Jakob Lorber

1851 - 1864

 

 

 

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

 

Volume 7

 

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La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione

 

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” (vol. 7)

Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber

 

Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

Copyright © by Associazione Jakob Lorber 

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber

 e V.  D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

 

Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982

Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167, 

24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)

www.jakoblorber.it 

www.gesu-lanuovarivelazione.com

 

 

Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo:

1 Libbra        

= 560 g

1 Linea          

= 2,2 mm

1 secchio

= 56,6 litri

1 Eone

= 10 120 (1 con 120 zeri)

1 Miglio austriaco

= 7,586 km

1 Miglio tedesco

= 7,42

1 Spanna

= 20 cm

 

 

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IL SIGNORE SUL MONTE DEGLI ULIVI

(Vang. Giov. cap. 8)

 

Cap. 1

Un sorgere del Sole e la sua rispondenza

 

1. Tutti allora volsero gli sguardi verso levante e ammirarono l’aurora che si annunciava in tutto il suo fulgore. Dei graziosissimi raggruppamenti nebulosi apparvero all’orizzonte, acquistando sempre più un biancore abbagliante, così che ciascuno fu indotto ad affermare di non aver assistito da molto tempo ad un mattino così splendido!

2. Ed Io dissi dunque ai molti che Mi circondavano: «Ecco, una simile aurora ha una grande somiglianza con il mattino spirituale della vita nell’uomo e con il sorgere del Sole spirituale dei Cieli nella sua anima!

3. Quando l’uomo ode la Parola di Dio, nella sua anima comincia ad albeggiare; quando egli crede e confida nella Parola udita, si fa già più chiaro in lui. Poi egli gioisce sempre più della Dottrina ed agisce per metterla in pratica. Allora su tali opere, per effetto dell’amore, si riflette un roseo colore simile a quello che avvolge le graziose nuvolette mattutine, e con ciò nell’uomo si fa già sempre più chiaro. Questo diletto, che l’uomo poi trova nel Buono e nel Vero che sono da Dio, lo fa giungere ad una conoscenza di Dio sempre più chiara, e il suo cuore si infiamma tutto dell’amore per Dio; ora questo stato è già perfettamente simile alla radiosa aurora di oggi. Successivamente, la conoscenza di Dio e con ciò pure quella di se stesso e della sua grandiosa destinazione, si accentuano come fa questa aurora che già diffonde tanto chiarore da rivelare all’occhio umano, in maniera quanto mai nitida, le circostanti regioni della Terra che sono belle.

4. Ma il chiarore va ancora aumentando, e le nuvolette più vicine al Sole sorgente - esattamente come le opere compiute per puro amore verso Dio - si fanno come d’oro lucentissimo. Finalmente il Sole, in tutta la sua gloria e maestà, si manifesta con la sua luce all’orizzonte, e come il nuovo giorno viene rigenerato fuori dalla notte, grazie alla potenza della luce solare, così pure l’uomo viene rigenerato tramite la potenza della Parola di Dio e, attraverso di essa, grazie all’amore sempre crescente per Dio e per il prossimo; è infatti in ciò che consiste la rinascita spirituale nell’uomo: egli riconosce sempre di più Dio, e per conseguenza Lo ama anche sempre di più.

5. Quando il suo cuore è diventato davvero rovente, il chiarore in lui si fa sempre più intenso, l’ardore diventa una fiamma di chiarissima luce, e allora lo Spirito di Dio sorge come il Sole mattutino, e nell’uomo si fa giorno pieno. Questo però non è come un giorno della Terra, il quale poi finisce di nuovo quando viene la sera, ma esso diventa un eterno giorno della vita e corrisponde ad una nascita completamente nuova o ad una rinascita dello Spirito di Dio nell’anima dell’uomo.

6. In verità Io vi dico: “Colui che vedrà spuntare un simile giorno nella propria anima, non vedrà, non sentirà, né assaporerà mai più in eterno la morte, e la sua separazione dal corpo sarà simile alla liberazione dal carcere di un prigioniero a cui è stata concessa la grazia, e al quale il capo-carceriere si presenta con la faccia amichevole e gli apre la porta della cella dicendogli: ‘Alzati, perché sei stato graziato ed ormai sei libero! Ecco qui, indossa la veste d’onore, abbandona questo carcere e d’ora innanzi procedi libero al cospetto di colui che ti ha concesso tanta grazia!’”.

7. Come un prigioniero certo gioirà in sommo grado per tale grazia, così e ancora di più si rallegrerà un uomo rinato nello spirito quando il Mio angelo verrà da lui e gli dirà: “Fratello immortale, esci fuori dal tuo carcere, indossa la luminosa veste dell’onore in Dio e vieni e procedi d’ora innanzi libero e autonomo nella pienezza della vita eterna al cospetto di Dio, il cui grande Amore ti ha concesso tanta Grazia; poiché d’ora in poi non avrai mai più in eterno da portare un simile corpo pesante e mortale!”

8. Credete che una simile anima si sentirà turbata quando il Mio angelo le si presenterà in questo modo?»

9. Disse il romano che Mi stava vicino: «O Signore! E chi mai potrà sentirsi turbato in tali condizioni? Questo è senza alcun dubbio riservato esclusivamente a quegli uomini del mondo che vivono nell’amor proprio, nell’egoismo, senza alcuna cognizione di Dio e della propria anima, poiché essi non sanno niente di una vita dell’anima dopo la morte del corpo e, se anche ne hanno sentito dire qualcosa, non vi credono; io stesso ne conosco un gran numero di questi. Io finora non sono stato che un pagano, ed esteriormente lo sono ancora; però all’immortalità dell’anima umana ho creduto fin dalla mia fanciullezza, e dopo le visioni avute, la vita dell’anima dopo la deposizione del corpo è diventata per me definitivamente una certezza assoluta. Ma se una cosa simile la si racconta agli altri uomini che sono del mondo, costoro si mettono a ridere, scuotono le spalle e finiscono con il ritenere tutto ciò il prodotto di una vivace fantasia e forza di immaginazione.

10. Ora, per gli individui di questa specie, i quali per di più conducono una vita comoda, la morte del corpo rappresenterà qualcosa di veramente spaventoso; ma per noi, invece, particolarmente d’ora innanzi, dato che Tu, quale il Signore di ogni vita, ci hai infuso la massima fiducia nell’esistenza dell’anima e nella sua sopravvivenza eterna dopo la morte del corpo, per noi appunto questa morte del corpo non può essere davvero causa di angoscia, specialmente se essa non è preceduta da dolori fisici eccessivamente acuti che tormentano il corpo finché questo muore. Tuttavia anche in un simile caso l’apparizione del capo-carceriere incaricato di aprire la porta della dura prigione non può essere che altamente benvenuta! Così io penso e così pure fermamente credo; gli altri però possono avere un’altra opinione e credere come vogliono!»

11. Dissero tutti: «Oh, noi condividiamo pienamente questa opinione e convinzione. Infatti, chi mai potrebbe gioire ancora della vita su questo mondo, che è diventato un assoluto inferno con tutte le sue innumerevoli fioriture e varietà?»

12. Io dissi: «Si, effettivamente è così! Ma perciò anche vi dico: “Chi ama la vita di questo mondo, perderà la vita vera dell’anima; chi invece non l’ama e, nella maniera in cui essa è, la fugge, costui la otterrà; otterrà cioè la vera vita eterna dell’anima”.

13. Non lasciatevi abbagliare dal mondo, né prestate ascolto ai suoi allettamenti, perché tutti i suoi beni sono inutili e passeggeri! Ma se pur volete accumulare dei tesori già a questo mondo, vedete di accumularvene anzitutto di tali per cui la ruggine non possa intaccarli e le tignole non giungano a roderli! Questi sono tesori per lo spirito al fine di ottenere la vita eterna; voi dovete dedicare ogni vostro sforzo per ottenerli. A chi però sono stati concessi anche dei beni terreni, che egli li impieghi come il fratello Lazzaro, e in compenso otterrà i tesori del Cielo. Dunque, chi ha molto, dia molto, e chi ha poco, dia poco!

14. Chi per vero amore del prossimo offrirà ad un assetato sia pure un solo sorso d’acqua fresca del suo pozzo, in verità, una ricompensa non gli mancherà nell’aldilà, perché chi dona amore al prossimo, anche nell’aldilà egli troverà amore. Certo, la questione fondamentale qui non sta tanto nel “quanto” qualcuno dona, ma piuttosto nel “come” egli dona qualcosa al suo prossimo povero. Il dono di chi dona per vero amore ha un doppio valore, e in uguale misura egli anche verrà ricompensato nell’aldilà.

15. Dunque, se tu possiedi molto, puoi, come già detto, anche donare molto; se poi hai donato con gioia e con benevolenza, allora hai donato ai poveri in misura doppia; ma se tu stesso non hai molto, e tuttavia del tuo poco hai donato con gioia e benevolenza una parte al tuo prossimo ancora più povero di te, allora il tuo dono ha un valore decuplicato, e in uguale misura ne otterrai ricompensa nell’aldilà. Infatti, quanto voi fate ai poveri nel Mio Nome, è come se l’aveste fatto a Me stesso.

16. Se poi facendo un dono o comunque una nobile azione voi volete sapere se e come Io stesso trovi compiacimento nel vostro operare, è sufficiente che voi osserviate la faccia di colui al quale nel Mio Nome avete fatto del bene nella maniera come Io ve l’ho spiegata, e il vero grado del Mio compiacimento vi sarà rivelato con tutta chiarezza.

17. Soltanto quello che il vero amore opera è ben fatto al cospetto di Dio; quello invece che in un modo qualsiasi viene fatto unicamente secondo la misura dell’intelletto, questo ha poco valore tanto per chi riceve e meno ancora per chi dona. Perciò anche Io vi dico: “Rende più beati il dare che il ricevere”.

18. Ma ora andiamo un po’ più oltre ed osserviamo i dintorni di Betania! Avremo occasione di vedere delle grandi comitive di mercanti di ogni specie, dato che oggi ha inizio il grande mercato che durerà per cinque giorni».

 

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Cap. 2

Le comitive di mercanti avanzano

 

1. Noi allora ci recammo in quel luogo da dove si poteva dominare benissimo con lo sguardo i dintorni di Betania nonché tutti i sentieri e le strade che conducevano a Gerusalemme. Sulle vie e sulle strade sorgevano gli uffici delle gabelle, dove gli stranieri erano tenuti a sborsare i dazi che venivano loro richiesti; ora la maggior parte dei gabellieri si trovava già dal giorno prima presso di noi, assieme a molti dei loro addetti e servitori.

2. E il dottore della Legge domandò loro se non avrebbero preferito invece trovarsi laggiù a incassare molto denaro.

3. Disse uno dei pubblicani: «O amico mio, questa domanda avresti davvero potuto risparmiartela! Infatti, se noi a questo guadagno materiale ci tenessimo molto di più che non a questo che è un guadagno spirituale al massimo grado, certamente ciascuno di noi sarebbe già al suo posto laggiù, e così come siamo venuti, così pure avremmo potuto andarcene anche molto prima, e nessuno avrebbe potuto impedircelo. Ma poiché il grande guadagno per la vita, che possiamo fare qui, noi lo preferiamo a quello materiale che potremmo fare laggiù nei nostri uffici dei dazi, allora restiamo qui e non ci importa affatto delle carovane di mercanti che passano laggiù. In quanto alla piccola stazione delle gabelle, là sul sentiero, c’è già un numero sufficiente della nostra gente che si occuperà di questo.

4. Però ben presto anche nel vostro Tempio comincerà il tramestio degli affari. Ti piacerebbe se ti dicessi: “Amico, guarda laggiù; c’è già una grande animazione dinanzi agli atrii del Tempio; non ti interessano i cospicui guadagni che ci si possono attendere? Vi saranno là grandi quantità di oro purissimo, di argento, di pietre preziose e di perle, e su tutto ciò voi avete il diritto di percepire la decima; ma se non siete presenti personalmente vi verrà forse dato qualcosa di tutto questo”?

5. Noi pubblicani, e peccatori ai vostri occhi, sappiamo ormai che avete voltato le spalle per sempre al vostro Tempio, e quindi una simile domanda da parte nostra sarebbe certo quanto mai fuori posto. Ma anche noi abbiamo preso con tutta sincerità la decisione di restituire per amore del Signore la decima a chiunque noi sappiamo di aver truffato, non importa quando. Per conseguenza, che oggi passino pure senza pagare il dazio tutti i numerosi mercanti, almeno oltre alle nostre barriere dei dazi, e non per questo noi tutti moriremo di fame. Perciò li lasciamo passare ora in tutta tranquillità!»

6. A questa energica risposta del pubblicano il dottore della Legge non replicò più nulla, e non poté che ammirare in cuor suo la generosità del pubblicano e dei suoi compagni.

7. Lazzaro però disse: «È certo che verso sera tutti quei forestieri vorranno venire qui, e perciò dovrò dare delle disposizioni affinché la cantina sia provvista ancora meglio e dovrò fare altrettanto per la cucina e le dispense; sarà infine necessario provvedere anche per un numero maggiore di tavole e di panche all’aperto, altrimenti potrei trovarmi in difficoltà!»

8. Dissi Io a Lazzaro: «Non preoccuparti per questo; infatti, finché ci sono Io qui, fai conto di essere provvisto di ogni cosa nel migliore dei modi e in grande abbondanza; dunque, per quanto numerosi siano coloro che vorranno salire quassù, vedrai che non verrà a mancare nulla a nessuno! Intanto restiamo qui a guardare pacificamente quel pazzo tramestio mondano che c’è laggiù! Quanti cammelli, cavalli, asini e buoi vengono avanti per sentieri e strade, e tutti sono stracarichi di merci e altri tesori dei loro padroni che finiranno col vendere ogni cosa!

9. Ma là, sulla strada larga che conduce dalla Galilea a Gerusalemme, noi vediamo buoi che trainano carri e carretti; essi trasportano degli schiavi dalle regioni del Ponto che verranno venduti qui! Si tratta di giovani e di ragazze dai quattordici ai diciotto anni di bellissimo aspetto; sono in tutto centoventi maschi e centosettanta femmine. Ora noi vogliamo impedire questa vendita, e poi provvederemo a dare a quei miseri una buona educazione e la libertà! Non è permesso tenere simili mercati di creature umane dentro alle mura della città. Questo monte però si trova già fuori dalla cinta della città vera e propria, e tuttavia le è molto vicino, e quindi vedrete ben presto come quei proprietari di carri e carretti ergeranno i loro baracconi proprio ai piedi del monte, e subito dopo manderanno i loro imbonitori e strilloni dappertutto in cerca di compratori! Sennonché, prima che si annuncino dei compratori, interverremo noi e toglieremo ai mercanti la loro merce, ma non mancheremo neppure di dire a quegli ignobili trafficanti di carne umana qualcosa che farà passare loro per molto tempo la voglia di dedicarsi ad un commercio di questo genere!»

10. Intervenne allora Agricola, dicendo: «O Signore! Che ne dici se io comprassi da questi venditori dei propri simili, al prezzo richiesto, tutti gli schiavi, tanto ragazzi che fanciulle? Io poi li condurrei con me a Roma, li farei educare convenientemente e infine ridonerei loro piena libertà facendoli diventare cittadini romani!»

11. Io dissi: «La tua idea e la tua volontà sono certamente buone, però vedrai che la Mia Idea e la Mia Volontà saranno ancora migliori! A che scopo spendere denaro per qualcosa che si può di pieno diritto avere e prendere in custodia anche senza denaro? Lasciare che simile gente tragga addirittura un guadagno dal loro commercio ignominioso, sarebbe come incitarli a persistere nella loro perversa attività; quando invece avranno fatto varie esperienze di questo genere, si guarderanno bene dallo sfruttare in avvenire simili inumane fonti di lucro»

12. Disse allora Agricola: «O Signore! A questo riguardo bisognerebbe tener conto di una cosa ancora. A quanto mi consta, da parte di Roma è stata emanata una legge speciale riguardante il commercio di schiavi, la quale è valida per tutti i paesi soggetti al suo dominio. Secondo questa legge nessuno schiavo proveniente da paesi non appartenenti all’impero può venire introdotto in territorio romano senza la concessione particolare di un luogotenente generale di Roma; ora una simile concessione viene a costare una somma enorme! Ebbene, molto di frequente succede che questi mercanti di carne umana tentano di insinuarsi di contrabbando nelle nostre province con i loro schiavi, e sono spesso provvisti di documenti falsificati. Se questo fosse il caso anche di quei mercanti di schiavi che stanno arrivando laggiù, sarebbe facile togliere loro la merce, ma se fossero in grado di esibire l’autorizzazione costosissima di cui ho parlato prima, allora per via naturale non si potrebbe fare certamente molto di più che pagare ai mercanti il prezzo richiesto e lasciarli andare indisturbati, dato che in tali condizioni essi si troverebbero sotto la tutela della legge»

13. Dissi Io: «Tu hai valutato molto bene la questione; solamente devi sapere che Io sono Colui che prescrive Leggi all’eternità e all’infinito, e quindi comprenderai che ora qui, dove necessita agire in contrasto con la legge, Io non Mi sentirò legato dalle leggi di Roma, quantunque Io, quale Uomo, sia del resto pienamente soggetto alle leggi stesse.

14. Questi uomini che adesso portano qui al mercato gli schiavi, sono quanto mai avidi di guadagno, però nello stesso tempo sono anche superstiziosi al massimo grado, e questa cieca superstizione è il loro più grande nemico. Quindi Io già anticipatamente so quello che converrà fare per punirli in maniera tale per cui essi non solo daranno la loro merce con assoluta spontaneità, ma anche molte altre cose ancora, pur di cavarsela con la pelle intatta. Quando fra non molto essi si saranno sistemati, vedrete voi tutti e apprenderete quali risultati la Sapienza e la Potenza di Dio sono in grado di ottenere!

15. Adesso però rientriamo in casa e ristoriamo le nostre membra con una buona colazione. Le mense sono già tutte ben provviste; nel frattempo anche i nostri mercanti di schiavi si saranno sistemati completamente, e noi poi andremo a far loro visita!»

16. Il dottore della Legge Mi chiese: «O Signore, non intendi forse visitare il Tempio oggi? Oggi è appunto la giornata in cui lì dentro si supera ogni limite!»

17. Io dissi: «E che Mi importa ora di quella spelonca di assassini laggiù nell’inferno! Il vero Tempio di Jehova è indifferentemente qua o là, purché sia edificato in un cuore d’uomo il quale ami Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso! Ma ora andiamo a fare colazione!».

18. Allora rientrammo tutti in casa, prendemmo posto alle mense già apparecchiate e ben provviste di vivande che ognuno gustava a modo suo, né mancava il vino migliore! I romani ebbero soltanto ora l’occasione di ammirare in pieno giorno le splendide coppe di purissimo oro e il vasellame d’argento, e anche i farisei che si erano avvicinati alle mense non finivano di esprimere la loro meraviglia per la purezza e l’eccellente qualità dei recipienti per bere e delle stoviglie. Lazzaro però li esortò a mangiare, perché altrimenti il pesce si sarebbe raffreddato, e allora anche i sette si accinsero di buona lena a fare onore alle vivande e al vino, profondendosi in lodi per la squisitezza delle cose offerte. Anche i poveri, in numero di circa settanta, con la donna in mezzo a loro, non la finivano più di lodare la squisitezza dei cibi e del vino, e altrettanto dicasi dei pubblicani e dei loro compagni.

19. Un romano disse: «In sessant’anni da che sono a questo mondo, mai il mio palato ha potuto gustare questi cibi così buoni e questo vero vino divino!».

20. E così ci furono lodi e ringraziamenti che sembravano non voler finire più.

 

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Cap. 3

I superstiziosi mercanti di schiavi

 

1. Mentre noi eravamo ancora seduti a mensa e mangiavamo e bevevamo, dal cielo perfettamente sereno e sgombro di nubi balenò un fulmine abbagliante che fu seguito da uno scoppio formidabile e assordante di tuono. Tutti si spaventarono e Mi domandarono cosa significasse.

2. Io dissi: «Questo lo vedrete fra poco! Il fenomeno non è che l’inizio delle sorprese riservate ai nostri mercanti di schiavi, perché, mentre noi sedevamo qui mangiando e bevendo, essi sono arrivati ai piedi del monte; tutti i carri e carretti sono laggiù, ed essi avrebbero già collocato per intero la loro merce se non fosse venuto questo fulmine ad interromperli!

3. I popoli del Ponto più settentrionale hanno essi pure una dottrina religiosa, che però naturalmente è carente in sommo grado, e anche questa si trova esclusivamente nelle mani di certi veggenti i quali conducono una vita a sé, assolutamente isolati dal resto del popolo; hanno i propri terreni, delle greggi molto numerose, e dimorano per lo più nelle alte valli fra le montagne, valli che sono difficilmente accessibili. Tali veggenti sono quasi tutti discendenti da famiglie oriunde dall’India e conoscono perciò i segreti di ogni tipo di magia; però quasi mai o solo rarissime volte scendono dai popoli piuttosto numerosi che abitano nelle vaste pianure; questi però sanno tutti dell’esistenza di tali veggenti e, quando si tratta di questioni da loro ritenute importanti, vanno da loro per sentirne i presagi, certamente in cambio di un’offerta non piccola. In simili occasioni, questi sapienti delle montagne, ogni tanto raccontano agli interpellanti anche dell’esistenza di esseri superiori, potenti e invisibili che sono i dominatori di tutti gli elementi e di loro stessi, e che perciò appunto essi stessi, quali sapienti delle montagne, sono i loro più prossimi servitori i quali, a loro volta, dominano le forze naturali inferiori. Tali cose colmano naturalmente i ciechi pellegrini del massimo stupore, particolarmente poi se un veggente di questo tipo inscena anche qualche prodigio a vantaggio dell’interrogante.

4. Ora quei nostri mercanti di schiavi con la loro merce provengono appunto da quelle parti, e precisamente questo è il settimo viaggio che hanno intrapreso, quantunque sia la prima volta che vengono a Gerusalemme, dato che comunemente trovano acquirenti già in Lidia, Cappadocia e anche a Tiro, Sidone e Damasco. Questa volta si sono arrischiati a venire fino a Gerusalemme, ma non sarebbero venuti fin qui nemmeno stavolta se non fossero stati attratti dalla Mia Volontà.

5. Però, prima di mettersi in viaggio con la loro merce, ricorsero essi pure al veggente per averne un responso riguardo all’esito favorevole della loro impresa. E il veggente, tutto serio in volto, disse loro: “Se non vedrete nessun lampo e se non udrete alcun tuono, troverete certamente dei compratori per tutta la vostra merce”. E questo fu tutto ciò che essi poterono apprendere dal veggente. I mercanti di schiavi la ritennero una buona predizione, perché pensavano che nella stagione inoltrata in cui ci troviamo sarebbe stato poco probabile che si scatenasse qualche temporale. Sennonché il fulmine scoccato proprio ora e il successivo tuono terribile li hanno fatti ricredere, e adesso se ne stanno perplessi laggiù ai piedi della montagna. Tuttavia, prima di scendere da loro, il primo fulmine sarà seguito da altri due, ciò che contribuirà ad intimidire ancora di più i nostri mercanti di schiavi, e poi noi avremo facile gioco con loro!»

6. A questo punto uno dei Miei vecchi discepoli disse: «Chissà che lingua parlano!»

7. Dissi Io: «Questo per il momento non ti deve affatto interessare, dato che nessun linguaggio del mondo Mi è sconosciuto! Ad ogni modo quella gente si esprime per lo più nell’idioma dell’India che somiglia all’antichissimo idioma ebraico».

8. Allora il discepolo non disse più nulla, e ben presto un secondo fulmine seguito da un terzo si annunciò col suo bagliore, accompagnato da fragorosi scoppi di tuono; va però notato che tutti e tre i fulmini si erano scaricati sul terreno senza produrre danni di nessun tipo.

9. Dopo il terzo fulmine si vide entrare rapidamente nella sala un giovinetto meravigliosamente bello, il quale, inchinatosi profondamente dinanzi a Me, disse con voce dolcissima e tuttavia ferma e virile: «Signore! Obbedendo alla Tua chiamata, eccomi qui pronto ad adempiere la Tua santa Volontà!»

10. Io dissi: «Vieni da parte di Cirenio e di Giara?»

11. Disse il giovinetto: «Sì, o Signore, conformemente al Tuo santo Volere!»

12. Allora i vecchi discepoli riconobbero Raffaele, gli si avvicinarono subito e lo salutarono.

13. Il giovinetto però disse loro: «Beati voi, che potete stare continuamente vicini al Signore in tutta la Sua suprema Essenzialità! Ma ora, prima di accingerci a compiere un lavoro grande e importante, offrite anche a me qualcosa da mangiare e da bere!».

14. A queste parole tutti fecero a gara per offrirgli quanto egli aveva chiesto. I romani lo invitarono alla loro mensa, e tutti gli altri pure si diedero da fare per servirlo, poiché non erano mai sazi di ammirare la grazia del giovinetto. Essi credevano che egli fosse un figlio, dotato di straordinaria bellezza, di qualche madre terrena venuto a raggiungerMi dietro Mia richiesta. Soltanto i vecchi discepoli erano perfettamente al corrente della sua identità. Egli dunque cominciò a mangiare e a bere come un vero affamato, e tutti rimasero strabiliati vedendo quante cose mandava giù nel proprio stomaco.

15. Raffaele però, visto il loro stupore, disse sorridendo: «Amici miei! Chi lavora molto, bisogna anche che mangi e beva molto! Non vi pare che sia giusto così?»

16. Agricola disse: «Oh, certamente, o giovinetto dalla bellezza davvero celestiale! Ma dimmi un po’: chi sono veramente i tuoi genitori e qual è il tuo paese di origine?»

17. Disse Raffaele: «Oh, lascia tempo al tempo! Io comunque mi fermerò qui alcuni giorni, e allora vedrai che mi conoscerai meglio. Adesso però un grande lavoro ci attende, e considerato ciò, amico mio, conviene prepararsi per bene!»

18. Disse Agricola: «Ma, o mio giovane amico carissimo e bellissimo, che lavoro vuoi compiere con le tue mani delicate da fanciulla? Tu non puoi avere mai compiuto lavori pesanti; come dunque vorresti farlo adesso?»

19. Disse Raffaele: «Io non ho ancora compiuto mai un lavoro pesante per la ragione che qualsiasi lavoro che a te appare anche pesantissimo, è invece leggerissimo per me. I fatti che seguiranno ti renderanno più chiara la cosa!»

20. A questo punto Io dissi: «Ormai è tempo di liberare gli schiavi che sono laggiù, andiamo dunque; chi però vuole rimanere qui, che ci rimanga!».

21. Tutti allora Mi pregarono che fosse loro concesso di accompagnarMi, e Io acconsentii. Noi dunque scendemmo rapidamente dalla montagna e ben presto ci trovammo presso i nostri mercanti di schiavi intorno ai quali già una moltitudine di popolo si era radunata per saziare la propria curiosità a spese dei miseri schiavi e dei loro padroni.

22. Io però feci cenno a Raffaele di far allontanare tutti quegli oziosi, e immediatamente egli li fece disperdere come polvere al vento; ciascuno si mise a correre con quanto fiato aveva in corpo per sfuggire alle zanne di vari leoni dall’aspetto ferocissimo che erano improvvisamente comparsi fra di loro.

 

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Cap. 4

La conversione dei mercanti di schiavi

 

1. Quando il popolo si fu così disperso da tutte le parti, allora Io, con Raffaele, Agricola e Lazzaro, Mi presentai dinanzi al capo dei mercanti e, usando il suo linguaggio, gli domandai: «Chi vi ha dato il diritto di vendere, sui mercati del mondo, delle creature umane e i vostri figli come una merce qualunque, riducendoli così a schiavi di un tirannico e libidinoso compratore?»

2. Disse il capo dei mercanti: «Se tu hai intenzione di comprarmeli, ti mostrerò che ho il diritto di fare così. Ma se non vuoi comprarli, ti proverò dinanzi al governatore del paese, se proprio ci tieni, che questo diritto io effettivamente ce l’ho! Io stesso sono stato venduto a suo tempo come schiavo; ma poi il padrone che avevo fedelmente servito mi donò la libertà e molto denaro. Io allora feci ritorno alla mia patria, ed ora traffico in quell’identico genere di merce che dovetti essere io stesso venti anni fa servendo un altro. Io ho avuto fortuna, anche se ero schiavo; perché dunque non può toccare la stessa sorte a questi qui? Del resto, nei nostri paesi ciò è una usanza già da tempi antichi, e i nostri saggi non ci hanno mai chiamato a rispondere per questa ragione. Dunque, così facendo, noi non pecchiamo contro le leggi del nostro paese, e per quanto riguarda quelle del vostro paese, noi paghiamo la dovuta concessione; per conseguenza non siamo obbligati a rendere conto a nessuno del nostro buon diritto ad agire così!»

3. Dissi Io: «Eppure trenta giorni fa tu salisti sulle tue montagne con l’offerta di trenta pecore, dieci buoi, dieci mucche e dieci vitelli per consultare il tuo veggente che ti disse: “Se durante il viaggio non vedrai alcun lampo e non udrai alcun tuono, sarai fortunato!”. Tu però interpretasti la predizione a tuo vantaggio pensando che in una stagione così inoltrata non ci sarebbe stato da temere alcun temporale accompagnato da fulmini e tuoni; e perciò intraprendesti il lungo viaggio con i tuoi colleghi. Sennonché poco fa avete visto dei lampi e udito degli scoppi di tuono! Che cosa dunque pensi di fare adesso?»

4. A queste parole il capo di quei mercanti Mi guardò sbalordito ed esclamò: «Se tu fossi un semplice uomo come lo sono io, non potresti essere a conoscenza di queste cose! Infatti, in primo luogo, tu non sei mai stato nel nostro paese, e in secondo luogo nessun uomo su questo mondo sa dove dimora il nostro primo e più reputato veggente. Una cosa simile non può dunque avertela rivelata nessuno, poiché noi non ci lasceremmo sfuggire niente di questo per tutto l’oro del mondo! Ma come mai allora sei a conoscenza del mio più intimo segreto? O amico, dichiarami questa cosa soltanto, e tutti questi schiavi sono tuoi!»

5. Dissi Io: «Non vi ha detto il vostro veggente, una volta, che esiste un Dio ancora più grande, del Quale ha semplicemente udito narrare in certe antiche e misteriose scritture? Egli ha inoltre aggiunto che questa sarebbe una cosa troppo grande e troppo incomprensibile per i mortali, i quali per conseguenza fanno meglio a non occuparsene oltre! Non ha parlato così il vostro veggente?»

6. Udendo queste parole, lo sbalordimento del capo dei mercanti non ebbe più limiti, ed egli esclamò: «Tu non sei un uomo, bensì Tu sei un Dio! Come dunque potrei io, debole verme della Terra, mettermi contro di Te, che puoi annientarmi con un soffio? In verità, il mio, dal punto di vista terreno, sarebbe un pessimo affare! Eppure se avessi anche mille volte tanti schiavi quanti ne ho qui, pur costandomi una somma enorme di denaro, io Te li offrirei tutti! Infatti, Infatti Tu sai, o grande e inconcepibilmente sublime Amico, che quasi tutti noi nel nostro paese conosciamo bene qual è il nostro punto estremamente debole, ma non sappiamo porvi rimedio! Dunque, aiutaci Tu, o Amico! E non soltanto questi schiavi, ma mille volte di più, anzi, quanti Tu ne vorrai chiedere ancora, noi tutti Te li offriremo, perché Tu non sei un semplice uomo, ma sei veramente e completamente un Dio!»

7. Ed Io, rivoltoMi a coloro che Mi erano intorno, dissi: «Ecco, quanto voi avete ora udito, vi sia dunque a voi tutti di esempio! Questi qui sono dei mercanti di schiavi di specie assai tenebrosa, eppure con quanta facilità essi Mi hanno riconosciuto! Lassù invece sorge quel Tempio che Davide e Salomone Mi fecero erigere con gravi fatiche e spese; ma che enorme differenza fra questi mercanti di schiavi che si limitano a vendere i corpi del loro prossimo e quegli altri che invece ne vendono le anime all’inferno!

8. Vedete, questi mercanti di schiavi sono degli Elia al paragone di quei miserabili assassini di anime che sono lassù nel Tempio! Ed è per questo che anche Sodoma e Gomorra si troveranno un giorno al Mio cospetto in condizioni migliori di quella abominevole razza d’inferno lassù. Infatti, se a Sodoma e a Gomorra fosse accaduto quello che è accaduto qui, gli abitanti delle due città si sarebbero vestiti di sacco, avrebbero cosparso di cenere il loro capo e avrebbero fatto penitenza, potendo così giungere alla beatitudine. Ora invece sono Io stesso qui, e quella immonda progenie attenta alla vita del Mio corpo!

9. Vedete, qui al Mio fianco sta Raffaele, il Mio angelo prediletto, ed Io vi dico che c’è più somiglianza fra lui e questi mercanti di schiavi, che fra lui e quei servitori di Dio lassù! In verità vi dico che questo trafficante di carne umana è già un angelo, ma quelli che dimorano nel Tempio lassù sono dei veri demoni!»

10. Quindi rivolgendoMi di nuovo al mercante di schiavi gli dissi: «Ebbene, amico, cosa chiedi per tutti questi tuoi schiavi? Parla!»

11. E il capo dei mercanti disse: «O mio Dio, cosa potrei chiederTi io, debole uomo mortale? Io Ti offro tutti questi e mille volte di più ancora, purché Tu mi ritenga degno della Grazia di spiegarmi dove noi siamo effettivamente manchevoli?»

12. Io dissi: «Allora rimettili tutti in libertà, ed Io in cambio vi donerò la libertà eterna delle vostre anime e la vita eterna!»

13. Allora il capo dei mercanti concluse: «Il contratto è accettato e concluso! Trattare con gli dèi è cosa facile. Liberate adesso tutti gli schiavi, perché noi abbiamo combinato il migliore affare di questo mondo! Del fatto che anche i nostri schiavi non faranno un cattivo affare, sono più che convinto in anticipo; in quanto a noi, ne abbiamo tratto il massimo utile possibile, essendoci acquistati con ciò la vita eterna da Dio! E voi tutti, compagni miei, siete d’accordo con me?»

14. Dissero tutti: «Sì, o Hibram, non abbiamo mai realizzato un utile maggiore! Bisogna però convenire che questa volta il nostro veggente si è sbagliato di molto, perché appunto il fulmine e il tuono ci hanno aiutato a pervenire alla massima felicità! Liberate dunque costoro che sono ancora legati, e rimangano essi proprietà gratuita di questo Dio puro! In quanto a noi, riprenderemo subito la via del ritorno!»

15. Io dissi: «Oh, no! Coloro che sono legati li prendo certo volentieri; ma in quanto a voi, vi fermerete qui ancora tre giorni, però non a spese vostre, ma sarò Io a pagare per voi nel tempo e per l’eternità!».

 

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Cap. 5

La liberazione degli schiavi

 

1. Allora Io feci un cenno a Raffaele perché liberasse i prigionieri, ed essi all’istante si trovarono sciolti dai loro legami e interamente vestiti, mentre prima erano nudi. Per ragioni facili da comprendere, questa improvvisa liberazione dei giovani schiavi suscitò una sensazione immensa, e il capo dei mercanti, non potendo credere ai suoi occhi, si avvicinò a quei giovinetti per toccare con le proprie mani quelle vesti nuove, e si convinse che si trattava di vesti confezionate con vera e propria stoffa e che gli schiavi erano proprio i suoi.

2. Allora egli alzò in alto le mani e disse: «Ora soltanto riconosco in maniera chiara che voi vi trovate davvero nelle mani degli dèi! Ma voi pure pregateli che vogliano usarvi grazia! E quando sarete in condizioni di vera felicità, ricordatevi dei vostri genitori rimasti in patria, costretti in quell’aspro paese a procacciarsi uno scarso e magro sostentamento a costo di grave lavoro e fatica, e a dimorare in capanne quanto mai misere fatte di argilla e di paglia! Accumulate dunque tutte le conoscenze che potete e poi ritornate in patria da noi, affinché per mezzo vostro anche da noi le cose si mettano bene e possano venire create condizioni di vita migliori, poiché d’ora in poi nessun uomo deve essere sottratto ai nostri paesi per essere venduto»

3. Hibram poi si volse verso Raffaele, del quale non poteva mai saziarsi di ammirare la bellezza e la delicata costituzione fisica, e gli disse: «O giovinetto dalla bellezza inconcepibile! Sei anche tu un Dio, visto che ti è stato possibile una cosa tanto prodigiosa? Come hai potuto sciogliere con tanta rapidità i lacci con cui erano legati questi schiavi, e dove hai preso queste molte e preziose vesti per i ragazzi e per le fanciulle?»

4. Disse Raffaele: «Io non sono un Dio, ma sono soltanto, per Grazia Sua, un Suo servitore! Di per me io posso altrettanto poco quanto te, ma quando l’onnipotente Volontà di Dio mi compenetra, allora io posso fare ogni cosa, e non vi è nulla che mi sia impossibile. Ma dimmi un po’, cosa intendi fare degli altri duecento schiavi che hai lasciato nel tuo paese, che non reputasti ancora maturi per venire portati sul mercato?»

5. Disse Hibram: «Anche questo fatto ti è noto, o giovinetto onnipotente? E che cos’altro potrei fare ormai se non educarli a qualcosa di buono e di utile e considerarli come miei veri figli? Ma io ti pregherò che tu voglia procurarmi delle vesti anche per quelli, vesti che io porterò con me in patria»

6. Raffaele disse: «Per il momento ciò non è necessario; quando però tu partirai da qui, fra qualche giorno, e se il tuo sentimento rimarrà onesto, al tuo arrivo in patria troverai assieme ai tuoi compagni già tutto quello di cui tu e i tuoi compagni avrete bisogno»

7. Hibram si dichiarò perfettamente soddisfatto di tale decisione, e così pure i suoi compagni, e tutti lo ringraziarono; ma ancora di più ringraziarono Me, il Signore, perché quei mercanti avevano riconosciuto ormai che il Signore ero Io solo. Poi il loro pensiero corse ai carri ed ai carretti alquanto numerosi che avevano condotto con sé - veicoli che certo non si potevano paragonare a quelli del vostro tempo attuale - e ai loro animali da tiro che erano molto stanchi.

8. E Hibram disse a Raffaele: «Mio onnipotente giovinetto prodigioso! Dove potremo mettere a riparo i nostri carretti e carri e i nostri animali, e come potremo procurarci del foraggio?»

9. Disse Raffaele: «Qui dentro a queste mura che circondano questo monte, proprietà di quell’uomo che ora sta parlando con il Signore, ci sono capanne e stalle in quantità, e altrettanto foraggio per i vostri animali da tiro; qui potete mettere benissimo a riparo tutto ciò che è vostro!»

10. Con questo il mercante Hibram fu del tutto soddisfatto, e i suoi servitori si occuparono dei carri e carretti e degli animali.

11. Dissi Io: «Dato che ora anche quest’opera è giunta a buon fine, noi tutti allora torniamo sulla montagna, e gli schiavi liberati siano i primi ad essere ristorati con cibo e bevande. E quando tu, Hibram, avrai messo tutto in ordine, allora vieni anche tu con i tuoi compagni e servitori e, quali Miei ospiti, prendete anche voi cibo e bevande!»

12. Con ciò tutti furono contenti in sommo grado, e gli schiavi liberati non stavano in sé dalla gioia. Tutti avrebbero voluto stringersi intorno a Me per ringraziarMi, ma dato che erano in tanti, non avrebbero potuto farlo tutti in una volta; perciò essi si disposero in bellissimo ordine in cerchio intorno a Me, e nel loro linguaggio Mi pregarono che Io volessi guardarli e ascoltarli. Io allora volsi il Mio sguardo tutto intorno e in tono amorevole li invitai a parlare.

13. Essi così si espressero con voce estremamente commossa: «O buon padre! Noi ti ringraziamo per averci salvati e liberati dai nostri duri lacci. Noi non abbiamo nulla con cui ringraziarti, ma noi in avvenire ti serviremo come fossimo i tuoi piedi, le tue mani, i tuoi occhi, i tuoi orecchi, il tuo naso e la tua bocca. Oh, buon padre, permetti a noi pure di amarti! Sii per noi d’ora innanzi un vero padre nella tua bontà e nel tuo amore, e non abbandonarci mai più!»

14. Allora Io Mi mossi dentro il cerchio, Mi avvicinai ad ognuno di loro, lo abbracciai e lo strinsi al Mio petto dicendo: «La pace sia con te, figlio Mio, figlia Mia!».

15. Allora tutti quei delicati giovani dai riccioli biondi e quelle vergini ancora più delicate e graziosissime piansero e bagnarono le Mie mani e i Miei piedi con le loro lacrime di gioia.

 

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Cap. 6

Del commercio e dell’usura

 

1. Dopo questa scena solenne che aveva commosso profondamente ogni cuore e che aveva strappato più di una lacrima agli occhi di tutti i presenti, Io dissi a Raffaele: «Ed ora prendi tu l’incarico di condurli lassù perché venga offerto loro qualche ristoro prima di noi; solo quando giungeremo anche noi lassù, si provvederà al nostro ristoro!»

2. Raffaele guidò su i liberati, e quando giunsero nella grande sala, trovarono tre grandi e lunghi tavoli già apparecchiati, e quei giovani, che erano ancora del tutto dei veri bambini, mangiarono con molto gusto e gioia i cibi preparati per loro, e bevvero anche un po’ di vino frammisto ad acqua, colmi di letizia e di buoni propositi.

3. Noi invece restammo ancora sulla strada maestra per osservare tutte quelle comitive di commercianti e di merciai che transitavano diretti verso la città con ogni tipo di mercanzia, frutta e animali.

4. Allora il romano Mi disse: «O Signore, tra questa gente ci sono molti ebrei! Ma costoro non sanno proprio niente di Te? È davvero strano con quale indifferenza questi tali ci passino davanti!»

5. Io dissi: «Come questi, molti altri ancora passeranno dinanzi a Me senza guardarMi e senza riconoscerMi; continueranno invece a frugare nella loro immondizia mondana finché la morte verrà a gettarne i corpi nella fossa e le loro anime all’inferno! Mercanti, trafficanti, merciai e procacciatori d’affari di questa specie sono troppo lontani da qualunque cosa spirituale, e rappresentano fra l’umanità migliore quello che le piante parassite sono sui rami degli alberi da nobile frutto, o quello che è la zizzania in mezzo al grano. Lasciamo dunque che continuino a camminare incontro alla loro tomba e alla loro morte!»

6. Agricola disse: «Ma, o mio Signore e mio Dio! Fra gli uomini deve pur sussistere una certa attività reciproca degli scambi, perché altrimenti agli umani dimoranti in regioni semi-sterili e magre la vita verrebbe resa assolutamente impossibile! Già nella sola Europa io conosco dei paesi costituiti da terreni pressoché esclusivamente montagnosi; non vi si incontrano che rocce e rocce. A quegli abitanti, la maggior parte del loro sostentamento viene fornita dal commercio. Se abolisci questo traffico necessario, un intero e grande popolo finisce col morire di fame! Tu stesso, che sei il Signore del Cielo e di tutti i mondi, non puoi non vedere che simili popolazioni non possono vivere e sussistere senza una certa attività commerciale. Mi meraviglia dunque molto che la Tua divina, suprema Sapienza, condanni questa attività incondizionatamente! Infatti, sai - a prescindere dal rispetto illimitato che debbo alla Tua Divinità purissima! - con il mio sano e umano intelletto ritengo che non posso associarmi a questa Tua sentenza!»

7. Io dissi: «Amico Mio, quanto tu sai e comprendi, questo - devi permetterMelo - Io l’ho già saputo e compreso molto tempo prima che un Sole-centrale-primordiale splendesse in un Globo-involucro!

8. In verità ti dico: “Il Mio zelo non è rivolto contro il giusto commercio molto benefico tra uomini e uomini, perché sono Io stesso a volere che ciascun essere umano debba dipendere sotto certi aspetti dagli altri, e quindi un onesto scambio fra uomini e uomini rientra senz’altro nell’ambito dell’ordine sommo dell’amore del prossimo”. Sennonché si spera che anche tu non potrai non riconoscere che non Mi è possibile tributare alcuna lode all’usuraio in cui non c’è neppure una minima traccia di amore! È bensì giusto che il mercante onesto ottenga un adeguato compenso per le sue fatiche e per le sue prestazioni, ma egli non deve voler guadagnare cento o anche più denari su una cosa che ne vale dieci! Comprendi tu questa cosa? Io dunque non condanno che l’usura, ma non il necessario commercio onesto! Vedi di comprendere questo, affinché tu non cada in qualche brutta tentazione!»

9. Il romano allora Mi chiese perdono e confessò di essersi ingannato molto e grossolanamente.

10. A quel punto Mi venne vicino Lazzaro il quale Mi disse: «Signore, considerato che ad ogni modo noi dovremo salire sul monte, dato che ormai qui non ci sarà più niente di troppo particolare da fare, vorrei sentire da Te cosa si può pensare di quel Tuo meraviglioso giovinetto! Chi è e da dove viene? A giudicare dalla foggia del suo vestire sembrerebbe un abitante della Galilea; ma come è pervenuto ad un grado così alto di sapienza e di potenza d’azione prodigiosa? Il suo aspetto è quello di un adolescente di circa sedici anni soltanto, ma tuttavia è superiore ai Tuoi vecchi discepoli! Non vorresti chiarirmi questo strano fenomeno?»

11. Dissi Io: «Non sta scritto: “In quello stesso tempo vedrete gli angeli di Dio scendere dai Cieli sulla Terra, ed essi serviranno gli uomini”? Dunque, se ciò ti è noto, vedrai ben presto e facilmente cosa si debba pensare di quel giovinetto. Queste cose tienile intanto per te dato che tutti gli altri devono chiarirsele da soli. I Miei vecchi discepoli lo conoscono già, ma neanche loro devono rivelarne l’identità prima del tempo.

12. Tu prima hai detto che noi dovremmo fra poco risalire al tuo albergo, ma Io ti dico che per questo avremo ancora un’ora di tempo! Noi ci fermeremo qui sulla strada, perché ben presto succederà qualcosa che renderà quanto mai necessaria la nostra presenza proprio qui»

13. Lazzaro Mi chiese: «Signore, abbiamo forse da attenderci qualcosa di spiacevole?»

14. Dissi Io: «Amico, a questo mondo e con questa gente possiamo aspettarci ben poco di buono! Vedi, ora c’è già meno afflusso di mercanti e tra poco i servitori dei farisei condurranno qui un povero peccatore che un’ora fa, essendo affamato, ha osato mettere le mani sui pani di presentazione nel Tempio; essi perciò lo trascineranno fino a quello spiazzo libero sotto l’alta muraglia per lapidarlo a causa del crimine commesso! Noi però impediremo questa cosa. Ed ecco che tu già sai perché noi intendiamo rimanere qui!»

15. Ora anche Agricola aveva appreso quanto avevo detto, ed egli allora Mi si avvicinò e disse: «O Signore, io ho udito le Tue parole che davvero non sono risuonate molto piacevoli! Ma com’è questa cosa: ha la gente del Tempio essa pure il diritto di applicare una JUS GLADII? (Diritto di spada; diritto di vita e di morte). Eppure io sono a conoscenza di tutti i privilegi concessi da Roma ai suoi popoli, ma di un simile privilegio proprio non ne so nulla! Bisogna che riguardo a tale questione io mi informi molto dettagliatamente! E Tu, o Signore e Maestro, puoi spiegarmi come sta la faccenda?»

16. Dissi Io: «Quando i Romani divennero signori del paese d’Israele, essi esaminarono per filo e per segno la dottrina religiosa degli Ebrei nonché le massime ereditate da Mosè e dai profeti, e riscontrarono che da parte di Mosè è stato conferito al Tempio, cioè ai sacerdoti, il diritto di lapidare a morte gli uomini che si erano macchiati di gravi crimini. Tuttavia i sacerdoti non hanno il diritto essi stessi di condannare a morte qualcuno, ma devono consegnare il malfattore ai tribunali, e soltanto a tali tribunali spetta giudicare secondo la vera testimonianza dei sacerdoti e consegnare il pericoloso malfattore ai lapidatori. Sennonché tale procedura non è stata seguita qui nel nostro caso; anzi ormai i sacerdoti agiscono arbitrariamente, e pagano ad Erode un canone per acquistarsi essi pure il diritto all’applicazione di una certa JUS GLADII arbitraria, della quale fanno abuso in maniera abominevole come vedrai che accadrà qui fra poco. Ma ora bisogna stare davvero all’erta perché tra poco saranno qui!».

 

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Cap. 7

Agricola procede all’interrogatorio di un capo-sacerdote

 

1. Avevo appena terminato di parlare, quando vedemmo avvicinarsi un gruppo numeroso di gente che trascinava barbaramente quell’infelice tenendolo al centro del gruppo.

2. Io allora dissi ad Agricola: «Adesso andiamo noi due incontro a quegli sgherri che sono guidati da un capo-sacerdote»

3. Noi ci incontrammo con il gruppo proprio all’uscita della grande porta, ed Io misi in bocca al romano le parole che doveva dire. Egli allora, serio in faccia come un vero romano, così interpellò il capo-sacerdote con voce serissima: «Che cosa succede qui?»

4. Rispose il capo-sacerdote: «Noi, fra gli antichi diritti datici da Mosè, abbiamo anche quello della JUS GLADII, e lo possiamo esercitare immediatamente quando si tratta di crimini assai gravi!»

5. Disse il romano: «Io sono venuto qui da Roma in qualità di primo inviato imperiale appunto per indagare sul vostro frequente abuso dei privilegi accordativi da Roma! Avete voi la sentenza di un giudice secolare?

6. Questa domanda giunse quanto mai inopportuna agli orecchi del capo-sacerdote il quale rispose: «Dimostrami prima tu di essere veramente un inviato di Roma, perché chiunque potrebbe travestirsi da romano e venire qui a prescriverci leggi nuove in nome dell’imperatore!»

7. Allora Agricola trasse fuori da un astuccio d’oro un rotolo di pergamena munito di tutte le insegne, e il capo-sacerdote non ebbe più alcun dubbio riguardo al fatto che il portatore di quel documento era un’alta e potente personalità di Roma!

8. Dopo di ciò Agricola, in tono sempre più serio, domandò: «Ebbene, adesso io ti ho mostrato il documento da te richiesto; dov’è dunque la sentenza di un giudice secolare contro questo delinquente, sentenza che ti ho chiesto prima?»

9. Disse il capo-sacerdote: «Ma se te l’ho già detto prima che al Tempio già anticamente da parte di Mosè è stato conferito il diritto di punire anche con la morte un reo di crimine grave contro il Tempio, e tale diritto è ormai sanzionato pure da Roma! Per conseguenza il Tempio agisce in diritto se, quale esempio intimidatorio per tutti, condanna a morte per lapidazione, come prescritto da Mosè, un simile peccatore contro Dio e il Suo Tempio!»

10. Disse Agricola sempre più serio: «Questo Tempio esisteva già all’epoca di Mosè?»

11. Il capo-sacerdote disse: «Questo proprio no; tuttavia Mosè era un profeta, e nel suo spirito egli certamente sapeva che Salomone, il re grande e sapiente, avrebbe edificato a Dio un Tempio, e quindi un crimine contro il Tempio e le sue istituzioni supremamente sacre è appunto altrettanto punibile quanto quello commesso contro Dio stesso!»

12. Disse Agricola: «Perché allora Mosè stesso ha stabilito, per casi simili, un giudice appropriato e non ha invece affidato tale mansione ai sacerdoti? Com’è dunque che d’un tratto siete voi pure diventati dei giudici per la vita e per la morte di un essere umano? Da parte di Mosè non siete che dei sacerdoti, e Roma, dopo che si è presa lo stesso diritto dai vostri giudici secolari dell’epoca del vostro re Saul, ha concesso a voi tutti pure una certa funzione giudiziaria secolare condizionata però alla norma precisa che qualsiasi delinquente, in particolare poi quelli che hanno meritato la morte, debbano sempre venire consegnati ad un giudice secolare del luogo, e che nessun sacerdote debba occuparsi ulteriormente di ciò che il tribunale decide nei confronti del delinquente. Perciò a voi non spetta né giudicare, né condannare, né infine, meno ancora, dare esecuzione alla sentenza!

13. Dunque lasciate immediatamente libero il vostro criminale! Io stesso lo interrogherò e vedrò se il suo delitto è tale da fargli meritare la morte; ma guai a voi qualora dovesse risultare che siete stati voi stessi a commettere ingiustizia contro quest’uomo!»

14. A questa minaccia energica, i servitori e gli sgherri del Tempio misero in libertà il delinquente e lo condussero dinanzi ad Agricola.

15. E il capo-sacerdote disse: «Eccolo qui, il malfattore! Interrogalo pure tu stesso! Io, però, e tutti questi servitori saremo, spero, testimoni sufficienti a ribattere i suoi ostinati dinieghi!»

