Jakob Lorber
1851-1864
IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI
Volume 1
La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione
Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” – (Vol. 1)
Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber
Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania
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Copyright © by Associazione Jakob Lorber
“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di divulgazione Jakob Lorber
e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.
Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982
Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber
Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione
Via Vittorio Veneto, 167,
24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)
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Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo |
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SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – cap.1
Breve introduzione alla comprensione spirituale delle parole evangeliche di Giovanni, l’apostolo prediletto del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo
(Giov. 1, 1-5)
(V.1) In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo.
1. Questo versetto ha già avuto come conseguenza un gran numero di false spiegazioni e interpretazioni di ogni genere e forma; anzi, di questo testo si servirono perfino gli atei più convinti, per contestare con l’aiuto del medesimo la Mia Divinità, e ciò con tanta maggior sicurezza, in quanto rifiutavano la Divinità in generale. Ma ora non vogliamo riportare tali stratagemmi, con i quali la confusione anziché diminuire aumenterebbe ancora di più, bensì vogliamo subito venire alla luce del giorno con la spiegazione più breve possibile. Questa, essendo essa stessa Luce nella Luce della Luce, da se stessa combatterà e vincerà gli errori.
2. Uno dei motivi principali dell’incomprensione di tali testi è ovviamente, purtroppo, la traduzione molto difettosa e inesatta della Scrittura, dalla lingua originale alle lingue dei tempi attuali; però è bene così. Infatti se lo Spirito di tali testi non fosse ben nascosto così com’è, allora ciò che vi è di più sacro in essi sarebbe stato già da molto tempo orribilmente profanato, il che sarebbe stato di grandissimo svantaggio per tutta la Terra. Così invece si è intaccata solo la corteccia, senza poter arrivare alla parte sacra e viva.
3. Ma ora è tempo di mostrare il senso vero, interiore di tali testi a tutti quelli che sono degni di parteciparne; all’indegno però dovrà venire a costar caro, poiché in tale occasione non permetto assolutamente che ci si faccia beffe di Me e non accetterò mai di mercanteggiare.
4. Ma dopo questo necessario preavviso, segua ora la spiegazione. Solo questo aggiungo ancora e dico: che qui si deve intendere solo il senso interiore spirituale per l’anima, non però anche quello più interiore in assoluto, il purissimo senso celeste. Questo è troppo sacro, e per il mondo può essere comunicato senza danno soltanto a coloro che lo cercano mediante una condotta di vita conforme alla Parola del Vangelo. Invece il senso interiore solamente spirituale per l’anima, si lascia trovare facilmente, talvolta già con l’esatta traduzione adeguata ai tempi, il che dovrà essere subito mostrato ora con la spiegazione del primo versetto.
5. Molto inesatta e molto velante il senso interiore è l’espressione “In principio”. Infatti con ciò si potrebbe perfino contestare e mettere in dubbio l’esistenza eterna della Divinità, il che è anche avvenuto da parte di alcuni precedenti filosofi, dalla cui scuola sono propriamente anche derivati gli atei di questo tempo. Ma se noi ora diamo rettamente questo testo, allora il velo apparirà molto sottile, e non sarà difficile, attraverso questo velo sottile, ravvisare il senso interiore molto bene e talvolta molto precisamente.
6. Ma la giusta traduzione suona così: Nella Ragione Prima, o anche nella Causa fondamentale (di ogni esistenza), era la Luce (il grande santo Pensiero creativo, l’Idea essenziale). Questa Luce non era solo in Dio, ma anche presso Dio, ossia la Luce usciva da Dio come contemplabile nella sua Essenza, ed era così non solo in, ma anche presso Dio, e circondava per così dire l’Essere divino originario, e con ciò risulta già messo il fondamento per il futuro divenire Uomo di Dio, come diviene già anche chiarissimamente visibile da sé nel testo seguente.
7. Chi o che cosa era dunque propriamente questa Luce, questo grande Pensiero, questa santissima Idea fondamentale di ogni futuro, specifico, liberissimo essere? Non poteva essere altro che proprio Dio stesso, perché in Dio, per mezzo di Dio e da Dio, non poteva essere altro che Dio a rappresentare solo Se stesso, nel Suo eterno perfettissimo Essere. E dunque questo testo può anche dirsi così:
8. In Dio era la Luce, la Luce penetrava e circondava Dio, e Dio stesso era la Luce.
(V.2) Egli era in principio presso Dio.
9. Ora che il primo versetto, illuminato a sufficienza, può essere facilmente capito da chiunque abbia un po’ di lume, il secondo versetto si spiega da sé e dice soltanto, come attestazione, che il suddetto Verbo o Luce o grande Pensiero creativo non è un Pensiero sorto successivamente all’Essere divino originario, bensì è ugualmente eterno con Dio, essendo Esso stesso Dio, e perciò Esso non cela in Sé nessun remoto processo di derivazione di qualsiasi genere, ragion per cui è anche detto come a dichiarare per così dire in forma di attestazione: Egli era nel Principio o nella Ragione Prima di ogni essere e di ogni successivo divenire, quale Ragione prima divino, presso Dio, in Dio e da Dio, dunque Egli stesso in tutto e per tutto Dio.
(V.3) Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla fu fatto di ciò che è fatto.
10. In questo versetto si conferma solo per così dire come attuato e tangibile ciò che già nel primo versetto era stato chiaramente presentato come “il Verbo” o “la Luce”, pienamente presente nella Ragione Prima di ogni essere e divenire, ma non ancora realizzato come già emanato.
11. Perciò questo terzo versetto dato nella sua forma pura deve anche suonare così: Ogni essere fu fatto da questo Essere originario, il quale è in Se stesso l’eterna Ragione Prima del proprio Essere in tutto e per tutto. La Luce, Parola [=Verbo], e Volontà di questo Essere pose all’esistenza fissa, visibile, la Sua propria ed esclusiva Luce, la Sua eterna originaria Idea creativa, che Egli trasse da Se stesso, e non c’è nulla in tutta l’eterna Infinità che non sia comparso all’esistenza apparente e visibile a partire dalla medesima Ragione Prima e per la medesima via.
12. Chi ora ha pienamente afferrato questi tre versetti illustrati in tutta chiarezza, a costui il versetto 4 dovrà risultare già da sé chiaro ed evidente.
(V.4) In Lui era la Vita, e la Vita era la Luce degli uomini.
13. Si capisce certo da sé già da lontano che un Essere Ragione Prima di ogni essere, la Luce di ogni luce, il Pensiero originario di ogni pensiero e idea, la Forma originaria quale Ragione Prima di tutte le forme, per prima cosa non poteva essere senza forma, e per seconda cosa non poteva essere morte, dato che questa indica il massimo contrario di ogni esistenza di qualsiasi genere in assoluto. In questa Parola [=Verbo] o Luce, o in questo grande Pensiero di Dio in Dio, e in senso assoluto in Dio stesso, era quindi una perfettissima Vita. Dio era dunque la prima eternissima, perfettissima Vita fondamentale in Se stesso e da Se stesso in tutto e per tutto, e questa Luce o Vita chiamò attingendo da Sé gli esseri, e questa Luce o questa Vita era la luce e quindi anche la vita negli esseri, negli uomini usciti da Lui; e questi esseri e uomini erano dunque pienamente un’immagine somigliante della Luce originaria che determinava in essi l’essere, la luce, e dunque anche una vita pienamente simile all’eterno Essere originario.
14. Ma poiché la Vita originaria di Dio è e deve essere del tutto e perfettamente libera, dato che altrimenti è come se non fosse vita, ma questa vita simile alla Sua deve essere anche la stessa e medesima negli esseri creati, altrimenti essa pure non sarebbe vita, e quale non-vita non sarebbe neppure esistenza, allora è fin troppo tangibilmente chiaro che agli esseri creati, agli uomini, poteva essere data solo una vita perfettamente libera. Questa doveva percepire se stessa come integra, ma proprio da questa percezione anche accorgersi che non è derivata da se stessa, bensì solo da Dio pienamente a Sua immagine somigliante, secondo la di Lui Volontà eterna e onnipotente.
15. Questa percezione doveva essere presente in tutti gli esseri creati, così come quella che la loro vita e il loro essere deve essere pienamente a immagine e somiglianza di Dio, altrimenti di nuovo non avrebbero né vita, né una qualsiasi esistenza.
16. Ma se noi osserviamo meglio questa circostanza, ne risulta che negli esseri creati devono necessariamente incontrarsi due sentimenti, e cioè come prima cosa e più immediata, il sentimento della divina somiglianza, o della Luce originaria di Dio in essi, e come seconda cosa, proprio da questa Luce, però poi anche necessariamente il sentimento del divenire nel tempo per mezzo della Volontà originaria del Creatore.
17. Il primo sentimento pone senz’altro la creatura al livello del Creatore e, come se uscisse da sé, completamente indipendente dall’eterna Ragione Prima, in quanto in un certo qual modo racchiude e contiene in sé anch’essa tale Ragione; ma il secondo, che necessariamente deriva da questo primo sentimento vitale, deve tuttavia vedersi e considerarsi come chiamato fuori da sé da parte della vera e propria Ragione Prima, e solo successivamente nel corso del tempo manifestato in sé liberamente, e perciò molto dipendente dalla Ragione principale originaria.
18. Ma questo sentimento riduttivo fa diventare anche il primo sentimento di grandezza un sentimento di sottomissione, cosa che per il sentimento di grandezza è sommamente e assolutamente necessaria, come sarà mostrato in seguito in modo molto chiaro.
19. Il sentimento di grandezza combatte molto violentemente contro un tale abbassamento, e vuole reprimere il secondo sentimento.
20. Ma per questa lotta sorge poi del rancore e, alla fine, dell’odio contro la Ragione Prima di ogni essere, e da ciò contro il riduttivo sentimento di sottomissione o di dipendenza; ma con ciò il sentimento di grandezza poi si paralizza e si oscura, e nell’essere creato si passa dalla Luce originaria a notte e tenebra. Questa notte o questa tenebra a mala pena poi riconosce in sé la Luce originaria e si allontana dunque, cieca e tuttavia anche autonoma, dalla Ragione Prima del proprio essere e divenire, e nel suo accecamento non la riconosce.
(V.5) E la Luce brilla nella tenebra, e la tenebra non la comprende.
21. Perciò questa Luce originaria può poi brillare come vuole in tale notte; ma poiché la notte, che pure è sorta dalla Luce, non ha un’appropriata capacità di vedere, così essa non riconosce la Luce, che viene in tale notte per ritrasformarla nella giusta Luce originaria.
22. Allo stesso modo dunque anch’Io, quale eterno Essere originario di ogni essere e quale Luce originaria di ogni luce e vita, venni nel mondo delle tenebre a coloro che furono da Me; ma essi, nella notte del loro affievolito sentimento di grandezza, non Mi riconobbero!
23. Poiché questo quinto versetto spiega appunto che Io, essendo totalmente lo stesso che ero dall’Eternità, secondo le misure e i rapporti originari e in quelle misure e in quei rapporti, vengo in questo mondo creato da Me e tratto da Me, e questo mondo non Mi riconosce come il fondamento della sua propria esistenza.
24. Ma Io, quale Ragione Prima di tutto l’esistere, dovevo pur vedere dalla Mia originaria eterna Luce totale, come il sentimento di grandezza, prima luce degli uomini, per la continua lotta diventava sempre più pallido e più debole, e perciò come luce della vita anche più oscuro, e alla fine del tutto buio, e che quindi gli uomini, se fossi venuto a loro nell’immagine a loro data da Me, non Mi avrebbero riconosciuto; per lo meno moltissimi no, specialmente se fossi venuto loro come un puro Deus ex machina[1], del tutto inaspettato e senza preparazione, nella limitata forma umana. E allora avrei dovuto ascriverlo solo a Me stesso se gli uomini, impreparati a tale Mia Venuta, non avessero potuto affatto riconoscerMi.
25. Sì, Io ben lo vidi dall’eternità, e per questo feci preannunciare agli uomini, cominciando già dal loro primo sorgere separato da Me fino alla Mia reale Venuta, tramite molte migliaia di veggenti che nella lotta non perdettero la Luce, appunto questa Mia Venuta, e feci segnalare fedelmente il modo e la maniera, e perfino il luogo e il tempo della Mia Venuta. E quando la Mia Venuta avvenne realmente, feci accadere grandi segni e destai un uomo, nel quale prese dimora un alto spirito primordiale, affinché egli annunciasse ai ciechi la Mia Venuta e piena Presenza sulla Terra.
Un alto spirito (Michele), incarnato come Giovanni (Battista), rende testimonianza al Signore. Gli insegnamenti fondamentali: la natura di Dio, dell’uomo e del suo rapporto con Dio. La caduta dell’uomo e le straordinarie vie di Dio per la sua redenzione.
(Giov. 1, 6-13)
(V.6) Ma c’era un uomo mandato da Dio, che si chiamava Giovanni.
1. Si chiamava Giovanni quest’uomo, che presso il Giordano predicava la penitenza e battezzava con l’acqua i convertiti. In quest’uomo dimorava lo spirito del profeta Elia, e questo era proprio lo stesso spirito angelico che nel remoto principio sconfisse Lucifero e in seguito, sulla nota montagna, con il medesimo Lucifero disputò per il cadavere di Mosè[2].
(V.7) Costui venne come testimone (dall’alto) per dare testimonianza alla Luce, affinché essi tutti (gli uomini senza luce) per mezzo suo credessero (ossia per mezzo della sua luce riconoscessero la Luce originaria venuta a loro).
2. Questi venne quale antico e nuovo testimone dall’alto, ossia come luce dalla Luce originaria, per dare testimonianza alla Luce originaria, all’Essere originario di Dio, che ora prendeva Lui stesso la carne e, in forma totalmente uguale all’umana, venne come Uomo Lui stesso ai Suoi uomini, che sono [provenienti] da Lui, per illuminarli nuovamente nella loro notte e così [illuminati] restituirli di nuovo alla Sua Luce originaria.
(V.8) Egli non era la Luce (da se stesso), ma era solo una testimonianza della Luce (ossia egli testimoniava di fronte al rabbuiato sentimento di grandezza degli uomini, che ora la Luce originaria stessa scendeva dalla Sua Altezza eterna, come un agnello nell’umiltà, agli uomini, e prendeva su di Sé volontariamente tutte le loro debolezze (peccati), per ridare in questo modo agli uomini la Luce originaria e renderli e metterli pari a Lui).
3. Quest’uomo non era ovviamente la vera e propria Luce originaria stessa, bensì, così come tutti gli esseri, solo una luce parziale dalla Luce originaria. Però a lui fu dato di rimanere nell’unione con la Luce originaria tramite la sua preponderante umiltà.
4. Ma poiché egli si trovava dunque in continua unione con la Luce originaria e distingueva bene Questa dalla propria luce – dato che anch’egli è bensì uscito dalla Luce originaria, ma non era tuttavia la Luce originaria, bensì solo una derivazione della stessa, affinché La riconoscesse e ne desse una giusta testimonianza –, così diede poi anche alla Luce originaria una validissima testimonianza, e con questo ridestò tanta giusta luce nei cuori degli uomini, che questi poi, seppure all’inizio solo molto debolmente, col tempo però sempre più fortemente e chiaramente poterono riconoscere che la Luce originaria, Quella rivestita ora di carne, è pur tuttavia la stessa a cui tutti gli esseri e tutti gli uomini devono la propria autonoma esistenza e possono conservarla così autonoma in eterno, se lo vogliono.
(V.9) Questa era la vera Luce, che illumina tutti gli uomini che vengono in questo mondo.
5. Non il testimone, bensì la sua testimonianza e Colui di cui era testimone, erano la giusta Luce originaria che fin dal primo inizio ha illuminato e animato tutti gli uomini che vengono in questo mondo, e ancora adesso continuamente li anima e li illumina sempre più. Ed è per questo che è anche detto, nel versetto 9, che proprio Costui era ed è la vera e giusta Luce che formò tutti gli uomini, nel loro primo inizio, alla libera esistenza, ed ora venne per illuminarli in tutta pienezza e renderli di nuovo simili a Se stesso.
(V.10) Egli era nel mondo, e questo è stato fatto per mezzo di Lui, ma essi non Lo riconobbero.
6. In quale modo Io, ovvero la Luce originaria, abbia potuto essere misconosciuto da questo mondo, cioè dagli uomini ottenebrati che in tutto il loro essere sono usciti da Me, ovvero, il che è la stessa cosa, dalla Luce originaria (Verbo), e questo nonostante tutti i precursori e gli annunciatori della Mia Venuta, ciò è già stato trattato chiaramente al versetto 5. C’è solo ancora da notare, in modo tutto particolare, che qui con “mondo” non si deve intendere la Terra quale portatrice di anime giudicate, che propriamente costituiscono la materia, ma solo e puramente gli uomini, i quali sono bensì presi in parte da questa materia, ma - una volta che sono divenuti esseri posti in libertà - non appartengono o non devono più appartenere a questa antica materia di anime giudicate. Infatti quale pretesa sarebbe poi se Io esigessi dalla pietra, che ancora si trova in profondissimo Giudizio, che Mi riconoscesse!? Una tal cosa può essere pretesa a pieno diritto solo da un’anima divenuta libera, che ha in sé il Mio Spirito.
(V.11) Egli venne nella Sua proprietà, e i Suoi non Lo accolsero.
7. Dunque, come sopra menzionato, non la Terra, bensì solo ed esclusivamente gli uomini nella loro entità di anima e spirito, devono essere visti qui e considerati come la peculiare proprietà del Signore, e proprietà in quanto loro stessi sono in un certo qual modo Luce originaria dalla Mia eterna Luce originaria, e con ciò vengono a coincidere in Uno con la Mia Natura di Ragione Prima.
8. Ma poiché essi proprio in questa natura, che si esprime in loro come sentimento di grandezza, sono indeboliti – debolezza a causa della quale appunto Io venni a loro come nella Mia proprietà delle origini e ancor sempre vengo in modo simile – così essi non Mi riconobbero, e con ciò non riconobbero neppure se stessi e il loro peculiare Essere di Ragione Prima, che non potrà mai venire annientato perché in ultima analisi è la Mia Natura.
(V.12) Ma a quanti Lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio, poiché credono nel Suo Nome.
9. Ma si capisce come da sé che, per tutti quelli che non Mi accolsero o non Mi riconobbero, l’Ordine Originale rimase perturbato, e con questa perturbazione rimase uno stato di sofferenza, il cosiddetto “male” o “peccato”. Al contrario, per molti altri che Mi accolsero, cioè che Mi riconobbero nei loro cuori, questo male invece dovette necessariamente disperdersi, dato che essi furono di nuovo riuniti con Me, l’Ordine originario e la Potenza originaria di tutto l’esistere, in cui trovarono se stessi e la Mia Luce originaria nella loro luce che era stata messa in essi, e in questa l’eterna, inestinguibile vita.
10. Ma in tale vita essi trovarono anche che con ciò necessariamente non sono soltanto Mie creature, come risulta dal loro sentimento vitale inferiore, bensì sono infallibilmente i Miei veri e propri figli, poiché celano in sé ciò che è di Me stesso, che soltanto per la Potenza della Mia Volontà fu posto fuori da Me liberamente. Infatti la loro luce (la loro fede) è uguale alla Mia vera e propria Luce originaria, e perciò ha in se stessa la piena Potenza e Forza che è in Me stesso e, derivante da questa Potenza, anche il pienissimo diritto, non solo di chiamarsi, ma anche di essere in ogni pienezza Mia figlia!
11. Proprio la fede infatti è questa luce, e il Mio Nome, al quale sono indirizzati i potenti raggi di questa luce, è la Forza e la Potenza e la vera e propria Natura del Mio Essere originario, attraverso cui ognuno realizza in sé, a pieno diritto e con piena validità, la figliolanza divina. Per questo è poi anche detto al versetto 12 che tutti quelli che Mi accoglieranno e crederanno nel Mio Nome, dico: avranno in sé il potere di chiamarsi a pieno diritto “figli di Dio”!
(V.13) I quali non dal sangue, né dal volere della carne, né dal volere di un uomo, ma da Dio sono nati.
12. Questo versetto non è altro che una più precisa indicazione e spiegazione del versetto precedente, e in un linguaggio più collegato i due versetti contigui potrebbero suonare così: Ma a coloro che Lo accolsero e credettero nel Suo Nome, a loro Egli diede il potere di chiamarsi “figli di Dio”, i quali non sono nati dal sangue, né dal volere della carne (desiderio carnale), né dal volere di un uomo, bensì da Dio.
13. Ma si capisce già da sé che qui non può essere questione di una prima nascita come carne dalla carne, bensì solo ed esclusivamente di una seconda nascita, dallo spirito dell’amore per Dio e dalla verità della fede viva nel Nome vivente di Dio, che si chiama Jesus-Jehova-Zebaoth; la quale seconda nascita si chiama anche con una buona definizione “la rinascita dello spirito mediante il Battesimo dai Cieli”.
14. Ma il “Battesimo dai Cieli” è il completo passaggio dello spirito e dell’anima, con tutti i suoi desideri, allo spirito vivo dell’amore per Dio e dell’amore in Dio stesso.
15. Una volta avvenuto tale passaggio dalla liberissima volontà dell’uomo, e allorché tutto l’amore dell’uomo si trova ora in Dio, allora per mezzo di questo sacro amore anche tutto l’uomo si trova in Dio, dove viene maturato, rafforzato e rinvigorito per diventare un essere nuovo, e quindi, dopo aver raggiunto la giusta e completa maturità, da Dio rinasce. Dopo questa seconda nascita, che non è preceduta né da desiderio della carne, né dalla volontà procreativa di un uomo, soltanto allora l’uomo è un vero figlio di Dio, che è divenuto tale mediante la Grazia, la quale è una libera potenza dell’Amore divino nel cuore dell’uomo.
16. Ma questa Grazia è anche appunto la potente attrazione di Dio nello spirito dell’uomo, attraverso cui egli, come attratto dal Padre, giunge al Figlio, cioè alla divina Luce originaria, oppure, il che è la stessa cosa, alla giusta, viva e potente Sapienza di Dio.
L’Incarnazione della Parola Eterna e la testimonianza di Giovanni Battista su di Lui. Cenni di vita principali per la nuova esistenza mediante la rinascita. Prima e seconda Grazia.
(Giov. 1,14-16)
(V.14) E il Verbo divenne carne e abitò fra noi, e noi vedemmo la sua gloria, una gloria come di Figlio unigenito del Padre, pieno di Grazia e di Verità.
1. Ma quando l’uomo in tal modo perviene, mediante la rinascita, alla vera figliolanza di Dio, nella quale egli viene proprio generato da Dio Padre, ovvero dall’Amore in Dio, allora egli perviene alla gloria della Luce originaria in Dio, che è propriamente lo stesso divino Essere quale Prima Ragione. Questo Essere è il vero e proprio Figlio Unigenito del Padre, così come la Luce riposa nascosta dentro al calore dell’Amore, fino a quando l’Amore non la eccita e non la irradia da Sé. Ma questa santa Luce dunque è anche la vera e propria Gloria del Figlio del Padre, a cui perviene ogni rinato e dove egli stesso (il rinato) diviene simile a questa Gloria, che è eternamente piena di Grazia (Luce di Dio) e piena di Verità, che è qui la vera Realtà, o il Verbo divenuto Carne.
(V.15) Giovanni dà testimonianza di Lui, richiama e dice: «Era questo Colui di cui ho detto: Dopo di Me verrà Colui che è stato prima di me, poiché Egli era prima di me.»
2. Giovanni ne dà nuovamente una giusta testimonianza, e fa notare agli uomini, subito dopo il battesimo nel fiume Giordano, che proprio l’Uomo che egli ora ha battezzato è Colui di cui aveva parlato al popolo già per tutto il tempo della sua predica sulla penitenza, per accoglierLo degnamente, [dicendo] che Egli, che sarebbe venuto dopo di lui (Giovanni), era stato prima di lui, dunque esisteva prima di lui. Il che in un senso più profondo equivale nuovamente a: Questa è la Luce originaria fondamentale ed Esistenza originaria fondamentale di ogni luce e di ogni essere, che fu prima di ogni esistenza, ed ogni esistenza è derivata da questa Esistenza.
(V.16) Dalla Sua Pienezza tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.
3. Ma questa Luce originaria è anche la Gloria eternamente grande in Dio, e Dio stesso è questa Gloria; questa Gloria era dall’eternità Dio stesso in Dio, e dalla pienezza di questa Gloria tutti gli esseri hanno preso la loro esistenza e la loro luce e libera vita.
4. Ogni vita è perciò una grazia da Dio e compenetra continuamente la forma portatrice di vita. La Vita originaria in ogni uomo è perciò, essendo la medesima gloria in Dio, una prima grazia di Dio; questa però ha subìto dei danni per il noto indebolimento del sentimento di grandezza con l’inferiore sentimento del divenire e della conseguente necessaria dipendenza dalla Luce originaria e Ragione Prima di ogni esistenza.
5. Poiché in tal modo questa prima Grazia nell’uomo voleva quasi decadere completamente, venne allora la Luce originaria stessa nel mondo, e ammaestrò gli uomini affinché rimettessero questa prima grazia di nuovo alla Luce originaria, o propriamente affinché dovessero rientrare del tutto in questa Esistenza originaria e prendervi, al posto della vecchia luce, una vita nuova; e questo scambio è il prendere grazia per grazia, o per così dire il consegnare la vita vecchia, indebolita, che non serve più a nulla, per una vita nuova, inestinguibile in Dio e da Dio nella pienezza.
6. La prima grazia è stata una necessità, in cui non opera alcuna libertà, per cui neppure alcuna stabilità; la seconda grazia invece è una piena libertà, esente da qualsiasi costrizione, e perciò – poiché da nulla sospinta e costretta – anche eternamente indistruttibile. Infatti dove non c’è un nemico, là non c’è neppure distruzione; come nemico però viene inteso tutto quello che influisce come impedimento a una libera esistenza, sotto qualsiasi forma.
La Legge e la Grazia. Ulteriori lotte degli esseri chiamati alla libera figliolanza divina. Compare il Redentore. Padre e Figlio sono una cosa sola come calore e luce.
(Giov. 1, 17-18)
(V.17) Poiché la Legge è stata data per mezzo di Mosè; la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Cristo.
1. Così è la Legge che dovette essere data alla prima vita, e cioè già in principio al primo uomo, e nel seguito delle cose attraverso Mosè, che qui in questo versetto viene citato anche come rappresentante della Legge. Ma dalla Legge certo nessuno poteva mai ottenere la vera libertà di vita, poiché la Legge è un impedimento, e non un incoraggiamento alla vita.
2. Con un “devi” positivo le prime idee di creazione furono poste, dal Volere immutabile della Potenza originaria, ad una esistenza isolata, come autonoma; per quanto concerne dunque la separazione e la formazione dell’esistenza limitata da spazio e tempo, ciò fu realizzato mediante un immutabile “devi”.
3. Ora ecco l’essere, l’uomo, in sé in un certo senso la Divinità stessa, oppure, il che è la stessa identica cosa: l’Essere originario di Dio stesso, solo separato dalla Sua Ragione Prima ma tuttavia consapevole di Lui, accanto a ciò però anche legato pur tuttavia in una forma limitata e conservata mediante un immutabile “devi”. Questo stato non volle piacere all’essere così costituito, e il suo sentimento di grandezza venne a una lotta violenta con la sua necessaria limitazione ed estromissione.
4. Poiché nel primo originario ordine di esseri la lotta divenne sempre più accesa, la grande Legge fondamentale dovette essere inasprita e includere gli esseri in un giudizio rigido e temporale; in ciò consistette la costruzione dei solidi mondi materiali e così la maggior separazione degli esseri originari.
5. Nel secondo ordine di esseri compare allora l’uomo rivestito di carne, che poggia sul suolo del suo primo giudizio. Nonostante l’ormai triplice separazione dalla sua Ragione Prima, pur tuttavia egli riconobbe di nuovo presto in sé Quello stesso [Dio], e divenne ribelle, superbo e disubbidiente a una Legge facile, data non più come rigido “devi”, ma come libero arbitrio.
6. Ma poiché non volle farsi piacere questo leggero comando, così gliene fu dato uno più pesante e fortemente sanzionato, e la sanzione per la non osservanza di questo secondo comando venne puntualmente eseguita.
7. Dopo questa correzione l’Essere divino Si portò sulla Terra in Melchisedek e guidò gli uomini; ma essi cominciarono subito di nuovo a combattere, e dovettero essere vincolati e condotti all’ordine da nuove leggi, così che rimase loro soltanto un movimento di tipo meccanico, in contrasto con quasi tutte le loro tendenze.
8. Quindi con la Legge fu prodotto un vasto abisso, sopra il quale nessuno spirito e nessun essere poteva più fare un salto, per cui dunque la prospettiva e la consapevolezza interiore di un proseguimento eterno della vita interiore, molto limitata in tal forma, divennero una questione molto dubbia.
9. Su una tale limitazione appare allora il divino Essere originario nella Sua propria originaria Pienezza, e cioè nella persona di Cristo.
10. Qui dunque ritorna nuovamente la Grazia originaria, prende su di Sé tutte le debolezze della vita degli uomini, e dà loro in cambio una Grazia nuova, una Vita nuova, piena di vera Luce, e mostra loro in questa [Luce] e attraverso Se stesso la giusta via e il giusto scopo della loro esistenza.
(V.18) Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio, che è nel grembo del Padre, Costui ce lo ha annunciato.
11. Soltanto adesso coloro che Lo riconobbero ricevettero una vera conoscenza di Dio, e potevano ora per la prima volta guardare accanto a sé e fuori di sé e riconoscere Dio, che mai prima un essere aveva potuto vedere nella Sua Pienezza, e attraverso Lui anche se stessi e la loro propria liberissima destinazione di vita.
12. Ed ora è stato di nuovo tolto anche l’abisso inaccessibile che era stato prodotto dalla Legge, e ogni uomo poteva e può ancor sempre uscire dal giogo della Legge, se scambia il suo uomo vecchio con l’uomo nuovo da Cristo, per cui dunque è anche detto che si deve svestire l’uomo vecchio e indossare il nuovo, ossia: chi ama la vecchia vita, la perderà; chi invece la fugge, costui la conserverà, e precisamente la nuova. Questo è dunque l’annuncio dal grembo del Padre e il Vangelo vivo di Dio.
13. Ma l’espressione che dice: “che è nel grembo del Padre” vuol significare: La Sapienza originaria di Dio ossia la vera e propria Natura divina più intima è nell’Amore, così come la luce dimora nel calore. Essa inizialmente sorge e scaturisce dal calore potente dell’Amore, e infine con la sua presenza genera di nuovo calore, e questo perennemente di nuovo luce. Così altrettanto dall’Amore, che è uguale al Padre e in ultima analisi è il Padre stesso, sorge la Luce della divina Sapienza, che è uguale al Figlio ovvero è proprio il Figlio stesso, che però non sono Due, bensì il Figlio è pienamente Uno con quello che si chiama “Padre”, allo stesso modo come luce e calore o calore e luce sono una cosa sola, dato che il calore genera continuamente la luce e la luce continuamente il calore.
La testimonianza di Giovanni Battista su se stesso. Motivo del rinnegamento del suo spirito di Elia. Umile attestazione del precursore del Messia. Vane e false idee dei templari sul Cristo che doveva venire. Di nuovo chiara testimonianza di Giovanni Battista sul Signore.
(Giov. 1, 19-30)
(V.19) E questa è la testimonianza di Giovanni ai Giudei, quando costoro gli mandarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti che Gli chiesero: «Chi sei tu?».
1. Questo versetto presenta un puro fatto esterno, e perciò non ha un senso interiore; solo questo si lascia facilmente dedurre da una tale missione: che il sentimento di grandezza dei Giudei in questo tempo già cominciava a presentire che la Luce originaria, o la Vita originaria di Dio, cominciava ad avvicinarsi agli uomini della Terra, e già doveva essere sulla Terra, e ipotizzava che questa Vita originaria di ogni vita si trovasse in Giovanni, ed egli fosse magari il promesso Messia.
2. Per questo dunque, per il suddetto presentimento più che per la fama di predicatore di Giovanni, essi mandarono anche da lui degli informatori, perché gli chiedessero chi era, se Cristo, o Elia, o un altro profeta.
(V.20) Ed egli attestò e non mentì, dicendo: «Io non sono Cristo, il Messia promesso.»
(V.21) Ma essi gli chiesero ancora: «Chi sei dunque? Sei Elia?». Ed egli disse: «Non lo sono!». E ancora gli chiesero: «Sei un profeta?». Egli rispose: «No!»
3. Ma la ragione per cui gli chiesero anche se fosse Elia o un altro nuovo profeta, era che negli Scritti profetici si diceva che Elia sarebbe venuto prima del promesso Messia, e avrebbe preparato tutto Israele alla grande Venuta del Messia! Così in questo tempo sarebbero dovuti sorgere anche altri profeti ancora, i quali pure avrebbero preceduto come araldi il Messia. Queste cose dunque sapevano gli inviati di Gerusalemme, che conoscevano le Scritture, e così interrogarono Giovanni; questi però attestò di non essere tutto ciò.
(V.22) Ed essi gli dissero ancora: «Chi sei dunque, perché possiamo portare una risposta a coloro che ci hanno inviato?! Che cosa dici dunque di te stesso?»
4. E così naturalmente dovettero poi chiedergli ancora chi fosse.
(V.23) Ma Giovanni disse: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto e preparo la via al Signore, come ha predetto il profeta Isaia.»
5. Al che Giovanni attestò solo allora che egli era soltanto uno che grida nel deserto e prepara – secondo la predizione di Isaia – la via al Signore!
6. Qui si può chiedere, a buon diritto, perché Giovanni facesse questo nel deserto, del quale si può presumere che sicuramente lo abitino pochissimi uomini, e che perciò sarebbe stato ben più indicato fare un precursore di tal genere in quei luoghi che sono abbondantemente abitati da uomini. A che può servire un tal gridare, pur così poderoso, nel morto deserto, dove il suono del richiamo si estingue molto prima di giungere a un qualche orecchio? E se anche giunge casualmente a un qualche orecchio umano, ciò è di gran lunga insufficiente per una cosa che è della massima importanza per tutti gli uomini!
7. A questa preventiva domanda sia detto così: che qui sotto l’espressione “deserto” non è tanto da intendersi il piccolo deserto di Bethabara, situato al di là del Giordano, quanto piuttosto il deserto spirituale nei cuori degli uomini. Il deserto di Bethabara, dove realmente Giovanni viveva, predicava e battezzava, era perciò stato scelto solo perché fosse per l’uomo lo specchio di come egli era nel suo cuore, e cioè altrettanto desolato, vuoto, senza nobili frutti, pieno solo di spine e cardi, di ogni erbaccia e pieno di vipere e altri rettili ributtanti. E in un tale deserto degli uomini compare Giovanni come una coscienza risvegliata, che egli anche rappresenta sotto l’aspetto puramente spirituale, e predica penitenza per il perdono dei peccati, e prepara così al Signore la via ai cuori degli uomini divenuti tutti deserti.
8. Rimane qui ancora solo la questione perché Giovanni non si riconobbe come Elia o un profeta, dato che egli, secondo la Mia personalissima testimonianza, era sicuramente sia l’uno che l’altro. Infatti Io stesso ho pur detto chiaro e tondo agli apostoli, così come ad altri ascoltatori della Mia Dottrina, in una occasione molto adatta: Giovanni era quell’Elia che doveva venire prima di Me, se volete accettarlo.
9. La ragione di una tale negazione è che qui Giovanni si designa solo secondo l’effettivo nuovo compito, e non secondo il vecchio, come fu dato al suo spirito in Elia al suo tempo terreno. Elia doveva punire e distruggere il Moloch; Giovanni invece chiamare alla giusta penitenza, trasmettere il perdono dei peccati mediante il battesimo d’acqua, e così preparare a Me la via. E in base a tale attività dunque egli si atteggiò solo a ciò che egli era in effetti in quel momento.
(V.24) E quelli che erano inviati, erano dei farisei.
(V.25) E costoro continuarono ancora a interrogarlo, e gli dissero: «Perché dunque battezzi, se non sei Cristo, neppure Elia e nessun altro profeta?».
10. Ma poiché tuttavia battezzava, il che era permesso altrimenti solo ai sacerdoti e ai profeti di cui fosse dimostrato che erano chiamati a farlo, così i sacerdoti e i leviti, inviati dai gelosi farisei, gli domandarono perché mai battezzasse gli uomini, dato che non era né l’uno né l’altro.
(V.26) Ma Giovanni rispose loro e disse: «Io battezzo solo con acqua; Lui (il Cristo di Cui mi chiedete) è venuto in mezzo a voi; ma voi non Lo conoscete».
11. Ma Giovanni dice: «Io battezzo solo con acqua, cioè io lavo soltanto e sono un lavatore di cuori divenuti impuri, affinché venga ricevuto degnamente quell’Unico che, in un certo qual modo, Si trattiene già da lungo tempo in mezzo
a voi, che voi però, a causa della vostra cecità, non riconoscete!»
12. Qui sono rappresentati, con questi investigatori, anche tutti coloro che cercano Me, il Signore, esternamente in qualche posto, i quali attraversano terre e mari, e là interrogano tutti i sapienti: “Dov’è Cristo, quando e dove viene?”.
Ebbene, Quello vero, Quello che si costruì un’abitazione per Sé al centro dei loro cuori e che soltanto là si può trovare (Oh, che cercatori fallaci!), Quello non Lo cercano, o per lo meno non là dove solo ed esclusivamente si può cercare e trovare!
(V.27) «Questi è Colui che verrà dopo di me, che era prima di me, al Quale non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali».
(V.28) Ciò avvenne a Bethabara, oltre il Giordano, dove Giovanni battezzava.
13. Quale testimonianza piena di umiltà dà pur Giovanni davanti ai sacerdoti e ai leviti, dato che egli sa bene Chi in Cristo ha messo piede sulla Terra; ma che importa questo al clero pieno di alta sapienza mondana! La verissima testimonianza di Giovanni li lasciò indifferenti, poiché essi non volevano un Messia pieno di umiltà, povero e privo di lustro, bensì uno davanti al quale tutti quanti sarebbero dovuti subito arretrare per la paura e lo spavento!
14. [Infatti secondo loro] il Messia, subito al Suo primo apparire – naturalmente in nessun altro luogo se non in Gerusalemme – e visibile per linea recta (linea diretta) raggiante di fuoco, con uno splendore superiore al sole, scendendo dal cielo accompagnato da miriadi di angeli e prendendo dimora solo nel Tempio –, avrebbe dovuto spodestare e annientare tutti i potentati di allora, e poi avrebbe dovuto anche rendere gli Ebrei subito completamente immortali, procurare loro tutto il denaro della Terra, catapultare in mare con forte frastuono per lo meno qualche centinaia di montagne apparentemente superflue, e oltre a ciò anche però giustiziare la povera sporca plebaglia! Allora essi avrebbero creduto in lui e anche detto: “Signore, Tu sei proprio terribilmente forte e potente, tutti quanti devono piegarsi profondissimamente davanti a Te e gettarsi nella polvere, e il sommo sacerdote non è degno di scioglierti i lacci dei sandali.”
15. Ma Cristo venne sulla Terra del tutto povero e piccolo e apparentemente debole, quasi per tutti i trent’anni (eccetto fino al dodicesimo) non diede di Sé alcun segno davanti agli occhi dei grandi, ma lavorò a lavori pesanti, era insieme a Giuseppe un carpentiere e più tardi frequentò anche il comune proletariato. Come poteva essere questo, agli occhi degli orgogliosi e sapientissimi giudei, il Messia così a lungo aspettato? “Via un tale bestemmiatore, un tale mago, che esegue le sue azioni solo con l’aiuto del capo dei diavoli! Un tale volgarissimo operaio carpentiere, più grossolano e rozzo di un legno di quercia, che ha imparato da qualche parte a far magie con l’aiuto di Satana, cammina scalzo ed è amico della più abietta plebaglia, se ne va in giro con loro, accoglie le prostitute e mangia e beve con peccatori pubblicamente troppo noti, e così, con il suo fare e disfare, si oppone apertissimamente alla Legge, ebbene quello dovrebbe essere Cristo, il Messia promesso?! No, mai sia in noi una tale idea blasfema!”
16. Questo era il giudizio degli alti e sapienti giudei su di Me, alla Mia piena presenza nella carne sulla Terra; e lo stesso identico giudizio su di Me persiste ancora fino a questo momento per milioni [di persone] che non ne vogliono sentir parlare assolutamente di un Dio mansueto, che si abbassa e mantiene la Sua Parola!
17. Il loro Dio per prima cosa deve abitare molto in alto, sopra tutte le stelle, e dalla tanta infinitissima sublimità quasi non esistere affatto; cose più piccole del sole non le deve affatto creare se vuole essere un degno Dio! Come seconda cosa non deve permettersi di avere una qualche sembianza, e meno di tutte quella umana, ma deve essere solamente una specie di astrusità incomprensibile!
18. Come terza cosa, se ciò nonostante Cristo potesse essere Dio, Egli deve comunicarsi con la viva parola interiore solo a uomini competenti, solo a certe società, concili, a pietisti straordinari, a zeloti circondati da una cosiddetta aura di santità e perfetti modelli di virtù, e a un tale fortunato, però, conferire anche subito il potere di spostare le montagne; altrimenti non c’è assolutamente nulla della divina Comunicazione e Rivelazione di Cristo!
19. A un laico o magari perfino a un peccatore, il Signore Gesù non deve mai comunicarsi, poiché in tal caso la rivelazione è già sospetta e non viene accolta, alla stessa maniera come anche Io stesso non venni accolto dagli alti giudei, perché ai loro occhi orgogliosi e avidi di gloria Io Mi sono presentato come troppo poco divinamente nobile; ma – non fa nulla! Solo la testimonianza di Giovanni è valida!
20. Il mondo rimane perennemente uguale a se stesso e continua ad essere il deserto di Bethabara, dove Giovanni diede la sua testimonianza. Ma anch’Io rimango perennemente uguale a Me stesso, e in ogni tempo compaio fra gli uomini per reprimere la loro superbia e ravvivare l’umiltà e l’amore veri, sempre così come sono comparso agli Ebrei. Bene è per tutti coloro che Mi riconoscono e Mi accolgono così come Mi ha riconosciuto e accolto Giovanni secondo la sua testimonianza, testimonianza che diede di Me davanti agli occhi e agli orecchi degli orgogliosi sacerdoti e leviti di Gerusalemme a loro grande scandalo!
(V.29) Il giorno dopo, Giovanni vede venire a lui Gesù e dice: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio, che porta su di Sé il peccato del mondo!»
21. Il giorno seguente, mentre questi investigatori si trattenevano ancora a Bethabara dove prendevano informazioni su tutto quello che questo Giovanni faceva e in che cosa consistessero principalmente le sue prediche, egli testimonia ancora una volta su di Me, e cioè nella nota circostanza in cui Io vengo a lui dal deserto e gli richiedo che Mi battezzi con l’acqua del fiume.
22. Già mentre Mi avvicino a lui, Giovanni richiama su di Me l’attenzione del capo di questi investigatori – il quale durante la notte ha preso in notevole considerazione ciò che aveva sentito il giorno prima da Giovanni – e dice: “Vedi, Quello che viene di là è l’Agnello di Dio, che ha messo sulle Sue spalle tutte le debolezze degli uomini, affinché gli uomini che Lo accoglieranno prendano una vita nuova da Lui e abbiano in sé il potere di chiamarsi, da tale nuova vita, figli di Dio; Jehova infatti non viene nella tempesta, né nel fuoco, ma Egli viene solo in un soffio dolcissimo.”
(V.30) «Questi è Colui del quale io (ieri) ho detto: Dopo di me viene un Uomo che è stato prima di me; infatti Egli era prima di me.»
23. Giovanni ripete qui ancora una volta quello che già il giorno prima aveva detto su di Me agli investigatori, e da una parte testimonia di Me che Io vengo agli uomini, per così dire, come uno specchio di vera e necessaria umiltà dell’uomo, e in tale umiltà attesto di venire in aiuto agli uomini nella loro debolezza, non invece nella loro presunta forza, che ovviamente mai possiedono. D’altra parte però Giovanni testimonia anche che quello da lui chiamato Agnello di Dio, è tuttavia Colui che fu prima di ogni essere; infatti l’espressione “Egli era prima di me” equivale a dire: Giovanni – riconoscendo in se stesso per un momento il suo alto spirito – lo fa capire così agli investigatori: che sebbene anche in lui abitasse lo stesso Spirito originario della stessa e medesima natura e qualità, egli pur tuttavia ne fu collocato al di fuori, in una esistenza libera e completamente autonoma, non per propria potenza, ma solo dallo Spirito originario fondamentale che abita solamente in questo Agnello. Con tale traslocazione, essendo essa un’opera reale dello Spirito fondamentale originario, comincia poi anche un primo periodo di tempo, prima del quale non c’era nulla in tutta l’Infinità, se non soltanto lo Spirito originario fondamentale Jehova, e cioè del tutto così e lo stesso come ora si trovava in questo Agnello di Dio, visibile davanti a loro, e che da lui (Giovanni) desiderava essere battezzato.
Giovanni professa di aver riconosciuto il Signore ora anche fisicamente. Doppio battesimo: Giovanni battezza il Signore con acqua, e Questi lo battezza col Suo Santo Spirito. La testimonianza del Padre Santo su Suo Figlio. Cenni sul modo di scrivere di quei tempi.
(Giov. 1, 31-34)
(V.31) «Anch’io prima però non Lo conoscevo; tuttavia per rivelarLo in Israele sono venuto a battezzare con acqua (quelli che Lo attendono).»
1. Naturalmente gli investigatori domandarono poi a Giovanni: “Da quando dunque tu conosci già quest’uomo singolare, e quando sei venuto a conoscenza di ciò che hai detto ora di Lui?”. Giovanni rispose qui, in senso del tutto naturale, che anch’egli come uomo non Lo conosceva, però il suo spirito gli aveva rivelato questo, e lo aveva anche spinto a preparare gli uomini a Lui, e a lavarli dalle loro grosse macchie di peccato con l’acqua del Giordano.
(V.32) E Giovanni testimoniò e disse ancora (dopo il Battesimo): «(Quando ora Lo battezzai) vidi che lo Spirito di Dio (a testimonianza per me) discese dal Cielo, così come una colomba dolcemente si posa, e questo Spirito rimase sopra di Lui.»
2. Giovanni fa sapere qui che anche lui Mi vede per la prima volta fisicamente davanti a lui, e che il Mio Spirito in lui gli ha rivelato questo. Gli investigatori naturalmente scrutarono bene quest’Uomo e Lo osservarono durante la breve operazione del battesimo d’acqua. Giovanni inizialmente si rifiutò di farla su di Me, e precisamente con l’importante osservazione: Si conveniva di più che Io battezzassi lui, piuttosto che lui Me; ma su Mio espresso desiderio che così dovesse avvenire, tuttavia cedette e Mi battezzò. Vide però ciò che Io stesso per mezzo del Mio Spirito gli avevo rivelato nel suo spirito, avendolo Io spinto a Bethabara, [e cioè vide] come lo Spirito di Dio, ossia il Mio proprio eterno originario Spirito, scese su di Me nell’apparenza di una nuvoletta luminosa, e cioè nella maniera in cui scende una colomba, e così rimase sopra il Mio Capo. Inoltre egli udì contemporaneamente le note parole:
3. “Questo è il Mio amato Figlio, ovvero questa è la Mia Luce, il Mio proprio Essere fondamentale originario nel quale Io, l’eterno originario Amore essenziale ho il Mio compiacimento, Questi dovrete ascoltare!”
(V.33) «Anch’io altrimenti non l’avrei riconosciuto; ma Colui che mi mandò a battezzare con l’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere lo Spirito di Dio e rimanere su di Lui, è Quello che battezzerà con lo Spirito Santo.»
4. Per questo Giovanni dice: “Anch’io altrimenti non Lo avrei riconosciuto!”
(V.34) «Io Lo vidi ed ora attesto che Questi è veramente il Figlio di Dio.»
5. Solo dopo questo atto del Battesimo, Giovanni raccontò agli investigatori quello che aveva visto e udito, e affermò, fosse stato anche a prezzo della vita, che il Battezzato, che già al Suo avvicinarsi egli aveva annunciato come l’Agnello di Dio a lui rivelato, in pienissima verità è il Messia atteso da tutto Israele; Questi è veramente il Figlio di Dio, ossia il vero e proprio originario eterno Essere fondamentale di Dio in Dio!
6. Egli, Giovanni, aveva visto egli stesso con i propri occhi il Suo Spirito scendere sopra di Lui e sopra di Lui rimanere, non come se quest’Uomo avesse ricevuto tale Spirito solo in quel modo, ma l’apparizione avvenne soltanto come testimonianza per lui stesso, dato che anch’egli prima non Lo aveva conosciuto.
7. Qui però viene spontanea la domanda se questi messaggeri di Gerusalemme non avessero dunque notato nulla di tutto ciò con i loro occhi e con le loro orecchie. A ciò valga come risposta perennemente ed eternamente uguale: Solo ai più piccoli e ai semplici queste cose vengono rivelate; ai sapienti del mondo invece rimangono nascoste e velate.
8. Ebbene, qui i messaggeri di Gerusalemme non videro anche nulla se non esclusivamente il battesimo d’acqua, e si arrabbiarono non poco quando Giovanni annunciò quello che aveva visto e sentito, mentre essi di tutto ciò non avevano potuto percepire nulla, e per questo anche ingiuriavano Giovanni [accusandolo] di aver loro mentito. Ma allora si aggiunsero parecchi discepoli di Giovanni, lì presenti, e testimoniarono che Giovanni aveva detto completamente la verità.
9. Ma i messaggeri scossero la testa e dissero: “Giovanni è il vostro maestro, e voi siete i suoi discepoli; per questo anche voi confermate la sua asserzione. Ma noi siamo istruiti ed edotti in tutte le cose della Scrittura, che è da Dio attraverso Mosè e attraverso i profeti, e riconosciamo, dal vostro modo di parlare e di agire, che voi insieme al vostro maestro siete dei pazzi, non vedete nulla e non sapete nulla, e con la vostra pazzia rendete pazzi molti uomini, tanto che la cosa già da un pezzo giunge riprovevole agli orecchi dei massimi del Tempio. La cosa migliore sarà di farvi smettere con la forza.”
10. Ma Giovanni si sdegnò e disse: “O voi razza di vipere, voi prole di serpenti! Pensate di sfuggire così al Giudizio!? Guardate, la scure con cui volevate annientarci è già posta alle vostre radici; badate a come sfuggire alla vostra rovina! Se non fate penitenza in sacco e cenere, e non vi farete battezzare, sarete distrutti!
11. Poiché, in verità, Questi era Colui di cui vi ho detto: ‘Dopo di me verrà Colui che è stato prima di me, poiché Egli era prima di me. Dalla Sua Pienezza abbiamo tutti ricevuto grazia su grazia.’ (Questo viene già riportato prima, nei versetti 15 e 16 di questo capitolo, ma non era stato ancora meglio chiarito storicamente.)
12. A queste energiche parole di Giovanni, alcuni rimangono e si fanno da lui battezzare; la maggior parte però se ne va da lì del tutto in collera.
13. Questi versetti riferiscono in modo del tutto corretto solo qualcosa di storico, e hanno poco senso interiore, che comunque si lascia già riconoscere molto facilmente dalle precedenti spiegazioni. Deve solo essere qui menzionato che questi versetti si lasciano comprendere tanto più facilmente se vengono dati con le circostanze che un tempo si capivano già da sé. Infatti al tempo in cui l’evangelista scrisse il Vangelo, era usanza che si tralasciassero come frasi inutili tutte quelle possibili circostanze che in qualche modo erano scontate e si potevano supporre, e che si scrivessero esclusivamente le frasi principali, e le circostanze collaterali le si lasciasse, come si dice oggi, “leggere tra le righe”. Per chiarire meglio tale questione molto degna di nota per quel tempo, vogliamo considerare un po’ meglio in questa maniera proprio i tre versetti dati qui di seguito, e il modo di scrivere di quei tempi (sintassi) lo si potrà scorgere con tutta precisione e ben riconoscere.
Tre versetti come esempi del modo di scrivere di quei tempi.
(Giov. 1, 35-37)
(V.35) Il giorno seguente Giovanni stava di nuovo (al fiume Giordano) e con lui due dei suoi discepoli.
1. Nel primissimo testo originale, per esempio, il versetto 35 suona così: “Il giorno dopo stavano ancora Giovanni e due dei suoi discepoli.” Qui ci si chiede: Dove stava lui? E i due discepoli erano vicino a lui, oppure stavano in qualche altro posto, però nello stesso tempo?
Deve qui cadere subito sott’occhio a chiunque che qui non è indicato il punto in cui stavano i due discepoli, e tanto meno l’azione.
2. Ebbene, perché dunque l’evangelista non ha menzionato tale circostanza?
3. La ragione è già stata accennata più sopra; infatti si capisce già da sé, e doveva capirsi sicuramente da sé particolarmente a quel tempo in cui scrivere così era la regola, che Giovanni stava al fiume Giordano, e là sotto un salice dove attendeva se venisse qualcuno a farsi battezzare da lui. E poiché aveva parecchi discepoli che ascoltavano i suoi insegnamenti e anche li scrivevano, così di solito due e talvolta, quando c’era molto da fare, anche più [di due discepoli] gli stavano a fianco e gli erano d’aiuto nei suoi molti battesimi, e anzi battezzavano pure nel suo nome e nella sua maniera.
4. Poiché dunque per quel tempo tutte queste circostanze erano fin troppo note a quelli che stavano attorno a Giovanni, così non vennero neanche scritte. A quel tempo scrivere così era la regola, ed era d’altra parte anche una necessità per mancanza del materiale per scrivere, e quindi si scriveva solo la cosa principale. E premettendo alla frase la congiunzione “e” si dava a capire se le singole frasi stessero o no in relazione tra loro. Per tale ragione alle frasi principali aventi relazione tra loro, tali congiunzioni sono state premesse raramente in lettere dell’alfabeto, ma piuttosto con certi segni convenzionali.
5. La spiegazione qui data, pur non essendo di per sé una spiegazione evangelica, è tuttavia molto necessaria poiché senza di essa a mala pena in questo tempo si possono capire i Vangeli nel loro senso esteriore storico, e tanto meno dunque nel loro senso interiore spirituale, meno che meno poi i Libri profetici dell’Antico Testamento, nei quali invece di frasi compiute compaiono soltanto immagini corrispondenti, e naturalmente non può esservi questione di una qualsiasi indicazione delle circostanze. Dato che ora però conosciamo tali regole dell’antichità, allora non ci sarà difficile per il seguito collegare più facilmente tutti i successivi versetti e testi, leggerli più correttamente e mettere in luce più chiaramente almeno la parte naturale, storica. Vogliamo ancora effettuare una tale breve analisi con i versetti 36 e 37, e la regola data ne diverrà chiara.
(V.36) E poiché egli vide di nuovo Gesù camminare (sulla riva del Giordano), disse: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio!»
6. Il versetto 36 dice, stando al testo arcaico: «E quando egli vide Gesù camminare, disse: “Vedi, Questo è l’Agnello di Dio!”». La “E” indica qui che questo testo è in una qualche relazione col precedente, e storicamente indica che Gesù, dopo il battesimo d’acqua richiesto, Si è trattenuto ancora per qualche tempo nelle vicinanze di Giovanni, e per questo era stato visto camminare sulla riva del Giordano, sia dai suoi due discepoli, sia dallo stesso Giovanni.
7. Come Giovanni Lo vede, egli riunifica subito tutti i suoi pensieri e dice a suo modo, come tra sé, in una specie di sublime entusiasmo: “Vedi, Questo è l’Agnello di Dio!”. Nel tempo attuale egli si sarebbe espresso pressappoco così: “Ecco, vedete là! Sulla riva del fiume cammina anche oggi l’altissimo Uomo-Dio, così modesto e così umile come un Agnello”. Ma Giovanni sorpassa tutte queste indicazioni più precise, e dice solamente come sta nel versetto.
(V.37) E quando i due discepoli di Giovanni [lo] udirono parlare così, (subito lasciarono Giovanni) e seguirono Gesù.
8. Il versetto 37, che rappresenta propriamente il seguito dei due precedenti, comincia, per il motivo sopra indicato, ancora con “E”, e molto semplicemente indica solo l’accaduto, toccandone solo brevissimamente la ragione.
9. Il testo arcaico dice del tutto semplicemente così: “E due dei suoi discepoli lo udirono parlare e seguirono Gesù.” Nel tempo attuale il versetto, senza danneggiarne la comprensione e il senso, potrebbe suonare così: “Ma quando i due discepoli che stavano accanto a lui (Giovanni) udirono parlare così il loro maestro, subito lo lasciarono e si recarono da Gesù, e poiché Gesù cominciava ora ad allontanarsi da quel luogo, allora Lo seguirono.
10. Tutto ciò che è stato introdotto in questo ampliamento del testo, deve essere pure accaduto in questo evento, altrimenti il fatto non si sarebbe realizzato. Ma, come ho detto, secondo il modo di scrivere di quel tempo vengono menzionati soltanto i due concetti “udire” e poi l’immediato “seguire”, tutte le altre frasi di passaggio e di collegamento invece vengono tralasciate in quanto si capiscono da sé. Chi afferra bene questa regola che è stata data, potrà riunire in un senso più comprensibile almeno la parte storica dell’arcaica Scrittura, e così anche immaginarsi più facilmente il senso interiore.
I primi discepoli del Signore. La Sua capanna nel deserto, come origine degli eremitaggi. Andrea e Pietro, i due fratelli pescatori. Cenni significativi, in occasione dell’accoglienza di Simone, sul venire incontro da parte del Signore e la testimonianza della verità interiore.
(Giov.1, 38-42)
(V.38) E Gesù si girò, vide che i due Lo seguivano e disse loro: «Che cercate?». Ed essi Gli dissero: «Rabbi (che, tradotto, vuol dire maestro) dove dimori?».
1. Questo versetto è anch’esso il seguito dei precedenti ed ha più senso storico che spirituale. Infatti, da questo momento inizia, in maniera ancora del tutto esteriore e materiale, il racconto della celebre accoglienza degli apostoli; ciò avveniva nella stessa zona dove viveva Giovanni, cioè in Bethabara, miserabile villaggio abitato da poveri pescatori. È per questo che i due discepoli volevano sapere dove dimorassi, chiedendo quale fosse la Mia capanna.
2. Siccome Mi ero intrattenuto in quella contrada, per un periodo di quaranta giorni prima del battesimo, per preparare, mediante digiuni e altre simili pratiche, il Mio Essere umano all’imminente ministero di predicazione, risulta storicamente chiaro ed evidente come, a tale scopo, dovessi avere in quel borgo anche una dimora. Questa si trovava proprio in quella contrada, deserta ed estremamente inospitale, che avevo riconosciuto come la più adatta ai Miei propositi.
3. I due discepoli sapevano che abitavo in quei paraggi già da qualche tempo, perché, senza sapere Chi fossi, Mi avevano visto ormai parecchie volte. Quindi essi non chiesero del Mio luogo natio, ma solo della Mia dimora nel borgo di Bethabara, fatto per lo più di meschine capanne di pescatori, costruite con giunchi ed argilla e che di solito avevano un’altezza appena sufficiente per farvi stare in piedi un uomo.
4. Una simile capanna, costruita da Me stesso, l’ho abitata anche nel deserto più interno. Da ciò traggono origine gli eremitaggi, esistenti ancora oggi in quasi tutti i paesi cristiani.
(V.39) Egli disse loro: «Venite e vedetelo!». Essi dunque andarono e videro e rimasero quel giorno presso Lui. Era la decima ora.
5. Questa capanna non era lontana dal luogo dove abitava Giovanni, per questo motivo dissi ai due discepoli: «Venite e vedetelo!». Subito dopo l’invito Mi seguirono entrambi ed insieme raggiungemmo la Mia dimora. Essi si meravigliarono molto che l’Unto del Signore abitasse una delle capanne più misere, ubicata nel posto meno ospitale di quel deserto!
6. Oggigiorno questi avvenimenti non si situano nel periodo dell’anno in cui i cristiani hanno l’abitudine di osservare un digiuno di quaranta giorni, ma due lune (mesi) più tardi. Raggiungemmo la Mia capanna, come dice il versetto, nell’ora decima, cioè, secondo il modo attuale di conteggiare il tempo, circa alle tre di pomeriggio, perché nel passato il levar del sole era indicato dalla prima ora del giorno. E poiché il sole non sorge sempre alla stessa ora, non è possibile convertire esattamente le ore di allora nelle unità di tempo usate oggi. È per questo che prima ho detto: «Era circa l’ora terza del pomeriggio, quando raggiungemmo la Mia dimora, dove entrambi i discepoli passarono quel giorno con Me fino al tramonto». Ora, forse l’attento lettore si chiederà cosa abbiamo fatto nella Mia capanna dalle tre fino alle otto circa. Questo avvenimento, in effetti, non è descritto in nessun luogo. La cosa è molto semplice e si comprende facilmente da sé. È chiaro che Io li istruii sulla loro destinazione futura ed indicai loro come e dove avrei iniziato il Mio insegnamento e che, in quella contrada, avrei accolto molti altri discepoli, che erano animati dallo stesso loro spirito e da buona volontà. Nello stesso tempo diedi loro il compito di chiedere ai loro colleghi, per la maggior parte pescatori, se c’era qualcuno che volesse unirsi a Me. Su queste cose ci intrattenemmo in quello spazio di tempo. Venuta la sera, li congedai entrambi ed essi se ne tornarono, in parte lieti, in parte pensierosi, alle loro famiglie, perché avevano moglie e figli e non sapevano cosa ne sarebbe stato di loro.
(V.40) Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due, che avevano udito quel ragionamento da Giovanni ed avevano seguito Gesù.
7. Uno dei due, di nome Andrea, decide subito di seguirMi ad ogni costo, poi cerca suo fratello Simone, che era ancora occupato con le sue reti da pescatore.
(V.41) Costui trova per primo suo fratello Simone e gli dice: «Noi abbiamo trovato il Messia!». (tradotto vuol dire: il Cristo).
8. Appena trovatolo, dopo varie ricerche, la sua prima preoccupazione è quella di raccontargli, impazientemente, come egli abbia riconosciuto il Messia promesso, insieme ad un altro discepolo, che non era fermamente deciso a seguirMi.
(V.42) (Simone desidera vedere Gesù) e Andrea lo conduce da Gesù. E Gesù, guardatolo in faccia, disse: «Tu sei Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cefa (che vuol dire: Pietra)!»
9. Simone, udendo allora il fratello parlare di Me, poiché non aveva potuto assistere al battesimo, vuole vederMi al più presto. Andrea gli dice: «Per oggi non è più possibile, domani mattina, all’alba, ti porterò da Lui!»
10. Simone, che non perdeva occasione di fantasticare intorno al Messia, ritenendo che Egli sarebbe venuto in aiuto ai poveri ed avrebbe completamente annientato i ricchi dal cuore indurito, risponde: «Fratello, non c’è tempo da perdere; io abbandono subito tutto e Lo seguirò fino in capo al mondo, se Egli lo vuole. Conducimi dunque subito da Lui, perché lo spirito mi dice che devo vederLo e parlarGli oggi stesso. La notte è chiara e la Sua capanna non è lontana; perciò incamminiamoci presto! Chissà se domani Lo troveremo ancora!»
11. Dopo tanta insistenza, Andrea lo conduce da Me. Giunti però a tarda notte vicino al luogo della Mia dimora, Pietro, rapito in dolce estasi, si ferma a circa trenta passi dalla Mia capanna e dice ad Andrea: «Mi sento molto strano! Un senso di inaspettata dolcezza e, nello stesso tempo, di angoscia sorge nel mio cuore. Non ho più il coraggio di fare neanche un passo, pur essendo pervaso da un ardente desiderio di vederLo!»
12. Nello stesso momento Io esco dalla Mia capanna e vado incontro a loro. Ciò è indicato dalle parole «Io lo guardai in faccia». Si comprende facilmente che il «venire visto da Me» significa che Io gradisco chi, come Simone, si rivolge a Me, accettandoMi con predilezione nel suo cuore. Una tale persona viene subito riconosciuta da Me, cioè accolta, ed Io gli do un nuovo nome, che sarà la sua prima eredità nel Mio Regno. Simone ricevette, dunque, il nome di Cefa, ovvero “roccia della fede in Me”, poiché, già da tempo, avevo visto da quale spirito era ed è animato.
13. Queste Mie parole bastarono a provare a Simon Pietro che ero veramente il Messia promesso. Da quel momento, nel suo cuore, non vi fu più ombra di dubbio a Mio riguardo, né pronunciò mai una sillaba per chiederMi se Io fossi il vero Messia, poiché l’unica sicura e valida garanzia gli era offerta dal suo cuore. Entrambi i discepoli rimasero, dunque, da Me fino al mattino e dal quel momento non Mi abbandonarono più.
Prova di abnegazione dei due primi discepoli. La patria di Pietro. Vocazione di Filippo, un povero maestro e suo presentimento circa la persona del Messia. Particolari sulla vocazione di Natanaele. La ragione di questa spiegazione quale guida alla Luce Vivente.
(Giov.1, 43-51)
(V.43) Il giorno seguente Gesù volle andare di nuovo in Galilea, e trova Filippo e gli dice: «SeguiMi!»
