa, dunque, è la via, una via del
tutto nuova, che il messaggero ci ha indicato, perciò, se noi seguiamo questa
via, la percorriamo e su di essa noi ci riuniamo, quali veri fratelli
nell'Unico Signore Gesù Cristo, allora su questa voragine, che c'è fra voi e
noi, si formerà un solido ponte, per mezzo del quale noi tutti potremmo
raggiungere sani e salvi il Regno della divina Misericordia dell'Unico Signore
Gesù Cristo.
6. Perciò cercate di riconoscere voi
stessi! Gettate via da voi la vostra stolta veste dell'illusione e della
sonnolenza e rivolgetevi insieme a me, all'Unico Signore Gesù Cristo, allora
Egli, a Cui nessuna circostanza in tutta l'infinità e l'eternità è ignota, nel
Suo infinito Amore avrà misericordia di noi e costruirà senza indugio, sopra
questa voragine, un solido ponte, sul quale voi potrete transitare sani e
salvi. Le fiamme nel profondo dell'abisso si spegneranno subito, non appena
voi, con me e con tutti gli altri fratelli, diventerete “uno” nella fede e
nell'Amore dell'Unico Signore e Padre Gesù Cristo”.
7. Con ciò il priore ha terminato il suo
dire ed uno di coloro che si trovano al di là della voragine, gli ribatte:
“Buon amico e fratello nostro! Il tuo discorso è lodevole e pieno di buon
senso, però, tutto ciò, a che cosa può esserci utile, dal momento che tu devi
sapere che nessun uomo, dopo la morte del corpo, può fare qualcosa di meritorio
per la Vita eterna? E perciò qui, tutta la fede e tutto l'Amore non sono altro
che inutili pensieri dello spirito. Perciò possiamo già assicurarti in anticipo
che, a noi tutti, la tua intenzione, buona per se stessa, in questo caso darà
ben pochi frutti”.
8. Ora parla di nuovo il priore: “Oh
cari amici e fratelli, nel vostro supposto merito per il conseguimento della
Vita eterna, sta appunto la maggiore e la più deleteria difficoltà per la
vostra e la nostra salvezza. Il Signore non ha detto ai Suoi apostoli e
discepoli, come il messaggero mi ha chiaramente indicato: «Quando voi avete fatto tutto, allora
dite: noi siamo stati dei servitori inutili»?
9. Lasciamo da parte anche questo testo;
ditemi voi, cari fratelli, che cosa di meritevole può fare l'impotente creatura
di fronte all'Onnipotente Iddio? Chi di voi ha creato un filo d'erba o anche
semplicemente un acaro delle foglie, con la forza che avrebbe voluto essere
operante, con il suo proprio merito? Chi di voi era vicino al Signore, anche
soltanto quale il più umile allungamano, durante la creazione di tutti i mondi
e di tutti i Cieli? In che cosa abbiamo contribuito alla grande Opera della
Redenzione, così da poter poi dire: «Noi abbiamo prestato utilmente il nostro
aiuto a Dio l'Onnipotente!». Che cosa abbiamo fatto noi, prima
di ricevere dal Signore la prima vita? Quale utilità può procurare ai suoi
genitori un debole bambino, così da poter poi dire loro: “Datemi la mia parte
di utile?”.
10. Vedete, non soltanto siamo sempre
stati dei servitori completamente inutili dinanzi al Signore, bensì, pur
essendo dei veri e propri infingardi, ci illudevamo di avere fatto di fronte al
Signore qualcosa di meritevole. Oh, cari fratelli, quanto ci siamo allontanati
dalla meta dell'eterna Verità, con una simile illusione! Se invece avessimo
creduto ed accettato nel mondo quello che noi abbiamo accettato qui, allora
andrebbe per noi molto meglio di come è stato il caso fino al momento presente.
11. Dato, però, che noi non possiamo più
trasferirci nel mondano-materiale, allora, in questo nostro presente
spirituale, questo è per noi proprio il momento giusto - che qui però si chiama
eternità - di renderci conto di questa grande illusione e di riconoscere
dinanzi al Signore, nel nostro intimo, questa massima colpa, pieni d'umiltà e
di pentimento, in seguito alla quale siamo rimasti tanto a lungo nell'inganno
di aver compiuto, dinanzi a Dio, qualcosa di meritorio per il bene della nostra
anima.
12. Fratelli! Battiamoci il petto e
diciamo una buona volta, in modo vivo: «Oh Signore, tutto ciò è stato
esclusivamente nostra colpa e perciò non cesseremo mai, o Amore Santo, di
essere Tuoi eterni debitori!». Fratelli ed amici cari, io sono
persuaso che se sentirete ciò in voi, in modo vivo, così come io lo sento in me
molto chiaramente, voi passerete sicuramente in uno stato del tutto diverso e
ciò attraverso un ponte, del quale noi tutti finora non abbiamo la minima idea.
13. Parlate pure, dunque, fuori dal
vostro cuore, insieme a me e poi dite ad alta voce: «Oh Tu, Onnipotente Santo Amore, Tu,
misericordiosissimo Signore e Padre Gesù Cristo! Noi riconosciamo il nostro
grande peccato, dinanzi a Te, noi dichiariamo qui che siamo inutili, ma perfino
dei servitori pessimi e riconosciamo pure che tutto il supposto merito, da
parte nostra, dinanzi a Te, o Padre Santo, non poteva essere che un orrore.
Tuttavia Ti preghiamo qui, nel nostro massimo bisogno, affinché Tu voglia
esserci benigno e misericordioso! Fa’ sì che possiamo diventare qui dei veri
fratelli che possano sempre amarsi, per la Tua Grazia e la Tua Misericordia e
dare a Te, in qualunque situazione, ogni lode, ogni onore ed ogni merito! E noi
Ti preghiamo ancora, dal profondo del nostro cuore, affinché Tu, o Padre Santo,
voglia accordarci la suprema Grazia che a noi, massimi peccatori dinanzi a Te,
sia concesso tuttavia di Amare Te, o eterno Amore, con tutte le nostre forze».
14. Oh fratelli, dite ciò, in modo
vivente ed in conclusione aggiungete: «Oh Padre, quello che abbiamo pregato,
l'abbiamo fatto secondo la nostra volontà. Però noi chiediamo che Tu non abbia
ad essere misericordioso verso di noi, secondo la nostra volontà, poiché
soltanto la Tua Volontà è Santa e perciò avvenga solamente la Tua, e non la
nostra volontà!».
15. Vedete, questo discorso del priore ha
mutato completamente il sentire dei nostri dormienti nell'anima, perciò si
spogliano delle loro vesti e stanno ora nudi, dinanzi a noi. Ora, però,
guardate verso la parte del refettorio; sta entrando un uomo molto semplice. Sapete
Chi è questo Uomo? Voi dovreste già saperlo: Egli è Colui al Quale il priore si
è rivolto! Ora però avrà inizio la scena principale, perciò potete attendervi
con ragione delle cose grandiose.
[indice]
* * * * *
L'uomo semplice. Autoconfessione del
priore
1. Guardate, quest'Uomo semplice sta
andando verso il priore; questi ora Lo scopre e Gli va incontro, rivolgendoGli
subito la seguente domanda: “Caro amico e fratello, sii le mille volte il benvenuto
e accetta il mio saluto! Mi sembri ancora un estraneo e non posso proprio
rammentarmi di averti già visto fra la mia compagnia. Però, io sono stato un
buon conoscitore di uomini, già sulla Terra ed una parte, per quanto molto
piccola di questa capacità, l'ho portata qui e ciò naturalmente per la quanto
mai immeritata Grazia e Misericordia del Signore, così che io riconosco,
tuttavia, che Tu devi essere un Uomo di sentire molto nobile, ragione per cui
voglio anche sottoporti, senza indugio, una mia necessità.
2. Tutti quanti noi che siamo qui, sulla
Terra appartenevamo al clero, però, comunque andavano le cose nel mondo,
dinanzi al Signore noi eravamo tutto, meno che dei veri sacerdoti. Noi
facevamo, macchinalmente, le cerimonie che ci erano prescritte e che avrebbero
dovuto essere servizi divini. Però, quanto poco di “servizio di Dio” c'era in
essi, ci venne dimostrato poco fa, in modo evidente, da un messaggero inviatoci
dal Signore. In breve, noi eravamo fino ad ora e per la maggior parte lo siamo ancora,
prigionieri dei nostri propri errori, che avevano la loro origine in ogni
possibile falsità e dai quali non ci saremmo mai potuti liberare da noi stessi,
se il Signore, nel Suo Infinito Amore, non avesse avuto misericordia della
nostra sconfinata povertà.
3. Al di là di questa voragine puoi
vedere quella parte della mia confraternita che è ancora esposta a grande
pericolo. Il messo del Signore mi ha inviato qui, appunto allo scopo di portare
fuori da questa prigionia i miei poveri fratelli. Io ho già fatto tutto il
possibile, per raggiungere questo risultato ricco di benedizioni, tuttavia
sopra questo abisso non vuole farsi vedere un passaggio. Io conosco benissimo
qual è stato l'incarico datomi dal messaggero del Signore e sono persuaso, nel
mio più profondo sentire, che se mi venisse offerta una possibilità, aiuterei
con tutto il cuore questi miei poveri fratelli.
4. Veramente il messaggero del Signore
mi ha rimandato, per il disbrigo di questo incarico, al solo aiuto del Signore.
Oh caro amico, io sono bensì convinto, fin nelle mie più profonde fibre vitali,
che il Signore può aiutare questi fratelli, come pure me, meglio di qualsiasi
altro in tutta l’infinità, però so pure che sono troppo indegno di un tale
aiuto da parte del Signore. Dunque, se tu volessi e potessi essermi d'aiuto,
per salvare questi poveretti sono certo che lo faresti, quale un'opera buona e
se ci riuscisse, nel Nome del Signore, di portarli oltre questa spaventosa
voragine, allora io mi getterei, per la prima volta, in Spirito e Verità, dinanzi
al Signore nella polvere della mia nullità e direi:
5. «Oh Signore, oh Tu, il Padre più
benigno e migliore, io Ti ringrazio per questa Grazia incommensurabile da Te
elargitami, di poter ora scorgere e dire dal profondo del mio cuore: ‘Oh
Signore, io non ho fatto nulla, bensì Tu soltanto hai fatto tutto, mentre io
non sono che il peggiore e più inutile dei servitori’»”.
6. L'Uomo semplice risponde: “Bene, Mio
caro amico e fratello, Io ti ho compreso a fondo; che cosa però dobbiamo fare?
Dobbiamo, forse, porre sulla voragine delle travi o altro materiale?”.
7. Il priore dice: “Oh caro amico e
fratello, un tale tentativo l'ho già fatto io, ma quel fuoco rabbioso laggiù
distrugge immediatamente tutto, poiché, guarda un po' lì abbasso, c'è di che
spaventarsi alla vista dell'enorme quantità di brace e di fiamme che vi
infuriano. Io, da parte mia, non mi fido nemmeno di avvicinarmi”.
8. L'uomo dice: “Bene, Mio caro amico,
voglio andarci Io e vedere a che punto è il fuoco. Guarda, Io sono vicino alla
voragine e devo dichiararti apertamente che, ad eccezione di qualche scintilla,
non c'è più traccia di fuoco”.
9. E il priore si reca pure lui
sull'orlo della voragine, quando poi guarda dentro, allora, alza le mani e
grida verso i fratelli che si trovano dalla parte opposta: “Oh fratelli,
avvicinatevi alla voragine e persuadetevi da voi stessi di quanto infinitamente
benigno e misericordioso è il Signore! Soltanto alcune scintille ancora si
scorgono sul fondo, prostratevi e ringraziate l'Unico Signore! Egli solo ha
soffocato questo fuoco spaventoso. Però affrontate ora anche voi queste
rimanenti scintille con le lacrime del vostro pentimento e con il vostro
ringraziamento, il più sentito possibile, a Lui, il Santo, Onnipotente Aiutante
di ogni necessità e siate persuasi e più che sicuri che se il Buono, Santo,
Amorosissimo Padre ha aiutato fino a questo punto, ci aiuterà anche per il
resto.
10. E ora guardate qui, c'è un fratello
buono e caro, che è venuto a noi. Ancora non so chi Egli sia e da dove venga,
tuttavia una cosa è certa, che Egli è stato inviato dal misericordioso Signore
Gesù Cristo, affinché potesse essermi d'aiuto per la vostra salvezza, dato che
io riconosco ciò dalla Sua premura nel metterSi a nostra disposizione”.
11. Guardate come i fratelli già nudi, al
di là della voragine ormai priva di fuoco, alle parole del priore,
profondamente commosso, si gettano nuovamente sulle loro facce e ringraziano
Iddio per tanta Grazia e Misericordia, mentre il priore chiede all'Uomo
semplice se Lui ritiene che si dovrebbe ora ricorrere a travi e tavole per
costruire un ponte.
12. L'Uomo semplice dice: “Io ritengo che
il Signore, senza la tua collaborazione, ha spento il fuoco, perciò ora, al
momento giusto dovrebbe avvenire ciò che la tua fiducia ha in proposito che
avvenga, cioè che anche la voragine si debba restringere, così come dapprima è
sorta”.
[indice]
* * * * *
La condizione per la liberazione
Superamento del baratro tramite un
ponte
1. Il priore dice: “Oh caro e
pregiatissimo Amico e Fratello! Questo inapprezzabile e magnifico pensiero è
diventato completamente padrone anche del mio animo ed io ne vedo pure
profondamente il suo sicuro compiacimento nel Signore, tuttavia, nello stesso
tempo, scorgo quanto siamo indegni noi tutti di un tale straordinario santo
aiuto”.
2. L'Uomo semplice dice: “Caro amico e
fratello, Io ti dico che questo sentire, tanto tuo che dei tuoi fratelli, è la
cosa migliore, dato che vi fa scorgere, in modo vivo, che fino a tanto che qualcuno
crede di poter fare qualcosa, oppure di essere degno della Grazia e della
Misericordia Divine, egli deve far anche calcolo che il Signore lo farà
attendere, fino a che questa stolta illusione verrà distrutta in lui. Se invece
giunge al tuo attuale punto di vista interiore che egli non è nulla e non può
nulla, bensì che il Signore è Tutto in tutto, il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e
l'Omega, solo allora egli si abbandona volontariamente e completamente al
Signore, e il Signore lo afferra e lo conduce alla retta via.
3. Perciò è Mia opinione che anche ora,
a questo riguardo, tu debba deporre tutto il tuo amore per i tuoi fratelli e
tutte le preoccupazioni a loro riguardo ai Piedi del loro Signore,
abbracciandoli con il tuo cuore colmo di ardente Amore per Lui e allora tu ti
convincerai sicuramente che il Signore comincia a diventare attivo proprio dove
e quando l'uomo, in seguito al suo umile riconoscimento interiore, rimette con
Amore al Signore tutta la sua vana forza operante e la sua debole volontà, poiché
qualcosa di simile avviene anche fra gli uomini che hanno un capo mondano su di
loro.
4. Fino a tanto che qualcuno vuole
amministrare da sé le proprie sostanze, il capo non si curerà di lui e non
indagherà su come amministra i suoi beni. Quando, invece, qualcuno scorge la
sua debolezza nel curare i propri interessi, prende i suoi capitali e si reca
con gli stessi dall'equo capo, gli espone il suo caso e gli chiede
contemporaneamente, con sincero amore e obbediente umiltà del suo cuore, di
prendere in consegna i suoi averi e averne cura per lui, allora il capo li
prenderà, li depositerà alla Banca di Stato ed il probo ma debole richiedente,
riceverà puntualmente i rispettivi interessi. Questo, come detto, è spesso il
caso fra gli uomini nel mondo, per quanto certamente in un senso meno puro e
meno onorevole.
5. Dunque, se già l'uomo stolto del
mondo sa come mettere in mani fidate le proprie sostanze, per assicurarsi in
tal modo una rendita vitalizia senza preoccupazioni, tanto più l'uomo
spirituale, molto più saggio, dovrebbe scorgere Chi è il più perfetto
Amministratore e Curatore di tutte le necessità della vita dell'uomo
spirituale, se egli Gli rimette, dapprima, completamente tutti i suoi capitali
vitali.
6. Inoltre, nell'Evangelo, il Signore
esprime molto chiaramente a Chi gli “stanchi ed aggravati” devono rivolgersi,
per trovare il vero ristoro e su Chi devono trasferire tutte le loro cure ed
affanni. Se tu rifletti bene su ciò, allora troverai facilmente e molto presto,
che tutte le tue preoccupazioni, per questi tuoi fratelli, malgrado la tua
lealtà, suggerita dall'Amore, sono piuttosto inutili.
7. Con la prima liberazione dei tuoi
fratelli tu vorresti, per lo meno, raggiungere lo scopo di poter dichiarare
dinanzi al Signore che sei stato un servitore del tutto inutile. Vedi, per
quanto ciò, preso per se stesso, suoni bene, tuttavia, con riguardo al Signore
ed anche alla tua benemerenza, c'è in esso qualcosa che non va. Infatti, così
facendo, tu vuoi, con la tua attività, rendere un buon servizio al Signore, ma
tuttavia comportarti come se tu non l'avessi fatto, per prepararti in tal modo
una lode da parte Sua. Io, però, ti dico che, in questo Regno, vi sono molti
che dicono: «Io
sono l'ultimo e il più insignificante, dinanzi a Dio», però coloro che dicono di se stessi
e lo confessano, vorrebbero appunto porsi, presso il Signore, in una speciale
posizione di favore, per diventare, appunto, in seguito al detto del Signore stesso,
riportato nell'Evangelo, perfino i primi ed i maggiori nel Regno di Dio.
8. Però, in un altro punto il Signore
dice: «Se voi non diventate come questi
fanciulli piccoli, non entrerete nel Regno di Dio». Come e perché, dunque? Vedi, perché
proprio i fanciullini sono realmente i più umili ed i più semplici, dato che
essi rimettono tutte le loro cure soltanto sul padre. Dov'è un bambino, che
tutto preoccupato, possa chiedere ai suoi genitori: «Che cosa mangeremo e berremo e di che
ci vestiremo?».
