Jakob Lorber

1851-1864

 

 

 

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

 

Volume 1

 

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La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione

 

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” – (Vol. 1)

Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber

Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

Copyright © by Associazione Jakob Lorber 

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di divulgazione Jakob Lorber

  e.V., D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

 

Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982

Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167, 

24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)

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Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo

1 Klafter o Tesa 

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1 Tesa o Klafter 

= 1,9 m

 

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SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – cap.1

 

Cap. 1

Breve introduzione alla comprensione spirituale delle parole evangeliche di Giovanni, l’apostolo prediletto del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo

(Giov. 1, 1-5)

 

(V.1) In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e Dio era il Verbo.

1. Questo versetto ha già avuto come conseguenza un gran numero di false spiegazioni e interpretazioni di ogni genere e forma; anzi, di questo testo si servirono perfino gli atei più convinti, per contestare con l’aiuto del medesimo la Mia Divinità, e ciò con tanta maggior sicurezza, in quanto rifiutavano la Divinità in generale. Ma ora non vogliamo riportare tali stratagemmi, con i quali la confusione anziché diminuire aumenterebbe ancora di più, bensì vogliamo subito venire alla luce del giorno con la spiegazione più breve possibile. Questa, essendo essa stessa Luce nella Luce della Luce, da se stessa combatterà e vincerà gli errori.

2. Uno dei motivi principali dell’incomprensione di tali testi è ovviamente, purtroppo, la traduzione molto difettosa e inesatta della Scrittura, dalla lingua originale alle lingue dei tempi attuali; però è bene così. Infatti se lo Spirito di tali testi non fosse ben nascosto così com’è, allora ciò che vi è di più sacro in essi sarebbe stato già da molto tempo orribilmente profanato, il che sarebbe stato di grandissimo svantaggio per tutta la Terra. Così invece si è intaccata solo la corteccia, senza poter arrivare alla parte sacra e viva.

3. Ma ora è tempo di mostrare il senso vero, interiore di tali testi a tutti quelli che sono degni di parteciparne; all’indegno però dovrà venire a costar caro, poiché in tale occasione non permetto assolutamente che ci si faccia beffe di Me e non accetterò mai di mercanteggiare.

4. Ma dopo questo necessario preavviso, segua ora la spiegazione. Solo questo aggiungo ancora e dico: che qui si deve intendere solo il senso interiore spirituale per l’anima, non però anche quello più interiore in assoluto, il purissimo senso celeste. Questo è troppo sacro, e per il mondo può essere comunicato senza danno soltanto a coloro che lo cercano mediante una condotta di vita conforme alla Parola del Vangelo. Invece il senso interiore solamente spirituale per l’anima, si lascia trovare facilmente, talvolta già con l’esatta traduzione adeguata ai tempi, il che dovrà essere subito mostrato ora con la spiegazione del primo versetto.

5. Molto inesatta e molto velante il senso interiore è l’espressione “In principio”. Infatti con ciò si potrebbe perfino contestare e mettere in dubbio l’esistenza eterna della Divinità, il che è anche avvenuto da parte di alcuni precedenti filosofi, dalla cui scuola sono propriamente anche derivati gli atei di questo tempo. Ma se noi ora diamo rettamente questo testo, allora il velo apparirà molto sottile, e non sarà difficile, attraverso questo velo sottile, ravvisare il senso interiore molto bene e talvolta molto precisamente.

6. Ma la giusta traduzione suona così: Nella Ragione Prima, o anche nella Causa fondamentale (di ogni esistenza), era la Luce (il grande santo Pensiero creativo, l’Idea essenziale). Questa Luce non era solo in Dio, ma anche presso Dio, ossia la Luce usciva da Dio come contemplabile nella sua Essenza, ed era così non solo in, ma anche presso Dio, e circondava per così dire l’Essere divino originario, e con ciò risulta già messo il fondamento per il futuro divenire Uomo di Dio, come diviene già anche chiarissimamente visibile da sé nel testo seguente.

7. Chi o che cosa era dunque propriamente questa Luce, questo grande Pensiero, questa santissima Idea fondamentale di ogni futuro, specifico, liberissimo essere? Non poteva essere altro che proprio Dio stesso, perché in Dio, per mezzo di Dio e da Dio, non poteva essere altro che Dio a rappresentare solo Se stesso, nel Suo eterno perfettissimo Essere. E dunque questo testo può anche dirsi così:

8. In Dio era la Luce, la Luce penetrava e circondava Dio, e Dio stesso era la Luce.

(V.2) Egli era in principio presso Dio.

9. Ora che il primo versetto, illuminato a sufficienza, può essere facilmente capito da chiunque abbia un po’ di lume, il secondo versetto si spiega da sé e dice soltanto, come attestazione, che il suddetto Verbo o Luce o grande Pensiero creativo non è un Pensiero sorto successivamente all’Essere divino originario, bensì è ugualmente eterno con Dio, essendo Esso stesso Dio, e perciò Esso non cela in Sé nessun remoto processo di derivazione di qualsiasi genere, ragion per cui è anche detto come a dichiarare per così dire in forma di attestazione: Egli era nel Principio o nella Ragione Prima di ogni essere e di ogni successivo divenire, quale Ragione prima divino, presso Dio, in Dio e da Dio, dunque Egli stesso in tutto e per tutto Dio.

(V.3) Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui, e senza di Lui nulla fu fatto di ciò   che è fatto.

10. In questo versetto si conferma solo per così dire come attuato e tangibile ciò che già nel primo versetto era stato chiaramente presentato come “il Verbo” o “la Luce”, pienamente presente nella Ragione Prima di ogni essere e divenire, ma non ancora realizzato come già emanato.

11. Perciò questo terzo versetto dato nella sua forma pura deve anche suonare così: Ogni essere fu fatto da questo Essere originario, il quale è in Se stesso l’eterna Ragione Prima del proprio Essere in tutto e per tutto. La Luce, Parola [=Verbo], e Volontà di questo Essere pose all’esistenza fissa, visibile, la Sua propria ed esclusiva Luce, la Sua eterna originaria Idea creativa, che Egli trasse da Se stesso, e non c’è nulla in tutta l’eterna Infinità che non sia comparso all’esistenza apparente e visibile a partire dalla medesima Ragione Prima e per la medesima via.

12. Chi ora ha pienamente afferrato questi tre versetti illustrati in tutta chiarezza, a costui il versetto 4 dovrà risultare già da sé chiaro ed evidente.

(V.4) In Lui era la Vita, e la Vita era la Luce degli uomini.

13. Si capisce certo da sé già da lontano che un Essere Ragione Prima di ogni essere, la Luce di ogni luce, il Pensiero originario di ogni pensiero e idea, la Forma originaria quale Ragione Prima di tutte le forme, per prima cosa non poteva essere senza forma, e per seconda cosa non poteva essere morte, dato che questa indica il massimo contrario di ogni esistenza di qualsiasi genere in assoluto. In questa Parola [=Verbo] o Luce, o in questo grande Pensiero di Dio in Dio, e in senso assoluto in Dio stesso, era quindi una perfettissima Vita. Dio era dunque la prima eternissima, perfettissima Vita fondamentale in Se stesso e da Se stesso in tutto e per tutto, e questa Luce o Vita chiamò attingendo da Sé gli esseri, e questa Luce o questa Vita era la luce e quindi anche la vita negli esseri, negli uomini usciti da Lui; e questi esseri e uomini erano dunque pienamente un’immagine somigliante della Luce originaria che determinava in essi l’essere, la luce, e dunque anche una vita pienamente simile all’eterno Essere originario.

14. Ma poiché la Vita originaria di Dio è e deve essere del tutto e perfettamente libera, dato che altrimenti è come se non fosse vita, ma questa vita simile alla Sua deve essere anche la stessa e medesima negli esseri creati, altrimenti essa pure non sarebbe vita, e quale non-vita non sarebbe neppure esistenza, allora è fin troppo tangibilmente chiaro che agli esseri creati, agli uomini, poteva essere data solo una vita perfettamente libera. Questa doveva percepire se stessa come integra, ma proprio da questa percezione anche accorgersi che non è derivata da se stessa, bensì solo da Dio pienamente a Sua immagine somigliante, secondo la di Lui Volontà eterna e onnipotente.

15. Questa percezione doveva essere presente in tutti gli esseri creati, così come quella che la loro vita e il loro essere deve essere pienamente a immagine e somiglianza di Dio, altrimenti di nuovo non avrebbero né vita, né una qualsiasi esistenza.

16. Ma se noi osserviamo meglio questa circostanza, ne risulta che negli esseri creati devono necessariamente incontrarsi due sentimenti, e cioè come prima cosa e più immediata, il sentimento della divina somiglianza, o della Luce originaria di Dio in essi, e come seconda cosa, proprio da questa Luce, però poi anche necessariamente il sentimento del divenire nel tempo per mezzo della Volontà originaria del Creatore.

17. Il primo sentimento pone senz’altro la creatura al livello del Creatore e, come se uscisse da sé, completamente indipendente dall’eterna Ragione Prima, in quanto in un certo qual modo racchiude e contiene in sé anch’essa tale Ragione; ma il secondo, che necessariamente deriva da questo primo sentimento vitale, deve tuttavia vedersi e considerarsi come chiamato fuori da sé da parte della vera e propria Ragione Prima, e solo successivamente nel corso del tempo manifestato in sé liberamente, e perciò molto dipendente dalla Ragione principale originaria.

18. Ma questo sentimento riduttivo fa diventare anche il primo sentimento di grandezza un sentimento di sottomissione, cosa che per il sentimento di grandezza è sommamente e assolutamente necessaria, come sarà mostrato in seguito in modo molto chiaro.

19. Il sentimento di grandezza combatte molto violentemente contro un tale abbassamento, e vuole reprimere il secondo sentimento.

20. Ma per questa lotta sorge poi del rancore e, alla fine, dell’odio contro la Ragione Prima di ogni essere, e da ciò contro il riduttivo sentimento di sottomissione o di dipendenza; ma con ciò il sentimento di grandezza poi si paralizza e si oscura, e nell’essere creato si passa dalla Luce originaria a notte e tenebra. Questa notte o questa tenebra a mala pena poi riconosce in sé la Luce originaria e si allontana dunque, cieca e tuttavia anche autonoma, dalla Ragione Prima del proprio essere e divenire, e nel suo accecamento non la riconosce. 

(V.5) E la Luce brilla nella tenebra, e la tenebra non la comprende.

21. Perciò questa Luce originaria può poi brillare come vuole in tale notte; ma poiché la notte, che pure è sorta dalla Luce, non ha un’appropriata capacità di vedere, così essa non riconosce la Luce, che viene in tale notte per ritrasformarla nella giusta Luce originaria.

22. Allo stesso modo dunque anch’Io, quale eterno Essere originario di ogni essere e quale Luce originaria di ogni luce e vita, venni nel mondo delle tenebre a coloro che furono da Me; ma essi, nella notte del loro affievolito sentimento di grandezza, non Mi riconobbero!

23. Poiché questo quinto versetto spiega appunto che Io, essendo totalmente lo stesso che ero dall’Eternità, secondo le misure e i rapporti originari e in quelle misure e in quei rapporti, vengo in questo mondo creato da Me e tratto da Me, e questo mondo non Mi riconosce come il fondamento della sua propria esistenza.

24. Ma Io, quale Ragione Prima di tutto l’esistere, dovevo pur vedere dalla Mia originaria eterna Luce totale, come il sentimento di grandezza, prima luce degli uomini, per la continua lotta diventava sempre più pallido e più debole, e perciò come luce della vita anche più oscuro, e alla fine del tutto buio, e che quindi gli uomini, se fossi venuto a loro nell’immagine a loro data da Me, non Mi avrebbero riconosciuto; per lo meno moltissimi no, specialmente se fossi venuto loro come un puro Deus ex machina[1], del tutto inaspettato e senza preparazione, nella limitata forma umana. E allora avrei dovuto ascriverlo solo a Me stesso se gli uomini, impreparati a tale Mia Venuta, non avessero potuto affatto riconoscerMi.

25. Sì, Io ben lo vidi dall’eternità, e per questo feci preannunciare agli uomini, cominciando già dal loro primo sorgere separato da Me fino alla Mia reale Venuta, tramite molte migliaia di veggenti che nella lotta non perdettero la Luce, appunto questa Mia Venuta, e feci segnalare fedelmente il modo e la maniera, e perfino il luogo e il tempo della Mia Venuta. E quando la Mia Venuta avvenne realmente, feci accadere grandi segni e destai un uomo, nel quale prese dimora un alto spirito primordiale, affinché egli annunciasse ai ciechi la Mia Venuta e piena Presenza sulla Terra.

 

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Cap. 2

Un alto spirito (Michele), incarnato come Giovanni (Battista), rende testimonianza al Signore. Gli insegnamenti fondamentali: la natura di Dio, dell’uomo e del suo rapporto con Dio. La caduta dell’uomo e le straordinarie vie di Dio per la sua redenzione.

  (Giov. 1, 6-13)

 

(V.6) Ma c’era un uomo mandato da Dio, che si chiamava Giovanni.

1. Si chiamava Giovanni quest’uomo, che presso il Giordano predicava la penitenza e battezzava con l’acqua i convertiti. In quest’uomo dimorava lo spirito del profeta Elia, e questo era proprio lo stesso spirito angelico che nel remoto principio sconfisse Lucifero e in seguito, sulla nota montagna, con il medesimo Lucifero disputò per il cadavere di Mosè[2].

(V.7) Costui venne come testimone (dall’alto) per dare testimonianza alla Luce, affinché essi tutti (gli uomini senza luce) per mezzo suo credessero (ossia per mezzo della sua luce riconoscessero la Luce originaria venuta a loro).

2. Questi venne quale antico e nuovo testimone dall’alto, ossia come luce dalla Luce originaria, per dare testimonianza alla Luce originaria, all’Essere originario di Dio, che ora prendeva Lui stesso la carne e, in forma totalmente uguale all’umana, venne come Uomo Lui stesso ai Suoi uomini, che sono [provenienti] da Lui, per illuminarli nuovamente nella loro notte e così [illuminati] restituirli di nuovo alla Sua Luce originaria.

(V.8) Egli non era la Luce (da se stesso), ma era solo una testimonianza della Luce (ossia egli testimoniava di fronte al rabbuiato sentimento di grandezza degli uomini, che ora la Luce originaria stessa scendeva dalla Sua Altezza eterna, come un agnello nell’umiltà, agli uomini, e prendeva su di Sé volontariamente tutte le loro debolezze (peccati), per ridare in questo modo agli uomini la Luce originaria e renderli e metterli pari a Lui).

3. Quest’uomo non era ovviamente la vera e propria Luce originaria stessa, bensì, così come tutti gli esseri, solo una luce parziale dalla Luce originaria. Però a lui fu dato di rimanere nell’unione con la Luce originaria tramite la sua preponderante umiltà.

4. Ma poiché egli si trovava dunque in continua unione con la Luce originaria e distingueva bene Questa dalla propria luce – dato che anch’egli è bensì uscito dalla Luce originaria, ma non era tuttavia la Luce originaria, bensì solo una derivazione della stessa, affinché La riconoscesse e ne desse una giusta testimonianza –, così diede poi anche alla Luce originaria una validissima testimonianza, e con questo ridestò tanta giusta luce nei cuori degli uomini, che questi poi, seppure all’inizio solo molto debolmente, col tempo però sempre più fortemente e chiaramente poterono riconoscere che la Luce originaria, Quella rivestita ora di carne, è pur tuttavia la stessa a cui tutti gli esseri e tutti gli uomini devono la propria autonoma esistenza e possono conservarla così autonoma in eterno, se lo vogliono.

(V.9) Questa era la vera Luce, che illumina tutti gli uomini che vengono in questo mondo.

5. Non il testimone, bensì la sua testimonianza e Colui di cui era testimone, erano la giusta Luce originaria che fin dal primo inizio ha illuminato e animato tutti gli uomini che vengono in questo mondo, e ancora adesso continuamente li anima e li illumina sempre più. Ed è per questo che è anche detto, nel versetto 9, che proprio Costui era ed è la vera e giusta Luce che formò tutti gli uomini, nel loro primo inizio, alla libera esistenza, ed ora venne per illuminarli in tutta pienezza e renderli di nuovo simili a Se stesso.

(V.10) Egli era nel mondo, e questo è stato fatto per mezzo di Lui, ma essi non Lo riconobbero.

6. In quale modo Io, ovvero la Luce originaria, abbia potuto essere misconosciuto da questo mondo, cioè dagli uomini ottenebrati che in tutto il loro essere sono usciti da Me, ovvero, il che è la stessa cosa, dalla Luce originaria (Verbo), e questo nonostante tutti i precursori e gli annunciatori della Mia Venuta, ciò è già stato trattato chiaramente al versetto 5. C’è solo ancora da notare, in modo tutto particolare, che qui con “mondo” non si deve intendere la Terra quale portatrice di anime giudicate, che propriamente costituiscono la materia, ma solo e puramente gli uomini, i quali sono bensì presi in parte da questa materia, ma - una volta che sono divenuti esseri posti in libertà - non appartengono o non devono più appartenere a questa antica materia di anime giudicate. Infatti quale pretesa sarebbe poi se Io esigessi dalla pietra, che ancora si trova in profondissimo Giudizio, che Mi riconoscesse!? Una tal cosa può essere pretesa a pieno diritto solo da un’anima divenuta libera, che ha in sé il Mio Spirito.

(V.11) Egli venne nella Sua proprietà, e i Suoi non Lo accolsero.

7. Dunque, come sopra menzionato, non la Terra, bensì solo ed esclusivamente gli uomini nella loro entità di anima e spirito, devono essere visti qui e considerati come la peculiare proprietà del Signore, e proprietà in quanto loro stessi sono in un certo qual modo Luce originaria dalla Mia eterna Luce originaria, e con ciò vengono a coincidere in Uno con la Mia Natura di Ragione Prima.

8. Ma poiché essi proprio in questa natura, che si esprime in loro come sentimento di grandezza, sono indeboliti – debolezza a causa della quale appunto Io venni a loro come nella Mia proprietà delle origini e ancor sempre vengo in modo simile – così essi non Mi riconobbero, e con ciò non riconobbero neppure se stessi e il loro peculiare Essere di Ragione Prima, che non potrà mai venire annientato perché in ultima analisi è la Mia Natura.

(V.12) Ma a quanti Lo accolsero diede il potere di diventare figli di Dio, poiché credono nel Suo Nome.

9. Ma si capisce come da sé che, per tutti quelli che non Mi accolsero o non Mi riconobbero, l’Ordine Originale rimase perturbato, e con questa perturbazione rimase uno stato di sofferenza, il cosiddetto “male” o “peccato”. Al contrario, per molti altri che Mi accolsero, cioè che Mi riconobbero nei loro cuori, questo male invece dovette necessariamente disperdersi, dato che essi furono di nuovo riuniti con Me, l’Ordine originario e la Potenza originaria di tutto l’esistere, in cui trovarono se stessi e la Mia Luce originaria nella loro luce che era stata messa in essi, e in questa l’eterna, inestinguibile vita.

10. Ma in tale vita essi trovarono anche che con ciò necessariamente non sono soltanto Mie creature, come risulta dal loro sentimento vitale inferiore, bensì sono infallibilmente i Miei veri e propri figli, poiché celano in sé ciò che è di Me stesso, che soltanto per la Potenza della Mia Volontà fu posto fuori da Me liberamente. Infatti la loro luce (la loro fede) è uguale alla Mia vera e propria Luce originaria, e perciò ha in se stessa la piena Potenza e Forza che è in Me stesso e, derivante da questa Potenza, anche il pienissimo diritto, non solo di chiamarsi, ma anche di essere in ogni pienezza Mia figlia!

11. Proprio la fede infatti è questa luce, e il Mio Nome, al quale sono indirizzati i potenti raggi di questa luce, è la Forza e la Potenza e la vera e propria Natura del Mio Essere originario, attraverso cui ognuno realizza in sé, a pieno diritto e con piena validità, la figliolanza divina. Per questo è poi anche detto al versetto 12 che tutti quelli che Mi accoglieranno e crederanno nel Mio Nome, dico: avranno in sé il potere di chiamarsi a pieno diritto “figli di Dio”!

(V.13) I quali non dal sangue, né dal volere della carne, né dal volere di un uomo, ma da Dio sono nati.

12. Questo versetto non è altro che una più precisa indicazione e spiegazione del versetto precedente, e in un linguaggio più collegato i due versetti contigui potrebbero suonare così: Ma a coloro che Lo accolsero e credettero nel Suo Nome, a loro Egli diede il potere di chiamarsi “figli di Dio”, i quali non sono nati dal sangue, né dal volere della carne (desiderio carnale), né dal volere di un uomo, bensì da Dio. 

13. Ma si capisce già da sé che qui non può essere questione di una prima nascita come carne dalla carne, bensì solo ed esclusivamente di una seconda nascita, dallo spirito dell’amore per Dio e dalla verità della fede viva nel Nome vivente di Dio, che si chiama Jesus-Jehova-Zebaoth; la quale seconda nascita si chiama anche con una buona definizione “la rinascita dello spirito mediante il Battesimo dai Cieli”.

14. Ma il “Battesimo dai Cieli” è il completo passaggio dello spirito e dell’anima, con tutti i suoi desideri, allo spirito vivo dell’amore per Dio e dell’amore in Dio stesso.

15. Una volta avvenuto tale passaggio dalla liberissima volontà dell’uomo, e allorché tutto l’amore dell’uomo si trova ora in Dio, allora per mezzo di questo sacro amore anche tutto l’uomo si trova in Dio, dove viene maturato, rafforzato e rinvigorito per diventare un essere nuovo, e quindi, dopo aver raggiunto la giusta e completa maturità, da Dio rinasce. Dopo questa seconda nascita, che non è preceduta né da desiderio della carne, né dalla volontà procreativa di un uomo, soltanto allora l’uomo è un vero figlio di Dio, che è divenuto tale mediante la Grazia, la quale è una libera potenza dell’Amore divino nel cuore dell’uomo.

16. Ma questa Grazia è anche appunto la potente attrazione di Dio nello spirito dell’uomo, attraverso cui egli, come attratto dal Padre, giunge al Figlio, cioè alla divina Luce originaria, oppure, il che è la stessa cosa, alla giusta, viva e potente Sapienza di Dio.

 

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Cap. 3

L’Incarnazione della Parola Eterna e la testimonianza di Giovanni Battista su di Lui. Cenni di vita principali per la nuova esistenza mediante la rinascita. Prima e seconda Grazia.

(Giov. 1,14-16)

(V.14) E il Verbo divenne carne e abitò fra noi, e noi vedemmo la sua gloria, una gloria come di Figlio unigenito del Padre, pieno di Grazia e di Verità.

1. Ma quando l’uomo in tal modo perviene, mediante la rinascita, alla vera figliolanza di Dio, nella quale egli viene proprio generato da Dio Padre, ovvero dall’Amore in Dio, allora egli perviene alla gloria della Luce originaria in Dio, che è propriamente lo stesso divino Essere quale Prima Ragione. Questo Essere è il vero e proprio Figlio Unigenito del Padre, così come la Luce riposa nascosta dentro al calore dell’Amore, fino a quando l’Amore non la eccita e non la irradia da Sé. Ma questa santa Luce dunque è anche la vera e propria Gloria del Figlio del Padre, a cui perviene ogni rinato e dove egli stesso (il rinato) diviene simile a questa Gloria, che è eternamente piena di Grazia (Luce di Dio) e piena di Verità, che è qui la vera Realtà, o il Verbo divenuto Carne.

(V.15) Giovanni dà testimonianza di Lui, richiama e dice: «Era questo Colui di cui ho detto: Dopo di Me verrà Colui che è stato prima di me, poiché Egli era prima di me.»

2. Giovanni ne dà nuovamente una giusta testimonianza, e fa notare agli uomini, subito dopo il battesimo nel fiume Giordano, che proprio l’Uomo che egli ora ha battezzato è Colui di cui aveva parlato al popolo già per tutto il tempo della sua predica sulla penitenza, per accoglierLo degnamente, [dicendo] che Egli, che sarebbe venuto dopo di lui (Giovanni), era stato prima di lui, dunque esisteva prima di lui. Il che in un senso più profondo equivale nuovamente a: Questa è la Luce originaria fondamentale ed Esistenza originaria fondamentale di ogni luce e di ogni essere, che fu prima di ogni esistenza, ed ogni esistenza è derivata da questa Esistenza.

(V.16) Dalla Sua Pienezza tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia.

3. Ma questa Luce originaria è anche la Gloria eternamente grande in Dio, e Dio stesso è questa Gloria; questa Gloria era dall’eternità Dio stesso in Dio, e dalla pienezza di questa Gloria tutti gli esseri hanno preso la loro esistenza e la loro luce e libera vita.

4. Ogni vita è perciò una grazia da Dio e compenetra continuamente la forma portatrice di vita. La Vita originaria in ogni uomo è perciò, essendo la medesima gloria in Dio, una prima grazia di Dio; questa però ha subìto dei danni per il noto indebolimento del sentimento di grandezza con l’inferiore sentimento del divenire e della conseguente necessaria dipendenza dalla Luce originaria e Ragione Prima di ogni esistenza.

5. Poiché in tal modo questa prima Grazia nell’uomo voleva quasi decadere completamente, venne allora la Luce originaria stessa nel mondo, e ammaestrò gli uomini affinché rimettessero questa prima grazia di nuovo alla Luce originaria, o propriamente affinché dovessero rientrare del tutto in questa Esistenza originaria e prendervi, al posto della vecchia luce, una vita nuova; e questo scambio è il prendere grazia per grazia, o per così dire il consegnare la vita vecchia, indebolita, che non serve più a nulla, per una vita nuova, inestinguibile in Dio e da Dio nella pienezza.

6. La prima grazia è stata una necessità, in cui non opera alcuna libertà, per cui neppure alcuna stabilità; la seconda grazia invece è una piena libertà, esente da qualsiasi costrizione, e perciò – poiché da nulla sospinta e costretta – anche eternamente indistruttibile. Infatti dove non c’è un nemico, là non c’è neppure distruzione; come nemico però viene inteso tutto quello che influisce come impedimento a una libera esistenza, sotto qualsiasi forma.

 

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Cap. 4

La Legge e la Grazia. Ulteriori lotte degli esseri chiamati alla libera figliolanza divina. Compare il Redentore. Padre e Figlio sono una cosa sola come calore e luce.

(Giov. 1, 17-18)

 

(V.17) Poiché la Legge è stata data per mezzo di Mosè; la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Cristo.

1. Così è la Legge che dovette essere data alla prima vita, e cioè già in principio al primo uomo, e nel seguito delle cose attraverso Mosè, che qui in questo versetto viene citato anche come rappresentante della Legge. Ma dalla Legge certo nessuno poteva mai ottenere la vera libertà di vita, poiché la Legge è un impedimento, e non un incoraggiamento alla vita.

2. Con un “devi” positivo le prime idee di creazione furono poste, dal Volere immutabile della Potenza originaria, ad una esistenza isolata, come autonoma; per quanto concerne dunque la separazione e la formazione dell’esistenza limitata da spazio e tempo, ciò fu realizzato mediante un immutabile “devi”.

3. Ora ecco l’essere, l’uomo, in sé in un certo senso la Divinità stessa, oppure, il che è la stessa identica cosa: l’Essere originario di Dio stesso, solo separato dalla Sua Ragione Prima ma tuttavia consapevole di Lui, accanto a ciò però anche legato pur tuttavia in una forma limitata e conservata mediante un immutabile “devi”. Questo stato non volle piacere all’essere così costituito, e il suo sentimento di grandezza venne a una lotta violenta con la sua necessaria limitazione ed estromissione.

4. Poiché nel primo originario ordine di esseri la lotta divenne sempre più accesa, la grande Legge fondamentale dovette essere inasprita e includere gli esseri in un giudizio rigido e temporale; in ciò consistette la costruzione dei solidi mondi materiali e così la maggior separazione degli esseri originari.

5. Nel secondo ordine di esseri compare allora l’uomo rivestito di carne, che poggia sul suolo del suo primo giudizio. Nonostante l’ormai triplice separazione dalla sua Ragione Prima, pur tuttavia egli riconobbe di nuovo presto in sé Quello stesso [Dio], e divenne ribelle, superbo e disubbidiente a una Legge facile, data non più come rigido “devi”, ma come libero arbitrio.

6. Ma poiché non volle farsi piacere questo leggero comando, così gliene fu dato uno più pesante e fortemente sanzionato, e la sanzione per la non osservanza di questo secondo comando venne puntualmente eseguita.

7. Dopo questa correzione l’Essere divino Si portò sulla Terra in Melchisedek e guidò gli uomini; ma essi cominciarono subito di nuovo a combattere, e dovettero essere vincolati e condotti all’ordine da nuove leggi, così che rimase loro soltanto un movimento di tipo meccanico, in contrasto con quasi tutte le loro tendenze.

8. Quindi con la Legge fu prodotto un vasto abisso, sopra il quale nessuno spirito e nessun essere poteva più fare un salto, per cui dunque la prospettiva e la consapevolezza interiore di un proseguimento eterno della vita interiore, molto limitata in tal forma, divennero una questione molto dubbia.

9. Su una tale limitazione appare allora il divino Essere originario nella Sua propria originaria Pienezza, e cioè nella persona di Cristo.

10. Qui dunque ritorna nuovamente la Grazia originaria, prende su di Sé tutte le debolezze della vita degli uomini, e dà loro in cambio una Grazia nuova, una Vita nuova, piena di vera Luce, e mostra loro in questa [Luce] e attraverso Se stesso la giusta via e il giusto scopo della loro esistenza.

(V.18) Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Figlio, che è nel grembo del Padre, Costui ce lo ha annunciato.

11. Soltanto adesso coloro che Lo riconobbero ricevettero una vera conoscenza di Dio, e potevano ora per la prima volta guardare accanto a sé e fuori di sé e riconoscere Dio, che mai prima un essere aveva potuto vedere nella Sua Pienezza, e attraverso Lui anche se stessi e la loro propria liberissima destinazione di vita.

12. Ed ora è stato di nuovo tolto anche l’abisso inaccessibile che era stato prodotto dalla Legge, e ogni uomo poteva e può ancor sempre uscire dal giogo della Legge, se scambia il suo uomo vecchio con l’uomo nuovo da Cristo, per cui dunque è anche detto che si deve svestire l’uomo vecchio e indossare il nuovo, ossia: chi ama la vecchia vita, la perderà; chi invece la fugge, costui la conserverà, e precisamente la nuova. Questo è dunque l’annuncio dal grembo del Padre e il Vangelo vivo di Dio.

13. Ma l’espressione che dice: “che è nel grembo del Padre” vuol significare: La Sapienza originaria di Dio ossia la vera e propria Natura divina più intima è nell’Amore, così come la luce dimora nel calore. Essa inizialmente sorge e scaturisce dal calore potente dell’Amore, e infine con la sua presenza genera di nuovo calore, e questo perennemente di nuovo luce. Così altrettanto dall’Amore, che è uguale al Padre e in ultima analisi è il Padre stesso, sorge la Luce della divina Sapienza, che è uguale al Figlio ovvero è proprio il Figlio stesso, che però non sono Due, bensì il Figlio è pienamente Uno con quello che si chiama “Padre”, allo stesso modo come luce e calore o calore e luce sono una cosa sola, dato che il calore genera continuamente la luce e la luce continuamente il calore.

 

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Cap. 5

La testimonianza di Giovanni Battista su se stesso. Motivo del rinnegamento del suo spirito di Elia. Umile attestazione del precursore del Messia. Vane e false idee dei templari sul Cristo che doveva venire. Di nuovo chiara testimonianza di Giovanni Battista sul Signore.

(Giov. 1, 19-30)

 

(V.19) E questa è la testimonianza di Giovanni ai Giudei, quando costoro gli mandarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti che Gli chiesero: «Chi sei tu?».

1. Questo versetto presenta un puro fatto esterno, e perciò non ha un senso interiore; solo questo si lascia facilmente dedurre da una tale missione: che il sentimento di grandezza dei Giudei in questo tempo già cominciava a presentire che la Luce originaria, o la Vita originaria di Dio, cominciava ad avvicinarsi agli uomini della Terra, e già doveva essere sulla Terra, e ipotizzava che questa Vita originaria di ogni vita si trovasse in Giovanni, ed egli fosse magari il promesso Messia.

2. Per questo dunque, per il suddetto presentimento più che per la fama di predicatore di Giovanni, essi mandarono anche da lui degli informatori, perché gli chiedessero chi era, se Cristo, o Elia, o un altro profeta.

(V.20) Ed egli attestò e non mentì, dicendo: «Io non sono Cristo, il Messia promesso.»

(V.21) Ma essi gli chiesero ancora: «Chi sei dunque? Sei Elia?». Ed egli disse: «Non lo sono!». E ancora gli chiesero: «Sei un profeta?». Egli rispose: «No!»

3. Ma la ragione per cui gli chiesero anche se fosse Elia o un altro nuovo profeta, era che negli Scritti profetici si diceva che Elia sarebbe venuto prima del promesso Messia, e avrebbe preparato tutto Israele alla grande Venuta del Messia! Così in questo tempo sarebbero dovuti sorgere anche altri profeti ancora, i quali pure avrebbero preceduto come araldi il Messia. Queste cose dunque sapevano gli inviati di Gerusalemme, che conoscevano le Scritture, e così interrogarono Giovanni; questi però attestò di non essere tutto ciò.

(V.22) Ed essi gli dissero ancora: «Chi sei dunque, perché possiamo portare una risposta a coloro che ci hanno inviato?! Che cosa dici dunque di te stesso?»

4. E così naturalmente dovettero poi chiedergli ancora chi fosse.

(V.23) Ma Giovanni disse: «Io sono la voce di uno che grida nel deserto e preparo la via al Signore, come ha predetto il profeta Isaia.»

5. Al che Giovanni attestò solo allora che egli era soltanto uno che grida nel deserto e prepara – secondo la predizione di Isaia – la via al Signore!

6. Qui si può chiedere, a buon diritto, perché Giovanni facesse questo nel deserto, del quale si può presumere che sicuramente lo abitino pochissimi uomini, e che perciò sarebbe stato ben più indicato fare un precursore di tal genere in quei luoghi che sono abbondantemente abitati da uomini. A che può servire un tal gridare, pur così poderoso, nel morto deserto, dove il suono del richiamo si estingue molto prima di giungere a un qualche orecchio? E se anche giunge casualmente a un qualche orecchio umano, ciò è di gran lunga insufficiente per una cosa che è della massima importanza per tutti gli uomini!

7. A questa preventiva domanda sia detto così: che qui sotto l’espressione “deserto” non è tanto da intendersi il piccolo deserto di Bethabara, situato al di là del Giordano, quanto piuttosto il deserto spirituale nei cuori degli uomini. Il deserto di Bethabara, dove realmente Giovanni viveva, predicava e battezzava, era perciò stato scelto solo perché fosse per l’uomo lo specchio di come egli era nel suo cuore, e cioè altrettanto desolato, vuoto, senza nobili frutti, pieno solo di spine e cardi, di ogni erbaccia e pieno di vipere e altri rettili ributtanti. E in un tale deserto degli uomini compare Giovanni come una coscienza risvegliata, che egli anche rappresenta sotto l’aspetto puramente spirituale, e predica penitenza per il perdono dei peccati, e prepara così al Signore la via ai cuori degli uomini divenuti tutti deserti.

8. Rimane qui ancora solo la questione perché Giovanni non si riconobbe come Elia o un profeta, dato che egli, secondo la Mia personalissima testimonianza, era sicuramente sia l’uno che l’altro. Infatti Io stesso ho pur detto chiaro e tondo agli apostoli, così come ad altri ascoltatori della Mia Dottrina, in una occasione molto adatta: Giovanni era quell’Elia che doveva venire prima di Me, se volete accettarlo.

9. La ragione di una tale negazione è che qui Giovanni si designa solo secondo l’effettivo nuovo compito, e non secondo il vecchio, come fu dato al suo spirito in Elia al suo tempo terreno. Elia doveva punire e distruggere il Moloch; Giovanni invece chiamare alla giusta penitenza, trasmettere il perdono dei peccati mediante il battesimo d’acqua, e così preparare a Me la via. E in base a tale attività dunque egli si atteggiò solo a ciò che egli era in effetti in quel momento.

(V.24) E quelli che erano inviati, erano dei farisei.

(V.25) E costoro continuarono ancora a interrogarlo, e gli dissero: «Perché dunque battezzi, se non sei Cristo, neppure Elia e nessun altro profeta?».

10. Ma poiché tuttavia battezzava, il che era permesso altrimenti solo ai sacerdoti e ai profeti di cui fosse dimostrato che erano chiamati a farlo, così i sacerdoti e i leviti, inviati dai gelosi farisei, gli domandarono perché mai battezzasse gli uomini, dato che non era né l’uno né l’altro.

(V.26) Ma Giovanni rispose loro e disse: «Io battezzo solo con acqua; Lui (il Cristo di Cui mi chiedete) è venuto in mezzo a voi; ma voi non Lo conoscete».

11. Ma Giovanni dice: «Io battezzo solo con acqua, cioè io lavo soltanto e sono un lavatore di cuori divenuti impuri, affinché venga ricevuto degnamente quell’Unico che, in un certo qual modo, Si trattiene già da lungo tempo in mezzo

a voi, che voi però, a causa della vostra cecità, non riconoscete!»

12. Qui sono rappresentati, con questi investigatori, anche tutti coloro che cercano Me, il Signore, esternamente in qualche posto, i quali attraversano terre e mari, e là interrogano tutti i sapienti: “Dov’è Cristo, quando e dove viene?”. 

Ebbene, Quello vero, Quello che si costruì un’abitazione per Sé al centro dei loro cuori e che soltanto là si può trovare (Oh, che cercatori fallaci!), Quello non Lo cercano, o per lo meno non là dove solo ed esclusivamente si può cercare e trovare!

(V.27) «Questi è Colui che verrà dopo di me, che era prima di me, al Quale non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali».

(V.28) Ciò avvenne a Bethabara, oltre il Giordano, dove Giovanni battezzava.

13. Quale testimonianza piena di umiltà dà pur Giovanni davanti ai sacerdoti e ai leviti, dato che egli sa bene Chi in Cristo ha messo piede sulla Terra; ma che importa questo al clero pieno di alta sapienza mondana! La verissima testimonianza di Giovanni li lasciò indifferenti, poiché essi non volevano un Messia pieno di umiltà, povero e privo di lustro, bensì uno davanti al quale tutti quanti sarebbero dovuti subito arretrare per la paura e lo spavento!

14. [Infatti secondo loro] il Messia, subito al Suo primo apparire – naturalmente in nessun altro luogo se non in Gerusalemme – e visibile per linea recta (linea diretta) raggiante di fuoco, con uno splendore superiore al sole, scendendo dal cielo accompagnato da miriadi di angeli e prendendo dimora solo nel Tempio –, avrebbe dovuto spodestare e annientare tutti i potentati di allora, e poi avrebbe dovuto anche rendere gli Ebrei subito completamente immortali, procurare loro tutto il denaro della Terra, catapultare in mare con forte frastuono per lo meno qualche centinaia di montagne apparentemente superflue, e oltre a ciò anche però giustiziare la povera sporca plebaglia! Allora essi avrebbero creduto in lui e anche detto: “Signore, Tu sei proprio terribilmente forte e potente, tutti quanti devono piegarsi profondissimamente davanti a Te e gettarsi nella polvere, e il sommo sacerdote non è degno di scioglierti i lacci dei sandali.”

15. Ma Cristo venne sulla Terra del tutto povero e piccolo e apparentemente debole, quasi per tutti i trent’anni (eccetto fino al dodicesimo) non diede di Sé alcun segno davanti agli occhi dei grandi, ma lavorò a lavori pesanti, era insieme a Giuseppe un carpentiere e più tardi frequentò anche il comune proletariato. Come poteva essere questo, agli occhi degli orgogliosi e sapientissimi giudei, il Messia così a lungo aspettato? “Via un tale bestemmiatore, un tale mago, che esegue le sue azioni solo con l’aiuto del capo dei diavoli! Un tale volgarissimo operaio carpentiere, più grossolano e rozzo di un legno di quercia, che ha imparato da qualche parte a far magie con l’aiuto di Satana, cammina scalzo ed è amico della più abietta plebaglia, se ne va in giro con loro, accoglie le prostitute e mangia e beve con peccatori pubblicamente troppo noti, e così, con il suo fare e disfare, si oppone apertissimamente alla Legge, ebbene quello dovrebbe essere Cristo, il Messia promesso?! No, mai sia in noi una tale idea blasfema!” 

16. Questo era il giudizio degli alti e sapienti giudei su di Me, alla Mia piena presenza nella carne sulla Terra; e lo stesso identico giudizio su di Me persiste ancora fino a questo momento per milioni [di persone] che non ne vogliono sentir parlare assolutamente di un Dio mansueto, che si abbassa e mantiene la Sua Parola!

17. Il loro Dio per prima cosa deve abitare molto in alto, sopra tutte le stelle, e dalla tanta infinitissima sublimità quasi non esistere affatto; cose più piccole del sole non le deve affatto creare se vuole essere un degno Dio! Come seconda cosa non deve permettersi di avere una qualche sembianza, e meno di tutte quella umana, ma deve essere solamente una specie di astrusità incomprensibile!

18. Come terza cosa, se ciò nonostante Cristo potesse essere Dio, Egli deve comunicarsi con la viva parola interiore solo a uomini competenti, solo a certe società, concili, a pietisti straordinari, a zeloti circondati da una cosiddetta aura di santità e perfetti modelli di virtù, e a un tale fortunato, però, conferire anche subito il potere di spostare le montagne; altrimenti non c’è assolutamente nulla della divina Comunicazione e Rivelazione di Cristo!

19. A un laico o magari perfino a un peccatore, il Signore Gesù non deve mai comunicarsi, poiché in tal caso la rivelazione è già sospetta e non viene accolta, alla stessa maniera come anche Io stesso non venni accolto dagli alti giudei, perché ai loro occhi orgogliosi e avidi di gloria Io Mi sono presentato come troppo poco divinamente nobile; ma – non fa nulla! Solo la testimonianza di Giovanni è valida!

20. Il mondo rimane perennemente uguale a se stesso e continua ad essere il deserto di Bethabara, dove Giovanni diede la sua testimonianza. Ma anch’Io rimango perennemente uguale a Me stesso, e in ogni tempo compaio fra gli uomini per reprimere la loro superbia e ravvivare l’umiltà e l’amore veri, sempre così come sono comparso agli Ebrei. Bene è per tutti coloro che Mi riconoscono e Mi accolgono così come Mi ha riconosciuto e accolto Giovanni secondo la sua testimonianza, testimonianza che diede di Me davanti agli occhi e agli orecchi degli orgogliosi sacerdoti e leviti di Gerusalemme a loro grande scandalo!

(V.29) Il giorno dopo, Giovanni vede venire a lui Gesù e dice: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio, che porta su di Sé il peccato del mondo!»

21. Il giorno seguente, mentre questi investigatori si trattenevano ancora a Bethabara dove prendevano informazioni su tutto quello che questo Giovanni faceva e in che cosa consistessero principalmente le sue prediche, egli testimonia ancora una volta su di Me, e cioè nella nota circostanza in cui Io vengo a lui dal deserto e gli richiedo che Mi battezzi con l’acqua del fiume.

22. Già mentre Mi avvicino a lui, Giovanni richiama su di Me l’attenzione del capo di questi investigatori – il quale durante la notte ha preso in notevole considerazione ciò che aveva sentito il giorno prima da Giovanni – e dice: “Vedi, Quello che viene di là è l’Agnello di Dio, che ha messo sulle Sue spalle tutte le debolezze degli uomini, affinché gli uomini che Lo accoglieranno prendano una vita nuova da Lui e abbiano in sé il potere di chiamarsi, da tale nuova vita, figli di Dio; Jehova infatti non viene nella tempesta, né nel fuoco, ma Egli viene solo in un soffio dolcissimo.”

(V.30) «Questi è Colui del quale io (ieri) ho detto: Dopo di me viene un Uomo che è stato prima di me; infatti Egli era prima di me.»

23. Giovanni ripete qui ancora una volta quello che già il giorno prima aveva detto su di Me agli investigatori, e da una parte testimonia di Me che Io vengo agli uomini, per così dire, come uno specchio di vera e necessaria umiltà dell’uomo, e in tale umiltà attesto di venire in aiuto agli uomini nella loro debolezza, non invece nella loro presunta forza, che ovviamente mai possiedono. D’altra parte però Giovanni testimonia anche che quello da lui chiamato Agnello di Dio, è tuttavia Colui che fu prima di ogni essere; infatti l’espressione “Egli era prima di me” equivale a dire: Giovanni – riconoscendo in se stesso per un momento il suo alto spirito – lo fa capire così agli investigatori: che sebbene anche in lui abitasse lo stesso Spirito originario della stessa e medesima natura e qualità, egli pur tuttavia ne fu collocato al di fuori, in una esistenza libera e completamente autonoma, non per propria potenza, ma solo dallo Spirito originario fondamentale che abita solamente in questo Agnello. Con tale traslocazione, essendo essa un’opera reale dello Spirito fondamentale originario, comincia poi anche un primo periodo di tempo, prima del quale non c’era nulla in tutta l’Infinità, se non soltanto lo Spirito originario fondamentale Jehova, e cioè del tutto così e lo stesso come ora si trovava in questo Agnello di Dio, visibile davanti a loro, e che da lui (Giovanni) desiderava essere battezzato.

 

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Cap. 6

Giovanni professa di aver riconosciuto il Signore ora anche fisicamente. Doppio battesimo: Giovanni battezza il Signore con acqua, e Questi lo battezza col Suo Santo Spirito. La testimonianza del Padre Santo su Suo Figlio. Cenni sul modo di scrivere di quei tempi.

(Giov. 1, 31-34)

 

(V.31) «Anch’io prima però non Lo conoscevo; tuttavia per rivelarLo in Israele sono venuto a battezzare con acqua (quelli che Lo attendono).»

1. Naturalmente gli investigatori domandarono poi a Giovanni: “Da quando dunque tu conosci già quest’uomo singolare, e quando sei venuto a conoscenza di ciò che hai detto ora di Lui?”. Giovanni rispose qui, in senso del tutto naturale, che anch’egli come uomo non Lo conosceva, però il suo spirito gli aveva rivelato questo, e lo aveva anche spinto a preparare gli uomini a Lui, e a lavarli dalle loro grosse macchie di peccato con l’acqua del Giordano.

(V.32) E Giovanni testimoniò e disse ancora (dopo il Battesimo): «(Quando ora Lo battezzai) vidi che lo Spirito di Dio (a testimonianza per me) discese dal Cielo, così come una colomba dolcemente si posa, e questo Spirito rimase sopra di Lui.»

2. Giovanni fa sapere qui che anche lui Mi vede per la prima volta fisicamente davanti a lui, e che il Mio Spirito in lui gli ha rivelato questo. Gli investigatori naturalmente scrutarono bene quest’Uomo e Lo osservarono durante la breve operazione del battesimo d’acqua. Giovanni inizialmente si rifiutò di farla su di Me, e precisamente con l’importante osservazione: Si conveniva di più che Io battezzassi lui, piuttosto che lui Me; ma su Mio espresso desiderio che così dovesse avvenire, tuttavia cedette e Mi battezzò. Vide però ciò che Io stesso per mezzo del Mio Spirito gli avevo rivelato nel suo spirito, avendolo Io spinto a Bethabara, [e cioè vide] come lo Spirito di Dio, ossia il Mio proprio eterno originario Spirito, scese su di Me nell’apparenza di una nuvoletta luminosa, e cioè nella maniera in cui scende una colomba, e così rimase sopra il Mio Capo. Inoltre egli udì contemporaneamente le note parole:

3. “Questo è il Mio amato Figlio, ovvero questa è la Mia Luce, il Mio proprio Essere fondamentale originario nel quale Io, l’eterno originario Amore essenziale ho il Mio compiacimento, Questi dovrete ascoltare!”

(V.33) «Anch’io altrimenti non l’avrei riconosciuto; ma Colui che mi mandò a battezzare con l’acqua mi disse: Colui sul quale vedrai discendere lo Spirito di Dio e rimanere su di Lui, è Quello che battezzerà con lo Spirito Santo.»

4. Per questo Giovanni dice: “Anch’io altrimenti non Lo avrei riconosciuto!”

(V.34) «Io Lo vidi ed ora attesto che Questi è veramente il Figlio di Dio.»

5. Solo dopo questo atto del Battesimo, Giovanni raccontò agli investigatori quello che aveva visto e udito, e affermò, fosse stato anche a prezzo della vita, che il Battezzato, che già al Suo avvicinarsi egli aveva annunciato come l’Agnello di Dio a lui rivelato, in pienissima verità è il Messia atteso da tutto Israele; Questi è veramente il Figlio di Dio, ossia il vero e proprio originario eterno Essere fondamentale di Dio in Dio!

6. Egli, Giovanni, aveva visto egli stesso con i propri occhi il Suo Spirito scendere sopra di Lui e sopra di Lui rimanere, non come se quest’Uomo avesse ricevuto tale Spirito solo in quel modo, ma l’apparizione avvenne soltanto come testimonianza per lui stesso, dato che anch’egli prima non Lo aveva conosciuto.

7. Qui però viene spontanea la domanda se questi messaggeri di Gerusalemme non avessero dunque notato nulla di tutto ciò con i loro occhi e con le loro orecchie. A ciò valga come risposta perennemente ed eternamente uguale: Solo ai più piccoli e ai semplici queste cose vengono rivelate; ai sapienti del mondo invece rimangono nascoste e velate.

8. Ebbene, qui i messaggeri di Gerusalemme non videro anche nulla se non esclusivamente il battesimo d’acqua, e si arrabbiarono non poco quando Giovanni annunciò quello che aveva visto e sentito, mentre essi di tutto ciò non avevano potuto percepire nulla, e per questo anche ingiuriavano Giovanni [accusandolo] di aver loro mentito. Ma allora si aggiunsero parecchi discepoli di Giovanni, lì presenti, e testimoniarono che Giovanni aveva detto completamente la verità.

9. Ma i messaggeri scossero la testa e dissero: “Giovanni è il vostro maestro, e voi siete i suoi discepoli; per questo anche voi confermate la sua asserzione. Ma noi siamo istruiti ed edotti in tutte le cose della Scrittura, che è da Dio attraverso Mosè e attraverso i profeti, e riconosciamo, dal vostro modo di parlare e di agire, che voi insieme al vostro maestro siete dei pazzi, non vedete nulla e non sapete nulla, e con la vostra pazzia rendete pazzi molti uomini, tanto che la cosa già da un pezzo giunge riprovevole agli orecchi dei massimi del Tempio. La cosa migliore sarà di farvi smettere con la forza.”

10. Ma Giovanni si sdegnò e disse: “O voi razza di vipere, voi prole di serpenti! Pensate di sfuggire così al Giudizio!? Guardate, la scure con cui volevate annientarci è già posta alle vostre radici; badate a come sfuggire alla vostra rovina! Se non fate penitenza in sacco e cenere, e non vi farete battezzare, sarete distrutti!

11. Poiché, in verità, Questi era Colui di cui vi ho detto: ‘Dopo di me verrà Colui che è stato prima di me, poiché Egli era prima di me. Dalla Sua Pienezza abbiamo tutti ricevuto grazia su grazia.’ (Questo viene già riportato prima, nei versetti 15 e 16 di questo capitolo, ma non era stato ancora meglio chiarito storicamente.)

12. A queste energiche parole di Giovanni, alcuni rimangono e si fanno da lui battezzare; la maggior parte però se ne va da lì del tutto in collera.

13. Questi versetti riferiscono in modo del tutto corretto solo qualcosa di storico, e hanno poco senso interiore, che comunque si lascia già riconoscere molto facilmente dalle precedenti spiegazioni. Deve solo essere qui menzionato che questi versetti si lasciano comprendere tanto più facilmente se vengono dati con le circostanze che un tempo si capivano già da sé. Infatti al tempo in cui l’evangelista scrisse il Vangelo, era usanza che si tralasciassero come frasi inutili tutte quelle possibili circostanze che in qualche modo erano scontate e si potevano supporre, e che si scrivessero esclusivamente le frasi principali, e le circostanze collaterali le si lasciasse, come si dice oggi, “leggere tra le righe”. Per chiarire meglio tale questione molto degna di nota per quel tempo, vogliamo considerare un po’ meglio in questa maniera proprio i tre versetti dati qui di seguito, e il modo di scrivere di quei tempi (sintassi) lo si potrà scorgere con tutta precisione e ben riconoscere.

 

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Cap. 7

Tre versetti come esempi del modo di scrivere di quei tempi.

(Giov. 1, 35-37)

 

(V.35) Il giorno seguente Giovanni stava di nuovo (al fiume Giordano) e con lui due dei suoi discepoli.

1. Nel primissimo testo originale, per esempio, il versetto 35 suona così: “Il giorno dopo stavano ancora Giovanni e due dei suoi discepoli.” Qui ci si chiede: Dove stava lui? E i due discepoli erano vicino a lui, oppure stavano in qualche altro posto, però nello stesso tempo? 

Deve qui cadere subito sott’occhio a chiunque che qui non è indicato il punto in cui stavano i due discepoli, e tanto meno l’azione.

2. Ebbene, perché dunque l’evangelista non ha menzionato tale circostanza?

3. La ragione è già stata accennata più sopra; infatti si capisce già da sé, e doveva capirsi sicuramente da sé particolarmente a quel tempo in cui scrivere così era la regola, che Giovanni stava al fiume Giordano, e là sotto un salice dove attendeva se venisse qualcuno a farsi battezzare da lui. E poiché aveva parecchi discepoli che ascoltavano i suoi insegnamenti e anche li scrivevano, così di solito due e talvolta, quando c’era molto da fare, anche più [di due discepoli] gli stavano a fianco e gli erano d’aiuto nei suoi molti battesimi, e anzi battezzavano pure nel suo nome e nella sua maniera.

4. Poiché dunque per quel tempo tutte queste circostanze erano fin troppo note a quelli che stavano attorno a Giovanni, così non vennero neanche scritte. A quel tempo scrivere così era la regola, ed era d’altra parte anche una necessità per mancanza del materiale per scrivere, e quindi si scriveva solo la cosa principale. E premettendo alla frase la congiunzione “e” si dava a capire se le singole frasi stessero o no in relazione tra loro. Per tale ragione alle frasi principali aventi relazione tra loro, tali congiunzioni sono state premesse raramente in lettere dell’alfabeto, ma piuttosto con certi segni convenzionali.

5. La spiegazione qui data, pur non essendo di per sé una spiegazione evangelica, è tuttavia molto necessaria poiché senza di essa a mala pena in questo tempo si possono capire i Vangeli nel loro senso esteriore storico, e tanto meno dunque nel loro senso interiore spirituale, meno che meno poi i Libri profetici dell’Antico Testamento, nei quali invece di frasi compiute compaiono soltanto immagini corrispondenti, e naturalmente non può esservi questione di una qualsiasi indicazione delle circostanze. Dato che ora però conosciamo tali regole dell’antichità, allora non ci sarà difficile per il seguito collegare più facilmente tutti i successivi versetti e testi, leggerli più correttamente e mettere in luce più chiaramente almeno la parte naturale, storica. Vogliamo ancora effettuare una tale breve analisi con i versetti 36 e 37, e la regola data ne diverrà chiara.

(V.36) E poiché egli vide di nuovo Gesù camminare (sulla riva del Giordano), disse: «Vedi, questo è l’Agnello di Dio!»

6. Il versetto 36 dice, stando al testo arcaico: «E quando egli vide Gesù camminare, disse: “Vedi, Questo è l’Agnello di Dio!”». La “E” indica qui che questo testo è in una qualche relazione col precedente, e storicamente indica che Gesù, dopo il battesimo d’acqua richiesto, Si è trattenuto ancora per qualche tempo nelle vicinanze di Giovanni, e per questo era stato visto camminare sulla riva del Giordano, sia dai suoi due discepoli, sia dallo stesso Giovanni.

7. Come Giovanni Lo vede, egli riunifica subito tutti i suoi pensieri e dice a suo modo, come tra sé, in una specie di sublime entusiasmo: “Vedi, Questo è l’Agnello di Dio!”. Nel tempo attuale egli si sarebbe espresso pressappoco così: “Ecco, vedete là! Sulla riva del fiume cammina anche oggi l’altissimo Uomo-Dio, così modesto e così umile come un Agnello”. Ma Giovanni sorpassa tutte queste indicazioni più precise, e dice solamente come sta nel versetto.

(V.37) E quando i due discepoli di Giovanni [lo] udirono parlare così, (subito lasciarono Giovanni) e seguirono Gesù.

8. Il versetto 37, che rappresenta propriamente il seguito dei due precedenti, comincia, per il motivo sopra indicato, ancora con “E”, e molto semplicemente indica solo l’accaduto, toccandone solo brevissimamente la ragione.

9. Il testo arcaico dice del tutto semplicemente così: “E due dei suoi discepoli lo udirono parlare e seguirono Gesù.” Nel tempo attuale il versetto, senza danneggiarne la comprensione e il senso, potrebbe suonare così: “Ma quando i due discepoli che stavano accanto a lui (Giovanni) udirono parlare così il loro maestro, subito lo lasciarono e si recarono da Gesù, e poiché Gesù cominciava ora ad allontanarsi da quel luogo, allora Lo seguirono.

10. Tutto ciò che è stato introdotto in questo ampliamento del testo, deve essere pure accaduto in questo evento, altrimenti il fatto non si sarebbe realizzato. Ma, come ho detto, secondo il modo di scrivere di quel tempo vengono menzionati soltanto i due concetti “udire” e poi l’immediato “seguire”, tutte le altre frasi di passaggio e di collegamento invece vengono tralasciate in quanto si capiscono da sé. Chi afferra bene questa regola che è stata data, potrà riunire in un senso più comprensibile almeno la parte storica dell’arcaica Scrittura, e così anche immaginarsi più facilmente il senso interiore.

 

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Cap. 8

I primi discepoli del Signore. La Sua capanna nel deserto, come origine degli eremitaggi. Andrea e Pietro, i due fratelli pescatori. Cenni significativi, in occasione dell’accoglienza di Simone, sul venire incontro da parte del Signore e la testimonianza della verità interiore.

(Giov.1, 38-42)

 

(V.38) E Gesù si girò, vide che i due Lo seguivano e disse loro: «Che cercate?». Ed essi Gli dissero: «Rabbi (che, tradotto, vuol dire maestro) dove dimori?». 

1. Questo versetto è anch’esso il seguito dei precedenti ed ha più senso storico che spirituale. Infatti, da questo momento inizia, in maniera ancora del tutto esteriore e materiale, il racconto della celebre accoglienza degli apostoli; ciò avveniva nella stessa zona dove viveva Giovanni, cioè in Bethabara, miserabile villaggio abitato da poveri pescatori. È per questo che i due discepoli volevano sapere dove dimorassi, chiedendo quale fosse la Mia capanna.

2. Siccome Mi ero intrattenuto in quella contrada, per un periodo di quaranta giorni prima del battesimo, per preparare, mediante digiuni e altre simili pratiche, il Mio Essere umano all’imminente ministero di predicazione, risulta storicamente chiaro ed evidente come, a tale scopo, dovessi avere in quel borgo anche una dimora. Questa si trovava proprio in quella contrada, deserta ed estremamente inospitale, che avevo riconosciuto come la più adatta ai Miei propositi.

3. I due discepoli sapevano che abitavo in quei paraggi già da qualche tempo, perché, senza sapere Chi fossi, Mi avevano visto ormai parecchie volte. Quindi essi non chiesero del Mio luogo natio, ma solo della Mia dimora nel borgo di Bethabara, fatto per lo più di meschine capanne di pescatori, costruite con giunchi ed argilla e che di solito avevano un’altezza appena sufficiente per farvi stare in piedi un uomo. 

4. Una simile capanna, costruita da Me stesso, l’ho abitata anche nel deserto più interno. Da ciò traggono origine gli eremitaggi, esistenti ancora oggi in quasi tutti i paesi cristiani.

(V.39) Egli disse loro: «Venite e vedetelo!». Essi dunque andarono e videro e rimasero quel giorno presso Lui. Era la decima ora.

5. Questa capanna non era lontana dal luogo dove abitava Giovanni, per questo motivo dissi ai due discepoli: «Venite e vedetelo!». Subito dopo l’invito Mi seguirono entrambi ed insieme raggiungemmo la Mia dimora. Essi si meravigliarono molto che l’Unto del Signore abitasse una delle capanne più misere, ubicata nel posto meno ospitale di quel deserto!

6. Oggigiorno questi avvenimenti non si situano nel periodo dell’anno in cui i cristiani hanno l’abitudine di osservare un digiuno di quaranta giorni, ma due lune (mesi) più tardi. Raggiungemmo la Mia capanna, come dice il versetto, nell’ora decima, cioè, secondo il modo attuale di conteggiare il tempo, circa alle tre di pomeriggio, perché nel passato il levar del sole era indicato dalla prima ora del giorno. E poiché il sole non sorge sempre alla stessa ora, non è possibile convertire esattamente le ore di allora nelle unità di tempo usate oggi. È per questo che prima ho detto: «Era circa l’ora terza del pomeriggio, quando raggiungemmo la Mia dimora, dove entrambi i discepoli passarono quel giorno con Me fino al tramonto». Ora, forse l’attento lettore si chiederà cosa abbiamo fatto nella Mia capanna dalle tre fino alle otto circa. Questo avvenimento, in effetti, non è descritto in nessun luogo. La cosa è molto semplice e si comprende facilmente da sé. È chiaro che Io li istruii sulla loro destinazione futura ed indicai loro come e dove avrei iniziato il Mio insegnamento e che, in quella contrada, avrei accolto molti altri discepoli, che erano animati dallo stesso loro spirito e da buona volontà. Nello stesso tempo diedi loro il compito di chiedere ai loro colleghi, per la maggior parte pescatori, se c’era qualcuno che volesse unirsi a Me. Su queste cose ci intrattenemmo in quello spazio di tempo. Venuta la sera, li congedai entrambi ed essi se ne tornarono, in parte lieti, in parte pensierosi, alle loro famiglie, perché avevano moglie e figli e non sapevano cosa ne sarebbe stato di loro.

(V.40) Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due, che avevano udito quel ragionamento da Giovanni ed avevano seguito Gesù.

7. Uno dei due, di nome Andrea, decide subito di seguirMi ad ogni costo, poi cerca suo fratello Simone, che era ancora occupato con le sue reti da pescatore.

(V.41) Costui trova per primo suo fratello Simone e gli dice: «Noi abbiamo trovato il Messia!». (tradotto vuol dire: il Cristo).

8. Appena trovatolo, dopo varie ricerche, la sua prima preoccupazione è quella di raccontargli, impazientemente, come egli abbia riconosciuto il Messia promesso, insieme ad un altro discepolo, che non era fermamente deciso a seguirMi.

(V.42) (Simone desidera vedere Gesù) e Andrea lo conduce da Gesù. E Gesù, guardatolo in faccia, disse: «Tu sei Simone, figlio di Giona, tu sarai chiamato Cefa (che vuol dire: Pietra)!»

9. Simone, udendo allora il fratello parlare di Me, poiché non aveva potuto assistere al battesimo, vuole vederMi al più presto. Andrea gli dice: «Per oggi non è più possibile, domani mattina, all’alba, ti porterò da Lui!»

10. Simone, che non perdeva occasione di fantasticare intorno al Messia, ritenendo che Egli sarebbe venuto in aiuto ai poveri ed avrebbe completamente annientato i ricchi dal cuore indurito, risponde: «Fratello, non c’è tempo da perdere; io abbandono subito tutto e Lo seguirò fino in capo al mondo, se Egli lo vuole. Conducimi dunque subito da Lui, perché lo spirito mi dice che devo vederLo e parlarGli oggi stesso. La notte è chiara e la Sua capanna non è lontana; perciò incamminiamoci presto! Chissà se domani Lo troveremo ancora!»

11. Dopo tanta insistenza, Andrea lo conduce da Me. Giunti però a tarda notte vicino al luogo della Mia dimora, Pietro, rapito in dolce estasi, si ferma a circa trenta passi dalla Mia capanna e dice ad Andrea: «Mi sento molto strano! Un senso di inaspettata dolcezza e, nello stesso tempo, di angoscia sorge nel mio cuore. Non ho più il coraggio di fare neanche un passo, pur essendo pervaso da un ardente desiderio di vederLo!»

12. Nello stesso momento Io esco dalla Mia capanna e vado incontro a loro. Ciò è indicato dalle parole «Io lo guardai in faccia». Si comprende facilmente che il «venire visto da Me» significa che Io gradisco chi, come Simone, si rivolge a Me, accettandoMi con predilezione nel suo cuore. Una tale persona viene subito riconosciuta da Me, cioè accolta, ed Io gli do un nuovo nome, che sarà la sua prima eredità nel Mio Regno. Simone ricevette, dunque, il nome di Cefa, ovvero “roccia della fede in Me”, poiché, già da tempo, avevo visto da quale spirito era ed è animato.

13. Queste Mie parole bastarono a provare a Simon Pietro che ero veramente il Messia promesso. Da quel momento, nel suo cuore, non vi fu più ombra di dubbio a Mio riguardo, né pronunciò mai una sillaba per chiederMi se Io fossi il vero Messia, poiché l’unica sicura e valida garanzia gli era offerta dal suo cuore. Entrambi i discepoli rimasero, dunque, da Me fino al mattino e dal quel momento non Mi abbandonarono più.

 

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Cap. 9

Prova di abnegazione dei due primi discepoli. La patria di Pietro. Vocazione di Filippo, un povero maestro e suo presentimento circa la persona del Messia. Particolari sulla vocazione di Natanaele. La ragione di questa spiegazione quale guida alla Luce Vivente.

(Giov.1, 43-51)

 

(V.43) Il giorno seguente Gesù volle andare di nuovo in Galilea, e trova Filippo e gli dice: «SeguiMi

1. Il giorno dopo dico ad entrambi: «Il Mio tempo in questo deserto volge alla fine; partirò per la Galilea, da cui sono venuto. Volete venire con Me? Siete liberi di decidere, perché lo so che voi avete moglie e figli e che non vorreste abbandonarli tanto facilmente. Eppure vi dico che nessuno, abbandonata qualcosa per causa Mia, la perderà, anzi gli sarà restituita innumerevoli volte»

2. A queste parole rispose subito Pietro: «Signore! Per amore Tuo non solo lascerei la moglie e i figli, ma darei pure la mia vita! I miei potranno vivere anche senza di me, perché io stesso non sono che un mendicante e non posso procurar loro che poco pane. La nostra pesca rende appena la metà di quanto ha bisogno un uomo, quindi ancora meno potrebbe servire da sufficiente nutrimento ad un’intera famiglia! Mio fratello Andrea mi è testimone. Noi siamo nati a Betsaida, ma siamo dovuti venire qui, sulle rive del Giordano, deserte, ma tuttavia ricche di pesce, ed è qui che, ultimamente, fummo battezzati da Giovanni. Nostro padre Giona è ancora vigoroso, come lo sono pure le nostre mogli e le nostre sorelle. Che il Cielo li benedica! Sono certo che essi potranno farcela! Io perciò lodo i due e ci mettiamo in cammino».

(V.44) Filippo era però di Betsaida, la città di Andrea e di Pietro.

3. Nel tratto di strada lungo la riva del fiume Giordano incontriamo Filippo, anch’egli nativo di Betsaida. Questi, già di buon mattino, munito di una rete inefficiente, era intento a procurarsi la colazione nelle acque del fiume. Pietro Mi avverte della sua presenza e dice: «O Signore! Ecco, quest’uomo soffre molto ed è molto povero, però è un uomo onestissimo e leale e il suo cuore è colmo di vero timore di Dio! Perché Tu non gli permetti di venire con noi?»

4. A questa amorevole proposta di Pietro non dico altro che: «Filippo, seguiMi!». Senza farselo dire due volte, egli getta via i suoi arnesi da pesca e Mi segue senza neppure chiedere dove. Subito dopo, durante il cammino, Pietro gli dice: «Colui che noi seguiamo è il Messia!». Ma Filippo risponde: «Il mio cuore me lo aveva già rivelato nel momento in cui la Sua amorevolissima Voce mi ha chiamato».

5. Filippo era celibe e, poiché era molto versato nelle Sacre Scritture, insegnava ai poveri pescatori. Egli conosceva anche personalmente Giuseppe di Nazaret e quindi anche Me, e gli erano note molte delle vicende accadute al tempo della Mia nascita e durante la Mia giovinezza. Filippo era perciò uno dei pochi che avevano segretamente sperato che Io fossi il Messia. Ma poiché, dal Mio dodicesimo anno di età, Io non avevo operato nulla di meraviglioso, avendo lavorato e vissuto come un uomo qualsiasi, in molti era andata man mano scomparendo quella primitiva impressione di meraviglia che la Mia nascita aveva suscitato. Perfino i più entusiasti tra loro si misero a dire che la Mia nascita aveva causato molta fama e molto rumore unicamente per la sua coincidenza, insolita e sorprendente, con un insieme di apparizioni e di circostanze, con le quali non vi era alcuna relazione. Osservavano, inoltre, che nulla era rimasto della Mia genialità giovanile e che invano se ne sarebbe cercata una traccia negli anni futuri! Ma Filippo e pochi altri avevano sempre mantenuto una ferma speranza in Me ed in seguito si aspettavano grandi cose da Me, poiché essi tenevano in gran conto la profezia di Simeone ed Anna, enunciata nel Tempio, al tempo della Mia circoncisione.

(V.45) Filippo trova Natanaele e gli dice: «Noi abbiamo trovato Colui, del Quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti che è Gesù, Figlio di Giuseppe di Nazaret».

6. Filippo, che Mi seguiva, spera di incontrare per strada Natanaele. Quando lo incontra seduto sotto un fico, intento a riparare le sue reti, pieno di fervore gli dice: «Fratello, lungo questa strada io ti ho cercato con i miei occhi da lontano; ora sono felice di cuore di averti trovato, perché devi sapere che noi abbiamo trovato Colui del Quale hanno scritto nella Legge Mosè ed i Profeti. Egli è, come presentivo, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret!»

(V.46) E Natanaele gli disse: «Cosa può venire di buono da Nazaret?» Filippo gli disse: «Vieni e vedi da te!»

7. Udendo ciò, Natanaele quasi indignato esclama: «Chi non conosce il perfido covo di Nazaret? Cosa può uscirne di buono? Sicuramente non il Messia!». Ma Filippo rispose: «So bene che a tale riguardo ti sei sempre opposto a me, anche se, in proposito, ti ho esposto cento volte le mie ragioni. Ora però, vieni e persuaditi, convenendo che ho avuto ragione!»

8. Natanaele si alza pensoso, dicendo: «Fratello, questo sarebbe il miracolo dei miracoli! Infatti è accertato che la stirpe di Nazaret è la peggiore di tutto il mondo! Non è forse vero che con poca e vile moneta romana di un nazareno si può fare tutto quello che si vuole? In quella tana già da lungo tempo non c’è alcuna fede né in Mosè né nei Profeti! In breve, di un nazareno puoi fare ciò che vuoi ed è ormai vecchia l’espressione “è peggiore di un nazareno”. E tu sostieni che è da questo posto che viene il Messia al Quale mi vuoi condurre, affinché io Lo veda? Sarà, sarà, niente è impossibile a Dio! Vedremo!».

(V.47) Quando Gesù vede venire Natanaele a Sé, dice ad alta voce di lui: «Ecco un vero israelita, nel quale non c’è alcuna frode!».

9. Così dicendo, Natanaele e Filippo si dirigono verso di Me, nel momento in cui, per riposarMi, Mi ero soffermato a circa cento passi dal luogo dove essi dialogavano. Quando entrambi si trovano già vicini a Gesù, Questi esclama ad alta voce: “Ecco, un vero israelita, nel quale non c’è alcuna frode!”».

(V.48) Natanaele Gli dice: «Come mi conosci?». Gesù risponde e gli dice: «Prima che Filippo ti chiamasse, Io ti vidi quando tu eri sotto il fico».

10. Natanaele, enormemente meravigliato da questa pretesa, che è estremamente vera e gli è rivolta ad alta voce dalla Mia bocca, chiede subito: «Dove mi hai conosciuto per poter affermare ciò di me? Infatti solo Dio e io stesso conosciamo il mio interiore. Io poi non ho mai decantato, né apertamente divulgato le mie virtù. Come puoi dunque sapere come io sia costituito?». Io lo guardo e dico: «Prima che Filippo ti chiamasse, Io ti vidi quando tu eri sotto il fico!»

(V.49) Natanaele risponde e dice a Gesù: «Rabbi! Tu sei veramente il Figlio di Dio, Tu sei il Re d’Israele!»

11. Ciò che Io affermo, procura a Natanaele immensa sorpresa e nel suo cuore commosso esclama: «Maestro! Anche se sei nazareno, Tu sei comunque veramente il Figlio di Dio. Sei certamente il Re d’Israele, atteso ansiosamente da lungo tempo, il quale libererà il Suo popolo dagli artigli dei nemici! O Nazaret, Nazaret, quanto eri piccola e quanto grande divieni ora! L’ultima diventerà elevata al rango di prima! O Signore! Quanto presto mi donasti la fede! Com’è successo che ogni dubbio è svanito da me ed ora credo fermamente che Tu sei il promesso Messia?».

(V.50) Gesù risponde e dice a Natanaele: «Poiché Io ti ho detto che ti vedevo sotto il fico (prima che Filippo ti chiamasse), tu credi. (Io però ti dico) tu vedrai cose maggiori di questa!».

12. A questa domanda di Natanaele Io rispondo con le parole del V.50. e gli dimostro che lui ritiene veramente che Io sia il Messia promesso, ma lo crede forzatamente, perché ha scoperto in Me l’Onniscienza che può essere attribuita solo a Dio. Aggiungo poi che in futuro egli vedrà cose ancora più stupefacenti, facendogli capire che ora crede perché ha visto un miracolo, ma in seguito egli crederà liberamente!

(V.51) E Gesù prosegue dicendogli: «In verità, in verità vi dico che d’ora innanzi voi vedrete i Cieli aperti e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo!».

13. E in verità, in verità Io vi dico: «D’ora in poi tutti voi vedrete i Cieli aperti, e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo», il che equivale a dire: «In avvenire, quando avrete ottenuto la rinascita del vostro spirito da Me, allora verranno aperte le porte della vita. E voi allora, quali angeli voi stessi, vedrete appunto gli uomini - resi angeli mediante Me nella rinascita, e così in questi angeli resi anche “figli di Dio” - camminare verso l’Alto, dalla morte alla vita eterna. All’inverso vedrete anche molti spiriti angelici, creati come tali fin dai primordi, scendere da tutti i Cieli a Me, il Signore di ogni vita, e qui calcare le Mie orme, quelle del Figlio dell’uomo, seguendo il Mio esempio e la Mia testimonianza».

14. Ecco qui un modo per comprendere giustamente il primo capitolo. Però, nessuno creda che le spiegazioni qui date siano sufficienti a chiarire ogni cosa! Non illudetevi; questo dono è solo una guida pratica, per mezzo della quale viene concesso, se animati di buona volontà, di potersi addentrare nelle molteplici profondità della divina Sapienza e di poter rilevare e riconoscere in ogni singolo versetto il vivente significato che si manifesta in innumerevoli forme. Inoltre, questo dono è posto quale regola capitale secondo cui tutto viene misurato e giudicato.

 

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IL SECONDO CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – cap. 2

Le Nozze di Cana in Galilea – La Purificazione del Tempio

 

 

Cap. 10

Connessione del primo e secondo capitolo. Il Signore con i Suoi quattro discepoli nella casa di Suo padre. Morte di Giuseppe. Vedute erronee di Maria sulla missione del Messia. Giacomo, Giovanni e Tommaso accolti come apostoli. Cenni sulla rispondenza spirituale degli avvenimenti accaduti alle nozze di Cana. I tre stadi della rinascita.

(Giov.2, 1-5)

 

(V.1) E il terzo giorno si fecero delle nozze in Cana di Galilea e la madre di Gesù era presente.

1. La congiunzione e che si trova subito all’inizio di questo cap.2, v.1, indica che i due capitoli sono connessi tra loro. Ciò risulta chiaramente dal fatto che le nozze in questione ebbero luogo presso una famiglia legata da vincoli di amicizia molto stretti con la casa di Giuseppe. Questo avvenne il terzo giorno dopo che lasciai Bethabara con i Miei discepoli, che, fino a quel momento, erano solo quattro. Nel frattempo mi ero intrattenuto insieme ai Miei quattro discepoli un’intera giornata in casa di Giuseppe, che non era più in vita, presso la madre del Mio corpo che, con gli altri Miei fratelli si era data un gran daffare per ospitarci nel modo migliore.

2. Maria sapeva bene, nel suo cuore, che era venuto il tempo che Mi manifestassi come il Messia promesso e cominciassi ad agire; nonostante ciò, essa non sapeva ancora in che cosa consistesse e come si sarebbe svolta la Mia azione. Anche lei credeva alla completa espulsione dei Romani e alla restaurazione del potente trono di Davide, il cui splendore, la cui gloria e la cui divina maestà non sarebbero mai più stati offuscati, né vinti per l’eternità.

3. La brava Maria, come tutti i Miei parenti terreni, credevano dunque che il Messia raffigurasse il vincitore dei Romani e degli altri nemici della Terra Promessa. Anche i migliori avevano quasi la stessa idea del promesso Messia. Del resto, ancora oggi, molti fra gli onesti hanno opinioni assolutamente erronee riguardo al Regno dei Mille anni. In proposito, però, non era ancora giunto il tempo che Io dessi loro un’idea differente.

4. Perciò, se nella Mia famiglia, iniziando da Maria, questa era l’opinione intorno al futuro Messia, si può facilmente capire come i conoscenti e gli amici di famiglia non potevano averne una migliore.

5. È appunto per questo che, in molte famiglie, Io ero oggetto di grandi attenzioni. Naturalmente lo erano anche quelli che eleggevo come Miei discepoli; infatti anche Giacomo e Giovanni avevano deciso di diventare Miei discepoli per regnare sui popoli della Terra con Me! Essi avevano già dimenticato quasi del tutto ciò che Io, in maniera chiara, avevo predetto loro al tempo della Mia infanzia.

(V.2) Ora, anche Gesù, con i suoi discepoli, fu chiamato alle nozze.

6. Come ho già detto, presso tutte le migliori famiglie di Nazaret e dintorni, anzi in quasi tutta la Galilea, Io ero ritenuto il futuro liberatore del Paese dal giogo dei Romani. E sebbene fossero trascorse solo poche lune (mesi) dal momento in cui la Mia azione iniziava nuovamente a giustificare questa credenza, nella cerchia di parenti ed amici rifiorivano dopo un sonno e un abbandono di diciotto anni, molte delle speranze nutrite sul Mio conto. È per questa fama che, insieme ai Miei discepoli, a Maria Mia Madre e a molti altri parenti e conoscenti, venni invitato alle nozze che si celebravano presso una ragguardevole famiglia di Cana, vecchia e piccola città della Galilea, nelle vicinanze di Nazaret. Durante la festa, trascorsa con gioia, i quattro discepoli di Bethabara si rivolsero a Me con questa osservazione:

7. «Signore! Qui si vive molto meglio che in Bethabara! Con ogni probabilità crediamo che anche il povero Giovanni sarebbe lieto di potere, una volta in vita sua, prendere parte ad un simile banchetto, rinunciando ai suoi pasti disgustosi di locuste cotte e di miele selvatico!». (Esistono da queste parti, come pure in Arabia, delle locuste grosse come un piccione, che si cucinano e si mangiano come fate voi con i gamberi).

8. Io risposi: «Voi non potete ancora capire perché Giovanni debba vivere così; egli vive così perché si compiano le Scritture. Ma tra non molto avrà una vita migliore. Gerusalemme non lo lascerà più a lungo vagare nel deserto. Dovrà, d’ora innanzi, diminuire, affinché un Altro cresca! 

9. Andrea, dov’è il discepolo che insieme a te venne per primo da Me? Ci sta seguendo o rimarrà in Bethabara?». Andrea risponde: «Eccolo appunto venire; egli aveva ancora qualcosa da sbrigare». Io dissi: «Va bene così, poiché dove c’è un Cefa deve pure esserci un Tommaso!». Al che Andrea risponde: «Sì, questo è il suo nome! Egli è un’anima onesta, ma sempre piena di scrupoli e di dubbi, però quando intraprende un’opera che gli sta a cuore, non se la lascia sfuggire. Inoltre ha un cuore generosissimo e ricevette questo nomignolo proprio per questo. Eccolo Signore, posso chiamare questo fratello gemello?». Dico Io: «Sì, fallo pure! Infatti alle nozze deve essere invitato chiunque viene nel Mio Nome!»

(V.3) Ed essendo venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli dice: «Non hanno più vino».

10. Secondo l’uso di allora, ogni nuovo ospite che arrivava doveva essere onorato con un calice di vino. Maria però aveva osservato già da un po’ che la provvista di vino si era esaurita e che, secondo l’usanza, non si sarebbe potuto dare il benvenuto al nuovo arrivato. Perciò in segreto Mi disse: «Mio caro Figlio, quale disagio! Essi non hanno più vino! Potresti procurarne Tu (almeno per questo nuovo ospite)?».

(V.4) Gesù le dice: «Che c’è tra te e Me o donna? La Mia ora non è ancora venuta».

11. Alla richiesta di Maria, Io, di fronte agli invitati, piuttosto ambiguamente ma dolcemente, come si usava fare a Nazaret, rispondo: «Donna (madre), che importa ciò a Me e a te? Come invitato non è Mio compito offrire del vino. La Mia ora non è ancora venuta!». (In quel tempo e specialmente in quel luogo, era usanza che ogni uomo invitato a nozze contribuisse al banchetto nuziale con un dono consistente in una misura di vino. Vi si osservava però una certa regola, secondo la quale i doni dei parenti più prossimi venivano consumati per primi; esauriti questi, si ricorreva allora, sempre per grado discendente, ai doni dei parenti più lontani e dei non consanguinei). Maria era a conoscenza che ormai tutta la provvista di vino era già stata consumata; lei si rivolse quindi a Me, perché, essendo arrivato un nuovo ospite, non era rimasta neppure una goccia di vino per poterlo accogliere come l’uso prescriveva. Così Mi esortò a non badare, per quella volta, all’ordine tenuto abitualmente! Si noti che, in simili casi, Maria ci teneva molto all’osservanza delle antiche tradizioni e, benché non Mi mostrassi molto disposto a fare ciò, essa, che Mi conosceva bene, era sicura che non avrei mai lasciato inadempiuto un suo desiderio.

(V.5) Sua madre disse ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!».

12. Allora, fidandosi di Me, lei si rivolse ai servitori e disse loro: «Fate quello che Mio Figlio vi dirà!»

13. Questo è solo il senso puramente storico di questi versetti del secondo capitolo. Ma all’interno di questo avvenimento storico o – come si dice – da questa storia emerge un significato spirituale e perciò profetico, significato facile da trovare, se si medita un po’ più in profondità. 

14. A chi potrà sfuggire l’evidentissima rispondenza tra queste nozze, tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto di Bethabara, e la Mia risurrezione, tre giorni dopo la Mia crocifissione?

15. Con queste nozze si indicò nello spirito profetico ciò che Mi sarebbe successo tre anni dopo; cioè proprio il fatto che, nel senso un po’ più ampio, Io, tre anni dopo, avrei sicuramente e certamente celebrato, con tutti i Miei seguaci e quelli che Mi amavano veramente come un eterno Sposo, le nozze nella loro rinascita alla vita eterna.

16. Più in generale si può notare che la storia delle nozze, che ebbe luogo tre giorni dopo il Mio ritorno dal deserto, corrisponde anche ai tre stadi attraverso i quali ogni uomo deve passare per poter giungere alla rinascita dello spirito, o alle nozze della vita eterna nella grande Cana della Galilea celeste.

17. Questi tre stadi sono: per prima cosa il dominio della carne, poi la purificazione dell’anima mediante la viva fede, che naturalmente si deve mostrare operante attraverso l’amore, poiché senza l’amore la fede è morta, ed infine la risurrezione dello spirito dalla tomba del Giudizio, simboleggiata perfettamente dalla risurrezione di Lazzaro. Chi mediterà un po’ su queste chiarificazioni, potrà facilmente comprendere le cose che seguono.

18. Avendo scrutato quindi il senso spirituale della storia di queste nozze in generale, vogliamo ora ulteriormente seguire lo svolgersi degli avvenimenti delle nozze in questione, per esaminare alla fine le rispondenze che vi riscontreremo.

 

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Cap. 11

Ulteriori avvenimenti alle nozze di Cana. Il miracolo del vino e sue conseguenze.

Confessione di Pietro, testimonianza del Signore sulla Sua missione.

Importante brindisi di Pietro. Cenni sullarrispondenza

(Giov.2, 6-11)

 

(V.6) Ora, vi erano qui sei brocche d’acqua fatte di pietra, usate per la purificazione degli ebrei, che contenevano da due a tre misure ciascuna.

1. Dopo che Maria ebbe comandato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!», anch’Io Mi rivolsi a loro e dissi che riempissero di acqua le sei brocche di pietra, che potevano contenere da due a tre misure per una e lì erano destinate alla purificazione degli ebrei. Va osservato che gli abitanti di Nazaret e di Cana, ormai, non le tenevano più in gran conto, perciò tali brocche servivano più come ornamento che per lo scopo cui erano destinate in origine.

(V.7) Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le brocche!». Ed essi le riempirono fino all’orlo.

2. I servitori eseguirono subito il Mio ordine, ma pensando più che altro che il nuovo arrivato intendesse lavarsi e pulirsi secondo la vecchia usanza. L’ospite entrò e si sedette al posto indicato, senza essersi prima lavato le mani. Questo sconcerta non poco i servitori, che si chiedono tra loro: «Perché abbiamo dovuto riempire d’acqua queste brocche pesanti? Questo ospite non ne fa alcun uso e noi abbiamo fatto una fatica inutile». Allora Io gli rispondo: «Perché non lo avete fatto notare prima, invece di mormorare a causa di questa fatica? Non avete udito ciò che Maria Mi ha appena detto, cioè che gli ospiti non hanno più vino? Io ho tramutato in vino l’acqua di queste brocche non, come può sembrare, con l’uso della magia, ma per mezzo della Potenza divina che risiede in Me. E questo è stato fatto anche se non è ancora giunta la Mia ora, né riguardo alle usanze, né spiritualmente, per manifestare la Gloria di Colui che loro dicono sia il loro Dio, ma che non hanno ancora riconosciuto».

