Rivelazioni

nel 1842/1843 al mistico e profeta

Jakob lorber

 

Un’opera ricca di insegnamenti sull’aldilà. Il Regno dei Cieli è come un sole, nel quale qualunque atto ha lo scopo di riconoscere, conservare e far crescere la Vita interiore-spirituale, affinché nella propria libertà si riconosca la Fonte. Dieci spiriti accompagnano il viandante per spiegargli il senso spirituale dei Comandamenti donati per Amore.

 

Il Sole spirituale

 

[Vol. 1]

 

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Traduzione dall’originale tedesco “DIE GEISTIGE SONNE” – VOL.1

Opera dettata dal Signore nel 1842-1843 al mistico e profeta Jakob Lorber

Traduzione di Clara Battistella 1968/1968

Il testo in PDF può essere scaricato sul sito: www.jakoblorber.it 

in questa pagina: Libri in PDF

Questa edizione in *.html è a cura del gruppo: “Amici della nuova Luce

ISBN 88-88984-20-8

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(testo copiato dalla sua traduzione originale del 1968, non ancora revisionato)

 

Unità di misura nel testo

 

1 klafter = 1,9 metri

1 piede = 31,6 cm

1 miglio = 7,6 km

 

Il Regno di Dio

 

 

 

L’assordante voce del trambusto del mondo tace.

In alto alle silenziose altezze degli spiriti noi guardiamo,

e tra gli sguardi raggianti del sentimento scorgiamo,

come alla Terra il Regno della verità si china.

Intorno alla nostra anima gioca la Sua Luce celeste,

scaturisce il suo santo Fuoco tramite la nostra essenza,

e dalle profonde sorgenti del cuore irrompe

la Vita eterna per la festa dell’alleanza.

 

Quanto immenso è del Regno di Dio il territorio!

Esso si estende in tutte le lontananze dei tempi,

avvolge la Terra e le innumerevoli stelle,

ed è dove solo un cuore per il bene è incandescente!

Chi ha ravvisato il numero di color che vi dimorano?

Chi conosce delle sue forze pienezza e movimento,

le sementi tutte qui seminate all'infinito,

e dell'aurea benedizione del prosperare e maturare?

 

Qui alita lo Spirito del Padre, silenzioso e puro!

Qui opera, nella massima potenza, la Libertà!

La Speranza fiorisce, e luminose figure della fede

passeggiano nello splendore primaverile dell'Amore.

L'immensa fiducia guarda alla perfezione,

arrossendo l'Umiltà, nella sua stessa Luce.

Nella pace più profonda giace il senso rappacificato.

Sta in ginocchio la devozione, pregando con entusiasmo grande.

 

Il Sole del Regno è lo Spirito del Padre!

Come si slanciano gli eterni spiriti intorno a Lui,

Gli si avvicinano in cerchi sempre più stretti,

finché la loro vita scorre del tutto nella Sua!

Chi non si sentirà conscio della Sua figliolanza?

Chi non sente dolorosamente ciò che nella polvere gli manca?

Arde nel nostro petto una nostalgia profonda,

e l'anima assetata anela alla sua originaria Sorgente.

Jakob Lorber

 

 

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cap. 1

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Il Sole spirituale: una Scintilla di Grazia proveniente dal Signore

22 novembre 1842

                                   1.   Prima di poterci recare nel vero e proprio Sole spirituale, dobbiamo anzitutto sapere dove questo è, come sta in relazione col Sole naturale e come è provveduto.

                                   2.   Per potersi fare un concetto il più possibile completo dell’intera faccenda, deve essere anzitutto osservato che lo spirituale è tutto ciò che è il più interiore, e allo stesso tempo è ancora il più compenetrante, per conseguenza è onnioperante e condizionante.

                                   3.   Prendete ad esempio un frutto qualsiasi; qual è la sua parte più interiore? Nient'altro se non la forza spirituale nel seme! – Cos’è poi il frutto stesso che, con tutte le sue parti componenti, è per la copertura e la conservazione del seme più interiore? Esso in fondo è nient’altro che l'organo esteriore, compenetrato dalla forza del seme, il quale in tutte le sue parti si comporta in senso benefico operante, necessariamente per il seme esistente.

                                   4.   Che l’esteriore del frutto sia un organo condizionato dalla forza spirituale del seme, risulta dal fatto che non solo il frutto, bensì l'intero albero o l'intera pianta viene dal seme spirituale.

                                   5.   Cos'è dunque lo spirituale? Lo spirituale è, per primo, la forza più interiore nel seme, attraverso la quale l'intero albero insieme alle radici, tronco, rami, foglie, fiori e frutti, è dipendente. Ed è ancora lo spirituale che compenetra tutte queste menzionate parti dell'albero come per se stesso, oppure per il proprio beneficio.

                                   6.   Lo spirituale è perciò il più interiore, il penetrante, e di conseguenza anche il tutto comprendente. Poiché ciò che qui è il penetrante, questo è anche l’avvolgente.

7. Che questo sia giusto, lo potete osservare in parecchi fenomeni nella natura. Prendete in primo luogo una campana. In essa, dove si trova la sede del suono? Voi direte: “Più al margine esterno, oppure più nel mezzo del metallo, oppure più nel margine interno!” – È tutto sbagliato, poiché il suono è il fluido spirituale più interiore racchiuso nell’involucro materiale!

8. Quando la campana viene battuta, allora il colpo è percepito dal fluido più interiore, il quale è come un substrato spirituale altamente elastico e flessibile, come un qualcosa disturbante la sua quiete. Con ciò l’intero fluido spirituale viene impegnato in uno sforzo per il raggiungimento della libertà, il che si dà a riconoscere nelle persistenti oscillazioni. Se la materia esteriore viene rivestita con un’altra materia che è compenetrata da potenze spirituali non così facilmente eccitabili, allora questa vibrazione delle potenze spirituali eccitabili – anzi il loro sforzo per raggiungere la libertà – viene presto smorzata, e una tale campana avrà presto cessato di suonare. Se invece la campana è libera, allora le oscillazioni echeggianti dureranno ancora a lungo. Se, in aggiunta, essa è circondata esteriormente da un corpo molto eccitabile, qualcosa come un’aria pura carica di elettricità, allora, con ciò, il suono diventa ancora più potenziato e si estende in lontananza in un tale corpo, insieme eccitabile.

9. Se ora considerate un po’ quest’immagine, allora vi dovrà essere necessariamente chiaro che qui uno spirituale è di nuovo il più interiore, il penetrante e avvolgente. Vogliamo però fare ancora un altro esempio.

10. Prendete un ferro magnetizzato. Dov’è nel ferro la forza attraente o respingente? – Essa è nel più interiore, cioè nei piccoli involucri che rappresentano effettivamente la materia contemplativa del ferro. Con tale forza più interiore penetra l’intera materia che per essa non rappresenta nessun ostacolo, e l’avvolge dappertutto. Che questo fluido magnetico avvolga anche esteriormente la materia in cui si trova, ognuno può riconoscerlo facilmente constatando come un tale ferro magnetizzato attiri un pezzetto di metallo simile che gli è lontano. Se non fosse un’essenza avvolgente e quindi operante anche oltre la sfera della materia, come potrebbe afferrare un oggetto che si trova lontano e attirarlo a sé?

11. Vogliamo citare, in aggiunta, ancora un paio di brevi esempi. Esaminate un conduttore elettrico, oppure una bottiglia di Leida[1]. Se un simile conduttore o una simile bottiglia vengono riempiti con fuoco elettrico prodotto da una lastra di vetro strofinata, allora questo fuoco penetra l’intera materia ed è poi, allo stesso tempo, la sua parte più interiore e penetrante. Ma se cominciate ad avvicinarvi solo un po’ ad una tale bottiglia oppure a un conduttore, allora vi accorgerete subito con un leggero soffio e tiraggio, che questo fluido avvolge l’intera materia della bottiglia e del conduttore.

12. E un esempio ancora più eloquente vi si manifesta, certo in contorni opachi, in ogni uomo come anche in altre realtà, ma diventa evidente al massimo grado nei sonnambuli. Fino a che punto un magnetizzatore e un sonnambulo da lui trattato si possono rapportare reciprocamente, già parecchi di voi avranno certamente fatto le esperienze più vivaci. Ebbene, se lo spirito fosse soltanto l’essenza più interiore e non nello stesso tempo anche una penetrante, allora per primo non sarebbe possibile già nessuna cosiddetta magnetizzazione; e se lo spirito non fosse nel contempo anche l’avvolgente e il tutto abbracciante, dite: come sarebbe possibile un rapporto a distanza tra un magnetizzatore e un sonnambulo? – Io credo che abbiamo abbastanza esempi per comprendere dove e come si forma dappertutto lo spirituale, quindi, esposto anche precisamente in, attraverso e presso il Sole.

13. Il Sole spirituale è quindi la parte più interiore del Sole [naturale] ed è una scintilla di Grazia [proveniente] da Me. Poi lo spirituale, operando potentemente, compenetra l’intera materia del Sole, e infine è anche ciò che avvolge l’intera essenza del Sole. Quindi nel suo insieme, questo è il Sole spirituale. Questo Sole è il vero e proprio Sole, poiché il visibile Sole materiale non è altro che un organo dipendente dal Sole spirituale a suo stesso vantaggio, il quale è costituito in tutte le sue parti in modo che, in esse e attraverso di esse, lo spirituale si possa manifestare e, con ciò, si può di nuovo pienamente afferrare nel suo complesso.

14. Chi dunque vuol vedere il “Sole spirituale”, guardi prima la sua manifestazione esteriore e, oltre a ciò, consideri che tutto questo è compenetrato e avvolto dal Sole spirituale in ogni particolare come nell’insieme. Così facendo riuscirà a formarsi già un debole concetto del Sole spirituale. 

15. In aggiunta, però, costui rifletta ancora che tutto lo spirituale è una perfetta concretezza o un qualcosa che si afferra completamente dappertutto; mentre il naturale è soltanto un qualcosa di parziale, di separato, che non si afferra per niente. Se appare come interdipendente, allora questo dipende solo dallo spirituale che dimora in esso. In tal modo l’immagine di un Sole spirituale diventerà già più chiara, e la differenza tra il Sole naturale e il Sole spirituale risulterà sempre più evidente.

16. Tuttavia, affinché possiate scorgere questo sempre più chiaramente, allora vi voglio aiutare ad ottenere, di nuovo con alcuni esempi, una più chiara immagine. Prendete possibilmente una piccola asta di metallo nobile. Se l’osservate allo stato grezzo, essa è opaca e ruvida. Se però la levigate e poi la lucidate, come si mostrerà adesso in una luce del tutto diversa rispetto a prima? Eppure è ancor sempre della stessa asta! – E qual è la vera e propria causa dell’abbellimento di questa asta? Io vi dico che la causa è del tutto semplice: attraverso la levigatura e la lucidatura, le particelle alla superficie dell’asta si sono avvicinate l’una all’altra e, in un certo qual modo, sono state unite l’una con l’altra. Per mezzo di ciò esse sono diventate, del pari, più reali, e si sono afferrate reciprocamente, ed anche, se potete intenderlo nel giusto senso, le sue molecole sono diventate pienamente di pari sentimento. Nello stato grezzo precedente, che era ancora uno stato separato, si stavano di fronte come ostili. Ogni particella separata cresceva rigogliosamente per se stessa con i raggi nutrienti della luce, li consumava secondo la sua possibile avidità, e non lasciava nulla alle particelle vicine. Nello stato lucido, che può essere definito purificato o depurato, queste parti si sono afferrate. Attraverso questo afferrarsi, i raggi di luce che cadono su di esse diventano un bene comune, e volendo, ora nessuna delle singole particelle vuole tenerli più per sé, ma già la particella più piccola li comunica a tutte le sue vicine. – Cosa accade con questo? Tutte hanno luce in sovrabbondanza, così che non sono in grado di assorbire tutta la ricchezza a disposizione; e la dovizia di questa abbondanza di raggi, si riflette ormai in un magnifico splendore armonico da tutta la superficie dell’asta d’oro lucidata.

17. Riuscite a percepire già qualcosa da dove deriva questo splendore? Esso deriva dall’unità o dall’unificazione. Se dunque lo spirituale è qualcosa di perfetto, di unico in sé, quanto molto più grande deve essere la magnificenza dello spirituale, rispetto a quello del suo organo, che è solo una parte o un frammento e, con ciò, per l’appunto, anche un egoista, un interessato, e quindi, morto!

18. Considerate un altro esempio. Voi sicuramente avrete già visto la sabbia silicea grezza da dove viene preparato il vetro. Tale sabbia silicea grezza, lascia forse passare senza ostacoli i raggi, come invece fa il suo derivato, il vetro? Oh, no! Questo voi lo sapete bene. Ma perché una tale sabbia silicea grezza non lascia passare i raggi? Perché nelle sue parti è ancora troppo separata e troppo poco unita in sé. Quando i raggi cadono su di essa, ognuna delle sue particelle consuma i raggi per sé e non lascia al suo eventuale vicino nulla, oppure tutt’al più, per così dire, lascia solo lo scarto dei raggi assorbiti. Ma com’è poi che il suo derivato, il vetro, sia tanto generoso? Vedete, la sabbia silicea viene per primo tritata e sgretolata finemente. In questo modo ogni particella, in un certo qual modo, ha dovuto morire all’altra, ovvero, deve essere completamente separata da essa. Dopo, tale sabbia silicea viene lavata. Quando è stata lavata, viene asciugata, mescolata con del sale e posta nel crogiuolo, dove le singole particelle di polvere separate vengono completamente unite l’un l’altra per mezzo del sale e con il giusto grado del calore del fuoco.

19. In altre parole, che cosa vuol dire questo lavoro? Gli spiriti egoisti vengono in un certo qual modo frantumati attraverso la materia, così da essere completamente separati gli uni dagli altri. Con questa separazione vengono poi lavati, ovvero purificati. Una volta che sono purificati, vengono prima portati all’asciutto, il cui stato corrisponde alla sicurezza. In tale stato essi vengono prima salati con il sale della Sapienza, e alla fine, dopo essere stati preparati nel modo descritto, vengono purificati nel Fuoco del Mio Amore. – Comprendete quest’immagine? Se non la comprendete ancora completamente, vedete, voglio illuminarvela ancora più da vicino.

20. Il mondo materiale esteriore, in tutte le sue parti, è [in rispondenza] la sabbia silicea grezza; la sua separazione è la modellatura nei differenti esseri. Il lavaggio di questa polvere è la purificazione, ovvero il graduale ascendere degli spiriti nella materia a potenze più elevate. L’asciugare significa la libera esposizione o la messa in sicurezza degli spiriti in una unità, che si esprime già nell’uomo. Il salare è il conferimento della Luce di Grazia allo spirito nell’uomo. La finale fusione, per mezzo del calore del fuoco nel crogiolo, è l’unione degli spiriti, tanto tra loro quanto anche con il Fuoco del Mio Amore. Infatti, come la materia non si può afferrare nel crogiolo finché non è pervasa dallo stesso grado di calore che il fuoco stesso possiede, così pure gli spiriti non possono diventare tra loro concordi, e quindi eternamente conciliati, finché anche loro non vengono completamente compenetrati dal Mio Amore, al par di Me stesso. Così è detto anche nella Parola: «Siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro nel Cielo”. [Matteo 5,48]. E ancora: “Affinché essi siano una cosa sola, come lo siamo Tu ed Io». [Giov.17]. Vedete, da questa spiegazione, l’esempio sarà sicuramente chiaro.

21. Nondimeno, in che modo si esprime poi, nel vetro, il diventare una cosa sola? Per il fatto che tutte le particelle ora assorbono il raggio del Sole in un unico e medesimo modo, vengono illuminate in tutto e per tutto, quindi completamente saziate di luce. Tuttavia, possono lasciar andare del tutto la luce assorbita senza impedimento attraverso se stesse. Vedete, quindi già i vetri delle vostre finestre v’insegnano come sono regolate le condizioni celesti, e nello stesso tempo v’insegnano anche il modo di guardare, da un gradino considerevolmente più vicino il Sole spirituale. Noi però non ci vogliamo ancora accontentare di questo solo esempio, ma alla prossima occasione ne menzioneremo ancora alcuni e, attraverso di essi, nel modo più semplice, ci slanceremo completamente sul Sole spirituale stesso, e là osserveremo le inesprimibili magnificenze!

 

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Cap. 2

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La natura intera: un Vangelo dell'Ordine del Signore

 

1. Come vi ho già detto parecchie volte, così ve lo ripeto ancora una volta: “L’intera natura e anche ogni possibile faccenda, tanto degli animali quanto del tutto specialmente degli uomini, può essere un Vangelo, e attraverso le sue connessioni mostrare e dischiudere le cose più meravigliose del Mio eterno Ordine. Anzi, non c’è bisogno di cercare l’una o l’altra cosa per un esempio comparativo. Voi potete afferrare qualunque cosa che sia a portata di mano, per quanto poco appariscente possa essere, porterà sicuramente in sé quel Vangelo che è perfettamente adatto ad illuminare qualsiasi relazione spirituale, come se essa fosse stata creata esclusivamente a tale scopo dall’eternità!”. Dunque, Io ho detto che avremo ancora bisogno di parecchi esempi per poterci elevare attraverso di essi, completamente al Sole spirituale. Perciò non vogliamo affatto essere spinosi, ma faremo del nostro meglio.

2. Prendiamo una casa di abitazione. Con che cosa viene fabbricata? Come voi sapete, di solito si tratta di materiale grezzo, senza forme e ammassato. Questo materiale si trova dappertutto come egoisticamente diviso. Esso è l’argilla, dalla quale vengono preparati i mattoni, poi una certa specie di pietra, dalla quale una volta bruciata diventa calce, poi la sabbia e legname informe. Portiamo ora un tale materiale grezzo insieme su un qualsiasi terreno. Qui si trova innalzata una montagnetta di terra argillosa, di nuovo un altro ammasso di pietra calcarea, di nuovo un caotico mucchio di tronchi d’albero, che però non sono ancora squadrati, e di nuovo un considerevole cumulo di sabbia. A una certa distanza si trova un più piccolo mucchio di minerali di ferro grezzo; di nuovo un po’ più in là si trova un mucchio di ghiaia, e non lontano da questo, un buona pozza d’acqua. Ecco, qui abbiamo radunato a mucchi il materiale grezzo per fabbricare una casa. DiteMi però: “Chi tra voi è così lungimirante da scorgere da tutti questi cumuli di materiale grezzo, una splendida casa ben ordinata? Tutto questo somiglia ad una casa, un po’ come una mosca somiglia ad un elefante, oppure come un pugno somiglia all’occhio umano; e tuttavia, tutto questo ha lo scopo di costruire una splendida casa.

3. Ma adesso cosa deve accadere? I costruttori di mattoni si recano al mucchio di argilla. L’argilla sciolta viene inumidita, poi impastata per bene. Se si è dovutamente afferrata ed è diventata sufficientemente dura, allora vengono formati i ben noti mattoni. Ma affinché le particelle argillose nei mattoni si afferrino ancora più intimamente e più fortemente, ciascuno di questi mattoni viene ancora cotto nel fuoco, e in quell’occasione ottiene di solito anche il colore che ben conoscete, ottenendo la più grande solidità. Ma cosa accade con la pietra calcarea? Vedete, là ad una certa distanza sono stati eretti già parecchie calcare, in cui questa pietra calcarea viene bruciata. Ciò che accade con questo calcareo bruciato, lo sapete sicuramente bene. Continuiamo a guardare! Anche sulla catasta di tronchi si sono avventati i carpentieri, e li squadrano secondo la necessità architettonica, e i fabbri si sono raccolti intorno all’ammasso di metallo, lo fondono, estraggono il ferro utilizzabile e lo forgiano per ogni tipo di esigenza strutturale. Inoltre vedete altri tritare e sgretolare la ghiaia e trasformarla in vetro puro nel modo che vi è già noto.

4. Ora abbiamo il materiale grezzo sparso tutt’intorno già curato. Perciò viene già il costruttore edile e segna con picchetti il suo piano di costruzione. Si scavano le fondamenta, i muratori con i loro aiutanti si danno un gran da fare, e noi vediamo il materiale grezzo prender forma in un edificio ben ordinato sotto le mani dei costruttori. A poco a poco la bella casa sorge sopra il terreno e raggiunge l’altezza stabilita. Ora i carpentieri mettono le mani all’opera, e in breve tempo l’edificio è completamente fornito della necessaria copertura. In quest’occasione anche i nostri precedenti cumuli di materiale grezzo sono completamente scomparsi; vediamo ancora solo una parte del mucchio di sabbia e una parte di calce spenta, ma or ora va al cosiddetto intonaco e decorazione della casa. In quest’occasione scompaiono anche i due ultimi resti materiali, Vedete, la casa è ora completamente intonacata dall’esterno come dall’interno. Ora però subentrano ancora una quantità di piccoli artigiani specializzati. Qui abbiamo un falegname, lì un fabbro, di nuovo lì un imbianchino, lì un lattoniere e di nuovo lì un verniciatore di pavimenti. Questi piccoli artigiani si danno da fare ancora per un po’, e alla fine la casa sta lì praticamente tanto, che ispira rispetto.

5. Se ora voi potete paragonate i vostri sentimenti, cominciando dallo sguardo della rozza materia fino al completo compimento di questo imponente edificio, allora sicuramente vi troverete una grande differenza. Ma com’è stata causata questa differenza? Io vi dico: da nient’altro che dall’appropriato e giusto ordine ed unione del separato materiale grezzo in un’insieme. Quando voi prima andavate in giro tra i cumuli di materiale grezzo, vi siete sentiti a disagio, ed i vostri sentimenti si dimenavano caoticamente. Quando avete visto di nuovo l’intera rozza materia resa più ordinata e adattata attraverso il fuoco e attraverso gli attrezzi dei carpentieri, allora vi siete sentiti già più a vostro agio, poiché avete scorto già più possibilità che da un tale materiale così riordinato potesse sorgere una casa. Ma ancora non potevate giungere ancora a nessun completo concetto della casa.

6. Quando però avete visto il costruttore edile segnare con i picchetti il piano di costruzione, siete stati in un certo qual modo colti di sorpresa in maniera più soddisfacente nella vostra emozione, poiché potevate già dire: “Ah, guarda lì: questo diventerà un magnifico edificio!”. E quando l’edificio stava lì completo, lo avete osservato con grande compiacimento, e quando siete stati introdotti nelle belle e graziose stanze della casa, allora vi meravigliaste altamente e diceste: “Chi avrebbe potuto immaginare tale materiale che poco tempo fa giaceva ancora completamente grezzo?”

7. Ebbene, vedete, così stanno le cose anche con tutto ciò che abbiamo visto finora nel Sole naturale. Si tratta in sostanza, di ammassi di materiale grezzo, che appaiono in questo stato senza connessione e senza unione. Se qualcuno osserva gli abitanti del Sole e tutte le loro organizzazioni una dopo l’altra, non potrà rintracciare da ciò nessuna relazione e nessuna connessione. Quindi solo nello spirituale questi ammassi ancora del tutto grezzi vengono sempre più ordinati, e da questo ordine si può poi già vedere per quale alta destinazione sono di conseguenza lì, poiché essi nel loro intimo additano ad un Essere, nel Quale soltanto può essere realizzato il loro finale e completo ordine per una perfetta totalità.

8. Perciò noi potremo scorgere l’edificio completamente finito soltanto sul Sole spirituale, nel quale tutto questo si afferrerà e si metterà in evidenza come un tutto nella più grande magnificenza.

9. Adesso vedete come questo esempio ordinario racchiude in sé un meraviglioso Vangelo, e dischiude al profondo osservatore un ordine di cui nessun mortale si è ancora sognato qualcosa. Da questo esempio voglio rendervi attenti su qualcosa di più vicino allo spirituale, e questo, per vero, specialmente sul Sole stesso.

10. Ora avete contemplato le differenti organizzazioni di tutto il Sole, e anche tutto ciò che c’è in esso e su di esso. Tutto quanto vi si trova è certamente di innumerevole e quasi di inesprimibile varietà. Ma come si esprime alla fine tutta questa organizzazione del Sole sicuramente memorabile?

11. La risposta vi è data da ogni sguardo che voi rivolgete al Sole, vale a dire in una generale corona di luce e di raggi oltremodo intensiva.

12. Guardate come la quasi infinita varietà si riunisce là e, così riunita, opera in distanze di spazio quasi senza fine. Non sarà necessario illustrare tutti gli innumerevoli effetti benefici della luce solare, poiché ogni nuovo giorno li descrive e li magnifica sul vostro piccolo corpo terrestre già innumerevoli volte. Il Sole, senza questa unità di luce, potrebbe produrre con tutte le sue innumerevoli parti anche tali meravigliosi effetti? Oh, sicuramente no! Chiedetelo ad una profonda notte, ed essa vi dirà e letteralmente dimostrerà a che cosa sarebbe utile un Sole senza luce. Tuttavia non dobbiamo accontentarci di quest’unico esempio, sempre ancora un po’ gravoso, poiché ce ne sono una quantità ancora di migliori.

13. Ma affinché possiate persuadervi ancora di più come qualunque cosa ci possa portare vicino al nostro scopo, se solo lo consideriamo dal giusto punto di vista, allora per un prossimo esempio voi dovete scegliere un soggetto qualsiasi, e vedremo in che maniera lo potremo usare oppure no per il nostro scopo. Io però credo che vi sarebbe alquanto difficile scegliere un soggetto inadatto a questo proposito. Infatti, cosa c’è nella forma agglomerata di un minerale trovato? Solo nella fornace e con il giusto grado di calore gli sarà data la sua sicura destinazione! Perciò non cercate faticosamente un soggetto, poiché, come vi ripeto, Io posso usare ogni cosa come un conciaiolo[2] ebreo! E così, per oggi lasciamo la faccenda, e accontentiamoci!

 

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Cap. 3

* * * * *

L'orologio: un'immagine della corrispondenza del Sole

 

               1.   Dunque, voi avete scelto un orologio; quest'esempio è migliore di quanto potete immaginare, poiché anche Io avrei scelto un misuratore del tempo. Vogliamo, quindi, esaminarlo subito con occhio critico in tutte le sue parti e si vedrà se ci porterà un gradino più su dell'esempio precedente.

               2.   Se voi osservate un orologio, scorgete in questo piccolo strumento soltanto materiale rifinito. Voi vedete un meccanismo ben calcolato, così costituito che una ruota motrice interseca i suoi denti in quelli di un'altra. Voi potete vedere che tutto l'insieme delle ruote è collegato con una catenina, forte in proporzione, con la molla elastica, la quale con la sua forza insita, mette in moto tutto il meccanismo. Se noi esaminiamo ancora più da vicino questo piccolo meccanismo, scopriamo che vi sono in esso ancora un grande numero di piccoli cilindri con gancetti ed ogni cosa al giusto posto e con uno scopo preciso.

               3.   Una volta osservato attentamente il meccanismo interno, possiamo passare ad osservare la configurazione esteriore. Che cosa vi scorgiamo? Un quadrante piatto ed un paio di semplici lancette. Qual è lo scopo di queste lancette sul quadrante? Esse indicano, come sapete, le ore del giorno e della notte, cioè misurano il tempo. Il tempo che viene misurato da queste lancette è, certamente, qualcosa che tutto abbraccia e compenetra anche tutto e ne è anche il centro, da dove voi potete guardare, poiché nessuno può dire: “Io sono alla fine del tempo”, oppure “il tempo non ha nulla a che fare con me”, od anche “il tempo non mi circonda”. Poiché qualunque cosa uno faccia, egli la fa nel mezzo del tempo. Perché ciò? Perché egli è sempre compenetrato dal tempo e dappertutto ugualmente circondato. Questo ci viene indicato pure dall'orologio. Nel centro del quadrante sono fissate le lancette e descrivono, con le loro punte, un cerchio esatto. Dato, però, che dal centro, fino al suddetto cerchio esterno, tali lancette, quale materia concreta, procedono senza interruzione, risulta che esse tracciano, partendo dal centro, un numero infinito di cerchi; è, perciò, chiaro ed evidente che tale serie di cerchi non intendono finire, se non che per un guasto al suo macchinario.

               4.   Però, ora torniamo indietro, cioè all'ingranaggio del nostro orologio e vi scopriamo due piastre metalliche inamovibili, tenute insieme da colonnine, nonché una quantità di piccoli perni, gancetti e viti, ugualmente immobili. In tutte queste cose senza moto c'è tuttavia qualcosa della destinazione finale di tale strumento che viene ad esprimersi nel quadrante? Certamente anche in queste parti immote giace, quale base che si esprime nel suo mutismo, la finale destinazione dell'orologio.

               5.   Se noi approfondiamo lo sguardo nel meccanismo, vediamo un vario movimento delle ruote. Anzitutto un vivace perpendicolo, poi la ruota ad esso più vicina. Il piccolo perpendicolo è ancora molto lontano dalla principale destinazione, poiché esso non è ancora in grado di compiere un cerchio completo, bensì esso viene costantemente spinto di qua e di là, e, malgrado nel meccanismo compia il movimento più rapido, tuttavia non avanza affatto. La prossima ruota che è palesemente dominata dal perpendicolo che si dà tanto da fare, sta attenta ad ogni balzo del perpendicolo stesso e, ad ogni balzo, guizza in avanti di un gradino, sul suo circolo e seppure il suo movimento circolare sia piuttosto rapido, tuttavia è costante. Si osservano, in questo suo movimento, ancora gli scatti del perpendicolo, tuttavia ciò non guasta, poiché il movimento circolare è stato iniziato. La ruota, che segue quella del perpendicolo, si muove già più omogeneamente, descrive un cerchio più tranquillo ed è molto più vicina alla destinazione principale. La prossima ruota si muove ancora più lentamente, uniformemente e tranquillamente e perciò è anche più vicina alla destinazione, anzi, ne fa già considerevolmente parte. L'ultima ruota si trova già completamente a destinazione e lo esprime nel suo stesso meccanismo; però tale destinazione non può essere ancora scorta in tale meccanismo.

               6.   Però, proprio là, dove, per quanto celatamente, la destinazione principale si esprime già nel meccanismo materiale, spunta dal centro del meccanismo stesso un minuscolo perno o cilindro sul quadrante, sul quale perno poi sono fermate le lancette, che però nella loro massima semplicità esprimono l'unica destinazione dell'intera opera meccanica, messa insieme con tanta arte.

               7.   Non scorgete ancora abbastanza chiaramente a che cosa mira tutta questa lunga descrizione? Tutto ciò che vi è di vario e di congegnato mostra, tuttavia, in sé, la finale unificazione ad uno scopo principale e nemmeno il più insignificante pernetto deve mancare, se l'ultimo scopo deve essere raggiunto in modo pienamente sicuro.

               8.   Ritorniamo ora al nostro Sole; considerate questo grande orologio d'oro finissimo, come misuratore dei tempi per voi inconcepibili. Noi abbiamo visto lo svariato meccanismo di questo gigantesco orologio e ci siamo resi conto che anche qui il Mio Amore è l'onnipotente molla vivente che mette in moto questa grande opera, fra le due grandi piastre che, in questo caso, si chiamano «Eternità ed Infinità»! Noi abbiamo visto tutte le innumerevoli ruote motrici e tutti i pernetti e le colonnine; ora conosciamo tutto l'apparato meccanico, tuttavia, dalla varietà dei suoi componenti, riesce altrettanto difficile riconoscere la sua finale destinazione principale, quanto se qualcuno volesse stabilire l'ora esatta soltanto contemplando il suo complicato meccanismo, senza curarsi affatto del quadrante. Questo sarebbe giusto e non offrirebbe la possibilità di sollevare obiezioni, se qualcuno dicesse che la domanda è diversa e precisamente: “In tale grande meccanismo (del Sole naturale), come possiamo accorgerci del perno centrale e raggiungerlo, quale elemento che si eleva dal materiale e si spinge in alto, al di sopra del grande quadrante dell'unica, grande destinazione finale?”. Io, però, vi dico: “Questo non deve preoccuparci, poiché nulla è più facile da effettuare di ciò, quando cioè si è prima esaminato un meccanismo, in modo che tutte le sue parti siano conosciute, nella loro essenzialità”. Dato però che, come esempio adatto, abbiamo scelto l'orologio, ce ne serviremo anche per elevarci fino alla sua grande superficie.

               9.   Chi ha avuto occasione di esaminare un orologio, avrà certamente constatato che ci sono in esso tre cose che hanno quasi lo stesso movimento. La prima è la ruota capsulare, nella quale è fissata la molla motrice. La seconda è la ruota motrice principale, collegata alla prima con una catenella e la terza è la ruota centrale che col suo asse mette in moto le lancette sul quadrante.

             10.   Se noi vogliamo giungere sul grande quadrante dobbiamo anzitutto vedere a chi corrispondono queste tre ruote. A chi, dunque, corrisponde la ruota capsulare della molla? Ciò è quanto mai evidente, essa corrisponde all'Amore, poichè la molla è racchiusa e genera la Vita in tutto il meccanismo, cioè dal di dentro. Di conseguenza, è proprio nell'Amore che trova già unicamente e completamente la sua causa tutta la destinazione principale dell'opera.

             11.   A chi corrisponde, allora, la seconda ruota, di pari movimento, collegata alla prima per mezzo di una catenella? Questa ruota corrisponde alla Sapienza, che riceve la sua Vita dall'Amore e che, perciò, sta con Esso in stretto collegamento. A chi corrisponde la ruota centrale, che con il suo asse, muove le lancette? All'eterno Ordine, che deriva vivente, dalle due ruote prima menzionate e che dispone in modo che l'intero meccanismo, in tutte le sue parti, sia congegnato così che alla fine tutto deve concorrere al raggiungimento di quello scopo principale che, partendo dall'Amore e dalla Sapienza, viene espresso, appunto, in quest'Ordine. Come vedete, ora abbiamo già tutto: la ruota col suo asse l'abbiamo trovata, poiché si chiama «Ordine», e su questo asse noi vogliamo, perciò, collegarci e, alla fine, completare la grande, finale destinazione delle cose, come essa si manifesta, conformemente all'Amore, alla Sapienza ed all'Ordine che da essi emana.

             12.   Ora, noi avremmo completamente raggiunto il nostro scopo, sulla base di questo esempio e, perciò, ci troviamo già sul Sole spirituale, senza che voi possiate ancora supporre e immaginare come ed in che modo ci siamo arrivati. Io, però, vi dico: “Ripassate, anche soltanto una sola volta ancora, gli esempi illustrativi e rileverete con grande facilità che, a partire dal succhiellare l'albero fino ad esaminare l'orologio, in un certo senso noi ci siamo aggirati vivacemente, in incognito, sul Sole spirituale, mentre voi siete sempre in attesa di giungervi”. Ora, noi ci troviamo già sul quadrante del tempo e della Vita e non abbiamo più bisogno di andare a cercare dove si trovi il suo asse.

             13.   Ma voi chiederete: “Come mai?”. Ciò sembra un indovinello! Ma Io vi rispondo: “Dove il significato delle cose, seppure ancora piuttosto in generale e non nei particolari, viene indicato e dove viene segnalato pure come, alla fine, tutto raggiunge l'unificazione o dove tale unificazione viene segnalata con ogni sorta di esempi evidenti, là non brilla più il Sole naturale, bensì quello Spirituale”. Il seguito, comunque, metterà ogni cosa nella luce più chiara e poi potremmo constatare, senza tema di equivoci, che ci troviamo già sul Sole spirituale.

             14.   Quando qualcuno tiene in mano una fiaccola, saprà anche il perché la tiene in mano. Quando egli cammina nelle tenebre, qual è la cosa più facile per aiutarsi, se si possiede una fiaccola, se non accenderla, poiché, con la celerità del lampo, le tenebre saranno fugate. Noi, però, abbiamo già la fiaccola accesa in mano e gli esempi sono la sua luce vivida che da essi emana. Ora non occorre che una scintilla d'Amore e il grande e significativo quadrante del Sole spirituale sarà immediatamente illuminato. Perciò, la prossima volta, non faremo altro, se non che, con la nostra buona fiaccola, illuminare quei vari punti ancora oscuri e scoprire il loro nascosto significato, e così accontentiamoci per oggi di quanto detto!

 

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Cap. 4

* * * * *

Il Sole naturale e spirituale: differenza della loro luminosità

 

               1.   Voi chiedete: “Sarebbe, certo, cosa buona accendere la fiaccola con la Scintilla dell'Amore; dove, però, possiamo andare a prenderla?”. Io, al riguardo, non posso in verità dirvi altro se non che la prenderemo proprio dove essa è. Non sarebbe davvero ridicolo se, avendo a disposizione tutto il Sole infuocato, non fossimo in grado di accendere quel minuscolo stoppino? Infatti, dicendo Scintilla d'Amore, Io intendevo riferirMi proprio al Sole, che ormai abbiamo nelle nostre mani, in lungo ed in largo. E, se siete capaci di accendere un pezzo di spugna, concentrandovi i raggi del Sole attraverso una piccola lente, mentre il Sole naturale dista da voi ventidue milioni di miglia, quanto più facile sarà accendere la vostra fiaccola, ora che il Sole ci è tanto vicino?

               2.   E allora vogliamo osare fare questo tentativo, che è un gioco da ragazzi, di mettere a contatto lo stoppino col fuoco del Sole. Guardate un po' come era facile questa cosa!

               3.   La Luce della fiaccola ora brilla e vedete delle distese interminabili per lo Spirito che risplendono alla luce di una eterna aurora, che proviene da questa fiaccola.

               4.   Poiché Io stesso sono la Fiaccola ed illumino d'una Luce giusta. Chi guarda in questa Luce, quegli scorge dappertutto la Verità, e l'inganno non si presenterà mai dinanzi ai suoi occhi!”.

               5.   Oh, meraviglia - dite voi - sul Sole naturale noi abbiamo visto giganti e nani ed una grande varietà in tutte le cose. Qui, nelle sfere luminose, tutto è uguale. Noi non vediamo nessuna cosa che superi l'altra; c'è una luce, c'è una grandezza e l'Amore si manifesta dappertutto in un'inesprimibile grazia. Noi scorgiamo quasi soltanto delle pianure. Dove sono i monti del Sole naturale?

               6.   Gli esseri angelici spirituali, che infinitamente lieti si aggirano sulle distese luminose, non fanno nessuna differenza fra terra e acqua; essi leggeri s’innalzano nel limpido etere e si librano in tutte le direzioni, ebbri di gioia, passando da una beatitudine all'altra. Noi scorgiamo soltanto dei graziosi alberelli. – Dove sono gli alberi giganteschi del terreno naturale? Noi vediamo in tutte queste piante, tanto graziose, una meravigliosa concordanza; da ognuna alita un inesprimibile senso di delizia che estasia ogni spirito che le si avvicina. O, certo, da ogni alberello, da ogni delicato filo d'erba, sgorga un diverso senso di diletto e, tuttavia, in ogni alberello, in ogni altra pianta, come pure nell'erba, vediamo una completa unità nell'innumerevole.

               7.   Noi vaghiamo sulle distese sconfinate, infinite schiere dei più beati spiriti angelici ci vengono incontro, tuttavia noi non scorgiamo, in nessun luogo, una dimora. Nessuno ci dice: «Questo terreno è mio e questo è del mio vicino, bensì, quali viaggiatori gioiosi sulle strade maestre, vanno e vengono dappertutto, giubilano e cantano lodi al Signore». Da qualunque parte ci volgiamo, vediamo soltanto Vita su Vita. Figure luminose si incontrano e da tutte le parti risuona un grande richiamo fraterno!

               8.   Tuttavia, noi qui siamo dei profani e non sappiamo che pesci pigliare. Dove si trova questo mondo luminoso, che ora scorgiamo? È questo il Sole spirituale?”. Così chiedete con sguardo e cuore stupefatti.

               9.   Però, Io vi dico soltanto che il Sole spirituale, osservato in sé e per se stesso, è perfettamente simile al quadrante di un orologio, sul quale si manifesta l'intero scopo di tutta l'intera e ingegnosa opera meccanica. Voi dite, piuttosto sconcertati: “E questo è veramente tutto il Sole spirituale? Qui è tutto meravigliosamente ed elevatamente bello e quanto mai pieno di Vita, però, tuttavia, è molto semplice. Sul Sole naturale abbiamo visto cose di varia e inesprimibile grandezza, anzi, meravigliose; qui, invece, ci fa l'effetto di una pianura apparentemente sconfinata, una specie di grande strada maestra per spiriti, sulla quale non si scorge nemmeno un granello di polvere. Però, dal nostro intimo, per quello che riguarda l'uniformità, nonché questa, per così dire, monotonia apparente, di questo luminoso mondo, dobbiamo confessare che ci saremmo aspettati qualcosa di veramente straordinario, data la grandiosità di quanto ci è stato dato di scorgere, precedentemente, sul Sole naturale”.

             10.   Non avete voi l'orologio come prototipo? Se voi vi aggiraste fra il meccanismo delle sue ruote, che si afferrano l'una con l'altra, senza avere prima mai visto un quadrante, potreste immaginare che l'effetto di un tale meccanismo desterebbe in voi meraviglia? Non direste voi, infatti, osservando il movimento delle ruote: “Se il mezzo è già tanto meraviglioso, di qual genere tanto più meraviglioso deve essere allora lo scopo!”. Voi direste all'artigiano, autore di tale opera d'orologeria: “Signore, indicibilmente ingegnoso e molto ben calcolato è quest'insieme di ruote, quanto grande ed utile deve essere perciò lo scopo di questo meraviglioso lavoro! Permettici di guardare il grande risultato in cui sfocia questo meraviglioso strumento”. L'orologiaio, allora, rivolterebbe il meccanismo e ci mostrerebbe il quadrante.

             11.   Voi, ignari di una tale novità, rimarreste alquanto stupefatti e direste: “Come, questo è tutto ciò per cui quell'opera così meravigliosa, è stata creata? Per null'altro che una piastra laccata di bianco, con segnati dodici numeri ed un paio di lancette appuntite che sfiorano con un movimento inavvertibile, costantemente alla stessa maniera, le dodici cifre! Oh, noi ci saremmo aspettati, per lo meno, qualcosa di molto diverso!”. Io dico: “Forse un teatro di marionette o qualche altro grandioso giocattolo per bambini!”.

             12.   O, Miei cari, i vostri concetti di tutto il mondo spirituale sono ancora ben magri! Dunque, non avete ancora capito, dagli esempi che vi sono stati dati, come tutto l'esteriore, nel suo sparpagliamento, deve alla fine esprimersi nell'unicità? Voi l'avete scorto nella descrizione di un albero, nella lucidatura di una barra di metallo nobile, nella fabbricazione del vetro, nella costruzione di una casa ed, infine, nel modo più evidente, contemplando un orologio.

             13.   Invece, se si tratta di passare allo spirituale, come si potrebbe pensare ad un'eterna durata e ad una eterna Vita, se lo si dovesse sparpagliare ancora di più di quello che è già sparpagliato nel naturale esteriore? Perciò, tutto deve unificarsi nello spirituale, in conformità al vero vivente ordine interiore, per poter diventare, con ciò, forte, potente e vivente, in maniera durevole, per l'eternità. Voi, a questo punto, direte: “Questo è evidente, perfettamente giusto e vero, però, a parte ciò, noi abbiamo, in parecchie occasioni, udito parlare delle grandi magnificenze del mondo spirituale celeste; ecco, perché, ora, non sappiamo raccapezzarci. Come possiamo, infatti, di fronte alla semplice grandiosità del Sole spirituale che noi vediamo, non obbiettare: «Essa ci sembra, in confronto ai concetti che ci eravamo formati di un mondo celeste, proprio come se fossimo in un giorno d'estate e vedessimo sciamare un’innumerevole quantità delle cosiddette effemeridi variopinte, che si incrociano con i raggi del Sole, delle quali nessuna possa dirci da dove viene e dove va e perché veramente si aggirano in tutte le direzioni, nell'atmosfera luminosa»”.

             14.   La vostra obiezione infatti è giusta, da un punto di vista, però non è venuto ancora il momento di dirvi, come questa semplicità è connessa con la meravigliosa magnificenza del Regno dei Cieli, che voi avete spesse volte sentito menzionare, poiché noi dobbiamo prima conoscere il fondamento. Se, anche voi, finora avete scorto soltanto effemeridi, ciò non porta, di certo, nessun pregiudizio alla cosa principale, poiché, quello che seguirà, dimostrerà come stanno realmente le cose con il Sole spirituale da voi ora scorto. Tenete presente questo e riflettete fra voi, poiché nella prossima continuazione considereremo questa semplicità con occhi del tutto diversi; mentre con oggi, facciamo punto!

 

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Cap. 5

* * * * *

Del Regno di Dio nell'uomo

 

               1.   Se vi tratteneste per qualche tempo su un alto monte e precisamente in una giornata bella e limpida, che cosa vi colpirebbe in special modo? Qualcuno fra voi rimarrebbe per qualche tempo, come estasiato, poiché, il grandioso, romantico quadro della natura, con le sue forme sempre mutevoli, gli offrirebbe argomenti sufficienti a delle rallegranti riflessioni. Qualcun altro, invece, la penserebbe del tutto diversamente e, quale risultato di questi pensieri, direbbe: “Che cosa c'è qui, di tanto straordinario? Si può vedere in lungo ed in largo e poi? Soltanto un monte dopo l'altro, qualcuno più alto e qualcun altro più basso; qua e là le cime sono coperte di neve, in altri punti svettano delle informi cime rocciose e quei monti, che sono lontani, sono i più passabili, mentre quelli più vicini non esibiscono che tracce di continue devastazioni. Questa è la costante uniformità della tanto vantata vista dei monti”. Un altro ancora, facente parte della compagnia, un tipo piuttosto codardo, si pente, quasi piangendo, di essersi sobbarcato la fatica di salire lassù. “Anzitutto”, egli dice, “qui non si vede altro se non quello che si può scorgere anche da un buon terreno piano, dal basso”. Oltre a ciò egli si sente gelare per lo strapazzo, e infine, egli sente soltanto fame, senza pensare, poi, che dovrà fare la spaventosa via del ritorno, cosa che gli fa venire già la vertigine in anticipo.

               2.   Dunque, qui noi abbiamo tre alpinisti, perché il primo si sente tanto sollevare l'animo, il secondo non vede che delle forme grossolane ed astratte, mentre, poi, il terzo perfino si irrita per avere fatto tanta fatica per un compenso di nessun valore. Vedete, la ragione si trova molto vicina ad ognuno di loro, dato che non si può trovarla, se non che in loro stessi. E come, dunque? È semplice, vedete: il primo è di spirito vivo e sveglio e non sono le forme o le alte cime dei monti che lo rendono beato, bensì questa sua disposizione è in rapporto dalla vita più elevata, in forma corrispondente, su questi alti monti. Infatti, noi abbiamo già appreso in altre occasioni quale vita si manifesta sui monti ed è appunto da questa vita che dipende il sentire delizia di quei visitatori delle alture, che vi giungono con spirito più desto e più vivo. Lo spirito dell'altro è ancora immerso in un profondo sonno, perciò egli si accorge soltanto di quello che vedono i suoi occhi fisici e quindi di quello che misura il suo arido intelletto terreno. Se, invece, voi lo pagate profumatamente, egli, quale geometra, con gli strumenti misuratori in mano, adatti alle sue conoscenze matematiche, sarà allora pronto ad arrampicarsi su tutte le cime dei monti, senza lagnarsi. Per quello che riguarda lo spirito del terzo gitante, non vi sarebbe proprio nulla da dire, poiché in lui vive soltanto l'uomo-animale, che trova la sua beatitudine esclusivamente nel ventre. Se voi voleste, una volta, riportarlo sull'alto di un monte, dovreste anzitutto aver cura che egli vi possa arrivare senza fatica e, in secondo luogo, di fargli trovare, giusto lassù, qualcosa di buono da mangiare e da bere. In questo caso egli acconsentirà di salire una volta ancora sul monte, anche se non con le sue gambe, ma con quelle di un somaro bene addestrato. Infatti egli dirà: “A queste condizioni partecipo anch'io, poiché l'aria di montagna, grazie alla sua purezza, è molto più favorevole alla digestione che l'aria stagnante delle valli”.

               3.   Vedete, da questo esempio noi possiamo trarre grande ed importante insegnamento, che si adatta perfettamente al nostro semplice Sole spirituale. E questo insegnamento si accorda esattamente con quel testo del Vangelo, il quale così dice: «A chi ha, sarà dato e sarà nell'abbondanza; chi non ha, perderà anche quello che ha». (Matteo, 13,5) E in questo testo biblico ci sta un altro detto ancora, che al summenzionato esempio corrisponde ancora più esattamente e cioè: «Il Regno di Dio non si presenta con sfarzo esteriore, poiché, vedete, esso è dentro di voi» (Luca, 17,21). Osservate ora come stanno effettivamente le cose, con la semplicità del Sole spirituale? Voi direte: “Noi osserviamo effettivamente qualcosa di quello che con ciò s'intende dire ed indicare, però non ancora in modo sufficientemente chiaro”. Io, però, vi dico: “Soltanto un po' di pazienza e la cosa vi si presenterà, con poche parole, tanto luminosa, come il Sole a mezzogiorno”. Voi, perché avete visto il Sole spirituale così semplice? Perché ne avete scorto soltanto la parte esteriore? Io però vi dico: “Vi è, su di esso, un'infinita, grandiosa e meravigliosa varietà, della quale voi, finora, non avete potuto nemmeno farvi un concetto; però, questa varietà, non si trova così estesamente sul Sole spirituale, bensì nell'interiore degli spiriti. Se voi volete vederla, allora dovete guardare, con puri occhi spirituali, nell'una o nell'altra sfera di detti spiriti beati, e, allora, vedrete immediatamente il vero mondo spirituale del Sole, di solito uniforme, tramutarsi in innumerevoli meraviglie, poiché voi dovete sapere che, com’è ben vero, ad ogni spirito viene data un'unica e stessa base, costituita puramente dalla Mia Grazia e dalla Mia Misericordia e questa base si esprime uniformemente nel Sole spirituale da voi visto. Per quello che riguarda, invece, «l'arredamento» di questa base, o l'effettivo mondo abitabile per lo Spirito, questo, ogni spirito deve portarlo in sé interiormente, e, a sua volta corrisponde all'Amore suo per Me, nonché alla Sapienza che emerge da questo Amore”. Affinché voi possiate scorgere ciò ancora più chiaramente, voglio aggiungere un esempio, veramente evidente. Ammettiamo che qualcuno di voi si trovi su un vasto prato pianeggiante. Su questo prato non trova nulla, all'infuori di un albero ombroso, nel mezzo, alla cui ombra cresce dell'erba rigogliosa. Su quest'erba il viandante si pone a giacere e si addormenta tranquillamente, riacquistando vigore. Però, durante questo dolce e corroborante stato di riposo, un sogno meraviglioso si è, per così dire, impadronito di lui. In questo sogno, il semplice viandante solitario, si trova nei più splendidi palazzi, in compagnia di vari principi e si intrattiene con loro e gode, con ciò, una immensa beatitudine. Io domando ora: «Com'è possibile che quest'uomo, in questo prato deserto, possa trovarsi in una tale compagnia interiore?».

               4.   Vedete, tutto ciò è una proprietà del suo spirito, perciò è esistente nel suo proprio spirito quale una creazione dovuta alla forma dell'Amore esistente in lui, che si manifesta nell'Ordine della Sapienza, quale frutto dell'Amore. Se voi riflettete un po' su questo esempio, vi risulterà chiaro, come, a suo tempo, nello spirito, ognuno sarà, secondo l'Amore e la Sapienza da Esso derivata, il creatore del suo mondo interiore, abitabile per lui e che questo mondo non è che il vero e proprio Regno dei Cieli nell'uomo.

               5.   Dunque, a chi ha l'Amore di Dio in sé, verrà aggiunta anche la Grazia, nello stesso grado dell'Amore che egli possiede. Chi, invece, non ha Amore, ma soltanto un arido intelletto mondano, considerato da questi quale sapienza, gli verrà poi tolto anche quello che possedeva, con quello che è naturale del mondo, cioè la sua vita naturale fisico-corporale.

               6.   Ecco, così stanno le cose. Uno degli alpinisti sale volentieri sui monti e l'amore è, sulle alture, il creatore della sua beatitudine. Chi, però, va sui monti soltanto con il suo intelletto, non vi troverà certo una ricompensa beatificante, al contrario, esso verrà assai potentemente pregiudicato nel suo intelletto lassù, che potrà dargli molto poco, anzi nulla affatto. In quanto al terzo gitante, il quale non ha nulla, sulla altura ci rimette tutto, poiché, chi è morto nello spirito, non può trovare nessun piacere nella Vera Vita, perché esso è cieco e muto di fronte ad essa. Così, ugualmente, è altrettanto difficile portare su una altura una pietra, poiché, se la si lascia andare, precipita con tanta maggiore celerità nelle profondità della morte. Se voi mettete insieme tutto ciò, il Sole spirituale non vi apparirà più tanto semplice, come in precedenza. Comunque, tutto ciò che ancora riguarda questo punto, lo apprenderemo chiaramente la prossima volta, perciò, basta per oggi.

 

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Cap. 6

* * * * *

Il Cosmo-diorama spirituale. La sfera del primo spirito

 

               1.   Come dobbiamo regolarci, per poter vedere qualcosa di più su questo nostro Sole spirituale, tuttavia così semplice? Dovremo forse adattarci a fare dei lunghi e grandi viaggi di ricerca, oppure spostarci in un dato luogo, spalancare là occhi e bocca ed attendere che qualche buon arrosto si lasci addentare? Io vi dico: “Né l'una né l'altra cosa, bensì, noi ci recheremo in un cosmorama o diorama spirituale, per rallegrarci là, il più possibile, nella contemplazione di cose meravigliose”. Però, affinché possiate farvi un’idea migliore di ciò, vi sottometterò nuovamente la cosa con un esempio molto evidente. Voi avete certamente già avuto occasione di vedere un cosiddetto “diorama ottico”, il quale ha lo scopo di far vedere, per mezzo di una lente d'ingrandimento del diametro di mezzo piede, delle immagini ben dipinte, poste sul fondo di una parete nera. Se voi, attraverso tale lente, guardate una di tali immagini ben fatta, potete fare quello che volete, anche moderare e modulare la vostra fantasia e immaginazione e comunque non riuscirete, per quanto ve ne sforziate, a considerare l'immagine dipinta come un semplice dipinto, bensì essa vi apparirà sempre perfettamente plastica e raffigurerà gli oggetti come voi li vedete in natura, a condizione che l'immagine e il vetro stesso siano assolutamente perfetti.

               2.   Se voi vi trovate ora in una capanna in cui sono state installate una ventina di tali finestrelle a ingrandimento, dall'esterno ogni finestrella vi apparirà perfettamente uguale. Ma se entrate nella capanna, farete, nei pochi passi fino a raggiungere le venti finestrelle, un viaggio che voi non avreste altrimenti forse fatto neanche nel giro di anni. Certo ogni finestrella è simile all'altra ma, guardando attraverso la finestrella, vi si presenta un intero mondo. Passate poi alla seconda finestrella e guardateci dentro: quant'è smisuratamente diversa dalla precedente e così via fino all'ultima. Ogni visione vi ha straordinariamente rallegrato? Non potete far altro che rispondere di sì, poiché in una finestra avete visto una grande città raffigurata splendidamente accanto ad un ampio distretto rurale della sua periferia e nella finestrella successiva un paesaggio montano estremamente romantico, ritratto così eccellentemente che voi credete che basti aprirsi un varco nella parete nera per trovarvi del tutto naturalmente in questo paesaggio. Voi non volete staccarvene, ma la vostra guida vi dice: “Nella prossima finestrella vedrete qualcosa ancora più strabiliante”, e voi passate alla terza finestrella. Di primo acchito siete molto delusi perché vedete una superficie marittima infinitamente estesa. Lungo il mare un paesaggio rivierasco, con tutte le magnificenze marine, che si perde in una foschia bluastra. Sull'estesa superficie del mare scorgete delle isole sparse e una quantità infinita di imbarcazioni, alcune grandi ma la maggior parte sono piccole. Tutto ciò è raffigurato così splendidamente che non potete fare a meno di esclamare: “Qui l'arte cessa di essere arte ed entra completamente nel regno della più pura realtà naturale!”. E così la guida vi conduce ad un'altra finestrella, davanti alla quale vi stupirete ancora di più e così via fino all'ultima.

               3.   Quando, dopo avere osservato attentamente tutto, vi accingevate ad andarvene, la guida vi trattenne, dicendovi: “Cari amici, non volete ritornare una volta ancora alla prima finestrella?”. Ma voi gli rispondeste: “Ma quello l'abbiamo comunque già visto”; però la guida vi disse: “La finestrella è certamente la stessa, però le vedute sono completamente cambiate”. Voi vi avvicinaste di nuovo e, con vostro grande stupore, vedeste delle cose del tutto nuove ed inaspettate e così pure in tutta la fila delle venti finestrelle. Sotto questa impressione, stavate nuovamente per allontanarvi, quando la guida si rivolse nuovamente a voi, dicendo: “Amici miei, se gradite delle nuove vedute, io posso accontentarvi”; e voi, presi da vivo interesse, vi metteste nuovamente al posto d'osservazione e già alla prima finestrella esclamaste: “Oh, quale prodigio, pregiato amico, è inesauribile nel campo della sua arte!”. Ed egli vi rispose: “Certo, amici cari, io vi potrei intrattenere ancora per parecchi giorni, con delle variazioni sempre nuove e grandiose”.

               4.   Vedete, in un tale piccolo spazio così uniforme voi avete goduto una tale visione del mondo, che parecchi navigatori, che hanno fatto il giro della Terra, nella realtà non hanno certamente goduta. I vostri sguardi sono spaziati su distanze di centinaia di miglia e tutto ciò su uno spazio di pochi Klafter e piedi.

               5.   Ora, vedete, questo esempio certamente evidente ci offre una pregustazione molto adatta per la contemplazione spirituale, quanto mai meravigliosa, che si può godere nel nostro Sole spirituale e ci dimostra anche qui, su un piccolo spazio, come possono venir offerte, alla nostra vista spirituale, cose in grande abbondanza, così come nella piccola cameretta ottica, or ora descritta, si è potuto contemplare con pochissima fatica per lo meno la metà del globo terracqueo. “Ma, come potremo realizzare ciò?”. Oramai un cenno è stato dato e, seguendolo, cominceremmo col fare una piccola prova.

               6.   Ecco, noi ci troviamo tuttavia sul nostro semplice Sole spirituale, continuiamo a non vedere altro all'infuori di spiriti beati, in perfetta figura umana, che si aggirano soli o in compagnia, di qua e di là, sopra e sotto ed, inoltre, i nostri alberelli, i nobili cespugli e la bell'erba. Però, ecco, proprio ora un uomo-spirito viene verso di noi. Egli non Mi vede, rivolgetegli voi la parola, affinché si fermi dinanzi a voi e quando si sarà fermato, allora avvicinatevi maggiormente a lui, così da raggiungere la sua sfera, dopo di che voi vedrete immediatamente il Sole spirituale sotto un altro aspetto.

               7.   Adesso voi siete nella sua sfera ed innalzate le braccia al cielo per la sorpresa; che cosa, dunque, vedete? Per la grande meraviglia, non siete neppure in grado di pronunciare parola! Però, non ce n'è neppur bisogno, poiché con Me, in proposito, è facile comunicare, dato che Io scorgo quello che scorgete voi, per di più, in modo infinitamente più perfetto.

               8.   Voi vedete delle regioni meravigliose, monti alti e lucenti, vaste pianure fruttifere, fiumi, ruscelli e mari che scintillano al Sole come diamanti. Voi scorgete il firmamento di un pallido azzurro luminoso, cosparso di magnifici gruppi di stelle splendenti di luce purissima. Uno splendido Sole è visibile in Oriente; esso brilla chiarissimo, ma, nello stesso tempo, mite e dolce, così che, con la sua luce, non fa impallidire le belle stelle del cielo. Voi vedete dei bei templi lucenti ed innumerevoli palazzi e delle grandi città, costruite sulle ampie rive di grandi mari. Un numero incalcolabile dei più beati esseri camminano sulle splendide distese, dove alitano ogni sorta di beatitudini. Voi udite perfino le loro voci ed i loro celesti canti di lode colpiscono il vostro orecchio. Voi vi guardate tutti intorno, cercando il semplice Sole spirituale di prima, ma invece non c'è più nulla della precedente semplicità, bensì tutto si è come dissolto in innumerevoli meraviglie.

               9.   Ora, però, uscite nuovamente dalla sfera del vostro uomo-spirito! Guardate, tutto è scomparso e noi ci troviamo nuovamente sul nostro semplice Sole spirituale. Voi dite ora: “Che cosa è avvenuto? Come è ciò possibile?”. Un tale spirito porta, dunque, tutto ciò in un simile stretto cerchio: un mondo infinito pieno delle più portentose magnificenze, una vita così varia ed ampiamente diffusa, in una sfera così ridotta? È questa, una realtà, oppure soltanto una vuota apparenza?

             10.   Miei cari amici, per ora non vi dico nulla su ciò, bensì noi approfitteremo piuttosto, al più presto, di finestrelle del nostro diorama spirituale e, dopo soltanto, passeremo ad una illuminazione interiore, poiché quello che avete ora visto è soltanto un piccolo inizio di ciò che si presenta ai vostri sguardi.

 

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Cap. 7

* * * * *

La sfera del secondo spirito

Il fondamento della vita è l'Amore del Padre

 

               1.   Vedete ecco che già si avvicina un altro spirito. Anche questo deve sostare qui, affinché voi possiate entrare nella sua sfera. Guardate, egli già vi attende e sa, da un cenno percepito interiormente, ciò che voi volete. Via, avvicinatevi a lui ed entrate nella sua sfera! Ora voi ci siete già; diteMi che cosa vedete. Io Mi accorgo di nuovo che, causa la grandiosità che scorgete, non riuscite ad esprimervi, perciò Io dovrò nuovamente fungere da buon interprete. Dalla grande ammirazione e meraviglia voi state come irrigiditi nella sfera di questo spirito.

               2.   O, certo, una simile vista può benissimo farvi girare un po' la testa, poiché vedete un susseguirsi di regioni meravigliose, delle splendide pianure vaste come mondi, che si presentano dinanzi ai vostri sguardi. Dappertutto voi vedete delle splendenti, tranquille capanne (casette) abitate da uomini pieni d'Amore. Le loro figure, inesprimibilmente belle e cordiali, vincolano il vostro cuore, così che vi è appena possibile abbandonare con l'occhio l'essere che state guardando, per passare, poi, ad un altro.

               3.   Voi vi immergete, come perduti, nella contemplazione di una faccia che esprime il massimo amore e migliaia di altri esseri vi passano davanti, senza che voi nemmeno ve ne accorgiate, a causa di quell'uno!

               4.   Sulle alture di un verde morbido, voi osservate dei templi che brillano fortemente e che vengono visitati da spiriti in beatitudine. Voi innalzate i vostri sguardi al firmamento ed anche qui scorgete dei nuovi gruppi di stelle, ancora più splendide, perfino nell'aria purissima voi vedete passare, con grande leggerezza e velocità, delle luminosissime schiere di spiriti beati, che in parte si librano liberi, in parte invece procedono in lucenti nuvolette. Voi rivolgete i vostri sguardi verso Oriente e scorgete che un grande Sole è alto sopra l'orizzonte. La sua luce è simile a quella di una splendida aurora e tutto quello che voi guardate, riflette la Luce di tale Sole.

               5.   Poco lontano da voi c'è un tempio piuttosto alto, ma dolcemente arrotondato. Le colonne splendono al Sole, come diamanti e al posto del tetto vedete delle nubi lucenti, sulle quali pure si librano spiriti beati.

               6.   Voi ora direte: “Infinitamente portentoso e indescrivibilmente splendido è tutto quello che vediamo, soltanto che ogni cosa è ancora piuttosto lontana da noi e a noi non è concesso avanzare nemmeno di pochi passi in un tale magnifico mondo, poiché, se lo facessimo, usciremo evidentemente dalla sfera dello spirito che ci ospita, ed allora non vedremo più nulla!”. Io però vi dico: “Ma niente affatto, andiamo soltanto sopra questo monte ed osservate le cose più da vicino. Ecco, noi siamo già sul monte. Cosa vedete qui?”.

               7.   Voi ammutolite ancora di più e, per la grande meraviglia, non siete nemmeno capaci di pensare, poiché ritenete che avreste potuto girare in questo tempio, come in un grande edificio sulla Terra. Soltanto quando voi siete entrati nel tempio, il suo interno si è tramutato in un nuovo mondo celeste, molto più splendido e che il vostro occhio non riesce ad abbracciare, così che ora non sapete più dove siete! Tuttavia, per il momento, questo ha poca importanza, la giusta luce metterà tutto in chiaro. Ora voi Mi chiedete se anche nella sfera degli spiriti di questa seconda specie potrete scorgere altre cose.

               8.   O, certo, il cambiamento di questo tempio in un nuovo magnifico mondo celeste è, appunto, una conseguenza del fatto che voi siete entrati nella sfera di quegli spiriti che si trovarono nel tempio. Però, voi chiedete: “E perché, ora, non vediamo più quegli spiriti nella cui sfera siamo entrati?”. Perché voi guardate fuori dal loro centro, con la mia mediazione. Tiriamoci un po' indietro e guardate voi: ecco che il tempio di prima si trova di nuovo dinanzi a voi e noi vediamo che è affollato di spiriti beati, che discutono su ogni cosa che si riferisce a Me!

               9.   Ora vi siete persuasi che anche in un tale mondo delle sfere degli spiriti si può circolare liberamente, a proprio piacere, così che possiamo ritirarci e ritornare al punto di prima. Ecco, ci siamo già. Ora uscite dalla sfera del nostro spirito-ospite e noi ci troveremo nuovamente sul nostro semplice Sole spirituale.

             10.   Ora che siete usciti dalla sua sfera e che il nostro buon spirito si trova ancora in nostra compagnia, voi potete conversare con lui, poiché egli vi conosce molto bene, dato che anche lui proviene dalla Terra e discende dal vostro ramo familiare. Per il momento non voglio entrare in maggiori particolari, poiché si presenteranno delle migliori condizioni, in cui potremo conoscere più da vicino, tutti questi spiriti che ci hanno serviti in questa circostanza.

             11.   Ascoltate, comunque, quello che tale spirito vi dice: “Oh amici, che ancora peregrinate con i vostri corpi fisici sulla dura Terra, afferrate, afferrate la Vita nel suo fondamento! Essa è infinita, e la sua pienezza è incommensurabile! Il fondamento della Vita è l'Amore del Padre in Cristo, in voi! E questo infinito fondamento afferratelo, nel più profondo del vostro cuore e così voi troverete in voi stessi quello che avete trovato nella mia sfera. Quello che avete visto, era soltanto qualcosa di veramente semplice; invece, nel fondamento della vera Vita, c'è infinito su infinito, all'infinito!

             12.   Sono appena trascorsi cinquanta anni terrestri, da quando io, al vostro pari, peregrinavo sulla Terra, come un cittadino di quella vita dura e il pensiero dell'inevitabile morte del corpo spesso mi aveva scosso! Tuttavia, credetemi, la mia paura era vana e vuota, poiché, quando la morte si è impadronita del mio corpo ed io credevo di andare incontro all'eterna rovina e piombare nel nulla, allora soltanto mi destai come da un profondo sogno e passai in questa vita, vera e perfetta.

             13.   E se anche, fino ad ora, sono ben lontano dall'aver raggiunto la vera e propria perfezione della vita, tuttavia sono sempre più vicino a questa perfezione, poiché mi appare, man mano, sempre più chiara. Io non posso ancora indicare quanto grande e splendida questa perfezione deve essere; io posso soltanto affermare e con ragione, dalla pienezza della mia intuizione interiore, che la perfezione della vita nel Padre, attraverso il puro Amore per Lui, deve essere qualcosa che nessun spirito, in questa mia sfera, è in grado di concepire, anche soltanto in una infinitesima parte.

             14.   Beato colui, sì, infinite volte beato, che, sulla Terra, ha fatto dell'Amore per il Signore la sua unica necessità; poiché, così facendo, egli ha imboccato la via più breve per raggiungere tale perfezione della vita. Infatti, credetemi, miei cari fratelli terreni, e amici miei, chi porta in sé, sulla Terra, l'Amore per il Signore, quegli porta in sé anche la perfezione della vita, poiché egli ha in sé e presso di sé, quella Meta santissima e grandiosamente e meravigliosamente perfetta, dalla quale io sono ancora tanto lontano, per cui dovrò poi passare per lunghe vie prima di raggiungerla!

             15.   La mia condizione attuale di vita è già, a dire il vero, piena d'inesprimibile e intensa gioia, soltanto che quello che voi avete visto nella mia sfera e tante altre infinite cose, che voi non avete ancora viste e che io, invece, posso sempre vedere, pienamente beato, in una portentosa pienezza costantemente rinnovata, sono nulla al paragone di un unico sguardo al Padre! Perciò, nella vita terrena, tenete innanzitutto il vostro sguardo fisso su di Lui e allora vi sarà molto più facile e sicuro allo stesso tempo, essere guidati senza indugio là dove il Padre dimora, fra coloro che lo Amano”.

             16.   Come vi piace il linguaggio di questo spirito? In verità Io vi dico: “Se a questo spirito fosse dato di scorgerMi quale Guida fra voi, dalla grande gioia egli sarebbe come annientato!”. Dunque, afferrate e riflettete in quale beatitudine voi vi trovate, senza, purtroppo, averne coscienza. Quando Io, giorno per giorno, Mi trovo fra voi, vi allevo e vi ammaestro e vi indico, col Mio Dito, la Via più diritta e corta che conduce a Me!

             17.   Non lasciatevi, perciò, abbindolare dagli uomini e dalle cose del mondo, poiché esso è pieno di morte, fango e fuoco infernale; che piega, però, prenderà tutto ciò, dopo l'abbandono del corpo, avremo occasione di poterlo vedere di passaggio, quale un buon supplemento presso alcuni spiriti del nostro Sole spirituale, poiché Io vi dico: “Guai al mondo per la sua malignità, il suo guadagno avrà un nome spaventoso e miserevole e trovasi nell'Ira di Dio!”. Tuttavia, basta con tali tristezze; ora si avvicina nuovamente un altro ospite spirituale, così noi vogliamo approfittare della sua presenza, per acquisire qualcosa di nuovo dalla sua sfera.

             18.   I due primi spiriti li teniamo, per il momento, in nostra compagnia, poiché Anselmo H.W. potrà senz'altro sopportare la vicinanza di suo nonno! E con ciò, per oggi, basta!

 

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Cap. 8

* * * * *

La sfera del terzo spirito: un'immagine dell'infinito

 

               1.   Ed ecco, il terzo spirito è già qui e noi approfitteremo, perciò, alquanto, senza porre tempo nel mezzo, della sua ospitalità. Entrate, perciò, nella sua sfera e constateremo subito cosa c'è da vedere. Dal momento che vi trovate già nella sua sfera, diteMi voi, una buona volta, con la vostra bocca, quello che si presenta alla vista del vostro spirito! Voi vi stupite nuovamente e vi guardate in giro sconfortati. Cos’è che ha tanto colpito il vostro sguardo? Io Mi trovo ancora una volta costretto a fare, per voi, da interprete, poiché voi non avete né il tempo, né la calma, per trovare le parole adatte a quanto scorto.

               2.   Voi vi trovate su di una nuvola splendente, con occhio stupefatto vedete passare dinanzi a voi delle intere schiere di mondi celesti, in orbite infinitamente vaste. Voi scorgete che essi sono dappertutto, ricoperti da grandiose opere meravigliose ed esse sono innumerevoli in ogni singolo mondo. Ognuno di questi mondi sembra essere infinitamente grande e, tuttavia, voi potete farvi scorrere lo sguardo, da un polo all'altro. Voi vedete pure infinite schiere di esseri felici aggirarsi, giubilando su tali mondi, che passano davanti a voi ed ogni nuovo mondo, che si avvicina a voi, è ricoperto di altre indicibili meraviglie. Voi però dite: “Se almeno queste grandi e splendide dimore per eserciti di spiriti beati non passassero così velocemente!”. Oh, attendete, perché anche a questo si può subito rimediare! Guardate, là sta, appunto, passando un grande Sole sfavillante, che ha tutta l'aria di essere un Sole Centrale principale! Ora, lo vogliamo trattenere, affinché lo possiate osservare più da vicino. Ed ecco, esso è dunque già qui.

               3.   È ben vero che il suo grande splendore acceca i vostri occhi e, proprio a causa dell'eccessiva luminosità, voi non potete scorgere la pienezza delle sue meraviglie, però anche a questo verrà posto rimedio! E ora ecco che il suo grande bagliore è stato attenuato e voi potete vedere qual è il suo vero aspetto, cioè esso è un immenso giardino, di delizia inesprimibile e di stupenda bellezza. Nei singoli giardini potete scorgere delle grandiose dimore ed intorno ad esse si aggirano degli spiriti beati che, colmi di gioia, gustano i frutti squisiti che là crescono.

               4.   Inoltre voi vedete degli spiriti che s'innalzano nell'etere luminoso, cantando inni di lode, in un altro luogo voi potete scorgere degli esseri che passeggiano a braccetto nella massima amicizia ed al colmo della gioia. Più in là c'è una compagnia di saggi che, con le facce splendenti, inneggiano al Mio Grande Amore, alla Mia Grazia e Misericordia. Sui rami degli splendidi alberi fruttiferi, innumerevolmente vari, voi potete vedere scintillare come delle stelle luminose.

               5.   Voi chiedete naturalmente: “Che cosa è mai ciò?”. Ed Io vi rispondo: “Osservate la cosa più da vicino e constaterete cosa si cela dietro a queste stelle”. Però, vi meraviglierete nuovamente, poiché ora dite: “O grande, Padre Santo, che mai è ciò? Quando noi abbiamo osservato più attentamente una di tali stelle, essa si dilatò, insieme all'albero, ad una grandezza infinita”. Il grande mondo di prima, come pure la grandezza dei singoli alberi, non li possiamo più scorgere, appunto per la loro infinita vastità, mentre questa stellina è tanto cresciuta, da divenire essa stessa un nuovo grande mondo e noi vediamo pure questo mondo pieno di nuove meraviglie! Dunque, voi dite, infine, dove ha termine l'infinita grandezza delle Tue creazioni meravigliose?

               6.   Io, però, vi dico: “Voi, domandando così, avete ragione”, ma Io aggiungo: “L'infinita pienezza e grandiosità delle Mie Creazioni non hanno né principio, né una fine; infatti, dappertutto, dove voi scorgete uno, dovete credere che vi è celato l'infinito! Perciò, nulla di quello che voi potete vedere, ora, nello Spirito, ha in sé alcunché di limitato, bensì tutto è Infinito; poiché, se così non fosse, esso non sarebbe derivato da Me e non sarebbe perciò spirituale e la Vita Eterna sarebbe una vera e propria bugia! Però, se voi già dite, a proposito della spartizione dei corpi naturali, che le loro parti vanno all'infinito e che in un seme si trovano celati semi all'infinito, perciò, come mai, lo spirituale dovrebbe sottostare ad una fine?

               7.   Convincetevi di ciò proprio osservando questo nuovo mondo; guardate, ora, poco lontano passa uno spirito; entrate nella sua sfera e vi persuaderete subito di quale infinita nuova pienezza di meraviglie esso abbondi e, credeteMi, ciò continua così all'infinito! Voi avete la possibilità di osservare ciò perfino in una immagine naturale. A dire il vero Io ho già accennato una volta a questa immagine, tuttavia voi potete ora richiamarla alla memoria.

               8.   Ecco in che cosa essa consiste. Ponete due specchi, l'uno di fronte all'altro, e diteMi quando questa reciproca rispecchiatura ha fine!

               9.   Vedete, anche qui le cose stanno così: ogni spirito ha l'infinito in sé e ciò, appunto, in infinita varietà. Ogni spirito, però, è rispetto all'altro, reciprocamente, come uno specchio, grazie al suo intimo Amore per Me, e, in questo, per il fratello suo. Di conseguenza, vi è anche un infinito ed eterno mandarsi e rimandarsi di raggi, ed è, appunto, questo reciproco irradiare il grande, santo onnipotente vincolo del Mio Amore, in grazia al quale tutti questi esseri sono collegati con Me e fra di loro, quale fonte della massima Beatitudine.

             10.   Ma voi chiedete di nuovo: “Tali spiriti, che abbiamo visto e che tuttora vediamo dalla sfera del nostro compiacente spirito-ospite, sono veramente degli spiriti indipendenti, oppure sono soltanto delle apparizioni che traggono la loro origine da queste irradiazioni reciproche?”. Ed Io vi dico: “Essi sono entrambe le cose, allo stesso tempo. Soltanto che, nel regno degli spiriti, non può essere diversamente, perché in esso tutto vi è condizionato, in modo essenzialmente vivente.

             11.   Se voi poteste entrare lassù, nella Mia Sfera Infinita, vedreste tutto l'infinito Regno dei Cieli, come un unico Uomo Spirituale. Se, poi, voi vorreste entrare nella Sua sfera, quest'Uomo si dissolverebbe immediatamente in innumerevoli mondi spirituali, che avrebbero l'apparenza di un numero infinito di singole stelle, sparse in tutta l'infinità.

             12.   Se, poi, vorreste avvicinarvi ad una di tali stelle, essa vi sembrerebbe immediatamente un singolo uomo perfetto. Se, poi, entrasse nella sfera di questo uomo, al suo posto, un nuovo cielo, riempito da ogni parte di stelle innumerevoli e se voi, di nuovo, vi avvicinate ad una di tali stelle, giunti ad una certa distanza, essa vi apparirebbe come un uomo. E se voi vi avvicinaste sempre più a quest'uomo, voi dareste in esclamazioni, quasi come, un tempo, il navigatore Cristoforo Colombo, quando si stava avvicinando al continente americano, poiché pure voi incomincerete a scorgere un grande mondo celeste, pieno di magnificenze e di portenti! Se, poi, vi recaste completamente su questo mondo, vi meravigliereste enormemente di vederlo abitato da innumerevoli eserciti di spiriti. E poi, se alla fine vorreste entrare nella sfera dell'uno o dell'altro spirito là dimorante, voi scoprireste pure nuove magnificenze e, contemporaneamente, voi potreste pure, certamente con sguardo più puro, scorgere il primo mondo base, quale vera e propria dimora di questi spiriti.

             13.   E in questo modo, tutto procede sempre così avanti ed ogni singolo spirito è nuovamente un Cielo completo, certamente per se stesso, cioè in figura molto ridotta.

             14.   Perciò, voi dovete comprendere che l'intero Cielo è un Cielo dei Cieli e come l'intero Cielo è infinito in sé, così ugualmente anche il Cielo di ogni singolo spirito angelico è infinito in sé. Da ciò si deduce quello che viene detto nelle Scritture: «Il Regno di Dio non si manifesta in senso esteriore, bensì esso è dentro di voi!».

             15.   Per questa ragione ogni spirito dimorerà in quel Regno che egli si è conquistato con il suo Amore per Me e perciò pure lo utilizzerà.

             16.   Come sta pure scritto: «Il Regno dei Cieli è simile ad un granello di senape; questo granello è uno dei più piccoli fra i semi; se però viene posto nel terreno, cioè in un cuore pieno d'Amore, esso diventa un albero, fra i cui rami, gli uccelli del cielo prenderanno dimora».

             17.   Scorgete ora il granellino di senape? Ogni singolo spirito, che sia beato, è un tale granello di senape, ciò significa: “Egli è una creatura del Mio Amore e, con ciò, è una vivente Parola dell'Amore stesso. Quando questa Parola germoglia nel terreno dell'Amore, che venne posto libero fuori da Me, essa diventa, da parte a parte, un albero vivente, pieno d'Amore e di ogni Vita proveniente da Me”.

             18.   Perciò, quando voi entrate nella sfera di un tale albero, è naturale che vi prenda meraviglia che, nella stessa, vi è dato di scorgere una tale infinita meraviglia per la pienezza dei Cieli, che è simile al Mio Amore, alla Mia Grazia ed alla Mia Misericordia, in ogni spirito, infinitamente.

             19.   Però, tutto ciò dovete considerarlo anche come conforme all'Ordine, poiché, soltanto così, voi ne potrete ritrarre tutto il vero, intimo, utile e, infine, scorgere in voi, in limpida luce, che la Mia Parola scritta in sé è simile a Me ed è nello stesso tempo, il vivente, infinito Regno dei Cieli, presso di voi e, se lo vorrete accogliere attivamente nei vostri cuori, vivente in voi.

             20.   Però, quello che del tutto nuovo e meraviglioso, verrà ancora rivelato, a completamento di questa premessa, lo vedremo, in grande abbondanza, nelle sfere di altri spiriti ospitali e, con ciò, uscite dalla sfera di questo terzo spirito, che è, ugualmente, uno dei vostri parenti, mentre noi, alla prossima occasione, entreremo nella sfera di un quarto spirito. E così, chiudiamo per oggi!

 

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Cap. 9

* * * * *

La sfera del quarto spirito: il mistero del Figlio dell'Uomo

 

               1.   Ed ecco, egli è già qui e vi fa egli stesso cenno di avvicinarvi a lui e di entrare nella sua sfera. Entratevi, dunque, e fate bene attenzione a ciò che vedrete in tale sfera. Questo spirito lo vedrete anche voi nella sua sfera e sarà egli stesso a farvi per un po' da guida nel suo mondo, però attenzione, poiché quello che vedrete avrà già considerevole importanza.

               2.   Dunque, voi siete nella sua sfera e il vostro cuore è quanto mai lieto, poiché voi scorgete lo spirito nella cui sfera vi trovate con la differenza che, fuori della sua sfera, non potevate riconoscerlo, mentre nella sua sfera riuscite perfino a riconoscerlo, dato che un tempo, sulla Terra, è stato vostro fratello carnale. Il Mio Anselmo, generalmente tanto pronto di parola, riconoscerà benissimo suo fratello Enrico, non appena lo avrà sentito parlare. È anche per questo motivo che Io voglio che sia lui a condurvi un po' in giro, dandovi qualche chiarimento di sua iniziativa.

               3.   Dunque che cosa vedete? Voi non potete nemmeno descriverlo, per la grande sorpresa del vostro spirito. Questa volta, però, Io non voglio fare da interprete. La vostra guida sarà Enrico, e così essa ora vi dice:

               4.   “Guardate là, miei cari fratelli, quel grande, solenne tempio, dinanzi a me; osservate con quanta magnificenza è ornato di colonne indescrivibilmente splendide. Come tu vedi, fratello mio, ogni colonna è stata tanto elevata, che la sua altezza ti fa venire le vertigini e guarda soltanto ai lati, quanto innumerevoli sono le colonne che circondano questo splendido tempio. E, guarda, sopra le colonne si eleva un tetto rotondo, che brilla più di mille soli e, in cima al tetto, si innalza una grande croce infuocata, che sfavilla in un colore rosso, come la più splendida aurora! Come ti piace questo tempio?”.

               5.   Tu rispondi: “Fratello mio, la sua grandiosa, inesprimibile sontuosità, non mi permette di trovare le parole adatte, per comunicarti le mie impressioni. Però, che cosa c'è in questo tempio? Caro fratello, non vi ci puoi condurre?”. Oh, certo, miei cari fratelli ed amici; preparatevi, però, a qualcosa di straordinario, poiché l’interna magnificenza, anzi, voglio dire la santità di questo tempio, è tanto inconcepibilmente elevata, tanto portentosamente grande, che voi difficilmente la potreste sopportare. Voi sapete certamente che io, durante la mia esistenza terrena, ero veramente un grande amico della Parola di Dio; e, dato che l'apostolo Paolo, per mezzo del quale i pagani vennero convertiti, era il nostro apostolo preferito, egli era anche per noi, dopo l'Evangelista Giovanni, il più caro. Questo voi lo avete appreso da me spesse volte e questo tempio è basato su tale mia intima, profonda venerazione della divina Parola.

               6.   Prima che noi entriamo dentro, vorrei darvi qualche breve spiegazione al riguardo. Queste alte colonne, quasi innumerevoli, stanno ad indicare i singoli testi delle Scritture e rappresentano il vecchio patto. Se voi, ora, entrate insieme a me fra queste colonne, vi si presenta un corridoio molto illuminato. Tale corridoio, dalla parte interna, è limitato da una parete di un rosso lucente. Come vedete, la parte è altrettanto alta quanto le colonne ed è collegata con il colonnato esterno, per mezzo di archi solidi e splendenti. Questo corridoio molto ampio, che sta fra le colonne e la parete, è il vero e proprio vestibolo del tempio. Il tetto che voi avete visto rilucere tanto fortemente, al di sopra delle colonne, nella sua forma rotonda, significa la pienezza di Luce e di Grazia dall'Alto. La croce sul tetto vuol dire l'origine di questa Luce di Grazia, la quale, in e da per se stessa, è il Santissimo, cioè l'Amore del Padre nel Figlio!

               7.   Ora che voi, miei cari fratelli ed amici, sapete ciò, venite insieme a me lungo questo corridoio, fin dove voi vedrete scaturire, dalla parete, una grande luce, che brilla di un rosso, simile a quello di una splendida rosa primaverile, dove si trova l'ingresso del tempio. Sapete voi qual è il significato di questa Luce? Essa significa e vuole esprimere l'Amore a Cristo e non è possibile entrare in questo tempio, se non attraverso la stretta porta dell'Amore per il Cristo. Come vedete, noi ci siamo arrivati, ecco qui la porta. Voi vi meravigliate che per entrare in questo grande tempio ci sia soltanto questa piccola porta, ma sapete anche ciò che sta scritto: «Chi non passerà per la porta stretta, non giungerà dal Padre e perciò neanche nel Regno di Dio e, di conseguenza, neanche nel Regno degli angeli dei Cieli». Curvatevi il più che potete e seguitemi. Immediatamente noi scorgeremo l'interno del tempio.

               8.   Ora, cari fratelli ed amici, siamo nel grande luogo sacro. Che dite di una tale magnificenza? Come vedo, miei cari fratelli, voi siete completamente privi di parola, perciò io vi avevo detto di entrare. Preparatevi a qualcosa di straordinario. Ora, come voi stessi vedete, pieni di stupore, l'interno di questo tempio è troppo infinitamente grande, meraviglioso e splendido, così che voi ne possiate comunicare anche soltanto con un pallido cenno. La prima cosa meravigliosa, che qui colpisce, è l'inaspettata infinita grandiosità del suo interno.

               9.   Voi credevate che, quando sareste entrati nel tempio, lo avreste trovato magnificamente adorno e decorato, approssimativamente come sulla Terra. Invece vedete qui, nel senso letterale e fedele alla Verità, un’infinita pienezza di mondi spirituali e questi mondi, che non hanno quasi né principio né fine, sono riuniti in un Regno. Voi fissate i vostri sguardi stupefatti nelle infinite lontananze, che sono disseminate d'innumerevoli magnificenze mai immaginate prima. Voi vedete degli alberi che si perdono nella volta del cielo e dagli alberi pendono abbondanti frutti ben maturi e di luce irradiante. Guardando attorno, voi scoprite innumerevoli Templi e li vedete abitati da grandi schiere di spiriti beati.

             10.   Tutto ciò vi meraviglia straordinariamente, però, vedete, miei cari amici e fratelli, là verso Oriente, su un monte non troppo alto, c'è un tempio semplicissimo, ma veramente eccezionale è il suo splendore. Seguitemi là e vi vedrete qualcosa che vi farà estasiare molto di più di tutto quello che avete visto finora! Andiamo, dunque. Voi vedete benissimo quanto lontano si trova tale tempio. Secondo le vostre misure terrene, voi potreste raggiungere prima la vostra luna che non questo tempio. Noi, uomini-spiriti, abbiamo, da questo punto di vista, maggiore comodità, poiché ci è sufficiente volere e noi siamo là dove vogliamo essere. Dunque, vogliate voi pure essere con me, dove c'è quel tempio e, come vedete, ora noi siamo già sul posto.

             11.   Voi rimanete esterrefatti di fronte alla poderosa mole di questo tempio e non vi azzardate neppure ad avvicinarvi troppo ad esso; fatevi coraggio, ed entrate con me, e vedrete come verrete accolti dagli abitanti, quanto mai amichevoli. Non avete che da seguirmi! Questo tempio rimarrà tale anche nel suo interno e voi vi troverete come in una casa oltremodo ospitale. Ora, noi ci troviamo già nel vestibolo e, perciò, passiamo questa porta luminosa ed entriamo finalmente nell’interno vero e proprio del tempio stesso. Ed ecco, fratelli ed amici miei carissimi, ora ci siamo già.

             12.   Conoscete voi quest'uomo dall'aspetto molto affabile, che si trova ad una certa distanza da qui, e che è circondato da un grande numero di grandi e piccoli spiriti-uomini? Guardate come, nel modo più affabile e amorevole, egli spiega il grande Mistero del Figlio dell'Uomo e come ogni parola che esce dalla sua bocca somiglia ad una luminosissima stella! Però, vedete, il nostro buon ospite ci ha già scorti; egli si alza dal suo seggio lucente e ci viene incontro a braccia aperte; non lo riconoscete ancora? Egli ci è già vicino, osservatelo attentamente, lo dovete pur riconoscere. Se, però, voi non riuscite a riconoscerlo dalla sua eloquente figura, lo riconoscerete certamente dal suo saluto fedelmente uguale in tutti i tempi!

             13.   Ascoltate, dunque, egli dice: «O cari fratelli! La Grazia del nostro Signore Gesù Cristo sia con voi, e così pure l'Amore del Padre nel Figliolo, nella comunione dello Spirito Santo! Che cosa vi ha indotti a venire qui? Chi è stata la vostra Guida? Voi non osate pronunciare verbo, però io percepisco in me di Chi sia l'Amore tanto grande da guidare i Suoi redenti alla Santa Sorgente della Vita eterna. Oh, cari fratelli! Io vi dico, nel Nome del Signore Gesù Cristo che io amo sopra ogni cosa, attenetevi a Lui soltanto, al Suo Grande Amore e voi non andrete mai, per l'eternità, in rovina; poiché, beati sono coloro che credono al Cristo, Quale il Vero ed Eterno Figlio dell'Iddio Vivente. Ma, coloro che Lo Amano sopra ogni cosa, vedranno in Lui il Padre Santo, poiché soltanto per mezzo dell'Amore noi diventeremo dei veri figlioli di Dio! Perciò io, il vecchio Paolo, vi dico: Attenetevi all'Amore Puro e voi avrete la Vita eterna in voi! Il mio saluto e la Grazia del nostro Signore Gesù Cristo, nel Padre e nello Spirito, siano con voi».

             14.   Dunque, vedete, miei cari amici e fratelli, con quanta ospitalità ed amorevolezza siamo stati accolti dall'apostolo del Signore? Guardate come egli si trova già di nuovo in mezzo ai suoi discepoli e li guida nell'Amore per il Signore. Voi vorreste sapere chi sono questi fanciulli e uomini-spiriti. Vedete, essi sono dei pagani e figli di pagani; soltanto non crediate che lo siano tutti, anzi, tutt'altro, soltanto una piccola parte. Ora, usciamo fuori da questo tempio e rechiamoci all'aperto e guardate come gli innumerevoli templi, sparsi dappertutto in queste regioni, risplendono. Essi, in sostanza, non sono che dei veri e propri istituti di educazione per ogni sorta di pagani e moltissimi discepoli di Paolo fungono da educatori. Qui si parla nuovamente del primo tempio, quello che racchiudeva l'infinito numero di mondi spirituali.

             15.   Ci sarebbero ancora molte cose da vedere in questo grande tempio, dato, però, che voi siete ancora collegati con ciò che è terreno, sarebbero necessari milioni e milioni di anni, per dare anche soltanto una scorsa superficiale ad una piccola parte di esso. A suo tempo, nello Spirito, invece, voi vedrete tutto ciò in modo pienamente chiaro, similmente a me e ciò grazie all'infinita Grazia del Signore. E ora usciamo dal grande tempio; ecco che siamo già alla porticina del vestibolo, lungo i colonnati, con il suo tetto splendente, libero dinanzi ai nostri sguardi.

             16.   Ora, però, c'è ancora una cosa. Voi potete dirmela di certo, poichè anche qui ci sono alcune cose che noi spiriti afferriamo con difficoltà e talvolta affatto. La vostra visita o per parlarvi in modo più comprensibile, il fatto che io vi veda e che possa parlare con voi, mi è completamente chiaro, poiché voi siete stati già spesse volte da me, nel vostro spirito avete parlato con me, come ora; soltanto che, in quelle occasioni, non doveva restare in voi alcun ricordo. Di conseguenza, anche la vostra presente visita è, come detto, pienamente comprensibile per me. Invece, quello che per me è incomprensibile e che io non posso chiarire è il fatto che, questa volta, sento, vicino a voi, un senso d'intensa gioia. Infatti, voi potete credere, quale vostro fratello sincerissimo, che io non ho provato mai una tale delizia, da quando sono il beato abitante di questo ultrabeato luogo! Ditemi, dunque, qual è la ragione, se vi è possibile dirmela!”.

             17.   Ora, però, sono Io che vi dico: “Questo voi non dovete rivelarglielo; poiché egli deve essere preparato anche per un solo sguardo che gli potrebbe permettere di scorgerMi, poiché ci sono qui degli spiriti che Mi amano tanto fortemente che, causa di questo Amore, Io posso avvicinarMi a loro visibilmente, soltanto un poco alla volta. Perciò, ditegli che deve ancora un po' pazientare, nel suo desiderio, perché, in breve, gli verrà svelata la causa della sua beatitudine. Ditegli questo, con il vostro spirito!”. Vedete, egli ha già percepito quanto detto e, pur nella sua brama, egli è contento. Un tale stato si chiama «la pazienza dell'Amore».

             18.   Noi siamo già di nuovo al nostro posticino di riunione; perciò uscite dalla sfera del nostro spirito-fratello, e state a vedere, poiché Io voglio farMi scorgere da lui per un attimo! Guardate, ora egli Mi scorge! Egli cade sulla sua faccia e, ama, prega e piange, ed è bene! Però, soltanto per un po'. La prossima volta ci serviremo della sfera di un quinto spirito ed anche questo dovrà guidarvi, come è stato il caso con questo ultimo, che è tuttora qui, piangente, orante ed adorante, e che potrà restare ancora in vostra compagnia. Perciò, per oggi basta.

 

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Cap. 10

* * * * *

La sfera del quinto spirito

Il più grande prodigio: il cuore dell'uomo

 

               1.   Come, non conoscete questo quinto spirito che si trova già dinanzi a noi? Guardate come egli vi sorride amichevolmente e vi invita ad entrare nella sua sfera! Andate, dunque, e contemplate la sua ricchezza. Anche questo spirito sarà per voi riconoscibile nella propria sfera e vi farà da guida nell'ambito dei tesori della sua vita interiore; avanti, dunque, entrate nella sua sfera.

               2.   Ora, voi ci siete e non riuscite a raccapezzarvi, anche dando, soltanto superficialmente, uno sguardo alla grandiosa e sublime magnificenza, di ciò che qui si trova. Comunque, seguite il vostro amichevole spirito-fratello ed al suo fianco apprenderete delle cose che non avete neppure mai sognato. Come il precedente, anche questo spirito vi farà da interprete, nel Mio Nome, perciò ascoltate quello che egli sta per dirvi.

               3.   “Oh, cari fratelli ed amici, quale diletto, piacere e gioia rivedervi qui! Voi mi conoscete senz'altro, perciò seguitemi in questa mia beatissima sfera. Io voglio mostrarvi i tesori che traggono la loro origine dall'Amore per il Signore. Vedete, miei cari fratelli e specialmente tu, mio caro Anselmo, lassù, su quello splendido monte, voi potrete appena vedere i tesori della mia beatitudine.

               4.   Ed ecco, noi abbiamo raggiunto la sommità del monte, da qui volgete il vostro sguardo nelle distese infinite, tanto lontano quanto lo sguardo del vostro spirito può arrivare, anzi, tanto lontano, quanto i vostri pensieri più arditi e più rapidi possano penetrare. Come vedete, tutto ciò è un grande principio dato a me.

               5.   Voi mi chiedete: «Ma caro e beato fratello, sei tu, allora, il proprietario anche di tutti questi innumerevoli splendidi palazzi, che fanno bella mostra di sé, sfavillando come tanti soli al loro sorgere, sui monti delle belle forme arrotondate? Pure come proprietario delle innumerevoli miriadi di spiriti beati, che vediamo passare dappertutto, dimostrandoci reciprocamente grande amicizia; ed appartengono a te anche gli innumerevoli sontuosi giardini, con le splendide torri colonnate, che accecano i nostri occhi stupefatti con la loro potente luce?

               6.   E, poi, come stanno le cose con quei monti lontani, che noi scorgiamo elevarsi come soli sorgenti ed il limpido firmamento, con un numero infinito delle sue magnifiche costellazioni, appartiene pure a te? E questo Sole, splendente sul nostro capo, i cui raggi tanto dolci sembrano riempire tutta l'infinità, è pure compreso nella tua proprietà?»”.

               7.   “Miei cari ed amati fratelli, io vi dico: «Certo, e non soltanto questo che voi vedete,ma anche le cose infinite, che voi non potete vedere, sono proprietà del mio Amore!». Certo, voi vi meravigliate e dite: «Come mai, caro fratello beato, la tua spiegazione va intesa come se a te si fossero associati egoismo ed amore di se stesso, poiché tu dici che tutto questo ed ancora infinitamente di più è proprietà del tuo Amore. L'Amore, però, è ora il tuo proprio “io” e, perciò, anche la sua vera vita. Non dovresti sapere che qui tutto è soltanto proprietà del Signore? Come puoi dire tu che tutto questo è proprietà del tuo amore?»”.

               8.   “Miei cari fratelli,il vostro discorso mi è molto gradito e la vostra obiezione ha una base solida, però, in questo caso, non è al suo giusto posto. Infatti, quando voi giudicate da fuori verso dentro, il vostro giudizio è ben basato, però, qui ogni giudizio deve partire dal di dentro verso fuori, per poter colpire sempre giusto, così che, vedete, il vostro giudizio è fuori di posto. Perciò, se io dico: «Tutto questo ed ancora infinitamente di più, è proprietà del mio Amore, allora voi dovete giudicare dal di dentro verso il di fuori e non il contrario, poiché il mio Amore è il mio Signore stesso ed io non ho nessun altro Amore e, perciò, nessun'altra Via, all'infuori di quella del Signore!».

               9.   Affinché, però, miei cari fratelli e amici, possiate comprendere profondamente che il vostro giudizio verso di me era esteriore, io vi dico, per vostra necessaria chiarificazione, che se voi dite: «Tutto questo è proprietà del Signore», voi esprimete un riconoscimento soltanto esteriore, cioè che tutto ciò compete soltanto al Signore. Però, con tale ammissione, tanto il Signore che l'ammissione stessa sono ancora fuori di voi. Se invece voi dite: «Tutto ciò è proprietà del mio Amore», voi comunicate fuori da voi che il vostro Tutto è il Signore e che Egli dimora con il Suo Amore e la Sua Grazia, quale la Vita eterna in voi. Infatti, se voi dite, nell'Amore del vostro cuore per il Signore: «Tutto ciò è proprietà del mio Amore», voi dite la stessa cosa che, a suo tempo, è stata detta dall'apostolo Paolo, quando peregrinava sulla Terra, nella sua carne: «Non sono più io che vivo, ma è il Cristo che vive in me!». Questo ve l'ho detto, affinché sappiate in quale modo vengono fatti i vostri discorsi, poiché sulla Terra c'è soltanto un modo di parlare esteriore ed esso deve appena penetrare dal di fuori verso l'interno. Perciò, discorsi del genere sono sempre incerti e raramente colgono nel segno, quando non sono foggiati come la Parola del Signore, che stringe l'uomo da tutte le parti e, in tal modo, lo compenetra. Invece, il nostro modo di parlare è interiore e non ha nulla di esteriore e perciò raggiunge e colpisce sempre lo scopo.

             10.   Ma ora venite con me su quella collina che sta davanti a noi e sulla quale voi scorgete un palazzo veramente splendido. Come vedete, noi abbiamo appena espresso la nostra intenzione e ci troviamo già dove volevamo essere. Ora, però, voi dite: «Il palazzo è magnifico e grandioso, ma il tempio che abbiamo visto precedentemente nella sfera del nostro fratello era veramente ancora più grandioso». Io, però, vi dico: «Non giudicate troppo affrettatamente; prima entrate e poi fate dei confronti». Vedete, anche qui c'è soltanto una stretta porticina per entrare nel palazzo; chinatevi più che potete e seguitemi. Ora che abbiamo varcato la soglia, ci troviamo nel palazzo.

             11.   Che cosa vi accade, per rimanere così irrigiditi, fissando lo sguardo qua e là? Vedete, cari fratelli, io vi ho detto in precedenza che non dovete giudicare con troppa fretta, poiché qui il valore delle cose sta sempre soltanto nel suo interno e mai nel suo esterno. Per questo motivo, l'interno è pure sempre più elevato e meravigliosamente grandioso dell'esterno, poiché qui tutto si comporta come la Parola di Dio sulla Terra. Semplice e senza sfarzo esteriore essa sta nel libro, per mezzo delle lettere, però, se qualcuno compenetra, con il suo interiore, nella semplice Parola, attraverso la stretta porta dell'Umiltà, con ardente Amore, a quale pienezza di meraviglie giunge con la Parola di Dio, che, così semplice e senza fasto, si trova sul libro, composta da lettere! E proprio così stanno le cose anche qui.

             12.   Voi non presagivate affatto che in quel semplice palazzo voi avreste scorto un’infinità piena di portenti di Dio. Ora, però, che vedete le innumerevoli schiere di mondi nel loro essere spiritualmente trasfigurati e miriadi di magnificenze ed innumerevoli beati su tali mondi, voi vi sorprenderete di come ciò sia possibile in un palazzo, esteriormente così augusto!

             13.   Io, però, vi dico: «Questo non è affatto un portento eccezionale», considerato che qui il cuore di un uomo può diventare la dimora dello Spirito Santo, grazie all'Amore dell'eterno Padre, l'Infinito, Ultrasanto, Onnipotente Iddio!

             14.   Se voi volete andare, insieme a me, su un terreno piano, dove si innalza un meraviglioso tempio rotondo, pieno di splendore, circondato di tre file di bellissime colonne lucenti, privo di tetto, al cui posto si trova, invece, una specie di arcobaleno luminoso, che sembra essere sempre in movimento, non avete che esprimere la vostra volontà. Ecco, voi siete d'accordo e, vedete, noi siamo già sul posto. Desiderate entrare in questo tempio con me? Voi lo confermate di lieto cuore, perciò seguitemi ed entriamo!

             15.   Ed ecco, noi ci troviamo già nell'interno e di nuovo voi rimanete stupefatti. Vedete, così stanno le cose qui da noi. Nell'interno noi siamo a casa nostra. Non lasciatevi, perciò, sconcertare per le meraviglie ancora più grandi che qui scorgete, poiché quanto più profondamente noi penetriamo e tutto diventa tanto più splendido e meraviglioso, mentre il massimo Amore, la Grazia e la Pienezza dei prodigi stanno nell’Intimo più profondo, cioè nel Signore! Giungere là non sarà mai possibile a nessuno spirito, per tutte le eternità, per quanto verso di Lui si possa avvicinarsi costantemente, sempre di più.

             16.   Ora voi mi chiedete cosa stia a significare quel mare che si vede laggiù, così scintillante, nonché, non lontano dalla riva si scorge una magnifica isola con parecchi bei templi, e specialmente quel tempio che si trova su una ripida altura. Se voi siete disposti a venire con me fin là, vi sincererete da voi stessi di che cosa si tratta. Ecco, già che voi lo desiderate, noi siamo già alla meta, poiché, sul mare, noi non abbiamo bisogno di battelli, dato che con la nostra volontà possiamo arrivare dappertutto, dove vogliamo. Se volete entrare con me anche in questo tempio, allora seguitemi. Però, questo tempio non deve essere svelato a voi, secondo il suo interno, nella rispondenza spirituale, bensì soltanto quale una apparizione visuale nell'interno del suo edificio.

             17.   Ecco, noi ci troviamo già. A voi piace molto questo stile meraviglioso! Però, guardate verso quella grande finestra da dove penetra una luce rossa. Chi vedete là? Un uomo dall'aspetto molto amichevole ed una donna altrettanto amichevole ed affabile. Venite con me e non abbiate nessun timore, poiché questi abitanti sono quanto mai gentili e premurosi. Vedete, essi ci hanno scorto, si alzano e si affrettano a venirci incontro, con le braccia aperte. Non li riconoscete ancora? Li riconoscerete, tuttavia, senz'altro quando saranno giunti più vicino a noi. Ecco, essi sono qua; lasciatevi benedire da loro, poiché egli è il prediletto del Signore, cioè l'apostolo Giovanni ed essa, o fratelli ed amici, è la Madre della Carne della eterna Parola da Dio! Essi, oramai, vi hanno benedetti, però non è ancora giunto il momento in cui ci è concesso scambiare con loro delle parole. Però, nel corso della nostra presenza qui, le cose verranno disposte in modo che voi potete essere loro più vicini, che non ora. Poiché, l'intimo mio mi dice che io posso guidarvi fino a qui e non oltre, perciò vogliate ritornare con me nel punto da cui siamo partiti.

             18.   Una cosa soltanto vorrei sapere da voi. Sebbene voi non ci avete fatto caso, ma al mio sguardo non è sfuggito che, ambedue questi alti eletti del Signore, al vostro avvicinarsi, sono stati presi come da un senso di rispetto profondo, ma, nello stesso tempo, delizioso, in seguito al quale, appunto, essi non erano in grado di pronunciare parola. Questo non l'ho mai visto, quantunque io sia già stato spesse volte in questo luogo, anzi, esso è il luogo di soggiorno che io preferisco, in modo speciale. Voi tacete e non volete dirmi nulla. Oh, cari fratelli, proprio questo vostro silenzio mi fa presagire qualcosa di grande, sia fatta la Santissima Volontà del Signore!

             19.   Voi mi domandate ora: «Ma, caro fratello, come troveremo la via del ritorno?». Guardate dove vi trovate e poi appena chiedete. Voi dite ora: «Come è stato ciò possibile? Noi siamo già nel luogo da cui siamo partiti!». Come vedete, qui le cose procedono in modo differente che non come sulla vostra Terra. In realtà, noi non abbiamo mai lasciato il nostro posto, ma è stato soltanto concesso a voi, appunto in questa mia sfera che è la Grazia del Signore, di gettare degli sguardi sempre più profondi nel mio Amore interiore. A voi non occorre altro, se non di ritirare i vostri sguardi, per constatare che vi trovate, sani e salvi, nel posto in cui ci siamo incontrati, così che io non ho altro da dirvi, se non che io sono colui che, sulla Terra, quale vostro fratello, aveva nome Francesco. Con ciò, io ho compiuto, nei vostri confronti, l'incarico da me avuto interiormente e così voi potete uscire dalla mia sfera”.

             20.   Dunque, vi è piaciuto ciò? Voi siete completamente estasiati. Tutto ciò è bene, ma non è ancora tutto. Vedete, sta venendo qui, a far parte della nostra compagnia, un sesto spirito, egli non proviene da questo Sole spirituale, bensì è un abitante della Mia Città Santa. Nella sua sfera, a dire il vero, vedrete soltanto cose del Sole spirituale, però in una luce del tutto diversa di quanto è stato il caso finora. Perciò, preparatevi bene, poiché Io vi dico: “Tutto assumerà un aspetto del tutto differente”.

             21.   Questo secondo fratello vostro ha anche il desiderio di conoscere qual era la vostra base. Io, però, vi dico: “Egli non è ancora abbastanza maturo. Un attimo sarebbe troppo per lui, tuttavia vogliamo fargli sentire la Mia vicinanza”. Vedete come egli ne viene trasfigurato e come, dal suo intimo più profondo, esclama con sospiri di intensa gioia: “Oh, Padre Santo, Tu non puoi essere tanto distante, poiché una beatitudine dell'Amor mio, mai presentita, mi dice che Tu ci sei vicino! Quando, però, ci sarà dato di provare la più alta di tutte le beatitudini, di vedere Te, o Padre Santo, nel massimo Amore del nostro cuore?”. Io vi dico: “A questi spiriti verrà presto, anzi molto presto, accordata tale Grazia!”. Noi, però, vogliamo prepararci per l'ulteriore visita, fino alla prossima occasione e, con ciò, per oggi basta.

 

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Cap. 11

* * * * *

La sfera del sesto spirito. La roccia di Pietro

 

               1.   Poiché il nostro amorevole ospite spirituale è già qui, non occorre che voi facciate tante cerimonie, ma affrettatevi ad entrare nella sua sfera ed a guardare là le cose in una luce diversa.

               2.   Ecco, ci siete già. Perché vi guardate attorno, con aria tanto spaventata? Voi dite: “Perché ci troviamo su un alto scoglio e, intorno a noi, non troviamo che un infinito mare in burrasca”. Tale mare ondeggia con spaventosi e minacciosi ruggiti intorno a questo scoglio isolato, sul quale ora ci troviamo. Che sarà di noi, se questo mare sommergerà, con le sue potenti onde, questo piccolo scoglio? Noi non vediamo che il sicuro sfacelo dinanzi a noi! Da che parte possiamo metterci in salvo, se le onde dovessero elevarsi al di sopra di noi?”.

               3.   Io però vi dico: “Voi avete giudicato male con i vostri occhi, guardate con maggior tranquillità verso Oriente, dove la vostra superficie dell'acqua sta diventando rossa, dunque cosa vedete ancora?”.

               4.   Mi accorgo che il vostro cuore è invaso dalla paura e, tremando, voi dite: “Oh, Signore e Padre, salvaci, altrimenti periamo e siamo perduti! Infatti, dei mostri spaventosi alzano le loro enormi teste, alte come cime di montagne, sui flutti infinitamente vasti di questo mare sembrano dirigersi proprio verso di noi, a grande velocità!”. Oh uomini di poca fede e di forza ancora minore; perché temete, dal momento che sono Io presso di voi, cose che non sono altro che un nulla? Io vi dico: “Usate la vostra vita in maniera più intelligente, poiché, le cose che voi ora vedete, sono di grande importanza; e ora volgete il vostro sguardo verso Nord e diteMi cosa voi scorgete là”.

               5.   Ora siete ancora più spaventati di prima e, per l'insensata angoscia, non siete neppure in grado di pronunciare parola. Che c'è, dunque? Voi vedete là le onde burrascose dividersi e formare delle pareti, mentre scorgete nel fondo un fuoco minaccioso che s'innalza sempre più ed assorbe i flutti del mare, tramutandoli in vapore. Nel mezzo di tale fuoco voi scorgete un drago. Esso ha sette teste e, su ogni testa, dieci corna; con la sua potente coda divide le onde e da quattro teste, che emergono dalla superficie del mare, sputa violentemente delle grandi palle di fuoco, in tutte le direzioni. Ora, voi vedete pure come un numero infinito di pipistrelli e di altri animali notturni, volino nelle fauci spalancate del drago e come questo li faccia scendere giù, nel suo esofago fiammeggiante. Sulle teste del drago voi potete scorgere dei fasci di dense nubi, che girano vorticosamente intorno alle corna e fanno scaturire dei lampi, che poi vanno, quali fulmini, a colpire le onde tumultuanti del mare. Questa manifestazione vi riempie d'angoscia, ma Io vi dico: “Tranquillizzatevi, perché ne seguono delle altre”. Ed ecco, guardate intorno alla sua coda, come è saldata una robusta catena, alla quale, nella cima posteriore, sono legate delle innumerevoli catene più piccole. E a queste catene sono legate innumerevoli schiere di anime che questo mostruoso drago trascina dietro a sé, nella sua scia infuocata.

               6.   Voi chiedete ansiosamente: “Padre, che succederà dei miseri schiavi di questo drago?”. Io però vi dico: “Guardate una volta ancora, attentamente, verso di loro e scorgerete ben presto come tali schiavi, dietro il loro drago, esultino con delle spade fiammeggianti in mano e dicano: «Onore a te, o potente principe, che hai vinto i popoli della Terra e ti sei reso tributario del cielo, così che tu sei diventato un potente giudice fra Dio e tutte le sue creature. Tu hai superato i meriti e le opere del Figlio proveniente da Dio e le hai rese tributarie sulla Terra, al di sopra della Terra, e sotto di essa»”. Dunque, ora che avete appreso ciò, che ne dite di questi seguaci del drago? Voi rabbrividite fin nel vostro intimo. Io però vi dico: “Resistete sul punto in cui vi trovate e guardate profondamente verso Occidente e ai vostri sguardi si presenterà una scena del tutto differente”.

               7.   Ora, voi state guardando là. Cosa c'è nuovamente di tanto spaventoso? Voi dite disperatamente: “Signore, se continua così, noi siamo perduti, poiché il drago si è adagiato sulla vasta distesa dei flutti marini, come un potente ed enorme serpente e noi siamo circondati da tutti i lati, come da una grande muraglia di fuoco. Qui non scorgiamo più nessuna via d'uscita, così noi siamo senza scampo, sua preda. Al di sopra del nostro punto d'appoggio, non possiamo elevarci. Che sarà di noi? Infatti, noi vediamo già la vasta superficie del mare arroventarsi potentemente da ogni lato; innumerevoli vortici si formano già sulla sua superficie, coperta da densi vapori. Uragani infuocati spingono i cavalloni ardenti verso il cielo, alla rinfusa. Oh Padre, aiutaci, prima che questa tribolazione ci venga sempre più vicina, altrimenti la nostra fine è certa! E quando le onde arroventate, che sono cariche di pestilenza, ci avranno inghiottiti, ricoprendoci di maledizione e di fuoco devastatore, come potrai Tu, toglierci da questa rovina?”.

               8.   Oh voi, pusillanimi, perché alzate questo pietoso grido di angoscia? Guardate ora verso Sud e scorgete subito una scena del tutto diversa. Ecco là, intorno a quell'anello arroventato del serpente, ci sono degli spiriti angelici giganteschi, armati di spade potenti, che attendono soltanto un Mio cenno, per far fuori il serpente. E ora girate lo sguardo da tutte le parti e contate gli spiriti angelici incaricati del giudizio. Non sono essi dodici? Però, guardate nuovamente intorno, gli angeli hanno ricevuto il cenno e, vedete, il serpente giace fatto a pezzi ed è ormai morto! Le sue parti inerti scendono nel fondo del mare, accompagnate dalle onde roventi e le onde stesse si precipitano dietro, da tutte le parti, tumultuando. E ora, guardate dove sono i flutti, e dov’è il mare.

               9.   Dei campi pacifici si elevano al posto dei spaventosi cavalloni e guardate come dei corporei messaggeri vengano da tutte le parti, portando nelle loro mani la Mia Vivente Parola e la spargano dappertutto, come frumento. E ora, guardate verso Oriente come sta sorgendo un nuovo e splendido Sole! Dal cielo cade una abbondante rugiada, sul nuovo terreno della Mia Grazia e della Mia Misericordia e nuovi magnifici frutti vi spuntano dappertutto. Comprendete voi questa immagine or ora vista? Io vi dico: “Questa immagine è a voi molto vicina, e quello che vi succederà, sta dinanzi agli occhi vostri. Perciò non dovete avere nessun timore, poiché voi avete visto, nella raffigurazione di una altissima spirituale Verità, la fine della scandalosa prostituzione. E ora guardate di nuovo intorno a voi ed osservate lo spirito nella cui sfera voi avete visto tutto ciò. Lo riconoscete?”.

             10.   Voi dite: “Oh Signore e Padre, non ci risulta affatto sconosciuto, tuttavia non ci riesce di identificarlo, perciò non potresti dirci chi si cela dietro a questo nostro ospite, che ci ha preparato, nella sua sfera, un tale banchetto spaventosamente rallegrante?”. Io, però, vi dico: “Questo ospite dovete facilmente riconoscerlo da voi stessi, se prendete in attenta considerazione il punto base, sul quale voi ancora vi trovate”. A chi Io ho detto, a suo tempo, che egli è una «roccia», sulla quale Io edificherò la Mia Chiesa, che non potrà venir sopraffatta dalle potenze dell'Inferno? Voi dite: “A Simone che, perciò, poi venne chiamato Pietro!”. Vedete, questo è anche il nostro ospite spirituale. Egli vede Me e vede voi pure, tuttavia, visto che Io parlo con voi, egli si mantiene nel più assoluto silenzio, perché è pieno d'Amore per Me.

             11.   E così, uscite dunque dalla sua sfera, poiché si sta avvicinando a noi un altro spirito, il settimo, nella cui sfera noi vedremo delle cose del tutto diverse. Questo sesto spirito, cioè Pietro, lo teniamo comunque in nostra compagnia. Riflettete molto su quanto avete visto oggi ed attendente, per la prossima volta, una valida soluzione, appunto, su ciò che avete visto. E oggi, possiamo chiudere il capitolo.

 

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Cap. 12

* * * * *

La sfera del settimo spirito. Immagini enigmatiche per stati spirituali

 

               1.   Ed ecco, il settimo spirito è qui e vi attende; entrate, perciò, senza indugio, nella sua sfera, affinché vi possiate vedere la soluzione e le vie infallibili della salvezza e dell'eterno e sicuro Ordine. Ora siete nella sua sfera e guardate, sconcertati e sbalorditi, intorno a voi. Che cosa c’è di tanto strano, così da non sapere se si tratta di uno scherzo o di una cosa seria? Io vedo chiaramente i pensieri che attraversano il vostro animo e dei quali non siete completamente consci, mentre si trovano chiari dinanzi a Me.

               2.   Dunque, voi dite: “Come mai, da quello che ora vediamo, potrà venire fuori la soluzione delle cose strane, precedentemente da noi viste? Questo lo capisca chi vuole, mentre noi, al posto della soluzione, scopriamo soltanto un groviglio. Come la soluzione potrà saltare fuori, non possiamo neppure lontanamente immaginarlo, poiché, quale significato può avere quello che ora scorgiamo? Qui si eleva un monte, di forma conica, da una parte, degli uomini salgono fino alla cima, mentre, dall'altra, scivolano di nuovo giù e poi si rialzano e fanno delle rumorose risate su quelli che li seguono, dicendo in aggiunta: «Allora è proprio vero che un matto solo ne fa cento!». Da un'altra parte c'è un grande numero di altalene, appese fra due alti alberi, in ognuna c'è qualcuno che si dondola con slancio, mentre intorno ci sono molti spettatori, che si fanno beffe di coloro che si dondolano e gridano loro: «Oh, sciocchi, come potete essere tanto lieti in questo vostro dondolare, considerato che, se è vero che voi volate veementemente di qua e di là, rimanete però sempre allo stesso posto? L'ambito di lancio della vostra altalena è tutto il tragitto che voi dovete ogni volta ricominciare da capo». Questa è una seconda raffigurazione che noi vediamo, così dite fra voi e, poi, continuate: “Da un'altra parte ancora, noi scorgiamo un bastione circolare; all'interno di questo bastione ci sono delle vie, pure circolari, che vanno a spirale verso il centro, dove si trova una specie di padiglione. Su queste vie, degli uomini stanno correndo verso il padiglione e, quando l'hanno raggiunto, voltano strada e corrono nuovamente verso fuori, cioè verso il bastione. Sopra di questo, stanno, qua e là sparsi, dei gruppi di uomini che dileggiano in vario modo tali corridori e chiedono che cosa essi vogliono effettivamente raggiungere, con queste loro corse. Alcuni ne hanno abbastanza di tale correre, salgono sul bastione e poi dicono: «Ma come ho potuto essere tanto sciocco e proprio per niente, soltanto per stancarsi tanto, quasi da morire?».

               3.   Da un lato, noi scorgiamo un ampio bacino rotondo, colmo d'acqua, del diametro di circa mille klafter e di uno di profondità. Nel mezzo di questo bacino c'è una ruota a palette, del diametro di circa dieci klafter. Questa ruota viene fatta azionare, con un movimento sempre uguale e continuo, da una impalcatura che si trova al di sopra di essa; ciò ha, come conseguenza, che tutta l'acqua del bacino è costretta a fare lo stesso moto rotatorio che, naturalmente, è più rapido vicino alla ruota e sempre più lento quando è più lontano.

               4.   Sulla superficie dell'acqua ci sono delle barchette, nelle quali si trovano dentro degli uomini che si affaticano, allo scopo di avvicinarsi alla ruota, partendo dalla sponda. Quando, però, sono arrivati in vicinanza della ruota, ben presto perdono le loro forze e vengono, poi, rimandati alla sponda dal movimento vorticoso dell'acqua. Intorno alla sponda ci sono, pure qui, un gran numero di spettatori che prendono in giro questi stolti navigatori.

               5.   Questi, per la maggior parte, non sembrano darsi per vinti, alcuni di loro però, quando sono stati rimandati alla sponda parecchie volte, scendono finalmente a terra con facce annoiate e indispettite, abbandonando le loro barchette, e non cessano di meravigliarsi di come hanno potuto, senza uno scopo, farsi portare in tal modo in giro da una ruota meccanica. Alcuni di loro stanno a guardare, ancora per qualche tempo, lo stolto lavorio e, alla fine, partecipano alle risa degli altri spettatori, alle spalle dei navigatori ancora tanto indaffarati. Altri, invece, si allontanano, scuotendo la testa, e vanno alla ricerca di un posticino tranquillo, dove riposarsi dai loro insensati ed inutili strapazzi. Questo, però, è tutto quello che vediamo nella sfera tanto promettente di questo settimo spirito. Che queste apparizioni siano molto diverse fra loro, lo vediamo benissimo, però, in sostanza, sono sempre le medesime. Chi, di conseguenza, può trarre da ciò una soluzione e, più ancora, la via infallibile dell'Ordine divino, dovrebbe avere per luce, nei suoi occhi, una intera legione di Soli Centrali principali, concentrati in un punto. Tutto ciò, che noi possiamo dedurre da tutta questa storia, è ciò che a suo tempo, hanno detto gli antichi savi: «Sotto il Sole non c'è nulla di nuovo, bensì, tutto percorre, costantemente, la propria orbita, ricominciando sempre da capo ed allo stesso modo!»”.

               6.   Io, all'incontro, vi cito un altro vecchio proverbio, preso dalla natura delle cose, il quale si esprime così: “Chi è cieco, non vede nulla!”. Vedete, contro questo proverbio non c'è obiezione di sorta, poiché così stanno le cose nel mondo, specialmente per quello che riguarda la vista interiore dello Spirito e tutto il mondo è simile ad un Tommaso, il quale disse: «Fino a tanto che non pongo le mie mani sulle Sue ferite e sul Suo costato, io non credo»; ciò che, con altre parole, significa: “Quello che non afferro con le mie mani e non posso vedere con i miei propri occhi, alla chiara luce del Sole, vale per me come non esistente e, perciò, non mi dice niente”.

               7.   Io vorrei, anzitutto, chiedere ad ognuno di tali oppositori: “Puoi afferrare, con le tue mani, le stelle del cielo e puoi tu guardarle alla chiara luce del Sole?”. Come vedi, non puoi fare né l'una né l'altra cosa; non esistono, forse, con tutto ciò, le stelle? Tu rispondi: “Le stelle, per lo meno di notte, io le vedo e posso misurare il loro corso”. Io, però, ti dico: “Questa testimonianza, da parte tua, non fa grande onore al tuo acume, poiché con ciò tu manifesti apertamente che tu calcoli il Mio Ordine soltanto dalla tua parte notturna, nonché tenebrosa, mentre l'Ordine del giorno ti è estraneo e se tu non avessi la notte, staresti in pieno giorno come un cieco e non saresti nemmeno capace di sognare l'Ordine delle Mie cose”. È molto triste, quando voi dovete il vostro sapere, nell'Ordine delle cose Mie, soltanto alla notte, anziché al giorno e, vedete, di questo danno fedele testimonianza le cose che avete or ora viste.

               8.   Nella prima scena sono rappresentati gli avidi di sapere e i vogliosi di esperienza, i quali salgono l'alto monte e credono che, giunti all'apice, potranno afferrare i Misteri del Cielo ed assorbire, fino all'ultima goccia, il nettare che vi si trova racchiuso e, perciò, si affaticano ad arrampicarsi sugli scoscendimenti del monte conico. Più procedono e tanto minore è l'appoggio, e quando hanno raggiunto il vertice e di appoggi non ne hanno più affatto, li prende presto la vertigine, e, dato che sull'altura non trovano alcun punto afferrabile e d'appoggio celeste, si lasciano andare giù dall'altra china del monte, scivolando giù, fino ad arrivare nella stessa pianura, dalla quale sono partiti. Ed alla fine non sanno a che cosa è servita la loro arrampicata e non possono neppure fare a meno, poi, di prendersi in giro, da se stessi ed, infine, di tenersi questo discorsetto: “Ora ne sappiamo altrettanto quanto prima, tutto il nostro affaticarsi era insensato, e, alla fine, anche ridicolo. Nell'arrampicarsi, ci siamo forzati di precederci l'un l'altro; e perché? Per poi, tutti insieme, ripartire altrettanto presto, dall'altra parte. Che cosa abbiamo noi, ora, di più di coloro che non hanno posto piede sull'erta montagna? Nulla affatto, poiché in primo luogo, noi stiamo al loro stesso punto e, in secondo luogo, in più, ci siamo fatti deridere da loro, come stolti, dato che per raggiungere lo stesso scopo, ci siamo sobbarcati una immane fatica, mentre ci saremmo potuti arrivare in maniera molto più comoda”.

               9.   Non osservate ancora nulla, da questa esposizione? Io vi dico soltanto una cosa e così voi vi avvicinerete più facilmente alla questione”. Come comprendete voi il testo: «Il mio giogo è dolce e il carico Mio leggero!». Dal momento che Io ho annunciato questo principio, chi obbliga coloro che vogliono venire a Me ad arrampicarsi su per delle pareti rocciose di monti, per arrivare a Me, mentre Io li attendo sul terreno piano e sulla via più diritta che esiste? E procedendo: “Perché non avviene nulla di nuovo sotto il Sole?”. Io ve lo dico: “Per la saggia ragione che l'umana sapienza del mondo deve smussarsi da sé, a poco a poco, poiché, alla fine, deve toccare con la mano e che essa non può raggiungere altro, se non quello che già da lungo tempo prima è stato raggiunto sulla stessa via”.

             10.   Inoltre, in questa prima immagine, voi potete trovare un’idonea soluzione di quanto visto nella sfera del sesto spirito. Se voi ripassate la storia del drago, come la si legge nell'Apocalisse di Giovanni, potrete senz'altro afferrare con la mano quanto spesso esso si è già preso la briga di venire di nuovo a galla, dal suo abisso, oppure, secondo l'immagine odierna, di arrampicarsi su l'un o l'altro monte. Qual è stato, però, ogni volta, il risultato di tale fatica?

             11.   Quanto più in alto egli si spingeva, tanto minore diveniva la base su cui poggiava, e quando aveva raggiunto l'apice, quale ne era la conseguenza, se non quella di ricadere celermente nel profondo, dal quale era salito? Questo perché, sulla cima, niente può mantenersi e se qualcosa vi si vuole fissare o saldare, allora cessa anche ogni attività, poiché questo non potrebbe essere più ampio di un acuminato punto d'appoggio, sul quale si trova chi vorrebbe agire. Ciò risulta chiaro a chiunque volesse agire, trovandosi su una cima, poiché si troverebbe nell'impossibilità di muoversi, ed ognuno verrebbe sicuramente preso dalle vertigini e la logica conseguenza sarebbe che esso abbandonerebbe la cima e si lascierebbe, in compenso, scivolare rapidamente di nuovo nel profondo. Questa, però, è una scuola molto saggia dell'eterno Ordine! Il suo nome è Abodung, che significa la mortificazione di tutte le brame egoistiche.

             12.   Non servirebbe a nulla, anche se qualcuno, prima dell'ascesa del monte, dicesse: “Ascoltate fratelli, salite con me, io conosco la via giusta. Venite soltanto con me e unicamente su questa via, e noi troveremo un vero e valido punto base, sull'altura”. Noi abbiamo già udito, fin da principio, questi spiriti esclamare, quand'erano giunti in fondo valle: “Un pazzo ne fa dieci” e, vedete, non dieci, bensì una massa si arrampica dietro a tale conoscitore della via. Dato, però, che il monte, come un cono, ha fortunatamente soltanto un apice, esso viene raggiunto regolarmente da tutte le vie, ma là vale comunque sempre il detto: «Fino a qui e non oltre!». La sorte, però, rimane sempre quella di scivolare celermente dall'altra parte, per raggiungere quello stato dal quale si era partiti. Come vedete, in questa immagine c'è già la soluzione principale di quanto visto precedentemente nella sfera del sesto spirito. Le prossime raffigurazioni ci chiariranno ancora maggiormente questa soluzione, perciò rimanete ancora nella sfera di questo settimo spirito, fino a quando avremo spiegato tutte le immagini. La prossima volta toccherà all'altalena, poi al bastione con le sue vie a chiocciola e infine al bacino. E con ciò, per oggi basta.

 

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Cap. 13

* * * * *

L'altalena nella corrispondenza

Culto religioso cerimoniale e vita del mondo

 

               1.   Voi avete certamente visto, non una, ma parecchie volte, quel monotono passatempo per bambini, che viene usato nei giardini pubblici e che è conosciuto col nome di “altalena”; anzi, avrete pure voi fatto di questi viaggetti, avanti e indietro nell'aria. Che impressione vi faceva questo, mentre, seduti, venivate spinti di qua e di là, molto energicamente, da qualche pratico lanciatore? Voi dite: “La nostra impressione era senz'altro tutt'altro che gradevole. E, quando scendevamo da quel veicolo, eravamo sul punto di rimettere, a causa di quel continuo e rapido andare su e giù e, perciò, abbiamo anche perduto del tutto la voglia di ripetere simili viaggi aerei”.

               2.   Io dico: “Questa relazione è molto buona e la potremo usare molto a proposito, per i nostri scopi. Però, non avete ancora osservato quello che avviene, quando ad una tale altalena viene impresso un lancio troppo energico”. Voi dite: “Certamente, tanto è vero che essa gira su se stessa e se il lancio è molto forte essa si capovolge e questo è tutt'altro che piacevole per il viaggiatore volante”. “Bene”, dico Io. Anche questo lo possiamo adoperare benissimo. Ci resta ancora da fare una domanda: “Quanto lontano arrivano i viaggiatori sull'altalena?”. Risposta: “Dopo un'ora di questo «avanti e indietro», se non si sono stufati prima, scendono dall'altalena, esattamente allo stesso posto in cui sono entrati, cioè saliti; così che, in conclusione, essi devono, in aggiunta, adattarsi ad essere presi in giro perfino da una lumaca, che, con un movimento incomparabilmente più lento, in un'ora avrà certamente superato, strisciando, la portata di lancio dell'altalena. Dunque, noi vediamo dalla sfera del nostro ospite spirituale, come, sulle altalene discretamente grandi, si fanno dondolare stoltamente una grande massa d'uomini. Guardate un po' in là, fino a tanto che l'altalena ha un lancio moderato, i dondolanti gridano, rivolti a colui che dà la spinta, affinché lo slancio sia più forte. Quando, però, l'altalena incomincia a compiere un trequarti di cerchio, allora gridano: «Basta, ferma, altrimenti l'altalena si capovolge e siamo perduti!».

               3.   Non compenetrate ancora il significato di questa immagine? E sì che esso sta chiaro come la luce del Sole, dinanzi agli occhi vostri! Se voi gettate anche soltanto uno sguardo al culto religioso cerimoniale, afferrerete e comprenderete immediatamente questa immagine.

               4.   Un bambino, nato e battezzato in una tale chiesa ricca di cerimonie, viene collocato immediatamente, in senso spirituale, nel veicolo dell'altalena e quando vi è dentro, esso viene un po' alla volta messo in moto, con un movimento sempre crescente. In seguito a questo movimento, l'essere umano è dell'opinione di fare, il Cielo soltanto sa, chissà quali grandi progressi e di andare molto avanti! Soltanto che ognuno dovrebbe vedere al primo sguardo e senza difficoltà quanto lontano porta tale viaggio! Fra due sostegni è appesa la nostra navicella aerea. Un sostegno indica la cosiddetta roccia della religione; l'altro pilastro è la necessità statale-politica. Questi due pilastri sono piantati il più solidamente possibile e collegati fra loro con traverse, così che il viaggio procede fra questi due pilastri e non si può andare più lontano di quanto la cordicella, dalla quale dipende la tanto importante altalena, permette. Qualcuno dei dondolanti si sente venire il vomito e non appena c'è un rallentamento nelle oscillazioni, ne approfitta per saltare giù e svignarsela. Alcuni voltano definitivamente le spalle e non ne vogliono più sapere, neppure di nominarla. Soltanto coloro che sono insensibili al vomito e che sono privi di luce negli occhi rimangono, e con questi rimangono pure coloro che hanno degli interessi in tali altalene e vi restano seduti pro forma e, per l'apparenza, si fanno dolcemente dondolare. E non mancano, all'occasione buona, di lodare e di inculcare la loro opinione a chi gli si presenta vicino, dicendo che è quanto mai giovevole alla salute un tale genere di movimenti; ed attirano con ciò i forestieri ed invitano pure coloro che se ne erano andati a risalire sull'altalena, se sono tanto stolti da ascoltarli. Infatti, essi così dicono: “Se volete veramente godere dell'ascensione più sublime, allora voi dovete lasciarvi bendare gli occhi”. Visto che questo discorso attira parecchi stolti, questi si siedono sull'altalena e si lasciano bendare e poi, lentamente, dondolare. E così, poi, nel loro entusiasmo, esclamano: “Ecco, soltanto adesso comprendiamo quali grandi misteri si celano dietro a questa uniformità, poiché, ora, l'andare avanti e indietro per noi è cessato, mentre, con la velocità del lampo, attraversiamo spazi sconfinati!”. Al che questo può dirsi un miracolo. Chi avrebbe potuto sognare che dietro alla monotonia fossero nascoste delle cose tanto grandi!?

               5.   Quando tali viaggiatori credono di avere compiuto un lungo viaggio, allora chiedono alla parte interessata a tale altalena, di liberare loro gli occhi. Ma questi, ben sapendo quale sarebbe la conseguenza, li sconsigliano insistentemente, dicendo loro: “Guai a voi se osate farlo, poiché nella sfera in cui voi vi trovate, per poco non verreste accecati, se vi faceste togliere la benda dagli occhi. Soltanto quando saremo giunti alla meta della vita, potrete allora allontanare la benda, per poter vedere quanto sicuramente siete stati protetti dai due pilastri ed anche per ricevere la ricompensa finale, per essere stati fedeli a tale altalena, che, attraverso questo lungo viaggio, vi ha sbarcati alla meta sicura.

               6.   Ora, vedete, alcuni si lasciano ingannare dalle loro chiacchiere e si tengono diligentemente la benda, altri invece, infastiditi da questo curioso viaggio fatto alla cieca, strappano la benda e constatano, con grande sdegno, di essere stati gabbati, poiché si trovano allo stesso punto di partenza, fra i due pilastri e le cordicelle tese. Essi, allora, sono presi dall'impeto di scendere giù dalla altalena, ma ciò è pericoloso, perché questa è sempre in movimento, così che essi sono obbligati, malgrado la loro ribellione, a continuare tale viaggio monotono e quando incominciano a protestare agli interessati alle altalene, allora, con ogni sorta di pretesti e raggiri, viene loro raccomandato il silenzio, perché altrimenti avrebbero la peggio, con l'essere gettati con violenza fuori dell'altalena. E non solo, vedete, affinché i protestatori si adattino, volenti o nolenti, alle pretese degli interessati alle altalene, dalla parte della pista di lancio viene acceso del fuoco e, dalla parte opposta, vengono piantate delle aste appuntite, in gran numero. Che rimane ai protestatori? Nient'altro, se non lasciarsi ancora dondolare e, contro la loro volontà, sborsare anche la tassa per il viaggio a spintoni. Ora i veggenti, con quanta ansia, attendono il momento che l'altalena si fermi! Ma quando ciò avrà luogo?

               7.   Noi possiamo fare il calcolo con grande facilità. Vedete, l'altalena a noi più vicina oscilla ora così fortemente da raggiungere il trequarti del cerchio. Però, in seguito a questo forte oscillare, i pilastri di sostegno si sono mossi e vacillano alla sua base, e il forte attrito ha già consumato molti fili della cordicella dell'altalena. Vedete, questo logorio dell'apparato oscillatorio è stato osservato perfino dagli stessi interessati, cosicché essi non si azzardano più a darle troppo slancio, poiché dicono: “Se noi esageriamo, le corde si rompono e terminiamo insieme ai passeggeri dondolanti o nel fuoco o sugli spiedi, perciò portiamo le cose, impercettibilmente, al punto di stasi ed adattiamoci pure, senza che si accorgano, al volere dei protestatori, facendo cose più comuni e lasciamo che tutto vada per il meglio, senza impori con la violenza, perché, ai tempi d'oggi, con questa non si ottiene niente!”.

               8.   E ora guardate nuovamente: l'altalena si muove in un ambito molto più ristretto, coloro a cui è caduta la benda, saltano giù, uno dopo l'altro, e alle altalene sono rimasti soltanto gli interessati e pochi altri viaggiatori, ai quali la benda non va giù, neppure se ci mettono loro stessi le mani, per levarsela. Voi vedete pure quanto indaffarati sono i proprietari delle altalene, per rendere più saldi possibile, con ogni sorta di puntelli, i due pilastri traballanti. Dei servitori pagati, con delle scale, salgono in alto sull'altalena, per saldare le cordicelle con del filo rinforzante. Dato, però, che le corde non stanno mai ferme, essi non possono in nessun punto fare dei nodi ben stretti. Questo è, tuttavia, un segno molto importante, in cui si può riconoscere a quale punto stanno le cose con le altalene, attualmente.

               9.   Chi volesse considerare quanto precede soltanto quale una vuota fantasia, non ha che da gettare uno sguardo fuggevole sul modo di procedere del mondo attuale ed egli scorgerà questi reciproci allacciamenti ed intrecciature di nodi fra paesi, popoli e confessioni religiose, fatti alla vista di tutti. Io voglio richiamare la vostra attenzione soltanto su delle conversazioni fra stati, che finiscono in trattati d'ogni sorta; per chi osserva tutto ciò, anche superficialmente, vi scorgerà chiaramente il suddetto rafforzamento delle corde, con degli spaghi e legami d'ogni tipo. Però, qualcuno Mi potrebbe obiettare, dicendo: “Se le cose stanno così, perché i protestatori, che sono più veggenti, sono d'accordo su queste trattative, rafforzamenti e vincoli?”. La risposta è questa: “Fino a tanto che l'altalena, a forza di riparazioni, resiste, è peccato cambiarla, perché in un certo modo ci si è affezionati, ed i padroni dell'altalena, poiché questa rende, si adattano; dunque, si ricorra a nuovi nodi e aggiunte, per non essere travolti nella caduta nel caso di una repentina e non prevista rottura della corda”. È facilmente deducibile che questi legamenti e annodamenti sono un sicuro segno della poca durata e della poca resistenza della corda principale, dato che, se un paese od un popolo si sentisse sufficientemente forte di fronte ad un altro, sarebbe esso a dettare delle condizioni, secondo la coscienza della sua potenza e non si perderebbe dietro a legami e nodi. Dato, però, che esso è conscio della sua debolezza, fa ricorso a tali rafforzamenti di comodo, i quali, a parte tutto, non possono dare alla corda nemmeno un secondo di durata di più di quello che per sua propria natura cela in sé, in seguito al forte logoramento.

             10.   Quando la corda non reggerà più al peso, si romperà e pure i legami e i nodi. Vedete, questo ci insegna la seconda immagine.

             11.   Raggruppate tutte le vostre questioni ecclesiastiche e politiche, oppure comparate ogni singola evenienza delle stesse con la nostra immagine, e troverete che essa corrisponde altrettanto esattamente, tanto dal punto di vista generale quanto in quello particolare. Affinché ciò risulti ancora in una luce più chiara, voglio citarvi, a titolo di esempio, qualche fatto, tolto sia dalla sfera ecclesiastica che da quella politico-statale. Da quella ecclesiastica prendiamo la confessione auricolare: la posizione dell'altalena che ad ogni oscillazione è più vicina al suolo, è quella dello stato di peccato. E così ci si confessa e con ciò si sale da un lato verso il cielo, ci si ferma un attimo e poi si ritorna, altrettanto rapidamente, di nuovo giù. Giunti al punto più basso, ci si confessa e così segue l'impulso di salire nuovamente, dall'altra parte. In tal modo l'uomo, nel suo altalenarsi, ripete quest'atto a lungo quanto egli vive e chiude la sua esistenza terrena, generalmente, di nuovo con la confessione, per quanto l'altalena si trovi in posizione di riposo. Però, nel trapasso, l'altalena non oscilla più verso l'alto e l'uomo si trova nello stesso punto di quando è arrivato su questa Terra. Quali progressi, però, abbia fatto l'uomo spirituale, voi lo potete vedere dalla nostra raffigurazione nella sfera degli spiriti; sul Sole spirituale, cioè nell'aldilà, egli continuerà a farsi dondolare sull'altalena o finché la corda si romperà o finché l'uomo stesso non si sarà liberato dalla benda, che gli è letteralmente cresciuta con gli occhi. Su tale misura, ora datavi, potete giudicare tutto il cerimoniale ecclesiastico e non vi scoprirete altro se non il dondolarsi sull'altalena. Il completo significato interiore di tutto quanto riguarda il presente stato della chiesa viene messo in misura, in modo preciso, da ogni campana che, dall'alto della torre campanaria, ad ogni sua oscillazione, emette molto rumorosamente sempre la stessa nota, così che l'orecchio armonico ha un bel tendersi e mettersi in qualunque posto, che non riuscirà ad afferrare soltanto che una monotona nota, che si è già rivelata più che a sufficienza al primo rintocco. Tutto ciò che un tale ascoltatore avrà alla fine ritratto sarà: in lontananza, un simile suono si può ancora ascoltare, in vicinanza però è insopportabile. Perciò è bene mettersi fuori tiro! Con ciò noi abbiamo preso in considerazione un esempio ecclesiastico; passiamo ora a quello politico-statale.