Vedi, pensieri di tale genere sono ignoti ai bambini, quando essi hanno fame e
sete, corrono dai genitori e chiedono da mangiare o da bere ed essi glielo
danno. E non chiedono perfino mai una veste, quando hanno freddo il genitore se
ne accorge e dà loro non soltanto una veste calda, ma anche bella e decorosa,
perché essi sono i loro cari figlioletti.
9. Dunque, Mio caro amico e fratello,
abbandonati anche tu al Signore e sta certo che Egli ti provvederà di tutto ciò
di cui hai bisogno e ciò molto più presto e inesprimibilmente meglio di quanto
un padre terreno benestante provveda ai suoi figlioli e dia loro tutto il
necessario”.
10. Il priore dice: “Ascolta, caro amico
e fratello, per quanto modesto e semplice Tu possa apparire, devo però
dichiararTi che queste parole sono incomprensibilmente più elevate ed
essenzialmente vere di quelle del celeste messaggero del Signore, al quale ho
accennato prima. Infatti, Tu ora non mi hai soltanto indicato la Verità più
vivente di tutte le Verità, bensì mi hai talmente colmato di un tale vivente
conforto, che mi sento come completamente annientato dell'immensa, umilissima
gratitudine e dell'amore verso l'inesprimibile Amoroso Padre celeste.
11. Le parole dell'elevato messaggero del
Signore erano, per il mio sentire, come una ruvida lima, con la quale - e di
ciò sia ringraziata in eterno la divina Misericordia! - egli ha limato i miei numerosi
e maggiori errori. Le sue parole erano anche, non di rado, come una spada
affilata, che ferisce dolorosamente, quantunque, grazie a ciò, viene fatto
uscire quel sangue guasto, generatore di una vita errata.
12. Le Tue parole, invece, oh Amico e
Fratello, sono simili ad un balsamo soave, che guarisce ogni male; io non posso
neppure descriverTi quanto indicibilmente bene mi sono sentito ad ogni parola
da Te pronunciata! Io sono giunto al punto di poterTi assicurare sinceramente
ed in maniera viva che ora, dal più profondo del mio animo posso dire:
13. «Oh Signore, Onnipotente, Santissimo e
Buonissimo Padre, succeda ora per me e per tutti questi miei poveri fratelli
soltanto secondo la Tua Santissima Volontà! Tutte le mie preoccupazioni e tutta
la mia volontà, le depongo ai Tuoi Santissimi Piedi e quello che Tu vorrai fare
di me, sia sempre secondo la Tua Volontà, la sola veramente Santa!». E Tu, o amato Fratello celeste,
devi essere sicuramente un Amico ancor più grande del Signore, di quanto lo sia
l'altro elevato messaggero. Ma Tu devi perdonarmi, poiché il Tuo discorso mi ha
talmente colmato d'amore anche per Te, che non posso fare a meno di
abbracciarTi ed esprimerTi così tutta la mia gratitudine per il Tuo celeste
insegnamento e dimostrarTi tutto il mio ardente Amore fraterno. In verità, per
quanto poco io potrò cessare di amare l'Amorosissimo Padre Santo, altrettanto
poco dimenticherò Te, nel mio cuore!”.
14. L'Uomo semplice dice: “O senz'altro,
Mio caro fratello ed amico, avvicinati ed amaMi, poiché è Volontà del Signore
che tutti i fratelli debbano amarsi”. E ora guardate come il nostro priore si
precipita verso l'Uomo semplice, a lui ancora sconosciuto, Lo abbraccia e Lo
stringe al cuore con tutta la sua forza e come l'Uomo semplice contraccambia
l'abbraccio ancora più vivacemente. Ritenete che ciò sia un segno vantaggioso o
svantaggioso per il nostro priore? Io vi dico che questo è un segno della
specie più vantaggiosa, poiché sta in modo speciale, da eternità, nel carattere
del Signore di avere, insieme a noi e a tutti i Suoi messaggeri, la massima
gioia per il ritorno di un figlio perduto.
15. Prima, però, come vedete, si sono
sciolti nell'abbraccio e l'Uomo semplice dice, rivolto al priore: “Mio caro
amico e fratello, guarda un po' qui, a quanto mi sembra, durante il nostro
colloquio e il nostro abbraccio d'Amore fraterno, di tutta la voragine non c'è
più traccia, perciò non sarà più difficile andare a prendere i poveri fratelli;
andiamo, dunque, e mostriamo loro come stanno le cose ora”.
16. Ed ecco, ambedue vanno dai nudi
dormienti nell'anima ed essi si rialzano e guardano meravigliati e con occhi
gioiosi per la gratitudine, dov'era prima l'orrido abisso. L'Uomo semplice dice
loro: “Vedete, la voragine non esiste più, perciò seguiteci tranquillamente”.
Essi però dicono: “Ma caro Amico ed elevato fratello, noi siamo nudi e non ci
fidiamo di recarci nemmeno nella parte meno illuminata di questo nostro
refettorio”. L'Uomo semplice dice: “Non curatevi del vestito, poiché Colui che
ha avuto misericordia di voi ed ha fatto sparire la voragine ha provveduto pure
a delle vesti adeguate. Guardate là, nel mezzo di questa stanza, sul tavolo
troverete ciò di cui avete bisogno, perciò recatevi, servitevi e poi
seguiteci”.
17. Ed ecco, essi vanno dove è stato loro
indicato, e il priore, preso da un amore troppo grande per questo suo caro
fratello, Gli dice: “Caro celeste Amico, per questo Tuo servizio d'Amore io non
posso lasciarti camminare fino là, come uno di noi, bensì Ti prego, lasciaTi
portare da me!”.
18. L'Uomo semplice dice: “Mio caro
fratello, lascia perdere, poiché, se fosse il caso di farlo, farei prima a
portarti Io insieme a tutti i tuoi fratelli, tanto lontano, quanto vorresti che
tu a portare Me anche soltanto fino a quel tavolo. Se tu, però, Mi porti ora
nel tuo cuore, Mi è indicibilmente più gradito che se tu volessi portarMi nelle
tue mani, e forse Mi hai anche già portato. Tu Mi chiedi che cosa Io intendo
dire con questo “forse?”. Io però ti dico: «Non preoccuparti ora di ciò, a suo
tempo tutto ti risulterà chiaro!». Andiamo, invece, vicino al tavolo,
affinché i nostri fratelli prendano il vestito adatto”.
19. E il nostro priore dice: “Bene, bene,
caro Fratello, come piace a Te, piace perfettamente anche a me. Quel “forse”
non mi vuole uscire dalla mente, tuttavia depongo anche ciò ai carissimi e
Santissimi Piedi del Signore e con ciò avvenga la Sua come pure la Tua
Volontà!”.
20. Ed ecco, tutti si avvicinano al
tavolo e come anche voi potete osservare, tutti i poveri fratelli sono già
vestiti, senza l'aiuto di camerieri. Le loro vesti non sono completamente
celestiali, bensì quelle della Giustizia, che corrisponde all'Amore per il
Signore che è in loro. Il seguito alla prossima volta.
[indice]
* * * * *
La disputa sul servizio d'Amore e le tre
prove
1. L'Uomo semplice chiede ora al priore,
cosa si debba fare con i fratelli, oramai messi in salvo e rivestiti. E il
priore dice: “Caro Amico e Fratello, l'incarico che mi è stato dato
dall'elevato messaggero del Signore era di condurli tutti nel giardino che
precedentemente era il nostro falso “Paradiso” claustrale, dove essi potranno
certamente ricevere dal messaggero delle altre indicazioni, riguardanti la via
che devono intraprendere. Questo è quanto li aspetta e mia cura dev'essere che
essi possano giungere là a questo scopo”.
2. E l'Uomo semplice dice: “Allora
quest'incarico potrà essere adempiuto facilmente, così che tu non avrai bisogno
di Me”. Ma il priore dice: “O caro Amico e Fratello, fa’ tutto quello che vuoi,
soltanto ti prego di non abbandonarmi, poiché devo dire sinceramente che sento
in me qualcosa che mi dice che se Tu mi lasciassi, sarebbe per me come se mi
abbandonasse l'intera mia vita! Perciò Tu non mi devi abbandonare, anche se
l'incarico che devo compiere fosse il doppio più semplice di quello che è, dato
che fino ad ora Tu hai guidato tutto in modo così favorevole ed hai
evidentemente aiutato me e questi poveri fratelli nel Nome del Signore, fino a
questo momento. Dunque, Ti prego, aiutami completamente, nel Nome del Signore,
fino alla conclusione e questa mia preghiera, caro Amico e Fratello, sale dal
mio intimo più profondo”.
3. L'Uomo semplice risponde: “Bene, Mio
caro amico e fratello, in questo caso sarebbe già tutto a posto, c’è soltanto
una circostanza che non si deve trascurare e precisamente che questo incarico
il messaggero celeste lo ha affidato a te, invece, se ora vengo Io con te da
lui e il messaggero si accorge subito che non sei stato tu a compierlo, bensì
soltanto Io, dimmi, mi puoi assicurare in anticipo che egli ne sarà
soddisfatto? Mi puoi dare l'assicurazione che Io non ti causi un danno, venendo
con te? In tal caso Io farò molto volentieri quello che tu desideri, ma non
vorrei danneggiarti in nessun caso e neppure metterti in grande imbarazzo
dinanzi al messaggero celeste. Che cosa ne pensi al riguardo?”.
4. Il priore dice: “Oh caro Amico e
Fratello, se non si tratta d'altro che di questo, allora vieni senz'altro,
senza alcun timore, nel giardino con me, poiché anche se Tu non venissi, io
stesso informerei immediatamente l'alto messaggero che soltanto Tu avevi
risolto la condizione a me posta e che perciò potevo essere considerato non
come la quinta, bensì come la decima ruota d'un carro, per una massima
concezione. Dunque, non è il caso che Tu consideri ciò come una ragione
sufficiente, per non venire con me. In quanto al mio utile, oppure al mio
danno, non è nemmeno il caso di parlarne, perché, per quanto mi riguarda, sono
pronto ad andare all'Inferno per Te, perciò figurarsi se per Amore Tuo mi
possono ferire un paio di parole taglienti da parte del messaggero celeste”.
5. L'Uomo semplice dice: “Bene, caro
amico e fratello, a questo riguardo siamo in chiaro, ora, però, viene un punto
alquanto importante. Io conosco la rigida precisione del tuo messaggero e so
che egli, nel Nome del Signore, non è disposto minimamente a mercanteggiare, e
proprio per questa ragione Mi è venuto in mente qualcosa di veramente
complicato.
6. Vedi, potrebbe succedere che il
messaggero celeste, con la sua grande potenza, facesse ritornare questi fratelli,
ormai liberi, nello stato di prima e questo, per il fatto che non tu, bensì
soltanto Io ho adempiuto alla condizione che egli ti aveva posto. Però, Io
posso fare in modo che il messaggero non sappia che ho aiutato i tuoi poveri
fratelli. In queste circostanze tu risulti, dinanzi al messaggero,
completamente giustificato, dato che il compito è stato risolto secondo i suoi
ordini”.
7. Il priore dice: “Oh caro amico e
fratello, piuttosto di attribuirmi qualcosa di cui non ho avuto la minima
parte, preferisco mille volte finire nell'Inferno; comunque voglio io stesso
confessare pienamente che la riuscita della mia spedizione è dovuta soltanto a
Te, tramite il Signore, per questo Ti sono molto riconoscente. E se il
messaggero non dovesse dichiararsi soddisfatto e perciò portare pregiudizio ai
poveri fratelli nella loro libertà appena ottenuta, allora io mi getterei nella
polvere dinanzi a lui e lo pregherei, in tutta umiltà, di punire solo me, nel
modo che ritiene più congruo, nel Nome del Signore, al posto dei fratelli.
Infatti io prenderei volentieri ogni colpa su di me”.
8. E l'Uomo semplice dice: “Caro amico e
fratello, vedi, così mi piaci molto e perciò anche questo punto è stato risolto
ed esso non Mi impedisce più di venire con te.
9. Però, c'è ancora un terzo ed ultimo
scoglio, se tu sarai capace di superarlo, allora nulla mi tratterrà più
dall’aderire al tuo desiderio. Vedi, qui nel Regno degli spiriti, c'è la regola
immutabile e il costume generalmente praticato che i più perfetti spiriti del
Cielo superiore, ai quali anch'Io appartengo, apprendano sull'istante, in modo
vivo, ciò che in qualunque momento ed in qualunque luogo viene detto e trattato
con riferimento al Signore e perciò Io ho anche ascoltato la bella parabola
raccontata dal messaggero, in cui egli raffigurava il Signore come un re,
accessibile soltanto ad uno straordinario Amore ed all'Umiltà.
10. Il messaggero disse, in tale
parabola, che soltanto il Signore, aveva la chiave della prigione e, per
conseguenza, Egli era anche il solo che poteva aprirla, oppure costruire il
ponte sopra la voragine, dato che nessun altro aveva questo diritto. A dire il
vero, tu hai invocato il Signore nella pienezza della tua vita e della Verità,
affinché aiutasse te ed i tuoi fratelli e mentre attendevi, in piena fiducia,
l'aiuto del Signore, venni Io, come per caso, nell'ampia sala, e appena Mi
scorgesti, incominciasti subito a lamentarti della difficoltà in cui ti
trovavi. Tu Mi facesti pietà, e visto che tanto cordialmente Mi chiedesti di
aiutarti, ciò che Io anche feci secondo la Mia Forza, sorge ora la domanda: «Un tale aiuto verrà considerato come
accettabile dal messaggero, se paragonato al contenuto della parabola da lui
esposta?».
11. Infatti, comprendi bene, era Lo stesso
supremo Re che avrebbe dovuto venire ed aiutarti. Come si deve ora considerare
la cosa? Il messaggero non ti dirà, forse: «Perché, alla vista di questo Amico e
Fratello, dal momento che, dalla parabola, avresti dovuto riconoscere e vedere
che per una tale liberazione dal carcere, nessuno, all'infuori del Signore,
poteva possedere la chiave giusta?».
12. Il priore dice: “Oh caro Amico e
Fratello, questa è certamente una domanda del tutto diversa, e per darvi una
giusta risposta, sento già che mi manca il coraggio. Ebbene, ora cosa faccio?
Mi attengo strettamente alla verità. Io non ho invocato altri che il Signore e
nel mio, per quanto possibile, completo abbandono nel Signore, giungesti Tu.
Posso ora pensare, fare e credere altrimenti, se non che il Signore, indotto
dalla Sua Infinita Misericordia, Ti ha mandato in mio aiuto, nel Suo Nome, data
la mia grandissima indegnità, certo, non avrei mai potuto, in eterno,
pretendere che Lo stesso santissimo Signore del Cielo e della Terra avesse
dovuto venire ed aiutare me, il paù immeritevole di tutti! Tuttavia, perciò, a
Lui vada ogni lode, ogni gloria ed ogni onore, poiché soltanto Lui, inviando
Te, ha aiutato me e questi fratelli. Così io intendo parlare dinanzi al
messaggero ed egli può fare poi di me quello che meglio gli aggrada, nel Nome
del Signore, poiché io voglio prendere tutto su di me”.
13. L'Uomo semplice dice: “Ora vedo bene
che tu hai una volontà d'amore perfettamente fedele, così che ora nulla Mi
trattiene più dal recarMi nel giardino insieme a te ed a questi tuoi fratelli.
Dato, però, il caso che il messaggero volesse comunque condannarti duramente,
facendoti andare chissà dove, come dovrei comportarMi nei vostri confronti?”.
14. Il priore dice: “Caro Amico e
Fratello, a questo riguardo non ho nessun timore e per quello che riguarda Te,
certamente non potrei aiutarTi, però Tu non ne avrai alcun bisogno, poiché,
quale abitante del più alto dei Cieli, sei provveduto di Forza divina a
sufficienza. Al contrario, nel Nome del Signore, io prego soltanto Te, nel caso
andasse troppo male, di aiutare me ed i miei fratelli, in conformità al Volere
del Signore!”.
15. L'Uomo semplice dice: “Allora, va
bene, Io Mi ricorderò anche di questa tua richiesta dinanzi al Signore; e ora
andiamo”.
[indice]
* * * * *
La capacità di poter apparire
contemporaneamente in molti luoghi: spiegazione.
1. Ora andiamo anche noi, per essere sul
posto al momento giusto. Infatti, questa compagnia non impiegherà molto tempo a
raggiungere gli altri nel giardino; affrettiamoci dunque. Ed ecco, noi siamo
già sul posto, dove dovevamo essere. Il Signore sa benissimo che anche nella
sala siamo stati testimoni di tutto quanto è accaduto con i dormienti
nell'anima, però all'infuori di Lui non lo sa nessuno. Voi naturalmente
domandate se tutti coloro che nel frattempo sono rimasti nel giardino si siano
accorti che noi eravamo assenti!
2. Vedete, a questo riguardo qui, nel
Regno degli spiriti, è un po' diverso che non sulla Terra, poiché su questa la
vostra apparizione è strettamente congiunta con la vostra individualità e voi
non potete farvi vedere da nessuno se non che con la vostra personale presenza
fisica. Però, come detto, dappertutto qui è del tutto diverso. Vi sono dei casi
rari anche sulla Terra che sono somiglianti a questa apparizione, ma tuttavia
in misura molto incompleta.
3. La doppia, tripla e fino alla
sestupla ubiquità ed anche oltre, sono, come detto, qualcosa di simile, cioè
l'uno e lo stesso uomo, così come vive nel suo corpo, o vede se stesso, oppure
è visto da qualche altro in un luogo del tutto diverso e talvolta perfino in
parecchi luoghi contemporaneamente, senza però trovarsi in realtà in alcuno di
tali luoghi individualmente. C'è, però, un caso che è molto più somigliante a
questa presente apparizione spirituale che non il precedente; esso avviene
molto più spesso ed è più comune ma, data appunto la sua abbondanza, vi viene
accordata poca attenzione, viene poco giudicato e non viene affatto compreso a
fondo.
4. Ecco di che si tratta: “Quando un
uomo, nella sua realtà, si trova in qualche luogo, può avvenire che in cento ed
anche mille posti, situati distanti l'uno dall'altro, i suoi conoscenti, nello
stesso momento, pensino a lui. Nessuno di coloro che pensano a lui se lo
rappresentano in una forma diversa da quella sua reale, in statura e
costituzione”. Ora voi chiedete: “E come ha potuto tutto questo migliaio di
persone pensare a lui e poi moltiplicarlo così nel proprio spirito, dal momento
che egli esiste soltanto nella sua stessa ed una persona?”.