16. Disse Agricola: «Molto bene! Ad ogni modo io ho qui appunto al mio fianco un Testimone assolutamente veritiero, e vi dichiaro già in anticipo che ogni menzogna, sia da parte di questo incriminato sia da parte vostra, io saprò punirla nel modo più severo! Ma più severo ancora sarò verso coloro che avranno eventualmente pronunciato contro questo misero una sentenza addirittura malvagia e quindi degna del massimo castigo!»

17. A queste parole non troppo amichevoli del romano, il capo-sacerdote e i suoi sgherri furono colti da grande paura e il primo parve voler battere in ritirata, mentre i servitori dissero: «Ma che cosa c’entriamo noi in quest’affare? Noi non abbiamo una nostra volontà, ma dobbiamo noi stessi obbedire alla volontà del Tempio; che il capo-sacerdote regoli dunque la questione egli stesso direttamente con te, o illustre signore! Quando c’è da punire un delinquente, noi non facciamo che eseguire la sentenza, ma perché veramente qualcuno sia stato condannato, di questo noi non ne sappiamo di più di quanto i giudici ci comunicano in forma sempre molto breve. Ora, se la cosa sta in questi termini, come potremo testimoniare a favore od a svantaggio dell’imputato? Permetti dunque, o illustre signore, che noi ce ne andiamo!»

18. Agricola quindi disse: «Questo non va assolutamente; voi dovete restare qui a causa del capo-sacerdote, come egli pure deve restare finché avrò interrogato il delinquente».

 

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Cap. 8

Le abominevoli massime del Tempio

 

1. Appresa tale notizia, tutti rimasero ai loro posti, e Agricola cominciò anzitutto con il domandare al capo-sacerdote: «Che cosa dunque ha commesso quest’uomo per avere, secondo voi, meritato la pena di morte?»

2. Il capo-sacerdote, alquanto imbarazzato, disse: «Ieri, nel pomeriggio, egli ha osato stendere la sua mano profana sui sacri pani di presentazione e addirittura mangiarli, cosa questa che può farla impunemente solo il sommo sacerdote, e anche lui la può fare solo quando prega e canta i salmi. Egli è stato colto sul fatto, e perciò, secondo la legge, è stato condannato a morte come si è ben meritato; non c’è dunque bisogno di nessun’altra procedura, perché l’azione già per se stessa costituisce la prova più palpabile della colpa dell’imputato!»

3. Disse Agricola: «Ma proprio questo è davvero un bel modo di amministrare la giustizia! Ma non si deve, secondo le nostre leggi, trattandosi di qualsiasi delinquente, considerare in primo luogo in quale misura egli sia responsabile, indifferentemente dal fatto che egli abbia commesso questo o quell’altro crimine? Qualora un ritardato si sia reso colpevole di un delitto talmente grave da giustificare appieno, secondo la legge, la pena di morte se fosse stato commesso da persona più intelligente, allora il colpevole, visibilmente ritardato, deve venire messo sotto custodia affinché da quel momento in poi non possa più rappresentare così facilmente un pericolo per la società umana. Se poi più tardi egli è migliorato, va rimesso in libertà, mentre se il miglioramento non è completo, lo si deve impiegare come schiavo nelle galee perché sconti i suoi peccati e in questo modo si renda almeno un po’ utile alla società.

4. Oltre a ciò, giudicando un delinquente, è chiaro che vanno tenute in debito conto anche le circostanze che lo hanno indotto a commettere un delitto: l’uomo spesso commette un crimine perché tiratovi per i capelli, e ciò può costituire un’attenuante assai grande! Infatti è certo ben differente se qualcuno, cadendo dal tetto, uccide involontariamente il prossimo che passa di sotto, oppure se l’uccide con premeditazione; ma fra questi due estremi ci sono ancora una quantità di circostanze secondarie che ogni giusto giudice deve bene prendere in considerazione, e che possono assumere un carattere attenuante oppure aggravante rispetto allo stesso crimine.

5. Se qualcuno per esempio si presentasse da voi in veste di accusatore dicendo: “Quest’uomo ha ucciso mio fratello!”, e se poi senza sentire nemmeno l’accusato voi lo condannaste immediatamente a morte, che razza di giudici sareste voi? Nella nostra legge non è fatto espressamente strettissimo obbligo a qualsiasi giudice di informarsi in maniera assolutamente esatta riguardo al “CUR, QUOMODO, QUANDO ET QUIBUS AUXILIIS” (“Perché, come, quando e in quali circostanze”) e solo dopo pronunciare la sentenza? È stata veramente tale la vostra procedura rispetto a questo delinquente?»

6. Disse il capo-sacerdote: «Ma noi nel Tempio non abbiamo la legge romana, ma abbiamo soltanto quella di Mosè; ora questa suona ben diversamente!»

7. Disse Agricola: «Davvero? Se il vostro Mosè vi avesse proprio dato delle leggi penali come quelle che voi osservate nel vostro Tempio, allora il vostro Mosè dovrebbe essere stato un legislatore tanto scimunito e crudele che noi Romani vicino a lui faremmo la figura di autentici dèi! Io invece ti dico che conosco fin troppo bene le miti Leggi di Mosè, e a queste anzi noi stessi ci siamo per lo più conformati nel compilare le nostre leggi statali, e voi, gente del Tempio, al cospetto di Dio e di tutti gli uomini siete dei mentitori degni della punizione più severa se volete sostenere dinanzi a me che le vostre massime templari arci-stupide, tiranniche e crudeli sono state stabilite da Mosè! Si tratta invece di massime vostre che voi stessi avete compilato, dispoticamente e dimentichi di Dio, del tutto senza senso e coscienza, e voi ora tali massime atroci le applicate arbitrariamente per tormentare il misero popolo! Potete voi riconoscere una legge simile quale una Legge sacra emanata da un Dio supremamente sapiente?»

8. Disse il capo-sacerdote: «Ma non sono stato io a stabilire le massime del Tempio! E poiché ormai esistono, noi dobbiamo osservarle, sia che esse provengano da Mosè oppure da chiunque altro sia!»

9. Disse Agricola: «Sta bene, noi romani sapremo trovare rimedio a questo scandaloso stato di cose! Ora però converrà restare ligi alla nostra massima che dice: “AUDIATUR ET ALTERA PARS!” (“Si ascolti anche l’altra parte!”)»

10. Dopo di ciò Agricola, rivoltosi con espressione amichevole all’accusato, gli disse: «Dimmi tu ora, conformemente a piena verità, come stanno le cose riguardo al crimine da te commesso! Non negare nulla, ma invece confessa tutto! Io posso salvarti, ma posso anche condannarti se il tuo delitto è degno di morte!».

 

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Cap. 9

La confessione del criminale apparente

 

1. Allora l’imputato si alzò sulla persona, e con tutta energia dichiarò apertamente e senza nessun sottinteso: «O illustre signore e giudice possente e giusto! Io sono altrettanto un delinquente quanto lo sei tu e colui che è al tuo fianco!

2. Io sono un povero lavoratore alla giornata e devo provvedere con le mie mani al sostentamento di mio padre e di mia madre, tutti e due sempre infermi e quasi inabili a qualsiasi lavoro. Oltre a ciò ho una sorella più giovane di me, che ha appena diciassette anni e otto lune (mesi) di età; ora io devo mantenere anche lei, perché non può guadagnarsi nulla dovendo assistere a casa i genitori ammalati. Questa mia brava e buona sorella - quantunque poverissima - è tuttavia per sua natura molto bella e attraente; ma questo fatto purtroppo la gente del Tempio non lo ignora, e alcuni di loro si sono già dati un gran daffare per tentare di sedurla; sennonché tutti i loro tentativi sono stati vani. Allora essi hanno minacciato me e i miei genitori dicendo: “Aspettate un po’, razza di straccioni superbi, ci penseremo noi a rendervi più mansueti e umili!”.

3. Il giorno seguente io andai in cerca di lavoro in quelle case di mia conoscenza, però mi venne risposto che da parte dei sacerdoti io ero stato dichiarato un abominevole peccatore perché mi davo a pratiche incestuose con la mia bella sorella. Perciò fui messo alla porta e io non seppi più cosa fare.

4. Mi rivolsi poi a qualcuno fra i pagani ed esposi loro la mia grande miseria. Ottenni in elemosina qualche spicciolo che mi servì per comperare almeno un po’ di pane; ma purtroppo di quei pochi spiccioli non rimase ben presto più niente; e così io e i miei dovemmo restare per due giorni interi senza un boccone. Io dunque non potevo guadagnare più nulla, né d’altro canto sapevo più dove ricorrere per aiuto, cosa questa che va attribuita anche all’attuale periodo festivo, dato che in quest’epoca nemmeno fuori di qui si può trovare lavoro. Allora mi venne il pensiero: “Se tu, israelita innocente, facessi quello che fece Davide un giorno in cui era assillato dalla fame, questo non potrebbe essere un peccato tanto grande al cospetto di Dio!”

5. E ieri sul tardo pomeriggio, spinto dalla mia grande miseria, me ne andai al Tempio, mi avvicinai là dove c’erano i pani di presentazione, presi il primo che mi capitò sotto mano e volevo accingermi a calmare la mia fame riservandomi di conservarne una parte per portarla ai miei genitori affamati e a mia sorella non meno affamata. Sennonché ben presto venni scoperto dai guardiani del Tempio che stavano in agguato, ed essi mi saltarono addosso urlando all’abominio e mi trascinarono senza misericordia dinanzi ai sacerdoti. Questi mi riconobbero all’istante e gridarono: “Ah, ah! Eccolo qui il mendicante superbo, l’incestuoso ed ora profanatore dei pani di presentazione! Che egli sia perciò lapidato domani, prima ancora di mezzogiorno!”.

6. Dopo ciò mi trascinarono via fra maltrattamenti di ogni specie e tremende ingiurie, e mi gettarono in un’oscura prigione dove rimasi a soffrire fino ad oggi. Il modo in cui sia stato condotto dalla prigione fino a qui, questo, o nobile giudice, l’hai visto tu stesso! Quello che accadrà ai miei poveri genitori e alla mia misera sorella, o che è già accaduto, ciò lo saprà Jehova!

7. Nobile giudice! Questo è tutto quello che io, conformemente a pienissima verità, posso dirti del crimine da me commesso! Oh, non giudicarmi così duramente come mi ha giudicato particolarmente questo capo-sacerdote che si trova qui! Infatti, per dirla apertamente, fu appunto questo qui che tentò di sedurre la mia casta sorella; e questo io posso giurarlo al cospetto di Dio e di tutti gli uomini! Io ti posso indicare per questo dei testimoni assolutamente degni di fede che ti confermeranno sotto giuramento questo fatto certamente molto doloroso!»

8. Agricola, del tutto adirato contro il templare, disse: «Amico mio! Chi parla con tanta franchezza come hai fatto tu, non ha davvero bisogno di fornire molte altre prove! Inoltre io ho qui al mio fianco un Testimone autorevolissimo come Guida riguardo alla verità delle tue dichiarazioni. Tra poco però verrà qui qualcuno che condurrà qui i tuoi genitori e tua sorella perfettamente fortificati, e poi qualcun altro ancora del quale avrò molto bisogno per quanto riguarda questo templare!».

 

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Cap. 10

La confessione del capo-sacerdote

 

1. In quello stesso momento, obbedendo alla Mia chiamata interiore, comparve Raffaele, al quale pure interiormente dissi: «Esegui quanto richiederà da te il romano, dato che Io gli do pensieri, parole e volontà!»

2. Quando Agricola ebbe scorto Raffaele, gli disse: «Mi sono immaginato che non ti saresti fatto aspettare a lungo!»

3. Disse Raffaele: «Io so già quello che vuoi, fra pochi istanti sarà tutto in regola. Infatti, le persone che desideri qui, non sono lontane, e perciò ben presto le avrò portate tutte qui!»

4. Disse allora il capo-sacerdote: «Che cosa sono tutte queste storie?»

5. Disse Agricola: «Tu parlerai quando sarai interrogato; adesso taci!»

6. In quell’istante l’angelo si allontanò rapidamente e ricomparve subito conducendo i due vecchi e la giovane sorella che, nonostante le sue misere vesti, era davvero bellissima nel corpo, e subito dopo di loro vennero anche dieci militi romani nonché un giudice delegato da Pilato.

7. Raffaele disse ad Agricola: «O amico, ti va bene così?»

8. Agricola disse: «Perfettamente! Ciò corrisponde in tutto e per tutto al mio desiderio»

9. Dopo di ciò Raffaele si ritirò, pronto all’azione al Mio cenno.

10. Poi Agricola si rivolse ai tre appena arrivati e domandò loro se conoscevano quell’uomo maltrattato.

11. La sorella disse: «O Jehova, che cosa è accaduto dunque del mio povero fratello? Ieri nel pomeriggio egli uscì di casa per andare a prendere del pane in qualche luogo, dato che erano già due giorni che noi non mangiavamo nulla, ma non rientrò più. Noi eravamo angosciati per lui, e pregammo affinché non gli accadesse niente di male! Ed ecco che, come ebbe a dirci quel caro e giovane messaggero, lo troviamo adesso qui in condizioni che non rivelano dei precedenti troppo buoni!»

12. La sorella avrebbe voluto continuare ad indagare, sennonché Agricola in tono amorevole la esortò a calmarsi, dicendole: «O bellissima figlia di Sion, risparmiati ogni altra domanda, perché tuo fratello ormai si trova già in mani eccellenti! Ma adesso ti presenterò quel capo-sacerdote del Tempio che appunto in questo momento ha distolto la sua faccia da noi, e tu dovrai dirmi, conformemente a piena verità, se lo conosci e in quali circostanze l’hai conosciuto!»

13. Disse la sorella: «O signore, risparmiati questa fatica, perché già da lontano ho riconosciuto, a mio grande orrore, questo miserabile!»

14. Agricola disse: «Ciò non importa nulla, anzi è meglio per voi tutti!»

15. Dopo di che il romano chiamò il capo-sacerdote in tono energico dicendo: «Ora vieni vicino faccia a faccia e parla! Cosa puoi obbiettare ora ad una simile accusa a te rivolta? Confessa senza reticenze la verità, altrimenti te la farò confessare su una croce rovente, affinché impari a conoscere più da vicino la giustizia dei romani, perché noi romani non facciamo affatto eccezioni, nemmeno trattandosi di sacerdoti! Fatti avanti e parla!»

16. Allora il capo-sacerdote si volse e rispose con voce tremante: «O potentissimo e illustre signore! Cosa potrei replicare ancora? È purtroppo così come il poveretto disse prima di me, e io ho meritato la pena che troverai giusto infliggermi! Se un giorno potessi riacquistare la libertà, io vorrei risarcire mille volte questa misera famiglia del danno causatole dal mio inumano procedere; sennonché io non ho meritato di venire esonerato da una giusta punizione, e perciò sarà difficile che io possa rendere a questa famiglia povera ed onestissima quello che le ho causato di male»

17. Disse Agricola: «Siccome io non sono un giudice che si fa guidare dalle brame come vi fate guidare voi, ma sono invece un giudice secondo la misura del giusto, allora io ti dico che ormai i tuoi giudici principali sono questi quattro che tu hai in maniera tanto disumana offeso e danneggiato! Come essi ti giudicheranno, così ti giudicherò anch’io! Per il crimine poi perpetrato da questo misero affamato contro i vostri pani di presentazione nel Tempio, conviene che la sentenza venga rimessa nelle mani di Dio! Se Egli glielo perdona, gli sarà perdonato anche da parte nostra, poiché così facendo questo misero non ha peccato contro di noi!»

18. Allora Agricola si rivolse ai componenti della povera famiglia e disse loro: «E ora dite voi ciò che devo fare io di questo gran malfattore! Infatti egli non ha solo doppiamente arrecato danno alla vostra casa tentando di oltraggiare la vostra casta figlia, e, non essendogli riuscito ciò, facendo in modo con la calunnia che vostro figlio non potesse più trovare lavoro, ma ha pure condannato alla lapidazione questo vostro figlio perché egli, spinto dalla fame, ha posto la mano su una pagnotta del pane di presentazione, e se non fosse stato qui questo supremo Amico degli uomini, vostro figlio sarebbe già morto, e voi non l’avreste più rivisto!

19. Là, più innanzi, stanno gli animaleschi sbirri e sgherri del Tempio che avrebbero dovuto lapidarlo; e proprio questo capo-sacerdote del Tempio è stato il giudice più accanito, spietato e ingiusto che ha condannato vostro figlio alla pena di morte per lapidazione! Non mi è ignota la legge riguardante la profanazione dei pani di presentazione: la pena di morte è stata comminata da Mosè soltanto nel caso in cui il crimine sia dovuto a ostinata malizia, e non nel caso in cui l’uomo agisca sotto l’impulso della fame, anzi in questo caso ciascun ebreo ha il diritto di saziarsi anche del pane di presentazione se proprio non ne può più dalla fame, come del resto fece pure il vostro gran re Davide un giorno in cui la fame lo spinse a prendere quel pane per saziarsi, poiché egli comprendeva la Legge di Mosè meglio del sommo sacerdote d’allora. Ma con queste parole io anche assolvo vostro figlio da ogni colpa, ed ora spetta a voi giudicare questo uomo che si è macchiato di un crimine così grande contro di voi!»

20. Il padre del giovane e della bella ragazza disse: «Signore e giudice potente! Noi tutti ringraziamo il Gran Dio e te e il tuo Amico per essere stati salvati in modo così prodigioso da un così grande pericolo. Ma come Dio finisce sempre con il proteggere il buono e il giusto, ugualmente Egli punisce sempre il vero male in un peccatore incallito se egli non si pente e non fa penitenza, ma si ostina anzi nella sua perfidia. Ma se egli si ravvede sul serio, allora Dio gli perdona i suoi peccati, per quanto anche grandi e numerosi possono essere. Perciò anch’io non voglio giudicare quest’uomo, ma lo rimetto unicamente alla Volontà di Dio, poiché Dio solo è un Giudice giustissimo. Ecco, tale è la nostra sentenza contro questo nostro grande nemico. Dal canto nostro noi gli perdoniamo di tutto cuore il male che ci ha fatto».

 

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Cap. 11

La sentenza di Agricola

 

1. Quando il capo-sacerdote ebbe udito tale sentenza dalla bocca del misero ed onesto padre, proruppe in lacrime e disse: «O gran Dio! Come sono buoni i Tuoi veri figli, e come orribilmente perfidi siamo noi, vera progenie di serpenti dell’inferno! O Dio, puniscimi secondo quando io mi sono meritato con la mia malvagità!»

2. Disse Agricola: «Se questi qui non ti hanno giudicato, pur avendone in effetti solo loro il diritto, nemmeno io ti giudico; solamente ho fatto venire qui il giudice affinché egli faccia a te e a tutti i tuoi pari nel Tempio rigorosissimo divieto di emettere, per una ragione qualsiasi, una sentenza di morte contro chicchessia, altrimenti tu e tutto il Tempio non sfuggirete alle sanzioni comminate dalla legge. Per quanto riguarda poi questi sbirri e questi sgherri, a causa del loro spontaneo malanimo dimostrato verso questo misero, dovranno essere puniti con cento colpi di sferza ciascuno, affinché essi pure sentano sulla propria pelle se un trattamento inumano di questa specie faccia bene o male. Che i soldati li conducano immediatamente in prigione e che la sentenza venga eseguita subito! Così sia fatto!»

3. Allora gli sbirri e gli sgherri cominciarono ad urlare e a scongiurare.

4. Agricola disse: «Non è forse vero che anche questo misero vi ha pregato di non maltrattarlo in maniera tanto crudele? Ma voi non avete dato ascolto alle sue suppliche, mentre l’ordine che voi avevate ricevuto era unicamente di custodirlo; ora appunto per quello che voi avete fatto senza averne il diritto, non vi sarà risparmiata neanche una frustata, anzi sarà rigoroso dovere degli esecutori vibrare ciascun colpo con la massima energia. E adesso via di qui, poiché per voi non c’è misericordia né presso Dio, né, meno ancora, presso di me!»

5. Allora i militi circondarono quegli sbirri e sgherri del Tempio, che in tutto erano quindici, e li spinsero innanzi per portarli via.

6. Invece il capo-sacerdote, con voce tremante e con il massimo rispetto, domandò al romano: «O illustre e potente signore! Che cosa dovrà effettivamente venire chiarito tra me e il giudice?»

7. Agricola disse: «Questo te l’ho già detto; se però non l’hai ancora compreso, te lo ripeterò nuovamente: “Tu andrai con il giudice nel suo ufficio, e là riceverai da lui delle norme adeguate riguardo a come il Tempio sarà tenuto a procedere in avvenire rispetto alle sue pene mosaiche! Ogni violazione di simili norme sarà inesorabilmente punita da parte di Roma! Con tale decreto, che Pilato munirà della sua firma per mio ordine, tu te ne andrai al Tempio e ne porterai al corrente chi di dovere!”»

8. Disse il capo-sacerdote: «Ma che cosa devo dire a Pilato nel caso in cui egli voglia sapere da me qualcosa a tuo riguardo?»

9. Disse Agricola: «Pilato non ti domanderà nulla, perché già un paio di giorni fa sono stato da lui; dunque egli mi conosce benissimo, e altrettanto bene sa perché io ora ispeziono queste nostre province in nome dell’imperatore. E adesso puoi andartene anche tu!»

10. Allora il giudice e il capo-sacerdote fecero un profondo inchino davanti ad Agricola, e il giudice invitò l’altro a seguirlo.

11. Tuttavia il capo-sacerdote disse: «Permetti che io rivolga una sola domanda ancora all’inviato dell’imperatore!»

12. Il giudice disse: «Sbrigati dunque, poiché noi giudici in questo periodo abbiamo poco tempo da perdere!»

13. Il capo-sacerdote allora, rivoltosi nuovamente al Agricola, gli disse: «O potente inviato dell’imperatore! Ecco, io sono molto ricco, ma ora questi tesori mi fanno orrore! Considerato dunque tutto il male da me fatto a questa povera famiglia, male che è così grande da gridare vendetta al Cielo, io vorrei espiare per quanto possibile il male fatto cedendole tutti i miei beni. Nell’ufficio di questo giudice potrei dunque far redigere una lettera di donazione e consegnarla poi a questa famiglia assieme a tutti i miei tesori, ed evitare che essa sia tenuta a rendere conto del come li ha ottenuti!»

14. Disse Agricola: «Tu troverai un gran numero di famiglie povere verso le quali potrai esercitare i doveri dell’amore del prossimo che appunto tu hai trascurato per tanto tempo; per quanto poi riguarda questa famiglia povera, essa è già ben provvista nel migliore dei modi, e quindi tu puoi anche andare! In avvenire vedi di agire secondo giustizia e sii timorato di Dio, così non ti troverai più in incidenti spiacevoli di questo genere! Così sia fatto!».

15. Dopo di ciò i due fecero un nuovo inchino dinanzi ad Agricola e subito si allontanarono.

16. Noi invece tornammo, assieme alla famiglia salvata, dal nostro gruppo, che era tutto in ansiosa attesa di sapere cosa fosse accaduto. Infatti essi, rispetto a noi, si trovavano ad una distanza che consentiva loro di vederci, ma non di capire ciò che era accaduto. Anche il nostro mercante di schiavi Hibram si era spinto avanti con i suoi compagni per sapere cosa fosse accaduto.

17. Io dissi a Lazzaro: «Amico, la cosa più urgente da fare ora è quella di procurare a questi quattro un ristoro per il corpo; di tutto il resto avremo tempo di parlare lassù. Infatti costoro non hanno mangiato nulla già da due giorni. I due vecchi erano gravemente infermi e indeboliti; ormai però sono risanati. Questo giovanotto dalla robusta corporatura, che adesso ti appare in uno stato così miserando, è appunto colui che avrebbe dovuto venire lapidato, mentre questa graziosissima giovinetta è sua sorella, e i due sono figli di questi poveri ma onesti genitori. Ecco che con ciò tu sai anche con chi hai a che fare!»

18. Agricola per conto suo aggiunse: «Quanto essi consumeranno finché mi tratterrò qui, sarà a carico mio, ed oltre a ciò è mio desiderio che essi vengano ospitati nel migliore dei modi alla mia mensa! Ad ogni modo intendo condurli con me a Roma. Altrettanto assumo a carico mio anche ogni spesa per gli schiavi dei quali d’ora innanzi io avrò ogni cura perché crescano bene e vengano bene educati tanto nel corpo, quanto nello spirito!»

19. Disse Lazzaro: «Amico, vorrei tenerne anch’io alcuni qui con me! Infatti, vedi, io non ho né moglie, né figli, e quindi ne accoglierei volentieri alcuni in casa mia come figli adottivi!»

20. Agricola disse: «Tu sei liberissimo di fare così; io ti lascio volentieri quanti ne vuoi!».

21. Lazzaro rimase soddisfatto di questo, e noi poi ci mettemmo sulla via in salita che conduceva all’albergo dove non tardammo ad arrivare.

 

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Cap. 12

Il pasto nell’albergo

 

1. Quando arrivammo in cima al monte, trovammo gli schiavi schierati in buon ordine, i quali già da lontano Mi salutarono dicendo: «Salve a te, o caro, buon padre, che ci hai redenti e sciolti dai nostri duri legami! Tu ci hai regalato una nuova veste bellissima che ci dona un bell’aspetto e ci hai saziato con del cibo delizioso e ristorato con bevande rinvigorenti e dolcissime! O tu padre buono e caro, vieni, vieni qui da noi, affinché noi possiamo ringraziarti con il nostro amore!»

2. E quando fui giunto del tutto presso di loro, essi Mi si affollarono intorno e Mi baciarono.

3. I discepoli però li ammonirono a non stringersi intorno a Me con tanto impeto.

4. Ma Io dissi ai discepoli: «Oh, non vietate loro questa innocentissima gioia, poiché in verità Io vi dico: “Chi non Mi ama come uno di questi veri figli, costui non verrà a Me!”. Infatti, chi non è attratto dal Padre (in Me), non perviene al Figlio (alla Sapienza da Dio). Ora questi sono attratti dal Padre, e perciò si stringono così intorno a Me. Essi non sanno ancora chi Io sia, eppure il Padre essi Lo hanno già riconosciuto in Me molto meglio di quanto Lo abbiate riconosciuto voi finora. Cosa ne dite voi?»

5. I discepoli allora non dissero nulla, e dovettero ammettere che essi non Mi avevano mai accolto con tanto calore d’amore quanto Me ne dimostravano ora quei figli benché provenissero dal Settentrione di solito così freddo.

6. Quando dunque quei giovinetti Mi ebbero manifestato la loro amorevolezza e ringraziato di ogni cosa, si ritirarono di nuovo ordinatamente, e noi entrammo in casa e prendemmo posto alle mense nello stesso ordine del giorno prima; i nuovi ospiti però, cioè i quattro componenti della povera famiglia, secondo la buona volontà di Agricola si sedettero alla mensa dei romani, mentre i mercanti di schiavi, con Hibram a capo, presero posto vicino ai sette farisei. E quando tutto fu in regola, vennero portate le vivande nonché vino e pane in abbondanza, tanto che i mercanti non finivano mai di esprimere la loro meraviglia per lo splendido trattamento. Raffaele sedeva accanto a Me per essere immediatamente a portata di mano qualora avessi avuto bisogno dei suoi servizi.

7. Qui va osservato che i quattro poveri, per ragioni spiegabilissime, indossavano vestiti molto rovinati, che davano loro un aspetto estremamente misero, cosa che a Lazzaro, il quale pure sedeva al Mio fianco, dispiacque vivamente.

8. Egli perciò Mi disse: «Signore, a casa mia ho molti vestiti! Che ne dici se mandassi qualcuno a Betania e facessi portare qui quanto occorre per coprire decentemente quei poveretti? Forse potrebbe venire qui anche mia sorella Maria che sarebbe certo immensamente lieta di poter essere tra noi!»

9. Io dissi: «Amico, Io provo sempre molto piacere nel vedere come ti prendi costante cura dei poveri, ed è perciò che ho preso dimora presso di te; questa volta però Mi riservo di provvedere Io stesso anche per costoro come poco fa ho provvisto ai giovinetti che ora si divertono all’aperto! Le tue due sorelle, d’altro canto, hanno senz’altro parecchio da fare a casa, per via dei molti forestieri, e per il momento sono indispensabili lì dove sono; ad ogni modo quando Me ne andrò da qui, Io scenderò prima a Betania per visitare le tue sorelle e per parlare con loro. Questi quattro miseri però tra poco tu li vedrai vestiti meglio, e precisamente alla foggia romana. Tuttavia adesso lasciamo che si ristorino nel corpo e nelle membra, e poi ci si potrà prendere cura anche del loro aspetto esteriore! Sei contento di ciò?»

10. Disse Lazzaro: «Signore, sono perfettamente contento; perché soltanto ciò che Tu vuoi e disponi è cosa buona e assolutamente giusta! Ma ora conviene mangiare e bere, e quando saremo ristorati potremo parlare di molte e svariate cose»

11. Allora tutti cominciarono a mangiare e a bere con animo lieto e non trovarono parole sufficienti per lodare il trattamento eccellente e amichevole nonché la squisitezza dei cibi e il delizioso aroma del vino che rallegrava il cuore. I mercanti di schiavi poi erano letteralmente fuori di sé per la gioia, e confessarono che durante i viaggi da loro intrapresi in precedenza nelle regioni più meridionali della Terra non avevano mai avuto occasione di gustare qualcosa di così straordinariamente buono.

12. Uno dei farisei, che sedeva a quella stessa mensa, disse in aggiunta: «Eh, certo, miei cari amici venuti da lontano, spesso i figli degenerati vivono meglio nella casa del Padre che in qualsiasi altra parte, lontano dalla Casa paterna!»

13. Hibram disse: «Come dobbiamo intendere quello che hai detto?»

14. Il fariseo, certo ormai completamente convertito, disse accennando a Me: «Vedi, là, Colui che in tutta verità è eternamente il Padre, siede fra noi, creature umane di questa Terra, che siamo i Suoi figli degenerati. Coloro che vengono a Lui, che Lo riconoscono e Lo amano, sono i Suoi figli migliori, e Lui ha dappertutto cura di loro per mezzo della Sua Sapienza e della Sua onnipotente Volontà tanto che già su questa Terra essi sono felici, ma molto di più ancora lo saranno nel Regno degli spiriti eterni, che non muoiono mai, ma vivono eternamente. Ora vedi, io alludevo appunto a questo quando dissi che perfino i figli degenerati non si trovano in nessun altro luogo meglio che nella Casa del loro vero Padre! Comprendi adesso questa cosa?»

15. Disse Hibram: «Oh sì, certo, ora la comprendo assai bene, e quello che hai detto è buono e vero; sennonché quell’Uomo è propriamente Dio, e allora Egli è un Essere troppo sublime perché noi, che apparteniamo alla degenerata umanità, possiamo avere il diritto di considerarLo un Padre! Secondo me, sarebbe addirittura un’audacia incredibile quello di volerLo chiamare Padre!»

16. Disse il fariseo: «Da un lato certo non hai tutti i torti parlando così; eppure Egli stesso ci insegna in questo modo e minaccia di esclusione dalla beatissima vita eterna chiunque nel proprio animo non crede in ciò, e ci mostra anche che Egli solo è il Creatore e Padre verissimo di tutti gli uomini. Noi quindi dobbiamo credere che è realmente così, però, secondo la Sua santissima Volontà che ci è stata resa nota, dobbiamo pure vivere a questo mondo in maniera da poterci rendere degni del nome di figli Suoi! Ma se Egli stesso ci insegna così, non possiamo che accogliere con tutto amore e gratitudine il Suo insegnamento, e agire così come Egli ci insegna, perché Egli solo sa come stanno le cose con noi uomini e perché noi siamo stati chiamati all’esistenza da Lui!».

17. I nostri mercanti di schiavi furono perfettamente soddisfatti dell’eccellente insegnamento ricevuto e ripresero poi a mangiare e a bere intrattenendosi con i farisei quanto lo permettevano loro le proprie lingue. Ma col trascorrere del tempo essi si compresero sempre meglio, perché quel fariseo conosceva discretamente la lingua ebraica antica, nella quale i discendenti delle popolazioni settentrionali dell’India davano spazio e forma ai loro pensieri[1] in una maniera ancora poco guastata.

 

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Cap. 13

L’accenno di Agricola al Signore

 

1. Intanto alle altre mense regnava ancora perfetto silenzio, perché tutti si aspettavano che da un momento all’altro Io prendessi la parola su qualche argomento. Ma visto poi che Io sembravo piuttosto incline a riposarMi, le lingue delle altre mense cominciarono un po’ a muoversi. I romani acquistarono pian piano un po’ di confidenza con i quattro poveri che sedevano al loro tavolo, e Agricola domandò alla figlia davvero molto graziosa se lei e la sua famiglia non disponessero di vesti migliori di quelle che essi indossavano.

2. La figlia però disse: «O nobile e illustre signore! Io possiedo bensì nella nostra misera dimora ancora una veste di pelo intessuta, ma quella è in uno stato ancora peggiore di questa di lino che ho addosso! Una volta noi non eravamo in condizioni così tanto miserande, quando cioè i miei genitori erano ancora sani e potevano lavorare; ma da quando, saranno ora già un paio d’anni, essi si ammalarono gravemente, allora la nostra situazione andò sempre più peggiorando. Mio fratello, nonostante tutta la sua buona volontà, non poté più guadagnare il necessario per comperarci qualcos’altro oltre ad un magro cibo, e quindi senza nostra colpa ci troviamo ora in condizioni così miserevoli che fra due giorni al massimo tutto sarebbe stato finito per noi se tu e quell’amico che siede là non ci aveste salvati in una maniera che appare quasi prodigiosa. Infatti, vedi, io ancora non riesco affatto a capire come quel bel giovinetto abbia potuto trovare così facilmente la nostra poverissima dimora, come se i più nascosti cantucci di questa città egli li avesse conosciuti con estrema esattezza! Chi mai può essere quell’uomo meraviglioso e quel giovinetto meravigliosamente bello che se ne sta al suo fianco? Non potresti darmi qualche piccola delucidazione in proposito?»

3. Agricola disse: «Eh, mia cara e davvero bellissima figlia di Sion, questa cosa per il momento proprio non spetta a me dirtela, perché, vedi, io in tutto l’impero romano sono certo un signore grande e potente, e tuttavia non sono nulla affatto al paragone di quell’Uomo meraviglioso e di quel giovinetto! Oggi io potrei bensì inviare all’imperatore a Roma un messaggero autorizzato munito di una mia richiesta autografa, ed egli mi manderebbe molte legioni di guerrieri con le quali potrei invadere tutta l’Asia immensa con esito trionfale; ma che cosa rappresenterebbero queste legioni di fronte alla Potenza sconfinata di quell’Uomo meraviglioso? Quando Egli vuole qualcosa, la Sua Volontà corrisponde immediatamente al fatto compiuto!

4. Mia cara figlia di Sion! Capisci cosa significa questo? Ecco, i tuoi genitori erano ammalati da più di due anni, come hai detto tu! Ed è stata unicamente la Volontà di quell’Uomo meraviglioso a ridonare loro, in un solo istante, la salute del corpo, e appunto sempre quell’Uomo meraviglioso ha saputo indicare con assoluta precisione al giovinetto che siede al Suo fianco l’esatta ubicazione della vostra dimora nella quale egli avrebbe infallibilmente dovuto trovarvi. Ed è stato sempre Lui a prevedere circa tre ore fa quello che attendeva tuo fratello, e soltanto allora mi fu possibile salvarlo e salvare pure voi esclusivamente attraverso la Sua Grazia; quindi non sono stato io a salvarvi, ma è stato Lui soltanto a salvarvi, mentre io Gli sono servito da semplice e cieco strumento.

5. E lo stesso è successo con quel numeroso gruppo di bellissimi ragazzi e ragazze che tu prima hai visto lì fuori; ebbene, tutte quelle deliziose creature avrebbero dovuto essere vendute come miseri schiavi, ma è invece accaduto che quell’Uomo meraviglioso li ha liberati tutti, e li ha provvisti di vesti bellissime in un solo istante; per questo essi Lo salutarono come loro dilettissimo Padre. Ora, se è proprio così in tutta verità, quale significato può avere tutto il potere che io detengo di fronte ad un alito solo della Sua Volontà? Per conseguenza voi adesso dovete rivolgere ogni vostra attenzione in primo luogo a quell’Uomo meraviglioso, perché quello che Egli è in grado di compiere mediante la sola Sua Volontà, è cosa della quale nessuno mai ha potuto finora farsi un’idea nemmeno in sogno! Ma ciò che adesso ti ho rivelato apertamente, corrisponde perfettamente a verità. Dimmi ora cosa ne pensi»

6. Tutti e quattro allora esclamarono: «Ma se quell’uomo meraviglioso ha davvero un potere tale quale tu, testimone assolutamente degno di fede, ce lo hai descritto, egli deve essere senza possibilità di dubbio un grandissimo profeta! Infatti, vedi, noi ebrei attendiamo appunto un Messia il quale dovrà farsi molto potente nella parola e nell’azione! Tuttavia prima di Lui dovrebbe venire come Suo precursore il grande profeta Elia e, secondo l’opinione di molti, anche Eliseo, suo discepolo; che sia dunque egli addirittura Elia oppure Eliseo?»

7. Agricola disse: «A dire il vero io non sono proprio perfettamente al corrente di questa vostra tradizione; conosco invece quanto si riferisce al vostro Messia, ed è appunto questo il motivo principale per cui sono venuto da Roma a Gerusalemme. Non avete ancora udito niente del noto Guaritore prodigioso di Galilea la cui fama è ormai tanto diffusa che il Suo Nome corre sulle bocche di tutti?»

8. Disse il vecchio: «O nobilissimo amico e signore! Noi poveri lavoratori alla giornata, visitiamo al massimo il Tempio dieci volte all’anno; là facciamo la nostra piccola offerta e ascoltiamo qualche predica che non riusciamo mai a comprendere; dunque ammesso pure che in qualche luogo succeda qualcosa di nuovo, per quanto anche straordinario, noi, nell’isolamento in cui viviamo, molto di rado ne veniamo a conoscenza, anzi di solito non arriviamo a saperne affatto nulla.

9. Oltre a ciò bisogna considerare che per più di due anni siamo stati relegati in un letto, nostro figlio doveva lavorare ogni giorno, compreso perfino il Sabato, per procurarci un magro sostentamento. Nei giorni di Sabato egli lavorava presso qualche greco o romano i quali, naturalmente, non celebrano, né santificano in qualche modo il nostro Sabato, e questo fu in un certo modo una vera fortuna per noi, perché altrimenti, particolarmente durante questi due ultimi anni, avremmo dovuto digiunare completamente ogni Sabato.

10. Se tu, o nobile signore e amico, consideri tutti questi fatti, comprenderai facilmente come una poverissima famiglia, pure vivendo in questa grande città, possa ignorare fenomeni e avvenimenti anche di grandissima portata proprio come se vivesse all’altro capo del mondo! Quindi, se per le ragioni che ti ho esposto non ne sappiamo pressoché nulla del famoso Galileo che, comunque, dovrebbe ormai essere conosciuto in ogni luogo, ciò non può davvero venirci imputato quale colpa.

11. Noi abbiamo appreso circa un anno fa che un presunto profeta, di nome Giovanni, ha predicato in un deserto [vicino] al Giordano contro i farisei e che ha detto loro delle grandi verità. Cosa sia stato poi di lui, noi non ne abbiamo saputo proprio nulla. Forse che quel profeta e quest’uomo meraviglioso sono la stessa persona?»

12. Disse Agricola: «No, non lo sono, però, per vostra fortuna, avrete occasione di conoscerLo meglio ancora oggi stesso; perciò mangiate e bevete, affinché siate ristorati e preparati alla grande Rivelazione che vi verrà fatta! Infatti, non è affatto un’inezia conoscere più da vicino quel vostro Uomo meraviglioso!»

13. Allora i quattro poveri ripresero a mangiare e a bere di buon animo. Mentre mangiavano e facevano ogni tanto onore al vino, la loro attenzione fu attratta dai piatti massicci su cui erano servite le vivande e più ancora dai boccali e dalle coppe d’oro.

14. La figlia stava osservando quel vasellame con sempre maggior meraviglia, e infine uscì a dire: «Ma dimmi un po’, o grande e potente signore, questo non è argento ed oro purissimo? Queste cose tu certo le hai portate con te da Roma! Oh, ma devono essere costate una somma enorme!»

15. Disse Agricola: «Certo, mia bella figlia di Sion, sarebbero costate una somma ingente qualora si fosse dovuto comprare argento ed oro per fabbricarle! Sennonché questo vasellame non mi è costato proprio nulla, e ugualmente nulla a Colui che le ha formate in maniera prodigiosissima, e tuttavia tutto assieme rappresenta un valore incalcolabile! Infatti, vedi, per chi è Onnipotente non c’è niente di impossibile! Comprendi tu questo?»

16. Disse la bella ebrea: «Sì, certo che lo capisco. Ma onnipotente è solo Dio! È stato forse Dio stesso qui, oppure ha inviato uno dei Suoi angeli per compiere un simile prodigio? Infatti, di fatti simili ne sono accaduti sempre tra il popolo ebreo!»

17. Agricola disse: «O mia cara e davvero bellissima figlia! Sì, certo, Dio stesso è stato qui, anzi c’è ancora e si dà a riconoscere in modo meraviglioso a coloro che Lo amano in modo vero e puro! Quando il tuo cuore sarà ben colmo di amore per Lui, allora Egli si darà a riconoscere a te e a voi tutti! Credi tu, o leggiadra figlia, alle mie parole?»

18. E la giovane ebrea, che appariva sempre più bella, esclamò: «Ma Dio è uno Spirito che nessun essere umano può vedere e contemporaneamente conservare la vita! Infatti, in Mosè sta scritto: “Nessuno può vedere Dio e vivere!”»

19. Disse Agricola: «Tu hai certo ragione, però nei testi di altri profeti sta scritto ancora che l’eterno Spirito di Dio, dunque Dio stesso, in questi tempi si rivestirà di carne per amore degli uomini ed Egli stesso, quale uomo, dimorerà tra loro e Lui in persona li istruirà riguardo alle vere vie della vita. Ne consegue dunque che un vero uomo può benissimo vedere e udire Dio, e contemporaneamente può non solo conservare questa vita terrena, ma può in aggiunta ottenere pure la vita eterna dell’anima, tanto che egli da allora in poi non vedrà né sentirà mai più la morte; e quando dovrà abbandonare il corpo, la sua anima continuerà a vivere in eterno e godrà la beatitudine suprema. Dimmi, come ti pare una simile prospettiva?»

20. La bella ebrea disse: «Oh, essa piacerebbe immensamente a noi tutti, sennonché per una simile grazia inaudita noi siamo certamente troppo meschini e oltre a ciò dei peccatori troppo grandi! Infatti, in primo luogo è già da lungo tempo che non abbiamo potuto santificare il Sabato come si conviene, e perciò da molto tempo noi apparteniamo alle fila dei grandi peccatori, e in secondo luogo non abbiamo potuto purificarci mancandone sempre i mezzi; per conseguenza, anche se Dio un giorno scenderà corporalmente tra gli uomini, non avrà certo un occhio di riguardo per noi! È vero che Egli venne ad Abramo, Isacco e Giacobbe, ma quelli erano uomini quanto mai pii e quindi mondi da peccato; ma cosa saremmo noi in loro confronto? Io certo sento che potrei amare Dio sopra ogni cosa, tuttavia Egli è troppo santo e non può accogliere l’amore di un peccatore»

21. Allora Io, parlando oltre la mensa, dissi all’ebrea: «O figlia cara, Dio non considera i peccati degli uomini, specialmente se sono come i tuoi, ma considera unicamente i loro cuori! Chi ama veramente Dio, a costui vengono rimessi tutti i peccati, anche se fossero tanti quanti sono i fili d’erba sulla Terra e i granelli di sabbia nel mare. Ora i tuoi peccati non sono che il frutto della tua immaginazione, essi non sussistono affatto nella realtà. Al cospetto di Dio è un abominio soltanto ciò che è grande al cospetto del mondo; tu però sei molto piccola agli occhi del mondo, e perciò non sei affatto un abominio agli occhi di Dio. Ama pure Dio con tutte le tue forze, e poi Egli pure ti amerà e ti donerà la vita eterna! Comprendi questo?»

22. L’ebrea disse: «Questo l’ho compreso, ma ora conducetemi là dove attualmente si trova Dio, affinché io Lo veda, Lo ami e Lo adori!».

 

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Cap. 14

I nuovi ospiti nell’albergo e il loro trattamento

 

1. La bella ebrea avrebbe voluto continuare a parlare con Me, ma in quel momento entrarono nella sala alcuni fra i servitori di Lazzaro per riferire a quest’ultimo che molti forestieri stavano salendo verso l’albergo, ed essi non sapevano dove sistemare tutta quella gente.

2. Lazzaro Mi disse: «O Signore, cosa si potrà fare adesso? Io confido unicamente in Te!»

3. Dissi Io: «Quanti ritieni che potrebbero essere complessivamente, fra quelli che sono ora in arrivo e quelli che potrebbero arrivare più tardi?»

4. Lazzaro disse: «O Signore, secondo l’esperienza degli anni passati, potrebbe trattarsi di cinquecento persone come minimo e di settecento come massimo; oggi però avremo evidentemente la massima affluenza!»

5. Dissi Io: «Ebbene, va fuori con questo Mio servitore, ed egli disporrà bene ogni cosa all’aperto, in modo che tutta la moltitudine potrà venire convenientemente ospitata! Questi giovani però fateli entrare nella sala piccola, affinché non rimangano eccessivamente esposti agli sguardi curiosi e libidinosi dei forestieri!»

6. Dopo aver sentito questo, Lazzaro uscì immediatamente all’aperto con Raffaele il quale anzitutto raccolse i giovani e li fece entrare nella piccola sala attigua; poi chiese a Lazzaro: «Hai tavoli e sedie in numero sufficiente?»

7. Disse Lazzaro: «Ma, o mio carissimo e potentissimo amico colmo della salvezza di Dio, qui appunto sta la maggiore difficoltà! A Betania ne avrei certo in numero più che sufficiente, ma non posso farli trasportare così presto qui! Cosa mai potremmo fare adesso?»

8. Disse Raffaele: «Non preoccuparti per questo! Considerato che tu confidi nel Signore e Lo ami sopra ogni cosa, non ti mancherà un aiuto immediato! Vedi, nel Nome del Signore io sono anche un provetto carpentiere e falegname, e perciò sarà subito pronto tutto quello che ti occorre»

9. Non appena Raffaele ebbe pronunciato queste parole, apparvero già al posto giusto tavoli e panche in quantità sufficiente, e sopra a ciascun tavolo era stesa una tenda, in modo che tutto quel complesso di mense era veramente piacevole a vedersi.

10. Frattanto gli ospiti forestieri erano arrivati, ed essi domandarono se fossimo stati in grado di servirli tutti.

11. Lazzaro disse: «Certamente; farò venire subito la mia servitù e ognuno di voi riceverà quanto desidera!»

12. Raffaele disse a Lazzaro: «La tua gente riuscirà a sbrigare il servizio con tanti ospiti?»

13. Lazzaro disse: «In caso di emergenza certamente; però avranno tutti parecchio da fare!»

14. Disse Raffaele: «Sta bene! Se proprio non riusciranno a sbrigare ogni cosa, verrò in aiuto io!»

15. Disse quindi Lazzaro: «Vedi, o servitore di Dio colmo di salvezza, quello che tu hai fatto qui a mio vantaggio nel Nome del Signore, non è che un susseguirsi di prodigi; ma ciò non mi fa davvero più tanta meraviglia, perché da quando conosco il Signore sono stato testimone di numerosi prodigi, ciascuno dei quali era più grande dell’altro!»

16. Raffaele disse: «Oh, in fondo è sempre la stessa cosa, perché tutto ciò che tu vedi, senti e pensi, è un prodigio del Signore ancora maggiore, e inoltre ciascun essere umano è il Suo massimo Prodigio! Sia che il Signore crei un fulmine velocissimo che in un attimo precipita da una nuvola giù sul terreno, oppure che Egli crei un sole destinato ad illuminare molti pianeti per eoni ed eoni (10120) di anni terrestri, tutto ciò per la Sua Sapienza e Potenza è esattamente la stessa cosa. Quindi, hai perfettamente ragione se non ti meravigli eccessivamente di questo attuale prodigio; del resto ciò non sarebbe nemmeno prudente rispetto a tanti forestieri per loro natura molto curiosi. Tu però fa in modo che i numerosi ospiti vengano serviti, altrimenti essi cominceranno a fare un gran chiasso!»

17. Disse Lazzaro: «Si, o servitore del Signore colmo di salvezza, hai ragione, perché sono ancora pochi quelli che hanno ricevuto qualcosa! Come faremo?»

18. Disse Raffaele: «Tu chiedi cosa fare? Prima di tutto dobbiamo venire in aiuto ai tuoi servitori, altrimenti i numerosi ospiti, che stanno sempre più aumentando, non riceveranno nulla per parecchio tempo»

19. A questo punto, Raffaele si allontanò per qualche istante, e in brevissimo tempo tutte le mense alle quali sedevano degli ospiti furono provviste nel modo migliore di vino, di pane, di sale e di altre vivande ancora.

20. Questo servizio non mancò certo di dare nell’occhio a più di uno degli ospiti; tuttavia essi pensarono che, a causa delle loro conversazioni, non avevano fatto attenzione a quando era stato portato il vino, il pane e gli altri cibi, e così essi continuarono a mangiare e a bere. Quello però che non mancò di colpire tutti fu la squisitezza straordinaria del vino, dato che essi non ne avevano mai bevuto di simile.

21. Perciò anche alcuni dei forestieri si alzarono dai loro tavoli e si avvicinarono a Lazzaro per domandargli di che qualità fosse il vino, e se era disposto a venderne all’ingrosso.

22. Lazzaro disse: «Io stesso mi trovo ad avere questo vino davvero solo per Grazia di Dio. Stando così le cose, voi potete berne quanto vi occorre, però io non ho vino da rivendere!»

23. Allora gli ospiti ritornarono ai loro posti.

24. Ma quelli che però erano già arrivati, non andavano più via, e d’altro canto ne venivano sempre di nuovi in aggiunta, così che a Lazzaro cominciò a venire una vera e propria vertigine, tanto che egli finì col dire a Raffaele: «Carissimo amico colmo della salvezza di Dio, se va avanti così ancora a lungo, ci troveremo a non avere abbastanza tavoli e posti a sedere per tutti!»

25. Raffaele disse: «Ebbene, in questo caso dovremo aggiungerne di nuovi!»

26. E non appena Raffaele ebbe terminato di parlare, degli altri tavoli, panche e tende si trovarono al giusto posto, e tuttavia nessuno tra quelle varie centinaia di ospiti là presenti si accorse di come quei tavoli e sedili fossero comparsi là. I nuovi ospiti vennero e furono serviti nello stesso modo.

27. Quando dopo un paio d’ore i forestieri, i quali erano soliti frequentare quell’albergo già da anni, si trovarono là radunati e si furono saziati a sufficienza, Lazzaro si rivolse di nuovo a Raffaele e gli domandò: «O carissimo servitore del Signore, colmo della salvezza di Dio, dimmi, anche solo in parte, come ti è possibile compiere delle cose di questa specie, e ciò in un attimo solo! Lasciamo da parte la questione dei tavoli, delle panche e delle tende; ma dove sei andato a prendere i vasellami, il sale, il vino e i cibi in modo che ognuno degli ospiti, qualunque fosse la sua provenienza - o persiano, o greco o di qualsiasi altro paese si è trovato dinanzi la propria pietanza nazionale preparata in modo eccellente? Come ti è possibile tutto ciò e in un solo istante?»

28. Disse Raffaele: «Carissimo amico mio, per quanto esattamente io anche volessi spiegarti tutti questi fatti, tu alla fine non ne comprenderesti che assai poco o proprio niente; io intanto non posso dirti altro che a Dio sono possibili tutte le cose!».

 

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Cap. 15

Una spiegazione delle materializzazioni

 

1. (Continua Raffaele:) «Io, da solo, sono in grado di fare qualcosa altrettanto poco quanto lo possa fare tu; io però sono unicamente uno spirito, e ho un corpo composto con le sostanze contenute nell’atmosfera. Ora, quale spirito, io posso venire interamente colmato dello Spirito di Volontà del Signore, e in tale condizione posso poi agire come il Signore stesso. Dunque, quando io mi trovo colmo dello Spirito del Signore, allora io non ho più altra volontà all’infuori di quella del Signore, e non mi è possibile volere altrimenti da come vuole unicamente il Signore! Però quello che il Signore vuole, esiste nello stesso istante in cui Lui l’ha voluto.

2. Vedi, tutto quello che esiste e cresce su questa Terra o su un’altro corpo celeste, è - assieme alla Terra - un prodigio che procede dalla Volontà del Signore; soltanto che il Signore, per formare l’intelligenza nelle creature, osserva un certo ordine progressivo il quale è necessario, e così le fa sorgere per gradi una fuori dall’altra unicamente per Sua Volontà. Se il Signore non seguisse questo procedimento per formare e consolidare delle creature animate e intelligenti, Egli, in virtù della Sua Onnipotenza, potrebbe chiamare all’esistenza tutto un mondo in un solo istante nella maniera stessa in cui chiama ad esistere e ad agire un fulmine.