1. Il giorno dopo dico ad entrambi: «Il Mio tempo in questo deserto volge alla fine; partirò per la Galilea, da cui sono venuto. Volete venire con Me? Siete liberi di decidere, perché lo so che voi avete moglie e figli e che non vorreste abbandonarli tanto facilmente. Eppure vi dico che nessuno, abbandonata qualcosa per causa Mia, la perderà, anzi gli sarà restituita innumerevoli volte»
2. A queste parole rispose subito Pietro: «Signore! Per amore Tuo non solo lascerei la moglie e i figli, ma darei pure la mia vita! I miei potranno vivere anche senza di me, perché io stesso non sono che un mendicante e non posso procurar loro che poco pane. La nostra pesca rende appena la metà di quanto ha bisogno un uomo, quindi ancora meno potrebbe servire da sufficiente nutrimento ad un’intera famiglia! Mio fratello Andrea mi è testimone. Noi siamo nati a Betsaida, ma siamo dovuti venire qui, sulle rive del Giordano, deserte, ma tuttavia ricche di pesce, ed è qui che, ultimamente, fummo battezzati da Giovanni. Nostro padre Giona è ancora vigoroso, come lo sono pure le nostre mogli e le nostre sorelle. Che il Cielo li benedica! Sono certo che essi potranno farcela! Io perciò lodo i due e ci mettiamo in cammino».
(V.44) Filippo era però di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.
3. Nel tratto di strada lungo la riva del fiume Giordano incontriamo Filippo, anch’egli nativo di Betsaida. Questi, già di buon mattino, munito di una rete inefficiente, era intento a procurarsi la colazione nelle acque del fiume. Pietro Mi avverte della sua presenza e dice: «O Signore! Ecco, quest’uomo soffre molto ed è molto povero, però è un uomo onestissimo e leale e il suo cuore è colmo di vero timore di Dio! Perché Tu non gli permetti di venire con noi?»
4. A questa amorevole proposta di Pietro non dico altro che: «Filippo, seguiMi!». Senza farselo dire due volte, egli getta via i suoi arnesi da pesca e Mi segue senza neppure chiedere dove. Subito dopo, durante il cammino, Pietro gli dice: «Colui che noi seguiamo è il Messia!». Ma Filippo risponde: «Il mio cuore me lo aveva già rivelato nel momento in cui la Sua amorevolissima Voce mi ha chiamato».
5. Filippo era celibe e, poiché era molto versato nelle Sacre Scritture, insegnava ai poveri pescatori. Egli conosceva anche personalmente Giuseppe di Nazaret e quindi anche Me, e gli erano note molte delle vicende accadute al tempo della Mia nascita e durante la Mia giovinezza. Filippo era perciò uno dei pochi che avevano segretamente sperato che Io fossi il Messia. Ma poiché, dal Mio dodicesimo anno di età, Io non avevo operato nulla di meraviglioso, avendo lavorato e vissuto come un uomo qualsiasi, in molti era andata man mano scomparendo quella primitiva impressione di meraviglia che la Mia nascita aveva suscitato. Perfino i più entusiasti tra loro si misero a dire che la Mia nascita aveva causato molta fama e molto rumore unicamente per la sua coincidenza, insolita e sorprendente, con un insieme di apparizioni e di circostanze, con le quali non vi era alcuna relazione. Osservavano, inoltre, che nulla era rimasto della Mia genialità giovanile e che invano se ne sarebbe cercata una traccia negli anni futuri! Ma Filippo e pochi altri avevano sempre mantenuto una ferma speranza in Me ed in seguito si aspettavano grandi cose da Me, poiché essi tenevano in gran conto la profezia di Simeone ed Anna, enunciata nel Tempio, al tempo della Mia circoncisione.
(V.45) Filippo trova Natanaele e gli dice: «Noi abbiamo trovato Colui, del Quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti che è Gesù, Figlio di Giuseppe di Nazaret».
6. Filippo, che Mi seguiva, spera di incontrare per strada Natanaele. Quando lo incontra seduto sotto un fico, intento a riparare le sue reti, pieno di fervore gli dice: «Fratello, lungo questa strada io ti ho cercato con i miei occhi da lontano; ora sono felice di cuore di averti trovato, perché devi sapere che noi abbiamo trovato Colui del Quale hanno scritto nella Legge Mosè ed i Profeti. Egli è, come presentivo, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret!»
(V.46) E Natanaele gli disse: «Cosa può venire di buono da Nazaret?» Filippo gli disse: «Vieni e vedi da te!»
7. Udendo ciò, Natanaele quasi indignato esclama: «Chi non conosce il perfido covo di Nazaret? Cosa può uscirne di buono? Sicuramente non il Messia!». Ma Filippo rispose: «So bene che a tale riguardo ti sei sempre opposto a me, anche se, in proposito, ti ho esposto cento volte le mie ragioni. Ora però, vieni e persuaditi, convenendo che ho avuto ragione!»
8. Natanaele si alza pensoso, dicendo: «Fratello, questo sarebbe il miracolo dei miracoli! Infatti è accertato che la stirpe di Nazaret è la peggiore di tutto il mondo! Non è forse vero che con poca e vile moneta romana di un nazareno si può fare tutto quello che si vuole? In quella tana già da lungo tempo non c’è alcuna fede né in Mosè né nei Profeti! In breve, di un nazareno puoi fare ciò che vuoi ed è ormai vecchia l’espressione “è peggiore di un nazareno”. E tu sostieni che è da questo posto che viene il Messia al Quale mi vuoi condurre, affinché io Lo veda? Sarà, sarà, niente è impossibile a Dio! Vedremo!».
(V.47) Quando Gesù vede venire Natanaele a Sé, dice ad alta voce di lui: «Ecco un vero israelita, nel quale non c’è alcuna frode!».
9. Così dicendo, Natanaele e Filippo si dirigono verso di Me, nel momento in cui, per riposarMi, Mi ero soffermato a circa cento passi dal luogo dove essi dialogavano. Quando entrambi si trovano già vicini a Gesù, Questi esclama ad alta voce: “Ecco, un vero israelita, nel quale non c’è alcuna frode!”».
(V.48) Natanaele Gli dice: «Come mi conosci?». Gesù risponde e gli dice: «Prima che Filippo ti chiamasse, Io ti vidi quando tu eri sotto il fico».
10. Natanaele, enormemente meravigliato da questa pretesa, che è estremamente vera e gli è rivolta ad alta voce dalla Mia bocca, chiede subito: «Dove mi hai conosciuto per poter affermare ciò di me? Infatti solo Dio e io stesso conosciamo il mio interiore. Io poi non ho mai decantato, né apertamente divulgato le mie virtù. Come puoi dunque sapere come io sia costituito?». Io lo guardo e dico: «Prima che Filippo ti chiamasse, Io ti vidi quando tu eri sotto il fico!»
(V.49) Natanaele risponde e dice a Gesù: «Rabbi! Tu sei veramente il Figlio di Dio, Tu sei il Re d’Israele!»
11. Ciò che Io affermo, procura a Natanaele immensa sorpresa e nel suo cuore commosso esclama: «Maestro! Anche se sei nazareno, Tu sei comunque veramente il Figlio di Dio. Sei certamente il Re d’Israele, atteso ansiosamente da lungo tempo, il quale libererà il Suo popolo dagli artigli dei nemici! O Nazaret, Nazaret, quanto eri piccola e quanto grande divieni ora! L’ultima diventerà elevata al rango di prima! O Signore! Quanto presto mi donasti la fede! Com’è successo che ogni dubbio è svanito da me ed ora credo fermamente che Tu sei il promesso Messia?».
(V.50) Gesù risponde e dice a Natanaele: «Poiché Io ti ho detto che ti vedevo sotto il fico (prima che Filippo ti chiamasse), tu credi. (Io però ti dico) tu vedrai cose maggiori di questa!».
12. A questa domanda di Natanaele Io rispondo con le parole del V.50. e gli dimostro che lui ritiene veramente che Io sia il Messia promesso, ma lo crede forzatamente, perché ha scoperto in Me l’Onniscienza che può essere attribuita solo a Dio. Aggiungo poi che in futuro egli vedrà cose ancora più stupefacenti, facendogli capire che ora crede perché ha visto un miracolo, ma in seguito egli crederà liberamente!
(V.51) E Gesù prosegue dicendogli: «In verità, in verità vi dico che d’ora innanzi voi vedrete i Cieli aperti e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo!».
13. E in verità, in verità Io vi dico: «D’ora in poi tutti voi vedrete i Cieli aperti, e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo», il che equivale a dire: «In avvenire, quando avrete ottenuto la rinascita del vostro spirito da Me, allora verranno aperte le porte della vita. E voi allora, quali angeli voi stessi, vedrete appunto gli uomini - resi angeli mediante Me nella rinascita, e così in questi angeli resi anche “figli di Dio” - camminare verso l’Alto, dalla morte alla vita eterna. All’inverso vedrete anche molti spiriti angelici, creati come tali fin dai primordi, scendere da tutti i Cieli a Me, il Signore di ogni vita, e qui calcare le Mie orme, quelle del Figlio dell’uomo, seguendo il Mio esempio e la Mia testimonianza».
14. Ecco qui un modo per comprendere giustamente il primo capitolo. Però, nessuno creda che le spiegazioni qui date siano sufficienti a chiarire ogni cosa! Non illudetevi; questo dono è solo una guida pratica, per mezzo della quale viene concesso, se animati di buona volontà, di potersi addentrare nelle molteplici profondità della divina Sapienza e di poter rilevare e riconoscere in ogni singolo versetto il vivente significato che si manifesta in innumerevoli forme. Inoltre, questo dono è posto quale regola capitale secondo cui tutto viene misurato e giudicato.
IL SECONDO CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – cap. 2
Le Nozze di Cana in Galilea – La Purificazione del Tempio
Connessione del primo e secondo capitolo. Il Signore con i Suoi quattro discepoli nella casa di Suo padre. Morte di Giuseppe. Vedute erronee di Maria sulla missione del Messia. Giacomo, Giovanni e Tommaso accolti come apostoli. Cenni sulla rispondenza spirituale degli avvenimenti accaduti alle nozze di Cana. I tre stadi della rinascita.
(Giov.2, 1-5)
(V.1) E il terzo giorno si fecero delle nozze in Cana di Galilea e la madre di Gesù era presente.
1. La congiunzione e che si trova subito all’inizio di questo cap.2, v.1, indica che i due capitoli sono connessi tra loro. Ciò risulta chiaramente dal fatto che le nozze in questione ebbero luogo presso una famiglia legata da vincoli di amicizia molto stretti con la casa di Giuseppe. Questo avvenne il terzo giorno dopo che lasciai Bethabara con i Miei discepoli, che, fino a quel momento, erano solo quattro. Nel frattempo mi ero intrattenuto insieme ai Miei quattro discepoli un’intera giornata in casa di Giuseppe, che non era più in vita, presso la madre del Mio corpo che, con gli altri Miei fratelli si era data un gran daffare per ospitarci nel modo migliore.
2. Maria sapeva bene, nel suo cuore, che era venuto il tempo che Mi manifestassi come il Messia promesso e cominciassi ad agire; nonostante ciò, essa non sapeva ancora in che cosa consistesse e come si sarebbe svolta la Mia azione. Anche lei credeva alla completa espulsione dei Romani e alla restaurazione del potente trono di Davide, il cui splendore, la cui gloria e la cui divina maestà non sarebbero mai più stati offuscati, né vinti per l’eternità.
3. La brava Maria, come tutti i Miei parenti terreni, credevano dunque che il Messia raffigurasse il vincitore dei Romani e degli altri nemici della Terra Promessa. Anche i migliori avevano quasi la stessa idea del promesso Messia. Del resto, ancora oggi, molti fra gli onesti hanno opinioni assolutamente erronee riguardo al Regno dei Mille anni. In proposito, però, non era ancora giunto il tempo che Io dessi loro un’idea differente.
4. Perciò, se nella Mia famiglia, iniziando da Maria, questa era l’opinione intorno al futuro Messia, si può facilmente capire come i conoscenti e gli amici di famiglia non potevano averne una migliore.
5. È appunto per questo che, in molte famiglie, Io ero oggetto di grandi attenzioni. Naturalmente lo erano anche quelli che eleggevo come Miei discepoli; infatti anche Giacomo e Giovanni avevano deciso di diventare Miei discepoli per regnare sui popoli della Terra con Me! Essi avevano già dimenticato quasi del tutto ciò che Io, in maniera chiara, avevo predetto loro al tempo della Mia infanzia.
(V.2) Ora, anche Gesù, con i suoi discepoli, fu chiamato alle nozze.
6. Come ho già detto, presso tutte le migliori famiglie di Nazaret e dintorni, anzi in quasi tutta la Galilea, Io ero ritenuto il futuro liberatore del Paese dal giogo dei Romani. E sebbene fossero trascorse solo poche lune (mesi) dal momento in cui la Mia azione iniziava nuovamente a giustificare questa credenza, nella cerchia di parenti ed amici rifiorivano dopo un sonno e un abbandono di diciotto anni, molte delle speranze nutrite sul Mio conto. È per questa fama che, insieme ai Miei discepoli, a Maria Mia Madre e a molti altri parenti e conoscenti, venni invitato alle nozze che si celebravano presso una ragguardevole famiglia di Cana, vecchia e piccola città della Galilea, nelle vicinanze di Nazaret. Durante la festa, trascorsa con gioia, i quattro discepoli di Bethabara si rivolsero a Me con questa osservazione:
7. «Signore! Qui si vive molto meglio che in Bethabara! Con ogni probabilità crediamo che anche il povero Giovanni sarebbe lieto di potere, una volta in vita sua, prendere parte ad un simile banchetto, rinunciando ai suoi pasti disgustosi di locuste cotte e di miele selvatico!». (Esistono da queste parti, come pure in Arabia, delle locuste grosse come un piccione, che si cucinano e si mangiano come fate voi con i gamberi).
8. Io risposi: «Voi non potete ancora capire perché Giovanni debba vivere così; egli vive così perché si compiano le Scritture. Ma tra non molto avrà una vita migliore. Gerusalemme non lo lascerà più a lungo vagare nel deserto. Dovrà, d’ora innanzi, diminuire, affinché un Altro cresca!
9. Andrea, dov’è il discepolo che insieme a te venne per primo da Me? Ci sta seguendo o rimarrà in Bethabara?». Andrea risponde: «Eccolo appunto venire; egli aveva ancora qualcosa da sbrigare». Io dissi: «Va bene così, poiché dove c’è un Cefa deve pure esserci un Tommaso!». Al che Andrea risponde: «Sì, questo è il suo nome! Egli è un’anima onesta, ma sempre piena di scrupoli e di dubbi, però quando intraprende un’opera che gli sta a cuore, non se la lascia sfuggire. Inoltre ha un cuore generosissimo e ricevette questo nomignolo proprio per questo. Eccolo Signore, posso chiamare questo fratello gemello?». Dico Io: «Sì, fallo pure! Infatti alle nozze deve essere invitato chiunque viene nel Mio Nome!»
(V.3) Ed essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli dice: «Non hanno più vino».
10. Secondo l’uso di allora, ogni nuovo ospite che arrivava doveva essere onorato con un calice di vino. Maria però aveva osservato già da un po’ che la provvista di vino si era esaurita e che, secondo l’usanza, non si sarebbe potuto dare il benvenuto al nuovo arrivato. Perciò in segreto Mi disse: «Mio caro Figlio, quale disagio! Essi non hanno più vino! Potresti procurarne Tu (almeno per questo nuovo ospite)?».
(V.4) Gesù le dice: «Che c’è tra te e Me o donna? La Mia ora non è ancora venuta».
11. Alla richiesta di Maria, Io, di fronte agli invitati, piuttosto ambiguamente ma dolcemente, come si usava fare a Nazaret, rispondo: «Donna (madre), che importa ciò a Me e a te? Come invitato non è Mio compito offrire del vino. La Mia ora non è ancora venuta!». (In quel tempo e specialmente in quel luogo, era usanza che ogni uomo invitato a nozze contribuisse al banchetto nuziale con un dono consistente in una misura di vino. Vi si osservava però una certa regola, secondo la quale i doni dei parenti più prossimi venivano consumati per primi; esauriti questi, si ricorreva allora, sempre per grado discendente, ai doni dei parenti più lontani e dei non consanguinei). Maria era a conoscenza che ormai tutta la provvista di vino era già stata consumata; lei si rivolse quindi a Me, perché, essendo arrivato un nuovo ospite, non era rimasta neppure una goccia di vino per poterlo accogliere come l’uso prescriveva. Così Mi esortò a non badare, per quella volta, all’ordine tenuto abitualmente! Si noti che, in simili casi, Maria ci teneva molto all’osservanza delle antiche tradizioni e, benché non Mi mostrassi molto disposto a fare ciò, essa, che Mi conosceva bene, era sicura che non avrei mai lasciato inadempiuto un suo desiderio.
(V.5) Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!».
12. Allora, fidandosi di Me, lei si rivolse ai servitori e disse loro: «Fate quello che Mio Figlio vi dirà!»
13. Questo è solo il senso puramente storico di questi versetti del secondo capitolo. Ma all’interno di questo avvenimento storico o – come si dice – da questa storia emerge un significato spirituale e perciò profetico, significato facile da trovare, se si medita un po’ più in profondità.
14. A chi potrà sfuggire l’evidentissima rispondenza tra queste nozze, tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto di Bethabara, e la Mia risurrezione, tre giorni dopo la Mia crocifissione?
15. Con queste nozze si indicò nello spirito profetico ciò che Mi sarebbe successo tre anni dopo; cioè proprio il fatto che, nel senso un po’ più ampio, Io, tre anni dopo, avrei sicuramente e certamente celebrato, con tutti i Miei seguaci e quelli che Mi amavano veramente come un eterno Sposo, le nozze nella loro rinascita alla vita eterna.
16. Più in generale si può notare che la storia delle nozze, che ebbe luogo tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto, corrisponde anche ai tre stadi attraverso i quali ogni uomo deve passare per poter giungere alla rinascita dello spirito, o alle nozze della vita eterna nella grande Cana della Galilea celeste.
17. Questi tre stadi sono: per prima cosa il dominio della carne, poi la purificazione dell’anima mediante la viva fede, che naturalmente si deve mostrare operante attraverso l’amore, poiché senza l’amore la fede è morta, ed infine la risurrezione dello spirito dalla tomba del Giudizio, simboleggiata perfettamente dalla risurrezione di Lazzaro. Chi mediterà un po’ su queste chiarificazioni, potrà facilmente comprendere le cose che seguono.
18. Avendo scrutato quindi il senso spirituale della storia di queste nozze in generale, vogliamo ora ulteriormente seguire lo svolgersi degli avvenimenti delle nozze in questione, per esaminare alla fine le rispondenze che vi riscontreremo.
Ulteriori avvenimenti alle nozze di Cana. Il miracolo del vino e sue conseguenze.
Confessione di Pietro, testimonianza del Signore sulla Sua missione.
Importante brindisi di Pietro. Cenni sullarrispondenza
(Giov.2, 6-11)
(V.6) Ora, vi erano qui sei brocche d’acqua fatte di pietra, usate per la purificazione degli ebrei, che contenevano da due a tre misure ciascuna.
1. Dopo che Maria ebbe comandato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!», anch’Io Mi rivolsi a loro e dissi che riempissero di acqua le sei brocche di pietra, che potevano contenere da due a tre misure per una e lì erano destinate alla purificazione degli ebrei. Va osservato che gli abitanti di Nazaret e di Cana, ormai, non le tenevano più in gran conto, perciò tali brocche servivano più come ornamento che per lo scopo cui erano destinate in origine.
(V.7) Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le brocche!». Ed essi le riempirono fino all’orlo.
2. I servitori eseguirono subito il Mio ordine, ma pensando più che altro che il nuovo arrivato intendesse lavarsi e pulirsi secondo la vecchia usanza. L’ospite entrò e si sedette al posto indicato, senza essersi prima lavato le mani. Questo sconcerta non poco i servitori, che si chiedono tra loro: «Perché abbiamo dovuto riempire d’acqua queste brocche pesanti? Questo ospite non ne fa alcun uso e noi abbiamo fatto una fatica inutile». Allora Io gli rispondo: «Perché non lo avete fatto notare prima, invece di mormorare a causa di questa fatica? Non avete udito ciò che Maria Mi ha appena detto, cioè che gli ospiti non hanno più vino? Io ho tramutato in vino l’acqua di queste brocche non, come può sembrare, con l’uso della magia, ma per mezzo della Potenza divina che risiede in Me. E questo è stato fatto anche se non è ancora giunta la Mia ora, né riguardo alle usanze, né spiritualmente, per manifestare la Gloria di Colui che loro dicono sia il loro Dio, ma che non hanno ancora riconosciuto».
(V.8) E Gesù prosegue dicendo ai servitori: «Attingete ora e portatelo al maestro di mensa!». E i servitori lo fecero subito.
3. «Prendetene ora una tazza piena e portatela anzitutto al maestro di mensa, affinché lo assaggi e ne dia un giudizio!». I servitori, confusi a causa della trasformazione dell’acqua, portano subito il vino al maestro di mensa per farglielo assaggiare.
(V.9) E come il maestro di mensa assaggiò il vino, che era stato acqua e non sapeva, a differenza dei servitori, da dove provenisse quel vino, chiamò lo sposo.
4. Il maestro di mensa, spalancando gli occhi, fa chiamare subito lo sposo, al quale dice: «Sembra che tu non conosca per niente le nostre usanze!»
(V.10) E gli dice: «Ogni uomo presenta prima il buon vino e, dopo che gli ospiti ne sono inebriati, il meno buono, ma tu hai tenuto il buon vino fino ad ora!».
5. «Agli ospiti non si serve dapprima il buon vino e, non appena ne sono diventati brilli e il loro palato si è attenuato, si presenta loro il vino più scadente? Tu però hai fatto precisamente il contrario!»
6. Ma lo sposo gli rispose: «Tu parli come un cieco, che volesse ragionare di colori! Vedi, questo vino non è stato spremuto in nessun luogo della Terra, ma è giunto sulla nostra mensa, come la manna, dai Cieli. È chiaro che deve essere molto migliore di ogni altro vino prodotto dalla terra!»
7. Risponde il maestro di mensa: «Credi che io sia pazzo, o lo sei tu? Come può venire un vino, dai Cieli, sulla tua tavola? Dovrebbe sedere a mensa Jehova in persona, oppure il Suo servo Mosè!»
8. Ma lo sposo disse: «Vieni e persuaditi da te stesso del prodigio!»
9. Il maestro di mensa, accompagnato dallo sposo nella sala del banchetto, nota che le sei brocche erano colme di vino della migliore qualità e, convinto che il miracolo era realmente accaduto, esclama: «Signore, perdona i miei peccati! Questo solo Dio può farlo e Dio deve essere certamente qui tra noi! Infatti nessun uomo può fare una cosa simile»
10. Allora venne servito il vino agli ospiti e, quando l’ebbero assaggiato, dissero tutti: «Un tale vino non è certo dei nostri paesi! Questo è davvero un vino celeste! Onore a Colui Cui Dio concesse tanta potenza!»
11. Quindi tutti bevvero, brindando a Me e a Tommaso, l’ospite che era arrivato poco prima.
12. In seguito tutti i presenti alle nozze credettero, senza ombra di dubbio, che Io fossi il Messia promesso.
13. Pietro, in segreto, così Mi disse: «Signore, lasciami andare nuovamente via! Infatti Tu sei Jehova stesso come il Tuo servitore Davide ha profetizzato di Te nei suoi salmi, mentre io non sono che un povero peccatore, assolutamente indegno di Te!»
14. Io gli rispondo: «Se tu ti reputi indegno di camminare al Mio fianco, chi ritieni ne sia dunque degno? Io però ti dico che non sono disceso per i forti, chiunque essi siano, ma soltanto per i deboli e gli ammalati. Chi è sano non ha bisogno del medico, mentre è all’ammalato e al debole che egli deve prestare soccorso. Resta al Mio fianco con coraggio, poiché da lungo tempo ho perdonato i tuoi peccati e, anche se tu dovessi ancora peccare, standoMi vicino ti elargirei di nuovo il Mio perdono. Infatti potrai raggiungere la tua perfezione, che dipende unicamente dalla Grazia dall’Alto, non attraverso la tua forza, ma per la tua debolezza, per mezzo della quale Mi hai conosciuto e sei diventato una roccia nella fede»
15. Udendo queste Mie parole, Pietro, piangendo e colto da grande entusiasmo, esclama: «Signore, anche se tutti Ti dovessero abbandonare, io non Ti abbandonerò, poiché le Tue sante parole sono Verità e Vita!»
16. Detto ciò, Pietro si alza, prende il calice, e così prosegue: «Sia tu beato, o Israele, e beati pure noi! Perché siamo divenuti testimoni dell’adempiuta promessa. Dio ha visitato il Suo popolo! Quello che prima era difficile da credere, ora si è adempiuto davanti ai nostri sensi! Non ci serve più gridare dal nostro abisso verso l’Alto, perché il Sommo dei sommi è sceso a noi, nel profondo baratro della nostra miseria! Perciò grande onore dunque a Colui che siede qui fra noi, e che, per la Sua Potenza e la Sua Grazia, ci ha donato questo vino, perché credessimo in Lui e d’ora in poi in Lui onorassimo Dio!». Dopo queste parole, Pietro e gli ospiti cominciano a bere e quest’ultimi esclamano: «Costui è un uomo giusto!»
17. Io però, confidenzialmente, faccio osservare a Pietro: «Non è la tua carne, che ti ha suggerito questo, ma il Padre, che è in Me, l’ha rivelato al tuo spirito. Da questo momento tieni a freno la tua lingua. Verrà certamente il tempo in cui dovrai gridare, perché il mondo ti senta!». Dopo questa scena subentrò nuovamente la calma fra gli invitati e da quel momento tutti i presenti credettero in Me e videro in Me il vero Messia, venuto a liberarli dai loro nemici.
(V.11) Questo è il primo segno che Gesù fece, ed è dunque accaduto in Cana di Galilea, e manifestò la Sua gloria. E i suoi discepoli credettero allora fermamente in Lui.
18. Questo fu anche il primo segno straordinario che Io ho compiuto all’inizio della grande Opera di redenzione, davanti agli occhi di molti, e in questo segno mostrai, anche se velatamente, la successiva grande Opera; ma neppure uno di tutta la compagnia lo comprese. Infatti, come il Mio digiuno nel deserto prefigurava la persecuzione di cui fui vittima a Gerusalemme da parte del Tempio, e il battesimo di Giovanni prefigurava la Mia morte sulla croce, così questo sposalizio significava la Mia risurrezione, e il segno divenne un modello della rinascita dello spirito per la vita eterna.
19. Infatti come Io tramutai l’acqua in vino, così la natura materiale dell’uomo, che vive secondo la Parola della Mia bocca, verrà trasformata in spirito!
20. Pertanto, ciascuno deve seguire, nel suo cuore, il consiglio di Maria dato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!», allora Io farò ad ognuno un segno simile a quello fatto in Cana di Galilea, nel quale e dal quale chiunque vivrà secondo la Mia Parola, potrà riconoscere più facilmente in se stesso la rinascita dello spirito.
Il Signore e i suoi discepoli a Cafarnao. Adempimento di una promessa di Isaia.
Inizio della predicazione del Signore e il suo duplice effetto. Cenno sullo spirito mercantile. Il Signore e i Suoi discepoli alla festa di Pasqua a Gerusalemme. Cenno sulla Pasqua a quell’epoca. Il Tempio di Dio usato come mercato del bestiame e come cambiavalute.
(Giov.2, 12-13)
(V.12) Dopo questo, discese in Cafarnao, Egli e Sua Madre e i Suoi fratelli e i Suoi discepoli e stettero qui non molti giorni.
1. Sette giorni dopo queste nozze, Io lasciai Nazaret ed insieme a Maria, i miei cinque fratelli, due dei quali erano diventati Miei seguaci, e gli altri discepoli accolti fino a quel momento, scesi a Cafarnao. Questa, a quel tempo, era una città commerciale molto importante, situata sul Mare di Galilea e precisamente al confine tra Zabulon e Neftali. Non lontano da questa, nei pressi di Bethabara, dall’altra parte del Giordano, era situata la località dove Giovanni battezzava, quando quel fiume, alcune volte totalmente asciutto, aveva una quantità d’acqua sufficiente.
2. Ci si potrebbe chiedere che cosa andassi a fare in quella città, divenuta quasi interamente pagana. Per comprenderlo, basta leggere quanto è predetto in Isaia 8,23; 9,1: «Come nei tempi passati egli ha coperto di obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così, in avvenire, coprirà di gloria la terra vicino al mare, oltre il Giordano e la Galilea dei Gentili. Il popolo, che camminava nelle tenebre, ha visto una grande luce. Su coloro, che abitavano nel paese dell’ombra della morte, si è levata una luce».
3. Chi considera questo testo di Isaia e sa che dovevo adempiere le Scritture dalla A alla Z, comprenderà chiaramente il motivo per cui scesi da Nazaret a Cafarnao. In quel paese dovevo eleggere, inoltre, altri due discepoli, cioè Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Anch’essi erano dei pescatori ed esercitavano la loro attività presso il Mare di Galilea, non lontano dalla foce del Giordano, vicino al luogo dove pescavano Pietro ed Andrea e qui, anch’essi, avevano il diritto di pescare nel mare.
4. Quando questi ultimi due discepoli furono accolti e Mi ebbero riconosciuto in virtù delle Mie parole e delle convincenti testimonianze di quelli che Mi seguivano, Io, come ero solito, iniziai subito ad istruire gli uomini, esortandoli a penitenza, perché il Regno di Dio era vicino. Andai nelle loro sinagoghe e qui predicai. Un gran numero di essi credette, ma molti si arrabbiarono e pensarono perfino di metterMi le mani addosso e di farMi cadere nel mare da un monte. Io però sfuggii loro con tutti quelli che erano con Me e Mi recai a visitare alcuni piccoli luoghi sul Mare di Galilea, annunciando il Regno di Dio e sanando molti ammalati. I poveri e i semplici Mi credettero e Mi accolsero benevolmente, anzi un gran numero di essi si unirono a Me, seguendoMi ovunque, come gli agnelli seguono il loro pastore.
5. Quindi non Mi trattenni che brevemente a Cafarnao, essendovi, in questo posto, poca fede e meno ancora amore, poiché la città era dedita agli affari e al commercio. Infatti, là dove il commercio e gli affari tengono occupati gli uomini, non vi è più posto per la fede e per l’amore e dove questi ultimi sono venuti meno, Io posso fare poco o niente.
(V.13) Ora la Pasqua degli ebrei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme.
6. Essendo prossima la Pasqua degli ebrei, Io salii a Gerusalemme, insieme a quelli che erano con Me. Ebbene, la Pasqua degli ebrei non coincideva con i periodi oggi fissati presso le comunità cristiane, che talvolta la celebrano già nel mese di marzo; in quel tempo la festa cadeva all’incirca tre mesi più tardi! A Pasqua, in occasione del primo raccolto dell’anno, venivano portate a Jehova delle offerte di orzo, grano e frumento. In questo periodo si mangiava già il pane nuovo, che però non era lievitato, come prescriveva la Legge. Infatti nessuno in paese poteva mangiare pane lievitato.
7. Quindi la festa degli Azzimi poteva avere luogo solo quando il grano del nuovo raccolto poteva essere trasformato in farina, non però quando il grano viene seminato. Infatti, in Giudea, se l’annata è favorevole, il grano matura quattordici o venti giorni prima che qui da voi, perché, se in Egitto è raro che la mietitura del frumento e del grano possa essere fatta prima della fine di maggio, figuriamoci in Giudea, dove la temperatura è considerevolmente più bassa che in Egitto.
8. Il tempo degli Azzimi era dunque giunto ed Io Mi recai perciò, con tutti quelli che erano con Me, nella capitale della Giudea, chiamata anche “la città di Dio”, traduzione adeguata del termine Gerusalemme, che vuol proprio dire la città di Dio.
9. E poiché per l’occasione una grande moltitudine affluiva a Gerusalemme, tra cui i pagani che là compravano e vendevano ogni tipo di mercanzie, come utensili, tessuti, bestiame e frutta di ogni tipo, questa festa aveva perduto totalmente il suo carattere religioso e santo e l’avidità del guadagno spingeva, in quei giorni, perfino i sacerdoti a cedere in locazione ai mercanti, ebrei o pagani che fossero, i cortili e gli atri del Tempio in cambio di un compenso considerevole. Con tale affitto, a Pasqua, il Tempio riscuoteva oltre mille denari d’argento, importo allora ritenuto enorme e che equivaleva a più di centomila fiorini della vostra moneta.
10. Io salii dunque a Gerusalemme al tempo del sommo sacerdote Caifa. Costui, da uomo astuto, aveva mantenuto quella carica, molto redditizia, per più di un anno. Inoltre l’osservanza della legge mosaica si era ridotta, a quei tempi, ad una cerimonia svuotata di ogni senso e nessun sacerdote ci teneva in realtà più di quanto ci tenesse alla neve caduta un secolo prima, però, in compenso, per quello che riguarda la vana cerimonia completamente svuotata, era stata spinta agli estremi allo scopo di ingannare il povero popolo.
11. Perfino all’interno del Tempio si riservavano dei posti da affittare ai venditori di colombe e ad alcuni piccoli banchieri. Questi ultimi possedevano monete di piccolo taglio di ogni tipo, come grossi e stateri, che, in cambio di un piccolo aggio, sostituivano con denaro di grosso taglio, come monete romane d’oro e d’argento o denaro usato dai Romani nei traffici di bestiame (pecunia). Ciò avveniva soprattutto con coloro che avevano bisogno di spiccioli. Infatti, com’è noto, i Romani, nell’acquistare il bestiame, si servivano di monete particolari, che portavano impressa la figura dell’uno o dell’altro animale. In simili casi, il venditore di bestiame richiedeva di essere pagato con quelle monete il cui conio raffigurava la specie di animale venduto. Naturalmente, i banchieri sia grandi che piccoli, potevano cambiare la pecunia con altra moneta; solo che l’aggio era più forte che non con altri tipi di denaro.
Gli abomini del Tempio durante la Pasqua. Pietro e Natanaele si scandalizzano.
Un vecchio ebreo testimonia sugli abomini del Tempio. Purificazione del Tempio da parte del Signore.
(Giov.2, 14-17)
(V.14) E trovò nel Tempio coloro che vendevano buoi, pecore e colombi e i cambiamonete che sedevano.
1. Questa era la situazione quando Io giunsi in Gerusalemme. Il popolo, desideroso di visitare il Tempio, temeva di entrare a causa del bestiame che vi era introdotto, perché spesso i buoi si imbizzarrivano e causavano dei danni agli uomini e agli arredi sacri. Inoltre, nel Tempio, regnavano un tale fetore e un tale strepito che era difficile resistervi e avveniva che, se qualcuno si arrischiava in quella confusione, perdeva tutto quanto avesse indosso. Tale scandalo era arrivato agli estremi della Mia sopportazione e Pietro e Natanaele Mi dissero: «Signore, non hai più tuoni e fulmini? Guarda là! Quei poveretti piangono davanti al Tempio. Chissà da quale paese lontano essi vengono per onorare Dio e, a causa dei buoi e delle pecore che gremiscono il Tempio, non possono nemmeno entrarvi; e molti di quelli, che con sforzo si arrischiano riuscendo a mettervi piede, quando ne escono, si lamentano di essere stati completamente derubati e di essere rimasti quasi soffocati per il fetore! Ah, questo è davvero troppo! Tali eccessi devono a qualsiasi costo finire, perché sono molto più malvagi di quelli commessi a Sodoma e Gomorra!»
2. Un vecchio ebreo straniero sente questo discorso, si avvicina e dice: «Cari amici, voi non sapete tutto. Io stesso però ero fino a tre anni fa un comune servitore del Tempio e potrei, a tale proposito, raccontarvi cose che al solo pensarci mi fanno venire i brividi fin dentro le ossa!»
3. Io rispondo: «Amico, tieni per te ciò che sai, poiché Io conosco bene tutto quello che è successo. Ma stanne certo, il vaso ormai trabocca ed oggi saranno ancora manifestate la Potenza e l’Ira di Dio nel Tempio. Perciò allontanatevi un momento dalle porte del Tempio, per non rimanere danneggiati quando tra breve la Potenza divina caccerà fuori i sacrileghi. Così essi non si permetteranno più di commettere simili misfatti».
4. Udendo le Mie parole, quell’ebreo si allontanò lodando Dio, poiché dal Mio discorso egli Mi considerò un profeta e andò dal gruppo di suoi conoscenti che, tra giovani e vecchi, erano circa un centinaio. Quando raccontò quanto aveva appreso da Me, tutti espressero il loro giubilo e cominciarono a glorificare ad alta voce Dio per avere inviato loro, nuovamente, un grande profeta.
(V.15) Ed Egli, fatta una frusta di cordicelle, li scacciò tutti fuori dal Tempio, insieme con i buoi e le pecore e sparpagliò le monete dei cambiavalute e ne riversò le tavole.
5. Io però dissi a Pietro: «Va’ dal funaiolo qui vicino, compera tre solide corde e portale qui!». Pietro eseguì subito l’ordine e Mi portò tre forti funi che Io intrecciai prontamente, formandone una frusta resistente. Presi quindi la frusta nella Mia destra, e ai Miei discepoli e a quelli che Mi accompagnavano dichiarai: «Venite con Me nel Tempio e siate testimoni, perché lo Splendore e la Potenza divina, che sono in Me, saranno di nuovo manifestate davanti a voi!»
6. Dopo queste parole Io entrai nel Tempio, precedendo naturalmente i discepoli e, mentre avanzavo, Mi aprivo un varco, lasciando il passaggio libero a quelli che Mi seguivano, per quanto lo concedeva il suolo completamente coperto di immondizie e di escrementi.
7. Arrivammo così all’ultimo atrio del Tempio dove, a sinistra, i negozianti più agiati tenevano esposti in vendita le loro pecore e i loro buoi. La parte destra di tutti e tre gli atri era occupata, invece, dai banchieri. Io salii subito sui gradini della porta e con voce tonante esclamai: «Sta scritto che la Mia casa è un luogo d’orazione, voi però ne avete fatto una spelonca di criminali! Chi vi ha dato il diritto di profanare così il Tempio di Dio?»
8. Ed essi gridarono: «Noi abbiamo comperato a caro prezzo i nostri diritti dal sommo sacerdote e siamo perciò sotto la sua protezione e sotto la protezione di Roma»
9. Io rispondo: «È vero, voi siete protetti dal sommo sacerdote e da Roma, ma il braccio di Dio è però contro di voi e i vostri protettori. Chi potrà difendervi quando Egli lo stenderà su di voi e su coloro che vi proteggono?»
10. A queste parole, tanto i mercanti quanto i cambiamonete replicarono: «Dio dimora nel Tempio ed i sacerdoti sono di Dio; questi possono fare qualcosa contro il Suo consiglio? Coloro che essi proteggono li protegge quindi anche Dio!»
11. Io nuovamente rispondo a voce molto alta: «O stolti sacrileghi, cosa dite? È vero, i sacerdoti occupano ancora i seggi di Mosè e di Aronne; essi però non servono più Dio, ma Mammona, cioè il diavolo, e il loro e il vostro diritto proviene dal demonio ed eternamente mai da Dio! Perciò alzatevi subito e sgomberate il Tempio, altrimenti il male vi coglierà!»
12. I mercanti si misero allora a ridere e dissero: «Guardate un po’ la sfacciataggine di questo volgarissimo nazareno! Gettatelo subito fuori dal Tempio!». Molti allora si alzarono e fecero cenno di volerMi mettere le mani addosso.
13. Io però alzai la Mia destra armata di frusta e cominciai a colpire le loro teste con la Mia Forza divina. La parte colpita provocava dolori fortissimi, quasi insopportabili, anche agli animali. Un urlo terribile si alzò allora da quella massa disordinata di uomini e di bestie; queste ultime, infuriate, si misero a correre all’impazzata rovesciando nella fuga tutto ciò che trovavano davanti, mentre i mercanti e i loro clienti, abbandonando tutto, fuggirono con spaventose grida di dolore. Io colsi l’occasione e rovesciai, aiutato dai Miei discepoli, tutti i tavoli dei cambiavalute, spargendone a terra il denaro.
(V.16) Ed a coloro che vendevano i colombi disse: «Togliete di qui queste cose e non fate della Casa di Mio Padre una casa di mercato!»
14. Mi diressi poi in quella parte del Tempio, dove numerosi mercanti di colombe attendevano i compratori, con le loro gabbie colme di ogni tipo di volatili. Questi mercanti erano di solito povera gente, non avidi di facili guadagni come gli altri trafficanti; inoltre, la vendita di colombe nel Tempio era una vecchia consuetudine, anche se in origine la cosa era stata permessa solo nel primo cortile esterno al Tempio. Io Mi limitai quindi ad ammonirli e dissi loro: «Portate queste cose fuori di qui e non fate che la Casa di Mio Padre divenga una casa di mercato. Il luogo destinato a ciò è nel primo cortile esterno; recatevi là!». Quei poveretti allora si allontanarono senza replicare e rioccuparono il loro antico posto. Ecco come avvenne la purificazione del Tempio.
(V.17) E i Suoi discepoli si ricordarono che stava scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha consumato».
15. Poiché questa purificazione aveva suscitato grande rumore, i discepoli, nel loro animo, temevano che i sacerdoti non avrebbero tardato ad accusarci presso le autorità romane e a farci arrestare come sobillatori. Così sarebbe stato poi più difficile sottrarsi alla colpevolezza e al conseguente disonorevole castigo, perché è scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha consumato»
16. Io però dissi loro: «Non abbiate alcun timore! Date un’occhiata negli atri del Tempio ed osservate come i servitori e i sacerdoti sono ora tutti intenti a raccogliere il denaro abbandonato dai banchieri, per riempirne le loro sacche! Certamente essi verranno poi a chiederci, per riguardo ai danneggiati, con quale diritto noi abbiamo fatto una cosa simile, ma nel loro cuore essi ne sono più che soddisfatti, perché questo subbuglio farà loro fruttare circa mille borse d’oro e d’argento, e una grande quantità di altro denaro che non restituiranno mai più ai legittimi proprietari. Per il momento essi sono troppo occupati e non hanno tempo di chiederci ragione del fatto, né prenderanno nota di un’eventuale imputazione contro di noi, come è pure improbabile che i danneggiati, essendo fortemente scossi, muovano subito un’accusa contro di Me. Siate perciò del tutto tranquilli.
17. È vero; in loro presenza lo zelo per la Mia Casa Mi consumerà, ma il momento non è ancora arrivato! Al massimo alcuni degli ebrei qui presenti vorranno sapere chi Io sia e su quale base abbia operato ciò ed esigeranno anche che Io Mi giustifichi. So già che queste cose devono accadere e che noi non ne avremo alcun danno. Come potete notare, davanti alla cortina vi sono già alcuni che, nel loro interesse, vogliono interrogarMi in proposito; non mancheremo dunque di dare loro un’adeguata risposta!».
Parola profetica del Signore sulla distruzione e riedificazione del Tempio in tre giorni. Incapacità di comprensione degli ebrei; essi vengono destinati ai discepoli. Testimonianza e confessione dei Suoi discepoli. Il Signore dà una grande testimonianza di luce agli ebrei, ma essi vogliono vedere miracoli.
(Giov.2, 18-22)
(V.18) Perciò gli ebrei dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
1. Mentre Io ero intento a rassicurare i Miei discepoli, alcuni ebrei si avvicinarono e Mi dissero: «Noi abbiamo appena assistito alla Tua poderosa Azione, la Tua Mano faceva fuggire uomini e bestie come polvere trasportata dal vento e nessuno è ritornato a riprendere il denaro sparso per terra! Chi sei Tu e quale segno (intendevano un attestato dell’imperatore) puoi mostrarci per poter giustificare quanto hai operato? Non conosci la ferrea rigidità delle leggi, che per quello che hai fatto Ti possono condannare?».
(V.19) Gesù rispose e disse loro: «Disfate questo Tempio e in tre giorni Io lo ricostruirò!»
2. Io rispondo: «Se non le conoscessi e non ne avessi avuto rispetto, non avrei fatto ciò. Ma voi Mi chiedete che vi mostri un’autorizzazione ufficiale; vi faccio osservare, invece, che non possiedo un tale documento; però, disfate questo Tempio ed in tre giorni esso sorgerà nuovamente, completamente ricostruito!»
(V.20) Allora gli ebrei dissero: «Questo Tempio è stato edificato in quarantasei anni e Tu lo ricostruiresti in tre giorni?».
(V.21) Poiché essi non sapevano che Egli parlava del Tempio del Suo Corpo.
3. A questa Mia decisa risposta, gli ebrei rimasero perplessi e non riuscirono subito a replicare. Dopo un po’ uno di loro si ricordò che per la costruzione del Tempio furono impiegati quarantasei anni di lavoro ininterrotto, al quale avevano contribuito molte migliaia di braccia. Questo ebreo, più versato degli altri nella storia antica, si rivolge a Me dicendo: «O Giovane! Non Ti accorgi di aver detto una sciocchezza? Per quarantasei anni migliaia di braccia lavorarono di continuo alla costruzione del Tempio e Tu, senza alcun aiuto, in tre giorni vorresti fare tutto ciò da solo! Oh, oh, oh, quello che hai detto non testimonia a Tuo favore, soprattutto dopo quello che è successo nel Tempio, nel quale, per quanto possibile, si dovrebbe parlare con raziocinio.
4. Quello che hai fatto ci ha molto stupiti, tanto che noi, anziani di Gerusalemme, cominciavamo a chiederci per quale forza, se attraverso facoltà umane o profetiche, Tu hai potuto compiere un’azione di per sé così lodevole. Ecco perché Ti interrogammo. Se Tu ci avessi detto, con sagge parole accessibili a tutti, che sei un profeta ispirato da Dio e che quanto operasti lo facesti per Potenza divina, allora avremmo creduto in Te. Invece, contro ogni aspettativa, al posto di sagge parole, abbiamo udito da Te solo una risposta temeraria, presuntuosa, sciocca ed inconcepibile e nella quale non c’è neanche una sillaba di verità. È per questo che in Te non possiamo scorgere altro che un comune individuo, il quale, sicuramente in una scuola pagana, ha appreso un po’ di magia ed ora vuol farsi importante qui nella città di Davide, stando o al soldo dei romani, o segretamente al soldo dei farisei, sacerdoti e leviti, poiché oggi nel Tempio questi ultimi hanno fatto un abbondante raccolto in seguito alla Tua magia! Rincresce moltissimo a tutti noi di esserci illusi tanto sul Tuo conto»
5. Allora Io risposi: «Anche a Me duole di cuore avervi trovati così spaventosamente ciechi e sordi! Infatti il cieco non vede nulla e il sordomuto nulla intende! Io compio, davanti ai vostri occhi, un miracolo che prima di Me nessuno ha compiuto e dico la pienissima verità, e voi sostenete che Io sono o uno sciocco millantatore, versato nella magia pagana, venuto qui per burlarMi di voi, oppure un qualunque mago assoldato dai romani o all’ignobile servizio dei sacerdoti del Tempio. Oh, quale obbrobriosa incoerenza! Guardate quante persone Mi hanno seguito fin qui dalla Galilea! Essi Mi hanno riconosciuto, malgrado voi diciate che il popolo Galileo sia il più cattivo e il più eretico tra quelli ebraici. Essi, tuttavia, Mi hanno riconosciuto e Mi seguono. Perché allora voi non Mi volete riconoscere?»
6. Gli ebrei replicano: «Volevamo riconoscerTi e per questo motivo Ti abbiamo anche interrogato, infatti noi non siamo per niente ciechi e sordi come Tu credi. Tu però ci hai risposto così malamente che abbiamo, secondo la logica umana, replicato apertamente quello che pensavamo! Noi siamo animati da buona volontà; perché allora, se Tu sei veramente un profeta, non vuoi riconoscercela? Noi tutti siamo gente onorata di Gerusalemme e possediamo molti beni. Se Tu fossi un vero profeta, dovresti rallegrarTi di stare tra noi. Invece Tu non sembri voler riconoscere ciò e non puoi quindi essere un profeta. Sei semplicemente un mago, che profana il Tempio più di coloro che Tu hai scacciato!»
7. Allora Io dico: «Andate e chiedete a quelli che Mi seguono, essi vi diranno Chi sono Io!»
8. Gli ebrei si recano quindi dai discepoli per interrogarli, e questi raccontano le cose che hanno saputo di Me al Giordano, la testimonianza di Giovanni e tutto ciò che hanno visto ed udito dal momento in cui cominciarono a seguirMi. I discepoli confessano però che neanche loro hanno compreso le cose che ho detto agli ebrei.
(V.22) Quando dunque Egli fu risuscitato dai morti, i Suoi discepoli si ricordarono che Egli aveva loro detto queste cose e credettero alla Scrittura e alle parole che Gesù aveva pronunciato.
9. Essi compresero, infatti, le Mie parole, nonché la Scrittura, che aveva predetto questo di Me, solo dopo la Mia prodigiosissima risurrezione, avvenuta tre anni più tardi.
10. Quando gli ebrei appresero quanto era stato loro narrato dai discepoli, vennero nuovamente da Me e dissero: «In base a quello che ci è stato riferito sul Tuo conto dai Tuoi fedeli compagni, Tu dovresti, con ogni evidenza, essere il Promesso! La testimonianza di Giovanni, che noi conosciamo, depone enormemente a Tuo favore e ancora più le Tue azioni, però il Tuo linguaggio dimostra assolutamente il contrario. Come può il Messia essere nell’azione un Dio e nella parola un folle! Chiarisci questo punto e noi tutti Ti accetteremo per tale, appoggiandoTi per quanto è possibile!»
11. Rispondo Io: «Che cosa potreste darMi voi che non l’abbiate ricevuta da Mio Padre, che è in Cielo? Se dunque l'avete ricevuta, perché parlate come se non l’aveste ancora avuta? Che cosa potreste offrirMi che non sia già Mio? Infatti quello che appartiene al Padre è anche Mio, perché Io e il Padre non siamo due, ma una cosa sola! Questo vi dico: “Solo la volontà è vostra, mentre tutto il resto è Mio”. Perciò, animati nel vostro cuore da sincero amore, dateMi la vostra volontà e credete che Io e il Padre siamo perfettamente Uno, allora soltanto Mi avrete dato tutto quello che desidero da voi!»
12. Dicono gli ebrei: «Mostraci un segno e noi crederemo dunque che Tu sei il Promesso!»
13. Io rispondo: «Per quale motivo volete avere dei segni? O gente pazza e perversa! Non sapete che i segni non risvegliano e non liberano nessuno, anzi giudicano soltanto e condannano? Io però non sono venuto a voi per condannarvi, ma affinché abbiate la vita eterna, qualora nei vostri cuori vi sia fede in Me! Avverranno ancora molti altri segni e alcuni di voi Mi saranno anche testimoni, essi però non vi risveglieranno alla vita; anzi, alla lunga, vi faranno morire».
Continuazione dell’episodio tra il Signore e gli ebrei. Uno di questi si offre di ospitare Lui e i Suoi. Il Signore gli dimostra i pensieri impuri suoi e quelli dei suoi compagni, nonché la perfidia delle leggi ed istituzioni umane e abbandona il Tempio.
(Giov.2, 23-25)
(V.23) Mentre Egli si trovava a Gerusalemme alla festa della Pasqua, molti credettero nel Suo nome, vedendo i segni che Egli compiva.
1. Io ve lo dico: «È la festa di Pasqua e durante questo periodo Mi tratterrò qui a Gerusalemme. Andate là dove Io sarò e voi vedrete segni in gran numero! Badate però che questi non vi uccidano!».
2. Queste parole causarono grandissimo stupore tra gli ebrei, Io, però Mi allontanai da loro e uscii dal Tempio con i Miei discepoli. Gli ebrei Mi seguirono da lontano, senza farsi troppo notare. Essi non si azzardavano a farlo apertamente, perché avevo parlato loro di segni che avrebbero potuto ucciderli. Essi credevano che le Mie parole alludessero non alla morte spirituale, ma a quella del corpo e, come tutti i ricchi della Terra, tenevano molto alla vita terrena.
3. Uno di questi uscì dal Tempio e venne a Me dicendo: «Maestro, io Ti ho riconosciuto e vorrei unirmi a Te, dove dimori?».
(V.24) Ma Gesù non si fidava di loro, perché li conosceva tutti.
(V.25) E non aveva bisogno che alcuno Gli rendesse testimonianza su un uomo, perché Egli stesso conosceva ciò che vi era nell’uomo.
4. Ma Io vidi subito che la sua intenzione non era seria, né onesta la sua brama di conoscere la Mia dimora perciò risposi, come più tardi feci con molti di questi malintenzionati spioni, col noto aforisma: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma il Figlio dell’uomo non ha neanche una pietra su cui posare il capo ed in questa città, meno che in qualunque altro luogo. Tu però purifica prima il tuo cuore, poi ritorna animato non da mire ingannatrici, ma da sincere ed oneste intenzioni; solo così potrai giudicare se ti conviene rimanere al Mio fianco!»
5. Ma quell’ebreo replicò: “Maestro, Ti sbagli se pensi queste cose di me e dei miei compagni. Se non hai una dimora, vieni con noi e sarà nostra premura provvederne una per Te e per i Tuoi discepoli ed amici, nonché sostentarvi tutti, fino a quando lo vorrete!”
6. Io, che percepivo come il suo cuore non fosse sincero, gli dissi: «Noi non possiamo fidarci di voi, poiché siete amici di Erode e come lui amate molto gli spettacoli, specialmente quando questi vi sono offerti gratuitamente. Inoltre Io non sono venuto in questa città per offrire ad Erode e ai suoi degli intrattenimenti pubblici, ma per annunciare che il Regno di Dio è vicino e che dovete quindi fare atti di vera penitenza per poter essere partecipi di tale Regno! Vedi questo è lo scopo della Mia presenza fra voi e per questa missione non c’è bisogno della vostra dimora! Colui che è in casa non può uscire che dalla porta, e questa, essendo dotata di serrature e di chiavistelli, può facilmente intrappolare l’invitato. Chi invece dimora all’aperto, è libero e può andare dove vuole!»
7. Risponde l’ebreo: «Come puoi farci questo oltraggio! Credi, forse, che abbiamo scordato la santità del diritto di ospitalità? Se noi Ti invitiamo come ospite e Tu entri nella nostra casa come tale, allora sei il più sacro della casa e guai a colui che Ti attacca! E dunque da noi il diritto di ospitalità viene osservato e onorato al di sopra di tutto. Come puoi allora rendere sospette le usanze che vigono fra noi?»
8. Gli faccio osservare: «Le vostre usanze le conosco benissimo. Non solo, ma ne conosco anche delle altre. È vero, finché l’ospite si trova in casa vostra, gode del diritto di ospitalità; quando però vuole andarsene, trova già pronti sull’uscio dei sicari e degli sbirri mandati apposta, che l’afferrano e lo pongono in ceppi e catene! DiteMi, fa anche questo parte dei doveri di ospitalità, prescritti fin dall’antichità?»
9. Molto imbarazzato, l’ebreo chiede: «Chi può, in coscienza, dire una simile cosa sul nostro conto?»
10. Gli dissi: «Colui che lo sa! Non è forse in questo modo che pochi giorni fa avete fatto condurre un uomo davanti ai tribunali?»
11. L’ebreo, sempre più sconcertato, risponde: «Maestro, chi Ti ha detto questo? E anche se fosse vero, non lo ha forse meritato quel malfattore?»
12. Osservo Io: «Certamente, voi ritenete molte cose un delitto; cose che invece, davanti a Dio e a Me, non sono ritenute tali perché, a causa della durezza dei vostri cuori, ci sono molti delitti contro i quali Mosè non ha dato alcuna legge. Questi invece sono i vostri principi, e ai Miei occhi essi non fanno diventare delinquente nessun uomo! Infatti i vostri principi sono un peccato contro le leggi di Mosè. Come può dunque essere ritenuto malfattore un tale che, volendo attenersi alla Legge di Mosè, deve scontrarsi con i vostri principi e le vostre leggi? Oh! Ve lo voglio dire: “Voi tutti siete pieni di perfidia e di astuzia malvagia!”»
13. Risponde l’ebreo: «Com’è possibile ciò? Mosè ci ha dato facoltà di creare leggi per casi speciali e quindi le leggi, che noi emaniamo dopo maturo consiglio, sono altrettanto buone quanto quelle di Mosè! Non ne segue logicamente che colui che non le osserva cade ugualmente in colpa, come se avesse peccato immediatamente contro la Legge di Mosè?»
14. Dico Io: «Per voi certo, ma per Me no! Mosè ha comandato: “Ama ed onora il padre e la madre!”, voi invece dite, e i sacerdoti perfino l’impongono, che è molto meglio sacrificare al Tempio, in quanto così facendo si è esonerati dall’osservare questa legge. Se un uomo però viene da voi e vi dice che siete atei e miserabili impostori, perché a causa della vostra avidità sopprimete la legge di Mosè e al suo posto emanate voi stessi un’altra legge per tormentare la povera umanità, egli ha già commesso un crimine contro di voi e voi lo fate arrestare sulla soglia di casa e condurre dinanzi ai giudici. Dimmi: “Quest’uomo, che era pure onesto, ha meritato veramente ciò, oppure davanti alla legge di Mosè siete voi i malfattori e i criminali?”»
15. Udendo questo, l’ebreo, visibilmente arrabbiato, se ne andò e, trovati gli altri suoi compagni, riferì loro tutto quello che gli avevo detto. Questi, scuotendo il capo, dissero fra loro: «Strano! Come può costui sapere ciò?». Nel frattempo Io abbandonai quel luogo e, con i Miei, Mi recai in una piccola dimora fuori della città, dove rimasi per alcuni giorni.
Il significato spirituale o la rispondenza della purificazione del Tempio, rivelato dal Signore. Cenni notevoli sul modo di vivere e di comportarsi.
1. Le cose che sono appena state raccontate rappresentano il decorso storico-naturale di entrambi gli avvenimenti oggetto del secondo capitolo, la cui descrizione non è fatta in maniera molto completa, perché, per la loro scarsa importanza, parecchi fatti successi sono stati omessi, dato che, da un lato, ciò comporterebbe un inutile allungamento del lavoro, dall’altro non conferirebbe un più alto valore al racconto, né renderebbe più profonda la conoscenza degli avvenimenti. Pertanto, per concludere, non ci rimane che illustrare in breve il senso spirituale del secondo episodio, poiché esso racchiude e presenta al lettore o all’uditore solo due avvenimenti principali.
2. Il senso spirituale del primo avvenimento in Cana di Galilea è stato già esposto; ci rimane quindi da far conoscere il senso spirituale del secondo avvenimento: quello della purificazione del Tempio.
3. Il Tempio rappresenta l’uomo nella sua sfera terreno-naturale. Ora, tanto nel Tempio quanto nell’uomo si trova un Santissimo, in virtù del quale anche l’esterno del Tempio deve essere santificato e mantenuto puro, affinché sia nel Tempio che nell’uomo non venga profanata la parte più interna, che cela appunto il Santissimo!
4. In effetti, nel Tempio, il Santissimo è protetto da una solida cortina e vi può accedere, solo in particolari occasioni, unicamente il sommo sacerdote. Quindi, sia la cortina, sia il raro permesso di accesso al Santissimo mirano a proteggerlo dalla profanazione. Infatti, se qualcuno pecca con il suo corpo, non si contamina solo questo, ma anche la sua anima e attraverso di essa anche lo spirito, il quale raffigura la parte più intima e più santa di ciascun uomo ed anche lo è effettivamente. Anche nell’uomo, come nel Tempio, il Santissimo è profondamente celato dietro una spessa cortina, e soltanto l’amore per Dio, che è il vero sommo sacerdote di Dio in ogni uomo, ha il potere di sollevarla e di penetrare, impunito, nel luogo Santo. Dunque, se questo unico sommo sacerdote nell’uomo diviene esso stesso impuro per essersi lasciato attrarre dalle impurità mondane e facendo causa comune con esse, come può il Santissimo rimanere incontaminato se vi accede questo sommo sacerdote già contaminato?
5. Perciò se nel Tempio oppure nell’uomo tutto diventa impuro, non è più possibile che la forza umana vi operi una purificazione; infatti come si può pretendere di fare pulizia adoperando un arnese già imbrattato di fango e di lordura? Allora per purificare il Tempio, Io stesso devo porre mano all’opera di pulizia con l’uso della forza, suscitando a questo scopo il dolore negli uomini, sia con le infermità, sia con le apparenti sciagure. E tutto ciò per purificare il Tempio.
6. I “venditori” e gli “acquirenti” simboleggiano le basse, impure passioni dell’uomo, mentre le bestie messe in vendita rappresentano sia la sensualità animalesca scesa al suo più basso gradino, sia la grande stoltezza e cecità dell’anima, il cui amore è uguale a quello di un bue, al quale mancano perfino l’amore sensuale e lo stimolo alla procreazione, e la cui vitalità si estrinseca soltanto nella rozza e quasi meccanica funzione del divorare. Inoltre, le facoltà intellettuali di un’anima così degradata non sono per niente più grandi di quelle ben note della pecora!
7. Ora, qual è il significato dei cambiavalute e dei loro affari di denaro? Questi rappresentano e mostrano tutto ciò che nell’uomo proviene dal suo egoismo, già divenuto completamente animalesco. Infatti l’animale non ama che se stesso ed un lupo divora l’altro lupo quando lo spinge la fame. Quindi, usando ogni forza e il dolore, questi “cambiavalute”, ovvero questo egoismo animalesco, devono essere cacciati fuori dall’uomo. È necessario perciò rovesciare e spargere a terra tutto ciò che concorre a ravvivare questo egoismo!
8. Ci si chiederà: «E allora perché non annientarlo completamente?». La ragione di ciò scaturisce dal fatto che non è lecito togliere la propria libertà neppure a un tale amore di sé. Infatti il buon seme, cioè il grano, crescerà e darà un buon raccolto, soprattutto se viene sparso su un campo ben ingrassato dal concime animale. Se però, per ripulire completamente un terreno, si volesse togliere tutto quello che, sotto forma di concime, lo rende immondo, il buon grano seminato germoglierebbe solo stentatamente, e il raccolto sarebbe in verità molto magro.
9. Lo sterco, che dapprima viene collocato sul campo a mucchi, viene poi rimosso e sparso qua e là, affinché serva al campo. Se invece lo si lascia ammucchiato, tutto ciò che si trova sulla superficie occupata dallo sterco verrebbe soffocato, mentre la parte di campo rimanente non ne riceverebbe alcun giovamento.
10. È per questa ragione che, nella storia della purificazione del Tempio così com’è narrata nel Vangelo, Io ho rovesciato soltanto i tavoli e sparso a terra il denaro dei cambiavalute, senza che questo fosse distrutto. Ma con la stessa facilità potevo pure annientarlo completamente.
11. Cosa rappresentano poi i venditori di colombi, che si trovavano all’interno del Tempio e che dovettero uscire per rioccupare il loro antico posto?
12. Essi rappresentano le virtù esteriori, che nei rapporti mondani si manifestano con ogni genere di cerimonie, buone maniere, cortesie, gentilezze e così via. La cecità umana vorrebbe attribuire a tali virtù un valore vitale intrinseco, cercando di formare con esse la base della vera vita dell’uomo.
13. In Oriente, il colombo, volatile molto conosciuto, era spesso impiegato come messaggero, soprattutto nelle corrispondenze amorose, e nei geroglifici egiziani la sua immagine rappresentava il dialogo o la corrispondenza affettuosa e cortese. Questi animali, nel Tempio, avevano un simile significato ed erano anche animali sacrificati che venivano offerti in olocausto dai giovani sposi in occasione della nascita del loro primogenito. Questo gesto simboleggiava il loro ripudio di quelle missive e cerimoniosi complimenti esteriori, quindi la loro adesione all’amore vero, intimo e vivificante.
14. Però, secondo l’ordine di tutte le cose, ciò che ha una funzione esteriore deve rimanere all’esterno. Perciò, nel midollo dell’albero non deve mai trovarsi la corteccia, perché questa, come tale, è cosa completamente priva di vita. Invece, tutto ciò che appartiene alla corteccia, deve trovarsi in essa. In questo modo la corteccia, se si trova al suo posto e nelle giuste proporzioni, diventa di grande utilità all’albero, mentre se ad un albero si toglie il midollo per mettervi al suo posto la corteccia, è chiaro che esso non tarderebbe a seccarsi e a perire!
15. Questi mercanti di colombi, che in senso generale rappresentano ogni esteriorità e in senso stretto coloro che sono maestri di virtù esteriori e che vorrebbero spacciare queste per virtù interiori e vivificanti, vengono cacciati da Me, alquanto gentilmente, dal Tempio e rimandati al posto che loro compete per indicare che l’uomo deve, similmente, guardarsi dal fare delle virtù esteriori altrettanti elementi di vita interiore, poiché, con le prime, si degrada al livello di un burattino parlante.
16. Ecco qual è il significato spirituale della purificazione del Tempio; e la vera ed immutabile corrispondenza tra l’uomo e il Tempio ci assicura che queste parole e queste opere non procedono mai dall’uomo, ma soltanto da Dio, la Cui eterna Sapienza tutto vede e tutto sa.
17. Ci si chiederà ancora perché, dopo tale purificazione, il Signore non rimase nel Tempio ancora un po’.
18. A questa domanda si può rispondere che solo Lui conosce l’ordinamento che deve assumere l’interiorità dell’uomo, affinché Egli possa dimorare in lui in maniera duratura. Va osservato, inoltre, che non bisogna ledere la libertà dell’uomo, dopo questo processo di purificazione, altrimenti perderebbe la sua dignità umana e diventerebbe semplicemente un autentico burattino.
