Jakob Lorber
1851-1864
IL GRANDE VANGELO DI
GIOVANNI
Volume 1
La vita e gli insegnamenti di Gesù nei
tre anni della Sua predicazione
Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” – (Vol.
1)
Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob
Lorber
Casa Editrice: Lorber
Verlag - Bietigheim - Germania
Copyright © by Lorber Verlag
Copyright © by Associazione Jakob Lorber
“Ringraziamo la Lorber Verlag,
Friedrich Zluhan e l’Opera di divulgazione Jakob Lorber
e.V., D-74321
Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.
Traduzione di Salvatore
Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982
Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob
Lorber
Casa editrice GESÙ La
Nuova Rivelazione
Via Vittorio Veneto, 167,
24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)
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SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI
GIOVANNI – cap.1
Breve
introduzione alla comprensione spirituale delle parole evangeliche di Giovanni,
l’apostolo prediletto del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo
(Giov. 1, 1-5)
(V.1) In principio era il
Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo.
1. Questo versetto ha già avuto come conseguenza un gran numero di false
spiegazioni e interpretazioni di ogni genere e forma; anzi, di questo testo si
servirono perfino gli atei più convinti, per contestare con l’aiuto del
medesimo la Mia Divinità, e ciò con tanta maggior sicurezza, in quanto
rifiutavano la Divinità in generale. Ma ora non vogliamo riportare tali
stratagemmi, con i quali la confusione anziché diminuire aumenterebbe ancora di
più, bensì vogliamo subito venire alla luce del giorno con la spiegazione più
breve possibile. Questa, essendo essa stessa Luce nella Luce della Luce, da se
stessa combatterà e vincerà gli errori.
2. Uno dei motivi principali dell’incomprensione di tali testi è
ovviamente, purtroppo, la traduzione molto difettosa e inesatta della
Scrittura, dalla lingua originale alle lingue dei tempi attuali; però è bene
così. Infatti se lo Spirito di tali testi non fosse ben nascosto così com’è,
allora ciò che vi è di più sacro in essi sarebbe stato già da molto tempo
orribilmente profanato, il che sarebbe stato di grandissimo svantaggio per
tutta la Terra. Così invece si è intaccata solo la corteccia, senza poter
arrivare alla parte sacra e viva.
3. Ma ora è tempo di mostrare il senso vero, interiore di tali testi a
tutti quelli che sono degni di parteciparne; all’indegno però dovrà venire a
costar caro, poiché in tale occasione non permetto assolutamente che ci si
faccia beffe di Me e non accetterò mai di mercanteggiare.
4. Ma dopo questo necessario preavviso, segua ora la spiegazione. Solo
questo aggiungo ancora e dico: che qui si deve intendere solo il senso
interiore spirituale per l’anima, non però anche quello più interiore in
assoluto, il purissimo senso celeste. Questo è troppo sacro, e per il mondo può
essere comunicato senza danno soltanto a coloro che lo cercano mediante una
condotta di vita conforme alla Parola del Vangelo. Invece il senso interiore
solamente spirituale per l’anima, si lascia trovare facilmente, talvolta già
con l’esatta traduzione adeguata ai tempi, il che dovrà essere subito mostrato
ora con la spiegazione del primo versetto.
5. Molto inesatta e molto velante il senso interiore è l’espressione
“In principio”. Infatti con ciò si potrebbe perfino contestare e mettere in
dubbio l’esistenza eterna della Divinità, il che è anche avvenuto da parte di
alcuni precedenti filosofi, dalla cui scuola sono propriamente anche derivati
gli atei di questo tempo. Ma se noi ora diamo rettamente questo testo, allora
il velo apparirà molto sottile, e non sarà difficile, attraverso questo velo
sottile, ravvisare il senso interiore molto bene e talvolta molto precisamente.
6. Ma la giusta traduzione suona così: Nella Ragione Prima, o anche
nella Causa fondamentale (di ogni esistenza), era la Luce (il grande santo Pensiero creativo, l’Idea essenziale). Questa Luce non
era solo in Dio,
ma anche presso Dio, ossia la Luce
usciva da Dio come contemplabile nella sua Essenza, ed era così non solo in, ma
anche presso Dio, e circondava per così dire l’Essere divino originario, e con
ciò risulta già messo il fondamento per il futuro divenire Uomo di Dio, come
diviene già anche chiarissimamente visibile da sé nel testo seguente.
7. Chi o che cosa era dunque propriamente questa Luce, questo grande
Pensiero, questa santissima Idea fondamentale di ogni futuro, specifico,
liberissimo essere? Non poteva essere altro che proprio Dio stesso, perché in Dio, per mezzo di Dio e da Dio,
non poteva essere altro che Dio a rappresentare solo Se stesso, nel Suo eterno
perfettissimo Essere. E dunque questo testo può anche dirsi così:
8. In Dio era la Luce, la Luce penetrava e circondava Dio, e Dio stesso
era la Luce.
(V.2) Egli era in principio
presso Dio.
9. Ora che il primo versetto, illuminato a sufficienza, può essere
facilmente capito da chiunque abbia un po’ di lume, il secondo versetto si
spiega da sé e dice soltanto, come attestazione, che il suddetto Verbo o Luce o
grande Pensiero creativo non è un Pensiero sorto successivamente
all’Essere divino originario, bensì è ugualmente eterno con Dio, essendo Esso
stesso Dio, e perciò Esso non cela in Sé nessun remoto processo di derivazione
di qualsiasi genere, ragion per cui è anche detto come a dichiarare per così
dire in forma di attestazione: Egli era nel Principio o nella Ragione Prima di
ogni essere e di ogni successivo divenire, quale Ragione prima divino, presso Dio,
in Dio e da Dio, dunque Egli stesso in tutto e per tutto Dio.
(V.3) Tutte le cose sono state fatte per mezzo di
Lui, e senza di Lui nulla fu fatto di ciò
che è fatto.
10. In questo versetto si conferma solo per così dire come attuato e
tangibile ciò che già nel primo versetto era stato chiaramente presentato come
“il Verbo” o “la Luce”, pienamente presente nella Ragione Prima di ogni essere
e divenire, ma non ancora realizzato come già emanato.
11. Perciò questo terzo versetto dato nella sua forma pura deve anche
suonare così: Ogni essere fu fatto da questo Essere originario, il quale è in
Se stesso l’eterna Ragione Prima del proprio Essere in tutto e per tutto. La
Luce, Parola [=Verbo], e Volontà di questo Essere pose all’esistenza fissa,
visibile, la Sua propria ed esclusiva Luce, la Sua eterna originaria Idea
creativa, che Egli trasse da Se stesso, e non c’è nulla in tutta l’eterna
Infinità che non sia comparso all’esistenza apparente e visibile a partire dalla medesima Ragione Prima e per la medesima
via.
12. Chi ora ha pienamente afferrato questi tre versetti illustrati in
tutta chiarezza, a costui il versetto 4 dovrà risultare già da sé chiaro ed
evidente.
(V.4) In Lui era la Vita, e
la Vita era la Luce degli uomini.
13. Si capisce certo da sé già da lontano che un Essere Ragione Prima
di ogni essere, la Luce di ogni luce, il Pensiero originario di ogni pensiero e
idea, la Forma originaria quale Ragione Prima di tutte le forme, per prima cosa
non poteva essere senza forma, e per seconda cosa non poteva essere morte, dato che questa indica il massimo contrario di ogni
esistenza di qualsiasi genere in assoluto. In questa Parola [=Verbo] o Luce, o
in questo grande Pensiero di Dio in Dio, e in senso assoluto in Dio stesso, era
quindi una perfettissima Vita. Dio era dunque la prima
eternissima, perfettissima Vita fondamentale in Se stesso e da Se stesso in
tutto e per tutto, e questa Luce o Vita chiamò attingendo da Sé gli esseri, e
questa Luce o questa Vita era la luce e quindi anche la vita negli esseri,
negli uomini usciti da Lui; e questi esseri e uomini erano dunque pienamente
un’immagine somigliante della Luce originaria che determinava in essi l’essere,
la luce, e dunque anche una vita pienamente simile all’eterno Essere originario.
14. Ma poiché la Vita originaria di Dio è e deve essere del tutto e
perfettamente libera, dato che altrimenti è come se non fosse vita, ma questa vita simile alla Sua deve essere anche la
stessa e medesima negli esseri creati, altrimenti essa pure non sarebbe vita, e
quale non-vita non sarebbe neppure esistenza, allora è fin troppo tangibilmente
chiaro che agli esseri creati, agli uomini, poteva essere data solo una vita
perfettamente libera. Questa doveva percepire se stessa come integra, ma
proprio da questa percezione anche accorgersi che non è derivata da se stessa,
bensì solo da Dio pienamente a Sua immagine somigliante, secondo la di Lui
Volontà eterna e onnipotente.
15. Questa percezione doveva essere presente in tutti gli esseri
creati, così come quella che la loro vita e il loro essere deve essere
pienamente a immagine e somiglianza di Dio, altrimenti di nuovo non avrebbero
né vita, né una qualsiasi esistenza.
16. Ma se noi osserviamo meglio questa circostanza, ne risulta che
negli esseri creati devono necessariamente incontrarsi due sentimenti, e cioè
come prima cosa e più immediata, il sentimento della divina somiglianza, o
della Luce originaria di Dio in essi, e come seconda cosa, proprio da questa
Luce, però poi anche necessariamente il sentimento del divenire nel tempo per
mezzo della Volontà originaria del Creatore.
17. Il primo sentimento pone senz’altro la creatura al livello del
Creatore e, come se uscisse da sé, completamente indipendente dall’eterna
Ragione Prima, in quanto in un certo qual modo racchiude
e contiene in sé anch’essa tale Ragione; ma il secondo, che necessariamente
deriva da questo primo sentimento vitale, deve tuttavia vedersi e considerarsi
come chiamato fuori da sé da parte della vera e propria Ragione Prima, e solo
successivamente nel corso del tempo manifestato in sé liberamente, e perciò
molto dipendente dalla Ragione principale originaria.
18. Ma questo sentimento riduttivo fa diventare anche il primo
sentimento di grandezza un sentimento di sottomissione, cosa che per il sentimento
di grandezza è sommamente e assolutamente necessaria, come sarà mostrato in
seguito in modo molto chiaro.
19. Il sentimento di grandezza combatte molto violentemente contro un
tale abbassamento, e vuole reprimere il secondo sentimento.
20. Ma per questa lotta sorge poi del rancore e, alla fine, dell’odio
contro la Ragione Prima di ogni essere, e da ciò contro il riduttivo sentimento
di sottomissione o di dipendenza; ma con ciò il sentimento di grandezza poi si
paralizza e si oscura, e nell’essere creato si passa dalla Luce originaria a
notte e tenebra. Questa notte o questa tenebra a mala pena poi riconosce in sé
la Luce originaria e si allontana dunque, cieca e tuttavia anche autonoma,
dalla Ragione Prima del proprio essere e divenire, e nel suo accecamento non la
riconosce.
(V.5) E la Luce brilla nella
tenebra, e la tenebra non la comprende.
21. Perciò questa Luce originaria può poi brillare come vuole in tale
notte; ma poiché la notte, che pure è sorta dalla
Luce, non ha un’appropriata capacità di vedere, così essa non riconosce la
Luce, che viene in tale notte per ritrasformarla nella giusta Luce originaria.
22. Allo stesso modo dunque anch’Io, quale eterno Essere originario di
ogni essere e quale Luce originaria di ogni luce e vita, venni nel mondo delle
tenebre a coloro che furono da Me; ma essi, nella
notte del loro affievolito sentimento di grandezza, non Mi riconobbero!
23. Poiché questo quinto versetto spiega appunto che Io, essendo
totalmente lo stesso che ero dall’Eternità, secondo le misure e i rapporti
originari e in quelle misure e in quei rapporti, vengo in questo mondo creato
da Me e tratto da Me, e questo mondo non Mi riconosce come il fondamento della sua propria esistenza.
24. Ma Io, quale Ragione Prima di tutto l’esistere, dovevo pur vedere
dalla Mia originaria eterna Luce totale, come il sentimento di grandezza, prima
luce degli uomini, per la continua lotta diventava sempre più pallido e più
debole, e perciò come luce della vita anche più oscuro, e alla fine del tutto buio,
e che quindi gli uomini, se fossi venuto a loro nell’immagine a loro data da
Me, non Mi avrebbero riconosciuto; per lo meno moltissimi no, specialmente se
fossi venuto loro come un puro Deus ex machina[1],
del tutto inaspettato e senza preparazione, nella limitata forma umana. E
allora avrei dovuto ascriverlo solo a Me stesso se gli uomini, impreparati a
tale Mia Venuta, non avessero potuto affatto
riconoscerMi.
25. Sì, Io ben lo vidi dall’eternità, e per questo feci preannunciare
agli uomini, cominciando già dal loro primo sorgere separato da Me fino alla
Mia reale Venuta, tramite molte migliaia di veggenti che nella lotta non
perdettero la Luce, appunto questa Mia Venuta, e feci segnalare fedelmente il
modo e la maniera, e perfino il luogo e il tempo della Mia Venuta. E quando la
Mia Venuta avvenne realmente, feci accadere grandi segni e destai un uomo, nel
quale prese dimora un alto spirito primordiale, affinché egli annunciasse ai
ciechi la Mia Venuta e piena Presenza sulla Terra.
Un alto spirito (Michele), incarnato
come Giovanni (Battista), rende testimonianza al Signore. Gli insegnamenti fondamentali:
la natura di Dio, dell’uomo e del suo rapporto con Dio. La caduta dell’uomo e
le straordinarie vie di Dio per la sua redenzione.
(Giov. 1, 6-13)
(V.6) Ma c’era un uomo mandato da Dio, che si
chiamava Giovanni.
1. Si chiamava Giovanni quest’uomo, che presso il Giordano predicava la
penitenza e battezzava con l’acqua i convertiti. In quest’uomo dimorava lo
spirito del profeta Elia, e questo era proprio lo stesso spirito angelico che
nel remoto principio sconfisse Lucifero e in seguito, sulla nota montagna, con
il medesimo Lucifero disputò per il cadavere di Mosè[2].
(V.7) Costui venne come
testimone (dall’alto) per dare testimonianza alla Luce, affinché essi tutti
(gli uomini senza luce) per mezzo suo credessero (ossia per mezzo
della sua luce riconoscessero la Luce originaria venuta a loro).
2. Questi venne quale antico e nuovo testimone
dall’alto, ossia come luce dalla Luce originaria, per dare testimonianza alla
Luce originaria, all’Essere originario di Dio, che ora prendeva Lui stesso la
carne e, in forma totalmente uguale all’umana, venne come Uomo Lui stesso ai
Suoi uomini, che sono [provenienti] da Lui, per illuminarli nuovamente nella
loro notte e così [illuminati] restituirli di nuovo alla Sua Luce originaria.
(V.8) Egli non era la Luce
(da se stesso), ma era solo una testimonianza della Luce (ossia egli
testimoniava di fronte al rabbuiato sentimento di grandezza degli
uomini, che ora la Luce originaria stessa scendeva dalla Sua Altezza eterna,
come un agnello nell’umiltà, agli uomini, e prendeva su di Sé volontariamente
tutte le loro debolezze (peccati), per ridare in questo modo agli uomini la
Luce originaria e renderli e metterli pari a Lui).
3. Quest’uomo non era ovviamente la vera e propria Luce originaria
stessa, bensì, così come tutti gli esseri, solo una luce parziale dalla Luce
originaria. Però a lui fu dato di rimanere nell’unione
con la Luce originaria tramite la sua preponderante umiltà.
4. Ma poiché egli si trovava dunque in continua unione con la Luce
originaria e distingueva bene Questa dalla propria luce – dato
che anch’egli è bensì uscito dalla Luce originaria, ma non era tuttavia
la Luce originaria, bensì solo una derivazione della stessa, affinché La
riconoscesse e ne desse una giusta testimonianza –, così diede poi anche alla
Luce originaria una validissima testimonianza, e con questo ridestò tanta
giusta luce nei cuori degli uomini, che questi poi, seppure all’inizio solo
molto debolmente, col tempo però sempre più fortemente e chiaramente poterono
riconoscere che la Luce originaria, Quella rivestita ora di carne, è pur
tuttavia la stessa a cui tutti gli esseri e tutti gli uomini devono la propria
autonoma esistenza e possono conservarla così autonoma in eterno, se lo
vogliono.
(V.9) Questa era la vera Luce, che illumina tutti
gli uomini che vengono in questo mondo.
5. Non il testimone, bensì la sua testimonianza e Colui di cui era
testimone, erano la giusta Luce originaria che fin dal primo inizio ha
illuminato e animato tutti gli uomini che vengono in questo mondo, e ancora
adesso continuamente li anima e li illumina sempre più. Ed è per questo che è
anche detto, nel versetto 9, che proprio Costui era ed
è la vera e giusta Luce che formò tutti gli uomini, nel loro primo inizio, alla
libera esistenza, ed ora venne per illuminarli in tutta pienezza e renderli di
nuovo simili a Se stesso.
(V.10) Egli era nel mondo, e questo è stato fatto
per mezzo di Lui, ma essi non Lo riconobbero.
6. In quale modo Io, ovvero la Luce
originaria, abbia potuto essere misconosciuto da questo mondo, cioè dagli
uomini ottenebrati che in tutto il loro essere sono usciti da Me, ovvero, il
che è la stessa cosa, dalla Luce originaria (Verbo), e questo nonostante tutti
i precursori e gli annunciatori della Mia Venuta, ciò è già stato trattato
chiaramente al versetto 5. C’è solo ancora da notare, in modo tutto
particolare, che qui con “mondo” non si deve intendere la Terra quale
portatrice di anime giudicate, che propriamente costituiscono la materia, ma
solo e puramente gli uomini, i quali sono bensì presi in parte da questa
materia, ma - una volta che sono divenuti esseri posti in libertà - non
appartengono o non devono più appartenere a questa antica materia di anime
giudicate. Infatti quale pretesa sarebbe poi se Io esigessi dalla pietra, che
ancora si trova in profondissimo Giudizio, che Mi riconoscesse!? Una tal cosa
può essere pretesa a pieno diritto solo da un’anima divenuta libera, che ha in
sé il Mio Spirito.
(V.11) Egli venne nella Sua proprietà, e i Suoi non
Lo accolsero.
7. Dunque, come sopra menzionato, non la Terra, bensì solo ed
esclusivamente gli uomini nella loro entità di anima e spirito, devono essere
visti qui e considerati come la peculiare proprietà del Signore, e proprietà in quanto loro stessi sono in un certo qual modo Luce
originaria dalla Mia eterna Luce originaria, e con ciò vengono a coincidere in
Uno con la Mia Natura di Ragione Prima.
8. Ma poiché essi proprio in questa natura, che si esprime in loro come
sentimento di grandezza, sono indeboliti – debolezza a causa della quale
appunto Io venni a loro come nella Mia proprietà delle origini e ancor sempre
vengo in modo simile – così essi non Mi riconobbero, e con ciò non riconobbero
neppure se stessi e il loro peculiare Essere di Ragione Prima, che non potrà
mai venire annientato perché in ultima analisi è la Mia Natura.
(V.12) Ma a quanti Lo accolsero diede il potere di
diventare figli di Dio, poiché credono nel Suo Nome.
9. Ma si capisce come da sé che, per tutti quelli che non Mi accolsero
o non Mi riconobbero, l’Ordine Originale rimase perturbato, e con questa
perturbazione rimase uno stato di sofferenza, il cosiddetto “male” o “peccato”.
Al contrario, per molti altri che Mi accolsero, cioè che Mi riconobbero nei
loro cuori, questo male invece dovette necessariamente disperdersi, dato che
essi furono di nuovo riuniti con Me, l’Ordine originario e la Potenza originaria di tutto l’esistere, in cui trovarono se stessi e
la Mia Luce originaria nella loro luce che era stata messa in essi, e in questa
l’eterna, inestinguibile vita.
10. Ma in tale vita essi trovarono anche che con ciò necessariamente
non sono soltanto Mie creature, come risulta dal loro
sentimento vitale inferiore, bensì sono infallibilmente i Miei veri e propri
figli, poiché celano in sé ciò che è di Me stesso, che soltanto per la Potenza
della Mia Volontà fu posto fuori da Me liberamente. Infatti
la loro luce (la loro fede) è uguale alla Mia vera e propria Luce originaria, e
perciò ha in se stessa la piena Potenza e Forza che è in Me stesso e, derivante
da questa Potenza, anche il pienissimo diritto, non solo di chiamarsi, ma anche
di essere in ogni pienezza Mia figlia!
11. Proprio la fede infatti è questa luce, e
il Mio Nome, al quale sono indirizzati i potenti raggi di questa luce, è la
Forza e la Potenza e la vera e propria Natura del Mio Essere originario,
attraverso cui ognuno realizza in sé, a pieno diritto e con piena validità, la
figliolanza divina. Per questo è poi anche detto al versetto 12 che tutti
quelli che Mi accoglieranno e crederanno nel Mio Nome, dico: avranno in sé il
potere di chiamarsi a pieno diritto “figli di Dio”!
(V.13) I quali non dal sangue, né dal volere della
carne, né dal volere di un uomo, ma da Dio sono nati.
12. Questo versetto non è altro che una più precisa indicazione e
spiegazione del versetto precedente, e in un linguaggio più collegato i due
versetti contigui potrebbero suonare così: Ma a coloro che Lo accolsero e
credettero nel Suo Nome, a loro Egli diede il potere di chiamarsi “figli di Dio”,
i quali non sono nati dal sangue, né dal volere della carne (desiderio carnale), né dal volere di un
uomo, bensì da Dio.
13. Ma si capisce già da sé che qui non può essere questione di una prima
nascita come carne dalla carne, bensì solo ed esclusivamente di una seconda
nascita, dallo spirito dell’amore per Dio e dalla verità della fede viva nel
Nome vivente di Dio, che si chiama Jesus-Jehova-Zebaoth; la quale seconda nascita si chiama
anche con una buona definizione “la rinascita dello spirito mediante il
Battesimo dai Cieli”.
14. Ma il “Battesimo dai Cieli” è il completo passaggio dello spirito e
dell’anima, con tutti i suoi desideri, allo spirito vivo dell’amore per Dio e
dell’amore in Dio stesso.
15. Una volta avvenuto tale passaggio dalla liberissima volontà
dell’uomo, e allorché tutto l’amore dell’uomo si trova ora in Dio, allora per
mezzo di questo sacro amore anche tutto l’uomo si trova in Dio, dove viene
maturato, rafforzato e rinvigorito per diventare un essere nuovo, e quindi,
dopo aver raggiunto la giusta e completa maturità, da Dio rinasce. Dopo questa
seconda nascita, che non è preceduta né da desiderio della carne, né dalla
volontà procreativa di un uomo, soltanto allora l’uomo è un vero figlio di Dio,
che è divenuto tale mediante la Grazia, la quale è una libera potenza
dell’Amore divino nel cuore dell’uomo.
16. Ma questa Grazia è anche appunto la potente attrazione di Dio nello
spirito dell’uomo, attraverso cui egli, come attratto dal Padre, giunge al
Figlio, cioè alla divina Luce originaria, oppure, il che è la stessa cosa, alla
giusta, viva e potente Sapienza di Dio.
L’Incarnazione della Parola Eterna e la
testimonianza di Giovanni Battista su di Lui. Cenni di vita principali per la
nuova esistenza mediante la rinascita. Prima e seconda Grazia.
(Giov. 1,14-16)
(V.14) E il Verbo divenne
carne e abitò fra noi, e noi vedemmo la sua gloria, una gloria come di Figlio
unigenito del Padre, pieno di Grazia e di Verità.
1. Ma quando l’uomo in tal modo perviene, mediante la rinascita, alla
vera figliolanza di Dio, nella quale egli viene
proprio generato da Dio Padre, ovvero dall’Amore in Dio, allora egli perviene
alla gloria della Luce originaria in Dio, che è propriamente lo stesso divino
Essere quale Prima Ragione. Questo Essere è il vero e proprio Figlio Unigenito
del Padre, così come la Luce riposa nascosta dentro al calore dell’Amore, fino
a quando l’Amore non la eccita e non la irradia da Sé. Ma questa santa Luce
dunque è anche la vera e propria Gloria del Figlio del Padre, a cui perviene
ogni rinato e dove egli stesso (il rinato) diviene simile a questa Gloria, che
è eternamente piena di Grazia (Luce di Dio) e piena di Verità, che è qui la
vera Realtà, o il Verbo divenuto Carne.
(V.15) Giovanni dà
testimonianza di Lui, richiama e dice: «Era questo Colui di cui ho detto: Dopo
di Me verrà Colui che è stato prima di me, poiché Egli era prima di me.»
2. Giovanni ne dà nuovamente una giusta testimonianza, e fa notare agli
uomini, subito dopo il battesimo nel fiume Giordano, che proprio l’Uomo che
egli ora ha battezzato è Colui di cui aveva parlato al popolo già per tutto il
tempo della sua predica sulla penitenza, per accoglierLo degnamente, [dicendo]
che Egli, che sarebbe venuto dopo di lui (Giovanni), era stato prima di lui,
dunque esisteva prima di lui. Il che in un senso più profondo equivale
nuovamente a: Questa è la Luce originaria fondamentale ed Esistenza originaria
fondamentale di ogni luce e di ogni essere, che fu prima di ogni esistenza, ed ogni esistenza è derivata da questa Esistenza.
(V.16) Dalla Sua Pienezza tutti abbiamo ricevuto
grazia su grazia.
3. Ma questa Luce originaria è anche la Gloria eternamente grande in Dio,
e Dio stesso è questa Gloria; questa Gloria era dall’eternità Dio stesso in
Dio, e dalla pienezza di questa Gloria tutti gli esseri hanno preso la loro
esistenza e la loro luce e libera vita.
4. Ogni vita è perciò una grazia da Dio e compenetra continuamente la
forma portatrice di vita. La Vita originaria in ogni uomo è perciò, essendo la
medesima gloria in Dio, una prima grazia di Dio; questa però ha subìto dei
danni per il noto indebolimento del sentimento di grandezza con l’inferiore sentimento del divenire e della conseguente necessaria
dipendenza dalla Luce originaria e Ragione Prima di ogni esistenza.
5. Poiché in tal modo questa prima Grazia nell’uomo
voleva quasi decadere completamente, venne allora la Luce originaria stessa nel
mondo, e ammaestrò gli uomini affinché rimettessero questa prima grazia di
nuovo alla Luce originaria, o propriamente affinché dovessero rientrare del
tutto in questa Esistenza originaria e prendervi, al posto della vecchia luce,
una vita nuova; e questo scambio è il prendere grazia per grazia, o per così
dire il consegnare la vita vecchia, indebolita, che non serve più a nulla, per
una vita nuova, inestinguibile in Dio e da Dio nella pienezza.
6. La prima grazia è stata una necessità, in cui non opera alcuna
libertà, per cui neppure alcuna stabilità; la seconda grazia invece è una piena
libertà, esente da qualsiasi costrizione, e perciò – poiché da nulla sospinta e
costretta – anche eternamente indistruttibile. Infatti dove non c’è un nemico,
là non c’è neppure distruzione; come nemico però viene inteso tutto quello che
influisce come impedimento a una libera esistenza, sotto qualsiasi forma.
La Legge e la
Grazia. Ulteriori lotte degli esseri chiamati alla libera figliolanza divina.
Compare il Redentore. Padre e Figlio sono una cosa sola come calore e luce.
(Giov. 1,
17-18)
(V.17) Poiché la Legge è stata data per mezzo di Mosè;
la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Cristo.
1. Così è la Legge
che dovette essere data alla prima vita, e cioè già in principio al primo uomo,
e nel seguito delle cose attraverso Mosè, che qui in questo versetto viene
citato anche come rappresentante della Legge. Ma dalla Legge certo nessuno
poteva mai ottenere la vera libertà di vita, poiché la Legge è un impedimento,
e non un incoraggiamento alla vita.
2. Con un “devi”
positivo le prime idee di creazione furono poste, dal Volere immutabile della
Potenza originaria, ad una esistenza isolata, come
autonoma; per quanto concerne dunque la separazione e la formazione
dell’esistenza limitata da spazio e tempo, ciò fu realizzato mediante un
immutabile “devi”.
3. Ora ecco l’essere,
l’uomo, in sé in un certo senso la Divinità stessa, oppure, il che è la stessa
identica cosa: l’Essere originario di Dio stesso, solo separato dalla Sua
Ragione Prima ma tuttavia consapevole di Lui, accanto
a ciò però anche legato pur tuttavia in una forma limitata e conservata
mediante un immutabile “devi”. Questo stato non volle piacere all’essere così
costituito, e il suo sentimento di grandezza venne a una lotta violenta con la
sua necessaria limitazione ed estromissione.
4. Poiché nel primo
originario ordine di esseri la lotta divenne sempre più accesa, la grande Legge
fondamentale dovette essere inasprita e includere gli esseri in un giudizio
rigido e temporale; in ciò consistette la costruzione dei solidi mondi
materiali e così la maggior separazione degli esseri originari.
5. Nel secondo ordine
di esseri compare allora l’uomo rivestito di carne, che poggia sul suolo del
suo primo giudizio. Nonostante l’ormai triplice separazione dalla sua Ragione
Prima, pur tuttavia egli riconobbe di nuovo presto in sé Quello stesso [Dio], e
divenne ribelle, superbo e disubbidiente a una Legge facile, data non più come
rigido “devi”, ma come libero arbitrio.
6. Ma poiché non
volle farsi piacere questo leggero comando, così gliene fu dato uno più pesante
e fortemente sanzionato, e la sanzione per la non osservanza di questo secondo
comando venne puntualmente eseguita.
7. Dopo questa
correzione l’Essere divino Si portò sulla Terra in Melchisedek e guidò gli
uomini; ma essi cominciarono subito di nuovo a combattere, e dovettero essere
vincolati e condotti all’ordine da nuove leggi, così che rimase loro soltanto
un movimento di tipo meccanico, in contrasto con quasi tutte le loro tendenze.
8. Quindi con la
Legge fu prodotto un vasto abisso, sopra il quale nessuno spirito e nessun
essere poteva più fare un salto, per cui dunque la prospettiva e la
consapevolezza interiore di un proseguimento eterno della vita interiore, molto
limitata in tal forma, divennero una questione molto dubbia.
9. Su una tale
limitazione appare allora il divino Essere originario nella Sua propria originaria Pienezza, e cioè nella persona di Cristo.
10. Qui dunque
ritorna nuovamente la Grazia originaria, prende su di Sé tutte le debolezze
della vita degli uomini, e dà loro in cambio una Grazia nuova, una Vita nuova, piena di vera Luce, e mostra loro in questa [Luce] e
attraverso Se stesso la giusta via e il giusto scopo della loro esistenza.
(V.18) Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio,
che è nel grembo del Padre, Costui ce lo ha annunciato.
11. Soltanto adesso
coloro che Lo riconobbero ricevettero una vera conoscenza di Dio, e potevano
ora per la prima volta guardare accanto a sé e fuori di sé e riconoscere Dio,
che mai prima un essere aveva potuto vedere nella Sua Pienezza, e attraverso
Lui anche se stessi e la loro propria liberissima destinazione di vita.
12. Ed ora è stato di
nuovo tolto anche l’abisso inaccessibile che era stato prodotto dalla Legge, e
ogni uomo poteva e può ancor sempre uscire dal giogo della Legge, se scambia il
suo uomo vecchio con l’uomo nuovo da Cristo, per cui dunque è anche detto che
si deve svestire l’uomo vecchio e indossare il nuovo, ossia: chi ama la vecchia
vita, la perderà; chi invece la fugge, costui la conserverà, e precisamente la
nuova. Questo è dunque l’annuncio dal grembo del Padre e il Vangelo vivo di
Dio.
13. Ma l’espressione
che dice: “che è nel grembo del Padre” vuol
significare: La Sapienza originaria di Dio ossia la vera e propria Natura
divina più intima è nell’Amore, così come la luce dimora nel calore. Essa
inizialmente sorge e scaturisce dal calore potente dell’Amore, e infine con la
sua presenza genera di nuovo calore, e questo perennemente di nuovo luce. Così
altrettanto dall’Amore, che è uguale al Padre e in ultima analisi è il Padre
stesso, sorge la Luce della divina Sapienza, che è uguale al Figlio ovvero è
proprio il Figlio stesso, che però non sono Due, bensì il Figlio è pienamente
Uno con quello che si chiama “Padre”, allo stesso modo come luce e calore o
calore e luce sono una cosa sola, dato che il calore
genera continuamente la luce e la luce continuamente il calore.
La testimonianza di Giovanni Battista su
se stesso. Motivo del rinnegamento del suo spirito di Elia. Umile attestazione
del precursore del Messia. Vane e false idee dei templari sul Cristo che doveva
venire. Di nuovo chiara testimonianza di Giovanni Battista sul Signore.
(Giov. 1, 19-30)
(V.19) E questa è la testimonianza di Giovanni ai
Giudei, quando costoro gli mandarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti che Gli
chiesero: «Chi sei tu?».
1.
Questo versetto presenta un puro fatto esterno, e perciò non ha un senso
interiore; solo questo si lascia facilmente dedurre da una tale missione: che
il sentimento di grandezza dei Giudei in questo tempo già cominciava a
presentire che la Luce originaria, o la Vita originaria di Dio, cominciava ad
avvicinarsi agli uomini della Terra, e già doveva essere sulla Terra, e
ipotizzava che questa Vita originaria di ogni vita si trovasse in Giovanni, ed
egli fosse magari il promesso Messia.
2. Per questo dunque,
per il suddetto presentimento più che per la fama di predicatore di Giovanni,
essi mandarono anche da lui degli informatori, perché gli chiedessero chi era,
se Cristo, o Elia, o un altro profeta.
(V.20) Ed egli attestò e non mentì, dicendo: «Io non sono
Cristo, il Messia promesso.»
(V.21) Ma essi gli chiesero ancora: «Chi sei dunque?
Sei Elia?». Ed egli disse: «Non lo sono!». E ancora gli chiesero: «Sei un
profeta?». Egli rispose: «No!»
3. Ma la ragione per
cui gli chiesero anche se fosse Elia o un altro nuovo profeta, era che negli
Scritti profetici si diceva che Elia sarebbe venuto prima del promesso Messia,
e avrebbe preparato tutto Israele alla grande Venuta del Messia! Così in questo
tempo sarebbero dovuti sorgere anche altri profeti ancora, i quali pure
avrebbero preceduto come araldi il Messia. Queste cose dunque sapevano gli
inviati di Gerusalemme, che conoscevano le Scritture, e così interrogarono
Giovanni; questi però attestò di non essere tutto ciò.
(V.22) Ed essi gli dissero ancora: «Chi sei dunque,
perché possiamo portare una risposta a coloro che ci hanno inviato?! Che cosa
dici dunque di te stesso?»
4. E così
naturalmente dovettero poi chiedergli ancora chi fosse.
(V.23) Ma Giovanni disse: «Io sono la voce di uno che
grida nel deserto e preparo la via al Signore, come ha predetto il profeta
Isaia.»
5. Al che Giovanni
attestò solo allora che egli era soltanto uno che grida nel deserto e prepara –
secondo la predizione di Isaia – la via al Signore!
6. Qui si può
chiedere, a buon diritto, perché Giovanni facesse questo nel deserto, del quale
si può presumere che sicuramente lo abitino pochissimi uomini, e che perciò
sarebbe stato ben più indicato fare un precursore di tal genere in quei luoghi
che sono abbondantemente abitati da uomini. A che può servire un tal gridare,
pur così poderoso, nel morto deserto, dove il suono del richiamo si estingue
molto prima di giungere a un qualche orecchio? E se anche giunge casualmente a
un qualche orecchio umano, ciò è di gran lunga insufficiente per una cosa che è
della massima importanza per tutti gli uomini!
7. A questa
preventiva domanda sia detto così: che qui sotto l’espressione “deserto” non è
tanto da intendersi il piccolo deserto di Bethabara, situato al di là del
Giordano, quanto piuttosto il deserto spirituale nei cuori degli uomini. Il
deserto di Bethabara, dove realmente Giovanni viveva, predicava e battezzava,
era perciò stato scelto solo perché fosse per l’uomo lo specchio di come egli
era nel suo cuore, e cioè altrettanto desolato, vuoto, senza nobili frutti,
pieno solo di spine e cardi, di ogni erbaccia e pieno di vipere e altri rettili
ributtanti. E in un tale deserto degli uomini compare Giovanni come una
coscienza risvegliata, che egli anche rappresenta sotto l’aspetto puramente spirituale,
e predica penitenza per il perdono dei peccati, e prepara così al Signore la
via ai cuori degli uomini divenuti tutti deserti.
8. Rimane qui ancora
solo la questione perché Giovanni non si riconobbe come Elia o un profeta, dato
che egli, secondo la Mia personalissima testimonianza, era sicuramente sia
l’uno che l’altro. Infatti Io stesso ho pur detto
chiaro e tondo agli apostoli, così come ad altri ascoltatori della Mia
Dottrina, in una occasione molto adatta: Giovanni era quell’Elia che doveva venire
prima di Me, se volete accettarlo.
9. La ragione di una
tale negazione è che qui Giovanni si designa solo secondo l’effettivo nuovo
compito, e non secondo il vecchio, come fu dato al suo spirito in Elia al suo
tempo terreno. Elia doveva punire e distruggere il Moloch; Giovanni invece
chiamare alla giusta penitenza, trasmettere il perdono dei peccati mediante il
battesimo d’acqua, e così preparare a Me la via. E in base a tale attività
dunque egli si atteggiò solo a ciò che egli era in effetti in quel momento.
(V.24) E quelli che erano inviati, erano dei farisei.
(V.25) E costoro continuarono ancora a interrogarlo, e
gli dissero: «Perché dunque battezzi, se non sei Cristo, neppure Elia e nessun
altro profeta?».
10. Ma poiché
tuttavia battezzava, il che era permesso altrimenti solo ai sacerdoti e ai
profeti di cui fosse dimostrato che erano chiamati a farlo, così i sacerdoti e
i leviti, inviati dai gelosi farisei, gli domandarono perché mai battezzasse
gli uomini, dato che non era né l’uno né l’altro.
(V.26) Ma Giovanni rispose loro e disse: «Io battezzo
solo con acqua; Lui (il Cristo di Cui mi chiedete) è venuto in mezzo a voi; ma
voi non Lo conoscete».
11. Ma Giovanni dice:
«Io battezzo solo con acqua, cioè io
lavo soltanto e sono un lavatore di cuori divenuti impuri, affinché venga
ricevuto degnamente quell’Unico che, in un certo qual modo, Si trattiene già da
lungo tempo in mezzo
a voi, che voi però,
a causa della vostra cecità, non riconoscete!»
12. Qui sono
rappresentati, con questi investigatori, anche tutti coloro che cercano Me, il
Signore, esternamente in qualche posto, i quali attraversano terre e mari, e là
interrogano tutti i sapienti: “Dov’è Cristo, quando e dove viene?”.
Ebbene, Quello vero,
Quello che si costruì un’abitazione per Sé al centro dei loro cuori e che
soltanto là si può trovare (Oh, che cercatori fallaci!), Quello non Lo cercano,
o per lo meno non là dove solo ed esclusivamente si può cercare e trovare!
(V.27)
«Questi è Colui che verrà dopo di me, che era prima di me, al Quale non sono
degno di sciogliere i lacci dei sandali».
(V.28)
Ciò avvenne a Bethabara, oltre il Giordano, dove Giovanni battezzava.
13. Quale
testimonianza piena di umiltà dà pur Giovanni davanti ai sacerdoti e ai leviti,
dato che egli sa bene Chi in Cristo ha messo piede sulla Terra; ma che importa
questo al clero pieno di alta sapienza mondana! La verissima testimonianza di
Giovanni li lasciò indifferenti, poiché essi non volevano un Messia pieno di
umiltà, povero e privo di lustro, bensì uno davanti al quale tutti quanti
sarebbero dovuti subito arretrare per la paura e lo spavento!
14. [Infatti secondo
loro] il Messia, subito al Suo primo apparire – naturalmente in nessun altro
luogo se non in Gerusalemme – e visibile per linea recta (linea diretta) raggiante di fuoco, con uno splendore superiore al
sole, scendendo dal cielo accompagnato da miriadi di angeli e prendendo dimora
solo nel Tempio –, avrebbe dovuto spodestare e annientare tutti i potentati di
allora, e poi avrebbe dovuto anche rendere gli Ebrei subito completamente
immortali, procurare loro tutto il denaro della Terra, catapultare in mare con
forte frastuono per lo meno qualche centinaia di montagne apparentemente
superflue, e oltre a ciò anche però giustiziare la povera sporca plebaglia! Allora
essi avrebbero creduto in lui e anche detto: “Signore, Tu sei proprio
terribilmente forte e potente, tutti quanti devono piegarsi profondissimamente
davanti a Te e gettarsi nella polvere, e il sommo sacerdote non è degno di
scioglierti i lacci dei sandali.”