3. Vedi, nell’aria terrestre sono contenute, ancora separate, tutte le sostanze e tutti gli elementi di un intero pianeta! Tu, con i tuoi sensi terreni, non li puoi percepire, ma per uno spirito perfetto questo è altrettanto facile quanto lo è per te sollevare da terra qualcosa per vedere se si tratta di un pesce o di un pezzo di pane. E così pure per lo spirito è facile raccogliere assieme, proprio fuori dall’aria, le sostanze occorrenti alla formazione per esempio di questo o di quell’altro oggetto, e rappresentare in un istante ciò che allo stato regolato dall’ordine naturale avrebbe acquisito consistenza soltanto attraverso un processo di sviluppo graduale.

4. In quanto poi come ciò sia possibile ad uno spirito perfetto, questo è certo proprio quello che l’uomo naturale, finché non sia pienamente rinato nello spirito, non può affatto concepire, né quindi io potrei spiegartelo in modo particolareggiato. Ad ogni modo, con brevi cenni, richiamerò un po’ la tua attenzione su vari fenomeni che si manifestano in natura.

5. Vedi, in tutti i germi delle piante e degli alberi dimora, dentro ad un piccolo e tenero involucro, una particolare intelligenza sotto forma di una minima scintilla non visibile al tuo occhio di carne! Questa piccola scintilla costituisce propriamente la prima vita naturale del seme e poi dell’intera pianta. Ed ora immaginati il numero quasi infinito di piante e di alberi delle specie più diverse che, naturalmente, portano tutti delle sementi altrettanto diverse, nei cui minuscoli involucri germinali dimorano sempre delle scintille spirituali di intelligenza, altrettanto varie.

6. Se tu ora deponi nel terreno dei semi di specie diverse, essi, per effetto del calore e dell’umidità dell’aria assorbita dal terreno, si rammolliscono; la scintilla spirituale si rende attiva e riconosce con precisione assoluta quelle sostanze che si trovano nell’aria che la circonda, comincia ad attrarle a sé con la forza di volontà ad essa propria, e dalle stesse forma appunto quella pianta che ha proprio quella figura e quel frutto, per la cui formazione la scintillina ha ottenuto dal Signore precisamente quella adeguata intelligenza e la corrispondente forza di volontà.

7. Riusciresti a distinguere con il tuo intelletto, con i tuoi sensi e con la tua volontà, fra gli elementi contenuti nell’aria che circonda il seme, precisamente quelli che si confanno ad un determinato seme? Certo che no! Eppure anche tu mangi e bevi per nutrirti, e tuttavia non hai la benché minima idea di come faccia il tuo spirito, a te ancora perfettamente sconosciuto e che dimora nel cuore della tua anima quale la misteriosa Volontà d’Amore di Dio, ad attrarre, con la sua volontà che non conosci ancora e con la sua elevata intelligenza, dal nutrimento da te ingerito, appunto quelle sostanze che sono indispensabilmente necessarie alla formazione delle svariatissime parti del tuo corpo!

8. Se tu consideri con profondità quanto ora ti è stato detto, tu scorgerai dappertutto dei miracoli uguali a quelli che io ho operato in un istante dinanzi ai tuoi occhi secondo la Volontà del Signore, solo che io, da spirito perfetto che sono, posso riunire insieme fuori dall’aria, e mediante la Volontà del Signore, quegli elementi che uno spirito imperfetto, con la sua limitata intelligenza e con la sua altrettanto limitata potenza di volontà, può raccogliere assieme soltanto gradatamente».

 

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Cap. 16

Il lavoro degli spiriti naturali adibiti alla formazione dei metalli

Il mistero del miracolo

 

1. (Continua Raffaele:) «Vedi, tu certamente non vedi fluttuare, in quest’aria, la sostanza della quale si compone l’oro allo stato purissimo! Io invece la vedo e la posso distinguere benissimo fra tutte le innumerevoli altre sostanze che sono contenute nell’aria. Ma dato che io posso fare questo e che oltre a ciò posso estendere la mia volontà in modo corrispondente e uniforme in tutte le direzioni, ne consegue che io sono in grado, in maniera immediata, di raccogliere assieme in un cumulo visibile appunto anche questa sostanza aurea purissima contenuta nell’aria, come posso con altrettanta facilità far sì che essa consolidi e assuma una forma qualsiasi, come sarebbe ad esempio una coppa, e così tu vedresti comparirti dinanzi, all’istante, o un mucchio d’oro di una qualunque grandezza, oppure anche un vaso d’oro. Ma anche questo sarebbe un oro naturale e assolutamente non oro prodigioso fatto di nulla, ma dell’oro completamente naturale come naturale è quell’oro che gli uomini estraggono dalle montagne e che depurano dalle sostanze estranee fondendolo nel fuoco e lavorandolo poi in oggetti preziosissimi di ogni specie.

2. Infatti, quei certi spiriti naturali che sono rinchiusi nella materia delle montagne, che sono intimamente affini alla sostanza aurea che si trova allo stato libero nell’aria, attraggono a sé con la loro scarsa intelligenza e con la forza di volontà - che i farmacisti chiamano forza di attrazione - appunto quest’oro libero dall’aria, e quando un processo simile è durato varie centinaia di anni, in quel determinato luogo si rende poi visibile un rilevante quantitativo d’oro.

3. Ma che un tale accumularsi dell’oro in natura vada compiendosi in modo molto lento, questo è da attribuirsi soltanto all’intelligenza minima e all’altrettanta minima forza di volontà di simili spiriti naturali nel loro stato necessariamente giudicato.

4. Io invece, poiché sono uno spirito supremamente libero e perfetto fornito di innumerevoli e smisurate intelligenze altissime e oltre a ciò dotato della pienezza della forza di volontà proveniente da Dio, posso ottenere in un attimo - come ho già dimostrato - quell’effetto che gli spiriti naturali, provvisti solo di intelligenza debole e unilaterale e di una limitatissima forza di volontà, sono in grado di ottenere soltanto gradatamente.

5. Ed ora fa attenzione; vedrai come io compirò dinanzi a te un miracolo di questa specie! Per amore tuo voglio procedere con una certa lentezza, affinché tu possa renderti conto con maggiore facilità di come l’oro fuori dalla libera atmosfera andrà accumulandosi sulla tua mano. Ecco, ora io lo voglio, e puoi già vedere un sottile strato d’oro steso sulla palma della tua mano! Guarda adesso come la quantità d’oro va sempre più aumentando! Ormai sul palmo della tua mano si trova un disco d’oro già discretamente pesante, i cui margini si stanno ripiegando in perfetto ordine all’insù. Adesso questo bordo sta crescendo continuamente, ed ecco che nel giro di pochi istanti sulla tua mano si trova già, bello e pronto, un vaso d’oro purissimo e, intendi bene, del tutto naturale, un vaso che soltanto la potenza di uno spirito perfetto può dissolvere nuovamente nella sua sostanza originaria, ma non lo può dissolvere così facilmente una qualche altra forza naturale. Sennonché questo vaso io te lo lascerò così com’è, e tu potrai valorizzarlo in un qualsiasi modo, o farne qualcosa d’altro ricorrendo ad un orafo, oppure anche tenerlo tale quale lo vedesti comparire sulla tua mano.

6. Ora hai visto come ho fatto a compiere dinanzi a te un prodigio agendo piuttosto lentamente; ma ora stendi l’altra mano, e io compirò in un solo attimo un prodigio simile! Ecco, io lo voglio, e come vedi sulla tua mano sinistra si trova già un secondo vaso d’oro perfettamente uguale al primo!

7. Ma come sono in grado di compiere questo per mezzo della forza insita in me, così pure sono stato in grado di compiere tutto ciò che ti ho fornito per i molti tuoi ospiti; ma non devi perciò regalare a questi ospiti quello che hanno consumato, anzi, essendo tutti dei ricchi mercanti, che paghino pure quanto hanno mangiato e bevuto. Presto essi faranno di nuovo ritorno alle loro botteghe, per il momento chiuse, per allettare i compratori con i loro rumorosi richiami, e adesso incarica pure i tuoi servitori di raccogliere il tributo!».

8. Allora Lazzaro chiamò i suoi servitori e disse loro di esigere da ogni ospite non più di un grosso (moneta antica) per ciascuno! I servitori fecero così, e ciascun ospite pagò volentieri il grosso richiesto ringraziando in aggiunta per l’ottimo trattamento avuto e chiedendo tutti di poter ritornare quella sera stessa nonché i due giorni successivi; richiesta questa che, com’è naturale, trovò pieno e amichevole consenso in Lazzaro.

9. Quando i molti ospiti discesi dal monte si furono sparpagliati per la città, i servitori volevano, secondo il costume, sgomberare le mense; sennonché Raffaele fece loro segno che potevano risparmiarsi quel lavoro, perché quando gli stessi ospiti sarebbero ritornati all’albergo la sera, nessuno avrebbe avuto bisogno di affannarsi per servirli, ma sarebbe bastato che i servitori, terminata la cena, riscuotessero quanto dovuto per le consumazioni, lasciando poi tutte le mense apparecchiate come erano in quel momento. La cosa restò dunque stabilita in questa forma, e così per i due giorni seguenti tutti i numerosi ospiti furono provvisti di cibo e bevande senza che Lazzaro avesse bisogno di alleggerire le sue dispense e la sua cantina di un solo pesce o di una sola pagnotta o di un solo bicchiere di vino.

 

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Cap. 17

I Materiali originari della Creazione

 

1. Quando però gli ospiti se ne furono andati tutti, il nostro amico Lazzaro riprese a ragionare con Raffaele, e gli disse: «Ascolta, o spirito umano colmo della salvezza di Dio, tu prima hai detto che nell’aria fluttuano liberamente una quantità innumerevole di materiali originari e di sostanze di ogni specie, che possono venire riconosciuti come tali dalla sapienza e dalla volontà di uno spirito perfetto e possono venire raccolti assieme e consolidati in un corpo più denso! In seguito agli esempi da te forniti, la cosa mi fu resa necessariamente più chiara; però questa chiara visione ha avuto la conseguenza di far sorgere in me un’altra domanda importantissima di altro genere, che è questa: “Vedi, i materiali originari e le sostanze possono trovarsi presenti nell’aria della Terra così come me l’hai dimostrato in maniera davvero evidente; ma come si producono essi in origine? Com’è che essi vengono a trovarsi con tanta straordinaria varietà nell’aria della nostra Terra, e probabilmente con varietà ancora maggiore nell’aria degli innumerevoli altri pianeti e mondi che il Signore stesso con Grazia immensa ha fatto conoscere a me e a molti altri Suoi discepoli?”. Spiegami dunque un po’ anche questo!»

2. Disse Raffaele: «Ehi, ehi, possibile che questa cosa ancora non ti risulti evidente da se stessa? C’è dunque qualcosa fuori di Dio che forse non sia venuto da Lui? Tutto quello che fin dall’eternità riempie l’infinito Spazio, non è Suo Pensiero, Sua Idea, Sua Sapienza, Sua Volontà?

3. Vedi, i Suoi Pensieri, nella più infinita e inesauribile Pienezza da un’eternità all’altra, sono le vere e proprie Sostanze originarie e i Materiali originari di cui consiste tutto ciò che è fatto, sulla Terra e nei cieli, mediante l’indivisa eterna Potenza della divina Volontà. Nessun Pensiero e nessuna Idea però, perfino in Dio, possono sorgere e sussistere senza la Sua Volontà. Ma per il fatto che ciascun Pensiero e ciascuna Idea, provenendo dalla somma Intelligenza di Dio mediante la Sua Volontà, celano appunto anche in se stessi, quale intelligenza particolare, la corrispondente parte della Volontà di Dio, ne consegue che ciascuno di tali singoli Pensieri di Dio recanti in sé la Volontà di Dio, o ciascuna Idea del Signore, che è più grande di un Pensiero ma che è costituita nello stesso modo, non potrà mai aver fine, come non può aver fine Dio stesso. Egli infatti, una volta che li ha concepiti, non potrà mai dimenticare un Pensiero da Lui pensato, né un’Idea più profondamente concepita, nella sfera di somma e massima chiarezza della Propria Coscienza di Sé. Ma essendo presso Dio la più pura impossibilità il dimenticare un Pensiero una volta avuto o un’Idea una volta concepita, così ciascun Pensiero, per quanto piccolo, e ciascuna Idea di Dio, per quanto apparentemente insignificante, nella loro costituzione spirituale originaria sono anche indistruttibili per l’eternità.

4. Ma poiché inoltre - come già prima accennato - ciascun Pensiero e ciascuna Idea di Dio anche parziali, essendo una scintilla dell’Intelligenza divina, portano e devono portare in sé necessariamente anche la divina Volontà, perché senza questa non sarebbero mai stati pensati, ne consegue che ciascuno di tali singoli Pensieri e ciascuna di tali singole Idee, o di per se stessi, o quali Pensieri collegati sapientemente fra loro in molti modi – il che è poi un’Idea – si costituiscono come entità sussistenti di per sé, nella propria specie e nella propria sfera, si perfezionano in se stessi e di per se stessi per ciò che ognuno è, si moltiplicano all’infinito e, attraverso un sapiente collegamento con altri Materiali originari e Sostanze originarie, diventano ancora più nobili e più perfetti.

5. Così un sole in formazione è all’inizio un puro etere luminoso e scintillante, ovvero un aggregarsi di molti, innumerevoli Pensieri e Idee di Dio, in seguito alla corrispondente parte di volontà proveniente da Dio che sta espressamente alla loro base. Questi Pensieri e Idee attraggono poi incessantemente a sé – in forza appunto della Volontà di Dio che sta alla loro base – ciò che è loro simile dall’infinito etere, e così l’etere luminoso e scintillante di prima diventa già più denso e a poco a poco acquista la densità di questa aria terrestre. Questa a poco a poco si addensa ancora, sempre di più, e compare l’acqua; ma anche questa a poco a poco si addensa, e ne deriva fango, argilla, pietre, e così un suolo già più solido.

6. Le Sostanze originarie e le Materie originarie, originariamente spirituali, ora legate l’una all’altra in questo modo sempre più solido, incominciano a sentirsi sempre più a disagio in una simile condizione non libera, diventano molto attive per rendersi più libere, e la situazione incomincia a farsi molto infuocata in un tale mondo fisico, specialmente nelle sue parti solide e pesanti. Con questo zelo infuocato delle Sostanze originarie e dei Materiali originari compressi, che originariamente erano liberi, vengono squarciate le parti più solide di un tale nuovo mondo fisico. Sì, qua spesso la parte più interna diventa l’esterna, e viceversa la parte più esterna diventa l’interna, e solo dopo moltissime di queste battaglie un tale nuovo mondo fisico viene posto in un ordine più tranquillo, e i Pensieri originari e le Idee originarie di Dio, in esso imprigionati, trovano poi un’altra via per rendersi liberi e sciolti dalla grande pressione.

7. E vedi, allora sorgono presto piante e animali di ogni tipo, e così via fino all’uomo, ed è solo nell’uomo che moltissimi di questi Pensieri originari e Idee originarie di Dio trovano la loro piena liberazione dal loro antico Giudizio. Soltanto allora Essi riconoscono Dio come Fondamento originario di ogni essere e di ogni vita, e ritornano poi a Lui come esseri autonomi, liberissimi, ovviamente se hanno vissuto secondo la Sua Volontà riconosciuta.

8. Ma in questo ritorno che è puramente, liberamente e autonomamente spirituale, sugli innumerevoli mondi fisici estremamente diversi, c’è una differenza altrettanto grande come tra i mondi fisici stessi. Il ritorno più perfetto in assoluto da un mondo fisico a Dio è e rimane però solo quello da questa Terra, perché qui ciascun essere umano nella sua anima e nel suo spirito può diventare perfettamente simile a Dio, purché lo voglia. Qui infatti chi aspira vivamente giungere a Dio, costui a Dio anche arriverà. Comprendi queste cose?»

9. Lazzaro disse: «Si, certo che le comprendo, perché riguardo alla struttura dei mondi io ho già le più significative nozioni preliminari da parte del Signore; tuttavia molte sono le cose che mi riescono incomprensibili, e quindi anche molte sarebbero le domande che avrei da fare!»

10. Disse Raffaele: «Oh, mio caro amico, questo capita addirittura anche a me! Infatti in Dio si cela una quantità infinita di cose delle quali perfino noi, che dopo Dio siamo gli spiriti più alti e puri, non sappiamo nulla, perché Dio ha in serbo, per tutte le eternità, per gli spiriti buoni e puri, una provvista talmente grande che Egli pure per tutte le eternità può procurare loro le più indicibili sorprese mediante nuove creazioni mai da nessuno nemmeno presentite, fuori dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza, e può così accrescere ed elevare all’infinito la loro beatitudine. Ma essendo così, potrebbe allora verificarsi il caso che tu mi interrogassi riguardo a questa e quella cosa, e che poi io non fossi in grado di darti adeguata risposta!»

11. Disse Lazzaro: «Oh, questo sono disposto a crederlo; ad ogni modo non dubito che ti sarà possibile dare risposta a quello che può chiederti il mio intelletto umano, ancora molto limitato.

12. Vedi, una volta ebbi l’occasione di leggere un libro antico intitolato “Le guerre di Jehova” nel quale, in un linguaggio certamente quanto mai mistico, era narrata la caduta dei primi angeli creati!

13. Originariamente Dio, naturalmente in epoche infinitamente anteriori ad ogni creazione di mondi, avrebbe creato sette grandi spiriti corrispondenti ai sette Spiriti in Dio, e li avrebbe dotati di una potenza immensa e di un’altrettanta immensa sapienza per mezzo delle quali essi potevano, come Dio, creare in quantità sterminata degli spiriti minori del tutto simili a loro; e così lo spazio eterno venne colmato di innumerevoli schiere di spiriti.

14. Il più grande e più potente di questi sette spiriti creati in origine fu evidentemente, secondo l’antica Scrittura, Lucifero. Sennonché egli, conscio della propria potenza e grandezza, si insuperbì e volle non soltanto essere pari a Dio, ma addirittura volle innalzarsi al di sopra di Lui e dominare. Allora Dio si adirò, afferrò il traditore e lo respinse per l’eternità lontano da sé nel Giudizio. I sei grandi spiriti invece, assieme ai loro spiriti subordinati in numero sterminato, rimasero fedeli a Dio e servono Lui solo di eternità in eternità, mentre gli spiriti subordinati di Lucifero, essendo con lui maligni diavoli per l’eternità da Dio, bruciano con Lucifero nell’eterno fuoco dell’Ira di Dio, quali esseri respinti da Dio, e devono soffrire sempre i massimi tormenti senza speranza di sollievo. Ebbene, tu che certo sei pure uno di questi primi angeli del Signore, che cosa ne dici?».

 

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Cap. 18

I sette Spiriti originari di Dio

La Redenzione

 

1. Parla Raphael: «Questa non è altro che un'immagine corrispondente proprio di ciò che io ti ho comunicato poco fa sulla Creazione, ovvero sulla formazione graduale di un intero mondo fisico.

2. I grandi Spiriti creati all'origine sono proprio i Pensieri in Dio e le Idee derivanti da questi Pensieri.

3. Col mistico numero sette s'intende ciò che in origine era perfettamente Divino e perfettamente somigliante a Dio in ogni Pensiero uscente da Lui e in ogni Idea da Lui concepita e collocata come fuor da Se Stesso.

4. Il primo in Dio è l'Amore. Questo lo si può trovare in tutte le cose create; poiché senza di esso nessuna cosa sarebbe possibile.

5. Il secondo è la Sapienza quale Luce proveniente dall'Amore. Anche questa la puoi scorgere in ogni essere nella sua forma, poiché, quanto più un essere è recettivo alla Luce, tanto più sviluppata, decisa e bella sarà anche la sua forma.

6. Il terzo, che deriva dall'Amore e dalla Sapienza, è l'efficace Volontà di Dio. Solo attraverso di essa gli esseri pensati ricevono una realtà per poi essere e là esistere, altrimenti tutti i Pensieri e le Idee di Dio sarebbero proprio ciò che sono quei tuoi vuoti pensieri e idee che non vengono mai attuati.

7. Il quarto, che deriva di nuovo dai tre, è e si chiama Ordine. Senza quest'Ordine nessun essere potrebbe avere una forma duratura e costante e, così, neppure un determinato scopo. Infatti, se tu attaccassi all'aratro un bue ed esso mutasse la sua forma e il suo aspetto, per esempio in quello di un pesce o di un uccello, potresti mai raggiungere uno scopo con quel bue? Oppure, se tu volessi mangiare un frutto, ed esso davanti alla bocca ti si cambiasse in pietra, a che ti gioverebbe il frutto? Oppure, se tu andassi da una qualche parte per una solida strada, e la strada ti si cambiasse in acqua sotto i piedi, ti servirebbe a qualcosa la strada, fosse stata pure la più solida? Vedi, tutto ciò e innumerevoli altre cose vengono evitati dal Divino Ordine, il quarto Spirito di Dio!

8. Ma il quinto Spirito di Dio si chiama la Divina Serietà, senza la quale niente sarebbe possibile come qualcosa di persistente [nel tempo], poiché essa equivale all'eterna Verità in Dio, e unicamente tale Spirito dà a tutti gli esseri la vera persistenza, la riproduzione, la crescita e la completezza finale. Senza tale Spirito in Dio, le cose andrebbero ancora molto male per tutti gli esseri. Essi sarebbero come le formazioni della fata morgana, che sembrano essere qualcosa fino a quando sono visibili; ma ben presto le condizioni che le hanno prodotte mutano, non essendovi in esse serietà, e allora le belle e prodigiose formazioni svaniscono nel nulla! È vero che anch'esse sono molto ben ordinate a vedersi, ma poiché nella ragione che le produce non regna alcuna serietà, esse non sono altro che formazioni vuote ed assolutamente passeggere, che non possono affatto avere una persistenza [nel tempo].

9. Vedete, ecco che abbiamo già i cinque grandi Spiriti originari di Dio; perciò vogliamo passare anche agli ultimi due, e così ascoltatemi ancora!

10. Dove sono presenti il sommo Amore, la somma Sapienza, l'onnipotente Volontà, il perfettissimo Ordine e l'immutabile saldissima Serietà, evidentemente deve essere presente anche la somma ed eternamente ineguagliabile Pazienza, poiché senza di essa, tutto si dovrebbe svolgere precipitosamente e andrebbe a finire nell'inestricabile caos degli antichi saggi.

11. Quando un architetto costruisce una casa, accanto alle altre qualità che gli sono necessarie per realizzarla, non deve tralasciare neppure la pazienza., poiché se questa gli manca, allora – credimi – non se la caverà mai nella costruzione di quella casa.

12. Io ti dico: "Se Dio non avesse questo Spirito, già da un tempo infinitamente lungo nessun Sole illuminerebbe una Terra nell'infinitissimo Spazio, e il mondo degli spiriti avrebbe un aspetto del tutto singolare, completamente privo di esseri!". La Pazienza è la madre dell'eterna, immutabile Misericordia di Dio, e se questo sesto Spirito non fosse in Dio, dove e che cosa sarebbero allora tutte le creature di fronte all'unico onnipotente Dio?!

13. Dunque, se ora anche noi sbagliamo in qualche modo, e così ci esponiamo evidentemente all'annientante maledizione dell'Amore, della Sapienza, della Volontà di Dio a cui evidentemente fa seguito la Sua Serietà a causa dell'Ordine che la precede, ci imbattiamo nella Divina Pazienza, la quale col tempo porta e deve portare tutto in equilibrio, poiché senza di essa tutte le creature, per quanto perfette, sarebbero sottoposte all'eterno giudizio della perdizione.

14. La Divina Pazienza, con i precedenti cinque Spiriti in Dio, certamente creerebbe sui mondi fisici uno o anche innumerevoli uomini e continuerebbe anche a conservarli. Ma allora un (unico) uomo, o anche la quantità innumerevole degli uomini, continuerebbe a vivere per un tempo infinito nella pesante carne, e allora non si parlerebbe per tempi eterni di una liberazione finale dell'anima dai lacci della materia. Al tempo stesso, animali, piante e uomini si moltiplicherebbero in continuazione, e alla fine abiterebbero in tal numero e così stipati su un mondo fisico dallo spazio limitato, che nessuno potrebbe più evitare l'altro. S'intende però che ciò avverrebbe nel caso in cui un mondo fisico riuscisse, sotto l'azione dell'infinita Pazienza Divina, a maturare a tal punto da poter ancora sostenere e nutrire piante, animali e uomini. Sì, con i soli sei Spiriti che ti ho fatto conoscere finora, andrebbe infinitamente a rilento perfino la creazione di un mondo materiale, anzi ci sarebbe molto da dubitare che un mondo potesse mai comparire materialmente.

15. Ma la Pazienza è, come ho detto, la madre della Divina Misericordia, e così il settimo Spirito in Dio è appunto la Misericordia, che vogliamo chiamare anche Mitezza. Questa rimette tutto a posto. Essa mette in ordine tutti i precedenti Spiriti e produce la tempestiva maturazione sia di un mondo, sia di tutte le creature su di esso. Per ogni cosa essa ha stabilito un certo periodo di tempo, e gli spiriti divenuti maturi possono aspettarsi di conseguenza che avvenga presto e facilmente la piena liberazione, e così, poter entrare nella loro eterna libertà e pienissima autonomia di vita.

16. Fu per effetto di questo settimo Spirito in Dio che Dio Stesso assunse la carne, per liberare in tal modo tutti gli spiriti prigionieri dai duri lacci del necessario Giudizio della materia nel più breve tempo possibile. Per tale ragione questa Sua Opera – la Redenzione – può essere chiamata la nuova, rifatta Creazione dei Cieli e dei mondi, e così 'la più grande Opera di Dio'. In essa, infatti, tutti i sette Spiriti di Dio agiscono pienamente in equilibrio, mentre non era questo il caso di prima, e neppure doveva esserlo, in conseguenza dello Spirito dell'Ordine in Dio, poiché prima questo settimo Spirito in Dio che ora ti ho fatto conoscere, cooperava con gli altri Spiriti solo affinché tutti i Pensieri e le Idee di Dio divenissero realtà; d'ora in poi invece esso opera più possentemente, e la conseguenza ne è appunto la perfetta Redenzione.

17. E vedi, dunque, sono questi i sette Spiriti di Dio che tu non capivi, e tutto ciò che è creato, provenendo da questi sette Spiriti, corrisponde in tutto e per tutto a questi sette Spiriti di Dio e li cela in sé. E la Creazione eternamente perenne e l'altrettanto perenne creare, è ciò che i primi saggi di questa Terra chiamavano le "guerre di Jehova"».

 

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Cap. 19

Le “guerre di Jehova”

 

1. (Continua Raffaele:) «Come i sette Spiriti, ovvero le sette particolari Caratteristiche in Dio si trovano in certo qual modo in continuo conflitto, così che una Caratteristica sprona sempre anche l’altra all’azione, più o meno la stessa lotta tu la puoi riconoscere dunque con estrema facilità anche in tutte le creature di Dio.

2. L’Amore di per sé è cieco, e il suo desiderio è quello di attirare a sé ogni cosa. Ma in questo desiderio esso si accende, e si fa Luce, e così Comprensione e Conoscenza in esso.

3. Non vedi ora come la Luce combatte contro il singolo desiderio del puro Amore, e conduce l’Amore all’ordine e alla ragione?!

4. Ma da questa battaglia o guerra si desta allo stesso tempo la Volontà come braccio attivo dell’Amore e della sua Luce, Volontà che mette in opera ciò che la Luce ha saggiamente disposto in buon ordine.

5. Ma allora, appunto dalla Conoscenza dell’Amore, per mezzo di tale Luce di conoscenza e per la forza di entrambe [queste Caratteristiche divine], viene richiamato contemporaneamente anche l’Ordine, e questo prosegue a combattere tutto ciò che è disordine, mediante la Luce e la Volontà dell’Amore. E in ciò tu hai di nuovo una permanente, eterna guerra di Jehova, sia in Jehova che in tutte le creature.

6. Così andrebbe tutto ormai bene, qualora si potesse garantire che quanto i quattro Spiriti hanno messo in opera in modo così ben ordinato, avesse già una persistenza [nel tempo]. Ma tutte le opere, per quanto splendide, dei primi quattro Spiriti, assomigliano ancora molto alle costruzioni realizzate per gioco dai bambini. È vero che i bambini realizzano certe cose in modo magistralmente ordinato, con grande divertimento e gioia, tuttavia poco tempo dopo non provano più alcuna gioia per la loro produzione, e allora la distruggono ancor più zelantemente di come l’abbiano fatta sorgere poco prima. E in verità, amico, qua le cose si metterebbero ancora molto male riguardo al persistere di tutto il creato!

7. Ma per impedire questo, e precisamente in seguito al grande compiacimento per la completa riuscita delle opere, si leva dai quattro Spiriti la Serietà, quale quinto Spirito in Dio, così come nelle Sue creature. E questo Spirito allora continua a combattere contro la distruzione e l’annientamento delle opere ormai prodotte, allo stesso modo come anche un uomo divenuto assennato e serio che, per esempio, si sia costruito una casa e abbia piantato una vigna. Egli impiegherà ogni sforzo per la conservazione e l’utilizzo della casa e della vigna, non certo per l’istantanea ridemolizione della casa e della vigna, come ti ho indicato poco fa per le opere prodotte dai bambini. E vedi, questa – come ho già detto – è già di nuovo una guerra di Jehova!

8. Ma la casa edificata mostra tuttavia col tempo dei difetti, e la vigna continua a non voler dare la vendemmia desiderata, e il costruttore si pente della sua fatica e della sua serietà nell’operoso zelo, ed egli perciò vorrebbe anche distruggere tuttavia l’opera, ed erigerne al suo posto una tutta diversa e nuova. Ma allora si fa incontro a tale Serietà il sesto Spirito, e si chiama – come ho già detto – la Pazienza. E vedi, essa conserva allora la casa e la vigna! E questa è già ancora una nuova guerra di Jehova!

9. Ora, la Pazienza di per sé, come pure unita ai precedenti Spiriti, non apporterebbe né alla casa, né alla vigna, delle particolari migliorie, ma lascerebbe stare e andare tutto così com’è. Ma allora viene il settimo Spirito, e precisamente la Misericordia, che contiene in sé la Mansuetudine, la Sollecitudine, la Diligenza, l’Attività amorevole e la Generosità. E vedi, l’uomo allora ripara la sua casa così bene che in essa non ci sono più difetti, neppure di minima importanza, ed egli vanga e concima la vigna, così che presto essa gli fornisce una ricca vendemmia! E vedi ancora una volta, questa allora è di nuovo una battaglia o una guerra di Jehova, nell’uomo così come in Dio e nell’angelo!

10. E dunque la vera, perfetta vita, sia in Dio che nell’angelo e così pure nell’uomo, è una battaglia incessante dei sette Spiriti che ora ti ho indicato. Ma questa battaglia, in Dio come nell’angelo, non è come se in uno o nell’altro dei sette Spiriti ci fosse un desiderio a reprimere gli altri Spiriti e a renderli inattivi. Anzi la battaglia mira eternamente a far sì che uno Spirito con tutta la sua forza e potenza sostenga incessantemente l’altro, e quindi ciascuno Spirito è contenuto perfettamente nell’altro. Dunque l’Amore è in tutti gli altri sei Spiriti, e così anche la Luce, ovvero la Sapienza, è nell’Amore e negli altri cinque Spiriti, e così via. In tal modo in ogni singolo Spirito operano totalmente e pienamente anche tutti gli altri e sono sempre presenti in modo attivo, e si sostengono in continuazione nella più bella armonia».

 

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Cap. 20

La disarmonia dei sette spiriti nell’uomo

 

1. (Continua Raffaele:) «Così dovrebbe essere anche nell’uomo; ma purtroppo non è così. Questa capacità è bensì data ad ogni uomo, tuttavia senza mai essere pienamente coltivata ed esercitata. Ci sono soltanto pochi uomini che in se stessi portano a piena e uguale attività tutti e sette gli spiriti, e con ciò diventano veramente simili a Dio e a noi angeli di Dio. Ma, come ho detto, moltissimi ne sono distolti e se ne preoccupano poco, e così non conoscono per nulla affatto il vero segreto della vita in se stessi. Tali uomini ciechi e mezzi morti non possono allora riconoscere lo scopo che è alla base della loro vita, perché si lasciano guidare e dominare soltanto dall’uno o dall’altro dei sette spiriti.

2. Così uno vive unicamente dallo spirito dell’amore e non bada affatto agli altri spiriti. Che cos’altro è allora un uomo simile, se non un animale rapace avido di cibo e che non ha mai abbastanza? Tali uomini sono sempre pieni di egoismo, pieni di invidia e pieni di avarizia, e sono duri di cuore verso tutti i loro simili.

3. Altri di nuovo hanno un amore illuminato e sono dunque davvero saggi, e possono dare ai loro simili degli ottimi insegnamenti; ma la loro volontà è debole, e perciò non possono realizzare pienamente alcuna opera.

4. Di nuovo ce ne sono altri, nei quali gli spiriti dell’amore, della luce e della volontà sono interamente attivi, però nello spirito dell’ordine e della giusta serietà si rivelano molto deboli. Gli uomini di questo tipo diventano anch’essi molto intelligenti e talvolta parlano perfino con molta saggezza, e qua e là realizzano anche qualche singola opera. Ma l’uomo veramente saggio e reso interamente tale da tutti i sette spiriti, scorgerà ben presto dalle loro parole, dai loro discorsi e dalle loro opere, che non vi regna alcun ordine né alcuna coerenza.

5. E di nuovo ci sono uomini che possiedono amore, luce, volontà e ordine, ma manca loro lo spirito della serietà. Essi perciò sono paurosi e timorosi, e raramente possono imprimere alle loro opere una totale e piena efficienza.

6. Altri di nuovo sono anche pieni di serietà e coraggio, ma deboli sotto l’aspetto della pazienza. Tali uomini agiscono di solito con precipitazione, e col loro impaziente zelo spesso rovinano più di quanto abbiano ben fatto. Sì, amico, senza una giusta pazienza non c’è nulla, poiché chi non ha una giusta pazienza, costui pronuncia a se stesso una sicura condanna a morte! Infatti l’uomo deve aspettare fino a che l’uva diventi completamente matura, se vuol fare una buona vendemmia. Se non gli va di aspettare, ebbene, alla fine dovrà pur tuttavia ascrivere a se stesso se invece di un vino pregiatissimo avrà vendemmiato solo una bevanda acidula imbevibile.

7. La pazienza è dunque uno spirito necessario in ogni e qualunque cosa. In primo luogo essa è necessaria per frenare e regolare quello spirito che ho chiamato serietà, il quale spesso vorrebbe spingersi all’infinito. Infatti questo spirito, in unione all’amore, alla sapienza e alla volontà, degenera nella più grande superbia, che poi notoriamente nell’uomo non trova confini. E in secondo luogo la pazienza è anzitutto, come ti ho già indicato, la madre dello spirito di misericordia, e solo questo spirito, agendo retrospettivamente, conferisce a tutti gli spiriti precedenti la completezza spirituale-divina ed aiuta l’anima umana ad ottenere la piena e vera rinascita nello spirito.

8. Perciò il Signore stesso ora ha messo a cuore a voi tutti, prima di ogni cosa, l’amore a Dio e al prossimo, e in proposito ha detto: “Siate misericordiosi, come anche il vostro Padre in Cielo è misericordioso, e siate mansueti e umili, così come anch’Io sono di tutto cuore mansueto e umile.”

9. Il Signore dunque ha comandato a voi uomini di coltivare prima di ogni cosa il settimo spirito, perché proprio in quest’ultimo spirito tutti i precedenti sono contenuti e vengono compiutamente sviluppati. Chi dunque sviluppa e rafforza quest’ultimo spirito con ogni zelo, questi sviluppa e rafforza anche i precedenti spiriti e diventa con ciò completo nel modo più rapido e più sicuro. Chi invece inizia il proprio sviluppo con uno o anche con più di uno degli spiriti precedenti, costui giunge difficilmente, o spesso anche per nulla affatto, al totale e pieno completamento della propria vita, perché questi primi spiriti, ciascuno preso a sé, non contengono in sé il settimo spirito, mentre esso di per sé contiene tutti quelli che necessariamente lo precedono.

10. E vedi ora, in questo consiste poi anche incessantemente la caduta degli angeli, ovvero dei pensieri e delle idee provenienti da Dio - che possiamo anche denominare le forze uscenti costantemente da Dio -, e ciò fino a quando essi nella loro totalità non abbiano portato, nell’essere dell’uomo, il settimo spirito in se stesso alla vera e suprema completezza. Infatti tutti gli spiriti precedenti sono dati liberamente, in parte, più o meno a quasi tutte le creature; ma il settimo spirito deve essere conquistato solo dall’uomo, esclusivamente con la sua propria diligenza e col suo proprio zelo.

11. E come soltanto attraverso tale conquista tutti i sei spiriti precedenti raggiungono il loro vero significato e il vero scopo della vita, così anche soltanto attraverso questo settimo spirito tutto l’uomo raggiunge la pienissima libertà e autonomia di vita. Ed ora, però, ti chiedo se hai anche capito bene tutto questo!»

12. Disse Lazzaro: «Oh, carissimo servitore del Signore colmo dello Spirito di Dio, certo, io davvero non potrò in eterno mai ringraziarti abbastanza per la tua grande pazienza e per tanta grazia dimostratami! Soltanto adesso comprendo la Sapienza contenuta nei testi antichi! Solamente è un peccato che sia unicamente io a comprendere queste cose, visto che sono uno scrittore troppo scadente per poterle annotare in un libro; perciò sarebbe bene che tu le spiegassi anche agli altri discepoli del Signore, alcuni dei quali sono abili nell’arte dello scrivere, così da poterne prendere nota per iscritto per tutti i tempi e per il bene di tutti i popoli, perché altrimenti i popoli non ne sapranno niente»

13. Disse Raffaele: «Non preoccuparti per questo! Infatti, appunto mentre io ti spiegavo qui tutto ciò che hai udito riguardo ai prodigi, alle guerre di Jehova e ai sette Spiriti di Dio, contemporaneamente il Signore stesso forniva delle spiegazioni assolutamente identiche a tutti quelli che erano radunati nella gran sala e in modo altrettanto comprensibile come quelle che ho usato io con te, e inoltre Giovanni e Matteo hanno preso nota dei punti principali! Se però tu disponi di un quaderno con le pagine in bianco, ci scriverò io stesso dentro parola per parola!»

14. Disse Lazzaro: «Certo che ho un quaderno come tu dici; devo portartelo qui?»

15. Raffaele disse: «Non occorre affatto! Ma adesso rientriamo pure in casa, e vedrai che il tuo quaderno lo troverai già tutto bello riempito!».

16. Lazzaro si rallegrò molto di tale notizia e ambedue poi fecero ritorno nella sala grande dove erano radunati tutti.

 

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Cap. 21

Miracolo su miracolo

 

1. Quando Lazzaro assieme a Raffaele venne da noi, arrivò in tempo per udire le grandi esclamazioni di meraviglia che si erano levate da ogni parte riguardo alla Mia Dottrina, cioè riguardo ai prodigi, alle guerre di Jehova, ai sette Spiriti originari in Dio e alla cosiddetta caduta degli angeli. Il romano Agricola espresse a Lazzaro il suo rammarico per il fatto che quest’ultimo non era presente mentre Io davo quegli insegnamenti tanto santi e importantissimi.

2. Allora Lazzaro gli disse: «Ti ringrazio molto per questa tua particolare attenzione! Devo però dirti che ciò che il Signore, nella Sua immensa Grazia, vi ha spiegato qui dentro, me lo ha spiegato altrettanto ampiamente là fuori questo giovinetto sapientissimo e straordinariamente potente per mezzo della Volontà del Signore.

3. E a conferma di ciò puoi vedere queste due coppe di oro purissimo, le quali - per rendermi tanto più visibile e comprensibile l’azione di uno spirito perfetto una venne formata lentamente a cominciare dal fondo fino all’orlo superiore, e la seconda istantaneamente nella mia mano! L’occasione per vedere uno spirito perfetto all’opera mi fu offerta dalla fabbricazione miracolosa e improvvisa dei molti tavoli, panche, tende, e delle stoviglie, tovaglie e delle svariate vivande e bevande. Dalle otto alle novecento persone, provenienti da tutte le parti del mondo, furono servite nel migliore dei modi e secondo le usanze delle rispettive nazioni, eppure dalle mie provviste non è stato offerto a quei forestieri nemmeno quanto potrebbe trovare posto sotto un’unghia! Dato che tutto ciò era accaduto sotto ai miei occhi, era comprensibile che io gli abbia domandato come mai egli fosse stato in grado di compiere tutte quelle cose. Ed egli mi spiegò tutto in maniera così bella e nitida che non mi fu affatto difficile capirlo.

4. Dopo si venne a parlare dell’antico libro delle “Guerre di Jehova”, e oltre a ciò dei sette Spiriti di Dio e della caduta degli angeli con il loro angelo-principe Lucifero. E vedi, proprio costui, che all’apparenza sembra un giovinetto, mi spiegò esattamente ogni cosa, e inoltre fece anche in modo che tale sua dissertazione, durata più di un’ora, riguardo a questi argomenti estremamente importanti venisse scritta in un quaderno che mi riservo di presentarti quale seconda prova che dimostra che io pure ho appreso tutto quanto è stato insegnato a voi; così potrai tu stesso leggerlo e fare gli opportuni confronti!»

5. Disse Agricola: «Farai davvero una cosa molto opportuna, e da parte tua è stato saggio indurre questo meraviglioso giovinetto ad assecondare il tuo desiderio, poiché questo insegnamento era troppo importante per non venire conservato per iscritto fedelmente parola per parola. Due fra i discepoli del Signore ne hanno preso nota anche qui, però soltanto per quanto riguardava i momenti principali della grandiosa dissertazione. Va dunque là dove tieni il quaderno e portalo subito qui, affinché noi tutti lo possiamo vedere e confrontare!»

6. Allora Lazzaro si rivolse a Me e disse: «O Signore, dimmi Tu se questo è il momento buono per far vedere il quaderno ai romani!»

7. Io dissi: «Oh, senz’altro! Va pure e portalo qui! Non farà certo male a nessuno sentire ancora una volta questo insegnamento quanto mai importante»

8. Allora Lazzaro andò nella sua stanza, ed egli stesso, pieno di stupore e gioia, portò il quaderno, lo depose sul tavolo dinanzi al romano dicendo in aggiunta: «Vedi, amico, ecco il quaderno scritto in maniera prodigiosa! Leggilo ad alta voce dal principio alla fine, affinché tutti i presenti possano udire ancora una volta quali cose sommamente importanti ci siano state rivelate dal Signore e da Raffaele!»

9. Disse Agricola: «Io lo farò subito, purché la scrittura sia ben leggibile!».

10. Detto ciò, il romano aprì il quaderno e trovò che la scrittura nell’idioma greco era nitidissima; egli lesse il contenuto dal principio alla fine a tutti i presenti, ciò che richiese quasi un’ora di tempo, e tutti, che per lo più conoscevano il greco, non cessavano di meravigliarsi constatando che lo scritto concordava parola per parola con quanto avevano appreso dal Mio insegnamento precedente.

 

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Cap. 22

La brama di sapere della giovane ebrea riguardo al Signore

 

1. Soltanto allora la giovane e bella ebrea cominciò ad insistere presso Agricola per apprendere Chi fossimo veramente Io e il meraviglioso giovinetto e perché tutti, rivolgendoMi la parola, Mi chiamassero sempre “Signore e Maestro”. Lei era ormai convinta che in Me le stava dinanzi una persona fondamentalmente savia, tuttavia non era ancora a conoscenza di chi fossi Io e da dove venissi.

2. E Agricola le rispose e disse: «Mia bella figlia! Tu assieme ai tuoi genitori e a tuo fratello fate bene attenzione per ora a tutto quanto succede e si dice qui, e così riuscirai certo a scoprire Chi è veramente questo Uomo meraviglioso e da dove è venuto, nonché chi è e da dove viene anche quel giovinetto!»

3. Disse l’ebrea: «Ma non sapete ancora neppure voi con certezza chi sia veramente quell’uomo meraviglioso? E se invece lo sapete, perché non volete dirmelo?»

4. Disse Agricola: «O mia carissima figlia, il vostro saggio re Salomone disse un giorno: “Tutto a questo mondo ha il suo tempo, e fra tempo e tempo conviene che l’uomo abbia pazienza; infatti, finché l’uva non sia matura, non la si deve togliere dal tralcio!”. Vedi, è probabile dunque che nemmeno tu sia ancora del tutto matura per ottenere maggiori informazioni riguardo a quell’Uomo meraviglioso; quando però sarai matura, tali informazioni non ti saranno più taciute. Ma come detto, fa attenzione a tutto quello che quell’Uomo meraviglioso dirà e farà, e poi il tuo cuore ti dirà chi è quell’Uomo meraviglioso. Mi hai ben compreso tu ora?»

5. Disse l’ebrea: «Sì, sì, ti ho compreso perfettamente! L’uomo povero viene sempre tenuto a bada facendo appello alla pazienza; chi invece è ricco, e persona di riguardo agli occhi del mondo intero, ha degli altri mezzi per procurarsi le informazioni che vuole, rinunciando ad una pazienza eccessivamente lunga! Sì, sì, questa cosa la conosco già da abbastanza tempo! Ebbene, il tuo benigno consiglio, o nobile signore, io lo seguirò senz’altro! Però se avrò da guadagnarci qualcosa, questa è tutta un’altra faccenda!»

6. Qui il padre della giovane pregò molto Agricola di essere indulgente e disse: «O signore, signore, perdona questa povera figlia, poiché, nonostante tutto il suo buon cuore, lei è talvolta un po’ troppo curiosa e qualora succeda che per una qualche buona ragione le si voglia tacere qualcosa, allora si arrabbia subito. Ma quando poi la frenesia della sua curiosità, che spesso si risolve in niente, è passata, allora lei ridiviene colma di pazienza e dolcezza e si adatta poi volentieri alla sua condizione, per quanto amara possa essere. Ti prego dunque, signore, di tener presente questo piccolo difetto di questa nostra figlia!»

7. Agricola disse: «Ah, ma che cosa mai vi viene in mente? Le parole di questa vostra cara figlia mi piacquero particolarmente, perché lei ha detto francamente e senza sottintesi la verità. Da adesso in poi io sono vostro amico più ancora di quanto lo sia stato prima. Perciò a questo riguardo potete stare del tutto tranquilli. Che comunque la figlia continui pure ad esternarsi a modo suo, e per questa via finiremo bene col giungere alla piena verità»

8. I poveri vecchi, contenti, si calmarono a queste parole, e allora la figlia poté dare libero sfogo ai suoi sentimenti.

9. Lei si rivolse nuovamente al romano e gli disse: «O caro e nobile signore e amico, tu certo sei una persona di cuore eccellente, e tutti i tuoi compagni hanno l’aspetto di essere anche loro così; però tu, nella tua grande felicità mondana, non puoi sentire interamente quello che il povero sente nel suo stato di immensa miseria e nel suo abbandono assoluto! Se una giovane, non trascurata dalla natura di Dio nella distribuzione dei suoi doni, non si sottomette alle brame dei grandi e dei ricchi, lei è interamente perduta. Nessuno ci degna più di uno sguardo e quanto possiamo aspettarci non è che venire ingiuriati e tacciati di essere delle creature vanitose, sciocche e superbe; quando poi, spinti dalla miseria, ci rivolgiamo per un aiuto a qualcuno, veniamo messi alla porta con l’intimazione di non ricomparire mai più. Ma questa è e resta una condizione ben dolorosa per noi e finisce col far svanire anche le ultime tracce di fiducia perfino nella parte migliore dell’umanità. Infatti siamo tutti creature umane, e siamo oberati da ogni tipo di debolezze e imperfezioni! È vero o no quello che dico?»

10. Disse Agricola: «Il tuo discorso è stato del tutto conforme a verità; tuttavia c’è ancora qualcosa della quale tu ti sei dimenticata esponendo le condizioni tristi e miserande dei poveri. Vedi, chi è caro a Dio, Dio lo mette dovutamente alla prova prima di venirgli pienamente in aiuto! E sembra infatti che proprio questo abbia fatto con voi Dio, il Signore. Ma quando la vostra miseria ebbe raggiunto il suo culmine, ecco che venne a voi il Suo Aiuto; ed è soltanto ora che l’aiuto vi viene dato realmente. Infatti io ve l’ho concesso nel Nome di Dio, il vostro e il mio Signore, e manterrò pure la parola datavi, e ciò puramente per amore e gratitudine al vostro vero Dio, ma non per una particolare inclinazione e amore per te per il fatto che sei una bellissima ebrea. Infatti il mio amore per Dio è molto superiore a quanto io ne abbia mai provato per tutte le bellezze e le magnificenze del mondo che ho percepito finora! Riguardo dunque al tuo sostentamento futuro non occorre che tu ti dia assolutamente nessun pensiero; però, che per qualche breve tempo ti venga impedita una conoscenza più precisa di quell’Uomo meraviglioso, questo ha una ragione molto savia, e perciò noi non siamo duri nei tuoi confronti se non ti diciamo subito tutto quello che noi sappiamo di Lui con tutta sicurezza secondo perfettissima verità.

11. Tu già puoi immaginarti che in Lui deve celarsi qualcosa di assolutamente straordinario, tuttavia in cosa veramente consista questo tu potrai in gran parte trovarlo da sola, presto e facilmente, purché, come ti ho consigliato, tu stia bene attenta a tutto ciò che Egli dirà e farà. Già da principio io ho richiamato la tua attenzione sul vasellame che si trova su questa nostra mensa, e ti ho detto come l’abbia creato Lui semplicemente attraverso la Sua Volontà. Poi tu pure fosti testimone di come Egli, mentre spiegava il modo in cui compie i Suoi Prodigi, abbia chiamato all’esistenza, fuori dall’aria, quelle due coppe d’oro che ora si trovano ancora davanti a Lui e che sono perfettamente simili a quelle altre due che poco fa Lazzaro, il padrone di casa, ha portato con sé entrando, raccontando che quel giovinetto, il quale ora siede adesso con Lazzaro a quella piccola mensa ed è impegnato a mangiare e a bere, le aveva chiamate all’esistenza nella stessa maniera precisamente come fece qui dentro quell’Uomo meraviglioso. Ma avendo tu udito e visto tutto ciò, dovrebbe pur farsi in te, e anche nei tuoi genitori e in tuo fratello, un po’ più di luce rispetto a quell’Uomo meraviglioso che parla con immensa Sapienza e che è in grado di compiere delle opere così straordinarie»

12. Disse l’ebrea: «Sì, sì, quello che hai detto è certo completamente giusto e buono; ma è proprio in quello che hai detto che noi quattro riscontriamo il vero punto critico della questione. È un punto su cui noi non possiamo sorvolare così a cuor leggero, poiché le sue parole sono troppo chiare e colme di sapienza e compie cose troppo straordinarie per essere solo un profeta, anche se lo si dovesse annoverare tra i grandi profeti. Per voi romani la cosa riesce invece facile, poiché una simile personalità straordinaria la potete considerare e accogliere addirittura come una Divinità, e come tale la potete venerare e adorare; ma per noi ebrei non è così, perché noi crediamo solo in un unico Dio, che nessuno può vedere e contemporaneamente vivere. La sapienza di questo uomo meraviglioso supera senza alcun dubbio ogni concetto umano fino al tempo presente, e altrettanto le sue opere; quindi egli deve certo avere in sé molta parte dello spirituale puramente divino, ma non perciò noi ebrei possiamo accettarlo come un Dio! Qual è il tuo pensiero a questo riguardo?».

 

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Cap. 23

La domanda del romano riguardo al Messia

 

1. Disse Agricola: «Mia cara figlia di Gerusalemme, per il momento non ci sarebbe davvero molto da obiettare a questa tua asserzione; però verrà di certo l’ora nella quale giudicherai e parlerai di quell’Uomo meraviglioso in maniera del tutto differente.

2. Ma a te, che sei un’ebrea, vorrei chiedere: “Non hai mai udito parlare di un Messia degli ebrei, il quale dovrebbe venire e verrà per redimere il Suo popolo dai ferrei artigli della tirannia del peccato che minaccia durissimamente il mondo intero di eterna distruzione? E non potrebbe, così per combinazione, essere appunto quell’Uomo meraviglioso il promesso Messia degli ebrei e contemporaneamente di tutta l’umanità di questo mondo intero?”. Cosa pensi a tale proposito?»

3. Rispose l’ebrea: «Oh, amico mio, questa predizione è certo molto consolante, sennonché tutte le nostre profezie sono costituite in modo che in primo luogo non vi è sacerdote che le comprenda, e in secondo luogo molto meno ancora poi le possiamo comprendere noi profani! Oltre a ciò, nelle enunciazioni dei profeti tutto è così impreciso e vago che nessun nostro pari può, leggendole, farsi un’idea di quando un simile Messia comparirà, quale aspetto avrà, quali saranno le Sue particolari caratteristiche e in che modo Lo si potrà riconoscere al più presto e più facilmente.