19. Ciò significa che il Signore non può ancora del tutto donarsi all’uomo interiore purificato con l’uso della forza, poiché solo Lui può giudicare cosa sia necessario alla piena creazione dell’uomo interiore. È per questo che il Purificatore esce dal Tempio e, dall’esterno, influisce nell’interiore dell’uomo in maniera quasi impercettibile, senza cedere alle sue esigenze che vogliono che Egli rimanga presso di lui per sorreggerlo nella pigrizia. Al contrario, Egli lascia che l’uomo si elevi da sé nella più alta libertà ed attività, poiché è grazie a queste che diviene perfetto. In quale modo ciò avvenga, sarà trattato minuziosamente nel capitolo seguente.
SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – CAP- 3
Conversazione sulla rinascita tra Gesù e Nicodemo
Giovanni parla di Cristo con i suoi discepoli
Il Signore, nell’albergo, fa molto del bene per mezzo di insegnamenti e guarigioni miracolose. Conversazione notturna con i ricchi visitatori.
«Ciò che è piccolo davanti al mondo è eletto da Dio».
(Giov.3, 1)
(V.1) Ora vi era un uomo tra i farisei, il cui nome era Nicodemo, che era un sommo capo degli ebrei.
1. Dopo la purificazione del Tempio, come è stato riferito nel precedente capitolo, Mi ritirai in un piccolo albergo fuori città, con tutti quelli che desiderarono seguirMi. Ora, ognuno si chiederà sicuramente:
2. «Quali cose, Signore, hai operato in quel posto? Infatti, quel lasso di tempo, di circa otto giorni, non lo hai certamente fatto trascorrere stando in ozio!»
3. Io rispondo: «No di certo!». Durante quel periodo infatti, sia di giorno che di notte, moltissime persone di ogni casta vennero a Me dalla città. I poveri venivano prevalentemente di giorno, mentre i notabili e i ricchi si arrischiavano soltanto di notte, per non mostrare le loro debolezze e il loro imbarazzo di fronte ai loro simili.
4. Essi si sentivano spinti a conoscerMi più da vicino in parte per curiosità e in parte per il presentimento che Io fossi veramente il Messia; perciò uscivano di nascosto dalla città di notte e si intrattenevano con Me. Naturalmente tali visite li esasperavano molto; infatti i notabili, i grandi e i ricchi erano dispiaciuti di non essere ricevuti da Me altrettanto bene e calorosamente come facevo con i molti poveri, che non smettevano di esaltare la Mia bontà e la Mia amorevolezza.
5. In quel tempo operai anche molte guarigioni miracolose fra i poveri, liberai gli ossessi tormentati dagli spiriti, raddrizzai gli zoppi e gli storpi, mondai i lebbrosi, resi l’udito e la parola ai sordomuti e la vista ai ciechi. Tutto ciò fu operato solamente mediante l’azione della Mia Parola.
6. Questi fatti erano noti anche ai Miei visitatori notturni, ma essi chiedevano di poter assistere personalmente a simili cose di notte. Io però rispondevo sempre in questo modo: «Il giorno ha dodici ore, come pure la notte; il giorno però è destinato al lavoro, mentre la notte al riposo. Chi lavora di giorno è difficile che inciampi in qualcosa, chi invece lavora di notte inciampa facilmente, perché non vede dove posa il piede»
7. Alcuni di loro Mi domandarono grazie a quale forza e potere Io operassi tali miracoli. Io, brevemente, osservai: «Per Mia propria Forza, poiché, per fare questo, non ho bisogno dell’aiuto degli uomini!»
8. Mi chiesero di nuovo perché non avessi soggiornato piuttosto in città, visto che opere così grandi emergono molto meglio in un ampio centro piuttosto che in uno piccolo, come quel paese che non era molto importante, anche se era vicino alla grande metropoli, che del resto lo ignorava del tutto.
9. Risposi ancora: «A Me non piace rimanere in una città come la vostra, dove gli abitanti, stimandosi esseri superiori, tengono alle porte dei soldati per fare buona guardia e lasciano passare liberamente i grandi e i ricchi, mentre respingono senza misericordia i poveri. E se si ha una faccia da straniero o vesti non abbastanza sfarzose, si viene trattenuti per lo meno sette volte ad ogni angolo di strada e vengono chieste informazioni sulla propria persona, sulla provenienza e su cosa si intende fare in quel posto. Inoltre Io vi dichiaro di amare solo ciò che è piccolo dinanzi al mondo e ciò che da questo viene disprezzato, perché sta scritto: “Quello che per il mondo è grande, per Dio invece è un abominio!”»
10. E quelli osservarono: «Non è forse grande e splendido il Tempio dove dimora Jehova?»
11. Io rispondo: «Egli dovrebbe veramente dimorare nel Tempio, ma poiché lo avete profanato, Egli lo ha abbandonato e non vi dimora più. È per questo che l’arca di Mosè è vuota e morta!»
12. Dissero quei visitatori notturni: «Perché dici cose tanto infami? Non sai cosa disse Dio a Salomone e a Davide? Può essere falso ciò che Dio disse a suo tempo? Chi sei Tu, che Ti permetti di dichiarare simili cose dinanzi a noi?»
13. Io rispondo: «Se sono così potente e forte e posso guarire, da Me stesso, ogni ammalato che viene a Me attraverso la Mia sola Volontà e attraverso per la Mia Parola, possiedo pure altrettanta potenza, forza e pieno diritto di parlarvi in questo modo del Tempio. Anzi, vi dichiaro un’altra volta che ormai il vostro
Tempio è ripugnante davanti a Dio!»
14. Udendo ciò, alcuni di loro cominciarono a mormorare; gli altri invece dissero: «Questi è realmente un Profeta e, nei confronti del Tempio, i profeti si sono sempre espressi con sfavore. LasciamoLo fare!»
15. Così dicendo, quei visitatori notturni se ne ritornarono in città.
Scena con Nicodemo, preposto di Gerusalemme. Nicodemo, pur essendo conoscitore di profezie ed avendo calcolato esattamente il tempo della venuta del Regno di Dio, non riconosce il Signore. Importanti indicazioni sulla rinascita.
(Giov.3, 2-5)
1. Durante la notte, nel penultimo giorno del Mio soggiorno nei dintorni di Gerusalemme, venne però un certo Nicodemo, uno dei notabili della città. Egli non solo era un fariseo – la cui carica, dignità e autorità in quel tempo equivalevano a quelle di un cardinale romano dei nostri giorni –, ma era anche uno dei più ricchi cittadini di Gerusalemme ed era stato nominato rettore dai romani, ovvero preposto della città.
(V.2) Costui venne a Gesù di notte e Gli disse: «Maestro, noi sappiamo che Tu sei venuto da Dio come ammaestratore (profeta), poiché nessuno può fare i segni che Tu fai, se Dio non è con lui».
2. Anch’egli, come capo civile di Gerusalemme, Mi fece visita di notte e Mi interpellò dicendo: «Maestro! Perdonami se vengo a così tarda ora a turbare il Tuo riposo; ma poiché ho saputo che intendi partire già domani, non ho potuto fare a meno di venire a tributarTi i dovuti ossequi. Io, insieme a molti altri, avendo osservato le Tue azioni, ho capito che Tu ti sei manifestato veramente come un grande profeta mandato da Dio! Infatti i segni che Tu operi, nessuno li può fare, a meno che Jehova non sia con lui! Quindi, Tu sei sicuramente un profeta e come tale conosci il male che si annida in noi. Però, poiché i Tuoi predecessori ci hanno preconizzato il Regno di Dio, dimmi di grazia quando questo verrà e, qualora venga, come si deve essere costituiti per poter essere degni di farne parte?».
(V.3) Gesù gli rispose e disse: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di nuovo, non può vedere il Regno di Dio».
3. A questa domanda di Nicodemo Io risposi brevemente così come è scritto nel Vangelo: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di nuovo, non può vedere il Regno di Dio e tanto meno entrarvi!». Ciò significa: «Qualora tu non abbia risvegliato il tuo spirito, seguendo le vie che ti indico con la Mia Dottrina e le Mie azioni, ti sarà impossibile riconoscere il divino vivificante della Mia Parola e tanto meno penetrare le sue profondità elargitrici di vita».
4. Che Nicodemo, uomo del resto onestissimo, non avesse compreso queste Mie parole, lo dimostra, come vedremo chiaramente, il versetto che segue. Infatti, a questo proposito, si può constatare quanto ho appena detto: cioè nessuno può afferrare neanche lontanamente il senso vivo e divino della Mia Parola, se prima il suo spirito non si sia risvegliato. Nel versetto che segue Nicodemo, del tutto sconcertato del Mio discorso, chiede dicendo:
(V.4) Nicodemo Gli dice: «Come può un uomo, essendo vecchio, rinascere? Come può egli entrare una seconda volta nel corpo di sua madre e nascere da esso una seconda volta?».
5. [Chiede Nicodemo:] «Caro Maestro, mi sembra strano quanto mi vai dicendo! Come può accadere che un uomo già grande, vecchio e di solide membra, possa rientrare nel corpo di sua madre per essere partorito una seconda volta? Questa cosa, caro Maestro, è del tutto impossibile! Io penso che o Tu non conosci nulla del Regno di Dio che deve venire o per lo meno niente di quello autentico, oppure Tu lo conosci ma non vuoi espormi chiaramente il Tuo vero pensiero, per timore che Ti faccia arrestare e buttare in prigione. Oh, tranquillizzaTi, perché io non ho mai privato nessuno della sua libertà, a meno che non si sia trattato di un assassino o di un ladro incorreggibile. Tu però sei un grande benefattore della povera umanità ed hai guarito, con meraviglia, quasi tutti gli ammalati di Gerusalemme, per la Forza di Dio che è in Te. Come potrei allora comportarmi così con Te?
6. Oh no, amato Maestro, credimi, io tengo molto al Regno di Dio, che sta per venire! Perciò, se Tu ne sai di più, dimmelo in maniera più comprensibile! Parlami delle cose del Cielo con parole celesti e delle cose della Terra con parole terrene, ma esponimi tutto ciò con immagini e figure facilmente accessibili, altrimenti le Tue parole mi saranno meno utili della scrittura egiziana antica (geroglifici), che io non posso né leggere né di conseguenza comprendere. Ora, dai calcoli da me effettuati, sono sicuro che il Regno di Dio deve essere già qui, però mi è ancora oscuro dove e come sia possibile giungervi ed esservi accolti. Questo è quanto vorrei udire da Te in modo possibilmente chiaro».
(V.5) Gesù rispose: «In verità, in verità Io ti dico che se uno non è nato dall’Acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio!»
7. Alla ripetuta domanda di Nicodemo, Io risposi con le parole del V.5, esponendo più dettagliatamente in quale modo sia possibile la rinascita per poter entrare nel Regno di Dio, cioè dall'Acqua e dallo Spirito, il che equivale a dire questo:
8. L'anima deve essere purificata con l’acqua dell’umiltà e dell’abnegazione (poiché l’acqua è il più antico simbolo dell’umiltà: essa lascia fare qualunque cosa di sé, si presta a qualunque servizio e dimora sempre nelle più basse località della terra, fuggendo le alture) e subito dopo dallo Spirito di Verità, che un'anima impura non potrà mai comprendere, poiché essa è simile alla notte, mentre la verità è un sole luminoso che diffonde intorno a sé il giorno.
9. Colui che purifica l’anima con l’umiltà, raggiunge la verità e la riconosce come tale e, grazie a questa, viene reso spiritualmente libero. È nella libertà di spirito, cioè nella partecipazione dello spirito alla libertà, che consiste propriamente l’entrata nel Regno di Dio.
10. Naturalmente Io non diedi tali spiegazioni a Nicodemo, visto che non era stato in grado, per la sua limitata sfera intellettuale, di comprendere neanche le Mie brevi e velate parole. Perciò Mi chiese ancora una volta come si sarebbero dovute intendere quelle cose.
Continuazione della scena con Nicodemo. Il Signore Quale Maestro in tutto, quindi anche nella vera Sapienza. L’essenza dell’uomo. Il segreto dello spirito. Parabola meravigliosa sulla rispondenza tra il vino nuovo e un’anima ancora immatura per la luce spirituale.
(Giov.3, 6-12)
(V.6) «Ciò che è nato dalla carne è carne, ma ciò che è nato dallo Spirito è spirito».
1. Ed Io, come dice il V.6, gli risposi: «Non ti meravigliare se ti parlo in questo modo! Infatti quello che la carne genera è ancora carne, quindi materia morta o involucro più esteriore della vita, mentre ciò che viene generato dallo spirito è a sua volta spirito o la vita eterna e la verità in se stessa!».
2. A Nicodemo però queste parole non apparivano ancora chiare. Egli alza le spalle meravigliandosi sempre di più, non per la cosa in sé, ma perché, essendo uno dei più saggi farisei, versatissimo in tutte le scritture, non riusciva ad intendere il senso del Mio discorso, anche se si reputava di grande sapienza. Infatti era grazie a questo titolo che era stato elevato al grado di rettore degli ebrei.
3. La sua più grande meraviglia era dovuta al fatto che aveva scoperto inaspettatamente in Me un Maestro, che con strani discorsi metteva a dura prova la sua sapienza! Non riuscendo dunque a comprendere, si rivolse a Me dicendo: «Mah! E questo com’è da intendersi? È possibile che anche uno spirito divenga gravido e partorisca il suo simile?».
(V.7) «Non meravigliarti se Io ti ho detto che dovete nascere di nuovo!»
4. Io gli faccio osservare: «Ti ho già detto di non essere meravigliato di quello che ho dichiarato, cioè che tutti voi dovete nascere di nuovo!»
(V.8) «Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suo suono, ma non sai da dove viene, né dove va; così è chiunque è nato dallo Spirito».
5. (Continua il Signore:) «Come il vento soffia dove vuole e ne odi il rumore senza conoscerne le origini, così avviene di chiunque procede dallo Spirito e si accinge a parlarti. Tu lo vedi e lo odi molto bene, ma poiché egli ti parla il linguaggio dello Spirito, tu non puoi comprenderlo, né sapere da dove gli vengano quelle cose e cosa voglia dire con esse. Però, poiché sei un saggio onesto e leale, a suo tempo ti verrà concesso di penetrare il senso di tali discorsi».
(V.9) Nicodemo rispose e gli disse: «Come possono avvenire queste cose?».
6. A tali parole, Nicodemo scuote pensosamente il capo e dopo un po’ esclama: «Io desidererei molto apprendere da Te come possa accadere una cosa simile! Infatti quello che conosco e comprendo mi viene dalla carne; ora, se la carne mi viene tolta, potrò pensare e comprendere ben poco! Allora, com’è possibile che io, essendo di carne, possa diventare uno spirito e come può il mio spirito essere accolto da un altro spirito ed essere generato di nuovo? Ecco ciò che cerco invano di spiegarmi!».
(V.10) Gesù rispose e gli disse: «Tu sei il dottore d’Israele e non sai queste cose?».
7. Rispondo Io: «Tu sei uno dei più sapienti dottori d’Israele; perché ti è difficile comprendere ciò? Ora, se tu, essendo maestro nelle Scritture, non riesci a comprendere queste cose, come potrà capirle chi delle Scritture conosce appena che c’è stato un Abramo, un Isacco e un Giacobbe?».
(V.11) «In verità, in verità, Io ti dico che noi (spirituali) parliamo (in modo del tutto naturale) di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo visto, ma voi non (comprendete) e accettate la nostra testimonianza».
8. (Continua il Signore:) «In verità, in verità crediMi! Noi, cioè Io e i Miei discepoli, che siamo stati mandati qui dallo Spirito, non ti parliamo il puro e semplice linguaggio spirituale, ma quello naturale e, giovandoci di figure simboliche naturali, ti rendiamo noto ciò che sappiamo in spirito e che in spirito abbiamo visto e voi non riuscite a comprenderlo e ad accettarlo!»
(V.12) «Se Io vi ho dette le cose terrene e non ci credete (accettate), come potreste credere se Io vi dicessi le cose puramente celesti?».
9. (Continua il Signore:) «Dunque se non riuscite a cogliere il senso delle cose elementari di cui vi sto parlando, dato che parlo con voi di cose spirituali in modo terreno, tanto che esse in questa maniera diventano cose terrene in piena regola, cosa sarebbe della vostra fede se vi parlassi delle cose celesti, usando il puro linguaggio celestiale?
10. Te lo voglio dire: “Soltanto lo spirito, che in sé e per sé è spirito, sa cosa sia lo spirito e quale sia la sua vita! Ma la carne è solo un involucro del tutto esteriore e non conosce lo spirito, se questo non si rivela all’involucro, alla scorza”. Ora, il tuo spirito è ancora troppo dominato ed occultato dalla tua carne, perché possa farsi conoscere da questa. Come ho già detto, verrà il tempo in cui il tuo spirito diventerà libero e allora potrai comprendere la nostra testimonianza e credere!»
11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, o Tu, Saggio tra i saggi! Dimmi, oh, dimmelo, affinché possa comprendere quando verrà questo tempo così ardentemente bramato!»
12. Io gli dissi: «Amico Mio, tu sei ancora troppo poco maturo, perché possa indicarti il tempo, il giorno e l’ora! Vedi, il vino nuovo rimane torbido finché non abbia cessato di fermentare e se tu ne versi in un bicchiere di cristallo e lo osservi alla luce, anche quella solare, nessun raggio, per potente che sia, riuscirà a colpire il tuo occhio attraverso il bicchiere, a causa della torbidezza del vino. Questa stessa cosa succede all’uomo. Prima che egli sia sufficientemente fermentato, e in seguito a tale processo abbia allontanato da sé tutte le impurità, la Luce dei Cieli non può compenetrare il suo essere. Io però voglio ancora dirti un’ultima cosa: se sarai in grado di comprenderla, conoscerai anche il tempo di cui Mi chiedevi prima! AscoltaMi dunque».
Tre altri importanti versetti, incomprensibili a Nicodemo.
Discorso pessimista di Nicodemo. Brevi avvertenze del Signore.
(Giov.3, 13-15)
(V.13) «Ora nessuno è salito in cielo, se non Colui che è disceso dal cielo, cioè, il Figlio dell’uomo che è sempre in cielo».
(V.14) «E come Mosè alzò il serpente nel deserto, così conviene che il Figlio dell’uomo sia innalzato».
(V.15) «Affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!»
1. (Continua il Signore:) «Vedi, nessuno sale al Cielo se non Colui che ne è disceso, cioè il Figlio dell’uomo, che è sempre in Cielo. E come Mosè ha innalzato il serpente nel deserto, così deve essere innalzato anche il Figlio dell’uomo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna! DimMi, comprendi queste cose?»
2. Risponde Nicodemo: «Amato Maestro! E come lo potrei? In Te la Sapienza riveste forme speciali e, come Ti ho appena detto, mi sarebbe molto più facile decifrare gli antichi geroglifici egiziani che penetrare le profondità della Tua Sapienza! Io devo però farTi osservare apertamente che, se non ci fossero le Tue potenti operazioni, che mi dimostrano il contrario, dovrei ritenerTi un pazzo ed un imbroglione, perché nessuno che ragioni si è mai espresso nella maniera con cui Tu Ti esprimi! Eppure le Tue azioni provano che Tu sei venuto a noi come un Maestro da Dio e in Te devono risiedere, in tutta la loro pienezza, la Potenza e la Sapienza divina, senza le quali quelle azioni non sono possibili.
3. Ora, se l’uno è puramente divino, deve essere divino anche il due. Le Tue azioni, caro Maestro, sono divine; così deve essere divina anche la Tua Dottrina del Regno di Dio sulla Terra, che io la comprenda o no! Ma se dal punto di vista terreno, considero anche solo un po’ la Tua tesi, cioè che nessuno sale in Cielo se non Colui che ne è disceso - ossia il Figlio dell’uomo che è sempre in Cielo - allora devo considerarmi definitivamente perduto! Caro Maestro, ad eccezione di Enoch ed Elia, a nessun uomo della Terra è stata concessa la felicità di salire visibilmente in Cielo. Sei forse Tu la terza persona? E se fosse così, di che utilità sarebbe a tutti gli altri uomini, che, non essendo discesi dal Cielo, non possono neppure salirvi?
4. Inoltre, Tu hai anche detto che Colui che è disceso dal Cielo non si trova, propriamente, che in apparenza sulla Terra, poiché, in realtà, Egli sta sempre in Cielo! Quindi per il momento solo Enoch ed Elia possono partecipare al Regno di Dio che verrà e probabilmente anche Tu, mentre gli altri milioni e milioni di uomini dovranno adagiarsi, per tutta l’eternità delle eternità, nella tomba umida ed oscura, in attesa che la Grazia e la Misericordia di Dio li dissolva nella polvere e nel nulla!
5. Caro Maestro, per un simile Regno di Dio in Terra ben poca gratitudine c’è da attendersi da questi miseri vermi della Terra, che, comunque li si consideri, è molto discutibile che li si possa chiamare “uomini”! Chi non sa che è così e che così è sempre stato? Una o due rondini non fanno primavera! Che cosa hanno fatto in realtà Enoch ed Elia, per meritarsi di essere assunti in Cielo? Io credo nulla che non fosse insito alla loro natura celeste! Meriti, quindi, essi non ne hanno avuti e, secondo le Tue spiegazioni, furono accolti dalla Terra in Cielo, solo perché dal Cielo erano discesi in Terra!
6. Come puoi vedere, tutto ciò arreca ben poca speranza e pochissima consolazione alla povera umanità di questa dura Terra! Eppure, come Ti ho già detto, è indiscutibile che io debba ritenere la Tua Dottrina realmente saggia e divina, anche se, agli occhi della ragione, essa appare come la più evidente pazzia. Ciò deve apparire evidente anche a Te, se consideri il mio ragionamento di poco fa su una delle Tue tesi!
7. Ma che cosa intendi con l’elevazione del Figlio dell’uomo, che dovrebbe essere simile a quella del serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto? Inoltre, come e perché potranno avere la vita eterna tutti coloro che crederanno in questo Figlio dell’uomo, che sarà innalzato come il serpente di Mosè? Tutto ciò è solo parabolico, pura follia! Chi è questo Figlio dell’uomo? Dov’è Egli ora? Cosa fa’? Discenderà anch’Egli dai Cieli come Enoch ed Elia? Verrà generato? Cosa devono pensare gli uomini, che come me non Lo hanno mai visto, del Figlio dell’uomo? Come può venire sulla Terra, se risiede sempre in Cielo? Dove verrà Egli innalzato e quando? Assumerà la signoria sugli ebrei, essendo Re potentissimo e invincibile?
8. Caro Maestro, considera tutto ciò e vedrai che le Tue parole sono assai strane sulla bocca di un Uomo, che con le Sue azioni dimostra di essere pieno della Forza e della Potenza divina! Però non voglio essere ingannato da queste considerazioni e sono sempre convinto che Tu sei veramente un grande Profeta, suscitato da Dio.
9. Dunque Ti sarai accorto che non sono affatto come quelle persone che rigettano una dottrina appena si accorgono di non poterla comprendere. Perciò Ti prego di aggiungere altri piccoli chiarimenti alle Tue parole, perché nel modo con cui Tu le hai dette, mi è impossibile comprenderle. Vedi, Maestro, in tutta la Giudea e particolarmente qui nella città di Salomone, dove fui anche nominato rettore, hanno grande fiducia in me! Se facessi conoscere Te e la Tua Dottrina, questa verrebbe senz’altro accolta; invece, se non l’appoggiassi, cadrebbe e non troverebbe nessuna accoglienza. Ti prego, perciò, di illuminarMi ancora un po’ riguardo a queste cose!»
10. Io rispondo: «Tu ora hai detto molte parole e ragionato come quei tali che non hanno alcuna idea delle cose celesti. Non poteva essere diversamente, poiché giaci nella notte del mondo e non puoi scorgere la Luce che è venuta dai Cieli ad illuminare la notte tenebrosa di questo mondo. È vero, essa comincia lievemente ad albeggiare in te, ma non sei ancora in grado di percepire Chi ti sta davanti!»
Il Signore dà cenni più comprensibili per Nicodemo sull’incarnazione del Figlio e sulla missione come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Cos’è il Giudizio?
Chi non vuole riconoscere il Signore, ha già il Giudizio in sé.
(Giov.3, 16-21)
(V.16) «Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che Egli ha dato il Suo Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!»
1. (Continua il Signore:) «Io ti dico: “Dio è l’Amore, e il Figlio è la Sua Sapienza. Ora, Dio ha tanto amato il mondo che Egli ha inviato il Suo Unigenito Figlio, cioè la Sapienza che procede eternamente da Lui stesso, affinché coloro che credono in Lui non periscano, ma abbiano vita eterna!” DimMi, neanche questo comprendi?»
2. Dice Nicodemo: «Penso di poterlo comprendere; però, sostanzialmente, non mi è chiaro. Se sapessi almeno cosa pensare del Figlio dell’uomo, allora mi troverei già a buon punto! Tu adesso parli pure di un Unigenito Figlio di Dio, che Dio inviò nel mondo per Amore. Il “Figlio dell’uomo” e il “Figlio di Dio” sono un solo e medesimo essere?»
3. Dico Io: «Guarda qui! Io ho un corpo, una testa, mani e piedi. Il capo, il corpo, le mani e i piedi sono carne e questa carne è un Figlio dell’uomo, perché, come ti dissi, ciò che è carne procede dalla carne. Però in questo Figlio dell’uomo, che è fatto di carne, dimora la Sapienza di Dio e questa è l’Unigenito Figlio di Dio. Dunque non l’Unigenito Figlio di Dio, ma solo il Figlio dell’uomo dovrà essere innalzato come il serpente di Mosè nel deserto, perciò molti si scandalizzeranno. E a coloro che non si scandalizzeranno, ma crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome, Egli darà il potere di essere chiamati figli di Dio e la loro vita e il loro regno non avranno più fine».
(V.17) «Infatti Dio, non ha mandato il Suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo diventi beato per mezzo di Lui».
4. Non devi però immaginare che il mondo debba essere giudicato da guerre, diluvi, oppure da fuochi scendenti dal Cielo per distruggere i pagani; infatti Dio non ha mandato il Suo Unigenito Figlio (la Sapienza divina) nel mondo (ad incarnarsi nella forma umana) per giudicarlo (distruggerlo), ma perché divenga, per Suo tramite, pienamente beato, cioè affinché la carne non perisca, ma risorga con lo spirito a vita eterna. (Con la parola “carne” bisogna intendere qui non tanto il corpo umano, quanto il complesso delle tendenze carnali dell’anima). Per raggiungere questo stato è necessario che le impure tendenze carnali vengano annientate dalla fede, ovvero dalla fede nel Figlio dell’uomo, proceduto da Dio fin dall’eternità e venuto in questo mondo, perché coloro che crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome abbiano vita eterna.
(V.18) «Chi crede in Lui non sarà condannato, ma chi non crede è già condannato, poiché non crede nel Nome dell’Unigenito Figlio di Dio».
5. (Continua il Signore:) «Chiunque crederà in Lui, sia ebreo che pagano, non verrà mai più in eterno giudicato, né potrà mai perire. Chi, invece, si scandalizzerà del Figlio dell’uomo e non crederà in Lui, egli è dunque già giudicato. Infatti, se egli non vuole e non può credere, essendo spinto dai suoi sentimenti di superbia a scandalizzarsi del Nome e dell’esistenza del Figlio dell’uomo, questo è già, di per sé, il suo giudizio. Comprendi, dunque, quello che in maniera lampante ti ho messo sotto gli occhi?»
6. Risponde Nicodemo: «Sì, sì, scorgo solo a metà il senso delle Tue parole estremamente mistiche. Però queste mi sembrano ancora campate in aria, finché non si presenterà qui il Figlio dell’uomo, che Tu collochi tanto in alto e nel Quale alberga, in tutta la sua pienezza, la divina Sapienza e finché Tu non potrai o vorrai precisare quando e dove Egli verrà.
7. Ugualmente molto enigmatiche mi sembrano le Tue parole concernenti il Giudizio, che Tu fai consistere solo nella mancanza di fede! Se il Giudizio non consiste né in diluvi, né in guerre, né in pestilenze e meno ancora in fuochi divoranti, ma unicamente nell’incredulità in se stessa, devo apertamente confessarTi, caro Maestro, che ancora non riesco a penetrare il senso delle Tue parole! Infatti chi da un dialogo non riesce ad afferrare almeno uno o due concetti, è come se non avesse compreso l’intero discorso. Cos’è, in realtà, questo Tuo “Giudizio”? Qual è il nuovo significato che Tu associ a questo concetto?»
8. Io gli rispondo: «Amico Mio, a questo punto, devo farti osservare che Mi diventa difficile comprendere come tu non sia in grado di cogliere il senso del Mio discorso, che è pure molto chiaro! Non comprendi ancora il significato della parola “Giudizio”; eppure Io ne ho data una chiara spiegazione».
(V.19) «Ora questo è il Giudizio: la Luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più della Luce, poiché le loro opere erano e sono malvagie».
9. (Continua il Signore:) «Ecco, il Giudizio è questo: sebbene la Luce di Dio sia stata inviata dai Cieli nel mondo, gli uomini, tratti fuori dalle tenebre e posti nella Luce, dimostrano tuttavia di amare molto di più l’oscurità, in cui erano avvolti, che non la Luce divina che sfolgora davanti ai loro occhi! Che gli uomini disprezzino la Luce, lo si può vedere dalle loro opere, che sono assolutamente malvagie!
10. Dov’è la primitiva fede totale? Dov’è il sincero timore di Dio? Chi ama il suo prossimo se non colui che sa di poterne trarre un personale vantaggio? Dove sono quelli che amavano le proprie mogli, avendo di mira l’azione vivificante della fecondazione? È la lussuria che li spinge ad amare le giovani prostitute e la loro opera è solo fornicazione: questo è il più grande dei mali! Ora, quale ladro ruba apertamente, servendosi di una luce?».
(V.20) «Infatti, chiunque fa cose malvagie odia la Luce e non viene alla Luce, affinché le sue male opere non vengano punite».
11. (Continua il Signore:) «Vedi, coloro che pensano ed agiscono così, sono quelli stessi che poi operano anche malvagiamente, e chiunque si compiace di tali cose e agisce di conseguenza, è nemico della Luce. Egli la odia e farà di tutto perché non si faccia Luce intorno a sé. Infatti, poiché le sue perfide opere non sono tollerate dalla Luce, anzi sono da questa giudicate, egli non vuole che esse appaiano in tutta la loro oscenità e che vengano quindi condannate!
12. In questo consiste realmente il Giudizio; invece, ciò che tu intendi per Giudizio, è la punizione che consegue al Giudizio.
13. Dunque, se tu ami camminare di notte, la tua anima è già stata giudicata; infatti tu preferisci la notte al giorno. Invece, e questa ne è la conseguenza, se tu inciampi con facilità e ti fai male, oppure cadi addirittura in una fossa, allora l’urto o la caduta non è più il Giudizio, ma la conseguenza del Giudizio, che grava su di te avendo amato la notte ed odiato il giorno!»
(V.21) «Ma colui che fa opere di verità, viene alla Luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio!»
14. (Continua il Signore:) «Ma se tu sei invece amico del giorno, della Luce e della Verità da Dio, allora agirai in conformità a questa e desidererai ardentemente che le tue opere vengano alla Luce e siano manifestate a tutti. E poiché sai che le tue opere, fondate nella Luce della divina Verità, sono buone e giuste e meritano, quindi, di essere apertamente lodate e ricompensate!
15. Dunque, chi è amico della Luce, non camminerà di notte ma di giorno, e riconoscerà subito la Luce, perché procede dalla Luce. Tale Luce è chiamata fede del cuore.
16. Chi crede quindi nel Figlio dell’uomo e crede che Egli sia una Luce che arriva da Dio, egli ha già in sé la Vita, ma chi non crede ha già in sé il Giudizio, che è appunto la mancanza della stessa fede.
17. Posso adesso ritenere che tu mi abbia ben compreso?».
Nicodemo non riesce ancora a discernere il divino Figlio dell’uomo. Il Signore lo manda da Giovanni. Finalmente si fa luce nel cuore di Nicodemo. «Segui gli impulsi del tuo cuore!». La potenza dell’Amore. Il Signore chiede un favore a Nicodemo. La sua dichiarazione d’amore agli ancora sconosciuti.
1. Dice Nicodemo: «Ormai mi è tutto chiaro, salvo una cosa: questo straordinario Figlio dell’uomo, senza il Quale tutte le Tue parole più sagge e le Tue più sublimi spiegazioni rimangono senza fondamento e si riducono a nulla! A che mi giova la fede o la perfetta e tenace volontà di credere nel Figlio dell’uomo, se Questi non si trova qui? Dall’aria o da una semplice idea non si può far sorgere un Figlio dell’uomo. Dimmi, dunque, dove posso trovare questo eterno Figlio di Dio e rassicurati, io Gli andrò incontro con la più ferma e sincera fede!»
2. Io gli dico: «Se non avessi intravisto in te questa fede, tu non avresti appreso da Me tale Dottrina! Ma tu sei venuto di notte e non di giorno, nonostante tu abbia visto e sentito dei Miei atti! E poiché sei venuto nelle ore della notte terrena, che corrisponde allo stato tenebroso della tua anima, è comprensibile che tu non comprenda ancora chiaramente le Mie parole sul “Figlio dell’uomo”!
3. Io ti dico che chi cerca il Figlio dell’uomo di notte, non potrà trovarLo così facilmente, poiché evita di cercarLo apertamente di giorno, temendo di essere screditato dagli altri. E tu, che sei uno dei più saggi ebrei, devi ben conoscere che la notte, qualunque essa sia, non si presta a cercare e a trovare qualcosa. Chi dunque si propone di cercare il Figlio dell’uomo, deve cercarLo di giorno e non di notte, allora Lo troverà molto facilmente.
4. Ora voglio dirti quest’altra cosa: “Vai da Giovanni, che, in questo momento, a causa dell’acqua, si trova in Enon presso Salim dove sta battezzando. Egli ti dirà se l’Unigenito Figlio di Dio è già qui o no! Là tu imparerai a conoscerLo!”»
5. Risponde Nicodemo: «Ah, caro Maestro, questo è molto difficile! Infatti io sono ogni giorno oberato dagli obblighi che la mia carica mi impone, dai quali non posso esimermi così facilmente! Pensa che nella città e nei suoi dintorni vivono, compresi gli stranieri, oltre ottocentomila persone alle quali sono preposto e le preoccupazioni che ne derivano sono molte e gravi. Inoltre, pure gli affari del Tempio richiedono giornalmente la mia attenzione e neppure questi posso trascurare. Quindi, se una simile grazia non può essermi concessa qui in Gerusalemme, dovrò rinunciarvi a malincuore! Infatti, per fare quello che Tu mi consigli, mi sono necessari tre giorni interi, che equivalgono a tre anni di assenza di un’altra persona!
6. Perciò perdonami se non sono in grado di seguire il Tuo consiglio. Però ogni volta che Tu vorrai venire a Gerusalemme con i Tuoi discepoli, la mia dimora vi sarà sempre aperta e troverete incessantemente in me un amico sincero ed un protettore. La mia casa, che è abbastanza grande per ospitare diecimila persone, è situata sulla piazza di Davide, all’interno della porta di Salomone, detta anche la “Porta d’oro”. Se Tu ne hai bisogno, essa Ti verrà messa a disposizione. Tutto ciò che è in mio potere, lo troverai sempre al Tuo servizio! Chiedimi qualunque cosa sia necessaria a Te ed io Te la offrirò!
7. Vedi, in me si è operato un grande tumulto! Io sento, caro Maestro, di amarTi più di quanto abbia finora amato qualunque cosa cara e questo stesso amore mi suggerisce, in qualche modo, che sei proprio Tu la Persona per la quale volevi indirizzarmi a Giovanni in Enon! E anche se il cuore mi tradisce, resta pur vero che io Ti amo con tutto il cuore, avendoTi riconosciuto quale grande Maestro della vera divina Sapienza. Infatti, sebbene le Tue opere, mai compiute da nessuno prima di Te, mi abbiano profondamente colpito e meravigliato, tuttavia è stata la Tua sublime Sapienza che ha risvegliato e infiammato il mio cuore. Caro Maestro, io Ti amo! Oh, dimmi, dimmi se il mio cuore Ti ha giudicato rettamente!»
8. Io rispondo: «Amico Mio! Pazienta ancora un po’ e tutto ti sarà chiarito. Fra breve ritornerò da te e sarò tuo ospite, allora potrai apprendere tutto.
9. Però segui sempre gli impulsi del cuore, poiché Io ti dico che questo, in un momento, ti rivelerà di più dei cinque libri di Mosè e di quanto abbiano mai rivelato tutti i Profeti! Vedi, non vi è nulla di vero nell’uomo fuorché l’Amore! Quindi attieniti ad esso e tu camminerai di giorno! Ora parliamo d’altro!
10. È giunto il tempo che Io Mi rechi in Giudea, per annunciarvi il Regno di Dio. Questo paese però è sottoposto alla tua autorità, perciò ti chiedo di rilasciarMi un passaporto, come si usa tra gli ebrei, secondo le leggi di Roma. Questo, non per Me, ma per i Miei discepoli, affinché non incontrino ostacoli presso gli uffici delle dogane e delle tasse! È vero, i figli sono liberi, ma è necessario che siano legittimati come tali. Certamente, Mi sarebbe facile penetrare dappertutto, incontrastato, anche con delle legioni, ma Io non voglio essere causa di scandalo a nessuno e Mi sottopongo quindi alla legge di Roma. Abbi dunque la bontà di procurarMi il salvacondotto che ti ho chiesto»
11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, Tu lo avrai subito, io stesso lo scriverò e Te lo darò tra breve, dato che da qui a casa mia non c’è molta strada».
12. Nicodemo si reca quindi in fretta a casa sua e in meno di mezz’ora Mi consegna il documento richiesto. Quando fummo in possesso del lasciapassare, scritto su pergamena, Io benedissi nel Mio cuore l’onesto Nicodemo, che, commosso fino alle lacrime, ci salutò, pregandoMi nuovamente di approfittare della sua ospitalità qualora avessi fatto ritorno a Gerusalemme. Io glielo promisi, pregandolo di mantenere puro il Tempio. Egli Me lo promise. Fattosi mattina, ci congedammo da lui.
L’operato del Signore in Giudea. Il battesimo d’acqua e di fuoco.
La Dottrina dell’Amore e la testimonianza di opere di bene che l’accompagna.
Una cosa soltanto è necessaria. Discussione dei discepoli sul vero battesimo.
«Sei Tu Colui?». Risposta del Signore.
(Giov.3,22-26)
(V.22) Dopo queste cose, Gesù e i Suoi discepoli vennero nel territorio della Giudea e dimorò qui con loro e battezzava.
1. Appena si fece giorno, ci ponemmo in cammino ed entrammo in Giudea, provincia sottoposta a Gerusalemme, che si estendeva tutt’intorno a questa città, come al giorno d’oggi da voi un distretto intorno al rispettivo capoluogo. L’intera Giudea era assai facile da percorrere in pochissimi giorni.
2. Ci si chiederà cosa feci Io in questa provincia? Secondo il versetto del Vangelo, Io dimorai qui con loro e battezzavo. Però, a chi si riferisce la parola “loro” e in che cosa consiste la Mia dimora con loro? Con la parola “loro” sono in primo luogo designati i discepoli, il cui numero, in Gerusalemme, era aumentato di molto, poi, tutti gli altri che devotamente ascoltavano la Mia Parola.
3. Coloro che accettavano con piena fede la Mia Dottrina, venivano battezzati da Me esteriormente e pubblicamente con l’acqua, interiormente e segretamente invece con lo Spirito del Mio eterno Amore e della Mia eterna Sapienza, così ottenevano il potere di chiamarsi “figli di Dio”. Queste furono, dunque, le Mie opere durante la Mia dimora in quel luogo. Quanto insegnai e in particolare ciò che feci in Giudea, è indicato parzialmente dagli altri tre evangelisti e non è necessario citarlo qui. La Mia predicazione consisteva essenzialmente nel porre in chiara luce le gravi colpe di cui si erano macchiati, fino a quel momento, gli ebrei e i farisei e nell’esaltare l’amore per Dio e per il prossimo.
4. Io descrissi tutte le mancanze, esortai inoltre i peccatori a fare vera penitenza, ammonii tutti quelli che accettavano la Mia Dottrina a guardarsi dal far ritorno all’antico “lievito dei farisei” e, per esercitare, in quei tempi materialissimi, una benefica influenza, nonché per fortificarli nei Miei soavissimi insegnamenti, operai molti miracoli, risanai molti ammalati, liberai gli ossessi dagli spiriti impuri e trassi a Me nuovi discepoli.
(V.23) Ora Giovanni battezzava anch’egli in Enon vicino a Salim, poiché qui vi erano acque in abbondanza e la gente veniva ed era battezzata. V.24. Perché Giovanni non era ancora stato messo in prigione.
5. Durante la Mia peregrinazione in Giudea, Mi spinsi anche nelle vicinanze del piccolo deserto di Enon presso Salim, dove Giovanni battezzava, poiché qui vi era acqua a sufficienza, mentre a Bethabara il Giordano ne conteneva molto poca ed anche torbida, puzzolente e brulicante di vermi. Per questo motivo Giovanni si era trasferito a Enon e teneva in questo luogo le sue dure prediche, battezzando coloro che accoglievano la sua dottrina e che facevano penitenza.
6. Ora, tra queste persone c’ero anch’Io, e quelli che avevano già accettato i Miei insegnamenti, senza essere stati prima battezzati da Giovanni. Perciò questi Mi chiesero se era necessario accostarsi al battesimo di Giovanni, e Io risposi loro: «Una cosa soltanto è veramente necessaria, ed essa è che voi mettiate davvero in pratica la Mia Dottrina! Però, finché Giovanni potrà compiere liberamente la sua missione, ne trarrà dei vantaggi chi volesse prima purificarsi ricorrendo a lui». Udendo ciò molti si recarono da Giovanni per essere battezzati.
(V.25) Sorse allora una discussione da parte dei discepoli di Giovanni con i giudei (che si erano recati là) riguardo alla purificazione (cioè riguardo al Mio battesimo d’acqua che Io impartivo in apparente contraddizione con la testimonianza di Giovanni).
7. Allora sorse subito una discussione riguardo alla purificazione di Giovanni e al battesimo che Io impartivo, perché i discepoli di Giovanni non comprendevano come anch’Io battezzassi con acqua, quando invece, secondo la testimonianza del loro maestro, non avrei dovuto battezzare con acqua, ma con lo Spirito Santo. Molti tra i giudei, che Mi avevano seguito quali Miei discepoli, sostenevano che solo il Mio era vero battesimo, in quanto, benché Io battezzassi con l’acqua come Giovanni, solo il Mio battesimo aveva valore, poiché battezzavo non solo con l’acqua naturale, ma nello stesso tempo anche con l’acqua dello Spirito di Dio, che concedeva ai battezzati l’evidente potere di essere chiamati figli di Dio.
(V.26) E vennero a Giovanni e gli dissero: «Maestro! Ecco, Colui che era con te lungo il Giordano, al Quale tu rendesti testimonianza (che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo), battezza (anch’Egli ora con acqua) e tutti vengono a Lui!».
8. A seguito di tale discussione, i discepoli del Battista, insieme ai giudei, si presentarono a Giovanni dicendo: «Ascolta Maestro! L’Uomo che era con te di là del Giordano e del Quale tu testimoniasti che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo, si trova qui nei dintorni e come te battezza con acqua! Come spieghi ciò? È questi Colui al quale rendesti la grande testimonianza?»
9. Giovanni rispose: «Andate a trovarLo e chiedeteGli: “Sei Tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Poi ricordate quello che vi dirà e riferitemelo! Subito dopo potrò darvi un sicuro parere».
10. Quindi, molti fra i discepoli di Giovanni vengono da Me e Mi espongono la questione, così come Giovanni aveva loro suggerito. Io rispondo, com’è noto, di riferire a Giovanni quanto essi vedono, cioè che i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i sordi odono e come il Vangelo del Regno di Dio viene predicato ai poveri! E felice chi non si scandalizza di Me! Così i discepoli ritornano di nuovo a Giovanni e gli raccontano quello che hanno visto ed udito.
Ultima chiarissima, grandissima testimonianza resa al Signore da Giovanni
Battista. Chi sia la Sposa e chi è lo Sposo. Umiltà di Giovanni. Il mistero di Dio, quale Padre e Figlio. Condizione per la vita eterna: la fede nel Figlio.
(Giov.3, 27-36)
(V.27) Giovanni rispose e disse: «Un uomo non può ricevere nulla, se non gli è dato dal Cielo».
1. Giovanni riflette un momento, poi dice ai suoi discepoli: «Udite, questa è la mia opinione: “Un uomo non può prendere nulla, soprattutto le cose dello spirito, se ciò non gli viene dato prima dai Cieli!”. Ora, quando mi trovavo al di là del Giordano, l’Essere straordinario che venne da me per essere battezzato, sul Quale vidi lo Spirito di Dio, sotto forma di una splendente nuvoletta, scendere dolcemente dal Cielo come una colomba che si posa sul nido, non avrebbe potuto, come semplice uomo, avere quello che Egli ha come già testimoniai! Però Egli è più che un semplice uomo e sembra che abbia in sé anche la facoltà di ricevere dal Cielo ciò che desidera, per custodirlo o darlo a chi Gli piaccia! Di conseguenza credo che quanto abbiamo, lo dobbiamo alla Sua Grazia e che risulta impossibile prescriverGli cosa debba fare, o come debba agire! Dunque Egli dona e noi riceviamo da Lui. Egli ha la ventola in mano e monderà interamente la Sua aia come desidera e raccoglierà il grano nel Suo granaio, brucerà invece la paglia con un fuoco inestinguibile e delle ceneri farà quello che Egli vuole!».
(V.28) Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: «Io non sono il Cristo, ma sono mandato prima di Lui».
2. (Continua Giovanni:) «Voi stessi mi siete testimoni di come, alla presenza dei sacerdoti e dei leviti che erano venuti a me da Gerusalemme, abbia detto che non sono il Cristo, ma uno che è mandato prima di Lui! Come potrei dunque giudicare quanto Egli fa, Egli, che tiene in mano la propria ventola? E se vuole mondare la propria aia come più Gli piace, non potremo dettarGli alcuna legge! Infatti se il campo (mondo) è Suo, sono Suoi anche il frumento (i figli di Dio) e la paglia (i figli del mondo o del demonio) e Suo è pure il granaio (il Cielo) e Suo il fuoco (l’Inferno) inestinguibile!»
(V.29) «Colui che ha la Sposa è lo Sposo (il Signore), ma l’amico dello Sposo, che è presente e L’ode, si rallegra enormemente della voce dello Sposo, perciò questa mia allegrezza è compiuta».
3. (Continua Giovanni:) «Colui che ha la Sposa (Sapienza dei Cieli), Costui è veramente uno Sposo, ma l’amico dello Sposo, che è presente e Lo ode, si rallegra enormemente udendo la Sua voce! Ecco, questa gioia è ora in me compiuta! Però, quando viene il Signore stesso, allora il compito del messaggero finisce! Infatti il messaggero non ha altro da fare che annunciare la Venuta del Signore; una volta che Questi è giunto, il messaggero si ritira, poiché non ha più alcuna funzione!».
(V.30) «Conviene che Egli cresca e che io diminuisca».
4. (Continua Giovanni:) «Conviene quindi che io diminuisca, mentre Egli, come Signore, cresca presso gli uomini di questa Terra! Dal momento in cui venni a voi come messaggero, siete stati fino a questo momento miei discepoli; ora, chi di voi può affermare che me ne sia gloriato? Ho sempre riservato la dovuta gloria a Chi spetta. E quando affermai che non ero degno di sciogliere i legacci delle Sue scarpe, non intesi elevarmi, ma tributarGli soltanto la gloria e l’onore che la cecità umana voleva rendere a me. Quindi, nuovamente vi dico che la mia missione è ormai compiuta! Infatti, come dissi, se il Signore viene, il precursore non ha più alcuna funzione ed è necessario che il messaggero (la carne) diminuisca ed Egli, come Signore (lo Spirito), cresca al di sopra di ogni carne! Grandissima quindi è la differenza tra il messaggero e Colui che, per autonoma ed assoluta Potenza, invia il messaggero dove Egli vuole».
(V.31) «Colui che viene dall’Alto è sopra tutti. Colui che viene dalla Terra è della Terra. Colui che viene dal Cielo è sopra tutti».
5. (Continua Giovanni:) «Colui che ha il potere di promulgare leggi domina e colui cui spetta obbedire è sottoposto. Nessuno però può ragionevolmente dominare se non è giunto dall’Alto. Chi, dunque, viene veramente dall’Alto, è sopra tutti. Chi invece proviene dalla Terra, non può assolutamente venire dall’Alto, ma solo dalla Terra. Chi viene dal Cielo è sopra a tutti, perché Egli è il Signore e può agire come vuole, quindi battezzare con acqua, con fuoco e con Spirito, poiché tutto Gli appartiene!
6. Io credo tuttavia che Egli stesso non battezzi con l’acqua, ma solo con il fuoco dello Spirito. Ma all’inizio i Suoi discepoli battezzeranno alla mia maniera gli uomini che non furono da me battezzati con l’acqua. Inoltre il battesimo d’acqua non giova a nulla, se a questo non segue il battesimo dello Spirito di Dio».
(V.32) «E testimonia ciò che egli ha visto ed udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza».
7. (Continua Giovanni:) «L’acqua non testimonia che dell’acqua e lava la pelle dal sudiciume della terra. Lo Spirito di Dio invece, con il quale solo il Signore può battezzare, poiché lo Spirito di Dio è il Suo Spirito, testimonia di Dio e di quello che solo Lui contempla ed apprende perpetuamente in Dio.
8. Ma purtroppo quasi nessuno ha accolto finora questa santa Testimonianza! Infatti il fango resta fango e non può comprendere lo Spirito, a meno che non sia purificato dal fuoco e si sublimi, trasformandosi in Spirito. Un fuoco puro annienta tutto fuorché lo Spirito, che di per sé è una fiamma potentissima. Eppure sono molti quelli che saranno distrutti dal battesimo spirituale del Signore e molti, ancora, quelli che per timore si rifiuteranno di accettarlo».
(V.33) «Colui che riceve la Sua testimonianza, suggella (in sé) che Dio è vero. (Naturalmente in Colui che Gli rese testimonianza mediante il battesimo con lo Spirito di Dio)».
9. (Continua Giovanni:) «Chi però accoglierà questo battesimo e con esso la santa Testimonianza, costui, dinanzi al mondo, suggellerà in sé che Colui che lo ha battezzato con lo Spirito è veramente Dio stesso e che solo Lui può dare la vita eterna. Ora vi chiederete: “Perché suggellare in sé la Testimonianza dei Cieli di Dio mediante Dio?”. Io ve l’ho già detto: “Il fango è e rimane fango, mentre lo Spirito rimane Spirito. Dunque, se succede che nella materia dell’uomo terreno, la cui origine è terra e fango, riesca ad insinuarsi lo Spirito, questo vi resterà forse se tale uomo non avrà cura di custodirlo gelosamente in sé, cioè nel suo cuore?”.
10. C’è forse una qualche misura secondo cui lo Spirito debba essere distribuito, affinché ognuno possa riconoscere quanta parte di Spirito abbia ricevuto? E poiché una tale misura non è definita, allora l’uomo terreno di fango tende a fissare, nel suo cuore, una misura per lo Spirito che riceve. E quando lo Spirito è penetrato e si è adagiato in stato di pace imperturbata, colmando così la nuova misura del cuore, l’uomo di fango può allora valutare la quantità di Spirito che egli ha ricevuto!
11. A cosa gioverebbe attingere acqua del mare, per versarla in una botte forata? Potreste forse misurare la quantità di acqua, che avete attinto dallo sconfinato mare? Se invece la botte è in buono stato, allora vi sarà possibile misurare quanta acqua avete versato dentro! Ora, l’acqua del mare è uguale ovunque, sia che sia molta, sia che sia poca; essa è sempre una sola. Così pure il mare è in ogni caso sempre mare e l’acqua attinta da un luogo qualsiasi è sempre la stessa, poca o molta che sia. Se ne conosce la misura solo dopo averla attinta».
(V.34) «Infatti, colui che Dio ha mandato esprime le parole di Dio. Dio però non dà il Suo Spirito (a Colui che è inviato da Lui) con misura (cioè come ad un uomo, ma in tutta la Sua pienezza)».
12. (Continua Giovanni:) «La stessa cosa avviene per Colui che è venuto da Dio per testimoniare di Dio e per far udire la pura Parola divina. È Lui stesso il mare senza fine (Spirito di Dio). Quando Egli dà a qualcuno il Suo Spirito, Egli non Lo concede in misura illimitata, perché questa esiste in tutta la pienezza infinita solo in Dio, ma Lo dà secondo la misura che è nell’uomo. E se l’uomo vuole conservare in sé lo Spirito ricevuto, allora deve badare che la sua misura non sia difettosa e tenuta aperta, ma che questa sia invece ben legata e suggellata.
13. Ora, Colui presso Cui voi eravate e a Cui avete chiesto se Egli fosse il Cristo, anche se esteriormente è un Figlio dell’uomo, ha ricevuto fin dall’eternità lo Spirito di Dio non in misura umana, ma nella stessa infinita misura di Dio, perché in Se stesso Egli è lo sconfinato mare dello Spirito di Dio! Il Suo Amore è dall’eternità Suo Padre, il Quale non è fuori del visibile Figlio dell’uomo, ma è in Lui stesso. Questi è il Fuoco, la Fiamma e la Luce nel Padre e dal Padre fin dall’eternità».
(V.35) «Il Padre ama il Figlio e Gli ha dato ogni cosa in mano».
14. (Continua Giovanni:) «Ma questo caro Padre vuole bene moltissimo al Suo eterno Figlio, ed ogni Potenza ed ogni Potere sono nelle mani del Figlio, e tutto quello che noi abbiamo, in giusta misura, lo abbiamo attinto dalla Sua smisurata Pienezza. Egli stesso dalla Sua propria Parola è ora fra noi un Uomo nella carne, e la Sua Parola è Dio, Spirito e Carne, quella Carne che noi chiamiamo “Figlio”. Ma il Figlio è dunque anche in Se stesso la Vita di ogni vita eternamente”.
(V.36.) «Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi non crede al Figlio non vedrà la vita, ma l’Ira di Dio rimane su di lui!»
15. (Continua Giovanni:) «Chi accoglie quindi il Figlio e crede in Lui, ha già in sé la vita eterna. Infatti, come Dio in ogni Sua parola è Vita perfettissima ed eterna, anche in ogni uomo, che accoglie e conserva in sé la Sua vivificante Parola, Egli rimane tale. Al contrario, chi non accoglie la Parola di Dio dalla bocca del Figlio e quindi non crede in Lui, non solo non può e non otterrà la Vita, ma non potrà né vederla né percepirla in sé. L’Ira di Dio, cioè il Giudizio delle cose, che non hanno altra vita se non quella vincolata alla legge immutabile del dovere assoluto, rimarrà invece sopra di lui, fino a quando non crederà nel Figlio.
16. Io, Giovanni, vi ho detto tali cose e ho dato a tutti voi una testimonianza decisamente valida. Con le mie mani vi ho purificati dall’immondizia terrena! Ora, andate da Lui ed accogliete la Sua Parola, affinché pure voi possiate essere resi partecipi del battesimo del Suo Spirito, poiché senza questo ogni mia fatica sarà stata vana! Io stesso vorrei andare da Lui! Egli però non vuole che ciò avvenga e rivela al mio spirito dove devo rimanere, poiché spiritualmente ho già ricevuto ciò che ancora a voi manca».
17. Questa è l’ultima grande testimonianza che Giovanni il Battista Mi rese, la quale non ha bisogno di essere chiarita ulteriormente, perché si spiega molto bene in sé e da sé.
18. Il motivo per cui queste cose non sono scritte nel Vangelo è sempre lo stesso. In primo luogo, il modo di scrivere di quell’epoca era tale che non ammetteva molti dettagli, quindi si prendeva nota solo dei punti più salienti dell’oggetto o dell’avvenimento che si doveva narrare, mentre il resto, cioè quello che uno spirito attento poteva da se stesso facilmente intuire, veniva tralasciato. In secondo luogo, si evitava in tal modo che la parte santa e vivificante della Parola venisse contaminata e profanata. Quindi ogni singolo versetto è un seme rivestito di un solido involucro, in cui giace nascosto il germe di una Vita senza fine e di una illimitata traboccante Sapienza.
SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – CAP. 4
Conversione dei samaritani – Guarigione del figlio del re
Le Grazie operate dal Signore a favore di coloro che credevano in Lui aumentano il numero dei Suoi seguaci – Origine di falsi Vangeli
Gelosia dei templari e loro accanimento persecutorio – Il Signore attraverso la Samaria passa in Galilea – Carattere dei samaritani
A Sichar – Il Signore e i Suoi fanno sosta al pozzo di Giacobbe
(Giov.4,1-6)
(V.1) Quando dunque il Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesù faceva e battezzava più discepoli che Giovanni.
(V.2) Sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava, ma solo i Suoi discepoli.
(V.3) Lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea.
1. Subito dopo le parole di Giovanni, i suoi discepoli si unirono a Me, così il numero dei Miei discepoli aumentava di giorno in giorno, anzi a volte di ora in ora. Infatti quelli che cominciavano ad avere fede in Me, si presentavano dapprima ai Miei primi discepoli, per essere battezzati da questi con acqua, poi, secondo la misura della loro fede, Io imponevo loro le mani. Venivano tanto incoraggiati e fortificati nello spirito che in loro il timore della morte del corpo svaniva.
2. Molti vennero a conoscenza di questi fatti e ne parlarono dovunque avessero avuto l’occasione di andare, anche se glielo avevo proibito. Perciò la fama delle Mie opere venne divulgata prestissimo in tutta la Giudea e, molto spesso, perfino corredata di aggiunte e di esagerazioni. Di conseguenza i giudei, costantemente ansiosi di vedere miracoli, furono sempre più spinti a venirMi dietro, anzi, molti di loro decisero di rimanere con Me.
3. Ciò aveva anche l’inevitabile, incresciosa conseguenza che le Mie opere, corredate di aggiunte ed esagerazioni, erano giunte alle orecchie molto suscettibili dei farisei. Tra le voci che correvano ce n’erano alcune così strane, che perfino alcuni romani cominciarono a pensare che Io dovevo essere o Giove in persona, oppure un Suo figlio.
4. Anche i romani inviarono i loro emissari, ma non trovarono quello per cui erano stati mandati. Abitualmente, in casi simili, Io Mi astenevo dall’operare miracoli, affinché quel popolo, immerso nella superstizione, non vi sprofondasse più di quanto già lo fosse.
5. In seguito, da queste esagerazioni sorsero un gran numero di falsi Vangeli, che dovevano poi deturpare il vero.
6. Ora, i farisei, questi malvagi, tristi e gelosissimi signori del Tempio e delle Scritture, consigliandosi tra loro, deliberarono se fosse stato il caso di convincere Me e Giovanni il Battista a desistere dal nostro operare o mandandoci all’altro mondo in maniera innocente o, in ogni caso, procurarci per il resto dei nostri giorni un alloggio, situato in buona posizione, ma alquanto sottoterra, come più tardi ottennero da Erode che fosse trattato Giovanni (il Battista).
7. Che tali loro nobili sentimenti non Mi fossero sconosciuti, è cosa che certamente non ha bisogno di alcun’altra dimostrazione. Infatti, volendo evitare litigi ed altri spettacoli disgustosi, non Mi restava che abbandonare l’oscurantista e ultramondana Giudea e recarMi in Galilea, paese animato da sentimenti un po’ più liberali.
(V.4) Egli doveva però attraversare la Samaria.
8. Però non era consigliabile passare subito in Galilea, ma la cosa migliore era andarci attraversando la Samaria, che da lungo tempo si era sottratta, con l’aiuto dei Romani, al dominio del Tempio (e questo tipo di attività era facile e desiderabile per i Romani il cui motto comunque era di dividere tutti i paesi per poterli dominare più facilmente).
9. Quindi, agli occhi della casta sacerdotale di Gerusalemme, il popolo samaritano era il più spregevole e sacrilego della Terra. D’altra parte presso i samaritani i sacerdoti erano tenuti così poco in considerazione, che per questi l’appellativo di sacerdote del Tempio corrispondeva alla più degradante qualifica. Se ad esempio succedeva che un samaritano, in un momento di ingiustificata esaltazione, avesse chiamato qualcuno con il titolo di fariseo, la persona così offesa faceva citare il diffamatore in giudizio e non di rado questi scontava la sua insensatezza pagando una rilevante ammenda in denaro e passando anche un anno in prigione. Appare dunque molto naturale che, sotto tali auspici, non era per niente conveniente ad un fariseo o ad un sacerdote della stessa risma porre piede in Samaria. Questo fatto, invece, tornava conveniente sia a Me che a quelli che Mi seguivano, perché in Samaria eravamo al sicuro dalla feroce persecuzione degli ebrei del Tempio.
(V.5) Venne dunque ad una città del paese di Samaria, detta Sichar, che è vicina al podere che Giacobbe diede a Giuseppe, suo figlio.
10. La via che attraversava la Samaria conduceva anche a Sichar, città situata nei pressi dell’antichissimo villaggio che Giacobbe, come dono natalizio, aveva donato insieme ai rispettivi abitanti, in prevalenza pastori, a suo figlio Giuseppe. Questo era tutto ciò che Giacobbe aveva ricevuto in dote al tempo delle sue nozze con Rachele. Sichar non era il capoluogo di provincia, tuttavia vi soggiornavano parecchi agiati samaritani ed alcuni ricchi romani, poiché la città si trovava in una regione molto piacevole dal clima tonificante.
(V.6) Ora qui c’era il pozzo di Giacobbe. E Gesù, affaticato dal cammino, sedeva presso il parapetto di pietra del pozzo. Era circa l’ora sesta.
11. Eravamo partiti dalla Giudea verso le quattro di mattina secondo l’attuale maniera di contare il tempo e, camminando velocemente senza sostare, giungemmo a mezzogiorno in punto, che corrisponde all’ora sesta di allora, al vecchio pozzo di Giacobbe. Precisamente quel vecchio pozzo si trovava di fronte al villaggio e ne distava appena circa quaranta passi in direzione di Sichar. L’acqua che ne sgorgava era di qualità eccellente, e il pozzo stesso era circondato da una balaustra di pietra leggiadramente lavorata allo scalpello, secondo l’antico uso; inoltre, vi erano piantati intorno alberi ombrosi.
12. Quel giorno di estate avanzata faceva molto caldo, tanto che il Mio corpo era molto stanco per il faticoso viaggio, così quelli che Mi avevano seguito dalla Giudea e ancora prima dalla Galilea, cercarono un luogo dove potersi ristorare dalla fatica di quel giorno. Alcuni cercarono ricovero nel piccolo villaggio, altri preferirono adagiarsi all’ombra dei folti alberi che si trovavano là.
13. Perfino i Miei primi discepoli, come Pietro, il Mio Giovanni l’evangelista, Andrea, Tommaso, Filippo e Natanaele caddero, affranti dalla stanchezza, sui tratti di terreno ombreggiati e coperti di foltissima erba. Solo Io, anche se ero molto stanco, Mi accontentai di sederMi sulla balaustra di pietra del pozzo, sapendo in anticipo che, tra breve, avrei avuto in quel luogo una buona opportunità per impostare un propizio scambio d’idee con i samaritani che, essendo testardi per natura, erano d’altra parte abbastanza esenti da pregiudizi. Nel frattempo, poiché la sete cominciava fortemente a farsi sentire, attendevo che tornasse uno dei discepoli, andato in paese a procurarsi un recipiente per attingere l’acqua, ma sembrava che tardasse ad apparire.
Il Signore e la donna al pozzo di Giacobbe.
Insegnamenti del Signore sull’essenza della Sua Acqua vivificante.
(Giov.4,7-16)
(V.7) E una donna di Samaria (precisamente dalla città di Sichar; lei era nativa della capitale di questo paese) viene per attingere dell’acqua. Gesù le dice: «Donna! Dammi da bere!»
(V.8) Infatti i discepoli erano andati in città a comperare del cibo.
1. Mentre Io attendevo invano un vaso [d'acqua] dal villaggio, appare all'orizzonte, quasi fosse stata chiamata, una donna samaritana di Sichar, la quale, munita di una brocca, voleva attingere dell’acqua dal pozzo di Giacobbe, bevanda deliziosa e ristoratrice in una giornata eccessivamente calda come quella. La donna, che fino a quel momento non si era curata di Me, si china sul pozzo, vi cala il vaso legato ad una fune e lo ritrae pieno d’acqua. Allora le rivolgo subito la parola dicendole: «Donna! Ho molta sete, damMi da bere dalla tua brocca!»
(V.9) Ma la donna samaritana Gli dice: «Come mai Tu che sei giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? Infatti i giudei (orgogliosi) non hanno rapporti con noi (poveri) samaritani!»
2. La donna, meravigliata per aver riconosciuto in Me un giudeo, rimane perplessa per un po’, poi esclama: «Anche Tu sei uno di quelli che ho incontrato in città, e che mi hanno chiesto dove avrebbero potuto comperare da mangiare? Quelli erano dei giudei orgogliosi e, come lo dimostrano i Tuoi vestiti, sei senza dubbio anche Tu uno di loro! Io però sono una donna samaritana! Come puoi chiedermi di darTi da bere dell’acqua? Ah, è così! Quando il bisogno vi mette alle corde, voi, superbi giudei, non disdegnate di servirvi anche di una povera donna samaritana, ma per altre cose, non avete più né occhi né orecchie per noi! Ah, se potessi annegare con questa brocca d’acqua l’intera Giudea, allora Ti darei con tutto il cuore da bere, altrimenti preferirei vederTi morire di sete, piuttosto che porgerTi anche una sola goccia di quest’acqua!».