15. Ma Cristo venne
sulla Terra del tutto povero e piccolo e apparentemente debole, quasi per tutti
i trent’anni (eccetto fino al dodicesimo)
non diede di Sé alcun segno davanti agli occhi dei grandi, ma lavorò a
lavori pesanti, era insieme a Giuseppe un carpentiere e più tardi frequentò
anche il comune proletariato. Come poteva essere questo, agli occhi degli
orgogliosi e sapientissimi giudei, il Messia così a lungo aspettato? “Via un
tale bestemmiatore, un tale mago, che esegue le sue azioni solo con l’aiuto del
capo dei diavoli! Un tale volgarissimo operaio carpentiere, più grossolano e
rozzo di un legno di quercia, che ha imparato da qualche parte a far magie con
l’aiuto di Satana, cammina scalzo ed è amico della più abietta plebaglia, se ne
va in giro con loro, accoglie le prostitute e mangia e beve con peccatori
pubblicamente troppo noti, e così, con il suo fare e disfare, si oppone
apertissimamente alla Legge, ebbene quello dovrebbe essere Cristo, il Messia
promesso?! No, mai sia in noi una tale idea blasfema!”
16. Questo era il
giudizio degli alti e sapienti giudei su di Me, alla Mia piena presenza nella
carne sulla Terra; e lo stesso identico giudizio su di Me persiste ancora fino a
questo momento per milioni [di persone] che non ne vogliono sentir parlare
assolutamente di un Dio mansueto, che si abbassa e mantiene la Sua Parola!
17. Il loro Dio per
prima cosa deve abitare molto in alto, sopra tutte le stelle, e dalla tanta
infinitissima sublimità quasi non esistere affatto; cose più piccole del sole
non le deve affatto creare se vuole essere un degno Dio! Come seconda cosa non
deve permettersi di avere una qualche sembianza, e meno di tutte quella umana,
ma deve essere solamente una specie di astrusità incomprensibile!
18. Come terza cosa,
se ciò nonostante Cristo potesse essere Dio, Egli deve comunicarsi con la viva
parola interiore solo a uomini competenti, solo a certe società, concili, a
pietisti straordinari, a zeloti circondati da una cosiddetta aura di santità e
perfetti modelli di virtù, e a un tale fortunato, però, conferire anche subito
il potere di spostare le montagne; altrimenti non c’è assolutamente nulla della
divina Comunicazione e Rivelazione di Cristo!
19. A un laico o
magari perfino a un peccatore, il Signore Gesù non
deve mai comunicarsi, poiché in tal caso la rivelazione è già sospetta e non
viene accolta, alla stessa maniera come anche Io stesso non venni accolto dagli
alti giudei, perché ai loro occhi orgogliosi e avidi di gloria Io Mi sono
presentato come troppo poco divinamente nobile; ma – non fa nulla! Solo la
testimonianza di Giovanni è valida!
20. Il mondo rimane
perennemente uguale a se stesso e continua ad essere il deserto di Bethabara,
dove Giovanni diede la sua testimonianza. Ma anch’Io
rimango perennemente uguale a Me stesso, e in ogni tempo compaio fra gli uomini
per reprimere la loro superbia e ravvivare l’umiltà e l’amore veri, sempre così
come sono comparso agli Ebrei. Bene è per tutti coloro che Mi riconoscono e Mi
accolgono così come Mi ha riconosciuto e accolto Giovanni secondo la sua
testimonianza, testimonianza che diede di Me davanti agli occhi e agli orecchi
degli orgogliosi sacerdoti e leviti di Gerusalemme a loro grande scandalo!
(V.29) Il giorno dopo, Giovanni vede venire a lui Gesù
e dice: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio, che porta su di Sé il peccato del
mondo!»
21. Il giorno
seguente, mentre questi investigatori si trattenevano ancora a Bethabara dove
prendevano informazioni su tutto quello che questo Giovanni faceva e in che
cosa consistessero principalmente le sue prediche, egli testimonia ancora una
volta su di Me, e cioè nella nota circostanza in cui Io vengo a lui dal deserto
e gli richiedo che Mi battezzi con l’acqua del fiume.
22. Già mentre Mi
avvicino a lui, Giovanni richiama su di Me l’attenzione del capo di questi
investigatori – il quale durante la notte ha preso in notevole considerazione
ciò che aveva sentito il giorno prima da Giovanni – e dice: “Vedi, Quello che
viene di là è l’Agnello di Dio, che ha messo sulle Sue spalle tutte le
debolezze degli uomini, affinché gli uomini che Lo accoglieranno prendano una
vita nuova da Lui e abbiano in sé il potere di chiamarsi, da tale nuova vita,
figli di Dio; Jehova infatti non viene nella tempesta, né nel fuoco, ma Egli
viene solo in un soffio dolcissimo.”
(V.30) «Questi è Colui del quale io (ieri) ho detto:
Dopo di me viene un Uomo che è stato prima di me; infatti Egli era prima di
me.»
23. Giovanni ripete
qui ancora una volta quello che già il giorno prima aveva detto su di Me agli
investigatori, e da una parte testimonia di Me che Io vengo agli uomini, per
così dire, come uno specchio di vera e necessaria umiltà dell’uomo, e in tale
umiltà attesto di venire in aiuto agli uomini nella loro debolezza, non invece
nella loro presunta forza, che ovviamente mai possiedono. D’altra parte però
Giovanni testimonia anche che quello da lui chiamato Agnello di Dio, è tuttavia
Colui che fu prima di ogni essere; infatti
l’espressione “Egli era prima di me” equivale a dire: Giovanni – riconoscendo
in se stesso per un momento il suo alto spirito – lo fa capire così agli
investigatori: che sebbene anche in lui abitasse lo stesso Spirito originario
della stessa e medesima natura e qualità, egli pur tuttavia ne fu collocato al
di fuori, in una esistenza libera e completamente autonoma, non per propria
potenza, ma solo dallo Spirito originario fondamentale che abita solamente in
questo Agnello. Con tale traslocazione, essendo essa un’opera reale dello
Spirito fondamentale originario, comincia poi anche un primo periodo
di tempo, prima del quale non c’era nulla in tutta l’Infinità, se non
soltanto lo Spirito originario fondamentale Jehova, e cioè del tutto così e lo
stesso come ora si trovava in questo Agnello di Dio, visibile davanti a loro, e
che da lui (Giovanni) desiderava essere battezzato.
Giovanni professa di aver riconosciuto
il Signore ora anche fisicamente. Doppio battesimo: Giovanni battezza il
Signore con acqua, e Questi lo battezza col Suo Santo Spirito. La testimonianza
del Padre Santo su Suo Figlio. Cenni sul modo di scrivere di quei tempi.
(Giov. 1, 31-34)
(V.31) «Anch’io prima però non Lo conoscevo; tuttavia
per rivelarLo in Israele sono venuto a battezzare con acqua (quelli che Lo
attendono).»
1. Naturalmente gli
investigatori domandarono poi a Giovanni: “Da quando dunque tu conosci già
quest’uomo singolare, e quando sei venuto a conoscenza di ciò che hai detto ora
di Lui?”. Giovanni rispose qui, in senso del tutto naturale, che anch’egli come
uomo non Lo conosceva, però il suo spirito gli aveva rivelato questo, e lo
aveva anche spinto a preparare gli uomini a Lui, e a lavarli dalle loro grosse
macchie di peccato con l’acqua del Giordano.
(V.32) E Giovanni testimoniò e disse ancora (dopo il
Battesimo): «(Quando ora Lo battezzai) vidi che lo Spirito di Dio (a
testimonianza per me) discese dal Cielo, così come una colomba dolcemente si
posa, e questo Spirito rimase sopra di Lui.»
2. Giovanni fa sapere
qui che anche lui Mi vede per la prima volta fisicamente davanti a lui, e che
il Mio Spirito in lui gli ha rivelato questo. Gli investigatori naturalmente
scrutarono bene quest’Uomo e Lo osservarono durante la breve operazione del battesimo
d’acqua. Giovanni inizialmente si rifiutò di farla su di Me, e precisamente con
l’importante osservazione: Si conveniva di più che Io battezzassi lui,
piuttosto che lui Me; ma su Mio espresso desiderio che così dovesse avvenire,
tuttavia cedette e Mi battezzò. Vide però ciò che Io stesso per mezzo del Mio
Spirito gli avevo rivelato nel suo spirito, avendolo Io
spinto a Bethabara, [e cioè vide] come lo Spirito di Dio, ossia il Mio proprio
eterno originario Spirito, scese su di Me nell’apparenza di una nuvoletta
luminosa, e cioè nella maniera in cui scende una colomba, e così rimase sopra
il Mio Capo. Inoltre egli udì contemporaneamente le note parole:
3. “Questo è il Mio
amato Figlio, ovvero questa è la Mia Luce, il Mio
proprio Essere fondamentale originario nel quale Io, l’eterno originario Amore
essenziale ho il Mio compiacimento, Questi dovrete ascoltare!”
(V.33) «Anch’io altrimenti non l’avrei riconosciuto;
ma Colui che mi mandò a battezzare con l’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai
discendere lo Spirito di Dio e rimanere su di Lui, è Quello che battezzerà con
lo Spirito Santo.»
4. Per questo
Giovanni dice: “Anch’io altrimenti non Lo avrei riconosciuto!”
(V.34)
«Io Lo vidi ed ora attesto che Questi è veramente il Figlio di Dio.»
5. Solo dopo questo atto del Battesimo, Giovanni raccontò agli
investigatori quello che aveva visto e udito, e affermò, fosse stato anche a
prezzo della vita, che il Battezzato, che già al Suo avvicinarsi egli aveva
annunciato come l’Agnello di Dio a lui rivelato, in pienissima verità è il
Messia atteso da tutto Israele; Questi è veramente il Figlio di Dio, ossia il
vero e proprio originario eterno Essere fondamentale di Dio in Dio!
6. Egli, Giovanni,
aveva visto egli stesso con i propri occhi il Suo Spirito scendere sopra di Lui
e sopra di Lui rimanere, non come se quest’Uomo avesse ricevuto tale Spirito
solo in quel modo, ma l’apparizione avvenne soltanto come testimonianza per lui
stesso, dato che anch’egli prima non Lo aveva conosciuto.
7. Qui però viene
spontanea la domanda se questi messaggeri di Gerusalemme non avessero dunque
notato nulla di tutto ciò con i loro occhi e con le loro orecchie. A ciò valga
come risposta perennemente ed eternamente uguale: Solo ai più piccoli e ai
semplici queste cose vengono rivelate; ai sapienti del mondo invece rimangono
nascoste e velate.
8. Ebbene, qui i
messaggeri di Gerusalemme non videro anche nulla se non esclusivamente il
battesimo d’acqua, e si arrabbiarono non poco quando Giovanni annunciò quello
che aveva visto e sentito, mentre essi di tutto ciò non avevano potuto
percepire nulla, e per questo anche ingiuriavano Giovanni [accusandolo] di aver
loro mentito. Ma allora si aggiunsero parecchi discepoli di Giovanni, lì
presenti, e testimoniarono che Giovanni aveva detto completamente la verità.
9. Ma i messaggeri
scossero la testa e dissero: “Giovanni è il vostro maestro, e voi siete i suoi
discepoli; per questo anche voi confermate la sua asserzione. Ma noi siamo
istruiti ed edotti in tutte le cose della Scrittura, che è da Dio attraverso
Mosè e attraverso i profeti, e riconosciamo, dal vostro modo di parlare e di
agire, che voi insieme al vostro maestro siete dei pazzi, non vedete nulla e
non sapete nulla, e con la vostra pazzia rendete pazzi molti uomini, tanto che
la cosa già da un pezzo giunge riprovevole agli orecchi dei massimi del Tempio.
La cosa migliore sarà di farvi smettere con la forza.”
10. Ma Giovanni si
sdegnò e disse: “O voi razza di vipere, voi prole di serpenti! Pensate di
sfuggire così al Giudizio!? Guardate, la scure con cui volevate annientarci è
già posta alle vostre radici; badate a come sfuggire alla vostra rovina! Se non
fate penitenza in sacco e cenere, e non vi farete battezzare, sarete distrutti!
11. Poiché, in
verità, Questi era Colui di cui vi ho detto: ‘Dopo di me verrà Colui che è
stato prima di me, poiché Egli era prima di me. Dalla Sua Pienezza abbiamo
tutti ricevuto grazia su grazia.’ (Questo viene già riportato prima, nei
versetti 15 e 16 di questo capitolo, ma non era stato ancora meglio chiarito
storicamente.)
12. A queste
energiche parole di Giovanni, alcuni rimangono e si fanno da lui battezzare; la
maggior parte però se ne va da lì del tutto in collera.
13. Questi versetti
riferiscono in modo del tutto corretto solo qualcosa di storico, e hanno poco
senso interiore, che comunque si lascia già riconoscere molto facilmente dalle
precedenti spiegazioni. Deve solo essere qui menzionato che questi versetti si
lasciano comprendere tanto più facilmente se vengono dati con le circostanze
che un tempo si capivano già da sé. Infatti al tempo in cui l’evangelista
scrisse il Vangelo, era usanza che si tralasciassero come frasi inutili tutte
quelle possibili circostanze che in qualche modo erano scontate e si potevano
supporre, e che si scrivessero esclusivamente le frasi principali, e le
circostanze collaterali le si lasciasse, come si dice oggi, “leggere tra le
righe”. Per chiarire meglio tale questione molto degna di nota per quel tempo,
vogliamo considerare un po’ meglio in questa maniera proprio i tre versetti
dati qui di seguito, e il modo di scrivere di quei tempi (sintassi) lo si potrà
scorgere con tutta precisione e ben riconoscere.
Tre versetti come esempi del modo di
scrivere di quei tempi.
(Giov. 1, 35-37)
(V.35) Il giorno seguente
Giovanni stava di nuovo (al fiume Giordano) e con lui due dei suoi discepoli.
1. Nel primissimo testo originale, per esempio, il versetto 35 suona così:
“Il giorno dopo stavano ancora Giovanni e due dei suoi discepoli.” Qui ci si
chiede: Dove stava lui? E i due discepoli erano vicino a lui, oppure stavano in
qualche altro posto, però nello stesso tempo?
Deve qui cadere subito sott’occhio a chiunque che qui non è indicato il
punto in cui stavano i due discepoli, e tanto meno l’azione.
2. Ebbene, perché dunque l’evangelista non ha menzionato tale
circostanza?
3. La ragione è già stata accennata più sopra; infatti si capisce già
da sé, e doveva capirsi sicuramente da sé particolarmente a quel tempo in cui
scrivere così era la regola, che Giovanni stava al fiume Giordano, e là sotto
un salice dove attendeva se venisse qualcuno a farsi battezzare da lui. E
poiché aveva parecchi discepoli che ascoltavano i suoi insegnamenti e anche li
scrivevano, così di solito due e talvolta, quando c’era molto da fare, anche
più [di due discepoli] gli stavano a fianco e gli erano d’aiuto nei suoi molti
battesimi, e anzi battezzavano pure nel suo nome e nella sua maniera.
4. Poiché dunque per quel tempo tutte queste circostanze erano fin
troppo note a quelli che stavano attorno a Giovanni, così non vennero neanche
scritte. A quel tempo scrivere così era la regola, ed era d’altra parte anche
una necessità per mancanza del materiale per scrivere, e quindi si scriveva
solo la cosa principale. E premettendo alla frase la congiunzione “e” si dava a
capire se le singole frasi stessero o no in relazione tra loro. Per tale
ragione alle frasi principali aventi relazione tra loro, tali congiunzioni sono
state premesse raramente in lettere dell’alfabeto, ma piuttosto con certi segni
convenzionali.
5. La spiegazione qui data, pur non essendo di per sé una spiegazione
evangelica, è tuttavia molto necessaria poiché senza di essa a mala pena in
questo tempo si possono capire i Vangeli nel loro senso esteriore storico, e
tanto meno dunque nel loro senso interiore spirituale, meno che meno poi i
Libri profetici dell’Antico Testamento, nei quali invece di frasi compiute
compaiono soltanto immagini corrispondenti, e naturalmente non può esservi
questione di una qualsiasi indicazione delle circostanze. Dato che ora però
conosciamo tali regole dell’antichità, allora non ci sarà difficile per il
seguito collegare più facilmente tutti i successivi versetti e testi, leggerli
più correttamente e mettere in luce più chiaramente almeno la parte naturale,
storica. Vogliamo ancora effettuare una tale breve analisi con i versetti 36 e
37, e la regola data ne diverrà chiara.
(V.36) E poiché egli vide di nuovo Gesù camminare (sulla riva del
Giordano), disse: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio!»
6. Il versetto 36 dice, stando al testo arcaico: «E quando egli vide
Gesù camminare, disse: “Vedi, Questo è l’Agnello di Dio!”». La “E” indica qui
che questo testo è in una qualche relazione col precedente, e storicamente
indica che Gesù, dopo il battesimo d’acqua richiesto, Si è trattenuto ancora
per qualche tempo nelle vicinanze di Giovanni, e per questo era stato visto
camminare sulla riva del Giordano, sia dai suoi due discepoli, sia dallo stesso
Giovanni.
7. Come Giovanni Lo vede, egli riunifica subito tutti i suoi pensieri e
dice a suo modo, come tra sé, in una specie di sublime entusiasmo: “Vedi,
Questo è l’Agnello di Dio!”. Nel tempo attuale egli si sarebbe espresso
pressappoco così: “Ecco, vedete là! Sulla riva del fiume cammina anche oggi
l’altissimo Uomo-Dio, così modesto e così umile come un Agnello”. Ma Giovanni
sorpassa tutte queste indicazioni più precise, e dice solamente come sta nel
versetto.
(V.37) E quando i due
discepoli di Giovanni [lo] udirono parlare così, (subito lasciarono Giovanni) e
seguirono Gesù.
8. Il versetto 37, che rappresenta propriamente il seguito dei due
precedenti, comincia, per il motivo sopra indicato, ancora con “E”, e molto semplicemente
indica solo l’accaduto, toccandone solo brevissimamente la ragione.
9. Il testo arcaico dice del tutto semplicemente così: “E due dei suoi
discepoli lo udirono parlare e seguirono Gesù.” Nel tempo attuale il versetto,
senza danneggiarne la comprensione e il senso, potrebbe suonare così: “Ma
quando i due discepoli che stavano accanto a lui (Giovanni) udirono parlare
così il loro maestro, subito lo lasciarono e si recarono da Gesù, e poiché Gesù
cominciava ora ad allontanarsi da quel luogo, allora Lo seguirono.
10. Tutto ciò che è stato introdotto in questo ampliamento del testo,
deve essere pure accaduto in questo evento, altrimenti il fatto non si sarebbe
realizzato. Ma, come ho detto, secondo il modo di scrivere di quel tempo
vengono menzionati soltanto i due concetti “udire” e poi l’immediato “seguire”,
tutte le altre frasi di passaggio e di collegamento invece vengono tralasciate
in quanto si capiscono da sé. Chi afferra bene questa regola che è stata data,
potrà riunire in un senso più comprensibile almeno la parte storica
dell’arcaica Scrittura, e così anche immaginarsi più facilmente il senso
interiore.
I primi
discepoli del Signore. La Sua capanna nel deserto, come origine degli eremitaggi.
Andrea e Pietro, i due fratelli pescatori. Cenni significativi, in occasione
dell’accoglienza di Simone, sul venire incontro da parte del Signore e la
testimonianza della verità interiore.
(Giov.1,
38-42)
(V.38) E Gesù si girò, vide
che i due Lo seguivano e disse loro: «Che cercate?». Ed essi Gli dissero:
«Rabbi (che, tradotto, vuol dire maestro) dove dimori?».
1. Questo versetto è anch’esso il seguito dei precedenti ed ha più
senso storico che spirituale. Infatti, da questo momento inizia, in maniera
ancora del tutto esteriore e materiale, il racconto della celebre accoglienza
degli apostoli; ciò avveniva nella stessa zona dove viveva Giovanni, cioè in
Bethabara, miserabile villaggio abitato da poveri pescatori. È per questo che i
due discepoli volevano sapere dove dimorassi, chiedendo quale fosse la Mia
capanna.
2. Siccome Mi ero intrattenuto in quella contrada, per un periodo di
quaranta giorni prima del battesimo, per preparare, mediante digiuni e altre
simili pratiche, il Mio Essere umano all’imminente ministero di predicazione,
risulta storicamente chiaro ed evidente come, a tale scopo, dovessi avere in
quel borgo anche una dimora. Questa si trovava proprio in quella contrada,
deserta ed estremamente inospitale, che avevo riconosciuto come la più adatta
ai Miei propositi.
3. I due discepoli sapevano che abitavo in quei paraggi già da qualche
tempo, perché, senza sapere Chi fossi, Mi avevano visto ormai parecchie volte.
Quindi essi non chiesero del Mio luogo natio, ma solo della Mia dimora nel
borgo di Bethabara, fatto per lo più di meschine capanne di pescatori,
costruite con giunchi ed argilla e che di solito avevano un’altezza appena
sufficiente per farvi stare in piedi un uomo.
4. Una simile capanna, costruita da Me stesso, l’ho abitata anche nel
deserto più interno. Da ciò traggono origine gli eremitaggi, esistenti ancora
oggi in quasi tutti i paesi cristiani.
(V.39) Egli disse loro:
«Venite e vedetelo!». Essi dunque andarono e videro e rimasero quel giorno
presso Lui. Era la decima ora.
5. Questa capanna non era lontana dal luogo dove abitava Giovanni, per
questo motivo dissi ai due discepoli: «Venite e vedetelo!». Subito dopo
l’invito Mi seguirono entrambi ed insieme raggiungemmo la Mia dimora. Essi si
meravigliarono molto che l’Unto del Signore abitasse una delle capanne più
misere, ubicata nel posto meno ospitale di quel deserto!
6. Oggigiorno questi avvenimenti non si situano nel periodo dell’anno
in cui i cristiani hanno l’abitudine di osservare un digiuno di quaranta
giorni, ma due lune (mesi) più tardi.
Raggiungemmo la Mia capanna, come dice il versetto, nell’ora decima, cioè,
secondo il modo attuale di conteggiare il tempo, circa alle tre di pomeriggio,
perché nel passato il levar del sole era indicato dalla prima ora del giorno. E
poiché il sole non sorge sempre alla stessa ora, non è possibile convertire
esattamente le ore di allora nelle unità di tempo usate oggi. È per questo che
prima ho detto: «Era circa l’ora terza del pomeriggio, quando raggiungemmo la
Mia dimora, dove entrambi i discepoli passarono quel giorno con Me fino al
tramonto». Ora, forse l’attento lettore si chiederà cosa abbiamo fatto nella
Mia capanna dalle tre fino alle otto circa. Questo avvenimento, in effetti, non
è descritto in nessun luogo. La cosa è molto semplice e si comprende facilmente
da sé. È chiaro che Io li istruii sulla loro destinazione futura ed indicai
loro come e dove avrei iniziato il Mio insegnamento e che, in quella contrada,
avrei accolto molti altri discepoli, che erano animati dallo stesso loro
spirito e da buona volontà. Nello stesso tempo diedi loro il compito di
chiedere ai loro colleghi, per la maggior parte pescatori, se c’era qualcuno
che volesse unirsi a Me. Su queste cose ci intrattenemmo in quello spazio di
tempo. Venuta la sera, li congedai entrambi ed essi se ne tornarono, in parte
lieti, in parte pensierosi, alle loro famiglie, perché avevano moglie e figli e
non sapevano cosa ne sarebbe stato di loro.
(V.40) Andrea, fratello di
Simon Pietro, era uno dei due, che avevano udito quel ragionamento da Giovanni
ed avevano seguito Gesù.
7. Uno dei due, di nome Andrea, decide subito di seguirMi ad ogni
costo, poi cerca suo fratello Simone, che era ancora occupato con le sue reti
da pescatore.
(V.41) Costui trova per
primo suo fratello Simone e gli dice: «Noi abbiamo trovato il Messia!».
(tradotto vuol dire: il Cristo).
8. Appena trovatolo, dopo varie ricerche, la sua prima preoccupazione è
quella di raccontargli, impazientemente, come egli abbia riconosciuto il Messia
promesso, insieme ad un altro discepolo, che non era fermamente deciso a
seguirMi.
(V.42) (Simone desidera
vedere Gesù) e Andrea lo conduce da Gesù. E Gesù, guardatolo in faccia, disse:
«Tu sei Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cefa (che vuol dire:
Pietra)!»
9. Simone, udendo allora il fratello parlare di Me, poiché non aveva
potuto assistere al battesimo, vuole vederMi al più presto. Andrea gli dice:
«Per oggi non è più possibile, domani mattina, all’alba, ti porterò da Lui!»
10. Simone, che non perdeva occasione di fantasticare intorno al
Messia, ritenendo che Egli sarebbe venuto in aiuto ai poveri ed avrebbe
completamente annientato i ricchi dal cuore indurito, risponde: «Fratello, non
c’è tempo da perdere; io abbandono subito tutto e Lo seguirò fino in capo al
mondo, se Egli lo vuole. Conducimi dunque subito da Lui, perché lo spirito mi
dice che devo vederLo e parlarGli oggi stesso. La notte è chiara e la Sua
capanna non è lontana; perciò incamminiamoci presto! Chissà se domani Lo
troveremo ancora!»
11. Dopo tanta insistenza, Andrea lo conduce da Me. Giunti però a tarda
notte vicino al luogo della Mia dimora, Pietro, rapito in dolce estasi, si
ferma a circa trenta passi dalla Mia capanna e dice ad Andrea: «Mi sento molto
strano! Un senso di inaspettata dolcezza e, nello stesso tempo, di angoscia
sorge nel mio cuore. Non ho più il coraggio di fare neanche un passo, pur
essendo pervaso da un ardente desiderio di vederLo!»
12. Nello stesso momento Io esco dalla Mia capanna e vado incontro a
loro. Ciò è indicato dalle parole «Io lo guardai in faccia». Si comprende
facilmente che il «venire visto da Me» significa che Io gradisco chi, come
Simone, si rivolge a Me, accettandoMi con predilezione nel suo cuore. Una tale
persona viene subito riconosciuta da Me, cioè accolta, ed Io gli do un nuovo
nome, che sarà la sua prima eredità nel Mio Regno. Simone ricevette, dunque, il
nome di Cefa, ovvero “roccia della fede in Me”, poiché, già da tempo, avevo
visto da quale spirito era ed è animato.
13. Queste Mie parole bastarono a provare a Simon Pietro che ero
veramente il Messia promesso. Da quel momento, nel suo cuore, non vi fu più
ombra di dubbio a Mio riguardo, né pronunciò mai una sillaba per chiederMi se
Io fossi il vero Messia, poiché l’unica sicura e valida garanzia gli era
offerta dal suo cuore. Entrambi i discepoli rimasero, dunque, da Me fino al
mattino e dal quel momento non Mi abbandonarono più.
Prova di abnegazione
dei due primi discepoli. La patria di Pietro. Vocazione di Filippo, un povero
maestro e suo presentimento circa la persona del Messia. Particolari sulla
vocazione di Natanaele. La ragione di questa spiegazione quale guida alla Luce
Vivente.
(Giov.1,
43-51)
(V.43) Il giorno seguente Gesù volle andare di nuovo in Galilea, e trova
Filippo e gli dice: «SeguiMi!»
1. Il giorno dopo dico ad entrambi: «Il Mio tempo in questo deserto
volge alla fine; partirò per la Galilea, da cui sono venuto. Volete venire con
Me? Siete liberi di decidere, perché lo so che voi avete moglie e figli e che
non vorreste abbandonarli tanto facilmente. Eppure vi dico che nessuno,
abbandonata qualcosa per causa Mia, la perderà, anzi gli sarà restituita
innumerevoli volte»
2. A queste parole rispose subito Pietro: «Signore! Per amore Tuo non
solo lascerei la moglie e i figli, ma darei pure la mia vita! I miei potranno
vivere anche senza di me, perché io stesso non sono che un mendicante e non
posso procurar loro che poco pane. La nostra pesca rende appena la metà di
quanto ha bisogno un uomo, quindi ancora meno potrebbe servire da sufficiente
nutrimento ad un’intera famiglia! Mio fratello Andrea mi è testimone. Noi siamo
nati a Betsaida, ma siamo dovuti venire qui, sulle rive del Giordano, deserte,
ma tuttavia ricche di pesce, ed è qui che, ultimamente, fummo battezzati da
Giovanni. Nostro padre Giona è ancora vigoroso, come lo sono pure le nostre
mogli e le nostre sorelle. Che il Cielo li benedica! Sono certo che essi
potranno farcela! Io perciò lodo i due e ci mettiamo in cammino».
(V.44) Filippo era però di
Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
3. Nel tratto di strada lungo la riva del fiume Giordano incontriamo
Filippo, anch’egli nativo di Betsaida. Questi, già di buon mattino, munito di
una rete inefficiente, era intento a procurarsi la colazione nelle acque del
fiume. Pietro Mi avverte della sua presenza e dice: «O Signore! Ecco,
quest’uomo soffre molto ed è molto povero, però è un uomo onestissimo e leale e
il suo cuore è colmo di vero timore di Dio! Perché Tu non gli permetti di
venire con noi?»
4. A questa amorevole proposta di Pietro non dico altro che: «Filippo,
seguiMi!». Senza farselo dire due volte, egli getta via i suoi arnesi da pesca
e Mi segue senza neppure chiedere dove. Subito dopo, durante il cammino, Pietro
gli dice: «Colui che noi seguiamo è il Messia!». Ma Filippo risponde: «Il mio
cuore me lo aveva già rivelato nel momento in cui la Sua amorevolissima Voce mi
ha chiamato».
5. Filippo era celibe e, poiché era molto versato nelle Sacre
Scritture, insegnava ai poveri pescatori. Egli conosceva anche personalmente
Giuseppe di Nazaret e quindi anche Me, e gli erano note molte delle vicende
accadute al tempo della Mia nascita e durante la Mia giovinezza. Filippo era
perciò uno dei pochi che avevano segretamente sperato che Io fossi il Messia.
Ma poiché, dal Mio dodicesimo anno di età, Io non avevo operato nulla di
meraviglioso, avendo lavorato e vissuto come un uomo qualsiasi, in molti era
andata man mano scomparendo quella primitiva impressione di meraviglia che la
Mia nascita aveva suscitato. Perfino i più entusiasti tra loro si misero a dire
che la Mia nascita aveva causato molta fama e molto rumore unicamente per la
sua coincidenza, insolita e sorprendente, con un insieme di apparizioni e di
circostanze, con le quali non vi era alcuna relazione. Osservavano, inoltre,
che nulla era rimasto della Mia genialità giovanile e che invano se ne sarebbe
cercata una traccia negli anni futuri! Ma Filippo e pochi altri avevano sempre
mantenuto una ferma speranza in Me ed in seguito si aspettavano grandi cose da
Me, poiché essi tenevano in gran conto la profezia di Simeone ed Anna,
enunciata nel Tempio, al tempo della Mia circoncisione.
(V.45) Filippo trova
Natanaele e gli dice: «Noi abbiamo trovato Colui, del Quale hanno scritto Mosè
nella Legge e i Profeti che è Gesù, Figlio di Giuseppe di Nazaret».
6. Filippo, che Mi seguiva, spera di incontrare per strada Natanaele.
Quando lo incontra seduto sotto un fico, intento a riparare le sue reti, pieno
di fervore gli dice: «Fratello, lungo questa strada io ti ho cercato con i miei
occhi da lontano; ora sono felice di cuore di averti trovato, perché devi
sapere che noi abbiamo trovato Colui del Quale hanno scritto nella Legge Mosè
ed i Profeti. Egli è, come presentivo, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret!»
(V.46) E Natanaele gli disse: «Cosa può venire
di buono da Nazaret?» Filippo gli disse: «Vieni e vedi da te!»
7. Udendo ciò, Natanaele quasi indignato esclama: «Chi non conosce il
perfido covo di Nazaret? Cosa può uscirne di buono? Sicuramente non il
Messia!». Ma Filippo rispose: «So bene che a tale riguardo ti sei sempre
opposto a me, anche se, in proposito, ti ho esposto cento volte le mie ragioni.
Ora però, vieni e persuaditi, convenendo che ho avuto ragione!»
8. Natanaele si alza pensoso, dicendo: «Fratello, questo sarebbe il
miracolo dei miracoli! Infatti è accertato che la stirpe di Nazaret è la
peggiore di tutto il mondo! Non è forse vero che con poca e vile moneta romana
di un nazareno si può fare tutto quello che si vuole? In quella tana già da
lungo tempo non c’è alcuna fede né in Mosè né nei Profeti! In breve, di un
nazareno puoi fare ciò che vuoi ed è ormai vecchia l’espressione “è peggiore di
un nazareno”. E tu sostieni che è da questo posto che viene il Messia al Quale
mi vuoi condurre, affinché io Lo veda? Sarà, sarà, niente è impossibile a Dio!
Vedremo!».
(V.47) Quando Gesù vede
venire Natanaele a Sé, dice ad alta voce di lui: «Ecco un vero israelita, nel
quale non c’è alcuna frode!».
9. Così dicendo, Natanaele e Filippo si dirigono verso di Me, nel
momento in cui, per riposarMi, Mi ero soffermato a circa cento passi dal luogo
dove essi dialogavano. Quando entrambi si trovano già vicini a Gesù, Questi
esclama ad alta voce: “Ecco, un vero israelita, nel quale non c’è alcuna
frode!”».
(V.48) Natanaele Gli dice:
«Come mi conosci?». Gesù risponde e gli dice: «Prima che Filippo ti chiamasse,
Io ti vidi quando tu eri sotto il fico».
10. Natanaele, enormemente meravigliato da questa pretesa, che è
estremamente vera e gli è rivolta ad alta voce dalla Mia bocca, chiede subito:
«Dove mi hai conosciuto per poter affermare ciò di me? Infatti solo Dio e io
stesso conosciamo il mio interiore. Io poi non ho mai decantato, né apertamente
divulgato le mie virtù. Come puoi dunque sapere come io sia costituito?». Io lo
guardo e dico: «Prima che Filippo ti chiamasse, Io ti vidi quando tu eri sotto
il fico!»
(V.49) Natanaele
risponde e dice a Gesù: «Rabbi! Tu sei veramente il Figlio di Dio, Tu sei il Re
d’Israele!»
11. Ciò che Io affermo, procura a Natanaele immensa sorpresa e nel suo
cuore commosso esclama: «Maestro! Anche se sei nazareno, Tu sei comunque
veramente il Figlio di Dio. Sei certamente il Re d’Israele, atteso ansiosamente
da lungo tempo, il quale libererà il Suo popolo dagli artigli dei nemici! O
Nazaret, Nazaret, quanto eri piccola e quanto grande divieni ora! L’ultima
diventerà elevata al rango di prima! O Signore! Quanto presto mi donasti la
fede! Com’è successo che ogni dubbio è svanito da me ed ora credo fermamente
che Tu sei il promesso Messia?».
(V.50) Gesù risponde e dice
a Natanaele: «Poiché Io ti ho detto che ti vedevo sotto il fico (prima che
Filippo ti chiamasse), tu credi. (Io però ti dico) tu vedrai cose maggiori di
questa!».
12. A questa domanda di Natanaele Io rispondo con le parole del V.50. e
gli dimostro che lui ritiene veramente che Io sia il Messia promesso, ma lo
crede forzatamente, perché ha scoperto in Me l’Onniscienza che può essere
attribuita solo a Dio. Aggiungo poi che in futuro egli vedrà cose ancora più
stupefacenti, facendogli capire che ora crede perché ha visto un miracolo, ma
in seguito egli crederà liberamente!
(V.51) E Gesù prosegue
dicendogli: «In verità, in verità vi dico che d’ora innanzi voi vedrete i Cieli
aperti e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo!».
13. E in verità, in verità Io vi dico: «D’ora in poi tutti voi vedrete
i Cieli aperti, e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo», il
che equivale a dire: «In avvenire, quando avrete ottenuto la rinascita del
vostro spirito da Me, allora verranno aperte le porte della vita. E voi allora,
quali angeli voi stessi, vedrete appunto gli uomini - resi angeli mediante Me
nella rinascita, e così in questi angeli resi anche “figli di Dio” - camminare
verso l’Alto, dalla morte alla vita eterna. All’inverso vedrete anche molti
spiriti angelici, creati come tali fin dai primordi, scendere da tutti i Cieli
a Me, il Signore di ogni vita, e qui calcare le Mie orme, quelle del Figlio
dell’uomo, seguendo il Mio esempio e la Mia testimonianza».
14. Ecco qui un modo per comprendere giustamente il primo capitolo.
Però, nessuno creda che le spiegazioni qui date siano sufficienti a chiarire
ogni cosa! Non illudetevi; questo dono è solo una guida pratica, per mezzo
della quale viene concesso, se animati di buona
volontà, di potersi addentrare nelle molteplici profondità della divina
Sapienza e di poter rilevare e riconoscere in ogni singolo versetto il vivente
significato che si manifesta in innumerevoli forme. Inoltre, questo dono è
posto quale regola capitale secondo cui tutto viene misurato e giudicato.
IL SECONDO
CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – cap. 2
Le
Nozze di Cana in Galilea – La Purificazione del Tempio
Connessione
del primo e secondo capitolo. Il Signore con i Suoi quattro discepoli nella
casa di Suo padre. Morte di Giuseppe. Vedute erronee di Maria sulla missione del
Messia. Giacomo, Giovanni e Tommaso accolti come apostoli. Cenni sulla
rispondenza spirituale degli avvenimenti accaduti alle nozze di Cana. I tre
stadi della rinascita.
(Giov.2, 1-5)
(V.1) E il terzo giorno si
fecero delle nozze in Cana di Galilea e la madre di Gesù era presente.
1. La congiunzione e che si trova subito all’inizio di questo cap.2,
v.1, indica che i due capitoli sono connessi tra loro. Ciò risulta chiaramente
dal fatto che le nozze in questione ebbero luogo presso una famiglia legata da
vincoli di amicizia molto stretti con la casa di Giuseppe. Questo avvenne il
terzo giorno dopo che lasciai Bethabara con i Miei discepoli, che, fino a quel
momento, erano solo quattro. Nel frattempo mi ero intrattenuto insieme ai Miei
quattro discepoli un’intera giornata in casa di Giuseppe, che non era più in
vita, presso la madre del Mio corpo che, con gli altri Miei fratelli si era
data un gran daffare per ospitarci nel modo migliore.
2. Maria sapeva bene, nel suo cuore, che era venuto il tempo che Mi
manifestassi come il Messia promesso e cominciassi ad agire; nonostante ciò,
essa non sapeva ancora in che cosa consistesse e come si sarebbe svolta la Mia
azione. Anche lei credeva alla completa espulsione dei Romani e alla
restaurazione del potente trono di Davide, il cui splendore, la cui gloria e la
cui divina maestà non sarebbero mai più stati offuscati, né vinti per
l’eternità.
3. La brava Maria, come tutti i Miei parenti terreni, credevano dunque
che il Messia raffigurasse il vincitore dei Romani e degli altri nemici della
Terra Promessa. Anche i migliori avevano quasi la stessa idea del promesso
Messia. Del resto, ancora oggi, molti fra gli onesti hanno opinioni
assolutamente erronee riguardo al Regno dei Mille anni. In proposito, però, non
era ancora giunto il tempo che Io dessi loro un’idea differente.
4. Perciò, se nella Mia famiglia, iniziando da Maria, questa era
l’opinione intorno al futuro Messia, si può facilmente capire come i conoscenti
e gli amici di famiglia non potevano averne una migliore.
5. È appunto per questo che, in molte famiglie, Io ero oggetto di
grandi attenzioni. Naturalmente lo erano anche quelli che eleggevo come Miei
discepoli; infatti anche Giacomo e Giovanni avevano deciso di diventare Miei
discepoli per regnare sui popoli della Terra con Me! Essi avevano già
dimenticato quasi del tutto ciò che Io, in maniera chiara, avevo predetto loro
al tempo della Mia infanzia.
(V.2) Ora, anche Gesù, con i
suoi discepoli, fu chiamato alle nozze.
6. Come ho già detto, presso tutte le migliori famiglie di Nazaret e
dintorni, anzi in quasi tutta la Galilea, Io ero ritenuto il futuro liberatore
del Paese dal giogo dei Romani. E sebbene fossero trascorse solo poche lune (mesi) dal momento in cui la Mia azione
iniziava nuovamente a giustificare questa credenza, nella cerchia di parenti ed
amici rifiorivano dopo un sonno e un abbandono di diciotto anni, molte delle
speranze nutrite sul Mio conto. È per questa fama che, insieme ai Miei
discepoli, a Maria Mia Madre e a molti altri parenti e conoscenti, venni
invitato alle nozze che si celebravano presso una ragguardevole famiglia di
Cana, vecchia e piccola città della Galilea, nelle vicinanze di Nazaret.
Durante la festa, trascorsa con gioia, i quattro discepoli di Bethabara si
rivolsero a Me con questa osservazione:
7. «Signore! Qui si vive molto meglio che in Bethabara! Con ogni
probabilità crediamo che anche il povero Giovanni sarebbe lieto di potere, una
volta in vita sua, prendere parte ad un simile banchetto, rinunciando ai suoi
pasti disgustosi di locuste cotte e di miele selvatico!». (Esistono da queste
parti, come pure in Arabia, delle locuste grosse come un piccione, che si
cucinano e si mangiano come fate voi con i gamberi).
8. Io risposi: «Voi non potete ancora capire perché Giovanni debba
vivere così; egli vive così perché si compiano le Scritture. Ma tra non molto
avrà una vita migliore. Gerusalemme non lo lascerà più a lungo vagare nel
deserto. Dovrà, d’ora innanzi, diminuire, affinché un Altro cresca!