(V.8) E Gesù prosegue dicendo ai servitori: «Attingete ora e portatelo al maestro di mensa!». E i servitori lo fecero subito.

3. «Prendetene ora una tazza piena e portatela anzitutto al maestro di mensa, affinché lo assaggi e ne dia un giudizio!». I servitori, confusi a causa della trasformazione dell’acqua, portano subito il vino al maestro di mensa per farglielo assaggiare.

(V.9) E come il maestro di mensa assaggiò il vino, che era stato acqua e non sapeva, a differenza dei servitori, da dove provenisse quel vino, chiamò lo sposo.

4. Il maestro di mensa, spalancando gli occhi, fa chiamare subito lo sposo, al quale dice: «Sembra che tu non conosca per niente le nostre usanze!»

(V.10) E gli dice: «Ogni uomo presenta prima il buon vino e, dopo che gli ospiti ne sono inebriati, il meno buono, ma tu hai tenuto il buon vino fino ad ora!».

5. «Agli ospiti non si serve dapprima il buon vino e, non appena ne sono diventati brilli e il loro palato si è attenuato, si presenta loro il vino più scadente? Tu però hai fatto precisamente il contrario!»

6. Ma lo sposo gli rispose: «Tu parli come un cieco, che volesse ragionare di colori! Vedi, questo vino non è stato spremuto in nessun luogo della Terra, ma è giunto sulla nostra mensa, come la manna, dai Cieli. È chiaro che deve essere molto migliore di ogni altro vino prodotto dalla terra!»

7. Risponde il maestro di mensa: «Credi che io sia pazzo, o lo sei tu? Come può venire un vino, dai Cieli, sulla tua tavola? Dovrebbe sedere a mensa Jehova in persona, oppure il Suo servo Mosè!»

8. Ma lo sposo disse: «Vieni e persuaditi da te stesso del prodigio!»

9. Il maestro di mensa, accompagnato dallo sposo nella sala del banchetto, nota che le sei brocche erano colme di vino della migliore qualità e, convinto che il miracolo era realmente accaduto, esclama: «Signore, perdona i miei peccati! Questo solo Dio può farlo e Dio deve essere certamente qui tra noi! Infatti nessun uomo può fare una cosa simile»

10. Allora venne servito il vino agli ospiti e, quando l’ebbero assaggiato, dissero tutti: «Un tale vino non è certo dei nostri paesi! Questo è davvero un vino celeste! Onore a Colui Cui Dio concesse tanta potenza!»

11. Quindi tutti bevvero, brindando a Me e a Tommaso, l’ospite che era arrivato poco prima.

12. In seguito tutti i presenti alle nozze credettero, senza ombra di dubbio, che Io fossi il Messia promesso.

13. Pietro, in segreto, così Mi disse: «Signore, lasciami andare nuovamente via! Infatti Tu sei Jehova stesso come il Tuo servitore Davide ha profetizzato di Te nei suoi salmi, mentre io non sono che un povero peccatore, assolutamente indegno di Te!»

14. Io gli rispondo: «Se tu ti reputi indegno di camminare al Mio fianco, chi ritieni ne sia dunque degno? Io però ti dico che non sono disceso per i forti, chiunque essi siano, ma soltanto per i deboli e gli ammalati. Chi è sano non ha bisogno del medico, mentre è all’ammalato e al debole che egli deve prestare soccorso. Resta al Mio fianco con coraggio, poiché da lungo tempo ho perdonato i tuoi peccati e, anche se tu dovessi ancora peccare, standoMi vicino ti elargirei di nuovo il Mio perdono. Infatti potrai raggiungere la tua perfezione, che dipende unicamente dalla Grazia dall’Alto, non attraverso la tua forza, ma per la tua debolezza, per mezzo della quale Mi hai conosciuto e sei diventato una roccia nella fede»

15. Udendo queste Mie parole, Pietro, piangendo e colto da grande entusiasmo, esclama: «Signore, anche se tutti Ti dovessero abbandonare, io non Ti abbandonerò, poiché le Tue sante parole sono Verità e Vita!»

16. Detto ciò, Pietro si alza, prende il calice, e così prosegue: «Sia tu beato, o Israele, e beati pure noi! Perché siamo divenuti testimoni dell’adempiuta promessa. Dio ha visitato il Suo popolo! Quello che prima era difficile da credere, ora si è adempiuto davanti ai nostri sensi! Non ci serve più gridare dal nostro abisso verso l’Alto, perché il Sommo dei sommi è sceso a noi, nel profondo baratro della nostra miseria! Perciò grande onore dunque a Colui che siede qui fra noi, e che, per la Sua Potenza e la Sua Grazia, ci ha donato questo vino, perché credessimo in Lui e d’ora in poi in Lui onorassimo Dio!». Dopo queste parole, Pietro e gli ospiti cominciano a bere e quest’ultimi esclamano: «Costui è un uomo giusto!»

17. Io però, confidenzialmente, faccio osservare a Pietro: «Non è la tua carne, che ti ha suggerito questo, ma il Padre, che è in Me, l’ha rivelato al tuo spirito. Da questo momento tieni a freno la tua lingua. Verrà certamente il tempo in cui dovrai gridare, perché il mondo ti senta!». Dopo questa scena subentrò nuovamente la calma fra gli invitati e da quel momento tutti i presenti credettero in Me e videro in Me il vero Messia, venuto a liberarli dai loro nemici.

(V.11) Questo è il primo segno che Gesù fece, ed è dunque accaduto in Cana di Galilea, e manifestò la Sua gloria. E i suoi discepoli credettero allora fermamente in Lui.

18. Questo fu anche il primo segno straordinario che Io ho compiuto all’inizio della grande Opera di redenzione, davanti agli occhi di molti, e in questo segno mostrai, anche se velatamente, la successiva grande Opera; ma neppure uno di tutta la compagnia lo comprese. Infatti, come il Mio digiuno nel deserto prefigurava la persecuzione di cui fui vittima a Gerusalemme da parte del Tempio, e il battesimo di Giovanni prefigurava la Mia morte sulla croce, così questo sposalizio significava la Mia risurrezione, e il segno divenne un modello della rinascita dello spirito per la vita eterna.

19. Infatti come Io tramutai l’acqua in vino, così la natura materiale dell’uomo, che vive secondo la Parola della Mia bocca, verrà trasformata in spirito!

20. Pertanto, ciascuno deve seguire, nel suo cuore, il consiglio di Maria dato ai servitori: «Fate tutto ciò che Egli vi dirà!», allora Io farò ad ognuno un segno simile a quello fatto in Cana di Galilea, nel quale e dal quale chiunque vivrà secondo la Mia Parola, potrà riconoscere più facilmente in se stesso la rinascita dello spirito.

 

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Cap. 12

Il Signore e i suoi discepoli a Cafarnao. Adempimento di una promessa di Isaia.

Inizio della predicazione del Signore e il suo duplice effetto. Cenno sullo spirito mercantile. Il Signore e i Suoi discepoli alla festa di Pasqua a Gerusalemme. Cenno sulla Pasqua a quell’epoca. Il Tempio di Dio usato come mercato del bestiame e come cambiavalute.

(Giov.2, 12-13)

 

(V.12) Dopo questo, discese in Cafarnao, Egli e Sua Madre e i Suoi fratelli e i Suoi discepoli e stettero qui non molti giorni.

1. Sette giorni dopo queste nozze, Io lasciai Nazaret ed insieme a Maria, i miei cinque fratelli, due dei quali erano diventati Miei seguaci, e gli altri discepoli accolti fino a quel momento, scesi a Cafarnao. Questa, a quel tempo, era una città commerciale molto importante, situata sul Mare di Galilea e precisamente al confine tra Zabulon e Neftali. Non lontano da questa, nei pressi di Bethabara, dall’altra parte del Giordano, era situata la località dove Giovanni battezzava, quando quel fiume, alcune volte totalmente asciutto, aveva una quantità d’acqua sufficiente.

2. Ci si potrebbe chiedere che cosa andassi a fare in quella città, divenuta quasi interamente pagana. Per comprenderlo, basta leggere quanto è predetto in Isaia 8,23; 9,1: «Come nei tempi passati egli ha coperto di obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così, in avvenire, coprirà di gloria la terra vicino al mare, oltre il Giordano e la Galilea dei Gentili. Il popolo, che camminava nelle tenebre, ha visto una grande luce. Su coloro, che abitavano nel paese dell’ombra della morte, si è levata una luce».

3. Chi considera questo testo di Isaia e sa che dovevo adempiere le Scritture dalla A alla Z, comprenderà chiaramente il motivo per cui scesi da Nazaret a Cafarnao. In quel paese dovevo eleggere, inoltre, altri due discepoli, cioè Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo. Anch’essi erano dei pescatori ed esercitavano la loro attività presso il Mare di Galilea, non lontano dalla foce del Giordano, vicino al luogo dove pescavano Pietro ed Andrea e qui, anch’essi, avevano il diritto di pescare nel mare.

4. Quando questi ultimi due discepoli furono accolti e Mi ebbero riconosciuto in virtù delle Mie parole e delle convincenti testimonianze di quelli che Mi seguivano, Io, come ero solito, iniziai subito ad istruire gli uomini, esortandoli a penitenza, perché il Regno di Dio era vicino. Andai nelle loro sinagoghe e qui predicai. Un gran numero di essi credette, ma molti si arrabbiarono e pensarono perfino di metterMi le mani addosso e di farMi cadere nel mare da un monte. Io però sfuggii loro con tutti quelli che erano con Me e Mi recai a visitare alcuni piccoli luoghi sul Mare di Galilea, annunciando il Regno di Dio e sanando molti ammalati. I poveri e i semplici Mi credettero e Mi accolsero benevolmente, anzi un gran numero di essi si unirono a Me, seguendoMi ovunque, come gli agnelli seguono il loro pastore.

5. Quindi non Mi trattenni che brevemente a Cafarnao, essendovi, in questo posto, poca fede e meno ancora amore, poiché la città era dedita agli affari e al commercio. Infatti, là dove il commercio e gli affari tengono occupati gli uomini, non vi è più posto per la fede e per l’amore e dove questi ultimi sono venuti meno, Io posso fare poco o niente.

(V.13) Ora la Pasqua degli ebrei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme.

6. Essendo prossima la Pasqua degli ebrei, Io salii a Gerusalemme, insieme a quelli che erano con Me. Ebbene, la Pasqua degli ebrei non coincideva con i periodi oggi fissati presso le comunità cristiane, che talvolta la celebrano già nel mese di marzo; in quel tempo la festa cadeva all’incirca tre mesi più tardi! A Pasqua, in occasione del primo raccolto dell’anno, venivano portate a Jehova delle offerte di orzo, grano e frumento. In questo periodo si mangiava già il pane nuovo, che però non era lievitato, come prescriveva la Legge. Infatti nessuno in paese poteva mangiare pane lievitato.

7. Quindi la festa degli Azzimi poteva avere luogo solo quando il grano del nuovo raccolto poteva essere trasformato in farina, non però quando il grano viene seminato. Infatti, in Giudea, se l’annata è favorevole, il grano matura quattordici o venti giorni prima che qui da voi, perché, se in Egitto è raro che la mietitura del frumento e del grano possa essere fatta prima della fine di maggio, figuriamoci in Giudea, dove la temperatura è considerevolmente più bassa che in Egitto.

8. Il tempo degli Azzimi era dunque giunto ed Io Mi recai perciò, con tutti quelli che erano con Me, nella capitale della Giudea, chiamata anche “la città di Dio”, traduzione adeguata del termine Gerusalemme, che vuol proprio dire la città di Dio.

9. E poiché per l’occasione una grande moltitudine affluiva a Gerusalemme, tra cui i pagani che là compravano e vendevano ogni tipo di mercanzie, come utensili, tessuti, bestiame e frutta di ogni tipo, questa festa aveva perduto totalmente il suo carattere religioso e santo e l’avidità del guadagno spingeva, in quei giorni, perfino i sacerdoti a cedere in locazione ai mercanti, ebrei o pagani che fossero, i cortili e gli atri del Tempio in cambio di un compenso considerevole. Con tale affitto, a Pasqua, il Tempio riscuoteva oltre mille denari d’argento, importo allora ritenuto enorme e che equivaleva a più di centomila fiorini della vostra moneta.

10. Io salii dunque a Gerusalemme al tempo del sommo sacerdote Caifa. Costui, da uomo astuto, aveva mantenuto quella carica, molto redditizia, per più di un anno. Inoltre l’osservanza della legge mosaica si era ridotta, a quei tempi, ad una cerimonia svuotata di ogni senso e nessun sacerdote ci teneva in realtà più di quanto ci tenesse alla neve caduta un secolo prima, però, in compenso, per quello che riguarda la vana cerimonia completamente svuotata, era stata spinta agli estremi allo scopo di ingannare il povero popolo.

11. Perfino all’interno del Tempio si riservavano dei posti da affittare ai venditori di colombe e ad alcuni piccoli banchieri. Questi ultimi possedevano monete di piccolo taglio di ogni tipo, come grossi e stateri, che, in cambio di un piccolo aggio, sostituivano con denaro di grosso taglio, come monete romane d’oro e d’argento o denaro usato dai Romani nei traffici di bestiame (pecunia). Ciò avveniva soprattutto con coloro che avevano bisogno di spiccioli. Infatti, com’è noto, i Romani, nell’acquistare il bestiame, si servivano di monete particolari, che portavano impressa la figura dell’uno o dell’altro animale. In simili casi, il venditore di bestiame richiedeva di essere pagato con quelle monete il cui conio raffigurava la specie di animale venduto. Naturalmente, i banchieri sia grandi che piccoli, potevano cambiare la pecunia con altra moneta; solo che l’aggio era più forte che non con altri tipi di denaro.

 

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Cap. 13

Gli abomini del Tempio durante la Pasqua. Pietro e Natanaele si scandalizzano.

Un vecchio ebreo testimonia sugli abomini del Tempio. Purificazione del Tempio da parte del Signore.

(Giov.2, 14-17)

 

(V.14) E trovò nel Tempio coloro che vendevano buoi, pecore e colombi e i cambiamonete che sedevano.

1. Questa era la situazione quando Io giunsi in Gerusalemme. Il popolo, desideroso di visitare il Tempio, temeva di entrare a causa del bestiame che vi era introdotto, perché spesso i buoi si imbizzarrivano e causavano dei danni agli uomini e agli arredi sacri. Inoltre, nel Tempio, regnavano un tale fetore e un tale strepito che era difficile resistervi e avveniva che, se qualcuno si arrischiava in quella confusione, perdeva tutto quanto avesse indosso. Tale scandalo era arrivato agli estremi della Mia sopportazione e Pietro e Natanaele Mi dissero: «Signore, non hai più tuoni e fulmini? Guarda là! Quei poveretti piangono davanti al Tempio. Chissà da quale paese lontano essi vengono per onorare Dio e, a causa dei buoi e delle pecore che gremiscono il Tempio, non possono nemmeno entrarvi; e molti di quelli, che con sforzo si arrischiano riuscendo a mettervi piede, quando ne escono, si lamentano di essere stati completamente derubati e di essere rimasti quasi soffocati per il fetore! Ah, questo è davvero troppo! Tali eccessi devono a qualsiasi costo finire, perché sono molto più malvagi di quelli commessi a Sodoma e Gomorra!»

2. Un vecchio ebreo straniero sente questo discorso, si avvicina e dice: «Cari amici, voi non sapete tutto. Io stesso però ero fino a tre anni fa un comune servitore del Tempio e potrei, a tale proposito, raccontarvi cose che al solo pensarci mi fanno venire i brividi fin dentro le ossa!»

3. Io rispondo: «Amico, tieni per te ciò che sai, poiché Io conosco bene tutto quello che è successo. Ma stanne certo, il vaso ormai trabocca ed oggi saranno ancora manifestate la Potenza e l’Ira di Dio nel Tempio. Perciò allontanatevi un momento dalle porte del Tempio, per non rimanere danneggiati quando tra breve la Potenza divina caccerà fuori i sacrileghi. Così essi non si permetteranno più di commettere simili misfatti».

4. Udendo le Mie parole, quell’ebreo si allontanò lodando Dio, poiché dal Mio discorso egli Mi considerò un profeta e andò dal gruppo di suoi conoscenti che, tra giovani e vecchi, erano circa un centinaio. Quando raccontò quanto aveva appreso da Me, tutti espressero il loro giubilo e cominciarono a glorificare ad alta voce Dio per avere inviato loro, nuovamente, un grande profeta.

(V.15) Ed Egli, fatta una frusta di cordicelle, li scacciò tutti fuori dal Tempio, insieme con i buoi e le pecore e sparpagliò le monete dei cambiavalute e ne riversò le tavole.

5. Io però dissi a Pietro: «Va’ dal funaiolo qui vicino, compera tre solide corde e portale qui!». Pietro eseguì subito l’ordine e Mi portò tre forti funi che Io intrecciai prontamente, formandone una frusta resistente. Presi quindi la frusta nella Mia destra, e ai Miei discepoli e a quelli che Mi accompagnavano dichiarai: «Venite con Me nel Tempio e siate testimoni, perché lo Splendore e la Potenza divina, che sono in Me, saranno di nuovo manifestate davanti a voi!»

6. Dopo queste parole Io entrai nel Tempio, precedendo naturalmente i discepoli e, mentre avanzavo, Mi aprivo un varco, lasciando il passaggio libero a quelli che Mi seguivano, per quanto lo concedeva il suolo completamente coperto di immondizie e di escrementi.

7. Arrivammo così all’ultimo atrio del Tempio dove, a sinistra, i negozianti più agiati tenevano esposti in vendita le loro pecore e i loro buoi. La parte destra di tutti e tre gli atri era occupata, invece, dai banchieri. Io salii subito sui gradini della porta e con voce tonante esclamai: «Sta scritto che la Mia casa è un luogo d’orazione, voi però ne avete fatto una spelonca di criminali! Chi vi ha dato il diritto di profanare così il Tempio di Dio?»

8. Ed essi gridarono: «Noi abbiamo comperato a caro prezzo i nostri diritti dal sommo sacerdote e siamo perciò sotto la sua protezione e sotto la protezione di Roma»

9. Io rispondo: «È vero, voi siete protetti dal sommo sacerdote e da Roma, ma il braccio di Dio è però contro di voi e i vostri protettori. Chi potrà difendervi quando Egli lo stenderà su di voi e su coloro che vi proteggono?»

10. A queste parole, tanto i mercanti quanto i cambiamonete replicarono: «Dio dimora nel Tempio ed i sacerdoti sono di Dio; questi possono fare qualcosa contro il Suo consiglio? Coloro che essi proteggono li protegge quindi anche Dio!»

11. Io nuovamente rispondo a voce molto alta: «O stolti sacrileghi, cosa dite? È vero, i sacerdoti occupano ancora i seggi di Mosè e di Aronne; essi però non servono più Dio, ma Mammona, cioè il diavolo, e il loro e il vostro diritto proviene dal demonio ed eternamente mai da Dio! Perciò alzatevi subito e sgomberate il Tempio, altrimenti il male vi coglierà!»

12. I mercanti si misero allora a ridere e dissero: «Guardate un po’ la sfacciataggine di questo volgarissimo nazareno! Gettatelo subito fuori dal Tempio!». Molti allora si alzarono e fecero cenno di volerMi mettere le mani addosso.

13. Io però alzai la Mia destra armata di frusta e cominciai a colpire le loro teste con la Mia Forza divina. La parte colpita provocava dolori fortissimi, quasi insopportabili, anche agli animali. Un urlo terribile si alzò allora da quella massa disordinata di uomini e di bestie; queste ultime, infuriate, si misero a correre all’impazzata rovesciando nella fuga tutto ciò che trovavano davanti, mentre i mercanti e i loro clienti, abbandonando tutto, fuggirono con spaventose grida di dolore. Io colsi l’occasione e rovesciai, aiutato dai Miei discepoli, tutti i tavoli dei cambiavalute, spargendone a terra il denaro.

(V.16) Ed a coloro che vendevano i colombi disse: «Togliete di qui queste cose e non fate della Casa di Mio Padre una casa di mercato!»

14. Mi diressi poi in quella parte del Tempio, dove numerosi mercanti di colombe attendevano i compratori, con le loro gabbie colme di ogni tipo di volatili. Questi mercanti erano di solito povera gente, non avidi di facili guadagni come gli altri trafficanti; inoltre, la vendita di colombe nel Tempio era una vecchia consuetudine, anche se in origine la cosa era stata permessa solo nel primo cortile esterno al Tempio. Io Mi limitai quindi ad ammonirli e dissi loro: «Portate queste cose fuori di qui e non fate che la Casa di Mio Padre divenga una casa di mercato. Il luogo destinato a ciò è nel primo cortile esterno; recatevi là!». Quei poveretti allora si allontanarono senza replicare e rioccuparono il loro antico posto. Ecco come avvenne la purificazione del Tempio.

(V.17) E i Suoi discepoli si ricordarono che stava scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha consumato».

15. Poiché questa purificazione aveva suscitato grande rumore, i discepoli, nel loro animo, temevano che i sacerdoti non avrebbero tardato ad accusarci presso le autorità romane e a farci arrestare come sobillatori. Così sarebbe stato poi più difficile sottrarsi alla colpevolezza e al conseguente disonorevole castigo, perché è scritto: «Lo zelo per la Tua Casa Mi ha consumato»

16. Io però dissi loro: «Non abbiate alcun timore! Date un’occhiata negli atri del Tempio ed osservate come i servitori e i sacerdoti sono ora tutti intenti a raccogliere il denaro abbandonato dai banchieri, per riempirne le loro sacche! Certamente essi verranno poi a chiederci, per riguardo ai danneggiati, con quale diritto noi abbiamo fatto una cosa simile, ma nel loro cuore essi ne sono più che soddisfatti, perché questo subbuglio farà loro fruttare circa mille borse d’oro e d’argento, e una grande quantità di altro denaro che non restituiranno mai più ai legittimi proprietari. Per il momento essi sono troppo occupati e non hanno tempo di chiederci ragione del fatto, né prenderanno nota di un’eventuale imputazione contro di noi, come è pure improbabile che i danneggiati, essendo fortemente scossi, muovano subito un’accusa contro di Me. Siate perciò del tutto tranquilli.

17. È vero; in loro presenza lo zelo per la Mia Casa Mi consumerà, ma il momento non è ancora arrivato! Al massimo alcuni degli ebrei qui presenti vorranno sapere chi Io sia e su quale base abbia operato ciò ed esigeranno anche che Io Mi giustifichi. So già che queste cose devono accadere e che noi non ne avremo alcun danno. Come potete notare, davanti alla cortina vi sono già alcuni che, nel loro interesse, vogliono interrogarMi in proposito; non mancheremo dunque di dare loro un’adeguata risposta!».

 

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Cap. 14

Parola profetica del Signore sulla distruzione e riedificazione del Tempio in tre giorni. Incapacità di comprensione degli ebrei; essi vengono destinati ai discepoli. Testimonianza e confessione dei Suoi discepoli. Il Signore dà una grande testimonianza di luce agli ebrei, ma essi vogliono vedere miracoli.

(Giov.2, 18-22)

 

(V.18) Perciò gli ebrei dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».

1. Mentre Io ero intento a rassicurare i Miei discepoli, alcuni ebrei si avvicinarono e Mi dissero: «Noi abbiamo appena assistito alla Tua poderosa Azione, la Tua Mano faceva fuggire uomini e bestie come polvere trasportata dal vento e nessuno è ritornato a riprendere il denaro sparso per terra! Chi sei Tu e quale segno (intendevano un attestato dell’imperatore) puoi mostrarci per poter giustificare quanto hai operato? Non conosci la ferrea rigidità delle leggi, che per quello che hai fatto Ti possono condannare?».

(V.19) Gesù rispose e disse loro: «Disfate questo Tempio e in tre giorni Io lo ricostruirò!»

2. Io rispondo: «Se non le conoscessi e non ne avessi avuto rispetto, non avrei fatto ciò. Ma voi Mi chiedete che vi mostri un’autorizzazione ufficiale; vi faccio osservare, invece, che non possiedo un tale documento; però, disfate questo Tempio ed in tre giorni esso sorgerà nuovamente, completamente ricostruito!»

(V.20) Allora gli ebrei dissero: «Questo Tempio è stato edificato in quarantasei anni e Tu lo ricostruiresti in tre giorni?».

(V.21) Poiché essi non sapevano che Egli parlava del Tempio del Suo Corpo.

3. A questa Mia decisa risposta, gli ebrei rimasero perplessi e non riuscirono subito a replicare. Dopo un po’ uno di loro si ricordò che per la costruzione del Tempio furono impiegati quarantasei anni di lavoro ininterrotto, al quale avevano contribuito molte migliaia di braccia. Questo ebreo, più versato degli altri nella storia antica, si rivolge a Me dicendo: «O Giovane! Non Ti accorgi di aver detto una sciocchezza? Per quarantasei anni migliaia di braccia lavorarono di continuo alla costruzione del Tempio e Tu, senza alcun aiuto, in tre giorni vorresti fare tutto ciò da solo! Oh, oh, oh, quello che hai detto non testimonia a Tuo favore, soprattutto dopo quello che è successo nel Tempio, nel quale, per quanto possibile, si dovrebbe parlare con raziocinio.

4. Quello che hai fatto ci ha molto stupiti, tanto che noi, anziani di Gerusalemme, cominciavamo a chiederci per quale forza, se attraverso facoltà umane o profetiche, Tu hai potuto compiere un’azione di per sé così lodevole. Ecco perché Ti interrogammo. Se Tu ci avessi detto, con sagge parole accessibili a tutti, che sei un profeta ispirato da Dio e che quanto operasti lo facesti per Potenza divina, allora avremmo creduto in Te. Invece, contro ogni aspettativa, al posto di sagge parole, abbiamo udito da Te solo una risposta temeraria, presuntuosa, sciocca ed inconcepibile e nella quale non c’è neanche una sillaba di verità. È per questo che in Te non possiamo scorgere altro che un comune individuo, il quale, sicuramente in una scuola pagana, ha appreso un po’ di magia ed ora vuol farsi importante qui nella città di Davide, stando o al soldo dei romani, o segretamente al soldo dei farisei, sacerdoti e leviti, poiché oggi nel Tempio questi ultimi hanno fatto un abbondante raccolto in seguito alla Tua magia! Rincresce moltissimo a tutti noi di esserci illusi tanto sul Tuo conto»

5. Allora Io risposi: «Anche a Me duole di cuore avervi trovati così spaventosamente ciechi e sordi! Infatti il cieco non vede nulla e il sordomuto nulla intende! Io compio, davanti ai vostri occhi, un miracolo che prima di Me nessuno ha compiuto e dico la pienissima verità, e voi sostenete che Io sono o uno sciocco millantatore, versato nella magia pagana, venuto qui per burlarMi di voi, oppure un qualunque mago assoldato dai romani o all’ignobile servizio dei sacerdoti del Tempio. Oh, quale obbrobriosa incoerenza! Guardate quante persone Mi hanno seguito fin qui dalla Galilea! Essi Mi hanno riconosciuto, malgrado voi diciate che il popolo Galileo sia il più cattivo e il più eretico tra quelli ebraici. Essi, tuttavia, Mi hanno riconosciuto e Mi seguono. Perché allora voi non Mi volete riconoscere?»

6. Gli ebrei replicano: «Volevamo riconoscerTi e per questo motivo Ti abbiamo anche interrogato, infatti noi non siamo per niente ciechi e sordi come Tu credi. Tu però ci hai risposto così malamente che abbiamo, secondo la logica umana, replicato apertamente quello che pensavamo! Noi siamo animati da buona volontà; perché allora, se Tu sei veramente un profeta, non vuoi riconoscercela? Noi tutti siamo gente onorata di Gerusalemme e possediamo molti beni. Se Tu fossi un vero profeta, dovresti rallegrarTi di stare tra noi. Invece Tu non sembri voler riconoscere ciò e non puoi quindi essere un profeta. Sei semplicemente un mago, che profana il Tempio più di coloro che Tu hai scacciato!»

7. Allora Io dico: «Andate e chiedete a quelli che Mi seguono, essi vi diranno Chi sono Io!»

8. Gli ebrei si recano quindi dai discepoli per interrogarli, e questi raccontano le cose che hanno saputo di Me al Giordano, la testimonianza di Giovanni e tutto ciò che hanno visto ed udito dal momento in cui cominciarono a seguirMi. I discepoli confessano però che neanche loro hanno compreso le cose che ho detto agli ebrei.

(V.22) Quando dunque Egli fu risuscitato dai morti, i Suoi discepoli si ricordarono che Egli aveva loro detto queste cose e credettero alla Scrittura e alle parole che Gesù aveva pronunciato.

9. Essi compresero, infatti, le Mie parole, nonché la Scrittura, che aveva predetto questo di Me, solo dopo la Mia prodigiosissima risurrezione, avvenuta tre anni più tardi.

10. Quando gli ebrei appresero quanto era stato loro narrato dai discepoli, vennero nuovamente da Me e dissero: «In base a quello che ci è stato riferito sul Tuo conto dai Tuoi fedeli compagni, Tu dovresti, con ogni evidenza, essere il Promesso! La testimonianza di Giovanni, che noi conosciamo, depone enormemente a Tuo favore e ancora più le Tue azioni, però il Tuo linguaggio dimostra assolutamente il contrario. Come può il Messia essere nell’azione un Dio e nella parola un folle! Chiarisci questo punto e noi tutti Ti accetteremo per tale, appoggiandoTi per quanto è possibile!»

11. Rispondo Io: «Che cosa potreste darMi voi che non l’abbiate ricevuta da Mio Padre, che è in Cielo? Se dunque l'avete ricevuta, perché parlate come se non l’aveste ancora avuta? Che cosa potreste offrirMi che non sia già Mio? Infatti quello che appartiene al Padre è anche Mio, perché Io e il Padre non siamo due, ma una cosa sola! Questo vi dico: “Solo la volontà è vostra, mentre tutto il resto è Mio”. Perciò, animati nel vostro cuore da sincero amore, dateMi la vostra volontà e credete che Io e il Padre siamo perfettamente Uno, allora soltanto Mi avrete dato tutto quello che desidero da voi!»

12. Dicono gli ebrei: «Mostraci un segno e noi crederemo dunque che Tu sei il Promesso!»

13. Io rispondo: «Per quale motivo volete avere dei segni? O gente pazza e perversa! Non sapete che i segni non risvegliano e non liberano nessuno, anzi giudicano soltanto e condannano? Io però non sono venuto a voi per condannarvi, ma affinché abbiate la vita eterna, qualora nei vostri cuori vi sia fede in Me! Avverranno ancora molti altri segni e alcuni di voi Mi saranno anche testimoni, essi però non vi risveglieranno alla vita; anzi, alla lunga, vi faranno morire».

 

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Cap. 15

Continuazione dell’episodio tra il Signore e gli ebrei. Uno di questi si offre di ospitare Lui e i Suoi. Il Signore gli dimostra i pensieri impuri suoi e quelli dei suoi compagni, nonché la perfidia delle leggi ed istituzioni umane e abbandona il Tempio.

(Giov.2, 23-25)

 

(V.23) Mentre Egli si trovava a Gerusalemme alla festa della Pasqua, molti credettero nel Suo nome, vedendo i segni che Egli compiva.

1. Io ve lo dico: «È la festa di Pasqua e durante questo periodo Mi tratterrò qui a Gerusalemme. Andate là dove Io sarò e voi vedrete segni in gran numero! Badate però che questi non vi uccidano!».

2. Queste parole causarono grandissimo stupore tra gli ebrei, Io, però Mi allontanai da loro e uscii dal Tempio con i Miei discepoli. Gli ebrei Mi seguirono da lontano, senza farsi troppo notare. Essi non si azzardavano a farlo apertamente, perché avevo parlato loro di segni che avrebbero potuto ucciderli. Essi credevano che le Mie parole alludessero non alla morte spirituale, ma a quella del corpo e, come tutti i ricchi della Terra, tenevano molto alla vita terrena.

3. Uno di questi uscì dal Tempio e venne a Me dicendo: «Maestro, io Ti ho riconosciuto e vorrei unirmi a Te, dove dimori?».

(V.24) Ma Gesù non si fidava di loro, perché li conosceva tutti.

(V.25) E non aveva bisogno che alcuno Gli rendesse testimonianza su un uomo, perché Egli stesso conosceva ciò che vi era nell’uomo.

4. Ma Io vidi subito che la sua intenzione non era seria, né onesta la sua brama di conoscere la Mia dimora perciò risposi, come più tardi feci con molti di questi malintenzionati spioni, col noto aforisma: «Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma il Figlio dell’uomo non ha neanche una pietra su cui posare il capo ed in questa città, meno che in qualunque altro luogo. Tu però purifica prima il tuo cuore, poi ritorna animato non da mire ingannatrici, ma da sincere ed oneste intenzioni; solo così potrai giudicare se ti conviene rimanere al Mio fianco!»

5. Ma quell’ebreo replicò: “Maestro, Ti sbagli se pensi queste cose di me e dei miei compagni. Se non hai una dimora, vieni con noi e sarà nostra premura provvederne una per Te e per i Tuoi discepoli ed amici, nonché sostentarvi tutti, fino a quando lo vorrete!”

6. Io, che percepivo come il suo cuore non fosse sincero, gli dissi: «Noi non possiamo fidarci di voi, poiché siete amici di Erode e come lui amate molto gli spettacoli, specialmente quando questi vi sono offerti gratuitamente. Inoltre Io non sono venuto in questa città per offrire ad Erode e ai suoi degli intrattenimenti pubblici, ma per annunciare che il Regno di Dio è vicino e che dovete quindi fare atti di vera penitenza per poter essere partecipi di tale Regno! Vedi questo è lo scopo della Mia presenza fra voi e per questa missione non c’è bisogno della vostra dimora! Colui che è in casa non può uscire che dalla porta, e questa, essendo dotata di serrature e di chiavistelli, può facilmente intrappolare l’invitato. Chi invece dimora all’aperto, è libero e può andare dove vuole!»

7. Risponde l’ebreo: «Come puoi farci questo oltraggio! Credi, forse, che abbiamo scordato la santità del diritto di ospitalità? Se noi Ti invitiamo come ospite e Tu entri nella nostra casa come tale, allora sei il più sacro della casa e guai a colui che Ti attacca! E dunque da noi il diritto di ospitalità viene osservato e onorato al di sopra di tutto. Come puoi allora rendere sospette le usanze che vigono fra noi?»

8. Gli faccio osservare: «Le vostre usanze le conosco benissimo. Non solo, ma ne conosco anche delle altre. È vero, finché l’ospite si trova in casa vostra, gode del diritto di ospitalità; quando però vuole andarsene, trova già pronti sull’uscio dei sicari e degli sbirri mandati apposta, che l’afferrano e lo pongono in ceppi e catene! DiteMi, fa anche questo parte dei doveri di ospitalità, prescritti fin dall’antichità?»

9. Molto imbarazzato, l’ebreo chiede: «Chi può, in coscienza, dire una simile cosa sul nostro conto?»

10. Gli dissi: «Colui che lo sa! Non è forse in questo modo che pochi giorni fa avete fatto condurre un uomo davanti ai tribunali?»

11. L’ebreo, sempre più sconcertato, risponde: «Maestro, chi Ti ha detto questo? E anche se fosse vero, non lo ha forse meritato quel malfattore?»

12. Osservo Io: «Certamente, voi ritenete molte cose un delitto; cose che invece, davanti a Dio e a Me, non sono ritenute tali perché, a causa della durezza dei vostri cuori, ci sono molti delitti contro i quali Mosè non ha dato alcuna legge. Questi invece sono i vostri principi, e ai Miei occhi essi non fanno diventare delinquente nessun uomo! Infatti i vostri principi sono un peccato contro le leggi di Mosè. Come può dunque essere ritenuto malfattore un tale che, volendo attenersi alla Legge di Mosè, deve scontrarsi con i vostri principi e le vostre leggi? Oh! Ve lo voglio dire: “Voi tutti siete pieni di perfidia e di astuzia malvagia!”»

13. Risponde l’ebreo: «Com’è possibile ciò? Mosè ci ha dato facoltà di creare leggi per casi speciali e quindi le leggi, che noi emaniamo dopo maturo consiglio, sono altrettanto buone quanto quelle di Mosè! Non ne segue logicamente che colui che non le osserva cade ugualmente in colpa, come se avesse peccato immediatamente contro la Legge di Mosè?»

14. Dico Io: «Per voi certo, ma per Me no! Mosè ha comandato: “Ama ed onora il padre e la madre!”, voi invece dite, e i sacerdoti perfino l’impongono, che è molto meglio sacrificare al Tempio, in quanto così facendo si è esonerati dall’osservare questa legge. Se un uomo però viene da voi e vi dice che siete atei e miserabili impostori, perché a causa della vostra avidità sopprimete la legge di Mosè e al suo posto emanate voi stessi un’altra legge per tormentare la povera umanità, egli ha già commesso un crimine contro di voi e voi lo fate arrestare sulla soglia di casa e condurre dinanzi ai giudici. Dimmi: “Quest’uomo, che era pure onesto, ha meritato veramente ciò, oppure davanti alla legge di Mosè siete voi i malfattori e i criminali?”»

15. Udendo questo, l’ebreo, visibilmente arrabbiato, se ne andò e, trovati gli altri suoi compagni, riferì loro tutto quello che gli avevo detto. Questi, scuotendo il capo, dissero fra loro: «Strano! Come può costui sapere ciò?». Nel frattempo Io abbandonai quel luogo e, con i Miei, Mi recai in una piccola dimora fuori della città, dove rimasi per alcuni giorni.

 

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Cap. 16

Il significato spirituale o la rispondenza della purificazione del Tempio, rivelato dal Signore. Cenni notevoli sul modo di vivere e di comportarsi.

 

1. Le cose che sono appena state raccontate rappresentano il decorso storico-naturale di entrambi gli avvenimenti oggetto del secondo capitolo, la cui descrizione non è fatta in maniera molto completa, perché, per la loro scarsa importanza, parecchi fatti successi sono stati omessi, dato che, da un lato, ciò comporterebbe un inutile allungamento del lavoro, dall’altro non conferirebbe un più alto valore al racconto, né renderebbe più profonda la conoscenza degli avvenimenti. Pertanto, per concludere, non ci rimane che illustrare in breve il senso spirituale del secondo episodio, poiché esso racchiude e presenta al lettore o all’uditore solo due avvenimenti principali.

2. Il senso spirituale del primo avvenimento in Cana di Galilea è stato già esposto; ci rimane quindi da far conoscere il senso spirituale del secondo avvenimento: quello della purificazione del Tempio.

3. Il Tempio rappresenta l’uomo nella sua sfera terreno-naturale. Ora, tanto nel Tempio quanto nell’uomo si trova un Santissimo, in virtù del quale anche l’esterno del Tempio deve essere santificato e mantenuto puro, affinché sia nel Tempio che nell’uomo non venga profanata la parte più interna, che cela appunto il Santissimo!

4. In effetti, nel Tempio, il Santissimo è protetto da una solida cortina e vi può accedere, solo in particolari occasioni, unicamente il sommo sacerdote. Quindi, sia la cortina, sia il raro permesso di accesso al Santissimo mirano a proteggerlo dalla profanazione. Infatti, se qualcuno pecca con il suo corpo, non si contamina solo questo, ma anche la sua anima e attraverso di essa anche lo spirito, il quale raffigura la parte più intima e più santa di ciascun uomo ed anche lo è effettivamente. Anche nell’uomo, come nel Tempio, il Santissimo è profondamente celato dietro una spessa cortina, e soltanto l’amore per Dio, che è il vero sommo sacerdote di Dio in ogni uomo, ha il potere di sollevarla e di penetrare, impunito, nel luogo Santo. Dunque, se questo unico sommo sacerdote nell’uomo diviene esso stesso impuro per essersi lasciato attrarre dalle impurità mondane e facendo causa comune con esse, come può il Santissimo rimanere incontaminato se vi accede questo sommo sacerdote già contaminato?

5. Perciò se nel Tempio oppure nell’uomo tutto diventa impuro, non è più possibile che la forza umana vi operi una purificazione; infatti come si può pretendere di fare pulizia adoperando un arnese già imbrattato di fango e di lordura? Allora per purificare il Tempio, Io stesso devo porre mano all’opera di pulizia con l’uso della forza, suscitando a questo scopo il dolore negli uomini, sia con le infermità, sia con le apparenti sciagure. E tutto ciò per purificare il Tempio.

6. I “venditori” e gli “acquirenti” simboleggiano le basse, impure passioni dell’uomo, mentre le bestie messe in vendita rappresentano sia la sensualità animalesca scesa al suo più basso gradino, sia la grande stoltezza e cecità dell’anima, il cui amore è uguale a quello di un bue, al quale mancano perfino l’amore sensuale e lo stimolo alla procreazione, e la cui vitalità si estrinseca soltanto nella rozza e quasi meccanica funzione del divorare. Inoltre, le facoltà intellettuali di un’anima così degradata non sono per niente più grandi di quelle ben note della pecora!

7. Ora, qual è il significato dei cambiavalute e dei loro affari di denaro? Questi rappresentano e mostrano tutto ciò che nell’uomo proviene dal suo egoismo, già divenuto completamente animalesco. Infatti l’animale non ama che se stesso ed un lupo divora l’altro lupo quando lo spinge la fame. Quindi, usando ogni forza e il dolore, questi “cambiavalute”, ovvero questo egoismo animalesco, devono essere cacciati fuori dall’uomo. È necessario perciò rovesciare e spargere a terra tutto ciò che concorre a ravvivare questo egoismo!

8. Ci si chiederà: «E allora perché non annientarlo completamente?». La ragione di ciò scaturisce dal fatto che non è lecito togliere la propria libertà neppure a un tale amore di sé. Infatti il buon seme, cioè il grano, crescerà e darà un buon raccolto, soprattutto se viene sparso su un campo ben ingrassato dal concime animale. Se però, per ripulire completamente un terreno, si volesse togliere tutto quello che, sotto forma di concime, lo rende immondo, il buon grano seminato germoglierebbe solo stentatamente, e il raccolto sarebbe in verità molto magro.

9. Lo sterco, che dapprima viene collocato sul campo a mucchi, viene poi rimosso e sparso qua e là, affinché serva al campo. Se invece lo si lascia ammucchiato, tutto ciò che si trova sulla superficie occupata dallo sterco verrebbe soffocato, mentre la parte di campo rimanente non ne riceverebbe alcun giovamento.

10. È per questa ragione che, nella storia della purificazione del Tempio così com’è narrata nel Vangelo, Io ho rovesciato soltanto i tavoli e sparso a terra il denaro dei cambiavalute, senza che questo fosse distrutto. Ma con la stessa facilità potevo pure annientarlo completamente.

11. Cosa rappresentano poi i venditori di colombi, che si trovavano all’interno del Tempio e che dovettero uscire per rioccupare il loro antico posto?

12. Essi rappresentano le virtù esteriori, che nei rapporti mondani si manifestano con ogni genere di cerimonie, buone maniere, cortesie, gentilezze e così via. La cecità umana vorrebbe attribuire a tali virtù un valore vitale intrinseco, cercando di formare con esse la base della vera vita dell’uomo.

13. In Oriente, il colombo, volatile molto conosciuto, era spesso impiegato come messaggero, soprattutto nelle corrispondenze amorose, e nei geroglifici egiziani la sua immagine rappresentava il dialogo o la corrispondenza affettuosa e cortese. Questi animali, nel Tempio, avevano un simile significato ed erano anche animali sacrificati che venivano offerti in olocausto dai giovani sposi in occasione della nascita del loro primogenito. Questo gesto simboleggiava il loro ripudio di quelle missive e cerimoniosi complimenti esteriori, quindi la loro adesione all’amore vero, intimo e vivificante.

14. Però, secondo l’ordine di tutte le cose, ciò che ha una funzione esteriore deve rimanere all’esterno. Perciò, nel midollo dell’albero non deve mai trovarsi la corteccia, perché questa, come tale, è cosa completamente priva di vita. Invece, tutto ciò che appartiene alla corteccia, deve trovarsi in essa. In questo modo la corteccia, se si trova al suo posto e nelle giuste proporzioni, diventa di grande utilità all’albero, mentre se ad un albero si toglie il midollo per mettervi al suo posto la corteccia, è chiaro che esso non tarderebbe a seccarsi e a perire!

15. Questi mercanti di colombi, che in senso generale rappresentano ogni esteriorità e in senso stretto coloro che sono maestri di virtù esteriori e che vorrebbero spacciare queste per virtù interiori e vivificanti, vengono cacciati da Me, alquanto gentilmente, dal Tempio e rimandati al posto che loro compete per indicare che l’uomo deve, similmente, guardarsi dal fare delle virtù esteriori altrettanti elementi di vita interiore, poiché, con le prime, si degrada al livello di un burattino parlante.

16. Ecco qual è il significato spirituale della purificazione del Tempio; e la vera ed immutabile corrispondenza tra l’uomo e il Tempio ci assicura che queste parole e queste opere non procedono mai dall’uomo, ma soltanto da Dio, la Cui eterna Sapienza tutto vede e tutto sa.

17. Ci si chiederà ancora perché, dopo tale purificazione, il Signore non rimase nel Tempio ancora un po’.

18. A questa domanda si può rispondere che solo Lui conosce l’ordinamento che deve assumere l’interiorità dell’uomo, affinché Egli possa dimorare in lui in maniera duratura. Va osservato, inoltre, che non bisogna ledere la libertà dell’uomo, dopo questo processo di purificazione, altrimenti perderebbe la sua dignità umana e diventerebbe semplicemente un autentico burattino.

19. Ciò significa che il Signore non può ancora del tutto donarsi all’uomo interiore purificato con l’uso della forza, poiché solo Lui può giudicare cosa sia necessario alla piena creazione dell’uomo interiore. È per questo che il Purificatore esce dal Tempio e, dall’esterno, influisce nell’interiore dell’uomo in maniera quasi impercettibile, senza cedere alle sue esigenze che vogliono che Egli rimanga presso di lui per sorreggerlo nella pigrizia. Al contrario, Egli lascia che l’uomo si elevi da sé nella più alta libertà ed attività, poiché è grazie a queste che diviene perfetto. In quale modo ciò avvenga, sarà trattato minuziosamente nel capitolo seguente.

 

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SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – CAP- 3

Conversazione sulla rinascita tra Gesù e Nicodemo

Giovanni parla di Cristo con i suoi discepoli

 

 

Cap. 17

Il Signore, nell’albergo, fa molto del bene per mezzo di insegnamenti e guarigioni miracolose. Conversazione notturna con i ricchi visitatori.

«Ciò che è piccolo davanti al mondo è eletto da Dio».

(Giov.3, 1)

 

(V.1) Ora vi era un uomo tra i farisei, il cui nome era Nicodemo, che era un sommo capo degli ebrei.

1. Dopo la purificazione del Tempio, come è stato riferito nel precedente capitolo, Mi ritirai in un piccolo albergo fuori città, con tutti quelli che desiderarono seguirMi. Ora, ognuno si chiederà sicuramente:

2. «Quali cose, Signore, hai operato in quel posto? Infatti, quel lasso di tempo, di circa otto giorni, non lo hai certamente fatto trascorrere stando in ozio!»

3. Io rispondo: «No di certo!». Durante quel periodo infatti, sia di giorno che di notte, moltissime persone di ogni casta vennero a Me dalla città. I poveri venivano prevalentemente di giorno, mentre i notabili e i ricchi si arrischiavano soltanto di notte, per non mostrare le loro debolezze e il loro imbarazzo di fronte ai loro simili.

4. Essi si sentivano spinti a conoscerMi più da vicino in parte per curiosità e in parte per il presentimento che Io fossi veramente il Messia; perciò uscivano di nascosto dalla città di notte e si intrattenevano con Me. Naturalmente tali visite li esasperavano molto; infatti i notabili, i grandi e i ricchi erano dispiaciuti di non essere ricevuti da Me altrettanto bene e calorosamente come facevo con i molti poveri, che non smettevano di esaltare la Mia bontà e la Mia amorevolezza.

5. In quel tempo operai anche molte guarigioni miracolose fra i poveri, liberai gli ossessi tormentati dagli spiriti, raddrizzai gli zoppi e gli storpi, mondai i lebbrosi, resi l’udito e la parola ai sordomuti e la vista ai ciechi. Tutto ciò fu operato solamente mediante l’azione della Mia Parola.

6. Questi fatti erano noti anche ai Miei visitatori notturni, ma essi chiedevano di poter assistere personalmente a simili cose di notte. Io però rispondevo sempre in questo modo: «Il giorno ha dodici ore, come pure la notte; il giorno però è destinato al lavoro, mentre la notte al riposo. Chi lavora di giorno è difficile che inciampi in qualcosa, chi invece lavora di notte inciampa facilmente, perché non vede dove posa il piede»

7. Alcuni di loro Mi domandarono grazie a quale forza e potere Io operassi tali miracoli. Io, brevemente, osservai: «Per Mia propria Forza, poiché, per fare questo, non ho bisogno dell’aiuto degli uomini!»

8. Mi chiesero di nuovo perché non avessi soggiornato piuttosto in città, visto che opere così grandi emergono molto meglio in un ampio centro piuttosto che in uno piccolo, come quel paese che non era molto importante, anche se era vicino alla grande metropoli, che del resto lo ignorava del tutto.

9. Risposi ancora: «A Me non piace rimanere in una città come la vostra, dove gli abitanti, stimandosi esseri superiori, tengono alle porte dei soldati per fare buona guardia e lasciano passare liberamente i grandi e i ricchi, mentre respingono senza misericordia i poveri. E se si ha una faccia da straniero o vesti non abbastanza sfarzose, si viene trattenuti per lo meno sette volte ad ogni angolo di strada e vengono chieste informazioni sulla propria persona, sulla provenienza e su cosa si intende fare in quel posto. Inoltre Io vi dichiaro di amare solo ciò che è piccolo dinanzi al mondo e ciò che da questo viene disprezzato, perché sta scritto: “Quello che per il mondo è grande, per Dio invece è un abominio!”»

10. E quelli osservarono: «Non è forse grande e splendido il Tempio dove dimora Jehova?»

11. Io rispondo: «Egli dovrebbe veramente dimorare nel Tempio, ma poiché lo avete profanato, Egli lo ha abbandonato e non vi dimora più. È per questo che l’arca di Mosè è vuota e morta!»

12. Dissero quei visitatori notturni: «Perché dici cose tanto infami? Non sai cosa disse Dio a Salomone e a Davide? Può essere falso ciò che Dio disse a suo tempo? Chi sei Tu, che Ti permetti di dichiarare simili cose dinanzi a noi?»

13. Io rispondo: «Se sono così potente e forte e posso guarire, da Me stesso, ogni ammalato che viene a Me attraverso la Mia sola Volontà e attraverso per la Mia Parola, possiedo pure altrettanta potenza, forza e pieno diritto di parlarvi in questo modo del Tempio. Anzi, vi dichiaro un’altra volta che ormai il vostro

Tempio è ripugnante davanti a Dio!»

14. Udendo ciò, alcuni di loro cominciarono a mormorare; gli altri invece dissero: «Questi è realmente un Profeta e, nei confronti del Tempio, i profeti si sono sempre espressi con sfavore. LasciamoLo fare!»

15. Così dicendo, quei visitatori notturni se ne ritornarono in città.

 

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Cap. 18

Scena con Nicodemo, preposto di Gerusalemme. Nicodemo, pur essendo conoscitore di profezie ed avendo calcolato esattamente il tempo della venuta del Regno di Dio, non riconosce il Signore. Importanti indicazioni sulla rinascita.

(Giov.3, 2-5)

 

1. Durante la notte, nel penultimo giorno del Mio soggiorno nei dintorni di Gerusalemme, venne però un certo Nicodemo, uno dei notabili della città. Egli non solo era un fariseo – la cui carica, dignità e autorità in quel tempo equivalevano a quelle di un cardinale romano dei nostri giorni –, ma era anche uno dei più ricchi cittadini di Gerusalemme ed era stato nominato rettore dai romani, ovvero preposto della città.

(V.2) Costui venne a Gesù di notte e Gli disse: «Maestro, noi sappiamo che Tu sei venuto da Dio come ammaestratore (profeta), poiché nessuno può fare i segni che Tu fai, se Dio non è con lui».

2. Anch’egli, come capo civile di Gerusalemme, Mi fece visita di notte e Mi interpellò dicendo: «Maestro! Perdonami se vengo a così tarda ora a turbare il Tuo riposo; ma poiché ho saputo che intendi partire già domani, non ho potuto fare a meno di venire a tributarTi i dovuti ossequi. Io, insieme a molti altri, avendo osservato le Tue azioni, ho capito che Tu ti sei manifestato veramente come un grande profeta mandato da Dio! Infatti i segni che Tu operi, nessuno li può fare, a meno che Jehova non sia con lui! Quindi, Tu sei sicuramente un profeta e come tale conosci il male che si annida in noi. Però, poiché i Tuoi predecessori ci hanno preconizzato il Regno di Dio, dimmi di grazia quando questo verrà e, qualora venga, come si deve essere costituiti per poter essere degni di farne parte?».

(V.3) Gesù gli rispose e disse: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di nuovo, non può vedere il Regno di Dio».

3. A questa domanda di Nicodemo Io risposi brevemente così come è scritto nel Vangelo: «In verità, in verità Io ti dico che, se uno non è nato di nuovo, non può vedere il Regno di Dio e tanto meno entrarvi!». Ciò significa: «Qualora tu non abbia risvegliato il tuo spirito, seguendo le vie che ti indico con la Mia Dottrina e le Mie azioni, ti sarà impossibile riconoscere il divino vivificante della Mia Parola e tanto meno penetrare le sue profondità elargitrici di vita».

4. Che Nicodemo, uomo del resto onestissimo, non avesse compreso queste Mie parole, lo dimostra, come vedremo chiaramente, il versetto che segue. Infatti, a questo proposito, si può constatare quanto ho appena detto: cioè nessuno può afferrare neanche lontanamente il senso vivo e divino della Mia Parola, se prima il suo spirito non si sia risvegliato. Nel versetto che segue Nicodemo, del tutto sconcertato del Mio discorso, chiede dicendo:

(V.4) Nicodemo Gli dice: «Come può un uomo, essendo vecchio, rinascere? Come può egli entrare una seconda volta nel corpo di sua madre e nascere da esso una seconda volta?».

5. [Chiede Nicodemo:] «Caro Maestro, mi sembra strano quanto mi vai dicendo! Come può accadere che un uomo già grande, vecchio e di solide membra, possa rientrare nel corpo di sua madre per essere partorito una seconda volta? Questa cosa, caro Maestro, è del tutto impossibile! Io penso che o Tu non conosci nulla del Regno di Dio che deve venire o per lo meno niente di quello autentico, oppure Tu lo conosci ma non vuoi espormi chiaramente il Tuo vero pensiero, per timore che Ti faccia arrestare e buttare in prigione. Oh, tranquillizzaTi, perché io non ho mai privato nessuno della sua libertà, a meno che non si sia trattato di un assassino o di un ladro incorreggibile. Tu però sei un grande benefattore della povera umanità ed hai guarito, con meraviglia, quasi tutti gli ammalati di Gerusalemme, per la Forza di Dio che è in Te. Come potrei allora comportarmi così con Te?

6. Oh no, amato Maestro, credimi, io tengo molto al Regno di Dio, che sta per venire! Perciò, se Tu ne sai di più, dimmelo in maniera più comprensibile! Parlami delle cose del Cielo con parole celesti e delle cose della Terra con parole terrene, ma esponimi tutto ciò con immagini e figure facilmente accessibili, altrimenti le Tue parole mi saranno meno utili della scrittura egiziana antica (geroglifici), che io non posso né leggere né di conseguenza comprendere. Ora, dai calcoli da me effettuati, sono sicuro che il Regno di Dio deve essere già qui, però mi è ancora oscuro dove e come sia possibile giungervi ed esservi accolti. Questo è quanto vorrei udire da Te in modo possibilmente chiaro».

(V.5) Gesù rispose: «In verità, in verità Io ti dico che se uno non è nato dall’Acqua e dallo Spirito, non può entrare nel Regno di Dio!»

7. Alla ripetuta domanda di Nicodemo, Io risposi con le parole del V.5, esponendo più dettagliatamente in quale modo sia possibile la rinascita per poter entrare nel Regno di Dio, cioè dall'Acqua e dallo Spirito, il che equivale a dire questo:

8. L'anima deve essere purificata con l’acqua dell’umiltà e dell’abnegazione (poiché l’acqua è il più antico simbolo dell’umiltà: essa lascia fare qualunque cosa di sé, si presta a qualunque servizio e dimora sempre nelle più basse località della terra, fuggendo le alture) e subito dopo dallo Spirito di Verità, che un'anima impura non potrà mai comprendere, poiché essa è simile alla notte, mentre la verità è un sole luminoso che diffonde intorno a sé il giorno.

9. Colui che purifica l’anima con l’umiltà, raggiunge la verità e la riconosce come tale e, grazie a questa, viene reso spiritualmente libero. È nella libertà di spirito, cioè nella partecipazione dello spirito alla libertà, che consiste propriamente l’entrata nel Regno di Dio.

10. Naturalmente Io non diedi tali spiegazioni a Nicodemo, visto che non era stato in grado, per la sua limitata sfera intellettuale, di comprendere neanche le Mie brevi e velate parole. Perciò Mi chiese ancora una volta come si sarebbero dovute intendere quelle cose.

 

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Cap. 19

Continuazione della scena con Nicodemo. Il Signore Quale Maestro in tutto, quindi anche nella vera Sapienza. L’essenza dell’uomo. Il segreto dello spirito. Parabola meravigliosa sulla rispondenza tra il vino nuovo e un’anima ancora immatura per la luce spirituale.

(Giov.3, 6-12)

 

(V.6) «Ciò che è nato dalla carne è carne, ma ciò che è nato dallo Spirito è spirito».

1. Ed Io, come dice il V.6, gli risposi: «Non ti meravigliare se ti parlo in questo modo! Infatti quello che la carne genera è ancora carne, quindi materia morta o involucro più esteriore della vita, mentre ciò che viene generato dallo spirito è a sua volta spirito o la vita eterna e la verità in se stessa!».

2. A Nicodemo però queste parole non apparivano ancora chiare. Egli alza le spalle meravigliandosi sempre di più, non per la cosa in sé, ma perché, essendo uno dei più saggi farisei, versatissimo in tutte le scritture, non riusciva ad intendere il senso del Mio discorso, anche se si reputava di grande sapienza. Infatti era grazie a questo titolo che era stato elevato al grado di rettore degli ebrei.

3. La sua più grande meraviglia era dovuta al fatto che aveva scoperto inaspettatamente in Me un Maestro, che con strani discorsi metteva a dura prova la sua sapienza! Non riuscendo dunque a comprendere, si rivolse a Me dicendo: «Mah! E questo com’è da intendersi? È possibile che anche uno spirito divenga gravido e partorisca il suo simile?».

(V.7) «Non meravigliarti se Io ti ho detto che dovete nascere di nuovo!»

4. Io gli faccio osservare: «Ti ho già detto di non essere meravigliato di quello che ho dichiarato, cioè che tutti voi dovete nascere di nuovo!»

(V.8) «Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suo suono, ma non sai da dove viene, né dove va; così è chiunque è nato dallo Spirito».

5. (Continua il Signore:) «Come il vento soffia dove vuole e ne odi il rumore senza conoscerne le origini, così avviene di chiunque procede dallo Spirito e si accinge a parlarti. Tu lo vedi e lo odi molto bene, ma poiché egli ti parla il linguaggio dello Spirito, tu non puoi comprenderlo, né sapere da dove gli vengano quelle cose e cosa voglia dire con esse. Però, poiché sei un saggio onesto e leale, a suo tempo ti verrà concesso di penetrare il senso di tali discorsi».

(V.9) Nicodemo rispose e gli disse: «Come possono avvenire queste cose?».

6. A tali parole, Nicodemo scuote pensosamente il capo e dopo un po’ esclama: «Io desidererei molto apprendere da Te come possa accadere una cosa simile! Infatti quello che conosco e comprendo mi viene dalla carne; ora, se la carne mi viene tolta, potrò pensare e comprendere ben poco! Allora, com’è possibile che io, essendo di carne, possa diventare uno spirito e come può il mio spirito essere accolto da un altro spirito ed essere generato di nuovo? Ecco ciò che cerco invano di spiegarmi!».

(V.10) Gesù rispose e gli disse: «Tu sei il dottore d’Israele e non sai queste cose?».

7. Rispondo Io: «Tu sei uno dei più sapienti dottori d’Israele; perché ti è difficile comprendere ciò? Ora, se tu, essendo maestro nelle Scritture, non riesci a comprendere queste cose, come potrà capirle chi delle Scritture conosce appena che c’è stato un Abramo, un Isacco e un Giacobbe?».

(V.11) «In verità, in verità, Io ti dico che noi (spirituali) parliamo (in modo del tutto naturale) di ciò che sappiamo e testimoniamo ciò che abbiamo visto, ma voi non (comprendete) e accettate la nostra testimonianza».

8. (Continua il Signore:) «In verità, in verità crediMi! Noi, cioè Io e i Miei discepoli, che siamo stati mandati qui dallo Spirito, non ti parliamo il puro e semplice linguaggio spirituale, ma quello naturale e, giovandoci di figure simboliche naturali, ti rendiamo noto ciò che sappiamo in spirito e che in spirito abbiamo visto e voi non riuscite a comprenderlo e ad accettarlo!»

(V.12) «Se Io vi ho dette le cose terrene e non ci credete (accettate), come potreste credere se Io vi dicessi le cose puramente celesti?».

9. (Continua il Signore:) «Dunque se non riuscite a cogliere il senso delle cose elementari di cui vi sto parlando, dato che parlo con voi di cose spirituali in modo terreno, tanto che esse in questa maniera diventano cose terrene in piena regola, cosa sarebbe della vostra fede se vi parlassi delle cose celesti, usando il puro linguaggio celestiale?

10. Te lo voglio dire: “Soltanto lo spirito, che in sé e per sé è spirito, sa cosa sia lo spirito e quale sia la sua vita! Ma la carne è solo un involucro del tutto esteriore e non conosce lo spirito, se questo non si rivela all’involucro, alla scorza”. Ora, il tuo spirito è ancora troppo dominato ed occultato dalla tua carne, perché possa farsi conoscere da questa. Come ho già detto, verrà il tempo in cui il tuo spirito diventerà libero e allora potrai comprendere la nostra testimonianza e credere!»

11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, o Tu, Saggio tra i saggi! Dimmi, oh, dimmelo, affinché possa comprendere quando verrà questo tempo così ardentemente bramato!»

12. Io gli dissi: «Amico Mio, tu sei ancora troppo poco maturo, perché possa indicarti il tempo, il giorno e l’ora! Vedi, il vino nuovo rimane torbido finché non abbia cessato di fermentare e se tu ne versi in un bicchiere di cristallo e lo osservi alla luce, anche quella solare, nessun raggio, per potente che sia, riuscirà a colpire il tuo occhio attraverso il bicchiere, a causa della torbidezza del vino. Questa stessa cosa succede all’uomo. Prima che egli sia sufficientemente fermentato, e in seguito a tale processo abbia allontanato da sé tutte le impurità, la Luce dei Cieli non può compenetrare il suo essere. Io però voglio ancora dirti un’ultima cosa: se sarai in grado di comprenderla, conoscerai anche il tempo di cui Mi chiedevi prima! AscoltaMi dunque».

 

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Cap. 20

Tre altri importanti versetti, incomprensibili a Nicodemo.

Discorso pessimista di Nicodemo. Brevi avvertenze del Signore.

(Giov.3, 13-15)

 

(V.13) «Ora nessuno è salito in cielo, se non Colui che è disceso dal cielo, cioè, il Figlio dell’uomo che è sempre in cielo».

(V.14) «E come Mosè alzò il serpente nel deserto, così conviene che il Figlio dell’uomo sia innalzato».

(V.15) «Affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!»

1. (Continua il Signore:) «Vedi, nessuno sale al Cielo se non Colui che ne è disceso, cioè il Figlio dell’uomo, che è sempre in Cielo. E come Mosè ha innalzato il serpente nel deserto, così deve essere innalzato anche il Figlio dell’uomo, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna! DimMi, comprendi queste cose?»

2. Risponde Nicodemo: «Amato Maestro! E come lo potrei? In Te la Sapienza riveste forme speciali e, come Ti ho appena detto, mi sarebbe molto più facile decifrare gli antichi geroglifici egiziani che penetrare le profondità della Tua Sapienza! Io devo però farTi osservare apertamente che, se non ci fossero le Tue potenti operazioni, che mi dimostrano il contrario, dovrei ritenerTi un pazzo ed un imbroglione, perché nessuno che ragioni si è mai espresso nella maniera con cui Tu Ti esprimi! Eppure le Tue azioni provano che Tu sei venuto a noi come un Maestro da Dio e in Te devono risiedere, in tutta la loro pienezza, la Potenza e la Sapienza divina, senza le quali quelle azioni non sono possibili.

3. Ora, se l’uno è puramente divino, deve essere divino anche il due. Le Tue azioni, caro Maestro, sono divine; così deve essere divina anche la Tua Dottrina del Regno di Dio sulla Terra, che io la comprenda o no! Ma se dal punto di vista terreno, considero anche solo un po’ la Tua tesi, cioè che nessuno sale in Cielo se non Colui che ne è disceso - ossia il Figlio dell’uomo che è sempre in Cielo - allora devo considerarmi definitivamente perduto! Caro Maestro, ad eccezione di Enoch ed Elia, a nessun uomo della Terra è stata concessa la felicità di salire visibilmente in Cielo. Sei forse Tu la terza persona? E se fosse così, di che utilità sarebbe a tutti gli altri uomini, che, non essendo discesi dal Cielo, non possono neppure salirvi?

4. Inoltre, Tu hai anche detto che Colui che è disceso dal Cielo non si trova, propriamente, che in apparenza sulla Terra, poiché, in realtà, Egli sta sempre in Cielo! Quindi per il momento solo Enoch ed Elia possono partecipare al Regno di Dio che verrà e probabilmente anche Tu, mentre gli altri milioni e milioni di uomini dovranno adagiarsi, per tutta l’eternità delle eternità, nella tomba umida ed oscura, in attesa che la Grazia e la Misericordia di Dio li dissolva nella polvere e nel nulla!

5. Caro Maestro, per un simile Regno di Dio in Terra ben poca gratitudine c’è da attendersi da questi miseri vermi della Terra, che, comunque li si consideri, è molto discutibile che li si possa chiamare “uomini”! Chi non sa che è così e che così è sempre stato? Una o due rondini non fanno primavera! Che cosa hanno fatto in realtà Enoch ed Elia, per meritarsi di essere assunti in Cielo? Io credo nulla che non fosse insito alla loro natura celeste! Meriti, quindi, essi non ne hanno avuti e, secondo le Tue spiegazioni, furono accolti dalla Terra in Cielo, solo perché dal Cielo erano discesi in Terra!

6. Come puoi vedere, tutto ciò arreca ben poca speranza e pochissima consolazione alla povera umanità di questa dura Terra! Eppure, come Ti ho già detto, è indiscutibile che io debba ritenere la Tua Dottrina realmente saggia e divina, anche se, agli occhi della ragione, essa appare come la più evidente pazzia. Ciò deve apparire evidente anche a Te, se consideri il mio ragionamento di poco fa su una delle Tue tesi!

7. Ma che cosa intendi con l’elevazione del Figlio dell’uomo, che dovrebbe essere simile a quella del serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto? Inoltre, come e perché potranno avere la vita eterna tutti coloro che crederanno in questo Figlio dell’uomo, che sarà innalzato come il serpente di Mosè? Tutto ciò è solo parabolico, pura follia! Chi è questo Figlio dell’uomo? Dov’è Egli ora? Cosa fa’? Discenderà anch’Egli dai Cieli come Enoch ed Elia? Verrà generato? Cosa devono pensare gli uomini, che come me non Lo hanno mai visto, del Figlio dell’uomo? Come può venire sulla Terra, se risiede sempre in Cielo? Dove verrà Egli innalzato e quando? Assumerà la signoria sugli ebrei, essendo Re potentissimo e invincibile?

8. Caro Maestro, considera tutto ciò e vedrai che le Tue parole sono assai strane sulla bocca di un Uomo, che con le Sue azioni dimostra di essere pieno della Forza e della Potenza divina! Però non voglio essere ingannato da queste considerazioni e sono sempre convinto che Tu sei veramente un grande Profeta, suscitato da Dio.

9. Dunque Ti sarai accorto che non sono affatto come quelle persone che rigettano una dottrina appena si accorgono di non poterla comprendere. Perciò Ti prego di aggiungere altri piccoli chiarimenti alle Tue parole, perché nel modo con cui Tu le hai dette, mi è impossibile comprenderle. Vedi, Maestro, in tutta la Giudea e particolarmente qui nella città di Salomone, dove fui anche nominato rettore, hanno grande fiducia in me! Se facessi conoscere Te e la Tua Dottrina, questa verrebbe senz’altro accolta; invece, se non l’appoggiassi, cadrebbe e non troverebbe nessuna accoglienza. Ti prego, perciò, di illuminarMi ancora un po’ riguardo a queste cose!»

10. Io rispondo: «Tu ora hai detto molte parole e ragionato come quei tali che non hanno alcuna idea delle cose celesti. Non poteva essere diversamente, poiché giaci nella notte del mondo e non puoi scorgere la Luce che è venuta dai Cieli ad illuminare la notte tenebrosa di questo mondo. È vero, essa comincia lievemente ad albeggiare in te, ma non sei ancora in grado di percepire Chi ti sta davanti!»

 

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Cap. 21

Il Signore dà cenni più comprensibili per Nicodemo sull’incarnazione del Figlio e sulla missione come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo. Cos’è il Giudizio?

Chi non vuole riconoscere il Signore, ha già il Giudizio in sé.

(Giov.3, 16-21)

 

(V.16) «Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che Egli ha dato il Suo Unigenito Figlio, affinché chiunque crede in Lui non perisca, ma abbia vita eterna!»

1. (Continua il Signore:) «Io ti dico: “Dio è l’Amore, e il Figlio è la Sua Sapienza. Ora, Dio ha tanto amato il mondo che Egli ha inviato il Suo Unigenito Figlio, cioè la Sapienza che procede eternamente da Lui stesso, affinché coloro che credono in Lui non periscano, ma abbiano vita eterna!” DimMi, neanche questo comprendi?»

2. Dice Nicodemo: «Penso di poterlo comprendere; però, sostanzialmente, non mi è chiaro. Se sapessi almeno cosa pensare del Figlio dell’uomo, allora mi troverei già a buon punto! Tu adesso parli pure di un Unigenito Figlio di Dio, che Dio inviò nel mondo per Amore. Il “Figlio dell’uomo” e il “Figlio di Dio” sono un solo e medesimo essere?»

3. Dico Io: «Guarda qui! Io ho un corpo, una testa, mani e piedi. Il capo, il corpo, le mani e i piedi sono carne e questa carne è un Figlio dell’uomo, perché, come ti dissi, ciò che è carne procede dalla carne. Però in questo Figlio dell’uomo, che è fatto di carne, dimora la Sapienza di Dio e questa è l’Unigenito Figlio di Dio. Dunque non l’Unigenito Figlio di Dio, ma solo il Figlio dell’uomo dovrà essere innalzato come il serpente di Mosè nel deserto, perciò molti si scandalizzeranno. E a coloro che non si scandalizzeranno, ma crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome, Egli darà il potere di essere chiamati figli di Dio e la loro vita e il loro regno non avranno più fine».

 

(V.17) «Infatti Dio, non ha mandato il Suo Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo diventi beato per mezzo di Lui».

4. Non devi però immaginare che il mondo debba essere giudicato da guerre, diluvi, oppure da fuochi scendenti dal Cielo per distruggere i pagani; infatti Dio non ha mandato il Suo Unigenito Figlio (la Sapienza divina) nel mondo (ad incarnarsi nella forma umana) per giudicarlo (distruggerlo), ma perché divenga, per Suo tramite, pienamente beato, cioè affinché la carne non perisca, ma risorga con lo spirito a vita eterna. (Con la parola “carne” bisogna intendere qui non tanto il corpo umano, quanto il complesso delle tendenze carnali dell’anima). Per raggiungere questo stato è necessario che le impure tendenze carnali vengano annientate dalla fede, ovvero dalla fede nel Figlio dell’uomo, proceduto da Dio fin dall’eternità e venuto in questo mondo, perché coloro che crederanno e rimarranno fedeli al Suo Nome abbiano vita eterna.

(V.18) «Chi crede in Lui non sarà condannato, ma chi non crede è già condannato, poiché non crede nel Nome dell’Unigenito Figlio di Dio».

5. (Continua il Signore:) «Chiunque crederà in Lui, sia ebreo che pagano, non verrà mai più in eterno giudicato, né potrà mai perire. Chi, invece, si scandalizzerà del Figlio dell’uomo e non crederà in Lui, egli è dunque già giudicato. Infatti, se egli non vuole e non può credere, essendo spinto dai suoi sentimenti di superbia a scandalizzarsi del Nome e dell’esistenza del Figlio dell’uomo, questo è già, di per sé, il suo giudizio. Comprendi, dunque, quello che in maniera lampante ti ho messo sotto gli occhi?»

6. Risponde Nicodemo: «Sì, sì, scorgo solo a metà il senso delle Tue parole estremamente mistiche. Però queste mi sembrano ancora campate in aria, finché non si presenterà qui il Figlio dell’uomo, che Tu collochi tanto in alto e nel Quale alberga, in tutta la sua pienezza, la divina Sapienza e finché Tu non potrai o vorrai precisare quando e dove Egli verrà.

7. Ugualmente molto enigmatiche mi sembrano le Tue parole concernenti il Giudizio, che Tu fai consistere solo nella mancanza di fede! Se il Giudizio non consiste né in diluvi, né in guerre, né in pestilenze e meno ancora in fuochi divoranti, ma unicamente nell’incredulità in se stessa, devo apertamente confessarTi, caro Maestro, che ancora non riesco a penetrare il senso delle Tue parole! Infatti chi da un dialogo non riesce ad afferrare almeno uno o due concetti, è come se non avesse compreso l’intero discorso. Cos’è, in realtà, questo Tuo “Giudizio”? Qual è il nuovo significato che Tu associ a questo concetto?»

8. Io gli rispondo: «Amico Mio, a questo punto, devo farti osservare che Mi diventa difficile comprendere come tu non sia in grado di cogliere il senso del Mio discorso, che è pure molto chiaro! Non comprendi ancora il significato della parola “Giudizio”; eppure Io ne ho data una chiara spiegazione».

(V.19) «Ora questo è il Giudizio: la Luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno amato le tenebre più della Luce, poiché le loro opere erano e sono malvagie».

9. (Continua il Signore:) «Ecco, il Giudizio è questo: sebbene la Luce di Dio sia stata inviata dai Cieli nel mondo, gli uomini, tratti fuori dalle tenebre e posti nella Luce, dimostrano tuttavia di amare molto di più l’oscurità, in cui erano avvolti, che non la Luce divina che sfolgora davanti ai loro occhi! Che gli uomini disprezzino la Luce, lo si può vedere dalle loro opere, che sono assolutamente malvagie!

10. Dov’è la primitiva fede totale? Dov’è il sincero timore di Dio? Chi ama il suo prossimo se non colui che sa di poterne trarre un personale vantaggio? Dove sono quelli che amavano le proprie mogli, avendo di mira l’azione vivificante della fecondazione? È la lussuria che li spinge ad amare le giovani prostitute e la loro opera è solo fornicazione: questo è il più grande dei mali! Ora, quale ladro ruba apertamente, servendosi di una luce?».

(V.20) «Infatti, chiunque fa cose malvagie odia la Luce e non viene alla Luce, affinché le sue male opere non vengano punite».

11. (Continua il Signore:) «Vedi, coloro che pensano ed agiscono così, sono quelli stessi che poi operano anche malvagiamente, e chiunque si compiace di tali cose e agisce di conseguenza, è nemico della Luce. Egli la odia e farà di tutto perché non si faccia Luce intorno a sé. Infatti, poiché le sue perfide opere non sono tollerate dalla Luce, anzi sono da questa giudicate, egli non vuole che esse appaiano in tutta la loro oscenità e che vengano quindi condannate!

12. In questo consiste realmente il Giudizio; invece, ciò che tu intendi per Giudizio, è la punizione che consegue al Giudizio.

13. Dunque, se tu ami camminare di notte, la tua anima è già stata giudicata; infatti tu preferisci la notte al giorno. Invece, e questa ne è la conseguenza, se tu inciampi con facilità e ti fai male, oppure cadi addirittura in una fossa, allora l’urto o la caduta non è più il Giudizio, ma la conseguenza del Giudizio, che grava su di te avendo amato la notte ed odiato il giorno!»

(V.21) «Ma colui che fa opere di verità, viene alla Luce, affinché le sue opere siano manifestate, perché sono fatte in Dio!»

14. (Continua il Signore:) «Ma se tu sei invece amico del giorno, della Luce e della Verità da Dio, allora agirai in conformità a questa e desidererai ardentemente che le tue opere vengano alla Luce e siano manifestate a tutti. E poiché sai che le tue opere, fondate nella Luce della divina Verità, sono buone e giuste e meritano, quindi, di essere apertamente lodate e ricompensate!

15. Dunque, chi è amico della Luce, non camminerà di notte ma di giorno, e riconoscerà subito la Luce, perché procede dalla Luce. Tale Luce è chiamata fede del cuore.

16. Chi crede quindi nel Figlio dell’uomo e crede che Egli sia una Luce che arriva da Dio, egli ha già in sé la Vita, ma chi non crede ha già in sé il Giudizio, che è appunto la mancanza della stessa fede.

17. Posso adesso ritenere che tu mi abbia ben compreso?».

 

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Cap. 22

Nicodemo non riesce ancora a discernere il divino Figlio dell’uomo. Il Signore lo manda da Giovanni. Finalmente si fa luce nel cuore di Nicodemo. «Segui gli impulsi del tuo cuore!». La potenza dell’Amore. Il Signore chiede un favore a Nicodemo. La sua dichiarazione d’amore agli ancora sconosciuti.

 

1. Dice Nicodemo: «Ormai mi è tutto chiaro, salvo una cosa: questo straordinario Figlio dell’uomo, senza il Quale tutte le Tue parole più sagge e le Tue più sublimi spiegazioni rimangono senza fondamento e si riducono a nulla! A che mi giova la fede o la perfetta e tenace volontà di credere nel Figlio dell’uomo, se Questi non si trova qui? Dall’aria o da una semplice idea non si può far sorgere un Figlio dell’uomo. Dimmi, dunque, dove posso trovare questo eterno Figlio di Dio e rassicurati, io Gli andrò incontro con la più ferma e sincera fede!»

2. Io gli dico: «Se non avessi intravisto in te questa fede, tu non avresti appreso da Me tale Dottrina! Ma tu sei venuto di notte e non di giorno, nonostante tu abbia visto e sentito dei Miei atti! E poiché sei venuto nelle ore della notte terrena, che corrisponde allo stato tenebroso della tua anima, è comprensibile che tu non comprenda ancora chiaramente le Mie parole sul “Figlio dell’uomo”!

3. Io ti dico che chi cerca il Figlio dell’uomo di notte, non potrà trovarLo così facilmente, poiché evita di cercarLo apertamente di giorno, temendo di essere screditato dagli altri. E tu, che sei uno dei più saggi ebrei, devi ben conoscere che la notte, qualunque essa sia, non si presta a cercare e a trovare qualcosa. Chi dunque si propone di cercare il Figlio dell’uomo, deve cercarLo di giorno e non di notte, allora Lo troverà molto facilmente.

4. Ora voglio dirti quest’altra cosa: “Vai da Giovanni, che, in questo momento, a causa dell’acqua, si trova in Enon presso Salim dove sta battezzando. Egli ti dirà se l’Unigenito Figlio di Dio è già qui o no! Là tu imparerai a conoscerLo!”»

5. Risponde Nicodemo: «Ah, caro Maestro, questo è molto difficile! Infatti io sono ogni giorno oberato dagli obblighi che la mia carica mi impone, dai quali non posso esimermi così facilmente! Pensa che nella città e nei suoi dintorni vivono, compresi gli stranieri, oltre ottocentomila persone alle quali sono preposto e le preoccupazioni che ne derivano sono molte e gravi. Inoltre, pure gli affari del Tempio richiedono giornalmente la mia attenzione e neppure questi posso trascurare. Quindi, se una simile grazia non può essermi concessa qui in Gerusalemme, dovrò rinunciarvi a malincuore! Infatti, per fare quello che Tu mi consigli, mi sono necessari tre giorni interi, che equivalgono a tre anni di assenza di un’altra persona!

6. Perciò perdonami se non sono in grado di seguire il Tuo consiglio. Però ogni volta che Tu vorrai venire a Gerusalemme con i Tuoi discepoli, la mia dimora vi sarà sempre aperta e troverete incessantemente in me un amico sincero ed un protettore. La mia casa, che è abbastanza grande per ospitare diecimila persone, è situata sulla piazza di Davide, all’interno della porta di Salomone, detta anche la “Porta d’oro”. Se Tu ne hai bisogno, essa Ti verrà messa a disposizione. Tutto ciò che è in mio potere, lo troverai sempre al Tuo servizio! Chiedimi qualunque cosa sia necessaria a Te ed io Te la offrirò!

7. Vedi, in me si è operato un grande tumulto! Io sento, caro Maestro, di amarTi più di quanto abbia finora amato qualunque cosa cara e questo stesso amore mi suggerisce, in qualche modo, che sei proprio Tu la Persona per la quale volevi indirizzarmi a Giovanni in Enon! E anche se il cuore mi tradisce, resta pur vero che io Ti amo con tutto il cuore, avendoTi riconosciuto quale grande Maestro della vera divina Sapienza. Infatti, sebbene le Tue opere, mai compiute da nessuno prima di Te, mi abbiano profondamente colpito e meravigliato, tuttavia è stata la Tua sublime Sapienza che ha risvegliato e infiammato il mio cuore. Caro Maestro, io Ti amo! Oh, dimmi, dimmi se il mio cuore Ti ha giudicato rettamente!»

8. Io rispondo: «Amico Mio! Pazienta ancora un po’ e tutto ti sarà chiarito. Fra breve ritornerò da te e sarò tuo ospite, allora potrai apprendere tutto.

9. Però segui sempre gli impulsi del cuore, poiché Io ti dico che questo, in un momento, ti rivelerà di più dei cinque libri di Mosè e di quanto abbiano mai rivelato tutti i Profeti! Vedi, non vi è nulla di vero nell’uomo fuorché l’Amore! Quindi attieniti ad esso e tu camminerai di giorno! Ora parliamo d’altro!

10. È giunto il tempo che Io Mi rechi in Giudea, per annunciarvi il Regno di Dio. Questo paese però è sottoposto alla tua autorità, perciò ti chiedo di rilasciarMi un passaporto, come si usa tra gli ebrei, secondo le leggi di Roma. Questo, non per Me, ma per i Miei discepoli, affinché non incontrino ostacoli presso gli uffici delle dogane e delle tasse! È vero, i figli sono liberi, ma è necessario che siano legittimati come tali. Certamente, Mi sarebbe facile penetrare dappertutto, incontrastato, anche con delle legioni, ma Io non voglio essere causa di scandalo a nessuno e Mi sottopongo quindi alla legge di Roma. Abbi dunque la bontà di procurarMi il salvacondotto che ti ho chiesto»

11. Risponde Nicodemo: «Caro Maestro, Tu lo avrai subito, io stesso lo scriverò e Te lo darò tra breve, dato che da qui a casa mia non c’è molta strada».

12. Nicodemo si reca quindi in fretta a casa sua e in meno di mezz’ora Mi consegna il documento richiesto. Quando fummo in possesso del lasciapassare, scritto su pergamena, Io benedissi nel Mio cuore l’onesto Nicodemo, che, commosso fino alle lacrime, ci salutò, pregandoMi nuovamente di approfittare della sua ospitalità qualora avessi fatto ritorno a Gerusalemme. Io glielo promisi, pregandolo di mantenere puro il Tempio. Egli Me lo promise. Fattosi mattina, ci congedammo da lui.

 

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Cap. 23

L’operato del Signore in Giudea. Il battesimo d’acqua e di fuoco.

La Dottrina dell’Amore e la testimonianza di opere di bene che l’accompagna.

Una cosa soltanto è necessaria. Discussione dei discepoli sul vero battesimo.

«Sei Tu Colui?». Risposta del Signore.

(Giov.3,22-26)

 

(V.22) Dopo queste cose, Gesù e i Suoi discepoli vennero nel territorio della Giudea e dimorò qui con loro e battezzava.

1. Appena si fece giorno, ci ponemmo in cammino ed entrammo in Giudea, provincia sottoposta a Gerusalemme, che si estendeva tutt’intorno a questa città, come al giorno d’oggi da voi un distretto intorno al rispettivo capoluogo. L’intera Giudea era assai facile da percorrere in pochissimi giorni.

2. Ci si chiederà cosa feci Io in questa provincia? Secondo il versetto del Vangelo, Io dimorai qui con loro e battezzavo. Però, a chi si riferisce la parola “loro” e in che cosa consiste la Mia dimora con loro? Con la parola “loro” sono in primo luogo designati i discepoli, il cui numero, in Gerusalemme, era aumentato di molto, poi, tutti gli altri che devotamente ascoltavano la Mia Parola.

3. Coloro che accettavano con piena fede la Mia Dottrina, venivano battezzati da Me esteriormente e pubblicamente con l’acqua, interiormente e segretamente invece con lo Spirito del Mio eterno Amore e della Mia eterna Sapienza, così ottenevano il potere di chiamarsi “figli di Dio”. Queste furono, dunque, le Mie opere durante la Mia dimora in quel luogo. Quanto insegnai e in particolare ciò che feci in Giudea, è indicato parzialmente dagli altri tre evangelisti e non è necessario citarlo qui. La Mia predicazione consisteva essenzialmente nel porre in chiara luce le gravi colpe di cui si erano macchiati, fino a quel momento, gli ebrei e i farisei e nell’esaltare l’amore per Dio e per il prossimo.

