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Scene deliziose della Vita Terrena di Gesù

Ricevute in visione da Max Seltmann

Libretto  XVI

 

Prime persecuzioni dei cristiani

 

Persecuzioni dai templari

Ruth, figlia di Eusebio, è salvata da Achibald sottoposto a Cornelio

Il romano Ursus e la grande retata di cristiani liberati

 

 

      

 

 

INDICE

 Cap. 1      Dopo l’aggressione

 Cap. 2      La fiducia di Ruth in Dio

 Cap. 3      Le sofferenze dei prigionieri

 Cap. 4      Un incarico del Signore

 Cap. 5      Come si avvicina l’aiuto – Bernhart in preghiera, poi incontra tre cavalieri – Ruth fuggitiva incontra Bernhart

 Cap. 6      Achibald iniziato alla Dottrina di Gesù dall’oste, incontra Gioele e Dan

 Cap. 7      Achibald e i tre messaggeri della carovana di Elim

 Cap. 8      Elim ed Assir – Bernhart è visitato da un angelo

 Cap. 9      Il grande sgomento

 Cap. 10    Elim si pente di aver liberato Assir

 Cap. 11    Il ritorno di Asa poi a colloquio con Joram e Giuseppe – Bernhart è accampato lì vicino

 Cap. 12    La liberazione­

 Cap. 13    Achibald e Ruth, figlia di Eusebio

 Cap. 14    Incontro con Ursus in viaggio per il lago Meron

 Cap. 15    La vittoria di queste conduzioni divine – Tre carovane di liberati si uniscono

 Cap. 16    Ruht alla casa paterna – Assir è giudicato – Progetti per Achibald

 

Personaggi

 

 Eusebio                        un cristiano benestante

 Bernhart                      un grande, corpulento uomo, convertito e amico di Eusebio

 Ruth                              figlia di Eusebio e sorella di Joram e Giuseppe

 Elim                              giudeo avido e proprietario di una carovana assoldata da Assir

 Assir                             sacerdote del tempio e capo guida della carovana di cristiani arrestati

 Joram e Giuseppe      fratelli di Ruth e figli di Eusebio

 Gioele e Dan               servitori fedeli di Bernhart

 Asa                                guardia e servitore del tempio e subalterno di Assir

 Cornelio                       comandante romano nipote di Cirenio

 Achibald                      sottoufficiale romano della guardia di Cornelio e suo amico

 Hermes                        locandiere Greco convertito

 Ursus                            un romano alla ricerca di Gesù, figlio di Demetrio

 Thomas                        locandiere ad Hazor

 Demetrio                     un ricco mercante romano in viaggio in Palestina

 Jona                              un buon sacerdote a capo di 24 servitori del tempio

 Basil                              un greco proprietario della carovana dei cristiani arrestati da Jona

 Salomè                         sorella di Asa cristiana arrestata nel gruppo degli arrestati da Jona

 

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Cap. 1

Dopo l’aggressione

                         1.      Mezzanotte è passata – sulla volta celeste brillano le stelle in pieno splendore, e la Terra è colma del profumo delizioso che elargisce fiori e cespugli.

                         2.      Un uomo vecchio e curvo corre con fiato ansimante attraverso la notte. Che cosa gliene importa delle bellezze della natura dormiente? Egli si crede inseguito! Da ore corre avanti e, stanco e sfinito, prega sempre il suo Redentore quale unico Liberatore: “O Gesù! Tu Misericordioso! Dammi solo tanta forza così che arrivi alla meta!”.

                         3.      Finalmente la raggiunge, con forti bussate risveglia gli abitanti; e quando, indebolito, sta dinanzi al suo amico, costui domanda sorpreso: “O padre Eusebio, tu qui nella notte, cosa significa questo?”.

                         4.      “Fammi riposare”, – sospira il vecchio, – “soltanto dopo posso raccontarvi della grande pena e travaglio che ci ha colti di sorpresa così crudelmente”.

                         5.      Bernhart, un grande uomo corpulento, conduce l’affaticato con cura ad un posto comodo nella casa e dice consolante: “Sii il nostro benvenuto, nel Nome del Signore! Qualunque cosa di pesante porti sul cuore, io sono pronto ad aiutarti volentieri, per quanto stia nelle mie forze!”.

                         6.      “Fratello nel Signore! Ti ringrazio per le tue amorevoli parole”, – gli risponde Eusebio, – “ma è veramente difficile aiutarci. I miei due figli e mia figlia Ruth con brutale violenza sono stati portati via dagli sgherri del tempio come prigionieri, ed anch’io sono inseguito da loro”.

                         7.      Completamente inorridita la famiglia ascolta questa triste notizia, allora Bernhart si riprende e dice: “Fratello, dove ogni aiuto umano appare disperato, il Signore può ancor sempre operare miracoli! PreghiamoLo per consiglio ed istruzione, allora passerà anche questa difficile prova, e noi possiamo soltanto lodare e glorificare il Signore ancora di più”.

                         8.      Il vecchio si raddrizza: “O amico, tu sai che non mi perdo così facilmente di coraggio, e quindi credo e spero anche oggi ancora saldamente nella Grazia del nostro Signore e Dio e nell’infinito Amore di Gesù in ogni mia necessità! Ma che cosa devo fare? – Come soccorrere i miei poveri figlioli? Quanto a lungo devo ancora sopportare quest’amarissima incertezza? Oh, quanto disperato sembra oggi tutto questo!”.

                         9.      Bernhart cerca di cogliere un chiaro pensiero e comincia: “O padre Eusebio, tu sai certo che il Signore può essere soltanto con coloro che prestano alle Sue sante Parole piena fede e portano assoluta fiducia nel Suo Amore ed Onnipotenza. Ma se la nostra fede divenisse debole, noi rafforzeremmo l’avversario!

                       10.   Tu sai che Pietro venne una volta liberato dal profondissimo carcere[1]. I tuoi figli non dovranno anche affermarsi adesso nella forte fede nel Potere salvifico di Gesù? Prima però calmati, affinché possiamo metterci completamente in Presenza e sotto la Protezione del nostro santo Iddio – e poi racconta. Nel frattempo mia moglie ci preparerà la colazione”.

                       11.   E così il vecchio padre Eusebio racconta agli amici: “Ieri è passata una carovana davanti alla nostra casa e la guida imperiosa bramava da noi acqua in grande quantità. Senza diffidenza demmo loro della nostra preziosa acqua, – ma essi pretesero ancora anche pane ed ortaggi, cosa che io però dovetti rifiutare a causa della nostra scarsa riserva. Allora divennero villani, ci fu stato un forte scambio di parole, ed i guardiani già penetravano curiosi in casa.

                       12.   I miei figli, che stavano con me, s’avvicinarono al carro, dal quale erano udibili grida lamentose. Videro molti prigionieri, legati saldamente con corde a mani e piedi, ed appresero che erano fratelli di fede. Naturalmente si emozionarono, volevano soccorrerli, e poiché gli infelici non erano sorvegliati, volevano almeno alleggerire un poco la loro situazione. Uno dei guardiani se n’accorse e cacciò forti grida d’avvertimento. Avvenne un violento tafferuglio con le guardie armate ed in breve tempo i miei due figli giacevano a terra feriti e privi di sensi.

                       13.   Quando Ruth tentò di occuparsi dei suoi fratelli, fu legata anche lei dai guardiani e gettata in un carro, tale e quale i miei figli, e quando io mi opposi minacciandoli, cercarono di sopraffare anche me. Soltanto con astuzia potei mettermi al sicuro, poiché la guida volle all’improvviso andarsene in fretta. «Ma recupereremo ciò che oggi non ci è riuscito», mi gridarono dentro nel mio nascondiglio e partirono in direzione di Hazor.

                       14.   Quando alla fine ogni pericolo sembrava passato, ho chiuso a chiave la mia casa, e sono corso da te. Oh, Bernhart, ora cerco presso di te conforto ed aiuto”.

                       15.   “Fatti forza, vecchio padre”, – dice costui scosso, – “io ho potenti amici romani, con il loro aiuto li costringerò certamente a liberare i figli tuoi”.

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Cap. 2

La fiducia di Ruth in Dio

                         1.      La carovana composta di otto carri trainati da muli, lentamente si è messa di nuovo in moto. Per ogni carro c’è un aguzzino ed un guardiano, oltre a ciò in chiusura seguono ancora alcuni uomini armati. Il proprietario di questa carovana è Elim, un avido giudeo, il quale è pagato dal tempio per portare in segreto questo trasporto di prigionieri a Sidone, sotto la sorveglianza del fanatico sacerdote Assir.

                         2.      La sera, quando gli animali sono evidentemente stanchi sulla difficile via carrozzabile, Elim insiste per accamparsi, ma Assir vuol continuare; egli teme che i figli catturati del vecchio Eusebio a lui noto, possano creargli ancora seccature.

                         3.      Alla fine in un boschetto situato in disparte sono piantate le tende ed acceso il fuoco. Ai prigionieri vengono un po’ allentate le strette corde a mani e piedi e ricevono una magra zuppa con pane secco.

                         4.      Ruth pretende di vedere i suoi fratelli, cosa che Assir concede. Profondamente addolorata s’inginocchia presso i feriti legati e chiede dell’acqua. Giuseppe ha una profonda ferita alla spalla, mentre Joram non può più muovere completamente il braccio destro e sente un gran dolore.

                         5.      “Non lamentarti”, – consola Ruth, – “la nostra pena è anche la pena del Signore, e la nostra sorte sta nelle Mani dell’Onnipotente. Gesù soltanto può essere il nostro Salvatore, Egli troverà mezzi e vie per la nostra liberazione. Ma per seguire le Sue istruzioni al momento giusto, anche voi dovete essere pieni di speranza e di coraggio!”

                         6.      Ora ricevono l’acqua, e presto le ferite sono pulite, ma non possono essere fasciate, perché non è possibile avere del lino. In questa notte Ruth può rimanere con i suoi fratelli; con profondo dolore nel cuore pensa al padre che si preoccupa, e così prega incessantemente il suo Gesù, il grande Redentore di tutte le pene del cuore.

                         7.      Verso il mattino sorge attiva nel campo la vita; Ruth vuol procurarsi dell’acqua, ma il guardiano le impedisce l’uscita, poiché il capo guida lo ha proibito rigorosamente.

                         8.      “Ecco che minaccia un nuovo pericolo”, – dice Joram a Giuseppe, “e noi siamo inermi contro queste diavolerie”.

                         9.      “Non ricordarmi la mia impotenza”, risponde Giuseppe scoraggiato, – “vorrei piuttosto morire!”.

                       10.   Ruth però si oppone seriamente: “Non posso credere che volete già morire! Come deve allora il Signore cominciare ad aiutarci? Sono sì molto triste, ma non posso scoraggiarmi, infatti, non siamo mai completamente abbandonati! E quanto vivente sta dinanzi a me la Grazia di Dio, Grazia che abbiamo potuto sperimentare attraverso l’apostolo Paolo!”.

                       11.   Dice Joram: “O Ruth, giacere qui legato, saperti qui così senza protezione e non conoscere il destino del padre, mi si stringe il cuore e mi rende privo di coraggio”.

                       12.   “Non preoccupatevi di me!”, – risponde Ruth energica. – “La mia grande speranza si basa sul Risorto, il Quale vuole soccorrere così volentieri ogni sofferente soltanto se costui si rivolge a Lui pregando e credendo!”.

                       13.   Un guardiano intima la ragazza a lasciare ora la tenda, ma Ruth dichiara di voler rimanere con i fratelli ammalati. Allora la prende violentemente per il braccio e la sbatte fuori. I fratelli la seguono con lo sguardo inorridito. Giuseppe manda forti gemiti. Joram vuole uscire, ma il guardiano domanda spietato: “Dove vuoi andare? – Non è stato ancora impartito nessun ordine di lasciare le tende!”.

                       14.   Risponde Joram serio, “Amico, io lo so, tu qui fai soltanto il tuo dovere, perché sei al servizio del tempio, ma non ti sarà proibito procurare un po’ di lino per mio fratello ammalato. Tutto il braccio sembra nero e marrone, sebbene la ferita sia alla spalla”.

                       15.   Dice la guardia: “Fammi vedere, sono un po’ pratico nel trattamento delle ferite!”. Poi poi prosegue dicendo fiducioso: “La ferita non è pericolosa, in un paio di giorni il braccio sarà guarito. Non avreste dovuto occuparvi delle nostre faccende, allora non vi sarebbe anche accaduto niente”.

                       16.   Ruth è portata in una tenda, nella quale sono accovacciate a terra tre giovani cristiane totalmente spezzate nell’anima. Piena di compassione chiede a queste poverette: “Perché siete qui prigioniere?”.

                       17.   Con esitazione risponde una: “Perché siamo qui? Non lo sappiamo! Soltanto perché abbiamo preso parte alle pacifiche adunanze del Nazareno, veniamo perseguitate dal tempio come quando si commette un crimine contro la legge, e tutti coloro che aderiscono alla nuova fede, sono meritevoli di morte”.

                       18.   “Allora voi siete cristiane!”, dice Ruth. – E chiede stupita: “Non credete dunque che il Signore Gesù Cristo vi possa salvare da questa grave situazione?”.

                       19.   “Ora non crediamo più in una salvezza”, – risponde la portavoce, “altrimenti Cristo avrebbe dovuto liberarci quando eravamo in prigione, dove abbiamo pur pregato tanto! Dopo tutti i maltrattamenti sopportati la vita ora non ha più alcun valore per noi”.

                       20.   Ruth guarda grave le tre, poi dice addolorata: “Dovete aver avuto una cattiva scuola, giacché considerate una cosa da nulla la vostra vita! Sebbene anche per me le prospettive di salvezza siano minime, non oso pensare in piccolo della mia vita. La nostra vita terrena, infatti, deve essere qualcosa di grande, altrimenti il Salvatore Gesù non avrebbe preso su di Sé la morte in Croce per la salvezza nostra. Ma come può aiutarvi Iddio, se voi stesse vi date per spacciate? Finché vive in me ancora un respiro, fino allora io spererò e non smetterò di credere nel Suo meraviglioso Aiuto”.

                       21.   Allora una domanda: “Da quanto tempo sei in questo convoglio, e perché sei qui?”. – “Da ieri”, risponde Ruth” poiché con i miei fratelli vi volevo liberare!”.

                       22.   “Allora non sai ancora quello che ci aspetta!”, – dice di nuovo la stessa. “Ma affinché tu possa prender confidenza con l’idea, ti sia detto: siccome siamo giovani e di bella presenza, saremo vendute come quei giovani uomini, e non sappiamo in quali mani capiteremo!”.

                       23.   “Ciò nonostante io credo che il Signore porterà ancor tutto a buon fine!”, – risponde arditamente Ruth. – Dobbiamo però badare a conservare la nostra salute, per essere in ogni momento in grado di resistere”.

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Cap. 3

Le sofferenze dei prigionieri

                         1.      Nel campo risuona un richiamo di corno. Una delle prigioniere si esprime: “Ora ci danno di nuovo una magra zuppa con un pezzo di pane secco; nel frattempo vengono caricate le tende e noi nuovamente legate per non fuggire”.

                         2.      Le guardie conducono 40 prigionieri, tra queste dieci giovani donne, al centro del campo per il pasto. Con spavento Ruth riconosce che tutti questi cristiani non hanno veramente più nessuna voglia di vivere; si muovono come con apatia; ma con quanta avidità divorano il loro pane! “È tempo di scuoterli”, si propone Ruth; anche lei è affamata, ma prima prega ad alta voce: “Signore e Dio! Tu vedi la nostra pena e vuoi metterci alla prova se siamo degni del Tuo Amore e della Grazia Tua! Così fortificaci con questo cibo, affinché esso diventi forza in noi e rimaniamo saldi, finché Tu ci renda nuovamente liberi e lieti! Amen!”.

                         3.      Poi tranquilla beve la sua zuppa, – e già arrivano le guardie e trascinano gli uomini inermi ai carri. Ruth li segue di buona voglia e dice fra sé: ‘Qui opporre resistenza è inutile, è uno spreco di forze; devo rimanere lucida, affinché riconosca l’approssimante aiuto del Signore!’.

                         4.      L’assegnazione sui carri oggi è migliore, ma i legacci sono gli stessi del giorno prima. La zona tutt’intorno è totalmente spopolata e deserta, perciò lasciano i carri aperti, un sollievo per i prigionieri, i quali tuttavia non mostrano nessun sentimento per la particolarità della natura.

                         5.      Diversamente Ruth. Lei s’imprime precisamente il paesaggio e riflette come potrebbe conquistarsi la libertà ardentemente desiderata. All’inizio ha cercato di parlare con le donne, ma le sue compagne di sventura sono anche esteriormente troppo stremate. Perciò fa del suo Salvatore il suo unico Confidente e prega in silenzio nel cuore: ‘O Gesù, quanto Ti rendono difficile soccorrerle! – E quanto Ti sarebbe facile aiutarci, se fossimo tutti attenti alle Tue indicazioni! Certo, è molto amaro sostenere questa prova di fiducia in Dio, ma tanto meravigliosa sarà la liberazione che Tu certamente cagionerai per tutti noi! Perciò fortifica me e tutti questi infelici, per amor della Gloria Tua!’.

                         6.      Il Sole cocente brucia; grandi diventano i tormenti, ed anche gli accompagnatori sembrano diventare fiacchi e pigri. Ruth solamente oppone resistenza con l’impiego di tutti i pensieri che gli stanno a disposizione contro questa debolezza, come se da ciò dipendesse la salvezza sua e dei fratelli suoi. Alla fine giungono in un territorio montuoso, ricoperto di piantagioni latifoglie, ed all’ombra di enormi alberi è ordinata la sosta.

                         7.      Nell’anima di Ruth s’insedia un nuovo avvenimento, diventa sempre più attiva e dice tra sé: se in qualche modo è possibile una salvezza, devo contribuire a questa! E così le diviene chiaro: “Che cosa sento ora in me come nuova forza, deve essere la conseguenza della debolezza dei miei nemici. Probabilmente faranno qui soltanto una breve sosta e poi cercheranno di uscire velocemente dal territorio”. E così è anche, infatti, si riparte in fretta e le corde sciolte una volta per mangiare non sono annodate nuovamente. Ruth forse avrebbe potuto liberarsi, – ma non lo fa! Le guardie devono essere cullate nella sicurezza.

                         8.      La via diventa faticosa, poi si arriva in montagna, a destra ed a sinistra alte rocce ricoperte da piccoli alberi. Quando Ruth non può più cercare con gli occhi in giro, osserva ora le guardie e nota che le stesse camminano dietro ai carri sempre nel loro indolente modo; non vede i due conducenti. Con molta fatica le riesce a staccare un sottile lembo della sua veste e gettarlo su un ramo d’albero. Poi osserva se le guardie se ne accorgono. I secondi diventano per lei minuti; – ci riuscirà o no?, il suo cuore teme; in ogni caso Gesù può benedire la mia impresa! Finalmente tutte le guardie sono passate; – nessuno se n’è accorto! Dopo viene anche su di lei una spossatezza, dimentica il suo mondo circostante e lotta nei suoi pensieri per un nuovo accumulo di forze, infatti, prevede il pericolo e vuole essere pronta!

                         9.      Il procedere diventa lento e faticoso, – le ore scorrono lentamente; in un posto adatto finalmente è ordinata la sosta e si ripete lo stesso procedimento come la sera prima.

                       10.   Ruth è portata da una guardia dal capo guida Assir. Lei va con lui spontanea, perché vuole chiarezza su questo: che cosa sarà di noi? Davanti al suo carro è piantata una piccola tenda ed in questa Ruth viene spinta.

                       11.   Assir attende la ragazza sedendo su una cassa e comincia: “Ti ho fatto portar qui per parlare con te, affinché tu sia in chiaro sulla tua futura sorte. Sei stata presa con i tuoi fratelli quando avete messo le mani addosso alla proprietà altrui e secondo la legge siete in mano nostra. Ma io vorrei far passare grazia davanti al diritto e non distruggere il futuro tuo e dei tuoi fratelli; ma dipende se sei disposta ad adempiere le condizioni ed accettare i miei desideri”.

                       12.   Fiera risponde Ruth: “È anche legge che io debba risponderti legata? E di quale specie deve essere la mia prestazione? Non abbiamo messo le mani addosso alla tua proprietà, dal momento che questi prigionieri non ti appartengono! Voi li avete soprafatti e portati via, e siete anche penetrati come ladri in casa di mio padre e ci avete portato con voi come gradito bottino!”.

                       13.   Ridendo beffardo dice Assir: “Credevo che il tuo essere arrogante fosse crollato e saresti stata contenta se ti avessi offerto una possibilità, così che i tuoi fratelli avrebbero potuto di nuovo tornare indietro. Vuoi perciò servirmi come ancella per propria volontà? – Altrimenti ti costringerò, – come mia schiava!”.

                       14.   Ruth lo fissa senza parole. – Assir va all’uscita della tenda e fischia; una guardia arriva di corsa e gli ordina: “Denuda a questa mia serva il busto!”.

                       15.   Ruth manda un urlo, ma non può difendersi, poiché le sue mani sono ancor sempre legate.

                       16.   Assir ordina ancora: “Va a prendermi il più giovane dal carro numero due, ma portalo legato fortemente, perché di costui non c’è da fidarsi!”.

                       17.   Ruth è accovacciata in fondo alla tenda e trema in tutto il corpo. Si porta il fratello davanti all’uomo potente, – fiero sta dinanzi a lui e con sguardi gelidi guarda in faccia il suo aguzzino.

                       18.   “Ho mandato a prendere anche te, come qui tua sorella (sollevando la tenda), ora dipende da te convincerla a servirmi volontariamente, dopo voi due otterrete di nuovo la vostra libertà! Oppure la costringo come mia schiava; – ma voi in questo caso sarete venduti”.

                       19.   Joram risponde tutto eccitato: “Con quale diritto disponi di noi? E soprattutto con quale potere osi questa pretesa? Ci avete colpito come delinquenti e derubato della nostra libertà. Tu, che pretendi di essere un servitore di Dio, ti servi di tali mezzi indegni?”.

                       20.   In quell’istante Assir strappa la frusta alla guardia e colpisce senza pietà Joram legato, il cui busto è totalmente nudo come quello di tutti i prigionieri. Joram, così come Ruth, mandano forti grida, – ma il tiranno ridendo freddamente dice: “Ora hai sperimentato una piccola prova su tuo fratello ancora borioso– la prossima volta toccherà a te stessa”.

                       21.   Joram stramazza, svenuto dal dolore. Assir esce ed ordina di portar via nuovamente l’uomo, cosa che però è un po’ difficile, dal momento che il privo di sensi deve prima essere risvegliato. Per non cacciare un potente urlo quando riportano Joram sanguinante, Giuseppe in impotente rabbia morde il tendone; si sente alla fine delle forze sue.

                       22.   Piena di paura e spaventa Ruth si rannicchia in un cantuccio della tenda. A causa di quest’orribile scena ha dimenticato all’improvviso tutti i buoni propositi, – ha dimenticato perfino il Signore. Divampante pensa soltanto alla fuga per vendicarsi! Lei però sa, il campo è sempre ben sorvegliato e solo per questo i prigionieri possono muoversi un po’ liberamente. Nessuno di loro però mostra interesse per la dura sorte del compagno di sventura. Da quella parte quindi nessuno l’avrebbe aiutata!

                       23.   Assir ritorna tutto fuoco. “Vieni qua!”, l’assale bruscamente. – Ruth non vuole. – Allora lui afferra la frusta. Ora però divampa la fierezza di lei. Si alza e, completamente calma, avanza verso di lui. Assir la guarda, – la sua fiera bellezza lo cattura e così afferra le corde e libera le sue mani. Poi dice lentamente, ma imperioso: “Va al fuoco e prendi il mangiare per me! Se vuoi ricevere qualcosa, dipende da te stessa”.

                       24.   Lei obbedisce e si meraviglia della sua calma, nell’intimo tutta la paura ed il timore sono scomparsi. Le guardie sono sorprese del fatto che questa bella e fiera ragazza così quieta si rechi al fuoco, dove pendono le pentole, e chieda il cibo per il capo. Riceve una scodella piena di legumi ed un cucchiaio e la porta al suo aguzzino. Assir fa onore al cibo, ma i suoi occhi non si allontanano da lei. Poi porge la scodella vuota alla ragazza in attesa. “Va a prendere il cibo anche per te, non devi lamentarti dalla fame”.

                       25.   Ruth, fiera, si alza stirandosi e dice in tono quieto: “No! – Non vado a prendermi nessun cibo! E non credere che io abbia ancora paura della tua frusta, questa paura è già passata! E se mi uccidi, non mi spavento più!”.