             12.   Guardate un po' la vostra industria e tutti gli affari di denaro, che sono propriamente il punto centrale di tutta la vita statale. Chi non vi scorge il maneggio di un'ininterrotta altalena, deve essere affetto da una settupla cecità. Voi osservate dappertutto, tanto nella generalità che nei singoli fatti, un'innalzarsi ed un successivo abbassarsi. Se un regno s'innalza, un altro ricade sul punto più basso della sua altalena. Ma ben presto precipita quello che si era prima innalzato ed un altro oscilla verso l'alto. Ogni qualvolta voi avete osservato che uno Stato si è elevato fino al culmine, questo è il sicuro segnale della sua caduta ancora più rapida di quanto era stata la sua ascesa!

             13.   Se voi osservate dei singoli privati che si sono arricchiti, facendo uso della loro altalena personale, allora noterete che ad un certo momento, cioè quando hanno raggiunto la massima vetta immaginabile della loro agiatezza, la loro altalena comincia a fare delle sempre più brevi oscillazioni. Tutto dipende, allora, dalla lunghezza della corda; se essa è molto lunga, le oscillazioni sono molto lente e più ampie, però, se una corda fosse lunga anche dalla Terra al Sole, tuttavia, l'altalena fissata ad essa, quando avesse raggiunto il punto più elevato, dovrebbe necessariamente ritornare al suo vano punto più basso, e così la vita del mondo non è che una mera altalena. Voi potete osservare ciò quanto volete, però, a chi di voi può dimostrare che da tale vita mondana risulti un progresso qualsiasi, Io do in regalo una Vita eterna decuplicata! Voi anche qui troverete che si trova in applicazione il detto dei vecchi savi, e cioè: «Nulla di nuovo sotto il Sole!». Anch'Io sono di questa opinione, poiché, con questi generali movimenti e progressi apparenti, vi è molto poco di nuovo che si possa trovare sotto il Sole.

             14.   Fortunato colui che riesce a svincolarsi dall'altalena, poiché, su un terreno libero e senza corde e impedimenti, egli farà di più con pochi passi ed in breve tempo, che non andando su e giù sull'altalena, in parecchie migliaia d'anni. Chi però vuole diventare perfetto, com'è perfetto il Padre in Cielo, fugga più di tutto il trafficare altalenante del mondo, lo strascinare una croce pesante rende molto di più per lo spirito e per la sua vita eterna che non farsi dondolare, dolcemente, nell'eterna morte.

             15.   Dunque, è sperabile che voi abbiate capito questa immagine e perciò, la prossima volta, vedremo con occhio più illuminato la terza raffigurazione; così che, per oggi, consideriamo chiusa la questione.

 

 

Cap. 14

* * * * *

Il bastione nella corrispondenza

Figure delle diverse chiese cristiane

 

               1.   Se voi guardate con attenzione questo bastione, vedrete che, nel suo interno, ci sono parecchie strade che partono dalla parte interna dell'orlo e che, a forma di spirale, vanno verso il centro, dove si trova il padiglione chiuso. Se voi acuite la vostra attenzione, scorgerete che tutte queste strade sono regolate in modo che, tutto ben calcolato, non raggiungano mai la porta d'entrata del padiglione, anche se al margine dell'ampia superficie sta scritto: «Chi può scoprire la via più stretta e poi, senza deviazioni, vi procede, giunge certamente e infallibilmente nel padiglione, dove una grande ricompensa l'attende».

               2.   Che cosa sta a significare questa strana corsa, lungo queste vie a spirale? Io non vi voglio dare una risposta assoluta; voi, però, la troverete comunque, per poco che avrete osservato la cosa più da vicino. Attenzione, dunque, a quanto succede in questo posto, pazzamente tumultuoso, ma che dice molto, proprio per questa sua pazzia!

               3.   Come vedete, sempre dove una di tali strade ha il suo inizio, vi si trovano, di servizio, un capo, un direttore di corsa ed un considerevole numero di aiutanti, per indirizzare e regolare il traffico. Osservate come dappertutto questi “funzionari” abbiano delle facce serie ed importanti. Sul largo bastione, che circonda l'ampia superficie interna, c'è una grande quantità di persone d'ambo i sessi. Guardate un po' là, all'inizio di una di tali strade, ci sono i funzionari e il capo, che vantano la loro strada come l'unica giusta ed infallibile, dicendo: “Venite qui tutti! Questa è la vera e sola strada, sulla quale voi potete raggiungere il padiglione e, con ciò, anche entrarvi, dove c'è un immenso premio che vi attende!”. Però, guardando immediatamente accanto, c'è il capo servizio che si trova all'imbocco della strada vicina e grida, rivolto agli ospiti: “Non lasciatevi sviare! Pagate a noi la tassa molto più ridotta, poiché la nostra strada è la più antica e perciò anche la più sperimentata, sulla quale un’infinità di viandanti ha raggiunto il padiglione tanto desiderato e il suo elevato premio”. Ma ecco che il capo servizio di un'altra strada si intromette subito, protestando vivacemente e rende attenti gli ospiti, facendo molte pressioni, a non seguire gli ingannevoli allettamenti del primo e del secondo capo servizio. Ma quest'ultimo insorge a queste invettive e grida con voce potente: “Io non dico che dovreste venire da noi, io non mi rimetto alla vostra volontà di usare o meno la nostra via, ma, visto con sicurezza che la mia via è la più antica e la più giusta, io vi voglio trascinare per i capelli. Infatti è molto triste che a degli stolti come siete voi, si debba tirar dietro una indicibile fortuna!”. Di nuovo interviene il capo dell'altra via, gridando più forte del precedente: “Seguite pure questo mio vicino, però voi non sapete cosa vi attende nella sua via, in vicinanza al padiglione, poiché vi attende una fossa profonda, nascosta alla superficie, per essere irrimediabilmente persi, per tutta l'eternità”. A questa uscita, il capo servizio concorrente si esalta ancora di più e, senza dire una parola, manda i suoi aiutanti sul bastione e fa mettere assieme con la forza una massa di presenti, spingendoli verso la sua strada e quando essi vogliono pagare il tributo, il capo fa ostentatamente il generoso, e dice: “Io non voglio nulla da voi, bensì io voglio soltanto la vostra felicità, perciò percorrete pure questa mia via e voi non troverete nessuna voragine rovinosa, bensì giungerete sani e salvi al padiglione tanto desiderato”. Una sola condizione vi pongo, che voi non usciate dalla mia strada. Se voi ne doveste uscire o imprudentemente o volontariamente, allora non garantisco più nulla, ed al posto del padiglione troverete qualche fossa accuratamente coperta, quale trabocchetto per inghiottirvi!

               4.   Però, osservate proprio ora, c'è là vicino un altro capo servizio. Soltanto questo non fa chiasso ed ha la faccia atteggiata a cordialità e mansuetudine e gli ospiti gli chiedono perché si comporta così, e che cosa gli sta tanto a cuore. Ma egli risponde loro, con grande modestia e molta calma, come segue: “E chi non potrebbe essere triste?”. Vedete, tutti questi poveretti si incamminano su una falsa strada, mentre questa soltanto è la più giusta e, quasi in linea retta, porta all'entrata del padiglione. Io non vi dico, venite qui, ma quando avrete esperimentato dappertutto, di non aver raggiunto nulla, se non una inutile e vuota seccatura, sarete voi stessi a venire qui, sulla mia via. Soltanto sarei molto più contento, se non si facesse dello scalpore, per non suscitare invidia ai capi servizio vicini, poiché sono molto litigiosi per natura ed io non vorrei seccature, se non altro per il rispetto e la dignità della mia via.

               5.   Ma, vedete, anche un poco più in là c'è un altro capo servizio che guarda di sottocchio astutamente il suo vicino, scuotendo il capo, mentre alla fine dice: “Bene, bene, però, ride bene chi ride l'ultimo. Io vi dico, o miei aiutanti, lasciate in pace tutti gli ospiti che si trovano sul bastione, che quei pazzi facciano quello che vogliono, noi non invitiamo nessuno, ma superate il bastione e andate sul suolo libero, là pescateli e portateli qui e vedrete che questi stolti, allora, non cercheranno un'altra via, all'infuori della nostra. Noi pianteremo soltanto una bandiera con la scritta: «Unica via giusta per raggiungere la meta», facendo, nel contempo, il minor chiasso possibile e così i pesci grossi saranno per noi!”.

               6.   E guardate ancora. Là vicino c'è ancora un'altra via, ma questa è molto stretta e poveramente allestita. Il capo servizio sembra che dorma, lì seduto e sembra un poveretto che non si accorge di nessuno e, per di più, i suoi pochi aiutanti seguono il suo esempio. Con tutto ciò, parecchi ospiti si avvicinano a lui e gli chiedono come vedano le cose, con la sua Via. Egli, con poche parole, dice: “La mia via parla da se stessa e non ha bisogno di essere esaltata e chi ha voglia di percorrerla si persuaderà se essa conduce alla meta, oppure no”. Queste strane ma semplici parole fanno stupire parecchi e questi, senza indugio, predisposti interiormente, s'incamminano per tale via.

               7.   Allora, gli ospiti chiedono quale sia il prezzo d'entrata, però egli dice: “Non esiste denaro per varcare questa soglia, soltanto prima d'incamminarsi è necessario, anzi, indispensabile, che tutti i vostri averi li distribuiate ai poveri, poiché, giunti alla meta, li potrete ritirare con gli interessi”. Questa condizione fa stupire nuovamente i richiedenti e, uno alla volta, essi si ritirano e ritornano nuovamente sul bastione.

               8.   Però, guardate ancora, li accanto si trova un'altra via; il suo capo servizio è un vecchio burbero, egli ha eretto, all'ingresso della strada, una vera e propria cassa introiti. Egli, a dire il vero, non invita nessuno, ma se qualcuno viene e chiede: “Che specie di strada è questa; conduce realmente essa al padiglione?”. Allora il capo servizio in tono di mistero gli risponde: “Amico, non c'è mai stata una via come questa, una strada molto vecchia, ma in cambio, molto sicura e porta direttamente al padiglione. Se tu vuoi percorrerla, non tornerà a tuo danno; però, tu devi pagare il prezzo d'entrata, in moneta sonante e, stabilito il prezzo, in cambio tu ricevi una cambiale per pari valore. Se tu segui esattamente la via e non ti lasci allettare da nessun'altra, tu giungerai senz'altro nel padiglione e, con ciò, ti assicurerai la vincita principale. Se tu, invece, dovessi smarrirti, ti rimarrebbe però sempre la consolazione di ricevere un tanto d'interessi per le tue monete sonanti qui depositate, per il cui ammontare tu hai sempre la cambiale in mano!”. Questo capo servizio, come voi potete osservare, ha un grande concorso per grandi e piccoli, ma non certo per amore alla via, perciò egli è sovraccarico d'oro, d'argento e d'ogni sorta di pietre preziose. Per quello che concerne il padiglione, egli non se ne cura minimamente, perché quello che per lui conta, è il traffico del denaro. E, per lo stesso motivo, anche i suoi pellegrini non danno grande importanza se essi giungono o meno felicemente al padiglione, dato che il vero interesse sta nella cambiale.

               9.   Però, guardate ancora. Vi sono parecchie vie poco frequentate. I loro capi servizio vengono, in certo qual modo, soltanto tollerati dagli altri capi servizio delle altre vie. Se qualche pellegrino si avvicina ad uno di loro, va bene; ma se non viene nessuno, non si fanno venire i capelli bianchi per questo, dato che essi non dipendono dagli introiti della via, bensì possono vivere agiatamente con i profitti che traggono dai loro botteghini di cianfrusaglie, che hanno installato accanto alla loro via. E se qualcuno chiede loro in segreto, se questa è la via giusta, essi rispondono con la più grande indifferenza: “Se questa non è la giusta, quale dev'essere, allora?”. Dunque, tutta questa pianura è circondata da capi servizio d'ogni sorta, grandi nella figura, urlanti, lamentosi, taciturni, misteriosi e, eccezion fatta per quella via stretta, senza sfoggio o réclame; voi trovate dappertutto viandanti e cercatori della meta. Dato, però, che tutte queste vie sono fiancheggiate da alte siepi, avviene che, alla fine, tutti coloro che le percorrono non si accorgono di andare dentro alle pareti del padiglione; alla sua porta d'entrata, però, non giunge nessuno. E per quanti voi vedete imboccare l'una o l'altra via, altrettanti battono il naso soltanto nella ruvida parete esteriore e, dato che la loro fatica non è servita a nulla, cercano, con un immediato ritorno, nuovamente la libertà. Giunti al bastione, allora si recano da quel capo servizio che rilascia delle cambiali in cambio di monete sonanti. E, guardate la meraviglia, perfino i capi servizio delle altre vie mandano di nascosto, attraverso i loro aiutanti, borse piene d'oro e d'argento e li scambiano con delle cambiali.

             10.   Soltanto dal nostro capo servizio, che riposa all'ingresso della via stretta ed angusta, non si reca nessuno. Egli ha, perciò, anche poco da fare e se c'è qualcuno che vuole recarsi da lui, viene deriso, oppure viene impedito con la forza del convincimento da qualche capo servizio di altra via.

             11.   Ora, però, guardate nuovamente là come sul bastione si è installato un grande numero di gagliardi esploratori e come osservano la stretta via, completamente deserta. Alcuni fra loro dicono: “Guardate un po' giù, come è deserta questa via, certamente non presenta la comodità delle altre vie e non tiene alla porta gli strilloni che annunciano la bontà e la sicurezza di tale via, ma, siccome tutte quelle altre vie sono state battute, senza arrivare alla porta, proviamo a percorrere questa e chissà mai che non sia veramente quella giusta”.

             12.   Ecco, un gran numero di tali esploratori girano già intorno al bastione e seguono con l'occhio la via e gli altri capi servizio non comprendono cosa significhi questo camminare tutto intorno. Però, guai a tutti i capi servizio delle altre strade, se questi fortunati indagatori hanno rintracciato il giusto percorso della strada stretta, poiché le cose si metteranno male per loro, dato che ne dovranno rendere conto. Tutte le loro vie verranno distrutte, e il saggio capo servizio della via stretta attirerà a sé tutta l'ammirazione.

             13.   Perciò, non meravigliatevi se sul bastione si odono, già abbastanza di frequente, delle sonore risate, specialmente a danno di quei proprietari di strade che gridano più forte degli altri. Vedete, tutte queste attuali vie principali devono essere coperte di scherno. Tutte le loro dottrine e grandi promesse devono diventare un obbrobrio, specialmente quando la Linea Principale verrà trovata! Però, potete credere che, come questa apparenza spirituale insegna, così stanno effettivamente le cose.

             14.   Ci sono già molti scrutatori di vie, dalla vista molto acuta, sul bastione e non rimane loro da scrutare che l'ultima meta della via a spirale. Ancora pochi passi e voi vedrete la stretta Via molto affollata! I suoi viandanti arriveranno infallibilmente alla porta ed entro il padiglione vi prenderanno i grandi tesori e li faranno vedere a tutti gli ospiti, senza alcun mistero.

             15.   Quando ciò avverrà, allora sarà la fine di tutte le altre vie; gli ospiti irromperanno in tutte le parti e le siepi verranno abbattute e così potranno avvicinarsi da tutte le parti alla porta.

             16.   Non occorre che venga indicato nei suoi minimi particolari, specialmente la prima via menzionata, poiché è la gerarchia ufficiale. La seconda è la chiesa greca. La terza quella protestante. La quarta l'anglicana. Le altre vie rappresentano le altre sette. Quando sapete questo, sapete tutto quello che questa immagine descrive e se voi la osservate bene, ciò costituirà per voi una soluzione ancora maggiore di ciò che avete visto nella sfera del sesto spirito. Prossimamente passeremo alla quarta raffigurazione, così, per oggi, basta.

 

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Cap. 15

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Il bacino con la ruota a pale. La sfera profetica di Daniele

 

               1.   Se voi avete osservato bene, fin dal primo sguardo, questa quarta immagine, deve essere sorta in voi, spontaneamente, la domanda: “Perché in questo bacino rotondo, l'acqua deve essere continuamente posta in un moto circolare, mediante una ruota a paletta che si trova nel centro?”. In questa domanda si trova già una risposta molto importante: in primo luogo perché nessun navigante può avvicinarsi al centro; in secondo luogo, perché con questo moto obbligato della superficie dell'acqua, tutto ciò che, comunque, voglia appressarsi al centro del bacino, viene spinto verso fuori dal movimento vorticoso dell'acqua, che si diparte dal centro stesso, malgrado ogni fatica per arrivarci.

               2.   Infatti, questi naviganti possono affaticarsi al massimo, tuttavia essi non possono raggiungere la ruota, per arrestare, poi, il movimento e far sì che l'acqua divenga tranquilla, così che a questi naviganti sia reso possibile avvicinarsi al centro e, con delle forze riunite, afferrare tutto il macchinario e portarlo fuori dal bacino, rendendo libera tutta la superficie dell'acqua, per la generale navigazione di diporto.

               3.   Ora si presenta un'altra domanda: “Che cosa c'è di tanto straordinario al centro di questo bacino? La ruota può sempre esistere, poiché, a parte ciò, non manca spazio sulla superficie dell'acqua, lasciando fuori il centro”.

               4.   Tutto ciò potrebbe ancora andare, fino a tanto che non si sa quello che si nasconde nel punto centrale, proprio entro il quale è posta la ruota, ma, appunto, quando si sa ciò, può sorgere, in noi stessi, l'urgente desiderio che fa dire: “Via la ruota con le molte pale!”. A noi non è di nessuna utilità, poiché il pretesto che il continuo movimento impedisce all'acqua d'imputridire non è sufficiente, se si considera il danno forte che ne risulta, non potendo attraversare il lago liberamente. Che cosa veramente si potrebbe pensare che ci sia di nascosto in quel posto? Questo potrà essere afferrato pienamente, solamente quando sarà svelato il suo recondito mistero. Però, affinché non abbiate a scervellarvi troppo a lungo, Io ve lo dico chiaro e tondo:

               5.   “Nel punto centrale del bacino c'è una Sorgente piena dell'Acqua Viva; essa, però, è molto bene otturata e perfino vi è sparso sopra del piombo fuso, così che non ve ne può scaturire neppure una goccia”. Malgrado ciò, tutti gli interessati al funzionamento della ruota dicono, millantandosi, che nel suo sistema tutta l'acqua del bacino è acqua viva e che la vita di quest'acqua dipende tutta da loro e dal movimento della ruota. Questa ruota, dicono loro, è stata concessa loro da Dio ed ha il potere di vivificare l'acqua, fino a quando la ruota viene azionata da loro; ma, caso mai venisse a cessare tale movimento, allora l'acqua verrebbe a perdere la sua vita e non gioverebbe più a nessuno. Essi dicono ancora: “Soltanto questo è il bacino, per quanto ne esistano degli altri, che contiene dell'acqua vera e viva, in conseguenza, del suo moto centrale, mentre negli altri bacini si va palesemente alla rovina, a causa dell'assenza dell'apparato centrale.

               6.   Che questo sia l'unico bacino al mondo con dell'acqua viva, è comprovato in primo luogo dalla sua antichità; in secondo luogo, dalla sua straordinaria sontuosità ed elevatezza che sovrasta tutta l'impalcatura e che fa azionare la potente ruota vivificante; in terzo luogo, la sua unica autenticità è comprovata dalla sua predominante grandezza; quarto, per la sua “universalità”, dalla quale è rilevabile il fatto che sulla superficie dell'acqua vivente c'è sempre il numero maggiore di naviganti; e, in quinto luogo, dal fatto che tutti gli altri bacini sono derivati da questo, ciò che è dimostrato dalla quasi completa somiglianza con questo, unicamente vero, bacino d'acqua vivificante.

               7.   Ora, rivolgete nuovamente lo sguardo là. I naviganti, continuamente rimandati a riva, sono almeno per due terzi infastiditi dal loro viaggio monotono e senza alcun risultato; scendono perciò dalle loro navicelle e salgono sconcertati sulla riva e voltano le spalle al bacino, dicendo: “Noi avremmo certamente potuto fare qualcosa di meglio che non esporci così a lungo a questa canzonatura dell'acqua viva!”. Ci è stato detto: «Basta che persistiate e facciate ripetute volte il giro intorno, badando però di non diminuire la forza e di non avvicinarsi troppo alla ruota e, in secondo luogo, di non stare troppo accostati alle sponde, bensì, utilizzare sempre lo spazio intermedio dell'acqua, cioè quello fra la ruota e la riva. Infatti, l'avvicinarsi troppo alla ruota toglierebbe al navigante le forze e questo suo stato di indebolimento, lo porterebbe inevitabilmente dal regno della vita a quello della morte».

               8.   Ora, prudentemente, siamo giunti sulla riva miracolosamente salvi; però, se anche agli altri naviganti venisse l'idea di guardare verso la riva, si renderebbero almeno conto che qui la vita è straordinariamente più viva che non sulla insulsa superficie dell'acqua. Allora, sicuramente, volgerebbero ben presto le loro barchette verso questa sponda, tanto più felici e se ne infischierebbero del gran cianciare dei padroni del bacino”.

               9.   E poi riprendono così a parlare: “Al Signore ogni lode ed ogni onore, per averci ispirato ciò! Soltanto ora ci si domanda: «Dove prenderemo un'altra acqua migliore?»”.

             10.   Vedete, ora alcuni di loro dicono: “Guardate là verso Oriente, a non grande distanza da qui ci sono dei monti; chi di noi ignora che da questi sgorgano sempre delle buone sorgenti? Andiamoci, senza por tempo nel mezzo, e troveremo certamente dell'acqua più pura e più viva che non quella vecchia brodaglia sbattuta da tutte le parti”. Guardate come una gran massa di naviganti si allontana segretamente dal grande bacino, per incamminarsi verso i monti. Questo è già un buon segno. Però, a parte ciò, è forse meglio se rimaniamo ancora qui, vicino al bacino, per vedere ancora un poco quello che sta succedendo.

             11.   Non osservate che fra coloro che sono sulla riva ci sono molti che si sono provvisti di buoni cannocchiali e finalmente stanno scrutando la ruota da tutte le parti e si sono accorti che le sue pale sono molto consumate e fradice. Quale ne sarà la logica conseguenza? Vogliamo ascoltare ciò che dicono, fra loro, i nostri osservatori?

             12.   Ecco, proprio là ce ne sono un paio di veramente perspicaci, essi discorrono di buon umore. Ascoltate, dice il primo: “Vedi, cosa ti avevo detto? Ecco, è venuto il momento in cui a questi imbonitori comincia ad andare male, poiché la ruota non può essere fermata per essere sostituita con nuove pale, poiché, se lo facessero, l'acqua rimarrebbe ferma nel bacino e a qualsiasi stolto navigante risulterebbe ben presto evidente la mancanza di vita dell'acqua. Non possono più azionare la ruota con forza, bensì staccano dalla stessa le poche pale da cui cola acqua. Se però tale cosa accade con certezza, allora dimmi, caro amico, che cosa sarà poi della vitalità dell'acqua? Poiché la ruota priva di pale ce la farà, con una rotazione ancora così veloce, ad obbligare l'acqua a compiere un movimento circolare e a conferirle un'apparente vivacità, altrettanto poco quanto noi del resto riusciamo a conferire vivacità ai pensieri che non abbiamo ancora pensato”.

             13.   E il secondo dice: “Fratello, io so come finirà la cosa. Quando i barcaioli noteranno, come già accade ora molto spesso da quanto ho osservato, che l'acqua diviene sempre più lenta nel suo movimento, si convinceranno in parte che la via più saggia per la vivacità dell'acqua è lontano dalla riva. In parte si avvicineranno, grazie alla resistenza minima, al cosiddetto «luogo santo» del marchingegno della ruota, e vedranno con i loro occhi cosa ricaviamo precisamente dalla riva, cioè che tipo di rapporto essa ha con la potente ruota, così tanto decantata. Tu lo sai, i pomposi che si interessano alla ruota dicono che è non danneggiabile per tutti i tempi dei tempi e che ha perciò sempre la stessa potenza di rendere vivente l'acqua. Cosa diranno quando conteranno le pale e scopriranno, con loro sorpresa, una tale mancanza e scorgeranno il cattivo stato preoccupante della pale ancora disponibili nella ruota cieca? Non sei d'accordo con me? Dirigeranno velocemente le loro imbarcazioni lontano dalla struttura della ruota e punteranno verso riva”.

             14.   E l'altro dice: “Ciò sarà chiaro come il sole a mezzogiorno, soprattutto quando l'acqua troppo poco mossa nei pressi della riva sbatterà loro in faccia qualcosa del genere: «Ascoltate, voi naviganti! Affrettatevi ad allontanarvi dalla mia superficie, altrimenti correte il pericolo di navigare su una pozzanghera puzzolente invece che su acqua vivente!»”.

             15.   Vi piace questo dialogo? Io ritengo non sia male. Ma c'è un'altra compagnia sulla riva, che esamina la profondità del bacino con piccole aste,percorrono con barche vuote tutte le direzioni e si comportano come se fossero dei naviganti d'acqua vivente. Ma guardate, ora sbarcano alcuni di tali visitatori del fondo del bacino e cominciano a tenere un discorso importante tra di loro. Andate e ascoltate cosa si dicono.

             16.   Ascoltate cosa dice il primo: “Io ho sempre detto che tutto questo pantano circolare era poco profondo e che l'acqua, agitata artificialmente, non permetteva di scoprire la sua lieve profondità. Dunque, dato che quest'acqua non è che una misera miscela soggetta facilmente ad andare in putrefazione, essa doveva, per necessità di cose, essere, anche per questo motivo, tenuta costantemente in agitazione, affinché il suo esteriore aspetto fosse di una coloritura vivente. Ora, noi sappiamo come stanno le cose, perciò siamo in chiaro di tutto. In che modo, però, ritenete voi che si potrebbe ovviare a questa pazzia, che dura già da tanto tempo?”.

             17.   Ascoltate, ora prende un altro la parola: “In un duplice modo, vedete, gli interessati alla ruota dell'acqua sono, comunque, già in preda a molte ansie e pene e non sanno come fare per correre ai ripari e quale sia il modo per migliorare la vecchia ruota marcia. Che cosa è più facile ora se non scavare di nascosto una via sotterranea e vuotare così tutta la loro insulsa acqua. Quando il bacino sarà vuoto, potranno far girare la loro ruota quanto vogliono e potete essere certi che allora anche i naviganti ciechi usciranno dal bacino e si renderanno finalmente conto che la Vita esiste anche fuori di esso ed in abbondanza dappertutto”.

             18.   Ed ecco, ora prende la parola un terzo: “Non avete mai sentito dire che proprio nel posto dove c'è la ruota, esiste effettivamente una sorgente d'acqua viva? Se potessimo impadronircene, sarebbe un grandissimo guadagno”. Ascoltate ancora; parla un quarto: “Proprio adesso mi è venuta una bella idea. Che ne direste se rinunciassimo a vuotare l'acqua e facessimo una galleria con poca fatica sotto la ruota? Se si trova là la fonte vivente, noi la convoglieremo senza dubbio verso la luce del giorno, dove, ben presto, grazie alla sua ricchezza vivente, si riverserà come un mare su tutte queste valli ampiamente estese e piane. Se accadrà una tale cosa, gli azionatori della ruota possono far girare quanto vogliono la loro ruota; noi siamo sicuri di poter contare sulle dita i pazzi che si faranno cullare ancora nelle loro marce imbarcazioni sulla nera acqua”.

             19.   E il primo riprende la parola e dice: “Bravo fratello, questa sì che si chiama una buona idea! Però, bisogna mettersi all'opera il più presto possibile. Infatti, non per niente essi hanno posto la ruota proprio in quel punto, poiché, se l'umanità scoprisse dove veramente si trova la fonte dell'Acqua Viva, allora per loro sarebbe la morte e lo sfacelo ed è perciò che l'hanno accuratamente chiusa. Ora, però, abbiamo preso questa decisione ed essa è stabilita nel Cielo. Prepariamoci, quindi, a dare inizio al lavoro”. Ora, vedete, costoro hanno già dato inizio al lavoro, che procede senza ostacoli. Sono in parecchi che scavano alacremente e con vigore più crescente.

             20.   E guardate ancora: questi si calano nella galleria con molti altri e scoprono, di primo acchito come dei buoni esperti di montagna, tracce dell'esistenza dell'acqua vivente. Già si inoltrano e al primo colpo scoprono una ricca fonte, che riverbera all'esterno con la stessa potenza della luce del Sole. Continuano a scavare, mettono una mina più grossa e, poiché non si imbattono in nessuna roccia, il lavoro procede speditamente.

             21.   Guardate come, dalle molte vene d'acqua scoperte, vanno già formando un ruscello scintillante, che scorre giù nelle valli e come la gente accorre verso il ruscello, dove, con il suo lieve rumore, ha già reso attenta la gente del circondario. Ora il nostro gruppo di ricercatori e scavatori è vicino alla fonte principale.

             22.   E vedete, ora sono arrivati sul posto e uno degli scavatori dà il colpo di grazia. La fonte è dischiusa. Essa trasporta a valle tutto ciò che è morto e contaminato, ma, nello stesso tempo, vivifica ogni cosa e la rende attiva. Finalmente anche i lavoratori possono viaggiare naturalmente, senza artifici di sorta, verso la Vita eterna, con infinita libertà!

             23.   Però, gli interessati alla ruota stanno osservando il grande fenomeno, avvenuto a loro insaputa e, nello stesso tempo, chiamano soccorso dall'impalcatura della ruota! Ma è inutile, per quanto essi facciano girare a tutta forza la ruota, essa manca il suo effetto, perché le palette, per la loro fracidità, si sono staccate ed i naviganti hanno abbandonato le loro barchette e preferiscono andare a piedi verso la fonte dell'Acqua Viva. Soltanto gli interessati alla ruota se ne stanno, per così dire, nel loro brodo! Alcuni strappano, con rabbia, dei mozziconi della ruota e se ne servono per raggiungere, nuotando, la beata sponda. Mentre, per gli interessati principali, non rimane, alla fine, alcun mezzo di salvezza, perché, essi stessi hanno spinto le barchette via dal centro verso la riva e perciò nessuno è più in grado di portargli aiuto. E l'Acqua Viva non vuole scorrere entro il suo bacino putrido.

             24.   Le cose, in realtà, stanno proprio in questo modo e questa è pure la perfetta soluzione di tutta la sinistra immagine, vista dalla sfera del nostro sesto ospite spirituale.

             25.   Voi, certamente, comprenderete questa immagine e con ciò basta, poiché anche questo ci viene offerto dalla vista del Sole spirituale. Come voi avete riscontrato, nel Sole naturale, tutte le condizioni materiali corrispondono a quelle di tutti i pianeti; così stanno pure le cose soprattutto per quanto riguarda le condizioni spirituali.

             26.   Chi è, però, questo settimo spirito, dalla cui sfera voi avete scorto tutto ciò? Vedete, si tratta di un vecchio spirito, riservato per questo tempo: è lo spirito del Profeta Daniele. E ora che sapete ciò, voi potete uscire dalla sua sfera ed entrare, per la prossima volta, nella sfera di un ottavo spirito, che sta ora avvicinandosi, mentre noi per oggi concludiamo.

 

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Cap. 16

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La sfera dell'ottavo spirito. L'orologio dei mondi e “l'ultimo tempo”

La “Nuova Gerusalemme” dalla sfera di Swedenborg

 

               1.   Dunque, il nostro amico ospite è già qui; perciò entrate immediatamente nella sua sfera. Questo spirito lo rivedrete nella sua sfera, perché vi farà da guida. Però, fate molta attenzione a quello che vi mostrerà e dirà, poiché, grazie a ciò, vi risulteranno chiare alcune cose che, finora, non avete ancora compreso nel loro giusto significato. Voi vi trovate già nella sua sfera, perciò attenetevi a lui, perché egli è una guida molto capace e in lui c'è molta Sapienza, proveniente da Me. Strada facendo, voi apprenderete chi sia propriamente questo spirito, perciò ascoltatelo e seguitelo!

               2.   E lo spirito così ora vi parla: “Venite, venite, fratelli, secondo la Volontà del Signore, io vi voglio guidare nel Regno della Verità e dell'Amore!

               3.   Guardate là, verso Oriente, c'è un bel monte maestoso e osservate come il Sole spirituale, nel quale c'è il Signore, stia già alto sopra ad esso e quanto splendidamente i suoi raggi, al pari di una dolce aurora, penetrino nelle valli e negli altri punti bassi del mondo.

               4.   In questa occasione guardate anche un poco indietro e potrete scorgere un gran mare, mosso alla superficie da alte onde, sulle sue onde si vedono diversi navigli, alcuni grandi e alcuni piccoli. Vedete come le onde affluiscono verso la riva, per assorbirvi questi magnifici raggi solari ed anche i navigli, che si trovano in alto mare, hanno regolato le loro vele, in modo di potere, al pari delle onde, raggiungere la riva illuminata. Da questo voi potete riconoscere la Forza segreta dei raggi che si dipartono da quel Sole divino, nel quale il Signore dimora.

               5.   Ora, però, rechiamoci sul monte e da là contempleremo come la divina Verità si rende manifesta”. Voi chiedete: “A quanto sembra, quel monte si trova ad una certa distanza da qui, perciò, come potremmo noi raggiungerlo abbastanza presto?”. Fratelli, non preoccupatevi per questo, poiché la nostra volontà è più che sufficiente, per eliminare le distanze; ed ecco, come vedete, noi siamo già sul posto!

               6.   Voi dite: “Caro amico e fratello spirituale, qui è infinitamente splendido, perciò ci rimarremmo volentieri, dato che qualcosa di simile, per quanto riguarda questo monte, noi ce lo siamo già immaginato, anche soltanto quale semplice presentimento”.

               7.   Voi guardate là, verso Mezzogiorno, perché qualcosa di curioso vi agita l'animo e non potete indovinare di che si tratta. È ben vero che vedete un Sole grande che pende dall'alto firmamento e per mezzo di una lunga barra d'oro questo Sole si muove di qua e di là con la regolare lentezza di un pendolo d'orologio. Voi vorreste sapere di che si tratta. Ebbene, spostiamoci verso quella parte e voi ne avrete presto una idea.

               8.   Voi vedete là, dietro a questo grande pendolo solare, si eleva un enorme edificio dalla base quadrangolare, formato a scaglioni ed in forma di piramide, fino a toccare con la sua punta l'alto apparente firmamento celeste. Noi, dunque, andremo ad esaminare un po' più da vicino tale edificio. L'iscrizione su uno dei lati ci dirà, innanzitutto, come stanno le cose con quella costruzione. Ecco, come vedete, noi siamo giunti.

               9.   Ora che siamo qui, guardate in alto. Sul decimo scaglione, come vedete, ci sono due grandi piramidi luminose, guardate ciò che vi sta scritto. Voi dite: “La scrittura ci è sconosciuta”; bene, allora, vi leggerò io ciò che vi sta scritto. Dunque, sulla piramide alla nostra sinistra si legge: «Questo è il grande misuratore del tempo per le cose create». E sull'altra si legge: «L'unico movimento esatto, di tutte le cose e di tutti gli eventi, secondo l'Ordine divino!». Da queste due iscrizioni voi potete facilmente dedurre che cosa questa immagine stia a significare.

             10.   Ora, però, salite insieme a me almeno fino a metà dell'altezza di questo edificio; qui potremo vedere il quadrante di questo grande orologio mondiale e voi ne potrete facilmente dedurre quale tempo è l'attuale!

             11.   Ecco, noi siamo sul posto desiderato. Voi vi meravigliate che questo quadrante sia segnato con delle cifre da una parte soltanto, cioè alla sinistra e precisamente come i vostri orologi, da uno a dodici. La parte destra, che è rivolta verso Oriente, è completamente scevra di cifre. Ciò dipende dal fatto che qui il lato occidentale rappresenta soltanto il temporale umano, mentre quello Orientale lo Spirituale.

             12.   Vedete, quando la Creazione materiale venne fondata, questa grande lancetta lucente stava rivolta verso il basso, cioè sul numero uno, che voi vedete brillare ancora fortemente.

             13.   Dove si trova ora questa lancetta? Voi dite: “Essa sta diritta verso l'alto ed è vicina all'ultimo numero, soltanto deve superare ancora due piccoli punti e poi la lancetta sarà fuori, nel campo luminoso privo di cifre”. Sapete voi cosa voglia significare ciò? Ebbene, ciò significa “l'ultimo tempo!”.

             14.   Però voi chiedete: “E quando la lancetta avrà raggiunto il libero campo bianco, allora le cose cesseranno d'esistere?”. Di ciò verremo informati da un prossimo quadrante che si trova più in alto, perciò, salite con me soltanto alcuni scaglioni!

             15.   Ed ecco, qui c'è già un altro quadrante. Cosa osservate, ora, in esso? Voi dite: “Noi vediamo una disposizione esattamente inversa. Il lato rivolto verso Occidente è oscuro, senza alcuna indicazione di cifre; il lato rivolto ad Oriente, invece, è segnato da nuove cifre molto luminose. Qui, però, il numero uno sta in alto e il dodici in basso, la grande lancetta sfiora già la prima punta dell'unità, la quale brilla come una chiara stella mattutina ed ogni cifra che scende lungo l'ampio cerchio, verso il basso, partendo dall'unità, brilla sempre più; lo splendore dell'ultimo numero è simile a quello del Sole, che ad Oriente irradia tanto splendidamente”. Voi avete visto giustamente, però, cosa sta a significare ciò?

             16.   Questo lo apprenderete immediatamente: «Un tempo vecchio e tenebroso si espande in un tempo nuovo e luminoso. Perciò tutte le cose non passeranno, bensì sarà dato loro “un nuovo tempo”. E come il primo tempo era un tempo che andava verso lo sfacelo ed un tempo tenebroso, così questo tempo che sta venendo è un tempo del sorgere, cioè un tempo del giorno». Ora avete afferrato il significato di questo grande orologio. Rivolgiamo, perciò, i nostri sguardi via da qui ed osserviamo attentamente le cose che, in numero infinito, stanno intorno a noi e sono una meraviglia a vedersi.

             17.   Voi scorgete là, verso Mezzogiorno, un edificio quadrangolare di grossa mole, che è simile ad un grande dado e misura quasi dodicimila klafter da tutti i lati. Al di sopra di esso, ai quattro angoli, voi potete vedere quattro gigantesche figure umane e ai loro piedi voi scorgete quattro animali diversi. Rechiamoci subito là, per vedere che cosa significhi tutto ciò. Eccoci già sulla splendente superficie di questo grosso dado. Guardate come nel mezzo di questa superficie ci sia ancora un piccolo dado, eccezionalmente luminoso e, sopra il dado, c'è un libro completamente sigillato.

             18.   Il settimo sigillo è ugualmente aperto e da esso voi vedete salire ogni sorta di gigantesche raffigurazioni. Molti spiriti bianco-vestiti, con delle grandi trombe, se ne escono, volando in tutte le direzioni. Uno di loro dà fiato alla tromba e dalla stessa escono ogni sorta di malanni, come guerre, carestia, fame, malattie. Più in là, un altro dà fiato alla sua tromba e da essa divampa un fuoco devastatore, che, dove giunge, tutto divora e fa liquefare le pietre più dure. Un altro dà fiato alla sua tromba e il mare si solleva come un'alta marea, portando alla riva ogni sorta di animali immondi e, guardate laggiù, nel profondo, come la vecchia Terra affoghi in una tale marea. Guardate, dall'altra parte c'è un quarto spirito che dà fiato alla sua tromba ed un grande drago pieno di fuoco precipita, legato ed ammanettato, in una voragine senza fine, ardente con un fuoco inestinguibile.

             19.   Guardate, ora, le quattro gigantesche figure che si trovano agli angoli del grande dado. Anch'essi sono muniti di grandi trombe. E, ecco, quella che si trova a settentrione dà fiato alla sua ed uno spirito si lancia fuori dalla tromba, con in mano un grosso flagello, per castigare la Terra. E, fate attenzione, anche quello verso Occidente dà pure fiato alla sua tromba e dalla stessa esce un altro spirito, recando in mano una scopa rovente e infuocata, per spazzare la Terra dalla sua immondezza. Verso Mezzogiorno, un grande spirito suona pure la sua tromba e un grande numero di spiriti escono a precipizio, muniti di cesti, con dentro delle sementi di ogni tipo, per seminare dei nuovi frutti nel suolo spazzato. Ora è la volta dello spirito che si trova ad Oriente, esso dà fiato alla sua tromba e da essa esce una nube sfolgorante e su di essa ci sono delle infinite schiere di spiriti. Al culmine della nube, voi potete scorgere una Croce luminosa e, a fianco della Croce, sta un Uomo soave e dolce, come un Agnello.

             20.   Vedete, questo è il segno del Figlio dell'Uomo. Con ciò abbiamo visto, in questo luogo, tutto ciò che qui può essere concesso di vedere, poiché è dalla luce della Verità che voi scorgete tali cose.

             21.   Ora, i vostri sguardi sono rivolti verso Oriente e scorgete, con vostra grande meraviglia, una superlativamente splendida grande città, la quale brilla, su di voi, come un magnifico Sole! Voi vorreste sapere che cos'è questa città, e la vorreste vedere anche più da vicino. Ebbene, trasportiamoci ed ecco che la città sta dinanzi a noi!

             22.   Cosa vi pare, vi piace stare qui? Voi dite: “Infinitamente, poiché, veramente, si respira da tutte le parti dell’Amore puro, e tutto quello che noi scorgiamo, ha un carattere quanto mai mite e dolce, nonché alitante l’Amore più sublime!”. E poi soggiungete: “Quanto magnificamente risplendono le mura di questa città, quanto solenni e sontuose ne sono le sue porte, e quale luce, indescrivibilmente splendida, irradia verso di noi da ognuna di esse! Delle innumerevoli schiere di superbeati spiriti angelici vi entrano e ne escono. Oh, quanto deve essere bello abitarvi!”.

             23.   Dato che il vostro desiderio è di visitare questa città, inoltriamoci, soltanto sappiate che essa è infinitamente grande e che noi non potremmo percorrerla tutta, sia pure con la velocità del pensiero, nemmeno in tutte le eternità delle eternità. Infatti, questa città diventa grande, anzi infinitamente sempre più grande, soltanto quando si penetra nel suo interno; perciò noi ci avvicineremo solo ad una porta, gettando soltanto uno sguardo intorno.

             24.   Voi dite ora: “Per amore dell'Onnipotente Signore, quale infinita sontuosità e quali magnifiche abitazioni! Questa strada, che noi scorgiamo da qui, sembra non avere mai fine”. Infatti, anch'io vi dico: “Voi potreste camminare sempre avanti, per questa strada e non arrivereste mai al capo opposto e di queste strade e piazze ce ne sono in quantità innumerevole, in questa città”. Volete sapere come si chiama questa città? Non avete che da leggere l'iscrizione sopra questa porta, essa così si legge: «La santa Città di Dio», oppure: «La Nuova Gerusalemme!».

             25.   Io però, che vi ho guidati qui, sono lo spirito di Swedenborg e con ciò avete visto tutto quello che vi è stato accordato dal Signore, attraverso la mia sfera. Dunque, torniamo indietro e uscite dalla mia sfera e andate da Colui che vi attende ed il Nome del Quale è Santo, Santo, Santo!”. Ora voi siete di nuovo qui; avete osservato tutto bene?

             26.   Voi lo confermate. Io, però, vi dico: “Quello che voi non comprendete ancora vi risulterà più chiaro a suo tempo e precisamente nella sfera del prossimo spirito”; e con ciò per oggi concludiamo.

 

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Cap. 17

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La sfera del nono spirito (Evangelista Marco)

Escursione nel mondo degli spiriti vero e proprio

Conformazione del peso dell'amore carnale nell'aldilà

 

               1.   Anche questo nono spirito potete vederlo nella sua sfera; egli vi guiderà in diversi luoghi, dove voi potrete vedere e venire a conoscenza di cose finora a voi del tutto ignote, che vi renderanno anche possibile scorgere, molto più chiaramente, ciò a cui vi è stato dato modo di assistere fino a questo momento.

               2.   Guardate, il nostro nuovo amico ospite è già qui; entrate perciò senz'altro nella sua sfera e seguitelo secondo le sue indicazioni.

               3.   Ora voi vi trovate già nella sua sfera; fate dunque attenzione a ciò che questa nuova guida vi dice: “Cari amici e fratelli, venite con me a vedere tutto quello che l'Amore del Padre, nella Sua Infinita Grandezza, opera, e quanto soavemente si manifesta dappertutto. Rallegratevi oltre misura del fatto che il Padre si sia compiaciuto di mostrare tali cose al vostro spirito, poiché voi potete contemplare, con i vostri occhi, in quale modo le vie del Signore sono imperscrutabili e come le deliberazioni della Sua eterna, infinita Sapienza, sfuggano a qualsiasi indagine!

               4.   Volgete il vostro sguardo a sinistra, tanto lontano quanto i vostri occhi spirituali ve lo permettono, e ditemi, poi, quello che riuscite a scorgere. Io vedo che, a causa dell'ampiezza visuale, voi siete imbarazzati e non sapete da che parte incominciare! Perciò esporrò io stesso, verbalmente, in buon ordine, quello che voi vedete.

               5.   Verso Mezzanotte, voi scorgete una regione piuttosto arida, dei monti alti e ripidi troneggiano, susseguendosi, e sembrano scrutare, al pari di giudici minacciosi, le sconfinate pianure sottostanti. Qua e là, fra i monti e sulle colline più basse, voi potete vedere degli edifici, del tipo dei vostri terrestri. Più verso il basso si scorgono anche delle chiesette. Nelle parti alte di tali monti, potete seguire delle nuvole piuttosto oscure che vi si aggirano, mentre, al di sopra, i monti sembrano consistere esclusivamente di neve e di ghiaccio, come gli alti ghiacciai da voi, sulla Terra. Infine, voi potete constatare che tutta questa regione nordica è, per così dire, tagliata fuori dalla zona in cui noi ora ci troviamo, da un fiume molto ampio.

               6.   Se voi seguite con l'occhio il corso di questo fiume, potete constatare che esso proviene dalla regione che si trova fra il Mattino e la Mezzanotte e che si dirige, formando quasi un mezzo cerchio, fra Sera e Mezzanotte. I suoi flutti sono fortemente burrascosi, ragione per cui un unico ponte volante, o per essere più esatti, una libera navicella, rende possibile la traversata a quegli abitanti che dimorano al di là del fiume.

               7.   A voi certamente interesserebbe sapere di che specie di abitanti si tratta. Noi lo possiamo subito apprendere, basta che veniate con me. La barca si trova proprio su questa sponda e noi potremo attraversare il fiume con poca fatica. Salite pure sulla barca con cuore tranquillo e non abbiate timore delle onde spumeggianti, né della nera profondità di questo fiume. Noi guideremo la navicella con tanta perizia che non vi entrerà neppure una goccia d'acqua.

               8.   Avanti, dunque, voi ci siete. Come vedete, la traversata si compie in modo molto migliore di quanto supponevate, noi siamo già in mezzo al fiume. Non spaventatevi per i mostri che sollevano il capo al di sopra delle onde, anche se spalancano le fauci come se volessero inghiottire interi uomini, dato che, ormai, noi siamo vicini all'altra sponda, ecco, l'abbiamo raggiunta. Scendete a terra prima di me; io intanto assicuro la barca alla riva e poi vi raggiungo.

               9.   Eccoci, dunque, sulla terra ferma. Laggiù, abbastanza entro una valle, voi potete scorgere un villaggio molto sudicio. Andiamo là, a vedere di che cosa si tratta. Eccoci arrivati. Cosa vi pare qui? Voi siete quasi assaliti dalla febbre, ma io vi dico: “Qui ancora non c'è male, ne vedrete di peggiori”.

             10.   Voi, appunto, dite: “Caro fratello ed amico! A noi basta questo! Infatti, le case, quanto mai sporche, hanno tutto l'aspetto, come quando, da voi, in qualche angolo remoto della Terra, è scoppiato un incendio che ha annerito tutto ciò che stava accanto. In quanto agli uomini che noi vediamo qui, essi sono talmente cenciosi che, sulla Terra, sarebbe difficile immaginare qualcosa di più cencioso. Ora vediamo una coppia che si avvicina; l'uomo è mezzo nudo, le sue carni sono magre e sudicie e sul petto sembra che abbia il segno di una scottatura. Anche i suoi capelli sembrano a metà bruciacchiati e così pure un lato della sua faccia. Chi lo accompagna sembra essere una donna. Signore! Quale compassionevole figura femminile. Sembra che sia stata veramente sepolta per tre anni, soltanto dalle spalle pendono alcuni cenci sudici. I suoi piedi, completamente nudi, sembrano piuttosto delle ossa scarnificate, e le braccia poi! Un braccio è scheletrico, mezzo bruciato, l'altro è pieno di marciume e di bubboni. E la sua testa! Quale fisionomia! In verità, se qualcuno è capace di scoprirvi qualche caratteristica che non sia quella della morte, vuol dire che ha gli occhi per non vedere!”.

             11.   Certo, miei cari amici e fratelli, non rammaricatevi però di questa vista, poiché questo è ancora l'aspetto migliore degli abitanti di questa regione ed è, per così dire, il primo principio della grande miseria, che questa regione cela in sé. Entriamo ora nel villaggio e voi vi potrete vedere delle cose da far strabiliare.

             12.   Ecco, qui è, appunto, la prima casa; guardate nell'interno, da questa finestra bassa; che cosa vedete? Oh, voi indietreggiate per il ribrezzo! Oh, lo so che qui non siamo in un negozio di profumi, voi vedete sul suolo di questa stanza degli esseri umani, mezzi putrefatti, accoccolati alla rinfusa, che si avvoltolano nella loro carne infracidita. Certo che questa non è una vista gradevole, però non può essere diversamente, poiché viene mostrato l'amore per la carne.

             13.   Voi chiedete se questi esseri debbano considerarsi, generalmente, come perduti, ma sapete pure quanto grandi siano l'Amore e la Misericordia del Signore! Vedete, da tutti costoro, la carne, o, piuttosto, la voglia o l'appetito carnale, deve essere consumato nel più nauseabondo dei modi, prima che essi possano raggiungere uno stato che renda possibile venire loro in aiuto.

             14.   Credete che questi esseri, che al vostro sguardo sembrano estremamente miseri, si sentano infelici in tale stato? Ma neanche per idea! Se lo sentissero, potrebbero anche sottrarvisi, poiché ognuno di loro ha ancora abbastanza forza per tirarsi su e per muoversi, fino a raggiungere il fiume, la cui acqua ha, per loro, una forza purificatrice e risanatrice. Soltanto che l'aspetto carnale è il loro elemento, così che essi rodono intorno alla loro carne, fin quando essa viene completamente consumata.

             15.   Voi chiedete: “Hanno questi miseri qualcosa per potersi nutrire o la possibilità di far ciò?”. Ebbene, venite fino alla prossima casa e guardatevi dentro dalla finestra ed assisterete così ad un pasto.

             16.   Dunque, che cosa vedete? Ma se voi non state fermi! Perché avete, così improvvisamente, fatto un salto indietro? Ecco, anche ciò che avete scorto è una conseguenza della voglia carnale. Perfino voi, sulla Terra, avete un proverbio che dice: «Questo e quella si vogliono un bene da mangiarsi!». Perciò non dovete né spaventarvi né meravigliarvi tanto, se qui avete visto che gli abitanti di questa casa si mangiano, l'un l'altro, parti della loro carne imputridita, piena di tarli e di vermi. È così che la carne deve consumarsi, affinché, poi, quella piccola scintilla di uno spirito migliore, che si trova ancora in loro, venga resa libera.

             17.   Ora voi vorreste sapere se questi miseri esseri hanno qualche occupazione. Vedete, anche ciò potremo constatarlo, recandoci alla casa qui accanto. Ecco, guardate attraverso questa finestra mezza diroccata e scorgerete subito una delle occupazioni degli abitanti di questa casa. Però, di nuovo, voi vi allontanate inorriditi! Dunque, che cos'è qui che non va e che vi respinge con tanta violenza? La verità è sempre verità, anche se deriva dalle più infime cloache. Gli abitanti di questa casa tirano fuori dei brandelli di carne semiputrefatta, la avvolgono intorno alle proprie ossa nude e, compiuto ciò, il loro pensiero corre subito, di nuovo, all'accoppiamento sessuale e concentrano tutte le loro forze, per procurarsi così un voluttuoso piacere carnale!

             18.   La vostra meraviglia qui non ha senso, poiché, sulla Terra esiste forse qualcosa di migliore? Oh, voi dovreste poter vedere, con l'occhio spirituale, qualche carne morbida e delicata, che sulla Terra fa una gran bella figura ed allora vi meravigliereste ancora di più, anzi, molto di più che non in questo caso e luogo!

             19.   Voi chiedete: “Questi miseri esseri non hanno, dunque, alcun concetto di Dio e nessun desiderio di Lui?”. Andate un po' avanti; ecco, ora potete vedere qualcosa, su una collina che ha l'aspetto di sudicie rovine, di un luogo di preghiera. Avviciniamoci, chissà che non vi scopriamo qualche cosa di rimarchevole! Guardate qui dietro, dalla parte del monte, c'è una porta d'ingresso, per quanto molto malconcia. È sufficiente che noi diamo soltanto un’occhiata all’interno e riceveremo, senz'altro, la debita risposta alla vostra domanda. Ma eccovi nuovamente stupefatti. Ma, infatti, cosa avete scoperto di tanto sorprendente?

             20.   Voi riuscite a stento a respirare, per non parlare poi di dire qualcosa. Voi non dovete comportarvi così, altrimenti non arriveremo mai alla fine di questo nostro giro d'ispezione, tanto più che quello che ora avete visto, non è né più né meno che naturalissimo. Riflettete un po': l'uomo sensuale e carico di desideri porta tutto ciò, attorno a sé. Perciò, anche quando entra in una chiesa può rivolgere lo sguardo su qualche cosa, ma il suo amore per la carne è costantemente attivo. Ogni oggetto viene colorato da questo suo amore morboso e, alla propria maniera, in modo che questo nauseante amore si fa anche scorgere sensitivamente in ogni oggetto, sul quale un tale uomo, sensualmente bramoso, ha posto gli occhi. Ecco la ragione per cui, in questa specie di luogo di preghiera, al posto dell'altare, voi non avete visto altro che le parti genitali d'ambo i sessi. Infatti, un piccolissimo crocifisso, quanto mai misero, era ornato da tutti i lati con tali parti del piacere e voi avete anche visto alcuni uomini che, come se fossero in un museo d'opere d'arte pornografica, andavano in giro trascinandosi e i loro occhi si pascevano degli oggetti sopracitati come se fossero immersi e sprofondati negli stessi.

             21.   Trovate ciò, forse, esagerato? Io vi dico che questa è tutta la verità. Infatti, da voi, sulla Terra, c'è un enorme quantità di uomini i quali, di tanto in tanto, rivolgono un pensiero a Dio, specialmente quando vedono qualche immagine scolpita che Lo raffigura in modo rozzamente materiale. Ma, quanto a lungo dura tale ricordo? Basta che il suo sguardo si rivolga per un attimo su una prosperosa femmina e, ben presto, il ricordo del Signore, come pure la Sua immagine, vengono addobbati e intessuti con ogni sorta di parti carnali attraenti e stimolanti! Sulla Terra, semplicemente, è la vostra pelle che nasconde tutto ciò, ma, per lo Spirito, ciò non è il caso, perché, dinanzi ad esso, né pelle, né carne possono nascondere qualcosa.

             22.   Voi chiedete: “Caro amico! Qui, nel fondo di questo sudicio fosso, si trovano delle botole, vistosamente ornate nello stesso modo nauseabondo. È questa, forse, la continuazione di tali onorevoli sconcezze carnali?”. Miei cari amici e fratelli! Basta fare una prova per rispondere e risolvere questo problema. Noi visiteremo ancora un paio di questi “palazzi” ed io sono dell'opinione che poi ne avrete abbastanza, cosicché rinuncerete a fare altre domande sugli altri numerosi “palazzi” che ci sono ancora. Ecco, qui ce n'è uno, guardate pure dentro e voi sarete sorpresi di quanto vedrete con un unico sguardo. Voi incominciate a contorcervi, come se foste assaliti da una colica acuta! Che c'è dunque? Io non ci vedo nulla di nuovo. Sono delle apparizioni della vostra Terra, così come esse là avvengono. Voi qui non vedete altro all'infuori di un grande numero di donne che giacciono su un tavolaccio sudicio e che sono ancora abbastanza in carne. Di speciale c’è soltanto che degli esseri di sesso maschile, dall'atteggiamento furiosamente sensuale, e non solo nell'aspetto, si aggirano fra le donne e, con dei coltelli appuntiti, fanno dei buchi nella loro carne, applicando, poi, i loro genitali nelle ferite ancora fresche. Poi sono le donne che legano con delle corde le mani agli uomini intorno a dei pali, dandosi poi da fare intorno ai loro genitali, in tutti i sensi, mordendoli e strappandoli con i denti roventi. Poi, a loro volta, sono gli uomini che strappano i seni alle donne e li appendono alle loro parti genitali e perfino su tutto il loro corpo. Quest'azione infame ha come conseguenza un grande spargimento di sangue. Questo, però, è ciò che vi ha fatto più orrore, schifo e nausea. Voi pensate che ciò sia, ad ogni modo, un po' esagerato. Io invece vi dico: “Niente affatto, poiché se voi poteste vedere con l'occhio spirituale, anche soltanto su un miglio quadrato della superficie terrestre, in quante forme si manifestano le brame della carne, vedreste delle cose con delle varietà ancora più diverse e più schifose di quanto avete visto qui”. Voi potete credere che se alcuni abitanti della Terra non fossero trattenuti dal timore dei castighi sanzionati dalle leggi statali e civili, vedreste delle cose veramente inaudite e sorprendenti, poiché le voglie carnali si rivelerebbero alla luce del Sole piene di trovate davvero infernali.

             23.   Vi è rimasto ancora il desiderio di guardare dentro alla prossima casa? Voi scuotete la testa ed anch'io, da parte mia, non vi conduco più avanti, soltanto vi dico, in breve, che voi non vedreste nulla di migliore, ma sempre qualcosa di ancora peggiore. Ad esempio, nella prossima casa, scorgereste tutti i modi possibili della violazione dei fanciulli. Andando più avanti, vedreste come delle giovanette vengono sedotte ed adescate alla libidine dai maniaci carnali. Considerato, però, che tali orrendi spettacoli vi sarebbero più dannosi che utili, è meglio che li evitiate e non li guardiate affatto.

             24.   Io, però, devo informarvi che più si procede entro questa valle più gli esseri si presentano esteriormente in carne e più completi che non là, nelle vicinanze del fiume. La causa va ricercata nel fatto che quelli che stanno vicino al fiume sono più scoperti e liberati dalle insidie della carne che non coloro che dimorano verso il fondo della valle.

             25.   Guardate là, in quella fossa lurida, e vedrete perfino parecchie case in fiamme. Voi chiedete che cosa significa ciò. Significa che questa brama carnale degenera nel maligno, cioè in qualcosa di simile alla gelosia sulla vostra Terra. Però, in una tale casa, a voi, impreparati come siete ad un simile spettacolo, costerebbe la vita guardarci dentro. Con ciò, noi non abbiamo più nulla a che fare in questa valle oscura, cosicché, la prossima volta, ci avvicineremo ad un altro villaggio e vedremo come stanno le cose là. Soltanto io vi dico: “Non illudetevi troppo, perché anche là ne vedremo d'ogni sorta e colore! E per oggi basta!

 

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Cap. 18

* * * * *

La conformazione nell'aldilà dell'usura

 

               1.   Prima che ci avviciniamo a quest'altra valle, voglio rispondere brevemente ad un'altra domanda che voi mi avete rivolto, cioè voi vorreste sapere se quello che avete visto è proprio l'Inferno. Io non posso dirvi al riguardo né sì, né no, ma soltanto che quello che voi avete visto è di natura infernale, ma non è l'Inferno vero e proprio, poiché quello che qui si mostra, è una isolata visione del vizio. Dove voi avete visto gli esseri più consunti e distrutti, anche il vizio stesso è più consunto. Invece, dove avete scorto delle raffigurazioni ancora complete e carnalmente attive, là la forza del vizio, proveniente dalle maligne brame, con la facoltà attiva di peccare, non intende diminuire. Altrettanto si manifesta sulla Terra, dove gli uomini si abbandonano ad ogni genere di peccati, riducendo la loro natura fisica in uno stato disastroso ed impotente, e per la schiavitù della libidine e per eccitarsi usano degli eccitanti artificiali. Vedete, tali appaiono in primo piano, poiché, malgrado tutto, di tanto in tanto permettono che salga in loro un pensiero che mostri la caducità di tutti questi piaceri. Invece, nel fondo della valle, avete visto quelli in cui la forza del desiderio sta ancora più in accordo con la forza attiva del vizio.

               2.   Da quanto ora detto, potete dedurre che, quanto da voi visto, non è che un’immagine infernale del peccato e del vizio e questa conoscenza è sufficiente, per inoltrarsi, poi, nella valle attigua a questa, alla quale abbiamo già accennato.

               3.   Come vedete, questa valle è separata da quella a voi già nota da un dosso montuoso abbastanza sporco. Basta che noi lo superiamo e vedremo subito come si presenta l'altra valle. Voi volete e vedete, noi siamo già sulla cresta del monte. Guardate laggiù il nuovo villaggio. Vi piace? Voi dite: “Da lontano sembra avere un aspetto migliore del precedente, soltanto il fatto che si trova più verso Occidente non ci permette di attenderci qualcosa di buono”. Certo, voi avete ragione, e ciò anche sarà.

               4.   Voi mi chiedete, inoltre, perché questi edifici sono più grandi e nel loro insieme hanno un aspetto più rispettabile di quelli del villaggio precedente? Ed io vi dico: “Andiamo giù nel villaggio e troverete subito la risposta alla vostra domanda”. Dunque, noi siamo già dinanzi alla prima casa. Vedete, essa ha una parete arrotondata e sporgente, tinteggiata in un colore bianco sporco, però, senza finestre e senza un ingresso da questa parte anteriore. Voi chiedete: “E perché, dunque?”. Perché questo lato della casa è rivolta verso Oriente e ciò costituisce un orrore per gli abitanti di questo villaggio. In seguito a ciò, dobbiamo spostarci verso il retro dell'edificio, il quale si trova alquanto sul pendio del monte, se vogliamo scoprire ciò che regna lì dentro. Ecco, qui c'è già una finestra spaziosa, guardate all'interno e ditemi quello che vedete. Anche qui state indietreggiando per lo sgomento.

               5.   Voi retrocedete subito alla prima casa. Ma che tipo di rapporto ci sarà mai tra voi e la casa successiva? Voi, stupefatti, dite: “Per l'Amore di Dio, ciò è inaudito, inumano e inconcepibile! Sul fondo sta seduto, su un largo scanno, un vero e proprio mostro umano. Egli ha una grossezza sovrumana, che occupa più della metà della stanza ed un ventre pendente in modo ributtante. Il collo è circondato da sudici cuscinetti di grasso, come appesi l'uno sull'altro. Dinanzi a lui stanno, in gran numero, degli uomini tanto magri da sembrare scheletri viventi e si pigiano intorno a tale orribile pancia adiposa, che suscita ribrezzo, affinché il mostro si impietosisca di loro e si degni di divorarli. E realmente questo essere mostruoso ha già, dinanzi a sé, degli scheletri umani completamente scarnificati. Più indietro, poi, ci sono alcuni che maledicono il mostro e nella loro furia vorrebbero avventarsi su di lui, ma vengono trattenuti da coloro ai quali il mostro ha promesso di divorare anche un po' della loro carne, per tramutarla, poi, nel grasso del mostro”.

               6.   È naturale che voi domandiate: “Che cosa può mai significare questa strana e orribile immagine?”. Io, però, cari fratelli ed amici, sono costretto a dirvi, se non afferrate e comprendete ciò al primo sguardo, che ciò vuol dire che sulla Terra non avete imparato un bel niente, a causa della vostra completa cecità.

               7.   Non è questo un eccellente ritratto di un usuraio o di un magnate e grande cavaliere dell'industria, che si è prefisso, quale scopo della sua vita, di accaparrarsi tutto quello che, in un modo o nell'altro, gli apporta degli interessi. Siete capaci di stabilire il limite, dove un tale usuraio o magnate industriale, si dichiari finalmente sazio? La sua avidità di guadagnare non va all'infinito? Gli rimorderebbe, forse, anche soltanto un poco la coscienza, se gli fosse possibile strappare a sé i tesori e le ricchezze del mondo intero? Spargerebbe una lacrima, se potesse divorare, attirandola a sé, la vita di tutte le vedove e di tutti gli orfani della Terra?

               8.   Io vi dico: “Purtroppo i poveri corrono ancora in schiere da lui e gli sacrificano tutta la loro vita e le loro forze; per una vile mercede sono costretti da lui a farsi scorticare e divorare quasi completamente. Ci sono degli altri che portano a lui i loro pochi tesori e si ritengono fortunati qualora esso li accetti, soltanto in cambio di un meschino tasso d'interesse. Anzi, molti ingannati, vanno tanto oltre che considerano letteralmente, come una necessità, che, allo stato delle cose, essi siano stati ingannati da lui, senza sua colpa.

               9.   Degli altri, altrettanto avidi quanto lui, però dei “poveri diavoli”, mondanamente meno astuti, vedendo la sua furfanteria, lo minacciano di distruzione e morte. Però, coloro che sono legati per interesse al magnate, impediscono che la morte venga a distruggerlo, per non rimetterci i loro guadagni”.

             10.   Dunque, che dite voi ora, riguardo a quest'immagine? Non mostra, questo orrendo peccato, ponendolo allo scoperto, così come esso effettivamente è? Questo, però, non è che un bonario principio; rechiamoci ora alla casa più vicina, che è alquanto più grande ed osserviamone il contenuto e vedrete che, come detto, le cose cambieranno d'aspetto!

             11.   Eccoci, noi siamo già alla finestra giusta, soltanto bisogna che aguzziate la vista, poiché la casa, essendo più grande ed avendo sul retro soltanto due finestre più piccole e sudicie, presenta l'interno alquanto oscuro. Dunque, avete già scorto ciò che si trova? Ecco, invece, che voi tremate per la risposta; questo è già un segno sicuro che avete scorto quanto è sufficiente. Voi, però, vi trovate impediti a parlare ed io vi credo volentieri, poiché simili spettacoli fanno trasalire perfino noi, spiriti forti, e questo specialmente, per il motivo che tali fatti, proprio adesso, si moltiplicano e diventano anche più grandiosi. Io vedo, però, che in questo caso sarà necessario esporre quanto visto da voi, dato che voi, per una tale immagine, non trovereste tanto facilmente le parole adatte.

             12.   Voi avete visto anche qui, verso il fondo, un essere orribilmente ingrassato; esso ha un ventre spaventosamente sporgente. Nella sua faccia si aprono delle fauci grandi come quelle di una iena, le sue braccia hanno la forma di fortissimi serpenti giganti ed i suoi piedi sono simili a quelli di un orso. Sulla sua enorme pancia è eretto una specie di altare e nel mezzo di questo è infilato uno spiedo a due tagli con la punta rivolta verso l'alto. Su questo spiedo sono infilati degli esseri molto magri. Una delle braccia a serpente è continuamente indaffarata a togliere dallo spiedo gli infilzati a e portarli alla bocca dell'ingorgo. L'altro braccio, invece, gira da tutti i lati alla caccia dell'uno o dell'altro dei poveretti, confinati disgraziatamente in questo spaventoso locale, e il primo che gli capita a tiro lo afferra, lo schiaccia e lo scaraventa sullo spiedo che sta sull'altare. Gli alti lamenti degli infelici rendono, se mai, più attivo il suo braccio. Ecco, qual è l'immagine da voi vista.

             13.   Che vi pare? Voi dite: “L'impressione è semplicemente spaventosa ed orrida!”. E aggiungete: “Questa, però, è un’esagerazione. È vero che sulla Terra le cose vanno molto male, ma, per quanto riguarda quest'immagine, sembra, tuttavia, che ci sia una forte esaltazione”.

             14.   Io, però, vi dico: “Qui non c'è niente di troppo, né troppo poco, ma, in ogni tempo, soltanto che la nuda verità. Fermate un po' la vostra attenzione su certi eroi del commercio e dell'industria della Terra, prendete un regolo e misurate le fauci della cupidigia. Poi esaminate le loro braccia, quale forma esse hanno e constaterete se esse non sono perfettamente identiche a questa immagine. L'uno è occupato ad accumulare ed a mettere tutto da parte, l'altro a depredare per tutte le vie con la cattiveria, l'astuzia e la violenza. Quando generalmente si è impossessato di una preda, questa viene infilzata sullo spiedo, quale offerta della cupidigia sull'altare”.

             15.   Ma voi chiedete: “Perché, poi, quest'altare si trova proprio sulla pancia di questo mostro?”. Vedete, il ventre sta a significare il raccoglitore della più sudicia specie di avidità e cupidigia, egoismo e amore di se stesso. Il ventre voluminoso indica quanto questo genere d'amore è smisurato e l'altare su questo, poi, viene ad indicare la mondana onorevolezza e superiorità e, di conseguenza, che razza di presuntuosi ed orgogliosi sono questi sublimi onorevoli cavalieri dell'industria e del commercio.

             16.   Lo spiedo a due tagli, rizzato sull'altare, questo lo potete dedurre da voi stessi, al primo sguardo. Non avete ancora mai sentito parlare del diritto commerciale o cambiario? Ecco, è questo che si trova sull'altare! Perciò, basta che un povero diavolo si lasci prendere in trappola ed egli viene subito afferrato e stritolato senza remissione, infilzato nel diritto e con tale diritto trafitto a morte.

             17.   Voi chiedete ancora: “E chi sono allora quei poveretti che così diligentemente vengono accalappiati? E perché lo spiedo è a due tagli?”. I poveretti sono ogni tipo di uomini; una parte, cioè quelli che sono più vicini al cosiddetto ingranaggio, sono anche i più esposti e sono i piccoli commercianti; un'altra parte è composta di coloro che, spinti dal bisogno, devono cedere i loro prodotti ai grandi speculatori. Una terza parte è formata da povera gente estranea che, in un modo o nell'altro, è in relazione con tale azienda. Una quarta parte è composta di uomini desiderosi di fare qualche acquisto. Una quinta parte sono i soci d'affari che dimorano altrove. Una sesta parte sono i dipendenti dell'azienda di classe superiore e la settima specie sono quelli della classe inferiore e più martoriata. Per tutte queste classi lo spiedo a due tagli è sempre pronto. Però noi avremmo dimenticato quale è il significato del doppio taglio.

             18.   Anche questo si dovrebbe afferrare di primo acchito: uno dei tagli significa la politica commerciale, l'altro taglio il diritto di tale politica, col quale gli è concesso abbracciare ogni ramo della sua attività, in modo da poterne ritrarre il più lusinghiero interesse strozzinesco. Comprendete ciò? Se non lo comprendete a fondo, consultate le disposizioni vigenti e ditemi dove si trova prescritto legalmente e qual è il guadagno che spetta alla classe commerciale. Ecco perché lo spiedo taglia in ambedue le parti, cioè da una che rappresenta la nota politica commerciale, e dall'altra che rappresenta l'illimitata cupidigia; ed ambedue queste parti taglienti sono strettamente collegate con il diritto commerciale, come i due tagli su una spada. Vedete ora, se questa immagine è corrispondente ai fatti? Essa mostra, come io vi dissi, né più, né meno la nuda verità.

             19.   Ora voi dite: “L'immagine è giusta, però ciò non ci lascia dubbi, che cose simili appartengono all'Inferno!”. Voi, in fondo, non avete tutti i torti, tuttavia, tutto resta fermo a quanto detto. Infatti, questa immagine illustra soltanto il peccato per se stesso, senza tenere conto delle persone che realmente lo commettono. Perciò, tale raffigurazione è bensì di natura infernale, però non è l'Inferno nella sua realtà. Infatti, se vi fosse dato di scorgere ciò nel vero Inferno, già al primo sguardo, l'impressione che ne ritrarreste, sarebbe ben diversa da quella da voi provata, nella piena e totale vicinanza di una tale immagine del peccato.

             20.   Vedete, c'è ancora un grande numero di tali cose, in questo lurido burrone. Dato, però, che in esso il peccato della cupidigia vi viene rappresentato sempre più interiormente e, perciò, in maniera inesprimibilmente e sempre più orripilante, voi non potreste più sopportare un altro spettacolo del genere. Perciò, limitiamoci alle due case già viste, poiché, quando questo peccato passa nella sfera della bruciante gelosia, destata dalla cupidigia, allora, poi, diventa anche completamente e meramente infernale e perciò non adatto ai vostri deboli occhi ed all'ancora più debole vostro spirito. Perciò, miglior cosa è che la prossima volta ci rechiamo in una terza valle. Là ci sarà dato di vedere delle cose del tutto nuove e, perciò, oggi accontentiamoci di quanto appreso.

 

 

Cap. 19

* * * * *

La conformazione nell'aldilà della brama di potere

 

               1.   Per raggiungere questa terza valle, anche questa volta non avremo altro da fare se non superare questo dosso montuoso, il quale, a dire il vero, è più elevato dell'altro. Voi volete, ed ecco, noi siamo già sulla cima. Ora guardate giù verso Sera, il villaggio sta dinanzi al vostro sguardo.

               2.   Però voi dite: “Caro amico e fratello, all'infuori di alcuni massicci rigonfiamenti del terreno, noi non possiamo scoprire null'altro che possa somigliare ad un villaggio”. Io, però, vi dico: “Voi vedete già, senz'altro, quello che c'è da vedere. Guardate più lontano che vi riesce, specialmente in quella fossa che diventa sempre più stretta e più buia e voi scorgerete, in gran quantità, tali rigonfiamenti del terreno”. Voi dite: “Ma là non può dimorare nessuno, qualunque sia l'aspetto del peccato”. Io, però, vi dico: “Lasciamo perdere ogni ragionamento e rechiamoci piuttosto verso questi rigonfiamenti, che allora la cosa cambierà d'aspetto e ora scendiamo”.

               3.   Ed ecco, noi siamo già dinanzi al primo rigonfiamento. Che ne dite? Voi vi stringete nelle spalle; io invece vi dico: “Avvicinatevi ancora un po', ma non troppo, che allora, non vi stringerete più nelle spalle”. Voi chiedete, perché non ci si dovrebbe avvicinare troppo ad un tale rigonfiamento di terra, all'apparenza tanto insignificante. Anche di ciò, quando sarete ad una giusta distanza, voi riceverete immediatamente la debita spiegazione; avvicinatevi ancora un po'.

               4.   Cosa mai sta succedendo, dunque, con questo improvviso salto all'indietro? Non vi ho già detto che questi canali di terra non sono così vuoti come sembrano, se guardati ad una certa distanza. Ora, voi dite: “Ma per l'Amor di Dio, che è mai ciò? Non appena ci siamo avvicinati di un paio di passi, un numero incalcolabile di serpenti, a noi noti come tra i più velenosi, hanno allungato le loro teste fuori dalle loro tane, spalancando le venefiche fauci. In verità, se non fossimo saltati via tanto celermente, essi si sarebbero precipitati su di noi, procurandoci qualche serio malanno. Dunque, questi cumuli di terra e pietra sono esclusivamente ricetto di serpenti; non vi è là nulla che somigli all'uomo?”.

               5.   Io vi dico: “Per sapere ciò, dobbiamo osservare questo cumulo dalla parte settentrionale, dove, però, è accessibile con ancora più pericolo. Voi dovete, perciò, camminare dietro a me e guardare furtivamente al di sopra delle mie spalle e allora vedrete come stanno esattamente le cose. Venite dunque!”. Come vedete, noi siamo nel posto giusto; ora osservate bene: nella parte più bassa del cumulo c'è un buco, come nelle tane delle volpi, osservate attentamente nell'interno e scorgerete qualcosa d'altro. Però, quando avrete scorto qualcosa, sia pure di molto spaventoso, voi dovete, tuttavia, mantenervi silenziosi e tranquilli, poiché un moto inconsulto o un intempestivo grido di paura potrebbe avere, quale conseguenza per voi, di dover fuggire il più rapidamente possibile.

               6.   Ebbene, avete guardato nel suo interno? Voi l'affermate senza aprire la bocca, così va bene. Prima di entrare in argomento, allontaniamoci il più rapidamente possibile da questo cumulo, poiché, nelle sue vicinanze, non è consigliabile parlare di ciò che lo riguarda. Dato che questo cumulo è formato da migliaia di orecchie in ascolto, è meglio stare ad una debita distanza. Dunque, raccontatemi ora ciò che avete visto.

               7.   Voi dite: “O caro amico e fratello, quanto spaventoso e orrendo era quello che abbiamo visto! Sul fondo c'era un essere accoccolato, che aveva tutto l'aspetto di un drago ripugnante e spaventoso. Questo drago aveva bensì una testa simile a quella umana, però, al posto dei capelli si potevano scorgere una massa innumerevole di serpenti velenosi, che si attorcigliavano da ogni parte e volgevano tutt'intorno i loro occhi infuocati, per vedere se a tale orrenda dimora si avvicinava qualche preda.

               8.   Verso la parte anteriore, lungo le pareti, si poteva scorgere una quantità di misere figure umane, ammanettate mani e piedi con catene ed un grande numero di serpenti liberi che strisciavano intorno a dette figure, mordendone le vene e succhiando fuori il sangue. Quell'orrido essere aveva, nella sua mano destra, fasciata da un serpente, una spada rovente e sull'altra mano uno scritto arrotolato. Un serpente, che era attorcigliato lungo il suo braccio sinistro, sfogliava spesso questo rotolo, dopo di che passava la sua lingua viscida sulla parte del rotolo così sfogliato, come se volesse rendere attento il mostro seduto sul fondo su qualcosa di speciale importanza. Subito dopo vedemmo che, da un punto oscuro del fondo, venivano tratti fuori, da una quantità di serpenti, molti esseri umani, dall'aspetto quanto mai infelice. Su di questi, il mostro vibrò immediatamente la sua spada infuocata, ne dilaniò alcuni, mentre gli altri li fece mettere in catene da serpenti provvisti di braccia, associandoli, poi, a quelli che si trovavano già lungo le pareti; questo è tutto quello che abbiamo visto”.

               9.   Io vi dico: “Voi avete guardato bene e constatato tutto in modo pertinente”. Ma ora voi dite: “Caro amico e fratello, un vizio come quello raffigurato in quest'immagine da brivido non ci può certo essere sulla Terra!”. Io vi dico: “Ebbene, ancora delle cose inesprimibilmente e molto peggiori di quanto descritto in questa immagine, avvengono appunto sulla Terra, in questo campo. Ebbene, vi rendete conto di quale peccato si cela sotto questa raffigurazione? Vedete, essa corrisponde alla più sporca ambizione tirannica mondano-politica. Tutto ciò che s'avvicina al desiderio di dominio, si avvicina pure, nel suo intimo, in maniera caratteristica, a questa immagine. Voi non dovete confondere la sporca politica con la saggia avvedutezza di uno stato onesto e di reggenti giusti, ispirati da Dio, i quali, com'è naturale, devono sorvegliare i loro popoli, affinché quest'ultimi non si guastino troppo per la loro reciproca cattiveria, oppure non vadano incontro alla completa rovina. Con questa immagine, invece, si intende raffigurare soltanto quella scaltrezza infernale che esige dagli uomini di stato, a rango diversi, di cercare, attraverso la più scandalosa bassezza e viltà, di crearsi un posto di dominio e, qualora l'abbiano raggiunto, a trincerarsi immediatamente in una ulteriore umiltà, semplicità e falsa modestia. Ma questa loro dimora è piena di serpenti velenosi in agguato, che sono simili ai segreti spioni striscianti di grande astuzia, che, con la massima sollecitudine, stanno sorvegliando tutto in giro, per arrestare sul nascere, qualche pericolo per il loro sedicente e modesto padrone. Se effettivamente qualcuno si avvicina con cattive intenzioni, viene immediatamente afferrato e trascinato segretamente dinanzi al modesto proprietario di tale dimora. Che ad una simile preda, in tale discreta dimora, non vada troppo bene, l'avete visto attraverso l'immagine. I serpenti che si trovano sul capo, al posto dei capelli, stanno ad indicare lo sforzo senza sosta per la conquista di un potere sempre maggiore. La spada rovente, nella mano fasciata con un serpente, indica un posto di comando carpito con l'adulazione e l'astuzia, vale a dire un impiego o una carica che autorizzi una tale brama di dominio per esercitare il potere conferitogli. Che la spada sia rovente o infuocata denota l’inesorabile severità dell'essere tirannico. Che la mano sia fasciata con un serpente significa che essa viene usata con grande astuzia. Il rotolo nella mano sinistra, il cui braccio è ugualmente circondato da un serpente, indica la scaltrezza e l'avidità di dominio, nei cui piani nessuno può mettere l'occhio all'infuori della sua grande astuzia e abilità.

             10.   Voi avete visto degli uomini trascinati dal fondo, questo sta ad indicare come la molteplice astuzia del tiranno li abbia fatti precipitare nel basso, facendoli così suoi prigionieri. I grandi serpenti, provvisti di braccia umane, che mettono ai prigionieri le catene, sono i complici politicanti prezzolati del tiranno. Le catene, invece, indicano il completo stato di schiavitù di coloro che si trovano sotto la spada di un tale essere abominevole”. Con questo detto, credo che noi avremmo interpretato tutto e nel modo giusto.

             11.   Ora noi avremmo decifrato tutto. Voi, però, dite: “L'immagine, in verità, sembra esatta, tuttavia crediamo che sia esposta in un modo alquanto forte”. Ebbene, vi voglio rendere attenti soltanto su singoli esempi, di cui la vostra Terra, specialmente al tempo presente (anno 1842), è piena, e dagli stessi potrete dedurre molto facilmente se questa immagine dice troppo!

             12.   Affinché voi non arrovelliate troppo il vostro cervello, attirerò la vostra attenzione, in primo luogo, su tutti i maligni ammutinatori, i quali, per la maggior parte, partendo da un altro principio, dopo il compimento dei loro astuti e malvagi piani, si sono tramutati nei più grandi mostri dell'umanità. Robespierre è ancora lontano da essere il peggiore, fra gli innumerevoli che hanno precipitato la povera umanità della Terra in molteplici modi, materiali, morali e spirituali, in una infelicità senza nome.

             13.   Se fosse consigliabile farvi vedere ciò, nel più profondo dei cumuli di terra, che si trovano più addentro nella valle infossata, in verità, voi potete credermi, già al prossimo cumulo, perfino il più impavido fra voi, non sarebbe più in grado di mettere sulla carta nemmeno una lettera, poiché tutto ciò appartiene al più profondo, nonché perverso Inferno. Dall'altura avete scorto quanto grande è il numero di questi rigonfiamenti del terreno in questo orripilante burrone. A questo proposito, posso soltanto dirvi che in ognuno di questi cumuli, le cose stanno, per dire un numero, in modo diecimila volte peggiore che nel precedente.

             14.   E vi basti questo, poiché devo confessarvi apertamente: soltanto i più potenti spiriti angelici, provvisti di ogni possibile forza del Signore, possono attraversare questa valle tenebrosa senza averne danno. Io, però, non potrei penetrare con voi neppure fino al terzo cumulo, poiché, fino a tanto che questa brama di dominio ha di mira la vanagloria e il mondano, come voi avete visto nel primo cumulo, essa non è pericolosa per lo spirituale, quando si usa la necessaria prudenza. Mentre, nel secondo caso, una tale brama allunga le sue braccia serpentine nello spirituale vostro, perciò ogni spirito deve fare molta attenzione e stare ad una certa distanza da un tale cumulo. Con ciò accontentiamoci di quello che abbiamo visto in questa valle. La prossima volta noi andremo in una zona verso settentrione su di una altura più sicura e più benigna, dalla quale potremo dare un'occhiata generale sulle varie condizioni di tale regione e, con ciò, chiudiamo!

 

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Cap. 20

* * * * *

Entrata all'Inferno

 

               1.   Ma per raggiungere questa altura favorevole dobbiamo andare verso il lato orientale della regione nordica generale e da lì, poi, potremo salire su quel vertice, poiché la regione che si estende più verso Nord è troppo orribile per poter continuare il viaggio da quel lato. Oltre a ciò, da quell'altura, noi potremo comunque abbracciarla con lo sguardo. Perciò, venite con me e in modo spirituale saremo lassù il più presto possibile.

               2.   Ed ecco, noi siamo già presso la prima valle da noi visitata e, guardate un po' là verso il fiume e vedrete quella coppia che noi abbiamo incontrato prima e come ora essa si purifichi nell'acqua del fiume e come essa stia assumendo, sia pure parzialmente, un aspetto migliore, già rimarchevole. Voi ora chiedete, cosa ciò stia a significare.

               3.   Il significato è che l'uomo si sente sazio e stanco del vizio carnale e prova un desiderio, misto a pentimento, di migliorarsi e di rinunciare completamente a tale peccato e, perciò, di purificarsi, secondo la possibilità, da tutto il male che il peccato porta con sé. Voi vedete com’è difficile una tale purificazione, dato che questo fiume ha poche baie perché possano accedervi questi peccatori induriti. Oltre a ciò, essi non devono avventurarsi troppo al largo, poiché, in primo luogo, le onde del fiume sono troppo impetuose e ci sono, poi, delle apparizioni che minacciano d'ingoiare tali penitenti.

               4.   Se, però, essi persistono coraggiosamente, stando calmi, sulla loro baia, allora essi si sentono sempre più fortificati e in via di guarigione e così incoraggiati e, una volta raggiunta la piena forza, possono risalire il fiume nella direzione fra Oriente e Settentrione, da dove il fiume discende. E ora sono giunti ad un ponte, che unisce una sponda con l'altra, dove, di fronte, si trova una collina, attraversando la quale, essi giungono, poi, nella regione occidentale (sera).

               5.   Come stanno le cose nella regione occidentale, noi avremo occasione di constatarlo quando la percorreremo, subito dopo aver dato la progettata occhiata alla regione settentrionale. Ora che sapete ciò, lasciate che ci innalziamo sulla nostra altura, per vedere più in dettaglio questa regione del Nord.

               6.   Voi chiedete nuovamente se tale altura è visibile. Certo che lo è; guardate lassù, abbastanza distante da qui, quella cresta della montagna bianco-grigia, quella è la nostra destinazione. Voi rabbrividite un po' dinanzi alla vertiginosa altezza di quella sommità; ciò però non pregiudica affatto il nostro viaggio lassù, poiché noi raggiungeremo quella cima altrettanto facilmente quanto abbiamo raggiunto questo punto sul quale ora ci troviamo e, se voi volete, avviamoci! Ora, siamo sul posto. Come vedete, c'è spazio a sufficienza su questa cima, soltanto che voi non dovete avvicinarvi troppo all'orlo, specialmente da quel lato che è rivolto verso il profondo Nord, che, come vedete, è avvolto nella più completa oscurità.

               7.   Dunque, avvicinatevi a me e guardate giù, verso Occidente, e abbastanza distante; vedete i tre burroni? Sono quelli a noi già noti. Però, dopo questi tre, ce ne sono ancora sette e, se voi guardate attentamente, scorgerete che sono pieni di buchi, dai quali si eleva un fumo grigio scuro. Voi chiedete, che cosa ciò significhi.

               8.   Ciò significa quello stato dell'uomo, in cui, nella sua vita fisico-materiale, conosce l'essenza del vero e, a suo proposito, lo tramuta nel falso e poi vi agisce in conformità alla sua interiore malignità. I buchi, che stanno aperti verso la luce del Mezzogiorno, indicano il riconoscimento della Verità Reale; il fumo che ne sale da questi denota l'arbitrario capovolgimento della divina Verità, nella vana falsità; il fuoco nascosto, dal quale il fumo sale, è il celato maligno fondamentale, quale massimo grado dell'amore di se stessi e della brama di dominio che ne risulta. Da questo maligno fondamento tutto il buon seme della luce viene tramutato nel seme della zizzania, che viene, poi, accesa da questo fuoco divoratore ed infine bruciata e dissolta in tale fumo.

               9.   Voi vedete che anche questi sette burroni sono separati, l'uno dall'altro, da dossi montuosi ed ogni dosso, come potete scorgere, consiste di dieci colline; ogni collina è ornata come da una cappella. Voi dite: “Che significa tutto ciò?”. Le dieci colline indicano dappertutto l'elevata legge mosaica, mentre le cappelle indicano la Sapienza di tale legge. Le sette valli, che queste colline separano l'una dall'altra, denotano la settupla legge dell'amore del prossimo.

             10.   Voi, però, vedete appunto in queste valli un buco fumante. Questo denota la lenta distruzione della Legge divina e il completo ottenebramento e l'avvio verso la rovina più completa dell'amore del prossimo, cose queste, che, prese tutte nel loro insieme, vengono definite “la grande prostituzione di Babele”. Questo fumo, però, è peggiore di qualsiasi altra pestilenza. Chi l'ha aspirato una volta ne è immediatamente tanto stordito ed accecato che non solo nella valle non può trovare un posto libero, bensì può girare quanto vuole, ma non gli riesce di abbandonare quel posto dove egli è stato appestato dal fumo.

             11.   Voi chiedete: “Che gli succede allora?”. Guardate più attentamente e scorgerete facilmente come, dalle cappelle ben chiuse, escono dei salvatori, che si affrettano a discendere nel fondo valle e si avvicinano a tali affumicati e li portano via, su punti più liberi. Però, voi potete anche vedere che pochi sono quelli che si lasciano portare lontano; la maggior parte persiste testardamente nel voler rimanere al proprio posto, mentre preferiscono essere guidati da neri messaggeri che escono dai buchi.

             12.   Vedete, questa è la vera immagine del vostro mondo attuale e sta ad indicare la natura di tutta la peccaminosità degli uomini, durante la loro permanenza sulla Terra.

             13.   Voi, però, vedete che questa alta catena montuosa divide a perdita d'occhio questa regione settentrionale dalla vera e propria tenebrosa Mezzanotte, che voi potete scorgere dietro alle vostre spalle e che desta realmente orrore e spavento.

             14.   Però, prima di gettare uno sguardo là, diamo ancora un’occhiata verso giù, dalla parte che guarda ad Oriente.

             15.   Qui potete vedere, dopo le tre già note valli mediane, da noi visitate, pure altre sette valli. Queste sette valli, se paragonate a quelle da noi proprio ora osservate dalla parte occidentale, sono, come potete vedere, considerevolmente più elevate e vi si scorgono dappertutto parecchi villaggi. Ma per poco che voi aguzzate la vista, potete facilmente constatare che là non c’è affatto ordine. In nessun luogo si scorge un po' di vita; i campi sono, per la maggior parte, abbandonati e dove c'è qualche tratto coltivato a grano, dappertutto spunta fra il nobile frumento, per lo meno, tre volte tanto, di erbaccia. Soltanto nell'ultima valle, verso Oriente, sembra che le cose vadano meglio, per quanto anche là ci sia più disordine che ordine.

             16.   Anche qui, sulle solite colline fra le valli, voi potete scorgere delle cappelle, come verso Occidente, però, se osservate con attenzione, vedrete che sono pochi coloro che vi salgono. I benevoli custodi delle cappelle hanno preparato dappertutto delle vie comode il più possibile, ma, tuttavia, perfino queste vie comode, purtroppo, sono considerate scomode e troppo faticose dagli abitanti dei villaggi , i quali, da veri ghiri noiosi, non indotti ad uscire dal loro letargo ed a salire alle cappellette neppure dai bei giardini che le circondano, pieni di alberi fruttiferi e dalla bella vista che si gode, oltre il fiume, nelle felici distese dell’eterno Mattino.

             17.   Voi dite: “Tutto ciò risponde al vero e lo vediamo con gli occhi nostri, soltanto, cosa significa questo comportamento?”.

             18.   Cari fratelli ed amici! Qui io sono dell'opinione che voi dovreste riconoscerlo al primo sguardo ed a questo proposito non voglio dirvi altro, se non soltanto quello che il Signore disse attraverso Giovanni, riferendosi alla comunità dei Sardi, alla quale rivolse queste parole: «Poiché tu non sei né fredda né calda, bensì, soltanto tiepida, Io ti sputerò dalla Mia Bocca» (Apocalisse 3,16). Di più non occorre che vi dica; confrontate soltanto il vostro cosiddetto “mondo buono e migliore” con questa immagine, e lo troverete rappresentato esattamente alla lettera.

             19.   Nel mondo non si dice così?: «Comunque io non faccio nulla di male, in confronto ai Comandamenti che mi riguardano. Se mi mantengo tranquillo e non faccio danno a nessuno, che cosa si vuole ancora di più da me?». Vedete, sulla base di questi principi, l'intera popolazione di questa zona sta chiusa nelle sue capanne, senza curarsi l'uno dell'altro. Se viene qualcuno a chiedere aiuto, nessuno glielo accorda, oppure qualcuno, dall'angolo dove sta dormendo, bisbiglia: «Aiutati da te, come puoi, poiché anch'io mi aiuterò da solo, quando avrò bisogno di qualcosa. Tu non hai nulla a che fare con me, né io con te, perciò ognuno si preoccupi di ciò che lo riguarda».

             20.   Vedete, da ciò potete riconoscere facilmente il vostro mondo, in che stato e dove si trova! Come potete constatare esso è, innanzitutto, altrettanto ben separato, al pari delle altre zone dove domina il maligno dalle distese felici, da questo fiume infausto e fatale. Secondariamente, questa zona è altrettanto vicina a questa catena di monti confinaria tra il di qua e l'aldilà, quanto quella zona che abbiamo osservato verso Occidente. E tutte queste valli, che voi vedete, sboccano sotto la parete di questa alta montagna in dei tenebrosi tunnel o passaggi sotterranei, che conducono per via diretta in questo aldilà, oltremodo tenebroso, che si trova dietro le vostre spalle.

             21.   Voi chiedete: “Che è ciò?”. Io vi dico: “Dal momento che noi abbiamo osservato l'anteregione, volgiamoci un po' e guardiamo la regione che sta dall'altra parte e tre brevi occhiate vi diranno di più di quanto vorreste sapere”.

             22.   Ecco, voi vi siete voltati; ebbene, che cosa avete scorto? Voi dite: “Per il momento, ancora nulla, all'infuori di una notte che diventa sempre più profonda”. Guardate ancora una volta; che cosa vedete ora?

             23.   “Oh, oh!”, esclamate, “quale cosa spaventosa e miseria su miseria! Noi non vediamo che un fuoco dopo l'altro e serpenti roventi che si attorcigliano nelle fiamme”. Bene, ma ora guardate ancora una volta; che cosa vedete adesso? Questa vista, a quanto vedo, vi toglie la facoltà della parola e ora io vi dico: “Quello che si è mostrato al vostro terzo sguardo, è il primo grado del vero Inferno! Vi è ancora un secondo grado, e poi un terzo; questi due ultimi, però, non li potete guardare, poiché già un brevissimo sguardo vi costerebbe la vita, poiché là regna, dappertutto, la morte più assoluta. Il primo Inferno, tuttavia, ve l'ho mostrato, affinché voi possiate desumere dove conducono irrevocabilmente i passaggi sotterranei che partono da tutte queste valli!

             24.   Quanto difficile diventa per lo spirito, appesantito materialmente dal maligno, la via del ritorno, voi lo potete facilmente dedurre dalla incommensurabile profondità che, da questo dosso montuoso, porta nell'abisso tenebroso”. Di più, per il momento, non occorre che sappiate, a questo riguardo.

             25.   Il punto in cui noi ci troviamo è, invece, quella libera altezza, in cui l'uomo viene a trovarsi, nella sua vita fisica, dalla quale egli riconosce in sé, fin nell'intimo, in uguale misura, il vero e il falso e il buono e il cattivo.

             26.   Colui che si trova a tale altezza, ha trovato il vero significato della vita e non può più andare perduto, a meno che egli, di sua spontanea volontà, preferisca gettarsi giù, nell'abisso. Ma, certamente, una cosa simile egli non la farà, perché sa quanto cara è costata l'ascesa. Mentre noi ora, invece, scenderemo da questa altura senza rimetterci niente, per andare dove ci attende la navicella. Voi volete e potete e così noi siamo nuovamente dove volevamo andare. Bene, ma ora guardate ancora una volta; che cosa vedete adesso?

             27.   Salite sulla navicella ed io la slegherò e vi ricondurrò all'altra sponda più felice. Ecco, la navicella è sciolta e il viaggio incomincia.

             28.   Come vedete, questa volta affiora dall'acqua un numero ancora maggiore di mostri, che minacciano d'ingoiarci ancora più ferocemente che nella traversata precedente. Però, guardate, la riva felice è già qui, così che essi possono esercitare i loro denti contro la navicella, dato che noi siamo già all'asciutto! Ora, da qui rivolgeremo i nostri passi verso Sera e visiteremo quella regione migliore la prossima volta; così che per oggi concludiamo!

 

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Cap. 21

* * * * *

Visita nel territorio Occidentale

 

               1.   Vedete, qui c'è una via molto comoda, procediamo perciò lentamente. Se guardate alla vostra sinistra, potete scorgere, quale confine di un'ampia pianura, delle catene di monti abbastanza alti, ma dolcemente arrotondati, coperti da bellissimi boschi di cedri e varie altre specie di magnifici alberi. Le cime sono dappertutto libere ed ognuna è ornata con una piramide, sulla cui punta brilla una limpida stella. Se voi, invece, guardate diritto dinanzi a voi, allora scorgete un'ampia valle, la quale si allunga in linea retta e ha l'aspetto di essere molto fertile, fin dove potete spingere lo sguardo. In diversi luoghi di questa valle, potete vedere anche degli edifici molto graziosi e degli uomini molto solerti che vi entrano e vi escono, come pure molti altri zelantemente occupati nella coltivazione dei campi. Dite, non vi sembra di passeggiare sulla vostra Terra, in una bella valle, nella quale, appunto come qui, dei pacifici campagnoli stanno lavorando alacremente i loro campi?

               2.   Se poi rivolgete lo sguardo alla vostra destra, scorgerete ugualmente, in lontananza, una catena di monti tanto estesa da non vederne la fine, le cui pendici sono pure coperte di alberi di buona specie, in mezzo ai quali, qua e là, si mostra una casa di contadini, mentre sopra la boscaglia, il monte si eleva rapido e pietroso, con la cima coperta di neve e ghiaccio eterni.

               3.   Voi dite: “La regione è davvero meravigliosamente bella, però vi manca dappertutto qualche lago o qualche fiume. Se qualcosa del genere ci fosse, non sarebbe tanto facilmente possibile trovare altrove una regione più incantevole e, nello stesso tempo, così romanticamente bella come questa”.

               4.   Io, però, vi dico, miei cari fratelli ed amici, abbiate un po' di pazienza, poiché ben presto vedremo dell'acqua in grande quantità, dato che noi procediamo molto celermente, così che siamo penetrati già in questa regione occidentale molto più profondamente di quanto possiate concepire. Guardatevi un po' intorno e misurate la dolce catena di monti, ornati con le piramidi e vi sincerereste quanto addentro noi siamo già penetrati.

               5.   Voi dite: “Come è possibile ciò?”. Noi non possiamo vedere la fine di questa catena di monti, mentre, in pari tempo, ci sembra che essa continui all'infinito, pure dietro a noi. A grande distanza noi scorgiamo appena scintillare, come pulviscoli solari illuminati, le belle stelle che si trovano sopra le piramidi. Certo, cari fratelli ed amici, su questo suolo si viaggia molto velocemente, senza che il viaggiatore si accorga della velocità del moto. Ciò nonostante, come voi stessi constaterete, camminando con tutta comodità, passo a passo, la nostra nozione è tanto rapida, che sulla Terra, di una tale rapidità, nessun può farsi neppure una pallida idea. Se fosse possibile, fisicamente, raggiungere una tale velocità, potreste attraversare in un attimo miliardi di sistemi solari. Come ciò sia possibile, verrà da noi discusso prossimamente.

               6.   Ora volgiamo nuovamente il nostro sguardo avanti e riprendiamo nuovamente il cammino. Voi mi chiedete: “Cos'è, laggiù in fondo, quella superficie scintillante, al di là della quale, sul firmamento un po' oscuro come la sera che avanza, fanno bella mostra delle stelle molto scintillanti?”. Abbiate un po' di pazienza, vi giungeremo presto. Guardate ora verso destra e ditemi se quanto vedete è di vostro gusto. Io leggo dai vostri occhi la vostra approvazione, ebbene, non è questo un lago in piena regola?

               7.   Guardate, queste belle isole emergono sulla calma e pura superficie dell'acqua e sono ben coltivate ed oltre a ciò ornate d'una graziosa casetta e guardate quanti bei navigli solcano le acque, cariche di gente che va da una isola all'altra. Voi vi sorprendete e dite che non ne vedete nemmeno la centesima parte! Più ci inoltreremo e tanto più esteso questo lago ci apparirà.

               8.   Come potete vedere, la sponda sinistra, però, costituisce sempre una larga valle, fino alla catena montuosa che continua dalla parte sinistra e non dovremo camminare ancora molto prima che questa valle si restringa e che, all'incontro, il lago si allarghi ancora maggiormente dinanzi ai nostri occhi. Guardate qui, alla nostra sinistra, su una bella collina verde c'è un bellissimo tempio, con un tetto d'oro e voi potete pure scorgere che in questo tempio, aperto da tutti i lati, c'è una grande quantità di uomini. Voi pure vorreste sapere in che cosa sono occupati.

               9.   Guardate verso la vicina riva come scende da un grazioso battello una compagnia, che si recherà in tale tempio. Rivolgetevi a loro, e noi apprenderemo senz'altro quello che li attrae in quel tempio. Se però voi non osate, lo farò io.

             10.   “Ascolta, o buon amico e fratello nel Signore, che cosa vi attrae nel tempio che si trova sulla cima di questa verde collina?”. Ed egli risponde: “Amico caro, da dove vieni, che ignori ciò?”. Ed io replico: “Da dove tu credi che io venga?”. Ed egli: “Da Oriente!”. Ed io rispondo: “Allora, se tu vedi che vengo da Oriente, come puoi chiedere da dove vengo? Io, però, desidero, a causa di quelli che sono con me, che tu ti rivolga a me con linguaggio aperto”.

             11.   L'interrogato si inchina e dice: “Potente messaggero del Signore, un savio dell'Oriente, un fratello, cioè, che a te sarà ben noto, insegna, in quel tempio, l'Amore del Signore, perciò noi ci rechiamo là, per ascoltare una tale alta Sapienza”. Ed io gli dico: “Da quanto tempo siete già abitanti immortali di queste isole?”. Ed egli così si esprime: “Potente messaggero del Signore, noi abitiamo in questa regione da già più di cento dei vostri anni terrestri!”. Io ribatto: “Non desiderereste avvicinarvi di più verso l'Oriente?”.

             12.   Ed egli: “Noi non conosciamo la via, però quest'isola ci è stata assegnata quale dimora, perché vi ci trattenessimo. Poi non è venuto nessuno che potesse portarci più avanti ed a noi mancò sempre il coraggio d'intraprendere di nostro impulso un viaggio che ci sembrava infinitamente lungo; poiché i più saggi fra noi dicevano che l'Oriente, del quale scorgiamo benissimo la luce, è infinitamente lontano. Per conseguenza, noi pensiamo che l'Oriente sia assolutamente irraggiungibile con le nostre forze e, perciò, non ci rimane altro che attutire il più possibile la nostra brama di andare là. Oltre a ciò, noi siamo dell'opinione che quello che possediamo qui è già troppo per noi, quale pura Grazia e Misericordia del Signore e per questo siamo pieni di riconoscenza. C'è, però, una cosa che noi vorremmo godere, almeno una volta, cioè poter vedere il Signore!”.

             13.   Ed io rispondo: “Allora, recatevi nel tempio, dove viene insegnato l'Amore per il Signore. Guardate, come tutta la compagnia si affretta a raggiungere il tempio, attraversando i bei campi!”.

             14.   Ora voi mi chiederete: “A che categoria di uomini costoro sono appartenuti, durante la loro esistenza sulla Terra?”. Ed io vi dico: “Questi sono i cosiddetti cristiani credenti, i quali cercavano la giustificazione nella sola fede e non volevano riconoscere l'Amore in modo giusto; vale a dire che, secondo loro, l'Amore non serve a nulla per la Vita eterna ed è questo principio che li trattiene qui. Il lago indica l'inaccessibilità di coloro che si sono stabiliti su qualcosa di fisso. Le isole, invece, denotano che il Fondamento è emerso dalla Parola del Signore. Però, dato che la Verità non è collegata con l'Amore, o altrimenti detto: il Vero della Fede non è unito nel vero matrimonio celeste col Buono dell'Amore, così la zona abitabile di questa gente è separata. I navigli, che voi scorgete nel lago, indicano il buono ed amichevole modo d'agire di tali uomini sulla Terra e questo modo d'agire porta, come vedete, gli isolani a delle relazioni reciproche.

             15.   Questa zona qui, dalla parte sinistra, contrassegna coloro che, dalle verità della fede, un po' alla volta, sono passati, sia pure parzialmente, ad una buona attività d'Amore, perciò credono anche all'Amore del Signore. Tuttavia, essi rimangono sempre più attaccati alla Fede, che non all'Amore. Questo viene dimostrato dappertutto dagli alberi, alti e robusti, i quali, però, non producono frutti commestibili, ragione per cui gli alimenti vengono loro offerti con dei prodotti del terreno di bassa taglia, però in quantità sufficiente. E così, pure, le piramidi sulle cime montuose arrotondate, con le stelle lucenti sulla punta, stanno ad indicare che il principio più alto di questi uomini è la fede e così, ugualmente, la sola ed unica luce. Quella parte di questi monti, che è riccamente coperta di cedri, denota il valore di tale fede.

             16.   Che, però, essi non producono frutti commestibili, significa che la sola fede non è atta a promuovere la Vita, per quanto già nella sola fede dimori, per se stessa, una Vita alquanto spirituale, ma non atta ad avanzare.

             17.   La regione alla nostra destra, con i monti scoscesi, confina innanzitutto col Nord! Questa è la ragione per cui sono così ripidi e alti ed è il segno che là si trova la linea di demarcazione fra l’Occidente e il Nord”.

             18.   Voi chiedete se anche la regione a destra sia abitata. Oh, certo, però, per la maggior parte, da buoni pagani, come pure da coloro che con l’iconolatria hanno preservato il loro cuore dalla tristezza e che, del resto, erano dei probi abitanti del mondo. I templi che vedete emergere, qua e là, dalla boscaglia, sono ugualmente luoghi d'insegnamento, dove tali esseri possono essere liberati dai loro errori, pur che lo vogliano seriamente!

             19.   Però, fino a tanto che ciò non si verifica, sono lasciati come sono e non viene fatta, su di essi, nessuna pressione. Ora che sappiamo ciò, possiamo, senz'altro, rimetterci in cammino.

             20.   Voi chiedete nuovamente: “Che cos'è quella colonna, eccezionalmente alta, che si trova laggiù, alla sinistra, dove il lago si allarga, mentre la striscia di terreno si restringe?”. Rechiamoci là; ecco, essa ci è sempre più vicina e ora siamo proprio sul posto. Leggete ciò che sta scritto là in alto. Ebbene, voi avete letto esattamente, poiché vi si dice: «Segno di demarcazione fra il Regno dei figlioli e l'Antiregno»; che è la dimora di coloro che non sono ancora idonei ad un passaggio.

             21.   E ora guardate dinanzi a voi come si estende, a perdita d'occhio, un immenso mare, al di là del quale non si scorge terra. Vedete, questa è, appunto, la superficie scintillante che prima abbiamo scorto da lontano. Soltanto, guardate ancora più avanti, proprio in fondo, poichè potrete vedere anche le stelle, tuttavia per oggi faremo sosta dinanzi a questa colonna, mentre la prossima volta inizieremo la nostra traversata verso quella profondità stellare, e con ciò chiudiamo per oggi!

 

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Cap. 22

* * * * *

Confine del Regno dei figlioli

 

               1.   Voi chiedete: “Caro amico e fratello! Come potremo attraversare questa enorme superficie marina, visto che non c'è in nessun luogo una barca o una nave da poter utilizzare?”. Io, però, vi dico: “Di ciò noi non abbiamo bisogno. Dipende solo da voi se volete camminare su queste acque come un tempo il popolo israelita attraverso il mar Rosso o, quindi, come ha camminato Pietro col Signore sulla superficie delle acque. Entrambe le cose possono avere luogo ed accadrà come voi volete”. Voi dite che dovrei decidere io e dichiarare quale sia la cosa migliore.

               2.   Se dipende da me, preferisco seguire il Signore che non Mosè. Dunque cercate di camminare sulla superficie delle acque con me e non abbiate la benché minima paura, perché sulla superficie acquosa noi cammineremo come sulla terra ferma. Vedete, ora siamo già sull'acqua; come vi sembra questo suolo? Voi dite: “E' estremamente bello camminarci sopra. Il suolo è certo molto sottile da qualsiasi parte mettiamo i piedi, ma è comunque resistente come lo è una piuma e non cede. L'acqua è molto limpida e sembra essere estremamente profonda. Ma non abbiamo comunque nessuna paura, dato che siamo convinti che, per poterci sostenere, l'acqua deve avere una sufficiente saldezza”.

               3.   Questo è giusto, miei cari fratelli, fintanto che si è vicini alla sponda e la superficie dell'acqua è calma e liscia come uno specchio. Quando, però, saremo giunti in alto mare e la superficie dell'acqua diverrà sempre più fluttuante, ci si dovrà concentrare il più possibile, per non lasciarsi prendere dalla paura, per poi perdere l'equilibrio. Tuttavia, se l'acqua è salda qui, ai vostri piedi, rimarrà tale anche nel mezzo del mare, perciò cerchiamo d'iniziare il nostro viaggio. Soltanto tenetevi vicini a me e non fate dei passi incerti e vacillanti, ma sicuri e ben fermi, poiché, con i passi molli e non sicuri, non otterrete mai un granché. Infatti, come potete vedere, la superficie dell'acqua è quanto mai scivolosa e se non vi si posano i piedi saldamente e con sicurezza, si può facilmente scivolare e cadere; in questo caso riesce molto difficile rimettersi in piedi, però, vedo che voi fate già dei buoni progressi.

               4.   E ora, sempre avanti in linea retta, fino a che avremo raggiunto quel punto sul lontano orizzonte, che ha tutta l'apparenza di essere piuttosto burrascoso. Ora, come vedete, noi procediamo rapidamente e se anche in qualche punto il suolo già vacilla, in seguito al moto ondoso del mare, tuttavia, ciò non impedisce affatto il nostro viaggio.

               5.   Però, cosa state guardando tanto attentamente nell'acqua? Voi dite che guardate soltanto per vedere se nelle profondità del mare non ci siano dei pesci od altri animali acquatici. Io vi dico che ci sono pesci piccoli di nobile specie, ma potete star tranquilli che qui non ci sono dei mostri marini. Se volete vedere i nobili pesci, che emigrano da Oriente ad Occidente, dovete volgervi un pochino di fianco. Vedete quale enorme quantità di pesci lucenti ravvivano queste acque senza fine, provenendo dalla regione del Mattino? Non hanno essi una certa somiglianza con i vostri pesciolini dorati che, certamente, il loro splendore non ha nulla in comune con questi?

               6.   Voi vorreste pure conoscere qual è il suo significato? Ebbene, ciò denota la Vita fluente dall'eterno Oriente, che vivifica questo elemento, compenetrandolo e che poi ne esce, quale una Vita Libera, diffondendosi negli spazi infiniti delle eterne Creazioni di Dio.

               7.   Dal momento che ora abbiamo già fatto una sosta, approfitteremo per dare un’occhiata intorno, sulla superficie di queste grandi acque. Ed ecco che voi siete spaventati, poiché sembra che tutta l'Infinità sia riempita di queste acque, dato che noi non riusciamo a scorgere più, in nessun punto, delle tracce di terraferma. Io, invece, vi dico: “Non preoccupatevi e riflettete che, malgrado questa enorme superficie acquea intorno a voi, non va tanto male, com’è andata a Cristoforo Colombo con le sue misere navi, nel mezzo dell'Oceano Atlantico, dove egli si guardava avanti ed intorno, pieno di sgomento, per scoprirvi almeno un piccolo braccio di terraferma qualsiasi”.

               8.   Ora, però, continuiamo il nostro viaggio. Come vedete, non ci manca molto per arrivare alle grandi onde. Quando vi giungeremo, mettetevi bene stretti intorno a me, poiché dovremo passare delle profonde valli e degli alti monti, formati dal moto ondoso delle acque.

               9.   Guardate come le onde diventano sempre più visibili e più vicine a noi; tenetevi saldi poiché ancora un paio di passi ed avremo raggiunto i marosi. Ecco il margine della prima onda già dinanzi a noi. Guardate quant'è profondo il solco formato da questa e come l'acqua vi si precipita, mentre, dalla parte opposta, sembra che si innalzi fino al cielo un monte di flutti spumeggianti.

             10.   Voi dite: “O caro amico e fratello, non è possibile oltrepassare tutto ciò, senza passarci dentro? Poiché è già spaventoso soltanto guardarlo. Là si accavallano un paio d'onde alte fino al cielo. Ecco che si costituisce un abisso, formato dalle acque, così profondo come quando da una altissima montagna si guarda verso il baratro che fa venire i brividi”.

             11.   Io però vi dico: “Non vi allarmate, perché ci andrà molto bene, poiché, come potete osservare, l'abisso formato dalle acque si sta già richiudendo con in mezzo noi tutti; e così noi possiamo continuare il nostro cammino e quando avremo raggiunto quella montagna d'acqua che s'innalza dinanzi a noi, anch'essa poi si sarà appianata”. Anzi, guardate come essa si sia già abbassata e, così, la via è nuovamente libera. Però, qui c'è di nuovo un abisso, schiumando selvaggiamente le pareti acquee si precipitano verso il fondo. Noi, però, pazienteremo per un po', poiché anche questo abisso diventerà in breve, nuovamente, una via piana. Infatti, ecco che le pareti si sono già riunite e noi possiamo continuare il nostro viaggio. Là, però, c’è un’immensa montagna acquea, mentre, dietro a noi, proprio ora si è formato un nuovo abisso. Voi dite: “Questa mostruosa montagna finirà con lo spingerci nell'abisso”. Non preoccupatevi, poiché il monte acquoso riempirà l'abisso e così noi avremo nuovamente una via transitabile.

             12.   E ora osservate: “Dopo la burrasca e la pioggia, splende il Sole”. Con questo monte, formato dai flutti, abbiamo attraversato tutta la parte burrascosa di questo mare e, dinanzi a noi, abbiamo ora delle acque tranquille, però laggiù, molto lontano, dove vedete un grande numero di stelle sopra le acque, incontreremo un altro punto pericoloso, con dei grandi vortici. Soltanto che voi dovete rimanere tranquilli, poiché questi non potranno danneggiarvi. Ed ecco, data l’attuale maggiore velocità del nostro procedere, noi siamo giunti vicino ai vortici, soltanto che qui dobbiamo camminare sempre sull'orlo del vortice e così non ne verremo neppure sfiorati. E neppure dovete impressionarvi per il suo rumore simile al tuono, piuttosto guardate verso il firmamento, poiché siamo già sotto le stelle, le quali, qualche momento fa, ci sembravano tanto distanti. Ora, però, state bene attenti e guardate cosa si presenta dinanzi a voi!

             13.   Voi gridate: “Terra, terra!”. Già, terra; allora questo mare non era veramente tanto infinito, come ve lo immaginavate fino un momento fa. Guardate laggiù, su una lingua di terra che s'allunga considerevolmente sul mare, c'è di nuovo una colonna.

             14.   Cosa sta scritto? «Regione confinante col Regno dei figlioli». Ora sapete dove ci troviamo, però voi dite: “Ma per l'Amore del Signore, questa è una regione orridamente montuosa. Dovremo inoltrarci ancora più profondamente fra queste montagne?”. Ma certo, questo è proprio lo scopo principale, per cui abbiamo fatto il lungo viaggio fin qui. Questa regione la dovete vedere, poiché soltanto qui potrete rilevare il vero significato dell'Occidente. La prossima volta ci azzarderemo a penetrare in questa regione montuosa, mentre fino allora ci riposeremo accanto a questa colonna!

 

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Cap. 23

* * * * *

Chi semina con parsimonia farà una magra raccolta

 

               1.   Dato che ci siamo sufficientemente riposati e che abbiamo approfittato dell'occasione per gettare un ampio sguardo retrospettivo ai luoghi ultimamente percorsi (il vasto mare con le sue onde), la continuazione del nostro viaggio non ci costerà troppa fatica. Guardate, proprio qui c'è una valle abbastanza larga, con un piccolo braccio di mare, che porta verso l'interno del paese; perciò iniziamo il nostro cammino dalla parte destra di questa insenatura. Qui possiamo procedere molto più liberamente, dato che camminiamo su un terreno solido. Ora guardate verso il fondo della valle, dove si restringe fortemente, là arriveremo al più presto e vi faremo la nostra piccola tappa. Avanti, dunque, e lietamente, che in tal modo giungeremo alquanto prima alla meta. Guardate come la valle si fa sempre più stretta e, da ogni parte, delle spaventose rocce di alta montagna sporgono dall'alto, come se si volessero precipitare su di noi. Tuttavia, non lasciatevi prendere dall'angoscia, poiché a nessuno verrà torto un capello.

               2.   Ed ecco, noi siamo già vicini allo stretto baratro. Vi piace qui? Voi dite: “A dire il vero, non eccessivamente!”. Ma vedrete, quando avremo gettato uno sguardo più attento a questa regione, essa vi piacerà di più di quanto sia il caso attualmente. Guardate qui, vicino alla gola; al lato sinistro si diparte uno stretto fosso che va verso Sud; che cosa vi scorgete? Voi dite: “Noi vediamo dei prati scoscesi, qua e là coltivati a campi piuttosto miseri. Più in basso sono sparse delle casupole, che sembrano fabbricate a ridosso del monte. Qua e là ci sono pure delle sorgenti che precipitano da grande altezza; inoltre alberi e cespugli, così che, nell'insieme, questa valle ha l'aspetto dunque di un ristrettissimo paesaggio montano, come in Svizzera sul corpo terrestre.

               3.   E non vedete delle figure umane? Voi dite: “Finora non ci si è presentato al nostro sguardo nulla di simile; però, ora ci sembra che ci siano alcuni poveri contadini che salgono verso la prima capanna. Essi indossano dei vestiti grigi, di panno grezzo, come sulla Terra. Più avanti, ora vediamo degli altri simili campagnoli, che sembrano essere occupati a sarchiare l'erbaccia dal buon grano e, se la vista non ci inganna, su uno dei prati retrostanti ci dovrebbe essere una mandria di mucche piuttosto magre. Caro amico e fratello, come puoi sincerarti tu stesso, questo è tutto ciò che di vivente è dato scorgere qui. Questa valle continua, oppure finisce con quanto da noi visto?”.

               4.   Miei cari, questa valle s'inoltra ancora molto profondamente in questa regione, un po' alla volta diventa più larga e più accogliente, tuttavia non paragonabile con quella zona che abbiamo visto prima di arrivare alla prima colonna. Voi chiedete: “Che sta a significare questa valle?”. Ed io vi dico: “Questa valle e molte simili non sono altro che una valida spiegazione di quel testo delle scritture, dove dice: «Chi scarsamente semina, scarsamente raccoglie». E voi chiedete nuovamente: “Chi erano, dunque, costoro, sulla Terra?”. Erano persone facoltose e rispettabili, che hanno fatto un po' di bene nei riguardi della misera umanità. Comunque, essi erano dei grandi benefattori più di se stessi, che degli altri.

               5.   Ad esempio, il proprietario della prima capanna, che voi vedete proprio là davanti, era un uomo straordinariamente ricco; quest'uomo, in ogni occasione, ha elargito delle considerevoli somme di denaro per i poveri. Però, tutte queste somme, prese insieme, non formarono la decimilionesima parte del suo patrimonio. Come vedete, quest'uomo aveva bensì amore per il prossimo, ma, dall'altra parte, l'amore di se stesso era tanto predominante che voi scorgerete immediatamente la ragione per cui egli qui è un misero contadino. Voi dite che questa ragione si scorge approssimativamente, allora io ve la voglio esporre chiaramente. Però, prima dovete sapere che qui, nel Regno dello Spirito, si sa benissimo fare il conto di capitali ed interessi e che si prendono in considerazione anche le frazioni d'interesse nella misura di un atomo.

               6.   Fate, dunque, attenzione: questo campagnolo, che qui è tanto misero, sulla Terra possedeva un capitale che ammontava, in cifra tonda, a due milioni di fiorini d'argento. Secondo il tasso legale d'interessi, questo considerevole capitale gli fruttava annualmente centomila fiorini. I frutti di tale capitale quest'uomo li ha goduti per trent'anni interi, così che egli ha aumentato il suo capitale iniziale di ulteriori tre milioni di fiorini. Alla sua economia domestica destinava gli interessi degli interessi, prelevando dagli stessi pure tutte le elargizioni benefiche che, alla fine della sua esistenza terrena, ammontarono in totale a cinquantamila fiorini. In quale proporzione sta questa somma col suo capitale base, con gli interessi che esso rendeva in tutti questi anni? Essa corrisponde ad un quinto della sua rendita principale. Egli, però, otteneva annualmente cinque volte tanto, quale corrispettivo degli interessi sul suo capitale, dopo aver raggiunto i cinque milioni; mentre la somma indicata di cinquemila fiorini, impiegati a scopi benefici, si riferisce a tutta la sua vita. Questa somma viene calcolata da noi sui trent’anni, e quello che corrisponde ad un anno viene considerato come capitale e gli interessi di questo capitale gli vengono accreditati. Il capitale corrisponde ora al valore di tutta la sua presente azienda e l'utile che tale azienda gli rende sta sempre in esatta proporzione con gli interessi legali. Le due persone che sono ancora con lui, cioè sua moglie ed un suo figlio, pure trapassato, hanno, in certo qual modo, collaborato con lo spirito del padre, perciò non dispongono di un capitale proprio, bensì essi devono vivere degli interessi o della rendita di questa azienda agricola.

               7.   Voi chiedete: “E questi esseri non possono aumentare i loro beni?”. Sì, la possibilità c'è, ma le cose qui procedono molto a rilento, al confronto della Terra. Però, voi sapete quanto sia difficile, partendo da un capitale di poco superiore ai mille fiorini, arrivare poi al milione sulla base degli interessi legali. Ebbene, qui è ancora difficile raggiungere una maggiore possessione col proprio lavoro, poiché quello che rende questo magro terreno è sufficiente appena, con la massima economia, ad offrire a queste tre persone il solo necessario per poter sussistere, così che non è possibile mettere da parte dei risparmi.

               8.   Però, si offre loro un unico caso in cui i miseri abitanti di questa regione possono, un po' alla volta, tirarsi fuori da tale loro situazione, e questo caso consiste in ciò, cioè quando giungono qui, attraverso lo stretto abisso, dei pellegrini spaventosamente poveri, generalmente nudi e straziati dalla fame. E quando questi pellegrini scorgono tali capanne, si danno alla mendicità. E se un campagnolo, malgrado la propria indigenza, accoglie il poveretto a braccia aperte, lo conduce nella sua misera capanna, lo veste e divide con lui il suo misero pasto, allora, quale compenso di questo atto di solidarietà, il suo capitale viene aumentato della metà, tuttavia, senza che egli se ne accorga. Se, poi, egli si comporta così ripetute volte o si prende definitivamente cura di un simile poveretto, dicendogli: “Vedi, caro fratello, io sono povero e dispongo di pochissimo, tuttavia, rimani qui, ed io dividerò questo poco fraternamente con te, fino a tanto che ne disporrò e quando, insieme a te, avrò consumato tutto ciò che ho, allora prenderò anch'io, volentieri, insieme a te, il bastone del mendicante”.

               9.   Allora, quando il campagnolo avrà anche agito così, segretamente il suo capitale verrà centuplicato. E se in seguito verranno a lui molti altri bisognosi ed egli li accoglierà amorevolmente e farà il possibile per provvedere loro, ricorrendo all'aiuto di altri vicini, allora il suo capitale aumenterà mille volte, naturalmente a sua insaputa.

             10.   Se, poi, avviene che, per l’amore per il prossimo, egli si sia spogliato di ogni suo avere e che, sul serio, egli sia costretto a mendicare insieme ai suoi poveri di famiglia, lo si lascia fare per un certo tempo, affinché provveda al sostentamento dei suoi accompagnatori prima e poi a se stesso, però, dando sempre la parte maggiore e migliore al suo fratello. Ecco, soltanto allora viene a lui, in incognito, uno spirito angelico, inviato dal Signore, il quale si informa delle sue condizioni. Se, allora, così egli si esprime: “Caro amico, come tu vedi, io sono povero, però questa povertà non mi abbatte, soltanto il fatto che io non posso aiutare il mio povero fratello mi opprime il cuore”. Che cosa pensate che possa accadere, a questo punto? L'inviato del Signore, presentatosi quale un mendico, gli dice: “Io venni nudo a te e tu mi vestisti e, quale affamato ed assetato, mi saziasti e dissetasti e non misurasti la tua offerta, così che tu fosti, poi, obbligato a mendicare insieme a me e cercasti, dappertutto, pane per me. Vedi, perciò sono Io ora la tua grande ricompensa, poiché Io, il tuo povero fratello, sono l'unico Signore del Cielo e di tutti i mondi e venni a te, per aiutarti.

             11.   Durante il tempo in cui vivesti in sulla Terra, tu hai seminato con parsimonia e, per conseguenza, uno scarso raccolto fu la tua ricompensa. Però, tu qui, non hai praticato più l'usura, bensì hai permesso che il tuo cuore si impietosisse e poi si intenerisse e non sei stato più capace di lasciar passare, dinanzi alla tua capanna, nessun mendicante senza aver prima diviso con lui le tue scarse provviste. Vedi, questo tuo modo d'agire, è stato fruttuoso ed ha fatto di te un ricco abitante del Cielo. Guarda, questo fratello, che venne incontro a te, ti condurrà nella tua nuova dimora”.

             12.   A questo punto il Signore scompare e il messaggero conduce il povero abitante di questa regione, così operoso nell'Amore, nell'aureo Mezzogiorno, dove l'attende la nuova proprietà, proporzionata al capitale della sua attività di Amore.

             13.   Ma si dà anche il caso che quell'essere felice così si esprime dinanzi al messaggero: “Caro amico e fratello, vedi, io sono immensamente felice, per l'immensa Grazia e Misericordia del Signore, che mi abbia largito ciò. Io so che questa nuova proprietà sarà sicuramente splendida e doviziosa, soltanto, vedi, qui ci sono altri fratelli molto poveri; a costoro cedo questi beni destinati a me, mentre io preferisco che tu mi lasci ritornare nella mia piccola capanna, poiché potrebbe succedere che, fra i molti poveri che forse visiteranno ancora la mia dimora, si trovi ancora una volta il Signore. Perciò, io voglio ritornare là e, in quella povera capanna, accogliere ancora molti fratelli poveri, con Amore cento volte maggiore di quanto era finora il caso”. In verità, te lo posso dire, se io, nella mia misera dimora, potessi essere ancora una volta considerato degno di una tale felicità, sarei, in quella povera capanna, molto più felice per tutte le eternità, di quanto lo sarei se tu mi dessi i più grandi e splendidi beni nella più bella parte del Cielo. Dunque, lasciami sul mio terreno.

             14.   E poi, succede pure che il messaggero lascia rientrare il povero campagnolo e la sua piccola famiglia nella sua capanna, mentre il Signore è là ad accoglierlo a braccia aperte e lo fa immediatamente abitante dell'eterno Mattino!

             15.   Vedete, scene di questo genere avvengono abbastanza spesso, però voi potete appena immaginare quale alto grado di spirito di abnegazione ciò richiede. Infatti, la povertà porta con sé molto, anzi troppo spesso, inseparabilmente, il quasi necessario amore di se stessi e, per conseguenza, un povero mendicante chiede aiuto soltanto per sé. Quando, mendicando, ha messo insieme un piccolo importo, questo gli è appena sufficiente per le sue necessità, poiché, di solito, la sua indigenza non gli consente di dividere il poco che ha racimolato con qualche altro fratello bisognoso, ragione per cui già voi, sulla Terra, potete constatare, non di rado, fra la classe dei diseredati, una desolante invidia. Da ciò deriva il fatto che gli abitanti di questa valle, che sono tutti in condizioni pietose, si nascondino il più possibile alla vista dei mendicanti. Ed è perciò che se ne scorgono in questa regione molto pochi fuori dalle case. Mentre quelli che voi scorgete appartengono già ad una specie migliore.

             16.   La prossima volta visiteremo la valle aspra e scoscesa, che si trova alla nostra destra, verso settentrione, e con ciò oggi chiudiamo.

 

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Cap. 24

* * * * *

Luogo e condizione degli stoici nell'aldilà

 

               1.   Volgetevi e guardate alla vostra destra nella valle menzionata e ditemi come la trovate. Voi dite: “Caro amico e fratello, qui tutto sembra spaventosamente deserto e brullo. Si possono vedere, qua e là, sui pendii del monte, degli arboscelli contorti e più in basso, in questa stretta valle, delle siepi spinose, che producono delle bacche a noi note e, più in fondo ancora, dell'erbaccia acantacea, in quantità piuttosto abbondante. Il pendio verso Sera, nel suo colore rossiccio, ha un aspetto arido; quasi nient'altro che pareti rocciose su pareti rocciose troneggiano l'una sull'altra e dalle fessure fra le rocce precipitano dei torrenti in fondo valle. Soltanto l'altura che guarda verso Oriente è più dolce e adorna, qua e là, d'una capanna alpina quanto mai misera, però abitanti non se ne vedono. Forse si trovano in fondo valle, ma qui, davanti a noi, non si scorge nulla di vivente”.

               2.   Certo, certo, voi avete ragione, poiché dal punto dove ci troviamo ora non è possibile vedere di più. Perciò, inoltriamoci un po' più profondamente nella valle e, allora, ci imbatteremo in qualcosa di vivente. Guardate un po' lassù, su uno spuntone di roccia coperto di muschio, la prima capanna nella quale ci imbatteremo; ebbene, andiamoci. Ecco, noi siamo già arrivati e ora aguzzate la vista e fate attenzione a quello che si presenterà al vostro sguardo. Ora che avete seguito il mio consiglio, ditemi quello che avete visto.

               3.   Ma voi dite nuovamente: “Per l'amore di Dio, questi non sono uomini, poiché hanno tutto l'aspetto di scheletri animati e, oltre a ciò, sono piccoli come dei nanerotti. Noi potremmo considerarli piuttosto come appartenenti alle scimmie, che non ad una razza umana. Come stanno le cose con questi poveri esseri, così miseri, consunti dalla fame e completamente nudi? Insomma, le condizioni di questi esseri sembrano essere tutt'altro che favorevoli”.

               4.   Da un lato, avete ragione, ma dall’altro lato, per nulla affatto, poiché questi esseri, per quanto miseri possano sembrarvi, tuttavia, dal loro punto di vista, non si sentono affatto miseri. Infatti, qui stanno di casa i cosiddetti «stoici», o, detto con altre parole «uomini che bastano completamente a se stessi». Durante la loro esistenza terrena essi agirono lealmente e onestamente, ma non già per amore verso il prossimo e, meno ancora, per un certo Amore verso Dio. Ma, semplicemente, perché in ciò riconoscevano la vittoria della loro ragione e perciò dicevano: “L'uomo non ha bisogno né del Cielo, né dell'Inferno e neppure di Dio, ma soltanto di se stesso e della guida della sua ragione, quale il massimo principio dell'azione. Ed allora egli agirà in modo da non recare pregiudizio a nessun altro, ragione per cui egli ha il diritto di attendersi altrettanto dagli altri uomini”.

               5.   Poiché essi aggiungono: “Se io, in seguito all'altissimo principio della mia ragione, mi pongo al di sopra di tutte le futilità del mondo e dal mondo non pretendo niente, se non un parco saziamento del mio corpo e una semplicissima copertura su di esso. Non sono debitore ad alcuno di un tributo, poiché, ciò che il mio stomaco consuma, poi, lo restituisce alla terra e quello che copre il mio corpo può, col tempo, concimare il suolo. Io, però, fra queste due necessità, sono un dio completamente dominante, che serve da guida a me stesso e, con ciò, un signore illuminato della mia propria esistenza”.

               6.   Ed essi aggiungono ancora: “Se tuttavia c’è, o ci potrebbe essere un qualche Dio, che cosa mi può Egli fare e che cosa prendermi, se io sono grande in me stesso e guardo con disprezzo tutto quello che Egli vuole darmi, oppure togliermi? Tutt'al più questa squallida vita che io, con la mia ragione, ho imparato già da lungo tempo a disprezzare profondamente. Oppure, non dipende da me di vivere tanto a lungo, quanto voglio? Se io trovassi che il togliermi la vita si accordasse con il massimo principio della mia ragione, anche lo farei. Soltanto che l'onestà, riconosciuta da me stesso, mi insegna che ciò sarebbe contro il diritto della suprema ragione. Chi mi ha dato la vita è nel pieno diritto di riprendersela. Anche la natura stessa ha il diritto di riprendersi quello che essa ha donato, sebbene alquanto trasformato. La pura ragione deve trovare giusto ciò e deve dire, anzi, lo dice: «Ad ognuno il suo!». Però, appunto, per il motivo che l'uomo nella sua ragione non pretende di chiamare suo nemmeno un pulviscolo solare, egli è l'essere più elevato, anzi, elevato al di sopra di qualsiasi dio, sopra qualsiasi Cielo e si eleva potente anche sopra ogni inferno. Se ogni uomo la pensasse così, ognuno avrebbe a sufficienza quanto gli occorre e nessuno sarebbe a carico di qualche altro, poiché lontane sarebbero tutte le forme di attività di lusso, d'invidia, d'avarizia, d'orgoglio, d'arrivismo, d'ingordigia, d'intemperanza, di libidine, di menzogna e di inganno. Ammesso che viva un Dio e che Egli sia il supremo principio della ragione, chi potrebbe trovare da obiettare su questi principi fondamentali della vita? Se Egli trova in ciò qualcosa da obiettare, allora Egli non è un Dio, poiché sta molto al di sotto della ragione umana”.

               7.   Ora, vedete, questi uomini hanno vissuto sulla Terra in modo da non sottrarre alcunché neppure ad una mosca; non sono mai stati a carico di nessuno e non hanno mai offeso qualcuno, nemmeno con una parola. Essi erano molto al di sopra di ogni genere di passioni. Se qualcuno chiedeva loro un favore o un piccolo servizio, essi non vi opponevano mai un rifiuto, sempreché non si trattasse di qualcosa che stesse in contrasto con i diritti e principi della loro ragione e non chiedevano mai una ricompensa. Se si voleva offrire loro un impiego od una carica onorifica, non l'accettavano mai e indicavano a tale mecenate, portandosi due dita sulla fronte, e sottolineando il gesto con le parole: “Qui dimora il più alto impiego dell'uomo e la più grande carica onorifica!”.

               8.   Se voi, dunque, osservate ora questi uomini, potete giudicare da voi stessi, se si sono resi meritevoli di una qualsiasi punizione. Voi dovete dire: “Certamente no”. Ulteriore domanda: “Si sono resi idonei ad un premio?”. A questo punto, però, bisogna anche chiederci: “Con quale premio possono essi venir ricompensati?”. Essi disprezzano il Cielo e non vogliono neppure riconoscere Iddio al di sopra della loro ragione, di conseguenza, la cosa più equa è lasciarli godere di quella ricompensa elargita dalla loro propria ragione.

               9.   Però, voi chiedete: “Ma a questi miseri esseri non dà ribrezzo lo stato penoso in cui si trovano?”. Oh, no! Poiché, questo è il loro proprio e massimo trionfo, dato che, già sulla Terra, essi trovavano la felicità di un moscerino altamente invidiabile e dicevano: “Vedete, un pasto quanto mai splendido è, per questo animaletto, una goccia di rugiada appena visibile, posata su una foglia. L'intera costituzione di questo animaletto sembra avere delle minime necessità; quando noi, invece, osserviamo la costituzione straordinariamente dissipativa del nostro corpo, allora, la nostra ragione non può, e con tutte le buone ragioni, che farne oggetto di biasimo. Infatti, io devo avere un grande ventre, per mangiare e poi espellere molto. Un altro scopo, in questo caso, la nostra ragione non lo trova e proprio per questo, perciò, essa si accontenterebbe volentieri del minimo, se la costituzione fortemente antieconomica del suo inutile corpo, glielo consentisse”.

             10.   Essi criticano, inoltre, tutta la carne che abbiamo appiccicata intorno alle nostre ossa e dicono: “Il moscerino fa a meno di tutto ciò ed è già per questo più felice che non il massiccio uomo, costituito in maniera così dispendiosa”.

             11.   Quando sapete ciò, la piccola figura scheletrica di questi uomini non vi sembrerà più tanto misera e degna di compassione; come è stato il caso, al primo sguardo, poiché essa corrisponde esattamente ai principi della loro ragione. Voi dite ora: “Ciò è tutto giusto e noi scorgiamo chiaramente ora che qui non può essere che così e non altrimenti e che questi uomini si sentirebbero molto a disagio, se avessero un'altra figura non corrispondente ai loro principi ed in altre condizioni ambientali diverse da queste, che essi riconoscono essere le più confacenti per loro. Però, qui sorge, dal profondo del cuore, un'altra domanda, caro amico.

             12.   «Non è possibile venire incontro a questi uomini, così da indurli ad imboccare una via migliore?»”.

             13.   Cari amici e fratelli, questo è un compito alquanto arduo e molto difficile, poiché essi hanno una sola via d'accesso che è la via della scienza, ed occorrono una grande pazienza ed una costanza sconfinate, per sottoporre a questi mercanti della ragione, in modo che essi la riconoscano giusta e non contrastante con i loro principi, poiché essi dicono: “Ci sono molte cose che scientificamente possono essere giuste, ma che queste si accordino perfettamente anche con i principi della ragione, questa è un'altra questione”. Per giustificare appieno quest'affermazione, essi elencano un grande numero di “casi scientifici”, che, presi per se stessi, sono perfettamente esatti, ma che, tuttavia, stanno in pieno contrasto con i superiori principi fondamentali della ragione. Io vi voglio indicare, come esempio, alcune di queste obiezioni.

             14.   Essi, tra l'altro, dicono: “Il calcolo di un'eclissi è «scientificamente» perfettamente esatto”. Però, chiedete alla ragione ed al suo esecutore, cioè all'intelletto, a che cosa la casuale eclissi è utile e che cosa l'intera umanità ci ha guadagnato di elevato, attraverso le informazioni fornite dalla scienza? E così è altrettanto giusto, scientificamente, che l'uomo, del nutrimento che prende, una certa percentuale l’accoglie in sé, per il mantenimento delle parti del suo corpo, mentre il resto lo espelle con le feci. Ma se voi vi rivolgete alla ragione, la stessa non può che ridere di un tale calcolo delle proporzioni, veramente inutili. Inoltre è scientificamente esatto che l'acqua ed altri liquidi vengono spinti verso il basso a causa della gravità in essi dimorante, ma che cosa dice la ragione, quando i suoi occhi si posano sulle aride pareti dei monti, dove non può crescere nemmeno una pianticella di muschio, per il semplice motivo che quelle pareti montuose vengono sempre a mancare di una giusta e costante dose d'umidità, per la nutrizione del regno vegetale? Ecco, da questi pochi esempi potete constatare a sufficienza, quanto sia difficile presentare, a queste critiche teste ragionanti, un esempio scientifico che possa essere riconosciuto da loro, come perfettamente concorde con la ragione. Però, affinché voi possiate pienamente scorgere ed afferrare una conversione del genere, vi presenzieremo la prossima volta, così che, per oggi, chiudiamo.

 

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Cap. 25

* * * * *

Una via di accesso per la conversione degli stoici migliori

 

               1.   Guardate qui sotto, nella valle si vedono proprio ora tre messaggeri che si accingono a tentare una tale pesca; seguiamoli e porgiamo attento ascolto ai loro discorsi. Essi si inoltrano nella valle, verso la terza capanna, situata su una roccia arrotondata e coperta di muschio, ed è proprio là che essi si presenteranno. Guardate come essi si avvicinano guardinghi alla capanna, facendosi quasi più piccoli, perciò seguiamoli e facciamo attenzione a che cosa seguirà alla prima accoglienza.

               2.   Quello che funge da capo, saluta colui che sembra essere il personaggio più importante della casupola, cioè il più assennato d'una compagnia di dieci persone. Come suona il saluto? Ascoltate!: “O uomo sommamente saggio, che osservi le cose dal giusto punto di vista e che riconosci dall'acuta sommità della tua ragione quello che è giusto ed ingiusto, quello che è ragionevole ed irragionevole, ordinato e disordinato. Noi abbiamo appreso in luoghi molto lontani, quanto savio sei, perciò siamo qui, per ottenere dei buoni consigli su alcune questioni!”.

               3.   Il presidente della ragione così risponde: “Da questo lato, voi siete davvero i benvenuti, io vi voglio volentieri aiutare entro i limiti delle mie forze, però non al di là delle stesse. Infatti, voi saprete certamente che i miei tesori non consistono in oro, argento e pietre preziose. Da me non vengono offerti né banchetti sontuosi, bensì quello che posseggo sono la vittoria della pura ragione, dalla quale potete attingere quanto volete. Voi potete essere certi che tali tesori vi renderanno molto più felici di quanto potreste essere entrando in pieno possesso di tutte le cosiddette nonché sognate magnificenze celesti, che in e da per se stesse non sono nulla, se non delle necessità segretamente espresse di uno spirito malcontento di quanto gli è stato dato. Voi sapete che lo spazio è infinito e che l'uomo, in questo spazio, pensa. Colui che porta i suoi pensieri nell'infinito dimentica innanzitutto che egli stesso è un essere finito e che, in secondo luogo, non riflette e non si avvede che, alla fine, tali pensieri sono, per lui, null'altro che un costante malcontento e, di conseguenza, una sempre maggiore aspirazione di beni irraggiungibili e, da ciò, infine, anche un perdurante stato infelice, che la follia umana non fa che alimentare ciecamente, soltanto con vuote speranze ampliate ed ingrandite artificialmente. Di conseguenza anche il Cielo non è altro se non un simile bene sognato e serve soltanto a nutrire la forza d'immaginazione degli spiriti malcontenti di quanto avuto.