4. Una volta è un fanciullo, un’altra volta un agnello, poi il leone di Giuda, inoltre un sommo sacerdote per l’eternità - e precisamente alla maniera di Melchisedek -, un discendente di Davide, un re dei Giudei per un tempo senza fine, e così Egli è profetizzato con vari altri nomi e significati, così che si finisce col non raccapezzarsi più riguardo al come e sotto quale forma umana, ceto e dignità Egli vorrà venire a questo mondo da noi ebrei.

5. Del resto io non avrei proprio nulla in contrario che quell’uomo meraviglioso fosse appunto il vero Messia; una cosa però non riesco a comprendere, ed è precisamente che i nostri sacerdoti, i quali pur dovrebbero per primi essere a conoscenza di un simile fatto - per amore del popolo che crede a loro per prima cosa - non sembrano curarsi affatto di questo vero Messia! Infatti egli stesso si trovava con te laggiù alla gran porta della città mentre ferveva il dibattito fra te e il capo-sacerdote a causa di mio fratello, e, vedi, non sembrava che quel capo- sacerdote lo riconoscesse! Come dunque si spiega questa cosa?»

6. Disse Agricola: «Questo succede perché la gente del Tempio è troppo bramosa di potere e avida, e non ha fiuto se non per il proprio benessere terreno di ogni tipo e specie, come tu stessa hai potuto farne esperienza. Ma a conseguire tale scopo i templari non rifuggono dal ricorrere ad ogni possibile menzogna e truffa e, come ho potuto convincermi di persona, sono quindi nemici di ogni verità, e con ciò di chiunque sia proprio veritiero. Sulla bocca essi hanno bensì continuamente il nome di Mosè e degli altri profeti, ma gli insegnamenti e le leggi di costoro essi li disprezzano, e spacciano i loro pessimi ed egoistici ordinamenti per quelli di Mosè e degli altri profeti presso il popolo che essi tormentano il popolo caricandolo di ogni specie di inutili pesi e lo opprimono spiritualmente e fisicamente.

7. Questo nostro Uomo meraviglioso invece è l’Amore, la Verità e la suprema Sapienza stessa e testimonia la grande perfidia dei farisei che si presentano al popolo come sacerdoti e dottori della Legge e che - spacciandosi per servitori di un Dio nel quale essi stessi non credono, che non conoscono affatto e neppure vogliono riconoscere - si fanno venerare dal popolo oltre ogni misura e addirittura letteralmente adorare, e così Gli sono nemici e non vogliono sapere né udire niente di Lui, cosa questa che è chiara come la luce del giorno.

8. Due giorni fa, subito dopo il mio arrivo, io stesso mi sono potuto convincere, mentre Egli insegnava nel Tempio, che essi volevano lapidarLo perché aveva predicato loro la piena verità. Se tu dunque consideri ciò, non ti sarà difficile comprendere perché i vostri sacerdoti non vogliono accogliere questo Uomo meraviglioso come il promesso Messia e il Salvatore del mondo, ciò che però non lede in alcun modo alla questione principale, poiché, Lo riconoscano per Tale i vostri templari oppure no, Egli tuttavia rimane quello che è secondo pienissima verità. Comprendi ora bene questa cosa tu, mia leggiadra fanciulla?»

9. Disse l’ebrea: «Oh sì, adesso la comprendo assai bene, e tu avrai certo del tutto ragione! Per quelli laggiù, Mosè ed Elia potrebbero scendere in persona dai Cieli splendenti per mettere sotto ai loro occhi le loro enormi nefandezze ed esortarli a vera penitenza, e condurli poi qui e mostrare loro, in quell’uomo meraviglioso, il Messia promesso ed ora venuto, ebbene, anche se avvenisse tutto ciò essi non crederebbero nemmeno a questi due massimi profeti, ma li colmerebbero di ingiurie e li perseguiterebbero! Oh, questa ormai è una cosa arcinota! Ma ora smettiamo di discutere, perché a quanto pare c’è qualcun altro ancora che vorrebbe dire qualcosa, e credo che quell’uomo meraviglioso accenni a voler intraprendere qualcosa; noi quindi dobbiamo fare la massima attenzione a quanto potrà accadere!».

 

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Cap. 24

Raffaele veste i poveri

 

1. In quel momento Io feci un cenno a Raffaele per incaricarlo di procurare delle vesti adeguate alla giovane, a suo fratello e anche ai suoi genitori.

2. Poi Raffaele si presentò alla mensa dove sedevano i quattro e domandò loro: «Che vesti avete nella vostra dimora?»

3. L’ebrea disse: «O carissimo servitore, celestialmente bello e possente di quell’uomo meraviglioso! Senza che io abbia bisogno di dirtelo, tu certo saprai come già da lungo tempo noi siamo messi molto male in fatto di vestiario, e ciò davvero senza nostra colpa. Per conseguenza credo che a questa tua domanda, senza dubbio bene intenzionata, noi possiamo esimerci dal dare risposta, tanto più che io ti ho già accennato in quali condizioni ci troviamo per quanto riguarda il vestiario. Del resto, se vuoi, puoi andare a casa nostra, e ti convincerai che è davvero così!»

4. Disse Raffaele: «Io veramente non ti ho interpellata in merito perché io conosco alla perfezione quali vesti voi possedete nella vostra casa, ma c’è un’altra cosa ancora che io conosco e della quale tu preferiresti che non si parlasse per un inopportuno senso di onore. Sennonché, vedi, di fronte a noi non è possibile stare in silenzio dato che noi conosciamo sempre con assoluta esattezza ogni cosa. Ecco, per amore dei tuoi vecchi genitori e di tuo fratello tu hai depositato presso un mercante greco, che si occupa di pegni, le tue vesti buone, anzi dirò preziose, per un anno, ricevendone cento grossi in cambio. Lo scontrino del pegno tu lo conservi a casa tua; ebbene, riguardo a questo fatto tu non ti sei dilungata troppo parlando con me! Se tu ora rientrassi in possesso di quelle vesti, non saresti contenta? Per i tuoi vecchi e per tuo fratello si potrebbe poi ben trovare il modo di provvedere qui sul posto!»

5. Allora la giovane ebrea rimase un po’ imbarazzata, tuttavia dopo una breve pausa rispose: «Sì, sì, infatti, tu hai detto la pienissima verità, ma ormai a che mi gioverebbe? Quelle buone vesti erano, in fondo, anch’esse soltanto il dono di un parente ricco il quale purtroppo è morto, e così non ha potuto più venire ancora in nostro aiuto. Però quelle vesti, che egli mi donò mentre era ancora in vita, furono anche tutta l’eredità che toccò a tutti noi, mentre il resto fu ereditato dai suoi tre figli che sono gente molto dura e che di poveri non ne vogliono proprio sapere.

6. Io stessa non ho mai indossato quelle vesti preziose le quali anzitutto non si addicevano ad una ragazza povera come me, e poi sarebbero state troppo grandi per me. Ma le tristi condizioni in cui ci trovavamo mi suggerirono un’altra soluzione. Considerato che, trattandosi di un ricordo, io non avrei proprio voluto disfarmene, le impegnai pensando che entro un anno, se le circostanze lo avrebbero permesso, le avrei riscattate. Sennonché, vista la nostra miseria sempre crescente, ad un riscatto non sarebbe stato ad ogni modo nemmeno più da pensarci nonostante lo scontrino di pegno che si trovava nelle mie mani; io quindi ho preferito tacere, ma d’altro canto a non parlare di questo mi indusse pure la circostanza che presso di noi dare in pegno qualcosa non viene reputato affatto una virtù degna di lode particolare. Ed ecco che tu, o giovane e stimatissimo amico, ora sai tutto ciò che sta in relazione con questo affare; e adesso cosa si potrebbe fare?»

7. Raffaele disse in tono amichevole: «E che cos’altro si potrebbe fare se non riscattarle! Sennonché a te, mia cara sorella in Dio, il Signore, questo ti darebbe molte noie e ti obbligherebbe ad affrontare molte incombenze; perciò voglio farlo io al posto tuo. Ti sta bene così?»

8. Disse l’ebrea: «Eh, certo che ne sarei contenta; ma in primo luogo lo scontrino di pegno non l’ho qui con me, e poi il greco che custodisce il pegno abita assai lontano da qui e viene soltanto una volta ogni Luna (mese) a Gerusalemme; una volta sbrigati i suoi affari, egli fa subito ritorno dove abita: a Tiro o a Sidone, credo. Non è escluso che egli si trovi qui a Gerusalemme, ciò che io non posso sapere, dato che egli viene da queste parti, con certezza, solamente durante la festa di Pasqua per concludere degli affari su vasta scala»

9. Disse Raffaele: «Oh, questo non fa niente! Se ti sta bene così, munito del tuo scontrino saprò ben io scovare fuori il greco in qualche luogo, riscatterò le tue vesti e le porterò qui. Dimmi un po’, entro quanto tempo desidereresti averle?»

10. Disse l’ebrea: «O soavissimo amico, se vuoi compiere ciò in maniera del tutto naturale, ti ci vorranno parecchi giorni per poter arrivare a trattare con quel greco; ma poiché a te è possibile compiere anche prodigi forse ti basterà un tempo molto più breve!»

11. Allora Raffaele disse: «Bene, conta adesso gli istanti che mi occorreranno per andare a prendere anzitutto il tuo scontrino! Ebbene, hai già cominciato a contare gli istanti?»

12. Disse l’ebrea: «E come potrei farlo finché sei ancora qui?»

13. Raffaele disse sorridendo: «Eppure io sono già stato via ed ho già qui con me il tuo scontrino di pegno! Guardalo un po’ e vedi se è proprio quello!»

14. Lo stupore causato da questa incredibile rapidità di azione fu immenso per tutti i presenti, e Agricola e altri ancora fra i presenti esclamarono: «Ma amico, tu non sei stato assente nemmeno un solo istante; come hai mai potuto dunque fare una cosa di questa specie? Probabilmente lo scontrino l’avrai preso con te già prima, quando andasti in casa di questa famiglia per condurla qui, ed ora intendi farne il nobile uso che hai detto?! Infatti non è assolutamente ammissibile che tu possa essere materialmente andato e ritornato con una velocità pari a quella del pensiero!»

15. Disse Raffaele: «In questo mondo materiale e presso gli uomini moltissime cose non sono possibili, mentre invece sono possibilissime a Dio e alla Sua Potenza! Tu però sai, perché l’hai appreso da questa giovane, che quel greco il quale detiene le sue vesti in pegno per cento grossi anticipati si trova attualmente a Tiro, malgrado un suo incaricato sia ora da queste parti per curare i suoi affari. La sua bottega però è a due ore di cammino dalla città in direzione di Betlemme; ciononostante vedrai che io andrò e ritornerò portando con me le vesti di questa poveretta con la stessa rapidità con la quale le ho portato qui questo scontrino di pegno; ma allora non potrai più dire che anche le vesti le avevo già prima con me! E adesso conta tu gli istanti che mi occorreranno per eseguire questo lavoro! Li hai già contati?»

16. Disse Agricola: «Ma se non ti sei ancora allontanato da qui, come posso averli contati?»

17. Disse Raffaele: «Eppure guarda! Là su quella panca vicino alla porta si trovano già, bene avvolte in un panno, le vesti definitivamente riscattate di questa povera ebrea; che lei le esamini e che dichiari poi a voi se esse sono o non sono proprio quelle da lei impegnate!»

18. Allora l’ebrea si alzò immediatamente, svolse il panno e fra lo sbalordimento generale ne tolse le vesti che riconobbe come le sue.

19. Considerato però che sua madre era ancora più miseramente vestita di lei, la giovane ebrea disse a Raffaele: «Ascolta, o giovane e meraviglioso amico, io rinuncio del tutto a chiederti come tu abbia fatto a procurarmi con una simile rapidità queste vesti che sono più che sufficienti a coprire una donna, ma che tuttavia non basterebbero per me e anche per mia madre! Io dunque le do a lei affinché almeno lei sia completamente vestita; in quanto a me, prenderò la veste che lei ha ora indosso, e questa sarà sufficiente per coprire il mio corpo finché per bontà di questo potentissimo romano potrò averne una migliore. E adesso permettete che ci ritiriamo io e mia madre, in qualche stanza appartata per scambiare le nostre vesti!

20. Ma prima io ti chiedo, o giovinetto davvero incomprensibilmente prodigioso, se queste vesti, del resto molto preziose, sono pure. Infatti esse si sono trovate fino a poco fa tra le mani di un pagano, mani che presso di noi vengono considerate impure! Ora io preferirei rinunciare a veder mia madre dentro a queste belle vesti, se lei dovesse venire considerata immonda sia pure per un giorno solo»

21. Raffaele disse: «Fanciulla mia, quello che intendi fare di questa veste è molto buono! Segui dunque pure l’impulso del tuo cuore, e questa azione non mancherà di renderti eccellenti frutti! Per quanto riguarda poi la purezza delle vesti, non preoccuparti affatto, perché quello che si è trovato una volta fra le mie mani, è anche completamente puro! Lazzaro però assegnerà adesso a te e a tua madre una stanza dove potrete scambiare le vesti a vostro agio».

22. Ambedue allora ringraziarono, presero gli abiti, e Lazzaro le condusse subito in un camerino.

23. Quando la madre ebbe indossato la bella veste nuova, la figlia prese quella deposta da lei e se la mise indosso mostrandosi immensamente lieta che la madre fosse contenta di vedersi così ben vestita, non pensando affatto a se stessa che restava invece sempre assai miseramente vestita.

24. Quando ambedue da lì a poco vennero di nuovo a raggiungerci nella sala da pranzo, ecco che anche la figlia era vestita con una veste altrettanto splendida quanto quella della madre. Ma il suo sbalordimento, che non voleva più finire, aumentò ancora di più quando si accorse che anche il padre e il fratello, seduti alla mensa dei romani, erano vestiti a festa.

 

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Cap. 25

L’ipotesi della giovane ebrea sulla Persona del Signore

 

1. Soltanto a questo punto nell’animo della fanciulla cominciò a brillare una luce maggiore a Mio riguardo, così che lei, insieme alla madre, si avvicinò a Me ed esclamò: «O Signore e Maestro, il mio cuore mi dice che sei Tu solo ad operare qui tutte queste cose che non sono possibili a nessun essere umano, a nessun profeta e, senza la Tua Volontà, nemmeno ad un angelo, bensì ad un Dio soltanto; quindi Tu sei pure un Dio! Dunque, a Te solo vada tutta la nostra venerazione e il nostro amore per tutto il tempo della nostra vita! Ogni onore e ogni lode a Te soltanto!»

2. Io dissi: «Chi crede nella Mia Parola e secondo questa opera e vive, costui sarà beato! Voi però ora credete perché avete visto dei miracoli, e affermate che Io sono un Dio; ma se voi di miracoli non ne aveste visti, non avreste creduto e non avreste detto, come fate ora, che Io sono un Dio. Ebbene, come si spiega ciò?

3. Vedete, ciò si spiega con il fatto che in voi finora non c’è verità, né potrebbe esservi per la ragione che appunto voi una verità non l’avete ancora mai appresa! Ora però io vi dico: “Applicatevi voi tutti alla ricerca della verità pura, perché solamente essa può rendervi perfettamente liberi tanto nel corpo, quanto nell’anima; nel corpo, perché sarà la verità a dirvi il motivo per il quale vi è stato dato un corpo da portare, e nell’anima, perché appunto l’anima, fuori dalla verità in essa stessa, vi dirà che essa esiste per la libertà assoluta e per l’indipendenza eterna!”.

4. Ebbene, o Mia povera e graziosa figlia, Io davvero non ti avrei detto adesso queste cose se non sapessi che tu sei, sotto ogni riguardo, una fanciulla bene educata; però ti dico che quegli uomini che, quando credono di riconoscere bene le cose, sono un po’ ostinati nelle loro convinzioni, Io li preferisco a quelli che spesso, in seguito a pochi segni ed a poche prove, credono subito come canne percosse dall’uragano e si piegano nella direzione della corrente dell’uragano, ciò che testimonia evidentemente che non esiste in loro una particolare forza propria. Quando però uno non possiede una certa forza autonoma e non è in grado di dare un buon giudizio con il proprio intelletto, costui è altrettanto poco idoneo a lavorare per il Regno di Dio quanto lo è colui che, mentre è intento ad arare un campo, volge il suo sguardo continuamente indietro.

5. E vedi, tu, leggiadra figura, così stanno ora le cose anche con te! Tu prima hai dichiarato che Io sono un Dio, dato che i prodigi visti e la Mia Sapienza ti hanno costretta a credere questo, però in quello stesso istante tu rinnegasti il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Infatti in te sorse questo pensiero: “Chi è capace di parlare così saggiamente e di operare prodigi talmente incomprensibili, Costui per te è già un Dio!”. Sennonché ora nel segreto del tuo cuore ti sei già pentita di aver detto simili cose, perché subito dopo ti sei ricordata di nuovo delle Leggi di Mosè, ed ora dentro di te sei colta dal timore di esserti potuta dimenticare nella foga del tuo sentimento del Jehova antico rendendo a Me quell’onore che spetta unicamente al vero Dio. E vedi, questo è appunto quello che si chiama porre mano all’aratro e volgere nello stesso tempo il proprio sguardo indietro!

6. Se tu Mi consideri proprio un Dio, devi considerarMi del tutto Tale dopo averMi riconosciuto completamente come Tale, e non devi immaginarti accanto a Me nessun altro Dio, poiché, se tu ora dichiari che Io sono un Dio ma contemporaneamente pensi anche al Dio antico ed hai timore di Lui perché supponi di aver peccato con ciò contro le Leggi di Mosè, allora, stando così le cose, la tua professione di fede a Mio riguardo è vana, e tu così vieni ad essere non molto migliore di una pagana, la quale crede pure al Dio di Mosè, ma nello stesso tempo resta fedele anche a Giove, Apollo, Mercurio e a molte altre divinità ancora.

7. Vedi, quando ti avvicinasti a Me, il tuo pensiero fu che Io fossi una delle menzionate divinità dei pagani e, per rispetto a questi notabili di Roma, Mi rendesti onore. Ma immediatamente poi ti ricordasti del Dio di Mosè il quale così dice: “Tu devi credere in un solo Dio, e non devi avere alcun Dio estraneo accanto a Me!”. Ti sopraffece il pentimento di avere pronunciato questo ad alta voce, ma vedi, questo evidentemente non è stato bello da parte tua! Infatti, se tu credi nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non puoi allora onorarMi come un Dio. Se però credi seriamente che, Quale Io sono, sono veramente un Dio, allora conviene che tu dia congedo al Dio antico, considerato che non vi può essere che un Dio solo, e non due o ancor più dèi, così ugualmente non c’è che un solo spazio infinito e una sola continuità eterna del tempo in cui tutto è contenuto e si svolge.

8. Solamente se tu potessi credere che Io e il Dio antico siamo eventualmente l’Una e la stessa Persona - nonostante sia scritto che nessuno può vedere Dio e contemporaneamente vivere -, allora almeno la tua coscienza sarebbe più tranquilla, e con ciò evidentemente il tuo timore del Dio antico sarebbe minore! Ma adesso dimMi che intenzioni hai!».

 

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Cap. 26

Il sotterfugio dell’ebrea

 

1. A queste Mie parole la giovane rifletté un po’ su che cosa avrebbe dovuto rispondere, perché si era sentita punta nel vivo.

2. Allora sua madre, che aveva l’animo più calmo, provò a tirarla fuori dall’imbarazzo dicendo alla figlia: «Ma cosa stai ora pensando tutta spaventata e imbarazzata riguardo a cosa dovrai dire? Qualcuno ha forse visto il Dio antico di Abramo, Isacco e Giacobbe? Di Lui nessuno sa altro all’infuori di quello che ha potuto apprendere leggendo le Scritture, scritte semplicemente da uomini, o che ha sentito dire dai sacerdoti. I sacerdoti però, i quali dovrebbero conoscere il Dio antico più degli altri e dovrebbero osservare con il massimo zelo i Comandamenti punto per punto, fanno precisamente il contrario, e con questo loro modo di agire forniscono, dinanzi a qualunque uomo che sia capace di ragionare, la prova che l’antico Dio di Israele è una invenzione altrettanto quanto lo sono tutte le divinità dei pagani le quali non sono mai state viste da nessuno di quest’epoca. Questo Dio invece noi Lo vediamo, possiamo udirne i discorsi sapienti e ammirarne le opere straordinarie possibili ad un Dio colmo di Onnipotenza; cosa dunque potrebbe ancora trattenerci dal riconoscerLo come un vero Dio e dal rendere a Lui solo onore?»

3. Ma la figlia disse: «Sì, sì, madre, sarebbe così certo tutto giusto quanto dici, qualora noi potessimo affermare con certezza assoluta che né Mosè, né un profeta sono mai esistiti, e che tutte le Scritture a cominciare da quella di Mosè non sono altro che dei poemi dei soliti farisei. Ma considerato che questa cosa non la si può dimostrare in via assoluta, e considerato d’altro canto che in Mosè e negli altri profeti sono notoriamente contenute moltissime cose eccellenti e perfettamente vere le quali, a quanto ne so, hanno sempre ripugnato ai farisei, che, come noto, non le hanno mai volute prendere in considerazione, ebbene, noi non possiamo ammettere così, semplicemente, che siano stati i farisei, susseguitisi nelle varie generazioni, a compilare sotto ogni specie di nomi falsi tutta la cosiddetta Scrittura sacra, ma è chiaro che tale opera è stata scritta da individui evidentemente ispirati da Dio, e quindi questa è pure Parola di Dio anche se gli ispirati da Dio non hanno mai visto Dio! Perciò è e resta sempre davvero molto azzardato adorare e glorificare subito, addirittura come un Dio, un uomo, per quanto anche siano savi i suoi discorsi e meravigliosissime le sue opere!

4. A me pure è accaduto così durante il primo momento di sorpresa; e nell’immensa cecità del mio cuore non ho pensato minimamente che mi sarei trovata presto ad adorare due Dèi. Questo uomo meraviglioso però mi ha ricondotta subito sulla via retta facendomi riconoscere in maniera del tutto comprensibile e chiara che egli non è affatto un Dio, ma solamente un grande profeta ispirato da Dio; di un altro Dio dunque non abbiamo bisogno.

5. Non sappiamo forse che il profeta Elia verrà ancor prima che venga il grande Messia? Ed io - come tu, madre mia, sai - non mi sbaglio mai così facilmente, e quindi dico che questo uomo meraviglioso è il ritornato Elia, e quel soavissimo giovinetto è Eliseo, il suo discepolo; ma se ciò è vero, noi non avremo davvero da attendere molto a lungo ancora il grande Messia!

6. Questa è dunque la mia opinione, e poiché appunto quest’uomo, senza dubbio immensamente sapiente e prodigioso, ritiene che per quanto riguarda la fede io sia come una canna che si piega ad ogni vento, io intendo dimostrargli perfettamente il contrario di quella che pare sia la sua opinione! Come a questo mondo non è tutto oro quello che luccica e che sembra invece essere oro, io voglio fornire qui la prova che non tutto è debole quello che ha semplicemente l’apparenza di essere tale.

7. Uno solo è Dio, mentre di profeti ve ne possono essere molti, ed è nel gruppo di questi che io colloco senza esitare anche quest’uomo meraviglioso! E così credo di aver dato tanto alla tua, quanto alla domanda di questo uomo, del resto certamente meraviglioso, la risposta migliore. L’osservazione da lui fattami riguardo al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è stata giusta e buona, e io vi ho trovato dentro un serio ammonimento per il quale gli sono immensamente grata, come pure per i grandi benefici che ha reso a noi tutti; ma in quanto all’ammettere, così, che egli sia il promesso Messia, ce ne vuole ancora molto! Oh, io sarò tutto quello che si vuole, ma non una debole canna!»

8. Allora la madre esortò la figlia a non essere così caparbia e vanitosa!

9. La figlia disse: «Io non sono caparbia, e tanto meno presuntuosa; io voglio invece tenere conto degli insegnamenti di quest’uomo meraviglioso e grande maestro, e gli sono grata di tutto cuore per l’immenso bene che ha fatto. Che cosa posso fare io di più e che cosa possiamo fare noi tutti di più? Io però non voglio ostinarmi nemmeno a considerare questo maestro magnifico come un vero Messia e Salvatore dell’umanità, perché ciò lo fu sotto certi aspetti pure ciascun grande profeta e, in modo più relativo, anche ciascun piccolo profeta, dato che essi riportarono all’umanità, immersa nella notte tenebrosa della vita, la luce delle verità della vita, e la risollevarono fuori dalla palude dei sensi ad una vita più pura, spirituale e piena di verità; ma come ben vedo, queste cose le fa pure quest’uomo meraviglioso colmo di Forza e Potenza davvero divine, e perciò è anch’egli sicuramente un vero Messia per gli uomini che accolgono i suoi insegnamenti.

10. Giudicando così della sua persona, non è possibile che io sia proprio in grave errore, perché il mio giudizio è fondato esclusivamente su quanto ho udito da lui stesso e su quello che ho visto di lui. Può essere che le cose stiano in modo del tutto diverso, ciò che non possiamo sapere, tuttavia non possiamo sbagliare se noi, per il momento, crediamo soltanto a quello che possiamo credere in base a quanto abbiamo udito e visto. E che lo Spirito, la Grazia e la Potenza di Dio vogliano continuare a guidarlo per il bene dell’umanità intera!»

11. Disse la madre: «O mia cara figlia, preferirei molto che tu non fossi così terribilmente intellettuale! Il vecchio rabbi per due anni di seguito ti ha riempito il capo di tutto ciò che può sapere un uomo di questo mondo, poi ti sei trovata a conoscere ogni cosa meglio di noi, tuoi genitori; ma in questo tuo atteggiamento qualche volta diventi proprio insopportabile, ed ora mi accorgo che a questo grande Maestro sei diventata anche già antipatica! Di conseguenza ritengo consigliabile che noi adesso gli chiediamo perdono e poi ritorniamo ai nostri posti!»

12. Dissi Io allora: «Oh, per questo non c’è necessità! Infatti fino a questo momento non ho potuto parlare di nulla con Hèlia, la tua figlia, dato che finora tu sola, che sei sua madre, hai parlato con lei. Lascia dunque che anch’Io discuta con la graziosa Hèlia, affinché lei, da quella giovinetta sveglia che è, giunga ad apprendere, secondo pienissima verità, con Chi ha a che fare nella Mia Persona. Questo sarà molto utile per lei stessa e per molti altri ancora che avranno occasione di discutere con lei, poiché finora lei non sa nulla e tu, che sei sua madre, meno ancora di lei. Dunque parla quando ti inviterò a farlo!»

13. Allora la madre non disse più nulla, e si limitò a pregarMi che concedessi anche a lei di restare vicino a Me, desiderio a cui Io accondiscesi.

 

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Cap. 27

L’accenno del Signore alle profezie riguardo al Messia

 

1. Allora soltanto Io Mi rivolsi di nuovo ad Hèlia e le dissi: «E tu, bella Hèlia! Tu prima hai detto che Io, pur essendo un grande profeta, posso essere ed effettivamente anche sono un Messia altrettanto quanto lo sono qualunque grande e piccolo profeta, perché, secondo il tuo giudizio senz’altro degno di considerazione, è un Messia e Salvatore dell’umanità in un certo modo colui che, mediante la luce della piena verità, venga a liberare gli uomini fuori dalla palude tenebrosa della menzogna, dell’inganno e della fosca superstizione. E poiché Io sto facendo appunto così, sono anch’Io veramente un Messia di coloro che porgono ascolto alla Mia Parola e che vivono a seconda della Mia Dottrina. E questo è un giudizio molto buono da parte tua, giovane ebrea bene istruita da un vecchio ed onesto rabbi; soltanto per quello che riguarda la tua fede in un Dio, tu ti attieni, e ciò a pieno diritto, all’antico Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.

2. Tuttavia Io devo richiamare la tua attenzione su vari passi dei testi dei profeti i quali Mi hanno descritto. Con il loro aiuto potrai più facilmente e più chiaramente orizzontarti in questo campo di quanto sia stato il caso finora. Vedi, fra l’altro in Isaia è detto:

3. - Una vergine concepirà

e partorirà un Figlio,

che sarà chiamato

Dio con noi.[2]

4. - Ci è nato un Bambino

e ci è dato un Figlio,

sulle cui spalle è la sovranità,

e Gli sarà dato il nome:

Magnifico, Dio, Eroe,

Padre dell’eternità,

Principe della pace.[3]

5. - In quel giorno si dirà:

“Vedi, Questi è il nostro Dio,

che noi aspettavamo

perché ci liberasse!

Questi è Jehova

che noi aspettavamo.

Esultiamo e rallegriamoci

nella Sua Salvezza!”[4]

6. - La voce di uno che grida nel deserto:

“Preparate la via di Jehova,

e appianate nel deserto

un sentiero al nostro Dio,

e questo lo vedrà

contemporaneamente ogni carne”.[5]

7. - Vedi, Jehova viene nel Forte,

e il Suo Braccio Lo sosterrà!

Vedi, la Sua ricompensa con Lui!

Come un pastore Egli

pascolerà il Suo gregge.[6]

8. - E Jehova disse:

“Giubila e rallegrati

figlia di Sion!

Vedi, Io vengo

per abitare in mezzo a te;

perché poi molti popoli

aderiranno a Jehova

nel Suo giorno”.[7]

9. - Io, Jehova,

          ti chiamai in Giustizia

e ti darò come Alleanza del popolo;

Io, Jehova –

poiché questo è il Mio Nome -,

non darò a nessun altro la Mia Gloria.[8]

  10. - Vedi i giorni a venire

quando Io a Davide

susciterò un giusto germoglio,

che dominerà da Re

e terrà giudizio, e farà giustizia sulla Terra!

E questo è il Suo Nome:

Jehova, nostra Giustizia.[9]

11. Vedi dunque, o Hèlia Mia, così Mi annunciarono i profeti nei tempi antichi e anche in questi recentissimi! Ed il battezzatore e predicatore Giovanni fu appunto la voce di colui che chiamava nel deserto che Mi appianò un po’ la via e che di Me disse: “Vedi, ecco che viene l’Agnello di Dio che toglie i peccati di questo mondo!”.

12. Se poi tu pensi che prima del Messia deve venire Elia per preparare ogni carne alla venuta del Messia che viene chiamato Jehova, allora Io ti dico che Elia è già venuto appunto in quel Giovanni, e che Io stesso mi trovo pure già qui. Io sono venuto nella Mia proprietà e, vedi, i Miei non Mi riconoscono! Ebbene, cosa dici tu di questa cosa?».

 

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Cap. 28

Spiegazione dei primi tre Comandamenti

 

1. Disse Hèlia: «Signore e Maestro, dinanzi a quanto Mi hai detto ora, mi sento prendere dalla vertigine! Ma se Tu certamente sei Colui del Quale i profeti hanno così profetizzato, cosa dobbiamo fare noi, poveri peccatori, al Tuo cospetto, o Signore?»

2. Io dissi: «Null’altro che ascoltare i Miei insegnamenti, restarvi fedeli e indirizzare la propria vita conformemente ad essi: amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi; con ciò desterete in voi tutti i sette Spiriti di Dio e perverrete alla vita eterna, come vi ho dichiarato già prima; sei contenta così?»

3. Disse Hèlia: «O Signore, o Jehova, e chi non dovrebbe essere contento? Chi mai potrebbe non voler osservare i Tuoi insegnamenti e i Tuoi Comandamenti traboccanti del più puro Amore? Una domanda tuttavia ancora si impone, e cioè se con questi due Comandamenti dell’Amore si intendono abolite le dieci Leggi e i profeti, avendo Tu detto che in questi due Comandamenti sono contenute tutte le Leggi di Mosè e tutti i profeti»

4. Dissi Io: «Hèlia Mia cara, come puoi fare una simile domanda? Se la Legge di Mosè e tutti i profeti sono contenuti nei due Precetti dell’Amore, come potrebbero risultare aboliti? Vedi, come il settimo Spirito di Dio, che vi è stato appena spiegato, compenetra e colma e, per conseguenza, accoglie in sé tutti gli altri sei Spiriti che lo precedono, precisamente così il vero amore per Dio e per il prossimo include e adempie tutte le precedenti Leggi di Mosè e tutte le esortazioni dei profeti!

5. Quando Mosè dice: “Tu devi credere in un Dio solo, e accanto al vero Dio non devi avere alcun altro Dio estraneo e fatto di niente dei pagani!”, tu questo primo Comandamento lo adempi più che perfettamente se ami Dio sopra ogni cosa! Infatti potresti amare un Dio proprio sopra ogni cosa qualora prima non credessi senza alcuna possibilità di dubbio che Egli esiste veramente? Ma se tu, mediante il tuo amore per Lui, dimostri in maniera più che chiara e vivente che credi in un Dio, saresti capace, nel tuo grande amore per Lui, di diffamare, di disonorare e profanare il Suo Nome? Di certo mai in eterno! Infatti ciò che ad un essere umano è supremamente caro, egli lo onora nella misura maggiore possibile, anzi egli si opporrà con la massima decisione e molto seriamente a chiunque si azzarderà in un qualsiasi modo a disonorare l’oggetto del suo massimo amore. Oppure non ti ribelleresti in sommo grado nel tuo animo se qualcuno tentasse di disonorare tuo padre che tanto ami? Se tu dunque ami Dio sopra ogni cosa, potrai mai arrivare al punto di profanare in qualche modo il Suo Nome?

6. Se dunque queste cose le consideri attentamente in te, già al primo sguardo non può che riuscirti assolutamente chiaro che tanto il primo, quanto il secondo Comandamento di Mosè sono completamente contenuti nel solo Comandamento dell’amore per Dio!

7. Dunque, se tu, Mia Hèlia cara, ami ormai Dio certamente sopra ogni cosa, e appunto perciò anche Lo onori sopra ogni cosa, non desidererai ritirarti, e ciò quanto più spesso ti sarà possibile, dalle attività quotidiane del mondo per occuparti dell’oggetto del tuo ardentissimo amore? Sì, questo è certissimamente vero e sicuro! E vedi, è in ciò che consiste anche la verissima e giustissima celebrazione del Sabato comandata da Mosè, la sola che è valida al cospetto di Dio! Infatti poco o nulla affatto interessa il giorno in sé, ma quello che unicamente ha importanza è che tu, di giorno o di notte, rivolga il tuo pensiero volentieri a Dio nell’amore e nella pace del tuo cuore, e che ti intrattenga con Lui. E vedi, così pure il terzo Comandamento di Mosè risulta contenuto nel solo Comandamento dell’amore per Dio!

8. Chi, di conseguenza, ama veramente Dio sopra ogni cosa, Lo ha anche certamente riconosciuto ed ha una fede vivente, onora Dio anche sopra ogni cosa e senza dubbio Lo avrà sempre in cima ad ogni suo pensiero. E colui che fa così, non può peccare contro Dio. O può forse una sposa peccare in qualche modo contro il suo sposo che lei ama ardentemente e del quale sa che la ricambia con un amore ancora più ardente del suo? No, di sicuro, per la ragione che ambedue nei loro cuori si sono perfettamente unificati appunto attraverso l’amore! Chi però ama veramente Dio sopra ogni cosa, e quindi attraverso l’amore è diventato una cosa sola con Dio, costui amerà pure i suoi simili, come figli di uno stesso Padre, altrettanto quanto ama se stesso, e farà loro quello che ragionevolmente vuole che gli uomini facciano a lui».

 

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Cap. 29

Il quarto Comandamento

 

1. (Continua il Signore:) «Vedi, nel quarto Comandamento è comandato ai figli di amare i loro genitori! A questo mondo i genitori costituiscono certo in primissimo luogo il prossimo dei loro figli e li amano immensamente; essi li nutrono, li proteggono e li educano, e perciò si meritano certamente l’amore e il rispetto dei loro figli.

2. Se poi un figlio bene educato ama e onora i propri genitori, è evidente che non trascurerà nulla di tutto ciò che è gradito ai suoi genitori. E così un figlio preparerà anche per se stesso una vita lunga e sana e colma di benedizione sulla Terra; oltre a ciò un figlio che ama ed onora i propri genitori, amerà e onorerà pure i propri fratelli e sorelle, e cercherà di far loro tutto il bene possibile.

3. E un figlio, od un uomo, che ama e rispetta i genitori nonché i propri fratelli e sorelle, amerà di certo anche i suoi simili, perché sa e riconosce che essi sono tutti figli dell’Uno e Medesimo Padre che è in Cielo. Dall’originario vero amore per i genitori l’uomo viene dunque guidato al riconoscimento di Dio, di se stesso, nonché al giusto riconoscimento del proprio prossimo, e gli è ben presto e facilmente chiaro perché Dio ha creato gli uomini e cosa questi sono destinati tutti a diventare. Con ciò infine egli giunge sempre più all’amore per Dio, e attraverso questo amore anche al completamento della propria vera vita interiore-spirituale.

4. Ma chi ama ed onora in questo modo i propri genitori e i propri fratelli e sorelle, e anche gli altri uomini che rappresentano il suo prossimo, e perciò ama ed onora Dio sopra ogni cosa, potrà mai commettere peccato contro qualcuno? Io ti dico: “No assolutamente, perché egli non invidierà nessuno, non odierà, né maledirà nessuno, e nessuno verrà da lui ucciso né nel corpo, né nell’anima suscitando e coltivando sentimenti perversi. Egli terrà un comportamento onesto e ben costumato verso chiunque, lascerà volentieri a ciascuno il suo, non mentirà e non ingannerà nessuno, e qualora sia diventato il legittimo sposo di una donna, oppure qualora la casta giovane sia diventata sposa di un uomo, né il primo desidererà la moglie del suo prossimo, né la seconda sarà indotta a desiderare il marito della sua vicina”. Ora, da quanto ho detto, tu potrai rilevare già molto bene con il tuo intelletto come la Legge di Mosè e tutti i profeti siano contenuti nei due Precetti dell’amore, e come questi due Precetti da Me enunciati non significhino affatto l’abrogazione della Legge mosaica e degli altri profeti, ma che anzi ne costituiscano il pieno adempimento. Comprendi adesso?»

5. Disse Hèlia: «O Signore, Creatore e Padre supremamente sapiente e buono di tutti gli uomini, soltanto ora io comprendo le Leggi di Mosè! Infatti non posso fare a meno di confessare apertamente anche in Tua presenza che io prima d’ora non ho mai compreso la Legge di Mosè, né meno ancora i versetti e gli insegnamenti degli altri profeti, e quanto più io insistevo nell’intrattenermi su questo argomento con i miei genitori - vagliando il più possibile esattamente ogni cosa tanto più vi riscontravo delle lacune ed imperfezioni, il che non di rado mi induceva a ritenere che la Legge di Mosè, tanto imperfetta all’apparenza, o non potesse essere affatto l’emanazione di un Dio supremamente sapiente o che le caste sacerdotali avessero più tardi completamente bandito la Legge mosaica sostituendola, agli scopi del loro benessere materiale, con delle massime lacunose fatte dagli uomini. Il mio vecchio e buon rabbi ebbe molte volte il suo bel da fare con me a causa di questo, perché io gli dimostravo punto per punto le lacune della Legge mosaica che a me risultavano evidenti! Adesso però, dopo la Tua spiegazione, o Signore, la Legge di Mosè ha assunto certamente un aspetto del tutto differente e può anche sicuramente venire osservata facilmente e gioiosamente da chiunque!»

6. Dissi Io con espressione molto benevola: «Ebbene, tu, criticante principale della Legge mosaica, dimMi: “Cosa hai trovato di così tanto imperfetto e di manchevole nella Legge di Mosè? Fa sentire la tua critica anche a noi!”»

7. Disse Hèlia, mentre tutti gli astanti ascoltavano con la massima attenzione: «O Signore, cosa mai potrei dire dinanzi a Te, che certo conosci tutti i miei pensieri già molto tempo prima che essi siano stati formulati nella mia mente? Anche quell’onnipotente ed onnisciente giovinetto che è là li conoscerà di sicuro tutti con la massima esattezza, ma, essendo così, credo che potrei benissimo fare a meno di esporre qui ad alta voce le mie critiche riguardo alla Legge di Mosè»

8. Io dissi: «Oh no, Mia carissima Hèlia, la cosa va considerata da tutto un altro punto di vista. Io e quel giovinetto sappiamo senza dubbio assai bene in che cosa consiste la tua critica sulla Legge di Mosè e anche dei profeti; gli altri qui presenti invece, ad eccezione dei tuoi genitori e di tuo fratello, non ne sanno niente, ed essendo stata tu stessa a destare in loro il desiderio di conoscere queste tue critiche, ora vorrebbero volentieri sentirne qualcosa in tale proposito ad alta voce! E così apri pure la tua bocca e parla senza reticenza di tutto ciò che ti appare manchevole nella Legge e nei profeti, e mostraci coraggiosamente tutte le lacune da te rilevate tanto nella Legge quanto nei profeti!».

 

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Cap. 30

La critica di Hèlia al quarto Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «Signore, se io faccio così come Tu mi chiedi, io non pecco di certo; e quindi voglio esporre anche del tutto apertamente le lacune e le omissioni da me riscontrate nella Legge e nei profeti!

2. Vedi, la prima e rilevantissima omissione e una grande lacuna io la scorsi subito, quale fanciulla precoce e abbastanza desta di intelletto, nel quarto Comandamento di Mosè, constatando che “l’uomo di Dio” inculca bensì ai figli, spesso molto deboli e scarsi di intelletto, l’amore, l’obbedienza e il rispetto verso i genitori, ma viceversa non fa quasi assolutamente cenno di un qualche dovere dei genitori di fronte ai loro figli! E così una simile Legge finisce con l’apparire un po’ strana, tanto più che, in generale, non è proprio raro il caso che certi figli siano già nella culla più ragionevoli e buoni dei loro genitori stoltissimi e colmi di ogni cattiveria.

3. Un fanciullo è spesso per sua natura di buoni e nobili sentimenti, e se questi venissero coltivati in lui egli potrebbe diventare anche un uomo nobile e buono. Sennonché, secondo la Legge di Mosè, il fanciullo deve una volta per sempre obbedire rigidamente, esclusa qualsiasi ragionevole eccezione, ai propri stolti e cattivi genitori, e deve infine diventare stolto e cattivo altrettanto quanto stolti e cattivi sono i suoi genitori. Ed è qui che “l’uomo di Dio” avrebbe, secondo me, potuto suggerire qualcosa riguardo a qualche equo dovere dei genitori verso i loro figli, in base al cui adempimento coscienzioso i figli sarebbero dovuti venire a loro volta chiamati ad una prestazione di reciprocità verso i loro genitori per quanto riguarda i doveri.

4. Oppure, secondo Mosè, anche i figli dei ladri sono tenuti ad obbedire rigidamente ai loro genitori, ad amarli, onorarli e a seguire le tracce dei loro vecchi? Nel caso in cui - come in pratica si è verificato già molte volte - dei figli ragionevoli di genitori cattivi e perversi, il cui malvagio agire ed operare non poteva non essere visto dai figli innocenti e non suscitare in loro che avversione, abbiano rifiutato obbedienza e amore appunto a dei genitori perversi di questa fatta e li abbiano abbandonati per cercare occasione altrove di rendersi migliori frequentando persone migliori, ebbene, hanno peccato questi figli contro la Legge di Mosè per non aver voluto diventare essi stessi ladri, briganti, assassini, ipocriti, truffatori e mentitori come sarebbero dovuti diventare per amore ed obbedienza ai loro genitori?

5. Se Mosè e i profeti ordinano di punire anche questi figli migliori, e considerano peccato la mancanza d’amore e la giusta disobbedienza verso i loro cattivi genitori, allora vuol dire che Mosè e tutti i profeti devono essere stati mille volte ancora più stolti e ciechi di me, e che con le loro scritture e predizioni non hanno reso veramente un onore particolarmente grande alla Sapienza di Dio! Signore, dimmi se ho fatto male giudicando così la Legge di Mosè e dei profeti!»

6. Io dissi: «Oh, niente affatto, anzi secondo il tuo intendimento hai giudicato benissimo; tuttavia la tua critica non è perfettamente in regola per la ragione che Mosè mediante il Mio Spirito vide con assoluta chiarezza che non era affatto necessario comandare ai genitori un amore particolare per i loro figli, dato che un simile amore è stato in ogni modo posto già da Me in piena misura nei genitori per così dire come un sentimento istintivo, il che non può succedere così tanto nei figli, dato che, essendo appena entrati nella scuola di questa vita terrena, devono ancora essere educati al vero e giusto amore.

7. È per questo che ogni uomo su questa Terra giunge così debole e senza conoscenza e amore nella vita del mondo, affinché egli, libero da qualsiasi forma di costrizione, come se fosse del tutto abbandonato da Dio, si formi fino a diventare un uomo libero e completamente autonomo mediante l’insegnamento esteriore, le leggi e con la propria obbedienza spontanea.

8. E vedi, anche gli insegnamenti e leggi devono venire date per lo più particolarmente ai figli e non tanto ai genitori, per il fatto che quest’ultimi a suo tempo sono stati essi pure dei figli, e che sono diventati solo più tardi esseri liberi e del tutto indipendenti per mezzo degli insegnamenti e delle Leggi prescritte per i figli!

9. Ciò che attiene specialmente ai doveri dei genitori vero i loro figli, da parte di Mosè e dei profeti è già stato indicato nelle leggi statali, leggi che però tu non hai certo letto ancora. In proposito sono già state prese in tempo tutte le disposizioni, e due persone non possono unirsi in matrimonio se prima non hanno fornito dinanzi al sacerdote la prova che sono bene a conoscenza delle necessarie leggi statali riguardo al matrimonio.

10. E così vedi, o Hèlia Mia cara, che la tua critica per quanto riguarda il quarto Comandamento di Mosè non rientrava troppo nel giusto ordine, ed Io ho ormai eliminato le lacune e le omissioni. Adesso però continua pure nella tua critica anche degli altri Comandamenti, e poi ti dirò nuovamente quando avrai avuto ragione oppure torto!»

11. Disse Hèlia: «O Signore, perché dovrei continuare nella mia stolta critica? Dato che ormai vedo già anticipatamente con tutta chiarezza che Tu mi mostrerai di nuovo come sono sbagliati e stolti i miei giudizi»

12. Dissi Io: «Ebbene, che danno puoi averne tu o qualcun altro? Infatti Io sono venuto a questo mondo precisamente per liberarvi da tutti i numerosi errori mediante la vivente Luce della verità. Se tu non metti in piena luce le omissioni, in apparenza perfettamente fondate, da te riscontrate nella Legge e nei profeti, esse rimarranno in te e possono ancora benissimo far deperire la vita della tua anima; se invece le rendi manifeste, tu te ne liberi del tutto, e al loro posto prenderà poi dimora nel tuo cuore la Luce dell’eterna verità. Continua pure a parlare dunque e criticare e ciò senza alcuna reticenza, e poi da parte Mia ti verrà ben data una giusta Luce! Infatti, vedi, questa cosa ora è appunto quanto mai necessaria, dato che qui ci sono molti altri i quali già da lungo tempo, come te, hanno rilevato omissioni in Mosè e nei profeti; apri quindi di nuovo la tua bella bocca e parla con la tua lingua sciolta!».

 

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Cap. 31

Il quinto Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «O Signore, io ripeto adesso quello che ho detto prima: “Chi fa secondo la Tua Volontà, non può davvero peccare!”. Quindi io prendo il quinto Comandamento di Mosè e dico: “Ecco, qui sta scritto: ‘Tu non devi uccidere!’”. Premetto però che la mia critica si estenderà unicamente alla Legge tale quale essa si presenta, senza curarmi per il momento di quanto Mosè oppure anche un qualche altro profeta possa avervi fatto seguire più tardi sia a voce, sia per iscritto. Infatti un Comandamento veramente divino deve anche abbracciare in sé, perfino nella maggior semplicità possibile, tutto quello che ragionevolmente può essere di giovamento a ciascun essere umano. Sennonché questo Comandamento non contiene proprio assolutamente nulla di tutto ciò, e per conseguenza qualunque essere umano capace di pensare non può dire di esso e affermare altro se non che o deve trattarsi di un’opera umana, oppure che – anche solo in seguito, magari per motivi di strategia bellica – qualcosa di questo Comandamento è stato omesso ad opera degli uomini.

2. “Tu non devi uccidere!”. Ma anzitutto chi è propriamente il “tu” che non deve uccidere? Questo vale per ogni essere umano senza distinzione di sesso, di età e di ceto, oppure è dato esso soltanto per la parte maschile dell’umanità, e a cominciare da una certa età e per individui di un determinato ceto? In secondo luogo: “Chi o che cosa poi veramente non si deve uccidere? Soltanto gli esseri umani forse, o nemmeno gli animali?”. Secondo quanto posso giudicare io, sembra che il Comandamento non si riferisca né agli uni, né agli altri.

3. Non si può riferire all’uccisione degli uomini, perché già Giosuè distrusse a suo tempo Gerico uccidendone gli abitanti, e ciò per ordine di Jehova. Il massacro dei sacerdoti degli idoli per mano del grande profeta Elia è cosa nota. Vediamo poi il re Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio, per non parlare poi degli altri! Quante migliaia e centinaia di migliaia non vennero uccisi per mezzo suo e quanti non ne vengono uccisi in ciascun anno del nostro tempo! I potenti della Terra, nonostante la pronunciata categorica Legge divina, hanno tuttavia sempre dalla parte di Dio il pienissimo diritto di uccidere il loro prossimo; e così questa Legge non concerne che la parte oppressa e misera dei poveri diavoli dell’umanità. Fino a qual punto poi questa Legge riguardi anche la donna, non si può affatto valutare, quantunque dalle cronache si possa rilevare come anche le donne abbiano saputo far uso della spada; eccome!

4. Che noi infine, miseri rappresentanti dell’umanità, non dobbiamo ammazzare nemmeno gli animali, di questo, a mio parere, non merita neppure discutere, perché a tale riguardo si incarica già la natura stessa di insegnare all’umanità come quest’ultima debba, senza distinzione di ceto, sesso ed età, stare pronta a difendersi, per la vita e per la morte, dalle molte bestie maligne, qualora non voglia venire dappertutto assalita, dilaniata e divorata se gli animali selvaggi e feroci hanno la meglio nello scontro.

5. “Tu non devi uccidere!”. Ma se io vengo assalita da un brigante che vuole derubarmi e poi uccidermi - ed anche lo farà - io però, che sono l’assalita, dispongo di forza, coraggio e un’arma che mi mette nella possibilità di uccidere il mio aggressore prima che egli mi possa infliggere il colpo mortale; cosa posso farci? Ora la necessità della difesa dovrebbe pure trovare espressione nella Legge almeno così che fosse detto: “Tu non devi uccidere, salvo il caso di estrema necessità per tua difesa!”. Invece no, di ciò nella Legge non vi è nemmeno una sillaba! Ed essa si limita semplicemente a dire: “Tu non devi uccidere!”. Ma se la semplice Legge suona così, dov’è da ricercare nella stessa l’Amore e la Sapienza divini, che pur dovevano sapere in quali condizioni davvero deplorevolissime l’uomo è destinato a trascorrere la propria vita su questa Terra?

6. Perché Dio diede una simile Legge, e comandò poi Egli stesso ad un Davide di sterminare del tutto i Filistei e i Moabiti? Perché Giuditta poté uccidere Oloferne, e perché anche a me non è concesso di togliere senza peccato la vita a nessuno? Chi diede agli egiziani, ai greci e ai romani il diritto di uccidere chiunque contravvenisse in maniera grave alla loro legge?».

7. Poi lei si guardò intorno per vedere come erano state accolte dagli altri le sue critiche.

8. Quasi tutti le diedero ragione, e uno dei farisei, che era dottore della Legge, disse: «Sì, sì, in questa questione, se considerata con i nostri concetti umani, non si può proprio dare interamente torto a questa bella figlia, perché la Legge fondamentale suona letteralmente così, quantunque più tardi nei libri di Mosè sia spiegato tutto ciò che riguarda l’interpretazione e l’applicazione di questo Comandamento. Tuttavia una legge originaria fondamentale e capitale dovrebbe davvero già contenere essenzialmente espresso in sé ciò che pretende e vuole, almeno con le condizioni accessorie strettamente necessarie, poiché ciascun chiarimento e ciascun successivo completamento di una legge data danno sempre l’impressione che il legislatore, emanando la legge fondamentale, non abbia pensato proprio a tutto ciò che mediante la legge stessa voleva comandare o vietare che venisse fatto.

9. Ebbene, trattandosi di legislatori umani, questa cosa è comprensibile, perché da loro non si può pretendere una perfezione chiara e divina del pensare e del volere, ed è quindi perfettamente naturale che, trattandosi di leggi umane, a queste debbano seguire ogni specie di norme integrative ed esplicative; ma trattandosi di una Legge veramente divina, questa non dovrebbe rivelare proprio nessuna lacuna tale da rendere necessarie delle aggiunte o delle spiegazioni posticipate di ogni tipo. Certo, considerata la cosa da questo punto di vista, si potrebbe finire davvero col concludere che la Legge di Mosè o non è di origine puramente divina, oppure che, come attualmente essa è, non rappresenta che una contraffazione dovuta all’egoismo e alla mala volontà dell’uomo. Con ciò però io non intendo affatto giudicare la Legge, ma esporre semplicemente la mia opinione che può benissimo essere errata»

10. Io dissi: «Sì, questo certamente! Infatti se voi cominciate a criticare le Mie Leggi con il vostro intelletto umano, non vi è dubbio che dovrete trovarle colme di lacune e omissioni. Se tu ami il prossimo tuo come te stesso, non l’odierai, non gli sarai ostile e quindi non cercherai di danneggiarlo; perciò, se ti comporti così, tanto meno ti troverai spinto ad ucciderlo in qualche modo né corporalmente, né meno ancora nell’anima con ogni tipo di oltraggi.