4. Io descrissi tutte le mancanze, esortai inoltre i peccatori a fare vera penitenza, ammonii tutti quelli che accettavano la Mia Dottrina a guardarsi dal far ritorno all’antico “lievito dei farisei” e, per esercitare, in quei tempi materialissimi, una benefica influenza, nonché per fortificarli nei Miei soavissimi insegnamenti, operai molti miracoli, risanai molti ammalati, liberai gli ossessi dagli spiriti impuri e trassi a Me nuovi discepoli.

(V.23) Ora Giovanni battezzava anch’egli in Enon vicino a Salim, poiché qui vi erano acque in abbondanza e la gente veniva ed era battezzata. V.24. Perché Giovanni non era ancora stato messo in prigione.

5. Durante la Mia peregrinazione in Giudea, Mi spinsi anche nelle vicinanze del piccolo deserto di Enon presso Salim, dove Giovanni battezzava, poiché qui vi era acqua a sufficienza, mentre a Bethabara il Giordano ne conteneva molto poca ed anche torbida, puzzolente e brulicante di vermi. Per questo motivo Giovanni si era trasferito a Enon e teneva in questo luogo le sue dure prediche, battezzando coloro che accoglievano la sua dottrina e che facevano penitenza.

6. Ora, tra queste persone c’ero anch’Io, e quelli che avevano già accettato i Miei insegnamenti, senza essere stati prima battezzati da Giovanni. Perciò questi Mi chiesero se era necessario accostarsi al battesimo di Giovanni, e Io risposi loro: «Una cosa soltanto è veramente necessaria, ed essa è che voi mettiate davvero in pratica la Mia Dottrina! Però, finché Giovanni potrà compiere liberamente la sua missione, ne trarrà dei vantaggi chi volesse prima purificarsi ricorrendo a lui». Udendo ciò molti si recarono da Giovanni per essere battezzati.

(V.25) Sorse allora una discussione da parte dei discepoli di Giovanni con i giudei (che si erano recati là) riguardo alla purificazione (cioè riguardo al Mio battesimo d’acqua che Io impartivo in apparente contraddizione con la testimonianza di Giovanni).

7. Allora sorse subito una discussione riguardo alla purificazione di Giovanni e al battesimo che Io impartivo, perché i discepoli di Giovanni non comprendevano come anch’Io battezzassi con acqua, quando invece, secondo la testimonianza del loro maestro, non avrei dovuto battezzare con acqua, ma con lo Spirito Santo. Molti tra i giudei, che Mi avevano seguito quali Miei discepoli, sostenevano che solo il Mio era vero battesimo, in quanto, benché Io battezzassi con l’acqua come Giovanni, solo il Mio battesimo aveva valore, poiché battezzavo non solo con l’acqua naturale, ma nello stesso tempo anche con l’acqua dello Spirito di Dio, che concedeva ai battezzati l’evidente potere di essere chiamati figli di Dio.

(V.26) E vennero a Giovanni e gli dissero: «Maestro! Ecco, Colui che era con te lungo il Giordano, al Quale tu rendesti testimonianza (che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo), battezza (anch’Egli ora con acqua) e tutti vengono a Lui!».

8. A seguito di tale discussione, i discepoli del Battista, insieme ai giudei, si presentarono a Giovanni dicendo: «Ascolta Maestro! L’Uomo che era con te di là del Giordano e del Quale tu testimoniasti che avrebbe battezzato con lo Spirito Santo, si trova qui nei dintorni e come te battezza con acqua! Come spieghi ciò? È questi Colui al quale rendesti la grande testimonianza?»

9. Giovanni rispose: «Andate a trovarLo e chiedeteGli: “Sei Tu Colui che deve venire o dobbiamo aspettarne un altro?”. Poi ricordate quello che vi dirà e riferitemelo! Subito dopo potrò darvi un sicuro parere».

10. Quindi, molti fra i discepoli di Giovanni vengono da Me e Mi espongono la questione, così come Giovanni aveva loro suggerito. Io rispondo, com’è noto, di riferire a Giovanni quanto essi vedono, cioè che i ciechi recuperano la vista, gli storpi camminano, i sordi odono e come il Vangelo del Regno di Dio viene predicato ai poveri! E felice chi non si scandalizza di Me! Così i discepoli ritornano di nuovo a Giovanni e gli raccontano quello che hanno visto ed udito.

 

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Cap. 24

Ultima chiarissima, grandissima testimonianza resa al Signore da Giovanni

Battista. Chi sia la Sposa e chi è lo Sposo. Umiltà di Giovanni. Il mistero di Dio, quale Padre e Figlio. Condizione per la vita eterna: la fede nel Figlio.

(Giov.3, 27-36)

 

(V.27) Giovanni rispose e disse: «Un uomo non può ricevere nulla, se non gli è dato dal Cielo».

1. Giovanni riflette un momento, poi dice ai suoi discepoli: «Udite, questa è la mia opinione: “Un uomo non può prendere nulla, soprattutto le cose dello spirito, se ciò non gli viene dato prima dai Cieli!”. Ora, quando mi trovavo al di là del Giordano, l’Essere straordinario che venne da me per essere battezzato, sul Quale vidi lo Spirito di Dio, sotto forma di una splendente nuvoletta, scendere dolcemente dal Cielo come una colomba che si posa sul nido, non avrebbe potuto, come semplice uomo, avere quello che Egli ha come già testimoniai! Però Egli è più che un semplice uomo e sembra che abbia in sé anche la facoltà di ricevere dal Cielo ciò che desidera, per custodirlo o darlo a chi Gli piaccia! Di conseguenza credo che quanto abbiamo, lo dobbiamo alla Sua Grazia e che risulta impossibile prescriverGli cosa debba fare, o come debba agire! Dunque Egli dona e noi riceviamo da Lui. Egli ha la ventola in mano e monderà interamente la Sua aia come desidera e raccoglierà il grano nel Suo granaio, brucerà invece la paglia con un fuoco inestinguibile e delle ceneri farà quello che Egli vuole!».

(V.28) Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: «Io non sono il Cristo, ma sono mandato prima di Lui».

2. (Continua Giovanni:) «Voi stessi mi siete testimoni di come, alla presenza dei sacerdoti e dei leviti che erano venuti a me da Gerusalemme, abbia detto che non sono il Cristo, ma uno che è mandato prima di Lui! Come potrei dunque giudicare quanto Egli fa, Egli, che tiene in mano la propria ventola? E se vuole mondare la propria aia come più Gli piace, non potremo dettarGli alcuna legge! Infatti se il campo (mondo) è Suo, sono Suoi anche il frumento (i figli di Dio) e la paglia (i figli del mondo o del demonio) e Suo è pure il granaio (il Cielo) e Suo il fuoco (l’Inferno) inestinguibile!»

(V.29) «Colui che ha la Sposa è lo Sposo (il Signore), ma l’amico dello Sposo, che è presente e L’ode, si rallegra enormemente della voce dello Sposo, perciò questa mia allegrezza è compiuta».

3. (Continua Giovanni:) «Colui che ha la Sposa (Sapienza dei Cieli), Costui è veramente uno Sposo, ma l’amico dello Sposo, che è presente e Lo ode, si rallegra enormemente udendo la Sua voce! Ecco, questa gioia è ora in me compiuta! Però, quando viene il Signore stesso, allora il compito del messaggero finisce! Infatti il messaggero non ha altro da fare che annunciare la Venuta del Signore; una volta che Questi è giunto, il messaggero si ritira, poiché non ha più alcuna funzione!».

(V.30) «Conviene che Egli cresca e che io diminuisca».

4. (Continua Giovanni:) «Conviene quindi che io diminuisca, mentre Egli, come Signore, cresca presso gli uomini di questa Terra! Dal momento in cui venni a voi come messaggero, siete stati fino a questo momento miei discepoli; ora, chi di voi può affermare che me ne sia gloriato? Ho sempre riservato la dovuta gloria a Chi spetta. E quando affermai che non ero degno di sciogliere i legacci delle Sue scarpe, non intesi elevarmi, ma tributarGli soltanto la gloria e l’onore che la cecità umana voleva rendere a me. Quindi, nuovamente vi dico che la mia missione è ormai compiuta! Infatti, come dissi, se il Signore viene, il precursore non ha più alcuna funzione ed è necessario che il messaggero (la carne) diminuisca ed Egli, come Signore (lo Spirito), cresca al di sopra di ogni carne! Grandissima quindi è la differenza tra il messaggero e Colui che, per autonoma ed assoluta Potenza, invia il messaggero dove Egli vuole».

(V.31) «Colui che viene dall’Alto è sopra tutti. Colui che viene dalla Terra è della Terra. Colui che viene dal Cielo è sopra tutti».

5. (Continua Giovanni:) «Colui che ha il potere di promulgare leggi domina e colui cui spetta obbedire è sottoposto. Nessuno però può ragionevolmente dominare se non è giunto dall’Alto. Chi, dunque, viene veramente dall’Alto, è sopra tutti. Chi invece proviene dalla Terra, non può assolutamente venire dall’Alto, ma solo dalla Terra. Chi viene dal Cielo è sopra a tutti, perché Egli è il Signore e può agire come vuole, quindi battezzare con acqua, con fuoco e con Spirito, poiché tutto Gli appartiene!

6. Io credo tuttavia che Egli stesso non battezzi con l’acqua, ma solo con il fuoco dello Spirito. Ma all’inizio i Suoi discepoli battezzeranno alla mia maniera gli uomini che non furono da me battezzati con l’acqua. Inoltre il battesimo d’acqua non giova a nulla, se a questo non segue il battesimo dello Spirito di Dio».

(V.32) «E testimonia ciò che egli ha visto ed udito, ma nessuno riceve la sua testimonianza».

7. (Continua Giovanni:) «L’acqua non testimonia che dell’acqua e lava la pelle dal sudiciume della terra. Lo Spirito di Dio invece, con il quale solo il Signore può battezzare, poiché lo Spirito di Dio è il Suo Spirito, testimonia di Dio e di quello che solo Lui contempla ed apprende perpetuamente in Dio.

8. Ma purtroppo quasi nessuno ha accolto finora questa santa Testimonianza! Infatti il fango resta fango e non può comprendere lo Spirito, a meno che non sia purificato dal fuoco e si sublimi, trasformandosi in Spirito. Un fuoco puro annienta tutto fuorché lo Spirito, che di per sé è una fiamma potentissima. Eppure sono molti quelli che saranno distrutti dal battesimo spirituale del Signore e molti, ancora, quelli che per timore si rifiuteranno di accettarlo».

(V.33) «Colui che riceve la Sua testimonianza, suggella (in sé) che Dio è vero. (Naturalmente in Colui che Gli rese testimonianza mediante il battesimo con lo Spirito di Dio)».

9. (Continua Giovanni:) «Chi però accoglierà questo battesimo e con esso la santa Testimonianza, costui, dinanzi al mondo, suggellerà in sé che Colui che lo ha battezzato con lo Spirito è veramente Dio stesso e che solo Lui può dare la vita eterna. Ora vi chiederete: “Perché suggellare in sé la Testimonianza dei Cieli di Dio mediante Dio?”. Io ve l’ho già detto: “Il fango è e rimane fango, mentre lo Spirito rimane Spirito. Dunque, se succede che nella materia dell’uomo terreno, la cui origine è terra e fango, riesca ad insinuarsi lo Spirito, questo vi resterà forse se tale uomo non avrà cura di custodirlo gelosamente in sé, cioè nel suo cuore?”.

10. C’è forse una qualche misura secondo cui lo Spirito debba essere distribuito, affinché ognuno possa riconoscere quanta parte di Spirito abbia ricevuto? E poiché una tale misura non è definita, allora l’uomo terreno di fango tende a fissare, nel suo cuore, una misura per lo Spirito che riceve. E quando lo Spirito è penetrato e si è adagiato in stato di pace imperturbata, colmando così la nuova misura del cuore, l’uomo di fango può allora valutare la quantità di Spirito che egli ha ricevuto!

11. A cosa gioverebbe attingere acqua del mare, per versarla in una botte forata? Potreste forse misurare la quantità di acqua, che avete attinto dallo sconfinato mare? Se invece la botte è in buono stato, allora vi sarà possibile misurare quanta acqua avete versato dentro! Ora, l’acqua del mare è uguale ovunque, sia che sia molta, sia che sia poca; essa è sempre una sola. Così pure il mare è in ogni caso sempre mare e l’acqua attinta da un luogo qualsiasi è sempre la stessa, poca o molta che sia. Se ne conosce la misura solo dopo averla attinta».

(V.34) «Infatti, colui che Dio ha mandato esprime le parole di Dio. Dio però non dà il Suo Spirito (a Colui che è inviato da Lui) con misura (cioè come ad un uomo, ma in tutta la Sua pienezza)».

12. (Continua Giovanni:) «La stessa cosa avviene per Colui che è venuto da Dio per testimoniare di Dio e per far udire la pura Parola divina. È Lui stesso il mare senza fine (Spirito di Dio). Quando Egli dà a qualcuno il Suo Spirito, Egli non Lo concede in misura illimitata, perché questa esiste in tutta la pienezza infinita solo in Dio, ma Lo dà secondo la misura che è nell’uomo. E se l’uomo vuole conservare in sé lo Spirito ricevuto, allora deve badare che la sua misura non sia difettosa e tenuta aperta, ma che questa sia invece ben legata e suggellata.

13. Ora, Colui presso Cui voi eravate e a Cui avete chiesto se Egli fosse il Cristo, anche se esteriormente è un Figlio dell’uomo, ha ricevuto fin dall’eternità lo Spirito di Dio non in misura umana, ma nella stessa infinita misura di Dio, perché in Se stesso Egli è lo sconfinato mare dello Spirito di Dio! Il Suo Amore è dall’eternità Suo Padre, il Quale non è fuori del visibile Figlio dell’uomo, ma è in Lui stesso. Questi è il Fuoco, la Fiamma e la Luce nel Padre e dal Padre fin dall’eternità».

(V.35) «Il Padre ama il Figlio e Gli ha dato ogni cosa in mano».

14. (Continua Giovanni:) «Ma questo caro Padre vuole bene moltissimo al Suo eterno Figlio, ed ogni Potenza ed ogni Potere sono nelle mani del Figlio, e tutto quello che noi abbiamo, in giusta misura, lo abbiamo attinto dalla Sua smisurata Pienezza. Egli stesso dalla Sua propria Parola è ora fra noi un Uomo nella carne, e la Sua Parola è Dio, Spirito e Carne, quella Carne che noi chiamiamo “Figlio”. Ma il Figlio è dunque anche in Se stesso la Vita di ogni vita eternamente”.

(V.36.) «Chi crede nel Figlio ha vita eterna, ma chi non crede al Figlio non vedrà la vita, ma l’Ira di Dio rimane su di lui!»

15. (Continua Giovanni:) «Chi accoglie quindi il Figlio e crede in Lui, ha già in sé la vita eterna. Infatti, come Dio in ogni Sua parola è Vita perfettissima ed eterna, anche in ogni uomo, che accoglie e conserva in sé la Sua vivificante Parola, Egli rimane tale. Al contrario, chi non accoglie la Parola di Dio dalla bocca del Figlio e quindi non crede in Lui, non solo non può e non otterrà la Vita, ma non potrà né vederla né percepirla in sé. L’Ira di Dio, cioè il Giudizio delle cose, che non hanno altra vita se non quella vincolata alla legge immutabile del dovere assoluto, rimarrà invece sopra di lui, fino a quando non crederà nel Figlio.

16. Io, Giovanni, vi ho detto tali cose e ho dato a tutti voi una testimonianza decisamente valida. Con le mie mani vi ho purificati dall’immondizia terrena! Ora, andate da Lui ed accogliete la Sua Parola, affinché pure voi possiate essere resi partecipi del battesimo del Suo Spirito, poiché senza questo ogni mia fatica sarà stata vana! Io stesso vorrei andare da Lui! Egli però non vuole che ciò avvenga e rivela al mio spirito dove devo rimanere, poiché spiritualmente ho già ricevuto ciò che ancora a voi manca».

17. Questa è l’ultima grande testimonianza che Giovanni il Battista Mi rese, la quale non ha bisogno di essere chiarita ulteriormente, perché si spiega molto bene in sé e da sé.

18. Il motivo per cui queste cose non sono scritte nel Vangelo è sempre lo stesso. In primo luogo, il modo di scrivere di quell’epoca era tale che non ammetteva molti dettagli, quindi si prendeva nota solo dei punti più salienti dell’oggetto o dell’avvenimento che si doveva narrare, mentre il resto, cioè quello che uno spirito attento poteva da se stesso facilmente intuire, veniva tralasciato. In secondo luogo, si evitava in tal modo che la parte santa e vivificante della Parola venisse contaminata e profanata. Quindi ogni singolo versetto è un seme rivestito di un solido involucro, in cui giace nascosto il germe di una Vita senza fine e di una illimitata traboccante Sapienza.

 

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SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI – CAP. 4

Conversione dei samaritani – Guarigione del figlio del re

 

 

Cap. 25

Le Grazie operate dal Signore a favore di coloro che credevano in Lui aumentano il numero dei Suoi seguaci – Origine di falsi Vangeli

 Gelosia dei templari e loro accanimento persecutorio – Il Signore attraverso la Samaria passa in Galilea – Carattere dei samaritani

 A Sichar – Il Signore e i Suoi fanno sosta al pozzo di Giacobbe

(Giov.4,1-6)

 

(V.1) Quando dunque il Signore seppe che i farisei avevano udito che Gesù faceva e battezzava più discepoli che Giovanni.

(V.2) Sebbene non fosse Gesù stesso che battezzava, ma solo i Suoi discepoli.

(V.3) Lasciò la Giudea e se ne andò di nuovo in Galilea.

1. Subito dopo le parole di Giovanni, i suoi discepoli si unirono a Me, così il numero dei Miei discepoli aumentava di giorno in giorno, anzi a volte di ora in ora. Infatti quelli che cominciavano ad avere fede in Me, si presentavano dapprima ai Miei primi discepoli, per essere battezzati da questi con acqua, poi, secondo la misura della loro fede, Io imponevo loro le mani. Venivano tanto incoraggiati e fortificati nello spirito che in loro il timore della morte del corpo svaniva.

2. Molti vennero a conoscenza di questi fatti e ne parlarono dovunque avessero avuto l’occasione di andare, anche se glielo avevo proibito. Perciò la fama delle Mie opere venne divulgata prestissimo in tutta la Giudea e, molto spesso, perfino corredata di aggiunte e di esagerazioni. Di conseguenza i giudei, costantemente ansiosi di vedere miracoli, furono sempre più spinti a venirMi dietro, anzi, molti di loro decisero di rimanere con Me.

3. Ciò aveva anche l’inevitabile, incresciosa conseguenza che le Mie opere, corredate di aggiunte ed esagerazioni, erano giunte alle orecchie molto suscettibili dei farisei. Tra le voci che correvano ce n’erano alcune così strane, che perfino alcuni romani cominciarono a pensare che Io dovevo essere o Giove in persona, oppure un Suo figlio.

4. Anche i romani inviarono i loro emissari, ma non trovarono quello per cui erano stati mandati. Abitualmente, in casi simili, Io Mi astenevo dall’operare miracoli, affinché quel popolo, immerso nella superstizione, non vi sprofondasse più di quanto già lo fosse.

5. In seguito, da queste esagerazioni sorsero un gran numero di falsi Vangeli, che dovevano poi deturpare il vero.

6. Ora, i farisei, questi malvagi, tristi e gelosissimi signori del Tempio e delle Scritture, consigliandosi tra loro, deliberarono se fosse stato il caso di convincere Me e Giovanni il Battista a desistere dal nostro operare o mandandoci all’altro mondo in maniera innocente o, in ogni caso, procurarci per il resto dei nostri giorni un alloggio, situato in buona posizione, ma alquanto sottoterra, come più tardi ottennero da Erode che fosse trattato Giovanni (il Battista).

7. Che tali loro nobili sentimenti non Mi fossero sconosciuti, è cosa che certamente non ha bisogno di alcun’altra dimostrazione. Infatti, volendo evitare litigi ed altri spettacoli disgustosi, non Mi restava che abbandonare l’oscurantista e ultramondana Giudea e recarMi in Galilea, paese animato da sentimenti un po’ più liberali.

(V.4) Egli doveva però attraversare la Samaria.

8. Però non era consigliabile passare subito in Galilea, ma la cosa migliore era andarci attraversando la Samaria, che da lungo tempo si era sottratta, con l’aiuto dei Romani, al dominio del Tempio (e questo tipo di attività era facile e desiderabile per i Romani il cui motto comunque era di dividere tutti i paesi per poterli dominare più facilmente).

9. Quindi, agli occhi della casta sacerdotale di Gerusalemme, il popolo samaritano era il più spregevole e sacrilego della Terra. D’altra parte presso i samaritani i sacerdoti erano tenuti così poco in considerazione, che per questi l’appellativo di sacerdote del Tempio corrispondeva alla più degradante qualifica. Se ad esempio succedeva che un samaritano, in un momento di ingiustificata esaltazione, avesse chiamato qualcuno con il titolo di fariseo, la persona così offesa faceva citare il diffamatore in giudizio e non di rado questi scontava la sua insensatezza pagando una rilevante ammenda in denaro e passando anche un anno in prigione. Appare dunque molto naturale che, sotto tali auspici, non era per niente conveniente ad un fariseo o ad un sacerdote della stessa risma porre piede in Samaria. Questo fatto, invece, tornava conveniente sia a Me che a quelli che Mi seguivano, perché in Samaria eravamo al sicuro dalla feroce persecuzione degli ebrei del Tempio.

(V.5) Venne dunque ad una città del paese di Samaria, detta Sichar, che è vicina al podere che Giacobbe diede a Giuseppe, suo figlio.

10. La via che attraversava la Samaria conduceva anche a Sichar, città situata nei pressi dell’antichissimo villaggio che Giacobbe, come dono natalizio, aveva donato insieme ai rispettivi abitanti, in prevalenza pastori, a suo figlio Giuseppe. Questo era tutto ciò che Giacobbe aveva ricevuto in dote al tempo delle sue nozze con Rachele. Sichar non era il capoluogo di provincia, tuttavia vi soggiornavano parecchi agiati samaritani ed alcuni ricchi romani, poiché la città si trovava in una regione molto piacevole dal clima tonificante.

(V.6) Ora qui c’era il pozzo di Giacobbe. E Gesù, affaticato dal cammino, sedeva presso il parapetto di pietra del pozzo. Era circa l’ora sesta.

11. Eravamo partiti dalla Giudea verso le quattro di mattina secondo l’attuale maniera di contare il tempo e, camminando velocemente senza sostare, giungemmo a mezzogiorno in punto, che corrisponde all’ora sesta di allora, al vecchio pozzo di Giacobbe. Precisamente quel vecchio pozzo si trovava di fronte al villaggio e ne distava appena circa quaranta passi in direzione di Sichar. L’acqua che ne sgorgava era di qualità eccellente, e il pozzo stesso era circondato da una balaustra di pietra leggiadramente lavorata allo scalpello, secondo l’antico uso; inoltre, vi erano piantati intorno alberi ombrosi.

12. Quel giorno di estate avanzata faceva molto caldo, tanto che il Mio corpo era molto stanco per il faticoso viaggio, così quelli che Mi avevano seguito dalla Giudea e ancora prima dalla Galilea, cercarono un luogo dove potersi ristorare dalla fatica di quel giorno. Alcuni cercarono ricovero nel piccolo villaggio, altri preferirono adagiarsi all’ombra dei folti alberi che si trovavano là.

13. Perfino i Miei primi discepoli, come Pietro, il Mio Giovanni l’evangelista, Andrea, Tommaso, Filippo e Natanaele caddero, affranti dalla stanchezza, sui tratti di terreno ombreggiati e coperti di foltissima erba. Solo Io, anche se ero molto stanco, Mi accontentai di sederMi sulla balaustra di pietra del pozzo, sapendo in anticipo che, tra breve, avrei avuto in quel luogo una buona opportunità per impostare un propizio scambio d’idee con i samaritani che, essendo testardi per natura, erano d’altra parte abbastanza esenti da pregiudizi. Nel frattempo, poiché la sete cominciava fortemente a farsi sentire, attendevo che tornasse uno dei discepoli, andato in paese a procurarsi un recipiente per attingere l’acqua, ma sembrava che tardasse ad apparire.

 

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Cap. 26

Il Signore e la donna al pozzo di Giacobbe.

Insegnamenti del Signore sull’essenza della Sua Acqua vivificante.

(Giov.4,7-16)

 

(V.7) E una donna di Samaria (precisamente dalla città di Sichar; lei era nativa della capitale di questo paese) viene per attingere dell’acqua. Gesù le dice: «Donna! Dammi da bere!»

(V.8) Infatti i discepoli erano andati in città a comperare del cibo.

1. Mentre Io attendevo invano un vaso [d'acqua] dal villaggio, appare all'orizzonte, quasi fosse stata chiamata, una donna samaritana di Sichar, la quale, munita di una brocca, voleva attingere dell’acqua dal pozzo di Giacobbe, bevanda deliziosa e ristoratrice in una giornata eccessivamente calda come quella. La donna, che fino a quel momento non si era curata di Me, si china sul pozzo, vi cala il vaso legato ad una fune e lo ritrae pieno d’acqua. Allora le rivolgo subito la parola dicendole: «Donna! Ho molta sete, damMi da bere dalla tua brocca!»

(V.9) Ma la donna samaritana Gli dice: «Come mai Tu che sei giudeo chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana? Infatti i giudei (orgogliosi) non hanno rapporti con noi (poveri) samaritani!»

2. La donna, meravigliata per aver riconosciuto in Me un giudeo, rimane perplessa per un po’, poi esclama: «Anche Tu sei uno di quelli che ho incontrato in città, e che mi hanno chiesto dove avrebbero potuto comperare da mangiare? Quelli erano dei giudei orgogliosi e, come lo dimostrano i Tuoi vestiti, sei senza dubbio anche Tu uno di loro! Io però sono una donna samaritana! Come puoi chiedermi di darTi da bere dell’acqua? Ah, è così! Quando il bisogno vi mette alle corde, voi, superbi giudei, non disdegnate di servirvi anche di una povera donna samaritana, ma per altre cose, non avete più né occhi né orecchie per noi! Ah, se potessi annegare con questa brocca d’acqua l’intera Giudea, allora Ti darei con tutto il cuore da bere, altrimenti preferirei vederTi morire di sete, piuttosto che porgerTi anche una sola goccia di quest’acqua!».

(V.10) Gesù rispose e le disse: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è Colui che ti dice “DamMi da bere”, tu stessa Gliene avresti chiesto ed Egli ti avrebbe dato dell’acqua viva!»

3. Io le rispondo: «Tu parli così perché nei tuoi giudizi sei cieca. Ma se i tuoi occhi fossero aperti e illuminati e tu riconoscessi il dono di Dio e Colui che ti ha detto “Donna, damMi da bere!”, allora cadresti ai Suoi piedi e Lo pregheresti che Ti desse dell’acqua vera! Ed Egli ti darebbe da bere un’acqua viva! Io ti dico, com’è scritto in Isaia 44,3 e in Gioele 3,1, che chi crede nelle Mie parole, farà sgorgare dal suo corpo fiumi d’acqua vivificante».

(V.11) La donna Gli dice: «Signore! Tu non hai niente con cui attingere e il pozzo è profondo! Da dove prenderesti dunque quest’acqua viva?».

4. Dice la donna: «Tu sembri essere molto versato nelle Scritture! E se mi hai chiesto un sorso d’acqua dalla mia brocca, deduco che Tu non ne possiedi una con la quale attingere a questo pozzo, ed essendo esso molto profondo non puoi prendere l’acqua con le mani. Sono quindi molto curiosa di conoscere con quale mezzo intendi procurarTi dell’acqua da un luogo qualsiasi! (Oppure le Tue parole sono velate per coprire la Tua voglia di avere dei rapporti con Me? È vero, sono ancora abbastanza giovane e pure attraente, non avendo compiuto ancora trent’anni! D’altra parte un desiderio di questo tipo, da parte di un giudeo verso una spregevole samaritana, sarebbe un vero miracolo, poiché preferite gli animali ai samaritani! In verità, non riusciresti mai a persuadermi!)».

(V.12) «Sei Tu maggiore di Giacobbe, nostro padre, il quale ci diede questo pozzo e al quale egli stesso bevve insieme ai suoi figli e al suo bestiame?».

5. Domanda la donna: «Chi sei Tu e che cosa rappresenti per osare di parlarmi così? Sei forse più di Giacobbe nostro padre, che ci ha dato questo pozzo e vi ha bevuto lui, i suoi figli e il suo bestiame? Chi pretendi di essere? Tu hai capito che sono una povera donna, perché, se fossi ricca, non verrei con questo caldo soffocante ad attingere l’acqua per ristorarmi. Vorresti Tu, da giudeo, rendermi più misera di quanto sono? E per sapere quanto sia povera è sufficiente osservare le mie vesti, che bastano a stento a far sì che possa uscire di casa senza arrossire di vergogna! Come puoi esigere da me che io, una misera e povera donna, debba pregarTi di poterTi assecondare nelle Tue voglie, Tu che sei un superbo giudeo? Sarebbe orribile se le Tue parole mirassero a questo scopo! Tuttavia, non mi sembri nutrire simili propositi, perciò neanch’io ho parlato sul serio! Ma poiché sei Tu ad avere parlato per primo, spiegati più chiaramente e dimmi quello che intendi con la Tua acqua vivificante!».

(V.13) Gesù rispose e le disse: «Chiunque beve dell'acqua di questo pozzo, con il tempo avrà ancora sete».

6. Io le rispondo: «Ti ho già spiegato che, poiché sei cieca nei tuoi giudizi, è naturale che tu non possa comprenderMi. Vedi, prima ti ho detto che, chiunque crede alle Mie parole, farà scorrere dai suoi fianchi fiumi d’acqua vivificante! Ascolta, sono già trascorsi trent’anni da quando venni in questo mondo e non ho ancora toccato una donna; com’è possibile che, d’un tratto, Mi senta spinto a desiderarti? Oh, cieca ed insensata! Infatti anche se volessi avere una relazione con te, tu rimarresti nuovamente assetata e dovresti ancora bere per spegnere la tua sete; ma quando ti ho offerto dell’Acqua viva, era evidente che intendevo estinguere per sempre in te la sete della vita! Infatti, vedi, la Mia Parola e la Mia Dottrina sono una tale Acqua!»

(V.14) «Ma chi berrà dell’acqua che Io gli darò, non avrà mai più sete in eterno anzi, l’acqua che Io gli darò, diventerà in lui una fonte d’acqua che zampilla in vita eterna».

7. (Continua il Signore:) «Infatti chi beve l’acqua naturale di questo pozzo, come quella di qualsiasi altro, dopo un po’ ha di nuovo sete. Chi però beve (accoglie con fede nel suo cuore) l’Acqua spirituale (la Mia Dottrina), che solo Io posso dare, costui non avrà mai sete in eterno, poiché l’Acqua che Io do a qualcuno diviene in lui un pozzo, la cui acqua fluisce nella vita eterna.

8. Vedi, tu Mi ritieni un giudeo superbo ed orgoglioso, e vedi, Io sono mansueto in tutta la Mia Anima e compenetrato dalla più profonda umiltà. La Mia Acqua vivificante è infatti questa stessa umiltà, perciò chi non diventerà umile come Me, non avrà alcuna parte nel Regno di Dio, che è sceso ora qui sulla Terra.

9. Ugualmente l’Acqua vivificante, che ti ho offerto, rappresenta pure la conoscenza dell’Unico Vero Dio e della Vita eterna derivante da Lui.  Quest’Acqua

scaturisce quindi da Dio, che è la Vita di ogni Vita e, quale Vita eterna, irrora l’uomo e lo trasforma in una fonte di vita inestinguibile, che da lui rifluisce in Dio e in Dio genera la stessa libera ed attiva Vita divina. Ecco, o donna, l’Acqua che Io ti porgo; come hai potuto comprenderMi così male?».

(V.15) La donna Gli disse: «Signore! Dammi di questa acqua, affinché io non abbia più sete e non venga più ad attingere qui (cosa, d’altra parte, molto faticosa)!»

10. Risponde la donna: «Dammi dunque di quest’acqua, affinché non soffra più la sete e non debba percorrere fino a qui questa faticosa via, per poter attingere un po’ d’acqua da questo pozzo, poiché dimoro in periferia, dalla parte opposta della città, ed è necessario fare un bel tratto di strada per arrivare fin qui!».

(V.16) Gesù le disse: «Va’, chiama tuo marito, poi vieni qui (con lui)».

11. Io le faccio osservare: «O donna, tu sei anche corta d’intelletto, con te è difficile parlare, perché non hai la più pallida idea delle cose dello Spirito! Vattene dunque in città, chiama tuo marito e ritorna qui con lui, poiché gli voglio parlare. Egli certamente, Mi comprenderà meglio di te! O anche lui, come te, crede di poter estinguere la sete naturale del proprio corpo con l’Acqua spirituale dell’umiltà?».

 

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Cap. 27

Continuazione della scena al pozzo di Giacobbe. Discorso del Signore con la samaritana riguardo suo marito. La donna riconosce il Signore quale profeta e Gli chiede dove può adorare Dio affinché sia risanata. Sulla vera adorazione di Dio Padre in Spirito e Verità. Cenni di vita.

(Giov.4,17-24)

 

(V.17) La donna, rispondendo, Gli disse: «Io non ho marito».  Gesù le disse: «Hai detto bene: “Non ho marito”».

1. La donna replica sdegnosamente: «Io non ho marito!». Al che sorridendo le rispondo: «Poche parole ma ben dette, questa volta hai detto davvero la verità».

(V.18) «Perché tu hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito! In questo tu hai detto la verità (così stanno le cose con te)!»

2. (Continua il Signore:) «Vedi, Mia cara, tu hai avuto già cinque mariti, ma poiché la tua natura non corrispondeva alla loro, essi si ammalarono in breve tempo e morirono; infatti, nessuno di loro durò più di un anno con te. Nel tuo corpo alberga un verme maligno e vorace e chi ti si accosta non può sottrarsi all’influenza di questo e ne viene ucciso. Ma, per tua e sua rovina, l’uomo, che ora è con te, non è tuo marito, ma il tuo amante! Sì, certamente, quello che hai appena detto corrisponde a verità».

(V.19) La donna Gli dice: «Signore, io vedo che tu sei profeta!»

3. Udendo questo, un senso di timore invade la donna, che, non volendo tradirsi, riflettendo un po’, Mi dice: «Signore, io vedo che Tu sei Profeta! E poiché conosci tutto ciò, saprai anche cosa potrebbe essermi di aiuto!»

(V.20) «I nostri padri hanno adorato Dio su questo monte (Garizim), e voi dite che a Gerusalemme c’è il luogo dove conviene adorare Dio! (Quale di queste cose è valida innanzi a Dio?)».

4. (Continua la donna:) «Io so che, in simili casi, solo Dio può aiutare. Ma come e dove Lo si deve pregare? I nostri padri dicono che conviene adorarLo sul monte Garizim, dove lo hanno già adorato i primi patriarchi. Voi affermate, invece, che è Gerusalemme l’autentico luogo dove Lo si deve adorare! Ora, poiché evidentemente Tu sei un Profeta di Dio, dimmi, di grazia, dove Lo si deve adorare realmente? Infatti sono ancora giovane e tutti mi dicono che sono una donna bellissima, perciò sarebbe un’orribile cosa se il verme di cui parli dovesse rodermi il corpo, mentre sono ancora viva! O povera, misera me!».

(V.21) Gesù le dice: «Donna, crediMi, verrà l’ora (ed è già arrivata) che voi non adorerete il Padre né su questo monte, né a Gerusalemme!»

5. Io le rispondo: «Donna, Mi sono certamente noti sia la tua povertà che le tue necessità e so quanto sia ammalato il tuo corpo, però conosco anche com’è formato il tuo cuore che, pur non essendo uno dei migliori, non può neanche dirsi cattivo. Questa è la ragione per cui Mi sentii indotto a parlarti, poiché quando nel cuore si trova anche solo un po’ di bontà, allora vi è sempre la possibilità di essere aiutati! Tu sei su una via assolutamente falsa se dubiti dove si debba degnamente ed efficacemente adorare Dio!

6. Ascolta, te lo voglio dire: “CrediMi, viene il tempo, anzi è già venuto, in cui non adorerete il Padre né su questo monte né in Gerusalemme!”»

7. A queste Mie parole la donna, spaventata, esclama: «Guai a me, guai a tutto il popolo! Cosa sarà di noi? Forse anche noi abbiamo peccato orribilmente come i giudei? Ma perché Jehova non ci ha mandato alcun profeta per ammonirci? Vero, ora sei venuto Tu come Profeta, ma a che cosa giova, se come hai detto, non adoreremo più Dio né sul monte né in Gerusalemme? Non significa forse, come credo di leggere sul Tuo viso, divenuto d’improvviso minacciosamente serio, che Dio abbandonerà completamente il Suo vecchio popolo e stabilirà la Sua dimora presso un altro popolo? In quale posto della Terra avverrà ciò? Oh, dimmelo, affinché possa andare a fare vera penitenza e adorare Dio Padre, pregandoLo di aiutarmi nella mia miseria e di non abbandonare completamente il mio popolo!»

8. Io le rispondo: «AscoltaMi bene e cerca di comprendere quello che ti dico! Perché dubiti, dunque, e tremi? Credi che Dio, come avviene tra gli uomini, sia anch’Egli infedele e non mantenga le Sue promesse?».

(V.22). «Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai giudei!».

9. (Continua il Signore:) «È vero, voi salite sul monte e là pregate ed adorate, ma non sapete cosa pregate e chi adorate. La stessa cosa succede a quelli che adorano a Gerusalemme. Essi si affannano per andare al Tempio e fanno orribili piagnistei, ma neanche loro sanno ciò che fanno e che cosa adorano!

10. Tuttavia, come Dio ha annunciato per bocca dei Profeti, la salvezza non viene da voi, ma dai giudei. Non hai che da leggere Isaia 2,3, dove troverai scritto ciò!»

11. Dice la donna: «Sì, lo so che è scritto che la legge uscirà da Sion e so pure che essa viene conservata nell’arca, allora perché dici: “Né sul monte né in Gerusalemme?”».

(V.23) «Ma l’ora viene, anzi è già venuta (davanti ai tuoi occhi), che i veri adoratori adoreranno il Padre in Spirito e Verità, perché tali sono gli adoratori che il Padre stesso richiede».

12. Io replico: «Non Mi hai ancora compreso. Ecco: Dio, il Padre eterno, non è né sul monte, né nel Tempio e tanto meno nell’arca! Per questa ragione ti dissi anche: “Viene il tempo, anzi esso è già qui davanti ai tuoi occhi, in cui i veri adoratori (alcuni dei quali li puoi vedere qui attorno a te che si riposano sotto gli alberi; altri ne hai visti in città dove si sono recati per comperare del cibo) adoreranno Dio Padre in Spirito e in Verità, perché il Padre stesso vuole che d’ora innanzi gli uomini Lo adorino così!”».

(V.24) «Dio è Spirito: perciò conviene che coloro che Lo adorano, Lo adorino in Spirito e Verità!»

13. (Continua il Signore:) «Infatti, Dio è Spirito, e quelli che Lo adorano Lo devono adorare in Spirito e Verità!

14. Per fare questo, non c’è bisogno né di un monte né di un Tempio qualsiasi, ma si richiede solo un cuore il più possibile puro, umile ed infiammato d’amore! Quando il cuore è veramente quello che deve essere, cioè l’urna in cui è conservato l’amore per Dio, la coppa colma di dolcezza ed umiltà, allora soltanto in quel cuore alberga la Verità in tutta la sua pienezza, e dove regna la Verità ci sono pure Luce e Libertà, poiché la luce della Verità rende libero ogni cuore. È dalla libertà del cuore che dipende poi la libertà di tutto l’uomo.

15. Quindi, chi ama Dio con un simile cuore, è un vero adoratore di Dio Padre e il Padre esaudirà sempre le sue preghiere, senza dare alcuna importanza al luogo, monte o Gerusalemme che sia, poiché ogni luogo della Terra Gli appartiene. Il Padre scruterà invece il cuore di ciascun uomo! Io credo che ora tu Mi abbia ben compreso».

 

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Cap. 28

La samaritana è disposta a dare da bere al Signore. Della sete spirituale del

Signore verso i cuori degli uomini. La virtù curativa dello Spirito nell’uomo che ha fede. Conversazioni sul Messia. Il Signore si rivela alla samaritana come Messia.

(Giov.4, 25-26)

 

1. Dice la donna: «Sì, Signore, ora ti sei espresso con più chiarezza! Ma dimmi: “Non hai più sete o non Ti senti di bere dalla brocca di una peccatrice?”»

2. Io rispondo: «Mia cara, non curarti di ciò, poiché tu Mi sei più preziosa che non la tua brocca e tutta la tua acqua! Quando poco fa ti chiesi dell’acqua, non volevo bere dalla tua brocca, ma dal tuo cuore, nel quale si trova un’acqua molto più preziosa di quella che si trova in questo pozzo e nella tua brocca. Con l’acqua del tuo cuore potrai guarire tutto il tuo corpo, perché ciò che in te Mi è gradito, avrà il potere di risanarti, purché tu abbia fede!»

3. Dice la donna: «Oh Signore, cosa devo fare perché quest’acqua scenda dal mio cuore sulle parti ammalate del mio corpo? Signore, perdonami se parlo così apertamente con Te, ma sono una donna miserabile e Tu sai che la miseria non conosce vergogna e che in se stessa non riconosce che se stessa e scioglie la lingua secondo la grandezza del bisogno. Se io non fossi tanto indegna, certamente Ti offrirei il mio cuore! Ma poiché sono così miseramente ammalata (oh, Mio Dio, Padre Santissimo, aiutami Tu!), non devo aggiungere ai miei numerosi peccati anche quello, forse più grave di tutti, di voler offrire il mio cuore impuro a Te, che sei purissimo!»

4. Io replico: «Mia cara donna, se prima ti ho chiesto dell’acqua, non è perché volevo che Mi offrissi il tuo cuore, poiché lo avevo già preso da Me stesso, però la tua offerta è sempre bene accetta, poiché anche il cuore dei samaritani Mi è gradito. E se tu Mi ami, fai bene, perché ti ho amata prima ancora che tu pensassi a Me!»

5. A queste Mie parole, la bella donna arrossisce e, alquanto imbarazzata, risponde: «Da quando mi conosci? Hai forse dimorato altre volte in questa città o in Samaria? Se è così, non ricordo di averTi mai visto! Oh, Te ne prego, dimmi dunque dove e quando Tu mi hai già vista!»

6. Io le rispondo: «Io non ti ho mai vista né qui né in Samaria né in nessun altro paese, eppure ti conosco già fin dalla tua nascita, anzi ancora da molto tempo prima. Io ti ho sempre amata come la Mia Vita! Cosa ne pensi ora? Sei contenta del Mio Amore? AscoltaMi ancora: tu avevi quasi dodici anni, quando un giorno cadesti in una cisterna; ebbene, fui Io a salvarti, anche se tu non hai visto la Mia Mano che ti trasse dal pericolo! Te ne ricordi?».

7. Udendo ciò, la donna, completamente turbata, non sa cosa rispondere; il suo cuore si infiamma enormemente e il suo amore aumenta visibilmente.

8. Dopo averla lasciata per un po’ immersa nei pensieri, suscitati dai nuovi sentimenti che le agitavano il cuore, le chiesi se sapesse qualcosa del Messia che doveva venire.

(V. 25) La donna Gli dice: «Io so che il Messia, che è chiamato Cristo, deve venire! Quando verrà, ci annuncerà (ancora una volta) ogni cosa (che Tu ora mi hai detto)?».

9. La donna con le guance ancora arrossate e il petto ansimante per la commozione, risponde: «Signore, Tu sapientissimo Profeta di Dio, io so per certo che il Messia promesso deve venire e che sarà chiamato Cristo! Però, quando Egli verrà, potrà annunciarci più di quello che mi hai appena detto Tu ora? E chi ci dirà quando e da dove verrà il Messia? Può darsi che nella Tua profonda sapienza, Tu sia in grado di fornirmi notizie più precise sulla Sua venuta; infatti è da lungo tempo che Lo attendiamo e mai nessuno ci ha fatto capire qualcosa sul Suo conto! Tu appagheresti una delle mie più ardenti brame se mi facessi conoscere precisamente quando e dove verrà il Messia per redimere il Suo popolo dai Suoi tanti nemici! Oh se Tu lo sai, dimmelo! Forse anche il Messia avrebbe pietà di me e mi aiuterebbe, se Lo pregassi?».

(V.26) Gesù le dice: «Io, che ti parlo, sono proprio Quello!»

10. Io le rispondo brevemente con serietà, ma al tempo stesso con amore: «Io che ti parlo, sono proprio Quello!»

 

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Cap. 29

Il dialogo tra il Signore e la samaritana viene interrotto dal ritorno di alcuni discepoli.

 La vera adorazione in Dio consiste nell’amore attivo.

Guarigione della samaritana.

La gioia della risanata e il suo zelante divulgare il Messia trovato.

La delegazione di sichariti dal Messia.

(Giov.4, 27-30)

 

(V.27) In quel momento arrivarono i Suoi discepoli (portando con sé le vivande che avevano comprato in città), e si meravigliarono che parlasse con la donna. Nessuno però Gli disse: «Cosa le domandi o perché parli con lei?».

1. La donna, nell’udire questa Mia esplicita dichiarazione, fu presa da grande timore, anche perché, in quel momento, erano tornati dalla città alcuni discepoli con le vivande acquistate, i quali, vedendoMi parlare con quella donna, ne erano rimasti enormemente stupefatti. Nessuno però si permise di chiedere né a Me, né alla donna cosa avessimo fatto o che cosa avessimo detto. Intanto, gli altri compagni di viaggio, come pure Maria Mia madre, anche lei presente, esausti dalla lunga e faticosa marcia, dormivano tanto profondamente che non era facile svegliarli. Nel contempo ritornò finalmente anche il discepolo che si era recato nel vicino villaggio in cerca di un vaso per attingere l’acqua. Non era però riuscito a trovarne uno. Egli si avvicinò a Me e scusandosi disse: «Signore, il piccolo villaggio conta circa una ventina di case ed esse sono tutte chiuse e nessuna ha dato segno di vita!»

2. Io però, confortandolo, gli feci osservare: «Non prendertela! Vedi, accadrà pure a tutti noi molto spesso e in molti modi in rapporto alle cose naturali, e particolarmente in rapporto a quelle spirituali, che noi, spinti dalla sete del nostro Amore, busseremo alle porte (ai cuori) degli uomini per chiedere un vaso con cui attingere l’acqua vivificante, ma troveremo i cuori chiusi e vuoti! Comprendi tu l’immagine?»

3. Il discepolo, commosso e colpito dalle Mie parole, risponde: «Signore, caro Maestro, purtroppo Ti ho ben capito! Ma se le cose stanno così, allora non concluderemo molto!»

4. Io gli dico: «Non ti confondere, fratello Mio! Osserva bene questa donna! In verità ti dico che è meglio ritrovare un’anima perduta che novantanove giusti, i quali ritengono di non avere bisogno di penitenza, visto che il sabato salgono regolarmente sul Garazim dove si illudono di servire Dio. Però già alla vigilia del sabato non lasciano fuori neppure un misero secchio, affinché di sabato non si possa attingere un solo sorso d’acqua per estinguere la sete, poiché, secondo l’idea di questi pretesi giusti, così facendo, quel giorno sarebbe profanato. Oh, quanto ciechi e stolti sono tali giusti! Guarda invece questa peccatrice, lei ci ha offerto la sua brocca e ci serve. DiteMi voi tutti, chi ritenete migliore, questa peccatrice o quei novantanove che santificano il sabato sul Garazim?»

5. La donna, sempre fortemente emozionata, umilmente dichiara: «Signore! O Figlio dell’Eterno! Ecco qui la mia brocca, tienila, la lascio al vostro servizio! In quanto a me, lasciate che ritorni subito in città, poiché noto che, con questa veste indegna, non mi è lecito rimanere qui con voi più a lungo!». Io le dico: «O donna, sii risanata, fai pure come ti sembra giusto!»

(V.28) La donna, dunque, lasciata la sua brocca, se ne andò in città e disse alla gente:

6. Piangendo di gioia, la donna abbandona la brocca e il pozzo e correndo si dirige in città, voltandosi di tanto in tanto verso di noi per salutarMi, poiché Mi ama intensamente. Arrivata in città tutta ansimante, incontra numerosi uomini che uniti in gruppo passeggiavano su e giù per un viale ombroso, com’era d’uso di sabato. Gli uomini, avendo notato che la donna, da loro ben conosciuta, correva, le chiesero scherzosamente: «Cosa succede? Dove vai di questo passo? Dov’è scoppiato il fuoco?». La donna allora si ferma, li guarda e, tra il serio e il lieto, dice loro: «Oh, miei cari signori, non scherzate, poiché questi tempi si sono fatti più seri di quanto li possiate ritenere!».

(V.29) «Venite a vedere un Uomo, che mi ha detto tutto ciò che ho fatto (seduto fuori al pozzo di Giacobbe), non è Costui il Cristo (il promesso Messia)?».

7. Alle parole della donna l’ansia e la curiosità traspaiono dalla faccia di quegli uomini che, interrompendola, chiedono: «Ebbene, dicci dunque cosa c’è di nuovo? Forse dei nemici si preparano ad entrare nel nostro paese? Oppure siamo minacciati da un’invasione di locuste?»

8. La donna, alla quale per la corsa fatta manca il fiato, mormora: «No, non è niente di tutto ciò! È una cosa ben più grande e decisamente molto più straordinaria! Ascoltatemi con calma!

9. Un’ora fa ero andata al pozzo di Giacobbe, per prendere dell’acqua per il pranzo, ed ecco che, giunta là, trovai un Uomo seduto sul parapetto del pozzo, che in un primo momento ritenni essere un giudeo! Disinteressandomi di Lui, dopo aver attinto l’acqua, quest’Uomo mi rivolse la parola chiedendomi di darGli da bere dalla mia brocca. Io, credendo che fosse giudeo, rifiutai.

10. Ma Egli non tacque, anzi riprese a parlare e mi disse cose tanto sagge da far supporre che fosse Elia in persona che parlava. Mi espose chiaramente tutte le cose che mi riguardano e tutto ciò che ho fatto finora. Infine Egli stesso fece cadere il discorso sul Messia e, quando Gli chiesi dove, come e quando sarebbe venuto il Messia, fissandomi con il suo serio ed amorevole sguardo e con voce che scosse le fibre più intime del mio essere, mi disse: “Io che ti parlo sono proprio Lui!”

11. Io però Lo avevo già pregato in precedenza, quando Egli mi aveva detto quanto io ero malata, se io non potessi ridiventare sana. Ed allora, per ultimo, mi disse: “Sii risanata!”. E vedete, il mio male uscì da me come un vento ed io ora sono completamente guarita!

12. Andate a vedere e voi stessi constaterete che è il Cristo, il Messia promesso! Da parte mia ritengo fermamente che Egli sia veramente il Messia, perché, anche se non si crede che Costui sia il Cristo, Egli produce dei segni talmente grandi, che lo stesso Cristo non ne potrebbe fare di più grandi! Andate dunque, e accertatelo voi stessi! Io invece corro a casa a mettere un vestito più decente, perché così vestita non potrei presentarmi davanti al Suo Cospetto e alla Sua Gloria! Infatti, anche se Egli non è il Cristo, sarà certamente molto di più di un profeta o di un re!»

13. Le rispondono quegli uomini: «Se le cose stanno come dici, è indubbio che i nostri tempi stiano assumendo un’importanza veramente eccezionale! Dobbiamo quindi accorrere numerosi ed avere cura che tra noi ci sia qualcuno che conosca a fondo le Scritture. Peccato però che oggi i nostri dottori si trovino tutti sul monte! Forse Egli si lascerà convincere a fermarsi alcuni giorni in mezzo a noi. In tal caso anch’essi avrebbero l’occasione di esaminarLo».

(V.30) Uscirono dunque dalla città e vennero a Lui.

14. Dopo tali ragionamenti, essi invitano molti altri a recarsi con loro al pozzo di Giacobbe. Così, in poco tempo, circa cento persone, tra uomini e donne, si mettono in cammino per andare a vedere il Messia.

 

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Cap. 30

Parole del Signore sul Suo vivificante cibo. La grande missione del raccolto.

Preghiera per ottenere più operai. La follia del sabato.

Come deve essere celebrato il sabato per piacere a Dio.

(Giov.4, 31-38)

 

(V.31) Nel frattempo i discepoli Lo pregavano dicendo: «Maestro mangia!»

1. Ora, mentre la numerosa schiera dei samaritani si era già posta in cammino e si dirigeva verso di noi, i Miei discepoli Mi esortavano a mangiare qualcosa prima del loro arrivo, perché sapevano già che quando delle persone venivano da Me, Io non mangiavo niente, ma loro Mi vedevano bene e temevano che potessi stancarMi e indebolirMi. Infatti, anche se erano convinti che Io ero il Cristo, tuttavia ritenevano che il Mio corpo fosse debole e fragile, perciò insistevano che Io mangiassi!

(V.32) Ma Egli dice loro: «Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete».

2. Io però, guardandoli con amore, dissi loro: «Miei cari amici, Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete!».

(V.33) Perciò i discepoli dicevano chiedendoselo l’un l’altro: «Forse qualcuno Gli ha portato da mangiare?».

3. I discepoli, allora, guardandosi l’un l’altro, si domandarono: «Chi può averGli portato da mangiare? Che tipo di cibo si è procurato? Certamente lo avrà già consumato! Eppure non se ne vede traccia visibile ed anche la brocca è tuttora piena d’acqua! D’altra parte, è stato perfino in grado di tramutare l’acqua in vino».

(V.34) Gesù dice loro: «(O non giudicate così assurdamente!) Il Mio cibo è che Io faccia la Volontà di Colui che Mi ha mandato e che Io adempia la Sua opera!»

4. Io dico loro: «O, non domandatevi così stupidamente cosa abbia o non abbia mangiato! Voi avete avuto modo molte volte di osservare che in vostra presenza non Mi sono mai fatto servire in maniera differente dagli altri. Ora però non voglio parlarvi del cibo del corpo, ma di un nutrimento molto più sublime e degno, un cibo spirituale, che consiste nel fare la Volontà di Colui che Mi ha mandato e di compiere la Sua straordinaria Opera! Colui che Mi ha mandato è il Padre, che dite essere il vostro Dio, ma che non avete mai conosciuto, mentre Io Lo conosco e adempio la Sua Parola. Questo è il Mio vero cibo, un cibo che voi non conoscete. Io vi dico: “Cibo non è solo il pane, ma ogni buona azione ed ogni retto lavoro, perché, sebbene questo non cibi il corpo, tuttavia alimenta e fortifica lo spirito!”».

(V.35) «Non dite forse che vi sono ancora quattro mesi fino alla mietitura? Ecco, Io vi dico: “Alzate i vostri occhi ed osservate i campi, come essi sono già biondi, pronti per la mietitura!”».

5. (Continua il Signore:) «Molti di voi possiedono nel loro paese dei campi, quindi dite: “Ancora quattro mesi ed arriverà il tempo della mietitura e dovremo ritornare ai nostri campi per il raccolto!”. Perciò anch’Io vi dico: “Alzate il vostro sguardo! Ecco, tutti i campi sono già biondi, pronti per la mietitura”. Io non Mi riferisco però ai campi terreni, ma all’immenso campo, che è il mondo intero, sul quale crescono gli uomini destinati, come il frumento divenuto maturo, ad essere raccolti nel granaio di Dio!»

(V.36) «Ora il mietitore riceve il premio e raccoglie il frutto per la vita eterna, affinché il seminatore e il mietitore si rallegrino insieme!»

6. (Continua il Signore:) «Ed ecco, questo raccolto è un vero lavoro e questo lavoro un vero cibo, del quale sia Io che voi mangeremo in grande quantità. Colui che su questo campo si comporta da buon mietitore, raccoglierà il vero frutto in vita eterna, affinché, alla fine, chi ha seminato e colui che ha mietuto e raccolto, siano uniti da una stessa gioia!»

(V.37) «Poiché in questo è vero il detto: “L’uno semina e l’altro miete”».

7. (Continua il Signore:) «Infatti dopo il raccolto, seminatore e mietitore godranno del medesimo frutto e insieme mangeranno lo stesso pane della Vita, perché sarà pienamente vero il detto che dice: “Uno semina e l’altro raccoglie”. Ma entrambi vivranno del loro lavoro e si sazieranno dello stesso cibo!

8. Osservate la moltitudine venuta dalla città per contemplare in Me il Messia e guardate quante altre persone vengono dietro a quella! Ebbene, questi altro non sono che spighe completamente mature, le quali avrebbero dovuto essere mietute già da lungo tempo! È con grande gioia che dico: “Grande è il raccolto, ma pochi sono i mietitori. Pregate, dunque, il Signore dei raccolti, affinché mandi più mietitori sul Suo campo!”».

(V.38) «Io vi ho mandati a mietere ciò che non avete seminato; altri hanno seminato, e voi siete subentrati nel loro lavoro».

9. (Continua il Signore:) «Io vi ho accolti, ed accogliendovi vi ho delegati in spirito a mietere quello che non avete seminato; infatti altri hanno seminato, mentre voi solo ora subentrate nel loro lavoro e ve ne potete compiacere, felici oltre ogni limite! Infatti colui che semina è ancora molto lontano dal raccolto; invece colui che miete, miete nello stesso tempo il raccolto e ha già davanti a sé il nuovo pane della Vita! Siate, dunque, mietitori zelanti, perché la vostra fatica è più beata di quella del seminatore!».

10. La maggior parte dei discepoli aveva ben capito l’insegnamento e cominciò subito ad esporre ai samaritani la Mia Dottrina dell’amore di Dio e del prossimo e a spiegare come Io fossi veramente il Cristo.

11. Ma alcuni, non molti, che erano piuttosto lenti a comprendere la voce del cuore, si avvicinarono a Me e in segreto Mi chiesero: «Signore, dove prenderemo le falci che ci occorrono? Oggi, inoltre, è sabato!»

12. A queste parole Io replicai: «Ho forse voluto dire che dovevate mietere questi campi d’orzo naturali, che si stendono davanti ai nostri occhi? O stolti, fino a quando dovrò sopportavi? Non comprendete dunque ancora? Ascoltate allora quello che Io vi dirò e cercate di comprenderlo.

13. La Mia Parola del Regno di Dio – quella cioè che ho dato ai vostri cuori, affinché passi dalla vostra lingua nell’orecchio e nel cuore degli uomini, vostri fratelli – è appunto la falce spirituale che vi affido. Così attrezzati potrete mietere tra gli uomini e raccoglierli quindi nel Regno di Dio, che è il Regno della vera conoscenza di Dio e dell’eterna vita in Dio!

14. Certamente oggi è sabato, ma il vostro sabato è insensato e stolto come i vostri cuori, e voi ci tenete tanto, perché i vostri cuori appaiono duri ed oziosi come i sabati attuali. Però, poiché sono Signore anche del sabato, Io vi dico:

15. “Bandite al più presto questo sabato dal vostro cuore, se volete essere e rimanere veramente Miei discepoli! Per noi, qualunque giorno deve essere produttivo; e se il Signore del sabato lavora, perché dovrebbero starsene con le mani in mano i Suoi servitori?

16. Non sorge e non tramonta forse il sole di sabato, come negli altri giorni? E se il Signore del sole e del sabato volesse celebrare il sabato così come lo fate voi, diteMi, vi piacerebbe commemorarlo nell’oscurità più completa? Vedete, vedete quanto siete ancora stolti! Ravvedetevi dunque, e fate quello che Io e i vostri fratelli stiamo facendo. Solo allora potrete nominarvi celebratori del sabato e come tali Mi sarete graditi e le vostre opere saranno vivificanti”».

17. Fortificati dalle Mie parole, anche i discepoli più deboli, che nel frattempo si erano radunati, si avvicinarono ai samaritani ed cominciarono ad esporre loro quanto sapevano di Me.

 

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Cap. 31

Il Signore viene riconosciuto ed accolto con fede dai samaritani.

Scena tra i sichariti e la donna del pozzo di Giacobbe. 

Suo discorso sulla vera onorificenza: l’amore al Signore.

(Giov.4, 39-42)

 

(V.39) Ora molti dei samaritani di quella città credettero in Lui, a motivo delle parole che la donna aveva attestato: «Egli mi ha detto tutte le cose che ho fatto».

1. Si andò avanti così fino a sera, e molti di quelli che erano venuti dalla città credettero in Me, soprattutto per la testimonianza della donna che, con ardenti parole, aveva raccontato ai concittadini come le avessi dimostrato di conoscere tutto ciò che lei aveva fatto e che le era accaduto fino a quel momento. Molti altri credettero, invece, grazie alla testimonianza che i discepoli davano di Me. Ma i samaritani, che si erano avvicinati a Me, acquistarono una fede talmente stabile da essere in grado di comprendere le Mie parole.

2. E tra essi quelli che conoscevano bene le Scritture dicevano: «Costui parla come Davide, che nei suoi Salmi dice: «Gli statuti del Signore sono giusti e rallegrano il cuore; i comandamenti del Signore sono puri ed illuminano gli occhi! Il timore del Signore è puro e rimane in eterno, i giudizi del Signore sono verità e sono tutti quanti giusti. Sono più desiderabili dell’oro, anzi più di una grande quantità d’oro finissimo e più dolci del miele, anzi di quello che stilla dai favi. Io prendo piacere nel fare la Tua Volontà, Signore, se la Tua Legge ce l’ho nel cuore. Io voglio predicare la Tua Giustizia nella grande comunità. Vedi, Signore, non voglio farmi tappare la bocca, Tu lo sai, Signore. Io non nascondo la Tua Giustizia nel mio cuore. Io narro la Tua Verità e la Tua Salvezza, non celo la Tua Benignità, né la Tua Verità nella grande comunità». Noi dunque sappiamo e la nostra testimonianza è pervasa di verità e di forza che Chi parla ed opera così come ha parlato ed agito Davide dinanzi al Signore ed in Suo Nome, è veramente il Messia promesso. Ora, dopo Davide, non c’è stato nessuno che abbia parlato ed agito così, se non Costui, quindi Egli è infallibilmente il Cristo, l’Unto del Signore fin dall’eternità. Noi dobbiamo pienamente accettarLo per Tale!».

(V.40) Dunque, quando i samaritani vennero da Lui, Lo pregarono di restare con loro ed Egli vi rimase due giorni.

3. Dopo che i samaritani ebbero discusso sul Mio conto per parecchio tempo, si avvicinarono a Me con profondo rispetto e Mi pregarono di prendere dimora presso di loro. Poi dissero: «Signore, Tu che sei veramente il Cristo e visto che Ti abbiamo perfettamente riconosciuto come Tale, rimani con noi, perché a Gerusalemme non troverai certamente una buona accoglienza. Al contrario, là troverai incredulità e persecuzioni di ogni tipo! Tu sai bene che non c’è creatura peggiore del fariseo, che abiti sia la terra che il mare di questo vasto mondo. Invece qui da noi troveresti l’accoglienza che spetta a Colui del Quale profetizzarono Mosè, Davide e i Profeti!»

4. Io però feci loro osservare: «Miei cari amici di Sichar! È con vera gioia che noto come abbia ben raccolto sui vostri campi, ma non è opportuno che Mi trattenga presso coloro che ormai sono guariti, mentre altrove gli infermi sono in gran numero! Tuttavia posso trattenerMi con voi due giorni, ma il terzo riprenderò il Mio viaggio e scenderò in Galilea».

(V.41) E molti di più credettero in Lui per la Sua Parola.

5. Allora molti altri, che prima non erano sembrati inclini a credere in maniera assoluta, udendo le Mie parole, si avvicinarono anch’essi e confessarono la loro fede, irremovibilmente salda. Nel frattempo era giunta anche la donna, con addosso le sue migliori vesti. Pure lei volle prendere parte al colloquio e tra le altre cose a quelli che avevano creduto disse: «Ebbene, miei cari amici, spero che adesso sarò onorata presso di voi, poiché fui io a indicarvi per prima la via che conduce qui, quando scherzando mi chiedeste dove fosse scoppiato l’incendio!».

(V.42) E alla donna dicevano: «Noi non crediamo più per le tue parole, poiché noi stessi L’abbiamo udito e sappiamo che Costui è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo».

6. Allora i samaritani risposero: «Poiché il Signore ti ha accolta prima di noi, puoi stare certa che ti onoreremo come si usa fare a Sichar. Però sappi che noi non crediamo più per le tue parole, perché noi stessi Lo abbiamo udito ed abbiamo riconosciuto che Questi è veramente il Cristo, il Salvatore del mondo! Perciò, le tue parole non ci potranno rendere più credenti di quanto già lo siamo! Nondimeno vogliamo, com’è giusto, renderti il dovuto onore, purché in avvenire tu non abbia più a peccare!»

7. Risponde la donna: «Io non ho mai peccato tanto quanto, purtroppo, voi avete sempre pensato! Secondo le leggi, prima che mi sposassi il mio corpo non fu mai toccato da nessun uomo, e quando mi sono maritata ho sempre vissuto così come si addice ad una moglie. Io non sono colpevole se fui sterile e se ognuno dei miei cinque legittimi mariti morì poco tempo dopo aver avuto rapporti carnali con me. La colpa al massimo è di coloro da cui ho ricevuto questo corpo non adatto all’uomo. Pertanto, dopo essere rimasta vedova per la quinta volta, immersa nel dolore più profondo, decisi di non unirmi più a nessun uomo. Ma dopo alcuni anni, come vi è noto, venne a Sichar un medico, che giovandosi di erbe medicinali, oli ed unguenti, operò molte guarigioni. Fu allora che anch’io mi recai da lui, spinta com’ero dal mio stato di sofferenza, e gli chiesi se fosse stato possibile aiutarmi.

8. Ed egli, dopo avermi attentamente osservata, mi disse: “Donna! Darei non so che cosa pur di poterti aiutare, poiché i miei occhi mai videro una donna così bella!

Ma anche se non posso sanarti completamente, posso però lenire i tuoi mali!”. Così, egli venne nella mia povera casa, mi procurò dei farmaci che contribuirono realmente a calmare i miei dolori e si prese cura di me. Inoltre egli non si è mai avvicinato al mio corpo ammalato con intenzioni disoneste, come falsamente credete!

9. Però davanti a Dio sono, come voi tutti, sempre una peccatrice, ma in confronto a voi non credo di essere quella grande e grossolana peccatrice che pensate! E se le mie parole vi suonano strane, chiedetelo a Colui che mi dimostrò di conoscere tutta quanta la mia vita e che ora siede al pozzo di Giacobbe. Egli stesso vi dirà fino a che punto e in che misura io meriti ancora di essere considerata una pubblica peccatrice!»

10. Perplessi, i samaritani si guardano l’un l’altro e dicono alla donna: «Via, via, non te la prendere, non fraintendere le nostre parole. Ecco, noi vogliamo che tu sia annoverata fra i benemeriti abitanti di Sichar, così da diventare una persona onorata. Sei soddisfatta?»

11. La donna risponde: «Oh! Non preoccupatevi per l’onore di una povera donna! Ho già avuto il più grande degli onori!»

12. Osservano a loro volta i samaritani: «Quando l’hai avuta questa tua parte di gloria? Ignoriamo completamente che tu abbia ricevuto un’onorificenza in città! Allora chi te l’ha conferita?»

13. La donna, con lacrime di vero amore e riconoscenza, accennando a Me, risponde: «Ecco la Persona dalla Quale l’ho avuta! Lui solo è ora tutto il mio decoro, che né voi né il mondo intero possono darmi né togliermi! Infatti Lui stesso me l’ha dato e da Lui l’ho ricevuto! Lo so bene di non essere assolutamente degna di ricevere onore da Colui che è il Signore della Gloria. Egli però me lo ha concesso prima di voi e prima di voi lo ricevetti, avendovi dato Sue notizie prima ancora che voi sapeste qualcosa di Lui. Vedete, ciò che ho avuto prima di voi, non me lo avete dato voi e adesso che ce l’ho già, voi non potete più togliermelo. Questa è la vera onorificenza, che ha valore eterno. Il vostro riconoscimento, invece, ha solo valore temporaneo e vale solo per Sichar. Di questi vostri onori posso benissimo fare a meno, quando ne ho uno che ha valore eterno! Spero che ora vi sia chiaro come e da dove ho avuto il più grande degli onori»

14. Rispondono i samaritani: «Hai forse dei meriti particolari, se il caso ha voluto che, uscendo prima di noi, tu incontrassi il Cristo? Adesso Lo abbiamo trovato pure noi, e Lo lodiamo e Lo acclamiamo nei nostri cuori come fai tu. Egli ha promesso anche a noi che avrebbe dimorato due giorni nella nostra città. Se le cose stanno così, come puoi dunque parlare di una precedenza d’onore e di una preferenza nei tuoi confronti?»

15. Dice la donna: «Miei cari amici di Sichar, se volessi entrare in discussione con voi, non ne verremmo mai a capo. Vi ho appena esposto la cosa così com’è, cioè conforme a verità, perciò non intendo spiegarvela una seconda volta! Parecchi di voi hanno studiato la legge romana, anzi giudicano secondo quella legge ed affermano che è una legge savia! Ebbene, poiché anch’io comprendo il romano, è bene che vi rammenti quella legge che dice: “Primo occupanti jus!” (Diritto al possesso a chi se ne è impadronito per primo”). Perciò, poiché sono stata la prima a venire, non potete togliermi questo diritto».

16. I samaritani, udendo ciò tacquero, non sapendo cosa rispondere alle ragioni della donna, poiché lei li aveva colpiti nel loro lato debole e non sapevano cosa ribattere. Infatti essi, a causa dei giudei, erano molto amici dei romani ed apprezzavano sommamente la sapienza e l’ordine della legge di Roma. E poiché la donna aveva richiamato questa legge, non poterono fare altro che starsene zitti.

17. Va notato, e non ci si meravigli, che la donna era buona conoscitrice della lingua romana, infatti i samaritani, per distinguersi maggiormente dai giudei, parlavano quasi correntemente romano e a volte anche greco.

 

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Cap. 32

Scena deliziosa tra il Signore e la donna, nella cui casa Egli vuole albergare.

Discorso del Signore ai samaritani. Il Signore guarda il cuore, mentre gli uomini l’esteriore. L’onore della donna del pozzo di Giacobbe.

 

1. Intanto si era già fatta sera e quelli che erano venuti dalla Giudea con Me, essendo stanchissimi, avevano dormito tutto il pomeriggio. Si risvegliarono uno dopo l’altro, stupendosi che fosse già tardi e Mi chiesero cosa si sarebbe dovuto fare, se cercare un asilo per la notte, oppure approfittare delle fresche ore notturne per proseguire il cammino.

2. Io risposi loro: «Anche se gli uomini dormono, il Signore tuttavia veglia ed Egli ha cura di tutto e coloro che sono con Lui non hanno altro compito che quello di rimanere presso di Lui. Dunque alzatevi, andremo in questa città dei samaritani! Là troveremo dove albergare convenientemente. Ecco, la donna, che stamani Mi ha negato l’acqua, possiede una casa spaziosa e credo che non si rifiuterà di ospitarci per un paio di giorni!»

3. Udendo le Mie parole, la donna, piangendo di gioia e d’amore, si prostra ai Miei piedi e dice: «O Signore, mio Salvatore, come posso meritare questa grazia, io povera peccatrice?»

4. Io le rispondo: «Tu Mi hai accolto nel tuo cuore, che è enormemente più prezioso della tua casa, allora Mi accetterai anche come ospite nella tua dimora naturale, che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe insieme a questo pozzo. Come vedi siamo in molti; perciò, per due giorni, avrai molto da fare e di che occuparti, ma alla fine ne trarrai grandissimo vantaggio!»

5. Dice la donna: «Signore, foste pure numerosi dieci volte di più, vi ospiterei lo stesso presso di me, fino a quando lo permettano i miei mezzi! La mia casa, anche se è qua e là piuttosto cadente, ha molte stanze decenti e, anche se non ho grandi possibilità, sono pure arredate abbastanza bene. La casa è abitata solo da me, dal mio medico e da alcuni suoi servitori. Ma, o mio Signore, come potrei ospitarTi in questa casa, che è Tua? Infatti Tu solo ne sei il vero Padrone, vantando su di essa diritto più antico! Vieni perciò, Signore, ed entra nella Tua casa! D’ora in poi essa Ti appartiene in assoluto e sarà sempre Tua, con tutto ciò che essa contiene!»

6. Io le rispondo: «Donna, la tua fede è grande e il tuo cuore pieno d’amore, perciò anche tu sarai annoverata tra i Miei discepoli, ed ovunque sarà predicato questo Vangelo, il tuo nome sarà menzionato in eterno!»

7. Questo sorprese e fece un po’ arrabbiare i samaritani, e parecchi di loro si avvicinarono a Me e dissero: «Signore, anche noi abbiamo delle case, e sarebbe stato più opportuno che Tu avessi preso alloggio da noi! Infatti, vedi, la casa di questa donna ha una pessima reputazione presso di noi, ed è più una rovina che una casa!»

8. Io faccio loro osservare: «È da tre ore che siete con Me, avete anche conosciuto Chi sono Io e si è già fatta sera, però poco fa nessuno di voi si è offerto di ospitarMi insieme ai Miei discepoli, anche se ho dato ascolto alla vostra preghiera e vi ho promesso di fermarMi un paio di giorni nella vostra città.

9. Io però scrutai attentamente il cuore di questa donna e notai in lei l’ardente desiderio di averMi come ospite! Quindi non fui Io a chiedere ospitalità in casa di questa donna, ma lo chiedeva il suo cuore. E poiché lei non osava esprimersi apertamente davanti a voi, Io venni incontro a questo cuore e gli chiesi che Mi desse ciò che desiderava offrirMi con ardente amore, vivo desiderio e disponibilità!

10. È per questa ragione che accetto di stare in casa di questa donna per due giorni interi! E beato chi non si scandalizzerà di Me per questo!

11. Io però vi dico: “Come si semina, così si raccoglie; chi semina con avarizia, avrà uno scarso raccolto, ma chi semina con dovizia, ne avrà uno abbondante”. Finora nessuno di voi ha offerto qualcosa a Me o ai Miei discepoli. Questa donna invece Mi ha subito fatto dono di ogni suo avere! Chi di voi può dire di aver fatto altrettanto? È forse ingiusto renderle onore di fronte a voi tutti? Perciò Io vi dico che chi per questo motivo litigherà con lei, ne subirà le conseguenze in questo mondo!»

12. Ovviamente ciò irrita i samaritani, che si guardano sorpresi, ma si controllano subito e Mi pregano di permettere loro di farMi visita il giorno dopo.

13. Io rispondo: «Io non vi invito e neanche vi obbligo. Coloro che liberamente vogliono venire da Me, non troveranno le porte chiuse, anzi avranno libero accesso a Me. Dunque, chi vuole venire, venga, e chi vuole rimanersene a casa propria, rimanga, poiché Io non costringo né giudico nessuno!».

14. A queste Mie parole i samaritani si alzarono e andarono in città. Io però rimasi ancora un po’ vicino al pozzo e la donna dissetò con la sua brocca tutti coloro che avevano sete tra quelli che erano con Me.

 

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Cap. 33

Avvenimenti miracolosi in casa della donna. Scena tra la donna e i mosaisti samaritani. Questi tentano di infamare Gesù, ma sono giustamente puniti. 

Relazione del medico e risposta del Signore.

 

1. Intanto il suo medico, che l’aveva accompagnata, se ne ritornò di corsa a Sichar, per allestire in tempo, con l’aiuto dei suoi servi, le migliori stanze e preparare una cena possibilmente abbondante. Però, quando arrivò in casa, rimase molto meravigliato vedendo come tutto fosse quasi in perfetto ordine come lui voleva fosse fatto. Allora, soddisfatto e felice, chiese alla sua gente chi avesse loro impartito gli ordini necessari. Ed essi gli risposero: «Un giovane dal bellissimo aspetto è venuto qui e ci ha detto con dolcissima voce: “Fate questo, perché il Signore, che sta arrivando in questa casa, ne ha bisogno!”. Quando abbiamo udito questa meravigliosa notizia, lasciammo da parte ogni altro lavoro per eseguire ciò che ci aveva ordinato quell’insolito giovane. Come vedi, tra poco sarà tutto in perfetto ordine»

2. Il medico, stupefatto, domandò: «Dov’è questo mirabile giovane?». I servitori gli risposero: «Non sapremmo dirtelo, perché, dopo averci impartito questi ordini, ci lasciò in maniera talmente rapida, che non potemmo vedere da che parte se ne fosse andato». Allora il medico disse: «Non importa, continuate pure il vostro lavoro, poiché su questa casa oggi è scesa una grande benedizione e voi tutti ne sarete partecipi!»

3. Dopo egli uscì di casa e ci venne di nuovo incontro in gran fretta, per riferirMi come tutto fosse già stato allestito.

4. Strada facendo, però, si imbatté in alcuni ultra-mosaisti che, fermatolo, gli dissero: «Amico, non è bene correre così di sabato. Non sai per quali e quante cose può venire profanato il giorno sacro a Jehova?»

5. Il medico risponde loro: «Voi, adoratori della lettera della Legge che ci diede Mosè! Voi ritenete che sia peccato correre di sabato, anche se il sole è ormai già tramontato e non rimane quasi più che uno scorcio di questo giorno; però ditemi: “Quando di sabato voi profanate le vostre donne e le vostre serve e commettete con loro ogni forma di impudicizia, fornicazione ed adulterio, come chiamate tutto ciò?”. Mosè ha forse mai dato un simile comandamento per celebrare il sacro giorno di Jehova?». I samaritani rispondono: «Per le parole che hai detto oggi, se non fosse sabato, ti avremmo lapidato! Questa volta siamo indulgenti!». Aggiunse il medico: «Bene, bene; le vostre parole e i vostri sentimenti si adattano proprio all’epoca attuale, nel momento in cui il Messia a lungo promesso si trova alle porte di Sichar e mentre Gli vado incontro per riferirGli che nella Sua casa tutto è già pronto per il Suo ricevimento! Non avete udito ancora nulla di tutto ciò che è successo fuori delle porte della città?»

6. Dicono i mosaisti: «Sicuramente! Noi abbiamo saputo che vicino al pozzo di Giacobbe si è accampata una carovana di giudei e che uno di loro, probabilmente il capo-carovana, vuole farci credere che egli sia il Cristo! Ma questo fatto dimostra - e tu che sei un medico dovresti saperlo - che i giudei tramano qualcosa contro di noi e che essi stanno tentando, appunto, di mandare in porto il loro tranello prendendo di mira noi, che siamo ritenuti degli stupidi! Che bel Messia avremmo trovato! Credi forse che non conosciamo chi è lui? Non siamo forse anche noi di Galilea e vostri compagni di fede, secondo la legge di Mosè? Perciò, poiché siamo anche noi della Galilea, conosciamo molto bene questo nazareno, figlio di un carpentiere. Dacci retta, costui, venutogli a noia il lavoro, è diventato un vile strumento nelle mani dei farisei ed ora, con l’aiuto di una qualche magia appresa chissà dove, tenta di spacciarsi per il Messia! E pensare che vi sono ancora degli asini e buoi della tua specie che si prestano volentieri al gioco, credendo ciecamente alle sue seducenti parole! Si dovrebbe invece acciuffarli tutti e cacciarli oltre il confine con una buona dose di legnate, così come si conviene al fango e all’immondizia!»

7. Esclama il medico: «O ciechi! In casa mia gli angeli di Dio Lo attendono e per Lui hanno portato dai Cieli cibi, bevande e giacigli; e voi vi permettete di parlare così! Che il Signore vi castighi!»

8. Appena il medico pronuncia queste parole, dieci dei mosaisti divengono subito muti, tanto che nessuno di essi può più parlare per tutta la durata dei due giorni della Mia permanenza a Sichar. Il medico però li lascia e si affretta a venirMi incontro.

9. RaggiuntoMi, Mi dice: «La Tua casa, o Signore, è bene allestita! Tutto si è svolto in maniera meravigliosa, ma strada facendo ho incontrato dei miscredenti che si davano da fare a parlare male di Te. Le loro grida però non durarono a lungo, poiché il Tuo angelo li percosse sulla bocca e tutti loro, tranne due, diventarono all’improvviso completamente muti. I due risparmiati dal castigo, presi da forte spavento, si diedero alla fuga. Tutto ciò, o Signore, è accaduto nell’arco di solo mezz’ora!»

10. Io gli rispondo: «Fatti coraggio, questo doveva succedere affinché coloro che già credono nel Mio Nome non fossero distolti dalla loro fede! Ma è ora di incamminarci e tu, Mia cara samaritana, non dimenticare la tua brocca!»

11. La donna, allora, attinge nuovamente dell’acqua fresca per portarla in casa. Così trascorse quella mezza giornata fuori di Sichar al pozzo di Giacobbe e qui vi si fece un raccolto abbastanza ricco.

 

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Cap. 34

Istruzioni del Signore all’evangelista Giovanni sulle cose che devono essere annotate per iscritto. Il Signore e i Suoi nella vecchia casa di Giuseppe in Sichar. Preparativi degli angeli per accogliere la santa Compagnia.  La relazione tra Dio Padre e Dio Figlio.

 

1. Prima di metterci in cammino, il Mio discepolo Giovanni Mi rivolse la parola dicendo: «Signore! Se Tu volessi, potrei, questa stessa notte, mettere per iscritto tutto quello che è qui accaduto!»

2. Gli faccio osservare: «Non tutto, fratello Mio, ma solo ciò che espressamente ti dissi di scrivere! Perché, se tu volessi annotare tutto ciò che è già accaduto o che accadrà qui nei prossimi due giorni, riempiresti i molti papiri che porti con te. Chi potrebbe leggere tutto ciò? E chi comprenderebbe? Basta che nei fogli tu prenda nota solo dei principali avvenimenti, così come ti vengono indicati secondo la loro vera rispondenza. Coloro che sono davvero onesti e saggi sapranno da se stessi appurare, nel Mio Nome, tutto quello che è avvenuto qui e perché è avvenuto. In questo modo tu ti risparmi una così grande ed inutile fatica. Così potrai eseguire il tuo lavoro più facilmente e rimarrai per sempre il primo scrivano delle Mie Dottrine e delle Mie Opere».

3. Allora Giovanni, commosso, Mi bacia sul petto, ed insieme alla samaritana e al medico ci mettiamo in cammino per la città. A notte inoltrata arriviamo alla casa di Giuseppe.

4. Quando entriamo nell’edificio realmente grande, la samaritana assiste ad uno spettacolo straordinario, ammirando con meraviglia lo sfarzo e lo splendore dei preparativi allestiti per riceverMi! Un buon numero di mense perfettamente imbandite e contornate da ricche sedie non attendono che i commensali. Delle lampade di metallo prezioso, scintillanti, disposte su ogni mensa, illuminano l’ambiente con la loro viva luce. Superbi tappeti ricoprono tutto il pavimento e perfino le pareti sono simmetricamente ricoperte di tappeti fioriti. Sulle lusinghiere mense sfavillano, agli occhi degli invitati, delle coppe di finissimo cristallo, già colme di delizioso vino!

5. La donna, immersa nel più profondo stupore, non riesce a raccapezzarsi e, dopo aver lungamente contemplato quella scena, esclama: «Signore, cosa hai fatto? Hai forse incaricato i Tuoi discepoli di preparare di nascosto tutto ciò? Ma dove hanno preso tutte queste cose? Conosco quello che è in casa, certamente non ho oggetti d’oro né d’argento, mentre qui tutto trabocca di questi metalli! Una coppa di cristallo simile a questa non l’ho mai vista prima, qui invece ce ne sono a centinaia, ognuna delle quali vale almeno trenta denari. E questo vino, questi cibi, questa frutta e il bel pane e questi preziosi tappeti, che costano certamente più di cento grossi d’argento ognuno! Povera me! Dimmi, o Signore, tutte queste meraviglie le hai portate qui Tu o sono state prese in prestito da qualche luogo di questa città?»

6. Io le rispondo: «Vedi, amata donna, quando stavamo al pozzo hai affermato che questa casa appartiene a Me ed Io l’ho accettata in regalo. E poiché ora questa casa è Mia, per averla ricevuta in dono da te, non era bello accogliere la Mia benefattrice in un ambiente disadorno! Di solito si dice che una mano lava l’altra; ugualmente, nel nostro caso, si può affermare che un onore ne esige un altro! Tu Mi hai fatto, di tutto cuore, dono assoluto di questa casa così com’era prima, ora te la rendo così com’è adesso. Credo che questo scambio ti piaccia. Come vedi anch’Io Me ne intendo un po’ di ciò che è bello e di buon gusto!

7. Sappi che questa, ed ogni altra cosa che conosco, l’ho appresa dal Padre Mio! Infatti nella Casa del Padre Mio ci sono infinite stanze, in cui il bello e il buono si elevano ad altezze incommensurabili, come tu stessa puoi notare, se osservi attentamente i fiori dei campi, dei quali il più effimero è adorno in maniera più splendida che non lo stesso Salomone, in tutta la sua regale magnificenza!

8. Dunque, se il Padre adorna di così tanta bellezza già i fiori, che per giunta hanno vita breve, quanto più adornerà la Sua Casa che è in Cielo? Ora, ciò che il Padre fa, lo faccio anch’Io, poiché Io e il Padre siamo, in essenza, una cosa sola! Chi accoglie Me, accoglie anche il Padre, perché il Padre è in Me come Io sono nel Padre! Chi dona a Me dona anche al Padre, perciò ogni cosa che tu Mi darai ti sarà ridata al centuplo! Ecco, ti ho messo al corrente di tutto.

9. Ora sediamoci e ceniamo, perché molti di noi sono affamati e assetati. Dopo che avremo ristorato le nostre membra, continueremo a parlare di questo argomento».

10. Tutti si siedono alle mense e, dopo aver reso grazie, si accingono a placare la loro fame e la loro sete.

 

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Cap. 35

A Sichar. Narrazione dei servitori sulla trasformazione miracolosa della casa.

Il Signore è riconosciuto in maniera meravigliosa dalla donna. Il Signore vuole che essa mantenga il segreto. Le Sue amorevoli cure per Maria. I discepoli contemplano i Cieli. Esemplare confessione di Natanaele. Il Signore ammonisce di tenere il silenzio sul celeste mistero.