5. La ragione sta nel fatto che, secondo
lo spirito, ognuno porta in sé l'altro non soltanto singolarmente, bensì
innumerevolmente, così come due specchi, messi di fronte, possono accogliere in
sé, reciprocamente, l'immagine che appare moltiplicata. Le due prime immagini
rispecchiate saranno naturalmente le più chiare e, nello stesso tempo, le più
grandi, tutte le successive diventeranno sempre più piccole ed anche meno vive.
6. Se, dunque, voi afferrate bene questa
premessa, non vi sarà difficile comprendere anche l'apparizione qui, nel Regno
degli spiriti, poiché quelli che voi chiamate pensieri figurati sono qui delle
apparizioni perfettamente coniate. La prima è la più viva e la meno
transitoria, le susseguenti, oppure i cosiddetti pensieri secondari, che voi
pure conoscete come fuggevoli ricordi, non sono altrettanto validi ed a meno di
una ferma volontà dell'individuo, che li porta in sé, non giungono ad apparire
esteriormente. Noi, però, ci trovavamo prima dinanzi a questi abitanti nel
giardino ed abbiamo discusso con loro di cose importantissime, per conseguenza
noi eravamo e siamo ancora i loro pensieri principali, oppure i principali
riflessi in loro, ragione per cui essi hanno continuato a vederci, senza che
noi, con la nostra individualità fondamentale, avessimo avuto bisogno di essere
costantemente dinanzi a loro.
7. Una proprietà principale di questa
apparizione sta nel fatto che, per colui che l'ha chiamata all'esistenza dai
suoi pensieri principali, essa è capace di parlare e perciò di stabilire un
colloquio. Voi chiedete come ciò sia possibile. Anche per questo caso, ci sono
delle apparizioni nel mondo che hanno qualche somiglianza. Qualcuno, ad
esempio, può avere un sogno nel quale ha detto questo o quello ad un amico, il
quale a sua volta gli ha risposto. Quando da sveglio incontra il suo amico,
risulta che costui non conosce nemmeno una sillaba di lui che la sua immagine
ha detto in sogno all'altro. Tuttavia, il discorso fra il sognatore e il suo
amico era così combinato che il sognatore non sapeva ciò che l'amico gli
avrebbe detto fino a che egli non ha cominciato a parlare. Dunque, questa
sarebbe un'apparizione simile.
8. Un'altra apparizione simile, o
fenomeno, è quello dell'ubiquità duplice o molteplice; in questa circostanza,
queste copie dell'individualità principale non di rado scambiano parole con
coloro ai quali esse appaiono. In questa circostanza, la somiglianza con questa
apparizione spirituale pura emerge un po' più definita, poiché in questa sfera
l'individuo principale non di rado sa, anche se in modo confuso, che cosa ha
detto nella sua apparizione solamente spirituale. A questo punto voi dite:
“Questa apparizione, però, non dipende dal pensiero principale di colui al
quale essa è apparsa?”. Questo è vero, perciò tutti questi fenomeni sono stati
citati come somiglianti e non come pienamente identici. Essi hanno nel vero e
proprio fondamento l'una e la stessa origine, però la loro formazione deve
apparire sulla Terra necessariamente molto più velata che non qui, dove tutto
sta a noi dinanzi spiritualmente aperto e limpido.
9. Tuttavia, per una più facile
comprensione, voi potete prendere nota, in aggiunta, che le apparizioni, quali
separate dagli individui principali, possono venir attuate in duplice modo.
Primo: così come già qui esposto; secondo: anche per mezzo della ferma volontà
di colui che vuole apparire fuori della sua individualità principale. Quando si
tratta di questa seconda maniera, la cosa è più profondamente afferrabile e si
può stabilire più esattamente anche la natura della duplice o molteplice
ubiquità. Sulla Terra però ciò non può mai essere effettuato esattamente,
poiché lo spirituale è tuttavia inevitabilmente sempre in conflitto con la
materia, perfino nelle migliori circostanze.
10. Vi sarebbe ancora una terza maniera
simile di tali fenomeni discorsivi e cioè nei dicitori di monologhi che mettono
dinanzi a loro un immaginario individuo parlante e poi cominciano con lui un
dialogo. Questo esempio si adatta, meglio d'ogni altro, al nostro caso; l'unica
differenza è che la persona stabilita di fronte al dicitore di monologhi non
appare affatto e secondariamente che questo interlocutore immaginario dice
soltanto ciò che l'altro gli mette in bocca.
11. Qui l'apparizione parla nello stesso
modo dell'individuo e la causa sta nel fatto che l'apparizione non è più
fantastica, bensì è l'espressione spirituale viva dell'individuo principale
stesso, manifestata all'esterno.
12. In sostanza, essa è formalmente
l'amore fraterno e l’amore del prossimo, il quale ha la sua origine soltanto
nel Signore. Poiché, vedete, in seguito all'Amore del Signore in ogni spirito,
anche ogni spirito è in perpetuo rapporto con il Signore stesso e, di
conseguenza, anche tutto quello che in ogni spirito si trova. Dunque, se noi ci
mostriamo ad uno spirito, o compariamo dinanzi ad esso parlando, come nel nostro
caso, non nella realtà principale, bensì soltanto nell'apparenza, questa nostra
manifestazione viene consegnata vivente nel Signore. Quando, dopo ciò, io penso
qualcosa, un tale pensiero passa immediatamente attraverso il Signore nel
nostro secondo oppure anche centesimo “Io” apparente e questo, allora, parla ed
agisce proprio come se noi stessi, nella nostra realtà, fossimo presenti, e
noi, quale individualità principale, possiamo anche sapere, nel minimo
dettaglio, quello che la nostra immagine apparente ha fatto e detto.
13. Questo sembra a voi certamente molto
miracoloso, ma nel perfetto Regno della Vita avviene che la forma operante,
vivente di uno stesso spirito, venga richiesta da parecchie parti pure in
maniera vivente. Non dicono, anche fra voi, alcuni uomini indaffarati: “Se
potessi essere presente dappertutto nello stesso tempo; se solo mi potessi
suddividere!”. Questo linguaggio, questo desiderio e questo pensiero, spesso
molto forte, sono la prova più evidente che nel Regno dello Spirito deve essere
possibile, nel modo già descritto, suddividersi, operando, senza con ciò dover
subire nella propria individualità principale, quale unità, nemmeno la minima
suddivisione.
14. Poiché ciò che è possibile pensare
sempre allo spirito, nel Regno degli spiriti risulta presente e completamente
formato, con la sola differenza che quanto prodotto risulta essere imperfetto
negli spiriti imperfetti e perfetto negli spiriti perfetti, quale immagine e
somiglianza del Perfettissimo nel Signore. Suppongo che non sarà più necessario
usare altre parole per questo caso; l'essere comprensivo saprà cosa s'intende
dire con ciò, mentre per l'incomprensivo non basterebbe dire neppure le mille
volte tanto. Ora, però, la nostra compagnia sta già arrivando dal chiostro,
dunque, prepariamoci a riceverla.
[indice]
* * * * *
Siate astuti come i serpenti e
semplici come le colombe
1. Ed ecco, ora si avvicina a noi il
precedente interlocutore e mi chiede, dato che vede un forestiero accanto al
priore, chi è quell'Uomo e che cosa ci fa qui. Voi, di primo acchito, non
considerate questa domanda di grande importanza, però, se voi riflettete che
qui si tratta esclusivamente della Verità, la domanda stessa vi risulterà
certamente più significativa di quanto, dalle semplici parole, possa apparire.
Dunque, generalmente si deve dire la piena verità al richiedente? Oppure si
deve dargli una risposta evasiva? O si deve non rispondergli affatto o soltanto
a metà? Oppure si deve dirgli di attendere, dato che la risposta gli verrà
comunque data in seguito, in base allo sviluppo degli avvenimenti? Vedete,
questi sono dei punti che bisogna chiarire, dato che fanno tutti riferimento
alla domanda del monaco.
2. Comunque, ora vediamo come possiamo
sbrigarcela con l'interrogante, perciò gli dico: “Ascolta, caro amico e
fratello, questo non è l'ambiente veramente adatto per dirti se tu, con la tua
domanda, sei arrivato troppo presto oppure troppo tardi. La tua domanda è buona
in se stessa, ma, secondo l'Ordine divino, sarebbe ingiusto da parte mia darti
una risposta prima che tu, secondo il tuo intimo, sia in grado di sopportarla.
3. Poiché, vedi, certe risposte qui, nel
Regno degli spiriti, sono costituite in modo tale che potrebbero costare la
vita dell'interrogante se dovessero venirgli date prima del tempo. Perciò,
questa volta, alla tua domanda non posso dire altro se non di pazientare,
nell'umiltà e nell'Amore per il Signore e, al momento giusto, riceverai anche
la necessaria chiarificazione sul forestiero. Ora, però, sospendiamo questo
discorso, poiché, come vedi, tutta la compagnia è già qui, guidata dal
forestiero e dal priore”.
4. Il monaco osserva: “Certo, caro ed
alto amico e fratello, la tua risposta è pienamente prudente ed illuminante per
te, però, dal canto mio, mi devo accontentare della mia oscurità. Ciò nondimeno
tu mi hai parlato in modo contrario alle mie aspettative, poiché dietro la tua
risposta io ho tratto abilmente la convinzione che dietro Questo forestiero si
deve celare qualcosa di speciale e, come in precedenza ti ho accennato, ero di
spirito molto acuto nel giudicare certe cose. Ritornando al forestiero, se non
ci fosse sotto qualcosa, non ci sarebbe per te nessuna ragione per dovermi dare
una risposta alquanto evasiva. Se Questo forestiero fosse, al pari di te,
soltanto un messaggero dai Cieli, la Sua conoscenza mi sarebbe sicuramente
altrettanto poco pericolosa quanto la tua. Di conseguenza, Egli deve essere
senz'altro molto più importante ed elevato di te, dal momento che tu dai di Lui
una tale testimonianza.
5. Oltre a ciò, sento pure in me, al Suo
avvicinarSi, un’attrazione fino ad ora mai provata, e quest'attrazione mi fa
sentire - come se fosse un leggero presentimento - che Questo forestiero è
molto vicino al Signore e che nessuno potrebbe essere più vicino al Signore di
Costui! Ho ragione, oppure no?”.
6. Ed io gli dico: “Caro amico e
fratello, non ti posso dire altro se non di essere umile ed attenerti all'Amore
del Signore, e così non andrai perduto. Non essere precipitoso, poiché per una
cosa buona va richiesto il suo tempo. Chi raccoglie innanzi tempo i frutti
dell'Albero della Vita e prima ancora quelli dell'Albero della Conoscenza si
danneggia duplicemente, ottenendo anzitutto dei frutti immaturi, dei quali non
può saziarsi ma soltanto pregiudicare la propria salute e poi con ciò egli
rovina l'albero, poiché, con il privarlo innanzi tempo dei suoi frutti, gli
toglie l'occasione di deporre in essi la pienezza benedetta della sua riserva
di succhi e in tal modo di mantenersi idoneo per una prossima fruttificazione.
Ciò non ti sarà difficile da comprendere, dato che sulla Terra sei stato un
buon frutticoltore”.
7. Il monaco dice: “Questo certamente lo
comprendo benissimo, perciò ora sono in silenzio, come un gatto quando fiuta il
topo”.
8. Come vedete, ora abbiamo
tranquillizzato il monaco e questa è una cosa giusta. Voi, forse, potreste
credere che questo monaco sia l'unico volpone della compagnia! Vi assicuro che
di tali volponi ce ne sono ancora parecchi. Dunque, questo è anche un residuo
della mondanità pretesca, che, non di rado, è propria di questi sacerdoti
cattolico-romani e specialmente di certe comunità claustrali. Perciò questa
mondanità deve pure essere eliminata, poiché qui cose del genere non si possono
usare, infatti l'Amore puro non dev'essere adombrato da nessun genere di
astuzia. Un amore al quale aderisse ancora un certo grado di astuzia, non può
essere puro, come potete già osservare nel mondo materiale.
9. Prendete, ad esempio, una ragazza
costumata e bene allevata, che sia amata da un giovane stimabile che si
interessi molto a lei. Essa, però, per essere pienamente sicura del suo amore,
impiega ogni genere di mezzi d'informazione da essa astutamente escogitati, con
i quali vuole persuadersi di come stanno veramente le cose nell'intimo di lui,
con riguardo all'amore per lei. Se osserverete questo esempio superficialmente,
direte: “La ragazza agisce onestamente, poiché quello che fa, è la prova più
sicura che essa lo ama molto e che, conseguentemente, tiene molto a lui ed alla
sua integrità morale”.
10. “Bene - dico io - noi esamineremo
questo amore un po' più vicino e vedremo se esso resiste alla prova. Ammettiamo
che il giovane venga a conoscenza dell'astuzia della sua prescelta e pensi fra
sé: “Di che specie è il tuo amore, se mi metti alle calcagna degli informatori?
Io non mi sono mai neppure sognato una cosa simile, poiché ho avuto piena
fiducia nel tuo cuore. Per quale motivo dovresti considerarmi più infedele di
quanto tu lo sia di me? Aspetta un po', anch'io allora voglio mettere alla
prova il tuo amore e comportarmi come se avessi una relazione con un'altra
ragazza, così si potrà vedere qual è la natura del tuo amore. Se tu mi ami,
come io amo te, non ti scandalizzerai di me, se invece il tuo amore non è puro
come il mio, ti allontanerai da me e il tuo cuore, anziché d'amore, si riempirà
soltanto d'ira verso di me”.
11. Ed egli anche così fece e si può
facilmente immaginare che l'astuta ragazza ne venne ben presto a conoscenza. E
quale ne è stato il risultato? Ascoltiamo un po' che cosa dice, poiché la bocca
parla di ciò di cui il cuore è pieno; le parole potrebbero essere le seguenti:
“Ecco, ci siamo! Oh, io ho un sentore molto fine e le cose stanno proprio come
pensavo. Quel traditore del mio cuore, quell'uomo senza onore, mi ha preso per
una insensata e credeva di potersela cavare facilmente con un essere misero
come me, ma il misero essere non è tanto sciocco come pensava quel traditore
senza onore, mentre è un milione di volte più furbo di lui ed ha perciò messo
in chiaro, in tal modo, l'essere scandaloso che si cela nell'uomo sedicente,
accorto e leale. Vieni ora alla mia presenza, o immagine infedele e senza
onore, ed io ti dimostrerò come contraccambio il tuo amore, in modo che te ne
ricorderai per un pezzo”.
12. Vedete a che cosa è servita l'astuzia?
Io vi dico: “A nulla, se non che essa è scesa di parecchi gradini nella stima
del suo pretendente”. Che cosa succederà quando il giovane verrà da lei?
Dunque, egli entra e le va incontro con il più sincero amore; invece, come gli
va incontro essa? Osservate la grande freddezza e, nello stesso tempo, una
specie di fornace piena di rovente gelosia. Egli si meraviglia altamente di
questo suo contegno, e le dice: “Ascolta, questo tuo modo di accogliermi mi
sorprende enormemente; quale ne è la causa?”. Essa risponde: “Una giovane
onorata non è debitrice di nessuna risposta ad un uomo tanto sleale, e non può
dire altro se non che è ancora più infame da parte sua che, quale un traditore
d'amore ed un falso consolatore di cuori, si azzardi di presentarsi laddove non
c'è più posto per lui e dove ha osato avvicinarsi indegnamente in seguito alla
sua sleale condotta”.
13. Egli dice: “Cosa mai io devo
ascoltare! Dunque, questo era il tuo amore per me? In verità, se tu mi avessi
veramente e sinceramente amato, come io ti ho amata, tu ti saresti fidata di
me, come io mi sono fidato di te, e non mi avresti fatto sorvegliare da
informatori segreti. Io però ne sono venuto a conoscenza ed ho messo alla prova
il tuo amore, e, come vedi, questo non ha resistito alla prova. Tu, in realtà,
non mi hai mai amato, bensì volevi, per amor di te stessa, essere soltanto
amata da me. In me, tu volevi soltanto onorare la tua immagine, mentre la mia
immagine in te era soltanto oggetto del tuo disprezzo. Vedi, io non so che
farmene di un tale amore! Però, io ti accordo un certo tempo, scruta in questo
tuo cuore se tu puoi amare come io ti ho amata e ancora ti amo. Se tu lo puoi,
io non voglio bandirti dal mio cuore, bensì tenerti nella stessa considerazione
di prima. Se non lo puoi, allora, trascorso il termine, tu non vedrai più la
mia faccia”.
14. Che farà la nostra ragazza dopo un
tale discorso molto significativo? Qui ci sono due vie aperte; il suo orgoglio
ferito è stato vinto dalla saggezza dell'uomo e la ragazza riconosce la sua
colpa, ed allora la cosa s'intenderà regolata. Ma se il suo orgoglio offeso
aumenta, allora la cosa prenderà una brutta piega, ciò che di solito avviene
molto più spesso. Infatti, il cuore femminile, non sentendo abbastanza amore,
si sente svalutato dalla saggezza dell'uomo; e generalmente, anziché decidere
per la riconciliazione, comincia innanzitutto a valutare se stessa e nel
proprio intimo a covare la vendetta. Io penso che questo esempio vi avrà
persuasi a sufficienza che una certa astuzia non può far parte del vero e puro
amore.
15. Qui veramente voi dite: “Come si
dovrebbe comprendere allora, che il Signore, dopo aver dato ai Suoi apostoli e
discepoli l'unico comandamento dell'Amore, aggiunse tuttavia: «Siate astuti come serpenti e semplici come
colombe!»”.
16. O miei cari amici e fratelli, questa
prudenza e furberia è una cosa del tutto diversa e si basa sul fatto che l'uomo
non deve lasciarsi abbagliare da nessuna tentazione, come se l'Amore e la
Grazia del Signore lo avessero abbandonato. Egli invece si deve porre al di
sopra di tutto ciò, dall'intimo più profondo del suo cuore, e rivolgere, in
modo vivo e in se stesso, le seguenti parole: «O Signore, lascia che venga su
di me tutto quello che la Tua Santa Volontà considererà essere buono, e per
quanto tutto ciò mi possa sembrare strano e contraddittorio, io tuttavia so che
al di sopra di tutto ciò sei il mio Amorosissimo e Ottimo Padre ed io voglio
amarTi tanto più quanto più Tu Ti nascondi da me. Infatti, io so che Tu mi sei
sempre tanto più vicino quanto più lontano io possa pensare che Tu sia, perciò
io voglio amarTi sempre più, con tutte le forze della mia Vita!».