11. “Tu non devi uccidere!”. Così precisamente e in verità è detto nella Legge. Ma perché? Perché con la parola “uccidere” già da antichi tempi si aveva voluto significare l’invidia, la gelosia, l’ira, l’odio e la vendetta.

12. “Tu non devi uccidere!” di conseguenza vuol dire: “Tu non devi portare invidia a nessuno, non devi guardare con occhio astioso i più fortunati e non deve ardere in te il fuoco dell’ira contro il tuo prossimo, perché fuori dall’ira sorge l’odio, e fuori dall’odio sorge la maligna vendetta che tutto distrugge!”

13. E anche sta bene scritto: “Mia è l’ira e Mia è la vendetta, così dice il Signore”.

14. Ma voi uomini dovete stimarvi l’un l’altro, e ciascuno con ogni amore deve cercare di essere utile all’altro, poiché voi tutti avete in Me un Padre, e perciò siete uguali al Mio Cospetto! Voi non dovete adirarvi e sparlare tra di voi, né dovete intaccare l’onore con la calunnia, perché chi fa così, uccide l’anima del prossimo!

15. E vedete, tutto ciò è concisamente espresso nell’immagine: “Non devi uccidere”! Ed i primi ebrei già ancora ai tempi di Salomone comprendevano questa Legge proprio in questo senso, e i samaritani, come i vecchi ebrei, la comprendono ancora oggi in questo senso. Ma se questa Legge già fondamentalmente è da intendersi in questo modo, come può qualcuno ammettere che con questa Legge stessa si sia voluto vietare all’uomo addirittura la difesa contro le aggressioni degli uomini malvagi e addirittura contro animali feroci?»

16. Disse Hèlia: «Si, Signore, questa cosa la vediamo benissimo noi tutti adesso, perché ce l’hai spiegata nella maniera più perfettamente giusta e vera; tuttavia senza questa spiegazione, che Tu in somma Grazia ci hai dato, non ne saremmo certo venuti a capo tanto facilmente. Perché Mosè non ha dato egli stesso simili chiarimenti appunto assieme alla Legge? Infatti lui nella sua qualità di profeta avrebbe pur dovuto prevedere che gli ebrei delle epoche future non sarebbero stati in grado di intendere in questo modo l’immagine della Legge come sicuramente l’avevano compresa gli ebrei del suo tempo!»

17. Dissi Io: «Si, Mia cara criticona, questa cosa Mosè l’ha prevista molto bene, e appunto perciò ha messo per iscritto una quantità di spiegazioni per l’avvenire; però né a Mosè, né a Me si può attribuire la colpa se tu fino ad oggi non le hai ancora lette.

18. Ad ogni modo è stata una cosa utile che tu ci abbia fatto sentire la tua critica, perché così hai enunciato appunto le omissioni e le lacune che non si trovano in realtà nella Legge ma piuttosto nella vostra capacità di riconoscere le cose; e allo scopo di colmare queste lacune Io ti lascerò appunto criticare l’antica Legge di Mosè.

19. Considerato perciò che così avremmo chiarito anche il quinto Comandamento, tu puoi ora benissimo affrontare il sesto e mostrarci pure in questo quelle certe omissioni e lacune se ne hai trovate alcune. E così parla dunque!».

 

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Cap. 32

Il sesto Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «O Signore e Maestro, vedi, io sono una ragazza e non ho ancora conosciuto un uomo; ritengo per conseguenza che sia sconveniente che io in particolare faccia delle osservazioni riguardo a questo sesto Comandamento. Dunque, o Signore, io vorrei che a Te piacesse esonerarmi dal parlare del Comandamento stesso»

2. Io dissi: «Oh, Mia cara figlia, se tu in segreto non avessi proprio alcuna conoscenza di questo Comandamento, Io davvero non ti inviterei a parlare; ma dato che questo Comandamento lo conosci bene, anche se tu non hai mai ancora avuto a che fare con uomo, puoi ragionare convenientemente anche tu pure di questo Comandamento. Parla dunque alla tua maniera!»

3. Disse Hèlia ripetendo la sua massima: «O Signore! Chi fa secondo la Tua Volontà non può peccare; quindi io anche parlerò nella maniera che meglio si conviene. “Tu non devi commettere adulterio!”, così suona letteralmente il sesto Comandamento. Però, secondo quanto ebbe ad insegnarmi il mio rabbi, il Comandamento va ampliato così: “Sii casto e puro al cospetto di Dio e degli uomini, perché chi vive ed opera in maniera impudica e impura, costui è peccatore altrettanto quanto lo è un adultero, un lussurioso e un fornicatore!”. Questi furono gli insegnamenti del mio rabbi.

4. A questo riguardo non avrei altro da ridire all’infuori del fatto che, in primo luogo, Mosè nello stabilire i Comandamenti principali nel suo secondo libro, al capitolo 20, non vieta che l’adulterio, quantunque egli poi nel terzo libro, credo al capitolo 18, parli diffusamente di ciò; ma queste cose io non le ho ancora lette, perché il mio rabbi non le trovava adatte a me. In secondo luogo, poi, Dio per mezzo di Mosè diede questo Comandamento, come pure vari altri, secondo la lettera[10], sempre solamente al sesso maschile, mentre non fece cenno che rare volte alla donna.

5. Chi è il “tu” che non deve commettere adulterio? Nella Legge il singolo Comandamento è indirizzato soltanto ad un’unica persona, o soltanto ad un unico sesso, evidentemente quello maschile, mentre non si pensa affatto alla donna. Qui si potrà certo dire: “Se l’uomo non deve commettere adulterio, non lo può commettere nemmeno la donna, poiché senza l’uomo essa non può peccare”. Ma a mio parere è appunto la donna quella che, a motivo delle sue attrattive, è il più delle volte per l’uomo l’elemento di seduzione all’adulterio; quindi dovrebbe anzi particolarmente venire detto alla donna che lei non deve indurre alcun uomo all’adulterio, e anche che non deve commetterlo lei stessa! Infatti quando la donna è completamente fedele del tutto all’uomo, certo di adulterio non ci sarà più da parlare! Ma nella Legge fondamentale la donna forma una vera e propria eccezione, e ne viene fatta menzione solo nelle disposizioni successive di Mosè.

6. Ma io vorrei adesso sapere perché è stato così e perché Mosè, nell’emanare la Legge, abbia così di rado preso in considerazione la donna in confronto all’uomo! Appartiene forse la donna meno dell’uomo al genere umano?»

7. Dissi Io: «Ebbene, a questa omissione da te riscontrata si può prestare ancora qualche attenzione, nonostante che la stessa non sfiori che soltanto marginalmente la verità. Vedi, anche in questo c’è già nuovamente in primo piano l’amore del prossimo vero e puro; e questo riguarda la donna quanto l’uomo!

8. Se tu, per esempio, fossi la moglie di un uomo onesto nel vero senso della parola, ti farebbe piacere se la moglie del tuo vicino desiderasse tuo marito e facesse con lui quello che non è giusto? Se tu dunque in cuor tuo non potresti certo desiderare che una cosa simile accadesse, è tuo dovere comportarti verso la tua vicina precisamente così come desidereresti che lei si comportasse verso di te! Per conseguenza quanto nella Legge è detto all’uomo, si intende similmente valido nella stessa misura anche per la donna.

9. Dio diede la Legge fondamentale nel senso (ebraico) letterale unicamente all’uomo, soltanto per quella stessa ragione per la quale Egli diede al capo dell’essere umano i sensi principali, e per mezzo di questi anche l’intelletto nel cervello. Ma come Dio parla anzitutto solo all’intelletto dell’essere umano, Egli così parla anche all’uomo il quale di conseguenza è il capo della donna, come la donna è in certo qual modo il corpo dell’uomo. Ora, se il capo di un essere umano è illuminato e molto intelligente, ebbene, non parteciperà di questa intelligenza in uguale misura anche l’intero corpo?

10. Quando l’intelletto umano è bene illuminato, ben presto ne sarà bene illuminato pure il cuore umano il quale si adeguerà volentieri all’ordine dell’intelletto. Ebbene, la donna corrisponde anche al cuore dell’uomo, e se così l’uomo, che rappresenta il capo, è bene illuminato, anche la donna, che rappresenta il suo cuore, risulterà illuminata altrettanto bene.

11. Sta scritto già da tempi antichissimi che uomo e donna sono uno stesso corpo. Di conseguenza quello che è stato detto per l’uomo, è stato detto ugualmente anche per la donna.

12. E con ciò, vedi, adesso Io ti ho dimostrato anche l’infondatezza di questo tuo dubbio, e ti ho fatto vedere la Legge nella sua vera luce, che tu certo hai perfettamente compresa; ma poiché tu le hai molto bene comprese, puoi già proseguire con la tua critica».

 

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Cap. 33

Il settimo Comandamento

 

1. (Continua il Signore): «Cosa trovi eventualmente che sia stato omesso nel settimo Comandamento, ovvero cosa vi è in esso che tu non comprendi? Esprimiti pure senza farti nessun riguardo, perché le tue stesse critiche e i tuoi stessi dubbi sono anche critiche e dubbi nell’animo di molti fra i qui presenti. Dunque, come suona il settimo Comandamento principale di Mosè?»

2. Disse Hèlia: «O Signore, adesso che ho ricevuto da Te la giusta Luce, non trovo più davvero né omissioni, né lacune in questo Comandamento! Esso dice: “Tu non devi rubare!”. Qui conviene nuovamente prendere in piena considerazione il vero amore del prossimo dall’inizio! Infatti, a ciò che io ragionevolmente non posso in alcun modo desiderare che venga fatto a me, non lo devo fare io stessa al mio prossimo; e così ancora una volta vedo molto bene come tutta intera la Legge di Mosè, e certo anche di tutti i profeti, siano contenute nei Tuoi due precetti dell’Amore! Ora mi accorgo pure che il Comandamento dell’amore del prossimo sorge puramente dalla Misericordia, quale il potentissimo settimo Spirito di Dio nel cuore umano che compenetra e vivifica tutti i precedenti sei Spiriti, e che esso rende l’intero essere umano buono e veramente saggio. Chi però è veramente buono e saggio, certo non metterà mai le mani su una cosa che appartiene al suo prossimo. E così anche il settimo Comandamento è già in perfetto ordine, né io vi trovo niente che sia manchevole»

3. Dissi Io: «Bene, Mia, ora già assai più cara, Hèlia! Questa critica che ora hai fatto della Legge mosaica puramente divina e immacolatamente savia per il vero benessere dell’umanità Mi è incredibilmente più cara di tutte le tue critiche precedenti. Questo fatto però non deve affatto trattenerci dal sottoporre ad una critica severissima pure i rimanenti tre Comandamenti; e così dunque passiamo anche subito all’ottavo Comandamento! Come suona questo? Parla ora pure arditamente come sai esprimerti, e per mezzo di ciò Mi renderai una vera gioia!».

 

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Cap. 34

L’ottavo Comandamento

 

1. Allora la giovinetta si fece un po’ più di coraggio e, guardandoMi con fiducia assoluta, Mi disse: «Si, Signore mio amabilissimo, io sento ormai nel profondo del mio cuore un immenso affetto per Te, e se non temessi di offenderTi, vorrei ben dirTi qualcosa riguardo all’ottavo Comandamento; ma al Tuo cospetto, o Signore - Jehova ora corporalmente dinanzi a noi - bisogna concentrarsi molto per non offendere la Tua divina Santità interiore! E adesso è alquanto duro e difficile esprimersi proprio con assoluta libertà!»

2. Io dissi: «Oh tu sincera e cara anima, questo poi non devi temerlo mai in eterno da parte Mia; perciò ora parla pure con tutta spigliatezza!»

3. Disse Hèlia con un volto estremamente amorevole: «O Signore, chi fa secondo la Tua Volontà, non pecca, quindi io parlerò! L’ottavo Comandamento dice semplicemente: “Tu non devi rendere alcuna falsa testimonianza!”. Dato però che nella Scrittura non è detto in particolare di chi non si deve testimoniare falsamente, si intende evidentemente da sé che una falsa testimonianza non la si deve rendere nemmeno di se stessi! Infatti il mio vecchio rabbi moltissime volte mi disse che la menzogna è un peccato abominevolissimo, poiché da questa trae origine ogni maligna astuzia, ogni inganno, ogni discordia, litigio, contesa, guerra e assassinio. Si deve avere sempre in bocca la verità e dire soltanto quello che si sente e che si sa con precisione, e ciò anche qualora potesse derivarci un qualche svantaggio terreno! Infatti una parola vera ha al cospetto di Dio un valore molto maggiore di un mondo intero colmo d’oro e di pietre preziose. Con ciò anche ciascuna falsa parola sul conto di se stessi costituisce una falsa testimonianza proibita da Dio.

4. Ed io quindi colgo ora l’occasione, senza farmi alcun riguardo, di dichiararTi in faccia che io, o Signore, Ti amo davvero sopra ogni cosa. Oh, se mi fosse concesso di stringerTi come vorrei al mio petto, sento che questa gioia immensa potrebbe costarmi la vita del corpo! Vedi, o Signore, ora non ho testimoniato falsamente di me! Ma come di me stessa non ho reso falsa testimonianza, così non la rendo nemmeno mai contro al mio prossimo! Ed è chiaro che anche qui, come nelle altre Leggi, la parte principale la deve avere appunto il noto settimo Spirito di Dio! O Signore, Ti ho adesso in qualche modo offeso?»

5. Io dissi: «Oh, Mia cara figlia, per niente! Infatti, per quanto grande anche sia il tuo amore per Me, il Mio per te tuttavia lo supera in misura che tu non riuscirai mai a comprendere! Dunque per quanto riguarda il nostro reciproco amore, noi due sappiamo ora perfettamente come stanno le cose; ma non è completamente così per quanto riguarda l’ottavo Comandamento! Ascolta dunque: Io voglio farti notare qualcosa ancora!

6. Supponiamo che tu venissi interrogata da qualche giudice per sentire se tu fossi a conoscenza dei particolari di un grave crimine perpetrato di nascosto, ammettiamo, da un tuo congiunto a te molto caro, e per sapere inoltre se a te fosse possibile indicare il luogo di rifugio del malfattore, dato che la giustizia non è ancora riuscita a catturarlo. Ora, ammettiamo che tu fossi precisamente informata tanto del crimine commesso da questo tuo strettissimo congiunto, quanto del suo luogo di rifugio; cosa risponderesti tu al giudice che ti avesse interrogata in merito a ciò?»

7. Ed Hèlia disse senza alcuna esitazione: «O Signore, se questo ottavo Comandamento si fonda anch’esso sul puro amore per il prossimo in quanto non si deve rendere falsa testimonianza contro nessuno per non arrecargli danno, questo Comandamento stesso non può viceversa esigere che si debba nuocere al prossimo col dichiarare senza nessun riguardo la piena verità! Perciò confesso che in un simile caso io non verrei mai in eterno fuori con la verità! Perché, così facendo, a chi potrei procurare un vantaggio? Al giudice bramoso di condannare, no di certo: infatti, che egli abbia tra le mani lo sciagurato malfattore oppure no, non gli procura nessun vantaggio speciale; e meno ancora poi al malfattore stesso che forse si è già pentito del crimine commesso e che è sulla via del ravvedimento. Infatti, se io lo consegno nelle mani del giudice, allora egli è perduto forse anche per l’eternità, ciò che io non augurerei nemmeno a chi il crimine l’avesse commesso ai miei propri danni. Dunque, come ho detto, in un simile caso io volgerei senz’altro le spalle alla verità, e nemmeno a costo della mia vita mi indurrei a tradire lo sventurato malfattore!

8. Se, conformemente alle spiegazioni date da Te stesso, o Signore, l’amore del prossimo consiste nel fare al prossimo tutto ciò che si può desiderare che il prossimo faccia a noi, nemmeno il Dio più giusto potrebbe biasimarmi se non volessi fare neanche al mio più acerrimo nemico quello che, trovandomi eventualmente io nella sua situazione, non bramerei che il prossimo facesse a me, vale a dire che mi tradisse! Del resto Dio per punire un indurito malfattore non ha bisogno né di un giudice di questo mondo, né meno ancora di un chiacchierone traditore. Egli, il Sapientissimo, il Giustissimo ed Onnipotente, saprà ben punire il criminale anche senza l’intervento di un giudice terreno e senza la mia bocca! Nessuno finora è potuto sfuggirGli, e nemmeno in avvenire nessuno mai Gli sfuggirà!

9. Ma ora, o Signore, io Ti domando se la moglie di Isacco ha peccato al cospetto di Dio mentendo e ingannando il cieco Isacco presentandogli, per l’impartizione e la distribuzione della benedizione paterna, il secondogenito Giacobbe al posto del rozzo Esaù! Io questa cosa la considero come un evidente inganno; eppure nella Scrittura è detto che ciò avvenne secondo la Volontà di Jehova. Ma se ciò fu buono e giusto al cospetto di Dio, sarà altrettanto buono e giusto certo al Tuo cospetto, o Signore, se mi asterrò dal dire tutta la verità, quando col dire la verità non potrò fare il vantaggio del mio prossimo che a me non ha addirittura fatto mai del male, ma anzi non potrò che arrecargli un danno immenso!

10. Dunque, la mia opinione ora è che, se Dio e Mosè non hanno messo alcuna eccezione nell’ottavo Comandamento, appunto in questo Comandamento è rimasta una grande lacuna la quale può e anche deve venire colmata esclusivamente per mezzo del Tuo Comandamento dell’amore del prossimo. Ho io ragione o no?»

11. Dissi Io: «Da un lato, completamente, ma da un altro nuovamente non ce l’hai! Infatti, vedi, il malfattore dopo la sua fuga potrebbe anche non essersi ravveduto, anzi tu potresti essere a conoscenza del fatto che egli continua a perpetrare altri crimini ancora più gravi a danno di molta altra gente! Se tu in un simile caso rivelassi alla giustizia il suo nascondiglio affinché essa potesse ricercarlo, tu salveresti così molta gente da una grave sventura e con ciò le renderesti un grande servizio d’amore. Qual è dunque la tua opinione riguardo a tale caso facilmente possibile?»

12. Questa Mia obiezione sorprese Hèlia la quale non seppe bene cosa rispondere. Solo dopo qualche tempo di profonda riflessione disse: «Ebbene, se qualora, a causa di un individuo malvagio e incorreggibile, molti innocenti dovessero soffrire, la ragione dice che è meglio che a soffrire sia uno solo, che se lo è ben meritato. E perciò anche in questo caso è il vero amore del prossimo che prescrive di dire la verità se essa viene richiesta. Se poi, data una simile eventualità, si deve assumere spontaneamente la parte del traditore, questo non lo puoi decidere che Tu, o Signore!»

13. Io dissi: «Da parte Mia nessuno si senta obbligato di procedere in questo modo, ma invece ognuno sia libero di regolarsi a suo piacimento; ed ora passiamo al nono Comandamento! Che cosa prescrive?».

 

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Cap. 35

Il nono e il decimo Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «O Signore e Maestro, trattandosi del nono e del decimo Comandamento, già dall’inizio trovo da rilevare una obiezione che non è davvero senza importanza, e precisamente che noi, nuovi ebrei, abbiamo ora un nono e un decimo Comandamento, mentre Mosè a conclusione della sua Legge fondamentale non diede che un nono Comandamento. Ora il nono Comandamento nella sua integrità suona: “Non desiderare la casa del tuo prossimo, non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né nessuna cosa che ha il tuo prossimo!”.

2. Con ciò la Legge fondamentale è finita, perché subito dopo, secondo quanto narra Mosè, il popolo, spaventato dai lampi e dai tuoni, dal suono delle trombe e dal monte fumante, fuggì via e pregò Mosè che volesse parlare egli solo con Dio, perché qualora il popolo avesse dovuto ascoltare ancora a lungo la Voce impressionante di Dio, tutta la gente sarebbe morta per il terrore e l’angoscia, poi Mosè tranquillizzò il popolo e lo consolò. Ma di un ulteriore decimo Comandamento, nel suo libro non c’è più alcun particolare cenno.

3. Ciononostante da noi le parole: “Non desiderare la donna del tuo prossimo!”, sono state omesse dal nono Comandamento e da ciò è stato fatto un decimo Comandamento; altri ancora le includono nel nono, mentre dicono che tutto il resto forma il decimo Comandamento. Conviene dunque per prima cosa porre il quesito: “Mosè ha ricevuto da Dio dieci Comandamenti, oppure solamente nove?”»

4. Dissi Io: «In origine, o Hèlia mia cara, i Comandamenti erano solo nove; più tardi, quando Mosè fu costretto a sostituire le prime tavole di pietra della Legge, che si erano spezzate, con delle nuove, egli stesso divise in due parti l’ultimo Comandamento allo scopo di far risaltare in tutta evidenza il desiderio adulterino della donna altrui. Questo vizio gli ebrei l’avevano acquisito in proporzioni considerevoli nella terra d’Egitto, e a causa di questo vizio vivevano in continuo antagonismo e continue discordie tra di loro, tanto da creare delle reciproche inimicizie addirittura mortali. Le cose erano anzi arrivate a tal punto che egli, infine, pose la pena di morte corporea contro l’adulterio, visto che le parole, per quanto sagge, non erano capaci di portare alcun frutto presso gli ebrei sommersi in ogni genere di sensualità.

5. E così tu ora sai quando, come e perché fuori dall’ultimo Comandamento - il nono - sia sorto un decimo come esistente a sé. In generale però il numero non ha alcuna importanza, ma quello che importa è unicamente la sostanza; tu dunque puoi dare inizio alla tua critica o rispetto al nono Comandamento nella sua originaria integrità, oppure rispetto allo stesso suddiviso in nono e decimo ciascuno per sé; questo dipende soltanto da te e puoi fare come meglio ti piace. Adesso tu puoi pure riprendere a parlare!»

6. Hèlia disse: «O Signore e Maestro sopra ogni cosa! Data la scioltezza della mia lingua abbastanza accentuata fin dalla nascita, col parlare me la sbrigherei presto; sennonché io vedo già anticipatamente come anche questa volta finirò con l’aver parlato invano! Infatti chi può sostenere, fuori dalla sua grande stoltezza, una qualche tesi al Tuo cospetto che Tu non sia in grado di confutare subito con mille argomenti? Ma se è così, a che scopo parlare ancora?»

7. Dissi Io: «Ebbene vedi, figlia mia, di solito assai cara, tu pure vorresti una volta avere in qualche modo ragione, come è il caso quasi con la maggior parte delle donne; ma qui non si tratta assolutamente di una futile discussione per dimostrare di aver ragione, ma si tratta delle questioni più serie per la vita; voi quindi dovete da voi stessi esporvi alla chiara luce del giorno con tutti i vostri antichi errori, affinché possiate tanto più completamente riconoscerli per tali nella Mia Luce quanto mai vera e vivente! Questo è il motivo per il quale Io ora ti lascio parlare a nome di tutti, perché so benissimo che tu possiedi una memoria molto buona e nitida, inoltre anche una lingua molto sciolta, e perché precisamente tu conosci più di altri, sulla scorta degli insegnamenti del tuo rabbi, le lacune e le omissioni nella Legge e nei profeti. Per conseguenza esprimi pure come prima francamente tutto quello che eventualmente ritieni non sia del tutto conforme al pienissimo e al buonissimo ordine!»

8. Disse Hèlia: «O Signore, facendo secondo la Tua Volontà, certo non si commette peccato e, forte di questa massima, sento di non dover affatto nascondere che appunto con questo - dico intero - nono Comandamento non sono veramente per nulla d’accordo, perché tutto ciò che viene proibito in esso fa un torto evidente ad ogni lucido intelletto! Anzitutto perché quanto vi è contenuto si trova già più che a sufficienza incluso nel sesto e settimo Comandamento, e poi perché esso interdice all’essere umano addirittura il pensare, il sentire e il desiderare!

9. Che importanza può avere se talvolta in un qualche misero essere umano, condannato già fin dalla nascita e per tutto il tempo della sua vita a compiere i lavori più faticosi in cambio di un magro cibo, sorge il pensiero, mettiamo pure, il desiderio di avere egli pure un giorno una propria casa, od una propria diletta moglie, oppure di poter chiamare suo un bue od un asino? Non dovrebbe forse avere neanche tale desiderio, onesto per lui, perché tanto non sarà mai adempiuto? Ma se proprio non dovesse mai nemmeno avere una brama di queste cose, converrebbe evidentemente toglierli prima completamente il pensare, il sentire e il percepire.

10. In verità questo sciocco Comandamento suscita in me l’impressione come se Mosè avesse vietato agli uomini l’uso dei loro sensi e oltre a ciò quello delle mani e dei piedi; anzi questa sarebbe una pretesa molto più modesta di quella di proibire loro le funzioni più interiori della vita, per le quali davvero nessuno può essere chiamato responsabile se si manifestano in lui e se vengono destate ed eccitate in seguito ad ogni tipo di circostanze e di rapporti.

11. Io non intendo più accennare qui in qualche modo a quanto già detto in precedenza, vale a dire che questo Comandamento appare dato esclusivamente all’uomo, perché tale questione è stata già discussa e chiarita, e quindi si deve ammettere con tutta probabilità che ciascuna Legge riguardi la donna appunto altrettanto quanto l’uomo, e che per conseguenza anche alla donna vada prescritto: “Non desiderare il marito del tuo prossimo!”. A questo riguardo, la Legge sarebbe perfettamente in ordine; ma che una creatura umana non debba pensare niente, sentire niente, desiderare niente e nemmeno percepire niente, questo è pretendere un po’ troppo!

12. È bensì vero che in noi sorgono ogni tipo di pensieri, come pure desideri e brame di vario genere, e infine anche aspirazioni e azioni di carattere buono e cattivo; ma senza i pensieri che devono precedere, per quanto essi certamente molto spesso diano origine a degli atti malvagi, non sono immaginabili neppure delle decisioni e delle azioni buone. Questa cosa deve riuscire chiara e ben comprensibile a ciascun angelo e a ciascun essere umano anche per poco intelligente e ragionevole che sia. Quindi io sostengo che quest’ultimo Comandamento, in quanto vieta agli uomini le azioni malvagie, è perfettamente in ordine anche se a mio avviso appaia superfluo per la ragione che, come già detto prima, quanto in esso è detto, compare ad ogni modo già incluso nel sesto e nel settimo Comandamento. Invece non lo trovo affatto in ordine per quanto vieta all’uomo di pensare, di sentire, di percepire, nonché sia pure un minimo desiderare, aspirare e bramare che certo ne sono la legittima conseguenza!

13. Per esempio, io, i miei genitori e mio fratello abbiamo perso le nostre sostanze ed i nostri possedimenti non per colpa nostra, e non c’è rimasto nulla all’infuori della nostra nuda vita e, per Tua Grazia o Signore, i buoni amici; se noi allora, vedendo i grandi e i ricchi gozzovigliare nell’abbondanza, sentissimo nella nostra grande miseria sorgere in noi la brama di possedere una minimissima parte soltanto di quanto essi possiedono in eccesso, avremmo forse peccato? Se, quando siamo affamati, non dovessimo consolarci neanche immaginando di poterci saziare di quanto sovrabbonda nella scodella, allora sarebbe la fine di tutto!

14. A questo si aggiunge un’altra grande questione, vale a dire: “Perché di tutto quello che c’è su questa Terra che, in fondo, è proprietà e territorio di Dio, non viene assicurato a ciascun uomo, che è stato posto senza sua colpa su questo mondo, almeno tanta parte dei beni naturali da poter bastare ai bisogni della propria vita corporale? Perché devono, o è reso possibile ad alcuni uomini, dichiarare così tante cose loro proprietà, tutelati in ciò dalla Legge in ogni maniera immaginabile, mentre invece la stragrande maggioranza è condannata a non possedere niente e deve infine per di più rassegnarsi, conformemente alla Legge divina, a non far sorgere in sé addirittura nemmeno un desiderio di avere un po’ della sovrabbondanza di ciò che i grandi e i ricchi dichiarano loro proprietà? Con questo non si toglie di certo niente a loro; ma se non è lecito bramare quello che sovrabbonda al ricco, allora non deve essere lecito neppure presentarsi davanti a lui come mendicanti per supplicarlo di fargliene dono! Infatti, il chiedere l’elemosina presuppone una brama imposta dalla necessità di possedere una parte di quanto è proprietà del ricco, che è anche tuo prossimo.

15. Noi poveri dunque non possiamo che andare dai possidenti, pregarli che ci diano del lavoro e accontentarci della magra ricompensa che loro piace assegnarci, perché domandare di più corrisponderebbe ad una brama, contraria alla Legge, di quello che è proprietà del ricco, che è anche tuo prossimo, e che egli chiama suo. O Signore e Maestro, non è possibile che un Creatore, il Quale è colmo di supremo Amore, abbia mai voluto e disposto che sia così! A voler questo non possono essere stati che degli uomini egoisti e avari, i quali probabilmente, con il pretesto della Provvidenza divina, già da tempi antichi hanno disposto così affinché noi, poveri, non dobbiamo disturbarli nel loro possesso nemmeno con i nostri pensieri!

16. O Signore e Maestro, Tu che sei la Sapienza e la Potenza suprema, cosa ne dici? Io ora ho parlato ed ho esposto quanto il mio intelletto umano ha trovato esservi di immensamente manchevole in questo ultimo Comandamento fondamentale, certamente come conseguenza di ciò che il mio rabbi mi ha insegnato. Oh, dà Tu, o Signore, a tutti noi una vera luce a questo riguardo, perché io penso che sia stata appunto questa Legge assolutamente impossibile da osservare quella che più di ogni altra cosa ha indotto l’umanità ad ogni genere di peccati e ad altri crimini, e io so fin troppo bene che appunto questa Legge è quella che quasi tutti gli ebrei più competenti considerano come di origine non divina! Oh, apri dunque la Tua santa Bocca, e facci conoscere qual è la Tua Volontà!».

 

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Cap. 36

L’importanza del controllo dei propri pensieri

 

1. Dissi Io: «Tu sei una creatura dotata di una intelligenza davvero terribilmente acuta, e la critica che tu hai mosso contro l’ultimo Comandamento di Mosè è stata proprio precisa! Sì, sì, i figli del mondo sono talvolta più perspicaci dei figli della Luce; essi vedono spesso prima dei figli della Luce lo spigolo di una dottrina. Eppure anche rispetto a questo Comandamento, nonostante la grande acutezza del tuo intelletto, tu hai dato altrettanto dei colpi nel vuoto come hai fatto con gli altri Comandamenti.

2. Tu puoi pensare quello che vuoi, però con ciò non pecchi se il tuo cuore non trova compiacimento nel pensiero non conforme al buon ordine. Ma se tu cominci a compiacerti di un cattivo pensiero, così facendo congiungi la tua volontà al cattivo pensiero, spoglio di ogni amore per il prossimo, e a questo punto non sei molto lontana dall’attuare un simile pensiero, una volta che il tuo compiacimento e la tua volontà gli abbiano dato vita, qualora le circostanze ti appaiano favorevoli e tali da permettere l’esecuzione    dell’azione senza pericolo esteriore. Perciò è estremamente importante che la luce purificata dell’intelletto e della pura ragione controllino con saggezza i pensieri che sorgono nel cuore umano, in quanto il pensiero è il seme dell’azione; ora questo necessario e savio controllo dei pensieri non potrebbe davvero venire espresso altrimenti in una forma tanto appropriata, quanto appunto dove Mosè dice: “Non desiderare questo o quello!”, poiché quando in te si è già molto accentuata una brama, è segno che il tuo pensiero ha cominciato ad avere vita grazie al tuo compiacimento e alla tua volontà, e allora dovrai lottare molto se vorrai soffocare completamente in te un simile pensiero a cui ormai è stata data vita. Come detto prima, il pensiero e l’idea sono certamente il seme dell’azione, la quale è poi il frutto del seme! Però, come è il seme, così sarà poi anche il frutto!

3. Tu dunque puoi pensare quello che vuoi, ma non dare mai vita a nessun pensiero e nessuna idea fino a farli diventare frutto prima di averli esaminati a dovere dinanzi al tribunale del tuo intelletto e della tua ragione! Se il pensiero ha sostenuto la prova del fuoco e della luce, solo allora puoi dargli vita fino a farlo diventare frutto, ovvero azione, e così puoi ben coltivare in te la brama di qualcosa di buono e di vero; però non devi desiderare qualcosa di non conforme al buon ordine che evidentemente va contro l’amore del prossimo! Ed in questo sta quanto Mosè ha espresso nel suo ultimo Comandamento, e lì non c’è davvero traccia, mai e da nessuna parte, della contraddizione rispetto alle interiori funzioni della vita che tu pretendi di aver riscontrato con l’aiuto del tuo perspicace rabbi. Ma cosa può diventare, o cosa si può aspettare che diventi un uomo se egli non impara già per tempo ad esaminare i propri pensieri, ad ordinarli e a separare da essi ciò che è immondo, perverso e falso? Io ti dico che un tale uomo finirebbe col diventare peggiore e più malvagio della più temibile e maligna bestia feroce!

4. Nell’ordine buono e savio dei pensieri sta dunque tutto il valore della vita di un uomo! Se Mosè ha dato pure un Comandamento inteso a regolare i pensieri, i desideri e le brame, può un rabbi, che si ritiene o che comunque dovesse essere molto sapiente, insinuare di lui che non sia stato il genuino Spirito di Dio a suggerirgli un simile Comandamento il quale va preso anzi nella massima considerazione? Vedi, vedi, Mia cara figlia, quanto si è sbagliato in questo il tuo rabbi!».

 

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Cap. 37

Povertà e ricchezza

 

1. (Continua il Signore:) «Che su questa Terra i beni siano divisi in modo non equo, e che vi siano dei ricchi e dei poveri, ciò corrisponde alla saggia Volontà di Dio; Egli permette che tali condizioni sussistano fra gli uomini perché, senza questo squilibrio, gli uomini stessi difficilmente potrebbero sussistere, o addirittura non sussisterebbero affatto!

2. Infatti, prova ad immaginare se ciascun uomo su tutta la Terra fosse provvisto di tutto, già al momento della sua nascita, in modo tale che non avesse bisogno nemmeno di una minima cosa; ebbene, ben presto egli vivrebbe come gli animali dei boschi e gli uccelli dell’aria. Questi non si costruiscono case, non coltivano campi, né vigne, e non hanno bisogno di affannarsi per le loro vesti, e se nei loro covi e nei loro nidi avessero del nutrimento a sufficienza, allora non li abbandonerebbero mai, bensì, come fanno i polipi in fondo al mare, riposerebbero e mangerebbero quando hanno fame. Ma dato che gli animali devono andare in cerca di cibo, avviene che essi sono in pieno movimento e si riposano quando si sono saziati.

3. E vedi, così ha disposto Dio con molta Sapienza particolarmente con gli uomini: Egli ha distribuito fra di loro i beni terreni in maniera molto disuguale e li ha dotati di talenti e di capacità molto diverse! Per effetto di questo ciascun individuo è indispensabile all’altro. Il ricco di solito non è troppo portato per i lavori pesanti, eppure quanto mai indispensabili, e quindi non li esegue; però trae soddisfazione dall’ordinare tutto secondo una scienza ed esperienza fatta ed ordinata e indica ai suoi servitori e alle sue serve quali sono i vari lavori da eseguire nonché come vanno eseguiti. Questi allora si mettono all’opera e servono volonterosamente il ricco per la ricompensa pattuita. E affinché, per effetto di una eventuale brama dei lavoratori di diventare essi stessi illegittimamente ricchi e di assicurarsi così eventualmente il benessere materiale, non possano mettere le mani sul ricco datore di lavoro, quest’ultimo viene tutelato dalle leggi terrene, come pure da quelle divine; certo, fino ad una misura determinata, oltre alla quale vengono date anche per i ricchi delle leggi severissime e fondate sulla sapienza.

4. Similmente il ricco possidente ha bisogno pure di ogni tipo di artigiani; egli deve ricorrere ora al fabbro, ora al carpentiere, al muratore, al falegname, al vasaio, al tessitore, al sarto e ancora a molti altri, e questo perché così l’uno si rende utile all’altro. Soltanto in questo modo il genere umano può venire mantenuto sulla Terra, ed esso potrebbe sussistere in condizioni eccellenti qualora più di uno non fosse divenuto preda dell’avidità e della bramosia di comandare. Ad ogni modo questi non sfuggiranno affatto alla costante e rigorosa vigilanza di Dio il Quale già a questo mondo li punisce, e le loro ricchezze ingiustamente arraffate arriveranno al massimo fino alla terza generazione.

5. Da ciò tu puoi vedere che a questo mondo ci devono essere poveri e ricchi e quindi puoi già anche renderti conto che Mosè ha dato agli ebrei, e per mezzo di essi all’intera umanità, l’ultimo Comandamento non in forma lacunosa, bensì nella forma più completa immaginabile e che appunto solo in questo Comandamento è fondata la vera completezza interiore del puro amore del prossimo e dello Spirito di Misericordia nel cuore umano.

6. Se però questo è innegabilmente il caso, allora qui è contenuta pure la condizione secondo cui ciascuno, per purificare veramente la propria anima, deve prendersi molto a cuore proprio quest’ultimo Comandamento e deve osservarlo moltissimo e completamente! Infatti, finché un uomo non si rende del tutto padrone dei propri pensieri, non può nemmeno dominare le proprie passioni e le azioni che ne derivano. Ma chi non è signore e maestro in sé e su di se stesso, costui è ancora lontano dal Regno di Dio, ed è e rimane uno schiavo del peccato, che viene generato dai suoi pensieri disordinati e dalle brame che ne derivano e che rendono tutto l’essere umano impuro. Ora, hai ben compreso queste cose? Ora tocca nuovamente a te parlare».

 

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Cap. 38

Sulla critica umana. Il consiglio del Signore di liberarsi da tutti i dubbi

La comunicazione interiore col Signore

 

1. Hèlia disse: «O Signore e Maestro nel Tuo Spirito dall’eternità! Cosa potrei io, povera fanciulla, aggiungere ancora? Infatti ragionare con Te delle cose divine mi appare ormai precisamente come se uno stolto ingenuo si proponesse di vuotare tutto il grande oceano con un cucchiaino per versarne le acque in un secchio! Tutto quello che Tu dici, o Signore, è verità; noi uomini[11]    invece, presi tutti assieme, non sappiamo assolutamente nulla! Queste omissioni da me riscontrate nell’ultimo Comandamento mi apparvero così ben precisate, inoppugnabili e vere come nessun’altra cosa su tutta questa Terra; ma che rimane ormai delle mie critiche sulla Legge? Non solo non rimane niente di buono, ma mi resta la consapevolezza di aver insistito su una cosa riguardo alla quale tutta un’eternità non sarà sufficiente per vergognarsi abbastanza di averla appunto voluta stoltamente enunciare e di aver così esposto in pubblico la propria insensatezza. O Signore e Maestro, davvero, davvero io sono ora immensamente scontenta di me stessa, e deploro profondamente aver osato discutere con Te! Che cosa penseranno tutti questi signori seri e savi che sono qui radunati di una simile ragazza vanitosa e presuntuosa? O Signore e Maestro, io mi sento arrossire tanto che bramerei trovarmi ben lontana da qui!»

2. Dissi Io: «Oh, e perché mai? Non sono stato Io stesso ad invitarti a parlare, e non sei stata tu stessa ad iniziare sempre a parlare affermando che, chi fa secondo quanto Io voglio, non pecca! Dunque tu hai fatto appunto così come volevo Io, e con ciò tu non hai neppure peccato, ma, non avendo peccato, tu non ti devi vergognare al Mio cospetto a causa di un qualche peccato. Infatti quello che tu hai detto è stato di grandissima importanza non soltanto per te, ma anche per molti altri i quali nel loro intimo nutrivano precisamente gli stessi tuoi dubbi e così ora sono stati radicalmente guariti. E vedi, questo risultato è stato più o meno anche un’opera della tua lingua davvero molto sciolta, e dunque è stata una cosa molto buona e per nulla cattiva, e così non puoi affatto vergognarti di quello che hai detto. Per la tua giovane età tu hai un’intelligenza molto pura e questa è la luce iniziale del cuore, e chi ha una vera luce del cuore, può trovare ben presto e facilmente anche la vera Luce della vita! Comprendi quello che con ciò Io ti ho detto e indicato?»

3. Disse Hèlia: «O Signore e Maestro, certo che lo comprendo; tuttavia io ho in me la piena consapevolezza di essere un assoluto nulla nel nulla e Tu sei il perfettissimo Tutto nel tutto! Da ora però, o Signore, vorrei pregarTi di esonerarmi dal parlare ulteriormente, perché io sono molto cieca!»

4. Dissi Io: «Tu veramente dovresti parlare ancora, avendo dubitato prima anche dei profeti; ma considerato che ormai vedi chiaro e comprendi che la Legge di Mosè è cosa puramente divina, e che non ha in sé omissioni e lacune come se fosse opera d’uomo, ti puoi risparmiare ulteriori discorsi. Qualora però tu trovassi in te ancora qualche altro dubbio, sei libera di domandare, e allora luce ti verrà data.

5. Tuttavia qui intorno a Me siedono i Miei vecchi discepoli, e quello che all’apparenza è un giovinetto è Mio servitore, come di simili ne ho ancora moltissimi; puoi interpellare anche lui, ed egli ti darà giusti chiarimenti come potrei darteli Io stesso e come pure lo potrebbero fare questi Miei discepoli. Ma adesso Io Me ne andrò a visitare personalmente gli altri Miei giovinetti che sono radunati là in una stanza alla parte opposta di questo albergo, perché voglio condurli un po’ all’aperto. Però soltanto Lazzaro, il romano Agricola e il mercante di schiavi Hibram sono autorizzati ad accompagnarMi.

6. Ecco dunque, o Mia Hèlia, tu sai già ciò che devi fare se vuoi avere luce ulteriore, poiché Io devo ora dedicarMi a qualcos’altro, considerato che il Sole rimarrà solo poco più di mezz’ora ancora in cielo. Poi, dopo il tramonto, verranno i molti ospiti forestieri che ceneranno fuori sotto le tende, e quello non sarà più tempo per Me di peregrinare fra la gente del mondo, anzi Io allora ritornerò qui in mezzo a voi. Ma quando, a cena finita, i forestieri saranno discesi alle loro dimore, noi tutti assieme ce ne andremo fuori all’aperto, e là avrete tutti occasione di assistere a molti fatti meravigliosi. E dunque restate frattanto qui, e intrattenetevi riguardo alle cose dello Spirito fino a quando Io ritornerò di nuovo da voi!»

7. Disse allora Hèlia con voce un po’ turbata: «O Signore e Maestro, perché non mi è lecito uscire fuori adesso all’aperto? Io bramerei tanto di stare vicino a Te!»

8. Io dissi: «Questo è davvero molto lodevole da parte tua; però tu puoi sempre trovarti vicino a Me anche senza la Mia Persona se solo tu Mi sei vicina nel cuore! Vedi, a Genezaret si trova pure una carissima figlia che ha nome Giara; ora è già quasi un anno che lei non ha più visto la Mia Persona e tuttavia è vicina a Me nel suo cuore molto di più di quanto lo sia tu adesso. Io posso intrattenerMi con lei in ogni momento, e lei nel suo cuore percepisce con la massima precisione ciascuna Mia Parola, e a questa si attiene rigorosamente. Fa pure tu lo stesso, e così potrai anche tu come Giara trovarti sempre vicinissima a Me, anche allora quando non camminerò più su questa Terra nel Mio corpo di carne! Vedi di comprendere bene questa cosa e di conformarvi la tua vita; così avrai in te la vita eterna!».

 

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Cap. 39

Le opinioni del giovane schiavo. Il futuro della Russia

 

1. Detto questo, Io Mi alzai rapidamente, e con Me pure i tre che avevo chiamato, e andammo dai nostri giovinetti che noi trovammo pacificamente riuniti con le anime serene, perché ciascuno aveva sempre molto da raccontare all’altro di ciò che durante il lungo viaggio aveva avuto occasione di vedere ed osservare di particolare e di come tutto ciò avesse avuto rapporto con la loro liberazione avvenuta poi in quel luogo. Alcuni avevano fatto dei sogni, altri asserivano di aver osservato dei fenomeni di vario genere ora sulla terra, ora nel cielo. Così quei giovinetti avevano trascorso piacevolmente molte ore di seguito e quasi non si accorsero che il giorno stava per finire.

2. Quando noi entrammo nella stanza molto spaziosa in cui erano radunati, la loro gioia raggiunse il culmine, e tutti gridarono: «Salute a te, o unico e vero padre nostro, perché tu ci hai dato del buon pane ed eccellenti bevande, ci hai sciolto dai nostri duri lacci ed hai coperto i nostri corpi nudi; perciò sei ora veramente tu solo il nostro buon padre che noi amiamo sopra ogni cosa! Invece i nostri genitori dal cuore duro non possiamo più amarli tanto, perché essi non ci hanno mai fatto qualcosa di bene, tranne il fatto che per qualche tempo ci hanno rimpinzato per bene per poterci vendere a più caro prezzo. Tuttavia noi non auguriamo loro niente di male, ma l’augurio che esprimiamo è che essi comincino presto a riconoscere come sia supremamente ingiusto da parte di un essere umano vendere il proprio simile, o, peggio ancora, da parte dei genitori vendere i propri figli a degli avidi mercanti, come un qualunque animale domestico! Ma poiché noi tutti abbiamo trovato qui un padre tanto buono, sia perdonato anche ai nostri genitori l’atrocità commessa contro di noi, loro innocenti figli; e tu, o Hibram, mercante dal cuore duro, quando sarai ritornato in patria riferirai loro quanto hai appena sentito, ammesso che nelle tue vene sia rimasta ancora qualche goccia di sangue onesto!»

3. Al tono molto energico di questo discorso indirizzato a Me e in parte a Hibram, il mercante di schiavi, Lazzaro e così pure Agricola si stupirono; infatti Io avevo conferito ai due la facoltà di comprendere il linguaggio di quei giovinetti del Settentrione, come anche di parlare con loro perché questo era indispensabile affinché il romano in particolare potesse intendersi con loro. Io certo avrei potuto concedere una corrispondente facoltà a tutti quei giovinetti, sennonché una cosa simile non sarebbe stata tanto positiva per loro per il fatto che mediante un idioma più perfetto essi sarebbero venuti pure a conoscenza tanto più presto e completamente di ogni tipo di cattive maniere, di cattive abitudini, di peccati e di vizi. Invece, poiché dovevano apprendere gradatamente il linguaggio dei Romani a loro ancora del tutto ignoto, il romano, il quale poi finì col condurli tutti con sé a Roma senza lasciare alcun giovinetto a Lazzaro, li ammaestrò dapprima, adoperando il loro idioma, nella Mia Dottrina che per loro avrebbe costituito una permanente difesa contro le stoltezze di Roma, e quindi tutto quello che Io avevo disposto fu molto positivo.

4. Dopo che i giovinetti si furono intrattenuti molto con noi e che pure Hibram ebbe data loro formale assicurazione che, una volta ritornato in patria, si sarebbe preso ogni cura dei loro compagni rimasti là e che da allora in poi avrebbe completamente rinunciato al commercio degli schiavi, promesse queste per le quali tutti i giovinetti d’ambo i sessi gli si dimostrarono molto riconoscenti, Io proposi a tutti di recarsi fuori, all’aperto; questa proposta fu accolta con grandissima gioia generale.

5. Quando giungemmo all’aperto, vedemmo il bel paesaggio verso l’ora del tramonto, e i giovinetti, del tutto ebbri di gioia, dissero di non aver mai visto un panorama così splendido.

6. E un ragazzo, dotato di una capacità intellettiva ed espressiva particolarmente eccellente, disse: «Davvero, in un paese così bello e dalla temperatura così dolce l’uomo deve trovarsi molto più vicino al Dio buono che non in quel paese dove siamo nati noi, perché là fa caldo solo per un brevissimo tempo e poi per molto tempo fa molto freddo, tanto anzi che l’acqua diviene dura come la pietra, e tutta la regione assume un aspetto quanto mai triste! Si capisce dunque che la gente di là si trovi più vicina al Dio cattivo, e quindi che anch’essa sia cattiva e malvagia. Là gli uomini non si amano tra loro, anzi ognuno tenta di fare del male agli altri. Chi è il più forte si innalza a terribile signore sugli altri che sono deboli, li costringe a compiere per lui i più duri lavori e non dà loro alcuna ricompensa; è certo che tutto ciò si deve attribuire all’influenza del Dio cattivo! E tu, o Hibram, là sei tu pure uno di questi potenti signori; quando dunque sarai ritornato in patria, vedi in futuro di non lasciarti mai più prendere prigioniero nel tuo animo e nella tua mente dal Dio cattivo e di non sacrificargli più nulla, anzi sacrifica al Dio buono di questo paese, e poi anche il nostro paese diventerà bello e tiepido com’è questo qui.

7. Infatti io credo che il Dio buono sia molto più potente del Dio cattivo il quale può uccidere l’acqua e ridurla ad una pietra, ma non può riscioglierla e farla rivivere. Qui hai trovato il Dio buono e immensamente potente; accogliLo dunque nel tuo cuore e sacrifica a Lui solo; e poi Egli benedirà certo anche il nostro vasto paese! Ma se tu invece, ritornato in patria, continuerai a sacrificare al Dio cattivo, essa non potrà mai assomigliare a questo splendido paese caldo».

8. Queste parole del ragazzo, infantilmente savie, commossero Hibram fino alle lacrime, ed egli gli rinnovò solennemente la promessa che non avrebbe mancato di fare secondo il suo desiderio e di seguire con la massima puntualità il suo consiglio. Sarebbe stata sua cura costante di non sacrificare mai più nulla al presunto Dio cattivo, anzi si sarebbe dato premura di annunciare a tutti i suoi sudditi il Dio buono che egli aveva ormai imparato a conoscere bene, e di mostrare loro come si può e si deve sacrificare a Lui solo.

9. Nell’occasione però raccomandò a tutti quei giovinetti di volere impegnarsi anche loro con il massimo zelo anzitutto allo scopo di riconoscere sempre più intimamente il Dio buono e il solo vero, e di onorarLo e amarLo sopra ogni cosa. E li esortò a non dimenticarsi della loro patria quando la conoscenza del Dio buono, l’unico vero, si fosse fatta perfetta in loro.

10. A loro volta i giovinetti promisero anche questo, e l’oratore disse: «Quando la Benedizione e la Forza del Dio buono e unico saranno in noi nella misura di questi uomini - cosa di cui noi tutti a nostra immensa meraviglia abbiamo potuto convincerci -, allora certo ci sarà facilissimo ritrovare la via di casa e far ritorno a casa, perché allora il Suo Spirito ci insegnerà e indicherà la via più giusta e la più vicina e anche ci guiderà. Ma senza una simile Guida - Guida e Protettore potente su tutte le cose - noi non saremmo mai in grado di ritrovare il nostro paese che giace tanto lontano da qui; anzi questa impresa sarebbe tanto più difficile, in quanto noi siamo stati fatti partire dalla nostra patria, sui carri che ci trasportavano, con gli occhi bendati e con gli orecchi turati con l’argilla per quattro giorni! Quindi abbandonate questa usanza malvagia, perché è veramente orribile e ingiusto dover lasciare per sempre la propria patria, per quanto desolato possa essere il suo aspetto, da schiavi, ciechi e sordi. Quindi anche in questa cosa prendi ben nota tu, o Hibram, che in patria fosti finora un potente signore e uno sfruttatore del tuo misero prossimo!»

11. Poi il giovane oratore, tutto sorridente, si rivolse a Me, e in tono di grande affetto disse: «O buon padre nostro, tu che da parte del Dio buono sei colmo di potenza e di molteplice forza, dì tu pure a Hibram che voglia fare così come noi, miseri, gli abbiamo consigliato con cuore aperto e fedele per mezzo della mia bocca, ed egli certo tanto più lo farà, in quanto sembra che anche lui ti tenga in grandissima considerazione! Se egli opererà in questo modo quando sarà ritornato in patria, allora anche il nostro paese diverrà così bello e così caldo come questo qui, e certamente il Dio cattivo non sarà più in grado di uccidere l’acqua e di ricoprire di neve freddissima tutto il vasto paese, ciò che causa a quegli abitanti una vita assai infelice.

12. O buon padre di tutti noi, abbi misericordia non solo di noi che siamo qui, ma anche di tutti coloro che dimorano nel nostro brutto paese, e che moltissime volte non hanno altro da mangiare che carni dissecate di animali selvaggi e pesci! Ma se io a nome di tutti questi che ti chiamano il loro buon padre ho commesso un errore rivolgendomi a te con questa preghiera, allora punisci me, perché - e di questo noi tutti siamo già più che convinti - a te, o caro buon padre, non mancano sicuramente la forza e la potenza di farlo!»