 

1. Terminata la cena, la donna si avvicina nuovamente a Me, ma in un primo momento non ha il coraggio di dirMi niente. Infatti durante il pasto aveva chiesto in giro ai servitori del medico qualche chiarimento su come era avvenuta tutta quella trasformazione, ed i servitori le avevano risposto: «Cara padrona, Dio sa sicuramente come sono andate le cose! Noi abbiamo contribuito molto poco; il nostro padrone poi niente affatto, perché quando giunse qui tutto era già in perfetto ordine. Molto tempo prima che il padrone arrivasse, eravamo intenti a sbrigare le faccende di casa quando, ad un tratto, ci si presentò un giovane di abbagliante bellezza, che ci disse che dovevamo fare questo e quello poiché il Signore di questo aveva bisogno. Quindi ci affrettammo ad eseguire subito l’ordine che questo singolare giovane ci aveva dato. Ma qui viene il bello! Appena mettevamo mano per eseguire uno dei lavori assegnatoci, il lavoro stesso appariva improvvisamente già bello e fatto davanti ai nostri occhi. Perciò noi possiamo solo dirti che qui, con ogni evidenza, ha operato l’Onnipotenza divina e che quel giovane risplendente doveva essere un angelo del Signore. Se così non fosse, il fatto non avrebbe spiegazioni plausibili! Secondo noi, l’Uomo, che era al tuo fianco quando entrasti in questa sala, deve essere un grande profeta, se le potenze dei Cieli Gli sono così sottomesse!»

2. Quando la donna udì tutto ciò dai servitori, le venne ancora meno il coraggio, anzi a malapena riusciva a parlare. Perciò solo dopo aver lungamente indugiato, lei si avvicinò a Me e a bassa voce Mi disse: «O Signore! Tu sei più che il Messia promessoci! Senza dubbio sei Colui che ha punito il Faraone, sei Tu che guidasti gli Israeliti fuori dall’Egitto e che dettasti le Tue leggi sul monte Sinai, in mezzo ai tuoni e ai fulmini!»

3. Io però la interruppi, dicendole: «O donna! Non è ancora giunta l’ora di annunciare ciò agli uomini; per il momento tieni queste cose nel tuo cuore e abbi cura che la moltitudine, che Mi ha seguito dalla Giudea, sia alloggiata convenientemente nelle stanze da letto! Tu invece rimani qui con me, come pure il medico e i Miei discepoli, che per ora in tutto sono dieci! E riserva il letto migliore alla donna che sedeva al Mio fianco e che è la madre del Mio corpo, affinché possa ben riposare, poiché lei, che non è più giovane, ha sostenuto un lungo viaggio ed ha bisogno di un corroborante riposo!»

4. La donna gioisce immensamente udendo che quella persona poco appariscente è Mia madre e si premura subito di eseguire nel migliore dei modi il Mio incarico. Intanto Maria, divenuta oggetto delle sue più tenere ed affettuose cure, la elogia vivamente e le raccomanda ugualmente di attenersi scrupolosamente alle Mie parole!

5. Quando tutto è tranquillo e nella grande sala da pranzo presso di Me si trovano solo la donna, il medico e i Miei discepoli, Io dico ai discepoli: «Vi ricordate come a Bethabara, in Galilea, Io vi accolsi come Miei discepoli e vi dissi: “D’ora innanzi voi vedrete i Cieli aperti e gli angeli di Dio scendere su questa Terra”? Ecco, tutto ciò si sta compiendo alla lettera di fronte ai vostri occhi. Le cose che qui vedete, tutti i cibi e le bevande che vi sono state offerte non sono di questa Terra, ma provengono dal Cielo, da cui gli angeli di Dio le hanno portate. Aprite dunque i vostri occhi, affinché possiate vedere la moltitudine di angeli che sono qui pronti a servirMi!»

6. Allora gli occhi dei presenti furono aperti ed essi videro legioni di angeli al Mio servizio scendere dai Cieli, poiché, nel momento in cui i loro occhi spirituali furono aperti, le pareti della casa erano scomparse, ed ecco che i Cieli si aprirono!

7. Natanaele, in estasi, esclama: «Sì, o Signore, Tu sei fedele e vero! Ciò che Tu dicesti si è appena meravigliosamente adempiuto! In verità, in verità, Tu sei il Figlio del Dio Vivente! Con Abramo Dio comunicò per mezzo dei Suoi angeli. Giacobbe vide in sogno una scala, che gli angeli salivano e scendevano, però egli non vide Jehova, ma solo un angelo che sulla mano destra portava scritto il Nome di Jehova, e poiché Giacobbe lottò con lui per stabilire se fosse Jehova, quell’angelo toccò così fortemente la giuntura della coscia di Giacobbe che questi se ne andò zoppicando! Anche Mosè parlò con Jehova, ma non vide altro che fuoco e fumo, poiché, a causa del passaggio di Jehova, dovette nascondersi in una grotta e non poté alzare lo sguardo fino a che Questi non fosse passato. E quando Jehova fu passato, alzò lo sguardo, ma scorse solo la schiena di Jehova e si coprì la faccia con un triplice velo, perché lo splendore era più forte di quello del sole e nessuno poteva contemplarLo senza morirne! Successivamente solo Elia intravide Jehova che procedeva in un dolce aleggiar di vento! Ma ora Tu stesso sei qui»

8. A questo punto Io interrompo Natanaele e gli dico: «Basta, fratello Mio! L’ora non è ancora giunta! Soltanto ad un’anima come la tua, pura ed esente da ogni falsità e ipocrisia, è dato di poter contemplare queste cose. Tienile dunque in te finché non ne sia giunto il momento! Vedi, non tutti quelli che Mi seguono sono come te.

9. E questa donna, che prima non era come te, adesso lo è, quindi anche lei ha capito quello che tu hai appena detto. Ma non è ancora venuto il tempo in cui la cortina del Tempio si fenderà in due; quando esso giungerà, verrà tolto del tutto il velo che copre la sfolgorante faccia di Mosè!»

 

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Cap. 36

A Sichar –Il Signore informa Giovanni che non tutto si presta ad essere annotato –Promessa dell’attuale Rivelazione. «Basta che tu creda e che Mi ami!» – Il Messia e il Suo Regno – Parole di benedizione al medico e alla donna –. Joram ed Irhaele vengono congiunti in matrimonio dal Signore – Il Signore non dorme.

 

1. Giovanni allora Mi chiede: «Signore, ma io devo prendere nota di tutto ciò! Questo è molto più importante del miracolo di Cana e testimonia apertamente da dove Tu sei venuto!»

2. Io gli dico: «Puoi tralasciare anche queste cose, poiché quello che scriverai, sarà solo una testimonianza per il mondo. Questo non ha sufficiente capacità di comprendere queste cose! A che cosa gioverebbe allora la tua fatica? Pensi forse che il mondo presterebbe fede a simili fatti? CrediMi, coloro che sono qui, credono, perché vedono. Il mondo invece, che vive nelle tenebre, non potrebbe mai convincersi che qui siano realmente accadute cose simili. Alla notte, infatti, è del tutto impossibile concepire le opere della luce. E anche se tu volessi descrivere al mondo le opere della luce, esso ti riderebbe in faccia e tu saresti oggetto delle sue beffe. Avvenga quindi che in futuro tu prenderai nota solo di quello che Io farò apertamente di fronte a tutto il mondo, ma quello che Io faccio in segreto, per quanto grande sia, scrivilo solo nel tuo cuore e non sulla liscia pergamena!

3. Ma verrà il tempo in cui tutte queste cose, rimaste segrete, saranno rivelate al mondo; ma prima che ciò avvenga molti saranno ancora gli alberi che dovranno lasciar cadere la frutta acerba dai loro rami! È vero, gli alberi fruttificano abbondantemente, ma solo una terza parte dei frutti giunge a maturazione! Gli altri due terzi dovranno prima cadere, essere calpestati, poi si seccheranno e marciranno, finché la pioggia non li dissolverà e un possente vento li sospingerà nel loro tronco alla seconda nascita!»

4. Giovanni risponde: «Signore! Ciò è troppo profondo, chi può comprenderlo?»

5. Io gli dico: «Non è necessario per ora che tu comprenda; basta che tu creda e che Mi ami. La comprensione profonda di tutte queste cose verrà nel giorno in cui lo Spirito di Verità sarà sparso su di voi. Ma prima che ciò accada, molti di voi, malgrado tutti questi segni, si scandalizzeranno di Me e del Mio Nome!

6. Infatti avete ancora una falsa comprensione del Messia e del Suo Regno, e passerà ancora molto tempo prima che possiate comprenderLo.

7. Il Regno del Messia non sarà un regno di questo mondo, ma un eterno Regno dello Spirito e della Verità nel Regno del Padre Mio, ed esso non avrà fine, perché durerà per i secoli dei secoli! Chi è accolto in questo Regno avrà vita eterna, una felicità mai vista prima, mai udita né sentita nel cuore, neanche in minima parte!»

8. A questo punto Pietro, che era rimasto a lungo tempo in silenzio, interviene dicendo: «Ma chi sarà mai degno di tanta beatitudine?»

9. Io gli rispondo: «Amico Mio, oggi si è già fatto tardi e i nostri corpi hanno bisogno di riposo per riprendere domani il lavoro con più vigore! Chiudiamo quindi l’odierna giornata ed attendiamo ciò che succederà domani. Perciò ognuno vada nella stanza che gli è stata assegnata e si riposi convenientemente, perché domani avremo molto da fare!»

10. Appena finisco di parlare, tutti vengono ricondotti al loro stato naturale e ricompaiono davanti ai loro occhi le pareti della sala, lungo le quali sono disposti magnifici letti di riposo. Allora i discepoli, alcuni dei quali molto stanchi, rendono grazie e vanno subito a coricarsi. 

11. Solo Io, il medico e la donna rimaniamo ancora svegli. Quando i discepoli si addormentano profondamente, i due si prostrano ai Miei piedi e Mi ringraziarono di cuore per l’indicibile grazia che ho concesso sia a loro che all’intera casa. Mi supplicarono anche di permettere loro di unirsi a Me e di seguirMi.

12. Io rispondo: «Per la vostra felicità ciò non è necessario, perché se volete seguirMi, basta che lo facciate nel vostro cuore! D’altra parte è necessario che Mi siate testimoni in questo paese, poiché fra breve sorgeranno degli scettici, ed essi verranno da voi. Allora sarà vostro compito rendere buona testimonianza di Me!

13. E tu, Mio amato Joram, sarai d’ora in poi un medico perfetto e a chiunque avrai imposto le mani nel Mio Nome, quel malato migliorerà, per quanto grave possa essere il suo male. Ora però dovete unire le vostre due vite con un vincolo indissolubile, perché la vostra attuale forma di convivenza è di scandalo ai ciechi che osservano soltanto l’esteriorità delle cose e non hanno la minima idea di ciò che è interiore.

14. Tu, Joram, non devi ormai più temere Irhaele, il cui corpo e la cui anima sono ora perfettamente sani. E tu, Irhaele, troverai in Joram un uomo venuto dai Cieli. Sii perfettamente felice con lui, poiché non è uno spirito di questa Terra, ma viene direttamente dall’Alto!»

15. Esclama la donna: «O Jehova, quanto sei buono! Ma quando vuoi che venga celebrata la nostra unione davanti agli occhi del mondo?»

16. Io le dico: «Io vi ho già uniti e soltanto questo legame ha valore sia nel Cielo che sulla Terra, perciò, in verità vi dico: “Dal tempo di Adamo fino ad oggi non vi è mai stata su questa Terra un’unione più perfetta di quanto lo sia ora la vostra! Infatti Io stesso ho benedetto il vostro legame”.

17. E domattina, quando verranno qui in gran numero i sacerdoti insieme ad altre persone e ai cittadini di questa città, annunciate che voi siete ora sposati davanti a Dio e davanti a tutto il mondo! E se avrete dei figli, allevateli nella Mia Dottrina e battezzateli nel Mio Nome, così come faranno domani i Miei discepoli con la moltitudine. Questo è il modo con cui battezza Giovanni sul Giordano, del quale avrete certamente sentito parlare. Così domani darò pure a te, o Mio Joram, il potere di battezzare chiunque crederà nel Mio Nome.

18. Ora andate a riposarvi, ma finché Io rimarrò in questa casa, per ragioni di educazione, non accostatevi l’uno all’altro! E durante questo tempo non preoccupatevi del mangiare e del bere, perché fino a quando dimorerò in questa casa, i cibi e le bevande ci saranno portati dall’Alto. Non dite ancora a nessuno come ciò avvenga, perché gli uomini non lo comprenderebbero! Quando sarò partito, potrete chiarire queste cose ai più illuminati. Andate dunque a riposarvi, Io invece rimarrò qui a vegliare da solo! È necessario infatti che il Signore non dorma né riposi, poiché il Suo sonno e il Suo riposo sarebbero la morte e la rovina degli esseri! Perciò, anche se tutto il mondo dormisse, tuttavia, il Signore veglierebbe per la loro conservazione».

19. Dopo queste parole, entrambi rendono grazie e si ritirano per riposare, ognuno nella propria stanza. Io però rimango seduto sulla Mia sedia fino al mattino dopo.

 

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IL PRIMO DEI DUE GIORNI A SICHAR, CITTÀ DELLA SAMARIA

 

 

Cap. 37

Canto mattutino dei sacerdoti a Sichar – Il Signore li indirizza al monte.

Vocazione di Matteo come evangelista e apostolo – Sulla natura dei sogni.

 

1. La mattina presto, al sorgere del sole, si presentarono davanti alla casa di Irhaele un gran numero di sacerdoti che, vista la vicinanza del monte sacro (Garizim), dimoravano a Sichar. Ad un tratto, sorse un gran clamore; infatti, quel gruppo di gente andava gridando: «Osanna, Osanna e salve a Colui che è venuto nel Nome della Gloria di Dio! Arrestati, o sole, e tu, o luna, fermati, finché il Signore di ogni Gloria non abbia percosso ed annientato con la Sua possente Destra tutti i Suoi nemici, che sono pure nostri nemici! Risparmia solo i romani, o Signore, perché essi ci sono amici e ci proteggono dagli ebrei, che non sono più figli di Dio, ma di Belzebù che essi invocano come loro padre, nel Tempio che Salomone Ti ha innalzato. Hai fatto bene, o Signore, a venire tra i Tuoi autentici figli, che hanno creduto alle Tue promesse ed ansiosamente Ti hanno atteso fino a questo momento. Lo sappiamo che tu provieni dalla Giudea, perché è scritto che la salvezza verrà dalla Giudea. Noi però abbiamo anche udito che quando Ti trovavi nel Tempio di Gerusalemme, hai percosso gli ebrei con delle fruste ed hai rovesciato i loro tavoli! O Signore, Tu hai agito molto bene, perciò tutti i Cieli Ti loderanno con salmi, trombe e cetre! Noi abbiamo sempre sostenuto che, se Tu passavi di qui, non saresti andato oltre senza fermarTi nel luogo sacro dal quale Daniele, Tuo profeta, preconizzò la caduta e la distruzione di Gerusalemme! Da questo stesso luogo Tu, o Signore, annuncerai la salvezza ai Tuoi popoli! Sia lodato il Tuo Nome, osanna nel più alto dei Cieli e venga la salvezza a tutti i figli di buona volontà!»

2. Questo vocìo, in parte sensato ed in parte fuori luogo, fece accorrere nelle vicinanze una grande moltitudine di persone e tra queste anche coloro che il giorno prima Mi avevano incontrato al pozzo e che bramavano nuovamente di vederMi e di sentire la Mia Parola. Intanto lo strepito e la moltitudine aumentavano di secondo in secondo, così quelli che erano con Me in casa si alzarono per vedere cosa stesse succedendo. I primi ad alzarsi furono i discepoli, che Mi chiesero cosa significasse tutto quel tumulto e se fosse stato più consigliabile rimanere là o sfuggire a quella dimostrazione.

3. Ma Io dissi loro: «O paurosi! Non sentite come gridano Osanna! Ora Mi sembra che non sia pericoloso rimanere là dove si grida Osanna!»

4. Allora i discepoli si tranquillizzarono e dissi ancora: «Scendete e dite loro che facciano silenzio e che vadano sul monte, perché dopo la sesta ora (cioè poco dopo mezzogiorno) anch’Io, con tutti voi, li raggiungerò e dal monte annuncerò a tutti la Salvezza. Prendano con sé degli scribi, per annotare tutto quello che insegnerò dal monte.

5. Tu, Giovanni, non hai bisogno di scrivere queste cose, perché questi Miei insegnamenti saranno annotati da altri. Per esempio, so che in questo luogo soggiorna uno scrivano di nome Matteo, anch’esso di Galilea. Egli ha già scritto certe cose sulla Mia infanzia e, dato che è molto abile e veloce nel suo lavoro, saprà certamente scrivere tutto quello che udrà e vedrà. Scendete giù e fatelo venire qui. Basta chiamarlo per nome e vi seguirà immediatamente! Dite inoltre ai principali sacerdoti e ai cittadini che ieri avete conosciuto al pozzo, che salgano qui da Me. Ma prima di tutto chiamateMi Matteo, perché desidero che anch’egli ci segua!»

6. I discepoli scesero rapidamente per strada e fecero quello che avevo loro ordinato.

7. Mentre però i discepoli, che erano scesi sulla via, erano andati a sbrigare il loro compito, comparvero nella sala da pranzo tutti gli altri ospiti, tra i quali anche Maria. Questi Mi salutarono amabilmente e Mi ringraziarono per quello che avevo operato, narrandoMi sommariamente gli straordinari sogni, che avevano fatto durante la notte. Essi Mi chiesero poi se in questi sogni vi fosse qualcosa di vero e di profondo.

8. Io risposi loro: «Tutto ciò che l’anima vede in sogno, corrisponde perfettamente allo stato dell’anima stessa. Se l’anima vive nel vero e nel bene che Io vi insegno a credere e a fare, allora essa, anche nel sogno, contempla il vero e può procurarsi da esso del bene per la vita. Però, se l’anima è immersa nel falso e di conseguenza nel male, allora essa anche nel sogno vede cose menzognere, che a loro volta possono generare il male.

9. Ma poiché, secondo la Mia Dottrina, voi Mi seguite e vivete quindi nella verità, la vostra anima, anche nel sogno, contempla il vero, che potrà incitarvi a compiere molti benefici.

10. Ma che l’anima riesca a comprendere tutto quello che percepisce in sogno, questa è tutt’altra cosa. Infatti, come voi non potete cogliere né comprendere tutto ciò che vedete nel mondo esteriore in cui vivete di giorno, allo stesso modo neanche l’anima può comprendere tutto ciò che essa contempla nel suo mondo.

11. Ma quando il vostro spirito sarà rinato, così come annunciai a Nicodemo a Gerusalemme quando venne a trovarMi di notte, solo allora sarete in grado di comprendere ogni cosa e di conoscerla perfettamente». 

12. Con questa spiegazione tutti furono soddisfatti e si ritirarono.

 

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Cap. 38

A Sichar – Scena tra il Signore e Matteo, esattore della dogana – Il Signore lo istruisce su come annotare la predica sulla montagna – Discorso e saluto del capo sacerdote – Risposta del Signore – Consigli sulla vita – «Non l’udire, ma l’operare secondo la Mia Dottrina reca salvezza!» – Colazione rustica

 

1. Dopo queste cose, si fa avanti anche la padrona di casa con il suo nuovo marito. Lei Mi saluta affettuosamente e chiede, sia a Me che all’intera compagnia, se vogliamo fare colazione, avendola già servita.

2. Io le dico: «Mia cara Irhaele, aspetta ancora un po’. I Miei discepoli porteranno degli ospiti, che potranno prendere parte alla colazione. Inoltre, costoro apprenderanno dalla Mia bocca come voi siate ormai regolarmente uniti in matrimonio. Così si convinceranno che la vostra casa non è una delle ultime, ma una delle prime della città, poiché ora è ben messa, tanto all’esterno quanto all’interno ed è per questa ragione che ho stabilito qui la Mia dimora»

3. Appena finito di parlare, ecco aprirsi la porta della sala e comparire Pietro, il Mio Giovanni e, tra di loro, Matteo. Questi si prostra davanti a Me e Mi dice: «Signore, eccomi qui pronto a servire solo Te! In questa città possiedo un ufficio da scriba e con questo lavoro riesco a mantenere me e la mia piccola famiglia; però se Tu, o Signore, hai bisogno del mio operato, allora abbandonerò subito il mio impiego, sapendo, per certo, che Tu non lascerai perire la mia famiglia!»

4. Dico Io: «Colui che Mi segue, si curi solo di rimanere presso di Me temporaneamente e in eterno. Ma osserva questa casa: i due proprietari sono pronti ad ospitare, nel Mio Nome, la tua famiglia e a sostentarla nel migliore dei modi, ed anche tu, sia di giorno che di notte, troverai qui sempre la migliore accoglienza»

5. Intanto Matteo, che conosceva l’abitazione quando era più un rudere che una casa, non finiva di meravigliarsi, ed infine disse: «Signore, qui è accaduto certamente un grande miracolo! Infatti questa casa era in rovina, mentre ora sembra un palazzo, difficile da trovarsi perfino in Gerusalemme! Una simile struttura è in verità regale! Ciò deve essere costato un’ingente somma!»

6. Io gli rispondo: «Se tu hai fermo e chiaro il concetto che a Dio sono possibili moltissime cose che sembrano impossibili agli uomini, potrai facilmente capire come questo rudere si sia potuto trasformare in un palazzo! Ora, parliamo d’altro. Hai con te sufficiente materiale per scrivere?»

7. Matteo dice: «Ne ho abbastanza per due giorni, ma se ne occorre di più, posso subito andare a procurarmelo»

8. Io gli rispondo: «Quello che hai ti è sufficiente per dieci giorni, dopo potremo procurarcene dell’altro. Ora resta qui e fai colazione con noi; poi, all’ora sesta, andremo sul monte, dal quale annuncerò al popolo la Salvezza. Mentre Io parlerò, tu dovrai scrivere tutto quello che dirò in tre capitoli, suddivisi in piccoli versetti, alla maniera di Davide. Cerca ancora uno o due scrivani che possano copiare quello che tu scriverai, affinché in questo luogo resti una testimonianza scritta!»

9. Matteo dice: «Signore, ogni cosa sarà fatta secondo la Tua Volontà!»

10. Dopo questo necessario colloquio con Matteo, entrano i discepoli seguiti dai sacerdoti e da altri notabili della città che, umili e commossi, Mi porgono i loro saluti. Il sommo sacerdote si avvicina ancora un po’ e Mi dice: «O Signore, hai ricostruito con estrema cura questa casa, affinché fosse degna di ospitarTi. Anche Salomone costruì il Tempio con grande sfarzo, per farne tra gli uomini la degna dimora di Jehova. Però gli uomini hanno profanato questa dimora con i loro innumerevoli abomini, che gridano vendetta al Cielo. Perciò Jehova abbandonò il Tempio e l’Arca e venne qui da noi sul monte. Come hai fatto Tu, o Signore, che avendo trovato poca accoglienza in Gerusalemme, sei venuto da noi, Tuoi antichi e veri adoratori! Ed accadrà ciò che è scritto:

11. “Negli ultimi giorni avverrà che il Monte, che è la Casa del Signore, sarà più alto di tutti i monti e si ergerà al di sopra dei colli e ad esso affluiranno tutte le nazioni. Molti popoli verranno dicendo: ‘Venite, saliamo al Monte del Signore, alla Casa del Dio di Giacobbe. Egli ci istruirà intorno alle sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri!’. Poiché la Sua Legge uscirà da Sion e la Parola del Signore da Gerusalemme”. (Isaia 2,2-3).

12. Noi tutti siamo lieti oltre ogni dire, come lo è una sposa quando il suo sposo gli offre il cuore, la mano e il suo saluto per la prima volta! In verità, Signore, Gerusalemme, la città eletta del gran Re, si è talmente coperta di abomini da essere oggetto di scherno e di disprezzo dei popoli, ed essa non è più degna di Te! Ma neanche noi ci riteniamo degni, poiché occorrono molte cose per apparire meritevoli al cospetto di Dio! Però una cosa è certa: se il Signore dovesse scegliere tra due mali, sceglierebbe noi, che siamo evidentemente il male minore! E tutto ciò si compie ora meravigliosamente davanti ai nostri occhi! Tu, o Signore, sei Colui che attendiamo già da lungo tempo; perciò Osanna a Te, che vieni a noi nel Nome del Signore!»

13. Io rispondo all’oratore: «Sì, tu hai parlato rettamente, ma devo farti osservare che solo quando comprenderete la Mia Dottrina potrete diventare partecipi della Salvezza che oggi vi annuncerò dall’alto del Monte, poiché, anche se la Grazia scendesse a voi liberamente dal Cielo, ciò non sarebbe ancora sufficiente; infatti la Grazia non rimane se i suoi precetti non vengono confermati dalle opere. La stessa cosa accadrebbe se, seduto affamato sotto un albero carico di frutti, con il vento che ne scuote i rami facendone cadere quelli maturi, tu non ti dessi la briga di raccoglierne e di mangiarne. Ti sazierebbero essi?

14. Quindi non il solo udire, ma il mettere in pratica la Mia Dottrina vi darà il potere di essere partecipi della Salvezza, che viene a voi da Gerusalemme! Hai capito?»

15. Dice l’oratore: «Sì, o Signore! Perché solo Dio può parlare come Te!»

16. Dico Io: «Bene, se questo ti è chiaro, andiamo a colazione! Dopo ascolterai come ieri notte i qui presenti Irhaele e il medico Joram siano stati uniti da Me in matrimonio e benedetti. Perciò nessuno dovrà più scandalizzarsi di loro! Ora sedete e ristoratevi! Così sia!».

17. Allora la numerosa compagnia prende posto e comincia ad onorare la colazione consistente del miglior latte, pane e miele.

 

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Cap. 39

A Sichar – La colazione presso Irhaele – Il latte e il miele della Terra-Promessa sono i migliori del mondo! – Parole del saggio samaritano in lode al Creatore – Discorso del Signore su come l’uomo può divenire perfetto. «Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!». – Consigli sul modo di vivere. «Chi segue il Mio consiglio, farà bene!» –La vera Casa di Dio: la natura libera e l’anima umana – La predica sulla montagna.

(Matteo 5, 6-7)

 

1. Qui da voi una simile colazione non sarebbe considerata prelibata, ma nel paese dove secondo l’antico detto scorreva il latte e il miele, essa era considerata il migliore dei cibi. Infatti, nella Terra Promessa, particolarmente il miele era, ed è ancora oggi, il migliore di tutti, come pure il latte che vi si beve non è secondo a quello di nessun altro paese della Terra.

2. Dopo il pasto furono serviti dei frutti prelibati, tanto che molti ne rimasero ammirati e proruppero in esclamazioni di lode a Dio che aveva dato alla frutta un sapore così delizioso e all’ape l’istinto di succhiare dai fiori dei campi il dolcissimo miele, per portarlo nelle artistiche celle dell’alveare.

3. Uno dei samaritani, uomo sapiente, esclamò: «Mai saranno abbastanza onorate la Sapienza, l’Onnipotenza e la Bontà di Dio! La pioggia cade a terra, migliaia e migliaia di specie di piante, di erbe e di sterpi assimilano la stessa pioggia e le loro radici crescono nella medesima terra, eppure ogni specie ha un sapore diverso, un profumo diverso e una forma diversa! Ogni forma è bella e piacevole alla vista e non vi è nulla che cresca senza uno scopo preciso, nemmeno la più secca pianticella di muschio che cresce su una pietra!

4. E che dire degli animali che popolano la terra, le acque e l’aria! Quale molteplicità e quale varietà di forme e di attitudini! Dal moscerino all’elefante, dal piccolo insetto che passa la sua vita su una foglia all’indomabile Leviathan che può portare le montagne sul suo dorso e trastullarsi con i cedri del Libano! O Signore, quale Potenza, quale Forza e quale infinita profondità di Sapienza deve albergare in Dio, che traccia le vie del sole e della luna, che guida lo sterminato sciame di stelle, che custodisce il mare nelle sue profondità, che ha edificato le montagne sulla Terra e la Terra stessa con la Sua onnipotente Parola!»

5. Rispondo Io: «Certo, quanto hai appena detto è giusto e vero. Dio è immensamente buono ed infinitamente savio e giusto. Egli, se vuole operare, non ha bisogno del consiglio o della sapienza di nessuno. Ma Io voglio ancora aggiungere che l’uomo di questa Terra non è da meno, perché è chiamato a diventare perfetto, com’è perfetto il Padre che è nei Cieli!

6. Fino ad oggi una simile cosa era impossibile, perché lo scettro di questa Terra era retto dalla morte, ma d’ora innanzi ciò sarà reso possibile a chiunque, in modo serio, farà di tutto per vivere secondo la Mia Dottrina!

7. Io penso però che se il comandamento, piccolo in sé e facile da osservare, che Dio offre all’uomo, è quello che le sue azioni siano conformi ai Miei precetti, allora l’uomo non dovrebbe schivare alcun lavoro né alcuna fatica, pur di conseguire questa meta suprema!»

8. Dice il sommo sacerdote: «Certo, Signore, per raggiungere scopi così elevati, l’uomo deve avvalersi di mezzi anch’essi elevati! Ma chiunque desidera godersi la vista dall’alto di un monte deve, per prima cosa, intraprendere pazientemente l’ardua e faticosa salita. Ugualmente, chi vuole raccogliere, deve prima arare e seminare, e chiunque sa che può trarre guadagno da qualche affare, per prima cosa, nella sua impresa, deve correre dei rischi, poiché chi teme di osare per paura che possa mancargli il guadagno, quella è certamente una persona che non guadagnerà mai niente! Perciò, Signore, quando Tu ci avrai fatto conoscere le Tue vie, non ci sarà difficile raggiungere la meta che ci hai appena indicato, cioè quella di diventare perfetti come lo è il Padre che è in Cielo!»

9. Dico Io: «Certamente, ma Io aggiungo: “Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!”. Gli uomini però sono oppressi da carichi gravissimi e, malgrado le loro fatiche, finora non sono potuti arrivare molto lontano. Bisogna vedere quale sarà l’atteggiamento della loro fede, quando essi saranno chiamati ad abbandonare i vecchi e gravosi sistemi, per adottarne di più facili, che vanno al di là delle loro consuetudini. Non finiranno per dire: “Anche se ci siamo sacrificati e sforzati non abbiamo mai raggiunto nulla. Quale probabilità di riuscita avremo ora, se i nostri sforzi rassomigliano a quelli dei bambini che giocano?”

10. Perciò vi dico di spogliarvi dell’uomo vecchio nel quale vi trovate, così come si fa di un vecchio abito, per indossare quello nuovo! All’inizio ciò riuscirà faticoso, ma chi non si lascerà turbare da tali piccole ripugnanze e non ritornerà alle vecchie cose a cui si era assuefatto, questi giungerà alla perfezione di cui vi ho appena parlato.

11. Tenetevi pronti, è tempo che Io vada al monte. Chi Mi vuole seguire si metta in cammino! E tu, Matteo, vai a cercare ciò che ti occorre per scrivere! Ma non tardare, perché come vedi Io sono pronto a partire»

12. Dice Matteo: «Tu sai, o Signore, come io Ti segua con piacere! Però ora sono in pensiero, perché se vado a casa, cioè all’ufficio dove presto servizio di scrivano ed esattore della dogana al servizio dei romani, che come Tu sai si trova presso la barriera doganale principale della città, temo che troverò, come sempre, molto lavoro e che le guardie romane non consentiranno che mi allontani prima di aver compiuto il mio compito. Perciò sarebbe più opportuno poter trovare qui il materiale che mi è necessario oggi. Questa sera, poi, andrei a casa a prendere il mio che, come dissi, potrebbe bastare per due giorni, visto che i romani non me ne forniscono anticipatamente per più di tre giorni e che di solito non me ne avanza mai»

13. Dico Io: «Amico Mio, fai sempre solo ciò che Io ti dico e ne rimarrai soddisfatto. Dunque, vai pure a casa tua senza timore e stai sicuro che non troverai né lavori da sbrigare, né gente che ti attende alla barriera. Al ritorno non dimenticare di portare con te anche gli altri scribi, affinché le Mie parole siano trascritte più volte»

14. Dice Matteo: «Se le cose stanno così, vado subito!»

15. Dunque Matteo, il pubblicano, parte e, giunto in ufficio, trova che le cose che Io gli ho predetto sono vere. Si sbriga e dopo un po’ è di ritorno, conducendo con sé gli altri tre scribi. Quindi tutti noi, insieme agli ospiti che si trovano in casa, ci mettiamo in cammino verso il monte Garizim. Dopo un’ora di cammino, arrivati ai piedi del monte, il capo dei sacerdoti Mi chiede se è necessario che egli salga sul monte per aprire l’antica Casa di Dio.

16. Ma Io, indicandogli la campagna intorno a noi e la moltitudine che ci ha seguito, gli rispondo: «Vedi, amico, questa è la Casa di Dio più antica e più autentica; essa però era sul punto di crollare e per restaurarla, così come ho fatto con quella di Irhaele, è stato necessario che Io venissi qui! Ma per raggiungere lo scopo non ho bisogno della vecchia casa, basta questa campagna che ci è intorno. Inoltre qui ci sono diverse panche e tavoli che possono servire agli scrivani. Ora aprite gli orecchi, gli occhi e i vostri cuori e siate pronti, perché davanti ai vostri occhi si compirà ciò di cui ha profetizzato Isaia!»

17. Dice Matteo: «Signore, siamo pronti ad ascoltarTi

18. Qui ha inizio il ben noto Sermone della montagna, così come è scritto nel Capitolo 5, 6-7 del Vangelo di Matteo. In realtà, quella volta parlai lentamente a causa degli scrivani, per cui il Sermone durò circa tre ore.

 

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Cap. 40

A Sichar – Critica del Sermone della montagna fatta dai sacerdoti – Il capo dei sacerdoti, in maniera sincera, esprime i suoi dubbi riguardo al Sermone della montagna – Il Signore avverte di non soffermarsi sulle immagini, ma di cercare di penetrare lo spirito del Suo discorso!

 

1. Quando ebbi terminato di parlare, molti tra i presenti e specialmente i sacerdoti inorridirono, tanto che alcuni di essi esclamarono: «Chi potrà pervenire alla beatitudine? Pure noi, versati nelle Scritture, insegniamo giustamente e rettamente, così come fece Mosè, che dettò dall’alto del monte la Legge al popolo! Ma ciò è solo una benefica rugiada ed un dolce zeffiro, se paragonato a questa ferrea Dottrina e a questo Sermone esageratamente violento! È vero, contro tale Dottrina non troviamo niente da opporre, però ciò non toglie che essa sia troppo aspra e che sia difficile per chiunque metterla in pratica.

2. Come potremo infatti amare il nostro nemico? Come potremo rendere del bene a chi ci fa del male? Come potremo benedire quelli che ci odiano e che nella loro bocca non hanno che parole di ira e di odio contro di noi? E se qualcuno ci chiede qualcosa in prestito, non dovremmo invece far finta di non sentire e chiudere il nostro cuore se appare chiaro che non sarà mai in grado di ridarci ciò che gli abbiamo prestato? Quest’ultima poi è addirittura una sciocchezza! Infatti, se tutti i pigri di questo mondo avessero sentore di questa teoria, se ne andrebbero subito da chi è benestante e prenderebbero così tanto a prestito da ridurlo in miseria. Detto ciò, quando i ricchi, in questo modo molto spiccio, avessero dato a prestito tutti i loro averi ai poveri dai quali non c’è speranza di restituzione e diventassero a loro volta poveri, ci chiediamo: chi potrebbe avere un qualunque lavoro, e da chi i poveri potrebbero ottenere ancora qualcosa in prestito?

3. È evidente che l’osservanza di simili precetti, contrari in ogni senso alla natura delle istituzioni umane, avrebbe in breve tempo il risultato di ridurre il mondo nel più squallido deserto. E se il mondo fosse convertito in deserto, come potrebbero gli uomini ricevere una certa cultura, se contemporaneamente scompaiono anche gli istituti d’istruzione per mancanza di persone ricche, che possono fondarli e mantenerli?

4. In ogni caso di queste teorie non se ne può far nulla! I cattivi, nemici dei buoni e della loro causa, devono ricevere l’adeguata punizione e chi mi dà uno schiaffo, dovrebbe riceverne due di ritorno, affinché, per l’avvenire, gli passi la voglia di prendermi ancora a schiaffi! Riguardo a colui che malintenzionatamente prende a prestito da chiunque, è necessario che sia confinato in luogo sicuro e che gli venga inculcato l’amore per il lavoro, affinché possa, come ogni uomo laborioso, guadagnarsi il pane con il lavoro delle sue mani. Infine, chi è povero del tutto, chieda pure l’elemosina e questa non gli verrà negata! Questa legge è antica ma buona, perché è su tali basi che può sussistere un consorzio umano. Ma Costui, di Cui si dice che sia il Cristo, vuole darci delle leggi, che non possono essere applicate nella vita pratica e quindi non possono essere neanche accettate.

5. Inoltre, tralasciando il resto di cui non voglio parlare e che mi sembra irrazionale, che dire per esempio dell’automutilazione imposta nei casi che le proprie membra diano scandalo, e che pensare dell’ozio elevato a comandamento, secondo cui nessuno deve curarsi di nulla, ma cercare continuamente il Regno di Dio, mentre tutto il resto verrà dato dall’Alto? Sottoponiamo la cosa ad una prova di almeno un paio di mesi, così saremo certi se, rimanendo in ozio durante questo tempo, gli uomini possano vedere i pesci arrosto volare loro in bocca!

6. Poi mi domando ancora se vi possa essere qualcosa di più assurdo della mutilazione delle proprie membra, se queste diano scandalo. Supponiamo pure che qualcuno sia persuaso di ciò e prenda un’accetta ben affilata con la mano destra, tagli e getti via la mano sinistra: vorrei sapere come farebbe costui se anche la mano destra provocasse scandalo - con che cosa si taglierà anche la destra? E come potrà, senza mani, strapparsi gli occhi ed infine recidersi eventualmente anche i piedi, se un bel giorno divenissero anch’essi oggetto di scandalo? Per carità! Alla larga da simili dottrine! Non sono valide per un coccodrillo, figuriamoci per un uomo! D’altra parte, se si osservano le conseguenze, poco attinenti tra loro, si può affermare con certezza che tutto ciò non è altro che il risultato dell’evoluzione di un antico fanatismo giudaico!

7. Quando anche con simili argomenti venissero tutti gli angeli del Cielo ad insegnare agli uomini come si può fare a conseguire la vita eterna e a guadagnarsi il Cielo, sono dell’opinione che la cosa migliore sarebbe quella di rimandare questi stupidi maestri a casa loro a suon di legnate, con la raccomandazione di godersi da soli il loro stupido Cielo! E guardate ancora l’incoerenza! Egli trova ingiusta e crudele la legge: “Occhio per occhio, dente per dente!”. Egli predica la più grande dolcezza e tolleranza, apre perfino la porta ad ogni ladro quando dice: “A chi ti prende la giacca, dai anche il tuo mantello”. Davvero una bella dottrina! In compenso però gli uomini dovrebbero da se stessi strapparsi gli occhi e tagliarsi mani e piedi! Obbligatissimo! Chi di voi ha mai sentito stupidaggini più grossolane di queste?»

8. A questo punto, il capo dei sacerdoti si avvicina a Me e dice: «Maestro! Le Tue azioni provano che puoi di più di un semplice uomo. Ma se Tu possiedi la capacità di pensare logicamente, cosa di cui non dubito avendoTi sentito parlare saggiamente in casa di Irhaele, dovresti ritrattare alcune parti assolutamente non pratiche del Tuo Sermone! Altrimenti, nonostante le Tue opere siano degne di un vero Messia, saremmo costretti a considerarTi come un mago fanatico, educato alla scuola di qualche antica setta egiziana, e come falso messia dovremmo farTi cacciare da qui!

9. Se consideri un po’ più da vicino questa Tua violenta Dottrina, Tu stesso dovrai convenire con me che i principi per conseguire la vita eterna da Te proclamati sono del tutto inapplicabili e nessuno potrà mai conformarvisi! Infatti, se è solo questa la condizione per meritare il Cielo, non troverai nemmeno un uomo disposto a fare un simile tentativo! Inoltre, se le cose stessero veramente così, sarebbe meglio non essere mai nati, piuttosto di dover aspirare ad un Cielo al quale non si accede che mutilati! Dimmi, con sincerità, se sei d’accordo con me, oppure se continui a sostenere la Tua Dottrina così come ce l’hai annunciata!»

10. Dico Io: «Tu sei il capo di questi sacerdoti, eppure sei più cieco di una talpa che vive sottoterra. Che cosa si deve dunque pensare o attendersi dagli altri? Io vi ho dato delle immagini, dei simboli, ma voi ne avete intravista la sola scorza materiale, che minaccia di soffocarvi. Sembra che non abbiate alcuna idea dello spirito contenuto in queste immagini.

11. CrediMi, anche noi siamo saggi come credete di esserlo voi, e sappiamo molto bene se è veramente utile che un uomo debba mutilarsi per raggiungere la vita eterna! Ma sappiamo pure che voi non comprendete lo spirito di questa Dottrina e che non lo comprenderete ancora per molto tempo! Non per questo però ritratteremo le nostre parole. Tu hai orecchie, ma non odono ciò che è giusto, come pure hai occhi, ma essi sono spiritualmente ciechi, perciò, pur avendo occhi ed orecchie aperti, tu non vedi né odi nulla!».

 

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Cap. 41

A Sichar. Continuazione della critica del capo dei sacerdoti in relazione alla dura Dottrina del Signore. La Dottrina paragonata alla brocca d’acqua, che rimane chiusa all’assetato. Logica pratica della intelligenza umana. Pazienza usata dal Signore verso il sacerdote leale, che continua a criticare i punti del Sermone della montagna che gli sembrano irrealizzabili. Il Signore invita il capo dei sacerdoti a recarsi da Natanaele, per esserne illuminato.

 

1. Replica il sacerdote: «Sì, sì, Tu avrai senza dubbio ragione anche in questo, ma adesso non voglio né posso discutere con Te intorno a quanto di spirituale c’è celato dietro le immagini ed i simboli di cui è ricco il Tuo Sermone. Devi però convenire che, se per esempio volessi predicare una dottrina a qualcuno, desiderando che egli, in qualità di discepolo, la comprendesse e la mettesse in pratica, dovrei farlo in modo tale che il mio insegnamento venisse capito secondo tutto il suo sentire spirituale. E quando mi fossi convinto che il mio discepolo abbia ormai pienamente afferrato lo spirito dell’interiore verità, allora soltanto potrei, con tutta ragione, esigere da lui che conformasse anche le sue azioni alla mia dottrina.

2. Ora, se nel dare insegnamenti volessi usare simili figure simboliche, che così rappresentate sono difficili da decifrare e se, di conseguenza, il mio discepolo mi domandasse: “Com’è da intendere che io debba togliermi la vita per guadagnare la vita, oppure che debba uccidermi e dopo morto risuscitare a nuova ed eterna vita?”. – Allora gli risponderei: “Ecco, amico mio, come sono da intendere: poiché tra queste figure simboliche e la verità in esse contenuta c’è una rispondenza spirituale, non devi conformare la tua vita ai principi suggeriti dalla forma esteriore di queste figure ma secondo questa rispondenza!”

3. Ecco, o Maestro, quando avrò chiarito tutto ciò al mio discepolo, egli sarà in grado di comprenderlo e, come ho già detto, avrò nello stesso tempo il diritto di chiedere a lui che da oggi in poi operi secondo lo spirito di verità della mia dottrina! Ma potrò mai volere da lui, senza che mi si consideri pazzo, l’osservanza pratica della mia dottrina, così come in tutta la sua durezza gli viene presentata? E se io pretendessi davvero una simile cosa dal mio discepolo, non mi comporterei, di fronte ad ogni essere pensante, come una persona che versa da bere dell’acqua in una brocca e poi la chiude completamente? E che, incontrando poi un assetato che gli chiede da bere, gli porga la brocca chiusa dicendo: “Ecco qui la brocca, bevi!”. Quel tale proverebbe allora a bere, ma non trovando alcuna apertura direbbe: “Come posso bere, se la brocca è chiusa da ogni parte?”. E inoltre, se il padrone dell’acqua gli rispondesse: “Se tu sei cieco e non riesci a trovare l’apertura, ingoia allora la brocca intera, così sarai certo di ingoiare anche l’acqua!”.

4. Pertanto, o Maestro, Tu che sei buono e saggio, dimmi: “Che cosa dovrebbe rispondere l’assetato ad un simile donatore d’acqua?”. Io credo che l’assetato avrebbe mille ragioni di dargli del pazzo.

5. Con questo non sostengo che anche Tu sia pazzo; però, quando dici che per la nostra cecità e sordità spirituale non possiamo né vedere né scorgere lo spirito della Tua Dottrina, questo insegnamento diventa precisamente come l’acqua contenuta in una brocca chiusa. Così se qualcuno ha sete, deve necessariamente mandare giù anche la brocca per avere l’acqua! Una pretesa questa che solo un profeta sfuggito a qualche manicomio potrebbe formulare! Prendila come vuoi, ma finché non dai i necessari chiarimenti a questa Dottrina, che in verità contiene dei punti buoni e veri, devo rimanere del mio parere, e con me anche coloro che sanno guardare un po’ più profondamente! Infatti non potrai convincerci che, per seguire i Tuoi insegnamenti, saremo obbligati a tagliarci mani e piedi e a strapparci gli occhi! Ugualmente continueremo a lavorare come prima per procurarci il pane con il sudore della fronte, e chiunque deliberatamente vorrà farci del male non vogliamo che sfugga al giusto castigo!

6. Così pure non correremo dietro al ladro che ci ruberà la giacca, per dargli il mantello, ma tenteremo di catturare il ladro per buttarlo in prigione, dove avrà tutto il tempo per pentirsi della sua azione malvagia e per migliorare la sua vita! Se veramente Tu sei un uomo saggio, proveniente da Dio, sarai certamente compenetrato dalla santa necessità di mantenere in vigore la Legge mosaica che Dio stesso, tra tuoni e fulmini, ha dettato al popolo d’Israele nel deserto! Intendi forse, con la Tua Dottrina, abolire la Legge? Così facendo non potrai però giustificarTi davanti a Jehova!»

7. Dico Io: «Io sono dell’opinione che il legislatore ha la facoltà sia di lasciare in vigore la Legge e di adempierla lui stesso in spirito e verità, sia, sotto certe condizioni, di abolirla del tutto!»

8. Dice il sacerdote: «Ciò che hai detto ora suona molto strano nella Tua bocca! Questa mattina avrei onorato un discorso simile dalla Tua bocca, perché ero seriamente disposto a vederTi come il Messia promesso! Ma ora, dopo che ci hai esposto il Tuo insegnamento, ai miei occhi sembri un pazzo che voglia propinarci le sue idee come uno affetto da una fissazione, spacciandole come manifestazione della Sapienza del Messia. Parlaci dunque più esplicitamente e spiegaci qualcosa di questa dura Dottrina, la quale, senza sufficienti chiarimenti, non potrà mai essere né compresa, né, di conseguenza, essere messa in pratica!»

9. Dico Io: “Parla dunque e dimMi cosa ti sconcerta di più della Mia Dottrina! Io sono pronto a darti dei chiarimenti!»

10.  Dice il sacerdote: «Te l’ho già detto e ripetuto più volte. Ma affinché Tu possa constatare che sono una persona equa e moderata, Ti dirò che reputo buoni, savi e degni di essere di guida nella vita tutti gli altri punti del Tuo insegnamento, ma non riesco a mandare giù quel strapparsi gli occhi e tagliarsi le mani e i piedi! Rifletti un po’ anche Tu: “È possibile che qualcuno decida di strapparsi un occhio? E la persona che reciderà da sé la mano, oppure il piede, non si dissanguerà in pochi minuti e morirà?”. Infatti, una volta morto, che bene ne avrà?

11. Ecco, questo è l’aspetto più inverosimile della Tua Dottrina che, ragionevolmente, non potrà mai essere messo in atto. E anche se tra gli uomini vi fosse un folle che volesse mettere in pratica simili principi, non diventerebbe migliore, perché, pur ammettendo che riuscisse a sfuggire alla morte, non potrà sicuramente lodare Dio, considerando il misero stato in cui si troverà avendo seguito una dottrina che gli fu indicata come proveniente da Dio. D’altra parte se egli muore, com’è probabile, allora con Davide esclamerà: “Signore! Chi Ti loderà da morto e chi Ti glorificherà dalla tomba?”. Almeno spiegaci questo punto con più chiarezza. Quanto al resto, siamo disposti a credere che sia una Dottrina umanitaria, spinta però all’estremo!»

12. Io gli dico: «D’accordo, la tua domanda è giustificata ed Io in verità ti dico: “Dopo Samuele, tra tutti i sacerdoti tu sei il più saggio”. Infatti il tuo cuore è buono, e non rigetti la Mia Dottrina per principio, ma vuoi che ti sia più chiara. Io voglio perciò illuminarti, però non direttamente, ma per bocca di uno dei Miei discepoli! Rivolgiti dunque ad uno di loro, affinché ti persuada che la Mia Dottrina è attualmente già compresa dagli uomini anche senza l’aiuto delle Mie spiegazioni!».

 

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Cap. 42

A Sichar. Natanaele spiega, in maniera chiara ma aspra, il punto del Sermone della montagna che scandalizza l’intelligenza dell’uomo

 Il Messia insegna mediante parabole – Corrispondenza tra naturale e spirituale – Come si arriva alla comprensione dello spirituale – Differenza tra la Parola divina e quella umana – Scopo della vita di prova nella carne – Consigli di vita illustrati –  Pericoli dell’amore al mondo – Avvertenza ai critici

 

1. Allora il sacerdote si avvicina a Natanaele e gli dice: «Seguendo il consiglio del vostro Maestro, tra i tanti, interpello te per essere illuminato riguardo al punto più difficile del Suo insegnamento. Ti prego però di usare solo parole chiare e precise, poiché la nebbia sulla nebbia non rischiara la stanza! Parla dunque!»

2. Natanaele dice: «Siete d’animo così chiuso da non riuscire a comprendere nel suo vero senso una Dottrina espressa in modo così chiaro? Non hanno predetto quasi tutti i profeti del Cristo che Egli avrebbe aperto la Sua bocca solo in parabole e non avrebbe parlato con gli uomini se non in parabole?»

3. Dice il sommo sacerdote: «Certo, hai ragione, poiché così sta scritto»

4. Prosegue Natanaele: «Allora, dato che tu sai questo, quale esperto nelle Scritture, perché tratti il Signore da pazzo, quando Egli, come sta scritto, “apre la Sua bocca in parabole, per la cui comprensione tu puoi chiedere al Signore una luce?”. Ma perché tratti il Signore da pazzo se il Suo discorso in parabole ti risulta incomprensibile per il fatto che tu stesso non comprendi niente delle cose divine?»

5. Vedi, le cose della natura sono sottomesse ad un ordine, ed è solo nel loro ordine che esse possono sussistere. Similmente anche sulle cose spirituali impera un loro ordine notevolmente caratteristico, fuori del quale non possono sussistere, né possono venire ideate o pronunciate. Tuttavia, tra le cose della natura e le cose dello spirito, essendo quelle derivate da queste, c’è una precisa rispondenza conosciuta in tutta la sua profondità solo dal Signore.

6. Dunque, quando il Signore parla di cose spirituali a noi, che senza riserva ci troviamo ancora chiusi entro i rigidi limiti dell’ordinamento naturale, Egli non può fare ciò se non attraverso le corrispondenti figure della parabola. Per comprenderle bene dobbiamo risvegliare il nostro spirito, osservando i comandamenti di Dio. Appena saremo risvegliati, comprenderemo con più chiarezza che cosa il Signore abbia voluto dire e rivelare attraverso le corrispondenti figure simboliche. È in questo che la Sua divina Parola si distinguerà, eternamente, dalla nostra parola umana.

7. Ma attenzione! Quello che per l’uomo naturale è l’occhio, esso, nel mondo dello spirito, corrisponde alla facoltà di percezione delle cose divine e celesti, che si riferiscono all’essenza dell’essere spirituale per la sua beatissima esistenza eterna.

8. Però, a causa dell’indispensabile ed immutabile Ordinamento divino, è necessario che lo spirito si incarni, per un certo tempo, nella materia di questo mondo, affinché si rafforzi nella sua libertà e nella sua indipendenza, quasi totale, da Dio. Infatti, senza queste, esso non giungerebbe mai alla visione di Dio, tantomeno potrebbe sussistere in Dio, accanto a Dio ed insieme a Dio - (Durante questo periodo di maturazione dello spirito nella materia, cioè mentre è chiamato a rafforzarsi nella libertà e nell’indipendenza da Dio, lo spirito si trova esposto all’inevitabile pericolo di essere inghiottito dalla materia e di venire ucciso con essa. Il risveglio da questa morte alla vita in Dio è, e deve essere, estremamente difficile e tormentato) -, ed per questo che il Signore, riferendosi non all’uomo carnale ma a quello spirituale, ha detto: “Se il tuo occhio ti reca scandalo, strappalo e gettalo lontano da te, poiché è meglio entrare con un solo occhio nel Cielo che finire all’Inferno con tutti e due!”. In altre parole, questo significa: se la luce del mondo ti seduce troppo, fatti violenza e rivolgi la faccia lontano da questa luce, che tende a spingerti nella morte della materia! Quale spirito, allontana da te stesso il vano godimento del contemplare il mondo e volgi le aspirazioni della tua anima esclusivamente alle cose celesti! Infatti, è meglio entrare nel Regno della vita eterna senza alcuna cognizione umana, anziché pervenire nell’aldilà pieno di cognizioni mondane ed inabissarsi così nella morte della materia!

9. Quando il Signore parla degli occhi, delle mani e dei piedi, Egli non vuole intendere i due occhi, le due mani e i due piedi del corpo, ma si riferisce alla doppia facoltà dello spirito, cioè alle facoltà di percepire, di agire e progredire. Quindi Egli ammonisce non la carne priva di vita, ma solo lo spirito, che non deve occuparsi del mondo quando si accorge che l’attrazione di quest’ultimo comincia a sedurlo. In tal caso, infatti, è meglio entrare nella vita eterna privo di scienza mondana, anziché condividere, ricco di tale scienza, la sorte del mondo, cui sovrasta il necessario giudizio.

10. Lo spirito deve invece osservare il mondo per ricavarne degli insegnamenti, però non deve compiacersi in esso! Se si accorge che gli stimoli del mondo tentano di sedurlo, deve subito sottrarsi a tali lacci, perché il pericolo comincia a farsi decisamente minaccioso! Ecco, è dunque questo necessario distacco dal mondo che viene espresso nella corrispondente immagine dello strapparsi gli occhi. E Colui che riesce a proporci un’immagine così ben raffigurata, deve sicuramente essere profondamente versato in tutte le relazioni spirituali e materiali dell’uomo, che, secondo me, è possibile soltanto a Colui, attraverso la Cui Forza, Amore e Sapienza è stata creata ogni cosa spirituale e materiale! Penso che tu ora mi abbia ben compreso e che sia in grado di percepire quanto gravemente hai peccato contro Colui che tiene nella Sua onnipotente mano la tua vita e la vita di tutti quanti noi!».

 

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Cap. 43

A Sichar – Natanaele spiega le ragioni per cui il Signore si esprime in parabole – Ulteriori chiarimenti riguardo al Sermone della montagna – Importanti consigli di vita.

 

1. A queste parole, il sacerdote e molti altri con lui che hanno ascoltato, si stupiscono enormemente ed egli, dopo aver riflettuto un po’, dice: «Sì, certo, ora tutto mi è chiaro! Tuttavia, perché il Signore non ha usato fin dall’inizio un linguaggio intelligibile come il tuo? Se così fosse stato, non sarei certamente incorso in questo errore!»

2. Dice Natanaele: «Se un ragazzo di sette anni mi facesse questa domanda, non me ne stupirei, ma tu non sei forse uno dei personaggi più colti di questo luogo?

3. Perché non chiedi addirittura al Signore perché ha messo nei granelli di semente, che nulla lasciano trasparire, la facoltà illimitata di formazione e di sviluppo degli alberi che sorgono da essi? Non sarebbe stato meglio, invece, se Egli avesse fatto piovere dal cielo i frutti, già maturi, nelle braccia dell’uomo? A che scopo il monotono processo di sviluppo dell’albero dalla semente e, di conseguenza, la lunga attesa fino alla maturazione del frutto? Vedi, vedi quanto sei ancora debole di intelletto!

4. La Parola e la Dottrina del Signore corrispondono perfettamente a tutte le Sue Opere. Egli ci presenta la Sua Dottrina racchiusa come in un involucro, così come avviene del germe nella semente; noi dobbiamo, per prima cosa, spargere tale semente nel terreno del nostro spirito, chiamato Amore, poi dalla semente sorgerà l’albero della vera conoscenza di Dio e di noi stessi; così, al momento opportuno, ci sarà dato di raccogliere da quest’albero frutti di vita eterna molto maturi.

5. Però ci vuole prima l’Amore, perché senza Amore nessun frutto dello spirito può prosperare! Prova a seminare del grano nell’aria e vedrai se potrà crescere e dare frutto! Ma se tu pianterai il seme di frumento in un buon terreno, esso crescerà e ti darà il frutto molte volte. Ora, il vero Amore è sicuramente il terreno più propizio per seminarvi il grano spirituale, che il Signore ci donerà tramite la Sua bocca.

6. È per questo che il Signore ha ormai soppresso per voi tutti la dura legge mosaica del castigo, affinché possiate diventare prestissimo, nei vostri cuori, ricchi di buon terreno. Infatti, chi condanna secondo la legge, o ha poco amore o non ne ha affatto; in lui il Seme della divina Parola prospererà molto difficilmente! D’altra parte, colui che viene condannato è senz’altro già soggetto al giudizio, nel quale non vi è alcun amore, poiché il giudizio è la morte dell’amore.

7. Perciò è meglio per voi che non vi occupiate subito degli errori del prossimo, ma siate invece indulgenti e pazienti! E se nella loro debolezza quelli pretendono qualcosa da voi, non negatela loro; infatti è così che si accresce l’amore in voi e nei vostri fratelli più deboli! Allora, quando nel vostro cuore e in quello dei vostri fratelli abbonderà questo amore, vedrete la divina Semente germogliare in voi, e i deboli, divenuti a loro volta forti, vi verranno incontro e vi offriranno il loro amore, contraccambiandovi così il bene che avete fatto loro quando ancora erano deboli.

8. Ma se siete meschini e duri nei confronti dei vostri fratelli più deboli, in voi non potrà mai albergare il vero timore di Dio, anzi il giudizio dei deboli porterà anche voi alla perdizione.

9. Quando il Signore afferma: “A chi ti prende la tonaca, dai anche il mantello!”, Egli con ciò vuole dire che, se siete ricchi e possedete molti beni, quando i poveri vengono da voi, dovete elargire molto e in abbondanza! Così facendo, in breve tempo, diventerete ricchi di buon terreno nei vostri cuori e, coscienti di essere in possesso di un tale tesoro, voi sarete felici ed i poveri vi benediranno con sincerità, perché udranno risuonare, dal vostro al loro cuore, la Predica operante del vero Vangelo di Dio, e da essa stessa essi diventeranno fortemente il vostro sostegno eterno! Ma se voi invece sarete parchi nel donare e terrete conto del quando e del quanto donate, con ciò non sarete di vantaggio né a voi né ai vostri fratelli poveri, e questi ultimi non potranno mai esservi di sostegno».

 

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Cap. 44

Ulteriori domande del sacerdote sulla rispondenza delle parabole simboliche del Sermone della montagna

Spiegazione di “occhio destro” e “mano sinistra” da parte di Natanaele – Ringraziamenti di colui che ha ricevuto l’insegnamento

 

1. Dopo aver seguito con estremo interesse questo discorso, il sacerdote dice: «Ora tutto mi sembra plausibile e credo di avere pressappoco compreso quello che mi hai detto. Solo una cosa devo ancora farti osservare, cioè che il Maestro, quando ha parlato dello “strapparsi gli occhi” e del “tagliarsi le mani”, si è in realtà riferito solo all’occhio destro e alla mano destra. Comunque nel mio esagerato zelo indagatore, ho chiesto anche dei piedi ed ecco che tu, spiegando poco prima la questione, hai attribuito al taglio dei piedi l’identico significato dato alla mano e all’occhio, dei quali, se ben ricordo, pure il Signore ha parlato. Tu però hai anche detto che soltanto nella Parola che il Signore rivolge allo spirito dell’uomo, vi è rispondenza. Com’è possibile dunque che ravvisi una rispondenza anche in quello che io ho aggiunto?»

2. Risponde Natanaele: «Tu t’inganni! Il Signore ha parlato anche del piede destro; solo che Egli ha fatto cenno ai Suoi scribi di omettere questo passo. Infatti, coloro che hanno già rivolto al Cielo l’occhio interiore dello spirito e che hanno reso operante, secondo i voleri di Dio, la loro volontà d’amore, che corrisponde alla mano sinistra - e si riferisce alla mano del cuore - e che si sono con ciò sbarazzati anche del loro braccio destro o della loro mano destra - che raffigura l’impulso all’attività puramente mondana -, costoro, dico, non è più necessario che taglino anche il loro piede destro. Infatti, quando l’occhio spazia nella vera luce e quando la mano, o meglio ancora la volontà, opera nel suo autentico campo d’azione, allora il progresso, nelle regioni della vita eterna, si innesca logicamente da sé. In altre parole è logico che, adempiute queste due condizioni, la rinuncia ai progressi nel mondo, simboleggiata dal taglio del piede destro, avvenga da sola, senza bisogno di ulteriori sforzi particolari.

3. Però voi samaritani potete cominciare dal piede, poiché, sebbene il vostro occhio adesso cominci a scrutare le cose divine e le vostre mani siano ugualmente disposte ad operare secondo giustizia e verità, il vostro piede, cioè la vostra brama di progresso, tende ancora a spingervi sulle vie del mondo! Voi vi attendete dal Messia tutt’altra cosa di quello che tutti i Profeti vi hanno annunciato di Lui! E questo, spiritualmente parlando, è il vostro piede destro, che dovete recidere se volete procedere per la vera Via che conduce al Regno di Dio. È per questo motivo che il Signore vi ha parlato del solo piede destro e non volle che ciò venisse scritto, poiché i futuri seguaci della Dottrina del Signore conosceranno, con certezza, dove si trova e in che cosa consiste il Regno del Messia e che cosa bisogna fare per potervi accedere. Hai per caso ancora qualche obiezione da fare?»

4. Dice il sacerdote: «Adesso, relativamente alla luce che ho, mi è tutto chiaro, tuttavia, malgrado la mia intelligenza, devo aggiungere che la vostra Dottrina, così come viene esposta, rimane pur sempre una Dottrina dura e difficile da comprendersi. Vedrete, vi accadrà di imbattervi in persone che ne rimarranno scandalizzate!

5. Non voglio, con questo, fare il cattivo profeta, ma non posso nascondervi che, con tale Dottrina, non riuscirete ad ottenere dagli orgogliosi ebrei quello che, malgrado la nostra multiforme stoltezza, avete ottenuto da noi. Sia pure come in un sogno, noi adesso crediamo, ma i superbi ebrei non vi crederanno! Essi pretenderanno da voi dei miracoli e, alla fine, vi perseguiteranno per questi stessi segni; al contrario, noi non abbiamo preteso da voi nessun miracolo, anche se voi li avete operati volontariamente.

6. Adesso però non vi crediamo a causa dei miracoli e dei segni, che anche gli uomini potrebbero in parte produrre, ma esclusivamente per l’insegnamento che ci avete appena trasmesso! Rimanete dunque con noi, perché con gli orgogliosi ebrei e i greci non vi è speranza di concludere favorevoli operazioni».

 

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Cap. 45

A Sichar. La modestia di Natanaele. La sua ammirabile confessione apostolica. «Colui che non abbandona tutto ciò che possiede per amore del Signore, non è degno di Lui!». Desiderio del sacerdote di seguire il Signore, e la sua preoccupazione per il benessere del suo gregge.

 

1. Dice Natanaele: «Fin qui il mio compito è stato quello di ragionare con te; da questo momento, invece, tutto è rimesso nelle mani del Signore. Quello che Egli vuole, anche noi lo vorremo e lo faremo. Sappi che, spiritualmente, noi siamo ancora molto poveri, dobbiamo quindi rimanere insieme a Lui per poter entrare nel Regno dei Cieli. Desideriamo perciò sopportare con Lui ogni dolore ed ogni persecuzione affinché possiamo trovare accanto a Lui ed in Lui il vero conforto. Nel Suo Nome, vogliamo essere anche mansueti in tutti i nostri pensieri, giudizi, desideri, brame ed azioni, per poter diventare veramente possessori del vero terreno, che è il puro amore di Dio nei nostri cuori.

2. Noi non vogliamo affatto evitare i luoghi dove regna l’ingiustizia e la durezza di cuore. Anche se affamati ed assetati di vera giustizia, non avremo forse vicino Colui che solo può veramente saziarci in eterno!

3. Anzi, noi vogliamo essere misericordiosi con chiunque agisca onestamente oppure no con noi per essere considerati degni, davanti agli occhi del Signore, della grande Misericordia di Dio!

4. Così vogliamo pure, per quanto possibile, qui come in ogni luogo, preservare i nostri cuori da qualsiasi impurità, perché il Signore non si distolga da noi quando volgiamo il nostro sguardo verso di Lui. Infatti, con un cuore impuro non ci si può avvicinare a Dio, né contemplare in spirito e verità il Suo Volto e la meravigliosa pienezza delle Sue Opere!

5. Ora, se siamo puri di cuore, dobbiamo essere pacifici, pazienti e mansueti con tutti, poiché un cuore irritato non è mai puro, dato che l’ira germoglia sempre nel terreno dell’orgoglio. Dunque, solo se siamo pacifici di cuore, potremo fiduciosamente avvicinarci, quali figli, a Colui che ci ha dato l’opportunità di diventare figli di Dio e ci ha insegnato a pregare Dio come nostro proprio Padre.

6. E se, come pensate, saremo perseguitati in altri luoghi e paesi per la nostra giusta e sacrosanta causa, questo, amico mio, non ci preoccupa, poiché siamo ricompensati dal fatto che siamo sempre vicini a Lui e, per mezzo di Lui, vicini al Cielo dei cieli! È questo che ci rende beati già qui, sommamente beati, sia che gli uomini ci amino, sia che ci detestino e perseguitino a causa Sua. Egli soltanto è il Signore di tutto e di tutti! E come i Cieli obbediscono e sono sempre pronti ad ogni Suo comando, cosa di cui ci siamo convinti, sia ieri che in precedenza, così anche noi vogliamo servirLo sopra ogni cosa, perché per noi anche solo questo fatto costituisce il più grande premio e l’onore più ambito! Dunque non preoccuparti per noi, perché sappiamo quello che stiamo facendo!»

7. Fortemente meravigliato da queste parole piene di convinzione, il sacerdote dice allora a Natanaele: «In verità, se non fossi indispensabile e non avessi qui moglie, figli ed altro ancora, anch’io verrei con voi!»

8. Osserva Natanaele: «Anche noi abbiamo abbandonato moglie, figli e i nostri beni, per seguire Lui, eppure le nostre mogli e i nostri figli continuano comunque a vivere! Ascolta la mia opinione intorno a ciò: chi non ha la forza di abbandonare per amore a Lui tutto ciò che è mondano, non è degno della Sua Grazia! Ti dispiaccia o meno, la situazione è questa! Infatti, quello che ti ho detto me lo ha dettato il cuore; e nel cuore risiede ogni verità, purché in esso si sia compiuto il risveglio dello spirito al pensiero vivente in Dio. Non è Lui che ha bisogno di noi, siamo invece noi ad avere bisogno di Lui.

9. Lo hai mai aiutato a far sorgere l’immenso sole sul vasto orizzonte e a fargli irradiare la sua luce celeste sulla vasta distesa terrestre? Oppure, hai mai visto come il Signore imprigiona i venti, domina il lampo e il tuono e custodisce il mare nelle sue profondità? Chi può affermare di essere stato di aiuto al Signore in qualche cosa? Se è così, come può, colui che il Signore chiama perché Lo segua, pensare ancora alla moglie, ai figli e ai propri beni e come può non seguire completamente il Signore di ogni Vita, di ogni Cielo e di ogni mondo? Lui, che abbiamo atteso con speranza per così lungo tempo e che ora è venuto così come hanno profetizzato tutti i Profeti e i patriarchi?»

10. Dice allora il sacerdote: «Se non fosse per la carica di capo dei sacerdoti che ricopro, anch’io farei quello che avete fatto voi! Ma in qualità di sommo sacerdote, e dal momento che, come vi ho sentito dire, non vi fermerete con noi più di un altro giorno, è necessario che rimanga qui, a causa di questo popolo ancora debole di fede. Essi hanno bisogno di me, come gli occhi per vedere. Quindi ti sarai reso conto che non mi trattengo qui solo per moglie, figli e beni, quanto piuttosto per tentare di sostenere questi deboli nella fede, i quali non sono in grado di abbandonare del tutto le idee, in essi radicate, riguardo alla Natura del Messia e allo scopo della Sua venuta sulla Terra. Sarà un’aspra impresa! Ma che ci posso fare?

11. Personalmente sono ormai fermamente convinto che il vostro Maestro sia il Messia promesso, ma gli altri? Non ti sei accorto come, durante il Sermone, molti se ne siano andati? Questi sono scandalizzati e del tutto increduli, e ora si daranno da fare per diffondere la loro incredulità. E anche tra le numerose persone che sono rimaste qui e che ieri erano piene di fede, ce ne sono, ora, di nuovamente assillate dai dubbi e non sanno in che cosa dover credere!

12. Puoi dunque immaginarti quale sia il lavoro cui vado incontro con questa gente, dalla quale ero, fino a questo momento, tenuto come una specie di oracolo! Così, se non li converto, rimarranno fino alla fine del mondo quello che sono ora e non quello che dovrebbero essere! Ecco qual è il motivo principale per cui sono costretto a restarmene qui, sperando che il Signore non ne sia sdegnato! Infatti, anche se fisicamente non sto vicino a Lui, potrò esserGli accanto con lo spirito. Nello stesso tempo, in questo posto, cercherò di essere un fedele servitore e un pastore del Suo gregge, aderendo interamente agli insegnamenti che Egli ci ha dato. Penso che il Signore approverà questa mia decisione!»

13. Allora intervengo Io e dico: «Sicuramente, la tua decisione Mi sembra molto ragionevole e tu hai parlato rettamente! In verità, in questa tua comunità, tu Mi rappresenterai e resterai qui come un attivo ed esperto lavoratore ed un giorno la tua ricompensa sarà grande nel Cielo! Ma adesso si è fatta sera, rincasiamo dunque! Così sia!».

14. Con queste parole ci alzammo tutti insieme, cominciammo a scendere dal monte e ci dirigemmo verso casa. La folla, che era rimasta lì con noi, era ancora molto numerosa, anche se alcune persone erano andate via, piene di incredulità e di collera, prima che Io avessi terminato il Sermone.

 

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Cap. 46

A Sichar. Guarigione del lebbroso in conformità alla sua preghiera: «Signore, se Tu vuoi puoi mondarmi!». Buon esito di questo miracolo. Entusiasmo ed iniziativa del sommo sacerdote. Consigli del Signore per essere moderati in ogni cosa.

 

1. Come abbiamo accennato in precedenza, noi non eravamo saliti sulla parte più elevata del monte, ma ci eravamo fermati invece molto più in basso, sulle prime balze, dove il terreno era più ampio e più adatto ad ospitare il numeroso popolo che Mi aveva seguito dalla città. Inoltre, tra i venuti c’erano anche molte persone vecchie e deboli che, per il molto caldo, difficilmente avrebbero potuto raggiungere la cima del monte. Tuttavia ci eravamo fermati piuttosto in alto e nel discendere la moltitudine dovette procedere alquanto a rilento, perché la debole luce crepuscolare rendeva difficile mantenersi sul giusto sentiero, specie ai deboli di vista.

2. Scendemmo dunque prudentemente e raggiunto il piano, incontrammo sulla strada un uomo ricoperto di lebbra. Quel poveretto, appena ci vide, si alzò subito e, avvicinandosi a Me, con voce lamentevole esclamò: «O Signore, se Tu volessi, potresti mondarmi!». Allora, distesa la Mia mano su di lui, dissi: «Sì, lo voglio. Sii risanato!». Come terminai di parlare, il malato si trovò subito guarito dalla lebbra e tutte le purulente vesciche e le eruzioni squamose, che ricoprivano la sua pelle, scomparvero immediatamente. La malattia, che aveva travagliato quell’uomo, era, nel suo genere, di natura maligna; tanto che nessun medico era stato, fino a quel momento, capace di curarla. Perciò il popolo fu invaso da grande stupore nel vedere con che rapidità si era compiuta quella guarigione.

3. Mentre l’uomo, così guarito, si accingeva a ringraziarMi e a glorificarMi ad alta voce, lo feci tacere e gli dissi: «Per adesso, guardati dal parlarne a chicchessia, tranne che al capo dei sacerdoti! Ora va’ e presentati a lui, egli ci segue insieme ai Miei discepoli! Quando avrà constatato che sei guarito, ritorna a casa tua, prendi l’offerta e sacrificala sull’altare, così come aveva ordinato Mosè!»

4. Allora quell’uomo fece subito quanto gli avevo ordinato. Quando il sacerdote lo vide, fu meravigliato oltre ogni dire ed esclamò: «In verità, se un medico avesse detto che avrebbe guarito quell’uomo, gli avrei riso in faccia e gli avrei detto: “Specie di pazzo! Va’ sulle rive dell’Eufrate e prova a svuotare quel fiume! Per ogni secchio che avrai attinto, esso in un baleno te ne invierà altri centomila; tuttavia ti sarà più facile prosciugare l’Eufrate che guarire quest’uomo, le cui carni sono già quasi in putrefazione!”, mentre Colui che abbiamo ormai riconosciuto come il Messia, ha ottenuto ciò mediante una sola parola! Per noi è sufficiente! Costui è veramente il Cristo! Non abbiamo bisogno di altre testimonianze.

5. In verità, a chi oggi mi chiedesse una tonaca gliela darei subito e darei non solo il mantello, ma anche tutti i miei vestiti! Certamente, per quello che è successo, sarei felice di spogliarmi interamente! Oh, come è vero che la Sua è una Dottrina assolutamente divina! Sì, lo stesso Jehova si trova visibilmente tra noi! Cosa vogliamo dunque di più? Voglio impiegare tutta la notte, per annunciare in ogni punto della città la Sua presenza!»

6. Dopo queste parole, si dirige verso di Me correndo e, giunto nei pressi del pozzo, si getta ai Miei piedi e dice: «Signore, fermaTi anche solo un istante, affinché Ti possa adorare, perché Tu non solo sei il Cristo, il Figlio di Dio, ma anche lo stesso Dio che, rivestito di carne, è sceso tra noi!»

7. Io dico: «Amico, non darti tanta pena! Vi ho già mostrato come dovete pregare; prega dunque anche tu nel segreto del tuo cuore e sarà sufficiente! Non affannarti troppo oggi, per paura che domani tu abbia troppo poco da fare! Ogni cosa deve essere fatta con misura! Se alla tonaca aggiungerai anche il mantello, ciò avrà il potere di far diventare il povero un sincero amico per sempre. Invece, se al povero, che ti avrà chiesto solo la tonaca, darai anche tutti i tuoi vestiti, egli penserà con grande disagio o che tu intenda umiliarlo, oppure che tu sei fuori di senno! In ogni caso non avrai ottenuto niente di buono!

8. Allo stesso modo, se qualcuno ti prega di dargli un denaro e tu invece gliene dai due o tre, quella persona allora, nel suo cuore, gioirebbe enormemente e gioiresti anche tu. Ma se invece di dargliene uno, gliene dessi mille, se ne spaventerebbe e direbbe tra sé: “Che significa ciò? Gli ho chiesto solo un denaro, mentre egli mi offre tutto il suo avere! Forse pensa che io sia un crapulone e vuole perciò umiliarmi, oppure è impazzito?”. Così facendo non ne trarranno vantaggio né il tuo cuore né il suo! Siate dunque equilibrati in ogni cosa e ciò sarà sufficiente!»

9. Il sacerdote, pienamente soddisfatto dalle Mie parole, dice in se stesso: «Sì, Egli ha ragione in ogni cosa! Agire come ha detto, è giusto. Ciò che è in eccesso o in difetto è male o è stupido. Infatti, se oggi do tutti i miei averi ad un povero e domani, davanti alla mia porta, se ne presenta un altro, forse più bisognoso, come farò a soccorrerlo? Non se ne rammaricherà forse il mio cuore vedendo che mi è impossibile aiutare chi ne ha più bisogno?

10. È vero, il Signore ha perfettamente ragione. Egli conosce e sa prescrivere in ogni cosa la misura migliore. Quindi, siano resi solo a Lui ogni onore, ogni lode ed ogni gloria e a Lui solo sia rivolto in adorazione ogni cuore!».

 

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Cap. 47

A Sichar. La cena meravigliosa in compagnia degli angeli in casa di Irhaele. Stupore del sacerdote, che chiede al Signore chiarimenti riguardo a questi angelici servitori. Considerazioni di incredulità dei galilei, compatrioti del Salvatore.

 

1. Mentre cammin facendo accadevano queste cose, arrivammo in casa di Irhaele e di Joram, dove tutto era già stato predisposto per la cena. I preparativi erano stati fatti come il giorno prima, ma con molto più splendore e sontuosità. Alla porta di casa, i sichariti, che erano ritornati con Me dal monte, volevano congedarsi, quando ad un tratto ecco comparire fra loro una schiera di giovani vestiti di bianco, che li convincono ad entrare e prendere parte alla cena.

2. Il sommo sacerdote, sorpreso di vedere un così gran numero di magnifici giovani e meravigliato della loro affabilità, amorevolezza ed umanità, si avvicina a Me e in tutta umiltà Mi chiede: «Signore, Te ne prego, chi sono questi splendidi giovani? Nessuno di loro ha più di sedici anni, tuttavia ogni loro parola ed ogni loro gesto ne tradisce la loro straordinaria cultura! Oh, dimmi da dove vengono e a quale scuola sono stati educati! Com’è bella la loro forma e come sono ben educati! La loro voce è come un balsamo benefico, che dolcemente scende sul cuore! Dimmi dunque, Signore, dimmelo, chi sono e da dove vengono?»

3. Io gli rispondo: «Non hai mai sentito parlare di quello che fu annunciato anticamente? Ogni signore ha i suoi ministri e i suoi servitori! Ora, anche tu Mi chiami Signore. Non è logico quindi che anch’Io abbia dei ministri e dei servitori? Il fatto che essi siano molto ben educati ed istruiti testimonia, appunto, che il loro Signore deve essere un Padrone saggio ed amorevole. I signori del mondo sono uomini dal cuore assai duro, ai quali l’amore è cosa sconosciuta; tali sono anche i loro servi. Ma il Signore, che è un Signore in Cielo ed ora è sceso sulla Terra nel duro mondo degli uomini, ha dei servitori che provengono dallo stesso luogo da cui Egli stesso è venuto. Questi, a loro volta, Gli assomigliano, in quanto non soltanto sono Suoi servitori, ma sono anche figli della Sua Sapienza e del Suo Amore. Mi hai compreso?»

4. Il capo dei sacerdoti dice: «Sì, Signore, per quanto mi riesca di comprendere le Tue parole simboliche. Ma per chiarire per bene la questione avrei bisogno di chiedere ancora molte cose. Per il momento è meglio lasciar perdere, sperando che, prima che finisca il giorno, mi si offra ancora l’occasione di parlarne»

5. Io dico: «Sì, certo! Ora però, poiché è tutto pronto, andiamo a cena!».

6. Allora tutti quelli che credevano vennero a tavola, mentre gli altri, quelli che erano ancora increduli, preferirono far ritorno a casa loro. Questi erano persuasi che i preparativi per la cena non fossero altro che un tranello. La ragione di ciò era dovuta al fatto che quei tali, per la maggior parte, erano dei galilei immigrati in Samaria. Fra questi, molti erano di Nazaret e conoscevano bene tanto Me quanto i Miei discepoli, per averli visti spesso al mercato, quando andavano a vendere il loro pesce. Quei galilei, andandosene, dicevano ai samaritani: «Noi conosciamo bene tanto Lui quanto i Suoi discepoli. Egli è carpentiere, gli altri sono pescatori. Egli è stato allevato alla scuola degli esseni, che, come è noto, sono versati in tutte le arti, soprattutto sanno guarire e fare ogni tipo di magie. Perciò, Egli cerca ora di mettere in pratica queste Sue arti, apprese molto bene, allo scopo di procurare agli esseni molti aderenti e ricchi guadagni. In quanto a quei giovani vestiti di bianco, essi sono sicuramente delle ragazze comprate dagli esseni nel Caucaso ed educate da loro; sicuramente, per l’occasione, esse sono state camuffate da giovinetti! Bella trovata, se si pensa quale grande fascino avrebbero esercitato quelle splendide ragazze! Noi però non ci lasciamo ingannare tanto facilmente e sappiamo che il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe non può essere burlato. Gli esseni, invece, che pensano siano stati i loro antenati a creare il mondo, hanno gioco facile nel burlarsi di ciò che per essi non esiste. Finché crederemo nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non avremo bisogno dell’opera di accecamento degli esseni. E se un giorno questa nostra fede dovesse abbandonarci, non saranno certo gli esseni né i loro scaltri inviati a propinarcene un’altra in sostituzione. Al contrario, contribuiranno a farci diventare simili ai sadducei, i quali non credono né alla risurrezione né alla vita eterna. Ma Jehova ci preservi da ciò!». Con questi ed altri simili discorsi essi fecero ritorno a casa.

7. Io e una gran parte, consistente per la stragrande maggioranza di samaritani, prendiamo posto a tavola, ci facciamo servire dagli angeli e con piacere ci accingiamo quindi a ristorarci dalle fatiche della giornata, poiché anche lì è come se avessi lavorato nel deserto, così come è scritto: «Quando Satana fu costretto ad allontanarsi, vennero a Lui degli angeli e Lo servirono».

 

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Cap. 48

A Sichar. Gli ospiti e i servitori celesti. Apprensione del sacerdote riguardo alla sua missione di conversione del popolo incredulo. Cenni del Signore al sacerdote sulla Sua Missione e Sua predizione delle Sue sofferenze, morte e Risurrezione. Il successo della missione dei martiri dopo la loro morte. Apparizioni di spiriti. Meravigliose promesse sul destino dei veri seguaci del Signore.

 

1. Poche delle persone, che erano sedute a tavola, sapevano che i servitori erano angeli e che le vivande servite loro erano cibo celeste. La maggior parte riteneva che quei servitori facessero parte realmente del Mio seguito e che li avessi comperati in qualche parte dell’Asia Minore. L’unica cosa che non riuscivano a spiegarsi bene era la loro grande affabilità, la gioia che dimostravano nell’assolvere le loro mansioni e la loro fine educazione. In effetti, essi pensavano che i servitori che adempiono a quel tipo di mansioni erano soliti eseguire il lavoro macchinalmente ed avere facce tutt’altro che liete, tradendo così la loro condizione di schiavi senza alcuna cultura. Insomma gli ospiti avevano un grande diletto ad intrattenersi con loro. Il sacerdote invece, che si persuadeva sempre di più che quella numerosa schiera di servitori era formata da esseri soprannaturali, stava sulle spine, vedendo che molti tra gli ospiti, incuranti del rispetto che quelle splendide e maestose creature infondevano loro, usavano con esse dei modi che, seppure non indecenti, erano secondo lui un po’ troppo spregiudicati.

2. Lo turbava particolarmente il comportamento di quelli che, nonostante tutti i miracoli che sembravano piovere dal cielo, si ostinavano nella loro incredulità e frettolosamente se n’erano andati a casa. Con il cuore afflitto, il sommo sacerdote Mi rivolse la parola dicendo: «Mio Signore e Mio Dio! Cos’altro potrà indurre costoro alla fede, se perfino i segni che Tu fai rimangono infruttuosi! Se Tu stesso, o Signore, e le schiere angeliche che Tu hai fatto venire dai Cieli, non siete stati capaci di convertire questo popolo, cosa potrò fare io con loro, usando le mie misere forze? Non mi sputeranno in faccia quando tenterò di insegnare loro la Tua Dottrina?»

3. Io gli rispondo: «Intorno a te hai un sufficiente numero di credenti; istruiscili e fanne dei tuoi aiutanti, così il lavoro ti sarà più leggero. Infatti, se un uomo vuole sollevare un grosso peso e non dispone della forza necessaria, si cerca un compagno che lo possa aiutare. Se non ci riesce con questo primo soccorso, allora ricorre ad un secondo e ad un terzo, finché riesce a dominare quel peso. Se però in un luogo quelli che hanno fede sono in numero uguale oppure, come in questo caso, leggermente più numerosi degli increduli, allora il lavoro sarà più semplice.

4. Tutt’altra cosa, invece, è quando non vi è neppure un credente! In questo caso fate almeno un tentativo, affinché nessuno abbia poi da scusarsi dicendo di non aver mai sentito parlare di ciò.

5. Se si incontra un credente, anche uno solo, si rimanga presso di lui e gli si riveli il Regno della Grazia di Dio! Ma se non ce n’è nemmeno uno che accolga la Parola, allora quel luogo sia abbandonato e il missionario scuota sopra di esso la polvere delle proprie scarpe, poiché, da quel momento, le persone che vi dimorano non sono più degne di nessun’altra grazia se non di quella usufruita dagli animali dei campi e dei boschi. Ecco, quello che ti ho detto è un suggerimento su come dovrai comportarti verso gli increduli.

6. Però ti chiedo di vegliare su te stesso, per rimanere fermo nella fede; se questa dovesse vacillare, la tua opera per il Mio Regno sarebbe di poca efficacia! Tra circa due anni ti saranno riportate da Gerusalemme strane notizie sul Mio conto, non lasciarti indurre in errore! A Gerusalemme infatti sarò portato davanti ai giudici, ed essi uccideranno questo Mio Corpo, ma Io lo risusciterò il terzo giorno, per rimanere vicino a voi e con voi fino alla fine del mondo! Sì, la razza perversa che è in Gerusalemme, crederà solo quando si convincerà che non è possibile ucciderMi!