               4.   Soltanto la pura ragione è in grado di misurare i veri limiti delle necessità del suo essere soggettivo e richiede, poi, in tutta l'oggettività, soltanto un’esatta misura della propria limitatezza e questa misura si chiama la piena soddisfazione. Colui che è soddisfatto di ciò che egli riconosce essere esatto, secondo la misura della sua limitatezza, calcolata dalla pura ragione, quegli ha trovato il suo vero cielo e non ne desidererà mai più un altro, per tutta l'eternità, perché scorgerà chiaramente che, per la misura della sua limitatezza, non si adatta altro se non quello che corrisponde pienamente a tale misura”.

               5.   A tale saggio discorso così ribatte quello che funge da capo (messaggero): “Noi riconosciamo già da questo tuo breve discorso che tu hai fatto completamente tua la vittoria della tua ragione, perciò osiamo anche, contando con piena sicurezza sulla tua saggezza, esporti ciò che c'interessa”. Il rappresentante della ragione dice: “Benvenuto sia tutto ciò per cui io possa esservi utile e perciò esprimete liberamente e senza riserve ciò che vi sta a cuore”. Ed allora il messaggero dice: “Ascolta, dunque! Nella società, dalla quale siamo stati inviati a te, per ottenere un buon consiglio, è sorto un gran dibattito sulla necessità o meno della luce. Le motivazioni in favore della luce, sono altrettanto valide quanto quelle contro la luce e noi non siamo assolutamente in grado di decidere quale delle due parti ha ragione”. Il rappresentante della ragione dice: “Ripetetemi alcune di queste motivazioni e contromotivazioni e potete essere certi che il mio giudizio colpirà nel segno”.

               6.   Il messaggero così si esprime: “Ascolta dunque! Un buon motivo in favore della luce è il seguente: «Che sarebbero tutte le cose senza la luce? Esse sarebbero altrettanto poco, come se non fossero. Inoltre, la luce è il principio fondamentale di ogni attività e, conseguentemente, anche di ogni pensiero, poiché senza la luce, quale unica forza che tutto muove e tutto incita, nulla sarebbe sorto e perciò neppure nessun essere ragionevole pensante, poiché la luce è senz'altro anche il principio fondamentale della ragione ed è, allo stato spiritualmente purissimo, la vera ragione stessa». Ecco, questa è la motivazione in favore della luce.

               7.   La contromotivazione è la seguente: «Dal momento che la luce, evidentemente, è emersa dalle tenebre e che, conseguentemente, prima che la luce fosse, tutta l'infinità era immersa in uno stato completamente privo di luce, viene da chiedersi se nello stato di tenebre l'infinità era meno infinita di quanto lo è ora, nello stato di piena luce». E la parte contraria, così continua: «E’ a tutti noto che l'interno dei corpi mondiali è, per la maggior parte, completamente priva di luce e, tuttavia la materia si trova anche in tale stato buio, anzi ancora più intensamente che non lo sia nella superficie che ruota nella luce. Se, dunque, tutto il corpo mondiale, per quanto riguarda il suo interno, può sussistere benissimo senza luce, la luce ha tutta l'apparenza di essere, fra le cose della natura, un vero e proprio oggetto di lusso». E la contromotivazione così continua: «Ognuno sa che, nella notte del grembo materno, è avvenuta la sua generazione e che, proprio in quella notte, egli ha ricevuto la vita. Per quale ragione, allora, quello che è diventato vivente soltanto nella notte deve poi uscire nella luce? Chi volesse anche soltanto fare attenzione un poco a ciò, dovrebbe accorgersi, di primo acchito, che la luce non è soltanto una cosa superflua, bensì perfino dannosa alle cose ed agli esseri, perché essi si abituano e allora si sentono palesemente infelici, se questa, poi, viene a mancare». E così seguitano: «Se gli uomini nascessero completamente ciechi, non si preoccuperebbero affatto per la perdita della luce, mentre per un occhio abituato alla luce il diventare cieco è la sua più grande disgrazia». Com’è naturale, gli oppositori obiettano, dicendo: «In un tale stato di felice cecità, fra un uomo ed un polipo che si trova sul fondo del mare non ci sarebbe nessuna differenza, poiché, se un uomo non vedesse nessuna cosa, egli non potrebbe mai farsi un concetto di nessun genere. E, in mancanza di concetti, sarebbe proprio il caso di porre una grave domanda, e cioè: “Quale aspetto avrebbe il pensiero senza concetti e senza le forme del pensiero stesso?”». Con riguardo all'infelicità, in seguito ad una casuale cecità, così si esprimono i difensori della luce: «Se si vuole considerare ciò una infelicità e farne una motivazione aggiuntiva contro la luce, allora la si può applicare anche agli altri sensi, che non hanno nulla a che fare con la luce. Tuttavia, per evitare ogni infelicità del genere l'uomo dovrebbe nascere completamente senza sensi e nella notte. Però, quale potrebbe essere il pensiero di un uomo senza sensi, cioè insensibile, lo si potrebbe, nel modo migliore, apprendere da una pietra». Come vedi, o uomo altamente saggio, noi ci troviamo in un tale garbuglio e la nostra unica e grande certezza è che tu potrai sciogliere questo nodo”.

               8.   Il rappresentante della ragione dice: “Ascoltate miei stimatissimi amici! Questo è un caso quanto mai critico, poiché ognuno delle due parti ha la ragione per sé. Però, considerato che in seguito al riconoscimento della pura ragione non vi possono essere due ragioni, ma una soltanto, sarà piuttosto difficile, in questo caso, fra due ragioni stabilire quale è veramente la ragione giusta. Noi potremo trovarla solamente se terremo nei dovuti limiti la nostra essenzialità, quale un essere individuale, perciò ascoltate! Io esporrò anzitutto dei principi, traendo poi dagli stessi un buon risultato. Però, per poter far ciò, devo anzitutto premettere una esistenza non esistente, una esistenza consumante ed una libera esistenza pensante. Una esistenza che non esiste non ha bisogno di nulla, dunque non c'è nessun consumo. Una semplice esistenza naturale consumante premette, già necessariamente con la sua esistenza stessa, che essa è qui soltanto attraverso un consumo ad essa corrispondente. Tutta la materia ha una tale esistenza che può esistere tanto nella notte che nella luce. Ma poiché l'uomo è un essere pensante e decide liberamente di se stesso, una tale esistenza più elevata presume anche un consumo tale che corrisponda appunto a tale esistenza. E la sostanza che deve essere consumata, non può in tal caso essere altro che la luce. E così una non esistenza non ha bisogno di nulla. Una esistenza consumata, quale un prodotto della notte, non ha bisogno d'altro che di un nutrimento ad essa pienamente corrispondente. Ed una esistenza chiara, liberamente pensante ha bisogno, allora, necessariamente, di quel nutrimento che è il principio della sua esistenza stessa. E così, ogni principio è sufficiente al suo prodotto e deve necessariamente trovare la sostanza per alimentare la sua vita e, di conseguenza, dal non essere emerge un non essere, dall'essere della notte un essere tenebroso e dall'esistenza della luce un essere affine alla luce. Nella misura in cui l'uomo, grazie alla pura ragione, riconosce che egli, per necessità di cose, deriva dalla luce, deve anche riconoscere che la luce, da questo punto di vista, è un substrato a lui necessario. Invece, quando egli si considera soltanto un consumatore animale e si rende nemica una vita più elevata e liberamente pensante e si può nuovamente formare quale un embrione nel grembo materno, allora, certamente, non ha bisogno della luce. Come vedete, cari amici, voi avete qui, il più chiaramente possibile, la ragione incontestabile, in favore della luce”.

               9.   E il messaggero dice: “Ascolta o uomo saggio! Noi abbiamo riconosciuto, dalla tua esposizione, la predominante tua ragione e qual è la situazione, però c'è un unico punto ancora nell'ombra, al quale non ci riesce di trovare una valida risposta e precisamente: «Perché, sul corpo terrestre, tutti gli innumerevoli prodotti vegetali, nonché il numeroso regno delle specie animali, hanno bisogno per la maggior parte della luce, sia per la loro vegetazione che per la loro riproduzione animale?». Infatti, è molto ben noto a tutti i naturalisti che, in uno spazio assolutamente privo di luce, non c'è quasi affatto vegetazione, mentre gli animali, in luoghi completamente bui, ben presto si ammalano e muoiono e tuttavia, secondo la tua esposizione, essi non sembrano essere, necessariamente, dei consumatori di luce. Essi non sono degli esseri pensanti, anzi, non possono neppure esserlo, quale una ben fondata conseguenza della loro essenzialità, rigidamente giudicata. Questa obiezione noi non la facciamo come se volessimo con ciò menomare la tua pura opinione, bensì soltanto per trarci da eventuali insidie che potrebbero capitarci”.

             10.   Il presidente della ragione così si esprime: “Mi sia anzi benvenuta questa obiezione, così che la portiamo subito dinanzi al chiaro giudizio della pura ragione e perciò ascoltate! Dato, però, che, accanto a loro, esistiamo anche noi, quali prodotti della luce, non è tuttavia possibile per noi accettare la conclusione inversa, cioè che noi siamo qui per loro? Infatti, un uomo non può dire: «Io sono qui, affinché questa casa venga da me abitata ed io la serva», bensì deve dire che la casa c'è, in quanto essa deve servire all'uomo. Dunque, se la luce ha generato noi, la luce ha dovuto necessariamente disporre, in precedenza, quelle condizioni che sono indispensabili alla nostra esistenza, imparentata con la luce. E, per conseguenza, anche le specie da noi menzionate, hanno bisogno necessariamente della luce, affinché possano servire alle nostre necessità, apparentate con la luce, quali mezzi di consumo. In questo caso, però, non mi riferisco al consumo dello stomaco animale, che può essere saziato benissimo anche in una camera buia, bensì all'alto consumo dello spirito, che si può saziare soltanto dei concetti e delle forme, che, al pari suo, provengono dalla luce. Un albero, che si trovasse al centro della Terra, non potrebbe servire da nutrimento allo spirito, con tutti i suoi frutti, fino a quando non venisse portato esso stesso alla luce e non si apparentasse con essa. Vedete, miei cari amici, ora è stato chiarito il vostro punto problematico, se ancora qualche cosa dovesse risultarvi oscura, vogliate comunicarmela senza riguardo!”.

             11.   Il messaggero dice: “Stimato ed altamente saggio uomo, dal momento che tu hai pronunciato il tuo giudizio nella maniera più giusta, mi vorrai benignamente concedere che ti sottoponga anche una domanda con riferimento a te stesso; perciò stammi a sentire: «Qual è, dunque, il vero motivo per cui tu, saggio esponente della ragione la più illuminata, hai eretto la tua casa proprio in quest'angolo, completamente appartato dalla luce?»”.

             12.   Il rappresentante della ragione dice: “Il motivo è più saggio di quanto tu possa immaginare e precisamente: «Se vogliamo guardare le cose nella luce e distinguerle le une dalle altre pienamente illuminate, dobbiamo seguire matematicamente i giusti principi basilari dell'ottica e non metterci noi nella luce, bensì in un punto che sia sufficientemente all'ombra. Così facendo, la nostra facoltà visiva viene rafforzata e gli oggetti che ci stanno di fronte possono venir scorti nei loro minimi particolari e con contorni bene delineati. Se tu, invece, volgi gli occhi verso la luce, essi vengono accecati dalla stessa e tu vedrai le cose vagamente, come fra la nebbia, così che ti dovrai accontentare di quella loro parte che sta nell'ombra. Ecco perché la mia dimora è rivolta verso l'ombra e non verso la luce». Ora, se ti sembra che ci siano ancora altri punti da chiarire tu troverai in me, in qualsiasi momento, un uomo instancabile e sempre pronto, nel limite delle sue possibilità, a darti piena soddisfazione”.

             13.   E ora, il messaggero rivolge al presidente della ragione la seguente domanda: “Io ho constatato una volta ancora come tu pensi a tutto sulla base di principi fondamentali ben calcolati e analogamente tu parli e agisci, perciò mi è venuta una grande voglia di apprendere da te, perché tu, quale difensore del valore della luce, ti sei stabilito in una zona delle più inospitali, che offre, per lo stomaco animale, altrettanto poco come per quello spirituale. Non è un gran peccato che tu non abbia scelto, quale residenza, una zona più ricca, a vera benedizione di molti uomini di debole intelletto ed in cui anche tu stesso avresti potuto trovare maggiore nutrimento per il tuo spirito, preparando, in tal modo, agli spiriti deboli, un cibo più rinforzante, tratto dalle molteplicità dei raggi di luce che s'incontrano con il tuo spirito?”.

             14.   “Miei cari amici, su questo punto della vostra domanda deve venirvi data, senza indugio, luce sufficiente”.

 

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Cap. 26

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Prosecuzione della visita presso gli stoici

 

               1.   L'uomo della ragione così si esprime: “Come vi trovate voi, rispetto all'Infinito?”. Voi dite: «Non altrimenti che nella maniera finita e limitata». Ecco, voi stessi date già, in questa risposta, il motivo per cui io ho scelto questa regione quale mia residenza. Io perciò vi dico: «Veramente saggio è colui che ha trovato i limiti della propria ragione e, con questa, ha riconosciuto quanto occorre per saziare il suo spirito». Questa ragione corrisponde in modo esatto ai ben riconosciuti limiti della mia ragione stessa, il cui motto è questo: «Accontentati sempre di ciò che corrisponde alla tua limitatezza. Non oltrepassare mai la sfera delle tue cognizioni e riconosci e trova te stesso in tale tua sfera, che allora, tu hai trovato la felicità della tua vita nel grado più completo ed a te maggiormente confacente». Vedete, per questo motivo, questa regione, che voi trovate tanto inospitale, è per me pienamente confacente, poiché non offre nulla di più di quel tanto che corrisponde ai limiti della mia ragione. Conseguentemente, se io posso essere utile a qualcuno, lo posso soltanto entro l'orizzonte delle mie cognizioni, al di fuori dello stesso dovrei essere un profano e sarei posto nell'impossibilità di essere utile, anche in minima parte. Da ciò voi potete dedurre perché, per viverci, io abbia scelto proprio questa regione e nessun'altra. Se, però, voi doveste forse ritenere che io potessi essere sedotto dalla vanità, per questa mia sapienza, allo scopo di brillare come una luce, dinanzi ad altri, allora voi vi ingannate moltissimo sul mio conto. Infatti, il mio incrollabile principio fondamentale è questo: «Se tu vuoi aiutare qualcuno, allora riconosci molto bene la sfera dalla quale tu vorresti aiutarlo. Se, però, questa sfera non la conosci, rinuncia alla tua filantropia, poiché chi vuole dare di più di quello che ha è un pazzo od un ingannatore»”.

               2.   Allora, il messaggero così si esprime: “Stimatissimo amico, tu hai nuovamente parlato con molta saggezza e noi non abbiamo nulla da obiettare. Soltanto un punto ci sembra un po' oscuro e dal momento che tu finora sei stato tanto compiacente da rettificare e chiarire in modo valido i nostri problemi, vorrai certamente essere ancora tanto benevolo così da permetterci di ricorrere a te per un consiglio anche su questo punto”.

               3.   E il presidente della ragione risponde: “Cari amici, fino a tanto che voi vi trovate su questo mio territorio potete sottopormi qualsiasi domanda e potete essere certi che io sarò in grado di darvi, su ogni punto, una chiarificazione perfettamente valida per questo mio distretto. Ditemi, dunque, quali sono i vostri dubbi”.

               4.   Il messaggero così si esprime: “Nella tua saggia esposizione hai parlato di una determinata limitatezza del tuo orizzonte di conoscenza e del come sia del tutto contrario alla saggezza il volersi elevare al di sopra di tale orizzonte. L'ultima parte ci è comprensibile, poiché, in verità, nessuno può fare qualcosa al di sopra delle sue forze e se vuole farlo è già un pazzo, solo pensando di voler superare i propri limiti. Però, vedi, quando tu nascesti, la tua ragione non aveva sicuramente un orizzonte così vasto come l'hai tu ora. Ne risulta che tu hai dovuto, evidentemente, allargare sempre di più questo tuo orizzonte di conoscenze, per poterlo portare, con questo allargamento, fino alla presente circonferenza, veramente stupefacente. Ora si domanda: «E' tale orizzonte da considerarsi come, definitivamente stabilito, oppure è idoneo ad un ancor maggiore ampliamento?». Io, da parte mia, sono dell'opinione che, se anche un essere limitato amplia il proprio orizzonte, egli rimane, però, sempre un essere limitato e non corre mai il pericolo di riempire tutto l'Infinito”.

               5.   Il presidente della ragione dice: “Cari amici, voi avete, da un lato, ragione, ma, dall'altro, torto! Se l'uomo si fosse dato da se stesso, allora egli potrebbe darsi a suo piacimento quanto volesse, poiché egli non avrebbe trovato nessuna penuria nell'Infinito, così che starebbe in lui aumentare senza sosta ed a suo piacimento l'orizzonte delle sue conoscenze. Considerato, però, che l'uomo non è un datore di se stesso, bensì un essere dato, così anche l’orizzonte delle sue conoscenze è una cosa data. Quando voi su un corpo terrestre osservate, ad esempio, sia pure soltanto una mela, vedete anche che essa, fin dalla sua origine e subito dopo la caduta della fioritura, ingrossa sempre più il suo orizzonte. Però, quando ha raggiunto il suo determinato limite, quale sua piena maturità, voi potete cercare di persuaderla quanto volete, ma essa oltre il suo stato non potrà che persuadervi e dirvi: «Fin qui e non oltre, poiché la mia misura è colma!». E perché la mela vi darebbe tale risposta? Perché anch'essa è una cosa data e non un dono fattosi da se stesso e se voleste forzarla ad allargarsi ulteriormente, non fareste evidentemente che distruggerla! Vedete, lo stesso caso succede con l'uomo. Egli è un essere dato e non uno che si dà per se stesso e, di conseguenza, anche il suo circuito di maturità gli viene dato nel suo limite. Chi raggiunge completamente tale circuito e riconosce poi in sé che esso è completo per il circuito che gli è stato posto, quegli è in sé, come tale, tanto perfetto quanto è possibile. Se, invece, egli rimane entro tale circuito, senza mai riempirlo, allora è uno schiavo storpiato di se stesso e non avrà la capacità di svolgere una sufficiente attività neppure a proprio favore. Chi, infine, voglia gonfiare d'aria il circuito che gli è stato dato, è un pazzo ed orgoglioso e si avvia, da se stesso, alla sua rovina e di lui avverrà come di una palla, riempita di polvere pirica, che venisse accesa, nell'esplosione i pezzi verrebbero lanciati in tutte le direzioni e della palla non rimarrebbe nulla”.

               6.   Il messaggero così parla: “In sostanza, non abbiamo nulla da ribattere a questa tua dissertazione, poiché essa è perfettamente esatta. Però, tu, caro amico, presenti le tue risposte come un magnifico studio, in modo così saggio da suscitare in noi un nuovo appiglio, per il quale si rende necessario ricorrere a te, per ulteriori delucidazioni. E così, in questa tua saggia esposizione, ti sei pronunciato nel senso che l'uomo è soltanto una cosa data e non ricevuta da se stesso. Dunque, se questo è, senza alcun dubbio, il caso, allora si deve chiedere evidentemente chi è il Datore, poiché qualcosa di dato si presuppone abbia sicuramente un donatore, come qualunque fenomeno ha la sua causa corrispondente. Ecco perché noi gradiremo molto ricevere da te un’adeguata delucidazione proprio sul Donatore”.

               7.   Il presidente della ragione dice: “Cari amici, per quello che concerne il Donatore, Esso sta al di sopra dell'orizzonte delle nostre conoscenze e abbiamo fatto tutto quanto era di nostra competenza, riconoscendoci come dati. Però, se noi vogliamo scrutare il Donatore, allora è come se volessimo, con un compasso alla mano, misurare il circuito dell’Infinità. Questo è certamente vero, poiché, sopra un circuito stabilito, viene fatto di pensare a dei circuiti sempre più ampi, con i quali il circuito più piccolo, tuttavia, ha una certa somiglianza. Se questo piccolissimo circuito dovesse tuttavia diventare completamente simile nelle dimensioni, al grande, esso per forza di cose dovrebbe essere lacerato, e poi, la sua linea periferica, tanto più corta, dovrebbe essere stesa per portarla alla sua rotondità. Soltanto l'esperienza insegna che la periferia del piccolo circuito, per quanto tesa, potrebbe raggiungere forse appena la millesima parte della tanto maggiore periferia del circuito successivo. E così soltanto in millesima parte sarebbe in consonanza con la periferia del circuito più grande, mentre tutte le altre novecentonovantanove parti resterebbero eternamente irraggiungibili. E, vedete, in questo esempio sono in ballo soltanto due circuiti limitati. Ora, prendete questo circuito limitato e non la linea della sua superficie distesa, tentate di misurare il circuito infinito e sconfinato, e chiedete a voi stessi a che cosa potrebbe essere comparato un tale lavoro o un tale impegno, da parte della nostra ragione. Io sono dell'opinione che non è neppure paragonabile una più grande pazzia nel cervello umano. E questo sarebbe anche il caso, se noi volessimo indagare sull'infinito Donatore, per sapere Chi Egli sia. E così, come ho già detto prima, è sufficiente per ogni uomo, se egli si riconosce quale un essere fisso fatto e se su questa base egli regola pure il suo limitato circuito della conoscenza. Per quello che riguarda il Donatore, Esso non concerne per nulla con colui che è dato, poiché Egli deve essere, evidentemente, infinitamente al di sopra di ciò che Egli dà! Che cosa può diventare una mela, una volta che ha raggiunto la maturità? Che cosa può succedere di un cerchio, quando la linea che è partita da un punto, ha raggiunto se stessa, nello stesso punto? Esso, perciò, rimanga quello che è, che, allora sarà perfetto, per quello in cui è stato dato”.

               8.   Il messaggero così si esprime: “Quanto ora hai esposto è una giusta risposta, però, a parte ciò, noi avremmo tuttavia ancora una domanda da sottoporti, perciò ascolta: «Nella regione dalla quale noi veniamo viene predicato, continuamente, dalla cosiddetta parte migliore, dell'Amore verso Iddio e noi non sappiamo cosa si voglia dire con ciò, sulla via dei tuoi saggi principi. Poiché, come amore, noi intendiamo un afferrarsi ed un attirarsi. Come può un essere limitato o una forza limitata, afferrare ed attirare a sé, una forza illimitata?»”.

 

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Cap. 27

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Superamento e liberazione di un saggio stoico

 

               1.   Il presidente della ragione osserva: “Cari amici, per poter dare a questa domanda una risposta accettabile, è anzitutto necessario fare una debita distinzione. Quale prima cosa è necessario chiarire come si deve comprendere il concetto “amore”, in modo che concordi perfettamente con la ragione e poi soltanto si può rilevare come tale concetto sta, con riguardo a se stesso ed a tutto ciò che lo circonda. Il concetto “amore” non è altro, anzi è impossibile che sia altro se non una necessità che si esprime, la cui causa, a sua volta, non può essere altro se non la mancanza di ciò per cui, appunto, tale necessità si esterna. La necessità o il bisogno è simile alla fame. Quando un uomo è molto affamato, la sua fame gli dà la sensazione che potrebbe inghiottire un mondo, per poter sfamarsi completamente. Mentre l'esperienza gli dice: «Mangia una libbra di pane e sarai sufficientemente saziato!». Vedete, per quanto concerne il bisogno spirituale, corrispondente al concetto “amore”, il caso è quasi completamente identico. L'uomo affamato d'amore è dell'opinione che dovrebbe riempire il vuoto del suo cuore con tutta l'Infinità, prima di potersi sentire effettivamente sazio. In che cosa deve essere ricercata la causa di questa erronea brama? Essa è da ricercarsi soltanto nel fatto che il suo orizzonte di conoscenza non è sufficientemente saziato; in seguito a ciò, necessariamente, un vuoto tira l'altro, una mancanza tira l'altra e, con ciò, da un bisogno si passa all'altro. L'amore brama di essere saziato e dato che questo è una pura facoltà meccanica di fame spirituale, esso ha la facoltà di giudicare di che cosa ha bisogno per saziarsi veramente. Dunque, considerato che attraverso questa facoltà di bramare si manifesta un vuoto nella conoscenza, quest'ultimo, che a ben guardare significa nessuna conoscenza, non è in grado, perciò, di giudicare qual è la sostanza necessaria al suo saziamento. In una simile situazione, tali teste vuote si rivolgono, con la loro cieca facoltà di bramare, all'ambito dell'Infinito e sono dell'opinione che da questa eterna cornucopia volerà loro in bocca tutto quello che a loro manca. Però, come sia vuota questa loro opinione, veramente insensata, lo si può constatare facilmente, dato che tali amanti dell'Infinità, anziché sentirsi, in un modo o nell'altro, completamente sazi, sentono, invece, una fame sempre più forte, ciò che del resto è del tutto naturale, come lo si può dimostrare con il seguente esempio: basta che voi prendiate un uomo naturalmente affamato, se egli, con tutta la sua fame, sta seduto accanto ad una cesta di pane, ma spalanca la bocca verso lo spazio infinito, come se volesse inghiottire tutto il firmamento, mentre non si cura del pane che gli sta vicino, è evidente che con un tale appetito dell'Infinità la sua fame aumenta sempre più e se non si decide presto a metter la mano nella cesta, finirà col morire di fame. E da ciò, miei stimatissimi amici, potete dedurre facilmente, senza ulteriori spiegazioni, come stanno realmente le cose con il cosiddetto “Amore a Dio”. Il vero Amore verso Dio non può essere altro, sennonché ogni essere “dato” deve riempire il suo circuito, per formare quell'orizzonte di conoscenza, che gli è stato dato. Questo riempimento non può assolutamente realizzarsi, se non soltanto dopo che l'uomo ha conosciuto se stesso e, con ciò, anche il circuito a lui assegnato. Per poter fare ciò, l'uomo deve allontanare dalla sua vita tutti gli ostacoli, liberarsi da tutti i piccoli e grandi bisogni esteriori e soltanto poi recarsi nel suo punto centrale, dal quale gli sarà possibile abbracciare con lo sguardo il suo intero orizzonte, riempiendolo poi di ciò che ancora gli manca. Quando egli ha compiuto tutto ciò con costanza e perseveranza, rinunciando a tutte le cose vuote ed insignificanti, allora egli ha pure saziato il suo cuore e la sua bramosa necessità. Tutto quello, poi, che egli digerirà, lo potrà poi facilmente e senza indugio risarcire con quella sua pienezza che gli è stata data. Questo, poi, è considerato, dal punto di vista della ragione pura, un amore perfetto e sazio, il quale non si manifesta più come fame, bensì quale una piacevole sazietà. Vedete, questa è per me, nel mio orizzonte, la mia opinione espressa il più chiaramente possibile. Se voi avete qualcosa da obiettare, come detto, potete farlo liberamente, così come anch'io, da parte mia, sono in grado di ribattere qualsiasi obiezione”.

               2.   Il messaggero dice: “Caro amico, tu hai ponderato molto bene la tua risposta e noi, in fondo, non possiamo sollevare alcuna obiezione. Dal momento, però, che tu ci concedi di parlare ancora, vogliamo consultarci con te su una questione straordinariamente importante; ascoltaci dunque!

               3.   Vedi, presso di noi viene insegnata principalmente ancora una cosa e, contro questo insegnamento, nessuno si sente di opporsi. A parte ciò, noi non sappiamo, tuttavia, come dovremmo considerarlo dal tuo punto di vista. Tale dottrina consiste in quanto segue:

               4.   «Dio, quale Principio di Forza e Potenza che tutto abbraccia, dovrebbe avere afferrato Se stesso nel Suo Centro e formato in questo un punto culminante di tutta la Sua Forza e Potenza ed essere sceso sul pianeta Terra, in forma umana, e precisamente nella Persona di un certo Gesù Cristo. Proprio come punto culminante di tutta la divina Essenza, là, Egli stesso, ammaestrando gli uomini e peregrinando fra loro come un Fratello, alla fine, per il grande Amore verso le Sue creature, Si è lasciato uccidere da loro, secondo il corpo che Egli aveva assunto!

               5.   A comprova della Sua Divinità, Egli compì cose ed azioni che non sono possibili a nessun uomo e ridestò Se stesso tre giorni dopo la morte del Suo Corpo e alla presenza di molti ritornò nel Suo Centro divino!

               6.   E quando Egli era sulla Terra, l'insegnamento più importante e più grande fu quello per cui gli uomini dovevano amarLo sopra ogni cosa, ed Egli promise, a coloro che lo avessero fatto, il ‘Suo Regno’, che dovrebbe consistere nella sempre più profonda conoscenza di Dio, nell'Amore sempre aumentante per Lui e nella Beatitudine, inesprimibilmente piena di delizie, che sorge appunto da tale conoscenza, da tale Amore e Beatitudine che viene chiamata ‘La Vita eterna in Dio’».

               7.   E, come vedi, ciò non è così vuoto come tu credi. Nella regione, dalla quale proveniamo, dimora lo stesso Cristo. E noi abbiamo potuto in ogni tempo persuaderci, nel modo più evidente e vivo, che a Lui obbedisce ogni creatura, in tutto l'Infinito. A Lui basta un cenno soltanto e innumerevoli schiere di mondi sono creati all'istante. Che ne dici tu ora dell'atmosfera che noi abbiamo portato nella tua sfera?”.

               8.   Il presidente della ragione così risponde: “Se tutto il vostro racconto non è una chimera, non c'è nulla d'impossibile nell'afferrarsi della Potenza e della Forza Infinita in un certo centro, dato che da un punto qualunque possono senz'altro dipartirsi delle linee infinite. Invece, ci sarebbe da obiettare riguardo all’incarnazione nella forma umana di questo Centro della divina Forza e Potenza, per quanto la ragione pura non può proprio accogliere ciò come una vera e propria contraddizione. Però, che questo Essere abbia insegnato, poi, in prima linea l'Amore per Lui, questo appare al puro pensatore come un mero egoismo da parte dell'Essere divino. Ma se accettiamo questo bisogno egoistico, da parte dell'Essere divino o da parte della Forza Originaria concentrata in Sé, Essa cessa innanzitutto di essere assoluta, e se ciò dovesse essere discutibile, allora ogni esistenza si troverebbe esposta al totale annientamento.

               9.   Per conseguenza, le cose devono stare in modo diverso, con riguardo a questo Amore, ed il Centro divino si può allora manifestare benissimo nella forma umana. Se invece, con quest'Amore da voi esposto, si intendesse riferirsi unicamente ad uno stato di fame, allora dovreste ammettere senza difficoltà in quali mani si dovrebbe trovare l'esistenza di tutte le cose, se l'infinita Potenza e Forza, quasi spinta dalla necessità, dovesse ricorrere ad esse per saziarsi.

             10.   Dato, però, che mi avete pure detto che questo Cristo, in certo qual modo per mantenere una promessa fatta, si trova operante fra voi, quale la costante espressione della Sua Onnipotenza e Forza, voi dovete evidentemente ammettere che io, da questo circuito che mi è stato dato, non posso dire qualcosa, né pro né contro. Quando si tratta di simili cose, tutto dipende dalla propria esperienza.

             11.   Se potessi vedere io stesso questo Cristo, o il Centro umanizzato, allora saprei anche, in modo certo, che cosa c'è in tutto ciò, ma per come stanno le cose ora, miei onorevoli amici, dovete accontentarvi di quanto detto. Se voi portate questo Cristo qui da me, potete anche essere certi che io non giudicherei l'Essere Suo in modo sconsiderato, per quanto, naturalmente, sta nella mia sfera. Soltanto che al di sopra della mia sfera, non deve essere posto niente!”.

             12.   E il messaggero dice: “Mettiamo il caso che questo Cristo, quale l'Essere più pieno d'Amore, venisse qui e ti dicesse di seguirLo; che faresti tu allora?”.

             13.   E il presidente della ragione risponde: “Se Egli è ciò che voi avete detto di Lui, ed io Lo riconoscessi come tale, non si può pensare nulla di più chiaro se non che la potenza infinitamente più piccola deve seguire necessariamente di proprio impulso quella infinitamente più grande, poiché non esiste né una via di mezzo, né una d'uscita. Se, però, le cose non stanno così, allora è altrettanto chiaro che io non posso uscire arbitrariamente dalla mia sfera, appunto perché io, insieme alla mia sfera, come già chiaramente spiegato, sono stato «dato», ma non mi sono dato da me stesso”.

             14.   Allora il Messaggero dice: “Guarda, il Cristo sono Io! Che cosa vuoi tu da Me?”.

             15.   Il presidente della ragione dice: “Se tu Sei il Cristo, dimostramelo, ed io Ti seguirò”.

             16.   Ed il Cristo, quale messaggero, dice: “Sia fatta luce in questa sfera, e tu, regione brulla, diventa un Paradiso!”.

             17.   E ora guardate, il presidente della ragione si prostra dinanzi al Signore e lo adora dicendo: “Così è dunque, soltanto a Dio sono possibili tutte le cose! Signore, dal momento che hai già fatto una grazia così grande a me, miserabile, messomi al bando da me stesso, accoglimi dunque nella Tua Cerchia!

             18.   Però, nella Tua Cerchia di Grazia, lasciami essere il minimo! Io so che Tu puoi allargare il mio orizzonte nello stesso modo in cui Tu hai «dato» fuori da Te me stesso, così come sono. Io, però, mi sono abituato a questo circuito limitato, quale il più ristretto di una sfera umana vivente, lasciami perciò anche in questo circuito quale il più insignificante fra tutti coloro che Tu hai degnati della Tua Grazia! Credimi, o Signore, e guarda, in tutto il mio essere provenuto da Te, il mio spirito era sempre incapace di concepire il pensiero di poter vedere Te, Infinito Donatore, nel Suo Essere Originario. Dato, però, che ora Ti ho scorto, con questa visione sono state anche adempiute le massime condizioni vitali del mio spirito”.

             19.   E il Signore così parla: “SeguiMi, dunque, e tu non devi essere affatto il più piccolo, qualora ci sono Io, fra i Miei figlioli! Però, non qui, bensì appena là tu dovrai riconoscere in Me il Santo Padre Amorevolissimo!”.

             20.   E vedete, miei cari amici, quest'è ancora una delle specie migliori della liberazione di un tale spirito della ragione pura, dalla sua sfera. Vi è, però, una grande quantità di tali spiriti, in questa regione che vi sta dinanzi, con i quali le cose non vanno tanto facilmente così come con questo spirito. È molto spesso il caso, ed anche tutt'altro che raro, che questi stoici, prigionieri della ragione, abbiano anche un grado considerevole di orgoglio in sé, per il loro sapere. Non sarebbe neppure adatto per voi assistere ad una tale conversazione, poiché potete credere che, in casi simili, non di rado falliscano parecchie centinaia di tentativi alla conversione. Comunque, abbandoniamo ora questa regione, mentre la prossima volta ci inoltreremo sul burrone centrale. E così, per oggi, chiudiamo!

 

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Cap. 28

* * * * *

Le valli dei ricchi, dei dotti, degli uomini razionali e intellettuali

 

               1.   Ed ecco, noi siamo nuovamente al punto da cui eravamo partiti. Voi rabbrividite alquanto al pensiero di inoltrarvi in questo burrone, soltanto che tra le ripide pareti rocciose c'è uno spazio sufficiente, perché possiamo procedere abbastanza comodamente sulla via da noi scelta, per quanto impervia. Lungo il cammino scoprirete, tanto a destra quanto a sinistra, un grande numero di strette gole; quelle di sinistra, cioè dalla parte di Mezzogiorno, hanno lo stesso significato della prima valle a sinistra da noi visitata, dove dimorano i ricchi della Terra. La differenza consiste solamente in ciò che gli abitanti di queste gole, situate più verso il fondo, sono sempre più poveri in quanto a buone opere, per quanto essi siano stati sempre molto più ricchi, sulla Terra, di beni terreni.

               2.   Nelle valli a destra, invece, ci sono dimore per ogni sorta di eruditi, di razionalisti e di intellettualisti e quanto più in fondo a queste valli questi esseri dimorano tanto più lontano dal Signore era il bagaglio delle loro conoscenze sulla Terra. Ora che sapete ciò, possiamo iniziare il nostro cammino per dei buoni risultati e recarci in quelle regioni dove avrete delle cose molto importanti da imparare. Dunque, avanti!

               3.   Voi chiedete dove hanno origine tutte queste acque, che provengono dalle valli che si trovano in ambedue le parti, e precipitando in questo stretto burrone, attraverso il quale, come un torrente impetuoso, si riversano nell'insenatura del grande mare. Le acque significano le condizioni e le opere di utilità pratica che ne derivano, cose, queste, che tali uomini hanno tratto, grazie alla luce del loro intelletto e della loro intelligenza, sulla via delle esperienze dalle norme naturali delle cose. Le acque che giungono dalla parte destra sono, come vedete, più torbide. Ciò significa che nel bagaglio delle cognizioni scientifiche c'è molto di falso. Mentre quelle meno torbide, che provengono da sinistra, indicano che i ricchi del mondo, per quanto in possesso di nozioni scientifiche più scarse, sapevano fare meglio i loro conti, dei veri e propri scienziati, senza mezzi. Che le acque s'incontrino in questo burrone significa che la potenza della scienza e quella dei beni del mondo sempre si uniscono e, alla fine, diventano “uno”, poiché l'erudito cerca la scienza per diventare, per mezzo di questa, ricco dei tesori del mondo. Mentre l'uomo ricco di beni mondani cerca la scienza, per potere, per mezzo della stessa, aumentare ancora i suoi beni. Questa è la ragione per cui potete osservare che le acque che provengono dalla sinistra non sono tanto torbide e tumultuose come quelle che giungono dalla destra. Il che equivale a dire che il ricco in tesori mondani sa sempre intrufolarsi fra gli scienziati, diplomaticamente, per appropriarsi delde loro cognizioni e di qualcosa che possa prestarsi alle sue necessità speculative. Anche questo ora sappiamo, così che ora continueremo il nostro viaggio.

               4.   Guardate là in fondo, ancora abbastanza distante da qui, c'è un'altra parete di pietra e là anche tutto questo insieme di valli, gole e burroni termina tanto a destra che a sinistra. Questa parete si apre, talvolta, e forma una screpolatura abbastanza larga. Se vi si giunge in quel momento, si può penetrare dall'altra parte. Però, se non si coglie quel momento, non si passa più. Voi dite: “Neppure nel modo in cui, nella regione nordica, ci siamo innalzati al di sopra dei monti?”. Ed io vi dico: “Qui non serve quel sistema, poiché voi avete ancora del terrestre in voi. Comunque, noi coglieremo proprio il momento in cui la parete si aprirà e poiché al di là della parete si estende una ampia pianura, passeremo prima che la fenditura si restringa”. Ed ecco, noi siamo vicini alla parete, pazientate un po', poiché ben presto essa si aprirà. Ora io dico: “Apriti!”. E guardate come già si divide la grossa parete; e ora che la fessura si è fatta abbastanza ampia, lestamente attraversiamola. Dato che siamo passati feliceeente, volgetevi per un attimo indietro e vedrete come ora la parete è nuovamente chiusa.

               5.   Ora, però, guardate davanti a voi, nella regione in cui ci troviamo; cosa vi pare? Voi dite: “Che domanda! Come potrebbe piacerci questa regione in cui manca la luce e nella quale per procedere, andiamo a tentoni? Noi dobbiamo tenerci stretti a te, altrimenti ci smarriamo, poiché non vediamo neppure il suolo che calpestiamo e non sappiamo se esso è composto di pietre, sabbia, luridume od acqua, poiché, come già detto, qui non vediamo né te né noi stessi”.

               6.   Certo, miei cari amici, qui è così e non si può fare nulla. Voi chiedete se, comunque, in questa regione ci sono degli esseri viventi. Io, però, vi dico: “Non è molto facile trovare un'altra regione tanto popolata come questa, poiché qui si può dire seriamente: «Questo mercato delle tenebre brulica di uomini»”.

               7.   Voi vorreste avere un po' di luce, per poter farvi una idea del luogo. Io, però, vi dico: “Non andrebbe troppo bene qui, se sapessimo servirci di una qualsiasi luce, poiché verremmo subito circondati dagli abitanti di questa regione, quasi come un verme caduto in un formicaio”. Però, basta che voi attendiate un pochino e allora la pupilla si allargherà così che noi potremo scorgere qualcosa, anche in queste tenebre. Dunque, andiamo un po' avanti. Come va, incominciate già un po' a vedere qualcosa?”. Voi dite: “Incominciamo a scorgere molto debolmente che sotto ai nostri piedi il suolo è di sabbia e che, dinanzi a noi, qualcosa si muove”.

               8.   Certo, avete ragione, avviciniamoci e vediamo di che cosa si tratta. Ecco, ciò che si muoveva, ci viene incontro. Guardate bene, si tratta di una figura umana, dall'aspetto molto misero e tutta rattrappita”. Voi chiedete chi è. Ebbene, interpellerò io questa figura.

               9.   “Che fai tu qui, o misero essere? Da dove vieni?”. L'essere risponde: “Io sono, già da tre anni terreni, in questa regione e corro intorno come un animale selvaggio e non trovo nulla che possa calmare la mia forte fame. Proprio non so perché, dopo la mia dipartita dalla Terra, io abbia dovuto venire in questa miserabile regione. Io ero, sulla Terra, un grande signore ed avevo una carica importante. Io ho amministrato questo mio ufficio, onestamente e fedelmente. Non mi sono lasciato mai corrompere da nessuna offerta lusinghiera, ma procedevo rigorosamente secondo la legge, disimpegnando, in tal modo, il mio dovere, con una generale stima e venni apprezzato e segnalato dal mio monarca. Io ho fatto spontaneamente delle opere buone, usando mezzi tolti dal mio stipendio e sono vissuto, da tutti i punti di vista, in modo esemplare. Invece, quando abbandonai l'esistenza temporale, mi trovai in questa orribile regione, nella quale, come già detto, sto errando da tre anni, senza trovare una via d'uscita”.

             10.   Allora io, il vostro messaggero, gli chiedo ancora: “Mio buon amico, tutto quello che ci hai raccontato può essere vero, soltanto non hai mai pensato al Cristo, il Signore, e creduto in Lui? Hai fatto qualche volta del bene, per amore Suo? Hai considerato quali tuoi fratelli, tutti gli uomini, per quanto bassi e volgari potessero essere? Dimmi, come stanno le cose in questo campo?”. E il poveretto così risponde: “Come può, un uomo nobile e colto, credere in un Cristo, buono soltanto per i poveri di spirito e per le donnette? Nonostante ciò, per non scandalizzare nessuno dal punto di vista politico, io ho partecipato a tutte le sciocchezze cristiane. Inoltre, chi potrebbe essere così stolto da pretendere che un uomo, che riveste un'alta carica statale, possa considerare suoi fratelli tutti gli straccioni che incontra per la via? Oppure, per fare qualcosa per amore del Cristo degli oziosi bacchettoni bisognerebbe dapprima diventare tanto sciocchi da credere in un tale Cristo e poi vedere se si può fare qualcosa per un certo amore per Lui. Tuttavia io credevo in un Dio e spesso pensavo fra me: «Se questo Dio è giusto, ciò che Egli evidentemente deve essere, allora, ammesso che dopo la morte ci sia una vita, Egli dovrebbe rendere piena giustizia ad un uomo equo e giusto com'ero io». Che dopo la morte ci sia una vita, lo sto sperimentando già da tre anni in questa regione spaventosa, errando qua e là come una bestia selvatica. Però, in questo mio stato, purtroppo, devo persuadermi che un Dio non c'è, poiché, se ve ne fosse uno, Egli dovrebbe avere di me quella stessa considerazione che ha avuto il mio imperatore. Considerato indubbiamente che tutto è opera del cieco caso, così devo attendere ciò che Esso farà di me. Se, però, avete qualcosa da mettere nello stomaco, datemelo, poiché ho molta fame, perché qui non ho altro nutrimento all'infuori di qualche pianticella di muschio, sempre trovata per caso”.

             11.   Ed io, il vostro capo, gli dico: “Ascolta, amico! Vi è soltanto un Dio, che è immensamente giusto e questo Dio non è altro se non il Cristo dei poveri di spirito e delle vecchiette. Questo sia per te un raggio di Grazia, affinché tu sappia a chi tu devi rivolgerti, se ti dovesse andare ancora peggio di adesso.

             12.   Vedi, tutto quello che tu hai fatto, per quanto giusto per te e da te stesso, lo hai fatto unicamente sotto la spinta dell'amore di te stesso. Poiché il tuo amore era molto importante per la carica che rivestivi, per il compiacimento che te ne derivava da ogni parte e l'alto apprezzamento del mondo. Perciò tu non hai portato con te null'altro che il tuo proprio amore, che da allora è completamente privo di luce, poiché quella del mondo gli è stata tolta. La vera Luce dello Spirito e la Sua Giustizia sono il Cristo! Rivolgiti a Lui nel tuo cuore e allora ti verranno dati luce e pane secondo l'esatta misura della tua conversione. Ora, però, lasciaci!”.

             13.   Guardate come ora se ne va, quatto quatto, riflettendo, ed osservate in quale modo la nera nuvolaglia sopra di lui vada assumendo un leggero chiarore grigiastro. Questo dipende dal fatto che egli ha incominciato a riflettere su Cristo. Noi, invece, procediamo avanti, poiché ci verranno offerti dei casi ancora più interessanti.

 

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Cap. 29

* * * * *

Nel Regno delle tenebre dell'incredulità

 

               1.   Guardate, non molto distante da noi si muove nuovamente qualcosa; l'avete osservato voi pure? Se l'occhio non ci inganna, questa volta si tratta di due uomini macilenti e consumati fino alle ossa; voi dite: “Voi avete ragione, però, facciamo un paio di passi e così li raggiungiamo”. E ora eccoli qui, però non si sono neppure accorti della nostra presenza e per il momento va bene, perché così possiamo ascoltare il loro discorso. Anzi, non ci faremo neppure vedere e soltanto alla fine ci presenteremo al loro animo come un leggero suggerimento, così che grazie a ciò, l'uno o l'altro possa essere indotto possibilmente a modificare un poco il suo modo di pensare. Perciò, aprite bene le orecchie ed ascoltate, poiché proprio ora incominceranno a discutere della cosa principale.

               2.   A. dice: “Allora, mio stimatissimo amico, a te le cose non vanno ora niente affatto meglio che a me. Da quanto tempo ti trovi in questo luogo?”. B. risponde: “Stimato amico, secondo il mio sentire dovrebbero essere alcune settimane. E tu?”. A. dice: “Per me, purtroppo, sono già trascorsi all'incirca vent'anni”. B. osserva: “Mi riesce assolutamente inconcepibile il come posso essere capitato qui, poiché, mi puoi credere, dato che tu, quale uomo più anziano, mi hai conosciuto quale un ventenne molto attivo ed io ho sempre continuato a vivere, secondo le mie conoscenze, come ho trovato leale e giusto. Io ho adempiuto il mio ufficio sacerdotale con grande fedeltà; non ho mai trascurato nemmeno una lettera dei precetti della Chiesa. Io ho sempre predicato nello spirito dell'unica Chiesa beatificante e, entro i limiti della possibilità, ho sempre aiutato coloro che riconoscevo essere veramente bisognosi, cioè che erano diventati poveri senza loro colpa. Io davo onore a Dio giornalmente nel santo sacrificio della Messa e non posso ricordarmi nemmeno un giorno, fino all'ultima ora, in cui io abbia smesso di pregare secondo il breviario. Io mi conformavo a tutti gli statuti emessi dai capi della Chiesa e sarei stato pronto a combattere, per la vita e per la morte, per i diritti della stessa. Io ero severo nel confessionale e credo di avere guadagnato molte anime per il Cielo ed io, così come voluto dal Cristo, mi sono interessato ai bisognosi, dando da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, vestito i nudi, visitato i prigionieri, così che, dopo il mio trapasso, mi attendevo, sicuramente, di venir accolto in Cielo, considerato specialmente che oltre a tutto ciò mi ero assicurato una indulgenza plenaria, da parte di sua santità il Papa!

               3.   Che tipo di relazione, però, ciò avesse con il Cielo che speravo di ottenere, lo puoi capire anche tu altrettanto bene quanto me. Però, mio caro amico, sai, io ho pensato spesso, fra me e me, del tutto segretamente, senza farlo mai trapelare pubblicamente, che il cristianesimo, insieme al Cristo, non fosse altro se non un paganesimo più raffinato ed avevo posto, perciò, ben poca fiducia in Cristo con tutta la sua Trinità. E ora risulta chiaro dinanzi a me quanta ragione avevo io con questa mia segreta sfiducia. E tu, che dici a proposito di ciò?”.

               4.   A. dice: “Eh, mio stimabile amico, che potrei dire? Io non ero un sacerdote, però vivevo, lo si può ben dire, quasi altrettanto rigidamente, come cioè, e questo lo si comprende da sé, i migliori sacerdoti mi avevano insegnato. È ben vero che, in certo qual modo, anch'io avevo dei dubbi, però pensavo: sia come si voglia, io vivo tranquillamente così come mi è stato insegnato dai preti e ciò non può essere sbagliato. Infatti, pensavo: ammesso che la loro dottrina sia falsa, oppure un’insensatezza, essi ne sono i responsabili, io, però, me ne lavo le mani. E se Iddio è sul serio un Giudice così giusto, come tutti i preti predicano dal pergamo, Egli mi deve premiare sempre che, naturalmente, Egli esista. Se, invece, non esiste nessun Dio, allora in qualunque modo si viva, non ha importanza. Se vi è una vita nell'aldilà, essa deve essere, di sicuro, corrispondente al carattere costantemente probo e onesto di un uomo. Se una vita nell'aldilà veramente non esiste, dopo la morte del corpo, non avrà nessuna importanza come si è vissuti su questa Terra. Tu puoi dedurre da ciò che io, sulla Terra, sono vissuto quale un uomo probo, prudente e fedelmente obbediente, ora, invece, mi trovo qui già da lungo tempo e questo è stato il vero premio!

               5.   Dunque, null'altro che una notte gelida, quasi impenetrabile, senza nessuna alternativa di un giorno per quanto nuvoloso e fosco. All'infuori di un po' di muschio sabbioso, nessun altro cibo entra nel mio stomaco e questo dovrebbe concordare con l'Amore, la Misericordia e la Giustizia di Dio, tanto spesso predicati da voi sacerdoti? Io penso, da più di vent'anni, se c'è veramente un Dio oppure no, e in qualunque luogo incontro qualcosa e discuto questo punto con lui, egli non sa al riguardo nulla più di me. Perciò, mi fa ancora più meraviglia che un sacerdote, che ha sempre lavorato per il “Regno di Dio”, stia proprio subendo la stessa mia sorte. Io ritengo che tutti siamo stati ingannati, insieme a Cristo. Infatti, mi è sembrato spesso enigmatico come un Dio abbia potuto lasciarsi uccidere! I vecchi e saggi Ebrei conoscevano certamente il Cristo meglio di noi ed hanno saputo liberarsene nel modo migliore, quale un ipocrita sognatore ebreo. E Lo hanno poi affibbiato con finezza ai Romani, fino allora felici, quale premio per avere quest'ultimi distrutta la loro città dei re. Essi, per conto loro, rimasero al loro vecchio Dio, il quale, evidentemente, ha un aspetto molto più divino del nostro Crocifisso. Dopo ciò, siamo stati noi a dover accogliere, in seguito a questo colpo del genio ebreo, proprio quel Dio, che presso di loro era stato l'essere più diffamato. Secondo me ciò si può toccare con mano, poiché, se nel Cristo ci fosse qualcosa, in questa sfera mondiale, io te lo posso dire, ci sarebbe almeno qualcuno che sa qualcosa di reale su di Lui. Invece, tu puoi incontrare migliaia di uomini che devi riconoscere quali esseri assennati e modesti, che di Lui non conoscono neanche la minima cosa. Io te lo posso dire che mi sono trovato già con uomini, che si trovano in questa regione, da mille ed anche da duemila anni e che si sono anche abituati a mangiare muschio. Questi, nella Terra, erano dei contemporanei di Cristo, sempre che, detto fra noi, un Cristo sia veramente esistito ed essi sanno di Lui altrettanto poco quanto noi. Ci sono, perfino, alcuni che affermano di non avere mai udito questo Nome. Ecco, vedi, queste sono le mie idee, alle quali sono giunto nel corso della mia presenza qui e, parzialmente, già durante la mia esistenza terrena, naturalmente di nascosto. Che te ne pare?”.

               6.   B. dice: “Stimato amico; devo ammettere apertamente che le tue idee hanno della saggezza; tuttavia non posso accettare pienamente l'idea che i saggi Ebrei, che conoscevano il vero Dio, come vendetta verso una grande nazione, come era quella romana, le abbiano affibbiato, quale Dio, quasi un avanzo di galera. Poiché proprio a quel tempo c'erano, fra i romani, anche degli uomini molto saggi e, perciò, non sarebbe ragionevole considerare quella grande e saggia nazione tanto sciocca da fare un simile misero scambio con i propri dei, molto significativi, e tanto magnificati e celebrati in versi.

               7.   Considerato, però, che ti sei rivelato nella tua opinione, voglio aprirmi pure io a te e comunicarti quello che io, non di rado, ho pensato durante la mia esistenza terrena e precisamente: i romani, anzi, per essere più precisi la casta sacerdotale romana, aveva osservato segretamente che, col tempo, non si sarebbe più potuto continuare con tutte le loro divinità, perciò, un po' alla volta, i capi cercarono, per il popolo che stata diventando sempre più materiale, anche un “mito” più materiale. Allora essi fecero credere che il massimo Dio, Giove, aveva avuto misericordia dell'umanità e, dato che fra tutti i popoli la nazione giudaica era la più lontana dal paganesimo, Giove stesso era disceso sulla Terra, assumendo la figura di un Ebreo, insegnando al popolo la verità, sulla vera dottrina di Dio, a Roma. Questa dottrina per gli Ebrei, era un orrore, tanto più che, in quel tempo, i Romani pesavano loro sullo stomaco. Essi fecero, perciò, il possibile per rendere sospetto questo vero dio Giove, in forma umana. Pilato sapeva benissimo chi si celava sotto il Cristo, ragione per cui lo ha difeso il più possibile. Dato, però, che gli Ebrei non si lasciavano ammansire e che minacciavano Pilato di denunciarlo all'imperatore, quale complice allora Pilato pensò fra sé: «Se io abbandono a loro l'Onnipotente, Egli saprà certamente meglio di me, quello che potrà lasciari fare», e Giove, oppure Cristo, si è lasciato crocifiggere pro forma, all'uso dei Romani e, quale Giove, risorse facilmente da morte e fece poi comunicare agli alti sacerdoti di Roma, quello che avevano da fare. A quei sacerdoti, questa era proprio un'acqua desiderata al loro mulino; ed essi ammaestrarono allora il popolo sulla base del mito che essi avevano creato in accordo con i Romani, che si trovavano nel paese degli Ebrei. Inventarono, in aggiunta, un’infinità di martiri e, d'accordo con l'imperatore, ricorsero anche a delle crudeltà, vere o finte, e riempirono la testa al popolo sciocco con la inscenatura di molte apparizioni miracolose e, in tal modo, il vecchio e scialbo paganesimo, già imputridito sempre sotto lo stesso pontificato, è giunto fino a noi. E, per necessità di cose, siamo stati abbastanza balordi da accettare, quale oro colato, un tale autentico tiro birbone. Perciò, secondo la mia opinione, qui è perfettamente rappresentato il premio del nostro paganesimo neocreato”.

               8.   A. dice: “Mio carissimo, devo riconoscere sinceramente che la tua opinione è più attendibile che la mia, solamente non comprendo come, in occasione di una simile scaltra impresa, abbiamo potuto basare sul giudaismo il neocreato paganesimo. Poiché, da quanto io so, traendolo dai cosiddetti Evangeli, il Cristo si riferisce esclusivamente ai profeti degli Ebrei e non è tanto facile accettare l'idea che i Romani, saggi e superbi, per creare una religione si siano serviti proprio della religione degli Ebrei, da loro disprezzati oltre misura. Inoltre, devo riconoscere apertamente, di fronte te, che l'assoluta dottrina del Cristo, lasciando da parte i miracoli, in se stessa è una Dottrina umanamente intelligente e, secondo il mio parere, si presenta meno di qualsiasi altra, alla ben nota avidità di lucro dei Romani. Per questo motivo, non è tanto facile provare che essa sia stata opera della casta romana, bensì sicuramente dei Giudei; ciò tanto più che si sa, dalla storia, in modo certo, quanto accanitamente i Romani si siano opposti all'introduzione di questa Dottrina!”.

               9.   B. dice: “Stimato amico, tu sei poco addentro nelle segrete scappatoie della casta sacerdotale. Vedi, hai letto nella storia che diversi imperatori romani si sono posti, quasi giorno per giorno, contro l’introduzione di questa religione. Nominami invece anche un solo pontefice romano che si sia opposto. Ecco, la cosa era così ben tramata che questa neocreata religione non avrebbe trovato un modo migliore per introdursi, se non, appunto, attraverso la necessaria opposizione, apparentemente crudele, degli imperatori romani. Che questa neocreata religione si sia basata sul giudaismo, ha una ragione molto evidente nel fatto che i savi romani, in occasione delle loro varie conquiste, avevano l'opportunità di conoscere a fondo un gran numero di religioni ed erano in grado di constatare che la neocreata religione da loro progettata non avrebbe potuto basarsi meglio su nessuna altra religione che non fosse quella giudaica. Ecco perché anche il loro Giove, diventato uomo, è stato fatto nascere, per delle ragioni molto sagge, nel paese degli Ebrei, poiché sapevano molto bene che tutte le altre religioni erano ancora più imputridite della loro”.

             10.   A. dice: “Oh sì, stimatissimo amico, ora la tua idea assume un aspetto del tutto diverso e non posso esimermi dall’aderirvi. Certo, se così non fosse, da dove, altrimenti, verrebbe questa avidità di oro e d'argento, dell'ancora presente pontificato romano? Però, a parte ciò, devo riconoscere che la vera e pura Dottrina morale di Cristo, provenga da dove si voglia, è buona al di sopra di ogni critica, questo è quello che mi ha fatto persistere nel Cristianesimo. Che, col tempo, alcune egoistiche piante parassitarie si siano appiccicate a questo puro albero, questo, lasciamolo dire, è anche innegabile e, perciò, devo dirti, anzi ora mi viene un'idea, se si presentasse il caso che dovessi imbattermi in un vero e puro seguace di Cristo, in verità, è escluso che potrei essergli nemico!”.

             11.   E B. osserva: “Infatti, se ve ne fosse uno, anch'io ci starei, ma qui sta il difficile!”. Ed A. risponde: “Sai cosa facciamo, cerchiamo di scoprire questo indizio e, trovatolo, per lo meno, avremo un emblema della fedeltà”. Come vedete, sopra A. si è già fatto un po' di chiarore, ma sopra B. ci vorrà ancora molto tempo. Ora, dato che qui non abbiamo più nulla da fare, continuiamo la nostra via!

 

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Cap. 30

* * * * *

Un filosofo spirituale e una bigotta

 

               1.   Guardate laggiù, a circa cinquanta passi dinanzi a voi potete scorgere una coppietta. Andiamo direttamente verso di loro e in breve li avremo raggiunti. Anche costoro non devono avvedersi della nostra presenza. Perciò, affrettiamoci, così da apprendere, da un altro nuovo episodio in formazione, qualcosa che c'interesserà. Eccoci vicini a loro e, come potete vedere, in questa coppia c'è una donna sparuta dall'aspetto molto affaticato ed un uomo consumato quasi fino all'ultimo pezzetto di carne e con qualche goccia di sangue, per poter avere ancora un po' di forza per strascicarsi avanti, in caso d'estrema necessità. Guardate come essa gli porge la mano e si rallegra dell'incontro.

               2.   Ascoltate ora cosa decidono tra di loro questi due: “Salute a voi, in nome del Cielo! Come sono lieta, di tutto cuore, che un caso fortunato ha fatto sì che ci incontrassimo. Devo, però, confessarle che non avrei mai creduto di trovarla in un simile luogo, poiché sono sempre stata dell'opinione che Lei si trovasse già beato nel Cielo, dato che, da quanto ricordo, Lei sulla Terra è stato un uomo molto pio e probo. Grazie a Lei, quale professore molto erudito del clero, sono usciti a cura delle sue mani, molti ed eruditi bravi e degni sacerdoti, atti alla cura delle anime e ora, santo Cielo, La devo incontrare in questo stato miserabile, in un simile luogo, nel quale anch'io, Dio sa il perché, sono giunta due mesi fa”.

               3.   Ed egli dice: “È così, mia pregiatissima amica, e mi rincresce proprio che anche Lei si trovi qui, ma che cosa ci possiamo fare? Lei è qui come una ingannata ed io, ugualmente, quale un ingannato. Noi, durante la vita terrena, ci eravamo fatti delle grandi speranze di una vita felice - il Cielo saprà il perché, premesso che ce ne sia uno in qualche luogo - soltanto che io già da parecchi anni, mentre lei da pochi mesi, stiamo apprendendo quanto felice è questa vita e qual è la ricompensa per le buone azioni che si compiono sulla Terra!”.

               4.   E lei osserva: “Ma, in nome del Cielo, se penso alla vita austera che lei conduceva e che nel mondo non ha avuto nulla di buono e che quando Lei predicava in chiesa tutti commossi piangevano, ed ai magnifici insegnamenti ed ammonimenti che Lei dava durante la confessione, e come, nel più profondo raccoglimento, compiva il santo sacrificio della messa, io non posso comprendere veramente come Lei sia giunto qui. Per una di noi è più ammissibile, dato che, forse, si è sottaciuto qualche peccato nella confessione o perché non si è scrutata in profondità la nostra coscienza. Mentre uno come Lei, conoscitore di ogni cosa, controllore di tutti i suoi moti, ripeto, saprà soltanto il Cielo, perché è capitato proprio qui. Lei ha fatto forse qualche supposizione per spiegare ciò?”.

               5.   Egli allora dice: “Oh pregiata amica, ho fatto qualcosa di più che una semplice supposizione, ma credo non sarebbe tanto facile per Lei comprenderla”. Essa dice: “La prego, parli senza riguardo, chissà che non ne possa ritrarre qualche utilità anch'io!”. Egli risponde: “E va bene, gliene comunicherò qualche cosa. Però, non mi voglio assumere la responsabilità di quanto Le dirò, potrà esserle utile oppure la scandalizzerà, perciò stia a sentire qual è la mia supposizione:

               6.   «Io suppongo che non esista né un Dio né un Cielo e che, per delle buonissime ragioni, noi esseri umani non siamo altro se non dei prodotti della natura. Quando la parte grezza e materiale cade via, come un involucro, dalla forza vitale naturale; questa forza si mantiene in vita ancora per qualche tempo, ma, un po' alla volta, muore anch'essa. La forza, a sua volta, si disperde nello spazio, come la forza della polvere da sparo che esce fuori dall'imboccatura di un cannone, allora è finita per tutta l'eternità con tutte le speranze e tutte le attese degli uomini». Se Lei mi osserva attentamente, si accorgerà che io mi sto avvicinando alla completa dissoluzione ed al finale annientamento ed allora la mia supposizione risulterà chiara perfino in questa valle tenebrosa”.

               7.   Lei dice: “Santo Cielo - sempreché esista - che cosa mai mi sta raccontando? Ciò è oltremodo spaventoso, per quanto nessuno meglio di voi può esserne a conoscenza. È vero che anche a me sulla Terra sono sorti questi pensieri, specialmente in seguito al fatto che qualche persona colta ed illustre mi fece osservare che, dopo la morte, non esiste più nulla di buono. E soltanto ora vedo che quel distinto signore aveva pienamente ragione e che così, col tempo, avverrà di me quello che sta avvenendo di Lei. Per lo meno, quand'ero sulla Terra, se le cose mi andavano male, potevo dire: «Mio Dio e Mio Signore non abbandonarmi!». Mentre, che cosa posso fare ora, se veramente Dio non esiste? Potrebbe Lei, pregiatissimo amico, dirmi ancora come stanno le cose col Cristo e con la Sua ultrabeata Madre Maria, che dovrebbe essere stata vergine? E perché abbiamo dovuto, nel mondo, recitare tanti rosari, litanie e giaculatorie per questi due santi e perché Lei ha detto tante messe, pieno di raccoglimento, se le cose stanno proprio così come ha affermato Lei, un momento fa?”.

               8.   Egli dice: “Eh, mia cara amica, su ciò anch'io ho visto chiaro soltanto in questo mondo qui. I grandi signori del mondo non potevano soggiogare il popolo senza avere trovato, da prima, un dio qualunque e poi una religione per lo stesso. Per mezzo della religione è stato facile per loro tenere a freno la plebe che lavorava tanto diligentemente per loro, così che essi, senza preoccuparsi affatto di lavorare, potevano ingrassare su morbidi letti e poltrone nei loro palazzi e castelli. A questo scopo vennero assunti dappertutto sacerdoti e maestri, i quali, a loro volta, vennero tenuti nella confacente ignoranza e stupidità allo scopo di fare diventare altrettanto stupido anche il popolo comune. Quando, però, questi sacerdoti erano delle persone avvedute, anch'esse potevano vivere molto bene, per evitare che, con la loro intelligenza, potessero diventare pericolosi ai grandi del mondo. Però, per dare a questa religione, che in se stessa non è niente, una significativa vernice, è stato necessario adornarla con ogni sorta di cerimonie e riti mistici del tutto privi di significato, dato che altrimenti non avrebbero potuto ottenere, presso la comune plebe, i necessari effetti. Come vedete, pregiatissima amica mia, questo è stato anche il mio caso.

               9.   Già sulla Terra avevo scorto, fra me e me, che con la vita nell'aldilà le cose stavano in modo molto diverso da quello che io stesso predicavo dal pergamo. A questo riguardo, mi ero anche estrinsecato, del tutto segretamente, con i grandi signori al potere, chiedendo chiarimenti. Soltanto che chiarimenti non mi vennero mai dati, ma in compenso io ho avuto, non so bene neppure io né come né perché, una considerevole promozione e mi si nominò professore e pure ben pagato e, infine, perfino, direttore del seminario. Mia opinione è che i signori hanno pensato che io ero troppo avveduto per coprire un posto di basso rango, perciò me ne hanno dato uno migliore, affinché nel mio interesse, con la mia avvedutezza, potessi soltanto rendermi utile e non danneggiare gli interessi della casta sacerdotale. È vero che sono vissuto sempre da uomo onorabilissimo, ma quello che è stato sciocco da parte mia e che ancora adesso rimpiango, è che, con tanta promozione, io sono stato ingannato e, in secondo luogo, che io, in tale mia carica che rendeva bene, ho condotto, sia pure anche soltanto in apparenza, una vita troppo stupidamente rigida dal punto di vista spirituale, per il mio benessere. È ben vero che pensavo che una tale vita di rinunce mi avrebbe procacciato in poco tempo la dignità vescovile, però avevo fatto male i conti, poiché i grandi signori avevano calcolato molto bene che, per il posto che mi era stato assegnato, possedevo il giusto grado di stupidità, a causa del quale non potevo più essere pericoloso, perciò mi lasciarono tranquillamente ammuffire nella mia carica. Come vedete, mia stimata amica, così stanno le cose, con tutto quello che riguarda la religione nel mondo, perciò dissi, fin da principio, che siamo stati ambedue ingannati”.

             10.   Lei dice: “Adesso, improvvisamente, ci vedo chiaro anche io! Se avessi saputo ciò, finché ero sulla Terra, come avrei potuto vivere allegramente! Infatti, io ero, anzitutto, come si diceva, una bella ragazza ed oltre a ciò anche molto benestante. Quanti giovanotti per bene mi corteggiavano, ma io, sotto l'influsso della religione, non osavo neppure guardarli. E per amore del nostro Signore Iddio e della beatissima sua madre vergine Maria sono diventata una vecchia zitella, senza contare che già durante la mia esistenza terrena ho ceduto stupidamente, quasi per intero, il mio patrimonio alla santa madre Chiesa!

             11.   Oh! Quanto sono stata sciocca! Come sarebbe stato meglio, se fossi diventata un'allegra prostituta, per lo meno avrei goduto un po'! Ecco, mio eccellente amico, se le cose stanno realmente come Lei le ha descritte, allora mi verrebbe la voglia d'imprecare e di maledire tutto, tuttavia no, non voglio farlo! Quando le cose mi andranno molto male io voglio comunque, magari per abitudine, aiutarmi con l’invocare Iddio e la beata vergine Maria. Poiché posso rammentarmi che, sulla Terra, alcune volte l'invocazione del Cristo e della cara Signora mi ha palesemente aiutata, ciò tanto più che se con questa invocazione non si guadagna nulla, neppure si perde nulla. A dire il vero, non posso farmi proprio dei rimproveri, per aver fatto durante la mia vita terrena qualcosa che abbia attirato su di me un simile castigo, cioè trovarmi in questo luogo tenebroso, se non, forse, aver tenuto troppo, talvolta, dalla parte dei preti, naturalmente senza che l'onore e la morale ne venissero intaccate, poiché, da questo punto di vista, sono stata sempre molto rigorosa. Però, più volte ho vituperato degli uomini che mi sembravano cattivi e mi sono scagliata contro di loro ed anche, ogni volta, li ho giudicati, naturalmente, soltanto di fronte al clero e, insieme a loro, ho condannato pure tutti i Luterani, gli Ebrei, ed i Mussulmani ed i pagani, in nome della santa Trinità. Però, erano stati i signori sacerdoti a dire che, come una buona credente cristiana, dovevo proprio fare così. Essi, certamente, pure dicono che si deve pregare per loro, affinché possano abbracciare la religione giusta e perciò mi sono regolata così: prima, come conviene, li ho condannati e poi ho pregato per loro. In ciò, credo, dovrebbe esserci stato qualcosa di sbagliato, perché, altrimenti, proprio non saprei cosa potrebbe essere stato d'altro. I poveri li ho aiutati, ma non troppo, perché ho preferito legare il mio patrimonio alla Chiesa, perché pensavo che i sacerdoti avrebbero saputo ripartirlo meglio di me. E così, più io ci ripenso e ci rifletto e tanto più mi convinco di essere arrivata qui senza una vera colpa ma, bene inteso, se le cose stanno come Lei mi ha spiegato prima, allora né l'una né l'altra cosa avrebbe potuto danneggiarmi né essermi utili.

             12.   Però, come ho detto prima, rimango ferma nel mio proposito sull'invocazione di Dio e della cara Signora; e mi voglio trascinare in lungo ed in largo in questo luogo, quanto sarà necessario. Forse, col tempo, mi imbatterò in qualcuno che potrà dirmi qualcosa di meglio di quanto mi ha detto Lei, del resto sempre mio stimatissimo amico. E così La saluto, poiché vedo che in sua compagnia non potrei diventare più felice. Anzi, come sento ora nel mio animo sarebbe stato più gradito, se non l'avessi neanche mai incontrato! Infatti, ora scorgo molto chiaramente che la stupidaggine è preferibile, perché rende più soddisfatti gli uomini, di quelli del più acuto intelletto.

             13.   Ad ogni modo, sono pure lieta di non essere capitata nel Purgatorio, da me tanto temuto, oppure perfino nell'Inferno, poiché, a ben guardare, non mi va tanto male, dato che non sento nessun dolore, eccezion fatta per quello della fame. È vero che per sfamarsi devo ricorrere all'erba, che qui è in sufficiente quantità. Se le cose non peggiorano, a questo cibo finirò con l'abituarmi e perciò non mi resta che dirle addio!”.

             14.   Ed egli dice: “E va bene, addio anche a Lei e procuri di ingrassare mangiando erba; comunque Le auguro buon appetito. Io, però, non sono stato ancora così fortunato come Lei a trovare dei ricchi posti d'erba, ma soltanto del misero e scarso muschio, e questo, finora, è stato il mio unico nutrimento”.

             15.   Guardate, ora tutti e due si allontanano, egli si avvia verso la parte più settentrionale, lei verso quella più meridionale”.

             16.   Voi chiedete: “Come mai lei si trova in questa regione?”. Per quello che riguarda lui, quello che ha espresso è più che sufficiente a comprenderne il perché.

             17.   Miei cari amici! Per quello che riguarda la donna, si dovrebbe comprenderlo alla prima occhiata. Poiché, quale specie di amore è quello di chi fa qualcosa per procurarsi poi un bene da lui riconosciuto come sicuro, sia esso immediatamente ottenibile, oppure un premio futuro? Questo non è che un amore di se stesso. Infatti, chi fa il bene e il giusto, per proprio utile, quello ama soprattutto se stesso e fa pure il possibile per provvedere a se stesso nel modo migliore. Le cose stanno così anche in quell'essere che, per assicurarsi il Cielo, largì il suo patrimonio, come qualcun altro lo impiega per comperare una casa o qualcosa d'altro, che possa dargli dell'utile. Del vero amore per il Cristo, che dev'essere sempre altamente disinteressato, essa non ha mai avuto neppure il minimo sentore! Per questo motivo essa deve venir liberata in questo tenebroso luogo, interamente, dal suo appetito di una ricompensa ed indotta a cercare e desiderare Iddio per Amor di Lui stesso. Allora soltanto è possibile a simili esseri avvicinarsi al vero Amore ed alla Sua Grazia. Mentre per l'uomo, prima di poter essere idoneo ad un più alto accoglimento della Grazia, si deve scorgere in lui, secondo il suo sentire, completamente annientato.

             18.   Tuttavia, voi non dovete raffigurarvi nessuno come completamente perduto, ma, per certuni, possono trascorrere cento, mille, due o tremila anni, secondo i vostri calcoli, appunto, prima che questi divenga capace di accogliere una Grazia più elevata.

             19.   Però, affinché possiate fare delle ulteriori esperienze, con riguardo ai vari motivi per cui tanti uomini giungano qui, noi c'inoltreremo ulteriormente in questa regione. Quando ci imbatteremo in intere compagnie, sorgerà in voi una luce molto maggiore e riuscirete a scorgere di quali innumerevoli follie è, in fondo, affetta quella parte detta “migliore” dell'umanità, presentemente vivente sulla Terra e che, comunque, le loro buone azioni sono fatte, per la maggior parte, per interessi egoistici. E con ciò, per oggi basta!

 

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Cap. 31

* * * * *

Il luogo delle tenebre “dappertutto è grida e stridore di denti”

 

               1.   Guardate laggiù, abbastanza lontano da noi, dove si scorge un chiarore smorto, grigio rossastro, si trova una compagnia, formata da una trentina di persone d'ambo i sessi; avviamoci da quella parte. Ecco, ora li abbiamo raggiunti. Potete già scorgere qualche cosa?

               2.   Voi dite: “Oh, certo, però sembra che si tratti di gente molto agitata, anzi, come se venissero alle mani fra loro”. Io dico: “Voi avete osservato esattamente, però si tratta soltanto dell'apparenza”. Ad una certa distanza una disputa spirituale sembra una vera zuffa, perciò, avviciniamoci ancora un poco e l'immagine assumerà immediatamente tutto un altro aspetto ai vostri occhi. Osservate soltanto che, man mano che ci avviciniamo a questa compagnia, più quiete diventano le mani dei suoi componenti. In contrapposto noi percepiamo una specie di abbaiamento, simile al rumore di un mulino per grano, frammisto a delle voci o meglio urla e lamenti. Voi dite: “Caro amico, questo suona quasi come le parole rivolte dal Signore ai figlioli della Luce; cioè, riguardo a coloro che dovranno venir cacciati nelle massime tenebre, dove la loro sorte sarà il «pianto e lo stridor di denti». Certo, miei cari amici, poiché siamo già allo stesso significato. Però, che cosa si deve intendere, illuminato spiritualmente, sotto le parole: «Venir cacciato nelle massime tenebre, con pianto e stridor di denti», lo potrete apprendere, con i vostri occhi e le vostre orecchie, quando saremo in tutta vicinanza. Dunque, facciamo ancora alcuni passi e ora siamo proprio dove volevamo essere.

               3.   Che cosa vedete qui? Voi dite: “La vista non è poi tanto brutta, se si eccettuano le facce consunte, alle quali, però, oramai ci siamo già abituati; per il resto, la compagnia ha un aspetto tollerante. Essa sta circondando un oratore, che si accinge a tenere una conferenza”.

               4.   Miei cari amici, voi avete ragione, è appunto per questo discorso che vi ho condotti qui. Voi però chiedete: “Visto che qui non abbiamo trovato, in nessun luogo, un punto alquanto elevato e che tutto questo regno della notte sembra consistere di una infinita pianura sabbiosa, noi vorremmo sapere come questo oratore si sia potuto elevare considerevolmente al di sopra dei suoi uditori”. Voi avete ragione, così chiedendo, poiché, qui, la cosa più insignificante ha un grande significato. Questo oratore si è edificato una collinetta, pigiando la sabbia con i suoi piedi, però, come la sua tribuna oratorio è costituita, altrettanto lo sarà il suo discorso. Fino a tanto che l'oratore si manterrà tranquillo sulla sua tribuna di sabbia, essa lo sosterrà, ma quando, anche soltanto per poco, egli vorrà affrontarvisi, la sua collina si sfalderà ed egli, poi, si troverà allo stesso livello dei suoi uditori. Ora, però, egli ha dato il segnale che sta per cominciare a parlare, porgiamo, dunque, attento ascolto a quanto starà per dire, però senza essere notati.

               5.   Ecco il discorso, ascoltiamo dunque!: “Miei stimatissimi amici ed amiche, io ho appreso da voi tutti, singolarmente come voi siete, che tutti quanti siete vissuti sulla Terra, quali cittadini perfettamente e completamente onesti e leali, qualcuno in un ramo e talaltro in uno diverso (applausi generali). Voi, da “buoni cristiani”, avevate un giusto timor di Dio e così, pure, in una misura perfettamente giusta, eravate benefici verso l'umanità sofferente. I vostri nomi stavano sempre scritti, a grandi lettere, quali primi, nei giornali, grazie alle vostre considerevoli offerte, in occasione di tutti i sinistri o infortuni, ciò che era anche più che giusto. Infatti, perfino i ciechi ed i sordi devono ammettere che, con riguardo all'aiuto ed all'appoggio, non c'è nulla di più lodevole e di fruttuoso che il fare conoscere quelle persone che hanno sempre praticato la beneficenza. Poiché, in primo luogo, con tale pubblicità la povera umanità sa dove rivolgersi in caso di bisogno e, secondariamente, è evidente che altri ancora vengano stimolati ad entrare, essi pure, nella bella categoria filantropica dei grandi benefattori dell'umanità, in tal modo resi noti (Applausi molto accalorati).

               6.   Certo, voi eravate dappertutto dove si trattava di fondazioni benefiche di qualsiasi genere e, con cuore profondamente commosso, posso dire che voi eravate dei veri nobili cittadini del mondo, nel senso più completo e perfetto di questa definizione (Applauso generale e fra gli uditori, invasi dalla commozione, si sentono le seguenti parole: “Splendido divino oratore uomo divino!”.)

               7.   Voi avete sempre dato il vostro appoggio alle arti e alle scienze, avete servito lo stato quali cittadini esemplari; certo, di voi si può dire che siete vissuti nel senso più perfetto dell'Evangelo, poiché ognuno può constatare che avete sempre dato a Dio quello che è di Dio. Mai è stata la brama di onori o di gloria la spinta alle nobili vostre azioni, bensì sempre ed in ogni cosa è stata l'altruistica necessità del bene operare, l'impulso per tutto quanto di grande e di splendido voi avete fatto (Nuovamente applausi scroscianti, misti a lacrime, singhiozzi e pianti). Perciò, la vostra vita era senza macchia, come un Sole in un cielo sereno della nostra Terra, mentre qua, purtroppo, di Sole non c'è nessuna traccia. A questo punto, però, miei cari amici, permettetemi una grande ed importante domanda.

               8.   Qual è ora la ricompensa per tali azioni molto rimarchevoli ed eccezionalmente onorifiche? Dov'è il Cielo tanto decantato che venne promesso a coloro che si fossero comportati da puri cristiani degni di venir imitati? (Applauso eccezionale da parte di tutti i presenti; si ode che parecchi di loro fanno eco, lamentosamente, alle ultime parole pronunciate dall'oratore. Certo, dov'è questo Cielo tanto decantato, per guadagnare il quale noi abbiamo largito tante offerte?).

               9.   Miei stimatissimi uditori! Ecco qui questo suolo sabbioso, queste tenebre più che egiziane ed il nostro laudabile e scarso cibo, consistente in muschio, rappresentano la ricompensa e il Cielo che i preti ci hanno tanto decantato! (di nuovo applausi).

             10.   Dov'è il Dio giusto, per amor del Quale voi avete compiuto opere nobili, poiché, negli Evangeli, è detto: «Quello che farete ai poveri è come se l'aveste fatto a Me e perciò ne avrete la ricompensa». Inoltre è detto: «Con la misura con cui misurerete, verrete anche misurati». Dunque, stimatissimi uditori, voi avete fatto tutto ciò, avete protetto migliaia di poveri e siete stati giusti, senza parsimonia, nella misura e nel peso.

             11.   Dov'è allora, il tesoro nel Cielo, e dove la ricca misura che doveva essere restituita, di tutte le opere benefiche, che noi da veri cristiani avevamo compiuto? (Quale eco risuona: “Oh, sì, dov'è tutto questo?”)

             12.   Eccolo qui il tesoro celeste, in questa tenebra, la misura giusta di quanto ci viene restituito, con questo scarso muschio, che, sulla Terra, soltanto l'alce si sarebbe adattato a mangiare.

             13.   Quante volte sulla Terra, in diverse grandiose occasioni, noi abbiamo intonato il “Te Deum laudamus” ed i preti ci hanno gridato da tutti i pergami, così da intronarci le orecchie; «Lassù, nel luminoso Regno dei Cieli, voi intonerete appena il grande ed eternamente vivente “Te Deum laudamus”». Miei pregiati uditori, permettetemi una domanda e precisamente:

             14.   «Come stanno le cose ora, qui, in questo splendido Regno dei Cieli, con il tanto lodato “Te deum laudamus”?». Voi vi stringete nelle spalle. In verità, io non mi limiterei a stringermi nelle spalle, ma in tutto il corpo, se non temessi che, con tale movimento, la mia molle tribuna oratoria mi deponesse dal mio posto importante, venendomi a mancare il terreno sotto i piedi. Io sono della opinione, senza voler con ciò precedere nessuno nell'esprimere eventualmente la sua, che con questo vitto tanto sostanzioso le nostre gole ben difficilmente potrebbero emettere delle voci sufficientemente sonore, per intonare un tale sublime inno; ciò tanto più che, in questo luminoso Cielo, sorge spontanea un'altra domanda:

             15.   «Vi è o non vi è un Dio?». E così pure il sedere a tavola dinanzi a dei cibi celesti, con Abramo ed Isacco, è cosa quanto mai dubbia. Se io fossi ora sulla Terra, potrei prendermi il gusto di scrivere una ben azzeccata esegesi di tali testi così promettenti. Io direi che sotto Abramo ed Isacco sono intese tenebre e sabbia, e per il tavolo imbandito s'intende il più bel muschio islandese; un vero cibo onorevole per renne ed alci e se c'è qualcuno che volesse o potesse dire che noi stiamo meglio di tali miseri animali del gelido Nord, io gli cedo immediatamente la mia tribuna traballante. Io ritengo, però, che per costatare ciò non ci è necessario che palpare il nostro ventre, dove questo cibo indigesto rumoreggia come paglia bene asciutta e dare una occhiata a questo suolo sabbioso, così bene illuminato, dopo di che la prova che siamo trattati al pari degli animali suddetti è a piena portata di mano.

             16.   Il buon Redentore del mondo non conosceva neppure lontanamente che aspetto aveva il cosiddetto Regno dei Cieli che Egli predicava, poiché, se lo avesse saputo, non si sarebbe lasciato affiggere alla croce. Se il Suo decantato Iddio Padre, dopo la crocifissione e morte, Lo ha trattato come siamo stati trattati noi, questo Uomo, per Se stesso veramente degno di tanto rispetto ed ammirazione, avrà fatto tanto d'occhi quando, alla fine dei suoi giorni, si sarà trovato nella sala dell'ultima Cena, tramutata in questi splendidi campi di muschio, per scorgere i quali non facciamo meno fatica che scoprire delle perle sul fondo del mare. Ora, però, pregiatissimi uditori, vi sottopongo una altra domanda importante e precisamente:

             17.   «Oramai noi siamo qui, questo è fuor d'ogni dubbio, fino a quando, però, resteremo abitanti di questo regno frugale? La nostra permanenza qui avrà, una volta o l'altra, una fine? Oppure avremo il beatissimo piacere di aggirarci su queste distese per l'eternità?». Vedete, questa è una domanda molto importante, soltanto molto difficile da risolvere. Onorevoli uditori, se dovesse dipendere da me, potete essere sicuri che sarebbe più facile ottenere una risposta da una pietra, che da me. Comunque non voglio prevenire nessuno, poiché in teste diverse ci possono essere anche dei punti di vista diversi. Tuttavia, suppongo che, con questa straordinaria illuminazione della nostra grande scena, possa esporre con chiarezza qualche cosa di utile, poiché, per esporre qualcosa di chiaro, ci deve essere anche della luce e, per avere della luce, ci occorre il Sole.

             18.   Qui, però, mettere in chiaro qualcosa, significa, con altre parole, ritenere se stesso e tutti gli altri degli autentici pazzi. Però, è pure vero che qui i grandi eruditi della Terra avrebbero molto tempo per riflettere. Felici loro se, guadagnando tanto tempo per riflettere, portassero con sé anche molto materiale; poiché, diversamente, con questi tre elementi: tenebre, sabbia e muschio, sarebbero ben presto a corto di argomenti. Microscopi ed altri strumenti ottici possono benissimo lasciarli sulla Terra, dato che servirebbero ben poco, poiché al di fuori della sabbia, del muschio e delle tenebre non c'è altro. Anche studiosi, sapienti e bibliotecari troverebbero qui di che annoiarsi spaventosamente, poiché qui incontrerebbero difficilmente dei loro simili. Anche grandi artisti e virtuosi farebbero qui dei gran cattivi affari.

             19.   Miei pregiatissimi amici, se questa nostra sorte attende tutti gli uomini che vivono sulla Terra, cosa della quale non voglio dubitare, allora io sono dell'opinione che il probo Mosè e l'ancor più probo Cristo crocifisso hanno imboccato con le loro leggi e dottrine una via molto vacillante ed incerta. Se specialmente Mosè, con la sua verga miracolosa, avesse colpito la Terra, dicendo: «Sole, oscurati, poiché per la nostra stupidaggine, la luce delle stelle è sufficiente e tu, terra, diventa una steppa sabbiosa, sulla quale nulla possa crescere; allora, tutta la severa legislazione fra tuoni e lampi, avrebbe potuto essere omessa, poiché, in simili circostanze, anche il peccare sarebbe diventato da per se stesso una grande rarità, come i diamanti genuini in Groenlandia, sullo Spitzberg e a Nova Zembla. Infatti, io vorrei conoscere colui che fosse capace di commettere qui una rapina o un furto e un voluttuoso che riuscisse a spassarsela con questo cibo magro e con il nostro fascino sensuale da scheletri di trapassati; anche un bugiardo lo pagherei a peso d'oro, se ne avessi. E che cosa potrebbe qui incitare qualcuno a compiere un omicidio? Trovarne uno, con i tesori e le ricchezze di cui disponiamo, sarebbe ancora più difficile che, per un astronomo, scoprire con i suoi strumenti ottici, pianeti e soli in questa eterna oscurità! In breve, possiamo fare tutto quello che vogliamo e parlare pure a volontà, tuttavia sono persuaso che non possiamo migliorare minimamente la nostra sorte. Poiché io ho intrapreso qui dei viaggi molto più lunghi di Cristoforo Colombo e veleggiato in tutte le direzioni, su questo mare di sabbia e di tenebre, ma non ho avuto la fortuna di poter gridare: «Terra, terra», bensì ho trovato dappertutto notte, muschio e sabbia. Perciò, quale conclusione di questo mio discorso; questa è la mia opinione:

             20.   «Poiché, fra tutti gli uomini che hanno calcato la Terra, Cristo è il più leale che io abbia trovato, il Quale, in certo qual modo, abolì la prolissa legge mosaica, che aveva in sé qualcosa di tirannico; predicando, in sua vece, l'unica e santa legge dell'Amore del prossimo, io mi dichiaro d'accordo con questa legge, poiché si dirà quel che si vuole, questo è l'unico modo affinché, esseri intelligenti, qualunque siano le condizioni di vita, possano vivere il più felicemente possibile. Io propongo, perciò, che anche noi, per amor del bene stesso, rimaniamo fedeli a questa legge. Teniamo fermo nella nostra mente il Cristo, Quale un vero galantuomo, tentando di essere il più possibile contenti, in queste circostanze, malgrado la nostra amara sorte, poiché io credo che così, renderemo meno amaro il nostro destino, fino a tanto che esso durerà».

             21.   Però, io vi prego, amici cari, di non voler considerare questo mio desiderio come fosse una legge assoluta, bensì quale un desiderio bene intenzionato. Tuttavia, se noi ci comportiamo sempre più socievolmente, penso che proprio in grazia a ciò, con le nostre piccole forze riunite, potremo portare più facilmente e leggermente il nostro carico, che non egoisticamente ognuno per sé. Io, da parte mia, sarò sempre pronto a sostenervi con la mia parola, per quanto sta nelle mie forze, in qualunque occasione, con questo desiderio e questa assicurazione chiudo anche questo mio discorso (Applausi generali da tutti i componenti)”.

             22.   Come potete vedere, l'oratore scende con cautela dalla sua poco stabile tribuna e viene accolto molto amichevolmente da tutta la compagnia. Molti sono quelli che gli stringono la mano, dicendo: “Un simile uomo, che ha la testa e il cuore al giusto posto, è bene che sia fra di noi, perciò siamo anche molto lieti di aver trovato te, caro e fedele amico, e molto volentieri siamo pronti a seguirti, ovunque sia!”.

             23.   Guardate ora come si fa un po' più chiaro sopra questa compagnia e come tanto l'oratore che tutti gli altri incominciano a meravigliarsene e come l'oratore fa sentire nuovamente la sua voce, dicendo: “Ecco, è proprio come pensavo, se non è il Cristo crocifisso, come la Sua Dottrina filantropica, che ci porta Luce, noi rimaniamo eternamente spiriti della notte!”.

             24.   Come vedete, si fa di nuovo molto chiaro sopra questa compagnia, mentre potete scorgere, come dal lato d'Oriente, si avvicinano frettolosamente due messaggeri inviati dal Signore, per portare ancor maggior Luce in questo gruppo. Noi, perciò, attenderemo ancora un poco, per vedere cosa succederà.

 

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Cap. 32

* * * * *

Nascita dalle tenebre a un primo grado di luce vitale

 

               1.   Guardate: anche la compagnia ha già scorto i due messaggeri, ed il nostro oratore, come potete vedere, va loro incontro cordialmente, per accogliere come si conviene; esprimendosi così:

               2.   “Siate mille volte benvenuti, tanto per me, quanto per tutti questi miei compagni. Io, a dire il vero, non vi conosco, però, da quanto vedo, voi siete uomini al pari di noi, appena giunti qui dalla Terra, oppure venite da qualche luogo, dove il pascolo è migliore del nostro, dato che avete un aspetto magnifico, in confronto a me e a tutta la nostra compagnia. Se voi siete appena giunti dalla Terra, vi rendo avvertiti che i cosiddetti Robinson sono in condizioni migliori delle nostre e questa mia asserzione non ha bisogno di altre prove, se non che voi ci guardiate da capo ai piedi ed il nostro aspetto inumano vi dirà, al primo sguardo, molto chiaramente, come ci si trova qui, in quanto a benessere. Però posso assicurarvi che qui non ci sono assolutamente malattie, poiché, in noi, cosa potrebbe ancora ammalarsi? Noi potremmo soggiacere tutt'al più a quelle malattie che intaccano le pietre, poiché quando si è privi, quasi completamente di tutti i succhi vitali, io sono dell'opinione che si è pure liberi da ogni tipo di malattie. L'unico malanno, del quale, per lo meno da principio si è afflitti, è quello della fame, dunque un mal di stomaco, dato però che la fame è il miglior cuoco, c'è un cibo per questa fame, col quale soltanto deve venir superata una prova straordinaria. Guardate qui ai nostri piedi, sulla sabbia c'è una piccola “pietra d'inciampo” per il nostro stomaco. Vedete, si tratta di muschio, anzi si potrebbe dire: vero muschio islandese e siberiano. Le scarse gocce di rugiada, che stanno fra le foglioline del muschio, sono l'unico mezzo per spegnere la sete in questo immenso deserto sabbioso. Non impressionatevi anche se tali condizioni dovessero durare eternamente, poiché la pazienza e l'abitudine, rendono alla fine tutto sopportabile. A noi tutti, inoltre, ci rallegrerà molto se voi vorreste restare fra noi, con le vostre vesti alquanto fosforescenti, poiché vi posso assicurare che a tutto ci si può abituare prima, che a queste tenebre; perciò vi potete immaginare che a tutti noi questo barlume di fosforescenza sembra addirittura un Sole! Ora, però, miei cari amici, vorreste essere così buoni a dirci per quale ragione, dalla Terra, siete stati condotti qui, oppure, se voi provenite da qualche zona migliore, infatti, che cosa vi ha indotti ad abbandonarla, per venire in questo luogo così misero?”.

               3.   Uno dei due dice: “Povero amico, tu ti sbagli sul nostro conto, e di molto. Infatti, noi non siamo venuti qui dalla Terra né da qualche zona migliore di questa vostra, bensì siamo inviati dal Signore, Quello che voi considerate un uomo molto probo e leale, mentre Egli è l'Unico Signore del Cielo e della Terra, per mostrarvi qual è la ragione per cui voi vagate da tanto tempo in questo luogo, senza nessun aiuto.

               4.   Se voi vi chiedete: «Come siamo vissuti sulla Terra, la nostra chiara rimembranza vi dirà che noi siamo sempre vissuti ed abbiamo sempre agito così, semplicemente per il nostro bene, più che per il bene degli altri; gli onori mondani, le lodi e la stima e la rinomanza di fronte agli altri uomini erano il vero risultato e costituivano il movente principale di tutte le nostre azioni». Poi potrete aggiungere: «Noi siamo sempre stati fedeli cittadini dello stato e della Chiesa». Ma perché? Forse per amore verso Dio? Ancora direste: «Come potevamo amare Iddio, dal momento che non Lo conoscevamo affatto, e così pure non conoscevamo quale fosse la Sua Volontà? La nostra fedele sottomissione allo Stato ed alla Chiesa si fondava innanzitutto sulla possibilità, per noi, di procacciarci facilmente, proprio in grazia a ciò, molti vantaggi di fronte agli altri, che non stavano in posizione tanto favorevole dinanzi allo Stato ed alla Chiesa, come noi». E inoltre, questa fedele dipendenza dallo Stato e dalla Chiesa, se considerata dal punto di vista della piena cecità dello spirito, aveva anche un'altra ragione, perché voi pensavate: «Se vi è veramente nell'aldilà una vita dopo la morte, secondo gli insegnamenti dei preti e di altri cavalieri dell'immortalità, noi non possiamo certo andare incontro alla rovina, con un tal modo di agire. Se, invece, una tale vita oltre la tomba non esiste, per lo meno la fama delle nostre opere si propagherà sulla Terra attraverso i nostri figli e nipoti, in modo da rendere vivo almeno il ricordo di noi». E inoltre dite: «Quelli sì che erano uomini, e quelli erano tempi in cui potevano vivere tali uomini!».

               5.   Vedete, anche questo deve dirvi il vostro intimo, e perciò voi siete passati dalla vita fisica-corporale a questa vita dell'anima senza averne interiormente il minimo concetto e non sapevate affatto quello che occorre anzitutto alla vita spirituale e meno ancora come questa è costituita e in che cosa consiste. Che cosa, dunque, di più naturale che voi, in questa vita spirituale, non potevate trovare nient'altro, se non soltanto ciò che voi avevate portato qui dalla vita corporale-fisica, cioè una figura magra da far pietà, rappresentante l'esser vostro nella sua interezza, con la completa tenebra nella vita dello spirito. Voi arrivaste qui come nella procreazione dell'uomo, dove un embrione entra nel corpo della madre, dove pure regna completa tenebra. L'embrione si nutre, per così dire, soltanto dello scarto del sangue della madre, fino a che esso, con questo nutrimento, raggiunge quella naturale e sufficiente forza che gli permette di abbandonare tale suo oscuro luogo di formazione. Perciò, voi qui vi siete trovati, per così dire, in un “corpo materno” e avete dovuto nutrirvi della stessa immondezza di tale corpo.

               6.   Però, considerato che in voi si trova ancora una scintilla vivente che porta alla Vita eterna, e cioè quel po' di amore e di venerazione per il Cristo, allora questa scintilla vi ha, quali embrioni spirituali, maturati per un parto fuori da questa vostra sfera tenebrosa e, perciò, può accadere a voi quello che tu hai detto alla tua compagnia a conclusione del tuo discorso e cioè: «Se con il Cristo non ci viene alcuna Luce, possiamo esser certi che queste tenebre rimarranno sempre nostra eterna proprietà».

               7.   E così, dunque, la Luce è venuta a voi in Cristo e, perciò, voi dovete anche apprendere quello che il Signore ha detto a uno dei Suoi discepoli e cioè: «Nessuno può ricevere la Vita eterna e con ciò il 'Regno di Dio', se non è nato di nuovo» (Giov. 3,4). Fu di notte che il Signore così parlò al suo seguace, per dimostrargli con ciò che ogni spirito, non ancora rinato, si trova nella notte, quale un embrione nel ventre materno, e che anche di notte il Signore viene allo spirito non rinato perché venga partorito fuori da una tale notte, nella Luce dell'eterna Vita.

               8.   Dato che, in seguito al destato amore per il Signore, per quanto ancora molto magro, il tempo del parto è giunto e noi siamo stati mandati qui, per guidarvi fuori da questo luogo e condurvi dove verrete messi sotto protezione, come dei bambini, grazie a ciò voi potrete raccogliere nuovamente delle fresche forze vitali, grazie alle quali poi, a seconda che esse vengano più o meno sviluppate secondo la vostra volontà, raggiungerete quella sfera che il Signore giudicherà essere la più proporzionata alla vostra capacità e forza.

               9.   Però, non dovete mai pensare ad un 'Cielo', quale luogo-premio per le buone opere che l'uomo ha compiuto sulla Terra, bensì pensate solamente che questo Cielo non è altro che l'Amore vostro per il Signore!

             10.   Quanto maggiore sarà il vostro Amore per il Signore e quanto più umili sarete nei Suoi confronti e dinanzi a tutti i vostri fratelli e tanto più del vero Cielo porterete in voi. Perciò, adesso raccoglietevi e seguiteci!”.

             11.   Guardate ora, come tutta questa compagnia si rallegra e segue i due messaggeri.

             12.   Voi chiedete dove essi condurranno questa compagnia. Volgetevi e guardate dietro di voi, a considerevole distanza, «l'alta parete aperta» a voi ben nota. Che ne dite? Non ha, forse, l'aspetto della vagina materna che si apre alla nascita di un bambino?”.

             13.   Voi dite: “Ora noi comprendiamo questa rispondenza proprio meravigliosamente. Però, quando questo abisso sarà stato oltrepassato e la compagnia sarà giunta al di là della parete, dove verrà a trovarsi?”. – Io vi domando: “Dove si trova il bambino subito dopo la nascita?”. – Voi dite: “In morbidi pannolini e poi in una culla, dunque, sempre in condizioni di vita limitate”. – Bene! Non avete visto, dunque, le molti valli che si trovavano, a destra e a sinistra, sulla via che ci condusse a questa parte, venendo da Oriente? Ecco, quelle valli sono i pannolini e la culla. Dunque, questi uomini verranno posti in quelle valli dove le cose stanno approssimativamente così.

             14.   Infatti, come avviene con un bambino appena nato, che non diventa uomo dall'oggi al domani, così procedono le cose anche con lo spirito neonato, specialmente nel regno degli spiriti, certamente con grande lentezza. Ora sapete in quale regione effettivamente vi trovate, perciò non deve neppure meravigliarvi se qui non scorgete, fra i molti errabondi, quasi nessun maestro più elevato. Poiché ciò non porterebbe nessun vantaggio, dato che sarebbe come chi volesse impartire una istruzione ad un bambino che si trova ancora nel ventre materno.

             15.   Però, quando giunge per il bambino il momento adatto ad impartirgli degli insegnamenti, voi lo sapete comunque. Perciò questi due messaggeri non possono essere considerati come maestri, bensì come dei veri e propri ostetrici spirituali. Ora che sappiamo ciò, possiamo procedere un po’ più oltre, dove ci verrà presentata una scena completamente nuova; e così, per oggi, chiudiamo!

 

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Cap. 33

* * * * *

Delle manifestazioni spirituali

 

               1.   Se voi volete aguzzare la vista, scorgerete, più verso destra, qualcosa che somiglia ad una nuvola di polvere. Voi lo confermate, e va bene, perciò affrettiamoci ad andare da quella parte e così potremo osservarla nella sua figura dispiegata. Voi chiedete: “Che significato ha, qui, una tale nuvola di polvere?”. Io vi dico: “Non proprio molto”. Voi avrete già udito parlare spesso sulla Terra di gente che pretende di far vedere “lucciole per lanterne” e questa è l'immagine corrispondente. Come ed in qual modo? Quando saremo più vicini, constaterete da voi tale fenomeno.

               2.   Guardate, ci siamo già; dunque, che cosa vedete? Voi dite: “Non vediamo più la nuvola di polvere, ma, al suo posto, una numerosa compagnia di persone d'ambo i sessi, molto deperite, e simili ai dei nani, i quali si gonfiano l'uno di fronte all'altro e si sollevano sulla punta dei piedi, perché ognuno vuol essere più grande dell'altro. I più piccoli, perfino, prendono in mano della sabbia e la gettano in alto, sopra a loro, e vorrebbero con ciò far credere agli altri che specie di giganti sono”. Dunque, voi avete osservato bene, poiché, nell'apparenza, il loro modo di sentire si manifesta così.

               3.   Ora, però, avviciniamoci completamente a loro e l'intera compagnia assumerà immediatamente un altro aspetto. Ecco, noi siamo proprio alle loro spalle; che cosa osservate adesso? Voi dite: “Adesso ci sembrano un po' più grandi, si guardano l'un l'altro molto amichevolmente e si comportano come certe donne civettuole, in società”. Però voi vorreste sapere da che cosa dipende che questa compagnia appare sempre diversa, a seconda del punto da cui la si guarda. Vedete, questo dipende dal fatto che, sulla Terra, essa è anche così: in piena vicinanza nessuno usa dire la verità ad un potente e perfino i potenti, fra loro, la evitano. Ecco perché si fanno l'un l'altro una specie di corte.

               4.   Invece, quando ognuno va per conto suo, egli s'innalza sopra l'altro e trova da ridire su tutti. Tuttavia, nessuno osa esprimersi a voce alta, o su qualcosa di positivo, ma si limita a fare modestamente dei paragoni. Soltanto di fronte a se stesso, egli giudica tutto dal più alto punto di vista e questo significa gettare sabbia al di sopra di sé, oppure, detto con altre parole, “innalzare la propria personalità sopra tutti gli altri”. Ad una maggiore distanza, una tale compagnia, nel suo insieme, viene interpretata come una insensatezza e i suoi discorsi e il suo agire viene considerato niente di più che un fumo vuoto o una vuota millanteria.

               5.   Se voi considerate queste due diverse situazioni e le mettete a confronto, ne potete trarre la seguente conclusione: da lontano si presenta il vero prospetto di una cosa, meno lontano, il prospetto complessivo si va sempre più perdendo e in confronto risultano di più i particolari. Nella massima vicinanza non si scopre più niente del prospetto principale, mentre i singoli dettagli appaiono allo sguardo tanto più definiti.

               6.   Se qualcuno non potesse afferrare ciò chiaramente, io lo rendo soltanto attento su un fenomeno che si riscontra nel mondo materiale. Quando, ad esempio, egli si trova a circa dieci ore di cammino distante da un monte importante, lo guarda nel suo insieme e il monte sta quale una immagine in sé definita. Se egli si avvicina al monte per qualche ora il cammino, esso si scomporrà, per così dire, nelle sue diramazioni ed egli vi scoprirà una infinità di contrafforti e burroni, che da lontano sembravano formare, col monte tutto, una superficie piana. Quando, poi, sale sul monte stesso, gli succede come chi non vede il bosco, per i troppi alberi, poiché da dove si trova, non scorge quasi più nulla di quanto visto al primo momento da lontano. Io sono dell'opinione che, considerando attentamente questo esempio, anche i tre diversi aspetti della nostra compagnia dovrebbero risultare chiari. Ora però voi chiedete: “Tutto ciò è giusto, ma che cosa ha da fare con questa compagnia? Di che spirito sono figli costoro?”. Noi non possiamo dedurlo esattamente dal comportamento di questi esseri, poiché tutto il loro agire e tutto il loro linguaggio somigliano più ad una pantomima che ad una conversazione composta di parole comprensibili.

               7.   Ebbene, io vi dico: “Questo è appunto molto chiaro; voi dovete essere ancora molto ciechi, per non indovinare come stanno le cose, da dove questi esseri provengono e quali erano i loro scopi. Vedete, questa è una compagnia composta esclusivamente dai cosiddetti grandi funzionari statali, avidi di prestigio mondano e di utili personali, i quali hanno esercitato la loro carica soltanto nel proprio interesse, anziché per il bene dello stato e dei suoi cittadini.

               8.   Questi individui si comportavano sulla Terra quanto mai affabilmente e amichevolmente l'uno verso l'altro, ma, indipendentemente da ciò, ognuno, con molta finezza, sapeva farsi valere di fronte agli altri. Nessuno, però, si fidava dell'altro e trovava perciò necessario fare in modo che, per vie subdole, l'altro non potesse avere molti segreti di fronte al suo vicino. Che cosa è una tale amicizia egoistica e una così raffinata cortigianeria, se non una sfacciata civetteria, la quale, da per se stessa, non è altro se non una radice o un seme della vera e propria prostituzione? Infatti, è così che una avida e voluttuosa prostituta getta i suoi sguardi amichevoli e molto promettenti a qualcuno, per irretirlo e ricevere qualcosa da lui. Nello stesso modo anche l'avvoltoio porta in alto la tartaruga, per poi lasciarla cadere giù e guadagnarsi così un bel pranzetto.

               9.   Questi individui sono ben poco utili alla comunità e essi stessi non si trovano nelle condizioni più favorevoli, esposti come sono alla sopraffacente astuzia degli altri. Anzi, simili uomini somigliano pure ai giocatori che alla sera si scambiano visite amichevoli e fraterne e sono pieni di reciproche premure, però, quando sono seduti al tavolo da gioco a nessuno di loro farebbe né caldo né freddo, se chi gioca contro di lui, ci rimettesse anche la casa.

             10.   A questo punto voi dite: “Ma, carissimo amico, evidentemente questi sono degli esseri cattivi d'animo e si devono considerare degli esseri perduti!”. Però io vi dico: “Voi giudicate troppo crudelmente e non siete in grado di fare una differenza fra i ladri che usano violenza e i cosiddetti poveri ladri occasionali? A quest'ultima categoria appartiene anche la nostra compagnia. La loro posizione nel mondo ha, in certo qual modo, concesso un diritto politico statale per comportarsi così, ed essi, nel loro intimo, sono persuasi di aver sempre agito completamente in conformità alla loro carica.

             11.   Qui, nel regno degli spiriti, non viene mai imputata, quale condannabile, un'azione, se l'uomo l'ha commessa senza che la sua coscienza venisse turbata da un inquietante sentimento di giustizia; e questo è stato anche il caso di tali individui. Per loro nulla è una realtà assoluta, né il bene né il male, bensì tutto è, in un certo senso, soltanto una commedia politica, più o meno astuta. Questo è il motivo per cui anche essi si trovano qui, affinché il futile e il falso in loro venga consumato. Quando ciò sarà compiuto, certamente sulla base di un progresso oltremodo lento, allora soltanto verranno partoriti fuori da questa regione e verranno accolti nelle valli che si trovano a destra, verso il fondo, dove noi abbiamo fatto conoscenza con i nostri stoici”.

 

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Cap. 34

* * * * *

L'influsso reciproco dei coniugi nell'aldilà

 

               1.   Voi dite: “Tutto ciò va bene e lo comprendiamo benissimo, però, dato che in quella compagnia abbiamo visto delle donne, alle quali, certamente, non era stato affidato nessun incarico pubblico, si domanda che cosa esse ci stiano a fare qui e perché in questa compagnia esse sono così amalgamate?”.

               2.   Miei cari amici, dovreste meravigliarvi voi stessi se non comprendete ciò al primo sguardo.

               3.   Non è noto, fin dall'eternità, che la donna in tutto è considerevolmente più debole e vuole e desidera tanto ansiosamente proprio quello le è meno adatto, cioè dominare e governare? Quando gli uomini rivestono una certa carica e prendono moglie o l'hanno già, allora è più che sicuro che, alla fine, è la donna che governa più che non l'uomo chiamato propriamente alla direzione.

               4.   Per realizzare i suoi piani, essa impiega l'astuzia femminile in tutta la sua pienezza ed è necessaria una straordinaria fermezza da parte dell'uomo, se non vuole essere sopraffatto da essa, cioè dalla sua “Eva”.

               5.   Voi chiedete di nuovo: “E qual è la ragione per cui la donna, con la sua astuzia, riporta generalmente vittoria?”. Io vi dico: “La sua ragione è naturalissima e perciò, facilmente comprensibile. Riflettete: la donna è, propriamente, la radice dell'uomo, e tutto il resto vi risulterà chiaro”.

               6.   Il tronco di un albero, con i suoi rami, in verità sta sotto la luce del cielo e assorbe un nutrimento eterico dai raggi del Sole, ma nessuno osserva che, ciò non di meno, il suo nutrimento principale esso lo riceve dalle radici. Perciò, se le radici dovessero cospirare contro l'albero e, in seguito a ciò, rendersi libere da esso, che cosa succederebbe, in breve, dell'albero? Esso inaridirebbe e, alla fine, non produrrebbe più frutti.

               7.   E, vedete, questo la donna lo sa, nel suo intimo, e sente esattamente quanta necessità l'uomo ha di lei; se essa, però, è stata male allevata ed ha un animo guasto, essa fa quello che fanno, talvolta, le radici di un albero, che emettono cioè, fuori dal terreno, nuovi germogli e li nutrono, mentre l'albero viene privato, con ciò, del necessario nutrimento. Da questi polloni, che provengono dalle radici, non si forma mai un albero robusto e fruttifero, bensì soltanto un cespuglio affine all'albero. Comunque ne risulta che se l'albero non viene abbondantemente aiutato con il più elevato cibo dal cielo contro tale disordine delle radici, in modo tale che i suoi rami e ramoscelli si allargano fortemente, facendo appassire, con la loro ombra, il maligno germoglio delle radici, e ciò anche con l'aiuto del gelo di una stagione invernale favorevole che lo soffoca, certamente l'albero si trova evidentemente in una situazione molto sfavorevole per quanto riguarda la propria esistenza e per il suo campo d'azione e d'attività.

               8.   E questo succede anche all'uomo, quando ha una moglie imperiosa e che vuole imporre la sua volontà in ogni cosa. Se egli non è capace di tener testa, deliberatamente, con i suoi germogli bastardi, diventerà sempre più debole e sottomesso ed alla fine inaridirà e dovrà stare a guardare, senza poter reagire all'operato della moglie sua.

               9.   Un altro esempio ci viene offerto anche dai fanciulli, che, nella loro debolezza, non di rado, sono più forti del più grande eroe, dinanzi al quale tremano migliaia su migliaia. Ammettiamo che un eroe sia un padre, e che egli abbia un bambino piccolissimo, che è appena in grado di balbettare, e gli dica: «Babbo, rimani con me quest'oggi, e non uscire, perché ho molta paura che ti succeda qualcosa»; ebbene, l'eroe s'intenerisce, e obbedisce al bambino.

             10.   Dopo questo esempio, rivolgiamoci nuovamente alle donne. L'uomo, come sapete, già nell'adolescenza cambia il tono della voce, mentre la donna conserva la stessa tonalità del bambino. E, vedete, come la donna conserva questa tonalità di voce, così essa continua a conservare in sé, in un grado maggiore o minore, qualcosa dell'essere infantile.

             11.   In grazia a questa facoltà, essa, alle volte, può agire con quella forza infantile che non di rado è maggiore della forza di volontà di un grande generale. Sempre grazie a tale facoltà, la donna, appunto, può far leva sull'uomo fin dalla radice. Se essa vede che, sulla via dell'abituale astuzia femminile, non ottiene nulla, allora ricorre ben presto alla sua infantilità, apparentemente debole, con la quale, nella maggior parte dei casi, riporta vittoria sull'uomo forte.

             12.   Credo che, da quest'esempio, la cosa vi risulterà ancora più chiara e potrete dedurre per quale ragione fanno parte di questa compagnia anche degli esseri femminili. Tuttavia, dovete sapere che nel mondo spirituale la donna sta attaccata all'uomo fino a che questo non si è completamente purificato da tutte le sue scorie del mondo.

             13.   Parecchi uomini potrebbero raggiungere molto prima la purezza spirituale, se non ne fossero impediti, sempre nelle stesse circostanze, dalle loro donne più sensuali. Anche a questa nostra compagnia sarebbe andata molto meglio, se essa non fosse intersecata di donne.

             14.   Ogni qualvolta un uomo prende una buona decisione e vuole, nel suo animo, imboccare la via migliore, la donna sa sempre come fare, in seguito alla sua intima brama di dominio, per trattenerlo, indicandogli un'altra via. O, detto con altre parole, un uomo, che ha una simile moglie, trova nel mondo spirituale ancora maggiore difficoltà di liberarsene, che non sulla Terra. Se egli vuole allontanarsi da lei, di punto in bianco, essa sa indurlo, con le sue preghiere e esponendogli la sua debolezza, a restare di nuovo vicino a lei, non solo, ma egli si sente spinto a darle ogni sorta di assicurazioni che egli non vuole lasciarla per tutta l'eternità.

             15.   Anzi, spesso accade che uomini di cuore buono giungano in questo luogo con donne che, da per se stesse, si sono rese interamente degne per l'Inferno. Queste sono le più pericolose ed anche le più tenaci, poiché il loro cuore è attratto da ciò che è peccaminoso e basso, ma, ciò non di meno, per varie considerazioni di guadagno e di dominio, tengono anche al loro marito.

             16.   Dato, però, che il sentire di una tale donna tende evidentemente verso l'Inferno e che il marito non ha la forza sufficiente per dividersi da lei, cede, perciò, alla debolezza apparente della moglie. Essa lo attrae a sé un po' alla volta, nel modo più innocente, al di là dei confini di questa regione, oltre il fiume a voi già noto, cioè nell'Inferno ed occorre allora una grande pazienza ed un faticoso lavoro perfino da parte di potentissimi angeli, per svincolare un tale uomo dalla moglie infernale. Secondo il vostro calcolo del tempo un tale lavoro potrebbe richiedere anche parecchie centinaia d'anni e, vedete, anche in questa compagnia sono presenti alcune di tali donne”.

             17.   Voi dite: “Ma qui potrebbe intervenire il Signore e tirare una grossa riga sul conto di tali donne”. Un simile intervento può sembrare logico, fino a che non si conoscono le altre vie dell'Ordine divino. Chi invece conosce quest'Ordine, sa anche molto bene che un tale intervento è assolutamente impossibile, perché vi è condizionato il mantenimento della vita dello spirito.

             18.   Voi dovete sapere che l'amore dell'uomo è la sua vita e questa vita egli la porta in sé. Che cosa ha permesso all'uomo che la moglie riportasse vittoria su di lui? In seguito al fatto che egli l'ha accolta troppo nel suo amore. Ora l'uomo dovrebbe esaminarsi e porre su una bilancia molto sensibile l'amore per la sua donna e l'Amore per il Signore e pesare con l'ansiosa sollecitudine queste due specie di amore e fare molta attenzione a dove si manifesta un eccesso di peso superiore. Poi egli dovrebbe scrutare profondamente e scrupolosamente in sé quale perdita sarebbe per lui più sopportabile, cioè se egli preferirebbe perdere la sua amata moglie e tutti i vantaggi che da essa gli derivano, oppure l'Amore del Signore.

             19.   Questo, però, non deve limitarsi, come detto, ad una espressione esteriore, così come se qualcuno dicesse: “Io sono pronto a sacrificare al Signore non soltanto una, bensì anche dieci mogli”, poiché a questa domanda della Vita deve sempre venir risposto con la radice della stessa.

             20.   Prendiamo il caso che il Signore, ad un tale uomo, che a parole sostiene che egli ama il Signore dieci volte di più di sua moglie, Egli gliela togliesse con la morte del corpo.

             21.   Se allora l'uomo, sentendolo in sé in modo vivente, può dire: “Signore, io Ti ringrazio per avermi fatto ciò, perché in grazia al mio Amore per Te, io so che tutto quello che fai è fatto per il meglio”; se, oltre a ciò, un tale uomo trova realmente nell'Amore per il Signore, compenso sufficiente per la perdita della moglie, allora il suo amore per il Signore è, in lui, veramente maggiore di quello per la sua moglie.

             22.   Invece, se a questa Opera del Signore, lo invade la tristezza ed egli così si esprime: “Signore, vedi, io Ti amo tanto, perché mi hai riservato una tale mestizia ed un tale dolore?”; in verità, voi potete credere, un simile uomo amava sua moglie più del Signore!

             23.   Ed anche quando un tale uomo sopravvive alla moglie per parecchi anni e col tempo l'ha anche dimenticata e si è rivolto completamente al Signore, ciò nondimeno non ha bandito completamente tale amore dal suo cuore, poiché, se dopo dieci anni gli fosse concesso di ritrovarla, egli ne sarebbe incantato e l'accoglierebbe con il massimo amore, specialmente se essa gli apparisse spiritualmente ringiovanita.

             24.   A questo punto, voi chiedete nuovamente: “Come è possibile ciò, dal momento che il vedovo si è rivolto completamente al Signore?”. Io invece vi chiedo a mia volta: “Era questa una sottomissione spontanea o non, piuttosto, soltanto forzata? Si sarebbe egli comportato così, se il Signore non gli avesse tolto la moglie?”. Presso il Signore vale soltanto il libero volere e, per conseguenza, la completa abnegazione di sé, in tutto.

             25.   Questo uomo era triste per la perdita della moglie, perciò egli si rivolse al Signore, per trovare, presso di Lui, il necessario conforto e l'acquietamento del suo animo affranto.

             26.   Che cosa è stato per lui, da questo punto di vista, il Signore? È stato Egli l'Amore centrale, nel cuore di un tale uomo, o non piuttosto un mezzo tranquillizzante, una specie di copertura sul dolore sofferto e perciò anche un impiastro risanatore? A questo punto, voi non potete dire altro, se non che il Signore, in tal caso, è stato soltanto un mezzo, una copertura e, perché no, anche un impiastro. Chi può perciò dire che un amore, frutto della riconoscenza, possa essere considerato allo stesso livello dell'Amore fondamentale del cuore?

             27.   Non è questa una differenza simile a quella di quando un uomo ama il suo benefattore, perché lo ha reso felice oppure, frammisto a tale amore, egli prova ad amare anche per la felicità che gli è derivata? Io sono dell'opinione che, fra queste due specie d'amore, ci sia una grande differenza, poiché l'amore per il benefattore non è che la conseguenza dell'Amore fondamentale che dimora nella felicità ottenuta e non è perciò un amore fondamentale, bensì un amore di seconda mano.

             28.   Che aspetto assume ciò di fronte al Signore, dato che l'uomo dovrebbe porre la sua massima felicità soltanto in Lui, poiché considerando appunto le cose, partendo da tale felicità, tutte le altre felicità dovrebbero apparire vuote e vane e, perciò, non indispensabili per tutta l'eternità. Infatti, l'uomo dovrebbe poter dire in modo vivente in se stesso: “Se io ho soltanto il Signore, non chiedo né un Cielo né una Terra e, perciò, meno ancora, una moglie”.

             29.   Da quanto detto, comprenderete perché io vi ho resi tanto intimamente attenti sulla necessità, per l'uomo, di esaminare in modo straordinariamente vivente e profondo la differenza che c'è fra il suo amore per il Signore e quello per sua moglie, poiché è il Signore stesso che dice: «Chi ama suo padre, sua madre, sua moglie, fratello e figlioli più di Me, non è degno di Me!».

             30.   E, a questo punto, voi chiederete ancora: “È, dunque, un tale uomo da considerarsi perduto, per questo suo amore di seconda mano, per il Signore?”. Ma neanche per idea, però, egli non può giungere al Signore, fino a che non si è completamente staccato dalla sua base o fondamento del suo amore e non ha tramutato tale suo amore in un Amore principale e fondamentale per il Signore.

             31.   Quali difficoltà, però, sono collegate, non di rado, in questo regno degli spiriti, per il tramutamento di questo Amore, noi l'abbiamo rilevato osservando questa compagnia. Noi, però, avremo occasione di scrutare questo punto importantissimo in una prossima scena, più chiaramente e più a fondo e in un modo pratico. Voi potrete vedere quanto spesso un tale falso amore coniugale, che sembrava definitivamente spento, si ridesta nuovamente dall'origine, quando tali coniugi si ritrovano nell'aldilà. Con ciò, lasciamo che questa compagnia continui indisturbata la sua via e noi procediamo per nostro conto.

 

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Cap. 35

* * * * *

Una coppia sposata nell'aldilà

 

               1.   Guardate, non lontano da qui potete scorgere una coppia di esseri umani, proprio in quella situazione che si presta magnificamente al nostro scopo. Affrettiamoci da quella parte, così da raggiungerli senza indugio. Voi chiedete qual è esattamente la situazione dei due! Ed io vi dico: “Essa non potrebbe essere la più adatta, poiché la moglie è morta soltanto sei anni prima del marito; quest'ultimo l'ha molto rimpianta, ma, dopo un paio di anni, si è gettato nelle braccia della religione ed è vissuto molto fedelmente ed in accordo con questo suo riconoscimento. Ora, però, è stato anche lui richiamato dalla Terra ed è venuto qui che è da poco”. Questo preambolo, per il momento, è sufficiente, il resto lo apprenderemo in seguito, nello spirito.

               2.   Dato che noi, nel frattempo, abbiamo felicemente raggiunto la nostra coppietta, a noi non occorre altro se non ascoltare con attenzione il dialogo che sta per cominciare. Ascoltate, dunque, come essa rivolge una domanda al marito, e precisamente:

               3.   “Io sono straordinariamente lieta di rivederti dopo tanto tempo, ora, però, dimmi soltanto se le mie ultime volontà sono state eseguite esattamente, poiché questo mi sta straordinariamente a cuore”.

               4.   Il marito risponde: “Moglie mia, amata sopra ogni cosa, affinché tu veda quanto puntualmente le tue ultime volontà sono state rispettate, io non posso che dirti che anch’io, disponendo le mie ultime volontà, non ho fatto altro che nuovamente confermare le tue, attenendomi completamente alle stesse, ad eccezione di alcuni legati insignificanti. Tutto il resto del nostro patrimonio comune, aumentato ancora da me di parecchie migliaia di fiorini, l'ho lasciato, per testamento, ai nostri figlioli. Ne sei contenta?”.

               5.   La moglie risponde: “Mio sempre amato marito, ad eccezione dei legati, sono pienamente contenta! Dimmi, però, a quanto ammontano e chi sono i legatari?”. “Mia amata consorte”, dice lui, “i legati ammontano, in totale, a non più di duemila fiorini, divisi in cinque parti, e ad eccezione di una parte, i legatari sono quattro parenti tuoi. Soltanto la quinta parte l'ho lasciata alla cassa dei poveri, per non offendere l'onore e il decoro. Io non avrei fatto neppure ciò, se tu durante la tua vita terrena non avessi spesso espresso l'intenzione di ricordarti di tali tuoi parenti. Per quello che riguarda i poveri, tu sai comunque che qualche cosa si deve fare, in prima linea già per il mondo e poi qualcosa anche per l'Amor di Dio, dato che si è, tuttavia, dei cristiani e non dei pagani. Del resto, questa bagatella di duemila fiorini conta poco in confronto al grande patrimonio che abbiamo lasciato, poiché dai miei ultimi calcoli, ognuno dei nostri sette figlioli ha ereditato la bella somma di centocinquantamila fiorini. Oltre a ciò tutti i figlioli sono stati allevati così da attenersi ad una saggia economia, di modo che tu puoi essere completamente tranquilla per quanto riguarda il patrimonio da te lasciato, così come io lo sono e puoi ora, insieme a me, andare alla ricerca di un altro patrimonio, che ci possa portare in una posizione corrispondentemente più felice, nella quale ci sia dato di vivere, per lo meno, come siamo vissuti sulla Terra”.

               6.   Essa dice: “A me basta, per essere contenta, che i figlioli siano ben provveduti. Certo, che con quei duemila fiorini, ognuno di essi avrebbe avuto subito un piccolo importo in mano, tanto per cominciare, senza toccare immediatamente gli interessi del capitale; tuttavia, dal momento che è cosa fatta e che non possiamo portare nessun cambiamento, devo, volente o nolente, dichiararmi soddisfatta.

               7.   Quanto però tu dici, riguardo ad un capitale utilizzabile qui, io ti prego, quale tua moglie sempre fedelmente amorosa, di non farti delle assurde illusioni, poiché sei anni sono ormai trascorsi, da quando io vado vagando in questo tenebroso ed arido deserto, con grande angoscia e trepidazione; e tutto quello di commestibile che ho potuto trovare, spinta da una spaventevole fame, è stato una specie di muschio e, non di rado, alle volte ci si imbatte in qualcosa che sembra erba secca, con la quale, alla fine, ci si può riempire lo stomaco. Se tu non fossi giunto dalla Terra, ancora avvolto in un barlume di luce, proprio in questo punto, ben difficilmente avremmo potuto incontrarci per tutta l'eternità”.

               8.   Ed egli dice: “Ma, amata moglie mia, non hai proprio nessuna idea del motivo per il quale tu sei giunta in questo luogo tenebroso? Io son dell'opinione che è stato il tuo sentire troppo mondano a portarti qui. Tu usavi esprimerti talvolta in maniera non troppo encomiabile e ti attenevi, più di tutto, alla esperienza ed alla filosofia mondana. Io, però, ti dicevo molto spesso, mia cara moglie, che se nell'aldilà c'è una vita, secondo me, non si sarebbe potuto ottenere nulla con l'esperienza del mondo e che, perciò, sarebbe stato meglio attenersi alla Parola di Dio. Infatti, ciò che è del tempo, dura poco, mentre se c'è un'eternità, noi, con la nostra saggezza peritura, ce la caveremmo molto male. Vedi, amata moglie mia, queste sono, letteralmente, le parole che molto spesso io ti ho rivolto in confidenza e, come ora mi convinco con grande meraviglia e rincrescimento, tali mie parole si sono purtroppo avverate. Io sono, perciò, dell'opinione, cara moglie mia, che questo è proprio l'ultimo momento, se qui ci si può esprimere così, in cui possiamo rigettare completamente tutti i nostri pensieri del passato, specie quelli mondani e rivolgerci al nostro Signore Gesù Cristo, implorando da Lui Grazia e Misericordia, poiché, se non ci aiuta Lui, noi siamo perduti per l'eternità. Io so e sento in me, nel modo più sicuro che, all'infuori di Cristo, non c'è per noi, in tutta l'infinità, nessun altro Dio e nessun altro Aiutante. Se Egli ci aiuta, noi siamo effettivamente aiutati e se Egli non ci aiuta, noi siamo irremissibilmente perduti! Adesso io preferirei che avessi dato tutto il nostro patrimonio ai poveri e che i nostri figlioli fossero diventati dei mendicanti; questi ci avrebbe portato più benessere spirituale, che non tutte le nostre prudenti cure, per la sistemazione materiale dei nostri figlioli. Perciò, mia cara moglie, dal momento che non possiamo rimediare alla nostra follia mondana, non ci resta altro che rivolgerci soltanto al Cristo, in tutta serietà, con l'esclusione di tutti gli altri pensieri e desideri, affinché Egli voglia, con la Sua Grazia e Misericordia, considerare la nostra grande follia una debolezza umana e risolvere in bene, per i nostri figlioli, il nostro operato!”

               9.   La donna dice: “Io ho sempre pensato che tu avresti portato anche in questo mondo la tua farneticante follia religiosa. Che cosa abbiamo fatto di male noi due nel mondo? Non siamo stati sempre equi verso ognuno? Siamo stati mai debitori verso qualcuno o non abbiamo pagato quanto pattuito a qualche domestico? Se ci fosse un Dio, o, secondo il tuo modo di pensare, un Cristo, sarebbe la più grande ingiustizia, se Egli dovesse premiare degli esseri come noi con il premio che ci sta qui davanti. Oppure quale Dio potrebbe, anche minimamente, biasimare un uomo, se egli non può prestare fede ad una vecchia “leggenda”, piena d'insensatezza e di ridicolaggini? Infatti, io penso che perfino un cieco dovrebbe scorgere che, se ad un Dio, ammesso che ci sia, dovesse effettivamente interessare il genere umano, nessun uomo potrebbe nemmeno sognare che questo Dio si sia avvicinato, soltanto una volta, personalmente agli uomini, munito di tutta la Sua Forza miracolosa e ciò soltanto agli abitanti di un distretto molto piccolo, mentre tutta la Terra era popolata.

             10.   Dimmi, dunque, può un Dio pretendere incondizionatamente che quegli uomini e popoli che, in primo luogo non possono accettare come valida l'affermazione che è stato proprio Lui a istituire tale dottrina, vi debbano credere senza eccezioni e se non possono farlo, ammesso che Egli sia Giusto, li possa biasimare. Non possono, allora, gli uomini ed i popoli, insorgere contro questo Dio, sempre ammesso che ci sia, e dirGli: “Come vuoi Tu raccogliere, dove non hai seminato? Come pretendi Tu di giudicarci, dal momento che Tu sei un Dio ingiusto? Vuoi tenere un equo Giudizio? Allora giudica coloro che Ti hanno visto e sentito le Tue prediche, ma lascia noi in pace, perché non Ti abbiamo mai visto e neppure abbiamo potuto persuaderci della Tua esistenza! La Parola che dovrebbe essere Tua e che è giusta, non può diventare un giudice nostro, poiché può essere tanto inventata, quanto vera, anzi molto più facilmente inventata che vera. Fino a tanto che siamo vissuti sulla Terra, noi abbiamo visto soltanto la vecchia natura. Di Te, però, non c'era traccia. Noi siamo venuti al mondo quali meri figli delle forze naturali, gli uomini e gli insegnanti del mondo ci hanno resi intelligenti. Durante tutta la nostra esistenza non abbiamo scorto la minima traccia di Te. Come vuoi Tu disputare con noi, dal momento che non ci hai mai voluto dare una prova che testimoniasse della Tua Presenza e della Tua esistenza?».

             11.   Vedi, marito mio caro, questo è tanto chiaro, come sulla Terra il Sole di mezzodì. Tu non scorgi ancora ciò, perché sei qui appena da poco tempo, però quando ci starai tanto più a lungo, tutto ciò risulterà chiaro anche a te, malgrado queste fitte tenebre. Quale prova del mio amore per te, io ti dico che, dappertutto, qui vicino a me, puoi chiamare tanto a lungo e tanto ad alta voce cgme vuoi, il tuo presunto Cristo-Dio; anche se la tua chiamata durasse degli anni, dovresti arrivare alla chiara persuasione che io, la moglie tua fedele, nel mio intelletto naturale, vedo molto più chiaro, che tu, con tutta la tua cosiddetta erudizione divina.

             12.   Vedi, un vecchio proverbio così dice: «Oh Bibbia, oh Bibbia, tu sei per gli uomini un malanno!». E, vedi, il proverbio ha ragione. Se gli uomini sulla Terra avessero il coraggio di strappare, fin dalle radici, questa vecchia insensatezza giudaica e mettere al suo posto la pura ragione umana, il mondo sarebbe più avanti, nella cultura, di parecchie centinaia di anni. Così come stanno le cose, invece, chissà per quali considerazioni si deve tenere tuttora in vigore questa vecchia insensatezza, in seguito alla quale non di rado a degli uomini leali e probi vengono legate mani e piedi, impedendo loro un libero agire. Quale ne è la conseguenza? Pensaci un po’ tu, con la tua abituale avvedutezza. Dove si trova il più grande numero di individui poveri, cattivi e invidiosi? Certamente non altrove, se non proprio là dove dominano la Bibbia e specialmente la nuova dottrina cristiana. Va a Roma, va in Spagna, va in Inghilterra e troverai conferma di quanto ti sto dicendo.

             13.   Gli uomini che si rimettono in un Dio incominciano a poltrire, nella speranza del Suo aiuto. L'aiuto, poi, non viene, e come logica conseguenza, tali uomini impoveriscono e, se non diventano veramente dei cattivi soggetti, tuttavia finiscono sempre con il rimanere a carico degli uomini attivi ed industriosi. Dappertutto si strombazza: «Dio è la stessa Bontà, Egli è pieno d'Amore e di Misericordia; però lascerebbe che i mendicanti morissero di fame, se non fossero gli uomini attivi e laboriosi a provvedere per loro».

             14.   Vedi, mio caro marito, a spese degli uomini benpensanti, attivi e perciò anche benestanti, l'oziosa pretaglia ha facile gioco nel predicare di un Dio buonissimo e misericordioso, ma, se depenniamo tali uomini, vedremo ben presto la fine ingloriosa di tutte queste prediche. Se questi urlatori, neri o bianchi che siano, sapessero sulla Terra come stanno realmente le cose con la vita nell'aldilà, predicherebbero ben diversamente, oppure sostituirebbero le loro prediche vuote con il molto di più redditizio aratro. Può darsi che un Dio ci sia, quale Forza Fondamentale che guida tutto l'Universo, ma è certo che un Dio, come insegna la Bibbia, non esiste”.

             15.   Il marito le dice: “Oh amata moglie mia, i tuoi pensieri si smarriscono in un vicolo cieco ed in una via errata. Proprio in scrittori celebri, molto profondi nella conoscenza delle cose di Dio, ho letto che gli spiriti infernali si esprimono proprio come te. Io ti posso assicurare che ciò è anche la causa, più che valida, per cui tu ti trovi in questa eterna notte. In verità, sono terribilmente angosciato e avvilito per te! Infatti, con simili principi, ti vedo irremissibilmente perduta per l'eternità. Se tu non vuoi assolutamente accettare degli altri principi, io mi sento obbligato, per necessità, a lasciarti per sempre al tuo destino”.

             16.   Essa dice: “E tu saresti capace di comportarti così con me, la moglie tua che t'ama, e che ti è stata sempre fedele? Io, però, ti dico, che non sarei capace di una cosa simile, neppure se tu fossi realmente condannato all'Inferno! Io non ti abbandonerei nemmeno nel fuoco, mentre tu mi vuoi lasciare per un discorso che, del resto, è indubbiamente ragionevole. Inoltre tu sei pienamente libero di espormi, ragionevolmente, le tue opinioni, soltanto le insensatezze è assolutamente necessario che vengano evitate, poiché io ti amo troppo per lasciarti imboccare delle vie sbagliate. Comunque, io ti voglio condurre in un altro luogo, dove ci troveremo meglio che non qui, e, in una compagnia più numerosa, tu apprenderai poi, più esattamente, come stiano le cose qui”.

             17.   Ed egli così risponde: “Mia amata moglie, io non voglio lasciarti, poiché, per far ciò, io ti voglio troppo bene e voglio perciò anche seguirti dove tu vuoi condurmi. Perché io vedo che, malgrado la tua ignoranza della vera religione, sei tuttavia sempre di cuore leale e sei sempre la mia buona moglie, riguardo alla quale io non ho nulla d'obiettare, seppure non puoi condividere il mio punto di vista. Perciò, se tu conosci qualche posto migliore, in questo regno di ogni tenebra, conducimi là, e vedremo che cosa, allora, si potrà fare”. Guardate, essa gli afferra il braccio e lo conduce avanti. Noi, da parte nostra, vogliamo seguire questa coppia, veramente interessante, per essere ulteriormente testimoni del risultato di un tale rapporto. Dunque, seguiamoli.

 

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Cap. 36

* * * * *

La coppia sposata e uno spirito bugiardo

 

               1.   Non dovete impressionarvi, se i vostri occhi, questa volta, saranno esposti ad una prova piuttosto forte, poiché la via volge di più verso settentrione, e perciò diventerà sempre più tenebrosa. Tuttavia, per conto nostro, noi avremo sempre luce a sufficienza, affinché anche in questa occasione, nulla ci sfugga.

               2.   Non percepite ancora nulla ad una certa distanza? Voi dite: “A dir vero, percepiamo qualcosa, però molto diverso da una voce umana. Sembra trattarsi, piuttosto, come dello strepito di diversi carri, frammisto allo scrosciare di una grande cascata d'acqua”. Voi chiedete: “Che cosa significa ciò?”. Ed io vi dico: “Seguiamo senz'altro la nostra coppia, e ce ne faremo un’idea”.

               3.   Non scorgete ancora, laggiù, qualcosa di rossastro, un barlume simile a quello di un pezzo di ferro rovente, ma non troppo? Ecco, proprio là volgete lo sguardo, perché ci attende uno spettacolo di prim’ordine.

               4.   Man mano che ci avviciniamo, quello strano rimbombo di tuono assume sempre più il suono di voci umane, rauche; ora, però, fermiamoci, poiché la massa si dirige proprio da questa parte, e, come voi vedete, anche la nostra amorosa avanguardia ha preso una posizione d'attesa.

               5.   Vedete come il marito è pieno d'ansiosa aspettativa di ciò che si sta avvicinando, e, per l'angoscia e la paura, accenna a fare qualche passo indietro. Essa, però, gli afferra un braccio e lo prega, per quanto c'è di più caro nel cuore, di ascoltarla soltanto per questa volta, e di restare con lei, poiché questa è la fortuna che lei ha predetto e che egli deve conoscere, per potersi persuadere se essa è dalla parte della ragione o in quella del torto.

               6.   Egli chiede che cos'è che si sta avvicinando, che a lui sembra così spaventoso. Ed essa gli dice: “Che cos'è che cos'è?! Sono degli autentici e profondi pensatori; ciò che potrai presto constatare da te”.

               7.   Vedete, egli si tranquillizza, ed attende la truppa “profondamente pensante” che si sta avvicinando. Ed ecco, una compagnia discretamente numerosa è già qui. La nostra coppia, per cortesia, va loro incontro e, per conseguenza, noi dobbiamo fare altrettanto, se non per cortesia, bensì per altri motivi.

               8.   Vedete, ora fanno gruppo e si accolgono l'un l'altro con ogni tipo di cortesia; avviciniamoci ancora un po', affinché nulla ci sfugga.

               9.   Come vedete, dal mezzo della compagnia si avvicina alla nostra coppia una figura straordinariamente magra e consumata, e la donna l'accoglie con molta gentilezza e grande benevolenza. Anche il marito della donna s'inchina profondamente dinanzi a questa figura d'uomo.

             10.   Quest'ultimo prende la parola, dicendo: “O mia pregiatissima signora, mi fa immensamente piacere di avere nuovamente la gioia di poterla considerare una dei nostri, poiché la sua intelligenza e il suo quanto mai pregevole contegno fa grande onore alla nostra società ed è, in verità, il più bel ornamento. Dunque, mia cara signora, se lei ha qualche cosa nel suo delicatissimo cuore, allora sarebbe una vera felicità per me se ella volesse esternare un tale suo affanno”.

             11.   Ed essa dice: “Mio pregiatissimo e soprattutto stimatissimo amico! Guardi, l'uomo che mi sta a fianco è il mio consorte terreno tanto teneramente amato. Egli si è comportato sulla Terra, in tutte le sue azioni, in modo retto, distinto e vantaggioso, così che io, in tutta serietà, devo riconoscere che il nostro matrimonio era uno dei più felici. Poiché, una donna cosa può desiderare di più, qualora un marito sa venirle incontro a tutti i desideri del cuore femminile? Salvo qualche punto senza importanza, non avrei davvero nulla da obiettare.

             12.   Ora, però, viene un punto importante, sul quale non abbiamo potuto accordarci e che, conseguentemente, è stato sempre fra noi un piccolo ostacolo. Io, però, desidero esporle in che cosa consisteva questo ostacolo, così come ad una donna è concesso di esprimersi dinanzi a lei, mio pregiatissimo amico, e vorrà poi avere pure lei la compiacenza di sussurrare in proposito un paio di paroline a mio marito, che sicuramente lo guariranno radicalmente”.

             13.   E l'uomo dice: “O prego, prego, mia pregiatissima signora, lei è troppo benevola! Io posso soltanto assicurarla che mi tornerà a grande onore ed a speciale felicità, se mi sarà dato di poter dire a me stesso di aver servito, nella mia piccolezza, una donna tanto affabile! Io la prego perciò di confidarmi questa pena del suo cuore”. Essa risponde: “Ah, pregiatissimo amico mio, lei è troppo buono e modesto, ed è proprio questa bontà e modestia che infonde al mio cuore il coraggio di non tener celato nulla dinanzi a lei; perciò, voglia benignamente ascoltarmi!