13. Io dissi: «Oh, questo poi no! Io dall’eternità non ho mai punito nessun essere, a meno che non si sia punito da se stesso; tanto meno Io punirò te per il tuo nobile ed eccellente cuore. Al contrario ti dico che da qui a sette anni tu ritornerai nel tuo paese, e dai tuoi lombi susciterò una generazione la quale reggerà e guiderà nel Mio Nome i vasti paesi del Settentrione per un periodo di oltre mille anni. I tuoi discendenti più tardi però non conserveranno il regno, perché diventeranno rozzi ed estremamente avidi di dominio; ma non bisogna che tu te ne dia pensiero, poiché Io per quei popoli saprò sempre ben scegliere quelle guide che più saranno adatte ai Miei scopi. Ad ogni modo il regno, salvo poche variazioni, rimarrà sempre lo stesso; in un futuro più remoto però le guide non stabiliranno la loro dimora permanente in Asia, ma in Europa. Siate perciò tutti particolarmente diligenti, e imparate bene ogni cosa buona e vera e trapiantate la Mia Luce anche nelle regioni molto tenebrose del Nord!

14. Là l’inverno del mondo naturale, come è successo fino ad ora, dominerà la Terra; tuttavia ciò non importa: basta che i vostri cuori siano caldi dell’amore per Dio e per il prossimo, e allora anche i vostri morti corsi d’acqua si scioglieranno a grande benedizione del vostro paese. Frattanto però conviene che vi applichiate con il massimo zelo e impariate tutte le cose buone e vere da coloro che vi condurranno a Roma, e dopo sette anni voi ritornerete in patria pieni di ogni benedizione. E quando vi ritroverete nella vostra antica patria, rendete il bene a chi vi avrà fatto del male, e così porterete molta benedizione nel vostro paese! Avete ben compreso ciò?»

15. Tutti allora confermarono di aver compreso bene e promisero di attenersi a quanto appreso.

16. Ed Io dissi: «Ecco che noi abbiamo raggiunto uno scopo buono, e perciò adesso vedremo di rientrare in casa!».

17. Tutti furono soddisfatti di questa decisione, e noi, per evitare di venire in contatto con i forestieri il cui arrivo era imminente, ci ritirammo nuovamente all’albergo dove trovammo Hèlia molto infervorata nella conversazione con

 

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Cap. 40

Lazzaro e Raffaele servono i forestieri

 

1. Non appena ebbi preso nuovamente posto a mensa, Io chiamai Raffaele e Lazzaro e li avvertii che i forestieri provenienti dalla città erano già in cammino verso l’albergo, e che quindi era tempo che provvedessero ad accoglierli all’aperto sotto le tende, affinché non venisse loro voglia di occupare le stanze della casa.

2. Allora Lazzaro domandò: «O Signore, ormai comincia ad imbrunire: il Sole è già tramontato. Come faremo a provvederci di lumi? In casa ne abbiamo certo in quantità sufficiente, ma per far luce sotto alle tende non ne abbiamo, e perciò vorrei pregarTi, o Signore, di venirmi in aiuto anche in questo; infatti, trovando l’oscurità sotto le tende, i forestieri vorranno venire in casa dove vedranno che c’è luce»

3. Io dissi: «È per questo che ti do Raffaele per accompagnarti; si incaricherà lui di disporre quanto è necessario come ha fatto all’ora del pranzo. Tu dunque puoi andare del tutto serenamente; anzi andate ora perché i forestieri già cominciano ad arrivare!»

4. Allora Lazzaro uscì assieme a Raffaele e al suo albergatore, ma con suo grande stupore trovò le tende già tutte chiaramente illuminate, nonché tutte le mense provviste nel migliore dei modi di vino e di ogni tipo di vivande. A quel punto giunsero anche gli altri servitori e le serve di casa, ed essi chiesero a Lazzaro e all’albergatore da dove avessero preso i cibi e il vino, dato che essi, come servitori della casa, non ne sapevano nulla.

5. Ma Lazzaro disse loro: «Ma siete anche voi degli uomini come gli altri! Perché allora vi curate così poco di quello che è e quello che succede in casa mia? Noi sappiamo benissimo da dove provengono queste tende e queste mense, e le stoviglie da tavola, il vino e le vivande. Se vi foste curati un po’ di più di questo, lo sapreste anche voi. Siccome vi curate poco di ciò, per conseguenza anche ne sapete poco, o forse nulla affatto! Chi è Colui il Quale ormai già da quattro giorni dimora qui in casa mia assieme ai Suoi Discepoli?»

6. I cuochi e alcuni servitori dissero: «Ah, ora ci siamo! Si tratta del grande profeta di Galilea! Del resto una certa indulgenza la meritiamo se finora abbiamo saputo poco e altrettanto poco abbiamo compreso di quello che riguarda questo profeta. Infatti il nostro lavoro ci ha sempre tenuti occupatissimi, e fino al pomeriggio di oggi abbiamo avuto pochissimo tempo per osservare quanto succede qui; d’altro canto, anche se qua e là varie cose avevano colpito la nostra attenzione, non sarebbe stata cosa buona da parte nostra importunare l’uno o l’altro per domandare spiegazioni. Tuttavia d’ora innanzi avremo cura di stare più attenti a tutto quello che avviene qui, considerato che, come hai detto tu stesso, noi pure siamo degli uomini, e quindi non ci potrà nuocere se sapremo qualcosa di più di quanto noi abbiamo saputo e appreso finora! O signore di questa casa e di molti altri beni, non è forse vero che ci sarà lecito fare così?»

7. Disse Lazzaro: «Oh, senza alcun dubbio! Ma ora ciascuno ritorni al proprio lavoro, affinché possa venire offerta una buona cena ai molti ospiti che abbiamo in casa; voi però, servitori miei, andate là dove sono le tende, assegnate ai forestieri i loro posti e poi, quando essi avranno mangiato e bevuto, abbiate cura di riscuotere il conto come avete fatto oggi a mezzogiorno! E adesso andate; ecco appunto che i forestieri già vengono!»

8. Allora ciascuno se ne andò alle proprie faccende, mentre Lazzaro e l’albergatore si disposero a dare il benvenuto agli ospiti che stavano arrivando in massa.

9. Uno dei forestieri però volle interpellare Lazzaro per sapere come egli avesse fatto a conoscere con tanta precisione quanti ospiti sarebbero venuti per poter far preparare esattamente tante tende e tavoli, e vivande e vino. Infatti gli appariva davvero sorprendente che un albergatore avesse potuto prevedere così bene ogni cosa. In altri alberghi ciò non si verificava quasi mai; anzi di solito accadeva che i padroni di casa preparassero troppo o troppo poco per gli ospiti che erano in attesa!

10. A questa domanda, che lo aveva colto un po’ di sorpresa, Lazzaro rispose che l’egregio ospite volesse frattanto prendere posto sotto la tenda più vicina a noi per cenare, e poi, qualora avesse proprio avuto ancora interesse a conoscere la cosa, non avrebbe mancato di dargli le necessarie spiegazioni.

11. Con ciò l’ospite non insistette, si recò alla sua tenda, prese posto alla mensa e cominciò a mangiare di buonissima lena e non poteva lodare a sufficienza l’eccellenza dei cibi e delle bevande.

12. Un altro degli ospiti che si trovavano nella tenda esclamò: «In verità, questi cibi devono essere stati degli dèi a prepararli, tanto sono favolosamente squisiti! Ed il vino poi è un vero nettare degno degli dèi!»

13. E furono fatte molte altre osservazioni di questo genere da parte di quei mercanti greci. Uno anzi voleva offrire una somma cospicua pur di venire a conoscenza del segreto di una cucina così eccezionale.

14. E Lazzaro, a cui non erano sfuggite tutte quelle osservazioni, non sapendo bene come comportarsi, si consultò con l’angelo per apprendere da lui cosa avrebbe dovuto rispondere se fosse stato interpellato riguardo a simili cose.

15. Raffaele disse: «Non darti alcun pensiero di ciò; mi incarico io di sistemare la questione con questa gente, perché tu potresti confonderti facilmente e dire loro qualcosa di troppo o anche di troppo poco, e in entrambi i casi ciò non sarebbe giusto! E come detto dunque, lascia pure a me questa faccenda, poiché tutto ciò lo sbrigherò io come si deve».

16. Lazzaro fu contentissimo di ciò e lasciò che gli ospiti continuassero molto di buon umore nei loro elogi.

17. Tuttavia venne anche il momento in cui questi, terminata la cena e pagato il conto, si accinsero ad incamminarsi verso la città alle loro botteghe dove abitualmente trascorrevano la notte.

18. Ma i mercanti della prima tenda a noi più vicina, di cui si è già detto, che già all’inizio avevano causato imbarazzo al nostro Lazzaro, ricominciarono a molestarlo con la loro curiosità.

19. Egli però li indirizzò vivacemente verso Raffaele dicendo: «Sapete qual è il fatto? Che voi certo non possiate sperare di trovare così facilmente altrove un’ospitalità come qui da me, questo devo arguirlo chiaramente dalle vostre domande! Sennonché ogni onesto albergatore ha i propri segreti che egli non desidera vengano divulgati assolutamente a nessun costo. Ma questo bellissimo giovane che vedete qui è sicuramente in grado di dirvi tutto quello che voi avete comunque bisogno di sapere, per conseguenza rivolgetevi a lui, ed egli vi darà una giusta spiegazione!».

 

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Cap. 41

Raffaele e i greci

 

1. A queste parole di Lazzaro, il greco si rivolse al giovane (Raffaele) e gli disse: «Mio caro giovinetto, il padrone ci ha indirizzato a te per la questione che ci interessa dicendoci che tu sarai in grado di darci le informazioni che gli avevamo richiesto! Di che cosa si tratti, tu l’avrai certo già appreso, e quindi noi siamo qui pronti ad ascoltarti!»

2. L’angelo disse: «Sì, miei cari, questa cosa non la si può sbrigare così immediatamente come lo immaginate voi! Infatti nei nostri libri, che a voi non sono più del tutto sconosciuti, sta scritto: “Il paese di Canaan è dato ai figli di Jehova, e degli dèi vi dimoreranno”. E così ora vi trovate nel paese degli dèi, e voi avete a che fare con degli dèi e non con degli uomini puramente del mondo come siete voi. Ma allora se volete ottenere qualcosa da coloro che sono degli dèi, prima li dovete pregare con tutta serietà, altrimenti essi terranno la bocca chiusa dinanzi a voi e non vi daranno né insegnamenti, né consigli. Mi avete compreso?»

3. Allora il greco assunse un’espressione assai meravigliata e disse al giovinetto: «Oh, oh, mio caro giovane ebreo, per quanto riguarda la vostra divinità, mi pare che non si tratti proprio di gran cosa, perché, se foste degli dèi, i romani non vi avrebbero sottomessi! Ma non fa nessuna differenza se tu, da giovane ebreo, probabilmente ancora non troppo ricco d’esperienza, ti vanti basandoti sulle vostre antiche e mistiche Scritture, e immagini di essere tu stesso una qualche divinità. Ciò non toglie affatto che io possa pregarti di comunicare qualcosa riguardo ai segreti della vostra cucina, e questo io ora lo faccio pregando con tutta serietà!»

4. Disse l’angelo: «Invece meno ancora di prima io dirò a te o a qualcun altro di voi qualcosa riguardo ai segreti della nostra cucina, perché adesso ti sei espresso addirittura alquanto rozzamente; ora con le maniere rozze non si ottiene nulla da noi che siamo degli dèi! Siete voi, creature umane, che dovete adeguarvi a noi, e non noi a voi, perché noi possiamo vivere e sussistere benissimo in eterno senza di voi, ma voi mai senza di noi. Ebbene, avete compreso anche questo?»

5. Disse il greco: «Oh sì, anzi perfettamente bene, e non possiamo concludere altro che tu, malgrado sia un giovinetto ancora imberbe, sei nello stesso tempo anche un tipo originale! Ad ogni modo se insisti tanto a far valere la tua divinità, daccene una prova, e allora sapremo anche noi come regolarci con te! Infatti, con le sole parole, chi ha l’apparenza di essere semplicemente un uomo non potrà mai e poi mai manifestarsi dinanzi a noi uomini come un dio, ma unicamente con dei fatti che, secondo la testimonianza di esperti in ogni genere di arti e di scienze, possano venire considerati necessariamente come possibili soltanto a un Dio. Tu che pretendi di venire onorato come un giovinetto divino, hai anche compreso quello che ho detto io?»

6. Disse Raffaele: «Oh sì, sennonché con questo sfoggio di astuta arte oratoria greca vi avverto che presso di me non otterrete nulla, poiché io dispongo di Forza e Potenza divina, e perciò non ho affatto paura né di un uomo solo, né di tutti gli uomini dell’intera Terra. Chi vuole ottenere qualcosa da me, se sul serio ci tiene ad averla, deve prima pregarmene con cuore puro e pieno di umiltà; con le vostre astuzie retoriche invece non ottenete né otterrete mai niente da me. Comprendete questo?»

7. Disse il greco: «Ascolta, tu sei un giovinetto assolutamente indomabile e noi ci siamo ormai perfettamente convinti del fatto che, ammesso che tu sia sul serio in possesso di qualche segreto, nessuna ragione umana potrà tirar fuori qualcosa da te! Tu ti sei proposto di assumere la parte di un Dio al cospetto degli uomini, continua pure! Se tu continui così, un giorno potrai diventare una grande personalità molto importante. Tuttavia se sul serio sei di natura divina e onnipotente come affermi, tu che sei, oltre a ciò, evidentemente ebreo, non puoi certo essere amico dei Romani. Ora per te dovrebbe essere facilissimo cacciare via in un attimo tutti i romani da questo paese degli dèi. Perché dunque vi rassegnate alle loro dure leggi?»

8. Disse l’angelo: «Le leggi di Roma sono certo dure, ma sono anche giuste, ed ora servono anzi perfino agli ebrei migliori perché esse li tutelano contro quegli ebrei malvagi i quali affermano di essere ebrei ma nei loro cuori invece non sono né ebrei, né, meno ancora, figli di Dio. Per conseguenza i Romani sono nostri amici e già da lungo tempo non sono più nostri nemici, e governano, proprio come va fatto, l’infame umanità di questo come pure di molti altri paesi; ma perciò noi, se occorre, siamo loro protettori e non siamo coloro che vorrebbero cacciarli fuori da questo paese. Che però noi, qualora fosse necessario, potessimo spazzare via come pula trasportata dalla bufera anche i Romani che pure sono molto potenti, di ciò io intendo fornirvi una piccola prova; fate dunque bene attenzione!»

9. Disse il greco: «Giovinetto, cos’è che vuoi mostrarci, o quale tuo gioco di prestigio intendi esibirci?»

10. Raffaele rispose: «Lasciate stare i preamboli e giudicate dopo il fatto!»

11. Disse il greco: «Molto bene; giudicheremo solo dopo che avremo visto»

12. Disse Raffaele: «Bene allora; giudicate dopo il fatto! Come vi ho detto chiaramente prima, date il vostro giudizio secondo la vostra sapientissima ragione greca, e poi mi direte cosa dice la vostra sapientissima ragione a riguardo!»

13. Disse il greco: «Ebbene, forniscimi una piccola prova, e poi vedremo di che cosa si sarà trattato! Infatti da noi, ad Atene, abbiamo avuto già molti sapienti di varia specie, e quindi noi greci siamo perfettamente in grado di giudicare quello che è una magia e quello che è veramente un prodigio divino! E quindi ora forniscimi la piccola prova della tua onnipotenza divina!»

14. E l’angelo osservò: «Però, state bene attenti a non restare senza fiato assistendo a questo prodigio».

 

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Cap. 42

Un miracolo di Raffaele

 

1. A questo punto Raffaele alzò da terra una pietra del peso di dieci libbre e disse: «Io credo che questa pietra sarà abbastanza grande e pesante per poter darvi una piccola prova di quanto ho asserito!»

2. Disse il greco: «Lo credo anch’io, ma cosa vuoi farne?»

3. Disse Raffaele: «Affinché non pensiate di avere a che fare con qualche mago assurdo, prendi tu stesso in mano questa pietra, e poi dalla in mano anche ai tuoi compagni perché si convincano essi pure che si tratta proprio di una vera pietra solidissima, come se ne può trovare da queste parti! Prendete dunque in mano la pietra ed esaminatela!»

4. Allora il greco prese la pietra nelle sue mani e la esaminò attentamente, e altrettanto fecero i suoi compagni.

5. E quando tutti si furono persuasi a sufficienza che la pietra era proprio una pietra del tutto naturale, la restituirono all’angelo, e il greco disse: «La pietra è davvero una pietra, nessuno di noi ha un dubbio in proposito; ma che cosa vuoi farne ora della pietra?»

6. Disse Raffaele: «Prendete ancora una volta questa pietra nelle vostre mani, e alzate da terra ancora delle altre pietre simili, solo dopo imparerete a conoscere la nostra Forza divina! Tuttavia non dovete intimorirvi a causa di quello che seguirà, perché non vi verrà torto nemmeno un capello!»

7. Allora essi raccolsero una quantità di quelle pietre e le tennero in mano come se fossero stati in procinto di lapidare il giovinetto.

8. A questo punto l’angelo disse loro: «Voi vedete che io non tocco nemmeno con un dito nessuna delle pietre che tenete in mano, e tuttavia quando con la mia volontà dirò: “Scioglietevi nel vostro elemento primordiale-etereo!”, non vi troverete in mano nemmeno un granello di queste pietre!»

9. Disse il greco: «O giovane amico, ciò si ridurrà solo ad un gioco di parole da parte tua! Non sarà un granello di queste pietre a restarci in mano, ma certo le pietre intere sciolte in maniera perfettamente naturale, perché noi stessi le abbiamo “liberate” dal terreno e anche trapasseranno all’etere, dato che le teniamo già sollevate appunto nell’etere atmosferico. Ho ragione sì o no? O giovane dio d’Israele, se dopo che con la tua volontà avrai definitivamente dissolto e quindi annientato queste pietre, ci sarà permesso di gettartele addosso?»

10. Disse l’angelo: «Oh, senz’altro, allora gettatemele pure addosso! Ora però state bene attenti che le pietre non vi scappino di mano, e che non abbiate poi più niente da gettarmi addosso! Ecco, io voglio che le pietre siano annientate! Se le avete ancora nelle vostre mani, tirate pure verso di me le vostre pietre!»

11. A questo punto i numerosi greci - una trentina - si guardarono l’un l’altro tutti estremamente sbalorditi, e l’oratore di prima esclamò: «Dì un po’, o mio bel giovinetto, evidentemente tu ne sai più di quanto noi, greci ricchi d’esperienza che hanno visto molte cose, siamo in grado di comprendere! Per ottenere ciò ci vuole davvero una potenza interiore agatodemoniaca[12], poiché per le vie naturali un fenomeno simile non è stato mai prodotto. In un attimo tutte le pietre sono completamente svanite. Come ti è possibile una cosa simile?»

12. Disse l’angelo: «Il come è possibile, ci vorrà ancora molto prima che lo comprendiate; ad ogni modo poco fa io vi ho spiegato che qui, per quanto riguarda noi, avete a che fare con ebrei ancora veri e incorrotti, e quindi con dei figli di Dio; i figli di Dio possiedono in sé una Forza divina, perciò dominano tutto il mondo naturale e sono immortali. Perciò io ti ho detto prima che noi, quali dèi, non temiamo nessun nemico e che siamo signori di tutto il mondo. E se qualcuno vuole ottenere qualcosa da noi deve rivolgercene seria preghiera, altrimenti non ottiene niente da noi. Comprendi ora meglio la cosa?»

13. Disse il greco: «Ma come mai siete assurti al grado di autentiche divinità, considerato che siete degli esseri umani altrettanto quanto lo siamo noi?»

14. Disse Raffaele: «La ragione è questa: le nostre aspirazioni sono state sempre anzitutto rivolte alla conoscenza vera e pura dell’unico vero Dio, mentre non abbiamo mai ambito ai tesori vani e morti di questo mondo! E così noi da questo unico e vero Dio abbiamo anche ottenuto i veri e viventi tesori dello Spirito e la Sua Forza, e non i tesori morti della materia di questo mondo nel quale tutto, insieme a voi, è passeggero, ma questi tesori dello Spirito per noi non andranno mai perduti, bensì ne avremo in aggiunta sempre di maggiori.

15. Ma per ottenere i viventi tesori dello Spirito bisogna aver ricevuto dall’unico vero Dio i mezzi e avere l’indicazione delle vie, ciò che rispetto a noi, ebrei, è avvenuto già mediante i primi patriarchi e poi principalmente mediante il grande profeta Mosè come pure grazie a molti altri profeti e maestri ancora. Chi poi fra gli ebrei ha fatto pienamente uso per sé dei mezzi consigliati ed è proceduto per le vie indicategli, costui con ciò si è reso anche degno della figliolanza di Dio e con essa ha raggiunto l’interiore forza dello Spirito. Considerato però che questo non è mai stato il vostro caso, succede appunto che voi non sapete nulla dell’unico e vero Dio, nulla dei figli di Dio su questa Terra e nulla nemmeno di quanto essi sono capaci di compiere. Comprendete voi ciò?»

16. Disse il greco: «Sì, sì, è possibile che dal vostro punto di vista le cose si presentino così; ma se quel certo, unico, vero Dio ha dato a voi ebrei simili mezzi e vi ha indicato simili vie, perché non ha fatto così anche con noi, considerato che noi siamo degli esseri umani altrettanto quanto lo siete voi ebrei? Pure noi greci siamo dotati di ragione e di intelletto e, in ogni tempo a noi noto, fummo sempre reputati uno fra i popoli più geniali e colti della Terra! Credo che non si possa davvero attribuire a noi stessi la colpa del fatto che noi ora siamo inferiori a voi per quanto riguarda la Forza interiore dello Spirito! Se quel certo unico e vero Dio ha potuto manifestarsi come Tale a voi, perché mai non a noi greci?»

17. Disse Raffaele: «Amico mio, non è affatto così come tu ora ti immagini, ma lo è in modo molto differente! Anche i Greci, come i Romani e gli Egiziani antichi, un giorno si sono trovati allo stesso punto al quale si trovano ancora oggi alcuni pochi ebrei. Sennonché essi abbandonarono l’unico vero Dio nello stesso modo come attualmente Lo stanno abbandonando moltissimi ebrei i quali, di propria libera volontà, si allontanano da Lui; ma coloro che abbandonarono l’unico vero Dio furono a loro volta abbandonati da Lui, che li lasciò in preda al loro vano delirio mondano.

18. Se però un giorno essi vorranno fare ritorno a Lui nei loro cuori, Egli certo li accoglierà e di nuovo indicherà loro gli antichi mezzi e le vie mediante i quali essi pure possono diventare del tutto veri ebrei e figli di Dio. Quando sarà giunto il momento opportuno, verranno inviati nuovamente dei messaggeri e maestri a voi nonché a tutti gli altri popoli della Terra per ricordare loro gli antichi mezzi e per indicare le giuste vie. Beati coloro che si convertiranno ascoltandoli!»

19. Disse il greco: «Ma perché non avviene così già adesso?»

20. L’angelo disse: «Perché voi attualmente siete ancora troppo colmi di tutte le cose del mondo! Quando le deporrete sempre più e così vi sarete resi maturi per qualcosa di spirituale e di puro, allora vi accadrà anche come io ho detto prima. Ecco che ora però vi ho detto e spiegato abbastanza; domani forse parleremo ancora su questo argomento!»

21. Disse il greco: «Sì, domani io e tutti questi miei compagni volevamo partire, dato che abbiamo già venduto vantaggiosamente la merce che avevamo portato con noi; tuttavia per amore tuo io mi fermerò fino a domani pomeriggio, e ti pregherò di donarmi ancora qualche altro tesoro spirituale che porterò volentieri con me in Grecia! Forse domani potrò apprendere da te anche qualcosa riguardo alla preparazione delle vostre vivande che sono davvero di una squisitezza divina!»

22. Disse l’angelo: «Bene, bene, questo sarà da vedere! Io penso che tu non potrai comprendere il nostro modo di preparare le vivande, così come non hai potuto comprendere l’annientamento di quelle dure pietre compiuto prima da me! Ad ogni modo per il momento questo non ha grande importanza; qui ci sono ben altre cose che tu potrai apprendere e che ti saranno molto più utili che non apprendere come noi prepariamo i nostri cibi. Se così ti piace, puoi ritornare domani; però se si trattasse della preparazione dei cibi sarebbe inutile che tu ritornassi perché io ti ho già detto come stanno le cose a questo riguardo»

23. Disse il greco: «Non sprecherò più nemmeno una parola per insistere sulla preparazione delle vivande se mi sarà data l’opportunità di apprendere qualcosa di molto più utile per noi tutti che non sia il semplice modo di preparare i cibi; quindi per oggi ce ne andremo e ritorneremo invece domani, verso mezzogiorno, poiché tutti gli altri ospiti se ne sono già andati. Infatti più tardi farà ancora più scuro di adesso e la montagna è abbastanza ripida»

24. L’angelo disse: «Il monte sarà sempre illuminato per quel tanto che occorrerà perché possiate arrivare in pianura facilmente e senza alcun pericolo; quindi nel Nome dell’unico vero Dio voi potete ormai andare!».

25. A queste parole dell’angelo i greci allora si misero in cammino, e ben presto e facilmente arrivarono giù alle loro baracche da commercianti dove erano soliti pernottare; ma una volta coricati, riuscirono a dormire poco, perché durante tutta la notte non fecero che pensare alla strana scomparsa delle pietre a cui avevano assistito. Essi cercarono di rendersi ragione del fatto, ma nessuno poté trovare una spiegazione plausibile. Il fenomeno aveva suscitato in loro un’eccitazione tale per cui non poterono proprio trovare pace nei loro animi, e rimasero ansiosamente in attesa che facesse giorno, perché allora si poteva far luce sul fenomeno a cui avevano assistito.

26. Venuto il mattino, essi impacchettarono le loro cose per avere tutto pronto per la partenza. Però tutti differirono la partenza stessa all’indomani, avendo deliberato di chiarire ad ogni costo di quello stranissimo fatto. Perciò decisero di dedicare l’intera giornata alla faccenda. E così erano tutti impazienti che venisse mezzogiorno.

27. Ma adesso lasciamo che quella trentina di greci pensino e scrutino a loro piacimento, e rechiamoci con Raffaele, Lazzaro e l’albergatore nella nostra grande sala da pranzo dove tutti, Io compreso, mangiavano e bevevano di lietissimo umore.

 

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Cap. 43

La domanda di Agricola sull’essenza di Raffaele

La benedizione della pazienza

 

1. Quando i tre entrarono nella sala da pranzo, Lazzaro avrebbe voluto raccontare in lungo e in largo tutto quello che era accaduto fuori, particolarmente per quanto riguardava i greci.

2. Io stesso però gli dissi: «Fratello, risparmiati questa fatica, perché, vedi, noi siamo esattamente a conoscenza di tutto! Quella trentina di greci rappresentano senz’altro un buon acquisto per la nostra causa, ma ad essi deve prima venir dato il giusto orientamento. Conviene che le dure pietre pagane del dubbio vengano prima dissolte così come il Mio Raffaele poco fa ha completamente annientato nelle loro mani le dure pietre naturali, e allora essi si renderanno più malleabili, e potranno diventare nel loro paese degli idonei precursori dei Miei veri discepoli. Ora però sedete anche voi ai tavoli e mangiate e bevete!

3. Dopo che vi sarete ristorati, noi ce ne andremo all’aperto, e fino a mezzanotte i vostri occhi avranno occasione di vedere ancora varie cose che rientrano nell’ambito della Gloria di Dio, perché, ad eccezione di alcuni pochissimi, voi ora siete già maturi per sopportare a tale riguardo delle Rivelazioni divine superiori, e questa notte ci presenterà un’occasione tanto opportuna, come non potrebbe così presto presentarsene una seconda»

4. A queste Mie parole tutti si affrettarono a sbrigarsi con la cena, dato che esse avevano suscitato nei presenti molte ansietà di conoscere cosa sarebbe effettivamente accaduto.

5. Agricola venne vicino a Me e Mi domandò: «Signore e Dio, dimmi una buona volta chi è veramente questo meraviglioso giovinetto! Una simile domanda io Te l’ho rivolta già una volta; allora Tu mi assicurasti che con il tempo avrei finito col riconoscerlo da me stesso. Sennonché fino ad ora di per me stesso non sono davvero riuscito a farmi un’idea riguardo alla sua personalità reale. Egli mangia e beve come noi, anzi in proporzioni considerevolmente maggiori; in queste occasioni egli assume addirittura un aspetto completamente umano. Ma appare ben diverso ai nostri occhi quando parla, opera e agisce, perché allora non c’è affatto da scherzare con lui, e allora opera cose così prodigiose che uno di noi deve proprio sentirsi svanire nel nulla e dire che noi apparteniamo solo a metà al sacerdozio, e tra l’altro ci stiamo riferendo alla parte migliore e romana del sacerdozio!

6. Infatti in seguito all’alta carica che io ricopro nell’amministrazione statale superiore, mi spetta la sorveglianza di tutto ciò che ha rapporto con le varie istituzioni sacerdotali nell’intero grande impero di Roma, e ho dovuto anche acquisire le necessarie nozioni di tutte le religioni professate nei diversi paesi che fanno parte dell’impero, ciò che chiarisce perché io mi sia fatto istruire precisamente anche nella religione degli ebrei. Ma per un uomo come sono io, dinanzi al quale tutti i misteri devono venire rivelati, ho già imparato a conoscere molte cose su questa Terra, ed ho visto e conosciuto qua e là persone anziane e giovani dotate di talenti e capacità particolarissime, che hanno poi anche lasciato perplesso per più di un giorno il mio intelletto che pur non può dirsi da poco.

7. Però, tutto ciò rappresenta un nulla assoluto quando lo si paragona a questo giovinetto, il cui aspetto esteriore femmineo è assai raramente, dal punto di vista della nostra critica romana, indizio di un grande sviluppo spirituale. I cosiddetti adoni e le cosiddette veneri[13]  da noi sono sempre stati considerati come le persone più carenti per quanto riguarda lo spirito, ed eccezioni tra di loro ce ne sono sempre state pochissime. Questo giovinetto è di gran lunga il più bello che mi sia potuto capitare sotto gli occhi. Se egli indossasse delle vesti femminili, supererebbe di molto la più bella fanciulla di tutto questo mondo. Eppure questa creatura umana possiede uno spirito tanto divinamente grande che a lui è proprio possibile tutto come a Te stesso, o Signore e Maestro. O Signore, Tu vedi che io ora non posso più reprimere la mia brama di sapere chi è questo strano giovinetto, e quindi vorrei pregarTi di dirmi finalmente come stanno le cose con lui!»

8. Io dissi: «Amico, se Io come voi, esseri umani, fossi affetto da qualche debolezza, non esiterei a dichiararti immediatamente come stanno le cose con questo giovinetto, ma poiché Io non ho affatto alcuna debolezza umana, e nel Mio Spirito vedo dall’eternità quello che a ciascun essere umano è maggiormente salutare nella sua propria sfera di sviluppo animico, Io non dico mai a nessuno una parola che sentissi di non poter più mantenere dopo qualche giorno; quindi rimane [la Mia promessa] che tu potrai benissimo e chiaramente riconoscere il giovinetto da solo.

9. Tu pure hai udito come la Pazienza costituisce anch’essa uno degli Spiriti originari di Dio nell’uomo, che deve venire rinvigorito e sviluppato come tutti gli altri sei Spiriti, qualora l’uomo debba pervenire alla vera completezza interiore della vita. E così Io voglio che ciò avvenga pure nei tuoi riguardi, vale a dire che la tua pazienza moderi alquanto la tua serietà e il tuo zelo che spesso, essendo troppo isolati dagli altri spiriti, sono esagerati. E vedi, per questa ragione molto valida Io non ti dico ciò che tu ora brameresti sapere con tanta urgenza, perché la Pazienza rappresenta nell’uomo quello che per il terreno rappresenta una lieve pioggia. Essa mitiga il fuoco delle brame ardenti nel cuore umano allo scopo che queste non si trasformino e degenerino in passioni selvagge, impetuose e spesso devastanti. Se comprendi bene questa cosa, vedi di saper trovare la strada giusta solo nella pazienza, e poi ti sarà ben concesso tutto ciò che ti sarà necessario a spegnere la nobile sete di sapere della tua anima»

10. Disse il romano: «Sì, Signore, Maestro e Dio, a Te nemmeno il più sapiente di questo mondo potrà mai obiettare niente, perché Tu sei l’eterno Amore, la Sapienza e la Verità stessa, e quindi anche a questo riguardo hai piena ragione, poiché un Dio che si abbassasse a patteggiare come un comune fruttaiolo greco, non sarebbe più un Dio, ma semplicemente un essere umano debole e capriccioso; ma, allora, chi potrebbe fidarsi delle promesse di un Dio debole?»

11. Io dissi: «Vedi, ora hai detto di nuovo la piena verità! Resta sempre in questa ed esercitati nella giusta pazienza, così perverrai molto velocemente alla Luce vitale interiore! Del resto, presso voi Romani vige già da moltissimo tempo un buon proverbio, secondo il quale ci si deve “affrettare lentamente”[14]  e ciò equivale a “esercitarsi nella pazienza”. Ma adesso andiamo tutti assieme all’aperto, dove apprenderete molte cose!».

 

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Cap. 44

La luminosa apparizione notturna delle dieci colonne di nuvole

 

1. Non appena ebbi terminato di parlare, tutti si affrettarono ad alzarsi e Mi seguirono all’aperto. E quando ci trovammo tutti fuori, molti ammirarono le belle tende opportunamente disposte e non poterono celare la loro meraviglia per la rapidità con la quale erano state erette, dato che essi durante la mattinata non si erano ancora accorti che esistessero. Tuttavia queste meraviglie ebbero presto fine, perché Io ben presto attirai l’attenzione dei presenti su qualcos’altro. Su cosa attirai l’attenzione di tutti i presenti?

2. Ecco cosa fu: dalla parte di Oriente cominciò ad innalzarsi sull’orizzonte una colonna di nuvole, assai rovente, che stava salendo sempre più in alto, in modo che in poco tempo sembrò che essa avesse già raggiunto le stelle. La colonna acquistò man mano sempre maggiore luminosità, fino ad uguagliare il chiarore della Luna, tanto che tutta la regione fu rischiarata quasi come se fosse giorno. Allora tutti Mi domandarono che cosa fosse quel fenomeno e cosa volesse significare.

3. Ma Io dissi: «Abbiate pazienza, Miei cari amici, perché avremo dell’altro ancora! Quando avrete visto tutto, soltanto allora esamineremo da dove ciò provenga e cosa voglia significare. Continuate dunque a fare attenzione a tutto quanto ancora si mostrerà, perché sta scritto nei libri profetici che in questo tempo si manifesteranno dei segni anche in cielo e non solo sulla Terra. E poiché tali segni si manifestano appunto ora, a voi è dato di accertarvi perfino con gli occhi di carne che le parole delle antiche profezie adesso trovano adempimento. State dunque bene attenti a tutto quello che apparirà ancora!»

4. Allora tutti volsero di nuovo lo sguardo verso Oriente ed ecco una seconda colonna uguale alla prima sorse dall’orizzonte e si schiarì fino a raggiungere di nuovo lo splendore della Luna, illuminando di più ancora la regione! Però, trascorsi solo alcuni istanti, apparve una terza colonna uguale alle altre e accrebbe quindi il chiarore sulla regione. Ciò non era visibile soltanto a coloro che stavano sul monte presso di noi, ma anche a molti a Gerusalemme e a molti in tutto il paese d’Israele, e la conseguenza di ciò fu che in tutte le piazze e le vie della città cominciò a levarsi un clamore che si udiva benissimo pure sulla montagna.

5. Lazzaro allora disse: «O Signore, se la cosa dovesse durare ancora a lungo, questo monte sarà presto pieno di gente! Sarebbe dunque già arrivato, ora, il tempo di sbarrare il portone di sotto»

6. Io dissi: «Fratello, non darti assolutamente nessun pensiero finché Io sono qui con te, perché senza la Mia Volontà nemmeno una mosca entra in questo giardino, per non parlare poi di un uomo qualsiasi! Ma adesso osserva bene, poiché di simili colonne ne saliranno su ancora sette!»

7. Non appena Io ebbi detto ciò, si vide già salire anche la quarta e subito dopo la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona e la decima colonna, a distanza conveniente l’una dall’altra e queste dieci colonne, la cui luce uguagliava ed era forte come quella del plenilunio, diffusero infine un così grande chiarore su tutta quella regione da poter essere percepito distintamente, da una parte, fino sulle rive del mare Mediterraneo e dall’altra parte fino all’Asia Minore e, verso Oriente, fino nei paesi lontani del fiume Eufrate.

8. In città però era scoppiato il disordine. I pagani lo consideravano come un MALUM OMEN (cattivo presagio), mentre gli ebrei parlavano già del Giudizio Universale. Altri, i cosiddetti interpreti dei segni, sostenevano che l’apparizione preannunciava dieci anni di grande abbondanza, degli altri ancora dieci anni roventi, e quindi di carestia.

9. Ma un vecchio rabbi urlava per tutte le vie: «Questo è il preavviso dell’arrivo del Messia e le dieci colonne sono il simbolo della Sua Forza e il fatto che esse stanno ad Oriente vuol dire che il Messia verrà a Gerusalemme appunto da quella parte!»

10. Ma quel rabbino non trovò nessuno che gli prestasse fede, e molti che lo avevano udito lo deridevano, e quegli uomini mondani gli dissero: «Vattene e finiscila con i tuoi vecchi piagnistei messianici, poiché è già da molto tempo che tu vedi venire il Messia in ogni nuvola chiaramente illuminata dalla Luna! Anche pochi giorni fa, quando ci fu un’eclissi di Luna, che pure ha suscitato molta confusione, hai annunciato la venuta del Messia, e i furbi esseni, i quali hanno proprio in quella zona il loro istituto di magia, hanno calcolato già da un anno esattamente la trascorsa eclissi di Luna, ma tu vi scopristi immediatamente il Tuo Messia che veniva con pelle e capelli! Stai bello fresco se aspetti il tuo Messia! Queste dieci colonne sono molto belle a vedersi e non sono altro che il prodotto dell’arte magica degli esseni! Va’ a trovare gli esseni e vedrai con quale facilità essi ti toglieranno il vizio del tuo Messia!»

11. Questa spiegazione, radicalmente naturale e terrena, non fece però nessuna impressione sul vecchio rabbino, che continuò a gridare ad alta voce: «Voi potete parlare come volete, ma si vedrà fra poco se io non avrò giudicato bene! Dio non si regola affatto in base alle discussioni mondane di gente terrena della vostra risma, ma dalla Parola delle Sue profezie che Egli ha annunciato all’umanità per bocca dei Suoi profeti! Badate bene voi, gioventù cattiva e sacrilega, che qualche demonio non venga e non vi prenda tutti quanti assieme! Oh, non oltraggiate un vecchio rabbi!»

12. Io stavo così raccontando i pareri e i giudizi ai Miei sul monte che questo fenomeno aveva suscitato là sotto in città e tutti in seguito a ciò si rasserenarono molto.

13. Lazzaro e pure i Miei discepoli osservarono che il rabbi aveva in fondo ragione e che era una cosa quanto mai ignobile da parte di quei giovani bellimbusti di Gerusalemme farsi in tal modo beffe di una persona anziana!

14. Io dissi: «Da un lato avete pienamente ragione, però il vecchio è pure una volpe del Tempio che approfitta delle occasioni di questo genere per annunciare sempre con diligenza la venuta del Messia per carpire qualche offerta. A ogni modo, passato il momento, egli è molto felice che le sue numerose enunciazioni profetiche non si adempiano dinanzi ai suoi occhi e si facciano ancora attendere, poiché in questo paese, ricco di fenomeni naturali, può facilmente manifestarsi presto e nuovamente un fenomeno del genere che egli saprà di nuovo sfruttare a suo vantaggio! Ora quei giovanotti di Gerusalemme, certo molto scatenati, conoscono bene un simile profeta di strada e quando il suo vociare diventa un po’ più forte gli si mettono davanti e lo scherniscono, e così il profeta non è per nulla migliore di coloro che lo scherniscono. Anzi, Io vi dico che quella gioventù scapestrata diverrà Mia seguace molto prima di quel vecchio rabbi, che ha sempre la massima cura di profetizzare per la sua tasca, ma che, in sé e per sé, in fondo non crede proprio a niente. Adesso però lasciate stare la cosa, l’ulteriore svolgersi del fenomeno provocherà ancora affanno maggiore! Non udite adesso squillare le trombe dalle alte torri del Tempio?»

15. Dissero tutti: «Sì, sì, le sentiamo benissimo!»

16. Io dissi: «Ciò significa che la gente del Tempio si è essa pure destata e non sa cosa pensare di questo fenomeno, perciò hanno fatto dare fiato alle trombe, per chiamare a raccolta tutti i farisei e gli scribi che dimorano fuori dal Tempio, allo scopo di consultarsi in tutta fretta sul da farsi e su come eventualmente spiegare il fenomeno al popolo, naturalmente in cambio di offerte molto cospicue. Ora però lasciamoli consigliarsi per un breve tempo e quando avranno ben fissato la loro spiegazione nella testa del popolo che già si sta accalcando intorno al Tempio, Io provocherò subito un cambiamento considerevole in questo fenomeno e i templari terranno nuovamente consiglio e mentiranno al popolo. Però il significato dell’intero fenomeno Io ve lo spiegherò brevissimamente, fedelmente e conforme a verità soltanto quando sarà tutto finito. Ma adesso guardate pure un po’ laggiù come il popolo stolto e quanto mai cieco va affluendo al Tempio da ogni parte! In un quarto d’ora il fenomeno cambierà totalmente d’aspetto; poi assisterete al massimo della concitazione! Ma ora riposiamoci in questo quarto d’ora di tempo».

 

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Cap. 45

L’apparizione nel cielo subisce un cambiamento, creando l’imbarazzo dei templari

 

1. Disse allora il romano il quale pure era vicinissimo a Me: «Ma pare quasi impossibile che tanta gente possa essere così cieca! Quei pazzi corrono di qua e di là senza sapere cosa vogliono e pretendono di essere degli ebrei illuminati, dunque il popolo di Dio! E noi, ciechi pagani, siamo invece qui alla Sorgente originaria della vita, della Luce e dell’eterna Verità originaria! È davvero una cosa immensamente strana! Noi, evidentemente gli ultimi, siamo ora - e si dica pure quello che si vuole - evidentemente i primi, e quei figli di Abramo continuano a rotolarsi laggiù come tanti maiali nel loro luridissimo pantano! Questa per noi pagani, o Signore, è una Grazia inspiegabile in eterno che noi in verità non abbiamo neanche minimamente meritato! Io sono adesso proprio ansiosamente curioso di vedere che seguito potrà avere questo avvenimento quanto mai straordinario! Come poi andrà a finire tutta questa storia, Tu solo, o Signore, lo saprai meglio di qualsiasi altro!»

2. Io dissi: «Vedrai alla fine che i risultati non saranno cattivi! È ormai venuto il tempo di procurare a quei perfidi criticoni mondani, in una maniera del tutto particolare, un qualche grosso imbarazzo, in modo che vengano screditati presso la gente migliore del popolo.

3. In questo momento, appunto, hanno terminato di deliberare dopo una discussione affrettata, e la conclusione è che per loro le dieci colonne rappresentano le dieci tribù d’Israele rimaste ancora fedeli al Tempio e le altre due tribù sono quelle rigettate, i cui discendenti sono cioè i samaritani e i galilei, e ciascun ebreo resta immondo per il tempo di un anno intero anche se solo pronuncia ad alta voce il nome delle due tribù infami!

4. Ora il popolo si batte violentemente il petto con i pugni e giura di non chiamare mai più per nome quelle tribù sacrileghe.

5. Ma adesso fate attenzione, poiché alle dieci colonne se ne aggiungeranno presto altre due e poi vedrete la grande concitazione che ne risulterà! Il momento è giunto e il cambiamento preannunciato deve verificarsi immediatamente»

6. Tutti allora guardarono attentamente verso Oriente, e infatti si videro innalzarsi contemporaneamente due grandiose colonne, e precisamente l’una a destra e l’altra a sinistra delle dieci colonne di prima; queste due però splendevano ciascuna per sé dieci volte di più delle prime prese assieme, al punto che la loro intensa luce venne percepita, da una parte, fino nelle regioni d’Europa e, dall’altra parte, fino alla distanza di quattrocento miglia.

7. Ma il nuovo fenomeno suscitò un clamore e una confusione enormi fra il popolo e tanto più disappunto e imbarazzo fra la gente del Tempio. Ben presto si udirono le trombe squillare di nuovo, con grande fracasso si cercava di radunare ancora degli altri membri del Sinedrio, anche se già ai primi squilli tutti i sacerdoti che dimoravano a Gerusalemme erano accorsi in fretta e furia nel Tempio. In effetti non si presentò nessun altro, tuttavia il Sinedrio si radunò una seconda volta. Ma il Sinedrio non seppe assolutamente più che cosa fare rispetto alle due colonne molto splendenti apparse alla fine, dato che si erano malamente dati la zappa sui piedi con le spiegazioni delle prime dieci colonne.

8. Ma il popolo gridava forte: «Ecco qua le due tribù che avete affermato che sono state rigettate! Ma se non è così, allora spiegateci di che cosa veramente si tratta, altrimenti bisogna che ci restituiate le offerte che vi abbiamo portato oppure le riprenderemo noi con la forza!»

9. Allora i templari cominciarono ad avere molta paura, ci fu un intervallo brevissimo e poi uno dei templari si presentò e cercò di migliorare la situazione con una scappatoia oratoria stupidissima, che non ebbe altro effetto che di provocare una grande risata fra il popolo.

10. E un ebreo ben tarchiato disse a voce alta, rivolto ai templari: «Se nello stato di grande angoscia e costernazione in cui noi ci troviamo a causa di simili segni, quanto mai angoscianti e inquietanti per ciascun cuore umano, che si mostrano sul firmamento, voi non siete in grado di darci una spiegazione soddisfacente, allora non abbiamo bisogno di voi nemmeno quando tutto si manifesta normalmente nel suo modo naturale sul firmamento. Se in questi momenti non vi è possibile farci udire una parola di consolazione, cosa ci state a fare qui allora? Voi non sapete fare altro che pretendere decime e altre cospicue offerte, per inghiottirle per conto vostro e sapete altresì cacciare fuori dal Tempio, a colpi di pietra, la gente savia che vi mette sotto il naso la verità e che guarisce in maniera prodigiosa gli ammalati! Ma adesso che il giudizio di Dio evidentemente sovrasta tutti noi con la sua spaventosissima luce, siete muti come tante tombe e non vi azzardate a dire una parola! Oh, andate adesso fuori verso quelle dodici terribili colonne che minacciose espandono la loro luce da vero giudizio finale su tutta la Terra e che certamente ben presto si scioglieranno in un tremendo uragano di fuoco che distruggerà tutto ciò che vive e si muove a questo mondo; andate adesso là e scagliate contro di loro le vostre pietre maledette e bagnatele della vostra acqua maledetta e vedremo poi se le dodici spaventosissime colonne di fuoco si inchineranno dinanzi alla vostra potenza sacerdotale! Oh, che miserabili impostori, orgogliosi, crudeli e ipocriti siete! Adesso è il momento di provare che voi soli siete i veri amici e servitori di Dio, in caso diverso noi, popolo, ci vendicheremo di voi per ogni sopruso che abbiamo dovuto subire da parte vostra!»

11. Un capo-sacerdote allora si fece avanti e disse: «Tu, che ti sei assunto la parte di oratore a nome del popolo, abbi pazienza! In questo momento il sommo sacerdote sta pregando nel Santissimo con la veste stracciata e, se sarà necessario, ci assoceremo anche noi alle orazioni e poi la situazione migliorerà di certo! Non bisogna che voi vi disperiate così presto, anche se Jehova viene a visitarci con qualche flagello che noi certo tutti assieme avremo meritato. Invece di lanciare ogni tipo di ingiuria e di minaccia contro di noi sacerdoti, pregate piuttosto pure voi Dio che voglia usarci grazia invece di fare giustizia! Questo sarà senz’altro migliore del vostro attuale comportamento contro di noi, perché in caso di necessità chiunque può innalzare le sue preghiere a Dio».

12. Queste parole servirono a calmare un po’ il popolo il quale, infatti, cominciò a pregare, mentre i sacerdoti, molto saggiamente, si ritirarono e si consigliarono per trovare una spiegazione dello stranissimo fenomeno. Tuttavia nessuno poté presentare una ragione plausibile, così che l’angoscia non fece che accrescersi tra di loro. Era grande il contrasto fra coloro che si trovavano con Me sul monte e gli altri che erano radunati nel Tempio nonché il popolo che era andato a rifugiarsi presso di loro in cerca di protezione: i Miei ammiravano estatici e al colmo della gioia lo spettacolo incomparabile di quelle colonne di luce, mentre le stesse erano massima causa di sgomento nel Tempio.

13. Ora avvenne che in quella circostanza si trovasse presente nel Tempio anche Nicodemo che già conosciamo e pure a lui fu chiesta la sua opinione.

14. Ma egli così rispose: «Voi non avete mai dato peso al mio consiglio, perché già varie volte mi rinfacciaste di essere, segretamente, un partigiano del Galileo e quindi ritengo che nemmeno in questa particolarissima emergenza il mio consiglio sia indispensabile! Infatti, se Jehova ha decretato una grave punizione contro di noi, del resto ben meritata, oppure la rovina totale, nessun consiglio umano sarà in grado di porvi rimedio e la nostra carica, che in fondo non significa grande cosa, verrà sepolta per sempre! Se invece Jehova ha fatto sorgere le dodici terribili colonne di fuoco quale ultimo ammonimento per noi e un incitamento a fare vera penitenza, allora certo non mancheremo di apprendere in tempo utile da qualche profeta quale penitenza e quali sacrifici Dio esigerà da noi. Però conviene che tutti voi prendiate in considerazione il fatto che siete stati voi ad uccidere Zaccaria, che era visibilmente un profeta, e così pure il predicatore che battezzava lungo il Giordano dovette venire decapitato nella prigione di Erode perché siete intervenuti voi. E poi venne un grande Sapiente dalla Galilea, insegnò tre giorni nel Tempio e la Sua Dottrina era buona e vera davanti al popolo e voi volevate lapidarLo per questo. Ma se in queste condizioni voi volete e intendete procedere anche in avvenire nella stessa maniera con tutti coloro che sono colmi dello Spirito di Jehova, allora a scongiurare la nostra totale e sicura rovina non gioverà affatto nemmeno un consiglio da parte di Dio e tanto meno, poi, potrà giovare un tale consiglio da parte mia, nonostante io sia un anziano del Tempio!»

15. Il sommo sacerdote, il quale presiedeva l’adunanza, disse: «Ma chi può fornirci la prova che gli uomini menzionati da te erano veramente profeti destati da Dio?»

16. Nicodemo rispose: «Questa stessa domanda che tu fai ora l’hanno fatta ai tempi dei veri profeti anche i sommi sacerdoti di allora, ma la triste conclusione fu sempre che i profeti riconosciuti più tardi come autentici vennero in grandissima parte lapidati o strangolati. E come era così allora, anzi molto peggio ancora, avviene oggi, e io con mio grande dolore non posso fare a meno di dichiararlo! Ma poiché purtroppo le cose stanno in questo modo, molto probabilmente anche la Pazienza del Signore sarà giunta ai suoi limiti estremi, ciò che quelle terribili colonne di fuoco ci dimostrano ora fin troppo all’evidenza. E perciò a scongiurare il pericolo è probabile che il consiglio umano non serva più a niente! Guardate come vanno sempre più ingrossandosi e addensandosi, ciò dipende dal fatto che esse si stanno sempre più avvicinando a noi!

17. Com’è spaventoso questo giorno nella notte! È appena la quinta ora nella notte e fa chiaro come se si fosse in pieno giorno! Ma perciò anche adesso vi lascerò e ritornerò a casa mia per tranquillizzare, se sarà possibile, la mia famiglia!»

18. Il Sinedrio voleva trattenerlo, ma Nicodemo disse: «Se potessi in qualche modo giovarvi, io resterei, ma considerato che non ne vedo l’utilità e che voi, d’altro canto, non potete giovare a me, io preferisco andarmene e morire fra le mie pareti che non fra queste mura profanate già tante volte!».

 

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Cap. 46

Nicodemo si reca sul monte degli Ulivi da Lazzaro

 

1. Allora egli si congedò dal Consiglio e per scansare il popolo che si era già fatto tanto turbolento cercò di raggiungere la sua dimora per qualche via nascosta. Ma giunto in quelle vicinanze, vide che pure là c’era un grosso assembramento di gente che sperava di poter avere consiglio da lui, in quelle ore d’angoscia.