7. La stessa cosa avverrà nei diversi luoghi della Terra: l’arroganza degli uomini perseguiterà i predicatori del Vangelo e ne ucciderà il corpo, ma gli arroganti saranno scossi da questa stessa morte; solo allora crederanno, constatando che coloro che vivono la vita dello Spirito dalle Mie parole non potranno mai essere uccisi! Infatti ciascuno degli uccisi farà di nuovo ritorno ai suoi seguaci e li istruirà riguardo alle Mie vie!

8. Ma né Io né i Miei discepoli verremo a trovare l’ostinata stirpe degli uomini del mondo per togliere dal loro cuore le tenebre del dubbio, sia che essi non abbiano alcuna fede, sia che l’abbiano ma non operino secondo i suoi insegnamenti. E quando sarà giunta l’ora della morte dei loro corpi, sentiranno gravare su di sé i mali della loro incredulità e le conseguenze dell’inosservanza dei Miei Precetti. Al contrario, quelli che avranno creduto in Me e che avranno operato secondo questa fede, non sentiranno né assaporeranno la morte della carne!

9. Infatti, quando Io aprirò le porte della loro carne, questi uomini usciranno dal loro corpo come i prigionieri dal carcere, rimessi in libertà per la misericordia del loro signore.

10. Non lasciarti quindi fuorviare se udrai questa o quella cosa di Me! Infatti colui che rimane fedele e persevererà incrollabile nell’amore e nella fede fino alla fine – come Io vi insegno, vi ho insegnato e sempre vi insegnerò – egli erediterà le beatitudini del Mio Regno che è nei Cieli, che ora tu vedi aperti sopra di te, i quali sono dimora Mia e dei Miei angeli e dai quali essi salgono e scendono».

 

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Cap. 49

A Sichar. Insegnamenti sul modo e sul luogo dove si debba adorare veramente Dio. Saggio discorso di Irhaele. «Non templi, ma luoghi di ricovero ed ospedali per i poveri dovreste costruirMi!». Cenni sul tempio della Creazione.

 

1. Dice il sacerdote: «Ora ritengo di essere perfettamente istruito e spero che fra breve lo sarà anche questo paese. Mi permetto solo un’altra domanda: “Dobbiamo onorare ancora il monte e il Tuo antico Tempio che vi sorge e in quel luogo santificare il Tuo sabato, oppure è meglio edificare qui un Tempio affinché, per l’avvenire, possiamo radunarci nel Tuo Nome? In questo caso, domattina, dovresti indicarci il luogo più idoneo e più gradito a Te; da parte nostra, impiegheremo tutte le nostre forze per soddisfare questo Tuo desiderio!»

2. Io gli dico: «Amico, ciò che è necessario a voi e ad ogni uomo, Io ve l’ho annunciato oggi sul monte.

3. Per osservare i Miei precetti non necessitano né il vecchio Tempio sul monte né tanto meno il nuovo che vorreste costruirMi in città; quello che ci vuole è soltanto un cuore pieno di fede e una ferma buona volontà.

4. Quando ieri sono giunto qui da voi, durante la sosta al pozzo di Giacobbe, anche Irhaele, avendoMi riconosciuto, Mi chiese dove si dovesse adorare Dio, se sul monte Garizim o nel Tempio di Gerusalemme: che lei stessa ti dica quale risposta le diedi!»

5. Allora il sacerdote si voltò verso Irhaele ed ebbe da lei questa risposta:

6. «Così mi ha parlato il Signore: “L’ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori non adoreranno Dio né sul Garizim né nel Tempio di Gerusalemme! Infatti Dio è Spirito e chi Lo adora deve adorarLo in Spirito e Verità!”. Queste cose disse il Signore. Quanto a te, tu sei il capo dei sacerdoti, dunque sai ciò che devi fare!

7. Però ascolta quello che io penso: “Poiché il Signore ci ha concesso l’immensa grazia di dimorare in questa casa, che non è mia, ma che è e sarà perennemente Sua, ritengo che questo luogo non sarà mai dimenticato e sarà ritenuto come il più adatto ad accogliere tutti noi, quando ci raduneremo nel Suo Nome e santificheremo in Suo onore il sabato!”»

8. Osserva il sacerdote: «Sì, sì, avresti ragione, se tutti fossero credenti, ma bisogna tener conto anche dei deboli! Fra questi, simili metodi susciterebbero uno scandalo molto maggiore»

9. Io dico: «Irhaele ha ragione! Chi si scandalizza, si scandalizzi pure e salga al suo monte! Quando si accorgerà di non trovarvi nulla, ci mediterà sopra e da solo penserà se, alle volte, non ci sia qualcosa di meglio che non il monte.

10. Non edificateMi quindi dei templi; costruite piuttosto delle dimore e dei luoghi di ricovero per i poveri che non hanno niente con cui ricompensarvi!

11. Ed è nell’amore verso i vostri fratelli e sorelle poveri che voi dimostrerete di essere Miei veri adoratori; in questi templi, tramite voi, Io sarò spesso presente, senza che ve ne accorgiate. Ma nei templi che si edificano con il solo proposito di onorarMi con le labbra, come si è fatto finora, Io sarò talmente poco presente quanto lo è la ragione dell’uomo nel dito piccolo del suo piede.

12. Se avete bisogno della solennità e della magnificenza di un tempio per elevare i vostri cuori a Me, per essere compenetrati davanti al Mio Cospetto della vera umiltà, allora uscite fuori, nell’immenso tempio delle Mie creazioni e il sole, la luna e ogni stella, il mare ed i monti, gli alberi e gli uccelli dell’aria, come anche i pesci dell’acqua e gli innumerevoli fiori dei campi: tutto vi annuncerà la Mia Gloria!

13. DiteMi! L’albero non è adorno in maniera più splendida del Tempio di Gerusalemme con tutte le sue magnificenze? L’albero è una pura creazione di Dio, possiede la vita e produce un frutto nutriente! Cos’è invece il Tempio e cosa produce? A tutti voi dico: “Null’altro che orgoglio, ira, invidia, gelosia e ambizione sfrenata, perché il Tempio non è opera di Dio, ma vana opera dell’uomo!”

14. In verità, in verità vi dico: “Chi Mi onorerà e Mi amerà, e Mi adorerà facendo nel Mio Nome del bene ai suoi fratelli e sorelle, egli ne avrà premio eterno nei Cieli; chi invece continuerà ad adorarMi con ogni tipo di cerimonie in un tempio edificato a quest’unico scopo, raccoglierà così la sua fugace ricompensa in questo stesso tempio! Però, dopo la morte della sua carne, quando egli si presenterà a Me e dirà: ‘Signore, Signore, usa misericordia verso il Tuo servitore!’, Io gli risponderò: ‘Non ti ho mai conosciuto, allontanati perciò dal Mio cospetto e cerca la tua ricompensa presso colui che hai servito!’. D’ora innanzi, quindi, non abbiate mai nulla a che fare con templi di alcun genere!”

15. Se volete, in questa casa potete radunarvi in Mia memoria, sia di sabato che in qualunque altro giorno, poiché tutti i giorni sono del Signore, non solo il sabato. Perciò, da oggi innanzi, in questo giorno sarete operosi come in qualsiasi altro giorno».

 

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Cap. 50

A Sichar. La santificazione del sabato. Ciò che Dio vuole che gli uomini facciano! I giorni lavorativi e il sabato. Dio è sempre operoso. Il precetto del sabato di Mosè. «Dovete diventare perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo».  Il Signore promette di esaudire le preghiere dei figli.

 

1. (Continua il Signore:) «Il modo migliore per santificare il sabato è questo: praticare, in questo giorno, il bene più attivamente che in qualunque altro!

2. D’ora innanzi non dovete compiere solo il lavoro servile, che ha di mira il denaro e le ricompense del mondo; e ciò tanto nei giorni feriali che, meno ancora, di sabato! Sia ormai ciascun giorno un sabato e ciascun sabato un giorno consacrato all’attività e al lavoro! Ecco, amico Mio, ora ti ho indicato esaurientemente come per l’avvenire dovete servire Dio! Così sia!»

3. Dice il sommo sacerdote: «Riconosco, in modo chiaro, la santa Verità in questo Tuo precetto, che accetto volentieri per legge, ma gli ebrei ortodossi ce ne metteranno prima di riuscire a comprendere chiaramente e nella loro pura verità questi stessi insegnamenti, che emanano dall’assoluta Volontà di Dio! Sì, penso che molti non ci riusciranno, neppure se attendessero fino alla fine del mondo. Infatti gli uomini, fin dai tempi antichi, si sono troppo assuefatti alle cerimonie del sabato e non vorranno saperne di rinunciare ad esse. Sarà certamente questo il lavoro più faticoso e più arduo!»

4. Dico Io: «Non è necessario sopprimere del tutto il sabato; bisogna ripudiare solo quanto in esso c’è di assurdo! Il Signore Dio non ha bisogno dei vostri servizi né dei vostri onori, poiché Egli ha creato il mondo e gli uomini senza l’aiuto di nessuno e nessun’altra cosa chiede agli uomini se non quella di riconoscerLo e di amarLo con tutte le loro forze non solo di sabato, ma altrettanto, senza interruzione, in qualunque altro giorno!

5. Come potete affermare di servire Dio operando come fate, cioè pensando a Lui solo di sabato, mentre gli altri giorni Lo considerate come se non ci fosse? Dio non è forse ogni giorno lo stesso immutabile Dio? Non fa sorgere il sole ogni giorno, senza riguardi particolari per il sabato, e non diffonde la sua Luce sia sui giusti che sugli ingiusti, anche se questi ultimi sono più numerosi dei primi?

6. Dio stesso non lavora di continuo ogni giorno? Se dunque Egli, che è il Signore, non si concede nessun giorno di festa, perché gli uomini dovrebbero stabilire dei giorni festivi al solo scopo di poltrire nell’ozio? Infatti, cos’altro osservano essi puntualmente il sabato se non l’ozio? È per questo che essi rendono il peggior servizio a Dio!

7. Al contrario, Dio vuole che gli uomini si esercitino, senza sosta, sempre più nelle opere dell’Amore, affinché un giorno, nell’altra vita, possano essere capaci di affrontare qualsiasi lavoro e qualsiasi fatica e conseguire, mediante questa attività d’Amore, la vera e suprema beatitudine! Ma se gli uomini si abbandonano all’ozio, potranno raggiungere questa altissima meta? Io ti dico: “Mai!”.

8. L’uomo nei giorni feriali, anche se lavora, non fa che abituarsi ad essere egoista, poiché egli lavora solo per la sua carne e chiama suo quello che ha ottenuto con il lavoro. Chi desidera poi avere da lui dei prodotti del suo lavoro, deve comperarli o con denaro o contraccambiarli con altro lavoro, altrimenti non otterrà da nessuno la più piccola cosa che abbia qualche valore. Dunque, mentre gli uomini sacrificano al loro egoismo sei giorni, elevano, nello stesso tempo, a comandamento lo starsene in ozio di sabato, cioè nell’unico giorno in cui dovrebbero dedicarsi interamente all’attività dell’Amore. Quindi c’è seriamente da chiedersi quando questi uomini si eserciteranno nel solo vero servizio di Dio, che consiste unicamente nel praticare le opere d’amore verso il prossimo.

9. Eppure Dio stesso non si riposa un solo momento dal Suo lavoro ed è continuamente in attività non per Se stesso, ma per l’umanità. Per Sé non ha bisogno né della Terra, né del sole o della luna, né di tutte le stelle e di quello che vi è in esse o che da esse procede. Di tutte queste cose Dio non ha bisogno; sono invece gli spiriti e gli uomini creati che ne hanno bisogno. Quindi il Signore è costantemente attivo esclusivamente a beneficio e per Amore delle Sue creature.

10. Ora, se il Signore, al Quale appartengono i giorni, consacra ininterrottamente il Suo lavoro a favore degli uomini - che vuole divengano Suoi figli destinati a somigliarGli in tutto -, come può volere che gli uomini, dopo sei giorni vissuti egoisticamente, Gli riescano graditi quando, nel santificare il settimo, si abbandonano nell’ozio più assoluto? E come può volere, quindi, che Lo onorino con pigrizia, Lui che è l’eterna Attività?

11. Queste cose te le dico in forma talmente evidente, affinché tu, capo dei sacerdoti presso la tua comunità - ben sapendo Chi è Colui che ti ha detto tutto ciò -, metta da oggi in poi il sabato in luce migliore di quanto esso lo sia stato dai tempi di Mosè fino ad oggi! Infatti, nel modo in cui Io sto spiegando il sabato, è stato illustrato anche a Mosè, ma il popolo, purtroppo, dopo molto tempo lo ha degradato ad un giorno di ozio degno dei pagani ed ha pensato che la migliore cosa, per essere graditi a Dio, era quella di non far niente o di infliggere punizioni a quelli che in questo giorno avessero lavorato anche un po’ o che si sarebbero prestati a curare qualche malato. Oh, come sono insensati e ciechi!»

12. Tutto compenetrato da questa verità, il sacerdote risponde: «Oh, com’è tutto santo e vero ciò che esce dalla Tua bocca! Sì, ora comprendo tutto! Proprio ora, o Signore, hai tolto dai miei occhi il triplice velo di Mosè! Adesso, o Signore, non abbiamo più bisogno di nessun segno o miracolo, ci bastano soltanto le Tue sante parole di Verità! Ed io, pienamente convinto, affermo che tutti coloro che, oggi come sempre, crederanno in Te solo per i Tuoi miracoli e non per la Verità della Tua Parola, non hanno una vera fede vivente e saranno dei tiepidi seguaci della Tua Dottrina, i quali eseguiranno la Tua santa Volontà solo macchinalmente. Con noi però non sarà così! Non saranno i miracoli da Te operati in nostra presenza a suscitare nei nostri cuori la fede vera e vivificante, ma solo la Tua santa Parola, piena di Verità. Sarà questa a risvegliare in noi la pienezza dell’amore per Te e da questo amore, nelle debite proporzioni, anche l’amore verso ogni uomo. Sia dunque fatta la Tua santa Volontà in ogni tempo, così come Tu, o Signore, ce l’hai appena mostrata in modo estremamente chiaro e che è eternamente vera!»

13. Io dico: «Amen! Sì, caro amico e fratello, in ciò risiedono il buono e il vero! Infatti soltanto se vi atterrete a ciò, vi sarà dato di divenire perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo. E quando avrete raggiunto tale perfezione, sarete veramente Suoi figli e potrete chiamarLo sempre: “Abba, amato Padre!”. E qualsiasi cosa voi, come Suoi veri figli, chiederete, Egli ve la darà, poiché il Padre è infinitamente buono e tutto ciò che Egli possiede lo dona ai Suoi figli! Ora però mangiate e bevete, poiché questi cibi e bevande non sono di questa Terra, perché è il Padre che ve li manda dai Cieli ed Egli stesso si trova ora qui tra voi!».

 

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Cap. 51

A Sichar. Gli angeli confortano alcuni ospiti timidi. Il “Vangelo di Sichar”.

Natanaele narra la storia della sua conversione. L’ordine del Signore di tacere sulla Sua Divinità fino alla Sua elevazione sulla Croce.

 

1. Osserva il sacerdote: «Signore, dobbiamo rimetterci nuovamente a tavola? Anche se abbiamo ininterrottamente conversato, mi sembra che ci siamo ristorati abbondantemente con cibi e con bevande già all’inizio della cena! Da parte mia sono ormai sazio e non potrei più né bere né mangiare»

2. Io gli dico: «Hai detto bene, poiché sei sazio del cibo e del prezioso vino dei Cieli. Però ve ne sono ancora molti, che non si sono azzardati né a toccare cibo né a bere nulla, perché non avevano nessuna fiducia né nel Mio Nome, né nella Mia Parola, e temevano si trattasse di qualche stregoneria. Ma poiché hanno udito quello che ci siamo appena detti ed hanno appreso in maniera lampante la verità, il loro sciocco timore è scomparso e in questo momento cominciano a sentire la fame e la sete. Ora si prenderebbero anche da mangiare e da bere, ma non si azzardano per puro timore reverenziale. Credi che li si dovrebbe lasciare andare in queste condizioni? Questo mai e poi mai! Mangino e bevano pure a loro piacimento! Infatti, da oggi in poi, non avranno più la possibilità di saziarsi di questi cibi e bevande in nessun altro luogo se non un giorno nel Mio Regno, che è nei Cieli!»

3. Dopo questa osservazione, Io incoraggiai nuovamente i timorosi a mangiare e a bere, e ai giovani che ci servivano dissi: «Fate in modo che non manchi loro nulla!». Allora i servitori portarono di nuovo, con abbondanza, del pane, del vino ed ogni specie di frutta squisita.

4. Alcuni però, dubitando, chiesero se non era troppo rischioso mangiare della frutta ad essi sconosciuta. Però i giovani, rasserenandoli, risposero: «Voi potete mangiare tutta questa frutta senza alcun timore, poiché essa è pura e di sapore squisitissimo! È vero che su questa Terra cresce ogni tipo di frutta, erbe ed animali, nei quali il lavoro di formazione e di sviluppo è dovuto all’opera di spiriti impuri, ma il fondamento di questo risiede negli ordinamenti del Signore. Infatti pure i demoni servono il Signore, anche se contro la loro volontà o desiderio! I demoni, infatti, sono costretti a servire Dio, così come lo sono gli schiavi incatenati ed obbligati a lavorare per il loro padrone, ma non c’è alcuna benedizione per un lavoro di questo genere!

5. Sulla Terra, dunque, dove spesso uomini, animali e demoni vivono sotto il medesimo tetto, manifestando la loro attività secondo gli istinti e le inclinazioni loro propri, crescono spesso anche ogni specie di azioni, opere e frutti di cattiva ed impura qualità, di cui gli uomini dovrebbero fare a meno, qualora desiderino tenere lontano da sé ogni possibile male di questo mondo. È per questo che il Signore, per mezzo del Suo servitore Mosè, ha indicato, con precisione, quali sono le cose pure e buone ed ha sconsigliato agli uomini l’uso delle cose impure, alla cui formazione lavorano pure spiriti cattivi: questi sono gli alti ordinamenti del Signore. Ma tutto ciò che vi viene qui offerto è assolutamente puro, perché segretamente è stato portato dai Cieli per voi; mangiate dunque e bevete senza alcun timore! Infatti le cose che il Padre invia dal Cielo sono sommamente pure e buone e atte a favorire la vita dell’anima e dello spirito per l’eternità».

6. Le parole dei giovani sapienti ebbero l’effetto di rallegrare gli animi e tutti lodarono Dio per tale amichevole sapienza in questi giovani. Va osservato che questi insegnamenti, più tardi, vennero trascritti a memoria da alcuni ospiti e conservati in quei luoghi per lunghi anni.

7. Ma successivamente, quando questa città fu fatta soffrire ad opera dei suoi nemici, molte cose andarono perdute, tra cui questa dottrina, della quale parla anche l’apostolo Paolo in maniera molto mistica in una delle sue epistole, precisamente là dove descrive le varie classi di spiriti.

8. Così tutta la numerosa compagnia fu animata dai migliori propositi e gli ospiti cominciarono ad intrattenersi tra loro discutendo ora riguardo a Me e alla Mia Dottrina, ora riguardo alla cena, che era stata preparata nei Cieli. Anche i giovani entrarono in conversazione con gli ospiti, ragionando su molte cose.

9. Ad un certo punto si alzò Natanaele e, rivoltosi agli ospiti, disse: «Miei cari amici e fratelli! Poche lune (mesi) fa ero ancora un pescatore nei dintorni di Bethabara sul fiume Giordano, non lontano dal luogo dove esso sfocia nel mare, là dove Giovanni battezzava. Un giorno, un Uomo si presentò umilmente a lui e chiese di essere battezzato. Giovanni, pur non avendoLo mai visto fisicamente su questa Terra, testimoniò di Lui dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo!”. Giovanni aggiunse poi: “Questi è Colui del Quale ho detto che era prima di me e che verrà dopo di me ed a Cui non sono degno di sciogliere i legacci dei sandali”

10. Queste cose io, Natanaele, udii testimoniare nel deserto dal predicatore e ciò mi immerse in profondi pensieri. Mi allontanai e, tornato a casa, narrai tutto a mia moglie e ai miei figli, che si stupirono enormemente nel sapere che il predicatore, conosciuto per severissimo, avesse reso una tale testimonianza ad un Uomo!

11. Infatti, non era molto facile entrare in discorso con il predicatore e, quando parlava, le sue parole suonavano estremamente aspre. Egli non risparmiava nessuno, fosse pure fariseo, sacerdote o levita; davanti a lui ogni cosa veniva messa alla prova, per la vita o per la morte, passando sull’affilata spada della sua lingua!

12. Però, quando venne Colui che ora siede tra noi in qualità di Signore, le rudi maniere di Giovanni scomparvero, lasciandolo in una profonda umiltà, e il suono della sua voce divenne così dolce quanto il cinguettio dell’allodola quando intona il cantico di primavera! In breve, la mia famiglia prestò a mala pena fede al mio racconto, perché tutti conoscevano molto bene la maniera con cui Giovanni si esprimeva.

13. Due giorni dopo, uscii all’alba per andare al lavoro e, poiché dovevo aggiustare i miei arnesi da pesca, mi sedetti sotto un albero. Ecco arrivare, in quel momento, in compagnia di alcuni che già Lo seguivano, la Persona di Cui Giovanni aveva così dolcemente testimoniato. Egli mi chiamò per nome e mi invitò a seguirLo. E poiché mi ero meravigliato che Egli mi conoscesse senza che Lo avessi mai visto prima, mi disse: “Non meravigliarti così tanto, perché vedrai cose assai più grandi! In verità ti dico che d’ora innanzi tu vedrai il Cielo aperto e gli angeli di Dio salire e discendere sopra il Figlio dell’uomo!”

14. Ed ecco, le parole che il Signore mi disse si adempiono ora nella maniera più eccelsa! Tutti i Cieli si sono dunque aperti ai nostri occhi e gli angeli discendono per servire Lui e noi. Quale altra prova ci serve ancora per convincerci che Lui solo è Colui che deve venire, secondo la promessa fatta e tramandata ai figli d’Israele fin dai tempi di Adamo? È per questo che ritengo che Egli sia molto più del Messia! Egli è...»

15. A questo punto, Io lo interrompo, dicendogli: «Mio amato fratello ed amico, per ora basta così, non andare oltre! Quando gli ebrei innalzeranno questa Carne, allora potrai parlare senza alcun ritegno di ciò che tu sai di Me, ma non prima, perché gli uomini non sono ancora maturi!».

16. Allora Natanaele si uniformò a quello che gli avevo detto, senza tuttavia comprendere chiaramente cosa avessi voluto dire con le parole “quando questa Mia Carne sarà innalzata”. Molti ritenevano che un giorno Me ne sarei andato a Gerusalemme per occupare il trono di Davide. Il significato di queste Mie parole fu invece ben compreso dal capo dei sacerdoti, ma egli tacque e il suo volto si rattristò. Io però lo confortai e gli rammentai le cose che, a questo proposito, gli avevo già spiegato prima; in questo modo egli fu subito consolato e Mi lodò nel suo cuore.

17. Nel frattempo, mentre in casa avvenivano questi fatti, si era fatta l’alba, e il nuovo giorno aveva trovato tutti gli ospiti senza la minima traccia di stanchezza o di sonno, anche se erano rimasti svegli tutta la notte. Al contrario, ogni persona si sentiva rinvigorita come non era mai successo prima, neanche dopo il migliore dei sonni. Così, tutti Mi domandarono se potevano passare la giornata con Me e a questo santo desiderio acconsentii subito.

*

«Signore! Io povero peccatore, Ti rendo grazia per questo primo giorno a Sichar, che è una città simile a ciò che è in me!». 

Jakob Lorber

 

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IL SECONDO DEI DUE GIORNI A SICHAR

 

Cap. 52

Il Signore si informa sulle condizioni familiari del sacerdote. Modo di vestire di Maria. Abominevoli calunnie sparse sul conto della famiglia del sacerdote.  La tristezza di Jonaele. Buone parole di consolazione del Signore e Sua testimonianza sul mondo.

 

1. Allora il sacerdote si alzò e, supplicando, Mi chiese: «Poiché Ti è piaciuto accordarci la somma grazia di rimanere con noi anche quest’oggi, non sarebbe bene andare, con i Tuoi discepoli e gli altri fedeli qui presenti, a visitare le località vicine? Per la verità esse sono solamente tre, però è possibile incontrare anche là qualcuno che sia disposto a credere in Te, qualora abbia l’occasione di vederTi e udirTi»

2. Io gli dico: «Noi ci andremo per te, non per loro; ed acconsento volentieri, perché andarci è una gioia per te! Ma dimmi, tu hai moglie e figli, non vuoi presentarmeli? Dove e quanti sono?»

3. Il sommo sacerdote, alquanto imbarazzato, risponde: «Signore, la mia amata consorte è ancora viva ed è in età avanzata come me; ho sette figli, ma purtroppo tutte donne dai dodici ai ventuno anni. Come Tu sai, il non avere alcun figlio maschio è un disonore presso gli Israeliti, perciò compatiscimi, o Signore, per non avere avuto il coraggio di mostrarmi insieme a tutte queste donne!

4. Ma se Tu desideri, al di là di ciò, passare da casa mia, visto che da qui ce ne stiamo andando, potrei presentarTi la mia famiglia. Io non potrei farle venire in questo posto, perché, è vero, posseggo un po’ di tutto e riesco anche a campare modestamente insieme ai miei, però i vestiti che abbiamo sono piuttosto miseri. In casa, per eseguire le faccende domestiche, le mie fanciulle sono sufficientemente vestite, ma per comparire in una società come questa, esse avrebbero, come figlie del capo dei sacerdoti, un aspetto davvero troppo meschino! In ogni caso, penso quindi sia meglio che rimangano in casa, così da un lato non si espongono alle canzonature, dall’altro non hanno occasione di alimentare quella vanità che è innata nella donna. D’altra parte credo sia bene che esse vengano a contatto con il mondo il meno possibile, perché il mondo è e sarà sempre perverso!»

5. Gli dico: «Io farò come tu desideri, ma poi devi lasciar venire la tua famiglia con noi! In quanto ai vestiti, faremo in modo di trovarne di migliori e vedrai, essa non sfigurerà in nostra compagnia! Fai molto bene ed è saggio procurare di sottrarre le tue figlie alle influenze del mondo, ma nella nostra cerchia, che non è mondana, esse sarebbero state ammesse anche così come sono.

6. Per esempio Maria, la madre del Mio corpo di carne, indossa semplicemente una veste di tela bianca e porta inoltre soltanto un comunissimo grembiule turchino ed è vestita bene quanto basta! Sul capo tiene una specie di parasole a quattro angoli, come tutte le donne che Mi hanno seguito dalla Galilea e dalla Giudea. Vestite in questo modo esse sono degne di far parte del nostro gruppo. Per ora possono farne a meno, quindi fai in modo che oggi tua moglie e le tue sette figlie non manchino di venire con noi!»

7. Allora uno dei samaritani si intromette nel discorso ed osserva: «Tutto ciò è molto bello e buono! Io, da parte mia, non ho alcuna testimonianza diretta, ma dovrei raccontarvi quello che ho sentito dire da parecchi uomini che abitano nei dintorni. Certo, non posso provarlo e voi siete quindi liberi di credere o meno. Ecco di che cosa si tratta: corre voce che le quattro ragazze più grandi, ogni volta che il sommo sacerdote non è in casa, se ne vanno in giro di notte per le vie della città e si lasciano avvicinare dal primo giovane che incontrano, acconsentendo, per denaro, ad appagarne le voglie libidinose, che la loro bellezza non manca di suscitare. Questo è ciò che si sussurra da qualche tempo. Io, da parte mia, ho detto solo quello che ho udito da altri! Comunque sia, se ci preme che questa nuova Dottrina trovi un’accoglienza generale anche fra i tanti che tuttora sono scettici, sarebbe consigliabile, a causa del popolo insensato, escludere dalla compagnia almeno le quattro figlie maggiori! Tu, o fratello Jonaele, conosci molto bene com’è fatto il nostro popolo: esso è astioso, malizioso, ignorante ed incredulo! Se questa gente giunge a tanto, credo che neanche Jehova stesso possa farci niente! Quello che vi ho detto è, senza volerlo imporre, il mio punto di vista e, considerando la manifesta perversità del nostro popolo, penso anche che così facendo si può preservare da pericoli la buona causa!»

8. Il sacerdote, udite queste cose, si volge verso di Me, profondamente addolorato, e dice: «Signore! Se fossi colpevole solo un po’ di essere stato poco accorto e trascurato nell’educare le mie figlie, non sarei ora tanto afflitto nell’apprendere ciò! Io, invece, posso dire in coscienza che ho fatto di tutto per educare la mente e il cuore delle mie figlie e non avrei timore di giurare, su ciò che vi è di più sacro, che ciascuna di esse è ancora tanto pura quanto un fiore sul monte di Jehova! Ma chi è che sparge simili infamanti calunnie?»

9. Io gli dico: «Caro Jonaele, fratello Mio, non te la prendere tanto! Ti sia sufficiente che le tue figlie siano pure ai Miei occhi! Infatti, il mondo appartiene complessivamente al demonio, quindi è malvagio in ogni sua fibra! Hai mai sentito che si raccolga uva dalle spine o fichi dai cardi? Tutte queste cose Mi erano già note da tempo, anzi sono state apertamente sentenziate sul Monte, quando figurativamente ho parlato della pagliuzza nell’occhio del prossimo! E vedi, quella parabola aveva il potere di indurre molti ad allontanarsi dal Monte, essendosi accorti che Io parlavo di loro.

10. È per questo motivo quindi che le tue figlie devono venire con noi, anzi Io stesso camminerò in mezzo a loro! E colui che è sotto il potere del maligno ci resterà in eterno, se non si vuole lasciare convertire mai! Ma ora è tempo di andare! Ho già fatto sapere a tua moglie e alle tue figlie ciò che è necessario, ed esse ci attendono».

 

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Cap. 53

A Sichar. Entusiasta testimonianza di Pietro sul Figlio di Dio e suo duro giudizio sui galilei increduli. Scena tra Simone ed un non credente.  Critica del galileo su Gesù e i Suoi discepoli. Risposta sincera di Pietro. L’angelo e il Signore condannano il bugiardo calunniatore. Lo spirito maligno quale aguzzino. Il castigo del malvagio.

 

1. Ci poniamo dunque in cammino e, strada facendo, Pietro non può trattenersi dall’esclamare: «Le continue meraviglie a cui assistiamo cominciano a farmi venire seriamente il capogiro! Secondo me, chi non è ancora convinto che questo Gesù di Nazaret sia il Figlio incarnato di Jehova, egli è dieci volte più cieco del Faraone, oppure è addirittura un morto! Con la Potenza della sola Parola gli ammalati guariscono completamente, i ciechi riacquistano la vista, i sordomuti l’udito e la voce, gli storpi camminano e gli afflitti dalla lebbra più incurabile diventano mondi quasi non avessero mai peccato!

2. E come se tutto ciò non bastasse, i Cieli si aprono e premurosamente gli angeli più eccelsi scendono a schiere fra noi, pronti a servirci e a comportarsi in maniera tale da indurci a pensare che essi non abbiano mai abbandonato la Terra fin dalla creazione del primo uomo. Sono pure molto belli e il fascino che irradia da loro è tale che, al solo guardarli, parrebbe di dover morire di diletto! Quando Egli parla, le Sue parole sono di una Sapienza incredibile e questi magnifici servitori di Jehova pendono dalle Sue Labbra con dolce e sommessa attenzione e con celeste devozione manifestando la più pura e serena gioia, come fanno le rondini in una bellissima giornata d’estate! In verità, chi osa dire che questo Gesù non è altro che un mago, merita di essere macellato come un bue. Infatti una tale persona non è un uomo, ma solo un animale dotato di parola, e come tale non avrebbe il diritto di morire da uomo, ma la sua fine dovrebbe essere quella di un animale domestico!»

3. Mentre Simon Pietro fantastica così e non si accorge di quello che accade intorno a lui, un cittadino incredulo gli si avvicina e, battendolo duramente sulla spalla, gli dice: «Se credi sia così, è mio dovere di galantuomo preannunciarti che anche tu farai la fine di un bue qualunque! Infatti se sei vissuto fino adesso senza farti un’idea di quante cose sia capace colui che pratica con abilità la magia, non dovresti rischiare di aprir bocca in un luogo laddove vi sono persone competenti e ricche di esperienza!»

4. Allora Pietro chiede bruscamente: «Dimmi, o spirito rozzo e tenebroso! I tuoi maghi hanno anche il potere di ottenere l’immediata guarigione degli ammalati in virtù della sola parola? E possono anch’essi ordinare ai Cieli sublimi di aprirsi, cosa che né la mano né l’intelligenza di nessun mago ha mai fatto?»

5. Risponde il cittadino: «Cieco e stupido galileo! Non sai che i veri maghi possono trarre da qualunque pezzo di legno un pesce oppure un serpente? Anzi, a tale proposito ti posso dire che, non molto tempo fa, uno di questi maghi proveniente dall’Egitto capitò tra noi e lo vidi gettare nell’acqua dei pezzi di legno che si trasformarono presto in pesci, poi li gettò a terra e si tramutarono in serpenti e vipere, quindi soffiò nell’aria e questa fu piena di locuste e di altri insetti alati; prese ancora delle pietre bianche, le gettò in aria e ne uscirono delle colombe che se ne volarono via, poi raccolse da terra una manciata di polvere, la lanciò contro il vento e in un attimo l’aria fu ottenebrata da sciami di moscerini, così numerosi che a malapena si poteva scorgere il sole e, avendo soffiato su essi, si alzò un forte vento che li cacciò via come una nube! Dopo ci condusse presso uno stagno situato vicino al ruscello, dove poco prima aveva cambiato i pezzi di legno in pesci. Giunto qui, toccò l’acqua con la sua bacchetta e tutta l’acqua si convertì in sangue, poi toccò questo nuovamente con la bacchetta e subito il sangue ridiventò acqua! Infine, giunta la sera, gridò alle stelle e queste caddero tra le sue mani come fossero colombe ammaestrate! Poi, ad un suo comando, esse volarono via e fecero ritorno nel firmamento! E tu ti chiedi ancora dov’è l’uomo le cui mani possono toccare i Cieli? Che tutto ciò sia realmente accaduto, posso fartelo confermare da cento testimoni. Cosa ne pensi ora del tuo nazareno, figlio di Dio, che conosco molto bene e so anche di chi è figlio e dove abbia appreso tutto ciò che ti desta meraviglia?»

6. Dice Pietro: «Se le tue affermazioni non sono menzogne, come le lacrime del coccodrillo, e se non hai pagato i cento testimoni per sostenere le tue bugie, tutti quelli qui attorno che hanno riconosciuto il Cristo in Gesù di Nazaret, dovrebbero anch’essi sapere qualcosa di questo mago, del quale mi hai appena decantato i miracoli! Lo voglio chiedere subito a Jonaele! Ma guai a te, se mi hai ingannato!»

7. Risponde il cittadino: «Costoro non saranno in grado di darti nessun chiarimento, perché essi, pensando che il mago operasse con l’aiuto del demonio, non hanno assistito alle sue esibizioni, per timore di contrarre qualche malanno! Dotati di coraggio, solo noi, che conosciamo un po’ più da vicino le forze della natura e non crediamo affatto al demonio, siamo andati con lui e, con meraviglia, ci convincemmo di quante e quali cose fosse capace l’uomo!»

8. Dice Pietro: «Tu hai tutta l’aria di essere una vecchia volpe, ma non credere per questo di cavartela tanto presto e di poter sfuggire al castigo! Ed ora vieni con me dal sommo sacerdote di questa città e vedremo di chiarire e di appianare con il suo aiuto le nostre questioni!»

9. Replica il cittadino: «Cosa mi importa del sommo sacerdote? Io sono galileo, anzi più greco che ebreo ed ho poche cose in comune con lui, zelante ignorante che va fantasticando, ma non si accorge che le sue quattro figlie più grandi se ne vanno di notte fuori di casa con il consenso della madre, a quanto si dice, in cerca di avventure scandalose. Cosa vorresti mettere in chiaro con un simile imbecille? Per me l’arte e la scienza contano più di ogni cosa e stimo i veri scienziati e i veri artisti al di sopra di tutto, purché non abbiano la smania di volersi spacciare per più di quello che sono!

10. Se il vostro maestro, al quale non si può negare abilità e discernimento in tutte le arti e le scienze, si accontentasse di rimanere quello che è, sarebbe ritenuto persona illustrissima tra ebrei, greci e romani. Egli, invece, fa di se stesso un Dio e questo è molto insensato e degno di altri tempi, antichi ed oscuri!

11. In quanto a voi, non ho niente in contrario a credervi persone oneste e anime pie, ma, a parte i vostri pesci, mi sembra che non vi intendiate molto di altre cose. Lasciamo dunque da parte questa discussione! Voi potete credere quello che vi pare; difficilmente però riuscirete a farci vedere bianco per nero. Infatti ti ripeto che, avendo studiato, noi conosciamo ogni genere di scienza e nulla ci è estraneo; neppure in fatto di magia siamo all’oscuro, possiamo giudicare quindi con certezza cosa si debba pensare del vostro maestro!»

12. Dice Pietro: «Amico, tu ti sforzi inutilmente di cambiare discorso! Non stiamo parlando di quello che tu pensi sul conto del mio Maestro e a poco ti serve tenere discorsi in apparenza sensati, allo scopo di farmi dimenticare le menzogne che mi hai disonestamente rifilato poco fa! Ammesso pure, come tu dici, che il sommo sacerdote sia uno zelante o altro, però, quale autorità di questa piccola città, egli dovrà certamente sapere se in questi ultimi tempi si è qui esibito un mago come quello da te descritto! Questo per me è di capitale importanza, perché mi preme formarmi un’idea precisa sul conto del mio Maestro!

13. Vedi, io e molti altri come me abbiamo abbandonato tutto, perfino moglie e figli e Lo abbiamo seguito incondizionatamente, avendoLo visto operare cose impossibili a qualsiasi uomo e avendoLo inoltre udito enunciare parole talmente sapienti, che nessun uomo prima di Lui aveva mai pronunciato e che dopo di Lui difficilmente qualcuno potrà pronunciare!

14. Ma tu ora vieni fuori con questo discorso ed al mio Maestro ne vuoi contrapporre un altro che, se anche non Lo supera in grandezza e potenza, pure secondo te Lo eguaglia e opera cose tali da imporre ad ognuno il più profondo rispetto! Si tratta dunque di sapere se qualcuno mi può fornire, in maniera evidente e valida, la prova che un tale mago ha realmente compiuto i fatti da te raccontati!

15. Se ciò che hai detto risponde a verità, ti do la mia parola che abbandono all’istante il mio Maestro, che ritengo totalmente dotato di Forza divina, e faccio ritorno a casa mia e alla mia famiglia! Infatti, uno che fosse solo un mago, non vorrei seguirlo neanche di un passo. Sono ancora un vero israelita e credo più in Mosè che in centomila maghi, siano pure famosi e molto considerati. Ma se, come fondatamente suppongo, hai mentito unicamente per fare del male, quindi allo scopo di screditare il mio adorato Maestro, in tal caso, come ti ho già minacciato, guai a te! Sappi che, per la Grazia del mio divino Maestro, anch’io sono in grado di fare certe cose, senza esigere di passare agli occhi di chicchessia per un operatore di miracoli!

16. Per questo, vieni con me volontariamente dal sommo sacerdote. Eccolo là, intento a discutere con il vostro doganiere Matteo; anch’egli deve sapere qualcosa del tuo mago, non essendosi mai allontanato dalla città! Vieni dunque con le buone, se non vuoi che ti costringa con la forza!»

17. Dice il cittadino: «Come, come? Con la forza? E se io non volessi? Guarda là, dietro a me tutti quegli uomini; ce ne sono forse qualche centinaio! Se ti azzardi a mettermi le mani addosso, dovrai vedertela con loro!»

18. Osserva Pietro: «Io non ti metto le mani addosso, come hai fatto tu assai rudemente poco fa, quando mi hai dato una pacca sulla spalla; nonostante questo, sei costretto a venire con me! Fra noi si trovano le schiere degli angeli di Dio, che tu sembri non vedere! Basterà un solo cenno e, con il loro aiuto, ti porterò subito là, dove voglio che tu vada!»

19. Risponde il cittadino: «I vostri angeli sono forse questi ragazzi vestiti di bianco? Ah, ah, ah! Va bene! Se la vostra guardia del corpo è tutta questa, mi sembra che, con qualche dozzina di schiaffi sul naso, faremo volare via oltre le mura della città, insieme a voi, anche la vostra schiera bianca!»

20. Queste parole fecero arrabbiare Pietro ed egli fece subito chiamare uno dei giovani perché punisse il cittadino. Ma il giovane rispose: «Io lo farei senz’altro, se tale fosse la Volontà del Signore, ma Egli non me lo ha ancora ordinato e non posso perciò fare ciò che mi chiedi. Però, tu, puoi presentarti al Signore ed esporGli la cosa; se Egli lo vuole, io agirò»

21. Allora Pietro, poiché nel frattempo Mi ero avvicinato a lui, si diresse verso di Me e, raggiuntoMi, Mi narrò la faccenda. E quando fu arrivato davanti alla casa di Jonaele, dove Mi ero fermato, gli dissi: «Torna indietro e conduci da Me quell’uomo!»

22. Come se fosse stato liberato da un gravissimo peso, Pietro, appena udì le Mie parole, ritornò in gran fretta dal giovane ed esclamò: «Il Signore lo vuole!»

23. Il giovane fissò negli occhi il cittadino, che, tutto tremante e come spinto da forza arcana, si pose subito a seguire Pietro, senza più protestare. Giunto presso di Me, lo fissai intensamente e il cittadino, soggiogato, confessò che aveva mentito e che non aveva mai visto un mago di quella specie, ma ne aveva soltanto sentito parlare. In quanto al resto, dichiarò che si era comportato così perché desiderava mettere alla prova il Mio discepolo, per constatare quanto ferma era la sua fede e che non vi era stata nessun’altra cattiva intenzione.

24. Io allora gli dico: «In verità, tu sei di quelli che vogliono coprire una menzogna con un’altra; tu sei quindi una creatura del demonio! Vattene dunque dal tuo padrone e che egli ti dia la ricompensa che si merita un così fedele servitore!»

25. Appena ebbi finito di parlare, uno spirito maligno si impossessò di lui e cominciò a tormentarlo in maniera tanto atroce che questi si mise ad urlare orribilmente: «Signore aiutami! Confesso apertamente che ho peccato!»

26. Allora Io gli chiedo: «Dove e da chi hai saputo che le quattro figlie maggiori di Jonaele sono delle meretrici? Dichiaralo pubblicamente, altrimenti ti lascio al tuo tormento fino alla fine del mondo!»

27. Esclama il cittadino: «O signore, io non l’ho mai saputo da nessuno, al contrario, fui io stesso che, una notte, incontrate le quattro giovani che tornavano dal pozzo di Giacobbe, portando con sé dell’acqua, le interpellai e feci loro delle proposte oscene. Le giovani però, per il mio contegno, mi rimproverarono così duramente, che le lasciai andare, ma, esasperato per lo smacco ricevuto, giurai di vendicarmi di loro. Fu così che il mio perverso cuore si inventò quella storia abominevole sul loro conto ed io stesso divulgai ovunque tutte quelle voci calunniose! Le giovani sono certamente vergini! O signore, il malvagio sono solo io, tutti gli altri sono buoni e puri!»

28. Allora Io comando allo spirito impuro di allontanarsi, e al cittadino così liberato impongo che dia a Jonaele adeguata soddisfazione! E poiché egli è un mercante, se ne va ritornando subito dopo portando con sé il decuplo di quello che gli avevo prescritto e prega Jonaele e le sue figlie di concedergli il loro perdono.

29. Ma Io gli dico: «Il dono da solo non è sufficiente a cancellare le abominevoli azioni da te commesse! Vattene e dovunque hai offuscato la reputazione di queste giovani, ritratta le tue malvagie parole; fatto questo, ti saranno subito rimessi i peccati! Così sia!»

30. Il cittadino promette di fare subito tutto. Osserva solamente che, se le sue calunnie fossero venute all’orecchio di qualche forestiero a lui sconosciuto e del quale non conosce la dimora, non potrà più rimediare al male fatto e per questo Mi supplica di usargli indulgenza.

31. Io lo rassicuro dicendogli: «Fai quanto ti è possibile; quello che non potrai più fare, lo farò Io, e non ti resterà alcun peccato!».

32. Allora il cittadino, contento delle Mie parole, si allontana e si accinge subito a riparare i torti fatti.

 

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Cap. 54

A Sichar. Il Signore e la nobile famiglia di Jonaele. I discepoli si scandalizzano per le toccanti scene che si svolgono per strada tra il Signore e le figlie di Jonaele. Severo rimprovero del Signore per le loro critiche. Dov’è il Regno di Dio.  «Rimanete nell’Amore!».

 

1. Quando il cittadino si è allontanato, Io faccio chiamare la moglie e le figlie di Jonaele, che per paura, avendoMi visto vicino al loro calunniatore, si sono ritirate in casa.

2. Esse obbediscono subito alla Mia chiamata e, con l’anima colma di gioia e di gratitudine, si avvicinano a Me ringraziandoMi con le lacrime agli occhi per averle protette ed aver fatto risaltare con tanta chiarezza la loro innocenza, screditata in maniera così brutale da quell’uomo malvagio!

3. Io stendo allora le mani sul loro capo e le benedico, comunicando loro la Mia decisione di volerle trattenere presso di Me per tutta la giornata! Esse però si sminuiscono e umilmente dicono: «O Signore, questa è una grazia troppo grande per noi e non ne siamo degne! Noi saremmo già estremamente felici se Tu ci permettessi di poterTi seguire come le ultime di tutta la Tua immensa compagnia!»

4. Ma Io dico loro: «Conosco molto bene la vostra sincera umiltà ed è appunto questo il motivo per cui vi ho elette: per rimanere al Mio fianco ed accompagnarMi ovunque Mi sono prefisso quest’oggi di andare!»

5. Mentre le sette giovani, alle quali non sembrava vero di essere state fatte segno di tanta stima, Mi stanno ringraziando, si fa avanti Jonaele, che, sbalordito, chiede loro: «Mie care figlie! Da chi avete ricevuto queste sontuose vesti che vi donano un aspetto veramente celestiale?».

6. Esse soltanto in quel momento si accorgono che le vesti che indossano sono di finissimo bisso e che il loro capo è adorno di preziosissimi diademi che danno loro l’aspetto di figlie di re.

7. Quando si accorgono di una tale magnificenza, la loro meraviglia e la loro gioia traboccano e, combattute come sono tra l’ammirazione e l’impellente amore che inizia ad infiammare i loro cuori, rimangono in preda ad un dolcissimo stupore senza sapere cosa dire o cosa fare. Dopo un po’, riavutesi dallo smarrimento, chiedono a Jonaele se riesce a spiegarsi l’episodio, non essendosi accorte chi avesse portato loro in regalo quelle vesti e quei diademi.

8. Jonaele, anch’egli traboccante di tenera ammirazione per le sue graziosissime figlie, risponde: «Riservate ogni vostro ringraziamento a Colui che vi ha benedette! È stato Lui che vi ha fatto dono di tutto ciò in modo meraviglioso!»

9. Allora le giovani donne, sopraffatte dall’emozione, senza dire alcuna parola, cadono ai Miei piedi, piangendo di gioia e d’amore. Intanto, mentre si svolge questa scena, i discepoli, che si trovano dietro di Me, dicono tra loro: «Se almeno queste cose succedessero in casa! Ma qui, per strada, alla presenza di migliaia di spettatori, la cosa crea troppo scalpore!»

10. E poiché non Mi erano sfuggite le loro osservazioni, Mi voltai e dissi loro: «È da tanto tempo che sono con voi, ma ancora non avete procurato al Mio cuore una gioia così viva quanto quella di queste sette figlie! Vi dico che esse sono già sulla retta via ed hanno scelto la parte migliore; se voi non procederete per questa via, difficilmente potrete accedere nel Mio Regno! Infatti i figli che vengono a Me in questo modo, rimarranno anche presso di Me, ma coloro che Mi cercano soltanto con la lode e la glorificazione avranno solo un riflesso di Me, perché non sarò mai interamente in mezzo a loro!

11. Il Mio vero Regno è solamente dove Io sono realmente di Persona! Questo mettetevelo bene in mente! Il Signore ha il potere assoluto su tutto l’Universo e non può toccarLo la maniera con cui la stoltezza del mondo giudica ciò che giova e ciò che non giova! Avete compreso?»

12. Risponde Pietro: «Signore, sii paziente con noi, che siamo stolti! Tu sai bene che non abbiamo ricevuto la nostra educazione dai Cieli, ma da questo mondo. Cercheremo di colmare anche queste nostre deficienze, perché Ti amiamo sopra ogni cosa, altrimenti non Ti avremmo seguito!»

13. Io dico: «Restate dunque in questo amore e non appoggiatevi alle opinioni di questo mondo, ma alle Mie, che giungono dal Cielo!». 

14. Queste Mie parole servono ad accontentare e a consolare i discepoli, che nel loro cuore Mi rendono lode e gloria.

 

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Cap. 55

A Sichar. La passeggiata attraverso il grazioso bosco. Il vecchio castello di Esaù.

Scena tra il padrone del castello, i suoi servitori e il Signore.

L’accorto commerciante, amico della verità, nell’imbarazzo.

Il Signore scrutatore di pensieri. Il mercante poetico.

La domanda scabrosa.

 

1. Poi ci poniamo in cammino e dopo un’ora arriviamo ad un parco molto bello ed ombroso, che appartiene ad un ricco mercante di Sichar. Questo grandissimo parco è lavorato e coltivato con molta arte: sorgono ovunque giardinetti, ruscelli, stagni popolati da ogni specie di pesci ed uccelli. In fondo al vasto parco sorge invece un vecchio castello molto ampio, protetto da mura solidissime. Questo castello era stato fatto costruire da Esaù, che l’aveva abitato quando Giacobbe viveva in un paese straniero. Naturalmente, l’azione del tempo si era fatta sentire e il castello era ridotto in cattivo stato; questo mercante però, investendo ingenti somme di denaro per farlo restaurare, l’aveva di nuovo reso abitabile e vi si recava di frequente con tutti i suoi. In quel periodo egli si trovava appunto là a villeggiare. Costui, pur essendo un uomo generoso e proprietario di parecchi altri beni, era tuttavia un po’ geloso di questa proprietà e non vedeva troppo di buon occhio la gente che si introduceva nel suo parco, la cui manutenzione gli costava moltissimo.

2. Dunque, quando si accorse che la folla, che Mi seguiva, era penetrata nel parco e si dirigeva verso le mura del castello, ci mandò subito incontro i suoi numerosi servitori, per chiederci cosa volessimo e possibilmente per indurci a sgomberare dal parco.

3. Ma Io, fattoMi avanti, dissi a quei servitori: «Ritornate dal vostro padrone e ditegli che il suo e vostro Signore gli annuncia che Egli e tutti quelli che Lo accompagnano albergheranno e pranzeranno oggi da lui!»

4. Allora i servitori e i domestici ritornano subito dal loro padrone per riferire il messaggio e questi, meravigliato, chiede loro se sanno chi Io sia per fargli tale richiesta. Essi rispondono: «Noi ti abbiamo riferito con precisione quello che egli ci ha detto, cioè che egli è il tuo e il nostro Signore! Dunque perché ce lo chiedi di nuovo? Possiamo dirti ancora che sette giovinette, in veste regale, gli stanno vicine ed è seguito da un’interminabile schiera di gente È probabile che egli sia un principe di Roma e sarebbe allora opportuno andargli subito incontro ed accoglierlo con tutti gli onori, alla nuova grande porta del castello»

5. Udendo queste cose, il mercante esclama: «Portatemi subito i miei vestiti più preziosi e si adorni la casa a festa, perché un simile principe va ricevuto con il maggior decoro possibile!».

6. Tutti si danno dunque da fare, per eseguire gli ordini. I cuochi e le cuoche si affrettano a trarre fuori dagli stanzoni delle provviste enormi quantità di cibi svariatissimi per prepararli, mentre i giardinieri scendono di corsa per raccogliere, nei vasti giardini, ogni tipo di frutta prelibata.

7. Mentre i preparativi sono in corso, ecco apparire il padrone del castello, in vesti sontuose e circondato da cento dei suoi servitori, scelti tra i principali della sua casa; si avvicina a Me, si inchina tre volte quasi fino a terra e porge il benvenuto sia a Me che a quelli che Mi accompagnano, ringraziando per l’altissimo onore concessogli. Infatti egli ritiene che Io sia sul serio un principe romano.

8. Guardandolo in viso, gli rivolgo la parola, dicendogli: «Amico, quale ritieni sia il grado più elevato al quale l’uomo possa pervenire su questa Terra?»

9. Dice il ricco mercante: «Signore, perdona il tuo umilissimo schiavo, sono così stolto da non comprendere il significato della domanda che, nella tua suprema sapienza, mi stai facendo. Ti piaccia, dunque, o signore, scendere da queste inarrivabili altezze e espormi chiaramente la tua domanda, in modo che sia accessibile al mio limitato intelletto!». (Bisogna qui notare che il mercante aveva capito molto bene la domanda; infatti, in quel tempo vigeva l’insulsa e cortigiana usanza di far credere che non si avesse capito di primo acchito una domanda, anche la più facile, quando veniva mossa da persone di rango più elevato; e questo nell’intento di far risaltare la sapienza di quella persona.)

10. Io gli dico però: «Amico, tu Mi hai capito molto bene, ma fai finta di non avere afferrato il senso della Mia domanda unicamente per riguardo alla Mia Persona, secondo le prescrizioni dell’antica usanza, che ora però è caduta in disuso. Lascia dunque da parte queste insulsaggini d’altri tempi e rispondi a quello che ti ho chiesto!»

11. Dice il mercante: «Ecco, nobile Signore, poiché mi è concesso rispondere prontamente col tuo permesso, ritengo di avere ben compreso l’elevata domanda. Perciò ti rispondo che considero l’imperatore al di sopra di tutti e la sua dignità la massima carica alla quale possa aspirare un uomo su questa Terra!»

12. Io gli dico: «Amico, perché nel tuo cuore lotti tanto rudemente con il tuo stesso principio, secondo cui la verità è la cosa più grande e più santa di questo mondo e colui che serve fedelmente la causa della verità e della giustizia riveste sulla Terra la carica più nobile e più elevata? Vedi, questi sono appunto i tuoi principi! Ora, come puoi, contravvenendo alla tua intima convinzione, sostenere che la suprema carica è quella dell’imperatore, cioè quella di un potentato, che rappresenta l’autorità e la forza rude, che non sono certamente sempre fondate sulla verità e sulla giustizia?»

13. A queste parole il ricco mercante rimane sconcertato e dopo alcuni istanti domanda: «O nobile signore! Come sei venuto a conoscenza del mio motto preferito? Riguardo a ciò, non mi sono mai espresso ad alta voce, anche se l’ho pensato mille e mille volte! Ma sappiamo, fin troppo bene, che con la pura verità non si riesce sempre bene a salvarsi dai guai e che, per qualunque motivo politico, bisogna anzi lasciarla garbatamente da parte, se in mezzo agli uomini non si vuole rischiare troppo la propria pelle!

14. Del resto, se non sbaglio, tu stesso, o nobile figlio di principe, sembri essere grande amico della verità e della giustizia, perciò non dovrei temere di venirti incontro con la cara verità! Vedi, i signori, più grandi sono e meno vogliono saperne di udire la verità, reputano onori le parole lusinghiere e cortigiane e solo queste bramano, mentre ogni diritto umano è da loro disprezzato! Quello che essi vogliono se lo prendono senza scrupoli, con violenza; che poi i poveri si lagnino dei torti subiti è ed è stato sempre irrilevante per i potenti signori, che dall’alto della loro nobiltà mirano sprezzanti queste inezie. Conviene dunque usare molta prudenza e molta diplomazia nel parlare con loro, se si vuole evitare il carcere e la galera che esistono per aumentare la sofferenza e la miseria umana!»

15. Io dico: «Hai detto bene e riguardo a ciò condivido pienamente la tua opinione! Ma dimMi, chi pensi che Io sia realmente?»

16. Risponde il mercante: «Signore! La tua domanda è molto scabrosa. Se parlo troppo, mi si riderà in faccia; se parlo troppo poco, sarò messo in prigione! Penso dunque che mi convenga esserti debitore di una risposta piuttosto che terminare i miei giorni tra gli stenti e i patimenti di una prigione!»

17. Io gli dico: «Ma, se Io Mi faccio tuo tutore e quindi non hai più nulla da temere, Mi darai una risposta? Parla dunque e dimMi francamente chi pensi che Io sia!»

18. Dice il mercante: «Se proprio devo dirlo, ecco, ritengo che tu sia un principe romano!»

19. Osserva Jonaele che si trovava dietro di Me: «Il tuo apprezzamento è in realtà insignificante e bisogna che tu conferisca maggiore dignità al Suo rango, perché non è di un principe che si tratta!»

20. Il mercante, impaurito, esclama: «Ma, allora, sarà forse l’imperatore in persona?»

21. Dice di nuovo Jonaele: «È ancora troppo poco, il Suo rango è molto più elevato!»

22. Imbarazzato, il mercante risponde: «Come posso saperlo? Infatti non c’è nessuno che sia superiore all’imperatore di Roma!»

23. Replica Jonaele: «Eppure c’è Chi lo supera e di molto! Riflettici e dichiaralo apertamente senza timore! Infatti leggo nel tuo cuore che segretamente assegni l’ultimo posto all’imperatore dei romani. Dunque, perché dici il contrario di quello che pensi e che senti nel tuo cuore? Sii sincero!».

 

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Cap. 56

A Sichar. Ampia risposta del prudente mercante alla domanda su chi sia il Signore del mondo. Sulle cattive esperienze di chi testimonia la verità sulla Terra. Esempi del ladrone e dell’impostore. Argomentazioni di Jonaele sulla menzogna come causa del male sulla Terra.

 

1. Dopo una breve pausa, il ricco mercante dice: «Miei cari e nobili ospiti, per quanto riguarda questo argomento, devo dirvi che non c’è cosa migliore di quella di tapparsi per bene la bocca e badare di parlare il meno possibile! Credetemi; in genere non è mai consigliabile, specie dinanzi a persone altolocate, esternare apertamente quello che si pensa e si sente nel cuore, perché gli uomini che occupano cariche elevate hanno una pelle talmente delicata che non regge ai colpi della verità!

È per questo motivo che, particolarmente in presenza di simili pezzi grossi, diventa troppo pericoloso esternare apertamente la verità! Tali personaggi hanno qualcosa che potrei definire “tentazione”; è da questa che bisogna mettersi in guardia più che dai serpenti, dalle vipere o dai basilischi[3]. E vi sono degli esempi, anzi di curiosissimi! Ognuno può pensarla come vuole. In pratica però, per cavarsela nel migliore dei modi vivendo fra gli uomini, è necessario essere buoni patrioti! Soprattutto si faccia il più possibile economia di parole, perché chiacchierando troppo è molto facile venire al contatto, pochissimo gradito, con gli sbirri!

2. La verità l’ho detta già fin troppo! Per questo sto dalla parte dell’imperatore e ribadisco che sulla Terra non c’è nulla di più elevato dell’imperatore dei romani: “Caesarem cum Jove unam esse personam” (Cesare e Giove sono la stessa persona). Ciò che un Cesare vuole, la divinità lo attua in segreto!

3. In quanto poi alla verità, se pur ce n’è una, sbarazzatevi di essa, perché non si addice al genere umano! Chi può contare le sciagure partorite dalla verità? Coloro che si sono assunti il compito di insegnarla, non sono tutti morti o di spada o sulla croce? Viceversa, abbiamo constatato che quelli che si sono trincerati dietro la menzogna, sono sempre riusciti a cavarsela con poco; al massimo, qualche volta, se qualcuno mente in maniera lampante, abbasserà gli occhi, ma non avrà altre gravi conseguenze! Invece i grandi amici della verità, salvo poche eccezioni, hanno tutti quanti lasciato la Terra per morte violenta.

4. Dunque, se il premio riservato al sostenitore della verità è questo, chi mai sarà quel bue o quell’asino che, sapendo ciò, se ne dichiarerà amico? Si tenga la verità severamente custodita nel proprio petto e si circoli liberamente tra la gente, invece di divulgarla e diventare poi prigionieri nel corpo e nell’anima. Infatti, finché il corpo langue in carcere, neppure l’anima è più libera.

5. Da parte mia posso affermare di non avere ancora mai sentito dire che dalla verità derivi qualcosa di buono. Qualche esempio servirà a chiarire ulteriormente la cosa.

6. Se un ladro, in seguito a gravi sospetti, è stato arrestato e viene portato dinanzi a giudici severi, viene senz’altro liberato per mancanza di prove sufficienti se egli è pratico di menzogne; invece, se è tanto asino da dire la verità, gli si riversano addosso tutti i rigori e le penalità della legge. Al diavolo dunque la verità!

7. Se qualcuno come spesso succede, trattando un qualunque affare, trova il furbo che approfitta per raggirarlo, egli, essendo ricco e pieno di affari, non si accorge di essere stato frodato e conserva inalterato tutto il suo buon umore. Ma ecco che, a turbare questa pace, salta fuori un amico della verità, che ha notato l’inganno e che racconta al nostro uomo tutta la storia, facendogli notare come l’altro lo abbia truffato! Così, da questo momento, la persona truffata perde il buon umore, corre dal giudice e, rimettendoci di nuovo per le spese, esige che il truffatore venga punito. Ditemi: che bene gli ha procurato la verità? Assolutamente nulla! Essa ha destato in lui solo ira e impulsi di vendetta e lo ha portato ancora una volta a sacrificare le proprie ricchezze! Il truffatore invece, maestro di menzogna, visto che la menzogna lo difende, non solo non risente del danno che questa verità ha causato, ma fa inoltre cacciare in prigione il loquace amico della verità quale maligno calunniatore! Ora io mi chiedo: “Qual è in questo caso il premio che la verità riserva ai suoi fedeli?”

8. No, no, non parlatemi di verità su questa Terra! Essa sola è la causa di tutti i mali dell’umanità, come dice anche Mosè nel suo primo Libro: “Però non mangiare dell’albero della conoscenza, cioè dell’albero delle innumerevoli verità, poiché il giorno che ne mangerai, per certo morrai!”. Così è sempre stato e così è ancora adesso! Con la menzogna si può arrivare al trono, con la verità invece in prigione! È davvero buffo il premio che spetta agli amici della verità!

9. Cercate la verità dove volete, ma lasciatemi in pace! Tutto ciò che si trova in casa mia e nei miei giardini è a vostra disposizione, però il santuario del mio cuore, poiché è un dono di Jehova, appartiene a me solo! Offro volentieri a voi e al mondo intero ciò che il mondo mi dà, perché questo benessere viene dal mondo, ma il benessere che ho ricevuto da Dio lo tengo solo per me!»

10. Dice il sacerdote: «Devo confessarti che, se dovessi considerare mondanamente le vicende di questo mondo, ti darei perfettamente ragione, ma poiché hai parlato di Mosè, saprai anche che Dio dettò a Mosè una Legge per il Suo popolo, nella quale la menzogna e la falsa testimonianza sono condannate, mentre la verità deve essere osservata da tutti gli uomini! Se questa Legge venisse osservata da ogni uomo, riconoscilo: la vita non sarebbe meravigliosa sulla Terra?

11. Io te lo dico e tu devi convenirne: non la verità, ma solo la menzogna è la fonte da cui scaturiscono le sciagure, che gravano sugli uomini di questa Terra. Infatti, gli uomini, salvo poche eccezioni, sono l’un l’altro nemici, invasi da orgoglio e da ambizione, ciascuno vuole essere più del suo prossimo e, usando qualsiasi mezzo, cerca di schiacciarlo il più possibile con la sua presunta superiorità e fa credere ai più deboli che è di gran lunga più grande e più perfetto di qualsiasi altro uomo.

12. Questa smania di grandezza tende poi, col tempo, a sviluppare nell’uomo i germi di vizi più ripugnanti, così non evita neppure dall’assassinio, qualora giudichi la menzogna e l’inganno mezzi insufficienti per raggiungere la sua meta, che è la conquista di un posto possibilmente elevato e ragguardevole fra gli uomini.

13. Ognuno, dunque, vuole ad ogni costo essere migliore e più perfetto di quanto lo sia in realtà ed è per questo che, non sapendo a cosa appigliarsi, ricorre alla menzogna e, senza scrupoli, ne fa un uso indiscriminato in ogni occasione propizia che gli si presenti, per conseguire i suoi fini. Detto questo, ti sarà chiaro come, in mezzo a simili individui, la verità condurrà ad una vita infelice.

14. Se invece gli uomini riconoscessero l’infinita eccellenza della verità nei confronti della menzogna, cosa facile se nelle loro azioni rispettassero Dio e le Sue sante Leggi, allora fuggirebbero dalla menzogna più che dalla peste e la vera Giustizia di Dio punirebbe il bugiardo con la morte. Purtroppo non è così; gli uomini sono orgogliosi e avidi di dominio, ed amano perciò la menzogna e la sostengono! 

15. Ma come mostra l’esperienza millenaria, gli uomini non vivono eternamente su questa Terra, ma, dopo un po’, il loro corpo perisce e viene dato in pasto ai vermi della terra; e allora l’anima deve presentarsi davanti al tribunale di Dio. Ora mi chiedo: “Come potrà una tale anima, con tutte le sue presuntuose menzogne, reggere davanti a Dio?”

16. Credo invece, e ne sono pienamente convinto, che in questo mondo è meglio morire sulla croce per amore della verità, piuttosto che morire di vergogna al cospetto di Dio un giorno ed apprendere da Lui la sentenza eterna: “Allontanati da Me”!

17. Se mi hai ben capito, ti sarai persuaso che noi siamo realmente amici della verità, perciò sii sincero e non essere trattenuto dallo stolto timore di essere punito da noi a causa della verità! Dicci apertamente, dunque, quello che tu pensi di noi ed in particolare di Colui che ora sta parlando con le mie figlie!».

 

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Cap. 57

A Sichar. Finalmente il mercante risponde alla domanda scabrosa. «Dunque sei Tu il Messia? Per Lui ho lavorato per tutta la vita! Sia Egli il Benvenuto!». Il Signore accetta l’invito a pranzo fatto dal mercante.

 

1. Dice il mercante: «Amico, tu mi hai parlato chiaramente e saggiamente e mi hai detto cose che molto spesso sento in me stesso; però non riesco a capire la tua insistenza nel volere che vi dichiari l’opinione che ho di voi e specialmente di lui! Poco fa, mi hai detto che egli non è quello che ritengo essere, ma molto di più! Però non comprendo come si possa essere più elevati di un dio terreno, cioè di un imperatore, senza essere in pari tempo Dio! Solo Jehova è, sia in questo mondo che in quello spirituale, superiore al dio-imperatore terreno! Se così stanno le cose, egli non dovrebbe essere Jehova?»

2. Dice Jonaele: «Stai attento ed osserva un po’ più da vicino la nostra compagnia, può darsi che qualcosa ti lasci sorpreso! Che ne dici, per esempio, di quei meravigliosi giovani, che in così gran numero ci accompagnano? Osservali bene e dimmi poi quali sono le tue impressioni!»

3. Risponde il mercante: «Sinceramente fino ad ora ho creduto che fossero ragazzi nobili al seguito dell’imperatore e figli dei patrizi di Roma, anche se, osservando la loro pelle bianca e delicata, si sarebbe piuttosto indotti a crederli delle ragazze travestite, oriunde dell’Asia Minore. Infatti, a dire il vero, in questo ambito ho avuto l’occasione di vedere molte di tali bellezze, poiché a suo tempo il mio commercio si estendeva anche a questo genere di merce, che veniva mandata in Egitto ed in Europa, specialmente in Sicilia, per essere offerta in vendita ai nobili romani, amanti dei lussi e delle comodità della vita. Però, creature dotate di simile inesprimibile bellezza confesso di non averne mai viste! Dimmi, te ne prego, da dove vengono e chi sono! Vedi, amico mio, le tue figlie sono anch’esse bellissime, tuttavia non reggono il confronto con queste, per così dire, raggianti bellezze. Se, come ritengo, li conosci meglio di me, dimmi chi sono e da dove vengono!»

4. Dice Jonaele: «Non sta a me dirti queste cose, ma solo a Colui che ora si trova vicino alle mie figlie. Chiedi quindi a Lui ed Egli ti potrà dare la giusta risposta!»

5. Allora il mercante si rivolge direttamente a Me e dice: «O signore di queste schiere, che mi sembra ti seguano come gli agnelli seguono il loro pastore, chi devo onorare nella tua nobile persona? Infatti mi è stata fatta una domanda ed ho espresso il mio apprezzamento fino al grado umano più elevato, ma fui avvisato di essermi sbagliato. Ora non so più cosa dire; perciò ti prego di reputarmi degno di ottenere notizie più precise riguardo alla tua persona!»

6. Io gli dico: «Anche tu fai parte di quelli che non credono se prima non hanno visto dei segni, e anche se li vedono dicono: “Ecco, costui deve essere o un discepolo degli Esseni oppure un mago venuto dall’Egitto o dal Paese che è bagnato dal Gange, a meno che non sia un servitore di Belzebù!”. Cosa fare allora di fronte a ciò? Ebbene, ammesso che ti voglia rivelare, senza veli e senza reticenze, Chi sono Io, tu non Mi crederesti!

7. Tu hai già espresso la tua opinione ed essa è risultata falsa! Quando Jonaele ti disse che Io ero di più del tuo dio terreno, rispondesti che soltanto Jehova poteva essere più grande dell’imperatore. Con ciò escludesti tacitamente che fossi più grande dell’imperatore di Roma, che, solo per timore della sua terrena potenza, dici essere la più alta personificazione di grandezza su questa Terra. Nel tuo cuore, invece, lo stimi peggiore di quanto non sia la peste e consideri più benigni gli sciami di locuste che non tutta la sua potenza.

8. Ma ritornando a noi, sappi che oggi è già il terzo giorno che Mi trovo a Sichar e, poiché la città non è molto lontana da qui, Mi stupirebbe molto se tu non avessi ricevuto alcuna notizia di Me tramite i tuoi colleghi della città!»

9. Dice il mercante: «Ah, dunque sei tu colui che, operando azioni meravigliose, dovrebbe essere il Messia, come mi è stato riferito sia ieri che oggi! Mi è stato detto che avresti trasformato la vecchia casa della bella Irhaele in uno splendido palazzo e che l’avresti anche arredata come una reggia! Ho sentito parlare anche del duro Sermone che tenesti sul monte; sembra che molti ne siano rimasti scandalizzati, perché sembrava totalmente antimosaico! Bene, bene, sei tu quello?

10. Ah! Mi rallegro enormemente che tu abbia voluto farmi visita e spero che mi sia data l’opportunità di conoscerti più da vicino! Vedi, queste idee non mi sono estranee e credo fermamente che il Messia debba venire! Secondo me il tempo è grossomodo vicino, perché l’oppressione dei romani è diventata quasi insopportabile! Ora, per quale motivo non potresti o non dovresti essere tu il Messia atteso!? Oh! Ritengo verosimilmente che ciò sia vero.

11. Se tu sei consapevole della tua forza e sai importi ovunque, di conseguenza, mi metto completamente a tua disposizione, con tutti i miei beni. Vedrai come tutti questi porci, questi pagani occidentali, sgombreranno ben presto il Paese dei nostri padri! Infatti, fin dalla mia giovinezza, ho impiegato tutte le mie forze unicamente allo scopo di ammassare la maggior quantità possibile di ricchezze, poiché mi proponevo, alla venuta del Messia, di assoldare un forte esercito di guerrieri tra i più prodi, arditi ed astuti. Mi sono già messo in contatto con alcuni valorosi popoli dell’Asia Minore e, all’occorrenza, basterebbe inviare là alcuni messaggeri, per poter avere radunata, nel volgere di poche lune (mesi), in queste contrade una forza formidabile! Ma per adesso non parliamone più, in casa mia avremo tempo e comodità di trattare ulteriormente la questione!

12. Ora, poiché il pranzo per tutti voi dovrebbe essere già pronto, vi prego di accomodarvi e di mangiare e bere a sazietà!»

13. Dico Io: «Va bene così, discuteremo e tratteremo più tardi tutto il resto! Conducici ora nella tua grande sala, però lascia qui gli uomini che sono là in fondo, perché essi non fanno parte dei Miei, ma fanno parte soltanto ed esclusivamente del mondo!».

 

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Cap. 58

A Sichar. Insegnamenti sul modo di comportarsi nella vita. «Dare è cosa migliore che ricevere». «Quello che l’amore opera, sussiste in eterno». Misera sorte nell’aldilà degli amici del mondo. Consigli del Signore sul saggio impiego dei beni terreni. Come si conseguono le benedizioni divine.

 

1. Dice il mercante: «Io li conosco bene, sono dei cocciuti ed ottusi sichariti che, per quanto riguarda la fede e il modo di pensare, sono più dei pagani che dei figli di Israele. I più spregevoli tra loro sono quelli nativi dei dintorni del Mare di Galilea. Questi sono dei veri adoratori della materia e non hanno più assolutamente alcuna idea elevata o divina! Essi sono dei puri campioni da spettacolo! Amano di più un mago di Persia che non Mosè e tutti i Profeti e tengono più in pregio una formosa prostituta dell’Asia superiore che non tutto l’oro e le pietre preziose! Li conosco molto bene, ma, per evitare critiche e pettegolezzi, voglio ospitarli qui, nel salone grande del giardino, perché, se dovessero rimanere a bocca asciutta, sarebbe finita!»

2. Io gli dico: «Fai pure come vuoi e come puoi, perché è cosa più beata dare che ricevere! Ma in seguito dona solo ai bisognosi e ai poveri, così, se qualcuno venisse a chiederti del denaro in prestito e se tu, sapendolo ricco, fossi certo che potrebbe restituirti il tuo denaro con gli interessi, a quella persona non prestare nulla! Infatti, non appena gli avrai fatto il prestito, ti diventerà nemico in segreto e ti sarà difficile poi riavere il tuo denaro insieme agli interessi.

3. Invece, se ti si presenta un tale povero e del quale sai che non sarà mai in grado di restituirti il tuo denaro, allora prestaglielo pure: il Padre in Cielo, per altre vie, ti ricompenserà al centuplo già qui sulla Terra, e farà in modo che il denaro, da te prestato al povero, diventi un tesoro inestimabile lassù nel Cielo, che ti attenderà nell’aldilà dopo questa vita terrena.

4. In verità ti dico che ciò che l’amore opera sulla Terra, lo opera anche nel Cielo e dura eternamente, ma ciò che è generato dalla sapienza e prudenza mondana, viene inghiottito dal suolo della Terra ed è di nessun valore nei Cieli eterni. Infatti, quali vantaggi possono procurare all’uomo tutti i tesori terreni, se la sua anima ne soffrirà danno?

5. Colui che si affanna per il mondo e per la carne è uno stolto, perché, come finirà la carne umana, così finirà pure il mondo! E quando un giorno anche questa Terra finirà, dove prenderanno dimora simili anime sciagurate?

6. Io ti dico che, quando un uomo abbandona il suo corpo, contemporaneamente perde per sempre anche la Terra e, se con l’amore e per l’amore non si sarà creato una nuova Terra nel suo cuore, allora la sua anima, tra nubi e nebbie, dovrà abbandonare se stessa in balia dei venti e sarà oppressa, per l’infinità eterna, senza mai trovare né sosta né riposo in nessun luogo, tranne che nelle rappresentazioni illusorie generate dalla propria fantasia, le quali più a lungo durano e più deboli ed oscure diventano. Alla fine, quando l’anima, immersa nella notte più tenebrosa ed errante per l’oscurità, vorrà di sua iniziativa cercarsi una via alla liberazione, difficilmente si salverà! Dunque, per l’avvenire, potrai fare come ti ho appena indicato, ma per il momento fai come credi e come puoi!»

7. Osserva il mercante: «Le tue parole sono molto sagge e tutto quello che tu dici sarà sicuramente vero, però le tue idee sul prestito non mi persuadono interamente. Infatti, quando si è riusciti ad accumulare molto denaro e non lo si vuole lasciare infruttuoso, penso sia meglio farlo fruttificare a condizioni oneste, piuttosto che sotterrarlo, rischiando così di farselo portare via dai ladri, che di notte possono scassinare sia le casse che gli armadi. Certo, con quello che è in soprappiù si può sempre aiutare convenientemente i poveri. Ma poniamo il caso che volessi regalare ogni mio avere o che amministrassi malamente le mie sostanze, allora ben presto rimarrei io stesso privo di tutto e ai poveri non sarei più in grado di dare nulla»

8. Dico Io: «Lascia tutte queste cure al Signore Dio, che è il vero e giusto amministratore; tu, invece, soccorri i poveri che il Signore stesso ti manda e vedrai che le tue ricchezze non ne soffriranno danno! Non possiedi forse numerosi campi e prati grandissimi e giardini pieni di frutta e di uva e non sono le tue vaste stalle gremite di buoi, mucche, vitelli e pecore? Vedi, se confidando nella Benedizione del Signore, tu intraprenderai un onesto commercio, otterrai sempre un ricco compenso per tutto quello che, anno dopo anno, avrai distribuito ai poveri, mentre ciò che tu affidi alle casse dei ricchi per riceverne frutto, non ti verrà mai risarcito dall’Alto. Tu vivrai, invece, in continue ansie e spesso ti chiederai se quei ricchi amministrano bene il tuo denaro. Segui dunque il Mio consiglio, così la tua vita trascorrerà placida e senza preoccupazioni, circondata dall’amore e dalle benedizioni dei poveri che avrai aiutato e che troverai sempre pronti a servirti. In questo modo, il Padre in Cielo non si stancherà mai di benedire le tue opere. CrediMi: questo ti sarà più utile che non la preoccupazione di controllare che i tuoi capitali, in continuo aumento, siano bene amministrati!».

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Cap. 59

A Sichar. Dubbi del mercante che il Signore si possa curare delle questioni quotidiane. Sua venerazione per Jehova e sue amorevoli cure per i poveri. Dio bisogna più amarLo che temerLo!

 

1. Dice il mercante, incamminandosi con Me verso il castello: «Mio signore ed amico! Io sento che la sapienza che da te spira è divinamente pura e pia e tanto dolce che non l’ho mai sentita enunciare da bocca umana. Devo però confessare che, per osservare queste tue dottrine, è necessaria una fermissima fiducia in Jehova, fiducia che, malgrado la mia sincera fede, purtroppo sento di non avere. So bene che Egli è Colui che ha creato ogni cosa e che tutto dirige, regge e conserva, ma non riesco a immaginarmi, in maniera vivida, come Egli, quale Spirito Supremo, possa e voglia abbassarsi al punto di interessarsi delle questioni private degli uomini! Per me Egli è un Essere talmente elevato e santo sopra ogni cosa che stentatamente oso pronunciare il Suo santissimo Nome; figuriamoci se posso aspettarmi che Egli, per i miei sporchi affari di denaro, mi appoggi con la Sua mano santa e onnipotente!

2. In quanto ai poveri che ricorrono a me, ho sempre cercato di aiutarli e non ho mai tenuto cani che abbaiassero contro di loro, per impedire che si avvicinassero alla porta di casa mia. Solo questo parco, che vedi, mi è particolarmente caro e non tollero che vi entrino forestieri e poveri, perché spesso succede che essi vi arrechino maliziosamente dei danni, sebbene vedano che qui non c’è nulla di che sfamarsi e dissetarsi. Perciò ho fatto piantare e coltivare, non molto lontano da qui, un grande bosco di fichi e di pruni, dove qualunque povero o forestiero può accedere e mangiare i frutti a piacimento. Non permetto però che gli alberi vengano danneggiati, perciò ho posto là parecchi guardiani.

3. Tu puoi vedere da ciò come non dimentico i poveri, ma mi guardi il Cielo dal rivolgermi allo Spirito Altissimo per pregarLo di amministrare, non solo in senso terreno ma pure in quello celeste, i miei sacchi di denaro! Io penso che, se vuole fare qualcosa a tale riguardo e non dubito l’abbia già fatta, dipende dalla Sua libera e santissima Volontà! Vedi, sento di doverGli un rispetto così sconfinato che a malapena oso ringraziarLo. Infatti un tale ringraziamento mi sembrerebbe puramente materiale e sarebbe disonorevole far credere di presumere che Egli si possa mettere ai miei servizi per aiutarmi nell’amministrare i miei denari. Quindi cerco, con tutte le forze che Dio mi ha dato, di vivere secondo la legge da uomo onesto e non metto la museruola al bue e all’asino, quando vogliono pascolare sui miei terreni. Tuttavia, onoro il Grande Spirito solo nel Suo giorno! Infatti sta scritto: “Non nominare il Nome di Dio invano!»

4. Io gli dico: «Se non sapessi già da lungo tempo che tu sei uomo onesto e estremamente timorato di Dio, non sarei venuto da te. Vedi, non è del tutto giusto che tu tema Colui che dovresti invece amare al di sopra di ogni cosa. Questo è il motivo per cui sono venuto da te, per mostrarti cioè, come in futuro, devi amare Dio più che temerLo. Allora, stanne certo, scenderà fino a te dalla Sua Altezza e in Lui, in ogni cosa, troverai sempre un Cooperatore sicurissimo, potentissimo e fedelissimo».

 

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Cap. 60

A Sichar. Le sorprese e i miracoli si susseguono. Il Signore, ospite del mercante, ospita a Sua volta costui nel vecchio castello di Esaù. Il banchetto celeste e i celesti servitori. Il Signore afferma: «Io sono più ricco di te!».

 

1. Dopo queste considerazioni, siamo ormai giunti al grande cortile del castello, dove scorgiamo l’insieme dei servi farsi incontro al mercante, con una faccia estremamente sorpresa e titubante. Il maggiordomo, che era alla testa di tutti, si avvicina ed esclama: «Signore, signore, siamo davvero in un bel guaio! I nostri cuochi e le nostre cuoche non riescono a preparare nessun tipo di pietanza! Pensavamo di rimediare a questo danno servendo almeno della frutta, del vino e del pane per tutti, ma abbiamo trovato chiuse tutte le porte delle camere, così, anche se abbiamo provato a forzarle, non se n’è aperta neppure una! Che faremo adesso?»

2. Il mercante, in parte sorpreso ed in parte arrabbiato, dice: «Ecco cosa succede quando metto i piedi fuori di casa: nient’altro che disordini su disordini! A che servono, dunque, le cuoche e i cuochi? Non mi è capitato forse già altre volte di ospitare migliaia di persone e tutto è sempre andato per il meglio? Ora invece, che ce n’è appena un migliaio, il disordine sbuca fuori da ogni parte! Ma cosa vedo mai? A tutte le finestre ci sono dei giovani, che tranquillamente guardano fuori. Come si spiega, allora, quanto dite, cioè che nel mio castello non vi è nemmeno una porta aperta? Come si spiega ciò? State forse mentendo per giustificare la vostra pigrizia? O, se le cose stanno come voi dite, chi può aver mai chiuso tutte quelle porte?»

3. Il maggiordomo non sa cosa rispondere e tutti gli altri servitori sono notevolmente costernati, vedendo il loro signore tanto contrariato. Nessuno sa da chi prendere consiglio, per tirarsi fuori da quella spiacevole situazione.

4. Allora intervengo immediatamente e, rivolgendoMi al mercante, dichiaro: «Mio caro amico, non ti preoccupare di ciò, per adesso lascia pure le cose così come sono! Vedi, quando poco fa laggiù nel tuo parco Mi hai mandato incontro i tuoi servitori e guardiani, per chiedere chi fossi e cosa volessi da te con questo grande seguito, ti notificai che, come Signore, ti chiedevo di offrire a tutti noi un buon pasto! Senza esitare, acconsentisti ad una simile richiesta, anche se non sapevi chi fosse Colui che si riteneva in diritto di invitarsi a desinare insieme a tante altre persone.

5. Tu e i tuoi servitori, in un primo momento, avete creduto che fossi un principe di Roma, per cui fosti ancora di più spinto a soddisfare la Mia richiesta, ma quando in seguito alla nostra conversazione, i cui capisaldi ebbero il potere di illuminarti fino a riconoscerMi come il Messia, il tuo cuore ne gioì, sorse in te maggior desiderio di ospitarMi nel miglior modo possibile, insieme al Mio seguito. Infatti tu volevi che rimanessi di buon grado presso di te, in attesa che, radunato il tuo presunto esercito dal Medio e dall’estremo Oriente, ne assumessi il comando per liberare le terre sante dai romani e da tutti gli altri nemici pagani, che non credono nel Dio Vivente!

6. Ma nel momento stesso in cui tu, interiormente, prendevi questa decisione, anch’Io decisi qualcosa in segreto: precisamente stabilii che, anche se eri in casa tua, dovevi essere tu il Mio ospite e non Io il tuo! Quindi impartii gli ordini necessari ai Miei abilissimi servitori e, a quest’ora, ogni cosa deve essere già in perfetto ordine. Così quest’oggi, stando al Mio fianco, sarai saziato delle più genuine vivande celesti!

7. In quanto alla frutta del tuo giardino e a tutto ciò che la tua cucina ha fornito, fallo presentare a quelle malelingue di sichariti, che gironzolano tuttora nel parco, e che, a mala pena, riescono a trattenere la loro rabbia per non essere stati ammessi tra gli invitati! Non rimanere dispiaciuto, però per queste cose, poiché, quando Io ravviso in qualcuno buona volontà, questa viene da Me considerata come se fosse un’azione compiuta! È per questo che, avendo constatato che c’è in te buona determinazione, ti ho esonerato da un’opera così onerosa. Vedi, Io sono più ricco di te e non voglio quindi ricorrere alla tua mensa per saziarMi; desidero, invece, che tu venga saziato dalla Mia!»

8. Queste parole sorprendono talmente il mercante che per alcuni istanti rimane immerso in profonde riflessioni ed infine esclama: «Signore, è troppo in una volta per un povero peccatore! Io non riesco a concepire tale miracolo in tutta la sua grandezza e profondità! Se Tu fossi un semplice uomo come me, non potresti fare tutto questo, poiché tra la gente del Tuo seguito non ho visto alcun portatore. Infatti, giovandoTi di mezzi naturali, da dove e in quale modo davvero originale avresti potuto provvedere la necessaria vettovaglia? È vero, tra la Tua gente ho notato molti servi o forse anche serve di bellezza inesprimibile, ma da dove vengono tutti questi altri meravigliosi servitori, che tuttora ci guardano da lassù? Le stanze del mio castello sono molte e talmente spaziose che diecimila persone ci possono stare comodamente! Ed ora, ecco che tutte le finestre sono occupate da questi straordinari e bellissimi servitori, che ci stanno osservando! Io mi chiedo dunque: da dove e come sono giunti?»