                       26.   “Ti vuoi ribellare? – Donna, io ti dico: non mi provocare! Ricordati, qui vige la mia volontà solamente, e ciò che io una volta voglio, questo accade!”.

                       27.   “No!”, – dice Ruth con salda fermezza. – “Finché posso ancora pensare, sono io padrona della mia volontà, ed ora prendo le mie forze direttamente da Dio! Prima ero debole e profondamente spaventata – ma ora è entrata in me la certezza dell’Aiuto di Dio ed io ti dico: tu puoi ben tormentare nel tuo modo diabolico con satanici mezzi gli uomini e perseguitarli a morte, ma io, io che sono una seguace del Nazareno, ti dico ancora al cospetto della morte: tu non mi porterai mai al punto da dubitare dell’Aiuto divino”.

                       28.   Cinicamente ridendo, Assir ribatte: “Ebbene, ragazza mia, si tratterebbe di provare”. –

                       29.   “Ed io ti rispondo che non la tua, ma solo la Volontà di Dio deciderà che cosa deve essere di noi!”, contraddice audace e con solenne certezza la ragazza.

                       30.   Non più padrone dei suoi sensi, Assir afferra la frusta e vuole precipitarsi sulla fiera donna. Costei però è più veloce, – e veloce esce dalla tenda. La guardia, non sospettando nulla, è gettata da parte. Ruth corre veloce quanto può, passa da sotto un carro ed in pochi istanti è scomparsa nel bosco.

                       31.   Assir, acceso d’ira, colpisce la guardia e grida: “Porta nuovamente qui la ragazza o ti colpisco a morte!”. – Ma quando un’altra guardia vede che uno di loro giace a terra quasi morto, la stessa prende il coraggio e dice: “Tu non sei il nostro padrone, siamo soltanto subordinati a te! Ma se non diventi ragionevole ed osi ancora una volta colpire uno di noi, allora non sarai più nostro amico e non avrai da aspettarti che la frusta. Di quello che tu fai con i cristiani, sarà giudice Dio, ma di cosa vuoi fare con noi, su ciò faremo noi stessi i conti con te!”.

                       32.   In questo momento Assir alza il braccio per colpirlo, ma la guardia è più veloce e lo colpisce con il pugno, tanto che Assir cade a terra privo di sensi. Veloce gli porta via il coltello e la frusta, lo mette ai ferri e dice agli altri: “Ora dipende da noi, se vinceremo noi l’insignificante tiranno, oppure sarà lui a vincere noi. Se siete d’accordo, lo consegniamo alle autorità come prigioniero, perché è andato troppo oltre le sue competenze”.

                       33.   Quando Assir ritorna in sé e si vede incatenato, urla di rabbia, ma la guardia lo colpisce e dice severa: “Abbiamo deciso di non riconoscerti più come nostro capo, poiché ci tratti, noi che siamo come te servitori del tempio, come se fossimo tuoi schiavi. Quello che tu fai con i prigionieri, poteva esserci indifferente, ma dal momento che volevi usare i tuoi metodi anche su di noi, ora sei diventato tu nostro prigioniero. Noi ti consegneremo al più vicino tribunale e potremo accusarti di commercio degli schiavi, furto e perfino di tentato omicidio. Perciò rimaniamo qui, inviamo due messaggeri ad Hazor e chiediamo informazioni su che cosa deve essere della carovana con i prigionieri”.

                       34.   Assir incatenato è sbattuto su un carro e tutto il suo gridare ed urlare non trova nessuna compassione. Asa, la coraggiosa guardia, va da Elim, proprietario della carovana e gli dice: “Elim, proprio ora hai visto come si ricompensa un tiranno! Se vuoi sottoporti alla nostra guida, ti verrà la tua ricompensa; certo, dobbiamo rimaner qui 5-6 giorni, finché verrà un nuovo capo che esegua gli ordini completamente nel senso del Consiglio superiore del tempio. Consegneremo Assir alle autorità, affinché riceva la sua giusta punizione, ed in questo caso il tempio non conosce nessun riguardo!”.

                       35.   Elim non dà nessuna risposta, egli sa che in questo trasporto ora non c’è più molto da guadagnare, Assir, infatti, gli aveva assicurato un grosso guadagno extra. Ora è disposto un nuovo servizio di sorveglianza, a tutti i prigionieri la sorte è visibilmente alleggerita, ma il motivo nessuno può saperlo. Giuseppe e Joram ricevono una cura migliore, in più la notizia che è fuggita la loro sorella.

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Cap. 4

Un incarico del Signore

                         1.      In questo giorno così addolorato per i prigionieri, Cornelio, il comandante delle truppe di occupazione romane a Cesarea, quando recita la sua preghiera mattutina vede un angelo stare dinanzi a sé improvvisamente. Cornelio ha già avuto spesso la Grazia di ricevere delle Rivelazioni, ed ora questo messaggero di Dio parla a lui: “Cornelio! Il Signore ha bisogno di te e ti manda a dire attraverso di me: equipaggia alcuni dei tuoi uomini e, sottoposti ad un fedele servitore, mandali ad Hazor e Kades[2]. Nei Pressi di Hazor devono fermare tre messaggeri che vogliono recarsi dal sommo sacerdote del tempio, per prendere nuovi ordini sulla sorte dei prigionieri di Nazareth. Questi messaggeri sono da tener prigionieri finché saranno disposti ad indicare ai tuoi uomini la via per questo trasporto dei prigionieri! Poi i Nazareni devono essere liberati, ma le guide della carovana giudicale tu stesso secondo le vostre leggi! La Grazia e la Benedizione di Dio sia con te!”.

                         2.      Un saluto con la mano – e l’angelo è scomparso.

                         3.      Cornelio però dice nel cuor suo: ‘Signore Gesù! Tu sai, io do a Te la mia vita, se Tu lo dovessi chiedere! Così accada dunque quest’incarico totalmente nell’intendimento Tuo’.

                         4.      Allora sale al piano superiore dal suo fedele amico Achibald, il quale però non vuole accettare il cristianesimo, e gli parla: “Achibald, oggi chiedo a te un servizio grande! Ascolta: un angelo è stato da me e mi ha portato un santo Incarico del mio Dio, per liberare dei fratelli di fede catturati che il tempio vuol ridurre in miseria e schiavitù!”.

                         5.      “Caro Cornelio”, – risponde Achibald, – “quest’incarico dovrebbe averlo portato un angelo? Dubito molto, ma ti voglio servire volentieri e così disponi che cosa si deve fare!”.

                         6.      Allora Cornelio ordina: “Prendi venti uomini a cavallo ben equipaggiati, prendi denaro per una settimana, ma pochi viveri, dal momento che dovete cavalcare con la massima fretta. Tra Hazor e Kades sono da fermare tre messaggeri di una carovana della morte e costringerli a portarvi dai cristiani prigionieri. Questi bisogna liberarli immediatamente; i capi però portali subito qui in catene per il giudizio!”.

                         7.      “Caro Cornelio, se tutto ciò che il tuo angelo ha comunicato dovesse essere verità, allora voglio credere anch’io nel tuo Dio Gesù!”, dice Achibald pieno di stupore.

                         8.      “Allora va con Dio, e la Sua Grazia sia con voi”, risponde Cornelio.

                         9.      Quando Cornelio è nuovamente tornato nella sua stanza da lavoro, gli vengono lo stesso dei dubbi: ‘Achibald vuol diventare un vero cristiano, se tutto accadrà. Ma cosa sarebbe se questa volta mi fossi ingannato?’.

                       10.   Allora una dolce Voce sussurra nel cuor suo: “Cornelio, credi, e sarai felice! Anche il tuo eterno Padre è felice, quando un Suo figlio si affida a Lui. Dove però sorgono ancora dei dubbi, può subentrare anche un insuccesso”.

                       11.   “Signore! Perdonami!”, – dice Cornelio commosso. – “Credo nelle Tue Parole e confido nella Grazia Tua. E santa sia a me la rivelata Volontà Tua”.

                       12.   In meno di un’ora Achibald si presenta con i suoi uomini, pronto alla partenza; Cornelio dice a loro: “Ascoltate, miei compagni d’armi, il Mandante di questa spedizione è Dio, l’Eterno! Per compiere totalmente la Sua Volontà, ci vuole incondizionata dedizione in quest’opera. Io so che porterà ad un buon successo, ma la riuscita deve provocare di più che soltanto la consapevolezza: abbiamo compiuto il nostro dovere! Perciò su tutta la vostra azione possa stare la Benedizione visibile di Dio, perché io non sono il mandante, bensì soltanto il mediatore. Così cavalcate dunque nel Nome del mio Dio, Dio che è anche vostro! Conservate puro il vostro onore e ricordate sempre che assoldato vi ha l’Iddio vostro! Così sia!”.

                       13.   Achibald ordina la partenza, tiene sollevato il braccio, e come un turbine si precipita fuori del cortile. Cornelio li benedice con la sua destra: “Allora cavalcate nel Nome di Gesù e siate sostenuti dallo Spirito Suo! Con ciò sia glorificato il Nome Tuo, Grande e pur così amabile Iddio!”.

                       14.   Fin quando può ancor vedere i suoi uomini, tiene il braccio alzato, poi dice fra a sé: quando andavamo in combattimento, non ero così commosso come questa volta! Deve essere qualcosa di molto grande, se si può compiere qualcosa per Dio.

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Cap. 5

Come si avvicina l’aiuto

Bernhart in preghiera, poi incontra tre cavalieri

Ruth fuggitiva incontra Bernhart

                         1.      I tristi avvenimenti, infatti, richiedono una pronta azione, tutti i servitori di Bernhart sono svegliati già all’alba per foraggiare rapidamente i cavalli e poi riportare a casa il vecchio Eusebio. “Perché la tua gente deve sapere che, nonostante la tua sventura, il governo della casa deve essere curato giustamente”, conclude Bernhart, e così i due amici cavalcano con quattro servitori ben armati incontro al giorno nascente.

                         2.      Poiché le stalle del vecchio Eusebio si trovano lontane da casa, i suoi servitori ieri non potevano essergli d’aiuto e la domestica per tanta paura era subito fuggita. Tutti questi sono ora esortati ad una fedele perseveranza e poi si discute su come aiutare i ragazzi. “Non c’è da pensare alla violenza”, dice Bernhart, “sebbene io sia un cittadino romano. Possiamo però mandare due servitori a Cesarea da Cornelio, il comandante della guarnigione, e chiedere a lui protezione e sostegno per la liberazione. Poiché supponiamo che la carovana andrà verso Sidone, vogliamo intanto cercare di conoscere dove accampano; e dato che hanno soltanto un giorno di vantaggio, gli staremo dietro giornalmente. Al più tardi di 6-7 giorni con l’aiuto degli uomini di Cornelio si potrebbe raggiungere lo scopo”.

                         3.      Eusebio sarebbe volentieri andato con loro, ma Bernhart lo sconsiglia, poiché alla sua età non è più idoneo agli sforzi di una veloce cavalcata. “Nel frattempo però puoi pregare e pensare a noi in amore intercedente. Se ora, infatti, inseguiremo giorno e notte questa banda del tempio giudeo, non avremo il tempo per la giusta preghiera! E malgrado ciò sappiamo che senza l’assistenza del Signore non è possibile nessuna vera riuscita”.

                         4.      Ora Bernhart prepara un breve scritto per Cornelio ed imprime bene al suo fedele servitore Gioele l’intero stato delle cose: “Consegna questo scritto personalmente, pernotta soltanto presso sudditi romani e strada facendo non aver a che fare con nessun templare, oggi, infatti, non puoi fidarti di nessun giudeo! Qui ci vuole la massima prudenza, perciò custodisci il segreto e sii un vero difensore per gli uomini colpiti da sofferenza e sventura! Il fratello Dan sia il tuo accompagnatore. Cavalcate veloci, ma provvedete i cavalli con sufficiente acqua”.

                         5.      Così si separano; Gioele e Dan cavalcano verso Cesarea, mentre Bernhart con i due altri servitori e due cavalli da carico segue le tracce dei carri della carovana. Verso mezzogiorno hanno raggiunto il posto dove è stata accampata la notte precedente, ma qui si concedono soltanto una breve sosta. Poi continuano a seguire le tracce dei carri, finché la sera, stremati, devono pensare al riposo. Tutta la zona è deserta, quasi nessuna vegetazione e, soprattutto, – niente acqua per riempire nuovamente gli otri di riserva d’acqua consumata. Bernhart lega i cavalli alla maniera militare in un giogo e avvolge una lunga corda intorno a sé, così che gli animali non possono allontanarsi da lui.

 

                         6.      Così viene la notte, stelle splendenti salutano la Terra ed un silenzio meraviglioso avvolge il solitario vegliante Bernhart. Ancora una volta si trasferisce nell’accaduto, poi si sente liberato da tutto il terreno; è come se la sua anima corresse verso Colui che ha creato Cielo e Terra, per ricevere nuovo apporto di forza e coraggio. ‘O Signore Gesù, Tu, brama della mia vita, quanto devi essere magnifico, appena è arretrato da noi tutto il separante! Quanto offuscato però deve essere ancora il nostro occhio, perché riconosciamo così poco della Tua magnificenza! Io Ti sento! – Tu sei presso di me! Ma devo essere cieco, altrimenti dovrei vederTi, infatti, la Tua santa mano adesso sfiora i capelli miei. – O mio Gesù! Mio Dio e mio Signore! Soltanto un attimo lasciami guardare nell’occhio Tuo, allora sarò fortificato, ed il Tuo Amore e la Grazia Tua mi rimarranno sempre coscienti!’.

                         7.      Ecco che il Signore sta in veste bianca dinanzi all’orante e dice: “Figlio Mio! Non potevo resistere alla brama della tua preghiera, per questo ti ho sfiorato, affinché tu contemplassi Colui al Quale doni il tuo amore e la tua fiducia. Vedi, Io sono presso di voi e con tutti voi! E presso tutti coloro che vivono secondo la Mia Parola deve adempiersi la Mia Promessa: Io sono in loro, e loro sono in Me! Non la Terra e tutto ciò che è sulla Terra deve essere il separante, ma un uomo può separarsi solamente quando il suo amore per il terreno è più forte dell’Amore per Me! Utilizzate giustamente la Mia Promessa, ed il Cielo si abbasserà a voi ed alla vostra Terra!”.

                         8.      “Signore, che cosa devo fare?”, balbetta Bernhart.

                         9.      “Credere in Me, ed amare veramente tutti! Il Mio Spirito-Gesù produce salvezza ed una nuova vita in voi! Ma non posso darti questo Spirito, perché esso deve nascere dalla tua fede e dal tuo amore per il prossimo! Così fa ora secondo il tuo amore a causa dei tuoi dei fratelli!”.

                       10.   L’apparizione di Luce è scomparsa, ma lieto diviene il cuor suo. “O mio Dio! Nulla adesso mi deve impedire di eseguire totalmente la Volontà Tua! Sì, fammi diventare un fautore ed annunciare ancora a molti il Tuo Spirito creante Amore e Vita!”.

                       11.   Allora gli sembra come se molte anime si stringessero intorno a lui ed ascoltassero attentamente le sue parole-pensieri – e così dice a bassa voce: “O voi esseri invisibili, avete partecipato alla grande Grazia, come il Signore si è rivelato a me pieno d’Amore? Siate anche voi compenetrati di gratitudine filiale, allora portate poi il messaggio nelle vostre sfere, affinché il soffio gelido del maligno si dissolva nella volontà per il bene! Giubilate con me di tutto cuore: Dio ci ama! Ed abbiate cura di tutti gli smarriti, affinché anche a loro si avvicini la salvezza!”.

                       12.   Bernhart viene nuovamente trasferito nello stato naturale e si sente così bene e fresco che all’alba sono di nuovo già pronti per la partenza. Progredire ora è più difficoltoso, poiché più pietroso è il terreno ai piedi della montagna. Un servitore nota tre cavalieri che vengono loro incontro. Bernhart pensa: ‘Non hanno l’aspetto di ladri, non hanno nemmeno molto bagaglio, di conseguenza non stanno cavalcando da settimane intere’. Poi si salutano ed egli domanda se in questa zona fosse da trovare l’acqua.

                       13.   Risponde uno: “Andiamo verso Hazor, ma qui siamo forestieri quanto voi, e di acqua anche noi abbiamo già mancanza”.

                       14.   “Difficilmente però raggiungete oggi Hazor,” – dice Bernhart, – “perché fra due ore sarete soltanto nella grande pianura. Pensate che i vostri cavalli ce la faranno senz’acqua?”.

                       15.   “Devono farcela!”, – risponde il portavoce. – “Non abbiamo avuto né tempo né occasione per cercare l’acqua e dobbiamo vedere come possiamo procedere!”.

                       16.   “Allora che Iddio vi aiuti!”, – replica Bernhart. – “Io mi sarei provveduto meglio!”. Poi continuano a cavalcare.

                       17.   “Qui qualcosa non si accorda!”, – dice egli al suo servitore. – “È pazzia, voler superare questo tratto di strada senza cavallo da carico. Ieri ci siamo accorti di quanto eravamo assetati noi ed i cavalli; non erano certamente soldati in servizio”.

                       18.   La via diventa sempre più irta e più pietrosa; ad un tratto si ferma. – Là sull’albero pende una striscia di stoffa chiara. La tira giù, l’osserva e dice: “Questa striscia non è appesa da molto tempo qui, è una stoffa come la portano le nostre donne; – deve forse significare qualcosa per noi? Dobbiamo stare attenti, questo ritrovamento non è senza motivo! Io adesso vado avanti, e voi seguitemi soltanto a vista”.

                       19.   La via faticosa richiede assoluta attenzione. Dopo molte ore sente ad un tratto spaccare della legna, e cauto smonta da cavallo e fa avvicinare i suoi uomini. “In questa zona solitaria c’è gente occupata nel bosco. Dobbiamo indagare se, forse, è la carovana che cerchiamo! Perciò lasciamo questa strada ed andiamo a destra nel bosco, affinché non ci scoprano”.

                       20.   Presto, però, non possono più avanzare, il bosco è troppo fitto, troppo ripido e non percorribile per i cavalli. Così Bernhart procede da solo verso il suono, – ed all’improvviso vede una profonda valle, dove uomini ed animali sono accampati comodamente. ‘Questi non sembrano essere prigionieri’, egli pensa, e si avvicina con grande prudenza. “È la carovana che cerchiamo? Non c’è nulla da vedere di Giuseppe e Joram, nemmeno Ruth è fra questi. Devo saperne di più, ma come? Questo me lo potrà suggerire il mio Dio!”. Pensieroso ritorna dai suoi servitori e descrive loro le sue impressioni. “Ma che cosa possiamo fare noi tre contro queste molte guardie? Dobbiamo avere certezza e poi ritornare, poiché ho indicato a Cornelio la strada carovaniera Sarechto-Sidone come punto d’incontro; soltanto con i suoi uomini possiamo liberare i nostri prigionieri”.

                       21.   Così i tre cercano un posto adatto per accamparsi e si fortificano con pane, fichi ed un sorso d’acqua.

                       22.   Ad un tratto Bernhart tende gli orecchi e dice a bassa voce: “Qualcuno ci deve spiare, ho sentito un rumore; – sarebbe certo pericoloso se fossimo stati scoperti dagli accampati”.

                       23.   Tutto però rimane tranquillo. Dopo una mezz’ora Bernhart dice: “Ora nel Nome del Signore cerchiamo la nostra salvezza; uno rimane qui con i cavalli, uno a mezza strada ed io cerco di avvicinarmi al campo. Tre brevi strilli di un falco significano: tutto in ordine, ma due voci di rospo significano: massimo pericolo! Allora uno aiuti l’altro”.

                       24.   Ecco che all’improvviso una persona sta dinanzi ai tre uomini ed esclama: “Oh, sia lodato Iddio e glorificato il Suo Nome! Io sono Ruth, la figlia di Eusebio, e tu sei Bernhart, l’amico di mio padre!”.

                       25.   “Ruth! Tu? Come sei venuta qua? Come sei fuggita dal campo? Esso certo è sorvegliato!”, – chiede Bernhart molto sorpreso. – “Noi abbiamo seguito subito le tracce dei vostri carri, quando il vecchio padre tuo ci ha raccontato della vostra cattura”.

                       26.   “Oh, datemi da bere ed una coperta, per coprire la mia nudità”, e poi racconta di tutti i tormenti dei prigionieri e della paura, prima di trovare protezione nella sicurezza del bosco. – “Quando mi sono accorta di non essere inseguita, sono rimasta nella vicinanza ed ho ascoltato attentamente tutto il corso degli eventi. Il capo Assir è ora prigioniero e sta saldamente incatenato nella sua tenda. Lo so per certo, perché le sue urla hanno svelato tutto; ma perché tre guardie sono tornate indietro, è a me sconosciuto”.

                       27.   “C’è dell’acqua qui?”, – domanda preoccupato Bernhart.

                       28.   “In ricca abbondanza, ma dall’altro lato del campo”, dice Ruth.

                       29.   “Allora siamo sollevati da questa preoccupazione. Ma dove sono i tuoi fratelli? Io non li ho notati”.

                       30.   “Giacciono feriti in due carri”, – risponde Ruth, – “ma non possiamo liberarli, perché alte pareti rocciose proteggono il campo”.

                       31.   Bernhart studia lo stesso un piano ed infine domanda: “Non potresti tu ritornare nel campo per osservare tutto con occhi attenti e portare ai tuoi fratelli la prospettiva di salvezza? Vedi, prima dobbiamo andare a cercare aiuto, poiché contro questi uomini noi tre siamo impotenti. Abbiamo però chiesto aiuto al comandante Cornelio e speriamo con i suoi uomini nella vostra totale liberazione!”.

                       32.   Soltanto dopo un lungo, lungo silenzio Ruth risponde a stento: “Bene, farò questo sacrificio, perché Assir è prigioniero. Ma come potrei esservi utile, se domattina presto il campo se ne va per destinazione ignota? Potrei rimanere quieta se non vi riuscisse ad essere qui a tempo debito con i vostri soccorritori?”.

                       33.   “Mia valorosa Ruth!”, – risponde Bernhart. – “Perché tu vuoi ad un tratto dubitare? Fa questo sacrificio ed infondi nei tuoi fratelli ed in tutti gli altri, nuovo coraggio! Il nostro Signore e Salvatore Gesù porterà questa difficile opera attraverso di noi ad una meravigliosa soluzione, poiché l’abbiamo iniziata confidando fedelmente nel Suo aiuto. E poiché io so che Dio ha la Sua mano in gioco, sono completamente senza pensieri. Sii anche tu così calma, non ti accadrà nulla! Vedi, oggi abbiamo già incontrato i tre messaggeri, vorranno andare a prendere nuove istruzioni ad Hazor su che cosa deve essere della carovana, poiché la vostra guida è prigioniera. Passeranno ben tre giorni ancora prima che essi siano di ritorno, ed allora anche noi saremo nuovamente qui”.

                       34.   “Caro Bernhart, ora si presenta il percorso del più difficile sacrificio”, dice con difficoltà Ruth, “quanto ho ringraziato Iddio, quando mi sono vista libera! Certo, senza il vostro aiuto sarei forse morta di fame, ma ora rinunciare di nuovo alla libertà e ritornare all’Inferno? È quasi troppo difficile”.

                       35.   Risponde Bernhart: “Figliola, se ti è troppo difficile, allora rimani con noi, ma dove dobbiamo portarti? Qui in montagna, infatti, non puoi rimanere da sola, poiché in questa zona ci sono certamente anche animali selvaggi”.

                       36.   “Allora ritorno! – per tre giorni! Dammi però un coltello, che almeno abbia un’arma”.

                       37.   “Fallo, mia Ruth, per amore della riuscita! Sii assicurata, Dio ci fa sperimentare la Sua ricca Grazia, perché siamo di pura e buona volontà! Pensa alla Parola del Maestro che Egli ci ha lasciato: «Tutto ciò che volete che Io vi faccia, vi sarà fatto, se avviene nel servente disinteressato amore». Pensiamo anche a tuo padre che prega con fiducia per la vostra liberazione ed attende con desiderio ardente il vostro ritorno!”.

                       38.   “Ora conosco la mia via”, – dice Ruth afferrata, – “voi mi potete osservare come sarò accolta”. E dopo un breve, intimo addio, lentamente torna indietro pregando. Solo quando diviene visibile un bagliore di fuoco, va più in fretta.