2. Per conseguenza egli rifletté: «Se vado a casa mia, il popolo mi assedierà per sapere qualcosa, mentre io, con tutta la mia buona volontà, non sarò in grado di dargli neanche una minima spiegazione soddisfacente riguardo a questo fenomeno. Ma adesso so quello che farò! Io andrò da Lazzaro sul monte degli Ulivi, anche se c’è da faticare un po’, per sentire cosa pensa dell’apparizione; egli è sempre stato un uomo secondo il cuore di Dio, nonostante fra lui e il Tempio ci siano stati degli attriti; egli, a questo riguardo, ne saprà certo più di me e di tutto il Tempio!». Così pensò Nicodemo e così fece!

3. Quando egli arrivò alla grande porta del giardino, che era aperta, un uomo che era posto lì di guardia lo trattenne e gli domandò cosa cercasse.

4. E Nicodemo disse: «Io devo trattare delle cose importanti con Lazzaro, lasciami dunque passare!»

5. E la sentinella gli chiese il nome ed egli si fece immediatamente riconoscere; allora non gli vennero posti più altri ostacoli, perché era universalmente noto come persona molto giusta e molto buona. Però la sentinella non poté fare a meno di domandargli se egli fosse forse in grado di spiegargli cosa significasse quel fenomeno prodigioso e del tutto insolito.

6. E Nicodemo, in tono cordiale, così rispose alla sentinella: «Ma, amico mio, è appunto per ciò che io voglio e devo andare sul monte da Lazzaro, siccome so che in questo tempo di festa e di mercato egli dimora sempre qui nel suo grande albergo sulla montagna; so pure che egli se ne intende molto di queste cose e non dubito che egli sappia darmi più di altri la migliore spiegazione possibile in proposito! Ad ogni modo, nella mia qualità di anziano di Gerusalemme, posso darti per assolutamente certo che questo fenomeno straordinario preannuncia qualcosa di buono per i buoni e qualcosa di cattivo per i cattivi, perché qui non si tratta più evidentemente di un solito capriccio della Natura. Perciò, se tu sei buono, non dartene affatto pensiero, come non me ne do io, poiché a noi due non accadrà niente di male!»

7. A queste parole l’uomo di guardia, anch’egli molto inquieto, lo ringraziò e il nostro Nicodemo salì di buon passo sul monte e quando vi fu giunto rimase non poco sorpreso nel vedere là radunato un gruppo di persone così grande e di umore tanto sereno che stava ammirando senza alcuna apprensione quella grandiosa e splendida manifestazione.

8. Io però dissi a Lazzaro: «Fratello Lazzaro, sappi che l’anziano Nicodemo, spinto da grande timore, è venuto quassù per parlare con te e sentire se tu sai dirgli cosa possa significare questo fenomeno. Dunque, vai e fagli buona accoglienza ed Io ti metterò in bocca quello che per il momento dovrai dirgli! Ed ora vai, ma non rivelargli subito che Io Mi trovo qui!»

9. Lazzaro, udendo ciò, si rallegrò di tutto cuore, perché egli amava moltissimo Nicodemo che era il suo unico amico. Quindi gli andò sollecitamente incontro e fece secondo quanto gli avevo consigliato Io.

10. Quando il nostro Nicodemo, in seguito all’inconsueto chiarore di quella notte, ebbe scorto già da lontano Lazzaro, gli rivolse il suo saluto prima di essergli vicino, con le parole: «Fratello, perdonami se vengo a trovarti ad un’ora così tarda della notte! Ma basta che tu consideri là, ad Oriente, le dodici colonne di fuoco e non avrai alcuna difficoltà ad indovinare il motivo che veramente mi ha condotto quassù da te. Puoi credermi se ti dico che in tutta la grande città, come pure nel Tempio, regna una confusione indescrivibile! È una cosa questa che, a quanto noi sappiamo, non si è mai verificata! In città ebrei e pagani corrono per le strade all’impazzata, la gioventù spensierata ci scherza sopra e vuole affibbiarne la paternità agli esseni, da un’altra parte, invece, un vecchio rabbi a caccia di offerte va gridando a squarciagola: “Ecco il Messia che viene!”. Ma tutto ciò non fa che fomentare l’agitazione negli animi. I pagani credono in una guerra degli dèi, mentre alcuni ebrei dalle idee ristrette pensano che si debba vedere la venuta del Messia e altri, invece, il grande giudizio profetizzato da Daniele. I sacerdoti non sanno più a che partito appigliarsi, né sono più in grado di dare una risposta nemmeno in piccola parte accettabile e apparentemente veritiera alle domande che il popolo rivolge loro. Il popolo causa tumulti nel Tempio e ingiuria in maniera atroce il sacerdozio, insomma tutta la città è in preda ad uno scompiglio tale che simile che non l’ho mai visto!

11. Io stesso ho preso parte per quasi un’ora alla riunione convocata dal Sinedrio e da tutte le parti mi è stata richiesta la mia opinione, ma in presenza di avvenimenti inauditi di questa specie, chi mai è capace di dare un saggio consiglio a qualcuno? Io ho cercato di far loro comprendere con schiette parole quello che io reputo sia la verità, ma non è servito assolutamente a nulla.

12. Che cos’altro mai si può fare, date le circostanze? Gli animali vivono secondo il loro innocente istinto, ma ti dico che i sacerdoti nel Tempio non hanno né istinto né, meno ancora, intendimento! E quindi con questi veri semi-uomini o meglio ancora con questi che non sono più uomini, non si sa proprio più che cosa fare! E vedi, in questa contingenza quanto mai straordinaria non sono riuscito a trovare di meglio che rifugiarmi quassù presso di te, poiché le persone come noi non possono resistere laggiù in città e meno ancora nel Tempio!

13. E adesso, se hai tempo a disposizione, non potresti raccontarmi qualcosa delle tue particolari esperienze passate? Ciò mi sarebbe tanto più gradito, in quanto nel mio animo mi sento immensamente oppresso! Dimmi sinceramente: durante i tuoi viaggi in Persia e in Arabia hai avuto qualche volta occasione di assistere ad uno spettacolo di questo genere? E se ne hai avute, quali ne sono state le conseguenze successive o anche immediate?»

14. Disse Lazzaro: «Oh, sia lontano dal tuo cuore ogni turbamento a causa di questo fenomeno luminoso davvero magnifico e assolutamente straordinario, perché esso non è per nulla portatore di qualche cattiva conseguenza, almeno per noi che siamo un po’ migliori di tanti altri in quanto siamo rimasti ancora fermi nell’antica fede in Dio, abbiamo conservato nel nostro animo la fiducia in Lui e abbiamo osservato le Sue Leggi nella misura possibile! Per i rinnegati, però, esso costituisce una buona ammonizione e dice loro che Jehova, l’Antico ed Eterno, vive tuttora ed ha sempre il potere di punire i peccatori come e quando vuole. Se tu consideri tale fenomeno da questo punto di vista, ogni timore non può che svanire dal tuo animo. Guarda un po’ là! Qualche centinaio di persone si trovano raccolte assieme ed esse, che considerano il fenomeno appunto da questo punto di vista, sono tranquillissime e in eccellente disposizione d’animo; tu dunque, persona di provata rettitudine al cospetto di Dio e degli uomini, non dovresti avere nessun motivo per temere questo fenomeno! Ho ragione o no?»

15. Disse Nicodemo: «Oh sì, certo, tu hai ragione. La tua risposta è stata molto buona e le tue amorevoli parole hanno arrecato grande conforto al mio cuore; io te ne sono immensamente grato! Tuttavia non mi hai ancora detto se durante i tuoi lunghi viaggi in Persia e in Arabia ti è capitato di assistere a qualche fenomeno di questa specie!»

16. Lazzaro disse: «Né in Persia né in Arabia io ho mai visto qualcosa di simile! Di fenomeni di altra specie, spesso anche molto strani, ne ho certo visti in quantità, sia di giorno che di notte, fenomeni cioè che non possono fare a meno di sorprendere molto chi li vede per la prima volta, ma poiché si manifestano periodicamente sempre nella stessa forma, allora non fanno alcuna particolare impressione sugli abitanti del luogo. Questo attuale fenomeno, invece, è senza dubbio tale per cui anche l’arabo più coraggioso dovrebbe rimanere intimorito, poiché mai uomo su questa Terra ha visto qualcosa di simile, all’infuori forse di qualche profeta in stato d’estasi, come si racconta sia accaduto all’antico patriarca Kenan e ad Enoch e poi ancora a Mosè, ad Elia e a Daniele. Ma è difficile che qualcuno abbia visto con gli occhi del corpo un fenomeno di questo genere. Però vedrai che esso non durerà molto nella sua forma attuale e io ho il presentimento che ne assumerà ben presto un’altra, anzi non una, ma varie volte ancora»

17. Disse Nicodemo: «Dici sul serio?»

18. Disse Lazzaro: «Sicuramente! Le dodici colonne splendenti, che si stanno lentamente ingrossando sempre di più, non resteranno fino alla fine così come sono!»

19. Disse Nicodemo: «Oh, ma in questo caso la situazione si farà ancora peggiore in città e in tutti i suoi dintorni! Cosa diranno le tue sorelle rimaste a Betania? Esse saranno mezze morte dallo spavento, come anche la mia famiglia a casa mia!»

20. Lazzaro disse: «Oh, affannati per altre cose ma non per questa! A ciò ha già provvisto il Signore, poiché Egli non lascia perire i Suoi, qualunque cosa possa accadere sulla Terra. Infatti il Signore governa anche questi fenomeni, li fa apparire, mutare e svanire e ciò sempre per il bene e la salvezza dell’umanità di questa Terra. Tu puoi stare tranquillo per quanto riguarda la tua famiglia, perché la Volontà di Dio veglia su noi tutti!».

 

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Cap. 47

Nicodemo si intrattiene con Lazzaro sull’apparizione luminosa

 

1. Disse Nicodemo: «Tu, fratello mio, hai certamente ragione, perché a chi crede fermamente in Dio non può accadere niente di male, anche se a volte sono accadute all’umanità alcune cose provenienti da Dio, che dall’intelletto umano furono giudicate non troppo in armonia con il concetto di una divina Provvidenza particolarmente buona! A me stesso è accaduto qualcosa di simile più di una volta, e perciò di fronte a fenomeni naturali straordinari di questa specie che accadono sulla Terra mi trovo ad essere come un fanciullo che ha sempre paura del fuoco perché una volta si è scottato un dito. E così è accaduto pure a me già varie volte e precisamente, ad esempio, un giorno un fulmine mi stordì talmente tanto che poi per diverso tempo rimasi indolenzito in tutte le membra. Un’altra volta avvenne che fui attirato dentro ad un vortice d’aria il quale mi sollevò a due altezze d’uomo dal suolo e poi mi depose a terra non troppo dolcemente! Oltre a ciò per ben due volte fui sorpreso dal maltempo sul mare di Galilea e venni sospinto di qua e di là, fra la vita e la morte, per cinque buone ore di seguito; così un’altra volta, mentre ero montato sul mio mulo, animale solitamente pacifico e del tutto bene addestrato, esso si mise correre all’impazzata finché, completamente sfinito, si accasciò a terra e mi schiacciò con forza un piede; anche quella volta la causa fu un lampo terribile seguito rapidamente da un tuono.

2. Vedi, queste e ancora altre disavventure mi sono capitate sempre come conseguenze di fenomeni naturali e perciò non posso mai frenare un certo senso di spavento, quando mi trovo nuovamente dinanzi a qualcosa di insolito in fatto di manifestazioni naturali. È vero che in tutte queste disavventure la vita del mio corpo non fu mai gravemente pregiudicata, ciò che invece è già accaduto a moltissimi altri in simili occasioni in cui ci hanno rimesso la vita senza loro colpa, ma tuttavia il timore mi invade quando nell’ambito della natura terrestre Dio concede che si manifestino dei fenomeni di questa specie, di fronte ai quali le nostre forze umane non possono nulla, come ora è proprio il caso di quelle dodici enormi colonne di fuoco e di luce che là, ad Oriente, minacciano di invadere e distruggere tutta la Terra. Io, certo, credo in Dio ed ho ferma fiducia che Egli sappia proteggerci contro qualsiasi grave sciagura, tuttavia là dove quelle minacciosissime colonne toccano il suolo terreno, confesso che proprio non vorrei trovarmi, perché in quel punto ci deve essere una vera tempesta di fuoco»

3. Disse Lazzaro, al quale Io stavo suggerendo le parole: «Nemmeno là nelle regioni dell’Eufrate queste colonne arrecheranno alcun male a nessuno; di questo tu puoi essere del tutto certo e quindi non devi affatto avere timore. Ma ora guarda: le dieci colonne di mezzo vanno sempre più accostandosi l’una all’altra; solamente le due esterne rimangono ancora immobili! Vedi, qui c’è già una modificazione! E adesso quelle di mezzo addirittura si fondono a due a due, così che sono ridotte a cinque grandi colonne soltanto, senza che perciò l’intensità della luce sia né aumentata né diminuita! Ecco, questa è già un’altra modificazione! Le due colonne esterne invece non si muovono ancora!»

4. Nicodemo disse: «Mi sembra che questa sorprendente modificazione sia stata predisposta da un essere intelligente, perché di solito le apparizioni di questa specie sono disordinate per quanto riguarda la forma e non sembrano mai svolgersi secondo un determinato piano; talvolta si congiungono, altre volte si scindono o addirittura si annientano. Basta considerare il corso, pazzo e disordinato, delle nuvole quando infuria un uragano e il percorso altrettanto disordinato dei fulmini che scintillano in quelle occasioni! Credo invece di non sbagliarmi dicendo che dietro a questa grandiosa apparizione si cela un essere estremamente dotato di pensiero e di intelligenza, e si potrebbe quasi avere l’idea che qui si tratti di qualche nuova magia degli esseni che probabilmente anche da quelle parti avranno qualche loro stabilimento di recente istituzione. Infatti quella gente è ben capace di concentrare in un punto solo tutte le magie di questo mondo e sono essi stessi ricchi di spirito inventivo nel campo delle cose fuori dall’ordinario. Ecco là! Adesso anche le cinque colonne cominciano a congiungersi! La cosa ora va per le spicce, vedi come ormai da cinque che erano è venuta fuori una colonna sola! Ah, questo finirà davvero con il ridurre Tempio e popolo alla disperazione e più di un debole di mente ci perderà la ragione!»

5. Disse Lazzaro: «Ora, meno di prima, anzi! Infatti laggiù vi sono già molti propensi ad attribuire tutto il fenomeno a dei maghi indiani che si sono messi in viaggio di recente verso questi paesi e ciò perché il fenomeno stesso risulta ai loro occhi troppo regolare e conforme ad un piano»

6. Nicodemo disse: «Ma tu, cosa pensi veramente di questa apparizione che non si può negare sia assolutamente strana? Infatti, ammettendo che possano essere stati anche dei maghi a provocarla, data la sua immensa grandiosità, potrebbe meglio ancora essere stata provocata dalla Volontà di Jehova, o potrebbe darsi almeno che Egli avesse concesso che si producesse, probabilmente, allo scopo di preannunciare specialmente a noi ebrei qualche giudizio imminente, oppure allo scopo di annunciare un piano ancora nascosto che Dio ha intenzione di attuare nei riguardi dell’umanità stessa. Tu lo sai chi ancora potrebbe essere celato dietro a questa apparizione!»

7. Gli domandò Lazzaro: «E a chi vorresti fare allusione con queste tue parole?»

8. Disse Nicodemo: «A quel certo prodigioso Salvatore di Nazaret! Egli era presente alla festa e si è fatto vedere, credo, due volte nel Tempio, dove ha detto le più grandi verità in faccia ai farisei, tanto anzi che questi avrebbero voluto addirittura lapidarLo! Ma poi Egli se ne andò e io penso che non dovrebbe trovarsi proprio molto lontano dal luogo dove questa nostra apparizione ha la sua origine. Questa volta, purtroppo, non mi si è offerta alcuna occasione di poterLo nuovamente visitare di nascosto, perché tu già non ignori ormai quali siano le tendenze dominanti nel Tempio. Ciò per altro non fa nulla, considerato che io, detto fra noi, credo in Lui e nella Sua Missione, perché, se Egli non è il Messia, un altro Messia l’umanità non lo vedrà mai più in eterno su questo mondo. Naturalmente, come bene capirai, queste cose io posso dirtele soltanto qui a quattr’occhi, perché so che tu condividerai la mia opinione come già la condividono molti fra il popolo; ad ogni modo sono cose di cui a Gerusalemme non è lecito parlare a voce troppo alta! Dunque, amico, è ben probabile che il citato Salvatore ne sappia qualcosa; così pure riguardo a cosa il fenomeno debba o possa significare, anche questo Egli lo saprà meglio degli altri! Cosa pensi tu di questo mio modo di vedere?»

9. Disse Lazzaro: «Sì, sì, potresti benissimo avere ragione, soltanto non riesco a comprendere ancora il fatto che tu dica di credere che il Salvatore di Nazaret sia sul serio il Messia promesso ma che, tuttavia, tu abbia timore di professarlo ad alta voce dinanzi a tutto il mondo, senza paura, per Quello che Egli è indubbiamente! Se Egli è il Messia, è pure - secondo i molti passi di Mosè, Elia, Isaia, Geremia e vari altri profeti e veggenti che tu conosci Jehova-Zebaoth stesso. Ma se Egli è Tale, che cosa è poi tutto il mondo al Suo paragone? Non lo può forse spazzare via con un soffio se finisse con il diventarGli eccessivamente antipatico o se l’eccessiva perfidia degli uomini mettesse la Sua Pazienza a troppa dura prova? Però, essendo Egli appunto, senza alcun dubbio, l’onnipotente Signore di tutta la Creazione - e anche tu credi a questo - come puoi avere ancora timore del mondo stolto e cieco? Vedi, questa è una cosa che davvero non mi risulta troppo chiara in te! Si può certo capire che tu sia venuto a visitarLo solo di notte una prima volta, ma dopo di allora Egli è stato qui un paio di volte ancora e tu non sei mai più venuto a visitarLo né di notte né, meno ancora, di giorno; questo evidentemente non è stato bello da parte tua! Soltanto se tu non credessi pienamente che Egli è il vero Messia, questo scuserebbe un po’ il tuo timore e la tua tiepidezza e tu potresti certo riguadagnare quello che hai perduto! Hai ben compreso ciò che ti ho detto?»

10. Disse Nicodemo: «Fratello, tu hai pienamente ragione, ma che cosa si può fare quando, purtroppo, si appartiene al Tempio e si deve dedicare tutta la propria attività unicamente nel cercare di moderare e incanalare l’attività del Tempio così che questo non intacchi con eccessiva asprezza i diritti dell’umanità? Ma, per arrivare a questo risultato, spesso si deve, ahimè, fare coro all’urlo dei lupi per tenerli lontani, seguendo i dettami della prudenza, avendo cura di non dare troppo nell’occhio, dalle buone greggi ed evitare che queste vengano completamente sbranate e divorate! È per questo che non mi è stato davvero possibile venire a visitare il Salvatore come sarebbe stato conveniente; del resto anche con te, che sei il mio amico più fidato, non ho avuto la possibilità di incontrarmi, eccetto che nel Tempio, già da quasi due anni! Infatti, durante questo tempo, tutta l’attenzione del Tempio era rivolta al profeta Giovanni, come più recentemente è stata rivolta al Salvatore di Nazaret, e per sorvegliare i Suoi insegnamenti e i Suoi atti il gran Consiglio si radunava quasi ogni settimana, volendo ad ogni costo trovare il mezzo per farLo tacere. Ma ogni sforzo si è finora dimostrato vano, perché il popolo in parte Lo ritiene un grande profeta, in parte vede già sul serio in Lui un futuro Re grande e possente e la maggioranza poi Lo ritiene addirittura l’autentico Messia e questa è, per dirla schietta, anche la mia opinione.

11. Quello che però più mi sorprende è che Egli abbia trovato tante adesioni fra i romani e che questi ultimi non creino assolutamente nessun ostacolo alla diffusione della Sua Dottrina! Questo io lo considero un chiaro indizio della genuinità della Sua Dignità di Messia. Ma tu sai dove Egli se ne sia andato, partendo da Gerusalemme? Io desidererei molto approfittare di questa occasione per farGli visita e per intrattenermi con Lui!»

12. Disse Lazzaro: «Amico, guarda adesso un po’ le tre colonne di luce e di fuoco; vedi, ora le due esterne cominciano a muoversi pure esse e si avvicinano a quella di mezzo. Vogliamo vedere cosa ne salterà fuori? Vedi, quella dal lato di Mezzogiorno si è già congiunta alla colonna centrale, invece quella verso Nord è rimasta ferma e così noi ne vediamo ormai che soltanto due e queste due, però, mandano tanta luce quanta ne mandavano prima le dodici; la loro luce infatti è ora diventata più intensa e pura. Sì, io non riesco proprio né a pensare né ad immaginare che possa fare più luce di giorno! Solo che il firmamento appare più scuro e verso Occidente sono qua e là ancora visibili l’una o l’altra delle grandi stelle.

13. Ma vedi laggiù, in città, come gli uomini corrono confusamente! Perfino sui frontoni delle case ci sono persone e tutti guardano verso l’apparizione! Però adesso anche la colonna dal lato di Settentrione si muove e si congiunge con la colonna di mezzo! Adesso ormai non abbiamo più che una colonna sola!»

14. Disse Nicodemo: «Questo è davvero estremamente sorprendente! Chissà che cosa ci capiterà di vedere ancora!».

 

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Cap. 48

Nicodemo davanti al Signore

 

1. Ma Nicodemo aveva appena terminato di parlare quando l’unica colonna rimasta parve sollevarsi e cominciò a salire con estrema rapidità finché scomparve completamente e l’oscurità tornò a regnare dappertutto sulla terra.

2. E Nicodemo disse: «Ecco, è finita! Ma cos’è stato, veramente, questo fenomeno così minaccioso e cosa mai ha voluto significare? È ormai chiarissimo che si tratta di un fenomeno voluto da Dio, perché nessuna forza umana sarebbe stata capace di sollevare quella colonna di luce fino agli estremi confini del firmamento! O misera sapienza umana, come ti trovi ancora una volta così nuda, così impotente e imbarazzata al pari di un bambino appena nato! O Lazzaro, amico mio, cosa ne pensi di questo fenomeno che per due lunghe ore ha riempito d’angoscia e di timore tutti gli uomini? Se è stata una cosa voluta da Dio, non può che annunciare gravi avvenimenti! Se invece è stato un qualche capriccio degli spiriti della terra e dell’aria, neanche in questo caso noi, poveri e deboli esseri umani, possiamo aspettarci qualcosa di buono, perché dopo i grandi fenomeni del fuoco si manifestano uragani, terremoti e anche guerre, carestie e pestilenze. Ora neppure queste sono delle prospettive proprio belle per la povera umanità! Ma qual è il tuo parere?»

3. Disse Lazzaro: «Per conto mio ne so quanto te, ma ora lasciamo stare questo! Guarda là quanta gente è radunata dietro alle tende! Tutti, per il momento, sono miei ospiti e più di duecento si trovano ancora in casa e avranno visto poco di questo fenomeno. Ma fra tutti questi numerosi ospiti che si trovano oltre alle tende, ce ne saranno almeno un paio che sapranno certo capire meglio di noi due questo fenomeno!»

4. Disse Nicodemo: «Eh, sicuro, è ben possibile che sia così, ma come faccio adesso a consultarli?»

5. Lazzaro, secondo un Mio suggerimento interiore, disse: «Basta che tu venga con me, e io ti presenterò a qualcuno che farà al caso tuo!»

6. Disse Nicodemo: «Oh, questo sarebbe molto bello, sempre se posso rimanere sconosciuto ed evitare che la mia presenza qui venga resa nota al Tempio!»

7. Disse Lazzaro: «Ah, pensa a qualcos’altro! Gli uomini che tu trovi qui da me sono anche loro nemici del Tempio, perché essi hanno trovato un Tempio migliore, quindi tu non hai nulla di che preoccuparti da tutti quegli uomini. Vieni pure del tutto tranquillamente e con coraggio con me!»

8. Soltanto allora Nicodemo decise di avvicinarsi con Lazzaro al nostro gruppo.

9. Ma quando si trovò a pochi passi, fu colto da vero spavento, perché era ben lontano dall’immaginarsi che Io potessi trovarMi in quel luogo.

10. Io però gli andai incontro, gli porsi la mano e dissi: «Perché hai paura di Me come se Io fossi un fantasma? Tu volevi venirMi a trovare di nuovo, qualora tu avessi saputo da Lazzaro dove Io fossi ed ora tu Mi hai qui! Non è molto meglio così dunque?»

11. Disse quindi Nicodemo: «O Signore, questo sì, certamente! Ma Tu sei il Santo di Dio e io invece un misero vecchio peccatore del Tempio! La consapevolezza di ciò opprime e angustia molto il mio cuore, tanto che mi sento mancare il coraggio di parlare con Te»

12. Io dissi: «Quando Io non ti assolverò da un peccato, allora potrai dire: “Signore! Perdona il mio peccato!”, ma poiché non ho nessun motivo per dirti questo, allora tu sei libero e puoi parlare come ti piace. Cosa ne dici dunque tu del fenomeno che ha messo sottosopra il Tempio?»

13. Disse Nicodemo: «O Signore, questo fenomeno è stato qualcosa di inaudito, una cosa mai vista dall’inizio del mondo! Quale significato, però, esso abbia potuto avere, Tu certamente questo lo saprai meglio di noi tutti qui, anzi in proposito lo vorrei chiedere a Te! Infatti, appunto, io prima ero addirittura dell’opinione che Tu stesso avresti potuto esserne la causa, non essendo affatto da scartare la supposizione che Tu Ti trovassi da queste parti, dove il fenomeno si era manifestato. Anche circa un anno fa, come ebbi occasione di apprendere più tardi, pare che un caso simile si sia verificato in vicinanza di Cesarea di Filippo, durante la Tua permanenza da quelle parti, e si dice anzi che a ciò vada attribuito l’incendio di quella città. Da qui la mia supposizione che il fenomeno di oggi potesse essere una ripetizione di quello verificatosi a Cesarea di Filippo, dato che Tu Ti trovavi là dove esso ebbe origine. Invece Ti abbiamo ancora qui con noi a Gerusalemme e allora non c’è più per noi nessun motivo di preoccuparci del fenomeno stesso. Ma di che cosa veramente si tratta, come ho già detto, Tu, Signore, lo saprai certo meglio di qualunque altro! Se non Ti fosse sgradito, potresti darci qualche piccola spiegazione in proposito!»

14. Io dissi: «Il fenomeno era Mia Volontà e quindi fu anche opera Mia, però più tardi avremo ancora più tempo per approfondire l’argomento. Nel frattempo però resta ancora un po’ qui in pace, perché il fenomeno da te osservato non è stato l’ultimo fra quelli che questa notte ci porterà; soltanto dopo in casa avrà luogo la spiegazione! Ed ora, dunque, alzate tutti i vostri occhi in alto e guardate quanto si mostrerà adesso in immagine!».

 

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Cap. 49

L’apparizione della vecchia e nuova Gerusalemme

 

1. Tutti allora rivolsero lo sguardo verso l’alto e il cielo immediatamente apparve come rovente e di colore rosso sanguigno, ed essi videro su quello sfondo la città di Gerusalemme assediata da guerrieri romani e sangue scorrere fuori dalle porte della città. Un po’ dopo si vide la città in preda alle fiamme, mentre un fumo denso si innalzava e invadeva tutto l’ampio orizzonte; in breve della città non rimase più traccia e al suo posto non si vide che un cumulo di rovine fumanti. Infine anche questo svanì e apparve un deserto arido sul quale alcune orde selvagge si edificarono un luogo di dimora. Poi anche questa visione scomparve e in quel momento si udì un immenso clamore d’angoscia salire dalla città, così che Nicodemo temette che laggiù stesse per scoppiare una sommossa.

2. Io però lo tranquillizzai e dissi: «Questo è ancora lontano, tuttavia fra i quaranta e i cinquanta anni da adesso succederà così in questo paese; e per questa città, che non ha voluto riconoscere il tempo della sua visitazione colma di immensa Grazia, sarà la fine completa. Ma ora aspettate l’ultima visione, soltanto dopo rientreremo in casa e parleremo di quello che vedrete!»

3. A questo Mio invito tutti osservarono il firmamento e subito la colonna di luce ridiscese dall’alto sulla Terra, non più però là dove si era prima formata dalle dodici singole colonne, ma dalla parte diametralmente opposta, quindi ad Occidente, ma questa volta essa era molto più splendente di prima. Subito dopo si suddivise non più in dodici colonne, ma in una quantità di parti innumerevoli, dalle quali venne formandosi una città immensa. Le sue mura apparivano come fatte di pietre preziose, e precisamente di tutte le dodici qualità principali, e diffondevano uno splendore quanto mai brillante in tutte le direzioni e anche questa città aveva dodici porte attraverso le quali uscivano ed entravano, pieni di letizia, innumerevoli uomini che provenivano da tutte le regioni della Terra.

4. Al di sopra della città, molto in alto, in aria, appariva però una scritta in caratteri ebraici antichi che sembrava formata come da rubini e smeraldi e le cui parole dicevano: “Questa è la nuova Città di Dio, la nuova Gerusalemme, la quale scenderà un giorno dai Cieli agli uomini che saranno di cuore puro e di buona volontà; qui dentro essi dimoreranno per l’eternità con Dio e glorificheranno il Suo Nome”; ma questa scritta, come pure tutta questa apparizione, non fu vista che da coloro che si trovavano presso di Me sul monte e da nessun altro in tutto il paese.

5. Allora tutti i presenti, estasiati, proruppero in grida di giubilo e, seguendo il loro impulso, avrebbero voluto cominciare addirittura ad adorarMi ad altissima voce, ma la visione svanì immediatamente ed Io esortai tutti ad adorare Dio nel silenzio del loro cuore e non con parole altisonanti alla maniera dei farisei, ciò che al cospetto di Dio non ha alcun valore. Allora essi desistettero da ogni dimostrazione rumorosa e ciascuno si limitò a fare le dovute considerazioni nel silenzio del proprio cuore.

6. Solo dopo qualche tempo Io dissi: «Ecco che ormai siamo vicini alla mezzanotte, noi quindi rientreremo in casa e là prenderemo ancora un po’ di pane e di vino. Poi Io vi darò un breve chiarimento sull’apparizione che ha avuto luogo»

7. A queste parole tutti allora rientrarono a casa, nella grande sala da pranzo che era ancora molto bene illuminata.

8. Quando ci trovammo di nuovo seduti in buon ordine alle nostre mense e Lazzaro e Nicodemo ebbero preso posto vicino a Me, vennero serviti del vino e del pane in quantità sufficiente, ed Io invitai tutti a prendere ancora un po’ di ristoro. E tutti presero del pane e del vino e mangiarono e bevvero di buon animo.

9. Dopo che ci fummo ben ristorati, il nostro Nicodemo volse il suo sguardo tutto intorno per osservare meglio gli ospiti radunati là a quelle mense e ben presto si accorse della presenza dei sette ministri del Tempio che sedevano ad un piccolo tavolo assieme ai mercanti di schiavi; egli perciò si rivolse a Me e con qualche imbarazzo Mi disse: «O Signore, là scorgo alcuni sacerdoti del Tempio che io conosco fin troppo bene! Come mai si trovano qui? Credi che non ci tradiranno? Ci si può davvero fidare di loro?»

10. Io dissi: «Amico, chi ha finito col restare presso di Me, non ha più niente a che fare con il Tempio! È vero che sono stati inviati qui, sotto altre vesti dal Tempio, per tenere d’occhio Me e le Mie opere; essi però hanno riconosciuto la verità ed hanno abbandonato il Tempio per sempre. Fra alcuni giorni però essi partiranno da qui, in compagnia di altre persone ancora, con quel personaggio romano, il quale li condurrà a Roma e provvederà per loro; tu dunque non devi temere che qualcuno ti tradisca per il fatto che sei qui; ora, a questo riguardo puoi essere perfettamente tranquillo»

11. Nicodemo Mi ringraziò per tali parole rassicuranti, prese un altro pezzo di pane e lo mangiò in tutta pace e poi si versò ancora del vino in un bicchiere che egli vuotò completamente.

12. Quando dunque anche Nicodemo si fu del tutto ristorato, allora Mi disse: «O Signore e Maestro, considerato che siamo qui tutti raccolti in pace e che Tu ci hai promesso di darci una breve spiegazione riguardo alle apparizioni tanto meravigliose di oggi, io vorrei pregarTi, qualora a Te fosse gradito, di darcela addirittura adesso!»

13. Io dissi: «Ora Io lo farò; poi però, quando avrò terminato di parlarne, nessuno di voi Mi rivolga più altre domande in proposito, ma che ciascuno mediti dentro di sé su quanto avrà appreso; in questo modo la sua anima ne avrà un vantaggio maggiore che non se avesse posto lunghe e numerose domande! E allora ascoltate, dunque!».

 

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Cap. 50

Il Signore spiega le apparizioni luminose

 

1. (Continua il Signore:) «Le dodici colonne di fuoco ad Oriente rappresentavano giustamente le dodici tribù d’Israele e il robusto ceppo in mezzo era Giuda, mentre quelle alle due estremità raffiguravano Beniamino e Levi. In seguito ai vari avvenimenti, le dodici tribù si fusero nell’ultimo unico ceppo di Giuda e questo sono Io che sono venuto per riunire in Me, Quale l’unico vero Ceppo di Giuda, tutti gli altri ceppi, affinché tutti loro possano diventare una cosa sola in Me, così come Io e il Padre che è nel Cielo siamo pienamente una cosa sola, da eternità in eternità.

2. Quando voi vedeste le sette colonne, voi vedeste in certo modo i sette Spiriti di Dio che voi già conoscete, e quando più tardi divennero tre, voi vedeste in Beniamino il Figlio, in Levi lo Spirito e nel mezzo Giuda quale il Padre. E vedete, Padre, Figlio e Spirito divennero una cosa sola, come lo erano da eternità e come per delle eternità anche rimarranno! E questa cosa sola sono appunto Io stesso e chi ode la Mia Parola e opera, agisce e vive in conformità di essa, egli sarà pure una cosa sola con Me e in Me. Come Me egli salirà ai Cieli di Dio e avrà in Me la vita eterna. Questo è, espresso in maniera del tutto concisa, il significato perfettamente genuino della prima apparizione.

3. Per quanto riguarda però la seconda apparizione, ebbene, questa ha indicato la pienezza della misura dell’abominio dei peccati di questo popolo, il quale ora, nel giorno chiarissimo che è sorto su di esso, continua a camminare in ogni tenebra e intende procedervi anche in avvenire. E perciò egli raccoglierà i frutti secondo le sue opere, cosa questa che accadrà in quel tempo che Io, amico [Nicodemo], già ti indicai quando eravamo fuori all’aperto, vale a dire fra quaranta e cinquant’anni, ed Io voglio aggiungere un termine straordinario di pazienza al massimo di dieci anni e poi di sette in aggiunta, ma poi sarà proprio la fine di questo popolo, per tutti i tempi dei tempi. Ed Io vi dico questo: “Questa Terra e questo cielo visibile passeranno e si faranno fatiscenti e cadenti, come un vestito vecchio, ma queste Mie parole saranno adempiute e non trapasseranno mai in eterno!”.

4. Infatti Io sono il Signore. Chi vorrà contendere con Me e opporsi a Me con lancia e con spada?! Certo, essi faranno anche questo, e questa Mia Carne troverà certo la morte sulla croce, ma appunto ciò colmerà la loro misura e suggellerà irrevocabilmente la loro rovina. Infatti la cecità vuole regnare e uccidere il suo Dio, ed essa lo farà davvero entro un tempo non molto lontano, e le verrà concesso perfino questa atrocità, affinché la sua rovina sia tanto più certa e immancabile per tutti i tempi dei tempi. Tuttavia quello che per questo popolo verrà a segnare la rovina definitiva, sarà invece per voi la massima salvezza e il raggiungimento perfetto della vita eterna.

5. Nessuno di voi però si rattristi per quanto ora vi ho annunciato anticipatamente, perché quella malvagia progenie laggiù può certo uccidere questo Mio corpo, ma non Colui che vive in Me e che Opera, Crea e Ordina in eterno. Ma, in verità, nemmeno il Mio corpo Io lascerò nella tomba, perché già il terzo giorno Io risusciterò di nuovo anche questo corpo e poi di nuovo, fino alla fine dei tempi, Io Mi aggirerò con coloro che crederanno in Me, che Mi ameranno e che osserveranno la Mia Parola. E voi, fratelli Miei, potrete vederMi e parlarMi proprio come ora che Mi trovo fra voi nella carne non ancora trasfigurata!

6. Se ponderate bene tutto quanto vi ho detto ora, voi tutti non potrete fare a meno di convincervi che la seconda e triste apparizione ha essa pure la sua piena e vivente giustificazione! Però nessuno di voi dica: “Signore, con la Tua Onnipotenza potresti ben mutare ciò!”, oppure: “Potresti fare in modo che ciò avvenisse diversamente!”, perché Io vi dico, in verità, che Io ora, ad ogni modo, faccio la cosa estrema secondo quanto Mi indica la Mia eterna e suprema Sapienza divina e tuttavia nessuna cosa può più essere d’aiuto a quel popolo laggiù, poiché in seguito alla propria indicibile perfidia esso si è così indurito che nemmeno la Potenza divina può più venirgli in aiuto.

7. “Sì”, voi state pensando, “ma com’è possibile una cosa di questa specie? È chiaro che Dio deve sempre poter fare tutto ciò che Egli vuole!”. Sì, Dio lo può, effettivamente. Considerata però la liberissima volontà dell’uomo, Dio non può né deve mai fare ciò che Egli vuole, perché se Dio contrastasse anche minimamente la volontà umana, l’uomo sarebbe come una bambola per bambini diretta dal cordone della ferma Volontà divina e in simili condizioni egli non potrebbe mai in eterno pervenire ad una vita autonoma. Ma se egli non può pervenirvi per sua facoltà, allora anche con la vita eterna della sua anima è necessariamente del tutto finita, per l’eternità.

8. L’uomo dunque deve avere la sua pienissima libertà di volere, la quale può tornare a suo reale vantaggio soltanto mediante le leggi esteriori e l’obbedienza spontanea, e a questo riguardo poco, anzi nulla affatto è lecito fare alla divina Onnipotenza e quindi, in considerazione dell’indipendenza della vita, deve essere concesso all’uomo di fare tutto ciò che desidera fare e di conseguenza anche uccidere ora questa Mia carne innocentissima!

9. E poiché questa umanità qui a Gerusalemme ha ripudiato quasi del tutto la Legge di Dio e vi ha sostituito le proprie massime - più confacenti ad essa e più conformi ai suoi mondani interessi, che sono di fatto opposti a quelli da Me annunciati agli uomini per mezzo di Mosè e per mezzo dei profeti, che essa vuole del tutto soppiantare - e visto che Io sto ora testimoniando contro di essa e contro la sua enorme ingiustizia verso Dio e verso gli uomini, allora essa Mi odia e Mi vuole uccidere ad ogni costo. Sì, anche questo verrà concesso loro, ma allora la misura delle atrocità da loro commesse sarà anche colma e poi a questo popolo accadrà completamente quello che voi avete visto prima come seconda apparizione»

10. Disse allora Nicodemo: «O Signore e Maestro, io sono dell’opinione che le due apparizioni devono avere ormai ridotto la gente del Tempio a migliore consiglio e che essi, in avvenire, si guarderanno bene dal mettere le mani addosso a qualcuno, perché io nel Tempio ho udito benissimo come il popolo stava rinfacciando ai sacerdoti quanto mai imbarazzati le loro malefatte e diceva loro che Dio li avrebbe giudicati tutti perché essi, appunto come sacerdoti, si erano macchiati del sangue della maggiore parte dei profeti, fino a Zaccaria e Giovanni! Perfino il sommo sacerdote taceva e non osava replicare nulla al popolo, malgrado questo stesse reclamando audacemente dal Tempio la restituzione delle offerte fatte, ciò che di solito viene considerato un crimine senza pari. Ma poiché io stesso ho udito e visto ciò, ho tutte le ragioni di credere che il loro odio e la loro ostilità contro di te, o Signore e Maestro, non si manifesteranno più con l’intensità di prima! Certo ci penseranno su due volte prima di intraprendere qualcosa ai Tuoi danni! Va notato, oltre a ciò, che per mezzo di un capo-sacerdote è pervenuta al Tempio, da parte del pretorio romano, un’ammonizione estremamente seria in relazione all’applicazione del JUS GLADII (Diritto di spada; diritto di vita e di morte) e questa penso dovrebbe moderare per sempre il loro deplorevole zelo e togliere loro la voglia di condannare qualcuno a morte senza che lo abbia sentenziato un tribunale romano!»

11. Io dissi: «Questo certo non lo faranno, però nel loro furore e nella loro smania omicida insisteranno così tanto presso il giudice romano e citeranno così tanti testimoni prezzolati a carico dell’Agnello da loro designato per il sacrificio che infine il giudice dovrà fare ciò che essi avranno voluto che facesse. È vero che già una buona parte del popolo crede in Me e nella Mia Dottrina, tuttavia anche il Tempio ha ancora un gran numero di seguaci con i quali, benché siano completamente ciechi, esso può attuare tutto. Che però il Tempio abbia ancora un forte seguito, lo dimostra la quantità quasi innumerevole di gente che si reca al Tempio in pellegrinaggio in occasione delle feste; ora questi grandi pellegrinaggi, abbondanti di gente, confermano certo più che a sufficienza quanti siano ancora attaccati al Tempio e quanti siano ancora in tutto il paese d’Israele i ciechi che ritengono di rendere un servizio gradito a Dio facendo del tutto coscienziosamente quello che viene comandato loro dal Tempio. Se dunque valuti esattamente quanto ti ho detto, vedrai che fra gli ebrei ci sono ben poche garanzie per la vita del Mio corpo».

 

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Cap. 51

Il passato e il futuro degli Ebrei

 

1. Questo discorso lo sentirono anche i romani, e Agricola, al colmo dell’indignazione si alzò ed esclamò: «O Signore di tutti i Cieli e di tutti i mondi, se quella genia che dimora laggiù dovesse mai attuare sul serio un piano del genere, la Tua Onnipotenza saprà ben avvertirci anticipatamente e noi non mancheremo di mettere fine a questa gentaglia imbrogliona, e io mi riservo di richiamare già domani tutta l’attenzione di Pilato su queste possibilità!»

2. Io dissi: «Mio carissimo amico, già il primo giorno del tuo arrivo hai visto il Mio Esercito e la Mia Potenza, e Mi basta fare soltanto un cenno e innumerevoli schiere di angeli fra i più possenti starebbero ai Miei Ordini, uno solo dei quali basterebbe per annientare in un momento tutta la Terra e tutto il cielo visibile! Ma Io non sono venuto a questo mondo per giudicarlo e rovinarlo, ma unicamente perché per mezzo Mio possa essere salvato dalla rovina. E quindi Io devo lasciare agli uomini, comunque possano essere, il libero corso della loro volontà, perfino nel caso che vogliano mettere le mani addosso al Mio corpo, poiché se Io con la Mia divina Potenza di Volontà dataMi dal Padre agisco in modo contrario, ciò uccide l’anima di ogni uomo e nessuno può più pensare ad una vita eterna dopo la deposizione del corpo, né meno ancora può più crederci e sperarci.

3. Oh sì, non occorrerebbe affatto che gli uomini mettessero le mani addosso alla Mia carne, perché comunque potrebbero ricevere la vita eterna delle loro anime, come la riceverete voi pure se persevererete fino alla fine della vostra vita terrena nella Mia Dottrina. Non serve dunque che qualcuno Mi metta le mani addosso, anzi, chi Mi mettesse le mani addosso, non avrebbe né riceverebbe affatto la vita.

4. Ma laggiù, presso quegli uomini mondani, le cose stanno diversamente; è chiaro che tutti loro sono diventati dei servitori dell’inferno e del suo principe della menzogna e lo servono per la ricompensa del mondo; essi stanno accumulando peccato su peccato ed orrore su orrore, praticano ogni tipo di prostituzione, di adulterio e di incesto e cercano continuamente di far aderire qualcuno all’Ebraismo, promettendogli il Cielo e la vita eterna. Quando però qualcuno è diventato loro compagno, lo spogliano quasi completamente perché possa comprarsi il Cielo e la vita eterna.

5. Ma una volta che hanno spogliato di ogni suo avere un qualche cieco pagano di questa specie, a questo punto allora essi dicono con espressione ipocrita: “Già, già, o amico, vedi, tu sei già a metà della via che conduce al Cielo e alla vita eterna! Finora abbiamo operato noi per te, d’ora innanzi però è bene che agisca tu stesso secondo la Legge che ti abbiamo mostrato, altrimenti il nostro agire preliminare e le offerte da te fatte a Dio non avrebbero valore!”.

6. E così essi stanno rapinando l’uno dopo l’altro e non fanno poi assolutamente nulla per lui, e se poi uno si presenta da loro per avere un qualche consiglio, essi lo rimandano alle loro prediche qualora egli non sia in grado di pagare il consiglio. Se invece qualcuno può pagare profumatamente un consiglio, allora al di fuori della predica riceve anche un consiglio, che di solito però è una menzogna finemente congegnata.

7. E così questi stessi venditori di Cielo e di vita eterna non pervengono al Cielo, poiché per conto loro non vi credono, né vi hanno mai creduto; oltre a ciò, però, non vi lasciano entrare neppure nessun altro, dato che con le loro tenebrosissime menzogne ne sbarrano la via.

8. Colui che, ancora dotato di un chiaro intelletto, riconosce questo e comincia a ricercare la verità, essi lo condannano immediatamente come eretico e bestemmiatore contro Dio e lo perseguitano furiosamente fino all’ultima goccia di sangue, come pure essi, sempre per questo motivo, hanno ucciso la maggior parte dei profeti colmi dello Spirito di Dio, le cui tombe essi ora continuano ad onorare per salvare le apparenze e ad imbiancare nei giorni commemorativi. Ma essi stessi sono simili appunto a questi sepolcri imbiancati, i quali esteriormente hanno certo un piacevole aspetto, mentre interiormente sono colmi di cadaveri e di odore stomachevole.

9. Voi certo ora pensate e dite fra voi: “Ma se questa malvagia progenie era fatta così già dai tempi remoti, Dio avrebbe certamente potuto però farla del tutto finita con loro già da tempo!”. Sì, certo, Dio avrebbe potuto senz’altro fare questo e in parte anche lo ha effettivamente fatto mediante varie specie di giudizi che allora arrivarono al punto che tutto il popolo d’Israele trascorse quarant’anni di durissima cattività a Babilonia e vennero distrutti il Tempio di Salomone e in grandissima parte anche la città di Gerusalemme. In seguito il popolo fece di nuovo penitenza e si riconvertì a Dio. E fu di nuovo libero e fece ritorno in questa Terra Promessa, edificò la città e il Tempio come nuovi e visse poi per qualche tempo in un ordine molto buono. Ma non appena raggiunse nuovamente uno splendore ed una considerazione esteriore, allora cominciò man mano a scostarsi dalle rette vie, si creò dei propri precetti; fu soprattutto il Tempio a stabilire i suoi precetti al posto delle Leggi divine ed obbligo il popolo ad osservare rigidamente tali precetti umani, mentre i sacerdoti dicevano e insegnavano apertamente: “Vi giova molto più osservare queste nuove leggi che non le antiche!”. E in questa maniera le cose continuarono a procedere, e andò in modo peggiore e più scellerato che non ai tempi dei giudici e dei re.

10. Però non mancarono mai le ammonizioni e in parte le serie visitazioni[15] che purtroppo non trovarono più alcun terreno fertile. Quando il popolo, assieme ai re e ai sacerdoti, si dimenticò quasi del tutto del Dio vivente vivendo completamente nel delirio del mondo, allora Dio mandò di nuovo dei profeti e minacciò severamente il popolo che un nemico possente sarebbe stato fatto giungere nel Paese e avrebbe soggiogato tutti gli Ebrei, avrebbe condotto in prigionia i loro re e preso in ostaggio le loro mogli e le loro figlie, i buoi, le mucche, i vitelli e le pecore, e avrebbe tolto agli Ebrei molto oro e argento, molte pietre preziose e perle, e tutto il popolo sarebbe diventato servo per sempre. Insomma, a tutto il popolo d’Israele venne annunciato in maniera ben comprensibile come sarebbe andata nel caso in cui non avesse abbandonato i suoi precetti mondani e le sue mondanità. Tutto ciò però fu inutile e quanto fu loro predetto si adempì, poiché i Romani invasero il Paese, lo conquistarono e agirono secondo la profezia.

11. Allora gli Ebrei ne ricevettero abbastanza di leggi mondane nel loro Paese e dovettero osservarle per la vita e per la morte. E così il Tempio, per l’influenza di qualche pio sacerdote, ritornò temporaneamente a Dio, ma non vi persistette, e da - dico - trent’anni, è decaduto fino a diventare un vero covo di briganti e tana di assassini, e ha un ordinamento che in sé è peggiore di quello di qualsiasi tempio degli idoli delle epoche passate e presenti.

12. E nonostante ora Io stesso, il Signore rivestito di carne, stia insegnando nel Tempio con i segni più evidenti, e insegni la verità a tutto il popolo compresi gli ebrei del Tempio, ebbene, ciò ugualmente non serve, anzi i farisei praticano peggio di prima le loro opere dell’inganno e della menzogna e tengono continuamente consiglio per vedere come potrebbero toglierMi da questo mondo. E perfino anche questo sarà loro concesso, affinché la misura dei loro abomini sia colma. Però, poi, su questo popolo arriverà anche il grande giudizio che è stato mostrato a voi nella seconda apparizione, e con ciò sarà venuta pure la fine degli Ebrei che poi saranno dispersi come pula in tutti i confini del mondo. E il loro nome, tanto altamente famoso finora dinanzi a tutto il mondo, sarà disprezzato.

13. Se essi avessero riconosciuto questo tempo della grande Visitazione di Grazia, sarebbero certo diventati per sempre, e lo sarebbero anche rimasti, il primo popolo in tutta l’infinità, ma poiché non hanno invece voluto riconoscere appunto questo grande “Tempo dei tempi”, essi poi, a cominciare dal grande giudizio su tutti loro, diverranno l’ultimo popolo della Terra. Essi, dispersi fra tutte le popolazioni della Terra, dovranno cercarsi il loro cibo come gli uccelli dell’aria, fra persecuzioni di ogni specie e saranno sottomessi dappertutto!

14. E se anche in tempi più lontani ce ne sarà qualcuno che riuscirà ad accumulare una quantità di ricchezza grande come una montagna, essi tuttavia non potranno comprarsi un Paese[16], un regno o una reggenza sulla Terra, e in tali condizioni rimarranno fino alla fine dei tempi di questa Terra a testimonianza di questa Mia profezia».

 

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Cap. 52

Destino o libero arbitrio?

 

1. Il Signore: «Nella vostra mente però non sorga affatto l’idea che ciò abbia riscontro in quello che certi ciechi sapienti del mondo chiamano il “destino”, come cioè se Dio avesse già stabilito in anticipo rispetto ad ogni uomo quello che egli deve attendersi nella sua vita più o meno lunga! Pensare e credere qualcosa di simile può portare alla morte dell’anima, perché questa dottrina è un parto segreto dell’inferno e costituisce il più stridente contrasto ai veri principi vitali stabiliti da Dio per gli uomini. Il “destino” se lo creano gli uomini da se stessi, mediante la perversione della loro libera volontà e non volendo destare in sé tutti i sette Spiriti vitali e, conseguentemente, non possono pervenire nemmeno alla contemplazione reale del loro vero e imperituro tesoro della vita interiore. In seguito a ciò essi si incamminano per false vie e vogliono, poi, anche cercare la vera Luce interiore della vita nella luce del mondo e secondo questa vivere ed operare in allegria.

2. Ma qualora un’anima umana si sia così ben trovata nella notte profondissima della presunzione mondana che si è da se stessa creata, poiché la sua interiore libertà di volere non deve essere toccata, nemmeno tutti gli angeli del Cielo sono più in grado di imprimerle un’altra direzione, e allora nessuno può dire: “Vedi, così era già il destino per quest’uomo!”. Sì, senz’altro era certo un destino, però non procedente da Dio, ma dall’individuo stesso.

3. Da parte di Dio questo è stato soltanto permesso e ciò in seguito all’assoluta libertà di volere dell’uomo. Ora, quanto ho detto di un individuo, vale anche per un intero popolo. Esso è e rimane sempre il creatore del proprio destino, temporaneo ed eterno.

4. E quindi sarebbe un errore immenso credere che Dio abbia stabilito addirittura già dall’eternità che tutto debba accadere così, come ora vi ho mostrato con le apparizioni sul firmamento e preannunciato con la Mia Bocca. Oh no, affatto! Ma tuttavia tutto accadrà così, perché gli uomini vogliono così e perché la parte maggiore e più possente di loro si trova bene e di propria ostinata, libera volontà nella tenebrosissima notte d’inferno ed ora nemmeno alla chiamata supremamente possente della Mia Voce vuole abbandonare questa notte della morte.