9. Andrea, dov’è il discepolo che insieme a te venne per primo da Me?
Ci sta seguendo o rimarrà in Bethabara?». Andrea risponde: «Eccolo appunto
venire; egli aveva ancora qualcosa da sbrigare». Io dissi: «Va bene così,
poiché dove c’è un Cefa deve pure esserci un Tommaso!». Al che Andrea risponde:
«Sì, questo è il suo nome! Egli è un’anima onesta, ma sempre piena di scrupoli
e di dubbi, però quando intraprende un’opera che gli sta a cuore, non se la
lascia sfuggire. Inoltre ha un cuore generosissimo e ricevette questo nomignolo
proprio per questo. Eccolo Signore, posso chiamare questo fratello gemello?».
Dico Io: «Sì, fallo pure! Infatti alle nozze deve
essere invitato chiunque viene nel Mio Nome!»
(V.3) Ed essendo venuto a
mancare il vino, la madre di Gesù gli dice: «Non hanno più vino».
10. Secondo l’uso di allora, ogni nuovo ospite che arrivava doveva
essere onorato con un calice di vino. Maria però aveva osservato già da un po’
che la provvista di vino si era esaurita e che, secondo l’usanza, non si
sarebbe potuto dare il benvenuto al nuovo arrivato. Perciò in segreto Mi disse:
«Mio caro Figlio, quale disagio! Essi non hanno più vino! Potresti procurarne
Tu (almeno per questo nuovo ospite)?».
(V.4) Gesù le dice: «Che c’è
tra te e Me o donna? La Mia ora non è ancora venuta».
11. Alla richiesta di Maria, Io, di fronte agli invitati, piuttosto
ambiguamente ma dolcemente, come si usava fare a Nazaret, rispondo: «Donna
(madre), che importa ciò a Me e a te? Come invitato non è Mio compito offrire
del vino. La Mia ora non è ancora venuta!». (In quel tempo e specialmente in
quel luogo, era usanza che ogni uomo invitato a nozze contribuisse al banchetto
nuziale con un dono consistente in una misura di vino. Vi si osservava però una
certa regola, secondo la quale i doni dei parenti più prossimi venivano
consumati per primi; esauriti questi, si ricorreva allora, sempre per grado
discendente, ai doni dei parenti più lontani e dei non consanguinei). Maria era
a conoscenza che ormai tutta la provvista di vino era già stata consumata; lei
si rivolse quindi a Me, perché, essendo arrivato un nuovo ospite, non era
rimasta neppure una goccia di vino per poterlo accogliere come l’uso
prescriveva. Così Mi esortò a non badare, per quella volta, all’ordine tenuto
abitualmente! Si noti che, in simili casi, Maria ci teneva molto all’osservanza
delle antiche tradizioni e, benché non Mi mostrassi molto disposto a fare ciò,
essa, che Mi conosceva bene, era sicura che non avrei mai lasciato inadempiuto
un suo desiderio.
(V.5) Sua madre disse ai
servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!».
12. Allora, fidandosi di Me, lei si rivolse ai servitori e disse loro:
«Fate quello che Mio Figlio vi dirà!»
13. Questo è solo il senso puramente storico di questi versetti del secondo
capitolo. Ma all’interno di questo avvenimento storico o – come si dice – da
questa storia emerge un significato spirituale e perciò profetico, significato
facile da trovare, se si medita un po’ più in profondità.
14. A chi potrà sfuggire l’evidentissima
rispondenza tra queste nozze, tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto di
Bethabara, e la Mia risurrezione, tre giorni dopo la Mia crocifissione?
15. Con queste nozze si indicò nello spirito profetico ciò che Mi
sarebbe successo tre anni dopo; cioè proprio il fatto che, nel senso un po’ più
ampio, Io, tre anni dopo, avrei sicuramente e certamente celebrato, con tutti i
Miei seguaci e quelli che Mi amavano veramente come un eterno Sposo, le nozze
nella loro rinascita alla vita eterna.
16. Più in generale si può notare che la storia delle nozze, che ebbe
luogo tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto, corrisponde anche ai tre
stadi attraverso i quali ogni uomo deve passare per poter giungere alla
rinascita dello spirito, o alle nozze della vita eterna nella grande Cana della
Galilea celeste.
17. Questi tre stadi sono: per prima cosa il dominio della carne, poi
la purificazione dell’anima mediante la viva fede, che naturalmente si deve
mostrare operante attraverso l’amore, poiché senza l’amore la fede è morta, ed
infine la risurrezione dello spirito dalla tomba del Giudizio, simboleggiata
perfettamente dalla risurrezione di Lazzaro. Chi mediterà un po’ su queste
chiarificazioni, potrà facilmente comprendere le cose che seguono.
18. Avendo scrutato quindi il senso spirituale della storia di queste
nozze in generale, vogliamo ora ulteriormente seguire lo svolgersi degli
avvenimenti delle nozze in questione, per esaminare alla fine le rispondenze
che vi riscontreremo.
Ulteriori
avvenimenti alle nozze di Cana. Il miracolo del vino e sue conseguenze.
Confessione di
Pietro, testimonianza del Signore sulla Sua missione.
Importante
brindisi di Pietro. Cenni sullarrispondenza
(Giov.2, 6-11)
(V.6) Ora, vi erano qui sei
brocche d’acqua fatte di pietra, usate per la purificazione degli ebrei, che
contenevano da due a tre misure ciascuna.
1. Dopo che Maria ebbe comandato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli
vi dirà!», anch’Io Mi rivolsi a loro e dissi che riempissero di acqua le sei
brocche di pietra, che potevano contenere da due a tre misure per una e lì
erano destinate alla purificazione degli ebrei. Va osservato che gli abitanti
di Nazaret e di Cana, ormai, non le tenevano più in gran conto, perciò tali
brocche servivano più come ornamento che per lo scopo cui erano destinate in
origine.
(V.7) Gesù disse loro:
«Riempite d’acqua le brocche!». Ed essi le riempirono fino all’orlo.
2. I servitori eseguirono subito il Mio ordine, ma pensando più che altro
che il nuovo arrivato intendesse lavarsi e pulirsi secondo la vecchia usanza.
L’ospite entrò e si sedette al posto indicato, senza essersi prima lavato le
mani. Questo sconcerta non poco i servitori, che si chiedono tra loro: «Perché
abbiamo dovuto riempire d’acqua queste brocche pesanti? Questo ospite non ne fa
alcun uso e noi abbiamo fatto una fatica inutile». Allora Io gli rispondo:
«Perché non lo avete fatto notare prima, invece di mormorare a causa di questa
fatica? Non avete udito ciò che Maria Mi ha appena detto, cioè che gli ospiti
non hanno più vino? Io ho tramutato in vino l’acqua di queste brocche non, come
può sembrare, con l’uso della magia, ma per mezzo della Potenza divina che
risiede in Me. E questo è stato fatto anche se non è ancora giunta la Mia ora,
né riguardo alle usanze, né spiritualmente, per manifestare la Gloria di Colui
che loro dicono sia il loro Dio, ma che non hanno ancora riconosciuto».
(V.8) E Gesù prosegue
dicendo ai servitori: «Attingete ora e portatelo al maestro di mensa!». E i
servitori lo fecero subito.
3. «Prendetene ora una tazza piena e portatela anzitutto al maestro di
mensa, affinché lo assaggi e ne dia un giudizio!». I servitori, confusi a causa
della trasformazione dell’acqua, portano subito il vino al maestro di mensa per
farglielo assaggiare.
(V.9) E come il maestro di
mensa assaggiò il vino, che era stato acqua e non sapeva, a differenza dei
servitori, da dove provenisse quel vino, chiamò lo sposo.
4. Il maestro di mensa, spalancando gli occhi, fa chiamare subito lo
sposo, al quale dice: «Sembra che tu non conosca per niente le nostre usanze!»
(V.10) E gli dice: «Ogni
uomo presenta prima il buon vino e, dopo che gli ospiti ne sono inebriati, il
meno buono, ma tu hai tenuto il buon vino fino ad ora!».
5. «Agli ospiti non si serve dapprima il buon vino e, non appena ne
sono diventati brilli e il loro palato si è attenuato, si presenta
loro il vino più scadente? Tu però hai fatto precisamente il contrario!»
6. Ma lo sposo gli rispose: «Tu parli come un cieco, che volesse
ragionare di colori! Vedi, questo vino non è stato spremuto in nessun luogo
della Terra, ma è giunto sulla nostra mensa, come la manna, dai Cieli. È chiaro
che deve essere molto migliore di ogni altro vino prodotto dalla terra!»
7. Risponde il maestro di mensa: «Credi che io sia pazzo, o lo sei tu?
Come può venire un vino, dai Cieli, sulla tua tavola? Dovrebbe sedere a mensa
Jehova in persona, oppure il Suo servo Mosè!»
8. Ma lo sposo disse: «Vieni e persuaditi da te stesso del prodigio!»
9. Il maestro di mensa, accompagnato dallo sposo nella sala del
banchetto, nota che le sei brocche erano colme di vino della migliore qualità
e, convinto che il miracolo era realmente accaduto, esclama: «Signore, perdona
i miei peccati! Questo solo Dio può farlo e Dio deve essere certamente qui tra
noi! Infatti nessun uomo può fare una cosa simile»
10. Allora venne servito il vino agli ospiti e, quando l’ebbero
assaggiato, dissero tutti: «Un tale vino non è certo dei nostri paesi! Questo è
davvero un vino celeste! Onore a Colui Cui Dio concesse tanta potenza!»
11. Quindi tutti bevvero, brindando a Me e a Tommaso, l’ospite che era
arrivato poco prima.
12. In seguito tutti i presenti alle nozze credettero, senza ombra di
dubbio, che Io fossi il Messia promesso.
13. Pietro, in segreto, così Mi disse: «Signore, lasciami andare
nuovamente via! Infatti Tu sei Jehova stesso come il
Tuo servitore Davide ha profetizzato di Te nei suoi salmi, mentre io non sono
che un povero peccatore, assolutamente indegno di Te!»
14. Io gli rispondo: «Se tu ti reputi indegno di camminare al Mio
fianco, chi ritieni ne sia dunque degno? Io però ti dico che non sono disceso
per i forti, chiunque essi siano, ma soltanto per i deboli e gli ammalati. Chi
è sano non ha bisogno del medico, mentre è all’ammalato e al debole che egli
deve prestare soccorso. Resta al Mio fianco con coraggio, poiché da lungo tempo
ho perdonato i tuoi peccati e, anche se tu dovessi ancora peccare, standoMi
vicino ti elargirei di nuovo il Mio perdono. Infatti potrai raggiungere la tua
perfezione, che dipende unicamente dalla Grazia dall’Alto, non attraverso la
tua forza, ma per la tua debolezza, per mezzo della quale Mi hai conosciuto e
sei diventato una roccia nella fede»
15. Udendo queste Mie parole, Pietro, piangendo e colto da grande
entusiasmo, esclama: «Signore, anche se tutti Ti dovessero abbandonare, io non
Ti abbandonerò, poiché le Tue sante parole sono Verità
e Vita!»
16. Detto ciò, Pietro si alza, prende il calice, e così prosegue: «Sia
tu beato, o Israele, e beati pure noi! Perché siamo divenuti testimoni
dell’adempiuta promessa. Dio ha visitato il Suo popolo! Quello che prima era
difficile da credere, ora si è adempiuto davanti ai nostri sensi! Non ci serve
più gridare dal nostro abisso verso l’Alto, perché il Sommo dei sommi è sceso a
noi, nel profondo baratro della nostra miseria! Perciò grande onore dunque a
Colui che siede qui fra noi, e che, per la Sua Potenza e la Sua Grazia, ci ha
donato questo vino, perché credessimo in Lui e d’ora in poi in Lui onorassimo
Dio!». Dopo queste parole, Pietro e gli ospiti cominciano a bere e quest’ultimi
esclamano: «Costui è un uomo giusto!»
17. Io però, confidenzialmente, faccio osservare a Pietro: «Non è la
tua carne, che ti ha suggerito questo, ma il Padre, che è in Me, l’ha rivelato
al tuo spirito. Da questo momento tieni a freno la tua lingua. Verrà certamente
il tempo in cui dovrai gridare, perché il mondo ti senta!». Dopo questa scena
subentrò nuovamente la calma fra gli invitati e da quel momento tutti i presenti
credettero in Me e videro in Me il vero Messia, venuto a liberarli dai loro
nemici.
(V.11) Questo è il primo
segno che Gesù fece, ed è dunque accaduto in Cana di Galilea, e manifestò la
Sua gloria. E i suoi discepoli credettero allora fermamente in Lui.
18. Questo fu anche il primo segno straordinario che Io ho compiuto
all’inizio della grande Opera di redenzione, davanti agli occhi di molti, e in
questo segno mostrai, anche se velatamente, la successiva grande Opera; ma
neppure uno di tutta la compagnia lo comprese. Infatti, come il Mio digiuno nel
deserto prefigurava la persecuzione di cui fui vittima a Gerusalemme da parte
del Tempio, e il battesimo di Giovanni prefigurava la Mia morte sulla croce,
così questo sposalizio significava la Mia risurrezione, e il segno divenne un
modello della rinascita dello spirito per la vita eterna.
19. Infatti come Io tramutai l’acqua in vino, così la natura materiale
dell’uomo, che vive secondo la Parola della Mia bocca, verrà trasformata in
spirito!
20. Pertanto, ciascuno deve seguire, nel suo cuore, il consiglio di
Maria dato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!», allora Io farò ad
ognuno un segno simile a quello fatto in Cana di Galilea, nel quale e dal quale
chiunque vivrà secondo la Mia Parola, potrà riconoscere più facilmente in se
stesso la rinascita dello spirito.
Il Signore e i
suoi discepoli a Cafarnao. Adempimento di una promessa di Isaia.
Inizio della predicazione
del Signore e il suo duplice effetto. Cenno sullo spirito mercantile. Il
Signore e i Suoi discepoli alla festa di Pasqua a Gerusalemme. Cenno sulla
Pasqua a quell’epoca. Il Tempio di Dio usato come mercato del bestiame e come
cambiavalute.
(Giov.2,
12-13)
(V.12) Dopo questo, discese
in Cafarnao, Egli e Sua Madre e i Suoi fratelli e i Suoi discepoli e stettero
qui non molti giorni.
1. Sette giorni dopo queste nozze, Io lasciai Nazaret ed insieme a
Maria, i miei cinque fratelli, due dei quali erano diventati Miei seguaci, e
gli altri discepoli accolti fino a quel momento, scesi a Cafarnao. Questa, a
quel tempo, era una città commerciale molto importante, situata sul Mare di
Galilea e precisamente al confine tra Zabulon e Neftali. Non lontano da questa,
nei pressi di Bethabara, dall’altra parte del Giordano, era situata la località
dove Giovanni battezzava, quando quel fiume, alcune volte totalmente asciutto,
aveva una quantità d’acqua sufficiente.
2. Ci si potrebbe chiedere che cosa andassi a fare in quella città,
divenuta quasi interamente pagana. Per comprenderlo, basta leggere quanto è
predetto in Isaia 8,23; 9,1: «Come nei tempi passati egli ha coperto di
obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così, in avvenire, coprirà
di gloria la terra vicino al mare, oltre il Giordano e la Galilea dei Gentili.
Il popolo, che camminava nelle tenebre, ha visto una grande luce. Su coloro,
che abitavano nel paese dell’ombra della morte, si è levata una luce».
3. Chi considera questo testo di Isaia e sa che dovevo adempiere le
Scritture dalla A alla Z, comprenderà chiaramente il motivo per cui scesi da
Nazaret a Cafarnao. In quel paese dovevo eleggere, inoltre, altri due
discepoli, cioè Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Anch’essi erano dei pescatori
ed esercitavano la loro attività presso il Mare di Galilea, non lontano dalla
foce del Giordano, vicino al luogo dove pescavano Pietro ed Andrea e qui,
anch’essi, avevano il diritto di pescare nel mare.
4. Quando questi ultimi due discepoli furono accolti e Mi ebbero
riconosciuto in virtù delle Mie parole e delle convincenti testimonianze di
quelli che Mi seguivano, Io, come ero solito, iniziai subito ad istruire gli
uomini, esortandoli a penitenza, perché il Regno di Dio era vicino. Andai nelle
loro sinagoghe e qui predicai. Un gran numero di essi credette, ma molti si
arrabbiarono e pensarono perfino di metterMi le mani addosso e di farMi cadere
nel mare da un monte. Io però sfuggii loro con tutti quelli che erano con Me e
Mi recai a visitare alcuni piccoli luoghi sul Mare di Galilea, annunciando il
Regno di Dio e sanando molti ammalati. I poveri e i semplici Mi credettero e Mi
accolsero benevolmente, anzi un gran numero di essi si unirono a Me, seguendoMi
ovunque, come gli agnelli seguono il loro pastore.
5. Quindi non Mi trattenni che brevemente a Cafarnao, essendovi, in
questo posto, poca fede e meno ancora amore, poiché la città era dedita agli
affari e al commercio. Infatti, là dove il commercio e gli affari tengono
occupati gli uomini, non vi è più posto per la fede e per l’amore e dove questi
ultimi sono venuti meno, Io posso fare poco o niente.
(V.13) Ora la Pasqua degli
ebrei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme.
6. Essendo prossima la Pasqua degli ebrei, Io salii a Gerusalemme,
insieme a quelli che erano con Me. Ebbene, la Pasqua degli ebrei non coincideva
con i periodi oggi fissati presso le comunità cristiane, che talvolta la
celebrano già nel mese di marzo; in quel tempo la festa cadeva all’incirca tre
mesi più tardi! A Pasqua, in occasione del primo raccolto dell’anno, venivano
portate a Jehova delle offerte di orzo, grano e frumento. In questo periodo si
mangiava già il pane nuovo, che però non era lievitato, come prescriveva la
Legge. Infatti nessuno in paese poteva mangiare pane lievitato.
7. Quindi la festa degli Azzimi poteva avere luogo solo quando il grano
del nuovo raccolto poteva essere trasformato in farina, non però quando il
grano viene seminato. Infatti, in Giudea, se l’annata è favorevole, il grano
matura quattordici o venti giorni prima che qui da voi, perché, se in Egitto è
raro che la mietitura del frumento e del grano possa essere fatta prima della
fine di maggio, figuriamoci in Giudea, dove la temperatura è considerevolmente
più bassa che in Egitto.
8. Il tempo degli Azzimi era dunque giunto ed Io Mi recai perciò, con
tutti quelli che erano con Me, nella capitale della Giudea, chiamata anche “la
città di Dio”, traduzione adeguata del termine Gerusalemme, che vuol proprio
dire la città di Dio.
9. E poiché per l’occasione una grande moltitudine affluiva a
Gerusalemme, tra cui i pagani che là compravano e vendevano ogni tipo di
mercanzie, come utensili, tessuti, bestiame e frutta di ogni tipo, questa festa
aveva perduto totalmente il suo carattere religioso e santo e l’avidità del
guadagno spingeva, in quei giorni, perfino i sacerdoti a cedere in locazione ai
mercanti, ebrei o pagani che fossero, i cortili e gli atri del Tempio in cambio
di un compenso considerevole. Con tale affitto, a Pasqua, il Tempio riscuoteva
oltre mille denari d’argento, importo allora ritenuto enorme e che equivaleva a
più di centomila fiorini della vostra moneta.
10. Io salii dunque a Gerusalemme al tempo del sommo sacerdote Caifa.
Costui, da uomo astuto, aveva mantenuto quella carica, molto redditizia, per
più di un anno. Inoltre l’osservanza della legge mosaica si era ridotta, a quei
tempi, ad una cerimonia svuotata di ogni senso e nessun sacerdote ci teneva in
realtà più di quanto ci tenesse alla neve caduta un secolo prima, però, in
compenso, per quello che riguarda la vana cerimonia completamente svuotata, era
stata spinta agli estremi allo scopo di ingannare il povero popolo.
11. Perfino all’interno del Tempio si riservavano dei posti da affittare
ai venditori di colombe e ad alcuni piccoli banchieri. Questi ultimi
possedevano monete di piccolo taglio di ogni tipo, come grossi e stateri, che,
in cambio di un piccolo aggio, sostituivano con denaro di grosso taglio, come
monete romane d’oro e d’argento o denaro usato dai Romani nei traffici di
bestiame (pecunia). Ciò avveniva soprattutto con coloro che avevano bisogno di
spiccioli. Infatti, com’è noto, i Romani, nell’acquistare il bestiame, si
servivano di monete particolari, che portavano impressa la figura dell’uno o
dell’altro animale. In simili casi, il venditore di bestiame richiedeva di
essere pagato con quelle monete il cui conio raffigurava la specie di animale
venduto. Naturalmente, i banchieri sia grandi che piccoli, potevano cambiare la
pecunia con altra moneta; solo che l’aggio era più forte che non con altri tipi
di denaro.
Gli abomini
del Tempio durante la Pasqua. Pietro e Natanaele si scandalizzano.
Un vecchio
ebreo testimonia sugli abomini del Tempio. Purificazione del Tempio da parte
del Signore.
(Giov.2,
14-17)
(V.14) E trovò nel Tempio
coloro che vendevano buoi, pecore e colombi e i cambiamonete che sedevano.
1. Questa era la situazione quando Io giunsi in Gerusalemme. Il popolo,
desideroso di visitare il Tempio, temeva di entrare a causa del bestiame che vi
era introdotto, perché spesso i buoi si imbizzarrivano e causavano dei danni
agli uomini e agli arredi sacri. Inoltre, nel Tempio, regnavano un tale fetore
e un tale strepito che era difficile resistervi e avveniva che, se qualcuno si
arrischiava in quella confusione, perdeva tutto quanto avesse indosso. Tale
scandalo era arrivato agli estremi della Mia sopportazione e Pietro e Natanaele
Mi dissero: «Signore, non hai più tuoni e fulmini? Guarda là! Quei poveretti
piangono davanti al Tempio. Chissà da quale paese lontano essi vengono per
onorare Dio e, a causa dei buoi e delle pecore che gremiscono il Tempio, non
possono nemmeno entrarvi; e molti di quelli, che con sforzo si arrischiano
riuscendo a mettervi piede, quando ne escono, si lamentano di essere stati
completamente derubati e di essere rimasti quasi soffocati per il fetore! Ah,
questo è davvero troppo! Tali eccessi devono a qualsiasi costo finire, perché
sono molto più malvagi di quelli commessi a Sodoma e Gomorra!»
2. Un vecchio ebreo straniero sente questo discorso, si avvicina e
dice: «Cari amici, voi non sapete tutto. Io stesso però ero fino a tre anni fa
un comune servitore del Tempio e potrei, a tale proposito, raccontarvi cose che
al solo pensarci mi fanno venire i brividi fin dentro le ossa!»
3. Io rispondo: «Amico, tieni per te ciò che sai, poiché Io conosco
bene tutto quello che è successo. Ma stanne certo, il vaso ormai trabocca ed
oggi saranno ancora manifestate la Potenza e l’Ira di Dio nel Tempio. Perciò
allontanatevi un momento dalle porte del Tempio, per non rimanere danneggiati
quando tra breve la Potenza divina caccerà fuori i sacrileghi. Così essi non si
permetteranno più di commettere simili misfatti».
4. Udendo le Mie parole, quell’ebreo si allontanò lodando Dio, poiché
dal Mio discorso egli Mi considerò un profeta e andò dal gruppo di suoi
conoscenti che, tra giovani e vecchi, erano circa un centinaio. Quando raccontò
quanto aveva appreso da Me, tutti espressero il loro giubilo e cominciarono a
glorificare ad alta voce Dio per avere inviato loro, nuovamente, un grande
profeta.
(V.15) Ed Egli, fatta una
frusta di cordicelle, li scacciò tutti fuori dal Tempio, insieme con i buoi e
le pecore e sparpagliò le monete dei cambiavalute e ne riversò le tavole.
5. Io però dissi a Pietro: «Va’ dal funaiolo qui vicino, compera tre
solide corde e portale qui!». Pietro eseguì subito l’ordine e Mi portò tre
forti funi che Io intrecciai prontamente, formandone una frusta resistente.
Presi quindi la frusta nella Mia destra, e ai Miei discepoli e a quelli che Mi accompagnavano dichiarai: «Venite con Me nel Tempio e siate
testimoni, perché lo Splendore e la Potenza divina, che sono in Me, saranno di
nuovo manifestate davanti a voi!»
6. Dopo queste parole Io entrai nel Tempio, precedendo naturalmente i
discepoli e, mentre avanzavo, Mi aprivo un varco, lasciando il passaggio libero
a quelli che Mi seguivano, per quanto lo concedeva il suolo completamente
coperto di immondizie e di escrementi.
7. Arrivammo così all’ultimo atrio del Tempio dove, a sinistra, i
negozianti più agiati tenevano esposti in vendita le loro pecore e i loro buoi.
La parte destra di tutti e tre gli atri era occupata, invece, dai banchieri. Io
salii subito sui gradini della porta e con voce tonante esclamai: «Sta scritto
che la Mia casa è un luogo d’orazione, voi però ne avete fatto una spelonca di
criminali! Chi vi ha dato il diritto di profanare così il Tempio di Dio?»
8. Ed essi gridarono: «Noi abbiamo comperato a caro prezzo i nostri
diritti dal sommo sacerdote e siamo perciò sotto la sua protezione e sotto la
protezione di Roma»
9. Io rispondo: «È vero, voi siete protetti dal sommo sacerdote e da
Roma, ma il braccio di Dio è però contro di voi e i vostri protettori. Chi
potrà difendervi quando Egli lo stenderà su di voi e su coloro che vi
proteggono?»
10. A queste parole, tanto i mercanti quanto i cambiamonete
replicarono: «Dio dimora nel Tempio ed i sacerdoti sono di Dio; questi possono
fare qualcosa contro il Suo consiglio? Coloro che essi proteggono li protegge
quindi anche Dio!»
11. Io nuovamente rispondo a voce molto alta: «O stolti sacrileghi,
cosa dite? È vero, i sacerdoti occupano ancora i seggi di Mosè e di Aronne; essi però non servono più Dio, ma Mammona, cioè il diavolo,
e il loro e il vostro diritto proviene dal demonio ed eternamente mai da Dio!
Perciò alzatevi subito e sgomberate il Tempio, altrimenti il male vi coglierà!»
12. I mercanti si misero allora a ridere e dissero: «Guardate un po’ la
sfacciataggine di questo volgarissimo nazareno! Gettatelo subito fuori dal
Tempio!». Molti allora si alzarono e fecero cenno di volerMi mettere le mani
addosso.
13. Io però alzai la Mia destra armata di frusta e cominciai a colpire
le loro teste con la Mia Forza divina. La parte colpita provocava dolori
fortissimi, quasi insopportabili, anche agli animali. Un urlo terribile si alzò
allora da quella massa disordinata di uomini e di bestie; queste ultime,
infuriate, si misero a correre all’impazzata rovesciando nella fuga tutto ciò
che trovavano davanti, mentre i mercanti e i loro clienti, abbandonando tutto,
fuggirono con spaventose grida di dolore. Io colsi l’occasione e rovesciai,
aiutato dai Miei discepoli, tutti i tavoli dei cambiavalute, spargendone a
terra il denaro.
(V.16) Ed a coloro che vendevano i colombi disse: «Togliete di qui queste
cose e non fate della Casa di Mio Padre una casa di mercato!»
14. Mi diressi poi in quella parte del Tempio, dove numerosi mercanti
di colombe attendevano i compratori, con le loro gabbie colme di ogni tipo di
volatili. Questi mercanti erano di solito povera gente, non avidi di facili
guadagni come gli altri trafficanti; inoltre, la vendita di colombe nel Tempio
era una vecchia consuetudine, anche se in origine la cosa era stata permessa
solo nel primo cortile esterno al Tempio. Io Mi limitai quindi ad ammonirli e
dissi loro: «Portate queste cose fuori di qui e non fate che la Casa di Mio
Padre divenga una casa di mercato. Il luogo destinato a ciò è nel primo cortile
esterno; recatevi là!». Quei poveretti allora si allontanarono senza replicare
e rioccuparono il loro antico posto. Ecco come avvenne la purificazione del
Tempio.
(V.17) E i Suoi discepoli si
ricordarono che stava scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha consumato».
15. Poiché questa purificazione aveva suscitato grande rumore, i
discepoli, nel loro animo, temevano che i sacerdoti non avrebbero tardato ad accusarci
presso le autorità romane e a farci arrestare come sobillatori. Così sarebbe
stato poi più difficile sottrarsi alla colpevolezza e al conseguente
disonorevole castigo, perché è scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha
consumato»
16. Io però dissi loro: «Non abbiate alcun timore! Date un’occhiata
negli atri del Tempio ed osservate come i servitori e i sacerdoti sono ora
tutti intenti a raccogliere il denaro abbandonato dai banchieri, per riempirne
le loro sacche! Certamente essi verranno poi a chiederci, per riguardo ai
danneggiati, con quale diritto noi abbiamo fatto una cosa simile, ma nel loro
cuore essi ne sono più che soddisfatti, perché questo subbuglio farà loro
fruttare circa mille borse d’oro e d’argento, e una grande quantità di altro denaro
che non restituiranno mai più ai legittimi proprietari. Per il momento essi
sono troppo occupati e non hanno tempo di chiederci ragione del fatto, né
prenderanno nota di un’eventuale imputazione contro di noi, come è pure
improbabile che i danneggiati, essendo fortemente scossi, muovano subito
un’accusa contro di Me. Siate perciò del tutto tranquilli.
17. È vero; in loro presenza lo zelo per la Mia Casa Mi consumerà, ma
il momento non è ancora arrivato! Al massimo alcuni degli ebrei qui presenti
vorranno sapere chi Io sia e su quale base abbia operato ciò ed esigeranno
anche che Io Mi giustifichi. So già che queste cose devono accadere e che noi
non ne avremo alcun danno. Come potete notare, davanti alla cortina vi sono già
alcuni che, nel loro interesse, vogliono interrogarMi in proposito; non
mancheremo dunque di dare loro un’adeguata risposta!».
Parola
profetica del Signore sulla distruzione e riedificazione del Tempio in tre
giorni. Incapacità di comprensione degli ebrei; essi vengono destinati ai
discepoli. Testimonianza e confessione dei Suoi discepoli. Il Signore dà una
grande testimonianza di luce agli ebrei, ma essi vogliono vedere miracoli.
(Giov.2,
18-22)
(V.18) Perciò gli ebrei
dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
1. Mentre Io ero intento a rassicurare i Miei discepoli, alcuni ebrei
si avvicinarono e Mi dissero: «Noi abbiamo appena assistito alla Tua poderosa
Azione, la Tua Mano faceva fuggire uomini e bestie come polvere trasportata dal
vento e nessuno è ritornato a riprendere il denaro sparso per terra! Chi sei Tu
e quale segno (intendevano un attestato dell’imperatore) puoi mostrarci per
poter giustificare quanto hai operato? Non conosci la ferrea rigidità delle leggi,
che per quello che hai fatto Ti possono condannare?».
(V.19) Gesù rispose e disse loro: «Disfate questo Tempio e in tre giorni
Io lo ricostruirò!»
2. Io rispondo: «Se non le conoscessi e non ne avessi avuto rispetto,
non avrei fatto ciò. Ma voi Mi chiedete che vi mostri un’autorizzazione
ufficiale; vi faccio osservare, invece, che non possiedo un tale documento;
però, disfate questo Tempio ed in tre giorni esso
sorgerà nuovamente, completamente ricostruito!»
(V.20) Allora gli ebrei
dissero: «Questo Tempio è stato edificato in quarantasei anni e Tu lo
ricostruiresti in tre giorni?».
(V.21) Poiché essi non
sapevano che Egli parlava del Tempio del Suo Corpo.
3. A questa Mia decisa risposta, gli ebrei rimasero perplessi e non
riuscirono subito a replicare. Dopo un po’ uno di loro si ricordò che per la
costruzione del Tempio furono impiegati quarantasei anni di lavoro
ininterrotto, al quale avevano contribuito molte migliaia di braccia. Questo
ebreo, più versato degli altri nella storia antica, si rivolge a Me dicendo: «O
Giovane! Non Ti accorgi di aver detto una sciocchezza? Per quarantasei anni
migliaia di braccia lavorarono di continuo alla costruzione del Tempio e Tu,
senza alcun aiuto, in tre giorni vorresti fare tutto ciò da solo! Oh, oh, oh,
quello che hai detto non testimonia a Tuo favore, soprattutto dopo quello che è
successo nel Tempio, nel quale, per quanto possibile, si dovrebbe parlare con
raziocinio.
4. Quello che hai fatto ci ha molto stupiti, tanto che noi, anziani di
Gerusalemme, cominciavamo a chiederci per quale forza, se attraverso facoltà
umane o profetiche, Tu hai potuto compiere un’azione di per sé così lodevole.
Ecco perché Ti interrogammo. Se Tu ci avessi detto, con sagge parole
accessibili a tutti, che sei un profeta ispirato da Dio e che quanto operasti
lo facesti per Potenza divina, allora avremmo creduto in Te. Invece, contro
ogni aspettativa, al posto di sagge parole, abbiamo udito da Te solo una
risposta temeraria, presuntuosa, sciocca ed inconcepibile e nella quale non c’è
neanche una sillaba di verità. È per questo che in Te non possiamo scorgere
altro che un comune individuo, il quale, sicuramente in una scuola pagana, ha
appreso un po’ di magia ed ora vuol farsi importante qui nella città di Davide,
stando o al soldo dei romani, o segretamente al soldo dei farisei, sacerdoti e
leviti, poiché oggi nel Tempio questi ultimi hanno fatto un abbondante raccolto
in seguito alla Tua magia! Rincresce moltissimo a tutti noi di esserci illusi
tanto sul Tuo conto»
5. Allora Io risposi: «Anche a Me duole di cuore avervi trovati così
spaventosamente ciechi e sordi! Infatti il cieco non vede nulla e il sordomuto
nulla intende! Io compio, davanti ai vostri occhi, un miracolo che prima di Me
nessuno ha compiuto e dico la pienissima verità, e voi sostenete che Io sono o
uno sciocco millantatore, versato nella magia pagana, venuto qui per burlarMi
di voi, oppure un qualunque mago assoldato dai romani o all’ignobile servizio
dei sacerdoti del Tempio. Oh, quale obbrobriosa incoerenza! Guardate quante
persone Mi hanno seguito fin qui dalla Galilea! Essi Mi hanno riconosciuto,
malgrado voi diciate che il popolo Galileo sia il più cattivo e il più eretico
tra quelli ebraici. Essi, tuttavia, Mi hanno riconosciuto e Mi seguono. Perché
allora voi non Mi volete riconoscere?»
6. Gli ebrei replicano: «Volevamo riconoscerTi e per questo motivo Ti
abbiamo anche interrogato, infatti noi non siamo per niente ciechi e sordi come
Tu credi. Tu però ci hai risposto così malamente che abbiamo, secondo la logica
umana, replicato apertamente quello che pensavamo! Noi siamo animati da buona
volontà; perché allora, se Tu sei veramente un profeta, non vuoi
riconoscercela? Noi tutti siamo gente onorata di Gerusalemme e possediamo molti
beni. Se Tu fossi un vero profeta, dovresti rallegrarTi di stare tra noi.
Invece Tu non sembri voler riconoscere ciò e non puoi quindi essere un profeta.
Sei semplicemente un mago, che profana il Tempio più di coloro che Tu hai
scacciato!»
7. Allora Io dico: «Andate e chiedete a quelli che Mi seguono, essi vi
diranno Chi sono Io!»
8. Gli ebrei si recano quindi dai discepoli per interrogarli, e questi
raccontano le cose che hanno saputo di Me al Giordano, la testimonianza di
Giovanni e tutto ciò che hanno visto ed udito dal momento in cui cominciarono a
seguirMi. I discepoli confessano però che neanche loro hanno compreso le cose
che ho detto agli ebrei.
(V.22) Quando dunque Egli fu
risuscitato dai morti, i Suoi discepoli si ricordarono che Egli aveva loro
detto queste cose e credettero alla Scrittura e alle parole che Gesù aveva
pronunciato.
9. Essi compresero, infatti, le Mie parole, nonché la Scrittura, che
aveva predetto questo di Me, solo dopo la Mia prodigiosissima risurrezione,
avvenuta tre anni più tardi.
10. Quando gli ebrei appresero quanto era stato loro narrato dai
discepoli, vennero nuovamente da Me e dissero: «In base a quello che ci è stato
riferito sul Tuo conto dai Tuoi fedeli compagni, Tu dovresti, con ogni
evidenza, essere il Promesso! La testimonianza di Giovanni, che noi conosciamo,
depone enormemente a Tuo favore e ancora più le Tue azioni, però il Tuo
linguaggio dimostra assolutamente il contrario. Come può il Messia essere
nell’azione un Dio e nella parola un folle! Chiarisci questo punto e noi tutti
Ti accetteremo per tale, appoggiandoTi per quanto è possibile!»
11. Rispondo Io: «Che cosa potreste darMi voi che non l’abbiate
ricevuta da Mio Padre, che è in Cielo? Se dunque l'avete ricevuta, perché
parlate come se non l’aveste ancora avuta? Che cosa potreste offrirMi che non
sia già Mio? Infatti quello che appartiene al Padre è anche Mio, perché Io e il
Padre non siamo due, ma una cosa sola! Questo vi dico: “Solo la volontà è
vostra, mentre tutto il resto è Mio”. Perciò, animati nel vostro cuore da
sincero amore, dateMi la vostra volontà e credete che Io e il Padre siamo
perfettamente Uno, allora soltanto Mi avrete dato tutto quello che desidero da
voi!»
12. Dicono gli ebrei: «Mostraci un segno e noi crederemo dunque che Tu
sei il Promesso!»
13. Io rispondo: «Per quale motivo volete avere dei segni? O gente
pazza e perversa! Non sapete che i segni non risvegliano e non liberano
nessuno, anzi giudicano soltanto e condannano? Io però non sono venuto a voi
per condannarvi, ma affinché abbiate la vita eterna, qualora nei vostri cuori
vi sia fede in Me! Avverranno ancora molti altri segni e alcuni di voi Mi
saranno anche testimoni, essi però non vi risveglieranno alla vita; anzi, alla
lunga, vi faranno morire».
Continuazione
dell’episodio tra il Signore e gli ebrei. Uno di questi si offre di ospitare
Lui e i Suoi. Il Signore gli dimostra i pensieri impuri suoi e quelli dei suoi
compagni, nonché la perfidia delle leggi ed istituzioni umane e abbandona il
Tempio.
(Giov.2, 23-25)
(V.23) Mentre Egli si
trovava a Gerusalemme alla festa della Pasqua, molti credettero nel Suo nome,
vedendo i segni che Egli compiva.
1. Io ve lo dico: «È la festa di Pasqua e durante questo periodo Mi
tratterrò qui a Gerusalemme. Andate là dove Io sarò e voi vedrete segni in gran
numero! Badate però che questi non vi uccidano!».
2. Queste parole causarono grandissimo stupore tra gli ebrei, Io, però
Mi allontanai da loro e uscii dal Tempio con i Miei discepoli. Gli ebrei Mi
seguirono da lontano, senza farsi troppo notare. Essi non si azzardavano a
farlo apertamente, perché avevo parlato loro di segni che avrebbero potuto
ucciderli. Essi credevano che le Mie parole alludessero non alla morte
spirituale, ma a quella del corpo e, come tutti i ricchi della Terra, tenevano
molto alla vita terrena.
3. Uno di questi uscì dal Tempio e venne a Me dicendo: «Maestro, io Ti
ho riconosciuto e vorrei unirmi a Te, dove dimori?».
(V.24) Ma Gesù non si fidava
di loro, perché li conosceva tutti.
(V.25) E non aveva bisogno che alcuno Gli rendesse testimonianza su un
uomo, perché Egli stesso conosceva ciò che vi era nell’uomo.
4. Ma Io vidi subito che la sua intenzione non era seria, né onesta la
sua brama di conoscere la Mia dimora perciò risposi, come più tardi feci con
molti di questi malintenzionati spioni, col noto aforisma: «Gli uccelli hanno i
loro nidi e le volpi le loro tane, ma il Figlio dell’uomo non ha neanche una
pietra su cui posare il capo ed in questa città, meno che in qualunque altro
luogo. Tu però purifica prima il tuo cuore, poi ritorna animato non da mire
ingannatrici, ma da sincere ed oneste intenzioni; solo così potrai giudicare se
ti conviene rimanere al Mio fianco!»
5. Ma quell’ebreo replicò: “Maestro, Ti sbagli se pensi queste cose di
me e dei miei compagni. Se non hai una dimora, vieni con noi e sarà nostra
premura provvederne una per Te e per i Tuoi discepoli ed
amici, nonché sostentarvi tutti, fino a quando lo vorrete!”
6. Io, che percepivo come il suo cuore non fosse sincero, gli dissi:
«Noi non possiamo fidarci di voi, poiché siete amici di Erode e come lui amate
molto gli spettacoli, specialmente quando questi vi sono offerti gratuitamente.
Inoltre Io non sono venuto in questa città per offrire ad Erode e ai suoi degli
intrattenimenti pubblici, ma per annunciare che il Regno di Dio è vicino e che
dovete quindi fare atti di vera penitenza per poter essere partecipi di tale
Regno! Vedi questo è lo scopo della Mia presenza fra voi e per questa missione
non c’è bisogno della vostra dimora! Colui che è in casa non può uscire che
dalla porta, e questa, essendo dotata di serrature e di chiavistelli, può
facilmente intrappolare l’invitato. Chi invece dimora all’aperto, è libero e
può andare dove vuole!»