             14.   Questo fatale punto non consiste in nient'altro se non che mio marito, per tutto il resto un uomo bravo, buono e molto affabile, è un appassionato della Bibbia, e con ciò è pure un Cristiano. Il vero motivo però per cui si è gettato fra le braccia di questa ridicola setta, sta nel fatto che egli è di bassa estrazione. In considerazione di ciò, gli venne inculcata, fin dalla culla, con la ninnananna, anche questa filosofia da mendicanti, come è generalmente il caso nelle classi povere. Quanto sia poi difficile liberare qualcuno da questa insensatezza, assorbita col latte materno e diventata carne della propria carne, lei, pregiatissimo amico, lo sa certamente meglio di me. Con questa filosofia da poveretti, questo amico mio, del resto uomo pregevolissimo, è anche giunto qui, nel regno delle forze primitive della natura, come lei tanto spesso ha avuto la bontà di spiegarci. Però, questo non mi va giù: egli si attiene ancora fermamente al suo Cristo che, è cosa più che certa, non esiste in nessun luogo. Dunque, mio stimatissimo amico, le ho esposto, in tutta brevità, la mia preoccupazione e di che cosa ho bisogno, e la prego perciò di accogliere con la massima benevolenza questo povero marito mio, alquanto smarrito, ed illustrargli qualcosa di convincente da questo punto di vista”.

             15.   E l'uomo dice: “Oh, se si tratta soltanto di questo, noi ce la sbrigheremo presto e bene, in questo regno dove la verità è completamente nuda”. A questo punto, egli si volge al marito della donna, gli porge cordialmente la mano e gli dice: “Ma caro amico, è proprio sul serio così come la sua amabile signora mi ha riferito?”.

             16.   Il marito della donna dice: “Pregiatissimo amico, devo ammettere francamente che, per quanto cara e preziosa mi sia mia moglie, tuttavia, io sono convinto che su questo punto non concorderemo mai, poiché, comunque vadano le cose, io ho preso la ferma convinzione e decisione di rimanere eternamente alla mia fede in Cristo. Poiché io sono convinto che questo Nome mi ha procurato sempre un grande conforto ed è sempre stato, infallibilmente, la mia Stella splendente. Quando ho sbagliato strada, è stato sempre per colpa mia, e soltanto perché non mi sono attenuto abbastanza strettamente al Cristo. Quando, poi, mi sono rivolto nuovamente a Lui, io sono stato nuovamente aiutato, come da una potente bacchetta magica!

             17.   Lei, da uomo benpensante e saggio, dovrà ammettere che sarebbe quanto mai ingiusto, da parte mia, allontanarmi proprio ora da un tale Benefattore, quando cioè, come mi risulta, io ho il massimo bisogno di Lui. Perciò, pregiatissimo amico, non si prenda nessuna briga per me in questo riguardo, poiché l'assicuro, a cuore aperto, che sarebbe fatica sprecata. Io sono stato, anche troppo a lungo, uno schiavo del fascino di mia moglie. Dopo la sua dipartita, io ho imparato a fare a meno di lei, ed in Cristo, il mio Signore, io ho trovato la vera Vita e spero che, qui, la mia consorte non vorrà tentarmi più, dato che io, con la morte del corpo, ho cessato di corrispondere ai doveri coniugali. Se mi vuole seguire, essa potrà anche essere sempre per me degna e cara, ma scambiare la mia fede in Cristo con lei, questo non lo farò mai più; anche se, con la violenza, essa dovesse trascinarmi nel centro dell'Inferno. Dunque, se essa si accontenta che io le stia vicino, indisturbato, col mio Cristo, allora io non intendo rompere il nostro vecchio amore, se invece non è contenta così, allora, con ciò, io ho pronunciato la mia ultima parola, in sua presenza”.

             18.   Il presunto saggio così si esprime: “Caro amico, io ho ascoltato, pazientemente, dal principio alla fine e, con riguardo a quanto da Lei espresso, non posso opporre, in tutta serietà, che il mio più vivo rincrescimento. Però, affinché Lei sappia con chi Lei ha a che fare, io sono il grande maestro «Melanchton», del quale Lei, certamente, avrà udito parlare sulla Terra”. Il marito della donna dice: “Certamente, e con ciò cosa vuole dire?”. Il sedicente M. dice: “Mio pregiatissimo amico, nient'altro che io so meglio di Lei chi sia il Cristo, poiché ho lavorato con grande diligenza, nella cosiddetta “vigna del cristianesimo”, fino all'ultima ora della mia esistenza e Le posso garantire che, se fosse stato necessario, per il Cristo avrei affrontato perfino la morte. Io ho ripulito, da tutte le scorie, non solo la dottrina romana, bensì anche quella di Lutero; ed io vissi letteralmente secondo il significato di tale dottrina, ma qual è stata la ricompensa? Io non ho certo bisogno di illustrarglielo con molte parole; basta che Lei getti uno sguardo sul mio intero essere e Lei vedrà qual è stato il risultato del mio, per così dire, cristianesimo quintessenziale. Di più non occorre che io Le dica. Applichi perciò il vecchio detto “experientia docet” anche al caso suo ed io sono convinto che fra cento anni, se le cose vanno bene, ci ritroveremo tali e quali noi siamo ora. Lei, amico mio, è qui ancora come un novellino e non sa come si vive, qui, nel regno delle forze fondamentali centrali. Quando, per parecchi secoli, Lei sarà stato spinto in questa notte eterna a vagare senza meta, ed avrà sofferto la fame, è allora che delle condizioni più solide e profonde troveranno maggior spazio nella sua testa, dove sono venute a galla tutte le mondane sciocchezze”.

             19.   L'uomo dice al sedicente M.: “Pregiato amico, se Lei possiede, a questo proposito, delle conoscenze così ben basate, me le comunichi, poiché io non sono affatto contrario di ascoltarla; per quanto, io non rinuncerò minimamente alle mie idee, se le sue non le dovessi trovare molto convincenti”.

             20.   Il sedicente M. ribatte: “Bene, amico mio, io voglio «proprio» renderla attenta sui frutti che il Cristianesimo ha portato sulla Terra. I Romani erano un gran popolo, fino a quando erano rimasti alla loro dottrina della ragione pura. Tutte le loro opere erano grandi e ricche di significato, i loro principi legislativi sono ancora oggi le basi fondamentali di tutte le leggi statali e del diritto delle genti. Quando, però, il Cristianesimo si è insinuato, allora si è insinuata pure la morte per il popolo romano; così che, al posto dove un tempo risiedeva il grande ed eroico governo romano, regnano dei preti pigri ed oziosi ed un gran numero di straccioni che sulle strade stanno in agguato, quali briganti e ladroni, con il rosario in mano, così che nessun viandante è sicuro della sua vita. Come vede, questo è un frutto del giardino del Cristianesimo. Provi a viaggiare nella magnifica Spagna e provi a riandare con il pensiero agli antichi tempi di questa nazione e passi poi al Medioevo cristiano e non Le sfuggirà come tale benedizione cristiana fa che a migliaia e migliaia sanguinano, e migliaia su migliaia non esalino la vita nel modo naturale, bensì essa viene loro strappata dalla disperazione sui roghi ardenti che li riducono in cenere! Guardi un po' la commovente introduzione del Cristianesimo sotto Carlo Magno; come egli, per far ciò, abbia passato a fil di spada delle altre migliaia di migliaia. Si rechi poi in America, ne esamini un po' la storia, e troverà un numero infinito di esempi pietosi e penosi, cioè, dei frutti della benedizione cristiana. Da lì, poi, vada al mio tempo e osservi gli orrori «pieni di grazia» della guerra religiosa dei trent'anni, ed io sono convinto che Lei potrebbe passare in rassegna, con occhio critico, la storia originaria di tutti i popoli; ed io mi obbligo di portarla attorno eternamente sulle mie braccia, se Lei è capace di rintracciarvi delle scene dissimili a quelle or ora accennate.

             21.   Io non voglio richiamare la sua attenzione sulle molte benedizioni del Cristianesimo avvenute in altri luoghi ed in altre epoche, ma vorrei soltanto farle presente lo stato di quei popoli che sono tuttora liberi dal Cristianesimo. Come ad esempio i cinesi, quasi eternamente in pace, ed altri popoli importanti dell'Asia e di isole non ancora scoperte. E Lei dovrebbe essere tre volte cieco, se non scorgesse, di primo acchito, la differenza fra il Cristianesimo e la vera sapienza dei veri popoli pacifici, pieni d'esperienza. Tuttavia, io Le dico: tutte queste grandi manchevolezze svantaggiose del Cristianesimo, o meglio neogiudaismo, si potrebbero smascherare se qualcuno dicesse: «Questi dati di fatto, storici, sono infatti tutti veri; soltanto che il Cristo non c’entra per niente e non gli si può attribuire la colpa di tutto quello che d'insano ha portato con sé la diffusione della Sua Dottrina, poiché questa era quanto mai pura e caritatevole»”. Il sedicente M. dice: “Caro amico, tutto ciò è piacevole d'ascoltare; ed io stesso, durante la mia terrena esistenza, ero un zelante difensore di tale Dottrina. E' stato soltanto qui che ho scorto il vero e proprio veleno, per il popolo, di questo insegnamento, quale un evidente indirizzo all'infingardaggine ed alla poltroneria. L'uomo che, anche senza di ciò, ha in sé innata la tendenza alla pigrizia e all'indolenza, trova, in questa Dottrina, il miglior difensore del suo stimolo, dato che in essa è indicato palesemente di non far nulla, ad eccezione di cercare soltanto un certo Regno Spirituale, nel qual caso verrebbe, nullameno, provveduto a tutto quanto necessario all’esistenza. E veda, dopo un certo tempo non troppo lungo, parecchi uomini saggi si sono persuasi che non si poteva fare assolutamente conto di venir provvisti del necessario; e perciò ricorsero ad altri mezzi, cioè alla vecchia spada. Poi, lasciarono il popolo, oramai cristianizzato, nella sua cecità. E ora, amico mio, consideri da qualunque punto di vista questo insuccesso e non ne ritrarrà nulla di diverso, se si eccettuano le più elevate esperienze spirituali sul Cristianesimo, che si possono fare qui, in uno stato più libero; come è stato il caso mio, nel corso degli ultimi secoli. Mio pregiatissimo amico, per ora ho finito, e Lei è libero di pensare e fare come più Le aggrada. Ad ogni modo, Lei può contare sulla mia stima ed amicizia e sarà un grande piacere per me, se, fra qualche secolo, ci incontreremo nuovamente”. Come vedete, il sedicente M. si congeda dall'uomo e procede per la sua via con tutta la sua compagnia, abbandonando la nostra coppia a se stessi. Sull'effetto di questo interessante discorso e degli amichevoli insegnamenti, faremo qualche ulteriore esperienza la prossima volta. E con ciò va bene per oggi!

 

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Cap. 37

* * * * *

La debolezza dell'uomo. Viaggio della donna all'Inferno

 

               1.   Ormai, la compagnia non è più visibile, mentre la coppia è sempre allo stesso posto, immersa in profonde riflessioni. Poi, essa gli chiede: “Dunque, amatissimo marito mio, che ne dici?”. Egli scuotendosi, risponde: “Amata moglie mia, c'è poco da dire: o l'oratore ha ragione e la cosa è risolta e non c'è nulla d'aggiungere, oppure egli ha torto, ed allora non resta che rimanere fermi ai propri principi, ed anche in tal caso non c'è molto da dire. Tuttavia, se egli ha ragione o torto, non è cosa che si possa risolvere su due piedi; ma che si deve lasciare alla propria esperienza di decidere, appena dopo qualche tempo”.

               2.   Essa dice: “Però, caro marito, consideri allora me, la moglie tua fedele, e questo degno uomo, quali dei mentitori; dal momento che, alle parole tanto persuasive di costui, non hai prestato subito piena fede? Vedi, gli uomini sono indotti a mentire e ad ingannarsi reciprocamente, soltanto dove ciò può portare loro, dei vantaggi. Ora, dimmi, quale vantaggio potrebbe venir ritratto qui, con una bugia, od un inganno? Infatti, qui non c'è nulla da perdere, e nulla da guadagnare, bensì, una cosa soltanto è certa, che una compagnia, per quanto riguarda il saziamento dello stomaco, sta sempre peggio dell'uomo singolo, vagante in questa regione infinita, dato che il singolo fa ancora abbastanza presto a trovare muschio o erba commestibile, per riempire lo stomaco. Mentre, invece, quando sono in molti, è molto difficile che vengano saziati a sufficienza.

               3.   Tu mi chiedi che cosa io intendo dire con ciò. Mio amatissimo marito, nient'altro se non che, né io, né quell'uomo avveduto, volevamo persuaderti per ritrarre vantaggio che tu rinunciassi alla tua vecchia fede nella Bibbia, poiché, se io vago per conto mio e tu per conto tuo, ognuno di noi ci guadagna, in conseguenza del magro terreno per sostentarci. Se noi due avessimo voluto mentirti o ingannarti, ti avremmo lasciato ai tuoi principi, in seguito a che, ti saresti allontanato da noi, almeno quale un consumatore. Invece, noi non abbiamo voluto che indicarti la purissima verità, della quale, certamente, sulla Terra, nessun mortale nemmeno si sogna, e, meno di tutti, un simile infatuato della Bibbia e del Cristianesimo, come sei tu. Che cosa vuoi ancora riflettere? Arrenditi dinanzi alla ragione, e segui me, la tua moglie che tanto t'ama, per lo meno qui, nel regno della nuda verità, dove ho fatto sei anni d'esperienza prima di te; dal momento che non hai voluto ascoltarmi, già da quando eravamo sulla Terra. Vedi, nel mondo, tutto è inganno, perché, appunto con l'inganno, ognuno guadagna qualcosa, o, per lo meno, si illude di guadagnare qualcosa. Mentre qui, un vero guadagno non esiste, e, perciò, cadono menzogne ed inganni. Credimi, nulla mi vincola a te, all'infuori del mio amore, e quest'è, ancora, l'ultimo guadagno che ho con te. Se, però, tu rimani sempre fedele ai tuoi futili principi, anche questo guadagno per me cessa. Per conseguenza, noi possiamo essere felici soltanto nella completa concordanza delle nostre idee e conoscenze dei nostri animi. Però, se non si può stabilire questa armonia, allora ti devo dichiarare, apertamente, che io, peregrinando da sola, sarò più felice, che nella tua vuota vicinanza, poiché io, ora, non posso far nulla di più, a tuo vantaggio, se non dirti ancora: “Poiché io ti amo sinceramente, e sempre ti ho amato, ho fatto tutto quanto stava nelle mie possibilità, per comprovare l'amore e la fedeltà a te giurati. Ma, dato che il tuo amore non eguaglia il mio, tu sei pronto ad abbandonarmi, sempre per amore della tua follia. Giudica ora, cosa sei disposto a fare”.

               4.   Ecco, l'uomo incomincia a grattarsi la testa, e, dopo un po', così si esprime verso la moglie: “Senti mia cara, vedi, dalle tue parole ho potuto rilevare che tu realmente mi ami, e questo non lo posso mettere in dubbio. Se in questo tenebroso mondo degli spiriti non c'è nulla da guadagnare né da perdere, né con la verità e neppure con la menzogna o l'inganno, non comprendo perché tu voglia appiopparmi, senza scopo o guadagno alcuno, un altro tipo di verità, che, alla fine, può portare altrettanto poco utile quanto le mie idee dichiarate false da te e da quell'uomo erudito. Io sono, perciò, dell'opinione che se il tuo amore per me è davvero tanto intenso, come da te esposto or ora, tu puoi seguire me, come io te; a meno che tu non abbia trovato, in qualche luogo, qualcosa di meglio che stia sulla via della tua verità; nel qual caso, io ti seguirò senz'altro, per persuadermi della migliore realtà della tua verità. Se questo non è il caso, allora è del tutto indifferente, ovunque andiamo.

               5.   Però, io penso sempre che noi, sulla Terra, siamo vissuti come cristiani di nome; ed abbiamo letto i Vangeli; ma, in sostanza, non abbiamo mai seguito quegli insegnamenti. Bensì, noi vivevamo ed operavamo secondo il nostro punto di vista, ed alla nostra convenienza. Insomma, né da parte mia, come neppure da parte tua, quella Dottrina è stata messa in pratica, cioè, in modo operante.

               6.   Infatti, nella Dottrina è detto: «Ama Dio sopra ogni cosa, e il prossimo tuo come te stesso!». Lo abbiamo noi, forse, fatto? Se ora, io lo domando al mio cuore, esso spiritualmente mi risponde che, in verità, l'amore a Dio, gli è completamente ignoto. Tu, invece, ad un Dio, non hai mai creduto, e così il tuo cuore deve essere ancora più estraneo del mio, a questo amore.

               7.   E' detto, inoltre, nella Parola rivelata negli Evangeli: «Chi vuol entrare con Me, nella Vita, prenda su di sé la sua croce, e mi segua!». Dimmi, mia cara moglie, quando abbiamo fatto ciò, sulla Terra? Io non ho mai portato una croce, e tu meno ancora; tutta la nostra croce, se così si può chiamarla, è consistita soltanto in mere cure mondane per procacciarci denaro.

               8.   Inoltre, negli Evangeli, è riferito quello che il Signore disse al giovane ricco: «Vendi tutti i tuoi beni terreni, e ripartiscili fra i poveri; però tu seguiMi, che così avrai la Vita eterna». Cosa aggiunge, poi, il Grande Maestro ai discepoli, o, più ancora, ai Suoi apostoli, quando il giovane, a questo annuncio, si era allontanato piangendo? Vedi, le Sue parole erano molto significative, e, come mi risulta, noi stiamo usufruendo proprio ora, il triste significato di quelle Parole, che così si esprimono: «E' molto più facile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, che un uomo ricco entri nel Regno dei Cieli!».

               9.   E si trova ancora, nella Parola del Signore, dove invitò molti ospiti ad un banchetto, ma che gl'invitati non avevano tempo per prendervi parte, a causa dei loro molti affari mondani. Vedi, dunque: non siamo noi stati invitati molte volte e molto spesso? Abbiamo noi accolto questo invito? Ora, amata mia moglie, noi non possiamo iscrivere che a noi stessi, se oggi ci troviamo in questo luogo di fitte tenebre, dove sono urla e stridor di denti, cose tutte, queste, che il Signore ha predette a quegli uomini che si comportano come noi.

             10.   Che qui non ci sia alcuna fede nel Signore, e che quella venerabile compagnia s'esprima negativamente sul Suo conto, così, come hai sempre fatto tu, ciò significa semplicemente che tutta quella gente si trova qui, per le stesse ragioni per cui ci troviamo noi due. E se il grande Amore e la Misericordia del Cristo non aiuta noi tutti, io sono persuaso che se le eternità fossero stracariche delle cosiddette verità melanconiche, noi non potremmo che ricavarne ben poco aiuto.

             11.   Del resto, però, se, in seguito alle verità a te profondamente note, hai trovato qualcosa di meglio, come detto, sono pronto a seguirti, per dimostrarti che anch'io ti amo; e non ti voglio caricare dei miei principi fondamentali, come tu hai voluto fare, nei miei riguardi, con le tue presunte verità”.

             12.   La donna dice: “Puoi dire quello che vuoi, ma la ragione è dalla mia parte. Io non ti posso dare nessuna assicurazione di aver già trovato qualcosa di meglio; ciò nullameno io son dell'opinione che se tu vuoi seguirmi, fra non molto potremo trovare un luogo dove ci dovrebbe essere luce in grande abbondanza. Infatti, spinta dal sentimento della mia verità interiore, sono andata, una volta, in linea retta, dalla nostra parte destra, e sono giunta alla fine, ad un fiume molto ampio. Al di là del fiume io scorsi un monte imponente, e dietro al monte saliva una luce come l'aurora quando sta spuntando. Se soltanto si potesse attraversare il fiume, io sono sicura che si dovrebbe arrivare in una regione più chiara di questa”.

             13.   Ed il marito risponde: “E va bene, ti seguo, conducimi là”. Ora però, andiamoci noi pure, poiché voi dovete assistere a questa scena, fino alla sua soluzione totale.

 

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Cap. 38

* * * * *

Nel primo grado dell'Inferno

 

               1.   Voi dite: “Caro amico, come questa coppia ci precede nel cammino, così pure noi li seguiamo già da lungo tempo, ciecamente e in silenzio, come è cieca e silenziosa questa notte stessa; e, vedi, da nessuna parte è possibile scorgere il rosseggiar del mattino, come promesso dalla donna”. Dov'è esso? Forse la donna ha mentito all'uomo? Ma io vi dico: “Abbiate ancora un po' di pazienza, e voi scorgerete perfino troppo presto il pregevole rosseggiar del mattino, come promesso dalla donna”. Guardate piuttosto, la nostra coppia, come la donna diventa sempre più lieta, mentre l'uomo diventa sempre più triste e tetro.

               2.   Voi chiedete: “E perché ciò?”. La risposta è chiara: “Essa si avvicina al suo elemento, dove il suo egoistico amore è diretto, perciò, si sente tanto più lieta. Mentre per lui, invece, il caso è completamente opposto; poiché egli si sta avvicinando ad un elemento che gli è contrario, e non viene, perciò, attirato dal suo amore; bensì piuttosto trascinato dall'amore di quella sirena di sua moglie”.

               3.   Con lui avviene quasi come veniva raccontato dagli antichi, nelle favole dell'amore delle sirene. Fino a che l'innamorato guardava dalla sua sfera l'ammaliante sirena, egli ne era estasiato, ed un braccio di una simile innamorata gli appariva incantevole, al di sopra di ogni immaginazione. Quando, invece, egli le si avvicinava, ed essa, stringendolo nelle sue morbide braccia, incominciava ad attirarlo nel suo elemento, allora tutto il precedente fantastico fascino amoroso si disperdeva, e vi subentrava un grande spavento ed un'ansia mortale.

               4.   Vedete, proprio questo è il caso anche qui. L'uomo osserva che, man mano essi procedono in quella direzione, si fan sempre più tenebre. Una simile notte sempre più profonda non è il suo elemento, mentre lei si trova sempre più a suo agio. Quanto più si fa buio, e tanto più essa si trova nell’elemento del suo amore, e, perciò, anche della sua vita. Ora, però, potete già percepire, a distanza, un sordo rumore, come una lontana cascata d'acqua.

               5.   Voi chiedete, cosa ciò significa? Io vi dico: “Questo non significa altro, se non che noi siamo giunti abbastanza vicini a quel fiume divisorio, che noi abbiamo potuto scorgere già in occasione della nostra visita alla regione settentrionale”. Affrettiamoci, dunque, affinché possiamo giungere, al più presto, alla riva. Voi chiedete, ora, di nuovo: “Come mai quel rosseggiare dietro il monte non vuole ancora farsi scorgere?”. Pazientate ancora un po'; quando avremo raggiunto la riva del fiume, alla quale siamo vicinissimi - come del resto voi potete accorgervi dal rumore sempre aumentante - allora si potrà scorgere dietro il monte, in lontananza, il tanto desiderato rosseggiare. Adesso però, fate attenzione, e guardate dove ponete i piedi, poiché soltanto pochi passi ci dividono dalla riva del fiume.

               6.   Ora fermatevi, noi siamo giunti già sul posto, e guardate lungo il fiume; come proprio sullo sfondo si può scorgere un rosseggiare simile a quello prodotto da un grande incendio lontano. Ora, però, fate attenzione al dialogo che si sta iniziando fra la nostra coppia. Essa dice: “Dunque, amato marito mio, che ne dici ora; avevo ragione o torto? Guarda laggiù un magnifico rosso mattutino; e qui, guarda l'ampio fiume. Che cosa dovremo fare, ora, per raggiungere quella regione più chiara? Come vedi, il fiume non lo possiamo attraversare, però, camminando sulla riva, lungo il corso dell'acqua, noi possiamo discenderlo. Si fa sempre più chiaro, come puoi vederlo tu stesso, e, con il tempo, noi potremo, certamente, raggiungere anche quella regione molto più luminosa”.

               7.   L'uomo dice: “Mia cara e pregiata moglie, questa luce non mi offre nessuna sicurezza, poiché questo rosso qui, non ha nessuna affinità con quello dell'aurora. Esso somiglia, a quanto vedo, più che alla luce del Sole che sorge, a quella di una città che brucia dietro al monte. Che si tratti dell'incendio di una città, io lo dubito, ma che si tratti di un incendio qualsiasi, dovrebbe essere fuor d'ogni dubbio. Perciò, io voglio continuare a camminare con te, fino a tanto che, di questo fuoco, noi abbiamo abbastanza luce, ma più avanti non ci vengo; poiché non si può sapere qual è l’origine di quel chiarore; così che prudenza insegna di stare lontano. Infatti, l'uomo non deve avvicinarsi a quello che non conosce, e che non è affine alla sua natura”.

               8.   Essa dice: “Ma queste sono chiacchiere assurde!”& Si vede benissimo, da ciò, quanto sei sciocco; quale ne è la causa? Io te lo dico: “La causa sta nel fatto che, innanzitutto, non ti sei mai curato di ciò che riguarda i veri effetti delle forze naturali originarie; ragione per cui tu, anche ora, non sei in grado di spiegare un tale fenomeno. In secondo luogo, tu sei qui da troppo poco tempo, ed hai avuto poche occasioni di osservare fenomeni del genere e di farti ammaestrare, al riguardo, dai saggi della regione”. Guarda, però, lungo la riva, vengono, proprio verso di noi, due uomini; andiamo loro incontro, ed io sono persuasa che, se tu vorrai discorrere con loro, ne ritrarrai molto profitto”. E l'uomo dice: “O certo, cara moglie, io sono stato sempre un grande amico di uomini ricchi di cognizioni; perché non dovrei esserlo ora?”.

               9.   Ora, però, io vi dico adesso di fare molta attenzione. L'uomo saluta, molto gentilmente, il più grande e più appariscente dei due nuovi venuti, il quale, a sua volta, fa un freddo inchino e chiede al marito della donna: “Che cosa vi ha spinti, o gentaglia tenebrosa, a percorrere la via che porta ai campi della Luce?”.

             10.   E l'uomo risponde: “Illustrissimo amico, io sono giunto in questo luogo tenebroso, appena da un paio di giorni; mia moglie, invece, si trova, da quasi sei anni, in questa regione. Essa conosceva questo campo di luce; io non ne sapevo proprio nulla, ma, siccome avevo un desiderio ardente di luce, non mi restò, perciò, null'altro da fare, se non, quale un completo inesperto, farmi guidare qui, da mia moglie, già più esperta. Voglia, perciò, illustre amico, non considerare ciò come un errore da parte mia. Se qualcuno, facendo ciò, ha sbagliato, è stata evidentemente soltanto mia moglie”.

             11.   Il forestiero dice: “E tu, quale uomo, ti azzardi a dichiarare, qui, una cosa simile? In verità, tu non dimostri di essere molto avanti; poiché uomini che hanno bisogno della guida delle loro mogli, sono considerati qui da noi, alla stessa stregua delle scimmie”. A questo punto, il forestiero si rivolge alla donna, e le dice: “E' stata sul serio opera sua, o affabilissima e vezzosa signora?”. Essa risponde: “O mio illustrissimo amico, io devo purtroppo riconoscere, a mia vergogna, che questo marito mio, del resto molto caro, sarebbe rimasto sicuramente per qualche centinaia d'anni nelle fitte tenebre, nutrendosi di muschio ed erba secca. E tutto questo per il mero amore, assurdo e futile per il filosofo ebreo a noi ben noto; anziché imboccare le vie della luce, non soltanto secondo il mio consiglio, ma anche secondo quello molto più saggio di quel grande sapiente che anche voi conoscete, e che si chiama Melanchton”.

             12.   Il forestiero dice: “O mia pregiatissima e affabilissima signora; io devo, davvero, compiangerla di tutto cuore, e, d'altra parte, ammirare la forza del suo cuore, per dover occuparsi, tanto instancabilmente, di riportare sulla retta via questo vero balordo d'un marito. Però, lei deve pure perdonarmi, pregiatissima signora, se mi eccito alquanto, poiché, quando io, in questa epoca illuminata e che diventa sempre più chiara, sento ancora parlare della vecchia filosofia cristiano-giudaica; non sto più nella pelle dalla rabbia che mi fa. Una cosa simile mi fa l'effetto ancora più sciocco ed assurdo, come se qualcuno si proponesse di restar fedele ad una foggia di vestire, di migliaia d'anni fa, nel mentre tutto intorno a lui, il mondo intero, da lungo tempo, si è accorto dei vantaggi di una nuova foggia di vestire, e non l'ha adottata”.

             13.   Ora il forestiero si rivolge all'uomo, e gli dice: “Dunque, è proprio vero, quello che tua moglie, che dimostra essere una donna molto assennata, ha detto di te?”.

             14.   Guardate, l'uomo rimane alquanto sbalordito, e, al momento, non sa che risposta dare a questo forestiero, che gli sembra già essere molto erudito. Da Cristo egli non si vuole separare, e, d'altra parte, il menzionarLo non gli sembra neppure consigliabile, di fronte a questo sapientone presuntuoso, perciò egli tace.

             15.   Però, il colto forestiero si rivolge nuovamente a lui, e dice: “Ecco mio caro amico, io immagino che con te questo sia il momento giusto; allora sei un uomo «esente da tasse»! Comprendi ciò?”. L'uomo dice: “No, il significato delle tue parole io non l'afferro”. E il forestiero osserva: “Questo non mi sorprende, però, per quanto riguarda la definizione «esente da tasse», essa era in uso già presso gli antichi e saggi Romani e Greci, e trovava applicazione per i pazzi ed i balordi. Ed anche all'epoca attuale, agli uomini del tuo stampo, si conferisce il diploma di pazzi, liberi da bolli, grazie al quale vengono poi accolti facilmente in qualche manicomio ben organizzato, cosa questa che a te non dovrebbe essere ignota, dato che, sulla Terra, da quanto so, ti era stata affidata la direzione di un ufficio statale. Comprendi ora, il significato di quella frase?”.

             16.   L'uomo dice: “Purtroppo la devo più che comprendere; ora però permetti anche a me una domanda: «Chi dà a te, malgrado la tua cultura, il diritto di essere, verso di me, così sgarbato, come sulla Terra il più grande pedante verso uno scolaro sciocco che viene istruito gratuitamente, nel mentre io mi sono rivolto a te, con molta cortesia?»”. Il forestiero risponde: “Ascolta, mio caro amico; se io mi rivolsi a te alquanto bruscamente, fu soltanto quale segno speciale di distinzione da parte mia; per il quale tu devi essere grato alla tua solidale moglie; poiché, altrimenti, io avrei affrontato un tale sciocco e goffo seguace di Cristo in modo del tutto diverso, così che questo incontro gli avrebbe tolto sicuramente per l'eternità, la voglia di cercare una regione chiara. Se tu però, vuoi fartene una ragione, accanto a tua moglie, e mi assicuri che ti penti della tua vecchia scempiaggine, in seguito alla quale, appunto, sei venuto in queste tenebre, io voglio condurti - comprendi bene però, soltanto per riguardo a tua moglie - vicino al luogo che si vede illuminato, in un istituto di rieducazione, nel quale potrai formarti una maggiore opinione su come stanno veramente le cose, sempreché tu non sia troppo stupido”.

             17.   L'uomo dice, umilmente sorpreso: “Caro e pregiatissimo amico; se le cose stanno così, conducimi là; io ero sulla Terra, quale studente, sempre uno dei più distinti; così, nella tua scuola, io non sarò certamente, uno degli ultimi”.

             18.   Il forestiero risponde: “E va bene, io ti accolgo, però preparati, in caso di mancato progresso, tu dovrai abbandonare immediatamente l'alto collegio, e verrai rimandato nella tua notte primiera. Se invece, sarai uno studente diligente, non ti mancherà la giusta distinzione. Per quanto poi si riferisce alla tua vecchia filosofia cristiano-giudaica, io ti consiglio in anticipo, di non menzionarla troppo nell'alta scuola; poiché tu corri il rischio di venir deriso; e questo sarebbe già un segno molto sfavorevole; poiché i fanatici non sono idonei allo studio delle alte scienze serie, dato che queste abbisognano di pensatori assennati e spassionati”.

             19.   A questo punto interviene anche la donna, che si precipita verso l'erudito, e lo ringrazia, già in anticipo, con le più lusinghiere parole, per questo straordinario favore, e l'erudito le risponde: “Certo, certo, pregiatissima e amabilissima signora, però di ciò, egli deve ringraziare soltanto lei, dato che è stato preferito di fronte a molte migliaia, anzi, ai molti milioni di esseri che popolano questa tenebrosa regione. Dunque, seguitemi!”.

             20.   Vedete, la donna afferra il braccio del marito - seguendo l'erudito - e gli dice, durante il cammino: “Dunque, che cosa dici tu, adesso? Spero che ora converrai, che qui ci sono delle condizioni del tutto diverse da quelle che sognavi sulla Terra”. Il marito le risponde: “Mia cara moglie, questo è evidente ed indiscutibile; se però queste condizioni sono buone e vantaggiose, lo dirà il seguito. Detto fra noi, tutta questa storia mi sembra sempre molto scabrosa, però, come detto, attendiamo di vedere quale sarà il risultato di questa impresa.

             21.   C'è perfino scritto in un testo del degno apostolo Paolo: «Esaminate tutto, e trattenete il buono». Ed io voglio attenermi a ciò; soltanto la mia intima opinione è che da questo singolare esame, non ci sarà da trattenere che un bel niente, o, tutt'al più, una cosa irrisoria. Infatti, questa luce che diventa sempre più intensa - e che a me sembra quella di una città che sta bruciando - non è affatto adatta ad illuminare il bene e il buono; tuttavia, come detto, tutto dipende da una prova. Guarda un po' questo fiume, là in fondo, esso sembra diventare rovente; e le onde sembrano sciogliersi in vapori ardenti. A me fa l'effetto come se ci avvicinassimo ad un mare di fuoco, intento a divorare l'acqua di questo fiume”.

             22.   La donna dice: “Certo, mio caro marito, qui si tratta di conoscere le forze operanti alla loro origine, ed è naturale che ciò si presenti, alla vista, in forma grandiosa; specialmente se si fa un confronto con un povero studente che, sulla Terra, sta consultando, alla luce di una debole lampada, la notte, un autore romano”.

             23.   Guardate, qui c'è una navicella legata alla riva; la guida dice: “Se voi volete seguirmi, per vostra grande fortuna, salite su questa navicella, affinché seguiamo il corso del fiume, verso i sublimi campi della luce”.

             24.   Ed ecco, la donna va lestamente nella barca, mentre il marito è incerto, e non sa cosa decidere; e soltanto per non rimanere solo, e per un po' di vergogna, vi sale. La navicella viene sciolta, e, guardate, come essa discende il fiume, con la velocità di una freccia. Ora, però, muoviamoci anche noi, senza imbarcazione ed altri mezzi di trasporto, al di fuori della nostra volontà.

             25.   Ora, guardate come i flutti, al di sotto della navicella, stanno sempre più diventando accesi, e ciò fino a che il fiume sbocca in una stretta gola fra i monti. Però noi sorvoliamo oltre questa montagna ed attendiamo la nostra navicella allo sbocco del fiume. Soltanto, non spaventatevi, poiché qui noi siamo 'esenti da tasse'; e tutte le cose spaventose che qui vedrete non ci nuoceranno.

             26.   Ed ecco, ci siamo già; voi vi spaventate, poiché vedete il fiume precipitare rimbombando, come un'ampia cascata arroventata, in una spaventosa profondità fiammeggiante, di cui non si vede la fine. Voi chiedete che cosa significhi ciò.

             27.   Ed io vi rispondo: “Questa è la promessa 'alta scuola', nella quale il nostro povero uomo farà la conoscenza delle forze originarie nella loro fondamentale attività; ma, detto con termini più appropriati, questo è il primo grado dell'Inferno!”.

             28.   Ora, però, guardate giù al fiume, perché in questo momento sta arrivando la navicella. Vedete, l'uomo si torce le mani, e vuole saltare fuori dal natante, ma la moglie gli si avvinghia intorno, per tenerlo fermo, mentre il sobbalzo fa capovolgere la navicella, ed il quartetto, bene o male accordato, va a finire nell’'alta scuola'.

             29.   Voi chiedete: “Dobbiamo forse scendere laggiù anche noi?”. Ed io vi dico, anzi ve l'ho già detto fin dal principio: “Voi dovete assistere alla soluzione completa di questa scena, altrimenti saprete soltanto la metà di ciò che significa il legame di un doppio amore, in un cuore”. Però, non abbiate alcun timore di queste fiamme, poiché esse sono soltanto un'apparenza di ciò che è infernale. Quando saremo sul posto, però, la cosa assumerà tutto un altro aspetto. Perciò, seguitemi senza alcun timore.

 

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Cap. 39

* * * * *

Dove sono il Cielo e l'Inferno

 

               1.   Voi dite: “Ma, qui la discesa è ripida, e la via è cosparsa di scogli e di pendii scoscesi!”. Certo, miei cari, questo, però, sembra soltanto a voi. Invece, coloro il cui animo corrisponde a questo luogo, hanno, dinanzi a sé, una strada larga e praticabile. Dunque, procediamo coraggiosamente, e non durerà molto che noi avremo raggiunto la pianura, apparentemente invasa dalle fiamme.

               2.   Ora, guardate giù, come a poco a poco le fiamme svaniscono, però, voi chiedete: “Dovremo forse noi, camminare sulla brace?”. Non curatevi di tutto ciò, poiché non sono che apparenze, e denotano lo stato d'animo di coloro che, laggiù, dimorano. La “fiamma” significa l'attività del male; il “vapore misto a fumo” indica il falso fondamento; e la “brace” il completo egoismo, con lo zelo maligno, e la volontà, diventata cattiva, di coloro che si trovano in tale amore di se stessi. Però, come tutto ciò dà prova di sé, singolarmente, lo vedrete ben presto con i vostri occhi, sul posto.

               3.   Ora, guardate nuovamente giù: che cosa scorgete adesso? Voi dite: “Le fiamme sono completamente scomparse, e la brace si è come raccolta in mucchi; però, fra un mucchio e l'altro, noi vediamo la notte più profonda”. Voi chiedete nuovamente: “E dove è andato a finire il fiume rovente che noi abbiamo visto precipitare?”. Vedete, questo fiume è, ugualmente, un'apparenza, e indica il corso di ciò che è falso, e come esso scorra male. E così, pure questo “abisso” denota la profondità del male, e come esso combina dei piani astuti e ben meditati per il compimento dei suoi maligni propositi.

               4.   Ora che sapete ciò, mettiamoci subito in cammino, per raggiungere al più presto la nostra meta, nonché la nostra comitiva. Ancora alcuni passi, ed ecco, noi siamo già al piano, e perciò anche alla massima profondità. Voi, qui, non riuscite a veder niente, dato che le tenebre sono tanto fitte che, con la luce dei vostri occhi, non potreste scorgere alcunché per tutta l'eternità. Perciò, qui sarà necessario che ci procuriamo tanta luce che ci basti per vedere qualcosa, però nessuno dei qui presenti deve avere il minimo sentore di questa luce, e voi dovete starmi vicinissimi, e non accostarvi alla sfera di nessun spirito, se non alla distanza che vi sarà concessa, per mezzo mio.

               5.   Dunque, guardate, noi abbiamo, ora, luce quanto mai sufficiente al nostro bisogno, per dare una occhiata al luogo. Che cosa osservate qui? Voi dite, come sotto l'influsso di un po' di febbre: “Cosa è mai ciò che si vede? Che specie di orrido luogo è questo? Al nostro sguardo non si presentano altro che della sabbia nera, e delle grosse pietre, pure nere, ed il suolo è formato esclusivamente di ciò; e, fra mezzo di queste, esce del vapore fumoso, come noi abbiamo avuto spesso occasione di osservare dove si produce il carbone”. Inoltre voi chiedete: “Dove sono qui visibili degli esseri, dato che questa regione sembra essere completamente morta?”. Certo, miei cari amici, anche questa è solamente un'apparenza, che denota la morte. Però, non preoccupatevi per la mancanza di esseri, in questo luogo; infatti, in breve ne scorgerete in gran numero.

               6.   Ed ecco, non lontano da noi c'è qualcosa da vedere, circa, come da voi sulla Terra, un rogo di proporzioni abbastanza considerevoli. A questa pira noi ci avvicineremo, e vi accorgerete subito di quale materiale è composta. Ecco, ora siamo abbastanza vicini; osservate attentamente. Dunque, che cosa vedete? E voi dite nuovamente: “Ma per l'amor di Dio, che cos’è mai ciò? Si tratta di uomini, stipati l'uno sull'altro, come le aringhe sott'olio, e, oltre a ciò, sono assicurati con delle grosse catene, tanto fortemente al suolo, che a nessuno è possibile fare il minimo movimento. Se questo è il caso, effettivamente le cose vanno molto male, per quello che riguarda la libertà dello spirito, che, a quanto si dice, dovrebbe durare eternamente”.

               7.   Certamente, miei cari amici, così sembra di primo acchito, se noi osserviamo la cosa, alla nostra luce celeste; però, anche questa è soltanto un’apparenza, che corrisponde alla verità. Ma, in fondo, questa apparenza significa, appunto, come una società, dalla sua propria fondamentale falsità e dal male che ne consegue, sia stata fatta prigioniera. Però, andiamo più avanti e abbandoniamo questa catasta! Guardate, qui davanti ce n'è un'altra ancora più grande! Dato che noi ci troviamo proprio alla giusta distanza, ditemi, anche ora, quello che vedete. E voi dite: “Caro amico, noi non vediamo nulla di diverso di prima, soltanto che la catasta è di forma conica e sopra questo cono è gettata una gran massa di catene, dal cui peso questi vengono fortemente compressi. Soltanto noi non possiamo vedere, in nessun punto, qualche faccia; poiché, come sembra, tutti questi esseri hanno la faccia rivolta verso il basso”. Voi chiedete se in questo mucchio si trovi anche il nostro quartetto? No, miei cari amici, noi li raggiungeremo poi; soltanto, procediamo un po' più avanti.

               8.   Guardate, dinanzi a noi, ad una certa distanza, c'è un vero e proprio monte; dato che ora ce ne siamo abbastanza avvicinati, osservatelo un po', e ditemi cosa vedete. E voi dite: “Che cos'è mai ciò? Si tratta pure qui di veri esseri umani, stivati, incatenati fra delle inferiate; e, tra di loro, vi è una gran quantità di serpenti e vipere che guardano da tutte le parti con i loro occhi nefandi, facendo guizzare le loro lingue. Che significa ciò?”. Questo significa che, una società umana, dalla sua falsità, è passata sempre più nel male. Però, andiamo via di qui, avanzando ancora un po'; e guardate, non lontano da qui, c'è una catena montuosa tanto vasta, che non la potreste afferrare tanto facilmente con un'occhiata. Del resto, ciò non è neppure necessario, poiché un solo punto è l'immagine del tutto. Ed ecco, qui c'è già il piede di uno dei contrafforti della montagna. Osservate più da vicino, e ditemi cosa vedete. Voi dite: “Noi non vediamo altro se non dei mostri di ogni sorta, ammanettati e come pressati al suolo; e soltanto qua e là, le ossa schiacciate di qualche cadavere umano. Che cosa sta a significare tutto ciò?”. Questo significa il mero amore di se stessi; ed è l'apparenza della potenza, della grandezza e della ricchezza mondana, quando questi attributi sono stati usati nel mondo, a scopo malvagio ed egoista.

               9.   Però, voi chiedete ancora: “Ma, caro amico, dal momento che noi sappiamo benissimo che ci troviamo nella tua sfera e, in fin dei conti, sul Sole spirituale, dove noi supponevamo che non ci fossero che cose celestiali, come avviene che noi vi troviamo l'Inferno al completo?”. Ebbene, miei cari amici, non vi è stato spiegato dal Signore stesso, alla discesa nel Sole spirituale, che lo spirituale è quanto di più intimo possa essere, il quale tutto compenetra e tutto abbraccia? Se lo spirituale è dunque così costituito, esso compenetra tutti i pianeti e l'intera sfera in cui penetra la luce del Sole naturale, e, preso in senso puramente spirituale, ancora infinite volte più lontano. Per conseguenza, voi non vi trovate, ora, nella sfera del vero e proprio Sole, bensì nella sfera singola del vostro pianeta. Però, siccome dal vero Sole naturale, tutti i pianeti ricevono la sua luce e il suo calore, e la sua efficace atmosfera compenetra tutti questi pianeti, questo è il caso pure con il Sole spirituale, poiché noi, sul vibrare dei suoi raggi spirituali, possiamo anche penetrare con lo sguardo, nel campo spirituale dei suoi pianeti. Ora che abbiamo chiarito tale concetto, vi sarà sperabilmente chiaro che pure su questa via spirituale si può anche scorgere chiaramente la natura spirituale dell'Inferno, con riferimento al vostro pianeta.

             10.   Del resto, voi non dovete raffigurarvi il Cielo e l'Inferno come dei luoghi materiali, distanti l'uno dall'altro; bensì soltanto come delle condizioni o degli stati diversi d'animo. Infatti, localmente, Cielo ed Inferno si possono trovare benissimo vicini, così come un uomo celestialmente buono può camminare a fianco d'uno infernalmente malvagio; anzi, possono sedersi sulla medesima panca. L'uno ha il Cielo perfetto in sé; mentre l'altro il completo Inferno. A comprova di ciò, io potrei mostrarvi, sul momento, nella mia stessa sfera, come qui possa trovarsi altrettanto bene il Cielo, come pure l'Inferno da voi scorto or ora. Infatti, voi vedete tutto ciò soltanto nella mia sfera, e non abbisognate perciò, che di fare un passo fuori della stessa, per ritrovarvi nello stesso punto, dal quale originariamente, vi siete entrati. Ora che sapete ciò, possiamo voltare le spalle a questo monte e osservare tutto questo da un'altra luce.

             11.   Fate attenzione, la luce è cambiata. Come vedete ora questo monte? Voi vi meravigliate, poiché, invece del monte, voi scorgete dei gruppi di esseri che camminano liberamente, e perfino abitazioni d'ogni sorta, certune simili a bettole sudicie; altre che sembrano neri castelli medioevali, e, tutto ciò, in una mezzaluce rossastra.

             12.   Però, guardate là, non lontano da noi, si trova appunto uno di questi castelli, edificati su una altura rocciosa. Là vogliamo andare. Guardate, vi siamo già; la porta è aperta. Noi qui siamo invisibili, perciò entriamo in questa rocca, e osserviamo quello che succede. Ecco, questa è la prima sala; alle pareti sono appesi strumenti di tortura e di morte d'ogni sorta. Là in fondo, siede su un trono, il sedicente castellano, e tiene consiglio con i suoi complici, su cosa sarebbe da fare, allo scopo di impadronirsi dei beni e dei tesori di un vicino castellano, dello stesso suo tipo. Ascoltate l'incarico che dà loro: essi devono assalire, senza farsi notare, il castello preso di mira, e poi, senza remissione, massacrare tutto ciò che vive, e, infine, impadronirsi dei tesori. Se qualcuno dovesse opporsi loro come invincibile, devono portarlo da lui, come già fatto altre volte, ed egli verrebbe sottoposto alle peggiori torture. Ora il consiglio è finito; tutti afferrano le armi e si precipitano fuori. Dal momento che qui non abbiamo più nulla da fare, corriamo anche noi dietro a loro.

             13.   E non tanto lontano, sta già, davanti a noi, il castello preso di mira; esso viene circondato, e la spaventosa carneficina incomincia; quegli esseri maligni lottano ferocemente l'uno contro l'altro. E vedete, gli abitanti del secondo castello vengono fatti a pezzi, mentre, ora, i complici del primo castellano vengono verso di noi, portando strettamente legato il nostro quartetto. Avviciniamoci ed ascoltiamo cosa dicono. Ecco, l'uomo dice alla moglie: “Oh tu, miserabile serpente, ora ti riconosco; il mio amaro presentimento mi aveva sempre suggerito di quale vile spirito tu sei figlia! Guarda, questa è l'alta scuola e la tua luce, di cui - come se tu fossi un essere spiritualmente esperto - mi parlavi con tanta astuzia, ipocrisia e menzogna. E questo scellerato d'un professore, qui ammanettato insieme a noi, fa parte di questa spaventosa prigionia, dato che diversa non può essere la nostra sorte orrenda!”.

             14.   E la donna dice: “Come puoi pensare una cosa simile di me? Chi poteva prevedere una simile disgrazia? Le mie intenzioni con te, erano buone”. Ma il marito risponde: “Ora taci, miserabile serpe. Te sola devo ringraziare, se mi trovo, ora, nell'evidente Inferno. Fra me e te sia sciolto, per l'eternità, ogni legame. Tu, oh mio Gesù, al quale mi sono sempre rivolto, liberami da questa spaventosa prigionia! Io preferisco, se questa è la Tua Santissima Volontà, peregrinare per molte migliaia d'anni, nella regione oscura che ho lasciato al di là del fiume, e là scontare tutti i miei peccati, piuttosto che restare qui ancora un attimo di più, poiché questo luogo spaventoso sembra essere escluso, eternamente, da ogni Tua Grazia e Misericordia! Oh Gesù aiutami! Oh Gesù mio, salvami!”.

             15.   E guardate, a questo corteo s'avvicinano, frettolosamente, due figure mascherate. Ecco, esse sono già qui. Essi si scoprono e, come vedete, sono due angeli giustizieri del Signore. Ognuno ha in mano una spada fiammeggiante. Uno dei due, traccia con la spada, un fendente sopra il castello conquistato, e gli esseri dilaniati si ricompongono in figure complete e si lamentano per l'ingiustizia subita. L'altro angelo fa un gesto con la spada sul primo castello, ed esso immediatamente s'incendia, e, tra le fiamme, da tutte le aperture, porte e finestre, si gettano nel vuoto degli esseri urlanti e ardenti come torce che maledicono i due angeli vendicatori.

             16.   E ora, uno degli angeli introduce la sua spada fiammeggiante fra i quattro incatenati, ed ogni vincolo è sciolto; l'uomo cade sulla faccia dinanzi ai due angeli ed implora la Grazia di venir salvato. E guardate, uno degli angeli lo afferra e lo attira a sé; ma anche la donna lo afferra, ed implora il marito di avere pietà di lei, e di non abbandonarla. Guardate quanto a lungo essa si fa trascinare, insieme all'uomo, dallo spirito angelico! Ora, i due angeli s'elevano verso l'alto e uno dei due porta l'uomo; la donna però non lascia la presa, e si fa portare pur essa. Adesso soltanto, quando si trovano a grande altezza, l'altro angelo segna con la spada un fendente e, con gran fatica, scioglie la presa della donna dall'uomo. Ora, essa precipita urlando, nel suo elemento, e l'uomo viene portato ai confini del regno dei figlioli, dove, però, c'è ancora aridità e tenebre.

             17.   Così avete assistito ad una liberazione, ed una delle migliori. Però, ve ne sono delle altre, ed innumerevoli, molto più spaventevoli e per le quali si deve lottare contro una maggiore caparbietà, la cui vista, anche se percepita attraverso la parola, voi la potreste difficilmente sopportare. Ritorniamo, perciò, nella regione in cui ci trovavamo precedentemente, dalla quale poi, passeremo in quella del Mezzogiorno. E con ciò, facciamo punto per oggi.

 

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Cap. 40

* * * * *

Dove sono i pagani nell'aldilà

 

               1.   Non occorre soffermarci ancora una volta, sul fatto che, in questa regione occidentale, a voi ormai ben conosciuta, c'è ancora una gran quantità, anzi una grandissima quantità di scene, simili a quelle alle quali abbiamo assistito fino ad ora.

               2.   Se qualcuno poi, desiderasse sapere dove sono coloro che provengono dal paganesimo, posso rispondervi che, per la maggior parte, arrivano proprio in questa regione. Tuttavia, tali punti di raccolta sono tenuti rigidamente separati, cosicché un pagano non può avvicinarsi a quella zona riservata ad una qualsiasi delle sette cristiane.

               3.   Queste distinzioni hanno luogo perfino nell'Inferno; e non c'è nessun luogo, a differenza di quanto credete voi, in cui ci siano delle mescolanze, poiché queste distinzioni sono necessarie in massimo grado. Se tali spiriti fossero lasciati insieme, in seguito alla loro interiore malignità, si guasterebbero l'un l'altro, talmente, che non sarebbe possibile venire loro in aiuto, in nessun’altra maniera, all'infuori che con il totale annientamento.

               4.   Infatti, voi dovete figurarvi ciò, come due elementi diversi che, sulla Terra, sono tanto contrastanti, da distruggersi costantemente l'un l'altro. Nello stesso modo, vi sono, anche nella sfera spirituale, tali elementi fondamentali, che non devono venire a contatto, poiché, se ciò avviene, succederebbe, nella sfera spirituale, quello che avviene quando, sulla Terra, si mette della paglia secca vicino al fuoco. Oppure della polvere pirica, oppure se gettaste dell'acqua su un edificio costruito con dell'argilla. Perciò, nel mondo degli spiriti, dove a nessuno può venir posto un divieto, queste distinzioni sono rigidamente necessarie.

               5.   Se però, qualcuno desiderasse sapere, tuttavia, come si presentano questi posti d'approdo di spiriti pagani, si può rispondere che non è opportuno, per uno spirito cristiano, visitare tali luoghi, qualunque sia lo spirito accompagnatore.

               6.   Il Signore soltanto dovrebbe guidarlo ed accompagnarlo direttamente; altrimenti, una tale visita sarebbe, per ognuno, più pericolosa che salutare.

               7.   Noi però, prima di passare nel meridione, rechiamoci dall'uomo salvato, per vedere cosa fa, e come è sistemato. Ecco, la nota parete è nuovamente aperta; dunque, approfittiamo di questa occasione per recarci, attraverso la fessura, ai confini del regno dei figlioli. Eccoci, ci siamo; la parete si è rinchiusa dietro a noi; rechiamoci, senz'altro, subito in quella stretta valle, che si trova vicino alla parete, e che volge verso Mezzogiorno. Affrettiamoci dunque.

               8.   Guardate laggiù, proprio in fondo, in un angolo paludoso, una comunissima capanna di legno, intorno alla quale fa piuttosto buio, dato che il sito è come chiuso fra le rocce. Rechiamoci là, perché quello è il posto assegnato al nostro uomo.

               9.   Voi certo chiedete: “Ma perché gli è stato assegnato un simile deserto, e, come ciò non bastasse, proprio in un angolo melmoso ed umido?”. Cari amici miei, con tali spiriti, salvati faticosamente dall'Inferno, da principio non si può procedere diversamente, poiché essi, durante la loro permanenza là, hanno sempre accolto in sé, più o meno, qualcosa d'infernale, che è conforme al fuoco dell'Inferno. E si esprime, in maniera maggiore, o minore, in una forma egoistica suscitata dalla necessità. Infatti, è noto che ogni bisogno ha questo, di particolare, cioè ha sempre, più o meno, quale accompagnatore costante, il gretto egoismo. Chi è in pericolo, dimentica generalmente tutto, e si preoccupa soltanto della propria salvezza. Il povero chiede l'elemosina solamente per sé; il malato cerca soltanto per sé un mezzo risanatore. Chi cade in acqua, cerca di salvare se stesso. Colui sopra il cui capo le fiamme si chiudono, generalmente scappa da solo, per sottrarsi all'elemento devastatore. Soltanto quando egli è al sicuro, pensa agli altri, che stanno subendo la stessa sorte.

             10.   Premesso ciò, questo posto è pienamente conforme allo scopo, per quanto riguarda il nostro uomo. Il terreno umido, servirà benissimo a smorzare il suo fuoco egoistico; e l'oscurità ancora abbastanza fitta, sarà molto salutare per i suoi occhi, abituati alle tenebre profonde. Poiché, una luce improvvisamente forte, sarebbe per lui altrettanto dannosa, come se si esponessero gli occhi di un neonato, immediatamente, agli intensi raggi solari. Del resto, questa sua proprietà corrisponde esattamente al conto interessi di quel capitale che egli, quale cristiano, nella sua fede ed Amore per il Signore, ha largito ai poveri propriamente detti. Voi non vi dovete includere il noto legato, da lui disposto per testamento, alla sua dipartita dalla Terra per il mondo degli spiriti, ma soltanto quelle offerte, fatte da lui, ai poveri, segretamente, per un sentimento di pietà vero e proprio, e quale cristiano credente. Questo capitale dovrebbe ammontare a qualcosa di più di duecento fiorini d'argento. Se voi paragonate questo capitale da lui dato ai poveri, veramente per Amore verso il Signore, con il gran capitale da lui lasciato ai suoi, allora troverete anche l'esatto rapporto matematico fra l'amore di se stesso, e quello per il Signore.

             11.   Anche queste eccessive cure per assicurare l'avvenire dei figli, è amore di se stessi, poiché chi amasse veramente il Signore più di se stesso, quegli avrebbe pensato proporzionatamente più al Signore, che non a se stesso nei suoi figli. Voi chiedete: “E perché mai?”. Perché, in questo caso, il Signore gli avrebbe concesso l'intimo riconoscimento, grazie al quale egli avrebbe potuto scorgere, chiaramente, che il Signore può prendersi cura dei suoi figli, mille volte meglio di quanto può fare egli stesso nel suo amore di sé in loro, poiché il Signore non ha detto: «Quello che voi avrete fatto ai vostri figli carnali, lo avrete fatto a Me», bensì Egli si è riferito esclusivamente ai poveri, agli ignudi, agli affamati, agli assetati ed ai prigionieri, ed ha soggiunto: «Quello che voi avrete fatto a costoro, lo avrete fatto a Me».

             12.   Egli non ha detto neppure: «Quando voi accogliete i vostri propri figli nel Nome Mio, voi avete accolto Me», bensì questo Egli ha detto, soltanto in una occasione, quando cioè molti poveri avevano condotto a Lui i loro ancor più miseri figli: «In verità, chi ha accolto nel Mio Nome un tale misero fanciullo, ha accolto Me».

             13.   Ed inoltre, così dice il Signore: «Chi ama suo padre, sua madre, sua moglie e i suoi figli più di Me, non è degno di Me»”.

             14.   Qualcuno, a questo punto, potrebbe dire: “Tutto ciò ha soltanto un profondo significato spirituale”. O certo, dico io, anzi, un profondissimo significato, poiché si tratta della più pura e della più immediata Parola di Dio. Io, però, chiedo perché voi non cercate l'oro alla superficie della Terra, ma scavate dei pozzi profondi e delle lunghe gallerie? Voi dite: “Come si deve comprendere ciò”. Ma io vi dico: “Nulla di più facile; chi vuole arrivare all'oro, non deve trascurare la terra esterna, perché la deve perforare, per giungere all'interno giacimento dell'oro”. Allo stesso modo, anche il significato letterale della divina Parola deve dapprima essere completamente osservato esteriormente per poi soltanto poter passare a quello spirituale, naturalmente comprendendo bene nel senso giusto e conforme allo scopo.

             15.   Se voi, ora, osservate il nostro uomo, troverete che ha portato con sé quasi più di un milione di amore di se stesso, e soltanto qualcosa al di sopra di duecento fiorini di Amore per il Signore. Questo, purtroppo, è un rapporto troppo misero; ora, però, come vedete, l'abitazione che egli ha qui, è calcolata esattamente in proporzione agli interessi di tale capitale. Ora si vedrà come egli impiegherà questo capitale; infatti, non mancherà di verificarsi dalla parte opposta, il fatto che degli esseri molto miseri lo visiteranno e gli chiederanno aiuto. Se egli farà il possibile, nel limite delle sue forze, per provvedere a questi poveri fratelli, sia pure miserevolmente, il suo capitale aumenterà dieci, ed anche cento volte; ed allora egli verrà trasferito in un luogo migliore. Però, non potrà tanto facilmente raggiungere la via che porta al Signore prima che il capitale guadagnato qui non sarà diventato dieci volte maggiore di quello che egli ha lasciato ai suoi figli, o all'amore di sé. Tuttavia, anche qui ci sono dei casi eccezionali, ma questi devono avere le caratteristiche come nell'esempio che vi è stato illustrato da principio, cioè, quando qualcuno, dà tutto ciò che ha, e, in aggiunta a ciò, continua ad avere cura, con tutte le sue forze, dei suoi fratelli; allora è anche possibile un’immediata e totale liberazione da questo luogo. Infatti, in questo caso, un tale spirito umano è simile alla donna che diede la sua offerta al Tempio, contemporaneamente a molti altri. La donna diede l'offerta minima, ma, in confronto agli altri, essa diede del suo necessario per vivere, mentre questi, soltanto il loro superfluo.

             16.   Vedete, così si presenta qui una scuola di purificazione per la Vita eterna, perfettamente giusta, e che trae la sua origine nel grande Amore e nella Misericordia del Signore.

             17.   Ora che noi abbiamo appreso tutto ciò, che, naturalmente, deve venir osservato da ognuno, noi possiamo lasciare questa regione, e andare verso Sud. Voi chiedete quale ne è la via. Non vi curate di ciò; in occasione di questo tragitto, non indugeremo tanto come abbiamo fatto qui, bensì impiegheremo davvero una via spirituale, e perciò saremo, in un batter d'occhio, alla meta che ci siamo prefissati. Ci sarebbero, a dire il vero, lungo la via che porta là, ancora parecchie graduazioni da considerare; dato, però, che esse somigliano a quelle già viste, è sufficiente che voi ricordiate bene tutto quanto visto finora, che in tal modo potrete immaginare tutti i passaggi che ci sono, lungo il tragitto da questa regione fino a quella meridionale.

             18.   Le grandi acque formano una linea divisoria principale, che non può venir superata per vie ordinarie, poiché quest’acqua indica il grande grado della sapienza che è richiesta per raggiungere il mezzodì. Perciò, coloro che passano nella regione del mezzodì, devono diventare molto forti nel Fuoco dell'Amore, affinché possano raggiungere un grado di sapienza simile a quello che queste grandi acque denotano. Ora che sappiamo anche questo, la prossima volta ci recheremo come detto, senza volgerci indietro, nello splendente Mezzogiorno; così che, per oggi, basta.

 

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Cap. 41

* * * * *

Visita nel Mezzogiorno

Effetto del vero della Fede e del buono dell'Amore

 

               1.   Ora guardate, come vi ho detto, prima che voi possiate girare attorno lo sguardo, noi siamo già dove volevamo andare; eccoci, perciò, nel Mezzogiorno. Ditemi, innanzitutto, le vostre impressioni su ciò che vedete.

               2.   Voi dite: “Qui ci piace molto ogni cosa, però dobbiamo confessarti che ci aspettavamo molto di più di quanto si presenta al nostro sguardo. Questa regione ci sembra simile ad un bel paese sulla Terra, però non ci riesce di scoprire nulla che abbia qualcosa di ultraterreno”.

               3.   Certo, miei cari amici, voi, in fondo, avete ragione. Anche qui splende un Sole, e, come vedete, esso è assolutamente allo Zenit. Se anche il Cielo è piacevolmente azzurro, come da voi sulla Terra, tutt'intorno la vita è quanto mai varia: ci sono dei campi fertili, delle colline coltivate ad alberi fruttiferi e non mancano neppure delle vigne, simili alle vostre. Qua e là voi potete scorgere dei monti, che spuntano alti dietro alle colline. Ci sono pure, sparse qua e là, delle case di bell'aspetto, e degli uomini che vi entrano e ne escono, ed alcuni sono anche occupati con la raccolta e la coltivazione dei frutti.

               4.   Qui, osservato superficialmente, non c'è che dire, ha una sorprendente somiglianza con le più belle regioni della Terra; io, però, vi dico che basta che ci avviciniamo ad una di queste dimore e immediatamente la sua disposizione vi farà cambiare idea. Guardate, proprio su questa via, fiancheggiata da una doppia fila di alberi da frutto, si trova una graziosa casetta; a questa noi vogliamo avvicinarci, e vedere com'è disposto il suo interno.

               5.   Eccoci. Il proprietario della casa si trova proprio sulla soglia, però non ci può scorgere, poiché, per gli abitanti del Mezzogiorno, noi siamo ancora invisibili; tuttavia, egli ci percepisce interiormente, ragione per cui egli porge anche ascolto. Come vedete, egli ha tutto l'aspetto di un uomo che, all'improvviso, si sia abbandonato a profondi pensieri. Comunque, noi entriamo, senz'altro, nella sua abitazione.

               6.   Vedete noi siamo già nell'interno della casa: cosa ve ne pare? Voi vi stupite enormemente e dite: “Ma per amor di Dio, com’è possibile? Noi vediamo l'interno della casa grandiosamente ornato; non solo, ma l'ampiezza interiore, sembra superiore, e di molto, alla cinta esteriore; e se noi guardiamo fuori dall'una o dall'altra finestra, non scorgiamo nulla della regione che poco fa circondava la casa, ma tutto quello che si vede attraverso le varie finestre, è incomparabilmente più elevato e diverso. Tutto intorno, scorgiamo invece dei palazzi e dei templi magnifici e grandiosi; mentre i monti lontani brillano come se fossero costruiti con particelle di luce, e, davanti a noi, si estende un'ampia pianura. Sulla stessa, sono sparsi innumerevoli palazzi di una magnificenza e grandiosità inconcepibile. Nel mezzo scorre un fiume, le cui acque scintillano come se fossero cosparse di splendidi diamanti finemente lavorati, che rotolano alla rinfusa; e lungo le rive, crescono degli alberi giganteschi. E' ben vero che noi abbiamo visto degli alberi simili sul Sole naturale, soltanto che questi sono molto più splendenti poiché essi sono trasparenti, ed il loro fogliame irradia verso tutti i lati, come una parte viva dell'arcobaleno. Qualcosa di simile alla magnificenza dell'interno di questo edificio, l'abbiamo vista soltanto sulla fascia centrale del Sole naturale, ma più goffa e sgraziata al suo confronto. Soltanto nell'osservare una minuzia, si potrebbe stare, per degli anni, pieni della massima ammirazione. Anche soltanto l'infinita sontuosità dei colori, che sono suddivisi dappertutto in maniera così adatta e splendida, è già in sé e da per se stessa tanto celestiale e attraente, che noi proprio non ci possiamo decidere di lasciare questa casa”.

               7.   Oh certo, miei cari amici, è così! L'interiore, qui, ha già il suo valore; questo, tuttavia, è ancora commensurabile, ma comunque, al di sopra di tutti i vostri concetti, poiché esso è un effetto della luce di quella Sapienza che deriva dal Vero della Fede nel Signore, e, da questo Vero della Fede, poi, anche in un grado corrispondente dal Bene dell'attività d'Amore, il quale è un gradino inferiore del vero e proprio Amore per il Signore.

               8.   Voi chiedete: “Una casa come questa qui, è abitata da un unico di tali spiriti umani?”. Oh no, passiamo da questo locale, in quello che si trova dirimpetto, e voi vi scorgerete parecchi felici spiriti umani d'ambo i sessi! Guardate là in fondo, ce ne sono più di una trentina, tutti gli abitanti di questa casa, e colui che abbiamo visto sulla soglia è il servo di tutti coloro che qui dimorano, e si ingegna nel modo più zelante, di provvedere tutti d'ogni cosa possibile. Perciò, egli è anche il più grande fra loro e un giorno sarà il proprietario assoluto di questo possedimento.

               9.   Non osservate voi come questi trenta abitanti indossano delle splendide vesti, e certuni portano perfino delle corone lucenti sopra il capo? Essi sono ultrabeati e, pervasi di delizia, lodano il Signore!

             10.   Ora, invece, guardate il nostro uomo, che è sempre sulla soglia di casa, come è semplice; una veste bianca, tenuta insieme alla vita, da una semplice cintura. Questo è tutto quello che ha preso per sé, da tutto questo sfarzo celeste. Egli potrebbe adornarsi molto sontuosamente, ma questo non lo fa. La sua beatitudine consiste soltanto nel rendere beati i suoi fratelli e le sue sorelle, per quanto sta nelle sue forze. Tutto ciò che egli guadagna attraverso l'Amore e la Grazia del Signore, lo trasmette immediatamente ai suoi amici; e se procura loro grande gioia, ne è commosso, egli stesso, fino alle lacrime, e quando ha dato tutto, allora è al colmo della beatitudine.

             11.   Voi, però chiedete: “Allora perché non sta, egli, in mezzo alla compagnia?”. Questo lo potete dedurre dall'espressione della sua faccia. Egli medita profondamente che cosa potrebbe escogitare per procurare alla sua compagnia una nuova beatitudine. Guardate, egli deve aver già trovato qualcosa. Io vi ho detto, già in anticipo, che egli non ci vede, ma ci sente interiormente. Perciò, egli procura di penetrare sempre più profondamente in sé, per poterci scorgere, e pensa, già ora, di acquisire qualcosa da noi, per la sua compagnia, e si guarda intorno, se forse, qualche nuovo venuto fa la sua apparizione, per andargli subito incontro ad accoglierlo, come sarebbe suo desiderio, nella sua casa.

             12.   Fino a tanto che noi restiamo nell'interno della casa, egli non ci può vedere, quando invece, ne usciremo, egli ci scorgerà, ed allora vedrete la sua immensa gioia, e riconoscerete in lui, un uomo molto amorevole ed ospitale. Usciamo dunque!

             13.   Ed ecco, egli ci vede, e si prostra dinanzi a noi, dicendo: “Oh, elevati amici del Signore, a me ancora ignoti; io vi presentivo, ma non riuscivo a scorgervi; perciò, vi prego, per l'infinito Amore del Signore, che non ve ne andiate, bensì rientriate in questa dimora, insieme a me, affinché io, con voi, renda più gioiosa la mia piccola comunità! Poiché voi certo saprete qualcosa di più di noi da parte del Signore, l'Amorosissimo Padre. Udire la Parola proveniente da Lui, vale per noi molto di più di tutte le magnificenze che noi possediamo qui, in indicibile abbondanza”.

             14.   Ora, parlo io con lui: “Gemaniel, rialzati, e noi ti seguiremo nella tua dimora!”. Ed ecco, egli si rialza, viene a noi a braccia aperte, e, sorridendo umilmente, ci dimostra amicizia ed amore, invitandoci a precederlo.

             15.   Venite con me, poiché ora tutta la compagnia potrà vedervi. Guardate come tutti si alzano, e si affrettano a venirci incontro; ora, però, ascoltate come Gemaniel ci presenta loro. Egli dice: “Guardate, guardate sorelle, fratelli miei, profondamente amati; io ve l'ho detto che il Signore e Padre che è la stessa Bontà, ci renderà presto partecipi di una grande felicità, inviandoci l'uno o l'altro dei Suoi grandi amici, affinché da questi possiamo apprendere una Parola del Signore! E, guardate, il Benevolo Padre è venuto incontro al nostro intimo desiderio, e prima che noi avessimo tempo di guardare intorno, tali amici entrarono nella nostra dimora.

             16.   All'inizio gli occhi nostri profani non poterono certamente vederli, per la loro magnificenza; però, la grande Grazia del Signore ha consacrato gli occhi nostri e ora noi li vediamo in mezzo a noi, a nostra grande beatitudine. Noi non sappiamo come essi si chiamino, e chi essi siano; ma noi riconosciamo che sono gli intimi amici del Signore, e questo è già, per noi, la più grande beatitudine”.

             17.   Ed ecco, ora si volge a noi, e ci chiede, con la massima umiltà, di dire una Parola del Padre, dicendo: “Oh voi, alti amici del Signore! Io so benissimo che una Parola del Padre è troppo santa - anche se pronunciata dalla vostra bocca - perché noi la possiamo percepire degnamente; ma, il nostro Amore per Lui, il Padre infinitamente Buono, non ci dà pace, perciò noi vi rivolgiamo, in tutta umiltà, questa preghiera!”.

             18.   E ora, io voglio dar loro una Parola del Padre, perciò ascoltate: “Ascolta mio caro Gemaniel, e, ascoltate pure voi, suoi compagni, amici e fratelli! Così parla il Signore: «Lasciate i piccoli venire a Me, poiché di loro è il Regno dei Cieli!». E vedete, come tutti trasfigurati si prostrano, e Gemaniel dice, sospirando d'Amore: “Oh, certo, questa è veramente la Parola e la Voce del Padre; chi non è piccolo, e non è simile ai fanciulli, non entrerà nel Regno dei Cieli! Oh miei cari fratelli ed amici, fate che questa Santissima Parola diventi il maggior ornamento e la ricchezza nella nostra dimora!

             19.   Vogliamo, perciò, essere piccoli in ogni tempo e per l'eternità per diventare con ciò forse un giorno degni della grande Grazia, cosicché, se Egli passasse nella nostra zona, noi ci affretteremmo in strada e se i Suoi grandi amici ci proibissero di avvicinarci a Lui, Egli direbbe, colmo di Grazia: «Lasciate che questi piccoli vengano a Me e non proibitelo a loro, poiché di essi è il Regno dei Cieli!»”.

             20.   Ora avete visto come vanno le cose qui, tuttavia voi mi chiedete segretamente: “Ma costoro non sono già in Cielo, come possono quindi parlare, come se nessuno di loro avesse visto il Signore?”. Io, però, vi dico che essi vedono di certo costantemente il Signore, come voi sulla Terra, vedete il Sole. Questo significa che la Luce di Dio è sopra il loro capo e denota, con ciò, la sfera della Sapienza.

             21.   Dato però, che l'Umano del Signore rappresenta il più puro Amore, che deve essere di natura del tutto diversa di come è qui; essi, proprio per questo, non possono vedere l'Umano del Signore, e sono, perciò, anche suscettibili di un sempre maggiore perfezionamento. Succede anche - per quanto soltanto rare volte - che il Signore, o in modo immediato, o per mezzo di uno dei più alti Spiriti angelici, visiti questa regione; ciò che ha sempre, come conseguenza, che i più piccoli vengano accolti e condotti nell'Oriente.

             22.   Ora, però, vogliamo lasciare questa casa, benedicendola, e muovere i nostri passi verso quei monti più alti che si scorgono laggiù, per poi superarli. Là conosceremo un'altra parte del Mezzogiorno, così che, per oggi, chiudiamo.

 

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Cap. 42

* * * * *

Viaggi differentemente veloci nell'aldilà

 

               1.   E' ben vero che mi chiedete se, prima d'andarcene, non ci congederemo, come si conviene, dai cari abitanti di questa casa, esprimendo il nostro compiacimento, per l'affettuosa accoglienza avuta? Miei cari amici, mi dispiace molto che voi non vi siate ricordati di questo prima d'ora, poiché noi ci troviamo già sulla cima di una di quelle montagne da voi scorte poco fa, da lontano, e la nostra casetta è, ora, a grande distanza dietro a noi! Questo vi sorprende alquanto, e dite: “Ma, caro amico, come avviene che noi viaggiamo con la velocità del pensiero, mentre nelle regioni settentrionali ed occidentali, con poche eccezioni, procedevamo passo a passo? Noi sappiamo, da esperienze fatte in precedenza, che nello spirito ci si può spostare e procedere con la velocità del pensiero; perciò, non è questo che ci sembra strano, bensì, che proprio in quelle regioni che, in se stesse erano molto magre di ogni sorta di apparizioni che si possano qualificare belle e splendide, noi camminavamo passo dietro passo, mentre, in questa regione celestiale, tutto ciò che vi è di magnifico, ci passa davanti con la celerità del lampo, quasi inosservato. Ecco ciò che ci sembra strano”.

               2.   Miei cari amici, voi giudicate, alla vostra maniera, molto giustamente, ma spiritualmente invece non è così. Quando noi, in questo grande regno degli spiriti, ci muoviamo in quelle regioni, le quali, per il loro stato e condizione, corrispondono più a ciò che è naturale, allora, automaticamente, ogni nostro moto viene frenato e, perciò, il nostro cammino si fa più lento; ed un tale senso indica anche, fondamentalmente, il faticoso avanzamento dello Spirito. E quanto più profondamente noi siamo penetrati in tali regioni e tanto più faticoso ed anche più lento diventava il nostro cammino. Qui invece, dove lo Spirito gode già della sua piena libertà, il nostro cammino è pure libero da vincoli trattenenti, e perciò il suo procedere è molto più libero e per conseguenza anche più rapido.

               3.   Però, voi chiedete: “Tutto ciò è buono, vero ed esatto, soltanto ci rammentiamo che proprio nella regione settentrionale, abbiamo fatto una rapida trasvolata di una catena di montagne. E poi, anche uscendo dall'Inferno, siamo ritornati, a grande velocità, nel Regno dei figlioli, e, da là fino a qui, il nostro viaggio è durato soltanto un batter d'occhio. Come si deve comprendere tutto ciò?”. Miei cari amici! Mi dovrebbe davvero far meraviglia che voi ancora non comprendiate ciò; dal momento che voi stessi, sulla Terra, avete sperimentato, già molto spesso, qualcosa di simile, con la formazione del vostro Spirito. Io ve ne voglio rendere attenti, soltanto con un esempio, e allora voi scorgerete profondamente, e comprenderete pienamente, queste apparenti contraddizioni, nei vostri viaggi rapidi.

               4.   Se voi, ad esempio, eravate esperti nel ramo della matematica o di qualche altra scienza, e, in tale occasione, dovevate apprendere, in modo analitico e dimostrabile, un assioma di difficile comprensione, sul quale era basato, quasi completamente, l'intero concetto di tale scienza, vi è costata, certamente, molta fatica, prima di poterlo afferrare appieno, e certamente voi avete dovuto procedere a passi lenti, da un punto all'altro. Però, cosa succedeva, quando avevate compreso completamente tale assioma? Non ha allora il vostro spirito, proprio in seguito a ciò, fatto un rapido volo verso l'alto, ponendosi, con altrettanta rapidità, su un punto di vista, dal quale esso poteva abbracciare con uno sguardo quello che prima, con tanta fatica, aveva scrutato ed esplorato? Non solo, ma esso era in grado di scorgere, in questi concetti di cui si era impadronito, anche delle conseguenze o risultati ad esso ignoti fino allora, cosicché, grazie a questo rapido volo, il vostro spirito era diventato chiaroveggente, scrutatore e perfino un creatore di future verità! Comprendete, ora, un tale rapido volo verso l'alto?

               5.   Vedete, le cose stanno esattamente così, nello spirito; poiché quello che voi sulla Terra chiamate un lavoro spirituale, o un lavoro del pensiero, è qui, nel Regno dello Spirito, precisa realtà. Noi andammo a passi lenti verso Sera e durante il cammino potemmo conoscere ogni tipo di condizioni. Su tale via, tanto istruttiva, arrivammo fino all'ultima profondità raggiungibile del vostro spirito. Tutto dovette venir sezionato analiticamente, dinanzi a voi, fino alla definitiva soluzione. Che cosa ha fatto, in seguito a ciò, il vostro spirito? Esso ha imparato un secondo concetto importante, e, con l'apprendimento di tale importante problema, si è anche reso possibile un secondo rapido volo verso l'alto.

               6.   Noi giungemmo nel Regno dei figli, e cioè al suo confine più esterno; là noi dovemmo imparare un terzo importante concetto intermedio, che però aveva un’importante relazione con tutto il precedente e che servì quale un valido pronostico di quanto sarebbe seguito nel Mezzodì. Dato che voi avete afferrato presto e con facilità questo concetto intermedio, anche il volo dello spirito che ne è seguito rapido verso l'alto in questa regione luminosa, è stato altrettanto fondato, quanto tutti i precedenti.

               7.   Ora noi siamo nella regione dell'alta luce; come non ci può far meraviglia, se qui il nostro progredire, dato che lo spirito è diventato molto più pronto e più aperto, è tanto più rapido che non nelle due regioni precedenti? Io, però, vi dico: “Qui noi facciamo, ancora, soltanto dei passi corti, per quanto rapidi; però, non al di là del punto dove, nella regione, giunge l'occhio del nostro spirito.

               8.   Ma quando ci avvicineremo, da questa regione, al Mattino, allora i nostri passi saranno infinitamente più lunghi e più rapidi; e, vedete, anche ciò è altrettanto naturale, dal punto di vista spirituale. Una cosa simile, la si può del resto già scorgere chiaramente anche su un corpo mondiale, negli spiriti più desti; poiché un pensatore esperto è capace di compenetrare celermente un oggetto che gli viene sottoposto per un suo giudizio, sezionandolo abilmente ed a fondo in tutte le sue parti. Tuttavia, egli deve avere sempre un oggetto dinanzi a sé, perché senza un oggetto, l'attività del suo spirito cessa.

               9.   Nello stesso modo, anche noi possiamo percorrere rapidamente gli spazi già visti qui. Però, quando lo spirito ha raggiunto uno stato molto più libero e svincolato, allora esso non si occupa più del sezionamento dell'obiettivo che gli viene dato, bensì, dato che esso ha già prima trovato, dappertutto nell'oggettività, le Potenze dell'Infinito, anche il suo sguardo è diventato infinitamente più profondo e la sua celerità, o il suo procedere, molto più pronto. Comprendete bene tutto ciò? Voi me lo confermate, ed io dico va bene, allora noi possiamo volgere i nostri sguardi da questa bella altura, sempre verso avanti, nelle regioni ancora molto più belle che si estendono a noi dinanzi.

             10.   Voi vi meravigliate che ora da questa bella montagna, che noi guardavamo prima dalla nostra casetta a grande distanza, noi vediamo dinanzi a noi del terreno uniforme e non come avviene quando si guarda da un monte verso la pianura situata più in basso; infatti dal nostro punto di osservazione si estendono bellissime campagne, fertilissime; sempre, però, al nostro stesso livello. Ed ancora più sorpresi voi siete per quanto riguarda il largo fiume, già prima ammirato; dato che esso, in tutta la sua ampiezza, scorre liberamente e apertamente verso l'alto del monte.

             11.   Ma voi dite: “Caro amico, questo è, evidentemente, contro natura!”. Voi avete ragione, fino a tanto che osservate un simile fenomeno, con l'occhio vostro naturale, ma se voi l’osservate, invece, con l'occhio spirituale, la cosa assume un carattere del tutto diverso.

             12.   Voi chiedete: “Come mai che, questo, noi non lo possiamo afferrare nel suo giusto senso?”. Questo lo penso anch'io, tuttavia, voi dovreste essere già tanto avanti, che questo fenomeno dovrebbe spiegarsi da se medesimo. Ditemi: “Perché l'acqua, nei corpi mondiali, scorre verso il basso?”. Voi dite: “Per la sua gravità immanente”. E cos'è che condiziona la gravità immanente dell'acqua? Voi dite: “La forza d'attrazione del punto centrale di gravità della Terra”. Ben risposto! Dunque, se il punto centrale di gravità della Terra condiziona la gravità e con ciò anche lo scorrere dell'acqua verso il fondo, che cosa riconoscete voi, in questa regione spirituale, quale punto generale di gravitazione che tutto attira a sé? Non è questo, il Signore, che abita nella sublime altezza di tutte le altezze?! Vedete, questa è la ragione per cui anche lo scorrere dell'acqua, al di sopra delle alture, è spiritualmente altrettanto naturale, quanto è naturale sulla Terra il suo scorrere verso il basso. Ora voi comprendete anche questo, cosicché, sperabilmente, comprenderete anche ciò che significa questa montagna, nonché la regione che appunto da essa si diparte.

             13.   Voi dite: “Noi ne abbiamo, è vero, un leggero sentore, tuttavia, noi non saremmo in grado di esprimerci chiaramente, in merito”. Però, io vi dico che questo suona molto strano da parte vostra. Perché voi, nelle case a più piani, ci mettete delle scale con molti gradini? A che servono? Voi sorridete e dite: “Questo è naturale; come si potrebbe, altrimenti, raggiungere il piano superiore da quello inferiore? Si dovrebbe farsi sollevare faticosamente con una corda!”. Benissimo! Se voi già nel mondo attrezzate le vostre case così comodamente, pensate che il Grande Architetto dovrebbe rimanere indietro, in quanto a buone idee, rispetto a voi?

             14.   Non avete mai udito come, a suo tempo, il vecchio Giacobbe sognò una scala, sulla quale spiriti angelici salivano e scendevano, e sulla cui cima si trovava il Signore? Ed ecco, qui noi abbiamo già un piolo, appunto, di tale scala celeste. Dato, però, che un simile gradino di questa scala celeste ha un significato molto maggiore di quello delle vostre case, noi vediamo, anche su questo gradino, un numero infinito di meraviglie e di splendori. Però, li esamineremo più attentamente, appena alla prossima occasione; e, con ciò, basta per oggi!

 

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Cap. 43

* * * * *

Singolare regione e dimora di spiriti beati

 

               1.   Se voi vi guardate un po' attorno, in questo magnifico posto, che cosa vi osservate, e, specialmente, cosa vi colpisce di più? Voi dite: “Caro amico, come sarebbe bello discorrere, se si avessero parole sufficienti a descrivere tutte le cose che si presentano innumerevoli alla nostra vista. Soltanto, quando le parole mancano, non resta altro da fare se non indicare tutt'al più con il dito, quello che ci ha colpito di più.

               2.   Infatti, quello che scorgiamo, dinanzi a noi, non può essere, di per se stesso, né un edificio, né un albero e neppure un monte; esso è, in certo qual modo, la fusione, in un unico insieme, di parti componenti d'ogni specie, però perfette, anche se prese singolarmente”. Certamente, da un lato voi potete avere ragione, ma se voi guardate più attentamente quest'insieme, quello che riguarda i singoli oggetti, vi apparirà molto più chiaro.

               3.   Vogliamo fare una piccola prova. Che cosa vedete voi, in linea retta dinanzi a voi, alla parte destra del fiume? Dite: “Noi vediamo una collina di forma dolcemente conica, circondata, alla base, da un muro di cinta. Questo muro, però, ha più l'aspetto di una spalliera vivente da giardino, che non un muro vero e proprio; soltanto il fogliame sembra uscire da questa specie di muro.

               4.   Questo muro è colorato a tratti, ma, nello stesso tempo, è trasparente, quasi nell'ordine dell'arcobaleno. La sua altezza dovrebbe raggiungere appena un klafter. Sul muro ci sono degli archi, come di vetro; sopra di questi, corre una specie di gronda, come d'oro, nella quale si muovono, continuamente, varie palle colorate e brillanti, del diametro di circa due spanne, e distanti circa mezzo klafter l'una dall'altra. La cima di questa collina è adornata da una specie di tempio. Le colonne sembrano dei pioppi molto slanciati, mentre il tetto ha l'apparenza di essere d'oro ben lucidato, e sembra di stare sopra a questo come librandosi, anziché poggiare direttamente su di esso. Al vertice del tetto, però, sta una sfera trasparente e luminosa.

               5.   Ecco, caro amico, questo è ciò che noi ora scorgiamo, cioè alla riva destra dello splendido fiume. Però, tutto ciò sembra formare un tutto. Noi non abbiamo mai visto nulla di simile; anzi, un uomo non può neanche immaginarselo tanto facilmente. Perciò, non sappiamo neppure cosa sia, a che cosa serva, e quale denominazione abbia. E' vero che all'occhio esso si presenta quale un magnifico spettacolo straordinariamente notevole, però, tutto questo è quanto di notevole noi, finora, abbiamo potuto ritrarne”.

               6.   Ebbene, miei cari amici, voi avete molto ben considerata la cosa e perciò io posso già dirvi che anche questa è appunto una dimora di spiriti beati. Voi dite, veramente: “Ciò può essere, ma, finora, noi non possiamo scoprire, in una tale strana dimora, nessun segno di abitabilità”. Io invece vi dico: “Avvicinatevi soltanto a questa singolare abitazione e vi sincererete subito se è abitabile o meno”. Ed ecco, noi abbiamo raggiunto il muro di cinta, e proprio qui c'è una porta d'ingresso. Oltrepassiamo la soglia e noi ci troveremo immediatamente faccia a faccia con gli abitanti di questo edificio.

               7.   Eccoci nell'interno; guardate in giro, e ditemi che cosa vi sembra ora. Voi fate tanto d'occhi, e dite: “Ma dunque, di quale nuova canzonatura si tratta, qui? Noi siamo appena entrati attraverso la porta del muro di cinta, ed ecco, il muro non c'è più, la collina non c'è più, e per conseguenza, neppure quello strano edificio che sembrava un tempio; e tutta la zona, fin dove il nostro sguardo giunge, sembra ora del tutto diversa da quella di prima. Un momento fa, noi scorgevamo, sparsi sulla pianura, in gran numero, tali singolari edifici d'abitazione, costruiti su delle colline simili, più grandi o più piccole. Ora, invece, vediamo una gran quantità di palazzi grandiosi del più splendido stile, e alla riva del fiume - l'unica cosa che sia rimasta intatta - perfino delle città di considerevole estensione. Caro amico, come si deve comprendere una tale metamorfosi? Non avremmo noi dovuto vedere, anche interamente, come tale, quella singolare costruzione che noi abbiamo, poco fa, scorta dal di fuori?”.

               8.   Certo, miei cari amici, secondo il punto di vista terreno, questa sarebbe stata la cosa più giusta e naturale. Secondo il punto di vista spirituale, invece, ciò proprio non va. Voi dite: “Non ha dunque, lo spirito, degli occhi per guardare le cose, come esse sono? Perché deve guardare una cosa, come essa è, soltanto da un lato, e poi, quando vuol guardare la stessa cosa dall'altro lato, essa per lui è scomparsa ed è come se non esistesse più?”.

               9.   Certo, certo, amici miei, quando voi sulla Terra, osservate una cosa con gli occhi fisici, essa rimane costantemente la stessa, non subisce alcun cambiamento e voi potrete sempre ancora riconoscerla dalla sua costruzione esteriore. Però, io pongo il caso che a qualcuno non basti vedere sempre la forma esteriore, e che desideri perciò, conoscere l'essenza dell'intero oggetto, e precisamente a cominciare con il separare, meccanicamente, le singole parti. Quando poi, egli ha diviso sufficientemente l'oggetto in molte parti e le ha esaminate singolarmente, egli ricorrerà, come seconda operazione, alla chimica, dissolvendo tutte le parti dell'oggetto nelle diverse componenti originarie. Così che, al posto del precedente oggetto formale, si troverà ad avere soltanto degli elementi, dai quali il precedente oggetto era costituito nella sua forma.

             10.   Non potrei io, ora, anche chiedervi: “Perché, dunque, in occasione di un tale esame chimico, la forma precedente dell'oggetto non è più visibile?”. Voi dite: “Caro amico, questo è più che naturale, poiché nella dissoluzione delle sue parti, la precedente forma esteriore doveva necessariamente andar perduta”. Bene, rispondo io: “Qual era il motivo, o meglio, la causa, per cui le parti che, precedentemente, concorrevano a formare una forma precisa, dovevano venir dissolte? Voi vi stringete nelle spalle e avete difficoltà a trovare una giusta risposta. E va bene, voglio rispondervi io stesso: “La causa era lo spirito che voleva penetrare profondamente nell'interno della materia, ma, in seguito a ciò, è evidente che la sua forma originaria sia completamente scomparsa”.

             11.   Dunque, vedete, quello che sulla Terra viene intrapreso, di solito meccanicamente o chimicamente o biologicamente, per saziare le necessità dello spirito, si presenta, qui nello spirito, nella più bella realtà armonica. Poiché se voi, qui, penetrate in una cosa qualsiasi che avete scrutata in precedenza dal di fuori, questo significa che voi entrate nell'intimo significato, e, per conseguenza, nella completa scomposizione e dissoluzione della cosa stessa, o, in altre parole, voi andate al fondamento della cosa veduta. Ecco perché, qui, non si può più scoprire, dal di dentro, la forma scorta dal di fuori, bensì soltanto il significato interiore, che corrisponde, spiritualmente, a tale forma esteriore ancora in modo più profondo.

             12.   Però, affinché voi possiate scorgere ciò ancora più chiaramente, io voglio spiegarvi, nella sua rispondenza, la forma da voi vista prima dal di fuori, in confronto, a quella vista ora internamente. Il “fiume”, rappresenta qui, la fluente Vita spirituale, visibile e percettibile in tutti i sensi, sorta dall'Amore e dalla Sapienza, e dal Vero della Fede e dal Buono dell'Amore. La “collina” dalla forma conica, alla riva destra del fiume, indica, in e di per se stessa, il tendere verso l'Alto della Sapienza. La “dolce salita” denota che la Sapienza deriva dall'Amore. Il muro di cinta, che racchiude la collina, indica che la Sapienza si muove, ancor sempre, entro una certa forma. Il “muro di cinta”, formante un cerchio perfetto, denota la 'forma Sapiente', raddolcita dall'Amore. Un tanto lo indicano anche le “foglie” che crescono fuori dal muro, cioè che il cerchio della Sapienza è intessuto con la Vita, che è ugualmente l'Amore. Che questo “muro” sia, qua e là, “colorito e trasparente”, cioè trasparentemente colorito, significa la fusione dell'Amore con la Sapienza. Gli “archi”, sopra questo muro circolare, indicano l'ordine della Sapienza, quando essa è fusa con l'Amore. La “gronda”, che gira tutto intorno sopra gli archi, significa un recipiente ricettivo aperto, il quale è una via della Luce. Le “palline roteanti e luminose”, stanno ad indicare la vera Vita, che proviene dalla Sapienza, quando questa è unita con l'Amore.

             13.   Il “tempio sulla collina”, le cui colonne sono simili a pioppi viventi e, sul quale, si trova, librandosi, un tetto d'oro con in cima una sfera irradiante, significa che tale Sapienza è vivificata dall'Amore per il Signore; e da ciò, le colonne viventi. Il “tetto d'oro”, che si libra nell'aria, indica la ricchezza della divina Grazia, derivante da tale Amore; la “sfera irradiante”, in cima al tetto, denota poi l'alta Scienza vivente nelle divine cose. Ecco, questa è tutta quanta la raffigurazione di quanto visto esteriormente.

             14.   Quando, ora, noi c'inoltriamo in essa, questo significa appunto la sua fine, mentre al suo posto voi scorgete l'alta Realtà che vi era rappresentata e che, in tale sfera, emerge dalla Sapienza collegata con l'Amore per il Signore. Tutti questi palazzi, edifici e città, corrispondono, allora, alla loro utilità, in conformità al Buono dell'Amore; mentre la splendida forma che si riscontra dappertutto, corrisponde alla sfavillante Sapienza.

             15.   Dunque, così avremmo fatto propria anche questa cosa importante, in modo che possiamo inoltrarci in questa regione, ed esaminarne tutte le magnificenze. Tuttavia, non entreremo in nessuno di questi edifici, poiché, nel loro interno, voi scorgerete, nuovamente, delle cose del tutto diverse, e ci sarebbe poi, molto da discutere e da chiarire, così che non si arriverebbe mai alla fine. Però, quando voi, un giorno, sarete più puri spiritualmente e, nello stesso tempo, liberi dall'involucro materiale; avrete, comunque, la possibilità di vedere e di osservare le infinite varietà e meravigliose diversità del Regno Spirituale, per tutta l'eternità. Nostro compito, qui, è soltanto di percorrere, con lo sguardo, i diversi modi in cui lo spirituale si forma e si sviluppa. Perciò, voi potete, ora, girare liberamente lo sguardo tutt’intorno, ed osservare, a vostro piacere, le grandi meraviglie, mentre la prossima volta, continueremo il nostro cammino, dopo aver riassunto tutto quanto visto. Con ciò, basta per oggi.

 

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Cap. 44

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Bellezza e splendore del Mezzogiorno

Ammaestramento sull'essenza dell'Amore e della Sapienza

 

               1.   Dunque, ora voi avete guardato in giro, ed avete visto magnificenze di ogni sorta, innumerevoli, e al di là d'ogni misurazione. Ditemi perciò, quali, tra le cose da voi scorte, vi è piaciuta di più. Voi dite: “Caro amico, anche a te è concesso di leggere nel nostro intimo; abbi, perciò, la bontà di riassumere quello che, di migliore e di più splendido, noi abbiamo osservato”. Bene, dunque, io voglio farlo, come voi desiderate, poiché io leggo, nei vostri occhi, e dall'espressione della vostra faccia, ciò che vi è piaciuto di più di tutto.

               2.   Non sono stati certo i grandi, solenni, brillanti palazzi a piacervi più d'ogni altra cosa, e neppure le città costruite lungo il fiume che destarono in voi il desiderio di soffermarvi a lungo lo sguardo; bensì, laggiù, al di là del fiume, verso il Mattino, vi hanno colpito quelle dolci colline, sulle quali sono costruite delle casette piuttosto misere; è stato proprio là che i vostri sguardi sono stati maggiormente attratti.

               3.   Io vi dico: “Se qui si dovessero giudicare le cose dal punto di vista estetico-mondano, si potrebbe dire che voi, miei cari, siete di pessimo gusto; se, invece, noi giudichiamo spiritualmente, io devo dirvi che non avete affatto sbagliato e che il vostro fiuto ha avuto il sentore che, dietro a tali residenze apparentemente misere, si cela qualcosa di molto più elevato di quello che si può riconoscere con gli occhi”.

               4.   Perciò voi dite segretamente nel vostro animo: “Caro amico e fratello, se noi dovessimo scegliere, noi scambieremmo volentieri centinaia dei più magnifici palazzi visti qui per una tale casetta”.

               5.   Certamente, voi non avete torto, malgrado ciò in questa regione anche un magnifico palazzo ha la sua importanza. Ora, osservate attentamente uno di questi magnifici palazzi, come esso è edificato in pietre bianche lucenti, ed ha esattamente sette piani, dei quali ognuno ha un'altezza di trenta braccia, ed ogni palazzo ha quattro facciate complete, ed ogni facciata ha settanta grandi finestre, distanti l'una dall'altra, sette braccia. Da ognuna delle finestre esce una luce simile a quella del Sole, ed ogni facciata è ornata, su ogni piano, dinanzi alle finestre luminose, con un colonnato che brilla, come se fosse d'oro trasparente, ben brunito, ed il tetto di un tale palazzo sembra essere ricoperto di grandi tavolette di diamante. Intorno a questo grande palazzo, vi è pure un magnifico giardino, di ampiezza corrispondente, nel quale potete vedere migliaia su migliaia dei più splendidi fiori, e così pure, molte migliaia di magnifici alberi fruttiferi di ogni qualità. Fra i fiori e gli alberi fruttiferi, voi vedete scintillare delle piramidi variopinte, le cui cime sono adorne di sfere lucenti, e, sopra le sfere, voi potete scorgere una corona, dalle cui punte sprizza l'acqua, tanto in alto nell'aria lucente, quanto il vostro sguardo lo permette. Le goccioline sembrano ingrandirsi in quest'aria luminosa, e cadono poi, nuovamente nel giardino, variamente colorate, lentamente e maestosamente nell'ordine più perfetto ed infine evaporano, disperdendosi nei più svariati profumi celesti.

               6.   E se, poi, voi aguzzate ancor più la vostra vista, potete scorgere, in tale giardino, un gran numero di esseri beati, bellissimi e radiosi, di ambo i sessi, che stanno passeggiando. Guardate, proprio ora, vicino all'entrata del magnifico giardino sta un uomo; la sua veste è di bisso bianco ed ha sul capo una corona splendente. La sua faccia è bianca come la neve, e la sua capigliatura è d'un colore che sembra oro; guardate come quest'immagine umana è imponente.

               7.   Osservate quanto vantaggioso sia il contrasto fra il colore della pelle e il rosso splendente dell'orlatura della veste; mentre, la cintura intorno ai fianchi, scintilla come se consistesse di un gran numero di stelle! E ora guardate; ecco che uno spirito femminile si avvicina alla porta d'ingresso; che ne dite, vi piace questo spirito?

               8.   Voi dite: “Caro amico, alla vista di questo essere c'è da perdere pure i sensi. In verità, qualcosa di tanto perfetto, un uomo non può contemplarlo, senza un immediato pericolo della vita; figurarsi poi, se è capace d'immaginarlo tale! Questo essere femminile spirituale, si potrebbe affermare che è, al di sopra di tutti i concetti umani, più che celestialmente bello! Quale elevata ed infinitamente dolce affabilità nel viso; quale morbidezza e quale splendida coloritura nei suoi lineamenti! E poi, gli abbondanti capelli di un biondo chiaro luminoso; e, sulla sua magnifica testa, una corona splendente, come se fosse formata dai più splendidi diamanti. Ed anche la veste di colore cielo azzurro, con orlature rosso pallido, splendente essa pure. Oh, quanta armonia grandiosa e soave, in tutto questo! Noi vediamo anche un braccio, al sommo del quale, questa magnifica veste è raccolta in pieghe, per mezzo di un bellissimo fermaglio. Quale rotondità e quanta armonia in quel braccio! Esso sembra essere tanto morbido quanto un soave alito della più bella aurora primaverile! E ora, o caro amico, in contrapposto al braccio ora descritto, scorgiamo anche la gamba, fin oltre il ginocchio, di questa donna-angelo. In verità, questa vista è eccessiva anche per un occhio spirituale, perché l'armoniosa morbidezza e perfezione sono indescrivibili. In verità, soltanto ad un Dio può essere possibile produrre una simile ed inesprimibile armonia! E, caro amico, noi scorgiamo ancora un’infinità di tali armonie meravigliose, verso il piano pieno di luce; in verità, in una simile compagnia, essere un fratello beato sarebbe, tuttavia, una delizia troppo grande!”

               9.   Certo, fratelli miei carissimi, di tali magnificenze ce ne sono in numero infinito; io però vi chiedo: “Come vi piace ora, un tale palazzo?”. A quanto sembra, vi sentite alquanto imbarazzati; ciò che dovrebbe significare: “Caro amico, se dipendesse proprio da noi, dal modo in cui le cose si presentano, noi non avremmo quasi più nulla da obiettare su questo magnifico palazzo, confrontandolo con le casette costruite sulle colline, al di là del fiume. Poiché, in mancanza d'altro, e, naturalmente, allo stato puro spirituale, noi saremmo contenti di una tale beatitudine, per tutte le eternità; specialmente se qui, di tanto in tanto, ci venisse accordata la Grazia di vedere il Signore. Se questo non dovesse essere il caso, allora, certamente, noi dovremmo ritirare alquanto ciò che abbiamo or ora affermato”.

             10.   Sì, miei cari amici, così come è accaduto a noi, alla vista di tante magnificenze, è già accaduto a parecchi altri. La differenza consiste soltanto nel fatto che voi, qui, ve la cavate senza pagare il dazio; mentre gli spiriti realmente giunti in questa sfera, vi trovano una prova (o tentazione) ancora molto potente, in occasione della quale essi si devono dimostrare capaci di una grande abnegazione, se vogliono giungere alla zona collinare al di là del fiume, dove si trovano le graziose casette.

             11.   Voi chiedete chi sono e da dove provengano gli spiriti beati che dimorano in questo palazzo. Sono gli spiriti di famiglie della Terra, in parte povere, ed in parte ricche, alcune giunte qui con il tempo, dall'Occidente, a voi ben noto, ed alcune, anche direttamente, in seguito al loro giusto sistema di vita, scrupolosamente conformato, e ben basato sulla loro Fede nel Signore. Più avanti, verso il più profondo Mezzogiorno, voi vi imbatterete in spiriti pagani beati, i quali, sulla Terra, sono vissuti fedelmente secondo la loro fede, e sono stati pronti ad accogliere la Fede nel Signore, una volta giunti nel mondo degli spiriti.

             12.   In questo palazzo che sta dinanzi a noi, abitano dei fedeli alla fede cristiana della, cosiddetta, setta dei Calvinisti. Tre, fra di essi, erano ricchi sulla Terra; qui però, essi non sono i più ricchi, ma appartengono piuttosto alla servitù. Quei due però, che voi avete scorto quali primi, all'ingresso del giardino, dove li potete ancora vedere, erano sulla Terra, i più miseri. Egli era un pastore sulle Alpi svizzere, ed essa era pure una misera guardiana di mucche. Con il tempo, questo pio pastore riconobbe le buone qualità cristiane della ragazza, e la fece sua moglie, secondo la sua confessione. Questa coppia trascorse onestamente, e sempre insieme, la loro vita, fino all'ultima ora. Essi ebbero parecchi figli, che allevarono rigidamente, secondo la loro confessione cristiana, e questa base venne anche fedelmente mantenuta da cinque rami familiari. E così, qui, voi potete vedere, caso quanto mai raro, una famiglia veramente beata, legata da vincoli di sangue, composta dai genitori, dai figli e dai nipoti. La coppia che noi vediamo, è perciò quella degli avi di tutta la famiglia. I tre più umili della compagnia, sono veramente anche dei parenti, ma di quella categoria che, in seguito a delle felici circostanze terrene, si sono mondanamente elevati. In seguito alla loro ricchezza terrena, nonché alla favorevole posizione mondana, essi hanno goduto, sulla Terra, parecchi vantaggi e comodità, che sono sempre rimasti ignoti agli altri membri della famiglia, rimasti poveri. Questa è la ragione per cui quei tre devono sottostare, qui, a delle rinunce di cose, delle quali, i più poveri membri della famiglia, possono godere in grande abbondanza. Indipendentemente da ciò, quei tre sono, tuttavia, felici qui, in misura, per voi, inesprimibile, perché essi hanno impiegato la loro posizione mondanamente elevata, e la loro ricchezza, per la maggior parte, a scopi buoni.

             13.   Dal momento che siamo qui, facciamo, tuttavia, una visitina a quei due primi abitanti, che stanno sempre dinanzi all'ingresso del loro giardino, e questo, appunto, affinché voi possiate constatare di quale spirito siano animati; andiamo dunque là, per breve tempo. Ecco, essi ci hanno già scorto, e si affrettano a venirci incontro; però, come voi vedete, all'improvviso si fermano. Quale ne può essere la causa? Essi sentono ancora qualcosa di materiale in voi, perciò, preferiscono attendere che noi ci avviciniamo a loro. Ed ecco, noi siamo presso di loro, ed il bellissimo uomo ci accoglie con le seguenti parole: “Io vi saluto nella Luce pura del Signore! Posso io, l'infimo servo di questa dimora, chiedervi quale sentimento, puro e buono, vi ha guidato qui?”.

             14.   Poiché non ve la sentite di parlare, devo parlare io al posto vostro. “Caro amico, la tua domanda è giusta ed opportuna, ed anche il tono del tuo discorso è pieno di purissima Sapienza del Cielo, però, vedi, c'è una cosa di cui le tue parole mancano, e questa cosa è l'Amore! Tu sei magnificamente a posto, nella tua economia domestica, e, dalla tua pura Sapienza, deriva la tua splendida possessione, però , un minuscolo granello nel Regno dell'Amore del Signore, vale infinite volte di più di tutta questa magnificenza. Vedi, costoro che mi accompagnano sono discepoli dell'Amore; ed io sono, ora, per loro, dal più elevato Amore, una Guida nel Nome del Signore; ed è da questo punto di vista che tu devi riconoscermi ed accogliermi! Vedi, la purezza dei costumi è una splendida virtù, ed il giusto è un amico del Signore. Però, sappi, se qualcuno è un peccatore, e se fa penitenza per Amore per il Signore, quegli Gli è più gradito che non novantanove di quei tali come sei tu, che, in tutta la purezza dei tuoi costumi, non hai mai avuto bisogno di far penitenza.

             15.   E tu, o pura moglie di questo puro uomo, in verità, la tua vita è stata la via di questo splendido Regno. Però, vedi, nell'eterno Mattino, dimorano parecchie del tuo sesso, le quali, molto spesso, hanno peccato contro la loro carne. Queste peccatrici hanno riconosciuto la loro colpa, si sono umiliate, piene di pentimento dinanzi al Signore, e s'infiammarono, poi, di tanto Amore per Lui, che non cercarono altro di Lui, se non la Grazia che Egli avesse tanta Misericordia di loro, così da accoglierle, dopo la loro morte, fra i più miseri che potevano godere, appunto, di tale Sua infinita Misericordia! E vedi, esse dimorano ora, sommamente bene, nella costante compagnia del Signore, nell'eterno Mattino! In verità, qui è tutto splendido e solenne, ma una misera capanna di paglia nel Regno dove il Signore dimora, è infinitamente superiore a tutto questo splendore!”.

             16.   Guardate, ora, come questa coppia si batta il petto, ed ambedue dicano ad una voce: “Oh potenti amici del Signore, voi ci avete detto cose infinite, con poche parole! E' da lungo tempo che noi presentivamo che vi doveva essere qualcosa di più alto e di più sublime di quanto c'è qui, ma noi non conoscevamo la via, tanto più che la nostra sapienza sapeva creare, qui, quanto c'è di più elevato. Ora, invece, sappiamo che ciò era soltanto una concessione, affinché noi potessimo riconoscere, da ciò, sempre più, l'Amore. Dicci, dunque, cosa dobbiamo fare, per renderci degni di accogliere anche soltanto una goccia dell'Amore fondamentale vero e proprio”.

             17.   E ora, io dico a loro: “Caro amico, e tu cara amica, non avete mai udito quello che il Signore ha detto al giovane ricco: «Dona tutte le tue ricchezze ai poveri, e poi seguimi»? Inoltre, non avete mai letto quel punto nell'Evangelo, dove viene detto che il Signore ha fatto un paragone che vale per l'eternità, quando, nella parte anteriore del Tempio, un giusto fariseo presenta al Signore le sue opere gradite e conformi alla Legge di Mosè, mentre, in fondo al Tempio, un povero peccatore si batteva il petto, e diceva: «Oh Signore, io non son degno d'innalzare il mio sguardo al Tuo Tabernacolo!». Chi è stato giustificato qui dal Signore? Voi dite: «L'umile peccatore». Vedete, dunque, da ciò voi potete facilmente dedurre qual è la vera Via che conduce al Signore. Fate pure voi altrettanto, poiché la Parola del Signore ha la sua piena validità anche nei Cieli, e ciò, per tutte le eternità.

             18.   Ed ascoltate ancora: «Dinanzi a Lui non c'è nulla che si possa veramente considerare giusto e puro, poiché Egli soltanto è Puro, Buono e Misericordioso! Non consideratevi perfetti, bensì fate quello che fece il peccatore nel Tempio, nonché quello che fece un compagno di crocifissione del Signore, a Voi ben noto, e soltanto allora voi troverete la vera giustificazione che è l'esclusivo Amore per il Signore. Diventate poveri completamente, se volete arricchire dell'immensa Grazia e dell'Amore del Signore!»”.

             19.   E ora, guardate, la coppia s'alza e ritorna piangendo verso la sua dimora, e adesso tutti si raccolgono dinanzi al palazzo ed ascoltano attentamente quello che dicono i loro progenitori, e guardate come tutti si tolgono i loro ornamenti e cambiano le loro magnifiche vesti con delle altre semplicissime, che hanno il solo scopo di coprire le loro nudità. Ed ecco, i progenitori consegnano tutte queste magnificenze a quei tre, che prima erano i più poveri, mentre, come potete vedere, una grande compagnia di parecchie centinaia di spiriti esce dal giardino, venendo verso di noi.

             20.   Voi chiedete: “Ma caro amico, che ne faremo di loro?”. Io, però, vi dico: “Non preoccupatevi, voi avrete qui la possibilità di assistere, in questa occasione, ad una vera scena celestiale, che ne rimarrete sbalorditi”. Però, a questa scena, assisteremo appena la prossima volta; cosicché, per oggi, basta.

 

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Cap. 45

* * * * *

Mangiare e bere degli spiriti celesti nella rispondenza

Il matrimonio celeste

 

               1.   Ed ecco, la grande compagnia ci è già giunta vicino; osservate questi cari figli, come l'uno è celestialmente più bello dell'altro! Nella fisionomia d'ognuno si presenta una bellezza diversa: gli angeli maschili sono giovanilmente robusti; nella forma della loro faccia si può scorgere, dappertutto, una soave serietà. I loro occhi sono grandi, e stanno a significare che in essi c'è molta luce. Il loro naso è ben formato e delicato. Ciò significa che essi hanno un senso del tutto oltremodo sensibile e molto acuto. La bocca è di linea morbida e la maggior parte la tiene chiusa. Ciò denota che la Sapienza è discreta e riservata. Il mento è ugualmente dolce e privo di barba; questo sta ad indicare che la vera e propria Sapienza è aperta (libera) e non avvolta in un ispido e cespuglioso misticismo. Liscio e rotondo è il loro collo; ciò che significa che la Verità, considerata secondo il suo principio fondamentale, è qualcosa di ben accogliente e in sé un tutto arrotondato. Guardate inoltre la morbidezza delle mani; ciò indica che la Sapienza prende tutto con un buon ordine prestabilito e non ama mettere mano ad alcunché d'imperfetto.

               2.   Voi dite, a questo punto: “E' quanto mai degno di nota che qui gli esseri maschili abbiano delle forme bellissime ed arrotondate, quasi come quelle femminili, cosicché, alla fine, non si sa se si trovi più piacere nell'ammirare una figura maschile, oppure una femminile!”. Questo, miei cari amici, ha la sua ragione nel vero matrimonio celeste, e precisamente, in seguito a quello che è detto già nelle Scritture, che l'uomo e la donna devono essere soltanto una sola carne. Perciò così, qui, si differenziano soltanto un poco e sono, come ebbe a dire il Signore, tutti simili agli angeli di Dio.

               3.   Ma voi chiedete se anche negli spiriti, qui, non ci sia una differenza di sesso. Ed io vi dico: “Ciò è qui altrettanto il caso, quanto sui pianeti o corpi terrestri; e gli spiriti mangiano e bevono e si liberano anche dalle scorie. Inoltre, questi coniugi celesti godono pure, come sulla Terra, le gioie coniugali”. Però, qui, tutto viene realizzato, dal punto di vista del significato, differentemente che sulla Terra e sugli altri corpi terrestri.

               4.   Infatti “mangiare e bere” significa l'accoglimento del Buono e del Vero Divini, mentre, quell'atto che voi conoscete, dal punto di vista sensuale, quale l'“accoppiamento”, significa l'unione del Buono dell'Amore e del Vero della Fede, che ha, quale risultato, un'attività d'Amore; cosicché, l'intera cosa si presenta qui come causa, azione ed effetto. Per conseguenza, chi vuole operare, deve innanzitutto accogliere in sé il principio operante quale causa basilare; questo appunto viene inteso quale nutrimento, cioè nutrirsi.

               5.   La digestione di questo nutrimento produce e sostiene la costante vita degli spiriti. Però, la Vita non vuole e non può rimanere isolata per se stessa, bensì essa afferra l'oggetto che le piace e che le corrisponde e si mette in comunione con esso; cosicché, in certo qual modo, da due vite ne deriva perfettamente una. Questo lo si può considerare dal punto di vista dello scopo. Dallo scopo però sorgono dei germogli di opere, dato che una vita formata dall'azione, o meglio dalla unificazione di due vite, è molto più potentemente operante, in tutto, che non una vita singola, che non può venir considerata quale una vita completa. Dato che è impossibile che in essa si manifesti uno scopo e, per conseguenza, neanche un pieno e vero germoglio. Comprendete quanto or ora vi ho detto?

               6.   Voi dite: “Caro amico, in parte abbastanza bene, però non completamente chiara”. E va bene, io vi voglio dare ancora qualche altro chiarimento. Voi stessi, sulla Terra, avete un atto corrispondente, cioè che ha somiglianza con l'accoppiamento degli spiriti.

               7.   Cosa avviene quando un uomo pieno di vita magnetizza, come voi usate dire, un essere di sesso femminile? In tal caso non succede nient'altro se non che l'uomo, con il suo forte spirito, penetra nello spirito più debole della donna e con ciò lo desta ad attività proteggendolo con la sua forza, nel senso che per un certo tempo entra in rapporto con esso e parzialmente si unisce con esso “fluidamente” o piuttosto compie con esso “un’unione coniugale spirituale”.

               8.   Qual è l'effetto di tale azione? Se voi osservate per un po' le varie manifestazioni in questo campo, non potete dire altro se non che: “Il debole spirito femminile, grazie all'unione con la forza dello spirito maschile, si è rafforzato e in uno stato molto più rinvigorito può compiere delle cose che nello stato isolato non potrebbe compiere”. La chiaroveggenza e la penetrazione spirituale, fortemente chiara nella Creazione, altrimenti imperscrutabile, non sono che un effetto di tale unione.

               9.   Ed ecco, proprio così si effettua qui il cosiddetto atto di accoppiamento spirituale; esso è un reciproco afferrarsi di forze spirituali intimamente affini e l'effetto di un tale afferrarsi è poi appunto corrispondente a quello della magnetizzazione, del quale abbiamo parlato or ora. E' vero che ora voi dite che ciò vi risulta chiaro, ma tuttavia voi chiedete ancora in qual modo tale atto venga compiuto qui, secondo l'apparenza esteriore. Io vi dico che tale atto si presenta esteriormente allo stesso modo come esso viene compiuto dai coniugi, soltanto che esso non viene accompagnato dalla benché minima traccia di sensualità.

             10.   Nella prima Chiesa, che era quella adamitica, un tale atto procreativo veniva compiuto dagli uomini d'allora - che erano in continuo rapporto con i Cieli - ugualmente, più in modo spirituale che sensuale. In occasione di un tale atto, ambedue i cofiugi venivano compenetrati, più del solito, dallo Spirito divino; in seguito a ciò cadevano in un sonno fisico, si risvegliavano ben presto da questo sonno naturale e diventavano allora uno nello Spirito, e perciò anche completamente trasportati nei Cieli. Appena là compivano l'atto della procreazione, e dopo ciò essi venivano immediatamente separati e riportati nei loro corpi fisici, nel mondo naturale.

             11.   Questa è la ragione per cui, allora, tale atto veniva anche chiamato “addormentarsi insieme” o vicini. Dato, però, che con il tempo, a causa i piaceri del mondo, gli uomini erano diventati sempre più materiali e sensuali, essi incominciarono ad accostarsi alle donne, senza alcuna preparazione spirituale, nella loro sfera naturale, dunque in maniera meramente animale, e quindi non caddero più in quel sonno naturale così da poter rendere libero lo spirito. In seguito a ciò, anche i frutti, a causa di tale azione, diventarono più sensuali e più materiali, come appunto erano più sensuali e materiali la causa e l'azione stessa che li avevano prodotti. Voi stessi usate dire: “E trunco con fit mercurius(Tale il padre, tale il figlio), perciò, come sarebbe possibile, per la via puramente animale, generare frutti dello spirito? Io sono dell'opinione che se voi riflettete un po' su questa importantissima esposizione tratta dalla storia antica, potrete raffigurarvi, in modo più esatto e più degno, l'atto dell'accoppiamento puramente celestiale di quanto avreste potuto concepirlo considerando quest'atto soltanto sulla base della sua presente manifestazione esclusivamente sensuale. Ed anche in seguito a ciò, la legge massima lo definiva, necessariamente per la sua impudicizia, impuro e perciò anche profano.

             12.   Oramai, tutto ciò vi è noto. Che cosa sta a significare ancora l'“evacuazione” da parte degli Spiriti? In primo luogo, incominciamo con il chiederci che significato e quale scopo abbia quella naturale. Essa non significa altro se non l'allontanamento dell’esteriorità formale materiale, quando le sostanze vive sono uscite dagli alimenti, per incorporarsi nelle cellule dell'uomo. Ora, vedete, la Vita non ha nessun'altra possibilità di manifestarsi e di palesarsi se non soltanto sotto una forma ad essa corrispondente. Questa forma corrisponde a tutti gli attuali involucri esteriori delle cose. E se anche questi frutti, che voi qui vedete, originariamente non sono altro che delle rispondenze viventi dell'Amore e della Sapienza del Signore, cioè rispondenze del Vero della Fede e del Buono dell'Amore, non possono comunque venir presentati senza la forma apparente, come altrettanto poco è presentabile un pensiero senza la forma, attraverso la parola.

             13.   Perciò, quando voi ascoltate delle parole, voi vi nutrite di frutti spirituali; le parole, quali involucri materiali, vengono quanto prima evacuate, mentre il significato o essenza spirituale rimane in voi quale nutrimento sostanziale.

             14.   Le forme sono le portatrici di ciò che è vivente; dato, però, che il vivente è soltanto divino e perciò il più interiore, per conseguenza lo spirituale puro non può venir accolto da nessun elemento esteriore. Ecco perché il Signore crea i veicoli, o “forme d'Amore” corrispondenti, che sono le portatrici della Sua Vita. Perciò, se vogliamo accogliere in noi questa Vita, la dobbiamo accogliere, in un primo tempo, assieme alla forma. Appena in noi, tale veicolo o forma viene distrutta, per poi liberare la Vita racchiusa in essa e riunirla al più presto con la Vita in noi, che è altrettanto divina, rafforzandola vivificamente per la conservazione d'entrambe. La forma stessa, quale involucro distrutto, viene poi evacuata interamente dal nostro essere vivente, secondo l'ordine naturale predisposto dal Creatore.

             15.   Da voi, sulla Terra, ciò viene chiamato “escrementi”, qui, invece, “separazione”. Da voi la forma è grossolanamente materiale; da noi, invece, è fluida e scompare interamente. Dato che ora avete raggiunto tale ragguaglio, rivolgiamoci nuovamente alla nostra numerosa e bellissima compagnia.

             16.   Ecco, la nostra nota coppia di progenitori è già qui; l'uomo mi si avvicina e dice: “Potente abitante dell'eterno Oriente che certamente sei un carissimo amico del Signore, guarda, noi abbiamo abbandonato ogni cosa e donato tutto il nostro avere e le nostre cose preziose, secondo il tuo consiglio. Tu vedi che noi siamo in molti e tuttavia nessuno è animato da un sentimento diverso dal mio. Ora noi stiamo qui, in tutta umiltà, dinanzi a te, che sei venuto nel Nome del Signore. Ti piaccia esprimere pure quale sia la Volontà del Signore, giacché noi siamo tutti pronti a riceverla ed a eseguire tutto ciò che con essa comporta”.

             17.   Dico io: “Cari fratelli e sorelle! Non pentitevi della vostra decisione nell'Amore per il Signore e seguitemi nel Nome Suo Santo! Guardate laggiù, al di là di questo fiume, dove su delle colline, che sembrano essere piuttosto inospitali, potete scorgere, abbastanza in lontananza, delle piccole casette poco appariscenti: là io intendo guidarvi e dare a ciascuno la sua abitazione. Oh, certamente, là voi non vivrete tanto comodamente e splendidamente, come in questo magnifico palazzo, però, vedete, voi dovete disabituarvene, poiché “nell'eterno Oriente”, alla costante presenza del Signore, non si abita in simili palazzi, bensì in piccole e semplicissime capanne. Così, ugualmente, non si è tanto riccamente vestiti come qui, bensì i veri figli del Signore vanno in giro quasi nudi; inoltre, là nessuno deve poltrire e perciò il Signore sa come tenere continuamente occupati i Suoi figli.

             18.   Qui, voi avevate “beato riposo” e lo splendido e tranquillo godimento di tutto quello che voi possedevate in tutta pienezza; là, però, il trattamento è del tutto diverso, poiché il pane quotidiano lo si deve guadagnare letteralmente con zelo e solerzia.

             19.   Voi, qui, non eravate tenuti né a chiedere né a ringraziare per nessuna cosa, poiché il Signore vi dava tutto, spontaneamente, nella massima sovrabbondanza; là, invece, dovrete sempre chiedere al Signore e Padre e ringraziarLo.

             20.   Qui, ognuno aveva per sé, come un signore, il proprio tavolo e poteva mangiare e bere a suo piacimento; là, invece, nessuno ha il proprio tavolo, bensì, tutti devono venire alla Tavola del Signore.

             21.   Qui voi potete mangiare quello che volete, là, invece, vige la regola del «mangiate quello che vi si pone davanti!».

             22.   Se siete soddisfatti e contenti di questo cambio, allora seguitemi; però, la vostra volontà sia completamente libera”.

             23.   Ecco come si esprime tutta la compagnia: “Oh grande e caro amico del Signore, se anche noi possedessimo, qui, mille di tali palazzi, li abbandoneremmo se ci fosse concesso di essere vicino alla dimora di questo Grande Padre Santo, anche soltanto quali ultimi ed infimi servi! Tutte le condizioni che tu ci hai poste sono troppo grandi e troppo elevate per noi. Se noi fossimo considerati degni delle briciole che cadono dalla Tavola del Signore, noi saremmo già infinitamente più felici di quanto siamo stati qui, dato che noi, proprio fra questa grande magnificenza, dobbiamo sentire la mancanza proprio di quello che solo costituisce la suprema beatitudine di tutti gli angeli e ciò è la visione del Signore Che è là un Santo Padre eccellente per coloro che abitano presso di Lui ad Oriente.

             24.   Noi scorgiamo il Signore, anche qui, nel santo Sole di Grazia sopra di noi, mentre il Padre, fra i Suoi figli, noi non Lo abbiamo mai scorto!

             25.   Dunque, guidaci dove vuoi e dacci disposizioni secondo la tua opinione celeste; vogliamo seguirti!”.

             26.   Ora parlo io: “Allora seguitemi al di là del fiume, in quella regione collinare. Non abbiate paura delle onde che finora abitualmente non potevano sorreggervi, dato che il vostro fondamento non era il vero e proprio «Fondamento della Vita», cioè l'Amore vero per il Signore. Però, dato che ora esso è diventato anche il vostro fondamento, così l'acqua del fiume vi sosterrà, poiché essa è il significato di tale fondamento”. Guardate ora come tutti ci seguono e come l'acqua del fiume li sostiene come un terreno solido!

             27.   E così, noi vogliamo recarci tutti insieme su quella zona collinare, sistemare là la nostra compagnia e osservare poi cosa succede e se la compagnia vi si trova bene ed è contenta.

 

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Cap. 46

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Nell'eterna terra collinosa del Mattino. Piccolo esame d'Amore

Come vi raffigurate il Signore?

 

               1.   Ed ecco, secondo il nostro rapido modo, oramai già abituale di viaggiare, siamo già sul posto. Come vedete, proprio davanti a noi, si trova una di tali casette; simili, nell'aspetto, a quelle alpine della Svizzera. Voi dite: “Infatti, ne hanno proprio l'aspetto; soltanto che, confrontate con uno dei palazzi, o, più ancora, con delle grandi città, che si trovano laggiù sulla pianura, ultimamente visitata, crediamo sia preferibile l'abitare qui!”

               2.   Bene, allora noi daremo un'occhiata all'interno di una tale casa, per osservare la sua disposizione, nonché i suoi abituali abitanti. Ed ecco che noi ci siamo già, e ora voi chiedete: “Ma caro amico, come avviene che questa casa, nel suo interno, non cambi il suo scopo e carattere, secondo il sistema abituale spirituale; bensì, corrisponde il suo interno con l'esterno suo carattere, quale una dimora solida e stabile?”.

               3.   Cari amici, ciò lo comprenderete esattamente in seguito, e con il praticare con gli abitanti di questa regione, come essi si presenteranno a noi.

               4.   Non osservate che, anche qui, si trovano attrezzi agricoli d'ogni sorta? Guardate, ci sono falci, zappe, rastrelli, aste, e non mancano l'aratro e l'erpice. Guardiamo, ora, un po' intorno; dietro la casa c'è perfino un piccolo edificio di disimpegno, nonché una stalla per un paio di buoi. Qui, poi, c'è una cucina, là, una stanza per la servitù e, sul davanti, una stanza arredata con molto buon gusto, per i proprietari della casa. Che ne dite di tutto ciò?

               5.   Voi siete piuttosto meravigliati, da quanto vedo, poiché voi dite fra di voi: “In verità, tutto ciò è molto accogliente, e noi saremmo disposti a fermarci qui, senza pensarci su due volte; tuttavia, tutta questa disposizione terrena, in pieno Cielo, ci risulta alquanto strana”.

               6.   Amici miei cari, io pensavo già che ciò vi avrebbe recato sorpresa; ma ciò causerebbe una sorpresa ancora maggiore a qualche “papista incallito”, che si figura il Cielo quale un ritrovo dell'ozio. Però, come vanno le cose qui, lo potremo constatare nel corso del nostro peregrinaggio in questa regione orientale, e ciò, in maniera più che sufficiente.

               7.   Tuttavia, affinché voi sappiate perché avete trovato, qui, ogni sorta di attrezzi, come sulla Terra, vi dico, frattanto, solamente che questi non sarebbero mai stati scoperti sulla Terra, se già prima non fossero esistiti in tutti i Cieli, nella forma e modo perfettamente corrispondenti.

               8.   Per conseguenza, non può farvi meraviglia di trovare, nel vero e proprio luogo del Cielo, le caratteristiche originarie, poiché tutti questi attrezzi denotano l'attività d'Amore, e si trovano qui quale mezzo per la produzione del buono e del fruttuoso; di più, per il momento, non occorre sapere.

               9.   Ora guardate; da uno dei campi, sta incamminandosi il suo proprietario verso questa casa; vogliamo andargli incontro, porgergli il nostro saluto, ed esporgli il nostro desiderio? Ecco, egli ci ha scorto, e ci viene incontro con le braccia aperte. Vi piace la sua foggia di vestire? Voi dite: “Caro amico, veramente non c'è male, poiché, tali vestimenti, noi siamo abituati a vederli. Egli ha tutto l'aspetto di un campagnolo della Terra, timorato di Dio, e onestamente zelante nel suo lavoro. Noi vediamo che esso indossa una camicia comune un po' rustica, e poi, dei calzoni confezionati, pure, con la stessa tela della camicia; e questo è tutto quanto noi possiamo vedere su di lui. Se egli non avesse, alla vita, una cintura rossa, non si distinguerebbe da un comune lavoratore dei campi”.

             10.   Certo, miei cari amici, qui le cose non procedono tanto brillantemente come laggiù, nei palazzi. Voi, naturalmente, chiedete: “Caro amico, deve proprio essere un grado di beatitudine superiore questo qui, se paragonato a quello laggiù, nell’infinita pianura, dove abbondano innumerevoli magnificenze e una sontuosità indescrivibile?”. Io, però, vi dico: “Il grado di beatitudine è, dappertutto, tanto più elevato, quanto più esso sta al di sotto di tali magnificenze e sontuosità”. Come ciò sia possibile, vi verrà esposto chiaramente, in breve. Infatti, il nostro bravo uomo è già qui, perciò, prepariamoci ad accoglierlo subito, come si deve.

             11.   Ascoltatelo, egli vi parla: “Siate mille volte i benvenuti, cari e miei amati fratelli! Io vedo che, con voi, avete portato una considerevole compagnia, ed io so già quello che essa cerca qui. Però, vi dico apertamente, e senza indugio, che ad essa costerà molto impegno e molte rinunce abituarsi a questa vita molto più laboriosa e più elevata, e, perfino dopo essersi abituati, le costerà un considerevole sforzo, prima che questa vita superiore possa diventare sua propria. Tu però, mio caro fratello, sai benissimo che con l'Amore e la Pazienza tutte le difficoltà possono venir superate.

             12.   Ed anche da parte mia non verrà omesso nulla di ciò che si richiede per provvedere, in modo efficiente, eterno e vivente, a questi cari fratelli e sorelle.

             13.   E ora, miei cari amici, vogliamo entrare un po', nella mia dimora, prendendo, con noi, la coppia principale di questa compagnia, per stabilire i necessari accordi; affinché tutti, al più presto, possano venir ospitati, secondo l'eterno Ordine dell'Amore. Andiamo, dunque!”

             14.   Ecco, il nostro ospite fa già cenno alla nota coppia, ed essa entra con noi, seguendo, lieta, il dolce invito. Noi siamo già nell'interno della stanza; e ora fate attenzione a quello che verrà detto.

             15.   Il nostro ospite così si esprime dinanzi alla coppia: “Miei cari amici, siate i benvenuti in tutta la profondità del mio Amore; ditemi, liberamente ed apertamente, che cosa vi ha indotti ad abbandonare la vostra grande magnificenza ed a scegliere, quale vostra futura residenza, queste colline, dove non c'è alcuna sontuosità, ricchezza ed abbondanza?”.

             16.   L'interrogato risponde: “Amico celeste! Io non so ancora chi tu sia nell'esser tuo. Dato, però, che tu, dalla più intima base della tua Vita, mi chiedi quale sia stato il movente della nostra iniziativa, ti dirò che il Signore è l'unico motivo che ha spinto me, e, con me, tutti gli altri, a questa impresa”.

             17.   L'ospite dice: “L'apprendere ciò da voi, è un’incomparabile delizia per il mio cuore, però, il Signore vi ha già largito, comunque, un’incommensurabile ricompensa; cosa volete ancora, dunque, di più? Infatti, mi sembra che dovrebbe essere sufficiente che il Signore vi abbia dato tutto ciò a cui il vostro cuore può aspirare nella sua massima profondità; così che, una tale impresa, secondo me, assume quasi l'aspetto dell'ingratitudine, da parte vostra”.

             18.   L'uomo dice: “Caro amico, esteriormente ne potrebbe avere l'aspetto, ma non così, secondo il nostro intimo, poiché, vedi, che faresti al mio posto se tu avessi delle magnificenze che alla vista appaiono mille volte maggiori delle mie, ma che, con tutto questo splendore inesprimibile, non ti fosse data la possibilità di vedere, nell'Esser Suo, il Santo Donatore? Vedi, è più che certo che, per il tuo grande Amore per il Signore, abbandoneresti tutto, onde rendere possibile, con ciò, l’avvicinarti sempre più al Signore”.

             19.   L'ospite risponde: “Cari amici, questo lo comprendo benissimo, e so anche perché tu mi hai parlato in tal modo; però, sai tu, con sicurezza se qui tu vedrai il Signore, e quando? Oppure sai tu se questa è la regione fra quelle, nelle quali il Signore appare personalmente?”.

             20.   L'uomo dice: “Stimatissimo amico, questo non lo so di certo; quello che so, però, è che il Signore ha più caro quello che è piccolo, piuttosto che quello che è grande; dato che Egli ha detto: «Lasciate i piccoli venire a Me!». Perciò, io non ritengo di essere sulla via sbagliata, se mi trovo ora qui, dinanzi a te, dopo aver abbandonato, per Amore del Signore, tutta la mia magnificenza ed ho cercato la semplicità e l'umiltà di questa collina”.

             21.   E il nostro ospite dice: “Bene, mio caro amico, tu hai risposto giustamente, soltanto a me sembra che questa tua risposta sia qui fuori luogo; poiché, vedi, il Signore dice ciò soltanto dinanzi al mondo, dato che Egli dichiara apertamente, come tutte le grandezze umane siano un orrore dinanzi a Lui; e poi Egli dice pure: «Chi nel mondo è il minimo, dinanzi a Lui, nei Cieli, è il più grande». Tu ora, però, non sei più nel mondo, bensì tu sei nel Cielo. Nel mondo tu eri piccolo; infatti tu eri un povero pastore sulle Alpi; e per questo, il Signore ti ha fatto grande nel Cielo; perciò, domanda a te stesso, che cos'è quello che tu cerchi ancora!”.

             22.   E l'uomo risponde: “Caro amico, io riconosco molto bene che tu, nella Sapienza che ti proviene dal Signore, mi superi infinitamente; però, so pure che io, nel corso della mia grande beatitudine, che dura già da lungo tempo, non ho visto il Signore che soltanto nel Suo Santo Sole di Grazia”.

             23.   E l'ospite chiede: “E cosa vuoi tu di più? Non hai tu dunque, mai letto: «Il Signore Iddio Geova dimora nella Luce inaccessibile?». Dunque, come potresti avvicinarti a Lui, più di quanto ti è possibile?”.

             24.   L'uomo risponde: “Sì, caro amico, questo è vero, però, il Signore Iddio Geova era anche un Uomo sulla Terra, ed ha, perciò, assunto la nostra natura, ed ha fatto, ai Suoi, la promessa che essi dimoreranno presso di Lui, eternamente. Non solo, Egli ha detto perfino al malfattore crocifisso contemporaneamente a Lui: «Oggi tu sarai con Me in Paradiso!». E l'apostolo Paolo, si rallegrava di andare al Signore. E, così, credo anch'io che, nei Cieli di Dio, ci debba essere una qualche possibilità d'incontrare il Padre, e contemplarlo con occhi pieni di beatitudine e con il cuore colmo di tutto l'Amore!”.

             25.   L'ospite dice: “E va bene, dal momento che tu credi che quello che il Signore ha detto sulla Terra, sia anche veramente detto, nella stessa misura, per tutti i Cieli, e ciò, appunto, perché tutti i Cieli sono fatti dalla Parola che il Signore ha pronunciato sulla Terra.

             26.   Ora, però, mio caro amico, viene qualcosa d'altro. Vedi, laggiù tu eri un signore, nella tua vasta, elevata proprietà; ed altrettanto lo era tutta la tua compagnia. Qui, invece, voi dovrete “servire”, e dovrete guadagnarvi il pane e l'altro nutrimento, con il lavoro delle vostre mani, poiché, come vedi, pure io stesso devo lavorare e coltivare, qui, il terreno, per ottenere un raccolto, e procurarmi così, il sostentamento.

             27.   Il terreno è, a dir vero, molto benedetto dal Signore, e rende più di un frutto centuplicato rispetto al seme; ciò non toglie che deve venir diligentemente coltivato, altrimenti il Signore non fa prosperare la Sua Benedizione. Perciò, voi dovrete, qui, coltivare il campo e il prato, con ogni sorta di utensili agricoli; poi, dovrete recarvi sul campo con la falce, tagliare il grano, legarlo in covoni, e portarlo nel granaio, e liberare il grano dalle spighe. Però, tutto ciò voi dovrete farlo quali servi, e non come padroni, voi stessi, di qualche fondo. Anzi, nel fare questi lavori, voi dovrete mettere una grande diligenza, poiché qui ora non si sopporterà che qualcuno di voi se ne vada bighellonando, con le mani in tasca.

             28.   Su questo voi dovete riflettere bene; e se voi troverete che ciò è consigliabile per voi, allora rimanete, poiché lavoro qui non manca, bensì, spesso, c'è mancanza di lavoratori. Se, però, queste inderogabili condizioni non vi garbano, voi potete, senz'altro, ritornare alle vostre magnificenze”.

             29.   L'uomo dice: “Oh caro amico, non preoccuparti di ciò; è vero che noi, già da lungo tempo, ci siamo abituati ad una certa mollezza; tuttavia, non ci siamo disabituati d'un lavoro benedetto, poiché quello che, più o meno, abbiamo fatto sulla Terra, e, a dir vero, per amore di noi stessi, noi lo facciamo qui, sicuramente, mille volte più volentieri, per Amore al Signore, e, da questo Amore, anche per amore per te, che sei, certamente, un amico di non poco rilievo, del Signore!”.

             30.   E l'ospite dice: “Dal momento, dunque, che le cose stanno in questi termini, restate qui!”. L'uomo dice: “Ma caro amico, noi siamo alcune centinaia; come potrai alloggiarci tutti in questa modesta casetta?”. L'ospite risponde: “Mio caro amico, non preoccuparti, non hai tu, dunque, mai udito quello che il Signore ha detto sulla Terra, quale Uomo? Non ha Egli detto: «Nel Regno del Padre Mio ci sono parecchie dimore?». Guardate la collina, verso Oriente, fin dove può giungere il vostro occhio potete vedere quante casette simili a questa ci sono. In esse, voi tutti potrete trovare posto a sufficienza. Voi chiedete a chi appartengano tutte queste dimore. Ed Io vi dico che queste dimore nel loro insieme, appartengono ad un unico Proprietario, ed io voglio, perciò, condurvi in esse, ed assegnare, a tutti voi, il lavoro da compiere. Voi chiedete se io sia un rappresentante autorizzato del proprietario di tutte queste dimore. Miei cari amici, se io non lo fossi, come potrei parlare in tal modo? E come potrei io giustificarmi di fare, con voi, la volontà di altri, se io non avessi il diritto di disporre, a seconda del Mio giusto e Amorevole piacimento?

             31.   Tu, e tua moglie, voglio tenervi qui nella Mia dimora, la cara compagnia intendo alloggiarla in tutta Mia vicinanza! Dunque, uscite, ed annunciate a tutti questa decisione”.

             32.   E vedete, la coppia esce dalla casetta, e comunica tutto ciò, con espressione amorevole e lieta, a coloro che erano in ansiosa attesa, e, guardate, come tutta la compagnia si prostra piena di gratitudine, e ringrazia il Signore, per aver voluto fare loro, tanto amorevolmente, la Grazia di trovare qui, servizio ed alloggio.

             33.   Ora, anche il nostro Ospite esce, e, guardate come Egli impone su tutti, le Sue Mani, ed indica le dimore che essi possono occupare.

             34.   Voi, ora, potete anche vedere come i componenti della nostra compagnia, dopo l'imposizione delle Mani, hanno subito dei cambiamenti. Il loro colore bianco si è trasformato in un naturale colore rosato; ed il loro essere, eccezionalmente delicato, ha assunto una reale consistenza. Ed ecco così, quale aspetto lieto, vivace e compiaciuto hanno, ora, mentre, prima, la loro espressione era di una sapiente serietà, piena di mistero.

             35.   Guardate, ora essi si dividono, e vicino ad ogni dimora loro assegnata, gli abitanti li attendono a braccia aperte.

             36.   Ora, però, il nostro Ospite rientra in casa con la coppia di progenitori, e chiede loro: “Miei cari amici, come vi raffigurate voi il Signore, così da poterlo riconoscere, se dovesse presentarSi a voi?”.

             37.   L'uomo dice: “Oh caro amico, che, in Nome del Signore, ci hai accolto tanto amorevolmente, questa è una domanda, alla quale è difficile rispondere! Infatti, sulla Terra, nella nostra religione, non ci siamo mai occupati di dare al Signore una forma umana, bensì ci siamo curati soltanto della Sua Parola, pensando che, in questo modo, Egli, comunque, Si sarebbe fatto riconoscere immediatamente; e noi Lo avremmo, oltre a ciò, riconosciuto dalle Sue Parole. Però, appena ora, mi accorgo che, oltre alle Sue Parole, anche il vero Amore per il Signore vuole afferrare la Sua Figura Personale. Soltanto che, a questo riguardo, il nostro amore non ha mai avuto occasione di soffermarvisi, e perciò, non ha neppure potuto accoglierne alcunché. Perciò, tu vorrai avere la bontà, anche in questo caso, caro amico, di descriverci la Figura del Signore”.

             38.   E l'Ospite dice: “E va bene, dal momento che voi lo desiderate vivamente, nell'intimo vostro, io vi dico: «Guardate Me, poiché il Signore, come figura umana, corrisponde alla Mia»”.

             39.   L'uomo dice: “Ah, caro amico, questo mi è di grande consolazione e di grande gioia, ed io sono già ultrabeato di vedere, dinanzi a me, un’immagine tanto perfetta del Signore! Quanto grande però, sarà la mia beatitudine, quando mi sarà dato di vedere Lo stesso Signore!”.

             40.   L'Ospite dice: “In verità, il tuo Amore per il Signore è diventato grande; rallegrati perciò appieno, poiché, vedi, Io sono il Signore ed a te è concesso di dimorare presso di Me, eternamente!”.