(V.10) Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice “DamMi da bere”, tu stessa Gliene avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato dell’acqua viva!»
3. Io le rispondo: «Tu parli così perché nei tuoi giudizi sei cieca. Ma se i tuoi occhi fossero aperti e illuminati e tu riconoscessi il dono di Dio e Colui che ti ha detto “Donna, damMi da bere!”, allora cadresti ai Suoi piedi e Lo pregheresti che Ti desse dell’acqua vera! Ed Egli ti darebbe da bere un’acqua viva! Io ti dico, com’è scritto in Isaia 44,3 e in Gioele 3,1, che chi crede nelle Mie parole, farà sgorgare dal suo corpo fiumi d’acqua vivificante».
(V.11) La donna Gli dice: «Signore! Tu non hai niente con cui attingere e il pozzo è profondo! Da dove prenderesti dunque quest’acqua viva?».
4. Dice la donna: «Tu sembri essere molto versato nelle Scritture! E se mi hai chiesto un sorso d’acqua dalla mia brocca, deduco che Tu non ne possiedi una con la quale attingere a questo pozzo, ed essendo esso molto profondo non puoi prendere l’acqua con le mani. Sono quindi molto curiosa di conoscere con quale mezzo intendi procurarTi dell’acqua da un luogo qualsiasi! (Oppure le Tue parole sono velate per coprire la Tua voglia di avere dei rapporti con Me? È vero, sono ancora abbastanza giovane e pure attraente, non avendo compiuto ancora trent’anni! D’altra parte un desiderio di questo tipo, da parte di un giudeo verso una spregevole samaritana, sarebbe un vero miracolo, poiché preferite gli animali ai samaritani! In verità, non riusciresti mai a persuadermi!)».
(V.12) «Sei Tu maggiore di Giacobbe, nostro padre, il quale ci diede questo pozzo e al quale egli stesso bevve insieme ai suoi figli e al suo bestiame?».
5. Domanda la donna: «Chi sei Tu e che cosa rappresenti per osare di parlarmi così? Sei forse più di Giacobbe nostro padre, che ci ha dato questo pozzo e vi ha bevuto lui, i suoi figli e il suo bestiame? Chi pretendi di essere? Tu hai capito che sono una povera donna, perché, se fossi ricca, non verrei con questo caldo soffocante ad attingere l’acqua per ristorarmi. Vorresti Tu, da giudeo, rendermi più misera di quanto sono? E per sapere quanto sia povera è sufficiente osservare le mie vesti, che bastano a stento a far sì che possa uscire di casa senza arrossire di vergogna! Come puoi esigere da me che io, una misera e povera donna, debba pregarTi di poterTi assecondare nelle Tue voglie, Tu che sei un superbo giudeo? Sarebbe orribile se le Tue parole mirassero a questo scopo! Tuttavia, non mi sembri nutrire simili propositi, perciò neanch’io ho parlato sul serio! Ma poiché sei Tu ad avere parlato per primo, spiegati più chiaramente e dimmi quello che intendi con la Tua acqua vivificante!».
(V.13) Gesù rispose e le disse: «Chiunque beve dell'acqua di questo pozzo, con il tempo avrà ancora sete».
6. Io le rispondo: «Ti ho già spiegato che, poiché sei cieca nei tuoi giudizi, è naturale che tu non possa comprenderMi. Vedi, prima ti ho detto che, chiunque crede alle Mie parole, farà scorrere dai suoi fianchi fiumi d’acqua vivificante! Ascolta, sono già trascorsi trent’anni da quando venni in questo mondo e non ho ancora toccato una donna; com’è possibile che, d’un tratto, Mi senta spinto a desiderarti? Oh, cieca ed insensata! Infatti anche se volessi avere una relazione con te, tu rimarresti nuovamente assetata e dovresti ancora bere per spegnere la tua sete; ma quando ti ho offerto dell’Acqua viva, era evidente che intendevo estinguere per sempre in te la sete della vita! Infatti, vedi, la Mia Parola e la Mia Dottrina sono una tale Acqua!»
(V.14) «Ma chi berrà dell’acqua che Io gli darò, non avrà mai più sete in eterno anzi, l’acqua che Io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna».
7. (Continua il Signore:) «Infatti chi beve l’acqua naturale di questo pozzo, come quella di qualsiasi altro, dopo un po’ ha di nuovo sete. Chi però beve (accoglie con fede nel suo cuore) l’Acqua spirituale (la Mia Dottrina), che solo Io posso dare, costui non avrà mai sete in eterno, poiché l’Acqua che Io do a qualcuno diviene in lui un pozzo, la cui acqua fluisce nella vita eterna.
8. Vedi, tu Mi ritieni un giudeo superbo ed orgoglioso, e vedi, Io sono mansueto in tutta la Mia Anima e compenetrato dalla più profonda umiltà. La Mia Acqua vivificante è infatti questa stessa umiltà, perciò chi non diventerà umile come Me, non avrà alcuna parte nel Regno di Dio, che è sceso ora qui sulla Terra.
9. Ugualmente l’Acqua vivificante, che ti ho offerto, rappresenta pure la conoscenza dell’Unico Vero Dio e della Vita eterna derivante da Lui. Quest’Acqua
scaturisce quindi da Dio, che è la Vita di ogni Vita e, quale Vita eterna, irrora l’uomo e lo trasforma in una fonte di vita inestinguibile, che da lui rifluisce in Dio e in Dio genera la stessa libera ed attiva Vita divina. Ecco, o donna, l’Acqua che Io ti porgo; come hai potuto comprenderMi così male?».
(V.15) La donna Gli disse: «Signore! Dammi di questa acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più ad attingere qui (cosa, d’altra parte, molto faticosa)!»
10. Risponde la donna: «Dammi dunque di quest’acqua, affinché non soffra più la sete e non debba percorrere fino a qui questa faticosa via, per poter attingere un po’ d’acqua da questo pozzo, poiché dimoro in periferia, dalla parte opposta della città, ed è necessario fare un bel tratto di strada per arrivare fin qui!».
(V.16) Gesù le disse: «Va’, chiama tuo marito, poi vieni qui (con lui)».
11. Io le faccio osservare: «O donna, tu sei anche corta d’intelletto, con te è difficile parlare, perché non hai la più pallida idea delle cose dello Spirito! Vattene dunque in città, chiama tuo marito e ritorna qui con lui, poiché gli voglio parlare. Egli certamente, Mi comprenderà meglio di te! O anche lui, come te, crede di poter estinguere la sete naturale del proprio corpo con l’Acqua spirituale dell’umiltà?».
Continuazione della scena al pozzo di Giacobbe. Discorso del Signore con la samaritana riguardo suo marito. La donna riconosce il Signore quale profeta e Gli chiede dove può adorare Dio affinché sia risanata. Sulla vera adorazione di Dio Padre in Spirito e Verità. Cenni di vita.
(Giov.4,17-24)
(V.17) La donna, rispondendo, Gli disse: «Io non ho marito». Gesù le disse: «Hai detto bene: “Non ho marito”».
1. La donna replica sdegnosamente: «Io non ho marito!». Al che sorridendo le rispondo: «Poche parole ma ben dette, questa volta hai detto davvero la verità».
(V.18) «Perché tu hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito! In questo tu hai detto la verità (così stanno le cose con te)!»
2. (Continua il Signore:) «Vedi, Mia cara, tu hai avuto già cinque mariti, ma poiché la tua natura non corrispondeva alla loro, essi si ammalarono in breve tempo e morirono; infatti, nessuno di loro durò più di un anno con te. Nel tuo corpo alberga un verme maligno e vorace e chi ti si accosta non può sottrarsi all’influenza di questo e ne viene ucciso. Ma, per tua e sua rovina, l’uomo, che ora è con te, non è tuo marito, ma il tuo amante! Sì, certamente, quello che hai appena detto corrisponde a verità».
(V.19) La donna Gli dice: «Signore, io vedo che tu sei profeta!»
3. Udendo questo, un senso di timore invade la donna, che, non volendo tradirsi, riflettendo un po’, Mi dice: «Signore, io vedo che Tu sei Profeta! E poiché conosci tutto ciò, saprai anche cosa potrebbe essermi di aiuto!»
(V.20) «I nostri padri hanno adorato Dio su questo monte (Garizim), e voi dite che a Gerusalemme c’è il luogo dove conviene adorare Dio! (Quale di queste cose è valida innanzi a Dio?)».
4. (Continua la donna:) «Io so che, in simili casi, solo Dio può aiutare. Ma come e dove Lo si deve pregare? I nostri padri dicono che conviene adorarLo sul monte Garizim, dove lo hanno già adorato i primi patriarchi. Voi affermate, invece, che è Gerusalemme l’autentico luogo dove Lo si deve adorare! Ora, poiché evidentemente Tu sei un Profeta di Dio, dimmi, di grazia, dove Lo si deve adorare realmente? Infatti sono ancora giovane e tutti mi dicono che sono una donna bellissima, perciò sarebbe un’orribile cosa se il verme di cui parli dovesse rodermi il corpo, mentre sono ancora viva! O povera, misera me!».
(V.21) Gesù le dice: «Donna, crediMi, verrà l’ora (ed è già arrivata) che voi non adorerete il Padre né su questo monte, né a Gerusalemme!»
5. Io le rispondo: «Donna, Mi sono certamente noti sia la tua povertà che le tue necessità e so quanto sia ammalato il tuo corpo, però conosco anche com’è formato il tuo cuore che, pur non essendo uno dei migliori, non può neanche dirsi cattivo. Questa è la ragione per cui Mi sentii indotto a parlarti, poiché quando nel cuore si trova anche solo un po’ di bontà, allora vi è sempre la possibilità di essere aiutati! Tu sei su una via assolutamente falsa se dubiti dove si debba degnamente ed efficacemente adorare Dio!
6. Ascolta, te lo voglio dire: “CrediMi, viene il tempo, anzi è già venuto, in cui non adorerete il Padre né su questo monte né in Gerusalemme!”»
7. A queste Mie parole la donna, spaventata, esclama: «Guai a me, guai a tutto il popolo! Cosa sarà di noi? Forse anche noi abbiamo peccato orribilmente come i giudei? Ma perché Jehova non ci ha mandato alcun profeta per ammonirci? Vero, ora sei venuto Tu come Profeta, ma a che cosa giova, se come hai detto, non adoreremo più Dio né sul monte né in Gerusalemme? Non significa forse, come credo di leggere sul Tuo viso, divenuto d’improvviso minacciosamente serio, che Dio abbandonerà completamente il Suo vecchio popolo e stabilirà la Sua dimora presso un altro popolo? In quale posto della Terra avverrà ciò? Oh, dimmelo, affinché possa andare a fare vera penitenza e adorare Dio Padre, pregandoLo di aiutarmi nella mia miseria e di non abbandonare completamente il mio popolo!»
8. Io le rispondo: «AscoltaMi bene e cerca di comprendere quello che ti dico! Perché dubiti, dunque, e tremi? Credi che Dio, come avviene tra gli uomini, sia anch’Egli infedele e non mantenga le Sue promesse?».
(V.22). «Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei!».
9. (Continua il Signore:) «È vero, voi salite sul monte e là pregate ed adorate, ma non sapete cosa pregate e chi adorate. La stessa cosa succede a quelli che adorano a Gerusalemme. Essi si affannano per andare al Tempio e fanno orribili piagnistei, ma neanche loro sanno ciò che fanno e che cosa adorano!
10. Tuttavia, come Dio ha annunciato per bocca dei Profeti, la salvezza non viene da voi, ma dai giudei. Non hai che da leggere Isaia 2,3, dove troverai scritto ciò!»
11. Dice la donna: «Sì, lo so che è scritto che la legge uscirà da Sion e so pure che essa viene conservata nell’arca, allora perché dici: “Né sul monte né in Gerusalemme?”».
(V.23) «Ma l’ora viene, anzi è già venuta (davanti ai tuoi occhi), che i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre stesso richiede».
12. Io replico: «Non Mi hai ancora compreso. Ecco: Dio, il Padre eterno, non è né sul monte, né nel Tempio e tanto meno nell’arca! Per questa ragione ti dissi anche: “Viene il tempo, anzi esso è già qui davanti ai tuoi occhi, in cui i veri adoratori (alcuni dei quali li puoi vedere qui attorno a te che si riposano sotto gli alberi; altri ne hai visti in città dove si sono recati per comperare del cibo) adoreranno Dio Padre in Spirito e in Verità, perché il Padre stesso vuole che d’ora innanzi gli uomini Lo adorino così!”».
(V.24) «Dio è Spirito: perciò conviene che coloro che Lo adorano, Lo adorino in Spirito e Verità!»
13. (Continua il Signore:) «Infatti, Dio è Spirito, e quelli che Lo adorano Lo devono adorare in Spirito e Verità!
14. Per fare questo, non c’è bisogno né di un monte né di un Tempio qualsiasi, ma si richiede solo un cuore il più possibile puro, umile ed infiammato d’amore! Quando il cuore è veramente quello che deve essere, cioè l’urna in cui è conservato l’amore per Dio, la coppa colma di dolcezza ed umiltà, allora soltanto in quel cuore alberga la Verità in tutta la sua pienezza, e dove regna la Verità ci sono pure Luce e Libertà, poiché la luce della Verità rende libero ogni cuore. È dalla libertà del cuore che dipende poi la libertà di tutto l’uomo.
15. Quindi, chi ama Dio con un simile cuore, è un vero adoratore di Dio Padre e il Padre esaudirà sempre le sue preghiere, senza dare alcuna importanza al luogo, monte o Gerusalemme che sia, poiché ogni luogo della Terra Gli appartiene. Il Padre scruterà invece il cuore di ciascun uomo! Io credo che ora tu Mi abbia ben compreso».
La samaritana è disposta a dare da bere al Signore. Della sete spirituale del
Signore verso i cuori degli uomini. La virtù curativa dello Spirito nell’uomo che ha fede. Conversazioni sul Messia. Il Signore si rivela alla samaritana come Messia.
(Giov.4, 25-26)
1. Dice la donna: «Sì, Signore, ora ti sei espresso con più chiarezza! Ma dimmi: “Non hai più sete o non Ti senti di bere dalla brocca di una peccatrice?”»
2. Io rispondo: «Mia cara, non curarti di ciò, poiché tu Mi sei più preziosa che non la tua brocca e tutta la tua acqua! Quando poco fa ti chiesi dell’acqua, non volevo bere dalla tua brocca, ma dal tuo cuore, nel quale si trova un’acqua molto più preziosa di quella che si trova in questo pozzo e nella tua brocca. Con l’acqua del tuo cuore potrai guarire tutto il tuo corpo, perché ciò che in te Mi è gradito, avrà il potere di risanarti, purché tu abbia fede!»
3. Dice la donna: «Oh Signore, cosa devo fare perché quest’acqua scenda dal mio cuore sulle parti ammalate del mio corpo? Signore, perdonami se parlo così apertamente con Te, ma sono una donna miserabile e Tu sai che la miseria non conosce vergogna e che in se stessa non riconosce che se stessa e scioglie la lingua secondo la grandezza del bisogno. Se io non fossi tanto indegna, certamente Ti offrirei il mio cuore! Ma poiché sono così miseramente ammalata (oh, Mio Dio, Padre Santissimo, aiutami Tu!), non devo aggiungere ai miei numerosi peccati anche quello, forse più grave di tutti, di voler offrire il mio cuore impuro a Te, che sei purissimo!»
4. Io replico: «Mia cara donna, se prima ti ho chiesto dell’acqua, non è perché volevo che Mi offrissi il tuo cuore, poiché lo avevo già preso da Me stesso, però la tua offerta è sempre bene accetta, poiché anche il cuore dei samaritani Mi è gradito. E se tu Mi ami, fai bene, perché ti ho amata prima ancora che tu pensassi a Me!»
5. A queste Mie parole, la bella donna arrossisce e, alquanto imbarazzata, risponde: «Da quando mi conosci? Hai forse dimorato altre volte in questa città o in Samaria? Se è così, non ricordo di averTi mai visto! Oh, Te ne prego, dimmi dunque dove e quando Tu mi hai già vista!»
6. Io le rispondo: «Io non ti ho mai vista né qui né in Samaria né in nessun altro paese, eppure ti conosco già fin dalla tua nascita, anzi ancora da molto tempo prima. Io ti ho sempre amata come la Mia Vita! Cosa ne pensi ora? Sei contenta del Mio Amore? AscoltaMi ancora: tu avevi quasi dodici anni, quando un giorno cadesti in una cisterna; ebbene, fui Io a salvarti, anche se tu non hai visto la Mia Mano che ti trasse dal pericolo! Te ne ricordi?».
7. Udendo ciò, la donna, completamente turbata, non sa cosa rispondere; il suo cuore si infiamma enormemente e il suo amore aumenta visibilmente.
8. Dopo averla lasciata per un po’ immersa nei pensieri, suscitati dai nuovi sentimenti che le agitavano il cuore, le chiesi se sapesse qualcosa del Messia che doveva venire.
(V. 25) La donna Gli dice: «Io so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire! Quando verrà, ci annuncerà (ancora una volta) ogni cosa (che Tu ora mi hai detto)?».
9. La donna con le guance ancora arrossate e il petto ansimante per la commozione, risponde: «Signore, Tu sapientissimo Profeta di Dio, io so per certo che il Messia promesso deve venire e che sarà chiamato Cristo! Però, quando Egli verrà, potrà annunciarci più di quello che mi hai appena detto Tu ora? E chi ci dirà quando e da dove verrà il Messia? Può darsi che nella Tua profonda sapienza, Tu sia in grado di fornirmi notizie più precise sulla Sua venuta; infatti è da lungo tempo che Lo attendiamo e mai nessuno ci ha fatto capire qualcosa sul Suo conto! Tu appagheresti una delle mie più ardenti brame se mi facessi conoscere precisamente quando e dove verrà il Messia per redimere il Suo popolo dai Suoi tanti nemici! Oh se Tu lo sai, dimmelo! Forse anche il Messia avrebbe pietà di me e mi aiuterebbe, se Lo pregassi?».
(V.26) Gesù le dice: «Io, che ti parlo, sono proprio Quello!»
10. Io le rispondo brevemente con serietà, ma al tempo stesso con amore: «Io che ti parlo, sono proprio Quello!»
Il dialogo tra il Signore e la samaritana viene interrotto dal ritorno di alcuni discepoli.
La vera adorazione in Dio consiste nell’amore attivo.
Guarigione della samaritana.
La gioia della risanata e il suo zelante divulgare il Messia trovato.
La delegazione di sichariti dal Messia.
(Giov.4, 27-30)
(V.27) In quel momento arrivarono i Suoi discepoli (portando con sé le vivande che avevano comprato in città), e si meravigliarono che parlasse con la donna. Nessuno però Gli disse: «Cosa le domandi o perché parli con lei?».
1. La donna, nell’udire questa Mia esplicita dichiarazione, fu presa da grande timore, anche perché, in quel momento, erano tornati dalla città alcuni discepoli con le vivande acquistate, i quali, vedendoMi parlare con quella donna, ne erano rimasti enormemente stupefatti. Nessuno però si permise di chiedere né a Me, né alla donna cosa avessimo fatto o che cosa avessimo detto. Intanto, gli altri compagni di viaggio, come pure Maria Mia madre, anche lei presente, esausti dalla lunga e faticosa marcia, dormivano tanto profondamente che non era facile svegliarli. Nel contempo ritornò finalmente anche il discepolo che si era recato nel vicino villaggio in cerca di un vaso per attingere l’acqua. Non era però riuscito a trovarne uno. Egli si avvicinò a Me e scusandosi disse: «Signore, il piccolo villaggio conta circa una ventina di case ed esse sono tutte chiuse e nessuna ha dato segno di vita!»
2. Io però, confortandolo, gli feci osservare: «Non prendertela! Vedi, accadrà pure a tutti noi molto spesso e in molti modi in rapporto alle cose naturali, e particolarmente in rapporto a quelle spirituali, che noi, spinti dalla sete del nostro Amore, busseremo alle porte (ai cuori) degli uomini per chiedere un vaso con cui attingere l’acqua vivificante, ma troveremo i cuori chiusi e vuoti! Comprendi tu l’immagine?»
3. Il discepolo, commosso e colpito dalle Mie parole, risponde: «Signore, caro Maestro, purtroppo Ti ho ben capito! Ma se le cose stanno così, allora non concluderemo molto!»
4. Io gli dico: «Non ti confondere, fratello Mio! Osserva bene questa donna! In verità ti dico che è meglio ritrovare un’anima perduta che novantanove giusti, i quali ritengono di non avere bisogno di penitenza, visto che il sabato salgono regolarmente sul Garazim dove si illudono di servire Dio. Però già alla vigilia del sabato non lasciano fuori neppure un misero secchio, affinché di sabato non si possa attingere un solo sorso d’acqua per estinguere la sete, poiché, secondo l’idea di questi pretesi giusti, così facendo, quel giorno sarebbe profanato. Oh, quanto ciechi e stolti sono tali giusti! Guarda invece questa peccatrice, lei ci ha offerto la sua brocca e ci serve. DiteMi voi tutti, chi ritenete migliore, questa peccatrice o quei novantanove che santificano il sabato sul Garazim?»
5. La donna, sempre fortemente emozionata, umilmente dichiara: «Signore! O Figlio dell’Eterno! Ecco qui la mia brocca, tienila, la lascio al vostro servizio! In quanto a me, lasciate che ritorni subito in città, poiché noto che, con questa veste indegna, non mi è lecito rimanere qui con voi più a lungo!». Io le dico: «O donna, sii risanata, fai pure come ti sembra giusto!»
(V.28) La donna, dunque, lasciata la sua brocca, se ne andò in città e disse alla gente:
6. Piangendo di gioia, la donna abbandona la brocca e il pozzo e correndo si dirige in città, voltandosi di tanto in tanto verso di noi per salutarMi, poiché Mi ama intensamente. Arrivata in città tutta ansimante, incontra numerosi uomini che uniti in gruppo passeggiavano su e giù per un viale ombroso, com’era d’uso di sabato. Gli uomini, avendo notato che la donna, da loro ben conosciuta, correva, le chiesero scherzosamente: «Cosa succede? Dove vai di questo passo? Dov’è scoppiato il fuoco?». La donna allora si ferma, li guarda e, tra il serio e il lieto, dice loro: «Oh, miei cari signori, non scherzate, poiché questi tempi si sono fatti più seri di quanto li possiate ritenere!».
(V.29) «Venite a vedere un Uomo, che mi ha detto tutto ciò che ho fatto (seduto fuori al pozzo di Giacobbe), non è Costui il Cristo (il promesso Messia)?».
7. Alle parole della donna l’ansia e la curiosità traspaiono dalla faccia di quegli uomini che, interrompendola, chiedono: «Ebbene, dicci dunque cosa c’è di nuovo? Forse dei nemici si preparano ad entrare nel nostro paese? Oppure siamo minacciati da un’invasione di locuste?»
8. La donna, alla quale per la corsa fatta manca il fiato, mormora: «No, non è niente di tutto ciò! È una cosa ben più grande e decisamente molto più straordinaria! Ascoltatemi con calma!
9. Un’ora fa ero andata al pozzo di Giacobbe, per prendere dell’acqua per il pranzo, ed ecco che, giunta là, trovai un Uomo seduto sul parapetto del pozzo, che in un primo momento ritenni essere un giudeo! Disinteressandomi di Lui, dopo aver attinto l’acqua, quest’Uomo mi rivolse la parola chiedendomi di darGli da bere dalla mia brocca. Io, credendo che fosse giudeo, rifiutai.
10. Ma Egli non tacque, anzi riprese a parlare e mi disse cose tanto sagge da far supporre che fosse Elia in persona che parlava. Mi espose chiaramente tutte le cose che mi riguardano e tutto ciò che ho fatto finora. Infine Egli stesso fece cadere il discorso sul Messia e, quando Gli chiesi dove, come e quando sarebbe venuto il Messia, fissandomi con il suo serio ed amorevole sguardo e con voce che scosse le fibre più intime del mio essere, mi disse: “Io che ti parlo sono proprio Lui!”
11. Io però Lo avevo già pregato in precedenza, quando Egli mi aveva detto quanto io ero malata, se io non potessi ridiventare sana. Ed allora, per ultimo, mi disse: “Sii risanata!”. E vedete, il mio male uscì da me come un vento ed io ora sono completamente guarita!
12. Andate a vedere e voi stessi constaterete che è il Cristo, il Messia promesso! Da parte mia ritengo fermamente che Egli sia veramente il Messia, perché, anche se non si crede che Costui sia il Cristo, Egli produce dei segni talmente grandi, che lo stesso Cristo non ne potrebbe fare di più grandi! Andate dunque, e accertatelo voi stessi! Io invece corro a casa a mettere un vestito più decente, perché così vestita non potrei presentarmi davanti al Suo Cospetto e alla Sua Gloria! Infatti, anche se Egli non è il Cristo, sarà certamente molto di più di un profeta o di un re!»
13. Le rispondono quegli uomini: «Se le cose stanno come dici, è indubbio che i nostri tempi stiano assumendo un’importanza veramente eccezionale! Dobbiamo quindi accorrere numerosi ed avere cura che tra noi ci sia qualcuno che conosca a fondo le Scritture. Peccato però che oggi i nostri dottori si trovino tutti sul monte! Forse Egli si lascerà convincere a fermarsi alcuni giorni in mezzo a noi. In tal caso anch’essi avrebbero l’occasione di esaminarLo».
(V.30) Uscirono dunque dalla città e vennero a Lui.
14. Dopo tali ragionamenti, essi invitano molti altri a recarsi con loro al pozzo di Giacobbe. Così, in poco tempo, circa cento persone, tra uomini e donne, si mettono in cammino per andare a vedere il Messia.
Parole del Signore sul Suo vivificante cibo. La grande missione del raccolto.
Preghiera per ottenere più operai. La follia del sabato.
Come deve essere celebrato il sabato per piacere a Dio.
(Giov.4, 31-38)
(V.31) Nel frattempo i discepoli Lo pregavano dicendo: «Maestro mangia!»
1. Ora, mentre la numerosa schiera dei samaritani si era già posta in cammino e si dirigeva verso di noi, i Miei discepoli Mi esortavano a mangiare qualcosa prima del loro arrivo, perché sapevano già che quando delle persone venivano da Me, Io non mangiavo niente, ma loro Mi vedevano bene e temevano che potessi stancarMi e indebolirMi. Infatti, anche se erano convinti che Io ero il Cristo, tuttavia ritenevano che il Mio corpo fosse debole e fragile, perciò insistevano che Io mangiassi!
(V.32) Ma Egli dice loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete».
2. Io però, guardandoli con amore, dissi loro: «Miei cari amici, Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete!».
(V.33) Perciò i discepoli dicevano chiedendoselo l’un l’altro: «Forse qualcuno Gli ha portato da mangiare?».
3. I discepoli, allora, guardandosi l’un l’altro, si domandarono: «Chi può averGli portato da mangiare? Che tipo di cibo si è procurato? Certamente lo avrà già consumato! Eppure non se ne vede traccia visibile ed anche la brocca è tuttora piena d’acqua! D’altra parte, è stato perfino in grado di tramutare l’acqua in vino».
(V.34) Gesù dice loro: «(O non giudicate così assurdamente!) Il Mio cibo è che Io faccia la Volontà di Colui che Mi ha mandato e che Io adempia la Sua opera!»
4. Io dico loro: «O, non domandatevi così stupidamente cosa abbia o non abbia mangiato! Voi avete avuto modo molte volte di osservare che in vostra presenza non Mi sono mai fatto servire in maniera differente dagli altri. Ora però non voglio parlarvi del cibo del corpo, ma di un nutrimento molto più sublime e degno, un cibo spirituale, che consiste nel fare la Volontà di Colui che Mi ha mandato e di compiere la Sua straordinaria Opera! Colui che Mi ha mandato è il Padre, che dite essere il vostro Dio, ma che non avete mai conosciuto, mentre Io Lo conosco e adempio la Sua Parola. Questo è il Mio vero cibo, un cibo che voi non conoscete. Io vi dico: “Cibo non è solo il pane, ma ogni buona azione ed ogni retto lavoro, perché, sebbene questo non cibi il corpo, tuttavia alimenta e fortifica lo spirito!”».
(V.35) «Non dite forse che vi sono ancora quattro mesi fino alla mietitura? Ecco, Io vi dico: “Alzate i vostri occhi ed osservate i campi, come essi sono già biondi, pronti per la mietitura!”».
5. (Continua il Signore:) «Molti di voi possiedono nel loro paese dei campi, quindi dite: “Ancora quattro mesi ed arriverà il tempo della mietitura e dovremo ritornare ai nostri campi per il raccolto!”. Perciò anch’Io vi dico: “Alzate il vostro sguardo! Ecco, tutti i campi sono già biondi, pronti per la mietitura”. Io non Mi riferisco però ai campi terreni, ma all’immenso campo, che è il mondo intero, sul quale crescono gli uomini destinati, come il frumento divenuto maturo, ad essere raccolti nel granaio di Dio!»
(V.36) «Ora il mietitore riceve il premio e raccoglie il frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme!»
6. (Continua il Signore:) «Ed ecco, questo raccolto è un vero lavoro e questo lavoro un vero cibo, del quale sia Io che voi mangeremo in grande quantità. Colui che su questo campo si comporta da buon mietitore, raccoglierà il vero frutto in vita eterna, affinché, alla fine, chi ha seminato e colui che ha mietuto e raccolto, siano uniti da una stessa gioia!»
(V.37) «Poiché in questo è vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”».
7. (Continua il Signore:) «Infatti dopo il raccolto, seminatore e mietitore godranno del medesimo frutto e insieme mangeranno lo stesso pane della Vita, perché sarà pienamente vero il detto che dice: “Uno semina e l’altro raccoglie”. Ma entrambi vivranno del loro lavoro e si sazieranno dello stesso cibo!
8. Osservate la moltitudine venuta dalla città per contemplare in Me il Messia e guardate quante altre persone vengono dietro a quella! Ebbene, questi altro non sono che spighe completamente mature, le quali avrebbero dovuto essere mietute già da lungo tempo! È con grande gioia che dico: “Grande è il raccolto, ma pochi sono i mietitori. Pregate, dunque, il Signore dei raccolti, affinché mandi più mietitori sul Suo campo!”».
(V.38) «Io vi ho mandati a mietere ciò che non avete seminato; altri hanno seminato, e voi siete subentrati nel loro lavoro».
9. (Continua il Signore:) «Io vi ho accolti, ed accogliendovi vi ho delegati in spirito a mietere quello che non avete seminato; infatti altri hanno seminato, mentre voi solo ora subentrate nel loro lavoro e ve ne potete compiacere, felici oltre ogni limite! Infatti colui che semina è ancora molto lontano dal raccolto; invece colui che miete, miete nello stesso tempo il raccolto e ha già davanti a sé il nuovo pane della Vita! Siate, dunque, mietitori zelanti, perché la vostra fatica è più beata di quella del seminatore!».
10. La maggior parte dei discepoli aveva ben capito l’insegnamento e cominciò subito ad esporre ai samaritani la Mia Dottrina dell’amore di Dio e del prossimo e a spiegare come Io fossi veramente il Cristo.
11. Ma alcuni, non molti, che erano piuttosto lenti a comprendere la voce del cuore, si avvicinarono a Me e in segreto Mi chiesero: «Signore, dove prenderemo le falci che ci occorrono? Oggi, inoltre, è sabato!»
12. A queste parole Io replicai: «Ho forse voluto dire che dovevate mietere questi campi d’orzo naturali, che si stendono davanti ai nostri occhi? O stolti, fino a quando dovrò sopportavi? Non comprendete dunque ancora? Ascoltate allora quello che Io vi dirò e cercate di comprenderlo.
13. La Mia Parola del Regno di Dio – quella cioè che ho dato ai vostri cuori, affinché passi dalla vostra lingua nell’orecchio e nel cuore degli uomini, vostri fratelli – è appunto la falce spirituale che vi affido. Così attrezzati potrete mietere tra gli uomini e raccoglierli quindi nel Regno di Dio, che è il Regno della vera conoscenza di Dio e dell’eterna vita in Dio!
14. Certamente oggi è sabato, ma il vostro sabato è insensato e stolto come i vostri cuori, e voi ci tenete tanto, perché i vostri cuori appaiono duri ed oziosi come i sabati attuali. Però, poiché sono Signore anche del sabato, Io vi dico:
15. “Bandite al più presto questo sabato dal vostro cuore, se volete essere e rimanere veramente Miei discepoli! Per noi, qualunque giorno deve essere produttivo; e se il Signore del sabato lavora, perché dovrebbero starsene con le mani in mano i Suoi servitori?
16. Non sorge e non tramonta forse il sole di sabato, come negli altri giorni? E se il Signore del sole e del sabato volesse celebrare il sabato così come lo fate voi, diteMi, vi piacerebbe commemorarlo nell’oscurità più completa? Vedete, vedete quanto siete ancora stolti! Ravvedetevi dunque, e fate quello che Io e i vostri fratelli stiamo facendo. Solo allora potrete nominarvi celebratori del sabato e come tali Mi sarete graditi e le vostre opere saranno vivificanti”».
17. Fortificati dalle Mie parole, anche i discepoli più deboli, che nel frattempo si erano radunati, si avvicinarono ai samaritani ed cominciarono ad esporre loro quanto sapevano di Me.
Il Signore viene riconosciuto ed accolto con fede dai samaritani.
Scena tra i sichariti e la donna del pozzo di Giacobbe.
Suo discorso sulla vera onorificenza: l’amore al Signore.
(Giov.4, 39-42)
(V.39) Ora molti dei samaritani di quella città credettero in Lui, a motivo delle parole che la donna aveva attestato: «Egli mi ha detto tutte le cose che ho fatto».
1. Si andò avanti così fino a sera, e molti di quelli che erano venuti dalla città credettero in Me, soprattutto per la testimonianza della donna che, con ardenti parole, aveva raccontato ai concittadini come le avessi dimostrato di conoscere tutto ciò che lei aveva fatto e che le era accaduto fino a quel momento. Molti altri credettero, invece, grazie alla testimonianza che i discepoli davano di Me. Ma i samaritani, che si erano avvicinati a Me, acquistarono una fede talmente stabile da essere in grado di comprendere le Mie parole.
2. E tra essi quelli che conoscevano bene le Scritture dicevano: «Costui parla come Davide, che nei suoi Salmi dice: «Gli statuti del Signore sono giusti e rallegrano il cuore; i comandamenti del Signore sono puri ed illuminano gli occhi! Il timore del Signore è puro e rimane in eterno, i giudizi del Signore sono verità e sono tutti quanti giusti. Sono più desiderabili dell’oro, anzi più di una grande quantità d’oro finissimo e più dolci del miele, anzi di quello che stilla dai favi. Io prendo piacere nel fare la Tua Volontà, Signore, se la Tua Legge ce l’ho nel cuore. Io voglio predicare la Tua Giustizia nella grande comunità. Vedi, Signore, non voglio farmi tappare la bocca, Tu lo sai, Signore. Io non nascondo la Tua Giustizia nel mio cuore. Io narro la Tua Verità e la Tua Salvezza, non celo la Tua Benignità, né la Tua Verità nella grande comunità». Noi dunque sappiamo e la nostra testimonianza è pervasa di verità e di forza che Chi parla ed opera così come ha parlato ed agito Davide dinanzi al Signore ed in Suo Nome, è veramente il Messia promesso. Ora, dopo Davide, non c’è stato nessuno che abbia parlato ed agito così, se non Costui, quindi Egli è infallibilmente il Cristo, l’Unto del Signore fin dall’eternità. Noi dobbiamo pienamente accettarLo per Tale!».
(V.40) Dunque, quando i samaritani vennero da Lui, Lo pregarono di restare con loro ed Egli vi rimase due giorni.
3. Dopo che i samaritani ebbero discusso sul Mio conto per parecchio tempo, si avvicinarono a Me con profondo rispetto e Mi pregarono di prendere dimora presso di loro. Poi dissero: «Signore, Tu che sei veramente il Cristo e visto che Ti abbiamo perfettamente riconosciuto come Tale, rimani con noi, perché a Gerusalemme non troverai certamente una buona accoglienza. Al contrario, là troverai incredulità e persecuzioni di ogni tipo! Tu sai bene che non c’è creatura peggiore del fariseo, che abiti sia la terra che il mare di questo vasto mondo. Invece qui da noi troveresti l’accoglienza che spetta a Colui del Quale profetizzarono Mosè, Davide e i Profeti!»
4. Io però feci loro osservare: «Miei cari amici di Sichar! È con vera gioia che noto come abbia ben raccolto sui vostri campi, ma non è opportuno che Mi trattenga presso coloro che ormai sono guariti, mentre altrove gli infermi sono in gran numero! Tuttavia posso trattenerMi con voi due giorni, ma il terzo riprenderò il Mio viaggio e scenderò in Galilea».
(V.41) E molti di più credettero in Lui per la Sua Parola.
5. Allora molti altri, che prima non erano sembrati inclini a credere in maniera assoluta, udendo le Mie parole, si avvicinarono anch’essi e confessarono la loro fede, irremovibilmente salda. Nel frattempo era giunta anche la donna, con addosso le sue migliori vesti. Pure lei volle prendere parte al colloquio e tra le altre cose a quelli che avevano creduto disse: «Ebbene, miei cari amici, spero che adesso sarò onorata presso di voi, poiché fui io a indicarvi per prima la via che conduce qui, quando scherzando mi chiedeste dove fosse scoppiato l’incendio!».
(V.42) E alla donna dicevano: «Noi non crediamo più per le tue parole, poiché noi stessi L’abbiamo udito e sappiamo che Costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo».
6. Allora i samaritani risposero: «Poiché il Signore ti ha accolta prima di noi, puoi stare certa che ti onoreremo come si usa fare a Sichar. Però sappi che noi non crediamo più per le tue parole, perché noi stessi Lo abbiamo udito ed abbiamo riconosciuto che Questi è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo! Perciò, le tue parole non ci potranno rendere più credenti di quanto già lo siamo! Nondimeno vogliamo, com’è giusto, renderti il dovuto onore, purché in avvenire tu non abbia più a peccare!»
7. Risponde la donna: «Io non ho mai peccato tanto quanto, purtroppo, voi avete sempre pensato! Secondo le leggi, prima che mi sposassi il mio corpo non fu mai toccato da nessun uomo, e quando mi sono maritata ho sempre vissuto così come si addice ad una moglie. Io non sono colpevole se fui sterile e se ognuno dei miei cinque legittimi mariti morì poco tempo dopo aver avuto rapporti carnali con me. La colpa al massimo è di coloro da cui ho ricevuto questo corpo non adatto all’uomo. Pertanto, dopo essere rimasta vedova per la quinta volta, immersa nel dolore più profondo, decisi di non unirmi più a nessun uomo. Ma dopo alcuni anni, come vi è noto, venne a Sichar un medico, che giovandosi di erbe medicinali, oli ed unguenti, operò molte guarigioni. Fu allora che anch’io mi recai da lui, spinta com’ero dal mio stato di sofferenza, e gli chiesi se fosse stato possibile aiutarmi.
8. Ed egli, dopo avermi attentamente osservata, mi disse: “Donna! Darei non so che cosa pur di poterti aiutare, poiché i miei occhi mai videro una donna così bella!
Ma anche se non posso sanarti completamente, posso però lenire i tuoi mali!”. Così, egli venne nella mia povera casa, mi procurò dei farmaci che contribuirono realmente a calmare i miei dolori e si prese cura di me. Inoltre egli non si è mai avvicinato al mio corpo ammalato con intenzioni disoneste, come falsamente credete!
9. Però davanti a Dio sono, come voi tutti, sempre una peccatrice, ma in confronto a voi non credo di essere quella grande e grossolana peccatrice che pensate! E se le mie parole vi suonano strane, chiedetelo a Colui che mi dimostrò di conoscere tutta quanta la mia vita e che ora siede al pozzo di Giacobbe. Egli stesso vi dirà fino a che punto e in che misura io meriti ancora di essere considerata una pubblica peccatrice!»
10. Perplessi, i samaritani si guardano l’un l’altro e dicono alla donna: «Via, via, non te la prendere, non fraintendere le nostre parole. Ecco, noi vogliamo che tu sia annoverata fra i benemeriti abitanti di Sichar, così da diventare una persona onorata. Sei soddisfatta?»
11. La donna risponde: «Oh! Non preoccupatevi per l’onore di una povera donna! Ho già avuto il più grande degli onori!»
12. Osservano a loro volta i samaritani: «Quando l’hai avuta questa tua parte di gloria? Ignoriamo completamente che tu abbia ricevuto un’onorificenza in città! Allora chi te l’ha conferita?»
13. La donna, con lacrime di vero amore e riconoscenza, accennando a Me, risponde: «Ecco la Persona dalla Quale l’ho avuta! Lui solo è ora tutto il mio decoro, che né voi né il mondo intero possono darmi né togliermi! Infatti Lui stesso me l’ha dato e da Lui l’ho ricevuto! Lo so bene di non essere assolutamente degna di ricevere onore da Colui che è il Signore della Gloria. Egli però me lo ha concesso prima di voi e prima di voi lo ricevetti, avendovi dato Sue notizie prima ancora che voi sapeste qualcosa di Lui. Vedete, ciò che ho avuto prima di voi, non me lo avete dato voi e adesso che ce l’ho già, voi non potete più togliermelo. Questa è la vera onorificenza, che ha valore eterno. Il vostro riconoscimento, invece, ha solo valore temporaneo e vale solo per Sichar. Di questi vostri onori posso benissimo fare a meno, quando ne ho uno che ha valore eterno! Spero che ora vi sia chiaro come e da dove ho avuto il più grande degli onori»
14. Rispondono i samaritani: «Hai forse dei meriti particolari, se il caso ha voluto che, uscendo prima di noi, tu incontrassi il Cristo? Adesso Lo abbiamo trovato pure noi, e Lo lodiamo e Lo acclamiamo nei nostri cuori come fai tu. Egli ha promesso anche a noi che avrebbe dimorato due giorni nella nostra città. Se le cose stanno così, come puoi dunque parlare di una precedenza d’onore e di una preferenza nei tuoi confronti?»
15. Dice la donna: «Miei cari amici di Sichar, se volessi entrare in discussione con voi, non ne verremmo mai a capo. Vi ho appena esposto la cosa così com’è, cioè conforme a verità, perciò non intendo spiegarvela una seconda volta! Parecchi di voi hanno studiato la legge romana, anzi giudicano secondo quella legge ed affermano che è una legge savia! Ebbene, poiché anch’io comprendo il romano, è bene che vi rammenti quella legge che dice: “Primo occupanti jus!” (Diritto al possesso a chi se ne è impadronito per primo”). Perciò, poiché sono stata la prima a venire, non potete togliermi questo diritto».
16. I samaritani, udendo ciò tacquero, non sapendo cosa rispondere alle ragioni della donna, poiché lei li aveva colpiti nel loro lato debole e non sapevano cosa ribattere. Infatti essi, a causa dei giudei, erano molto amici dei romani ed apprezzavano sommamente la sapienza e l’ordine della legge di Roma. E poiché la donna aveva richiamato questa legge, non poterono fare altro che starsene zitti.
17. Va notato, e non ci si meravigli, che la donna era buona conoscitrice della lingua romana, infatti i samaritani, per distinguersi maggiormente dai giudei, parlavano quasi correntemente romano e a volte anche greco.
Scena deliziosa tra il Signore e la donna, nella cui casa Egli vuole albergare.
Discorso del Signore ai samaritani. Il Signore guarda il cuore, mentre gli uomini l’esteriore. L’onore della donna del pozzo di Giacobbe.
1. Intanto si era già fatta sera e quelli che erano venuti dalla Giudea con Me, essendo stanchissimi, avevano dormito tutto il pomeriggio. Si risvegliarono uno dopo l’altro, stupendosi che fosse già tardi e Mi chiesero cosa si sarebbe dovuto fare, se cercare un asilo per la notte, oppure approfittare delle fresche ore notturne per proseguire il cammino.
2. Io risposi loro: «Anche se gli uomini dormono, il Signore tuttavia veglia ed Egli ha cura di tutto e coloro che sono con Lui non hanno altro compito che quello di rimanere presso di Lui. Dunque alzatevi, andremo in questa città dei samaritani! Là troveremo dove albergare convenientemente. Ecco, la donna, che stamani Mi ha negato l’acqua, possiede una casa spaziosa e credo che non si rifiuterà di ospitarci per un paio di giorni!»
3. Udendo le Mie parole, la donna, piangendo di gioia e d’amore, si prostra ai Miei piedi e dice: «O Signore, mio Salvatore, come posso meritare questa grazia, io povera peccatrice?»
4. Io le rispondo: «Tu Mi hai accolto nel tuo cuore, che è enormemente più prezioso della tua casa, allora Mi accetterai anche come ospite nella tua dimora naturale, che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe insieme a questo pozzo. Come vedi siamo in molti; perciò, per due giorni, avrai molto da fare e di che occuparti, ma alla fine ne trarrai grandissimo vantaggio!»
5. Dice la donna: «Signore, foste pure numerosi dieci volte di più, vi ospiterei lo stesso presso di me, fino a quando lo permettano i miei mezzi! La mia casa, anche se è qua e là piuttosto cadente, ha molte stanze decenti e, anche se non ho grandi possibilità, sono pure arredate abbastanza bene. La casa è abitata solo da me, dal mio medico e da alcuni suoi servitori. Ma, o mio Signore, come potrei ospitarTi in questa casa, che è Tua? Infatti Tu solo ne sei il vero Padrone, vantando su di essa diritto più antico! Vieni perciò, Signore, ed entra nella Tua casa! D’ora in poi essa Ti appartiene in assoluto e sarà sempre Tua, con tutto ciò che essa contiene!»
6. Io le rispondo: «Donna, la tua fede è grande e il tuo cuore pieno d’amore, perciò anche tu sarai annoverata tra i Miei discepoli, ed ovunque sarà predicato questo Vangelo, il tuo nome sarà menzionato in eterno!»
7. Questo sorprese e fece un po’ arrabbiare i samaritani, e parecchi di loro si avvicinarono a Me e dissero: «Signore, anche noi abbiamo delle case, e sarebbe stato più opportuno che Tu avessi preso alloggio da noi! Infatti, vedi, la casa di questa donna ha una pessima reputazione presso di noi, ed è più una rovina che una casa!»
8. Io faccio loro osservare: «È da tre ore che siete con Me, avete anche conosciuto Chi sono Io e si è già fatta sera, però poco fa nessuno di voi si è offerto di ospitarMi insieme ai Miei discepoli, anche se ho dato ascolto alla vostra preghiera e vi ho promesso di fermarMi un paio di giorni nella vostra città.
9. Io però scrutai attentamente il cuore di questa donna e notai in lei l’ardente desiderio di averMi come ospite! Quindi non fui Io a chiedere ospitalità in casa di questa donna, ma lo chiedeva il suo cuore. E poiché lei non osava esprimersi apertamente davanti a voi, Io venni incontro a questo cuore e gli chiesi che Mi desse ciò che desiderava offrirMi con ardente amore, vivo desiderio e disponibilità!
10. È per questa ragione che accetto di stare in casa di questa donna per due giorni interi! E beato chi non si scandalizzerà di Me per questo!
11. Io però vi dico: “Come si semina, così si raccoglie; chi semina con avarizia, avrà uno scarso raccolto, ma chi semina con dovizia, ne avrà uno abbondante”. Finora nessuno di voi ha offerto qualcosa a Me o ai Miei discepoli. Questa donna invece Mi ha subito fatto dono di ogni suo avere! Chi di voi può dire di aver fatto altrettanto? È forse ingiusto renderle onore di fronte a voi tutti? Perciò Io vi dico che chi per questo motivo litigherà con lei, ne subirà le conseguenze in questo mondo!»
12. Ovviamente ciò irrita i samaritani, che si guardano sorpresi, ma si controllano subito e Mi pregano di permettere loro di farMi visita il giorno dopo.
13. Io rispondo: «Io non vi invito e neanche vi obbligo. Coloro che liberamente vogliono venire da Me, non troveranno le porte chiuse, anzi avranno libero accesso a Me. Dunque, chi vuole venire, venga, e chi vuole rimanersene a casa propria, rimanga, poiché Io non costringo né giudico nessuno!».
14. A queste Mie parole i samaritani si alzarono e andarono in città. Io però rimasi ancora un po’ vicino al pozzo e la donna dissetò con la sua brocca tutti coloro che avevano sete tra quelli che erano con Me.
Avvenimenti miracolosi in casa della donna. Scena tra la donna e i mosaisti samaritani. Questi tentano di infamare Gesù, ma sono giustamente puniti.
Relazione del medico e risposta del Signore.
1. Intanto il suo medico, che l’aveva accompagnata, se ne ritornò di corsa a Sichar, per allestire in tempo, con l’aiuto dei suoi servi, le migliori stanze e preparare una cena possibilmente abbondante. Però, quando arrivò in casa, rimase molto meravigliato vedendo come tutto fosse quasi in perfetto ordine come lui voleva fosse fatto. Allora, soddisfatto e felice, chiese alla sua gente chi avesse loro impartito gli ordini necessari. Ed essi gli risposero: «Un giovane dal bellissimo aspetto è venuto qui e ci ha detto con dolcissima voce: “Fate questo, perché il Signore, che sta arrivando in questa casa, ne ha bisogno!”. Quando abbiamo udito questa meravigliosa notizia, lasciammo da parte ogni altro lavoro per eseguire ciò che ci aveva ordinato quell’insolito giovane. Come vedi, tra poco sarà tutto in perfetto ordine»
2. Il medico, stupefatto, domandò: «Dov’è questo mirabile giovane?». I servitori gli risposero: «Non sapremmo dirtelo, perché, dopo averci impartito questi ordini, ci lasciò in maniera talmente rapida, che non potemmo vedere da che parte se ne fosse andato». Allora il medico disse: «Non importa, continuate pure il vostro lavoro, poiché su questa casa oggi è scesa una grande benedizione e voi tutti ne sarete partecipi!»
3. Dopo egli uscì di casa e ci venne di nuovo incontro in gran fretta, per riferirMi come tutto fosse già stato allestito.
4. Strada facendo, però, si imbatté in alcuni ultra-mosaisti che, fermatolo, gli dissero: «Amico, non è bene correre così di sabato. Non sai per quali e quante cose può venire profanato il giorno sacro a Jehova?»
5. Il medico risponde loro: «Voi, adoratori della lettera della Legge che ci diede Mosè! Voi ritenete che sia peccato correre di sabato, anche se il sole è ormai già tramontato e non rimane quasi più che uno scorcio di questo giorno; però ditemi: “Quando di sabato voi profanate le vostre donne e le vostre serve e commettete con loro ogni forma di impudicizia, fornicazione ed adulterio, come chiamate tutto ciò?”. Mosè ha forse mai dato un simile comandamento per celebrare il sacro giorno di Jehova?». I samaritani rispondono: «Per le parole che hai detto oggi, se non fosse sabato, ti avremmo lapidato! Questa volta siamo indulgenti!». Aggiunse il medico: «Bene, bene; le vostre parole e i vostri sentimenti si adattano proprio all’epoca attuale, nel momento in cui il Messia a lungo promesso si trova alle porte di Sichar e mentre Gli vado incontro per riferirGli che nella Sua casa tutto è già pronto per il Suo ricevimento! Non avete udito ancora nulla di tutto ciò che è successo fuori delle porte della città?»
6. Dicono i mosaisti: «Sicuramente! Noi abbiamo saputo che vicino al pozzo di Giacobbe si è accampata una carovana di giudei e che uno di loro, probabilmente il capo-carovana, vuole farci credere che egli sia il Cristo! Ma questo fatto dimostra - e tu che sei un medico dovresti saperlo - che i giudei tramano qualcosa contro di noi e che essi stanno tentando, appunto, di mandare in porto il loro tranello prendendo di mira noi, che siamo ritenuti degli stupidi! Che bel Messia avremmo trovato! Credi forse che non conosciamo chi è lui? Non siamo forse anche noi di Galilea e vostri compagni di fede, secondo la legge di Mosè? Perciò, poiché siamo anche noi della Galilea, conosciamo molto bene questo nazareno, figlio di un carpentiere. Dacci retta, costui, venutogli a noia il lavoro, è diventato un vile strumento nelle mani dei farisei ed ora, con l’aiuto di una qualche magia appresa chissà dove, tenta di spacciarsi per il Messia! E pensare che vi sono ancora degli asini e buoi della tua specie che si prestano volentieri al gioco, credendo ciecamente alle sue seducenti parole! Si dovrebbe invece acciuffarli tutti e cacciarli oltre il confine con una buona dose di legnate, così come si conviene al fango e all’immondizia!»
7. Esclama il medico: «O ciechi! In casa mia gli angeli di Dio Lo attendono e per Lui hanno portato dai Cieli cibi, bevande e giacigli; e voi vi permettete di parlare così! Che il Signore vi castighi!»
8. Appena il medico pronuncia queste parole, dieci dei mosaisti divengono subito muti, tanto che nessuno di essi può più parlare per tutta la durata dei due giorni della Mia permanenza a Sichar. Il medico però li lascia e si affretta a venirMi incontro.
9. RaggiuntoMi, Mi dice: «La Tua casa, o Signore, è bene allestita! Tutto si è svolto in maniera meravigliosa, ma strada facendo ho incontrato dei miscredenti che si davano da fare a parlare male di Te. Le loro grida però non durarono a lungo, poiché il Tuo angelo li percosse sulla bocca e tutti loro, tranne due, diventarono all’improvviso completamente muti. I due risparmiati dal castigo, presi da forte spavento, si diedero alla fuga. Tutto ciò, o Signore, è accaduto nell’arco di solo mezz’ora!»
10. Io gli rispondo: «Fatti coraggio, questo doveva succedere affinché coloro che già credono nel Mio Nome non fossero distolti dalla loro fede! Ma è ora di incamminarci e tu, Mia cara samaritana, non dimenticare la tua brocca!»
11. La donna, allora, attinge nuovamente dell’acqua fresca per portarla in casa. Così trascorse quella mezza giornata fuori di Sichar al pozzo di Giacobbe e qui vi si fece un raccolto abbastanza ricco.
Istruzioni del Signore all’evangelista Giovanni sulle cose che devono essere annotate per iscritto. Il Signore e i Suoi nella vecchia casa di Giuseppe in Sichar. Preparativi degli angeli per accogliere la santa Compagnia. La relazione tra Dio Padre e Dio Figlio.
1. Prima di metterci in cammino, il Mio discepolo Giovanni Mi rivolse la parola dicendo: «Signore! Se Tu volessi, potrei, questa stessa notte, mettere per iscritto tutto quello che è qui accaduto!»
2. Gli faccio osservare: «Non tutto, fratello Mio, ma solo ciò che espressamente ti dissi di scrivere! Perché, se tu volessi annotare tutto ciò che è già accaduto o che accadrà qui nei prossimi due giorni, riempiresti i molti papiri che porti con te. Chi potrebbe leggere tutto ciò? E chi comprenderebbe? Basta che nei fogli tu prenda nota solo dei principali avvenimenti, così come ti vengono indicati secondo la loro vera rispondenza. Coloro che sono davvero onesti e saggi sapranno da se stessi appurare, nel Mio Nome, tutto quello che è avvenuto qui e perché è avvenuto. In questo modo tu ti risparmi una così grande ed inutile fatica. Così potrai eseguire il tuo lavoro più facilmente e rimarrai per sempre il primo scrivano delle Mie Dottrine e delle Mie Opere».
3. Allora Giovanni, commosso, Mi bacia sul petto, ed insieme alla samaritana e al medico ci mettiamo in cammino per la città. A notte inoltrata arriviamo alla casa di Giuseppe.
4. Quando entriamo nell’edificio realmente grande, la samaritana assiste ad uno spettacolo straordinario, ammirando con meraviglia lo sfarzo e lo splendore dei preparativi allestiti per riceverMi! Un buon numero di mense perfettamente imbandite e contornate da ricche sedie non attendono che i commensali. Delle lampade di metallo prezioso, scintillanti, disposte su ogni mensa, illuminano l’ambiente con la loro viva luce. Superbi tappeti ricoprono tutto il pavimento e perfino le pareti sono simmetricamente ricoperte di tappeti fioriti. Sulle lusinghiere mense sfavillano, agli occhi degli invitati, delle coppe di finissimo cristallo, già colme di delizioso vino!
5. La donna, immersa nel più profondo stupore, non riesce a raccapezzarsi e, dopo aver lungamente contemplato quella scena, esclama: «Signore, cosa hai fatto? Hai forse incaricato i Tuoi discepoli di preparare di nascosto tutto ciò? Ma dove hanno preso tutte queste cose? Conosco quello che è in casa, certamente non ho oggetti d’oro né d’argento, mentre qui tutto trabocca di questi metalli! Una coppa di cristallo simile a questa non l’ho mai vista prima, qui invece ce ne sono a centinaia, ognuna delle quali vale almeno trenta denari. E questo vino, questi cibi, questa frutta e il bel pane e questi preziosi tappeti, che costano certamente più di cento grossi d’argento ognuno! Povera me! Dimmi, o Signore, tutte queste meraviglie le hai portate qui Tu o sono state prese in prestito da qualche luogo di questa città?»
6. Io le rispondo: «Vedi, amata donna, quando stavamo al pozzo hai affermato che questa casa appartiene a Me ed Io l’ho accettata in regalo. E poiché ora questa casa è Mia, per averla ricevuta in dono da te, non era bello accogliere la Mia benefattrice in un ambiente disadorno! Di solito si dice che una mano lava l’altra; ugualmente, nel nostro caso, si può affermare che un onore ne esige un altro! Tu Mi hai fatto, di tutto cuore, dono assoluto di questa casa così com’era prima, ora te la rendo così com’è adesso. Credo che questo scambio ti piaccia. Come vedi anch’Io Me ne intendo un po’ di ciò che è bello e di buon gusto!
7. Sappi che questa, ed ogni altra cosa che conosco, l’ho appresa dal Padre Mio! Infatti nella Casa del Padre Mio ci sono infinite stanze, in cui il bello e il buono si elevano ad altezze incommensurabili, come tu stessa puoi notare, se osservi attentamente i fiori dei campi, dei quali il più effimero è adorno in maniera più splendida che non lo stesso Salomone, in tutta la sua regale magnificenza!
8. Dunque, se il Padre adorna di così tanta bellezza già i fiori, che per giunta hanno vita breve, quanto più adornerà la Sua Casa che è in Cielo? Ora, ciò che il Padre fa, lo faccio anch’Io, poiché Io e il Padre siamo, in essenza, una cosa sola! Chi accoglie Me, accoglie anche il Padre, perché il Padre è in Me come Io sono nel Padre! Chi dona a Me dona anche al Padre, perciò ogni cosa che tu Mi darai ti sarà ridata al centuplo! Ecco, ti ho messo al corrente di tutto.
9. Ora sediamoci e ceniamo, perché molti di noi sono affamati e assetati. Dopo che avremo ristorato le nostre membra, continueremo a parlare di questo argomento».
10. Tutti si siedono alle mense e, dopo aver reso grazie, si accingono a placare la loro fame e la loro sete.
A Sichar. Narrazione dei servitori sulla trasformazione miracolosa della casa.
Il Signore è riconosciuto in maniera meravigliosa dalla donna. Il Signore vuole che essa mantenga il segreto. Le Sue amorevoli cure per Maria. I discepoli contemplano i Cieli. Esemplare confessione di Natanaele. Il Signore ammonisce di tenere il silenzio sul celeste mistero.
1. Terminata la cena, la donna si avvicina nuovamente a Me, ma in un primo momento non ha il coraggio di dirMi niente. Infatti durante il pasto aveva chiesto in giro ai servitori del medico qualche chiarimento su come era avvenuta tutta quella trasformazione, ed i servitori le avevano risposto: «Cara padrona, Dio sa sicuramente come sono andate le cose! Noi abbiamo contribuito molto poco; il nostro padrone poi niente affatto, perché quando giunse qui tutto era già in perfetto ordine. Molto tempo prima che il padrone arrivasse, eravamo intenti a sbrigare le faccende di casa quando, ad un tratto, ci si presentò un giovane di abbagliante bellezza, che ci disse che dovevamo fare questo e quello poiché il Signore di questo aveva bisogno. Quindi ci affrettammo ad eseguire subito l’ordine che questo singolare giovane ci aveva dato. Ma qui viene il bello! Appena mettevamo mano per eseguire uno dei lavori assegnatoci, il lavoro stesso appariva improvvisamente già bello e fatto davanti ai nostri occhi. Perciò noi possiamo solo dirti che qui, con ogni evidenza, ha operato l’Onnipotenza divina e che quel giovane risplendente doveva essere un angelo del Signore. Se così non fosse, il fatto non avrebbe spiegazioni plausibili! Secondo noi, l’Uomo, che era al tuo fianco quando entrasti in questa sala, deve essere un grande profeta, se le potenze dei Cieli Gli sono così sottomesse!»
2. Quando la donna udì tutto ciò dai servitori, le venne ancora meno il coraggio, anzi a malapena riusciva a parlare. Perciò solo dopo aver lungamente indugiato, lei si avvicinò a Me e a bassa voce Mi disse: «O Signore! Tu sei più che il Messia promessoci! Senza dubbio sei Colui che ha punito il Faraone, sei Tu che guidasti gli Israeliti fuori dall’Egitto e che dettasti le Tue leggi sul monte Sinai, in mezzo ai tuoni e ai fulmini!»
3. Io però la interruppi, dicendole: «O donna! Non è ancora giunta l’ora di annunciare ciò agli uomini; per il momento tieni queste cose nel tuo cuore e abbi cura che la moltitudine, che Mi ha seguito dalla Giudea, sia alloggiata convenientemente nelle stanze da letto! Tu invece rimani qui con me, come pure il medico e i Miei discepoli, che per ora in tutto sono dieci! E riserva il letto migliore alla donna che sedeva al Mio fianco e che è la madre del Mio corpo, affinché possa ben riposare, poiché lei, che non è più giovane, ha sostenuto un lungo viaggio ed ha bisogno di un corroborante riposo!»
4. La donna gioisce immensamente udendo che quella persona poco appariscente è Mia madre e si premura subito di eseguire nel migliore dei modi il Mio incarico. Intanto Maria, divenuta oggetto delle sue più tenere ed affettuose cure, la elogia vivamente e le raccomanda ugualmente di attenersi scrupolosamente alle Mie parole!
5. Quando tutto è tranquillo e nella grande sala da pranzo presso di Me si trovano solo la donna, il medico e i Miei discepoli, Io dico ai discepoli: «Vi ricordate come a Bethabara, in Galilea, Io vi accolsi come Miei discepoli e vi dissi: “D’ora innanzi voi vedrete i Cieli aperti e gli angeli di Dio scendere su questa Terra”? Ecco, tutto ciò si sta compiendo alla lettera di fronte ai vostri occhi. Le cose che qui vedete, tutti i cibi e le bevande che vi sono state offerte non sono di questa Terra, ma provengono dal Cielo, da cui gli angeli di Dio le hanno portate. Aprite dunque i vostri occhi, affinché possiate vedere la moltitudine di angeli che sono qui pronti a servirMi!»
6. Allora gli occhi dei presenti furono aperti ed essi videro legioni di angeli al Mio servizio scendere dai Cieli, poiché, nel momento in cui i loro occhi spirituali furono aperti, le pareti della casa erano scomparse, ed ecco che i Cieli si aprirono!
7. Natanaele, in estasi, esclama: «Sì, o Signore, Tu sei fedele e vero! Ciò che Tu dicesti si è appena meravigliosamente adempiuto! In verità, in verità, Tu sei il Figlio del Dio Vivente! Con Abramo Dio comunicò per mezzo dei Suoi angeli. Giacobbe vide in sogno una scala, che gli angeli salivano e scendevano, però egli non vide Jehova, ma solo un angelo che sulla mano destra portava scritto il Nome di Jehova, e poiché Giacobbe lottò con lui per stabilire se fosse Jehova, quell’angelo toccò così fortemente la giuntura della coscia di Giacobbe che questi se ne andò zoppicando! Anche Mosè parlò con Jehova, ma non vide altro che fuoco e fumo, poiché, a causa del passaggio di Jehova, dovette nascondersi in una grotta e non poté alzare lo sguardo fino a che Questi non fosse passato. E quando Jehova fu passato, alzò lo sguardo, ma scorse solo la schiena di Jehova e si coprì la faccia con un triplice velo, perché lo splendore era più forte di quello del sole e nessuno poteva contemplarLo senza morirne! Successivamente solo Elia intravide Jehova che procedeva in un dolce aleggiar di vento! Ma ora Tu stesso sei qui»
8. A questo punto Io interrompo Natanaele e gli dico: «Basta, fratello Mio! L’ora non è ancora giunta! Soltanto ad un’anima come la tua, pura ed esente da ogni falsità e ipocrisia, è dato di poter contemplare queste cose. Tienile dunque in te finché non ne sia giunto il momento! Vedi, non tutti quelli che Mi seguono sono come te.
9. E questa donna, che prima non era come te, adesso lo è, quindi anche lei ha capito quello che tu hai appena detto. Ma non è ancora venuto il tempo in cui la cortina del Tempio si fenderà in due; quando esso giungerà, verrà tolto del tutto il velo che copre la sfolgorante faccia di Mosè!»
A Sichar –Il Signore informa Giovanni che non tutto si presta ad essere annotato –Promessa dell’attuale Rivelazione. «Basta che tu creda e che Mi ami!» – Il Messia e il Suo Regno – Parole di benedizione al medico e alla donna –. Joram ed Irhaele vengono congiunti in matrimonio dal Signore – Il Signore non dorme.