                       39.   Bernhart l’ha seguita, vede quattro guardie sedute intorno al fuoco, ed all’improvviso dinanzi a loro sta Ruth. Queste balzano su, esse riconoscono la ragazza e la portano verso il carro numero due, e poiché non accade nient’altro, ritorna dai suoi servitori.

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Cap. 6

Achibald iniziato alla Dottrina di Gesù dall’oste, incontra Gioele e Dan

                         1.      I servitori di Bernhart, Gioele e Dan, sono lieti di eseguire per il loro padrone un servizio straordinario e, imperterriti, cavalcano incontro alla loro meta, Cesarea. Alla sera arrivano stanchi ad una grande locanda, dalla quale sentono provenire un gran baccano, nella grande sala, infatti, siedono molti soldati romani. Gioele va dal capitano e chiede del comandante Cornelio, al quale deve consegnare un messaggio del suo padrone.

                         2.      Achibald ascolta con attenzione e chiede: “Chi è il tuo padrone e di che cosa si tratta? Io sono il delegato del comandante Cornelio”.

                         3.      “Allora posso consegnare a te questo breve scritto che il mio padrone, di nome Bernhart, mi ha affidato, per consegnarlo al comandante Cornelio”, e con ciò porge al romano lo scritto.

                         4.      Achibald legge con grande interesse e si fa riferire ulteriori dettagli da Gioele, poi dice: “Non avete più bisogno di andare a cavallo a Cesarea, perché io ho ricevuto lo stesso incarico da Cornelio e siamo in strada per i prigionieri. Venite con noi e collaborate all’opera di liberazione, Dio stesso, infatti, è il nostro Mandante”.

                         5.      Anche il vecchio oste ha ascoltato e riferisce ancora diverse cose, come i templari perseguitano tutti i Nazareni con violenza ed arbitrio che raggelano il cuore. Achibald domanda: “Mio caro oste, anche tu sei cristiano e compenetrato dalla Verità del Nazareno?”.

                         6.      “Io lo sono!”, – risponde l’oste. – “A questo tavolo era seduto il Signore e Maestro stesso e con Amore e Misericordia ha ridato al mio servitore ammalato la sua salute! Mai dimenticherò quel giorno, infatti da quel momento sono diventato un uomo nuovo!”.

                         7.      Achibald domanda interessato: “Ma, amico mio, come puoi conciliare questo con la tua coscienza, dal momento che tu certo così facendo tradisci la fede dei padri tuoi?”.

                         8.      “No, signore, non è così”. – replica il rispettabile oste. – “Perché la mia fede fino a quel giorno non era vera fede! Ero cieco e senza libera volontà ho fatto solamente ciò che il tempio pretendeva da tutti noi. Soltanto adesso mi è venuta Luce e Chiarezza sul mio eterno Dio e la Sua meravigliosa Essenza e perciò ora sono così contento e mi rallegro di poter servire giornalmente il mio Dio e mio Signore”.

                         9.      “Ti ringrazio per la tua confessione, essa, infatti, facilita il mio compito”. – risponde Achibald. – “Mi rallegro se sento da altri una dichiarazione su Gesù che io ancora non conosco”.

                       10.   Dice ancora l’oste: “Signore, non precipitare ed esegui con calma il tuo compito sulla via di Dio;  dove, infatti, il Signore ha la Mano in pasta, può esserci soltanto una buona riuscita, ma se è predominante un’ambizione propria, subentrano anche disturbi. Sarai beato se riconosci: il tuo Dio e Signore ti ha assunto e ti ha affidato un incarico che Egli difficilmente poteva affidare a qualcun altro! Per questo voglio benedire te e la tua gente! Tu però pensa all’onore che ti è capitato, il mio eterno Iddio e Padre parifica te, quale romano, già come i figli Suoi!”.

                       11.   Achibald è profondamente commosso, poi si congeda e impartisce l’ordine per la partenza. Le ore scorrono una dopo l’altra, i cavalli procedono rapidi, in Achibald però le parole dell’onesto oste generano sempre nuove domande e pensieri. Finalmente fa sostare presso una locanda, e mentre uomini ed animali si riposano, prende informazioni presso l’oste circa il movimento su questa strada maestra.

                       12.   Risponde il venerando vecchio oste: “Signore, voi siete romani ed al servizio dell’imperatore e da decenni io vi considero come oppressori e nemici del popolo giudeo! Ora però che ho riconosciuto la grande Salvezza e mi annovero tra i seguaci del grande Maestro e Salvatore Gesù, io so chi sono gli oppressori e nemici del popolo nostro. Settimanalmente passano qui carovane, di solito i templari riempiono i loro otri con acqua ed anche con vino e se la passano bene, mentre i nostri fratelli e sorelle giacciono languenti sui carri. Una volta, quando il vino gustato sciolse le lingue, venni a sapere da un tale sacerdote di Satana che trasportavano solo giovani uomini e donne verso la costa, perché là potevano ottenere buoni prezzi per loro; vecchi uomini e donne vengono di solito abbandonati alla morte – e perché? Perché furono sorpresi dalle spie e dai sacerdoti pieni di odio durante le loro adunanze notturne”.

                       13.   Achibald chiede: “Ascolta, mio caro oste, come romano ho il più grande interesse in tutto ciò che accade, ma puoi asserire su tuo sacro giuramento che i templari fanno affari dalla persecuzione dei Nazareni? Perché per la tratta degli schiavi può concedere il privilegio soltanto l’imperatore, ma a quanto ne so il tempio non l’ha ottenuto. Il tempio ha ben il diritto penale su traditori e coloro che offendono la sua santità, ma condannare a morte o vendere degli schiavi, è una violazione che deve essere punita!”.

                       14.   Risponde l’oste: “Signore, io sto alla mia parola, come sto alla mia confessione per Gesù, ma è difficile provare la colpevolezza dei templari. Sarebbe meglio se tali carovane fossero intercettate e indagate secondo il legittimo profitto degli schiavi, allora sarebbe impedito qualche ingiustizia e qualche crimine”.

                       15.   Achibald ringrazia l’oste. Si fanno ben due ore di sosta, poi si procede, dopo un cordiale congedo dal rispettabile oste, in sostenuta cavalcata verso Hazor. Strada facendo incontra una carovana, guidata da un greco ed un giudeo in veste sacerdotale. Achibald fa fermare e si fa fare un rapporto sulla natura della merce dal sacerdote e pretende chiarimento sulla considerevole sorveglianza.

                       16.   Esitante il templare fa rapporto, ma nega d’avere merce umana. Quando il romano impartisce l’ordine di controllare la merce, il sacerdote ammette di avere anche dei prigionieri, ma agisce secondo le disposizioni della sua suprema autorità del tempio.

                       17.   “Va bene”. – dice Achibald. – “Ma perché volevi ingannarci? Se adempi soltanto il tuo dovere, non sei tu responsabile di questo, bensì è responsabile il consiglio del tempio! Nessun romano impedirà ad un uomo di adempiere il suo dovere, all’infuori che agisca contro la legge! Fammi parlare con i tuoi prigionieri!”. E così interroga i prigionieri legati l’uno all’altro secondo la loro colpa. Essi rispondono calmi e pronti che sono nazareni e vogliono piuttosto morire che rinnegare la loro fede!

                       18.   Egli li fa liberare dalle catene e promette loro aiuto. Al sacerdote però dice gravemente: “Ringrazia il tuo Dio che questi uomini danno di te una buona testimonianza e non hai mai abusato del tuo potere, per essere brutale o disumano, perciò voglio lasciarti al tuo servizio. Ma se tu mi promettessi di accamparti alla prima occasione ed attendere il mio ritorno, che però potrebbe durare alcuni giorni, io ti offrirei un contraccambio, del quale tu potresti essere soddisfatto certamente oltre ogni misura!”.

                       19.   Dice rallegrato il sacerdote: “Signore, con questo tu vieni incontro ai miei desideri, si viene costretti controvoglia e si deve stare a guardare, come si opera l’ingiustizia per il tiranno. Perché se mi ribellassi, sperimenterei lo stesso destino di questi qui!”.

                       20.   “Dunque rimaniamo con la nostra promessa”, replica Achibald, e con forte stretta di mano le due guide si separano.

                       21.   Achibald però interiormente è scosso. Qui noi romani badiamo all’ordine, abbiamo occupato il paese, e malgrado ciò il tempio è un polipo che stende i suoi invisibili tentacoli ovunque. “O Tu eterno Iddio, suppongo la Tua Grandezza! Suppongo la Tua Sapienza e suppongo però anche le Tue Premure! Oh, quanto sarei adesso infelice se avessi convinto Cornelio di non attribuire così grande importanza a questa apparizione angelica. O Signore! Fammi portare a termine la Tua Opera nello Spirito Tuo, affinché io possa dimostrare la mia volontà ora pronta a servirTi!”. Si ferma, chiama a sé con un cenno Gioele e Dan e dice: “Ascoltate bene! Devo rivolgervi alcune serie domande. Dipende molto, molto per me dalle vostre risposte. Siete voi pronti a darmi in tutte le cose, la giusta Verità?”.

                       22.   “Sì, signore, se a te serve, chiedimi quello che vuoi, solo non che debba rinnegare la mia fede, infatti, anch’io sono diventato cristiano!”, risponde Gioele con fermezza.

                       23.   “La tua confessione mi rallegra e mi facilita le domande”. – risponde Achibald. – “Dunque, perché sei diventato cristiano? Non ti bastava più la tua fede? E quale vantaggio hai ora come cristiano?”.

                       24.   Calmo risponde Gioele: “Signore, io non sono diventato cristiano per amor di vantaggi esteriori, poiché ho in ogni caso in Bernhart un buon padrone. Anche lui è cristiano con tutta la sua famiglia! Ma se mi guardo indietro, fin dove posso pensare, allora devo riconoscere che mi rallegro della mia vita soltanto da quando ho accolto credente nel mio cuore il Messaggio del grande Amore di Dio.

                       25.   I miei genitori erano persone oneste e rispettabili e le mie sorelle erano sottomesse a loro, erano fedeli secondo la legge di Mosè fin quando mia sorella maggiore volle sposare un uomo di un'altra fede. Da quel momento abbiamo sperimentato molta oppressione da parte dei nostri sacerdoti del tempio, finché la nostra proprietà terriera non appartenne più a noi, bensì ai templari. I miei genitori sono morti per cordoglio ed apprensione e noi dovemmo vendere per procurarci pane e lavoro. Proprio attraverso la mediazione dei seguaci di Gesù io conobbi il mio attuale padrone, e per il modo come fummo trattati io e tutti gli altri della casa, dubitai della mia vita passata! Cercai ed indagai, finché trovai ciò che può rendere l’uomo veramente felice!”.

                       26.   “Sì, amico mio!”, – risponde il romano. – “Non dipendeva da te, se in tempi precedenti non eri tanto felice? Non sei forse un poco contagiato dal modo d’essere del tuo padrone, per il fatto che adesso dici, io sono felice! Ma come sarebbe se tu fossi presso un romano, per esempio presso di me, per salario e pane, dove regna diritto e giustizia ed estrema severità? Allora penseresti ancora così?”.

                       27.   Risponde Gioele: “Sì, signore, penserei sempre così, perché la gioia che mi colma, è diversa che prima; questa gioia, infatti, è di specie celeste, perché viene alimentata dalla consapevolezza: vengo sostenuto dal mio eterno Iddio e Padre, il quale è il grande Amore e può essere soltanto Amore e Grazia!”.

                       28.   “Bene, ragazzo mio”, – risponde Achibald, – “chi ti ha reso edotto di queste dimostrazioni dell’Amore e della Grazia di Dio?”.

                       29.   “I Suoi fedeli testimoni Pietro e Giovanni”, – risponde Gioele. – “Non soltanto lo dichiararono con la bocca, no! – ma anche col cuore e tutto l’essere loro! Gli ammalati, infatti, divennero sani, i posseduti nuovamente lieti ed i cercanti come me, – felici! Non auguro a me nessun Cielo migliore se non quello nel quale io vivo adesso! Perché lo stesso rende leggero il mio servizio terreno ed i miei compiti, per quanto grandi o piccoli, di gran valore!”.

                       30.   “Ti ringrazio!”, – replica il romano. – “La pensa così anche il tuo compagno?”.

                       31.   “In fondo sì, ma se anche lui vive in questa letizia come me, naturalmente non lo posso affermare! Ma anche lui come me ama Gesù, il Risorto!”, ammette Gioele.

                       32.   “Questo mi basta, ragazzo mio! Tieni per te ciò di cui ti ho parlato, perché vorrei prima venire in accordo con me. Ora, infatti, comincio a vedere la mia vita diversamente!”.

                       33.   Così tutta la truppa prosegue la cavalcata sotto il Sole cocente e si avvicina alla città di Hazor. Grandi poderi ed uomini affaccendati rivelano la loro diligenza e l’amore per la loro terra. Achibald chiede ad un proprietario di un tale podere informazioni su come potrebbe raggiungere il più velocemente la strada per Kades.

                       34.   Risponde il proprietario: “Signore, questa non è facile da trovare! Ti manderò insieme come guida un servitore, dal momento che ha appena messo la sella al mulo; risparmiate tempo e queste inopportune domande”.

                       35.   “Questo mi rallegra molto, ma non saprei come potrei ricompensarti la mia gratitudine”.

                       36.   “Di ringraziamento non se ne parla, poiché io sono sempre un debitore del mio Dio e Signore! Andate in pace, – e la benedizione di Dio sia con voi!”.

                       37.   Achibald ringrazia oltremodo cordialmente; fa cavalcare accanto a sé la guida ottenuta e dopo brevi domande apprende che lui stesso, come anche il suo padrone e l’intera casa, sono cristiani.

                       38.   Domanda Achibald: “Amico mio, come avviene che vi riconoscete così liberamente per la nuova religione? È certo sempre pericoloso, poiché il tempio è un potente avversario degli infedeli”.

                       39.   Allora riceve per risposta: “Signore, noi non temiamo il tempio ed i suoi sacerdoti, dal momento che gli stessi sono certo solo degli uomini deboli come noi! Ma un seguace del Crocifisso e Risorto è un segnavia per molte anime smarrite e perdute. Se Cristo non fosse risorto dalla morte, la Sua Dottrina sarebbe ben senza Forza e la nostra confessione senza frutto. Ma così, mediante la vivente speranza di diventare uno con Lui, siamo diventati moltiplicatori della Sua Vita e della Sua Parola e siamo colmati di una grande gioia e di una grande forza! Non c’è nonostante tutto nulla di pericoloso. Al massimo ci si potrebbe tormentare, torturare o perfino uccidere secondo il corpo, ma tanto più saremo liberati da tutto ciò che ci ostacola ancora nella vera imitazione di Cristo!”.

                       40.   “Pensa e parla così anche il tuo padrone come parli tu?”, – chiede Achibald, – “Oppure questa tua dichiarazione fa solo parte della tua stessa vita?”.

                       41.   Allora l’interrogato guarda Achibald con grandi occhi e dice: “Signore, dalle tue domande sento che non ha mai sperimentato niente di Cristo, al massimo hai sentito qualcosa di Lui. Chi Lo ha afferrato con l’amore del suo cuore, diventa completamente un altro uomo, un uomo nuovo, dal quale si ritira tutto il vecchio, inculcato o ereditato, cosa che ha causato così tanti tormenti, dispiaceri e perdite di forza! Quanto si diventa lieti di vedere ora il mondo, gli uomini, animali e piante in modo del tutto diverso! È come se tutto mi esclamasse: vieni da me, o uomo, ho bisogno di te! Perciò tu comprenderai anche, se il mio padrone, senza pensare e riflettere, vi ha subito aiutato servendovi, perché in fondo non serve voi romani, ma serve Dio!”.

                       42.   “Chi v’insegna tutto questo, poiché Cristo già da tempo non vive più?”, indaga ancora Achibald.

                       43.   “Non abbiamo insegnanti, poiché da noi da qualche tempo non c’è più un apostolo. Ma l’amore per il nostro Signore, amore che cerchiamo di realizzare nel libero servire al nostro prossimo, fa sorgere in noi sempre nuova vita. Per questo la nostra nuova religione è una vita che cerca di alleviare ovunque la miseria degli uomini, e va a cercare le cause per eliminare questa completamente!”.

                       44.   “Da quanto tempo sei un seguace del Nazareno?”, domanda ancora Achibald.

                       45.   “Da quando il Redentore e Salvatore mi ha ridato la luce degli occhi! Ero cieco per colpa di altri, e da allora sono passati cinque anni. Ero però ingrato e credevo fosse naturale che un Redentore esistesse solamente per guarire. Quando però più tardi riconobbi la mia cecità spirituale, cercai il Mio Soccorritore in tutti i luoghi, ma tutte le volte arrivavo troppo tardi, Egli era andato sempre già oltre! Cinque anni fa Lo trovai finalmente in Betania, e là soltanto ottenni la vera luce sulla Sua Essenza, la Sua Dottrina ed il Suo grande Amore per tutti gli uomini. Nulla potrebbe far sorgere in me più sgomento che il pensiero: che cosa sarebbe di me, se perdessi il Suo Amore? Dovrei diventare profondamente infelice!”.

                       46.   A questo punto l’uomo tace. Anche Achibald è profondamente toccato dalla semplice testimonianza di quest’uomo schietto.

                       47.   In silenzio continuano a cavalcare, senza fretta; Hazor rimane a sinistra e quando vedono la strada commerciale che porta a Kades, il servitore si ferma e dice: “Ora non potete più sbagliare. Su questa strada c’è molto movimento e non mancano locande; ma dopo un’ora finiscono e dovete prepararvi per tempo se volete pernottare. Sì, ve lo consiglio, infatti, dopo viene una sterile pianura che sta precisamente tra Hazor e Kades. Io ora torno indietro, ma voi tutti siete irrorati dallo Spirito del Mio Salvatore e Redentore Gesù, perché attraverso la Sua Grazia ho potuto servirvi!”. Un saluto con la mano destra, e senza voltarsi il servitore torna indietro.

                       48.   Achibald dice fra sé: ‘Fratello Cornelio, quanto devi essere felice poter servire tali padroni! Ma io? Io devo essere ancora cieco, cieco come una volta questo semplice servitore. Quali profondità di pensieri mi vengono rivelati e quale coraggiosa confessione devo sperimentare! Oh, Roma, che sarà della tua potenza e dignità, della tua posizione nel mondo se veniamo superati dal cristianesimo?’. Con la mano si strofina gli occhi e poi dice tra sé: ‘Non richiamare pensieri tristi! Vogliamo farci guidare dal pensiero per gli uomini sofferenti che attendono il nostro aiuto!’.

                       49.   Alza la mano destra ed un comandante subalterno viene di corsa al suo fianco; allora egli dice: “Ascolta, mi sembra come se qui siamo sul punto di prendere i tre messaggeri ricercati; allora affrettati avanti e ferma dei singoli cavalcatori, domanda della via e della loro meta, ma disponi così che tu non cavalchi oltre l’ultima locanda, poiché dobbiamo pensare anche al riposo, e soprattutto non pensare a nessuna violenza!”.

                       50.   Risponde l’incaricato: “Capisco, sarai accontentato!”. Una pressione della coscia, ed il cavallo corre via con l’energico personaggio.

                       51.   Achibald pensa di nuovo alle ultime parole del servitore: ‘Sarei infelice, se dovessi perdere il Suo Amore!’. Quanto profondamente deve essere poggiato questo Amore! Oh, se potessi sperimentare anch’io tale Grazia e venir fuori da tutti questi incerti pensieri! O Cornelio, io credo che non riconoscerai più il tuo amico Achibald!

                       52.   Così i suoi pensieri rivanno a Cesarea e, di nuovo, a Gesù, il Quale, nell’opinione di Achibald, è un Uomo assolutamente nobile. “O Gesù, se già i Tuoi seguaci e confessori parlano così, come devi aver parlato Tu stesso!”.

                       53.   Egli si lascia portare, ma poi nota i suoi uomini che pressano di brutto Gioele e vogliono fargli rinnegare la divinità del suo Maestro.

                       54.   Achibald deve sorridere quando Gioiele, così calmo e sicuro, dice: “Che cosa sa un uomo di Dio e della Divinità, se il suo cuore pende soltanto a cose morte? E che cosa sa un uomo della pluralità dei Doni e della delicatezza dell’impulso di Vita più nobile, se egli non si è mai occupato dell’Unità di Dio e della Sua Forza tutto penetrante? Voi siete soldati ed abituati all’obbedienza, non importa di quale specie siano i comandi; ma avete già pensato che cosa passa prima nella testa e nel cuore del comandante? Avete mai pensato alla responsabilità che ogni comandante assume e deve assumere? Su di voi il comandante sta anche come giudice; ma il comandante porta il suo giudice nel proprio petto. Così vedo anche nella mia vita: per Grazia io divenni un chiamato e porto ora sul mio agire un’alta responsabilità, ma soltanto Dio sta al di sopra della mia vita. Poiché io devo rispondere a Dio, ora bado alla mia vita ed alla mia attività, perché tutto ciò è diventato mio possesso, datomi da Dio”.

                       55.   Uno assennato dice: “Amico, considera che noi siamo soldati, portatori della volontà del nostro imperatore e rappresentanti della sua legalità. Accade che dobbiamo usare la spada e non possiamo domandare: causa essa sofferenza e dolori? Ma che cosa succederebbe se il tuo Dio ti ordinasse di prendere come me la spada – e di uccidere?”.

                       56.   “O amico”, – risponde Gioele, – “proprio perché l’uomo si è scostato dal vero Ordine in e da Dio, si formarono tali condizioni distruttive. Ora per ottenere ciò che è da ottenere, Egli chiamò degli uomini che cercano l’Ordine ed impongono un alt alla distruzione; e così divenne necessario opporre forza là dove si tendeva alla distruzione con potenza elementare. Ma si riuscì soltanto in parte, perché anche i portatori di questa forza furono presi dal maligno spirito satanico distruttivo!

                       57.   Questo l’abbiamo sperimentato sul nostro Maestro Gesù! Non il tempio, no, è stato un romano[3] che rese libera la via ai templari per l’agire e l’infuriare del loro odio distruttivo, Certo, Gesù avrebbe potuto impiegare potere contro potere, ma allora Egli avrebbe dimostrato soltanto la Sua umanità ed oggi sarebbe dimenticato! Ma così lasciò passare su di Sé ogni violenza e si mise con tutta la Forze del Suo Amore al di sopra di ogni odio! Con ciò ha fornito la prova della Sua divinità, e in questa Sua divinità, ogni altro potere si sfracellerà!”.

                       58.   Dice il soldato: “Tu sai, io vorrei intrattenermi più a lungo con te, ma non sul dorso dei nostri animali, bensì a casa del tuo padrone, il quale pensa certamente così come te. Anche il nostro comandante è un uomo nobile, amato, ma anche temuto, ma in tale persuasione egli non ci ha ancora mai parlato”.

                       59.   “Questo non è nemmeno necessario”, – replica calmo Gioele, – “poiché la nuova Vita proveniente da Dio non può essere accolta dall’esteriore, ma cresce in noi, come cresce l’amore per il prossimo. Ma se vuoi, puoi tranquillamente rimanere per qualche tempo presso di noi, se il tuo padrone ti lascia libero. In genere in qualunque luogo vai e ti fermi, trovi un grande amore per il prossimo! Da noi non c’è quasi nessuno che non sia afferrato dallo Spirito del Salvatore. Quanto più i sacerdoti del tempio infieriscono, quanto più spargono odio e menzogna, tanto più disgustano quelli che sono rimasti a loro fedeli. Io desidererei che voi romani metteste finalmente una buona volta un catenaccio a questa maligna attività”.

                       60.   “Noi siamo soltanto soldati”, – risponde l’uomo, – “e non ci occupiamo di cose che non ci riguardano. Mi rallegro però immensamente di aver una volta ascoltato qualcosa di diverso, e te ne sono molto grato”.

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Cap. 7

Achibald e i tre messaggeri dalla carovana di Elim

                         1.      Nella locanda del greco Hermes giungono tre cavalieri su cavalli sfiniti e chiedono cibo e bevanda e per i cavalli affaticati acqua e foraggio. L’oste dà per questo di buona voglia istruzioni ad un servitore ed ospita i tre nella vuota e fresca sala degli ospiti. Nel frattempo giunge anche un soldato romano e chiede acqua per il suo cavallo; per di più viene a sapere dal servitore che questi tre cavalli non hanno ancora ricevuto da bere per tutto il giorno. Un tale supplizio dovrebbe essere punito! “Questo lo possiamo fare anche subito”, – dice il romano, – “in ogni caso questi tre maltrattatori di animali li voglio vedere un po’ più da vicino”.