17. In questo esempio si trovano le
discusse furberia e semplicità dell'Amore riunite in uno, ma questa è una cosa
che manca ancora molto al nostro monaco, per quanto si creda furbo e di spirito
acuto; e nel corso delle trattative egli dovrà venir richiamato.
[indice]
* * * * *
Prove ulteriori. Inizio della
ricompensa
1. Oramai, anche il nostro priore con il
suo Uomo semplice è giunto vicino a noi con la faccia illuminata dalla gioia e
attrae l'attenzione dell'Uomo semplice su di me, dicendogli: “Guarda, caro
Amico e Fratello, là, fra quei due spiriti dall'apparenza insignificante, si
trova appunto l'altro messaggero”. L'Uomo semplice gli risponde: “Bene,
fratello Mio, va da lui e indicagli tutto quanto è avvenuto”. E il priore Gli
dice: “Ma Tu, caro Amico, non vieni con me?”. E l'Uomo semplice risponde: “Va
pure avanti; se la necessità lo richiederà, allora ti seguirò”.
2. Il priore si adegua a ciò, viene
verso di me e dice: “Caro ed elevato messaggero dell'Altissimo Iddio venuto dal
Cielo, guarda, qui sono tutti coloro che erano prigionieri; non uno è rimasto
indietro, anzi, al contrario, ne abbiamo con noi Uno di più. Quest'Uomo, però,
non è un prigioniero, bensì è proprio quest'Uno che io devo ringraziare dopo di
Dio, il Signore Onnipotente, per la salvezza dei poveri fratelli prigionieri”.
3. Ora parlo io: (Marco) “Però, mio caro
amico e fratello, se questo Straniero ha compiuto l'opera che era stata
assegnata a te, dove sta allora il tuo merito? Io ti ho posto come condizione
che tu solo, con l'aiuto del Signore, avresti dovuto liberare i prigionieri;
come allora ti sei potuto servire, a questo scopo, di Un forestiero,
innanzitutto, senza affatto preoccuparti di come invece avresti dovuto agire e,
in secondo luogo, senza sapere nemmeno chi era il Forestiero che ti ha aiutato?
Se tu usi operare così, cosa si potrà affidarti in futuro?
4. Non sai tu dunque che il Signore non
ti ha conferito una forza affinché tu poltrissi, bensì Egli ti ha donato la
forza della Vita, per la Sua grande Misericordia, soltanto per una giusta
attività d'Amore? Perciò, chiedi a te stesso in quale luce tu appaia dinanzi a
me. Io però ti dico: «Giustificati ora, dinanzi a me, con delle buone ragioni,
altrimenti io considererò la tua missione come non compiuta e alla fine porrò
te stesso dietro alla voragine a te ben nota, cosicché tu solo debba sopportare
la vista delle fiamme e riflettere su come si deve agire sulle Vie del Signore
per essere in regola»”.
5. Il priore dice: “Mio caro amico e
fratello, se non c'è altro che solo questo, allora vado a cacciarmi senza
indugio dietro la voragine fiammeggiante, e se anche, secondo i calcoli della
Terra, io vi dovrei soffrire tutto solo per mille anni, ma che sapessi che i
miei poveri fratelli sono salvi, allora in quelle fiamme io tuttavia loderei e
magnificherei il Signore, oltre ogni misura, per essere Egli stato tanto
benigno e misericordioso verso i miei poveri fratelli prigionieri, tramite
l'ausilio di questo Forestiero così pieno d'Amore!
6. Infatti, io sono persuaso di aver
seguito puntualmente il tuo consiglio, e non già forzatamente, bensì con Amore
e con la mia piena soddisfazione. Io mi sono rivolto al Signore, insieme ai
miei fratelli, e quando la nostra fiducia nell'Amore e nella Misericordia del
Signore aveva raggiunto il massimo grado, allora Questo Salvatore forestiero
venne a me, ed io pensai: «Di una cosa sono certo, e cioè che io sono troppo
indegno per attendermi un aiuto personale del Signore. Dato però che il Signore
è tuttavia infinitamente Misericordioso, Egli mi ha certamente inviato nel Suo
Santissimo Nome quest'Uomo quale un Salvatore e perciò sia a Dio ogni lode,
ogni onore ed ogni Gloria! I fratelli sono salvi, e ciò senza la minima mia
collaborazione; ora può accadere di me quel che si vuole!». Devo andare dietro la voragine,
ebbene, dammi subito l'ordine ed io mi affretterò ad andarci, giubilando e
lodando il Signore, e se possibile espiare dieci volte per ciascuno di loro!”.
7. Ora parlo io: “Bene, amico e fratello
mio, ma lo dici proprio sul serio?”. E il priore risponde: “O amico e fratello,
non si tratta che di fare una prova; dammi soltanto l'ordine e ti convincerai
subito che voglio agire come parlo e come richiede la Santissima Volontà del
Signore”. Ed io gli dico: “Bene, allora puoi subito incamminarti, dunque,
recati là per amore dei tuoi fratelli!”.
8. E, vedete, il priore mi ringrazia per
quest'ordine, si volge e s'incammina direttamente sulla via del ritorno, per
prendere il suo posto dietro la voragine. Strada facendo si avvicina all'Uomo
semplice e Gli dice: “Caro Amico e Fratello, Tu avevi ragione; infatti, come
vedi, devo sul serio andare io stesso, per questi miei fratelli salvati, dietro
la voragine a riflettere come si deve operare sulle Vie del Signore. Però ci
vado volentieri, a me basta che i miei fratelli siano salvi e quello che
riguarda me importa poco. Io posso soltanto lodare e magnificare il Signore per
il Suo grande Amore e la Sua Misericordia ed amarLo sopra ogni cosa secondo la
mia forza che, allora, le fiamme mi possono ben poco confondere; così ora vado
nel Nome del Signore, ma quando Tu andrai da Lui, ricordati di me!”.
9. L'Uomo semplice dice: “O, di questo
ne puoi essere certo! Io non ti dimenticherò; però, ora va e adempi la volontà
del messaggero!”. E guardate, ora egli se ne va sul serio, giubilando nel Nome
del Signore. Voi chiedete quanto tempo egli dovrà restare là. Ma io vi dico:
“Non preoccupatevi per lui; egli sarà nuovamente qui, perché invece della
voragine incontrerà là soltanto alti ospiti del Cielo, che gli faranno
indossare una nuova veste.
10. Guardate, proprio ora sta venendo
verso di me, indossando una veste bianca, con una corona lucente sul capo.
Eccolo, ed io gli domando: “Caro amico e fratello, che cosa è mai ciò? Dov'è il
tuo sacrificio dietro la voragine? Anziché espiare dietro questa, tu capiti
qui, con indosso una celeste veste d'Amore”.
11. Il priore dice: “O caro amico e
fratello, io non ci posso far nulla; vedi, mentre mi stavo avviando verso il
triste retro del nostro refettorio, al posto della voragine stavano tre
splendidi giovinetti che mi dissero: «Fratello nel Signore, noi sappiamo dove
tu vuoi andare, però quella non è la tua destinazione, poiché questa è stata
soltanto un'ultima prova per esaminare il tuo cuore. Levati perciò l'abito dei
tuoi passati errori ed indossa questa nuova veste d'Amore e di Verità». Io mi
rifiutai, e dissi loro: «O amici di Dio, io non sono degno di una simile grazia»; però il mio rifiuto non servì a
nulla, poiché, volente o nolente, venni spogliato del vecchio abito e mi si
fece indossare questa veste con la velocità d'un lampo, e ora mi ci trovo
dentro e me ne vergogno per non esserne degno! Ma cosa ci posso fare? La veste
oramai si trova nel mio corpo, e siccome non ne ho un'altra, non posso
denudarmi ed affrontare le risate sdegnate dei fratelli. Però, io penso che il
Signore permette che tutto ciò mi accada, affinché io venga umiliato da parte a
parte. Perciò, anche per questo vadano a Lui ogni lode, onore e gloria,
eternamente”.
12. Ora parlo io: “Certo, caro amico e
fratello, se le cose stanno così, allora anch'io devo dichiararmi soddisfatto;
ora però voglio farti una domanda ed a questa tu mi devi rispondere. Dimmi, che
faresti tu, mettiamo il caso, se il Signore venisse a noi?”.
13. Il priore dice: “O amico e fratello,
sarebbe spaventoso! In verità, se fosse possibile, preferirei mille volte di
più trovarmi dietro la voragine fiammeggiante o di nascondermi nell'angolo più
buio, o per lo meno di rimanere qui, però con indosso l'abito più misero che ci
sia, poiché, se il Signore mi vedesse con questa veste, potrebbe chiedermi:
«Come mai, tu sei giunto all'onore di questa veste, o tu, che ne sei certamente
fra i più immeritevoli?». O Fratello, cento monti sarebbero pochi per coprirmi
immediatamente, pur di non sopportare più a lungo una tale enorme e ben
meritata ignominia dinanzi al Signore. Però, se a te fosse possibile di
procurarmi un altro vestito, tu mi faresti un grande favore. Vesti piuttosto i
miei fratelli, che sono certamente più degni di me, con queste vesti celesti;
me, invece, avvolgimi con degli stracci e lascia che io rimanga dietro agli
altri. Io desidero adorare il mio Signore, nella massima umiltà, senza essere
visto, specialmente ora con questa veste non adatta per la mia meschina
persona, poiché io sono l'ultimo fra tutti i miei fratelli!»”.
14. Ora parlo io: “Caro amico e fratello!
Questo non dipende da me, va però da quell'Uomo semplice; Quegli è già in sé un
vero Aiutante. Egli certamente ti ascolterà di nuovo e ti darà quello che
desideri”.
15. Il priore dice: “Certo, mio caro
fratello ed amico, poiché quello è un vero Uomo. Ti devo anche confessare che
io ti voglio bene, ma che amo quest'Uomo, per lo meno al doppio che non te, per
il motivo forse che Egli è più dolce nel suo linguaggio ed ascolta molto
volentieri quello che Gli si dice; voglio perciò seguire il tuo consiglio e
mettermi sotto la Sua protezione”.
16. E, come vedete, il priore va dal suo Uomo
semplice, Gli espone il suo imbarazzo e Questi gli dice: “Caro amico e
fratello, questo tuo desiderio Mi è oltremodo gradito, perciò avvenga quello
che tu, con tanta umiltà, richiedi. Perciò, recati nel vicino pergolato e vi
troverai una altra veste”.
17. E il priore ci va in un salto, ma
ritorna immediatamente senza aver fatto nulla, dicendo: “Ma, caro amico, questo
sarebbe proprio un bel cambio! Anziché un vestito cencioso, degno di me, ho
trovato una veste azzurra sfavillante, orlata di stelle brillanti, completata
da una cintura, rosso pallido e, oltre a ciò, era talmente profumata che, alla
sua vista ed al suo delizioso profumo, mi sentii improvvisamente come rapito
dall'estasi!
18. Io perciò ti prego di non farmi altre
sorprese del genere, perché non potrei sopportarle. Piuttosto fammi trovare una
comune giacca di pelle, da contadino, e se oltre a ciò dovesse essere lacera e
rattoppata, io starei in essa indescrivibilmente più felice che in questa veste
che mi opprime fortemente”.
19. E l'Uomo semplice dice: “Allora va
laggiù, nel folto del fogliame, e troverai la veste giusta”.
20. E il priore se ne va, nuovamente
correndo, ma questa volta non è tanto presto di ritorno, poiché deve aver
trovato il vestito adatto. Ed è proprio così, poiché sta venendo in una casacca
di traliccio grigio, ed è lieto di averla trovata; si reca poi dall'Uomo
semplice e ringrazia Iddio dinanzi a noi per la Grazia ricevuta, ma questi gli
dice: “Tu ti senti certamente a tuo agio in questa misera ed umile veste, ma se
dovesse venire il Signore e vedendoti in questo stato ti dicesse: «Amico, come
mai che non indossi la veste nuziale?»”. E il priore risponde:
21. “Anche se venissi gettato fuori nelle
più fitte tenebre, non mi accadrebbe nient'altro se non quello che è
perfettamente giusto e ragionevole. Mi si mandi pure nel caftuccio più meschino
che ci sia, perché veramente quello là è il mio posto! Ma il considerarmi degno
del Cielo, anche quale il più misero fra coloro che comunque si trovano nel
Cielo più basso, deve essere eternamente per me l'ultimo pensiero”.
22. L'Uomo semplice dice: “Bene, ora però
voglio dirti qualcosa in segreto. Vedi, il messaggero sta già preparando tutti
i tuoi fratelli per la vicina apparizione del Signore, ed Io ti dico pure che
Egli sarà presto qui! Che farai ora?”.
23. Il priore dice: “Caro amico e
fratello, per amor del Signore Onnipotente conducimi dunque dove tu credi
meglio, in qualche angolo riposto di questo giardino, e se non ti chiedo troppo
rimani cgn me per lo meno fino a quando l'Onnipotente Signore avrà sbrigato il
Suo santo intento con tutti questi fratelli, e se all'ultimo momento Egli
volesse cercare anche me, allora mi getterei sulla mia faccia dinanzi a Lui ed
invocherei la Sua divina Misericordia”.
24. L'Uomo semplice dice: “Allora, come
stanno le cose con il tuo Amore per il Signore, dal momento che Lo temi
tanto?”.
25. Il priore risponde: “Per quanto
riguarda il mio Amore per il Signore, esso è effettivamente così potente che
per Lui farei qualunque cosa, sempre che fossi in grado di poterla fare! Però,
io sono già abbastanza contento quando, lontano da Lui, io posso
silenziosamente amarLo nel mio cuore! Ma di stare vicino a Lui, non ne sono
degno per tutte le eternità. Basta che io pensi soltanto alla mia autentica
vita di filisteo sulla Terra ed al modo in cui io, non di rado, ho approfittato
a mio favore della Potenza divina, che allora vorrei sparire dalla vergogna!
Lascia dunque che io prenda al più presto la fuga, ciò che per ora è la cosa
più salutare per me”.
26. E l'Uomo semplice dice: “Caro amico e
fratello, Io non vorrei in nessun caso essere di ostacolo alla tua giusta
umiltà, perciò seguiMi in questo angolo verso Oriente, là sarà difficile che ci
scorgano, poiché il fogliame è tanto fitto che non è tanto facile vedere
attraverso questo. Certamente l'Occhio di Dio è Onniveggente, ma questo per il
momento non importa. Andiamoci dunque senza attendere oltre e là giunti faremo
le nostre umili considerazioni quando il Signore apparirà; a meno che ci visiti
per primi!”. Il priore dice: “Di questo puoi essere certo, poiché il Signore
non va per primo dal più indegno, perciò saremo pienamente sicuri. Andiamo
dunque!”.
[indice]
* * * * *
Tutto deve essere rivelato davanti
allo scranno del giudice di Cristo
Il beatissimo riconoscimento del
priore
1. E ora il nostro priore con il
semplice Forestiero stanno raggiungendo quel fitto pergolato, consistente in
alberelli di fichi, e si riparano dietro ad esso.
2. Ora però fate attenzione, il noto
monaco mi si avvicina di nuovo e modestamente mi chiede: “Caro amico e
fratello, noi tutti indubbiamente ti riconosciamo quale alto messaggero del
Signore, mentre non sappiamo chi veramente è quel semplice Forestiero. Puoi
dirci perciò chi Egli è, poiché io L'ho osservato attentamente e ti devo
confessare apertamente che, nel corso delle mie osservazioni, il mio cuore si
riscaldava sempre più ed altrettanto succedeva pure ai miei fratelli. Io
ritengo perciò che in quell'Uomo non si cela cosa di poco conto. Egli dovrebbe
essere Pietro, oppure Paolo, o perfino il prediletto del Signore! Se non ho
colpito troppo lontano dal segno, fammelo capire fraternamente. Io veramente
non so cosa succederà di noi in futuro; dovremo forse andare nell'Inferno o per
lo meno in Purgatorio? Comunque, questo è certo: io amerò questo semplice Uomo
Forestiero per tutta l'eternità e ovunque mi troverò, e questo per la ragione
della Sua semplicità e amorevolezza nei confronti del nostro priore, cedendo
perfino alla sua debolezza e prendendolo alla fine perfino sotto la Sua
protezione nell'eventuale e spaventosa venuta del Signore.
3. Ecco, questo sì che io voglio
chiamare un vero amico degli uomini. Essere d'appoggio a qualcuno sulla Terra è
una cosa semplice, aperta, poiché là ogni uomo gode della sua piena libertà, ma
in questo Regno degli Spiriti, orribile, inesorabile, quasi completamente privo
d'amore, di grazia e di misericordia, è cosa del tutto diversa trovare un amico
così nobile e dietro al quale si possa ripararsi all'avvicinarsi di un simile
spaventoso pericolo. Ti prego perciò una volta ancora, anche a nome di tutti
questi fratelli, che tu mi dica chi è quest'Uomo. Egli forse sarebbe anche così
benigno e misericordioso verso di noi, proteggendoci e coprendoci, quando il
Signore comparirà spaventosamente con la faccia del Giudice inflessibile colmo
d'ira!
4. O amico e fratello, tu non puoi
certamente comprendere ed afferrare che cosa sia, per un povero peccatore,
presentarsi dinanzi al Tribunale di Cristo! Io preferirei farmi seppellire, per
l'eternità, alla massima profondità sotto questo suolo, che vedere, anche
soltanto per un attimo, la Faccia del Giustissimo Giudice, eternamente
inesorabile. Facci dunque questo ultimo favore, sempreché noi ne siamo degni,
anche solo in minimissima parte; dopo di che noi ci dichiareremo soddisfatti,
per l'eternità, della sentenza divina che sarà pronunciata a carico nostro.
Salvaci, perciò, soltanto dal vedere la faccia del Giudice inesorabile!”.