1. Giovanni allora Mi chiede: «Signore, ma io devo prendere nota di tutto ciò! Questo è molto più importante del miracolo di Cana e testimonia apertamente da dove Tu sei venuto!»
2. Io gli dico: «Puoi tralasciare anche queste cose, poiché quello che scriverai, sarà solo una testimonianza per il mondo. Questo non ha sufficiente capacità di comprendere queste cose! A che cosa gioverebbe allora la tua fatica? Pensi forse che il mondo presterebbe fede a simili fatti? CrediMi, coloro che sono qui, credono, perché vedono. Il mondo invece, che vive nelle tenebre, non potrebbe mai convincersi che qui siano realmente accadute cose simili. Alla notte, infatti, è del tutto impossibile concepire le opere della luce. E anche se tu volessi descrivere al mondo le opere della luce, esso ti riderebbe in faccia e tu saresti oggetto delle sue beffe. Avvenga quindi che in futuro tu prenderai nota solo di quello che Io farò apertamente di fronte a tutto il mondo, ma quello che Io faccio in segreto, per quanto grande sia, scrivilo solo nel tuo cuore e non sulla liscia pergamena!
3. Ma verrà il tempo in cui tutte queste cose, rimaste segrete, saranno rivelate al mondo; ma prima che ciò avvenga molti saranno ancora gli alberi che dovranno lasciar cadere la frutta acerba dai loro rami! È vero, gli alberi fruttificano abbondantemente, ma solo una terza parte dei frutti giunge a maturazione! Gli altri due terzi dovranno prima cadere, essere calpestati, poi si seccheranno e marciranno, finché la pioggia non li dissolverà e un possente vento li sospingerà nel loro tronco alla seconda nascita!»
4. Giovanni risponde: «Signore! Ciò è troppo profondo, chi può comprenderlo?»
5. Io gli dico: «Non è necessario per ora che tu comprenda; basta che tu creda e che Mi ami. La comprensione profonda di tutte queste cose verrà nel giorno in cui lo Spirito di Verità sarà sparso su di voi. Ma prima che ciò accada, molti di voi, malgrado tutti questi segni, si scandalizzeranno di Me e del Mio Nome!
6. Infatti avete ancora una falsa comprensione del Messia e del Suo Regno, e passerà ancora molto tempo prima che possiate comprenderLo.
7. Il Regno del Messia non sarà un regno di questo mondo, ma un eterno Regno dello Spirito e della Verità nel Regno del Padre Mio, ed esso non avrà fine, perché durerà per i secoli dei secoli! Chi è accolto in questo Regno avrà vita eterna, una felicità mai vista prima, mai udita né sentita nel cuore, neanche in minima parte!»
8. A questo punto Pietro, che era rimasto a lungo tempo in silenzio, interviene dicendo: «Ma chi sarà mai degno di tanta beatitudine?»
9. Io gli rispondo: «Amico Mio, oggi si è già fatto tardi e i nostri corpi hanno bisogno di riposo per riprendere domani il lavoro con più vigore! Chiudiamo quindi l’odierna giornata ed attendiamo ciò che succederà domani. Perciò ognuno vada nella stanza che gli è stata assegnata e si riposi convenientemente, perché domani avremo molto da fare!»
10. Appena finisco di parlare, tutti vengono ricondotti al loro stato naturale e ricompaiono davanti ai loro occhi le pareti della sala, lungo le quali sono disposti magnifici letti di riposo. Allora i discepoli, alcuni dei quali molto stanchi, rendono grazie e vanno subito a coricarsi.
11. Solo Io, il medico e la donna rimaniamo ancora svegli. Quando i discepoli si addormentano profondamente, i due si prostrano ai Miei piedi e Mi ringraziarono di cuore per l’indicibile grazia che ho concesso sia a loro che all’intera casa. Mi supplicarono anche di permettere loro di unirsi a Me e di seguirMi.
12. Io rispondo: «Per la vostra felicità ciò non è necessario, perché se volete seguirMi, basta che lo facciate nel vostro cuore! D’altra parte è necessario che Mi siate testimoni in questo paese, poiché fra breve sorgeranno degli scettici, ed essi verranno da voi. Allora sarà vostro compito rendere buona testimonianza di Me!
13. E tu, Mio amato Joram, sarai d’ora in poi un medico perfetto e a chiunque avrai imposto le mani nel Mio Nome, quel malato migliorerà, per quanto grave possa essere il suo male. Ora però dovete unire le vostre due vite con un vincolo indissolubile, perché la vostra attuale forma di convivenza è di scandalo ai ciechi che osservano soltanto l’esteriorità delle cose e non hanno la minima idea di ciò che è interiore.
14. Tu, Joram, non devi ormai più temere Irhaele, il cui corpo e la cui anima sono ora perfettamente sani. E tu, Irhaele, troverai in Joram un uomo venuto dai Cieli. Sii perfettamente felice con lui, poiché non è uno spirito di questa Terra, ma viene direttamente dall’Alto!»
15. Esclama la donna: «O Jehova, quanto sei buono! Ma quando vuoi che venga celebrata la nostra unione davanti agli occhi del mondo?»
16. Io le dico: «Io vi ho già uniti e soltanto questo legame ha valore sia nel Cielo che sulla Terra, perciò, in verità vi dico: “Dal tempo di Adamo fino ad oggi non vi è mai stata su questa Terra un’unione più perfetta di quanto lo sia ora la vostra! Infatti Io stesso ho benedetto il vostro legame”.
17. E domattina, quando verranno qui in gran numero i sacerdoti insieme ad altre persone e ai cittadini di questa città, annunciate che voi siete ora sposati davanti a Dio e davanti a tutto il mondo! E se avrete dei figli, allevateli nella Mia Dottrina e battezzateli nel Mio Nome, così come faranno domani i Miei discepoli con la moltitudine. Questo è il modo con cui battezza Giovanni sul Giordano, del quale avrete certamente sentito parlare. Così domani darò pure a te, o Mio Joram, il potere di battezzare chiunque crederà nel Mio Nome.
18. Ora andate a riposarvi, ma finché Io rimarrò in questa casa, per ragioni di educazione, non accostatevi l’uno all’altro! E durante questo tempo non preoccupatevi del mangiare e del bere, perché fino a quando dimorerò in questa casa, i cibi e le bevande ci saranno portati dall’Alto. Non dite ancora a nessuno come ciò avvenga, perché gli uomini non lo comprenderebbero! Quando sarò partito, potrete chiarire queste cose ai più illuminati. Andate dunque a riposarvi, Io invece rimarrò qui a vegliare da solo! È necessario infatti che il Signore non dorma né riposi, poiché il Suo sonno e il Suo riposo sarebbero la morte e la rovina degli esseri! Perciò, anche se tutto il mondo dormisse, tuttavia, il Signore veglierebbe per la loro conservazione».
19. Dopo queste parole, entrambi rendono grazie e si ritirano per riposare, ognuno nella propria stanza. Io però rimango seduto sulla Mia sedia fino al mattino dopo.
IL PRIMO DEI DUE GIORNI A SICHAR, CITTÀ DELLA SAMARIA
Canto mattutino dei sacerdoti a Sichar – Il Signore li indirizza al monte.
Vocazione di Matteo come evangelista e apostolo – Sulla natura dei sogni.
1. La mattina presto, al sorgere del sole, si presentarono davanti alla casa di Irhaele un gran numero di sacerdoti che, vista la vicinanza del monte sacro (Garizim), dimoravano a Sichar. Ad un tratto, sorse un gran clamore; infatti, quel gruppo di gente andava gridando: «Osanna, Osanna e salve a Colui che è venuto nel Nome della Gloria di Dio! Arrestati, o sole, e tu, o luna, fermati, finché il Signore di ogni Gloria non abbia percosso ed annientato con la Sua possente Destra tutti i Suoi nemici, che sono pure nostri nemici! Risparmia solo i romani, o Signore, perché essi ci sono amici e ci proteggono dagli ebrei, che non sono più figli di Dio, ma di Belzebù che essi invocano come loro padre, nel Tempio che Salomone Ti ha innalzato. Hai fatto bene, o Signore, a venire tra i Tuoi autentici figli, che hanno creduto alle Tue promesse ed ansiosamente Ti hanno atteso fino a questo momento. Lo sappiamo che tu provieni dalla Giudea, perché è scritto che la salvezza verrà dalla Giudea. Noi però abbiamo anche udito che quando Ti trovavi nel Tempio di Gerusalemme, hai percosso gli ebrei con delle fruste ed hai rovesciato i loro tavoli! O Signore, Tu hai agito molto bene, perciò tutti i Cieli Ti loderanno con salmi, trombe e cetre! Noi abbiamo sempre sostenuto che, se Tu passavi di qui, non saresti andato oltre senza fermarTi nel luogo sacro dal quale Daniele, Tuo profeta, preconizzò la caduta e la distruzione di Gerusalemme! Da questo stesso luogo Tu, o Signore, annuncerai la salvezza ai Tuoi popoli! Sia lodato il Tuo Nome, osanna nel più alto dei Cieli e venga la salvezza a tutti i figli di buona volontà!»
2. Questo vocìo, in parte sensato ed in parte fuori luogo, fece accorrere nelle vicinanze una grande moltitudine di persone e tra queste anche coloro che il giorno prima Mi avevano incontrato al pozzo e che bramavano nuovamente di vederMi e di sentire la Mia Parola. Intanto lo strepito e la moltitudine aumentavano di secondo in secondo, così quelli che erano con Me in casa si alzarono per vedere cosa stesse succedendo. I primi ad alzarsi furono i discepoli, che Mi chiesero cosa significasse tutto quel tumulto e se fosse stato più consigliabile rimanere là o sfuggire a quella dimostrazione.
3. Ma Io dissi loro: «O paurosi! Non sentite come gridano Osanna! Ora Mi sembra che non sia pericoloso rimanere là dove si grida Osanna!»
4. Allora i discepoli si tranquillizzarono e dissi ancora: «Scendete e dite loro che facciano silenzio e che vadano sul monte, perché dopo la sesta ora (cioè poco dopo mezzogiorno) anch’Io, con tutti voi, li raggiungerò e dal monte annuncerò a tutti la Salvezza. Prendano con sé degli scribi, per annotare tutto quello che insegnerò dal monte.
5. Tu, Giovanni, non hai bisogno di scrivere queste cose, perché questi Miei insegnamenti saranno annotati da altri. Per esempio, so che in questo luogo soggiorna uno scrivano di nome Matteo, anch’esso di Galilea. Egli ha già scritto certe cose sulla Mia infanzia e, dato che è molto abile e veloce nel suo lavoro, saprà certamente scrivere tutto quello che udrà e vedrà. Scendete giù e fatelo venire qui. Basta chiamarlo per nome e vi seguirà immediatamente! Dite inoltre ai principali sacerdoti e ai cittadini che ieri avete conosciuto al pozzo, che salgano qui da Me. Ma prima di tutto chiamateMi Matteo, perché desidero che anch’egli ci segua!»
6. I discepoli scesero rapidamente per strada e fecero quello che avevo loro ordinato.
7. Mentre però i discepoli, che erano scesi sulla via, erano andati a sbrigare il loro compito, comparvero nella sala da pranzo tutti gli altri ospiti, tra i quali anche Maria. Questi Mi salutarono amabilmente e Mi ringraziarono per quello che avevo operato, narrandoMi sommariamente gli straordinari sogni, che avevano fatto durante la notte. Essi Mi chiesero poi se in questi sogni vi fosse qualcosa di vero e di profondo.
8. Io risposi loro: «Tutto ciò che l’anima vede in sogno, corrisponde perfettamente allo stato dell’anima stessa. Se l’anima vive nel vero e nel bene che Io vi insegno a credere e a fare, allora essa, anche nel sogno, contempla il vero e può procurarsi da esso del bene per la vita. Però, se l’anima è immersa nel falso e di conseguenza nel male, allora essa anche nel sogno vede cose menzognere, che a loro volta possono generare il male.
9. Ma poiché, secondo la Mia Dottrina, voi Mi seguite e vivete quindi nella verità, la vostra anima, anche nel sogno, contempla il vero, che potrà incitarvi a compiere molti benefici.
10. Ma che l’anima riesca a comprendere tutto quello che percepisce in sogno, questa è tutt’altra cosa. Infatti, come voi non potete cogliere né comprendere tutto ciò che vedete nel mondo esteriore in cui vivete di giorno, allo stesso modo neanche l’anima può comprendere tutto ciò che essa contempla nel suo mondo.
11. Ma quando il vostro spirito sarà rinato, così come annunciai a Nicodemo a Gerusalemme quando venne a trovarMi di notte, solo allora sarete in grado di comprendere ogni cosa e di conoscerla perfettamente».
12. Con questa spiegazione tutti furono soddisfatti e si ritirarono.
A Sichar – Scena tra il Signore e Matteo, esattore della dogana – Il Signore lo istruisce su come annotare la predica sulla montagna – Discorso e saluto del capo sacerdote – Risposta del Signore – Consigli sulla vita – «Non l’udire, ma l’operare secondo la Mia Dottrina reca salvezza!» – Colazione rustica
1. Dopo queste cose, si fa avanti anche la padrona di casa con il suo nuovo marito. Lei Mi saluta affettuosamente e chiede, sia a Me che all’intera compagnia, se vogliamo fare colazione, avendola già servita.
2. Io le dico: «Mia cara Irhaele, aspetta ancora un po’. I Miei discepoli porteranno degli ospiti, che potranno prendere parte alla colazione. Inoltre, costoro apprenderanno dalla Mia bocca come voi siate ormai regolarmente uniti in matrimonio. Così si convinceranno che la vostra casa non è una delle ultime, ma una delle prime della città, poiché ora è ben messa, tanto all’esterno quanto all’interno ed è per questa ragione che ho stabilito qui la Mia dimora»
3. Appena finito di parlare, ecco aprirsi la porta della sala e comparire Pietro, il Mio Giovanni e, tra di loro, Matteo. Questi si prostra davanti a Me e Mi dice: «Signore, eccomi qui pronto a servire solo Te! In questa città possiedo un ufficio da scriba e con questo lavoro riesco a mantenere me e la mia piccola famiglia; però se Tu, o Signore, hai bisogno del mio operato, allora abbandonerò subito il mio impiego, sapendo, per certo, che Tu non lascerai perire la mia famiglia!»
4. Dico Io: «Colui che Mi segue, si curi solo di rimanere presso di Me temporaneamente e in eterno. Ma osserva questa casa: i due proprietari sono pronti ad ospitare, nel Mio Nome, la tua famiglia e a sostentarla nel migliore dei modi, ed anche tu, sia di giorno che di notte, troverai qui sempre la migliore accoglienza»
5. Intanto Matteo, che conosceva l’abitazione quando era più un rudere che una casa, non finiva di meravigliarsi, ed infine disse: «Signore, qui è accaduto certamente un grande miracolo! Infatti questa casa era in rovina, mentre ora sembra un palazzo, difficile da trovarsi perfino in Gerusalemme! Una simile struttura è in verità regale! Ciò deve essere costato un’ingente somma!»
6. Io gli rispondo: «Se tu hai fermo e chiaro il concetto che a Dio sono possibili moltissime cose che sembrano impossibili agli uomini, potrai facilmente capire come questo rudere si sia potuto trasformare in un palazzo! Ora, parliamo d’altro. Hai con te sufficiente materiale per scrivere?»
7. Matteo dice: «Ne ho abbastanza per due giorni, ma se ne occorre di più, posso subito andare a procurarmelo»
8. Io gli rispondo: «Quello che hai ti è sufficiente per dieci giorni, dopo potremo procurarcene dell’altro. Ora resta qui e fai colazione con noi; poi, all’ora sesta, andremo sul monte, dal quale annuncerò al popolo la Salvezza. Mentre Io parlerò, tu dovrai scrivere tutto quello che dirò in tre capitoli, suddivisi in piccoli versetti, alla maniera di Davide. Cerca ancora uno o due scrivani che possano copiare quello che tu scriverai, affinché in questo luogo resti una testimonianza scritta!»
9. Matteo dice: «Signore, ogni cosa sarà fatta secondo la Tua Volontà!»
10. Dopo questo necessario colloquio con Matteo, entrano i discepoli seguiti dai sacerdoti e da altri notabili della città che, umili e commossi, Mi porgono i loro saluti. Il sommo sacerdote si avvicina ancora un po’ e Mi dice: «O Signore, hai ricostruito con estrema cura questa casa, affinché fosse degna di ospitarTi. Anche Salomone costruì il Tempio con grande sfarzo, per farne tra gli uomini la degna dimora di Jehova. Però gli uomini hanno profanato questa dimora con i loro innumerevoli abomini, che gridano vendetta al Cielo. Perciò Jehova abbandonò il Tempio e l’Arca e venne qui da noi sul monte. Come hai fatto Tu, o Signore, che avendo trovato poca accoglienza in Gerusalemme, sei venuto da noi, Tuoi antichi e veri adoratori! Ed accadrà ciò che è scritto:
11. “Negli ultimi giorni avverrà che il Monte, che è la Casa del Signore, sarà più alto di tutti i monti e si ergerà al di sopra dei colli e ad esso affluiranno tutte le nazioni. Molti popoli verranno dicendo: ‘Venite, saliamo al Monte del Signore, alla Casa del Dio di Giacobbe. Egli ci istruirà intorno alle sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!’. Poiché la Sua Legge uscirà da Sion e la Parola del Signore da Gerusalemme”. (Isaia 2,2-3).
12. Noi tutti siamo lieti oltre ogni dire, come lo è una sposa quando il suo sposo gli offre il cuore, la mano e il suo saluto per la prima volta! In verità, Signore, Gerusalemme, la città eletta del gran Re, si è talmente coperta di abomini da essere oggetto di scherno e di disprezzo dei popoli, ed essa non è più degna di Te! Ma neanche noi ci riteniamo degni, poiché occorrono molte cose per apparire meritevoli al cospetto di Dio! Però una cosa è certa: se il Signore dovesse scegliere tra due mali, sceglierebbe noi, che siamo evidentemente il male minore! E tutto ciò si compie ora meravigliosamente davanti ai nostri occhi! Tu, o Signore, sei Colui che attendiamo già da lungo tempo; perciò Osanna a Te, che vieni a noi nel Nome del Signore!»
13. Io rispondo all’oratore: «Sì, tu hai parlato rettamente, ma devo farti osservare che solo quando comprenderete la Mia Dottrina potrete diventare partecipi della Salvezza che oggi vi annuncerò dall’alto del Monte, poiché, anche se la Grazia scendesse a voi liberamente dal Cielo, ciò non sarebbe ancora sufficiente; infatti la Grazia non rimane se i suoi precetti non vengono confermati dalle opere. La stessa cosa accadrebbe se, seduto affamato sotto un albero carico di frutti, con il vento che ne scuote i rami facendone cadere quelli maturi, tu non ti dessi la briga di raccoglierne e di mangiarne. Ti sazierebbero essi?
14. Quindi non il solo udire, ma il mettere in pratica la Mia Dottrina vi darà il potere di essere partecipi della Salvezza, che viene a voi da Gerusalemme! Hai capito?»
15. Dice l’oratore: «Sì, o Signore! Perché solo Dio può parlare come Te!»
16. Dico Io: «Bene, se questo ti è chiaro, andiamo a colazione! Dopo ascolterai come ieri notte i qui presenti Irhaele e il medico Joram siano stati uniti da Me in matrimonio e benedetti. Perciò nessuno dovrà più scandalizzarsi di loro! Ora sedete e ristoratevi! Così sia!».
17. Allora la numerosa compagnia prende posto e comincia ad onorare la colazione consistente del miglior latte, pane e miele.
A Sichar – La colazione presso Irhaele – Il latte e il miele della Terra-Promessa sono i migliori del mondo! – Parole del saggio samaritano in lode al Creatore – Discorso del Signore su come l’uomo può divenire perfetto. «Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!». – Consigli sul modo di vivere. «Chi segue il Mio consiglio, farà bene!» –La vera Casa di Dio: la natura libera e l’anima umana – La predica sulla montagna.
(Matteo 5, 6-7)
1. Qui da voi una simile colazione non sarebbe considerata prelibata, ma nel paese dove secondo l’antico detto scorreva il latte e il miele, essa era considerata il migliore dei cibi. Infatti, nella Terra Promessa, particolarmente il miele era, ed è ancora oggi, il migliore di tutti, come pure il latte che vi si beve non è secondo a quello di nessun altro paese della Terra.
2. Dopo il pasto furono serviti dei frutti prelibati, tanto che molti ne rimasero ammirati e proruppero in esclamazioni di lode a Dio che aveva dato alla frutta un sapore così delizioso e all’ape l’istinto di succhiare dai fiori dei campi il dolcissimo miele, per portarlo nelle artistiche celle dell’alveare.
3. Uno dei samaritani, uomo sapiente, esclamò: «Mai saranno abbastanza onorate la Sapienza, l’Onnipotenza e la Bontà di Dio! La pioggia cade a terra, migliaia e migliaia di specie di piante, di erbe e di sterpi assimilano la stessa pioggia e le loro radici crescono nella medesima terra, eppure ogni specie ha un sapore diverso, un profumo diverso e una forma diversa! Ogni forma è bella e piacevole alla vista e non vi è nulla che cresca senza uno scopo preciso, nemmeno la più secca pianticella di muschio che cresce su una pietra!
4. E che dire degli animali che popolano la terra, le acque e l’aria! Quale molteplicità e quale varietà di forme e di attitudini! Dal moscerino all’elefante, dal piccolo insetto che passa la sua vita su una foglia all’indomabile Leviathan che può portare le montagne sul suo dorso e trastullarsi con i cedri del Libano! O Signore, quale Potenza, quale Forza e quale infinita profondità di Sapienza deve albergare in Dio, che traccia le vie del sole e della luna, che guida lo sterminato sciame di stelle, che custodisce il mare nelle sue profondità, che ha edificato le montagne sulla Terra e la Terra stessa con la Sua onnipotente Parola!»
5. Rispondo Io: «Certo, quanto hai appena detto è giusto e vero. Dio è immensamente buono ed infinitamente savio e giusto. Egli, se vuole operare, non ha bisogno del consiglio o della sapienza di nessuno. Ma Io voglio ancora aggiungere che l’uomo di questa Terra non è da meno, perché è chiamato a diventare perfetto, com’è perfetto il Padre che è nei Cieli!
6. Fino ad oggi una simile cosa era impossibile, perché lo scettro di questa Terra era retto dalla morte, ma d’ora innanzi ciò sarà reso possibile a chiunque, in modo serio, farà di tutto per vivere secondo la Mia Dottrina!
7. Io penso però che se il comandamento, piccolo in sé e facile da osservare, che Dio offre all’uomo, è quello che le sue azioni siano conformi ai Miei precetti, allora l’uomo non dovrebbe schivare alcun lavoro né alcuna fatica, pur di conseguire questa meta suprema!»
8. Dice il sommo sacerdote: «Certo, Signore, per raggiungere scopi così elevati, l’uomo deve avvalersi di mezzi anch’essi elevati! Ma chiunque desidera godersi la vista dall’alto di un monte deve, per prima cosa, intraprendere pazientemente l’ardua e faticosa salita. Ugualmente, chi vuole raccogliere, deve prima arare e seminare, e chiunque sa che può trarre guadagno da qualche affare, per prima cosa, nella sua impresa, deve correre dei rischi, poiché chi teme di osare per paura che possa mancargli il guadagno, quella è certamente una persona che non guadagnerà mai niente! Perciò, Signore, quando Tu ci avrai fatto conoscere le Tue vie, non ci sarà difficile raggiungere la meta che ci hai appena indicato, cioè quella di diventare perfetti come lo è il Padre che è in Cielo!»
9. Dico Io: «Certamente, ma Io aggiungo: “Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!”. Gli uomini però sono oppressi da carichi gravissimi e, malgrado le loro fatiche, finora non sono potuti arrivare molto lontano. Bisogna vedere quale sarà l’atteggiamento della loro fede, quando essi saranno chiamati ad abbandonare i vecchi e gravosi sistemi, per adottarne di più facili, che vanno al di là delle loro consuetudini. Non finiranno per dire: “Anche se ci siamo sacrificati e sforzati non abbiamo mai raggiunto nulla. Quale probabilità di riuscita avremo ora, se i nostri sforzi rassomigliano a quelli dei bambini che giocano?”
10. Perciò vi dico di spogliarvi dell’uomo vecchio nel quale vi trovate, così come si fa di un vecchio abito, per indossare quello nuovo! All’inizio ciò riuscirà faticoso, ma chi non si lascerà turbare da tali piccole ripugnanze e non ritornerà alle vecchie cose a cui si era assuefatto, questi giungerà alla perfezione di cui vi ho appena parlato.
11. Tenetevi pronti, è tempo che Io vada al monte. Chi Mi vuole seguire si metta in cammino! E tu, Matteo, vai a cercare ciò che ti occorre per scrivere! Ma non tardare, perché come vedi Io sono pronto a partire»
12. Dice Matteo: «Tu sai, o Signore, come io Ti segua con piacere! Però ora sono in pensiero, perché se vado a casa, cioè all’ufficio dove presto servizio di scrivano ed esattore della dogana al servizio dei romani, che come Tu sai si trova presso la barriera doganale principale della città, temo che troverò, come sempre, molto lavoro e che le guardie romane non consentiranno che mi allontani prima di aver compiuto il mio compito. Perciò sarebbe più opportuno poter trovare qui il materiale che mi è necessario oggi. Questa sera, poi, andrei a casa a prendere il mio che, come dissi, potrebbe bastare per due giorni, visto che i romani non me ne forniscono anticipatamente per più di tre giorni e che di solito non me ne avanza mai»
13. Dico Io: «Amico Mio, fai sempre solo ciò che Io ti dico e ne rimarrai soddisfatto. Dunque, vai pure a casa tua senza timore e stai sicuro che non troverai né lavori da sbrigare, né gente che ti attende alla barriera. Al ritorno non dimenticare di portare con te anche gli altri scribi, affinché le Mie parole siano trascritte più volte»
14. Dice Matteo: «Se le cose stanno così, vado subito!»
15. Dunque Matteo, il pubblicano, parte e, giunto in ufficio, trova che le cose che Io gli ho predetto sono vere. Si sbriga e dopo un po’ è di ritorno, conducendo con sé gli altri tre scribi. Quindi tutti noi, insieme agli ospiti che si trovano in casa, ci mettiamo in cammino verso il monte Garizim. Dopo un’ora di cammino, arrivati ai piedi del monte, il capo dei sacerdoti Mi chiede se è necessario che egli salga sul monte per aprire l’antica Casa di Dio.
16. Ma Io, indicandogli la campagna intorno a noi e la moltitudine che ci ha seguito, gli rispondo: «Vedi, amico, questa è la Casa di Dio più antica e più autentica; essa però era sul punto di crollare e per restaurarla, così come ho fatto con quella di Irhaele, è stato necessario che Io venissi qui! Ma per raggiungere lo scopo non ho bisogno della vecchia casa, basta questa campagna che ci è intorno. Inoltre qui ci sono diverse panche e tavoli che possono servire agli scrivani. Ora aprite gli orecchi, gli occhi e i vostri cuori e siate pronti, perché davanti ai vostri occhi si compirà ciò di cui ha profetizzato Isaia!»
17. Dice Matteo: «Signore, siamo pronti ad ascoltarTi!»
18. Qui ha inizio il ben noto Sermone della montagna, così come è scritto nel Capitolo 5, 6-7 del Vangelo di Matteo. In realtà, quella volta parlai lentamente a causa degli scrivani, per cui il Sermone durò circa tre ore.
A Sichar – Critica del Sermone della montagna fatta dai sacerdoti – Il capo dei sacerdoti, in maniera sincera, esprime i suoi dubbi riguardo al Sermone della montagna – Il Signore avverte di non soffermarsi sulle immagini, ma di cercare di penetrare lo spirito del Suo discorso!
1. Quando ebbi terminato di parlare, molti tra i presenti e specialmente i sacerdoti inorridirono, tanto che alcuni di essi esclamarono: «Chi potrà pervenire alla beatitudine? Pure noi, versati nelle Scritture, insegniamo giustamente e rettamente, così come fece Mosè, che dettò dall’alto del monte la Legge al popolo! Ma ciò è solo una benefica rugiada ed un dolce zeffiro, se paragonato a questa ferrea Dottrina e a questo Sermone esageratamente violento! È vero, contro tale Dottrina non troviamo niente da opporre, però ciò non toglie che essa sia troppo aspra e che sia difficile per chiunque metterla in pratica.
2. Come potremo infatti amare il nostro nemico? Come potremo rendere del bene a chi ci fa del male? Come potremo benedire quelli che ci odiano e che nella loro bocca non hanno che parole di ira e di odio contro di noi? E se qualcuno ci chiede qualcosa in prestito, non dovremmo invece far finta di non sentire e chiudere il nostro cuore se appare chiaro che non sarà mai in grado di ridarci ciò che gli abbiamo prestato? Quest’ultima poi è addirittura una sciocchezza! Infatti, se tutti i pigri di questo mondo avessero sentore di questa teoria, se ne andrebbero subito da chi è benestante e prenderebbero così tanto a prestito da ridurlo in miseria. Detto ciò, quando i ricchi, in questo modo molto spiccio, avessero dato a prestito tutti i loro averi ai poveri dai quali non c’è speranza di restituzione e diventassero a loro volta poveri, ci chiediamo: chi potrebbe avere un qualunque lavoro, e da chi i poveri potrebbero ottenere ancora qualcosa in prestito?
3. È evidente che l’osservanza di simili precetti, contrari in ogni senso alla natura delle istituzioni umane, avrebbe in breve tempo il risultato di ridurre il mondo nel più squallido deserto. E se il mondo fosse convertito in deserto, come potrebbero gli uomini ricevere una certa cultura, se contemporaneamente scompaiono anche gli istituti d’istruzione per mancanza di persone ricche, che possono fondarli e mantenerli?
4. In ogni caso di queste teorie non se ne può far nulla! I cattivi, nemici dei buoni e della loro causa, devono ricevere l’adeguata punizione e chi mi dà uno schiaffo, dovrebbe riceverne due di ritorno, affinché, per l’avvenire, gli passi la voglia di prendermi ancora a schiaffi! Riguardo a colui che malintenzionatamente prende a prestito da chiunque, è necessario che sia confinato in luogo sicuro e che gli venga inculcato l’amore per il lavoro, affinché possa, come ogni uomo laborioso, guadagnarsi il pane con il lavoro delle sue mani. Infine, chi è povero del tutto, chieda pure l’elemosina e questa non gli verrà negata! Questa legge è antica ma buona, perché è su tali basi che può sussistere un consorzio umano. Ma Costui, di Cui si dice che sia il Cristo, vuole darci delle leggi, che non possono essere applicate nella vita pratica e quindi non possono essere neanche accettate.
5. Inoltre, tralasciando il resto di cui non voglio parlare e che mi sembra irrazionale, che dire per esempio dell’automutilazione imposta nei casi che le proprie membra diano scandalo, e che pensare dell’ozio elevato a comandamento, secondo cui nessuno deve curarsi di nulla, ma cercare continuamente il Regno di Dio, mentre tutto il resto verrà dato dall’Alto? Sottoponiamo la cosa ad una prova di almeno un paio di mesi, così saremo certi se, rimanendo in ozio durante questo tempo, gli uomini possano vedere i pesci arrosto volare loro in bocca!
6. Poi mi domando ancora se vi possa essere qualcosa di più assurdo della mutilazione delle proprie membra, se queste diano scandalo. Supponiamo pure che qualcuno sia persuaso di ciò e prenda un’accetta ben affilata con la mano destra, tagli e getti via la mano sinistra: vorrei sapere come farebbe costui se anche la mano destra provocasse scandalo - con che cosa si taglierà anche la destra? E come potrà, senza mani, strapparsi gli occhi ed infine recidersi eventualmente anche i piedi, se un bel giorno divenissero anch’essi oggetto di scandalo? Per carità! Alla larga da simili dottrine! Non sono valide per un coccodrillo, figuriamoci per un uomo! D’altra parte, se si osservano le conseguenze, poco attinenti tra loro, si può affermare con certezza che tutto ciò non è altro che il risultato dell’evoluzione di un antico fanatismo giudaico!
7. Quando anche con simili argomenti venissero tutti gli angeli del Cielo ad insegnare agli uomini come si può fare a conseguire la vita eterna e a guadagnarsi il Cielo, sono dell’opinione che la cosa migliore sarebbe quella di rimandare questi stupidi maestri a casa loro a suon di legnate, con la raccomandazione di godersi da soli il loro stupido Cielo! E guardate ancora l’incoerenza! Egli trova ingiusta e crudele la legge: “Occhio per occhio, dente per dente!”. Egli predica la più grande dolcezza e tolleranza, apre perfino la porta ad ogni ladro quando dice: “A chi ti prende la giacca, dai anche il tuo mantello”. Davvero una bella dottrina! In compenso però gli uomini dovrebbero da se stessi strapparsi gli occhi e tagliarsi mani e piedi! Obbligatissimo! Chi di voi ha mai sentito stupidaggini più grossolane di queste?»
8. A questo punto, il capo dei sacerdoti si avvicina a Me e dice: «Maestro! Le Tue azioni provano che puoi di più di un semplice uomo. Ma se Tu possiedi la capacità di pensare logicamente, cosa di cui non dubito avendoTi sentito parlare saggiamente in casa di Irhaele, dovresti ritrattare alcune parti assolutamente non pratiche del Tuo Sermone! Altrimenti, nonostante le Tue opere siano degne di un vero Messia, saremmo costretti a considerarTi come un mago fanatico, educato alla scuola di qualche antica setta egiziana, e come falso messia dovremmo farTi cacciare da qui!
9. Se consideri un po’ più da vicino questa Tua violenta Dottrina, Tu stesso dovrai convenire con me che i principi per conseguire la vita eterna da Te proclamati sono del tutto inapplicabili e nessuno potrà mai conformarvisi! Infatti, se è solo questa la condizione per meritare il Cielo, non troverai nemmeno un uomo disposto a fare un simile tentativo! Inoltre, se le cose stessero veramente così, sarebbe meglio non essere mai nati, piuttosto di dover aspirare ad un Cielo al quale non si accede che mutilati! Dimmi, con sincerità, se sei d’accordo con me, oppure se continui a sostenere la Tua Dottrina così come ce l’hai annunciata!»
10. Dico Io: «Tu sei il capo di questi sacerdoti, eppure sei più cieco di una talpa che vive sottoterra. Che cosa si deve dunque pensare o attendersi dagli altri? Io vi ho dato delle immagini, dei simboli, ma voi ne avete intravista la sola scorza materiale, che minaccia di soffocarvi. Sembra che non abbiate alcuna idea dello spirito contenuto in queste immagini.
11. CrediMi, anche noi siamo saggi come credete di esserlo voi, e sappiamo molto bene se è veramente utile che un uomo debba mutilarsi per raggiungere la vita eterna! Ma sappiamo pure che voi non comprendete lo spirito di questa Dottrina e che non lo comprenderete ancora per molto tempo! Non per questo però ritratteremo le nostre parole. Tu hai orecchie, ma non odono ciò che è giusto, come pure hai occhi, ma essi sono spiritualmente ciechi, perciò, pur avendo occhi ed orecchie aperti, tu non vedi né odi nulla!».
A Sichar. Continuazione della critica del capo dei sacerdoti in relazione alla dura Dottrina del Signore. La Dottrina paragonata alla brocca d’acqua, che rimane chiusa all’assetato. Logica pratica della intelligenza umana. Pazienza usata dal Signore verso il sacerdote leale, che continua a criticare i punti del Sermone della montagna che gli sembrano irrealizzabili. Il Signore invita il capo dei sacerdoti a recarsi da Natanaele, per esserne illuminato.
1. Replica il sacerdote: «Sì, sì, Tu avrai senza dubbio ragione anche in questo, ma adesso non voglio né posso discutere con Te intorno a quanto di spirituale c’è celato dietro le immagini ed i simboli di cui è ricco il Tuo Sermone. Devi però convenire che, se per esempio volessi predicare una dottrina a qualcuno, desiderando che egli, in qualità di discepolo, la comprendesse e la mettesse in pratica, dovrei farlo in modo tale che il mio insegnamento venisse capito secondo tutto il suo sentire spirituale. E quando mi fossi convinto che il mio discepolo abbia ormai pienamente afferrato lo spirito dell’interiore verità, allora soltanto potrei, con tutta ragione, esigere da lui che conformasse anche le sue azioni alla mia dottrina.
2. Ora, se nel dare insegnamenti volessi usare simili figure simboliche, che così rappresentate sono difficili da decifrare e se, di conseguenza, il mio discepolo mi domandasse: “Com’è da intendere che io debba togliermi la vita per guadagnare la vita, oppure che debba uccidermi e dopo morto risuscitare a nuova ed eterna vita?”. – Allora gli risponderei: “Ecco, amico mio, come sono da intendere: poiché tra queste figure simboliche e la verità in esse contenuta c’è una rispondenza spirituale, non devi conformare la tua vita ai principi suggeriti dalla forma esteriore di queste figure ma secondo questa rispondenza!”
3. Ecco, o Maestro, quando avrò chiarito tutto ciò al mio discepolo, egli sarà in grado di comprenderlo e, come ho già detto, avrò nello stesso tempo il diritto di chiedere a lui che da oggi in poi operi secondo lo spirito di verità della mia dottrina! Ma potrò mai volere da lui, senza che mi si consideri pazzo, l’osservanza pratica della mia dottrina, così come in tutta la sua durezza gli viene presentata? E se io pretendessi davvero una simile cosa dal mio discepolo, non mi comporterei, di fronte ad ogni essere pensante, come una persona che versa da bere dell’acqua in una brocca e poi la chiude completamente? E che, incontrando poi un assetato che gli chiede da bere, gli porga la brocca chiusa dicendo: “Ecco qui la brocca, bevi!”. Quel tale proverebbe allora a bere, ma non trovando alcuna apertura direbbe: “Come posso bere, se la brocca è chiusa da ogni parte?”. E inoltre, se il padrone dell’acqua gli rispondesse: “Se tu sei cieco e non riesci a trovare l’apertura, ingoia allora la brocca intera, così sarai certo di ingoiare anche l’acqua!”.
4. Pertanto, o Maestro, Tu che sei buono e saggio, dimmi: “Che cosa dovrebbe rispondere l’assetato ad un simile donatore d’acqua?”. Io credo che l’assetato avrebbe mille ragioni di dargli del pazzo.
5. Con questo non sostengo che anche Tu sia pazzo; però, quando dici che per la nostra cecità e sordità spirituale non possiamo né vedere né scorgere lo spirito della Tua Dottrina, questo insegnamento diventa precisamente come l’acqua contenuta in una brocca chiusa. Così se qualcuno ha sete, deve necessariamente mandare giù anche la brocca per avere l’acqua! Una pretesa questa che solo un profeta sfuggito a qualche manicomio potrebbe formulare! Prendila come vuoi, ma finché non dai i necessari chiarimenti a questa Dottrina, che in verità contiene dei punti buoni e veri, devo rimanere del mio parere, e con me anche coloro che sanno guardare un po’ più profondamente! Infatti non potrai convincerci che, per seguire i Tuoi insegnamenti, saremo obbligati a tagliarci mani e piedi e a strapparci gli occhi! Ugualmente continueremo a lavorare come prima per procurarci il pane con il sudore della fronte, e chiunque deliberatamente vorrà farci del male non vogliamo che sfugga al giusto castigo!
6. Così pure non correremo dietro al ladro che ci ruberà la giacca, per dargli il mantello, ma tenteremo di catturare il ladro per buttarlo in prigione, dove avrà tutto il tempo per pentirsi della sua azione malvagia e per migliorare la sua vita! Se veramente Tu sei un uomo saggio, proveniente da Dio, sarai certamente compenetrato dalla santa necessità di mantenere in vigore la Legge mosaica che Dio stesso, tra tuoni e fulmini, ha dettato al popolo d’Israele nel deserto! Intendi forse, con la Tua Dottrina, abolire la Legge? Così facendo non potrai però giustificarTi davanti a Jehova!»
7. Dico Io: «Io sono dell’opinione che il legislatore ha la facoltà sia di lasciare in vigore la Legge e di adempierla lui stesso in spirito e verità, sia, sotto certe condizioni, di abolirla del tutto!»
8. Dice il sacerdote: «Ciò che hai detto ora suona molto strano nella Tua bocca! Questa mattina avrei onorato un discorso simile dalla Tua bocca, perché ero seriamente disposto a vederTi come il Messia promesso! Ma ora, dopo che ci hai esposto il Tuo insegnamento, ai miei occhi sembri un pazzo che voglia propinarci le sue idee come uno affetto da una fissazione, spacciandole come manifestazione della Sapienza del Messia. Parlaci dunque più esplicitamente e spiegaci qualcosa di questa dura Dottrina, la quale, senza sufficienti chiarimenti, non potrà mai essere né compresa, né, di conseguenza, essere messa in pratica!»
9. Dico Io: “Parla dunque e dimMi cosa ti sconcerta di più della Mia Dottrina! Io sono pronto a darti dei chiarimenti!»
10. Dice il sacerdote: «Te l’ho già detto e ripetuto più volte. Ma affinché Tu possa constatare che sono una persona equa e moderata, Ti dirò che reputo buoni, savi e degni di essere di guida nella vita tutti gli altri punti del Tuo insegnamento, ma non riesco a mandare giù quel strapparsi gli occhi e tagliarsi le mani e i piedi! Rifletti un po’ anche Tu: “È possibile che qualcuno decida di strapparsi un occhio? E la persona che reciderà da sé la mano, oppure il piede, non si dissanguerà in pochi minuti e morirà?”. Infatti, una volta morto, che bene ne avrà?
11. Ecco, questo è l’aspetto più inverosimile della Tua Dottrina che, ragionevolmente, non potrà mai essere messo in atto. E anche se tra gli uomini vi fosse un folle che volesse mettere in pratica simili principi, non diventerebbe migliore, perché, pur ammettendo che riuscisse a sfuggire alla morte, non potrà sicuramente lodare Dio, considerando il misero stato in cui si troverà avendo seguito una dottrina che gli fu indicata come proveniente da Dio. D’altra parte se egli muore, com’è probabile, allora con Davide esclamerà: “Signore! Chi Ti loderà da morto e chi Ti glorificherà dalla tomba?”. Almeno spiegaci questo punto con più chiarezza. Quanto al resto, siamo disposti a credere che sia una Dottrina umanitaria, spinta però all’estremo!»
12. Io gli dico: «D’accordo, la tua domanda è giustificata ed Io in verità ti dico: “Dopo Samuele, tra tutti i sacerdoti tu sei il più saggio”. Infatti il tuo cuore è buono, e non rigetti la Mia Dottrina per principio, ma vuoi che ti sia più chiara. Io voglio perciò illuminarti, però non direttamente, ma per bocca di uno dei Miei discepoli! Rivolgiti dunque ad uno di loro, affinché ti persuada che la Mia Dottrina è attualmente già compresa dagli uomini anche senza l’aiuto delle Mie spiegazioni!».
A Sichar. Natanaele spiega, in maniera chiara ma aspra, il punto del Sermone della montagna che scandalizza l’intelligenza dell’uomo
Il Messia insegna mediante parabole – Corrispondenza tra naturale e spirituale – Come si arriva alla comprensione dello spirituale – Differenza tra la Parola divina e quella umana – Scopo della vita di prova nella carne – Consigli di vita illustrati – Pericoli dell’amore al mondo – Avvertenza ai critici
1. Allora il sacerdote si avvicina a Natanaele e gli dice: «Seguendo il consiglio del vostro Maestro, tra i tanti, interpello te per essere illuminato riguardo al punto più difficile del Suo insegnamento. Ti prego però di usare solo parole chiare e precise, poiché la nebbia sulla nebbia non rischiara la stanza! Parla dunque!»
2. Natanaele dice: «Siete d’animo così chiuso da non riuscire a comprendere nel suo vero senso una Dottrina espressa in modo così chiaro? Non hanno predetto quasi tutti i profeti del Cristo che Egli avrebbe aperto la Sua bocca solo in parabole e non avrebbe parlato con gli uomini se non in parabole?»
3. Dice il sommo sacerdote: «Certo, hai ragione, poiché così sta scritto»
4. Prosegue Natanaele: «Allora, dato che tu sai questo, quale esperto nelle Scritture, perché tratti il Signore da pazzo, quando Egli, come sta scritto, “apre la Sua bocca in parabole, per la cui comprensione tu puoi chiedere al Signore una luce?”. Ma perché tratti il Signore da pazzo se il Suo discorso in parabole ti risulta incomprensibile per il fatto che tu stesso non comprendi niente delle cose divine?»
5. Vedi, le cose della natura sono sottomesse ad un ordine, ed è solo nel loro ordine che esse possono sussistere. Similmente anche sulle cose spirituali impera un loro ordine notevolmente caratteristico, fuori del quale non possono sussistere, né possono venire ideate o pronunciate. Tuttavia, tra le cose della natura e le cose dello spirito, essendo quelle derivate da queste, c’è una precisa rispondenza conosciuta in tutta la sua profondità solo dal Signore.
6. Dunque, quando il Signore parla di cose spirituali a noi, che senza riserva ci troviamo ancora chiusi entro i rigidi limiti dell’ordinamento naturale, Egli non può fare ciò se non attraverso le corrispondenti figure della parabola. Per comprenderle bene dobbiamo risvegliare il nostro spirito, osservando i comandamenti di Dio. Appena saremo risvegliati, comprenderemo con più chiarezza che cosa il Signore abbia voluto dire e rivelare attraverso le corrispondenti figure simboliche. È in questo che la Sua divina Parola si distinguerà, eternamente, dalla nostra parola umana.
7. Ma attenzione! Quello che per l’uomo naturale è l’occhio, esso, nel mondo dello spirito, corrisponde alla facoltà di percezione delle cose divine e celesti, che si riferiscono all’essenza dell’essere spirituale per la sua beatissima esistenza eterna.
8. Però, a causa dell’indispensabile ed immutabile Ordinamento divino, è necessario che lo spirito si incarni, per un certo tempo, nella materia di questo mondo, affinché si rafforzi nella sua libertà e nella sua indipendenza, quasi totale, da Dio. Infatti, senza queste, esso non giungerebbe mai alla visione di Dio, tantomeno potrebbe sussistere in Dio, accanto a Dio ed insieme a Dio - (Durante questo periodo di maturazione dello spirito nella materia, cioè mentre è chiamato a rafforzarsi nella libertà e nell’indipendenza da Dio, lo spirito si trova esposto all’inevitabile pericolo di essere inghiottito dalla materia e di venire ucciso con essa. Il risveglio da questa morte alla vita in Dio è, e deve essere, estremamente difficile e tormentato) -, ed per questo che il Signore, riferendosi non all’uomo carnale ma a quello spirituale, ha detto: “Se il tuo occhio ti reca scandalo, strappalo e gettalo lontano da te, poiché è meglio entrare con un solo occhio nel Cielo che finire all’Inferno con tutti e due!”. In altre parole, questo significa: se la luce del mondo ti seduce troppo, fatti violenza e rivolgi la faccia lontano da questa luce, che tende a spingerti nella morte della materia! Quale spirito, allontana da te stesso il vano godimento del contemplare il mondo e volgi le aspirazioni della tua anima esclusivamente alle cose celesti! Infatti, è meglio entrare nel Regno della vita eterna senza alcuna cognizione umana, anziché pervenire nell’aldilà pieno di cognizioni mondane ed inabissarsi così nella morte della materia!
9. Quando il Signore parla degli occhi, delle mani e dei piedi, Egli non vuole intendere i due occhi, le due mani e i due piedi del corpo, ma si riferisce alla doppia facoltà dello spirito, cioè alle facoltà di percepire, di agire e progredire. Quindi Egli ammonisce non la carne priva di vita, ma solo lo spirito, che non deve occuparsi del mondo quando si accorge che l’attrazione di quest’ultimo comincia a sedurlo. In tal caso, infatti, è meglio entrare nella vita eterna privo di scienza mondana, anziché condividere, ricco di tale scienza, la sorte del mondo, cui sovrasta il necessario giudizio.
10. Lo spirito deve invece osservare il mondo per ricavarne degli insegnamenti, però non deve compiacersi in esso! Se si accorge che gli stimoli del mondo tentano di sedurlo, deve subito sottrarsi a tali lacci, perché il pericolo comincia a farsi decisamente minaccioso! Ecco, è dunque questo necessario distacco dal mondo che viene espresso nella corrispondente immagine dello strapparsi gli occhi. E Colui che riesce a proporci un’immagine così ben raffigurata, deve sicuramente essere profondamente versato in tutte le relazioni spirituali e materiali dell’uomo, che, secondo me, è possibile soltanto a Colui, attraverso la Cui Forza, Amore e Sapienza è stata creata ogni cosa spirituale e materiale! Penso che tu ora mi abbia ben compreso e che sia in grado di percepire quanto gravemente hai peccato contro Colui che tiene nella Sua onnipotente mano la tua vita e la vita di tutti quanti noi!».
A Sichar – Natanaele spiega le ragioni per cui il Signore si esprime in parabole – Ulteriori chiarimenti riguardo al Sermone della montagna – Importanti consigli di vita.
1. A queste parole, il sacerdote e molti altri con lui che hanno ascoltato, si stupiscono enormemente ed egli, dopo aver riflettuto un po’, dice: «Sì, certo, ora tutto mi è chiaro! Tuttavia, perché il Signore non ha usato fin dall’inizio un linguaggio intelligibile come il tuo? Se così fosse stato, non sarei certamente incorso in questo errore!»
2. Dice Natanaele: «Se un ragazzo di sette anni mi facesse questa domanda, non me ne stupirei, ma tu non sei forse uno dei personaggi più colti di questo luogo?
3. Perché non chiedi addirittura al Signore perché ha messo nei granelli di semente, che nulla lasciano trasparire, la facoltà illimitata di formazione e di sviluppo degli alberi che sorgono da essi? Non sarebbe stato meglio, invece, se Egli avesse fatto piovere dal cielo i frutti, già maturi, nelle braccia dell’uomo? A che scopo il monotono processo di sviluppo dell’albero dalla semente e, di conseguenza, la lunga attesa fino alla maturazione del frutto? Vedi, vedi quanto sei ancora debole di intelletto!
4. La Parola e la Dottrina del Signore corrispondono perfettamente a tutte le Sue Opere. Egli ci presenta la Sua Dottrina racchiusa come in un involucro, così come avviene del germe nella semente; noi dobbiamo, per prima cosa, spargere tale semente nel terreno del nostro spirito, chiamato Amore, poi dalla semente sorgerà l’albero della vera conoscenza di Dio e di noi stessi; così, al momento opportuno, ci sarà dato di raccogliere da quest’albero frutti di vita eterna molto maturi.
5. Però ci vuole prima l’Amore, perché senza Amore nessun frutto dello spirito può prosperare! Prova a seminare del grano nell’aria e vedrai se potrà crescere e dare frutto! Ma se tu pianterai il seme di frumento in un buon terreno, esso crescerà e ti darà il frutto molte volte. Ora, il vero Amore è sicuramente il terreno più propizio per seminarvi il grano spirituale, che il Signore ci donerà tramite la Sua bocca.
6. È per questo che il Signore ha ormai soppresso per voi tutti la dura legge mosaica del castigo, affinché possiate diventare prestissimo, nei vostri cuori, ricchi di buon terreno. Infatti, chi condanna secondo la legge, o ha poco amore o non ne ha affatto; in lui il Seme della divina Parola prospererà molto difficilmente! D’altra parte, colui che viene condannato è senz’altro già soggetto al giudizio, nel quale non vi è alcun amore, poiché il giudizio è la morte dell’amore.
7. Perciò è meglio per voi che non vi occupiate subito degli errori del prossimo, ma siate invece indulgenti e pazienti! E se nella loro debolezza quelli pretendono qualcosa da voi, non negatela loro; infatti è così che si accresce l’amore in voi e nei vostri fratelli più deboli! Allora, quando nel vostro cuore e in quello dei vostri fratelli abbonderà questo amore, vedrete la divina Semente germogliare in voi, e i deboli, divenuti a loro volta forti, vi verranno incontro e vi offriranno il loro amore, contraccambiandovi così il bene che avete fatto loro quando ancora erano deboli.
8. Ma se siete meschini e duri nei confronti dei vostri fratelli più deboli, in voi non potrà mai albergare il vero timore di Dio, anzi il giudizio dei deboli porterà anche voi alla perdizione.
9. Quando il Signore afferma: “A chi ti prende la tonaca, dai anche il mantello!”, Egli con ciò vuole dire che, se siete ricchi e possedete molti beni, quando i poveri vengono da voi, dovete elargire molto e in abbondanza! Così facendo, in breve tempo, diventerete ricchi di buon terreno nei vostri cuori e, coscienti di essere in possesso di un tale tesoro, voi sarete felici ed i poveri vi benediranno con sincerità, perché udranno risuonare, dal vostro al loro cuore, la Predica operante del vero Vangelo di Dio, e da essa stessa essi diventeranno fortemente il vostro sostegno eterno! Ma se voi invece sarete parchi nel donare e terrete conto del quando e del quanto donate, con ciò non sarete di vantaggio né a voi né ai vostri fratelli poveri, e questi ultimi non potranno mai esservi di sostegno».
Ulteriori domande del sacerdote sulla rispondenza delle parabole simboliche del Sermone della montagna
Spiegazione di “occhio destro” e “mano sinistra” da parte di Natanaele – Ringraziamenti di colui che ha ricevuto l’insegnamento
1. Dopo aver seguito con estremo interesse questo discorso, il sacerdote dice: «Ora tutto mi sembra plausibile e credo di avere pressappoco compreso quello che mi hai detto. Solo una cosa devo ancora farti osservare, cioè che il Maestro, quando ha parlato dello “strapparsi gli occhi” e del “tagliarsi le mani”, si è in realtà riferito solo all’occhio destro e alla mano destra. Comunque nel mio esagerato zelo indagatore, ho chiesto anche dei piedi ed ecco che tu, spiegando poco prima la questione, hai attribuito al taglio dei piedi l’identico significato dato alla mano e all’occhio, dei quali, se ben ricordo, pure il Signore ha parlato. Tu però hai anche detto che soltanto nella Parola che il Signore rivolge allo spirito dell’uomo, vi è rispondenza. Com’è possibile dunque che ravvisi una rispondenza anche in quello che io ho aggiunto?»
2. Risponde Natanaele: «Tu t’inganni! Il Signore ha parlato anche del piede destro; solo che Egli ha fatto cenno ai Suoi scribi di omettere questo passo. Infatti, coloro che hanno già rivolto al Cielo l’occhio interiore dello spirito e che hanno reso operante, secondo i voleri di Dio, la loro volontà d’amore, che corrisponde alla mano sinistra - e si riferisce alla mano del cuore - e che si sono con ciò sbarazzati anche del loro braccio destro o della loro mano destra - che raffigura l’impulso all’attività puramente mondana -, costoro, dico, non è più necessario che taglino anche il loro piede destro. Infatti, quando l’occhio spazia nella vera luce e quando la mano, o meglio ancora la volontà, opera nel suo autentico campo d’azione, allora il progresso, nelle regioni della vita eterna, si innesca logicamente da sé. In altre parole è logico che, adempiute queste due condizioni, la rinuncia ai progressi nel mondo, simboleggiata dal taglio del piede destro, avvenga da sola, senza bisogno di ulteriori sforzi particolari.
3. Però voi samaritani potete cominciare dal piede, poiché, sebbene il vostro occhio adesso cominci a scrutare le cose divine e le vostre mani siano ugualmente disposte ad operare secondo giustizia e verità, il vostro piede, cioè la vostra brama di progresso, tende ancora a spingervi sulle vie del mondo! Voi vi attendete dal Messia tutt’altra cosa di quello che tutti i Profeti vi hanno annunciato di Lui! E questo, spiritualmente parlando, è il vostro piede destro, che dovete recidere se volete procedere per la vera Via che conduce al Regno di Dio. È per questo motivo che il Signore vi ha parlato del solo piede destro e non volle che ciò venisse scritto, poiché i futuri seguaci della Dottrina del Signore conosceranno, con certezza, dove si trova e in che cosa consiste il Regno del Messia e che cosa bisogna fare per potervi accedere. Hai per caso ancora qualche obiezione da fare?»
4. Dice il sacerdote: «Adesso, relativamente alla luce che ho, mi è tutto chiaro, tuttavia, malgrado la mia intelligenza, devo aggiungere che la vostra Dottrina, così come viene esposta, rimane pur sempre una Dottrina dura e difficile da comprendersi. Vedrete, vi accadrà di imbattervi in persone che ne rimarranno scandalizzate!
5. Non voglio, con questo, fare il cattivo profeta, ma non posso nascondervi che, con tale Dottrina, non riuscirete ad ottenere dagli orgogliosi ebrei quello che, malgrado la nostra multiforme stoltezza, avete ottenuto da noi. Sia pure come in un sogno, noi adesso crediamo, ma i superbi ebrei non vi crederanno! Essi pretenderanno da voi dei miracoli e, alla fine, vi perseguiteranno per questi stessi segni; al contrario, noi non abbiamo preteso da voi nessun miracolo, anche se voi li avete operati volontariamente.
6. Adesso però non vi crediamo a causa dei miracoli e dei segni, che anche gli uomini potrebbero in parte produrre, ma esclusivamente per l’insegnamento che ci avete appena trasmesso! Rimanete dunque con noi, perché con gli orgogliosi ebrei e i greci non vi è speranza di concludere favorevoli operazioni».
A Sichar. La modestia di Natanaele. La sua ammirabile confessione apostolica. «Colui che non abbandona tutto ciò che possiede per amore del Signore, non è degno di Lui!». Desiderio del sacerdote di seguire il Signore, e la sua preoccupazione per il benessere del suo gregge.
1. Dice Natanaele: «Fin qui il mio compito è stato quello di ragionare con te; da questo momento, invece, tutto è rimesso nelle mani del Signore. Quello che Egli vuole, anche noi lo vorremo e lo faremo. Sappi che, spiritualmente, noi siamo ancora molto poveri, dobbiamo quindi rimanere insieme a Lui per poter entrare nel Regno dei Cieli. Desideriamo perciò sopportare con Lui ogni dolore ed ogni persecuzione affinché possiamo trovare accanto a Lui ed in Lui il vero conforto. Nel Suo Nome, vogliamo essere anche mansueti in tutti i nostri pensieri, giudizi, desideri, brame ed azioni, per poter diventare veramente possessori del vero terreno, che è il puro amore di Dio nei nostri cuori.
2. Noi non vogliamo affatto evitare i luoghi dove regna l’ingiustizia e la durezza di cuore. Anche se affamati ed assetati di vera giustizia, non avremo forse vicino Colui che solo può veramente saziarci in eterno!
3. Anzi, noi vogliamo essere misericordiosi con chiunque agisca onestamente oppure no con noi per essere considerati degni, davanti agli occhi del Signore, della grande Misericordia di Dio!
4. Così vogliamo pure, per quanto possibile, qui come in ogni luogo, preservare i nostri cuori da qualsiasi impurità, perché il Signore non si distolga da noi quando volgiamo il nostro sguardo verso di Lui. Infatti, con un cuore impuro non ci si può avvicinare a Dio, né contemplare in spirito e verità il Suo Volto e la meravigliosa pienezza delle Sue Opere!
5. Ora, se siamo puri di cuore, dobbiamo essere pacifici, pazienti e mansueti con tutti, poiché un cuore irritato non è mai puro, dato che l’ira germoglia sempre nel terreno dell’orgoglio. Dunque, solo se siamo pacifici di cuore, potremo fiduciosamente avvicinarci, quali figli, a Colui che ci ha dato l’opportunità di diventare figli di Dio e ci ha insegnato a pregare Dio come nostro proprio Padre.
6. E se, come pensate, saremo perseguitati in altri luoghi e paesi per la nostra giusta e sacrosanta causa, questo, amico mio, non ci preoccupa, poiché siamo ricompensati dal fatto che siamo sempre vicini a Lui e, per mezzo di Lui, vicini al Cielo dei cieli! È questo che ci rende beati già qui, sommamente beati, sia che gli uomini ci amino, sia che ci detestino e perseguitino a causa Sua. Egli soltanto è il Signore di tutto e di tutti! E come i Cieli obbediscono e sono sempre pronti ad ogni Suo comando, cosa di cui ci siamo convinti, sia ieri che in precedenza, così anche noi vogliamo servirLo sopra ogni cosa, perché per noi anche solo questo fatto costituisce il più grande premio e l’onore più ambito! Dunque non preoccuparti per noi, perché sappiamo quello che stiamo facendo!»
7. Fortemente meravigliato da queste parole piene di convinzione, il sacerdote dice allora a Natanaele: «In verità, se non fossi indispensabile e non avessi qui moglie, figli ed altro ancora, anch’io verrei con voi!»
8. Osserva Natanaele: «Anche noi abbiamo abbandonato moglie, figli e i nostri beni, per seguire Lui, eppure le nostre mogli e i nostri figli continuano comunque a vivere! Ascolta la mia opinione intorno a ciò: chi non ha la forza di abbandonare per amore a Lui tutto ciò che è mondano, non è degno della Sua Grazia! Ti dispiaccia o meno, la situazione è questa! Infatti, quello che ti ho detto me lo ha dettato il cuore; e nel cuore risiede ogni verità, purché in esso si sia compiuto il risveglio dello spirito al pensiero vivente in Dio. Non è Lui che ha bisogno di noi, siamo invece noi ad avere bisogno di Lui.
9. Lo hai mai aiutato a far sorgere l’immenso sole sul vasto orizzonte e a fargli irradiare la sua luce celeste sulla vasta distesa terrestre? Oppure, hai mai visto come il Signore imprigiona i venti, domina il lampo e il tuono e custodisce il mare nelle sue profondità? Chi può affermare di essere stato di aiuto al Signore in qualche cosa? Se è così, come può, colui che il Signore chiama perché Lo segua, pensare ancora alla moglie, ai figli e ai propri beni e come può non seguire completamente il Signore di ogni Vita, di ogni Cielo e di ogni mondo? Lui, che abbiamo atteso con speranza per così lungo tempo e che ora è venuto così come hanno profetizzato tutti i Profeti e i patriarchi?»
10. Dice allora il sacerdote: «Se non fosse per la carica di capo dei sacerdoti che ricopro, anch’io farei quello che avete fatto voi! Ma in qualità di sommo sacerdote, e dal momento che, come vi ho sentito dire, non vi fermerete con noi più di un altro giorno, è necessario che rimanga qui, a causa di questo popolo ancora debole di fede. Essi hanno bisogno di me, come gli occhi per vedere. Quindi ti sarai reso conto che non mi trattengo qui solo per moglie, figli e beni, quanto piuttosto per tentare di sostenere questi deboli nella fede, i quali non sono in grado di abbandonare del tutto le idee, in essi radicate, riguardo alla Natura del Messia e allo scopo della Sua venuta sulla Terra. Sarà un’aspra impresa! Ma che ci posso fare?
11. Personalmente sono ormai fermamente convinto che il vostro Maestro sia il Messia promesso, ma gli altri? Non ti sei accorto come, durante il Sermone, molti se ne siano andati? Questi sono scandalizzati e del tutto increduli, e ora si daranno da fare per diffondere la loro incredulità. E anche tra le numerose persone che sono rimaste qui e che ieri erano piene di fede, ce ne sono, ora, di nuovamente assillate dai dubbi e non sanno in che cosa dover credere!
12. Puoi dunque immaginarti quale sia il lavoro cui vado incontro con questa gente, dalla quale ero, fino a questo momento, tenuto come una specie di oracolo! Così, se non li converto, rimarranno fino alla fine del mondo quello che sono ora e non quello che dovrebbero essere! Ecco qual è il motivo principale per cui sono costretto a restarmene qui, sperando che il Signore non ne sia sdegnato! Infatti, anche se fisicamente non sto vicino a Lui, potrò esserGli accanto con lo spirito. Nello stesso tempo, in questo posto, cercherò di essere un fedele servitore e un pastore del Suo gregge, aderendo interamente agli insegnamenti che Egli ci ha dato. Penso che il Signore approverà questa mia decisione!»
13. Allora intervengo Io e dico: «Sicuramente, la tua decisione Mi sembra molto ragionevole e tu hai parlato rettamente! In verità, in questa tua comunità, tu Mi rappresenterai e resterai qui come un attivo ed esperto lavoratore ed un giorno la tua ricompensa sarà grande nel Cielo! Ma adesso si è fatta sera, rincasiamo dunque! Così sia!».
14. Con queste parole ci alzammo tutti insieme, cominciammo a scendere dal monte e ci dirigemmo verso casa. La folla, che era rimasta lì con noi, era ancora molto numerosa, anche se alcune persone erano andate via, piene di incredulità e di collera, prima che Io avessi terminato il Sermone.
A Sichar. Guarigione del lebbroso in conformità alla sua preghiera: «Signore, se Tu vuoi puoi mondarmi!». Buon esito di questo miracolo. Entusiasmo ed iniziativa del sommo sacerdote. Consigli del Signore per essere moderati in ogni cosa.
1. Come abbiamo accennato in precedenza, noi non eravamo saliti sulla parte più elevata del monte, ma ci eravamo fermati invece molto più in basso, sulle prime balze, dove il terreno era più ampio e più adatto ad ospitare il numeroso popolo che Mi aveva seguito dalla città. Inoltre, tra i venuti c’erano anche molte persone vecchie e deboli che, per il molto caldo, difficilmente avrebbero potuto raggiungere la cima del monte. Tuttavia ci eravamo fermati piuttosto in alto e nel discendere la moltitudine dovette procedere alquanto a rilento, perché la debole luce crepuscolare rendeva difficile mantenersi sul giusto sentiero, specie ai deboli di vista.