             41.   Ora, però, vedete voi stessi come tutto è improvvisamente mutato. Della regione orientale non si scorge più nulla, però la primiera semplicità è rimasta, ed essa è l'unico, vero, eterno Oriente del Signore! Però, per noi non è ancora giunto il momento di fermarci qui, bensì, secondo la Volontà del Signore, d'inoltrarci ulteriormente nella regione del Mezzogiorno. Dunque, continuiamo il nostro viaggio.

 

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Cap. 47

* * * * *

Il cielo romano-cattolico. Nel Mezzogiorno più esterno

 

               1.   Ora, guardate come il panorama della regione è già svanito dinanzi ai nostri occhi; non si scorgono più le colline e nemmeno le casette su queste: noi siamo nel puro Mezzogiorno. Questo lo potete dedurre dal Sole che si trova allo Zenit, e dalla grande sontuosità di questa regione, come pure dal fiume che scorre da qui, verso Oriente. Voi chiedete: “Ma caro amico, come è possibile che, adesso, tutta questa regione del Mattino, infinitamente grande, sia scomparsa, così completamente, alla nostra vista?”.

               2.   Cari amici, non comprendete dunque ancora, che il “Mattino” denota l'Amore operante, mentre il “Mezzogiorno”, la Sapienza indagatrice? Noi stiamo nuovamente indagando, perciò, siamo sulla via della Sapienza, cioè, nel “Mezzogiorno”, e per questo, ora, siamo al di là dell'Amore.

               3.   Voi certamente chiedete: “Però, noi anche prima ci trovavamo nel Mezzogiorno, tuttavia, da qui, potevamo scorgere la regione orientale; allora, perché questo non va più? Non eravamo anche allora, al di fuori dell'Amore attivo?”.

               4.   Miei cari amici, veramente noi eravamo anche prima, nel Mezzogiorno, ma ci trovavamo alla riva del fiume, il quale indica come l'Amore e la Sapienza si afferrino, e passino alla Vita eterna. Dunque, noi ci trovavamo, allora, al centro fra l'Amore e la Sapienza, e, grazie a ciò, noi potevamo anche abbracciare, con lo sguardo, tutte e due le regioni; però, dato che poi siamo passati realmente nel “Mattino”, da là potevamo vedere ampiamente nella zona meridionale. E perché ciò? Perché la Sapienza emerge dall'Amore, e le cose stanno esattamente come quando qualcuno, che conosce la causa fondamentale, può anche scorgere e riconoscere, con esattezza, l'effetto di tale causa. Chi, invece, vede soltanto l'effetto, partendo da questo, ben difficilmente riuscirà a scorgere la causa, a meno che egli non si ponga proprio nel punto in cui la causa passa nell'effetto. Ora, però, che avete compreso ciò, inoltriamoci nel più esterno Mezzogiorno, dove potrete vedere delle cose che potranno toccarvi molto da vicino.

               5.   Ecco, noi ci troviamo già al giusto posto, però voi dite: “Caro amico, noi scorgiamo nuovamente, dinanzi a noi, un mare tanto esteso che non se ne vede la fine, e, nel lontano orizzonte, vediamo per la prima volta, in questo mondo spirituale, anche delle nuvole salire verso il cielo, come in una bella giornata sulla Terra. Anzi, ci sembra che, qui, il Sole non stia esattamente allo Zenit, ma, piuttosto, alquanto dietro a noi, così che possiamo scorgere già un'ombra dinanzi a noi. Dovremmo, forse, camminare sulla superficie dell'acqua, anche qui?”

               6.   Miei cari amici, per quanto riguarda questo mare, vi dirò che esso è collegato con quello nel quale ci siamo imbattuti nella regione della Sera, e si estende sempre avanti, infinitamente, partendo dalla Sera, fra il Mezzogiorno e il Mattino. Ma, proprio qui di fronte, dove voi scorgete la nuvolaglia, è limitato dalla terraferma, e, al di là, vi è nuovamente una regione di un’estensione tale che supera di molto i vostri concetti. Questa regione è chiamata “l'estremo Mezzogiorno”, e là noi ci recheremo.

               7.   Voi siete in procinto di chiedere nuovamente, come andremo al di là del mare. In questo caso, noi faremo il nostro abituale viaggio rapido. E ora, guardatevi attorno, noi siamo dove volevamo essere! Ora, tutta l'ampia distesa del mare è già dietro a noi, e, se alzate gli occhi, constaterete che siamo già sotto le nuvole bianche. Voi, a questo punto, osserverete certamente: “Caro amico, le nuvole risplendono magnificamente, ma non c'è più traccia del Sole; dov’è andato a finire?”.

               8.   Miei cari amici, il Sole c’è anche qui, anche se è ricoperto dalle nubi, poiché la sua luce è visibile soltanto rifratta; mentre, il Sole stesso, si mostra molto raramente attraverso le nuvole. Voi chiedete: “Ma che sorta di regione è questa? Che significa tutto ciò?”.

               9.   Vedete, questo è il cosiddetto Cielo cattolico-romano, nel quale, la maggior parte dei pii cattolici-romani vengono quando sono vissuti praticando l'amore, e con coscienziosa fedeltà, secondo la loro Fede. Per conseguenza, questo Cielo è, piuttosto, un “Cielo di prova”, che non un Cielo vero e proprio. Però, come stiano veramente le cose, a questo riguardo, lo potremo constatare chiaramente, in seguito, osservandolo più da vicino.

             10.   Gettate, ora, uno sguardo più verso l'interno della zona, e potrete scorgere, in gran numero, le chiese ed i conventi cattolici, a voi ben noti. Guardate, non lontano da noi, su uno spiazzo, si trova una chiesa imponente. Andiamo a vedere che vi avviene. Udite lo scampanellio? Voi dite: “In verità, caro amico, è proprio lo stesso suono che noi abbiamo, tanto spesso, udito sulla Terra”. Però, ascoltate ancora più attentamente, e voi percepirete persino il suono d'organo. Voi vorreste sapere quale funzione venga, ora, celebrata nella chiesa.

             11.   Io vi dico che noi vi arriveremo proprio alla prima benedizione. Ecco, noi siamo già all'ingresso della chiesa; vedete l'altare maggiore, sul quale ardono innumerevoli candele? Ora voi vedete, pure, come il sacerdote afferra l'ostensorio, e, allo stesso modo come sulla Terra, impartisce la benedizione ai numerosi presenti. Ora che abbiamo ricevuto, pure noi, la benedizione, vogliamo assistere anche alla Messa.

             12.   Guardate, tutta la cerimonia si svolge esattamente come da voi sulla Terra, e, come potete udire, essa viene accompagnata fino alla fine, dai soliti cantici e dal suono dell'organo, e, proprio ora, incomincia la seconda benedizione. Voi chiedete: “Caro amico, quale santo viene venerato là, sull'altare maggiore? Noi non riusciamo a distinguere ciò che è raffigurato nel quadro”.

             13.   Avviciniamoci un po' di più; guardate, l'immagine è molto chiara, e così pure molto ben dipinta: si tratta della “Santa Trinità”. In ciò consiste l'unica differenza, che qui, in questo “Cielo di prova”, sull'altare maggiore, non deve venir esposta nessun'altra immagine. Sugli altri due altari, cioè, quelli laterali, a destra, il Salvatore crocifisso, e, a sinistra, sotto forma di colomba, lo Spirito Santo. Neppure su questi altari laterali devono apparire delle altre immagini. Questo avviene per Saggia disposizione, affinché coloro che giungono qui, non abbiano ad essere indotti a continuare la vecchia idolatria, dando, ad uno dei “cosiddetti santi”, lo stesso onore che dev'essere tributato soltanto a Dio.

             14.   Questo è il motivo per cui tutti i cosiddetti santi, insieme ai papi, vengono sempre tenuti lontano da questa regione; e se anche dei papi arrivassero qui, non devono venir considerati come tali, bensì come dei semplici e comuni sacerdoti. Però, voi dite: “Caro amico, allora, come stanno le cose con quel «cosiddetto Cielo», in cui le «Tre Divine Persone» siedono su una nuvola luminosa; e tutti i beati, insieme agli angeli, pure su delle nuvole lucenti, stanno in ginocchio intorno a questa Trinità e, così, vedono ed adorano Dio faccia a faccia?”.

             15.   Attendete soltanto un poco, cioè, fino a che questo “ufficio divino” sarà finito. Subito dopo, assisteremo ad una vera e propria ascesa al Cielo da parte di questi spiriti che sono stati presenti alla messa. Ecco, il sacerdote annuncia, proprio ora ai suoi fedeli, che, immediatamente dopo l'ufficio divino, avrà luogo l'“ascensione”. Usciamo perciò, subito dalla chiesa, ed attendiamo fuori la continuazione della storia.

 

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Cap. 48

* * * * *

Una processione durante un’apparente scalata del Cielo

 

               1.   Ed ecco, noi siamo già fuori, e gli spiriti, recanti rami di palma, escono in massa dalla chiesa, e ora, li segue anche il sacerdote, con indosso i paramenti sacri, e nelle mani l'ostensorio. Su lui, cioè, sopra il suo capo, poi potete vedere pure un baldacchino portato da quattro spiriti maschi, biancovestiti; dinanzi a lui si schierano tutti gli spiriti, seguendo il gonfalone processionale; e ora tutti si mettono in moto, con tutte le abituali formalità cerimoniali. Non manca neppure il campanello; un crocifisso precede il baldacchino; e tutta la compagnia intona l'inno a voi ben noto: “Santo, Santo, Santo, è il Signor nostro Iddio Zebaot”.

               2.   Guardate, ora la processione ha raggiunto una piccola altura; là vogliamo raggiungerla. Questa altura è molto ingannevole, poiché non ha, tanto presto, una fine, come sembrerebbe al primo sguardo.

               3.   La strada che vi conduce è la vera e propria “cattolica via del Cielo”. Appena quando si è giunti su questa prima, visibile altura, se ne scorge una seconda, che porta di nuovo più in alto. Raggiunta che si abbia anche questa seconda altura, si scopre appena che segue una terza, e così continua, a seconda dello stato d'animo degli ascensori del Cielo; dato che, certe volte, ce ne sono di quelli che devono salire più di mille di queste alture nascoste, prima che possano raggiungere la cosiddetta “regione celeste delle nuvole”.

               4.   Non di rado avviene che, in occasione di una tale ascesa al Cielo, taluni ne abbiano abbastanza, e considerino la via troppo lunga; allora si rivolgono al sacerdote, e chiedono quanto ancora il viaggio potrebbe durare. Allora, quale risposta, il sacerdote cita quel passo della scrittura che dice: «Chi persevera fino alla fine, diventerà beato». E, dopo questa risposta, il corteo continua il suo cammino.

               5.   Dopo una tirata di alcune cinquantine di alture, si domanda al sacerdote se, data la lunghezza del viaggio, non si potrebbe un pochino riposare. In questo caso, il sacerdote dà da seguente risposta: “Pregate senza interruzione!”. Questo, nel mondo spirituale, significa che là non si deve mai riposare, una volta che si è sulla via del Cielo; poiché si sa, come cosa certa, che i neghittosi e i tiepidi vengono sputati fuori dalla bocca di Dio, e non viene loro permesso di entrare nel Regno dei Caeli. Ragione per cui essi devono raccogliere tutte le loro forze, e continuare la loro ascesa, fino a che non avranno raggiunto la porta beata del Regno dei Cieli. In seguito a questo ammonimento, l'ascesa continua.

               6.   Quando, dopo forse un'altra cinquantina di alture, lo stesso sacerdote si sente stanco, e tutta la compagnia non ce la fa più a salire, egli finalmente dice: “Ascoltate, o pecorelle del mio gregge! Noi, qui, siamo appena a mezza strada; vogliamo, perciò, dare onore a Dio, e ringraziarLo per averci concesso di raggiungere questo punto?”.

               7.   Allora tutti fanno sosta, s'inginocchiano e ringraziano Dio, secondo l'intenzione del sacerdote, e precisamente, in primo luogo Dio il Padre, poi Dio il Figlio, e, da ultimo, Dio lo Spirito Santo.

               8.   Quando tutta la compagnia, in questo modo, si è un po' rimessa, il corteo continua la marcia. Dato, però, che il sacerdote sente nei suoi piedi, che l'ascesa non potrebbe continuare tanto facilmente, senza le necessarie soste, annuncia fin d'ora, che, al superamento di ogni futura altura, si pregherà una stazione della “Passione”. Naturalmente, egli stesso approfitta dell'occasione per riposare; ma quando le dodici, e, in caso sfavorevole, le quattordici stazioni sono giunte a termine, e le alture sono sempre più ripide e si susseguono l'una con l'altra, senza alcun cenno a finire, si ricorre alla recita del “rosario” da suddividersi. Quando, però, anche tutto il rosario è recitato, e le alture diventano sempre più erte, senza che se ne veda la fine, tutti si rivolgono al sacerdote, chiedendogli cosa significhi ciò, dato che, malgrado tutti i suoi suggerimenti, la meta sembra ancora molto lontana.

               9.   Allora il sacerdote dice: “Certo, care pecorelle del mio gregge, qui appena comincia il punto in cui il Regno di Dio richiede violenza: coloro che se ne impadroniranno con la forza, lo possederanno!”. Contemporaneamente, però, il sacerdote dispone che, ad ogni altura superata, si dovrà recitare un Salmo di Davide, e così, il corteo continua, penosamente, l'ascesa.

             10.   Però, considerato che il nostro corteo subisce tutti questi eventi, e ne fa esperienza, lo seguiremo anche noi, passo passo, fino alla fine, quando il rosario non verrà più recitato.

             11.   Guardate, la prossima altura è già molto erta, e richiede parecchio sforzo per salirla. Dopo molta fatica, la compagnia ha raggiunto la cima. Come vedete, essi si adagiano tutti, immediatamente, su un piccolo spiazzo piano; e lo stesso sacerdote, levando dalla tasca un salterio, e poggiando da un lato l'ostensorio, comincia a leggere il primo Salmo, il più lentamente possibile, per guadagnare a sé ed a tutta la compagnia, una sosta con un riposo più lungo.

             12.   Ora, egli ha finito di leggere il primo Salmo; prende nuovamente l'ostensorio, ma, tuttavia, dice ai quattro portatori del baldacchino, dato che il Cielo è comunque vicino, che è cosa ragionevole che essi abbandonino sul posto quel piccolo “cielo” d'onore.

             13.   Dopo questa disposizione, tutti si rialzano, e, come vedete, incominciano subito a salire faticosamente l'erta salita. Come potete constatare, questa ascesa si compie anche con le mani, ed al nostro sacerdote non va tanto bene, come al portabandiera ed al portatore del Crocifisso. Così, che il sacerdote si fa tirare su, bene o male, da alcuni arrampicatori che lo precedono, mentre i portatori del gonfalone e del Crocifisso usano le loro celesti insegne, al posto dei bastoni da montagna.

             14.   Ora, con grande fatica e sforzo, un altro ripiano sarebbe stato raggiunto, ma la superficie piana, questa volta, è appena tanto grande, che la nostra compagnia vi trova soltanto uno spazio molto ristretto per riposarsi. Dunque, essi si sono nuovamente accampati, e il sacerdote incomincia la lettura del secondo Salmo. Però, come vedete, anche lui viene preso dall'angoscia, poiché, innanzi tutto, egli scorge, dinanzi a sé, un'altra altura ancora più ripida, e, se guarda verso il basso, lo prendono le vertigini.

             15.   Che cosa deve fare ora? Egli viene tempestato di domande in proposito, da parte degli ascensionisti al Cielo, e gli si chiede dove siano i gradini che portano a questo. Il sacerdote così risponde: “Io credo che questi potenti ripiani montuosi siano i gradini, e voi stessi state facendo qui l'esperienza, quanto puri d'ogni sorta di peccati si dev’essere, affinché non si venga aggravati su questi possenti gradini del Cielo”. Poi continua: “Qui, noi, dovremo separarci, poiché potrebbe essere che, sul prossimo ripiano, non si trovi posto sufficiente per tutti: dato che lo spazio piano, fra altura e altura, sembra diventare sempre più stretto, così che non sarebbe possibile riposarvi tutti insieme, cantando le lodi al Signore, ed alla divina Trinità. Perciò, vadano avanti i più intrepidi fra voi, e si riposino fino a tanto che vedranno che noi qui ci alziamo, e poi salgano il prossimo gradino, nel caso che dovessero trovarne ancora uno”.

             16.   E, come potete vedere, cioè, con l'occhio del vostro spirito, metà della compagnia si alza, e sale su di un'altura molto erta, servendosi delle mani e dei piedi. Alcuni raggiungono la sommità, ma altri, meno robusti, scivolano nuovamente giù. Il sacerdote chiede a coloro che sono già sopra, se vi sia ancora un'altra altura. Ed essi, quale risposta, gridano: “Vittoria! Non ci sono più alture! Noi ci troviamo già al principio di una vasta pianura, e, in grande lontananza, dinanzi a noi, scorgiamo già le nubi celesti, e, nel mezzo, una luce fortissima, che, però, non possiamo ancora distinguere a che cosa sia dovuta!”.

             17.   Guardate ora, tutti coloro che si trovano nel gradino inferiore, si alzano, raccolgono le proprie forze; il sacerdote si lega l'ostensorio sulla schiena, e sale pure lui, come meglio può, con le mani e con i piedi.

             18.   Finalmente, con molta fatica e grandi sforzi, tutti si sono arrampicati su quest'ultima altura; lodano ora il sacerdote dicendo: “Questa è una prova sicura che nessuno, senza una tale guida spirituale, può raggiungere il Cielo!”. Il sacerdote, però, dice: “Miei cari figlioli, certamente ciò è vero, poiché è Iddio stesso che così ha comandato. Però, non a me, bensì soltanto a Dio compete l'Onore! Infatti, se io giudico me, retrospettivamente, devo ammettere che io vi ho portati fin qui, piuttosto con qualcosa che somiglia ad un inganno, che non ad una mia conoscenza. Dato, però, che il Signore stesso ha raccomandato ai Suoi apostoli di usare l'astuzia, io sono giustificato dinanzi a voi, e la riuscita del mio modo di guidarvi, vi dimostra, ora, che io vi ho guidato giustamente e fedelmente; secondo la dottrina della nostra Chiesa, l’«Unica Beatificante»”. E il sacerdote così continua: “Rimettiamoci, perciò, nell'ordine iniziale, e procediamo verso la meta!”.

             19.   E ora vedete, il corteo, rinvigorito, incomincia a muoversi sul vasto altopiano, e, come potete osservare, con velocità sempre crescente. Le nuvole celesti ci sono sempre più vicine, anzi, come vedete, noi vi siamo già proprio al di sotto. Ed ecco, qui si scorge un alto muro, dove c'è una porta d'oro che serve d'ingresso; soltanto che questa, ora, è chiusa. Il sacerdote vi si avvicina e dice: “Miei cari figlioli, noi abbiamo pregato, e ci è stato dato; abbiamo cercato, ed abbiamo trovato. Ora siamo giunti al momento di picchiare, perciò, è il Crocifisso che deve, anzitutto, picchiare al Crocifisso, e per tre volte, in Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo; e la porta, certamente, verrà aperta”.

             20.   E ora, guardate, tutto avviene secondo le parole del sacerdote, poiché, effettivamente, al terzo colpo, la porta si apre, e, come potete vedere, appaiono Pietro e l'Arcangelo Michele, i quali esaminano la nostra compagnia, e poi la lasciano entrare, tutta insieme, in Cielo. Soltanto, sono stati omessi, qui, certi attributi di Pietro e dell'Arcangelo Michele, affinché potesse venir spenta, per lo meno, la prima scintilla, a dir vero, molto materiale, di coloro che stavano entrando in Cielo.

             21.   Voi vorreste sapere, se si tratta veramente di Pietro e dell'Arcangelo Michele. Ebbene, vi dico che tutto ciò è soltanto apparenza, che viene eseguita, nel Nome del Signore, dagli spiriti angelici. Nello stesso modo è pure formato tutto il Cielo; e così deve anche essere, dato che, altrimenti, non sarebbe possibile aiutare questi spiriti che si sono basati su qualcosa di erroneo e falso.

             22.   Però, ognuno trova anche il mondo spirituale e il Cielo, così come egli, nella sua fede, se l'è creato “fondamentalmente” nello spirito; ad eccezione del solo Purgatorio, che il Signore non permette, perché, per mezzo di questo, potrebbe derivare il più grande danno per gli spiriti se essi, in una tale condizione, anziché al Signore si rivolgessero ancora più energicamente ai santi, ricorrendo anche all'ausilio delle messe mondane, tutte cose queste che con il tempo ucciderebbero completamente lo spirito. Infatti, lo spirito, a questo riguardo, rinunzierebbe completamente alla propria attività e, per la sua beatitudine, farebbe ricorso esclusivamente alla Misericordia diretta o mediata di Dio; ciò che, con altre parole, significa commettere su se stesso un assassinio spirituale!

             23.   A questo punto, voi chiedete: “E come mai?”. Questo è facilmente comprensibile, poiché la vita dello spirito consiste soltanto e unicamente nel suo Amore e dall'attività che da questo deriva.

             24.   Che cosa succede di colui che, nel mondo, ha rinunciato ad ogni attività? Egli alla fine perde ogni forza ed energia e diventa tanto debole da ridursi in una completa miseria, e come l'esperienza del mondo insegna, nel maggior numero dei casi, porta al suicidio. Perciò, nel mondo spirituale ugualmente sarebbe un suicidio spirituale, perché tali sofferenti, non vedendosi aiutati e liberati con l'invocazione dei santi, perderebbero completamente la fede e si abbandonerebbero totalmente alla disperazione, ciò che appunto è una vera e propria morte dello spirito.

             25.   Perché? Perché la disperazione nello spirito significa un completo e violento distacco dal Signore. Per questa ragione, un tale stato di cose non è permesso nemmeno nell'Inferno. Quando là, il male si fa troppo attivo, il Signore fa anche in modo che la cattiveria venga sanzionata, e ciò, certamente, nel modo più sensibile; però, quando, in seguito a ciò, il male cessa, allora, anche la sanzione viene tolta.

             26.   Dunque, per quello che riguarda questo Cielo (cattolico), esso non è affatto d'ostacolo alla vita dello spirito e può essere considerato, qui, quale una buona scuola vivente, nella quale gli spiriti cominciano a riconoscere il vero Cielo. In quale modo, però, ciò avvenga in questo nostro Cielo (cattolico), lo scorgeremo la prossima volta, in spirito, il più profondamente possibile, e con ciò, per oggi, chiudiamo.

 

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Cap. 49

* * * * *

Alla tavola di Abramo nella contemplazione della santa Trinità

 

               1.   Dato che la nostra compagnia è stata fatta entrare, approfittiamo noi pure di oltrepassare questa soglia. A questo scopo Pietro e Michele hanno lasciato la porta aperta, poiché essi sanno benissimo ciò che noi abbiamo da fare qui.

               2.   Voi conoscete le varie immagini ed idee del Cielo, che sono specialmente presso la Chiesa cattolica. Se voi non ne doveste essere pienamente a conoscenza, qui, ne verrete, effettivamente, molto ben informati. Guardate dinanzi a voi, poiché camminate dietro alla nostra numerosa compagnia, noi stiamo per assistere alla prima scena.

               3.   Cosa vedete non lontano da voi? Voi dite: “Noi scorgiamo un sontuoso e splendido palazzo, e, sopra di questo, si può leggere una scritta formata da chiare nuvolette raggruppate; e, se noi vediamo bene, in esse noi leggiamo: «Dimora di Abramo»”.

               4.   Bene dico io, che cosa vedete ancora? Voi dite: “Noi scorgiamo, intorno a tale grande edificio, un giardino straordinariamente ampio, che sembra avere inizio già a pochi passi davanti a noi”. Che cosa vedete ancora? Voi dite:

               5.   “E' veramente meraviglioso, noi vediamo un tavolo tanto lungo che sembra non avere una fine; é ben fornito di cibi squisiti, e poi, un gran numero di ospiti ha già preso posto ad ambedue i lati, e si servono molto alacremente. Vediamo anche innumerevoli esseri indaffarati, che servono tali ospiti, zelantemente. Infine scorgiamo che alcuni ospiti stanno animatamente discorrendo con questi spiriti addetti al servizio”.

               6.   Ed io vi dico che voi vedete giustamente, perciò entriamo anche noi nel giardino, senza indugio, seguendo la nostra compagnia che si sta già avviando lungo il tavolo, così da poter fare le nostre considerazioni.

               7.   Vedete, Pietro e Michele indicano i posti ai componenti della nostra compagnia, dicendo loro: “Sedete, dunque, nel Regno dei Cieli, alla mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe, e gustate, in soprannaturale pienezza, i frutti delle vostre opere terrene, che voi avete compiuto sempre indefessamente, per Amore del Cielo, ed in Amore a Dio”. Guardate ora come la nostra compagnia si siede al tavolo, con facce esprimenti gratitudine ed alta beatitudine, servendosi subito ed alacremente di cibi e bevande. Lasciamo che questa si sazi indisturbata e di lieto animo, e noi passiamo avanti.

               8.   Guardate laggiù, dove si scorge a malapena la fine di questa tavola; siedono, circondati da grande gloria, Abramo, Isacco e Giacobbe, e qui, dinanzi a voi, c’è un ospite che discorre con uno dei servitori celesti. Di che cosa possono parlare? Avviciniamoci ancora un poco, e così potremo subito conoscere il tenore del discorso.

               9.   Ascoltate, proprio ora, un ospite sazio fino alla nausea, il quale, secondo il computo del vostro tempo, già da quattro settimane si trova a tavola, mangiando in continuazione, chiede al servitore: “Caro amico, quanto tempo ancora, durerà questo splendido banchetto?”. E il servitore a sua volta, chiede all'ospite: “Amato amico del cuor mio, perché me lo chiedi?”. L'ospite, alquanto imbarazzato, risponde: “Caro amico, non ti farei questa domanda se io fossi ancora sulla Terra, poiché anch'io sarei dell'opinione, che, con una tale domanda, commetterei un peccato. Però, dato che io, ora, sono in Cielo, dove nessuno può più peccare, così mi permetto di farti questa domanda.

             10.   La vera ragione della mia domanda, però, è questa: «Vedi - ed a Dio sia eternamente ogni lode ed onore - il trovarsi qui è in verità indescrivibilmente splendido, ed i cibi e le bevande sono indubbiamente e celestialmente buoni. Ciò nulla meno, io ti devo confessare che questa costante monotonia incomincia a stancarmi»; ecco perché t’ho chiesto quanto a lungo si debba ancora restare a tavola”.

             11.   E il servitore dice: “Oh caro amico, non hai dunque udito mai, sulla Terra, che le gioie celesti sono di durata eterna? Come puoi tu, dunque, chiedermi quanto a lungo durerà questo banchetto? Vedi, esso dura per l'eternità!”.

             12.   E vedete, a queste parole, l'ospite si spaventa, e chiede al servitore: “Questo lo comprendo; però, sulla Terra, io ho anche udito parlare di un’eterna contemplazione di Dio. Io vedo bensì, laggiù, Abramo, Isacco e Giacobbe; però, di Dio Padre, di Dio Figlio e di Dio Spirito Santo, non scorgo nessuna traccia in nessun luogo”.

             13.   E il servitore risponde: “Ma mio caro amico, supponi che la divinità Trina debba sedere sul tuo naso? Guarda laggiù, al di sopra dei tre patriarchi, e scorgerai, ben presto, Iddio nella Sua Trinità, nella Luce inaccessibile. Poiché tu avrai molto spesso udito parlare sulla Terra, che Iddio dimora bensì nel Cielo, e tutti i beati possono scorgerLo faccia a faccia, cioè dalla faccia del Padre fino a quella dello Spirito Santo. Però, di per Se stessa, la divina Trinità dimora nella Luce inaccessibile! Dunque, caro amico, vuoi tu dunque un Cielo ancora più perfetto?”.

             14.   E il nostro ospite dice: “Oh caro amico, neanche per idea, io sono completamente contento, ma se almeno potessi, al par di te, fare un po' il servitore, soltanto per potermi muovere un poco, oppure se fosse permesso di andare a fare un giretto, di tanto in tanto, in questo grande giardino, tanto bello, che, allora, questa celeste beatitudine, verrebbe considerevolmente aumentata!”.

             15.   Il servitore dice: “Caro fratello, che devo udire dalla tua bocca? Il tuo desiderio suona come un malcontento di ciò che Iddio ti ha assegnato nel Cielo. Tu parli di far moto e di passeggiare in questo giardino; non hai sempre pregato tu stesso: «Signore dà loro l'eterno riposo e l'eterna pace?». Non hai tu, qui, un riposo ed una pace eterna? Quale moto pretendi tu, di fare qui?”.

             16.   L'ospite è molto imbarazzato, e alla fine, così dice al servitore: “Caro amico, io riconosco che tutto ciò è giusto, e che qui, il Regno dei Cieli, in verità, si esprime proprio letteralmente; ed io vedo pure che, in seguito alla Verità detta per l'eternità, non può essere altrimenti. Se, d'altra parte, rifletto, che dovrò star seduto in questo posto, eternamente, in verità, mi sento gelare, ed inoltre ti devo confessare apertamente, che, di fronte ad una tale prospettiva di beatitudine e gioia celesti, io, quale misero campagnolo sulla Terra, ero molto più felice là, che non qui, con questa eterna vista del Cielo! Dal momento però, che in Cielo ci sono già, io ne faccio offerta a Dio. Soltanto una cosa è buona qui, che non si può peccare”.

             17.   Il servitore dice: “Comunque, io vedo che tu, con il Cielo, sei insoddisfatto; che cosa devo, allora, fare con te? Per te non può venir scompigliato l'ordine suo celeste!”.

             18.   E l'ospite dice: “Caro amico, io ho udito una volta sulla Terra, ed ho visto delle immagini dipinte, in cui i beati stavano in ginocchio sulle nuvole, da dove, immobili, contemplavano Iddio. Però, qui, c'è soltanto un giardino, dove sono dunque le nuvole?”. Il servitore risponde: “Mio caro amico, osserva il terreno un po' più attentamente, e ti sincererai ben presto, quanto leggera sia la base su cui ci troviamo; pensi forse che si tratti di un suolo terrestre? Guarda un po' qui; io smuoverò un poco il terreno con la mano, e ti convincerai immediatamente, che noi tutti ci troviamo sulle «nuvole celesti»”.

             19.   Guardate: il servitore spinge da parte un po' d'erba, e il nostro ospite scorge, con non poca sorpresa, che la base, effettivamente, altro non è, se non una leggera nuvola; e, dopo questa constatazione, si rivolge subito al servitore, e fa la seguente domanda: “Mio caro amico, se il suolo è tanto inconsistente, non sarebbe possibile che qualcuno, in seguito ad un movimento impulsivo ed inconsiderato, potesse cadere fuori della nuvola? E, in un simile caso, dove andrebbero a finire? Non si trova forse il Purgatorio, qui sotto di noi?”.

             20.   Il servitore dice: “Caro amico, di ciò non devi avere alcun timore, poiché, ora, tu sei uno spirito molto leggero, e questo suolo è, per te, altrettanto solido, quanto a suo tempo era il suolo terrestre, per il tuo sostegno”.

             21.   E l'ospite continua: “Caro amico, permettimi ancora una domanda: «Questo suolo è così solido, soltanto qui, in vicinanza di questo tavolo, oppure ha la stessa resistenza dappertutto?»”. E il servitore chiede: “Caro amico, perché domandi cose che non ti riguardano? Qui, dove tu godi della tua beatitudine, vedi bene che il suolo è sufficientemente solido per tutta l'eternità. Per quanto riguarda il vasto giardino, comunque, tu non hai d'andarci; perciò, che t'importa della solidità del suo suolo? Dal momento, però, che m’hai fatto questa domanda, io voglio risponderti che il suolo del giardino ha, dappertutto, la stessa saldezza; altrimenti, non reggerebbe neppure noi che dobbiamo raccogliere e portare qui, ininterrottamente, frutti in abbondanza, per quest’eterna mensa”.

             22.   L'ospite si dichiara finalmente soddisfatto, e il servitore sta per allontanarsi; ma all'ospite viene una nuova idea, e prega il servitore d’essere così buono d’ascoltarlo, e dice: “Caro amico, dal momento che abbiamo già discusso su parecchi argomenti, vorrei chiederti ancora una cosa, però, confidenzialmente fra noi, e precisamente: «Che cosa potrebbe succedere qui, a qualcuno che, stanco dal non far niente, tuttavia, si alzasse, e volesse fare un po' di moto su questi magnifici prati?»”.

             23.   Il servitore risponde: “A te non succederebbe proprio nulla, però, tu sai che Iddio non vedrebbe volentieri che uno spirito beato fosse malcontento delle Sue disposizioni. Perciò, quello che da questo punto di vista ti potrebbe accadere, io proprio non saprei spiegartelo. Una cosa tuttavia è certa, cioè che il tuo posto libero verrebbe immediatamente occupato da qualcun altro; perciò, poi, tu dovresti sedere più lontano. Del resto, però, a quanto vedo, durante tutto il nostro lungo colloquio, non hai rivolto neppure una volta lo sguardo alla Trinità, nonostante sia scritto di tenere lo sguardo immobile su Dio!”.

             24.   L'ospite dice: “Caro amico, questo è tutto giusto e vero, però, vedi, tutto l'essere mio anela fortemente ad una maggiore libertà e, se possibile, anche a qualche attività. Poi, in Nome di Dio, io devo dirti che, come stanno le cose ora, io non resisto più neppure un attimo, figurati per l'eternità!”.

             25.   Vedete, il nostro ospite si alza e corre via a tutta velocità; e, nel suo esempio, trova degli imitatori. I servitori li rincorrono, e quando li avranno raggiunti, li raggiungeremo anche noi, per fare delle ulteriori considerazioni, e vedere quale sarà la piega che prenderà questa storia; e, con ciò, per oggi basta.

 

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Cap. 50

* * * * *

Insostenibilità di questa idea materiale del Cielo

 

               1.   Ed ecco, abbiamo già raggiunto i servitori; guardate un po' più avanti; i fuggitivi sono giunti ai confini del grande giardino. Esso è circondato da un muro trasparente, il quale, come voi potete sincerarvi dal punto di vista dell'apparenza, costituisce un bell’ornamento per il giardino; ma si scorge pure, attraverso a questo, al di fuori, uno spaventoso abisso. I nostri ospiti, dopo la loro fuga, potrebbero fare un altro tentativo, cioè di scavalcare il muro, dato che non è molto alto, però, questo inconveniente, a noi già noto, impedisce loro di tentare l'impresa. Infatti, noi vediamo, ora, l'intero gruppo, fermo davanti al muro, completamente sconcertato, e nessuno sa che decisione prendere. Però, proprio in questo momento, parecchi servitori si avvicinano loro, ed il capo così li interpella: “Cosa mai avete fatto?”. Essi rispondono: “Perdonateci, cari amici, non abbiamo fatto altro se non quello che sentivamo in noi, quale una vera e propria necessità di vita, e, proprio in seguito a questo nostro intimo bisogno, di evadere da questo Cielo poco convincente”.

               2.   Il capo dei servitori dice: “Io vedo bene che lo stare seduti a lungo, e il continuo mangiare, come pure la monotona contemplazione della vostra divina Trinità, devono aver cominciato con l'annoiarvi; ma se voi riandate, con il pensiero, alla vostra terrena esistenza, in verità, dovete riconoscere che, fino alla vostra ultima ora, non avete pregato che per «l'eterno riposo» e per «una luce eternamente splendente», ed anche di venir «saziati alla mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe, nel Regno dei Cieli». E là, di vedere Dio, faccia a faccia, il Quale dimora nella Sua Luce, eternamente inaccessibile. Se per voi, ora, tutto ciò si è realizzato fedelmente, come mai potete trovarLo poco convincente ed ingiusto?”.

               3.   L'ospite interlocutore ribatte: “Caro amico! Io voglio parlare in nome di tutta la compagnia, ti prego, perciò, di volermi pazientemente ascoltare! Noi, sulla Terra, credevamo fermamente e senza il minimo dubbio, a quello che la nostra chiesa ci esponeva, e, così facendo, pensavamo: «Se noi viviamo lealmente e rigidamente secondo l'insegnamento di questa, attivi nella fede, resa vivente dall'Amore, non vi può essere errore in noi; poiché ci è stato predicato che questa Chiesa non può ingannarci, né sbagliare, dato che è in pieno possesso dello Spirito Santo». E vedi, ora, abbiamo anche raggiunto, esattamente, ciò che la Chiesa ci ha insegnato e ciò che noi abbiamo anche creduto fermamente.

               4.   Soltanto che, disgraziatamente, con il raggiungimento di tutto quello in cui avevamo creduto, si è accesa una luce molto differente; e, in seguito a ciò, ci è venuto il sospetto che questo non possa essere il vero Cielo, ma che, in qualche luogo, dovrebbe trovarsi quello veramente vero, mentre questo è soltanto una vera e propria prigionia. A che cosa serve una mensa eternamente ben fornita; a che cosa l'eterna contemplazione delle tre divine Persone, se tutto ciò non è soggetto ad alcun piacevole cambiamento? E poi, permettimi, caro amico, l'eterno star seduti! Soltanto con il pensare ad una cosa simile, con il tempo, può spingere alla disperazione qualunque spirito, per quanto timido e sottomesso possa essere!

               5.   Certamente, noi dobbiamo ammettere che lo star seduti a lungo, non procura, qui, nessun dolore, come è il caso, invece, sulla Terra. Non è neppure spiacevole trovarsi continuamente in bella e pia compagnia; anche l'occhio viene sempre, gradevolmente emozionato dalla vista divina della divina Trinità. I cibi e le bevande sono tanto squisiti, che non stancano né il palato né lo stomaco; oltre a ciò, di tanto in tanto, si odono dei canti soavi, che partono dalla grande compagnia che occupa la tavola, e che sfiorano l'orecchio, rallegrandolo.

               6.   Vedi, tutto ciò sarebbe in perfetto ordine; ma, in aggiunta, c'è di mezzo la spaventosa eternità; così che, se anche tu possiedi un vivo e vero sentimento umano, devi sentirti inorridire, dato che la vita è una forza libera e movimentata. Questa forza la sentiamo in noi e, malgrado questa vivente percezione, dovremmo stare relegati a questa tavola, per l'eternità? Non sarebbe ciò, una palese contraddizione con il concetto della vera vita?

               7.   Infine, io devo ancora aggiungere un’esperienza da me fatta, sulla Terra, e credo che tu potrai rilevare facilmente, da tale paragone, quanto sia innaturale questo Cielo, con riguardo all'umano modo di sentire. Quando io, sulla Terra, ero ancora un uomo pieno di vita, sui trent'anni, e scapolo, una volta m'incontrai, casualmente, con una ragazza. Essa mi sembrò di una bellezza talmente celestiale, che io nel mio cuore dissi: «Mio Dio e mio Signore, se tu farai in modo che questa ragazza diventi mia moglie, allora io sarei più felice che se Tu mi aprissi subito le porte del Cielo!». Ed io stesso, nel mio cuore, avevo pure giurato, dicendo: «Questo angelo celeste deve diventare mia moglie!». Dopo questo giuramento, io ricorsi a tutti i mezzi possibili perché ciò si avverasse. Questo mi costò molta fatica e impegno; ma, quanto più dovevo combattere per far mio questo angelo terrestre, tanto più beato io mi raffiguravo il suo possesso, nel mio intimo sentire. Anzi, la mia sentimentale fantasia andava tanto oltre, che, seriamente, mi immaginavo se quell'angelo femminile stesse eternamente dinanzi a me, e che io potessi soltanto contemplarlo continuamente dalla testa ai piedi, non me ne sarei saziato per tutta l'eternità!

               8.   E vedi, dopo una lotta durata due anni, quella donna-angelo divenne, realmente, mia moglie. In verità, nel primo tempo, non potevo nemmeno ragionevolmente credere, che io fossi sul serio, quell'uomo felice, che poteva dire, con pieno diritto, a quell'angelo: «Mia cara moglie!». Infatti, io ero troppo felice; ma, vedi, dopo circa due anni, quest'angelo diventò, per me, qualcosa di talmente abituale, che, non di rado, mi costava considerevole sacrificio, restare in casa presso di lei, se non altro per buona creanza e per punto d'onore. Da principio ero, nel mio intimo, tanto geloso, che sarei montato in collera perfino se un vero angelo del Cielo avesse osato avvicinarsi al mio supercelestiale ideale. Dopo due anni invece - a te lo devo dire sinceramente a mia propria vergogna - ero molto lieto quando, talvolta, il mio ideale del cielo riceveva qualche visita, poiché, con ciò, guadagnavo un po' di tempo per andare a passeggiare all'aperto, nella divina e libera natura.

               9.   E vedi, già allora pensavo fra me: «Mio Dio e Mio Signore, se, a suo tempo, dovesse accadere qualcosa di simile anche con il Cielo, ciò non corrisponderebbe affatto alla necessità dell'uomo». Tuttavia, pensavo quale risposta: «Se anche il Cielo dovesse essere un’eterna monotonia; Iddio modulerà il sentire dello spirito immortale, così che tale monotonia offrirà, tuttavia, nello spirito stesso, un’eterna inesprimibile delizia». E ora, io ho assaggiato anche il vero Cielo, e, devo dirti che non mi va affatto meglio; anzi, considerevolmente più male di come mi sia andata con il mio cielo terreno. Se il Signore non toglie da me questo fatale senso di noia, a causa della prolungata vista della stessa uniformità, mi sarebbe molto più gradito se mi facesse ritornare sulla Terra, magari come un eterno taglialegna, poiché, caro amico, sia detto una volta ancora, il senso che desta l'eterna durata di tutto quello che qui si gode, o, veramente si vede, senza il minimo mutamento, è qualcosa di spaventoso!

             10.   Ora, giudica tu, sulla base di questo discorso resosi necessario, e fa con noi quello che tu vuoi. Però, alla mensa, io non mi lascio più ricondurre, qualunque cosa tu faccia; piuttosto, svolazzerò eternamente, in questo giardino e, quando avrò fame, coglierò io stesso, dagli alberi, di che saziarmi; ma, come detto, alla mensa non voglio più tornarvi!

             11.   Io devo anche dirti che i ricordi della vita attiva sulla Terra, mi procurano, qui, ancora un piacere molto maggiore, che non tutta la tavola celeste, ad eccezione, ben s'intende, della contemplazione della divina Trinità, sul che, veramente, ci sarebbe di certo, qualcosa da dire. Però, si tratta di cosa troppo sacra, e noi non siamo degni di esprimerci maggiormente al riguardo; perciò, giudica soltanto quanto ti ho detto finora, ed agisci in conformità!”.

 

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Cap. 51

* * * * *

La vera Trinità. Il peccato contro lo Spirito Santo

 

               1.   Il capo dei servitori dice: “Mio caro amico, io comprendo benissimo quello che tu intendi dirmi; soltanto io non afferro perché tu, durante la tua vita fisica, non ti sia fatto del Cielo, una diversa raffigurazione, e tuttavia leggevi, non di rado, l'epistola di S. Paolo. Dimmi un po', che cosa pensavi, quando leggevi: «Come l'albero cade, così egli giace!»? Ora ti stringi nelle spalle, e non sai che cosa potresti rispondere. Io però ti dico che l'albero indica propria la tua fede, e, con altre parole, non dice altro, se non che: «Come tu credi, così ti succederà!». Infatti, come è la fede, così è anche riconoscimento; come è il riconoscimento, così è anche l'incitamento all'attività che dal riconoscimento deriva. E come è l'incitamento all'attività, così è anche l'Amore, il quale, però, è la Vita vera e propria dello Spirito.

               2.   Vedi, voi tutti avete creduto in un Cielo, così come ora si presenta a voi, ed operaste rettamente, sulla base di tale credenza, per raggiungere questo Cielo, e come l'albero, dopo il compimento della vita terrena, è caduto nella vita spirituale, così anche esso giace. Io non posso assolutamente darvi un altro Cielo, diverso da quello che vi siete dati da voi stessi, poiché nelle Scritture è detto: «Il Regno di Dio non si presenta con sfarzo esteriore, bensì esso è dentro di voi!». Dunque, anche questo Cielo, così come si presenta, è un prodotto della vostra fede, che ha la base nel vostro intimo. Che volete farci ora? Potreste voi espellere, dal vostro interno, la vostra fede?

               3.   Potete voi, forse, diventare perfino luterani, oppure dei puri Evangelici? L'ospite risponde: “Caro amico! Da ciò ci preservi la Santa Trinità, dato che un simile passo potrebbe portarci perfino all'Inferno!”.

               4.   E il capo servitore dice: “Certo, certo, ma ora che decisione avete preso, date le circostanze, non vi resta altro che mantenervi nel più completo riposo per tutta l'eternità dei tempi!”.

               5.   E l'ospite dice: “Caro amico, come sarebbe, se noi ritornassimo nel luogo dove siamo giunti subito dopo la nostra morte terrena? A me sarebbe molto più gradito, e sarei pronto a fare quello che mi venisse comandato. Per farla breve, per un frugale vitto, io sarei disposto ad eseguire qualsiasi genere di lavoro a vantaggio altrui, e ciò sarebbe, per me, così come io sento, infinitamente più piacevole, che lo stare seduto qui, per l'eternità”.

               6.   E il servitore dice: “Già, già, mio caro amico, questo lo comprendo altrettanto bene quanto tu; soltanto che non riesco a spiegarmi, come del resto ti ho già accennato prima, perché tu, sulla Terra, non sia giunto ad una migliore raffigurazione del Cielo; e questo tanto più che tu, non di rado, ti annoiavi terribilmente, assistendo ad una messa tirata troppo in lungo ed attendevi ansiosamente l'«Ita missa est»”.

               7.   L'ospite dice: “Oh caro amico, ti confesso che l'hai azzeccata giusta! Infatti, molto spesso mi è andata così, e, tale errore, io l'ho sempre anche confessato, ma non me ne potevo liberare. Il sacerdote mi ha spiegato che si trattava dell'opera maligna del demonio; ed io mi sforzavo con grande abnegazione di immaginarmi il sacrificio della messa come la cosa il più piacevole possibile, ma purtroppo ogni fatica era vana. Io recitavo bensì, tutte le mie preghiere, da un buon messale, e, durante la messa, procuravo di concentrarmi in meditazione il più possibile; ma non ho potuto mai spingere le cose al punto da provare rincrescimento quando la messa era giunta alla fine; anzi, segretamente, io ero sempre lieto quando era arrivato il momento di uscire dalla Chiesa. Nelle giornate estive, quando non faceva troppo caldo e qualche buon coro accompagnava la messa, poteva anche andare, ma durante l'inverno, caro amico, te lo assicuro sinceramente, io consideravo tale funzione come una specie di Purgatorio, per espiare i peccati; ma in nessun caso, quale un gradino del Cielo. Però, che io mi raffigurassi, allora sulla Terra, una simile monotonia come sopportabile - e lo stesso dicasi per la monotonia del Cielo, nel quale credevo come ci veniva insegnato - doveva avere la sua ragione per il fatto che io vivevo nel mondo, e che questo mi offriva ogni tipo di fatti ed eventi, in modo tale che il mio stato veniva continuamente mutato.

               8.   Però, qui, dove ogni mutamento è cessato di colpo, dove la notte non c'è e non c'è neppure nulla da fare in un eterno oziare, con una vista costantemente la stessa; si viene a perdere il gusto di assaporare la vita. Dunque, ti prego, parla tu con Abramo, Isacco e Giacobbe, affinché essi ci diano qualcosa da fare; oppure, come già accennato prima, ci permettano di andare giù, nella zona inferiore, dove, forse troveremo qualcosa di cui occuparci; poiché qui, a queste condizioni, noi non possiamo resistere”.

               9.   Il servitore capo dice: “Ma cosa mai pretendi tu? Che vuoi fare tu, qui? E che cosa, laggiù? Voi non avete detto e creduto già sulla Terra: «Il Signore Iddio Zebaot è un Dio Onnipotente e non abbisogna dei servizi degli uomini?». Soltanto sulla Terra Egli permette di lavorare, affinché possano conquistarsi il Cielo. Poiché, nel Suo Regno, ha poi fine ogni lavoro. Vedi, anche in questo voi credevate; dunque, che cosa vuoi fare tu qui, accanto all'Onnipotenza divina?”.

             10.   L'ospite dice: “Oh caro amico, credimi! Ora riconosco il mio grande errore, e ti confesso apertamente, che noi tutti, qui, ci troviamo letteralmente in un Cielo di punizione; poiché , in seguito a questa tua domanda, le mie idee si sono schiarite. Infatti, se il Signore sulla Terra, per pura Misericordia, ci ha permesso di lavorare affinché potessimo guadagnarci il Paradiso, io non vedo proprio il perché la Sua Misericordia e il Suo Infinito Amore dovrebbero cessare proprio qui in Cielo?

             11.   Caro amico, io scorgo, invece, che tu hai qualcosa d'altro nella mente; perciò, noi ti preghiamo urgentemente di non tenerci più a lungo in sospeso e comunicarci qual è la giusta e vera Volontà del Signore! Noi vogliamo fare tutto e prestarci in ogni cosa; soltanto, non portarci più a quella tavola lunga e noiosissima, nel vero senso della parola; preferirei cessare di esistere, anziché essere simile ad un polipo vorace, alla superficie di questo mare di luce!”

             12.   Il capo dei servitori dice: “Caro amico e fratello! Vedi, ora soltanto tu sei maturo; ed io posso annunciare a te, ed a voi tutti, la Verità; perciò, ascoltate:

             13.   «Questo Cielo che qui vedete, non è altro che un'apparenza creata dalla vostra fede erronea; e la Trinità che voi contemplate, rappresenta il punto culminante del vostro errore».

             14.   Come avete potuto pensare che tre Dei, alla fine possano tuttavia essere un Dio? E che ognuno di questi tre Dei esegua qualcosa di diverso, e, tuttavia, debbano essere tutti e tre perfettamente un Essere unico ed un'unica natura? Inoltre, come avete potuto immaginarvi un Dio ozioso, dal momento che Egli è stato, fin dall'eternità, l'Essere più attivo? Vedete, questa è la ragione per cui vi siete immaginati anche una vita eterna da trascorrere nell'ozio, senza riflettere che la Vita è la Forza operante che Iddio ha alitato in tutte le sue creature dalla Sua forma eterna.

             15.   Non ha detto il Signore sulla Terra che Egli e il Padre sono Uno? Non ha Egli detto: «Chi vede Me, vede anche il Padre?». Non ha Egli detto pure: «Credete che Io sono nel Padre, e il Padre è in Me?». Vedete, tutto ciò avrebbe potuto, molto facilmente, attirare il vostro pensiero sul fatto che il Signore è soltanto Uno; e, per conseguenza, anche una sola Persona; dunque, mai un Dio triplice, come voi ve lo siete rappresentato.

             16.   Voi, a questo punto, certamente mi direte: «Caro amico, tu sai come la nostra fede era vincolata; ed a noi era impossibile riconoscere qualcosa di diverso da quello che 'la Chiesa' - sotto minaccia di eterni castighi nell'Inferno, e, all'incontro, di vaghi accenni di beatitudini celesti - ci ha insegnato», aggiungendo oltre a ciò: «Nessun occhio ha mai visto, e nessun orecchio udito, e nessuna mente immaginato, quello che Iddio ha preparato per coloro che Lo Amano!».

             17.   Oh, amici e fratelli! Questo io lo so benissimo, e so anche, perciò, che voi siete stati ingannati e portati su una falsa via; ed è per questo che è anche giunto, ora, per voi, il momento della liberazione, nel quale, appena, voi potrete riconoscere il Vero Dio e il Vero Cielo.

             18.   Voi avete letto, nella Parola del Signore, sotto quali forme Egli ha presentato il Regno dei Cieli; così che, qualunque sia la forma in cui a voi piaccia contemplarlo, deve saltarvi agli occhi che in nessun caso il Signore ha annunciato un Regno dei Cieli ozioso, bensì, al di fuori della forma, soltanto straordinariamente attivo.

             19.   Rivolgetevi quindi, anche ora, all'Unico Signore Gesù Cristo, poiché Egli è l'Unico Dio e Signore del Cielo e della Terra. Però, rivolgetevi con il vostro interiore, con l'Amore nel cuore per Lui, ché, allora troverete immediatamente in Lui, e da Lui in voi, la vera destinazione dell'eterna Vita, scorgendola, poi, chiaramente in voi.

             20.   Questa erronea Trinità, però, deve tramontare in voi, completamente, affinché possiate riconoscere la vera Trinità, la quale è l'Amore, la Sapienza e l’eterna Potenza operante, nell'Unico Signore Gesù!

             21.   Non dovete pensare che, al Battesimo del Cristo, si sia manifestata una triplice personalità divina; poiché tutto ciò non era che un'apparizione, permessa dal Signore, affinché l'umanità potesse riconoscere nell'Unico Signore, la piena Onnipotenza, e la piena Divinità. Infatti allora “la Sapienza di Dio”, quale la sua eterna Parola, provenendo dall'eterna Vita, si è incarnata e si chiamò “Figlio di Dio”, ciò che ha lo stesso significato, come se si dicesse che la Sapienza è il Frutto dell'Amore e proviene da Esso, come la luce dal calore; e la figura visibile dello Spirito di Dio, sul Figlio, indicò semplicemente, quale un’apparizione, che anche l'eterna ed infinita forza di Dio, proviene dall'Amore al pari della Sapienza, pur operando attraverso l'Amore; così come il calore del Sole, con il diffondersi della luce, ne rende manifesti gli effetti.

             22.   Se voi, ora, comprendete tutto ciò, vi riuscirà di comprendere facilmente, pure, il perché, nel Signore, dovevano essere presenti il Suo infinito Amore, emanante l'eterna luce della Sapienza, e, con la somma dei Due, la totale ed infinita divina Potenza operante.

             23.   Infatti, così dice anche Giovanni: «In Cristo dimora la pienezza della Divinità»; e dice anche: «In principio era Dio, e Dio era la Parola, e la Parola era presso Dio; e la Parola si è fatta Carne, ed ha avuto dimora fra noi». Voi, a dire il vero, dite che sta pure scritto: «In principio era la Parola, Iddio era la Parola, poiché la Parola era presso Dio, e Dio era nella Parola». Vedete, questo non modifica nulla, poiché Dio e Parola sono l'unica e la stessa cosa, come Figlio e Padre. O se voi dite: «Parola e Dio, che è pure Uno come Padre e Figlio; oppure Dio e la Parola o Amore e la Sapienza sono dall'eternità, perfettamente Uno». Per conseguenza, voi potete girare e voltare il testo di Giovanni, a vostro piacere, che la sua testimonianza ha sempre l'uno e stesso significato; cioè, che il Signore è Uno, tanto come Padre, quanto come Figlio, che come Spirito.

             24.   Voi chiedete come si debba comprendere, allora, quel testo della Scrittura, in cui è detto che «i peccati contro il Padre e contro il Figlio si possono rimettere, mentre i peccati contro lo Spirito Santo, no». Questo è, tuttavia, facilmente comprensibile, poiché, chi combatte contro l'Amore divino, allora, questo l'afferra e lo porta alla ragione. Chi lotta contro la divina Sapienza, Questa gli riserva lo stesso trattamento; ma, ditemi voi: «Se ci fosse un pazzo che volesse, sul serio, rivoltarsi contro l'infinita Potenza e Forza divina, quale ne potrebbe essere la sorte se non quella di venir afferrato e scaraventato negli abissi infiniti, da cui egli poi percorrerà una via del ritorno disperatamente lunga per riavvicinarsi possibilmente all'Amore e alla Misericordia di Dio?».

             25.   E vedi, tutto ciò viene sempre fatto dall'Uno e stesso Signore, e si manifesta in ogni uomo come l'uomo stesso vuole. A colui che vuole misurarsi con la Sua Forza, il Signore farà anche assaggiare quale sia il sapore della Sua Onnipotenza, rispetto all'impotenza di una tale creatura. Però, non pensare che il Signore condanni ed annienti un tale stolto combattente, poiché tutto ciò che il Signore fa, è per il Suo Infinito Amore, affinché nessuno vada perduto. Ora, ponderate su tutto ciò, nel vostro intimo, dopo di che io ritornerò e vi guiderò nel luogo che voi avrete trovato e riconosciuto in voi!”.

 

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Cap. 52

* * * * *

La vera povertà di spirito. Pericolo del cieco scetticismo

 

               1.   Ora, guardate voi pure! I servitori si allontanano; i rimasti incominciano a consultarsi, così che viene da chiedersi se raggiungeranno un accordo, dal punto di vista spirituale. Di che cosa discutono ora? Soltanto un po' di pazienza e lo apprenderemo subito. Colui che si è principalmente intrattenuto con il capo dei servitori, e che, sulla Terra, è stato un campagnolo, si farà presto avanti, e comunicherà a tutta la compagnia la sua proposta. Voi vorreste già conoscerla. Io però vi dico: “Tali cose non possono accadere così, improvvisamente, nello spirito. L'acquisire consapevolezza da parte di uno spirito nel suo stato più perfetto e più puro è certo incredibilmente veloce per i vostri concetti, ma l'acquisire consapevolezza da parte di uno spirito più imperfetto è, in compenso, tanto più faticoso e lento. Voi chiedete: “E perché dunque?”. Questo è facilmente comprensibile; perché lo spirito non ha nulla su cui appoggiarsi, bensì, tutta la sua proprietà è l'intimo suo.

               2.   Lo spirito perfetto ha, in sé, anche il perfetto Buono e il perfetto Vero in infinita sovrabbondanza, perciò ha anche la capacità d'afferrare, in ogni cosa, ciò che c'è di Buono e di Vero, in senso realmente spirituale, in maniera incredibilmente rapida. Lo spirito imperfetto non ha, in sé, altro che idee e concetti erronei; e quando egli, dovrebbe fare qualche progresso nel “Buono” e nel pienamente “Vero”, egli deve innanzi tutto afferrare quello che in sé, ha d'erroneo, riconoscerlo come tale, cacciarlo fuori di sé, e cadere poi in una grande povertà, per poter diventare un “vero povero nello spirito”. Grazie a questa povertà, o completo vuoto spirituale di concetti, la Scintilla divina - la quale è il Buono dell'attività dell'Amore - diventa libera, incomincia ad espandersi sempre più, ed a riempire poi il precedente vuoto spirituale con una nuova Luce, ed in questa Luce, lo spirito giunge appena ad una comprensione che diventa sempre più completa. Dunque, come vedete, alla nostra compagnia costa molta fatica liberarsi dall'immagine del Cielo da essa scorta.

               3.   Essi continuano ancora sempre a vedere quello che hanno scorto fin da principio. Però, questo denota che nell'afferrare il puro Vero e il Buono, essi non sono ancora cambiati molto. Voi vorreste sapere quale ne dovrebbe essere la causa, considerato che il servitore, come voi usate dire, ha messo sotto il naso a tutta questa compagnia la Verità, e ciò, piuttosto energicamente.

               4.   Ed io vi dico, che spesso ciò dipende da una bazzecola; infatti, tutti questi eroi del Cielo cattolico, non sono in fondo che degli scettici afflitti da cecità. Lo scetticismo è per gli uomini, quello che è per gli alberi, un coleottero. Infatti, è più che sufficiente un singolo punto non completamente attendibile. Questo punto diventa, poi, un insetto dannoso per la Verità, che, alla fine, per la sua riproduzione, straordinariamente abbondante, rovina grandi boschi d'albero della conoscenza e del riconoscimento.

               5.   A questo punto voi chiedete: “Caro amico, in che cosa consiste questo punto pericoloso, in questa compagnia?”. Ed io vi dico che questo punto è, di per sé, appena degno d'attenzione. Ma lo scettico, il quale rode tutte le fibre dell'albero della Vita e della Conoscenza, pone questo punto sotto un microscopio ad enorme ingrandimento e scopre, in questo punto insignificante, delle montagne di asperità e di ineguaglianze che non hanno naturalmente nulla a che fare con la superficie del legno vivente, esaminato naturalmente.

               6.   La causa di ciò è dovuta al fatto che questi scettici si aggirano costantemente intorno a questo punto insignificante, con il microscopio del loro intelletto. Ma a nessuno viene in mente di usare il microscopio al di là dei confini di questo punto, allo scopo di poter constatare come questo punto, che a loro sembra tanto scabroso, si colleghi invece benissimo con l'altro legno della Vita.

               7.   Tuttavia, affinché voi possiate scorgere in che cosa consista questo punto, vi rendo attenti che il capo servitore, dal punto di vista esteriore, ha un po' mescolato i testi della Scrittura da lui citati. Una rettifica, l'avete già appresa durante questa discussione; tuttavia il servitore ha, secondo l'apparenza, citato un testo di Paolo, come se fosse di Giovanni. Dato però, che l'oratore della compagnia, ed alcuni altri ancora, sono abbastanza versati nelle Scritture, essi se ne sono subito accorti; e questo è, principalmente, la ragione per cui si stanno tanto vivacemente consultando.

               8.   Il nostro oratore ha fatto rilevare ciò, in tutta segretezza, dicendo: “Miei cari, beati amici! Se questo servitore fosse effettivamente esperto conoscitore delle Scritture, non avrebbe, tanto facilmente, scambiato Paolo con Giovanni; invece egli ha chiaramente citato qualcosa come detto da Giovanni, mentre è stato pronunciato soltanto da Paolo; e questo mi basta per credere che egli non sia affatto a conoscenza della vera e propria Verità divina; così, che anche per tutto il resto che ha detto, gli si dovrebbero fare delle riserve.

               9.   Perciò, io sono dell'opinione, che questo Cielo sia cioè, un Cielo completamente vero; come poi, secondo il racconto e la testimonianza del servitore, dovrebbero stare le cose con la prigionia alla tavola, mi sembra ugualmente, che si tratti di supposizioni basate sulle nuvole. Noi siamo liberi, e possiamo sedere a tavola quando vogliamo; e così pure possiamo passeggiare in questo ampio giardino, a nostro piacere; e perciò, sono dell'opinione che anche questo enorme e splendido palazzo, che sta dietro a quella grande e lunga tavola, sarà certamente possibile visitarlo; non solo, ma forse ci sarà concesso di abitarvi. Infatti, non ha detto il Signore: «Nel Regno del Padre Mio ci sono molte dimore?». E perciò, in quell'enorme palazzo vi potrebbero essere un gran numero di tali dimore, oppure un gran numero di palazzi simili potrebbe essere da qualche parte un po' più lontano. Perciò, ritengo non valga la pena d’attendere ulteriormente quel servitore, così esperto nelle scritture, bensì, che sia preferibile avviarci subito, secondo la nostra libertà di decisione, e secondo il nostro piacere, alla volta del grande palazzo. Dato che non possiamo più peccare, possiamo anche fare ciò che vogliamo.

             10.   E' certamente meglio essere già in questo Cielo, con piena coscienza, che non in un vero cielo di contadini, secondo l'opinione forzata del nostro servitore. Se poi questo Cielo non dovesse essere quello giusto, che possiamo farci noi, dal momento che, nel mondo, non ce ne venne indicato un altro? E se, come ci venne insegnato nel mondo, qui tutto procede con giustizia, ciò che è anche indubbiamente il caso, vorrei proprio comprendere per quale ragione noi dovremmo essere presi in giro, per un certo tempo, con un Cielo falso. Infatti, noi abbiamo sempre creduto in un Cielo Giusto e Vero, e non in uno apparente e canzonatore. Sarebbe perfino davvero infame, da parte nostra, il supporre che Iddio abbia voluto divertirsi alle nostre spalle; perciò incamminiamoci senza timore!”.

             11.   Come potete vedere, come questo un punto, al pari di un coleottero, ha attaccato tutto un bosco delle buone conoscenze, e i nostri scettici sono ricaduti nel loro originario errore. Però, qui voi chiedete: “Perché il servitore si è comportato così?”. Ed io vi dico: “Il servitore si è espresso esattamente, nel senso spirituale, però i nostri scettici, schiavi del loro errore, non hanno smosso il microscopio spirituale dal punto dubbio, così non hanno potuto riconoscere le buone correlazioni secondarie”.

             12.   Voi avrete osservato che il servitore non ha pronunciato interamente il testo dell'apostolo Paolo ed ha omesso il concetto di «essenziale» o anche «corporeo» o «corporale». Vedete, questo è un punto molto importante di correlazione; ed è proprio questo punto di correlazione che manca a tutta questa compagnia, punto questo, che vuol dire proprio l'Amore attivo ed operante, derivante dalla fede pura nell'Unico Signore.

             13.   Osservate ancora tutto l'Evangelo secondo Giovanni, cosa significhi la vivente Parola Interiore, o l'Amore per il Signore, che si riassume, in senso celeste, nel testo pronunciato dal servitore, e dà la luce giusta con riguardo al solo Signore.

             14.   Paolo, invece, abbraccia in sé questa luce in modo vivente, la qual Luce in Giovanni è l'Amore per il Signore; questa è la ragione per cui Paolo dice: «Non sono io che vivo, ma è il Cristo che vive in me!». In seguito a ciò, il testo citato dal servitore proviene dall'insieme del Vangelo di Giovanni, e non può essere di Paolo, poiché a tutta questa compagnia manca ancora l'essenzialità dell'Amore per il Signore. Per quanto riguarda il seguito di questa interessante discussione, lo potremo constatare la prossima volta, seguendo da vicino la nostra compagnia.

 

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Cap. 53

* * * * *

Sorprese nel Cielo apparente

 

               1.   E ora guardate, tutta la compagnia mette in opera la sua decisione, e si avvia lungo il muro, alla volta del palazzo. Adesso, però, fate attenzione, poiché si sta preparando una scena madre, dato che, ben presto, questa compagnia si troverà di fronte ad una voragine, che partendo dal muro, va verso la grande tavola. Superare questa voragine non è possibile a nessuno, però, se qualcuno di essi vuol gettarvi lo sguardo, si accorgerà che si tratta di un abisso tenebroso e profondo da incutere spavento.

               2.   Ed ecco, la compagnia si sta, proprio ora, avvicinando alla voragine; e il fecondo condottiero è il primo ad arrivarci; ancora alcuni passi, e guardate, egli indietreggia precipitosamente, e grida: “Ma per l'amor di Dio, che è mai ciò! Guardate un po' qui, questo è un abisso che sembra portare, per via direttissima, all'Inferno! Oh, se io mi troverò nuovamente, faccia a faccia, con il noto servitore, gli farò comprendere, senza peli sulla lingua, quanto poco egli sia esperto in questa geografia celeste. Non ha dichiarato, poco fa, quando si trovava dietro a me, mentre io sedevo a tavola, ed egli aveva leggermente smosso il terreno sopra le nuvole, che il suolo di questo grande giardino era uguale dappertutto? Ed invece, guardate questa spaventosa voragine che, con nostra grande sorpresa, abbiamo testé scorto dinanzi a noi!”.

               3.   Un altro della compagnia si avvicina all'oratore, e gli dice, facendo la faccia molto seria: “Fratello, non esporti tanto, altrimenti il servitore potrebbe dire anche a te che sei piuttosto debole nelle Scritture. Vedi, in questo caso io mi raccapezzo meglio: questa è sicuramente quella fossa dalla quale il ricco Epulone, dall'Inferno, ha parlato con Abramo che si trovava in Cielo, e lo ha pregato di dargli una goccia d'acqua ed altro ancora. Questa voragine è stata sicuramente lasciata come un ricordo eterno di quel fatto. Dato però, che questa voragine noi non possiamo oltrepassarla - ciò che per gli “spiriti beati” risulta essere piuttosto strano - rifacciamo la strada e, quatti quatti, andiamo a sederci nuovamente a tavola”.

               4.   Il primo oratore risponde: “Fratello, non hai torto; sarà certamente come tu dici, e perciò, insieme agli altri, io voglio seguire il tuo consiglio”. Ed ecco, tutta la compagnia si accinge a tornare indietro. Ma, guardate, qui c'è di nuovo una fatale circostanza: dietro di loro si è formata un'altra voragine, così che la nostra compagnia si trova come presa fra due fuochi, e dispone appena di una lingua di terra, larga appena alcuni klafter, su cui camminare per recarsi a tavola.

               5.   Ora, però, ascoltate il nostro oratore, come si esprime alla vista della seconda voragine. Eccovi le sue parole: “Oh, oh, per l'amor di Dio! Che specie di celeste tiro mancino è questo? Dunque, proprio così vanno le cose in Cielo? Ciò non è altro che una segreta cattiveria del nostro egregio servitore, il quale, da qualche luogo nascosto, ha spiato i nostri discorsi; e poi, grazie a qualche mezzo magico a sua disposizione, ha formato questi abissi; e noi stiamo qui, senza sapere che pesci pigliare. Egli, però, si guarda bene dal farsi vedere, poiché si sarà già accorto dell'opinione che ci siamo formati di lui. In verità, se quel villanaccio venisse adesso qui, io sarei disposto a dargli una lezione perfino con le mani celesti! Queste due voragini qui, sono una cosa spaventosa! Se non avessimo fatto attenzione, qualcuno di noi giacerebbe già, in un eterno abisso! E ora, celesti fratelli e sorelle, io mi sono già pronunciato fin dal principio, e ora sono fermo su questa idea che purtroppo, tutto questo Cielo non è altro che una canzonatura. Il servitore ci ha preso in giro tutti quanti. Con la nostra passeggiata siamo stati burlati, e così sono state canzonate tutte le nostre terrene speranze dei Cieli. Ora non mi manca altro che una piccola voragine messa di traverso, e così siamo a posto!”.

               6.   Un altro fratello così gli parla: “Mio caro, non eccitarti tanto. Non conosci il proverbio in uso sulla Terra: «Chi ha il lupo in bocca, lo ha sulla coppa?». Se il servitore ci ha già giocato questo doppio tiro, gli potrebbe saltare il ticchio di farcene un terzo, tagliandoci la via che porta alla tavola. Io sono perciò dell'opinione, che noi dovremmo avviarci tranquillamente ed umilmente, verso la tavola, su questa lingua di terra, poiché, altrimenti, potrebbe anche darsi che noi veniamo, qui, condannati agli arresti celesti, con accompagnamento della fame. Infatti, io sono dell'opinione che se anche in Cielo non si può peccare, tuttavia non sia neppure cosa lecita fare quello che si vuole, e, perciò, sarebbe facilmente possibile che, per gli spiriti celesti disobbedienti, vi siano anche delle punizioni adeguate, delle quali, naturalmente, non c'è mortale che ne sappia qualcosa. Dato che, come tu sai, e voi tutti sapete, sulla Terra non abbiamo potuto mai saper nulla di positivo del Cielo, perciò, dobbiamo appena qui formarci un’idea in che cosa consista. Io penso, che qui in presenza della Santissima Trinità, noi dovremmo tentare di destare in noi un po' di pentimento, affinché la nostra condotta ci venga perdonata”.

               7.   Il primo oratore dice: “Caro fratello, non hai proprio tutti i torti; ora, però, mi viene in mente che gli antichi Romani favoleggiavano, a suo tempo, di Scilla e Cariddi, così che sono dell'opinione che, se il Cielo è qualcosa di simile, da qualunque parte andiamo ci sia poco da guadagnare. Se noi dobbiamo rimanere qui, abbiamo la prospettiva dell'eterna fame; se arriviamo alla tavola, si tratta allora di rimanere eternamente seduti, mangiando e bevendo per l'eternità. Perciò, se qualcuno di voi ha voglia di ritornare alla tavola, tenti di andarci, sempre che non si imbatta in nessun'altra voragine. Io, invece, rimango qui, e non mi allontano di un passo, fino a tanto che il servitore, come ha promesso, non ritorni e mi dia le necessarie spiegazioni su questi inabissamenti intorno a noi”.

               8.   Come vedete, una parte della comitiva incomincia ad avviarsi sulla lingua di terra e può procedervi senza ostacoli. Ma, ora, anche il nostro capo oratore incomincia a sentire un po' d'appetito, così che vorrebbe seguire quelli che se ne sono andati. Egli incomincia, perciò, a camminare nella stessa direzione, insieme a coloro che erano rimasti indietro con lui; ma, guardate, ora essi si trovano, effettivamente, in presenza dell'ostacolo trasversale, dapprima preveduto, ed al di là del quale non è possibile spiccare un salto. Però, ora, udite l'oratore, quale abitante del Cielo, come incomincia ad avventarsi contro queste celesti disposizioni, dicendo: “Ecco ci siamo! Come immaginavo, questo è un Cielo tale, che proprio non si può desiderarne uno migliore! Cari fratelli ed amici, sono dunque queste le cosiddette gioie celesti? Io devo sinceramente ammettere che, fino a quando sono vissuto sulla Terra, non mi ricordo di essermi trovato in un simile imbarazzo, come proprio qui, nel luogo della beatitudine.

               9.   Quando penso a tutto quello che ho fatto, sulla Terra, per meritarmi questo Cielo! Quanto spesso ho digiunato; quante migliaia di rosari ho recitato; quante messe ho pagato, e le tante altre alle quali ho assistito io stesso, con tanta devozione; a quanti poveri ho dato da mangiare, durante tutta la mia vita, pur essendo un povero contadino io stesso! Anzi, devo confessare sinceramente, che per questo Cielo mi sono lasciato togliere la pelle di dosso. E ora io godo, insieme a voi tutti, la tante volte decantata ricompensa! Come potete constatare, essa consiste in pochi metri quadrati di spazio libero, circondato da tre lati, da voragini; da qui, in compenso, ci è concesso di guardare la Santa Trinità fino a consumarci gli occhi. Però non possiamo nemmeno muoverci, altrimenti precipitiamo, Dio sa dove! Ora manca soltanto che anche questo piccolo quadrilatero di suolo celeste, sul quale ci troviamo, incominci, un po' alla volta, a scendere nel baratro, nel qual caso, non ci resterebbe altro che, volenti o nolenti, scendere con esso, Dio solo sa fin dove. Oppure, noi potremmo salire sul muro, e là cavalcare fra due abissi; sempre che anche il muro non faccia una bella scivolata, insieme al nostro quadrilatero. Cari amici, quando ripenso alla lunga via che il nostro sacerdote ci ha fatto fare - in un modo che ora mi sembra alquanto subdolo - non appena siamo giunti in questo mondo spirituale, e quanta fatica ci è costata prima che potessimo giungere al portone d'oro del Cielo, mi sento scoppiare dalla rabbia, poiché laggiù, stavamo mille volte meglio che non qui!”.

             10.   A questo punto, un altro della compagnia tira il nostro oratore per la manica, e gli indica, con il dito, la voragine obliqua, rendendolo con ciò attento che un bel pezzo del quadrilatero aveva già incominciato a scendere. Il nostro oratore si tira un po' indietro, e dice, piuttosto imbarazzato: “Dunque, che cosa avevo detto? Bisognerà proprio mettersi a cavalcioni sul muro! In verità, se io proprio non sapessi con sicurezza, e ciò in seguito alla mia ferma fede, che dal Cielo non si può certamente venir precipitati nell'Inferno, dato questa mia presente miserabile vita celeste, tuttavia, si potrebbe dire che tutto sia già pronto, in modo perfetto, per un simile viaggio. Io penso che la cosa migliore sia, ora, salire subito sul muro, poiché non si può mai sapere, quanto spazio di questa superficie potrà venir inghiottito alla prossima eventuale occasione. Una volta che noi siamo sul muro, noi possiamo scivolare indietro, così da esser fuori da questo fatale quadrilatero, cercando di raggiungere la porta d'uscita del Cielo, dopo di che, potremmo rifare la già nota lunga via, fatta in salita. Dio ci conceda soltanto quel po' di misericordia e di fortuna occorrente, affinché anche il muro non ci giochi qualche brutto tiro, ché solamente così saremo in grado di levarci da questo impaccio, salvando la nostra pelle”.

             11.   A queste parole, tutti si affrettano verso il muro; raggiunto questo, constatano che, disgraziatamente, è troppo alto, perché essi vi possano salire comodamente. Perciò, i nostri componenti si aiutano a vicenda, formando delle scale umane, e così prendono il muro d'assalto.

             12.   Si sarebbero sollevati tutti, ma non appena anche l'ultimo uomo viene tirato su, il muro incomincia ad incurvarsi, ed il nostro oratore sbotta: “Cari amici, non perdetevi di coraggio: a Dio, il Signore, ogni onore! Ora che vada come vada, per me è tutt'uno; poiché da quanto vedo, adesso è tutto chiaro, con la sola eccezione della divina Trinità, che noi continuiamo a scorgere, tutto questo Cielo non è che un bel nulla; oltre a ciò, il nostro onorevole servitore non si fa più vedere, malgrado che ce lo abbia promesso, e ci abbandona in questa enorme difficoltà celeste. E ora, guardate, questo nostro pezzo di muro, già a metà pendente, si è staccato dal resto, e noi viaggiamo verso il basso, Dio sa dove!”.

             13.   Ed allora, cari amici, viaggiamo anche noi con loro, e ascoltiamo il nostro oratore anche durante il tragitto. La sua compagnia mostra tutti i segni della disperazione; il buon umore, però, non abbandona il nostro oratore. Egli conforta i suoi compagni, per quanto gli è possibile, dicendo: “Non datevi pena, cari fratelli; il Signore vuole sempre quanto c'è di meglio, per l'uomo. Noi non possiamo sapere a che cosa questo viaggio debba servire; forse, proprio in questa occasione, noi faremo un viaggio celeste, veramente interessante dal punto di vista spirituale. Forse faremo la conoscenza con il Cielo stellato che ci sta sotto, e può darsi il caso che ci imbattiamo in un bel mondo straniero. Ed io a ciò aggiungo: succeda la Volontà del Signore! Ucciderci nessuno lo può, e forse ci andrà meglio, che non quel Cielo lassù. Certo, sarebbe fatale se noi dovessimo continuare a cadere per tutta l'eternità, ma questo è poco probabile, poiché, in tal caso, anche la Trinità, che a noi tutti è ancora visibile, dovrebbe essere un'apparenza meteorica-spirituale. Però, noi dobbiamo trovarci molto in basso, poiché l'immagine della Trinità sta diventando sempre più piccola. Ebbene, amici cari, in verità, sia come si vuole, ma io sono molto curioso di vedere dove arriveremo alla fine di questo viaggio aereo spirituale”.

             14.   Ed ecco, uno della compagnia osserva, rivolgendosi all'oratore, che gli sembra di vedere, sotto di loro, a grande profondità, una smisurata superficie d'acqua; l'oratore osserva pure, e dice: “Su un tale basamento, il nostro pezzo di muro non ci offrirà certamente un grande appoggio; però, non me ne importa nulla, dato che, in simili condizioni, io sono veramente sazio della vita! Succeda quello che vuole; acqua o non acqua, per me è lo stesso!”. E ora, guardate, tutta la compagnia raggiunge la superficie dell'acqua, ed il loro pezzo di muro si tramuta in una navicella, e, in essa, tutta la compagnia si trova sana e salva. Ora incomincia a soffiare un venticello, e la navicella s’avanza sulle onde.

             15.   Ed ecco, fra il Mattino e il Mezzogiorno, sorge ora, come salendo dai flutti, uno splendido paese, molto esteso, e il nostro oratore si rivolge alla compagnia, dicendo: “Io ve l'ho detto che non perdevamo niente, lasciando quel Cielo là sopra. A Dio il Signore, ogni lode ed ogni ringraziamento, per questa meravigliosa salvezza. E sia perdonato anche quel bel tomo del nostro servitore. Se però, m'incontrerò nuovamente con lui, voglio dargli una lezione con i fiocchi!”. E ora, la navicella sta accostandosi alla terraferma, però, aguzzate la vista, perché, proprio là, sulla riva, li attende una sorpresa, poiché il nostro ben noto servitore sta in attesa del loro arrivo, dato che la loro navicella si avvicina rapidamente alla sponda. Anche il noto oratore deve essersi accorto di lui, poiché rivolge degli sguardi stupiti verso Terra. Quello che succederà, lo potremo vedere la prossima volta.

 

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Cap. 54

* * * * *

Liberazione dal Cielo apparente

 

               1.   Ed ecco, man mano che la navicella si avvicina alla sponda, anche il nostro oratore riconosce sempre più il servitore che lui ha notato molto bene, perciò si rivolge ai suoi compagni, dicendo: “Guardate un po' là, se quello non è colui che ci ha servito a tavola; se questo non fosse il caso, anche l'elemento su cui navighiamo, allora, non sarebbe acqua. Oh, certo che lo è, tutto il suo modo, la sua faccia, i suoi lunghi capelli biondi; in breve, più ci avviciniamo, e tanto più sicuramente mi risulta che sia proprio lui. Se io ne avessi la potenza, ora farei scoppiare sul suo capo uno di quei temporali! Dal momento che non lo posso fare, allora, quando c'incontreremo, gli farò gustare per lo meno qualche fulmine dalla mia bocca. Poi, io non posso credere che, in questo regno degli spiriti, cioè, lassù in quel Cielo dubbioso e quaggiù in questo paese, ci siano due spiriti che si somiglino a tal punto. Comunque, noi non intraprenderemo nulla; soltanto quando gli saremo vicino, attenderemo che sia lui a parlare per primo. Se non lo dovesse fare, procurerò io d'informarmi, facendogli dire se egli è o non è quel servitore”. Però, un altro componente della compagnia dice all'oratore: “Ascolta amico, posto il caso che questo spirito che ci sta attendendo, sia, effettivamente, il ben noto servitore, sono, tuttavia, di opinione diversa della tua, mio caro amico e fratello. Vedi, era comunque la tua, come pure la nostra volontà, di uscire da quel Cielo lassù, dove l'unica occupazione era star seduti, divorare e bere; da quanto so, quel servitore ti aveva anche assicurato che sarebbe ritornato. Il fatto che egli non sia più ritornato da noi, non mi meraviglia affatto, poiché permettimi di dirti, in primo luogo, subito dopo che se n'era andato, hai cominciato a prendertela con lui a causa dei testi biblici falsati. In secondo luogo, nessuno di noi - proprio per tale ragione - ha seguito le sue istruzioni sul modo in cui avremmo dovuto comportarci. Che, a causa di ciò, egli ci abbia tenuti un po' sulla corda, e che ci abbia posti in un considerevole imbarazzo, io lo trovo più che giustificato, considerata la nostra vera mancanza verso di lui. Dato poi, che noi siamo stati così meravigliosamente portati in salvo, e questo, sicuramente per mezzo suo, secondo me, dovremmo lasciar da parte ogni sorta di temporali, di fulmini e di astuzie d'alcun genere; poiché, a lui, potrebbe venir l'idea, nuovamente, di dimenticarsi di noi, e di renderci questo paese, che ora ci è tanto a portata di mano, altrettanto instabile, quanto il Cielo lassù”.

               2.   L'oratore dice: “Mio pregiatissimo amico e fratello, seriamente parlando, non hai torto, io ero soltanto corrucciato, ma il tuo discorso mi ha fatto rinsavire completamente. Questo servitore potrebbe essere benissimo, un angelo travestito, per quanto io non abbia scorto alcuna traccia di ali, che, però, egli potrebbe tener celate sotto la veste. E se lo fosse, la Santa Trinità ci protegga, poiché noi ne verremmo sopraffatti; dato che un tale angelo dovrebbe essere spaventosamente forte. Una volta, un sacerdote molto pio mi ha raccontato che un tale angelo, con la sua immensa forza, potrebbe, molto facilmente, tagliare in due la Terra con un colpo solo della sua grande spada fiammeggiante. Dunque, se noi, qui, lo affrontiamo con modi scortesi, gli sarebbe possibile trarre, da sotto la veste, oltre al suo paio d'ali, anche una spada bene affilata. Io rinuncio a dilungarmi su cosa eventualmente egli potrebbe fare contro di noi, spaventosamente deboli come siamo”.

               3.   L'altro oratore dice: “Certo, certo, caro amico e fratello; su questo punto, hai nuovamente ragione tu; tanto più, che se anche, a quanto sembra, non è tanto esperto nelle Scritture, tuttavia può essere realmente un angelo, così che faremo bene ad avvicinarci a lui, con tutta umiltà”.

               4.   Interviene un terzo, il quale osserva: “Ascoltate, fratelli! Tre teste e sei occhi vedono di più che non una testa con un paio d'occhi. Soltanto io sono dell'opinione che non sia il caso di fare tanto chiasso, con riferimento alla mescolanza dei testi biblici, o meglio, dei nomi degli apostoli in occasione delle note citazioni. Infatti, cosa possiamo saperne noi di come gli spiriti celesti, e specialmente gli angeli, conoscano la Parola di Dio, di come la leggano, e di come la comprendano? Potrebbe anche essere, facilmente, che Giovanni avesse udito proprio così quanto detto da Cristo, e che non l'avesse messo in iscritto; oppure, quanto scritto, fosse andato smarrito, attraverso i molti passaggi. Come, da quanto mi consta, un'intera Epistola di Paolo è andata perduta nel mondo. Nel Cielo, sicuramente, non si hanno tal sorta di smarrimenti. Perciò, ripeto, non dobbiamo presumere troppo a tale riguardo, data la nostra ignoranza. Infatti, come sapete, nel mondo io ero un sacerdote, e precisamente un dottore in teologia; e, in tale veste, io ho trovato, nel sacro Libro, parecchie lacune; però mi sono sempre confortato dicendo che se questi testi mancanti fossero stati assolutamente indispensabili per la salvezza degli uomini, il Signore non avrebbe permesso che andassero smarriti. Poi pensavo ancora che tali testi li avremmo un giorno ritrovati in Cielo per uno scopo più altamente spirituale”. E come vedete, il nostro oratore e la compagnia tutta, sono soddisfatti di quanto è stato detto.

               5.   Ora però, anche la navicella ha raggiunto la riva, e tutta la compagnia che supera le cento persone, scende a terra, e il servitore che la stava aspettando le va incontro a braccia aperte. Il nostro oratore gli si avvicina, pieno di rispetto, e gli chiede: “Sei tu, oppure non lo sei?”. Il servitore gli risponde: “Si, sono io, e noi siamo nuovamente insieme, come te lo avevo già detto lassù. Tu, con la tua compagnia, non vi siete attenuti alle condizioni che vi avevo sottoposto, e così, non ho potuto mantenere le mie, nella forma o misura nella quale te le avevo prospettate. E, per essere precisi, perché tu hai scompaginato la tua misura. Tuttavia, io volevo liberarti dal tuo Cielo falso; per conseguenza, secondo la tua misura scompaginata, anch’io ho dovuto ricorrere ad una via sconcertante, per trarre te e gli altri, fuori da quel Cielo illusorio.

               6.   Tu mi domandi ora, che cosa stia a significare tale via tanto singolare, con il suo andamento così straordinario; e chiedi pure, cosa indichi l'evidente contraddizione fra la solidità del terreno che ti ho mostrato mentre eri ancora a tavola. Ed il crollo del suolo celeste, seguito a breve distanza di tempo, poiché , dal punto di vista normale, quello sarebbe un vero e proprio tranello. Ebbene, io ti dico che tutto ciò ha un significato completamente corrispondente con il vostro sentire interiore; poi, quando al tavolo, ti mostrai la solidità del tuo Cielo, io non ti feci vedere altro che la tua fondazione, ancora solida, nella erroneità dei tuoi concetti sul tuo Cielo.

               7.   Dato, però, che tu, nella mia vicinanza, hai cominciato a percepire l'insufficienza e l'insensatezza, contraria ad ogni realtà spirituale del tuo Cielo, tu ti sollevasti dal centro del tuo essere, e, insieme a molti altri che, segretamente incitati da me, condividevano il tuo punto di vista, fuggisti; e nel più lontano confine del tuo essere, io ti indicai quello che ancora ti vincolava al tuo stolto Cielo. Ecco ciò che tu avresti dovuto considerare; tu, invece, perfino al limite estremo del tuo errore, rimanesti saldamente attaccato allo stesso, e non fosti capace di afferrare quello che ti avevo detto; perciò tu hai voluto, poi, continuare a procedere nel tuo errore. Non io, bensì la Parola che io ti avevo comunicato ha reso molle il tuo errore, malgrado la tua volontà di procedere su quella falsa via; e tale Parola lo lacerò in parecchi punti, attraverso i quali tu hai potuto scorgere la piena infondatezza del tuo Cielo apparente. Però, alla fine, la Parola stessa ti ha imbrigliato; invece, quelli troppo deboli vennero separati da te da una nuova voragine, e tu divenisti, come detto, in un certo senso, conquistato.

               8.   Dato che, in seguito a ciò, il tuo errore incominciò, sempre più, a scendere, tu ti rifugiasti, con la tua compagnia, sul muro. Questo muro era la divina Parola in te, a dir vero, molto aderente, però, interamente incompresa in tutte le sue parti, perciò, non aveva, per te e per la tua compagnia, alcuna forza portante. E il muro apparente si staccò, e cadde insieme a voi, nel profondo; ciò significa che la Parola, la Quale, fino ad ora dava da fare soltanto al vostro intelletto, cadde, in piccola parte, nella vivente profondità del vostro cuore. Voi scorgeste, ben presto, delle grandi acque sotto di voi, che minacciavano d'inghiottirvi; però, quelle acque non erano altro, se non la visibile sapienza del riconoscimento, che si trova celata, nel profondo di te, in tale piccolissima parte della Parola. Con questo “muro” della Parola, nel tuo cuore, tu raggiungesti, ben presto, il grande, luminoso Mare della conoscenza, e la Parola era, per te, come per voi tutti, una sicura Portatrice, sui flutti infiniti della divina Sapienza, la quale è celata, anche soltanto in questa piccola parte della Parola. Quando tu, segretamente accogliesti, sempre più, la Parola in te, Essa ti portò, secondo il grado del tuo accoglimento, sempre più vicino ad una solida sponda della Vita. Tu non avresti potuto raggiungerla, fino a che questa Parola non avesse riportato piena vittoria sulla presunzione del tuo cuore. La Parola, però, ha vinto, e, con Essa, tu hai raggiunto anche la solida sponda.

               9.   Ripensa soltanto a tutte le ridicole sciocchezze che sono germogliate dal tuo bonario rivestimento esteriore, e scorgerai, facilmente, tutta l'insostenibilità e la vacuità di tutti i tuoi concetti su Iddio e sul Cielo. Ora, però, tu sei sul primo vero fondamento della Parola; indaga, perciò, su questo fondamento, e tu, insieme alla tua compagnia, incomincerete a riconoscere Iddio e il Cielo da un punto di vista completamente diverso.

             10.   Guarda laggiù, fra il Mattino e il Mezzogiorno, c'è un grande palazzo. Là dovrete andare, e troverete tutto quanto abbisognate”.

             11.   E l'oratore dice: “Oh caro, e celestialmente pregiatissimo amico, potresti essere tanto buono da accompagnarci là?”. Il supposto Servitore dice: “Non ce n'è bisogno, poiché fino a lì, non potete sbagliare la strada. Io però, voglio precedervi, più rapido del pensiero, per poi ricevervi e introdurvi là! Là appena potremo illustrare più da vicino alcune parole su Giovanni e Paolo; e verrà allora dimostrato chi di noi tutti è più esperto nella Parola. Perciò seguite il mio consiglio ed avviatevi. Amen!”. Ed ecco, il supposto servitore è scomparso e la nostra compagnia incomincia ad avviarsi sul percorso indicato, certamente, ancora piuttosto sconcertati. Però vogliamo pure noi seguirla ed essere testimoni di tutto quanto di rimarchevole accadrà ancora.

 

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Cap. 55

* * * * *

Prima dimora solida dopo il Cielo apparente

Incomprensibile Trinità. Il Cristo Evangelico

 

               1.   Il primo oratore, rivolgendosi alla compagnia, dice: “Ma guarda un po', questo è veramente strano! Finora ho sempre creduto che gli spiriti potessero diventare improvvisamente invisibili, soltanto per gli uomini, ma che gli spiriti possano diventare invisibili pure per gli spiriti stessi, questa è, per me, una novità proprio nuova di zecca. Domandi, dunque, chi si sente di domandare, come mai questo spirito, che è sicuramente un angelo, è scomparso così repentinamente, sotto i nostri occhi, e vi risponda chi è capace di farlo. Per la mia povera vita, io son dell'opinione, che sulla Terra sarebbe più facile dare un morso alla Luna, che rispondere a questa domanda”. Un altro della compagnia replica: “Caro amico, vedi, anche questo io non lo trovo tanto strano, poiché, sulla Terra, ho udito dire tante volte, che gli spiriti angelici si possono spostare con la rapidità del lampo. Dunque, se questo spirito, che è sicuramente angelico, è ora scomparso così rapidamente alla nostra vista, ciò non è altro che la conferma visibile di ciò che noi abbiamo tanto spesso udito dire sulla Terra!”.

               2.   Un terzo interviene, dicendo: “Cari amici, è tutto giusto quello che si riferisce alle prerogative angeliche del nostro servitore, però, per effettuare la sua rapida fuga volante, avrebbe, tuttavia, dovuto dapprima allargare le sue ali; fino a tanto che non scorgo in qualcuno le ali, io non credo che sia un angelo. Infatti, da tutti gli uomini pii, sulla Terra, gli angeli sono stati scorti forniti di ali, e ciò succedeva sempre nello stato cosiddetto di rapimento spirituale, dunque, sempre e soltanto con gli occhi spirituali. Dunque, se gli uomini pii scorgevano sempre gli angeli di Dio, alati, perché non dovrebbe essere questo il caso anche con noi, dato che ora, pure noi stessi, siamo completamente spiriti?”.

               3.   Il primo oratore osserva: “Mio caro amico, io ti devo dire apertamente che il tuo desiderio si basa su una considerevole debolezza dello spirito, poiché, riguardo alle ali, ognuno dovrebbe sapere che esse stanno a significare semplicemente, la grande mobilità di questo spirito. Quello che colpisce di più, invece, è il fatto, come ho già detto, che uno spirito possa diventare invisibile dinanzi ad un altro spirito. A me non turba nemmeno il fatto che noi, quali spiriti, non possiamo spostarci con la celerità del nostro servitore; poiché, per far ciò, io credo sia necessario anche un certo esercizio, dato che, con l'esercizio, si diventa maestri in ogni cosa. Però, questo diventare invisibili, non mi esce dalla mente. Però, ora, lasciamo stare questo argomento per quando ci sarà nuovamente concesso di trovarci con lui; poiché sarà egli stesso a chiarircelo.

               4.   Piuttosto, osserviamo questa regione meravigliosamente bella; in verità, essa mi è mille volte più cara che il nostro alto Cielo precedente. Mi piacerebbe molto stabilirmi qui, e, su quelle alture, fare agiatamente il contadino. Guardate soltanto questa magnifica erba rigogliosa, gli splendidi fiori, i bei viali alberati, a quanto sembra, con dei nobili alberi fruttiferi; e non mancano i ruscelletti. E guardate più avanti, quell'ampia e splendida pianura, circondata da splendidi gruppi di monti, che, a loro volta, sono ornati da sontuosi edifici, anzi da veri palazzi; e, se l'occhio non m'inganna, io scopro, sul monte a noi più vicino, anche degli esseri viventi in bianche vesti, che passeggiano davanti ai palazzi. Questo sì che mi piace, e questa regione ha veramente l'aspetto di un Cielo, e non quel Cielo in cui noi avremmo dovuto abitare quali eterni poveri divoratori.

               5.   Certo, questa è una sontuosità chiara, limpida; a dire il vero qui non si scorge nulla della Trinità, in compenso, però, brilla uno splendido Sole che illumina tutta la regione; e vi devo confessare sinceramente, che riguardo alla contemplazione della Trinità, parlando apertamente, io ne posso benissimo fare a meno alla presenza di queste magnificenze, come ne ho potuto fare a meno nel mondo. A proposito di ciò, ora mi viene un'altra idea.

               6.   Se in qualche luogo si potesse trovarsi con Cristo il Signore, e precisamente nella forma in cui Egli, a suo tempo, è vissuto sulla Terra ed ha ammaestrato i Suoi apostoli, questo sì che sarebbe per me, in aggiunta a tutto il resto, il massimo diletto. Poiché io devo dirvi sinceramente un'altra cosa che mi riguarda, e cioè che la vista della divina Trinità è, certamente, di per se stessa molto elevata, però io sarei veramente un infame bugiardo se dovessi asserire che tale vista ha destato, in me, del calore d'Amore. Io mi sono sempre forzato, nel limite del possibile, ma non sono mai riuscito ad abbracciare tutte e tre le Persone con uguale amore; poiché, se amavo il Padre, non potevo nello stesso tempo amare il Figlio, e quando mi accingevo ad amare l'Uno, mi veniva il pensiero che ciò non poteva venir accolto favorevolmente, né dal Padre, né dal Figlio. Se poi, io volevo amare solo il Figlio, allora pensavo che, dal Padre, questo avrebbe potuto non essere considerato giusto.

               7.   In quanto poi, allo Spirito Santo, l'amarlo quale una Colomba, devo confessarlo, mi è costato molte lotte inutili con il mio cuore. Infatti, in tal caso, io avrei potuto benissimo amare un pezzo di legno, piuttosto che questa terza divina, ma quanto mai impersonale, Persona. Lo Spirito, perciò, ricevette la minima parte delle mie preghiere, e questo per la buona ragione che non sono mai riuscito a scorgere quale fosse la Sua base, e che cosa potessi fare di Esso! Padre e Figlio erano sempre più vicini al mio cuore, e se non fossero stati due, bensì o l'Uno o l'Altro solo per se stesso, io avrei potuto amare o l'Uno o l'Altro ardentemente.

               8.   Ho pensato molto spesso, naturalmente in segreto: «Oh, se il Cristo, almeno una volta, fosse sceso dal Suo elevato trono in qualche luogo dove avrei potuto incontrarlo da solo a solo, allora, mi sarei innamorato di Lui, da morirne!». Ma, con un Amore per una luce inaccessibile, o, meglio detto, con il mio amore di così corta portata, io non ho potuto avvicinare né il Padre né il Figlio nella Loro luce inaccessibile. Del resto, io trovo del tutto innaturale, mandare il proprio amore a perdersi nell'infinità sconfinata, poiché l'amore richiede un oggetto raggiungibile. Amare qualcosa di irraggiungibile, io, da parte mia, sono propenso a considerarla una vera e propria pazzia.

               9.   Quando ero ancora sulla Terra, mi ero proposto di vedere se, caso mai avessi potuto innamorarmi di una bellissima stella. A questo scopo, per lungo tempo, io contemplai questa stella; e, ciò facendo, feci pressione sul mio cuore, il più possibile. Credete voi che io sia stato in grado di destare, in me, per tale stella, un vero amore, come quello che si prova per un buon amico, o per un'amabile amica? Oh, nemmeno per sogno, questo non mi è mai riuscito!

             10.   E così mi accadde anche con l'amore per la Trinità, come pure con l'amore per il Santo Sacramento dell'altare: non mi andò affatto meglio. Poiché, per quanto spesso facessi la comunione, e poi indagassi il mio cuore, per vedere se ci tenessi di più al sacramento che all'amore per mia moglie e per i miei figli, devo riconoscere, forse a mia vergogna, che l'amore per i miei di famiglia era incomparabilmente più forte di quello per il Santo Sacramento. Così, che io non ho mai potuto afferrare rettamente, con il mio cuore, né la Trinità, né la Santa Eucarestia; soltanto io mi avvicinavo a tutto ciò sempre con un segreto sacro timore; cosicché, alla fine, io giunsi a considerare come un vero peccato, l'amare Dio con l'amore naturale del cuore.

             11.   Soltanto con Cristo facevo un'eccezione. Quando leggevo i Suoi santi Evangeli, io me Lo raffiguravo sempre presente dinanzi a me; e, nella mia povera vita, pensavo sempre che se avessi avuto la Grazia, come è avvenuto agli apostoli, in verità, anch'io sarei diventato un vero apostolo, e con pochissima fatica; e per il sopraffacente amore per Lui, avrei abbandonato moglie e figli! Oh, sì, io devo anche dirvi che, a ben guardare e se ci ripenso, io ho fatto tutto, soltanto per amore del Cristo evangelico, e grazie a ciò, certamente, ho pure fatto dei magnifici sogni con il Cristo; per la maggior parte, molto soavi.

             12.   Per ritornare a quanto riguarda la Santa Trinità e all'Eucarestia, io rimasi sempre, involontariamente, un costante martire meditativo del mio cuore; poiché, per queste divine sublimità, straordinariamente misteriose e incomprensibili, il mio cuore era come circondato da un eterno ghiaccio polare. Però, miei cari amici, io non intendo assolutamente influenzarvi con il mio modo di sentire, bensì, ho voluto soltanto dare anche uno sfogo al mio cuore, in questa libera regione. Se anche qualcuno di voi sente il bisogno di dare sfogo al suo cuore, lo faccia pure liberamente, poiché, prima che noi raggiungeremo il palazzo che ci è stato indicato, trascorrerà ancora un po' di tempo”.

             13.   Parecchi componenti la compagnia si fanno avanti, e dicono: “Caro amico e fratello, noi ti possiamo assicurare sinceramente che, a questo riguardo, a noi le cose non sono andate affatto meglio. Noi credevamo a tutto, come di dovere, ed eravamo, non di rado, dei veri stolidi, a causa di un segreto sacro timore di fronte a tali straordinarie cose divine; e trovavamo anche noi pieno acquietamento soltanto nel Cristo evangelico. Per questa ragione, eravamo anche spesso più portati per la beatissima Madre di Dio, come pure per qualche altro Santo, che non per la sublime elevatezza divina, che noi, bensì, temevamo, e non di rado, fino alla disperazione. Ma, in quanto ad amarla, eravamo molto lontani; dato che, quello che tanto penosamente si teme, molto difficilmente si può amare.

             14.   Se, in questa regione, potremo vedere la Beata Vergine Maria e qualche altro Santo, noi non ne abbiamo l'idea, poiché, in quel Cielo lassù, dove ci trovavamo, per quanto abbiamo scrutato dappertutto con la massima attenzione, non ne potemmo scoprire nemmeno una traccia. Tu, caro amico, che abitualmente hai le migliori idee, potresti dirci qualcosa di soddisfacente al riguardo?”.

             15.   Il primo oratore così risponde: “Miei cari amici, io credo che, su questo punto, non dovremmo fare troppe domande, bensì, in primo luogo, procurare di raggiungere, al più presto, il palazzo che c'è stato indicato, per ricevere là i promessi chiarimenti su quella Parola di Dio, da me e da voi non compresa. E, specialmente su ciò che si riferisce a Paolo ed a Giovanni. Poi, noi dobbiamo stabilire, quale principio base per noi tutti - dato che la Santa Trinità è diventata per noi invisibile - di ritornare al nostro Cristo evangelico, ed attenerci a Lui. Questo anche per il motivo che, basandoci sul Suo detto: «Nel Regno del Padre Mio, ci sono parecchie dimore», questo ha molta più somiglianza con il Cielo vero ed autentico, che non quello lassù. Ora, però, non parliamone più, poiché, guardate, il nostro supposto servitore ci viene già incontro. Andiamogli incontro anche noi, silenziosi e tranquilli”.

 

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Cap. 56

* * * * *

In cammino verso Cristo

 

               1.   E vedete, essi sono nuovamente assieme, ed il supposto servitore sta già chiedendo al nostro oratore, come è piaciuto il viaggio a tutti loro; e quali osservazioni si sono scambiati durante il tragitto. L'oratore dice: “Caro amico e fratello, dato che sei, certamente, uno spirito di una categoria specialmente elevata, io mi limito a citare il noto detto: «Molto rumore per nulla!». Questo è stato anche il caso nostro. Noi abbiamo chiacchierato molto, ma però, preso tutto insieme e posto sulla bilancia della Verità, dovrebbe pesare ben poco. Secondo me, dovrebbe essere del tutto inutile ripetere a te, che puoi leggerci in fronte la nostra sciocchezza, tutte le nostre stupidaggini, ad eccezione di una cosa, che per la verità l'ho detta io, ciò che non significa, però, che possa avere qualche importanza per questo, bensì soltanto per l'argomento trattato, cioè, per se stesso”.

               2.   Il supposto servitore, allora chiede: “In che cosa consiste, dunque, quello che tu hai detto che è importante per se stesso? Come vedi, noi dobbiamo ancora percorrere un bel pezzo di strada, prima di giungere al palazzo; così che tu hai tempo sufficiente per dirmelo”. Il nostro oratore dice: “Caro amico e fratello, se hai la pazienza d'ascoltarmi, avrei una gran voglia di comunicarti esattaeente, dal mio più profondo e intimo sentire, in che cosa, tanto per me, che per tutta la compagnia, consista ciò che è, per noi, della massima importanza. Tu mi fai un cenno d'assenso, e dici che posso parlare; perciò, io voglio liberarmi completamente di tutto quello che si trova in me. Segretamente, tali idee io le coltivavo già sulla Terra, ma esse non erano, allora, che delle fantasie passeggere, che dovevano lasciar sempre, di nuovo, il dovuto posto alla mia “fede cattolica”. Queste fantasie erano, ed oggi lo sono ancora di più, della seguente natura: per prima, la incomprensibile Trinità era, per me, collocata tanto in alto, che io potevo fare tutto il possibile, senza per questo riuscire ad elevare l'amore del mio cuore, interamente, fino ad Essa. E' bensì vero che io avevo una paura da far pietà; ed un incredibile sacro terrore; però, questo era tutto quello che sentivo per questo trino ed elevatissimo Essere. Di più non mi era possibile ottenere dal mio cuore.

               3.   Quando però, contemporaneamente, pensavo che si debba Amare Iddio sopra ogni cosa e con tutte le forze vitali, e mi chiedevo: “E’ questo il caso, con te? Non è evidente che tu, nel tuo cuore, ami di più tua moglie, i tuoi figli, ed alcuni tuoi amici, che non la Santissima Trinità?”. Allora, dal profondo, io ricevevo sempre la risposta, tutt'altro che ambigua, che infatti io amavo moglie, figli ed amici, più della Santissima Trinità. Anzi, io devo aggiungere, con tutta sincerità, che non mi riusciva di capire come possa essere possibile ad un uomo, amare questa Trinità, poiché, più io volevo estendere questo amore, e tanto più mi persuadevo quanto l'uomo non sia capace di amare ciò che è troppo grande.

               4.   Anzi, io ho tentato di provarlo in me, con ogni sorta di pensieri sperimentali. Una volta, pensai fra me: «Potresti tu amare la donna più bella del mondo, se essa fosse alta il doppio di un campanile?». Io mi raffigurai, nella mia fantasia, una tale donna il più possibile viva; e Dio sa come avvenne: se ciò dipese dalla forza della mia immaginazione, o dall'aiuto di qualche spirito, in breve, io scorsi effettivamente l'apparizione di una figura femminile immensamente grande. Da quanto rammento, questa figura era, nelle sue proporzioni, veramente bella, però, invece di destare nel mio cuore un sentimento d'amore, s'impadronì di me uno spavento veramente infernale, cosicché, grazie a quella esperienza, io ho imparato, praticamente, che il cuore dell'uomo non è fatto per amare cose troppo grandi; e sente, invece, dinanzi ad esse, un grande spavento, come un bambino pauroso che veda per la prima volta un eroe coperto di una completa armatura.

               5.   E così, ho pure chiesto al mio cuore, se avrei potuto amare un monte, o tutta la Terra. Io tentai anche di destare, nel mio cuore, tale sentimento, ma fu come se un uomo, non abbastanza robusto, dovesse sollevare un peso sproporzionato alle sue forze. Io mi feci presente, in occasione di tali tentativi, alcuni grandi eroi, e mi chiesi: «Costoro devono aver amato ardentemente tutta la Terra, per aver tanto lottato per la sua conquista?». Il mio cuore però mi rispose: «Tali esseri non hanno amato la Terra, bensì soltanto se stessi; poiché essi non volevano essere i padri, oppure i figli, bensì soltanto i signori e dominatori della Terra». Quando scoprii ciò, io trovai anche il mio principio base, tanto più rafforzato, e scorsi, ancora più chiaramente, che l'uomo non può mai abbracciare con il suo amore, ciò che, in rapporto a lui, è troppo grande. Una volta volli innamorarmi di una stella, ma anche questo non funzionò, poiché essa era troppo lontana da me; e, in questo tentativo d'amore, ero simile ad un pesce fuori d'acqua, che boccheggia continuamente per l’acqua, ma tuttavia neppure una goccia passa attraverso le sue branchie. Con questi strani esempi d'amore, io ho messo, in molti modi, alla prova il mio cuore, ma restai sempre con un pugno di mosche.

               6.   E lo stesso avvenne con l'amore per la Santissima Trinità; anzi, potrei affermare che le cose andavano ancora peggio; dato che, con le dette prove d'amore, ad eccezione per l'apparizione di quella donna gigantesca, io non avevo paura; mentre io temevo, sempre enormemente, la Trinità. Perché io conoscevo questo Sommo Essere, secondo la mia fede, soltanto quale un giudice severissimo ed inesorabile, che dimostra la Sua Grazia all'uomo, soltanto dopo una breve vita sulla Terra; sempre che la trascorra nella più rigida penitenza. Però, una volta che l'uomo muore, anche questa parca Grazia cessa, e, al peccatore, non è riservata che l'eterna dannazione; e, se va un po' meglio, un Purgatorio orribile e spaventoso. Del Cielo, prima del Giudizio Universale, non è il caso di parlare. Quando questo verrà, non lo sanno nemmeno gli angeli, con tutta la loro sapienza. E' vero che dopo, è promessa una beatitudine eterna, sullo stampo di quella che abbiamo gustato noi, ultimamente.

               7.   Se tu, dunque, caro amico, riassumi tutto ciò, cioè, per primo, la natura del tutto speciale, piena di mistero ed incomprensibile della Trinità di Dio; secondo, l'inesprimibile severità di giudice di questo Essere; e terzo, l'Inferno, il Purgatorio, il Paradiso, il Giudizio Universale; e, in aggiunta a tutto ciò, quarto, quell'eterno Cielo da fannulloni e divoratori, associato ad un eterno riposo, vorrei proprio conoscere il cuore, che sia pure con molto sforzo e violazione dei suoi sentimenti, potesse provare, per un Essere divino di tal genere, il più ardente Amore!

               8.   Con il numero “uno”, caro amico, sarei a posto; ora abbiamo un numero “due”, che non è molto migliore, ed è l’altrettanto pieno di mistero sacramento dell’altare. In questa occasione, io voglio soltanto renderti attento, da parte mia, solo su un pensiero sciocco. Vedi, la nostra dottrina ci mostra nell'Ostia, infallibilmente ed incontestabilmente, la Divinità completa. D'altra parte, però, c'è una quantità di chiese ed in ogni chiesa una quantità di Ostie. Se, ad esempio, parecchi sacerdoti leggevano contemporaneamente la Messa, e non di rado quasi nello stesso momento transustanziavano, amico, questo mi costava non di rado una rilevante lotta, giacché io dovevo veramente raffigurarmi in ogni Ostia il Vero e proprio Essere divino, e Questo quale un Essere completo e non suddiviso. Qual era allora per me la conseguenza di tale raffigurazione? Io, davvero, non potevo trattenere il pensiero di molti déi, ed in particolare quando io vi riflettevo ed anche, allo stesso tempo, con i miei occhi vedevo che nell’esposto reverendissimo si trovava un perfetto Dio, poi uno, ugualmente perfetto, era mostrato da molti sacerdoti anche nella transustanziazione in cui io dovevo necessariamente immaginarne una completa comunione-ciborio di altri cento déi.

               9.   Ora immaginati che, proprio spesso, questo era quello che provavo, specialmente quando volevo accogliere una di tali Ostie con tutto il mio amore. Alla vista, da me immaginata, delle tante Ostie, io non potevo assolutamente raffigurarmene una soltanto ed ero così costretto a non amarne quasi nessuna. Alla meno peggio, ciò mi riusciva ancora con quella che si trovava nell'ostensorio, poiché essa vi si tratteneva più a lungo. Quanto ora descritto è ancora quanto di meno sciocco pensavo e sentivo in me. Però, un'altra cosa si è impadronita in me e mi era impossibile digerirla; io ti prego, però, se te la comunicherò, di non ridere troppo di me.

             10.   Ecco di che si tratta: quando io guardavo una così completa Ostia-Dio, mi veniva il seguente pensiero che mi faceva disperare: se questo è un vero Dio completo, come mi insegna la mia religione, come stanno allora le cose in Cielo con il Dio vero e proprio? Deve Egli discendere ogni volta interamente o, mentre nel frattempo il Padre resta in Cielo, è soltanto il Figlio che discende, oppure è lo Spirito Santo che sbriga questo servizio?

             11.   A questo riguardo, io ho sottoposto perfino delle domande, ma non ho ricevuto mai altra risposta, se non che questo era un impenetrabile mistero divino, e che il soffermarvi sopra il pensiero, era quasi già uno dei peccati più gravi che, insistendo, poteva diventare, facilmente, un peccato contro lo Spirito Santo.

             12.   Ad una tale risposta, io fui costretto a rinunciare, per quanto possibile, a quei miei sciocchi pensieri; poiché vedevo chiaramente, che, sulla Terra, non avrei potuto ottenere nessuna spiegazione, e mi consolavo, pensando al mondo spirituale. Certamente, pensavo anche alle Parole del Cristo, che aveva detto soltanto: «Questo è il Mio Corpo», ma non la Sua Divinità. Ma anche questo pensiero mi era di poca utilità. Mi sentivo meglio, quando io, sotto queste parole, mi raffiguravo un Pane vivente dai Cieli, il quale può dare, all'uomo credente, un cibo per la Vita eterna; e vissi in questa fede, come meglio mi fu possibile, fino alla mia fine terrena.

             13.   Questa sarebbe, dunque, la mia fantasia numero due. E ora ne segue una terza, e questa riguardava il Cristo evangelico. Di questo Cristo, devo confessarlo sinceramente, io ero costantemente innamorato, come una Maddalena. E dopo aver avuto di Lui alcuni sogni, e con il tenere sempre presente alcune scene del Suo peregrinaggio terreno; devo dirlo, il mio cuore era sempre infuocato. Io non so come ciò avvenisse, ma potevo fare qualunque cosa, senza riuscire, assolutamente, malgrado la dottrina cattolica, a considerarlo un Giudice inesorabile. Infatti, la scena con il ladrone, sulla Croce, il modo in cui Egli, morente, chiede al Padre di perdonare ai Suoi oltraggiatori e crocifissori. Poi, la parabola del figliol prodigo, quella del buon Samaritano, poi quella del gabelliere e del fariseo nel Tempio, dell'adultera ed altre simili in gran numero formavano una specie di solida muraglia, contro la quale nulla poteva la mia credenza cattolica in un giudice. E perciò, io mi immaginavo anche un Cielo, alla mia maniera, e precisamente:

             14.   «Se nell'aldilà ci fosse un luogo simile ad una bella regione sulla Terra, nel quale si avesse l'inesprimibile felicità di trovarsi insieme al solo Cristo e venir ammaestrati da Lui, e ricevere anche da Lui, quale un discepolo, un incarico da svolgere nell'Amore, questo sarebbe, davvero, un Cielo tale, che nessun mortale potrebbe immaginarne uno più bello, più felice e più elevato».

             15.   Io ho pure pensato, molto spesso che se fosse possibile avere così il Cristo, magari anche saltuariamente, anche la più misera capanna sarebbe, per me, il più alto dei Cieli! Anzi, non di rado pensavo: «Se avessi soltanto Te, o amatissimo Cristo del mio cuore, io non chiederei né un Cielo, né una Terra beata!». Vedi, caro fratello ed amico, queste sono le mie fantasie; i pensieri non pagano dazio, e, a conti fatti, tutto avviene, poi, come Iddio vuole! Rifletti quanto vuoi, su quanto ti ho detto; e se, da tutto ciò, tu puoi trarre qualcosa per il nostro ammaestramento, sarà utile e buono. Se, invece, questo non è il caso, allora avvenga come sempre, e soltanto la Volontà dell'Onnipotente Trino Iddio!”.

             16.   Il supposto servitore sorride al nostro oratore e gli dice: “Ascolta amato amico mio; le tue fantasie sono migliori di quanto tu possa immaginarti; specialmente la tua terza fantasia è, incontestabilmente, la migliore. Vedi, è vero che, nella Divinità, ci sono delle cose e delle situazioni eternamente imperscrutabili; delle vie e delle deliberazioni che nessun essere creato sarà mai in grado di comprendere. Però, riguardo al tuo Amore per il Cristo, in breve, ti verrà fatta luce piena. In anticipo, posso soltanto dirti che tu, e tutta la compagnia, sarete sicuramente resi partecipi al più presto, del Cielo immaginato dalla tua fantasia! Dato, però, che ora siamo proprio dinanzi alla porta del palazzo, entriamoci, e là tu avrai altre spiegazioni.

 

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Cap. 57

* * * * *

Il palazzo della vita della società

Il seme per il Regno Celeste: la Parola di Dio

 

               1.   Ora, guardate come la nostra compagnia sosta dinanzi alla porta, meravigliosamente incorniciata e tempestata di diamanti e rubini, mentre questa è d'oro purissimo. L'oratore principale si esprime dinanzi al supposto servitore: “Ma caro amico, questo è veramente troppo, poiché, per poco che me ne intenda, io potrei quasi dire che il valore di questa porta, calcolato sulla base del valore terreno, dovrebbe superare, indubbiamente, quello di tutti i tesori e le ricchezze di tutta la Terra. Infatti, in primo luogo, questa porta dovrebbe essere alta per lo meno tre klafter e, oltre a ciò, è anche oltremodo massiccia. Io passo sopra al valore dell'oro, ma i diamanti ed i rubini, grossi come pugni, sono inestimabili!

               2.   Il più ricco imperatore non potrebbe comperarne nemmeno uno, e qui ce ne sono parecchie centinaia! Qual è lo scopo, qui, di un tale spreco?”. Il servitore risponde: “Caro amico, lascia andare; presso Dio non esiste spreco. Hai mai tu contato tutte le stelle del Cielo, parecchie delle quali sono un milione di volte più grandi della vostra Terra, e che brillano tutte di luce propria? Diresti, anche a tale riguardo, perché tale spreco di Soli nell'incommensurabile Universo?

               3.   Vedi, il Signore è ricco abbastanza, ed i Suoi tesori non si possono misurare. Perciò, questo piccolo ornamento non può assolutamente venir considerato uno spreco, mentre esso è, su questa porta d'entrata, del tutto adatto allo scopo e pieno di significato, e ti mostra quanto del Vero della Fede e del Regno dell'Amore ci sia in te. Il portone d'oro sta, invece, ad indicare la tua condotta durante la vita terrena, in seguito al vero della tua fede, e nell'attività del bene del tuo amore, così che, ora, varchiamo la soglia di questa porta, e passiamo nel palazzo”.

               4.   Ed ecco, ora entrano tutti; andiamo anche noi, affinché possiamo essere subito presenti, quando ci sarà una scena importante. Guardate un po' il nostro oratore, come si guarda intorno, tutto stordito, e, con lui, tutti gli altri. Quale ne è la causa? Voi lo potete facilmente indovinare: il fatto è, che il nostro buon oratore, ora, non vede più nulla di tutto il palazzo, bensì, egli si trova a lato del supposto servitore, sotto un grande tempio a dieci colonne. Colonne che sono di puro diamante, mentre le basi sono d'oro; ed i capitelli d'oro trasparente, il tetto di rubini, ed il pavimento di lastre d'ametista. Guardando fuori del tempio, da tutti i lati, si scorge una pianura che si estende all'infinito, mentre qua e là ci sono delle collinette, ornate da templi, del tutto simili a quello dove ora essi si trovano. La pianura stessa, però, è coltivata dappertutto con splendidi alberi da frutto di ogni sorta, e tutto è tanto bene ordinato, come se fosse stato disposto da un famosissimo giardiniere, provetto nell'arte sua.

               5.   Ascoltiamo, ora, il nostro oratore, cosa ha da dire, e quale risposta dà al supposto servitore, alla domanda da quest'ultimo rivoltagli, cioè come gli piaccia l'interno del palazzo: “Mio caro amico e fratello, che specie di canzonatura celeste, di nuovo, è questa? Io mi ero già formato, nella mia fantasia, un'idea delle splendide stanze del palazzo, e, non appena oltrepassata la soglia, tutto il palazzo è stato come soffiato via! Al posto del palazzo, ora sta questo tempio, che è certo inesprimibilmente splendido, ed intorno ad esso, in tutte le direzioni, si estende - al posto delle stanze del palazzo da me già immaginate di rara bellezza - una regione infinita di indescrivibile splendore. No, no, questo non mi sembra proprio giusto, e chi è capace di spiegarlo, dovrebbe essere nato almeno diecimila anni prima di Adamo! Infatti, nessuno dei figli di Adamo dovrebbe essere all’altezza di poterlo fare. Dimmi dunque, mio caro amico e fratello, ci capisci, almeno tu, qualcosa?”.

               6.   Il presunto servitore così risponde: “Non preoccupartene, io ti farò solamente un paragone; e tu, sulla base dello stesso, verrai ben presto in chiaro; dunque, fa attenzione! Se tu, quando peregrinavi ancora sulla Terra, hai osservato un seme, tu lo avrai visto sempre nella sua semplice forma. Però, tu prendevi il seme e lo piantavi nel terreno. Ben presto il seme s’infradiciava nella terra, ma al posto del seme, fuori dal terreno, cresceva una magnifica pianta, la quale assorbiva, quasi contemporaneamente, i tuoi sensi. Allora tu ti dicevi: «Oh mio Dio, com'è possibile ciò! Era tutto questo già presente nel seme?». Così chiedevi tu, e il tuo sentimento e la tua ragione ti dicevano: «Come si sarebbe formato tutto ciò così, se nel seme, non fosse stata già presente la causa prima?». E tu, perciò, trovavi che la magnificenza interiore di un seme era infinitamente maggiore che la precedente apparenza nuda del seme stesso.

               7.   Eh, mio caro amico, non ha il grande Maestro dell'Umanità paragonato, una volta, il Regno dei Cieli ad un granello di senape? Tu dici: «Sì, questo lo so molto bene!». Ora, vedi, il granello di senape, è la Parola di Dio nella sua forma letterale esteriore; quando, invece, questa Parola viene posta nel terreno del cuore, essa si sviluppa e diventa un vero e proprio albero, sotto i cui rami dimorano gli uccelli del Cielo. Che cos'è effettivamente l'albero? L'albero è l'interiore riconoscimento spirituale della Parola, e “gli uccelli” stanno a significare il celestiale o divino, dunque lo Stato originario da cui la Parola è provenuta.

               8.   E così, tutto l'insieme dell'albero, significa, la Sapienza che sorge dall'Amore; e che tale sapienza soltanto è in grado di riconoscere il celestiale o divino. Quando l'albero ha raggiunto la sua maturità, non darà una ricchezza di semi mille volte maggiore? E se tu spargi nuovamente nel tuo terreno tale abbondanza di semi, non crescerà, per te, già un abbondante raccolto, dato che tu, al posto di uno, ne vedrai crescere, nel tuo terreno, mille di tali alberi? Tu dici: «Oh, sì, ciò è più che certo!». Ed io ancora ti domando: «Hai tu osservato, nel primo semplice seme, tutti questi innumerevoli prodotti?». Ecco, così stanno appunto, le cose anche con il Cielo.

               9.   Tu non puoi entrare in nessun Cielo, come luogo, bensì, il tuo Cielo devi prepararlo da te stesso. Il seme, per il Regno dei Cieli, è la Parola di Dio; chi l'accoglie in sé, e si rende attivo a seconda di Essa, quegli ha posto questo Seme Celeste nel suo vero terreno, e da questo Seme, germoglierà un Cielo, al pari di un albero.

             10.   Ed ascolta ancora: quando noi siamo giunti alla porta del palazzo, tu lo vedesti ornato di diamanti, perché avevi accolto la Parola in te, e di rubini, perché avevi operato secondo la stessa. Però, questi erano, ancora, dei granelli di semente esteriori; il palazzo, nel suo insieme, raffigurava tutta la tua vita, e da ciò, la porta con i diamanti ed i rubini, che tu avevi costruito in te stesso per mezzo della Parola di Dio, quale la porta di entrata.

             11.   Noi oltrepassammo quella soglia; che cosa sta ciò a significare? Vedi, nient'altro se non che noi siamo entrati nell'interno, cioè nell'intimo tuo, come in quello di voi tutti qui presenti, oppure che noi siamo penetrati nell'intimo significato della Parola. La Parola, però, non è un termine vuoto, e non è neppure, nel senso matematico, perfettamente esatta, come se qualcuno dicesse: «Uno più uno eguale a due»; bensì la Parola è un mezzo esteriore per esprimere l'essenzialità interiore. E tutto quello che tu scorgi qui, ed ancora infinitamente di più e maggiormente profondo, è già così presente, perché creato nella Parola divina, nello stesso modo come in un unico seme, una quantità infinita di piante e di alberi, insieme ai loro frutti, come già esistenti, perché già creati! Vi è una sola differenza, e cioè che il seme dà sempre soltanto quel che porta in sé, senza nessuno speciale cambiamento di forma; mentre la Parola di Dio, quale seme del Cielo, si manifesta in un’esprimibile varietà. E perché? Perché la Parola di Dio è un seme completo e perfetto. Ora, mio caro amico, io ritengo che, se tu fai ben attenzione a tutto ciò, comprenderai, con poca fatica, questa presente apparizione”.

             12.   Il nostro oratore dice: “Oh caro amico, tanto a me, che, certamente, a tutti gli altri, credo incominci ora per noi a farsi strada una nuova e magnifica luce, e quando penso ai miei precedenti concetti del Cielo, gli stessi mi fanno il medesimo effetto di certi sogni notturni, ai quali si riandava, talvolta, con il pensiero, in pieno mezzogiorno! Quale pienezza deve esserci nella Parola del Signore, se già il primo germoglio del granello di senape, ci mostra ora tanto! Certo, ora io comprendo anche il testo che così dice:

             13.   «Il Regno di Dio non si manifesta con sfarzo esteriore, bensì questo lo si trova dentro di voi, cioè, nel vostro intimo». Oh, sì, ora parecchie altre cose mi risultano chiare, ed incomincio ad afferrare per quale ragione tu, lassù, in quel vero e proprio Cielo illusorio, hai apparentemente attribuito a Giovanni un testo di Paolo! Paolo, a sua volta, è pure una porta, dinanzi alla quale si trovano, nella massima pienezza della magnificenza, i semi della Parola di Dio; ma, da Giovanni, oh sì, da tutto Giovanni brilla la pienezza della Divinità in Cristo, nella Sua Essenza! Con questo, io intendo dire che Paolo effettivamente parla di quanto da te citato in un suo testo. Ciò mi sembra come un seme; mentre Giovanni lo esprime nella pienezza, e questa è già una pianta. Ho, sì o no, ragione?”.

             14.   Il supposto servitore dice: “Sì, tu hai ragione e quello che tu vedi è già il primo germoglio; e se tu vuoi vedere il primo sviluppo di questo primo germoglio, entra sempre più profondamente nella tua terza fantasia, così allora tu raccoglierai, ben presto, i frutti di questa splendida piantagione, nella sua piena maturità!”.

             15.   E l'oratore osserva: “Certo, caro amico, tu hai perfettamente ragione; ora, non mi manca nulla, all'infuori di quest’Unico Essere da me amato sopra ogni cosa; cioè il Cristo! Se, anche soltanto una volta, io potessi averLo a portata di mano, potrei dare libero sfogo al mio cuore, in un modo che nessuno potrebbe nemmeno immaginare”.

             16.   Il supposto servitore dice: “Rimani soltanto in questa tua attuale disposizione di spirito, poiché io ti dico che tu sei molto più vicino a questo sfogo, di quanto tu supponi! In verità, se tu saprai afferrare Cristo dal vero verso, Egli sarà anche presso di te!”.

 

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Cap. 58

* * * * *

Il desiderio ardente di Dio

Un esame d'Amore e poi la santa Meta

 

               1.   E il nostro oratore dice: “Caro amico e fratello, queste tue ultime parole hanno, certamente per se stesse, un tono quanto mai confortante; soltanto io vorrei osservare che fino a tanto che il Cristo non si trova dinanzi a me, si ha un bel dire di afferrarLo per il giusto verso. Per quanto riguarda il mio cuore, io l'ho già da tempo afferrato, e così, ugualmente, tutta la compagnia; tuttavia, il Caro Cristo non ha voluto lasciarsi afferrare da noi, nella Sua essenza, e ora noi tutti ardiamo per Lui. Noi vorremmo afferrarLo e per il tantissimo Amore non lasciarLo mai più, per l'eternità; soltanto che a noi, per realizzare questa impresa quanto mai beatificante, non manca che l'Oggetto stesso d'afferrare, che in questo caso è la cosa principale!

               2.   Oh, sarebbe una buona cosa, caro amico, anzi superbuona, afferrare il Cristo con tutte le nostre forze; tutto il mio essere e le mie mani Lo ambiscono con beatitudine, ma qui Egli deve essere o per lo meno farsi trovare in qualche luogo, in questa regione! In verità, se dipendesse da me, non m'importerebbe affatto di venir gettato fuori da mille Cieli, per Amor Suo, per non parlare del Cielo che sta qui sopra e per il quale è già cosa fatta. E se solo avessi la certezza che dopo essere stato gettato fuori la millesima volta dai Cieli, io cadrei proprio ai Piedi di Cristo. Ma se di ciò non sono pienamente certo, il mio Amore per il Cristo equivale più o meno ad un inutile boccheggiare, in cerca di questa beatificante Aria della Vita, quando ci si trova in una sfera in cui, di tale Aria Vitale, ce n'è ben poca, o niente affatto”.

               3.   Il supposto servitore dice: “Hai tu dunque, qui, poca aria da respirare, dal momento che tu parli come se dovessi boccheggiare in cerca di aria vitale?”.

               4.   Il nostro oratore risponde: “Mio caro amico e fratello, io non vorrei che tu fraintendessi quanto da me detto, poiché c'è una duplice aria della vita, secondo il mio intendimento. L'aria per i polmoni, qui, è più che a sufficienza. Il cuore è anche un organo elevato che ha molto bisogno di respirare; cioè, per come la capisco io, esso deve espirare Amore ed anche perciò inspirare Amore.

               5.   Vedi, quando io vivevo sulla Terra ancora da uomo, io ero, come già una volta accennato, fortemente innamorato di una ragazza. Per i miei polmoni, in tale occasione, io avevo dappertutto aria sufficiente per respirare; però, quando io non mi trovavo vicino all'oggetto del mio amore, mi sentivo soffocare, malgrado la grande abbondanza d'aria. Quando, invece, io ero vicino all'oggetto del mio amore - non devi volermene se qui uso dei termini non adatti - allora l'aria diventava, per me, del tutto simile a dell'etere profumato.

               6.   Vedi, qui mi succede la stessa cosa, e, certamente, questo è il caso dell'intera compagnia, perciò ti dico: «Spazza via tutte queste magnificenze celesti e poni in questo luogo, dove si trova questo lussuoso tempio, una comune capanna di contadini; dammi, in sostituzione di queste lussuose vesti, un ordinario vestiario di campagnolo e al posto di tutti questi viali, fiancheggiati da maestosi alberi fruttiferi, mettici degli alberi stenti e un campicello di grano, ma aggiungi a tutto ciò il Cristo e tu mi renderai molto più felice, come se in aggiunta sorgessero ancora mille altre regioni, altrettanto splendide.

               7.   Anzi, io voglio dirti ancora di più su quanto riguarda il mio cuore; se una simile situazione fosse possibile, io sarei inesprimibilmente più felice e beato nel più misero angolo della Terra, anche se avesse l'aspetto dell'anticamera dell'Inferno o perfino nell'Inferno stesso, se io potessi essere con il Cristo, che non senza la Sua Reale Presenza, umanamente visibile, nel più elevato e più meraviglioso Cielo! Io credo, caro amico e fratello, di aver parlato molto chiaramente»”.

               8.   Il nostro supposto servitore dice: “Mio caro amico, ti ho compreso benissimo, soltanto mi sembra che tu, il tuo amore per il Cristo, lo metta alla stessa stregua del tuo sensuale amore mondano. Secondo me, l'Amore per il Signore dovrebbe essere del tutto diverso da quello per una futura sposa e, perciò, son dell'opinione che, fino a che tu non separerai tale amore nel tuo cuore, non amerai il Cristo nel modo giusto; e, fino a tanto che tu non l'amerai nel modo giusto, ritengo che il Cristo ci penserà prima di apparirti e di venire a te”.

               9.   Il nostro oratore principale dice: “Mio caro amico, questo è più facile a dirsi che a farsi. Metti nel mio cuore ancora un secondo amore, che sia sicuramente più degno del Signore di questo che è là nel quale io ora vivo, ed io lascerò subito andare il primo. Però, io credo che se ho riunito ora tutto il mio amore in me, anche quello che sentivo un tempo per mia moglie, e se ho dedicato segretamente tutto questo amore riunito, già da lungo tempo, soltanto al Signore, cosicché possa dire dal più profondo della mia vita: «Io ho rinunciato per il Cristo a tutto quello che avevo», non posso per il momento fare nulla di più. Se, però, tutto questo amore è semplicemente indegno del Signore, allora, come ti ho detto or ora, io non posso procurarmene un altro più degno a nessun prezzo. Però, io non posso nemmeno credere che il Signore voglia essere amato da noi con un altro amore che non sia proprio quello che Egli stesso ci ha posto nel cuore.

             10.   Se poi pensi a tutti i prediletti del Signore, che Gli erano vicini durante la Sua Vita terrena, mi risulta che Gli sono stati più cari quelli che lo hanno amato con il comune amor filiale del cuore. E così, il Suo prediletto era Giovanni che, certamente, ha baciato spesso il Signore e che, nell'Ultima Cena, si è letteralmente appoggiato al Suo Petto, in un impeto d'Amore. E lo stesso era il caso con Maria, sorella di Marta, e come pure con Maddalena, che era innamorata di Lui; e che, proprio in seguito a questo grande Amore, è stata la prima a vederLo, dopo la Risurrezione.

             11.   L'esempio più vivente e più palpabile lo ha dato Lo stesso Cristo, quando portarono a Lui i bambini, ed Egli disse: «Lasciate i pargoli venire a Me, e non impedite loro di avvicinarsi, poiché a questi appartiene il Regno dei Cieli!». Vedi, è cosa certa che i bambini non sapevano nulla di un amore più elevato e più degno del Signore, bensì essi si strinsero intorno al Signore del Cielo e della Terra con il loro amore filiale naturale e, tuttavia, dopo di ciò il Signore disse, rivolto ai suoi apostoli e discepoli: «Se voi non diventate come questi piccoli fanciulli, non entrerete nel Regno dei Cieli!».

             12.   Vedi, caro amico, questo mi dà pienamente il coraggio di amare il Signore con il mio naturale amor filiale o infantile, e chissà che a Lui questo mio amore, per se stesso oltremodo semplice, non sia più gradito, considerato dal mio punto di vista, che non se L'amassi col purissimo amore di un serafino, anche se lo possedessi! In verità, a questo riguardo, io non farei certo del mio cuore una cassa di risparmio dell'amore; come stanno invece le cose, io devo esclamare col caro apostolo Pietro: «Mio Caro Cristo, vedi, nel mio cuore non ho né oro né argento, però quello che ho io vorrei darlo tutto a Te, se io soltanto Ti avessi!»”.

             13.   Il nostro supposto servitore apre le Sue Braccia e dice all'oratore e, attraverso di lui, a tutta la compagnia: “Mio amatissimo amico e fratello, non ti ho Io dunque detto: «Afferra soltanto il Cristo nel suo giusto verso ed Egli sarà qui!». E tu l'hai afferrato, e perciò è avvenuto quello che ti avevo detto, poiché il Cristo ti si è avvicinato e, d'ora in poi, non uscirai più dalla Sua Compagnia, per l'eternità; e così, dunque, tu puoi abbracciare il tuo Cristo, secondo il desiderio del tuo cuore!”.

             14.   Il nostro oratore principale, con l'animo tutto eccitato nel suo amore, chiede a colui che egli ritiene sempre sia il noto servitore: “Oh, caro amico, dove, dov’è Egli dunque, cosicché io e tutta la mia compagnia possiamo cadere ai Suoi Piedi?”.

             15.   E il supposto servitore dice: “Amici e fratelli, Egli si trova qui, dinanzi a voi: ecco, sono Io Colui che voi avete cercato nel vostro cuore. Io, però, ero presso di voi già lungo tempo addietro, e vi ho cercati e portati qui. Dunque, venite qui, ed Io vi porterò dove dimoro fra coloro che Mi amano, come voi Mi amate; poiché, in verità, Io non domando né oro né argento, bensì del puro Amore filiale Io chiedo! Per quanto a sontuosità e splendore, sta nella Mia Potenza adornare in modo meraviglioso tutta l'Infinità!

             16.   Invece, Io sono per voi un vero Padre, figli Miei cari; e, perciò, i vostri cuori, nella loro filiale semplicità, valgono per Me molto di più di tutte le magnificenze dei Cieli! Dunque, seguiteMi!”.

             17.   E, vedete, come ora tutto è cambiato. Tutti i componenti la nostra compagnia circondano il Signore; ognuno Lo ama, e preme il suo cuore verso il Padre, come fanno i bambini quando non vedono i loro buoni genitori per un tempo abbastanza lungo. E il Signore li guida come un buon Padre, ed insegna loro, Egli stesso, a conoscere le sue meraviglie. Guardate quanta beatitudine irradia ora dalla faccia di tutti, ed il nostro oratore non può trattenere ancora un’esclamazione: “Oh, quale viaggio è questo, in cui il Padre Santo conduce i Suoi figli là, dove Egli dimora!”.

 

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Cap. 59

* * * * *

Arrivo nel Mattino eterno

Limitatezza dell'Onnipotenza divina nell'educazione dell'animo umano

 

               1.   Voi chiedete ora, se noi dobbiamo aggregarci ulteriormente a questa compagnia. Ed io vi dico che ciò è necessario, poiché voi dovete seguire l'intero decorso, dal principio alla fine; dato che, attualmente, tutti costoro sono troppo beatamente sorpresi, e troppo presi dall'amore per il Signore, e che, appena nel giusto posto ed al giusto momento, tale primo violento scaturire del sentimento d'amore potrà venir regolato, ed allora il nostro oratore non mancherà di attingere chiarificazioni su parecchie cose, alla migliore delle Sorgenti.

               2.   Infatti, questa è una particolarità dei migliori romano-cattolici, cioè che essi giungono nel Regno degli spiriti, profondamente assetati di Luce; e, come nel caso attuale, anche nel vero Cielo, così che essi hanno pronta un’infinità di domande, per poter illuminare tutti quegli angoli che, durante la loro esistenza, sono stati lasciati nelle più profonde tenebre.

               3.   Guardate, noi siamo già abbastanza vicini al giusto posto; la zona delle basse colline, a noi ben nota, ci sorride già; ed il Sole di questo Cielo si trova molto basso, e manda una meravigliosa luce che tende al rosso; anche la nostra compagnia sta osservando tutto ciò, e si meraviglia della semplicità di questa regione che s'apre dinanzi ad essa.

               4.   Ed ecco, qui c'è già la ben nota casetta, ed anche i suoi abitanti non ci sono scgnosciuti. Guardate come s'affrettano ad andare incontro al Padre ed a coloro che lo seguono, quanto mai gioiosi nel loro amore, e pieni del massimo diletto, alla Sua vista.

               5.   Ed anche il Padre li accoglie a braccia aperte, e dice loro: “Guardate un po' qua, quanto più ricco Io sia diventato nuovamente. Ogni lavoratore è meritevole della sua mercede; come vedete, anch'Io ho lavorato, e perciò, porto con Me, la Mia mercede. Io porto qui, nuovi fratelli e nuove sorelle, e ad essi è concesso di stare a intorno a Me, al pari di voi; affinché la Mia Parola venga compiuta eternamente; cioè, Dove ci sono Io, là devono essere anche i Miei collaboratori, e coloro che Mi Amano devono dimorare presso di Me!”.

               6.   A questo punto, il Signore si rivolge al noto oratore, dicendogli: “Dunque, mio amato figlio, fratello ed amico, guarda, questo è il mio posticino: come ti piace?”. Il nostro oratore si raccgglie un po', e poi dice: “Oh, Signore, come puoi chiedermi una tal cosa? Sarebbe più naturale che io domandassi a Te come ti piace qui? Infatti, per quanto mi riguarda, mi piacerà sempre infinitamente, e più di ogni altro luogo, dove sei, dove abiti e dove piace di più a Te.

               7.   In verità, questo luogo ha lo stesso aspetto di quei luoghi che noi, poveri contadini, avevamo sott'occhio sulla Terra; soltanto che qui si gode di una magnifica vista! Laggiù, quella pianura si estende all'infinito, ed è ornata con una sontuosità inesprimibile! Città, ed enormi palazzi d'una grande magnificenza, ce ne sono in numero da far tremare, mentre, dalla parte opposta, cioè davanti a noi, questa splendida regione collinare, con le sue piccole casette, sembra non aver fine, per l'eternità.

               8.   Da che cosa dipende che la pianura, laggiù, appaia tanto indescrivibilmente più sontuosa, di questa zona collinare? Però, io sono un gran chiacchierone, appena adesso mi accorgo che mi sto perdendo in mille domande, perciò, o Padre, perdonami!”.

               9.   Il Signore prende per mano l'oratore, e gli dice: “Guarda, nella regione là sotto, generalmente, abitano uomini che, in seguito alla sola loro fede in Me, hanno condotto una vita completamente giusta. Fra di loro vi sono, per la maggior parte, i cosiddetti protestanti, ed altre sette cristiane. Più lontano ancora, dimorano i pagani, che nel mondo hanno vissuto rettamente secondo la loro fede, e, soltanto qui, hanno accolto la fede in Me. Ed ancora più in fondo, in quella parte che sta fra il Mezzogiorno e l'Occidente, c'è la dimora di quei fedeli crisitano-cattolici, che si chiamano, in parte, romani, in parte, greci, ma che qui non si sono potuti purificare completamente dei loro errori, senza danno per la loro vita e la loro libertà. Non che per questo non siano beati, anzi, essi godono di una grande beatitudine e non sono confinati nella loro zona; al contrario, essi possono fare dei progressi, in seguito ad un maggiore approfondimento sul reale e Vero basilare (originario).