9. Gli dico Io: «Amico, quando tu abbandoni la tua casa, per andare a comperare o a vendere in qualche altro paese, anche tu, secondo il bisogno, porti con te dei servitori affinché ti servano; vedi, la stessa cosa faccio Io. Di questi servitori Io ne possiedo moltissimi, anzi talmente tanti che difficilmente potresti concepirne il numero. Quindi, se Io lascio la Mia dimora, perché non dovrebbero farlo anche i Miei domestici e servitori?»

10. Risponde il mercante: «Signore, tutto quello che dici è pura verità, eppure bramo tanto sapere da dove siete venuti sia Tu che tutti questi incantevoli servitori. Io ardo dal desiderio di saperne di più»

11. Gli faccio osservare: «Per prima cosa è bene andare a desinare, in seguito si troverà il tempo per poter apprendere qualcosa di più preciso al riguardo. Per il momento abbiamo discusso abbastanza ed è giusto andare a sederci e a ristorarci. Rechiamoci dunque nella grande sala, che si trova nella parte orientale di questo castello e che da qui non può essere vista, poiché ci troviamo ad occidente del castello stesso, che ci nasconde tutta la grande ala dell’edificio!»

12. A queste parole, il mercante rimane completamente allibito e dopo un po’, raccapezzandosi, con profondo stupore esclama: «Signore, la cosa ora mi sembra diventare troppo miracolosa! È vero, in questo castello di Esaù esisteva una volta un’ala orientale, ma secondo me è ormai da due secoli che non c’è più. Ai miei immediati predecessori e a me venne tramandato appena qualche vago ricordo, perciò non comprendo cosa tu voglia dire con questa grande sala che dovrebbe trovarsi nell’ala orientale di questo castello?»

13. Io gli dico: «Potrai parlare se non troverai quest’ala orientale del tuo castello, ma, se tu la troverai, rifletti e tieni in mente che a Dio tutte le cose sono possibili! Vedi di mantenere però il segreto riguardo a questa cosa e di non parlarne affatto a coloro che sono con Me, perché non sono ancora maturi a sufficienza per capire simili fatti!»

14. Dice il mercante: «In verità, ardo profondamente dalla voglia di vedere quest’ala orientale del mio castello, di cui i miei antenati hanno appena sentito parlare! In realtà, le fondamenta sono qua e là ancora visibili, però questo è tutto ciò che conosco finora di quest’ala, che nel passato deve essere stata straordinariamente imponente». Detto ciò, il mercante si avvia veloce per vederla e noi lo seguiamo.

 

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Cap. 61

A Sichar. Continuazione delle sorprese miracolose. Gli angeli quali costruttori della splendida sala. Il mercante presagisce in Gesù il “Figlio di Dio”.

 

1. Come raggiunge il primo piano, gli si presenta subito davanti la tanto discussa ala del castello e, correndo verso la porta aperta della grande sala, rapito in estasi, contempla la vastissima stanza, cadendo a terra quasi svenuto, annientato alla vista di quell’opera meravigliosa. Alcuni giovani vestiti di bianco gli si fanno subito intorno e, rincuorandolo, lo aiutano a rialzarsi. Appena si riprende, si avvicina di nuovo a Me e, con voce tremante per l’emozione, Mi chiede: «O signore, te ne prego, dimmi se sono veramente desto, oppure se dormo e sto sognando!»

2. Io gli dico: «Giudicando dal tono della tua domanda, sembri più sognare che essere desto, tuttavia non stai sognando e ciò che qui effettivamente ammiri è realtà! Tu stesso poco fa, nel parco, Mi hai raccontato di aver appreso come Io abbia rimesso a nuovo, in breve tempo, la vecchia casa di Giuseppe, che adesso appartiene ad Irhaele e nella quale lei abita. Dunque, se Io ho potuto riedificare la casa di Giuseppe, avrò anche il potere di ristrutturare il vecchio castello di Esaù?»

3. Risponde il mercante: «Sì, è vero, ciò che ora vedo è indiscutibile, eppure è difficile credere che un uomo possa giungere a fare simili cose! Ascolta, o signore! Se tu non sei un profeta come Elia, sarai certamente un arcangelo rivestito da fattezze umane, oppure potresti essere addirittura lo stesso Jehova! Infatti queste cose sono possibili solo a Dio!»

4. Io gli dico: «Sì, sì, se tu non fossi stato testimone di alcun segno, anche tu non Mi avresti creduto. Certamente ora credi, ma, pur credendo, non sei libero nello spirito. E affinché tu divenga più libero nel tuo cuore, ti dico che non Io, ma questa numerosa schiera di giovani ha fatto tutto ciò e tale potere essi lo hanno ricevuto da Dio Padre. Tu puoi chiedere ad essi come abbiano compiuto questo lavoro!»

5. Dice il mercante: «Giusto! Anche prima, quando eravamo fuori, ho chiesto a Jonaele chi fossero e da dove venissero queste belle e meravigliose creature. Egli non mi rispose, anzi mi indirizzò semplicemente a te. Stranamente però, quando mi rivolsi a te, me ne dimenticai del tutto e la domanda che volevo farti si incentrò su di te, così il nostro discorso prese una piega del tutto differente. Ora, visto che me ne sto ricordando, ti prego di dirmi chi sono e da quale paese vengono questi giovani, tanto amabili e pieni di grazia»

6. Rispondo Io: «Per non farti restare in ansia più a lungo, ti dirò, se lo vuoi credere, che questi sono degli angeli di Dio; però, se non ci credi, ritienili quello che vuoi, ma non considerarli diavoli o servitori di diavoli!»

7. Dice il mercante: «O signore, signore cosa ho fatto per meritare di vedere tutto ciò? Prima ti ho chiesto se fossi sveglio o se dormissi e sognassi, adesso è necessario che io ti chieda se sono ancora vivo. Infatti su questa Terra non possono accadere tali cose!»

8. Io gli dico: «Oh, certo che vivi sulla Terra! Io ho aperto la tua vista interiore e ora puoi anche vedere gli spiriti celesti! Ma non chiedere di più, perché è giunta l’ora del desinare! Ecco, tutto è apparecchiato e perciò rechiamoci dunque a tavola!»

9. Dice il mercante: «Va bene! Ma suppongo che, con questo susseguirsi di sorprese, non sarò in grado di mangiare molto, perché tutto ciò che qui avviene è un miracolo dietro l’altro! Questa mattina non avrei per niente supposto che sarebbero potute succedere simili cose! Tutto questo è arrivato troppo in fretta e in maniera inattesa. Sono trascorse appena tre ore da quando siete arrivati da Sichar e siete entrati nel mio grande parco, ma quante cose sono accadute in queste tre ore! È incredibile! Eppure è effettivamente così! Del resto, ad eccezione di quelli che hanno assistito ai miracoli, nessuno vi crederebbe, anche se di questi prodigi rendessero testimonianza mille persone! Signore, signore; o grande maestro, ispirato e guidato da Dio stesso, ci credo, perché li vedo ora con i miei propri occhi. Ma se voi narraste queste cose a migliaia di altre persone, non solo nessuna di esse vi crederebbe, ma, accese dall’ira, vi accuserebbero di essere degli sfrontati mentitori! Perciò è meglio che non ne parliate a nessuno e in nessun luogo; tali prodigi sono troppo meravigliosi e troppo grandi! A chi mai fu dato di ammirare un tale splendore, quale si può ammirare in questa sala? Le pareti ricoperte di scintillanti pietre preziose, i soffitti d’oro, i pavimenti d’argento! I numerosi tavoli, che sembrano fatti di diaspro, giacinto e smeraldo, montati su dei piedi d’oro e d’argento; le coppe che risplendono come il più puro dei diamanti e i piatti fiammeggianti come rubino purissimo e poi ancora i tavoli e i sedili di metallo prezioso e i cuscini di seta di color rosso smagliante ed infine il soave odore di questi cibi e bevande celestiali! E tutto ciò in tre ore? No, è incredibile, assolutamente incredibile!

10. O Signore! Tu sei Dio stesso o certamente per lo meno il Figlio di Dio!»

11. Io dico: «Va bene, va bene! Intanto andiamo a mangiare! Dopo ti saranno dette altre cose; prima del pranzo non parlerò più. Guarda quante persone vi sono che hanno già fame e sete, poiché oggi è stata una giornata molto calda! Dunque, per prima cosa, conviene che essi si ristorino e si fortifichino; dopo penseremo alle questioni spirituali!».

 

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Cap. 62

A Sichar. Il pranzo celeste nella sala degli angeli. Gioia del mercante e sua promessa. Discorso pessimista, ma purtroppo vero, di Jairuth sulla situazione dei popoli di quell’epoca. Discorso chiaro del Signore riguardo al Regno di Dio e alla missione del Messia. La dimora delle anime degli uomini morti prima dell’ascensione del Signore.

 

1. Allora il mercante non dice più niente e, ringraziando con Me il Padre, prende posto alla grande tavola, che si trova in mezzo alla sala. Alla stessa tavola ci sediamo Io e i Miei discepoli, Jonaele con la moglie e le sue figlie, Irhaele con suo marito Joram e, tra di loro, Maria, la madre del Mio corpo di carne.

2. Ciò riempie oltre misura di gioia il nostro mercante, che esclama: «Signore, poiché Ti sei degnato di prendere posto a questa tavola, alla quale mi sono seduto, prometto di elargire ai poveri la decima parte di tutto ciò che rendono i miei beni e di versare, anticipatamente, per dieci anni interi, tutti i tributi che essi devono pagare ai romani! Trascorso questo tempo, ho fede che Dio, Tuo e nostro Padre, ci libererà, attraverso di Te, o Signore, da questa piaga. Per raggiungere lo scopo, Ti dissi che mi sarei fedelmente e sinceramente offerto di cooperare con tutte le mie forze e con tutti i miei averi.

3. Liberaci, o Signore, almeno da questo flagello e fa in modo che gli ebrei di Gerusalemme possano nuovamente formare una sola famiglia con noi, perché essi si sono allontanati del tutto dall’antica verità! Da loro imperano solamente l’egoismo, l’ambizione e gli splendori del mondo; non pensano più a Dio e tra di loro non vi è più traccia di amore per il prossimo! Essi disprezzano il monte Garizim, però in Gerusalemme hanno ridotto il Tempio di Jehova ad un covo di cambiavalute e di mercanti! E se qualcuno dice loro che profanano il santuario di Dio, lo maledicono ed imprecano contro chi osa chiamarli con il loro giusto nome! Signore, è necessario porre riparo a queste infamie, perché così non si può più andare avanti! Infatti, se ciò dovesse durare, dovremmo attenderci, tra breve, un nuovo diluvio! Se diamo un’occhiata in giro, si vedono solo pagani, mentre in Gerusalemme e in tutta la Giudea vivono ebrei, sacerdoti, leviti, dottori della Legge, farisei, cambiatori e mercanti che, complessivamente, sono dieci volte peggio dei pagani. In breve, al tempo attuale il mondo è peggiore di quanto non lo fosse ai tempi di Noè! Se non ci giunge un aiuto e se il Messia non impugna presto la Sua spada fiammeggiante, noi dovremo costruire una nuova arca! Signore, fai quello che è in Tuo potere! Io sono pronto a venirTi in aiuto!»

4. Io gli dico: «Caro Jairuth! Osserva questi Miei giovani! Ebbene, Io ne ho talmente tanti al Mio servizio che non basterebbero mille volte mille terre ad albergarli, eppure uno solo di essi sarebbe capace di annientare in tre istanti tutto l’impero romano. Però, benché la vostra fede sia migliore di quella degli ebrei, tuttavia avete in comune con essi un concetto del tutto falso del Messia e del Suo Regno.

5. È vero, il Messia fonderà su questa Terra un nuovo Regno; bada bene, però: non un governo materiale amministrato da corona e da scettro, ma un Regno dello Spirito, della Verità e della vera Libertà procedente dalla Verità, sottoposto solo alla Signoria dell’Amore!

6. Di questo Regno sarà chiamato a far parte il mondo. E se esso risponde a questo appello, avrà in premio la vita eterna; se non risponde, continuerà ad essere quello che è, ma il suo premio, alla fine, sarà la morte eterna!

7. Il Messia, come Figlio dell’uomo, non è venuto per giudicare questo mondo, ma soltanto per invitare tutti coloro che ora vagano nelle tenebre della morte al Regno dell’Amore, della Luce e della Verità!

8. Egli non è venuto in questo mondo per farvi riconquistare quello che i vostri padri e i vostri re hanno perduto a vantaggio dei pagani, ma unicamente per restituire agli uomini, che hanno vissuto e che vivranno su questa Terra, quello che Adamo ha perduto!

9. Finora nessuna anima disincarnata poteva lasciare questa Terra; da Adamo fino ad oggi un innumerevole numero di esse langue ancora nella notte della Terra. Però, solo d’ora in poi esse divengono libere! E quando Io salirò in Alto, aprirò a tutte loro la via dalla Terra ai Cieli e per questa via giungeranno alla vita eterna!

10. Vedi, questa e nessun’altra è l’opera che il Messia compirà! Quindi non è necessario che mandi a chiamare i tuoi guerrieri dall’estremo Oriente, perché Io non avrò mai bisogno di loro. Al contrario, per il Mio Regno avrò bisogno di molti lavoratori spirituali, che Io stesso istruirò. Ne ho già qualcuno fra coloro che siedono a questo tavolo, ma molti altri ancora verranno formati in ogni amore e verità.

11. Ecco, il Mio compito è quello di realizzare tutto ciò! Che cosa ne pensi? DimMi se ti piace un simile Messia!»

12. Il mercante Jairuth risponde: «Signore, devo rifletterci molto e bene, poiché nessuno ha mai sentito parlare di un tale Messia! Ad ogni modo, penso che un Messia di questo tipo sarà di poco giovamento al mondo! Infatti, finché il mondo rimarrà così com’è ora, esso sarà sempre nemico acerrimo di tutto ciò che appartiene allo spirito! Quindi, voglio ancora pensarci su».

 

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Cap. 63

A Sichar. Salutare effetto del cibo celeste e specialmente del vino celeste. Jairuth parla della differenza tra una legge e un buon consiglio. Della diversa azione del vino su uomini differenti.

 

1. Intanto tutti mangiano e bevono; perfino Jairuth, sebbene sia immerso in profondi pensieri, comincia a mangiare e a gustare la bevanda contenuta nella sua coppa. E quando, per l’azione di questo infuocato vino d’Amore proveniente dai Cieli, il suo essere si è tramutato totalmente in amore, si rivolge di nuovo a Me e dice: «Signore, mi è venuta una splendida idea! È possibile avere dei viticci della Tua vigna, affinché possa raccogliere grappoli che diano un vino simile? In verità, se avessi nelle mie cantine un vino come questo, mi darei da fare per ridurre il mondo intero in un continuo soggiorno d’amore! Ne ho fatto l’esperienza poco fa. È vero, io ho una certa predilezione per le cose buone, giuste e belle, ma in verità, non posso affermare di essere stato qualche volta animato da uno speciale senso d’amore per gli uomini.

2. Tutto ciò che ho fatto finora, l’ho fatto perché ero costretto dal senso del dovere, che io stesso mi sono imposto, secondo la conoscenza che ho delle leggi. A me non interessava scrutare se una legge fosse buona o cattiva; in queste sottigliezze non mi sono mai addentrato. La mia massima era: “La legge è legge, sia che venga da Dio sia che venga da Cesare!”. Quando essa è accompagnata dalla punizione immediata, bisogna osservarla per amore di se stessi, per non dover subire i mali conseguenti alla non osservanza! Però, se una legge manca di sanzione, allora non può nemmeno essere chiamata legge, ma solo buon consiglio che può essere messo in pratica, ma che, in sé, non implica un obbligo sanzionato.

3. Tuttavia, anche dalla non osservanza di un buon consiglio può derivare un danno, che è quasi perfettamente simile ad una punizione legale. Infatti il disattendere un buon consiglio non è un peccato tale da coinvolgere un gran numero di persone, ma solo quella che ha rifiutato di seguirlo. D’altra parte, se il consiglio è cattivo, commetterei un grave peccato, se lo seguissi.

4. Con la legge invece è un’altra cosa. Sia che essa sia buona o del tutto cattiva, devo osservarla appunto perché è legge. Se ritenendola cattiva, non la osservassi, peccherei allo stesso modo sia contro Dio, sia contro il sovrano del paese e sarei quindi punito sia dall’uno sia dall’altro! Pertanto, da tutto ciò è evidente che il bene, che la legge prescrive, non l’ho mai fatto per amore, ma, benché interiormente mi ripugni, l’ho fatto solo cedendo allo spirito di costrizione, che la legge trasmette. Ora però ho bevuto quest’impareggiabile vino dei Cieli e non sento e non vedo in me altro che amore su amore, così da voler abbracciare e baciare tutta la Terra!

5. Vedo che coloro che hanno bevuto lo stesso mio vino avvertono il medesimo effetto. È per questo motivo che desidero vivamente possedere un grande giardino pieno di tali viti e, spremutone l’uva, vorrei offrirne il vino a tutti gli uomini, perché possano, a loro volta, essere in un attimo trasformati interamente in amore, così come io lo sono adesso! Se ciò fosse possibile, sarei l’uomo più felice di questa bella e cara Terra di Dio!»

6. Io gli dico: «Certamente, Io potrei benissimo procurarti delle vigne, che ti producano un vino uguale a questo, ma tu non otterrai l’effetto che ti prefiggi, poiché un tale vino rianima veramente l’amore, soltanto se questo si trova già nell’uomo. Se l’uomo non possiede l’amore e il suo cuore è invece pieno solo di cose malvagie, in tal caso in lui sarà rianimato il male, tanto quanto lo è stato in te l’amore. E sarà infatti in quel momento che egli sarà trasformato completamente in demonio e si accingerà a mettere in pratica il male con lo stesso grande entusiasmo con il quale ti senti ora spronato a praticare il bene.

7. Quindi nel bere questo vino, occorre stare molto attenti a chi lo si offre! Nondimeno, Io desidero farti avere una vigna colma di simili uve; però, quando tu ne avrai ricavato il vino, bada a chi lo darai da bere! Certo, l’amore ravvivato genera del bene, ma è cosa di gran lunga migliore se la forza che lo vivacizza è la Parola di Dio, perché in questo modo l’amore permane, mentre l’amore partorito da questo vino ha breve durata e poi svanisce, come svanisce il vino stesso. Tieni presente queste cose, se vuoi fare del bene, anziché del male»

8. Il mercante Jairuth osserva: «Signore, non è consigliabile coltivare queste viti! Infatti, come si può discernere se colui al quale si offre del vino celi nel suo cuore amore o malvagità? E se, con tutta la buona volontà di ravvivare in lui solo l’amore, non si riuscisse a ravvivare che gli istinti malvagi, allora ci si troverebbe in un bell’imbarazzo, per non dire in pericolo! No, no, se le cose stanno così, preferisco piuttosto abbandonare l’idea di produrre del vino simile!»

9. Io dico: «Per Me è la stessa cosa; fai come vuoi! Ti avverto però che qualsiasi vino, che è prodotto sulla Terra, ha più o meno la medesima proprietà. Per esempio, se diversi uomini bevono del vino prodotto dalle tue viti nella stessa quantità del vino che tu hai bevuto del Mio puro vino dei Cieli, vedrai che alcuni saranno completamente ridestati dall’amore, altri invece diventeranno talmente feroci e violenti, che tu dovrai farli legare con delle funi! Se i vini della Terra provocano simili effetti, figuriamoci quelli celesti!».

 

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Cap. 64

A Sichar. Jairuth rinuncia al vino, in compenso fa del bene ai poveri e ottiene due angeli custodi. La natura e la missione degli angeli. Buona opinione di Jairuth sulla benedizione, derivante dalla debolezza umana.

 

1. Dice Jairuth: «Signore, se le cose stanno così, mi sono persuaso, come più volte lo sono stato seriamente, che sarebbe meglio abbandonare la coltura della vigna e proibire l’uso del vino in casa mia. Infatti, secondo la Tua affermazione che trovo buona e giusta, il vero amore può essere vivificato in modo permanente solo dalla Parola di Dio, con la quale ciò che è malvagio viene bandito e costretto a rimanere relegato nell’abisso. Così rinuncio a coltivare la vite, anzi giuro che, dopo aver bevuto del vino celeste, non berrò più il vino di questa Terra! Cosa ne dici di questo mio proposito?»

2. Io rispondo: «Non posso né lodarlo né rimproverarlo. Fai come meglio credi! Quello che pensi sia utile alla tua anima, fallo pure secondo il tuo parere! Del resto, se desideri ciò che è buono, Io te lo darò, perché sei un uomo per bene, molto severo e giusto, e perché te l’ho promesso»

3. Dice Jairuth: «Signore, allora resta qui presso di me con tutti i Tuoi, oppure lasciami almeno uno o due di questi Tuoi giovani, affinché io possa essere istruito nel vero amore e nella vera sapienza!»

4. Io gli dico: «Per quanto riguarda Me e il Mio seguito, anche se la tua richiesta è buona, non Mi è possibile esaudirla, poiché in questo mondo Io ho ancora molte altre cose da fare. Tuttavia posso volentieri lasciarti due di questi giovani, che potrai scegliere tra quelli presenti qui! Stai attento però, sia tu che i tuoi familiari, a non cadere in qualche peccato, perché in tal caso essi diventerebbero per te e per i tuoi dei terribili maestri punitori e abbandonerebbero ben presto la tua casa! Infatti questi giovani sono angeli di Dio ai quali è dato di vedere continuamente il Suo Volto!»

5. Risponde Jairuth: «O Signore, ecco ancora una cosa che mi è molto amara! Infatti, chi potrebbe non peccare neanche una volta l’anno con pensieri, parole ed opere? Considerando ciò, in relazione alla presenza di due simili sorveglianti al cui controllo niente può sottrarsi, non ci sarebbe davvero troppo da stare allegri! È meglio perciò che rinunci a questo mio desiderio e che tutto resti com’era prima!»

6. Io dico: «Va bene! Farò quello che vuoi! Sei libero, rassicurati, e niente ti obbliga; puoi starne certo!»

7. Dice Jairuth: «No, questi giovani, questi autentici angeli di Dio, emanano troppo amore e troppa grazia dal loro aspetto! Mi sembra una cosa impossibile, in loro presenza, commettere peccato; perciò, accada quello che accada, voglio che due di loro restino qui con me!»

8. Io gli dico: «Bene, bene, due giovani resteranno qui e saranno visibilmente presenti in casa tua finché si troveranno bene! In Jonaele, Mio amico, troverai un fidato maestro, dal quale potrai imparare a conoscere le Mie vie. Se tu e i tuoi camminerete per queste vie, essi rimarranno presso di te, ti serviranno in ogni cosa e proteggeranno la tua casa da qualsiasi male, ma, se tu abbandonerai le Mie vie, allora anch’essi lasceranno te e la tua casa»

9. Dice Jairuth: «Bene, resta inteso! In casa mia non si berrà più vino e, come ho promesso, sborserò per dieci anni ai romani le tasse che i poveri di questi dintorni devono pagare. In quanto all’uva che cresce nei miei giardini, penso di farla seccare per farne un alimento dolce e delizioso, mentre il resto sarà venduto! Va bene così?»

10. Io gli dico: «Perfettamente! Tutto ciò che farai per amor Mio e dei tuoi simili, che sono tuoi fratelli, sarà buono e giusto!»

11. Dopo queste parole, faccio cenno a due dei giovani di avvicinarsi e li presento a Jairuth, domandandogli: «Ti piacciono questi due?»

12. Nel vederli, Jairuth, rapito ed emozionato, risponde: «Signore, se Tu pensi che io ne sia degno, sono contento oltre ogni dire e Ti sono profondamente grato, ma mi sento indegno di ricevere una simile Grazia dai Cieli. Però d’ora innanzi farò di tutto per esserne, a poco a poco, sempre più degno. Sia fatta la Tua Volontà, o Signore, Volontà che mi si rivela sempre più santa!»

13. Allora i due giovani dicono: «La Volontà del Signore è il nostro essere e la nostra vita. I collaboratori più attivi, là dove si opera decisamente secondo questa Volontà, siamo noi e per adempierla possediamo sia forza sia vigore in abbondanza. Infatti il nostro potere va oltre il limite della Creazione visibile; per noi la Terra è come un granello di sabbia e il sole è come un pisello nella mano di un gigante, mentre tutte le acque della Terra non bastano per bagnare uno solo dei nostri capelli e tutto l’esercito di stelle trema all’alito della nostra bocca! Questo potere però non ci è dato per gloriarcene di fronte alla debolezza degli uomini, ma, secondo la Volontà del Signore, per essere loro utili. Perciò noi, secondo la Sua Volontà, possiamo e vogliamo servirti finché riconoscerai, accetterai e rispetterai attivamente questa Volontà. Se tu l’abbandoni, abbandonerai similmente anche noi, perché altro non siamo che la personificazione della Volontà di Dio, il Signore. Chi ci abbandona, è anch’egli abbandonato da noi. Queste cose te le diciamo qui, alla piena presenza del Signore, il cui Volto possiamo contemplare continuamente e dal Quale attendiamo qualsiasi piccolo cenno che ci chiami e ci attiri fortissimamente ad una nuova attività»

14. Dice Jairuth: «O giovani affascinanti! So benissimo e comprendo chiaramente che in voi risiede una forza che per noi mortali è incalcolabile, ma conosco pure che a me sono possibili cose che forse voi stessi non potete compiere. Io posso, davanti a voi, gloriarmi della mia debolezza, nella quale non vi è né potere né forza alcuna, ma in questa debolezza risiede una forza che mi permette di riconoscere, di accogliere e di adempiere la Volontà di Dio!

15. Certamente non nella vostra stessa misura, perché il Signore non potrà mai gravarmi di un carico superiore alle mie forze, e in questo senso tale debolezza ritorna a mio onore. Infatti è una cosa considerevole constatare come la debolezza degli uomini, alla fine, realizza la stessa Volontà del Signore che viene compiuta dalla vostra forza e dal vostro smisurato potere.

16. E se ho ben capito quanto finora ha detto il Signore, è possibile che Egli apprezzi di più la debole azione di un fanciullo, e che la forza e le opere dei grandi e poderosi spiriti dei Cieli dovranno lasciarsi guidare dalla debolezza dei piccoli figli di questa Terra se essi vorranno partecipare alla stessa mensa di costoro! Infatti se il Signore viene dai deboli, sembra per lo meno a me che Egli li renderà forti!»

17. Rispondono allora i due giovani: «Sì, certamente, hai detto bene. Riconosci la Volontà del Signore ed agisci come essa prescrive, così tu possiedi già in te la nostra forza e il nostro potere, che sono la pura Volontà di Dio, il Signore! Da noi stessi non abbiamo né forza né alcun potere, perché tutta la nostra forza e tutto il nostro potere non sono altro che la Volontà di Dio, adempiuta in noi e per mezzo di noi!»

18. Dopo tali parole, intervengo anch’Io nel discorso, dicendo: «Quello che avete detto è in regola da ogni punto di vista! Ci siamo ormai ristorati abbastanza, perciò, amici Miei, conviene alzarci e proseguire il nostro cammino!».

19. A queste parole tutti si alzano da tavola, rendono grazie e Mi seguono all’aperto.

 

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Cap. 65

A Sichar. Jairuth accompagna il Signore. Servizio degli angeli custodi. Scena con i mercenari romani.

 

1. Jairuth manifesta il desiderio che Io rimanga l’intera giornata presso di lui; però gli faccio osservare come, nei dintorni, vi siano ancora tanti malati, che voglio visitare strada facendo. Jairuth Mi prega allora di concedergli di accompagnarMi per quel tratto di strada che bisogna fare per ritornare in città. Io acconsento ed egli si mette subito in cammino, pregando contemporaneamente i due giovani di volerlo accompagnare!

2. Ma i due dicono: «È meglio per te se noi restiamo qui, perché quelli che hai ospitato nella sala del giardino, ti hanno accusato di sedizione presso i romani! Perciò senza di noi la tua casa è in pericolo! Comprendi?»

3. Nell’apprendere questa notizia Jairuth, arrabbiatissimo e agitato oltre misura, domanda: «Quale diavolo di uomo ha potuto informare i romani e qual è stato il motivo della sua azione?»

4. Risponde uno dei giovani: «Vedi, in Sichar ci sono altri mercanti che non sono fortunati quanto te, non possono costruirsi dei castelli e meno ancora acquistare immense distese di terreno come quelle che hai comperato in Arabia, sulle coste del Mar Rosso. Questi mercanti, dunque, hanno sempre più invidia della tua felicità terrena e non vedono l’ora di poterti mandare in rovina. Se qui non fossimo presenti noi, questa volta ci sarebbero riusciti, ma poiché in Nome del Signore ti abbiamo preso sotto la nostra protezione, non ti verrà fatto alcun male. Tuttavia abbi cura di rimanere almeno tre giorni assente da casa!»

5. Queste parole tranquillizzano Jairuth, che si accinge sollecitamente ad uscire fuori dal castello con Me.

6. Mentre attraversiamo il cortile del castello, ecco venirci incontro un drappello abbastanza numeroso di mercenari e di sgherri romani che, schierandosi davanti a noi, ci intimano di fermarci. Allora, Io vado loro incontro e mostro il certificato, che Mi aveva rilasciato Nicodemo. Osserva il comandante della schiera: «Questo documento non serve a nulla quando c’è un fondato sospetto di ammutinamento contro Roma!»

7. Io gli dico: «Cosa vuoi da noi? A questo passo tu sei stato spinto dalla menzogna sfacciata di un manipolo di invidiosi. Io però ti dico che le parole che ti hanno riferito non sono vere! Ora, se con compiacenza hai dato ascolto alla menzogna, odi con maggior attenzione pure la verità, a sostegno della quale troverai qui più testimoni di quanti ne hai trovati in città, dove i maligni invidiosi ti hanno riferito l’insolente menzogna!»

8. Risponde il comandante del drappello: «Queste scappatoie sono vane e non hanno significato. Quando saremo in tribunale dal confronto sarà stabilita la verità; perciò venite subito con noi in tribunale, senza opporre resistenza, altrimenti saremo costretti ad usare la forza!»

9. Io gli dico: «Ecco là il castello; solo il padrone vi è stato denunciato come sobillatore. Perciò andate là e, se vi riesce, cercate di scoprire qualche indizio di ammutinamento! Ma se con la forza volete portarci di fronte al vostro ingiusto tribunale, allora anche noi useremo la nostra forza e vedremo poi chi avrà la peggio! Fate dunque come volete! Il Mio tempo non è ancora venuto; Io vi ho già detto che qui non è stato commesso nessun reato! Chi è nel giusto, deve difendere e combattere in ogni maniera per la verità, sia con la parola sia con l’azione!»

10. Il comandante dà una rapida occhiata alla Mia numerosa compagnia ed ordina che tutti quanti vengano presi e legati. Per prima cosa, i soldati e gli sgherri si gettano addosso ai Miei giovani e tentano di acciuffarli, questi però sfuggono dalle loro mani con tale destrezza che essi non riescono a fermarne neppure uno. 

11. Mentre i soldati e gli sgherri si affaticano e si disperdono qua e là nel dare la caccia ai giovani che sembrano scappare in ogni direzione, Io dico al comandante: «Mi sembra che ti sia difficile prenderci». Costui si scaglia allora con la spada sguainata contro di Me, ma simultaneamente uno dei giovani gliela strappa di mano e l’annienta, lanciandola invisibilmente a grande altezza.

12. Di conseguenza faccio osservare al comandante: «Ebbene! Con che cosa vuoi ora percuoterMi e ferirMi?»

13. Il comandante, pieno di rabbia, esclama: «È così dunque che qui si rispetta l’autorità romana? Va bene! Sarà mia cura farlo sapere a Roma a chi di competenza e vedrete che tra poco questo paese diventerà irriconoscibile! State certi, non rimarrà pietra su pietra!»

14. Io gli mostro allora come i Miei giovani siano intenti a spingere davanti a sé i soldati e gli sgherri, legati per bene con delle corde! A quella vista il comandante comincia ad invocare Giove, Marte e perfino le Furie, affinché lo proteggano da un simile oltraggio!

15. Ordino dunque ai giovani di rimettere in libertà i prigionieri ed eseguito subito l’ordine Mi rivolgo di nuovo al comandante dicendogli: «Hai ancora voglia di misurare la tua forza con noi?»

16. Risponde il comandante: «Questi giovani sono degli dèi, altrimenti non si spiega come essi abbiano potuto vincere senza alcuna arma questi sceltissimi guerrieri!»

17. Io dico: «Eh, sì! È plausibile che per te e per i tuoi simili costoro siano degli dèi; perciò adesso intraprendi pure la tua perquisizione nel castello; in quanto a noi, lasciaci continuare il nostro cammino, altrimenti ti accadrà di peggio!»

18. Dice il comandante: «Va bene, vi riconosco innocenti e vi do il permesso di andare dove volete. Voi, miei soldati, penetrate nel castello, perquisite tutto e non fate uscire nessuno fino a che non abbiate finito il controllo, intanto io vi aspetto qui fuori!»

19. Dice uno dei suoi ufficiali: «Perché non vieni personalmente anche tu nel castello a dirigere le ricerche?»

20. Risponde il comandante: «Non ti accorgi che ho perduto la mia spada e senza di questa la perquisizione non ha valore?»

21. Osserva l’ufficiale: «A noi non è andata molto meglio di te! Pertanto, che valore ha questa perquisizione, se ci mancano le armi?»

22. Esclama il comandante: «Come? Anche voi disarmati? Male! Senza armi non possiamo fare nulla! Hm, come faremo adesso?»

23. Io gli dico: «Le vostre armi si trovano ai piedi di quell’alto cedro, laggiù a mezzogiorno! Andate a prenderle, perché noi non vi temiamo né con le armi né senza!».

24. Udito ciò, soldati ed ufficiali, seguendo le Mie indicazioni, corrono a riprendere le loro spade.

 

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Cap. 66

A Sichar. Guarigione del paralitico, vicino al piccolo villaggio. Ringraziamenti e manifestazioni di gioia del risanato. I soldati romani si danno alla fuga e poi ritornano.

 

1. Nel frattempo, dirigendoci verso levante, giungiamo dopo un po’ ad un piccolo villaggio, distante circa venti lunghezze di campo dal castello. Tutti gli abitanti ci corrono incontro felici, ed amorevolmente ci chiedono cosa vogliamo e in che cosa ci possono essere utili. 

2. A Mia volta Io chiedo loro: «Non c’è nessuno, tra voi, che sia ammalato?»

3. Essi rispondono affermativamente, dicendo: «Sì, ne abbiamo uno completamente paralizzato!»

4. Io dico: «Portatelo allora qui, affinché sia guarito!»

5. Uno di loro esclama: «Signore, sarà molto difficile farlo! Il poveretto è talmente rattrappito che sono già tre anni che non può abbandonare il suo letto. E il letto, nel quale giace, è difficile da trasportare, perché è solidamente fissato al pavimento! Se non Ti disturba, puoi recarti Tu da lui?»

6. Io rispondo: «Se vi è difficile trasportare il letto, allora avviluppate l’ammalato in una stuoia e portatelo qui!»

7. Il Mio ordine viene eseguito prontamente, infatti alcuni dei presenti corrono verso la casa dove giace il paralitico, adagiano quest’ultimo su di una stuoia e lo portano da Me sulla strada dicendo: «Signore! Ecco qui il povero ammalato!»

8. RivoltoMi a costui, gli chiedo se crede che Io possa sanarlo. Il malato Mi guarda, riflette un po’ e dice: «Mio buon Amico, Tu ne hai le sembianze e sembri proprio essere un Salvatore! Sì, sì, lo credo!»

9. Poi Io dico: «Alzati, dunque, e cammina; la tua fede ti ha salvato! Ma in avvenire guardati da certi peccati, per non ricadere una seconda volta nello stesso male, che ti colpirebbe più duramente della prima!»

10. In quello stesso istante l’ammalato si alza, toglie la stuoia da terra e comincia a camminare. Quando si avvede che è perfettamente guarito, si getta ai Miei piedi, Mi rende grazie, e dice: «Signore! In Te risiede una forza più grande di quella umana, sia lodata la divina Potenza che è in Te! Oh, benedetto sia il corpo che Ti ha portato e tre volte santo il seno che Ti allattò!»

11. Aggiungo Io: «E siano beati tutti coloro che ascoltano la Mia Parola, la custodiscono nel loro cuore e vivono secondo i suoi insegnamenti!»

12. L’ammalato chiede: «Signore! Dove si può ascoltare la Tua Parola?»

13. Io gli dico: «Tu conosci, non è vero, Jonaele di Sichar, il capo dei sacerdoti, che sacrificava sul monte Garizim! Vedi, egli detiene la Mia Parola, vai dunque là e apprendila da lui!»

14. Domanda il risanato: «Signore, quando lo posso trovare in casa?»

15. Rispondo Io: «In questo momento si trova accanto a Me, chiedi a lui stesso ed egli te lo dirà!»

16. Allora il risanato si rivolge a Jonaele e gli dice: «O degno sacerdote di Jehova sul Garizim! Quando posso venire in casa tua?»

17. Risponde Jonaele: «Finora il tuo compito consisteva nello startene coricato e nel sopportare pazientemente le tue sofferenze, perciò non hai certamente molto da fare in casa tua. Resta quindi con noi oggi e apri le orecchie a quanto si dice. Oggi potrebbero accadere ancora molte cose, domani potrai apprendere tutte le altre!»

18. Dice il risanato: «Se sono degno di rimanere in vostra compagnia, sono pronto a seguirvi con immensa gioia! Infatti, mio caro amico, quando si langue per tre anni interi su di un duro giaciglio, spesso tra indicibili dolori, e improvvisamente per un miracolo di Dio si è completamente guariti dal terribile male, solo allora si comprende veramente il valore della salute! Quale gioia è poter camminare con le proprie gambe! Perciò vorrei precedervi saltando e danzando come Davide, e con grande giubilo lodare ad alta voce la grande Bontà del Signore!»

19. Dice Jonaele: «Fai pure come hai detto, affinché davanti a noi si adempia ciò che è stato scritto del Signore: “E lo storpio salterà come il cervo!”»

20. Allora l’uomo guarito getta via da sé la stuoia, si mette subito in testa alla compagnia e comincia ad emettere grida di giubilo e a saltare senza lasciarsi, nella sua gioia, turbare da alcuna cosa. In quel mentre, ecco farsi incontro, con i loro ufficiali, alcuni di quei soldati e sgherri romani, che poco prima erano stati dispersi dai Miei due giovani, per una strada laterale a due o tre lunghezze di campo dal castello di Jairuth. Costoro si avvicinano e tentano di distogliere il risanato dal suo entusiasmo, domandando cosa stia facendo. 

21. Il risanato fa finta di niente e continua a saltare e a ballare e, come se non avesse posto attenzione alla domanda del comandante romano, grida: «Quando gli uomini si rallegrano, le bestie diventano tristi, perché la gioia degli uomini fa morire il bestiame! Evviva! Evviva! Se avviene che la gioia dell’uomo si espande, triste è il bestiame sulla landa! Evviva, Evviva!»

22. Il risanato continua su questo tono, con grande rabbia del comandante, che gli impone di starsene zitto.

23. Gli fa osservare il risanato: «Perché mi proibisci di gioire? Io sono rimasto paralizzato per tre anni su di un letto! Se tu mi avessi detto: “Alzati e cammina!” e se, per un simile comando, fossi ridiventato sano così come lo sono ora, allora avrei tributato onori divini a te e ad ogni tua parola. Ma poiché tu non sei tale e poiché la tua forza paragonata a quella del mio nuovo Signore è del tutto nulla, allora io obbedisco al Potente Signore! Perciò lasciami gridare: “Evviva! Evviva! Evviva!”»

24. Il comandante romano gli intima nuovamente di smettere di fare chiasso, minacciandolo, in caso contrario, di castigarlo. In quel mentre, due dei Miei giovani si avvicinano all’entusiasta e gli dicono: «Non lasciarti turbare nella tua gioia!»

25. Alla vista di quelle due vecchie conoscenze, il comandante, rivolto alla sua truppa completamente disarmata, urla spaventato: «Si salvi chi può! Ecco due altri servi di Plutone!»

26. I soldati non se lo fanno dire due volte e in un attimo tutta quella legione di conquistatori fugge talmente disperata, come non si è mai visto prima. 

27. Intanto il risanato, giubilante, continua a saltare ancora di più, strillando dietro ai fuggitivi: «Evviva! Evviva! Quando gli uomini sono allegri, il bestiame è triste!»

28. Dopo un po’ si calma, raggiunge Jonaele e gli chiede: «Amico, se non ti disturba parlare durante il cammino, dimmi quello che sai della Parola del Signore, che mi ha ridato la salute! Infatti, se voglio ubbidire a questa Parola, devo prima conoscerla!»

29. Dice Jonaele: «Ecco, noi siamo prossimi ad un’altra località che in base alle nuove direttive romane è stata dichiarata villaggio; certamente anche qui il Signore farà dei prodigi! In ogni caso vieni con noi in città e là, in casa mia o in quella di Irhaele, sarai ospitato fino a quando lo vorrai. In quell’occasione ti sarà detto tutto! Ormai non siamo più molto lontani dalla città. La borgata nella quale stiamo arrivando fa già parte della città, secondo le nuove disposizioni dei romani, ma poiché la sua posizione fu trovata eminentemente favorevole per usi militari, ne fecero una specie di fortezza e fu separata da Sichar, infine venne circondata da bastioni e dichiarata villaggio con un nome proprio. Questa località non è molto grande, in meno di mille passi l’avremo già oltrepassata, poi, volgendo a sinistra e percorse appena sette lunghezze di campo, arriveremo alle prime case di Sichar. Abbi dunque pazienza ancora un po’ e vedrai che tra breve il tuo desiderio sarà esaudito!»

30. Esclama il risanato: «Oh, per Abramo, Isacco e Giacobbe! Se questo borgo è un posto di guarnigione romano, siamo messi male! Il comandante romano non ci accoglierà ben volentieri, visto che egli, in pochi minuti, se l’è data vergognosamente a gambe davanti a noi!»

31. Dice Jonaele: «Confidiamo nel Signore che è qui con noi. Egli appianerà ogni difficoltà! Vedo già uscire dal borgo un drappello di soldati, che viene verso di noi con una bandiera bianca; ciò mi sembra essere di buon auspicio!»

32. Osserva il risanato: «Oh sì, basta che non sia la solita astuzia militare dei romani! Infatti in questo sono molto abili sia i soldati romani sia quelli greci!».

 

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Cap. 67

A Sichar. Importanti insegnamenti sul Messia, su Satana e sull’Ordinamento divino. Il Signore annuncia la nuova Legge di Amore. Jehova si manifesta nel dolce aleggiare di vento.

 

1. Dice Jonaele: «Contro la potenza umana simili astuzie possono avere qualche esito, ma esse non giovano affatto contro la Potenza divina. Su di questa, la sola forza che può influire con successo è il puro e vero amore, ogni altra cosa è come la polvere che vuole affrontare l’uragano! Non preoccuparti dunque di ciò, poiché Dio è con noi! Chi potrebbe affrontarci?»

2. Dice il risanato: «Sì, sì, hai ragione! Ma con Adamo c’era senza dubbio anche Dio, eppure Satana ha trovato il modo di sedurlo con la sua finissima arte! E Michele non ha dovuto anch’egli abbandonare a Satana il corpo di Mosè, dopo aver lottato per tre giorni? Non c’è dubbio: Dio è sicuramente onnipotente, ma Satana è pervaso della più orrenda astuzia, che ha già procurato parecchi dolori al popolo di Dio. Perciò di fronte ad una tigre è necessario essere prudenti finché essa vive; solo quando è morta si può tentare di respirare liberamente senza precauzioni né timore!»

3. Dice Jonaele: «Secondo il tuo punto di vista hai perfettamente ragione; però devi anche tener presente che, nei primi tempi, il Signore diede a Satana la libertà di azione. Infatti, per mettere alla prova la sua libertà, al primo spirito creato (Lucifero) fu concesso un lungo periodo di tempo, perché egli non solo fu il primo, ma fu anche il più grande tra gli spiriti creati.

4. Ma questo tempo volge ormai alla fine e il principe della notte sarà incatenato in ceppi strettissimi, nei quali egli non potrà più muoversi tanto liberamente come ha fatto finora!

5. Perciò, se nel nostro cuore regna il vero amore di Dio, il nostro pellegrinaggio su questa Terra sarà più libero da preoccupazioni di quanto lo sia stato fino ad oggi sotto il duro giogo della Legge.

6. Dai tempi di Adamo fino ad ora ha dominato la Legge della Sapienza, e per ubbidire ad una simile Legge era necessario essere dotati di molta sapienza e di una volontà infinita.

7. E poiché Dio vide che gli uomini non avrebbero mai potuto adempiere la Legge della Sapienza, Egli stesso venne nel mondo per annunciare la nuova Legge dell’Amore, alla quale gli uomini potranno ubbidire senza difficoltà. Jehova, nella Legge della Sapienza, irradiò la Sua Luce tra gli uomini, ma la Luce non era Lui stesso; essa emanava da Lui tra gli uomini, così come anche gli uomini sono sorti da Lui ma tuttavia non sono Jehova stesso. Ora invece, per l’Amore e nell’Amore, lo stesso Jehova scende dall’uomo e, in tutta la pienezza della verità, stabilisce spiritualmente la Sua dimora in lui. Così, l’uomo creato viene reso in ogni cosa perfettamente simile a Lui e, armato in questo modo, non può più cadere nei lacci dell’astuzia che Satana gli tende. Infatti, nell’uomo lo Spirito di Dio discerne, per quanto sia celata, ogni perfidia di Satana e possiede forze sufficienti per ridurre in polvere i suoi attacchi, divenuti ormai vani.

8. Il profeta Elia ha profetizzato dell’attuale condizione dell’uomo, cioè della manifestazione di Jehova nell’Amore, quando parla del dolce aleggiar di vento e del suono dolce e lieve, che si manifestò davanti alla grotta, però Jehova non era nella tormenta né nel fuoco!

9. Il suono dolce e lieve è dunque l’amore degli uomini verso Dio e verso i propri fratelli, nel quale risiede lo stesso Jehova, ma Egli non è nel vento forte ed impetuoso della Sapienza, né nella fiammeggiante spada della Legge!

10. Perciò, dato che Jehova stesso si trova tra di noi e con noi, non bisogna più temere l’astuzia di Satana come tristemente è avvenuto nei primi tempi. Tu puoi ormai resistere, con meno preoccupazione e con più coraggio, alla maligna ed astuta faccia della tigre romana assetata di sangue! Non hai visto prima come l’intera legione si sia data alla fuga più vergognosa dinanzi ai due giovani? Ora, molti di questi giovani ci accompagnano! Come potremmo dunque aver paura dei romani, che per di più ci vengono incontro con bandiera bianca? Io ti dico: “Né in sogno, né tanto meno stando svegli!»

11. Il discorso di Jonaele riempie di stupore il risanato che, riavutosi, esclama: «Cosa dici? Jehova si troverebbe tra noi? Io credevo che l’Uomo che mi ha risanato fosse solo il Messia atteso! Secondo te, com’è possibile che Jehova e il Messia siano un’unica cosa?

12. Comprendo benissimo che la Forza di Jehova si sarebbe manifestata nel Messia in maniera più eclatante di quella di tutti i profeti messi insieme, ma che il Messia e Jehova fossero perfettamente un’unica cosa, non l’avrei mai pensato, né tanto meno osato enunciarlo! Inoltre, è scritto che non bisogna farsi nessuna immagine di Jehova; invece quest’Uomo, che in realtà possiede tutti gli attributi del Messia, dovrebbe essere Je-ho-va in persona? Eh, io sono dispostissimo a crederlo, se tu, come nostro sommo sacerdote, non hai niente da obiettare!

13. Che il Messia, in un certo senso, dovesse essere un Dio, l’ho intuito subito dopo la mia guarigione, poiché, secondo le Scritture, a seconda di come si osserva la Legge di Jehova, anche noi siamo più o meno degli dèi. Ma che Egli fosse proprio lo stesso Jehova!? Oh, se è così, bisogna allora comportarsi diversamente! È Lui stesso che mi ha guarito, perciò devo ringraziarLo in altro modo!».

14. Detto questo, vuole venire verso di Me, ma Jonaele lo trattiene dicendogli di aspettare che la compagnia giunga a Sichar, e il risanato accetta di buon grado il consiglio.

 

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Cap. 68

A Sichar. La delegazione militare romana. Dialogo tra il Signore e il comandante romano riguardo alla verità. Uomini e larve umane.  La perfezione. L’imitazione del Signore.

 

1. Intanto ci raggiunse la delegazione romana, e l’ufficiale che la guidava Mi diede una lettera da parte del suo capo, che era anche il comandante del forte. In questa missiva Mi scongiurava di scordare quello che era accaduto e di indurre tutti i componenti della Mia compagnia a non raccontare niente, poiché il fatto gli avrebbe causato del danno senza, nel contempo, essere di utilità a nessuno. In effetti, per noi, non dire niente sarebbe stato più vantaggioso che dannoso e, vista la sua posizione di supremo comandante romano, sarebbe stato meglio farselo amico piuttosto che nemico! Anche Jairuth veniva esortato a tacere, assicurandogli che non sarebbe stato più molestato in casa sua. Infine Mi pregava di volerlo onorare di una visita nella sua residenza, poiché voleva parlare con Me di cose segrete e molto importanti!

2. Io dico al messaggero: «Riferisci al tuo superiore che faremo ciò che chiede. In quanto alla visita, digli che non andrò nella sua residenza, ma, se vuole parlare con Me di cose segrete ed importanti, che Mi attenda alla porta d’ingresso di questo borgo; qui gli dirò ciò che vuole sapere»

3. Udita la Mia risposta, l’inviato si allontana con la sua scorta e comunica al suo comandante tutto quello che gli ho detto. Allora egli, radunati i suoi principali ufficiali, va’ verso la porta del borgo e qui attende il Mio arrivo.

4. Però, prima di andargli incontro, Jairuth, poco sicuro, Mi chiede: «Possiamo fidarci dell’invito? Io conosco bene la grandissima astuzia di questo comandante, che ha il grado di capo legione! Costui, con simili mezzi, ha già mandato parecchie persone all’altro mondo!»

5. Io gli dico: «Mio caro amico, so benissimo come egli era prima e so anche com’è adesso. I Miei giovani gli hanno ispirato un rispetto incancellabile, ora crede che siano dei geni e che Io sia figlio di Giove! È riguardo a questo che vorrebbe sapere da Me qualcosa di più preciso. Io so già quello che gli dirò!»

6. Queste parole appagano Jairuth. Intanto arriviamo alla porta dove ci attende il comandante con i suoi ufficiali. Questo ci viene incontro, Mi saluta gentilmente e si capisce che vuole subito parlare delle cose per cui Mi aveva invitato.

7. Io però lo prevengo dicendogli: «Amico! I Miei servitori non sono dei geni, ed Io non sono un figlio del tuo Giove! Ora tu sai tutto ciò che ti eri proposto di domandarMi»

8. Il capo legione rimane molto stupito per l’esposizione così chiara di quello che aveva solo pensato e che nessuno conosceva.

9. Egli rimane alcuni istanti in silenzio, poi Mi chiede: «Se Tu non sei la persona che credevo, dimmi allora chi sei Tu e chi sono in realtà i Tuoi servitori! Infatti in ogni caso siete sicuramente degli uomini al di là dell’ordinario, e mi sarebbe gradito rendervi gli onori che vi spettano!»

10. Io gli rispondo: «Chi chiede lealmente, è degno di ottenere un’onesta risposta; tu Mi hai interrogato da uomo onesto e sincero, perciò meriti una risposta corrispondente. Ascolta, dunque: in primo luogo sono Colui che tu vedi davanti a te, cioè un Uomo! Ce ne sono molti che hanno lo stesso Mio aspetto, tuttavia non per questo sono uomini; essi invece sono solo larve umane. Ora, quanto più perfetto è un vero uomo, tanta più forza e potere risiede nel suo discernimento e nella sua volontà d’azione»

11. Dice il capo legione: «Può ogni uomo divenire perfetto quanto lo sei Tu?»

12. Io gli dico: «Oh sì, sempre che lavori per il suo perfezionamento, osservando tutto ciò che Io gli insegno!»

13. Chiede il comandante: «Facci dunque udire la Tua Dottrina, affinché possa conformarvi le mie azioni e la mia vita!»

14. Io gli rispondo: «Anche se ti potessi insegnare la Mia Dottrina, essa ti sarebbe di poca utilità, poiché tu non saresti in grado di vivere secondo i suoi dettami. E finché rimani l’inviato di Roma a nulla può giovarti il Mio insegnamento. Infatti, per seguirMi, dovresti abbandonare tutto, altrimenti non ti sarebbe possibile vivere secondo la Mia Dottrina!»

15. Dice il capo legione: «Sì, in realtà ciò sarebbe molto difficile! Tuttavia potresti farmi conoscere almeno alcuni dei princìpi fondamentali della Tua Dottrina! Vedi, io non sono del tutto digiuno di cognizioni nei vari campi del sapere e sono quindi capace di comprendere; perché allora non sarei in grado di comprendere la Tua Dottrina? Chissà che non mi si offra l’occasione di metterla, prima o poi, in pratica?»

16. Io dico: «Amico Mio, se la Mia Dottrina consiste nel doverMi seguire, senza di che non si può pervenire al Regno della Mia Perfezione, come faresti tu a metterla in pratica?»

17. Osserva il capo legione: «In verità quello che mi dici è molto strano, ma è possibile che le Tue parole nascondano qualcosa di più profondo! Lasciami riflettere un po’!»

18. Egli rimane per qualche istante immerso nei suoi pensieri, poi chiede: «Questo “seguire Te” lo intendi in senso personale o solo in senso morale?»

19. Io gli rispondo: «La forma migliore è, per quanto è possibile, seguirMi in senso personale, sempre in intima unione con quello morale. Quando però il seguirMi personalmente diventa impossibile, perché non lo permettono gli obblighi imposti da un impiego ufficiale, che è pure necessario, allora, in accordo con la propria coscienza, basta seguirMi moralmente. Ma è necessario che questa coscienza abbia come fondamento esclusivo Me e l’amore per ogni essere umano, che è la base della verità più pura. Infatti la sola imitazione morale sarebbe cosa spiritualmente morta. Comprendi ora?»

20. Dice il capo legione: «Quello che dici mi sembra poco chiaro! Se è così, cosa devo farne allora di tutte le mie attraenti divinità? I miei antenati ci credettero! È meglio che rimanga fedele alla loro credenza, oppure devo cominciare a credere nel Dio degli ebrei?».

 

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Cap. 69

A Sichar. La nullità degli dèi. Del valore ed essenza della verità e il cammino che conduce ad essa. Il vero nodo gordiano. Il segreto dell’Amore.  La testa e il cuore.

La chiave e sede della verità.

 

1. Io gli dico: «Caro amico, tanto i tuoi antenati quanto gli dèi che essi adorarono non hanno alcun significato, perché i primi sono già morti da lungo tempo, i secondi non sono mai esistiti, se non nella fantasia dei poeti. Dietro i loro nomi e le loro immagini non si è mai celata alcuna realtà. Se rinunci dunque a questa vana credenza negli dèi, tu non perdi assolutamente nulla; infatti essi non possono rafforzare la tua anima, così come i cibi dipinti su di una tela non possono saziare il tuo corpo! Come ho detto, queste cose non hanno alcun significato; ciò che conta invece è la pura verità e la vita all’interno di questa sola verità, come pure la vita che si ottiene da questa sola verità e per mezzo di questa pura verità!

2. Infatti, se vivi fondandoti sulla menzogna, la tua vita diventa tutta quanta menzogna e non potrai mai giungere ad alcuna realtà; al contrario, se la tua vita si procura gli elementi dalla verità, allora essa diventa verità e tutto quello che ne scaturisce assurgerà a verità e realtà! Attraverso la menzogna nessuno potrà mai percepire o riconoscere la verità, perché per la menzogna tutto è menzogna. La menzogna diventa verità solo per chi è rinato dallo spirito di verità e ha quindi trasformato se stesso in verità, in piena verità; per costui addirittura la menzogna diventa verità!

3. Infatti, colui che sa riconoscere la menzogna come menzogna, costui è in tutto egli stesso verità, poiché egli riconosce immediatamente la menzogna per quello che essa è, ed anche questo è verità! Comprendi le Mie parole?»

4. Risponde il capo legione: «Amico! Tu parli bene e possiedi una profonda sapienza! Ma dove si trova questa sublime verità e che cos’è realmente? Sono reali le cose così come noi le vediamo? Oppure l’occhio di un negro le percepisce diversamente da noi? Un frutto è gradevole al palato di alcuni, ad altri invece è amaro e nauseante! Allo stesso modo, razze umane diverse parlano lingue diverse; quale fra esse è quella vera e quale quella buona? Io penso che, preso singolarmente, ogni uomo può essere detentore di molte verità, ma, secondo me, non esiste una verità universale che possa abbracciare ogni verità particolare. Perciò, se Tu conosci una tale verità, dimmi dov’è, che cos’è e in che cosa consiste!»

5. Io gli dico: «Amico Mio, questo è l’antico e ben conosciuto nodo gordiano che nessuno ha potuto sciogliere, ad eccezione del celebre eroe macedone che anche tu conosci!

6. Vedi, ciò che tu osservi e percepisci con l’uso di mezzi carnali, è uguale alla carne e ai suoi mezzi e, come questa, risulta instabile e transitoria. Ora, se una cosa è instabile e transitoria, come potrebbe offrirti gli elementi per conoscere la verità eterna ed immutabile?

7. Solo una cosa è santa e grande nell’uomo e questa cosa è l’Amore, che è la vera fiamma procedente da Dio e che ha la sua sede nel cuore. La verità risiede solo in questo Amore, poiché l’Amore stesso è in ogni uomo il Fondamento originario di ogni verità in Dio e da Dio!

8. Dunque, se vuoi conoscere le cose o te stesso nella pienezza della verità, è necessario che tu le osservi e le riconosca da quest’unico vero punto di vista, che è l’originario Fondamento del tuo essere; tutto il resto non è che illusione. La testa di ciascun uomo e tutto ciò che essa racchiude sono cose che hanno attinenza immediata con il famoso nodo gordiano, che nessuno può sciogliere con la forza del proprio pensiero.

9. Soltanto con l’impeto e la forza dello spirito d’amore l’uomo può recidere nel suo cuore questo nodo, e qui mettersi a pensare, ad osservare e a comprendere le cose. Solo quando si sarà incamminato su questa nuova via giungerà alla verità del suo essere e della sua esistenza e a quella di tutti gli esseri e di tutte le esistenze!

10. Il tuo intelletto può crearsi un numero infinito di divinità, ma che cosa sono esse? Io ti dico che non sono altro che immagini vane e inanimate, prodotte dai logori meccanismi del cervello. Ma nel cuore tu non troverai che un solo Dio, che è il Vero Dio, perché l’Amore, nel quale avrai trovato quest’Unico Vero Dio, non è altro che la verità medesima.

11. Come hai notato, la verità va cercata e trovata solo nella verità; l’intelletto ha già fatto abbastanza se ti ha dato la chiave della verità. Del resto, tutto ciò che ti incita e ti spinge all’Amore può essere una chiave alla verità. Segui perciò questo impulso e tale esortazione, concentrati nell’amore del tuo cuore e tu troverai la verità, che ti libererà da ogni inganno».

 

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Cap. 70

A Sichar. Esempio delle funzioni dell’intelletto e del cuore. «Non essere giudice con il peccatore, ma fratello amoroso, allora tu troverai verità e salvezza!».

La rabbia è come un giudizio. Dove manca l’amore non c’è verità. La verità universale nell’Eternità. Cenni sull’esistenza individuale nell’aldilà.  «Chi sei tu?». «SeguiMi!».

 

1. (Continua il Signore:) «Un esempio ti renderà la questione ancora più chiara.

2. Ecco, immaginiamo che tu abbia tra i tuoi subalterni qualcuno che abbia peccato contro le tue leggi e deve perciò essere punito. Allora inizi ad interrogarli e a fare le dovute indagini e cerchi astutamente, con ogni tipo di domande, di far loro confessare il reato. Ma essi, con i ragionamenti del loro intelletto, smentiscono tutto con la stessa astuzia mentale che tu hai usato nell’interrogarli. In questo modo una bugia ne giustifica un’altra, così, se le tue ricerche alla fine non approdano a nulla, sei costretto a condannarli senza aver ottenuto da loro una confessione, basandoti unicamente sulla deposizione dei testimoni, spesso ostili agli accusati e lontani anche questi dalla verità. Tu puoi allora valutare che, su dieci persone, soltanto una verrà giudicata rettamente e all’innocente sarà riservata la stessa sorte del colpevole!

3. Anziché atteggiarti a giudice, rivolgiti invece da uomo pieno d’amore, ai tuoi poveri fratelli, che si sono resi colpevoli verso di te, cercando di suscitare nel loro cuore lo stesso sentimento d’amore che ti anima. Vedrai allora che questi peccatori, pentiti e piangenti, ti confesseranno tutta la verità e ti diranno sinceramente quando e come hanno peccato contro di te! Se accade questo, non castigarli, perché la punizione in se stessa non è verità, ma è l’opposto. Essa non proviene assolutamente dall’amore, ma dall’ira della legge e del legislatore. Ma l’ira è di per sé un giudizio e, poiché nel giudizio non vi è amore, di conseguenza nel giudizio non c’è neanche verità; infatti la verità dimora solo là dove impera l’amore.

4. Attieniti dunque al puro amore ed opera nella sua verità e nella sua forza; tu troverai allora la verità dappertutto e ti accorgerai, in maniera evidentissima, che esiste una Verità universale, una Verità che compenetra non solo questa Terra, ma anche tutto l’immenso Infinito!

5. Se tra gli uomini adegui le tue azioni a questi precetti, Mi seguiresti moralmente in maniera molto efficace e ti garantiresti così la vita eterna. Ma se rimani così come sei adesso, la tua ricompensa nell’aldilà non sarà altro che la notte ed una vita vuota e fittizia, che è la morte dello spirito di verità e d’amore!

6. Vedi, la vita terrena è molto breve, poi viene l’Eternità, che è senza fine! Se l’autentica verità non è diventata vivente in te, come tu cadrai, così anche giacerai!

7. Per ora ti ho detto quanto ti è necessario conoscere, se vuoi saperne di più, quando ne hai l’occasione, recati a Sichar dal sacerdote Jonaele ed egli ti dirà tutto quello che ha visto, udito e appreso da Me. Fai secondo quanto ti sarà detto di Me, e diventerai beato!»

8. Il capo legione, profondamente scosso dalla verità delle Mie parole, dice: «Amico, da quello che mi hai dichiarato, mi sono persuaso che sei il più sapiente dei saggi di questa Terra, perciò farò tutto ciò che mi hai detto. Però bramerei sapere, dalla Tua bocca, chi sei Tu veramente! Perché, a parte la vergognosa disfatta inflittami da questi giovani che Ti accompagnano e che non posso spiegarmi, se non ammettendo necessariamente che essi siano degli dèi o dei geni celesti, che furono in grado di mettermi in fuga, devo riconoscere, se non altro per la Tua straordinaria Sapienza, che Tu, con ogni evidenza, sei molto di più di un semplice uomo! Tu avrai già certamente spiegato a molti dei Tuoi discepoli chi Tu sia, ma anch’io adesso mi sono proposto seriamente di diventare, nello spirito, Tuo discepolo. Dimmi, dunque, cosa devo pensare di Te! Chi e che cosa Tu sei in realtà e da dove vieni?»

9. Io gli rispondo: «In primo luogo poco fa ti ho risposto in maniera talmente comprensibile che, se ci rifletti un po’, dovresti facilmente arrivarci. In secondo luogo è per questo motivo che ti ho consigliato di recarti da Jonaele. Quando avrai l’occasione di parlare con lui, apprenderai tutto quello che ancora ti manca. Ma ora non tratteniamoci più a lungo, perché il giorno comincia a declinare ed Io ho ancora molte altre cose da fare oggi!»

10. Dice il capo legione: «Permettimi allora di accompagnarTi fino in città!»

11. Io gli dico: «La strada è libera; se tu sei animato da buone intenzioni puoi accompagnarMi! Ma se sei indotto da qualche ragione tenebrosa, resta a casa, perché accompagnarMi in questo modo non ti sarebbe di vantaggio! Tu hai sufficientemente sperimentato la Mia Forza»

12. Esclama il capo legione: «Sia lungi da me una tale intenzione! Però, in questi tempi critici, motivi per essere sospettoso dovrei averne. Infatti, secondo il mito degli ebrei, si avvicina sempre di più l’epoca della venuta del loro Dio, cioè di un potente Salvatore, che li libererà dal dominio dei romani e, di tanto in tanto, tra di essi si sussurra che questo Salvatore è già sulla Terra! Dunque io potrei facilmente pensare che Tu sei Colui che essi attendono! Anzi, una cosa del genere l’ho già ipotizzata. Ma che Tu lo sia o meno, riconosco che sei un Sapiente tra i sapienti e Ti amo, perché sei un vero amico degli uomini. Perciò i miei pensieri non mi impediranno affatto di seguirTi, per amore della verità, di persona fino a Sichar e spiritualmente per tutta la vita, anche se so, essendo romano, che in questo modo non mi preparo un arco trionfale! Io Ti ho aperto tutto quanto il mio cuore e Ti chiedo, ancora una volta, se posso accompagnarTi! Se acconsenti, Ti accompagnerò; viceversa, rimarrò qui!»

13. Io gli dico: «Va bene, accompagnaMi pure con tutti quelli che sono qui con te, affinché ti facciano da testimoni!».

 

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Cap. 71

A Sichar. Il Signore guarisce la moglie del capo legione. Importanti insegnamenti per conseguire la piena verità e la forza dell’azione. Il Signore testimonia del Padre. Criterio della Dottrina.

 

1. Dopo aver preso questa decisione, domando al capo legione se in quella località non ci sia qualche ammalato. Il capo legione dice subito: «Amico, se Tu te ne intendi anche di medicina, guarisci allora mia moglie! Lei soffre già da un anno di un male misterioso e nessun medico ha potuto stabilire che cosa sia. È possibile che Tu, dotato come sei di profonda sapienza, possa riconoscere di quale male è afflitta la mia povera moglie e quindi liberarla!»

2. Io allora gli rispondo: «Io ti dico: “Tua moglie è guarita!”. Mandala a chiamare!»

3. Il capo legione ordina subito ad uno dei suoi servi di recarsi a casa. Ma questi non fa in tempo ad arrivare che trova già sull’uscio la moglie del comandante, che, tutta contenta e perfettamente guarita, si appresta ad uscire per cercare il marito. Costui, nel vederla, si volge verso di Me, pieno di meraviglia ed esclama: «Amico! Tu sei un dio!»

4. Io gli dico: «Voi uomini siete tutti uguali! Non credete se non vedete dei miracoli. Comunque, siete ugualmente beati se credete almeno a causa dei miracoli. Invece se qualcuno, malgrado i miracoli e i segni compiuti da Me, rimane incredulo, quella persona cadrà sotto il potere della morte.

5. In seguito però saranno beati solo quegli uomini che crederanno non per mezzo di segni, ma per la verità della Mia Parola e che a questa conformeranno la loro vita! Allora essi troveranno in se stessi l’autentico segno vivificante, chiamato Vita eterna, che nessuno potrà mai strappare loro.

6. Tu ora gioisci enormemente perché ho guarito tua moglie con la sola volontà del Mio Cuore e, poiché non te ne capaciti, ti chiedi con insistenza come ciò sia possibile. Io ti dico che se un uomo vive secondo la pura verità interiore e perviene a questa verità senza nutrire più alcun dubbio intorno ad essa, egli potrebbe allora ordinare ad una delle montagne che circondano questo paese: “Alzati e gettati nel mare!”, e il monte si solleverebbe e si getterebbe nel mare!

7. Però, poiché tale verità non dimora né in te né in molti altri, non soltanto non potete fare dei miracoli, ma vi meravigliate enormemente quando Io, che possiedo tale verità in tutta la sua pienezza, compio davanti ai vostri occhi delle opere, che non sono fattibili se non con la potenza della vivente verità interiore.

8. Quando, per mezzo di tale verità, la fede, che nell’uomo è la mano destra dello spirito, diventa viva ed esplica potentemente la sua azione, il braccio dello spirito giunge molto lontano ed opera grandi cose!

9. Dunque, se una tale verità fortifica sufficientemente il braccio del vostro spirito, potrete fare quello che ho appena fatto davanti a voi e comprenderete inoltre chiaramente come sia molto più semplice fare ciò che sollevare con le mani un sasso da terra e lanciarlo alcuni passi lontano da sé!

10. Vivete dunque secondo la Mia Dottrina e non siate solo vani uditori ed ammiratori delle Mie parole, dei Miei insegnamenti e delle Mie azioni, così anche voi pure riceverete in voi stessi ciò che ora ammirate in Me così enormemente!

11. Le cose che Io insegno non sono Mie, ma Me le ha insegnate Colui che era prima che il mondo fosse. E Costui è Quello che voi dite essere vostro Padre, ma voi non Lo conoscete e non Lo avete ancora mai conosciuto. Colui che dite essere vostro Padre è Colui dal Quale traggono origine tutte le cose, come gli angeli, il sole, la luna, le stelle e questa Terra, con tutto ciò che c’è in essa e su di essa!

12. Ora, quello che il Padre Mi ha insegnato prima che il mondo fosse, lo insegno a voi, affinché il Padre, che vive in Me, prenda dimora anche in voi e faccia risplendere, in voi come in Me, l’eterna e pura Verità, sgorgante dall’eterna Causa Primordiale. Questa, chiamata pure l’Amore in Dio, è, a sua volta, l’Essenza stessa di Dio!

13. Perciò non vi lasciate impressionare dai miracoli che opero davanti ai vostri occhi, affinché non perveniate ad una fede morta e giudicata che non giova a nessuno. Piuttosto vivete ed operate secondo i Miei insegnamenti. Così facendo, svilupperete in voi la stessa forza che è in Me e che vi sorprende enormemente, poiché voi siete tutti chiamati a divenire perfetti, com’è perfetto il Padre vostro che è nel Cielo! Ora che sapete tutto ciò, agite di conseguenza e vi accorgerete se quello che ho detto è o non è verità. Esaminate la Mia Dottrina con ogni zelo, bandendo da voi qualsiasi tiepidezza e vi accorgerete se questa Dottrina viene dall’uomo o da Dio!»

14. Dopo questo importante insegnamento il capo legione dice: «Ora comincia a farsi un po’ di luce in me! Tutto quello che abbiamo udito ci è difficile capirlo subito, perché è certamente ispirato da una sapienza molto profonda che per noi uomini assolutamente comuni di primo acchito è difficile da comprendere, però questo poco importa, infatti, se per giungere alla vera conoscenza è necessario che le opere siano conformi alla Dottrina, non mi scervello più, in quanto Jonaele mi inizierà in ogni Tua dottrina, che in seguito metterò diligentemente in pratica. Questo è il mio proposito e lo compirò!»

15. Io gli dico: «Molto bene, amico Mio. Però, quando, così facendo, perverrai all’illuminazione, istruisci anche i tuoi fratelli, così ti preparerai una ricompensa in Cielo! Ora è tempo di ritornare a Sichar, ho anche là del lavoro da svolgere. Andiamo allora!».

 

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Cap. 72

Ritorno a Sichar. Importanti profezie per la fine dei tempi. La Fine del Mondo e il Giudizio Universale. La Grande Tribolazione. Gli squilli di tromba degli angeli prima del ritorno di Cristo. La Terra come Paradiso. L’ultima prova di Satana. Le sofferenze e la Risurrezione del Signore.

 

1. Tutta la compagnia si mette dunque in cammino e Mi accompagnano pure il comandante romano, con la moglie ormai guarita e due dei suoi principali ufficiali. Il comandante e sua moglie mettono tra loro Jonaele e si intrattengono con lui chiedendo chiarimenti su molti dettagli della religione giudaica e sulle cose che in questa si riferiscono a Me. Intanto il paralitico, da Me guarito nel primo villaggio per il quale eravamo passati, segue anch’egli con molta attenzione questi ragionamenti, e ne prende pure parte. Io invece Mi trovo tra le sette figlie e la moglie di Jonaele; anche queste Mi interpellano su varie cose e sui fatti che probabilmente sarebbero sopravvenuti, tra breve, al mondo, a Gerusalemme e a Roma. Io, con gentilezza, rispondo e dimostro loro come tra poco tempo verrà giudicato l’occulto principe del mondo e subito dopo anche tutto ciò che appartiene al suo seguito. Così accenno pure alla Fine del Mondo e al Giudizio Universale, simile a quello che sopraggiunse ai tempi di Noè. Ed esse, profondamente meravigliate, Mi chiedono quando e come avverranno queste cose.

2. Ma Io dico loro: «Mie care figlie! Com’era ai tempi di Noè, così sarà anche allora. L’amore diminuirà e si raffredderà del tutto. La fede in una pura Dottrina di vita e in una conoscenza di Dio rivelate agli uomini dai Cieli sarà trasformata in una tenebrosa, morta superstizione, piena di menzogna e di inganno, e i potenti si serviranno nuovamente degli uomini come fossero animali, e li faranno scannare, con totale sangue freddo e senza la minima coscienza, se essi non si piegheranno senza alcuna obiezione alla volontà della loro brillante potenza! I potenti tormenteranno i poveri con ogni tipo di oppressione, ed ogni spirito libero lo perseguiteranno e lo soffocheranno con qualsiasi mezzo, e così verrà fra gli uomini una tribolazione, come mai ce ne fu una sulla Terra! Poi però i giorni saranno abbreviati, a motivo dei molti eletti che si troveranno fra i poveri; se infatti ciò non accadesse, perfino gli eletti potrebbero perire!

3. Ma, da ora fino a quel tempo, trascorreranno mille e non più di mille anni ancora! Poi Io manderò tra le misere genti gli stessi angeli che ora vedete qui e saranno loro date delle grandi trombe per richiamare gli uomini! Allora gli uomini della Terra che sono spiritualmente morti si risveglieranno dalle tombe della loro notte e, come una colonna di fuoco roteante da un’estremità all’altra del mondo, questi milioni e milioni di risvegliati insorgeranno e si avventeranno contro tutte le potenze del mondo e nessuno potrà più resistere loro!

4. Da quel tempo in poi la Terra ridiventerà un Paradiso ed Io guiderò per sempre i Miei figli sul giusto sentiero.

5. Però trascorsi mille anni da quel momento, il principe della notte sarà, per sua volontà, ancora una volta liberato, o per la definitiva caduta o per il possibile ritorno, e ciò per il brevissimo periodo di sette anni, alcuni mesi e giorni.

6. Nel primo caso, la parte più interna della Terra verrà trasformata in un carcere eterno, rimanendo esteriormente un Paradiso; nel secondo caso, invece, la Terra si evolverà in Cielo e la morte della carne e dell’anima scomparirà per sempre! Ma se ciò avverrà, come avverrà? Una simile cosa non è lecito che la sappia in precedenza nemmeno il primo fra gli angeli dei Cieli, solamente il Padre la conosce. Ecco, vi ho svelato molti dei fatti che si verificheranno, ma su di essi mantenete il silenzio assoluto, finché non saprete, tra qualche anno, che Io sono stato elevato dalla Terra!»

7. Allora le giovani Mi chiesero in che cosa consistesse questa elevazione.

8. Io rispondo loro: «Quando ne udrete parlare, il vostro cuore si riempirà di tristezza! Ma consolatevi al pensiero che tre giorni dopo, Io sarò di nuovo in mezzo a voi ed Io stesso vi porterò la grande conferma del Nuovo Testamento e le chiavi del Mio Regno eterno! Tuttavia vegliate, affinché in quel momento Io vi trovi pure così come lo siete adesso, altrimenti non potrete diventare per sempre Mie spose!». 

9. Udito ciò, le giovani e loro madre Mi promettono di seguire rigorosamente i Miei consigli e di osservare scrupolosamente tutte le cose che Io ho loro comandato.

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Cap. 73

A Sichar. Il Signore e i Suoi in casa di Irhaele. Il Signore benedice il buon intendimento di Giovanni (il risanato) e di Jonaele. Il Signore e Jairuth.

 

1. Così discorrendo arriviamo a Sichar e ci fermiamo presso la casa di Irhaele, che ormai appartiene anche al medico Joram. Jairuth e il comandante romano, come pure la moglie di questi e i due ufficiali, non hanno parole per esprimere la loro meraviglia nel vedere la nuova e bellissima facciata dell’edificio. Il paralitico risanato, anch’egli sorpreso a tale vista, esclama, infine, ad alta voce: «Una cosa simile solo Dio può farla! Ricordo che da ragazzo venivo spesso da queste parti e mi piaceva dare la caccia alle lucertole che erano tra le mura, in grandissima parte diroccate, di questo castello o casa che Giacobbe fece costruire per suo figlio Giuseppe. Ora invece, eccolo qui ricostruito alla perfezione, così come non lo era mai stato neanche ai tempi in cui Giacobbe lo fece edificare per Giuseppe suo figlio! Oh, non c’è forza umana che, dall’oggi al domani, possa portare a termine un lavoro del genere! Ora so cosa pensare e so pure quello che farò. Il mio nome è Giovanni, tenetelo a mente!»

2. (Si tratta dello stesso Giovanni che più tardi, nel secondo anno del Mio ministero, venne rimproverato dai Miei apostoli, quando Io li mandai ad insegnare tra il popolo. Infatti anch’egli operava nel Mio Nome guarigioni e scacciava demoni, pur non essendo stato espressamente autorizzato da Me.) (Marco 9, 38-40).

3. Dice Jonaele: «Amico, la tua volontà, il tuo modo di pensare e le tue parole sono giusti, però una cosa ti manca ancora, cioè la pura conoscenza della Volontà divina! Perciò nei prossimi giorni vieni da me, oppure rimani qui con noi ed io ti farò comprendere più da vicino la Volontà di Dio, il Signore! Solo allora potrai cominciare ad ordinare e a mettere in pratica tutto ciò che il tuo buonsenso ti dirà di fare»

4. Dice il risanato: «Che il Signore Dio ti illumini, farò come tu mi consigli, perché vedo che tu sei un autentico amico di questo grande Profeta e perciò sarai anche in grado di ottenere da Lui la vera Luce. Questo Profeta è sopra tutti ed io credo che Egli sia precisamente Colui del Quale Davide cantava:

5. “Al Signore appartiene la Terra, il suolo e tutto quello che abita su di esso, poiché Egli ha fondato il suolo sui mari e l’ha stabilito sui fiumi. Chi potrà salire sul Monte del Signore? E chi potrà restare nel Suo santo Luogo? Colui che è innocente di mani e puro di cuore, che non ricerca vuote dottrine e non giura con frode, costui riceverà la benedizione dal Signore e la giustizia dal Dio della sua salvezza. Tale è la generazione di quanti Lo cercano, di quanti cercano il Volto del Dio di Giacobbe!

6. Sollevate, o porte, i vostri architravi, innalzatevi, o porte del mondo, perché entri il Re della Gloria! Chi è il Re della Gloria? È il Signore forte e potente, il Signore potente in battaglia. Sollevate, o porte, i vostri architravi, innalzatevi o porte del mondo, perché entri il Re della Gloria! Chi è il Re della Gloria? È il Signore Zebaoth, il Re della Gloria!”. (Salmo 24).

7. Ed io, Giovanni, che da Lui fui guarito, confesso qui apertamente che questi è lo stesso Re della Gloria, in forma umana, del Quale Davide con le suddette parole ha cantato e profetizzato! Pertanto, sia gloria a Lui per ogni eternità!»

8. Dice Jonaele: «Amico, ora ti trovi già sulla buona strada! Ma, detto fra noi, non è ancora venuto il momento di parlare così apertamente. Infatti, secondo la Sua stessa intenzione, quando Egli ci lascerà, per andare probabilmente in Galilea, soltanto allora potremo parlare di Lui e della Sua Dottrina al popolo. E quando, poco dopo, Egli ritornerà, troverà i nostri portoni bene aperti e le porte del mondo adeguatamente alte, così da introdursi attraverso di esse. Questo significa che, per poterLo accogliere, è necessario dilatare il più possibile i nostri cuori ed elevare oltre le stelle il nostro amore per Lui; infatti i nostri cuori sono i portoni che bisogna spalancare e il puro amore verso di Lui è la porta che deve essere innalzata sopra ogni cosa!»

9. A questo punto Mi intrometto tra i due e, appoggiando le Mie mani sulle loro spalle, dico: «È vero, Miei cari amici! Là dove voi sarete riuniti nel Mio Nome, Io sarò tra di voi con tutta la Mia Forza e, benché invisibilmente, vi fortificherò! Ma sento del rumore per le vie della città, restate dunque calmi! Andiamo a vedere qual è lo spirito che domina e guida gli animi di costoro!»

10. Allora Jairuth si dirige subito verso di Me e dice: «Signore, questo strepito è preoccupante e non annuncia nulla di buono! Se Tu vuoi, mi incarico di far venire qui all’istante due legioni e la quiete sarà subito ristabilita»

11. Io gli dico: «Non preoccuparti! Se ce ne fosse bisogno, una buona guardia l’ho già qui sottomano. Ma tu faresti bene a tenerti nascosto per un po’ in casa, affinché nessuno ti veda e ti riconosca, poiché tra gli uomini mondani di questa città non regna affatto uno spirito pacifico e, più tardi, essi potrebbero causare considerevoli danni ai tuoi possedimenti»

12. Osserva Jairuth: «Ma i Tuoi due giovani si trovano ancora presso di me, essi sapranno ben difendere le mie ricchezze!»

13. Dico Io: «Comunque non ti inquietare, perché se Io avessi bisogno dell’aiuto degli uomini, potrei rivolgerMi al nostro comandante qui presente. Ma Io non ne ho affatto bisogno, perciò stai tranquillo e lascia pure che gli avvenimenti seguano il loro corso!». 

14. Jairuth appare allora soddisfatto ed entra in casa di Irhaele.

 

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Cap. 74

A Sichar. I muti arroganti e i loro compagni mentitori in atteggiamento minaccioso. Severità di Joram e sdegno dei discepoli contro i mentitori. Richiamo del Signore e insegnamenti relativi alla malvagità dell’uomo. «Non ripagate il male con il male!». Esempio del padrone e del suo servo.  Esempio della prepotenza e del taglione.

 

1. Subito dopo, ecco venirci incontro uno stuolo abbastanza numeroso di gente armata di randelli, nel cui mezzo vi erano le dieci persone che la prima sera del nostro arrivo il medico aveva reso muti per il loro linguaggio offensivo. Giunta vicino a noi, la gente, con voce minacciosa, esige che i dieci muti recuperino l’uso della lingua!

2. Joram, il medico, si avvicina subito e, con voce forte e decisa, esclama: «O figli del male! È questo il nuovo modo di presentarsi davanti a Dio per chiederGli una grazia?»

3. Allora la schiera, retrocedendo di pochi passi, grida: «Chi è Dio qui e dove si trova? Credi forse di essere tu Dio o vuoi spacciarti per quello stregone di Galilea, pezzo di bestemmiatore?»

4. E Joram, con voce ancora più energica, risponde: «Chi sarebbe questo stregone galileo, miseri furfanti?»

5. I dimostranti urlano: «È quel carpentiere di Nazaret, che si chiama Gesù! Noi lo conosciamo bene, come pure sua madre, i suoi fratelli e le sue sorelle, che si trovano anche loro qui! Conosciamo anche suo padre, che si dice sia morto un anno fa di crepacuore, perché sembra che sua moglie e i suoi figli non volessero seguirlo e che lo abbiano ingannato con ogni mezzo!»

6. Queste calunnie fanno infuriare Joram, che indignato si precipita verso di Me insieme a Giacomo e a Giovanni e Mi dicono: «Signore, Signore, Signore! Fa’ che cada all’istante del fuoco dal cielo e distrugga questi miserabili! Le spudoratissime menzogne, che costoro hanno avuto il coraggio di pronunciare davanti a noi, gridano vendetta!»

7. Io dico loro: «Oh, che è mai questo, o figli del tuono; lasciateli mentire! Esiste forse un fuoco che bruci in modo più orribile di quello della menzogna? Anzi, fate loro addirittura del bene ed essi fuggiranno portando con sé gli ardenti carboni che avrete accumulato sul loro capo. Ricordate quello che vi dico: “Non rendete mai male per male, e chi vi fa una cattiveria, non ripagatelo con la stessa moneta!”»

8. Questi confortanti consigli fanno meditare i tre e Joram Mi chiede come bisogna agire con questi sciagurati.

9. Io gli rispondo: «Fai, nel Mio Nome, ciò che essi domandano, poi ordina che se ne vadano!»

10. Allora, rivolto a quella gente, Joram esclama: «In Nome del Signore, chiunque è muto recuperi l’uso della lingua e torni a casa ringraziando Dio!»

11. A queste parole di Joram, la lingua di quelli che erano muti si sciolse, ma nessuno di loro rese gloria a Dio, ad eccezione di uno solo, che tentò anche di ammonire gli altri. 

12. Ma questi ultimi gli dissero: «Stolto che sei! Siamo forse stati resi muti per volontà di Jehova? Questo danno ci è stato fatto da uno stregone qualunque! E noi dovremo rendere omaggio al dio magico dei pagani? Se lo facessimo, cosa potremmo attenderci poi dal vero ed onnipotente Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe?»

13. Allora anche quel muto, che era appena migliore degli altri nove, se ne andò via con loro senza osare renderMi l’onore dovuto.

14. Joram e tutti i Miei rimasero molto indignati per questo contegno e Simon Pietro, ancora tutto agitato e fremente, si avvicinò a Me e disse: «Signore! Sicuramente è bene così, perché così desideri sia fatto. Eppure se avessi solo una scintilla della Tua Forza e della Tua Potenza spirituali, saprei cosa fare con questi stupidi e malvagi profanatori del Tuo Nome sommamente santo!»