                         2.      Entra nella sala degli ospiti, occupa posto all’altro tavolo e chiede all’oste una bevanda fresca, poi dice ai tre: “Da dove siete venuti, poiché i vostri cavalli rifiutano il foraggio per tanto sfinimento? Questo è imprudente e può arrecarvi grosse difficoltà, poiché i cavalli qui ci sono veramente indispensabili!”.

                         3.      Risponde uno di loro: “Noi operiamo secondo l’ordine e non abbiano avuto né tempo né occasione di portare con noi maggiori quantità d’acqua. Il nostro incarico ci porta a Hazor; in un’ora saremo alla meta, allora i cavalli potranno riposarsi.”

                         4.      Dice grave il romano: “Io però, sono un amico degli animali, e gli uomini che torturano gli animali affidati a loro, non posso lasciarli impuniti! Non avete ancora detto da dove venite veramente”.

                         5.      “Siamo in viaggio in una missione del tempio e non abbiamo nessuna ragione di informarne altri”.

                         6.      “Come volete voi!”, risponde il soldato per farla breve. – Si alza ed esce fuori, dove dice all’oste: “Noi ci fermeremo qui per la sosta; hai abbastanza foraggio per 25 cavalli e cibo per altrettanti uomini?”.

                         7.      “Certo! Ed anche se dovessero venire 50 uomini, sarebbe sufficiente!”. – assicura il greco.

                         8.      Il soldato va sulla strada. Da lontano vede arrivare i suoi compagni; un segno, ed in breve tempo Achibald è sul posto. “Io credo che siamo alla meta”, – gli riferisce il soldato; – “qui sono entrati tre uomini sospetti, là i loro cavalli sfiniti, essi meritano che ci si interessi di loro”.

                         9.      Achibald si fa relazionare, e poi entrambi entrano nella stanza degli ospiti dove esamina i tre uomini. Costoro però non si sentono completamente sicuri e vogliono mettersi in marcia. Achibald però li blocca e dice: “Devo parlare io con voi, perché rifiutate l’informazione al mio sostituto che è autorizzato a pretenderla da voi!”.

                       10.   “Non abbiamo da dare nessun tipo di informazione, dal momento che serviamo il tempio ed operiamo completamente nel senso della nostra massima autorità”, viene a lui per risposta.

                       11.   “Giustissimo! Per questo non riceverete da me anche nessun rimprovero, ma il modo come voi trattate gli animali inermi ci fa supporre che non operate nel senso dei vostri signori del tempio. Noi romani siamo i signori e protettori di questo paese ed ogni ingiustizia viene perseguitata. Dunque: da dove venite? E quale incarico vi è stato dato? Ancora ve lo domando come uomo, ma se esitate oppure volete ingannarci, allora sto davanti a voi come giudice, conformemente al mio potere!”.

                       12.   I tre tacciono; queste domande sono per loro evidentemente sgradevoli ed un presentimento li ammonisce alla prudenza.

                       13.   Achibald va con decisione alla finestra e dà un segnale; subito vengono tre soldati nella sala degli ospiti ai quali dà l’ordine: “Sorvegliate bene questa gente, proprio non mi fido di loro!”. – Poi domanda ancora una volta: “Ci avete ripensato e volete confessare sinceramente qual è la vostra carica e servizio?”.

                       14.   Risponde l’uno: “Signore, noi ci rassegniamo, perché voi avete il potere, ma vi prego anche di far toccare a noi la giustizia. Siamo incaricati di andare a prendere informazione dal sommo sacerdote di Hazor a causa di una carovana che attende il nostro ritorno; ecco qui il mio ordine”.

                       15.   Achibald legge, restituisce lo scritto e si fa riferire ancora altri particolari, poi dice: “A voi non accadrà nessun danno per questo, ma mi devo convincere della verità del vostro rapporto, perché anch’io opero secondo direttiva legale. Voi non andrete dal sommo sacerdote del tempio, ma cavalcherete indietro subito con noi; se le vostre dichiarazioni sono giuste, allora è bene, ma se mi avete ingannato, allora guai a voi!”.

                       16.   Uno sgomento si manifesta sul loro volto e la risposta non viene, ma Achibald dice calmo: “Riflettete fino a domattina, fino allora siete voi prigionieri!”.

                       17.   Alla sera gli è annunciato: “Uno dei sorvegliati vuol fare una dichiarazione, preferirebbe subito”. 

                       18.   “Portalo qui!”, – risponde Achibald. – “Ma rimani con me finché ho finito con lui”.

                       19.   “Che cosa hai da dirmi?”, – domanda Achibald severo. – “Signore,” risponde il servitore del tempio, “vorrei raccontare ciò che ho ancora taciuto finora, poiché io comprendo che tu, signore, verrai comunque a sapere la verità, appena avremo raggiunto il campo”.

                       20.   “Allora parla! – Ma tieni presente: vi siete giocati un grado di indulgenza, perché non siete stati subito sinceri verso di me. Dì quindi la pura verità!”.

                       21.   Ora il messo rivela ad Achibald dall’inizio alla fine l’intero avvenimento e dice in chiusura: “Così giudicaci tu secondo giustizia ed agisci secondo i tuoi diritti! Noi siamo soltanto servi e dobbiamo obbedire”.

                       22.   “Vorreste condurre una vita migliore ed un’esistenza più umana?”, – domanda Achibald più mite. – “Questo colpo di mano, infatti, non è il vostro primo, ed in definitiva nemmeno il vostro ultimo. Forse, se volete, potrei dare alla vostra vita un’altra direzione”.

                       23.   “Signore, non posso parlare per i miei compagni, io però vorrei andarmene dal tempio piuttosto oggi che domani, poiché violenza e crudeltà sono il nostro vivere quotidiano. Ma se qualcuno si volesse ribellare, su di noi si eseguirebbe la stessa cosa!”.

                       24.   “Bene! Vi voglio aiutare!”, – dice Achibald. – “Ma anche voi dovete aiutare me! Allora, va a prendere i tuoi due compagni!”.

                       25.   L’uomo va e dice ai suoi compagni: “Venite svelti, io credo che qui sperimenteremo una grande fortuna!”. – Achibald porge ad ognuno la mano e dice: “Possiamo diventare buoni amici se siete pronti a mostrami la via per riparare questa grande ingiustizia. Noi romani non siamo vostri nemici, ma soltanto nemici di tutte quelle crudeltà che accadono nel vostro paese. Sotto la nostra protezione non può e non deve succedervi nulla, ma cosa accade a coloro che agiscono coscientemente con crudeltà, su questo siete certamente al corrente. Perciò adesso coricatevi in pace, ma di buon’ora domani ritorneremo alla vostra carovana”.

                       26.   “Signore, sarai soddisfatto”, – dice ancora una volta l’uomo, – “perché sento che la giornata odierna è un giorno decisivo per la nostra vita!”.

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Cap. 8

Elim ed Assir

Bernhart è visitato da un angelo

                         1.      Nel campo tutto rimane tranquillo; le guardie non se la prendono più di tanto con la loro sorveglianza e verso il mattino si sono addormentate. Così non si accorgono quando Elim, il proprietario della carovana, sale silenziosamente sul carro, sul quale sta legato Assir e gli dice: “Sta zitto! Nessuno si deve accorgere che io vengo da te”.

                         2.      Assir però subito ordina: “Sciogli i miei legacci, affinché mi possa muovere liberamente! Non potevi venire prima? E soprattutto che cosa è successo? Non potevi venire in mio soccorso? Oppure – che cosa pretendi per la mia libertà?”.

                         3.      “Vuoi sapere proprio troppe cose in una sola volta ed è già meglio che rimani legato, altrimenti potrei rischiare di prendere il tuo posto; quindi ti sia comunicato questo: Asa ha preso il tuo posto ed ha inviato ieri tre uomini, per andare a prendere il sostituto per te. Poi è anche ritornata la ragazza fuggita ed è corsa nella tenda dai suoi fratelli. Asa però, a quanto pare, non sa ancora nulla, poiché le guardie non lo hanno tenuto informato”.

                         4.      Assir tenta di rialzarsi, ma i legacci lo tengono troppo bene, pregando egli dice: “Elim, per la nostra amicizia, devi aiutarmi ad ottenere il mio diritto, tu sai che non ne avrai davvero nessun danno! Lasciami libero per cinque minuti e vedrai come la gente mi obbedirà di nuovo! Dobbiamo andarcene, per nessun motivo qualcun altro deve entrare in questo campo, già a causa dei due uomini e della ragazza!”.

                         5.      Risponde Elim: “Ti piacerebbe se appagassi il tuo desiderio, ed a Sidone diresti ancora: Elim, va tranquillo a casa con i tuoi carri, posso trovare sempre qualcun altro. Perciò prima ti faccio il mio conto: la metà del guadagno e la ragazza ritornata”.

                         6.      “La metà sì, ma la ragazza no, lei rimane con me!”, risponde Assir in collera impotente.

                         7.      “Questa è la tua ultima parola?”, – domanda Elim con occhi fiammeggianti. – “Rifletti bene su quello che dici!”.

                         8.      “Preferisco rinunciare al guadagno, ma la ragazza rimane con me!”. – controbatte Assir.

                         9.      “Così non avrai né guadagno né ragazza. Non farti diventare lungo il tempo, forse è meglio trattare con Asa!”, dice Elim tranquillo, e scompare silenzioso dal carro. Assir iracondo urla forte e cerca di liberarsi, ma i legacci tengono bene.

 

                       10.   Nello stesso momento Bernhart si sveglia, ma crede di sognare, dinanzi a lui, infatti, sta un essere di luce sconosciuto. “Chi sei tu? – oppure sogno?”, domanda e stende la mano verso la figura piena di luce.

                       11.   “Non cercare di toccarmi, perché io non porto come te carne e sangue, ma per esserti servo sono stato mandato dal mio Signore e Dio e vorrei assolvere il mio incarico; incarico che dice: rimanete qui nella vicinanza di questi uomini, l’aiuto, infatti, sta arrivando! Prima che Dio il Signore fosse invocato per aiuto, Egli ha già intrapreso a ciò provvedimenti!”.

                       12.   “Adesso che cosa facciamo?”, – domanda Bernhart meravigliato. – “Non dobbiamo intraprendere qualcosa per la salvezza degli infelici?”.

                       13.   “Devi credere che il tuo Dio condurrà ogni cosa in modo che tutti potrete rallegrarvi!”, risponde l’essere di Luce. “Tutte le vostre preghiere e le molte lacrime di quei poveretti sono arrivate fino nei Cieli supremi. Così è spiegato che anche là tutte le Forze sono all’opera – per la meravigliosa soluzione!”.

                       14.   “Allora, saremmo potuti tranquillamente rimanere a casa ed avremmo dovuto soltanto persistere in preghiera ed intercessione, per indurre il Signore al soccorso?”, chiede Bernhart stupito.

                       15.   “Oh, no”, – risponde l’angelo, – “qui ti sbagli molto, mio caro fratello umano, attraverso il tuo serio sforzo ed attraverso la tua volontà di azione hai liberato in te lo spirito del vero amore per Dio e per il prossimo! Ora c’è bisogno soltanto di mettere alla prova se la tua volontà d’azione è scaturita dalla tua compassione oppure dalla vera Vita interiore proveniente da Dio. In tutte le tue premure, che servono alla totale maturazione della vita di Dio in te dimorante, c’entra sempre solo il vero motivo delle tue intenzioni, poiché Dio vuole vedere nei suoi figli la completa maturazione della Sua propria Vita! Se tu sei in te già uno con Dio, l’Eterno, allora non sei più tu quello che vuole, ma il Suo Spirito Redentore preme in te all’azione soccorritrice! Vedi, noi vi aiutiamo con la nostra influenza ed abbiamo il più grande desiderio di aiutare a togliere quella rovinosa maledizione del peccato! Ma il nostro aiuto può essere e diventare aiuto soltanto quando in voi c’è la vera, vivente fede! Nel momento in cui sorge dal tuo petto il più piccolo dubbio, ci ostacoli e la forza delle vostre preghiere è indebolita. Per amor dell’Opera più grande – credi e abbi fiducia! Affinché ciò che è maledetto, possa trasformarsi in benedizione. La Benedizione di Dio sia con te!”.

                       16.   È di nuovo buio intorno a lui; l’apparizione è dissolta come nel nulla, ma le parole rimangono e diventano in lui sempre più viventi. ‘Oh, Tu, buon Dio e santo Padre di tutti i Tuoi figli! Voglio credere e crederò nel Tuo Amore universale, nella Tua Misericordia e nella Grazia che ho nuovamente sperimentato. Fortifica sempre di più la mia fede, affinché io possa alla fine maturare a ciò che il Tuo Spirito Redentore vorrebbe vedere in me! Aiutami a trovare il giusto e sta a me nei pressi, affinché io agisca totalmente nel Tuo Intendimento! Per i Tuoi figli prigionieri però imploro la benedizione Tua paterna!’.

                       17.   Allora risuonano dal campo grida furiose; per questo Bernhart viene disturbato nella sua meditazione e già qualcosa vuole agitarsi in lui, cosa che opprime la sua lieta disposizione d’animo. ‘Mio Gesù! Che cosa devo fare qui? Mi sento così impotente di fronte a quello spirito-odio, tanto che divento proprio preoccupato, sebbene io sappia che Tu sei con me!’. In lui ritorna nuovamente la quiete e, poiché albeggia, sveglia i suoi due servitori e riferisce loro quanto ha vissuto il mattino presto. “Ora dobbiamo rimanere qui ed aspettare, perciò è da provvedere soprattutto che i nostri cavalli ricevano acqua fresca. Come ha detto Ruth, dall’altra parte c’è acqua, quindi dobbiamo recarci lì con i nostri cavalli. Di coloro che sorvegliano il campo non dobbiamo aver paura, infatti, Dio è con noi!”.

                       18.   Così il luogo viene abbandonato e dopo un quarto d’ora di cammino scorre un piccolo canale d’acqua in un prato acquitrinoso circondato da alti alberi. Discosto dalla grande strada carovaniera si cercano un luogo e, quando tutto è ordinato, si fa con cuore grato colazione con pane, acqua fresca ed alcuni datteri seccati. Bernhart si consulta ora con i suoi servitori per disporre un servizio di guardia, per tenere il campo sempre sotto controllo. Egli stesso va per primo e trova un blocco di pietra, da questo egli può osservare tutto indisturbato.

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Cap. 9

Il grande sgomento

                         1.      Nel campo la vita diventa animata; uomini e donne vanno qui e là. E’ un ritratto della pace. Al centro del campo ci si adopera intorno al fuoco e, dopo un po’ di tempo, risuona un fischio; di lì a poco vengono gli uomini e poi le donne con le scodelle, per venire a prendere la loro zuppa. Anche Ruth viene a testa alta e riceve le sue pignatte riempite, e tutto avviene con una certa calma ed un certo ordine. Poi Bernhart vede come gli uomini si allontanano con vasellame, probabilmente per andare a prendere l’acqua, ed il campo è come spopolato.

                         2.      All’improvviso si sente un grido furibondo. – Assir si ferma tra i rimasti sul posto e minaccia con la frusta! “Dov’è Asa?”, – investe egli la gente, – “come potete osare essere contro di me? Parlate, oppure sentirete la frusta!”.

                         3.      La gente si rannicchia impaurita, nessuno dice una parola; in questo silenzio però Assir torna un po’ in sé e dice ora più tranquillo: “Gente, ascoltate! Voglio dimenticare ciò che mi avete fatto; voglio anche adoperarmi per ottenere una paga migliore per voi, ma pretendo obbedienza! Asa deve andar via, perché vi spinge a diventare sleali verso di me. Dov’è andato?”.

                         4.      “Gli uomini sono andati a prendere l’acqua, perché quella rimasta è alla fine”, gli è risposto.

                         5.      – “L’acqua è già finita?”, – domanda Assir inorridito. – “Ci vogliono ancora otto giorni per arrivare a Sidone. – Perché i prigionieri vanno in giro liberi? Potrebbero fuggire e nessuno se ne accorge! La prima cosa che deve essere fatta è legarli!”.

                         6.      “Io non lo farei!”, – risponde un sorvegliante. – “Questi poveri uomini sono così lieti e grati se non li tormentiamo! La prima cosa che ha fatto Asa è stata quella di parlar bene con i prigionieri ed ha promesso di trattarli come uomini, e ieri non abbiamo avuto il minimo lavoro con loro. È dunque così difficile essere umano? A te non viene meno nulla della tua dignità come sacerdote e come guida di questa carovana della morte!”.

                         7.      “Tu non lo capisci!”, – dice Assir, – “Solo perché siete disposti contro di me, non vi va bene più niente”.

                         8.      Se ne va imprecando e guarda nelle tende, ma quando i prigionieri vedono Assir, sono all’improvviso completamente sconvolti. Assir gioisce del loro sgomento, poi entra nella tenda nella quale sono Giuseppe, Joram e Ruth e si meraviglia che costoro non si spaventano nel vederlo. Beffardo domanda: “Allora fuggitiva, sei qui di nuovo! La fame ti ha ben riportata indietro!”.

                         9.      “No!”, – risponde fiera Ruth. – Ma solo perché non volevo abbandonare i miei fratelli!”.

                       10.   “Io penso che dipenda dalla mia volontà, dove tu sei! Non credere che abbia rinunciato ai miei diritti su di te”.

                       11.   Allora salta su Joram e minaccia: “Adesso però fuori di questa tenda! Anche se mi hai quasi ammazzato di botte, non succederà una seconda volta! Che tu lo sappia: la spada potrebbe anche essere rivoltata! Soltanto una parola ai miei compagni di sventura e tu sarai sorvegliato da noi! Io so che ti ha liberato Elim. So che avete mercanteggiato per Ruth. Ma so anche che Dio veglia e vuole veder espiati i tuoi peccati! Perciò lasciaci, altrimenti chiamo tutti gli altri prigionieri alla lotta contro di te”.

                       12.   E così Assir lascia la tenda e dice ad Elim: “Questi tre possono diventarci pericolosi, essi sanno che mi hai liberato, e che la ragazza deve essere il premio!”.

                       13.   Elim però sorride ironicamente e dice: “Amico mio, non si tratta di me, bensì di te! Portami la ragazza ed io ti adempio ogni desiderio! Altrimenti mi metto dalla parte dei prigionieri, ed il resto te lo puoi immaginare”.

                       14.   “Quindi anche tu”, – dice irritato Assir, – “ti sei messo dalla parte dei miei nemici? Questa la dovrai pagar cara!”.

                       15.   “Non così cara come te!”, – schernisce Elim. – “O tu mantieni la tua promessa oppure agisco secondo il mio stesso interesse. Tu sei un diavolo, io non di meno; ma devi provare che posso ancora agire onestamente. Ma per dimostrarti che il vecchio Elim può essere un uomo onesto, vado a prendermi i tre e li porto nella mia tenda e sul mio carro. Se mi vuoi ostacolare, provaci; adesso mi pento di averti liberato!”.

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Cap. 10

Elim si pente di aver liberato Assir

                         1.      Elim lascia stare Assir, va dai due fratelli e dice: “Vengo or ora da Assir, il quale è pieno di veleno e bile contro di voi. Per questo vorrei prendervi sotto la mia protezione. Mi pento enormemente di averlo aiutato ad ottenere la libertà.

                         2.      Dice Joram: “Tu sei Elim, e non sei molto migliore di Assir! Noi non accetteremo la tua protezione, perché non ne abbiamo bisogno, ma se ti penti del tuo operato e ci vuoi aiutare, allora tieniti lontano da Assir e dimentica che hai pattuito Ruth, mia sorella, come ricompensa per il tuo comportamento! Noi siamo cristiani e non possiamo ripagare il simile con il simile, ma ci auguriamo che anche tu, se vieni portato davanti ad un giudice, puoi sussistere con onore. Noi vogliamo dimenticare ciò che avevi in mente e ti perdoniamo la tua follia. Per diventare amici però, devi cercare di impedire tali crimini e dominare la tua brama dell’oro. Vedi, ti meravigli che so tutto questo? Ma so ancora di più e precisamente che Gesù Cristo ci salverà e pretenderà da voi la resa dei conti!”.

                         3.      Elim è come muto, solo dopo un lungo silenzio dice: “Puoi aver ragione, ma è colpa mia se dalla mia più giovane età sono stato educato in tali opinioni e non conosco nient’altro che mercanteggiare e guadagnare. Di Gesù non ho sentito molto bene, il fatto che Egli odiasse il tempio ed allontanasse i suoi servitori, era certamente condannabile. Egli ha fatto di molti giudei devoti dei rinnegati e questo dovrebbe essere qualcosa di buono? Io non lo temo! Lo conosco solamente come turbatore e non credo nella Sua Resurrezione!”.

                         4.      Ribatte Joram: “Elim, parli come uno che non sa nulla di meglio, perciò ti perdono! Ma se tu vivessi ciò che abbiamo vissuto noi, forse cambieresti la tua opinione. Noi comunque non abbiamo mai avuto nulla di buono dal tempio di Gerusalemme e dai suoi servitori e la superbia e l’avidità dei sacerdoti locali è quasi indescrivibile! Ora abbiamo ricevuto attraverso Gesù Cristo la Verità su Dio e la Sua eterna Parola, a noi si sono aperti anche gli occhi sulla casa di Jehova ed i suoi servitori fedeli. La migliore testimonianza però me l’ha scritta sulla mia schiena il sacerdote Assir e finché porto questo corpo, nessun artificio della Terra me la potrà togliere di nuovo. Ed ora ti domando, puoi indicarmi un caso, in cui un cristiano abbia agito così come Assir ha agito su di me? Non pretendo che tu diventi un cristiano, infatti, non lo puoi, perché tutto il tuo interiore si oppone a riconoscere Gesù come il Messia. Ma se credi in Mosé e riconosci le sue Leggi come Leggi di Dio, perché non ti indirizzi secondo queste? Noi cristiani viviamo secondo la Dottrina di Gesù e le Sue Leggi dell’Amore!”.

                         5.      Dal campo provengono forti grida; Assir ha visto tornare indietro i portatori d’acqua, va loro precipitosamente incontro e dà del pazzo ad Asa, per aver lasciato il campo senza sufficiente protezione.

                         6.      “Chi ha liberato Assir? È questa la fedeltà che mi avete giurato finché avremo una nuova guida del gruppo?”, domanda irritato Asa ai rimasti indietro. – E rivolto ad Assir dice: “A te non prestiamo più nessuna obbedienza, perché hai abusato del potere a te assegnato!”.

                         7.      “Asa, taci!”, – minaccia Assir. – “Sei tu il disturbatore, ed avrai da rispondere davanti al Consiglio! Hai rotto il tuo giuramento ed hai indotto gli incaricati del tempio all’infedeltà. Se non potevi avere nessun rispetto di me già come uomo, allora dovevi rispettare in me il sacerdote, quale delegato del Consiglio del tempio, e questo tu lo hai dimenticato!”.

                         8.      Asa è colto di sorpresa da questo cambiamento, naturalmente non è superiore ad Assir e, quando vede nello stesso tempo l’indecisione dei suoi compagni, egli domanda loro seriamente: “Chi di voi si riconosce per il suo giuramento? E chi di voi vuole mantenere ciò che avevamo deciso?”.

                         9.      Nessuno dice una parola, ed uno sguardo ad Assir gli dice: è inutile replicare ancora qualcosa. Egli riconosce: Assir ha vinto per la semplicità degli altri! E così dice a loro: “Vi sciolgo dalla promessa a me fatta, sebbene presto sicuramente ve ne pentirete!”.

                       10.   Assir assale Asa e grida: “Taci! Altrimenti ti rendi colpevole di ribellione! Non ti voglio giudicare, ma il campo dinanzi a te è aperto, puoi andare dove ti guida il tuo sentimento”.

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Cap. 11

Il ritorno di Asa, poi a colloquio con Joram e Giuseppe

Bernhart è accampato lì vicino

                         1.      Asa va alla tenda di Elim, il quale ha osservato questa scena profondamente spaventato, e dice tutto contrito: “La tua buona volontà ha giocato anche a te un tiro, come ne ha giocato uno a me, infatti, io ho liberato Assir”.

                         2.      Gli risponde Asa: “Ora puoi anche portarne le conseguenze, io temo che si vendicherà spietatamente! Dammi un mulo, affinché possa lasciare il campo, non mi sento più sicuro!”.