             10.   Tu vorresti sapere in che cosa consista un tale errore! Vedi, esso consiste nell'accettare la fede come un obbligo, per timore di Dio, e poi vivere fedelmente secondo questa fede. Chi così crede, non può giammai amare Dio, perché Lo teme troppo. Questa paura esagerata di Dio è appunto l'errore che non si può togliere loro, tanto facilmente, senza danno per la vita o la libertà. Tu, naturalmente, pensi fra te: “Come può esprimersi così l'Onnipotente?”. Vedi, quando si tratta della piena libertà di un essere, Io stesso devo tenerMi da parte con la Mia Onnipotenza; poiché, se la usassi, sarebbe l'immediata rovina dell'essere, ed Io avrei, anziché dei figli liberamente viventi, pensanti e operanti, delle vere e proprie macchine giudicate, che si muoverebbero secondo la Mia Volontà, però mai spontaneamente. Perciò, Io posso far uso della Mia Onnipotenza, in primo luogo, soltanto quando essa è assolutamente necessaria, e, in secondo luogo, quando non limita, in alcun modo, il libero spirito, nel suo conoscere e volere.

             11.   Anzi, ti voglio subito dare un esempio del modo in cui Io faccio uso della Mia Onnipotenza.

             12.   Quello che concerne il mondo naturale, e, in generale, la conformazione di tutte le creature, è l'opera della Mia Onnipotenza. Quando, poi, gli spiriti sono diventati liberi, in seguito alla Mia Parola ed al modo di vita che ne consegue, ed hanno accolto in sé, la Mia Vita, allora, L'Onnipotenza Mia agisce in modo che tutto ciò che gli spiriti, divenuti liberamente viventi, riconoscono in sé, quale apportatore di utilità nel campo del Buono e del Vero, lo possano immediatamente scorgere quale realtà disponibile in grande quantità, per il loro spontaneo uso.

             13.   Questa regione inferiore è in gran parte opera della Mia Onnipotenza e corrisponde in tutto al Vero della Fede e all'utile operare che ne deriva, così come si trova nell'intimo di tali spiriti beati. E questo è il caso dappertutto dove tu giri lo sguardo, sia su tutto il Mezzogiorno che su tutto l'Occidente.

             14.   Tu chiedi, ora, nel tuo pensiero: «Non è, dunque, questo il caso anche con l'eterno Oriente?». No, esso dipende da condizioni del tutto diverse, ed è, in tutte le sue parti, pienamente immutabile e solido, come lo è qualsiasi mondo dal punto di vista naturale; e la stabile solidità dell'Oriente sta come l'intima, eterna solidità originaria, contro la solidità esteriore naturale. La ragione di ciò sta nel fatto che, in primo luogo, Io stesso sono eternamente immutabile nel Mio Volere; e quello che Io ho formato una volta, in modo fisso e determinato, resta anche eternamente, determinato ed immutabile, così come immutabile e deciso sono Io stesso nel Mio eterno Volere.

             15.   In secondo luogo, questa regione è immutabilmente stabile, anche perché i Miei figli, che vengono qui da Me, sono Uno con Me, nel loro volere e nel loro conoscere, in seguito al grande Amore che essi Mi portano; oppure, detto in altre parole, perché essi si sono umiliati fino alle più intime fibre, e per il loro Amore per Me, hanno completamente rinunciato alla loro volontà, ed al suo posto, hanno accolto in sé, la Mia, eternamente vivente.

             16.   Perciò, essi, qui, non vogliono altro, se non quello che Io voglio. Però, la Mia Volontà è una chiarissima raffigurazione, saldamente stabilita del Buono e del Vero; per conseguenza, anche questa regione dove Io dimoro con i Miei, è completamente stabile ed immutabile; e, in nessun luogo, c'è un’illusione o un inganno. Quello che tu vedi qui è perfettamente la stessa cosa, tanto esteriormente quanto interiormente. Tutte le piante, gli alberi, i frutti, i campi di grano, non sono qui soltanto quali rispondenze apparenti, bensì sono delle realtà perfettamente fisse e stabili. Se qui, tu vai da un luogo all'altro, puoi contare i tuoi passi, tanto nell'andata, che nel ritorno, e constaterai la stessa distanza.

             17.   Tu Mi chiedi, come è logico, se questa solidità abbia qualche cosa in comune con quella della Terra. La solidità di questo mondo celeste non ha nulla a che fare con quella del mondo materiale; poiché la solidità del mondo materiale è, pure, soltanto apparente, e dura, per ogni spirito, soltanto fino a che egli sia un abitante della materia. Una volta che lo spirito ha abbandonato la materia, cessa, per lui, tale solidità. Invece, qui, non è così, poiché questa solidità è vera, immutabile ed indistruttibile, per tutte le eternità delle eternità; perché essa è una perfetta espressione del Mio eterno Amore Paterno.

             18.   Tu chiedi fin dove si estenda questa regione. Figlio Mio carissimo, questa regione, che tu vedi volgendo lo sguardo verso Oriente, non ha mai una fine, ed è, per conseguenza, tanto grande che, se su tutti gli innumerevoli molti corpi mondiali nascessero eternamente degli uomini e tutti venissero in questa regione, non ammonterebbero, nel corso di migliaia di eternità, rispetto alla grandezza di questa regione a più di più di quanto ammonti un granello di sabbia rispetto all'infinità dello spazio eterno.

             19.   E tu vorresti sapere, ancora, come Io possa abbracciare, con lo sguardo, tutto ciò, e se coloro che dimorano molto lontano, addentro nel vasto Oriente, possano talvolta vederMi. Mio caro figlio, fratello ed amico, anche questo voglio dirti, poiché ai Miei figli non deve venir celato nulla!

 

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Cap. 60

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Il Sole-Dio originario. Spiegazione della reale

Onnipresenza del Signore. Preparazione alla tavola del Padre

 

               1.   Volgi lo sguardo verso l'alto, ed osserva come, visto da qui, il Sole sia molto basso. In questo Sole Io dimoro completamente e propriamente da sempre. Questo Sole si trova nell'eterno inamovibile Centro del Mio Essere divino. I raggi, che partono da questo Sole, riempiono con la loro natura tutta l'Infinità e, in se stessi, non sono altro che la Mia Volontà d'Amore e la Saggezza che, dalla stessa, eternamente e costantemente emana. Quindi, questi raggi sono dappertutto completamente viventi e, dappertutto, essi sono pienamente e perfettamente la Mia stessa Essenza.

               2.   Ne consegue che ovunque un raggio cada là sono Io stesso, così come nel Sole, completamente presente. Dunque, non soltanto operante, bensì anche Personalmente presente; e questa Personalità, per conseguenza, è dappertutto l'Una e la stessa. In qualunque luogo tu voglia andare, tu Mi troverai dappertutto, completamente in casa Mia. Entra in una qualsiasi di queste piccole casette, a tua scelta, e tu puoi essere certo che M'incontrerai in ognuna, quale un perfetto Padrone di casa.

               3.   Tu, ora, dici che, in questo modo, Io non sia il vero e proprio Cristo originario, che ha peregrinato sulla Terra ed ha ammaestrato le genti, bensì che Io sia soltanto una copia vivente e perfetta di Esso; nel mentre il Cristo, in Sé e di per Se stesso, dimora tuttavia nella Luce inaccessibile. E tu dici ancora: “Se la cosa sta in questi termini, ne deriva, evidentemente, un politeismo”.

               4.   Ascolta, mio caro amico, fratello e figlio! Tu, a questo riguardo, pensi ancora secondo la natura esteriore ed umana, però, solo quando penserai interiormente, secondo lo Spirito, allora, questa questione assumerà per te un aspetto del tutto diverso. Tuttavia, affinché dal tuo modo di pensare naturale tu possa passare tanto più facilmente a quello spirituale, Io ti voglio guidare attraverso degli esempi naturali.

               5.   Ecco, sulla Terra tu vedevi soltanto un Sole; però, se tu tenevi uno specchio contro il Sole, quello stesso Sole era anche nello specchio, ed è escluso che tu possa affermare che quello nello specchio fosse un altro, e non quello che splendeva nel cielo. Se, però tu avessi avuto parecchie migliaia di tali specchi, e li avessi esposti al Sole, non avresti tu, scorto, in ognuno di essi, un Sole perfetto, che emanava in sé altrettanta luce e altrettanto calore?

               6.   Tu dici: “Questo dovrebbe essere senz'altro il caso”. Io, però, voglio darti un esempio ancora più convincente.

               7.   Sulla Terra, certamente, tu avrai udito parlare dell'effetto del cosiddetto grande specchio ustorio. Tu dici che ne possedevi uno. Quando tu facevi cadere i raggi del Sole su un tale specchio, nella loro rifrazione, erano mille volte più intensi di quelli partenti dal vero Sole.

               8.   E se anche di tali specchi tu ne tenessi parecchie migliaia di fronte al Sole, pure tu potresti constatare la maggiore potenza negli effetti di ciascuno di essi. Questo è perfettamente vero.

               9.   Però, che cos'è che opera in questi specchi? Vedi, nient'altro che sempre l'uno e medesimo Sole, che tu, attraverso il numero considerevole degli specchi, hai moltiplicato.

             10.   Ora, invece, Io domando a te: “Attraverso questa moltiplicazione, il Sole è stato proprio sul serio moltiplicato, oppure quello che è stato moltiplicato è soltanto il suo effetto?”. Tu dici ora: “Certo, l'effetto soltanto!”. Bene, dico Io a te: “Quanti Soli avevi tu, dunque, nei tuoi specchi?”. E tu dici: “Dal punto di vista degli specchi, tanti Soli quanti erano gli specchi; però, in realtà, considerando la cosa dal punto di vista del Sole, io ne avevo soltanto uno, e sempre lo stesso”.

             11.   Dunque, vedi, quello che viene indicato in questo esempio tratto dalla natura, qui si presenta nella massima vivente realtà e pienezza.

             12.   E' ben vero, però, che tu dici in te: «Questo lo scorgo ora, perfettamente. Comunque, a parte ciò, se si volesse esaminare ogni Sole che si vede riflesso nello specchio, ed avvicinarglisi, per poterlo conoscere nel suo vero e proprio essere, tutti questi Soli non sarebbero di nessuna utilità, e la vera essenza del Sole rimarrebbe, tuttavia, completamente estranea all'occhio indagatore».

             13.   Questo è esatto, però, tanto tu, quanto la Terra tutta, cosa avreste potuto guadagnare, se il vero Sole si fosse avvicinato alla Terra ed a te, come tu ti sei avvicinato ad esso, per mezzo dello specchio? Vedi, tutta la Terra, te compreso, sarebbe stata dissolta come una minuscola goccia d'acqua su quel ferro rovente. Di che utilità ti sarebbe stato, allora, l'avvicinamento del Sole reale?

             14.   Perciò, infinitamente di più è il caso con questo Mio Sole. Esso deve sempre stare in un Centro inaccessibile, al quale nessun essere può avvicinarsi al di là dell'ordine stabilito, poiché ogni avvicinamento che superi la misura fissata, apporterebbe ad ogni essere il completo annientamento. Questo è stato detto anche da Mosè, quando voleva vedere la Faccia di Dio, poiché sotto “vedere” tu non devi comprendere lo scorgere con gli occhi, bensì il completo avvicinarsi all'Essere Fondamentale della Divinità.

             15.   Come vedi, se Io sono l'Uno e il Medesimo come sono nel Sole e, tuttavia, Io sono qui dinanzi a te, cosicché tu puoi avvicinarti completamente a Me, come un fratello all'altro fratello, non ha ciò molto più valore? E non dimostra più Amore e Misericordia che non se tu potessi realmente avvicinarti a questo Sole, per poi venir completamente annientato, in seguito al tuo avvicinamento?

             16.   Inoltre, come sarebbe imperfetta la felicità, tanto tua, quanto Mia, se non Mi fosse possibile trasferirMi, Personalmente ed essenzialmente, in tutta la Mia pienezza, in qualunque luogo dove i Miei figli si trovino!

             17.   Vedi, il Cielo è infinito! Se a Me non fosse possibile questa essenziale infinita molteplicità della Mia Unità, pienamente innocua, come si sentirebbero orfani i Miei figli e come Mi sentirei Io solo fra loro!

             18.   Che Io sia perfettamente Lo stesso e possieda tutta la vivente divina Coscienza e tutto l'Amore, la Sapienza e la pienezza della Potenza divina, lo puoi dedurre, in primo luogo, dal fatto che Io ti ho condotto qui, Personalmente ed essenzialmente e, in questo modo, Io ti ho mostrato la Potenza del Mio Amore, della Mia Sapienza e del Perfetto divino Mio Volere. Se tutto ciò tu non dovessi trovarlo sufficiente, pensa qualunque cosa vuoi, ed Io voglio che essa appaia dinanzi a te, immediatamente quale una cosa creata.

             19.   Ecco, tu vorresti una regione della Terra a te nota. Guarda davanti a te; Io l'ho creata visibile e percettibile!

             20.   Ora tu dici: “In verità, una cosa simile può farla soltanto l'Unico Iddio!”. Bene, dico Io, così tu dovrai ammettere che Io, che sto qui dinanzi a te e ti svelo i portenti dell'Esser Mio, sono perfettamente e completamente Quello stesso che si trova eternamente in quel Sole, nella Sua Essenzialità fondamentale!

             21.   Tu dici: “Certo, questo lo credo ora pienamente; però, se ora io andassi in un'altra casa e Tu rimanessi qui, ed io trovassi là, evidentemente, un secondo Essere della Tua stessa Origine, cioè, come Te, sarebbe esso perfettamente Uno con Te e sarebbe simile a Te in tutto?”.

             22.   Ed Io ti dico: “Questo dipende soltanto da una prova da parte tua. Io voglio fare in modo che tu ti trovi con la velocità del pensiero là in fondo, molto lontano da qui, presso una di quelle casette, mentre Io resterò qui. Del che, la tua compagnia ti renderà testimonianza al tuo ritorno, mentre tu Mi dirai, allora, se là Mi hai ritrovato perfettamente uguale, oppure no. Dunque sii là!”.

             23.   Ora, vedi, Mio caro figlio, fratello ed amico! Tu sei, qui, adesso, come lo puoi constatare nel lontano Oriente. Tu puoi riconoscere ciò, guardandoti intorno, poiché non scorgerai altro che soltanto le infinitamente ampie distese dell'Oriente con le sue abitazioni; ed anche dei tuoi compagni non c'è nessuna traccia. Dimmi, dunque, non sono Io, qui, pure lo stesso?

             24.   Vedi, così davvero deve essere, poiché, se così non fosse, addirittura non sarebbe stato creato nulla e nessun essere umano sarebbe pensabile come tale! Infatti, la vita di ciascun essere umano è, appunto, essa pure soltanto un'immagine perfettamente simile a Me. E quando un essere umano è vissuto secondo la Mia Parola, oppure quando milioni sono così vissuti, può soltanto uno di loro dire: “Cristo vive in Me!”, oppure non possono dirlo tutti gli innumerevoli giusti? Dunque, se tutti lo possono dire, sono Io, per questo, un Cristo diviso fra di loro, oppure Uno eternamente indiviso?

             25.   Io sono eternamente e sempre l'Uno e Lo stesso nel cuore di ogni uomo; e quando milioni e milioni hanno riempito di Me i loro cuori, e precisamente ognuno completamente per sé, non ha, in seguito a ciò, per sé un altro e particolare Cristo, bensì nel cuore di ognuno dimora integralmente l'Uno e Lo stesso Cristo. Dunque, che ne dici ora? Non sono Io, qui, perfettamente Quello stesso che tu hai lasciato là, presso la tua compagnia?

             26.   Tu dici: “Sì, o Signore, Tu sei Lo stesso e non vi è alcuna differenza, né nella figura né nella Parola e nemmeno nel Tuo divino Volere. Perciò non posso pensare ad altro, se non che Tu sia venuto qui con me, con la stessa velocità!”. O certo, così sembra naturalmente a te; però, come ti ho detto, al tuo ritorno, la tua compagnia darà testimonianza della Mia costante Presenza presso di loro, così che lo saprai subito anche tu. Ora, Io ti dico: “Sii di nuovo là!”. E vedi, tu sei di nuovo con la tua compagnia, e ora dimMi, come Mi hai trovato là?

             27.   Tu dici: “Tu eri laggiù, interamente Te stesso, come Lo sei qui, e non c'era la minima differenza”. Io ti dico che questo è giusto; ora però domanda ai tuoi compagni se, nel frattempo, Mi sono allontanato da qui. Vedi, essi dicono: “Ma neanche per idea; al contrario, il Signore ci raccontava quello che ti stava accadendo”. Ed ecco, tu ora ti meravigli e non ti puoi capacitare. Ma Io ti dico che questo non è affatto un miracolo, bensì questo avviene attraverso un procedimento più che ordinato e giusto.

             28.   Se tu, sulla Terra, fossi stato un ottico, ciò ti risulterebbe ancora più evidente. Come avviene che parecchi uomini, per proprio conto, scoprano l'uno e lo stesso oggetto, completamente come uno, e tuttavia ogni singolo soltanto il proprio? Vedi, questo dipende dall'occhio dell'uomo. Dall'oggetto partono raggi in tutte le direzioni ed ognuno accoglie l'immagine, formata dai raggi, nel suo occhio, ed ognuno contempla poi, in sé, soltanto tale immagine da lui accolta, la quale è perfettamente simile all'oggetto scorto.

             29.   Tale oggetto è stato forse moltiplicato, dato che ognuno lo vede in sé, così come esso è? Tu dici: “Niente affatto”. E vedi, qui abbiamo anche lo stesso caso, ma in modo vivente; mentre, nel mondo, esso è soltanto naturale e, con ciò, è anche apparentemente morto.

             30.   Tu devi contemplare questa meraviglia ancora più profondamente, però, prima tu devi un po' digerire tutto quanto ti è stato detto finora, quale un vero Pane dai Cieli.

             31.   Ma Io nel frattempo voglio andare in questa Mia dimora e farvi allestire la Mia tavola dai Miei servitori, affinché tu, insieme alla tua compagnia, possiate sedere a mensa, per la prima volta, pienamente con Me e gustare il Pane del tuo vero Padre Celeste! E, perciò, pazienta un po' qui fuori, finché Io ritorni e ti conduca nella Mia Casa!”.

 

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Cap. 61

* * * * *

Il pranzo alla tavola del Padre: agnello, pane e vino

 

               1.   Voi chiedete, ora: “Dobbiamo attendere anche noi questo invito?”. Certo, ciò sta nell'Ordine, poiché tutto ciò succede, appunto, a scopo di ammaestramento; perciò, voi dovete essere presenti fino alla sua piena conclusione. Con “piena conclusione”, voi dovete intendere, in questo caso, un completo ingresso nell'Ordine divino. Però, guardate, il Signore esce già dalla casetta e fa cenno alla compagnia di venire.

               2.   A questo punto, chiedete: “E troveranno posto tutti in quest’abitazione?”. Ma io vi dico, non preoccupatevi di ciò, poiché, in questo caso, trova letteralmente applicazione il vostro proverbio: “Pecore pacifiche hanno sufficiente posto, in molte, in una stalla”. Anche delle cose ben ordinate hanno molto posto in piccolo spazio. La compagnia sta, proprio ora, entrando in casa, seguiamola, dunque, noi pure.

               3.   Guardate come tutti si siano ben accomodati, e cioè, in una stanza; e, come vedete, il Signore stesso ha cinto un grembiule, e serve in tavola.

               4.   Come vedete, abbiamo visibile davanti a noi la Santa Cena: c'è un agnello arrostito, poi del pane e del vino; e, guardate come anche qui, il Signore spezzi il pane, e ne ponga un bel pezzo dinanzi a ciascuno; c'è anche del vino in un calice, e tutti bevono da quell'unico calice.

               5.   E guardate pure, come, ora, tutta la nostra compagnia incominci a mostrare maggior forza vitale; e come, nel sorriso che illumina la faccia di ciascun ospite, vada, verso il Signore, un gioioso ringraziamento, pieno d'Amore! Ma qui, le sedute a mensa non durano eterne, e il Signore dice: “Ora, Miei cari amici, fratelli e figli, voi vi siete rinvigoriti, per la prima volta, nel Mio Regno. Ora sapete pure che Io sono qui costantemente, come pure dappertutto, essenzialmente in casa Mia, con la Mia Forza, uscite dunque nuovamente con Me, che Io voglio destarvi appieno per la vostra vera ed eterna destinazione.

               6.   Dunque, noi siamo qui riuniti dinanzi alla casa, vogliate, perciò, ascoltare la Mia Volontà:

               7.   «Voi avete già appreso, sulla Terra, che il Mio raccolto è grande, però, ci sono ancora pochi lavoratori sul Mio grande campo, dove la raccolta deve venir fatta. Questo è, perciò, il luogo in cui voi dovete diventare i Miei veri lavoratori e collaboratori, per portare al sicuro il Mio raccolto, e cioè, allo stesso modo, come molti dei vostri fratelli lo sono già diventati. Guardate un po' qui! Voi riconoscete, senza difficoltà, tutti gli attrezzi che appartengono ad una buona amministrazione: un aratro, un erpice, una zappa; e poi, falci, coltelli da vigna, ed altri strumenti; e, tutt’intorno, da ogni lato, potete scorgere dei grandi campi, e, più in là, delle vigne. Più verso Oriente ancora, c'è un vero e proprio bosco di alberi fruttiferi.

               8.   Vedete, questo è il campo della vostra attività, che non dovete, però, svolgere nel modo in cui voi l'avete fatto sulla Terra, bensì come viene fatto qui, nel significato più intimo, e perciò, anche più vivente. Voi, qui, non arerete, non erpicherete, e non taglierete neppure il grano, né coltiverete la vigna, e non ne raccoglierete nemmeno i frutti; poiché tutto ciò, è qui soltanto, quale una veritiera rispondenza interiore dell'operare dell'Amore, che voi dovete esercitare da qui a favore dei fratelli della Terra.

               9.   Ma non soltanto ai fratelli della Terra, poiché, qui, Io intendo parlare con voi in senso molto esteso, e dico perciò: «Io ho ancora parecchi greggi, che non dimorano nell'ovile della Terra; bensì, che vivono, a seconda della loro natura, su innumerevoli altri corpi mondiali. Tutti questi greggi devono venir guidati in questo Ovile della Vita».

             10.   Perciò, Io do ora a voi la Mia Forza nella pienezza, affinché, attraverso di questa, voi possiate operare dappertutto dove vi manderò, così completamente, come se operassi Io stesso. E' ben vero che potrei svolgere tutto questo lavoro Io stesso; ma Io divido con voi tutta questa attività, affinché così, la vostra beatitudine, vicino a Me, possa costantemente aumentare da eternità a eternità.

             11.   Perciò, quando Io invierò l'uno o l'altro di voi, in qualche luogo, a tale grande scopo, voi dovete poter scorgere, al pari di Me, dall'origine più interiore, tutto il mondo, per quanto possa essere esteriormente naturale, e voi dovete poterlo osservare, dal suo più profondo fondamento, fino alla sua crosta più esteriore; e così pure all'inverso, partendo dal di fuori, fin nel suo profondo più interno. Per ciò che riguarda quello che avrete da fare, in occasione di una tale missione, lo apprenderete sempre, nel modo più perfetto e completo, nell'intimo vostro».

             12.   E così, Io vi ho indicato la vostra grande destinazione, nella quale voi potete essere attivi al massimo, secondo il Mio Amore, la Mia Sapienza e il Mio Ordine; e, con ciò, Io anche vi eleggo e faccio di voi dei veri e propri angeli del Mio Regno, nonché dei veri abitanti della Mia Città Santa, che è l'eterna Gerusalemme! E ora vi siano aperti i vostri occhi interiori, affinché voi vediate quanto grande e splendido è Colui che ora parla con voi, e che rimarrà presso di voi, eternamente! Guardate ora, verso Oriente, e diteMi che cosa vi scorgete”.

             13.   E l'oratore principale risponde: “Oh Signore! Mio Amatissimo Gesù Cristo! Oh Tu, vero Padre, infinitamente colmo d'amore, che sei Santo, Supersanto! Che cosa vedono i miei occhi! Quale Gloria infinita! E in questa Gloria, una Città senza fine! E la Città sembra proprio essere infinita; e il Sole, il magnifico Sole, splende nel mezzo, stando sopra la Città; e la Città splende quanto il Sole! E ora vedo nuovamente il mio vecchio Cielo stellato, e lo sguardo mio penetra - o mio Dio e mio Signore - nelle infinite profondità delle Tue creazioni; o certo, questo sì che si chiama Cielo, poiché questo è letteralmente vero.

             14.   Che nessuno ha mai neppure immaginato, quello che Tu, oh Padre Santo, hai preparato per coloro che Ti amano! Oh, in quali infinite beatitudini, penetra ora, il mio occhio immortale! Oh Tu, amorosissimo e Santo Padre, dimmi, posso abbracciarTi ed amarTi con la massima potenza del mio cuore?”.

             15.   Il Signore dice: “Mio caro amico, fratello e figlio! Guarda, Io sono qui, dinanzi a te; amaMi così, come ti è possibile amarMi; è infatti per questo che Io ti ho creato; cioè, affinché tu Mi potessi riconoscere ed amare così da sentirti beato, e tu, a tua volta, fossi per Me, un carissimo figlio, da poter amare con tutta la pienezza della Mia divina paternità!

             16.   Ora, però, rechiamoci nella Mia Città, e non domandate cosa succederà con queste casette d'abitazione, poiché esse sono rispondenze della vera umiltà, che emana dal puro Amore per Me. Queste abitazioni rimarranno tali e quali sono, e Noi ci verremo spesso; dato, però, che Io ho già la Mia grande “Cancelleria ufficiale” nella Città, anche i Miei angeli devono essere là dove li attende la loro principale destinazione, cioè, per lo svolgimento dell'attività dell'Amore.

             17.   Ora voi chiedete ancora da chi saranno abitate queste casette. Vedete, Miei cari figlioli, gli abitanti delle grandi Città sulla Terra, non hanno anche loro, una o più dimore in campagna, che sono loro molto utili per cambiare aria e riposarsi? Perché non dovremmo averle pure noi? Perciò, Io vi dico: “Quando noi avremo compiuto qualche grande opera, Ci concederemo, qui, una necessaria e piccola ricreazione; e ora, dunque, rechiamoci nella Città!”.

             18.   Guardate, come il Signore stesso conduca la nostra compagnia, nella Città Santa; e dato che qui, generalmente si procede, senza accorgersi, molto rapidamente, anche noi li seguiamo allo stesso modo, e ora stiamo avvicinandoci a questa Città di tutte le Città, nell'infinità intera.

             19.   Vedete, come dalle porte della Santa Città di Dio, un’immensa folla stia venendo incontro al Signore che è in procinto di entrarvi. Come vedete, in prima fila ci sono gli amici del Signore, a voi ben noti, cioè, i Suoi apostoli, e poi, a cominciare da Abramo, seguono tutti i Padri ed i Profeti! Ascoltate l'espressione di grande giubilo che sale da questa beata schiera che viene verso il Signore; e come, nella loro grande beatitudine, allarghino le braccia per accogliere il Signore con il più ardente Amore; e quale gioia si riflette sulla faccia di tutti i componenti la nuova schiera or ora conquistata!

             20.   Ed ecco, le due schiere si convergono, e vengono avvolte in una grande Gloria, che si diparte dal Signore, in modo che tutti ne sono partecipi.

             21.   Che cosa ne dite di questa scena? Ora però andiamo avanti, poiché il Signore si fa precedere da tutti, nell'entrare in Città; ed Egli segue i Suoi figli, come qualunque semplice pastore, con le sue pecore! Ora anche noi ci troviamo nella Città; guardate un po' l'infinita maestosità e tutte le magnificenze, che nessuna parola umana può descrivere, che lungo questa via si presentano ai nostri sguardi, da ambedue i lati. Tutto è avvolto nella Gloria del Signore; delle aure sante alitano in tutte le vie e strade, e queste aure sono la Vita che qui emana dal Signore, nell'infinita pienezza!

             22.   Ora il Signore si ferma dinanzi ad un grande edificio e dice alla nostra grande compagnia: “Ecco, figli Miei amati, questa è la dimora, nonché la nostra grande «Sede ufficiale»: qui vogliamo entrare!”.

             23.   E vedete, essi entrano, seguendo il Signore, e dentro vi sono molte splendide stanze, perfettamente preparate per ricevere i nostri “Principi del Cielo”, di nuova nomina!

             24.   E vedete ora come il Signore indica loro una tabella di colore chiaro e dice: “Su questa tabella voi scorgerete sempre la Mia Volontà”. Poi impone loro le Mani e li riempie completamente dell'Onnipotente Spirito del Suo Amore. Vedete, ora parlano fra loro delle infinite divine condizioni delle cose, come dei vecchi confidenziali amici e fratelli!

             25.   Ora, voi avete scorto l'autentica destinazione dell'uomo nel vero e proprio Cielo perfetto; ed avete pure visto qual sia stata la conclusione per la nostra compagnia.

             26.   Tuttavia, non dovete credere che questo sia sempre il caso con coloro che si trovano nel Cielo fittizio; bensì, questo avviene soltanto con quei pochi che hanno veramente amato il Signore sopra ogni cosa già durante la loro terrena esistenza, secondo il loro intimo sentire, e malgrado tutti i concetti errati che a loro son stati insegnati.

             27.   Come invece vadano le cose, con parecchi altri, lo osserveremo sempre con i nostri occhi, per Volontà del Signore; perciò, lasciamo ora questa Santa Città; e rechiamoci nuovamente, con un rapido viaggio, nel mondo spirituale della Chiesa cattolico-romana.

             28.   Guardate, io ho appena terminato di parlare, e ci troviamo nuovamente nella nota zona, molto vicino ad un convento. Voi chiedete: “Caro amico, per quanto ci dispiaccia molto aver dovuto lasciare così improvvisamente la tanto splendida Città di Dio, vorremmo sapere, dal momento che ci troviamo di nuovo qui, a quale ordine appartiene questo convento!”. Miei cari amici e fratelli, qui noi conosceremo dapprima un convento di suore e cioè delle Carmelitane. In tale occasione, voi farete diverse esperienze vive sul modo in cui stanno le cose qui, in un convento di tal genere. Però, prima riflettete voi stessi su quello che sapete di quest'Ordine, affinché, poi, voi possiate tanto più facilmente scorgere, in quanto tale Ordine sia gradito al Signore; ed in quanto, invece, Gli sia sgradito. E, con ciò, chiudiamo per oggi.

 

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Cap. 62

* * * * *

Visita alle Carmelitane

 

               1.   Voi chiedete: “E qui, ci lasceranno entrare? Infatti, se le cose stanno qui, con quest'Ordine, come sulla Terra, almeno secondo la nostra conoscenza, non ne ricaveremo gran che di utile”. Miei cari fratelli, qui le cose stanno come sulla Terra. Questo, però, a noi non sarà d'alcun inciampo, poiché, a questo riguardo, noi siamo al di sopra d'ogni difficoltà, e nessuno può impedirci di ficcare il naso, nei più riposti segreti; cosicché, pure in questo caso, entreremo alla chetichella nel convento; e non sfuggirà nulla al nostro fiuto. Venite con me, e non preoccupatevi di nulla.

               2.   A questi esseri, noi resteremo completamente invisibili ancora per lungo tempo, poiché voi dovete sapere che gli spiriti angelici, o dal Terzo Cielo stesso o per volontà del Terzo Cielo, restano invisibili pure per altri Cieli sottostanti, fintanto che questi ultimi, secondo il loro intimo, non hanno accolto essi stessi l'essenzialità dell'Amore per il Signore; e cioè, dapprima quale concetto, e poi quale fattiva attività d'Amore. Dunque, noi possiamo entrare in questo convento senza preoccupazione di sorta, perché nessuno ci scorgerà, e cioè: me, no, perché sono un cittadino della Città Santa, e voi neppure, perché siete dentro alla mia sfera, ed in questa voi ci siete per Volontà del Supremo Cielo, che è il Volere Santo del Signore!

               3.   Come vedete, noi siamo già penetrati nel convento, e precisamente ci troviamo nel loro refettorio. Ora vengono portati in tavola dei cibi di stretto digiuno; e, come vedete, ora stanno arrivando le nostre monache. Non sono esse vestite come sulla Terra? Voi dite che non avete mai avuto occasione di osservarle da vicino, bensì nelle immagini soltanto, e queste corrispondono esattamente.

               4.   Ora, però, guardatele come si accingono a recitare il “Benedicite”. In che cosa consiste questa preghiera? Come potete facilmente udire, in un lungo rosario e in aggiunta in alcune frasi latine prese dai Salmi e dai padri della Chiesa, che però anche qui non vengono capite da nessuna delle monache. Ed ecco, la superiora siede a tavola e le altre fanno, dinanzi a lei, un inchino quasi fino a terra, e poi stanno in piedi accanto alle loro sedie. La superiora dà il segnale di sedersi. Essa ha vicino a sé un campanello che lei suona proprio ora, quale inizio del pasto.

               5.   Però, davanti alla tavola, ce n'è una in piedi; questa non deve mangiare ora, bensì deve leggere, alle monache che stanno mangiando, la Passione del Signore. Ora, le nostre monache hanno terminato il loro pasto corporale e la superiora suona nuovamente il campanello. Questo significa che devono alzarsi dalle loro sedie. Infatti, esse si alzano, s'inchinano di nuovo profondamente dinanzi alla superiora, poi s'inginocchiano per recitare la preghiera di ringraziamento, consistente nuovamente in un ben nutrito rosario. A questo seguono cento silenziose Ave Marie. Quando anche queste, dopo tre quarti d'ora, sono state recitate, è di nuovo la volta delle preghiere latine. Terminate queste, le monache vanno dinanzi al Crocifisso, si prostrano completamente dinanzi ad Esso; poi si recano dinanzi all'immagine di Maria e fanno altrettanto, e così pure dinanzi all'immagine di Giuseppe; ed infine dinanzi a quella della fondatrice dell'Ordine, cioè di Teresa (d'Avila), dopo di che si recano dinanzi alla superiora e si prostrano anche dinanzi a lei, quale Teresa “in corpore”.

               6.   Finalmente la superiora dice a tutte di levarsi in piedi e aggiunge che devono essere pronte, fra un'ora, per la preghiera nel coro. Nel frattempo, però, esse devono rileggere nelle loro celle la preghiera corale loro destinata, affinché poi, nel coro, tutto possa procedere senza disturbi; ciò che potrebbe causare facilmente qualche piccola irritazione e generare così perfino un peccato veniale. Considerando poi, soggiunge la superiora, che comunque l'uomo più giusto pecca giornalmente sette volte dinanzi a Dio, e quanto attento deve egli stare per non peccare otto volte e forse anche di più.

               7.   Una delle monache, a questo punto, prega la superiora di permetterle di dire una parola; e dato che, proprio in questo momento, non è prescritto il rigoroso silenzio, essa le concede quanto chiesto. (Chiedere, però, in questo convento significa pregare umilmente). Che cosa mai vuole domandare questa monaca? Stiamola ad ascoltare. Essa dice: “Degnissima sposa di Cristo, fino a tanto che noi siamo vissute corporalmente, sulla Terra, ci era gradita la rigida vita del monastero, almeno per accaparrarci il Cielo, dopo la morte fisica. Dato, però, che già da qualche tempo abbiamo scambiato la vita terrena con questa eterna con la stessa rigida vita conventuale di prima e non abbiamo ancora il minimo sentore del Cielo, viene da chiedersi se questa vita claustrale non avrà mai una fine; poiché, se noi dovessimo rimanere per sempre in questa severa chiusura, sarebbe qualcosa di spaventoso!”.

               8.   La superiora dice: “Oh tu, figlia disobbediente! Come hai potuto permettere che il demonio prendesse tanto possesso del tuo cuore, da osare di sottoporre una tale orribile domanda? Non sai tu, dunque, che prima del giorno del Giudizio nessuno può giungere in Cielo e che per la Grazia dell'intervento della Santissima Vergine Maria, di Santa Teresa e, fra loro due, di San Giuseppe, Cristo il Signore ha esonerato il nostro Ordine proprio perché è il più severo, dalle pene del Purgatorio, e, di conseguenza, per la nostra completa purificazione ci ha accordato la Grazia, perfino dopo la fine della nostra vita corporale, di scontare i peccati veniali commessi sulla Terra, nonché di cancellare le macchie di quelli mortali? Perciò, la regola dell'Ordine della nostra elevata fondatrice deve venir osservata, qui, nel modo più rigoroso. Altrimenti potrebbe anche succedere che una tale figlia disubbidiente come sei tu si senta dire nel giorno del Giudizio, dall'inesorabilmente severissimo e giustissimo Giudice, quale una sentenza inappellabile: «Lungi da Me, o maledetta, poiché Io non ti ho mai riconosciuta come Mia Sorella!»”.

               9.   Come vedete, queste parole della superiora hanno colpito la nostra povera richiedente come mille fulmini in una volta sola. Essa cade sulla sua faccia, dinanzi alla superiora, e la prega di una congrua punizione, e la superiora dice: “Oh certo, una grave punizione te la sei meritata! Però io ti voglio punire, per questa volta, soltanto con uno schiaffo, e poi con un giorno di digiuno. Però, non devi por tempo in mezzo per far chiamare il confessore ed esporgli esattamente, ed in tutta umiltà, il discorso infernale ed altamente condannabile dinanzi a Dio che tu mi hai fatto, e fare poi dieci volte la penitenza che egli ti darà; e ciò in onore della Santa Trinità, in onore delle cinque piaghe di Gesù Cristo, in onore delle Sue amare sofferenze e della Sua Morte, in Onore della Sua Santissima Vergine Madre Maria, in onore di San Giuseppe ed in onore di Santa Teresa. Ora rialzati, e vieni a ricevere il mio schiaffo!”.

             10.   Ed ecco, la nostra monaca si rialza, porge umilmente la guancia alla superiora, e questa le appioppa, come vedete, per scacciare il demonio, un ceffone talmente energico da far venire le vertigini. La nostra monaca ci piange sopra, amaramente, ringrazia la superiora per questo castigo ed esce dal refettorio insieme alle altre sorelle, recandosi poi nella sua cella. Ciò che succederà in seguito, lo osserveremo la prossima volta!

 

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Cap. 63

* * * * *

La confessione della suora e il padre confessore

 

               1.   La monaca, non appena giunta nella sua cella, dà il segnale con un campanello, affinché la servente del convento venga da lei. Che cosa avrà da dirle? Non si tratta che di chiamare il padre confessore, affinché essa si possa purificare del suo peccato, commesso dinanzi alla priora, ancor prima di prendere parte al coro per la preghiera. La servente sbriga immediatamente quest'incarico, e la nostra monaca scende subito nel confessionale, s'inginocchia dinanzi alla grata ed attende il confessore. Rechiamoci là anche noi, e tendiamo, per una volta, l'orecchio ad una confessione. Cosa la monaca confesserà, noi lo sappiamo; quello che, invece, non sappiamo ancora, è ciò che il confessore dirà; comunque lo apprenderemo adesso.

               2.   Il confessore è giunto all'altro lato della grata, e vi pone l'orecchio. Ora, la confessione è finita, ed egli le dice: “Ascolta mia cara figliola, se la regola del tuo Ordine, come essa aveva vigore sulla Terra, la poni dinanzi all'animo tuo, è evidente che, con la tua manifestazione, hai peccato. Però, non contro l'Ordine di Dio, poiché è stato quest’Ordine che ti fece pensare in tal senso, bensì contro l'Ordine del convento, che ti proibisce di avere simili pensieri. Per il tuo errore contro l'Ordine del convento tu hai anche ricevuto dalla tua superiora la punizione adeguata, e dopo la punizione, secondo le disposizioni che ti erano state impartite, ti sei presentata qui. Ora si tratta del perdono del tuo peccato dalla parte divina; Iddio, però, in tutte le Sue Parole non ha mai fatto, di tale Ordine conventuale, una legge. Precetti umani, anche se fossero in vigore da millenni, Iddio non li ha mai sanzionati come Suoi, e non guarda nemmeno se qualcuno, per così dire, costretto dalla necessità, commette qualche infrazione contro i precetti del mondo; detto questo, io, qui, non ho nulla da perdonarti dalla Parte divina”.

               3.   La nostra monaca dice al confessore: “Venerabile sacerdote, che siedi qui, dinanzi a me, nel Tribunale della Giustizia divina, come puoi dire tu, che l'Ordine del nostro convento e la sua Regola non siano divini, bensì soltanto precetti e regolamenti umani!? Vedi, se io dovessi comunicare ciò alla nostra priora, noi due corriamo pericolo di essere severamente castigati; io verrei trattata come un’ossessa dal demonio; e tu, quale un evidente eretico, verresti scomunicato, o, perfino, colpito dall'anatema chiesastico; perciò, spiega chiaramente ciò che intendi dire”.

               4.   Il confessore dice: “Ascolta mia cara sorella; chi ama sopra ogni cosa Cristo il Signore, Quale l'Unico Vero Dio del Cielo e della Terra, non teme la scomunica, né l'anatema. Vedi, gli uomini sulla Terra, che hanno tendenze mondane, e che sanno ben poco o anche nulla del Cristo, ridono di queste misure arbitrarie della Chiesa. Perché, dunque, ridono? Perché, in queste misure arbitrarie, non scorgono nessun danno per la loro vita di traffici. E perché non dovrebbero ridere coloro che amano veramente il Cristo? Infatti, essi hanno da temere un danno ancora infinitamente inferiore, da parte di queste misure o condanne arbitrarie.

               5.   Dunque, non hai mai udito quello che il Cristo ha detto, una volta nel Tempio, all'adultera, quando i farisei ed gli scribi l'avevano portata dinanzi a Lui, come meritevole della lapidazione?”.

               6.   La penitente dice: “Questo lo so bene, ma che cosa intendi dire tu con ciò?”.

               7.   “Io non intendo dirti altro - risponde il confessore - se non che il Cristo, nei Suoi giudizi, è molto più mite dei Suoi sacerdoti e scribi. Costoro avevano riconosciuto l'adultera, quale meritevole della pubblica lapidazione, senza la minima grazia e misericordia, ma il Cristo disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra!».

               8.   Vedi, queste parole hanno colpito, come un fulmine, i farisei e gli scribi, poiché c'era anche un'altra legge, la quale voleva che l'alto sacerdote fosse senza peccato, e, questa legge, i farisei e gli scribi la conoscevano altrettanto bene come quella contro l'adultera. Ma, contemporaneamente, essi sapevano, pure, di aver commesso essi stessi l'adulterio sotto ogni aspetto, tanto spirituale che materialmente. Perciò essi si spaventarono talmente a questa inattesa e penetrante risposta, che, dimenticando completamente l'adultera, se la diedero tutti a gambe. Infatti, essi non volevano, in quell’occasione, stuzzicare troppo il Cristo, perché temevano che Egli potesse rivelare, ai molti Giudei credenti, la loro ignominia, poiché questi ultimi avrebbero potuto afferrarli, e trattarli con la severità contemplata, per simili casi, dalla legge mosaica. Che cosa avvenne, invece, con la nostra adultera? Essa sola era rimasta dinanzi al Signore. L'avrebbe Egli, forse, condannata? Oh, non di certo! Egli le chiese: «Coloro che ti hanno portato qui, non ti hanno condannato?». E l'adultera rispose: «No, o Signore, nessuno mi ha condannata!». Ed Egli le disse: «Perciò, neppure Io ti condanno, vattene in pace, e non peccare più!». Dunque, che cosa dici su questo modo d'operare del Signore?”.

               9.   La monaca risponde: “Io non posso dir altro, se non che il Signore è, senz'altro, più misericordioso di tutti gli uomini della Terra presi assieme”. E il confessore dice: “Bene, mia cara sorella, se tu riconosci ciò, dovrai, allora, anche riconoscere che il mio ammaestramento è anche perfettamente valido. Dunque, se la bontà del Signore, con riguardo all'adultera, non si è attenuta alla Legge mosaica, che era stata emanata da Lui, quanto meno Egli si atterrà ad una regola conventuale. Poiché, vedi, il Signore è completamente libero, e può fare ciò che vuole; e se qualcuno gli domandasse: «Che cosa fai?». Egli non gli darebbe nessuna risposta. Io, però, sono stato mandato a te, quale confessore, pienamente nel Nome Suo, e, perciò, porto anche il Suo Nome. Dunque, se io agisco secondo il Suo Nome, e nel Suo Nome, dimmi, che ho io da temere?

             10.   Tu dici: «Il Signore certamente no, dato che tu agisci perfettamente nel Suo Nome». Dunque, dal momento che non ho da temere Lui, dovrei io, forse, temere il tuo convento, o l'arbitrio chiesastico? Vedi, questo con me non è affatto il caso, e perciò io ti dico: se tu hai un vero Amore per il Signore, tu devi anche osare qualcosa per questo Amore, e cioè, andare ora dalla tua superiora e dirle quello che io ho detto a te; e dille pure che, secondo la mia volontà, deve venire subito qui da me, insieme a te!”.

             11.   La monaca chiede ancora quale penitenza deve compiere quale riparazione.

             12.   Ma il confessore le risponde: “Null'altro, se non quello che io ti ho detto, or ora, di fare!”.

             13.   La nostra monaca si rialza, e, dato che alla superiora, in seguito alla lunga assenza della monaca, era sorto qualche dubbio, essa s'imbatte proprio all'uscita del confessionale con la stessa, che le stava venendo incontro, e le racconta tutto quello che il confessore le ha detto. La superiora si torce le mani, e dice alla nostra monaca: “Vedi, dunque, quale peccato tu hai commesso: la Grazia di Dio si è completamente allontanata da te, ed un demonio ha preso il posto d'un angelo di Luce, e si è messo al posto del confessore, dandoti quell'insegnamento condannabile! Non solo, ma pretendendo perfino che io mi presti ad un colloquio con lui, affinché, attraverso di me, che sono l'anima del convento, tutte le monache vengano attirate giù, nell'eterna dannazione. Io ho pensato, molte volte fra me, che tu avresti portato una tale disgrazia su questa Santa Casa. Ora non c'è altro mezzo, se non che noi tutte riuniamo le nostre forze, e che sottoponiamo questa nostra difficoltà alla beatissima Vergine Maria, a San Giuseppe, ed a Santa Teresa. Se costoro non ci ascoltano, noi siamo perdute, poiché qui, non c'è più né Grazia, né Misericordia da parte di Dio!”.

             14.   La nostra monaca dice alla reverenda madre: “Dica quello che vuole, o madre superiora, tuttavia, dopo l'ammaestramento del reverendissimo confessore, io non credo più a nessuna delle parole sue, e sono pronta, se ciò fosse possibile, qui, a morire ancora una volta, piuttosto che coltivare in me delle opinioni storte e contrarie all'insegnamento di questo degnissimo confessore!”.

             15.   A questo punto, la reverenda madre superiora, nel suo zelo monastico, vuole dare un colpo mortale sulla bocca alla nostra monaca, ma il confessore è talmente energico e pronto, da strappare la grata, e a sottrarre la monaca a tale maltrattamento. Quello che segue, lo apprenderemo la prossima volta.

 

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Cap. 64

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Liberazione delle povere prigioniere

“Giudizio” e “Ultimo Giorno”

 

               1.   La priora, però, vedendo quello che sta succedendo, si fa subito, l'uno dopo l'altro, parecchi segni di croce; poi, cerca rifugio vicino ad una pila d'acqua benedetta, e ne spruzza al confessore ed alla monaca. Contemporaneamente, chiama, a gran voce, tutte le sorelle, per averne un valido aiuto. Esse vengono senza indugio, e guardano fisso il confessore, senza, però, scoprire in lui, la benché minima traccia di diabolico. Ora, la priora fa un ampio segno di croce davanti a sé, si avvicina al confessore ed alla monaca, con l'intenzione di prenderli con la forza, e grida a voce stridula: “Oh tu, abominevole demonio infernale, che hai avuto la temerarietà, per mezzo della menzogna e dell'inganno, di introdurti sotto la figura di un angelo di Luce nel nostro Santuario, io ti comando, nel Nome della Santa Trinità, della Santissima Vergine Maria, di san Giuseppe, e di santa Teresa, di allontanarti, all’istante, da questo Santo Luogo, ritornando subito nella tua eterna dannazione, nel tuo fuoco infernale, per bruciarvi là, per tutte le eternità!”.

               2.   Ma ora guardate: il nostro confessore non si lascia minimamente turbare da questo misero anatema esorcistico, e dice: “Ascolta, o cieca superiora di questo povero gregge; tu mi hai chiamato demonio, perciò mi hai anche condannato come si conviene; dimmi se io, quale un - da te supposto - demonio, ho fatto qualcosa di simile con te e con questa sorella?

               3.   Io ho detto a questa sorella, soltanto quello che, qui, nel Regno degli spiriti, è la piena verità, e ti ho fatto chiamare da lei, affinché anche tu, quale priora, potessi venir istruita più profondamente, nella Verità divina. Anziché ascoltarmi, hai afferrato subito la spada ardente del giudice, e avresti voluto, se ti fosse stato possibile, colpire a morte, con un colpo, questa povera sorella, per lo meno, mandarla senza indugio, all'Inferno.

               4.   Io, secondo te quale un demonio, ho avuto compassione di questa povera sorella, e la salvai con la mia potenza dalla tua furia; in compenso tu mi hai esorcizzato e gratificato di un anatema.

               5.   Se, ora, noi poniamo i nostri due cuori l'uno accanto all'altro, ci sarebbe da rispondere ad una domanda veramente importante; e cioè, in quale dei due c'è più Amore del prossimo: se nel tuo che pretende di essere celestiale, o nel mio, che dovrebbe essere demoniaco?

               6.   Io, però ti dico: «Il tuo spadroneggiare su questo povero gregge cieco, è giunto alla fine!». E' ben vero che Teresa ha fondato, sulla Terra, quest’Ordine; però, al tempo suo, e nella sua regola, la sua base fondamentale era il vero Amor del prossimo, e l'attività nell'Amore il primo precetto dell'Ordine, così, come la necessaria purezza di cuore; regola questa, che Teresa introdusse pure nell'Ordine da essa fondato. Però, quest'Ordine, sotto queste condizioni, era anche gradito a Dio. La tua regola, invece, collegata con la più stretta clausura, e le molteplici preghiere, recitate soltanto con le labbra, e, per la maggior parte di voi, incomprensibili, sono per il Signore un abominio, ed affatto gradite, neanche in minima parte; specialmente poi, quando, com'è il caso attualmente, si è insinuata nell'Ordine una vera avidità di dominio tirannica e dispotica, associata al pregiudizio più cieco!

               7.   Avete mai, voi, udito parlare, sulla Terra, che, dopo la morte del corpo, nel mondo spirituale, ci siano dei monasteri, e delle clausure claustrali? Da quanto so, voi avete soltanto creduto che, dopo la morte del corpo, si passi in un dolce sonno dell'anima, fino al giorno del Giudizio, oppure si venga accolti in Paradiso, e, talvolta, anche subito nel Cielo. Dunque, come ha potuto sorgere questo monastero, dato che voi pensavate del tutto il contrario?

               8.   Ecco, a questa mia domanda, voi rimanete mute, e non potete rispondere nemmeno una parola. Questa stessa domanda è stata già rivolta, poco fa, da questa povera sorella, proprio a te, o priora; siccome, però, non sei stata in grado di rispondere a lei, così non sei stata neppure capace di rispondere a me, bensì, ti accendesti di un'ira incontrollata, e desti alla richiedente un ceffone da farla tramortire.

               9.   Ora, però, ti dico da dove proviene questo convento: ecco, esso proviene dalla tua fondamentale ambizione, e perciò, solamente quale conseguenza dei tuoi ciechi pregiudizi, tu hai edificato anche qui, nel mondo spirituale, con la menzogna e l'inganno questa clausura per te e per queste povere sorelle. Perciò, questa clausura è soltanto illusoria, e, per conseguenza, non gradita al Signore, in nessuna sua rispondenza. Ed io ho il potere, malgrado che dinanzi a te io debba apparire quale un vero Belzebù, di abolire, per tutte queste povere sorelle, tale clausura e di condurle fuori di qui, libere, lasciando te sola, in questa clausura, fino a tanto che in te ti renderai conto, con pentimento, che una tale clausura è un’errata fondazione dello spirito e che in essa non c'è né una Verità né alcunché di buono.

             10.   Affinché, però, tanto tu, quanto tutte queste povere sorelle, possiate riconoscere che io ho il potere di fare tutto ciò, e che non sono un inviato di Belzebù, che tu, o priora, hai spruzzato con la tua acqua benedetta, io vi dimostro bensì - dato che provengo immediatamente da Dio - quale prima cosa, che questa sorella da me salvata è proprio la stessa Teresa in persona che è stata inviata a voi, da me, per liberarvi dai vostri pregiudizi e, in secondo luogo, vi dico che Io sono Quello stesso che Teresa tanto Amava! Se non lo volete credere, fate come Tommaso, e ponete le vostre dita nelle Mie stimmate!

             11.   E ora, guarda, o superiora di questo convento; tu Mi hai condannato nella tua grande cecità; mentre avrei Io soltanto il potere di condannare te, ma, affinché tu veda che Io sono migliore del tuo Ordine, Io non ti condanno, bensì, ti ammaestro e ti indico la Via che conduce a Me. Tuttavia, per il momento tu non Mi puoi seguire, bensì solo quando avrai smantellato questo tuo convento illusorio, fino alle sue fondamenta”.

             12.   E vedete, tutte le sorelle si prostrano dinanzi al Signore, e Lo lodano e Lo magnificano per il Suo Grande Amore e la Sua Misericordia; ed implorano da Lui la Grazia per la superiora. E il Signore dice: “E sia, secondo la vostra preghiera; però, la priora ha la sua volontà, e sempre l'avrà. Se vuole smantellare il suo convento, allora potrà venire con voi, ma se vuole mantenerlo in piedi, Io non l'accoglierò nemmeno un secondo, prima che essa non abbia, volontariamente, dato corso alla condizione da Me posta!”.

             13.   E vedete, la superiora se ne sta come impietrita dinanzi a tutte le sorelle riunite, e non sa cosa fare ora, poiché, in se stessa, continua a considerare quanto avviene come una eccezionale messa in scena demoniaca. E il Signore dice: “Come pensi, dunque, in te? Non era un precetto di fede, presso di voi, che Satana debba fuggire dinanzi al Nome di Gesù Cristo e che dinanzi a questo Nome tutte le ginocchia debbano piegarsi in Cielo, in Terra e sotto la Terra? Dunque, se Satana ha già una potente paura dinanzi al Nome di Gesù, come potrebbe pronunciarlo egli stesso e perfino tramutarsi nella Sua figura? Vedi quanto grande è la tua follia! Perciò tu non sei ancora matura per una luce più pura e neppure lo sarai fino a quando non avrai annientato in te perfino l'ultima pietra del tuo convento.

             14.   Io, ancora in aggiunta, ti dico che tu devi rivolgerti soltanto a Me, se mai tu vorrai essere liberata dalla tua clausura.

             15.   Tu aspetti invano il tuo “giorno del giudizio”, poiché tale giorno dura continuamente nell'eternità, per tutti gli uomini: esso è, per i giusti dell'Amore, un giorno di risurrezione all'eterna vita, che è la completa rinascita dello Spirito. Però può essere anche un “giorno del Giudizio” per tutti coloro che non Mi vogliono accogliere né nello Spirito né nella Verità e, per conseguenza, neppure nell'Amore.

             16.   Ora tu sei informata della tua situazione e posizione; adoperati a seconda, così allora avrai raggiunto il tuo “nuovo giorno” per l'eterna Vita; altrimenti, il Sole che illumina questo giorno, non sorgerà più per te, per delle eternità!”.

             17.   A questo punto, il Signore Si rivolge alle sorelle e le invita a seguirLo. E come voi potete vedere nello Spirito, la superiora, come una disperata, si getta finalmente ai Suoi Piedi e Lo prega, dal momento che essa ora Lo ha riconosciuto, di non lasciarla indietro così sola. E il Signore le dice: “Guarda qua, la Mia cara sorella Teresa: Io voglio che essa rimanga con te e ti aiuti a distruggere il tuo convento”. E vedete, Teresa rialza con ogni amore la priora, la riporta indietro e le indica le vere vie del Signore.

             18.   Il Signore, invece, si avvia con i Suoi innocenti agnelli verso l'eterno Mattino. Però, non durerà molto a lungo che la cara discepola del Signore riuscirà a liberare la sorella ancora cieca dalla sua clausura. Essa però non verrà portata tanto presto nell'Oriente, bensì soltanto nel Mezzogiorno.

             19.   E così, voi avete nuovamente potuto osservare un'altra specie ed un altro modo di liberazione da un errato luogo spirituale di beatitudine; e questo caso era, certamente, uno dei migliori. Ve ne sono, di questo tipo, una grande quantità, nei quali le cose si svolgono con molta maggior difficoltà. La prossima volta ispezioneremo un convento maschile, che dev'essere anche uno dei più severi. E voi potrete constatare con quante difficoltà si debba lottare per la Vita, dove il flusso delle errate credenze ha soffocato, pienamente, la semente della Vita stessa.

             20.   Perciò, nessuno deve basarsi su qualcosa di particolare o di diverso per raggiungere la vera Vita; bensì deve prendere, quale norma di vita, soltanto l'Amore per il Signore e per il prossimo; poiché l'Amore è un buon terreno sul quale il seme della Vita prospera nel migliore dei modi. Ma se questo terreno è già ingombro dalle erbacce o dalla zizzania, il buon seme allignerà molto faticosamente su di esso. Il prossimo esempio ce lo dimostrerà chiaramente, così che, per oggi, chiudiamo!

 

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Cap. 65

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Un chiostro di monaci Agostiniani e loro fondazione

 

               1.   Vogliamo, dunque, lasciare questo convento femminile, e recarci un po' più avanti. Guardate laggiù, tra Meridione e Occidente, si trova uno di tali chiostri, come lo si può riconoscere al primo sguardo. Ecco, infatti, una sontuosa Chiesa, con due massicce torri campanarie, e, ai due lati della Chiesa, i veri edifici claustrali, con finestre piuttosto piccole; e, come vedete, tutto l'insieme degli edifici, Chiesa compresa, è circondato da un solido muro. Voi vorreste sapere quale sia l'Ordine che vi abita. Ed io vi dico: uno dei più severi, e precisamente l'Ordine dei cosiddetti Agostiniani scalzi.

               2.   Quest'Ordine era, a suo tempo, un Ordine di penitenti molto considerato, e cioè, secondo la regola del padre della chiesa, Agostino, il quale, come è noto, si diede molto da fare, per rappresentare l'Essenza della Trinità sotto un concetto stabilito. Questo cristiano era molto zelante, ed è stato perfino ammonito dal Signore stesso, a non occuparsi più di questa sua triplice, inutile ricerca; malgrado ciò, egli fece solidamente lega con i Vescovi romani, e si dichiarò pienamente d'accordo a Nicea, sulla Trinità formata da tre Persone Divine, e tentò, poi, di rendere valida, per quanto possibile, per la Chiesa, quest’immagine della Trinità, grazie alla sua, del resto vivace, sapienza mondana. E' stato in grazia a ciò, che venne elevato all'onore di essere chiamato Padre della Chiesa e Maestro della stessa.

               3.   Comunque, era molto strano che tali maestri della Chiesa si facessero chiamare anche padri della Chiesa, dal momento che possedevano l'Evangelo, nel quale dal Cristo era stato stabilito Chi era l'Unico e Vero Padre di tutti gli uomini; e perciò, tanto più anche della Sua Chiesa. Dato però, che queste ricerche Agostino non le faceva per un proprio utile, bensì, con un intendimento retto, non gli vennero imputate a carico, ed egli vide il suo errore nel mondo spirituale, e, in parte, almeno per sé, già in questo naturale, e venne perciò subito accolto dal Signore, e guidato su vie migliori. In seguito alle sue migliori conoscenze terrene, già durante la sua esistenza terrena aveva fondato una piccola scuola segreta, intorno a sé, che aveva anche un migliore, e perciò, più vivo riconoscimento del Dio Uno e Trino. A questo scopo, Agostino aveva fatto la conoscenza con l'interiore Parola Vivente, e così pure imparato la Via per la quale ci si può ad Essa avvicinare.

               4.   Questa Via, in sostanza, era la più assoluta umiltà, la piena trascuratezza del mondo, e, in compenso, afferrare il Signore con l'Amore. Questa scuola aveva incontrato grande appoggio, per quanto venisse mantenuta il più possibile segreta; perfino il Vescovo romano ne venne a conoscenza, e, ufficialmente, non ne era contrario; anzi, aderì egli stesso a questa scuola. Egli si accorse ben presto che la dottrina ufficiale non concordava con questa nuova; ma oramai non poteva nuotare contro corrente. Dunque, affinché questa scuola non finisse male, dato che essa era un’importante scoperta per quel tempo, egli le concesse, tuttavia, il libero esercizio; e la chiamò la Scuola dei veri sacerdoti, che, con il tempo ricevettero il nome di “scolastici”. Naturalmente, questi scolastici non devono venir identificati con quelli dell'antico Egitto, i quali si occupavano del magico misticismo, bensì questi erano, piuttosto, scolastici nel significato interiore della Parola.

               5.   Essi si fecero un'altra immagine della Trinità, e questa consisteva in un occhio in un triangolo, che si trovava in una specie di corona di raggi solari. E se anche questa raffigurazione non era corrispondentemente giusta, tuttavia, Dio veniva rappresentato in un'Unità.

               6.   L'Occhio raffigurava il Sole del Signore; nel quale Egli si trova nel Suo Amore e Sapienza eterni; e questo anche perché l'essere umano li comprende. Infatti, fuor dall'occhio guarda l'Amore, come pure la Sapienza quale Luce. I tre angoli della figura, nel cui centro si trova l'occhio, rappresentano i tre gradi, nei quali il divino si esprime quale il più intimo. I due angoli inferiori indicano: quello di sinistra, il naturale, quello di destra, lo spirituale, mentre l'angolo superiore stava a rappresentare il celestiale. Per quanto poi concerne l'irradiazione dell'occhio verso tutti e tre gli angoli, essa stava ad indicare il fluire dell'Amore attraverso tutti questi tre gradi. Il sovrabbondare dei raggi, al di fuori di questa figura, indicava l'infinita Potenza e l'imperscrutabilità dell'Essere divino, e, per conseguenza, questa raffigurazione era una figura rappresentativa, discretamente riuscita, dell'Una e Trina Essenza di Dio. Secondo questa regola è stato anche fondato l'Ordine degli Agostiniani scalzi.

               7.   Voi, ora, vorreste sapere perché questi cosiddetti nuovi scolastici non abbiano rappresentato, in modo più perfetto, l'Essere Uno e Trino di Dio; e perché il Signore non glielo abbia indicato. Questo deriva dal fatto che tutti costoro si trovavano ancora come avvolti in qualcosa di falso, a causa delle precedenti tre Divine Persone. Una parte di questi Scolastici aderì, comunque, ad una migliore e più approfondita conoscenza; ed è stato questo il motivo per cui si mise sotto la protezione della Chiesa greca; dove, poi, formò una vera e propria setta, sotto il nome di “Unitari”; mentre, sotto il Vescovo romano, si rimase sempre con la vecchia regola, e cioè sotto il più stretto silenzio di clausura, il quale, con il tempo, arrivò al punto che perfino gli iniziati non dovevano scambiare fra loro che pochissime parole. Però, ognuno poteva per sé parlare con la Parola Interiore, ma non era permesso di parlare e comunicare ad altri quanto detto o udito. E così si guastò, con il tempo, anche questo buon Ordine, e sotto parecchi dei successivi gerarchi non godette più di una grande considerazione ed importanza. In seguito a tale stato di cose, da quest'Ordine ne sorsero altri simili; che, sempre per tali buone ragioni, si rinchiusero rigidamente dinanzi al mondo.

               8.   Tali Ordini, anche se presi tutti insieme, malgrado la loro buona volontà, non potevano realizzare nulla di buono; in primo luogo, perché ne erano tuttavia impediti dall’esteriore ordinamento della Chiesa, e, in secondo luogo, perché quello che essi potevano discutere fra loro nella loro stretta clausura, non poteva venir usato utilmente nella cura delle anime che erano a loro affidate.

               9.   Si formarono ancora molti Ordini, nei quali, da principio, la base era buona; poiché tutti, più o meno, erano seguaci dell'interiore scolastica; ma, con il tempo, questo andò completamente perduto e non restò altro all'infuori della forma esteriore. E dato che, con il tempo, alcuni Ordini incominciarono ad agire molto a favore del Vescovo romano, dallo stesso vennero loro concessi dei considerevoli favori esteriori. In seguito a ciò, sorsero ben presto delle “Fondazioni” e degli “Ordini” privilegiati, che stavano molto meglio di coloro che si erano attenuti alla Regola fondamentale. Ciò diede fastidio ai piccoli Ordini e così essi incominciarono a lavorare in favore di Roma; e vennero a loro volta sempre più favoriti. In questo modo andò completamente perduta ogni traccia di ciò che, nell'Ordine, era interiore; e, al suo posto, subentrò una fondazione contraffatta.

             10.   E' proprio su una tale fondazione che noi vediamo qui questo chiostro, che non ha altro se non il nome del suo originario fondatore; ciò che voi potete facilmente riconoscere dalla tripersonale Trinità che si trova sopra la porta maggiore della Chiesa, e, al di sotto, come premuto dalle nuvole, si trova il cosiddetto “Occhio di Dio”, ciò significa che l'erroneo ha riportato vittoria sul vero.

             11.   Questi monaci (spiriti) vanno naturalmente ancora a piedi scalzi, e sono sempre ricoperti dalla stessa veste; ma, se voi volete vedere l'interiore scolastica, essa non consiste in altro, se non che, questi monaci, esteriormente, si comportano e agiscono come, a suo tempo, i veri Agostiniani si sono comportati e hanno agito. Ma se chiedete ad uno di loro perché lo faccia, non ricevereste nessuna risposta, o, semmai, essa sarebbe su per giù la seguente: “Questo lo facciamo come costanti penitenti per amore del Cielo, poiché il Regno dei Cieli richiede violenza; e coloro che non l'attraggono a sé, con la violenza, neppure l'avranno”. Da ciò, voi potete facilmente riconoscere quale sia il vero motivo della loro vita severa; e questo, quando va bene. Essi fanno tutto per amore del Cielo; essi amano e anche temono il Signore, ma non per Lui stesso, bensì soltanto a motivo del Cielo e dell'Inferno. Se il Signore togliesse loro l'Inferno e tramutasse il loro Cielo sognato di ozio e di vita comoda in un Cielo di lavoro, allora farebbero ben presto una bella croce sulla loro rigorosa vita di penitenza, per scegliersi il Cielo di delizie, d'ozio e di comodità.

             12.   Così vanno le cose, nel migliore dei casi; ma presso molti conventi, lo stretto adempimento della Regola non è che un mezzo politico per assicurarsi dei considerevoli vantaggi temporali, e venirne, naturalmente, in possesso. E questo modo d'agire è, perfino, di specie infernale, ed un obbrobrio dinanzi al Signore. Però, ciò non lo constateremo qui, poiché coloro che così si comportano, si trovano nel profondo Occidente, e, se la cosa è infima, perfino nell'Inferno.

             13.   Qui, perciò, c'imbatteremo soltanto nei rigidi aspiranti al Cielo, che essi vogliono servire, come operai presi a giornata, con la severa osservanza della Regola del loro Ordine. Che il convento appaia anche qui come tale, questo deriva dal fatto che, anche in loro, ci sia la credenza materiale nel giorno del Giudizio; e, di questa credenza, voi vedrete, in questo convento, tutte le variazioni che derivano dalla falsa fondazione che l'anima, dopo la morte fisica - in seguito ad alcuni mal compresi concetti dell'antica scolastica-mistica - continui a vivere, o nella cosiddetta “Psychepanichia”, cioè, sonno animico generale, oppure di una vita inattiva in Paradiso, e, tra l'altro, anche in un Cielo conquistato subito dopo la morte. Che piega prendano le cose, qui, lo vedremo la prossima volta; così che, per oggi, basta.

 

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Cap. 66

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Spiegazione dei regolamenti del chiostro Agostiniano visitato

 

               1.   Voi mi domandate, ora: “Caro amico e fratello, come vedi, il convento è chiuso dappertutto; entreremo, forse, a porte chiuse, oppure ce le faremo aprire?”.

               2.   Cari amici e fratelli, noi non faremo né l'una né l'altra cosa, poiché il convento sembra chiuso soltanto ad una certa distanza; ciò significa che coloro che vi abitano sono poco accessibili, poiché questo chiostro chiuso rappresenta, in modo visibile esteriormente, la fondazione inaccessibile di questi spiriti.

               3.   Però, come noi ci avvicineremo a questo convento, entreremo nella sua sfera; e, in tal modo, c'introdurremo, anche visibilmente, nella fondazione strutturale e mentale dei suoi abitanti; così noi lo vedremo subito aperto; dunque, avviciniamoci, affinché possiate convincervi da soli. Ed eccoci, noi ci troviamo già nella sfera del chiostro, e, come vedete, le porte si sono aperte.

               4.   A questo punto voi osservate: “Caro amico e fratello, noi non possiamo ancora comprendere bene come ciò avvenga: succede ciò per volere di coloro che vi dimorano, oppure, a questo scopo, vi è stato applicato qualche congegno soprannaturale, grazie al quale, con una semplice pressione, tutte le porte vengono aperte all'improvviso?”.

               5.   Cari fratelli, questo non è affatto il caso; tuttavia, affinché possiate scorgere la vera causa, vi voglio aiutare con un facile esempio. In una società si trova un “saggio del mondo”, che voi definite con il termine di “filosofo”. Quest'uomo si esprime, tutt'al più, a sillabe, ed anche, non parla affatto. Perché ciò? Anzitutto perché non vuole gettare le sue perle ai porci; e in secondo luogo, perché egli stesso considera alcune delle sue idee alquanto pericolose, e, perciò, non si fida di renderle note pubblicamente; e questo, da un lato, per non compromettere con una leggerezza la sua fama di erudito, e dall'altra, però, anche per paura che qualche orecchio poliziesco e politico possa causargli dei gravi dispiaceri. Dunque, l'uomo, per non compromettersi in alcun modo, si chiude in se stesso, e si abbandona al suo formale sonno animico; o ricorre al suo paradiso spirituale di sapienza; oppure al suo cielo stoico; ciò che, in tale stato, gli permette pure di guardare accuratamente in giro, per vedere se, fra la gente che l'attornia, ci sia qualche spirito affine a lui. Se riesce a scoprirne uno, egli diventa subito fiducioso, e incomincia ad aprire, l'una dopo l'altra, le porte del suo nascondiglio. E se egli trova parecchi che sono completamente iniziati nelle sue idee, e che oltre a ciò le hanno fatte proprie, allora, le porte del suo nascondiglio non hanno più limiti, e vengono spalancate completamente e tutte in una volta. Poi, il nostro uomo non farà a meno di tributare tutto il suo doveroso plauso a tali compagni animati dalle stesse sue idee. Ma, a dire il vero, noi non siamo qui per partecipare seriamente alle false e sfacciate argomentazioni di quest'Ordine conventuale; tuttavia, in seguito al nostro avvicinamento, noi verremo considerati spiritualmente come tali da parte del chiostro.

               6.   Voi chiedete, appunto, se gli spiriti che abitano in questo convento ci vedono. Io però vi dico che da un lato questo non sarebbe proprio necessario, poiché, qui, si tratta semplicemente di farvi conoscere le condizioni che vi regnano; e noi, a questo scopo, possiamo entrare dappertutto dove vogliamo senza ostacoli, e così osservare in segreto tutto quanto vi avviene. Però, dato che qui si tratta di procurare a voi anche una tangibile compenetrazione, è necessario che ci rendiamo visibili agli abitanti di questo chiostro. Per questo motivo, siamo anche stati visti mentre ci avvicinavamo; e le porte, ora, stanno aperte per noi; così possiamo entrare liberamente. Come prima cosa, noi entreremo nella Chiesa, e daremo un'occhiata intorno per vedere se c'è qualcosa di notevole; eccoci arrivati: che cosa scorgete voi di speciale?

               7.   Voi dite: “Strano a dirsi, ma questa Chiesa è veramente magnifica! Lo splendido stile, l'ampiezza, i magnifici quadri che adornano le pareti suscitano, veramente parlando, una grande meraviglia. L'altare maggiore, poi, è un perfetto capolavoro della scultura. Anche una raffigurazione della Trinità si distingue per il suo carattere elevato, e, nello stesso tempo, raffinato come un'opera di un vero maestro. Infatti, l'immagine della Trinità, per quanto - come noi sappiamo - sia errata, non l'abbiamo mai vista dipinta con tanta arte come qui. Questa pittura è veramente degna di nota, poiché il Padre e il Figlio tengono le teste vicinissime l'una all'altra, perciò, ambedue si trovano nel triangolo illuminato, e sopra le due teste, nell'angolo superiore, c'è la colomba, rappresentante lo Spirito Santo, ed è collocata in modo che sembra poggiare proprio sul triangolo stesso, mentre abbassa la sua testa, fra le due teste che le stanno sotto.

               8.   Inoltre, è pure degno di nota che, sotto la Trinità, sono ritratte schiere su schiere inginocchiate ed oranti avanti, su delle nuvole, e, fra i beati, noi quasi non scorgiamo altri se non gli antichi profeti, gli apostoli del Signore, e Maria e Giuseppe, proprio sotto la Trinità; poiché un gran numero dei noti martiri, e, dopo di loro, papi, cardinali, vescovi e prelati, alcuni monaci famosi, imperatori, re, principi, conti e cavalieri; ed anche delle beate, ma, purtroppo, nessun contadino beato c'è fra loro”.

               9.   Voi avete visto abbastanza, ma non tutto; perciò, guardate bene, molto in basso, proprio dove sta per finire il dipinto, e potrete scorgere un tratto di terreno dove sono raffigurati, in gran numero, dei miseri campagnoli che alzano, imploranti aiuto, le mani verso i beati. E più in basso ancora, si scorge perfino il Purgatorio, ed una massa di gente dei campi che allunga le mani al di sopra delle fiamme che le sfiorano, chiedendo soccorso ai santi che si trovano in Cielo. Infine, sulla parte sinistra del dipinto, un po' sopra terra, è raffigurata una nuvola, piuttosto scura, e c'è una scala che, dal suolo la raggiunge. In cima alla scala, voi potete vedere una porta a due battenti, secondo la forma delle tavole della legge di Mosè. Dietro la porta stanno il nostro Pietro e l'Arcangelo Michele; e, sulla scala, potete scorgere alcuni, in procinto di salire, dei quali però, alcuni, raggiunta la nuvola, poi, precipitano con la testa all'ingiù. Sullo sfondo di questa nuvola oscura, si possono vedere anche alcuni beati inginocchiati; questi sono i cosiddetti Ognissanti!

             10.   Come vedete, a questa immagine non manca proprio nulla, ad eccezione dell'Inferno. Dato, però, che l'Inferno sta al di fuori di ogni comunità, ed anche al di fuori della memoria di tutti questi beati, neppure può far parte di questo dipinto. Ora che abbiamo esaminato attentamente il dipinto dell'altare maggiore, dall'alto in basso, non ci resta da vedere che il tabernacolo, il quale è formato da un gruppo di teste di serafini, molto artisticamente disposte; poi, la piccola porta dello stesso, in cui è raffigurato il Cristo risorto; e, se vedete bene, questo Cristo è quasi trasparente; e si scorge, dalla parte del Suo Cuore, uno splendido ostensorio, con il “Santissimo” che scintilla. Certo, come nelle immagini, così è anche nell'attività pratica delle opere. L'Amore del Cristo rappresenta ora l'Amore per l'oro, l'argento e le pietre preziose; e il Pane della Vita si è travestito con queste insegne principali del mondo.

             11.   Se tu, ora, buon amico e fratello, vorresti illustrarci la cosa più chiaramente, non ci farebbe certo male”.

             12.   O, sicuro, questo posso farlo senz'altro. Domandate a voi stessi con quali mezzi si dovrebbe venir qui, se si volesse raggiungere il Pane della Vita? Anzitutto bisognerebbe ricorrere al Cristo fatto di pietre preziose. Però, questo non raffigurava che la morta muraglia della Chiesa o la Chiesa murata. Chi, in questa Chiesa, non viene battezzato e cresimato, non può giungere al vivente tesoro della grazia della Chiesa; quando, però, qualcuno si trova, una volta, nella Chiesa murata, egli non si dimentica dell'oro e dell'argento, poiché le chiavi di Pietro sono fatte con questi due metalli. E così, se qualcuno porta oro e argento, gli è anche accordato di raggiungere il Pane della Vita.

             13.   Voi non dovete già pensare che si debba pagare per la comunione; poiché la piccola Ostia, ognuno che si confessa la riceve gratuitamente quanto spesso voglia. Ma se qualcuno vuole ottenere il completo effetto dell'Ostia, allora deve pagare, in aggiunta, una Messa di benedizione. Se poi vuole che, dopo la sua morte, vengano regolarmente celebrate delle Messe, deve fare una ricca donazione, o istituire una fondazione permanente; e se poi vuole che la lettura delle Messe abbia un effetto ancora più forte, essa deve aver luogo negli altari privilegiati. Suppongo che, da questi pochi esempi, voi dedurrete senza troppa fatica, come il Santissimo, che voi avete scorto, si possa raggiungere soltanto attraverso argento, oro e pietre preziose. Nel mondo, quest'oro, argento e pietre preziose, stanno a significare “Onoranze a Dio”, cioè: “Omnia ad majorem Dei gloriam!”. Qui, però, ciò viene compreso del tutto diversamente, e, così tradotto, vuol dire: «Tutto per una nostra sempre maggiore importanza, per la nostra esaltazione e per il nostro sempre crescente, e sempre più ricco vantaggio sacerdotale»; oppure, detto in modo ancora più comprensibile: «Lasciateci diventare signori del mondo, ed ogni Imperatore chinerà il capo dinanzi ai nostri piedi».

             14.   A questo punto, viene proprio da chiederci dove veramente riposi la vera umiltà cristiana e il disprezzo del mondo, sotto tutto questo ammasso di oro, argento e pietre preziose; e dove siano andati a finire l'Amore del prossimo, la rinuncia a se stessi, e dove «Prendete la vostra croce e seguiteMi!»? Poiché, per quanto riguarda l'oro, l'argento e le pietre preziose, il Signore avrebbe dovuto dire: «Prendi il tuo oro, il tuo argento e le tue pietre preziose, e così splendidamente carico vieni dietro a Me». Anche Pietro, a suo tempo, non avrebbe dovuto dire: «Oro ed argento io non ne ho!». E, una volta ancora, il Signore non avrebbe dovuto fare, al giovane ricco, quell'amaro discorso ed aggiungere alla fine che «E’ più facile ad un cammello passare per la cruna di un ago che ad un ricco entrare nel Regno dei Cieli!». Come vedete, purtroppo, così è tutto rovesciato e distrutto. E la Chiesa che si nomina la “sola beatificante”, di cristiano ha soltanto il nome.

             15.   Chi, in un attestato o altro documento indica se stesso soltanto come “cattolico”, non ha bisogno di aggiungervi la parola “cristiano”. Se, invece, qualcuno ci mette soltanto “cristiano”, egli viene considerato una specie di piccolo eretico e si può perfino esporre a cose spiacevoli. Lasciamo, però, ora, da parte tutto ciò, dato che le conseguenze di tali grandi e gravi errori ci stanno chiare e aperte dinanzi a noi; e, dal momento che voi conoscete il vero Cielo, non vi sarà difficile scorgere il grande divario fra qui e là, già al primo sguardo.

             16.   Certamente voi chiedete perché, allora, il Signore non ponga fine immediata e completa a questi errori, e perché abbia permesso che sorgessero. Io, però, vi dico che le vie del Signore sono immense ed imperscrutabili, e le Sue decisioni insondabili. A voi basta sapere che il Signore è infinitamente Buono, e quanto grandi ed infinite siano la Sua Pazienza e la Sua Misericordia, e come Egli, quale Supremo Amore e Sapienza, sa molto bene, e senza possibilità di errore, come portare tutte le piante alla loro maturità; e, quando sono diventate mature, Egli sa utilizzarle nel modo più adatto e migliore per i Suoi scopi eternamente colmi d'Amore e di saggezza.

             17.   Voi potreste, con altrettanta buona ragione, domandare perché il Signore abbia posto, sulla Terra, tanta zizzania e tanti animali feroci e velenosi, dei quali, voi non potete scorgere nessun utile. Io, però, vi dico che in tutto ciò, il Signore persegue le Sue vie imperscrutabili, e sempre le Sue precise determinazioni; ed a noi basta conoscere, in modo vivente, che Egli è un Padre infinitamente Buono. E quando sappiamo questo, sappiamo pure che Egli non ha creato nulla per uno scopo malvagio, bensì che Egli convoglia tutto alla meta inesprimibilmente migliore ed eternamente così farà! Ora voi chiedete se noi si debba visitare ed esaminare anche le altre parti della Chiesa. Ebbene, questo non è necessario, perciò rechiamoci ora nel vero e proprio chiostro e facciamo là le nostre considerazioni. Guardate, proprio ora ci viene incontro un amichevole Agostiniano, uscendo dalla cosiddetta sacrestia. Egli ci saluta e ci fa cenno di raggiungerlo; seguiamolo, dunque!

 

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Cap. 67

* * * * *

Pietro ha fondato la Chiesa romana?

 

               1.   Che cosa vorrà dunque mostrarci o dirci questo Agostiniano? Nient'altro che quello che è a noi necessario. Eccoci presso di lui; ascoltate dunque quello che dice ed osservate come ci accoglie. Ecco le sue parole:

               2.   “Siate mille volte i benvenuti, cari amici e fratelli, nel nome della misteriosissima Trinità, in nome della beatissima Vergine Maria, di San Giuseppe, e del patrono della nostra Chiesa, Agostino, che è stato un vero apostolo e seguace del Signore Gesù Cristo! Può la mia sottomessa meschinità rivolgere a voi la domanda, quale pio proposito vi ha condotto in questo Tempio, il solo gradito al Signore? Siete voi, forse, degli appartenenti al mio Ordine, qui arrivati di fresco, oppure siete venuti qui, quali pii penitenti spirituali, per la remissione dei peccati veniali e per evitare, con ciò, il Purgatorio? Cercate qui, l'eterno riposo e l'eterna luce; oppure il vivente pane degli angeli, veramente spirituale; oppure desiderate di venir iniziati perfino negli alti misteri della Trinità? In breve, se uno o l'altro di questi scopi vi ha condotto qui, voi potete essere certi che ne otterrete la più completa soddisfazione, poiché voi certamente saprete, che fuori di questa Chiesa non vi è salvezza, e in nessun altro luogo si può raggiungere la beatitudine.

               3.   Infatti, il Cristo Signore ha fondato la Sua Chiesa in modo tale da dare le chiavi del Regno dei Cieli soltanto a Pietro. La nostra Chiesa è edificata sulla roccia di Pietro, dunque fondata da Pietro, ed è stata data a lui, per tutti i tempi dei tempi, la potenza di rendere beati, oppure di condannare. Che poi la Chiesa abbia anche il diritto di condannare, conferitole dal Cristo, risulta chiaramente da quei testi, in cui è detto: «Voi occuperete i seggi dei giudici e giudicherete, insieme a Me, le dodici tribù d'Israele»; e altrove: «Ciò che scioglierete sulla Terra, sarà sciolto anche in Cielo, e quello che legherete sulla Terra, sarà legato anche in Cielo». Ed ancora: «Accogliete lo Spirito Santo: a coloro ai quali rimetterete i peccati, essi saranno rimessi anche in Cielo; ed a coloro che li riterrete, saranno ritenuti anche in Cielo». E ci sono ancora alcuni di questi testi, in cui il Signore ha dato a Pietro, sulla Terra, ogni potere sopra il genere umano. Quale logica conseguenza, non è possibile sollevare alcun dubbio sul fatto che la Chiesa cattolica romana, fondata da Pietro stesso, secondo la determinazione immutabile di Dio, sia l'Unica beatificante.

               4.   Se voi, com'è indubbiamente il caso, appartenete a questa Chiesa, allora, potete trovare soltanto qui, la porta del Cielo; se, invece, non vi appartenete, allora dovrete ben presto giungere alla conclusione di quale sia la sorte che vi attenda; poiché nella Scrittura è pure detto: «Chi non appartiene a questa Chiesa, e non viene in essa battezzato, deve venir condannato»”.

               5.   Ora, però, parlo io a lui: “Ascolta, caro amico, tu ci hai fatto diverse domande e ci hai pure comunicato i punti più importanti delle Scritture che stanno in relazione con la vostra Chiesa. A parte ciò, io debbo darti, innanzitutto, l'assicurazione che, in primo luogo, noi non siamo venuti qui per le ragioni accennate nelle tue domande, e, in secondo luogo, che i testi da te citati non ci riguardano affatto.

               6.   Tu ora fai una faccia alquanto turbata e perplessa e pensi fra te cosa si sia venuti a fare qui, se non abbiamo l'intenzione formulata da te e, riguardo al nostro proposito, contestiamo addirittura i testi formulati da te e che dovrebbero rendere manifesta la Chiesa romana come la sola beatificante. Però, che vuoi farci, se le cose stanno proprio così e non altrimenti?

               7.   Se noi fossimo venuti qui, soltanto da un punto di vista esclusivamente scientifico, per apprendere da voi qualcosa, e vedere ed esaminare, presso di voi, pure qualcosa? Non potremo essere, in questo caso, o sotto questo aspetto, anche dei benvenuti per te?”.

               8.   Il monaco dice: “Miei pregiatissimi amici, non avete mai udito, sulla Terra, che, nel mondo spirituale, la scienza non porta più frutto, bensì soltanto la fede cattolico-romana, quando essa è vivente, attraverso le buone opere?”. Dico io: “O certo, questo lo abbiamo udito dire parecchie volte. Però, noi abbiamo anche udito che, nel mondo spirituale, si può venir illuminati su tutti i dubbi terreni, e che una tale luce può venir chiamata anche una scienza spirituale; la quale, in sostanza, non è che una chiara penetrazione dei Misteri Divini. Ed inoltre, visto che nel mondo spirituale così, come prima in quello naturale, ci sono dei chiostri e delle Chiese, circondati da muri, ed adornati con ogni sorta di oggetti artistici; perché, allora, nel mondo spirituale, non potrebbe esserci anche una scienza, la quale, già sulla Terra era, evidentemente, più spirituale delle muraglie di un chiostro e di una Chiesa, e di tutte le opere dipinte o scolpite che vi si trovano?”.

               9.   “Ascoltate - dice il monaco - voi, come rilevo dalle vostre parole, mi sembrate pieni di sentimenti eretici e condannabili; poiché, chi considera tutto quello che appartiene all'altissimo servizio di Dio, anziché puramente spirituale, soltanto materiale, dimostra chiaramente, che egli è, nella parola e nell'opera, sempre condannabile al più profondo Inferno. Dunque, se quanto avete or ora pronunciato, corrisponde seriamente al vostro sentire, si renderà necessario gettarvi fuori da questo purissimo Tempio di Dio, nell'eterna dannazione; poiché è detto: «Tu devi fuggire l'eretico». Ed ancora: «Un tale eretico lo dovete cacciare dalla comunità, e - secondo Paolo - consegnarlo al demonio». Non sapete voi, che colui che se la prende sulle disposizioni della Chiesa, l'unica beatificante, commette il peccato più grave contro lo Spirito Santo; peccato che non può venir mai rimesso? Perciò, io dichiaro chiaramente, in questo Santo luogo, affinché non ti colpisca l'eterna dannazione; come, in verità, a noi, puri servitori di Dio, è più gradito che tutto il mondo venga dannato, piuttosto che la Santità del Cielo venga macchiata da un peccato anche minimo. Qui hanno fine ogni grazia e misericordia. A chi non è puro, nel vero senso della Chiesa, come il Sole nel Cielo, non deve mai venir permesso di entrare nel Regno di Dio”.

             10.   Ora, parlo io a lui: “Caro amico, tu, certamente, non hai preso la Parola di Dio dal lato più dolce e mite, bensì da quello severamente giudicante. Però, io vorrei porti una domanda, e tu puoi darmi una risposta; soltanto tu devi assicurarmi in anticipo che risponderai”. Il monaco dice: “Sempre che questa non sia puramente demoniaca, io ti risponderò; perché tu, certamente saprai, che al demonio non si è obbligati a rispondere”. Ed io gli dico: “E sta bene, io ti farò una domanda; se tu potrai provare che sia diabolica puoi restartene a casa con la tua risposta, ma se tu non riesci a dimostrarlo alla perfezione non ti potrai muovere dal tuo posto. Però, guardati bene dal ricorrere alle bugie, perché queste ti potrebbero costare care. Dunque, ecco la mia domanda:

             11.   «Come puoi tu provarmi, sulla base delle Sacre Scritture, che sul serio, è stato l'apostolo Pietro a fondare la Chiesa cattolico-romana?». Da quanto io so, nelle Scritture che sono pervenute fino a noi, non se ne trova il minimo accenno. Che un Paolo abbia insegnato a Roma, e predicato l'Evangelo del Signore, è generalmente noto; ma che veramente Pietro abbia fondato a Roma il papato, non mi ricordo proprio che nelle Scritture si trovi neanche una sillaba. Se tu, con il tuo diritto di scomunica ecclesiastico, vuoi appiopparmi la dannazione, devi dapprima provarmi che la Chiesa romana sia stata, senza dubbio, fondata da Pietro, al quale il Signore aveva conferito un tale diritto. Se, però, tu non puoi provarlo, e precisamente con le sacre Scritture, tu avrai d'affrontare, con me, una dura lotta”.

             12.   Guardate, come il monaco fa una faccia compassionevole, e si stilla il cervello per trovare una risposta valida, però, senza riuscirvi. Allora ricorre ad una stupida sortita, che gli servirà ben poco. Egli ci fa cenno di ascoltarlo, e perciò ascoltiamolo. Dunque, il monaco così parla: “Oh voi, detestabili demoni, questa è la più diabolica delle domande, enormemente eretica e talmente contraria allo Spirito Santo che, per un tale eretico, mille dei più orridi e profondi inferni, con una dannazione della durata di mille eternità, sarebbero ancora troppo miti! Ad una tale domanda dovrei rispondere, affinché poi tutti i demoni in una volta vengano a prendermi? Avete un bell'attendere da parte mia una risposta!

             13.   La Chiesa romana non dovrebbe essere stata fondata da Pietro, il quale, nella stessa Roma, ha insegnato per tre anni, ha stabilito il suo seggio e subìto anche il suo martirio su una croce a rovescio? Oltre a ciò, il suo corpo incorruttibile si trova ancora attualmente nella Santa Cripta della Chiesa a Roma; e il suo seggio è, ancor oggi, il potente trono del Papa; e tu, o demonio infernale, mi vuoi sottoporre una simile domanda e ti permetti di presentarti con tanta insolenza davanti a me, un puro servo di Dio, un sacerdote consacrato! Io t'impongo, nel Nome di Dio trino, della beata Vergine Maria, di San Giuseppe ed in nome di tutti i Santi apostoli, discepoli, martiri; in nome di tutti gli altri Santi ed in nome di tutta la Chiesa cattolico-romana, unica beatificante, che tu, orrendo demonio, insieme alla tua infernale compagnia, fugga da questo Santo luogo, altrimenti chiamo qui tutti i miei fratelli, che riposano in Paradiso o sono in Cielo, affinché, con tre altamente consacrati crocifissi e con altre insegne ecclesiastiche benedette, vi perseguitino e vi tormentino tanto a lungo, fino a che questo diventi per voi un lungo martirio, peggiore del più profondo Inferno! Oh tu, maledetto ed orribile demonio; demonio mangia cristiani, ingannatore di tutti gli uomini, rifiuto del settimo giorno della Creazione; oh, tu, creatura di Dio eternamente dannata, via, via, via di qui!”.

 

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Cap. 68

* * * * *

Nella disputa con un Agostiniano. Pietro e Paolo

 

               1.   Parla Marco: “Ascolta, mio caro amico, il tuo esorcismo, straordinariamente spietato, non ha certamente nessun potere ecclesiastico. Infatti, come vedi, noi, tutti e tre, che secondo te siamo dei demoni del più profondo Inferno, siamo qui dinanzi a te completamente illesi. Tu puoi essere anche sicuro, in anticipo, che non fuggiremo nemmeno dinanzi a cento secchie d'acqua benedetta; poiché, fintanto che, da parte tua, noi non apprenderemo la vera ragione, documentata dalle Scritture, per cui la tua Chiesa, che sola può rendere beati, è stata fondata da Pietro, noi non ci allontaneremo da qui nemmeno di un passo. Anzi, al contrario, perché noi abbiamo tutta l'intenzione di penetrare ancora più profondamente nel tuo chiostro, senza permettere che alcun esorcismo ci venga a turbare ed a trattenerci. A questo proposito t'invito perfino a renderci un servizio, cioè il condurci nelle stanze dei tuoi fratelli, che sono altrettanto insensati quanto lo sei tu!”.

               2.   Il monaco risponde, dopo essersi fatto dapprima tre segni di croce: “Dio mi guardi, dal fare una cosa simile! Io ho spesso udito dire che le tentazioni del demonio, nel mondo spirituale, sono mille volte peggiori di quelle del mondo naturale. E che appena nel mondo spirituale ci si può fare un esatto concetto della malvagità ed astuzia del demonio, così che quella che io ho letto al riguardo, nei santi libri scritti da uomini pii e timorati di Dio, sta ora, nel vero senso della parola, dinanzi a me. Io però ti chiedo, o demonio eternamente orrendo e costante ingannatore di Dio e di tutto il genere umano: «Credi tu che Iddio si lasci ingannare?». Tu t'inganni, e così come Iddio non si lascia ingannare, non mi lascio nemmeno io, quale fedele servitore in ogni tempo di Dio, ingannare da te. E, prima che io ceda davanti a te, voglio tenerti testa, con l'aiuto di Dio e della beatissima Vergine Maria, finché tu venga a perdere la pazienza di lottare ulteriormente con me. Perciò, tu puoi fare quello che vuoi, ma non riuscirai a farmi rinnegare la mia Chiesa.

               3.   Non hai mai udito quanto richiede la Chiesa in seguito al potere conferitole da Cristo, cioè, che si deve credere ad essa, incondizionatamente, ed a tutto quello che essa dispone, tanto per iscritto, che a voce? Infatti, se la Chiesa è in possesso dello Spirito Santo, il quale parla attraverso di Essa, quale vero e sincero cristiano dubiterebbe di crederle? Se, invece, si volessero far delle domande, come fai tu ad ogni decisione o decreto della Chiesa, allora, si potrebbe anche domandare dove stava scritto prima quello che Mosè ed i profeti hanno detto come proveniente da Dio! Vedi, o lercio demonio, quello che essi hanno detto proveniva dallo Spirito Santo, e perciò è rimasto e rimarrà come una Verità eterna!

               4.   Nello stesso modo, anche la Chiesa ha lo Spirito Santo, ma esso non è ristretto soltanto a ciò che è già stato scritto prima, bensì può sempre parlare ed ammaestrare liberamente; ed i figli della Chiesa sono tenuti a riconoscere ciò come una verità indiscutibile, in ogni tempo.

               5.   Dunque, se la Chiesa afferma che Pietro, storicamente è vissuto realmente a Roma, che egli ha eretto là la sua sede e vi è morto crocifisso, questa è una verità garantita, perché annunciata dalla Chiesa, la quale è in pieno possesso dello Spirito Santo. Ecco, qui hai la prova da te richiesta, e perciò allontanati, come ti sei impegnato di fare! A dire il vero, io non ero affatto obbligato d'impartirti questo insegnamentg, tuttavia l'ho fatto per preparare a te una dannazione tanto maggiore”.

               6.   Ora parla Marco: “Bene, amico mio, e, seriamente parlando, fratello immerso nella più profonda oscurità. Io ti chiedo, dal momento che mi hai esposto in modo così evidente lo Spirito Santo della Chiesa, come sia allora possibile che questo Spirito Santo si sia potuto tanto ingannare con riguardo alle notizie riguardanti la presenza di Pietro a Roma, date dai diversi profeti della storia della Chiesa, i quali profeti, secondo le tue affermazioni, hanno sempre parlato e scritto sotto l'influsso dello Spirito Santo? Infatti, tu hai parlato, poco fa, della presenza di Pietro a Roma, il periodo di tre anni. Io, però, posso assicurarti che non mi è sconosciuta nemmeno una sillaba di ciò che, storicamente, è stato scritto su Pietro.

               7.   Dunque, per quanto poco tu sia versato nella storia della Chiesa, avrai certamente scoperto delle varianti, su questa presenza di Pietro a Roma, che vanno dai ventiquattro anni, giù fino ai tre anni. Anche l'anno della morte di questo apostolo a Roma è molto diverso, e ci si può dire fortunati quando la differenza non supera un anno. Però, che quanto io dica sia esatto, lo puoi constatare dai diversi storici, dato che la vostra biblioteca è fortunatamente in possesso di tutte queste testimonianze. Ora dimmi, a quale tu riservi completamente la tua fede?”.

               8.   Il monaco dice: “Questa è di nuovo un'indiavolata domanda allo scopo d'intrappolarmi; che cosa devo risponderti? Io ti dico: «Il vero credente cristiano è ubbidiente, non dubita di nulla e non domanda su date inesatte; mentre l'ingannatore eretico rumina e rovista tutto, e poi a quale pro?». Anche nelle Scritture Sacre si trovano simili contraddizioni; dovremmo per questo forse rigettarle? Se tu non sai come lo Spirito Santo parli, allora ti dico che Esso parla sempre a seconda dell'interiore sapienza; e tali detti hanno un significato del tutto diverso, e che nessun demonio comprende. Mentre noi, illuminati dalla Grazia santificante di Dio, conosciamo questo significato e conosciamo quello in cui crediamo. In tal modo, ora, tu non sei debitore di alcun'altra domanda, affinché, con ciò, aumenti sempre più la tua dannazione!”.

               9.   Ora, parlo io Marco: “Bene, amico caro, se ciò è giusto, allora io non vedo proprio per quale ragione allo Spirito Santo sia piaciuto riferire, tanto fedelmente, ciò che riguarda l'apostolo Paolo e non abbia ritenuto, invece, di dire qualcosa su colui che tu chiami San Pietro, dal momento che era chiamato personalmente a fondare la Chiesa di Cristo.

             10.   Paolo soltanto era chiamato ad essere un apostolo per i Gentili, mentre non è scritto in nessun luogo che il Signore abbia chiamato anche Pietro per tale lavoro. Oltre a ciò, Pietro conosceva l'eccellenza dell'apostolo Paolo e non vedeva, quindi, alcuna necessità di fare da secondo dove Paolo aveva già fondato una comunità. Si sa inoltre dalla Scrittura, e cioè da Paolo stesso, che egli, una volta, aveva ammonito Pietro, ma in nessun luogo si fa menzione di un caso in cui Paolo e Pietro abbiano preso iniziative in comune accordo.

             11.   Dato dunque che Pietro, quale il primo capo supremo della Chiesa, era già stato trovato in errore da Paolo, e perciò chiamato a giustificarsi, si deve dedurre che lo Spirito Santo non gli abbia concesso il necessario aiuto, o meglio detto, che si sia completamente dimenticato d'intervenire a favore di Pietro. E, perciò, si potrebbe anche concludere che tutte queste date storiche, tanto contraddittorie, siano frutto della fantasia o, altrimenti, si dovrebbe accusare, in tal caso, lo Spirito Santo di infedeltà.

             12.   Io so, invece, che Cristo il Signore ha dato a tutti gli apostoli una stessa Potenza. Anzi, a quanto dice Giovanni, Egli, dopo la Sua Resurrezione, disse a Pietro di seguirLo; Lo seguì anche Giovanni, e quando Pietro volle fermarlo, il Signore lo rimproverò, dicendogli: «Che importa a te, se Io voglio che egli rimanga?». Ciò che equivale a dire: «Se egli Mi segue al par di te?». E perché allora? Perché il Signore ha voluto decisamente dimostrare, con ciò, che questo discepolo (Giovanni), in complesso, al pari di Pietro, doveva seguire il Signore invariabilmente e costantemente, malgrado l'obiezione di Pietro.

             13.   Inoltre, io so pure che il Signore, in seguito a delle lagnanze presentate dai Suoi apostoli, prese le difese di un certo Giovanni, uno che non seguiva Gesù, e ricondusse la calma negli animi gelosi dei Suoi apostoli. Poi, non sappiamo proprio nulla sull'eventuale edificazione di qualche tempio che il Cristo abbia ordinato a qualche apostolo; e di una disposizione supplementare, da parte dello Spirito Santo, non ne sappiamo proprio nulla.

             14.   E' vero che il Cristo ha detto: «Predicate dappertutto questo Mio Evangelo!», ma non è fatta menzione in alcun luogo che Egli abbia detto: «CostruiteMi dei templi». Invece, noi sappiamo che, al pozzo di Giacobbe, ha detto alla samaritana:

             15.   «E viene il tempo, anzi è già venuto, in cui i veri adoratori di Dio Lo adoreranno in Spirito e in Verità! e per questo non sarà necessario né il Tempio di Gerusalemme né il monte Garizim, bensì lo si potrà fare dappertutto in Spirito e in Verità».

             16.   Noi sappiamo pure che il Signore ha raccomandato agli oranti di ritirarsi nella propria 'cameretta'. Però, agli apostoli non disse mai di rinchiudersi nei chiostri, bensì disse: «Andate nel mondo e predicate il Vangelo a tutte le genti!».

             17.   Dunque, se la tua manifestazione di potenza ecclesiastica vuoi renderla autorevole per mezzo dello Spirito Santo, allora tu castighi il Cristo come un evidente mentitore e come un maestro imperfetto, il quale, durante la Sua attività di insegnante, non sapeva ciò che era necessario alla Sua Dottrina; ed ha dovuto perciò migliorarla successivamente, in modo per così dire ambiguo, a causa di parecchi dati storici contraddittori. Egli non aveva considerato che, per la diffusione della Sua Dottrina, si sarebbero resi necessari chiostri e templi. Egli non ha previsto che Pietro, a Roma, avrebbe dovuto fondare la Sua Chiesa e, con il tempo, edificare un'enorme luogo di preghiera, ed una casa d'abitazione, ancor più enorme, per i suoi successori.

             18.   E, nello stesso modo, il Cristo non ha potuto nemmeno prevedere che, con il tempo, alla Sua Chiesa, sarebbero state necessarie delle grandi gerarchie nel Suo sacerdozio, per la diffusione della Sua Dottrina; poiché, se avesse scorto ciò, durante il Suo pellegrinaggio terreno, nell'occasione in cui gli apostoli Gli facevano delle domande sulla preminenza, non avrebbe potuto dar loro quella risposta che sta in pieno contrasto con il presente ordinamento ecclesiastico, e cioè: «Soltanto Uno è il Maestro, mentre voi siete tutti fratelli!».

             19.   La Sua ignoranza va, anzi, ancora più lontano; chi non sa, infatti, che Egli ha detto: «Nessuno è buono, tranne Dio; e non dovete chiamare nessuno padre, poiché solamente Uno, in Cielo, è vostro Padre. Così pure, nessuno è Santo, se non Dio solo». Ora, come mai ogni apostolo è Santo, e il successore di Pietro è addirittura un «Santo Padre?».

             20.   Se tu, caro amico, rifletti bene su ciò, devi, con il generale consenso del tuo Ordine, incolpare necessariamente il Cristo di tali debolezze che ora ti ho esposto; e se tu credi alla Sua Divinità, devi anche dire: «Iddio scorge appena, come un debole uomo, un po' alla volta, ciò che è per il meglio; ed è anche obbligato a piegarsi dinanzi alle Sue creature, con il rischio della Sua eterna Verità ed infinita Sapienza».

             21.   Noi sappiamo benissimo che il Signore ha fondato la Chiesa ebraica, per mezzo di Mosè e dei profeti, intesa a rappresentare la Sua Chiesa, che aveva, in tutte le sue parti, come riferimento Lui. Questo, però, Egli lo fece letteralmente per mezzo di Mosè. Però, che il Signore, al Suo apparire nella somma Persona del Cristo, abbia voluto nuovamente fondare una Chiesa ricca di cerimonie e di immagini di ogni tipo, Egli non ne ha fatto il minimo accenno. Bensì, Egli pose, quale solido fondamento della Sua Dottrina, nient'altro se non il solo Amore del prossimo; e, a tale Amore, quale inevitabile fondamento preliminare e di base, l'Amore per Dio, poiché Egli disse espressamente: «Amatevi gli uni gli altri, così come Io vi ho amato e tuttora vi Amo; perché, soltanto così, si riconoscerà che voi siete veramente Miei discepoli».

             22.   E così pure, Egli disse che i Suoi apostoli e discepoli non dovevano condannare e giudicare nessuno, affinché non venissero a loro volta giudicati e condannati. Anzi, il Signore, con riferimento a Se stesso, disse perfino che Egli non era venuto sulla Terra per giudicarla, bensì per farla beata e per cercare quello che in essa era perduto.

             23.   Dunque, come mai avete potuto ergervi a giudici - tutto all'opposto e al contrario di questo nobile, chiaro e preciso insegnamento di Cristo - e ad attribuirvi il diritto di emettere delle sentenze di condanna e di morte, tanto nel tempo che per l'eternità?

             24.   Non potrebbe essere questo il caso di applicare a voi quel testo in cui Egli, eccitato in Sé, rivolgendosi a coloro che avrebbero potuto dirGli: «Noi abbiamo predicato nel Tuo Nome, profetizzato e scacciato demoni». Dirà:

             25.   «Via da Me, o voi operatori del male, Io non vi ho mai conosciuti, poiché siete voi che in ogni tempo vi siete opposti allo Spirito Santo!».

             26.   Perciò, io ti dico, rifletti accuratamente in te su queste mie parole, e poi dammi una risposta; guardati bene, però, di ricorrere nuovamente a degli esorcismi, poiché, diversamente, ti farò vedere io la potenza di un altro esorcismo, che aprirà i tuoi occhi ciechi e tu scorgerai l'abisso che ti attende, se tu insisti caparbiamente nella tua follia.

             27.   Vedi, il Signore ha avuto misericordia di voi e mi ha inviato qui per la vostra salvezza. Se voi volete ascoltarmi, potete venir salvati; se non lo volete, io ho il potere di gettarvi nelle profonde tenebre, in un posto adatto a voi, stabilito dal Signore”.

             28.   Come vedete, il monaco incomincia a stupirsi sempre di più e non sa cosa pensare, né come cavarsela; perciò si volta e ritorna spaventato dai suoi compagni. Andiamogli dietro e vediamo un po' quale piega prendano simili errori, nel mondo spirituale.

 

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Cap. 69

* * * * *

I monaci Agostiniani a consiglio

 

               1.   Ecco, egli si reca in una sala abbastanza ampia, e, come vedete, parecchi monaci gli vanno incontro; ed alcuni gli chiedono, vedendoci, chi siamo e che cosa vogliamo. E il nostro monaco risponde furtivamente: “Non domandate, poiché si tratta di esseri spaventevoli che, per una strana concezione, ci vogliono disturbare, al di sopra di ogni immaginazione, nella nostra beatissima quiete. Io non so se quello che sta in mezzo sia Lucifero in persona o il suo primo aiutante; una cosa però è certa, cioè che egli si è preso gioco di tutti i miei mezzi ecclesiastici d'esorcismo più potenti e che oltretutto, cosa veramente inconcepibile, mi ha minacciato di precipitarmi nel vero e proprio Inferno se io non gli comprovo letteralmente, secondo le Scritture, che Pietro ha sicuramente fondato la Chiesa romana.

               2.   Io vi dico che ho raccolto tutta la mia sapienza e gli ho sottoposto tutti i migliori argomenti al riguardo, ma, di fronte alla sua astuzia, essi erano altrettanto poco validi ed efficaci quanto una goccia d'acqua per spegnere un incendio. Che cosa si può dire di più, quando qualcuno comprova, togliendolo dalle Scritture, che se la Chiesa romana, nel suo ordine attuale, viene guidata e mantenuta dallo Spirito Santo, allora il Cristo era un mentitore oppure un Essere, se pur derivato dalla Divinità, di una tale imperfezione che la stessa Divinità considera necessario apportare successivamente dei considerevoli miglioramenti, per mezzo dello Spirito Santo, alla Dottrina fondata dal Cristo.

               3.   In breve, egli comprova minuziosamente che, dato l'attuale Ordine ecclesiastico, i casi sono due, e cioè: o la Dottrina del Cristo è pienamente d'origine divina, ed allora la nostra Chiesa è un bel niente se non un arbitrario tenebroso paganesimo, oppure, se la nostra Chiesa è veramente in regola, allora è il Cristo che non è niente, e se il Cristo non è niente, questo niente ricade anche sulla nostra Chiesa. Ecco, fratelli, cos'è veramente spaventoso!

               4.   Oh, se qui, in questo Regno, avessimo la Santa Inquisizione e potessimo martirizzare questi spiriti eretici, come sulla Terra gli uomini in carne ed ossa, noi vorremmo rendere la loro eresia così rovente per loro da superare le pene del più profondo Inferno. Cosa si può fare, qui, dove non si ha più nessun potere? Si deve proprio, in senso letterale, prendere sulle proprie spalle quest'orribile croce e seguire pazientemente il Cristo!

               5.   Guardate, egli si muove già con i suoi aiutanti, incamminandosi verso questa sala; io non posso darvi nessun altro consiglio se non quello di farvi furtivamente un segno di croce ad ogni sua parola e non dare nessuna risposta alle sue eventuali domande. Rifugiamoci dietro il Crocifisso del nostro refettorio e manteniamoci tranquilli là! Ed uno di noi si metta dietro la Croce, e faccia che, dalle ferite del Crocefisso, sgorghino delle gocce di sangue, e quest'ospite infernale non ci potrà nuocere in alcun modo”.

               6.   Ed ecco, tutto il gremio, composto di circa cinquecento spiriti, si reca dietro al Crocifisso, e, come vedete, dalle ferite dell'immagine del Cristo comincia a sgorgare sangue. I monaci si comportano come se dormissero e il nostro primo interlocutore si trova proprio dietro a tutti.

               7.   Voi dite: “Caro amico, da quanto vediamo qui sarà inutile ogni lavoro ed ogni fatica; noi siamo dell'opinione che costoro non potrebbero essere portati sulla retta via neppure dal suolo sabbioso e muschioso dell'estremo buio Occidente. Infatti, è proprio spaventoso come, da questi esseri, le più stringenti parole del Signore vengano considerate addirittura come parola di Satana. Certamente, Lo stesso Signore potrebbe apparire personalmente, e predicare contro la loro insensatezza, che essi Lo considererebbero per quello che hanno considerato te; e se Egli dovesse testimoniare della verità del Suo Essere con dei miracoli, essi direbbero, come a suo tempo i farisei: «Egli opera tutto ciò per mezzo del capo dei demoni»”.

               8.   Certo, amici cari, la vostra osservazione è giusta, e, con questi esseri, le cose stanno effettivamente in questi termini. D'altra parte, però, è altrettanto vero che al Signore sono possibili innumerevoli cose, anzi, più che innumerevoli, infinite, delle quali tutta la nostra sapienza non ha la minima idea. Perciò, anche qui noi faremo qualche esperimento e si vedrà subito quale sarà l'effetto che si otterrà con questi esseri. Dunque, fate attenzione! Come vedete, questo crocifisso truccato è il loro punto d'appoggio, un'opera che li protegge nella loro insensatezza. Incominceremo perciò da questo: lo tireremo giù e lo annienteremo sotto i nostri piedi!

               9.   Dunque, avviciniamoci; come vedete, il macchinista che fa colare il sangue, si sta già allontanando al nostro avvicinarci, ed io dico: “O tu, immagine fallace, che sei sorta dalla falsa fondazione, la quale dura già da troppo tempo in questi esseri, precipita nel nulla! Poiché, dinanzi agli occhi del Signore, non esiste obbrobrio maggiore di una tale immagine ingannatrice, che abbia riferimento a Lui e per mezzo della quale migliaia e migliaia di cuori umani vengano riempiti con la più tenebrosa illusione e con le più abominevoli brutture della morte”.

             10.   Ecco, il crocifisso ora sta completamente distrutto al suolo, come un mucchio di pula sudicia, ed i monaci, senza parlare, si alzano l'uno dopo l'altro, e da ogni faccia sprizzano verso di noi ira e rancore, tuttavia non osano metterci le mani addosso. Nessuno di loro vuol dire una parola; in compenso, voglio dire io qualcosa a colui che sta dietro a tutti e che noi già conosciamo.

             11.   E io gli dico ora: “Ascolta, o spirito tenebroso che ti tieni alla lontana! Vieni avanti e dammi la risposta alla domanda che io ti ho rivolto nel tempio!”. Il monaco si avvicina, come forzato dalla paura, e vuole ribattere, anziché con la risposta, con una maledizione, a causa della distruzione del crocifisso; ma, guardate, proprio davanti a lui si apre una spaccatura nel terreno, larga circa un klafter, ed egli scorge, nella profondità, l'Inferno; ed io così gli dico: “Guarda, o spirito tenebroso, questo è il tuo cristianesimo, e il tuo cuore è pieno zeppo di tutto ciò che tu vedi, laggiù, in quel baratro.

             12.   Al posto del soave Amore del Cristo, che tutto predomina e che sanguinante sulla Croce pregava in Sé il Padre di perdonare agli esecutori del male, voi invece non avete che odio, furia settaria, maledizione, giudizio e fuoco; perciò siete dei veri malvagi anticristi, diretti antagonisti della Dottrina fondamentale del Cristo. A tutti coloro che vi onorano, e vi riconoscono per quello che voi apparentemente mostrate di essere, togliete fino all'ultima goccia di Vita e in contraccambio riempite i loro cuori con la morte.

             13.   Invece del Pane vivente, che è la vera, vivente Parola di Dio, voi date loro da mangiare delle pietre roventi, affinché essi diventino, al pari di voi, pieni di spirito di vendetta e di furore, di giudizio e di condanna, contro tutti coloro che il Padre stesso ha voluto allevare ed ammaestrare. Voi non vi fate nessuno scrupolo di rafforzare la vostra oppressione sui popoli, per la vostra sete di dominio e di guadagno, bandendo in tal modo e il più possibile la Parola di Dio dalla comunità e imponendo, su un eventuale possessore della stessa, la maledizione all'eretico e la sua rispettiva condanna. Invece che la Parola di Dio, voi nutrite il popolo con il vostro egoismo e con la vostra ambizione; nonché il vostro motto migliore consiste nel tenere lontana dal popolo, più che sia possibile, ogni Scintilla di Luce migliore, mentre il Cristo ha detto espressamente: «Siate perfetti, com'è perfetto il Padre vostro nel Cielo!».

             14.   Che cosa devo fare di voi? Proprio voi, che dovevate pascolare il gregge del Signore, per paura del lupo vi siete rinchiusi dietro sette mura, ed anziché fedeli pastori, avete fatto di voi stessi dei lupi rapaci fuori da questa vostra tana, mentre tutt'intorno se ne stanno a migliaia di migliaia coloro che hanno provato la durezza dei vostri denti felini, e che, con alti lamenti, vi accusano dinanzi al Giudizio di Cristo.

             15.   Che cosa devo fare di voi, che avete sempre calpestato sotto i piedi la Parola di Dio perché non si prestava alla vostra insaziabile sete di dominio e di guadagno? Cosa devo fare di voi, che sfacciatamente osavate vantarvi dinanzi al popolo dicendo: «La Terra giace ai nostri piedi e portiamo Dio nelle nostre mani?». Io vi dico che un attestato più vantaggioso, e nello stesso tempo più azzeccato, voi non potevate trovare, poiché in verità voi avete posto, ovunque ciò era possibile, sotto i vostri piedi, avidi di poteri e di lucro, i popoli con i loro Re e Imperatori consacrati, e con Dio nelle vostre mani faceste commercio come con una merce scadente. In contrapposto, però, i vostri cuori erano sempre vuoti di ciò che è di Dio, mentre invece erano sempre colmi di quello che tu, o spirito tenebroso, vedi ai tuoi piedi, attraverso questo baratro aperto.

             16.   Dunque, che devo fare con voi? Volete voi chiedermi chi io sia? Allora io vi risponderò dicendo che io sono un vero apostolo del Signore e sono stato inviato qui affinché io vi destassi nel Suo Nome. Però, come posso destarvi se voi siete pieni dell'eterno Giudizio? Perciò io vi domando ancora una volta: “Che cosa volete fare?”. Parlate, altrimenti questo baratro v'inghiottirà!”.

             17.   Ascoltate, ora, il nostro monaco così si esprime: “Io ti prego, in nome di tutti questi miei fratelli, chiunque tu possa essere, che tu voglia risparmiarci questa dura prova da te annunciata; poiché, se noi siamo effettivamente diventati ingannatori nei riguardi della Dottrina di Cristo, nostro Signore, non lo siamo stati spontaneamente, bensì dovevamo essere così come siamo e nessuno di noi doveva parlare ed agire diversamente da come gli era imposto da parlare e di agire dalla Chiesa stessa. Eravamo dei lupi? Ebbene, dovevamo esserlo. Perciò, se tu sei effettivamente un messaggero dell'Alto saprai anche benissimo come le cose stavano con noi, ed ancora stanno, e che noi, qui, siamo altrettanto incarcerati come lo eravamo nel mondo. Perciò, se ti è possibile, rendici liberi e noi saremo pronti ad accogliere la pura Parola di Cristo. Soltanto, innanzitutto, copri quest’orribile abisso dinanzi a noi”.

             18.   Dico io a loro: “Se tu vuoi superare quest'abisso, allora tu devi soffocare in te, in spirito e in verità, quello che tu scorgi entro di esso, poiché ciò non è che un’apparizione, simile a ciò che tu stesso celi nel tuo cuore. Perciò, indaga in te, e voi tutti che siete qui fate altrettanto. Destatevi dal vostro sonno di morte. Però, in questo chiostro vi sono ancora molti altri, e costoro io devo dapprima esortare; e quando essi si saranno ritrovati, allora soltanto ritornerò e v’indicherò una nuova via nel Nome del Signore”. E ora essi cominciano a lamentarsi e a piangere. Noi però non staremo qui ad ascoltarli, bensì ci recheremo subito dai monaci che si trovano nel Paradiso.

 

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Cap. 70

* * * * *

Dagli Agostiniani paradisiaci

 

               1.   Guardate qui di faccia, lungo questo grande cortile, c'è una porta aperta che conduce in un giardino abbastanza esteso; là vogliamo andare e guardare ciò che vi si trova. Ed ecco, il giardino sta già dinanzi ai vostri sguardi, in tutta la sua estensione. Come vi piace? Voi dite: “Caro amico, in verità, si dovrebbe essere un nemico dell'alta estetica, se non si trovasse piacere nel guardare questo giardino. Queste splendide arcate lungo i muri considerevolmente alti del giardino, i giochi d'acqua, i magnifici templi bene lavorati e poi gli innumerevoli fiori deliziosi, per non parlare degli alberi fruttiferi, disposti in buon ordine; bisogna proprio dire che qui sono riuniti arte e gusto sublime e la natura si trova dappertutto ben calcolata nel migliore armonico accordo con l'arte. E laggiù s'innalza, al di sopra del muro del giardino, un palazzo straordinariamente bello; in quanto a fasto, non lascia proprio nulla a desiderare. Noi siamo dell'opinione che, se coloro che eventualmente dimorano in questo palazzo, corrispondono, anche per poco, alla sua magnificenza, non devono affatto avere, in e per se stessi, dei sentimenti completamente corrotti, di nessun genere”. Certo, vi dico io, cari amici e fratelli, almeno questo ne è l'aspetto; però, voi non dovete mai dimenticare, al riguardo, la seguente regola:

               2.   “Dove fra gli uomini vi è molto fasto, là vi è grande spreco; dove c'è molto spreco, là si cela anche molta ambizione, e dove c'è molta ambizione, la c'è molto amor di se stessi; e questo, a sua volta, non è altro che un grande egoismo”. Per conseguenza, il fasto esteriore non è un indizio favorevole per coloro che vi sono inclini. Guardate un po' sulla Terra: “Chi dimora nei grandi e sontuosi palazzi?”. Raramente qualcuno che non sia ricco e potente. A chi porta qualche utilità, tale sontuosità? A nessuno, se si eccettua il proprietario stesso. In qual modo gli è utile? In vario modo, e cioè: in primo luogo, quale un'insegna messa bene in mostra della sua agiatezza e del suo potere dominante che induce i passanti ad un profondo rispetto, li intimidisce e così non si fidano tanto facilmente di avvicinarsi ad una tale sontuosa dimora, in nessuna occasione. In secondo luogo, tale sontuosità trattiene sempre la povera umanità dall’avvicinarsi al proprietario per chiedergli qualche piccola offerta. In terzo luogo, tale sontuosità è una sorgente inesauribile per il costante nutrimento dell'orgoglio e di conseguenza anche del permanente disprezzo delle classi povere dell'umanità. E, in tal modo, una simile sontuosità è anche il mezzo migliore per mantenere costantemente la povera umanità nella debita cecità.

               3.   Voi chiedete il perché? Perché l'uomo semplice, specialmente il campagnolo, considera i proprietari di tali sontuosità quali esseri superiori e non è capace di liberarsi da tale suo modo di sentire. Certo, io devo dirvi che se la Chiesa dedicata a Pietro, ed il Vaticano papale, non fossero costruiti con una sfarzo e grandezza tale da superare quasi la maggior parte dei concetti umani, allora ci sarebbero parecchi che non considerebbero come una grande grazia essere ammessi al bacio della pantofola del Papa; ed anche le false indulgenze, se rilasciate in una capanna di contadini, non avrebbero mai avuto l'effetto “redditizio” come è invece il caso, visto che provengono dalla splendida sontuosità terrena del Vaticano. Voi avete sempre potuto constatare che qualsiasi religione, una volta passata nel materiale esteriore, comincia ad aiutarsi proprio con lo sfarzo per poter ritrarre, ancora per qualche tempo, il massimo utile sfruttando la cecità degli uomini. Però, bisogna pure domandarsi, se questo accecamento dell'umanità sia mai servito a qualche cosa.

               4.   Perfino il Tempio di Salomone non era in realtà nulla di diverso se non un profeta muto che, con la sua esistenza, dai tempi di Salomone in poi, indicava a tutto il popolo israelitico come esso stesso era passato dallo spirituale al materiale e come, alla fine, in tutto il Tempio non si poteva trovare più niente di buono e di vero. E Lo stesso Signore diede agli ebrei la testimonianza che essi avevano tramutato quel luogo di preghiera in una spelonca di assassini. O certo, in quel Tempio sono state commesse delle atrocità senza nome, e gli uomini vennero accecati dal Tempio, fino al punto che non hanno potuto riconoscere il Signore della Magnificenza; e la crocifissione del Signore venne decisa proprio nel Tempio. Anche Giuda ricevette, nel Tempio, il prezzo del suo tradimento ed è stato pure nel Tempio che egli gettò quel denaro insanguinato, quale una grande testimonianza che appunto il Tempio era già da lungo tempo una spelonca d'assassini dello Spirito di Dio.

               5.   Per poco che voi riflettiate su quanto ora detto, tutta questa sontuosità non apparirà più ai vostri occhi sotto una buona luce; e sul come qui le cose stiano effettivamente, noi potremo averne, ben presto, un piccolo assaggio nell'avvicinarci al primo tempio del giardino.

               6.   Guardate un po' lì; due monaci biancovestiti ci vengono incontro. Voi però chiedete: “Costoro, sono forse Domenicani o Cistercensi?”. No, miei cari fratelli, essi sono soltanto Agostiniani paradisiaci, poiché in Paradiso essi si svestono degli abiti neri e ne indossano dei bianchi. Cosa guardate ora, con tanta attenzione, dalla parte del palazzo? Io so già cosa vi ha colpito; sono degli angeli saltellanti qua e là, con attaccate sul dorso delle ali confezionate con penne bianche. Voi certamente vorreste sapere se possono anche volare. Oh no, affatto; poiché le ali non sono cresciute, ma attaccate artificialmente, come per una scena teatrale, mentre il loro saltellare deve rappresentare la loro vivacità; e come sono pronti questi angeli a servire gli abitanti del paradiso, al loro minimo cenno. Guardate, ce n'è già una mezza dozzina che corre dietro ai due monaci che stanno avvicinandosi a noi; e voi vi accorgerete subito che gli angeli di questo paradiso sono provvisti di sacri randelli e sciabole per scacciarne fuori eventuali ospiti non graditi, in un modo tutt'altro che paradisiaco.

               7.   Voi chiedete: “Chi erano questi angeli, sulla Terra?”. Non avete mai udito parlare dei fratelli laici, o meglio detto, servi del chiostro? Come vedete, anche qui essi sono spiriti al servizio del chiostro; ed affinché tale servizio risulti loro più piacevole, vengono vestiti da angeli. Tutto ciò dipende dalla falsa fondazione, in seguito alla quale essi hanno scambiato il temporale con l'eterno. Il grande Amore e la Misericordia del Signore, però, lasciano questi esseri in tale fondazione tanto a lungo fino a tanto che essi cominciano lentamente a comprendere che una tale attuazione deve avere qualcosa di sbagliato. Anzitutto perché, malgrado l'abbondanza di questi frutti, essi non riescono mai a sentirsi veramente saziati. Infatti, il mangiare e il bere sembrano loro di farli in sogno. In secondo luogo, essi vedono passare, in alto, sempre delle nuvole bianche, ma non riescono a scorgere da dove esse prendano luce; e, in terzo luogo, con il tempo li colpisce il fatto che, pur sapendo di essere nel mondo spirituale, non vedono mai, in nessun luogo, né un Santo, né la Madre di Dio, Maria Santissima, né Pietro e neppure l'Arcangelo Michele. C'è pure una quarta circostanza, molto fatale per loro, e cioè: guardando oltre il muro del giardino, dopo esservi saliti con delle scale a pioli, non scorgono che delle steppe sterili, mentre soltanto il loro giardino è fertile. C'è, infine, una quinta circostanza che un po' alla volta concorre a destarli, e cioè che la Chiesa del loro chiostro non viene frequentata da nessun altro che da loro stessi. E ci sono molti altri di questi mezzi stuzzicanti, grazie ai quali lo spirito può venir reso attento.

               8.   Questi abitanti del Paradiso hanno, a dire il vero, ancora il Cielo del chiostro dinanzi a loro; Cielo che noi vedremo più tardi, ma anche il cielo presenta ancora parecchie difficoltà, abbastanza importanti. Perciò, gli abitanti del Paradiso devono essere molto diplomatici e tenere il più possibile segreti i rischi che presenta il cielo, poiché altrimenti andrebbe molto male per questo loro Paradiso che deve provvedere anche per il cielo, e i nostri vivaci angeli non vorrebbero più occuparsi della coltivazione del grande giardino. Infatti, voi dovete sapere che il Signore permette che questi spiriti, qui, debbano procurarsi il sostentamento come sulla Terra, con il lavoro delle loro mani e il sudore della loro fronte; insomma, essi devono lavorare, se vogliono mangiare.

               9.   Ora, però, i nostri due abitanti del Paradiso si avvicinano a noi, perciò silenzio, e fate attenzione all'accoglienza! Guardate, uno degli uomini paradisiaci fa cenno a due angeli, muniti di randelli, di mettersi accanto a lui, affinché egli possa avvicinarsi a noi sotto buona scorta; e l'altro uomo paradisiaco, insieme a quattro angeli armati di sciabola, formano la retroguardia dell'avanguardia, nel caso che quest'ultima dovesse dimostrarsi troppo debole di fronte al nemico.

             10.   Fate bene attenzione; il primo uomo paradisiaco apre già la bocca e ci chiede: “Da dove venite, dall'Alto o dal Basso?”. Dico io: “Dall'Alto”. E questi ci domanda ancora: “Dov'è l'Alto?”. Io indico, con la mano, il petto, e dico: “Qui, nel cuore, e nell'esclusivo Amore per il Signore, è l'Alto!”. Il monaco dice: “Come mai chiacchieri di simili assurde fandonie? Non sai tu dov'è il Cielo e non sai che qui tu ti trovi nel Paradiso di Dio?”. Ed io gli dico: “Io so dov'è il Vero Cielo e conosco molto bene il Paradiso, ma questo paradiso qui e il tuo cielo io non li riconosco affatto come tali, bensì io li riconosco soltanto secondo la Verità; nella Verità, questo vostro cielo e paradiso non sono altro che «un prodotto della vostra follia», profondamente mondana”. Egli dice: “Che discorso è mai questo? E così che parlano coloro che vengono dall'Alto? Aspetta soltanto un momento e noi ti mostreremo, in modo palpabile, dov’è il Basso. Venite qui, voi angeli di Dio, ed impadronitevi di questi tre avanzi di galera, e conduceteli dove voi già sapete, cioè nella scuola dove s'impara a distinguere l'Alto dal Basso”.

             11.   Ed ecco, gli angeli ci circondano; questa volta li lasciamo fare e ci lasciamo condurre da loro. Appena quando essi avranno pronunciato su noi una “filantropica” sentenza, allora cominceremo a muoverci alquanto. Infatti, tutto ciò fa parte della scena; senza ciò voi non potreste farvi un'idea esatta di questa situazione spirituale; mentre, d'altra parte, questi spiriti non sarebbero tanto facilmente recuperabili per altre vie; né noi potremmo liberarli dalla loro illusione nel modo migliore per essi. Perciò, lasciamoci condurre via da loro, di buon animo, affinché voi possiate constatare in quali modi, infinitamente molteplici, il Signore sa utilizzare i Suoi servi, cosicché sia l'Amore sempre a predominare ed a portare frutto.

 

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Cap. 71

* * * * *

Nell'apparente prigionia degli Agostiniani paradisiaci

Loro dubbio riguardo la giustizia delle loro azioni

 

               1.   I due monaci ci precedono, mentre gli angeli, con i loro randelli e sciabole, ci seguono. Voi chiedete dove essi intendano condurci. Guardate laggiù, più verso Nord, nell'angolo del giardino, presso il muro di cinta c'è una torre sudicia, con una porta di colore nero. Là essi vogliono rinchiuderci; quello che succederà poi, sarà la propria esperienza ad insegnarlo. Strada facendo, ascoltate qual è l'oggetto di cui i due monaci discutono.

               2.   Uno dei due dice proprio ora: “Che pensi tu? Se questi tre, che sembrano dei vagabondi, fossero invece degli inviati venuti da qualche luogo migliore di qui, in cui non possiamo mai mangiare abbastanza da saziarci? Non si dovrebbe, in questo caso, come prima cosa, ascoltarli ed informarci più esattamente da dove essi, in realtà, provengano? Infatti, la nostra domanda a loro indirizzata, se cioè venivano dall'Alto oppure dal Basso, è stata troppo precipitosa, poiché noi abbiamo posto, come si suol dire, il carro davanti ai buoi. Mettiamo il caso che essi fossero veramente dall'Alto e noi ci comportassimo con loro, in questo Paradiso, in maniera tutt'altro che paradisiaca, ciò potrebbe costarci caro. La mia opinione sarebbe perciò la seguente: anziché rinchiuderli nella torre fortificata, portarli piuttosto laggiù, verso Mezzogiorno, nella torre libera che è aperta dappertutto verso fuori e chiusa verso l'interno”.

               3.   L'altro risponde: “Caro amico e fratello, io ritengo che proprio qui, in Paradiso, tu non vorrai diventare un eretico. E' ben vero che il Signore, sulla Terra, ha peregrinato senza sfarzo e magnificenza, e che questo era pure il caso con i primi annunciatori e propagatori della Sua Dottrina. Tu però sai anche che, in quel tempo, la Chiesa del Signore era povera e sofferente. Appena dopo il grande concilio di Nicea, essa ha trionfato su tutti i pagani, per un vasto raggio; e, perciò, ha cessato pure di essere misera e sofferente ed ha incominciato a diventare una Chiesa ricca, trionfante, piena di splendore, importanza e potenza.

               4.   Dunque, se già sulla Terra il Signore circonda la Sua Chiesa ed i Suoi servi con tanta magnificenza, quanto più Egli lo farà qui nel Regno degli spiriti beati. Perciò, se Egli c'invierà qualche alto messaggero, tu devi attenderti, con tutta certezza, che esso non apparirà nella figura di questi autentici straccioni, bensì con sfarzo e maestosità celeste. Infatti, sta scritto nei sacri Testi che il Signore verrà sulle nuvole del Cielo con grande Potenza e Gloria. Allora come potrebbero, questi straccioni, essere degli inviati di Dio? Dei messi travestiti dell'Inferno, certo, ma non elevati messi del Cielo. Ma, ti ripeto, elevati messi del Cielo no di certo! Dunque, dentro la torre fortificata sia il loro posto. Quella torre è edificata esclusivamente con pietre benedette e così risulterà immediatamente di quale spirito essi siano animati, poiché una sola di quelle pietre è più che sufficiente per bruciare mille volte di più del più profondo Inferno”.

               5.   Il primo interlocutore ribatte: “Bene, fa quello che vuoi, io, dal canto mio, resto nella mia opinione. Se poi la cosa prenderà una brutta piega, la responsabilità sarà tutta tua; ripeto, fa come vuoi, io non pongo alcun ostacolo al tuo piano. Guarda, ecco la torre, io ti consegno la chiave ed in questa faccenda non voglio entrarci per nulla. Io ho già ponderato parecchie volte fra me, che noi, nella nostra Chiesa romana, siamo sempre molto più solleciti nel condannare che nel benedire; perciò, talvolta ho pensato, sempre tra me, su quel testo del Signore in cui Egli ammonisce energicamente i Suoi apostoli a non condannare e giudicare.

               6.   Per detta ragione mi ero ripromesso segretamente di non condannare e giudicare più nessuno; e voglio perciò anzitutto mettere in pratica questo mio proposito proprio con questi tre, e così ti dico ancora una volta di fare quello che vuoi, io però non intendo assolutamente partecipare al tuo modo di agire!”.

               7.   L'altro dice: “E va bene, io prendo la chiave e voglio praticare la Giustizia divina come si deve; poiché grande è l'Amore del Signore, ma la Sua Giustizia sta al di sopra di Essa, tanto che chiese perfino il Sangue del Figlio Suo”.

               8.   Il primo risponde brevemente al praticante della giustizia: “Io, da parte mia, ho appreso dalle Scritture che il Signore non ha dato ai Suoi apostoli e discepoli altro comandamento se non quello dell'Amore. E so pure che una volta Egli portò, quale esempio degno d'essere imitato, un amministratore ingiusto. Poi disse anche che Lo rallegrava di più un peccatore pentito che non novantanove giusti. E, infine, non riesco a rammentarmi affatto che ci sia un testo in cui il Signore abbia vantato, in modo altrettanto evidente, la severa giustizia. Come pure si legge la piena giustificazione del gabelliere e il biasimo del fariseo ligio alla legge. Quando rifletto su ciò, e metto in suo confronto l'arcigna giustizia da noi praticata, allora il mio animo viene meno. E perciò, cos'altro potrei aggiungere per giustificarmi? Nient'altro che tu faccia come la tua coscienza di detta; la torre è qui, e qui sono anche i tre; la chiave l'hai in mano e con ciò io mi ritiro”.

 

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Cap. 72

* * * * *

Domande delicate. Risposta schietta

 

               1.   Quello spirito-monaco, l'abitante di questo paradiso celeste, che è ora in possesso della chiave, apre la porta della torre e ci fa cenno di entrare. Che ne dite voi? Dobbiamo ubbidire all'invito? Qualche cattolico direbbe: “L'ubbidienza lo richiede”. Però, dato che c'è un altro precetto che dice di obbedire a Dio prima che agli uomini, allora non daremo corso all'invito e rimarremo bellamente al di fuori, e oltre a ciò io mi prenderò la libertà di tramutare, di punto in bianco, questa torre in un mucchio di polvere impalpabile, con il semplice tocco della mia mano. Dato, però, che il detentore della chiave ci minaccia dicendoci: “Se non vi entrate immediatamente, farò ricorso alla violenza!”, allora dobbiamo avvicinarci alla torre, e precisamente quel tanto che è sufficiente affinché io la possa sfiorare almeno con un dito. Eccoci arrivati, e guardate, ora la torre non esiste più.

               2.   Però, guardate anche la faccia che fa il detentore della chiave, mentre l'altro, quello dai sentimenti migliori, gli si avvicina e gli dice: “Dunque, mio caro fratello, che ne dici di questa sparizione? Potrebbe il demonio fare qualcosa del genere?”. L'altro dice: “Oh, mio caro fratello, la cosa mi riesce oltremodo misteriosa. Finora nessun demonio aveva potuto attaccare questa torre, infatti, essa stava lì come una inespugnabile fortezza di Dio e tutti gli eretici ed i servitori del demonio, quali antagonisti dell'unica Chiesa beatificante, hanno trovato in essa l'asilo della loro dannazione e mai, fino ad ora, un demone ha osato avvicinarsi a questa torre. E, guarda un po', questo empio, od altro che egli sia, ha sfiorato la torre soltanto con un dito ed all'istante non ne è rimasta nemmeno una traccia. Ora credo che la miglior cosa da fare è di cercare di allontanare questi tre da questo Paradiso, altrimenti se egli tocca qualcosa d'altro, l'annienta al pari della torre.

               3.   Io devo sinceramente ammettere che Iddio il Signore è, a dire il vero, un Essere molto enigmatico; quando si pensa di aver fatto qualcosa per il meglio, Egli manda poi tutto a catafascio. In questo modo, Egli ha fondato una Chiesa dopo l'altra, e quando una di tali Chiese si era ben sviluppata, così da servire Iddio per filo e per segno, allora viene Lui e, come ad una Parca pagana, taglia il filo nel mezzo e tutto va in rovina, così che non ne resta tutt'al più che il nome, come è avvenuto con la città di Babilonia, della quale non si può identificare il posto dove tale grande città mondiale si trovava. Comunque, per quanto riguarda la mia persona, non voglio avere più nulla a che fare con questi tre esseri. Se tu vuoi trattare ulteriormente con loro, fallo pure; però dubito molto che tu possa ottenere qualcosa da loro. La mia opinione sarebbe di riunire un concilio generale, quale mezzo migliore per decidere sul da farsi dopo un simile evento. Però, come si fa a riunirlo, fintanto che questi tre sono qui?”.

               4.   L'altro dice: “Io ritengo che ciò non sia necessario, poiché se questi tre, com'è evidente, sono dall'Alto, a che servirebbe il nostro concilio? Essi lo polverizzerebbero altrettanto come la torre. In quanto a credere che siano dal Basso, è meglio che non ne parliamo affatto, poiché è detto che la roccia, o Chiesa di Pietro, non può venir sopraffatta dalle potenze infernali. Cosa risulterebbe, poi, se in un concilio sentenziassimo che questi tre sono inviati dall'Inferno e tuttavia, in contrasto con l'attestazione di Cristo, hanno distrutto la torre? Con ciò non affermeremmo altro se non che la nostra Chiesa, l'unica beatificante, non è stata fondata né da Pietro né da Cristo. E questa testimonianza sarebbe infinitamente peggiore che non la distruzione della torre. Se noi, invece, riconosciamo che il Signore ci ha fatto questo in seguito alla Sua incommensurabile determinazione, non ci danneggiamo minimamente, poiché il Signore può fare quello che Egli vuole, e tutto quello che Egli fa è sicuramente ben fatto”.

               5.   L'opponente dice: “Tu hai ragione e non trovo nulla da obiettare, però, cosa diranno di tutta questa storia tutti i nostri fratelli beati ed i molti angeli serventi, quando apprenderanno ciò che è accaduto? Sarebbe perciò doveroso informarli di ciò e senza indugio, altrimenti faremmo una meschina figura dinanzi a loro”.

               6.   L'altro risponde: “Al riguardo sono di tutt'altra opinione; non preoccupiamoci di ciò che i nostri fratelli potrebbero dire, bensì nel Nome di Dio, lasciamo che questi tre, fintanto che sono qui, facciano quello che vogliono e noi laviamocene le mani. I nostri fratelli tentino pure, se sono capaci di nuotare contro un fiume montano che scorre a precipizio”.

               7.   E ora io parlo al migliore dei monaci, dicendogli: “Ascolta, caro amico, il tuo discorso non mi dispiace affatto, poiché tu sei più vicino al vero Regno di Dio di parecchi altri, anche se sono poche le opere che ti hanno seguito qui. Tuttavia hai in te una scintilla di luce maggiore degli altri e, in seguito a ciò, ti verrà qui offerta l'occasione di recuperare quell'attività di opere che ti manca per raggiungere poi il Regno di Dio. Disponi perciò che tutti i finti beati di questo Paradiso si radunino qui al più presto possibile”.

               8.   Il nostro monaco migliore così dice: “Caro amico, questo può essere fatto all'istante; basta una chiamata ed un cenno e tutti verranno qui immediatamente”.

               9.   Dico io: “Fai pure come hai detto”. Il monaco fa ciò e, vedete, da tutte le parti arrivano in gran numero e, guardate, alcuni si mettono le mani sui capelli, quando non vedono più la torre; e la prima generale domanda è la seguente: “Per L'Iddio Uno e Trino, che cosa è avvenuto qui? Quale empio ha commesso ciò?”. E il nostro monaco risponde a voce abbastanza alta: “Ascoltate, fratelli, io vi dico di non fare delle domande a tale riguardo, poiché i tre potenti si trovano ancora fra noi, e quello che sta nel mezzo è colui che noi volevamo rinchiudere nella torre, per punirlo; mentre lui ha sfiorato la torre soltanto con un dito e in un batter d'occhio la torre venne annientata. Noi, però, sappiamo che la potenza di Satana non può fare ciò; siate perciò prudenti, affinché non ci capiti un danno maggiore”.

             10.   E ora un superiore di questo gremio paradisiaco di monaci si avvicina a noi tutto timoroso, e ci rivolge la seguente domanda: “Noi e tutti i buoni spiriti lodiamo Iddio il Signore; se voi pure siete dei nuovi spiriti, diteci qual è il vostro desiderio!”.

             11.   Parla Marco: “Vedi, il mio desiderio è molto semplice, e non consiste in altro se non che tu mi dica in quale occasione Pietro ha fondato la Chiesa romana e in quale occasione poi ha fondato la casta monacale in genere. Questo però me lo devi provare con la Scrittura, poiché ogni altra prova verrà da me respinta”.