7. Risponde l’ebreo: «Come puoi farci questo oltraggio! Credi, forse,
che abbiamo scordato la santità del diritto di ospitalità? Se noi Ti invitiamo
come ospite e Tu entri nella nostra casa come tale, allora sei il più sacro
della casa e guai a colui che Ti attacca! E dunque da noi il diritto di ospitalità
viene osservato e onorato al di sopra di tutto. Come puoi allora rendere
sospette le usanze che vigono fra noi?»
8. Gli faccio osservare: «Le vostre usanze le conosco benissimo. Non
solo, ma ne conosco anche delle altre. È vero, finché l’ospite si trova in casa
vostra, gode del diritto di ospitalità; quando però vuole andarsene, trova già
pronti sull’uscio dei sicari e degli sbirri mandati apposta, che l’afferrano e
lo pongono in ceppi e catene! DiteMi, fa anche questo parte dei doveri di
ospitalità, prescritti fin dall’antichità?»
9. Molto imbarazzato, l’ebreo chiede: «Chi può, in coscienza, dire una
simile cosa sul nostro conto?»
10. Gli dissi: «Colui che lo sa! Non è forse in questo modo che pochi
giorni fa avete fatto condurre un uomo davanti ai tribunali?»
11. L’ebreo, sempre più sconcertato, risponde: «Maestro, chi Ti ha
detto questo? E anche se fosse vero, non lo ha forse meritato quel malfattore?»
12. Osservo Io: «Certamente, voi ritenete molte cose un delitto; cose
che invece, davanti a Dio e a Me, non sono ritenute tali perché, a causa della
durezza dei vostri cuori, ci sono molti delitti contro i quali Mosè non ha dato
alcuna legge. Questi invece sono i vostri principi, e ai Miei occhi essi non
fanno diventare delinquente nessun uomo! Infatti i vostri principi sono un
peccato contro le leggi di Mosè. Come può dunque essere ritenuto malfattore un
tale che, volendo attenersi alla Legge di Mosè, deve scontrarsi con i vostri
principi e le vostre leggi? Oh! Ve lo voglio dire: “Voi tutti siete pieni di
perfidia e di astuzia malvagia!”»
13. Risponde l’ebreo: «Com’è possibile ciò? Mosè ci ha dato facoltà di
creare leggi per casi speciali e quindi le leggi, che noi emaniamo dopo maturo
consiglio, sono altrettanto buone quanto quelle di Mosè! Non ne segue
logicamente che colui che non le osserva cade ugualmente in colpa, come se
avesse peccato immediatamente contro la Legge di Mosè?»
14. Dico Io: «Per voi certo, ma per Me no! Mosè ha comandato: “Ama ed
onora il padre e la madre!”, voi invece dite, e i sacerdoti perfino
l’impongono, che è molto meglio sacrificare al Tempio, in quanto così facendo
si è esonerati dall’osservare questa legge. Se un uomo però viene da voi e vi
dice che siete atei e miserabili impostori, perché a causa della vostra avidità
sopprimete la legge di Mosè e al suo posto emanate voi stessi un’altra legge
per tormentare la povera umanità, egli ha già commesso un crimine contro di voi
e voi lo fate arrestare sulla soglia di casa e condurre dinanzi ai giudici.
Dimmi: “Quest’uomo, che era pure onesto, ha meritato veramente ciò, oppure
davanti alla legge di Mosè siete voi i malfattori e i criminali?”»
15. Udendo questo, l’ebreo, visibilmente arrabbiato, se ne andò e, trovati
gli altri suoi compagni, riferì loro tutto quello che gli avevo detto. Questi,
scuotendo il capo, dissero fra loro: «Strano! Come può costui sapere ciò?». Nel
frattempo Io abbandonai quel luogo e, con i Miei, Mi recai in una piccola
dimora fuori della città, dove rimasi per alcuni giorni.
Il significato spirituale o la rispondenza della
purificazione del Tempio, rivelato dal Signore. Cenni notevoli sul modo di
vivere e di comportarsi.
1. Le cose che sono appena state raccontate rappresentano il decorso
storico-naturale di entrambi gli avvenimenti oggetto del secondo capitolo, la
cui descrizione non è fatta in maniera molto completa, perché, per la loro
scarsa importanza, parecchi fatti successi sono stati omessi, dato che, da un
lato, ciò comporterebbe un inutile allungamento del lavoro, dall’altro non
conferirebbe un più alto valore al racconto, né renderebbe più profonda la
conoscenza degli avvenimenti. Pertanto, per concludere, non ci rimane che
illustrare in breve il senso spirituale del secondo episodio, poiché esso
racchiude e presenta al lettore o all’uditore solo due avvenimenti principali.
2. Il senso spirituale del primo avvenimento in Cana di Galilea è stato
già esposto; ci rimane quindi da far conoscere il senso spirituale del secondo
avvenimento: quello della purificazione del Tempio.
3. Il Tempio rappresenta l’uomo nella sua sfera terreno-naturale. Ora,
tanto nel Tempio quanto nell’uomo si trova un Santissimo, in virtù del quale anche
l’esterno del Tempio deve essere santificato e mantenuto puro, affinché sia nel
Tempio che nell’uomo non venga profanata la parte più interna, che cela appunto
il Santissimo!
4. In effetti, nel Tempio, il Santissimo è protetto da una solida
cortina e vi può accedere, solo in particolari occasioni, unicamente il sommo
sacerdote. Quindi, sia la cortina, sia il raro permesso di accesso al
Santissimo mirano a proteggerlo dalla profanazione. Infatti, se qualcuno pecca
con il suo corpo, non si contamina solo questo, ma anche la sua anima e
attraverso di essa anche lo spirito, il quale raffigura la parte più intima e
più santa di ciascun uomo ed anche lo è effettivamente. Anche nell’uomo, come
nel Tempio, il Santissimo è profondamente celato dietro una spessa cortina, e
soltanto l’amore per Dio, che è il vero sommo sacerdote di Dio in ogni uomo, ha
il potere di sollevarla e di penetrare, impunito, nel luogo Santo. Dunque, se
questo unico sommo sacerdote nell’uomo diviene esso stesso impuro per essersi
lasciato attrarre dalle impurità mondane e facendo causa comune con esse, come
può il Santissimo rimanere incontaminato se vi accede questo sommo sacerdote
già contaminato?
5. Perciò se nel Tempio oppure nell’uomo tutto diventa impuro, non è
più possibile che la forza umana vi operi una purificazione; infatti come si
può pretendere di fare pulizia adoperando un arnese già imbrattato di fango e
di lordura? Allora per purificare il Tempio, Io stesso devo porre mano
all’opera di pulizia con l’uso della forza, suscitando a questo scopo il dolore
negli uomini, sia con le infermità, sia con le apparenti sciagure. E tutto ciò
per purificare il Tempio.
6. I “venditori” e gli “acquirenti” simboleggiano le basse, impure
passioni dell’uomo, mentre le bestie messe in vendita rappresentano sia la
sensualità animalesca scesa al suo più basso gradino, sia la grande stoltezza e
cecità dell’anima, il cui amore è uguale a quello di un bue, al quale mancano
perfino l’amore sensuale e lo stimolo alla procreazione, e la cui vitalità si estrinseca
soltanto nella rozza e quasi meccanica funzione del divorare. Inoltre, le
facoltà intellettuali di un’anima così degradata non sono per niente più grandi
di quelle ben note della pecora!
7. Ora, qual è il significato dei cambiavalute e dei loro affari di
denaro? Questi rappresentano e mostrano tutto ciò che nell’uomo proviene dal
suo egoismo, già divenuto completamente animalesco. Infatti l’animale non ama
che se stesso ed un lupo divora l’altro lupo quando lo spinge la fame. Quindi,
usando ogni forza e il dolore, questi “cambiavalute”, ovvero questo egoismo
animalesco, devono essere cacciati fuori dall’uomo. È necessario perciò
rovesciare e spargere a terra tutto ciò che concorre a ravvivare questo
egoismo!
8. Ci si chiederà: «E allora perché non annientarlo completamente?». La
ragione di ciò scaturisce dal fatto che non è lecito togliere la propria
libertà neppure a un tale amore di sé. Infatti il buon seme, cioè il grano,
crescerà e darà un buon raccolto, soprattutto se viene sparso su un campo ben
ingrassato dal concime animale. Se però, per ripulire completamente un terreno,
si volesse togliere tutto quello che, sotto forma di concime, lo rende immondo,
il buon grano seminato germoglierebbe solo stentatamente, e il raccolto sarebbe
in verità molto magro.
9. Lo sterco, che dapprima viene collocato sul campo a mucchi, viene
poi rimosso e sparso qua e là, affinché serva al campo. Se invece lo si lascia
ammucchiato, tutto ciò che si trova sulla superficie occupata dallo sterco
verrebbe soffocato, mentre la parte di campo rimanente non ne riceverebbe alcun
giovamento.
10. È per questa ragione che, nella storia della purificazione del
Tempio così com’è narrata nel Vangelo, Io ho rovesciato soltanto i tavoli e
sparso a terra il denaro dei cambiavalute, senza che questo fosse distrutto. Ma
con la stessa facilità potevo pure annientarlo completamente.
11. Cosa rappresentano poi i venditori di colombi, che si trovavano
all’interno del Tempio e che dovettero uscire per rioccupare il loro antico
posto?
12. Essi rappresentano le virtù esteriori, che nei rapporti mondani si
manifestano con ogni genere di cerimonie, buone maniere, cortesie, gentilezze e
così via. La cecità umana vorrebbe attribuire a tali virtù un valore vitale
intrinseco, cercando di formare con esse la base della vera vita dell’uomo.
13. In Oriente, il colombo, volatile molto conosciuto, era spesso
impiegato come messaggero, soprattutto nelle corrispondenze amorose, e nei
geroglifici egiziani la sua immagine rappresentava il dialogo o la corrispondenza
affettuosa e cortese. Questi animali, nel Tempio, avevano un simile significato
ed erano anche animali sacrificati che venivano offerti in olocausto dai
giovani sposi in occasione della nascita del loro primogenito. Questo gesto
simboleggiava il loro ripudio di quelle missive e cerimoniosi complimenti
esteriori, quindi la loro adesione all’amore vero, intimo e vivificante.
14. Però, secondo l’ordine di tutte le cose, ciò che ha una funzione esteriore
deve rimanere all’esterno. Perciò, nel midollo dell’albero non deve mai
trovarsi la corteccia, perché questa, come tale, è cosa completamente priva di
vita. Invece, tutto ciò che appartiene alla corteccia, deve trovarsi in essa.
In questo modo la corteccia, se si trova al suo posto e nelle giuste
proporzioni, diventa di grande utilità all’albero, mentre se ad un albero si
toglie il midollo per mettervi al suo posto la corteccia, è chiaro che esso non
tarderebbe a seccarsi e a perire!
15. Questi mercanti di colombi, che in senso generale rappresentano
ogni esteriorità e in senso stretto coloro che sono maestri di virtù esteriori
e che vorrebbero spacciare queste per virtù interiori e vivificanti, vengono
cacciati da Me, alquanto gentilmente, dal Tempio e rimandati al posto che loro
compete per indicare che l’uomo deve, similmente, guardarsi dal fare delle
virtù esteriori altrettanti elementi di vita interiore, poiché, con le prime,
si degrada al livello di un burattino parlante.
16. Ecco qual è il significato spirituale della purificazione del
Tempio; e la vera ed immutabile corrispondenza tra l’uomo e il Tempio ci
assicura che queste parole e queste opere non procedono mai dall’uomo, ma
soltanto da Dio, la Cui eterna Sapienza tutto vede e tutto sa.
17. Ci si chiederà ancora perché, dopo tale purificazione, il Signore
non rimase nel Tempio ancora un po’.
18. A questa domanda si può rispondere che solo Lui conosce
l’ordinamento che deve assumere l’interiorità dell’uomo, affinché Egli possa
dimorare in lui in maniera duratura. Va osservato, inoltre, che non bisogna
ledere la libertà dell’uomo, dopo questo processo di purificazione, altrimenti
perderebbe la sua dignità umana e diventerebbe semplicemente un autentico
burattino.
19. Ciò significa che il Signore non può ancora del tutto donarsi
all’uomo interiore purificato con l’uso della forza, poiché solo Lui può
giudicare cosa sia necessario alla piena creazione dell’uomo interiore. È per
questo che il Purificatore esce dal Tempio e, dall’esterno, influisce
nell’interiore dell’uomo in maniera quasi impercettibile, senza cedere alle sue
esigenze che vogliono che Egli rimanga presso di lui per sorreggerlo nella
pigrizia. Al contrario, Egli lascia che l’uomo si elevi da sé nella più alta
libertà ed attività, poiché è grazie a queste che diviene perfetto. In quale
modo ciò avvenga, sarà trattato minuziosamente nel capitolo seguente.
SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI
GIOVANNI – CAP- 3
Conversazione
sulla rinascita tra Gesù e Nicodemo
Giovanni parla
di Cristo con i suoi discepoli
Il Signore,
nell’albergo, fa molto del bene per mezzo di insegnamenti e guarigioni
miracolose. Conversazione notturna con i ricchi visitatori.
«Ciò che è piccolo
davanti al mondo è eletto da Dio».
(Giov.3, 1)
(V.1) Ora vi era un uomo tra
i farisei, il cui nome era Nicodemo, che era un sommo capo degli ebrei.
1. Dopo la purificazione del Tempio, come è stato riferito nel
precedente capitolo, Mi ritirai in un piccolo albergo fuori città, con tutti
quelli che desiderarono seguirMi. Ora, ognuno si chiederà sicuramente:
2. «Quali cose, Signore, hai operato in quel posto? Infatti, quel lasso
di tempo, di circa otto giorni, non lo hai certamente fatto trascorrere stando
in ozio!»
3. Io rispondo: «No di certo!». Durante quel periodo infatti, sia di
giorno che di notte, moltissime persone di ogni casta vennero a Me dalla città.
I poveri venivano prevalentemente di giorno, mentre i notabili e i ricchi si
arrischiavano soltanto di notte, per non mostrare le loro debolezze e il loro
imbarazzo di fronte ai loro simili.
4. Essi si sentivano spinti a conoscerMi più da vicino in parte per
curiosità e in parte per il presentimento che Io fossi veramente il Messia;
perciò uscivano di nascosto dalla città di notte e si intrattenevano con Me.
Naturalmente tali visite li esasperavano molto; infatti i notabili, i grandi e
i ricchi erano dispiaciuti di non essere ricevuti da Me altrettanto bene e
calorosamente come facevo con i molti poveri, che non smettevano di esaltare la
Mia bontà e la Mia amorevolezza.
5. In quel tempo operai anche molte guarigioni miracolose fra i poveri,
liberai gli ossessi tormentati dagli spiriti, raddrizzai gli zoppi e gli
storpi, mondai i lebbrosi, resi l’udito e la parola ai sordomuti e la vista ai
ciechi. Tutto ciò fu operato solamente mediante l’azione della Mia Parola.
6. Questi fatti erano noti anche ai Miei visitatori notturni, ma essi
chiedevano di poter assistere personalmente a simili cose di notte. Io però
rispondevo sempre in questo modo: «Il giorno ha dodici ore, come pure la notte;
il giorno però è destinato al lavoro, mentre la notte al riposo. Chi lavora di
giorno è difficile che inciampi in qualcosa, chi invece lavora di notte inciampa
facilmente, perché non vede dove posa il piede»
7. Alcuni di loro Mi domandarono grazie a quale forza e potere Io
operassi tali miracoli. Io, brevemente, osservai: «Per Mia propria Forza,
poiché, per fare questo, non ho bisogno dell’aiuto degli uomini!»
8. Mi chiesero di nuovo perché non avessi soggiornato piuttosto in
città, visto che opere così grandi emergono molto meglio in un ampio centro
piuttosto che in uno piccolo, come quel paese che non era molto importante,
anche se era vicino alla grande metropoli, che del resto lo ignorava del tutto.
9. Risposi ancora: «A Me non piace rimanere in una città come la
vostra, dove gli abitanti, stimandosi esseri superiori, tengono alle porte dei
soldati per fare buona guardia e lasciano passare liberamente i grandi e i
ricchi, mentre respingono senza misericordia i poveri. E se si ha una faccia da
straniero o vesti non abbastanza sfarzose, si viene trattenuti per lo meno
sette volte ad ogni angolo di strada e vengono chieste informazioni sulla
propria persona, sulla provenienza e su cosa si intende fare in quel posto.
Inoltre Io vi dichiaro di amare solo ciò che è piccolo dinanzi al mondo e ciò
che da questo viene disprezzato, perché sta scritto: “Quello che per il mondo è
grande, per Dio invece è un abominio!”»
10. E quelli osservarono: «Non è forse grande e splendido il Tempio
dove dimora Jehova?»
11. Io rispondo: «Egli dovrebbe veramente dimorare nel Tempio, ma
poiché lo avete profanato, Egli lo ha abbandonato e non vi dimora più. È per
questo che l’arca di Mosè è vuota e morta!»
12. Dissero quei visitatori notturni: «Perché dici cose tanto infami?
Non sai cosa disse Dio a Salomone e a Davide? Può essere falso ciò che Dio
disse a suo tempo? Chi sei Tu, che Ti permetti di dichiarare simili cose
dinanzi a noi?»
13. Io rispondo: «Se sono così potente e forte
e posso guarire, da Me stesso, ogni ammalato che viene a Me attraverso la Mia
sola Volontà e attraverso per la Mia Parola, possiedo pure altrettanta potenza,
forza e pieno diritto di parlarvi in questo modo del Tempio. Anzi, vi dichiaro
un’altra volta che ormai il vostro
Tempio è ripugnante davanti a Dio!»
14. Udendo ciò, alcuni di loro cominciarono a mormorare; gli altri
invece dissero: «Questi è realmente un Profeta e, nei confronti del Tempio, i
profeti si sono sempre espressi con sfavore. LasciamoLo fare!»
15. Così dicendo, quei visitatori notturni se ne ritornarono in città.
Scena con Nicodemo,
preposto di Gerusalemme. Nicodemo, pur essendo conoscitore di profezie ed
avendo calcolato esattamente il tempo della venuta del Regno di Dio, non
riconosce il Signore. Importanti indicazioni sulla rinascita.
(Giov.3, 2-5)
1. Durante la notte, nel penultimo giorno del Mio soggiorno nei
dintorni di Gerusalemme, venne però un certo Nicodemo, uno dei notabili della
città. Egli non solo era un fariseo – la cui carica, dignità e autorità in quel
tempo equivalevano a quelle di un cardinale romano dei nostri giorni –, ma era
anche uno dei più ricchi cittadini di Gerusalemme ed era stato nominato rettore
dai romani, ovvero preposto della città.
(V.2) Costui venne a Gesù di
notte e Gli disse: «Maestro, noi sappiamo che Tu sei venuto da Dio come
ammaestratore (profeta), poiché nessuno può fare i segni che Tu fai, se Dio non
è con lui».
2. Anch’egli, come capo civile di Gerusalemme, Mi fece visita di notte
e Mi interpellò dicendo: «Maestro! Perdonami se vengo a così tarda ora a
turbare il Tuo riposo; ma poiché ho saputo che intendi partire già domani, non
ho potuto fare a meno di venire a tributarTi i dovuti ossequi. Io, insieme a
molti altri, avendo osservato le Tue azioni, ho capito che Tu ti sei
manifestato veramente come un grande profeta mandato da Dio! Infatti i segni
che Tu operi, nessuno li può fare, a meno che Jehova non sia con lui! Quindi,
Tu sei sicuramente un profeta e come tale conosci il male che si annida in noi.
Però, poiché i Tuoi predecessori ci hanno preconizzato il Regno di Dio, dimmi di
grazia quando questo verrà e, qualora venga, come si deve essere costituiti per
poter essere degni di farne parte?».
(V.3) Gesù gli rispose e
disse: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di nuovo, non
può vedere il Regno di Dio».
3. A questa domanda di Nicodemo Io risposi brevemente così come è
scritto nel Vangelo: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di
nuovo, non può vedere il Regno di Dio e tanto meno entrarvi!». Ciò significa:
«Qualora tu non abbia risvegliato il tuo spirito, seguendo le vie che ti indico
con la Mia Dottrina e le Mie azioni, ti sarà impossibile riconoscere il divino
vivificante della Mia Parola e tanto meno penetrare le sue profondità
elargitrici di vita».
4. Che Nicodemo, uomo del resto onestissimo, non avesse compreso queste
Mie parole, lo dimostra, come vedremo chiaramente, il versetto che segue.
Infatti, a questo proposito, si può constatare quanto ho appena detto: cioè
nessuno può afferrare neanche lontanamente il senso vivo e divino della Mia
Parola, se prima il suo spirito non si sia risvegliato. Nel versetto che segue
Nicodemo, del tutto sconcertato del Mio discorso, chiede dicendo:
(V.4) Nicodemo Gli dice:
«Come può un uomo, essendo vecchio, rinascere? Come può egli entrare una
seconda volta nel corpo di sua madre e nascere da esso una seconda volta?».
5. [Chiede Nicodemo:] «Caro Maestro, mi sembra strano quanto mi vai
dicendo! Come può accadere che un uomo già grande, vecchio e di solide membra,
possa rientrare nel corpo di sua madre per essere partorito una seconda volta?
Questa cosa, caro Maestro, è del tutto impossibile! Io penso che o Tu non
conosci nulla del Regno di Dio che deve venire o per lo meno niente di quello
autentico, oppure Tu lo conosci ma non vuoi espormi chiaramente il Tuo vero
pensiero, per timore che Ti faccia arrestare e buttare in prigione. Oh,
tranquillizzaTi, perché io non ho mai privato nessuno della sua libertà, a meno
che non si sia trattato di un assassino o di un ladro incorreggibile. Tu però
sei un grande benefattore della povera umanità ed hai guarito, con meraviglia,
quasi tutti gli ammalati di Gerusalemme, per la Forza di Dio che è in Te. Come
potrei allora comportarmi così con Te?
6. Oh no, amato Maestro, credimi, io tengo molto al Regno di Dio, che
sta per venire! Perciò, se Tu ne sai di più, dimmelo in maniera più
comprensibile! Parlami delle cose del Cielo con parole celesti e delle cose
della Terra con parole terrene, ma esponimi tutto ciò con immagini e figure
facilmente accessibili, altrimenti le Tue parole mi saranno meno utili della
scrittura egiziana antica (geroglifici), che io non posso né leggere né di
conseguenza comprendere. Ora, dai calcoli da me effettuati, sono sicuro che il
Regno di Dio deve essere già qui, però mi è ancora oscuro dove e come sia
possibile giungervi ed esservi accolti. Questo è quanto vorrei udire da Te in
modo possibilmente chiaro».
(V.5) Gesù rispose: «In verità, in verità Io ti dico che se uno non è nato
dall’Acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio!»
7. Alla ripetuta domanda di Nicodemo, Io risposi con le parole del V.5,
esponendo più dettagliatamente in quale modo sia possibile la rinascita per
poter entrare nel Regno di Dio, cioè dall'Acqua e dallo Spirito, il che
equivale a dire questo:
8. L'anima deve essere purificata con l’acqua dell’umiltà e
dell’abnegazione (poiché l’acqua è il più antico simbolo dell’umiltà: essa
lascia fare qualunque cosa di sé, si presta a qualunque servizio e dimora
sempre nelle più basse località della terra, fuggendo le alture) e subito dopo
dallo Spirito di Verità, che un'anima impura non potrà mai comprendere, poiché
essa è simile alla notte, mentre la verità è un sole luminoso che diffonde
intorno a sé il giorno.
9. Colui che purifica l’anima con l’umiltà, raggiunge la verità e la
riconosce come tale e, grazie a questa, viene reso spiritualmente libero. È
nella libertà di spirito, cioè nella partecipazione dello spirito alla libertà,
che consiste propriamente l’entrata nel Regno di Dio.
10. Naturalmente Io non diedi tali spiegazioni a Nicodemo, visto che
non era stato in grado, per la sua limitata sfera intellettuale, di comprendere
neanche le Mie brevi e velate parole. Perciò Mi chiese ancora una volta come si
sarebbero dovute intendere quelle cose.
Continuazione
della scena con Nicodemo. Il Signore Quale Maestro in tutto, quindi anche nella
vera Sapienza. L’essenza dell’uomo. Il segreto dello spirito. Parabola meravigliosa sulla rispondenza tra il vino nuovo e
un’anima ancora immatura per la luce spirituale.
(Giov.3, 6-12)
(V.6) «Ciò che è nato dalla
carne è carne, ma ciò che è nato dallo Spirito è spirito».
1. Ed Io, come dice il V.6, gli risposi: «Non ti meravigliare se ti
parlo in questo modo! Infatti quello che la carne genera è ancora carne, quindi
materia morta o involucro più esteriore della vita, mentre ciò che viene
generato dallo spirito è a sua volta spirito o la vita eterna e la verità in se
stessa!».
2. A Nicodemo però queste parole non apparivano ancora chiare. Egli
alza le spalle meravigliandosi sempre di più, non per la cosa in sé, ma perché,
essendo uno dei più saggi farisei, versatissimo in tutte le scritture, non
riusciva ad intendere il senso del Mio discorso, anche se si reputava di grande
sapienza. Infatti era grazie a questo titolo che era stato elevato al grado di
rettore degli ebrei.
3. La sua più grande meraviglia era dovuta al fatto che aveva scoperto
inaspettatamente in Me un Maestro, che con strani discorsi metteva a dura prova
la sua sapienza! Non riuscendo dunque a comprendere, si rivolse a Me dicendo:
«Mah! E questo com’è da intendersi? È possibile che anche uno spirito divenga
gravido e partorisca il suo simile?».
(V.7) «Non meravigliarti se Io ti ho detto che dovete nascere di nuovo!»
4. Io gli faccio osservare: «Ti ho già detto di non essere meravigliato
di quello che ho dichiarato, cioè che tutti voi dovete nascere di nuovo!»
(V.8) «Il vento soffia dove
vuole e tu ne odi il suo suono, ma non sai da dove viene, né dove va; così è
chiunque è nato dallo Spirito».
5. (Continua il Signore:) «Come il vento soffia dove vuole e ne odi il
rumore senza conoscerne le origini, così avviene di chiunque procede dallo
Spirito e si accinge a parlarti. Tu lo vedi e lo odi molto bene, ma poiché egli
ti parla il linguaggio dello Spirito, tu non puoi comprenderlo, né sapere da
dove gli vengano quelle cose e cosa voglia dire con esse. Però, poiché sei un
saggio onesto e leale, a suo tempo ti verrà concesso di penetrare il senso di
tali discorsi».
(V.9) Nicodemo rispose e gli
disse: «Come possono avvenire queste cose?».
6. A tali parole, Nicodemo scuote pensosamente il capo e dopo un po’
esclama: «Io desidererei molto apprendere da Te come possa accadere una cosa simile!
Infatti quello che conosco e comprendo mi viene dalla carne; ora, se la carne
mi viene tolta, potrò pensare e comprendere ben poco! Allora, com’è possibile
che io, essendo di carne, possa diventare uno spirito e come può il mio spirito
essere accolto da un altro spirito ed essere generato di nuovo? Ecco ciò che
cerco invano di spiegarmi!».
(V.10) Gesù rispose e gli
disse: «Tu sei il dottore d’Israele e non sai queste cose?».
7. Rispondo Io: «Tu sei uno dei più sapienti dottori d’Israele; perché
ti è difficile comprendere ciò? Ora, se tu, essendo maestro nelle Scritture,
non riesci a comprendere queste cose, come potrà capirle chi delle Scritture
conosce appena che c’è stato un Abramo, un Isacco e un Giacobbe?».
(V.11) «In verità, in
verità, Io ti dico che noi (spirituali) parliamo (in modo del tutto naturale)
di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo visto, ma voi non
(comprendete) e accettate la nostra testimonianza».
8. (Continua il Signore:) «In verità, in verità crediMi! Noi, cioè Io e
i Miei discepoli, che siamo stati mandati qui dallo Spirito, non ti parliamo il
puro e semplice linguaggio spirituale, ma quello naturale e, giovandoci di
figure simboliche naturali, ti rendiamo noto ciò che
sappiamo in spirito e che in spirito abbiamo visto e voi non riuscite a
comprenderlo e ad accettarlo!»
(V.12) «Se Io vi ho dette le
cose terrene e non ci credete (accettate), come potreste credere se Io vi
dicessi le cose puramente celesti?».
9. (Continua il Signore:) «Dunque se non riuscite a cogliere il senso
delle cose elementari di cui vi sto parlando, dato che parlo con voi di cose
spirituali in modo terreno, tanto che esse in questa maniera diventano cose
terrene in piena regola, cosa sarebbe della vostra fede se vi parlassi delle
cose celesti, usando il puro linguaggio celestiale?
10. Te lo voglio dire: “Soltanto lo spirito, che in sé e per sé è
spirito, sa cosa sia lo spirito e quale sia la sua vita! Ma la carne è solo un
involucro del tutto esteriore e non conosce lo spirito, se questo non si rivela
all’involucro, alla scorza”. Ora, il tuo spirito è ancora troppo dominato ed
occultato dalla tua carne, perché possa farsi conoscere da questa. Come ho già
detto, verrà il tempo in cui il tuo spirito diventerà libero e allora potrai
comprendere la nostra testimonianza e credere!»
11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, o Tu, Saggio tra i saggi! Dimmi,
oh, dimmelo, affinché possa comprendere quando verrà questo tempo così
ardentemente bramato!»
12. Io gli dissi: «Amico Mio, tu sei ancora troppo poco maturo, perché
possa indicarti il tempo, il giorno e l’ora! Vedi, il vino nuovo rimane torbido
finché non abbia cessato di fermentare e se tu ne versi in un bicchiere di
cristallo e lo osservi alla luce, anche quella solare, nessun raggio, per
potente che sia, riuscirà a colpire il tuo occhio attraverso il bicchiere, a
causa della torbidezza del vino. Questa stessa cosa succede all’uomo. Prima che
egli sia sufficientemente fermentato, e in seguito a tale processo abbia
allontanato da sé tutte le impurità, la Luce dei Cieli non può compenetrare il
suo essere. Io però voglio ancora dirti un’ultima cosa: se sarai in grado di
comprenderla, conoscerai anche il tempo di cui Mi chiedevi prima! AscoltaMi
dunque».
Tre altri
importanti versetti, incomprensibili a Nicodemo.
Discorso
pessimista di Nicodemo. Brevi avvertenze del Signore.
(Giov.3,
13-15)
(V.13) «Ora nessuno è salito
in cielo, se non Colui che è disceso dal cielo, cioè, il Figlio dell’uomo che è
sempre in cielo».
(V.14) «E come Mosè alzò il
serpente nel deserto, così conviene che il Figlio dell’uomo sia innalzato».
(V.15) «Affinché chiunque crede
in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!»
1. (Continua il Signore:) «Vedi, nessuno sale al Cielo se non Colui che
ne è disceso, cioè il Figlio dell’uomo, che è sempre in Cielo. E come Mosè ha
innalzato il serpente nel deserto, così deve essere innalzato anche il Figlio
dell’uomo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!
DimMi, comprendi queste cose?»
2. Risponde Nicodemo: «Amato Maestro! E come lo potrei? In Te la
Sapienza riveste forme speciali e, come Ti ho appena detto, mi sarebbe molto
più facile decifrare gli antichi geroglifici egiziani che penetrare le
profondità della Tua Sapienza! Io devo però farTi osservare apertamente che, se
non ci fossero le Tue potenti operazioni, che mi dimostrano il contrario,
dovrei ritenerTi un pazzo ed un imbroglione, perché nessuno che ragioni si è
mai espresso nella maniera con cui Tu Ti esprimi! Eppure le Tue azioni provano
che Tu sei venuto a noi come un Maestro da Dio e in Te devono risiedere, in
tutta la loro pienezza, la Potenza e la Sapienza divina, senza le quali quelle
azioni non sono possibili.
3. Ora, se l’uno è puramente divino, deve essere divino anche il due.
Le Tue azioni, caro Maestro, sono divine; così deve essere divina anche la Tua
Dottrina del Regno di Dio sulla Terra, che io la comprenda o no! Ma se dal
punto di vista terreno, considero anche solo un po’ la Tua tesi, cioè che
nessuno sale in Cielo se non Colui che ne è disceso - ossia il Figlio dell’uomo
che è sempre in Cielo - allora devo considerarmi definitivamente perduto! Caro
Maestro, ad eccezione di Enoch ed Elia, a nessun uomo della Terra è stata
concessa la felicità di salire visibilmente in Cielo. Sei forse Tu la terza
persona? E se fosse così, di che utilità sarebbe a tutti gli altri uomini, che,
non essendo discesi dal Cielo, non possono neppure salirvi?
4. Inoltre, Tu hai anche detto che Colui che è disceso dal Cielo non si
trova, propriamente, che in apparenza sulla Terra, poiché, in realtà, Egli sta
sempre in Cielo! Quindi per il momento solo Enoch ed Elia possono partecipare
al Regno di Dio che verrà e probabilmente anche Tu, mentre gli altri milioni e
milioni di uomini dovranno adagiarsi, per tutta l’eternità delle eternità,
nella tomba umida ed oscura, in attesa che la Grazia e la Misericordia di Dio
li dissolva nella polvere e nel nulla!
5. Caro Maestro, per un simile Regno di Dio in Terra ben poca gratitudine
c’è da attendersi da questi miseri vermi della Terra, che, comunque li si
consideri, è molto discutibile che li si possa chiamare “uomini”! Chi non sa
che è così e che così è sempre stato? Una o due rondini non fanno primavera!
Che cosa hanno fatto in realtà Enoch ed Elia, per meritarsi di essere assunti
in Cielo? Io credo nulla che non fosse insito alla loro natura celeste! Meriti,
quindi, essi non ne hanno avuti e, secondo le Tue spiegazioni, furono accolti
dalla Terra in Cielo, solo perché dal Cielo erano discesi in Terra!
6. Come puoi vedere, tutto ciò arreca ben poca speranza e pochissima
consolazione alla povera umanità di questa dura Terra! Eppure, come Ti ho già
detto, è indiscutibile che io debba ritenere la Tua Dottrina realmente saggia e
divina, anche se, agli occhi della ragione, essa appare come la più evidente
pazzia. Ciò deve apparire evidente anche a Te, se consideri il mio ragionamento
di poco fa su una delle Tue tesi!
7. Ma che cosa intendi con l’elevazione del Figlio dell’uomo, che dovrebbe
essere simile a quella del serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto?
Inoltre, come e perché potranno avere la vita eterna tutti coloro che
crederanno in questo Figlio dell’uomo, che sarà innalzato come il serpente di
Mosè? Tutto ciò è solo parabolico, pura follia! Chi è questo Figlio dell’uomo?
Dov’è Egli ora? Cosa fa’? Discenderà anch’Egli dai Cieli come Enoch ed Elia?
Verrà generato? Cosa devono pensare gli uomini, che come me non Lo hanno mai
visto, del Figlio dell’uomo? Come può venire sulla Terra, se risiede sempre in
Cielo? Dove verrà Egli innalzato e quando? Assumerà la signoria sugli ebrei,
essendo Re potentissimo e invincibile?
8. Caro Maestro, considera tutto ciò e vedrai che le Tue parole sono
assai strane sulla bocca di un Uomo, che con le Sue azioni dimostra di essere
pieno della Forza e della Potenza divina! Però non voglio essere ingannato da
queste considerazioni e sono sempre convinto che Tu sei veramente un grande
Profeta, suscitato da Dio.
9. Dunque Ti sarai accorto che non sono affatto come quelle persone che
rigettano una dottrina appena si accorgono di non poterla comprendere. Perciò
Ti prego di aggiungere altri piccoli chiarimenti alle Tue parole, perché nel
modo con cui Tu le hai dette, mi è impossibile comprenderle. Vedi, Maestro, in
tutta la Giudea e particolarmente qui nella città di Salomone, dove fui anche
nominato rettore, hanno grande fiducia in me! Se facessi conoscere Te e la Tua
Dottrina, questa verrebbe senz’altro accolta; invece, se non l’appoggiassi,
cadrebbe e non troverebbe nessuna accoglienza. Ti prego, perciò, di illuminarMi
ancora un po’ riguardo a queste cose!»
10. Io rispondo: «Tu ora hai detto molte parole e ragionato come quei
tali che non hanno alcuna idea delle cose celesti. Non poteva essere diversamente,
poiché giaci nella notte del mondo e non puoi scorgere la Luce che è venuta dai
Cieli ad illuminare la notte tenebrosa di questo mondo. È vero, essa comincia
lievemente ad albeggiare in te, ma non sei ancora in grado di percepire Chi ti
sta davanti!»
Il Signore dà
cenni più comprensibili per Nicodemo sull’incarnazione del Figlio e sulla
missione come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Cos’è il Giudizio?
Chi non vuole riconoscere
il Signore, ha già il Giudizio in sé.
(Giov.3,
16-21)
(V.16) «Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che Egli ha dato il Suo
Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita
eterna!»
1. (Continua il Signore:) «Io ti dico: “Dio è l’Amore, e il Figlio è la
Sua Sapienza. Ora, Dio ha tanto amato il mondo che Egli ha inviato il Suo
Unigenito Figlio, cioè la Sapienza che procede eternamente da Lui stesso,
affinché coloro che credono in Lui non periscano, ma
abbiano vita eterna!” DimMi, neanche questo comprendi?»
2. Dice Nicodemo: «Penso di poterlo comprendere; però, sostanzialmente,
non mi è chiaro. Se sapessi almeno cosa pensare del Figlio dell’uomo, allora mi
troverei già a buon punto! Tu adesso parli pure di un Unigenito Figlio di Dio,
che Dio inviò nel mondo per Amore. Il “Figlio dell’uomo” e il “Figlio di Dio”
sono un solo e medesimo essere?»
3. Dico Io: «Guarda qui! Io ho un corpo, una testa, mani e piedi. Il
capo, il corpo, le mani e i piedi sono carne e questa carne è un Figlio
dell’uomo, perché, come ti dissi, ciò che è carne procede dalla carne. Però in
questo Figlio dell’uomo, che è fatto di carne, dimora la Sapienza di Dio e
questa è l’Unigenito Figlio di Dio. Dunque non l’Unigenito Figlio di Dio, ma
solo il Figlio dell’uomo dovrà essere innalzato come il serpente di Mosè nel
deserto, perciò molti si scandalizzeranno. E a coloro che non si
scandalizzeranno, ma crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome, Egli darà il
potere di essere chiamati figli di Dio e la loro vita e il loro regno non
avranno più fine».
(V.17) «Infatti Dio, non ha
mandato il Suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo
diventi beato per mezzo di Lui».
4. Non devi però immaginare che il mondo debba
essere giudicato da guerre, diluvi, oppure da fuochi scendenti dal Cielo per
distruggere i pagani; infatti Dio non ha mandato il Suo Unigenito Figlio (la
Sapienza divina) nel mondo (ad incarnarsi nella forma umana) per giudicarlo
(distruggerlo), ma perché divenga, per Suo tramite, pienamente beato, cioè
affinché la carne non perisca, ma risorga con lo spirito a vita eterna. (Con la
parola “carne” bisogna intendere qui non tanto il corpo umano, quanto il
complesso delle tendenze carnali dell’anima). Per raggiungere questo stato è necessario
che le impure tendenze carnali vengano annientate dalla fede, ovvero dalla fede
nel Figlio dell’uomo, proceduto da Dio fin dall’eternità e venuto in questo
mondo, perché coloro che crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome abbiano
vita eterna.
(V.18) «Chi crede in Lui non
sarà condannato, ma chi non crede è già condannato, poiché non crede nel Nome
dell’Unigenito Figlio di Dio».
5. (Continua il Signore:) «Chiunque crederà in Lui, sia ebreo che
pagano, non verrà mai più in eterno giudicato, né potrà mai perire. Chi,
invece, si scandalizzerà del Figlio dell’uomo e non crederà in Lui, egli è
dunque già giudicato. Infatti, se egli non vuole e non può credere, essendo
spinto dai suoi sentimenti di superbia a scandalizzarsi del Nome e
dell’esistenza del Figlio dell’uomo, questo è già, di per sé, il suo giudizio.
Comprendi, dunque, quello che in maniera lampante ti ho messo sotto gli occhi?»
6. Risponde Nicodemo: «Sì, sì, scorgo solo a metà il senso delle Tue
parole estremamente mistiche. Però queste mi sembrano ancora campate in aria,
finché non si presenterà qui il Figlio dell’uomo, che Tu collochi tanto in alto
e nel Quale alberga, in tutta la sua pienezza, la
divina Sapienza e finché Tu non potrai o vorrai precisare quando e dove Egli
verrà.
7. Ugualmente molto enigmatiche mi sembrano le Tue parole concernenti
il Giudizio, che Tu fai consistere solo nella mancanza di fede! Se il Giudizio
non consiste né in diluvi, né in guerre, né in pestilenze e meno ancora in
fuochi divoranti, ma unicamente nell’incredulità in se stessa, devo apertamente
confessarTi, caro Maestro, che ancora non riesco a penetrare il senso delle Tue
parole! Infatti chi da un dialogo non riesce ad afferrare almeno uno o due
concetti, è come se non avesse compreso l’intero discorso. Cos’è, in realtà,
questo Tuo “Giudizio”? Qual è il nuovo significato che Tu associ a questo
concetto?»