5. Ora parlo io: “Caro amico e fratello,
sai che tu pretendi da me delle cose strane e non rifletti che io non sono il
Signore, bensì soltanto un suo indegnissimo servo? Come tale, io non posso fare
quello che voglio, bensì soltanto quella che è la Volontà del Signore; e Questo
forestiero non è né Pietro né Paolo e nemmeno il discepolo prediletto del
Signore, bensì Egli è Uno che non è lontano da coloro che tu hai nominati, ma
neppure lontano da me e da te. Questo ti basti per il momento.
6. Però, che tu voglia proteggerti dietro
a Lui, insieme ai tuoi fratelli, dinanzi alla Faccia del Signore è cosa vana;
pensi tu che la Faccia del Signore non ti trovi ovunque tu sia? Oh, tu sei in
grande errore! Se però sei dell'opinione di poterti nascondere dietro le spalle
di quell'Uomo semplice, così da evitare lo sguardo del Signore, segui allora
con tutti i tuoi fratelli il priore e sul posto verrà dimostrato se tu sei
sicuro dinanzi alla Sua Faccia.
7. Credi tu che il Signore verrà qui
quando questo posto rimarrà vuoto? Questo non lo farà di certo, bensì si
recherà direttamente dove voi sarete, se non addirittura sarà ad attendervi
dietro il pergolato”.
8. Ora parla il nostro monaco: “O alto
amico e fratello, tu mi hai detto ora delle cose spaventose; se questo è il
caso, allora io non vorrei andare nel pergolato, ma piuttosto nascondermi solo,
o tutt'al più con un fratello, in qualche angolo sudicio, dove appunto, a causa
del sudiciume, Egli non mostrerà la Sua Faccia tanto presto”.
9. Ora parlo di nuovo io: “Caro amico e
fratello, anche questo ti servirà poco, infatti, il Signore ti troverà
dovunque, perfino se tu fossi sepolto nelle infime profondità. Perciò, è mia
opinione che tu rimanga piuttosto qui con i tuoi fratelli e ti rimetta alla
Volontà del Signore, e il Signore ti guarderà molto più benignamente nella tua
obbedienza che se tu arbitrariamente volessi, da insensato, nasconderti a Lui,
dinanzi al Quale, in eterno, nessuno può nascondersi”.
10. Il nostro monaco dice: “Se le cose
stanno così, allora, nel Nome Onnipotente del Signore, avvenga la Sua Santa
Volontà, poiché, in seguito al tuo discorso, siamo preparati a tutto!”. Ora
parlo io: “Bene, se voi pensate così, allora andiamo anche noi dove sono andati
il priore e l'Uomo semplice, per attendere là il Signore, nel posto più adatto
di questo giardino”.
11. E, vedete, i monaci, come pure tutti
i laici, si avviano seguendoci in tutta umiltà, ma anche con il cuore pieno di
paura, verso il ben noto pergolato. E ora eccoci arrivati, lasciamo però, per
un po', la nostra compagnia in attesa davanti al pergolato, mentre noi ci
recheremo un po' più verso il retro a vedere come stanno le cose con il nostro
priore.
12. Guardate, egli domanda già, con voce
alquanto incerta, al suo Amico Protettore: “Per Amore del Signore, cosa
significa ciò? La grande massa dei miei fratelli, che del resto mi sono cari,
si è mossa proprio ora direttamente verso questo angolo, il quale ci serviva da
nascondiglio. Alla fine si avvererà quello che Tu hai detto, cioè che il
Signore si presenterà, in primo luogo, proprio là dove mi sarei nascosto. Caro
Amico e Fratello, non sarebbe possibile cambiare posto?”.
13. L'Uomo semplice dice: “A che cosa ciò
ti servirebbe? Non sai cosa intendeva Paolo con il dire: «Noi dobbiamo diventare tutti aperti, dinanzi al Tribunale di Cristo!»”.
Il priore dice: “O caro Amico e Fratello, queste spaventose parole io le
conosco anche troppo bene! Ma che cosa si può fare se, ciònonostante, non mi
posso liberare di questa terribile paura del Signore?”.
14. Ora è l'Uomo semplice che parla:
“Ascolta, Mio caro amico e fratello, Io sono in grado di darti un buon
consiglio. Tu hai fatto osservare, un momento fa, che potresti amare il Signore
sopra ogni cosa e saresti già contento, per tutta l'eternità, se ti fosse
concesso di vederLo soltanto una volta sola, così, da lontano e di passaggio.
Però, tu sai anche che il Signore è un grande Amico di coloro che Lo amano e
che viene loro incontro, di nascosto, a mezza strada. Non sarebbe molto meglio
che tu, anziché la tua grande paura, dedicassi al Signore il tuo Amore, e che
il Signore poi, sempre di nascosto, venisse incontro a te, guarendoti dalla tua
paura, male alquanto insensato? Io sono dell'opinione che questo sarebbe
decisamente più conveniente che avere scioccamente paura di Colui Che si deve
soltanto Amare sopra ogni cosa!”.
15. Il priore dice: “Certamente, caro
Amico e Fratello, come sempre Tu hai perfettamente ragione. Oh, se mi fosse
concesso di Amare il Signore così da non essere, con il mio amore, troppo
insulso per Lui, poiché io sento, in modo veramente vivo in me, che posso Amare
soltanto il Signore, indescrivibilmente e inesprimibilmente!”.
16. L'Uomo semplice gli dice: “Vedi, Mio
caro amico e fratello, questo tuo linguaggio ora Mi piace infinitamente più di
quello di prima; perciò Io voglio rivelarti un piccolo segreto. Vedi, Colui che
tu hai tanto temuto, e temi ancora, non è lontano da te. Dimmi, temeresti tu
tanto il Signore, anche se Egli volesse apparire di fronte a te, semplice e
pieno d'Amore, del tutto simile a Me?”.
17. Il priore risponde: “O Amatissimo
Amico e Fratello, sotto un simile aspetto certamente non avrei paura di Lui; in
quanto all'Amore puro, credo che mi potrebbe quasi uccidere se dovessi
scorgere, dinanzi a me, il Signore, così, nella tua semplicità!”.
18. L'Uomo semplice dice: “Vedi, la Tua
paura deriva da una raffigurazione fondamentalmente errata del Signore, mentre
il Signore non corrisponde nemmeno in minima parte a tale raffigurazione. E
questa era anche la ragione per cui tu non potevi afferrare completamente il
Signore, con il tuo Amore. Dato, però, che una buona volta ogni errore deve
avere un termine, guarda qui! Anzitutto, osserva i Miei Piedi che portano
ancora le stimmate, poi osserva le Mie Mani e poni, come Tommaso, la tua mano
sul Mio Fianco trapassato, e ti persuaderai che anche dietro un fitto fogliame
non ci si può nascondere dal Signore!”.
19. Ed ecco, finalmente, il priore
riconosce il Signore nel suo Uomo semplice, e cade ai Suoi Piedi sopraffatto
dal più potente Amore; non essendo in grado di parlare, piange e singhiozza. Ma
il Signore si china subito su di lui, lo rialza, e gli dice: “Dimmi dunque,
fratello ed amico sempre Mio, sono Io tanto orribile e tremendamente spaventoso
come finora Mi hai raffigurato?”.
20. Il priore dice: “O Tu, Onnipotente e
Amatissimo Signore Gesù! Chi avrebbe osato anche soltanto di pensare che anche
nel Regno degli spiriti Tu sei tanto infinitamente Buono? O Signore, lascia che
io esca e gridi con tutte le mie forze, così che la mia voce possa raggiungere
tutte le immensità della Tua infinita Creazione, che Tu sei il Padre
infinitamente Amoroso e Santo!
21. O Signore, quanto infinitamente beato
sono ora che Ti ho così conosciuto! O certo, Tu sei il Cielo di tutti i Cieli e
la massima Beatitudine di tutte le beatitudini! Se io ho soltanto Te, e se mi è
concesso di AmarTi sempre di più, non chiedo né un Cielo né nessun'altra
Beatitudine! Lascia che costruisca qui una capanna, che sia abbastanza grande
da contenere me, i miei fratelli e Te, o Signore, ed io non la cambio di sicuro
con nessun'altra beatitudine! Ma Tu, o Amorosissimo Santo Gesù, non ci devi più
lasciare, poiché, oramai, senza di Te sarei eternamente infelice!”.
22. Il Signore dice: “Amico e Fratello
Mio, Io conosco il tuo cuore, lascia stare quello che tu desideri, invece va’
là fuori dai tuoi fratelli ed annunziaMi loro così come Io Mi sono annunziato a
te. Io ti seguirò ben presto per liberare tutti i tuoi fratelli, al pari di te,
e vi condurrò poi alla vostra vera ed eterna destinazione! Va’, dunque, ed
opera secondo il Mio Amore. Amen!”.
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* * * * *
Una confessione del predicatore
1. E, vedete, il nostro priore esce da
dietro il pergolato e va dai suoi fratelli, come il Signore gli ha comandato, ed
è al massimo della beatitudine; seguiamolo anche noi, per vedere come eseguirà
il nuovo incarico.
2. Il ben noto monaco loquace gli è già
andato incontro e gli chiede con una faccia che tradisce lo spavento: “Ascolta
fratello, com'è possibile che in questi momenti spaventosi, durante i quali
noi, tu compreso, siamo in attesa del Giudice inesorabile, puoi uscire dal tuo
nascondiglio con una faccia tanto lieta? Forse, questa è opera della tua
semplice Guida oppure ti sei persuaso da te, così da superare la prova? Non
vorresti dire a me e a tutti gli altri, come hai fatto a raggiungere tanta
letizia in questo terribile momento? Al Signore vada ogni lode, ogni onore e
tutta la riconoscenza per averti concesso una tale Grazia, ma in compenso noi
poveri peccatori sopportiamo qui una angoscia ed un affanno tanto maggiori. Oh,
se anche noi potessimo essere un po' aiutati, sarebbe per noi veramente molto
fruttuoso, per il nostro animo angustiato.
3. A dire il vero, quante volte sulla
Terra ho predicato al popolo dal pulpito, quanto sia spaventoso presentarsi
dinanzi alla Faccia del severo Giudice e ancora più spaventoso poi cadere nelle
Sue Mani. Può darsi che parecchi dei miei uditori si siano sentiti
terribilmente scossi fin nell'intimo da quelle mie prediche; è però certo che
ho preso a cuore tali mie prediche meno di tutti e, come sapete, rientrato in
convento, non ho mancato di gustare con appetito un buon boccone, accompagnato
da un buon bicchiere di vino”. Qui, invece, si realizza esattamente il detto:
“Chi scava la fossa agli altri, alla fine vi cade egli stesso, così che ora mi
trovo in questa fossa fino al collo e sento fortemente e in modo vivo, quello
che, durante la mia esistenza terrena, volevo far sentire agli altri con le mie
prediche. Ecco perché ti prego con tanta insistenza affinché tu voglia
comunicare a noi tutti, com'è possibile, nella condizione in cui ci troviamo,
che tu sia di animo così lieto. Perché credo che ciò potrà forse giovarci per
procurare a noi un po' di conforto”.
4. Il priore dice: “Ascolta, dunque,
amatissimo fratello, la causa della mia paura di un tempo e della tua attuale
del Signore sta nel fatto che noi non abbiamo mai voluto il Signore così come
Egli è nella Sua realtà, bensì abbiamo fatto di Lui l'essere più spaventoso di
tutti gli esseri. Così, in seguito, noi abbiamo perduto il Vero Cristo, il
Quale, perfino dalla Croce, sanguinante e morente, benedisse i Suoi più grandi
nemici, torturatori e calunniatori, scusandoli per la loro ignoranza; quel
Cristo che accolse a cuore aperto quel malfattore che si era rivolto a Lui e
che non ha condannato nemmeno l'altro, che Lo oltraggiava perfino sulla Croce.
Noi, al posto di Questo Vero e Santissimo Cristo, ci siamo formati un Cristo
tirannico, pronto a punire o a covare costantemente vendetta, fino al giorno
fissato, dalla nostra fantasia malata, nel quale avrebbe dovuto aver luogo il
giudizio. Mentre avremmo per lo meno dovuto capire che se il Signore avesse
voluto vendicarsi della Sue misere creature, non avrebbe avuto bisogno di un
termine di così lunga scadenza, ma avrebbe potuto fare con loro come fece con
Sodoma e Gomorra.
5. Inoltre noi ci raffiguravamo il
Cristo sempre in una tale inaccessibile altezza, dalla quale Egli, per così
dire, si curava ben poco delle Sue creature, bensì le lasciava completamente
libere, fino al giorno del giudizio, dato che esse avevano la Sua Parola e la
Sua Legge, mentre non riflettevamo abbastanza sulle parole del Buon Pastore e
così pure la promessa «Io rimango con voi
fino alla fine dei tempi» è passata inascoltata dinanzi al nostro cuore
sordo e noi, anziché soffermare il pensiero sulla vivente Presenza del Cristo,
ci accontentavamo di quella del morto cerimoniale, attraverso il quale
perdevamo sempre più il Vero Cristo.
6. Noi trasformavamo tutto ciò che era
spirituale in materiale e infine abbiamo avuto l'ordine di essere giornalmente
i creatori del Cristo, (attraverso la transustanziazione) e peccammo con questa
pretesa di potenza, che grida vendetta al Cielo, contro l'Amore e la
Misericordia divina! Considerato che il Cristo pieno d'Amore non avrebbe reso
tanto, in termini temporali, quanto quello severissimo secondo la Legge
inesorabile, noi sottoponemmo tutto alla Sua rigorosa Giustizia, invece di
sottoporlo, come esseri deboli, al Suo eterno Amore ed alla Sua Misericordia. E
come Lo abbiamo reso così terrenamente sopportabile e produttore d'interessi,
così Egli è rimasto anche qui per il nostro animo, fino al momento attuale.
7. Credete che il vero Cristo Si sia
perciò veramente trasformato ed abbia assunto l'aspetto che noi, nella nostra
fantasia malata, Gli abbiamo dato? Oh, no, miei cari fratelli! Egli è rimasto
come sempre era, e come eternamente sarà, lo stesso Padre Santo, infinitamente
Buono e Misericordioso.
8. Egli è pure sempre quello stesso
Amico amoroso che dice a tutti: «Venite a Me voi tutti, che siete affaticati e stanchi, ed Io vi ristorerò».
9. Oh, amici miei cari, io vorrei ancora
dirvi, se mai un abitante della Terra può commettere un peccato gravissimo, non
se ne potrebbe trovare tanto facilmente uno come questo in cui, per indegna
avidità di lucro terreno, sono stati disconosciuti l'inesprimibile Bontà e
Amore del Signore, così come l'abbiamo disconosciuto noi!
10. Riflettete sulla parabola del figliol
prodigo; che fece questo, di tanto rilevante, così da potersi riconciliare con
il padre suo, profondamente afflitto!? Nient'altro se non a ritornare a casa da
suo padre e ancora, spinto e costretto dalla tremenda fame e da altre necessità
della vita, per essere là, in casa del padre, comunque, quale l'ultimo servo.
Che fece invece il padre suo? Egli andò incontro al figlio che stava
ritornando, quando quest'ultimo gli cadde ai piedi e gli espose la sua
impellente necessità, il padre lo rialzò, lo strinse al suo petto, gli fece
indossare la veste più splendida e ordinò, per soprappiù, che si preparasse un
banchetto di gioia.
11. Ditemi, cari fratelli, abbiamo mai
considerato Cristo da questo punto di vista? È vero che abbiamo predicato anche
la parabola del “figliol prodigo”, ma come? Il figlio perduto doveva convertirsi
grazie alla nostra confessione e poi attraverso ogni tipo di penitenze da noi
imposte, che, non di rado, erano peggiori del mangiare dei maiali del figliol
prodigo in terra straniera. E quando un tale figlio perduto, dopo la
confessione, si era anche realmente convertito, anziché l'Unico Padre veramente
Buono, egli non trovava altri se non noi che lo avevamo indotto al presunto
ritorno, senza tanto pensare chi era veramente il Padre, dove Egli veramente è
e da che parte il figlio perduto avrebbe dovuto dirigersi!
12. Ecco quello che veramente abbiamo
fatto, mentre il Buono e Santo Padre non è mutato. Voi siete, insieme a me,
nient'altro che tali e quali figlioli perduti, che hanno dissipato, molto
prima, i beni ricevuti dal Padre sulla Terra, facendo una vita dissoluta.
Oramai è già da lungo tempo che sentiamo amaramente la nostra povertà, fuori
dalla Casa Paterna. Ritorniamoci e gettiamoci ai Piedi del Padre, non perché ci
prepari un sontuoso banchetto e ci accolga con grandi festeggiamenti, ma soltanto
perché ci sia concesso essere veramente gli ultimissimi nella Sua Casa Paterna
e amarLo poi con tutte le nostre forze viventi!”.
13. Il monaco dice: “Oh fratello, quali
parole hai pronunciato e quale balsamo celeste hai, con ciò, versato nei nostri
cuori! Oh, certamente ci hai portato l'eterna Verità; come potevamo temere il
Buonissimo Padre Santo, Colui che dovevamo attendere con la massima gioia e con
il massimo amore del nostro cuore? Fratello mio caro, io ti posso assicurare
che mi hai tolto dal cuore anche tutta la paura che avevo per la comparsa del
Signore ed in modo tale che non avrei timore nemmeno del più severo giudizio.
Infatti, a me basta soltanto sapere che posso amare il Cristo, il Quale è così
infinitamente colmo d'Amore. Dato che Egli, in Se stesso, è tanto infinitamente
Buono e Amoroso e sento che posso essere felice dappertutto, quando posso Amare
Lui, che è l'Amore nella Sua Pienezza.
14. Io ti ringrazio, caro fratello, anche
a nome di tutti questi nostri fratelli, per averci portato questa splendida
notizia, che ti è stata certamente suggerita da quell'Amorevole Uomo semplice.
E ti do pure la piena assicurazione che io, e noi tutti, non cesseremo mai di
Amare eternamente il Vero Cristo sopra ogni cosa, perché Egli, in Sé e fuori da
Sé, è tanto misericordioso ed infinitamente Buono! Infatti, chi non potesse
amarLo così, dovrebbe essere il peggiore demonio infernale. E come io, prima,
avevo tanta paura di comparire dinanzi alla Sua Faccia, così, d'ora in poi,
sarà eternamente il mio più ardente desiderio, nella mia grande indegnità,
vedere il Santissimo Padre, faccia a faccia, sia pure una volta soltanto.