             12.   E ora guardate come questo priore fa una faccia proprio pietosa e come si fa segretamente il segno della croce e, sottovoce, dice al suo vicino: “Dio ci aiuti, poiché noi ci troviamo di fronte alla massima Trinità infernale. Qui ci sono Lucifero, Satana e il Leviatan! Questo è più che sicuro. Però la domanda è stata rivolta a noi; cosa risponderemo? Se noi stiamo zitti, questa Trinità, da cui Dio ci guardi, distrugge l'intero nostro chiostro, il nostro Paradiso e il nostro Regno dei Cieli e alla fine ci porta diritti all'Inferno! Se noi rispondiamo, ciò equivale, per noi, ad assicurarci comunque l'Inferno”. Ora si rivolge a me e dice: “In verità, le disposizioni di Dio in questo mondo prendono una tale piega che nemmeno in Paradiso ed in Cielo si sa con certezza quale sia l'esatta posizione in cui ci si trova. Dato, però, che non posso provare assolutamente l’apostolica autorità della Chiesa romana con la Scrittura, la miglior cosa che io posso dire è che con esattezza non posso dire nulla; soltanto che, attraverso una tradizione storica, si dice che questo apostolo dovrebbe avere trascorso a Roma qualcosa più di vent'anni. Se questo che viene detto è realmente vero, soltanto Iddio lo sa.

             13.   Io però, al mio tempo cattolico romano, credevo, insegnavo ed agivo nello spirito di questa Chiesa e penso di non aver sbagliato. Se, però, le cose stanno altrimenti, allora tu stesso puoi informarcene. Io non sono restio ad ascoltarti e tu perciò puoi parlare. Se sei uno spirito buono, non puoi volere il male, se invece sei uno spirito maligno, allora pensa che Iddio è più potente di te e perciò parla di ciò di cui devi parlare”.

 

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Cap. 73

* * * * *

Una domanda al priore del chiostro Agostiniano

 

               1.   Io gli dico: “Per il momento te la sei cavata bene, e dato che tu stesso ammetti di non poter rispondere alla domanda, voglio considerare questa tua mancata risposta, quale una vera risposta. Però, ora fai attenzione, perché voglio farti un'altra domanda; forse a questa troverai una risposta in te. Data la tua conoscenza della Scrittura e dato che anche durante la tua vita terrena non hai potuto mai apprendere se l'apostolo Pietro è realmente vissuto a Roma e se vi ha fondato la Chiesa romana, io vorrei tuttavia sapere da te, in primo luogo, per quale ragione, allora, ti è venuto in mente di disbrigare tanto alacremente per ottenere il priorato del monastero. E poi perché, dopo aver carpito il priorato attraverso ogni sorta di astuzie, ti sei rivolto al capo della Chiesa, affinché ti facesse il generale dell'Ordine, oppure, se mai possibile, vescovo. Vedi, questa è una domanda importante e tu sarai tanto più sicuramente in grado di darmi una risposta, considerato che tutto ciò lo hai sperimentato in te e che esso è ancora sempre vivo nel tuo ricordo”.

               2.   E ora, come vedete, il nostro capo paradisiaco fa una faccia sbalordita e cerca in ogni angolo della sua mente una risposta scaltra, come si può dedurre dalla sua espressione imbarazzata. Però non trova in sé nulla del genere, cosicché egli si sente indotto a venir fuori - nolens volens - con la verità. E per quanto la verità, date le circostanze, gli faccia sulla lingua l'effetto di una zuppa bollente, tuttavia non c'è via di scampo, perciò egli decide di dire la verità, succeda quello che si vuole.

               3.   Vedete, egli apre la bocca e dunque ascoltate quello che dirà. Il priore, dunque, così si esprime: “Caro amico, qualunque sia il posto da cui tu vieni, io ti dico francamente che ho fatto tutto ciò in senso letterale per me stesso, e perché lo feci? Perché, essendo perfettamente a conoscenza dei precetti basilari della Chiesa cattolica romana, vedevo anche troppo bene qual era la vera mira dei suoi teoremi cristiani, cioè soltanto quella di dominare il mondo. Ma per ottenere ciò, bisognava anzitutto crearsi autorità ed importanza e, attraverso queste, ammassare tesori e ricchezze. E di quale immagine ne ricavi la pura cristianità in tutto questo, tu lo saprai benissimo, nella Chiesa romana nessuno si è mai curato.

               4.   E, se non erro, questo stato di cose dura dal tempo di Carlo Magno, il quale, da quanto ne so, ha donato al vescovo di Roma dei latifondi e ne ha fatto con ciò un sovrano mondano.

               5.   Da quel tempo si è considerato, naturalmente soltanto in segreto, che il Cristianesimo, nella sua pura sfera, non si adattava agli interessi della Chiesa, poiché, nella sua autenticità, esso è diametralmente opposto alla vistosità mondana e perciò se ne mantenne soltanto il nome e si modellò poi la Dottrina in modo che si potesse adattare, per necessità di cose, alla grandezza ed al fasto mondano.

               6.   Io ti devo dire ancora che non di rado, riflettendo segretamente sul Papato, mi ritornava alla mente, in modo vivo, il dio menzionato da Daniele, cioè Maozin, al quale si sarebbero offerti in sacrificio oro, argento e pietre preziose e nel quale non ci sarebbe stato amore per nessuna donna. Ma a che cosa potevano servire tutte queste mie riflessioni? Oramai io non ero che uno stupido bove attaccato al giogo; chi avrebbe potuto sciogliermi? Una cosa però è certa: i buoi che si trovano davanti al carro hanno meno da tirare di quelli attaccati più dietro, ed io ero contento di constatare ciò e di fare il possibile per venir attaccato ad un giogo il più possibile avanti ed essere così più un bove da parata che non da tiro. Che ne dici, avrei forse dovuto agire altrimenti?

               7.   Certo, io avrei desiderato comportarmi diversamente, se Iddio non mi avesse dato una pelle tanto sensibile. Però, in seguito alla straordinaria sensibilità della mia pelle e alla vista sempre rinnovata dei roghi ardenti, feci il furbo e in pratica non m'occupai più di nulla. Infatti, pensavo fra me: fare del bene, dal punto di vista veramente cristiano, così com'era nelle intenzioni del divino fondatore, è, in simili circostanze, assolutamente impossibile; io preferisco non fare nulla e seguire l'esteriore stupidità per il meglio. Perciò cercai, dov'era possibile, di tramutare tale stupidità a mio vantaggio temporale. Io sapevo benissimo che ciò era sbagliato se ci dovesse essere qualcosa di autentico nella Dottrina di Cristo, ma, d'altra parte, pensavo:

               8.   «Se il Signore ha fondato questa Dottrina come essa sta nei Vangeli, allora Egli avrà anche le Sue ragioni, per aver lasciato degenerare questa Sua semplice Dottrina, estremamente pura!». Inoltre pensavo spesso a Paolo, che aveva invitato le sue comunità ad essere soggette al potere mondano, buono o cattivo che fosse, poiché non c'è in nessun luogo un potere che non sia da Dio. Per conseguenza, se ciò che tali capi della Chiesa fanno, è ingiusto, saranno essi a doverne rispondere a suo tempo; io, invece, farò come fece Ponzio Pilato, quando non gli riuscì di mandare a vuoto la crocifissione di Cristo. E il Signore, quale l'Essere perfettissimo, riconoscerà sicuramente che uno di noi, con il suo potere limitatissimo, non può certo nuotare contro la generale corrente del mondo.

               9.   Allora ecco, caro amico, da qualunque luogo tu sia, questa è la risposta alla tua domanda e ora anche se tu mi levassi la pelle, non potresti ottenerne nessun'altra da me”.

             10.   Ora parlo io: “Bene, mio caro amico, tu non hai taciuto nulla, bensì hai comunicato effettivamente tutto quello che hai trovato nel tuo ricordo. Soltanto vorrei apprendere ancora da te per quale ragione tu sei poi giunto in questo Paradiso. Infatti, se tu, secondo quanto hai detto, eri persuaso della fallibilità della Chiesa romana, avresti dovuto essere persuaso che anche la sua dottrina della sopravvivenza dell'anima dopo la morte doveva, ugualmente, essere falsa, come tutto il resto. Inoltre devo anche dirti che parecchi di loro, provenienti appunto da questa Chiesa, quando sono giunti qui, sono tuttavia stati subito accolti nel vero Regno di Dio. E ti devo ancora dire, affinché tu possa comprendere, che se pure la Chiesa cattolica si è trovata e si trova in pieno contrasto con ciò che è veramente cristiano, tuttavia non mi rammento affatto che essa abbia mai proibito l'amore per il prossimo e l'umiltà, perciò vorrei apprendere da te come avvenne che tu, come già accennato, sia venuto in questo Paradiso”.

             11.   Il nostro priore dice: “Caro amico, da qualunque luogo tu possa provenire, rispondere a questa domanda è da parte mia molto difficile, poiché conosco il motivo che mi ha portato qui quanto conosco il centro della Terra. Infatti, se voglio essere sincero, devo confessare che, durante la mia esistenza terrena, avevo rinunciato a credere nell'immortalità dell'anima ed a molte altre cose ancora. Dunque, quando non si crede alla vita spirituale dopo la morte, nel mondo non resta altro che vivere secondo l'antico detto romano: “Ede, bibe, lunde, post mortem nulla volupatas![3]. E così io sono anche vissuto nel mondo, cioè per mangiare e bere ed ho preso parte a tutte le commedie del mondo.

             12.   Quando, poi, a suo tempo, è capitata anche per me la pur fatale morte del corpo, in merito alla quale, durante la mia esistenza terrena, avevo fatto molti inutili pensieri, allora, appena appreso che la morte veramente non era la fine, bensì che io, dopo la deposizione del mio involucro terreno - deposizione che fino al tempo presente mi era ignota - avrei continuato a vivere come ero vissuto sulla Terra, con la sola differenza che qui, anziché nelle sudicie celle del chiostro, passo il mio tempo in questo grazioso salone del giardino. Invece di una veste nera, ne porto una bianca; non celebro più messe e mi trovo qui come un pidocchio dotato della ragione e sono, nel senso letterale della parola, un vero parassita.

             13.   Che qui vengano ancora osservate le regole claustrali mondane, è altrettanto inspiegabile come tutto il resto. Noi ci raffiguriamo di essere felici, ma in realtà non lo siamo che in grazia alla nostra regola claustrale abituale, però sempre un po' migliorata, che abbiamo ritrovato qui. Se ci viene tolta anche questa, allora i topi campagnoli sono più felici di noi. Ed in aggiunta a tutto ciò, devo confessarti che tutti quanti noi non sappiamo assolutamente perché siamo qui.

             14.   Se tu sai qualcosa di più e di meglio, informaci, che siamo volentieri disposti a scambiare questa apparenza incerta anche con una certezza sgradevole. Fa’ di me e di noi tutti quello che vuoi; soltanto risparmiaci l'Inferno ed ulteriori domande, poiché ora ti ho detto tutto ed altro non potrei dirti, perché dove non c'è nulla, neppure la morte può raccogliere qualcosa”.

 

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Cap. 74

* * * * *

Domanda riguardo l'Amore per Cristo

 

               1.   Ora parlo io: (Marco) “Ascolta, caro amico, suppongo che muto come una pietra tu non lo sia affatto e, perciò, sarai in grado di rispondere ancora ad una domanda. Questa domanda voglio rivolgertela nel modo più semplice possibile, perciò ascolta:

               2.   «Durante la tua carriera sacerdotale non hai mai riflettuto sul Cristo e non ti è mai venuto in mente che potresti amarLo con tutte le tue forze». Vedi, questa è una domanda molto semplice, alla quale tu puoi rispondere con un sì oppure con un no, soltanto che alla base della tua risposta ci deve stare la verità”.

               3.   Il priore così risponde: “Caro amico, qualunque sia la tua provenienza, a questo genere di domande, io posso ancora rispondere, anche se tu me ne sottoponessi parecchie, invece per ciò che riguarda la Chiesa romana, non devi domandarmi più nulla, dato che sono indicibilmente lieto, come un semplice soldato congedato e che qui non ha più nulla a che fare con essa. Di quello che riguarda il Cristo, invece, io sono pronto a discorrere con te quanto a lungo tu vorrai, ed in risposta alla tua domanda posso dirti che io, fra me, ho molto spesso pensato al Cristo e, non di rado ho percepito in me che avrei potuto essere un apostolo tutt'altro che cattivo, se avessi avuto la fortuna di peregrinare con il Cristo, come l'apostolo Pietro. Anzi, devo dirti che il Cristo sarebbe l'unica divina Persona che io potrei amare con tutte le mie forze, se Essa esistesse realmente in qualche luogo.

               4.   Che io, durante tutta la mia carriera sacerdotale, mi sia potuto occupare, ufficialmente, meno di tutto del Cristo, ti sarà certamente noto il come ed anche il perché, poiché, quando io nella veste di capo del chiostro venivo chiamato da qualche alta autorità ecclesiastica, o da un vescovo oppure come avvenne una volta perfino da Roma, durante tali incontri non si parlava mai di Cristo, bensì esclusivamente di quello che riguardava il chiostro, di come venivano amministrati i beni della Chiesa, di quali provvedimenti avrei dovuto prendere nel caso in cui il chiostro dovesse rendere troppo poco, e fare in modo che le rendite chiesastiche venissero ad aumentare! Una volta mi comandarono di recarmi a Roma, pensavo che là avrei ricevuto una luce più elevata sul Cristo, ma anche a Roma non trovai traccia di ciò! Venni soltanto interrogato, nei minimi dettagli, su come stavano le cose con le entrate ecclesiastiche; mi venne chiesto se nessun importante lascito era già esigibile e se questo dovesse essere il caso, come s'intendeva di impiegare i rispettivi capitali.

               5.   Ed allora risposi che nel nostro caso non si poteva parlare di lascito o donazione ancora esigibili, mentre tutti i vecchi lasciti erano già stati incamerati da tempo nel capitale chiesastico del chiostro e che i nuovi lasciti o donazioni, dati i tempi troppo illuminati, diventavano sempre più rari, così che ci si doveva accontentare di semplici legati o di alcune messe pagate per i defunti, ma che era passato il tempo dei lasciti di eterna durata. A questa mia esposizione, come prima cosa, un cardinale lanciò, con voce tonante, una potente maledizione a tutti gli eretici e protestanti ed a me venne detto soltanto di disporre la gente con severe prediche e ammonimenti durante la confessione, così che, in primo luogo, non avessero a farsi illuminare dai cosiddetti protestanti e, in secondo luogo, che si facesse il possibile per incorporare per sempre alla Chiesa, l'unica beatificante, dei ricchi lasciti o generose donazioni, allo scopo di guadagnarsi il Cielo. Dopo questa esortazione, mi venne consegnata una intera raccolta di alcune centinaia di indulgenze plenarie, che avrei dovuto collocare, il più presto possibile, al prezzo di dieci talleri per ogni indulgenza.

               6.   A me venne elargita gratuitamente un'indulgenza plenaria, alla condizione però che essa avrebbe avuto effetto soltanto quando avrei spedito a Roma il controvalore di tutte le altre indulgenze.

               7.   In tale occasione volevo attingere qualche chiarimento su questioni religiose, soltanto mi si fece cenno di tacere; ed uno dei componenti il gremio mi disse, di sfuggita, che dovevo ringraziare in tutta umiltà per una tale grazia da parte del massimo “luogotenente” di Cristo e che andassi per la mia strada, lasciando Roma il prima possibile, ed arrivare a casa, per adempiere là la volontà del Santo Padre. Io seguii tale consiglio, però prima della partenza mi venne perfino fatta la grazia di essere ammesso al bacio della pantofola, ma con questa grazia mi venne anche impartito l'ordine di non trattenermi a Roma per più di ventiquattro ore.

               8.   Da quanto ora detto, puoi facilmente dedurre di che razza di Cristianesimo si è trattato là. In verità, se un cardinale non avesse detto “luogotenente di Cristo”, io sarei stato a Roma senza sentir pronunciare, presso queste superiori autorità, il Nome di Cristo, eccezion fatta, naturalmente, durante le cerimonie ecclesiastiche.

               9.   Questa visita a Roma mi ha impoverito, in tal modo, perfino dell'ultima goccia della mia credenza nell'immortalità dell'anima e così pure del mio sentire per il Cristo.

             10.   Quando fui di ritorno nel mio monastero, con quelle famose indulgenze, le misi a disposizione dei miei confratelli e, da quanto so, essi le hanno tutte collocate, però hanno dovuto mercanteggiare. E quando io mi sincerai che l'alienazione delle indulgenze, dal punto di vista morale, presentava una certa difficoltà, feci in modo che anche Roma riducesse le sue pretese ed infatti essi si accontentarono di un importo minore. Ed ecco, questo è tutto quello che posso dirti in risposta alla tua domanda.

             11.   Per quanto riguarda il mio amore per il Cristo, dedurrai da te che quando, con simili maneggi ecclesiastici, si è eliminato completamente Cristo e che l'uomo, specialmente della casta sacerdotale, ha perduto la fede, la va molto male anche con il suo amore per il Cristo. Io non intendo affatto dire con ciò che non amerei il Cristo, se Egli fosse in qualche luogo. Anzi, io Lo potrei perfino amare sopra ogni cosa, poiché la Sua Dottrina è realmente la più pura e la migliore che ogni uomo mortale possa immaginare.

             12.   Però il “se” influisce fatalmente su ciò; io sono venuto qui e ora vivo qui, come ho già rivelato precedentemente, senza sapere il perché, né dove, né come e questo mentre nel mondo avevo completamente abbandonato l'idea dell'immortalità dell'anima umana. Del resto anche qui, finora, non ho sentito parlare del Cristo più di quanto avessi appreso sulla Terra, così che, fra me e Cristo, si mette costantemente quel fatale “se”. Toglimelo e tu avrai in me un discepolo quale Giovanni o quale una Maddalena”.

             13.   Ora parlo io: “Bene, amico caro, tu hai dato, alla mia breve domanda, una risposta molto estesa e perciò io voglio dire a te ed a voi tutti qualcosa d'importante. Se voi osserverete quanto sto per dirvi, potrete imboccare la via che porta alla Vera Vita eterna. Altrimenti nel posto dove la torre è scomparsa è già aperta per voi la via che conduce all'eterna morte!

             14.   Dunque ascoltate: «Gesù Cristo è l'Unico Dio, Signore di tutti i Cieli, di tutti i Soli e di tutti i mondi! Egdi è in Sé, solo in seguito al Suo Infinito Amore, il Padre, ed in seguito alla Sua Infinita Sapienza, il Figlio; e poi, in seguito alla Sua eternamente Onnipotente inviolabile Santità, lo Spirito Santo stesso». E come Egli stesso disse di Sé: «Io e il Padre siamo Uno e chi vede Lui, vede pure il Padre»; e nello stesso tempo, lo Spirito Santo emana da Lui, così come l'ha dimostrato quando Egli alitò sui Suoi discepoli e disse loro: «Ecco, prendete lo Spirito Santo!».

             15.   Dunque, questo è per voi il primo articolo di fede, senza il quale nessuno può raggiungere la Vita eterna, poiché anche nella Scrittura è detto: «Chi non crede che il Cristo è il Figlio dell'Iddio Vivente, il quale è Amore del Padre, non sarà beato».

             16.   Io però vi dico: «Se non afferrerete nel Figlio in Cristo, tanto il Padre quanto lo Spirito Santo, non avrete accesso alla Vera Vita!».

             17.   Non dovete sentirvi urtati dal testo in cui si dice: «Il Padre è maggiore del Figlio», poiché questo significa che l'Amore, quale il Padre in Sé, è l'Essenza fondamentale di Dio e che dall'Amore stesso emana eternamente la Sua Luce e lo Spirito eternamente potente. Questo sia per voi il secondo articolo di fede.

             18.   Il terzo articolo di fede, però, così si deve intendere: «Siate umili con tutto il vostro cuore ed amate Iddio nell'Unico Cristo sopra ogni cosa e fra voi, quali intimi fratelli, ognuno sia al servizio dell'altro e faccia il possibile per servire tutti, considerando se stesso come il più misero!».

             19.   E quando avrete accolto in voi completamente questi tre articoli di fede, soltanto allora vi verrà indicata la Via che conduce alla Vita eterna. Voi, dalla Terra, non avete portato qui che cattive e false immagini e perciò dappertutto queste appaiono dinanzi a voi. Tutte queste illusioni non avevano base alcuna, perciò ben presto svaniranno nel nulla dinanzi agli occhi vostri, cioè non appena verrà infranta la vostra notte interiore che su di voi incombe. A questo scopo vi ho dato un nuovo seme, nel Nome del Signore, seminatelo nel vostro cuore, affinché possa diventare una pianta fruttifera ed appena il frutto sarà atto a rinvigorirvi ed a infiammare il vostro amore, questa fiamma illuminerà per voi la nuova via che conduce alla Vita eterna!

             20.   E ora guardate tutti questi monaci paradisiaci, come incominciano a battersi il petto ed a gridare: «Quale abisso, sotto i nostri piedi, e quale profondità oscura sopra di noi! Oh Signore, sii Misericordioso con noi poveri peccatori! Chiudi l'abisso e copri le profondità sopra di noi, poiché non siamo degni neppure di una scintilla della Tua Grazia! Annientaci, piuttosto di condannarci, perché noi non meritiamo altro!».

             21.   Come vedete, costoro rientrano in sé molto più facilmente dei precedenti. Lasciamoli ora in questa disposizione d'animo e rechiamoci nel Cielo del chiostro, dove sperimenterete, nel senso letterale del termine, che il detto «nedum ternuere beati» ha qui la sua realtà; poiché il Cielo qui è peggiore del sonno dell'anima”.

 

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Cap. 75

* * * * *

Ingresso nel Cielo del chiostro

 

               1.   A questo punto voi chiedete: “Caro fratello ed amico! Dov'è qui questo Cielo?”. Ed io vi dico: “Non sarà necessario che andiamo molto lontano per scoprirlo. Guardate dinanzi a noi quel maestoso palazzo, dove, proprio nel mezzo, in capo ad una scala si scorge una porticina. Quella è l'entrata del Cielo, poiché è necessario che voi sappiate che il Cielo e il Paradiso non si trovano molto lontani l'uno dall'altro. Voi chiedete naturalmente se Pietro e Michele si possono trovare anche qui. Ebbene, essi non mancano neppure qui, però non stanno davanti, bensì dietro della porta. Qui non entreremo con la forza e non appena picchieremo, constaterete la presenza di Pietro e Michele. Dunque, andiamo alla porticina e picchiamo, affinché ci facciano entrare.

               2.   Eccoci giunti, però fate attenzione a che cosa ci verrà chiesto, attraverso la porticina, dopo che avremo picchiato. Ecco, io picchio e, udite, Pietro è già presente e chiede: Da dove venite, dall'Alto oppure dal Basso?”. Io rispondo: “Dall'Alto”. Pietro chiede: “Qual è il tuo nome?”. Io dico: “Messaggero del Signore!”. E Pietro continua a domandare: “Di quale Signore?”. Io dico: “Io conosco soltanto un Signore, cioè Gesù Cristo!”.

               3.   E Pietro dice: “Tu sei un mentitore. Come può il Cristo inviarti qui dal di fuori, dal momento che Egli dimora soltanto qui in Cielo e siede alla destra del Padre? Se tu fossi veramente inviato da Lui, dovresti venire qui dal Cielo, mentre arrivi qui dal di fuori e, per di più, con voce ignota, perciò sei un mentitore, un ingannatore ed un peccatore della peggiore specie contro lo Spirito Santo; dunque, via da qui e precipitatevi subito nell'abisso infernale, insieme a chiunque altro sia come te!”.

               4.   Parlo io: “Ascolta, o cieco custode del Cielo, tu t'inganni di molto; tuttavia, visto che mi chiedi da dove vengo e quale è il mio nome, così anch'io ti chiedo chi sei tu, dal momento che ti arroghi il diritto di condannare, mentre il Signore ha sconsigliato tutti i Suoi apostoli, nel modo più energico, dal farlo”.

               5.   Pietro dice: “Io sono Pietro, una roccia sulla quale Cristo ha edificato la Sua Chiesa, e messaggeri dal Basso come sei tu non prevarranno su questa Chiesa e perciò tu insisti inutilmente di entrare”.

               6.   Ed io gli dico: “E se io, malgrado il tuo celeste potere, sfondassi questa porta e mi impadronissi completamente del tuo Cielo, chi penseresti che io fossi?”.

               7.   Pietro risponde: “Oh esecrabile demonio, prova un po' ad afferrare la maniglia e sentirai subito come scotta; io ti posso comunque assicurare già in anticipo che questa maniglia ti brucerà terribilmente, facendoti soffrire in un attimo più che mille anni del più profondo Inferno”.

               8.   Parlo io: “Ascolta, tutto dipende da una prova e, perciò, io afferro la tua pericolosa maniglia, e guarda come la porta si è aperta, e ti posso assicurare che io, innanzitutto, non ho sentito nessun dolore e che ho già oltrepassato la soglia, così che ora ti chiedo, faccia a faccia, chi pensi che io sia, dal momento che ho superato la tua porta di roccia con la mia entrata. Parla, dunque!”.

               9.   Pietro dice: “Come posso parlare alla presenza di un tale eretico, che calpesta con i suoi esecrabili piedi, prendendosene beffe, la santa dimora di Dio e dei Suoi santi?”.

             10.   Dico io: “Così tu mi parli, quale Pietro? Non sai che il Cristo ha comandato ai Suoi apostoli di essere dolci come colombe? Mentre qui tu sei inavvicinabile come un cane da catena! Se tu fossi veramente Pietro, dovresti sapere che il Signore ha raccomandato ai Suoi discepoli, in prima linea, di praticare la vera umiltà del cuore, la massima dolcezza d'animo e il completo amore del prossimo. Se ora io, quale un presunto demonio, ti rammento ciò, vuol dire che io, malgrado questo, sono più vicino di te alla divina Verità, quantunque tu ritenga di essere Pietro e supponga di essere un vero lavoratore del Cielo. Mentre la Parola del Signore ti è altrettanto estranea, nella sua messa in pratica, quanto il centro della Terra; perciò ti invito ancora una volta, nel vivente Nome del Signore, a dichiarare la completa verità, dicendomi chi sei!”.

             11.   Il pseudo Pietro dice: “Ascolta, o orrendo demonio, tu non sei degno di una risposta e se non lasci subito questo posto chiamo senz'indugio tutte le forze celesti e cioè, in primo luogo, i santi. Se, poi, ancora non fuggirai dinanzi a loro, chiamerò la beatissima Vergine Maria e San Giuseppe e se anche dinanzi a loro non prenderai la via della fuga, chiamerò la stessa Trinità e con ciò ti verrà dimostrato chi è qui il più potente, tu o la Santa Trinità! Perciò non indugiare e va’ di buona voglia giù, nel tuo maledetto Inferno, poiché, se tu lasci che tutte le potenze celesti vengono su di te, verrai allora legato con delle catene roventi insieme ai tuoi complici, con una pena mille volte maggiore e gettato giù, nel più profondo degli Inferni, dove in tali pene, enormemente moltiplicate, arderai e sarai arrostito per tutte le eternità!”.

             12.   Ed io dico a lui: “Ascolta, dato che alla mia domanda, che era accompagnata dal vero Amore del Signore, hai dato questa misera risposta e mi hai perfino minacciato con tutte le tue potenze celesti, io, allora, da parte mia, devo prendermi la libertà, insieme a questi miei complici, di penetrare nel tuo Cielo senza il tuo permesso e sincerarmi se là tutte le tue celesti potenze saranno proprio sul serio in grado di farmi godere di tutto ciò di cui mi hai minacciato”.

             13.   In seguito a questo mio discorsetto, Pietro lancia delle grida lamentevoli e ci contrappone Michele, però egli scappa via e chiama in aiuto le potenze celesti, tutte in una volta; noi diamo al presunto Michele, un leggero buffetto e, guardate, egli pure corre dietro a Pietro, così che la scala è libera. Saliamoci e così voi potrete perfino constatare che Pietro e Michele, insieme alle altre potenze celesti, per pura politica celestialmente modesta, si ritirano verso il fondo del Cielo.

             14.   Ed ecco, noi siamo già arrivati e il Cielo si estende dinanzi ai nostri occhi, ma in misura molto più limitata di quella che, nella loro fondazione, questi celesti abitanti si immaginano. Che ne dite voi di questo Cielo? Come vedo, vi stringete nelle spalle e dite: “Ma via, e questo dovrebbe essere un Cielo?”. A noi sarebbe stato molto più facile scorgere un Cielo nel giardino del Paradiso che abbiamo visitato prima che in questo miserabile mercato di scena da teatro da pochi soldi. In verità, non ci saremmo mai immaginati che questi abitanti del Cielo potessero essere tanto sciocchi. Se per lo meno avessero mascherato la Chiesa di Pietro, a Roma, come un Cielo, allora un tale grado di cecità sarebbe ancora perdonabile, ma una simile grossolana e volgare esibizione non costringerebbe sulla Terra all'applauso nemmeno il più sciocco ed ingenuo bambino di campagna e verrebbe fischiata a tutta forza dalla parte anche soltanto un pochino migliore degli uomini.

             15.   Sulla scena si vedono dei tavoli molto comuni messi assieme e dovrebbero rappresentare la mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe, e alla mensa, anziché in rilievo, questi tre padri sono rappresentati in una immagine molto male dipinta, e sul palcoscenico celeste, formato da quinte con nuvole dipinte, si trova la “Trinità”, intagliata in un grosso e rozzo cartone, anche questo dipinto tutt'altro che artisticamente, ed è attaccato sul fondo della scena con dei chiodi ordinari e ben visibili. I Cherubini e Serafini, che dovrebbero sostenere l’immagine della Trinità, sono dei veri e propri sgorbi! La cosa migliore è ancora quella grande finestra rotonda, provvista di un vetro giallo, che si trova dietro alla Trinità. Certo, miei cari amici, voi avete visto giusto, soltanto che ora vorreste sapere perché qui il Cielo ha un aspetto tanto pietoso.

             16.   Io vi dico: “Tutto questo ha le sue buone ragioni”, e voi avete appreso già nel giardino, come là, la spiacevolezza del Cielo debba venir coperta per bene, affinché gli abitanti del Paradiso non vengano eccitati ad una eventuale sommossa, e questo in special modo da parte degli angeli che prestano servizio. Tuttavia non occorre avere qui tanto riguardo di ciò, poiché un inganno tira sempre un altro. Man mano che noi faremo le nostre considerazioni, penetreremo chiaramente anche dietro alle ragioni per cui questo Cielo ha un tale aspetto rozzo e materiale. Approfitteremo perciò di ogni buona occasione per venirne in chiaro. Infatti potete sapere già in anticipo che alla clausura è riservato anche un Cielo molto claustrale.

             17.   Considerato però che in un tale chiostro dimorano generalmente due diverse categorie, cioè i veri monaci ed i fratelli laici addetti al servizio, perciò, anche questo Cielo, che non desta certo l'appetito dei monaci, viene occupato per la maggior parte dai fratelli laici, che ne sono pienamente soddisfatti - a loro è sufficiente avere da mangiare per bene - perché, in seguito alla loro straordinaria laicità, non hanno mai potuto figurarsi un Cielo migliore. Infatti, essi appartengono a quella classe cattolica quanto mai tenebrosa ed incolta, per la quale è molto più miracolosa un’immagine male scolpita o male dipinta, che non un capolavoro dal punto di vista estetico. Anzi, avrete certamente già avuto occasione di osservare che le immagini che ricordano qualche fatto miracoloso sono, per la massima parte, delle vere e proprie caricature. Questa è la ragione per cui per questi celesti abitanti un Cielo come quello che noi abbiamo visto ultimamente sarebbe troppo bello, perciò non tanto vero e tanto possentemente operante.

             18.   In breve, tralasciamo per ora di fare un'ulteriore analisi di questo Cielo, poiché noi apprenderemo comunque chiaramente e completamente nei minimi particolari, man mano che verrà svelata la natura di questi celesti abitanti. Voi vedrete qui rappresentare, in senso letterale, una cosiddetta commedia celeste, poiché questi abitanti daranno ben presto inizio ad un tale spettacolo, per scacciarci via dal loro Cielo. Così la prossima volta assisteremo impassibili a questo spettacolo teatrale, inscenato contro di noi!

 

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Cap. 76

* * * * *

Il gonfiarsi del Cielo ingannevole

 

               1.   Voi vedete questo Cielo ancora nella sua limitatezza, dato però che i suoi abitanti, oltre alla loro falsa fondazione, sono inclini al male, dopo qualche riflessione, essi decidono di ricorrere al gonfiamento, quale arma contro di noi, e l'effetto di questo gonfiore lo vedremo presto in tutto questo Cielo. Voi chiedete come ciò sia possibile, dato che un momento fa gli abitanti di questo Cielo, per timore di noi, si sono nascosti. Questo sta nella natura di ogni uomo di un sentire ancora fortemente terreno, nel quale la paura e non di rado anche la tristezza non sono altro che un seme dal quale sorge ben presto l'ira ed infine perfino anche una disperata tracotanza, frutto del terrore. Manifestazioni del genere si possono constatare facilmente nei combattenti che entrano in campo contro il nemico e che avanzano con gran tremore e riluttanza. Quando giungono a contatto con il nemico e sentono il rumore delle fucilate e l'odore della polvere, e poi arrivano ad un combattimento corpo a corpo con il nemico, diventano addirittura feroci, e in tale occasione un combattente dapprima tanto pauroso, si getta poi furibondo nella mischia, dove il pericolo è maggiore.

               2.   Lo stesso avviene anche con coloro che si sentono molto rattristati. Se tali esseri giungessero a comprendere qual è la causa effettiva del loro misero stato ed avessero anche sufficiente potere, in verità, non andrebbe affatto bene a quelli che sono la causa di una tale tristezza. Io potrei perfino indicarvene a migliaia che nella loro vana tristezza hanno bestemmiato il Signore nel modo più orrendo. Ecco perché anche il Signore ha sempre disapprovato la tristezza nel mondo, eccezion fatta quando riguarda il proprio stato, se esso non è come l'Ordine che il Signore esige. In questo caso la tristezza o la mestizia deve essere simile al vero pentimento del cuore e deve avere, quale fondamento, un naturale grande Amore per il Signore o, con altre parole, chi è triste allora deve sentire la tristezza in tutta la dolcezza del cuore.

               3.   D'altra parte, però, è cosa certa che chi Ama veramente il Signore avrà sempre ben poche ragioni di essere mesto, poiché la mestizia, in fondo, non è altro che un dolore come la perdita di una cosa o di un oggetto, oppure un’insoddisfazione delle cose della vita terrena. Se, però, qualcuno ha il Signore, che cosa può egli perdere veramente, la cui perdita gli possa veramente causare dolore? Voi sapete dalla Scrittura che molte donne, alla crocifissione del Signore, avevano seguito il Guaritore tanto maltrattato, Lo hanno pianto e fatto cordoglio. Egli, però, non ha approvato in pieno la loro tristezza, anzi, le ha rimproverate e ha fatto loro intendere che avrebbero dovuto piangere molto di più su se stesse, sui loro peccati e sui loro figli.

               4.   E così, come stanno le cose con la mestizia, stanno anche con la paura, la quale non è altro che la lamentevole coscienza della propria impotenza e debolezza. Quando però si ha il Signore nel proprio amore e con ciò sicuramente anche nella propria piena fiducia, come si potrebbe aver paura di qualcosa? Perciò la paura è sempre la conseguenza di una coscienza non pura, oppure, come già detto, del riconoscimento della propria impotenza e debolezza.

               5.   Dunque, se dopo questa definizione noi passiamo a considerare gli abitanti di questo Cielo, constateremo ugualmente che essi si accordano perfettamente con tale definizione. Infatti, se guardate questo Cielo scoprirete facilmente che tutti questi oggetti celesti si stanno man mano ingrandendo e ciò lo fanno per imporci, con questa apparizione, il dovuto rispetto. Questo ingrossarsi ha la sua origine nel gonfiarsi degli animi di questi abitanti, e guardate là, come tutto il palcoscenico teatrale comincia ad estendersi da ogni lato.

               6.   Le teste dei Cherubini e Serafini, che prima avevano appena la grandezza di un pugno, hanno già raggiunto il diametro di un klafter; la Trinità è già tanto grande che sulla Terra potreste distinguerla benissimo ad una distanza di dieci miglia, mentre lo spazio retrostante del podio, che prima era appena avvertibile, sembra ora avere una profondità di venti miglia, mentre le nuvole che raffigurano le quinte, come vedete, hanno tutta l'apparenza di enormi, pesanti nuvole temporalesche. Ora, però, gettate un'occhiata anche alla platea dove ci troviamo e potrete constatare che anch'essa si è estesa nelle stesse straordinarie proporzioni, così che noi sembriamo tre piccoli punti appena rimarcabili in tale spazio così grande. Vi piace questa storia?

               7.   Voi dite: “Davvero, questa metamorfosi o piuttosto questa fantasmagoria veramente teatrale è ancora la cosa migliore e meritevole da vedere in tutto questo Cielo, per quanto si deve dire sinceramente che alla vista di un tale enorme ingrandimento d'ogni cosa si senta una certa inquietudine oppure, con altre parole, quando uno scherzo passa i limiti, allora cessa di essere uno scherzo!”.

               8.   Però vi avevo avvisati che la commedia vi avrebbe alquanto sorpresi, ma la vera commedia non è neppure incominciata. Questa apparizione non è, in certo qual modo, altro che l'aprirsi del sipario, come nei teatri della Terra, che per la maggior parte sono oltremodo disgustosi. Quando, su questo palcoscenico celeste, vedrete recitare i personaggi, soltanto allora spalancherete gli occhi per la sorpresa. Comunque, non dovete impressionarvi affatto per quello che verrà, poiché tutto ciò deriva dalle arti illusorie di questi spiriti, completamente vuote per se stesse.

               9.   E ora guardate nuovamente verso il palcoscenico, quale straordinaria estensione esso ha assunto, tanto in larghezza che in altezza; presentemente ha un'altezza apparente pari alla distanza dalla vostra Terra alla Luna, sempre, all'apparenza. Ora, però, ha raggiunto il suo completo gonfiamento, così che, sul fondo, si mostrerà un commediante. Ecco, guardate, egli ha già messo un piede fuori dalle quinte, ora lo si vede completamente; io però osservo che incominciate a spaventarvi. Che cosa succede?

             10.   Voi dite: “Ascolta amico, quella che vediamo è una mostruosa figura umana. Se un simile gigante stesse in qualunque sito della Terra andrebbe male perfino per la Luna; noi non possiamo nemmeno abbracciare con lo sguardo, tutta in una volta, la sua spaventosa figura, malgrado la grande distanza che c'è fra noi e lui. E quale spada, di grandezza assurda, tiene nella sua mano! In verità, con tale spada riuscirebbe, con la minima fatica, a tagliare in due la Terra, come se questa fosse una mela. Amico e fratello, se egli dovesse avvicinarsi a noi, saremmo quasi dell'opinione di fuggire al più presto possibile, prima che questo vero commediante, che sembra provenire da Sirio, possa raggiungerci con la sua spada, che, a dire il vero, incute timore”.

             11.   Oh miei cari fratelli e amici, questo non deve affatto spaventarvi, poiché qui, nel regno degli spiriti, noi, servi del Signore, dobbiamo non di rado affrontare ben altri combattimenti, che non questo, del quale però scorgerete appena soltanto l'inizio. Aspettate che questi eroi avanzino verso il proscenio, carichi d'ogni sorta di armi, soltanto allora potrete scorgere tutto il gigantesco di questi teatrali eroi. Ora vedete pure quello che era il piccolo tavolo di Abramo, è stato ampliato, come tutto il resto e ben presto vedrete anche che, senza curarsi di noi, compariranno alcuni giganteschi servitori addetti alla mensa, i quali disporranno sulla tavola della frutta in proporzione gigantesca; e potrete scorgere il vero capolavoro di tutta questa messa in scena, quando la frutta verrà divorata, poiché, nel vero senso della parola, avrete dinanzi a voi dei divoratori di mondi. Dunque, per oggi accontentatevi di quello che avete visto; la prossima volta si potrà assistere alla vera e propria commedia.

 

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Cap. 77

* * * * *

Commedie nel Cielo del chiostro

La tavola gigantesca e nutrizione dei mondi

 

               1.   Ed ecco, coloro che devono preparare la mensa sono già qui ed ognuno ha le stesse proporzioni di quell'eroe che è uscito dalle quinte. Guardate come quattro di questi imbanditori stendano sulla tavola, tutt'altro che graziosa, una tovaglia che secondo le apparenze sarebbe grande abbastanza da contenere tutto il vostro sistema planetario, compreso il Sole, così da farne un fagotto e portarli al mercato, come fossero tante mele insignificanti. Ora verrà posta della frutta sulla tavola, consistente in mele, pere, susine ed altra frutta ancora; vi viene aggiunto una specie di pane ed al posto destinato ad ogni persona anche un calice, che all'apparenza dovrebbe contenere tutti i mari della Terra. Voi chiedete: “Ma cos'è e cosa significa tutto ciò?”.

               2.   Io però vi dico: “Agli spiriti in sé ciò è facilmente possibile”, poiché, come avete sperimentato spesso sulla Terra quando volevate usare un poco la vostra fantasia, vi risultava facile cosa rappresentarvi un animale a voi noto o qualcosa d'altro in una misura enormemente aumentata che, alla fine, doveva quasi spaventarvi. Ora, vedete, quello che a voi sulla Terra era possibile soltanto nella fantasia del vostro spirito ed è possibile ad ogni uomo a modo suo, ciò è possibile qui nel regno degli spiriti anche ad ogni spirito secondo la capacità di produrre manifestazioni apparenti. Questo genere di produzioni vengono chiamate qui “arti ingannevoli”, delle quali si servono di preferenza gli spiriti maligni, quando vogliono fare di nascosto qualche brutto tiro. Dunque, considerato che questi spiriti hanno in sé ancora del falso e perciò del maligno, essi possono servirsi di queste loro produzioni, che, per se stesse, sono piuttosto innocue, per spaventare noi, quali presunti nemici. Soltanto che ben presto essi si accorgeranno che noi non ci spaventiamo dei loro giochetti e tutta la loro arte si ridurrà rapidamente allo stato naturale e così non ripeteranno i loro inganni una seconda volta.

               3.   E ora, guardate, i commedianti si avvicinano al tavolo, giungendo da tutte le parti, e con le loro mani gigantesche afferrano i frutti colossali e li portano alla loro bocca spaventosamente grande, che apparentemente sembra inghiottire tutta la Terra come se fosse una fragola. Voi vi meravigliate ora di come sia possibile per i vostri occhi scorgere, con la massima facilità e internamente, tutta questa fantastica apparizione illusoria, malgrado la sua enorme grandezza. Questo dipende dal fatto che questa apparente grandezza anzitutto non è affatto una grandezza, ma soltanto una illusione; però noi siamo, per grazia del Signore, nella più chiara luce, così che, dinanzi a noi, nulla può essere rappresentato tanto grande nella sua illusorietà, che noi non possiamo scorgerlo immediatamente con uno sguardo, in tutte le sue parti false. Oltre a ciò, ed in secondo luogo, questo ha anche un'altra causa, e precisamente che di fronte a questi spiriti anche la nostra figura apparente aumenta, nella pienezza della verità, nelle stesse proporzioni in cui aumenta il senso ingannevole di tali spiriti. Ecco come deve essere compreso.

               4.   Ora però rivolgete la vostra attenzione al già ben noto podio teatrale di questo Cielo illusorio. Guardate come da dietro le nuvole avanza un gran numero di combattenti giganteschi, che indossano armature e corazze; il condottiero li precede, portando un crocifisso altrettanto grande quanto la persona che lo porta. Ora, però, fate attenzione ad un'altra apparizione, infatti, proprio ora il Cristo-gigante incomincerà a rivolgersi a noi dalla croce, ascoltate, egli sta già parlando e ci dice: “Fuori dal Cielo, o voi maledetti, poiché vi siete sempre opposti allo Spirito Santo della mia Chiesa cattolica romana, la sola beatificante e siete sempre stati per me degli eretici, odiosi sopra ogni cosa. Perciò, fuori di qui, nelle massime tenebre, poiché non c'è posto per voi qui nel Cielo, ed io non vi ho ancora mai riconosciuti. Non obbligatemi a ricorrere alla violenza, poiché, se fossi obbligato a farlo, la vostra dimora sarebbe il più profondo inferno. Se voi non avete creduto prima al mio apostolo Pietro, crederete tuttavia a me, che vi parlo dalla croce!”.

               5.   Adesso qui vi meravigliate alquanto, io però vi dico: “Non lasciatevi turbare da questa apparizione, poiché, vedete, la croce e la figura sono vuote”. Il portatore, come vedete, tiene la croce vicino alla bocca e parla attraverso un'apertura, che poi sbocca proprio nella bocca della figura del Cristo in croce. Ecco perché la voce è come se venisse dalla bocca dell’immagine, dunque, anche questo è un vano e maligno trucco, dato che con ciò viene sfruttata l'immagine del Signore per un inganno. A parte ciò, quest'inganno non è completamente maligno, perché il condottiero che fa questo, in realtà, manca di una volontà fondamentale maligna.

               6.   Del resto, potete anche vedere che non si fida di venire troppo avanti con il suo strumento e questo è già un segno che a lui questo artificio non porterà una grande benedizione, perciò egli ritorna dai suoi guerrieri e fa cenno di tentare di spaventarci con un poderoso urlo. Poi comincia fra loro un grande movimento, si percuotono l'un l'altro con le loro spade con gran fragore e accennano a volersi avvicinare a noi. Soltanto essi constatano che non intendiamo farci spaventare, così tutti si ritirano nuovamente insieme al loro condottiero dietro le quinte. Anche i commensali vedono che neppure loro ci spaventano con il loro grandioso ed enorme pasto, perciò, uno dopo l'altro, se la svignano. Però, la commedia non è ancora finita, poiché incomincia subito il secondo atto e chi di voi s'intende di zoologia, lo troverà molto divertente, nonché interessante, poiché ve lo dico in anticipo, i nostri celesti abitanti ora oseranno il massimo, cioè si presenteranno a noi quali giganteschi animali d'ogni specie. Noi, però, che sappiamo ciò, non ci spaventeremo dinanzi a loro ed alle loro produzioni grossolane e fantastiche.

 

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Cap. 78

* * * * *

Secondo atto della commedia del Cielo del chiostro

 

               1.   Guardate verso il fondo: sta arrivando proprio ora un coccodrillo ben pasciuto, naturalmente nella grandezza proporzionata a tutte le cose ed a tutti gli esseri. Esso spalanca le fauci come volesse inghiottire mezza creazione. Dato però che nulla gli vola dentro, esso modestamente le rinchiude. E ora, sempre dal fondo, avanzano parecchie tigri, iene, leoni, leopardi ed orsi e più in fondo ancora strisciano a questa volta dei serpenti giganti. E ora guardate tutti questi animali che si lanciano l'uno contro l'altro, con salti impressionanti e feroci avvitamenti, come se volessero farsi a pezzi. E laggiù in un angolo fa capolino una grossa testa di scimmia ed osserva se noi ci siamo spaventati, oppure no! Soltanto, dato che non ci spaventiamo affatto, anche questo combattimento fra animali incomincia ad allentarsi.

               2.   Voi, com'è naturale, chiedete in qual modo una tale metamorfosi sia possibile. Ed io vi dico: “Una tale metamorfosi è, a dire il vero, impossibile ad uno spirito buono, da per se stesso. Tuttavia, con la forza esistente in lui, tramite il Signore, è in grado di formare tali immagini con la sua volontà, però fuori di lui, cosicché poi esse sembrano realmente esistenti. Tali produzioni vengono chiamate nel regno degli spiriti «illusioni visive». Però questo non è il caso delle apparizioni che si svolgono presentemente dinanzi a noi. Infatti, gli spiriti che hanno in sé qualcosa di maligno, non possono produrre fuori di loro alcuna visione illusoria, però possono, al massimo, far uscire da loro questo maligno, così che esso diventi la loro forma esteriore”. Il caso è appunto questo che anche con questi spiriti, in cui avete avuto occasione di vedere, raffigurata esteriormente, è ciò che di rozzo e di maligno c'è in loro. Dunque, così stanno qui le cose.

               3.   Perciò qui, da una parte, è tutto finzione e boriosa falsità, però, d'altra parte e secondo il vostro detto biblico: “Al puro tutto è puro”, per noi non c'è nulla d'ingannevole in tutte queste apparizioni, poiché proprao con queste gli spiriti si denudano, mostrando il loro intimo, dato che qui a nessuno è possibile esternare qualcosa di proprio che corrisponda perfettamente alla sua intima base di vita.

               4.   Da prima voi avete conosciuto il falso Pietro; ciò significa che tutta l'apostolicità della loro Chiesa è basata su un Pietro completamente falso. Perciò voi troverete anche in parecchie migliaia di chiostri sempre un tale falso Pietro. E come le cose stanno con il loro Pietro, così esse stanno con tutto il resto. Secondo la vostra stessa constatazione, voi avete trovato innanzitutto questo Cielo nella massima sudicia ridicolaggine. Osservate soltanto il mercato burlesco, prettamente pagano, delle vostre chiese, perché, allora, voi dovrete ammettere che questo Cielo, nella sua rispondenza, è ancora troppo buono per simili follie.

               5.   Con riguardo, poi, alla tavola di Abramo, quanto mai sudicia, essa è una immagine fedele della mensa del Signore nelle vostre chiese, mensa sulla quale vengono fatte, non di rado, al Signore delle offerte propiziatorie molto compiacenti, per denaro, per la guarigione di cani malati, cavalli, buoi, pecore, maiali ed ogni altro genere di animali e per ogni sorta di azioni nefande. E su quella stessa mensa viene amministrato il Pane del Signore, cosa questa che qualunque spirito, per poco illuminato, deve considerare una insensatezza talmente grande da non essere superabile! Una tale mensa non somiglia ad una vera mangiatoia per maiali, nel quale viene porto il cibo? E colui che mangia da questa mangiatoia non è anche simile appunto ad un maiale? In verità, l'uno è un maiale e l'altro, che si frammischia al cibo dei maiali, è egli stesso colpevole, se poi i maiali lo divorano.

               6.   Il Signore, invece, ha paragonato la Sua Parola alle perle, che non si devono gettare ai porci; cosicché io sono anche dell'opinione che, fuori da una tale mangiatoia per maiali, non sarà certo possibile carpire granché del Pane Vivente. Da ciò voi potrete facilmente dedurre che questa mensa di Abramo, così come l'abbiamo vista prima, è ancora troppo buona per rappresentare la piena infamia di parecchie mense del Signore nelle vostre chiese. La ragione di ciò sta nel fatto che questi fratelli laici, nel loro intimo, spinti dalla loro condizione, si sono raffigurati la mensa del Signore in un modo molto migliore di quanto sia nella realtà, poiché non avevamo avuto mai alcun sentore che la “mensa di Abramo, Isacco e Giacobbe” non indicava altro se non il purissimo Amore per il Signore e da questo Amore ogni fruttuosa attività a favore del bene spirituale dei fratelli. Per conseguenza, come è la mensa, tale è il Cielo; poiché, dato che il vero e proprio Cielo non lo si può acquistare per denaro, mentre la vostra Chiesa sulla Terra lo vende costantemente a prezzo fisso, allora anche questo Cielo pecuniario è perfettamente corrispondente e deve perciò avere tutto l'aspetto dei mezzi con i quali si è riusciti a procurarselo.

 

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Cap. 79

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Sguardo sul vero percorso al vero Cielo

 

               1.   Per poco che riflettiate, non vi sfuggirà che il vero e proprio Regno dei Cieli del Signore, quale vita fondamentale dello Spirito in sé, adempie pienamente le condizioni prescritte dal Signore per il conseguimento proprio di questa Vita. Ciò significa che egli deve dapprima trovare questa Vita in sé e, una volta trovata, soltanto allora deve rafforzarla e rinvigorirla secondo l'Ordine indicato dal Signore, il Quale è il solo che può sapere quello che è necessario per il raggiungimento della Vita spirituale realmente stabilita.

               2.   Dunque, se qualcuno vuole comperare con dei mezzi folli, mondanamente egoistici ed oltre a ciò completamente morti e carichi di sudiciume, il Regno dei Cieli, il quale, come già osservato, è la vera e propria Vita dello Spirito perfettamente sviluppata, questo suo modo di agire è molto pazzo ed insensato, come quello d'un uomo che avesse seminato del frumento in un campo molto pietroso e che, vedendo che il grano non cresceva, avesse portato sul campo delle altre pietre, per spingere il grano a germogliare. Il coltivatore assennato non deve, invece, dapprima tramutare il suo campo in un buon terreno, poi concimarlo e appena dopo spargere il seme nei solchi, affinché presto germogli, cresca e porti molto frutto? Qualsiasi persona che sia soltanto un po' esperta di cultura, deve confermarlo.

               3.   Dunque, se già il frumento diventa fruttifero soltanto a queste sole e vere condizioni, uniche per ottenere la benedizione, allora, come può crescere il seme della Vita dello Spirito, tanto più nobile, su un campo assurdo e diventare frutto vivente dell'eterna Vita?

               4.   Io vi voglio offrire un esempio in piena chiarezza, dal quale voi vedrete ancora più chiaramente questo punto estremamente importante. Per capire questo esempio nella pienezza della chiarezza vogliamo premettere alcuni punti prima dello stesso, attraverso i quali venga raffigurata in modo veramente matematico la correttezza del prossimo esempio, e perciò ascoltate!

               5.   “Voi sapete che oggetti o cose di qualità diverse non si possono né sommare né dividere assieme; chi, ad esempio, ha un sacchetto con entro mille grossi, potrà aumentare questo danaro, aggiungendovi delle pietre? Se qualcuno possiede una casa potrà ingrandirla, soltanto perché vi ha aggiunto degli altri mobili? Se qualcuno ha dieci pecore in una stalla, otterrà più pecore per il fatto che vi ha aggiunto un'altra stalla vicino? Da ciò risulta evidente che per poter aumentare degli oggetti o cose è necessario aggiungervi altri oggetti e cose della medesima specie.

               6.   Ora che ci siamo soffermati su ciò, vi presento l'esempio: “C'è, in un luogo qualunque, un uomo stolto, che ha il vivo desiderio di avere dei figli propri, per vedere poi, in essi, continuare la sua vita. Visto, però, che si tratta di un uomo stolto, il quale non sa come vengano generati i figli, egli si rivolge ad un falso amico e gli chiede consigli sul modo di attuare questo suo desiderio. Ma siccome il falso ed interessato amico si accorge della stoltezza dell'uomo, che però è discretamente facoltoso, egli pensa fra sé: «Nel torbido si pesca sempre bene». L'idiozia di costui voglio tramutarla in un utile per me, in modo divertente, e, deciso ciò, egli dice così allo stolto: «Ascolta, amico mio, quello che tu vuoi ottenere, è molto difficile e richiede molte spese. Tuttavia, se si tratta di una cosa veramente seria, voglio procurarti l'occasione e istruirti poi sul modo in cui devi comportarti, però pongo come condizione assoluta che tu poi segua indubbiamente le mie istruzioni. In questo caso, l'opera che progetti dovrà riuscire, altrimenti sarai perduto per sempre!».

               7.   In risposta a questa premessa del falso amico, l'uomo stolto lo rassicura dicendo: «Poiché so che tu solo sei un uomo molto ricco di conoscenza, mi affido completamente a te. Indicami soltanto il modo e nulla sarà troppo caro per me». Cosa fa allora il falso amico? Ascoltate. Anziché procurare allo stolto una donna vivente, gli vende a caro prezzo una morta statua di legno e gli dice: «Mettila in un letto ed alita su di essa diligentemente. Se tu pure ti poni nel letto vicino ad essa, con il tempo avrai, senza dubbio, una ricca discendenza». Il nostro uomo prende la statua, la porta nella sua casa, la pone subito nel suo letto ed anche lui si mette a giacere vicino ad essa e incomincia ad alitare. Egli fa questo per un anno, ma nessun discendente viene alla luce, egli si reca perciò dal falso amico e gli chiede quale ne potrebbe essere la causa. Però costui gli dice: «Ma quale sciocchezza ti viene in mente? Chi può pretendere di avere dei frutti viventi in un anno, dal momento che un albero, piantato in terra, comincia a dar frutti appena dopo parecchi anni?». Egli, però, elogia, nello stesso tempo, parecchi altri mezzi, per il raggiungimento di tale scopo, che sono acquistabili presso di lui.

               8.   L'uomo stolto li acquista al prezzo richiesto e li usa nel modo indicato dalle false prescrizioni; tuttavia, malgrado ciò, non si vede nessun frutto vivente. Allora lo stolto ingannato ritorna dal falso amico e gli chiede quale potrebbe essere la causa della mancata riuscita. Il falso amico attribuisce con finta saggezza la causa della mancata riuscita ad ogni sorta di circostanze astutamente inventate, facendo il misterioso e continua così a tranquillizzarlo, fino a che lo stolto, anche in seguito alla età avanzata, non ha più la vera forza di procreare e alla fine il falso amico lo conforta, dicendogli che avrà senz'altro una vivente discendenza, quando egli avrà lasciato la vita temporale e gli indica ancora, in aggiunta, dei mezzi di protezione da usare per la statua alla fine della sua terrena esistenza, affinché da essa sorga una sicura e vivente discendenza. E vedete quel pazzo si dichiara soddisfatto perfino di questa promessa. Ecco, dunque, questo è l'esempio”.

               9.   Ora si domanda: “Da quale punto di vista dobbiamo considerarlo, per trarne fuori la dovuta luce?”. Io vi dirò: “Questo è facilmente individuabile: n°1. È rilevabile che la Vita si può riprodurre soltanto nella Vita e non da una materia morta, così che un uomo deve avere una donna viva e non un simulacro di materia morta.

             10.   Ora però viene il n° 2. Consideratevi, ora, come uomini nei quali il vero Regno dei Cieli dovrebbe essere generato precisamente con la santa Sposa della Vita, che è la “Parola di Dio” vivente e che si chiama la “Chiesa del Signore”.

             11.   Se però la Chiesa è una statua di materia morta, nella quale non c'è alcuna Vita, ma che da avidi e falsi amici, che si fanno chiamare sacerdoti di Dio, viene venduta per danaro, dichiarandola, con inganno, vivente e come l'unica e sola idonea a generare la Vita, mentre la Vita può essere generata soltanto dalla Vita. Allora si deve necessariamente concludere che una tale Chiesa è un inganno oltre ogni dire indegno, così che è impossibile immaginarne uno maggiore, e che i seguaci di tale Chiesa non sono per nulla meno sciocchi ed insensati dell'uomo preso quale esempio e che ciò deve risaltare agli occhi a qualunque ben pensante e lucido di mente che sia.

             12.   Non ha Paolo predicato, con grande eccitazione del suo animo, che deve essere maledetto chiunque voglia predicare un altro Evangelo che non fosse quello predicato dal Signore, cioè il Signore stesso che è stato crocifisso, dunque Gesù Cristo operante nello Spirito e nella Verità, il quale dice: «Chi non è Risorto non entrerà nel Regno dei Cieli, bensì sarà condannato?».

             13.   Osservate dunque, ora, una Chiesa fabbricata con delle pietre, una Chiesa il cui scopo principale è l'oro, l'argento e le pietre preziose, una Chiesa che promette un Cielo che essa stessa non conosce minimamente, una Chiesa che tormenta, incita, giudica e per di più, pure diligentemente, condanna i suoi stolti credenti, promettendo con ogni tipo di mezzi misteriosi e naturalmente per danaro il conseguimento di un Cielo ancora più stolto, ed allora non vi sarà difficile riconoscere al primo sguardo l'immagine vuota dello stolto e che all'uomo, alla fine, non rimane altro che il vivo desiderio di avere dei successori viventi, senza però potersi mai rallegrare di ciò.

             14.   Vedete, così purtroppo si presentano i fatti religiosi nel mondo e non soltanto nella nota Chiesa cattolica, bensì in qualsiasi delle altre Chiese separate, perché tutte con il tempo finiscono con il diventare settarie”.

             15.   Se voi osservate ora, secondo l'esempio dato, il Cielo che si estende dinanzi a voi, lo scorgerete di certo perfettamente corrispondente. Infatti, dato che esso è un frutto di una Chiesa che è simile ad una statua morta, così ugualmente tutto ciò che in sé dovrebbe essere Vita vera è ugualmente una rozza plastica e nient'altro che il prodotto di un desiderio sciocco e falso e perciò anche privo di vita. Che un simile Cielo abbia anche poca consistenza lo potete dedurre molto facilmente se riflettete che esso non è altro che un'illusione plastica dello spirito, che avrebbe voluto generare vita, ma che non ha potuto farlo, perché gli mancavano i mezzi viventi. Ora che sappiamo ciò e che conosciamo le rispondenze di questo Cielo, possiamo passare ad esaminare lo sviluppo e il suo svolgimento, spiegazione che ci aiuterà a venire in chiaro su certi apparenti misteri.

 

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Cap. 80

* * * * *

Ulteriore spiegazione della commedia ingannevole

La condotta infinitamente diversificata della vita spirituale

 

               1.   Voi dite: “Noi comprendiamo benissimo come gli spiriti di questo Cielo si siano potuti ingrandire e tramutare, invece non ci è ancora abbastanza chiaro come, insieme a se stessi, abbiano potuto ingrandire anche il loro Cielo, il quale, secondo l'apparenza che scorgiamo, si trova completamente al di fuori di loro ed essi girano intorno, su di esso ed in esso, come su di un suolo naturale.

               2.   Ascoltate, cari amici e fratelli, ciò è altrettanto facile da comprendere, come tutto il resto, poiché tutto il Cielo non è altro se non un'errata maniera di raffigurare di questi spiriti, la quale poi cresce nella stessa forma insieme a loro, nella medesima estensione fino alla quale essi si gonfiano. Però, affinché possiate afferrare anche ciò a fondo, vi voglio dare un esempio della Terra, facilmente comprensibile.

               3.   “Un uomo si trova in una compagnia, in cui viene discusso un certo argomento. Quest'uomo non ha la minima idea di quest'argomento, però, per far vedere che anche lui comprende qualcosa, mette insieme una frase fondamentalmente falsa, che si potrebbe prestare a qualunque altra cosa, piuttosto che non all'argomento in discussione. Quando viene il suo turno di esprimersi, egli la pronuncia, ma viene subissato da una risata generale. Però, che avviene in seguito a ciò?

               4.   Precedentemente un tale uomo non aveva attribuito alla sua frase nessuna importanza, perché fra sé egli si dice: «L'argomento in discussione mi è ignoto quanto il centro della Terra. Quello che gli altri hanno detto al riguardo, ha tutta l'apparenza di essere altrettanto incomprensibile quanto la mia stessa ignoranza, perciò posso anch'io pronunciare una frase qualunque, se non altro per aver detto anch'io qualcosa».

               5.   Come vedete, fino a questo punto il nostro uomo era ancora modesto e sopportabile; ma la risata degli altri ha toccato il suo punto d'onore e ora egli incomincia a riflettere sulla frase pronunciata e la trova, nella presunzione del proprio valore, sempre più esatta, molto significativa e ben azzeccata. Alla scoperta di questa attendibilità che si trova, secondo lui, in fondo alla frase, della quale, a dire il vero, egli non può dare alcuna garanzia, egli si irrita e perciò incomincia ad elevare sempre più la sua idea e alla fine cerca il modo di vendicarsi di tutta la compagnia, dato che questa si era permessa di ridergli in faccia. Egli incomincia a dimostrare loro che simili teste vuote non lo hanno affatto compreso; espone loro con enfasi che neppure in cento anni essi potrebbero giungere al punto di comprendere a fondo anche soltanto una minima parte di ciò che egli con tanta facilità aveva gettato là quasi con noncuranza.

               6.   Gli si avvicina allora uno dei presenti, e gli dice: «Ascolta amico, il tuo termine di cent'anni è troppo breve, poiché dopo una profonda riflessione io sono riuscito più che a scorgere, a presentire, come attraverso un velo, la straordinaria profondità della tua frase e perciò sono dell'opinione che un simile senso recondito potrà diventare di pubblica ragione appena fra mille anni».

               7.   Un elogio simile glielo fa, in gran segreto, anche un altro dei presenti, dopo di che è finita con lui; il nostro uomo incomincia appena adesso a meravigliarsi della sua infinita sapienza, si gonfia ora spaventosamente e considera gli altri ospiti e le loro esposizioni come dei moscerini a confronto delle sue. Si eleva alla fine tanto in alto che dice loro: «Con delle teste che sono per lo meno mille anni indietro, uno di noi non può impegolarsi in una discussione su un argomento, dal momento che egli può ora premettere che già quella singola frase da lui detta non potrà venir compresa da loro neanche in mille anni»”.

               8.   Ecco, questo esempio è molto chiaro ed è, per così dire, preso dalla vita d'ogni giorno e indica in modo manifesto come una insensatezza, insieme all'insensato, possono gonfiarsi ed aumentare, se la cosa viene destramente maneggiata dalla controparte, una tale insensatezza diventa alla fine una idea fissa e di conseguenza un falso prodotto spirituale. Dunque, com'è questo il caso sulla Terra, ciò è tanto più evidente qui, nel regno degli spiriti. Gli abitanti di questo Cielo, prima della nostra apparizione qui, non avevano attribuito un grande valore al Cielo stesso. Se non fossero stati nutriti dal Paradiso, essi lo avrebbero già da tempo abbandonato. Dato, però, che noi siamo venuti ed abbiamo incominciato a rendere dubbio il loro Cielo, da principio si sono ritirati spaventati, perché si sono accorti che non potevano darci ad intendere nulla con la loro stupidità. Dato, però, che nel loro intimo si sono sentiti svergognati, allora in ognuno di loro è incominciato a farsi sentire ed a crescere sempre più il prurito della vana gloria e la loro rappresentazione celeste, cioè questo loro Cielo, è cresciuto poi insieme a loro.

               9.   È stato appena allora che si sono accorti della straordinarietà della loro rappresentazione e perciò hanno recitato due atti sul loro palcoscenico ed uno spettacolo alla mensa di Abramo e questo tutto contro di noi, per mostrarci con ciò la grandiosità del loro Cielo. Dato che noi, in un certo senso benignamente, non ci siamo lasciati spaventare e manteniamo ancora costantemente il nostro posto, questi abitanti del Cielo ora studiano una vera, fattiva vendetta. Ed anche questa manovra noi dobbiamo lasciarla svolgere, dato che soltanto poi saranno accessibili ad una parola da parte mia.

             10.   Voi, però, da tutto ciò potreste constatare una cosa importantissima, cioè come la scuola, per ogni tipo di spiriti con falso fondamento, dev'essere costituita, per poterli portare un po' alla volta sulla retta via della Vita. Il concetto fondamentale è il seguente: “Nessuno spirito, in seguito alla sua libertà, può venir fatto prigioniero, prima che non si sia fatto prigioniero da se stesso”. Perciò, è necessario lasciare anche a questi spiriti tutte quelle occasioni, attraverso le quali, senza nuocere alla loro libertà, vengano tuttavia, in certo qual modo, costretti da se stessi a cadere nella propria rete. Quando viene il momento, ciò che prima o poi succede sempre, che essi non vedono più nessuna via d'uscita, devono arrendersi, ciò che è su per giù la stessa cosa che avviene pure sulla Terra, quando ad uno scienziato viene confutato da tutte le parti, in modo matematicamente esatto, un suo principio erroneo, così che alla fine deve cedere le armi ed affidare il parto del suo spirito ad un migliore educatore.

             11.   Come però ciò avviene qui in senso letterale e spiritualmente, nell'assoluto regno degli spiriti, lo scorgerete chiaro come una luce del Sole, dopo questa manovra per la vendetta, ora in preparazione. O certo, miei cari amici e fratelli, nell'infinitamente grande Regno Spirituale vi sono delle scene, delle quali nessuna immaginazione umana può farsi la minima idea. Se voi poteste scorgere con una visione totale come vengono guidati sulla Via della Verità i vari uomini della Terra e poi quelli degli innumerevoli altri mondi e con ciò assistere a miliardi di scene, voi ci rimettereste la vita, poiché io vi dico:

             12.   “In nessun'altra cosa il Signore si mostra più Saggio e più Meraviglioso che in questa, infinitamente e supremamente varia guida della Vita spirituale, e tuttavia, la Sua Sapienza ha dappertutto le vie più infallibili, per portare tutte queste infinite diversità sotto lo stesso tetto”.

 

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Cap. 81

* * * * *

Terzo atto sul palcoscenico tragicomico

 

               1.   Guardate laggiù verso il celeste palcoscenico, la nuvolaglia si oscura e la grande apertura sul fondo, dietro alla Trinità, si restringe sempre più e fra non molto non rimarrà che un minuscolo forellino. Fate attenzione a ciò che si prepara ad apparire.

               2.   Ed ecco, ora la volta celeste è completamente al buio e gli orli delle nuvole sembrano diventare ardenti e voi potete già percepire un sordo brontolio, come di un potente tuono lontano. E ora anche la colossale Trinità sta diventando come infiammata dall'ira e dalla bocca dei Cherubini cominciano a partire dei lampi. Il temporale si avvicina; da dietro alle nubi si dipartono delle fiamme che attraversano incrociandosi l'ampio spazio, come dei possenti fulmini.

               3.   La scena si fa sempre più carica di lampi e tuoni e sulla platea scendono fasci di fiamme come fosse grandine con il suo fragore, che accende la materia con cui viene a contatto e questo fuoco divampante non ha intenzione di cessare. Che ne dite di questa scena?

               4.   Io già pensavo che tutto ciò vi avrebbe causato un po' di angoscia e che non avreste ritenuto consigliabile assistere fino alla fine a questo terzo atto della commedia, tutt'altro che celeste. Io, però, vi dico: “Sta in nostro potere far cessare immediatamente questo fuoco, contrapponendolo con uno contrario, del quale i nostri avversari assaggeranno la potenza con forti bruciatori”. Dato, però, che questi troveranno che il nostro fuoco brucia troppo, essi allora scenderanno dal palcoscenico e si recheranno in platea per sfuggirlo. Però tale fuoco li afferrerà e distruggerà in loro la malignità; soltanto dopo diverranno idonei ad accogliere da noi delle parole per la loro salvezza.

               5.   E guardate, io faccio un cenno con la mano ed immediatamente una incalcolabile quantità di fasci di fiamme bianche cadono sul celeste palcoscenico, attraversando i fasci rossastri e, come vedete, tutto è avvolto in un incendio carico di vapori. E ora udite i lamenti di questi abitanti celesti! Ecco, ora essi si precipitano giù verso di noi, chiedendo aiuto, però, come potete vedere, ogni fuggitivo viene avvolto in una colonna di fiamme e non vi può sfuggire. Ora tutta la compagnia ardente si precipita quaggiù in platea. A questo punto voi potete osservare che fra i lampi si riversano pure dei torrenti d'acqua e questo vero nubifragio porta un gran lenimento ai nostri eroi in preda alle fiamme.

               6.   A questo punto voi dite: Caro amico e fratello, questa è davvero una maniera spaventosa di guarire. Io però vi dico: “Così deve essere per questi ammalati gravi che devono guarire, poiché questi esseri appartengono, nel rapporto spirituale, agli “artritici” e questo male può venir guarito soltanto per mezzo di un potente bagno purificatore. Anche voi, sulla Terra, avete dei bagni a vapore, perché allora non ci dovrebbero essere, per casi simili, anche nel regno degli spiriti, dei corrispondenti bagni a vapore spirituali?

               7.   Io vi dico: “Sulla Terra non esiste alcuna cosa della quale non trovi il corrispondente nel regno degli spiriti”. Per conseguenza, quanto da voi scorto ora non è tanto strano come avete potuto immaginarlo da principio, soltanto che non dovete confrontare questo fuoco con quello terrestre, perché qui, quando questo appare, indica soltanto un grande “zelo”. Come avete visto, gli abitanti di questo Cielo volevano vendicarsi di noi e metterci in fuga con il loro grande zelo, che in sostanza è un prodotto del “falso” che è in loro e del conseguente “maligno”.

               8.   Dato, però, che il modo d'agire celeste non è certo quello di contraccambiare il male con il male, ma di fare soltanto il bene a coloro che tentano di distruggerci e di benedire coloro che ci maledicono, così non siamo andati contro di loro con un fuoco simile, bensì con un “fuoco d'Amore”, altrettanto elevato nella misura, quanto era elevato il loro “fuoco dell'ira”, che essi hanno riversato su di noi. E questo significa veramente: “Raccogliere carboni ardenti sul capo dei nostri avversari”. E ciò lo constaterete ben presto, poiché l'“acqua viva”, che da parte nostra abbiamo fatto riversare su di loro, li farà sufficientemente riflettere.

               9.   Però, guardate ora: tutta la compagnia, che raggiunge il migliaio, si restringe nuovamente alle proporzioni iniziali, ciò sta a significare che essi nel loro zelo hanno subìto una giusta umiliazione. Anche il Cielo che finora si era molto gonfiato, si restringe nella stessa proporzione. Il fuoco si spegne ed i nostri celesti abitanti stanno completamente nudi dinanzi a noi. E, come potete constatare, incominciano a provare una benefica vergogna, che è sempre un segno sicuro che il vinto incomincia ad accorgersi della sua follia e dei suoi torti ad essa congiunti.

             10.   Ora, dunque, per lo meno sono idonei per ascoltare più volentieri una parola da parte mia di quanto finora non fosse il caso. E perciò voglio anche rivolgere subito all'ex falso Pietro, che si trova proprio in prima fila, la seguente domanda: “Come vedi, o sedicente Pietro, noi siamo ancora qui, poiché tutte le tue celesti potenze e forze non hanno potuto far nulla contro di noi. Dato che ciò è ben manifesto dinanzi a te, come pure dinanzi a tutta la tua compagnia, dimmi ora chi sono io, secondo te? Sono dal Basso, oppure molto più sicuramente dall'Alto?”.

             11.   Il pseudo Pietro risponde: “Ascoltami! Io e tutta la compagnia eravamo e siamo tuttora preda di un grande smarrimento. Però ora noi vediamo molto chiaramente che, con questo disgraziatissimo Cielo, in cui noi tutti siamo stati trattati molto male, le cose non stanno proprio come dovrebbero essere. E vediamo pure che se in questo Cielo si dovessero ripetere spesso scene del genere di quelle di poco fa, lo si potrebbe considerare un Inferno di prima classe e se proprio non un Inferno, per lo meno un “Purgatorio” in piena regola. Ti prego, perciò, anche a nome di tutti i miei fratelli, liberaci, se ti è possibile, da questo, oltre ogni dire, fatale Cielo! Insieme a questa preghiera, depongo ai tuoi piedi la mia falsa personalità di Pietro, riconoscendola come falsa, ma riconosco ugualmente che io non sono adatto ad essere un Pietro, né lo sono stato mai, perché sono troppo cattivo ed anche troppo sciocco perfino per fare il guardiano di porci in qualche pascolo spirituale, sempre che in questa regione ci sia una simile occupazione.

             12.   Io non ti chiedo altro se non di liberarci da questo indecente “Cielo di cartone” e qualunque sia il luogo dove ci porterai, noi siamo volentieri pronti a servire il Signore con tutto il cuore, anche per un cibo scarso. Soltanto risparmiaci il Purgatorio e l'Inferno, poiché abbiamo sperimentato in modo spaventevole quanto brucia quel fuoco, anche se per breve tempo, così da rammentarcelo per l'eternità”.

             13.   Ora parlo io: “Bene, bene, questo linguaggio mi piace di più del precedente, ora però vestitevi e seguitemi nel “Paradiso” dove molti dei vostri fratelli sono in attesa di una simile liberazione”. Come vedete, tutti quelli che erano nudi sono ora rivestiti con degli abiti di tela grigio chiaro e dato che ora abbandoniamo questo luogo, essi ci seguono, lodando seriamente Iddio, per la prima volta. Voi dite: “Queste vesti di tela sembrano quelle rozze casacche di traliccio militari e tutto questo preso insieme ha l'aspetto di una misera tradotta di soldati”.

             14.   Certo, miei cari amici, le vesti si regolano qui a seconda del riconoscimento del Vero e del Buono che ne deriva; però quanto di Vero e di Buono ci fosse in questi spiriti, lo avete potuto dedurre chiaramente dal loro Cielo e dal loro modo di comportarsi, perciò queste vesti sono perfettamente corrispondenti al loro stato. Ciò che succederà in seguito, lo vedremo alla prossima occasione.

 

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Cap. 82

* * * * *

Arrivo dei nuovi acquisti nel “giardino del Paradiso”

Riconoscimento della loro colpa

 

               1.   E ora noi ci troviamo nuovamente nel cosiddetto “Paradiso” e, come potete sincerarvi, esso è ancora esattamente così, come lo abbiamo lasciato. E guardate nel centro, là attendono i noti abitanti del Paradiso, però in una disposizione d'animo molto più umile e più riflessiva che non prima, quando siamo giunti qui dal chiostro. Gli abitanti del “Cielo” ci seguono pure umilmente, così che noi andiamo, con questa nuova retata, direttamente dove attendono i paradisiaci.

               2.   Guardate, il nostro priore ed i due primi oratori fanno tanto d'occhi vedendo che tutta la comunità del Cielo ci segue, poiché non erano sufficientemente preparati ad una conquista del genere e nel segreto del loro intimo avevano considerato la nostra spedizione nel Cielo quale una pietra di paragone, dalla quale doveva risultare l'indiscussa verità del nostro mandato.

               3.   Dato, dunque, che tutto il Cielo viene dietro a noi umiliato e vinto, il priore, rivolto alla sua compagnia, dice: “Ascoltate amici, date queste circostanze, la cosa assume naturalmente tutto un altro aspetto. Questi tre sono stati certamente inviati qui da una divina Potenza a noi ancora sconosciuta, ciò è ora tanto chiaro, quanto il Sole di mezzogiorno sulla Terra. Ma che cosa possiamo fare di fronte a questa spaventosa certezza, è tutta un'altra questione. Qual è lo stato della nostra coscienza? Come la mettiamo riguardo al nostro precedente contegno, con questi alti messaggeri? Ecco un'altra domanda da far tremare. Secondo la loro sentenza, saremmo condannati, se va bene, al Purgatorio, oppure - Iddio ci guardi - perfino all'Inferno! Ascoltate amici, questa è ancora una domanda tanto spaventosa da far disperare!

               4.   Essi si stanno avvicinando a noi con delle facce terribilmente serie, dalle quali per noi non c'è d'aspettarsi veramente nulla di confortante. Quando, però, penso qual era sulla Terra la nostra vita sacerdotale e rifletto come noi, pur conoscendo benissimo il Vangelo del Signore, tuttavia non si abbia mai messo in pratica tra noi, neppure nei minimi termini, nel suo vero significato e come abbiamo sempre lavorato, nel senso letterale della parola e del significato, contro il puro Spirito divino, allora, o fratelli, temo di non aver mai azzeccato una cosa tanto sicuramente come la seguente: a noi tutti, date le tristi circostanze, non spetta altro che il mero, nudo e caldissimo Inferno! Mi verrebbe quasi la voglia d'invocare che le montagne ci piombino addosso, per non vedere più la faccia di questi tremendi giudici!”.

               5.   L'altro oratore, quello migliore, rivolgendosi al priore, dice: “Ascolta fratello, secondo me, non è il caso di disperarsi prima del tempo, poiché, per farlo, ci sarà sempre tempo sufficiente, cioè quando saremo condannati sul serio. Del resto, con le buone è più facile spuntarla. Rimettiamoci perciò nella preghiera e nella massima umiltà possibile e non disperiamo, data la grande Misericordia del Signore e chissà se questi messaggeri ci giudicheranno con severità inesorabile. Poiché, se sono inviati da Dio, essi saranno migliori di noi e perciò più miti nella loro sentenza di quello che eravamo noi verso i presunti peccatori contro la nostra Chiesa sedicente e la sola beatificante.

               6.   Il priore dice: “Oh caro fratello, le tue parole consolatrici sono dolci come il miele e il miglior latte, però io ripenso alle parole di Cristo, riportate nell'Evangelo contro i 'falsi profeti', cristiani soltanto di nome e cioè: «Andate via da Me, o maledetti, nel fuoco eterno, che il demonio e i suoi angeli hanno preparato, poiché Io non vi conosco, o operatori del male, che vi siete sempre opposti allo Spirito Santo!». Che ne dici amico, di questo testo?”.

               7.   L'altro risponde: “Certamente, fratello, il testo è spaventoso e per noi credo che sia a nostra misura; soltanto io devo pure confessarti che non sono ancora troppo maturo per l'Inferno. Se il Signore effettivamente non sarà più misericordioso di quanto lo siamo stati noi, per la maggior parte, quando eravamo sulla Terra, allora questo testo dovrebbe trovare purtroppo la sua più giusta applicazione nei nostri confronti, poiché è detto: «Siate misericordiosi, allora troverete misericordia!». E questo è il punto, poiché la misericordia sulla Terra non la conoscevamo nemmeno di vista! Se rifletto ora con quanta leggerezza e senso di trionfo abbiamo condannato all'Inferno interi popoli, sento salire in me un senso d'angoscia e le mie parole di conforto, or ora a te dirette, incominciano a perdere ogni significato anche per me”.

               8.   Un terzo interlocutore interviene e dice: “Amici e fratelli, io vi comprendo appieno; noi siamo perduti! Perciò ritengo che dovremmo riunirci e presentarci al capo dei messaggeri, che sta nel mezzo, e non dovremmo pregarlo d'altro, se non di assegnarci ad un grado dell'Inferno non troppo infuocato, risparmiandogli così anche di pronunciare la sentenza più spaventosa; e questo sulla base dell'unica considerazione a nostro favore, che sulla Terra eravamo obbligati ad agire così e non altrimenti, in massima parte per imposizione da parte del potere chiesastico. Noi abbiamo perciò adempiuto alle prescrizioni della Chiesa, giuste od ingiuste che fossero, perciò ritengo che se anche abbiamo agito così con la coscienza che il nostro modo d'agire non era secondo la Parola di Dio ed abbiamo perciò servito mammona, è stato anche perché non era facile per noi fare altrimenti.

               9.   O, certo, noi avremmo dovuto piuttosto subire il martirio, che operare contro Cristo, ma per far ciò la nostra fede, sempre per colpa della nostra Chiesa, era troppo debole per realizzare tanto. Perciò suppongo che la nostra colpa non sia tale da meritarsi il più profondo Inferno. Al Signore ogni onore, e il Suo Nome sia sempre lodato sopra ogni cosa! Ritengo, dunque, che Egli non avrà l'intenzione di riservarci il peggio, attendiamo perciò con umilissima calma ciò che il Signore deciderà per noi”.

             10.   Guardate, ora tutta la compagnia è d'accordo con lui, in piena umiltà, visto che con ciò tutti si sono debitamente abbassati ed umiliati ed hanno anche riconosciuto fra loro la propria colpa. Avviciniamoci ai nostri monaci, per giungere con loro a una giusta determinazione. Però, voi pure, avanzando insieme a me, siate molto seri, poiché a questa compagnia è ancora attaccato qualcosa che deve venire da essa completamente eliminato, prima che possa diventare idonea ad una più elevata destinazione.

 

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Cap. 83

* * * * *

L'eterna Parola di Dio come lo scranno del giudice di Cristo

 

               1.   Noi saremmo ormai giunti al momento buono per discorrere con questa compagnia di monaci, perciò ora ritengo opportuno rinnovare le mie domande, per poter constatare quale progresso ha fatto in seguito a quanto esposto precedentemente. Voi, però, domandate: “Ma ciò, in questo mondo spirituale, deve sempre essere fatto verbalmente, oppure spiriti della tua elevatezza non hanno la possibilità di riconoscere al primo sguardo, senza scambiar motto, come sono nel loro intimo questi spiriti ingannatori?”.

               2.   Io vi dico: “Ciò spetta ad ogni spirito del più alto Cielo e perciò egli può contemplare ad oltranza, al primo sguardo, ogni spirito imperfetto, ma con ciò viene portato poco aiuto a tale spirito, ed è la stessa cosa come se sulla Terra un delinquente venisse arrestato. Il giudice già alla prima udienza è pienamente persuaso, attraverso testimonianze, che l'arrestato sia colpevole di un certo reato, tuttavia, secondo la legge non si può condannare il colpevole fino a quando esso stesso non si sia espresso in merito alla sua colpevolezza. La parola, però, è l'unico mezzo per esternare il proprio intimo o, con altre parole, tanto l'uomo che lo spirito si espongono con la parola alla vista esteriore, vale a dire essi mostrano com'è fatto il loro intimo essere.

               3.   Ecco perché, anche qui, il solo riconoscimento, da parte mia, della condizione interiore di questi spiriti, considerata unicamente per se stessi, non serve praticamente a nulla. Però, in seguito a questo riconoscimento, posso guidare gli spiriti nella loro manifestazione, in modo che tali spiriti, come spinti dal bisogno, non mi possano sfuggire e debbano perciò esternare il loro intimo sentire per mezzo della parola ed esporlo alla vista generale.

               4.   Con ciò risulta anche evidente, nella pienezza della Verità, quel punto della Scrittura, in cui è detto: «La si diffonderà, ad alta voce, dai tetti», oppure, come si legge in Paolo: «Noi dobbiamo renderci palesi dinanzi al Tribunale del Cristo»; ciò che, con altre parole, significa: tutto deve diventare palese e manifesto per mezzo della ‘parola’, perché la ‘parola’ è il vero Tribunale di Cristo. E annunciare ad alta voce dai tetti significa che ognuno si giudicherà attraverso la propria parola o, meglio detto, che ognuno dovrà esternare completamente il suo intimo, poiché, come il tetto abitualmente è il mezzo di protezione della sua casa, così anche la ‘parola’, presa spiritualmente, è quel mezzo, costituito dall'amore di se stesso, per la propria protezione, con il quale l'uomo, durante la sua esistenza terrena si difende il meglio possibile dalle burrasche che lo minacciano. Però, mentre da questo punto di vista la parola propria è simile al tetto di una casa, qui, nel mondo spirituale, essa non può offrire più né sicurezza né protezione e perciò è detto: «La si diffonderà, ad alta voce, dai tetti», cioè attraverso la propria parola si manifesterà esteriormente la propria natura intima, sia in bene che in male. Voi avete già udito un gran numero di queste manifestazioni verbali, tuttavia quella che udrete ora non vi sarà superflua.

               5.   Perciò intendo rivolgere a questa compagnia di monaci, per le ragioni ora esposte, la mia domanda prestabilita e voi potrete constatare quale nucleo maligno e tenebroso è ancora celato in essa. Fate dunque attenzione; io pongo la domanda, dicendo:

               6.   “Dunque, come vedete, sono ritornato qui, dopo aver vinto il vostro Cielo (vedi cap. 69,18). Ora, come stanno le cose con il vostro riconoscimento interiore e la conseguente mortificazione? Vi sentite ancora sinceri servi del Signore o piuttosto degli ingannatori del popolo e a vostra volta ingannati, a causa della vostra ostinazione?”.

               7.   Il priore dice: “Noi ci siamo esaminati e ci siamo trovati completamente meritevoli di venir condannati all'Inferno, poiché, dopo matura riflessione, abbiamo pienamente riconosciuto che tu sei un vero messaggero della Giustizia divina e, oltre a ciò, dotato di una potenza dinanzi alla quale tutti i nostri muri e le nostre torri si sfasciano come pula. Noi siamo e rimaniamo eterni debitori del Signore ed ognuno di noi porta tanto di questo debito sulle spalle che, data appunto la Giustizia divina, non potrà venirgli rimesso, per tutta l'eternità. Perciò non abbiamo alcun argomento di cui discutere con te, bensì ti preghiamo, se ciò ti è possibile, di avere tanta Grazia e Misericordia divina e di non condannarci, per il nostro peccato, al più atroce e doloroso grado dell'Inferno.

               8.   Se qui fosse possibile confessarsi, saremmo disposti a farlo per cento anni consecutivi, per ottenere l'assoluzione del nostro peccato, secondo il grado della penitenza, collegato con la confessione. Dato, però, che qui ciò non è più possibile e che noi, come dice Paolo: «Giacciamo come siamo caduti», non ci resta altro che stare in attesa, pieni di spavento e di tristezza, della tua sentenza di condanna”.

               9.   Ora parlo io (Marco): “Dunque, voi siete dell'opinione che con la confessione sarebbe possibile liberarsi dei peccati? Se questa è la vostra fede, allora ditemi in quale occasione il Signore, sulla Terra, ha emanato tale articolo di fede, quale mezzo di remissione dei peccati?”.

             10.   Il priore dice: “Caro amico, tu saprai di sicuro che il Signore ha conferito ai Suoi apostoli il potere di sciogliere e di legare, con ciò è luminosamente provato che il Signore ha istituito la confessione e ne parla anche formalmente l'apostolo Giacomo quando dice: «Confessate l'un l'altro i vostri peccati». Se ci si riflette su ciò, come pure su altri testi ancora, è del tutto impossibile mettere in discussione il fatto che il Signore ha istituito la confessione, quale un mezzo di remissione dei peccati”.

             11.   Ora parlo io: “Ascolta, amico e fratello, se tu comprendi così la Parola del Signore, non deve far meraviglia che tu qui ti possa trovare nella disperazione. Dimmi, quale follia potrebbe essere maggiore di quella di due uomini, reciprocamente nemici, ossia di due peccatori o debitori l'un verso l'altro, ad ognuno dei quali, con il tempo, venisse a pesare sulla coscienza questo stato peccaminoso e che per liberarsi da questo fardello andassero da un uomo qualunque e volessero che questo estraneo ai loro fatti, al quale non riguarda affatto la reciproca inimicizia dei due, li liberasse della loro colpa o del loro debito? Dimmi, se questo estraneo dovesse aderire alla richiesta ed accordasse loro l'assoluzione, come si potrebbe qualificarlo? Non sarebbe un grandissimo ingannatore? Tu confermi ciò nell'animo tuo. Bene. La cosa però ti verrà ancor più chiarita.

             12.   Mettiamo il caso che un certo A. invece di restituire fedelmente i mille talenti a B. si lasci indurre da un certo ingannatore di nome C., al quale A. non ha mai dovuto alcun denaro, di pagare a lui soltanto cento talenti, considerando così saldato il suo debito di mille talenti verso B. Che cosa direbbe B. di questa regolazione del debito? Ed A., da parte sua, cesserebbe con ciò di essere debitore di B.? Io ritengo che neppure gli spiriti più infernali e più miseri potrebbero sostenere una cosa simile; ragione per cui lo si può tanto meno asserire con riguardo al testo evangelico dato dal Signore, dato che, in Sé, il Signore è il massimo Amore e la massima Sapienza.

             13.   Risulta perciò necessario sottoporre i testi da te citati sul potere della remissione dei peccati ad un'altra spiegabile chiarificazione, poiché quella data da te ora non corrisponde a verità. Perciò, ti accordo un breve termine, affinché tu possa scrutare in te e darmi poi comunicazione su come consideri ora la cosa. Però, non devi indugiare più di sette minuti. Dunque, scrutati nello Spirito della Verità. Amen!”.

 

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Cap. 84

* * * * *

Del peccato contro lo Spirito Santo

 

               1.   Ed ecco, il nostro priore si è già scrutato ed incomincia il suo dire. Ascoltate, dunque: “Caro amico, ho ben soppesato nel mio intimo tanto il tuo esempio quanto la tua domanda ed al riguardo non posso dirti altro se non che hai perfettamente ragione. Infatti, io vedo per la prima volta, nella mia duplice vita, che la confessione è una enorme interferenza, tanto nei diritti divini, quanto in quelli reciproci dei fratelli.

               2.   Perciò, come io scorgo ora, non si può immaginare nulla di più insensato della pretesa che si possa mettere d'accordo, per la loro soddisfazione, due reciproci debitori, così che ambedue risultino reciprocamente soddisfatti se un terzo, completamente estraneo alla cosa, rimetta il debito all'uno o all'altro o se un terzo, con l'accettazione di un modico importo - ciò che naturalmente è la cosa più illegale del mondo - riesce a convincere un debitore che egli con ciò ha saldato completamente il suo grosso debito verso il suo creditore. Oh amico, ciò mi è ora tanto chiaro quanto quest'aria trasparente, ora, però, sorge un'altra domanda, e cioè:

               3.   «Se le cose stanno indubbiamente ed in modo più che convincente così, qual è la sorte che aspetta i folli confessori e quale i penitenti?». Se io rifletto che nella mia Chiesa proprio questa è la “conditio sine qua non”, mi sento attraversare alternativamente da un freddo glaciale e da un caldo infernale.

               4.   Ma, come è stato dunque possibile, per amore di Dio nostro Signore, che questa orribile insensatezza abbia potuto mettere delle radici tanto profonde e inestirpabili? Oh amico, io voglio volentieri espiare la mia follia nell'Inferno, però fammi ritornare sulla Terra per tre anni in un corpo immortale. Io voglio accendere alla Chiesa una luce tanto forte che, per la sua insensatezza, dovrebbe diventare più pericolosa di un ferro rovente per una goccia d'acqua. Perché so con quanta ostinazione le alte gerarchie sacerdotali insistono su questo insensato inganno e vedo pure che non ci rinuncerà mai attraverso vie comuni. Per questo motivo, come ho già detto, sarei disposto a scendere sulla Terra, certamente con un corpo indistruttibile, per farla finita con questa insensatezza, nonché con parecchie altre, non meno importanti”.

               5.   Ora parlo io (Marco): “Caro amico e fratello, vedi, di tutto quello che tu vorresti fare, il Signore non ne ha bisogno, invece, procura di comprendere qui, dove ora ti trovi, dal vero punto di vista, ciò che significa «la remissione dei peccati», che così ti verranno offerte occasioni a migliaia di impiegare questa conoscenza in modo migliore, utile e fruttuoso che non se tu operassi sulla Terra, con ogni possibilità miracolosa, ammesso che ciò ti fosse concesso per un migliaio d'anni, nel senso da te suggerito.

               6.   Infatti, la Terra non è un luogo di purificazione, bensì un luogo di prova della libera volontà e perciò là anche tutto è libero; buon senso e insensatezza, Satana e angeli possono camminare accanto, di pari passo.

               7.   Ed affinché la volontà dello spirito si possa esercitare nella sua libertà su un corpo mondiale, devono essere presenti ogni sorta di eccitamenti, che operano senza sosta, per sottrarre l'uomo alla Verità e guidarlo verso il falso. Così che ogni uomo, come pure intere comunità hanno da sostenere una continua lotta, attraverso la quale la forza vitale viene esercitata e la libera volontà deve prendere una qualsiasi e decisa direzione.

               8.   Perciò, se tu volessi mettere in pratica questa tua intenzione, portando una luce operante su un corpo mondiale, come pure una compagnia ecclesiastica, dovresti, quale prima cosa, eliminare tutti gli eccitamenti della carne, specie quello del sesso e poi di tutti i sensi vivi in generale e oltre a ciò distruggere tutte le necessità dell'uomo corporale. Se tu facessi ciò, o meglio, se lo potessi fare, che cosa sarebbe allora l'uomo su un corpo mondiale?

               9.   Vedi, da questi eccitamenti viventi derivano innanzitutto il genere umano e poi anche tutti gli altri stimoli all’attività propria dell'uomo. Dunque ritengo che ora ti sarà certamente chiaro che sui corpi mondiali, presso gli uomini, l'estirpazione di ciò che è falso e del maligno che ne consegue, preso nel suo insieme, non è che l'estirpazione del genere umano stesso. E, perciò, dovrai pure ammettere che la tua presunta miracolosa presenza sulla Terra sarebbe ancor meno fruttuosa, tanto per il presente e meno ancora per l'avvenire, rispetto a quanto ha fruttato per il capovolgimento di tutto ciò che era falso e maligno la meravigliosa Presenza del Signore stesso sulla Terra e dopo di Lui, pure quella di molti Suoi apostoli e discepoli, ricolmi del Suo Spirito.

             10.   Io però ti voglio dire perché veramente tu vorresti andare sulla Terra; vedi, per due ragioni: la principale si chiama vendetta e la seconda per dare al Signore, in modo completamente sbagliato, attraverso un mezzo falso ed erroneo, una soddisfazione ancora più insensata di quanto insensato è stato il tuo comportamento sulla Terra. Rinuncia perciò al tuo proposito, in modo vivente, e lascia che nel tuo cuore, al posto della vendetta, germogli il vero amore del prossimo, perché soltanto così ti sarà possibile vedere in quale maniera, molto più conforme allo scopo qui proprio sul posto, si possono affrontare le insensatezze del mondo, conformemente all'altissimo saggio Piano d'Amore del Signore.

             11.   Visto che tu, come sto constatando, insieme a tutta la tua compagnia, comprendi e riconosci tutto ciò, devo ora renderti attento che tu mi devi ancora una risposta riguardo ai testi della Scrittura che parlano della remissione dei peccati e noi non possiamo fare nessun ulteriore passo avanti, finché ciò non sia stato messo in piena luce in modo vivente. Perciò, apprestati a rispondere in primo luogo a ciò che riguarda «lo sciogliere e il legare» (Matteo 18, 18 e Giovanni 20, 23). Quando avrai risposto a ciò, soltanto allora passeremo a commentare Giacomo; parla dunque”.

             12.   E il priore dice: “Oh caro ed elevato amico! A questo riguardo mi andrà molto male, perché si tratta di un compito indicibilmente difficile e spero che tu non ti adirerai con me. Infatti, a questo riguardo potresti difficilmente avere da me una risposta soddisfacente, poiché nemmeno la morte può prendere qualcosa dove non c'è nulla”.

             13.   Ora parlo io: “Vedi, io sapevo già che sarebbe finita così e pensare che tu volevi andare sulla Terra per migliorare la tua Chiesa. Dimmi un po', in quale modo te la saresti cavata, dal momento che a te, per una simile impresa, manca proprio tutto ciò che è necessario ed essenziale?”.

             14.   Il priore dice: “Oh elevato amico, la mia insensatezza cresce come la gramigna su un terreno concimato. Soltanto ora vedo, alla luce di questa tua domanda e della tua esposizione, che non sono idoneo nemmeno a fare il guardiano di porci, figurarsi poi il miracoloso miglioratore di Chiese. Oh, dimmi, quanta enorme insensatezza si cela ancora in me”.

             15.   Dico io: “Non preoccuparti per questo; quello che importa è la risposta alla mia domanda, che farà in te dei miracoli. Perciò, fa’ attenzione a come ti risponderò.

             16.   Anzitutto voglio spiegarti quello che dice Giovanni, dato che egli vi antepone l'illuminazione dello Spirito Santo, cioè, con le parole: «Ricevete lo Spirito Santo. A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi anche in Cielo, e a chi li avrete ritenuti, saranno ritenuti anche in Cielo». Questo, dunque, è il testo; qual è, però, la sua interpretazione?

             17.   «Ricevete lo Spirito Santo», significa: «Siate illuminati dalla Mia Verità», e più profondamente ancora: «SeguiteMi in tutto!», e nel significato assoluto: «Amatevi l'un l'altro come Io vi ho amati!». Poiché da ciò si riconoscerà che voi siete Miei veri discepoli, cioè se vi amate gli uni gli altri.

             18.   Vedi, questo è il significato vero e proprio di “Ricevere lo Spirito Santo”, poiché il Signore non ha dato nessun altro comandamento all'infuori di quello dell'Amore, per conseguenza Egli non può offrire e dare nessun altro Spirito che non sia quello dell'Amore. Comprendi ora questo testo? Tu me lo confermi con il cuore; bene, allora procediamo.

             19.   «A coloro ai quali rimetterete i peccati, saranno rimessi anche in Cielo!». Questo significa: «Quando chiunque di voi, secondo il Mio Spirito di Amore e di Sapienza, ha rimesso al fratello il debito che ha verso di lui, allora anch'Io voglio rimettere non soltanto il debito al fratello debitore, bensì anche ogni debito che colui che ha rimesso il debito ha verso di Me. Se invece qualcuno, come detto nella seconda parte del testo, non rimetterà il debito al fratello, Io, da parte Mia riterrò il debito anche al creditore. E se il creditore vuole riconciliarsi con colui che ha peccato contro di lui, ma il debitore non vuole riconciliarsi, allora anch'Io sarò irriconciliabile verso il debitore, fino quando non si sarà riconciliato con il suo avversario».

             20.   Vedi, questa è l'unica spiegazione di tale testo valevole in Cielo. Però, per quanto concerne i peccati che l'uomo commette contro Dio e poi contro il proprio spirito, nessuno può rimettere il primo, all'infuori di Colui contro il cui Ordine è stato commesso. E il secondo peccato, cioè quello contro il proprio spirito, non può, com'è naturale, venir perdonato o rimesso da nessun altro, se non appunto dal proprio spirito, cioè con la più seria volontà e con il rinunciare a se stesso per Amore al Signore e con il proposito di non commettere tale peccato mai più.

             21.   Riguardo poi ad un peccato commesso direttamente contro lo Spirito Santo, che in sé e per se stesso è l'Amore operante del Signore, risulterà certamente chiaro che, se qualcuno si mette volontariamente contro il Sommo e più operante Mezzo di Grazia, sorge allora la domanda molto significativa: «Con quale mezzo sarà egli salvabile, se si mette empiamente in lotta con l'Altissimo, al di sopra del Quale non c'è nessuno?».

             22.   Vedi, questa perciò è la spiegazione nel suo pieno significato, dove i testi parlano della remissione dei peccati, che si trovano esposti in breve nell'elevata preghiera del “Padre nostro”, in cui viene irrevocabilmente detto: «Rimettici i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», mentre non si dice affatto: «Perdonaci la nostra colpa, secondo il grado della nostra penitenza, dato che ci siamo confessati e poi comunicati, e che il nostro confessore ci ha rimesso i nostri peccati». Ed in un altro punto ancora si parla di un perdono generale dei peccati, dove cioè è detto: «Siate misericordiosi, che allora troverete misericordia». Anche qui non si dice: «Confessatevi, che allora i peccati vi verranno rimessi».

             23.   E nel figliuol prodigo, il Signore indica, per così dire con il dito, qual è il mezzo più idoneo per ottenere la remissione dei propri peccati e precisamente il ritorno in attività d'Amore in umiltà a Dio, che è il più Amoroso dei padri, fra tutti gli uomini! Comprendi ciò? Tu me lo confermi, allora possiamo passare avanti ed esaminare il testo di Giacomo.

 

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Cap. 85

* * * * *

La Parola del Signore è il vero giudice!

 

               1.   Riguardo poi a Giacomo, egli non dice affatto che la Comunità debba confessare i propri peccati ad un anziano o capo, bensì semplicemente gli uni agli altri, in modo che nella comunità non vi sia nulla di nascosto a cui non si possa portare rimedio. Ed è questa la ragione per cui Giacomo raccomanda, ma non comanda affatto di riconoscere reciprocamente i propri peccati o errori.

               2.   Se, dunque, tutto ciò è indiscutibilmente il senso della Scrittura, che cos'è perciò la cosiddetta “confessione auricolare” nella Chiesa cattolica? Io ti dico: «Essa non è altro che una redditizia banca dei peccati, dove gli uomini trasferiscono le obbligazioni e le polizze della vita loro, rendendola, con questo passaggio, doppiamente redditizia per se stessi, in grazia al tasso usuraio praticato dalla Chiesa». Poiché, infatti, in grazia alla confessione, l'uomo si sottrae alla vista dei suoi fratelli e concittadini, affinché non sappiano chi egli è veramente nel proprio intimo, o, per lo meno, lo ritengono nuovamente, subito dopo la confessione, un uomo fondamentalmente onesto, mentre egli dopo la confessione non subisce mutamenti di sorta e rimane tuttavia esattamente quello che era prima.

               3.   In questo modo, tutti i peccati confessati vengono conservati ed ogni singolo proprietario li riceve di nuovo, aumentati in seguito agli interessi; e così in primo luogo inganna se stesso e poi il prossimo suo! Se stesso, perché dopo ogni confessione si sente e si considera un uomo completamente degno della Grazia divina e quale effetto egli prova nei propri confronti un certo compiacimento che gli alleggerisce la coscienza. Inganna invece i suoi simili, anzitutto perché non hanno mai saputo come veramente stavano le cose con lui, e perciò erano, per così dire, costretti a considerarlo molto migliore di quanto egli nella realtà sia mai stato.

               4.   Perciò, questi sono gli interessi e si chiamano: “doppio inganno” e questo inganno poi diventa ancora un inganno principale, che consiste nel fatto che il penitente incorre nell'illusione di essersi completamente giustificato anche dinanzi al Signore.

               5.   Io ti posso assicurare che se Giuda, il traditore, avesse fondato una comunità cristiana, sarebbe certamente riuscita migliore di questa, che non è derivata dal Cristianesimo, bensì esclusivamente dal paganesimo, al quale non è stato aggiunto che un po' di sale. E come in un cibo il sale forma la minima parte, così pure in questo nuovo paganesimo il Cristianesimo forma appena la minima parte. E questo potrebbe anche andare, se, per lo meno, il sale non fosse insipido. Ma essendo tale, come può condire sufficientemente il completo paganesimo, così da farlo diventare almeno parzialmente un Cristianesimo?

               6.   Il paganesimo aveva molti “dei”, per questa ragione, malgrado il condimento puro, non poteva accontentarsi di un unico Dio, così che di Lui ne fecero tre e dopo questo Dio tripartito si divinizzarono poi anche gli uomini che erano vissuti sulla Terra, per ottenere con ciò un compenso, per i “semidei” ed i “lari”, già troppo sfruttati. L'antico paganesimo era molto redditizio per i sacerdoti, mentre il puro Cristianesimo invece era contrario a questa sete di guadagno, per il fatto che la Scrittura dice: «Voi l'avete ricevuto gratuitamente, perciò gratuitamente dovete diffonderlo».

               7.   Ciò non era redditizio per il paganesimo, perciò si preferì fare un “registro dei peccati” e dato che secondo la Legge mosaica si peccava troppo poco, vi si aggiunsero arbitrariamente altre leggi, difficili da seguire. In aggiunta al “Registro dei peccati” ed al voluminoso “libro delle leggi”, si istituì la “confessione” che rimette i peccati e si indusse, con questo mezzo, l'umanità a corrispondere ogni sorta di redditizie offerte e opere di penitenza grazie alle quali, poi, con l'aiuto anche di produttivi “servizi divini”, il pontificato unico beatificante, salì ad uno splendore mondano tale che tutti i re tremavano di fronte ad esso!

               8.   Però, affinché questo pontificato potesse diventare ancora più indipendente e operare ancora più illimitatamente, esso seppe, con un mezzo adeguato, formarsi un esercito stabile, forte, con più di un milione di unità, che espugnò degli imperatori, re e principi, rendendosi con ciò soggetti e tributari tutti gli stati. L'esercito è rappresentato da tutti i “sacerdoti” e dai “monaci”, ed il mezzo di fedeltà è il “celibato”. In questo modo è stata fondata la nuova potenza chiesastica pagana. Tuttavia, siccome ogni dominatore, se vuole conoscere come la pensano i suoi sudditi, deve avere degli informatori segreti, così anche al pontificato tali informatori segreti erano oltremodo necessari; e questi sono l'insieme del clero.

               9.   E come si chiama il mezzo, attraverso il quale tutti i più segreti sentimenti venivano e vengono tuttora indagati? Questo mezzo non è altro che la “confessione” e, come vedi, questo è il secondo guadagno, quello cioè per i confessori, dunque, per tutto l'insieme del tenebroso clero.

             10.   E in che cosa consiste questo utile? Io te lo dico: «Esso non consiste in nient'altro, se non che per la Chiesa tutti i penitenti vengono, per così dire, registrati all'attivo come cosa propria, non senza l'aggiunta necessaria dell'inganno egoistico, con il quale tali penitenti sono portati ad illudersi di essere tanto spesso giustificati dinanzi a Dio, quanto spesso essi si sono confessati».

             11.   E proprio così, provveduti di questo “guadagno”, state ora voi qui, cosicché si presenta una nuova domanda e cioè: «Che cosa presenterete voi per la riduzione o perfino per la completa estinzione di un tale vero e proprio guadagno infernale?». Infatti, io devo subito aggiungere che nessuno può entrare nella Vera Vita per la mera ed immediata Misericordia da parte del Signore, poiché a chi non ha, sarà tolto anche quello che ancora esso ha.

             12.   Vedete, questa è una domanda importante, che voi dovete ancora dibattere. Anche per questo vi accordo un certo respiro. Se voi potete produrre qualcosa che qui, nel Regno della Verità nuda e della piena infallibilità, può essere accettato, allora va bene, se invece non lo potete fare, avete già in voi quello che vi giudicherà. Credetemi, né io né il Signore vi giudicheremo, bensì sarà la Parola che il Signore ha pronunciato; è quella che vi giudicherà in voi stessi, dato che, come avete potuto chiaramente apprendere da questa mia spiegazione, voi avete sempre agito contro tale Parola, la Quale, perciò, in nessun punto può essere a vostro favore, bensì deve essere proprio completamente contro di voi”.

             13.   Il priore dice: “Certo, purtroppo è così. Ora la sentenza di condanna per l'Inferno è come se fosse pronta. Infatti, cosa potrei presentare a mio vantaggio?”. Io non posso dir altro se non: «Signore, sii verso di noi poveri pazzi ciechi e grandissimi peccatori, misericordioso e benigno!». Io non vedo altro se non la pienezza traboccante della mia colpa, dinanzi a me e perciò non ho bisogno di un certo tempo per riflettere, poiché alla fine tutto si riduce per noi a rimanere più a lungo nella penosa situazione di attendere la spaventosa sentenza. Questa attesa per me e sono certo anche per tutti gli altri, è già ora più dolorosa di quanto possa esserlo il fuoco dello stesso Inferno. Perciò ti prego, non trattenerci più a lungo, bensì dacci pure la spinta nella direzione del nostro luogo di appartenenza”.

             14.   Dico io: “Qui non vale il mio beneplacito, bensì l'Ordine divino! Perciò tu devi sottometterti ad esso, se non vuoi andare arbitrariamente alla perdizione per l'eternità. Dunque, per questo tu devi parlare su quel punto che ti è stato indicato. Infatti, io vedo in te ancora qualcosa in favore della confessione e finché ciò non esce da te, non puoi lasciare questo luogo, perciò approfitta del respiro che ti è concesso e poi parla. Amen!”.

 

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Cap. 86

* * * * *

Il Signore è puro Amore anche nell'Inferno

 

               1.   Il nostro priore, nel nuovo e breve tempo a sua disposizione, ha scrutato in tutti i meandri del suo essere e ha, come voi percepirete presto dalla sua bocca, per fortuna trovato un appoggio alla sua causa. Offriamogli, dunque, l'occasione di esporre la sua scoperta e perciò, gli dico: “Caro amico e fratello! Io vedo che tu hai fatto una scoperta e cioè che in certi casi favorevoli una giusta confessione può essere sensata. Se, però, quanto da te scoperto può venir devoluto a tuo favore, questa è tutta un'altra questione”.

               2.   Il priore dice: “Ho fatto sul serio una scoperta che nel caso più favorevole può giustificare una confessione sincerissima; se però questa scoperta può essere considerata a mio favore, questa è tutta un'altra questione. Io devo riconoscere in questo caso, altrettanto sinceramente come in tutto il resto, che questo punto, per quanto mi riguarda, è stato per me quasi sempre un conforto, specialmente con riferimento alla confessione.

               3.   Se, però, questo conforto era giusto od ingiusto, questa è appunto un'altra questione. Ed ecco qual era il punto: “La parabola dell'amministratore ingiusto”, che nella sua posizione si comporta quasi come un confessore con i suoi penitenti. Il Signore lodò l'amministratore ingiusto e disse perfino ai Suoi discepoli che anch'essi avrebbero dovuto procurarsi degli amici con dei beni ingiusti, affinché, quando il Signore avrebbe domandato al Suo amministratore la resa dei conti, costoro lo avessero potuto accogliere nelle loro dimore celesti.

               4.   Vedi, tutto questo è quanto ho potuto trovare in mio favore ed io penso pure che molti dei miei penitenti saranno stati accolti dal Signore e si troveranno nelle celeste dimore. Io ero certamente un amministratore infedele ed ho peccato contro il Bene della divina Parola ed ho speculato con questo inapprezzabile Bene a vantaggio del Grande Padrone di casa; Bene che io ho tramutato in un misero mammone.

               5.   Quanto spesso io ho rimesso, nel confessionale, le loro colpe ai più induriti debitori verso il Signore ed ho cancellato loro interamente il capitale principale e soltanto un piccolo capitale residuo l'ho lasciato ai debitori, quali peccati veniali, che potevano venir considerati come le macchie lasciate dai peccati grossi. E soltanto per queste macchie venne richiesta la necessaria purificazione della penitenza, senza contare che, per questa penitenza, si faceva ricorso a mezzi purificatori con i quali il debitore si poteva liberare facilmente e con poca fatica del suo cosiddetto peccato veniale.

               6.   Che la Chiesa abbia disposto arbitrariamente dei sistemi, ai quali non soltanto io, bensì ogni altro sacerdote, doveva attenersi rigidamente in simili casi di peccati veniali, io, come qualunque altro al mio posto, non potevo farci nulla. Qui tu hai tutto quello che posso dirti, la tua sapienza saprà giudicare meglio la cosa, che non la mia ragione”.

               7.   Ora parlo io: “Ora, caro amico e fratello, io ho udito la tua perorazione e ti dico che essa si adatta alla questione della confessione auricolare, però, come? Quest'è una cosa del tutto diversa, che ti comunicherò immediatamente.

               8.   Quando il confessore nel suo cuore è pieno di amore, egli approfitta, nel vero senso, dell'occasione che gli offre questo ministero, in modo tale che mostri al penitente quando e in che modo i peccati gli possono essere rimessi, però soltanto dal Signore, aggiungendo che la confessione, da per se stessa, senza l'osservanza dei consigli amichevoli e la loro piena applicazione, è completamente priva di significato. Mentre, in confronto, quando un peccatore crede di aver ottenuto con la semplice confessione la piena remissione dei suoi peccati, allora, in questo caso, la confessione lo rende ancora più incallito ed incorreggibile. E se il confessore, dopo averlo reso attento su ciò, dà al penitente, amichevolmente e pieno d'amore, il consiglio che egli deve procurare con ogni cura e serietà, attraverso la rinuncia a tutti i peccati fino allora commessi, di procedere senza più sviarsi sulle vie indicate dell'Evangelo - vie sulle quali soltanto si può giungere alla rinascita dello Spirito - e se il penitente dopo di ciò assicura il confessore che farà il possibile per seguire il suo consiglio e se il confessore, a tale evidente viva assicurazione, rimette al penitente, nel Nome del Signore, i peccati confessati, allora soltanto è un ‘giusto confessore’ e può in tal caso essere considerato ‘un ingiusto amministratore’.

               9.   A questo punto ti chiedi come sia mai possibile, in un tale caso, che un vero e giusto confessore sia ancora un infedele amministratore. Questo lo puoi dedurre in parte dalle circostanze da me già esposte, in seguito alle quali nessuno ha il diritto, fra due, creditore e debitore, di estinguere il debito, a meno che il terzo non intervenga spinto dall'amore e riconcili le parti in causa, sempre con il permesso dei due e non arbitrariamente per conto proprio. E se il debitore è impossibilitato, per povertà, a saldare il suo debito al creditore, allora, in questo caso, la terza persona dotata d'altruistico amore, può venire incontro ai due e saldare il debito.

             10.   Anche in questo caso l'ingiusta amministrazione, in un simile giusto confessore e alleviatore dell'umanità, si può vedere a meraviglia da quel testo della Scrittura, in cui il Signore dice ai Suoi apostoli e discepoli: «E quando avrete fatto tutto ciò che stava nelle vostre capacità e forze, dite e riconoscete che voi siete dei servitori inutili».

             11.   Suppongo che a questo riguardo non sarà più necessario ammaestrarti ancora più profondamente, poiché, se conservi ancora in te anche soltanto una scintilla di fede viva nell'Evangelo, quanto ti ho detto deve essere per te pienamente convincente quale un’eterna incontestabile verità. Ora nel tuo animo dici: «Oramai ciò mi è fin troppo chiaro; però cosa succederà adesso con me e con noi tutti, dato che tutti quanti siamo qui, siamo ben lungi dal poter essere appena considerati degli “amministratori ingiusti”, dato che non ci siamo mai trattenuti nel confessionale, con questo vero significato». (Parla Marco): “Io però ti dico che la via è già aperta e ti verrà ben presto offerta l'occasione di fare qui, nel Regno dell'Immortalità, la parte di un ingiusto amministratore di specie migliore di quella fatta da te sulla Terra, in cui ti mancavano completamente Luce, Fede e Amore.

             12.   Guarda, dietro di noi, l'intero seguito dei laici ingannati, guarda il gran numero dei laici di questo Paradiso e infine guarda la considerevole massa dei “dormienti nell'anima”, in questo chiostro della vostra falsa fondazione. Va’ da loro e predica il vero Evangelo e poi portali tutti qui, e tu con ciò farai il primo passo per diventare, nel Regno di Dio, un vero “amministratore ingiusto”.

             13.   Il priore dice: “Oh tu, divino amico e fratello! Sarebbe, dunque, ancora possibile che io potessi sottrarmi all'Inferno?”.

             14.   Io gli dico: “Ma caro amico, chi ti ha mai condannato all'Inferno? Pensi che i messaggeri dell'eterno Amore facciano ciò? Se tu non ti condanni da te stesso, con il tuo sentire ostinato e se tu, come io vedo, non senti in te amore per il Signore, dov'è colui che ha, al di sopra di tutto ciò, il potere di condannarti all'Inferno? Credi, forse, che il Signore invii i Suoi messaggeri per condannare e mandare i peccatori all'Inferno, come facevate voi sulla Terra? Tu sei in grande errore!

             15.   Se il Signore invia dei messaggeri, questo lo fa con il solo scopo di redenzione e mai per la condanna e la dannazione. Piuttosto procura che il tuo amore per il Signore divampi luminoso e recati con tale Amore dai tuoi fratelli e conducili qui, fuori dal loro carcere ed appena allora comprenderai come il Signore giudica i Suoi figlioli.

             16.   Credimi, anche all'Inferno il Signore è puramente l'Amore e non si trova neppure uno spirito maligno, soltanto che lo voglia, che non possa essere giustificato e accolto come un figliol prodigo che ritorna dal Padre! Dunque, se questo è il caso generalmente noto e infallibile, così pure tu, illuminato dal tuo Amore per il Signore, potrai concludere che la Sua Onnipotenza non ti ha creato per l'Inferno. Dunque, ora va’ e fa’ quello che ti ho detto, affinché ben presto giunga per te una vera soluzione!”.

 

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Cap. 87

* * * * *

Della differenza tra la vera e la falsa applicazione della confessione

 

               1.   Ed ecco, ora il priore va a prendere coloro che abbiamo lasciato poco fa al di là del baratro fiammeggiante. Voi chiedete se, al di sopra del baratro, è stato già costruito un ponte, affinché i dormienti lo possano valicare. Io vi dico che a questo riguardo non è avvenuto ancora niente, poiché i nostri dormienti nell'anima, dopo che ci siamo allontanati, hanno incominciato a commiserarsi, ciò che per l'uomo, spiritualmente, porta con sé un effetto oltremodo deleterio.

               2.   Nell'autocommiserazione l'uomo giustifica se stesso, mentre attribuisce ogni colpa ad altri e si presenta quale un uomo innocente e perciò meritevole di ogni compassione. Dato che, come già osservato, questo è il caso con i nostri dormienti, non vi può essere un ponte da adattare sopra il baratro, attraverso il quale potrebbero giungere qui da noi. Però questo serve anche per il nostro priore, quale una prova e verrà dimostrato quale effetto farà su di lui lo stato dubbioso di questa fratellanza con i dormienti.

               3.   Voi vorreste essere testimoni del suo modo di agire; io però vi dico che non è necessario per il momento, infatti, lo rivedremo quanto prima, dato che ritornerà senza aver concluso nulla. Noi invece, nel frattempo, ci rivolgeremo piuttosto ad un altro monaco, per vedere quale effetto ha avuto su di lui il modo in cui ci siamo lavorati il priore.

               4.   Non abbiamo nessuna necessità di dirgli: “Vieni qui e rivelati a noi”, poiché egli stesso si sente spinto ad avvicinarsi, proprio a questo scopo e proprio ora mi rivolge la seguente domanda: “Oh buon amico e fratello, io ho ascoltato il tuo insegnamento sulla confessione dal principio alla fine, con la più grande attenzione e intimo apprezzamento, e ne ho dedotto che, purtroppo, questa funzione capitale, nella Chiesa cattolica, è per lo più un deplorevole abuso della divina Parola, così che non si può realmente ribattere e confutare nulla alla pura verità da te esposta. Malgrado ciò, questa funzione continua ad esistere e continuerà per secoli.

               5.   Dunque, se questa funzione è di così grande svantaggio, tanto per il confessore quanto per il penitente, dato che si riferisce ed ingerisce nella vita dello Spirito, si deve, in piena coscienza, chiedere perché il saggissimo ed onnipotente Signore e Dio del Cielo e della Terra tollera un tale orrore proprio sulla Sua vigna?

               6.   Oltre a ciò devo riconoscere che, proprio per mezzo della confessione, parecchi uomini sulla Terra erano, in modo alquanto evidente, dei veri prediletti del Signore ed Egli stesso si è manifestato loro corporalmente parecchie volte, e da quanto mi rammento, Egli non si è mai espresso negativamente su questa funzione.

               7.   Al contrario, so di parecchi casi in cui, appunto, con tale mezzo il Signore ha comunicato agli uomini, con il tramite di tali prediletti, che avrebbero dovuto dare vera penitenza per la remissione dei loro peccati, dopo averli confessati con profondo pentimento. Io so anche di molti casi, in cui degli uomini, che avevano preso profondamente a cuore questo consiglio, dopo una tale confessione compiuta in spirito, con piena serietà, sono completamente rinati e dopo di allora, sono rimasti dei veri amici del Signore, degni della massima considerazione.

               8.   Se, invece, con questa funzione, le cose stanno come tu hai insegnato a noi tutti poco fa, ti devo confessare che il governo del genere umano sulla Terra, da parte del Signore, è per me un insolubile enigma. Da quanto posso ricordare, la confessione funziona, comunque, in modo che il peccatore, soltanto dopo aver eseguito la penitenza, riceve la remissione dei suoi peccati, sempreché si dichiari pentito, con il più serio proposito di non commetterli più nel futuro.

               9.   Se questa condizione non viene adempiuta da parte del penitente, allora dal pergamo viene reso noto il più spesso possibile e soprattutto nei periodi precedenti la confessione che nessuno, come già detto, può ricevere l'assoluzione dai suoi peccati senza che le condizioni siano state adempiute completamente.

             10.   Sia dal pulpito che dal confessionale viene predicato e insegnato con cura che il Signore non può rimettere a nessuno un peccato se il penitente non si è prima riconciliato con tutti i suoi debitori dal più profondo del suo cuore. Se con questa funzione viene compiuto forse un eccesso piuttosto grave, nonostante sia contemplato nella regola generale ecclesiastica che proprio questa funzione sia mantenuta in tale senso puro, un abuso non può venir messo a carico della comunità.

             11.   Riguardo a questa questione non voglio neppure toccare il tasto se la Chiesa ha compreso rettamente o no quanto dal Signore richiesto con i noti testi. Però è cosa certa che il Signore non deve considerare tale funzione proprio completamente ingiusta, almeno per la Terra, anzitutto perché l'ha lasciata germogliare e in secondo luogo perché tollera ancor sempre, nella Sua vigna, l'albero cresciuto da tale germoglio, albero che gli porta, com'è noto, sempre un ricco raccolto.

             12.   Dato che è cosa certa che, qualora uno si senta ammalato, ricorra dal medico ad indicargli dove egli si senta male, affinché il medico ne riconosca la causa ed offra al malato un efficace mezzo risanatore. Dunque, se nessuno può riconoscere ciò come ingiusto dal punto di vista umano, dato che si potrebbe anche dire: «Soltanto all'Onnipotente è possibile guarire tutte le malattie, se il sofferente, nella fiducia viva nel Signore, fa uso dei mezzi fornitigli dal medico esperto, come se fossero benedetti da Dio».

             13.   Ora non vedo il perché ciò non debba valere per l'anima malata dell'uomo. Se, sulla Terra, dei veri medici non devono essere considerati superflui a fianco dell'Amore e dell'Onnipotenza Divini, per quale ragione, poi, dovrebbero venir considerati superflui dei medici aggiunti spirituali, a fianco dell'Amore e della Misericordia Divini? Oltre a ciò, agli uomini è stato suggerito dal Signore di essere attivi nell'Amore.

             14.   Dunque, se non può venir certamente considerato come sbagliato vestire gli ignudi, saziare gli affamati, dissetare gli assetati, consolare gli afflitti, liberare i prigionieri e così via e il Signore stesso, nell'esempio dato per dimostrare chi veramente sia il nostro prossimo, ha mandato aiuto al ferito, a mezzo del Samaritano. Come potrebbero essere un obbrobrio opere spirituali della Misericordia e dell'Amore del Signore, da parte dei Suoi medici spirituali, alla loro maniera, cioè in conformità alla loro natura? E se anche tali opere non sono rette come dovrebbero essere, cioè perfettamente corrispondenti a questo purissimo Regno della Verità; che cosa possiamo farci noi, tardivi servi successori di questa principale regola ecclesiastica, se ne abbiamo fatto uso, così come essa attualmente risponde, per la remissione dei peccati e il miglioramento degli uomini?

             15.   Però io ritengo che un obbrobrio assoluto il Signore lo avrebbe già da lungo tempo estirpato sulla Terra, dato che sicuramente ciò non continua a sussistere in senso assolutamente negativo. Sarebbe mio desiderio, come già accennato dal principio, ricevere da te, a tale riguardo, una chiara delucidazione”.

             16.   Ora parlo io: “Amico e fratello mio, la tua domanda è molto significativa ed importante, più di quanto tu possa immaginare e per poterla illustrare come si conviene è necessaria una tale luce che ora non saresti in grado di sopportare. Per il momento voglio soltanto dirti che il governo delle anime da parte del Signore è molto più meraviglioso e straordinario di quanto saresti in grado di afferrare, anche soltanto in minima parte, per delle eternità.

             17.   Vedi, dal punto di vista del Signore non c'è in nessun luogo una via sbagliata e ognuna è dal Signore molto bene conosciuta ed ognuna è collegata a Lui, come un legame della Vita. Tuttavia tu saprai almeno fare una distinzione fra una via diritta ed una via curva?

             18.   Che il Signore si trovi a Suo agio anche su una via curva, però, questo è sicuramente fuori da ogni dubbio. Che d'altra parte un uomo, su una via curva, non arrivi tanto presto alla meta, sarà comprensibile e fuori d'ogni dubbio. Soltanto risulterà altrettanto chiaro che per il Signore non può essere la stessa cosa se qualcuno segue la via curva al posto della retta, per arrivare a Lui.

             19.   A questo punto, nel tuo intimo tu dici: «Ciò è del tutto giusto», ma, nonostante ciò, non scorgi come la confessione possa adattarsi a questo esempio, poiché la consideri ugualmente una via brevissima. Io ti dico: “Non è affatto il caso di mettere in dubbio che tale funzione, non di rado, per alcuni uomini, è stata la via più corta; come, però?”. Perché il Signore, ad un tale uomo che pensava seriamente a migliorare la sua vita, venne incontro e lo guidò poi Egli stesso sulla via diritta e più breve. Questa, però, non è ancora una buona ragione per approvare questa funzione. Ci sono anche migliaia e migliaia di pagani a cui il Signore va incontro nello stesso modo e li guida sulla retta via a Suo modo. Questa è una libera misericordia del Signore. Poiché il Signore ha misericordia di tali pagani, si dovrebbe perciò difendere la causa del paganesimo?

             20.   Comunque, io ho già indicato, nel corso del mio ammaestramento, come dovrebbe procedere una confessione, per poter essere considerata dal Signore quale giusta e perfino raccomandabile. Io ho indicato l'amministratore infedele, nel quale il Signore, prevedendola, approvava, unicamente e solamente l’esistente confessione cattolica. Se, perciò, il confessore è simile all'amministratore ingiusto e fa la sua parte solo in questo senso unicamente vero e approvabile, allora la confessione è anche evangelica, dunque un ramo congiunto al vero albero della Vita. Se, invece, è soltanto un arbitrario giudizio pretesco, allora essa è un ramo staccato dall'Albero della Vita, il quale non può portare alcun frutto.

             21.   Che da parte della Comunità cattolica, sotto il governo del vescovo romano, essa abbia portato molti frutti graditi al Signore e che questa funzione sia, non di rado, una buona prova d'umiltà per gli uomini, noi lo sappiamo molto meglio di te, poiché, se questo non fosse il caso, tu puoi essere sicuro che il Signore sa sempre come ovviare ad un eccessivo disordine, come Egli ha fatto ai tempi delle diverse riforme ecclesiastiche, dato che proprio allora questa funzione aveva raggiunto il grado più insensato della degenerazione. Però, da tutto ciò non emerge ancora una completa approvazione per questo Regno della Pura Verità.

             22.   Quando il confessore dice che non lui, bensì soltanto il Signore, può rimettere i peccati e che lui si considera solamente un amorevole strumento, il quale nella confessione o dal pergamo indica, a chi è angustiato nello spirito, la pura Via verso il Signore, allora egli è un confessore giusto, cioè è come tale un vero filantropo colmo d'Amore, al quale sta a cuore soprattutto il bene dei suoi fratelli. Invece, quando egli dice: “A me è stato conferito il potere di rimettere o ritenere i tuoi peccati e dipende da me mandarti all'Inferno o in Cielo”, allora usurpa il Potere divino e rende Dio superfluo a suo fratello, lacera con ciò il legame fra Dio e l'uomo e di questo fa o un disperato spregiatore di tutto ciò che è divino o, spesso, un maledetto scellerato, il quale con il tempo si pone al di sopra di tutto”.

             23.   Ed alla fine non ha più nessun ritegno a commettere tutte le possibili atrocità, senza sentirsi minimamente rimordere la coscienza. Oppure egli fa dell'uomo o un apatico indifferente o un dormiente, che dopo la confessione si sente la coscienza tranquilla, ma che, in effetti, non è affatto diverso da quello che era prima, mentre egli crede di aver vuotato il sacco dei suoi peccati durante la confessione. E, infine, questa condizione fittizia lo porta nuovamente a peccare, in modo che, quale abitudinario penitente, potrà alla prossima confessione vuotare nuovamente il sacco.

             24.   Dunque, se, come detto, le cose stanno proprio così, dimmi se è il caso di approvare la “confessione auricolare”. Ciò, tu lo neghi nell'intimo tuo. Perciò, ti dico ancora questo: che la tua prima domanda deve considerarsi definitivamente superflua, per lo meno per il momento attuale. Mentre alla seconda ti è stato risposto con quanto detto ed esposto ora”. Quello che seguirà, però, vi illuminerà appena a questo riguardo molto di più.

 

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Cap. 88

* * * * *

Il priore in difficoltà davanti al baratro

Del vero ponte della liberazione. Dalla morte alla vita

 

               1.   E ora guardate là, il nostro priore sta venendo con una faccia disperata e con un nulla di fatto. Uscendo dal chiostro, si avvicina a noi con l'animo pieno di dubbi angosciosi. Egli non mancherà di dare subito inizio alla sua relazione; fate perciò attenzione, dato che quello che dirà, vi offrirà la possibilità di fare un considerevole passo verso una più profonda conoscenza dell'operosità divina delle anime.

               2.   Il priore è già qui ed incomincia a parlare. Ascoltiamolo: “Oh amico e fratello! Come stiano effettivamente le cose, prima con la tua e ora anche con la mia missione, il Signore lo saprà meglio di tutti, io però non ne capisco nulla. Infatti, secondo la tua indicazione, andai là dai nostri fratelli, animicamente addormentati e volevo appunto condurli qui, secondo il tuo invito, però dovetti accorgermi che qualcosa di spaventoso ci separava!

               3.   Vedi, fra me e loro, che urlavano e si lamentavano, c'era una grande voragine, dalla quale salivano delle vivide fiamme. Dietro queste fiamme c’erano i miei fratelli, che continuamente si affaticavano, per trovare il modo di venire al di qua, ma inutilmente. Io procurai di porre, al di sopra della voragine, degli oggetti, così da formare un ponte di fortuna, ma tutto quello che vi ponevo, diveniva immediatamente preda delle fiamme e consumato in un batter d'occhio.

               4.   Dato, però, che, malgrado tutti i miei sforzi e la mia migliore buona volontà, non ho potuto dar corso alle tue istruzioni, allora pensai che neanche Iddio stesso può pretendere l'impossibile da nessuno e perciò neppure un messaggero da lui inviato lo può. Infatti, il costruire su un tale abisso un ponte, che potesse resistere a tale simile elemento, era per me semplicemente impossibile.

               5.   Perciò, costretto dalla necessità, sono qui di ritorno con un nulla di fatto, tale e quale come sono stato mandato ed ho pensato fra me o di non aver ben compreso il tuo incarico oppure che, proprio con questo incarico, hai voluto offrirmi una prova evidente, dalla quale potessi scorgere quanto infinitamente inetto e disadatto sono per il Regno di Dio. Sia come si voglia, ho pensato pure che un'ulteriore delucidazione, da parte tua, sarebbe qui proprio al giusto posto. Perciò sono ritornato e ti sto comunicando come stanno le cose. Tu, però, puoi fare quello che vuoi, poiché scorgo chiaramente che noi tutti non siamo nella possibilità di opporci a te e se anche tu non fossi un messaggero dell'Alto, tuttavia la nostra misera forza dovrebbe lasciarsi soggiogare dalla tua, perché non potrebbe minimamente opporvisi.

               6.   Inoltre, ti devo confessare che, alla vista delle grandi sofferenze dei miei fratelli, ho incominciato a dubitare della tua divina missione, tuttavia ho poi pensato che si deve attendere la fine e soltanto poi giudicare. Perciò attendo qui la promessa soluzione, dopo di che formulerò in me un giudizio, dal quale mi possa risultare chiaro in quali mani mi trovo”.

               7.   Ora parlo io: “A me sembra realmente strano che tu non abbia potuto costruire un ponte sopra una voragine infuocata, dal momento che il capo supremo della Chiesa si fregia del titolo molto significativo di “Pontifex maximus”, in seguito a che tutti i sacerdoti che stanno sotto il suo scettro sono sicuramente dei “pontefices minores”. Infatti, tu, quale uno di tali “pontefices minores”, hai celebrato, durante la tua esistenza terrena, un gran numero di messe a pro delle anime, ed eri dell'opinione, così facendo, di edificare dei ponti, attraverso i quali le anime dei defunti potessero passare dal Purgatorio in Paradiso; com'è allora che non sei capace ora di costruire neppure un piccolo e insignificante ponte, per attraversare quella misera e stretta voragine?”.

               8.   Il priore dice: “Caro amico e fratello, si fa già un po' di chiaro in me, se non erro, con questo tuo incarico, hai voluto prendermi un po' in giro, affinché potessi scorgere come stanno le cose nella loro realtà, specialmente con le nostre “messe per i defunti”, come pure con tutte le altre funzioni mortuarie, naturalmente sempre a pagamento”.

               9.   Ora parlo io: “Certo, caro amico e fratello, questa volta l'hai azzeccata giusta; sai qual è l'unico mezzo di redenzione e con ciò anche l'unico ponte dalla morte alla Vita? Tu mi fai cenno di non scorgerlo chiaramente; io pure ti dirò: «Rivolgi il tuo sguardo al Signore!». Cosa credi che abbia spinto il Signore a redimere il genere umano ‘caduto’ della Terra, e in tal modo costruire ad ogni suo singolo abitante, un ponte che va dalla morte alla Vita e che avrebbe resistito per l'eternità? Ebbene, io ti dico: «Non era che il Suo eterno, divino, misericordioso Amore Paterno!». Ora tu me lo confermi; io però aggiungo ancora qualcosa:

             10.   «Se un re sulla Terra avesse dei prigionieri e ci fosse qualcuno che volesse aiutarli, come gli sarebbe possibile, dato che questi sono custoditi in una fortezza inespugnabile, della quale nessuno ha la chiave, all'infuori del re? Quest'uomo, però, che è molto preoccupato per la sorte dei prigionieri, ha appreso che il re è accessibile soltanto ad una grande dimostrazione d'umiltà dinanzi a lui e poi ad un grande amore che superi ogni altro sentimento».

             11.   Ora che sappiamo ciò, io ti domando: «Come si regolerà quest'uomo, per ottenere una via d'uscita dalla cattività per i prigionieri?». Ecco io te lo dico: «Egli procura, come prima cosa, attraverso il suo amore per i prigionieri, di destare in sé un desiderio ansioso di saperli liberi. Vedi, questa è la prima testa di ponte. Dopo questo lavoro preliminare, egli rifletterà che il re, essendo accessibile soltanto con l'umiltà e l'amore, dev'essere un monarca nobile, buono e giusto, allora, giunto a questa considerazione, metterà insieme tutta la sua umiltà e tutto il suo amore, per così dire, concentrandoli, e li esporrà al re quale offerta. Vedi, fatto questo, egli ha completato anche la seconda testa di ponte.

             12.   Dato, però, che lo straordinariamente nobile, buono ed equo re accetterà con molto compiacimento una tale offerta, contraccambierà il nostro costruttore di ponti con un Amore molto più grande di quello che gli era stato offerto. Ora risulterà chiaro che l'Amore del re si fonderà con l'amore del costruttore di ponti, ad un unico e solo scopo, così che il ponte sul fossato della fortezza sarà costruito e il re stesso verrà ad aprire il portone della fortezza e libererà tutti i prigionieri, conducendoli fuori dell'ignominia, per recarsi poi nel paese della pace e della magnificenza!».

             13.   Dunque, ora che abbiamo aggiunto questa parabola, ti risulterà chiaro di quale materiale bisogna servirsi e come un simile ponte deve essere costruito, così che non possa essere distrutto dal fuoco dell'egoismo e dall'amore di se stesso, dall'invidia e dalla discordia”. Tu ora dici: “Sì, io riconosco che si tratta veramente dell'Amore del prossimo, congiuntamente all'Amore verso Dio”.

             14.   “Bene - dico io - ritorna là, dunque, e costruisci con questo materiale un ponte, e puoi essere certo che tale parte diverrà una roccia indistruttibile, tale da affrontare qualsiasi potenza infernale e così essa sarà pure la vera chiave con la quale tu, come pure ognuno di voi, potrai aprire qualsiasi genere o tipo di prigione e potrai in seguito anche dischiudere le porte dei Cieli.

             15.   Tu, nella tua vita terrena, hai celebrato molte messe e così pure altre funzioni religiose per il bene degli uomini morti, ma hai costruito dappertutto sulla sabbia, e il materiale stesso che adoperavi per costruire non era nient'altro che sabbia, poiché in tutte queste funzioni non avevi come base l'amore, bensì soltanto le entrate ecclesiastiche.

             16.   Che cosa di utile è risultato da tutto ciò per i tuoi fratelli? Hai potuto persuadertene da te, poiché i tuoi tentativi materiali di costruire un ponte corrispondevano alle tue funzioni ecclesiastiche. Ora però ritorna là e costruisci un ponte sulla vivente roccia di Pietro, che è l'Amore e la sua luce vivente e puoi essere certo che constaterai che il risultato sarà ben diverso da quello di prima.

             17.   Però devi credere che non tu, bensì soltanto l'unico assoluto Re, può liberare i prigionieri e così anche avverrà, se tu, alla luce del tuo amore, credi vivamente. Dunque, ora va’ di nuovo, nel Nome del Signore. Amen!”.

 

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Cap. 89

* * * * *

La preghiera vivente del priore e il suo effetto

 

               1.   Ed ecco, il priore si avvia già di nuovo verso il chiostro, dove si trovano i dormienti nell'anima. Questa volta, però, devo anch'io mantenere la parola loro data, perciò seguiamo il priore, anche affinché possiate assistere a ciò che succederà. Come vedete, noi siamo già sul posto, facciamo perciò attenzione a quanto il priore si accinge a fare, però di nascosto, affinché non ci vedano. Egli si trova vicino alla voragine e incomincia il suo discorso.

               2.   Fate dunque attenzione poiché il priore dice: “Cari fratelli! Voi sapete che quello che ci ha sempre divisi nel nostro convento, non era altro, dunque, che una diversità di vedute e di opinioni sullo stato dell'anima dopo la morte del corpo. Voi sostenevate che l'anima doveva restare semicosciente, in un inattivo stato di sonnolenza, fino al giorno del Giudizio e vi riferivate, per sostenere questa vostra opinione, ai veri maestri della Chiesa. Noi, che attualmente siamo fuori del chiostro, eravamo contrari a tale vostra opinione e vi dimostravamo che, se effettivamente l'anima dopo la morte del corpo si trova in un tale stato di sonno appena cosciente ed è perciò completamente inattiva, allora tutte le funzioni religiose che celebriamo per il suo bene, non sono altro che una illusione ed un inganno, poiché, considerato un tale stato dell'anima, né un Purgatorio né un grado qualsiasi dell'Inferno sono ammissibili.

               3.   Malgrado questa prova contraria, voi avete insistito con grande veemenza sulla vostra opinione, così che fra voi e noi c'era sempre una segreta voragine ardente, fuori dalla quale divampavano, distruttrici, delle alte fiamme, ogni qualvolta tentavamo di costruire un ponte, affinché ci unisse. Quello che nel mondo si manifesta come una opinione morale, qui si verifica nella visibile realtà.

               4.   Ora, però, devo rendervi noto qualcosa d'altro. Voi sapete, altrettanto bene quanto noi, dell'arrivo qui di un potente messaggero, venuto a noi per liberarci tutti dal nostro vecchio errore. Questo messaggero mi ha dimostrato luminosamente quanto falsi e stolti siano i nostri concetti su ogni cosa, mi ha indicato una nuova via e questa via non consiste in altro se non solo nell'Amore per il Signore Gesù Cristo, che è l'Unico Dio di tutti i Cieli e di tutti i monti e che ha detto di Se stesso che Egli e il Padre sono Uno e chi vede Lui, vede il Padre! E il Signore ha ancora detto: «Chi ascolta la Sua Parola e vive in conformità ad Essa, ha l'eterna Vita in sé e colui che crede che Egli è l'Unigenito Figlio di Dio non assaporerà mai in eterno la morte!».