8. Io gli rispondo: «Amico Mio, a questo punto, devo farti osservare
che Mi diventa difficile comprendere come tu non sia in grado di cogliere il
senso del Mio discorso, che è pure molto chiaro! Non comprendi ancora il
significato della parola “Giudizio”; eppure Io ne ho data una chiara
spiegazione».
(V.19) «Ora questo è il
Giudizio: la Luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più
della Luce, poiché le loro opere erano e sono malvagie».
9. (Continua il Signore:) «Ecco, il Giudizio è questo: sebbene la Luce
di Dio sia stata inviata dai Cieli nel mondo, gli uomini, tratti fuori dalle
tenebre e posti nella Luce, dimostrano tuttavia di amare molto di più
l’oscurità, in cui erano avvolti, che non la Luce divina che sfolgora davanti
ai loro occhi! Che gli uomini disprezzino la Luce, lo si può vedere dalle loro
opere, che sono assolutamente malvagie!
10. Dov’è la primitiva fede totale? Dov’è il sincero timore di Dio? Chi
ama il suo prossimo se non colui che sa di poterne trarre un personale
vantaggio? Dove sono quelli che amavano le proprie mogli, avendo di mira
l’azione vivificante della fecondazione? È la lussuria che li spinge ad amare
le giovani prostitute e la loro opera è solo fornicazione: questo è il più
grande dei mali! Ora, quale ladro ruba apertamente, servendosi di una luce?».
(V.20) «Infatti, chiunque fa
cose malvagie odia la Luce e non viene alla Luce, affinché le sue male opere non
vengano punite».
11. (Continua il Signore:) «Vedi, coloro che pensano ed agiscono così,
sono quelli stessi che poi operano anche malvagiamente, e chiunque si compiace
di tali cose e agisce di conseguenza, è nemico della Luce. Egli la odia e farà di
tutto perché non si faccia Luce intorno a sé. Infatti, poiché le sue perfide
opere non sono tollerate dalla Luce, anzi sono da questa giudicate, egli non
vuole che esse appaiano in tutta la loro oscenità e che vengano quindi
condannate!
12. In questo consiste realmente il Giudizio; invece, ciò che tu
intendi per Giudizio, è la punizione che consegue al Giudizio.
13. Dunque, se tu ami camminare di notte, la tua anima è già stata
giudicata; infatti tu preferisci la notte al giorno. Invece, e questa ne è la
conseguenza, se tu inciampi con facilità e ti fai male, oppure cadi addirittura
in una fossa, allora l’urto o la caduta non è più il Giudizio, ma la
conseguenza del Giudizio, che grava su di te avendo amato la notte ed odiato il giorno!»
(V.21) «Ma colui che fa opere di verità, viene alla Luce, affinché le sue
opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio!»
14. (Continua il Signore:) «Ma se tu sei invece amico del giorno, della
Luce e della Verità da Dio, allora agirai in conformità a questa e desidererai
ardentemente che le tue opere vengano alla Luce e siano manifestate a tutti. E
poiché sai che le tue opere, fondate nella Luce della divina Verità, sono buone
e giuste e meritano, quindi, di essere apertamente lodate e ricompensate!
15. Dunque, chi è amico della Luce, non camminerà di notte ma di
giorno, e riconoscerà subito la Luce, perché procede dalla Luce. Tale Luce è
chiamata fede del cuore.
16. Chi crede quindi nel Figlio dell’uomo e crede che Egli sia una Luce
che arriva da Dio, egli ha già in sé la Vita, ma chi non crede ha già in sé il
Giudizio, che è appunto la mancanza della stessa fede.
17. Posso adesso ritenere che tu mi abbia ben compreso?».
Nicodemo non riesce ancora a discernere il divino Figlio
dell’uomo. Il Signore lo manda da Giovanni. Finalmente si fa luce nel cuore di
Nicodemo. «Segui gli impulsi del tuo cuore!». La potenza dell’Amore. Il Signore
chiede un favore a Nicodemo. La sua dichiarazione d’amore agli ancora sconosciuti.
1. Dice Nicodemo: «Ormai mi è tutto chiaro, salvo una cosa: questo
straordinario Figlio dell’uomo, senza il Quale tutte le Tue parole più sagge e
le Tue più sublimi spiegazioni rimangono senza fondamento e si riducono a
nulla! A che mi giova la fede o la perfetta e tenace volontà di credere nel
Figlio dell’uomo, se Questi non si trova qui? Dall’aria o da una semplice idea
non si può far sorgere un Figlio dell’uomo. Dimmi, dunque, dove posso trovare
questo eterno Figlio di Dio e rassicurati, io Gli andrò incontro con la più
ferma e sincera fede!»
2. Io gli dico: «Se non avessi intravisto in te questa fede, tu non
avresti appreso da Me tale Dottrina! Ma tu sei venuto di notte e non di giorno,
nonostante tu abbia visto e sentito dei Miei atti! E poiché sei venuto nelle
ore della notte terrena, che corrisponde allo stato tenebroso della tua anima,
è comprensibile che tu non comprenda ancora chiaramente le Mie parole sul
“Figlio dell’uomo”!
3. Io ti dico che chi cerca il Figlio dell’uomo di notte, non potrà
trovarLo così facilmente, poiché evita di cercarLo apertamente di giorno,
temendo di essere screditato dagli altri. E tu, che sei uno dei più saggi
ebrei, devi ben conoscere che la notte, qualunque essa sia, non si presta a
cercare e a trovare qualcosa. Chi dunque si propone di cercare il Figlio
dell’uomo, deve cercarLo di giorno e non di notte, allora Lo troverà molto
facilmente.
4. Ora voglio dirti quest’altra cosa: “Vai da Giovanni, che, in questo
momento, a causa dell’acqua, si trova in Enon presso Salim dove sta
battezzando. Egli ti dirà se l’Unigenito Figlio di Dio è già qui o no! Là tu
imparerai a conoscerLo!”»
5. Risponde Nicodemo: «Ah, caro Maestro, questo è molto difficile!
Infatti io sono ogni giorno oberato dagli obblighi che la mia carica mi impone,
dai quali non posso esimermi così facilmente! Pensa che nella città e nei suoi
dintorni vivono, compresi gli stranieri, oltre ottocentomila persone alle quali
sono preposto e le preoccupazioni che ne derivano sono molte e gravi. Inoltre,
pure gli affari del Tempio richiedono giornalmente la mia attenzione e neppure
questi posso trascurare. Quindi, se una simile grazia non può essermi concessa
qui in Gerusalemme, dovrò rinunciarvi a malincuore! Infatti, per fare quello
che Tu mi consigli, mi sono necessari tre giorni interi, che equivalgono a tre
anni di assenza di un’altra persona!
6. Perciò perdonami se non sono in grado di seguire il Tuo consiglio.
Però ogni volta che Tu vorrai venire a Gerusalemme con i Tuoi discepoli, la mia
dimora vi sarà sempre aperta e troverete incessantemente in me un amico sincero
ed un protettore. La mia casa, che è abbastanza grande per ospitare diecimila
persone, è situata sulla piazza di Davide, all’interno della porta di Salomone,
detta anche la “Porta d’oro”. Se Tu ne hai bisogno, essa Ti verrà messa a
disposizione. Tutto ciò che è in mio potere, lo troverai sempre al Tuo
servizio! Chiedimi qualunque cosa sia necessaria a Te ed io Te la offrirò!
7. Vedi, in me si è operato un grande tumulto! Io sento, caro Maestro, di
amarTi più di quanto abbia finora amato qualunque cosa cara e questo stesso
amore mi suggerisce, in qualche modo, che sei proprio Tu la Persona per la
quale volevi indirizzarmi a Giovanni in Enon! E anche se il cuore mi tradisce,
resta pur vero che io Ti amo con tutto il cuore,
avendoTi riconosciuto quale grande Maestro della vera divina Sapienza. Infatti,
sebbene le Tue opere, mai compiute da nessuno prima di Te, mi abbiano
profondamente colpito e meravigliato, tuttavia è stata la Tua sublime Sapienza
che ha risvegliato e infiammato il mio cuore. Caro Maestro, io Ti amo! Oh,
dimmi, dimmi se il mio cuore Ti ha giudicato rettamente!»
8. Io rispondo: «Amico Mio! Pazienta ancora un po’ e tutto ti sarà
chiarito. Fra breve ritornerò da te e sarò tuo ospite, allora potrai apprendere
tutto.
9. Però segui sempre gli impulsi del cuore, poiché Io ti dico che
questo, in un momento, ti rivelerà di più dei cinque libri di Mosè e di quanto
abbiano mai rivelato tutti i Profeti! Vedi, non vi è nulla di vero nell’uomo fuorché
l’Amore! Quindi attieniti ad esso e tu camminerai di giorno! Ora parliamo
d’altro!
10. È giunto il tempo che Io Mi rechi in Giudea, per annunciarvi il
Regno di Dio. Questo paese però è sottoposto alla tua autorità, perciò ti
chiedo di rilasciarMi un passaporto, come si usa tra gli ebrei, secondo le
leggi di Roma. Questo, non per Me, ma per i Miei discepoli, affinché non
incontrino ostacoli presso gli uffici delle dogane e delle tasse! È vero, i
figli sono liberi, ma è necessario che siano legittimati come tali. Certamente,
Mi sarebbe facile penetrare dappertutto, incontrastato, anche con delle
legioni, ma Io non voglio essere causa di scandalo a nessuno e Mi sottopongo
quindi alla legge di Roma. Abbi dunque la bontà di procurarMi il salvacondotto
che ti ho chiesto»
11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, Tu lo avrai subito, io stesso lo
scriverò e Te lo darò tra breve, dato che da qui a casa mia non c’è molta
strada».
12. Nicodemo si reca quindi in fretta a casa sua e in meno di mezz’ora
Mi consegna il documento richiesto. Quando fummo in possesso del lasciapassare,
scritto su pergamena, Io benedissi nel Mio cuore l’onesto Nicodemo, che,
commosso fino alle lacrime, ci salutò, pregandoMi nuovamente di approfittare
della sua ospitalità qualora avessi fatto ritorno a Gerusalemme. Io glielo
promisi, pregandolo di mantenere puro il Tempio. Egli Me lo promise. Fattosi
mattina, ci congedammo da lui.
L’operato del
Signore in Giudea. Il battesimo d’acqua e di fuoco.
La Dottrina
dell’Amore e la testimonianza di opere di bene che l’accompagna.
Una cosa
soltanto è necessaria. Discussione dei discepoli sul vero battesimo.
«Sei Tu
Colui?». Risposta del Signore.
(Giov.3,22-26)
(V.22) Dopo queste cose,
Gesù e i Suoi discepoli vennero nel territorio della Giudea e dimorò qui con
loro e battezzava.
1. Appena si fece giorno, ci ponemmo in cammino ed entrammo in Giudea,
provincia sottoposta a Gerusalemme, che si estendeva tutt’intorno a questa
città, come al giorno d’oggi da voi un distretto intorno al rispettivo
capoluogo. L’intera Giudea era assai facile da percorrere in pochissimi giorni.
2. Ci si chiederà cosa feci Io in questa provincia? Secondo il versetto
del Vangelo, Io dimorai qui con loro e battezzavo. Però, a chi si riferisce la
parola “loro” e in che cosa consiste la Mia dimora con loro? Con la parola
“loro” sono in primo luogo designati i discepoli, il cui numero, in
Gerusalemme, era aumentato di molto, poi, tutti gli altri che devotamente
ascoltavano la Mia Parola.
3. Coloro che accettavano con piena fede la Mia Dottrina, venivano
battezzati da Me esteriormente e pubblicamente con l’acqua, interiormente e
segretamente invece con lo Spirito del Mio eterno Amore e della Mia eterna
Sapienza, così ottenevano il potere di chiamarsi “figli di Dio”. Queste furono,
dunque, le Mie opere durante la Mia dimora in quel luogo. Quanto insegnai e in
particolare ciò che feci in Giudea, è indicato parzialmente dagli altri tre
evangelisti e non è necessario citarlo qui. La Mia predicazione consisteva
essenzialmente nel porre in chiara luce le gravi colpe di cui si erano
macchiati, fino a quel momento, gli ebrei e i farisei e nell’esaltare l’amore
per Dio e per il prossimo.
4. Io descrissi tutte le mancanze, esortai inoltre i peccatori a fare
vera penitenza, ammonii tutti quelli che accettavano la Mia Dottrina a
guardarsi dal far ritorno all’antico “lievito dei farisei” e, per esercitare,
in quei tempi materialissimi, una benefica influenza, nonché per fortificarli
nei Miei soavissimi insegnamenti, operai molti miracoli, risanai molti
ammalati, liberai gli ossessi dagli spiriti impuri e trassi a Me nuovi
discepoli.
(V.23) Ora Giovanni
battezzava anch’egli in Enon vicino a Salim, poiché qui vi erano acque in
abbondanza e la gente veniva ed era battezzata. V.24. Perché Giovanni non era
ancora stato messo in prigione.
5. Durante la Mia peregrinazione in Giudea, Mi spinsi anche nelle
vicinanze del piccolo deserto di Enon presso Salim, dove Giovanni battezzava,
poiché qui vi era acqua a sufficienza, mentre a Bethabara il Giordano ne
conteneva molto poca ed anche torbida, puzzolente e brulicante di vermi. Per
questo motivo Giovanni si era trasferito a Enon e teneva in questo luogo le sue
dure prediche, battezzando coloro che accoglievano la sua dottrina e che
facevano penitenza.
6. Ora, tra queste persone c’ero anch’Io, e quelli che avevano già
accettato i Miei insegnamenti, senza essere stati prima battezzati da Giovanni.
Perciò questi Mi chiesero se era necessario accostarsi al battesimo di
Giovanni, e Io risposi loro: «Una cosa soltanto è veramente necessaria, ed essa
è che voi mettiate davvero in pratica la Mia Dottrina! Però, finché Giovanni
potrà compiere liberamente la sua missione, ne trarrà dei vantaggi chi volesse
prima purificarsi ricorrendo a lui». Udendo ciò molti si recarono da Giovanni
per essere battezzati.
(V.25) Sorse allora una
discussione da parte dei discepoli di Giovanni con i giudei (che si erano
recati là) riguardo alla purificazione (cioè riguardo al Mio battesimo d’acqua
che Io impartivo in apparente contraddizione con la testimonianza di Giovanni).
7. Allora sorse subito una discussione riguardo alla purificazione di
Giovanni e al battesimo che Io impartivo, perché i discepoli di Giovanni non
comprendevano come anch’Io battezzassi con acqua, quando invece, secondo la
testimonianza del loro maestro, non avrei dovuto battezzare con acqua, ma con
lo Spirito Santo. Molti tra i giudei, che Mi avevano seguito quali Miei
discepoli, sostenevano che solo il Mio era vero battesimo, in quanto, benché Io
battezzassi con l’acqua come Giovanni, solo il Mio battesimo aveva valore,
poiché battezzavo non solo con l’acqua naturale, ma nello stesso tempo anche
con l’acqua dello Spirito di Dio, che concedeva ai battezzati l’evidente potere
di essere chiamati figli di Dio.
(V.26) E vennero a Giovanni
e gli dissero: «Maestro! Ecco, Colui che era con te lungo il Giordano, al Quale
tu rendesti testimonianza (che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo),
battezza (anch’Egli ora con acqua) e tutti vengono a Lui!».
8. A seguito di tale discussione, i discepoli del Battista, insieme ai
giudei, si presentarono a Giovanni dicendo: «Ascolta Maestro! L’Uomo che era
con te di là del Giordano e del Quale tu testimoniasti che avrebbe battezzato
con lo Spirito Santo, si trova qui nei dintorni e come te battezza con acqua!
Come spieghi ciò? È questi Colui al quale rendesti la grande testimonianza?»
9. Giovanni rispose: «Andate a trovarLo e chiedeteGli: “Sei Tu Colui
che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Poi ricordate quello che vi
dirà e riferitemelo! Subito dopo potrò darvi un sicuro parere».
10. Quindi, molti fra i discepoli di Giovanni vengono da Me e Mi
espongono la questione, così come Giovanni aveva loro suggerito. Io rispondo,
com’è noto, di riferire a Giovanni quanto essi vedono, cioè che i ciechi
recuperano la vista, gli storpi camminano, i sordi odono e come il Vangelo del
Regno di Dio viene predicato ai poveri! E felice chi non si scandalizza di Me!
Così i discepoli ritornano di nuovo a Giovanni e gli raccontano quello che
hanno visto ed udito.
Ultima
chiarissima, grandissima testimonianza resa al Signore da Giovanni
Battista. Chi
sia la Sposa e chi è lo Sposo. Umiltà di Giovanni. Il mistero di Dio, quale
Padre e Figlio. Condizione per la vita eterna: la fede nel Figlio.
(Giov.3,
27-36)
(V.27) Giovanni rispose e disse:
«Un uomo non può ricevere nulla, se non gli è dato dal Cielo».
1. Giovanni riflette un momento, poi dice ai suoi discepoli: «Udite,
questa è la mia opinione: “Un uomo non può prendere nulla, soprattutto le cose
dello spirito, se ciò non gli viene dato prima dai Cieli!”. Ora, quando mi
trovavo al di là del Giordano, l’Essere straordinario che venne da me per
essere battezzato, sul Quale vidi lo Spirito di Dio, sotto forma di una
splendente nuvoletta, scendere dolcemente dal Cielo come una colomba che si
posa sul nido, non avrebbe potuto, come semplice uomo, avere quello che Egli ha
come già testimoniai! Però Egli è più che un semplice uomo e sembra che abbia
in sé anche la facoltà di ricevere dal Cielo ciò che desidera, per custodirlo o
darlo a chi Gli piaccia! Di conseguenza credo che quanto abbiamo, lo dobbiamo
alla Sua Grazia e che risulta impossibile prescriverGli cosa debba fare, o come
debba agire! Dunque Egli dona e noi riceviamo da Lui. Egli ha la ventola in
mano e monderà interamente la Sua aia come desidera e raccoglierà il grano nel
Suo granaio, brucerà invece la paglia con un fuoco inestinguibile e delle
ceneri farà quello che Egli vuole!».
(V.28) Voi stessi mi siete
testimoni che io ho detto: «Io non sono il Cristo, ma sono mandato prima di
Lui».
2. (Continua Giovanni:) «Voi stessi mi siete testimoni di come, alla
presenza dei sacerdoti e dei leviti che erano venuti a me da Gerusalemme, abbia
detto che non sono il Cristo, ma uno che è mandato prima di Lui! Come potrei
dunque giudicare quanto Egli fa, Egli, che tiene in mano la propria ventola? E
se vuole mondare la propria aia come più Gli piace, non potremo dettarGli
alcuna legge! Infatti se il campo (mondo) è Suo, sono
Suoi anche il frumento (i figli di Dio) e la paglia (i figli del mondo o del
demonio) e Suo è pure il granaio (il Cielo) e Suo il fuoco (l’Inferno)
inestinguibile!»
(V.29) «Colui che ha la
Sposa è lo Sposo (il Signore), ma l’amico dello Sposo, che è presente e L’ode,
si rallegra enormemente della voce dello Sposo, perciò questa mia allegrezza è
compiuta».
3. (Continua Giovanni:) «Colui che ha la Sposa (Sapienza dei Cieli),
Costui è veramente uno Sposo, ma l’amico dello Sposo, che è presente e Lo ode,
si rallegra enormemente udendo la Sua voce! Ecco, questa gioia è ora in me compiuta!
Però, quando viene il Signore stesso, allora il
compito del messaggero finisce! Infatti il messaggero non ha altro da fare che
annunciare la Venuta del Signore; una volta che Questi è giunto, il messaggero
si ritira, poiché non ha più alcuna funzione!».
(V.30) «Conviene che Egli
cresca e che io diminuisca».
4. (Continua Giovanni:) «Conviene quindi che io diminuisca, mentre
Egli, come Signore, cresca presso gli uomini di questa Terra! Dal momento in
cui venni a voi come messaggero, siete stati fino a questo momento miei
discepoli; ora, chi di voi può affermare che me ne sia gloriato? Ho sempre
riservato la dovuta gloria a Chi spetta. E quando affermai che non ero degno di
sciogliere i legacci delle Sue scarpe, non intesi elevarmi, ma tributarGli soltanto
la gloria e l’onore che la cecità umana voleva rendere a me. Quindi, nuovamente
vi dico che la mia missione è ormai compiuta! Infatti, come dissi, se il
Signore viene, il precursore non ha più alcuna funzione ed è necessario che il
messaggero (la carne) diminuisca ed Egli, come Signore (lo Spirito), cresca al
di sopra di ogni carne! Grandissima quindi è la differenza tra il messaggero e
Colui che, per autonoma ed assoluta Potenza, invia il messaggero dove Egli
vuole».
(V.31) «Colui che viene
dall’Alto è sopra tutti. Colui che viene dalla Terra è della Terra. Colui che
viene dal Cielo è sopra tutti».
5. (Continua Giovanni:) «Colui che ha il potere di promulgare leggi
domina e colui cui spetta obbedire è sottoposto. Nessuno però può
ragionevolmente dominare se non è giunto dall’Alto. Chi, dunque, viene
veramente dall’Alto, è sopra tutti. Chi invece proviene dalla Terra, non può
assolutamente venire dall’Alto, ma solo dalla Terra. Chi viene dal Cielo è
sopra a tutti, perché Egli è il Signore e può agire come vuole, quindi
battezzare con acqua, con fuoco e con Spirito, poiché tutto Gli appartiene!
6. Io credo tuttavia che Egli stesso non battezzi con l’acqua, ma solo
con il fuoco dello Spirito. Ma all’inizio i Suoi discepoli battezzeranno alla
mia maniera gli uomini che non furono da me battezzati con l’acqua. Inoltre il
battesimo d’acqua non giova a nulla, se a questo non segue il battesimo dello
Spirito di Dio».
(V.32) «E testimonia ciò che
egli ha visto ed udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza».
7. (Continua Giovanni:) «L’acqua non testimonia che dell’acqua e lava
la pelle dal sudiciume della terra. Lo Spirito di Dio invece, con il quale solo
il Signore può battezzare, poiché lo Spirito di Dio è il Suo Spirito,
testimonia di Dio e di quello che solo Lui contempla ed apprende perpetuamente
in Dio.
8. Ma purtroppo quasi nessuno ha accolto finora questa santa
Testimonianza! Infatti il fango resta fango e non può comprendere lo Spirito, a
meno che non sia purificato dal fuoco e si sublimi, trasformandosi in Spirito.
Un fuoco puro annienta tutto fuorché lo Spirito, che di per sé è una fiamma
potentissima. Eppure sono molti quelli che saranno distrutti dal battesimo
spirituale del Signore e molti, ancora, quelli che per timore si rifiuteranno
di accettarlo».
(V.33) «Colui che riceve la
Sua testimonianza, suggella (in sé) che Dio è vero. (Naturalmente in Colui che
Gli rese testimonianza mediante il battesimo con lo Spirito di Dio)».
9. (Continua Giovanni:) «Chi però accoglierà
questo battesimo e con esso la santa Testimonianza, costui, dinanzi al mondo,
suggellerà in sé che Colui che lo ha battezzato con lo Spirito è veramente Dio
stesso e che solo Lui può dare la vita eterna. Ora vi chiederete: “Perché
suggellare in sé la Testimonianza dei Cieli di Dio mediante Dio?”. Io ve l’ho
già detto: “Il fango è e rimane fango, mentre lo Spirito rimane Spirito.
Dunque, se succede che nella materia dell’uomo terreno, la cui origine è terra
e fango, riesca ad insinuarsi lo Spirito, questo vi resterà forse se tale uomo
non avrà cura di custodirlo gelosamente in sé, cioè nel suo cuore?”.
10. C’è forse una qualche misura secondo cui lo Spirito debba essere
distribuito, affinché ognuno possa riconoscere quanta parte di Spirito abbia
ricevuto? E poiché una tale misura non è definita, allora l’uomo terreno di
fango tende a fissare, nel suo cuore, una misura per lo Spirito che riceve. E
quando lo Spirito è penetrato e si è adagiato in stato di pace imperturbata,
colmando così la nuova misura del cuore, l’uomo di fango può allora valutare la
quantità di Spirito che egli ha ricevuto!
11. A cosa gioverebbe attingere acqua del mare, per versarla in una
botte forata? Potreste forse misurare la quantità di acqua, che avete attinto
dallo sconfinato mare? Se invece la botte è in buono stato, allora vi sarà
possibile misurare quanta acqua avete versato dentro! Ora, l’acqua del mare è
uguale ovunque, sia che sia molta, sia che sia poca; essa è sempre una sola.
Così pure il mare è in ogni caso sempre mare e l’acqua attinta da un luogo
qualsiasi è sempre la stessa, poca o molta che sia. Se ne conosce la misura
solo dopo averla attinta».
(V.34) «Infatti, colui che
Dio ha mandato esprime le parole di Dio. Dio però non dà il Suo Spirito (a
Colui che è inviato da Lui) con misura (cioè come ad un uomo, ma in tutta la
Sua pienezza)».
12. (Continua Giovanni:) «La stessa cosa avviene per Colui che è venuto
da Dio per testimoniare di Dio e per far udire la pura Parola divina. È Lui
stesso il mare senza fine (Spirito di Dio). Quando Egli dà a qualcuno il Suo
Spirito, Egli non Lo concede in misura illimitata, perché questa esiste in
tutta la pienezza infinita solo in Dio, ma Lo dà secondo la misura che è
nell’uomo. E se l’uomo vuole conservare in sé lo Spirito ricevuto, allora deve
badare che la sua misura non sia difettosa e tenuta aperta, ma che questa sia
invece ben legata e suggellata.
13. Ora, Colui presso Cui voi eravate e a Cui
avete chiesto se Egli fosse il Cristo, anche se esteriormente è un Figlio
dell’uomo, ha ricevuto fin dall’eternità lo Spirito di Dio non in misura umana,
ma nella stessa infinita misura di Dio, perché in Se stesso Egli è lo
sconfinato mare dello Spirito di Dio! Il Suo Amore è dall’eternità Suo Padre,
il Quale non è fuori del visibile Figlio dell’uomo, ma è in Lui stesso. Questi
è il Fuoco, la Fiamma e la Luce nel Padre e dal Padre fin dall’eternità».
(V.35) «Il Padre ama il
Figlio e Gli ha dato ogni cosa in mano».
14. (Continua Giovanni:) «Ma questo caro Padre vuole bene moltissimo al
Suo eterno Figlio, ed ogni Potenza ed ogni Potere sono nelle mani del Figlio, e
tutto quello che noi abbiamo, in giusta misura, lo abbiamo attinto dalla Sua
smisurata Pienezza. Egli stesso dalla Sua propria Parola è ora fra noi un Uomo
nella carne, e la Sua Parola è Dio, Spirito e Carne, quella Carne che noi
chiamiamo “Figlio”. Ma il Figlio è dunque anche in Se stesso
la Vita di ogni vita eternamente”.
(V.36.) «Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi non crede al Figlio
non vedrà la vita, ma l’Ira di Dio rimane su di lui!»
15. (Continua Giovanni:) «Chi accoglie quindi il Figlio e crede in Lui,
ha già in sé la vita eterna. Infatti, come Dio in ogni Sua parola è Vita
perfettissima ed eterna, anche in ogni uomo, che accoglie e conserva in sé la
Sua vivificante Parola, Egli rimane tale. Al contrario, chi non accoglie la
Parola di Dio dalla bocca del Figlio e quindi non crede in Lui, non solo non
può e non otterrà la Vita, ma non potrà né vederla né percepirla in sé. L’Ira
di Dio, cioè il Giudizio delle cose, che non hanno altra vita se non quella
vincolata alla legge immutabile del dovere assoluto, rimarrà invece sopra di
lui, fino a quando non crederà nel Figlio.
16. Io, Giovanni, vi ho detto tali cose e ho dato a tutti voi una testimonianza
decisamente valida. Con le mie mani vi ho purificati dall’immondizia terrena!
Ora, andate da Lui ed accogliete la Sua Parola, affinché pure voi possiate
essere resi partecipi del battesimo del Suo Spirito, poiché senza questo ogni
mia fatica sarà stata vana! Io stesso vorrei andare da Lui! Egli però non vuole
che ciò avvenga e rivela al mio spirito dove devo rimanere, poiché
spiritualmente ho già ricevuto ciò che ancora a voi manca».
17. Questa è l’ultima grande testimonianza che Giovanni il Battista Mi
rese, la quale non ha bisogno di essere chiarita ulteriormente, perché si
spiega molto bene in sé e da sé.
18. Il motivo per cui queste cose non sono scritte nel Vangelo è sempre
lo stesso. In primo luogo, il modo di scrivere di quell’epoca era tale che non
ammetteva molti dettagli, quindi si prendeva nota solo dei punti più salienti
dell’oggetto o dell’avvenimento che si doveva narrare, mentre il resto, cioè
quello che uno spirito attento poteva da se stesso facilmente intuire, veniva
tralasciato. In secondo luogo, si evitava in tal modo che la parte santa e
vivificante della Parola venisse contaminata e profanata. Quindi ogni singolo
versetto è un seme rivestito di un solido involucro, in cui giace nascosto il
germe di una Vita senza fine e di una illimitata traboccante Sapienza.
SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI
– CAP. 4
Conversione
dei samaritani – Guarigione del figlio del re
Le Grazie
operate dal Signore a favore di coloro che credevano
in Lui aumentano il numero dei Suoi seguaci – Origine di falsi Vangeli
Gelosia dei templari e loro accanimento
persecutorio – Il Signore attraverso la Samaria passa in Galilea – Carattere
dei samaritani
A Sichar – Il
Signore e i Suoi fanno sosta al pozzo di Giacobbe
(Giov.4,1-6)
(V.1) Quando dunque il
Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesù faceva e battezzava più
discepoli che Giovanni.
(V.2) Sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava, ma solo i Suoi
discepoli.
(V.3) Lasciò la Giudea e se
ne andò di nuovo in Galilea.
1. Subito dopo le parole di Giovanni, i suoi discepoli si unirono a Me,
così il numero dei Miei discepoli aumentava di giorno in giorno, anzi a volte
di ora in ora. Infatti quelli che cominciavano ad avere fede in Me, si
presentavano dapprima ai Miei primi discepoli, per essere battezzati da questi
con acqua, poi, secondo la misura della loro fede, Io imponevo loro le mani.
Venivano tanto incoraggiati e fortificati nello spirito che in loro il timore
della morte del corpo svaniva.
2. Molti vennero a conoscenza di questi fatti e ne parlarono dovunque
avessero avuto l’occasione di andare, anche se glielo avevo proibito. Perciò la
fama delle Mie opere venne divulgata prestissimo in tutta la Giudea e, molto
spesso, perfino corredata di aggiunte e di esagerazioni. Di conseguenza i
giudei, costantemente ansiosi di vedere miracoli, furono sempre più spinti a
venirMi dietro, anzi, molti di loro decisero di rimanere con Me.
3. Ciò aveva anche l’inevitabile, incresciosa conseguenza che le Mie
opere, corredate di aggiunte ed esagerazioni, erano giunte alle orecchie molto
suscettibili dei farisei. Tra le voci che correvano ce n’erano alcune così
strane, che perfino alcuni romani cominciarono a pensare che Io dovevo essere o
Giove in persona, oppure un Suo figlio.
4. Anche i romani inviarono i loro emissari, ma non trovarono quello
per cui erano stati mandati. Abitualmente, in casi simili, Io Mi astenevo
dall’operare miracoli, affinché quel popolo, immerso nella superstizione, non
vi sprofondasse più di quanto già lo fosse.
5. In seguito, da queste esagerazioni sorsero un gran numero di falsi
Vangeli, che dovevano poi deturpare il vero.
6. Ora, i farisei, questi malvagi, tristi e gelosissimi signori del
Tempio e delle Scritture, consigliandosi tra loro, deliberarono se fosse stato
il caso di convincere Me e Giovanni il Battista a desistere dal nostro operare
o mandandoci all’altro mondo in maniera innocente o, in ogni caso, procurarci
per il resto dei nostri giorni un alloggio, situato in buona posizione, ma
alquanto sottoterra, come più tardi ottennero da Erode che fosse trattato
Giovanni (il Battista).
7. Che tali loro nobili sentimenti non Mi fossero sconosciuti, è cosa
che certamente non ha bisogno di alcun’altra dimostrazione. Infatti, volendo
evitare litigi ed altri spettacoli disgustosi, non Mi restava che abbandonare
l’oscurantista e ultramondana Giudea e recarMi in Galilea, paese animato da
sentimenti un po’ più liberali.
(V.4) Egli doveva però
attraversare la Samaria.
8. Però non era consigliabile passare subito in Galilea, ma la cosa
migliore era andarci attraversando la Samaria, che da lungo tempo si era
sottratta, con l’aiuto dei Romani, al dominio del Tempio (e questo tipo di
attività era facile e desiderabile per i Romani il cui motto comunque era di
dividere tutti i paesi per poterli dominare più facilmente).
9. Quindi, agli occhi della casta sacerdotale di Gerusalemme, il popolo
samaritano era il più spregevole e sacrilego della Terra. D’altra parte presso
i samaritani i sacerdoti erano tenuti così poco in considerazione, che per
questi l’appellativo di sacerdote del Tempio corrispondeva alla più degradante
qualifica. Se ad esempio succedeva che un samaritano, in un momento di
ingiustificata esaltazione, avesse chiamato qualcuno con il titolo di fariseo,
la persona così offesa faceva citare il diffamatore in giudizio e non di rado
questi scontava la sua insensatezza pagando una rilevante ammenda in denaro e
passando anche un anno in prigione. Appare dunque molto naturale che, sotto
tali auspici, non era per niente conveniente ad un fariseo o ad un sacerdote
della stessa risma porre piede in Samaria. Questo fatto, invece, tornava
conveniente sia a Me che a quelli che Mi seguivano, perché in Samaria eravamo
al sicuro dalla feroce persecuzione degli ebrei del Tempio.
(V.5) Venne dunque ad una
città del paese di Samaria, detta Sichar, che è vicina al podere che Giacobbe
diede a Giuseppe, suo figlio.
10. La via che attraversava la Samaria conduceva anche a Sichar, città
situata nei pressi dell’antichissimo villaggio che Giacobbe, come dono
natalizio, aveva donato insieme ai rispettivi abitanti, in prevalenza pastori,
a suo figlio Giuseppe. Questo era tutto ciò che Giacobbe aveva ricevuto in dote
al tempo delle sue nozze con Rachele. Sichar non era il capoluogo di provincia,
tuttavia vi soggiornavano parecchi agiati samaritani ed alcuni ricchi romani,
poiché la città si trovava in una regione molto piacevole dal clima
tonificante.
(V.6) Ora qui c’era il pozzo
di Giacobbe. E Gesù, affaticato dal cammino, sedeva presso il parapetto di
pietra del pozzo. Era circa l’ora sesta.
11. Eravamo partiti dalla Giudea verso le quattro di mattina secondo
l’attuale maniera di contare il tempo e, camminando velocemente senza sostare,
giungemmo a mezzogiorno in punto, che corrisponde all’ora sesta di allora, al
vecchio pozzo di Giacobbe. Precisamente quel vecchio pozzo si trovava di fronte
al villaggio e ne distava appena circa quaranta passi in direzione di Sichar.
L’acqua che ne sgorgava era di qualità eccellente, e il pozzo stesso era
circondato da una balaustra di pietra leggiadramente lavorata allo scalpello,
secondo l’antico uso; inoltre, vi erano piantati intorno
alberi ombrosi.
12. Quel giorno di estate avanzata faceva molto caldo, tanto che il Mio
corpo era molto stanco per il faticoso viaggio, così quelli che Mi avevano
seguito dalla Giudea e ancora prima dalla Galilea, cercarono un luogo dove
potersi ristorare dalla fatica di quel giorno. Alcuni cercarono ricovero nel
piccolo villaggio, altri preferirono adagiarsi all’ombra dei folti alberi che
si trovavano là.
13. Perfino i Miei primi discepoli, come Pietro, il Mio Giovanni
l’evangelista, Andrea, Tommaso, Filippo e Natanaele caddero, affranti dalla
stanchezza, sui tratti di terreno ombreggiati e coperti di foltissima erba.
Solo Io, anche se ero molto stanco, Mi accontentai di sederMi sulla balaustra
di pietra del pozzo, sapendo in anticipo che, tra breve, avrei avuto in quel
luogo una buona opportunità per impostare un propizio scambio d’idee con i
samaritani che, essendo testardi per natura, erano d’altra parte abbastanza
esenti da pregiudizi. Nel frattempo, poiché la sete cominciava fortemente a
farsi sentire, attendevo che tornasse uno dei discepoli, andato in paese a
procurarsi un recipiente per attingere l’acqua, ma sembrava che tardasse ad
apparire.
Il Signore e
la donna al pozzo di Giacobbe.
Insegnamenti del
Signore sull’essenza della Sua Acqua vivificante.
(Giov.4,7-16)
(V.7) E una donna di Samaria
(precisamente dalla città di Sichar; lei era nativa della capitale di questo
paese) viene per attingere dell’acqua. Gesù le dice: «Donna! Dammi da bere!»
(V.8) Infatti i discepoli
erano andati in città a comperare del cibo.
1. Mentre Io attendevo invano un vaso [d'acqua] dal villaggio, appare
all'orizzonte, quasi fosse stata chiamata, una donna samaritana di Sichar, la
quale, munita di una brocca, voleva attingere dell’acqua dal pozzo di Giacobbe,
bevanda deliziosa e ristoratrice in una giornata eccessivamente calda come
quella. La donna, che fino a quel momento non si era curata di Me, si china sul
pozzo, vi cala il vaso legato ad una fune e lo ritrae pieno d’acqua. Allora le
rivolgo subito la parola dicendole: «Donna! Ho molta sete, damMi da bere dalla
tua brocca!»
(V.9) Ma la donna samaritana Gli dice: «Come mai Tu che sei giudeo chiedi
da bere a me, che sono una donna samaritana? Infatti i
giudei (orgogliosi) non hanno rapporti con noi (poveri) samaritani!»
2. La donna, meravigliata per aver riconosciuto in Me un giudeo, rimane
perplessa per un po’, poi esclama: «Anche Tu sei uno di quelli che ho
incontrato in città, e che mi hanno chiesto dove avrebbero potuto comperare da
mangiare? Quelli erano dei giudei orgogliosi e, come lo dimostrano i Tuoi
vestiti, sei senza dubbio anche Tu uno di loro! Io però sono una donna
samaritana! Come puoi chiedermi di darTi da bere dell’acqua? Ah, è così! Quando
il bisogno vi mette alle corde, voi, superbi giudei, non disdegnate di servirvi
anche di una povera donna samaritana, ma per altre cose, non avete più né occhi
né orecchie per noi! Ah, se potessi annegare con questa brocca d’acqua l’intera
Giudea, allora Ti darei con tutto il cuore da bere, altrimenti preferirei
vederTi morire di sete, piuttosto che porgerTi anche una sola goccia di
quest’acqua!».
(V.10) Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è
Colui che ti dice “DamMi da bere”, tu stessa Gliene avresti chiesto ed Egli ti
avrebbe dato dell’acqua viva!»
3. Io le rispondo: «Tu parli così perché nei tuoi giudizi sei cieca. Ma
se i tuoi occhi fossero aperti e illuminati e tu riconoscessi il dono di Dio e
Colui che ti ha detto “Donna, damMi da bere!”, allora cadresti ai Suoi piedi e
Lo pregheresti che Ti desse dell’acqua vera! Ed Egli ti darebbe da bere
un’acqua viva! Io ti dico, com’è scritto in Isaia 44,3 e in Gioele 3,1, che chi
crede nelle Mie parole, farà sgorgare dal suo corpo fiumi d’acqua vivificante».
(V.11) La donna Gli dice:
«Signore! Tu non hai niente con cui attingere e il pozzo è profondo! Da dove
prenderesti dunque quest’acqua viva?».
4. Dice la donna: «Tu sembri essere molto versato nelle Scritture! E se
mi hai chiesto un sorso d’acqua dalla mia brocca, deduco che Tu non ne possiedi
una con la quale attingere a questo pozzo, ed essendo esso molto profondo non
puoi prendere l’acqua con le mani. Sono quindi molto curiosa di conoscere con
quale mezzo intendi procurarTi dell’acqua da un luogo qualsiasi! (Oppure le Tue
parole sono velate per coprire la Tua voglia di avere dei rapporti con Me? È
vero, sono ancora abbastanza giovane e pure attraente, non avendo compiuto
ancora trent’anni! D’altra parte un desiderio di questo tipo, da parte di un
giudeo verso una spregevole samaritana, sarebbe un vero miracolo, poiché
preferite gli animali ai samaritani! In verità, non riusciresti mai a
persuadermi!)».
(V.12) «Sei Tu maggiore di
Giacobbe, nostro padre, il quale ci diede questo pozzo e al quale egli stesso
bevve insieme ai suoi figli e al suo bestiame?».