5. Infatti è escluso che possa venire fatto più di quello che Io stesso ora faccio, che ho fatto e che ancora farò, lasciando la piena libertà del volere umano, e a colui al quale non si aprono gli occhi e che quindi poi non si converte, non giova più nessun mezzo - che chiunque possa dire che sia vero, buono e soave - per guarire la sua cecità e la sua ferrea ostinazione di cuore. A questo punto deve venire poi il giudizio, che agisce quale ultimo mezzo. Ma affinché il giudizio si annunci, è necessario che la misura che lo provoca sia colma, ciò che, rispetto a questo popolo, come già detto, sarà presto il caso. E così ora non pensate eccessivamente con timore a ciò, perché a volere così non sono affatto Io, ma gli uomini che non si lasciano convertire»

6. Disse allora Nicodemo: «Ma, Signore e Maestro, l’avvenire di quella gente si presenta disperatamente grave! Se Dio stesso non potrà mai aiutare tali uomini addirittura contro la loro stolta volontà e la loro ostinazione, allora chi altri potrà mai aiutarli?»

7. Dissi Io: «Sì, amico, ci sono ancora moltissime cose terrene che tu non capisci, che tuttavia tu vedi e tocchi. Come vuoi dunque afferrare e comprendere le cose puramente spirituali che tu non vedi né in nessun modo percepisci? Io ti ho pur detto che Dio, per quanto riguarda lo sviluppo interiore spirituale dell’uomo, non può con la Sua Onnipotenza esercitare la Sua Influenza per guidarlo, e questo accade perché è stabilito dal Suo Ordine eterno! Infatti, se Dio intervenisse in questo senso, l’uomo diverrebbe in sé una macchina morta, né potrebbe mai pervenire alla liberissima indipendenza della vita!

8. ConduciMi qui il più terribile rapinatore e assassino ed Io te lo trasformerò all’istante in un angelo di luce, ma nel frattempo il suo proprio io sarà come morto! Ma non appena Io Mi ritirerò nuovamente da lui con lo Spirito della Mia onnipotente Volontà, il suo essere proprio io diverrà di nuovo attivo e ritroverai dinanzi a te il rapinatore e assassino di prima. Infatti il suo amore è il desiderio di rapinare e di assassinare, e questa è la sua vita, ma se gli si toglie questo, egli allora è completamente morto ed ha cessato del tutto di esistere.

9. Un simile uomo però è sempre suscettibile di miglioramento e ciò in seguito alle gravissime condizioni in cui egli stesso si è messo per effetto del suo amore perverso. Infatti l’anima umana comincia a riflettere e a ricercare le ragioni del suo pessimo e infelice stato quando, per opera sua, si trova già nel duro giudizio. E una volta, poi, che l’anima arriva a riconoscere tali ragioni, allora comincia ben presto a percepire in sé il desiderio di liberarsi dalle misere condizioni in cui si trova e comincia a meditare sui mezzi e sulle vie atte a liberarla in qualche modo dal terribile giudizio.

10. E una volta che l’anima ha in sé un tale desiderio e volontà, essa è già atta ad accogliere in sé una Luce che allora le viene offerta dall’Alto con ogni tipo di mezzi appropriati.

11. Se l’anima poi fa uso dei mezzi che le vengono offerti, il suo amore, prima perverso, comincia a convertirsi da sé e in se stesso in un amore migliore e buono. In lei va facendosi più luce ed essa trapassa per gradi ad una completezza superiore della vita, e questo è possibile solo concedendo un asprissimo giudizio. Di conseguenza, poi, verrà permesso che si abbatta un terribile giudizio sugli Ebrei quando la misura dei loro orrori sarà colma, tanto qui quanto nell’aldilà, e questo li umilierà molto per tutti i tempi dei tempi, dato che essi non arriveranno mai più a governare un popolo».

 

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Cap. 53

Sulla misura del bene e del male

 

1. Disse Nicodemo: «Signore e Maestro, ma perché un simile tremendo giudizio deve scendere su un popolo soltanto quando esso ha colmato di peccati di ogni tipo e specie la sua determinata misura? E che misura è, e in che cosa consiste?»

2. Dissi Io: «Appare un po’ strano che tu, un anziano del Tempio e dell’intera città, non comprenda ciò, eppure hai letto molte volte, per te e per gli altri, i saggi versi di Salomone! Quando un bambino si è fatto pienamente maturo nel corpo materno, allora, quale feto umano, egli ha colmato la sua misura e viene perciò partorito nel mondo esterno. Un frutto sull’albero ha raggiunto la propria misura quando giunge a completa maturazione e quindi poi cade dall’albero. Un uomo, che è bene a conoscenza della Legge, che la osserva in tutta la sua integrità e per amore di Dio e del suo prossimo non trasgredisce più la Legge, ha con ciò colmato la misura luminosa della completezza della propria vita e si è fatto, già qui su questa Terra, cittadino del Cielo, avendo completamente vinto in sé la morte spirituale ed essendosi riempito della vita eterna da Dio.

3. Mentre un uomo, il quale in primo luogo non fa mai il giusto sforzo di imparare a conoscere più da vicino e chiaramente le Leggi della vita di Dio, dato che i divertimenti mondani lo distolgono eccessivamente e che si precipita da un delirio dei sensi all’altro, comincia a dimenticarsi di Dio e la sua fede in Lui va sempre più svanendo. Ma come diviene spoglio così di ogni fede in un Dio, anche i propri genitori gli vengono a noia, egli non solo rifiuta loro obbedienza, ma li scandalizza con ogni possibile disobbedienza, infine li percuote addirittura, li deruba e li abbandona. Ma come non ha avuto rispetto per i propri genitori, così meno ancora ne avrà per il suo prossimo. Egli si dà alla prostituzione di ogni tipo e specie, diventa un ladro, un rapinatore e un assassino per procurarsi i mezzi per diventare sempre più schiavo delle proprie passioni malvagie e dei propri sensi. E così egli finisce col liberarsi di ogni Legge della vita e agisce poi secondo le leggi della propria perversa natura, e in questo modo egli pecca del tutto contro tutta la Legge. Con ciò egli ha reso pure colma la misura della perfidia, è diventato un demonio e così porta anche ad abbattersi su di lui il giudizio in sé e fuori di sé, e nel suo grande tormento e nella pena deve poi ammettere che nessun altro era colpevole se non lui stesso.

4. Che però ad una misura di peccati colma debba seguire con tutta certezza il giudizio - che è la vera e propria morte spirituale - questo è già dall’eternità così decretato da Dio e immutabilmente stabilito per ogni eternità futura, perché, se così non fosse, non ci sarebbe nessun fuoco, nessuna acqua, nessuna Terra, nessun Sole, nessuna Luna e nemmeno una creatura su di questi.

5. Il fuoco è certo un cattivo elemento, e se ti afferrasse ti darebbe la morte. Ma bisogna forse abolire il fuoco perché può facilmente avere un effetto mortale sugli uomini? Vedi, la Terra ha una certa forza di attrazione in seguito alla quale ogni corpo si rende pesante e tende incessantemente verso il suo punto centrale! Ora, per effetto di questa proprietà della Terra, tu puoi cadere da un’altezza e ammazzarti. Ma deve la Terra venire privata di questa sua proprietà per il fatto che essa può dare la morte all’uomo? Oh, ma in un simile caso per la Terra si metterebbe molto male, poiché essa si scomporrebbe e si dissolverebbe ancora più completamente di un pezzo di ghiaccio al Sole, e su di essa sarebbe giunta la fine di tutte le creature. Infatti, come potrebbero esse sussistere, non avendo una base solida? E vedi, questa necessaria proprietà della Terra e di tutta la sua materia è essa stessa un giudizio di Dio per ogni materia, senza il quale la materia non esisterebbe!

6. E quindi, tutto ciò che il tuo occhio può scorgere su questo mondo è un giudizio disposto da Dio, e chi si allontana dallo spirituale, e con ciò da Dio, e nella propria anima si volge alla materia del mondo, non può che incappare in altro che non sia appunto il giudizio antico e la sua morte, poiché la libertà e la totale assenza di ogni giudizio esistono unicamente nello Spirito puro proveniente da Dio che chiunque può ricevere, ed anche lo riceverà, se vive secondo la Mia Dottrina e crede che Io sono venuto a questo mondo da Dio quale Dio Io stesso, per dare a tutti gli uomini la Luce vera della vita e la vita eterna. Infatti Io stesso sono la verità, la Luce, la via e la vita. Tu comprendi ora questo?».

 

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Cap. 54

La spiegazione della terza apparizione luminosa

 

1. Disse Nicodemo: «Signore e Maestro, io certo ora comprendo ciò e Ti ringrazio dal profondo del cuore per questi Tuoi importantissimi insegnamenti! Ma poiché ci hai spiegato le due prime apparizioni, io vorrei pregarTi di illuminarci anche riguardo alla terza apparizione, perché dietro a questa deve tenersi celato sicuramente qualcosa di grande»

2. Io dissi: «Sì, sì, la terza apparizione Io ve la spiegherò in maniera ben chiara, tuttavia voi non riuscirete a comprenderla pienamente, perché quello che porterà ancora il futuro remoto, voi lo comprenderete più chiaramente soltanto quando sarete rinati nello spirito. Ma ad ogni modo voglio dirvi qualcosa anche a questo riguardo. Ascoltate dunque!

3. La colonna di luce ridiscesa su questa Terra dai Cieli sono Io nello Spirito della Mia Parola vivente che Io deporrò in futuro nei cuori di quegli uomini che Mi ameranno e che osserveranno i Miei Comandamenti. Da costoro verrò Io stesso e Mi manifesterò a loro. E poi tutti quanti verranno di nuovo istruiti da Dio.

4. La suddivisione della colonna in innumerevoli piccole parti significa la rivelazione del senso spirituale interiore di tutte le Mie parole e degli insegnamenti da Me dati agli uomini fin dalle origini del genere umano per bocca degli antichi padri, dei profeti e veggenti, ed ora da Me stesso.

5. E solo da queste numerose rivelazioni parziali del senso spirituale interiore della Parola di Dio si formerà una vera e grande Dottrina di Luce e di vita, e questa Dottrina sarà poi la Grande e Nuova Gerusalemme che scenderà dai Cieli agli uomini. E coloro che saranno e vivranno nella nuova Dottrina, cammineranno nella Nuova Gerusalemme e vi dimoreranno in eterno, e beatitudini su beatitudini saranno per loro senza misura e traguardo e non avranno mai fine. Infatti Io stesso sarò presso di loro ed essi contempleranno tutte le innumerevoli magnificenze del Mio Amore, della Mia Sapienza ed Onnipotenza.

6. Dalla caduta di questa vecchia città di Gerusalemme fino al tempo della Nuova Città di Dio sulla Terra ci sarà però poca Luce tra gli uomini sulla Terra. Infatti, anche troppo presto si alzeranno in Nome Mio una moltitudine di falsi profeti e sacerdoti ed opereranno falsi miracoli ed incanteranno e accecheranno gli uomini, anzi l’Anticristo, con l’aiuto dei re della Terra, farà tali cose al punto che perfino i Miei eletti, se Io lo permettessi, potrebbero venire invogliati a piegare le loro ginocchia davanti al nuovo Baal. Ma Io allora farò venire di nuovo tra gli uomini un tormento così grande come mai ci fu sotto il Sole. Allora Baal verrà precipitato come la grande meretrice di Babele e arriverà poi la Luce della Parola vivente nei cuori di molti uomini e solleverà e redimerà gli oppressi e piegati dalle sventure, e tutti quanti si rallegreranno nella nuova Luce e loderanno il Mio Nome.

7. In quel tempo, gli uomini avranno spesso contatto con gli spiriti puri del Mio Cielo, e questi saranno i loro maestri e li istruiranno in tutti i segreti della vita eterna in Dio, come ciò vi fu mostrato anche nella terza apparizione, nel senso che voi vedevate gli uomini entrare ed uscire dalle dodici porte.

8. Le dodici porte però non testimoniavano più che la Nuova Città fosse edificata dalle dodici tribù di Israele, ma dai dodici princìpi basilari della Mia Dottrina, e questi sono contenuti nei dieci Comandamenti di Mosè e nei Miei due nuovi Comandamenti d’Amore; infatti questi sono le porte attraverso le quali in futuro gli uomini entreranno nella nuova Città di Dio piena di Luce e vita.

9. Solo chi osserverà questi Miei Comandamenti entrerà anche in questa Città e gli verranno date Luce e vita; chi invece non osserverà i Comandamenti non giungerà nemmeno in questa Nuova Città. Anche le dodici qualità di pietre preziose, con le quali era costruito il muro attorno alla Grande Città, stavano ad indicare di nuovo gli stessi dodici Comandamenti.

10. Questi dodici Comandamenti, quindi, sono per l’uomo non solo le porte d’ingresso nella Luce e nella vita, ma essi sono anche la sua indistruttibile protezione e difesa che le porte e le potenze dell’inferno oppure la materiale mondanità non potranno mai distruggere o sconfiggere.

11. Allo stesso tempo voi vi sarete anche accorti nell’apparizione come le pietre del muro irradiavano anche una forte luce in tutti i loro colori. Questo vi indicava che nei dodici Comandamenti a voi dati sono anche contenuti tutti i gradi della Sapienza divina e di conseguenza l’uomo potrà giungere alla Sapienza perfetta solo attenendosi ai dodici Comandamenti. Infatti, nei Comandamenti è contenuta tutta la Sapienza proveniente da Dio, e poiché vi è contenuta tutta la Sapienza di Dio, allora in essi vi è pure tutta la Potenza e la Forza divina, e questo perché in questi Comandamenti è contenuta l’onnisciente ed onnipotente Volontà e attraverso di essa la massima Libertà.

12. Chi dunque attraverso l’osservanza dei Comandamenti avrà fatta sua la Volontà di Dio, costui avrà fatta sua anche la Potenza divina e la Libertà divina ed avrà raggiunto il grado della vera rinascita dello spirito, ed è, quale vero figlio di Dio, altrettanto perfetto quanto lo è lo stesso Padre in Cielo.

13. Ed Io dico ora a voi tutti che proprio attraverso la precisa osservanza dei Comandamenti dovete aspirare in primi luogo a divenire già qui sulla Terra così perfetti come perfetto è il Padre in Cielo, affinché anche voi siate poi in grado di fare queste cose e cose ancora più grandi di quelle che Io stesso sto compiendo ora. E quando avrete raggiunto queste condizioni, anche voi sarete già in anticipo cittadini della Nuova Gerusalemme. Questo è, di conseguenza, il senso della terza apparizione; avete afferrato e compreso bene tutto ciò?»

14. A questa Mia spiegazione del terzo fenomeno tutti apparvero stupiti e ci pensarono su a fondo per un po’, ma non poterono ben rendersi conto fino a che punto avessero compreso per bene questa terza spiegazione e forse non l’avevano compresa proprio del tutto a dovere.

 

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Cap. 55

Perché la Parola di Dio appare una stoltezza ai sapienti del mondo

Solo un rinato nello spirito può comprendere la Sapienza di Dio

 

1. Nicodemo, dopo aver meditato profondamente per un po’, disse: «Signore e Maestro, quello che Tu ci hai ora spiegato in modo assai chiaro è grandioso e profondo e io non potrò mai in eterno ringraziarTi abbastanza, ma appunto perché quello che hai detto e spiegato è tanto immensamente grande e profondo, io e forse anche qualcun altro ancora dei presenti non siamo riusciti a comprendere tali cose dalle loro fondamenta proprio con chiarezza. Io però vedo benissimo che anche un’eventuale spiegazione ulteriore non potrebbe rendermele più chiare e perciò mi astengo dal dire: “Signore, rendimi ciò più chiaro e comprensibile!”»

2. Io dissi: «Qui tu hai perfettamente ragione. Per te e anche per molti altri queste cose non si possono attualmente illustrare in maniera più chiara; tutte queste cose però e ancora di più innumerevoli tu le comprenderai pienamente solo quando sarai rinato nello spirito.

3. La Mia Parola e le Mie Prediche, indirizzate a voi, non possono essere date con quel modo di parlare razionale e mondano tipico degli uomini e della loro sapienza mondana, ma esse consistono nel fornirvi le prove dell’esistenza dello spirito, a voi del tutto sconosciuto, e della sua forza, affinché la vostra fede e il vostro futuro sapere non abbiano il loro fondamento nella sapienza degli uomini spiritualmente ciechi, ma nella forza prodigiosa dello spirito proveniente da Dio.

4. Ora questo Mio modo di insegnare e di parlare appare agli occhi dei sapienti del mondo come una stoltezza, perché essi con i loro sensi grossolani non sanno né percepiscono nulla dello spirito e della sua forza, ma la Mia Dottrina è tuttavia una Sapienza di tipo immensamente elevato e profondo, però soltanto agli occhi, agli orecchi e al cuore di uomini perfetti che sono di buona volontà e che hanno sempre osservato i Comandamenti di Dio. Ma per i sapienti e i grandi di questo mondo, i quali passano come la loro sapienza, la Mia Dottrina non è certamente né elevata né profonda.

5. Io vi parlo della nascosta Sapienza di Dio, che Egli già prima della creazione di questo mondo materiale ha stabilito ad eterna magnificenza della vostra vita. Con la sua ragione mondana nessun fariseo, nessun anziano, né dottore della Legge, né capo sacerdote del Tempio ha mai riconosciuto dalle Scritture questa Sapienza nascosta, perché se avesse riconosciuto una volta questa Sapienza nascosta, non terrebbe continuamente consiglio per vedere come poter uccidere e trarre in rovina Me, il Signore dall’eternità! Frattanto, però, lasciamoli tutti ai loro tentativi e ai loro consigli, perché come sono le loro opere, così sarà anche la loro ricompensa!

6. Ma a voi Io dico quanto sta scritto: “Mai occhio umano ha visto, né orecchio umano ha udito, né cuore umano mai ha presentito quello che Dio tiene in serbo per coloro che Lo amano e che osservano i Suoi Comandamenti!”.

7. Ciò che Io ora vi rivelo, lo rivela lo Spirito di Dio al vostro spirito, affinché anche il vostro spirito scruti e riconosca le profondità in Dio. Infatti soltanto lo spirito scruta ed esplora tutte le cose in tutti i loro aspetti e, così purificato, anche le profondità in Dio. E quindi ora voi non ricevete da Me lo spirito del mondo, del quale non avete mai affatto bisogno, ma lo spirito proveniente da Dio, affinché solo per mezzo di questo spirito voi possiate comprendere e intendere completamente quello che vi è dato da Me come fosse dato da Dio.

8. Io dunque di queste cose non posso parlare con voi nella maniera usata dalla sapienza umana, ma soltanto con le parole che insegna lo Spirito di Dio il Quale predispone spiritualmente tutte le cose, e voi perciò non Mi potete neppure comprendere pienamente, dato che il vostro spirito non ha ancora compenetrato completamente la vostra anima. Ma quando invece la vostra anima, con tutto l’amore e con la spontanea buona volontà, si troverà del tutto nello spirito proveniente da Dio, che ora vi viene dato, allora voi pure giudicherete spiritualmente, di per voi stessi, tutte le cose e riconoscerete e comprenderete perfettamente tutto quello che momentaneamente vi appare ancora oscuro e incomprensibile.

9. Ad ogni modo voi attualmente distinguete già qualcosa dello spirito di Dio, eternamente vero, e potete anche già giudicare spiritualmente varie cose. Invece l’uomo interamente naturale non distingue nulla dello spirito di Dio in sé, e quando gli si parla di questo, ciò è per lui una stoltezza, perché non ha in sé ciò che potrebbe predisporre spiritualmente la sua anima. Infatti se un uomo vuole afferrare e comprendere ciò che è spirituale, la sua anima ed ogni altra cosa devono essere del tutto predisposte spiritualmente, perché ogni vita, ogni vera luce ed ogni vera forza sono unicamente nello spirito, il quale è il solo a predisporre e a giudicare tutto e invece non può essere predisposto e giudicato da nessuno.

10. L’uomo naturale però, nel quale lo spirito non ha ancora alcuna parte, è materia nel suo giudizio, e la sua vita naturale gli è data dallo spirito di Dio solamente come un mezzo per poter destare in sé, attraverso la stessa, la vera vita spirituale, qualora egli lo voglia. E così, con il suo intelletto naturale, può già riconoscere come tali i Comandamenti di Dio e poi far propria la volontà di osservarli e di vivere e di operare conformemente agli stessi. E se egli fa così, lo spirito di Dio penetra già nella sua anima in quella misura nella quale essa si è spinta in avanti nell’osservanza dei Comandamenti di Dio e nella fede in un Dio e nell’amore per Lui e per il prossimo.

11. Quando poi l’anima è pervenuta ad una forza tale da non poter mai più venire sminuita, questo è già un segno sicuro che lo spirito proveniente da Dio l’ha compenetrata del tutto e che in lei predispone spiritualmente ogni suo conoscimento ed ogni suo sapere; una simile anima ha pienamente superato la sua morta materia di prima, e con lo spirito di Dio che l’ha compenetrata si è fatta uno Spirito, una Forza, una Luce e una vera vita per sempre indistruttibile, la quale non può più venire giudicata da nessuno.

12. Cercate dunque voi tutti anzitutto il vero Regno di Dio e la sua Giustizia; tutto il resto vi sarà poi dato automaticamente in aggiunta, perché queste cose ve le darà lo spirito di Dio in voi. Non curatevi affatto delle cose terrene, nemmeno di ciò che mangerete e berrete domani e con cosa coprirete il vostro corpo, poiché per tutte queste cose si affannano i pagani e altra gente del mondo che non ha ancora riconosciuto il vero Dio. Quando il vero spirito in voi avrà raggiunto la sua piena rinascita, con ciò voi avrete anche raggiunto tutto quello di cui avete bisogno.

13. Se camminerete e rimarrete sulle Mie Vie, secondo quanto vi ho insegnato e vi sto insegnando, allora voi sarete anche in Me e il Mio Spirito sarà in voi e grazie a questo voi potrete fare ed operare tutto quello che la sua sapienza vi dirà e che la sua volontà in voi vorrà. E in questo modo è soddisfatta nella maniera più ricca ciascuna vostra necessità terrena per tutto il tempo della vostra vita su questo mondo.

14. Ora avete appreso da Me tutto ciò che è possibile allo spirito, ma ciò che è possibile al Mio Spirito sarà possibile anche al vostro spirito quando esso sarà divenuto una cosa sola con Me. Come però esso possa diventare una cosa sola con Me, Io ve l’ho già mostrato molte volte; e così operate dunque di conseguenza, e voi vedrete questa Mia Promessa adempiersi completamente in voi!

15. Però adesso, considerato che oggi abbiamo fatto ed operato molto e che ormai sono trascorse già due ore dalla mezzanotte, noi ci prenderemo un po’ di riposo e domani cominceremo un nuovo lavoro quotidiano!»

16. Disse Lazzaro: «Signore, temo che sarò un po’ a corto di giacigli per un numero così grande di persone che sono qui radunate!»

17. Dissi Io: «Perché mai? Ciascuno rimanga seduto al suo posto, poggi il capo sulle sue braccia e riposi, e ciò gli farà molto bene!»

18. Lazzaro fu perfettamente soddisfatto di questo e fece lo stesso anche lui.

19. Nicodemo invece avrebbe voluto ritornare a casa sua proprio in questo momento, per non essere scorto sul monte di giorno, poiché egli aveva timore dei farisei.

20. Ma Io gli dissi: «Non temere affatto coloro che non possono nuocerti! Se Io lo voglio e tu lo credi, puoi anche lasciare questa altura in pieno giorno senza essere visto e dedicarti alle tue incombenze»

21. Disse Nicodemo: «Allora io rimango, poiché la mia famiglia crederà certo che mi trovo nel Tempio per accudire ai miei lavori»

22. Dissi Io: «Senza alcun dubbio; e così fermati e riposati un po’!».

23. A queste Mie parole nella sala si fece completo silenzio e tutti si dedicarono ad un riposo breve, ma molto rinvigorente per il corpo.

24. Però il nostro Raffaele, a cui Io avevo fatto interiormente cenno, andò dagli schiavi i quali non riposavano ancora e li indusse a riposare nello stesso modo, restò poi con loro fino al sorgere del Sole e fece in modo che tutti facessero dei sogni particolarmente belli. Quei giovinetti del Settentrione avevano infatti, per loro natura, una speciale disposizione ad ogni specie di sogno profetico. E quando essi vedevano in sogno cose belle e meravigliose, il giorno seguente erano molto contenti, pii, pazienti e allegri.

25. In conclusione ciascuno ebbe qui quanto gli occorreva.

 

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Cap. 56

L’essenza degli angeli

Amore e sapienza, cuore e intelletto

 

1. Noi riposavamo e dormivamo ancora molto bene quando il Sole saliva già sull’orizzonte lontano. Lazzaro e il suo oste furono i primi a destarsi; quest’ultimo si alzò subito dalla sua sedia e andò fuori per svegliare la servitù affinché provvedesse ad allestire una buona e abbondante colazione. In poco tempo, dunque, l’animazione nella casa fu completa e così poi noi pure ci destammo, ci alzammo dai nostri posti e uscimmo all’aperto.

2. Ora, dinanzi alla casa, c’era una fontana che dava un’acqua freschissima e limpida, ed Io dissi a Lazzaro: «Fratello, per non scandalizzare Nicodemo, fa portare dei recipienti e falli riempire d’acqua, affinché ci possiamo lavare le mani e non si dica che noi mangiamo il pane con le mani non lavate!»

3. Così fu fatto e tutti si lavarono le mani, la faccia e anche i piedi; poi furono portati dei panni puliti per asciugarci la pelle.

4. Una volta finito di lavarci, anche il nostro Raffaele ritornò nuovamente a noi e riferì a Lazzaro che i giovinetti riposavano, dormivano e sognavano ancora profondamente e si sarebbe dovuto perciò lasciarli dormire ancora un paio d’ore! Così fu fatto, dato che ciò era molto necessario per quei giovinetti che erano molto stanchi per il lungo e disagiato viaggio.

5. Ma soltanto allora Nicodemo si accorse, nella piena luce del giorno, dell’abbagliante bellezza di Raffaele, e non riusciva a staccare gli occhi da lui. Dopo un po’ di tempo, e di profondo stupore interiore, egli Mi disse: «Ma Signore e Maestro, da dove mai viene questo giovane divinamente bello? Come si chiama? No, io non ho ancora mai visto una simile bellezza maschile! Poco distante da lui, a dire il vero, c’è pure, se si guarda bene, una fanciulla graziosissima; pure lei è bella, ma che divario fra la sua bellezza pur sempre terrena e quella ultra celestiale di questo giovinetto! Come scendono così bene ordinati i suoi riccioli d’oro sulla tenera nuca del tutto eterea e candida quasi come la neve! Quanta grazia indicibile nel suo volto! Che delicatezza, pienezza, dolcezza e morbidezza nelle sue braccia e nei suoi piedi! Tutto in lui è estremamente semplice, così proporzionato e raffinato che io, anziano della città e del Tempio, non ho visto mai nemmeno in un sogno qualcosa di simile. Davvero, questo giovinetto non può essere un figlio di questa Terra! Se egli avesse un paio d’ali come il modello dei cherubini che custodiscono l’arca nel Santissimo del Tempio, egli sarebbe certamente un perfetto angelo di Dio!»

6. Dissi Io: «Credi tu forse che gli angeli di Dio debbano proprio essere provvisti d’ali per essere degli angeli? Allora tu sei ancora in un errore molto grande! Avevano forse ali i tre uomini che andarono da Abramo? O ne avevano i giovinetti che salvarono Lot, oppure l’angelo che guidò il giovane Tobia? A Me non consta affatto che nella Scrittura siano menzionate in qualche modo le loro ali. Anche l’angelo che apparve ad Abramo, quando questo doveva sacrificare Isacco, il suo unico figlio e che gli impedì di fare così, secondo la Scrittura non aveva delle ali.

7. Soltanto i due cherubini di metallo Mosè dovette raffigurarli con le ali, quale simbolo, allo scopo di indicare agli ebrei, allora ancora molto sensuali, che gli spiriti puri dai Cieli di Dio sono estremamente veloci in tutto: nel pensiero, nella decisione, nell’azione e nell’esecuzione. Ora l’uomo naturale terreno non conosce uno spostamento che avvenga ad una velocità superiore del volo degli uccelli nell’aria mediante un paio d’ali, e quindi Mosè, per rendere percettibile al senso umano l’idea della velocità dello spirituale, ha dovuto, secondo la disposizione di Dio, fare le ali ai due cherubini. In realtà nessun angelo di Dio ha mai avuto un paio d’ali.

8. L’ala, dunque, significa solo l’alto grado di Sapienza e di Forza di tutto ciò che è puramente spirituale, ma non già come se un puro spirito dovesse, su un comando di Dio, scendere dal Cielo sulla Terra come fanno gli uccelli e poi fare nuovamente ritorno. Tra l’altro nel vero Cielo non ci fu mai un qualche angelo che non fosse stato prima come essere umano su di una qualche Terra; quelli che però, poi, voi vi raffigurate del tutto erroneamente come angeli già creati quali spiriti puri, non sono invece che le forze e le potenze agenti di Dio, per mezzo delle quali l’Onnipresenza di Dio si manifesta con l’azione in tutto l’infinito, le quali però nessun uomo deve raffigurare con una immagine, dato che l’infinito che proviene da Dio non è affatto raffigurabile nella verità, per nessun essere finito; ciò, si spera, non sarà difficile da comprendere.

9. Ma siccome ciascun uomo è chiamato a divenire, per quanto riguarda la sua anima, un vero angelo dei Cieli di Dio, ne consegue che questo giovinetto bellissimo e purissimo può trovarsi su questa Terra senza ali altrettanto quanto Io stesso, quale l’unico Signore del Cielo e della Terra, Mi trovo fra di voi ora nella carne e vi istruisco, pur reggendo contemporaneamente tutto l’infinito. Del resto sta anche scritto: “In quello stesso tempo voi vedrete gli angeli di Dio, i quali serviranno il Signore, salire e scendere!”. Ebbene, questo giovinetto può benissimo essere anche un angelo. Qual è la tua opinione?»

10. Disse Nicodemo: «Sì, certo, egli è bello più che a sufficienza per essere un angelo, tuttavia egli non sale né scende fra la Terra e il Cielo!»

11. Io dissi: «O tu, cecità immensa degli uomini! Come puoi tu, quale persona di molta esperienza, supporre che degli angeli discendano dal Cielo materiale su questa Terra altrettanto materiale e di nuovo indietro, e che gli uomini possano anche vederli e vedere come essi Mi servono? Il salire e discendere degli angeli non significa altro che il salire dall’amore alla vera sapienza e ritornare con la sapienza nuovamente all’amore il quale è il vero spirito vivente proveniente da Dio in voi.

12. Quando un uomo desta e comprende nel proprio cuore l’amore per Dio e per il prossimo, egli, per effetto di ciò, sale alla sapienza, ossia alla vera e profonda conoscenza in tutte le cose. Ma quando un uomo ha raggiunto una simile conoscenza ed ha riconosciuto e compreso sempre più profondamente l’Amore, la Sapienza e la Potenza illimitata di Dio, egli allora si riempie di umiltà e del più vivente amore per Dio. In questo caso egli ridiscende poi nuovamente nel cuore, lo illumina di luce ancora maggiore e lo rende ardente dell’amore per Dio.

13. Tu stai dicendo fra te e te: “Ma se questa Terra rappresenta l’amore e il cielo la sapienza, come mai sulla Terra c’è tanta carenza d’amore mentre dal cielo vi scende solo del buono, e soltanto rarissime volte qualcosa di meno buono?”.

14. Sì, nel cuore umano, che è la sede dell’amore, questo è per lo più molto scarsamente rappresentato, e tuttavia il cuore è la sede dell’amore. Ma il puro amore nel cuore, considerato isolatamente a sé, potrebbe far maturare altrettanto pochi frutti di vita quanti la Terra senza la luce del Sole. Il Sole del cielo per il cuore dell’uomo è innanzitutto il suo intelletto naturale. Questo, sotto forma di pensieri, di idee e di concetti ordinati e buoni, scende nel cuore, ovvero sul terreno dell’uomo, lo illumina e ne anima i germi vitali perché compia azioni nobili e buone. Se la luce dell’intelletto è ancora debole, a somiglianza della luce solare durante l’inverno, il cuore si fa ad ogni modo più comprensivo e assennato, ma poiché persiste ancora molto nell’amore di se stesso, i nobili germi in lui non germoglieranno, non si svilupperanno e non matureranno fino a diventare frutti d’azione colmi di vita. Quando però un uomo, grazie alla diligenza e a un giusto impiego dei propri talenti e delle proprie capacità, diventa sempre più illuminato nel proprio intelletto, anche la luce dell’intelletto susciterà con maggiore potenza il calore vitale nel cuore, e i germi delle buone azioni in esso giacenti cominceranno allora a germogliare, a crescere, a fiorire e presto porteranno a piena maturazione un abbondante raccolto della vita rappresentato da frutti di nobile attività.

15. E così qui per “angeli” sono da intendere, certamente in proporzioni minimissime, i pensieri, le idee e i concetti del chiaro intelletto, il quale è il cielo della sapienza dell’uomo; questi salgono e discendono e servono lo spirito di Dio che sta ancora celato nel cuore umano, e questo spirito si chiama amore per Dio e amore per il prossimo. Ma come questo vivente spirito proveniente da Dio nel cuore dell’uomo purtroppo non viene riconosciuto né considerato da molti uomini - nonostante l’intera salvezza dell’uomo, riguardo alla sua vita temporanea e a quella eterna, dipenda appunto da questo spirito - così ugualmente avviene che Io stesso, quale il Signore e la Causa Prima di ciò che vive e sussiste, non vengo riconosciuto dal mondo degli uomini, anche se essi vedono quali grandi Pensieri, Idee e Concetti scendono per mezzo Mio dai Cieli di Dio sulla Terra e poi risalgono per illuminare chiarissimamente i cuori e infondere in essi calore e vita per portare i frutti dell’attività vivente. Perciò molti sono anche i chiamati, ma pochi invece sono gli eletti che comprendono la Mia Parola e che se la prendono a cuore e che la fanno maturare in sé finché diventa un raccolto abbondante di azioni colme di vita.

16. E adesso cominci almeno a vedere un po’ più chiaramente che cosa sono propriamente in prima istanza gli angeli che scendono dal Cielo giù sulla Terra e da questa risalgono in Cielo e che servono dall’eternità Me, quale Dio nel Cielo, e temporaneamente voi uomini qui sulla Terra, voi che siete chiamati a diventare figli di Dio e siete per l’appunto il Suo Cuore e quindi la Sua Terra?».

 

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Cap. 57

La scala di Giacobbe. Dell’essenza dei sogni. L’anima nell’aldilà

 

1. Disse Nicodemo: «Signore e Maestro dall’eternità, soltanto ora vedo davvero pienamente che Tu solo sei veramente il Cristo, l’Unto di Dio, la Cui Pienezza dimora in Te! Infatti mai un profeta ha insegnato così su questo mondo. Ma considerato che Tu ci hai ora fatto una Rivelazione così grande, potresti, qualora ciò fosse la Tua santa Volontà, farci ancora un po’ di luce rispetto alla scala del cielo del padre Giacobbe, sulla quale appunto degli angeli salivano e scendevano fra Cielo e Terra? Da questa visione io non sono mai riuscito a comprendere proprio chiaramente che cosa Jehova, che fu visto al sommo di questa scala, abbia voluto indicare a Giacobbe. Infatti questa visione avuta in sogno, Giacobbe l’avrà certo compresa molto meglio di me, dato che noi finora non abbiamo ricevuto nessuna interpretazione di una simile visione. Signore, per il grande amore verso di Te, Ti prego di darcela Tu!»

2. Dissi Io: «Quello che Giacobbe vide in sogno era esattamente quello che Io ho ora spiegato a voi tutti con chiarezza più che sufficiente. La scala è il legame fra il cuore e il capo illuminato dell’uomo. Il cuore è qui ugualmente la Terra vista [da Giacobbe] che allora pure in Giacobbe era troppo deserta, vuota e poco illuminata quando egli venne a trovarsi in grande angustia e difficoltà. Ma appunto in simili condizioni egli cominciò a pensare molto a Dio e a meditare riguardo a cosa avesse fatto perché Egli lo avesse lasciato in una condizione di così grande difficoltà. Allora egli si addormentò in aperta campagna e scorse in sé il collegamento fra la sua terra-cuore e il suo cielo-luce nel suo capo. Là egli vide come i suoi pensieri, idee e concetti scendevano dal suo capo come su una scala giù nel suo cuore e lo illuminavano e lo confortavano, e così, più animati e irrobustiti essi stessi dall’accresciuto amore del cuore, salivano nuovamente a Dio, per venire di nuovo là maggiormente e profondamente illuminati. Guarda adesso tutto il decorso della vita di Giacobbe e tu vedrai come da quel momento in poi egli abbia sempre di più rivolto i suoi pensieri a Dio e sia sempre più scrupolosamente vissuto secondo la Sua Volontà.

3. Contemporaneamente, però, per mezzo di quel memorabile sogno venne raffigurato pure come da lui sarebbe stata innalzata una scala graduale delle generazioni quale vero legame fra i suoi discendenti e Dio, sulla quale i figli di Dio, nella conoscenza di Dio, ora crescente ora di nuovo decrescente, l’avrebbero aumentata e diminuita; inoltre, all’estremità superiore della scala graduale delle generazioni da lui vista, si sarebbe rivelato come Uomo Jehova stesso nella Mia Personalità e avrebbe rinnovato l’antica Alleanza, elevandosi da cima a fondo alla più viva verità.

4. E così tu e voi tutti ora avete anche la duplice e triplice spiegazione della scala di Giacobbe e sapete ora ciò che voi dovete intendere con il concetto di “angeli di Dio” dal punto di vista veramente spirituale. Ad ogni modo, nel vostro stesso interesse, Io vi domando adesso se avete davvero compreso tutte queste cose»

5. Disse Nicodemo: «In me è sorta una grande luce anche in questo e così è e altrimenti non potrebbe essere. Tuttavia, per quello che riguarda questo angelo visibile, ebbene ci si domanda se egli sia già veramente una concreta realtà esistente a sé, o se sia solo un pensiero fissato da Te, che procede dal Tuo Amore, Sapienza ed Onnipotenza»

6. Dissi Io: «Questa è davvero una domanda proprio puerile da parte tua! Io ti dico che egli è, come lo sei tu e tutti gli uomini e tutta la Creazione infinita, entrambe le cose contemporaneamente, per la ragione che nell’infinito intero non c’è, all’infuori di Me, nessun’altra realtà se non appunto i Miei Pensieri, Idee e Concetti. Questi ultimi vengono animati dal Mio Amore e mantenuti fissi in eterno dalla Mia Volontà. Ma quello che Io posso fare quale Dio, e che dalle eternità ho fatto e che eternamente farò anche in avvenire, lo potrete fare un giorno anche voi nel Mio Regno.

7. Ma che in voi uomini esistano tali capacità, lo potete rivelare facilissimamente ed esattamente dalle visioni più chiare che avete in sogno, perché in esse i vostri pensieri, idee e concetti interiori si fanno realtà e si rendono viventi e assumono pienissima forma, e voi con essi potete comportarvi come dinanzi a dei veri oggetti. Dunque, voi certo non vi rendete conto di come sia possibile che nei vostri sogni voi vi troviate in un mondo vero e proprio fra gli uomini, i quali spesso ragionano con voi molto saviamente e fanno questa e quella cosa; ma ciò per il momento non ha importanza. Quando voi, nella maniera che vi ho spiegato, sarete rinati nello spirito proveniente da Me, allora vi si renderanno chiari anche tutti i misteri della vostra vita e le loro cause. Nel frattempo voi potete accettare per chiarissima verità il fatto che qualsiasi fenomeno vitale nell’uomo è fondato su una ragione supremamente saggia e vera, perché altrimenti non si verificherebbe mai e poi mai nell’uomo.

8. Quando l’uomo muore secondo il corpo, allora l’anima, nel proprio essere, vive anche nello spazio, però essa allora non ha per suo appoggio e dimora alcun altro mondo all’infuori di quello che si è creata da se stessa e non ha più alcun rapporto sostanziale con questo mondo esteriore, dato che essa si rende conto in sé, con assoluta chiarezza, di come tutto il complesso del mondo materiale non sia altro che un giudizio necessario e difficile da sopportare e che una vita completamente libera e svincolata da legami sia infinitamente da preferire ad una vita legata da tutte le parti»

9. Disse allora Nicodemo: «Signore, una volta che sarò morto, la mia anima che continuerà a vivere non vedrà in eterno più nulla di questa Terra e vivrà invece in quel mondo che essa stessa si sarà creata; eppure su questa Terra e dentro di essa ci sono moltissime cose ancora che un’anima assetata di una conoscenza superiore avrebbe certo bramato di contemplare più intimamente! Così anche noi spesso osserviamo con grande bramosia il cielo stellato e ciò suscita in noi il desiderio di sapere più da vicino che cosa sono la Luna, il Sole, i pianeti e tutte le stelle e vorremmo anche scrutare le profondità dei mari. Ma se dopo la morte l’anima vivrà ed opererà solamente così in un luminoso mondo di sogni sorti dalla sua fantasia e se potrà comunicare soltanto, come hai detto, con delle figure umane apparenti, che sono pure un prodotto esclusivamente della sua propria fantasia molto eccitata, allora, secondo la mia debole opinione, l’anima destinata a continuare a vivere in eterno non potrà sentirsi particolarmente felice di continuare a ricordare pienamente le vicende passate. Ma se invece all’anima, dopo la deposizione del corpo, viene lasciata la memoria solo tutt’al più fino al punto in cui, come in un lucido sogno, riconosce il proprio “io”, ma non si ricorda più niente o comunque solo poco di quanto è veramente terreno dell’aldiquà, allora, senza dubbio, una simile anima può continuare a vivere del tutto serenamente, perché di quanto le sarà stato del tutto tolto assieme al corpo essa non avrà più alcuna brama in eterno. Io qui parlo così come comprendo questa cosa; Ti prego di darmi anche a tale riguardo un insegnamento più profondo»

10. Dissi Io: «Io vedo molto chiaramente che tu sei ancora molto debole, ma i tuoi concetti riguardo alla vita dell’anima dopo l’abbandono della sua carne sono ancora più aridi, tenebrosi e deboli dei tuoi sentimenti e delle tue percezioni interiori. DimMi semplicemente questo: “Dov’è e quand’è che un uomo vede di più con i suoi occhi naturali: in un carcere oscuro di notte o su di un’alta montagna libera da tutte le parti in un giorno terso e chiaro? E un uomo che, provvisto ormai di tutto, si trova sul monte in compagnia dei suoi migliori amici, sentirà la nostalgia del vecchio carcere tenebroso e avrà la brama di visitarne e di esplorarne gli oscuri angoli e le buche?”. Rifletti su questa Mia domanda, interroga il tuo sentimento e poi rispondiMi ed Io, non appena avrò la tua risposta, ti darò una luce maggiore riguardo ai tuoi dubbi!».

 

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Cap. 58

Anima e corpo. Condizioni nell’aldilà di un’anima materialista

La Luna e i suoi abitanti

 

1. Disse Nicodemo: «O Signore, questa domanda che Ti sei degnato di rivolgermi trova evidentemente immediata risposta già nel sentimento di ciascun uomo, poiché la risposta più chiara sta già nella domanda stessa e sarebbe certo quanto mai superfluo volere aggiungere una qualche altra risposta. Però, da quanto con ciò hai voluto indicarmi in piena Grazia, devo arguire che un’anima perfetta, dopo la deposizione del corpo, potrà contemplare tutta intera la Tua Creazione in una luce infinitamente più chiara di quanto le sarebbe mai stato possibile mentre viveva nel corpo e che una simile anima manterrà il ricordo di tutte le sue esperienze terrene passate e vissute con una lucidità molto maggiore di quanto avrebbe potuto mai essere il caso vivendo nel corpo. O Signore, ho risposto bene?»

2. Dissi Io: «Perfettamente, ed Io intendo indicarvene le ragioni, affinché con il tempo nessuno possa dire: “Sì, Egli, il Veracissimo, ci ha comandato di credere questo, e sarà certamente tutto così come Egli stesso ci ha insegnato, anche se non ci ha mostrato più precisamente il perché e il come di tali cose!”. No, non è in questo modo che voglio istruirvi! Perciò Io intendo, appunto, che vi sia dato di comprendere il Mistero del Regno di Dio. E così ascoltateMi dunque!

3. Il corpo, quale esso è, come materia morta non potrebbe di per sé mai né vedere, né udire, né sentire, né fiutare, né gustare senza un’anima vivente in esso. Dunque, esso non rappresenta che uno strumento necessario per l’anima, costruito e bene organizzato in modo da servire all’anima stessa per i suoi rapporti con il mondo esteriore. Essa così può, per mezzo del corpo, vedere e udire al di fuori e percepire l’ostile e il gradevole. Essa si può spostare da un luogo all’altro e può eseguire con le mani i più svariati lavori.

4. Ora, chi guida le membra del corpo è l’intendimento del cuore e la sua volontà, poiché il corpo, di per sé, non ha né intelligenza né volontà, a meno che l’anima, in seguito alle sue voglie mondane e sensuali, non trapassi essa stessa nell’elemento carnale e non si perda così tanto nella propria carne da perdere la coscienza del proprio “io” spirituale. Allora, certamente, anche tutto il suo intelletto e la volontà si rendono del tutto carnali con esso. Ma in questo caso l’anima è quasi completamente morta e ad essa appare un’assurdità apprendere qualcosa riguardo all’esistenza di una condizione autonoma puramente spirituale e di una vita spirituale dopo la morte del corpo.

5. Tuttavia, nemmeno una simile anima carnale muore veramente dopo la deposizione dolorosissima del corpo, ma continua a vivere nel mondo degli spiriti; la sua sopravvivenza, però, è poi altrettanto meschina quanto lo è la sua conoscenza e la coscienza di se stessa nella sfera puramente spirituale. Ora una simile anima poi certamente vive nell’aldilà solo in uno stato di sogno un po’ lucido e spesso non sa affatto di essere già vissuta una volta in qualche altro mondo, ma essa vive ed opera conformemente alla sua sensualità abituale, e se da parte di spiriti più illuminati, che le si rivelano, viene ammonita e istruita sul fatto che essa si trova in un mondo diverso e spirituale, allora essa certo non ci crede, e deride e schernisce coloro che vogliono mostrarle la verità.

6. Ci vuole un tempo molto lungo finché un’anima di questa specie, unificata con il mondo e con la carne, possa giungere ad un riconoscimento più chiaro. Però, man mano che va facendosi sempre più chiaro in essa, anche il ricordo ritorna secondo il grado della sua chiarezza, ed essa allora può anche vedere, udire e sentire quanto avviene sulla Terra, al di sopra e dentro di essa.

7. Ma se invece un’anima già qui, a questo mondo, si è del tutto completata mediante la rinascita spirituale e in questo modo già qui è pervenuta alla visione e alla percezione delle cose puramente spirituali e celesti, essa perviene così in sé anche alla percezione e visione giusta e pienamente vera di tutta la Creazione materiale e sa tutto quello che avviene perfino sulla Luna e sopra e dentro il Sole, cosa sono le stelle e a quale scopo sono state create e ciò che è sopra di esse e dentro di esse.

8. Quando però una tale anima perfetta viene liberata dal suo greve corpo, soltanto allora la sua visione si rende del tutto simile a quella di Dio e, se vuole, diventa capace di vedere tutto, di udire tutto, di sapere tutto e di percepire ogni cosa. Ma se è così, come può allora perdere tutti i suoi ricordi per il fatto che, a somiglianza di Dio, essa stessa può essere e anche sarà creatrice del proprio mondo?

9. Ma affinché tu veda e ti renda conto ancora più profondamente del fatto che quanto ora ti ho spiegato ha la sua pienissima realtà, Io renderò libera la tua anima per qualche istante come pure l’anima di qualcun altro fra i presenti, e in tale condizione tu potrai poi dire quanto avrai visto, udito e percepito. E così avvenga!»

10. In quel momento, diversi fra i presenti vennero indotti in uno stato magnetico e lucido ed essi si trovarono dapprima in una regione a loro sconosciuta che però a tutti piacque immensamente, al punto che Mi pregarono di lasciarli restare sempre in quel luogo celestialmente bello, perché non desideravano ormai più fare ritorno su questo mondo terreno.

11. Io chiesi a loro, però, se vedevano anche questo mondo.

12. Allora tutti risposero: «Sì, Signore, ma lo vediamo come dietro di noi e lo vediamo pure come da parte a parte!»

13. Io domandai loro se vedevano la grande città di Roma.

14. Tutti affermarono di vederla e descrissero tutto ciò che vedevano in essa.

15. Quando i romani, che erano li presenti, ebbero udito questo, non la finirono più di meravigliarsi per la maniera precisa e fedele in cui gli uomini immersi nella contemplazione estatica descrivevano l’aspetto di Roma, anche se nessuno di tali uomini era mai stato a Roma, né aveva mai visto una raffigurazione di questa città.

16. Ed Io domandai loro se vedevano anche i paesi situati all’estremo Oriente dell’Asia.

17. E tutti loro diedero la risposta: «Sì, Signore, noi vediamo anche quello che davvero è all’estremità finale di questa grande parte del mondo, poiché più oltre, ad Oriente, non vediamo altro che solo acqua e acqua ancora, ad eccezione di alcune isole! Ma questo è un grande regno e noi vediamo pure una città immensamente grande che è racchiusa dentro a mura lunghe una giornata di viaggio e al suo interno c’è una quantità innumerevole di abitanti!»

18. Dissi Io: «Come sono vestiti?»

19. A questo punto essi descrissero brevemente ed esattamente la foggia di vestire di quella gente, e uno dei vecchi farisei, divenuti greco-ebrei, si meravigliò molto sentendo questo, dato che altre volte egli aveva avuto occasione di vedere dei cinesi nell’estrema parte orientale dell’altipiano dell’India.

20. Dopo ciò Io lasciai che rivolgessero il loro sguardo sulla Luna ed essi descrissero in breve questo mondo brullo dall’aspetto triste, nel quale, all’infuori di alcuni gruppi di coboldi[17]  di colore grigio, che apparivano tristi, non scorgevano nulla. Non risultava esserci albero e nessuna erba, e così nemmeno un animale.

21. Dopo Io li ridestai, lasciando loro però il completo ricordo di tutto quello che avevano visto.

22. Quando poi si ritrovarono del tutto nel loro stato naturale, Nicodemo disse: «Signore! Questa è certamente una meraviglia delle meraviglie! Noi eravamo qui e vedevamo benissimo Te e tutti gli altri, e tuttavia vedevamo pure con assoluta esattezza e chiarezza tutto quello che abbiamo descritto, ed ora ho provato io stesso davvero come la visione dell’anima libera sia indescrivibilmente più chiara di quella che è congiunta con il corpo. Ma non solo noi scorgevamo tutto più chiaramente, sia che fosse vicino quanto lontanissimo, ma anche udivamo tutto. Quando guardavamo un albero o una casa o una nave in mare, oppure anche un uomo o un animale, li vedevamo con precisione nella loro forma naturale esteriore, ma noi vedevamo tutto anche da parte a parte, nonostante l’oggetto non fosse affatto trasparente.

23. Anzi, negli uomini noi vedevamo perfino i loro pensieri, i quali all’inizio si rendevano visibili nei loro cuori sotto forma di minutissime immagini. Quando questi salivano al capo, come uno sciame di zanzare, si facevano più chiari e più marcati, poi ridiscendevano al cuore dove assumevano dimensioni maggiori e più precise e ben presto uscivano fuori dalla sfera umana individuale, si ingrandivano man mano sempre di più e infine formavano un vero e proprio mondo intorno all’individuo. Negli animali, invece, non rilevammo niente di simile.

24. Ma che cosa si deve pensare della Luna così misera? Che essa sia un mondo materiale questo è certo, ma è così brulla, deserta e desolata come la più alta cima del monte Ararat! Chi sono dunque quei miseri piccoli coboldi grigi? Essi hanno una figura simile a quella di un uomo, ma sembrano comunque appartenere piuttosto ad una specie animale di quel mondo, nonostante, in un certo qual modo, appaiano piuttosto come degli esseri spirituali più che degli esseri materiali. Infatti ho osservato che uno di quei coboldi ora si ingrandiva di molto, ora si rimpiccioliva tanto da sembrare una bamboletta. Ora, se un coboldo di questa specie fosse esclusivamente materiale, a me pare che un simile ingrandirsi e rimpicciolirsi del suo corpo non dovrebbe essere tanto facilmente possibile. Dunque, Signore e Maestro, cosa si deve pensare della Luna?»

25. Dissi Io: «Questa cosa, amico Mio, la saprai sempre abbastanza per tempo, e puoi affrontare l’argomento con i Miei discepoli i quali ne sono già perfettamente a conoscenza. Io però ho delle cose molto più importanti da mostrarvi e da dirvi ancora, ma questo solo dopo colazione. Adesso, però, di certo saliranno subito qui i trenta greci, faranno colazione e parleranno di varie cose con quel giovinetto. Essi arriveranno in anticipo per la ragione che le apparizioni di stanotte li hanno messi in grande agitazione»

26. Disse Nicodemo: «Benissimo, benissimo, Signore e Maestro, sia fatto soltanto come Tu vuoi! Tuttavia questo soltanto