                         3.      Elim però lo prega: “Rimani piuttosto nelle mie vicinanze, aspettiamo soltanto il seguito”. E così accade.

                         4.      Il giorno passa lentamente, i cristiani ricevono come prima il loro cibo e nel campo regna nuovamente il vecchio spirito. Assir interiormente è pieno di odio; ma esteriormente calmo ed invia la gente parecchie volte a prender l’acqua, finché la riserva è integrata di nuovo, poi va da Elim e dice tutto gentile: “Dunque, caro Elim, io sarei di nuovo arrivato al punto che possiamo pensare alla partenza; qui non possiamo rimanere più a lungo!”.

                         5.      Elim risponde freddo: “Metti tranquillo i tuoi prigionieri nel tuo carro, i miei animali ad ogni modo no, su questi ho il diritto di proprietà. Mantieni la tua promessa ed io sto di nuovo a servizio. In aggiunta a questa ragazza però io pretendo anche i due fratelli, questa è la mia ultima parola!”.

                         6.      Dice Assir: “Ah sì? Ed io ti dico: domattina i tuoi carri saranno pronti a partire; altrimenti sarai costretto! – Pare che tu abbia dimenticato di quale obbedienza sei debitore al tempio!”.

                         7.      Risponde Elim con calma interiore: “Hai ragione, ma sembra che sei incorso in un enorme errore e t’immagini di essere il tempio. No, Assir, tu sei un ladro e nello stesso tempo un bugiardo. Come mendicavi questa mattina perché sciogliessi i tuoi legacci; hai prestato un giuramento santo, ma adesso che sei libero, mostri il tuo vero carattere. Va, altrimenti chiamo i miei servitori!”.

                         8.      “Provaci!”, – zittisce Assir. – “Io sono di nuovo sicuro della mia gente! Vuoi davvero resistermi e sfidarmi? Tu sai, il mio braccio giunge lontano, e tutto ciò per questa ragazza?”. Assir se ne va. Egli sa di aver vinto il gioco.

                         9.      Quando il Sole tramonta, il cielo si copre, nuvole nere passano veloci ed alla fine tra tuoni, fulmini e pioggia scrosciante si scarica un potente temporale. Assir è corso pieno di paura nella grande tenda dei prigionieri, i quali sono accovacciati negli angoli e pregano per protezione ed aiuto. A loro sarebbe stato facile sopraffare adesso il loro aguzzino, egli lo sa, ma la loro lunga prigionia li ha resi totalmente privi di coraggio.

                       10.   Quando il temporale si disperde, Assir mette in apprensione subito la sua gente e fa di nuovo legare tutti gli uomini, per il ringraziamento che lo hanno lasciato incolume. Elim viene con i suoi servitori e porta i tre fratelli nella sua tenda, egli è premuroso con loro, perché spera che lo possano perdonare. Assir non dice niente. Io posso attendere, pensa, a Sidone faremo i conti! I fratelli trovano Asa nella spaziosa tenda, e Ruth domanda perché si tiene nascosto da Assir. Con poche parole si viene a sapere la verità e così Joram dice: “Tu sei stato come un amico per noi, perciò sappi che i nostri amici sono già sul punto di liberarci! Chiama dentro Elim, affinché parliamo della faccenda e non si crei nessuna inutile agitazione”.

                       11.   Elim viene ed è anche informato, ma nello stesso tempo è pregato di assecondare – per il momento – Assir in tutti i suoi desideri. “Possono passare tutt’al più ancora 2-3 giorni, poi ci sarà qui aiuto e liberazione. È solo necessario, nel caso Assir si scosti dalla strada, un uomo di collegamento; ma può anche essere che uno dei nostri amici è nelle vicinanze ed osserva il campo”.

                       12.   Dice Asa: “Allora, io potrei tranquillamente lasciare il campo e fare un’ispezione. Come si chiama il tuo amico?”.

                       13.   “Bernhart è il suo nome, ed è un grande amico degli uomini! Cercalo in direzione della sorgente d’acqua. Se non trovi nessuno, per noi la speranza è maggiore, perché allora tutti mirano alla nostra salvezza”.

*

                       14.   Asa si allontana velocemente, infatti, dalla parte di Elim non sono appostate guardie. Egli vuole sfruttare il tempo, prima che diventi completamente buio ed anche prima che Assir si accorga del suo sbaglio. Così corre avanti, all’improvviso viene fermato da due uomini; è Bernhart ed un servitore, i quali osservavano acutamente il campo. “Dove vai? Si sta facendo notte!”.

                       15.   “Sei tu Bernhart, colui che cerco?”, – domanda Asa contento. – “Io faccio parte di quelli nel campo, ma sono felice di esserne uscito; però devo sapere chi voi siete!”.

                       16.   “Sì, sono io!”, – dice Bernhart. – “Siamo accampati molto vicino e speriamo in un sollecito soccorso. Il tiranno sanguinario è di nuovo in possesso della sua onnipotenza, io sono veramente angosciato per Ruth”.  

                       17.   “Non è necessario!”, – risponde Asa. – “Se vuoi, vado a prenderti la ragazza ed anche i suoi fratelli, ma se viene presto il soccorso, sarebbe per voi un inutile aggravio”.

                       18.   “In ciò riconosco che sei nostro amico”, – dice Bernhart, – “ma che diresti se approfittassimo del diritto di ospitalità nel campo? Saremmo là e potremmo scorgere ad occhi ed orecchi aperti, cose che forse ci saranno d’aiuto”. – dice Bernhart.

                       19.   “O amico, non lo consiglio!”, – risponde Asa. – “Assir, infatti, è diffidente ed avido. Non avrebbe pace, se non potesse frugare in tutti i vostri bagagli. Io sono dell’opinione che voi abbandoniate il vostro posto d’osservazione, accampiate dietro il campo e seguiate domattina la carovana. Deve sembrare come se non sapeste nulla di questo campo, le guardie sorvegliano solamente i prigionieri. Se dovesse avvicinarsi un pericolo, allora sarete avvertiti in ogni caso dal chiasso”.

                       20.   Bernhart dice ancora: “Allora torna indietro ed annuncia loro la gioia: Dio, il Signore, pensa alla vostra salvezza”.

 

                       21.   Asa torna indietro silenzioso. Il fuoco divampa dalla catasta di legna al centro del campo e così egli vede come Assir si aggira intorno alle tende di Elim. Trattiene il passo ed è incuriosito di cosa vuole costui veramente. Asa è atterrito, i tre amici sono il suo obiettivo, essi si potrebbero tradire. E veloce si avvicina al campo, ma così che deve essere notato. Assir guarda e domanda ad alta voce: “Da dove vieni? Che cosa cerchi nel bosco?”.

                       22.   “Niente che ti riguarda!”, – ribatte freddo Asa. – “Ma io so perché stai spiando qui intorno, tu vorresti sopraffare la ragazza! Ma ora sono io il suo guardiano, poiché sono passato al servizio di Elim”.

                       23.   Assir si volta orgoglioso e va verso il fuoco; Asa nella tenda riferisce: “Sono di nuovo indietro ed ho incontrato il vostro amico Bernhart! Ruth, egli ti manda dire: Dio, il Signore, pensa alla salvezza!”.

                       24.   “O Dio! Sii lodato e glorificato! In me già voleva nuovamente sorgere la paura, ma ora voglio stare calma, …e credere!”.

                       25.   “Dormite tranquilli, veglio io!”, – dice Asa. – “E se il sonno dovesse sopraffarmi, allora sveglierò qualcuno di voi, uno deve vigilare! E qui ci sono due spade in caso di bisogno, spade che mi sono già procurato nel pomeriggio. Non mi fido della volpe. Ed ora dormite, intanto veglio io!”.

                       26.   Asa si siede davanti alla tenda ed ora ha tempo di riflettere sulla sua vita passata e sul suo futuro: ‘Che cosa è stata la mia vita al servizio del tempio e dei sacerdoti? Un indurimento dei miei sentimenti e sensazioni! E come sto ora dinanzi a me? Come un uomo guastato che non è degno di essere rispettato! Dove sarà mia madre e mia sorella? Da anni sono separato da loro. O Dio, esiste per tali uomini smarriti ancora aiuto e salvezza? Quanto devi tu, o Dio, amare i Tuoi credenti, se fai dire a loro che Ti preoccupi per la loro salvezza! Io credo che Tu, o Dio, sei ovunque, solo non nel Tuo tempio e nelle sinagoghe. Oh quanto Ti devono amare quei prigionieri, se mettono perfino in gioco la vita loro per Te!’.

                       27.   Nel campo nel frattempo è subentrato silenzio totale, allora si leva un canto da una tenda, nella quale dormono le donne. Questo canto è così bello, così delicato, anche se non si comprendono le parole, ma i suoni gli penetrano tanto nel cuore, …che egli deve piangere. Poi guarda su al cielo stellato che brilla in meravigliosa magnificenza, e pensa: ‘O Dio! Per chi hai veramente creato tutto questo? Per gli uomini no certamente, infatti, quanto poco essi badano alle bellezze delle Tue Opere!’. S’immerge sempre di più nei Misteri che circondano Dio e la Sua Creazione; ma all’improvviso non può più continuare a pensare; il presente nel quale egli vive, infatti, è troppo terribile. E così continua: ‘Signore, tutto diffonde pace, le stelle, la natura, solo gli uomini no! Perché permetti le loro malvagità? I Tuoi stessi figli, i Tuoi a Te fedeli, in questo sono i danneggiati! Oh, dammi chiarimento! Se soltanto penso ad Assir, sono alla fine della mia fede in Te!’.

                       28.   Si alza, gira intorno alla tenda, guarda dentro e vede che i tre non dormono, allora dice loro: “Se non dormite, potremmo intrattenerci davanti alla tenda in questa meravigliosa notte, infatti, sono già arrivato al punto che in Dio devo dubitare!”. Questi tendono gli orecchi e si meravigliano di sentire Asa parlare così.

                       29.   Sedendo davanti alla tenda Joram dice: “Caro amico, la tua ultima parola ci dice che sei venuto in conflitto con te stesso, mentre il tuo silenzioso desiderio per la vera pace ti fa percepire l’incostanza della tua vita fin qui vissuta”.

                       30.   “Tu mi chiami amico?”, – domanda sorpreso Asa. – “Ed io certo ti ero nemico!”. E commosso racconta come nel suo pensiero vorrebbe avere un’interiore conversione, ma poi davanti ai suoi pensieri sta una nuvola oscura. “Vedete, tutto nella natura è colmo di pace, ordine e bellezza; tutto annuncia la Sapienza di un grande, meraviglioso Creatore! Ma quando mi sono guardato, ho fatto svolgere davanti ai miei occhi tutte le immagini dell’ultima settimana, anzi degli ultimi anni, allora ho dovuto dire a me stesso: presso gli uomini tutto questo purtroppo non esiste più, infatti, essi si sforzano solo a questo, ad organizzare bella la loro vita, a spese di così tanti sofferenti! Dov’è allora Dio? Dove rimane la Sua Sapienza? La Sua Onnipotenza? Io sono alla fine, non conosco nessuna via d’uscita con i miei pensieri e non vorrei che questa mia vita continuasse così”.

                       31.   Risponde Joram: “Caro amico Asa, è bene per te, se ti agitano certi pensieri; questa è la prova che Dio ti cerca e ti cinge con lo Spirito Suo. Ciò che tu cerchi, migliaia prima di te lo hanno già trovato! Essi hanno cercato con cuore sincero una risposta soddisfacente ed ora guardano silenziosi come un Santuario ciò che a loro è stato rivelato! Vorrei dirti solo una cosa, tu giudichi tutto secondo l’apparenza, ma non secondo l’essere. Hai cognizioni di Dio, ma non puoi conoscere Iddio. Ora t’imbatti negli effetti, ma non vuoi ricercare le cause! Vedi, mio caro amico, ogni parola sarebbe inutile, se non vuoi credermi. Domanda però a te stesso ed esaminati a fondo se mi puoi credere. Anche noi seguaci di Gesù abbiamo dovuto esaminarci, se volevamo credere in Lui. Vedi, ad un uomo pieno di errori, d’insegnamenti errati e concetti sbagliati, è difficile predicare. Ci succederebbe come ad un contadino che ha comprato un campo nuovo e durante l’aratura si accorge che lo stesso è pieno di erbacce. Non sarebbe egli uno stolto se mettesse in questo campo del buon grano? Egli direbbe a se stesso: prima devo pulire il campo dalla malerba e per questo motivo mettere in serbo il grano per l’anno prossimo.

                       32.   Così succede anche a me – con te. Il tuo cuore è pieno di insegnamenti errati e falsi concetti; nulla ti soddisfa più, e adesso vorresti ancora distruggere l’ultimo buon pensiero in Dio. Ogni mia parola, per quanto vera ti possa apparire al momento, verrebbe da te presto messa in dubbio, perché il tuo vecchio uomo non vuole farsi rinnovare! Avresti ben avuto spesso l’occasione di afferrare il senso più profondo della Verità, ma non hai voluto! L’impulso ad esaminare a fondo te stesso seriamente, e completarti la parte mancante non ti riuscirà bene, se non vuoi credere in Dio ed al Suo Spirito tutto compenetrante”.

                       33.   “Ti ho compreso bene”, – dice Asa, – “ma l’ultima frase: ‘Io devo credere in Dio ed al Suo Spirito tutto compenetrante’, non la posso afferrare, infatti, come potrei poter credere in Dio, quel Dio che i suoi presunti servitori mi hanno sottratto? Se Dio avesse rivelato soltanto qualcosa del Suo Spirito tutto compenetrante ai Suoi servitori chiamati, avrei dovuto sperimentare qualcosa di questo nel tempio!”.

                       34.   “Caro amico”, – risponde Joram – “tu sei amareggiato ma non pensi che qualche onesto servitore di Dio abbia adempiuto fedelmente e coscienziosamente i suoi doveri e compiti. Ripensa ciò che hai sentito sull’ultimo sommo sacerdote Zaccaria[4]. A quest’uomo era dato di parlare, non da sé, ma solo dallo Spirito tutto compenetrante di Dio! Questo sommo sacerdote, l’ultimo del suo genere, era spesso in relazione con gli angeli come ora noi siamo in relazione uno di fronte all’altro ed andava a prendersi consiglio presso di loro. Anche oggi ci sono molti uomini ai quali Dio significa il Sommo ed il più Caro – e perché? Perché si sentono compenetrati da una vita totalmente nuova proveniente da questo Spirito divino!

                       35.   Ora domanderai: ‘Ma cos’è dunque veramente questo Spirito di Dio?’. – Questo Spirito di Dio e ciò che compenetra ogni esistenza e tutta la Via spirituale che circonda il visibile e l’invisibile. Questa Vita proveniente da Dio ci circonda come ci circonda l’aria, invisibilmente, e certo assolutamente necessaria, infatti, senz’aria noi tutti dovremmo subito perire. Tale e quale anche tutte le anime che vogliono peregrinare senza Dio e senza la nuova Vita proveniente da Lui attraverso questa vita terrena, si devono anche sentire infelici in sommo grado.

                       36.   Dove ad un uomo che ricerca onestamente si rivela in tutto ciò che vive l’Essere e l’Agire di Dio come Amore, Sapienza e Potenza in magnifiche Leggi dell’Ordine, può ancora dubitare nell’Esistenza di Dio? Appena il nostro occhio interiore si apre per tutta questa santa Vita intorno a noi e la nostra fede la vuole una volta contemplare ed afferrare, si mostra già anche a noi percettibilmente ed anche presto visibilmente l’effetto di questo Spirito di Dio, come qualcosa che ci santifica! Solo gli uomini che non si sono mai sforzati di riflettere su questo, vorrebbero volentieri costruirsi da sé una propria vita. Il loro ordine non si poggia sull’Ordine e sulla Sapienza divina, e così sorgono le più grandi disarmonie tra gli uomini, disarmonie che proprio a te stavano così chiaramente dinanzi agli occhi e che ti hanno fatto dubitare nell’esistenza di Dio!”.

                       37.   Asa ha accolto in sé molto attentamente queste parole. Dopo un lungo silenzio Joram continua: “In tutto questo paese non esiste un uomo che non conosca le Leggi e l’Ordine di Dio, e malgrado ciò così tanti preferiscono vivere a costo di altri secondo il loro stesso e comodo modo. Proprio come esistevano fedeli servitori di Dio, compenetrati dalle Verità della Dottrina di Dio, esistono anche infedeli che pure si chiamano servitori di Dio, ma sono dominati da uno spirito completamente diverso. Ma il nostro sforzo deve aumentare proprio per questo, per tener stretta la diminuente Vita di Dio con tutti i mezzi in noi stessi e negli altri.

                       38.   Così è stato con me! Così è con tutti coloro che si sforzano seriamente di rimanere fedeli a Dio! E la ricompensa non mancava. Il divenir consapevole della Sua costante Presenza produceva meraviglie in Forze nuove, fortificava la debole fede, colmava il cuore con lieta fiducia e rivelava sempre di più nuova Vita in e da Dio. Da quando Gesù Cristo è entrato nella mia vita terrena, mi Si rivela anche l’Amore, la Grazia e la Misericordia di Dio e così fa di me figlio Suo. Che noi qui adesso dobbiamo soffrire così pesantemente, non reca nessun danno alla mia fede in Dio, perché la fede diventa vivente soltanto attraverso le prove. Soltanto ciò che nell’uomo cresce attraverso tale fede, è la sua vera vita, è sua proprietà, perché è conquistata attraverso la lotta. Conquista nella lotta, questo è un vero Dono di Dio, perché la Forza, con la quale io combattevo, come Forza di Dio divenne a me cosciente!”.

                       39.   All’improvviso Joram tace, egli sente che queste sue parole sono state espresse da un influsso superiore ed egli stesso deve ancora meditarle.

                       40.   Asa ha accolto tutto profondamente in sé come un affamato. Alla fine egli dice: “Credo di poterti comprendere, poiché hai parlato da uomo a uomo! Ma a questo come mi risponderesti tu, Ruth?”.

                       41.   “Non molto diversamente”, – dice Ruth, – “solo dovrei ancora dirti: tu sei povero perché non hai ancora imparato a riconoscere quest’Amore di Dio e pur sei passato continuamente nei miracoli dell’Amore più santo giornalmente. Non è un miracolo se gli uomini ai quali anche tu sei stato carceriere, non ti portano rancore? Non è un miracolo del più santo Amore che noi, che stiamo così vicini alla morte, sappiamo già: la salvezza viene ed è molto vicina! Non è miracolo su miracolo che proprio noi possiamo istruirti, per entrare nello Spirito del liberatore e misericordioso Amore? O amico mio, io ho provato le meraviglie del magnifico e santo Amore!

                       42.   Quando ieri sera guidavo i miei passi nuovamente al campo, in un primo tempo quanto mi divenne difficile! Ma quando pensai ai miei fratelli, che certo avevano bisogno di un incoraggiamento, mi sentii meglio, e quando potei guizzar completamente indisturbata nella grande tenda, allora sperimentai il più grande miracolo dell’Amore divino, infatti il messaggio: L’aiuto è vicino!, provocò in noi un sentimento di gratitudine verso Dio, il Quale ci santificava nel più meraviglioso silenzio! Ma se penso alla profonda sofferenza che ci avete causato, allora è stata ben dura, molto dura, ed il padre soffrirà ancora più di noi! È possibile però che si cambi il tuo sentimento, per giungere pure a questa alta e magnifica meta, allora anche questo sarebbe un alto scopo ed un miracolo di queste nostre prove divine! Per questo perdoniamo anche Assir e speriamo che anche lui si possa ancora cambiare!”.

                       43.   Risponde Asa: “Non vogliamo parlare di altro, bensì rimaniamo nel nostro tema. Chissà dove io posso essere domani, poiché Assir potrebbe distruggermi! Perciò vorrei andarmene appena posso, preferirei da Bernhart, ed entrare al suo servizio. Presso di lui potrei davvero trovare la pace del mio cuore!”.

                       44.   Dice il serio Giuseppe: “Asa, tu non sei stato per noi carceriere e non hai reso più difficile la dura sorte di noi tutti. Per questo vorrei ringraziarti e precisamente, se tu vuoi, puoi venire al servizio presso mio padre, diventeremmo amici, anzi fratelli! Non darti premura, rimani con noi finché arriva la salvezza, allora verrai con noi e non ti incontrerai più con Assir.  – Lo spirito nella casa del mio vecchio padre è lo stesso che c’è da Bernhart: è lo spirito della fede e dell’amore! Da noi nessuno è padrone e nessuno è servitore; il padre è il capo ed il vigilante, ma noi tutti siamo dello stesso sentimento, nessuno di più e nessuno di meno. Ci rallegriamo della nostra vita! Certo, ognuno ha una volta delle preoccupazioni, ma noi portiamo in comune, gioia e sofferenza, e ci sentiamo sempre protetti nel grande Amore e Misericordia universale del nostro Salvatore Gesù Cristo! La nostra speranza nella liberazione si adempirà, perché ciò che Dio promette, Egli lo mantiene con certezza! Ed anche se i nemici si moltiplicassero come la sabbia nel mare, Dio ride di loro e dimostrerà a tutti che Egli è l’Onnipotente!”.

                       45.   In quell’istante Assir balza davanti alla tenda dove stanno seduti i quattro, e grida, pieno di scherno: “Io vi dimostrerò che Dio non riderà e dimostrerò a Dio che ci sono ancora io!”.

                       46.   Assir vuol precipitarsi su Asa, il quale prende in mano una spada, allora dice Ruth: “Lascia stare la tua spada, Dio non ha bisogno di queste armi! Proprio ora abbiamo sperimentato la benedizione della Sua Presenza, perciò vogliamo attendere finché il Signore interverrà con l’azione!”.

                       47.   Assir, completamente pieno di furia, ordina alle guardie di legare i quattro e di non perderli d’occhio e minaccia: “Annienterò la loro fede in Dio!”.

                       48.   “Fallo pure!”, – dice Giuseppe molto serio. – “Vedremo chi avrà ragione!”.

                       49.   “Taci!”, – ordina Assir. – “Altrimenti imparerai a conoscermi anche tu, come quello là!”. Sono legati velocemente; Asa sente dolori violenti e si lamenta ad alta voce, ma Ruth lo conforta: “Anch’io sento dolori che sono quasi insopportabili, ma lamentarci, no, non lo dobbiamo, per non concedere a quelli là fuori il trionfo. Il trionfo però appartiene al nostro Dio e Signore Gesù Cristo!”. – Così si rannicchiano insieme e bramano ardentemente il nuovo giorno.

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Cap. 12

La liberazione

                         1.      Nel campo tutto si mette in moto presto. Assir è all’improvviso di nuovo ovunque e zelante incita la sua gente alla massima fretta. Nel carro di Elim un terrore percorre la gente; lo si chiama e lo si cerca, ma non c’è niente da fare: Elim è scomparso! Assir però fa finta di non accorgersene: “Svelti, foraggiate gli animali e poi avanti, avanti!”. –

                         2.      La carovana viaggia già da quattro ore, allorché la montagna rimane a sinistra ed Assir per prudenza si allontana dalla strada dritta per Sidone, per voltare in una pianura coperta di cespugli. Salta giù dal carro per far passare davanti a sé la carovana. Allora lo afferra uno sgomento. – Con fragore di uragano arriva una schiera di cavalleria armata ed intima di fermare. Sarebbe volentieri fuggito, ma dove, in questo deserto di cespugli? – “Chi è qui la guida responsabile?”, grida Achibald. È costui, infatti, che ha raggiunto la carovana.

                         3.      “Eccomi, sono io!”, dice orgogliosamente Assir. “Da quando si usa fermare delle pacifiche carovane? Mi sbaglio, o volete usare violenza?!”.

                         4.      Achibald salta giù da cavallo e dice freddamente: “Da quando ladri ed assassini attraversano il paese è necessario controllare. I signori nel paese siamo noi romani e qui ho io i pieni poteri! Prego: con quale merce sono caricati questi carri?”.

                         5.      “Non mi faccio controllare, poiché io opero su altissimo incarico! Qui c’è il mio mandato!”, obietta Assir.

                         6.      Achibald prende lo scritto, lo infila nella sua tasca e dice: “Se tu avessi una coscienza pulita, allora avresti acconsentito subito per un controllo, ma poiché lo rifiuti, allora lo farò fare dai miei uomini; ma prima mi assicurerò di te”.

                         7.      Ad un piccolo cenno un soldato riceve l’ordine: “Lega a quest’uomo le mani dietro la schiena e non aver riguardo se vuole sottrarsi con la fuga alla prigionia!”. Con presa vigorosa il soldato afferra l’uomo ed in un attimo Assir è un prigioniero!

                         8.       Ora arriva Bernhart di corsa a cavallo, e riferisce: “Fratello, l’ammalato si è risvegliato dal suo grave svenimento ed accusa Assir!”. –

                         9.      “Chi è Assir?”, – domanda Achibald. – “Si faccia avanti volontario!”.