5. Domanda la donna: «Chi sei Tu e che cosa rappresenti per osare di
parlarmi così? Sei forse più di Giacobbe nostro padre, che ci ha dato questo
pozzo e vi ha bevuto lui, i suoi figli e il suo bestiame? Chi pretendi di
essere? Tu hai capito che sono una povera donna, perché, se fossi ricca, non
verrei con questo caldo soffocante ad attingere l’acqua per ristorarmi.
Vorresti Tu, da giudeo, rendermi più misera di quanto sono? E per sapere quanto
sia povera è sufficiente osservare le mie vesti, che bastano a stento a far sì
che possa uscire di casa senza arrossire di vergogna! Come puoi esigere da me
che io, una misera e povera donna, debba pregarTi di poterTi assecondare nelle
Tue voglie, Tu che sei un superbo giudeo? Sarebbe orribile se le Tue parole
mirassero a questo scopo! Tuttavia, non mi sembri nutrire simili propositi,
perciò neanch’io ho parlato sul serio! Ma poiché sei Tu ad avere parlato per
primo, spiegati più chiaramente e dimmi quello che intendi con la Tua acqua
vivificante!».
(V.13) Gesù rispose e le
disse: «Chiunque beve dell'acqua di questo pozzo, con il tempo avrà ancora
sete».
6. Io le rispondo: «Ti ho già spiegato che, poiché sei cieca nei tuoi giudizi,
è naturale che tu non possa comprenderMi. Vedi, prima ti ho detto che, chiunque
crede alle Mie parole, farà scorrere dai suoi fianchi fiumi d’acqua
vivificante! Ascolta, sono già trascorsi trent’anni da quando venni in questo
mondo e non ho ancora toccato una donna; com’è possibile che, d’un tratto, Mi
senta spinto a desiderarti? Oh, cieca ed insensata! Infatti anche se volessi
avere una relazione con te, tu rimarresti nuovamente assetata e dovresti ancora
bere per spegnere la tua sete; ma quando ti ho offerto dell’Acqua viva, era
evidente che intendevo estinguere per sempre in te la sete della vita! Infatti,
vedi, la Mia Parola e la Mia Dottrina sono una tale
Acqua!»
(V.14) «Ma chi berrà dell’acqua
che Io gli darò, non avrà mai più sete in eterno anzi, l’acqua che Io gli darò,
diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna».
7. (Continua il Signore:) «Infatti chi beve l’acqua naturale di questo
pozzo, come quella di qualsiasi altro, dopo un po’ ha di nuovo sete. Chi però
beve (accoglie con fede nel suo cuore) l’Acqua spirituale (la Mia Dottrina),
che solo Io posso dare, costui non avrà mai sete in eterno, poiché l’Acqua che
Io do a qualcuno diviene in lui un pozzo, la cui acqua fluisce nella vita
eterna.
8. Vedi, tu Mi ritieni un giudeo superbo ed orgoglioso, e vedi, Io sono
mansueto in tutta la Mia Anima e compenetrato dalla più profonda umiltà. La Mia
Acqua vivificante è infatti questa stessa umiltà, perciò chi non diventerà
umile come Me, non avrà alcuna parte nel Regno di Dio, che è sceso ora qui
sulla Terra.
9. Ugualmente l’Acqua vivificante, che ti ho offerto, rappresenta pure
la conoscenza dell’Unico Vero Dio e della Vita eterna derivante da Lui. Quest’Acqua
scaturisce quindi da Dio, che è la Vita di ogni Vita e, quale Vita
eterna, irrora l’uomo e lo trasforma in una fonte di vita inestinguibile, che
da lui rifluisce in Dio e in Dio genera la stessa libera ed attiva Vita divina.
Ecco, o donna, l’Acqua che Io ti porgo; come hai potuto comprenderMi così
male?».
(V.15) La donna Gli disse:
«Signore! Dammi di questa acqua, affinché io non abbia
più sete e non venga più ad attingere qui (cosa, d’altra parte, molto
faticosa)!»
10. Risponde la donna: «Dammi dunque di quest’acqua, affinché non
soffra più la sete e non debba percorrere fino a qui questa faticosa via, per
poter attingere un po’ d’acqua da questo pozzo, poiché dimoro in periferia,
dalla parte opposta della città, ed è necessario fare un bel tratto di strada
per arrivare fin qui!».
(V.16) Gesù le disse: «Va’,
chiama tuo marito, poi vieni qui (con lui)».
11. Io le faccio osservare: «O donna, tu sei anche corta d’intelletto,
con te è difficile parlare, perché non hai la più pallida idea delle cose dello
Spirito! Vattene dunque in città, chiama tuo marito e ritorna qui con lui,
poiché gli voglio parlare. Egli certamente, Mi comprenderà meglio di te! O
anche lui, come te, crede di poter estinguere la sete naturale del proprio
corpo con l’Acqua spirituale dell’umiltà?».
Continuazione
della scena al pozzo di Giacobbe. Discorso del Signore con la samaritana
riguardo suo marito. La donna riconosce il Signore quale profeta e Gli chiede
dove può adorare Dio affinché sia risanata. Sulla vera adorazione di Dio Padre in Spirito e Verità. Cenni di vita.
(Giov.4,17-24)
(V.17) La donna,
rispondendo, Gli disse: «Io non ho marito».
Gesù le disse: «Hai detto bene: “Non ho marito”».
1. La donna replica sdegnosamente: «Io non ho marito!». Al che
sorridendo le rispondo: «Poche parole ma ben dette, questa volta hai detto
davvero la verità».
(V.18) «Perché tu hai avuto
cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito! In questo tu hai detto la verità (così stanno le cose con te)!»
2. (Continua il Signore:) «Vedi, Mia cara, tu
hai avuto già cinque mariti, ma poiché la tua natura non corrispondeva alla
loro, essi si ammalarono in breve tempo e morirono; infatti, nessuno di loro
durò più di un anno con te. Nel tuo corpo alberga un verme maligno e vorace e
chi ti si accosta non può sottrarsi all’influenza di questo e ne viene ucciso.
Ma, per tua e sua rovina, l’uomo, che ora è con te, non è tuo marito, ma il tuo
amante! Sì, certamente, quello che hai appena detto corrisponde a verità».
(V.19) La donna Gli dice: «Signore, io vedo che tu sei profeta!»
3. Udendo questo, un senso di timore invade la donna, che, non volendo
tradirsi, riflettendo un po’, Mi dice: «Signore, io vedo che Tu sei Profeta! E poiché
conosci tutto ciò, saprai anche cosa potrebbe essermi di aiuto!»
(V.20) «I nostri padri hanno
adorato Dio su questo monte (Garizim), e voi dite che a Gerusalemme c’è il
luogo dove conviene adorare Dio! (Quale di queste cose è valida innanzi a Dio?)».
4. (Continua la donna:) «Io so che, in simili casi, solo Dio può
aiutare. Ma come e dove Lo si deve pregare? I nostri padri dicono che conviene
adorarLo sul monte Garizim, dove lo hanno già adorato i primi patriarchi. Voi
affermate, invece, che è Gerusalemme l’autentico luogo dove Lo si deve adorare!
Ora, poiché evidentemente Tu sei un Profeta di Dio, dimmi, di grazia, dove Lo
si deve adorare realmente? Infatti sono ancora giovane e tutti mi dicono che
sono una donna bellissima, perciò sarebbe un’orribile cosa se il verme di cui
parli dovesse rodermi il corpo, mentre sono ancora viva! O povera, misera me!».
(V.21) Gesù le dice: «Donna, crediMi, verrà l’ora (ed è già arrivata) che
voi non adorerete il Padre né su questo monte, né a Gerusalemme!»
5. Io le rispondo: «Donna, Mi sono certamente noti sia la tua povertà
che le tue necessità e so quanto sia ammalato il tuo corpo, però conosco anche
com’è formato il tuo cuore che, pur non essendo uno dei migliori, non può
neanche dirsi cattivo. Questa è la ragione per cui Mi sentii indotto a
parlarti, poiché quando nel cuore si trova anche solo un po’ di bontà, allora
vi è sempre la possibilità di essere aiutati! Tu sei su una via assolutamente
falsa se dubiti dove si debba degnamente ed efficacemente adorare Dio!
6. Ascolta, te lo voglio dire: “CrediMi, viene il tempo, anzi è già
venuto, in cui non adorerete il Padre né su questo monte né in Gerusalemme!”»
7. A queste Mie parole la donna, spaventata, esclama: «Guai a me, guai
a tutto il popolo! Cosa sarà di noi? Forse anche noi abbiamo peccato
orribilmente come i giudei? Ma perché Jehova non ci ha mandato alcun profeta
per ammonirci? Vero, ora sei venuto Tu come Profeta, ma a che cosa giova, se
come hai detto, non adoreremo più Dio né sul monte né in Gerusalemme? Non
significa forse, come credo di leggere sul Tuo viso, divenuto d’improvviso
minacciosamente serio, che Dio abbandonerà completamente il Suo vecchio popolo
e stabilirà la Sua dimora presso un altro popolo? In quale posto della Terra
avverrà ciò? Oh, dimmelo, affinché possa andare a fare vera penitenza e adorare
Dio Padre, pregandoLo di aiutarmi nella mia miseria e di non abbandonare
completamente il mio popolo!»
8. Io le rispondo: «AscoltaMi bene e cerca di comprendere quello che ti
dico! Perché dubiti, dunque, e tremi? Credi che Dio, come avviene tra gli
uomini, sia anch’Egli infedele e non mantenga le Sue promesse?».
(V.22). «Voi adorate ciò che
non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché
la salvezza viene dai giudei!».
9. (Continua il Signore:) «È vero, voi salite sul monte e là pregate ed
adorate, ma non sapete cosa pregate e chi adorate. La stessa cosa succede a
quelli che adorano a Gerusalemme. Essi si affannano per andare al Tempio e
fanno orribili piagnistei, ma neanche loro sanno ciò che fanno e che cosa
adorano!
10. Tuttavia, come Dio ha annunciato per bocca dei Profeti, la salvezza
non viene da voi, ma dai giudei. Non hai che da leggere Isaia 2,3, dove
troverai scritto ciò!»
11. Dice la donna: «Sì, lo so che è scritto che la legge uscirà da Sion
e so pure che essa viene conservata nell’arca, allora perché dici: “Né sul
monte né in Gerusalemme?”».
(V.23) «Ma l’ora viene, anzi è già venuta (davanti ai tuoi occhi), che i
veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità, perché tali sono gli
adoratori che il Padre stesso richiede».
12. Io replico: «Non Mi hai ancora compreso. Ecco: Dio, il Padre
eterno, non è né sul monte, né nel Tempio e tanto meno nell’arca! Per questa
ragione ti dissi anche: “Viene il tempo, anzi esso è già qui davanti ai tuoi
occhi, in cui i veri adoratori (alcuni dei quali li puoi vedere qui attorno a
te che si riposano sotto gli alberi; altri ne hai visti in città
dove si sono recati per comperare del cibo) adoreranno Dio Padre in
Spirito e in Verità, perché il Padre stesso vuole che d’ora innanzi gli uomini
Lo adorino così!”».
(V.24) «Dio è Spirito: perciò conviene che coloro che Lo adorano, Lo
adorino in Spirito e Verità!»
13. (Continua il Signore:) «Infatti, Dio è Spirito, e quelli che Lo
adorano Lo devono adorare in Spirito e Verità!
14. Per fare questo, non c’è bisogno né di un monte né di un Tempio
qualsiasi, ma si richiede solo un cuore il più possibile puro, umile ed
infiammato d’amore! Quando il cuore è veramente quello che deve essere, cioè
l’urna in cui è conservato l’amore per Dio, la coppa colma di dolcezza ed
umiltà, allora soltanto in quel cuore alberga la Verità in tutta la sua
pienezza, e dove regna la Verità ci sono pure Luce e Libertà, poiché la luce
della Verità rende libero ogni cuore. È dalla libertà del cuore che dipende poi
la libertà di tutto l’uomo.
15. Quindi, chi ama Dio con un simile cuore, è un vero adoratore di Dio
Padre e il Padre esaudirà sempre le sue preghiere, senza dare alcuna importanza
al luogo, monte o Gerusalemme che sia, poiché ogni luogo della Terra Gli
appartiene. Il Padre scruterà invece il cuore di ciascun uomo! Io credo che ora
tu Mi abbia ben compreso».
La samaritana è
disposta a dare da bere al Signore. Della sete spirituale del
Signore verso
i cuori degli uomini. La virtù curativa dello Spirito nell’uomo che ha fede.
Conversazioni sul Messia. Il Signore si rivela alla samaritana come Messia.
(Giov.4,
25-26)
1. Dice la donna: «Sì, Signore, ora ti sei espresso con più chiarezza!
Ma dimmi: “Non hai più sete o non Ti senti di bere dalla brocca di una
peccatrice?”»
2. Io rispondo: «Mia cara, non curarti di ciò, poiché tu Mi sei più
preziosa che non la tua brocca e tutta la tua acqua! Quando poco fa ti chiesi
dell’acqua, non volevo bere dalla tua brocca, ma dal tuo cuore, nel quale si
trova un’acqua molto più preziosa di quella che si trova in questo pozzo e
nella tua brocca. Con l’acqua del tuo cuore potrai guarire tutto il tuo corpo,
perché ciò che in te Mi è gradito, avrà il potere di risanarti, purché tu abbia
fede!»
3. Dice la donna: «Oh Signore, cosa devo fare perché quest’acqua scenda
dal mio cuore sulle parti ammalate del mio corpo? Signore, perdonami se parlo
così apertamente con Te, ma sono una donna miserabile e Tu sai che la miseria
non conosce vergogna e che in se stessa non riconosce che se stessa e scioglie
la lingua secondo la grandezza del bisogno. Se io non fossi tanto indegna,
certamente Ti offrirei il mio cuore! Ma poiché sono così miseramente ammalata
(oh, Mio Dio, Padre Santissimo, aiutami Tu!), non devo aggiungere ai miei
numerosi peccati anche quello, forse più grave di tutti, di voler offrire il
mio cuore impuro a Te, che sei purissimo!»
4. Io replico: «Mia cara donna, se prima ti ho
chiesto dell’acqua, non è perché volevo che Mi offrissi il tuo cuore, poiché lo
avevo già preso da Me stesso, però la tua offerta è sempre bene accetta, poiché
anche il cuore dei samaritani Mi è gradito. E se tu Mi ami, fai bene, perché ti
ho amata prima ancora che tu pensassi a Me!»
5. A queste Mie parole, la bella donna arrossisce e, alquanto
imbarazzata, risponde: «Da quando mi conosci? Hai forse dimorato altre volte in
questa città o in Samaria? Se è così, non ricordo di averTi mai visto! Oh, Te
ne prego, dimmi dunque dove e quando Tu mi hai già vista!»
6. Io le rispondo: «Io non ti ho mai vista né qui né in Samaria né in
nessun altro paese, eppure ti conosco già fin dalla tua nascita, anzi ancora da
molto tempo prima. Io ti ho sempre amata come la Mia Vita! Cosa ne pensi ora?
Sei contenta del Mio Amore? AscoltaMi ancora: tu avevi quasi dodici anni,
quando un giorno cadesti in una cisterna; ebbene, fui Io a salvarti, anche se
tu non hai visto la Mia Mano che ti trasse dal pericolo! Te ne ricordi?».
7. Udendo ciò, la donna, completamente turbata, non sa cosa rispondere;
il suo cuore si infiamma enormemente e il suo amore aumenta visibilmente.
8. Dopo averla lasciata per un po’ immersa nei pensieri, suscitati dai
nuovi sentimenti che le agitavano il cuore, le chiesi se sapesse qualcosa del
Messia che doveva venire.
(V. 25) La donna Gli dice:
«Io so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire! Quando verrà, ci
annuncerà (ancora una volta) ogni cosa (che Tu ora mi hai detto)?».
9. La donna con le guance ancora arrossate e il petto ansimante per la
commozione, risponde: «Signore, Tu sapientissimo
Profeta di Dio, io so per certo che il Messia promesso deve venire e che sarà
chiamato Cristo! Però, quando Egli verrà, potrà annunciarci più di quello che
mi hai appena detto Tu ora? E chi ci dirà quando e da dove verrà il Messia? Può
darsi che nella Tua profonda sapienza, Tu sia in grado di fornirmi notizie più
precise sulla Sua venuta; infatti è da lungo tempo che Lo attendiamo e mai
nessuno ci ha fatto capire qualcosa sul Suo conto! Tu appagheresti una delle
mie più ardenti brame se mi facessi conoscere precisamente quando e dove verrà
il Messia per redimere il Suo popolo dai Suoi tanti nemici! Oh se Tu lo sai,
dimmelo! Forse anche il Messia avrebbe pietà di me e mi aiuterebbe, se Lo
pregassi?».
(V.26) Gesù le dice: «Io, che ti parlo, sono proprio Quello!»
10. Io le rispondo brevemente con serietà, ma al tempo stesso con
amore: «Io che ti parlo, sono proprio Quello!»
Il dialogo tra
il Signore e la samaritana viene interrotto dal ritorno di alcuni discepoli.
La vera adorazione in Dio consiste nell’amore
attivo.
Guarigione
della samaritana.
La gioia della
risanata e il suo zelante divulgare il Messia trovato.
La delegazione
di sichariti dal Messia.
(Giov.4,
27-30)
(V.27) In quel momento
arrivarono i Suoi discepoli (portando con sé le vivande che avevano comprato in
città), e si meravigliarono che parlasse con la donna. Nessuno però Gli disse:
«Cosa le domandi o perché parli con lei?».
1. La donna, nell’udire questa Mia esplicita dichiarazione, fu presa da
grande timore, anche perché, in quel momento, erano tornati dalla città alcuni
discepoli con le vivande acquistate, i quali, vedendoMi parlare con quella
donna, ne erano rimasti enormemente stupefatti. Nessuno però si permise di
chiedere né a Me, né alla donna cosa avessimo fatto o che cosa avessimo detto.
Intanto, gli altri compagni di viaggio, come pure Maria Mia madre, anche lei
presente, esausti dalla lunga e faticosa marcia, dormivano tanto profondamente
che non era facile svegliarli. Nel contempo ritornò finalmente anche il
discepolo che si era recato nel vicino villaggio in cerca di un vaso per attingere
l’acqua. Non era però riuscito a trovarne uno. Egli si avvicinò a Me e
scusandosi disse: «Signore, il piccolo villaggio conta circa una ventina di
case ed esse sono tutte chiuse e nessuna ha dato segno di vita!»
2. Io però, confortandolo, gli feci osservare: «Non prendertela! Vedi,
accadrà pure a tutti noi molto spesso e in molti modi in rapporto alle cose
naturali, e particolarmente in rapporto a quelle spirituali, che noi, spinti
dalla sete del nostro Amore, busseremo alle porte (ai cuori) degli uomini per
chiedere un vaso con cui attingere l’acqua vivificante, ma troveremo i cuori
chiusi e vuoti! Comprendi tu l’immagine?»
3. Il discepolo, commosso e colpito dalle Mie parole, risponde:
«Signore, caro Maestro, purtroppo Ti ho ben capito! Ma se le cose stanno così,
allora non concluderemo molto!»
4. Io gli dico: «Non ti confondere, fratello Mio! Osserva bene questa
donna! In verità ti dico che è meglio ritrovare un’anima perduta che
novantanove giusti, i quali ritengono di non avere bisogno di penitenza, visto
che il sabato salgono regolarmente sul Garazim dove si illudono di servire Dio.
Però già alla vigilia del sabato non lasciano fuori neppure un misero secchio,
affinché di sabato non si possa attingere un solo sorso d’acqua per estinguere
la sete, poiché, secondo l’idea di questi pretesi giusti, così facendo, quel
giorno sarebbe profanato. Oh, quanto ciechi e stolti sono tali giusti! Guarda
invece questa peccatrice, lei ci ha offerto la sua brocca e ci serve. DiteMi
voi tutti, chi ritenete migliore, questa peccatrice o quei novantanove che
santificano il sabato sul Garazim?»
5. La donna, sempre fortemente emozionata, umilmente dichiara:
«Signore! O Figlio dell’Eterno! Ecco qui la mia brocca, tienila, la lascio al
vostro servizio! In quanto a me, lasciate che ritorni subito in città, poiché
noto che, con questa veste indegna, non mi è lecito rimanere qui con voi più a
lungo!». Io le dico: «O donna, sii risanata, fai pure come ti sembra giusto!»
(V.28) La donna, dunque,
lasciata la sua brocca, se ne andò in città e disse alla gente:
6. Piangendo di gioia, la donna abbandona la brocca e il pozzo e
correndo si dirige in città, voltandosi di tanto in tanto verso di noi per
salutarMi, poiché Mi ama intensamente. Arrivata in città tutta ansimante,
incontra numerosi uomini che uniti in gruppo passeggiavano su e giù per un
viale ombroso, com’era d’uso di sabato. Gli uomini, avendo notato che la donna,
da loro ben conosciuta, correva, le chiesero scherzosamente: «Cosa succede?
Dove vai di questo passo? Dov’è scoppiato il fuoco?». La donna allora si ferma,
li guarda e, tra il serio e il lieto, dice loro: «Oh, miei cari signori, non
scherzate, poiché questi tempi si sono fatti più seri di quanto li possiate
ritenere!».
(V.29) «Venite a vedere un
Uomo, che mi ha detto tutto ciò che ho fatto (seduto fuori al pozzo di
Giacobbe), non è Costui il Cristo (il promesso Messia)?».
7. Alle parole della donna l’ansia e la curiosità traspaiono dalla faccia
di quegli uomini che, interrompendola, chiedono: «Ebbene, dicci dunque cosa c’è
di nuovo? Forse dei nemici si preparano ad entrare nel nostro paese? Oppure
siamo minacciati da un’invasione di locuste?»
8. La donna, alla quale per la corsa fatta manca il fiato, mormora:
«No, non è niente di tutto ciò! È una cosa ben più grande e decisamente molto
più straordinaria! Ascoltatemi con calma!
9. Un’ora fa ero andata al pozzo di Giacobbe, per prendere dell’acqua
per il pranzo, ed ecco che, giunta là, trovai un Uomo seduto sul parapetto del
pozzo, che in un primo momento ritenni essere un giudeo! Disinteressandomi di
Lui, dopo aver attinto l’acqua, quest’Uomo mi rivolse la parola chiedendomi di
darGli da bere dalla mia brocca. Io, credendo che fosse giudeo, rifiutai.
10. Ma Egli non tacque, anzi riprese a parlare e mi disse cose tanto
sagge da far supporre che fosse Elia in persona che parlava. Mi espose
chiaramente tutte le cose che mi riguardano e tutto ciò che ho fatto finora.
Infine Egli stesso fece cadere il discorso sul Messia e, quando Gli chiesi
dove, come e quando sarebbe venuto il Messia, fissandomi con il suo serio ed amorevole sguardo e con voce che scosse le fibre più
intime del mio essere, mi disse: “Io che ti parlo sono proprio Lui!”
11. Io però Lo avevo già pregato in precedenza, quando Egli mi aveva
detto quanto io ero malata, se io non potessi ridiventare sana. Ed allora, per
ultimo, mi disse: “Sii risanata!”. E vedete, il mio male uscì da me come un
vento ed io ora sono completamente guarita!
12. Andate a vedere e voi stessi constaterete che è il Cristo, il
Messia promesso! Da parte mia ritengo fermamente che Egli sia veramente il
Messia, perché, anche se non si crede che Costui sia il Cristo, Egli produce
dei segni talmente grandi, che lo stesso Cristo non ne potrebbe fare di più
grandi! Andate dunque, e accertatelo voi stessi! Io invece corro a casa a
mettere un vestito più decente, perché così vestita non potrei presentarmi
davanti al Suo Cospetto e alla Sua Gloria! Infatti, anche se Egli non è il
Cristo, sarà certamente molto di più di un profeta o di un re!»
13. Le rispondono quegli uomini: «Se le cose stanno come dici, è
indubbio che i nostri tempi stiano assumendo un’importanza veramente
eccezionale! Dobbiamo quindi accorrere numerosi ed avere cura che tra noi ci
sia qualcuno che conosca a fondo le Scritture. Peccato però che oggi i nostri
dottori si trovino tutti sul monte! Forse Egli si lascerà convincere a fermarsi
alcuni giorni in mezzo a noi. In tal caso anch’essi avrebbero l’occasione di
esaminarLo».
(V.30) Uscirono dunque dalla
città e vennero a Lui.
14. Dopo tali ragionamenti, essi invitano molti altri a recarsi con
loro al pozzo di Giacobbe. Così, in poco tempo, circa cento persone, tra uomini
e donne, si mettono in cammino per andare a vedere il Messia.
Parole del
Signore sul Suo vivificante cibo. La grande missione del raccolto.
Preghiera per
ottenere più operai. La follia del sabato.
Come deve essere
celebrato il sabato per piacere a Dio.
(Giov.4,
31-38)
(V.31) Nel frattempo i discepoli Lo pregavano dicendo: «Maestro mangia!»
1. Ora, mentre la numerosa schiera dei samaritani si era già posta in cammino
e si dirigeva verso di noi, i Miei discepoli Mi esortavano a mangiare qualcosa
prima del loro arrivo, perché sapevano già che quando delle persone venivano da
Me, Io non mangiavo niente, ma loro Mi vedevano bene e temevano che potessi
stancarMi e indebolirMi. Infatti, anche se erano convinti che Io ero il Cristo,
tuttavia ritenevano che il Mio corpo fosse debole e fragile, perciò insistevano
che Io mangiassi!
(V.32) Ma Egli dice loro:
«Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete».
2. Io però, guardandoli con amore, dissi loro: «Miei cari amici, Io ho
da mangiare un cibo che voi non conoscete!».
(V.33) Perciò i discepoli
dicevano chiedendoselo l’un l’altro: «Forse qualcuno Gli ha portato da
mangiare?».
3. I discepoli, allora, guardandosi l’un l’altro, si domandarono: «Chi
può averGli portato da mangiare? Che tipo di cibo si è procurato? Certamente lo
avrà già consumato! Eppure non se ne vede traccia visibile ed anche la brocca è
tuttora piena d’acqua! D’altra parte, è stato perfino in grado di tramutare
l’acqua in vino».
(V.34) Gesù dice loro: «(O non giudicate così assurdamente!) Il Mio cibo è
che Io faccia la Volontà di Colui che Mi ha mandato e che Io adempia la Sua
opera!»
4. Io dico loro: «O, non domandatevi così stupidamente cosa abbia o non
abbia mangiato! Voi avete avuto modo molte volte di osservare che in vostra
presenza non Mi sono mai fatto servire in maniera differente dagli altri. Ora
però non voglio parlarvi del cibo del corpo, ma di un nutrimento molto più
sublime e degno, un cibo spirituale, che consiste nel fare la Volontà di Colui
che Mi ha mandato e di compiere la Sua straordinaria Opera! Colui che Mi ha
mandato è il Padre, che dite essere il vostro Dio, ma che non avete mai
conosciuto, mentre Io Lo conosco e adempio la Sua Parola. Questo è il Mio vero
cibo, un cibo che voi non conoscete. Io vi dico: “Cibo non è solo il pane, ma
ogni buona azione ed ogni retto lavoro, perché, sebbene questo non cibi il
corpo, tuttavia alimenta e fortifica lo spirito!”».
(V.35) «Non dite forse che
vi sono ancora quattro mesi fino alla mietitura? Ecco, Io vi dico: “Alzate i
vostri occhi ed osservate i campi, come essi sono già biondi, pronti per la
mietitura!”».
5. (Continua il Signore:) «Molti di voi possiedono nel loro paese dei
campi, quindi dite: “Ancora quattro mesi ed arriverà il tempo della mietitura e
dovremo ritornare ai nostri campi per il raccolto!”. Perciò anch’Io vi dico:
“Alzate il vostro sguardo! Ecco, tutti i campi sono già biondi, pronti per la
mietitura”. Io non Mi riferisco però ai campi terreni, ma all’immenso campo,
che è il mondo intero, sul quale crescono gli uomini destinati, come il
frumento divenuto maturo, ad essere raccolti nel
granaio di Dio!»
(V.36) «Ora il mietitore riceve il premio e raccoglie il frutto per la
vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme!»
6. (Continua il Signore:) «Ed ecco, questo raccolto è un vero lavoro e
questo lavoro un vero cibo, del quale sia Io che voi mangeremo in grande
quantità. Colui che su questo campo si comporta da
buon mietitore, raccoglierà il vero frutto in vita eterna, affinché, alla fine,
chi ha seminato e colui che ha mietuto e raccolto, siano uniti da una stessa
gioia!»
(V.37) «Poiché in questo è
vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”».
7. (Continua il Signore:) «Infatti dopo il raccolto, seminatore e
mietitore godranno del medesimo frutto e insieme mangeranno lo stesso pane
della Vita, perché sarà pienamente vero il detto che dice: “Uno semina e
l’altro raccoglie”. Ma entrambi vivranno del loro lavoro e si sazieranno dello
stesso cibo!
8. Osservate la moltitudine venuta dalla città per contemplare in Me il
Messia e guardate quante altre persone vengono dietro a quella! Ebbene, questi
altro non sono che spighe completamente mature, le quali avrebbero dovuto
essere mietute già da lungo tempo! È con grande gioia che dico: “Grande è il
raccolto, ma pochi sono i mietitori. Pregate, dunque, il Signore dei raccolti,
affinché mandi più mietitori sul Suo campo!”».
(V.38) «Io vi ho mandati a
mietere ciò che non avete seminato; altri hanno seminato, e voi siete
subentrati nel loro lavoro».
9. (Continua il Signore:) «Io vi ho accolti, ed accogliendovi vi ho
delegati in spirito a mietere quello che non avete seminato; infatti altri
hanno seminato, mentre voi solo ora subentrate nel loro lavoro e ve ne potete
compiacere, felici oltre ogni limite! Infatti colui che semina è ancora molto
lontano dal raccolto; invece colui che miete, miete nello stesso tempo il
raccolto e ha già davanti a sé il nuovo pane della Vita! Siate, dunque,
mietitori zelanti, perché la vostra fatica è più beata di quella del
seminatore!».
10. La maggior parte dei discepoli aveva ben capito l’insegnamento e
cominciò subito ad esporre ai samaritani la Mia Dottrina dell’amore di Dio e del
prossimo e a spiegare come Io fossi veramente il Cristo.
11. Ma alcuni, non molti, che erano piuttosto lenti a comprendere la
voce del cuore, si avvicinarono a Me e in segreto Mi chiesero: «Signore, dove
prenderemo le falci che ci occorrono? Oggi, inoltre, è sabato!»
12. A queste parole Io replicai: «Ho forse voluto dire che dovevate
mietere questi campi d’orzo naturali, che si stendono davanti ai nostri occhi?
O stolti, fino a quando dovrò sopportavi? Non comprendete dunque ancora?
Ascoltate allora quello che Io vi dirò e cercate di comprenderlo.
13. La Mia Parola del Regno di Dio – quella cioè che ho dato ai vostri
cuori, affinché passi dalla vostra lingua nell’orecchio e nel cuore degli
uomini, vostri fratelli – è appunto la falce spirituale che vi affido. Così
attrezzati potrete mietere tra gli uomini e raccoglierli quindi nel Regno di
Dio, che è il Regno della vera conoscenza di Dio e dell’eterna vita in Dio!
14. Certamente oggi è sabato, ma il vostro sabato è insensato e stolto
come i vostri cuori, e voi ci tenete tanto, perché i vostri cuori appaiono duri
ed oziosi come i sabati attuali. Però, poiché sono Signore anche del sabato, Io
vi dico:
15. “Bandite al più presto questo sabato dal vostro cuore, se volete
essere e rimanere veramente Miei discepoli! Per noi, qualunque giorno deve
essere produttivo; e se il Signore del sabato lavora, perché dovrebbero
starsene con le mani in mano i Suoi servitori?
16. Non sorge e non tramonta forse il sole di sabato, come negli altri
giorni? E se il Signore del sole e del sabato volesse celebrare il sabato così
come lo fate voi, diteMi, vi piacerebbe commemorarlo nell’oscurità più
completa? Vedete, vedete quanto siete ancora stolti! Ravvedetevi dunque, e fate
quello che Io e i vostri fratelli stiamo facendo. Solo allora potrete nominarvi
celebratori del sabato e come tali Mi sarete graditi e le vostre opere saranno
vivificanti”».
17. Fortificati dalle Mie parole, anche i discepoli più deboli, che nel
frattempo si erano radunati, si avvicinarono ai samaritani ed cominciarono ad
esporre loro quanto sapevano di Me.
Il Signore
viene riconosciuto ed accolto con fede dai samaritani.
Scena tra i
sichariti e la donna del pozzo di Giacobbe.
Suo discorso sulla
vera onorificenza: l’amore al Signore.
(Giov.4,
39-42)
(V.39) Ora molti dei
samaritani di quella città credettero in Lui, a motivo delle parole che la
donna aveva attestato: «Egli mi ha detto tutte le cose che ho fatto».
1. Si andò avanti così fino a sera, e molti di quelli che erano venuti
dalla città credettero in Me, soprattutto per la testimonianza della donna che,
con ardenti parole, aveva raccontato ai concittadini come le avessi dimostrato
di conoscere tutto ciò che lei aveva fatto e che le era accaduto fino a quel
momento. Molti altri credettero, invece, grazie alla testimonianza che i
discepoli davano di Me. Ma i samaritani, che si erano avvicinati a Me,
acquistarono una fede talmente stabile da essere in grado di comprendere le Mie
parole.
2. E tra essi quelli che conoscevano bene le Scritture dicevano:
«Costui parla come Davide, che nei suoi Salmi dice: «Gli statuti del Signore
sono giusti e rallegrano il cuore; i comandamenti del Signore sono puri ed
illuminano gli occhi! Il timore del Signore è puro e rimane in eterno, i
giudizi del Signore sono verità e sono tutti quanti giusti. Sono più
desiderabili dell’oro, anzi più di una grande quantità d’oro finissimo e più
dolci del miele, anzi di quello che stilla dai favi. Io prendo piacere nel fare
la Tua Volontà, Signore, se la Tua Legge ce l’ho nel cuore. Io voglio predicare
la Tua Giustizia nella grande comunità. Vedi, Signore, non voglio farmi tappare
la bocca, Tu lo sai, Signore. Io non nascondo la Tua Giustizia nel mio cuore.
Io narro la Tua Verità e la Tua Salvezza, non celo la Tua Benignità, né la Tua
Verità nella grande comunità». Noi dunque sappiamo e la nostra testimonianza è
pervasa di verità e di forza che Chi parla ed opera così come ha parlato ed
agito Davide dinanzi al Signore ed in Suo Nome, è veramente il Messia promesso.
Ora, dopo Davide, non c’è stato nessuno che abbia parlato ed agito così, se non
Costui, quindi Egli è infallibilmente il Cristo, l’Unto del Signore fin
dall’eternità. Noi dobbiamo pienamente accettarLo per Tale!».
(V.40) Dunque, quando i
samaritani vennero da Lui, Lo pregarono di restare con loro ed Egli vi rimase
due giorni.
3. Dopo che i samaritani ebbero discusso sul Mio conto per parecchio
tempo, si avvicinarono a Me con profondo rispetto e Mi pregarono di prendere
dimora presso di loro. Poi dissero: «Signore, Tu che sei veramente il Cristo e
visto che Ti abbiamo perfettamente riconosciuto come Tale, rimani con noi,
perché a Gerusalemme non troverai certamente una buona accoglienza. Al
contrario, là troverai incredulità e persecuzioni di ogni tipo! Tu sai bene che
non c’è creatura peggiore del fariseo, che abiti sia la terra che il mare di
questo vasto mondo. Invece qui da noi troveresti l’accoglienza che spetta a
Colui del Quale profetizzarono Mosè, Davide e i Profeti!»
4. Io però feci loro osservare: «Miei cari amici di Sichar! È con vera
gioia che noto come abbia ben raccolto sui vostri campi, ma non è opportuno che
Mi trattenga presso coloro che ormai sono guariti, mentre altrove gli infermi
sono in gran numero! Tuttavia posso trattenerMi con voi due giorni, ma il terzo
riprenderò il Mio viaggio e scenderò in Galilea».
(V.41) E molti di più
credettero in Lui per la Sua Parola.
5. Allora molti altri, che prima non erano sembrati inclini a credere
in maniera assoluta, udendo le Mie parole, si avvicinarono anch’essi e
confessarono la loro fede, irremovibilmente salda. Nel frattempo era giunta
anche la donna, con addosso le sue migliori vesti. Pure lei volle prendere
parte al colloquio e tra le altre cose a quelli che avevano creduto disse:
«Ebbene, miei cari amici, spero che adesso sarò onorata presso di voi, poiché
fui io a indicarvi per prima la via che conduce qui, quando scherzando mi
chiedeste dove fosse scoppiato l’incendio!».
(V.42) E alla donna dicevano:
«Noi non crediamo più per le tue parole, poiché noi stessi L’abbiamo udito e
sappiamo che Costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo».
6. Allora i samaritani risposero: «Poiché il Signore ti ha accolta prima
di noi, puoi stare certa che ti onoreremo come si usa fare a Sichar. Però sappi
che noi non crediamo più per le tue parole, perché noi stessi Lo abbiamo udito
ed abbiamo riconosciuto che Questi è veramente il Cristo, il Salvatore del
mondo! Perciò, le tue parole non ci potranno rendere più credenti di quanto già
lo siamo! Nondimeno vogliamo, com’è giusto, renderti il dovuto onore, purché in
avvenire tu non abbia più a peccare!»
7. Risponde la donna: «Io non ho mai peccato tanto quanto, purtroppo,
voi avete sempre pensato! Secondo le leggi, prima che mi sposassi il mio corpo
non fu mai toccato da nessun uomo, e quando mi sono maritata ho sempre vissuto
così come si addice ad una moglie. Io non sono colpevole se fui sterile e se
ognuno dei miei cinque legittimi mariti morì poco tempo dopo aver avuto
rapporti carnali con me. La colpa al massimo è di coloro da cui ho ricevuto
questo corpo non adatto all’uomo. Pertanto, dopo essere rimasta vedova per la
quinta volta, immersa nel dolore più profondo, decisi di non unirmi più a
nessun uomo. Ma dopo alcuni anni, come vi è noto, venne a Sichar un medico, che
giovandosi di erbe medicinali, oli ed unguenti, operò molte guarigioni. Fu
allora che anch’io mi recai da lui, spinta com’ero dal mio stato di sofferenza,
e gli chiesi se fosse stato possibile aiutarmi.
8. Ed egli, dopo avermi attentamente osservata, mi disse: “Donna! Darei
non so che cosa pur di poterti aiutare, poiché i miei occhi mai videro una
donna così bella!
Ma anche se non posso sanarti completamente, posso però lenire i tuoi
mali!”. Così, egli venne nella mia povera casa, mi procurò dei farmaci che
contribuirono realmente a calmare i miei dolori e si prese cura di me. Inoltre
egli non si è mai avvicinato al mio corpo ammalato con intenzioni disoneste,
come falsamente credete!
9. Però davanti a Dio sono, come voi tutti, sempre una peccatrice, ma
in confronto a voi non credo di essere quella grande e grossolana peccatrice
che pensate! E se le mie parole vi suonano strane, chiedetelo a Colui che mi
dimostrò di conoscere tutta quanta la mia vita e che ora siede al pozzo di
Giacobbe. Egli stesso vi dirà fino a che punto e in che misura io meriti ancora
di essere considerata una pubblica peccatrice!»
10. Perplessi, i samaritani si guardano l’un l’altro e dicono alla
donna: «Via, via, non te la prendere, non fraintendere le nostre parole. Ecco,
noi vogliamo che tu sia annoverata fra i benemeriti abitanti di Sichar, così da
diventare una persona onorata. Sei soddisfatta?»
11. La donna risponde: «Oh! Non preoccupatevi per l’onore di una povera
donna! Ho già avuto il più grande degli onori!»
12. Osservano a loro volta i samaritani: «Quando l’hai avuta questa tua
parte di gloria? Ignoriamo completamente che tu abbia ricevuto un’onorificenza
in città! Allora chi te l’ha conferita?»
13. La donna, con lacrime di vero amore e riconoscenza, accennando a
Me, risponde: «Ecco la Persona dalla Quale l’ho avuta! Lui solo è ora tutto il
mio decoro, che né voi né il mondo intero possono darmi né togliermi! Infatti Lui stesso me l’ha dato e da Lui l’ho ricevuto! Lo
so bene di non essere assolutamente degna di ricevere onore da Colui che è il
Signore della Gloria. Egli però me lo ha concesso prima di voi e prima di voi
lo ricevetti, avendovi dato Sue notizie prima ancora che voi sapeste qualcosa
di Lui. Vedete, ciò che ho avuto prima di voi, non me lo avete dato voi e
adesso che ce l’ho già, voi non potete più togliermelo. Questa è la vera
onorificenza, che ha valore eterno. Il vostro riconoscimento, invece, ha solo
valore temporaneo e vale solo per Sichar. Di questi vostri onori posso
benissimo fare a meno, quando ne ho uno che ha valore eterno! Spero che ora vi
sia chiaro come e da dove ho avuto il più grande degli onori»
14. Rispondono i samaritani: «Hai forse dei meriti particolari, se il
caso ha voluto che, uscendo prima di noi, tu incontrassi il Cristo? Adesso Lo
abbiamo trovato pure noi, e Lo lodiamo e Lo acclamiamo nei nostri cuori come
fai tu. Egli ha promesso anche a noi che avrebbe dimorato due giorni nella
nostra città. Se le cose stanno così, come puoi dunque parlare di una
precedenza d’onore e di una preferenza nei tuoi confronti?»