15. Io gli dico: «Simone, hai dunque già dimenticato gli insegnamenti da Me ricevuti sul monte? Come puoi sperare il bene, se ripaghi il male con il male? Se tu volessi cuocere un cibo di per se stesso insipido, agiresti forse saggiamente aspergendolo di fiele e succo di aloe, anziché aggiungervi del sale, del latte e del miele? Se ad un buon cibo tu aggiungessi ancora qualcosa per migliorarlo, nessuno certamente ti darebbe del pazzo. Invece se tu aggiungi dei cattivi ingredienti, rendendo un cibo già di per sé insipido ancora peggiore, dimMi, qual è l’uomo con un minimo d’intelletto che non esclami: “Guarda, cosa fa questo imbecille?”

16. Vedi, la stessa cosa succede con gli uomini! Se il male che commettono lo ripaghi con un male più grande, chiedi a te stesso se essi potranno diventare migliori! Ma se tu, in cambio del male ricevuto da un fratello malvagio, gli rendi del bene, allora il male che è in lui si attenuerà e, alla fine, ritroverai in lui un fratello buono!

17. Quando un padrone ha un servitore del quale si fida molto, ebbene, se quest’ultimo abusa della bontà del suo signore peccando contro di lui, allora merita di essere punito, e quindi il padrone lo fa chiamare e gli rinfaccia la sua infedeltà. Ora, se il servitore si arrabbia e replica al padrone con parole offensive, credi forse che il padrone si calmerà e si mostrerà più buono verso di lui? No davvero! Io ti dico che il padrone, infuriato con il suo sleale servitore, lo farà subito arrestare e gettare in prigione.

18. Se però il servitore, vedendo che il suo padrone è arrabbiato con lui, si getta ai suoi piedi e, pentito, gli confessa la propria colpa, chiedendo perdono con delicatezza ed amore, ebbene, il padrone si comporterà allo stesso modo? Sicuramente no! Infatti il padrone, commosso dal rimorso e dalla bontà del servitore, sarà anch’egli mansueto ed indulgente e non soltanto gli perdonerà tutto, ma gli farà pure del bene.

19. Dunque, se volete diventare buoni, non ricambiate mai il male con il male! Infatti se giudicate e punite quelli che vi fanno del male, finirete tutti per diventare cattivi e in voi non ci sarà più né vero amore né bene!

20. Succederà quindi che il potente si arrogherà il diritto di punire tutti quelli che hanno infranto la sua legge, mentre i peccatori ravviveranno in loro stessi il fuoco della vendetta e tenteranno in tutti i modi di trascinare il potente alla rovina. A questo punto vi chiedo: “Quale bene si consegue da tutto ciò?”

21. Perciò vi dico di nuovo: “Non giudicate né maledite nessuno, per non essere a vostra volta giudicati e maledetti!”

22. Avete capito questi basilari insegnamenti, senza i quali il Mio Regno non potrà mai stabilirsi in voi?».

 

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Cap. 75

A Sichar. I danni che possono derivare dalla bontà. Esempio del giardino delle belve. La Redenzione dal male. Il nuovo cammino per la libertà dei figli di Dio. Il trattamento dei malfattori. Parabola del leone.  Il Vangelo della missione e dell’apostolato.

 

1. Dice Simon Pietro: «Sì Signore, li abbiamo ben compresi, tuttavia in tutto ciò c’è un punto ancora oscuro, che a mio avviso consiste in questo: se, secondo la Tua Dottrina, sopprimessimo del tutto la punizione per le cattive azioni, in breve tempo i malfattori si moltiplicherebbero come l’erba della terra o come la rena del mare. Quando una legge viene emanata, essa, nello stesso tempo, deve essere sanzionata infliggendo un adeguato castigo, altrimenti non sarebbe più legge. Ovvero, può esistere una legge senza la relativa sanzione?»

2. Io gli rispondo: «Mio caro, tu giudichi come un cieco che volesse vedere il colore della luce! Osserva i giardini dove i ricchi detengono i loro animali: qui vedrai ogni tipo di bestie feroci, come tigri, leoni, pantere, iene, lupi ed orsi. Se queste belve non fossero chiuse in solide gabbie, chi starebbe al sicuro nelle loro vicinanze? D’altronde, non commetterebbe uno sproposito, chi volesse rinchiudere in gabbie di ferro anche i mansueti agnelli e le colombe?

3. L’Inferno, invece, ha bisogno di leggi più severe, accompagnate da terribili sanzioni, ma il Mio Regno, che è il Cielo, non ha bisogno né di leggi né tanto meno di una sanzione qualsiasi!

4. Io non sono venuto per prepararvi per l’Inferno mediante leggi barbaramente sanzionate, ma per istruirvi per il Cielo con amore, dolcezza e verità. E se ora, con la Mia Nuova Dottrina dai Cieli, vi libero dalla schiavitù della legge e vi indico la nuova via che, passando per il cuore, conduce ad una vita vera, eterna e liberissima, perché volete continuare a vivere sottoposti alla legge, che vi giudica e vi condanna? Non è meglio morire mille volte fisicamente nella libertà dell’amore che trascinarsi, per un solo giorno, sui morti sentieri della legge?

5. È ovvio che occorre arrestare e segregare i ladri e gli assassini, perché questi sono come le bestie selvagge e feroci che, a somiglianza dell’Inferno, vivono nelle caverne e nei crepacci della Terra, insidiando giorno e notte la loro vittima. Pure gli angeli del Cielo hanno l’obbligo di perseguire adeguatamente questi uomini, ma non è lecito annientarli. Siano rinchiusi in luoghi sicuri e si tenti qui di addomesticarli e di ingentilirne l’animo! Solo se essi si oppongono con violenza, è permesso mutilarli, e nei casi estremi anche ucciderne il corpo! Infatti un Inferno disabitato è da preferire ad un Inferno popolato.

6. Ma chiunque si permette di giudicare ed uccidere un ladro o un assassino reso innocuo dal carcere, quel tale un giorno sarà guardato da Me con occhi d’ira. Infatti quanto più duramente gli uomini giudicano e puniscono i malfattori che riescono a catturare, tanto più perspicaci, insidiosi, crudeli e tenaci divengono quelli che si trovano ancora in libertà. E quando di notte questi ultimi avranno la possibilità di penetrare furtivamente in un’abitazione, non solo ruberanno tutto ciò che cadrà loro sottomano, ma uccideranno e distruggeranno pure ogni persona o cosa che potrebbe tradirli.

7. Invece, se togli via il giudizio implacabile e ad ogni persona dai il saggio consiglio che “a chi pretende la tonaca sia dato anche il mantello”, allora i ladri verranno ancora e vi chiederanno questo o quell’altro, ma non commetteranno più rapine ed omicidi.

8. Se gli uomini, amando di vero cuore sia Me sia i loro fratelli e sorelle, rinunciassero ad accumulare i passeggeri beni terreni e volessero vivere come Io vivo, ben presto non vi sarebbero più ladri e meno ancora assassini!

9. Chi crede che a forza di leggi severe e di durissime pene si possano sopprimere i malfattori, è del tutto in errore! L’Inferno non ne ha mai finora sofferto la mancanza, a che ti giova uccidere un demonio, quando al suo posto l’Inferno ne manda fuori altri dieci, dei quali uno solo è più maligno di quanto lo sarebbero congiuntamente dieci simili a quello ucciso? Quando il male al suo apparire si trova di fronte un altro male, divampa d’ira e diventa del tutto satanico, ma se di fronte non incontra altro che amore, dolcezza e pazienza, desiste dalla sua malizia e può progredire nel suo cammino.

10. Quando un leone vede avvicinarsi una tigre, oppure un qualunque altro nemico, si infuria subito e si avventa con tutta la forza sul suo avversario, per annientarlo. Però verso un debole cagnolino si mostra docile e permette che giochi con lui. E se gli gira attorno una mosca, anche se questa si posa sulle sue poderose zampe, la guarda appena e lascia che se ne voli via indisturbata, poiché il leone non si abbassa a dare la caccia alle mosche o ai moscerini. Allo stesso modo si comporterà con voi ogni potente nemico, se non gli andrete incontro con la violenza.

11. Perciò benedite piuttosto i vostri nemici invece di catturarli, giudicarli e rinchiuderli in prigione. Così facendo, ammasserete carboni ardenti sul loro capo e li renderete inoffensivi nei vostri riguardi!

12. Con l’amore, la bontà e la pazienza, giungerete a tutto, ma se giudicate e condannate gli uomini, che malgrado la loro cecità sono pure vostri fratelli, allora, invece della benedizione del Vangelo, spargerete solamente maledizione e discordia fra gli uomini di questo mondo!

13. Pertanto, se volete essere Miei servitori per la propagazione del Mio Regno sulla Terra, dovete diventare compiutamente Miei discepoli in parole, dottrina ed opere! Ma se non volete esserlo o se l’incarico vi sembra troppo gravoso o irrazionale, è meglio per voi che facciate ritorno a casa, perché perfino dalle pietre posso trarre dei discepoli!».

 

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Cap. 76

A Sichar. Buone parole e preghiera di Pietro (Padre Nostro). Il miglior consiglio del Signore per mantenere a lungo l’ordine e la pace nello Stato. «Con l’amore conseguirete tutto!». La violenza incita i demoni a fare il male. Proposta umana di Pietro per propagare la Verità. Le parole del Signore sul compito degli angeli custodi e la natura dei malfattori.

 

1. Dice Simon Pietro: «Signore! Chi ti abbandonerà e chi desisterà dal servirTi? Tu solo hai parole di vita che nessun uomo ha mai pronunciato prima di Te. Perciò qualsiasi cosa Tu pretenderai, noi la faremo, però non pretendere che Ti abbandoniamo! Sii paziente con la nostra grande debolezza e rafforzaci con la Grazia del Padre Celeste, la quale Ti ha così meravigliosamente fortificato, cosicché ora Tu sei un’unica cosa con il Padre Tuo in Cielo, ed è in virtù di questa unione che Tu, adesso, insegni ed operi tra noi.

2. E come ci hai insegnato sul monte, vogliamo incessantemente pregare nel Tuo Nome il Padre con queste parole: “O Padre, che sei in Cielo, venga il Tuo Regno e sia fatta la Tua santa Volontà! E come noi perdoniamo coloro che ci hanno fatto del male, così perdona pure a noi le nostre debolezze e i nostri peccati!”»

3. Io gli dico: «Simone! Queste tue parole Mi sono più care del linguaggio che hai usato poco prima nel difendere la legge e la sua sanzione! A cosa servono ad un paese o ad un regno, una pace ed un ordine ottenuti con la più rigida costrizione? Per un po’ ciò potrà durare, ma quando la pressione che questa costrizione esercita avrà oltrepassato il limite tollerabile dai demoni, allora questi si rivolteranno, deridendo e calpestando brutalmente leggi e legislatori. Infatti colui che deve essere sottomesso e guidato mediante la forza è ancora un demonio. Solo chi accetta di essere guidato dall’amore, dalla mansuetudine e dalla pazienza è simile ad un angelo di Dio ed è degno di essere un figlio dell’Altissimo!

4. Con l’amore si può ottenere tutto, mentre la violenza serve solo a risvegliare il demonio dal suo sonno! E con i demoni svegli, che bene può esserci sulla Terra?

5. Perciò è infinitamente meglio che fra gli uomini crescano e si mantengano sempre vivi sia l’amore che la mansuetudine, così da costringere i demoni al sonno e alla calma, affinché non siano dannosi alla Terra, piuttosto che svegliare tali demoni con il rumore delle minacce e con la violenza, incitandoli così a guastare la Terra e tutto ciò che esiste su di essa! DimMi cosa avresti da obiettare a questo riguardo!»

6. Risponde Simon Pietro: «Signore! Qui non c’è davvero più nulla da obiettare, perché tutto ora è chiaro e comprensibilissimo! Ma quanti uomini che vivono sulla Terra sanno qualcosa di questa santa verità? Vedi, o Signore, qui si trovano a legioni gli angeli dai Cieli; mandali a tutti gli uomini sparsi sulla Terra e fa loro annunciare questa verità! Se ciò avvenisse, io penso che si arriverebbe a rischiarare e a rendere migliore quanto vi è sul suolo peccatore di questo mondo!»

7. Gli dico Io: «Tu pensi così come comprendi; però, la Mia opinione in questo caso è diversa. Sappi però questo: mille volte tanti angeli quanti tu ne scorgi qui sono costantemente presso gli uomini, ed influiscono sui loro interiori sentimenti e pensieri in modo tale che l’uomo coscientemente non viene a subire la minima costrizione e per conseguenza, senza alcuna limitazione alla sua libertà, egli potrebbe accettare e seguire tali pensieri, desideri e inclinazioni buone, come fossero del tutto suoi! Ma allora cosa succede?

8. Gli uomini hanno segretamente dei buoni pensieri, hanno dei buoni desideri e si fanno dei propositi lodevoli, ma quando devono metterli in pratica, allora essi guardano il mondo, i suoi beni e gli ingannevoli stimoli della carne, e, seguendo questi impulsi, agiscono male e pieni di egoismo!

9. Io voglio portarti qui dinanzi molte migliaia di uomini, i quali non sono altro che dei malfattori, e voglio domandare loro se non sanno di operare il male. Ed essi ti diranno tutti che lo sanno! Ma se tu domandi loro perché fanno il male, allora molti ti diranno: “Perché questo ci procura un piacere”; ed altri diranno: “Noi vorremmo fare del bene, ma poiché altri fanno il male, così facciamo ugualmente anche noi!”. Certuni poi ti diranno: “Sì, noi conosciamo il bene, ma non siamo capaci di metterlo in pratica perché la nostra natura vi si ribella, e noi dobbiamo odiare colui che ci ha offesi!”

10. Vedi, tali e simili altre risposte potrai ottenere, e certamente ti sarà fin troppo facile rilevare da ciò che perfino i malfattori più terribili non sono privi interamente della conoscenza del buono e del vero, eppure essi operano il male!

11. Ora, se gli uomini fanno questo male contraddicendo alla loro conoscenza interiore, quale efficacia potrà aspettarsi di avere una conoscenza che perviene loro dall’esterno? Certamente nulla. Ma nonostante ciò, d’ora in poi agli uomini saranno date conoscenze del buono e del vero dai Cieli anche per le vie esteriori, e per questo motivo essi uccideranno Me e voi e molti altri ancora che insegneranno loro a fare del bene e ad evitare e fuggire il male!»

12. Dice Simone: «Signore, se è così, piuttosto divenga il mondo intero pienamente del demonio! A che scopo affannarsi per il mondo degli uomini, se essi non vogliono affatto riconoscere né accettare il bene?»

13. Osservo Io: «Colui che come te si lascia tanto facilmente trasportare, è ancora ben lontano dal Mio Regno! Però, quando Io Me ne sarà andato, allora tu parlerai ben diversamente! Ed ora che si è fatta sera, entriamo in casa per ristorarci e per rafforzare le nostre membra stanche».

 

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Cap. 77

A Sichar. Il Signore e gli sfrontati cittadini schiamazzanti. Tristi pensieri del comandante romano sulla scelleratezza umana. Savio accenno di Jonaele alla fiducia in Dio. «Lo farà di certo - a tempo debito».

 

1. Ma a questo punto, mentre Io parlavo con Simon Pietro, molta gente si era radunata sulla piazza, e, affollatasi intorno a Me, Mi fece la richiesta di vedere dei segni, dicendo: «Se tu puoi fare dei segni per i ciechi che non hanno conoscenza né intelletto e non possono perciò giudicare nulla, producili anche davanti a noi! Se i segni sono veri, anche noi ti crederemo; ma se sono dubbi o cattivi, allora sapremo bene ciò che ci resterà da fare, perché non è cosa che ci sia sconosciuta!»

2. Gli rispondo Io: «Sta bene, ma se come dite voi avete conoscenza di tutte le cose, perché allora avete bisogno di vedere dei segni? Se siete tanto sapienti, considerato che affermate che per voi, ugualmente come per Dio, non vi è nulla di sconosciuto, allora potrete senz’altro riconoscere se Io insegno la verità o no! A quale scopo dunque i segni? Da due giorni e mezzo circa a questa parte sono stati qui operati in quantità dei segni straordinari, e che fossero validi lo possono testimoniare centinaia di persone degnissime di fede qui presenti; se questi segni non vi bastano, allora nemmeno dei nuovi basteranno ai vostri cuori perversi! Perciò allontanatevi e andate via da soli da qui, se non volete essere allontanati con la forza!»

3. Costoro, vedendosi congedati in tal modo, gridano: «Chi è che potrà permettersi di allontanarci da qui con la forza? Non siamo in questo luogo noi i padroni, poiché, quali cittadini di Roma, noi abitiamo, facciamo affari e comandiamo qui?! Noi sì che possiamo cacciarti via all’istante, ma non credere tu, sciocco galileo, di mandare via noi a tuo piacimento! Anzi, per non perdere tempo ti ordiniamo, in virtù dei pieni poteri che abbiamo, di lasciare questa città ancora prima della mezzanotte, poiché ne abbiamo abbastanza del tuo gironzolare fra noi!»

4. Esclamo Io: «O voi, ciechi e stolti che siete! Quanto a lungo volete vivere ancora nel vostro potere assoluto? Non Mi costerebbe che un solo pensiero ridurre, in un istante, in polvere voi con tutti i vostri pieni poteri! Ritornate dunque tranquillamente alle vostre case, altrimenti la terra su cui posate il piede vi inghiottirà!»

5. In quell’istante, ecco la terra fendersi proprio davanti ai loro piedi, ed uscirne fumo e fuoco, con grande terrore di quei diffamatori, i quali si mettono ad urlare, dicendo: «Guai a noi! Siamo perduti! Di certo noi abbiamo peccato contro Elia!». E continuando così a gridare, si allontanano in fretta e in furia, mentre la fenditura del terreno si chiude. Noi invece ce ne andiamo tranquillamente alla casa di Joram.

6. Quando ci troviamo tutti assieme radunati nelle stanze della casa di Irhaele e di Joram, è già tutto pronto per la cena. Io la benedico, e tutta la compagnia di circa un migliaio di persone prende posto. Tutti mangiano e bevono e lodano il sapore squisito del cibo e del vino e sono di animo lieto e sereno; soltanto il comandante romano, venuto con noi per accompagnarci assieme alla moglie risanata e ad alcuni ufficiali subalterni, appariva di umore triste e mangiava e beveva poco. Jonaele si sedette accanto a lui e gli chiese quale fosse il motivo della sua tristezza. 

7. Il comandante romano, traendo un profondo sospiro, disse: «Nobile e saggio amico! Come si può essere di lieto umore quando si vede che quasi tutta l’umanità è mille volte più cattiva di quanto sarebbe necessario per essere idonea al più profondo Tartaro, se pur ce n’è uno? Se due lupi affamati trovano un osso e, spinti dalla fame, si impegnano furenti in una lotta per contenderselo, questo è comprensibile! E questo perché in primo luogo sono lupi, animali senza ragione, macchine mosse da forze naturali che dalle pressanti esigenze della loro natura sono spinte a saziarsi; in secondo luogo, è proprio per questi motivi che essi sono in sé del tutto inconsci delle proprie azioni come un ruscello ingrossato il quale con la sua enorme massa d’acqua distrugge tutto ciò che si trova nelle sue vicinanze. Ma qui si tratta di uomini, i quali, a quanto essi dicono, posseggono un certo grado di cultura e di sapienza, mentre invece sono nel loro cuore peggiori di tutti i lupi, le tigri, le iene, i leoni e gli orsi! Essi pretendono per sé ogni riguardo immaginabile, ma non vogliono averne neanche il più piccolo verso il loro prossimo! Dimmi, o amico, sono anche questi uomini? Meritano forse misericordia? Io dico di no, e mille volte di no! Oh, aspetta, aspetta o popolo rozzo! Io voglio accenderti una fiaccola tale che perderai per sempre la vista e l’udito!»

8. Dice Jonaele: «Ma che cosa vuoi fare? Anche se tu li facessi passare tutti a fil di spada, ti creeresti dei nemici altrove; questi farebbero correre chissà quali voci sul tuo conto a Roma e tu potresti venire posto là in cattiva luce, e la fine di tutto ciò sarebbe che tu verresti confinato in qualche luogo lontano, nel paese degli Sciti! Dunque lascia la vendetta al Signore soltanto, e sii pur certo che Egli saprà usare la misura giusta e rigorosamente esatta per questo popolo.

9. Leggi la storia del mio popolo, ed essa ti dimostrerà per filo e per segno come il Signore in ogni tempo lo abbia punito nel modo più severo, spesso quasi inesorabilmente, per ogni peccato commesso; ed io ti dico che il Signore del Cielo e della Terra è ancora, continuamente e immutabilmente, il Medesimo come Egli era fin dall’Eternità. Egli è tollerante, pieno della più grande pazienza, e non lascia mai il popolo del tutto abbandonato a sé senza guide e senza segni dall’Alto; ma guai al popolo, qualora la pazienza venga meno al Signore! Quando Egli brandisce nella Sua mano il possente flagello, non l’abbandona fino a che le ossa non siano ridotte ad una poltiglia molle e sottile!

10. Quello che tu faresti qui con molta fatica non esente da pericoli, lo può fare il Signore con il più debole Suo pensiero. Però finché il Signore stesso vuole sopportare tali uomini, non dobbiamo neppure noi alzare le nostre mani contro di loro! 

11. Tu ben vedesti quanto facile cosa è stata per il Signore fendere la terra innanzi ai profanatori e fare uscire poi fuori, dall’aperta voragine, fumo e fuoco! Altrettanto facile sarebbe per Lui, tramutare quei maldicenti in polvere e cenere! Ma invece gli bastò soltanto incutere loro un po’ di spavento soltanto per metterli in fuga.

12. Dunque, se è sufficiente per il Signore, lo sia anche per noi; infatti Egli solo è all’altezza di misurare in ogni tempo secondo la giusta misura! Ora, poiché il Signore è visibilmente di cuore lieto qui fra noi e dimostra di rallegrarsi alquanto di noi pochi, perché dovremmo essere malinconici e tristi? Sii dunque di animo lieto e sereno, e gioisci della Grazia di Dio che ti è concessa; ma per ogni altra cosa lasciala interamente a Lui!».

 

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Cap.  78

A Sichar. Continuazione del discorso sulla tolleranza fra Jonaele e il comandante; la buona testimonianza di quest’ultimo su Gesù e la sua ira contro gli ebrei ciechi e perversi. Uno squarcio di luce sull’Allopatia. Conseguenze del peccato e modo di curarlo. Dolcezza e pazienza più efficaci della collera. Esempi come dimostrazioni di esperienza. Seguire il Signore è meglio che anteporsi al Suo giudizio.

 

1. Dice il comandante: «Mio caro e sapiente amico! È vero, tu hai parlato giustamente; ma che cosa posso dirne io che sono straniero? Io credo ora, e sono intimamente convinto che questo Gesù di Nazaret altri non sia che il verissimo Dio sotto forma umana. E questo me lo dicono non tanto i grandiosi segni che Egli ha operato, quanto piuttosto la Sua Sapienza sconfinata! Infatti chi vuole creare un mondo deve appunto essere tanto sapiente quanto lo è Lui in ciascuna delle Sue parole!

2. Ma questi furfanti qui, con abominevole profanazione, si fanno chiamare figli di Dio, con il Quale dovrebbero essere stati in ogni tempo, direttamente od indirettamente, in comunicazione; ora però che Egli viene a loro corporalmente, Lo oltraggiano invece come se fosse un cialtrone e Lo cacciano per di più fuori dalla città! Amico! Io sono romano; dunque, considerata la mia religione, io sono più o meno un panteista storpio e un cieco pagano, eppure io credo ormai e sono pronto a dare la vita per questa mia nuova fede.

3. Se questi tali fossero dei pagani, avrei indulgenza con loro; ma poiché si fanno chiamare figli di Dio ed oltraggiano in tal modo questo Dio che dovrebbe essere il loro eterno Padre, io non posso quale straniero usare loro alcuna indulgenza!

4. Prima volevano cacciare il Signore Dio; ora sono essi che devono essere cacciati! Gli animali nocivi e le zizzanie devono essere allontanate e gettate fuori, affinché questo campo del Signore, che Egli stesso ha preparato, possa rendere dei frutti sani e puri! Infatti, se le male erbe rimangono qui, guasteranno in breve tempo tutto quello che il Signore stesso ha tanto generosamente e magnificamente seminato! Dimmi, con tutta sincerità, ho ragione o no? Cosa deve essermi più caro, il Signore oppure questi mascalzoni miserabili?»

5. Risponde Jonaele: «Considerate le cose da tali punti da vista, tu hai certo pienamente ragione e nessuno può ne potrà mai sostenere il contrario; ma, se poi ci sia proprio la necessità assoluta di fare immediatamente ciò che tu ti proponi, vedi, questa è una questione ben differente. Può essere che questi malvagi, sotto l’impressione dello spavento, cominceranno a pensarci su, si pentiranno del loro malfatto e si miglioreranno completamente; ed in questo caso dunque non sarebbe conforme al buon ordine l’esiliarli tutti. Il peccato dell’uomo rimane punibile solo finché egli persiste nel peccato stesso; quando però l’uomo ripudia completamente il peccato e rientra nell’ordine stabilito di Dio, allora né il peccato né la punizione rispettiva hanno più nulla a che fare con quest’uomo!

6. Punire un uomo che si è completamente migliorato, perché nella sua cieca stoltezza e nella sua debolezza ha precedentemente peccato una o anche più volte, sarebbe il colmo dell’insensatezza, una cosa assolutamente indegna di un vero uomo, e contro ogni ordinamento divino. Il procedere in simile modo ad una punizione sarebbe precisamente altrettanto assurdo, come se un medico stolto, dopo aver guarito i suoi ammalati, se ne andasse da loro e dicesse: “Anche se ora voi siete del tutto risanati, però dovete convenire che la vostra carne, e precisamente questo o quel membro, ha peccato contro di voi, e perciò nella stessa misura come essa vi ha tormentato è necessario che ora venga anche punita!”. Cosa avverrà mai allora di questi risanati se, per seguire questo consiglio, cominceranno a castigare la carne loro, da poco guarita, facendola nuovamente martirizzare in ogni maniera? Dove se ne andrà la riacquistata salute? Vedi, essi ricadranno ammalati in modo dieci volte peggiore di prima! Si domanda dunque: “A che cosa avrà giovato una tale inopportuna punizione della carne?”. A che scopo quindi usare violenza alla carne ormai risanata, facendola ripiombare nella malattia? Ma se un sistema simile, già sotto l’aspetto materiale, si può chiamarlo più che stolto, quanto più converrà qualificarlo tale, se applicato senza risparmio all’uomo spirituale?

7. Il nostro dovere verso gli uomini che hanno peccato e che si sono poi del tutto ravveduti è bensì quello di renderli attenti fraternamente ai grandi pericoli ai quali il peccato espone, nonché, d’altra parte, di confortarli e rafforzarli anche nel loro stato di ravvedimento con tutti i mezzi di cui disponiamo, affinché essi non abbiano possibilmente mai più da ricadere nella schiavitù del peccato; ma chiamarli a rispondere dei loro errori e infliggere loro castighi, dopo che si sono ravveduti, sarebbe nient’altro che incitarli a peccare in modo dieci volte peggiore!

8. Ora qui ci si domanda se un simile agire non sarebbe innanzi a Dio cento volte più meritevole di punizione che non tutti i peccati precedentemente commessi dagli ormai ravveduti. Il castigo che ogni peccato già porta in sé, credimi, è una medicina contro quel male dell’anima che si chiama “peccato”; ora, se il male è già domato per virtù della medicina in esso riposta, a che scopo si vorrà usare ancora un’altra medicina, quando non esiste più alcun male?»

9. Risponde il comandante: «Per prevenire una possibile nuova irruzione del male!»

10. Dice Jonaele: «Eh, sì, le misure preventive sono certamente buone e necessarie; ma, come ho detto prima, esse devono essere di natura corroborante, ma non debilitanti e addirittura mortali. L’ira non si addolcisce con l’ira, ma soltanto con l’amore, la mansuetudine e la pazienza!

11. Per combattere il fuoco è necessario versarvi dell’acqua, non della pece bollente ed ancora meno del metallo rovente! E così, quando uno si rompe una gamba, lo si trasporti a casa, gli si aggiusti la gamba spezzata, gliela si fasci e lo si ponga a giacere in un buon letto affinché guarisca, ma non lo si prenda a bastonate per il fatto che, camminando, egli fu così poco accorto da cadere e da rompersi la gamba!

12. Poco tempo fa ebbi occasione di parlare con un tale reduce dalla Scizia, dov’era andato ad annunciare a quelle genti il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, ed egli mi raccontò che è costume, presso quei popoli selvaggi e nomadi, quando uno muore di castigarlo appunto perché è morto! Essi lo spogliano interamente, lo legano poi nudo ad un palo e lo frustano per tutta una giornata; e sembra che un simile trattamento sia riservato al morto anche nel caso che si tratti di una uccisione, poiché egli solo viene ritenuto colpevole per essersi lasciato sopraffare e infine uccidere! L’assassino invece, riceve unanime lode per aver trionfato sull’avversario e per essersi conservato in vita.

13. Per quanto insensata possa apparire la cosa, essa troverebbe tuttavia piena applicazione a noi, qualora con il nostro agire volessimo rendere ancora più morto colui che, anche senza questo, è spiritualmente già morto, a causa del peccato, il quale in fondo non è altro che una malattia dell’anima!

14. Sicuramente, l’ammalato ha bisogno del medico e della medicina che fa al suo caso; ma il volerlo punire perché ha avuto la disgrazia di cadere ammalato, questa, mio caro amico, è una cosa che bisogna lasciare ai lontani Sciti! Ora io penso che ti sarà chiaro che è meglio seguire in tutto e per tutto il Signore della Vita piuttosto che prevenirne le azioni con mano grezza ed incapace, giungendo così al solo risultato di rovinare il grande vivaio divino, o per deliberata malevolenza come i demoni, o per pura stoltezza!».

 

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Cap. 79

A Sichar. Cenni di Jonaele sul trattamento delle malattie dell’anima. Cattive conseguenze dell’esagerata severità - nelle grandi e nelle piccole cose. Della pena di morte. La vendetta delle anime uccise. Buoni consigli per la riconciliazione con i nemici morenti. Esempio del nemico ucciso di Davide.  Benedizione della pace e dell’amicizia. La vendetta dei nemici nell’aldilà.

 

1. Risponde il comandante, profondamente colpito da queste parole traboccanti di forza e di verità: «È vero; tutto mi è chiaro adesso, e perciò desisto dal mio proponimento! Io farò una tal cosa solo quando ne avrò avuto da te un cenno, e così pure tu, quale preposto ordinato da Dio su questa comunità, avrai d’ora in poi presso di me la precedenza in tutte le cose; né io intraprenderò più alcuna cosa senza il tuo consiglio»

2. Dice Jonaele: «Questa tua decisione è buonissima e degna del compiacimento del Signore! Se qualcuno è ammalato nel corpo, deve ricevere aiuto nel corpo; ma colui che è ammalato nell’anima ha bisogno di essere soccorso con mezzi che influiscano sull’anima, e nel modo che si confà al genere della malattia.

3. Le malattie dell’anima nei fanciulli si possono curare nel miglior modo allevandoli con una buona educazione ordinata, nella quale non manchi la verga; negli uomini adulti, invece, le malattie dell’anima si devono combattere mediante consigli saggi e amorevoli, con insegnamenti sinceri e puri e con ammonimenti che il puro amore ispira, al fine di renderli attenti alle necessarie brutte conseguenze che devono sorgere dal volontario mantenimento delle debolezze dell’anima. Quando tutti questi mezzi non giovano a nulla, poiché si ha a che fare con anime molto indurite, vale a dire cieche e sorde, allora è proprio il momento di usare verso tali esseri un trattamento più serio e più rigoroso; ma tuttavia anche questo deve totalmente ispirarsi all’amore del prossimo, perché soltanto nell’amore del prossimo può venire benedetto anche un agire severo.

4. Se i governanti nelle loro azioni si lasciano guidare dall’ira e dalla sete infernale di vendetta, tutta la loro fatica è vana! Invece di guarire gli ammalati nell’anima, facendone così dei veri uomini, li si converte invece a veri demoni, nei quali non c’è forza al mondo che valga ad estinguere la sete di vendetta.

5. Per qualche tempo Satana può, per l’influenza delle potenze dall’Alto, essere trattenuto; però se il Signore - a causa degli uomini orgogliosi che alla fine ritengono di essere in grado di mantenere l’ordine che a loro piace tramite la loro forza e la sapienza che consiste nell’usare inesorabilmente una severità tirannica - ritira la Sua Potenza e toglie i ceppi a Satana, allora tutta la presunta loro potenza in un attimo è ridotta al nulla! Infatti gli altri uomini, cioè quelli trasformati da un simile trattamento assurdo in veri demoni, si rovesciano sopra di loro come un torrente rigonfio e li annientano al punto che sembra che non siano mai esistiti!

6. La pena di morte causa effetti ancora peggiori! Infatti, a cosa giova uccidere qualcuno nel corpo se non è possibile rendersi padroni dell’anima e dello spirito, nei quali propriamente risiede la forza che opera ed agisce?

7. Colui che crede di essersi sbarazzato del suo nemico perché ne ha ucciso il corpo è dieci volte cieco! Con ciò egli si è creato da un nemico debole e visibile, mille altri che egli non può vedere e che lo perseguiteranno giorno e notte, causandogli danni nel corpo, nell’anima e nello spirito.

8. Considera per esempio una guerra, dove non di rado rimangono uccise nel corpo molte migliaia di uomini! Il vincitore pensa, nella sua cieca mente, di essersi liberato dai suoi nemici avendoli corporalmente annientati; ma in che modo mostruosamente grande si inganna! Le anime e gli spiriti degli uccisi, come conseguenza dell’influenza immediata che esercitano sui fenomeni atmosferici e meteorici, persistono per molti anni di seguito nel rendere vana ogni seminagione, provocano così inevitabilmente la carestia la quale genera la fame, e con questa ogni tipo di contagio e di pestilenza! Queste calamità poi spazzano via in breve tempo più uomini di quanti guerrieri egli abbia ucciso al nemico; e con ciò, indebolito nella sua potenza che gli dovrebbe dare la sua terra, deve, per poter sussistere, arruolare a caro prezzo dei guerrieri in paese straniero. Ciò facendo egli aggrava di debiti se stesso e il proprio paese; e quando, dopo qualche anno, paese e popolo saranno completamente esausti ed egli non potrà più pagare né i suoi debiti né i suoi soldati, allora ben presto si eleverà un coro di maledizioni contro di lui, e verrà perseguitato da tutte le parti; il suo popolo, che egli conquistò, oppresso dalla grande miseria, insorgerà contro di lui, mentre d’altro canto anche i nemici esterni non si lasceranno sfuggire questa occasione per piombargli addosso; ed egli, il celebrato vincitore di prima, non uscirà più tale da questa lotta, ma invece la disperazione lo assalirà, e con gli artigli di una tigre lo dilanierà spiritualmente fino nelle più intime fibre vitali!

9. Vedi! Tutto questo è opera dei nemici uccisi corporalmente!

10. Perciò è anche un’antichissima usanza quella per cui quando qualcuno è moribondo, i suoi intimi si rechino da lui per riconciliarsi e per averne la benedizione, perché, nel caso che egli muoia tenendo inimicizia dentro di sé, è ben da compiangersi colui che, quale suo nemico, continua a vivere sulla Terra. In primo luogo l’anima divenuta libera tormenterà senza posa il nemico sopravvissutogli, suscitando in lui rimorsi atroci ed insopportabili, ed in secondo luogo essa guiderà ed disporrà le circostanze della vita terrena del suo nemico in modo tale che costui difficilmente potrà più avere un giorno di prosperità e di pace!

11. Il Signore però permette che tutto ciò avvenga, affinché alle anime offese sia data la richiesta soddisfazione, e per il motivo ancora più importante e incalcolabilmente migliore per il superstite, e cioè di scontare su questo mondo materiale i suoi peccati d’orgoglio, piuttosto di cadere immediatamente dopo la morte del suo corpo in mano al potere di migliaia di nemici, i quali, traendo profitto della sua assoluta inesperienza delle cose di quel mondo, non userebbero con lui certamente modi amichevoli!

12. Ecco dunque il motivo per cui è anche tanto necessario per l’uomo esercitare in questo mondo l’amore e la vera amicizia, e fare del bene piuttosto che del male a qualsiasi nemico, e benedire colui che maledice; infatti chi può sapere quando al Signore piacerà di richiamarlo da questo mondo! Se qualcuno mi fu nemico su questa Terra, relativamente per lievi questioni, mi diventerà poi in stato di spirito cento volte più nemico nelle cose grandi.

13. Davide era di certo fin dalla fanciullezza un essere umano ed un uomo veramente secondo il cuore di Jehova; tuttavia egli si era inimicato solo un uomo, cioè Uria, contro la Volontà del Signore, e a voi è noto quanto terribile è stata la vendetta dello spirito di Uria su Davide, con il permesso del Signore! Questa è sempre stata l’inevitabile conseguenza di un’azione nemica verso un uomo, contraria alla Volontà di Dio!

14. Certamente tutt’altro aspetto assume la cosa quando tu vieni designato dal Signore stesso, come lo fu Davide nelle sue guerre contro i Filistei, per combattere ed annientare terrenamente genti nemiche di Dio e degli uomini, e già divenute preda di Satana! Infatti costoro sono sottoposti immediatamente ad un aspro giudizio nell’aldilà, e non possono perciò mai più insorgere contro il braccio di Dio, perché vengono frenati ed umiliati dalla potenza del Signore.

15. Ma ben differente è la cosa riguardo a quei nemici che ti sei creato in questo mondo senza che Dio centri per nulla, con il tuo agire ostile, con il tuo orgoglio e con il modo quanto mai carente ideato dall’uomo per amministrare la giustizia, a proposito del quale è già passato in proverbio il detto che la più grande ragione è in pari tempo anche il più grande torto! Tali nemici diventeranno, dopo aver abbandonato il corpo, i tuoi più irriconciliabili nemici!

16. Io ti darei, se le avessi, mille vite purché tu potessi indicarmi una persona felice su questa Terra che fosse stata preceduta da un nemico nell’altro mondo! Io finora non ne ho conosciuta nessuna! Al contrario conosco benissimo casi in cui la vendetta di uno spirito divenuto nemico ha perseguitato delle famiglie fino alla decima generazione; e ancora altri casi nei quali uomini che furono in un paese oppure in una contrada qualsiasi gravemente offesi, hanno poi, quali spiriti, devastato quel paese e quella contrada per molti anni, anzi talvolta anche per sempre, così da non lasciar modo a nessuna creatura di sussistervi! Amico, per quanto incredibile ti possa sembrare questo mio insegnamento dato con le migliori intenzioni, esso è inconfutabilmente vero! E se non lo fosse, come avrei potuto azzardarmi di parlartene qui alla presenza del Signore e dei Suoi angeli?! Ma, se in te vi fosse un dubbio qualsiasi, puoi rivolgerti al Signore, l’eterno Creatore di tutte le cose, ed Egli ti darà validissima testimonianza che in ciò che ti dissi non c’è nemmeno una sillaba che non sia vera!».

 

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Cap. 80

A Sichar. «Vivete in pace e unità». Degli angeli custodi. Accenno all’ordinamento della Casa divina. Una domanda giustificata: «Come e quando miglioreranno le condizioni sulla Terra? Quando dominerà il Regno di Dio?»

 

1. Questo discorso di Jonaele riempie di stupore il comandante e con lui molti altri ospiti presenti, e il primo esclama: «Ma se la cosa sta in questi termini, allora il vivere sulla Terra diventa una questione quanto mai pericolosa; chi mai lo può reggere?!»

2. Gli dico Io: «Chiunque viva secondo la Mia Dottrina! Ma chi invece vive secondo i suoi principi fondati per lo più sull’egoismo e sull’orgoglio, e non sa perdonare di tutto cuore e benedire dieci volte l’autore di una qualsiasi offesa a suo danno, costui deve anche rassegnarsi a sopportare, prima o poi, le inevitabili conseguenze dell’ostilità, contro le quali egli non può aspettarsi da Me alcuna protezione, a meno che egli non abbia pagato il suo debito verso il nemico fino all’ultimo spicciolo! Cercate perciò di vivere con tutti in pace e concordia! È meglio per voi sopportare un torto che fare agli altri ciò che può sembrare un torto. Così facendo voi non vi creerete dei nemici pronti alla vendetta, e gli spiriti, che altrimenti sarebbero divenuti vostri nemici, saranno invece i vostri spiriti protettori e allontaneranno più di una sciagura dal vostro capo!

3. Ma perché tutto ciò è così, e così deve essere? A ciò rispondo Io: “Perché così deve essere secondo la Mia Volontà e secondo il Mio Ordine immutabile!”»

4. Dice il comandante: «Sì, o Signore, io ora scorgo anche troppo chiaramente il Tuo infinitissimo Amore e illimitata Sapienza, e dico che se un giorno tutti gli uomini saranno compenetrati dalla Tua Dottrina, allora la Terra sarà trasformata nel più perfetto Regno dei Cieli! Ma - e questo è un “ma” enormemente grande - quando accadrà? 

5. Se io penso a questa vasta Terra, la quale nessun esploratore ha potuto ancora accertare dove essa cominci e dove finisca e se rifletto al numero di uomini di ogni razza che popolano la sua smisurata superficie, mi prendono le vertigini in tutte le parti del corpo! A quanto sembra, negli abitanti di questo vasto mondo la barbarie e la perfidia più rozze sono i tratti più spiccatamente marcati del loro carattere.

6. La stragrande maggioranza degli uomini è satura di egoismo bestiale e del più infernale orgoglio!

7. E se talvolta riesce ad un piccolo popolo, amante della pace, di trovare sulla Terra, che pure è grande, un cantuccio per stabilirsi, e giunge con i frutti del comune lavoro a qualche prosperità, ecco ben presto sbucare fuori i lupi e le tigri sotto umane sembianze che, guidati dal loro sottile odorato, lo rintracciano e lo assalgono; e quei poveretti vengono sopraffatti e resi in tal modo mille volte più infelici di quanto lo fossero stati in origine nella loro condizione naturale!

8. Se tuttavia un tal piccolo popolo pacifico e colto, con il suo coraggio e con l’intelligenza e l’energia dello spirito, riesce vittorioso nella lotta contro i nemici che esso ha dovuto annientare, in grandissima parte naturalmente con le armi alla mano, subito dopo gli spiriti degli avversari uccisi diventano i suoi più grandi ed accaniti nemici! Ma ora, se la cosa è come io la comprendo, sono costretto a domandare apertamente: “Come, quando e in quali circostanze potrà la Tua Dottrina veramente salutare mettere salde radici su questa Terra e potrà indurre l’intera umanità ad operare secondo i dettami in essa contenuti?”

9. Anche se singoli popoli vorranno riscaldarsi al mite raggio della Tua Dottrina insuperabile, essi verranno di giorno in giorno sempre più assediati da nemici; e se si consegneranno spontaneamente ai nemici, non diventeranno nient’altro che schiavi dei loro conquistatori, esposti ad ogni più inumana oppressione e forse perfino sottoposti al divieto di vivere secondo la Tua Dottrina.

10. Se essi però, mediante un qualunque mezzo del potere, diventano padroni dei loro nemici, solo allora gli spiriti e le anime degli avversari uccisi in battaglia diventeranno veramente, in tutta pienezza, i loro nemici più invincibili e per conseguenza, secondo la mia opinione certo non competente, ci sarà tanta strada da fare affinché il Regno dei Cieli si stabilisca sulla Terra!

11. Se proprio, ed io stesso lo dico pure a motivo della buonissima causa, si debba rendere bene per male ad ogni nemico, questa è una cosa che secondo me è necessario ancora discutere! Io non dubito affatto che con ciò si potrà convertire più di un nemico cieco in amico vedente, ma che questa regola sarà possibile applicarla con benefici risultati anche alle grandi masse di nemici, questo, o Signore, perdona il mio povero intelletto, per le ragioni anzidette non posso fare a meno di metterlo in dubbio!

12. Pensando a ciò, mi si presentano alla memoria i fatali gorghi di Scilla e Cariddi, dove, se pur si riesce ad evitare il primo, tanto più certamente si viene inghiottiti dal secondo! Soltanto riguardo a ciò, o Signore, illuminami ancora un po’, ed io correrò ad abbracciare fraternamente tutti i miei nemici e a liberare coloro che sono imprigionati; anche tutti i ladri, i banditi e gli assassini, siano essi pure perfidi all’estremo!».

 

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Cap. 81

A Sichar. L’insegnamento del Signore sul trattamento dei delinquenti. La pena di morte e il suo effetto. Un consiglio per i giudici. Dello scopo principale dell’Incarnazione del Signore. La costruzione del ponte fra questo e l’altro mondo. Guide nell’aldilà per gli ignari. Buona preghiera.

 

1. Rispondo Io: «Amico, la tua vista è ancora molto corta, se ti spieghi e comprendi così la Mia Dottrina! Eppure te l’ha già detto Jonaele che, tanto nel caso di una lotta intrapresa per comando divino contro un cattivo nemico quanto quella imposta inevitabilmente dalla legittima difesa, tutto è da Me ordinato in tal modo che le anime degli uomini uccisi in simili combattimenti, sottostanno immediatamente ad un durissimo giudizio, e non possono reagire in maniera malefica né su coloro dai quali furono giustamente vinti né sulla Terra. Dunque, se questa è una verità immutabile dalla quale tu puoi chiaramente rilevare come stiano in fondo le cose, come mai tu puoi opporre alla Mia Dottrina delle idee basate tanto sul dubbio?

2. Chi ti ha detto che non si debba imprigionare e custodire con grande severità i veri delinquenti, che spesso sono peggiori di tutte le bestie selvagge dei boschi?! Al contrario anzi, te lo impone il vero amore del prossimo, poiché se tu vedessi una iena assalire un uomo, certamente correresti con l’arma alla mano per uccidere l’animale, come sicuramente correresti veloce in difesa del galantuomo che fosse aggredito sulla pubblica via oppure in casa da qualche malandrino!

3. Dato però che tali iene, che si celano sotto sembianze umane, quando si uniscono tra di loro in numero troppo grande possono divenire pericolose non soltanto ai singoli viandanti ma anche ad intere località, allora è addirittura imperioso dovere dell’autorità, che ha nelle sue mani il potere, dare la caccia a simili individui pericolosi e rinchiuderli in solide prigioni.

4. Però con la pena di morte è necessario andare molto cauti, e si deve applicarla soltanto nel caso in cui, nello spazio di dieci anni, ogni mezzo sia rimasto infruttuoso per ottenere un qualche reale miglioramento nella vita del malfattore. Se questi sul luogo del supplizio promette di ravvedersi, gli si conceda ancora il termine di un anno. Però, qualora neanche entro questo termine si riscontri in lui qualche indizio di miglioramento, allora la sentenza di morte sia eseguita, poiché in tal caso non è da sperare affatto che un tal uomo si ravveda su questa Terra, ed è meglio che ne venga allontanato!

5. Certamente, se l’autorità che esercita di diritto il potere vuole con l’approvazione della comunità commutare ad un simile delinquente la ben meritata pena di morte in ergastolo, per continuare nei tentativi di correggerlo, essa è libera di farlo ed Io non la chiamerò un giorno a rispondere di ciò.

6. Gli uomini che vivono secondo i Miei precetti non hanno nulla da temere da questo tipo di nemici, perché quest’ultimi, dopo la morte del loro corpo, non hanno alcun potere di effetto retroattivo, ma questo potere è dato a quelli spiriti i quali, a causa delle loro tendenze ed aspirazioni a migliorare le cose su questo mondo, sono stati uccisi in maniera crudele da dominatori smisuratamente tirannici, orgogliosi, egoisti ed avidi di potere, e per conseguenza usurpatori del nome di governanti!

7. Se dei giudici privi del tutto di qualsiasi più nobile sentimento si creano con simili sentenze ingiustissime dei nemici, questi ultimi quali spiriti si vendicheranno poi dei loro giudici ingiusti, poiché l’effetto retroattivo è concesso da Me a tali spiriti; mentre ciò non è mai il caso se si tratta di spiriti votati al male per principio! Io penso che ora i tuoi dubbi saranno stati chiariti?!»

8. Dice il comandante: «Sì, certo, tanto Scilla che Cariddi sono ormai superati; ora questo punto mi è perfettamente chiaro.

9. Però, come ho detto prima, non comprendo in quale maniera potrà la Tua Dottrina davvero santa aprirsi una via, possibilmente priva di ostacoli, nella notte in cui l’umanità giace ora sepolta! Per via puramente soprannaturale, secondo quello che Tu stesso dicesti, non sarebbe di molta utilità agli uomini per il motivo che in tal modo questi verrebbero trasformati in macchine anziché in esseri liberi, come è loro destino di essere e di rimanere; e d’altro canto, per via completamente naturale non si arriverà alla meta se non a prezzo di molto sangue ed in un tempo straordinariamente lungo. Anzi, considerando l’umanità così come io discretamente la conosco, tanto in Asia, quanto in Africa ed in Europa, potrei affermare quasi con certezza, pur non avendo affatto il dono della profezia, che passeranno da oggi ancora duemila anni, ma il numero di coloro che avranno di fatto accolto questa Tua Dottrina sarà molto inferiore alla metà degli abitanti di questa Terra!? Ho io ragione o no?»

10. Gli rispondo Io: «In verità in fondo tu non hai affatto torto. Però questa cosa non ha in generale quell’importanza che tu credi, perché qui non si tratta tanto che la Mia Dottrina venga universalmente accolta su questa Terra, quanto piuttosto che, in seguito alla Mia attuale venuta quaggiù ed alla Mia Parola ed agli insegnamenti Miei, sia stato finalmente gettato il Ponte fra questo mondo materiale e quello spirituale, i cui eterni campi giacciono al di là della tomba!

11. Colui che accoglierà pienamente e seriamente la Mia Dottrina già su questo mondo, costui transiterà questo Ponte ancora durante la sua vita corporale; ma chi su questa Terra accoglierà la Mia Dottrina in modo tiepido o incompleto, oppure la respingerà del tutto, costui arriverà nell’aldilà avvolto in una fitta tenebra, e gli sarà molto difficile rintracciare questo Ponte!

12. Agli uomini, però, ai quali non sarà mai stato possibile apprendere qualcosa della Mia Parola durante la vita terrena, verranno concesse nell’aldilà delle guide che avranno il compito di indicare loro la via che conduce al Ponte; se gli spiriti, ignari del tutto della Mia Dottrina, seguiranno le Mie guide, anch’essi passeranno oltre a questo Ponte ed entreranno nel Regno della Vita vera ed eterna; se invece vorranno rimanere ostinatamente attaccati alle loro dottrine, allora essi saranno giudicati, semplicemente quali creature, a seconda di come abbiano vissuto in base alla loro dottrina e non perverranno ad essere dei figli di Dio! Ecco, così stanno le cose. Pensaci su dunque e dimMi la tua opinione. Non indugiare però, perché vedi, il Mio tempo in questo luogo volge alla fine»

13. E il comandante, dopo alcuni istanti di riflessione, risponde: «Signore! Ora mi è tutto chiaro fino all’evidenza, e se anche con il tempo dovesse sorgere in me qualche dubbio, ebbene, Tu hai suscitato un uomo il quale può istruire noi tutti riguardo ad ogni questione! Perciò sia da me e da tutti noi altamente lodato e glorificato il Tuo Nome sopra ogni cosa ed in ogni tempo! Una sola preghiera ancora, o Signore, voglia Tu ascoltare da me: “Se Tu per ora ci lasci, ciò non sia per molto tempo, ma ritorna presto fra noi! La mia principale cura sarà di far sì che al Tuo ritorno Tu possa trovare qui dei cuori più degni di Te di quanto lo siano stati questa volta”».

 

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Cap. 82

A Sichar. Promessa del Signore di una visita segreta. Il profeta è più ascoltato in paese straniero. Matteo accompagna il Signore quale scrivano. Ringraziamento del comandante romano. Jonaele viene prescelto come maestro; gli viene conferito un potere miracoloso e gli viene assegnato un angelo come istruttore. Il profondo dolore per il commiato di Irhaele e Joram. La consolazione da parte del Signore.

(Giov.4, 43-44).

 

(V.43) Ma dopo due giorni partì da lì e andò in Galilea.

1. Dico Io: «Io verrò ancora una volta di nascosto qui da voi, ma allora l’intera località non dovrà sapere della Mia presenza, poiché dalla Giudea e dalla Galilea, oppresse sotto il peso di gravi imposte, molta gente verrà a stabilirsi in questo paese, dato che qui l’oppressione è minore. D’altronde l’amico Mio Jairuth si è assunto l’incombenza di pagare lui quasi tutte le imposte per i poveri». 

(V.44) Poiché Gesù stesso testimoniò che un profeta non vale niente nella sua propria patria.

2. (Continua il Signore:) «Ora dove si trova molta gente che è dello stesso paese di un profeta questo ha ben poco valore, a meno che non sia un uomo vecchio! Soltanto quello che dice un vecchio è ritenuto da questi pazzi Parola di Dio, mentre la sapienza di un giovane viene considerata semplicemente quale un gioco di parole sorto da una fantasia riscaldata, cui si associ di quando in quando, per un po’, la ragione. Riguardo poi ai fatti miracolosi, per quanto possano essere straordinari, vengono ciò non di meno tutti indistintamente relegati entro i confini della magia, la quale attualmente è purtroppo in gran voga. Gli uomini dunque sono ora abbastanza ciechi; non possono distinguere il vero dal falso e rigettano perciò ogni cosa allo stesso modo.

3. Quindi è meglio che il profeta se ne vada in un paese straniero, poiché là, dove egli non è conosciuto, la sua presenza può ancora ottenere qualche risultato presso gli uomini più che in ogni altro luogo, ed è per questo motivo che Io ed i Miei discepoli ora vi lasceremo. Tu però hai la Mia promessa che ritornerò fra breve tempo a visitarvi.

4. Io porterò via con Me un uomo di nome Matteo che era impiegato qui come esattore; egli scrive presto e bene, e Mi gioverà nel tenere nota degli insegnamenti e delle Mie opere; rilasciagli perciò, a causa del mondo, un passaporto!».

5. Il comandante fa preparare immediatamente il documento richiestogli e Mi ringrazia dal più profondo del cuore per tutto quello che avevo detto ed operato là. Anche gli altri ospiti, mossi dall’esempio del comandante, fanno altrettanto, ma alcuni, più affaticati dal viaggio fatto in quella giornata, si sono addormentati sulle panche e sui tavoli. Gli altri vorrebbero svegliarli, Io però osservo: «Lasciateli riposare fino a giorno! Preferisco ora andarMene silenziosamente a mezzanotte affinché la Mia partenza non susciti rumore. Voi tutti restate pure qui finché si fa giorno e nessuno si muova per accompagnare Me e coloro che vengono con Me, se non con il proprio cuore.

6. E tu, Mio Jonaele, abbi cura che la Mia Dottrina metta salde radici in questo luogo e che il nuovo albero della Vita qui piantato produca molti frutti buoni. Io ti concedo nel Mio Nome un potere soprannaturale dai Cieli; non farti trasportare dal tuo zelo, non fare di questo potere un uso inopportuno e perciò scriteriato, perché allora tu arrecheresti più danno che bene! Un angelo rimarrà per qualche tempo in casa tua e ti insegnerà come si possa fare uso saggio del potere celeste. Non dite però a nessun estraneo che presso Jonaele dimora un angelo dai Cieli»

7. A questo punto Irhaele e Joram si avvicinano a Me piangenti e non riescono a parlare a causa dell’amore e della gratitudine che provano! Io però li benedico e li conforto dicendo loro: «Consolatevi! In breve tempo Io sarò di nuovo fra voi!»

8. Entrambi allora abbracciano i Miei piedi, li bagnano delle loro lacrime, e Joram esclama: «O tempo santissimo, affrettati e riconduci per sempre fra noi nella Sua casa il Signore di ogni magnificenza! O Signore ricordati di noi che Ti amiamo dalla pienezza del nostro cuore, e ritorna presto per rimanere presso di noi per sempre!»

9. Dico Io: «Sì, Io ritornerò, ma, come già vi ho detto, solo in segreto, poiché d’ora innanzi nessuno deve essere obbligato dalla Mia presenza a credere alla Mia Missione dai Cieli, e quindi alla Mia Parola».

 

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Cap. 83

A Sichar. Importanti cenni sulla Missione di Gesù. La potenza della Verità. Dell’essenza della Parola del Signore. La Grazia per cui l’uomo è chiamato ad essere figlio di Dio. Il Signore non vuole né scoraggiati né condannatori del mondo. Consigli sul modo di vivere. Ciò che è il mondo e come esso possa essere utilizzato! Partenza da Sichar.

 

1. (Continua il Signore:) «La Dottrina stessa deve giustificare la verità. Colui che per il futuro non vivrà secondo la Parola che gli fu data ma nella quale non avrà creduto né avrà avuto fiducia, costui morrà giudicato dalla Parola stessa!

2. Infatti, come Io ho il potere del Padre Mio di concedere o di togliere la vita eterna a chiunque che per volontà propria se ne renda meritevole od immeritevole, così uguale potere ha pure la Mia Parola, dato che questa Parola è sempre stata e sarà sempre l’espressione onnipotente ed eterna della Mia Volontà!

3. Chi per conseguenza accoglie in sé pienamente la Mia Parola e secondo questa opera e vive senza affatto deviare dal sentiero che essa gli indica, costui accoglie Me stesso con tutto il Mio Amore e con tutta la Sapienza, la Forza e la Potenza Mie, divenendo con ciò un vero figlio di Dio al quale il Padre non rifiuterà niente di quanto Egli possiede!

4. Il Padre Santo non può fare di più del rivelarsi corporalmente in Me, Suo Figlio, del fare di voi creature vincolate degli dèi dotati di ogni libertà e del chiamarvi addirittura Suoi amici e fratelli!

5. Sia sempre presente al vostro pensiero Chi è Colui che vi rivela ora tutto ciò e cosa ricevete con questa rivelazione, dato che così il mondo materiale non avrà più potere su di voi e vi sarà facile vincerlo, il che è tanto più necessario perché se non avete ottenuto in voi piena vittoria sul mondo, non potete divenire figli del Padre che è in Cielo!

6. Io però non intendo affatto con ciò fare di voi degli scoraggiati e dei condannatori del mondo, ma solo dei saggi utilizzatori del mondo!

7. Non sarebbe da dichiarare stolto colui che avendo sottomano un qualunque buon utensile necessario per la sua arte se ne innamorasse a tal punto da non volerlo assolutamente adoperare, ma lo ammirasse invece continuamente con occhio piacevole e lo conservasse in uno scrigno per non esporlo alla ruggine e quindi, divenendo meno bello, nuocesse al suo vuoto compiacimento?!

8. Ecco, anche il mondo è per voi uno strumento con il quale, se adoperato per lo scopo per cui è stato costruito, potete fare moltissime cose buone e magnifiche! Voi però, che ora siete Miei discepoli, dovete adoperare questo strumento nella maniera che Io, unico e vero vostro Maestro, vi ho insegnato durante queste due giornate e mezza!

9. Questo strumento, adoperato in tal modo, vi preparerà e rafforzerà in voi la vita eterna. Se però voi vorrete adoperarlo diversamente, esso sarà nelle vostre mani come un coltello affilatissimo nelle mani dei bambini, e la ferita mortale che anche troppo presto e troppo facilmente ne riporterete, difficilmente potrà venire sanata da un medico!

10. Prendetevi con queste parole anche la Mia benedizione, e delle Mie parole fate partecipi anche tutti coloro che ora non hanno potuto udirle, affinché alla fine nessuno possa scusarsi con il dire che non ne sapeva nulla!

11. Ed ora, voi Miei pochi discepoli e pure voi tutti che Mi avete seguito fin qui dalla Galilea e da Gerusalemme, preparatevi a riprendere il viaggio; ritorneremo in Galilea dove voi potrete nuovamente dedicare le vostre cure ai vostri campi».

12. Detto ciò Mi alzo, faccio agli angeli, tuttora in attesa, un cenno che essi soltanto comprendono, ed in un attimo scompaiono tutti ad eccezione di quello destinato a rimanere presso Jonaele. Anche i portoni visibilmente aperti del Cielo si chiudono, però la casa d’Irhaele e di Joram rimane con tutti gli arredi provenienti dai Cieli, e così pure il castello di Jairut. Quelli fra i presenti che sono svegli ci accompagnano fino alla porta di casa. Il comandante non vuole saperne di lasciarMi così subito e viene con Me fino ai confini della città, dopo di che egli ritorna a Sichar.

 

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Fine del secondo giorno a Sichar

 

IL VIAGGIO IN GALILEA

 

Cap. 84

Rimprovero di Matteo al Signore – Dell’Essenza divina e del processo della Creazione – Della bellezza, distanza e grandezza del Sole

Un’eclissi solare – «Un po’ di spavento non nuoce mai agli uomini soggiogati dai sensi»

 

1. Noi intanto proseguiamo il nostro cammino fino al levar del sole, il quale ci coglie precisamente al confine del paese dei samaritani, ed entriamo in Galilea, dove, dopo aver scorto un’altura libera e tappezzata di erba folta e freschissima, facciamo sosta per riposarci visto che tutti ne abbiamo bisogno.

2. La splendida vista che da quel punto si gode riempie di ammirazione l’intera compagnia, e Matteo, lo scrivano, dice: «Signore! Se gli uomini fossero in tutto e per tutto compenetrati dall’eccellenza dei Tuoi precetti, questo paese sarebbe davvero abbastanza bello per servire loro da cielo! Ma quando penso che la maggior parte degli uomini è peggio delle bestie feroci e sanguinarie, vorrei qui fare un rimprovero al Signore Dio per aver creato questa Terra con una forma così magnifica per tale turpe gentaglia!»

3. Rispondo Io: «Il rimprovero dunque riguarda Me, perché Io e il Padre siamo Uno! La Sapienza del Figlio eterno, la quale è più propriamente la Sapienza del Padre, elaborò il grande piano della Creazione, e l’Amore del Padre vi aggiunse il grande “Fiat”; in tal modo furono create questa Terra, il sole, la luna e le stelle!

4. Gli uomini che abitano questa Terra sono pure stati formati da Me, però ora devono venire e verranno da Me riformati!

5. Quindi, se le cose stanno in questo modo, come puoi tu farMi un rimprovero? Aggiungo inoltre che questa Terra non è affatto bella quanto a te sembra; tutti i paesaggi, che da questa altura puoi abbracciare con lo sguardo, offrono alla vista un quadro piacevole soltanto se contemplati da una certa distanza. Vai ad esaminarli più da vicino e non vi troverai che poco o forse nulla affatto di bello e di attraente, tranne che, qua e là, un albero oppure qualche giardino piantato dalle mani dell’uomo e forse, nello stesso giardino, un palazzo di un ricco! Vorrai tu chiamare belle tutte queste cose?

6. Alza in alto invece il tuo sguardo verso il sole; là vi sono ben altri paesaggi! Un deserto lassù è assai più bello di un paradiso su questa Terra! Se già la luce del sole è quella che dona la bellezza e lo splendore alle pianure ed ai monti della Terra, poiché senza la luce del sole la Terra non sarebbe che una valle di dolore e di spavento, quanto più splendidi devono essere i paesaggi sul grande sole stesso, il quale esuberante di fulgori e di magnificenze presta una piccola parte dei suoi raggi a questa Terra!»

7. Esclama Matteo: «Signore; cosa dici mai? Il sole dovrebbe essere anch’esso un grande mondo sul quale un deserto sarebbe indicibilmente più bello che non sulla Terra un paradiso? Ma considera dunque come è grande la Terra, e quanto invece è meschino il piccolo disco lucente del sole! Per quanti di questi ci sarebbe spazio soltanto sul tratto di terreno che si può scorgere da qui e che certamente non è che una piccolissima parte della Terra! Quanti poi potrebbero starne su tutta la Terra?»

8. Dico Io: «Vedi, così è: quando Io vi parlo delle cose di questa Terra, voi non le comprendete; com’è possibile allora che Mi comprendiate quando vi parlo delle cose del Cielo? Ascolta e comprendi!

9. Ecco, laggiù verso mezzogiorno all’estremo limite di quella catena di montagne tu puoi vedere un cedro; paragona ora la sua apparente piccolezza con l’altezza di un filo d’erba che misuri appena un palmo, e ti accorgerai che il filo d’erba, se lo terrai dinanzi agli occhi, apparirà molte volte più alto di quel cedro lontano, il quale è effettivamente molte centinaia di volte più grande del filo d’erba! Ebbene vedi, la ragione di ciò sta nella distanza! Camminando di buon passo, tu impiegheresti per arrivare nel luogo dove si trova il cedro all’incirca dieci ore!

10. Cosa provocano dieci ore nella capacità di misurare dell’occhio? Considera ora la distanza che separa il sole da questa Terra! Vedi, se un uccello al tempo della creazione di Adamo avesse abbandonato la Terra volando con tutte le sue forze senza fermarsi in direzione del sole, esso non avrebbe ancora raggiunto la sua meta, ma dovrebbe volare ancora per molti anni! Se tu sei capace di afferrare ciò con la tua mente, potrai ben comprendere perché il sole ti appaia qui così piccolo, pur essendo oltre un milione di volte più grande di questa Terra!»

11. E Matteo, sbalordito al pensiero di tanta distanza e grandiosità, esclama: «Ma Signore, se è così, come puoi Tu, dalla Terra governare e dirigere un mondo così grande?!»

12. Rispondo Io: «Vedi, per quanto impossibile ti possa sembrare questa cosa, - ciò sia detto per ora soltanto fra noi - essa Mi è facilmente possibile! Certo che adesso tu non puoi rendertene conto, però verrà bene il tempo in cui tu potrai comprendere tutto questo.

13. Però, affinché tu possa constatare come Mi sia facile giungere in un istante fino al sole, attraverso la forza del Padre in Me, poni attenzione! Io oscurerò per alcuni istanti adesso il sole, cosicché non vi sia occhio sulla Terra che possa scorgerlo, e tu potrai in tal modo persuaderti che Io, pur da questa Terra, posso arrivare fino al sole!»

14. Dice Matteo: «O Signore, non farlo! Gli uomini ne morrebbero di angoscia!»

15. Ed Io gli osservo: «Non darti pensiero per ciò! Gli uomini crederanno che si tratti di una delle comuni eclissi solari, che spesso si producono in maniera del tutto naturale; del resto entro pochi istanti essi riavranno il loro sole. Fa’ dunque attenzione!»

16. Dice Matteo, il quale non può nascondere il suo sgomento: «Signore; non si dovrebbe forse avvertire tutti quelli che sono qui presenti?!»

17. Rispondo Io: «Lasciamoli dormire e riposare! È sufficiente che questa cosa la sappia tu solo, poiché chi scrive deve saperne più di coloro i quali per il momento non sono chiamati a scrivere. E così Io ora dico: “O sole; ricopri la tua faccia per sette istanti dinanzi a tutta la Terra!”

18. Appena pronunciate queste parole si fa oscurità completa, e soltanto alcune stelle più grandi si rendono debolmente visibili»

19. Matteo, tremante per lo spavento, esclama: «O Signore onnipotente! Chi può reggere vicino a Te, se il Tuo braccio divino arriva così infinitamente lontano?!»

20. Egli però non ha ancora terminato di parlare che il sole appare di nuovo con tutto il suo splendore, ridonando così la calma al Mio Matteo il quale può respirare liberamente di nuovo ma, per lo stupore, non è capace di dire nulla. 

21. Dopo qualche tempo egli riprende un po’ di coraggio, e dice: «Signore; davvero, io non ci capisco niente! La Tua Potenza deve essere infinita! Ma per l’avvenire risparmiaci, o Signore, tali prove terribili della Tua Onnipotenza, perché altrimenti in breve tempo il mondo intero languirebbe e andrebbe in rovina!»

22. Gli rispondo Io: «Riserva le tue preoccupazioni per altre cose e non per questa! Forse qualcuno è già andato in rovina? Anzi, un po’ di spavento non fa mai male agli uomini soggiogati dai sensi. Ed ora è tempo di risvegliare i dormienti, poiché noi ci rimetteremo subito in cammino! Vedi però di non parlare con nessuno, neppure lontanamente, dei segni di cui sei stato testimone!». 

23. Allora Matteo svegliò i dormienti, e tutti assieme riprendemmo il nostro viaggio il quale, essendo in discesa, procedette più rapido.

 

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Cap. 85

Prosecuzione del viaggio. Arrivo in Galilea. Differenti opinioni sul Messia. Cenni riguardo al Regno di Dio. Continuazione del viaggio verso Cana in Galilea.

(Giov.4, 45)

 

(V.45) Quando Egli venne in Galilea, i galilei lo ricevettero, avendo viste tutte le cose che Egli aveva fatto nella festa a Gerusalemme, poiché anch’essi erano venuti alla festa.

1. Scesi a valle, raggiungemmo in breve un villaggio galileo nel quale abitavano molti di quei galilei che erano stati presenti alla festa in Gerusalemme quando Io avevo purificato il Tempio, e siccome dal giorno di quell’avvenimento non era trascorso fino allora molto tempo, il ricordo dei fatti accaduti a Gerusalemme era ancora vivo nella loro memoria.

2. Quando dunque questi galilei Mi videro passare attraverso il loro villaggio, uscirono subito fuori in strada e Mi salutarono oltremodo cordialmente, non trovando parole sufficienti per lodarMi a causa del Mio agire nel Tempio, che, secondo loro, era da ritenersi molto azzardato. Essi dissero inoltre che la gioia di rivederMi era in loro tanto più grande, in quanto essi erano stati quasi tutti portati a credere che i farisei in Gerusalemme Mi avessero in qualche modo misterioso mandato all’altro mondo! Infatti va notato che questi galilei non sapevano sul Mio conto nient’altro che Io ero il figlio del devoto Giuseppe e che Dio era con Me com’era stato con Giuseppe. Io e i Miei compagni dovemmo rimanere con loro tutto quel giorno ed anche l’intera notte successiva. Essi ci ospitarono come meglio poterono, e va da sé che le domande e le discussioni furono in tale occasione molte; infine il discorso cadde sul Messia, poiché ce n’erano molti che riconoscevano Me come Tale.

3. Questi dicevano: «Chi può dare prova di tanto coraggio nel Tempio, alla presenza di molte migliaia di uomini, deve essere ben conscio di possedere una forza grandissima che gli viene dall’Alto, poiché, se un uomo comune volesse tentare una cosa simile, tale impresa gli andrebbe male e non potrebbe ottenere nessun risultato nella lotta contro gli abusi radicati già da lungo tempo nel Tempio! Invece con Te, dissero, la cosa è stata ben differente! Come se un furioso uragano fosse scoppiato in mezzo a loro, essi corsero tutti fuori dal Tempio, e da allora in poi non fu più tenuto nessun mercato dentro al Tempio!»

4. Al che Io risposi loro: «E non se ne terrà mai più, poiché la sua fine è quasi giunta!»

5. I galilei, meravigliati a queste parole, dissero: «Se è così, le cose andranno male anche per noi! Che ne sarà allora del Regno eterno dei successori di Davide, il quale, secondo le predizioni dei Profeti, dovrebbe venire ristabilito dal Messia?!»

6. Dico Io: «Certamente il Messia fonderà un Regno nuovo ed eterno per i veri figli e discendenti di Davide e per tutti gli uomini della terra; ma il Regno eterno non sarà su questa Terra, bensì oltre la Terra, cioè lassù nel Cielo! Colui che interpreta diversamente i Profeti, costui camminerà nelle tenebre»

7. All’udire tali parole, parecchi fra i presenti, non credendo che in un Messia terreno, si allontanano; molti altri invece chiedono che Io chiarisca loro la cosa più dettagliatamente.

8. Io però rispondo: «Anche voi dovete vedere dei segni, altrimenti non crederete! SeguiteMi dunque a Cana e nei suoi dintorni dove Io sono in procinto di andare, e là vi saranno dati insegnamenti e segni!»

9. Ora fra quelli che erano con Me ce n’erano molti da Cana, i quali dall’epoca delle nozze presenziate anche da Me Mi avevano fedelmente accompagnato durante tutto questo viaggio di predicazione; essi volevano perciò cominciare a narrare tutti i fatti e le dottrine che avevano visti ed udite da Me.

10. Ma Io osservai: «Per costoro il tempo non è ancora venuto. Lasciate che ci seguano fino a Cana; quando saremo là, accenneremo ad alcune cose già accadute, e di parecchie altre cose poi saranno essi stessi testimoni! Ed ora continuiamo il nostro viaggio! Inoltre ognuno deve tacere durante il cammino, perché in questi paraggi si trovano sparsi degli emissari dei farisei!»

11. I galilei approvarono la Mia raccomandazione e raccontarono anzi che da qualche tempo si vedevano le spie dei farisei ronzare dappertutto, fermando per strada i viandanti per domandare loro questa o quella cosa, e tra l’altro anche se quel certo Gesù di Nazaret si trovasse forse da quelle parti e se insegnasse fra loro. 

12. Ed Io dissi: «Appunto per questo motivo noi ce ne andremo fino a Cana mantenendo il più assoluto silenzio; è da supporsi che essi per prudenza non faranno domande alla nostra numerosa compagnia!?».

 

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86. Capitolo

Ritorno del Signore in Cana di Galilea. I lussuriosi si smascherano da sé. Il Signore parla dei danni causati dalla lussuria in questo e nell’altro mondo. Lo stuzzicamento del piacere è il mezzo raffinato di cui si giova Satana.

(Giov.4, 46)

 

(V.46) Gesù dunque giunse di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva tramutato l’acqua in vino.

1. Ci rimettiamo così in viaggio ed arriviamo senza alcun ostacolo alla cittadella di Cana, dove, appena giunti, ci rechiamo nella casa dove Io avevo operato pubblicamente il primo miracolo. Non passa nemmeno un’ora, e già quasi l’intera borgata è a conoscenza che Io, nonché coloro che Mi avevano seguito, siamo arrivati felicemente ed in buonissima salute; tutti allora accorrono per vedere gli ospiti, per salutarli e dare loro il benvenuto e, appena Mi scorgono, si eleva unanime un coro di lodi e glorificazioni per l’opera energica di purificazione da Me compiuta nel Tempio di Gerusalemme! Infatti anche da Cana ne erano venuti molti alla festa, ed erano stati testimoni delle cose che Io avevo fatte in Gerusalemme, come pure avevano saputo delle molte guarigioni da Me compiute là; da ciò le loro lodi che sembravano non voler avere fine.

2. Io domandai loro se non ci fossero degli ammalati in Cana; essi però risposero che, per un caso stranissimo, non c’era allora neppure un ammalato in tutta quella località.

3. Però Io dissi: «Per quanto riguarda il corpo, saranno, è vero, tutti quanti sani, ma non così è nell’anima, poiché chi pratica l’impudicizia e la lussuria, costui è gravemente ammalato nella sua anima! In seguito a tali peccati il cuore dell’uomo diviene di giorno in giorno sempre più duro, più insensibile e spietato verso il prossimo, cosicché alla fine arriva a non amare che se stesso e l’oggetto con cui può soddisfare la sua lussuria, ed anche questo non già per amore dell’oggetto bensì per amore della lussuria stessa. Un simile cuore fugge allora la Parola divina che lo ammonisce a combattere le sue voglie peccaminose, e giunge perfino al punto di diventare nemico di coloro che tengono nel cuore la Parola di Dio e che vivono secondo la stessa. Ora, i sofferenti sono molti fra voi, ed è perciò che Io sono venuto qui di nuovo per guarirvi da questa malattia terribile e mortale. Chi fra voi sa di essere affetto da questo male pericolosissimo, si affidi a Me ed Io lo risanerò!».

4. Nel sentire questo Mio invito, un gran numero dei presenti si allontanò subito, poiché, riconoscendosi colpevoli, si sgomentarono al pensiero che Io volessi forse tradirli pubblicamente, e non cercarono altro che di andarsene in fretta e furia. Tra i suddetti vi erano pure degli adulteri, degli incestuosi e molti di entrambi i sessi che usavano corrompersi da sé; e tutti questi non vedevano l’ora di potersi sottrarre alla Mia vista.

5. Si comportavano così non tanto perché non volevano essere guariti dalla loro passione quanto perché se ne vergognavano! Essi, in generale, erano considerati persone oneste e ragguardevoli, e perciò sarebbe stato molto increscioso per loro dover far sapere ai vicini come la loro carne fosse debole! Però non rifletterono che con la fuga al Mio invito dettato dal desiderio di far loro del bene si tradivano da sé.

6. Molti di coloro che erano rimasti dissero: «In fede mia, io non avrei mai creduto una cosa simile della tale e tal persona!». Altri invece non poterono trattenere le risa ed esclamarono rivolti a Me: «Tu li hai presi in trappola ben astutamente! Per anni ed anni si sarebbe potuto domandare loro, ma a questo proposito non avrebbero dato sicuramente risposta; ora invece Tu non hai fatto che esortarli con parole amorevoli ed in amicizia a lasciarsi curare da Te, e guarda come se la sono data a gambe! Certamente essi hanno pensato che, come Ti fu possibile tramutare l’acqua in vino, sarebbe stato per Te altrettanto facile chiamarli per nome e dire a ciascuno di loro: “Tu hai peccato in questa e questa forma, e precisamente tante e tante volte!”, e poiché non avrebbero potuto sopportare una cosa simile, allora ritennero più opportuno prendere il largo! Ma così, colti alla sprovvista, essi non ebbero modo di accorgersi che la loro precipitosa ritirata era appunto il mezzo migliore per tradirsi. Noi non intendiamo sicuramente erigerci per questo a loro giudici, perché conosciamo le nostre debolezze e sappiamo pure che l’atteggiamento più accorto è sempre quello di spazzare prima le immondizie davanti la propria casa; tuttavia la cosa rimane quanto mai ridicola, per il fatto che essi credettero che con il loro darsi alla fuga non sarebbero stati riconosciuti per peccatori della specie di cui Tu parlasti! In verità, bisogna pur dire che un rinoceronte persiano deve avere più giudizio di quella gente!»

7. Dico Io: «Lasciamo che se ne vadano, da quegli stolti e ciechi che sono! Davanti agli uomini essi si vergognano, ma davanti a Dio, che in ogni tempo scruta e prova il cuore e le reni dell’uomo, essi non hanno affatto vergogna! Udite voi tutti: “Questo sentimento mondano di pudore è cosa vana!”. Quanto tempo durerà esso ancora su questo mondo? Ben presto il loro corpo, la cui carne procurò loro tante e così dolci ore, sarà loro tolto! Allora giungeranno nudi nell’altro mondo, dove sarà loro apertamente e minuziosamente ricordato tutto quello che essi, per quanto segretamente, avranno operato su questa Terra! Solo allora spetterà loro una vergogna duratura, dalla quale essi non potranno tanto facilmente liberarsi come lo potrebbero qui!

8. In verità vi dico che i lussuriosi, gli impudichi e i fornicatori non entreranno nel Regno dei Cieli, a meno che non si convertano radicalmente dalle loro vie malvagie! Infatti, tutti gli altri peccati l’uomo li commette al di fuori del corpo e può quindi anche più facilmente smettere di farli - dato che ciò che avviene esternamente non danneggia tanto l’uomo quanto quello che avviene dentro di lui! -; ora, la fornicazione avviene dentro l’uomo, rovina l’anima e lo spirito ed è perciò il più pericoloso di tutti i mali! Perciò evitatela più di qualsiasi altra cosa e fuggitela come la peste, poiché lo stimolo del piacere è l’artificio più astuto di cui si avvale Satana. Guai a colui che si lascia in tal modo afferrare da Satana! Dolori e sofferenze indicibili lo attendono, e dovrà alla fine sobbarcarsi fatiche gravissime se vorrà liberarsi dagli artigli del demonio! Prestate dunque tutta la vostra attenzione a quello che vi ho detto, perché altrimenti verranno tempi e giorni che mai vi augurereste! Però adesso andiamo a riposarci!».

9. Allora parecchi di coloro che erano venuti con Me si recarono nelle loro case; i Miei discepoli invece, nonché la madre Maria ed i Miei fratelli, cioè i cinque figli di Giuseppe, rimasero presso di Me.

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Cap. 87

La vera patria è presso il Signore. Parole scettiche degli ebrei riguardo a Gesù. La loro partenza e il loro arresto da parte dei soldati romani. Cornelio presso il Signore.

 

1. Quando tutti gli altri si furono ritirati, venne il padrone di casa, cioè quel giovane alle cui nozze Io avevo tramutato l’acqua in vino, e disse: «Signore! Coloro che sono venuti con noi dalla Giudea e da Gerusalemme e che si trovano qui fuori nella grande sala degli ospiti, dove si sono ormai ristorati con qualche cibo, avrebbero ancora qualcosa da dirTi. Infatti, a quanto mi sembra, molti hanno intenzione di rifare il cammino e di ritornarsene in patria per occuparsi dei loro affari; se dunque lo permetti, porterò io la Tua risposta a loro!»

2. Dico Io: «Io credo che questo non sia necessario! Chi è presso di Me e ci rimane, costui è davvero nella sua vera patria; e chi non si acquisterà questa patria, che è l’unica vera ed indistruttibile per l’eternità, costui vagherà in regioni straniere e deserte come selvaggina spaventata che va cercando nel deserto cibo e ricovero ma non trova né l’uno né l’altro, e che finisce, estenuata dalla fame, dalla sete e dal freddo, con il diventare preda degli animali feroci la cui patria è appunto il deserto!

3. Qualcuno ha forse rimesso del proprio rimanendo presso di Me?! Ognuno non è stato saziato ogni giorno nel corpo e nello spirito con cibi elargiti dai Cieli? Ha sofferto qualcuno fame e sete, oppure è stato chiamato a rispondere davanti ad un tribunale di questa Terra per il fatto che egli venne con Me? IntendiMi bene: “Chi vuole andare, vada; ma chi vuole rimanere, rimanga! Infatti non sono Io che ho bisogno degli uomini, ma gli uomini hanno bisogno di Me! Chi Mi abbandona, sarà da Me abbandonato, e chi non Mi cerca, anch’Io non lo cercherò con grande zelo!”. Va’ dunque e comunica loro quello che ti ho detto!»

4. Dice il padrone di casa: «Signore, le Tue parole mi rattristano; io temo che Tu sia sdegnato anche contro questi miei compaesani di Cana, perché ora si sono recati nelle loro case per riposarsi!?»

5. Gli rispondo Io: «Tu non Mi hai bene compreso! Vedi, coloro di cui tu parli Mi hanno già pienamente accolto nei loro cuori, e la Mia Dottrina è divenuta per loro una cosa santa; mentre questa stessa Dottrina che Io ho esposto in Sichar non è piaciuta pienamente a questi ebrei, i quali bramano adesso di rimpatriare spinti più dal loro vecchio lievito che dalle preoccupazioni che a loro possono causare le faccende di casa, ma per non apparire ai vostri occhi persone rozze ed incivili, essi vorrebbero, prima di andarsene, ringraziarMi e renderMi onore a modo loro; perciò va’ pure e riferisci loro senza alcun riguardo tutte le Mie parole!»

6. Il padrone di casa esce e riferisce agli ebrei, parola per parola, quanto avevo detto. Tutti quegli ebrei rimangono sconcertati, poiché ognuno, senza eccezione, si sente profondamente colpito. La Mia osservazione dà noia ad alcuni; altri invece si prendono la cosa a cuore e, dopo averci riflettuto, dicono: «Egli ci ha toccati sul vivo, ma purtroppo è così; voglia Egli perdonarci e noi resteremo!»

7. Quelli però che si sono sentiti offesi esclamano: «Noi invece intendiamo andarcene! È vero che presso di Lui non ci è mancato niente, ma questa vita oziosa da Sciti che abbiamo condotto finora ci è venuta a noia, senza contare poi che con Lui bisogna star sempre sull’attenti e ponderare la più piccola parola per non sentire rimproveri; altrimenti la sentenza è subito pronta e bisogna fare molti sforzi per riappacificarsi con Lui, poiché non si può assolutamente parlare di indulgenza presso di Lui! Quando Egli dice una volta una cosa, non c’è verso di venire a patti nemmeno di una virgola! Dunque noi non vogliamo rimanere oltre presso di Lui»

8. Dicono i pentiti: «Questo è altamente vero. I sacerdoti di Gerusalemme vengono a patti molto volentieri, specialmente quando la rispettiva offerta sembri loro abbondante a sufficienza! Ma Lui non viene a patti nemmeno di una virgola, neanche se Gli venisse offerta anche tutta la Terra! Da questo lato è certamente piuttosto difficile starsene con Lui, ma tuttavia è innegabile che Egli deve essere per lo meno uno dei più grandi profeti, poiché, se pensiamo bene, bisogna convenire che ciascuna delle Sue parole è piena di verità, di forza e di vita, e la natura tutta per quanto muta ed inerte obbedisce ai Suoi cenni! Cos’altro dunque possiamo fare se non rimanere fino a che Egli stesso non ci manderà via?! Infatti le cose che Egli ha fatto dinanzi ai nostri occhi non furono mai fatte da nessun altro uomo prima di Lui, e perciò noi vogliamo restarGli vicino ad ogni costo!»

9. Quelli che si ritengono offesi dicono: «Fate quello che volete, ma noi ce ne andremo! Se siamo in debito di qualche cosa verso il padrone di casa, che ci faccia pure il conto!»

10. Il padrone però risponde: «Questa mia casa non è un albergo per forestieri; se però qualcuno fra i figli di Giacobbe viene a chiedere ospitalità, egli è il benvenuto presso di me e senza che sia tenuto a pagare nulla, ciò che avviene dappertutto in Canaan, il paese dove il latte e il miele scorrono a ruscelli».

11. Congedati a questo modo, essi si alzano subito e si allontanano frettolosamente. Quando però si sono allontanati di parecchie ore di cammino da Cana e non riescono più ad usare i piedi per la stanchezza, si lasciano cadere sulla strada e lì, in qualche centinaio, si riposano per la notte.

12. Ora avviene che una forte legione di soldati romani, proveniente per la stessa strada da Gerusalemme, si imbatte in quella carovana. Dato però che non è possibile svegliare quegli affaticati, essi vengono sorvegliati fino al mattino del giorno dopo, e il mattino, quando si svegliano, le loro mani sono legate e, non potendo esibire dei regolari permessi di viaggio, vengono tutti in massa condotti prigionieri a Gerusalemme e consegnati ai tribunali, i quali dopo ricerche ed interrogatori durati una settimana, riconoscendoli come giudei, li rimettono in libertà, non senza aver loro inflitto delle ammende in denaro.