15. Oh, Tu, mio caro Cristo! Quanto Ti
Amo ora Che Ti ho conosciuto meglio di quando ero sulla Terra! Sii verso di me,
povero peccatore, benigno e misericordioso, solamente quel tanto da non
togliermi questa mia Beatitudine, che consiste nel poterTi Amare, con tutte le
mie forze, ovunque la Tua Misericordia e la Tua Santa Volontà mi destineranno.
Oh Signore, io non Ti chiedo nulla, poiché non sono degno della minima grazia,
lasciaTi soltanto Amare da me e, se è possibile, lasciami struggere
completamente in tale mio Amore per Te!”.
16. Il priore dice: “Mio caro fratello,
dal momento che tu sei tanto cambiato nel tuo animo, ti piace quel mio Uomo
semplice che proprio ora esce da dietro al pergolato?”.
17. Il monaco dice: “Oh carissimo
fratello, quest'Uomo mi è sempre piaciuto immensamente, fin dal Suo primo
apparire, io Lo seguirei dovunque volesse recarsi e qualunque fosse il posto in
cui volesse mettersi in attesa del Signore, io vi rimarrei fermo come una
roccia, per una eternità, senza spostarmi nemmeno di un soffio. Questo sarebbe
proprio un Uomo, al cui collo mi getterei riversando a Lui tutto il mio Amore”.
Il priore dice: “Che faresti tu, allora, caro fratello, se il Signore della
Terra e di tutti i Cieli ti Si avvicinasse in tale semplicità?”.
18. Il monaco dice: “Oh fratello, per
esprimere un tale sentimento, credo che perfino agli spiriti celesti più elevati
stenterebbero ad uscire dal petto le parole. Infatti, una tale beatitudine
sarebbe insopportabilmente grande, anche se dovesse durare un attimo”.
19. Il priore dice: “Discuti con il
semplice Uomo stesso, che proprio ora si avvicina a noi; Egli è certo in grado
di darti i migliori chiarimenti su ciò in cui, credimi fratello, a me mancano
le parole”. Perciò ti dico: «Va’ tu, anzi, andate voi tutti
incontro a quest'Uomo semplice; Egli mostrerà a voi, come ha mostrato a me, la
Vera Via che conduce al Padre, e non solo, ma anche il Padre stesso!». Di più non posso dirvi!”.
20. Ora, però, l'Uomo semplice apre le
braccia e dice: “Figlioli, venite nelle braccia del vostro Buon Padre, poiché
Io sono Colui del quale avevate tanta paura!”.
21. Un grido generale parte da tutti i
cuori e tutti cadono ai Suoi Piedi e piangono di gioia per il grande Amore per
Lui! E tutto ciò che si può ascoltare dalla loro bocca è: “Oh Tu Padre Santo!
Tanto infinitamente Buono sei Tu? O se noi potessimo amarTi soltanto in una
minima parte, di tutto quell'Amore di cui sei degno!”.
22. E, vedete, il Signore si china su di
loro, li rialza tutti e dice: “Figlioli, ascoltate ed apprendete la Mia severa
sentenza di Giudice, che così suona: «SeguiteMi, poiché il vostro Unico e Vero
Padre Buono vuole condurvi Egli stesso nel luogo adatto della vostra
destinazione, che sempre più migliorerà, nel Regno Mio!». Non però qui, in
questo luogo, dove è ancora visibile buona parte del vostro inganno dei sensi,
bensì in un posto viventemente puro Io voglio mostrarvi ciò che dovrete fare e
come dovrete veramente amarMi, perfettamente in Spirito ed in Verità, e perciò,
in tale Amore, adorarMi quale Unico Dio eternamente Vero! Dunque, abbandonate
qui tutto e seguiteMi!”.
23. Ed ecco, ora il Caro Padre riporta
nuovamente nella Sua Casa un altro manipolo di figli perduti, ed essi lo
seguono, lodando e magnificando il Suo Santo Nome. Seguiamoli noi pure,
affinché possiamo assistere alla piena soluzione.
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* * * * *
Il segreto del vero progresso
1. E, guardate, ora noi ci troviamo
sulla riva della grande distesa d'acqua, a voi già nota; come l'attraverseremo?
Io vi dico: “Con una simile Guida non c'è ragione di preoccuparsi, poiché Egli
sa come trasformare immediatamente l'acqua in terraferma; una cosa simile voi
non l'avete ancora vista”. Guardate come il priore, che si trova più vicino a
lui, Gli chiede: “Oh Tu, eterno Amore! Mio Amatissimo Gesù, che faremo dinanzi
a questo mare, così infinitamente ampio?”. E il Signore dice: “Caro amico e
fratello nel Mio Amore, ci cammineremo sopra”.
2. Il priore chiede: “Oh Tu, Amore mio,
l'acqua ci sosterrà?”. Il Signore risponde: “Come puoi fare una tale domanda
accanto a Me? Non sai, dunque, che a Me tutto è possibile e che Io sono anche
un Signore di tutte le acque? Ed ecco, guarda: «Io voglio che questa grande distesa
di acqua diventi immediatamente terraferma, rimanga tale e ci sostenga fino a
quando noi tutti l'avremo attraversata. Però, non appena avremo raggiunto il
punto stabilito, che si trova nell'altra sponda, essa si sciolga nuovamente nel
suo liquido elemento. Così avvenga!». Vedi ora ancora dell'acqua?”.
3. Il priore dice: “Oh Tu, mio
Onnipotente, Santo Amore! Tu, Padre Buono e Santo! Com'è possibile ciò? Quanto
rapidamente tutto ciò si è mutato! L'infinita distesa d'acqua, fortemente
fluttuante, è diventata un terreno solido, su cui poter camminare senza paura
ed esitazione! Come possiamo ringraziarTi per esserTi mostrato dinanzi a noi,
tanto meravigliosamente Onnipotente e Amoroso?”.
4. Il Signore dice: “Mio caro amico e
fratello, l'unico ringraziamento caro e prezioso a Me gradito è sempre e
soprattutto un cuore che Mi Ama”. Io ti dico: “Nessuna offerta di
ringraziamento, nessun «Te Deum laudamus»,
nessuna festa d'esultanza e nessuna cerimonia di ringraziamento Mi è gradita,
anzi, al contrario, Io ne sento nausea, come dinanzi ad una carogna imputridita
e puzzolente dinanzi alla fossa. Ma un cuore umile, che sempre Mi Ama, è per Me
una magnifica pietra preziosa di valore incalcolabile nell'infinita Corona
della Mia eterna Potenza divina e della Mia Magnificenza ed è per Me come una
goccia di balsamo versata sul Mio Cuore Paterno, ardente d'Amore, la quale Mi
ristora oltre ogni dire ed aumenta la gioia di tutta la Mia infinita Divinità,
in un modo assolutamente inesprimibile, per te e dinanzi a te!
5. Rimani, perciò, nel tuo Amore per Me,
e non cercare altro per l'eternità; perché così tu sei per Me tutto ciò che
devi essere e allora sarò Io pure, per te, tutto quello che veramente posso
essere, cioè il tuo Dio Creatore e Padre eternamente Amorosissimo! L'Amore è
l'unico legame fra Me e te, Esso è l'unico Ponte, meravigliosamente
onnipotente, fra Me, l'Infinito Creatore e te, Mia creatura finita. Attraverso
questo Ponte, Io posso venire a te e tu a Me, così come un padre caro viene ai
suoi figlioli ed i figlioli vanno al loro padre.
6. L'Amore è pure il tuo vero occhio,
così come Esso è il Mio Vero Occhio, eternamente unico; soltanto con tale occhio
ti è possibile vedere Me, il tuo Dio e Creatore, così come un fratello vede
l'altro. Per qualunque altro occhio, Io sono, nella Mia Essenzialità,
eternamente invisibile. L'Amore è inoltre il braccio destro del tuo essere, con
il quale tu puoi stringerti a Me, come un fratello. L'Amore è anche l'orecchio
fine ed acuto, l'unico che possa intendere la Mia Voce Paterna, dove nessun
altro orecchio potrà sostituirsi eternamente.
7. L'Amore è una meta posta tanto
infinitamente lontana che nessun intelletto e nessuna sapienza umana possono
mai raggiungere. Però l'Amore vero incomincia proprio da questa meta, verso la
quale, inutilmente, l'intelligente ed il sapiente tendono le loro orecchie.
Certamente l'Amore è il più interiore e il più fine strumento visivo dello
Spirito e soltanto con questo strumento puoi scrutare nelle Mie divine
profondità miracolose, mentre l'intelletto e la sapienza umana non sono in
grado nemmeno di sfiorare l'estremo orlo della Mia Veste. Perciò, tu e i tuoi
fratelli siete anche beati, dato che, come prima cosa, avete accolto l'Amore in
voi, l'Amore che ha tramutato ora quest'acqua in un solido sostegno, attraverso
il quale Io stesso voglio condurvi, come l'Unica Vera Guida e quale il vostro
Unico e Vero Padre e fratello, nel vostro Amore per Me, come pure nel Mio Amore
per voi. Dunque, per tutta l'eternità, non avete da pensare ad alcun
ringraziamento, poiché il tuo Amore è tutto nel Tutto, così come Io, nel Mio
Amore per te e per voi tutti, sono il Tutto nel Tutto! E ora vogliamo iniziare
la traversata su questo ponte; dunque, seguiteMi!”.
8. Come vedete, il corteo procede
lentamente e vi posso assicurare che, per quanto a voi sembri che si vada passo
a passo, tuttavia ci muoviamo con una rapidità per voi inconcepibile. Infatti,
procedendo a lato del Signore di un passo, considerato tanto in senso
spirituale che materiale, rende di più che se voi, in misura terrena
corrispondente, faceste dei passi che andassero da un Sole all'altro.
9. Però dovete afferrare bene la cosa e
capire quale sia la differenza fra i progressi materiali e quelli puramente
spirituali. Infatti, questo movimento non indica qui soltanto un procedere
visibile in avanti, bensì il significato lo si deve piuttosto considerare come
applicato a qualcuno che si lascia guidare dall'Amore del Signore nella sua
sfera interiore della conoscenza e che, in un istante, o corrispondentemente in
un passo, da’ una esperienza indicibilmente più grande ed acquista nella Verità
una chiarissima facoltà visiva, infinitamente maggiore e più estesa che non un
indagatore dell'intelletto e della sapienza umana, in parecchie migliaia di
anni terrestri.
10. E, per parlare in maniera ancora più
comprensibile, un passo, sotto la guida del Signore, ha maggior valore che non
milioni di passi sotto la guida di uno spirito, per quanto illuminato! O meglio
detto ancora: “Una parola dalla bocca del Signore ha maggior valore che non
tutte le parole che su tutti i corpi mondiali sono state pronunciate o scritte
da tutti gli uomini”. Non occorre certamente che Io vi dica di più a questo
riguardo.
11. Nel frattempo, però, noi abbiamo
superato la zona dell'acqua, volgete lo sguardo dietro a voi e scorgerete che
al posto del precedente terreno solido c'è nuovamente il nostro mare
interminabile. E guardate, anche il Signore rende attenti di ciò coloro che Lo
seguono e dice al priore: “Guarda un po' dietro a te e ora osserva qui davanti
a te questo luogo e dimmi se ti piace”.
12. Il priore dice: “Oh Signore e Padre,
eterno Amore mio! Dove Tu sei, tutto è bello, e mi piace indicibilmente, senza
di Te, tanto qui che in qualsiasi altro luogo, sarebbe eternamente da
disperarsi”.
13. Il Signore dice: “Tu hai parlato
bene; così è e non altrimenti. Con Me voi potete tutto, ma senza di Me, nulla!
Perciò è bene essere sempre vicini a Me! All'infuori di Me non vi è in nessun
luogo un essere che abbia consistenza e stabilità, poiché Io sono la Via, la
Verità e la Vita! Chi rimane in Me, per mezzo dell'Amore, ed Io in lui, quegli
ha la Luce, la Verità e la Vita. Continuate, perciò, a seguirMi, ed Io voglio
indicarvi un altro posto, per vedere se vi piacerà. Se lo gradirete, allora vi
potrete scegliere là una dimora, se non dovesse piacervi, ne cercheremo un
altro. Dunque, seguiteMi!”.
14. Ed ecco, il corteo si muove tra
l'Oriente e il Mezzogiorno e là in fondo, dietro quei monti lucenti, faremo
nuovamente sosta in una regione indescrivibilmente bella, dove i nostri ospiti
dovranno sostenere una prova piuttosto forte, poiché c'è nascosto in loro
ancora un nodo, cioè l'amore per la donna, in seguito al quale essi erano
nemici del celibato, non già da per se stessi, ma costretti dall'Ordine
chiesastico e dalle circostanze, ad osservarlo. Però, a dire il vero, quali
celibi, hanno fatto il loro dovere e neppure uno di loro sulla Terra si è
lasciato andare verso una donna, dal punto di vista dell'amor carnale.
15. Soltanto che il merito è relativo,
per il fatto che il luogo dove hanno trascorso la loro vita claustrale,
riguardo a bellezze femminili, stava molto male da parecchi punti di vista e
ciò, tanto riguardo all'avvenenza, quanto all'estetica dell'abbigliamento ed al
linguaggio e ad altro ancora, sempre considerato dal lato estetico mondano.
Dunque, in quel chiostro andavano a confessarsi soltanto delle donne vecchie,
poiché dalle giovani quell'ordine religioso veniva considerato troppo rigido.
Date queste premesse, in primo luogo, era quasi escluso qualsiasi allettamento
in contrasto con il celibato e poi anche la vittoria su tale eventuale
allettamento occasionale da parte di questi condannati al celibato non era poi
tanto grave da paragonare a quello che le generazioni successive hanno dovuto
attraversare. Ecco la ragione per cui essi devono sostenere questa prova alla
presenza del Signore.
16. Io vi dico: “In questo primo luogo di
sosta avremo occasione di vedere anche spiriti femminili beati, alla vista dei
quali pure a voi incomincerà a girare la testa”. Oltre a ciò, anche il luogo
stesso sarà tanto celestialmente bello che voi, ad eccezione della Città santa,
non avete visto ancora nulla di simile, cosicché verrà constatato ben presto,
mettendolo sulla bilancia, quale posto abbia l'Amore per il Signore in questi
nuovi salvati. Però, questo sarà oggetto delle nostre considerazioni soltanto
la prossima volta.
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* * * * *
Ancora una forte prova
1. Noi ci troviamo già sulla sommità dei
monti, che poco fa abbiamo visto brillare da lontano dinanzi a noi. Guardate
questa regione indescrivibilmente bella, che si estende all'infinito, un po'
più sotto a queste montagne, con grande sontuosità e varietà meravigliose.
Delle splendide valli, molto ampie, si alternano con delle catene di colline,
incrociandosi in tutte le direzioni. Ci sono dei magnifici ruscelli, la cui
acqua sembra d'oro trasparente e quest'acqua si muove con bene ordinata
vivacità, e dove un ruscello sfocia nell'altro, come potete vedere, si forma
sempre un lago rotondo, che, con il fluttuare alla sua superficie, sviluppa uno
splendido gioco di raggi. Alle sponde di questi laghi ci sono dei magnifici
palazzi, dal tetto color rosso lucente, tetti che non hanno lo scopo di
riparare dalla pioggia, bensì, grazie alla loro trasparenza, di far affluire
nell'interno la luce, nelle gradazioni di colore più diverse.
2. Osservate, poi, la struttura di tali palazzi,
ognuno dei quali vanta una diversa splendida architettura, di stile elevato e
come, dalle molte finestre, anzi da ognuna di esse, esce una luce di diverso
colore. Il terreno che circonda questi splendidi palazzi è coltivato a
giardino, dove crescono, in filari ben ordinati, dei graziosi alberelli carichi
dei migliori frutti e così pure dei fiori lucenti, d'uno splendore mai sognato.
In mezzo a tutto ciò, ci sono magnifici padiglioni da giardino, di vario
genere, che in parte hanno l'aspetto di piccoli giardini pensili, in parte
sembrano torri con delle splendide cupole. Altri ancora hanno forma di templi,
retti da colonne irradianti, che si distinguono tra loro dalla diversità del
tetto, ora arrotondato, ora piramidale. E inoltre guardate le splendide cinte
dei giardini, consistenti in bellissime arcate e pergolati, dove si può
passeggiare di sotto, come pure di sopra.
3. Osservate ancora le graziose
navicelle, nelle quali parecchi spiriti beati di questa regione si cullano alla
superficie di tali acque meravigliose e navigano da una sponda all'altra.
Ascoltate pure i canti soavi, che da lontano giungono al nostro orecchio. E
dovunque, sulle colline, c'è una chiesa provvista di un campanile molto alto,
con una rispettiva campana dal suono magnifico. Anzi, voi potete persuadervi
proprio ora di quale sia il suono di tali campane, dato che, appunto in
occasione della nostra comparsa, vengono suonate tutte.
4. Queste campane non hanno il suono di
quelle della Terra, bensì il loro suono somiglia a quello dolcissimo delle
vostre cosiddette arpe eolie, soltanto che questo suono è inesprimibilmente più
puro, risuona a grandi distanze e potete percepire il rapporto armonico
purissimo tra le note gravi e quelle acute e viceversa.
5. Ora, però, volgete il vostro sguardo
in avanti, dove, dinanzi a voi, s'apre una via diritta, la quale certamente non
ha l'aspetto di una strada maestra della vostra Terra, bensì piuttosto
assomiglia ad un nastro di velluto, largo parecchi klafter, magnificamente
intessuto con oro e pietre preziose ben pulite. Da ambedue i lati crescono
degli alberi, che sono contemporaneamente pieni di fiori profumati e carichi di
frutta matura di squisito sapore. E, sempre su questa via, voi potete vedere
una processione, naturalmente senza stendardi, bandiere e senza Crocifisso, la
quale si muove alla nostra volta. I componenti recano tra le mani dei rami di
palma radianti e oltre a ciò gli esseri femminili portano dei cestelli, colmi
di ogni sorta di frutta celesti, per accogliere, al più presto, gli ospiti in
arrivo, nel modo più amorevole e con grande spirito d'ospitalità.