15. Dice la donna: «Miei cari amici di Sichar, se volessi entrare in
discussione con voi, non ne verremmo mai a capo. Vi ho appena esposto la cosa
così com’è, cioè conforme a verità, perciò non intendo spiegarvela una seconda
volta! Parecchi di voi hanno studiato la legge romana, anzi giudicano secondo
quella legge ed affermano che è una legge savia! Ebbene, poiché anch’io
comprendo il romano, è bene che vi rammenti quella legge che dice: “Primo
occupanti jus!” (Diritto al possesso a
chi se ne è impadronito per primo”). Perciò, poiché sono stata la prima a
venire, non potete togliermi questo diritto».
16. I samaritani, udendo ciò tacquero, non sapendo cosa rispondere alle
ragioni della donna, poiché lei li aveva colpiti nel loro lato debole e non
sapevano cosa ribattere. Infatti essi, a causa dei giudei, erano molto amici
dei romani ed apprezzavano sommamente la sapienza e l’ordine della legge di
Roma. E poiché la donna aveva richiamato questa legge, non poterono fare altro
che starsene zitti.
17. Va notato, e non ci si meravigli, che la donna era buona
conoscitrice della lingua romana, infatti i samaritani, per distinguersi
maggiormente dai giudei, parlavano quasi correntemente romano e a volte anche
greco.
Scena
deliziosa tra il Signore e la donna, nella cui casa Egli vuole albergare.
Discorso del
Signore ai samaritani. Il Signore guarda il cuore, mentre gli uomini
l’esteriore. L’onore della donna del pozzo di Giacobbe.
1. Intanto si era già fatta sera e quelli che erano venuti dalla Giudea
con Me, essendo stanchissimi, avevano dormito tutto il pomeriggio. Si risvegliarono
uno dopo l’altro, stupendosi che fosse già tardi e Mi chiesero cosa si sarebbe
dovuto fare, se cercare un asilo per la notte, oppure approfittare delle
fresche ore notturne per proseguire il cammino.
2. Io risposi loro: «Anche se gli uomini dormono, il Signore tuttavia
veglia ed Egli ha cura di tutto e coloro che sono con Lui non hanno altro
compito che quello di rimanere presso di Lui. Dunque alzatevi, andremo in
questa città dei samaritani! Là troveremo dove albergare convenientemente. Ecco,
la donna, che stamani Mi ha negato l’acqua, possiede una casa spaziosa e credo
che non si rifiuterà di ospitarci per un paio di giorni!»
3. Udendo le Mie parole, la donna, piangendo di gioia e d’amore, si
prostra ai Miei piedi e dice: «O Signore, mio Salvatore, come posso meritare
questa grazia, io povera peccatrice?»
4. Io le rispondo: «Tu Mi hai accolto nel tuo cuore, che è enormemente
più prezioso della tua casa, allora Mi accetterai anche come ospite nella tua
dimora naturale, che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe insieme a
questo pozzo. Come vedi siamo in molti; perciò, per due giorni, avrai molto da
fare e di che occuparti, ma alla fine ne trarrai grandissimo vantaggio!»
5. Dice la donna: «Signore, foste pure numerosi dieci volte di più, vi
ospiterei lo stesso presso di me, fino a quando lo permettano i miei mezzi! La
mia casa, anche se è qua e là piuttosto cadente, ha molte stanze decenti e,
anche se non ho grandi possibilità, sono pure arredate abbastanza bene. La casa
è abitata solo da me, dal mio medico e da alcuni suoi servitori. Ma, o mio
Signore, come potrei ospitarTi in questa casa, che è Tua? Infatti Tu solo ne
sei il vero Padrone, vantando su di essa diritto più antico! Vieni perciò,
Signore, ed entra nella Tua casa! D’ora in poi essa Ti appartiene in assoluto e
sarà sempre Tua, con tutto ciò che essa contiene!»
6. Io le rispondo: «Donna, la tua fede è grande e il tuo cuore pieno
d’amore, perciò anche tu sarai annoverata tra i Miei discepoli, ed ovunque sarà predicato questo Vangelo, il tuo nome sarà
menzionato in eterno!»
7. Questo sorprese e fece un po’ arrabbiare i samaritani, e parecchi di
loro si avvicinarono a Me e dissero: «Signore, anche noi abbiamo delle case, e
sarebbe stato più opportuno che Tu avessi preso alloggio da noi! Infatti, vedi,
la casa di questa donna ha una pessima reputazione presso di noi, ed è più una
rovina che una casa!»
8. Io faccio loro osservare: «È da tre ore che siete con Me, avete
anche conosciuto Chi sono Io e si è già fatta sera, però poco fa nessuno di voi
si è offerto di ospitarMi insieme ai Miei discepoli, anche se ho dato ascolto
alla vostra preghiera e vi ho promesso di fermarMi un paio di giorni nella
vostra città.
9. Io però scrutai attentamente il cuore di questa donna e notai in lei
l’ardente desiderio di averMi come ospite! Quindi non fui Io a chiedere
ospitalità in casa di questa donna, ma lo chiedeva il suo cuore. E poiché lei
non osava esprimersi apertamente davanti a voi, Io venni incontro a questo
cuore e gli chiesi che Mi desse ciò che desiderava offrirMi con ardente amore,
vivo desiderio e disponibilità!
10. È per questa ragione che accetto di stare in casa di questa donna
per due giorni interi! E beato chi non si scandalizzerà di Me per questo!
11. Io però vi dico: “Come si semina, così si raccoglie; chi semina con
avarizia, avrà uno scarso raccolto, ma chi semina con dovizia, ne avrà uno
abbondante”. Finora nessuno di voi ha offerto qualcosa a Me o ai Miei
discepoli. Questa donna invece Mi ha subito fatto dono di ogni suo avere! Chi
di voi può dire di aver fatto altrettanto? È forse ingiusto renderle onore di
fronte a voi tutti? Perciò Io vi dico che chi per questo motivo litigherà con
lei, ne subirà le conseguenze in questo mondo!»
12. Ovviamente ciò irrita i samaritani, che si guardano sorpresi, ma si
controllano subito e Mi pregano di permettere loro di farMi visita il giorno
dopo.
13. Io rispondo: «Io non vi invito e neanche vi obbligo. Coloro che
liberamente vogliono venire da Me, non troveranno le porte chiuse, anzi avranno
libero accesso a Me. Dunque, chi vuole venire, venga, e chi vuole rimanersene a
casa propria, rimanga, poiché Io non costringo né giudico nessuno!».
14. A queste Mie parole i samaritani si alzarono e andarono in città.
Io però rimasi ancora un po’ vicino al pozzo e la donna dissetò con la sua
brocca tutti coloro che avevano sete tra quelli che erano con Me.
Avvenimenti
miracolosi in casa della donna. Scena tra la donna e i mosaisti samaritani. Questi
tentano di infamare Gesù, ma sono giustamente puniti.
Relazione del
medico e risposta del Signore.
1. Intanto il suo medico, che l’aveva accompagnata, se ne ritornò di
corsa a Sichar, per allestire in tempo, con l’aiuto dei suoi servi, le migliori
stanze e preparare una cena possibilmente abbondante. Però, quando arrivò in
casa, rimase molto meravigliato vedendo come tutto fosse quasi in perfetto
ordine come lui voleva fosse fatto. Allora, soddisfatto e felice, chiese alla
sua gente chi avesse loro impartito gli ordini necessari. Ed essi gli
risposero: «Un giovane dal bellissimo aspetto è venuto qui e ci ha detto con
dolcissima voce: “Fate questo, perché il Signore, che sta arrivando in questa
casa, ne ha bisogno!”. Quando abbiamo udito questa meravigliosa notizia,
lasciammo da parte ogni altro lavoro per eseguire ciò che ci aveva ordinato
quell’insolito giovane. Come vedi, tra poco sarà tutto in perfetto ordine»
2. Il medico, stupefatto, domandò: «Dov’è questo mirabile giovane?». I
servitori gli risposero: «Non sapremmo dirtelo, perché, dopo averci impartito
questi ordini, ci lasciò in maniera talmente rapida, che non potemmo vedere da
che parte se ne fosse andato». Allora il medico disse: «Non importa, continuate
pure il vostro lavoro, poiché su questa casa oggi è scesa una grande
benedizione e voi tutti ne sarete partecipi!»
3. Dopo egli uscì di casa e ci venne di nuovo incontro in gran fretta,
per riferirMi come tutto fosse già stato allestito.
4. Strada facendo, però, si imbatté in alcuni ultra-mosaisti che,
fermatolo, gli dissero: «Amico, non è bene correre così di sabato. Non sai per
quali e quante cose può venire profanato il giorno sacro a Jehova?»
5. Il medico risponde loro: «Voi, adoratori della lettera della Legge
che ci diede Mosè! Voi ritenete che sia peccato correre di sabato, anche se il
sole è ormai già tramontato e non rimane quasi più che uno scorcio di questo
giorno; però ditemi: “Quando di sabato voi profanate le vostre donne e le
vostre serve e commettete con loro ogni forma di impudicizia, fornicazione ed
adulterio, come chiamate tutto ciò?”. Mosè ha forse mai dato un simile
comandamento per celebrare il sacro giorno di Jehova?». I samaritani
rispondono: «Per le parole che hai detto oggi, se non fosse sabato, ti avremmo
lapidato! Questa volta siamo indulgenti!». Aggiunse il medico: «Bene, bene; le
vostre parole e i vostri sentimenti si adattano proprio all’epoca attuale, nel
momento in cui il Messia a lungo promesso si trova alle porte di Sichar e
mentre Gli vado incontro per riferirGli che nella Sua casa tutto è già pronto
per il Suo ricevimento! Non avete udito ancora nulla di tutto ciò che è
successo fuori delle porte della città?»
6. Dicono i mosaisti: «Sicuramente! Noi abbiamo saputo che vicino al
pozzo di Giacobbe si è accampata una carovana di giudei e che uno di loro,
probabilmente il capo-carovana, vuole farci credere che egli sia il Cristo! Ma
questo fatto dimostra - e tu che sei un medico dovresti saperlo - che i giudei
tramano qualcosa contro di noi e che essi stanno tentando, appunto, di mandare
in porto il loro tranello prendendo di mira noi, che siamo ritenuti degli
stupidi! Che bel Messia avremmo trovato! Credi forse che non conosciamo chi è
lui? Non siamo forse anche noi di Galilea e vostri compagni di fede, secondo la
legge di Mosè? Perciò, poiché siamo anche noi della Galilea, conosciamo molto
bene questo nazareno, figlio di un carpentiere. Dacci retta, costui, venutogli
a noia il lavoro, è diventato un vile strumento nelle mani dei farisei ed ora,
con l’aiuto di una qualche magia appresa chissà dove, tenta di spacciarsi per
il Messia! E pensare che vi sono ancora degli asini e buoi della tua specie che
si prestano volentieri al gioco, credendo ciecamente alle sue seducenti parole!
Si dovrebbe invece acciuffarli tutti e cacciarli oltre il confine con una buona
dose di legnate, così come si conviene al fango e all’immondizia!»
7. Esclama il medico: «O ciechi! In casa mia gli angeli di Dio Lo
attendono e per Lui hanno portato dai Cieli cibi, bevande e giacigli; e voi vi
permettete di parlare così! Che il Signore vi castighi!»
8. Appena il medico pronuncia queste parole, dieci dei mosaisti
divengono subito muti, tanto che nessuno di essi può più parlare per tutta la
durata dei due giorni della Mia permanenza a Sichar. Il medico però li lascia e
si affretta a venirMi incontro.
9. RaggiuntoMi, Mi dice: «La Tua casa, o Signore, è bene allestita!
Tutto si è svolto in maniera meravigliosa, ma strada facendo ho incontrato dei
miscredenti che si davano da fare a parlare male di Te. Le loro grida però non
durarono a lungo, poiché il Tuo angelo li percosse sulla bocca e tutti loro,
tranne due, diventarono all’improvviso completamente muti. I due risparmiati
dal castigo, presi da forte spavento, si diedero alla fuga. Tutto ciò, o
Signore, è accaduto nell’arco di solo mezz’ora!»
10. Io gli rispondo: «Fatti coraggio, questo doveva succedere affinché
coloro che già credono nel Mio Nome non fossero distolti dalla loro fede! Ma è
ora di incamminarci e tu, Mia cara samaritana, non dimenticare la tua brocca!»
11. La donna, allora, attinge nuovamente dell’acqua fresca per portarla
in casa. Così trascorse quella mezza giornata fuori di Sichar al pozzo di
Giacobbe e qui vi si fece un raccolto abbastanza ricco.
Istruzioni del Signore all’evangelista Giovanni sulle
cose che devono essere annotate per iscritto. Il Signore e i Suoi nella vecchia
casa di Giuseppe in Sichar. Preparativi degli angeli per accogliere la santa
Compagnia. La relazione tra Dio Padre e
Dio Figlio.
1. Prima di metterci in cammino, il Mio discepolo Giovanni Mi rivolse
la parola dicendo: «Signore! Se Tu volessi, potrei, questa stessa notte,
mettere per iscritto tutto quello che è qui accaduto!»
2. Gli faccio osservare: «Non tutto, fratello Mio, ma solo ciò che
espressamente ti dissi di scrivere! Perché, se tu volessi annotare tutto ciò
che è già accaduto o che accadrà qui nei prossimi due giorni, riempiresti i
molti papiri che porti con te. Chi potrebbe leggere tutto ciò? E chi
comprenderebbe? Basta che nei fogli tu prenda nota solo dei principali
avvenimenti, così come ti vengono indicati secondo la
loro vera rispondenza. Coloro che sono davvero onesti e saggi sapranno da se
stessi appurare, nel Mio Nome, tutto quello che è avvenuto qui e perché è
avvenuto. In questo modo tu ti risparmi una così grande ed inutile fatica. Così
potrai eseguire il tuo lavoro più facilmente e rimarrai per sempre il primo
scrivano delle Mie Dottrine e delle Mie Opere».
3. Allora Giovanni, commosso, Mi bacia sul petto, ed insieme alla
samaritana e al medico ci mettiamo in cammino per la città. A notte inoltrata
arriviamo alla casa di Giuseppe.
4. Quando entriamo nell’edificio realmente grande, la samaritana
assiste ad uno spettacolo straordinario, ammirando con meraviglia lo sfarzo e
lo splendore dei preparativi allestiti per riceverMi! Un buon numero di mense
perfettamente imbandite e contornate da ricche sedie non attendono che i
commensali. Delle lampade di metallo prezioso, scintillanti, disposte su ogni
mensa, illuminano l’ambiente con la loro viva luce. Superbi tappeti ricoprono
tutto il pavimento e perfino le pareti sono simmetricamente ricoperte di
tappeti fioriti. Sulle lusinghiere mense sfavillano, agli occhi degli invitati,
delle coppe di finissimo cristallo, già colme di delizioso vino!
5. La donna, immersa nel più profondo stupore, non riesce a
raccapezzarsi e, dopo aver lungamente contemplato quella scena, esclama:
«Signore, cosa hai fatto? Hai forse incaricato i Tuoi discepoli di preparare di
nascosto tutto ciò? Ma dove hanno preso tutte queste cose? Conosco quello che è
in casa, certamente non ho oggetti d’oro né d’argento, mentre qui tutto
trabocca di questi metalli! Una coppa di cristallo simile a questa non l’ho mai
vista prima, qui invece ce ne sono a centinaia, ognuna delle quali vale almeno
trenta denari. E questo vino, questi cibi, questa frutta e il bel pane e questi
preziosi tappeti, che costano certamente più di cento grossi d’argento ognuno!
Povera me! Dimmi, o Signore, tutte queste meraviglie le hai portate qui Tu o
sono state prese in prestito da qualche luogo di questa città?»
6. Io le rispondo: «Vedi, amata donna, quando stavamo al pozzo hai
affermato che questa casa appartiene a Me ed Io l’ho accettata in regalo. E
poiché ora questa casa è Mia, per averla ricevuta in dono da te, non era bello
accogliere la Mia benefattrice in un ambiente disadorno! Di solito si dice che
una mano lava l’altra; ugualmente, nel nostro caso, si può affermare che un
onore ne esige un altro! Tu Mi hai fatto, di tutto cuore, dono assoluto di
questa casa così com’era prima, ora te la rendo così com’è adesso. Credo che
questo scambio ti piaccia. Come vedi anch’Io Me ne intendo un po’ di ciò che è
bello e di buon gusto!
7. Sappi che questa, ed ogni altra cosa che conosco, l’ho appresa dal
Padre Mio! Infatti nella Casa del Padre Mio ci sono infinite stanze, in cui il
bello e il buono si elevano ad altezze incommensurabili, come tu stessa puoi
notare, se osservi attentamente i fiori dei campi, dei quali il più effimero è
adorno in maniera più splendida che non lo stesso Salomone, in tutta la sua
regale magnificenza!
8. Dunque, se il Padre adorna di così tanta bellezza già i fiori, che
per giunta hanno vita breve, quanto più adornerà la Sua Casa che è in Cielo?
Ora, ciò che il Padre fa, lo faccio anch’Io, poiché Io e il Padre siamo, in
essenza, una cosa sola! Chi accoglie Me, accoglie anche il Padre, perché il
Padre è in Me come Io sono nel Padre! Chi dona a Me dona anche al Padre, perciò
ogni cosa che tu Mi darai ti sarà ridata al centuplo! Ecco, ti ho messo al
corrente di tutto.
9. Ora sediamoci e ceniamo, perché molti di noi sono affamati e
assetati. Dopo che avremo ristorato le nostre membra, continueremo a parlare di
questo argomento».
10. Tutti si siedono alle mense e, dopo aver reso grazie, si accingono
a placare la loro fame e la loro sete.
A Sichar.
Narrazione dei servitori sulla trasformazione miracolosa della casa.
Il Signore è
riconosciuto in maniera meravigliosa dalla donna. Il Signore vuole che essa
mantenga il segreto. Le Sue amorevoli cure per Maria. I discepoli contemplano i
Cieli. Esemplare confessione di Natanaele. Il Signore ammonisce di tenere il silenzio
sul celeste mistero.
1. Terminata la cena, la donna si avvicina nuovamente a Me, ma in un
primo momento non ha il coraggio di dirMi niente. Infatti durante il pasto
aveva chiesto in giro ai servitori del medico qualche chiarimento su come era
avvenuta tutta quella trasformazione, ed i servitori le avevano risposto: «Cara
padrona, Dio sa sicuramente come sono andate le cose! Noi abbiamo contribuito
molto poco; il nostro padrone poi niente affatto, perché quando giunse qui
tutto era già in perfetto ordine. Molto tempo prima che il padrone arrivasse,
eravamo intenti a sbrigare le faccende di casa quando, ad un tratto, ci si
presentò un giovane di abbagliante bellezza, che ci disse che dovevamo fare
questo e quello poiché il Signore di questo aveva bisogno. Quindi ci
affrettammo ad eseguire subito l’ordine che questo singolare giovane ci aveva
dato. Ma qui viene il bello! Appena mettevamo mano per eseguire uno dei lavori
assegnatoci, il lavoro stesso appariva improvvisamente già bello e fatto
davanti ai nostri occhi. Perciò noi possiamo solo dirti che qui, con ogni
evidenza, ha operato l’Onnipotenza divina e che quel giovane risplendente
doveva essere un angelo del Signore. Se così non fosse, il fatto non avrebbe
spiegazioni plausibili! Secondo noi, l’Uomo, che era al tuo fianco quando
entrasti in questa sala, deve essere un grande profeta, se le potenze dei Cieli
Gli sono così sottomesse!»
2. Quando la donna udì tutto ciò dai servitori, le venne ancora meno il
coraggio, anzi a malapena riusciva a parlare. Perciò solo dopo aver lungamente
indugiato, lei si avvicinò a Me e a bassa voce Mi disse: «O Signore! Tu sei più
che il Messia promessoci! Senza dubbio sei Colui che ha punito il Faraone, sei
Tu che guidasti gli Israeliti fuori dall’Egitto e che dettasti le Tue leggi sul
monte Sinai, in mezzo ai tuoni e ai fulmini!»
3. Io però la interruppi, dicendole: «O donna! Non è ancora giunta
l’ora di annunciare ciò agli uomini; per il momento tieni queste cose nel tuo
cuore e abbi cura che la moltitudine, che Mi ha seguito dalla Giudea, sia
alloggiata convenientemente nelle stanze da letto! Tu invece rimani qui con me,
come pure il medico e i Miei discepoli, che per ora in tutto sono dieci! E
riserva il letto migliore alla donna che sedeva al Mio fianco e che è la madre
del Mio corpo, affinché possa ben riposare, poiché lei, che non è più giovane,
ha sostenuto un lungo viaggio ed ha bisogno di un
corroborante riposo!»
4. La donna gioisce immensamente udendo che quella persona poco
appariscente è Mia madre e si premura subito di eseguire nel migliore dei modi
il Mio incarico. Intanto Maria, divenuta oggetto delle sue più tenere ed
affettuose cure, la elogia vivamente e le raccomanda ugualmente di attenersi
scrupolosamente alle Mie parole!
5. Quando tutto è tranquillo e nella grande sala da pranzo presso di Me
si trovano solo la donna, il medico e i Miei discepoli, Io dico ai discepoli:
«Vi ricordate come a Bethabara, in Galilea, Io vi accolsi come Miei discepoli e
vi dissi: “D’ora innanzi voi vedrete i Cieli aperti e gli angeli di Dio
scendere su questa Terra”? Ecco, tutto ciò si sta compiendo alla lettera di
fronte ai vostri occhi. Le cose che qui vedete, tutti i cibi e le bevande che
vi sono state offerte non sono di questa Terra, ma provengono dal Cielo, da cui
gli angeli di Dio le hanno portate. Aprite dunque i vostri occhi, affinché
possiate vedere la moltitudine di angeli che sono qui pronti a servirMi!»
6. Allora gli occhi dei presenti furono aperti ed essi videro legioni
di angeli al Mio servizio scendere dai Cieli, poiché, nel momento in cui i loro
occhi spirituali furono aperti, le pareti della casa erano scomparse, ed ecco
che i Cieli si aprirono!
7. Natanaele, in estasi, esclama: «Sì, o Signore, Tu sei fedele e vero!
Ciò che Tu dicesti si è appena meravigliosamente adempiuto! In verità, in
verità, Tu sei il Figlio del Dio Vivente! Con Abramo Dio comunicò per mezzo dei
Suoi angeli. Giacobbe vide in sogno una scala, che gli angeli salivano e
scendevano, però egli non vide Jehova, ma solo un angelo che sulla mano destra
portava scritto il Nome di Jehova, e poiché Giacobbe lottò con lui per
stabilire se fosse Jehova, quell’angelo toccò così fortemente la giuntura della
coscia di Giacobbe che questi se ne andò zoppicando! Anche Mosè parlò con
Jehova, ma non vide altro che fuoco e fumo, poiché, a causa del passaggio di
Jehova, dovette nascondersi in una grotta e non poté alzare lo sguardo fino a
che Questi non fosse passato. E quando Jehova fu passato, alzò lo sguardo, ma scorse
solo la schiena di Jehova e si coprì la faccia con un triplice velo, perché lo
splendore era più forte di quello del sole e nessuno poteva contemplarLo senza
morirne! Successivamente solo Elia intravide Jehova che procedeva in un dolce
aleggiar di vento! Ma ora Tu stesso sei qui»
8. A questo punto Io interrompo Natanaele e gli dico: «Basta, fratello
Mio! L’ora non è ancora giunta! Soltanto ad un’anima come la tua, pura ed
esente da ogni falsità e ipocrisia, è dato di poter contemplare queste cose. Tienile
dunque in te finché non ne sia giunto il momento! Vedi, non tutti quelli che Mi
seguono sono come te.
9. E questa donna, che prima non era come te, adesso lo è, quindi anche
lei ha capito quello che tu hai appena detto. Ma non è ancora venuto il tempo
in cui la cortina del Tempio si fenderà in due; quando esso giungerà, verrà tolto del tutto il velo che copre la sfolgorante
faccia di Mosè!»
A Sichar –Il Signore informa Giovanni
che non tutto si presta ad essere annotato –Promessa dell’attuale Rivelazione.
«Basta che tu creda e che Mi ami!» – Il Messia e il Suo Regno – Parole di
benedizione al medico e alla donna –. Joram ed Irhaele vengono congiunti in
matrimonio dal Signore – Il Signore non dorme.
1. Giovanni allora Mi chiede: «Signore, ma io devo prendere nota di
tutto ciò! Questo è molto più importante del miracolo di Cana e testimonia
apertamente da dove Tu sei venuto!»
2. Io gli dico: «Puoi tralasciare anche queste cose, poiché quello che scriverai,
sarà solo una testimonianza per il mondo. Questo non ha sufficiente capacità di
comprendere queste cose! A che cosa gioverebbe allora la tua fatica? Pensi
forse che il mondo presterebbe fede a simili fatti? CrediMi, coloro che sono
qui, credono, perché vedono. Il mondo invece, che vive nelle tenebre, non
potrebbe mai convincersi che qui siano realmente accadute cose simili. Alla
notte, infatti, è del tutto impossibile concepire le opere della luce. E anche
se tu volessi descrivere al mondo le opere della luce, esso ti riderebbe in
faccia e tu saresti oggetto delle sue beffe. Avvenga quindi che in futuro tu
prenderai nota solo di quello che Io farò apertamente di fronte a tutto il
mondo, ma quello che Io faccio in segreto, per quanto grande sia, scrivilo solo
nel tuo cuore e non sulla liscia pergamena!
3. Ma verrà il tempo in cui tutte queste cose, rimaste segrete, saranno
rivelate al mondo; ma prima che ciò avvenga molti saranno ancora gli alberi che
dovranno lasciar cadere la frutta acerba dai loro rami! È vero, gli alberi
fruttificano abbondantemente, ma solo una terza parte dei frutti giunge a
maturazione! Gli altri due terzi dovranno prima cadere, essere calpestati, poi
si seccheranno e marciranno, finché la pioggia non li dissolverà e un possente
vento li sospingerà nel loro tronco alla seconda nascita!»
4. Giovanni risponde: «Signore! Ciò è troppo profondo, chi può
comprenderlo?»
5. Io gli dico: «Non è necessario per ora che tu comprenda; basta che
tu creda e che Mi ami. La comprensione profonda di tutte queste cose verrà nel
giorno in cui lo Spirito di Verità sarà sparso su di voi. Ma prima che ciò
accada, molti di voi, malgrado tutti questi segni, si scandalizzeranno di Me e
del Mio Nome!
6. Infatti avete ancora una falsa comprensione del Messia e del Suo
Regno, e passerà ancora molto tempo prima che possiate comprenderLo.
7. Il Regno del Messia non sarà un regno di questo mondo, ma un eterno
Regno dello Spirito e della Verità nel Regno del Padre Mio, ed esso non avrà
fine, perché durerà per i secoli dei secoli! Chi è accolto in questo Regno avrà
vita eterna, una felicità mai vista prima, mai udita né sentita nel cuore,
neanche in minima parte!»
8. A questo punto Pietro, che era rimasto a lungo tempo in silenzio,
interviene dicendo: «Ma chi sarà mai degno di tanta beatitudine?»
9. Io gli rispondo: «Amico Mio, oggi si è già fatto tardi e i nostri
corpi hanno bisogno di riposo per riprendere domani il lavoro con più vigore!
Chiudiamo quindi l’odierna giornata ed attendiamo ciò che succederà domani.
Perciò ognuno vada nella stanza che gli è stata assegnata e si riposi
convenientemente, perché domani avremo molto da fare!»
10. Appena finisco di parlare, tutti vengono
ricondotti al loro stato naturale e ricompaiono davanti ai loro occhi le pareti
della sala, lungo le quali sono disposti magnifici letti di riposo. Allora i
discepoli, alcuni dei quali molto stanchi, rendono grazie e vanno subito a
coricarsi.
11. Solo Io, il medico e la donna rimaniamo ancora svegli. Quando i
discepoli si addormentano profondamente, i due si prostrano ai Miei piedi e Mi
ringraziarono di cuore per l’indicibile grazia che ho concesso sia a loro che
all’intera casa. Mi supplicarono anche di permettere loro di unirsi a Me e di
seguirMi.
12. Io rispondo: «Per la vostra felicità ciò non è necessario, perché
se volete seguirMi, basta che lo facciate nel vostro cuore! D’altra parte è
necessario che Mi siate testimoni in questo paese, poiché fra breve sorgeranno
degli scettici, ed essi verranno da voi. Allora sarà vostro compito rendere
buona testimonianza di Me!
13. E tu, Mio amato Joram, sarai d’ora in poi un medico perfetto e a
chiunque avrai imposto le mani nel Mio Nome, quel malato migliorerà, per quanto
grave possa essere il suo male. Ora però dovete unire le vostre due vite con un
vincolo indissolubile, perché la vostra attuale forma di convivenza è di
scandalo ai ciechi che osservano soltanto l’esteriorità delle cose e non hanno
la minima idea di ciò che è interiore.
14. Tu, Joram, non devi ormai più temere Irhaele, il cui corpo e la cui
anima sono ora perfettamente sani. E tu, Irhaele, troverai in Joram un uomo
venuto dai Cieli. Sii perfettamente felice con lui, poiché non è uno spirito di
questa Terra, ma viene direttamente dall’Alto!»
15. Esclama la donna: «O Jehova, quanto sei buono! Ma quando vuoi che
venga celebrata la nostra unione davanti agli occhi del mondo?»
16. Io le dico: «Io vi ho già uniti e soltanto questo legame ha valore
sia nel Cielo che sulla Terra, perciò, in verità vi dico: “Dal tempo di Adamo
fino ad oggi non vi è mai stata su questa Terra un’unione più perfetta di
quanto lo sia ora la vostra! Infatti Io stesso ho benedetto il vostro legame”.
17. E domattina, quando verranno qui in gran numero i sacerdoti insieme
ad altre persone e ai cittadini di questa città, annunciate che voi siete ora
sposati davanti a Dio e davanti a tutto il mondo! E se avrete dei figli,
allevateli nella Mia Dottrina e battezzateli nel Mio Nome, così come faranno
domani i Miei discepoli con la moltitudine. Questo è il modo con cui battezza
Giovanni sul Giordano, del quale avrete certamente sentito parlare. Così domani
darò pure a te, o Mio Joram, il potere di battezzare chiunque crederà nel Mio
Nome.
18. Ora andate a riposarvi, ma finché Io rimarrò in questa casa, per
ragioni di educazione, non accostatevi l’uno all’altro! E durante questo tempo
non preoccupatevi del mangiare e del bere, perché fino a quando dimorerò in
questa casa, i cibi e le bevande ci saranno portati dall’Alto. Non dite ancora
a nessuno come ciò avvenga, perché gli uomini non lo comprenderebbero! Quando
sarò partito, potrete chiarire queste cose ai più illuminati. Andate dunque a
riposarvi, Io invece rimarrò qui a vegliare da solo! È necessario infatti che
il Signore non dorma né riposi, poiché il Suo sonno e il Suo riposo sarebbero
la morte e la rovina degli esseri! Perciò, anche se tutto il mondo dormisse,
tuttavia, il Signore veglierebbe per la loro conservazione».
19. Dopo queste parole, entrambi rendono grazie e si ritirano per
riposare, ognuno nella propria stanza. Io però rimango seduto sulla Mia sedia
fino al mattino dopo.
IL PRIMO DEI DUE
GIORNI A SICHAR, CITTÀ DELLA SAMARIA
Canto mattutino
dei sacerdoti a Sichar – Il Signore li indirizza al monte.
Vocazione di
Matteo come evangelista e apostolo – Sulla natura dei sogni.
1. La mattina presto, al sorgere del sole, si presentarono davanti alla
casa di Irhaele un gran numero di sacerdoti che, vista la vicinanza del monte
sacro (Garizim), dimoravano a Sichar. Ad un tratto, sorse un gran clamore;
infatti, quel gruppo di gente andava gridando: «Osanna, Osanna e salve a Colui
che è venuto nel Nome della Gloria di Dio! Arrestati, o sole, e tu, o luna,
fermati, finché il Signore di ogni Gloria non abbia percosso ed annientato con
la Sua possente Destra tutti i Suoi nemici, che sono pure nostri nemici!
Risparmia solo i romani, o Signore, perché essi ci sono amici e ci proteggono
dagli ebrei, che non sono più figli di Dio, ma di Belzebù che essi invocano
come loro padre, nel Tempio che Salomone Ti ha innalzato. Hai fatto bene, o
Signore, a venire tra i Tuoi autentici figli, che hanno creduto alle Tue
promesse ed ansiosamente Ti hanno atteso fino a questo momento. Lo sappiamo che
tu provieni dalla Giudea, perché è scritto che la salvezza verrà dalla Giudea.
Noi però abbiamo anche udito che quando Ti trovavi nel Tempio di Gerusalemme,
hai percosso gli ebrei con delle fruste ed hai rovesciato i loro tavoli! O
Signore, Tu hai agito molto bene, perciò tutti i Cieli Ti loderanno con salmi,
trombe e cetre! Noi abbiamo sempre sostenuto che, se Tu passavi di qui, non
saresti andato oltre senza fermarTi nel luogo sacro dal quale Daniele, Tuo
profeta, preconizzò la caduta e la distruzione di Gerusalemme! Da questo stesso
luogo Tu, o Signore, annuncerai la salvezza ai Tuoi popoli! Sia lodato il Tuo
Nome, osanna nel più alto dei Cieli e venga la salvezza a tutti i figli di
buona volontà!»
2. Questo vocìo, in parte sensato ed in parte fuori luogo, fece
accorrere nelle vicinanze una grande moltitudine di persone e tra queste anche
coloro che il giorno prima Mi avevano incontrato al pozzo e che bramavano
nuovamente di vederMi e di sentire la Mia Parola. Intanto lo strepito e la
moltitudine aumentavano di secondo in secondo, così quelli che erano con Me in
casa si alzarono per vedere cosa stesse succedendo. I primi ad alzarsi furono i
discepoli, che Mi chiesero cosa significasse tutto quel tumulto e se fosse
stato più consigliabile rimanere là o sfuggire a quella dimostrazione.
3. Ma Io dissi loro: «O paurosi! Non sentite come gridano Osanna! Ora
Mi sembra che non sia pericoloso rimanere là dove si grida Osanna!»
4. Allora i discepoli si tranquillizzarono e dissi ancora: «Scendete e
dite loro che facciano silenzio e che vadano sul monte, perché dopo la sesta
ora (cioè poco dopo mezzogiorno) anch’Io, con tutti voi, li raggiungerò e dal
monte annuncerò a tutti la Salvezza. Prendano con sé degli scribi, per annotare
tutto quello che insegnerò dal monte.
5. Tu, Giovanni, non hai bisogno di scrivere queste cose, perché questi
Miei insegnamenti saranno annotati da altri. Per esempio, so che in questo
luogo soggiorna uno scrivano di nome Matteo, anch’esso di Galilea. Egli ha già
scritto certe cose sulla Mia infanzia e, dato che è molto abile e veloce nel
suo lavoro, saprà certamente scrivere tutto quello che udrà e vedrà. Scendete
giù e fatelo venire qui. Basta chiamarlo per nome e vi seguirà immediatamente!
Dite inoltre ai principali sacerdoti e ai cittadini che ieri avete conosciuto
al pozzo, che salgano qui da Me. Ma prima di tutto chiamateMi Matteo, perché
desidero che anch’egli ci segua!»
6. I discepoli scesero rapidamente per strada e fecero quello che avevo
loro ordinato.
7. Mentre però i discepoli, che erano scesi sulla via, erano andati a
sbrigare il loro compito, comparvero nella sala da pranzo tutti gli altri
ospiti, tra i quali anche Maria. Questi Mi salutarono amabilmente e Mi
ringraziarono per quello che avevo operato, narrandoMi sommariamente gli
straordinari sogni, che avevano fatto durante la notte. Essi Mi chiesero poi se
in questi sogni vi fosse qualcosa di vero e di profondo.
8. Io risposi loro: «Tutto ciò che l’anima vede in sogno, corrisponde
perfettamente allo stato dell’anima stessa. Se l’anima vive nel vero e nel bene
che Io vi insegno a credere e a fare, allora essa, anche nel sogno, contempla
il vero e può procurarsi da esso del bene per la vita. Però, se l’anima è
immersa nel falso e di conseguenza nel male, allora essa anche nel sogno vede
cose menzognere, che a loro volta possono generare il male.
9. Ma poiché, secondo la Mia Dottrina, voi Mi seguite e vivete quindi
nella verità, la vostra anima, anche nel sogno, contempla il vero, che potrà
incitarvi a compiere molti benefici.
10. Ma che l’anima riesca a comprendere tutto quello che percepisce in
sogno, questa è tutt’altra cosa. Infatti, come voi non potete cogliere né
comprendere tutto ciò che vedete nel mondo esteriore in cui vivete di giorno,
allo stesso modo neanche l’anima può comprendere tutto ciò che essa contempla
nel suo mondo.
11. Ma quando il vostro spirito sarà rinato, così come annunciai a
Nicodemo a Gerusalemme quando venne a trovarMi di notte, solo allora sarete in
grado di comprendere ogni cosa e di conoscerla perfettamente».
12. Con questa spiegazione tutti furono soddisfatti e si ritirarono.
A Sichar – Scena tra il Signore e Matteo, esattore della dogana
– Il Signore lo istruisce su come annotare la predica sulla montagna – Discorso
e saluto del capo sacerdote – Risposta del Signore – Consigli sulla vita – «Non
l’udire, ma l’operare secondo la Mia Dottrina reca salvezza!» – Colazione
rustica
1. Dopo queste cose, si fa avanti anche la padrona di casa con il suo
nuovo marito. Lei Mi saluta affettuosamente e chiede, sia a Me che all’intera
compagnia, se vogliamo fare colazione, avendola già servita.
2. Io le dico: «Mia cara Irhaele, aspetta ancora un po’. I Miei
discepoli porteranno degli ospiti, che potranno prendere parte alla colazione.
Inoltre, costoro apprenderanno dalla Mia bocca come voi siate ormai
regolarmente uniti in matrimonio. Così si convinceranno che la vostra casa non
è una delle ultime, ma una delle prime della città, poiché ora è ben messa,
tanto all’esterno quanto all’interno ed è per questa ragione che ho stabilito
qui la Mia dimora»
3. Appena finito di parlare, ecco aprirsi la porta della sala e
comparire Pietro, il Mio Giovanni e, tra di loro, Matteo. Questi si prostra
davanti a Me e Mi dice: «Signore, eccomi qui pronto a servire solo Te! In
questa città possiedo un ufficio da scriba e con questo lavoro riesco a
mantenere me e la mia piccola famiglia; però se Tu, o Signore, hai bisogno del
mio operato, allora abbandonerò subito il mio impiego, sapendo, per certo, che
Tu non lascerai perire la mia famiglia!»
4. Dico Io: «Colui che Mi segue, si curi solo di rimanere presso di Me
temporaneamente e in eterno. Ma osserva questa casa: i due proprietari sono
pronti ad ospitare, nel Mio Nome, la tua famiglia e a sostentarla nel migliore
dei modi, ed anche tu, sia di giorno che di notte, troverai qui sempre la
migliore accoglienza»
5. Intanto Matteo, che conosceva l’abitazione quando era più un rudere
che una casa, non finiva di meravigliarsi, ed infine disse: «Signore, qui è
accaduto certamente un grande miracolo! Infatti questa casa era in rovina,
mentre ora sembra un palazzo, difficile da trovarsi perfino in Gerusalemme! Una
simile struttura è in verità regale! Ciò deve essere costato un’ingente somma!»
6. Io gli rispondo: «Se tu hai fermo e chiaro il concetto che a Dio
sono possibili moltissime cose che sembrano impossibili agli uomini, potrai
facilmente capire come questo rudere si sia potuto trasformare in un palazzo!
Ora, parliamo d’altro. Hai con te sufficiente materiale per scrivere?»
7. Matteo dice: «Ne ho abbastanza per due giorni, ma se ne occorre di
più, posso subito andare a procurarmelo»
8. Io gli rispondo: «Quello che hai ti è sufficiente per dieci giorni,
dopo potremo procurarcene dell’altro. Ora resta qui e fai colazione con noi;
poi, all’ora sesta, andremo sul monte, dal quale annuncerò al popolo la
Salvezza. Mentre Io parlerò, tu dovrai scrivere tutto quello che dirò in tre
capitoli, suddivisi in piccoli versetti, alla maniera di Davide. Cerca ancora
uno o due scrivani che possano copiare quello che tu scriverai, affinché in
questo luogo resti una testimonianza scritta!»