                       10.   “Assir era la nostra guida e giace là legato”, risponde una guardia.

                       11.   “Allora va bene”, – dice Achibald, – “costui non sfuggirà più al suo destino”. Ora comincia il controllo, in cui i prigionieri vengono subito liberati dalle loro dure corde.

                       12.   Bernhart si affretta ai carri e grida: “Ruth! Ruth!”. – Da un carro risuona: “Qui! Siamo qui!”. I legacci sono presto sciolti; giubilando Ruth cade nelle braccia di Bernhart, poi s’inginocchia sulla sabbia e prega ad alta voce. Gli altri liberati stanno a guardare assorti ed infine anche loro comprendono: questa è la salvezza! Ora tutti ringraziano inginocchiati per questo meraviglioso aiuto e, tra pianti e singhiozzi, essi terminano la loro preghiera.

                       13.   Achibald è profondamente scosso; un grande, gioioso sentimento lo attraversa e così prega anche lui: “O Dio! Quanto Ti ringrazio che ho potuto vivere quest’ora! Ma ora che mi hai mostrato così clemente la Tua eterna Bontà, dammi anche il giusto senno, per portare alla fine questo santo incarico nell’intendimento Tuo!”.

                       14.   Achibald prende ora Asa in un interrogatorio molto serio. Vuole vederci chiaro, per compiere totalmente la Volontà di Dio a lui rivelata. Per riguardo agli altri egli ha lasciato indietro i tre messi della carovana che lo hanno portato qui, presso il gravemente ferito Elim, affinché non dovesse cadere neanche la più piccola apparenza di tradimento su questi ultimi.

                       15.   Allorquando la gente ha mangiato qualcosa, si torna indietro al vecchio posto dell’accampamento, dove nelle vicinanze c’è abbastanza acqua. Assir deve percorrere a piedi l’intero tratto; con una solida cintura intorno al corpo è legato al cavallo della sua guardia e quando si mostra indocile, riceve una stoccata sulla sua schiena nuda. Tutto dura però più a lungo del previsto e solo nel tardo pomeriggio le tende possono essere di nuovo impiantate. Elim giace con una forte febbre e per Ruth comincia subito la sua attività samaritana, che strappa ad Achibald silenziosa meraviglia.

                       16.   Dopo un pasto in comune Achibald raduna tutti e domanda: “Che cosa deve accadere ora con voi? Io sono incaricato a risolvere tutto, così che voi stessi ed anche Iddio, vostro Signore, possiate essere pienamente soddisfatti. I servitori di Elim sono esclusi, dal momento che essi si sono vincolati a lui; prima si tratta di voi, voi che vi siete vincolati al tempio. Io potrei punirvi come il vostro capo, ma i miei amici hanno pregato per la vostra libertà, perciò, chi si vuole affidare a me, non se ne deve pentire.

                       17.   Poi Bernhart prega di parlare con i fratelli di fede sul loro futuro e presto anche questo è tutto ordinato, infatti, nemmeno un singolo ha il desiderio di ritornare nella vecchia patria, a causa dei templari! Le donne però d’altra parte non hanno più nessun desiderio, di loro si occupa Ruth.

                       18.   Bernhart esclama felice: “Fratello mio, il mio cuore arde d’amore e di felicità, se penso, quanta sofferenza ora è trasformata in gioia! Un cuore pieno d’amore, e tutto si risolve come da sé. Tutti coloro che vogliono venire da me, io li accolgo con gioia, e Giuseppe e Joram prendono volentieri gli altri, infatti, mani diligenti sono da utilizzare dappertutto!”.

                       19.   Con questo sono d’accordo!”, – risponde Achibald. – “Così io prendo solamente Assir e presto me ne sbarazzerò”.

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Cap. 13

Achibald e Ruth, figlia di Eusebio

                         1.      Ruth viene correndo nel gruppo ed esclama lieta: “Elim è salvo! La febbre è scesa e si è addormentato tranquillamente”.

                         2.      Achibald domanda meravigliato: “Com’è potuto accadere questo così velocemente? La febbre traumatica è difficile da eliminare e si conclude spesso con la morte”.

                         3.      A ciò Ruth dice: “Sì, Elim sarebbe certo anche morto, se il grande Salvatore Gesù non lo avesse guarito! Il primo sguardo su di lui mi ha detto: qui solamente Dio può ancora soccorrere! E così ho pregato il mio Gesù, finché interiormente ho ottenuto la certezza: egli sarà salvato! Elim parlava continuamente nella febbre e si rimproverava della sua insensata vita, allora ho posato la mia mano sulla sua fronte cocente con cuore pregante ed ho sperimentato nuovamente – la Presenza di Gesù! Elim si è calmato ed ancora ha detto: «Oh queste belle mani – ma comunque sanguinanti, ma come fresca rugiada esse mi portano lenimento! Non ritirare più queste mani, tu mia cara, cara!» Adesso egli dorme, perciò vogliamo ringraziare il nostro Gesù, ringraziare assai intimamente per il nuovo miracolo del Suo Amore!”.

                         4.      Achibald è molto stupito, – ancor mai ha sentito parole così amorevoli, allora domanda: “Mia cara Ruth, sei tu della ferma convinzione che il Salvatore Gesù ti era così vicino, tanto che potevi percepire la Sua Presenza, oppure poteva anche essere un’illusione dei sensi? Non domando per sminuire ciò che hai vissuto oppure per curiosità, ma perché anch’io comincio a decidermi per Gesù Cristo. Vorrei però essere del tutto sicuro e se mi edifico un ponte dall’aldiquà fino a Dio, all’Eterno, allora lo stesso deve portare me ed anche altri per l’Eternità!”.

                         5.      Risponde Ruth benevolmente: “Illusione dei sensi può esistere ben per cose terrene, ma non per cose eterne, perché è andata via tutta la mia brama, speranza ed amore dal terreno ed ho dedicato tutto all’Eterno. In questo però non mi sono fatta guidare dalla mia ragione e dei miei sensi, ma solo dai moti del cuor mio. Il mio cuore però può percepire soltanto affermazione, delizia e felicità, oppure rifiuto, delusione e dolore. Che io abbia sperimentato questa percezione già più volte, lo devo proprio al mio Gesù, al mio Dio ed eterno Padre! Se vuoi veramente deciderti per Gesù, allora lascia indietro la ragione e lascia parlare i moti del cuor tuo e poi, senza domandare, sarai convinto della beatificante Verità della Presenza Sua”.

                         6.      Dice Achibald: “Cara Ruth, l’eterno Amore la pensa bene con te ed ha fatto di te uno strumento dell’Essenza Sua! Ma ora ti pongo ancora una domanda; se puoi rispondermi o no, non influenzerà la mia decisione! Si tratta in pratica di questo: io conosco Gesù soltanto per sentito dire e non mi sono ancora occupato molto di Lui e se ora entro nelle file dei Suoi seguaci, mi manca ancora tanto e di così importante! Sì, mi sento all’improvviso così ignorante, sebbene Cornelio abbia parlato molto e spesso di Gesù. – Vedi, cosa ho io di Gesù, poiché Egli è un abitante del Cielo e non più visibile a noi uomini terreni! Come potrei stabilire ora con certezza che Egli è presso di me? Devo accontentarmi della fede, perché la Sua bocca una volta ha detto: «Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo!», oppure devo immaginarmi vivamente che Egli sia presso di me? In me vive ancora qualcosa delle nostre divinità, anche se già da tempo ho messo da parte gli dei. Se tu potessi darmi una risposta soddisfacente sulla presenza di Gesù, mi toglieresti un peso grande”.

                         7.      Risponde Ruth: “Caro amico, tu poni profonde domande alle quali voglio volentieri risponderti, ma solo così, come lo sento nel cuor mio. Vedi, Gesù, che io ho ben visto durante la Sua vita terrena, ed ho anche udito le Sue Parole, era nei miei ricordi come se fosse cancellato. Che cosa può capire una giovane fanciulla terrena di 13 anni di cose che affondano ampiamente nell’Eternità! Ho ben compianto questo caro Uomo quando la notizia percorse il nostro paese che Egli sarebbe morto sulla Croce! E di nuovo risuonò la notizia che Egli sarebbe risorto dalla morte! Increduli ascoltavamo questi discorsi, finché più tardi vennero alcuni uomini da nostro padre e raccontarono che Egli sarebbe veramente e di fatto apparso loro ed avrebbero ricevuto dal Gesù Risorto l’incarico di annunciare a tutti: Egli vive!

                         8.      Caro amico, ora non avevamo nessun desiderio più ardente che vedere Gesù, il Risorto! Ogni sera pregavamo insieme: «Signore, rendici degni della Tua Visita, i nostri cuori ardono di desiderio di vederTi ancora una volta e di essere benedetti da Te!».

                         9.      Il desiderio divenne sempre più profondo, finché finalmente il grande, beato momento venne: Egli fu con noi – nel mezzo del raccoglimento serale – e ci benedisse con le Sue mani trafitte! Con i Suoi occhi profondi ci guardò così pieno d’Amore e la Sua bocca pronunciò le Parole per me indimenticabili: «Non temete più, perché Io ho vinto il mondo ed ogni morte, affinché con la consapevolezza: Io vivo e voi volete vivere attraverso di Me – formate in voi una nuova Vita, Vita che è una sola cosa con la Mia! La Mia Pace e la Mia Benedizione sia con voi! Ora Io vado a casa dal Mio eterno Padre, altrimenti la nuova Vita non potrebbe sorgere in voi!». Mi sono rimaste queste Parole! Egli disse ancora altro, – ma questo mi bastò totalmente.

                       10.   Se ora percepisco la Sua presenza, sono come staccata dall’esistenza terrena; questo l’ho sperimentato più chiaramente nella notte, quando fuggivo da Assir. Nell’oscurità e sola nel profondo bosco, ancora colma di spavento per quanto vissuto prima, aprii il mio cuore al Suo grande soccorrente Amore e mi aggrappai in spirito alle Sue mani tese.

                       11.   Allora percepii in me le chiare Parole: «Non temere! Io sono presso di te! Tieni salda la tua fede, allora posso esserti Salvatore!». Il terribile delle mie condizioni scomparve, mi sentii come avvolta nell’Amore di Dio e divenni tranquilla e lieta nonostante la mia non invidiabile situazione, e seppi: vicina è la Sua salvezza! Se questo doveva essere stato inganno oppure sola immaginazione, allora non so come potei giungere a questa calma interiore ed a questa meravigliosa sensazione di Forza. Ed in effetti, non eravate tutti già alla nostra ricerca?

                       12.   Io penso che da quel che ti ho detto tu abbia ricevuto anche la risposta, e perciò non ti stupire, se forse non ti ringraziamo abbastanza, poiché tutto il nostro ringraziamento va al nostro Signore e Salvatore Gesù!”.

                       13.   Silenzio è subentrato in Achibald; le semplici e schiette parole penetrano profondamente nella sua anima affamata di Luce e Verità. È così intensamente preso che si alza e va in profondità nel bosco. Gli uomini e Ruth si guardano solenni, poi lei dice: “Lasciatemi andare da lui, egli ha soltanto bisogno ancora d’amore, ha sentito abbastanza parole!”.

                       14.   “Sì, va!”, – dice Bernhart. – “Forse al Signore riuscirà di conquistarlo del tutto attraverso di te!”. Silenziosa lei segue il romano e vede che si è seduto a terra e piange. “O Dio”, prega egli sottovoce, “il Tuo Amore quasi mi fa scoppiare il petto e malgrado ciò davanti a me sta la mia deserta vita passata, come se mi volesse separare da Te, dalla Tua Verità e dalla Tua Bontà che è così sconvolgente!”.

                       15.   Allora Ruth gli pone sommessa la mano sul capo e domanda dolcemente: “Perché fratello mio, perché rendi al Salvatore tutto così difficile, che cosa ti opprime, perché tu debba ancora lottare? Vedi, l’Amore del Salvatore è per tutti gli uomini! Esso ci appiana la via che porta all’amante Cuore del Padre di tutti. Ciò che ti rende così misero e ti vorrebbe separare da Lui, dall’Ultra Magnifico, come un peccatore, è stato espiato sul Golgota! Non per causa Sua, ma a causa nostra Egli ha lasciato accadere tutto questo su di Sé! Ed in questa potente fede nel Suo Amore per noi uomini, il Suo Spirito liberatore diventa per noi Dono meraviglioso!”.

                       16.   “Ruth!”, – dice Achibald. – “Tu parli come un angelo, ma è accaduto troppo del male! Le guerre hanno fatto di me un uomo crudele e già per natura ero duro come una pietra. Ho cancellato l’amore dal mio cuore, vivevo solamente per la verità e la giustizia; ma ora devo riconoscere che questa non era Verità, bensì durezza d’animo verso coloro che avevano commesso ingiustizia”.

                       17.   “Caro amico, il Signore vede il tuo pentimento e ti perdona! Egli domanda solamente: «Vuoi seguirMi?», Allora credi nel Mio Amore che vuol colmare anche te con lo Spirito Mio! In questo Spirito però diventi tu esecutore della Mia Volontà d’Amore! Perciò adesso guarda ciò che Io voglio far di te e non ciò che ha fatto di te il passato!”.

                       18.   Soltanto dopo una pausa Ruth continua a parlare: “Caro Achibald, io dovevo parlare a te così, perché non potevo diversamente! Ma se puoi portar fede a queste parole, parole che non erano mie, ma del Salvatore, allora hai abbattuto nel tuo cuore le ultime barriere tra Lui e te”. –

                       19.   “Cara Ruth, tu mi dai la fiducia nuovamente! Se ora ti riesce ad eliminare da me ancora l’ultimo dubbio nel grande Amore onnipotente, allora conosco ancora soltanto l’unica via: là verso di Lui! Vedi, potrei ben credere, Egli ha espiato la mia colpa e posso di nuovo respirare come un liberato! Ma il rapporto è certo rimasto lo stesso: Egli, – il santo Iddio! – Ed io sono un peccatore! Potrebbe certo accadere che io ricada nella mia vita precedente e dimenticare: Egli è Dio! – ed io sono ora quale Suo figlio a Lui obbligato! Che cosa succederà poi!”.

                       20.   “Fratello Achibald, non ti affliggere per ciò che sarà, se un giorno risorgerà ancora il vecchio uomo. Come il Sole elargisce ad ogni giorno nuova luce e calore e la notte costringe alla separazione, così entrerà in te ogni giorno una forza nuova, una vitale energia nuova e con ciò si formerà più bella l’immagine del Suo Amore, così che sentirai sempre nuovamente quanto rende beato il Suo Amore! Io non so se tu hai ancora una madre, io ho perduto già da tempo la mia; da quando però porto in me l’Immagine del mio Gesù, mi sembra come se avessi una seconda madre che si è caricata l’amore della mia prima e perciò posso essere ora, madre per i fratelli miei”.

                       21.   “Ruth! Tu Amore, ora sei stata per me angelo e nello stesso tempo anche madre! Mai dimenticherò quest’ora e l’aiuto tuo, poiché voglio affidarmi totalmente all’Uno, al Quale Dio affida l’intera umanità! Oh, adesso è più chiaro in me, ora imparo a dare il benvenuto all’Opera di Dio”.

                       22.   Dice Ruth: “Ora torniamo, affinché anche gli altri sappiano che sei afferrato dal Suo Amore sempre soccorrente e fa diventar così felice!”.

                       23.   Quando i due tornano indietro, odono canti melanconici e deliziosi provenienti dai cuori colmi di gratitudine e struggimento dei liberati, canti che danno a questa serata una particolare solennità. Ruth va dall’ammalato. Egli dorme ed Asa veglia presso di lui. Pregando pone la sua mano destra sulla sua fronte, ma così dolcemente che non viene disturbato nel suo sonno. Bernhart ed Achibald sono commossi dall’immagine che si offre qui a loro: l’inselvatichito uomo ammalato e la delicata, bella fanciulla.

                       24.   Quando Achibald e Berhart silenziosi vanno poi nel bosco, dice ancora Achibald: “Fratello mio, questa figliola deve essere un angelo, quanto intelligentemente può difendere la sua fede e quant’è forte la sua volontà per la nuova Vita!”.

                       25.   “Sì, fratello!”, – ribatte Bernhart. – “Lei è l’angelo buono nella sua terra natia, ovunque dove c’è da soccorrere o da confortare, lì trovi Ruth!”.

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Cap. 14

Incontro con Ursus in viaggio per il lago Meron

                         1.      I due parlano ancora delle loro esperienze degli anni precedenti e non si accorgono di quanto si sono già allontanati dal campo. Quando giungono là, dove il bosco passa nella boscaglia, vedono ad una certa distanza accampata una carovana e degli uomini affaccendati che vanno avanti ed indietro; un quadro interessante per i due spettatori.

                         2.      “Dove saranno diretti?”, – chiede Achibald. – “Non possono provenire dalla Giudea, ma da un porto al mare”.

                         3.      “Andiamo lì!”, – risponde Bernhart. – “Possiamo stare più tranquilli se sappiamo chi sono i nostri vicini”.

                         4.      Così i due vanno lì con passo quieto; ma la guida della carovana deve già essere stata informata, infatti, va loro incontro e saluta: “La pace sia con voi! Siate i benvenuti nel mio accampamento appena piantato!”.

                         5.      “Ed anche con te, fino in tutte le Eternità!”, – risponde Bernhart. – “Il nostro campo è proprio qui vicino; ma se non fossimo, sprofondati in discorsi, andati così lontano, non avremmo potuto incontrarci”.

                         6.      “Allora vi prego: siate ora miei ospiti!”, – ribatte il forestiero oltremodo cordiale. – “Posso inviare un messo nel vostro campo, in modo che i vostri stiano senza preoccupazioni”; e così avviene.

                         7.      Achibald si presenta e dice: “Il nostro campo è di specie del tutto particolare, poiché non abbiamo nessuna merce, bensì uomini, ai quali vorremmo ridare la libertà e la gioia. Io sono un soldato romano e sono agli ordini del comandante Cornelio in Cesarea. Costui è Bernhart, prima nei servizi romani e da oggi amico mio. Egli possiede un grande fondo, ma su iniziativa del suo migliore amico ha preso su di sé una difficile missione, missione che ora è quasi totalmente compiuta, perciò siamo sulla via del ritorno”.

                         8.      Il romano dice ad Achibald: “Io sono Ursus, il figlio e confidente di Demetrio in Roma e sono sulla strada per Gerusalemme, quindi siamo compatrioti”. Entrano nella tenda innalzata; qui Ursus dice ancora una volta: “Benvenuti cordialmente! Mi rallegro che posso salutare ospiti così graditi”.

                         9.      In breve tempo Ursus conosce tutti gli avvenimenti dalla bocca di Bernhart, il quale conclude il suo discorso con le parole: “…siamo pienamente soddisfatti del successo, ci danno ancora qualche preoccupazione solo le guardie del crudele Assir. Noi siamo cristiani e vorremmo agire nell’intendimento del Salvatore Gesù, ma possiamo credere così senz’altro a questa gente? Essere troppo fiduciosi, – ha già portato molta sofferenza a qualcuno”.

                       10.   Ursus, il quale calmo ascolta tutta la relazione, ma con grande interesse, dice: “O amico, se sei onestamente preoccupato per questa gente, allora il Signore ti verrà certamente incontro con il Suo Aiuto. Vedi, io sono volentieri pronto a toglierti la tua preoccupazione, perché so che se ho soltanto la volontà, il Signore mi mostra anche la via! Anch’io amo Gesù, il Risorto, e partecipo alla nuova vita attraverso Lui! Perciò mi sforzo di ordinare tutto quello che si avvicina a me nello Spirito del Suo Amore!”. Così passano presto alcune ore ed Ursus promette di regolare insieme l’indomani la faccenda con le guardie.

                       11.   Achibald è come trasformato. “C’è quasi troppo amore per me! Che io veda in un giovane romano tale dedizione per Gesù, va oltre i miei concetti. Domani devo sapere come Ursus è veramente arrivato ad essere cristiano! Sembra inoltre che sia figlio di un ricco mercante”.

                       12.   Bernhart è nuovamente grato per il fatto che il Signore gli mostri la via attraverso Ursus, è certo che per il suo compito c’è l’Aiuto divino! Nel campo dei liberati si è fatto silenzio; completamente tranquilli si mettono tutti a riposo perché essi sanno: il Signore è adesso il nostro Guardiano!

                       13.   Solo Assir passa brutte ore. Evitato da tutti, solo in una tenda e duramente sorvegliato, si stilla il cervello su come potrebbe liberarsi. Offre alla sua guardia un’enorme somma di denaro; ma questa dice: “No, il tuo oro ci appartiene in ogni caso. Non darti pena, un romano è incorruttibile, salvare te significherebbe consegnarmi alla croce!”. A tale risposta tace, egli sa di aver perduto.

                       14.   Allo spuntar del giorno il fuoco, sul quale è preparata la prima colazione, divampa già chiaro ed Achibald è lieto di vedere questa vita rigogliosa; i suoi soldati sono occupati con i loro cavalli. Presto la colazione è consumata, alcuni si procurano acqua fresca, mentre altri smontano le tende e le sistemano con arte.

                       15.   Arriva Ursus cavalcando un magnifico stallone e viene gioiosamente salutato da Achibald e Bernhart. Il suo primo desiderio è di poter vedere l’ammalato Elim. Entrambi lo accompagnano, chiamano fuori Ruth e chiedono dello stato di salute di Elim. “Dorme ancora”. – lei dice. – “Da ieri sera non ho più visto la sua ferita sulla schiena, perché non volevo svegliarlo”.

                       16.   Ursus, che si è avvicinato al giaciglio, dice con serietà: “Ma quest’uomo lo conosco, un carattere vile ed avido che vi ricompenserà malamente il vostro amore”.

                       17.   Ruth guarda il giovane romano e dice con audacia: “Qualunque cosa possa essere stato, ha meritato il nostro amore, poiché ci voleva sottrarre al sanguinario. Proprio per salvarci, egli doveva diventare vittima”.

                       18.   Ursus che molto colpito guarda Ruth, dice: “Le tue parole sono per me un dono delizioso! Nulla può rendermi più felice come quando vengo a sapere che un uomo si è deciso per il bene e, con la sua azione, egli rivela la sua serietà!”.

                       19.   Elim deve essersi svegliato nel sentir parlare, perché si muove e cerca un appoggio per sollevarsi con le mani.

                       20.   Ruth è preoccupata e dice: “Rimani ancora coricato, noi ti aiutiamo quanto meglio possiamo”.

                       21.   “Sì, dove sono veramente? Devo aver dietro di me una grande camminata, sono ancora molto stanco!”.

                       22.   “Ora non pensare a niente, ti trovi in mani fedeli che vogliono fare tutto per te”.

                       23.   Dice Elim: “Non mi sento tanto ammalato, ho soltanto ancora un po’ di sonno, poi andrà già meglio. Chi sono questi tre uomini?”.

                       24.   “Sono buoni amici che anche sperano e si augurano che tu guarisca il più presto possibile completamente”.

                       25.   “Buoni amici? Chi lo potrebbe credere! Potrei averne bisogno di alcuni, perché mi aiutino, davvero ho fatto una lunga camminata ed ho visto tutti i luoghi, dove mi si minacciava e condannava! Vorrei solo non ritornarci più, è stato terribile!”.

                       26.   Ursus dice a Ruth: “Prepara un comodo giaciglio e lascia che io porti Elim fuori al sole, affinché ritorni alla realtà, la sua anima è ancora presa troppo dagli avvenimenti nel sonno!”.

                       27.   Elim volentieri lascia fare. Ruth gli porge un po’ di zuppa e poi Ursus ed Achibald controllano la ferita, ferita che appare pericolosa, però sembra guarire normalmente.

                       28.   Dice Ursus ad Achibald: “Il colpo deve essere stato fermato, altrimenti sarebbe subentrata certamente un’emorragia interna. Non potresti adesso far portare qui questo Assir, affinché egli veda che siamo informati di tutto?”.

                       29.   Quando Assir sta dinanzi ai due romani, in lui vuole esplodere ancora una volta resistenza e rabbia, ma Achibald dice grave: “Guarda qui, come tu ricompensi l’amicizia! Uomini che mentono ed ingannano altri uomini, si possono forse ancora educare al meglio, ma che cosa devo dire, quando un uomo vuole eliminare a tradimento un suo amico? Noi sappiamo tutto! Ma quello che tu non sai, te lo voglio dire: anche Dio ha visto tutto questo e sa, come Lo hai calunniato! Questo Dio ti ha messo ora nelle nostre mani e verrai da noi punito. Come sarà la punizione, non lo so ancora, ma so che non avrai abbastanza lacrime per espiare il tuo crimine!”.