6. E, vedete, la processione ci è sempre
più vicina e gli spiriti angelici femminili si affrettano a precederla con i
loro cestelli, per arrivare prima presso di noi. Due di loro sono già qui.
Osservate l'infinita delicatezza e la bellezza veramente meravigliosa della
loro forma, tutto in loro è di una rotondità sublime ed eterea. Dalla loro
faccia si irradia una gentilezza veramente celestiale, nella loro beata
letizia, e le vesti, straordinariamente sottili, annunciano lo stato di grande
innocenza di questi esseri. Ora, però, tutte queste fanciulle-angeli si
approssimano sempre più e sempre più si scorge anche lo splendore delle loro
figure.
7. Ascoltate il loro modo di parlare,
celestialmente dolce e di tono soave e come esse salutano la nostra compagnia,
dicendo: “Oh, venite, oh voi splendidi amici del nostro Santissimo e
Amorosissimo Padre e ristoratevi con i nostri frutti, che abbiamo portato qui
con il cuore palpitante d'Amore. Oh, come siamo felici di avere avuto la gioia
immensa e beatificante di vedere una volta ancora, in testa al vostro corteo,
il nostro Signore, Iddio e Padre, Buono e Amoroso sopra ogni cosa”.
8. E ora guardate i nostri fratelli
salvati come incominciano tutti a fare tanto d'occhi, e il priore si rivolge
proprio ora al Signore, dicendo: “Oh Signore, Tu Buonissimo e Misericordioso
Padre di tutti gli esseri in Cielo e sulla Terra, che cosa è mai ciò?”. Sono,
forse, questi degli spiriti angelici che hanno vissuto una volta sulla Terra,
oppure sono degli angeli purissimi degli altissimi Cieli? Infatti, qualcosa di
tanto meravigliosamente bello non si è ancora mai presentato, nemmeno nel più
profondo del mio essere, quale un leggero barlume. Io, sulla Terra, ero un
rigido propugnatore del celibato, però, se nel momento massimo del mio zelo per
il celibato mi si fosse presentato qualcosa di somigliante, sia pur
lontanamente, in verità, ciò mi avrebbe trasportato di colpo nel più
ignominioso maomettismo. Qui si tratta di dire proprio letteralmente: «Signore e Padre, aiutaci, altrimenti
siamo perduti!»”.
9. Il Signore dice: “Dunque, Mio caro
amico e fratello, questa volta abbiamo trovato proprio quel posticino che ti
piace? Da quanto osservo, sembra che tu non sia alieno dal mettere casa qui e
dal cercarti una cara sposa celeste, dato che qui non si può più,
effettivamente, parlare di andare perduti, e che tu ed i tuoi fratelli potete
scegliere a vostro piacere, in Mia presenza. Se tu, dunque, qui sei contento,
puoi sceglierti subito una sposa celeste ed anche un palazzo ed Io benedirò te
e tutti gli altri ed annunzierò, oltre a ciò, a te ed a ciascun altro, qual è
il suo compito celeste. Questa è in breve, la Mia proposta, sempre alla
condizione della tua libera scelta”.
10. Il priore e così pure i suoi
fratelli, guardano ora la zona, ora il Signore, e quasi più a lungo le spose
celesti, e il priore, proprio per ciò, non può essere tanto presto pronto con
la risposta, così che parla fra sé, come segue: “Qui sarebbe certamente bello
rimanere a fianco di una simile sposa celeste e in un simile possesso
splendissimo, così che non ci sarebbe proprio altro da desiderare!”. In verità,
secondo me, l'immaginare un Cielo più Cielo di questo, dovrebbe essere
semplicemente impossibile a qualunque spirito immortale, per tutta l'eternità.
Se in questo caso non si sente il bisogno di un buon consiglio, non lo si
sentirà più per l'eternità. Però, quando penso a che cosa si sentirebbe,
abbracciando una simile sposa celeste, stringendola immortalmente al proprio
petto immortale, colmo di rovente Amore celeste, mi vengono le vertigini e
vorrei volentieri, anzi, molto volentieri, pronunciare dinanzi al Signore il
mio sonoro “sì”, premesso che, in tutte queste magnificenze che ci circondano,
ci sia una vera base solida.
11. E se invece tutta questa storia non
fosse che una prova? Se si dovesse dare un morso a questa mela, al pari di Eva
in Paradiso, insieme al povero Adamo, e dopo il morso tutta questa regione
meravigliosa si tramutasse in un'altra, dalla quale ci guardi Iddio, per tutta
l'eternità? In questo caso, il magico morso celeste verrebbe a costarci molto,
ma molto caro! Oh, se io potessi soltanto sapere se tutto ciò ha effettivamente
una consistenza d'eterna durata, allora vorrei - oso appena pensarlo in me - tuttavia
pronunciare così di nascosto il mio “sì”, per la proposta sottopostaci dal
Santissimo, Amorosissimo Padre”.
12. A questo punto, il monaco a noi ben
noto si avvicina al priore e gli dice: “Ascolta fratello, quanto a lungo farai
tu attendere una risposta al nostro Amorosissimo e Santo Padre? Se toccasse a
me rispondere, lo avrei già fatto da tempo, d'accordo su ciò, con parecchi
altri fratelli. Ed io ti dico che non avrei risposto altro se non quello che mi
suggerisce il mio sentire più profondo, e precisamente: «Oh Signore e Padre, in tutto il Tuo
infinito Amore e Misericordia, con Te e presso di Te è oltremodo bello e buono
stare e perciò anche in queste celesti magnificenze. Se Tu rimani qui, anch'io
mi sentirò superbeato qui. Se invece Tu, quale santissima Fonte prima di tutti
questi splendori, non rimani qui e se questa non è la tua costante dimora,
allora neppure io voglio rimanerci, bensì, se è la Tua Volontà, verrò avanti
con Te, fino a che Tu dirai: ‘Qui Io dimoro!’». Non ritieni fratello, che questa
sarebbe una giusta risposta?”
13. Il priore dice: “Sì, certo, fratello
caro, tu mi hai destato da un sogno, tu hai ragione, così risuona anche nel mio
profondo e così voglio parlare al Signore, poiché Egli, è più di tutte queste
celesti magnificenze!”.
[indice]
* * * * *
La destinazione celeste
1. E ora il priore si rivolge al Signore
e dice: “Ti prego di volermi benignamente ascoltare, oh Onnipotente Padre,
tanto Amorevole e Santo! Per quanto Tu conosca perfettamente tutti i miei più
intimi pensieri e sentimenti, tuttavia voglio parlare dinanzi a Te, poiché Tu
lo desideri. Per quanto riguarda la Tua santa ed amorevole proposta, ora non
c'è più alcun dubbio in me che se noi l'avessimo accettata Tu l'avresti anche
mantenuta, poiché Tu sei dappertutto ed in ogni cosa, l'Amore, la Fedeltà, e la
Sapienza eterni! È vero che se io contemplo questi esseri angelici, nella loro
celestiale purezza, constato che l'uno è più splendido e bello dell'altro e che
ognuno, a suo modo, è insuperabile e che se chiedo al mio cuore, se esso
sarebbe contento di una tale infinita Grazia da parte Tua, allora devo battermi
il petto, e dire: «Oh
Signore, io non sono assolutamente degno di una Grazia tanto infinita, poiché
sarebbe una ricompensa troppo celestialmente splendida per un fannullone
terreno, rattrappito e simpatizzante del celibato». In verità, se si dovesse essere in
possesso, con la Tua benedizione, di una simile metà o eterna compagna della
vita, tanto puramente celestiale, gli anni della Terra, se qui fossero ancora
in vigore, passerebbero a grandi salti, come le vivaci cavallette in un caldo
giorno estivo, in simili condizioni quasi più che celestiali, non si potrebbe
mai parlare di noia.
2. Però, oh Signore e Padre, io ora dico
un grande “ma”! Vedi, è difficile parlare dinanzi a Te, specialmente in un caso
del genere, in cui si suppone di essere stati messi, da Te, doppiamente alle
strette. Infatti, dimostrarsi malcontenti, nei Tuoi confronti, di una simile
ricompensa e rifiutarla, per aspirare eventualmente ad una elevata beatitudine,
sembra, per lo meno a me, che sarebbe come peccare grossolanamente contro la
Tua infinita Bontà. Accettarla, invece, quasi avidamente e con troppa
prontezza, sarebbe come dire che si sente di esserne degni, ciò che con noi non
può mai essere il caso. Oltre a ciò s'impone poi anche una segreta domanda
interiore, che, almeno in me, così sento rivolgermi:
3. «Vedi, due Beni stanno qui, dinanzi a
te, l'uno celestialmente splendido, cioè questo Cielo, e l'altro infinito, cioè
Tu stesso, oh Signore!».
Se stesse in me, povero peccatore, la libera scelta fra questi due beni, devo
apertamente confessare, sia pure egoismo o qualunque altra cosa, che dovrei
dire: «Signore, io resto presso di Te ed abbandono, per Amore verso di Te,
questo Cielo straordinariamente splendido e qualunque altro Cielo, se ce ne
sono ancora più splendidi di questo, premesso, naturalmente, che a Te, oh
Signore, una tale scelta, da parte di un peccatore quale io sono, possa essere
gradita. Infatti, non vorrei con ciò lasciare supporre, dinanzi a Te, Signore e
Padre, di essere forse malcontento con questo Cielo, poiché questo non è
assolutamente il caso, anzi, al contrario, per una tale e infinita Grazia Ti
loderei, amerei e magnificherei con tutte le mie forze, quale il più indegno di
tutti»..
4. Però, oh Signore, si fa già avanti di
nuovo quel “ma”, con ciò voglio dire solamente questo: se Tu, oh amorosissimo
Padre, non dovessi eventualmente rimanere qui per sempre, così come sei adesso
e se ci fosse concesso di vederTi qui forse soltanto in rarissime occasioni,
preferirei mille volte trascorrere con Te tutte le eternità, nel più remoto e
lontano angolo del Cielo, che non rimanere qui, anche soltanto un'ora, senza di
Te, oh Padre Santo e colmo d'Amore!”.
5. Ora parla il Signore: “Bene, Io ho
appreso e constatato, dal profondo della tua vita, che il tuo Amore per Me è
bene indirizzato e che tu, come anche i tuoi fratelli, avete rinunciato a tutta
questa immensa magnificenza celeste, quale una gradita offerta a Me, e perciò
vi dico che proprio con questa offerta vi siete resi degni di questo splendido
Cielo. Per te e per i tuoi fratelli è proprio questa qui la destinazione da Me
stabilita e perciò potete anche scegliere liberamente, secondo quanto il cuore
vi suggerisce. Ognuno di voi deve prendere una moglie celeste che sia
pienamente di suo gusto e poi, quale signore di tali beni, non ha nessun altro
obbligo se non, in primo luogo, riconoscere ed Amare eternamente Me, Quale il
Signore e Vostro Padre e poi accogliere quei poveri nuovi spiriti, che spesso
giungono qui, ospitarli, vestirli e portarli più vicini al Padre con degli
amorevoli insegnamenti.
6. Non domandate se Io sarò
costantemente visibile qui, come adesso, oppure non sarò visibile, poiché, in un
modo o nell'altro, Io sono tuttavia sempre presente dappertutto. E quando tu
guarderai questo Sole, allora penserai che in esso dimora il Padre tuo e questo
Sole, che riscalda tanto dolcemente questa regione ed illumina tutto così
splendidamente, non tramonta mai e tu lo vedrai sempre e non rivolgerai mai la
faccia del tuo Amore ad esso.
7. Però, in qualsiasi momento in cui tu,
nel colmo del tuo Amore per Me, mi afferrerai efficacemente, allora Io sarò
personalmente visibile nell'Esser Mio a te come ora, senza indugio, come pure
presso i tuoi fratelli.
8. Nella tua nuova casa, in questo
Cielo, troverai una tabella bianca, guardala, di tanto in tanto, secondo le
circostanze della tua attività d'Amore e dalla stessa rileverai la Mia Volontà.
9. E la donna che Io ti darò, amala come
te stesso, sii uno con lei, affinché tu divenga con essa un uomo perfetto, il
quale è nel perfetto Vero celeste e nel Buono dell'attività d'amore. In questa
donna tu sentirai la potenza del tuo Amore per Me e la donna, d'altro canto,
sentirà la potenza della Mia Sapienza per te e così sarete come uno, nel Mio
eterno Amore e nella Mia eterna Sapienza. Ed il massimo grado della vostra
gioia sarà, quando diverrete completamente Uno, nell'Amore per Me.
10. Qui, non occorre che tu provveda al
nutrimento, né ad altre necessità, poiché è già stato stabilito e provveduto da
Me ad ogni cosa, per tutte le eternità. Infatti, questo è un Regno che Io ho
preparato fin dal principio per coloro che Mi Amano ed è la grande, santa
eredità che ho preparato loro sulla croce! Perciò, accettatela da Me, quale
l'Unico Donatore di tutti i doni buoni e godete le sue immense magnificenze ed
i suoi tesori, per sempre eternamente.
11. In questo Regno non invecchierete,
bensì sarete sempre più beati e diventerete sempre più forti, più giovani e più
splendidi! Questa è la vostra beata sorte, ben commisurata; andate, dunque e
scegliete le vostre eterne compagne della vita, affinché Io vi benedica per una
eterna beatitudine senza fine!”.
12. Vedete, al vostro priore vengono
quasi le vertigini dalla grande emozione a questa deliziosa beatitudine, né lui
né i suoi fratelli rischiano di muovere un passo verso le celesti giovanette in
attesa. Allora, il Signore invita con un cenno queste ultime, ed esse si
avvicinano, ed ognuna porge, a colui che le è destinato, un ramo di palma. Con
l'accettazione di questo ramo, anche le vesti, ancora piuttosto comuni dei
monaci, si tramutano nelle corrispondenti vesti celestiali ed allora il Signore
benedice tutti e tutti cadono sulle loro facce e lodano e magnificano il
Signore di questa grazia incommensurabile.
13. Però, guardate laggiù, dietro i
monaci laici, che qui sono uguali ai monaci, c'è ancora un fratello laico senza
donna e senza ramo di palma, il quale guarda piuttosto tristemente come i suoi
fratelli sono stati tutti provveduti. Infatti, non si è pensato di dare una
giovanetta anche a lui e così neppure le sue vesti si sono tramutate, così che
egli si trova ancora con il suo abito di traliccio. Ora che avverrà di lui?
Attendiamo lo svolgersi degli avvenimenti, dato che il Signore non si
dimenticherà certamente neppure di lui.
14. Ora il Signore si rivolge agli sposi
celesti, dicendo loro: “E ora, Miei cari figlioli, lasciate che le vostre
celesti spose vi conducano a casa ed ognuno di voi prenda, poi, pieno possesso,
sul posto, dell'eterno bene da Me preparatogli!”.
15. I nostri neo-coniugi celesti si
rialzano, ma il priore osserva, con vivo rincrescimento, che il nostro povero
fratello laico è rimasto a mani vuote e perciò si rivolge immediatamente al
Signore, dicendo: “Oh Signore, amorosissimo e ottimo Padre, io non Ti posso
lodare e magnificare abbastanza per la grazia che Tu hai elargito a noi tutti,
però guarda, là in fondo c'è un povero fratello ancora senza sposa e senza
vestito e ciò mi fa molta pena. Oh Signore, se a Te fosse gradito, vorrei
cedergli la mia veste e la mia sposa, piuttosto che vederlo così abbandonato.
Io so benissimo che la Tua infinita bontà paterna ha già provveduto per lui nel
miglior modo. Però, dato che da Te mi è stato dato anche un cuore amante e
misericordioso, Ti devo confessare sinceramente che se io non sapessi che
questo povero fratello è altrettanto beato quanto lo sono io, preferirei, nel
Tuo Santissimo Nome, rinunciare per parecchie migliaia d'anni a tutta questa
beatitudine, piuttosto che sapere che egli è, anche soltanto per pochissimi
giorni, meno felice di me”.
16. Il Signore dice: “Vorresti veramente
cedere la tua donna, il tuo vestito ed i tuoi beni celesti, a questo
fratello?”.
17. Il priore risponde: “Sì, oh Signore,
all'istante, anche se dovessi ritornare da solo nel mio vecchio e falso
chiostro”.
18. Il Signore chiama a Sé il povero
fratello laico e gli dice: “Guarda in questa occasione tu sei stato l'unico
della compagnia a rimanere a mani vuote, ma questo fratello ti ha visto così
abbandonato ed ha avuto pietà di te, così che egli vuole cederti la sua parte,
per il suo Amore per Me; ne sei contento?”.
19. Il povero fratello laico risponde:
“Oh Signore, per quanto mi riguarda, io sono già beatamente contento se mi è
permesso rimanere qui, su questo punto, ed eternamente, lodando e magnificando
Te, guardare queste celesti magnificenze e, in questo caso, sarei già
beatamente soddisfatto se Tu, oh Signore, mi permettessi di essere, malgrado la
mia grande miseria, anche soltanto l'ultimo servo in casa di uno dei miseri fra
i miei fratelli, che Tu, oh Signore e Padre, hai benedetto per l'eternità,
quali Tuoi celesti cittadini. Infatti, anche sulla Terra ero l'ultimo nel
chiostro, dove, a dire il vero, ero di poca utilità e tutta la mia presunta
attività non era altro che l'elemosina, da parte dei Tuoi servi più elevati di
tale chiostro, affinché non risultasse troppo evidente che essi dovevano
vestirmi e nutrirmi quale un'inutile fannullone. E così non ho mai fatto nulla
di meritevole, neppure per guadagnarmi una piccola ricompensa. Come potrei ora
attendermi qui un premio uguale a quello dei miei fratelli, tanto migliori di
me?”.
20. Il Signore dice, rivolgendosi al
priore: “Dunque, figlio Mio caro, che si può fare in questo caso? Come vedi,
questo fratello non vuole accettare la tua offerta in nessun modo; che intendi
fare ora?”.
21. Il priore dice: “Oh Signore e Padre,
lascia che io faccia il mio primo dovere fraterno verso di lui, qui in Cielo.