2. Scendemmo dunque prudentemente e raggiunto il piano, incontrammo sulla strada un uomo ricoperto di lebbra. Quel poveretto, appena ci vide, si alzò subito e, avvicinandosi a Me, con voce lamentevole esclamò: «O Signore, se Tu volessi, potresti mondarmi!». Allora, distesa la Mia mano su di lui, dissi: «Sì, lo voglio. Sii risanato!». Come terminai di parlare, il malato si trovò subito guarito dalla lebbra e tutte le purulente vesciche e le eruzioni squamose, che ricoprivano la sua pelle, scomparvero immediatamente. La malattia, che aveva travagliato quell’uomo, era, nel suo genere, di natura maligna; tanto che nessun medico era stato, fino a quel momento, capace di curarla. Perciò il popolo fu invaso da grande stupore nel vedere con che rapidità si era compiuta quella guarigione.
3. Mentre l’uomo, così guarito, si accingeva a ringraziarMi e a glorificarMi ad alta voce, lo feci tacere e gli dissi: «Per adesso, guardati dal parlarne a chicchessia, tranne che al capo dei sacerdoti! Ora va’ e presentati a lui, egli ci segue insieme ai Miei discepoli! Quando avrà constatato che sei guarito, ritorna a casa tua, prendi l’offerta e sacrificala sull’altare, così come aveva ordinato Mosè!»
4. Allora quell’uomo fece subito quanto gli avevo ordinato. Quando il sacerdote lo vide, fu meravigliato oltre ogni dire ed esclamò: «In verità, se un medico avesse detto che avrebbe guarito quell’uomo, gli avrei riso in faccia e gli avrei detto: “Specie di pazzo! Va’ sulle rive dell’Eufrate e prova a svuotare quel fiume! Per ogni secchio che avrai attinto, esso in un baleno te ne invierà altri centomila; tuttavia ti sarà più facile prosciugare l’Eufrate che guarire quest’uomo, le cui carni sono già quasi in putrefazione!”, mentre Colui che abbiamo ormai riconosciuto come il Messia, ha ottenuto ciò mediante una sola parola! Per noi è sufficiente! Costui è veramente il Cristo! Non abbiamo bisogno di altre testimonianze.
5. In verità, a chi oggi mi chiedesse una tonaca gliela darei subito e darei non solo il mantello, ma anche tutti i miei vestiti! Certamente, per quello che è successo, sarei felice di spogliarmi interamente! Oh, come è vero che la Sua è una Dottrina assolutamente divina! Sì, lo stesso Jehova si trova visibilmente tra noi! Cosa vogliamo dunque di più? Voglio impiegare tutta la notte, per annunciare in ogni punto della città la Sua presenza!»
6. Dopo queste parole, si dirige verso di Me correndo e, giunto nei pressi del pozzo, si getta ai Miei piedi e dice: «Signore, fermaTi anche solo un istante, affinché Ti possa adorare, perché Tu non solo sei il Cristo, il Figlio di Dio, ma anche lo stesso Dio che, rivestito di carne, è sceso tra noi!»
7. Io dico: «Amico, non darti tanta pena! Vi ho già mostrato come dovete pregare; prega dunque anche tu nel segreto del tuo cuore e sarà sufficiente! Non affannarti troppo oggi, per paura che domani tu abbia troppo poco da fare! Ogni cosa deve essere fatta con misura! Se alla tonaca aggiungerai anche il mantello, ciò avrà il potere di far diventare il povero un sincero amico per sempre. Invece, se al povero, che ti avrà chiesto solo la tonaca, darai anche tutti i tuoi vestiti, egli penserà con grande disagio o che tu intenda umiliarlo, oppure che tu sei fuori di senno! In ogni caso non avrai ottenuto niente di buono!
8. Allo stesso modo, se qualcuno ti prega di dargli un denaro e tu invece gliene dai due o tre, quella persona allora, nel suo cuore, gioirebbe enormemente e gioiresti anche tu. Ma se invece di dargliene uno, gliene dessi mille, se ne spaventerebbe e direbbe tra sé: “Che significa ciò? Gli ho chiesto solo un denaro, mentre egli mi offre tutto il suo avere! Forse pensa che io sia un crapulone e vuole perciò umiliarmi, oppure è impazzito?”. Così facendo non ne trarranno vantaggio né il tuo cuore né il suo! Siate dunque equilibrati in ogni cosa e ciò sarà sufficiente!»
9. Il sacerdote, pienamente soddisfatto dalle Mie parole, dice in se stesso: «Sì, Egli ha ragione in ogni cosa! Agire come ha detto, è giusto. Ciò che è in eccesso o in difetto è male o è stupido. Infatti, se oggi do tutti i miei averi ad un povero e domani, davanti alla mia porta, se ne presenta un altro, forse più bisognoso, come farò a soccorrerlo? Non se ne rammaricherà forse il mio cuore vedendo che mi è impossibile aiutare chi ne ha più bisogno?
10. È vero, il Signore ha perfettamente ragione. Egli conosce e sa prescrivere in ogni cosa la misura migliore. Quindi, siano resi solo a Lui ogni onore, ogni lode ed ogni gloria e a Lui solo sia rivolto in adorazione ogni cuore!».
A Sichar. La cena meravigliosa in compagnia degli angeli in casa di Irhaele. Stupore del sacerdote, che chiede al Signore chiarimenti riguardo a questi angelici servitori. Considerazioni di incredulità dei galilei, compatrioti del Salvatore.
1. Mentre cammin facendo accadevano queste cose, arrivammo in casa di Irhaele e di Joram, dove tutto era già stato predisposto per la cena. I preparativi erano stati fatti come il giorno prima, ma con molto più splendore e sontuosità. Alla porta di casa, i sichariti, che erano ritornati con Me dal monte, volevano congedarsi, quando ad un tratto ecco comparire fra loro una schiera di giovani vestiti di bianco, che li convincono ad entrare e prendere parte alla cena.
2. Il sommo sacerdote, sorpreso di vedere un così gran numero di magnifici giovani e meravigliato della loro affabilità, amorevolezza ed umanità, si avvicina a Me e in tutta umiltà Mi chiede: «Signore, Te ne prego, chi sono questi splendidi giovani? Nessuno di loro ha più di sedici anni, tuttavia ogni loro parola ed ogni loro gesto ne tradisce la loro straordinaria cultura! Oh, dimmi da dove vengono e a quale scuola sono stati educati! Com’è bella la loro forma e come sono ben educati! La loro voce è come un balsamo benefico, che dolcemente scende sul cuore! Dimmi dunque, Signore, dimmelo, chi sono e da dove vengono?»
3. Io gli rispondo: «Non hai mai sentito parlare di quello che fu annunciato anticamente? Ogni signore ha i suoi ministri e i suoi servitori! Ora, anche tu Mi chiami Signore. Non è logico quindi che anch’Io abbia dei ministri e dei servitori? Il fatto che essi siano molto ben educati ed istruiti testimonia, appunto, che il loro Signore deve essere un Padrone saggio ed amorevole. I signori del mondo sono uomini dal cuore assai duro, ai quali l’amore è cosa sconosciuta; tali sono anche i loro servi. Ma il Signore, che è un Signore in Cielo ed ora è sceso sulla Terra nel duro mondo degli uomini, ha dei servitori che provengono dallo stesso luogo da cui Egli stesso è venuto. Questi, a loro volta, Gli assomigliano, in quanto non soltanto sono Suoi servitori, ma sono anche figli della Sua Sapienza e del Suo Amore. Mi hai compreso?»
4. Il capo dei sacerdoti dice: «Sì, Signore, per quanto mi riesca di comprendere le Tue parole simboliche. Ma per chiarire per bene la questione avrei bisogno di chiedere ancora molte cose. Per il momento è meglio lasciar perdere, sperando che, prima che finisca il giorno, mi si offra ancora l’occasione di parlarne»
5. Io dico: «Sì, certo! Ora però, poiché è tutto pronto, andiamo a cena!».
6. Allora tutti quelli che credevano vennero a tavola, mentre gli altri, quelli che erano ancora increduli, preferirono far ritorno a casa loro. Questi erano persuasi che i preparativi per la cena non fossero altro che un tranello. La ragione di ciò era dovuta al fatto che quei tali, per la maggior parte, erano dei galilei immigrati in Samaria. Fra questi, molti erano di Nazaret e conoscevano bene tanto Me quanto i Miei discepoli, per averli visti spesso al mercato, quando andavano a vendere il loro pesce. Quei galilei, andandosene, dicevano ai samaritani: «Noi conosciamo bene tanto Lui quanto i Suoi discepoli. Egli è carpentiere, gli altri sono pescatori. Egli è stato allevato alla scuola degli esseni, che, come è noto, sono versati in tutte le arti, soprattutto sanno guarire e fare ogni tipo di magie. Perciò, Egli cerca ora di mettere in pratica queste Sue arti, apprese molto bene, allo scopo di procurare agli esseni molti aderenti e ricchi guadagni. In quanto a quei giovani vestiti di bianco, essi sono sicuramente delle ragazze comprate dagli esseni nel Caucaso ed educate da loro; sicuramente, per l’occasione, esse sono state camuffate da giovinetti! Bella trovata, se si pensa quale grande fascino avrebbero esercitato quelle splendide ragazze! Noi però non ci lasciamo ingannare tanto facilmente e sappiamo che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non può essere burlato. Gli esseni, invece, che pensano siano stati i loro antenati a creare il mondo, hanno gioco facile nel burlarsi di ciò che per essi non esiste. Finché crederemo nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non avremo bisogno dell’opera di accecamento degli esseni. E se un giorno questa nostra fede dovesse abbandonarci, non saranno certo gli esseni né i loro scaltri inviati a propinarcene un’altra in sostituzione. Al contrario, contribuiranno a farci diventare simili ai sadducei, i quali non credono né alla risurrezione né alla vita eterna. Ma Jehova ci preservi da ciò!». Con questi ed altri simili discorsi essi fecero ritorno a casa.
7. Io e una gran parte, consistente per la stragrande maggioranza di samaritani, prendiamo posto a tavola, ci facciamo servire dagli angeli e con piacere ci accingiamo quindi a ristorarci dalle fatiche della giornata, poiché anche lì è come se avessi lavorato nel deserto, così come è scritto: «Quando Satana fu costretto ad allontanarsi, vennero a Lui degli angeli e Lo servirono».
A Sichar. Gli ospiti e i servitori celesti. Apprensione del sacerdote riguardo alla sua missione di conversione del popolo incredulo. Cenni del Signore al sacerdote sulla Sua Missione e Sua predizione delle Sue sofferenze, morte e Risurrezione. Il successo della missione dei martiri dopo la loro morte. Apparizioni di spiriti. Meravigliose promesse sul destino dei veri seguaci del Signore.
1. Poche delle persone, che erano sedute a tavola, sapevano che i servitori erano angeli e che le vivande servite loro erano cibo celeste. La maggior parte riteneva che quei servitori facessero parte realmente del Mio seguito e che li avessi comperati in qualche parte dell’Asia Minore. L’unica cosa che non riuscivano a spiegarsi bene era la loro grande affabilità, la gioia che dimostravano nell’assolvere le loro mansioni e la loro fine educazione. In effetti, essi pensavano che i servitori che adempiono a quel tipo di mansioni erano soliti eseguire il lavoro macchinalmente ed avere facce tutt’altro che liete, tradendo così la loro condizione di schiavi senza alcuna cultura. Insomma gli ospiti avevano un grande diletto ad intrattenersi con loro. Il sacerdote invece, che si persuadeva sempre di più che quella numerosa schiera di servitori era formata da esseri soprannaturali, stava sulle spine, vedendo che molti tra gli ospiti, incuranti del rispetto che quelle splendide e maestose creature infondevano loro, usavano con esse dei modi che, seppure non indecenti, erano secondo lui un po’ troppo spregiudicati.
2. Lo turbava particolarmente il comportamento di quelli che, nonostante tutti i miracoli che sembravano piovere dal cielo, si ostinavano nella loro incredulità e frettolosamente se n’erano andati a casa. Con il cuore afflitto, il sommo sacerdote Mi rivolse la parola dicendo: «Mio Signore e Mio Dio! Cos’altro potrà indurre costoro alla fede, se perfino i segni che Tu fai rimangono infruttuosi! Se Tu stesso, o Signore, e le schiere angeliche che Tu hai fatto venire dai Cieli, non siete stati capaci di convertire questo popolo, cosa potrò fare io con loro, usando le mie misere forze? Non mi sputeranno in faccia quando tenterò di insegnare loro la Tua Dottrina?»
3. Io gli rispondo: «Intorno a te hai un sufficiente numero di credenti; istruiscili e fanne dei tuoi aiutanti, così il lavoro ti sarà più leggero. Infatti, se un uomo vuole sollevare un grosso peso e non dispone della forza necessaria, si cerca un compagno che lo possa aiutare. Se non ci riesce con questo primo soccorso, allora ricorre ad un secondo e ad un terzo, finché riesce a dominare quel peso. Se però in un luogo quelli che hanno fede sono in numero uguale oppure, come in questo caso, leggermente più numerosi degli increduli, allora il lavoro sarà più semplice.
4. Tutt’altra cosa, invece, è quando non vi è neppure un credente! In questo caso fate almeno un tentativo, affinché nessuno abbia poi da scusarsi dicendo di non aver mai sentito parlare di ciò.
5. Se si incontra un credente, anche uno solo, si rimanga presso di lui e gli si riveli il Regno della Grazia di Dio! Ma se non ce n’è nemmeno uno che accolga la Parola, allora quel luogo sia abbandonato e il missionario scuota sopra di esso la polvere delle proprie scarpe, poiché, da quel momento, le persone che vi dimorano non sono più degne di nessun’altra grazia se non di quella usufruita dagli animali dei campi e dei boschi. Ecco, quello che ti ho detto è un suggerimento su come dovrai comportarti verso gli increduli.
6. Però ti chiedo di vegliare su te stesso, per rimanere fermo nella fede; se questa dovesse vacillare, la tua opera per il Mio Regno sarebbe di poca efficacia! Tra circa due anni ti saranno riportate da Gerusalemme strane notizie sul Mio conto, non lasciarti indurre in errore! A Gerusalemme infatti sarò portato davanti ai giudici, ed essi uccideranno questo Mio Corpo, ma Io lo risusciterò il terzo giorno, per rimanere vicino a voi e con voi fino alla fine del mondo! Sì, la razza perversa che è in Gerusalemme, crederà solo quando si convincerà che non è possibile ucciderMi!
7. La stessa cosa avverrà nei diversi luoghi della Terra: l’arroganza degli uomini perseguiterà i predicatori del Vangelo e ne ucciderà il corpo, ma gli arroganti saranno scossi da questa stessa morte; solo allora crederanno, constatando che coloro che vivono la vita dello Spirito dalle Mie parole non potranno mai essere uccisi! Infatti ciascuno degli uccisi farà di nuovo ritorno ai suoi seguaci e li istruirà riguardo alle Mie vie!
8. Ma né Io né i Miei discepoli verremo a trovare l’ostinata stirpe degli uomini del mondo per togliere dal loro cuore le tenebre del dubbio, sia che essi non abbiano alcuna fede, sia che l’abbiano ma non operino secondo i suoi insegnamenti. E quando sarà giunta l’ora della morte dei loro corpi, sentiranno gravare su di sé i mali della loro incredulità e le conseguenze dell’inosservanza dei Miei Precetti. Al contrario, quelli che avranno creduto in Me e che avranno operato secondo questa fede, non sentiranno né assaporeranno la morte della carne!
9. Infatti, quando Io aprirò le porte della loro carne, questi uomini usciranno dal loro corpo come i prigionieri dal carcere, rimessi in libertà per la misericordia del loro signore.
10. Non lasciarti quindi fuorviare se udrai questa o quella cosa di Me! Infatti colui che rimane fedele e persevererà incrollabile nell’amore e nella fede fino alla fine – come Io vi insegno, vi ho insegnato e sempre vi insegnerò – egli erediterà le beatitudini del Mio Regno che è nei Cieli, che ora tu vedi aperti sopra di te, i quali sono dimora Mia e dei Miei angeli e dai quali essi salgono e scendono».
A Sichar. Insegnamenti sul modo e sul luogo dove si debba adorare veramente Dio. Saggio discorso di Irhaele. «Non templi, ma luoghi di ricovero ed ospedali per i poveri dovreste costruirMi!». Cenni sul tempio della Creazione.
1. Dice il sacerdote: «Ora ritengo di essere perfettamente istruito e spero che fra breve lo sarà anche questo paese. Mi permetto solo un’altra domanda: “Dobbiamo onorare ancora il monte e il Tuo antico Tempio che vi sorge e in quel luogo santificare il Tuo sabato, oppure è meglio edificare qui un Tempio affinché, per l’avvenire, possiamo radunarci nel Tuo Nome? In questo caso, domattina, dovresti indicarci il luogo più idoneo e più gradito a Te; da parte nostra, impiegheremo tutte le nostre forze per soddisfare questo Tuo desiderio!»
2. Io gli dico: «Amico, ciò che è necessario a voi e ad ogni uomo, Io ve l’ho annunciato oggi sul monte.
3. Per osservare i Miei precetti non necessitano né il vecchio Tempio sul monte né tanto meno il nuovo che vorreste costruirMi in città; quello che ci vuole è soltanto un cuore pieno di fede e una ferma buona volontà.
4. Quando ieri sono giunto qui da voi, durante la sosta al pozzo di Giacobbe, anche Irhaele, avendoMi riconosciuto, Mi chiese dove si dovesse adorare Dio, se sul monte Garizim o nel Tempio di Gerusalemme: che lei stessa ti dica quale risposta le diedi!»
5. Allora il sacerdote si voltò verso Irhaele ed ebbe da lei questa risposta:
6. «Così mi ha parlato il Signore: “L’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori non adoreranno Dio né sul Garizim né nel Tempio di Gerusalemme! Infatti Dio è Spirito e chi Lo adora deve adorarLo in Spirito e Verità!”. Queste cose disse il Signore. Quanto a te, tu sei il capo dei sacerdoti, dunque sai ciò che devi fare!
7. Però ascolta quello che io penso: “Poiché il Signore ci ha concesso l’immensa grazia di dimorare in questa casa, che non è mia, ma che è e sarà perennemente Sua, ritengo che questo luogo non sarà mai dimenticato e sarà ritenuto come il più adatto ad accogliere tutti noi, quando ci raduneremo nel Suo Nome e santificheremo in Suo onore il sabato!”»
8. Osserva il sacerdote: «Sì, sì, avresti ragione, se tutti fossero credenti, ma bisogna tener conto anche dei deboli! Fra questi, simili metodi susciterebbero uno scandalo molto maggiore»
9. Io dico: «Irhaele ha ragione! Chi si scandalizza, si scandalizzi pure e salga al suo monte! Quando si accorgerà di non trovarvi nulla, ci mediterà sopra e da solo penserà se, alle volte, non ci sia qualcosa di meglio che non il monte.
10. Non edificateMi quindi dei templi; costruite piuttosto delle dimore e dei luoghi di ricovero per i poveri che non hanno niente con cui ricompensarvi!
11. Ed è nell’amore verso i vostri fratelli e sorelle poveri che voi dimostrerete di essere Miei veri adoratori; in questi templi, tramite voi, Io sarò spesso presente, senza che ve ne accorgiate. Ma nei templi che si edificano con il solo proposito di onorarMi con le labbra, come si è fatto finora, Io sarò talmente poco presente quanto lo è la ragione dell’uomo nel dito piccolo del suo piede.
12. Se avete bisogno della solennità e della magnificenza di un tempio per elevare i vostri cuori a Me, per essere compenetrati davanti al Mio Cospetto della vera umiltà, allora uscite fuori, nell’immenso tempio delle Mie creazioni e il sole, la luna e ogni stella, il mare ed i monti, gli alberi e gli uccelli dell’aria, come anche i pesci dell’acqua e gli innumerevoli fiori dei campi: tutto vi annuncerà la Mia Gloria!
13. DiteMi! L’albero non è adorno in maniera più splendida del Tempio di Gerusalemme con tutte le sue magnificenze? L’albero è una pura creazione di Dio, possiede la vita e produce un frutto nutriente! Cos’è invece il Tempio e cosa produce? A tutti voi dico: “Null’altro che orgoglio, ira, invidia, gelosia e ambizione sfrenata, perché il Tempio non è opera di Dio, ma vana opera dell’uomo!”
14. In verità, in verità vi dico: “Chi Mi onorerà e Mi amerà, e Mi adorerà facendo nel Mio Nome del bene ai suoi fratelli e sorelle, egli ne avrà premio eterno nei Cieli; chi invece continuerà ad adorarMi con ogni tipo di cerimonie in un tempio edificato a quest’unico scopo, raccoglierà così la sua fugace ricompensa in questo stesso tempio! Però, dopo la morte della sua carne, quando egli si presenterà a Me e dirà: ‘Signore, Signore, usa misericordia verso il Tuo servitore!’, Io gli risponderò: ‘Non ti ho mai conosciuto, allontanati perciò dal Mio cospetto e cerca la tua ricompensa presso colui che hai servito!’. D’ora innanzi, quindi, non abbiate mai nulla a che fare con templi di alcun genere!”
15. Se volete, in questa casa potete radunarvi in Mia memoria, sia di sabato che in qualunque altro giorno, poiché tutti i giorni sono del Signore, non solo il sabato. Perciò, da oggi innanzi, in questo giorno sarete operosi come in qualsiasi altro giorno».
A Sichar. La santificazione del sabato. Ciò che Dio vuole che gli uomini facciano! I giorni lavorativi e il sabato. Dio è sempre operoso. Il precetto del sabato di Mosè. «Dovete diventare perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo». Il Signore promette di esaudire le preghiere dei figli.
1. (Continua il Signore:) «Il modo migliore per santificare il sabato è questo: praticare, in questo giorno, il bene più attivamente che in qualunque altro!
2. D’ora innanzi non dovete compiere solo il lavoro servile, che ha di mira il denaro e le ricompense del mondo; e ciò tanto nei giorni feriali che, meno ancora, di sabato! Sia ormai ciascun giorno un sabato e ciascun sabato un giorno consacrato all’attività e al lavoro! Ecco, amico Mio, ora ti ho indicato esaurientemente come per l’avvenire dovete servire Dio! Così sia!»
3. Dice il sommo sacerdote: «Riconosco, in modo chiaro, la santa Verità in questo Tuo precetto, che accetto volentieri per legge, ma gli ebrei ortodossi ce ne metteranno prima di riuscire a comprendere chiaramente e nella loro pura verità questi stessi insegnamenti, che emanano dall’assoluta Volontà di Dio! Sì, penso che molti non ci riusciranno, neppure se attendessero fino alla fine del mondo. Infatti gli uomini, fin dai tempi antichi, si sono troppo assuefatti alle cerimonie del sabato e non vorranno saperne di rinunciare ad esse. Sarà certamente questo il lavoro più faticoso e più arduo!»
4. Dico Io: «Non è necessario sopprimere del tutto il sabato; bisogna ripudiare solo quanto in esso c’è di assurdo! Il Signore Dio non ha bisogno dei vostri servizi né dei vostri onori, poiché Egli ha creato il mondo e gli uomini senza l’aiuto di nessuno e nessun’altra cosa chiede agli uomini se non quella di riconoscerLo e di amarLo con tutte le loro forze non solo di sabato, ma altrettanto, senza interruzione, in qualunque altro giorno!
5. Come potete affermare di servire Dio operando come fate, cioè pensando a Lui solo di sabato, mentre gli altri giorni Lo considerate come se non ci fosse? Dio non è forse ogni giorno lo stesso immutabile Dio? Non fa sorgere il sole ogni giorno, senza riguardi particolari per il sabato, e non diffonde la sua Luce sia sui giusti che sugli ingiusti, anche se questi ultimi sono più numerosi dei primi?
6. Dio stesso non lavora di continuo ogni giorno? Se dunque Egli, che è il Signore, non si concede nessun giorno di festa, perché gli uomini dovrebbero stabilire dei giorni festivi al solo scopo di poltrire nell’ozio? Infatti, cos’altro osservano essi puntualmente il sabato se non l’ozio? È per questo che essi rendono il peggior servizio a Dio!
7. Al contrario, Dio vuole che gli uomini si esercitino, senza sosta, sempre più nelle opere dell’Amore, affinché un giorno, nell’altra vita, possano essere capaci di affrontare qualsiasi lavoro e qualsiasi fatica e conseguire, mediante questa attività d’Amore, la vera e suprema beatitudine! Ma se gli uomini si abbandonano all’ozio, potranno raggiungere questa altissima meta? Io ti dico: “Mai!”.
8. L’uomo nei giorni feriali, anche se lavora, non fa che abituarsi ad essere egoista, poiché egli lavora solo per la sua carne e chiama suo quello che ha ottenuto con il lavoro. Chi desidera poi avere da lui dei prodotti del suo lavoro, deve comperarli o con denaro o contraccambiarli con altro lavoro, altrimenti non otterrà da nessuno la più piccola cosa che abbia qualche valore. Dunque, mentre gli uomini sacrificano al loro egoismo sei giorni, elevano, nello stesso tempo, a comandamento lo starsene in ozio di sabato, cioè nell’unico giorno in cui dovrebbero dedicarsi interamente all’attività dell’Amore. Quindi c’è seriamente da chiedersi quando questi uomini si eserciteranno nel solo vero servizio di Dio, che consiste unicamente nel praticare le opere d’amore verso il prossimo.
9. Eppure Dio stesso non si riposa un solo momento dal Suo lavoro ed è continuamente in attività non per Se stesso, ma per l’umanità. Per Sé non ha bisogno né della Terra, né del sole o della luna, né di tutte le stelle e di quello che vi è in esse o che da esse procede. Di tutte queste cose Dio non ha bisogno; sono invece gli spiriti e gli uomini creati che ne hanno bisogno. Quindi il Signore è costantemente attivo esclusivamente a beneficio e per Amore delle Sue creature.
10. Ora, se il Signore, al Quale appartengono i giorni, consacra ininterrottamente il Suo lavoro a favore degli uomini - che vuole divengano Suoi figli destinati a somigliarGli in tutto -, come può volere che gli uomini, dopo sei giorni vissuti egoisticamente, Gli riescano graditi quando, nel santificare il settimo, si abbandonano nell’ozio più assoluto? E come può volere, quindi, che Lo onorino con pigrizia, Lui che è l’eterna Attività?
11. Queste cose te le dico in forma talmente evidente, affinché tu, capo dei sacerdoti presso la tua comunità - ben sapendo Chi è Colui che ti ha detto tutto ciò -, metta da oggi in poi il sabato in luce migliore di quanto esso lo sia stato dai tempi di Mosè fino ad oggi! Infatti, nel modo in cui Io sto spiegando il sabato, è stato illustrato anche a Mosè, ma il popolo, purtroppo, dopo molto tempo lo ha degradato ad un giorno di ozio degno dei pagani ed ha pensato che la migliore cosa, per essere graditi a Dio, era quella di non far niente o di infliggere punizioni a quelli che in questo giorno avessero lavorato anche un po’ o che si sarebbero prestati a curare qualche malato. Oh, come sono insensati e ciechi!»
12. Tutto compenetrato da questa verità, il sacerdote risponde: «Oh, com’è tutto santo e vero ciò che esce dalla Tua bocca! Sì, ora comprendo tutto! Proprio ora, o Signore, hai tolto dai miei occhi il triplice velo di Mosè! Adesso, o Signore, non abbiamo più bisogno di nessun segno o miracolo, ci bastano soltanto le Tue sante parole di Verità! Ed io, pienamente convinto, affermo che tutti coloro che, oggi come sempre, crederanno in Te solo per i Tuoi miracoli e non per la Verità della Tua Parola, non hanno una vera fede vivente e saranno dei tiepidi seguaci della Tua Dottrina, i quali eseguiranno la Tua santa Volontà solo macchinalmente. Con noi però non sarà così! Non saranno i miracoli da Te operati in nostra presenza a suscitare nei nostri cuori la fede vera e vivificante, ma solo la Tua santa Parola, piena di Verità. Sarà questa a risvegliare in noi la pienezza dell’amore per Te e da questo amore, nelle debite proporzioni, anche l’amore verso ogni uomo. Sia dunque fatta la Tua santa Volontà in ogni tempo, così come Tu, o Signore, ce l’hai appena mostrata in modo estremamente chiaro e che è eternamente vera!»
13. Io dico: «Amen! Sì, caro amico e fratello, in ciò risiedono il buono e il vero! Infatti soltanto se vi atterrete a ciò, vi sarà dato di divenire perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo. E quando avrete raggiunto tale perfezione, sarete veramente Suoi figli e potrete chiamarLo sempre: “Abba, amato Padre!”. E qualsiasi cosa voi, come Suoi veri figli, chiederete, Egli ve la darà, poiché il Padre è infinitamente buono e tutto ciò che Egli possiede lo dona ai Suoi figli! Ora però mangiate e bevete, poiché questi cibi e bevande non sono di questa Terra, perché è il Padre che ve li manda dai Cieli ed Egli stesso si trova ora qui tra voi!».
A Sichar. Gli angeli confortano alcuni ospiti timidi. Il “Vangelo di Sichar”.
Natanaele narra la storia della sua conversione. L’ordine del Signore di tacere sulla Sua Divinità fino alla Sua elevazione sulla Croce.
1. Osserva il sacerdote: «Signore, dobbiamo rimetterci nuovamente a tavola? Anche se abbiamo ininterrottamente conversato, mi sembra che ci siamo ristorati abbondantemente con cibi e con bevande già all’inizio della cena! Da parte mia sono ormai sazio e non potrei più né bere né mangiare»
2. Io gli dico: «Hai detto bene, poiché sei sazio del cibo e del prezioso vino dei Cieli. Però ve ne sono ancora molti, che non si sono azzardati né a toccare cibo né a bere nulla, perché non avevano nessuna fiducia né nel Mio Nome, né nella Mia Parola, e temevano si trattasse di qualche stregoneria. Ma poiché hanno udito quello che ci siamo appena detti ed hanno appreso in maniera lampante la verità, il loro sciocco timore è scomparso e in questo momento cominciano a sentire la fame e la sete. Ora si prenderebbero anche da mangiare e da bere, ma non si azzardano per puro timore reverenziale. Credi che li si dovrebbe lasciare andare in queste condizioni? Questo mai e poi mai! Mangino e bevano pure a loro piacimento! Infatti, da oggi in poi, non avranno più la possibilità di saziarsi di questi cibi e bevande in nessun altro luogo se non un giorno nel Mio Regno, che è nei Cieli!»
3. Dopo questa osservazione, Io incoraggiai nuovamente i timorosi a mangiare e a bere, e ai giovani che ci servivano dissi: «Fate in modo che non manchi loro nulla!». Allora i servitori portarono di nuovo, con abbondanza, del pane, del vino ed ogni specie di frutta squisita.
4. Alcuni però, dubitando, chiesero se non era troppo rischioso mangiare della frutta ad essi sconosciuta. Però i giovani, rasserenandoli, risposero: «Voi potete mangiare tutta questa frutta senza alcun timore, poiché essa è pura e di sapore squisitissimo! È vero che su questa Terra cresce ogni tipo di frutta, erbe ed animali, nei quali il lavoro di formazione e di sviluppo è dovuto all’opera di spiriti impuri, ma il fondamento di questo risiede negli ordinamenti del Signore. Infatti pure i demoni servono il Signore, anche se contro la loro volontà o desiderio! I demoni, infatti, sono costretti a servire Dio, così come lo sono gli schiavi incatenati ed obbligati a lavorare per il loro padrone, ma non c’è alcuna benedizione per un lavoro di questo genere!
5. Sulla Terra, dunque, dove spesso uomini, animali e demoni vivono sotto il medesimo tetto, manifestando la loro attività secondo gli istinti e le inclinazioni loro propri, crescono spesso anche ogni specie di azioni, opere e frutti di cattiva ed impura qualità, di cui gli uomini dovrebbero fare a meno, qualora desiderino tenere lontano da sé ogni possibile male di questo mondo. È per questo che il Signore, per mezzo del Suo servitore Mosè, ha indicato, con precisione, quali sono le cose pure e buone ed ha sconsigliato agli uomini l’uso delle cose impure, alla cui formazione lavorano pure spiriti cattivi: questi sono gli alti ordinamenti del Signore. Ma tutto ciò che vi viene qui offerto è assolutamente puro, perché segretamente è stato portato dai Cieli per voi; mangiate dunque e bevete senza alcun timore! Infatti le cose che il Padre invia dal Cielo sono sommamente pure e buone e atte a favorire la vita dell’anima e dello spirito per l’eternità».
6. Le parole dei giovani sapienti ebbero l’effetto di rallegrare gli animi e tutti lodarono Dio per tale amichevole sapienza in questi giovani. Va osservato che questi insegnamenti, più tardi, vennero trascritti a memoria da alcuni ospiti e conservati in quei luoghi per lunghi anni.
7. Ma successivamente, quando questa città fu fatta soffrire ad opera dei suoi nemici, molte cose andarono perdute, tra cui questa dottrina, della quale parla anche l’apostolo Paolo in maniera molto mistica in una delle sue epistole, precisamente là dove descrive le varie classi di spiriti.
8. Così tutta la numerosa compagnia fu animata dai migliori propositi e gli ospiti cominciarono ad intrattenersi tra loro discutendo ora riguardo a Me e alla Mia Dottrina, ora riguardo alla cena, che era stata preparata nei Cieli. Anche i giovani entrarono in conversazione con gli ospiti, ragionando su molte cose.
9. Ad un certo punto si alzò Natanaele e, rivoltosi agli ospiti, disse: «Miei cari amici e fratelli! Poche lune (mesi) fa ero ancora un pescatore nei dintorni di Bethabara sul fiume Giordano, non lontano dal luogo dove esso sfocia nel mare, là dove Giovanni battezzava. Un giorno, un Uomo si presentò umilmente a lui e chiese di essere battezzato. Giovanni, pur non avendoLo mai visto fisicamente su questa Terra, testimoniò di Lui dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo!”. Giovanni aggiunse poi: “Questi è Colui del Quale ho detto che era prima di me e che verrà dopo di me ed a Cui non sono degno di sciogliere i legacci dei sandali”
10. Queste cose io, Natanaele, udii testimoniare nel deserto dal predicatore e ciò mi immerse in profondi pensieri. Mi allontanai e, tornato a casa, narrai tutto a mia moglie e ai miei figli, che si stupirono enormemente nel sapere che il predicatore, conosciuto per severissimo, avesse reso una tale testimonianza ad un Uomo!
11. Infatti, non era molto facile entrare in discorso con il predicatore e, quando parlava, le sue parole suonavano estremamente aspre. Egli non risparmiava nessuno, fosse pure fariseo, sacerdote o levita; davanti a lui ogni cosa veniva messa alla prova, per la vita o per la morte, passando sull’affilata spada della sua lingua!
12. Però, quando venne Colui che ora siede tra noi in qualità di Signore, le rudi maniere di Giovanni scomparvero, lasciandolo in una profonda umiltà, e il suono della sua voce divenne così dolce quanto il cinguettio dell’allodola quando intona il cantico di primavera! In breve, la mia famiglia prestò a mala pena fede al mio racconto, perché tutti conoscevano molto bene la maniera con cui Giovanni si esprimeva.
13. Due giorni dopo, uscii all’alba per andare al lavoro e, poiché dovevo aggiustare i miei arnesi da pesca, mi sedetti sotto un albero. Ecco arrivare, in quel momento, in compagnia di alcuni che già Lo seguivano, la Persona di Cui Giovanni aveva così dolcemente testimoniato. Egli mi chiamò per nome e mi invitò a seguirLo. E poiché mi ero meravigliato che Egli mi conoscesse senza che Lo avessi mai visto prima, mi disse: “Non meravigliarti così tanto, perché vedrai cose assai più grandi! In verità ti dico che d’ora innanzi tu vedrai il Cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sopra il Figlio dell’uomo!”
14. Ed ecco, le parole che il Signore mi disse si adempiono ora nella maniera più eccelsa! Tutti i Cieli si sono dunque aperti ai nostri occhi e gli angeli discendono per servire Lui e noi. Quale altra prova ci serve ancora per convincerci che Lui solo è Colui che deve venire, secondo la promessa fatta e tramandata ai figli d’Israele fin dai tempi di Adamo? È per questo che ritengo che Egli sia molto più del Messia! Egli è...»
15. A questo punto, Io lo interrompo, dicendogli: «Mio amato fratello ed amico, per ora basta così, non andare oltre! Quando gli ebrei innalzeranno questa Carne, allora potrai parlare senza alcun ritegno di ciò che tu sai di Me, ma non prima, perché gli uomini non sono ancora maturi!».
16. Allora Natanaele si uniformò a quello che gli avevo detto, senza tuttavia comprendere chiaramente cosa avessi voluto dire con le parole “quando questa Mia Carne sarà innalzata”. Molti ritenevano che un giorno Me ne sarei andato a Gerusalemme per occupare il trono di Davide. Il significato di queste Mie parole fu invece ben compreso dal capo dei sacerdoti, ma egli tacque e il suo volto si rattristò. Io però lo confortai e gli rammentai le cose che, a questo proposito, gli avevo già spiegato prima; in questo modo egli fu subito consolato e Mi lodò nel suo cuore.
17. Nel frattempo, mentre in casa avvenivano questi fatti, si era fatta l’alba, e il nuovo giorno aveva trovato tutti gli ospiti senza la minima traccia di stanchezza o di sonno, anche se erano rimasti svegli tutta la notte. Al contrario, ogni persona si sentiva rinvigorita come non era mai successo prima, neanche dopo il migliore dei sonni. Così, tutti Mi domandarono se potevano passare la giornata con Me e a questo santo desiderio acconsentii subito.
*
«Signore! Io povero peccatore, Ti rendo grazia per questo primo giorno a Sichar, che è una città simile a ciò che è in me!».
Jakob Lorber
IL SECONDO DEI DUE GIORNI A SICHAR
Il Signore si informa sulle condizioni familiari del sacerdote. Modo di vestire di Maria. Abominevoli calunnie sparse sul conto della famiglia del sacerdote. La tristezza di Jonaele. Buone parole di consolazione del Signore e Sua testimonianza sul mondo.
1. Allora il sacerdote si alzò e, supplicando, Mi chiese: «Poiché Ti è piaciuto accordarci la somma grazia di rimanere con noi anche quest’oggi, non sarebbe bene andare, con i Tuoi discepoli e gli altri fedeli qui presenti, a visitare le località vicine? Per la verità esse sono solamente tre, però è possibile incontrare anche là qualcuno che sia disposto a credere in Te, qualora abbia l’occasione di vederTi e udirTi»
2. Io gli dico: «Noi ci andremo per te, non per loro; ed acconsento volentieri, perché andarci è una gioia per te! Ma dimmi, tu hai moglie e figli, non vuoi presentarmeli? Dove e quanti sono?»
3. Il sommo sacerdote, alquanto imbarazzato, risponde: «Signore, la mia amata consorte è ancora viva ed è in età avanzata come me; ho sette figli, ma purtroppo tutte donne dai dodici ai ventuno anni. Come Tu sai, il non avere alcun figlio maschio è un disonore presso gli Israeliti, perciò compatiscimi, o Signore, per non avere avuto il coraggio di mostrarmi insieme a tutte queste donne!
4. Ma se Tu desideri, al di là di ciò, passare da casa mia, visto che da qui ce ne stiamo andando, potrei presentarTi la mia famiglia. Io non potrei farle venire in questo posto, perché, è vero, posseggo un po’ di tutto e riesco anche a campare modestamente insieme ai miei, però i vestiti che abbiamo sono piuttosto miseri. In casa, per eseguire le faccende domestiche, le mie fanciulle sono sufficientemente vestite, ma per comparire in una società come questa, esse avrebbero, come figlie del capo dei sacerdoti, un aspetto davvero troppo meschino! In ogni caso, penso quindi sia meglio che rimangano in casa, così da un lato non si espongono alle canzonature, dall’altro non hanno occasione di alimentare quella vanità che è innata nella donna. D’altra parte credo sia bene che esse vengano a contatto con il mondo il meno possibile, perché il mondo è e sarà sempre perverso!»
5. Gli dico: «Io farò come tu desideri, ma poi devi lasciar venire la tua famiglia con noi! In quanto ai vestiti, faremo in modo di trovarne di migliori e vedrai, essa non sfigurerà in nostra compagnia! Fai molto bene ed è saggio procurare di sottrarre le tue figlie alle influenze del mondo, ma nella nostra cerchia, che non è mondana, esse sarebbero state ammesse anche così come sono.
6. Per esempio Maria, la madre del Mio corpo di carne, indossa semplicemente una veste di tela bianca e porta inoltre soltanto un comunissimo grembiule turchino ed è vestita bene quanto basta! Sul capo tiene una specie di parasole a quattro angoli, come tutte le donne che Mi hanno seguito dalla Galilea e dalla Giudea. Vestite in questo modo esse sono degne di far parte del nostro gruppo. Per ora possono farne a meno, quindi fai in modo che oggi tua moglie e le tue sette figlie non manchino di venire con noi!»
7. Allora uno dei samaritani si intromette nel discorso ed osserva: «Tutto ciò è molto bello e buono! Io, da parte mia, non ho alcuna testimonianza diretta, ma dovrei raccontarvi quello che ho sentito dire da parecchi uomini che abitano nei dintorni. Certo, non posso provarlo e voi siete quindi liberi di credere o meno. Ecco di che cosa si tratta: corre voce che le quattro ragazze più grandi, ogni volta che il sommo sacerdote non è in casa, se ne vanno in giro di notte per le vie della città e si lasciano avvicinare dal primo giovane che incontrano, acconsentendo, per denaro, ad appagarne le voglie libidinose, che la loro bellezza non manca di suscitare. Questo è ciò che si sussurra da qualche tempo. Io, da parte mia, ho detto solo quello che ho udito da altri! Comunque sia, se ci preme che questa nuova Dottrina trovi un’accoglienza generale anche fra i tanti che tuttora sono scettici, sarebbe consigliabile, a causa del popolo insensato, escludere dalla compagnia almeno le quattro figlie maggiori! Tu, o fratello Jonaele, conosci molto bene com’è fatto il nostro popolo: esso è astioso, malizioso, ignorante ed incredulo! Se questa gente giunge a tanto, credo che neanche Jehova stesso possa farci niente! Quello che vi ho detto è, senza volerlo imporre, il mio punto di vista e, considerando la manifesta perversità del nostro popolo, penso anche che così facendo si può preservare da pericoli la buona causa!»
8. Il sacerdote, udite queste cose, si volge verso di Me, profondamente addolorato, e dice: «Signore! Se fossi colpevole solo un po’ di essere stato poco accorto e trascurato nell’educare le mie figlie, non sarei ora tanto afflitto nell’apprendere ciò! Io, invece, posso dire in coscienza che ho fatto di tutto per educare la mente e il cuore delle mie figlie e non avrei timore di giurare, su ciò che vi è di più sacro, che ciascuna di esse è ancora tanto pura quanto un fiore sul monte di Jehova! Ma chi è che sparge simili infamanti calunnie?»
9. Io gli dico: «Caro Jonaele, fratello Mio, non te la prendere tanto! Ti sia sufficiente che le tue figlie siano pure ai Miei occhi! Infatti, il mondo appartiene complessivamente al demonio, quindi è malvagio in ogni sua fibra! Hai mai sentito che si raccolga uva dalle spine o fichi dai cardi? Tutte queste cose Mi erano già note da tempo, anzi sono state apertamente sentenziate sul Monte, quando figurativamente ho parlato della pagliuzza nell’occhio del prossimo! E vedi, quella parabola aveva il potere di indurre molti ad allontanarsi dal Monte, essendosi accorti che Io parlavo di loro.
10. È per questo motivo quindi che le tue figlie devono venire con noi, anzi Io stesso camminerò in mezzo a loro! E colui che è sotto il potere del maligno ci resterà in eterno, se non si vuole lasciare convertire mai! Ma ora è tempo di andare! Ho già fatto sapere a tua moglie e alle tue figlie ciò che è necessario, ed esse ci attendono».
A Sichar. Entusiasta testimonianza di Pietro sul Figlio di Dio e suo duro giudizio sui galilei increduli. Scena tra Simone ed un non credente. Critica del galileo su Gesù e i Suoi discepoli. Risposta sincera di Pietro. L’angelo e il Signore condannano il bugiardo calunniatore. Lo spirito maligno quale aguzzino. Il castigo del malvagio.
1. Ci poniamo dunque in cammino e, strada facendo, Pietro non può trattenersi dall’esclamare: «Le continue meraviglie a cui assistiamo cominciano a farmi venire seriamente il capogiro! Secondo me, chi non è ancora convinto che questo Gesù di Nazaret sia il Figlio incarnato di Jehova, egli è dieci volte più cieco del Faraone, oppure è addirittura un morto! Con la Potenza della sola Parola gli ammalati guariscono completamente, i ciechi riacquistano la vista, i sordomuti l’udito e la voce, gli storpi camminano e gli afflitti dalla lebbra più incurabile diventano mondi quasi non avessero mai peccato!
2. E come se tutto ciò non bastasse, i Cieli si aprono e premurosamente gli angeli più eccelsi scendono a schiere fra noi, pronti a servirci e a comportarsi in maniera tale da indurci a pensare che essi non abbiano mai abbandonato la Terra fin dalla creazione del primo uomo. Sono pure molto belli e il fascino che irradia da loro è tale che, al solo guardarli, parrebbe di dover morire di diletto! Quando Egli parla, le Sue parole sono di una Sapienza incredibile e questi magnifici servitori di Jehova pendono dalle Sue Labbra con dolce e sommessa attenzione e con celeste devozione manifestando la più pura e serena gioia, come fanno le rondini in una bellissima giornata d’estate! In verità, chi osa dire che questo Gesù non è altro che un mago, merita di essere macellato come un bue. Infatti una tale persona non è un uomo, ma solo un animale dotato di parola, e come tale non avrebbe il diritto di morire da uomo, ma la sua fine dovrebbe essere quella di un animale domestico!»
3. Mentre Simon Pietro fantastica così e non si accorge di quello che accade intorno a lui, un cittadino incredulo gli si avvicina e, battendolo duramente sulla spalla, gli dice: «Se credi sia così, è mio dovere di galantuomo preannunciarti che anche tu farai la fine di un bue qualunque! Infatti se sei vissuto fino adesso senza farti un’idea di quante cose sia capace colui che pratica con abilità la magia, non dovresti rischiare di aprir bocca in un luogo laddove vi sono persone competenti e ricche di esperienza!»
4. Allora Pietro chiede bruscamente: «Dimmi, o spirito rozzo e tenebroso! I tuoi maghi hanno anche il potere di ottenere l’immediata guarigione degli ammalati in virtù della sola parola? E possono anch’essi ordinare ai Cieli sublimi di aprirsi, cosa che né la mano né l’intelligenza di nessun mago ha mai fatto?»
5. Risponde il cittadino: «Cieco e stupido galileo! Non sai che i veri maghi possono trarre da qualunque pezzo di legno un pesce oppure un serpente? Anzi, a tale proposito ti posso dire che, non molto tempo fa, uno di questi maghi proveniente dall’Egitto capitò tra noi e lo vidi gettare nell’acqua dei pezzi di legno che si trasformarono presto in pesci, poi li gettò a terra e si tramutarono in serpenti e vipere, quindi soffiò nell’aria e questa fu piena di locuste e di altri insetti alati; prese ancora delle pietre bianche, le gettò in aria e ne uscirono delle colombe che se ne volarono via, poi raccolse da terra una manciata di polvere, la lanciò contro il vento e in un attimo l’aria fu ottenebrata da sciami di moscerini, così numerosi che a malapena si poteva scorgere il sole e, avendo soffiato su essi, si alzò un forte vento che li cacciò via come una nube! Dopo ci condusse presso uno stagno situato vicino al ruscello, dove poco prima aveva cambiato i pezzi di legno in pesci. Giunto qui, toccò l’acqua con la sua bacchetta e tutta l’acqua si convertì in sangue, poi toccò questo nuovamente con la bacchetta e subito il sangue ridiventò acqua! Infine, giunta la sera, gridò alle stelle e queste caddero tra le sue mani come fossero colombe ammaestrate! Poi, ad un suo comando, esse volarono via e fecero ritorno nel firmamento! E tu ti chiedi ancora dov’è l’uomo le cui mani possono toccare i Cieli? Che tutto ciò sia realmente accaduto, posso fartelo confermare da cento testimoni. Cosa ne pensi ora del tuo nazareno, figlio di Dio, che conosco molto bene e so anche di chi è figlio e dove abbia appreso tutto ciò che ti desta meraviglia?»
6. Dice Pietro: «Se le tue affermazioni non sono menzogne, come le lacrime del coccodrillo, e se non hai pagato i cento testimoni per sostenere le tue bugie, tutti quelli qui attorno che hanno riconosciuto il Cristo in Gesù di Nazaret, dovrebbero anch’essi sapere qualcosa di questo mago, del quale mi hai appena decantato i miracoli! Lo voglio chiedere subito a Jonaele! Ma guai a te, se mi hai ingannato!»
7. Risponde il cittadino: «Costoro non saranno in grado di darti nessun chiarimento, perché essi, pensando che il mago operasse con l’aiuto del demonio, non hanno assistito alle sue esibizioni, per timore di contrarre qualche malanno! Dotati di coraggio, solo noi, che conosciamo un po’ più da vicino le forze della natura e non crediamo affatto al demonio, siamo andati con lui e, con meraviglia, ci convincemmo di quante e quali cose fosse capace l’uomo!»
8. Dice Pietro: «Tu hai tutta l’aria di essere una vecchia volpe, ma non credere per questo di cavartela tanto presto e di poter sfuggire al castigo! Ed ora vieni con me dal sommo sacerdote di questa città e vedremo di chiarire e di appianare con il suo aiuto le nostre questioni!»
9. Replica il cittadino: «Cosa mi importa del sommo sacerdote? Io sono galileo, anzi più greco che ebreo ed ho poche cose in comune con lui, zelante ignorante che va fantasticando, ma non si accorge che le sue quattro figlie più grandi se ne vanno di notte fuori di casa con il consenso della madre, a quanto si dice, in cerca di avventure scandalose. Cosa vorresti mettere in chiaro con un simile imbecille? Per me l’arte e la scienza contano più di ogni cosa e stimo i veri scienziati e i veri artisti al di sopra di tutto, purché non abbiano la smania di volersi spacciare per più di quello che sono!
10. Se il vostro maestro, al quale non si può negare abilità e discernimento in tutte le arti e le scienze, si accontentasse di rimanere quello che è, sarebbe ritenuto persona illustrissima tra ebrei, greci e romani. Egli, invece, fa di se stesso un Dio e questo è molto insensato e degno di altri tempi, antichi ed oscuri!
11. In quanto a voi, non ho niente in contrario a credervi persone oneste e anime pie, ma, a parte i vostri pesci, mi sembra che non vi intendiate molto di altre cose. Lasciamo dunque da parte questa discussione! Voi potete credere quello che vi pare; difficilmente però riuscirete a farci vedere bianco per nero. Infatti ti ripeto che, avendo studiato, noi conosciamo ogni genere di scienza e nulla ci è estraneo; neppure in fatto di magia siamo all’oscuro, possiamo giudicare quindi con certezza cosa si debba pensare del vostro maestro!»
12. Dice Pietro: «Amico, tu ti sforzi inutilmente di cambiare discorso! Non stiamo parlando di quello che tu pensi sul conto del mio Maestro e a poco ti serve tenere discorsi in apparenza sensati, allo scopo di farmi dimenticare le menzogne che mi hai disonestamente rifilato poco fa! Ammesso pure, come tu dici, che il sommo sacerdote sia uno zelante o altro, però, quale autorità di questa piccola città, egli dovrà certamente sapere se in questi ultimi tempi si è qui esibito un mago come quello da te descritto! Questo per me è di capitale importanza, perché mi preme formarmi un’idea precisa sul conto del mio Maestro!
13. Vedi, io e molti altri come me abbiamo abbandonato tutto, perfino moglie e figli e Lo abbiamo seguito incondizionatamente, avendoLo visto operare cose impossibili a qualsiasi uomo e avendoLo inoltre udito enunciare parole talmente sapienti, che nessun uomo prima di Lui aveva mai pronunciato e che dopo di Lui difficilmente qualcuno potrà pronunciare!
14. Ma tu ora vieni fuori con questo discorso ed al mio Maestro ne vuoi contrapporre un altro che, se anche non Lo supera in grandezza e potenza, pure secondo te Lo eguaglia e opera cose tali da imporre ad ognuno il più profondo rispetto! Si tratta dunque di sapere se qualcuno mi può fornire, in maniera evidente e valida, la prova che un tale mago ha realmente compiuto i fatti da te raccontati!
15. Se ciò che hai detto risponde a verità, ti do la mia parola che abbandono all’istante il mio Maestro, che ritengo totalmente dotato di Forza divina, e faccio ritorno a casa mia e alla mia famiglia! Infatti, uno che fosse solo un mago, non vorrei seguirlo neanche di un passo. Sono ancora un vero israelita e credo più in Mosè che in centomila maghi, siano pure famosi e molto considerati. Ma se, come fondatamente suppongo, hai mentito unicamente per fare del male, quindi allo scopo di screditare il mio adorato Maestro, in tal caso, come ti ho già minacciato, guai a te! Sappi che, per la Grazia del mio divino Maestro, anch’io sono in grado di fare certe cose, senza esigere di passare agli occhi di chicchessia per un operatore di miracoli!
16. Per questo, vieni con me volontariamente dal sommo sacerdote. Eccolo là, intento a discutere con il vostro doganiere Matteo; anch’egli deve sapere qualcosa del tuo mago, non essendosi mai allontanato dalla città! Vieni dunque con le buone, se non vuoi che ti costringa con la forza!»
17. Dice il cittadino: «Come, come? Con la forza? E se io non volessi? Guarda là, dietro a me tutti quegli uomini; ce ne sono forse qualche centinaio! Se ti azzardi a mettermi le mani addosso, dovrai vedertela con loro!»
18. Osserva Pietro: «Io non ti metto le mani addosso, come hai fatto tu assai rudemente poco fa, quando mi hai dato una pacca sulla spalla; nonostante questo, sei costretto a venire con me! Fra noi si trovano le schiere degli angeli di Dio, che tu sembri non vedere! Basterà un solo cenno e, con il loro aiuto, ti porterò subito là, dove voglio che tu vada!»
19. Risponde il cittadino: «I vostri angeli sono forse questi ragazzi vestiti di bianco? Ah, ah, ah! Va bene! Se la vostra guardia del corpo è tutta questa, mi sembra che, con qualche dozzina di schiaffi sul naso, faremo volare via oltre le mura della città, insieme a voi, anche la vostra schiera bianca!»
20. Queste parole fecero arrabbiare Pietro ed egli fece subito chiamare uno dei giovani perché punisse il cittadino. Ma il giovane rispose: «Io lo farei senz’altro, se tale fosse la Volontà del Signore, ma Egli non me lo ha ancora ordinato e non posso perciò fare ciò che mi chiedi. Però, tu, puoi presentarti al Signore ed esporGli la cosa; se Egli lo vuole, io agirò»
21. Allora Pietro, poiché nel frattempo Mi ero avvicinato a lui, si diresse verso di Me e, raggiuntoMi, Mi narrò la faccenda. E quando fu arrivato davanti alla casa di Jonaele, dove Mi ero fermato, gli dissi: «Torna indietro e conduci da Me quell’uomo!»
22. Come se fosse stato liberato da un gravissimo peso, Pietro, appena udì le Mie parole, ritornò in gran fretta dal giovane ed esclamò: «Il Signore lo vuole!»
23. Il giovane fissò negli occhi il cittadino, che, tutto tremante e come spinto da forza arcana, si pose subito a seguire Pietro, senza più protestare. Giunto presso di Me, lo fissai intensamente e il cittadino, soggiogato, confessò che aveva mentito e che non aveva mai visto un mago di quella specie, ma ne aveva soltanto sentito parlare. In quanto al resto, dichiarò che si era comportato così perché desiderava mettere alla prova il Mio discepolo, per constatare quanto ferma era la sua fede e che non vi era stata nessun’altra cattiva intenzione.
24. Io allora gli dico: «In verità, tu sei di quelli che vogliono coprire una menzogna con un’altra; tu sei quindi una creatura del demonio! Vattene dunque dal tuo padrone e che egli ti dia la ricompensa che si merita un così fedele servitore!»
25. Appena ebbi finito di parlare, uno spirito maligno si impossessò di lui e cominciò a tormentarlo in maniera tanto atroce che questi si mise ad urlare orribilmente: «Signore aiutami! Confesso apertamente che ho peccato!»
26. Allora Io gli chiedo: «Dove e da chi hai saputo che le quattro figlie maggiori di Jonaele sono delle meretrici? Dichiaralo pubblicamente, altrimenti ti lascio al tuo tormento fino alla fine del mondo!»
27. Esclama il cittadino: «O signore, io non l’ho mai saputo da nessuno, al contrario, fui io stesso che, una notte, incontrate le quattro giovani che tornavano dal pozzo di Giacobbe, portando con sé dell’acqua, le interpellai e feci loro delle proposte oscene. Le giovani però, per il mio contegno, mi rimproverarono così duramente, che le lasciai andare, ma, esasperato per lo smacco ricevuto, giurai di vendicarmi di loro. Fu così che il mio perverso cuore si inventò quella storia abominevole sul loro conto ed io stesso divulgai ovunque tutte quelle voci calunniose! Le giovani sono certamente vergini! O signore, il malvagio sono solo io, tutti gli altri sono buoni e puri!»
28. Allora Io comando allo spirito impuro di allontanarsi, e al cittadino così liberato impongo che dia a Jonaele adeguata soddisfazione! E poiché egli è un mercante, se ne va ritornando subito dopo portando con sé il decuplo di quello che gli avevo prescritto e prega Jonaele e le sue figlie di concedergli il loro perdono.
29. Ma Io gli dico: «Il dono da solo non è sufficiente a cancellare le abominevoli azioni da te commesse! Vattene e dovunque hai offuscato la reputazione di queste giovani, ritratta le tue malvagie parole; fatto questo, ti saranno subito rimessi i peccati! Così sia!»
30. Il cittadino promette di fare subito tutto. Osserva solamente che, se le sue calunnie fossero venute all’orecchio di qualche forestiero a lui sconosciuto e del quale non conosce la dimora, non potrà più rimediare al male fatto e per questo Mi supplica di usargli indulgenza.
31. Io lo rassicuro dicendogli: «Fai quanto ti è possibile; quello che non potrai più fare, lo farò Io, e non ti resterà alcun peccato!».
32. Allora il cittadino, contento delle Mie parole, si allontana e si accinge subito a riparare i torti fatti.
A Sichar. Il Signore e la nobile famiglia di Jonaele. I discepoli si scandalizzano per le toccanti scene che si svolgono per strada tra il Signore e le figlie di Jonaele. Severo rimprovero del Signore per le loro critiche. Dov’è il Regno di Dio. «Rimanete nell’Amore!».
1. Quando il cittadino si è allontanato, Io faccio chiamare la moglie e le figlie di Jonaele, che per paura, avendoMi visto vicino al loro calunniatore, si sono ritirate in casa.
2. Esse obbediscono subito alla Mia chiamata e, con l’anima colma di gioia e di gratitudine, si avvicinano a Me ringraziandoMi con le lacrime agli occhi per averle protette ed aver fatto risaltare con tanta chiarezza la loro innocenza, screditata in maniera così brutale da quell’uomo malvagio!
3. Io stendo allora le mani sul loro capo e le benedico, comunicando loro la Mia decisione di volerle trattenere presso di Me per tutta la giornata! Esse però si sminuiscono e umilmente dicono: «O Signore, questa è una grazia troppo grande per noi e non ne siamo degne! Noi saremmo già estremamente felici se Tu ci permettessi di poterTi seguire come le ultime di tutta la Tua immensa compagnia!»
4. Ma Io dico loro: «Conosco molto bene la vostra sincera umiltà ed è appunto questo il motivo per cui vi ho elette: per rimanere al Mio fianco ed accompagnarMi ovunque Mi sono prefisso quest’oggi di andare!»
5. Mentre le sette giovani, alle quali non sembrava vero di essere state fatte segno di tanta stima, Mi stanno ringraziando, si fa avanti Jonaele, che, sbalordito, chiede loro: «Mie care figlie! Da chi avete ricevuto queste sontuose vesti che vi donano un aspetto veramente celestiale?».
6. Esse soltanto in quel momento si accorgono che le vesti che indossano sono di finissimo bisso e che il loro capo è adorno di preziosissimi diademi che danno loro l’aspetto di figlie di re.
7. Quando si accorgono di una tale magnificenza, la loro meraviglia e la loro gioia traboccano e, combattute come sono tra l’ammirazione e l’impellente amore che inizia ad infiammare i loro cuori, rimangono in preda ad un dolcissimo stupore senza sapere cosa dire o cosa fare. Dopo un po’, riavutesi dallo smarrimento, chiedono a Jonaele se riesce a spiegarsi l’episodio, non essendosi accorte chi avesse portato loro in regalo quelle vesti e quei diademi.
8. Jonaele, anch’egli traboccante di tenera ammirazione per le sue graziosissime figlie, risponde: «Riservate ogni vostro ringraziamento a Colui che vi ha benedette! È stato Lui che vi ha fatto dono di tutto ciò in modo meraviglioso!»
9. Allora le giovani donne, sopraffatte dall’emozione, senza dire alcuna parola, cadono ai Miei piedi, piangendo di gioia e d’amore. Intanto, mentre si svolge questa scena, i discepoli, che si trovano dietro di Me, dicono tra loro: «Se almeno queste cose succedessero in casa! Ma qui, per strada, alla presenza di migliaia di spettatori, la cosa crea troppo scalpore!»
10. E poiché non Mi erano sfuggite le loro osservazioni, Mi voltai e dissi loro: «È da tanto tempo che sono con voi, ma ancora non avete procurato al Mio cuore una gioia così viva quanto quella di queste sette figlie! Vi dico che esse sono già sulla retta via ed hanno scelto la parte migliore; se voi non procederete per questa via, difficilmente potrete accedere nel Mio Regno! Infatti i figli che vengono a Me in questo modo, rimarranno anche presso di Me, ma coloro che Mi cercano soltanto con la lode e la glorificazione avranno solo un riflesso di Me, perché non sarò mai interamente in mezzo a loro!
11. Il Mio vero Regno è solamente dove Io sono realmente di Persona! Questo mettetevelo bene in mente! Il Signore ha il potere assoluto su tutto l’Universo e non può toccarLo la maniera con cui la stoltezza del mondo giudica ciò che giova e ciò che non giova! Avete compreso?»
12. Risponde Pietro: «Signore, sii paziente con noi, che siamo stolti! Tu sai bene che non abbiamo ricevuto la nostra educazione dai Cieli, ma da questo mondo. Cercheremo di colmare anche queste nostre deficienze, perché Ti amiamo sopra ogni cosa, altrimenti non Ti avremmo seguito!»
13. Io dico: «Restate dunque in questo amore e non appoggiatevi alle opinioni di questo mondo, ma alle Mie, che giungono dal Cielo!».
14. Queste Mie parole servono ad accontentare e a consolare i discepoli, che nel loro cuore Mi rendono lode e gloria.
A Sichar. La passeggiata attraverso il grazioso bosco. Il vecchio castello di Esaù.
Scena tra il padrone del castello, i suoi servitori e il Signore.
L’accorto commerciante, amico della verità, nell’imbarazzo.
Il Signore scrutatore di pensieri. Il mercante poetico.
La domanda scabrosa.
1. Poi ci poniamo in cammino e dopo un’ora arriviamo ad un parco molto bello ed ombroso, che appartiene ad un ricco mercante di Sichar. Questo grandissimo parco è lavorato e coltivato con molta arte: sorgono ovunque giardinetti, ruscelli, stagni popolati da ogni specie di pesci ed uccelli. In fondo al vasto parco sorge invece un vecchio castello molto ampio, protetto da mura solidissime. Questo castello era stato fatto costruire da Esaù, che l’aveva abitato quando Giacobbe viveva in un paese straniero. Naturalmente, l’azione del tempo si era fatta sentire e il castello era ridotto in cattivo stato; questo mercante però, investendo ingenti somme di denaro per farlo restaurare, l’aveva di nuovo reso abitabile e vi si recava di frequente con tutti i suoi. In quel periodo egli si trovava appunto là a villeggiare. Costui, pur essendo un uomo generoso e proprietario di parecchi altri beni, era tuttavia un po’ geloso di questa proprietà e non vedeva troppo di buon occhio la gente che si introduceva nel suo parco, la cui manutenzione gli costava moltissimo.
2. Dunque, quando si accorse che la folla, che Mi seguiva, era penetrata nel parco e si dirigeva verso le mura del castello, ci mandò subito incontro i suoi numerosi servitori, per chiederci cosa volessimo e possibilmente per indurci a sgomberare dal parco.
3. Ma Io, fattoMi avanti, dissi a quei servitori: «Ritornate dal vostro padrone e ditegli che il suo e vostro Signore gli annuncia che Egli e tutti quelli che Lo accompagnano albergheranno e pranzeranno oggi da lui!»