9. Matteo dice: «Signore, ogni cosa sarà fatta secondo la Tua Volontà!»
10. Dopo questo necessario colloquio con Matteo, entrano i discepoli
seguiti dai sacerdoti e da altri notabili della città che, umili e commossi, Mi
porgono i loro saluti. Il sommo sacerdote si avvicina ancora un po’ e Mi dice:
«O Signore, hai ricostruito con estrema cura questa casa, affinché fosse degna
di ospitarTi. Anche Salomone costruì il Tempio con grande sfarzo, per farne tra
gli uomini la degna dimora di Jehova. Però gli uomini hanno profanato questa
dimora con i loro innumerevoli abomini, che gridano vendetta al Cielo. Perciò
Jehova abbandonò il Tempio e l’Arca e venne qui da noi sul monte. Come hai
fatto Tu, o Signore, che avendo trovato poca accoglienza in Gerusalemme, sei
venuto da noi, Tuoi antichi e veri adoratori! Ed accadrà ciò che è scritto:
11. “Negli ultimi giorni avverrà che il Monte, che è la Casa del
Signore, sarà più alto di tutti i monti e si ergerà al di sopra dei colli e ad
esso affluiranno tutte le nazioni. Molti popoli verranno dicendo: ‘Venite,
saliamo al Monte del Signore, alla Casa del Dio di Giacobbe. Egli ci istruirà
intorno alle sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!’. Poiché la Sua Legge
uscirà da Sion e la Parola del Signore da Gerusalemme”. (Isaia 2,2-3).
12. Noi tutti siamo lieti oltre ogni dire, come lo è una sposa quando
il suo sposo gli offre il cuore, la mano e il suo saluto per la prima volta! In
verità, Signore, Gerusalemme, la città eletta del gran Re, si è talmente
coperta di abomini da essere oggetto di scherno e di disprezzo dei popoli, ed
essa non è più degna di Te! Ma neanche noi ci riteniamo degni, poiché occorrono
molte cose per apparire meritevoli al cospetto di Dio! Però una cosa è certa:
se il Signore dovesse scegliere tra due mali, sceglierebbe noi, che siamo
evidentemente il male minore! E tutto ciò si compie ora meravigliosamente
davanti ai nostri occhi! Tu, o Signore, sei Colui che attendiamo già da lungo
tempo; perciò Osanna a Te, che vieni a noi nel Nome del Signore!»
13. Io rispondo all’oratore: «Sì, tu hai parlato rettamente, ma devo
farti osservare che solo quando comprenderete la Mia Dottrina potrete diventare
partecipi della Salvezza che oggi vi annuncerò dall’alto del Monte, poiché,
anche se la Grazia scendesse a voi liberamente dal Cielo, ciò non sarebbe
ancora sufficiente; infatti la Grazia non rimane se i suoi precetti non vengono
confermati dalle opere. La stessa cosa accadrebbe se, seduto affamato sotto un
albero carico di frutti, con il vento che ne scuote i rami facendone cadere
quelli maturi, tu non ti dessi la briga di raccoglierne e di mangiarne. Ti
sazierebbero essi?
14. Quindi non il solo udire, ma il mettere in pratica la Mia Dottrina
vi darà il potere di essere partecipi della Salvezza, che viene a voi da
Gerusalemme! Hai capito?»
15. Dice l’oratore: «Sì, o Signore! Perché solo Dio può parlare come
Te!»
16. Dico Io: «Bene, se questo ti è chiaro, andiamo a colazione! Dopo
ascolterai come ieri notte i qui presenti Irhaele e il medico Joram siano stati
uniti da Me in matrimonio e benedetti. Perciò nessuno dovrà più scandalizzarsi
di loro! Ora sedete e ristoratevi! Così sia!».
17. Allora la numerosa compagnia prende posto e comincia ad onorare la
colazione consistente del miglior latte, pane e miele.
A Sichar – La
colazione presso Irhaele – Il latte e il miele della Terra-Promessa sono i
migliori del mondo! – Parole del saggio samaritano in lode al Creatore – Discorso del Signore su come l’uomo può divenire
perfetto. «Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!». – Consigli sul modo
di vivere. «Chi segue il Mio consiglio, farà bene!» –La vera Casa di Dio: la
natura libera e l’anima umana – La predica sulla montagna.
(Matteo 5,
6-7)
1. Qui da voi una simile colazione non sarebbe considerata prelibata,
ma nel paese dove secondo l’antico detto scorreva il latte e il miele, essa era
considerata il migliore dei cibi. Infatti, nella Terra Promessa,
particolarmente il miele era, ed è ancora oggi, il migliore di tutti, come pure
il latte che vi si beve non è secondo a quello di nessun altro paese della
Terra.
2. Dopo il pasto furono serviti dei frutti prelibati, tanto che molti
ne rimasero ammirati e proruppero in esclamazioni di lode a Dio che aveva dato alla
frutta un sapore così delizioso e all’ape l’istinto di succhiare dai fiori dei
campi il dolcissimo miele, per portarlo nelle artistiche celle dell’alveare.
3. Uno dei samaritani, uomo sapiente, esclamò: «Mai saranno abbastanza
onorate la Sapienza, l’Onnipotenza e la Bontà di Dio! La pioggia cade a terra,
migliaia e migliaia di specie di piante, di erbe e di sterpi assimilano la
stessa pioggia e le loro radici crescono nella medesima terra, eppure ogni
specie ha un sapore diverso, un profumo diverso e una forma diversa! Ogni forma
è bella e piacevole alla vista e non vi è nulla che cresca senza uno scopo
preciso, nemmeno la più secca pianticella di muschio che cresce su una pietra!
4. E che dire degli animali che popolano la terra, le acque e l’aria! Quale
molteplicità e quale varietà di forme e di attitudini! Dal moscerino
all’elefante, dal piccolo insetto che passa la sua vita su una foglia
all’indomabile Leviathan che può portare le montagne sul suo dorso e
trastullarsi con i cedri del Libano! O Signore, quale Potenza, quale Forza e
quale infinita profondità di Sapienza deve albergare in Dio, che traccia le vie
del sole e della luna, che guida lo sterminato sciame di stelle, che custodisce
il mare nelle sue profondità, che ha edificato le montagne sulla Terra e la
Terra stessa con la Sua onnipotente Parola!»
5. Rispondo Io: «Certo, quanto hai appena detto è giusto e vero. Dio è
immensamente buono ed infinitamente savio e giusto. Egli, se vuole operare, non
ha bisogno del consiglio o della sapienza di nessuno. Ma Io voglio ancora
aggiungere che l’uomo di questa Terra non è da meno, perché è chiamato a
diventare perfetto, com’è perfetto il Padre che è nei Cieli!
6. Fino ad oggi una simile cosa era impossibile, perché lo scettro di
questa Terra era retto dalla morte, ma d’ora innanzi ciò sarà reso possibile a
chiunque, in modo serio, farà di tutto per vivere secondo la Mia Dottrina!
7. Io penso però che se il comandamento, piccolo in sé e facile da
osservare, che Dio offre all’uomo, è quello che le sue azioni siano conformi ai
Miei precetti, allora l’uomo non dovrebbe schivare alcun lavoro né alcuna
fatica, pur di conseguire questa meta suprema!»
8. Dice il sommo sacerdote: «Certo, Signore, per raggiungere scopi così
elevati, l’uomo deve avvalersi di mezzi anch’essi elevati! Ma chiunque desidera
godersi la vista dall’alto di un monte deve, per prima cosa, intraprendere
pazientemente l’ardua e faticosa salita. Ugualmente, chi vuole raccogliere,
deve prima arare e seminare, e chiunque sa che può trarre guadagno da qualche
affare, per prima cosa, nella sua impresa, deve correre dei rischi, poiché chi
teme di osare per paura che possa mancargli il guadagno, quella è certamente
una persona che non guadagnerà mai niente! Perciò, Signore, quando Tu ci avrai
fatto conoscere le Tue vie, non ci sarà difficile raggiungere la meta che ci
hai appena indicato, cioè quella di diventare perfetti come lo è il Padre che è
in Cielo!»
9. Dico Io: «Certamente, ma Io aggiungo: “Il Mio giogo è dolce e il Mio
carico leggero!”. Gli uomini però sono oppressi da carichi gravissimi e,
malgrado le loro fatiche, finora non sono potuti arrivare molto lontano.
Bisogna vedere quale sarà l’atteggiamento della loro fede, quando essi saranno
chiamati ad abbandonare i vecchi e gravosi sistemi, per adottarne di più
facili, che vanno al di là delle loro consuetudini. Non finiranno per dire:
“Anche se ci siamo sacrificati e sforzati non abbiamo mai raggiunto nulla.
Quale probabilità di riuscita avremo ora, se i nostri sforzi rassomigliano a
quelli dei bambini che giocano?”
10. Perciò vi dico di spogliarvi dell’uomo vecchio nel quale vi
trovate, così come si fa di un vecchio abito, per indossare quello nuovo!
All’inizio ciò riuscirà faticoso, ma chi non si lascerà turbare da tali piccole
ripugnanze e non ritornerà alle vecchie cose a cui si era assuefatto, questi
giungerà alla perfezione di cui vi ho appena parlato.
11. Tenetevi pronti, è tempo che Io vada al monte. Chi Mi vuole seguire
si metta in cammino! E tu, Matteo, vai a cercare ciò che ti occorre per
scrivere! Ma non tardare, perché come vedi Io sono pronto a partire»
12. Dice Matteo: «Tu sai, o Signore, come io Ti segua con piacere! Però
ora sono in pensiero, perché se vado a casa, cioè all’ufficio dove presto
servizio di scrivano ed esattore della dogana al servizio dei romani, che come
Tu sai si trova presso la barriera doganale principale della città, temo che
troverò, come sempre, molto lavoro e che le guardie romane non consentiranno
che mi allontani prima di aver compiuto il mio compito. Perciò sarebbe più
opportuno poter trovare qui il materiale che mi è necessario oggi. Questa sera,
poi, andrei a casa a prendere il mio che, come dissi, potrebbe bastare per due
giorni, visto che i romani non me ne forniscono anticipatamente per più di tre
giorni e che di solito non me ne avanza mai»
13. Dico Io: «Amico Mio, fai sempre solo ciò che Io ti dico e ne
rimarrai soddisfatto. Dunque, vai pure a casa tua senza timore e stai sicuro che
non troverai né lavori da sbrigare, né gente che ti attende alla barriera. Al
ritorno non dimenticare di portare con te anche gli altri scribi, affinché le
Mie parole siano trascritte più volte»
14. Dice Matteo: «Se le cose stanno così, vado subito!»
15. Dunque Matteo, il pubblicano, parte e, giunto in ufficio, trova che
le cose che Io gli ho predetto sono vere. Si sbriga e dopo un po’ è di ritorno,
conducendo con sé gli altri tre scribi. Quindi tutti noi, insieme agli ospiti
che si trovano in casa, ci mettiamo in cammino verso il monte Garizim. Dopo
un’ora di cammino, arrivati ai piedi del monte, il capo dei sacerdoti Mi chiede
se è necessario che egli salga sul monte per aprire l’antica Casa di Dio.
16. Ma Io, indicandogli la campagna intorno a noi e la moltitudine che
ci ha seguito, gli rispondo: «Vedi, amico, questa è la Casa di Dio più antica e
più autentica; essa però era sul punto di crollare e per restaurarla, così come
ho fatto con quella di Irhaele, è stato necessario che Io venissi qui! Ma per
raggiungere lo scopo non ho bisogno della vecchia casa, basta questa campagna
che ci è intorno. Inoltre qui ci sono diverse panche e tavoli che possono
servire agli scrivani. Ora aprite gli orecchi, gli occhi e i vostri cuori e
siate pronti, perché davanti ai vostri occhi si compirà ciò di cui ha
profetizzato Isaia!»
17. Dice Matteo: «Signore, siamo pronti ad ascoltarTi!»
18. Qui ha inizio il ben noto Sermone della montagna, così come è
scritto nel Capitolo 5, 6-7 del Vangelo di Matteo. In realtà, quella volta
parlai lentamente a causa degli scrivani, per cui il Sermone durò circa tre
ore.
A Sichar – Critica del Sermone della montagna fatta dai
sacerdoti – Il capo dei sacerdoti, in maniera sincera, esprime i suoi dubbi
riguardo al Sermone della montagna – Il
Signore avverte di non soffermarsi sulle immagini, ma di cercare di penetrare
lo spirito del Suo discorso!
1. Quando ebbi terminato di parlare, molti tra i presenti e specialmente
i sacerdoti inorridirono, tanto che alcuni di essi esclamarono: «Chi potrà
pervenire alla beatitudine? Pure noi, versati nelle Scritture, insegniamo
giustamente e rettamente, così come fece Mosè, che dettò dall’alto del monte la
Legge al popolo! Ma ciò è solo una benefica rugiada ed un dolce zeffiro, se
paragonato a questa ferrea Dottrina e a questo Sermone esageratamente violento!
È vero, contro tale Dottrina non troviamo niente da opporre, però ciò non
toglie che essa sia troppo aspra e che sia difficile per chiunque metterla in
pratica.
2. Come potremo infatti amare il nostro nemico? Come potremo rendere
del bene a chi ci fa del male? Come potremo benedire quelli che ci odiano e che
nella loro bocca non hanno che parole di ira e di odio contro di noi? E se
qualcuno ci chiede qualcosa in prestito, non dovremmo invece far finta di non
sentire e chiudere il nostro cuore se appare chiaro che non sarà mai in grado
di ridarci ciò che gli abbiamo prestato? Quest’ultima poi è addirittura una
sciocchezza! Infatti, se tutti i pigri di questo mondo avessero sentore di
questa teoria, se ne andrebbero subito da chi è benestante e prenderebbero così
tanto a prestito da ridurlo in miseria. Detto ciò, quando i ricchi, in questo
modo molto spiccio, avessero dato a prestito tutti i loro averi ai poveri dai
quali non c’è speranza di restituzione e diventassero a loro volta poveri, ci
chiediamo: chi potrebbe avere un qualunque lavoro, e da chi i poveri potrebbero
ottenere ancora qualcosa in prestito?
3. È evidente che l’osservanza di simili precetti, contrari in ogni
senso alla natura delle istituzioni umane, avrebbe in breve tempo il risultato
di ridurre il mondo nel più squallido deserto. E se il mondo fosse convertito
in deserto, come potrebbero gli uomini ricevere una certa cultura, se
contemporaneamente scompaiono anche gli istituti d’istruzione per mancanza di
persone ricche, che possono fondarli e mantenerli?
4. In ogni caso di queste teorie non se ne può far nulla! I cattivi,
nemici dei buoni e della loro causa, devono ricevere l’adeguata punizione e chi
mi dà uno schiaffo, dovrebbe riceverne due di ritorno, affinché, per
l’avvenire, gli passi la voglia di prendermi ancora a schiaffi! Riguardo a
colui che malintenzionatamente prende a prestito da chiunque, è necessario che
sia confinato in luogo sicuro e che gli venga inculcato l’amore per il lavoro,
affinché possa, come ogni uomo laborioso, guadagnarsi il pane con il lavoro
delle sue mani. Infine, chi è povero del tutto, chieda pure l’elemosina e
questa non gli verrà negata! Questa legge è antica ma buona, perché è su tali
basi che può sussistere un consorzio umano. Ma Costui, di Cui si dice che sia
il Cristo, vuole darci delle leggi, che non possono essere applicate nella vita
pratica e quindi non possono essere neanche accettate.
5. Inoltre, tralasciando il resto di cui non voglio parlare e che mi
sembra irrazionale, che dire per esempio dell’automutilazione imposta nei casi
che le proprie membra diano scandalo, e che pensare dell’ozio elevato a
comandamento, secondo cui nessuno deve curarsi di nulla, ma cercare
continuamente il Regno di Dio, mentre tutto il resto verrà dato dall’Alto?
Sottoponiamo la cosa ad una prova di almeno un paio di mesi, così saremo certi
se, rimanendo in ozio durante questo tempo, gli uomini possano vedere i pesci
arrosto volare loro in bocca!
6. Poi mi domando ancora se vi possa essere qualcosa di più assurdo
della mutilazione delle proprie membra, se queste diano scandalo. Supponiamo
pure che qualcuno sia persuaso di ciò e prenda un’accetta ben affilata con la
mano destra, tagli e getti via la mano sinistra: vorrei sapere come farebbe
costui se anche la mano destra provocasse scandalo - con che cosa si taglierà
anche la destra? E come potrà, senza mani, strapparsi gli occhi ed infine
recidersi eventualmente anche i piedi, se un bel giorno divenissero anch’essi
oggetto di scandalo? Per carità! Alla larga da simili dottrine! Non sono valide
per un coccodrillo, figuriamoci per un uomo! D’altra parte, se si osservano le
conseguenze, poco attinenti tra loro, si può affermare con certezza che tutto
ciò non è altro che il risultato dell’evoluzione di un antico fanatismo
giudaico!
7. Quando anche con simili argomenti venissero tutti gli angeli del
Cielo ad insegnare agli uomini come si può fare a conseguire la vita eterna e a
guadagnarsi il Cielo, sono dell’opinione che la cosa migliore sarebbe quella di
rimandare questi stupidi maestri a casa loro a suon di legnate, con la
raccomandazione di godersi da soli il loro stupido Cielo! E guardate ancora
l’incoerenza! Egli trova ingiusta e crudele la legge: “Occhio per occhio, dente
per dente!”. Egli predica la più grande dolcezza e tolleranza, apre perfino la
porta ad ogni ladro quando dice: “A chi ti prende la giacca, dai anche il tuo
mantello”. Davvero una bella dottrina! In compenso però gli uomini dovrebbero
da se stessi strapparsi gli occhi e tagliarsi mani e piedi! Obbligatissimo! Chi
di voi ha mai sentito stupidaggini più grossolane di queste?»
8. A questo punto, il capo dei sacerdoti si avvicina a Me e dice:
«Maestro! Le Tue azioni provano che puoi di più di un semplice uomo. Ma se Tu
possiedi la capacità di pensare logicamente, cosa di cui non dubito avendoTi
sentito parlare saggiamente in casa di Irhaele, dovresti ritrattare alcune
parti assolutamente non pratiche del Tuo Sermone! Altrimenti, nonostante le Tue
opere siano degne di un vero Messia, saremmo costretti a considerarTi come un
mago fanatico, educato alla scuola di qualche antica setta egiziana, e come
falso messia dovremmo farTi cacciare da qui!
9. Se consideri un po’ più da vicino questa Tua violenta Dottrina, Tu
stesso dovrai convenire con me che i principi per conseguire la vita eterna da
Te proclamati sono del tutto inapplicabili e nessuno potrà mai conformarvisi!
Infatti, se è solo questa la condizione per meritare il Cielo, non troverai
nemmeno un uomo disposto a fare un simile tentativo! Inoltre, se le cose
stessero veramente così, sarebbe meglio non essere mai nati, piuttosto di dover
aspirare ad un Cielo al quale non si accede che mutilati! Dimmi, con sincerità,
se sei d’accordo con me, oppure se continui a sostenere la Tua Dottrina così
come ce l’hai annunciata!»
10. Dico Io: «Tu sei il capo di questi sacerdoti, eppure sei più cieco
di una talpa che vive sottoterra. Che cosa si deve dunque pensare o attendersi
dagli altri? Io vi ho dato delle immagini, dei simboli, ma voi ne avete
intravista la sola scorza materiale, che minaccia di soffocarvi. Sembra che non
abbiate alcuna idea dello spirito contenuto in queste immagini.
11. CrediMi, anche noi siamo saggi come credete di esserlo voi, e
sappiamo molto bene se è veramente utile che un uomo debba mutilarsi per
raggiungere la vita eterna! Ma sappiamo pure che voi non comprendete lo spirito
di questa Dottrina e che non lo comprenderete ancora per molto tempo! Non per
questo però ritratteremo le nostre parole. Tu hai orecchie, ma non odono ciò
che è giusto, come pure hai occhi, ma essi sono spiritualmente ciechi, perciò,
pur avendo occhi ed orecchie aperti, tu non vedi né odi nulla!».
A Sichar. Continuazione della critica del capo dei
sacerdoti in relazione alla dura Dottrina del Signore. La Dottrina paragonata
alla brocca d’acqua, che rimane chiusa all’assetato. Logica pratica della
intelligenza umana. Pazienza usata dal Signore verso il sacerdote leale, che
continua a criticare i punti del Sermone della montagna che gli sembrano
irrealizzabili. Il Signore invita il capo dei sacerdoti a recarsi da Natanaele,
per esserne illuminato.
1. Replica il sacerdote: «Sì, sì, Tu avrai senza dubbio ragione anche
in questo, ma adesso non voglio né posso discutere con Te intorno a quanto di
spirituale c’è celato dietro le immagini ed i simboli di cui è ricco il Tuo
Sermone. Devi però convenire che, se per esempio volessi predicare una dottrina
a qualcuno, desiderando che egli, in qualità di discepolo, la comprendesse e la
mettesse in pratica, dovrei farlo in modo tale che il mio insegnamento venisse
capito secondo tutto il suo sentire spirituale. E quando mi fossi convinto che
il mio discepolo abbia ormai pienamente afferrato lo spirito dell’interiore
verità, allora soltanto potrei, con tutta ragione, esigere da lui che
conformasse anche le sue azioni alla mia dottrina.
2. Ora, se nel dare insegnamenti volessi usare simili figure
simboliche, che così rappresentate sono difficili da decifrare e se, di
conseguenza, il mio discepolo mi domandasse: “Com’è da intendere che io debba
togliermi la vita per guadagnare la vita, oppure che debba uccidermi e dopo
morto risuscitare a nuova ed eterna vita?”. – Allora gli risponderei: “Ecco,
amico mio, come sono da intendere: poiché tra queste figure simboliche e la
verità in esse contenuta c’è una rispondenza spirituale, non devi
conformare la tua vita ai principi suggeriti dalla forma esteriore di queste
figure ma secondo questa rispondenza!”
3. Ecco, o Maestro, quando avrò chiarito tutto ciò al mio discepolo,
egli sarà in grado di comprenderlo e, come ho già detto, avrò nello stesso
tempo il diritto di chiedere a lui che da oggi in poi operi secondo lo spirito
di verità della mia dottrina! Ma potrò mai volere da lui, senza che mi si
consideri pazzo, l’osservanza pratica della mia dottrina, così come in tutta la
sua durezza gli viene presentata? E se io pretendessi davvero una simile cosa
dal mio discepolo, non mi comporterei, di fronte ad ogni essere pensante, come
una persona che versa da bere dell’acqua in una brocca e poi la chiude
completamente? E che, incontrando poi un assetato che gli chiede da bere, gli
porga la brocca chiusa dicendo: “Ecco qui la brocca, bevi!”. Quel tale
proverebbe allora a bere, ma non trovando alcuna apertura direbbe: “Come posso
bere, se la brocca è chiusa da ogni parte?”. E inoltre, se il padrone
dell’acqua gli rispondesse: “Se tu sei cieco e non riesci a trovare l’apertura,
ingoia allora la brocca intera, così sarai certo di ingoiare anche l’acqua!”.
4. Pertanto, o Maestro, Tu che sei buono e saggio, dimmi: “Che cosa
dovrebbe rispondere l’assetato ad un simile donatore d’acqua?”. Io credo che
l’assetato avrebbe mille ragioni di dargli del pazzo.
5. Con questo non sostengo che anche Tu sia pazzo; però, quando dici
che per la nostra cecità e sordità spirituale non possiamo né vedere né
scorgere lo spirito della Tua Dottrina, questo insegnamento diventa
precisamente come l’acqua contenuta in una brocca chiusa. Così se qualcuno ha
sete, deve necessariamente mandare giù anche la brocca per avere l’acqua! Una
pretesa questa che solo un profeta sfuggito a qualche manicomio potrebbe
formulare! Prendila come vuoi, ma finché non dai i necessari chiarimenti a
questa Dottrina, che in verità contiene dei punti buoni e veri, devo rimanere
del mio parere, e con me anche coloro che sanno guardare un po’ più
profondamente! Infatti non potrai convincerci che, per seguire i Tuoi
insegnamenti, saremo obbligati a tagliarci mani e piedi e a strapparci gli
occhi! Ugualmente continueremo a lavorare come prima per procurarci il pane con
il sudore della fronte, e chiunque deliberatamente vorrà farci del male non
vogliamo che sfugga al giusto castigo!
6. Così pure non correremo dietro al ladro che ci ruberà la giacca, per
dargli il mantello, ma tenteremo di catturare il ladro per buttarlo in
prigione, dove avrà tutto il tempo per pentirsi della sua azione malvagia e per
migliorare la sua vita! Se veramente Tu sei un uomo saggio, proveniente da Dio,
sarai certamente compenetrato dalla santa necessità di mantenere in vigore la
Legge mosaica che Dio stesso, tra tuoni e fulmini, ha dettato al popolo
d’Israele nel deserto! Intendi forse, con la Tua Dottrina, abolire la Legge?
Così facendo non potrai però giustificarTi davanti a Jehova!»
7. Dico Io: «Io sono dell’opinione che il legislatore ha la facoltà sia
di lasciare in vigore la Legge e di adempierla lui stesso in spirito e verità,
sia, sotto certe condizioni, di abolirla del tutto!»
8. Dice il sacerdote: «Ciò che hai detto ora suona molto strano nella
Tua bocca! Questa mattina avrei onorato un discorso simile dalla Tua bocca,
perché ero seriamente disposto a vederTi come il Messia promesso! Ma ora, dopo
che ci hai esposto il Tuo insegnamento, ai miei occhi sembri un pazzo che
voglia propinarci le sue idee come uno affetto da una fissazione, spacciandole
come manifestazione della Sapienza del Messia. Parlaci dunque più
esplicitamente e spiegaci qualcosa di questa dura Dottrina, la quale, senza
sufficienti chiarimenti, non potrà mai essere né compresa, né, di conseguenza,
essere messa in pratica!»
9. Dico Io: “Parla dunque e dimMi cosa ti sconcerta di più della Mia
Dottrina! Io sono pronto a darti dei chiarimenti!»
10. Dice il sacerdote: «Te l’ho
già detto e ripetuto più volte. Ma affinché Tu possa constatare che sono una
persona equa e moderata, Ti dirò che reputo buoni, savi e degni di essere di
guida nella vita tutti gli altri punti del Tuo insegnamento, ma non riesco a
mandare giù quel strapparsi gli occhi e tagliarsi le mani e i piedi! Rifletti
un po’ anche Tu: “È possibile che qualcuno decida di strapparsi un occhio? E la
persona che reciderà da sé la mano, oppure il piede, non si dissanguerà in
pochi minuti e morirà?”. Infatti, una volta morto, che bene ne avrà?
11. Ecco, questo è l’aspetto più inverosimile della Tua Dottrina che,
ragionevolmente, non potrà mai essere messo in atto. E anche se tra gli uomini
vi fosse un folle che volesse mettere in pratica simili principi, non
diventerebbe migliore, perché, pur ammettendo che riuscisse a sfuggire alla
morte, non potrà sicuramente lodare Dio, considerando il misero stato in cui si
troverà avendo seguito una dottrina che gli fu indicata come proveniente da
Dio. D’altra parte se egli muore, com’è probabile, allora con Davide esclamerà:
“Signore! Chi Ti loderà da morto e chi Ti glorificherà dalla tomba?”. Almeno
spiegaci questo punto con più chiarezza. Quanto al resto, siamo disposti a
credere che sia una Dottrina umanitaria, spinta però all’estremo!»
12. Io gli dico: «D’accordo, la tua domanda è giustificata ed Io in verità
ti dico: “Dopo Samuele, tra tutti i sacerdoti tu sei il più saggio”. Infatti il
tuo cuore è buono, e non rigetti la Mia Dottrina per principio, ma vuoi che ti
sia più chiara. Io voglio perciò illuminarti, però non direttamente, ma per
bocca di uno dei Miei discepoli! Rivolgiti dunque ad uno di loro, affinché ti
persuada che la Mia Dottrina è attualmente già compresa dagli uomini anche
senza l’aiuto delle Mie spiegazioni!».
A Sichar.
Natanaele spiega, in maniera chiara ma aspra, il punto del Sermone della
montagna che scandalizza l’intelligenza dell’uomo
Il Messia insegna mediante parabole –
Corrispondenza tra naturale e spirituale – Come si arriva alla comprensione
dello spirituale – Differenza tra la Parola divina e
quella umana – Scopo della vita di prova
nella carne – Consigli di vita illustrati –
Pericoli dell’amore al mondo – Avvertenza ai critici
1. Allora il
sacerdote si avvicina a Natanaele e gli dice: «Seguendo il consiglio del vostro
Maestro, tra i tanti, interpello te per essere illuminato riguardo al punto più
difficile del Suo insegnamento. Ti prego però di usare solo parole chiare e
precise, poiché la nebbia sulla nebbia non rischiara la stanza! Parla dunque!»
2. Natanaele dice: «Siete
d’animo così chiuso da non riuscire a comprendere nel suo vero senso una
Dottrina espressa in modo così chiaro? Non hanno predetto quasi tutti i profeti
del Cristo che Egli avrebbe aperto la Sua bocca solo in parabole e non avrebbe
parlato con gli uomini se non in parabole?»
3. Dice il sommo
sacerdote: «Certo, hai ragione, poiché così sta scritto»
4. Prosegue
Natanaele: «Allora, dato che tu sai questo, quale esperto nelle Scritture,
perché tratti il Signore da pazzo, quando Egli, come sta scritto, “apre la Sua
bocca in parabole, per la cui comprensione tu puoi chiedere al Signore una
luce?”. Ma perché tratti il Signore da pazzo se il Suo discorso in parabole ti
risulta incomprensibile per il fatto che tu stesso non comprendi niente delle
cose divine?»
5. Vedi, le cose
della natura sono sottomesse ad un ordine, ed è solo nel loro ordine che esse
possono sussistere. Similmente anche sulle cose spirituali impera un loro
ordine notevolmente caratteristico, fuori del quale non possono sussistere, né
possono venire ideate o pronunciate. Tuttavia, tra le cose della natura e le cose dello spirito, essendo quelle derivate da queste, c’è
una precisa rispondenza conosciuta in tutta la sua profondità solo dal Signore.
6. Dunque, quando il
Signore parla di cose spirituali a noi, che senza riserva ci troviamo ancora
chiusi entro i rigidi limiti dell’ordinamento naturale, Egli non può fare ciò
se non attraverso le corrispondenti figure della parabola. Per comprenderle
bene dobbiamo risvegliare il nostro spirito, osservando i comandamenti di Dio.
Appena saremo risvegliati, comprenderemo con più chiarezza che cosa il Signore
abbia voluto dire e rivelare attraverso le corrispondenti figure simboliche. È
in questo che la Sua divina Parola si distinguerà, eternamente, dalla nostra
parola umana.
7. Ma attenzione!
Quello che per l’uomo naturale è l’occhio, esso, nel mondo dello spirito,
corrisponde alla facoltà di percezione delle cose divine e celesti, che si
riferiscono all’essenza dell’essere spirituale per la sua beatissima esistenza
eterna.
8. Però, a causa
dell’indispensabile ed immutabile Ordinamento divino, è necessario che lo
spirito si incarni, per un certo tempo, nella materia di questo mondo, affinché
si rafforzi nella sua libertà e nella sua indipendenza, quasi totale, da Dio.
Infatti, senza queste, esso non giungerebbe mai alla visione di Dio, tantomeno
potrebbe sussistere in Dio, accanto a Dio ed insieme a Dio - (Durante questo
periodo di maturazione dello spirito nella materia, cioè mentre è chiamato a
rafforzarsi nella libertà e nell’indipendenza da Dio, lo spirito si trova
esposto all’inevitabile pericolo di essere inghiottito dalla materia e di
venire ucciso con essa. Il risveglio da questa morte alla vita in Dio è, e deve
essere, estremamente difficile e tormentato) -, ed per questo che il Signore,
riferendosi non all’uomo carnale ma a quello spirituale, ha detto: “Se il tuo
occhio ti reca scandalo, strappalo e gettalo lontano da te, poiché è meglio
entrare con un solo occhio nel Cielo che finire all’Inferno con tutti e due!”.
In altre parole, questo significa: se la luce del mondo ti seduce troppo, fatti
violenza e rivolgi la faccia lontano da questa luce, che tende a spingerti
nella morte della materia! Quale spirito, allontana da te stesso il vano godimento
del contemplare il mondo e volgi le aspirazioni della tua anima esclusivamente
alle cose celesti! Infatti, è meglio entrare nel Regno della vita eterna senza
alcuna cognizione umana, anziché pervenire nell’aldilà pieno di cognizioni
mondane ed inabissarsi così nella morte della materia!
9. Quando il Signore
parla degli occhi, delle mani e dei piedi, Egli non vuole intendere i due
occhi, le due mani e i due piedi del corpo, ma si riferisce alla doppia facoltà
dello spirito, cioè alle facoltà di percepire, di agire e progredire. Quindi
Egli ammonisce non la carne priva di vita, ma solo lo spirito, che non deve
occuparsi del mondo quando si accorge che l’attrazione di quest’ultimo comincia
a sedurlo. In tal caso, infatti, è meglio entrare nella vita eterna privo di
scienza mondana, anziché condividere, ricco di tale scienza, la sorte del
mondo, cui sovrasta il necessario giudizio.
10. Lo spirito deve
invece osservare il mondo per ricavarne degli insegnamenti, però non deve
compiacersi in esso! Se si accorge che gli stimoli del mondo tentano di
sedurlo, deve subito sottrarsi a tali lacci, perché il pericolo comincia a
farsi decisamente minaccioso! Ecco, è dunque questo necessario distacco dal
mondo che viene espresso nella corrispondente immagine dello strapparsi gli
occhi. E Colui che riesce a proporci un’immagine così ben raffigurata, deve
sicuramente essere profondamente versato in tutte le relazioni spirituali e
materiali dell’uomo, che, secondo me, è possibile soltanto a Colui, attraverso
la Cui Forza, Amore e Sapienza è stata creata ogni cosa spirituale e materiale!
Penso che tu ora mi abbia ben compreso e che sia in grado di percepire quanto
gravemente hai peccato contro Colui che tiene nella Sua onnipotente mano la tua
vita e la vita di tutti quanti noi!».
A Sichar –
Natanaele spiega le ragioni per cui il Signore si esprime in parabole –
Ulteriori chiarimenti riguardo al Sermone della montagna – Importanti consigli
di vita.
1. A queste parole, il sacerdote e molti altri con lui che hanno
ascoltato, si stupiscono enormemente ed egli, dopo aver riflettuto un po’,
dice: «Sì, certo, ora tutto mi è chiaro! Tuttavia, perché il Signore non ha
usato fin dall’inizio un linguaggio intelligibile come il tuo? Se così fosse
stato, non sarei certamente incorso in questo errore!»
2. Dice Natanaele: «Se un ragazzo di sette anni mi facesse questa
domanda, non me ne stupirei, ma tu non sei forse uno dei personaggi più colti
di questo luogo?
3. Perché non chiedi addirittura al Signore perché ha messo nei
granelli di semente, che nulla lasciano trasparire, la facoltà illimitata di
formazione e di sviluppo degli alberi che sorgono da essi? Non sarebbe stato
meglio, invece, se Egli avesse fatto piovere dal cielo i frutti, già maturi,
nelle braccia dell’uomo? A che scopo il monotono processo di sviluppo
dell’albero dalla semente e, di conseguenza, la lunga attesa fino alla
maturazione del frutto? Vedi, vedi quanto sei ancora debole di intelletto!
4. La Parola e la Dottrina del Signore corrispondono perfettamente a
tutte le Sue Opere. Egli ci presenta la Sua Dottrina racchiusa come in un
involucro, così come avviene del germe nella semente; noi dobbiamo, per prima
cosa, spargere tale semente nel terreno del nostro spirito, chiamato Amore, poi
dalla semente sorgerà l’albero della vera conoscenza di Dio e di noi stessi;
così, al momento opportuno, ci sarà dato di raccogliere da quest’albero frutti
di vita eterna molto maturi.
5. Però ci vuole prima l’Amore, perché senza Amore nessun frutto dello
spirito può prosperare! Prova a seminare del grano nell’aria e vedrai se potrà
crescere e dare frutto! Ma se tu pianterai il seme di frumento in un buon
terreno, esso crescerà e ti darà il frutto molte volte. Ora, il vero Amore è
sicuramente il terreno più propizio per seminarvi il grano spirituale, che il
Signore ci donerà tramite la Sua bocca.
6. È per questo che il Signore ha ormai soppresso per voi tutti la dura
legge mosaica del castigo, affinché possiate diventare prestissimo, nei vostri
cuori, ricchi di buon terreno. Infatti, chi condanna secondo la legge, o ha
poco amore o non ne ha affatto; in lui il Seme della
divina Parola prospererà molto difficilmente! D’altra parte, colui che viene
condannato è senz’altro già soggetto al giudizio, nel quale non vi è alcun
amore, poiché il giudizio è la morte dell’amore.
7. Perciò è meglio per voi che non vi occupiate subito degli errori del
prossimo, ma siate invece indulgenti e pazienti! E se nella loro debolezza quelli
pretendono qualcosa da voi, non negatela loro; infatti è così che si accresce
l’amore in voi e nei vostri fratelli più deboli! Allora, quando nel vostro
cuore e in quello dei vostri fratelli abbonderà questo amore, vedrete la divina
Semente germogliare in voi, e i deboli, divenuti a loro volta forti, vi
verranno incontro e vi offriranno il loro amore, contraccambiandovi così il
bene che avete fatto loro quando ancora erano deboli.
8. Ma se siete meschini e duri nei confronti dei vostri fratelli più deboli,
in voi non potrà mai albergare il vero timore di Dio, anzi il giudizio dei
deboli porterà anche voi alla perdizione.
9. Quando il Signore afferma: “A chi ti prende la tonaca, dai anche il
mantello!”, Egli con ciò vuole dire che, se siete ricchi e possedete molti
beni, quando i poveri vengono da voi, dovete elargire molto e in abbondanza!
Così facendo, in breve tempo, diventerete ricchi di buon terreno nei vostri
cuori e, coscienti di essere in possesso di un tale tesoro, voi sarete felici
ed i poveri vi benediranno con sincerità, perché udranno risuonare, dal vostro
al loro cuore, la Predica operante del vero Vangelo di Dio, e da essa stessa
essi diventeranno fortemente il vostro sostegno eterno! Ma se voi invece sarete
parchi nel donare e terrete conto del quando e del quanto donate, con ciò non
sarete di vantaggio né a voi né ai vostri fratelli poveri, e questi ultimi non
potranno mai esservi di sostegno».
Ulteriori domande del sacerdote sulla rispondenza delle parabole
simboliche del Sermone della montagna
Spiegazione di “occhio destro” e “mano sinistra” da parte
di Natanaele – Ringraziamenti di colui
che ha ricevuto l’insegnamento
1. Dopo aver seguito con estremo interesse questo discorso, il
sacerdote dice: «Ora tutto mi sembra plausibile e credo di avere pressappoco
compreso quello che mi hai detto. Solo una cosa devo ancora farti osservare,
cioè che il Maestro, quando ha parlato dello “strapparsi gli occhi” e del
“tagliarsi le mani”, si è in realtà riferito solo all’occhio destro e alla mano
destra. Comunque nel mio esagerato zelo indagatore, ho chiesto anche dei piedi
ed ecco che tu, spiegando poco prima la questione, hai attribuito al taglio dei
piedi l’identico significato dato alla mano e all’occhio, dei quali, se ben
ricordo, pure il Signore ha parlato. Tu però hai anche detto che soltanto nella
Parola che il Signore rivolge allo spirito dell’uomo, vi è rispondenza. Com’è
possibile dunque che ravvisi una rispondenza anche in quello che io ho
aggiunto?»
2. Risponde Natanaele: «Tu t’inganni! Il Signore ha parlato anche del
piede destro; solo che Egli ha fatto cenno ai Suoi scribi di omettere questo
passo. Infatti, coloro che hanno già rivolto al Cielo l’occhio interiore dello
spirito e che hanno reso operante, secondo i voleri di Dio, la loro volontà
d’amore, che corrisponde alla mano sinistra - e si riferisce alla mano del
cuore - e che si sono con ciò sbarazzati anche del loro braccio destro o della
loro mano destra - che raffigura l’impulso all’attività puramente mondana -,
costoro, dico, non è più necessario che taglino anche il loro piede destro.
Infatti, quando l’occhio spazia nella vera luce e quando la mano, o meglio ancora
la volontà, opera nel suo autentico campo d’azione, allora il progresso, nelle
regioni della vita eterna, si innesca logicamente da sé. In altre parole è
logico che, adempiute queste due condizioni, la rinuncia ai progressi nel
mondo, simboleggiata dal taglio del piede destro, avvenga da sola, senza
bisogno di ulteriori sforzi particolari.
3. Però voi samaritani potete cominciare dal piede, poiché, sebbene il
vostro occhio adesso cominci a scrutare le cose divine e le vostre mani siano
ugualmente disposte ad operare secondo giustizia e verità, il vostro piede,
cioè la vostra brama di progresso, tende ancora a spingervi sulle vie del
mondo! Voi vi attendete dal Messia tutt’altra cosa di quello che tutti i
Profeti vi hanno annunciato di Lui! E questo, spiritualmente parlando, è il
vostro piede destro, che dovete recidere se volete procedere per la vera Via
che conduce al Regno di Dio. È per questo motivo che il Signore vi ha parlato
del solo piede destro e non volle che ciò venisse scritto, poiché i futuri seguaci
della Dottrina del Signore conosceranno, con certezza, dove si trova e in che
cosa consiste il Regno del Messia e che cosa bisogna fare per potervi accedere.
Hai per caso ancora qualche obiezione da fare?»
4. Dice il sacerdote: «Adesso, relativamente alla luce che ho, mi è tutto chiaro, tuttavia, malgrado la mia intelligenza, devo aggiungere che la vostra Dottrina, così come viene esposta, rim