                       30.   Assir dice superbo: “Che cosa ho a che fare con voi? Se ho commesso dei crimini, pretendo di essere portato davanti ad un tribunale del tempio! Mi rifiuto di giustificarmi davanti a dei pagani, ho agito in buona fede!”.

                       31.   Risponde Achibal: “Assir, va bene, anche noi agiamo in buona fede, se però speri di essere portato davanti ai templari, allora speri invano! La tua misura è colma! Le lacrime, tutte le sofferenze ed il male che hai causato, è giunto fino al Trono di Dio, per questo Dio stesso ci ha dato l’incarico di metterti nell’impossibilità di nuocere, quindi non sperare nulla di buono da noi uomini! Del bene potrebbe venirti solamente da Dio e tu Lo hai rinnegato. Se hai ancora qualcosa da dirci, adesso c’è ancora l’occasione, poiché non sentirai più nessuna parola da parte mia!”.

                       32.   Assir tace. Achibald  ordine di portare via il prigioniero.

                       33.   Dice Ruth: “O Tu buon Dio, che comportamento! Che cosa può succedergli?”.

                       34.   Achibald dice serio: “Probabilmente la croce! Ma può anche essere che venga incatenato come rematore su una nave da guerra; ma questa sorte è ancora più triste che una morte rapida!”

                       35.   “Achibald, fratello mio, non spaventare il suo cuore!”, – dice Ursus. – Noi vogliamo dire: ora a lui accade ciò, affinché venga ancora salvato ed abbia parte alla grande Opera del Signore! Vedi, Dio non ha nessun compiacimento nella punizione di un caduto, per quanto sia grande il peccato! Nel momento in cui un essere smarrito e caduto, sia esso uomo o spirito, tende le mani pregando con cuore umilissimo a Dio, è come se ogni colpa fosse dimenticata. Ed il meraviglioso Dio lo esaminerà ancora, soltanto per vedere se la sua preghiera era solo paura oppure santa serietà di vita! Perciò avvenga come vuole, alla giustizia terrena deve essere ben dato spazio, ma l’Amore mostra anche altre vie! Ora vorrei conoscere gli uomini ai quali voi vorreste volentieri provvedere”.

                       36.    “Questo può essere sistemato subito, li chiamerò”, risponde Achibald.   

                       37.   Ora vengono tutte le guardie che sono obbligate al tempio; sui loro volti si vede la loro insicurezza e l’indecisione. Ursus dice ad Achibald: “Lascia parlare me con gli uomini, io sono più pratico di te, tu sei abituato a comandare!”.

                       38.   Achibald si rallegra che gli sia tolto questo lavoro e pensiero ed Ursus comincia: “Cara gente, siete 20 uomini e vi trovate davanti ad una decisione, se la vostra vita deve continuare su questa strada, oppure se volete dare alla vostra esistenza un’altra direzione. Anche se sono un romano, conosco in ogni caso bene le vostre condizioni di vita e le vostre abitudini. Il vostro padrone è bensì il tempio e voi siete servi dei sacerdoti, ma la vostra occupazione è del tutto indegna di un uomo. Dite: volete rimanere nel tempio, oppure volete afferrare l’occasione che vi si offre e staccarvi dal vostro padrone? Vorrei farvi una proposta, se l’accettate o no il nostro attuale rapporto rimane lo stesso.

                       39.   Demetrio, il mio rispettabile padre a Roma, possiede molte colonie, le stesse sono occupate da provati e degni amici, ma servono ancor sempre lavoratori, e questi talvolta mancano. Chi vuole, può trasferirsi subito nella mia carovana, poi otterrete la cittadinanza romana ed il tempio sarà impotente verso di voi. Chi quindi vuole, venga da me! Ma una cosa è da ricordare: noi tutti siamo seguaci del grande Nazareno e Salvatore Gesù!”.

                       40.   Dice uno: “Signore, non c’è nulla da riflettere, le tue parole ci promettono aiuto dalla servitù della legge e provvidenza! Che non siamo Nazareni, non è colpa nostra, ma del tempio; non potrà essere difficile diventare cristiano tra cristiani, perché per noi si mostrano soltanto vantaggi”.

                       41.   “Voi benedirete ancor spesso l’ora odierna”, – dice Ursus. – “Voi, infatti, potrete diventare veramente felici quando vi sarà rivelato in pienezza il grande Amore di Dio!”.

                       42.   Arriva un uomo a cavallo e, quando vede Ursus, annuncia: “Ursus, i nostri carri sono pronti per la partenza, c’è bisogno soltanto del tuo benestare”.

                       43.   “Marciate fino a questi carri”, – risponde Ursus. – “nel frattempo anche qui sarà tutto ordinato. Ed ora, cari amici, chiamatemi Asa, il quale veglia presso l’ammalato Elim”. Ursus lo guarda e gli dice amichevolmente: “Ascolta, caro amico, io so tutto di qui; i tuoi compagni sono già passati sotto la mia protezione ed io credo di conoscerti al punto che posso avere grande fiducia in te. Io avrei veramente molto bisogno di te nelle mie molte e grandi carovane, e ti domando se vorresti rimanere con me”.

                       44.   “Signore, tu mi chiami ‘amico’? Io ho grande gioia in questo! Sì, sono tuo, anche se sarei andato volentieri anche con i fratelli di Ruth. Disponi di me! Non troverai nessuno più fedele, perché mi hai considerato come amico”.

                       45.    Ursus porge la mano ad Asa e dice contento: “Ti chiamo ‘fratello’, perché a questo mi spinge il cuore! Ascolta dunque: tu conosci i tuoi compagni, prendili in tua custodia fino alla loro destinazione. Io prendo la carovana di Elim, finché è di nuovo guarito. Ma ora una domanda in confidenza: da dove provengono i cristiani catturati e quali beni avete ancora sui vostri carri? Sono stati acquistati onestamente?”.

                       46.   Risponde Asa: “Dove i cristiani catturati sono di casa, non mi è dato di sapere”. Su tre carri sono caricati sete e tappeti preziosi, anche la loro provenienza non mi è nota; temo che sia refurtiva dei cristiani catturati. Dove un cristiano è caduto nelle mani degli sgherri del tempio è perduto per loro anche tutto quello che avevano”.

                       47.   Ursus dice ad Achibald: “Ma qui si rivela una grande ingiustizia! Forse è meglio che acquisti io le merci e tu distribuisca il ricavato tra i poveri, affinché la maledizione che posa su questi beni, almeno non si trapianti oltre”.

                       48.   “Lo farei volentieri, anzi, mi rallegro che vuoi regolare tutto così bene!”, replica Achibald.

                       49.   In Asa sono sorti ancora dei dubbi, perciò dice ad Ursus: “Ora tu sei il mio padrone, ma come ti devo chiamare in futuro? Amico e non oso dire fratello, il mio passato di colpa sta qui come una roccia, tanto che rabbrividisco! E come ti devo ringraziare per il fatto che la mia vita riceve condizioni ordinate attraverso di te?”.

                       50.   All’improvviso Ursus è diventato molto serio e dice: “Asa, chiamami Ursus come tutti gli altri. Vedi, io non mi urto contro il tuo passato, infatti, per quello che hai da riparare, non andare dagli uomini, ma dall’eterno Iddio, il Quale ci ha rivelato il Suo grande Amore mediante Gesù Cristo, il Risorto! Io spero che in futuro comincerai una nuova vita, vivrai lieto e pacifico, amorevole e conciliante, e come seguace di Gesù sarai compenetrato dallo Spirito Suo, infatti l’accettazione del Suo grande Sacrificio d’Amore ha per conseguenza l’abbandono a Lui dell’intero uomo! Così come Gesù mi disse un giorno: «Vieni così come tu sei, – Io ho combattuto anche per te!», così prendo anche te e tutti e non dico: miglioratevi prima e poi staremo bene insieme! Vedi, perciò questa grande serietà! Attivare il definitivo adempimento di ogni impulso d’amore, infatti, è il nostro primo dovere!”.

                       51.   Achibald è meravigliosamente calmo; si apre a lui un mondo pieno di bellezza, così dice ad Ursus: “Fratello, sin dalla partenza da Cornelio ho avuto così tante dimostrazioni della Sapienza ed Amore di Dio che devo ammutolire! Il tuo modo di fare però è per me il più grande avvenimento; non so se devo considerarti un uomo oppure un angelo. La tua bocca esprime tutto così liberamente e convincente ed il tuo essere mi trasferisce in un mondo completamente diverso! Dimmi, sei sempre così oppure soltanto perché vuoi aiutarmi?”.

                       52.   Dice Ursus sorridendo: “Io sono come tu mi vedi, uomo ed angelo! Uomo, – perché servo come uomo, – ed angelo, per coloro che posso liberare dalla miseria e dai tormenti della coscienza. Accetta entrambi come giusti, ma che io possa agire in questo modo, non è merito mio, ma è la grande Bontà e Grazia di Dio”.

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Cap. 15

La vittoria di queste conduzioni divine

Tre carovane di liberati si uniscono

                         1.      Elim si sente fortificato, la febbre non c’è più e Ruth dice raggiante di gioia alle due guide: “Venite senza timore, egli vi vorrebbe parlare”.

                         2.      Così si siedono accanto all’ammalato ed aspettano che parli: “O amici, voi siete venuti a me come inviati da Dio ed io vi ringrazio per il vostro amore e la vostra cura. Sul mio ferimento però vorrei darvi ancora una spiegazione, e così ascoltate: Quando Assir si sentì nuovamente libero ed i prigionieri erano legati, egli venne quando era ancora quasi notte nella mia tenda, e chiese di parlare con me. Appena c’eravamo allontanati di alcuni minuti dal campo, egli pretese che io obbedissi volenteroso ai suoi ordini. Ma avevo deciso di non servirlo più, ma di stare a fianco dei tre fratelli per aiutarli, e gli dissi questo apertamente. Di ciò egli fu indignato e mi minacciò, e quando rimasi col mio proponimento, sentii all’improvviso un forte colpo alla schiena, poi divenne notte intorno a me. Se voi, amici, non mi aveste trovato, chissà se vivrei ancora! – Assir è un demonio, come non è immaginabile uno più vendicativo, ma anch’io non ero molto migliore, finché questa ragazza ed i suoi fratelli mi hanno messo davanti agli occhi la mia grande colpa! Allora ho visto l’abisso davanti al quale stavo, e nello stesso tempo però anche l’intenzione liberatrice di Dio”.

                         3.      Ursus dice grave: “O Elim, se tu fossi morto adesso, sai che cosa ti sarebbe aspettato? Io lo so, tu hai molto da riparare ed una vita piena di lavoro e fatica potrebbe a mala pena attenuare tutta la sofferenza che hai causato agli altri. E poiché non hai vissuto in armonia con le eterne Leggi di Dio, avresti dovuto provare in te stesso ora tutta questa sofferenza. Adesso impara a comprendere, come Dio nel Suo Amore misericordioso ti ha salvato dall’abisso ed ha permesso questo ferimento, per darti la possibilità di cominciare una vita totalmente nuova! Che cosa vuoi fare? Vuoi continuare a mettere al servizio del tempio i tuoi carri ed animali? Oppure avresti voglia di lavorare per altri? La tua proprietà ti rimarrebbe conservata se tu entrassi al servizio del romano Demetrio. Riflettici su e nel corso dei prossimi giorni mi darai risposta. La mia meta è Gerusalemme, ma prima vorremmo andare al lago Meron, perché là Ruth con i suoi fratelli è a casa”.

                         4.      Elim è d’accordo con questo e così Achibald ed Ursus impartiscono l’ordine di continuare il viaggio. Soltanto verso sera è fatta sosta su uno spazio conveniente. Presto ed in letizia sono innalzate le tende e dopo il pasto i molti uomini ascoltano Ursus che racconta delle meravigliose conduzioni di Dio nei suoi lungi viaggi. Nemmeno un singolo rimane indifferente, bensì la vita interiore è aumentata fino ad un immedesimarsi nella Presenza percettibile di Gesù, ed anche Bernhart può introdurre il loro cuore nelle meravigliose vie che Dio gli ha dischiuso.

                         5.      Alla fine Achibald rivela ad Ursus e Bernhart che li aspetta ancora un grande compito, poiché lì nelle vicinanze una carovana spera ancora nella salvezza e liberazione! Ursus dice subito pieno di gioia: “Mandiamo avanti di mattino dei messaggeri, affinché non abbia luogo nessuna perdita di tempo o inutile ricerca. Possiamo occupare ancora molte mani, dal momento che il Signore ha benedetto così in abbondanza le nostre imprese”.

 

                         6.      Al mattino, dopo la smobilitazione del campo, tutti gli uomini proseguono lieti il viaggio, e quando la carovana poco prima di Hazor arriva alla locanda di Thomas, Achibald fa fermare e domanda del proprietario a lui noto. Costui gli viene incontro lieto; ma solo quando riconosce Ursus, la sua gioia è indescrivibile. Tutti i carri devono portarsi nel grande cortile e l’oste dice ad Ursus: “Lascia che io prepari un banchetto per tutti. Tu veramente sai che, quando ci procuriamo reciprocamente una gioia, gioisce anche il nostro meraviglioso Maestro!”.

                         7.      Quale vivace ed allegra vita si svolge ora nel cortile e nella casa, e certo tutto avviene in una così gioiosa armonia, che perfino i soldati di Achibald si chiedono meravigliati: “Cosa muove questi uomini a darsi tanta pena e lavoro per tutti questi forestieri?”.

                         8.      Quando però il pasto ben preparato di verdura e carne d’agnello viene servito, un soldato domanda comunque al suo comandante il perché oggi fosse tutto così festoso. Achibald risponde: “È piaciuto a Dio che abbiamo eseguito così bene il Suo incarico ed abbiamo liberato tanti prigionieri, perciò questa gioiosa disposizione d’animo in tutti. E così ringraziate anche voi e rallegratevi qui in tutto!”.

                         9.      Quando il cibo è stato benedetto e mani diligenti provvedono ovunque, affinché non mancasse nulla, la gioia in comune aumenta tanto visibilmente che per Achibald è qualcosa di non ancora vissuto e dice ad Ursus: “Fratello mio, ho già partecipato spesso a grandi banchetti, ed eravamo anche lieti e pieni di gioia, ma tale letizia di cuore non l’ho mai vista ancora in nessuno!”.

                       10.   Ed Ursus gli spiega che la gioia di questi cristiani non è da paragonare alla gioia del mondo. “Qui sperimenti un’immagine della gioia che regna quando noi un giorno troveremo la via del ritorno! Vedi, il nostro oste non si concede nessun riposo e sosta, perché nel suo cuore divampano fuochi, i cui raggi vorrebbero colmare tutti di felicità. Anche non lo vogliamo disturbare in questo, poiché in lui la gioia si realizza nel grande servire!”.

                       11.   “Sì, mio Ursus”, – domanda Achibald, – “ma da dove prende i mezzi questo semplice oste, per rifocillare questi 150 uomini e provvedere a tutti i loro animali?”.

                       12.   Risponde Ursus: “Achibald, allora chiedilo al nostro stesso fratello Thomas, ma non ti stupire della sua risposta, essa suonerà così: «Qui veramente nulla appartiene a me! Tutto appartiene al mio eterno Iddio ed io sono il Suo più piccolo servitore, ma posso disporre secondo il libero volere di questo possesso, per dare a Lui con questo, compiacimento!». Vedi, come mi aggraverebbe se io dovessi trascurare qualcosa!”.

                       13.   Achibald non è del tutto soddisfatto di questa spiegazione e chiede: “Noi siamo pur uomini e tutti dipendiamo dal materiale. Se dono tutto nel cieco amore, può succedere che io mi trovi davanti al nulla!”.

                       14.   “Secondo l’intelletto hai ragione”, – ammette Ursus, – “ma Thomas è un vero figlio del suo e nostro Dio ed il suo amore non è assolutamente cieco. Egli stesso mi ha detto: «Una volta quanto più facevo i conti, tanto più pesante diventava per me; ma da quando mi lascio trasportare dal mio cuore, vedo ovunque benedizione su benedizione!»”.

                       15.   “Questo è di nuovo un miracolo per me. E non posso capire perché per anni ho opposto resistenza a riconoscere una tale meravigliosa fede!”.

                       16.   “Vedi, Achibald, ora vieni al nocciolo della nostra santa Fede ed i tuoi occhi guardano nel Vero e pieno di Luce della Dottrina di Gesù! Per Thomas può essere stato difficile riconoscere Gesù, che una volta egli evitava, ma quando sperimentò il miracolo del Suo Amore liberatore, fu come trasformato ed ora è qui una benedizione per tutti gli uomini. Ecco che viene verso di noi, chiedilo a lui stesso!”.

                       17.   Thomas viene al tavolo e dice: “Fratelli, quale gioia deve essere per il nostro santo Padre, quando può dire ai Suoi angeli ed agli abitanti del Suo Cielo: guardate sulla povera, tenebrosa Terra, quale meraviglioso vincolo d’amore giunge fin qui a noi! Nessun cielo stellato potrebbe offrirMi qualcosa di più bello, di quello che ci dona ora la Terra. Oh, Amore! Che cosa ci rivelerai ancora! Ma tu, amico Achibald, non sei ancora del tutto convinto dello Spirito dell’Amore del Padre così beatificante?”.

                       18.   “Tu non hai completamente torto”, – risponde Achibald: – “ma rifletti: tutto questo è ancora troppo nuovo per me. Dell’insospettato diventa realtà, e ciò che si osa appena credere, – è cosa naturale!”.

                       19.   “Se una volta in te sei una cosa sola con questo Spirito di Gesù, allora, amico mio, ogni cosa oscura ti viene rivelata”, – risponde l’oste, – “e riconoscerai chiaramente a quale meraviglioso Dio ti sei dato in proprietà! Vedi, a noi è stato rivelato che Dio vuole eleggere noi uomini a Suoi figli! Ma per questo da parte nostra non deve mancare la necessaria diligenza e la più seria volontà, dimostrata in grandi prove, altrimenti la figliolanza conquistata non sarebbe così preziosa”.

                       20.   La conversazione è interrotta, due soldati e due uomini di Ursus, che si erano messi in cammino il mattino presto e dovevano cercare la carovana su indicazione di Achibald, ritornano ed annunciano che la stessa è accampata ad un’ora di strada da lì, ed impaziente attende Achibald.

                       21.   Achibald si rallegra che anche qui si dimostra nuovamente l’influsso soccorritore di Dio e chiede ad Ursus e Thomas: “Vogliamo andare lì a cavallo?”.

                       22.   Ursus però risponde: “Mandiamo lì piuttosto due messaggeri con l’ordine che domani nella mattinata tutta la carovana deve essere qui! Perché dobbiamo scomodarci per andar lì, dal momento che gli stessi vengono fin qui volentieri? E poiché dobbiamo andare al lago Meron, sarebbe un’inutile perdita di tempo e forza”; e così avviene.

 

                       23.   Ora sono ancora fatti i preparativi per proseguire il viaggio, poiché il trasporto di Ursus si è enormemente ingrandito e lungo il Giordano ci sono soltanto miseri paesaggi. Meglio di tutti si sente Elim; Ruth è preoccupata per lui come una figlia ed i suoi due fratelli la sostengono al meglio. Peggio però se la passa Assir. Quasi non tocca cibo, sente la gioia degli altri, ma è solo, e pensa solamente alla fuga, in collera impotente.

                       24.   Diventa una serata magnifica. Quando la comunità ora, abbastanza grande, si raduna per il raccoglimento, e Thomas, nel suo modo naturale descrive la nuova vita proveniente dall’Amore, per la qual ragione in parecchi comincia a germogliare una profonda brama verso tale vita.

                       25.   Thomas però non è soltanto un annunciatore, egli è anche un orante! Ad Achibald dà molto da pensare come Thomas parli col suo Dio. Egli a Lui mette tutto nel Cuore nel modo più filiale e Lo prega di mandargli nuovi slanci di Forza, affinché possa benedire con grande effetto; così conclude: “Padre mio! Tua è ogni potenza e magnificenza! Fa che io diventi sempre più conscio in me che non sono niente e non ho niente! Ma posso fare da Te tutto ciò che Tu hai versato dalla Tua Cornucopia del Tuo Amore e Grazia nel cuor mio. Oh, quanto ci rendi felici se riconosciamo: Tu ci hai nuovamente dato un’occasione in cui non noi, ma Tu attraverso di noi vuoi essere il Distributore delle Gioie e dell’Amore. Il Tuo Spirito Gesù e la Tua Misericordia con tutti gli smarriti diventino la nostra vita, affinché la Tua Vita possa diventare proprietà dell’intera umanità! Amen!  – Ed ora vogliamo tutti recarci al riposo, riposo che Tu, o Padre santo, fai sorvegliare dai Tuoi angeli e servitori!”.

                       26.   Nulla turba la notte ma, prima che spunti il giorno, Thomas e la sua casa sono già occupati per preparare ancora una prima colazione, che deve essere nello stesso tempo un pasto commemorativo. Quando tutto è quasi pronto, raduna i suoi ed intona il salmo: “Esultate il Signore! Servite il Signore! E siate colmi di giubilo! Riconoscete che Egli è Dio, nostro Padre, ed ha fatto di noi figli Suoi! Entrate nel giorno con lode e ringraziamento e glorificate il Suo santo Nome! Perché Egli è buono e la Sua Grazia dura eternamente! La Sua Lealtà non ha limiti, veramente il Suo Amore abbraccia anche il più piccolo e più misero! Alleluia! Amen!” [Salmo 100].

                       27.   Pieni di adorazione tutti gli ospiti ascoltano questa santa sveglia ed in breve tempo sono riuniti intorno al lieto pasto. A questo punto ad Ursus è data l’occasione di descrivere dal cuore stracolmo con parole toccanti ancora una volta la Vita del Maestro nel Suo santo impulso d’Amore per l’Umanità, così che tutti vengono afferrati dall’Alito che spira da queste parti dall’Eternità nel suo Essere-Terra.

                       28.   Ursus termina così: “Io porto il sublime valore del Suo Amore nel mio cuore e nella mia mano il segno ammonitore del Suo enorme Sacrificio[5]. O mio Amore, cos’è per noi il mondo senza di Lui? Dove sarebbe cacciata l’umanità senza di Lui? Così io vedo in questa molteplice sofferenza terrena, come essa vuol rendere gli uomini sempre più deboli e piccoli come la tempesta che s’infrange sulla spiaggia, finché ogni coraggio sia inabissato e rimanga nel loro cuore solamente ancora un mucchio rovinoso di orribili sventure.  – Ma cosa significa possedere un Salvatore ed un buon Padre che vuole così volentieri vedere i Suoi figli felici, lo può sentire solamente chi è stato portato da Lui fuori dalla più grande miseria e necessità, come voi negli ultimi giorni! Perciò non dimentichiamoci mai: Egli, il Padre nostro, ci ama! Lasciate che diventi in voi un giubilo: Egli ci ama! Allora il vostro cuore sarà colmo di gratitudine e costante gioia e la nuova vita potrà svilupparsi in voi! Ma Tu, Tu magnifico Padre e Salvatore Gesù, sii con noi ed intorno a noi come anche in noi! Amen!”.

                       29.   Un lungo silenzio rende l’armonia con l’Eterno ancora più intima, si dissolve ancora così tanta ansietà e tutti i cuori diventano felici e contenti.

                       30.   Uno però che solo a stento può ancora nascondere la sua eccitazione, vale a dire Elim, chiede a Ruth se può dire alcune parole. Ruth chiede ai presenti di ascoltare Elim, e così egli dice: “Mi devo domandare se vivo ancora, oppure se sto sognando? Pochi giorni fa ero ancora uno scellerato, ed ora vivo qui come in Cielo! Ecco, la profonda ferita alla schiena doleva, ma quali dolori sono per l’uomo interiore, quando sentivo che io ero escluso dalla comunità degli uomini che portano in sé il Cielo! Allora mi venne aiuto e salvezza attraverso un angelo dall’aspetto umano! Coloro che io volevo vendere per un alto prezzo per arricchirmi, mi hanno donato compassione e mi hanno coricato tra le Braccia di Gesù. O Dio, avrei meritato di essere gettato nel fuoco! Ma così potei afferrare la santa Mano che la Misericordia di Gesù mi porgeva e volle portare anche a me aiuto e salvezza. Sì, vorrei essere vostro fratello, fratello che vuol riparare ciò che vi ha fatto di male – e così vi prego: sostenetemi in questa volontà!”.