Io intendo accoglierlo nella mia casa, che Tu mi hai donato e considerarlo là
del tutto pari a me, ed infine voglio collocarlo, come un padrone, a capo di
tutti i beni che ora il Tuo Amore e la Tua Grazia e la Tua Misericordia mi
hanno elargito”.
22. Il Signore dice: “Sai cosa facciamo?
Io ho ora un piano del tutto diverso. Dato che tu e questo fratello vi siete
resi, l'un l'altro, prigionieri per Amore verso di Me, allora anch'Io vi faccio
prigionieri completamente del Mio Amore”. Gli altri fratelli, che si sono già
avviati verso le loro dimore con le loro mogli celesti, li benediciamo, mentre
tu, la tua compagna e questo fratello venite con Me nel sommo Cielo, dove Io
uso dimorare eternamente, fra i miei figlioli!”.
23. Guardate, il priore, sua moglie e il
fratello si prostrano dinanzi al Signore, per l'infinita estasi, il Signore li
rafforza, li rialza e dice: “Dunque, figlioli Miei, seguiteMi nella Mia Casa
Paterna!”. Ed essi s'avviano verso l'eterno, santo Oriente, senza che gli altri
fratelli se ne accorgano. Delle infinite file di beati salutano da tutte le
parti questo piccolo corteo e lodano il Signore per la Sua infinita Bontà, il
Suo Amore e la Sua Misericordia. Avviamoci anche noi dietro a loro, così da
poter essere presenti all'insediamento di questi tre nuovi cittadini del Cielo!
[indice]
* * * * *
Condurre, trarre e portare nel
significato spirituale
1. Osservo come si celi in voi una
domanda occulta, che dice così: “Riguardo alla piega davvero rallegrante, presa
dal progresso del priore, c'è un punto oscuro che impedisce di afferrare
esattamente le cose dal loro vero “Centro” illuminante. Il Signore ha dapprima
assegnato al priore la moglie ed i beni celesti, senza porre nessuna condizione
preliminare e lo ha benedetto, proprio a questo scopo, al pari degli altri,
indicandogli, nello stesso tempo, la sua destinazione e il suo compito celeste,
senza fare alcuna riserva. Sempre come ha fatto per gli altri, gli ha dato
delle istruzioni divinamente celesti, indicandogli che Egli apparirà sempre
personalmente nel Suo Essere, non appena l'uno o l'altro Lo afferrerà con la
potenza e la forza del suo Amore. In tutte queste divine prescrizioni, il
Signore non ha minimamente accennato al priore che Egli aveva, nei suoi
riguardi, delle superiori mire future.
2. Dunque, come avviene ora che questa
destinazione del priore, chiaramente posta, cessa così all'improvviso? Egli e
la sua compagna non hanno avuto nemmeno il tempo di vedere i beni che il
Signore aveva destinato loro in questo Cielo, bensì sono stati condotti dal
Signore, nel Cielo altissimo!
3. Questo è piuttosto difficile da
afferrare, poiché il Signore dapprima ha benedetto tutti, priore compreso, in
seguito all'accettazione della ricompensa, e con questa Sua Benedizione ha
espresso il pieno e perfetto accordo fra la Sua divinamente ferma Volontà e la
libera volontà dei beneficiati.
4. Quanto gli uomini cambino, con tale
rapidità, i loro piani, lo si può facilmente spiegare con l'imperfezione delle
loro conoscenze, ma se ciò viene effettuato dalla Parte divinamente
Onnisciente, come detto, è molto difficile da afferrare, dato che il Signore sa
certamente con sicurezza che cosa sia quello su cui Egli esprime la Sua decisa
Volontà”.
5. Cari fratelli ed amici, vedete, la
vostra domanda segreta è basata su degli argomenti molto solidi, tuttavia
lascia adito alla discussione. Infatti, questo avvenimento è stato guidato in
modo che voi poteste trovarvi un piccolo inciampo molto proficuo.
6. Se voi riandate con il pensiero a
quanto avvenuto ancora nel chiostro dopo la liberazione dei fratelli
animicamente addormentati dietro la voragine, il nostro priore, come nessun
altro, per il grande Amore e la riconoscenza, voleva prendere l'Uomo
sconosciuto fra le braccia per portarlo fino al tavolo. Se voi vi ricordate
come Egli abbia rifiutato ciò e nel discorso che ne seguì, come abbia
pronunciato un certo “forse” pieno di
mistero (vedi cap. 91,18), attraverso il quale fece intendere
al priore, in certo qual modo, come se Lo avesse portato già una volta sulle
sue mani, allora, ad una osservazione più attenta di questa scena, non sarà
troppo difficile comprendere quanto è avvenuto.
7. La cosa, da principio, vi potrà
alquanto stupire, però qui da noi, nel Regno degli spiriti, l'uno, il due e il
tre non sono sempre da interpretarsi come sulla Terra. Talvolta voi dovete
contare settanta, trecento, quindici, e questi numeri, per noi, sono solo uno,
due, tre.
8. Per chiarire ancora meglio, dirò: “Un
uomo vive in un paese dell'America del Sud, un altro in un angolo della
Siberia. Questi due uomini, dal punto di vista naturale, sono immensamente
lontani l'uno dall'altro, però non altrettanto dal punto di vista spirituale,
poiché, in questo caso, essi possono essere vicinissimi, come l'uno e il due”.
9. Riflettiamo ora su ciò che il Signore
ha voluto far intendere, in fondo, al priore, con il suo fatidico “forse”,
riferito al portare Lui, e allora le cose si riveleranno subito, come
interdipendenti e, perciò, più chiare. Dunque, ecco cosa intendeva dire il
Signore al priore. Ascoltate:
10. «Tu credevi di averMi portato, nelle
tue mani, sulla Terra, sotto forma del pane, nell'eucarestia; invece, nel pane
tu non Mi hai mai portato, bensì, parecchie volte Mi hai portato, in gran
segreto, nel tuo cuore, ma non credevi pienamente di portare Me. Io però ti
dico che soltanto là Mi hai portato giustamente”. Come vedete, è stato in
quella circostanza che il Signore aggiunse quel “forse” ancora non spiegato,
perché nel priore non c'era ancora la completa stabilità riguardo l'Amore
infinito, la Misericordia e la Clemenza del Signore, facendogli anche intendere
che, se si fosse trattato di “portare”, sarebbe stato molto più facile che Egli
portasse il priore che non il priore Lui.
11. Ora, però, fate attenzione! Nel Regno
dello spirito c'è una considerevole differenza fra i tre termini: “guidare”, “tirare”, “portare”;
differenza che consiste in quanto segue: quando gli uomini vengono “guidati” dal Signore, essi conseguono la
Luce della Fede ed entrano, grazie a ciò, nel Cielo più basso.
12. Quando gli uomini vengono “tirati” dal Signore, questo significa
che l'Amore del Padre si è riversato su di loro e che così vengono accolti
nell'Amore del Padre o che giungono nel secondo Cielo, che consiste nel Vero
della Fede, attraverso la Luce dell'Amore operante per il Signore e, di conseguenza,
per il prossimo.
13. Quando, invece, si dice: gli uomini
vengono “portati” dal Signore, questo
esprime già un perfetto stato filiale degli uomini, i quali sono passati tanto
completamente nell'Amore per il Signore, che Gli hanno presentato, quale offerta,
nella massima abnegazione, perfino l'ultima goccia del loro amore di se stessi,
per quanto si siano già umiliati in precedenza. Grazie a ciò, essi sono
propriamente dei veri figli di Dio e vengono da lui accolti, quale eterno
Padre, unicamente vero, nel più alto, puro Cielo d'Amore.
14. Se voi fate attenzione a queste
differenze, il fatto della mutata destinazione finale di questi, da voi
alquanto contestata, non vi sembrerà più tanto impreparata, com'è stata da voi
giudicata nel primo momento. Inoltre il Signore, in quel “forse”, tanto
espressivo e tanto significativo, ha compreso anche quanto successivamente
avvenuto.
15. Egli ha voluto dire velatamente,
nient'altro che: “Io ti assegnerò una destinazione completamente in base alla
tua libera scelta, prendendo, però, sempre in considerazione che tu Mi portavi,
in passato, nel tuo cuore. E, del tutto inaspettatamente dal tuo punto di
vista, Io ti procurerò, proprio nel momento nel quale starai per raggiungere la
tua eterna destinazione, una piccola occasione, grazie alla quale tu stesso
mostrerai chiaramente come provenisse dal tuo intimo, in quale misura od in che
modo, tu Mi hai portato e Mi porti ancora nel tuo cuore e perciò anch'Io, in
contraccambio, porterò te. Però, durante quel breve periodo di prova, Io voglio
un po' chiudere il Mio Occhio dinanzi a te, affinché tu possa agire
completamente libero, secondo la tua volontà. E soltanto ad azione compiuta Io
ti guarderò e, a seconda dei casi, ti benedirò per la tua destinazione celeste,
oppure ti prenderò sulla Mia Mano, quale un figlio perfetto e ti porterò nella
Città dove dimoro, quale il Padre tuo, santissimo e amorosissimo”.
16. Come vedete, noi avremmo messo
insieme quasi tutto e perciò ora non occorre far altro se non applicare tutta
questa spiegazione al caso in oggetto, così che la vostra domanda risulti
completamente appagata.
17. Il nostro priore, al pari di tutti i
suoi fratelli, aveva raggiunto la sua piena destinazione, com'era anche stato detto
chiaramente dal Signore. E perché, dunque? Affinché il priore, nella rispettiva
sfera dell'attività d'Amore, potesse avere a disposizione uno spazio libero,
non avendo neanche il minimo sentore del piano che il Signore aveva in serbo
per lui.
18. Oltre a ciò doveva trovarsi in fondo
alla scena, come per caso, un povero fratello laico, già da lungo tempo scelto
dal Signore a questo scopo, che invece, per se stesso, era già destinato
comunque al massimo Cielo; però, qui, ha dovuto lasciarsi adoperare, del tutto
ignaro, da pietra di paragone, perfettamente idonea, per provare il vero amore
del nostro priore per il Signore, nonché l'amore del prossimo. Il Signore,
durante questa scena, volse altrove il Suo Occhio Onnisciente e Onniveggente e
lasciò al priore ogni libertà nell'attività d'Amore. Il priore, che a suo tempo
aveva portato il Signore nel suo cuore, venne solo allora pienamente rafforzato
grazie a ciò e trovò se stesso nel perfetto Amore per il Signore e nella
completa abnegazione di se stesso.
19. A questo punto il Signore lo guardò e
apparentemente cambiò il suo piano con uno segreto, ma eternamente saggio,
conformemente alla libera azione dello spirito umano, e ora il risultato sta
dinanzi ai vostri occhi, mentre, in maggior dettaglio, lo apprenderemo insieme
in un luogo più elevato e più santo.
FINE PRIMO VOLUME
Il Regno di Dio (di
Jakob Lorber) |
|
Il Sole spirituale: una
scintilla di Grazia dal Signore |
|
La natura intera: un Vangelo
dell'Ordine del Signore |
|
L'orologio: un'immagine della
corrispondenza del Sole |
|
Il Sole Naturale e
Spirituale: differenza della loro luminosità |
|
Del Regno di Dio nell'uomo |
|
Il Cosmo-diorama
spirituale – La sfera del primo
Spirito |
|
La sfera del secondo Spirito – Il
fondamento della vita è l'Amore del Padre |
|
La sfera del terzo Spirito:
un'immagine dell'infinito |
|
La sfera del quarto Spirito: il
mistero del Figlio dell'Uomo |
|
La sfera del quinto Spirito – Il più
gran prodigio: il cuore dell'uomo |
|
La sfera del sesto Spirito – La
Roccia di Pietro |
|
La sfera del settimo Spirito –
Immagini enigmatiche per stati spirituali |
|
L'altalena nella corrispondenza
– Culto religioso cerimoniale e vita del mondo |
|
Il bastione nella
corrispondenza – Figure delle diverse chiese cristiane |
|
Il bacino con la ruota a pale
– La sfera profetica di Daniele |
|
La sfera dell'ottavo Spirito –
L'orologio dei mondi e “l'Ultimo Tempo” – La “Nuova Gerusalemme” dalla sfera
di Swedenborg |
|
La sfera del nono Spirito (Evangelista Marco) –
Escursione nel mondo degli spiriti vero e proprio – Conformazione del peso
dell'amore carnale nell'aldilà |
|
La conformazione nell'aldilà
dell'usura |
|
La conformazione nell'aldilà
della brama di potere |
|
Entrata all'Inferno |
|
Visita nel territorio
Occidentale |
|
Confine del Regno dei figlioli |
|
Chi semina con parsimonia
farà una magra raccolta |
|
Luogo e condizione degli
stoici nell'aldilà |
|
Una via di accesso per la conversione
degli stoici migliori |
|
Prosecuzione della visita
presso gli stoici |
|
Superamento e liberazione di
un saggio stoico |
|
Le valli dei ricchi, dei
dotti, degli uomini razionali e intellettuali |
|
Nel Regno delle tenebre
dell'incredulità |
|
Un filosofo spirituale e una
bigotta |
|
Il luogo delle tenebre
“dappertutto è grida e stridore di denti” |
|
Nascita dalle tenebre a un
primo grado di luce vitale |
|
Delle manifestazioni
spirituali |
|
L'influsso reciproco dei
coniugi nell'aldilà |
|
Una coppia sposata
nell'aldilà |
|
La coppia sposata e uno
spirito bugiardo |
|
La debolezza dell'uomo –
Viaggio della donna all'Inferno |
|
Nel primo grado dell'Inferno |
|
Dove sono il Cielo e
l'Inferno |
|
Dove sono i pagani
nell'aldilà |
|
Visita nel Mezzogiorno –
Effetto del Vero della Fede e del Buono dell'Amore |
|
Viaggi differentemente veloci
nell'aldilà |
|
Singolare regione e dimora di
spiriti beati |
|
Bellezza e splendore del
Mezzogiorno – Ammaestramento sull'essenza dell'Amore e della Sapienza |
|
Mangiare e bere degli spiriti
celesti nella corrispondenza – Il matrimonio celeste |
|
Nell'eterna terra collinosa
del Mattino – Piccolo esame d'amore – Come vi raffigurate il Signore? |
|
Il Cielo romano-cattolico –
Nel Mezzogiorno più esterno |
|
Una processione durante
un’apparente scalata del Cielo |
|
Alla tavola di Abramo nella
contemplazione della Santa Trinità |
|
Insostenibilità di questa
idea materiale del Cielo |
|
La vera Trinità – Il peccato
contro lo Spirito Santo |
|
La vera povertà di spirito –
Pericolo del cieco scetticismo |
|
Sorprese nel Cielo apparente |
|
Liberazione dal Cielo
apparente |
|
Prima dimora solida dopo il
Cielo apparente – Incomprensibile Trinità – Il Cristo evangelico |
|
In cammino verso Cristo |
|
Il palazzo della vita della
società – Il seme per il Regno celeste: la Parola di Dio |
|
Il desiderio ardente di Dio –
Un esame d'amore e poi la santa Meta |
|
Arrivo nel Mattino eterno – Limitatezza
dell'Onnipotenza divina nell'educazione dell'animo umano |
|
Il Sole-Dio originario –
Spiegazione della reale Onnipresenza del Signore – Preparazione alla tavola
del Padre |
|
Il pranzo alla tavola del
Padre: agnello, pane e vino |
|
Visita alle Carmelitane |
|
La confessione della suora e
il padre confessore |
|
Liberazione delle povere
prigioniere – “Giudizio e Ultimo Giorno” |
|
Un chiostro di monaci
Agostiniani e loro fondazione |
|
Spiegazione dei regolamenti
del chiostro Agostiniano visitato |
|
Pietro ha fondato la Chiesa
romana? |
|
Nella disputa con un
Agostiniano. Pietro e Paolo |
|
I monaci Agostiniani a
consiglio |
|
Dagli Agostiniani paradisiaci |
|
Nell'apparente prigionia
degli Agostiniani paradisiaci – Loro dubbio riguardo la giustizia delle loro
azioni |
|
Domande delicate – Risposta
schietta |
|
Una domanda al priore del
chiostro Agostiniano |
|
Domanda riguardo l'amore per
Cristo |
|
Ingresso nel Cielo del
chiostro |
|
Il gonfiarsi del Cielo
ingannevole |
|
Commedie nel Cielo del
chiostro – La tavola gigantesca e nutrizione dei mondi |
|
Secondo atto della commedia
del Cielo del chiostro |
|
Sguardo sul vero percorso al
vero Cielo |
|
Ulteriore spiegazione della
commedia ingannevole – La condotta infinitamente diversificata della vita
spirituale |
|
Terzo atto sul palcoscenico
tragicomico |
|
Arrivo dei nuovi acquisti nel
“giardino del Paradiso” – Riconoscimento della loro colpa |
|
L'eterna Parola di Dio come
lo scranno del giudice di Cristo |
|
Del peccato contro lo Spirito
Santo |
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La Parola del Signore è il
vero giudice! |
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Il Signore è puro Amore anche
nell'Inferno |
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Della differenza tra la vera
e la falsa applicazione della confessione |
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Il priore in difficoltà
davanti al baratro. Del vero ponte della liberazione – Dalla morte alla vita |
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La preghiera vivente del
priore e il suo effetto |
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L'uomo semplice – Auto
confessione del priore |
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La condizione per la
liberazione – Superamento del baratro tramite un ponte |
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La disputa sul servizio
d'amore e le tre prove |
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La capacità di poter apparire
contemporaneamente in molti luoghi: spiegazione |
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Siate astuti come i serpenti
e semplici come le colombe |
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Prove ulteriori. Inizio della
ricompensa |
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Tutto deve essere rivelato
davanti allo scranno del giudice di Cristo – Il beatissimo riconoscimento del
priore |
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Una confessione del
predicatore |
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Il segreto del vero progresso |
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Ancora una forte prova |
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La destinazione celeste |
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Condurre, trarre e portare
nel significato spirituale |
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[1].Leida: condensatore elettrico costituito da un recipiente
di vetro rivestito internamente ed esternamente di stagnola.
[2] Conciaiolo:
operaio addetto alla concia, la concia è l’insieme delle operazioni, meccaniche
e chimiche, con cui si trasforma in cuoio la pelle degli animali.
[3] - “Mangia, bevi, dormi, dopo la morte non
esistono piaceri!”