4. Allora i servitori e i domestici ritornano subito dal loro padrone per riferire il messaggio e questi, meravigliato, chiede loro se sanno chi Io sia per fargli tale richiesta. Essi rispondono: «Noi ti abbiamo riferito con precisione quello che egli ci ha detto, cioè che egli è il tuo e il nostro Signore! Dunque perché ce lo chiedi di nuovo? Possiamo dirti ancora che sette giovinette, in veste regale, gli stanno vicine ed è seguito da un’interminabile schiera di gente È probabile che egli sia un principe di Roma e sarebbe allora opportuno andargli subito incontro ed accoglierlo con tutti gli onori, alla nuova grande porta del castello»
5. Udendo queste cose, il mercante esclama: «Portatemi subito i miei vestiti più preziosi e si adorni la casa a festa, perché un simile principe va ricevuto con il maggior decoro possibile!».
6. Tutti si danno dunque da fare, per eseguire gli ordini. I cuochi e le cuoche si affrettano a trarre fuori dagli stanzoni delle provviste enormi quantità di cibi svariatissimi per prepararli, mentre i giardinieri scendono di corsa per raccogliere, nei vasti giardini, ogni tipo di frutta prelibata.
7. Mentre i preparativi sono in corso, ecco apparire il padrone del castello, in vesti sontuose e circondato da cento dei suoi servitori, scelti tra i principali della sua casa; si avvicina a Me, si inchina tre volte quasi fino a terra e porge il benvenuto sia a Me che a quelli che Mi accompagnano, ringraziando per l’altissimo onore concessogli. Infatti egli ritiene che Io sia sul serio un principe romano.
8. Guardandolo in viso, gli rivolgo la parola, dicendogli: «Amico, quale ritieni sia il grado più elevato al quale l’uomo possa pervenire su questa Terra?»
9. Dice il ricco mercante: «Signore, perdona il tuo umilissimo schiavo, sono così stolto da non comprendere il significato della domanda che, nella tua suprema sapienza, mi stai facendo. Ti piaccia, dunque, o signore, scendere da queste inarrivabili altezze e espormi chiaramente la tua domanda, in modo che sia accessibile al mio limitato intelletto!». (Bisogna qui notare che il mercante aveva capito molto bene la domanda; infatti, in quel tempo vigeva l’insulsa e cortigiana usanza di far credere che non si avesse capito di primo acchito una domanda, anche la più facile, quando veniva mossa da persone di rango più elevato; e questo nell’intento di far risaltare la sapienza di quella persona.)
10. Io gli dico però: «Amico, tu Mi hai capito molto bene, ma fai finta di non avere afferrato il senso della Mia domanda unicamente per riguardo alla Mia Persona, secondo le prescrizioni dell’antica usanza, che ora però è caduta in disuso. Lascia dunque da parte queste insulsaggini d’altri tempi e rispondi a quello che ti ho chiesto!»
11. Dice il mercante: «Ecco, nobile Signore, poiché mi è concesso rispondere prontamente col tuo permesso, ritengo di avere ben compreso l’elevata domanda. Perciò ti rispondo che considero l’imperatore al di sopra di tutti e la sua dignità la massima carica alla quale possa aspirare un uomo su questa Terra!»
12. Io gli dico: «Amico, perché nel tuo cuore lotti tanto rudemente con il tuo stesso principio, secondo cui la verità è la cosa più grande e più santa di questo mondo e colui che serve fedelmente la causa della verità e della giustizia riveste sulla Terra la carica più nobile e più elevata? Vedi, questi sono appunto i tuoi principi! Ora, come puoi, contravvenendo alla tua intima convinzione, sostenere che la suprema carica è quella dell’imperatore, cioè quella di un potentato, che rappresenta l’autorità e la forza rude, che non sono certamente sempre fondate sulla verità e sulla giustizia?»
13. A queste parole il ricco mercante rimane sconcertato e dopo alcuni istanti domanda: «O nobile signore! Come sei venuto a conoscenza del mio motto preferito? Riguardo a ciò, non mi sono mai espresso ad alta voce, anche se l’ho pensato mille e mille volte! Ma sappiamo, fin troppo bene, che con la pura verità non si riesce sempre bene a salvarsi dai guai e che, per qualunque motivo politico, bisogna anzi lasciarla garbatamente da parte, se in mezzo agli uomini non si vuole rischiare troppo la propria pelle!
14. Del resto, se non sbaglio, tu stesso, o nobile figlio di principe, sembri essere grande amico della verità e della giustizia, perciò non dovrei temere di venirti incontro con la cara verità! Vedi, i signori, più grandi sono e meno vogliono saperne di udire la verità, reputano onori le parole lusinghiere e cortigiane e solo queste bramano, mentre ogni diritto umano è da loro disprezzato! Quello che essi vogliono se lo prendono senza scrupoli, con violenza; che poi i poveri si lagnino dei torti subiti è ed è stato sempre irrilevante per i potenti signori, che dall’alto della loro nobiltà mirano sprezzanti queste inezie. Conviene dunque usare molta prudenza e molta diplomazia nel parlare con loro, se si vuole evitare il carcere e la galera che esistono per aumentare la sofferenza e la miseria umana!»
15. Io dico: «Hai detto bene e riguardo a ciò condivido pienamente la tua opinione! Ma dimMi, chi pensi che Io sia realmente?»
16. Risponde il mercante: «Signore! La tua domanda è molto scabrosa. Se parlo troppo, mi si riderà in faccia; se parlo troppo poco, sarò messo in prigione! Penso dunque che mi convenga esserti debitore di una risposta piuttosto che terminare i miei giorni tra gli stenti e i patimenti di una prigione!»
17. Io gli dico: «Ma, se Io Mi faccio tuo tutore e quindi non hai più nulla da temere, Mi darai una risposta? Parla dunque e dimMi francamente chi pensi che Io sia!»
18. Dice il mercante: «Se proprio devo dirlo, ecco, ritengo che tu sia un principe romano!»
19. Osserva Jonaele che si trovava dietro di Me: «Il tuo apprezzamento è in realtà insignificante e bisogna che tu conferisca maggiore dignità al Suo rango, perché non è di un principe che si tratta!»
20. Il mercante, impaurito, esclama: «Ma, allora, sarà forse l’imperatore in persona?»
21. Dice di nuovo Jonaele: «È ancora troppo poco, il Suo rango è molto più elevato!»
22. Imbarazzato, il mercante risponde: «Come posso saperlo? Infatti non c’è nessuno che sia superiore all’imperatore di Roma!»
23. Replica Jonaele: «Eppure c’è Chi lo supera e di molto! Riflettici e dichiaralo apertamente senza timore! Infatti leggo nel tuo cuore che segretamente assegni l’ultimo posto all’imperatore dei romani. Dunque, perché dici il contrario di quello che pensi e che senti nel tuo cuore? Sii sincero!».
A Sichar. Ampia risposta del prudente mercante alla domanda su chi sia il Signore del mondo. Sulle cattive esperienze di chi testimonia la verità sulla Terra. Esempi del ladrone e dell’impostore. Argomentazioni di Jonaele sulla menzogna come causa del male sulla Terra.
1. Dopo una breve pausa, il ricco mercante dice: «Miei cari e nobili ospiti, per quanto riguarda questo argomento, devo dirvi che non c’è cosa migliore di quella di tapparsi per bene la bocca e badare di parlare il meno possibile! Credetemi; in genere non è mai consigliabile, specie dinanzi a persone altolocate, esternare apertamente quello che si pensa e si sente nel cuore, perché gli uomini che occupano cariche elevate hanno una pelle talmente delicata che non regge ai colpi della verità!
È per questo motivo che, particolarmente in presenza di simili pezzi grossi, diventa troppo pericoloso esternare apertamente la verità! Tali personaggi hanno qualcosa che potrei definire “tentazione”; è da questa che bisogna mettersi in guardia più che dai serpenti, dalle vipere o dai basilischi[3]. E vi sono degli esempi, anzi di curiosissimi! Ognuno può pensarla come vuole. In pratica però, per cavarsela nel migliore dei modi vivendo fra gli uomini, è necessario essere buoni patrioti! Soprattutto si faccia il più possibile economia di parole, perché chiacchierando troppo è molto facile venire al contatto, pochissimo gradito, con gli sbirri!
2. La verità l’ho detta già fin troppo! Per questo sto dalla parte dell’imperatore e ribadisco che sulla Terra non c’è nulla di più elevato dell’imperatore dei romani: “Caesarem cum Jove unam esse personam” (Cesare e Giove sono la stessa persona). Ciò che un Cesare vuole, la divinità lo attua in segreto!
3. In quanto poi alla verità, se pur ce n’è una, sbarazzatevi di essa, perché non si addice al genere umano! Chi può contare le sciagure partorite dalla verità? Coloro che si sono assunti il compito di insegnarla, non sono tutti morti o di spada o sulla croce? Viceversa, abbiamo constatato che quelli che si sono trincerati dietro la menzogna, sono sempre riusciti a cavarsela con poco; al massimo, qualche volta, se qualcuno mente in maniera lampante, abbasserà gli occhi, ma non avrà altre gravi conseguenze! Invece i grandi amici della verità, salvo poche eccezioni, hanno tutti quanti lasciato la Terra per morte violenta.
4. Dunque, se il premio riservato al sostenitore della verità è questo, chi mai sarà quel bue o quell’asino che, sapendo ciò, se ne dichiarerà amico? Si tenga la verità severamente custodita nel proprio petto e si circoli liberamente tra la gente, invece di divulgarla e diventare poi prigionieri nel corpo e nell’anima. Infatti, finché il corpo langue in carcere, neppure l’anima è più libera.
5. Da parte mia posso affermare di non avere ancora mai sentito dire che dalla verità derivi qualcosa di buono. Qualche esempio servirà a chiarire ulteriormente la cosa.
6. Se un ladro, in seguito a gravi sospetti, è stato arrestato e viene portato dinanzi a giudici severi, viene senz’altro liberato per mancanza di prove sufficienti se egli è pratico di menzogne; invece, se è tanto asino da dire la verità, gli si riversano addosso tutti i rigori e le penalità della legge. Al diavolo dunque la verità!
7. Se qualcuno come spesso succede, trattando un qualunque affare, trova il furbo che approfitta per raggirarlo, egli, essendo ricco e pieno di affari, non si accorge di essere stato frodato e conserva inalterato tutto il suo buon umore. Ma ecco che, a turbare questa pace, salta fuori un amico della verità, che ha notato l’inganno e che racconta al nostro uomo tutta la storia, facendogli notare come l’altro lo abbia truffato! Così, da questo momento, la persona truffata perde il buon umore, corre dal giudice e, rimettendoci di nuovo per le spese, esige che il truffatore venga punito. Ditemi: che bene gli ha procurato la verità? Assolutamente nulla! Essa ha destato in lui solo ira e impulsi di vendetta e lo ha portato ancora una volta a sacrificare le proprie ricchezze! Il truffatore invece, maestro di menzogna, visto che la menzogna lo difende, non solo non risente del danno che questa verità ha causato, ma fa inoltre cacciare in prigione il loquace amico della verità quale maligno calunniatore! Ora io mi chiedo: “Qual è in questo caso il premio che la verità riserva ai suoi fedeli?”
8. No, no, non parlatemi di verità su questa Terra! Essa sola è la causa di tutti i mali dell’umanità, come dice anche Mosè nel suo primo Libro: “Però non mangiare dell’albero della conoscenza, cioè dell’albero delle innumerevoli verità, poiché il giorno che ne mangerai, per certo morrai!”. Così è sempre stato e così è ancora adesso! Con la menzogna si può arrivare al trono, con la verità invece in prigione! È davvero buffo il premio che spetta agli amici della verità!
9. Cercate la verità dove volete, ma lasciatemi in pace! Tutto ciò che si trova in casa mia e nei miei giardini è a vostra disposizione, però il santuario del mio cuore, poiché è un dono di Jehova, appartiene a me solo! Offro volentieri a voi e al mondo intero ciò che il mondo mi dà, perché questo benessere viene dal mondo, ma il benessere che ho ricevuto da Dio lo tengo solo per me!»
10. Dice il sacerdote: «Devo confessarti che, se dovessi considerare mondanamente le vicende di questo mondo, ti darei perfettamente ragione, ma poiché hai parlato di Mosè, saprai anche che Dio dettò a Mosè una Legge per il Suo popolo, nella quale la menzogna e la falsa testimonianza sono condannate, mentre la verità deve essere osservata da tutti gli uomini! Se questa Legge venisse osservata da ogni uomo, riconoscilo: la vita non sarebbe meravigliosa sulla Terra?
11. Io te lo dico e tu devi convenirne: non la verità, ma solo la menzogna è la fonte da cui scaturiscono le sciagure, che gravano sugli uomini di questa Terra. Infatti, gli uomini, salvo poche eccezioni, sono l’un l’altro nemici, invasi da orgoglio e da ambizione, ciascuno vuole essere più del suo prossimo e, usando qualsiasi mezzo, cerca di schiacciarlo il più possibile con la sua presunta superiorità e fa credere ai più deboli che è di gran lunga più grande e più perfetto di qualsiasi altro uomo.
12. Questa smania di grandezza tende poi, col tempo, a sviluppare nell’uomo i germi di vizi più ripugnanti, così non evita neppure dall’assassinio, qualora giudichi la menzogna e l’inganno mezzi insufficienti per raggiungere la sua meta, che è la conquista di un posto possibilmente elevato e ragguardevole fra gli uomini.
13. Ognuno, dunque, vuole ad ogni costo essere migliore e più perfetto di quanto lo sia in realtà ed è per questo che, non sapendo a cosa appigliarsi, ricorre alla menzogna e, senza scrupoli, ne fa un uso indiscriminato in ogni occasione propizia che gli si presenti, per conseguire i suoi fini. Detto questo, ti sarà chiaro come, in mezzo a simili individui, la verità condurrà ad una vita infelice.
14. Se invece gli uomini riconoscessero l’infinita eccellenza della verità nei confronti della menzogna, cosa facile se nelle loro azioni rispettassero Dio e le Sue sante Leggi, allora fuggirebbero dalla menzogna più che dalla peste e la vera Giustizia di Dio punirebbe il bugiardo con la morte. Purtroppo non è così; gli uomini sono orgogliosi e avidi di dominio, ed amano perciò la menzogna e la sostengono!
15. Ma come mostra l’esperienza millenaria, gli uomini non vivono eternamente su questa Terra, ma, dopo un po’, il loro corpo perisce e viene dato in pasto ai vermi della terra; e allora l’anima deve presentarsi davanti al tribunale di Dio. Ora mi chiedo: “Come potrà una tale anima, con tutte le sue presuntuose menzogne, reggere davanti a Dio?”
16. Credo invece, e ne sono pienamente convinto, che in questo mondo è meglio morire sulla croce per amore della verità, piuttosto che morire di vergogna al cospetto di Dio un giorno ed apprendere da Lui la sentenza eterna: “Allontanati da Me”!
17. Se mi hai ben capito, ti sarai persuaso che noi siamo realmente amici della verità, perciò sii sincero e non essere trattenuto dallo stolto timore di essere punito da noi a causa della verità! Dicci apertamente, dunque, quello che tu pensi di noi ed in particolare di Colui che ora sta parlando con le mie figlie!».
A Sichar. Finalmente il mercante risponde alla domanda scabrosa. «Dunque sei Tu il Messia? Per Lui ho lavorato per tutta la vita! Sia Egli il Benvenuto!». Il Signore accetta l’invito a pranzo fatto dal mercante.
1. Dice il mercante: «Amico, tu mi hai parlato chiaramente e saggiamente e mi hai detto cose che molto spesso sento in me stesso; però non riesco a capire la tua insistenza nel volere che vi dichiari l’opinione che ho di voi e specialmente di lui! Poco fa, mi hai detto che egli non è quello che ritengo essere, ma molto di più! Però non comprendo come si possa essere più elevati di un dio terreno, cioè di un imperatore, senza essere in pari tempo Dio! Solo Jehova è, sia in questo mondo che in quello spirituale, superiore al dio-imperatore terreno! Se così stanno le cose, egli non dovrebbe essere Jehova?»
2. Dice Jonaele: «Stai attento ed osserva un po’ più da vicino la nostra compagnia, può darsi che qualcosa ti lasci sorpreso! Che ne dici, per esempio, di quei meravigliosi giovani, che in così gran numero ci accompagnano? Osservali bene e dimmi poi quali sono le tue impressioni!»
3. Risponde il mercante: «Sinceramente fino ad ora ho creduto che fossero ragazzi nobili al seguito dell’imperatore e figli dei patrizi di Roma, anche se, osservando la loro pelle bianca e delicata, si sarebbe piuttosto indotti a crederli delle ragazze travestite, oriunde dell’Asia Minore. Infatti, a dire il vero, in questo ambito ho avuto l’occasione di vedere molte di tali bellezze, poiché a suo tempo il mio commercio si estendeva anche a questo genere di merce, che veniva mandata in Egitto ed in Europa, specialmente in Sicilia, per essere offerta in vendita ai nobili romani, amanti dei lussi e delle comodità della vita. Però, creature dotate di simile inesprimibile bellezza confesso di non averne mai viste! Dimmi, te ne prego, da dove vengono e chi sono! Vedi, amico mio, le tue figlie sono anch’esse bellissime, tuttavia non reggono il confronto con queste, per così dire, raggianti bellezze. Se, come ritengo, li conosci meglio di me, dimmi chi sono e da dove vengono!»
4. Dice Jonaele: «Non sta a me dirti queste cose, ma solo a Colui che ora si trova vicino alle mie figlie. Chiedi quindi a Lui ed Egli ti potrà dare la giusta risposta!»
5. Allora il mercante si rivolge direttamente a Me e dice: «O signore di queste schiere, che mi sembra ti seguano come gli agnelli seguono il loro pastore, chi devo onorare nella tua nobile persona? Infatti mi è stata fatta una domanda ed ho espresso il mio apprezzamento fino al grado umano più elevato, ma fui avvisato di essermi sbagliato. Ora non so più cosa dire; perciò ti prego di reputarmi degno di ottenere notizie più precise riguardo alla tua persona!»
6. Io gli dico: «Anche tu fai parte di quelli che non credono se prima non hanno visto dei segni, e anche se li vedono dicono: “Ecco, costui deve essere o un discepolo degli Esseni oppure un mago venuto dall’Egitto o dal Paese che è bagnato dal Gange, a meno che non sia un servitore di Belzebù!”. Cosa fare allora di fronte a ciò? Ebbene, ammesso che ti voglia rivelare, senza veli e senza reticenze, Chi sono Io, tu non Mi crederesti!
7. Tu hai già espresso la tua opinione ed essa è risultata falsa! Quando Jonaele ti disse che Io ero di più del tuo dio terreno, rispondesti che soltanto Jehova poteva essere più grande dell’imperatore. Con ciò escludesti tacitamente che fossi più grande dell’imperatore di Roma, che, solo per timore della sua terrena potenza, dici essere la più alta personificazione di grandezza su questa Terra. Nel tuo cuore, invece, lo stimi peggiore di quanto non sia la peste e consideri più benigni gli sciami di locuste che non tutta la sua potenza.
8. Ma ritornando a noi, sappi che oggi è già il terzo giorno che Mi trovo a Sichar e, poiché la città non è molto lontana da qui, Mi stupirebbe molto se tu non avessi ricevuto alcuna notizia di Me tramite i tuoi colleghi della città!»
9. Dice il mercante: «Ah, dunque sei tu colui che, operando azioni meravigliose, dovrebbe essere il Messia, come mi è stato riferito sia ieri che oggi! Mi è stato detto che avresti trasformato la vecchia casa della bella Irhaele in uno splendido palazzo e che l’avresti anche arredata come una reggia! Ho sentito parlare anche del duro Sermone che tenesti sul monte; sembra che molti ne siano rimasti scandalizzati, perché sembrava totalmente antimosaico! Bene, bene, sei tu quello?
10. Ah! Mi rallegro enormemente che tu abbia voluto farmi visita e spero che mi sia data l’opportunità di conoscerti più da vicino! Vedi, queste idee non mi sono estranee e credo fermamente che il Messia debba venire! Secondo me il tempo è grossomodo vicino, perché l’oppressione dei romani è diventata quasi insopportabile! Ora, per quale motivo non potresti o non dovresti essere tu il Messia atteso!? Oh! Ritengo verosimilmente che ciò sia vero.
11. Se tu sei consapevole della tua forza e sai importi ovunque, di conseguenza, mi metto completamente a tua disposizione, con tutti i miei beni. Vedrai come tutti questi porci, questi pagani occidentali, sgombreranno ben presto il Paese dei nostri padri! Infatti, fin dalla mia giovinezza, ho impiegato tutte le mie forze unicamente allo scopo di ammassare la maggior quantità possibile di ricchezze, poiché mi proponevo, alla venuta del Messia, di assoldare un forte esercito di guerrieri tra i più prodi, arditi ed astuti. Mi sono già messo in contatto con alcuni valorosi popoli dell’Asia Minore e, all’occorrenza, basterebbe inviare là alcuni messaggeri, per poter avere radunata, nel volgere di poche lune (mesi), in queste contrade una forza formidabile! Ma per adesso non parliamone più, in casa mia avremo tempo e comodità di trattare ulteriormente la questione!
12. Ora, poiché il pranzo per tutti voi dovrebbe essere già pronto, vi prego di accomodarvi e di mangiare e bere a sazietà!»
13. Dico Io: «Va bene così, discuteremo e tratteremo più tardi tutto il resto! Conducici ora nella tua grande sala, però lascia qui gli uomini che sono là in fondo, perché essi non fanno parte dei Miei, ma fanno parte soltanto ed esclusivamente del mondo!».
A Sichar. Insegnamenti sul modo di comportarsi nella vita. «Dare è cosa migliore che ricevere». «Quello che l’amore opera, sussiste in eterno». Misera sorte nell’aldilà degli amici del mondo. Consigli del Signore sul saggio impiego dei beni terreni. Come si conseguono le benedizioni divine.
1. Dice il mercante: «Io li conosco bene, sono dei cocciuti ed ottusi sichariti che, per quanto riguarda la fede e il modo di pensare, sono più dei pagani che dei figli di Israele. I più spregevoli tra loro sono quelli nativi dei dintorni del Mare di Galilea. Questi sono dei veri adoratori della materia e non hanno più assolutamente alcuna idea elevata o divina! Essi sono dei puri campioni da spettacolo! Amano di più un mago di Persia che non Mosè e tutti i Profeti e tengono più in pregio una formosa prostituta dell’Asia superiore che non tutto l’oro e le pietre preziose! Li conosco molto bene, ma, per evitare critiche e pettegolezzi, voglio ospitarli qui, nel salone grande del giardino, perché, se dovessero rimanere a bocca asciutta, sarebbe finita!»
2. Io gli dico: «Fai pure come vuoi e come puoi, perché è cosa più beata dare che ricevere! Ma in seguito dona solo ai bisognosi e ai poveri, così, se qualcuno venisse a chiederti del denaro in prestito e se tu, sapendolo ricco, fossi certo che potrebbe restituirti il tuo denaro con gli interessi, a quella persona non prestare nulla! Infatti, non appena gli avrai fatto il prestito, ti diventerà nemico in segreto e ti sarà difficile poi riavere il tuo denaro insieme agli interessi.
3. Invece, se ti si presenta un tale povero e del quale sai che non sarà mai in grado di restituirti il tuo denaro, allora prestaglielo pure: il Padre in Cielo, per altre vie, ti ricompenserà al centuplo già qui sulla Terra, e farà in modo che il denaro, da te prestato al povero, diventi un tesoro inestimabile lassù nel Cielo, che ti attenderà nell’aldilà dopo questa vita terrena.
4. In verità ti dico che ciò che l’amore opera sulla Terra, lo opera anche nel Cielo e dura eternamente, ma ciò che è generato dalla sapienza e prudenza mondana, viene inghiottito dal suolo della Terra ed è di nessun valore nei Cieli eterni. Infatti, quali vantaggi possono procurare all’uomo tutti i tesori terreni, se la sua anima ne soffrirà danno?
5. Colui che si affanna per il mondo e per la carne è uno stolto, perché, come finirà la carne umana, così finirà pure il mondo! E quando un giorno anche questa Terra finirà, dove prenderanno dimora simili anime sciagurate?
6. Io ti dico che, quando un uomo abbandona il suo corpo, contemporaneamente perde per sempre anche la Terra e, se con l’amore e per l’amore non si sarà creato una nuova Terra nel suo cuore, allora la sua anima, tra nubi e nebbie, dovrà abbandonare se stessa in balia dei venti e sarà oppressa, per l’infinità eterna, senza mai trovare né sosta né riposo in nessun luogo, tranne che nelle rappresentazioni illusorie generate dalla propria fantasia, le quali più a lungo durano e più deboli ed oscure diventano. Alla fine, quando l’anima, immersa nella notte più tenebrosa ed errante per l’oscurità, vorrà di sua iniziativa cercarsi una via alla liberazione, difficilmente si salverà! Dunque, per l’avvenire, potrai fare come ti ho appena indicato, ma per il momento fai come credi e come puoi!»
7. Osserva il mercante: «Le tue parole sono molto sagge e tutto quello che tu dici sarà sicuramente vero, però le tue idee sul prestito non mi persuadono interamente. Infatti, quando si è riusciti ad accumulare molto denaro e non lo si vuole lasciare infruttuoso, penso sia meglio farlo fruttificare a condizioni oneste, piuttosto che sotterrarlo, rischiando così di farselo portare via dai ladri, che di notte possono scassinare sia le casse che gli armadi. Certo, con quello che è in soprappiù si può sempre aiutare convenientemente i poveri. Ma poniamo il caso che volessi regalare ogni mio avere o che amministrassi malamente le mie sostanze, allora ben presto rimarrei io stesso privo di tutto e ai poveri non sarei più in grado di dare nulla»
8. Dico Io: «Lascia tutte queste cure al Signore Dio, che è il vero e giusto amministratore; tu, invece, soccorri i poveri che il Signore stesso ti manda e vedrai che le tue ricchezze non ne soffriranno danno! Non possiedi forse numerosi campi e prati grandissimi e giardini pieni di frutta e di uva e non sono le tue vaste stalle gremite di buoi, mucche, vitelli e pecore? Vedi, se confidando nella Benedizione del Signore, tu intraprenderai un onesto commercio, otterrai sempre un ricco compenso per tutto quello che, anno dopo anno, avrai distribuito ai poveri, mentre ciò che tu affidi alle casse dei ricchi per riceverne frutto, non ti verrà mai risarcito dall’Alto. Tu vivrai, invece, in continue ansie e spesso ti chiederai se quei ricchi amministrano bene il tuo denaro. Segui dunque il Mio consiglio, così la tua vita trascorrerà placida e senza preoccupazioni, circondata dall’amore e dalle benedizioni dei poveri che avrai aiutato e che troverai sempre pronti a servirti. In questo modo, il Padre in Cielo non si stancherà mai di benedire le tue opere. CrediMi: questo ti sarà più utile che non la preoccupazione di controllare che i tuoi capitali, in continuo aumento, siano bene amministrati!».
A Sichar. Dubbi del mercante che il Signore si possa curare delle questioni quotidiane. Sua venerazione per Jehova e sue amorevoli cure per i poveri. Dio bisogna più amarLo che temerLo!
1. Dice il mercante, incamminandosi con Me verso il castello: «Mio signore ed amico! Io sento che la sapienza che da te spira è divinamente pura e pia e tanto dolce che non l’ho mai sentita enunciare da bocca umana. Devo però confessare che, per osservare queste tue dottrine, è necessaria una fermissima fiducia in Jehova, fiducia che, malgrado la mia sincera fede, purtroppo sento di non avere. So bene che Egli è Colui che ha creato ogni cosa e che tutto dirige, regge e conserva, ma non riesco a immaginarmi, in maniera vivida, come Egli, quale Spirito Supremo, possa e voglia abbassarsi al punto di interessarsi delle questioni private degli uomini! Per me Egli è un Essere talmente elevato e santo sopra ogni cosa che stentatamente oso pronunciare il Suo santissimo Nome; figuriamoci se posso aspettarmi che Egli, per i miei sporchi affari di denaro, mi appoggi con la Sua mano santa e onnipotente!
2. In quanto ai poveri che ricorrono a me, ho sempre cercato di aiutarli e non ho mai tenuto cani che abbaiassero contro di loro, per impedire che si avvicinassero alla porta di casa mia. Solo questo parco, che vedi, mi è particolarmente caro e non tollero che vi entrino forestieri e poveri, perché spesso succede che essi vi arrechino maliziosamente dei danni, sebbene vedano che qui non c’è nulla di che sfamarsi e dissetarsi. Perciò ho fatto piantare e coltivare, non molto lontano da qui, un grande bosco di fichi e di pruni, dove qualunque povero o forestiero può accedere e mangiare i frutti a piacimento. Non permetto però che gli alberi vengano danneggiati, perciò ho posto là parecchi guardiani.
3. Tu puoi vedere da ciò come non dimentico i poveri, ma mi guardi il Cielo dal rivolgermi allo Spirito Altissimo per pregarLo di amministrare, non solo in senso terreno ma pure in quello celeste, i miei sacchi di denaro! Io penso che, se vuole fare qualcosa a tale riguardo e non dubito l’abbia già fatta, dipende dalla Sua libera e santissima Volontà! Vedi, sento di doverGli un rispetto così sconfinato che a malapena oso ringraziarLo. Infatti un tale ringraziamento mi sembrerebbe puramente materiale e sarebbe disonorevole far credere di presumere che Egli si possa mettere ai miei servizi per aiutarmi nell’amministrare i miei denari. Quindi cerco, con tutte le forze che Dio mi ha dato, di vivere secondo la legge da uomo onesto e non metto la museruola al bue e all’asino, quando vogliono pascolare sui miei terreni. Tuttavia, onoro il Grande Spirito solo nel Suo giorno! Infatti sta scritto: “Non nominare il Nome di Dio invano!»
4. Io gli dico: «Se non sapessi già da lungo tempo che tu sei uomo onesto e estremamente timorato di Dio, non sarei venuto da te. Vedi, non è del tutto giusto che tu tema Colui che dovresti invece amare al di sopra di ogni cosa. Questo è il motivo per cui sono venuto da te, per mostrarti cioè, come in futuro, devi amare Dio più che temerLo. Allora, stanne certo, scenderà fino a te dalla Sua Altezza e in Lui, in ogni cosa, troverai sempre un Cooperatore sicurissimo, potentissimo e fedelissimo».
A Sichar. Le sorprese e i miracoli si susseguono. Il Signore, ospite del mercante, ospita a Sua volta costui nel vecchio castello di Esaù. Il banchetto celeste e i celesti servitori. Il Signore afferma: «Io sono più ricco di te!».
1. Dopo queste considerazioni, siamo ormai giunti al grande cortile del castello, dove scorgiamo l’insieme dei servi farsi incontro al mercante, con una faccia estremamente sorpresa e titubante. Il maggiordomo, che era alla testa di tutti, si avvicina ed esclama: «Signore, signore, siamo davvero in un bel guaio! I nostri cuochi e le nostre cuoche non riescono a preparare nessun tipo di pietanza! Pensavamo di rimediare a questo danno servendo almeno della frutta, del vino e del pane per tutti, ma abbiamo trovato chiuse tutte le porte delle camere, così, anche se abbiamo provato a forzarle, non se n’è aperta neppure una! Che faremo adesso?»
2. Il mercante, in parte sorpreso ed in parte arrabbiato, dice: «Ecco cosa succede quando metto i piedi fuori di casa: nient’altro che disordini su disordini! A che servono, dunque, le cuoche e i cuochi? Non mi è capitato forse già altre volte di ospitare migliaia di persone e tutto è sempre andato per il meglio? Ora invece, che ce n’è appena un migliaio, il disordine sbuca fuori da ogni parte! Ma cosa vedo mai? A tutte le finestre ci sono dei giovani, che tranquillamente guardano fuori. Come si spiega, allora, quanto dite, cioè che nel mio castello non vi è nemmeno una porta aperta? Come si spiega ciò? State forse mentendo per giustificare la vostra pigrizia? O, se le cose stanno come voi dite, chi può aver mai chiuso tutte quelle porte?»
3. Il maggiordomo non sa cosa rispondere e tutti gli altri servitori sono notevolmente costernati, vedendo il loro signore tanto contrariato. Nessuno sa da chi prendere consiglio, per tirarsi fuori da quella spiacevole situazione.
4. Allora intervengo immediatamente e, rivolgendoMi al mercante, dichiaro: «Mio caro amico, non ti preoccupare di ciò, per adesso lascia pure le cose così come sono! Vedi, quando poco fa laggiù nel tuo parco Mi hai mandato incontro i tuoi servitori e guardiani, per chiedere chi fossi e cosa volessi da te con questo grande seguito, ti notificai che, come Signore, ti chiedevo di offrire a tutti noi un buon pasto! Senza esitare, acconsentisti ad una simile richiesta, anche se non sapevi chi fosse Colui che si riteneva in diritto di invitarsi a desinare insieme a tante altre persone.
5. Tu e i tuoi servitori, in un primo momento, avete creduto che fossi un principe di Roma, per cui fosti ancora di più spinto a soddisfare la Mia richiesta, ma quando in seguito alla nostra conversazione, i cui capisaldi ebbero il potere di illuminarti fino a riconoscerMi come il Messia, il tuo cuore ne gioì, sorse in te maggior desiderio di ospitarMi nel miglior modo possibile, insieme al Mio seguito. Infatti tu volevi che rimanessi di buon grado presso di te, in attesa che, radunato il tuo presunto esercito dal Medio e dall’estremo Oriente, ne assumessi il comando per liberare le terre sante dai romani e da tutti gli altri nemici pagani, che non credono nel Dio Vivente!
6. Ma nel momento stesso in cui tu, interiormente, prendevi questa decisione, anch’Io decisi qualcosa in segreto: precisamente stabilii che, anche se eri in casa tua, dovevi essere tu il Mio ospite e non Io il tuo! Quindi impartii gli ordini necessari ai Miei abilissimi servitori e, a quest’ora, ogni cosa deve essere già in perfetto ordine. Così quest’oggi, stando al Mio fianco, sarai saziato delle più genuine vivande celesti!
7. In quanto alla frutta del tuo giardino e a tutto ciò che la tua cucina ha fornito, fallo presentare a quelle malelingue di sichariti, che gironzolano tuttora nel parco, e che, a mala pena, riescono a trattenere la loro rabbia per non essere stati ammessi tra gli invitati! Non rimanere dispiaciuto, però per queste cose, poiché, quando Io ravviso in qualcuno buona volontà, questa viene da Me considerata come se fosse un’azione compiuta! È per questo che, avendo constatato che c’è in te buona determinazione, ti ho esonerato da un’opera così onerosa. Vedi, Io sono più ricco di te e non voglio quindi ricorrere alla tua mensa per saziarMi; desidero, invece, che tu venga saziato dalla Mia!»
8. Queste parole sorprendono talmente il mercante che per alcuni istanti rimane immerso in profonde riflessioni ed infine esclama: «Signore, è troppo in una volta per un povero peccatore! Io non riesco a concepire tale miracolo in tutta la sua grandezza e profondità! Se Tu fossi un semplice uomo come me, non potresti fare tutto questo, poiché tra la gente del Tuo seguito non ho visto alcun portatore. Infatti, giovandoTi di mezzi naturali, da dove e in quale modo davvero originale avresti potuto provvedere la necessaria vettovaglia? È vero, tra la Tua gente ho notato molti servi o forse anche serve di bellezza inesprimibile, ma da dove vengono tutti questi altri meravigliosi servitori, che tuttora ci guardano da lassù? Le stanze del mio castello sono molte e talmente spaziose che diecimila persone ci possono stare comodamente! Ed ora, ecco che tutte le finestre sono occupate da questi straordinari e bellissimi servitori, che ci stanno osservando! Io mi chiedo dunque: da dove e come sono giunti?»
9. Gli dico Io: «Amico, quando tu abbandoni la tua casa, per andare a comperare o a vendere in qualche altro paese, anche tu, secondo il bisogno, porti con te dei servitori affinché ti servano; vedi, la stessa cosa faccio Io. Di questi servitori Io ne possiedo moltissimi, anzi talmente tanti che difficilmente potresti concepirne il numero. Quindi, se Io lascio la Mia dimora, perché non dovrebbero farlo anche i Miei domestici e servitori?»
10. Risponde il mercante: «Signore, tutto quello che dici è pura verità, eppure bramo tanto sapere da dove siete venuti sia Tu che tutti questi incantevoli servitori. Io ardo dal desiderio di saperne di più»
11. Gli faccio osservare: «Per prima cosa è bene andare a desinare, in seguito si troverà il tempo per poter apprendere qualcosa di più preciso al riguardo. Per il momento abbiamo discusso abbastanza ed è giusto andare a sederci e a ristorarci. Rechiamoci dunque nella grande sala, che si trova nella parte orientale di questo castello e che da qui non può essere vista, poiché ci troviamo ad occidente del castello stesso, che ci nasconde tutta la grande ala dell’edificio!»
12. A queste parole, il mercante rimane completamente allibito e dopo un po’, raccapezzandosi, con profondo stupore esclama: «Signore, la cosa ora mi sembra diventare troppo miracolosa! È vero, in questo castello di Esaù esisteva una volta un’ala orientale, ma secondo me è ormai da due secoli che non c’è più. Ai miei immediati predecessori e a me venne tramandato appena qualche vago ricordo, perciò non comprendo cosa tu voglia dire con questa grande sala che dovrebbe trovarsi nell’ala orientale di questo castello?»
13. Io gli dico: «Potrai parlare se non troverai quest’ala orientale del tuo castello, ma, se tu la troverai, rifletti e tieni in mente che a Dio tutte le cose sono possibili! Vedi di mantenere però il segreto riguardo a questa cosa e di non parlarne affatto a coloro che sono con Me, perché non sono ancora maturi a sufficienza per capire simili fatti!»
14. Dice il mercante: «In verità, ardo profondamente dalla voglia di vedere quest’ala orientale del mio castello, di cui i miei antenati hanno appena sentito parlare! In realtà, le fondamenta sono qua e là ancora visibili, però questo è tutto ciò che conosco finora di quest’ala, che nel passato deve essere stata straordinariamente imponente». Detto ciò, il mercante si avvia veloce per vederla e noi lo seguiamo.
A Sichar. Continuazione delle sorprese miracolose. Gli angeli quali costruttori della splendida sala. Il mercante presagisce in Gesù il “Figlio di Dio”.
1. Come raggiunge il primo piano, gli si presenta subito davanti la tanto discussa ala del castello e, correndo verso la porta aperta della grande sala, rapito in estasi, contempla la vastissima stanza, cadendo a terra quasi svenuto, annientato alla vista di quell’opera meravigliosa. Alcuni giovani vestiti di bianco gli si fanno subito intorno e, rincuorandolo, lo aiutano a rialzarsi. Appena si riprende, si avvicina di nuovo a Me e, con voce tremante per l’emozione, Mi chiede: «O signore, te ne prego, dimmi se sono veramente desto, oppure se dormo e sto sognando!»
2. Io gli dico: «Giudicando dal tono della tua domanda, sembri più sognare che essere desto, tuttavia non stai sognando e ciò che qui effettivamente ammiri è realtà! Tu stesso poco fa, nel parco, Mi hai raccontato di aver appreso come Io abbia rimesso a nuovo, in breve tempo, la vecchia casa di Giuseppe, che adesso appartiene ad Irhaele e nella quale lei abita. Dunque, se Io ho potuto riedificare la casa di Giuseppe, avrò anche il potere di ristrutturare il vecchio castello di Esaù?»
3. Risponde il mercante: «Sì, è vero, ciò che ora vedo è indiscutibile, eppure è difficile credere che un uomo possa giungere a fare simili cose! Ascolta, o signore! Se tu non sei un profeta come Elia, sarai certamente un arcangelo rivestito da fattezze umane, oppure potresti essere addirittura lo stesso Jehova! Infatti queste cose sono possibili solo a Dio!»
4. Io gli dico: «Sì, sì, se tu non fossi stato testimone di alcun segno, anche tu non Mi avresti creduto. Certamente ora credi, ma, pur credendo, non sei libero nello spirito. E affinché tu divenga più libero nel tuo cuore, ti dico che non Io, ma questa numerosa schiera di giovani ha fatto tutto ciò e tale potere essi lo hanno ricevuto da Dio Padre. Tu puoi chiedere ad essi come abbiano compiuto questo lavoro!»
5. Dice il mercante: «Giusto! Anche prima, quando eravamo fuori, ho chiesto a Jonaele chi fossero e da dove venissero queste belle e meravigliose creature. Egli non mi rispose, anzi mi indirizzò semplicemente a te. Stranamente però, quando mi rivolsi a te, me ne dimenticai del tutto e la domanda che volevo farti si incentrò su di te, così il nostro discorso prese una piega del tutto differente. Ora, visto che me ne sto ricordando, ti prego di dirmi chi sono e da quale paese vengono questi giovani, tanto amabili e pieni di grazia»
6. Rispondo Io: «Per non farti restare in ansia più a lungo, ti dirò, se lo vuoi credere, che questi sono degli angeli di Dio; però, se non ci credi, ritienili quello che vuoi, ma non considerarli diavoli o servitori di diavoli!»
7. Dice il mercante: «O signore, signore cosa ho fatto per meritare di vedere tutto ciò? Prima ti ho chiesto se fossi sveglio o se dormissi e sognassi, adesso è necessario che io ti chieda se sono ancora vivo. Infatti su questa Terra non possono accadere tali cose!»
8. Io gli dico: «Oh, certo che vivi sulla Terra! Io ho aperto la tua vista interiore e ora puoi anche vedere gli spiriti celesti! Ma non chiedere di più, perché è giunta l’ora del desinare! Ecco, tutto è apparecchiato e perciò rechiamoci dunque a tavola!»
9. Dice il mercante: «Va bene! Ma suppongo che, con questo susseguirsi di sorprese, non sarò in grado di mangiare molto, perché tutto ciò che qui avviene è un miracolo dietro l’altro! Questa mattina non avrei per niente supposto che sarebbero potute succedere simili cose! Tutto questo è arrivato troppo in fretta e in maniera inattesa. Sono trascorse appena tre ore da quando siete arrivati da Sichar e siete entrati nel mio grande parco, ma quante cose sono accadute in queste tre ore! È incredibile! Eppure è effettivamente così! Del resto, ad eccezione di quelli che hanno assistito ai miracoli, nessuno vi crederebbe, anche se di questi prodigi rendessero testimonianza mille persone! Signore, signore; o grande maestro, ispirato e guidato da Dio stesso, ci credo, perché li vedo ora con i miei propri occhi. Ma se voi narraste queste cose a migliaia di altre persone, non solo nessuna di esse vi crederebbe, ma, accese dall’ira, vi accuserebbero di essere degli sfrontati mentitori! Perciò è meglio che non ne parliate a nessuno e in nessun luogo; tali prodigi sono troppo meravigliosi e troppo grandi! A chi mai fu dato di ammirare un tale splendore, quale si può ammirare in questa sala? Le pareti ricoperte di scintillanti pietre preziose, i soffitti d’oro, i pavimenti d’argento! I numerosi tavoli, che sembrano fatti di diaspro, giacinto e smeraldo, montati su dei piedi d’oro e d’argento; le coppe che risplendono come il più puro dei diamanti e i piatti fiammeggianti come rubino purissimo e poi ancora i tavoli e i sedili di metallo prezioso e i cuscini di seta di color rosso smagliante ed infine il soave odore di questi cibi e bevande celestiali! E tutto ciò in tre ore? No, è incredibile, assolutamente incredibile!
10. O Signore! Tu sei Dio stesso o certamente per lo meno il Figlio di Dio!»
11. Io dico: «Va bene, va bene! Intanto andiamo a mangiare! Dopo ti saranno dette altre cose; prima del pranzo non parlerò più. Guarda quante persone vi sono che hanno già fame e sete, poiché oggi è stata una giornata molto calda! Dunque, per prima cosa, conviene che essi si ristorino e si fortifichino; dopo penseremo alle questioni spirituali!».
A Sichar. Il pranzo celeste nella sala degli angeli. Gioia del mercante e sua promessa. Discorso pessimista, ma purtroppo vero, di Jairuth sulla situazione dei popoli di quell’epoca. Discorso chiaro del Signore riguardo al Regno di Dio e alla missione del Messia. La dimora delle anime degli uomini morti prima dell’ascensione del Signore.
1. Allora il mercante non dice più niente e, ringraziando con Me il Padre, prende posto alla grande tavola, che si trova in mezzo alla sala. Alla stessa tavola ci sediamo Io e i Miei discepoli, Jonaele con la moglie e le sue figlie, Irhaele con suo marito Joram e, tra di loro, Maria, la madre del Mio corpo di carne.
2. Ciò riempie oltre misura di gioia il nostro mercante, che esclama: «Signore, poiché Ti sei degnato di prendere posto a questa tavola, alla quale mi sono seduto, prometto di elargire ai poveri la decima parte di tutto ciò che rendono i miei beni e di versare, anticipatamente, per dieci anni interi, tutti i tributi che essi devono pagare ai romani! Trascorso questo tempo, ho fede che Dio, Tuo e nostro Padre, ci libererà, attraverso di Te, o Signore, da questa piaga. Per raggiungere lo scopo, Ti dissi che mi sarei fedelmente e sinceramente offerto di cooperare con tutte le mie forze e con tutti i miei averi.
3. Liberaci, o Signore, almeno da questo flagello e fa in modo che gli ebrei di Gerusalemme possano nuovamente formare una sola famiglia con noi, perché essi si sono allontanati del tutto dall’antica verità! Da loro imperano solamente l’egoismo, l’ambizione e gli splendori del mondo; non pensano più a Dio e tra di loro non vi è più traccia di amore per il prossimo! Essi disprezzano il monte Garizim, però in Gerusalemme hanno ridotto il Tempio di Jehova ad un covo di cambiavalute e di mercanti! E se qualcuno dice loro che profanano il santuario di Dio, lo maledicono ed imprecano contro chi osa chiamarli con il loro giusto nome! Signore, è necessario porre riparo a queste infamie, perché così non si può più andare avanti! Infatti, se ciò dovesse durare, dovremmo attenderci, tra breve, un nuovo diluvio! Se diamo un’occhiata in giro, si vedono solo pagani, mentre in Gerusalemme e in tutta la Giudea vivono ebrei, sacerdoti, leviti, dottori della Legge, farisei, cambiatori e mercanti che, complessivamente, sono dieci volte peggio dei pagani. In breve, al tempo attuale il mondo è peggiore di quanto non lo fosse ai tempi di Noè! Se non ci giunge un aiuto e se il Messia non impugna presto la Sua spada fiammeggiante, noi dovremo costruire una nuova arca! Signore, fai quello che è in Tuo potere! Io sono pronto a venirTi in aiuto!»
4. Io gli dico: «Caro Jairuth! Osserva questi Miei giovani! Ebbene, Io ne ho talmente tanti al Mio servizio che non basterebbero mille volte mille terre ad albergarli, eppure uno solo di essi sarebbe capace di annientare in tre istanti tutto l’impero romano. Però, benché la vostra fede sia migliore di quella degli ebrei, tuttavia avete in comune con essi un concetto del tutto falso del Messia e del Suo Regno.
5. È vero, il Messia fonderà su questa Terra un nuovo Regno; bada bene, però: non un governo materiale amministrato da corona e da scettro, ma un Regno dello Spirito, della Verità e della vera Libertà procedente dalla Verità, sottoposto solo alla Signoria dell’Amore!
6. Di questo Regno sarà chiamato a far parte il mondo. E se esso risponde a questo appello, avrà in premio la vita eterna; se non risponde, continuerà ad essere quello che è, ma il suo premio, alla fine, sarà la morte eterna!
7. Il Messia, come Figlio dell’uomo, non è venuto per giudicare questo mondo, ma soltanto per invitare tutti coloro che ora vagano nelle tenebre della morte al Regno dell’Amore, della Luce e della Verità!
8. Egli non è venuto in questo mondo per farvi riconquistare quello che i vostri padri e i vostri re hanno perduto a vantaggio dei pagani, ma unicamente per restituire agli uomini, che hanno vissuto e che vivranno su questa Terra, quello che Adamo ha perduto!
9. Finora nessuna anima disincarnata poteva lasciare questa Terra; da Adamo fino ad oggi un innumerevole numero di esse langue ancora nella notte della Terra. Però, solo d’ora in poi esse divengono libere! E quando Io salirò in Alto, aprirò a tutte loro la via dalla Terra ai Cieli e per questa via giungeranno alla vita eterna!
10. Vedi, questa e nessun’altra è l’opera che il Messia compirà! Quindi non è necessario che mandi a chiamare i tuoi guerrieri dall’estremo Oriente, perché Io non avrò mai bisogno di loro. Al contrario, per il Mio Regno avrò bisogno di molti lavoratori spirituali, che Io stesso istruirò. Ne ho già qualcuno fra coloro che siedono a questo tavolo, ma molti altri ancora verranno formati in ogni amore e verità.
11. Ecco, il Mio compito è quello di realizzare tutto ciò! Che cosa ne pensi? DimMi se ti piace un simile Messia!»
12. Il mercante Jairuth risponde: «Signore, devo rifletterci molto e bene, poiché nessuno ha mai sentito parlare di un tale Messia! Ad ogni modo, penso che un Messia di questo tipo sarà di poco giovamento al mondo! Infatti, finché il mondo rimarrà così com’è ora, esso sarà sempre nemico acerrimo di tutto ciò che appartiene allo spirito! Quindi, voglio ancora pensarci su».
A Sichar. Salutare effetto del cibo celeste e specialmente del vino celeste. Jairuth parla della differenza tra una legge e un buon consiglio. Della diversa azione del vino su uomini differenti.
1. Intanto tutti mangiano e bevono; perfino Jairuth, sebbene sia immerso in profondi pensieri, comincia a mangiare e a gustare la bevanda contenuta nella sua coppa. E quando, per l’azione di questo infuocato vino d’Amore proveniente dai Cieli, il suo essere si è tramutato totalmente in amore, si rivolge di nuovo a Me e dice: «Signore, mi è venuta una splendida idea! È possibile avere dei viticci della Tua vigna, affinché possa raccogliere grappoli che diano un vino simile? In verità, se avessi nelle mie cantine un vino come questo, mi darei da fare per ridurre il mondo intero in un continuo soggiorno d’amore! Ne ho fatto l’esperienza poco fa. È vero, io ho una certa predilezione per le cose buone, giuste e belle, ma in verità, non posso affermare di essere stato qualche volta animato da uno speciale senso d’amore per gli uomini.
2. Tutto ciò che ho fatto finora, l’ho fatto perché ero costretto dal senso del dovere, che io stesso mi sono imposto, secondo la conoscenza che ho delle leggi. A me non interessava scrutare se una legge fosse buona o cattiva; in queste sottigliezze non mi sono mai addentrato. La mia massima era: “La legge è legge, sia che venga da Dio sia che venga da Cesare!”. Quando essa è accompagnata dalla punizione immediata, bisogna osservarla per amore di se stessi, per non dover subire i mali conseguenti alla non osservanza! Però, se una legge manca di sanzione, allora non può nemmeno essere chiamata legge, ma solo buon consiglio che può essere messo in pratica, ma che, in sé, non implica un obbligo sanzionato.
3. Tuttavia, anche dalla non osservanza di un buon consiglio può derivare un danno, che è quasi perfettamente simile ad una punizione legale. Infatti il disattendere un buon consiglio non è un peccato tale da coinvolgere un gran numero di persone, ma solo quella che ha rifiutato di seguirlo. D’altra parte, se il consiglio è cattivo, commetterei un grave peccato, se lo seguissi.
4. Con la legge invece è un’altra cosa. Sia che essa sia buona o del tutto cattiva, devo osservarla appunto perché è legge. Se ritenendola cattiva, non la osservassi, peccherei allo stesso modo sia contro Dio, sia contro il sovrano del paese e sarei quindi punito sia dall’uno sia dall’altro! Pertanto, da tutto ciò è evidente che il bene, che la legge prescrive, non l’ho mai fatto per amore, ma, benché interiormente mi ripugni, l’ho fatto solo cedendo allo spirito di costrizione, che la legge trasmette. Ora però ho bevuto quest’impareggiabile vino dei Cieli e non sento e non vedo in me altro che amore su amore, così da voler abbracciare e baciare tutta la Terra!
5. Vedo che coloro che hanno bevuto lo stesso mio vino avvertono il medesimo effetto. È per questo motivo che desidero vivamente possedere un grande giardino pieno di tali viti e, spremutone l’uva, vorrei offrirne il vino a tutti gli uomini, perché possano, a loro volta, essere in un attimo trasformati interamente in amore, così come io lo sono adesso! Se ciò fosse possibile, sarei l’uomo più felice di questa bella e cara Terra di Dio!»
6. Io gli dico: «Certamente, Io potrei benissimo procurarti delle vigne, che ti producano un vino uguale a questo, ma tu non otterrai l’effetto che ti prefiggi, poiché un tale vino rianima veramente l’amore, soltanto se questo si trova già nell’uomo. Se l’uomo non possiede l’amore e il suo cuore è invece pieno solo di cose malvagie, in tal caso in lui sarà rianimato il male, tanto quanto lo è stato in te l’amore. E sarà infatti in quel momento che egli sarà trasformato completamente in demonio e si accingerà a mettere in pratica il male con lo stesso grande entusiasmo con il quale ti senti ora spronato a praticare il bene.
7. Quindi nel bere questo vino, occorre stare molto attenti a chi lo si offre! Nondimeno, Io desidero farti avere una vigna colma di simili uve; però, quando tu ne avrai ricavato il vino, bada a chi lo darai da bere! Certo, l’amore ravvivato genera del bene, ma è cosa di gran lunga migliore se la forza che lo vivacizza è la Parola di Dio, perché in questo modo l’amore permane, mentre l’amore partorito da questo vino ha breve durata e poi svanisce, come svanisce il vino stesso. Tieni presente queste cose, se vuoi fare del bene, anziché del male»
8. Il mercante Jairuth osserva: «Signore, non è consigliabile coltivare queste viti! Infatti, come si può discernere se colui al quale si offre del vino celi nel suo cuore amore o malvagità? E se, con tutta la buona volontà di ravvivare in lui solo l’amore, non si riuscisse a ravvivare che gli istinti malvagi, allora ci si troverebbe in un bell’imbarazzo, per non dire in pericolo! No, no, se le cose stanno così, preferisco piuttosto abbandonare l’idea di produrre del vino simile!»
9. Io dico: «Per Me è la stessa cosa; fai come vuoi! Ti avverto però che qualsiasi vino, che è prodotto sulla Terra, ha più o meno la medesima proprietà. Per esempio, se diversi uomini bevono del vino prodotto dalle tue viti nella stessa quantità del vino che tu hai bevuto del Mio puro vino dei Cieli, vedrai che alcuni saranno completamente ridestati dall’amore, altri invece diventeranno talmente feroci e violenti, che tu dovrai farli legare con delle funi! Se i vini della Terra provocano simili effetti, figuriamoci quelli celesti!».
A Sichar. Jairuth rinuncia al vino, in compenso fa del bene ai poveri e ottiene due angeli custodi. La natura e la missione degli angeli. Buona opinione di Jairuth sulla benedizione, derivante dalla debolezza umana.
1. Dice Jairuth: «Signore, se le cose stanno così, mi sono persuaso, come più volte lo sono stato seriamente, che sarebbe meglio abbandonare la coltura della vigna e proibire l’uso del vino in casa mia. Infatti, secondo la Tua affermazione che trovo buona e giusta, il vero amore può essere vivificato in modo permanente solo dalla Parola di Dio, con la quale ciò che è malvagio viene bandito e costretto a rimanere relegato nell’abisso. Così rinuncio a coltivare la vite, anzi giuro che, dopo aver bevuto del vino celeste, non berrò più il vino di questa Terra! Cosa ne dici di questo mio proposito?»
2. Io rispondo: «Non posso né lodarlo né rimproverarlo. Fai come meglio credi! Quello che pensi sia utile alla tua anima, fallo pure secondo il tuo parere! Del resto, se desideri ciò che è buono, Io te lo darò, perché sei un uomo per bene, molto severo e giusto, e perché te l’ho promesso»
3. Dice Jairuth: «Signore, allora resta qui presso di me con tutti i Tuoi, oppure lasciami almeno uno o due di questi Tuoi giovani, affinché io possa essere istruito nel vero amore e nella vera sapienza!»
4. Io gli dico: «Per quanto riguarda Me e il Mio seguito, anche se la tua richiesta è buona, non Mi è possibile esaudirla, poiché in questo mondo Io ho ancora molte altre cose da fare. Tuttavia posso volentieri lasciarti due di questi giovani, che potrai scegliere tra quelli presenti qui! Stai attento però, sia tu che i tuoi familiari, a non cadere in qualche peccato, perché in tal caso essi diventerebbero per te e per i tuoi dei terribili maestri punitori e abbandonerebbero ben presto la tua casa! Infatti questi giovani sono angeli di Dio ai quali è dato di vedere continuamente il Suo Volto!»
5. Risponde Jairuth: «O Signore, ecco ancora una cosa che mi è molto amara! Infatti, chi potrebbe non peccare neanche una volta l’anno con pensieri, parole ed opere? Considerando ciò, in relazione alla presenza di due simili sorveglianti al cui controllo niente può sottrarsi, non ci sarebbe davvero troppo da stare allegri! È meglio perciò che rinunci a questo mio desiderio e che tutto resti com’era prima!»
6. Io dico: «Va bene! Farò quello che vuoi! Sei libero, rassicurati, e niente ti obbliga; puoi starne certo!»
7. Dice Jairuth: «No, questi giovani, questi autentici angeli di Dio, emanano troppo amore e troppa grazia dal loro aspetto! Mi sembra una cosa impossibile, in loro presenza, commettere peccato; perciò, accada quello che accada, voglio che due di loro restino qui con me!»
8. Io gli dico: «Bene, bene, due giovani resteranno qui e saranno visibilmente presenti in casa tua finché si troveranno bene! In Jonaele, Mio amico, troverai un fidato maestro, dal quale potrai imparare a conoscere le Mie vie. Se tu e i tuoi camminerete per queste vie, essi rimarranno presso di te, ti serviranno in ogni cosa e proteggeranno la tua casa da qualsiasi male, ma, se tu abbandonerai le Mie vie, allora anch’essi lasceranno te e la tua casa»
9. Dice Jairuth: «Bene, resta inteso! In casa mia non si berrà più vino e, come ho promesso, sborserò per dieci anni ai romani le tasse che i poveri di questi dintorni devono pagare. In quanto all’uva che cresce nei miei giardini, penso di farla seccare per farne un alimento dolce e delizioso, mentre il resto sarà venduto! Va bene così?»
10. Io gli dico: «Perfettamente! Tutto ciò che farai per amor Mio e dei tuoi simili, che sono tuoi fratelli, sarà buono e giusto!»
11. Dopo queste parole, faccio cenno a due dei giovani di avvicinarsi e li presento a Jairuth, domandandogli: «Ti piacciono questi due?»
12. Nel vederli, Jairuth, rapito ed emozionato, risponde: «Signore, se Tu pensi che io ne sia degno, sono contento oltre ogni dire e Ti sono profondamente grato, ma mi sento indegno di ricevere una simile Grazia dai Cieli. Però d’ora innanzi farò di tutto per esserne, a poco a poco, sempre più degno. Sia fatta la Tua Volontà, o Signore, Volontà che mi si rivela sempre più santa!»
13. Allora i due giovani dicono: «La Volontà del Signore è il nostro essere e la nostra vita. I collaboratori più attivi, là dove si opera decisamente secondo questa Volontà, siamo noi e per adempierla possediamo sia forza sia vigore in abbondanza. Infatti il nostro potere va oltre il limite della Creazione visibile; per noi la Terra è come un granello di sabbia e il sole è come un pisello nella mano di un gigante, mentre tutte le acque della Terra non bastano per bagnare uno solo dei nostri capelli e tutto l’esercito di stelle trema all’alito della nostra bocca! Questo potere però non ci è dato per gloriarcene di fronte alla debolezza degli uomini, ma, secondo la Volontà del Signore, per essere loro utili. Perciò noi, secondo la Sua Volontà, possiamo e vogliamo servirti finché riconoscerai, accetterai e rispetterai attivamente questa Volontà. Se tu l’abbandoni, abbandonerai similmente anche noi, perché altro non siamo che la personificazione della Volontà di Dio, il Signore. Chi ci abbandona, è anch’egli abbandonato da noi. Queste cose te le diciamo qui, alla piena presenza del Signore, il cui Volto possiamo contemplare continuamente e dal Quale attendiamo qualsiasi piccolo cenno che ci chiami e ci attiri fortissimamente ad una nuova attività»
14. Dice Jairuth: «O giovani affascinanti! So benissimo e comprendo chiaramente che in voi risiede una forza che per noi mortali è incalcolabile, ma conosco pure che a me sono possibili cose che forse voi stessi non potete compiere. Io posso, davanti a voi, gloriarmi della mia debolezza, nella quale non vi è né potere né forza alcuna, ma in questa debolezza risiede una forza che mi permette di riconoscere, di accogliere e di adempiere la Volontà di Dio!
15. Certamente non nella vostra stessa misura, perché il Signore non potrà mai gravarmi di un carico superiore alle mie forze, e in questo senso tale debolezza ritorna a mio onore. Infatti è una cosa considerevole constatare come la debolezza degli uomini, alla fine, realizza la stessa Volontà del Signore che viene compiuta dalla vostra forza e dal vostro smisurato potere.
16. E se ho ben capito quanto finora ha detto il Signore, è possibile che Egli apprezzi di più la debole azione di un fanciullo, e che la forza e le opere dei grandi e poderosi spiriti dei Cieli dovranno lasciarsi guidare dalla debolezza dei piccoli figli di questa Terra se essi vorranno partecipare alla stessa mensa di costoro! Infatti se il Signore viene dai deboli, sembra per lo meno a me che Egli li renderà forti!»
17. Rispondono allora i due giovani: «Sì, certamente, hai detto bene. Riconosci la Volontà del Signore ed agisci come essa prescrive, così tu possiedi già in te la nostra forza e il nostro potere, che sono la pura Volontà di Dio, il Signore! Da noi stessi non abbiamo né forza né alcun potere, perché tutta la nostra forza e tutto il nostro potere non sono altro che la Volontà di Dio, adempiuta in noi e per mezzo di noi!»
18. Dopo tali parole, intervengo anch’Io nel discorso, dicendo: «Quello che avete detto è in regola da ogni punto di vista! Ci siamo ormai ristorati abbastanza, perciò, amici Miei, conviene alzarci e proseguire il nostro cammino!».
19. A queste parole tutti si alzano da tavola, rendono grazie e Mi seguono all’aperto.
A Sichar. Jairuth accompagna il Signore. Servizio degli angeli custodi. Scena con i mercenari romani.
1. Jairuth manifesta il desiderio che Io rimanga l’intera giornata presso di lui; però gli faccio osservare come, nei dintorni, vi siano ancora tanti malati, che voglio visitare strada facendo. Jairuth Mi prega allora di concedergli di accompagnarMi per quel tratto di strada che bisogna fare per ritornare in città. Io acconsento ed egli si mette subito in cammino, pregando contemporaneamente i due giovani di volerlo accompagnare!
2. Ma i due dicono: «È meglio per te se noi restiamo qui, perché quelli che hai ospitato nella sala del giardino, ti hanno accusato di sedizione presso i romani! Perciò senza di noi la tua casa è in pericolo! Comprendi?»
3. Nell’apprendere questa notizia Jairuth, arrabbiatissimo e agitato oltre misura, domanda: «Quale diavolo di uomo ha potuto informare i romani e qual è stato il motivo della sua azione?»
4. Risponde uno dei giovani: «Vedi, in Sichar ci sono altri mercanti che non sono fortunati quanto te, non possono costruirsi dei castelli e meno ancora acquistare immense distese di terreno come quelle che hai comperato in Arabia, sulle coste del Mar Rosso. Questi mercanti, dunque, hanno sempre più invidia della tua felicità terrena e non vedono l’ora di poterti mandare in rovina. Se qui non fossimo presenti noi, questa volta ci sarebbero riusciti, ma poiché in Nome del Signore ti abbiamo preso sotto la nostra protezione, non ti verrà fatto alcun male. Tuttavia abbi cura di rimanere almeno tre giorni assente da casa!»
5. Queste parole tranquillizzano Jairuth, che si accinge sollecitamente ad uscire fuori dal castello con Me.
6. Mentre attraversiamo il cortile del castello, ecco venirci incontro un drappello abbastanza numeroso di mercenari e di sgherri romani che, schierandosi davanti a noi, ci intimano di fermarci. Allora, Io vado loro incontro e mostro il certificato, che Mi aveva rilasciato Nicodemo. Osserva il comandante della schiera: «Questo documento non serve a nulla quando c’è un fondato sospetto di ammutinamento contro Roma!»
7. Io gli dico: «Cosa vuoi da noi? A questo passo tu sei stato spinto dalla menzogna sfacciata di un manipolo di invidiosi. Io però ti dico che le parole che ti hanno riferito non sono vere! Ora, se con compiacenza hai dato ascolto alla menzogna, odi con maggior attenzione pure la verità, a sostegno della quale troverai qui più testimoni di quanti ne hai trovati in città, dove i maligni invidiosi ti hanno riferito l’insolente menzogna!»
8. Risponde il comandante del drappello: «Queste scappatoie sono vane e non hanno significato. Quando saremo in tribunale dal confronto sarà stabilita la verità; perciò venite subito con noi in tribunale, senza opporre resistenza, altrimenti saremo costretti ad usare la forza!»