                       31.   Achibald all’improvviso si alza e si precipita fuori, davanti ai suoi soldati non vuole farsi vedere intenerito! Tutto in lui è in tumulto, solo fuori si può calmare! Così egli continua ed alla luce del nuovo giorno vede già arrivare la grande carovana. Il suo cuore dice: ‘O Dio! Anche questo è un dono del Tuo Amore provvidenziale! Rendimi forte, affinché io possa sopportare tutte queste dimostrazioni della Tua così evidente Misericordia!’.

                       32.   «Fin dove arriva il tuo amore, fin lì arriva anche la tua forza! Non Io posso renderti forte per farti portatore, ma fin dove impari a dare, diventi portatore del Mio Amore, della Mia Forza e del Mio Spirito Redentore!», – sente dire dentro di sé.

                       33.   ‘Da dove vengono queste parole?’, pensa Lui.

                       34.   Allora risuona nuovamente: «Credi soltanto! – e non domandare! – come anch’Io credo in te!».

                       35.   ‘Ancora di nuovo un miracolo! Perché l’uomo è così cieco e stolto, tanto che non vede tali segni e meraviglie? Ma ora, Tu, Gesù, mi hai aperto gli occhi per vedere e gli orecchi per sentire; perciò, o Dio, abbi il più intimo ringraziamento!’.

 

                       36.   I carri si avvicinano, ed Achibald affretta i suoi passi; è stato riconosciuto e presto viene il sacerdote e lieto lo saluta: “Signore, seguendo le tue parole ed il tuo amore e confidando ragionevolmente, abbiamo ottemperato al tuo desiderio. Tutti vengono da te volontariamente, infatti, avevo dato la libertà a quelli che prima erano prigionieri. Ma essi volevano venire da te perché sentivano che solo presso di te c’è sicurezza dal tempio!”.

                       37.   “Mi rallegro che hai creduto alle mie parole e mi dimostri questa fiducia; non te ne pentirai! Come devo chiamarti e chi è il proprietario di questi molti carri ed animali?”.

                       38.   “Signore, chiamami Jona. E Basil è il proprietario della carovana”.

                       39.   “Quante persone hai in custodia?”.

                       40.   “Signore, mi sono stati consegnati dal Consiglio superiore del tempio come prigionieri 60 uomini e 20 donne ed in più 24 guardie. Di merce non ho quasi niente, ma Basil, sul proprio conto, porta alcuni carri con preziose spezie”.

                       41.   “Quindi, Jona, ascolta, lì lontano accampano molte persone e vi aspettano. Non vorrei ancora decidere niente su coloro che ti sono affidati, ma se vuoi entrare nel servizio romano, ti aiuto volentieri. Pensaci su e fa fermare lì alla grande masseria, ora vorrei salutare i liberati!”.

                       42.   Così i carri passano dinanzi a lui; gli uomini lo hanno riconosciuto e lo salutano con un cenno, il greco Basil però lo saluta in modo molto servile, così che Achibald gli dice: “Basil, non temere niente, avrai la tua ricompensa! Se aiutiamo volentieri gli oppressi, allora sii rassicurato che agli uomini onesti non sarà causato nessun danno da noi. Ma sii aperto e sincero con me, se ti chiedo: hai tu necessità di prendere in consegna per il tempio carichi di schiavi? Non ci sono abbastanza romani e greci che sono lieti di prendere a nolo degli onesti proprietari di carovane?”.

                       43.   “Signore! Avrai delle buone intenzioni con me, ma ognuno è se stesso il più prossimo, e la merce è merce, sia morta o vivente. Il mio guadagno viene calcolato soltanto secondo la merce trasportata, per questo non me ne sono mai fatto una questione di coscienza”.

                       44.   “Basil”, – replica Achibald, – “tu sai anche che queste persone catturate non hanno commesso nulla e sono prigioniere soltanto a causa della loro fede?”.

                       45.   “Signore, non ci ho ancora riflettuto. Se vengono trasportati degli innocenti, non io ho la responsabilità, bensì il mandante. Perciò io non ho neanche mai parlato con il sacerdote accompagnatore!”.

                       46.   “Allora, Basil, io penso che c’intenderemo ancora meglio; ma là c’è già la meta temporanea, dopo sarai istruito ancora”. – Quando i molti carri si fermano alla locanda, tutti escono di casa e salutano cordialmente i nuovi arrivati.

                       47.   Achibald va con Jona da Ursus, il quale si è subito offerto di parlare con questi cristiani liberati del loro futuro e facilmente egli riesce ad ispirare la loro fiducia. “Chi di voi vuole ritornare nel paese d’origine, si faccia avanti, per costoro tali discorsi sono terminati!”.

                       48.   Nessuno però si presenta, solo uno dice: “Caro Signore, il paese d’origine ci rimarrà per sempre chiuso, a causa dei templari, perciò decidi tu per noi, come possiamo giungere al salario ed al pane presso veri amici degli uomini”.

                       49.   Dopo, Jona raduna le 24 guardie impiegate dal Consiglio del tempio, ed a loro Ursus dice: “Avete già pensato a cosa ne sarà di voi?”.

                       50.   E Jona gli risponde: “Noi tutti siamo da tempo stanchi di queste attività ed ora sappiamo che ci siamo resi complici di questi molti crimini, perciò non abbiamo mai esercitato violenza sui prigionieri oppure sottratto loro cibo e bevanda, cosa che essi vi possono testimoniare. Se dipendesse da me, entrerei con la mia gente volentieri nel servizio romano, per sbarazzarci per sempre del tempio”.

                       51.   Dice Ursus: “Questi desideri possono essere esauditi, il mio padrone e padre Demetrio, infatti, può occupare ancora molti lieti lavoratori”.

                       52.   Quando Ursus vuol ritornare in casa, viene trattenuto da molte persone che sono testimoni dell’incontro tra Asa e sua sorella Salomè, la quale è una prigioniera della nuova carovana. Profondamente eccitato Asa esclama: “Quale gioia, o Ursus! Mia sorella Salomè, dalla quale ero separato da 10 anni, l’ho ritrovata qui!”.

                       53.   “Oh, Asa, anch’io mi rallegro per te!”, – dice Ursus. – “Allora rimanete insieme, finché l’eterno Iddio deciderà diversamente su di voi!” Anche gli altri sono felici per quest’incontro e Thomas s’intende di destare in loro la giusta comprensione per questa Grazia.

                       54.   Ora sono riunite tre carovane: una per Ursus, che ha preso con sé anche tutte le guardie, una per Bernhart ed una per Giuseppe e Joram, e gli uomini e donne possono decidersi del tutto liberamente. Poi prendono congedo dalla casa ospitale e dal suo proprietario Thomas, il quale benedice tutti loro.

                       55.   Achibald deve decidersi, viaggiare ancora con Ursus secondo la sua inclinazione, oppure ritornare al posto del suo dovere? – La sua missione, infatti, è compiuta.

                       56.   Ursus però gli promette, appena sono sbrigati i suoi affari, di venire certamente a Cesarea. Così gli amici si separano col proponimento di approfittare di ogni occasione per rivedersi.

                       57.   Achibald cavalca con i suoi soldati ed il prigioniero Assir verso Cesarea, dove giungono verso la metà del giorno dopo.

                       58.   Cornelio però ha già ricevuto dal suo angelo la notizia del felice esito della missione e li saluta pieno di gioia: “Mio Achibald, e voi compagni miei! Sono stato informato di tutta la vostra attività e del vostro bel successo! Non io vi ringrazio, bensì Dio, l’Eterno! Io posso solo trasmettere il Suo ringraziamento.

                       59.   Ma il più grande dono che voi mi portate, è la gioia che leggo nei vostri occhi! Voi siete diventati testimoni della Sapienza, Amore e Misericordia di Dio, e mi auguro che mai possiate dimenticare questo grande avvenimento! Questo ve lo dice il vostro comandante e guida Cornelio. Ma chi di voi ha il bisogno di farsi consigliare ed istruire sull’Amore e Misericordia dell’eterno Iddio, costui venga senza timore e deve sapere che io posso esservi anche fratello e servitore! Oggi siete liberi – e questa sera siete ospiti miei! Salute a voi!”.

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Cap. 16

Ruht alla casa paterna

Assir è giudicato

Progetti per Achibald

                         1.      Il Sole si è già molto abbassato quando il vecchio Eusebio ancora una volta vaga con lo sguardo in lontananza. Nell’anima sua c’è un’inquietudine che diventa sempre più forte, e così dice alla domestica: “Mi sembra come se Bernhart venisse presto con i ragazzi”. La domestica non lo prende troppo seriamente, perché per Eusebio quei giorni sono pieni di agitazione; ma all’improvviso egli vede arrivare cavalieri e carri e domanda eccitato: “Chi sono costoro? Sono templari, oppure potrebbe essere Bernhart?”. E prima che la domestica risponda, arrivano già cavalcando Ursus e Bernhart, saltano giù dal cavallo e salutano il vecchio.

                         2.      Costui domanda ansioso: “Dove sono i miei figli?”. – Ma già sono qui anche Giuseppe e Joram ed abbracciano impetuosi il padre loro. Poi viene anche Ruth con il carro, ed Eusebio è quasi senza parole per la gioia in mezzo a loro.

                         3.      Ruth riferisce subito: “Padre, portiamo con noi ancora tutti i cristiani catturati ed anche un ammalato; li terrai volentieri in casa nostra?”.

                         4.      “Figlioli, basta che voi siete nuovamente qui! Anche per gli altri è già preparato un posto. Chi è quest’uomo?”.

                         5.      “Costui è Ursus, un romano, ma è uno dei nostri che Dio ci ha inviato come un angelo salvatore”.

                         6.       Ursus attende finché si è quietata la tempesta di gioia. Egli è commosso per tutta questa gioia, ma rabbrividisce quando egli pensa: se ai templari fosse riuscito il loro rapimento, che cosa sarebbe stato di queste nobili persone e del venerabile vecchio?

                         7.      Eusebio vede la sua serietà e si scusa: “Caro giovane amico! Non lasciar cadere nessun’ombra sul cuor tuo perché nella nostra gioia non teniamo quasi conto di te, la gioia di vederci nuovamente insieme è così grande che non può essere descritta”.

                         8.      Dice Ursus amorevolmente: “Anch’io, mi rallegro con voi, padre mio, dal momento che ho potuto collaborare anch’io a compiere quest’opera di salvezza! Solo quando verrai a sapere tutto, allora nessun abitante del Cielo sarà più beato di te, infatti, tutte queste dure prove e conduzioni sono una visibile Opera di Dio e per tutti è un miracolo di Dio!  – Ma, caro padre, la nostra gente e gli animali hanno bisogno adesso del loro meritato riposo, fa che possa essere io ad ordinare tutto, perché tu non sei abituato a tanta gente”.

                         9.      Una stretta di mano ed Ursus esce. Alla colonna di Bernhart e alla sua gente fa montare le tende e preparare dei fuochi per cucinare. “Voi altri però che ora appartenete a questa casa, abbiate pazienza, il vostro padrone Eusebio deve prima discutere di tutto con i suoi figli”.

                       10.   Dopo così tante fatiche, che in questa serata sono ancora necessarie, il pasto preparato viene gioiosamente servito ed infine viene tenuta una comune preghiera. Eusebio vuol sapere ancora molto e così viene riferito fino a dopo la mezzanotte ed alla fine il vecchio dice: “O Dio quanto sei buono! Che cosa ci sarebbe accaduto senza di Te!”.

                       11.   Anche Ursus può raccontare ancora qualcosa di bello del giovane romano Achibald e quanto è stato del tutto compenetrato da questo Amore divino dappertutto visibile, cosa che benedisse il suo incarico.

                       12.   Ursus vorrebbe volentieri fare ad Eusepio un dono più grande, perché egli ora ha da provvedere per tutta questa gente, ma costui dice: “Fratello mio, tu sei stato testimone della nostra felicità quando i miei figli, che io consideravo quasi perduti, corsero di nuovo nelle mie braccia! Solo Dio sa, in quale pesante ansia mi trovassi, sarei morto, se non fossero ritornati. Ora Dio mi ha donato per una seconda volta i miei figli ed oltre a ciò ancora 50 anime, di cui mi voglio occupare volentieri con amore!

                       13.   O mio Ursus, fratello mio! Quando Dio esamina uno dei Suoi figli, non lo fa mai senza scopo e viene con la Sua ricompensa così ricca, come non la si potrebbe aspettare. Serba ciò che volevi darmi, incontrerai nei tuoi viaggi così tanti, tanti poveri! Ma non puoi fermarti ancora un giorno ed essermi d’aiuto nella sistemazione dei nuovi coinquilini? I miei figli non sono ancora pratici e Bernhart deve ritornare a casa, infatti, egli porta con sé i molti altri!”.

                       14.   “Caro padre Eusebio! Rimarrei volentieri ancora un giorno con voi, ma finché non ho provveduto totalmente ai servitori del tempio a me affidati, il dovere mi chiama alla massima prudenza! Più tardi ritornerò per riportare la proprietà di Elim. Così come tu vuoi oggi amare i nuovi arrivati già come figli tuoi, così vuole anche l’ultra magnifico Gesù essere Padre nostro! Sii rassicurato, in questo amare e servire sarai dispensato da ogni preoccupazione e la vostra vita sarà arricchita giornalmente! Dove, infatti, Dio sa che i Suoi figli vogliono portare fedelmente carichi ed aggravi, Egli conosce già delle vie che ci rendono felici. Questo l’ho provato spesso, solo con ciò il mio cuore diventa capace di amare e dare così abbondantemente!”.

                       15.   Già al mattino presto Ruth è occupata con altre sorelle alla preparazione della prima colazione e poi si avvicina l’ora del congedo. Ursus ha preso provvisoriamente con se i carri e gli animali di Elim, ed ha promesso di impiegare tutti i beni di cui Assir si è appropriato, nel senso dell’amore. Eusebio allora benedice tutti coloro che se ne vanno nel Nome del Redentore e Salvatore Gesù.

                       16.   Ruth si sente di nuovo nel suo elemento e si cura del suo vecchio padre e di Elim, il quale è quasi guarito e può impartire buoni consigli ai due figli, per dare nuovo lavoro e pane alle cinquanta persone, e la parola di Ursus: «Chi vive una vita d’amore e di servizio disinteressato, è dispensato dalla preoccupazione!», si adempie anche qui.

*

                       17.   Così passa un mese. Poi vengono dei soldati romani e chiedono di Elim, se si trova ancora a casa, e notificano: “Fra tre giorni a partire da oggi, ci sarà qui l’udienza! Abbiamo ancora da convocare Bernhart ed i suoi due servitori, tale e quale Giuseppe, Joram e Ruth devono tenersi pronti come testimoni!”.

                       18.   Quando Elim ne viene a conoscenza dice: “Questo giorno ci mostrerà i conti di tutte queste nostre prove e ci rivelerà la pietosa Provvidenza del nostro Iddio!”.

                       19.   Quando arriva il giorno nel quale si deve decidere la sorte di Assir, verso mezzogiorno appare Bernhart con i suoi servitori, salutato gioiosamente da tutti. Poi vengono i romani, Cornelio ed Achibald, nello splendido carro, ed i soldati che accompagnarono la carovana un mese fa. Assir è molto sorvegliato e quasi non si riconosce più. Dei giudici romani e scrivani fanno preparare dei tavoli e panche nel cortile e così la corte si riunisce.

                       20.   La prima domanda suona: “Assir, ci riconosci tu come corte di giustizia?”.

                       21.   Assir risponde ad alta voce: “No! Io pretendo di essere messo davanti ad una corte di giustizia del tempio!”.

                       22.   Dice il giudice: “Assir, avresti trovato dei giudici clementi; ma ora può agire soltanto giustizia, tu, infatti, non vuoi clemenza!”.

                       23.   Allora vengono ascoltati Giuseppe, Joram e Ruth. Quando Ruth vuol tacere, dice il giudice: “Ruth, tu stai qui al cospetto di Dio davanti agli uomini, uomini che Dio ha scelto come giudici, hai il dovere di riferire tutto secondo la Verità, tacere e nascondere non salva l’accusato dal castigo!”.

                       24.   Quando tutti sono stati ascoltati, il giudice domanda grave: “Assir, che cosa hai da replicare a questo?”.

                       25.    “Che cosa devo replicare, la morte è certo a me assicurata!”, risponde Assir.

                       26.   “Ti sbagli!”, – replica il giudice. – “Noi mai vogliamo la rovina di un uomo, bensì offriamo ad ogni smarrito la mano per la salvezza. Tu dai in verità tutta la colpa al consiglio del tempio, ma noi abbiamo a che fare con te! Tu hai ordinato il rapimento, ti sei arricchito con gli inganni, hai maltrattato crudelmente le persone a te affidate e commesso un tentato omicidio sul tuo amico Elim! Ti chiedo ancora una volta, quale tuo giudice: ammetti di essere colpevole?”.

                       27.   “Certo che sono colpevole!”, – risponde Assir. – “Ma la punizione appartiene ai templari che mi hanno educato per questo! Che cosa riguarda poi voi romani, se mi sono permesso abusi al servizio del tempio? Anche voi romani non siete altro che ladri. Dove sono i miei uomini? Dove la mia proprietà? Rubata e rapinata!”.

                       28.   “Se in tua difesa non hai da dire niente di meglio, chiudiamo l’interrogatorio, fra due ore ascolterai il tuo giudizio!”.

                       29.   È preparato un pasto, ma la gioia non vuole sorgere, come un incubo grava su tutti. Poi la corte si riunisce ancora una volta ed emana il verdetto: “Dieci anni di galera sotto strettissima sorveglianza!”. Così Assir è portato via strettamente legato; se avesse mostrato pentimento e promesso miglioramento, sarebbe stato condannato a solo 1-2 anni di punizione sulle galere.

                       30.   Il vecchio capofamiglia prega i romani: “Rimanete ancora alcuni giorni miei ospiti. A tutto questo turbamento appartiene anche la gioia, e questa è veramente entrata nella mia casa con tutti i figli degli uomini da voi liberati!”.

                       31.   Cornelio vuole ora vedere i nuovi inquilini nella loro occupazione ed è lieto di notare quanto bene provvede Eusebio per la sua gente.

                       32.   Achibald domanda cosa pensa di Elim.

                       33.   Risponde Eusebio: “Fratello, Elim ci è diventato quasi insostituibile! Le sue istruzioni intelligenti provenienti dalle sue ricche esperienze hanno in sé qualcosa che non abbiamo in noi; vorrei tenerlo sempre qui. La cosa più bella però è che egli è diventato un cristiano come ce ne sono pochi: grande nel tacere, ma pronto all’aiuto per tutti”.

                       34.   Con i nuovi operai Eusebio può costruire, dai suoi boschi, semplici e belle costruzioni di legno per alloggiare i molti, ed ora, secondo i consigli di Elim, vuole trasformare i molti pascoli in campi e giardini, per coltivare tutti i prodotti che sono necessari per il mantenimento e per il guadagno.

                       35.   Anche Bernhart riferisce ai suoi nuovi collaboratori che abiteranno presso di lui soddisfatti e felici, ed anche Cornelio promette di visitarli. Cosa che suscita gioia grande.

                       36.   Quando più tardi tutti si radunano insieme nel silenzio, Cornelio si alza e dice: “Miei fedeli amici! Il giorno odierno posso considerarlo uno dei più belli della mia vita, infatti, ho potuto apprendere e vedere, quanto meravigliosamente Dio ci indica le vie per il soccorso e quali mezzi meravigliosi Egli mette nelle nostre mani, quando ci affidiamo alle Sue Istruzioni e mettiamo tutta la nostra volontà operativa per la liberazione del nostro prossimo! La più grande ricompensa per noi è la gioia di aver guadagnato due fratelli, Elim ed Achibald, quali capaci lavoratori nella grande Opera di Gesù per la Redenzione da ogni sofferenza.

                       37.   Quale purissima gioia è stata per me, quando il mio giovane amico Achibald, dopo un viaggio, venne da me raggiante e disse: «Il tuo Dio è ora anche il mio Dio, ed il tuo Salvatore è diventato anche il mio! Ora ho ancora soltanto un desiderio: diventare un altro anche secondo la professione, dal momento che Cristo e soldato non si unificano ancora del tutto in me».

                       38.   Perciò, caro Eusebio, ho una grande preghiera da farti, al cui adempimento ci tengo moltissimo: Achibald vorrebbe diventare agricoltore; accoglilo nella tua casa. Soltanto a causa del futuro di Achibald noi siamo ancora qui, e se tu sei d’accordo con questo, allora io ti dico: egli viene ancora anche con altre intenzioni, sulle quali però io non voglio parlare”.

                       39.   Eusebio dice fervido: “Sii il nostro benvenuto, Achibald! Tu non puoi quasi immaginare, quanto mi rendi felice e mi togli la mia unica preoccupazione: tu vieni e vorresti diventare figlio mio? Ciò che la bocca di Ruth ha taciuto, lo hanno già rivelato i suoi occhi, perciò ti dico: quello che il nostro Redentore unisce, può produrre soltanto del bene! Perciò vieni, mia Ruth, e tenetevi stretti per la vita! La mia benedizione è e deve essere senza parole, perché la vostra domanda di matrimonio è pure stata senza parole! Lo sento, vi è assegnato ancora un grande compito, ed un presentimento mi dice che anche un Desiderio segreto del nostro buon Dio e Padre, in questo trova adempimento”.

                       40.   Cornelio è profondamente commosso, oltre a ciò all’improvviso diviene visibile ai suoi occhi un messaggero angelico e costui dice: “Rivela ai tuoi fratelli anche la nostra partecipazione! In tutti i Cieli c’è giubilo, perché sono finalmente adempiute di nuovo le condizioni per far sorgere nuovi torrenti di benedizione, nuovi slanci di vita provenienti dallo spirito del vero amore e dedizione nella grande Opera di Redenzione. L’eterno Amore è preoccupato per molti, molti dei suoi figli fedeli, i quali cercano dalla miseria ed oppressione un rifugio di quiete, ed a questo voi potete collaborare!

                       41.   Acquistate quanta terra è possibile, i mezzi vi affluiranno, se crederete veramente nella riuscita, e non edificate solamente nel vostro cuore, no, anche sul terreno acquistato nuovo edificate dimore e luoghi di quiete per i perseguitati. Il maligno, infatti, nel cuore di quei nemici di Dio cerca con forza di calpestare la semenza verdeggiante, semenza che il Signore come Figlio dell’Uomo ha posto nel cuore dei Suoi fedeli. Non costruite solo per voi una dimora dove potete deliziarvi nell’Amor Suo, ma edificate al Signore una casa nel cuore di coloro che sanno: tutta la vita è grazia! Tutto è compenetrato dallo Spirito della Sua eterna creazione e mantenimento! Non spaventatevi di ciò che accade nel mondo! Quanto più vi sentite sicuri nella provvidenza del vostro Dio e Padre, tanto più potete lenire le ferite che il mondo infligge! Asciugate le lacrime! Lenite il dolore! Questo sia il mio desiderio ed il mio saluto di benedizione proveniente dal mio mondo che si erge nel vostro!”.

                         1.      Cornelio tace commosso. – Poi Achibald chiede raggiante di felicità: “Ruth, è vero che tu vuoi stare insieme a me per la vita ed essermi moglie e compagna?”.

                         2.      Dice Ruth: “Sì, Achibald! Poiché ti sei dichiarato per il Redentore, io mi sono dichiarata per te! Vedi, il buon Redentore una volta mi disse: «Attendi l’ora che Io tengo pronta già dall’Eternità! Colui, infatti, al quale tu vorresti essere volentieri compagna, devo prima prepararlo Io, perché fino a che la tua immagine in lui vive più che la Mia, egli non è ancora degno di te!». – E così la Promessa del mio Dio si è ora adempiuta! – Ma noi vogliamo servire il Signore e cercare di riconoscere in ogni avvenimento il Suo santo Piano, allora saremo benedetti e potremo nuovamente benedire!”.

                         1.      Così la sofferenza viene tramutata nella gioia più pura, dolore e pena trasformata in una grande felicità che il grande Iddio aveva previsto come vittoria per i Suoi figli provati!

 

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[1] Atti degli apostoli 5,19

[2] Kades è la famosa località sulla costa d’Israele ai confini col Libano dove Ramesse II sconfisse Muwatallis, il re degli ittiti nel 1286 A.C. (N.d.R)

[3] Pilato

[4] È il padre di Giovanni Battista che venne strangolato tra l’altare dei sacrifici ed il Santissimo. (N.d.R.)

[5] Un dono del Signore a Ursus. (Vedi libretto XI - cap.12, 10)