               5.   Questa, dunque, è la via, una via del tutto nuova, che il messaggero ci ha indicato, perciò, se noi seguiamo questa via, la percorriamo e su di essa noi ci riuniamo, quali veri fratelli nell'Unico Signore Gesù Cristo, allora su questa voragine, che c'è fra voi e noi, si formerà un solido ponte, per mezzo del quale noi tutti potremmo raggiungere sani e salvi il Regno della divina Misericordia dell'Unico Signore Gesù Cristo.

               6.   Perciò cercate di riconoscere voi stessi! Gettate via da voi la vostra stolta veste dell'illusione e della sonnolenza e rivolgetevi insieme a me, all'Unico Signore Gesù Cristo, allora Egli, a Cui nessuna circostanza in tutta l'infinità e l'eternità è ignota, nel Suo infinito Amore avrà misericordia di noi e costruirà senza indugio, sopra questa voragine, un solido ponte, sul quale voi potrete transitare sani e salvi. Le fiamme nel profondo dell'abisso si spegneranno subito, non appena voi, con me e con tutti gli altri fratelli, diventerete “uno” nella fede e nell'Amore dell'Unico Signore e Padre Gesù Cristo”.

               7.   Con ciò il priore ha terminato il suo dire ed uno di coloro che si trovano al di là della voragine, gli ribatte: “Buon amico e fratello nostro! Il tuo discorso è lodevole e pieno di buon senso, però, tutto ciò, a che cosa può esserci utile, dal momento che tu devi sapere che nessun uomo, dopo la morte del corpo, può fare qualcosa di meritorio per la Vita eterna? E perciò qui, tutta la fede e tutto l'Amore non sono altro che inutili pensieri dello spirito. Perciò possiamo già assicurarti in anticipo che, a noi tutti, la tua intenzione, buona per se stessa, in questo caso darà ben pochi frutti”.

               8.   Ora parla di nuovo il priore: “Oh cari amici e fratelli, nel vostro supposto merito per il conseguimento della Vita eterna, sta appunto la maggiore e la più deleteria difficoltà per la vostra e la nostra salvezza. Il Signore non ha detto ai Suoi apostoli e discepoli, come il messaggero mi ha chiaramente indicato: «Quando voi avete fatto tutto, allora dite: noi siamo stati dei servitori inutili»?

               9.   Lasciamo da parte anche questo testo; ditemi voi, cari fratelli, che cosa di meritevole può fare l'impotente creatura di fronte all'Onnipotente Iddio? Chi di voi ha creato un filo d'erba o anche semplicemente un acaro delle foglie, con la forza che avrebbe voluto essere operante, con il suo proprio merito? Chi di voi era vicino al Signore, anche soltanto quale il più umile allungamano, durante la creazione di tutti i mondi e di tutti i Cieli? In che cosa abbiamo contribuito alla grande Opera della Redenzione, così da poter poi dire: «Noi abbiamo prestato utilmente il nostro aiuto a Dio l'Onnipotente!». Che cosa abbiamo fatto noi, prima di ricevere dal Signore la prima vita? Quale utilità può procurare ai suoi genitori un debole bambino, così da poter poi dire loro: “Datemi la mia parte di utile?”.

             10.   Vedete, non soltanto siamo sempre stati dei servitori completamente inutili dinanzi al Signore, bensì, pur essendo dei veri e propri infingardi, ci illudevamo di avere fatto di fronte al Signore qualcosa di meritevole. Oh, cari fratelli, quanto ci siamo allontanati dalla meta dell'eterna Verità, con una simile illusione! Se invece avessimo creduto ed accettato nel mondo quello che noi abbiamo accettato qui, allora andrebbe per noi molto meglio di come è stato il caso fino al momento presente.

             11.   Dato, però, che noi non possiamo più trasferirci nel mondano-materiale, allora, in questo nostro presente spirituale, questo è per noi proprio il momento giusto - che qui però si chiama eternità - di renderci conto di questa grande illusione e di riconoscere dinanzi al Signore, nel nostro intimo, questa massima colpa, pieni d'umiltà e di pentimento, in seguito alla quale siamo rimasti tanto a lungo nell'inganno di aver compiuto, dinanzi a Dio, qualcosa di meritorio per il bene della nostra anima.

             12.   Fratelli! Battiamoci il petto e diciamo una buona volta, in modo vivo: «Oh Signore, tutto ciò è stato esclusivamente nostra colpa e perciò non cesseremo mai, o Amore Santo, di essere Tuoi eterni debitori!». Fratelli ed amici cari, io sono persuaso che se sentirete ciò in voi, in modo vivo, così come io lo sento in me molto chiaramente, voi passerete sicuramente in uno stato del tutto diverso e ciò attraverso un ponte, del quale noi tutti finora non abbiamo la minima idea.

             13.   Parlate pure, dunque, fuori dal vostro cuore, insieme a me e poi dite ad alta voce: «Oh Tu, Onnipotente Santo Amore, Tu, misericordiosissimo Signore e Padre Gesù Cristo! Noi riconosciamo il nostro grande peccato, dinanzi a Te, noi dichiariamo qui che siamo inutili, ma perfino dei servitori pessimi e riconosciamo pure che tutto il supposto merito, da parte nostra, dinanzi a Te, o Padre Santo, non poteva essere che un orrore. Tuttavia Ti preghiamo qui, nel nostro massimo bisogno, affinché Tu voglia esserci benigno e misericordioso! Fa’ sì che possiamo diventare qui dei veri fratelli che possano sempre amarsi, per la Tua Grazia e la Tua Misericordia e dare a Te, in qualunque situazione, ogni lode, ogni onore ed ogni merito! E noi Ti preghiamo ancora, dal profondo del nostro cuore, affinché Tu, o Padre Santo, voglia accordarci la suprema Grazia che a noi, massimi peccatori dinanzi a Te, sia concesso tuttavia di Amare Te, o eterno Amore, con tutte le nostre forze».

             14.   Oh fratelli, dite ciò, in modo vivente ed in conclusione aggiungete: «Oh Padre, quello che abbiamo pregato, l'abbiamo fatto secondo la nostra volontà. Però noi chiediamo che Tu non abbia ad essere misericordioso verso di noi, secondo la nostra volontà, poiché soltanto la Tua Volontà è Santa e perciò avvenga solamente la Tua, e non la nostra volontà!».

             15.   Vedete, questo discorso del priore ha mutato completamente il sentire dei nostri dormienti nell'anima, perciò si spogliano delle loro vesti e stanno ora nudi, dinanzi a noi. Ora, però, guardate verso la parte del refettorio; sta entrando un uomo molto semplice. Sapete Chi è questo Uomo? Voi dovreste già saperlo: Egli è Colui al Quale il priore si è rivolto! Ora però avrà inizio la scena principale, perciò potete attendervi con ragione delle cose grandiose.

 

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Cap. 90

* * * * *

L'uomo semplice. Autoconfessione del priore

 

               1.   Guardate, quest'Uomo semplice sta andando verso il priore; questi ora Lo scopre e Gli va incontro, rivolgendoGli subito la seguente domanda: “Caro amico e fratello, sii le mille volte il benvenuto e accetta il mio saluto! Mi sembri ancora un estraneo e non posso proprio rammentarmi di averti già visto fra la mia compagnia. Però, io sono stato un buon conoscitore di uomini, già sulla Terra ed una parte, per quanto molto piccola di questa capacità, l'ho portata qui e ciò naturalmente per la quanto mai immeritata Grazia e Misericordia del Signore, così che io riconosco, tuttavia, che Tu devi essere un Uomo di sentire molto nobile, ragione per cui voglio anche sottoporti, senza indugio, una mia necessità.

               2.   Tutti quanti noi che siamo qui, sulla Terra appartenevamo al clero, però, comunque andavano le cose nel mondo, dinanzi al Signore noi eravamo tutto, meno che dei veri sacerdoti. Noi facevamo, macchinalmente, le cerimonie che ci erano prescritte e che avrebbero dovuto essere servizi divini. Però, quanto poco di “servizio di Dio” c'era in essi, ci venne dimostrato poco fa, in modo evidente, da un messaggero inviatoci dal Signore. In breve, noi eravamo fino ad ora e per la maggior parte lo siamo ancora, prigionieri dei nostri propri errori, che avevano la loro origine in ogni possibile falsità e dai quali non ci saremmo mai potuti liberare da noi stessi, se il Signore, nel Suo Infinito Amore, non avesse avuto misericordia della nostra sconfinata povertà.

               3.   Al di là di questa voragine puoi vedere quella parte della mia confraternita che è ancora esposta a grande pericolo. Il messo del Signore mi ha inviato qui, appunto allo scopo di portare fuori da questa prigionia i miei poveri fratelli. Io ho già fatto tutto il possibile, per raggiungere questo risultato ricco di benedizioni, tuttavia sopra questo abisso non vuole farsi vedere un passaggio. Io conosco benissimo qual è stato l'incarico datomi dal messaggero del Signore e sono persuaso, nel mio più profondo sentire, che se mi venisse offerta una possibilità, aiuterei con tutto il cuore questi miei poveri fratelli.

               4.   Veramente il messaggero del Signore mi ha rimandato, per il disbrigo di questo incarico, al solo aiuto del Signore. Oh caro amico, io sono bensì convinto, fin nelle mie più profonde fibre vitali, che il Signore può aiutare questi fratelli, come pure me, meglio di qualsiasi altro in tutta l’infinità, però so pure che sono troppo indegno di un tale aiuto da parte del Signore. Dunque, se tu volessi e potessi essermi d'aiuto, per salvare questi poveretti sono certo che lo faresti, quale un'opera buona e se ci riuscisse, nel Nome del Signore, di portarli oltre questa spaventosa voragine, allora io mi getterei, per la prima volta, in Spirito e Verità, dinanzi al Signore nella polvere della mia nullità e direi:

               5.   «Oh Signore, oh Tu, il Padre più benigno e migliore, io Ti ringrazio per questa Grazia incommensurabile da Te elargitami, di poter ora scorgere e dire dal profondo del mio cuore: ‘Oh Signore, io non ho fatto nulla, bensì Tu soltanto hai fatto tutto, mentre io non sono che il peggiore e più inutile dei servitori’»”.

               6.   L'Uomo semplice risponde: “Bene, Mio caro amico e fratello, Io ti ho compreso a fondo; che cosa però dobbiamo fare? Dobbiamo, forse, porre sulla voragine delle travi o altro materiale?”.

               7.   Il priore dice: “Oh caro amico e fratello, un tale tentativo l'ho già fatto io, ma quel fuoco rabbioso laggiù distrugge immediatamente tutto, poiché, guarda un po' lì abbasso, c'è di che spaventarsi alla vista dell'enorme quantità di brace e di fiamme che vi infuriano. Io, da parte mia, non mi fido nemmeno di avvicinarmi”.

               8.   L'uomo dice: “Bene, Mio caro amico, voglio andarci Io e vedere a che punto è il fuoco. Guarda, Io sono vicino alla voragine e devo dichiararti apertamente che, ad eccezione di qualche scintilla, non c'è più traccia di fuoco”.

               9.   E il priore si reca pure lui sull'orlo della voragine, quando poi guarda dentro, allora, alza le mani e grida verso i fratelli che si trovano dalla parte opposta: “Oh fratelli, avvicinatevi alla voragine e persuadetevi da voi stessi di quanto infinitamente benigno e misericordioso è il Signore! Soltanto alcune scintille ancora si scorgono sul fondo, prostratevi e ringraziate l'Unico Signore! Egli solo ha soffocato questo fuoco spaventoso. Però affrontate ora anche voi queste rimanenti scintille con le lacrime del vostro pentimento e con il vostro ringraziamento, il più sentito possibile, a Lui, il Santo, Onnipotente Aiutante di ogni necessità e siate persuasi e più che sicuri che se il Buono, Santo, Amorosissimo Padre ha aiutato fino a questo punto, ci aiuterà anche per il resto.

             10.   E ora guardate qui, c'è un fratello buono e caro, che è venuto a noi. Ancora non so chi Egli sia e da dove venga, tuttavia una cosa è certa, che Egli è stato inviato dal misericordioso Signore Gesù Cristo, affinché potesse essermi d'aiuto per la vostra salvezza, dato che io riconosco ciò dalla Sua premura nel metterSi a nostra disposizione”.

             11.   Guardate come i fratelli già nudi, al di là della voragine ormai priva di fuoco, alle parole del priore, profondamente commosso, si gettano nuovamente sulle loro facce e ringraziano Iddio per tanta Grazia e Misericordia, mentre il priore chiede all'Uomo semplice se Lui ritiene che si dovrebbe ora ricorrere a travi e tavole per costruire un ponte.

             12.   L'Uomo semplice dice: “Io ritengo che il Signore, senza la tua collaborazione, ha spento il fuoco, perciò ora, al momento giusto dovrebbe avvenire ciò che la tua fiducia ha in proposito che avvenga, cioè che anche la voragine si debba restringere, così come dapprima è sorta”.

 

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Cap. 91

* * * * *

La condizione per la liberazione

Superamento del baratro tramite un ponte

 

               1.   Il priore dice: “Oh caro e pregiatissimo Amico e Fratello! Questo inapprezzabile e magnifico pensiero è diventato completamente padrone anche del mio animo ed io ne vedo pure profondamente il suo sicuro compiacimento nel Signore, tuttavia, nello stesso tempo, scorgo quanto siamo indegni noi tutti di un tale straordinario santo aiuto”.

               2.   L'Uomo semplice dice: “Caro amico e fratello, Io ti dico che questo sentire, tanto tuo che dei tuoi fratelli, è la cosa migliore, dato che vi fa scorgere, in modo vivo, che fino a tanto che qualcuno crede di poter fare qualcosa, oppure di essere degno della Grazia e della Misericordia Divine, egli deve far anche calcolo che il Signore lo farà attendere, fino a che questa stolta illusione verrà distrutta in lui. Se invece giunge al tuo attuale punto di vista interiore che egli non è nulla e non può nulla, bensì che il Signore è Tutto in tutto, il Primo e l'Ultimo, l'Alfa e l'Omega, solo allora egli si abbandona volontariamente e completamente al Signore, e il Signore lo afferra e lo conduce alla retta via.

               3.   Perciò è Mia opinione che anche ora, a questo riguardo, tu debba deporre tutto il tuo amore per i tuoi fratelli e tutte le preoccupazioni a loro riguardo ai Piedi del loro Signore, abbracciandoli con il tuo cuore colmo di ardente Amore per Lui e allora tu ti convincerai sicuramente che il Signore comincia a diventare attivo proprio dove e quando l'uomo, in seguito al suo umile riconoscimento interiore, rimette con Amore al Signore tutta la sua vana forza operante e la sua debole volontà, poiché qualcosa di simile avviene anche fra gli uomini che hanno un capo mondano su di loro.

               4.   Fino a tanto che qualcuno vuole amministrare da sé le proprie sostanze, il capo non si curerà di lui e non indagherà su come amministra i suoi beni. Quando, invece, qualcuno scorge la sua debolezza nel curare i propri interessi, prende i suoi capitali e si reca con gli stessi dall'equo capo, gli espone il suo caso e gli chiede contemporaneamente, con sincero amore e obbediente umiltà del suo cuore, di prendere in consegna i suoi averi e averne cura per lui, allora il capo li prenderà, li depositerà alla Banca di Stato ed il probo ma debole richiedente, riceverà puntualmente i rispettivi interessi. Questo, come detto, è spesso il caso fra gli uomini nel mondo, per quanto certamente in un senso meno puro e meno onorevole.

               5.   Dunque, se già l'uomo stolto del mondo sa come mettere in mani fidate le proprie sostanze, per assicurarsi in tal modo una rendita vitalizia senza preoccupazioni, tanto più l'uomo spirituale, molto più saggio, dovrebbe scorgere Chi è il più perfetto Amministratore e Curatore di tutte le necessità della vita dell'uomo spirituale, se egli Gli rimette, dapprima, completamente tutti i suoi capitali vitali.

               6.   Inoltre, nell'Evangelo, il Signore esprime molto chiaramente a Chi gli “stanchi ed aggravati” devono rivolgersi, per trovare il vero ristoro e su Chi devono trasferire tutte le loro cure ed affanni. Se tu rifletti bene su ciò, allora troverai facilmente e molto presto, che tutte le tue preoccupazioni, per questi tuoi fratelli, malgrado la tua lealtà, suggerita dall'Amore, sono piuttosto inutili.

               7.   Con la prima liberazione dei tuoi fratelli tu vorresti, per lo meno, raggiungere lo scopo di poter dichiarare dinanzi al Signore che sei stato un servitore del tutto inutile. Vedi, per quanto ciò, preso per se stesso, suoni bene, tuttavia, con riguardo al Signore ed anche alla tua benemerenza, c'è in esso qualcosa che non va. Infatti, così facendo, tu vuoi, con la tua attività, rendere un buon servizio al Signore, ma tuttavia comportarti come se tu non l'avessi fatto, per prepararti in tal modo una lode da parte Sua. Io, però, ti dico che, in questo Regno, vi sono molti che dicono: «Io sono l'ultimo e il più insignificante, dinanzi a Dio», però coloro che dicono di se stessi e lo confessano, vorrebbero appunto porsi, presso il Signore, in una speciale posizione di favore, per diventare, appunto, in seguito al detto del Signore stesso, riportato nell'Evangelo, perfino i primi ed i maggiori nel Regno di Dio.

               8.   Però, in un altro punto il Signore dice: «Se voi non diventate come questi fanciulli piccoli, non entrerete nel Regno di Dio». Come e perché, dunque? Vedi, perché proprio i fanciullini sono realmente i più umili ed i più semplici, dato che essi rimettono tutte le loro cure soltanto sul padre. Dov'è un bambino, che tutto preoccupato, possa chiedere ai suoi genitori: «Che cosa mangeremo e berremo e di che ci vestiremo?». Vedi, pensieri di tale genere sono ignoti ai bambini, quando essi hanno fame e sete, corrono dai genitori e chiedono da mangiare o da bere ed essi glielo danno. E non chiedono perfino mai una veste, quando hanno freddo il genitore se ne accorge e dà loro non soltanto una veste calda, ma anche bella e decorosa, perché essi sono i loro cari figlioletti.

               9.   Dunque, Mio caro amico e fratello, abbandonati anche tu al Signore e sta certo che Egli ti provvederà di tutto ciò di cui hai bisogno e ciò molto più presto e inesprimibilmente meglio di quanto un padre terreno benestante provveda ai suoi figlioli e dia loro tutto il necessario”.

             10.   Il priore dice: “Ascolta, caro amico e fratello, per quanto modesto e semplice Tu possa apparire, devo però dichiararTi che queste parole sono incomprensibilmente più elevate ed essenzialmente vere di quelle del celeste messaggero del Signore, al quale ho accennato prima. Infatti, Tu ora non mi hai soltanto indicato la Verità più vivente di tutte le Verità, bensì mi hai talmente colmato di un tale vivente conforto, che mi sento come completamente annientato dell'immensa, umilissima gratitudine e dell'amore verso l'inesprimibile Amoroso Padre celeste.

             11.   Le parole dell'elevato messaggero del Signore erano, per il mio sentire, come una ruvida lima, con la quale - e di ciò sia ringraziata in eterno la divina Misericordia! - egli ha limato i miei numerosi e maggiori errori. Le sue parole erano anche, non di rado, come una spada affilata, che ferisce dolorosamente, quantunque, grazie a ciò, viene fatto uscire quel sangue guasto, generatore di una vita errata.

             12.   Le Tue parole, invece, oh Amico e Fratello, sono simili ad un balsamo soave, che guarisce ogni male; io non posso neppure descriverTi quanto indicibilmente bene mi sono sentito ad ogni parola da Te pronunciata! Io sono giunto al punto di poterTi assicurare sinceramente ed in maniera viva che ora, dal più profondo del mio animo posso dire:

             13.    «Oh Signore, Onnipotente, Santissimo e Buonissimo Padre, succeda ora per me e per tutti questi miei poveri fratelli soltanto secondo la Tua Santissima Volontà! Tutte le mie preoccupazioni e tutta la mia volontà, le depongo ai Tuoi Santissimi Piedi e quello che Tu vorrai fare di me, sia sempre secondo la Tua Volontà, la sola veramente Santa!». E Tu, o amato Fratello celeste, devi essere sicuramente un Amico ancor più grande del Signore, di quanto lo sia l'altro elevato messaggero. Ma Tu devi perdonarmi, poiché il Tuo discorso mi ha talmente colmato d'amore anche per Te, che non posso fare a meno di abbracciarTi ed esprimerTi così tutta la mia gratitudine per il Tuo celeste insegnamento e dimostrarTi tutto il mio ardente Amore fraterno. In verità, per quanto poco io potrò cessare di amare l'Amorosissimo Padre Santo, altrettanto poco dimenticherò Te, nel mio cuore!”.

             14.   L'Uomo semplice dice: “O senz'altro, Mio caro fratello ed amico, avvicinati ed amaMi, poiché è Volontà del Signore che tutti i fratelli debbano amarsi”. E ora guardate come il nostro priore si precipita verso l'Uomo semplice, a lui ancora sconosciuto, Lo abbraccia e Lo stringe al cuore con tutta la sua forza e come l'Uomo semplice contraccambia l'abbraccio ancora più vivacemente. Ritenete che ciò sia un segno vantaggioso o svantaggioso per il nostro priore? Io vi dico che questo è un segno della specie più vantaggiosa, poiché sta in modo speciale, da eternità, nel carattere del Signore di avere, insieme a noi e a tutti i Suoi messaggeri, la massima gioia per il ritorno di un figlio perduto.

             15.   Prima, però, come vedete, si sono sciolti nell'abbraccio e l'Uomo semplice dice, rivolto al priore: “Mio caro amico e fratello, guarda un po' qui, a quanto mi sembra, durante il nostro colloquio e il nostro abbraccio d'Amore fraterno, di tutta la voragine non c'è più traccia, perciò non sarà più difficile andare a prendere i poveri fratelli; andiamo, dunque, e mostriamo loro come stanno le cose ora”.

             16.   Ed ecco, ambedue vanno dai nudi dormienti nell'anima ed essi si rialzano e guardano meravigliati e con occhi gioiosi per la gratitudine, dov'era prima l'orrido abisso. L'Uomo semplice dice loro: “Vedete, la voragine non esiste più, perciò seguiteci tranquillamente”. Essi però dicono: “Ma caro Amico ed elevato fratello, noi siamo nudi e non ci fidiamo di recarci nemmeno nella parte meno illuminata di questo nostro refettorio”. L'Uomo semplice dice: “Non curatevi del vestito, poiché Colui che ha avuto misericordia di voi ed ha fatto sparire la voragine ha provveduto pure a delle vesti adeguate. Guardate là, nel mezzo di questa stanza, sul tavolo troverete ciò di cui avete bisogno, perciò recatevi, servitevi e poi seguiteci”.

             17.   Ed ecco, essi vanno dove è stato loro indicato, e il priore, preso da un amore troppo grande per questo suo caro fratello, Gli dice: “Caro celeste Amico, per questo Tuo servizio d'Amore io non posso lasciarti camminare fino là, come uno di noi, bensì Ti prego, lasciaTi portare da me!”.

             18.   L'Uomo semplice dice: “Mio caro fratello, lascia perdere, poiché, se fosse il caso di farlo, farei prima a portarti Io insieme a tutti i tuoi fratelli, tanto lontano, quanto vorresti che tu a portare Me anche soltanto fino a quel tavolo. Se tu, però, Mi porti ora nel tuo cuore, Mi è indicibilmente più gradito che se tu volessi portarMi nelle tue mani, e forse Mi hai anche già portato. Tu Mi chiedi che cosa Io intendo dire con questo “forse?”. Io però ti dico: «Non preoccuparti ora di ciò, a suo tempo tutto ti risulterà chiaro!». Andiamo, invece, vicino al tavolo, affinché i nostri fratelli prendano il vestito adatto”.

             19.   E il nostro priore dice: “Bene, bene, caro Fratello, come piace a Te, piace perfettamente anche a me. Quel “forse” non mi vuole uscire dalla mente, tuttavia depongo anche ciò ai carissimi e Santissimi Piedi del Signore e con ciò avvenga la Sua come pure la Tua Volontà!”.

             20.   Ed ecco, tutti si avvicinano al tavolo e come anche voi potete osservare, tutti i poveri fratelli sono già vestiti, senza l'aiuto di camerieri. Le loro vesti non sono completamente celestiali, bensì quelle della Giustizia, che corrisponde all'Amore per il Signore che è in loro. Il seguito alla prossima volta.

 

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Cap. 92

* * * * *

La disputa sul servizio d'Amore e le tre prove

 

               1.   L'Uomo semplice chiede ora al priore, cosa si debba fare con i fratelli, oramai messi in salvo e rivestiti. E il priore dice: “Caro Amico e Fratello, l'incarico che mi è stato dato dall'elevato messaggero del Signore era di condurli tutti nel giardino che precedentemente era il nostro falso “Paradiso” claustrale, dove essi potranno certamente ricevere dal messaggero delle altre indicazioni, riguardanti la via che devono intraprendere. Questo è quanto li aspetta e mia cura dev'essere che essi possano giungere là a questo scopo”.

               2.   E l'Uomo semplice dice: “Allora quest'incarico potrà essere adempiuto facilmente, così che tu non avrai bisogno di Me”. Ma il priore dice: “O caro Amico e Fratello, fa’ tutto quello che vuoi, soltanto ti prego di non abbandonarmi, poiché devo dire sinceramente che sento in me qualcosa che mi dice che se Tu mi lasciassi, sarebbe per me come se mi abbandonasse l'intera mia vita! Perciò Tu non mi devi abbandonare, anche se l'incarico che devo compiere fosse il doppio più semplice di quello che è, dato che fino ad ora Tu hai guidato tutto in modo così favorevole ed hai evidentemente aiutato me e questi poveri fratelli nel Nome del Signore, fino a questo momento. Dunque, Ti prego, aiutami completamente, nel Nome del Signore, fino alla conclusione e questa mia preghiera, caro Amico e Fratello, sale dal mio intimo più profondo”.

               3.   L'Uomo semplice risponde: “Bene, Mio caro amico e fratello, in questo caso sarebbe già tutto a posto, c’è soltanto una circostanza che non si deve trascurare e precisamente che questo incarico il messaggero celeste lo ha affidato a te, invece, se ora vengo Io con te da lui e il messaggero si accorge subito che non sei stato tu a compierlo, bensì soltanto Io, dimmi, mi puoi assicurare in anticipo che egli ne sarà soddisfatto? Mi puoi dare l'assicurazione che Io non ti causi un danno, venendo con te? In tal caso Io farò molto volentieri quello che tu desideri, ma non vorrei danneggiarti in nessun caso e neppure metterti in grande imbarazzo dinanzi al messaggero celeste. Che cosa ne pensi al riguardo?”.

               4.   Il priore dice: “Oh caro Amico e Fratello, se non si tratta d'altro che di questo, allora vieni senz'altro, senza alcun timore, nel giardino con me, poiché anche se Tu non venissi, io stesso informerei immediatamente l'alto messaggero che soltanto Tu avevi risolto la condizione a me posta e che perciò potevo essere considerato non come la quinta, bensì come la decima ruota d'un carro, per una massima concezione. Dunque, non è il caso che Tu consideri ciò come una ragione sufficiente, per non venire con me. In quanto al mio utile, oppure al mio danno, non è nemmeno il caso di parlarne, perché, per quanto mi riguarda, sono pronto ad andare all'Inferno per Te, perciò figurarsi se per Amore Tuo mi possono ferire un paio di parole taglienti da parte del messaggero celeste”.

               5.   L'Uomo semplice dice: “Bene, caro amico e fratello, a questo riguardo siamo in chiaro, ora, però, viene un punto alquanto importante. Io conosco la rigida precisione del tuo messaggero e so che egli, nel Nome del Signore, non è disposto minimamente a mercanteggiare, e proprio per questa ragione Mi è venuto in mente qualcosa di veramente complicato.

               6.   Vedi, potrebbe succedere che il messaggero celeste, con la sua grande potenza, facesse ritornare questi fratelli, ormai liberi, nello stato di prima e questo, per il fatto che non tu, bensì soltanto Io ho adempiuto alla condizione che egli ti aveva posto. Però, Io posso fare in modo che il messaggero non sappia che ho aiutato i tuoi poveri fratelli. In queste circostanze tu risulti, dinanzi al messaggero, completamente giustificato, dato che il compito è stato risolto secondo i suoi ordini”.

               7.   Il priore dice: “Oh caro amico e fratello, piuttosto di attribuirmi qualcosa di cui non ho avuto la minima parte, preferisco mille volte finire nell'Inferno; comunque voglio io stesso confessare pienamente che la riuscita della mia spedizione è dovuta soltanto a Te, tramite il Signore, per questo Ti sono molto riconoscente. E se il messaggero non dovesse dichiararsi soddisfatto e perciò portare pregiudizio ai poveri fratelli nella loro libertà appena ottenuta, allora io mi getterei nella polvere dinanzi a lui e lo pregherei, in tutta umiltà, di punire solo me, nel modo che ritiene più congruo, nel Nome del Signore, al posto dei fratelli. Infatti io prenderei volentieri ogni colpa su di me”.

               8.   E l'Uomo semplice dice: “Caro amico e fratello, vedi, così mi piaci molto e perciò anche questo punto è stato risolto ed esso non Mi impedisce più di venire con te.

               9.   Però, c'è ancora un terzo ed ultimo scoglio, se tu sarai capace di superarlo, allora nulla mi tratterrà più dall’aderire al tuo desiderio. Vedi, qui nel Regno degli spiriti, c'è la regola immutabile e il costume generalmente praticato che i più perfetti spiriti del Cielo superiore, ai quali anch'Io appartengo, apprendano sull'istante, in modo vivo, ciò che in qualunque momento ed in qualunque luogo viene detto e trattato con riferimento al Signore e perciò Io ho anche ascoltato la bella parabola raccontata dal messaggero, in cui egli raffigurava il Signore come un re, accessibile soltanto ad uno straordinario Amore ed all'Umiltà.

             10.   Il messaggero disse, in tale parabola, che soltanto il Signore, aveva la chiave della prigione e, per conseguenza, Egli era anche il solo che poteva aprirla, oppure costruire il ponte sopra la voragine, dato che nessun altro aveva questo diritto. A dire il vero, tu hai invocato il Signore nella pienezza della tua vita e della Verità, affinché aiutasse te ed i tuoi fratelli e mentre attendevi, in piena fiducia, l'aiuto del Signore, venni Io, come per caso, nell'ampia sala, e appena Mi scorgesti, incominciasti subito a lamentarti della difficoltà in cui ti trovavi. Tu Mi facesti pietà, e visto che tanto cordialmente Mi chiedesti di aiutarti, ciò che Io anche feci secondo la Mia Forza, sorge ora la domanda: «Un tale aiuto verrà considerato come accettabile dal messaggero, se paragonato al contenuto della parabola da lui esposta?».

             11.   Infatti, comprendi bene, era Lo stesso supremo Re che avrebbe dovuto venire ed aiutarti. Come si deve ora considerare la cosa? Il messaggero non ti dirà, forse: «Perché, alla vista di questo Amico e Fratello, dal momento che, dalla parabola, avresti dovuto riconoscere e vedere che per una tale liberazione dal carcere, nessuno, all'infuori del Signore, poteva possedere la chiave giusta?».

             12.   Il priore dice: “Oh caro Amico e Fratello, questa è certamente una domanda del tutto diversa, e per darvi una giusta risposta, sento già che mi manca il coraggio. Ebbene, ora cosa faccio? Mi attengo strettamente alla verità. Io non ho invocato altri che il Signore e nel mio, per quanto possibile, completo abbandono nel Signore, giungesti Tu. Posso ora pensare, fare e credere altrimenti, se non che il Signore, indotto dalla Sua Infinita Misericordia, Ti ha mandato in mio aiuto, nel Suo Nome, data la mia grandissima indegnità, certo, non avrei mai potuto, in eterno, pretendere che Lo stesso santissimo Signore del Cielo e della Terra avesse dovuto venire ed aiutare me, il paù immeritevole di tutti! Tuttavia, perciò, a Lui vada ogni lode, ogni gloria ed ogni onore, poiché soltanto Lui, inviando Te, ha aiutato me e questi fratelli. Così io intendo parlare dinanzi al messaggero ed egli può fare poi di me quello che meglio gli aggrada, nel Nome del Signore, poiché io voglio prendere tutto su di me”.

             13.   L'Uomo semplice dice: “Ora vedo bene che tu hai una volontà d'amore perfettamente fedele, così che ora nulla Mi trattiene più dal recarMi nel giardino insieme a te ed a questi tuoi fratelli. Dato, però, il caso che il messaggero volesse comunque condannarti duramente, facendoti andare chissà dove, come dovrei comportarMi nei vostri confronti?”.

             14.   Il priore dice: “Caro Amico e Fratello, a questo riguardo non ho nessun timore e per quello che riguarda Te, certamente non potrei aiutarTi, però Tu non ne avrai alcun bisogno, poiché, quale abitante del più alto dei Cieli, sei provveduto di Forza divina a sufficienza. Al contrario, nel Nome del Signore, io prego soltanto Te, nel caso andasse troppo male, di aiutare me ed i miei fratelli, in conformità al Volere del Signore!”.

             15.   L'Uomo semplice dice: “Allora, va bene, Io Mi ricorderò anche di questa tua richiesta dinanzi al Signore; e ora andiamo”.

 

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Cap. 93

* * * * *

La capacità di poter apparire contemporaneamente in molti luoghi: spiegazione.

 

               1.   Ora andiamo anche noi, per essere sul posto al momento giusto. Infatti, questa compagnia non impiegherà molto tempo a raggiungere gli altri nel giardino; affrettiamoci dunque. Ed ecco, noi siamo già sul posto, dove dovevamo essere. Il Signore sa benissimo che anche nella sala siamo stati testimoni di tutto quanto è accaduto con i dormienti nell'anima, però all'infuori di Lui non lo sa nessuno. Voi naturalmente domandate se tutti coloro che nel frattempo sono rimasti nel giardino si siano accorti che noi eravamo assenti!

               2.   Vedete, a questo riguardo qui, nel Regno degli spiriti, è un po' diverso che non sulla Terra, poiché su questa la vostra apparizione è strettamente congiunta con la vostra individualità e voi non potete farvi vedere da nessuno se non che con la vostra personale presenza fisica. Però, come detto, dappertutto qui è del tutto diverso. Vi sono dei casi rari anche sulla Terra che sono somiglianti a questa apparizione, ma tuttavia in misura molto incompleta.

               3.   La doppia, tripla e fino alla sestupla ubiquità ed anche oltre, sono, come detto, qualcosa di simile, cioè l'uno e lo stesso uomo, così come vive nel suo corpo, o vede se stesso, oppure è visto da qualche altro in un luogo del tutto diverso e talvolta perfino in parecchi luoghi contemporaneamente, senza però trovarsi in realtà in alcuno di tali luoghi individualmente. C'è, però, un caso che è molto più somigliante a questa presente apparizione spirituale che non il precedente; esso avviene molto più spesso ed è più comune ma, data appunto la sua abbondanza, vi viene accordata poca attenzione, viene poco giudicato e non viene affatto compreso a fondo.

               4.   Ecco di che si tratta: “Quando un uomo, nella sua realtà, si trova in qualche luogo, può avvenire che in cento ed anche mille posti, situati distanti l'uno dall'altro, i suoi conoscenti, nello stesso momento, pensino a lui. Nessuno di coloro che pensano a lui se lo rappresentano in una forma diversa da quella sua reale, in statura e costituzione”. Ora voi chiedete: “E come ha potuto tutto questo migliaio di persone pensare a lui e poi moltiplicarlo così nel proprio spirito, dal momento che egli esiste soltanto nella sua stessa ed una persona?”.

               5.   La ragione sta nel fatto che, secondo lo spirito, ognuno porta in sé l'altro non soltanto singolarmente, bensì innumerevolmente, così come due specchi, messi di fronte, possono accogliere in sé, reciprocamente, l'immagine che appare moltiplicata. Le due prime immagini rispecchiate saranno naturalmente le più chiare e, nello stesso tempo, le più grandi, tutte le successive diventeranno sempre più piccole ed anche meno vive.

               6.   Se, dunque, voi afferrate bene questa premessa, non vi sarà difficile comprendere anche l'apparizione qui, nel Regno degli spiriti, poiché quelli che voi chiamate pensieri figurati sono qui delle apparizioni perfettamente coniate. La prima è la più viva e la meno transitoria, le susseguenti, oppure i cosiddetti pensieri secondari, che voi pure conoscete come fuggevoli ricordi, non sono altrettanto validi ed a meno di una ferma volontà dell'individuo, che li porta in sé, non giungono ad apparire esteriormente. Noi, però, ci trovavamo prima dinanzi a questi abitanti nel giardino ed abbiamo discusso con loro di cose importantissime, per conseguenza noi eravamo e siamo ancora i loro pensieri principali, oppure i principali riflessi in loro, ragione per cui essi hanno continuato a vederci, senza che noi, con la nostra individualità fondamentale, avessimo avuto bisogno di essere costantemente dinanzi a loro.

               7.   Una proprietà principale di questa apparizione sta nel fatto che, per colui che l'ha chiamata all'esistenza dai suoi pensieri principali, essa è capace di parlare e perciò di stabilire un colloquio. Voi chiedete come ciò sia possibile. Anche per questo caso, ci sono delle apparizioni nel mondo che hanno qualche somiglianza. Qualcuno, ad esempio, può avere un sogno nel quale ha detto questo o quello ad un amico, il quale a sua volta gli ha risposto. Quando da sveglio incontra il suo amico, risulta che costui non conosce nemmeno una sillaba di lui che la sua immagine ha detto in sogno all'altro. Tuttavia, il discorso fra il sognatore e il suo amico era così combinato che il sognatore non sapeva ciò che l'amico gli avrebbe detto fino a che egli non ha cominciato a parlare. Dunque, questa sarebbe un'apparizione simile.

               8.   Un'altra apparizione simile, o fenomeno, è quello dell'ubiquità duplice o molteplice; in questa circostanza, queste copie dell'individualità principale non di rado scambiano parole con coloro ai quali esse appaiono. In questa circostanza, la somiglianza con questa apparizione spirituale pura emerge un po' più definita, poiché in questa sfera l'individuo principale non di rado sa, anche se in modo confuso, che cosa ha detto nella sua apparizione solamente spirituale. A questo punto voi dite: “Questa apparizione, però, non dipende dal pensiero principale di colui al quale essa è apparsa?”. Questo è vero, perciò tutti questi fenomeni sono stati citati come somiglianti e non come pienamente identici. Essi hanno nel vero e proprio fondamento l'una e la stessa origine, però la loro formazione deve apparire sulla Terra necessariamente molto più velata che non qui, dove tutto sta a noi dinanzi spiritualmente aperto e limpido.

               9.   Tuttavia, per una più facile comprensione, voi potete prendere nota, in aggiunta, che le apparizioni, quali separate dagli individui principali, possono venir attuate in duplice modo. Primo: così come già qui esposto; secondo: anche per mezzo della ferma volontà di colui che vuole apparire fuori della sua individualità principale. Quando si tratta di questa seconda maniera, la cosa è più profondamente afferrabile e si può stabilire più esattamente anche la natura della duplice o molteplice ubiquità. Sulla Terra però ciò non può mai essere effettuato esattamente, poiché lo spirituale è tuttavia inevitabilmente sempre in conflitto con la materia, perfino nelle migliori circostanze.

             10.   Vi sarebbe ancora una terza maniera simile di tali fenomeni discorsivi e cioè nei dicitori di monologhi che mettono dinanzi a loro un immaginario individuo parlante e poi cominciano con lui un dialogo. Questo esempio si adatta, meglio d'ogni altro, al nostro caso; l'unica differenza è che la persona stabilita di fronte al dicitore di monologhi non appare affatto e secondariamente che questo interlocutore immaginario dice soltanto ciò che l'altro gli mette in bocca.

             11.   Qui l'apparizione parla nello stesso modo dell'individuo e la causa sta nel fatto che l'apparizione non è più fantastica, bensì è l'espressione spirituale viva dell'individuo principale stesso, manifestata all'esterno.

             12.   In sostanza, essa è formalmente l'amore fraterno e l’amore del prossimo, il quale ha la sua origine soltanto nel Signore. Poiché, vedete, in seguito all'Amore del Signore in ogni spirito, anche ogni spirito è in perpetuo rapporto con il Signore stesso e, di conseguenza, anche tutto quello che in ogni spirito si trova. Dunque, se noi ci mostriamo ad uno spirito, o compariamo dinanzi ad esso parlando, come nel nostro caso, non nella realtà principale, bensì soltanto nell'apparenza, questa nostra manifestazione viene consegnata vivente nel Signore. Quando, dopo ciò, io penso qualcosa, un tale pensiero passa immediatamente attraverso il Signore nel nostro secondo oppure anche centesimo “Io” apparente e questo, allora, parla ed agisce proprio come se noi stessi, nella nostra realtà, fossimo presenti, e noi, quale individualità principale, possiamo anche sapere, nel minimo dettaglio, quello che la nostra immagine apparente ha fatto e detto.

             13.   Questo sembra a voi certamente molto miracoloso, ma nel perfetto Regno della Vita avviene che la forma operante, vivente di uno stesso spirito, venga richiesta da parecchie parti pure in maniera vivente. Non dicono, anche fra voi, alcuni uomini indaffarati: “Se potessi essere presente dappertutto nello stesso tempo; se solo mi potessi suddividere!”. Questo linguaggio, questo desiderio e questo pensiero, spesso molto forte, sono la prova più evidente che nel Regno dello Spirito deve essere possibile, nel modo già descritto, suddividersi, operando, senza con ciò dover subire nella propria individualità principale, quale unità, nemmeno la minima suddivisione.

             14.   Poiché ciò che è possibile pensare sempre allo spirito, nel Regno degli spiriti risulta presente e completamente formato, con la sola differenza che quanto prodotto risulta essere imperfetto negli spiriti imperfetti e perfetto negli spiriti perfetti, quale immagine e somiglianza del Perfettissimo nel Signore. Suppongo che non sarà più necessario usare altre parole per questo caso; l'essere comprensivo saprà cosa s'intende dire con ciò, mentre per l'incomprensivo non basterebbe dire neppure le mille volte tanto. Ora, però, la nostra compagnia sta già arrivando dal chiostro, dunque, prepariamoci a riceverla.

 

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Cap. 94

* * * * *

Siate astuti come i serpenti e semplici come le colombe

 

               1.   Ed ecco, ora si avvicina a noi il precedente interlocutore e mi chiede, dato che vede un forestiero accanto al priore, chi è quell'Uomo e che cosa ci fa qui. Voi, di primo acchito, non considerate questa domanda di grande importanza, però, se voi riflettete che qui si tratta esclusivamente della Verità, la domanda stessa vi risulterà certamente più significativa di quanto, dalle semplici parole, possa apparire. Dunque, generalmente si deve dire la piena verità al richiedente? Oppure si deve dargli una risposta evasiva? O si deve non rispondergli affatto o soltanto a metà? Oppure si deve dirgli di attendere, dato che la risposta gli verrà comunque data in seguito, in base allo sviluppo degli avvenimenti? Vedete, questi sono dei punti che bisogna chiarire, dato che fanno tutti riferimento alla domanda del monaco.

               2.   Comunque, ora vediamo come possiamo sbrigarcela con l'interrogante, perciò gli dico: “Ascolta, caro amico e fratello, questo non è l'ambiente veramente adatto per dirti se tu, con la tua domanda, sei arrivato troppo presto oppure troppo tardi. La tua domanda è buona in se stessa, ma, secondo l'Ordine divino, sarebbe ingiusto da parte mia darti una risposta prima che tu, secondo il tuo intimo, sia in grado di sopportarla.

               3.   Poiché, vedi, certe risposte qui, nel Regno degli spiriti, sono costituite in modo tale che potrebbero costare la vita dell'interrogante se dovessero venirgli date prima del tempo. Perciò, questa volta, alla tua domanda non posso dire altro se non di pazientare, nell'umiltà e nell'Amore per il Signore e, al momento giusto, riceverai anche la necessaria chiarificazione sul forestiero. Ora, però, sospendiamo questo discorso, poiché, come vedi, tutta la compagnia è già qui, guidata dal forestiero e dal priore”.

               4.   Il monaco osserva: “Certo, caro ed alto amico e fratello, la tua risposta è pienamente prudente ed illuminante per te, però, dal canto mio, mi devo accontentare della mia oscurità. Ciò nondimeno tu mi hai parlato in modo contrario alle mie aspettative, poiché dietro la tua risposta io ho tratto abilmente la convinzione che dietro Questo forestiero si deve celare qualcosa di speciale e, come in precedenza ti ho accennato, ero di spirito molto acuto nel giudicare certe cose. Ritornando al forestiero, se non ci fosse sotto qualcosa, non ci sarebbe per te nessuna ragione per dovermi dare una risposta alquanto evasiva. Se Questo forestiero fosse, al pari di te, soltanto un messaggero dai Cieli, la Sua conoscenza mi sarebbe sicuramente altrettanto poco pericolosa quanto la tua. Di conseguenza, Egli deve essere senz'altro molto più importante ed elevato di te, dal momento che tu dai di Lui una tale testimonianza.

               5.   Oltre a ciò, sento pure in me, al Suo avvicinarSi, un’attrazione fino ad ora mai provata, e quest'attrazione mi fa sentire - come se fosse un leggero presentimento - che Questo forestiero è molto vicino al Signore e che nessuno potrebbe essere più vicino al Signore di Costui! Ho ragione, oppure no?”.

               6.   Ed io gli dico: “Caro amico e fratello, non ti posso dire altro se non di essere umile ed attenerti all'Amore del Signore, e così non andrai perduto. Non essere precipitoso, poiché per una cosa buona va richiesto il suo tempo. Chi raccoglie innanzi tempo i frutti dell'Albero della Vita e prima ancora quelli dell'Albero della Conoscenza si danneggia duplicemente, ottenendo anzitutto dei frutti immaturi, dei quali non può saziarsi ma soltanto pregiudicare la propria salute e poi con ciò egli rovina l'albero, poiché, con il privarlo innanzi tempo dei suoi frutti, gli toglie l'occasione di deporre in essi la pienezza benedetta della sua riserva di succhi e in tal modo di mantenersi idoneo per una prossima fruttificazione. Ciò non ti sarà difficile da comprendere, dato che sulla Terra sei stato un buon frutticoltore”.

               7.   Il monaco dice: “Questo certamente lo comprendo benissimo, perciò ora sono in silenzio, come un gatto quando fiuta il topo”.

               8.   Come vedete, ora abbiamo tranquillizzato il monaco e questa è una cosa giusta. Voi, forse, potreste credere che questo monaco sia l'unico volpone della compagnia! Vi assicuro che di tali volponi ce ne sono ancora parecchi. Dunque, questo è anche un residuo della mondanità pretesca, che, non di rado, è propria di questi sacerdoti cattolico-romani e specialmente di certe comunità claustrali. Perciò questa mondanità deve pure essere eliminata, poiché qui cose del genere non si possono usare, infatti l'Amore puro non dev'essere adombrato da nessun genere di astuzia. Un amore al quale aderisse ancora un certo grado di astuzia, non può essere puro, come potete già osservare nel mondo materiale.

               9.   Prendete, ad esempio, una ragazza costumata e bene allevata, che sia amata da un giovane stimabile che si interessi molto a lei. Essa, però, per essere pienamente sicura del suo amore, impiega ogni genere di mezzi d'informazione da essa astutamente escogitati, con i quali vuole persuadersi di come stanno veramente le cose nell'intimo di lui, con riguardo all'amore per lei. Se osserverete questo esempio superficialmente, direte: “La ragazza agisce onestamente, poiché quello che fa, è la prova più sicura che essa lo ama molto e che, conseguentemente, tiene molto a lui ed alla sua integrità morale”.

             10.   “Bene - dico io - noi esamineremo questo amore un po' più vicino e vedremo se esso resiste alla prova. Ammettiamo che il giovane venga a conoscenza dell'astuzia della sua prescelta e pensi fra sé: “Di che specie è il tuo amore, se mi metti alle calcagna degli informatori? Io non mi sono mai neppure sognato una cosa simile, poiché ho avuto piena fiducia nel tuo cuore. Per quale motivo dovresti considerarmi più infedele di quanto tu lo sia di me? Aspetta un po', anch'io allora voglio mettere alla prova il tuo amore e comportarmi come se avessi una relazione con un'altra ragazza, così si potrà vedere qual è la natura del tuo amore. Se tu mi ami, come io amo te, non ti scandalizzerai di me, se invece il tuo amore non è puro come il mio, ti allontanerai da me e il tuo cuore, anziché d'amore, si riempirà soltanto d'ira verso di me”.

             11.   Ed egli anche così fece e si può facilmente immaginare che l'astuta ragazza ne venne ben presto a conoscenza. E quale ne è stato il risultato? Ascoltiamo un po' che cosa dice, poiché la bocca parla di ciò di cui il cuore è pieno; le parole potrebbero essere le seguenti: “Ecco, ci siamo! Oh, io ho un sentore molto fine e le cose stanno proprio come pensavo. Quel traditore del mio cuore, quell'uomo senza onore, mi ha preso per una insensata e credeva di potersela cavare facilmente con un essere misero come me, ma il misero essere non è tanto sciocco come pensava quel traditore senza onore, mentre è un milione di volte più furbo di lui ed ha perciò messo in chiaro, in tal modo, l'essere scandaloso che si cela nell'uomo sedicente, accorto e leale. Vieni ora alla mia presenza, o immagine infedele e senza onore, ed io ti dimostrerò come contraccambio il tuo amore, in modo che te ne ricorderai per un pezzo”.

             12.   Vedete a che cosa è servita l'astuzia? Io vi dico: “A nulla, se non che essa è scesa di parecchi gradini nella stima del suo pretendente”. Che cosa succederà quando il giovane verrà da lei? Dunque, egli entra e le va incontro con il più sincero amore; invece, come gli va incontro essa? Osservate la grande freddezza e, nello stesso tempo, una specie di fornace piena di rovente gelosia. Egli si meraviglia altamente di questo suo contegno, e le dice: “Ascolta, questo tuo modo di accogliermi mi sorprende enormemente; quale ne è la causa?”. Essa risponde: “Una giovane onorata non è debitrice di nessuna risposta ad un uomo tanto sleale, e non può dire altro se non che è ancora più infame da parte sua che, quale un traditore d'amore ed un falso consolatore di cuori, si azzardi di presentarsi laddove non c'è più posto per lui e dove ha osato avvicinarsi indegnamente in seguito alla sua sleale condotta”.

             13.   Egli dice: “Cosa mai io devo ascoltare! Dunque, questo era il tuo amore per me? In verità, se tu mi avessi veramente e sinceramente amato, come io ti ho amata, tu ti saresti fidata di me, come io mi sono fidato di te, e non mi avresti fatto sorvegliare da informatori segreti. Io però ne sono venuto a conoscenza ed ho messo alla prova il tuo amore, e, come vedi, questo non ha resistito alla prova. Tu, in realtà, non mi hai mai amato, bensì volevi, per amor di te stessa, essere soltanto amata da me. In me, tu volevi soltanto onorare la tua immagine, mentre la mia immagine in te era soltanto oggetto del tuo disprezzo. Vedi, io non so che farmene di un tale amore! Però, io ti accordo un certo tempo, scruta in questo tuo cuore se tu puoi amare come io ti ho amata e ancora ti amo. Se tu lo puoi, io non voglio bandirti dal mio cuore, bensì tenerti nella stessa considerazione di prima. Se non lo puoi, allora, trascorso il termine, tu non vedrai più la mia faccia”.

             14.   Che farà la nostra ragazza dopo un tale discorso molto significativo? Qui ci sono due vie aperte; il suo orgoglio ferito è stato vinto dalla saggezza dell'uomo e la ragazza riconosce la sua colpa, ed allora la cosa s'intenderà regolata. Ma se il suo orgoglio offeso aumenta, allora la cosa prenderà una brutta piega, ciò che di solito avviene molto più spesso. Infatti, il cuore femminile, non sentendo abbastanza amore, si sente svalutato dalla saggezza dell'uomo; e generalmente, anziché decidere per la riconciliazione, comincia innanzitutto a valutare se stessa e nel proprio intimo a covare la vendetta. Io penso che questo esempio vi avrà persuasi a sufficienza che una certa astuzia non può far parte del vero e puro amore.

             15.   Qui veramente voi dite: “Come si dovrebbe comprendere allora, che il Signore, dopo aver dato ai Suoi apostoli e discepoli l'unico comandamento dell'Amore, aggiunse tuttavia: «Siate astuti come serpenti e semplici come colombe!»”.

             16.   O miei cari amici e fratelli, questa prudenza e furberia è una cosa del tutto diversa e si basa sul fatto che l'uomo non deve lasciarsi abbagliare da nessuna tentazione, come se l'Amore e la Grazia del Signore lo avessero abbandonato. Egli invece si deve porre al di sopra di tutto ciò, dall'intimo più profondo del suo cuore, e rivolgere, in modo vivo e in se stesso, le seguenti parole: «O Signore, lascia che venga su di me tutto quello che la Tua Santa Volontà considererà essere buono, e per quanto tutto ciò mi possa sembrare strano e contraddittorio, io tuttavia so che al di sopra di tutto ciò sei il mio Amorosissimo e Ottimo Padre ed io voglio amarTi tanto più quanto più Tu Ti nascondi da me. Infatti, io so che Tu mi sei sempre tanto più vicino quanto più lontano io possa pensare che Tu sia, perciò io voglio amarTi sempre più, con tutte le forze della mia Vita!».

             17.   In questo esempio si trovano le discusse furberia e semplicità dell'Amore riunite in uno, ma questa è una cosa che manca ancora molto al nostro monaco, per quanto si creda furbo e di spirito acuto; e nel corso delle trattative egli dovrà venir richiamato.

 

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Cap. 95

* * * * *

Prove ulteriori. Inizio della ricompensa

 

               1.   Oramai, anche il nostro priore con il suo Uomo semplice è giunto vicino a noi con la faccia illuminata dalla gioia e attrae l'attenzione dell'Uomo semplice su di me, dicendogli: “Guarda, caro Amico e Fratello, là, fra quei due spiriti dall'apparenza insignificante, si trova appunto l'altro messaggero”. L'Uomo semplice gli risponde: “Bene, fratello Mio, va da lui e indicagli tutto quanto è avvenuto”. E il priore Gli dice: “Ma Tu, caro Amico, non vieni con me?”. E l'Uomo semplice risponde: “Va pure avanti; se la necessità lo richiederà, allora ti seguirò”.

               2.   Il priore si adegua a ciò, viene verso di me e dice: “Caro ed elevato messaggero dell'Altissimo Iddio venuto dal Cielo, guarda, qui sono tutti coloro che erano prigionieri; non uno è rimasto indietro, anzi, al contrario, ne abbiamo con noi Uno di più. Quest'Uomo, però, non è un prigioniero, bensì è proprio quest'Uno che io devo ringraziare dopo di Dio, il Signore Onnipotente, per la salvezza dei poveri fratelli prigionieri”.

               3.   Ora parlo io: (Marco) “Però, mio caro amico e fratello, se questo Straniero ha compiuto l'opera che era stata assegnata a te, dove sta allora il tuo merito? Io ti ho posto come condizione che tu solo, con l'aiuto del Signore, avresti dovuto liberare i prigionieri; come allora ti sei potuto servire, a questo scopo, di Un forestiero, innanzitutto, senza affatto preoccuparti di come invece avresti dovuto agire e, in secondo luogo, senza sapere nemmeno chi era il Forestiero che ti ha aiutato? Se tu usi operare così, cosa si potrà affidarti in futuro?

               4.   Non sai tu dunque che il Signore non ti ha conferito una forza affinché tu poltrissi, bensì Egli ti ha donato la forza della Vita, per la Sua grande Misericordia, soltanto per una giusta attività d'Amore? Perciò, chiedi a te stesso in quale luce tu appaia dinanzi a me. Io però ti dico: «Giustificati ora, dinanzi a me, con delle buone ragioni, altrimenti io considererò la tua missione come non compiuta e alla fine porrò te stesso dietro alla voragine a te ben nota, cosicché tu solo debba sopportare la vista delle fiamme e riflettere su come si deve agire sulle Vie del Signore per essere in regola»”.

               5.   Il priore dice: “Mio caro amico e fratello, se non c'è altro che solo questo, allora vado a cacciarmi senza indugio dietro la voragine fiammeggiante, e se anche, secondo i calcoli della Terra, io vi dovrei soffrire tutto solo per mille anni, ma che sapessi che i miei poveri fratelli sono salvi, allora in quelle fiamme io tuttavia loderei e magnificherei il Signore, oltre ogni misura, per essere Egli stato tanto benigno e misericordioso verso i miei poveri fratelli prigionieri, tramite l'ausilio di questo Forestiero così pieno d'Amore!

               6.   Infatti, io sono persuaso di aver seguito puntualmente il tuo consiglio, e non già forzatamente, bensì con Amore e con la mia piena soddisfazione. Io mi sono rivolto al Signore, insieme ai miei fratelli, e quando la nostra fiducia nell'Amore e nella Misericordia del Signore aveva raggiunto il massimo grado, allora Questo Salvatore forestiero venne a me, ed io pensai: «Di una cosa sono certo, e cioè che io sono troppo indegno per attendermi un aiuto personale del Signore. Dato però che il Signore è tuttavia infinitamente Misericordioso, Egli mi ha certamente inviato nel Suo Santissimo Nome quest'Uomo quale un Salvatore e perciò sia a Dio ogni lode, ogni onore ed ogni Gloria! I fratelli sono salvi, e ciò senza la minima mia collaborazione; ora può accadere di me quel che si vuole!». Devo andare dietro la voragine, ebbene, dammi subito l'ordine ed io mi affretterò ad andarci, giubilando e lodando il Signore, e se possibile espiare dieci volte per ciascuno di loro!”.

               7.   Ora parlo io: “Bene, amico e fratello mio, ma lo dici proprio sul serio?”. E il priore risponde: “O amico e fratello, non si tratta che di fare una prova; dammi soltanto l'ordine e ti convincerai subito che voglio agire come parlo e come richiede la Santissima Volontà del Signore”. Ed io gli dico: “Bene, allora puoi subito incamminarti, dunque, recati là per amore dei tuoi fratelli!”.

               8.   E, vedete, il priore mi ringrazia per quest'ordine, si volge e s'incammina direttamente sulla via del ritorno, per prendere il suo posto dietro la voragine. Strada facendo si avvicina all'Uomo semplice e Gli dice: “Caro Amico e Fratello, Tu avevi ragione; infatti, come vedi, devo sul serio andare io stesso, per questi miei fratelli salvati, dietro la voragine a riflettere come si deve operare sulle Vie del Signore. Però ci vado volentieri, a me basta che i miei fratelli siano salvi e quello che riguarda me importa poco. Io posso soltanto lodare e magnificare il Signore per il Suo grande Amore e la Sua Misericordia ed amarLo sopra ogni cosa secondo la mia forza che, allora, le fiamme mi possono ben poco confondere; così ora vado nel Nome del Signore, ma quando Tu andrai da Lui, ricordati di me!”.

               9.   L'Uomo semplice dice: “O, di questo ne puoi essere certo! Io non ti dimenticherò; però, ora va e adempi la volontà del messaggero!”. E guardate, ora egli se ne va sul serio, giubilando nel Nome del Signore. Voi chiedete quanto tempo egli dovrà restare là. Ma io vi dico: “Non preoccupatevi per lui; egli sarà nuovamente qui, perché invece della voragine incontrerà là soltanto alti ospiti del Cielo, che gli faranno indossare una nuova veste.

             10.   Guardate, proprio ora sta venendo verso di me, indossando una veste bianca, con una corona lucente sul capo. Eccolo, ed io gli domando: “Caro amico e fratello, che cosa è mai ciò? Dov'è il tuo sacrificio dietro la voragine? Anziché espiare dietro questa, tu capiti qui, con indosso una celeste veste d'Amore”.

             11.   Il priore dice: “O caro amico e fratello, io non ci posso far nulla; vedi, mentre mi stavo avviando verso il triste retro del nostro refettorio, al posto della voragine stavano tre splendidi giovinetti che mi dissero: «Fratello nel Signore, noi sappiamo dove tu vuoi andare, però quella non è la tua destinazione, poiché questa è stata soltanto un'ultima prova per esaminare il tuo cuore. Levati perciò l'abito dei tuoi passati errori ed indossa questa nuova veste d'Amore e di Verità». Io mi rifiutai, e dissi loro: «O amici di Dio, io non sono degno di una simile grazia»; però il mio rifiuto non servì a nulla, poiché, volente o nolente, venni spogliato del vecchio abito e mi si fece indossare questa veste con la velocità d'un lampo, e ora mi ci trovo dentro e me ne vergogno per non esserne degno! Ma cosa ci posso fare? La veste oramai si trova nel mio corpo, e siccome non ne ho un'altra, non posso denudarmi ed affrontare le risate sdegnate dei fratelli. Però, io penso che il Signore permette che tutto ciò mi accada, affinché io venga umiliato da parte a parte. Perciò, anche per questo vadano a Lui ogni lode, onore e gloria, eternamente”.

             12.   Ora parlo io: “Certo, caro amico e fratello, se le cose stanno così, allora anch'io devo dichiararmi soddisfatto; ora però voglio farti una domanda ed a questa tu mi devi rispondere. Dimmi, che faresti tu, mettiamo il caso, se il Signore venisse a noi?”.

             13.   Il priore dice: “O amico e fratello, sarebbe spaventoso! In verità, se fosse possibile, preferirei mille volte di più trovarmi dietro la voragine fiammeggiante o di nascondermi nell'angolo più buio, o per lo meno di rimanere qui, però con indosso l'abito più misero che ci sia, poiché, se il Signore mi vedesse con questa veste, potrebbe chiedermi: «Come mai, tu sei giunto all'onore di questa veste, o tu, che ne sei certamente fra i più immeritevoli?». O Fratello, cento monti sarebbero pochi per coprirmi immediatamente, pur di non sopportare più a lungo una tale enorme e ben meritata ignominia dinanzi al Signore. Però, se a te fosse possibile di procurarmi un altro vestito, tu mi faresti un grande favore. Vesti piuttosto i miei fratelli, che sono certamente più degni di me, con queste vesti celesti; me, invece, avvolgimi con degli stracci e lascia che io rimanga dietro agli altri. Io desidero adorare il mio Signore, nella massima umiltà, senza essere visto, specialmente ora con questa veste non adatta per la mia meschina persona, poiché io sono l'ultimo fra tutti i miei fratelli!»”.

             14.   Ora parlo io: “Caro amico e fratello! Questo non dipende da me, va però da quell'Uomo semplice; Quegli è già in sé un vero Aiutante. Egli certamente ti ascolterà di nuovo e ti darà quello che desideri”.

             15.   Il priore dice: “Certo, mio caro fratello ed amico, poiché quello è un vero Uomo. Ti devo anche confessare che io ti voglio bene, ma che amo quest'Uomo, per lo meno al doppio che non te, per il motivo forse che Egli è più dolce nel suo linguaggio ed ascolta molto volentieri quello che Gli si dice; voglio perciò seguire il tuo consiglio e mettermi sotto la Sua protezione”.

             16.   E, come vedete, il priore va dal suo Uomo semplice, Gli espone il suo imbarazzo e Questi gli dice: “Caro amico e fratello, questo tuo desiderio Mi è oltremodo gradito, perciò avvenga quello che tu, con tanta umiltà, richiedi. Perciò, recati nel vicino pergolato e vi troverai una altra veste”.

             17.   E il priore ci va in un salto, ma ritorna immediatamente senza aver fatto nulla, dicendo: “Ma, caro amico, questo sarebbe proprio un bel cambio! Anziché un vestito cencioso, degno di me, ho trovato una veste azzurra sfavillante, orlata di stelle brillanti, completata da una cintura, rosso pallido e, oltre a ciò, era talmente profumata che, alla sua vista ed al suo delizioso profumo, mi sentii improvvisamente come rapito dall'estasi!

             18.   Io perciò ti prego di non farmi altre sorprese del genere, perché non potrei sopportarle. Piuttosto fammi trovare una comune giacca di pelle, da contadino, e se oltre a ciò dovesse essere lacera e rattoppata, io starei in essa indescrivibilmente più felice che in questa veste che mi opprime fortemente”.

             19.   E l'Uomo semplice dice: “Allora va laggiù, nel folto del fogliame, e troverai la veste giusta”.

             20.   E il priore se ne va, nuovamente correndo, ma questa volta non è tanto presto di ritorno, poiché deve aver trovato il vestito adatto. Ed è proprio così, poiché sta venendo in una casacca di traliccio grigio, ed è lieto di averla trovata; si reca poi dall'Uomo semplice e ringrazia Iddio dinanzi a noi per la Grazia ricevuta, ma questi gli dice: “Tu ti senti certamente a tuo agio in questa misera ed umile veste, ma se dovesse venire il Signore e vedendoti in questo stato ti dicesse: «Amico, come mai che non indossi la veste nuziale?»”. E il priore risponde:

             21.   “Anche se venissi gettato fuori nelle più fitte tenebre, non mi accadrebbe nient'altro se non quello che è perfettamente giusto e ragionevole. Mi si mandi pure nel caftuccio più meschino che ci sia, perché veramente quello là è il mio posto! Ma il considerarmi degno del Cielo, anche quale il più misero fra coloro che comunque si trovano nel Cielo più basso, deve essere eternamente per me l'ultimo pensiero”.

             22.   L'Uomo semplice dice: “Bene, ora però voglio dirti qualcosa in segreto. Vedi, il messaggero sta già preparando tutti i tuoi fratelli per la vicina apparizione del Signore, ed Io ti dico pure che Egli sarà presto qui! Che farai ora?”.

             23.   Il priore dice: “Caro amico e fratello, per amor del Signore Onnipotente conducimi dunque dove tu credi meglio, in qualche angolo riposto di questo giardino, e se non ti chiedo troppo rimani cgn me per lo meno fino a quando l'Onnipotente Signore avrà sbrigato il Suo santo intento con tutti questi fratelli, e se all'ultimo momento Egli volesse cercare anche me, allora mi getterei sulla mia faccia dinanzi a Lui ed invocherei la Sua divina Misericordia”.

             24.   L'Uomo semplice dice: “Allora, come stanno le cose con il tuo Amore per il Signore, dal momento che Lo temi tanto?”.

             25.   Il priore risponde: “Per quanto riguarda il mio Amore per il Signore, esso è effettivamente così potente che per Lui farei qualunque cosa, sempre che fossi in grado di poterla fare! Però, io sono già abbastanza contento quando, lontano da Lui, io posso silenziosamente amarLo nel mio cuore! Ma di stare vicino a Lui, non ne sono degno per tutte le eternità. Basta che io pensi soltanto alla mia autentica vita di filisteo sulla Terra ed al modo in cui io, non di rado, ho approfittato a mio favore della Potenza divina, che allora vorrei sparire dalla vergogna! Lascia dunque che io prenda al più presto la fuga, ciò che per ora è la cosa più salutare per me”.

             26.   E l'Uomo semplice dice: “Caro amico e fratello, Io non vorrei in nessun caso essere di ostacolo alla tua giusta umiltà, perciò seguiMi in questo angolo verso Oriente, là sarà difficile che ci scorgano, poiché il fogliame è tanto fitto che non è tanto facile vedere attraverso questo. Certamente l'Occhio di Dio è Onniveggente, ma questo per il momento non importa. Andiamoci dunque senza attendere oltre e là giunti faremo le nostre umili considerazioni quando il Signore apparirà; a meno che ci visiti per primi!”. Il priore dice: “Di questo puoi essere certo, poiché il Signore non va per primo dal più indegno, perciò saremo pienamente sicuri. Andiamo dunque!”.

 

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Cap. 96

* * * * *

Tutto deve essere rivelato davanti allo scranno del giudice di Cristo

Il beatissimo riconoscimento del priore

 

               1.   E ora il nostro priore con il semplice Forestiero stanno raggiungendo quel fitto pergolato, consistente in alberelli di fichi, e si riparano dietro ad esso.

               2.   Ora però fate attenzione, il noto monaco mi si avvicina di nuovo e modestamente mi chiede: “Caro amico e fratello, noi tutti indubbiamente ti riconosciamo quale alto messaggero del Signore, mentre non sappiamo chi veramente è quel semplice Forestiero. Puoi dirci perciò chi Egli è, poiché io L'ho osservato attentamente e ti devo confessare apertamente che, nel corso delle mie osservazioni, il mio cuore si riscaldava sempre più ed altrettanto succedeva pure ai miei fratelli. Io ritengo perciò che in quell'Uomo non si cela cosa di poco conto. Egli dovrebbe essere Pietro, oppure Paolo, o perfino il prediletto del Signore! Se non ho colpito troppo lontano dal segno, fammelo capire fraternamente. Io veramente non so cosa succederà di noi in futuro; dovremo forse andare nell'Inferno o per lo meno in Purgatorio? Comunque, questo è certo: io amerò questo semplice Uomo Forestiero per tutta l'eternità e ovunque mi troverò, e questo per la ragione della Sua semplicità e amorevolezza nei confronti del nostro priore, cedendo perfino alla sua debolezza e prendendolo alla fine perfino sotto la Sua protezione nell'eventuale e spaventosa venuta del Signore.

               3.   Ecco, questo sì che io voglio chiamare un vero amico degli uomini. Essere d'appoggio a qualcuno sulla Terra è una cosa semplice, aperta, poiché là ogni uomo gode della sua piena libertà, ma in questo Regno degli Spiriti, orribile, inesorabile, quasi completamente privo d'amore, di grazia e di misericordia, è cosa del tutto diversa trovare un amico così nobile e dietro al quale si possa ripararsi all'avvicinarsi di un simile spaventoso pericolo. Ti prego perciò una volta ancora, anche a nome di tutti questi fratelli, che tu mi dica chi è quest'Uomo. Egli forse sarebbe anche così benigno e misericordioso verso di noi, proteggendoci e coprendoci, quando il Signore comparirà spaventosamente con la faccia del Giudice inflessibile colmo d'ira!

               4.   O amico e fratello, tu non puoi certamente comprendere ed afferrare che cosa sia, per un povero peccatore, presentarsi dinanzi al Tribunale di Cristo! Io preferirei farmi seppellire, per l'eternità, alla massima profondità sotto questo suolo, che vedere, anche soltanto per un attimo, la Faccia del Giustissimo Giudice, eternamente inesorabile. Facci dunque questo ultimo favore, sempreché noi ne siamo degni, anche solo in minimissima parte; dopo di che noi ci dichiareremo soddisfatti, per l'eternità, della sentenza divina che sarà pronunciata a carico nostro. Salvaci, perciò, soltanto dal vedere la faccia del Giudice inesorabile!”.

               5.   Ora parlo io: “Caro amico e fratello, sai che tu pretendi da me delle cose strane e non rifletti che io non sono il Signore, bensì soltanto un suo indegnissimo servo? Come tale, io non posso fare quello che voglio, bensì soltanto quella che è la Volontà del Signore; e Questo forestiero non è né Pietro né Paolo e nemmeno il discepolo prediletto del Signore, bensì Egli è Uno che non è lontano da coloro che tu hai nominati, ma neppure lontano da me e da te. Questo ti basti per il momento.

               6.   Però, che tu voglia proteggerti dietro a Lui, insieme ai tuoi fratelli, dinanzi alla Faccia del Signore è cosa vana; pensi tu che la Faccia del Signore non ti trovi ovunque tu sia? Oh, tu sei in grande errore! Se però sei dell'opinione di poterti nascondere dietro le spalle di quell'Uomo semplice, così da evitare lo sguardo del Signore, segui allora con tutti i tuoi fratelli il priore e sul posto verrà dimostrato se tu sei sicuro dinanzi alla Sua Faccia.

               7.   Credi tu che il Signore verrà qui quando questo posto rimarrà vuoto? Questo non lo farà di certo, bensì si recherà direttamente dove voi sarete, se non addirittura sarà ad attendervi dietro il pergolato”.

               8.   Ora parla il nostro monaco: “O alto amico e fratello, tu mi hai detto ora delle cose spaventose; se questo è il caso, allora io non vorrei andare nel pergolato, ma piuttosto nascondermi solo, o tutt'al più con un fratello, in qualche angolo sudicio, dove appunto, a causa del sudiciume, Egli non mostrerà la Sua Faccia tanto presto”.

               9.   Ora parlo di nuovo io: “Caro amico e fratello, anche questo ti servirà poco, infatti, il Signore ti troverà dovunque, perfino se tu fossi sepolto nelle infime profondità. Perciò, è mia opinione che tu rimanga piuttosto qui con i tuoi fratelli e ti rimetta alla Volontà del Signore, e il Signore ti guarderà molto più benignamente nella tua obbedienza che se tu arbitrariamente volessi, da insensato, nasconderti a Lui, dinanzi al Quale, in eterno, nessuno può nascondersi”.

             10.   Il nostro monaco dice: “Se le cose stanno così, allora, nel Nome Onnipotente del Signore, avvenga la Sua Santa Volontà, poiché, in seguito al tuo discorso, siamo preparati a tutto!”. Ora parlo io: “Bene, se voi pensate così, allora andiamo anche noi dove sono andati il priore e l'Uomo semplice, per attendere là il Signore, nel posto più adatto di questo giardino”.

             11.   E, vedete, i monaci, come pure tutti i laici, si avviano seguendoci in tutta umiltà, ma anche con il cuore pieno di paura, verso il ben noto pergolato. E ora eccoci arrivati, lasciamo però, per un po', la nostra compagnia in attesa davanti al pergolato, mentre noi ci recheremo un po' più verso il retro a vedere come stanno le cose con il nostro priore.

             12.   Guardate, egli domanda già, con voce alquanto incerta, al suo Amico Protettore: “Per Amore del Signore, cosa significa ciò? La grande massa dei miei fratelli, che del resto mi sono cari, si è mossa proprio ora direttamente verso questo angolo, il quale ci serviva da nascondiglio. Alla fine si avvererà quello che Tu hai detto, cioè che il Signore si presenterà, in primo luogo, proprio là dove mi sarei nascosto. Caro Amico e Fratello, non sarebbe possibile cambiare posto?”.

             13.   L'Uomo semplice dice: “A che cosa ciò ti servirebbe? Non sai cosa intendeva Paolo con il dire: «Noi dobbiamo diventare tutti aperti, dinanzi al Tribunale di Cristo!»”. Il priore dice: “O caro Amico e Fratello, queste spaventose parole io le conosco anche troppo bene! Ma che cosa si può fare se, ciònonostante, non mi posso liberare di questa terribile paura del Signore?”.

             14.   Ora è l'Uomo semplice che parla: “Ascolta, Mio caro amico e fratello, Io sono in grado di darti un buon consiglio. Tu hai fatto osservare, un momento fa, che potresti amare il Signore sopra ogni cosa e saresti già contento, per tutta l'eternità, se ti fosse concesso di vederLo soltanto una volta sola, così, da lontano e di passaggio. Però, tu sai anche che il Signore è un grande Amico di coloro che Lo amano e che viene loro incontro, di nascosto, a mezza strada. Non sarebbe molto meglio che tu, anziché la tua grande paura, dedicassi al Signore il tuo Amore, e che il Signore poi, sempre di nascosto, venisse incontro a te, guarendoti dalla tua paura, male alquanto insensato? Io sono dell'opinione che questo sarebbe decisamente più conveniente che avere scioccamente paura di Colui Che si deve soltanto Amare sopra ogni cosa!”.

             15.   Il priore dice: “Certamente, caro Amico e Fratello, come sempre Tu hai perfettamente ragione. Oh, se mi fosse concesso di Amare il Signore così da non essere, con il mio amore, troppo insulso per Lui, poiché io sento, in modo veramente vivo in me, che posso Amare soltanto il Signore, indescrivibilmente e inesprimibilmente!”.

             16.   L'Uomo semplice gli dice: “Vedi, Mio caro amico e fratello, questo tuo linguaggio ora Mi piace infinitamente più di quello di prima; perciò Io voglio rivelarti un piccolo segreto. Vedi, Colui che tu hai tanto temuto, e temi ancora, non è lontano da te. Dimmi, temeresti tu tanto il Signore, anche se Egli volesse apparire di fronte a te, semplice e pieno d'Amore, del tutto simile a Me?”.

             17.   Il priore risponde: “O Amatissimo Amico e Fratello, sotto un simile aspetto certamente non avrei paura di Lui; in quanto all'Amore puro, credo che mi potrebbe quasi uccidere se dovessi scorgere, dinanzi a me, il Signore, così, nella tua semplicità!”.

             18.   L'Uomo semplice dice: “Vedi, la Tua paura deriva da una raffigurazione fondamentalmente errata del Signore, mentre il Signore non corrisponde nemmeno in minima parte a tale raffigurazione. E questa era anche la ragione per cui tu non potevi afferrare completamente il Signore, con il tuo Amore. Dato, però, che una buona volta ogni errore deve avere un termine, guarda qui! Anzitutto, osserva i Miei Piedi che portano ancora le stimmate, poi osserva le Mie Mani e poni, come Tommaso, la tua mano sul Mio Fianco trapassato, e ti persuaderai che anche dietro un fitto fogliame non ci si può nascondere dal Signore!”.

             19.   Ed ecco, finalmente, il priore riconosce il Signore nel suo Uomo semplice, e cade ai Suoi Piedi sopraffatto dal più potente Amore; non essendo in grado di parlare, piange e singhiozza. Ma il Signore si china subito su di lui, lo rialza, e gli dice: “Dimmi dunque, fratello ed amico sempre Mio, sono Io tanto orribile e tremendamente spaventoso come finora Mi hai raffigurato?”.

             20.   Il priore dice: “O Tu, Onnipotente e Amatissimo Signore Gesù! Chi avrebbe osato anche soltanto di pensare che anche nel Regno degli spiriti Tu sei tanto infinitamente Buono? O Signore, lascia che io esca e gridi con tutte le mie forze, così che la mia voce possa raggiungere tutte le immensità della Tua infinita Creazione, che Tu sei il Padre infinitamente Amoroso e Santo!

             21.   O Signore, quanto infinitamente beato sono ora che Ti ho così conosciuto! O certo, Tu sei il Cielo di tutti i Cieli e la massima Beatitudine di tutte le beatitudini! Se io ho soltanto Te, e se mi è concesso di AmarTi sempre di più, non chiedo né un Cielo né nessun'altra Beatitudine! Lascia che costruisca qui una capanna, che sia abbastanza grande da contenere me, i miei fratelli e Te, o Signore, ed io non la cambio di sicuro con nessun'altra beatitudine! Ma Tu, o Amorosissimo Santo Gesù, non ci devi più lasciare, poiché, oramai, senza di Te sarei eternamente infelice!”.

             22.   Il Signore dice: “Amico e Fratello Mio, Io conosco il tuo cuore, lascia stare quello che tu desideri, invece va’ là fuori dai tuoi fratelli ed annunziaMi loro così come Io Mi sono annunziato a te. Io ti seguirò ben presto per liberare tutti i tuoi fratelli, al pari di te, e vi condurrò poi alla vostra vera ed eterna destinazione! Va’, dunque, ed opera secondo il Mio Amore. Amen!”.

 

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Cap. 97

* * * * *

Una confessione del predicatore

 

               1.   E, vedete, il nostro priore esce da dietro il pergolato e va dai suoi fratelli, come il Signore gli ha comandato, ed è al massimo della beatitudine; seguiamolo anche noi, per vedere come eseguirà il nuovo incarico.

               2.   Il ben noto monaco loquace gli è già andato incontro e gli chiede con una faccia che tradisce lo spavento: “Ascolta fratello, com'è possibile che in questi momenti spaventosi, durante i quali noi, tu compreso, siamo in attesa del Giudice inesorabile, puoi uscire dal tuo nascondiglio con una faccia tanto lieta? Forse, questa è opera della tua semplice Guida oppure ti sei persuaso da te, così da superare la prova? Non vorresti dire a me e a tutti gli altri, come hai fatto a raggiungere tanta letizia in questo terribile momento? Al Signore vada ogni lode, ogni onore e tutta la riconoscenza per averti concesso una tale Grazia, ma in compenso noi poveri peccatori sopportiamo qui una angoscia ed un affanno tanto maggiori. Oh, se anche noi potessimo essere un po' aiutati, sarebbe per noi veramente molto fruttuoso, per il nostro animo angustiato.

               3.   A dire il vero, quante volte sulla Terra ho predicato al popolo dal pulpito, quanto sia spaventoso presentarsi dinanzi alla Faccia del severo Giudice e ancora più spaventoso poi cadere nelle Sue Mani. Può darsi che parecchi dei miei uditori si siano sentiti terribilmente scossi fin nell'intimo da quelle mie prediche; è però certo che ho preso a cuore tali mie prediche meno di tutti e, come sapete, rientrato in convento, non ho mancato di gustare con appetito un buon boccone, accompagnato da un buon bicchiere di vino”. Qui, invece, si realizza esattamente il detto: “Chi scava la fossa agli altri, alla fine vi cade egli stesso, così che ora mi trovo in questa fossa fino al collo e sento fortemente e in modo vivo, quello che, durante la mia esistenza terrena, volevo far sentire agli altri con le mie prediche. Ecco perché ti prego con tanta insistenza affinché tu voglia comunicare a noi tutti, com'è possibile, nella condizione in cui ci troviamo, che tu sia di animo così lieto. Perché credo che ciò potrà forse giovarci per procurare a noi un po' di conforto”.

               4.   Il priore dice: “Ascolta, dunque, amatissimo fratello, la causa della mia paura di un tempo e della tua attuale del Signore sta nel fatto che noi non abbiamo mai voluto il Signore così come Egli è nella Sua realtà, bensì abbiamo fatto di Lui l'essere più spaventoso di tutti gli esseri. Così, in seguito, noi abbiamo perduto il Vero Cristo, il Quale, perfino dalla Croce, sanguinante e morente, benedisse i Suoi più grandi nemici, torturatori e calunniatori, scusandoli per la loro ignoranza; quel Cristo che accolse a cuore aperto quel malfattore che si era rivolto a Lui e che non ha condannato nemmeno l'altro, che Lo oltraggiava perfino sulla Croce. Noi, al posto di Questo Vero e Santissimo Cristo, ci siamo formati un Cristo tirannico, pronto a punire o a covare costantemente vendetta, fino al giorno fissato, dalla nostra fantasia malata, nel quale avrebbe dovuto aver luogo il giudizio. Mentre avremmo per lo meno dovuto capire che se il Signore avesse voluto vendicarsi della Sue misere creature, non avrebbe avuto bisogno di un termine di così lunga scadenza, ma avrebbe potuto fare con loro come fece con Sodoma e Gomorra.

               5.   Inoltre noi ci raffiguravamo il Cristo sempre in una tale inaccessibile altezza, dalla quale Egli, per così dire, si curava ben poco delle Sue creature, bensì le lasciava completamente libere, fino al giorno del giudizio, dato che esse avevano la Sua Parola e la Sua Legge, mentre non riflettevamo abbastanza sulle parole del Buon Pastore e così pure la promessa «Io rimango con voi fino alla fine dei tempi» è passata inascoltata dinanzi al nostro cuore sordo e noi, anziché soffermare il pensiero sulla vivente Presenza del Cristo, ci accontentavamo di quella del morto cerimoniale, attraverso il quale perdevamo sempre più il Vero Cristo.

               6.   Noi trasformavamo tutto ciò che era spirituale in materiale e infine abbiamo avuto l'ordine di essere giornalmente i creatori del Cristo, (attraverso la transustanziazione) e peccammo con questa pretesa di potenza, che grida vendetta al Cielo, contro l'Amore e la Misericordia divina! Considerato che il Cristo pieno d'Amore non avrebbe reso tanto, in termini temporali, quanto quello severissimo secondo la Legge inesorabile, noi sottoponemmo tutto alla Sua rigorosa Giustizia, invece di sottoporlo, come esseri deboli, al Suo eterno Amore ed alla Sua Misericordia. E come Lo abbiamo reso così terrenamente sopportabile e produttore d'interessi, così Egli è rimasto anche qui per il nostro animo, fino al momento attuale.

               7.   Credete che il vero Cristo Si sia perciò veramente trasformato ed abbia assunto l'aspetto che noi, nella nostra fantasia malata, Gli abbiamo dato? Oh, no, miei cari fratelli! Egli è rimasto come sempre era, e come eternamente sarà, lo stesso Padre Santo, infinitamente Buono e Misericordioso.

               8.   Egli è pure sempre quello stesso Amico amoroso che dice a tutti: «Venite a Me voi tutti, che siete affaticati e stanchi, ed Io vi ristorerò».

               9.   Oh, amici miei cari, io vorrei ancora dirvi, se mai un abitante della Terra può commettere un peccato gravissimo, non se ne potrebbe trovare tanto facilmente uno come questo in cui, per indegna avidità di lucro terreno, sono stati disconosciuti l'inesprimibile Bontà e Amore del Signore, così come l'abbiamo disconosciuto noi!

             10.   Riflettete sulla parabola del figliol prodigo; che fece questo, di tanto rilevante, così da potersi riconciliare con il padre suo, profondamente afflitto!? Nient'altro se non a ritornare a casa da suo padre e ancora, spinto e costretto dalla tremenda fame e da altre necessità della vita, per essere là, in casa del padre, comunque, quale l'ultimo servo. Che fece invece il padre suo? Egli andò incontro al figlio che stava ritornando, quando quest'ultimo gli cadde ai piedi e gli espose la sua impellente necessità, il padre lo rialzò, lo strinse al suo petto, gli fece indossare la veste più splendida e ordinò, per soprappiù, che si preparasse un banchetto di gioia.

             11.   Ditemi, cari fratelli, abbiamo mai considerato Cristo da questo punto di vista? È vero che abbiamo predicato anche la parabola del “figliol prodigo”, ma come? Il figlio perduto doveva convertirsi grazie alla nostra confessione e poi attraverso ogni tipo di penitenze da noi imposte, che, non di rado, erano peggiori del mangiare dei maiali del figliol prodigo in terra straniera. E quando un tale figlio perduto, dopo la confessione, si era anche realmente convertito, anziché l'Unico Padre veramente Buono, egli non trovava altri se non noi che lo avevamo indotto al presunto ritorno, senza tanto pensare chi era veramente il Padre, dove Egli veramente è e da che parte il figlio perduto avrebbe dovuto dirigersi!

             12.   Ecco quello che veramente abbiamo fatto, mentre il Buono e Santo Padre non è mutato. Voi siete, insieme a me, nient'altro che tali e quali figlioli perduti, che hanno dissipato, molto prima, i beni ricevuti dal Padre sulla Terra, facendo una vita dissoluta. Oramai è già da lungo tempo che sentiamo amaramente la nostra povertà, fuori dalla Casa Paterna. Ritorniamoci e gettiamoci ai Piedi del Padre, non perché ci prepari un sontuoso banchetto e ci accolga con grandi festeggiamenti, ma soltanto perché ci sia concesso essere veramente gli ultimissimi nella Sua Casa Paterna e amarLo poi con tutte le nostre forze viventi!”.

             13.   Il monaco dice: “Oh fratello, quali parole hai pronunciato e quale balsamo celeste hai, con ciò, versato nei nostri cuori! Oh, certamente ci hai portato l'eterna Verità; come potevamo temere il Buonissimo Padre Santo, Colui che dovevamo attendere con la massima gioia e con il massimo amore del nostro cuore? Fratello mio caro, io ti posso assicurare che mi hai tolto dal cuore anche tutta la paura che avevo per la comparsa del Signore ed in modo tale che non avrei timore nemmeno del più severo giudizio. Infatti, a me basta soltanto sapere che posso amare il Cristo, il Quale è così infinitamente colmo d'Amore. Dato che Egli, in Se stesso, è tanto infinitamente Buono e Amoroso e sento che posso essere felice dappertutto, quando posso Amare Lui, che è l'Amore nella Sua Pienezza.

             14.   Io ti ringrazio, caro fratello, anche a nome di tutti questi nostri fratelli, per averci portato questa splendida notizia, che ti è stata certamente suggerita da quell'Amorevole Uomo semplice. E ti do pure la piena assicurazione che io, e noi tutti, non cesseremo mai di Amare eternamente il Vero Cristo sopra ogni cosa, perché Egli, in Sé e fuori da Sé, è tanto misericordioso ed infinitamente Buono! Infatti, chi non potesse amarLo così, dovrebbe essere il peggiore demonio infernale. E come io, prima, avevo tanta paura di comparire dinanzi alla Sua Faccia, così, d'ora in poi, sarà eternamente il mio più ardente desiderio, nella mia grande indegnità, vedere il Santissimo Padre, faccia a faccia, sia pure una volta soltanto.

             15.   Oh, Tu, mio caro Cristo! Quanto Ti Amo ora Che Ti ho conosciuto meglio di quando ero sulla Terra! Sii verso di me, povero peccatore, benigno e misericordioso, solamente quel tanto da non togliermi questa mia Beatitudine, che consiste nel poterTi Amare, con tutte le mie forze, ovunque la Tua Misericordia e la Tua Santa Volontà mi destineranno. Oh Signore, io non Ti chiedo nulla, poiché non sono degno della minima grazia, lasciaTi soltanto Amare da me e, se è possibile, lasciami struggere completamente in tale mio Amore per Te!”.

             16.   Il priore dice: “Mio caro fratello, dal momento che tu sei tanto cambiato nel tuo animo, ti piace quel mio Uomo semplice che proprio ora esce da dietro al pergolato?”.

             17.   Il monaco dice: “Oh carissimo fratello, quest'Uomo mi è sempre piaciuto immensamente, fin dal Suo primo apparire, io Lo seguirei dovunque volesse recarsi e qualunque fosse il posto in cui volesse mettersi in attesa del Signore, io vi rimarrei fermo come una roccia, per una eternità, senza spostarmi nemmeno di un soffio. Questo sarebbe proprio un Uomo, al cui collo mi getterei riversando a Lui tutto il mio Amore”. Il priore dice: “Che faresti tu, allora, caro fratello, se il Signore della Terra e di tutti i Cieli ti Si avvicinasse in tale semplicità?”.

             18.   Il monaco dice: “Oh fratello, per esprimere un tale sentimento, credo che perfino agli spiriti celesti più elevati stenterebbero ad uscire dal petto le parole. Infatti, una tale beatitudine sarebbe insopportabilmente grande, anche se dovesse durare un attimo”.

             19.   Il priore dice: “Discuti con il semplice Uomo stesso, che proprio ora si avvicina a noi; Egli è certo in grado di darti i migliori chiarimenti su ciò in cui, credimi fratello, a me mancano le parole”. Perciò ti dico: «Va’ tu, anzi, andate voi tutti incontro a quest'Uomo semplice; Egli mostrerà a voi, come ha mostrato a me, la Vera Via che conduce al Padre, e non solo, ma anche il Padre stesso!». Di più non posso dirvi!”.

             20.   Ora, però, l'Uomo semplice apre le braccia e dice: “Figlioli, venite nelle braccia del vostro Buon Padre, poiché Io sono Colui del quale avevate tanta paura!”.

             21.   Un grido generale parte da tutti i cuori e tutti cadono ai Suoi Piedi e piangono di gioia per il grande Amore per Lui! E tutto ciò che si può ascoltare dalla loro bocca è: “Oh Tu Padre Santo! Tanto infinitamente Buono sei Tu? O se noi potessimo amarTi soltanto in una minima parte, di tutto quell'Amore di cui sei degno!”.

             22.   E, vedete, il Signore si china su di loro, li rialza tutti e dice: “Figlioli, ascoltate ed apprendete la Mia severa sentenza di Giudice, che così suona: «SeguiteMi, poiché il vostro Unico e Vero Padre Buono vuole condurvi Egli stesso nel luogo adatto della vostra destinazione, che sempre più migliorerà, nel Regno Mio!». Non però qui, in questo luogo, dove è ancora visibile buona parte del vostro inganno dei sensi, bensì in un posto viventemente puro Io voglio mostrarvi ciò che dovrete fare e come dovrete veramente amarMi, perfettamente in Spirito ed in Verità, e perciò, in tale Amore, adorarMi quale Unico Dio eternamente Vero! Dunque, abbandonate qui tutto e seguiteMi!”.

             23.   Ed ecco, ora il Caro Padre riporta nuovamente nella Sua Casa un altro manipolo di figli perduti, ed essi lo seguono, lodando e magnificando il Suo Santo Nome. Seguiamoli noi pure, affinché possiamo assistere alla piena soluzione.

 

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Cap. 98

* * * * *

Il segreto del vero progresso

 

               1.   E, guardate, ora noi ci troviamo sulla riva della grande distesa d'acqua, a voi già nota; come l'attraverseremo? Io vi dico: “Con una simile Guida non c'è ragione di preoccuparsi, poiché Egli sa come trasformare immediatamente l'acqua in terraferma; una cosa simile voi non l'avete ancora vista”. Guardate come il priore, che si trova più vicino a lui, Gli chiede: “Oh Tu, eterno Amore! Mio Amatissimo Gesù, che faremo dinanzi a questo mare, così infinitamente ampio?”. E il Signore dice: “Caro amico e fratello nel Mio Amore, ci cammineremo sopra”.

               2.   Il priore chiede: “Oh Tu, Amore mio, l'acqua ci sosterrà?”. Il Signore risponde: “Come puoi fare una tale domanda accanto a Me? Non sai, dunque, che a Me tutto è possibile e che Io sono anche un Signore di tutte le acque? Ed ecco, guarda: «Io voglio che questa grande distesa di acqua diventi immediatamente terraferma, rimanga tale e ci sostenga fino a quando noi tutti l'avremo attraversata. Però, non appena avremo raggiunto il punto stabilito, che si trova nell'altra sponda, essa si sciolga nuovamente nel suo liquido elemento. Così avvenga!». Vedi ora ancora dell'acqua?”.

               3.   Il priore dice: “Oh Tu, mio Onnipotente, Santo Amore! Tu, Padre Buono e Santo! Com'è possibile ciò? Quanto rapidamente tutto ciò si è mutato! L'infinita distesa d'acqua, fortemente fluttuante, è diventata un terreno solido, su cui poter camminare senza paura ed esitazione! Come possiamo ringraziarTi per esserTi mostrato dinanzi a noi, tanto meravigliosamente Onnipotente e Amoroso?”.

               4.   Il Signore dice: “Mio caro amico e fratello, l'unico ringraziamento caro e prezioso a Me gradito è sempre e soprattutto un cuore che Mi Ama”. Io ti dico: “Nessuna offerta di ringraziamento, nessun «Te Deum laudamus», nessuna festa d'esultanza e nessuna cerimonia di ringraziamento Mi è gradita, anzi, al contrario, Io ne sento nausea, come dinanzi ad una carogna imputridita e puzzolente dinanzi alla fossa. Ma un cuore umile, che sempre Mi Ama, è per Me una magnifica pietra preziosa di valore incalcolabile nell'infinita Corona della Mia eterna Potenza divina e della Mia Magnificenza ed è per Me come una goccia di balsamo versata sul Mio Cuore Paterno, ardente d'Amore, la quale Mi ristora oltre ogni dire ed aumenta la gioia di tutta la Mia infinita Divinità, in un modo assolutamente inesprimibile, per te e dinanzi a te!

               5.   Rimani, perciò, nel tuo Amore per Me, e non cercare altro per l'eternità; perché così tu sei per Me tutto ciò che devi essere e allora sarò Io pure, per te, tutto quello che veramente posso essere, cioè il tuo Dio Creatore e Padre eternamente Amorosissimo! L'Amore è l'unico legame fra Me e te, Esso è l'unico Ponte, meravigliosamente onnipotente, fra Me, l'Infinito Creatore e te, Mia creatura finita. Attraverso questo Ponte, Io posso venire a te e tu a Me, così come un padre caro viene ai suoi figlioli ed i figlioli vanno al loro padre.

               6.   L'Amore è pure il tuo vero occhio, così come Esso è il Mio Vero Occhio, eternamente unico; soltanto con tale occhio ti è possibile vedere Me, il tuo Dio e Creatore, così come un fratello vede l'altro. Per qualunque altro occhio, Io sono, nella Mia Essenzialità, eternamente invisibile. L'Amore è inoltre il braccio destro del tuo essere, con il quale tu puoi stringerti a Me, come un fratello. L'Amore è anche l'orecchio fine ed acuto, l'unico che possa intendere la Mia Voce Paterna, dove nessun altro orecchio potrà sostituirsi eternamente.

               7.   L'Amore è una meta posta tanto infinitamente lontana che nessun intelletto e nessuna sapienza umana possono mai raggiungere. Però l'Amore vero incomincia proprio da questa meta, verso la quale, inutilmente, l'intelligente ed il sapiente tendono le loro orecchie. Certamente l'Amore è il più interiore e il più fine strumento visivo dello Spirito e soltanto con questo strumento puoi scrutare nelle Mie divine profondità miracolose, mentre l'intelletto e la sapienza umana non sono in grado nemmeno di sfiorare l'estremo orlo della Mia Veste. Perciò, tu e i tuoi fratelli siete anche beati, dato che, come prima cosa, avete accolto l'Amore in voi, l'Amore che ha tramutato ora quest'acqua in un solido sostegno, attraverso il quale Io stesso voglio condurvi, come l'Unica Vera Guida e quale il vostro Unico e Vero Padre e fratello, nel vostro Amore per Me, come pure nel Mio Amore per voi. Dunque, per tutta l'eternità, non avete da pensare ad alcun ringraziamento, poiché il tuo Amore è tutto nel Tutto, così come Io, nel Mio Amore per te e per voi tutti, sono il Tutto nel Tutto! E ora vogliamo iniziare la traversata su questo ponte; dunque, seguiteMi!”.

               8.   Come vedete, il corteo procede lentamente e vi posso assicurare che, per quanto a voi sembri che si vada passo a passo, tuttavia ci muoviamo con una rapidità per voi inconcepibile. Infatti, procedendo a lato del Signore di un passo, considerato tanto in senso spirituale che materiale, rende di più che se voi, in misura terrena corrispondente, faceste dei passi che andassero da un Sole all'altro.

               9.   Però dovete afferrare bene la cosa e capire quale sia la differenza fra i progressi materiali e quelli puramente spirituali. Infatti, questo movimento non indica qui soltanto un procedere visibile in avanti, bensì il significato lo si deve piuttosto considerare come applicato a qualcuno che si lascia guidare dall'Amore del Signore nella sua sfera interiore della conoscenza e che, in un istante, o corrispondentemente in un passo, da’ una esperienza indicibilmente più grande ed acquista nella Verità una chiarissima facoltà visiva, infinitamente maggiore e più estesa che non un indagatore dell'intelletto e della sapienza umana, in parecchie migliaia di anni terrestri.

             10.   E, per parlare in maniera ancora più comprensibile, un passo, sotto la guida del Signore, ha maggior valore che non milioni di passi sotto la guida di uno spirito, per quanto illuminato! O meglio detto ancora: “Una parola dalla bocca del Signore ha maggior valore che non tutte le parole che su tutti i corpi mondiali sono state pronunciate o scritte da tutti gli uomini”. Non occorre certamente che Io vi dica di più a questo riguardo.

             11.   Nel frattempo, però, noi abbiamo superato la zona dell'acqua, volgete lo sguardo dietro a voi e scorgerete che al posto del precedente terreno solido c'è nuovamente il nostro mare interminabile. E guardate, anche il Signore rende attenti di ciò coloro che Lo seguono e dice al priore: “Guarda un po' dietro a te e ora osserva qui davanti a te questo luogo e dimmi se ti piace”.

             12.   Il priore dice: “Oh Signore e Padre, eterno Amore mio! Dove Tu sei, tutto è bello, e mi piace indicibilmente, senza di Te, tanto qui che in qualsiasi altro luogo, sarebbe eternamente da disperarsi”.

             13.   Il Signore dice: “Tu hai parlato bene; così è e non altrimenti. Con Me voi potete tutto, ma senza di Me, nulla! Perciò è bene essere sempre vicini a Me! All'infuori di Me non vi è in nessun luogo un essere che abbia consistenza e stabilità, poiché Io sono la Via, la Verità e la Vita! Chi rimane in Me, per mezzo dell'Amore, ed Io in lui, quegli ha la Luce, la Verità e la Vita. Continuate, perciò, a seguirMi, ed Io voglio indicarvi un altro posto, per vedere se vi piacerà. Se lo gradirete, allora vi potrete scegliere là una dimora, se non dovesse piacervi, ne cercheremo un altro. Dunque, seguiteMi!”.

             14.   Ed ecco, il corteo si muove tra l'Oriente e il Mezzogiorno e là in fondo, dietro quei monti lucenti, faremo nuovamente sosta in una regione indescrivibilmente bella, dove i nostri ospiti dovranno sostenere una prova piuttosto forte, poiché c'è nascosto in loro ancora un nodo, cioè l'amore per la donna, in seguito al quale essi erano nemici del celibato, non già da per se stessi, ma costretti dall'Ordine chiesastico e dalle circostanze, ad osservarlo. Però, a dire il vero, quali celibi, hanno fatto il loro dovere e neppure uno di loro sulla Terra si è lasciato andare verso una donna, dal punto di vista dell'amor carnale.

             15.   Soltanto che il merito è relativo, per il fatto che il luogo dove hanno trascorso la loro vita claustrale, riguardo a bellezze femminili, stava molto male da parecchi punti di vista e ciò, tanto riguardo all'avvenenza, quanto all'estetica dell'abbigliamento ed al linguaggio e ad altro ancora, sempre considerato dal lato estetico mondano. Dunque, in quel chiostro andavano a confessarsi soltanto delle donne vecchie, poiché dalle giovani quell'ordine religioso veniva considerato troppo rigido. Date queste premesse, in primo luogo, era quasi escluso qualsiasi allettamento in contrasto con il celibato e poi anche la vittoria su tale eventuale allettamento occasionale da parte di questi condannati al celibato non era poi tanto grave da paragonare a quello che le generazioni successive hanno dovuto attraversare. Ecco la ragione per cui essi devono sostenere questa prova alla presenza del Signore.

             16.   Io vi dico: “In questo primo luogo di sosta avremo occasione di vedere anche spiriti femminili beati, alla vista dei quali pure a voi incomincerà a girare la testa”. Oltre a ciò, anche il luogo stesso sarà tanto celestialmente bello che voi, ad eccezione della Città santa, non avete visto ancora nulla di simile, cosicché verrà constatato ben presto, mettendolo sulla bilancia, quale posto abbia l'Amore per il Signore in questi nuovi salvati. Però, questo sarà oggetto delle nostre considerazioni soltanto la prossima volta.

 

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Cap. 99

* * * * *

Ancora una forte prova

 

               1.   Noi ci troviamo già sulla sommità dei monti, che poco fa abbiamo visto brillare da lontano dinanzi a noi. Guardate questa regione indescrivibilmente bella, che si estende all'infinito, un po' più sotto a queste montagne, con grande sontuosità e varietà meravigliose. Delle splendide valli, molto ampie, si alternano con delle catene di colline, incrociandosi in tutte le direzioni. Ci sono dei magnifici ruscelli, la cui acqua sembra d'oro trasparente e quest'acqua si muove con bene ordinata vivacità, e dove un ruscello sfocia nell'altro, come potete vedere, si forma sempre un lago rotondo, che, con il fluttuare alla sua superficie, sviluppa uno splendido gioco di raggi. Alle sponde di questi laghi ci sono dei magnifici palazzi, dal tetto color rosso lucente, tetti che non hanno lo scopo di riparare dalla pioggia, bensì, grazie alla loro trasparenza, di far affluire nell'interno la luce, nelle gradazioni di colore più diverse.

               2.   Osservate, poi, la struttura di tali palazzi, ognuno dei quali vanta una diversa splendida architettura, di stile elevato e come, dalle molte finestre, anzi da ognuna di esse, esce una luce di diverso colore. Il terreno che circonda questi splendidi palazzi è coltivato a giardino, dove crescono, in filari ben ordinati, dei graziosi alberelli carichi dei migliori frutti e così pure dei fiori lucenti, d'uno splendore mai sognato. In mezzo a tutto ciò, ci sono magnifici padiglioni da giardino, di vario genere, che in parte hanno l'aspetto di piccoli giardini pensili, in parte sembrano torri con delle splendide cupole. Altri ancora hanno forma di templi, retti da colonne irradianti, che si distinguono tra loro dalla diversità del tetto, ora arrotondato, ora piramidale. E inoltre guardate le splendide cinte dei giardini, consistenti in bellissime arcate e pergolati, dove si può passeggiare di sotto, come pure di sopra.

               3.   Osservate ancora le graziose navicelle, nelle quali parecchi spiriti beati di questa regione si cullano alla superficie di tali acque meravigliose e navigano da una sponda all'altra. Ascoltate pure i canti soavi, che da lontano giungono al nostro orecchio. E dovunque, sulle colline, c'è una chiesa provvista di un campanile molto alto, con una rispettiva campana dal suono magnifico. Anzi, voi potete persuadervi proprio ora di quale sia il suono di tali campane, dato che, appunto in occasione della nostra comparsa, vengono suonate tutte.

               4.   Queste campane non hanno il suono di quelle della Terra, bensì il loro suono somiglia a quello dolcissimo delle vostre cosiddette arpe eolie, soltanto che questo suono è inesprimibilmente più puro, risuona a grandi distanze e potete percepire il rapporto armonico purissimo tra le note gravi e quelle acute e viceversa.

               5.   Ora, però, volgete il vostro sguardo in avanti, dove, dinanzi a voi, s'apre una via diritta, la quale certamente non ha l'aspetto di una strada maestra della vostra Terra, bensì piuttosto assomiglia ad un nastro di velluto, largo parecchi klafter, magnificamente intessuto con oro e pietre preziose ben pulite. Da ambedue i lati crescono degli alberi, che sono contemporaneamente pieni di fiori profumati e carichi di frutta matura di squisito sapore. E, sempre su questa via, voi potete vedere una processione, naturalmente senza stendardi, bandiere e senza Crocifisso, la quale si muove alla nostra volta. I componenti recano tra le mani dei rami di palma radianti e oltre a ciò gli esseri femminili portano dei cestelli, colmi di ogni sorta di frutta celesti, per accogliere, al più presto, gli ospiti in arrivo, nel modo più amorevole e con grande spirito d'ospitalità.

               6.   E, vedete, la processione ci è sempre più vicina e gli spiriti angelici femminili si affrettano a precederla con i loro cestelli, per arrivare prima presso di noi. Due di loro sono già qui. Osservate l'infinita delicatezza e la bellezza veramente meravigliosa della loro forma, tutto in loro è di una rotondità sublime ed eterea. Dalla loro faccia si irradia una gentilezza veramente celestiale, nella loro beata letizia, e le vesti, straordinariamente sottili, annunciano lo stato di grande innocenza di questi esseri. Ora, però, tutte queste fanciulle-angeli si approssimano sempre più e sempre più si scorge anche lo splendore delle loro figure.

               7.   Ascoltate il loro modo di parlare, celestialmente dolce e di tono soave e come esse salutano la nostra compagnia, dicendo: “Oh, venite, oh voi splendidi amici del nostro Santissimo e Amorosissimo Padre e ristoratevi con i nostri frutti, che abbiamo portato qui con il cuore palpitante d'Amore. Oh, come siamo felici di avere avuto la gioia immensa e beatificante di vedere una volta ancora, in testa al vostro corteo, il nostro Signore, Iddio e Padre, Buono e Amoroso sopra ogni cosa”.

               8.   E ora guardate i nostri fratelli salvati come incominciano tutti a fare tanto d'occhi, e il priore si rivolge proprio ora al Signore, dicendo: “Oh Signore, Tu Buonissimo e Misericordioso Padre di tutti gli esseri in Cielo e sulla Terra, che cosa è mai ciò?”. Sono, forse, questi degli spiriti angelici che hanno vissuto una volta sulla Terra, oppure sono degli angeli purissimi degli altissimi Cieli? Infatti, qualcosa di tanto meravigliosamente bello non si è ancora mai presentato, nemmeno nel più profondo del mio essere, quale un leggero barlume. Io, sulla Terra, ero un rigido propugnatore del celibato, però, se nel momento massimo del mio zelo per il celibato mi si fosse presentato qualcosa di somigliante, sia pur lontanamente, in verità, ciò mi avrebbe trasportato di colpo nel più ignominioso maomettismo. Qui si tratta di dire proprio letteralmente: «Signore e Padre, aiutaci, altrimenti siamo perduti!»”.

               9.   Il Signore dice: “Dunque, Mio caro amico e fratello, questa volta abbiamo trovato proprio quel posticino che ti piace? Da quanto osservo, sembra che tu non sia alieno dal mettere casa qui e dal cercarti una cara sposa celeste, dato che qui non si può più, effettivamente, parlare di andare perduti, e che tu ed i tuoi fratelli potete scegliere a vostro piacere, in Mia presenza. Se tu, dunque, qui sei contento, puoi sceglierti subito una sposa celeste ed anche un palazzo ed Io benedirò te e tutti gli altri ed annunzierò, oltre a ciò, a te ed a ciascun altro, qual è il suo compito celeste. Questa è in breve, la Mia proposta, sempre alla condizione della tua libera scelta”.

             10.   Il priore e così pure i suoi fratelli, guardano ora la zona, ora il Signore, e quasi più a lungo le spose celesti, e il priore, proprio per ciò, non può essere tanto presto pronto con la risposta, così che parla fra sé, come segue: “Qui sarebbe certamente bello rimanere a fianco di una simile sposa celeste e in un simile possesso splendissimo, così che non ci sarebbe proprio altro da desiderare!”. In verità, secondo me, l'immaginare un Cielo più Cielo di questo, dovrebbe essere semplicemente impossibile a qualunque spirito immortale, per tutta l'eternità. Se in questo caso non si sente il bisogno di un buon consiglio, non lo si sentirà più per l'eternità. Però, quando penso a che cosa si sentirebbe, abbracciando una simile sposa celeste, stringendola immortalmente al proprio petto immortale, colmo di rovente Amore celeste, mi vengono le vertigini e vorrei volentieri, anzi, molto volentieri, pronunciare dinanzi al Signore il mio sonoro “sì”, premesso che, in tutte queste magnificenze che ci circondano, ci sia una vera base solida.

             11.   E se invece tutta questa storia non fosse che una prova? Se si dovesse dare un morso a questa mela, al pari di Eva in Paradiso, insieme al povero Adamo, e dopo il morso tutta questa regione meravigliosa si tramutasse in un'altra, dalla quale ci guardi Iddio, per tutta l'eternità? In questo caso, il magico morso celeste verrebbe a costarci molto, ma molto caro! Oh, se io potessi soltanto sapere se tutto ciò ha effettivamente una consistenza d'eterna durata, allora vorrei - oso appena pensarlo in me - tuttavia pronunciare così di nascosto il mio “sì”, per la proposta sottopostaci dal Santissimo, Amorosissimo Padre”.

             12.   A questo punto, il monaco a noi ben noto si avvicina al priore e gli dice: “Ascolta fratello, quanto a lungo farai tu attendere una risposta al nostro Amorosissimo e Santo Padre? Se toccasse a me rispondere, lo avrei già fatto da tempo, d'accordo su ciò, con parecchi altri fratelli. Ed io ti dico che non avrei risposto altro se non quello che mi suggerisce il mio sentire più profondo, e precisamente: «Oh Signore e Padre, in tutto il Tuo infinito Amore e Misericordia, con Te e presso di Te è oltremodo bello e buono stare e perciò anche in queste celesti magnificenze. Se Tu rimani qui, anch'io mi sentirò superbeato qui. Se invece Tu, quale santissima Fonte prima di tutti questi splendori, non rimani qui e se questa non è la tua costante dimora, allora neppure io voglio rimanerci, bensì, se è la Tua Volontà, verrò avanti con Te, fino a che Tu dirai: ‘Qui Io dimoro!’». Non ritieni fratello, che questa sarebbe una giusta risposta?”

             13.   Il priore dice: “Sì, certo, fratello caro, tu mi hai destato da un sogno, tu hai ragione, così risuona anche nel mio profondo e così voglio parlare al Signore, poiché Egli, è più di tutte queste celesti magnificenze!”.

 

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Cap. 100

* * * * *

La destinazione celeste

 

               1.   E ora il priore si rivolge al Signore e dice: “Ti prego di volermi benignamente ascoltare, oh Onnipotente Padre, tanto Amorevole e Santo! Per quanto Tu conosca perfettamente tutti i miei più intimi pensieri e sentimenti, tuttavia voglio parlare dinanzi a Te, poiché Tu lo desideri. Per quanto riguarda la Tua santa ed amorevole proposta, ora non c'è più alcun dubbio in me che se noi l'avessimo accettata Tu l'avresti anche mantenuta, poiché Tu sei dappertutto ed in ogni cosa, l'Amore, la Fedeltà, e la Sapienza eterni! È vero che se io contemplo questi esseri angelici, nella loro celestiale purezza, constato che l'uno è più splendido e bello dell'altro e che ognuno, a suo modo, è insuperabile e che se chiedo al mio cuore, se esso sarebbe contento di una tale infinita Grazia da parte Tua, allora devo battermi il petto, e dire: «Oh Signore, io non sono assolutamente degno di una Grazia tanto infinita, poiché sarebbe una ricompensa troppo celestialmente splendida per un fannullone terreno, rattrappito e simpatizzante del celibato». In verità, se si dovesse essere in possesso, con la Tua benedizione, di una simile metà o eterna compagna della vita, tanto puramente celestiale, gli anni della Terra, se qui fossero ancora in vigore, passerebbero a grandi salti, come le vivaci cavallette in un caldo giorno estivo, in simili condizioni quasi più che celestiali, non si potrebbe mai parlare di noia.

               2.   Però, oh Signore e Padre, io ora dico un grande “ma”! Vedi, è difficile parlare dinanzi a Te, specialmente in un caso del genere, in cui si suppone di essere stati messi, da Te, doppiamente alle strette. Infatti, dimostrarsi malcontenti, nei Tuoi confronti, di una simile ricompensa e rifiutarla, per aspirare eventualmente ad una elevata beatitudine, sembra, per lo meno a me, che sarebbe come peccare grossolanamente contro la Tua infinita Bontà. Accettarla, invece, quasi avidamente e con troppa prontezza, sarebbe come dire che si sente di esserne degni, ciò che con noi non può mai essere il caso. Oltre a ciò s'impone poi anche una segreta domanda interiore, che, almeno in me, così sento rivolgermi:

               3.   «Vedi, due Beni stanno qui, dinanzi a te, l'uno celestialmente splendido, cioè questo Cielo, e l'altro infinito, cioè Tu stesso, oh Signore!». Se stesse in me, povero peccatore, la libera scelta fra questi due beni, devo apertamente confessare, sia pure egoismo o qualunque altra cosa, che dovrei dire: «Signore, io resto presso di Te ed abbandono, per Amore verso di Te, questo Cielo straordinariamente splendido e qualunque altro Cielo, se ce ne sono ancora più splendidi di questo, premesso, naturalmente, che a Te, oh Signore, una tale scelta, da parte di un peccatore quale io sono, possa essere gradita. Infatti, non vorrei con ciò lasciare supporre, dinanzi a Te, Signore e Padre, di essere forse malcontento con questo Cielo, poiché questo non è assolutamente il caso, anzi, al contrario, per una tale e infinita Grazia Ti loderei, amerei e magnificherei con tutte le mie forze, quale il più indegno di tutti»..

               4.   Però, oh Signore, si fa già avanti di nuovo quel “ma”, con ciò voglio dire solamente questo: se Tu, oh amorosissimo Padre, non dovessi eventualmente rimanere qui per sempre, così come sei adesso e se ci fosse concesso di vederTi qui forse soltanto in rarissime occasioni, preferirei mille volte trascorrere con Te tutte le eternità, nel più remoto e lontano angolo del Cielo, che non rimanere qui, anche soltanto un'ora, senza di Te, oh Padre Santo e colmo d'Amore!”.

               5.   Ora parla il Signore: “Bene, Io ho appreso e constatato, dal profondo della tua vita, che il tuo Amore per Me è bene indirizzato e che tu, come anche i tuoi fratelli, avete rinunciato a tutta questa immensa magnificenza celeste, quale una gradita offerta a Me, e perciò vi dico che proprio con questa offerta vi siete resi degni di questo splendido Cielo. Per te e per i tuoi fratelli è proprio questa qui la destinazione da Me stabilita e perciò potete anche scegliere liberamente, secondo quanto il cuore vi suggerisce. Ognuno di voi deve prendere una moglie celeste che sia pienamente di suo gusto e poi, quale signore di tali beni, non ha nessun altro obbligo se non, in primo luogo, riconoscere ed Amare eternamente Me, Quale il Signore e Vostro Padre e poi accogliere quei poveri nuovi spiriti, che spesso giungono qui, ospitarli, vestirli e portarli più vicini al Padre con degli amorevoli insegnamenti.

               6.   Non domandate se Io sarò costantemente visibile qui, come adesso, oppure non sarò visibile, poiché, in un modo o nell'altro, Io sono tuttavia sempre presente dappertutto. E quando tu guarderai questo Sole, allora penserai che in esso dimora il Padre tuo e questo Sole, che riscalda tanto dolcemente questa regione ed illumina tutto così splendidamente, non tramonta mai e tu lo vedrai sempre e non rivolgerai mai la faccia del tuo Amore ad esso.

               7.   Però, in qualsiasi momento in cui tu, nel colmo del tuo Amore per Me, mi afferrerai efficacemente, allora Io sarò personalmente visibile nell'Esser Mio a te come ora, senza indugio, come pure presso i tuoi fratelli.

               8.   Nella tua nuova casa, in questo Cielo, troverai una tabella bianca, guardala, di tanto in tanto, secondo le circostanze della tua attività d'Amore e dalla stessa rileverai la Mia Volontà.

               9.   E la donna che Io ti darò, amala come te stesso, sii uno con lei, affinché tu divenga con essa un uomo perfetto, il quale è nel perfetto Vero celeste e nel Buono dell'attività d'amore. In questa donna tu sentirai la potenza del tuo Amore per Me e la donna, d'altro canto, sentirà la potenza della Mia Sapienza per te e così sarete come uno, nel Mio eterno Amore e nella Mia eterna Sapienza. Ed il massimo grado della vostra gioia sarà, quando diverrete completamente Uno, nell'Amore per Me.

             10.   Qui, non occorre che tu provveda al nutrimento, né ad altre necessità, poiché è già stato stabilito e provveduto da Me ad ogni cosa, per tutte le eternità. Infatti, questo è un Regno che Io ho preparato fin dal principio per coloro che Mi Amano ed è la grande, santa eredità che ho preparato loro sulla croce! Perciò, accettatela da Me, quale l'Unico Donatore di tutti i doni buoni e godete le sue immense magnificenze ed i suoi tesori, per sempre eternamente.

             11.   In questo Regno non invecchierete, bensì sarete sempre più beati e diventerete sempre più forti, più giovani e più splendidi! Questa è la vostra beata sorte, ben commisurata; andate, dunque e scegliete le vostre eterne compagne della vita, affinché Io vi benedica per una eterna beatitudine senza fine!”.

             12.   Vedete, al vostro priore vengono quasi le vertigini dalla grande emozione a questa deliziosa beatitudine, né lui né i suoi fratelli rischiano di muovere un passo verso le celesti giovanette in attesa. Allora, il Signore invita con un cenno queste ultime, ed esse si avvicinano, ed ognuna porge, a colui che le è destinato, un ramo di palma. Con l'accettazione di questo ramo, anche le vesti, ancora piuttosto comuni dei monaci, si tramutano nelle corrispondenti vesti celestiali ed allora il Signore benedice tutti e tutti cadono sulle loro facce e lodano e magnificano il Signore di questa grazia incommensurabile.

             13.   Però, guardate laggiù, dietro i monaci laici, che qui sono uguali ai monaci, c'è ancora un fratello laico senza donna e senza ramo di palma, il quale guarda piuttosto tristemente come i suoi fratelli sono stati tutti provveduti. Infatti, non si è pensato di dare una giovanetta anche a lui e così neppure le sue vesti si sono tramutate, così che egli si trova ancora con il suo abito di traliccio. Ora che avverrà di lui? Attendiamo lo svolgersi degli avvenimenti, dato che il Signore non si dimenticherà certamente neppure di lui.

             14.   Ora il Signore si rivolge agli sposi celesti, dicendo loro: “E ora, Miei cari figlioli, lasciate che le vostre celesti spose vi conducano a casa ed ognuno di voi prenda, poi, pieno possesso, sul posto, dell'eterno bene da Me preparatogli!”.

             15.   I nostri neo-coniugi celesti si rialzano, ma il priore osserva, con vivo rincrescimento, che il nostro povero fratello laico è rimasto a mani vuote e perciò si rivolge immediatamente al Signore, dicendo: “Oh Signore, amorosissimo e ottimo Padre, io non Ti posso lodare e magnificare abbastanza per la grazia che Tu hai elargito a noi tutti, però guarda, là in fondo c'è un povero fratello ancora senza sposa e senza vestito e ciò mi fa molta pena. Oh Signore, se a Te fosse gradito, vorrei cedergli la mia veste e la mia sposa, piuttosto che vederlo così abbandonato. Io so benissimo che la Tua infinita bontà paterna ha già provveduto per lui nel miglior modo. Però, dato che da Te mi è stato dato anche un cuore amante e misericordioso, Ti devo confessare sinceramente che se io non sapessi che questo povero fratello è altrettanto beato quanto lo sono io, preferirei, nel Tuo Santissimo Nome, rinunciare per parecchie migliaia d'anni a tutta questa beatitudine, piuttosto che sapere che egli è, anche soltanto per pochissimi giorni, meno felice di me”.

             16.   Il Signore dice: “Vorresti veramente cedere la tua donna, il tuo vestito ed i tuoi beni celesti, a questo fratello?”.

             17.   Il priore risponde: “Sì, oh Signore, all'istante, anche se dovessi ritornare da solo nel mio vecchio e falso chiostro”.

             18.   Il Signore chiama a Sé il povero fratello laico e gli dice: “Guarda in questa occasione tu sei stato l'unico della compagnia a rimanere a mani vuote, ma questo fratello ti ha visto così abbandonato ed ha avuto pietà di te, così che egli vuole cederti la sua parte, per il suo Amore per Me; ne sei contento?”.

             19.   Il povero fratello laico risponde: “Oh Signore, per quanto mi riguarda, io sono già beatamente contento se mi è permesso rimanere qui, su questo punto, ed eternamente, lodando e magnificando Te, guardare queste celesti magnificenze e, in questo caso, sarei già beatamente soddisfatto se Tu, oh Signore, mi permettessi di essere, malgrado la mia grande miseria, anche soltanto l'ultimo servo in casa di uno dei miseri fra i miei fratelli, che Tu, oh Signore e Padre, hai benedetto per l'eternità, quali Tuoi celesti cittadini. Infatti, anche sulla Terra ero l'ultimo nel chiostro, dove, a dire il vero, ero di poca utilità e tutta la mia presunta attività non era altro che l'elemosina, da parte dei Tuoi servi più elevati di tale chiostro, affinché non risultasse troppo evidente che essi dovevano vestirmi e nutrirmi quale un'inutile fannullone. E così non ho mai fatto nulla di meritevole, neppure per guadagnarmi una piccola ricompensa. Come potrei ora attendermi qui un premio uguale a quello dei miei fratelli, tanto migliori di me?”.

             20.   Il Signore dice, rivolgendosi al priore: “Dunque, figlio Mio caro, che si può fare in questo caso? Come vedi, questo fratello non vuole accettare la tua offerta in nessun modo; che intendi fare ora?”.

             21.   Il priore dice: “Oh Signore e Padre, lascia che io faccia il mio primo dovere fraterno verso di lui, qui in Cielo. Io intendo accoglierlo nella mia casa, che Tu mi hai donato e considerarlo là del tutto pari a me, ed infine voglio collocarlo, come un padrone, a capo di tutti i beni che ora il Tuo Amore e la Tua Grazia e la Tua Misericordia mi hanno elargito”.

             22.   Il Signore dice: “Sai cosa facciamo? Io ho ora un piano del tutto diverso. Dato che tu e questo fratello vi siete resi, l'un l'altro, prigionieri per Amore verso di Me, allora anch'Io vi faccio prigionieri completamente del Mio Amore”. Gli altri fratelli, che si sono già avviati verso le loro dimore con le loro mogli celesti, li benediciamo, mentre tu, la tua compagna e questo fratello venite con Me nel sommo Cielo, dove Io uso dimorare eternamente, fra i miei figlioli!”.

             23.   Guardate, il priore, sua moglie e il fratello si prostrano dinanzi al Signore, per l'infinita estasi, il Signore li rafforza, li rialza e dice: “Dunque, figlioli Miei, seguiteMi nella Mia Casa Paterna!”. Ed essi s'avviano verso l'eterno, santo Oriente, senza che gli altri fratelli se ne accorgano. Delle infinite file di beati salutano da tutte le parti questo piccolo corteo e lodano il Signore per la Sua infinita Bontà, il Suo Amore e la Sua Misericordia. Avviamoci anche noi dietro a loro, così da poter essere presenti all'insediamento di questi tre nuovi cittadini del Cielo!

 

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Cap. 101

* * * * *

Condurre, trarre e portare nel significato spirituale

 

               1.   Osservo come si celi in voi una domanda occulta, che dice così: “Riguardo alla piega davvero rallegrante, presa dal progresso del priore, c'è un punto oscuro che impedisce di afferrare esattamente le cose dal loro vero “Centro” illuminante. Il Signore ha dapprima assegnato al priore la moglie ed i beni celesti, senza porre nessuna condizione preliminare e lo ha benedetto, proprio a questo scopo, al pari degli altri, indicandogli, nello stesso tempo, la sua destinazione e il suo compito celeste, senza fare alcuna riserva. Sempre come ha fatto per gli altri, gli ha dato delle istruzioni divinamente celesti, indicandogli che Egli apparirà sempre personalmente nel Suo Essere, non appena l'uno o l'altro Lo afferrerà con la potenza e la forza del suo Amore. In tutte queste divine prescrizioni, il Signore non ha minimamente accennato al priore che Egli aveva, nei suoi riguardi, delle superiori mire future.

               2.   Dunque, come avviene ora che questa destinazione del priore, chiaramente posta, cessa così all'improvviso? Egli e la sua compagna non hanno avuto nemmeno il tempo di vedere i beni che il Signore aveva destinato loro in questo Cielo, bensì sono stati condotti dal Signore, nel Cielo altissimo!

               3.   Questo è piuttosto difficile da afferrare, poiché il Signore dapprima ha benedetto tutti, priore compreso, in seguito all'accettazione della ricompensa, e con questa Sua Benedizione ha espresso il pieno e perfetto accordo fra la Sua divinamente ferma Volontà e la libera volontà dei beneficiati.

               4.   Quanto gli uomini cambino, con tale rapidità, i loro piani, lo si può facilmente spiegare con l'imperfezione delle loro conoscenze, ma se ciò viene effettuato dalla Parte divinamente Onnisciente, come detto, è molto difficile da afferrare, dato che il Signore sa certamente con sicurezza che cosa sia quello su cui Egli esprime la Sua decisa Volontà”.

               5.   Cari fratelli ed amici, vedete, la vostra domanda segreta è basata su degli argomenti molto solidi, tuttavia lascia adito alla discussione. Infatti, questo avvenimento è stato guidato in modo che voi poteste trovarvi un piccolo inciampo molto proficuo.

               6.   Se voi riandate con il pensiero a quanto avvenuto ancora nel chiostro dopo la liberazione dei fratelli animicamente addormentati dietro la voragine, il nostro priore, come nessun altro, per il grande Amore e la riconoscenza, voleva prendere l'Uomo sconosciuto fra le braccia per portarlo fino al tavolo. Se voi vi ricordate come Egli abbia rifiutato ciò e nel discorso che ne seguì, come abbia pronunciato un certo “forse” pieno di mistero (vedi cap. 91,18), attraverso il quale fece intendere al priore, in certo qual modo, come se Lo avesse portato già una volta sulle sue mani, allora, ad una osservazione più attenta di questa scena, non sarà troppo difficile comprendere quanto è avvenuto.

               7.   La cosa, da principio, vi potrà alquanto stupire, però qui da noi, nel Regno degli spiriti, l'uno, il due e il tre non sono sempre da interpretarsi come sulla Terra. Talvolta voi dovete contare settanta, trecento, quindici, e questi numeri, per noi, sono solo uno, due, tre.

               8.   Per chiarire ancora meglio, dirò: “Un uomo vive in un paese dell'America del Sud, un altro in un angolo della Siberia. Questi due uomini, dal punto di vista naturale, sono immensamente lontani l'uno dall'altro, però non altrettanto dal punto di vista spirituale, poiché, in questo caso, essi possono essere vicinissimi, come l'uno e il due”.

               9.   Riflettiamo ora su ciò che il Signore ha voluto far intendere, in fondo, al priore, con il suo fatidico “forse”, riferito al portare Lui, e allora le cose si riveleranno subito, come interdipendenti e, perciò, più chiare. Dunque, ecco cosa intendeva dire il Signore al priore. Ascoltate:

             10.   «Tu credevi di averMi portato, nelle tue mani, sulla Terra, sotto forma del pane, nell'eucarestia; invece, nel pane tu non Mi hai mai portato, bensì, parecchie volte Mi hai portato, in gran segreto, nel tuo cuore, ma non credevi pienamente di portare Me. Io però ti dico che soltanto là Mi hai portato giustamente”. Come vedete, è stato in quella circostanza che il Signore aggiunse quel “forse” ancora non spiegato, perché nel priore non c'era ancora la completa stabilità riguardo l'Amore infinito, la Misericordia e la Clemenza del Signore, facendogli anche intendere che, se si fosse trattato di “portare”, sarebbe stato molto più facile che Egli portasse il priore che non il priore Lui.

             11.   Ora, però, fate attenzione! Nel Regno dello spirito c'è una considerevole differenza fra i tre termini: “guidare”, “tirare”, “portare”; differenza che consiste in quanto segue: quando gli uomini vengono “guidati” dal Signore, essi conseguono la Luce della Fede ed entrano, grazie a ciò, nel Cielo più basso.

             12.   Quando gli uomini vengono “tirati” dal Signore, questo significa che l'Amore del Padre si è riversato su di loro e che così vengono accolti nell'Amore del Padre o che giungono nel secondo Cielo, che consiste nel Vero della Fede, attraverso la Luce dell'Amore operante per il Signore e, di conseguenza, per il prossimo.

             13.   Quando, invece, si dice: gli uomini vengono “portati” dal Signore, questo esprime già un perfetto stato filiale degli uomini, i quali sono passati tanto completamente nell'Amore per il Signore, che Gli hanno presentato, quale offerta, nella massima abnegazione, perfino l'ultima goccia del loro amore di se stessi, per quanto si siano già umiliati in precedenza. Grazie a ciò, essi sono propriamente dei veri figli di Dio e vengono da lui accolti, quale eterno Padre, unicamente vero, nel più alto, puro Cielo d'Amore.

             14.   Se voi fate attenzione a queste differenze, il fatto della mutata destinazione finale di questi, da voi alquanto contestata, non vi sembrerà più tanto impreparata, com'è stata da voi giudicata nel primo momento. Inoltre il Signore, in quel “forse”, tanto espressivo e tanto significativo, ha compreso anche quanto successivamente avvenuto.

             15.   Egli ha voluto dire velatamente, nient'altro che: “Io ti assegnerò una destinazione completamente in base alla tua libera scelta, prendendo, però, sempre in considerazione che tu Mi portavi, in passato, nel tuo cuore. E, del tutto inaspettatamente dal tuo punto di vista, Io ti procurerò, proprio nel momento nel quale starai per raggiungere la tua eterna destinazione, una piccola occasione, grazie alla quale tu stesso mostrerai chiaramente come provenisse dal tuo intimo, in quale misura od in che modo, tu Mi hai portato e Mi porti ancora nel tuo cuore e perciò anch'Io, in contraccambio, porterò te. Però, durante quel breve periodo di prova, Io voglio un po' chiudere il Mio Occhio dinanzi a te, affinché tu possa agire completamente libero, secondo la tua volontà. E soltanto ad azione compiuta Io ti guarderò e, a seconda dei casi, ti benedirò per la tua destinazione celeste, oppure ti prenderò sulla Mia Mano, quale un figlio perfetto e ti porterò nella Città dove dimoro, quale il Padre tuo, santissimo e amorosissimo”.

             16.   Come vedete, noi avremmo messo insieme quasi tutto e perciò ora non occorre far altro se non applicare tutta questa spiegazione al caso in oggetto, così che la vostra domanda risulti completamente appagata.

             17.   Il nostro priore, al pari di tutti i suoi fratelli, aveva raggiunto la sua piena destinazione, com'era anche stato detto chiaramente dal Signore. E perché, dunque? Affinché il priore, nella rispettiva sfera dell'attività d'Amore, potesse avere a disposizione uno spazio libero, non avendo neanche il minimo sentore del piano che il Signore aveva in serbo per lui.

             18.   Oltre a ciò doveva trovarsi in fondo alla scena, come per caso, un povero fratello laico, già da lungo tempo scelto dal Signore a questo scopo, che invece, per se stesso, era già destinato comunque al massimo Cielo; però, qui, ha dovuto lasciarsi adoperare, del tutto ignaro, da pietra di paragone, perfettamente idonea, per provare il vero amore del nostro priore per il Signore, nonché l'amore del prossimo. Il Signore, durante questa scena, volse altrove il Suo Occhio Onnisciente e Onniveggente e lasciò al priore ogni libertà nell'attività d'Amore. Il priore, che a suo tempo aveva portato il Signore nel suo cuore, venne solo allora pienamente rafforzato grazie a ciò e trovò se stesso nel perfetto Amore per il Signore e nella completa abnegazione di se stesso.

             19.   A questo punto il Signore lo guardò e apparentemente cambiò il suo piano con uno segreto, ma eternamente saggio, conformemente alla libera azione dello spirito umano, e ora il risultato sta dinanzi ai vostri occhi, mentre, in maggior dettaglio, lo apprenderemo insieme in un luogo più elevato e più santo.

 

 

FINE PRIMO VOLUME

 

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INDICE

 

poesia

Il Regno di Dio    (di Jakob Lorber)

Cap.1

Il Sole spirituale: una scintilla di Grazia dal Signore

Cap.2

La natura intera: un Vangelo dell'Ordine del Signore

Cap.3

L'orologio: un'immagine della corrispondenza del Sole

Cap.4

Il Sole Naturale e Spirituale: differenza della loro luminosità

Cap.5

Del Regno di Dio nell'uomo

Cap.6

Il Cosmo-diorama spirituale – La sfera del primo Spirito

Cap.7

La sfera del secondo Spirito – Il fondamento della vita è l'Amore del Padre

Cap.8

La sfera del terzo Spirito: un'immagine dell'infinito

Cap.9

La sfera del quarto Spirito: il mistero del Figlio dell'Uomo

Cap.10

La sfera del quinto Spirito – Il più gran prodigio: il cuore dell'uomo

Cap.11

La sfera del sesto Spirito – La Roccia di Pietro

Cap.12

La sfera del settimo Spirito – Immagini enigmatiche per stati spirituali

Cap.13

L'altalena nella corrispondenza – Culto religioso cerimoniale e vita del mondo

Cap.14

Il bastione nella corrispondenza – Figure delle diverse chiese cristiane

Cap.15

Il bacino con la ruota a pale – La sfera profetica di Daniele

Cap.16

La sfera dell'ottavo Spirito – L'orologio dei mondi e “l'Ultimo Tempo” – La “Nuova Gerusalemme” dalla sfera di Swedenborg

Cap.17

La sfera del nono Spirito (Evangelista Marco) – Escursione nel mondo degli spiriti vero e proprio – Conformazione del peso dell'amore carnale nell'aldilà

Cap.18

La conformazione nell'aldilà dell'usura

Cap.19

La conformazione nell'aldilà della brama di potere

Cap.20

Entrata all'Inferno

Cap.21

Visita nel territorio Occidentale

Cap.22

Confine del Regno dei figlioli

Cap.23

Chi semina con parsimonia farà una magra raccolta

Cap.24

Luogo e condizione degli stoici nell'aldilà

Cap.25

Una via di accesso per la conversione degli stoici migliori

Cap.26

Prosecuzione della visita presso gli stoici

Cap.27

Superamento e liberazione di un saggio stoico

Cap.28

Le valli dei ricchi, dei dotti, degli uomini razionali e intellettuali

Cap.29

Nel Regno delle tenebre dell'incredulità

Cap.30

Un filosofo spirituale e una bigotta

Cap.31

Il luogo delle tenebre “dappertutto è grida e stridore di denti”

Cap.32

Nascita dalle tenebre a un primo grado di luce vitale

Cap.33

Delle manifestazioni spirituali

Cap.34

L'influsso reciproco dei coniugi nell'aldilà

Cap.35

Una coppia sposata nell'aldilà

Cap.36

La coppia sposata e uno spirito bugiardo

Cap.37

La debolezza dell'uomo – Viaggio della donna all'Inferno

Cap.38

Nel primo grado dell'Inferno

Cap.39

Dove sono il Cielo e l'Inferno

Cap.40

Dove sono i pagani nell'aldilà

Cap.41

Visita nel Mezzogiorno – Effetto del Vero della Fede e del Buono dell'Amore

Cap.42

Viaggi differentemente veloci nell'aldilà

Cap.43

Singolare regione e dimora di spiriti beati

Cap.44

Bellezza e splendore del Mezzogiorno – Ammaestramento sull'essenza dell'Amore e della Sapienza

Cap.45

Mangiare e bere degli spiriti celesti nella corrispondenza – Il matrimonio celeste

Cap.46

Nell'eterna terra collinosa del Mattino – Piccolo esame d'amore – Come vi raffigurate il Signore?

Cap.47

Il Cielo romano-cattolico – Nel Mezzogiorno più esterno

Cap.48

Una processione durante un’apparente scalata del Cielo

Cap.49

Alla tavola di Abramo nella contemplazione della Santa Trinità

Cap.50

Insostenibilità di questa idea materiale del Cielo

Cap.51

La vera Trinità – Il peccato contro lo Spirito Santo

Cap.52

La vera povertà di spirito – Pericolo del cieco scetticismo

Cap.53

Sorprese nel Cielo apparente

Cap.54

Liberazione dal Cielo apparente

Cap.55

Prima dimora solida dopo il Cielo apparente – Incomprensibile Trinità – Il Cristo evangelico

Cap.56

In cammino verso Cristo

Cap.57

Il palazzo della vita della società – Il seme per il Regno celeste: la Parola di Dio

Cap.58

Il desiderio ardente di Dio – Un esame d'amore e poi la santa Meta

Cap.59

Arrivo nel Mattino eterno – Limitatezza dell'Onnipotenza divina nell'educazione dell'animo umano

Cap.60

Il Sole-Dio originario – Spiegazione della reale Onnipresenza del Signore – Preparazione alla tavola del Padre

Cap.61

Il pranzo alla tavola del Padre: agnello, pane e vino

Cap.62

Visita alle Carmelitane

Cap.63

La confessione della suora e il padre confessore

Cap.64

Liberazione delle povere prigioniere – “Giudizio e Ultimo Giorno”

Cap.65

Un chiostro di monaci Agostiniani e loro fondazione

Cap.66

Spiegazione dei regolamenti del chiostro Agostiniano visitato

Cap.67

Pietro ha fondato la Chiesa romana?

Cap.68

Nella disputa con un Agostiniano. Pietro e Paolo

Cap.69

I monaci Agostiniani a consiglio

Cap.70

Dagli Agostiniani paradisiaci

Cap.71

Nell'apparente prigionia degli Agostiniani paradisiaci – Loro dubbio riguardo la giustizia delle loro azioni

Cap.72

Domande delicate – Risposta schietta

Cap.73

Una domanda al priore del chiostro Agostiniano

Cap.74

Domanda riguardo l'amore per Cristo

Cap.75

Ingresso nel Cielo del chiostro

Cap.76

Il gonfiarsi del Cielo ingannevole

Cap.77

Commedie nel Cielo del chiostro – La tavola gigantesca e nutrizione dei mondi

Cap.78

Secondo atto della commedia del Cielo del chiostro

Cap.79

Sguardo sul vero percorso al vero Cielo

Cap.80

Ulteriore spiegazione della commedia ingannevole – La condotta infinitamente diversificata della vita spirituale

Cap.81

Terzo atto sul palcoscenico tragicomico

Cap.82

Arrivo dei nuovi acquisti nel “giardino del Paradiso” – Riconoscimento della loro colpa

Cap.83

L'eterna Parola di Dio come lo scranno del giudice di Cristo

Cap.84

Del peccato contro lo Spirito Santo

Cap.85

La Parola del Signore è il vero giudice!

Cap.86

Il Signore è puro Amore anche nell'Inferno

Cap.87

Della differenza tra la vera e la falsa applicazione della confessione

Cap.88

Il priore in difficoltà davanti al baratro. Del vero ponte della liberazione – Dalla morte alla vita

Cap.89

La preghiera vivente del priore e il suo effetto

Cap.90

L'uomo semplice – Auto confessione del priore

Cap.91

La condizione per la liberazione – Superamento del baratro tramite un ponte

Cap.92

La disputa sul servizio d'amore e le tre prove

Cap.93

La capacità di poter apparire contemporaneamente in molti luoghi: spiegazione

Cap.94

Siate astuti come i serpenti e semplici come le colombe

Cap.95

Prove ulteriori. Inizio della ricompensa

Cap.96

Tutto deve essere rivelato davanti allo scranno del giudice di Cristo – Il beatissimo riconoscimento del priore

Cap.97

Una confessione del predicatore

Cap.98

Il segreto del vero progresso

Cap.99

Ancora una forte prova

Cap.100

La destinazione celeste

Cap.101

Condurre, trarre e portare nel significato spirituale

 

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[1].Leida: condensatore elettrico costituito da un recipiente di vetro rivestito internamente ed esternamente di stagnola.

[2] Conciaiolo: operaio addetto alla concia, la concia è l’insieme delle operazioni, meccaniche e chimiche, con cui si trasforma in cuoio la pelle degli animali.

[3] - “Mangia, bevi, dormi, dopo la morte non esistono piaceri!”