9. Io gli dico: «Ecco là il castello; solo il padrone vi è stato denunciato come sobillatore. Perciò andate là e, se vi riesce, cercate di scoprire qualche indizio di ammutinamento! Ma se con la forza volete portarci di fronte al vostro ingiusto tribunale, allora anche noi useremo la nostra forza e vedremo poi chi avrà la peggio! Fate dunque come volete! Il Mio tempo non è ancora venuto; Io vi ho già detto che qui non è stato commesso nessun reato! Chi è nel giusto, deve difendere e combattere in ogni maniera per la verità, sia con la parola sia con l’azione!»
10. Il comandante dà una rapida occhiata alla Mia numerosa compagnia ed ordina che tutti quanti vengano presi e legati. Per prima cosa, i soldati e gli sgherri si gettano addosso ai Miei giovani e tentano di acciuffarli, questi però sfuggono dalle loro mani con tale destrezza che essi non riescono a fermarne neppure uno.
11. Mentre i soldati e gli sgherri si affaticano e si disperdono qua e là nel dare la caccia ai giovani che sembrano scappare in ogni direzione, Io dico al comandante: «Mi sembra che ti sia difficile prenderci». Costui si scaglia allora con la spada sguainata contro di Me, ma simultaneamente uno dei giovani gliela strappa di mano e l’annienta, lanciandola invisibilmente a grande altezza.
12. Di conseguenza faccio osservare al comandante: «Ebbene! Con che cosa vuoi ora percuoterMi e ferirMi?»
13. Il comandante, pieno di rabbia, esclama: «È così dunque che qui si rispetta l’autorità romana? Va bene! Sarà mia cura farlo sapere a Roma a chi di competenza e vedrete che tra poco questo paese diventerà irriconoscibile! State certi, non rimarrà pietra su pietra!»
14. Io gli mostro allora come i Miei giovani siano intenti a spingere davanti a sé i soldati e gli sgherri, legati per bene con delle corde! A quella vista il comandante comincia ad invocare Giove, Marte e perfino le Furie, affinché lo proteggano da un simile oltraggio!
15. Ordino dunque ai giovani di rimettere in libertà i prigionieri ed eseguito subito l’ordine Mi rivolgo di nuovo al comandante dicendogli: «Hai ancora voglia di misurare la tua forza con noi?»
16. Risponde il comandante: «Questi giovani sono degli dèi, altrimenti non si spiega come essi abbiano potuto vincere senza alcuna arma questi sceltissimi guerrieri!»
17. Io dico: «Eh, sì! È plausibile che per te e per i tuoi simili costoro siano degli dèi; perciò adesso intraprendi pure la tua perquisizione nel castello; in quanto a noi, lasciaci continuare il nostro cammino, altrimenti ti accadrà di peggio!»
18. Dice il comandante: «Va bene, vi riconosco innocenti e vi do il permesso di andare dove volete. Voi, miei soldati, penetrate nel castello, perquisite tutto e non fate uscire nessuno fino a che non abbiate finito il controllo, intanto io vi aspetto qui fuori!»
19. Dice uno dei suoi ufficiali: «Perché non vieni personalmente anche tu nel castello a dirigere le ricerche?»
20. Risponde il comandante: «Non ti accorgi che ho perduto la mia spada e senza di questa la perquisizione non ha valore?»
21. Osserva l’ufficiale: «A noi non è andata molto meglio di te! Pertanto, che valore ha questa perquisizione, se ci mancano le armi?»
22. Esclama il comandante: «Come? Anche voi disarmati? Male! Senza armi non possiamo fare nulla! Hm, come faremo adesso?»
23. Io gli dico: «Le vostre armi si trovano ai piedi di quell’alto cedro, laggiù a mezzogiorno! Andate a prenderle, perché noi non vi temiamo né con le armi né senza!».
24. Udito ciò, soldati ed ufficiali, seguendo le Mie indicazioni, corrono a riprendere le loro spade.
A Sichar. Guarigione del paralitico, vicino al piccolo villaggio. Ringraziamenti e manifestazioni di gioia del risanato. I soldati romani si danno alla fuga e poi ritornano.
1. Nel frattempo, dirigendoci verso levante, giungiamo dopo un po’ ad un piccolo villaggio, distante circa venti lunghezze di campo dal castello. Tutti gli abitanti ci corrono incontro felici, ed amorevolmente ci chiedono cosa vogliamo e in che cosa ci possono essere utili.
2. A Mia volta Io chiedo loro: «Non c’è nessuno, tra voi, che sia ammalato?»
3. Essi rispondono affermativamente, dicendo: «Sì, ne abbiamo uno completamente paralizzato!»
4. Io dico: «Portatelo allora qui, affinché sia guarito!»
5. Uno di loro esclama: «Signore, sarà molto difficile farlo! Il poveretto è talmente rattrappito che sono già tre anni che non può abbandonare il suo letto. E il letto, nel quale giace, è difficile da trasportare, perché è solidamente fissato al pavimento! Se non Ti disturba, puoi recarti Tu da lui?»
6. Io rispondo: «Se vi è difficile trasportare il letto, allora avviluppate l’ammalato in una stuoia e portatelo qui!»
7. Il Mio ordine viene eseguito prontamente, infatti alcuni dei presenti corrono verso la casa dove giace il paralitico, adagiano quest’ultimo su di una stuoia e lo portano da Me sulla strada dicendo: «Signore! Ecco qui il povero ammalato!»
8. RivoltoMi a costui, gli chiedo se crede che Io possa sanarlo. Il malato Mi guarda, riflette un po’ e dice: «Mio buon Amico, Tu ne hai le sembianze e sembri proprio essere un Salvatore! Sì, sì, lo credo!»
9. Poi Io dico: «Alzati, dunque, e cammina; la tua fede ti ha salvato! Ma in avvenire guardati da certi peccati, per non ricadere una seconda volta nello stesso male, che ti colpirebbe più duramente della prima!»
10. In quello stesso istante l’ammalato si alza, toglie la stuoia da terra e comincia a camminare. Quando si avvede che è perfettamente guarito, si getta ai Miei piedi, Mi rende grazie, e dice: «Signore! In Te risiede una forza più grande di quella umana, sia lodata la divina Potenza che è in Te! Oh, benedetto sia il corpo che Ti ha portato e tre volte santo il seno che Ti allattò!»
11. Aggiungo Io: «E siano beati tutti coloro che ascoltano la Mia Parola, la custodiscono nel loro cuore e vivono secondo i suoi insegnamenti!»
12. L’ammalato chiede: «Signore! Dove si può ascoltare la Tua Parola?»
13. Io gli dico: «Tu conosci, non è vero, Jonaele di Sichar, il capo dei sacerdoti, che sacrificava sul monte Garizim! Vedi, egli detiene la Mia Parola, vai dunque là e apprendila da lui!»
14. Domanda il risanato: «Signore, quando lo posso trovare in casa?»
15. Rispondo Io: «In questo momento si trova accanto a Me, chiedi a lui stesso ed egli te lo dirà!»
16. Allora il risanato si rivolge a Jonaele e gli dice: «O degno sacerdote di Jehova sul Garizim! Quando posso venire in casa tua?»
17. Risponde Jonaele: «Finora il tuo compito consisteva nello startene coricato e nel sopportare pazientemente le tue sofferenze, perciò non hai certamente molto da fare in casa tua. Resta quindi con noi oggi e apri le orecchie a quanto si dice. Oggi potrebbero accadere ancora molte cose, domani potrai apprendere tutte le altre!»
18. Dice il risanato: «Se sono degno di rimanere in vostra compagnia, sono pronto a seguirvi con immensa gioia! Infatti, mio caro amico, quando si langue per tre anni interi su di un duro giaciglio, spesso tra indicibili dolori, e improvvisamente per un miracolo di Dio si è completamente guariti dal terribile male, solo allora si comprende veramente il valore della salute! Quale gioia è poter camminare con le proprie gambe! Perciò vorrei precedervi saltando e danzando come Davide, e con grande giubilo lodare ad alta voce la grande Bontà del Signore!»
19. Dice Jonaele: «Fai pure come hai detto, affinché davanti a noi si adempia ciò che è stato scritto del Signore: “E lo storpio salterà come il cervo!”»
20. Allora l’uomo guarito getta via da sé la stuoia, si mette subito in testa alla compagnia e comincia ad emettere grida di giubilo e a saltare senza lasciarsi, nella sua gioia, turbare da alcuna cosa. In quel mentre, ecco farsi incontro, con i loro ufficiali, alcuni di quei soldati e sgherri romani, che poco prima erano stati dispersi dai Miei due giovani, per una strada laterale a due o tre lunghezze di campo dal castello di Jairuth. Costoro si avvicinano e tentano di distogliere il risanato dal suo entusiasmo, domandando cosa stia facendo.
21. Il risanato fa finta di niente e continua a saltare e a ballare e, come se non avesse posto attenzione alla domanda del comandante romano, grida: «Quando gli uomini si rallegrano, le bestie diventano tristi, perché la gioia degli uomini fa morire il bestiame! Evviva! Evviva! Se avviene che la gioia dell’uomo si espande, triste è il bestiame sulla landa! Evviva, Evviva!»
22. Il risanato continua su questo tono, con grande rabbia del comandante, che gli impone di starsene zitto.
23. Gli fa osservare il risanato: «Perché mi proibisci di gioire? Io sono rimasto paralizzato per tre anni su di un letto! Se tu mi avessi detto: “Alzati e cammina!” e se, per un simile comando, fossi ridiventato sano così come lo sono ora, allora avrei tributato onori divini a te e ad ogni tua parola. Ma poiché tu non sei tale e poiché la tua forza paragonata a quella del mio nuovo Signore è del tutto nulla, allora io obbedisco al Potente Signore! Perciò lasciami gridare: “Evviva! Evviva! Evviva!”»
24. Il comandante romano gli intima nuovamente di smettere di fare chiasso, minacciandolo, in caso contrario, di castigarlo. In quel mentre, due dei Miei giovani si avvicinano all’entusiasta e gli dicono: «Non lasciarti turbare nella tua gioia!»
25. Alla vista di quelle due vecchie conoscenze, il comandante, rivolto alla sua truppa completamente disarmata, urla spaventato: «Si salvi chi può! Ecco due altri servi di Plutone!»
26. I soldati non se lo fanno dire due volte e in un attimo tutta quella legione di conquistatori fugge talmente disperata, come non si è mai visto prima.
27. Intanto il risanato, giubilante, continua a saltare ancora di più, strillando dietro ai fuggitivi: «Evviva! Evviva! Quando gli uomini sono allegri, il bestiame è triste!»
28. Dopo un po’ si calma, raggiunge Jonaele e gli chiede: «Amico, se non ti disturba parlare durante il cammino, dimmi quello che sai della Parola del Signore, che mi ha ridato la salute! Infatti, se voglio ubbidire a questa Parola, devo prima conoscerla!»
29. Dice Jonaele: «Ecco, noi siamo prossimi ad un’altra località che in base alle nuove direttive romane è stata dichiarata villaggio; certamente anche qui il Signore farà dei prodigi! In ogni caso vieni con noi in città e là, in casa mia o in quella di Irhaele, sarai ospitato fino a quando lo vorrai. In quell’occasione ti sarà detto tutto! Ormai non siamo più molto lontani dalla città. La borgata nella quale stiamo arrivando fa già parte della città, secondo le nuove disposizioni dei romani, ma poiché la sua posizione fu trovata eminentemente favorevole per usi militari, ne fecero una specie di fortezza e fu separata da Sichar, infine venne circondata da bastioni e dichiarata villaggio con un nome proprio. Questa località non è molto grande, in meno di mille passi l’avremo già oltrepassata, poi, volgendo a sinistra e percorse appena sette lunghezze di campo, arriveremo alle prime case di Sichar. Abbi dunque pazienza ancora un po’ e vedrai che tra breve il tuo desiderio sarà esaudito!»
30. Esclama il risanato: «Oh, per Abramo, Isacco e Giacobbe! Se questo borgo è un posto di guarnigione romano, siamo messi male! Il comandante romano non ci accoglierà ben volentieri, visto che egli, in pochi minuti, se l’è data vergognosamente a gambe davanti a noi!»
31. Dice Jonaele: «Confidiamo nel Signore che è qui con noi. Egli appianerà ogni difficoltà! Vedo già uscire dal borgo un drappello di soldati, che viene verso di noi con una bandiera bianca; ciò mi sembra essere di buon auspicio!»
32. Osserva il risanato: «Oh sì, basta che non sia la solita astuzia militare dei romani! Infatti in questo sono molto abili sia i soldati romani sia quelli greci!».
A Sichar. Importanti insegnamenti sul Messia, su Satana e sull’Ordinamento divino. Il Signore annuncia la nuova Legge di Amore. Jehova si manifesta nel dolce aleggiare di vento.
1. Dice Jonaele: «Contro la potenza umana simili astuzie possono avere qualche esito, ma esse non giovano affatto contro la Potenza divina. Su di questa, la sola forza che può influire con successo è il puro e vero amore, ogni altra cosa è come la polvere che vuole affrontare l’uragano! Non preoccuparti dunque di ciò, poiché Dio è con noi! Chi potrebbe affrontarci?»
2. Dice il risanato: «Sì, sì, hai ragione! Ma con Adamo c’era senza dubbio anche Dio, eppure Satana ha trovato il modo di sedurlo con la sua finissima arte! E Michele non ha dovuto anch’egli abbandonare a Satana il corpo di Mosè, dopo aver lottato per tre giorni? Non c’è dubbio: Dio è sicuramente onnipotente, ma Satana è pervaso della più orrenda astuzia, che ha già procurato parecchi dolori al popolo di Dio. Perciò di fronte ad una tigre è necessario essere prudenti finché essa vive; solo quando è morta si può tentare di respirare liberamente senza precauzioni né timore!»
3. Dice Jonaele: «Secondo il tuo punto di vista hai perfettamente ragione; però devi anche tener presente che, nei primi tempi, il Signore diede a Satana la libertà di azione. Infatti, per mettere alla prova la sua libertà, al primo spirito creato (Lucifero) fu concesso un lungo periodo di tempo, perché egli non solo fu il primo, ma fu anche il più grande tra gli spiriti creati.
4. Ma questo tempo volge ormai alla fine e il principe della notte sarà incatenato in ceppi strettissimi, nei quali egli non potrà più muoversi tanto liberamente come ha fatto finora!
5. Perciò, se nel nostro cuore regna il vero amore di Dio, il nostro pellegrinaggio su questa Terra sarà più libero da preoccupazioni di quanto lo sia stato fino ad oggi sotto il duro giogo della Legge.
6. Dai tempi di Adamo fino ad ora ha dominato la Legge della Sapienza, e per ubbidire ad una simile Legge era necessario essere dotati di molta sapienza e di una volontà infinita.
7. E poiché Dio vide che gli uomini non avrebbero mai potuto adempiere la Legge della Sapienza, Egli stesso venne nel mondo per annunciare la nuova Legge dell’Amore, alla quale gli uomini potranno ubbidire senza difficoltà. Jehova, nella Legge della Sapienza, irradiò la Sua Luce tra gli uomini, ma la Luce non era Lui stesso; essa emanava da Lui tra gli uomini, così come anche gli uomini sono sorti da Lui ma tuttavia non sono Jehova stesso. Ora invece, per l’Amore e nell’Amore, lo stesso Jehova scende dall’uomo e, in tutta la pienezza della verità, stabilisce spiritualmente la Sua dimora in lui. Così, l’uomo creato viene reso in ogni cosa perfettamente simile a Lui e, armato in questo modo, non può più cadere nei lacci dell’astuzia che Satana gli tende. Infatti, nell’uomo lo Spirito di Dio discerne, per quanto sia celata, ogni perfidia di Satana e possiede forze sufficienti per ridurre in polvere i suoi attacchi, divenuti ormai vani.
8. Il profeta Elia ha profetizzato dell’attuale condizione dell’uomo, cioè della manifestazione di Jehova nell’Amore, quando parla del dolce aleggiar di vento e del suono dolce e lieve, che si manifestò davanti alla grotta, però Jehova non era nella tormenta né nel fuoco!
9. Il suono dolce e lieve è dunque l’amore degli uomini verso Dio e verso i propri fratelli, nel quale risiede lo stesso Jehova, ma Egli non è nel vento forte ed impetuoso della Sapienza, né nella fiammeggiante spada della Legge!
10. Perciò, dato che Jehova stesso si trova tra di noi e con noi, non bisogna più temere l’astuzia di Satana come tristemente è avvenuto nei primi tempi. Tu puoi ormai resistere, con meno preoccupazione e con più coraggio, alla maligna ed astuta faccia della tigre romana assetata di sangue! Non hai visto prima come l’intera legione si sia data alla fuga più vergognosa dinanzi ai due giovani? Ora, molti di questi giovani ci accompagnano! Come potremmo dunque aver paura dei romani, che per di più ci vengono incontro con bandiera bianca? Io ti dico: “Né in sogno, né tanto meno stando svegli!»
11. Il discorso di Jonaele riempie di stupore il risanato che, riavutosi, esclama: «Cosa dici? Jehova si troverebbe tra noi? Io credevo che l’Uomo che mi ha risanato fosse solo il Messia atteso! Secondo te, com’è possibile che Jehova e il Messia siano un’unica cosa?
12. Comprendo benissimo che la Forza di Jehova si sarebbe manifestata nel Messia in maniera più eclatante di quella di tutti i profeti messi insieme, ma che il Messia e Jehova fossero perfettamente un’unica cosa, non l’avrei mai pensato, né tanto meno osato enunciarlo! Inoltre, è scritto che non bisogna farsi nessuna immagine di Jehova; invece quest’Uomo, che in realtà possiede tutti gli attributi del Messia, dovrebbe essere Je-ho-va in persona? Eh, io sono dispostissimo a crederlo, se tu, come nostro sommo sacerdote, non hai niente da obiettare!
13. Che il Messia, in un certo senso, dovesse essere un Dio, l’ho intuito subito dopo la mia guarigione, poiché, secondo le Scritture, a seconda di come si osserva la Legge di Jehova, anche noi siamo più o meno degli dèi. Ma che Egli fosse proprio lo stesso Jehova!? Oh, se è così, bisogna allora comportarsi diversamente! È Lui stesso che mi ha guarito, perciò devo ringraziarLo in altro modo!».
14. Detto questo, vuole venire verso di Me, ma Jonaele lo trattiene dicendogli di aspettare che la compagnia giunga a Sichar, e il risanato accetta di buon grado il consiglio.
A Sichar. La delegazione militare romana. Dialogo tra il Signore e il comandante romano riguardo alla verità. Uomini e larve umane. La perfezione. L’imitazione del Signore.
1. Intanto ci raggiunse la delegazione romana, e l’ufficiale che la guidava Mi diede una lettera da parte del suo capo, che era anche il comandante del forte. In questa missiva Mi scongiurava di scordare quello che era accaduto e di indurre tutti i componenti della Mia compagnia a non raccontare niente, poiché il fatto gli avrebbe causato del danno senza, nel contempo, essere di utilità a nessuno. In effetti, per noi, non dire niente sarebbe stato più vantaggioso che dannoso e, vista la sua posizione di supremo comandante romano, sarebbe stato meglio farselo amico piuttosto che nemico! Anche Jairuth veniva esortato a tacere, assicurandogli che non sarebbe stato più molestato in casa sua. Infine Mi pregava di volerlo onorare di una visita nella sua residenza, poiché voleva parlare con Me di cose segrete e molto importanti!
2. Io dico al messaggero: «Riferisci al tuo superiore che faremo ciò che chiede. In quanto alla visita, digli che non andrò nella sua residenza, ma, se vuole parlare con Me di cose segrete ed importanti, che Mi attenda alla porta d’ingresso di questo borgo; qui gli dirò ciò che vuole sapere»
3. Udita la Mia risposta, l’inviato si allontana con la sua scorta e comunica al suo comandante tutto quello che gli ho detto. Allora egli, radunati i suoi principali ufficiali, va’ verso la porta del borgo e qui attende il Mio arrivo.
4. Però, prima di andargli incontro, Jairuth, poco sicuro, Mi chiede: «Possiamo fidarci dell’invito? Io conosco bene la grandissima astuzia di questo comandante, che ha il grado di capo legione! Costui, con simili mezzi, ha già mandato parecchie persone all’altro mondo!»
5. Io gli dico: «Mio caro amico, so benissimo come egli era prima e so anche com’è adesso. I Miei giovani gli hanno ispirato un rispetto incancellabile, ora crede che siano dei geni e che Io sia figlio di Giove! È riguardo a questo che vorrebbe sapere da Me qualcosa di più preciso. Io so già quello che gli dirò!»
6. Queste parole appagano Jairuth. Intanto arriviamo alla porta dove ci attende il comandante con i suoi ufficiali. Questo ci viene incontro, Mi saluta gentilmente e si capisce che vuole subito parlare delle cose per cui Mi aveva invitato.
7. Io però lo prevengo dicendogli: «Amico! I Miei servitori non sono dei geni, ed Io non sono un figlio del tuo Giove! Ora tu sai tutto ciò che ti eri proposto di domandarMi»
8. Il capo legione rimane molto stupito per l’esposizione così chiara di quello che aveva solo pensato e che nessuno conosceva.
9. Egli rimane alcuni istanti in silenzio, poi Mi chiede: «Se Tu non sei la persona che credevo, dimmi allora chi sei Tu e chi sono in realtà i Tuoi servitori! Infatti in ogni caso siete sicuramente degli uomini al di là dell’ordinario, e mi sarebbe gradito rendervi gli onori che vi spettano!»
10. Io gli rispondo: «Chi chiede lealmente, è degno di ottenere un’onesta risposta; tu Mi hai interrogato da uomo onesto e sincero, perciò meriti una risposta corrispondente. Ascolta, dunque: in primo luogo sono Colui che tu vedi davanti a te, cioè un Uomo! Ce ne sono molti che hanno lo stesso Mio aspetto, tuttavia non per questo sono uomini; essi invece sono solo larve umane. Ora, quanto più perfetto è un vero uomo, tanta più forza e potere risiede nel suo discernimento e nella sua volontà d’azione»
11. Dice il capo legione: «Può ogni uomo divenire perfetto quanto lo sei Tu?»
12. Io gli dico: «Oh sì, sempre che lavori per il suo perfezionamento, osservando tutto ciò che Io gli insegno!»
13. Chiede il comandante: «Facci dunque udire la Tua Dottrina, affinché possa conformarvi le mie azioni e la mia vita!»
14. Io gli rispondo: «Anche se ti potessi insegnare la Mia Dottrina, essa ti sarebbe di poca utilità, poiché tu non saresti in grado di vivere secondo i suoi dettami. E finché rimani l’inviato di Roma a nulla può giovarti il Mio insegnamento. Infatti, per seguirMi, dovresti abbandonare tutto, altrimenti non ti sarebbe possibile vivere secondo la Mia Dottrina!»
15. Dice il capo legione: «Sì, in realtà ciò sarebbe molto difficile! Tuttavia potresti farmi conoscere almeno alcuni dei princìpi fondamentali della Tua Dottrina! Vedi, io non sono del tutto digiuno di cognizioni nei vari campi del sapere e sono quindi capace di comprendere; perché allora non sarei in grado di comprendere la Tua Dottrina? Chissà che non mi si offra l’occasione di metterla, prima o poi, in pratica?»
16. Io dico: «Amico Mio, se la Mia Dottrina consiste nel doverMi seguire, senza di che non si può pervenire al Regno della Mia Perfezione, come faresti tu a metterla in pratica?»
17. Osserva il capo legione: «In verità quello che mi dici è molto strano, ma è possibile che le Tue parole nascondano qualcosa di più profondo! Lasciami riflettere un po’!»
18. Egli rimane per qualche istante immerso nei suoi pensieri, poi chiede: «Questo “seguire Te” lo intendi in senso personale o solo in senso morale?»
19. Io gli rispondo: «La forma migliore è, per quanto è possibile, seguirMi in senso personale, sempre in intima unione con quello morale. Quando però il seguirMi personalmente diventa impossibile, perché non lo permettono gli obblighi imposti da un impiego ufficiale, che è pure necessario, allora, in accordo con la propria coscienza, basta seguirMi moralmente. Ma è necessario che questa coscienza abbia come fondamento esclusivo Me e l’amore per ogni essere umano, che è la base della verità più pura. Infatti la sola imitazione morale sarebbe cosa spiritualmente morta. Comprendi ora?»
20. Dice il capo legione: «Quello che dici mi sembra poco chiaro! Se è così, cosa devo farne allora di tutte le mie attraenti divinità? I miei antenati ci credettero! È meglio che rimanga fedele alla loro credenza, oppure devo cominciare a credere nel Dio degli ebrei?».
A Sichar. La nullità degli dèi. Del valore ed essenza della verità e il cammino che conduce ad essa. Il vero nodo gordiano. Il segreto dell’Amore. La testa e il cuore.
La chiave e sede della verità.
1. Io gli dico: «Caro amico, tanto i tuoi antenati quanto gli dèi che essi adorarono non hanno alcun significato, perché i primi sono già morti da lungo tempo, i secondi non sono mai esistiti, se non nella fantasia dei poeti. Dietro i loro nomi e le loro immagini non si è mai celata alcuna realtà. Se rinunci dunque a questa vana credenza negli dèi, tu non perdi assolutamente nulla; infatti essi non possono rafforzare la tua anima, così come i cibi dipinti su di una tela non possono saziare il tuo corpo! Come ho detto, queste cose non hanno alcun significato; ciò che conta invece è la pura verità e la vita all’interno di questa sola verità, come pure la vita che si ottiene da questa sola verità e per mezzo di questa pura verità!
2. Infatti, se vivi fondandoti sulla menzogna, la tua vita diventa tutta quanta menzogna e non potrai mai giungere ad alcuna realtà; al contrario, se la tua vita si procura gli elementi dalla verità, allora essa diventa verità e tutto quello che ne scaturisce assurgerà a verità e realtà! Attraverso la menzogna nessuno potrà mai percepire o riconoscere la verità, perché per la menzogna tutto è menzogna. La menzogna diventa verità solo per chi è rinato dallo spirito di verità e ha quindi trasformato se stesso in verità, in piena verità; per costui addirittura la menzogna diventa verità!
3. Infatti, colui che sa riconoscere la menzogna come menzogna, costui è in tutto egli stesso verità, poiché egli riconosce immediatamente la menzogna per quello che essa è, ed anche questo è verità! Comprendi le Mie parole?»
4. Risponde il capo legione: «Amico! Tu parli bene e possiedi una profonda sapienza! Ma dove si trova questa sublime verità e che cos’è realmente? Sono reali le cose così come noi le vediamo? Oppure l’occhio di un negro le percepisce diversamente da noi? Un frutto è gradevole al palato di alcuni, ad altri invece è amaro e nauseante! Allo stesso modo, razze umane diverse parlano lingue diverse; quale fra esse è quella vera e quale quella buona? Io penso che, preso singolarmente, ogni uomo può essere detentore di molte verità, ma, secondo me, non esiste una verità universale che possa abbracciare ogni verità particolare. Perciò, se Tu conosci una tale verità, dimmi dov’è, che cos’è e in che cosa consiste!»
5. Io gli dico: «Amico Mio, questo è l’antico e ben conosciuto nodo gordiano che nessuno ha potuto sciogliere, ad eccezione del celebre eroe macedone che anche tu conosci!
6. Vedi, ciò che tu osservi e percepisci con l’uso di mezzi carnali, è uguale alla carne e ai suoi mezzi e, come questa, risulta instabile e transitoria. Ora, se una cosa è instabile e transitoria, come potrebbe offrirti gli elementi per conoscere la verità eterna ed immutabile?
7. Solo una cosa è santa e grande nell’uomo e questa cosa è l’Amore, che è la vera fiamma procedente da Dio e che ha la sua sede nel cuore. La verità risiede solo in questo Amore, poiché l’Amore stesso è in ogni uomo il Fondamento originario di ogni verità in Dio e da Dio!
8. Dunque, se vuoi conoscere le cose o te stesso nella pienezza della verità, è necessario che tu le osservi e le riconosca da quest’unico vero punto di vista, che è l’originario Fondamento del tuo essere; tutto il resto non è che illusione. La testa di ciascun uomo e tutto ciò che essa racchiude sono cose che hanno attinenza immediata con il famoso nodo gordiano, che nessuno può sciogliere con la forza del proprio pensiero.
9. Soltanto con l’impeto e la forza dello spirito d’amore l’uomo può recidere nel suo cuore questo nodo, e qui mettersi a pensare, ad osservare e a comprendere le cose. Solo quando si sarà incamminato su questa nuova via giungerà alla verità del suo essere e della sua esistenza e a quella di tutti gli esseri e di tutte le esistenze!
10. Il tuo intelletto può crearsi un numero infinito di divinità, ma che cosa sono esse? Io ti dico che non sono altro che immagini vane e inanimate, prodotte dai logori meccanismi del cervello. Ma nel cuore tu non troverai che un solo Dio, che è il Vero Dio, perché l’Amore, nel quale avrai trovato quest’Unico Vero Dio, non è altro che la verità medesima.
11. Come hai notato, la verità va cercata e trovata solo nella verità; l’intelletto ha già fatto abbastanza se ti ha dato la chiave della verità. Del resto, tutto ciò che ti incita e ti spinge all’Amore può essere una chiave alla verità. Segui perciò questo impulso e tale esortazione, concentrati nell’amore del tuo cuore e tu troverai la verità, che ti libererà da ogni inganno».
A Sichar. Esempio delle funzioni dell’intelletto e del cuore. «Non essere giudice con il peccatore, ma fratello amoroso, allora tu troverai verità e salvezza!».
La rabbia è come un giudizio. Dove manca l’amore non c’è verità. La verità universale nell’Eternità. Cenni sull’esistenza individuale nell’aldilà. «Chi sei tu?». «SeguiMi!».
1. (Continua il Signore:) «Un esempio ti renderà la questione ancora più chiara.
2. Ecco, immaginiamo che tu abbia tra i tuoi subalterni qualcuno che abbia peccato contro le tue leggi e deve perciò essere punito. Allora inizi ad interrogarli e a fare le dovute indagini e cerchi astutamente, con ogni tipo di domande, di far loro confessare il reato. Ma essi, con i ragionamenti del loro intelletto, smentiscono tutto con la stessa astuzia mentale che tu hai usato nell’interrogarli. In questo modo una bugia ne giustifica un’altra, così, se le tue ricerche alla fine non approdano a nulla, sei costretto a condannarli senza aver ottenuto da loro una confessione, basandoti unicamente sulla deposizione dei testimoni, spesso ostili agli accusati e lontani anche questi dalla verità. Tu puoi allora valutare che, su dieci persone, soltanto una verrà giudicata rettamente e all’innocente sarà riservata la stessa sorte del colpevole!
3. Anziché atteggiarti a giudice, rivolgiti invece da uomo pieno d’amore, ai tuoi poveri fratelli, che si sono resi colpevoli verso di te, cercando di suscitare nel loro cuore lo stesso sentimento d’amore che ti anima. Vedrai allora che questi peccatori, pentiti e piangenti, ti confesseranno tutta la verità e ti diranno sinceramente quando e come hanno peccato contro di te! Se accade questo, non castigarli, perché la punizione in se stessa non è verità, ma è l’opposto. Essa non proviene assolutamente dall’amore, ma dall’ira della legge e del legislatore. Ma l’ira è di per sé un giudizio e, poiché nel giudizio non vi è amore, di conseguenza nel giudizio non c’è neanche verità; infatti la verità dimora solo là dove impera l’amore.
4. Attieniti dunque al puro amore ed opera nella sua verità e nella sua forza; tu troverai allora la verità dappertutto e ti accorgerai, in maniera evidentissima, che esiste una Verità universale, una Verità che compenetra non solo questa Terra, ma anche tutto l’immenso Infinito!
5. Se tra gli uomini adegui le tue azioni a questi precetti, Mi seguiresti moralmente in maniera molto efficace e ti garantiresti così la vita eterna. Ma se rimani così come sei adesso, la tua ricompensa nell’aldilà non sarà altro che la notte ed una vita vuota e fittizia, che è la morte dello spirito di verità e d’amore!
6. Vedi, la vita terrena è molto breve, poi viene l’Eternità, che è senza fine! Se l’autentica verità non è diventata vivente in te, come tu cadrai, così anche giacerai!
7. Per ora ti ho detto quanto ti è necessario conoscere, se vuoi saperne di più, quando ne hai l’occasione, recati a Sichar dal sacerdote Jonaele ed egli ti dirà tutto quello che ha visto, udito e appreso da Me. Fai secondo quanto ti sarà detto di Me, e diventerai beato!»
8. Il capo legione, profondamente scosso dalla verità delle Mie parole, dice: «Amico, da quello che mi hai dichiarato, mi sono persuaso che sei il più sapiente dei saggi di questa Terra, perciò farò tutto ciò che mi hai detto. Però bramerei sapere, dalla Tua bocca, chi sei Tu veramente! Perché, a parte la vergognosa disfatta inflittami da questi giovani che Ti accompagnano e che non posso spiegarmi, se non ammettendo necessariamente che essi siano degli dèi o dei geni celesti, che furono in grado di mettermi in fuga, devo riconoscere, se non altro per la Tua straordinaria Sapienza, che Tu, con ogni evidenza, sei molto di più di un semplice uomo! Tu avrai già certamente spiegato a molti dei Tuoi discepoli chi Tu sia, ma anch’io adesso mi sono proposto seriamente di diventare, nello spirito, Tuo discepolo. Dimmi, dunque, cosa devo pensare di Te! Chi e che cosa Tu sei in realtà e da dove vieni?»
9. Io gli rispondo: «In primo luogo poco fa ti ho risposto in maniera talmente comprensibile che, se ci rifletti un po’, dovresti facilmente arrivarci. In secondo luogo è per questo motivo che ti ho consigliato di recarti da Jonaele. Quando avrai l’occasione di parlare con lui, apprenderai tutto quello che ancora ti manca. Ma ora non tratteniamoci più a lungo, perché il giorno comincia a declinare ed Io ho ancora molte altre cose da fare oggi!»
10. Dice il capo legione: «Permettimi allora di accompagnarTi fino in città!»
11. Io gli dico: «La strada è libera; se tu sei animato da buone intenzioni puoi accompagnarMi! Ma se sei indotto da qualche ragione tenebrosa, resta a casa, perché accompagnarMi in questo modo non ti sarebbe di vantaggio! Tu hai sufficientemente sperimentato la Mia Forza»
12. Esclama il capo legione: «Sia lungi da me una tale intenzione! Però, in questi tempi critici, motivi per essere sospettoso dovrei averne. Infatti, secondo il mito degli ebrei, si avvicina sempre di più l’epoca della venuta del loro Dio, cioè di un potente Salvatore, che li libererà dal dominio dei romani e, di tanto in tanto, tra di essi si sussurra che questo Salvatore è già sulla Terra! Dunque io potrei facilmente pensare che Tu sei Colui che essi attendono! Anzi, una cosa del genere l’ho già ipotizzata. Ma che Tu lo sia o meno, riconosco che sei un Sapiente tra i sapienti e Ti amo, perché sei un vero amico degli uomini. Perciò i miei pensieri non mi impediranno affatto di seguirTi, per amore della verità, di persona fino a Sichar e spiritualmente per tutta la vita, anche se so, essendo romano, che in questo modo non mi preparo un arco trionfale! Io Ti ho aperto tutto quanto il mio cuore e Ti chiedo, ancora una volta, se posso accompagnarTi! Se acconsenti, Ti accompagnerò; viceversa, rimarrò qui!»
13. Io gli dico: «Va bene, accompagnaMi pure con tutti quelli che sono qui con te, affinché ti facciano da testimoni!».
A Sichar. Il Signore guarisce la moglie del capo legione. Importanti insegnamenti per conseguire la piena verità e la forza dell’azione. Il Signore testimonia del Padre. Criterio della Dottrina.
1. Dopo aver preso questa decisione, domando al capo legione se in quella località non ci sia qualche ammalato. Il capo legione dice subito: «Amico, se Tu te ne intendi anche di medicina, guarisci allora mia moglie! Lei soffre già da un anno di un male misterioso e nessun medico ha potuto stabilire che cosa sia. È possibile che Tu, dotato come sei di profonda sapienza, possa riconoscere di quale male è afflitta la mia povera moglie e quindi liberarla!»
2. Io allora gli rispondo: «Io ti dico: “Tua moglie è guarita!”. Mandala a chiamare!»
3. Il capo legione ordina subito ad uno dei suoi servi di recarsi a casa. Ma questi non fa in tempo ad arrivare che trova già sull’uscio la moglie del comandante, che, tutta contenta e perfettamente guarita, si appresta ad uscire per cercare il marito. Costui, nel vederla, si volge verso di Me, pieno di meraviglia ed esclama: «Amico! Tu sei un dio!»
4. Io gli dico: «Voi uomini siete tutti uguali! Non credete se non vedete dei miracoli. Comunque, siete ugualmente beati se credete almeno a causa dei miracoli. Invece se qualcuno, malgrado i miracoli e i segni compiuti da Me, rimane incredulo, quella persona cadrà sotto il potere della morte.
5. In seguito però saranno beati solo quegli uomini che crederanno non per mezzo di segni, ma per la verità della Mia Parola e che a questa conformeranno la loro vita! Allora essi troveranno in se stessi l’autentico segno vivificante, chiamato Vita eterna, che nessuno potrà mai strappare loro.
6. Tu ora gioisci enormemente perché ho guarito tua moglie con la sola volontà del Mio Cuore e, poiché non te ne capaciti, ti chiedi con insistenza come ciò sia possibile. Io ti dico che se un uomo vive secondo la pura verità interiore e perviene a questa verità senza nutrire più alcun dubbio intorno ad essa, egli potrebbe allora ordinare ad una delle montagne che circondano questo paese: “Alzati e gettati nel mare!”, e il monte si solleverebbe e si getterebbe nel mare!
7. Però, poiché tale verità non dimora né in te né in molti altri, non soltanto non potete fare dei miracoli, ma vi meravigliate enormemente quando Io, che possiedo tale verità in tutta la sua pienezza, compio davanti ai vostri occhi delle opere, che non sono fattibili se non con la potenza della vivente verità interiore.
8. Quando, per mezzo di tale verità, la fede, che nell’uomo è la mano destra dello spirito, diventa viva ed esplica potentemente la sua azione, il braccio dello spirito giunge molto lontano ed opera grandi cose!
9. Dunque, se una tale verità fortifica sufficientemente il braccio del vostro spirito, potrete fare quello che ho appena fatto davanti a voi e comprenderete inoltre chiaramente come sia molto più semplice fare ciò che sollevare con le mani un sasso da terra e lanciarlo alcuni passi lontano da sé!
10. Vivete dunque secondo la Mia Dottrina e non siate solo vani uditori ed ammiratori delle Mie parole, dei Miei insegnamenti e delle Mie azioni, così anche voi pure riceverete in voi stessi ciò che ora ammirate in Me così enormemente!
11. Le cose che Io insegno non sono Mie, ma Me le ha insegnate Colui che era prima che il mondo fosse. E Costui è Quello che voi dite essere vostro Padre, ma voi non Lo conoscete e non Lo avete ancora mai conosciuto. Colui che dite essere vostro Padre è Colui dal Quale traggono origine tutte le cose, come gli angeli, il sole, la luna, le stelle e questa Terra, con tutto ciò che c’è in essa e su di essa!
12. Ora, quello che il Padre Mi ha insegnato prima che il mondo fosse, lo insegno a voi, affinché il Padre, che vive in Me, prenda dimora anche in voi e faccia risplendere, in voi come in Me, l’eterna e pura Verità, sgorgante dall’eterna Causa Primordiale. Questa, chiamata pure l’Amore in Dio, è, a sua volta, l’Essenza stessa di Dio!
13. Perciò non vi lasciate impressionare dai miracoli che opero davanti ai vostri occhi, affinché non perveniate ad una fede morta e giudicata che non giova a nessuno. Piuttosto vivete ed operate secondo i Miei insegnamenti. Così facendo, svilupperete in voi la stessa forza che è in Me e che vi sorprende enormemente, poiché voi siete tutti chiamati a divenire perfetti, com’è perfetto il Padre vostro che è nel Cielo! Ora che sapete tutto ciò, agite di conseguenza e vi accorgerete se quello che ho detto è o non è verità. Esaminate la Mia Dottrina con ogni zelo, bandendo da voi qualsiasi tiepidezza e vi accorgerete se questa Dottrina viene dall’uomo o da Dio!»
14. Dopo questo importante insegnamento il capo legione dice: «Ora comincia a farsi un po’ di luce in me! Tutto quello che abbiamo udito ci è difficile capirlo subito, perché è certamente ispirato da una sapienza molto profonda che per noi uomini assolutamente comuni di primo acchito è difficile da comprendere, però questo poco importa, infatti, se per giungere alla vera conoscenza è necessario che le opere siano conformi alla Dottrina, non mi scervello più, in quanto Jonaele mi inizierà in ogni Tua dottrina, che in seguito metterò diligentemente in pratica. Questo è il mio proposito e lo compirò!»
15. Io gli dico: «Molto bene, amico Mio. Però, quando, così facendo, perverrai all’illuminazione, istruisci anche i tuoi fratelli, così ti preparerai una ricompensa in Cielo! Ora è tempo di ritornare a Sichar, ho anche là del lavoro da svolgere. Andiamo allora!».
Ritorno a Sichar. Importanti profezie per la fine dei tempi. La Fine del Mondo e il Giudizio Universale. La Grande Tribolazione. Gli squilli di tromba degli angeli prima del ritorno di Cristo. La Terra come Paradiso. L’ultima prova di Satana. Le sofferenze e la Risurrezione del Signore.
1. Tutta la compagnia si mette dunque in cammino e Mi accompagnano pure il comandante romano, con la moglie ormai guarita e due dei suoi principali ufficiali. Il comandante e sua moglie mettono tra loro Jonaele e si intrattengono con lui chiedendo chiarimenti su molti dettagli della religione giudaica e sulle cose che in questa si riferiscono a Me. Intanto il paralitico, da Me guarito nel primo villaggio per il quale eravamo passati, segue anch’egli con molta attenzione questi ragionamenti, e ne prende pure parte. Io invece Mi trovo tra le sette figlie e la moglie di Jonaele; anche queste Mi interpellano su varie cose e sui fatti che probabilmente sarebbero sopravvenuti, tra breve, al mondo, a Gerusalemme e a Roma. Io, con gentilezza, rispondo e dimostro loro come tra poco tempo verrà giudicato l’occulto principe del mondo e subito dopo anche tutto ciò che appartiene al suo seguito. Così accenno pure alla Fine del Mondo e al Giudizio Universale, simile a quello che sopraggiunse ai tempi di Noè. Ed esse, profondamente meravigliate, Mi chiedono quando e come avverranno queste cose.
2. Ma Io dico loro: «Mie care figlie! Com’era ai tempi di Noè, così sarà anche allora. L’amore diminuirà e si raffredderà del tutto. La fede in una pura Dottrina di vita e in una conoscenza di Dio rivelate agli uomini dai Cieli sarà trasformata in una tenebrosa, morta superstizione, piena di menzogna e di inganno, e i potenti si serviranno nuovamente degli uomini come fossero animali, e li faranno scannare, con totale sangue freddo e senza la minima coscienza, se essi non si piegheranno senza alcuna obiezione alla volontà della loro brillante potenza! I potenti tormenteranno i poveri con ogni tipo di oppressione, ed ogni spirito libero lo perseguiteranno e lo soffocheranno con qualsiasi mezzo, e così verrà fra gli uomini una tribolazione, come mai ce ne fu una sulla Terra! Poi però i giorni saranno abbreviati, a motivo dei molti eletti che si troveranno fra i poveri; se infatti ciò non accadesse, perfino gli eletti potrebbero perire!
3. Ma, da ora fino a quel tempo, trascorreranno mille e non più di mille anni ancora! Poi Io manderò tra le misere genti gli stessi angeli che ora vedete qui e saranno loro date delle grandi trombe per richiamare gli uomini! Allora gli uomini della Terra che sono spiritualmente morti si risveglieranno dalle tombe della loro notte e, come una colonna di fuoco roteante da un’estremità all’altra del mondo, questi milioni e milioni di risvegliati insorgeranno e si avventeranno contro tutte le potenze del mondo e nessuno potrà più resistere loro!
4. Da quel tempo in poi la Terra ridiventerà un Paradiso ed Io guiderò per sempre i Miei figli sul giusto sentiero.
5. Però trascorsi mille anni da quel momento, il principe della notte sarà, per sua volontà, ancora una volta liberato, o per la definitiva caduta o per il possibile ritorno, e ciò per il brevissimo periodo di sette anni, alcuni mesi e giorni.
6. Nel primo caso, la parte più interna della Terra verrà trasformata in un carcere eterno, rimanendo esteriormente un Paradiso; nel secondo caso, invece, la Terra si evolverà in Cielo e la morte della carne e dell’anima scomparirà per sempre! Ma se ciò avverrà, come avverrà? Una simile cosa non è lecito che la sappia in precedenza nemmeno il primo fra gli angeli dei Cieli, solamente il Padre la conosce. Ecco, vi ho svelato molti dei fatti che si verificheranno, ma su di essi mantenete il silenzio assoluto, finché non saprete, tra qualche anno, che Io sono stato elevato dalla Terra!»
7. Allora le giovani Mi chiesero in che cosa consistesse questa elevazione.
8. Io rispondo loro: «Quando ne udrete parlare, il vostro cuore si riempirà di tristezza! Ma consolatevi al pensiero che tre giorni dopo, Io sarò di nuovo in mezzo a voi ed Io stesso vi porterò la grande conferma del Nuovo Testamento e le chiavi del Mio Regno eterno! Tuttavia vegliate, affinché in quel momento Io vi trovi pure così come lo siete adesso, altrimenti non potrete diventare per sempre Mie spose!».
9. Udito ciò, le giovani e loro madre Mi promettono di seguire rigorosamente i Miei consigli e di osservare scrupolosamente tutte le cose che Io ho loro comandato.
A Sichar. Il Signore e i Suoi in casa di Irhaele. Il Signore benedice il buon intendimento di Giovanni (il risanato) e di Jonaele. Il Signore e Jairuth.
1. Così discorrendo arriviamo a Sichar e ci fermiamo presso la casa di Irhaele, che ormai appartiene anche al medico Joram. Jairuth e il comandante romano, come pure la moglie di questi e i due ufficiali, non hanno parole per esprimere la loro meraviglia nel vedere la nuova e bellissima facciata dell’edificio. Il paralitico risanato, anch’egli sorpreso a tale vista, esclama, infine, ad alta voce: «Una cosa simile solo Dio può farla! Ricordo che da ragazzo venivo spesso da queste parti e mi piaceva dare la caccia alle lucertole che erano tra le mura, in grandissima parte diroccate, di questo castello o casa che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe. Ora invece, eccolo qui ricostruito alla perfezione, così come non lo era mai stato neanche ai tempi in cui Giacobbe lo fece edificare per Giuseppe suo figlio! Oh, non c’è forza umana che, dall’oggi al domani, possa portare a termine un lavoro del genere! Ora so cosa pensare e so pure quello che farò. Il mio nome è Giovanni, tenetelo a mente!»
2. (Si tratta dello stesso Giovanni che più tardi, nel secondo anno del Mio ministero, venne rimproverato dai Miei apostoli, quando Io li mandai ad insegnare tra il popolo. Infatti anch’egli operava nel Mio Nome guarigioni e scacciava demoni, pur non essendo stato espressamente autorizzato da Me.) (Marco 9, 38-40).
3. Dice Jonaele: «Amico, la tua volontà, il tuo modo di pensare e le tue parole sono giusti, però una cosa ti manca ancora, cioè la pura conoscenza della Volontà divina! Perciò nei prossimi giorni vieni da me, oppure rimani qui con noi ed io ti farò comprendere più da vicino la Volontà di Dio, il Signore! Solo allora potrai cominciare ad ordinare e a mettere in pratica tutto ciò che il tuo buonsenso ti dirà di fare»
4. Dice il risanato: «Che il Signore Dio ti illumini, farò come tu mi consigli, perché vedo che tu sei un autentico amico di questo grande Profeta e perciò sarai anche in grado di ottenere da Lui la vera Luce. Questo Profeta è sopra tutti ed io credo che Egli sia precisamente Colui del Quale Davide cantava:
5. “Al Signore appartiene la Terra, il suolo e tutto quello che abita su di esso, poiché Egli ha fondato il suolo sui mari e l’ha stabilito sui fiumi. Chi potrà salire sul Monte del Signore? E chi potrà restare nel Suo santo Luogo? Colui che è innocente di mani e puro di cuore, che non ricerca vuote dottrine e non giura con frode, costui riceverà la benedizione dal Signore e la giustizia dal Dio della sua salvezza. Tale è la generazione di quanti Lo cercano, di quanti cercano il Volto del Dio di Giacobbe!
6. Sollevate, o porte, i vostri architravi, innalzatevi, o porte del mondo, perché entri il Re della Gloria! Chi è il Re della Gloria? È il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia. Sollevate, o porte, i vostri architravi, innalzatevi o porte del mondo, perché entri il Re della Gloria! Chi è il Re della Gloria? È il Signore Zebaoth, il Re della Gloria!”. (Salmo 24).
7. Ed io, Giovanni, che da Lui fui guarito, confesso qui apertamente che questi è lo stesso Re della Gloria, in forma umana, del Quale Davide con le suddette parole ha cantato e profetizzato! Pertanto, sia gloria a Lui per ogni eternità!»
8. Dice Jonaele: «Amico, ora ti trovi già sulla buona strada! Ma, detto fra noi, non è ancora venuto il momento di parlare così apertamente. Infatti, secondo la Sua stessa intenzione, quando Egli ci lascerà, per andare probabilmente in Galilea, soltanto allora potremo parlare di Lui e della Sua Dottrina al popolo. E quando, poco dopo, Egli ritornerà, troverà i nostri portoni bene aperti e le porte del mondo adeguatamente alte, così da introdursi attraverso di esse. Questo significa che, per poterLo accogliere, è necessario dilatare il più possibile i nostri cuori ed elevare oltre le stelle il nostro amore per Lui; infatti i nostri cuori sono i portoni che bisogna spalancare e il puro amore verso di Lui è la porta che deve essere innalzata sopra ogni cosa!»
9. A questo punto Mi intrometto tra i due e, appoggiando le Mie mani sulle loro spalle, dico: «È vero, Miei cari amici! Là dove voi sarete riuniti nel Mio Nome, Io sarò tra di voi con tutta la Mia Forza e, benché invisibilmente, vi fortificherò! Ma sento del rumore per le vie della città, restate dunque calmi! Andiamo a vedere qual è lo spirito che domina e guida gli animi di costoro!»
10. Allora Jairuth si dirige subito verso di Me e dice: «Signore, questo strepito è preoccupante e non annuncia nulla di buono! Se Tu vuoi, mi incarico di far venire qui all’istante due legioni e la quiete sarà subito ristabilita»
11. Io gli dico: «Non preoccuparti! Se ce ne fosse bisogno, una buona guardia l’ho già qui sottomano. Ma tu faresti bene a tenerti nascosto per un po’ in casa, affinché nessuno ti veda e ti riconosca, poiché tra gli uomini mondani di questa città non regna affatto uno spirito pacifico e, più tardi, essi potrebbero causare considerevoli danni ai tuoi possedimenti»
12. Osserva Jairuth: «Ma i Tuoi due giovani si trovano ancora presso di me, essi sapranno ben difendere le mie ricchezze!»
13. Dico Io: «Comunque non ti inquietare, perché se Io avessi bisogno dell’aiuto degli uomini, potrei rivolgerMi al nostro comandante qui presente. Ma Io non ne ho affatto bisogno, perciò stai tranquillo e lascia pure che gli avvenimenti seguano il loro corso!».
14. Jairuth appare allora soddisfatto ed entra in casa di Irhaele.
A Sichar. I muti arroganti e i loro compagni mentitori in atteggiamento minaccioso. Severità di Joram e sdegno dei discepoli contro i mentitori. Richiamo del Signore e insegnamenti relativi alla malvagità dell’uomo. «Non ripagate il male con il male!». Esempio del padrone e del suo servo. Esempio della prepotenza e del taglione.
1. Subito dopo, ecco venirci incontro uno stuolo abbastanza numeroso di gente armata di randelli, nel cui mezzo vi erano le dieci persone che la prima sera del nostro arrivo il medico aveva reso muti per il loro linguaggio offensivo. Giunta vicino a noi, la gente, con voce minacciosa, esige che i dieci muti recuperino l’uso della lingua!
2. Joram, il medico, si avvicina subito e, con voce forte e decisa, esclama: «O figli del male! È questo il nuovo modo di presentarsi davanti a Dio per chiederGli una grazia?»
3. Allora la schiera, retrocedendo di pochi passi, grida: «Chi è Dio qui e dove si trova? Credi forse di essere tu Dio o vuoi spacciarti per quello stregone di Galilea, pezzo di bestemmiatore?»
4. E Joram, con voce ancora più energica, risponde: «Chi sarebbe questo stregone galileo, miseri furfanti?»
5. I dimostranti urlano: «È quel carpentiere di Nazaret, che si chiama Gesù! Noi lo conosciamo bene, come pure sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle, che si trovano anche loro qui! Conosciamo anche suo padre, che si dice sia morto un anno fa di crepacuore, perché sembra che sua moglie e i suoi figli non volessero seguirlo e che lo abbiano ingannato con ogni mezzo!»
6. Queste calunnie fanno infuriare Joram, che indignato si precipita verso di Me insieme a Giacomo e a Giovanni e Mi dicono: «Signore, Signore, Signore! Fa’ che cada all’istante del fuoco dal cielo e distrugga questi miserabili! Le spudoratissime menzogne, che costoro hanno avuto il coraggio di pronunciare davanti a noi, gridano vendetta!»
7. Io dico loro: «Oh, che è mai questo, o figli del tuono; lasciateli mentire! Esiste forse un fuoco che bruci in modo più orribile di quello della menzogna? Anzi, fate loro addirittura del bene ed essi fuggiranno portando con sé gli ardenti carboni che avrete accumulato sul loro capo. Ricordate quello che vi dico: “Non rendete mai male per male, e chi vi fa una cattiveria, non ripagatelo con la stessa moneta!”»
8. Questi confortanti consigli fanno meditare i tre e Joram Mi chiede come bisogna agire con questi sciagurati.
9. Io gli rispondo: «Fai, nel Mio Nome, ciò che essi domandano, poi ordina che se ne vadano!»
10. Allora, rivolto a quella gente, Joram esclama: «In Nome del Signore, chiunque è muto recuperi l’uso della lingua e torni a casa ringraziando Dio!»
11. A queste parole di Joram, la lingua di quelli che erano muti si sciolse, ma nessuno di loro rese gloria a Dio, ad eccezione di uno solo, che tentò anche di ammonire gli altri.
12. Ma questi ultimi gli dissero: «Stolto che sei! Siamo forse stati resi muti per volontà di Jehova? Questo danno ci è stato fatto da uno stregone qualunque! E noi dovremo rendere omaggio al dio magico dei pagani? Se lo facessimo, cosa potremmo attenderci poi dal vero ed onnipotente Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe?»
13. Allora anche quel muto, che era appena migliore degli altri nove, se ne andò via con loro senza osare renderMi l’onore dovuto.
14. Joram e tutti i Miei rimasero molto indignati per questo contegno e Simon Pietro, ancora tutto agitato e fremente, si avvicinò a Me e disse: «Signore! Sicuramente è bene così, perché così desideri sia fatto. Eppure se avessi solo una scintilla della Tua Forza e della Tua Potenza spirituali, saprei cosa fare con questi stupidi e malvagi profanatori del Tuo Nome sommamente santo!»
15. Io gli dico: «Simone, hai dunque già dimenticato gli insegnamenti da Me ricevuti sul monte? Come puoi sperare il bene, se ripaghi il male con il male? Se tu volessi cuocere un cibo di per se stesso insipido, agiresti forse saggiamente aspergendolo di fiele e succo di aloe, anziché aggiungervi del sale, del latte e del miele? Se ad un buon cibo tu aggiungessi ancora qualcosa per migliorarlo, nessuno certamente ti darebbe del pazzo. Invece se tu aggiungi dei cattivi ingredienti, rendendo un cibo già di per sé insipido ancora peggiore, dimMi, qual è l’uomo con un minimo d’intelletto che non esclami: “Guarda, cosa fa questo imbecille?”
16. Vedi, la stessa cosa succede con gli uomini! Se il male che commettono lo ripaghi con un male più grande, chiedi a te stesso se essi potranno diventare migliori! Ma se tu, in cambio del male ricevuto da un fratello malvagio, gli rendi del bene, allora il male che è in lui si attenuerà e, alla fine, ritroverai in lui un fratello buono!
17. Quando un padrone ha un servitore del quale si fida molto, ebbene, se quest’ultimo abusa della bontà del suo signore peccando contro di lui, allora merita di essere punito, e quindi il padrone lo fa chiamare e gli rinfaccia la sua infedeltà. Ora, se il servitore si arrabbia e replica al padrone con parole offensive, credi forse che il padrone si calmerà e si mostrerà più buono verso di lui? No davvero! Io ti dico che il padrone, infuriato con il suo sleale servitore, lo farà subito arrestare e gettare in prigione.
18. Se però il servitore, vedendo che il suo padrone è arrabbiato con lui, si getta ai suoi piedi e, pentito, gli confessa la propria colpa, chiedendo perdono con delicatezza ed amore, ebbene, il padrone si comporterà allo stesso modo? Sicuramente no! Infatti il padrone, commosso dal rimorso e dalla bontà del servitore, sarà anch’egli mansueto ed indulgente e non soltanto gli perdonerà tutto, ma gli farà pure del bene.
19. Dunque, se volete diventare buoni, non ricambiate mai il male con il male! Infatti se giudicate e punite quelli che vi fanno del male, finirete tutti per diventare cattivi e in voi non ci sarà più né vero amore né bene!
20. Succederà quindi che il potente si arrogherà il diritto di punire tutti quelli che hanno infranto la sua legge, mentre i peccatori ravviveranno in loro stessi il fuoco della vendetta e tenteranno in tutti i modi di trascinare il potente alla rovina. A questo punto vi chiedo: “Quale bene si consegue da tutto ciò?”
21. Perciò vi dico di nuovo: “Non giudicate né maledite nessuno, per non essere a vostra volta giudicati e maledetti!”
22. Avete capito questi basilari insegnamenti, senza i quali il Mio Regno non potrà mai stabilirsi in voi?».
A Sichar. I danni che possono derivare dalla bontà. Esempio del giardino delle belve. La Redenzione dal male. Il nuovo cammino per la libertà dei figli di Dio. Il trattamento dei malfattori. Parabola del leone. Il Vangelo della missione e dell’apostolato.
1. Dice Simon Pietro: «Sì Signore, li abbiamo ben compresi, tuttavia in tutto ciò c’è un punto ancora oscuro, che a mio avviso consiste in questo: se, secondo la Tua Dottrina, sopprimessimo del tutto la punizione per le cattive azioni, in breve tempo i malfattori si moltiplicherebbero come l’erba della terra o come la rena del mare. Quando una legge viene emanata, essa, nello stesso tempo, deve essere sanzionata infliggendo un adeguato castigo, altrimenti non sarebbe più legge. Ovvero, può esistere una legge senza la relativa sanzione?»
2. Io gli rispondo: «Mio caro, tu giudichi come un cieco che volesse vedere il colore della luce! Osserva i giardini dove i ricchi detengono i loro animali: qui vedrai ogni tipo di bestie feroci, come tigri, leoni, pantere, iene, lupi ed orsi. Se queste belve non fossero chiuse in solide gabbie, chi starebbe al sicuro nelle loro vicinanze? D’altronde, non commetterebbe uno sproposito, chi volesse rinchiudere in gabbie di ferro anche i mansueti agnelli e le colombe?
3. L’Inferno, invece, ha bisogno di leggi più severe, accompagnate da terribili sanzioni, ma il Mio Regno, che è il Cielo, non ha bisogno né di leggi né tanto meno di una sanzione qualsiasi!
4. Io non sono venuto per prepararvi per l’Inferno mediante leggi barbaramente sanzionate, ma per istruirvi per il Cielo con amore, dolcezza e verità. E se ora, con la Mia Nuova Dottrina dai Cieli, vi libero dalla schiavitù della legge e vi indico la nuova via che, passando per il cuore, conduce ad una vita vera, eterna e liberissima, perché volete continuare a vivere sottoposti alla legge, che vi giudica e vi condanna? Non è meglio morire mille volte fisicamente nella libertà dell’amore che trascinarsi, per un solo giorno, sui morti sentieri della legge?
5. È ovvio che occorre arrestare e segregare i ladri e gli assassini, perché questi sono come le bestie selvagge e feroci che, a somiglianza dell’Inferno, vivono nelle caverne e nei crepacci della Terra, insidiando giorno e notte la loro vittima. Pure gli angeli del Cielo hanno l’obbligo di perseguire adeguatamente questi uomini, ma non è lecito annientarli. Siano rinchiusi in luoghi sicuri e si tenti qui di addomesticarli e di ingentilirne l’animo! Solo se essi si oppongono con violenza, è permesso mutilarli, e nei casi estremi anche ucciderne il corpo! Infatti un Inferno disabitato è da preferire ad un Inferno popolato.
6. Ma chiunque si permette di giudicare ed uccidere un ladro o un assassino reso innocuo dal carcere, quel tale un giorno sarà guardato da Me con occhi d’ira. Infatti quanto più duramente gli uomini giudicano e puniscono i malfattori che riescono a catturare, tanto più perspicaci, insidiosi, crudeli e tenaci divengono quelli che si trovano ancora in libertà. E quando di notte questi ultimi avranno la possibilità di penetrare furtivamente in un’abitazione, non solo ruberanno tutto ciò che cadrà loro sottomano, ma uccideranno e distruggeranno pure ogni persona o cosa che potrebbe tradirli.
7. Invece, se togli via il giudizio implacabile e ad ogni persona dai il saggio consiglio che “a chi pretende la tonaca sia dato anche il mantello”, allora i ladri verranno ancora e vi chiederanno questo o quell’altro, ma non commetteranno più rapine ed omicidi.
8. Se gli uomini, amando di vero cuore sia Me sia i loro fratelli e sorelle, rinunciassero ad accumulare i passeggeri beni terreni e volessero vivere come Io vivo, ben presto non vi sarebbero più ladri e meno ancora assassini!
9. Chi crede che a forza di leggi severe e di durissime pene si possano sopprimere i malfattori, è del tutto in errore! L’Inferno non ne ha mai finora sofferto la mancanza, a che ti giova uccidere un demonio, quando al suo posto l’Inferno ne manda fuori altri dieci, dei quali uno solo è più maligno di quanto lo sarebbero congiuntamente dieci simili a quello ucciso? Quando il male al suo apparire si trova di fronte un altro male, divampa d’ira e diventa del tutto satanico, ma se di fronte non incontra altro che amore, dolcezza e pazienza, desiste dalla sua malizia e può progredire nel suo cammino.
10. Quando un leone vede avvicinarsi una tigre, oppure un qualunque altro nemico, si infuria subito e si avventa con tutta la forza sul suo avversario, per annientarlo. Però verso un debole cagnolino si mostra docile e permette che giochi con lui. E se gli gira attorno una mosca, anche se questa si posa sulle sue poderose zampe, la guarda appena e lascia che se ne voli via indisturbata, poiché il leone non si abbassa a dare la caccia alle mosche o ai moscerini. Allo stesso modo si comporterà con voi ogni potente nemico, se non gli andrete incontro con la violenza.
11. Perciò benedite piuttosto i vostri nemici invece di catturarli, giudicarli e rinchiuderli in prigione. Così facendo, ammasserete carboni ardenti sul loro capo e li renderete inoffensivi nei vostri riguardi!
12. Con l’amore, la bontà e la pazienza, giungerete a tutto, ma se giudicate e condannate gli uomini, che malgrado la loro cecità sono pure vostri fratelli, allora, invece della benedizione del Vangelo, spargerete solamente maledizione e discordia fra gli uomini di questo mondo!
13. Pertanto, se volete essere Miei servitori per la propagazione del Mio Regno sulla Terra, dovete diventare compiutamente Miei discepoli in parole, dottrina ed opere! Ma se non volete esserlo o se l’incarico vi sembra troppo gravoso o irrazionale, è meglio per voi che facciate ritorno a casa, perché perfino dalle pietre posso trarre dei discepoli!».
A Sichar. Buone parole e preghiera di Pietro (Padre Nostro). Il miglior consiglio del Signore per mantenere a lungo l’ordine e la pace nello Stato. «Con l’amore conseguirete tutto!». La violenza incita i demoni a fare il male. Proposta umana di Pietro per propagare la Verità. Le parole del Signore sul compito degli angeli custodi e la natura dei malfattori.
1. Dice Simon Pietro: «Signore! Chi ti abbandonerà e chi desisterà dal servirTi? Tu solo hai parole di vita che nessun uomo ha mai pronunciato prima di Te. Perciò qualsiasi cosa Tu pretenderai, noi la faremo, però non pretendere che Ti abbandoniamo! Sii paziente con la nostra grande debolezza e rafforzaci con la Grazia del Padre Celeste, la quale Ti ha così meravigliosamente fortificato, cosicché ora Tu sei un’unica cosa con il Padre Tuo in Cielo, ed è in virtù di questa unione che Tu, adesso, insegni ed operi tra noi.
2. E come ci hai insegnato sul monte, vogliamo incessantemente pregare nel Tuo Nome il Padre con queste parole: “O Padre, che sei in Cielo, venga il Tuo Regno e sia fatta la Tua santa Volontà! E come noi perdoniamo coloro che ci hanno fatto del male, così perdona pure a noi le nostre debolezze e i nostri peccati!”»
3. Io gli dico: «Simone! Queste tue parole Mi sono più care del lingua