13. Una parte però dei soldati romani arriva quella stessa mattina a Cana. Dopo aver perquisito la casa che ci ospita ed esaminato il passaporto di Gerusalemme che legittima il nostro soggiorno, i soldati non trovano più nulla da obiettare e continuano la loro marcia verso Cafarnao. Prima di partire, però, il comandante della legione, poiché Mi ha riconosciuto, ha parlato con Me di diverse cose e Mi ha confidato di essere stato destinato, per lungo tempo, di guarnigione a Cafarnao, dove la famiglia lo ha già preceduto un paio di giorni prima. Dopo di che egli Mi invita ad andarlo a visitare nella sua nuova sede poiché desidera parlarMi, ed Io acconsento e gli prometto che sarei andato da lui qualche giorno dopo.

14. Contemporaneamente Mi domanda se Io so da chi può essere composta quella grossa carovana che egli ha trovato la notte precedente immersa in profondo sonno sulla strada che conduce a Gerusalemme.

15. Io gli dico chi erano quei tali, ed egli ribatte sorridendo amichevolmente: «Io mi sono subito immaginato che la carovana da me incontrata si componeva di un tal genere di soggetti, i quali in sostanza non sono altro che spie dei farisei, e mi avrebbe fatto molta meraviglia se Tu non li avessi di primo acchito riconosciuti per tali!»

16. Ed Io gli replicai: «Non hai tutti i torti giudicandoli in questo modo. Quando però essi cominciarono a seguirMi da Gerusalemme e dalla Giudea non erano ancora tali, ora però lo possono divenire; anzi, alcuni fra loro lo diventeranno di certo a loro proprio grandissimo danno, dato che quella razza di vipere che popola il Tempio ama bensì il tradimento, ma teme il traditore più che il nemico tradito, e perciò non lascia la libertà ad alcun traditore; su dieci forse uno riesce a salvare la vita, perché quasi tutti vengono costretti a bere l’acqua maledetta. Quelli che soccombono vengono poi di solito incolpati di tradimento a danno del Tempio e sepolti in terra maledetta a Giosafat, e questa sarà pure la sorte di alcuni che Mi tradiranno alla perversa specie del Tempio! La Mia ora però non è ancora venuta!».

 

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Cap. 88

Il Signore si intrattiene con Cornelio sugli abitanti del Tempio di Gerusalemme e sulla purificazione del Tempio effettuata dal Signore. Buona influenza esercitata da Nicodemo. Predizione del Giudizio su Gerusalemme.

 

1. Dice il comandante che si chiama Cornelio, il quale è pure un fratello dell’imperatore Augusto: «E sarà bene; non avranno che quello che si meritano! Dal canto mio non trovo parole sufficienti per esprimere quanto mi sia indigesta tutta questa gentaglia del Tempio! Io posso assicurarTelo, o amatissimo e nobilissimo Amico, non c’è su tutta la Terra alcuna cosa che uguagli in perfidia uno di questi sacerdoti ebrei del Tempio! I nostri sacerdoti, che si possono quasi chiamare egiziani, sono cattivi, è vero, però di quando in quando si riesce a scorgere in loro qualcosa di umano; raramente si ode che abbiano commesso qualche crudeltà, e, salvo poche mistiche eccezioni, la loro azione si limita all’incitare gli uomini all’umanità ed al coraggio guerriero.

2. Ma queste canaglie invece sono degli ipocriti fino al midollo! Esternamente appaiono severi e pervasi di devozione come se trasportassero sacchi pieni di dèi viventi, mentre internamente sono talmente orribili che, secondo il nostro mito, perfino il più profondo Tartaro dovrebbe averne paura. Delle nostre favolose tre furie principali si dice che, per lo spavento che incutono, fanno diventare di pietra chiunque voglia guardarle; ma in verità, se esse potessero imbattersi in uno di questi bei campioni del Tempio di Gerusalemme, finirebbero per la grande angoscia e lo spavento con il diventare esse stesse più dure del diamante. Una cosa è certa: per sciogliere una buona volta questo nodo maligno e quanto mai arruffato, costituito dal Tempio e dai suoi sacerdoti, bisogna che intervenga al più presto la spada affilatissima del re di Macedonia, altrimenti c’è da temere che in tempo assai breve tutta la Terra rimarrà avviluppata entro le fila di questa trama abominevole! O Amico! Io potrei raccontarTi di questa stirpe tali cose da far venire la febbre al mondo intero! Ma basta, accontentati per ora di ciò; quando verrai da me potremo parlare molto a lungo su questo argomento»

3. Dico Io: «Oh, non ce n’è bisogno; Io conosco questa razza fino alle sue più nascoste fibre, e ti dico anzi che da Me è stato già eletto fra la gente della tua stirpe in Roma un “re di Macedonia” al quale sarà destinato il premio di tagliare con spada rovente questo nodo arruffatissimo fra quanti ve ne furono mai! Tuttavia prima di giungere a ciò, Io voglio fare ancora alcune cose per vedere di migliorare, se è possibile, qualcuno di loro!»

4. Esclama il comandante: «Non farlo! Perché ammesso che anche Tu sia soggetto a morire di morte di uomo, per quanto Tu sia pure un vero Figlio di Dio, essi troveranno tuttavia il modo di ucciderTi! Credimi, o mio carissimo e giovane Amico: vicino a questa razza perversa nemmeno un Dio non è più sicuro della propria vita!»

5. Rispondo Io: «Lasciamo stare! Quello che il Padre vuole, accadrà! Basterebbe un soffio della Mia bocca per annientarli, ma tale non è la Volontà del Padre, e quindi lasciamoli durare ancora un certo tempo!»

6. Osserva il comandante: «Se queste canaglie continuano in tal modo per dieci anni ancora, temo che nella Giudea non rimarrà molta gente in vita. Se nel loro supremo Consiglio non sedesse uno che è il più moderato, già quella volta in cui Tu tanto arditamente ripulisti il Tempio da quell’accozzaglia di furfanti, avrebbero fatto un rumore enorme; per fortuna, come ho detto, un uomo veramente pio e leale di nome Nicodemo trovò il modo di tenere a bada questi figuri, i quali si può dire che sono ormai tanti quanti sono i fili d’erba sulla Terra. Davvero, è perfino da morire dalle risa pensando con quale astuzia egli ha saputo dare loro ad intendere che questa purificazione del Tempio era stata permessa da Dio espressamente allo scopo che i suoi servitori potessero venire in possesso di molto denaro, ed anche per punire i mercanti ed i cambiatori come quelli che, pur essendo i più ricchi in tutta Gerusalemme, pagano soltanto il piccolo fitto per il posto che occupano, senza mai gettare alcuna moneta nella cassetta delle elemosine nel Tempio! La maggior parte di loro si persuase della cosa, ed alcuni anzi dissero: “È giustissimo; che Egli venga pure in occasione della prossima festa di nuovo con la Sua forza magica; ci sarà sempre da ricavarne qualche cosa!”. Altri invece non furono troppo soddisfatti di una simile decisione, perché questi tali non si erano fatti fino allora alcuno scrupolo di fare, fra altro, degli affari di cambio per loro conto perfino nel Tempio, naturalmente mediante agenti fidati. Nonostante ciò io posso rendermi garante che, se Tu volessi di nuovo procedere ad una purificazione del Tempio nell’occasione di una prossima festa, non Ti verrebbe torto neppure un capello da parte di quella ciurmaglia, per la ragione che Tu li hai aiutati, in occasione dell’ultima purificazione, ad avere una somma considerevole. Dunque, se Tu intendessi andartene di nuovo a Gerusalemme in una occasione simile, bisognerebbe che Tu Ti insinuassi di nascosto nel Tempio, altrimenti lo troveresTi già purificato da sé, perché questi merciai, cambisti e negozianti di bestiame hanno mandato in tutte le direzioni degli spioni, nonché quei diabolici servitori del Tempio, con l’incarico di tenerTi d’occhio in qualunque luogo Tu volessi andare. Così anche la carovana che io feci arrestare ora cammin facendo era appunto quasi per intero composta di canaglie di questa specie; e non credo che ve ne siano stati due di onesti!»

7. Dico Io: «Oh, sì, Io posso ben far loro questo favore ancora una volta; sii però pur certo che dopo ciò né cambiatori né mercanti tratteranno più affari nel Tempio! Quando Io farò il Mio ultimo ingresso in Gerusalemme, dovrò ancora una volta purificare il Tempio come l’ho purificato ultimamente».

8. A questo punto si fa avanti un sott’ufficiale ed annuncia al comandante che le truppe sono pronte per mettersi in marcia. Il comandante allora prende congedo da me e Mi raccomanda ancora una volta di non scordare di visitarlo a Cafarnao! Dopo di che il padrone di casa porta una buona colazione a cui tutti gli ospiti prendono parte.

 

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Cap. 89

Gesù prega per tutti i Suoi e congeda i propri fratelli affinché possano ordinare le loro case e dà accenni sulle regole dei tributi dei suoi su Tommaso ed Iscariota. Pietro e il Signore. «Dove manca la fede, per noi vi è poco lavoro». Il miglior condimento dei cibi. Guarigioni mediante l’imposizione delle mani ed erbe medicinali. Ritorno dei discepoli. Il giovane Marco, figlio di Pietro.  La buona pesca di Tommaso. L’essenza di [Giuda] Iscariota.

 

1. Terminato il pasto, dico Io a tutti i presenti: «Chi ha qualcosa da sbrigare in casa propria, può ora andarsene per un paio di giorni; veda però ognuno di essere di ritorno il terzo giorno. Io rimarrò a Cana queste due giornate e Mi concederò un po’ di riposo. Quelli che dimorano troppo lontano, possono però rimanere qui con Me, e così pure coloro che non Mi vogliono lasciare. Durante questi due giorni Io non insegnerò né farò alcuna cosa, ma, come ho detto, Mi riposerò soltanto e pregherò il Padre per tutti voi»

2. Allora Maria ed i Miei cinque fratelli si avvicinano a Me e Mi chiedono se anche loro possono approfittare di questo tempo per andarsene a Nazaret e regolare là le faccende di casa!

3. Ed Io rispondo loro: «Sì, andate pure e fate ciò che vi siete proposti, poiché i Miei discepoli devono in questo mondo essere scrupolosi anche nell’ordinamento delle loro case. Vedete anzi di ordinarle per un paio di anni e cedetele per questo tempo a qualche povero, ma sia ben chiaro senza esigerne l’affitto, perché voi, quali Miei fratelli e discepoli, non dovete mai in avvenire chiedere né affitto né ricompensa a nessuno; accettate soltanto quello che spontaneamente vi viene offerto!»

4. I fratelli assieme a Maria promettono di fare secondo le Mie parole e se ne vanno a Nazaret. Dei discepoli che Mi avevano seguito già fino da Bethabara, dove Giovanni battezzava, il solo Tommaso partì per casa sua, ed anch’egli con il proposito di condurre con sé parecchi altri discepoli ancora, ciò che veramente fece. Ma fra i nuovi venuti con Tommaso c’era un tale di nome Iscariota che non era veramente di Galilea, e che poi Mi tradì. Costui, fino ad un certo tempo, fu il più zelante fra tutti i Miei discepoli. Era stato lui ad incaricarsi di tenere la cassa per tutti; dove mai c’era da pagare qualcosa egli la pagava, ed in certo qual modo faceva da staffetta e da direttore alla nostra carovana durante le nostre peregrinazioni; inoltre egli, di nascosto, sapeva approfittare di quanto Io insegnavo ed operavo per fare denari, e fu appunto questa sua avidità di denaro che lo spinse a diventare quello che infine divenne, cioè un traditore della Mia Persona! Pietro invece e gli altri discepoli, che pure Mi avevano seguito fino da quando Io ero stato a Bethabara, rimasero.

5. Quando Io domandai a Pietro se non volesse anch’egli andarsene per un paio di giorni a casa sua, egli disse: «Signore, soltanto la morte può separarmi da Te, oppure un comando dalla Tua bocca! Io ho incaricato Tommaso di dire a mio figlio Marco di venire qui, poiché egli potrebbe servirci, dato che egli è quasi altrettanto bravo come Matteo a scrivere. E questo è per ora tutto quello che avrei da mettere in ordine in casa mia; di tutto il resto, comunque, hai cura Tu, o mio Signore e mio Dio!»

6. Osservo Io: «Non parlare così ad alta voce, o Mio Simon Pietro, perché qui non siamo a Sichar! Fra coloro che si trovano qui, ve ne sono alcuni che non sono tanto progrediti come te, e questi potrebbero scandalizzarsene. Dunque in avvenire è sufficiente che tu Mi chiami semplicemente Signore, il resto tienilo nel tuo cuore che Io ben conosco!»

7. Pietro allora, soddisfatto delle Mie parole, Mi chiede se durante le due giornate che dobbiamo passare a Cana non si deve fare assolutamente nulla!? 

8. Ed Io gli rispondo: «Ciò sia ben lontano da noi; ma, ad ogni modo, qui non lavoreremo tanto affannosamente come a Sichar! Noi siamo qui, dal punto di vista terreno, nella nostra patria, e tu sai bene quanto valga un profeta in casa propria! Noi dunque, riguardo a quanto è veramente il nostro compito, non avremo qui molto da fare e da insegnare, perché laddove manca la fede vi è per noi poco lavoro. E così per questi due giorni cercheremo di passarcela, come si suol dire, il meglio possibile e ci prepareremo anche un po’ per quello che si dovrà fare in avvenire!»

9. Dopo ciò si fa’ avanti Matteo e Mi domanda se egli deve prendere appunti, nei due giorni passati in questo luogo, riguardo a quanto egli ha visto ed udito a Sichar.

10. Però Io gli dico: «Se proprio vuoi assolutamente fare qualcosa, prepara piuttosto ancora due copie del Sermone della montagna, delle quali una potrà restare qui, e precisamente venire depositata presso il nostro ospite, mentre l’altra la lasceremo a Cafarnao, poiché anche lì non avremo molto da fare»

11. Il nostro ospite però si avvicina a Me e Mi chiede cosa Io desideri avere per pranzo. 

12. E Io gli rispondo: «Amico, a che scopo una domanda tanto vana?! Stamani prima della colazione non Mi hai chiesto nulla in tale proposito, eppure la colazione Mi è piaciuta molto! Altrettanto dunque Mi piacerà anche il pranzo! Stanne certo: qualsiasi vivanda, che è condita con quell’aroma che solo il cuore nobile e traboccante d’amore dell’offerente può conferirle, è più gradita di tutte le cose preziosissime che adornano le mense dei gozzovigliatori egoisti e riempiono le sale con le loro essenze d’ambra!». 

13. Il nostro giovane ospite rimase pienamente soddisfatto della Mia risposta, e di cuore leggero ed allegro si diede da fare per poterci trattare a pranzo nel miglior modo possibile.

14. In tale maniera le due giornate passarono fra buone conversazioni e parecchie visite da parte degli abitanti di questa cittadina.

15. Là venne anche operata qualche guarigione con la semplice imposizione delle mani, ed ad un medico di quel luogo, che era un onesto uomo ma che non riusciva a comprendere l’efficacia di quel metodo di cura, Io insegnai quali fossero le diverse erbe medicinali e molte altre cose; in seguito a ciò egli poté più tardi compiere delle notevoli guarigioni e si acquistò grande fama in paese.

16. Nel frattempo, al terzo giorno, tutti quei discepoli che erano andati alle loro case per due giorni fecero ritorno, ad eccezione di Maria e dei Miei quattro fratelli più anziani. Chi più chi meno, tutti erano accompagnati da nuovi discepoli; specialmente Tommaso aveva lavorato molto a tale riguardo. Egli portò con sé altresì una buona quantità di pesci già arrostiti, poiché sapeva come questo cibo fosse di Mio gusto.

17. Anche il giovane Marco aveva portato a suo padre Simone, oltre a molti saluti da casa, pure una provvista di pesci eccellenti bene arrostiti; Iscariota poi, da parte sua, aveva preso con sé molti denari, e portò molta animazione nella nostra società, poiché egli era molto vivace ed attivo e ci teneva molto ad essere l’ordinatore dappertutto. Io gli feci un’impressione straordinariamente positiva ed aveva un gran da fare a raccontare dei vari avvenimenti che si erano verificati in quegli ultimi tempi qua e là nel vasto impero dei Romani. Trovandoci dunque tutti riuniti assieme, Io intendevo rimetterMi subito in cammino, ma il nostro ospite Mi pregò di restare fino a sera, poiché fuori faceva molto caldo. Ed Io Mi trattenni fino a sera. A pomeriggio inoltrato però Io avvertii i Miei compagni di tenersi pronti a partire, poiché volevo riprendere il viaggio al tramontare del giorno.

 

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Cap. 90

Guarigione del figlio dell’ufficiale reale. Ringraziamento e conversione di quest’ultimo. Cornelio dichiara quale sia l’unica venerazione di cui Gesù si compiace. Cenni sul modo in cui veniva suddiviso il tempo in quell’epoca.

(Giov.4, 47-53)

 

(V.47) Ora c’era un certo ufficiale reale, il cui figlio era infermo a Cafarnao. Costui (il padre del ragazzo malato), avendo udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, andò da Lui (a Cana) e Lo pregò che scendesse (verso Cafarnao) e guarisse il suo figlio, poiché stava per morire.

1. Noi volevamo appunto metterci in cammino, quando ecco arrivare in gran fretta e tutto ansante un uomo di discendenza reale e stretto parente del comandante romano che due giorni prima era partito per Cafarnao, e dal quale aveva appreso come Io fossi venuto dalla Giudea nuovamente in Galilea. Quest’uomo di discendenza reale aveva un unico figlio il quale era stato colto improvvisamente da una febbre maligna, e il medico di Cafarnao, avendolo visitato, aveva subito riconosciuto che per lui era sicuramente finita. Il padre, in preda al dolore ed alla disperazione, non sapeva darsi pace. Proprio allora andò a trovarlo Cornelio, il comandante romano, il quale gli disse: «Fratello mio, questo grande male ha pure il suo rimedio! Un buon camminatore adopera appena un’ora per andare da qui a Cana. Laggiù si trova ora il famoso Gesù di Nazaret, Cui nessun male può resistere! Io stesso L’ho incontrato là venendo a Cafarnao e Gli ho parlato! Certamente Egli sarà ancora là, poiché Egli mi ha promesso di venire direttamente qui a Cafarnao per visitarmi, e ciò che Egli promette, mantiene fedelmente! Dunque, siccome Egli non si è ancora visto qui, è certissimo che si trova tuttora a Cana! Corri quindi tu stesso da Lui e pregaLo che voglia venire qui a soccorrere tuo figlio! Io posso già fin d’ora assicurarti che Egli verrà subito e lo guarirà!».

2. Udite queste cose da Cornelio, l’uomo di discendenza reale parte di corsa, ed arriva, come già detto prima, tutto ansimante appunto nel momento in cui Io Mi accingevo a continuare il Mio viaggio. Appena giunto davanti a Me, egli si inginocchia e Mi supplica di andare al più presto possibile con lui a Cafarnao, poiché il suo unico figlio, il quale è tutto per lui, lotta già con la morte ed ormai nessun medico di Cafarnao può più aiutarlo; e qualora Io non Mi affretti, suo figlio morrà prima che Io possa arrivare a Cafarnao, ammesso che non sia già morto!

(V.48) E Gesù gli disse: «Se voi non vedete segni e miracoli, voi non credete»

3. Gli dico Io: «Vedi, amico Mio, è difficile avere a che fare con voi! Se non vedete già dapprima segni e miracoli, voi non credete! Io però vado in soccorso anzitutto di coloro che credono, pur non avendo visto prima miracoli e segni! Infatti laddove trovo fede incondizionata, aiuto anch’Io con tutta certezza e sicurezza».

(V.49) L’ufficiale reale gli disse: «Signore, scendi prima che il mio fanciullo muoia»

4. Allora l’ufficiale reale esclama: «O Signore! Perché perdere tanto tempo in parole con me, misero! Tu vedi bene che io credo, altrimenti non sarei venuto. Te ne prego o Signore; scendi con me e basta che tu entri in casa mia e mio figlio vivrà! Ma se Tu indugi, egli morrà prima che Tu possa arrivare là! Vedi, io ho molti servitori sotto di me, e se io dico all’uno o all’altro: fa questo o fa quello, egli lo fa. Ora, se io non avessi avuto piena fiducia in Te, io avrei mandato a Te l’uno o l’altro dei miei servitori; essendo invece colmo della più viva fede, sono venuto io stesso. Sì, il cuore mi diceva: “Basta che tu Lo trovi e Lo guardi un istante, e tuo figlio guarirà!”. Signore! Lo confesso apertamente, che io non sono affatto degno che Tu entri sotto il mio tetto, ma dì una sola parola e il mio figlio guarirà e vivrà!».

(V.50) Gesù gli dice: «Va, tuo figlio vive». E quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detta, e se ne andò.

5. Gli dico Io: «Amico, tanta fede Io non ho trovato in tutto Israele! Va’ a casa consolato e avvenga di te secondo la tua fede! Tuo figlio vive!». E l’ufficiale reale allora se ne partì dopo averMi colmato di ringraziamenti e piangendo di gioia, poiché egli credeva interamente alla Mia Parola. Io però rimasi quella sera e il giorno dopo ancora a Cana, con grandissima soddisfazione del nostro ospite.

(V.51) E come già stava scendendo (verso Cafarnao), i suoi servitori gli vennero incontro e gli dissero: «Tuo figlio vive».

6. Intanto l’ufficiale reale si affrettava verso casa sua. Costui era persona ragguardevolissima in Cafarnao nella sua qualità di alto funzionario dello stato, delegato là da Roma, e poi soprattutto perché egli era, come il comandante Cornelio, imparentato con la casa regnante a Roma. Quando dunque egli fu vicino alla città, vide corrergli incontro i suoi numerosi servitori, i quali già da lontano gli gridarono: «Signore! Tuo figlio vive ed è perfettamente sano!».

(V.52) Ed egli domandò loro dell’ora che egli era stato meglio. Ed essi gli dissero: «Ieri all’ora settima la febbre lo lasciò».

7. All’udire la lieta novella, l’ufficiale reale poco mancò che svenisse dalla gioia, e subito si informò a che ora si fosse manifestato il miglioramento! Ed i servitori tutti unanimi gli risposero: «Ieri nella settima ora del giorno la febbre maligna lo abbandonò».

(V.53) Così il padre si rese conto che era nella stessa ora che Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive»; egli credette con tutta la sua casa.

8. Come ebbe appreso questa cosa dai suoi servitori, egli fece un po’ di calcolo, e trovò che la guarigione doveva essere accaduta nella stessa ora in cui Io gli avevo detto: «Tuo figlio vive!». Egli si diresse subito di passo più calmo verso casa sua, e quando vi giunse trovò già il comandante Cornelio che gli conduceva incontro suo figlio sano ed allegro e che gli disse: «Ebbene, fratello mio, ti ho indirizzato sì o no al vero Salvatore?!»

9. E l’ufficiale reale rispose: «Hai avuto ragione, fratello, con il tuo consiglio mi hai ridonato dieci volte la vita! Questo Gesù di Nazaret, però, è evidentemente molto di più di uno dei soliti medici, per quanto abili essi siano nel curare le malattie con erbe efficaci! Pensa un po’! Senza aver mai visto mio figlio, Egli pronunciò semplicemente queste parole: “Tuo figlio vive!”. E mio figlio fu risanato nel medesimo istante”! Ascolta, questa è una cosa che in verità ha del meraviglioso! Credimi, soltanto un Dio può aver questo potere, non certo un uomo! E d’ora in poi io credo, e con me di certo anche tutta la mia casa, che questo Gesù è senza alcun dubbio ed assolutamente un vero Dio, il Quale è venuto ora fra gli uomini per la loro salvezza, e li istruisce e li soccorre. Se mai Egli verrà qui, bisognerà che Gli vengano resi tributi divini!»

10. Dice Cornelio: «Oh! Io Lo conosco già per tale e non vi è forza al mondo che possa smuovermi da questa mia credenza. Egli inoltre non sopporta che Gli si renda onore in questo modo»

11. Osserva il padre del fanciullo guarito: «Fratello, quando si ha tali prove alla mano, io credo che, per quanto si faccia, non si sarà mai fatto troppo!»

12. Risponde Cornelio: «Sono pienamente d’accordo con te; eppure, come già ti dissi, è e resta certo che Egli è un nemico dichiarato degli onori pubblici ed esteriori.

Per quanto mi è noto di Lui, perfino dalla Sua prima giovinezza Egli dà peso soltanto a quelle tacite ed intime dimostrazioni di venerazione che provengono dal cuore e che all’amore si ispirano. Ogni altra manifestazione esteriore invece Gli è addirittura oltremodo noiosa, cosicché, nel caso in cui Egli venisse qui come me ne fece promessa, non faresti altro che allontanarLo per sempre da questo luogo se tu volessi tributarGli pubblicamente onori divini! Fa’ dunque nel tuo cuore tutto quello che ti proporresti di fare, soltanto evita qualsiasi cerimonia esteriore! Infatti io Lo conosco da quando Egli nacque in Betlemme, e da allora ho udito di Lui molte cose e molte altre ne ho viste io stesso!»

13. Dice l’ufficiale reale: «E sia, ti ho ascoltato ieri di giorno, e perciò voglio seguire ancora il tuo consiglio e ti ascolterò anche oggi di notte».

14. (E qui, a questo punto, affinché non sorgano malintesi è bene aggiungere un piccolo chiarimento: particolarmente in Galilea la giornata doveva durare fino al tramontare del sole; dopo il tramonto dunque cominciava veramente il prossimo giorno; ed alcuni minuti dopo la scomparsa del sole, parlando del giorno trascorso, e perciò passato, si diceva già “ieri”. Con il tramonto del sole iniziava la prima veglia notturna per il giorno seguente; ora, una veglia notturna aveva la durata di tre ore delle nostre attuali, mentre un’ora del giorno paragonata all’unità odierna di tempo, d’estate durava quasi quanto due ore, e d’inverno a mala pena quanto una, poiché il tempo fra il sorgere e il tramontare del sole doveva sempre venire diviso in dodici ore, fosse esso breve oppure lungo. Dunque, il tempo di un’ora menzionato che l’ufficiale reale impiegò da Cafarnao fino a Cana equivarrebbe a due delle nostre ore. Questo breve chiarimento è tanto più necessario, in quanto parecchie cose esposte in questo Vangelo sarebbero altrimenti difficilmente comprensibili, poiché le misure del tempo sono date secondo il conteggio di allora e non secondo il nostro attuale.)

 

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Cap. 91

Istruzioni del Signore ai Suoi due scrivani Giovanni e Matteo. Qualche cenno per l’esatta comprensione delle differenze fra questi due Vangeli. Delle misure prese dal Signore fin dall’antichità per rendere più comprensibile e chiara la Sua Dottrina. La testimonianza del Signore sulla Sua odierna e nuova Rivelazione.

 

(V.54) Questo era l’altro segno che Gesù fece, quando giunse dalla Giudea in Galilea.

1. Io dico poi il giorno seguente a Giovanni, il quale aveva preso nota del primo miracolo operato in Cana al tempo delle nozze, di mettere per iscritto la narrazione di questo nuovo fatto successo nel medesimo luogo, e Giovanni fece ciò usando brevi parole in otto versetti, come appare scritto nel Vangelo.

2. Però Matteo Mi chiese se doveva anch’egli prendere nota di questo fatto. Ma Io gli rispondo: «Lascia stare! Domani saremo a Cafarnao e là pure Io insegnerò e farò dei segni; sarà compito tuo narrare quelle cose. Nel frattempo aggiungi ancora al Mio Sermone della montagna la guarigione del lebbroso di Sichar, che Io sanai quando scesi dal monte»

3. Dice Matteo: «Signore, per quanto io sappia, in Sichar sono stati due i lebbrosi da Te guariti; quale dei due devo menzionare?»

4. Gli rispondo Io: «Anzi, veramente i guariti sono stati più di due; basta però che tu faccia menzione di quello che Io sanai ai piedi del monte ed al quale dissi che andasse poi a mostrarsi al sacerdote Jonaele, di cui non occorre che tu faccia il nome, e che offrisse il sacrificio comandato da Mosè, per la testimonianza! Infatti colui che in Me non crede per un miracolo da Me operato, non crederà anche se Io ne operassi cento dinanzi a lui! Quindi delle molte cose da Me fatte prendi nota soltanto di questa che ti ho ora indicato»

5. Dice Matteo: «Ah! Sì o Signore, ora comprendo di quale fatto Tu intendi parlare! Veramente, qualche breve annotazione me la sono già fatta, ma non ho ancora completamente trascritto la cosa; io voglio subito mettermi all’opera e comincerò così un nuovo capitolo. Infatti il Sermone della montagna io l’ho diviso in tre capitoli; questo dunque sarà il quarto»

6. Osservo Io: «Per il momento questa tua suddivisione è buona, ma dopo che Io sarò stato elevato da questa Terra nel Mio celeste ed eterno Regno, sarà necessario che tu faccia precedere questi quattro capitoli da altri quattro nuovi, cosicché tu puoi denominare già fin d’ora: V°, VI° e VII° i tre capitoli del Sermone della montagna da te già scritti; il nuovo che farai seguire lo segnerai con il numero VIII°»

7. E Matteo si attenne a queste Mie prescrizioni, e così oggi la Predica sul monte, sebbene questo fatto fosse avvenuto per primo, viene narrata solo nel quinto, sesto e settimo capitolo.

8. Anche questa cosa era necessario sapere per meglio comprendere i due Vangeli, cioè di Giovanni e di Matteo, poiché entrambi sono stati scritti sotto la Mia Personale direzione. Ora, qui si tratta appunto principalmente di far sì che la comprensione esatta degli avvenimenti esposti in entrambi questi documenti, esteriormente ed in apparenza tanto differenti l’uno dall’altro, venga resa nella giusta armonia fra di loro, per evitare ciò che è accaduto nel passato. Perfino i buoni intenditori della Bibbia considerarono identici i miracoli che in Matteo e in Giovanni appaiono somiglianti, e si domandarono tuttavia: “Com’è possibile che Matteo dica una cosa e Giovanni un’altra, mentre il fatto sembra essere sempre lo stesso?!

9. Da ciò derivarono anche molti errori e, non di rado, un completo abbandono della Mia Dottrina, di come essa è esposta nei Vangeli.

10. È vero che a tale proposito si potrebbe domandare: «Ma, o Signore, perché hai permesso per tanti secoli che ciò avvenisse, e non hai voluto illuminare nessuno riguardo a queste cose?»

11. Io però rispondo: «Nessun secolo trascorse senza che Io abbia eletto e suscitato uomini, ovunque la Mia Dottrina fosse almeno un po’ professata, affinché essi evidenziassero a sufficienza alle persone i fatti e la necessaria spiegazione dei Vangeli. E gli eletti lo hanno pur sempre fatto, e anche storicamente hanno aggiunto nei documenti quello che è andato perduto, in parte per la mente ostinata e, non di rado, per la cattiva volontà dei diversi sovrintendenti e sacerdoti settari del Vangelo, ovvero della Mia Dottrina; ma solo pochissimi la accettarono.

12. Le chiese, che con il tempo si erano sistematicamente istruite, le rigettarono, come certamente è ben naturale, e le dichiararono “eresie” e “manipolazioni diaboliche”, e ciò perché non si confacevano alle loro tendenze di ricchezza terrena e di dominio!

13. Gli scienziati e gli artisti poi, a loro volta, giudicarono quelle novità “fantasie” e “sogni di qualche allucinato” che era debole di mente e che avrebbe bensì voluto essere qualche cosa, ma che non si era procurato le cognizioni necessarie o che non aveva sviluppato le proprie attitudini mediante la fatica, la diligenza e gli studi severi!

14. Ma nel luogo dove il profeta eletto, o suscitato a tale scopo, viveva ed era conosciuto, egli era di sicuro meno apprezzato che altrove, e là, per conseguenza, non poteva operare che poca cosa. Infatti, secondo i concetti degli uomini, generalmente parlando, un profeta non dovrebbe veramente mai abitare sulla Terra, né avere figura di uomo; così pure non dovrebbe mangiare, né bere, né portare vestiti. Un vero profeta dovrebbe per lo meno, come Elia, farsi trasportare per l’aria sopra un carro di fuoco, e da lì profetizzare a ciascuno soltanto quello che l’uno o l’altro ascolta egoisticamente con piacere e che lusinga l’amor proprio! Così dovrebbe essere un vero profeta, al quale sicuramente tutti gli occhi e gli orecchi si volgerebbero, in special modo poi se durante le peregrinazioni aeree volesse in qualche maniera meravigliosa gettare giù a manciate delle monete d’oro e d’argento per i ricchi, riservando al caso anche una piccola pioggerella di spiccioli di rame per i proletari, ed in pari tempo si compiacesse di lodare i grandi, i ricchi ed i potenti, ma in compenso di punire aspramente e spesso i poveri diavoli (proletari), specialmente qualora questi si azzardassero di mormorare contro i ricchi, i grandi ed i potenti. È certo che un profeta simile sarebbe per i poveri un’apparizione per niente gradevole, e non potrebbe aspettarsi da loro alcuna lode!

15. Ma se il profeta è un uomo come ogni altro, che mangia e beve ed ha su questa Terra perfino una comunissima dimora, e se poi addirittura esercita un mestiere qualunque, oh! allora è la fine del suo profetizzare! Egli viene dichiarato pazzo oppure un ipocrita (simulatore), e nella sua patria meno che in qualsiasi altro luogo egli potrà arrivare a qualche risultato.

16. Dunque, Io in quasi duemila anni ho sempre completato ciò che mancava; ma chi se ne curò veramente? Io ve lo dico: “Sempre pochissimi, ed anche questi assai di rado in maniera abbastanza vivificante!”. Se ne prese nota, è vero, ma che poi in seguito qualcuno avesse di fatto regolato conformemente il proprio tenore di vita e si fosse convinto in spirito che quell’uomo, per tutto il resto simile agli altri, era davvero da Me eletto a portare ancora una volta un raggio di Luce dai Cieli agli uomini di questa Terra divenuta gradualmente sempre più tenebrosa, questa cosa venne ignorata in ogni tempo, accampando ogni genere di futili motivi!

17. L’uno ha fatto acquisto di un nuovo paio di buoi e deve addestrarli all’aratro, è naturale quindi che non abbia tempo; l’altro deve curare un campo nuovo, e neppure lui può venire! Un terzo ha preso moglie, e per conseguenza non ha più assolutamente né il tempo né l’occasione di fare attenzione a qualcosa di simile! Un quarto infine è in procinto di edificare una grande casa, e per i grandi pensieri e preoccupazioni non sa dove sbattere il capo, perciò è da escludersi assolutamente che possa rimanergli del tempo libero! Insomma, ognuno trova questa o quella scusa, e così la nuova Luce dai Cieli ritorna a brillare invano per un secolo intero, nascosta in qualche umile cantuccio della Terra. E se nel secolo che segue Io faccio nuovamente risplendere un altro raggio di Luce allo scopo di illuminare gli uomini riguardo al senso degli antichi documenti, anch’esso va incontro allo stesso destino.

18. Se si deve dunque ammettere, come lo dimostra l’esperienza fatta in ogni tempo, che la cosa stia realmente così, allora appare giustificata la domanda se sia proprio da fare a Me un carico se negli antichi documenti si riscontrano ancora oggigiorno le stesse lacune che già mille anni fa vennero rilevate da vuoti indagatori della lettera e da sofisti, i quali furono i precursori di tutti quegli scettici che poi divennero i diffamatori della Mia Dottrina, moltiplicatisi poi come i funghi in ogni tempo, e che fecero a gara per negare la Mia Divinità e quella della Mia Dottrina.

19. È appunto per questo motivo che Io ora vengo quale Apportatore di pienissima Luce, per quanto riguarda questi fatti, affinché alla fine nessuno possa scusarsi col dire che Io, dal tempo della Mia presenza corporea sulla Terra, non Mi sono più occupato né della purezza ed integrità della Mia Dottrina, né degli uomini che avrebbero dovuto accogliere la Dottrina stessa! Quando, fra breve, Io ritornerò sulla Terra, procederò ad una cernita severissima e non accetterò affatto chi si presenterà da Me con scuse di qualunque genere! Infatti ognuno, che seriamente cerca, può e deve trovare! Ma le pecore e gli asini ammalati e legati alla rastrelliera dovranno inghiottire una tale “medicina” che, dopo averla presa, di sicuro ricercheranno avidamente il cibo dai Cieli; essi però, quali convalescenti, dovranno per molto tempo venire nutriti omeopaticamente. Ed ora ritorniamo al nostro Vangelo!».

 

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Cap. 92

Il Signore e Matteo. Bontà ed utilità del giusto ordine. Alcuni esempi a proposito del lavarsi e dello sgomberare il campo dalle pietre. Cenni riguardo all’Onniscienza di Dio. Cenni illustrativi sul modo in cui gli uomini vengono guidati. Dell’angelo custode. «Dio è Amore!». Dei rapporti fra Dio come il più puro Amore e gli uomini. Esortazione a partire per Cafarnao.

 

1. Il giorno seguente a quello in cui Io avevo guarito a Cana il figlio dell’ufficiale reale in Cafarnao, Matteo terminò di scrivere i suoi versetti e venne da Me per mostrarMi il lavoro che aveva fatto. Io lo lodai perché in brevi parole egli aveva saputo narrare esattamente tutto quanto era accaduto; però, dopo che egli ebbe già impacchettato il suo materiale da scrivere, egli ritorna e Mi domanda quante tavolette da scrivere gli occorreranno a Cafarnao, perché egli ne ha lasciate da parte, per averle pronte a questo scopo, soltanto quattro. Se egli deve tenerne sciolte in numero maggiore, gli sarà più facile tirarne fuori altre dal pacco senza attendere di arrivare a Cafarnao!

2. Ed Io gli rispondo: «Bastano le quattro che hai a mano; tuttavia devo renderti attento su un piccolo errore che ho riscontrato nell’ordinamento delle tue cose! Non che sia da attribuirsi eccessiva importanza a ciò, ma, poiché presso di Me tutto deve procedere in un ordine certo e preciso, non è stato giudizioso da parte tua far prima accuratamente un involto del tuo materiale da scrivere e domandarMi solo dopo quante tavolette ti sarebbero occorse! Ora, se Io avessi detto: “Tu adoprerai a Cafarnao cinque tavolette”, avresti dovuto sciogliere il tuo intero involto a causa di questa singola tavoletta, ciò che ti avrebbe causato una fatica assolutamente inutile. Tu però, spinto dalla Mia segreta influenza, hai messo precisamente da parte il giusto numero di tavolette, e così ti sei risparmiato la fatica di sciogliere nuovamente il tuo involto. Come ho già osservato prima, la cosa in sé non ha grande importanza; però il mantenere saviamente un ordine è non di rado di grandissima utilità in tutte le cose, per quanto meschine esse appaiano.

3. Vedi, se qualcuno vuole lavarsi alla mattina, a mezzogiorno oppure alla sera, e si lava prima il viso e per ultime le mani, allora egli non avrà il viso pulito così presto, perché vi sarà passato sopra con le mani sudice, ma se invece egli si lava dapprima le mani, potrà con queste rendere pulita facilmente ed assai presto anche la faccia.

4. Un uomo aveva un tratto di terreno pietroso e lo ripulì con grande fatica e impegno dalle pietre, però ebbe cura, facendo ciò, di procedere con il massimo buon ordine: dapprima egli raccolse le pietre più grandi e le trasportò fuori del campo, facendone un mucchio regolare, poi prese le pietre meno grosse e ne fece un secondo mucchio altrettanto regolare quanto il primo, e così procedette con gli altri tipi di pietre, secondo la loro grandezza, e formò in tutto dieci cumuli, dei quali ognuno constava di pietre di grandezza assolutamente uguale.

5. Allora i vicini che avevano visto ciò, ma che per liberare i loro campi dalle pietre non si erano attenuti al medesimo modo, essendosi accontentati di accumulare pietre grandi e piccole tutte assieme e disordinatamente, esclamarono: “Guardate questo pazzo! Non ha egli qualcosa di meglio da fare che giocare con le pietre!”

6. Ma ecco che, dopo breve tempo, per la strada che passava davanti a questo campo venne un costruttore edile il quale andava in cerca di pietre per un edificio che doveva costruire. Quando egli scorse i dieci cumuli di pietre ben ordinati, ne fece richiesta e le comperò tutte da colui che era stato dichiarato pazzo dai vicini, pagandole quaranta denari d’argento, poiché, in quel modo preparate in ordine, egli poteva adoperare le pietre subito e benissimo. I vicini allora, che erano stati testimoni di ciò, si rivolsero essi pure al costruttore edile e gli dissero: “Signore, perché non sei venuto piuttosto da noi? Come vedi, abbiamo anche noi le medesime pietre e te le avremmo date per pochi denari, mentre tu hai comperato la stessa cosa per ben quaranta denari!”. Ma il costruttore edile rispose: “Le vostre pietre dovrei prima ordinarle, ciò che mi costerebbe molto lavoro, tempo e fatica; queste invece che ho comperate sono già in un ordine tale come appunto mi occorre in questo momento, e perciò preferisco pagarle più di quanto realmente valgono piuttosto che prendere le vostre anche per niente! Udito ciò, naturalmente anche i vicini cominciarono a mettere in ordine i loro mucchi di pietre, ma ormai era troppo tardi, perché il costruttore edile si trovò ad avere già a sufficienza di quelle che aveva comperato dal primo, e così i vicini non fecero che affaticarsi invano!

7. Dunque, abbiate cura di essere sempre ben ordinati in tutte le vostre cose! Se un giorno dovesse arrivare il compratore che può lasciare un bel guadagno, certamente si rivolgerà dapprima là dove avrà riscontrato il più bell’ordine! Una fatica tardiva è spesso inutile! Comprendi tu questa parabola?»

8. Dice Matteo: «Signore, com’è possibile non comprenderla?! Essa è lampante e chiara come il sole a mezzogiorno.

9. Io però vorrei apprendere da Te ancora una sola cosa, e cioè come Ti fu possibile sapere che io adopererò a Cafarnao precisamente soltanto quattro tavolette! L’Onniscienza divina è per me ancora uno dei più grandi misteri! Talvolta Tu sei in grado di sapere tutto senza dover domandare nulla a nessuno ed ordini le Tue vie a seconda di ciò; altre volte invece Tu domandi ed agisci nuovamente come qualunque altro di noi, quasi Tu non sapessi niente di cosa sia avvenuto qua e là, o cosa dovrà avvenire! Come è possibile ciò? Signore, Te ne prego, dammi a questo riguardo qualche piccolo chiarimento!»

10. Rispondo Io: «Amico! Ben volentieri vorrei rivelarti questa cosa, ma tu non potresti comprenderla, e quindi lasciamola stare per ora! Fra non molto però verrà bene il tempo in cui tu comprenderai facilmente e chiaramente questi misteri.

11. Ti basti intanto questo: nonostante la libertà di volere concessa all’uomo, Dio può sapere tutto quello che Egli vuole sapere; però, ciò che Egli non vuole sapere, affinché l’uomo agisca liberamente, Egli anche non lo sa! Hai compreso?»

12. Osserva Matteo: «Signore, se è così, vivere su questa Terra è per l’uomo una cosa ben pericolosa! Chi è colui che, per quanto poco istruito egli sia, non conosca il numero stragrande di nemici che, armati di tutti i mali possibili, si schierano contro questa umanità misera e ne preparano la rovina? Se Tu non Ti curi più di ciò e prendi la cosa come niente fosse, allora ben esili sono le speranze riguardo alla salvezza dell’anima!»

13. Gli dico Io: «Non così esili quanto esse sembrano a te ora, perché, in primo luogo ognuno vivrà della sua fede e principalmente del suo amore; in secondo luogo, poi, ogni uomo rimane libero di rivolgersi in qualsiasi momento a Dio e di invocare la Sua protezione; ed in questo caso Dio volgerà certamente la Sua Faccia al supplicante e lo aiuterà in ogni contingenza!

14. Del resto, ad ogni uomo è concessa la scorta invisibile di uno spirito protettore che ha il compito di guidarlo dal giorno della nascita fino a quello della sua morte! Questo protettore agisce continuamente sulla coscienza dell’uomo, e comincia a tenersi gradualmente sempre più lontano dall’uomo solo quando quest’ultimo, spinto dall’egoismo, abbandona di propria volontà ogni fede ed ogni amore verso il suo prossimo.

15. Dunque, l’uomo su questa Terra non è assolutamente tanto isolato quanto tu credi, poiché tutto dipende dal suo volere liberissimo e dal suo conseguente agire, se egli vuole o meno essere vigilato ed esaudito da Dio! Se l’uomo vuole, lo vuole anche Dio, ma se l’uomo non lo vuole, allora di fronte a Dio egli è del tutto libero, e Dio non si cura ulteriormente di lui se non per quanto è fondato nell’ordine generale delle cose e per quanto riguarda la vita naturale dell’uomo, e tutto ciò che ad essa è condizione necessaria. Ma più in là Dio non influisce sull’uomo, né lo può fare, sempre a motivo della libertà umana che è inviolabile! Soltanto se l’uomo per libera volontà del suo cuore ricerca Dio e Lo supplica, allora Dio viene sempre incontro per la via più breve alle preghiere dell’uomo, sempre che le ricerche e le preghiere di costui abbiano quale fondamento l’assoluta serietà.

16. Se invece l’uomo ricerca e supplica soltanto in via di prova, per convincersi soltanto se vi è effettivamente qualcosa di vero in Dio e nelle Sue promesse, allora in questo caso non viene né guardato né esaudito da Dio, poiché Dio in Se stesso è l’Amore più puro, e non rivolge la Sua Faccia che a coloro i quali, ugualmente animati da puro amore del loro cuore, a Lui se ne vengono e Lo ricercano per amore di Lui stesso, e con l’animo colmissimo di gratitudine vogliono imparare a conoscerLo quale loro Creatore e hanno l’ardente desiderio di essere da Lui stesso protetti e guidati.

17. Certamente, coloro che in tal modo a Lui se ne vengono, possono star sicuri che Dio sa in ogni istante e molto bene ogni più piccola cosa che li riguarda, ed Egli stesso li istruisce e li guida; ma coloro che non vogliono saperne di Lui, di quelli a Sua volta Dio non sa assolutamente alcuna cosa.

18. E quando un giorno, nell’aldilà, dovranno presentarsi a Dio, avranno un bell’esclamare: “Signore, Signore!”. Ma Dio risponderà loro: “Lontano da Me o stranieri, poiché Io non vi ho mai conosciuti!”. Tali anime poi avranno molto da sopportare e molto da combattere finché, riconosciute da Dio, sarà loro concesso di accostarsi a Lui. Comprendi tu ora?»

19. Dice Matteo: «Sì, o Signore, tutto ciò ora mi è oltremodo chiaro. Ma non starebbe bene che io prendessi subito nota di questa eccellente dottrina, che di certo spronerebbe fortemente gli uomini a ricercare Dio incessantemente ed a supplicarLo di volerli guidare sul buon sentiero?»

20. Gli rispondo Io: «No, Mio caro amico e fratello, perché tale dottrina non potrebbe ancora venire compresa da nessuno in tutta la sua pienezza di vita e di verità! Per questo motivo non è affatto necessario che tu ne prenda nota; un giorno però, se lo vorrai, potrai farlo per te soltanto e per pochi fratelli.

21. Ed ora, se siete pronti per continuare il viaggio, ci metteremo in cammino verso Cafarnao! Chi vuole venire con noi, ci segua; chi vuole rimanere, rimanga! Io devo andarci, perché grande è la miseria che affligge quel luogo nonché le piccole città situate intorno al lago che viene chiamato il Mare di Galilea».

 

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Cap. 93

Il Signore e il giovane Coban di Cana che dà ospitalità. Della libera autodeterminazione. Esempio dell’opera d’arte. «A chi ha, gli verrà ancora di più aggiunto!». La vera vita proviene dal cuore. Il pellegrino più facilmente viaggia, se è libero di ogni cosa.

 

1. Mentre noi ci disponiamo a riporci in cammino, il giovane che ci ha ospitati viene nuovamente a pregarmi di voler rimanere presso di lui ancora per quella sera.

2. Però Io gli dico: «Io farò presto ritorno, poiché, prima di recarMi a Gerusalemme in occasione della prossima festa, devo visitare Nazaret; allora sarò nuovamente tuo ospite tanto nell’andata che nel ritorno»

3. Dice il giovane: «Signore, questa sarà per me la più grande delle felicità! Ma se Tu oggi non vuoi assolutamente rimanere qui più a lungo, permettimi almeno che venga anch’io con Te e Ti accompagni ancora una volta!»

4. Osservo Io: «Tu sei pienamente libero di farlo, perché da parte Mia nessuno sarà mai costretto a fare una qualsiasi cosa! Chi vuole accoglierMi, Mi accolga, e chi vuole seguire Me e la Mia Dottrina, costui Mi segua! Infatti libero sono Io e libero è il Mio Regno, ed a questo non si può accedere se non per la via della più assoluta libertà!

5. Innanzi a Me ha valore soltanto ciò che ha fondamento nella volontà più libera dell’uomo. Tutto quello che va oltre questo termine o vi rimane al di sotto non ha alcun valore né per Me, né per il Padre Mio il Quale è in Me come Io sono in Lui!

6. Infatti ogni costrizione, proveniente da una qualsiasi parte che non sia esclusivamente il proprio cuore, è una cosa estranea; ora, secondo il Mio Ordine eterno, fondato sui principi della libertà più vasta, possono per ciascun uomo avere un qualche valore soltanto le manifestazioni di vita strettamente ed assolutamente proprie, e non le estranee.

7. A che ti gioverebbe, alla fin fine, se tu affermassi, riguardo ad un’opera d’arte che ha fatto qualcun altro, che è opera delle tue mani? Metti il caso che arrivasse qualcuno e ti chiedesse, promettendoti una grande ricompensa, di fare una copia uguale a quella che tu hai dichiarato di aver fatto con le tue mani; cosa faresti di fronte a tale richiesta? Ebbene, dato che tu non sei capace di farne una copia uguale, allora tu non potresti fare altro che stare lì impalato, pieno di vergogna e rassegnato ad udire i rimproveri dell’altro il quale, davanti a tutto il mondo, potrebbe accusarti di essere un bugiardo, un imbroglione ed usurpatore della fama altrui.

8. E così pure è data assoluta facoltà ad ogni individuo di sviluppare e perfezionare pienamente la propria vita.

9. Per ciascun uomo viene il giorno in cui egli deve sottostare al grande esame della vita, ed in quel giorno tutto quello che innanzi all’occhio di Dio verrà riscontrato di estraneo ad ogni singolo uomo gli verrà tolto; ed allora sarà detto: “Chi ha, a costui verrà lasciato quanto ha, anzi ancora molto gli verrà aggiunto; ma chi non ha del proprio, a costui verrà tolto anche quello che ha, poiché quanto egli ha non è propriamente suo, ma è una cosa estranea!

10. Io ti dico che non è necessario che tu venga con Me, però, se tu vuoi farlo puramente di tua volontà e per amor Mio, tu non soltanto non avrai nulla da perdere, ma anzi ci guadagnerai il decuplo sotto ogni riguardo. Infatti chiunque fa una cosa per puro amore verso di Me, riceverà già qui il decuplo, ed un giorno nel Mio Regno verrà ricompensato cento volte, anzi mille ed infinite volte per quanto egli avrà fatto!»

11. Esclama il giovane: «Signore, allora io vengo con Te senz’altro, poiché è il mio cuore che mi spinge, ed io voglio dare ascolto il più scrupolosamente possibile a quanto esso mi suggerisce!»

12. Ed Io gli dico: «E sta bene, così facendo tu avrai dal tuo cuore stesso la Vita che è l’unica giusta, poiché ogni altra vita che non provenga dal cuore non è vita, ma è bensì la morte della propria vita in ciascun uomo! Questo ti dico Io che sono il Signore di ogni vita!»

13. Il nostro giovane allora, tutto felice, prende subito una sacca e del denaro e si accinge anch’egli a partire.

14. Ma Io gli dico: «Liberati di ogni intralcio inutile, così potrai camminare molto più leggero; pensa che i ladri aggrediscono solamente coloro dei quali sanno che hanno addosso qualcosa! Se però non hai niente con te, nemmeno i ladri avranno qualcosa da portarti via!».

15. Udito ciò il giovane consegna denaro e sacca a sua moglie, deciso a seguirMi anche facendo a meno di queste cose.

 

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Cap. 94

Del denaro. Obiezioni mondane dettate dalla ragione di Giuda Iscariota. La fiducia in Dio è il più grande tesoro. Perché Mosè non arrivò nella Terra Promessa. Testimonianza del Signore di Se stesso. Della maledizione e dei pericoli del denaro un tempo e ora. La redenzione con il fuoco dall’Alto. Sfacciato elogio di Giuda sul denaro. Una seria risposta: «Ciò che si ama, si sa lodare!».

 

1. Ma Giuda Iscariota che è lì vicino dice: «Io credo però che un po’ di denaro non possa nuocere a chi va in viaggio!»

2. Io però replico: «Chi Mi conosce come Mi conosce questo giovane che ci ha ospitati e che fu con Me già l’altra volta a Sichar, sa che presso di Me ci si può arrangiare assai bene anche senza denaro! Guarda, le Mie vesti non hanno tasche e denari con Me non ne ho mai portati, eppure Io ho condotto fin qui, attraverso la Giudea e la Samaria, molte centinaia di persone! Chiedi loro quanto costò a ciascuno di essi questo viaggio!

3. Questo però è già avvenuto; ma Io ti dico di più ancora, e cioè che passerà soltanto un tempo brevissimo ed Io sazierò molte migliaia di persone senza avere con Me più denaro di quanto ne abbia avuto finora.

4. Ascolta bene: una vera e piena fiducia in Dio ha più valore di tutti i tesori della Terra, con i quali tu puoi giovare bensì alla carne per breve tempo, mai però alla tua anima! Che se tu l’avrai rovinata, e quindi persa, cosa potrai poi offrire per il suo riscatto?»

5. Dice Giuda: «Sì, sì, Tu hai ragione, ma per certe cose all’uomo occorre pur del denaro!»

6. Gli obietto Io: «DimMi un po’, quanto denaro aveva con sé Mosè quando condusse gli israeliti fuori dall’Egitto?»

7. Risponde Giuda: «Egli aveva oro e argento e pietre preziose in grande quantità!»

8. Dico Io: «Certamente, egli aveva queste cose; ma furono appunto le stesse che lo trattennero, impedendogli di giungere alla Terra Promessa! Comprendi tutto ciò?»

9. Risponde Giuda: «La mia opinione, tuttavia, sarebbe riguardo a Mosè, il profeta di tutti i profeti di Jehova, che la colpa non fu dell’oro e dell’argento, che egli dovette portare con sé dall’Egitto su comando di Dio, ma piuttosto del fatto che in un’ora di debolezza ebbe troppo poca fede nella Fedeltà di Jehova!»

10. Gli dico Io: «E quale fu il motivo per cui egli un giorno fu scosso nella fede? Colui che allora permise che Mosè, a causa appunto del pensiero dell’oro e dell’argento, vacillasse nella fede, Quello stesso è qui che ti dice ciò! La cosa sta scritta bensì in forma metaforica, però, come Io te l’ho dichiarata, così è ed era veramente!»

11. Dice Giuda: «E sia pure, io credo che sia accaduto come Tu dici! Ma adesso da parte dell’imperatore di Roma e di mezzo mondo il denaro è stato introdotto quale strumento legale per facilitare gli scambi necessari fra gli uomini, e noi siamo obbligati a servircene. Io penso che, se non è peccato gettare del denaro nella cassetta delle offerte, non sarà peccato nemmeno dare questo stesso denaro ad un povero qualunque affinché possa sostenersi per qualche giorno. Credo quindi che sia buona cosa, quando si va in viaggio, prendere con sé un po’ di denaro per i poveri, denaro che, dopo tutto, viene emesso legalmente dallo Stato perché se ne faccia uso. Secondo me, dunque, Coban, il giovane che ci ospita, avrebbe fatto bene a portare con sé quelle sue monete!»

12. Gli osservo Io: «Anche tu però hai con te una borsa riccamente fornita, eppure ieri non hai dato niente ai tre poveri che ti avevano chiesto l’elemosina. Mi sembra dunque che tu stesso non faccia del denaro quel lodevole uso a causa del quale tu Me ne hai decantato i pregi! 

13. Per quanto poi riguarda il gettare il denaro dentro la cassetta delle offerte, Io ti dichiaro apertamente che questo è l’abominio della desolazione, seppure non tanto per alcuni deboli nello spirito, i quali credono di assicurarsi in tal modo il Cielo, ma tanto più per coloro che prendono il denaro dalla cassetta delle elemosine e lo sperperano durante la notte con donne di malaffare! Finché non è esistito il denaro, non c’erano come oggi delle pubbliche meretrici! Ma ora che esistono denari di ogni specie, vi sono in Gerusalemme, come in quasi tutte le altre città, in grandissimo numero donne che si offrono pubblicamente, e con esse peccano gli uomini giorno e notte! E se a coloro i quali posseggono molto denaro non piacciono più quelle del proprio luogo, fanno venire delle giovani da altri paesi; le comperano in Grecia per trasportarle in Giudea, dove si danno con quelle alle più abominevoli fornicazioni! Ecco: tutto ciò e mille volte di più ancora è la benedizione che porta con sé il denaro da te così altamente lodato!

14. Ma queste cose non sono che il principio della maledizione che il denaro porta. 

15. Verranno tempi che saranno più calamitosi di quelli quando Noè costruì l’arca, e la ragione della loro miseria si dovrà ricercarla nell’oro e nell’argento, e soltanto un fuoco dai Cieli, che divorerà tutta l’immondizia dell’Inferno, potrà redimere gli uomini dall’orrore della loro miseria!»

16. Dice Giuda: «Sì, certamente, Tu sei un Profeta senza uguali, e Ti è dato di sapere tutto ciò, ma quando il denaro lo si impiega bene, io penso che non si possa sbagliare!?»

17. Replico Io: «Sì, se lo si impiegasse bene, allora sarebbe altrettanto buono come ogni altra cosa su questa Terra, di cui si può far uso sia in bene che in male nello stesso modo; ma la grande differenza consiste in ciò: se tu ti rechi in una città, devi portare sulle spalle vari tipi di cose, sia utensili che viveri, per ricevere in cambio altre cose di cui hai bisogno e cibi e bevande. Certamente il sistema è alquanto scomodo, ma con ciò viene anche resa scomoda la via che conduce l’uomo al peccato! Infatti se tu vieni carico di pacchi e bagagli o addirittura ti trascini dietro un carro di utensili e di altre cose e ti presenti ad una prostituta, proponendole di compensare le sue peccaminose prestazioni con qualche pentola o qualche piatto che sia, essa ti riderà in faccia; e tu sei esente dal peccato! Tutt’altro però avverrà se le offrirai dell’oro e dell’argento: in tal caso essa non si burlerà più di te, anzi ti condurrà nella sua casa e cercherà con ogni mezzo di incitarti a peccare con lei, allo scopo di ottenere una maggiore quantità del tuo oro e del tuo argento! Dunque il denaro è sicuramente assai comodo per facilitare gli scambi, ma è altresì oltremodo comodo ed eccitante per indurre al peccato!

18. Ed è appunto per fornire più facilmente abbondante occasione di peccare che Satana lo portò in questo mondo! Non hai potuto ancora convincerti come la buona occasione sia il miglior mezzo per attirare i ladri?»

19. Risponde Giuda: «Va bene, tutto questo è giusto! Ma se si volesse trattenere dal crimine tutte le specie di ladri che esistono non facendogli trovare presso gli uomini niente di tutto quello che li invoglia a rubare, quante cose allora dovrebbero essere cambiate! Prima di tutto gli uomini dovrebbero rinunciare a tutti i beni di questa Terra e divenire senza eccezione poveri; poi bisognerebbe che si somigliassero fra di loro come due fringuelli maschio e femmina, ed infine nessuno dovrebbe essere più saggio degli altri! Finché però questo non accadrà, ogni predica e ogni insegnamento o miracolo risulterà fatica sprecata! Molti si convertiranno, ne sono persuaso; ma dieci volte maggiore sarà il numero di quelli che, nonostante tutti gli insegnamenti e tutti i miracoli, rimarranno come sono, se non diventeranno addirittura peggiori di prima, il che è altrettanto facile che accada, anzi è ancora più facile. Infatti è evidente che un po’ di egoismo si cela in ogni uomo, e costui vuole essere, almeno in forma modesta, provvisto di quello di cui ha bisogno; è naturale quindi che ciascuno pensi prima per sé e solo dopo per gli altri! E non mi sembra che per questo motivo lo si possa disapprovare! Non è possibile che ciascuno abbia una casa e un pezzo di terra, perché allora per ogni neonato dovrebbero nascere subito con lui, da Dio, anche un pezzo di terra con casa compresa e crescere con il neonato. Ora, dato che questo non è il caso, poiché coloro che sono venuti prima al mondo già da lungo tempo si sono impossessati di ogni cantuccio della Terra, e dato che in seguito a ciò alla maggior parte dei nuovi venuti non è dato al giorno d’oggi di possedere nemmeno una spanna di terreno, è chiaro che a quest’ultimi non resta altro che o tentare di rendersi indispensabili ai pigri proprietari della terra procurandosi il maggior numero possibile di cognizioni ed entrare in un modo o nell’altro al loro servizio, oppure di dedicarsi al furto, a meno che non vogliano ridursi a fare il penoso mestiere del mendicante. Se poi la parte migliore di coloro che non posseggono né terre né case riceve in compenso dei servizi prestati soltanto del denaro, che poi ognuno procura per quanto possibile di risparmiare per ritrovare nei propri vecchi giorni qualcosa per vivere, io non trovo in tutto ciò affatto nulla di male; anzi, secondo me, il denaro è da considerarsi come una nuova creazione di terreni e di case per tutti coloro che nascono su questa Terra misera, senza avere e senza poter sperare di possedere un giorno proprietà alcuna in seguito a successione ereditaria; ed io devo constatare apertamente che Dio stesso, non potendo o non volendo creare per ogni nuovo nato contemporaneamente anche un nuovo tratto di terra, ha ispirato ai governanti la buona idea di formare il denaro, mediante il quale anche ai figli di coloro che nulla posseggono è concesso di provvedere ai propri bisogni, ciò che spesso è meglio che non mediante il possesso di terreni e case. Dio non può certo volere che i figli dei non benestanti periscano! È evidente che non è colpa loro se sono venuti al mondo, e se i bisogni della vita sono per loro i medesimi dei figli dei ricchi!

20. Tu, che sei forse il più grande Profeta che abbia mai posto piede su questa Terra, hai finora insegnato molto, ed io ho sempre accolto ogni Tuo detto, ma non posso essere d’accordo con Te nell’ammettere che il denaro, come dichiarasti prima, sia una cosa nociva! Considerando la questione dal Tuo punto di vista, se il denaro è pericoloso, altrettanto può divenirlo qualunque altra cosa! Se io avessi tutte le pecore, i buoi, le vacche, i vitelli, gli asini, i polli ed i piccioni, e tutte le frutta e tutto il pane che soltanto dai tempi di Davide fino ad oggi sono stati rubati nel nostro paese, io sarei l’uomo più ricco in tutta Israele! Prendiamo quale esempio Sodoma e Gomorra e Babilonia: non era l’umanità dedita ad ogni vizio carnale altrettanto ed anche più di oggigiorno, quantunque allora non esistesse il denaro?

21. Io non voglio affermare precisamente che Tu abbia torto attribuendo al denaro tutti quei mali; ma dov’è su questa disgraziata Terra una cosa qualsiasi che non sia già stata causa di migliaia di svariate perfidie? Dunque, se Dio non scaglia tutte le Sue maledizioni a queste cose per il cattivo uso che ne viene fatto, perché dovrebbe Egli fare proprio il denaro oggetto di tanta ira e maledizione?»

22. Gli dico Io: «Colui che ha cara una cosa, ha pure sufficiente intelligenza per lodarla; e poiché tu ami il denaro in modo straordinario, te ne intendi assai per esaltarne i pregi. Dunque Io non voglio più oltre discutere con te riguardo a questo oggetto, poiché ciò che si ama si sa anche lodare! Tu però, in un tempo non troppo lontano, imparerai bene a conoscere la maledizione che il denaro porta in sé! Ma ora non se ne parli più. La strada fino a Cafarnao non è breve, tuttavia dobbiamo arrivarvi prima del tramonto per cercare ricovero».

 

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Cap. 95

Tommaso e Giuda. Dell’essere di Giuda. Predizione di Tommaso. Risposta impudente e maligna di Giuda.

 

1. Allora Tommaso, che aveva udito tutto il discorso di Giuda, cominciò a rimproverarlo per essersi azzardato ad esporre le sue stolte idee sul denaro a Me, che pure ero, nello spirito, Jehova stesso e che operavo cose possibili soltanto a Dio!

2. Ma Giuda gli dice: «Tu sei tuttora quello scimunito che sei sempre stato! Infatti tu, una volta presti fede a qualunque fiaba venga spacciata, un’altra volta invece, quando ti cacci in testa di non credere, non credi proprio a niente! Tu non pensi a nulla e non calcoli nulla! Quando tu portavi i pesci al mercato, vendevi non di rado i grandi ed i piccoli ad uno stesso prezzo cosicché i compratori ti ridevano in faccia! E come hai sempre tirato innanzi senza pensare e senza calcolare nulla, così seguiti ancora a vivere stupidamente giorno per giorno, restando fedele alla tua vecchia abitudine.

3. Io che mi trovo solo da poche ore in compagnia di questo grande Profeta, mi faccio un sacrosanto dovere di investigare bene, per imparare a conoscere per quanto possibile quali siano i Suoi sentimenti e quali le Sue tendenze nell’annunciarsi quale Profeta! Tu invece sei già da mezzo anno presso di Lui, ed è chiaro che devi anche conoscerLo meglio di me. Ma il fatto che tu già Lo conosci, è questo un buon motivo perché non debba darmi nessuna cura per saperne anch’io a Suo riguardo almeno tanto quanto hai potuto saperne tu finora?!»

4. Dice Tommaso: «Speriamo che tu non vorrai ritornartene a casa già domani, dato che mi sembra di poter capire che ti premerebbe apprendere tutto già oggi? È davvero una fortuna che il Signore abbia deciso finalmente di rimettersi in cammino, altrimenti sareste rimasti qui fino a domani, sempre discutendo del tuo stupido denaro, senza però ad arrivare ad un’intesa! Sì, il Signore ha ragione! Questo maledetto denaro finirà con l’essere causa della tua morte, dato che in esso tu scorgi tanta magnificenza! Eppure il Signore te lo ha detto in modo abbastanza chiaro che razza di valore abbia veramente il denaro, e come torni ad enorme svantaggio della vita spirituale dell’uomo; del resto è già da tempo che tu sei più saggio dello stesso Dio, e perciò anche davanti a Dio puoi vantarti della tua sapienza! Bada però che un giorno tu non debba restare soffocato da tanta sapienza!

5. Ritornando a quanto dicevi prima, che cosa puoi rimproverare al mio modo di vendere il pesce?! Non ero sempre io il primo a vendere i miei pesci mentre tu, nonostante i tuoi buoni sistemi, ti trovavi costretto a riportarne la metà a casa! È vero; io vendevo tanto i grandi quanto i piccoli, a dieci pezzi per due centesimi, ed avrei sempre potuto venderne ancora cinque volte di più se tanti ne avessi portati al mercato! E mi sembra che in questo modo io abbia evidentemente fatto il conto meglio di te che pretendi di essere più saggio di Dio, ma che in pari tempo sei un avaraccio e non cerchi la tua salvezza altro che nel denaro! In verità: per tutta questa tua sapienza non darei un centesimo»

6. Risponde Giuda alquanto sconcertato: «Ciascuno parla di una cosa a seconda di quanto la capisce!»

7. Dice Tommaso: «Hai ragione; tu, nella tua stupidità, comprendi la cosa stupidamente, e per conseguenza parli anche nella stessa maniera! Guarda piuttosto là, dove quel povero se ne sta sulla via! Donagli la tua borsa, e così avrai fatto per la prima volta in vita tua un’opera veramente saggia!»

8. Esclama Giuda: «Fossi matto! A me nessuno ha, nel vero e proprio senso della parola, regalato mai qualcosa, e perciò nemmeno io regalo niente a nessuno!»

9. Dice Tommaso: «Bella massima davvero la tua; essa merita già anticipatamente di venire maledetta! Io te lo dico e te lo garantisco che con simili principi non farai strada troppo lunga con questo nostro Maestro e Salvatore! Egli è la liberalità personificata, mentre tu sei un avaro che non ha l’uguale! Un bell’accordo davvero!»

10. Dice Giuda: «Quando io Lo avrò scandagliato e manipolato per bene, ed Egli avrà riconosciuto come si debba vivere nel mondo per essere tenuti in considerazione, vedrai allora come Egli si affretterà a mettere dei freni alla Sua generosità! Del resto, non è assolutamente nessuna bravura essere generoso e preparare buone cose ai propri discepoli a spese di coloro che posseggono qualcosa. Ascolta, se io potessi trovare oggi un pazzo qualunque della risma di questo giovanotto qui che ci ha ospitati, ti assicuro io che, a sue spese, non sarei secondo a nessuno in generosità. Che provi però questo Gesù, che è poverissimo di nascita, a mantenere con i Suoi propri mezzi tutta questa massa di discepoli, e si vedrà subito se potrà continuare nella Sua liberalità, o se non dovrà piuttosto congedare il più presto possibile tutti i Suoi seguaci!»

11. Dice Tommaso: «Non ti dico altro che tu devi essere completamente in balia del demonio! Preso superficialmente, quello che tu dici può sembrare che contenga qualcosa di ragionevole; ma in realtà è tutto il contrario, e le tue parole non sono che menzogne fra le più spudorate di questo mondo. Io sono assolutamente pentito di averti indicato la via fino qui. Quante centinaia di persone c’erano a Sichar, eppure tutte furono saziate con cibi dai Cieli! E la casa diroccata d’Irhaele non venne da Lui ricostruita in pochi istanti ed in modo tale che ora è di gran lunga la casa più splendida di quella città! E tu nella tua sconfinata stoltezza vorresti ora, spacciandoti in certo modo per un sapiente fra i sapienti, tentare di dimostrare a me che Gesù è un poveraccio qualunque, il Quale sa spassarSela allegramente a spese degli altri, a me, che ho visto con questi miei occhi i Cieli aperti e innumerevoli schiere di angeli di Dio salire e scendere in essi! Davvero, tu mi fai pietà! Egli, che è il solo Padrone del Cielo e della Terra avendoli creati con la Sua Onnipotenza, Egli dovrebbe aver forse bisogno dei miei o dei tuoi tesori per poter vivere in questo mondo sul quale Egli fa crescere e maturare i frutti? Oh, stolto e cieco che sei! Va’ a Sichar, persuaditi di tutto quanto ti ho detto e poi ritorna; vedremo poi se parlerai ancora così scioccamente come oggi!»

12. Giuda resta imbarazzato, ma poi dice seccamente: «Hai visto tutto questo proprio con i tuoi occhi? O non hai forse preso a prestito qualche paio d’occhi di bue o di asino, tu, che hai potuto abbracciare con lo sguardo in una volta sola tante cose straordinarie? Del resto ho tanto piacere che questo Sapiente di Nazaret abbia anch’Egli voluto fare la conoscenza della bella Irhaele la quale, come ho saputo da non molto, sembra che viva già con il sesto marito perché tutti gli altri cinque hanno per così dire trovato la morte fra le sue braccia! Eh! Credo bene che vicino ad una così splendida creatura possano essere, e come, aperti i Cieli! Sì, sì, lei ha fatto assaporare i cieli a più di uno, perché avrebbe dovuto fare un’eccezione per voi?! In quanto a me, però, non me ne andrò sicuramente per i suoi bei occhi a Sichar! Io alla legge di Mosè ci tengo, e non voglio perciò occuparmi di simili cose peccaminose!».

 

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Cap. 96

Il Signore calma l’ira di Tommaso e lo invita al perdono, al fine di restare libero in sé. Tommaso racconta degli alterchi e delle dispute di Giuda con Giovanni Battista, nonché della sua presunzione spirituale. Cenni del Signore riguardo a Giuda. Arrivo a Cafarnao.

 

1. Queste parole pungenti di Giuda mandano quasi fuori di sé Tommaso il quale, trascinato dall’ira, sembra proprio che voglia venire con lui alle mani. Ma Io - si era già a metà strada da Cafarnao in quel punto - allora Mi avvicino a Tommaso e gli dico: «Fratello, finché tu Mi vedi tranquillo e calmo, rimani anche tu così come ora tu vedi che Io sono, purché tu rivolga ogni tanto il tuo sguardo verso di Me. Soltanto quando vedrai che Io Mi dispongo a percuotere, allora accorri anche tu in gran fretta e percuoti più che puoi con tutte le tue forze! Ora però questo non è affatto necessario, e non lo sarà ancora per assai lungo tempo. La notte resta la notte, tu non puoi farci nulla; e così Giuda resterà Giuda! Certamente, egli non è condannato ad essere ciò che egli è, com’è il caso della notte, la quale è l’ombra naturale della Terra, ma, se egli vuole rimanere Giuda, rimanga pur tale, che noi dal canto nostro rimaniamo quello che siamo. Il futuro insegnerà già bene fino a che punto avrà potuto portarlo il suo voler restare Giuda!»

2. Dice Tommaso: «Tuttavia, o Signore, potresti benissimo fare in modo che egli si togliesse dai piedi, altrimenti sarà capace di suscitare ogni genere di scandali e di scenate; infatti il suo parlare è rozzo e maligno»

3. Ed Io gli dico: «Non fui Io a chiamarlo, e quindi non gli dirò nemmeno di andarsene; se però come egli è venuto vorrà anche andare, noi non piangeremo per causa sua. E tu vedi di tenerti lontano da lui, perché da voi due messi insieme non può scaturire nulla di buono. Intanto perdonagli come Io gli perdono, così tu sarai libero nel tuo cuore!»

4. Dice Tommaso: «Per quello che riguarda il perdonare, da parte mia io non ho davvero nulla in contrario, perché io non ho di certo mai nutrito rancore verso di lui, quantunque io lo abbia sempre conosciuto per un uomo con il quale è quanto mai difficile andare d’accordo. Ciò non è riuscito nemmeno al profeta Giovanni con cui egli ha più volte litigato! Inoltre io devo confessare francamente che sarei incomparabilmente più lieto se egli non facesse parte della nostra compagnia!

5. Ieri l’altro, trovandomi a casa mia, ho naturalmente raccontato ai miei conoscenti parecchio riguardo alle cose da Te dette ed operate, di modo che essi non potevano mai cessare di meravigliarsi. Ma tutto ciò giunse anche agli orecchi di Giuda! E chi altro se non lui fu il primo a prendere la decisione di diventare Tuo discepolo!? Per comprendere bene, è opportuno notare che gli insegnamenti di Giovanni non l’avevano soddisfatto, poiché questi non faceva che predicare la penitenza più severa, ed annunciare l’inesorabile Giudizio di Dio a tutti coloro che non volevano indursi a fare vera penitenza! Da ciò scaturirono anche le frequenti questioni sorte fra lui e Giovanni!

6. Quest’ultimo era tutto penitenza; Giuda invece tutto il contrario! Egli anzi dichiarò in faccia a Giovanni, con tutta serietà, che il fare penitenza vestiti di sacco e coperti di cenere è la più insigne sciocchezza che l’uomo possa commettere in vita sua e che l’uomo dovrebbe migliorarsi vivendo nel mondo, non già vestendo di sacco e cospargendosi il capo di cenere.

7. Certamente Giovanni non ha detto proprio che sacco e cenere sono cose indispensabili per fare vera penitenza, perché egli nelle sue prediche ha parlato di queste cose per così dire in senso figurato, volendo con ciò significare il ravvedimento seriamente voluto dall’uomo divenuto schiavo del peccato; Giuda però, dato che pretende di sapere e comprendere tutto meglio degli altri, non ha voluto saperne del fatto che anche metafore e parabole possano istruire, ed ha sostenuto che, trattandosi di cose tanto importanti, dalle quali dipende la salvezza degli uomini, si devono sempre usare parole chiare e comprensibili!

8. Secondo lui, i Profeti devono essere stati tutti tanti asini, perché hanno parlato in un linguaggio figurato che si può interpretare nel modo che si vuole; quindi è soltanto colpa loro se con ciò furono rovinati sacerdoti e re, ed infine il popolo tutto. Insomma, secondo lui, qualsiasi uomo, sia di elevata sia di umile condizione, è un asino se non pensa e non fa’ come lui, e perciò io sono dell’opinione che egli non è affatto a posto in questa nostra compagnia»

9. Dico Io: «Mio caro Tommaso! Quello che tu Mi hai detto, Io lo sapevo già da lungo tempo; tuttavia Io ti dico: “Se egli vuole andare, se ne vada; ma se vuole rimanere, rimanga. Io so ancora molto di più sul suo conto, e so perfino ciò che egli opererà contro Me stesso; tuttavia egli rimanga, se così vuole! Infatti la sua anima è un demonio, e vuole imparare da Dio la sapienza; tale intenzione però apporterà a quest’anima un pessimo profitto. Ma ora non se ne parli più! Non tarderà molto a presentarsi l’occasione in cui egli potrà avere del pane per i suoi denti!”.

10. Ma ecco che nel frattempo siamo arrivati davanti alle mura di Cafarnao, ed Io scorgo che dalla porta della città sono ora usciti un centurione romano assieme al comandante Cornelio e all’ufficiale reale, i quali ci vengono incontro in gran fretta; di certo qui c’è ancora un ammalato da guarire!».

 

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Cap. 97

Scena con il centurione di Cafarnao. Guarigione del servitore ammalato grazie alla supplica piena di fede del suo padrone. «Chi crede e ama, sia egli pagano o ebreo, sarà beato!». Effetti differenti di questi miracoli in Cafarnao. (Matteo 8, 5-13)[4]

 

Vangelo di Matteo, Capitolo 8. Qui Matteo comincia, e precisamente dal 5° verso, a narrare più succintamente la storia fino al punto in cui Io Mi accingo a recarMi nuovamente a Gerusalemme ad una festa.

 

1. Noi tranquillamente facciamo le poche centinaia di passi che ancora ci separano, e il centurione si avvicina a Me e Mi prega: «Signore! Il mio servitore giace in casa paralitico; egli è enormemente tormentato e non può fare nulla» (Matteo 8,6)

2. Dico Io al centurione: «Io verrò e lo risanerò» (Matteo 8,7)

3. Ma il centurione Mi replica: «Signore! Io non sono affatto degno che Tu entri sotto il mio tetto, ma pronuncia una sola parola e il mio servo sarà salvo (Matteo 8,8). Infatti anch’io, come molti altri, sono sottoposto all’autorità superiore, ma a mia volta ho sotto di me molti soldati che mi obbediscono, e se io dico all’uno: fa’ questo, egli lo fa; oppure se gli ordino di andare, egli va; e quando io dico all’altro di venire, allora egli viene; e così pure se io dico al mio servitore di fare questo oppure quello, egli lo fa senza indugio! (Matteo 8,9)

4. A Te però sono soggetti tutti gli spiriti, e Tu sei Signore, in tutta la pienezza della parola, sopra ogni cosa che esiste nel Cielo, sulla Terra e dentro la Terra; Tu dunque non hai da fare che un piccolo cenno, e le potenze, che per noi sono invisibili e che a Te obbediscono, immediatamente eseguiranno la Tua Volontà!».

5. Che questo centurione fosse venuto tanto fiducioso a rivolgerMi la sua preghiera a causa del suo servitore, si spiega dal fatto che la rapida guarigione del figlio dell’ufficiale reale, come pure delle molte cose narrategli dal comandante, lo avevano persuaso che era in Mio potere guarire prodigiosamente anche a distanza per mezzo della sola parola, e questa fu pure la causa che indusse lui, come aveva fatto l’ufficiale reale, a venirMi incontro quando apprese che Io Mi avvicinavo alla città.

6. Quando Io udii tali parole del centurione ispirate alla più assoluta fiducia, Me ne mostrai meravigliato, non per quanto Mi riguardava, ma a causa dei discepoli; e dissi non tanto al centurione ma quanto piuttosto a coloro che erano con Me: «In verità Io vi dico che in tutta Israele Io non ho trovato tanta fede (Matteo 8,10). Ma Io dico anche a voi: “Molti verranno da levante e da ponente, e sederanno a tavola con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei Cieli (cioè saranno fatti partecipi della Gloria del Padre) (Matteo 8,11), ma i figli del Regno saranno gettati nelle più profonde tenebre dove sarà il pianto e lo stridor di denti!”» (Matteo 8,12)

7. Ed avendo udito questo Mio esordio, molti si batterono il petto e dissero: «Signore, rigetterai Tu dunque i figli per accogliere al loro posto i pagani?»

8. Ma Io dico: «Né i figli, né i pagani! Ma chi crede ed ama, sia ebreo, greco o romano, costui sarà accolto»

9. Poi, rivoltoMi al centurione, gli dico: «Va’ pure, e accada secondo come hai creduto!»

10. Allora il centurione Mi ringraziò dal più profondo del suo cuore, e, ritornatosene a casa, trovò che tutto era stato adempiuto così come egli Mi aveva pregato e secondo la sua fede in cui egli né prima né poi aveva vacillato; infatti il servitore era guarito nella stessa ora in cui Io avevo detto al centurione: «Avvenga secondo come hai creduto». (Matteo 8,13)

11. Questo miracolo avvenuto in Cafarnao stessa, come pure il precedente operato in favore del figlio dell’ufficiale reale il quale fungeva da governatore in Cafarnao, suscitarono in quella città uno scalpore insolito, particolarmente fra i romani ed i greci che vi dimoravano. Invece fra gli ebrei e fra i sacerdoti ed i dottori della Legge, là delegati da Gerusalemme a coprire stabili cariche, ciò non valse che a sollevare rancori, ira e furore!

 

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Cap. 98

L’astuzia ideata dal popolo contro i sacerdoti ebrei. Questi vengono invitati a guarire pure essi gli ammalati mediante la Grazia di Dio. Sottili argomentazioni dei sacerdoti e risposta minacciosa del popolo e buona testimonianza su Gesù.

 

1. Infatti il popolo, il quale aveva visto i miracoli, ma che temeva troppo i sacerdoti ed i dottori della Legge per potersi apertamente dichiarare per la Mia Dottrina e diventare Miei discepoli, era ricorso ad un’eccellente astuzia. Essi dunque presentarono diversi ammalati ai sacerdoti, e dissero: «Uditeci, o voi eccelsi sacerdoti e dottori della Legge, che secondo le vostre stesse parole siete iniziati in tutti i misteri di Dio! L’uomo Gesù di Nazaret opera tali cose miracolose quali prima di Lui nessuno ha mai potuto fare, e le Sue parole e i Suoi insegnamenti sono come un torrente di fuoco, che divora con estrema violenza tutto ciò che gli si oppone oppure lo trascina con sé in modo inarrestabile! Al pari di un Dio Egli guarisce ogni malattia, senza medicamenti, per forza della sola Parola, e si dice altresì che con la sola Parola Egli abbia potere perfino di risuscitare i morti!

2. Quando ci fummo convinti che tutto ciò era conforme a verità, sorse in noi un buon pensiero e ci ricordammo di voi, e dicemmo fra noi: “Perché ci meravigliamo così tanto?! Non abbiamo sempre fra noi sacerdoti e dottori della Legge iniziati essi pure in tutti i misteri di Dio e che certamente, purché lo vogliano, possono guarire un ammalato mediante la sola parola altrettanto bene quanto questo Gesù?”. Noi eravamo già in procinto di condurre i nostri ammalati al Nazareno, ma ci ricordammo poi della circoncisione e del patto, al quale noi non vogliamo mancare di osservare finché esso potrà realmente darci quello di cui abbiamo bisogno nel corpo e nello spirito. Ora, poiché questo Gesù fa delle cose tanto straordinarie, noi siamo minacciati da grave pericolo se non Gli opponiamo dei fatti altrettanto grandiosi quanto i Suoi!

3. A questo scopo dunque noi vi abbiamo condotto qui parecchi ammalati non troppo gravi, e vi scongiuriamo per il vostro e il nostro bene che voi vogliate risanarli mediante la vostra parola ed in virtù della potenza spirituale che, come insegnate, vi proviene direttamente da Dio!

4. In seguito, assieme a questi ammalati guariti miracolosamente, percorreremo l’intera città e proclameremo ad alta voce davanti ad ogni casa la Gloria di Dio e l’eccellenza di voi, o sacerdoti e dottori della Legge. Allora qui il Nazareno troverà poco seguito, e dovrà andare via confuso e scornato tra le beffe del popolo!»

5. I sacerdoti ed i dottori della Legge, anche troppo consapevoli della loro assoluta impotenza, tentano di assumere un tono grave per nascondere la loro impotenza, e rispondono: «Stolti che siete! Come potete pretendere da noi ciò che spetta a Dio soltanto!? Quando mai un sacerdote oppure un dottore della Legge ha operato miracoli?! Una cosa simile non può che farla Dio, oppure l’unico e solo sommo sacerdote nel Tempio di Gerusalemme, quando entra nel Santissimo! Conducete dunque i vostri ammalati a Gerusalemme dove senza dubbio sarà ridonata la salute ai loro corpi, sempre che voi siate disposti a fare un’adeguata offerta e, naturalmente, ammesso che Dio lo voglia, perché, se Dio non lo vuole, bisognerà bene che vi rassegnate a ricondurre alle case vostre gli ammalati nello stato di prima!

6. È vero che noi siamo iniziati nei più vari misteri di Dio, ma non già nella Sua Potenza, la quale è santa e non viene trasmessa a nessun mortale!

7. Chi però come questo Gesù, del quale abbiamo già udito parlare, opera cose non comuni in virtù di magie oppure con l’aiuto di Belzebù, costui è un mostro dell’Inferno, il quale è il covo eternamente maledetto in cui dimora il nemico di Dio. E chi si converte alla sua dottrina ed ai suoi segni, viene considerato da Dio e dai Suoi servitori alla stessa stregua di un servo del demonio! Questa è la completa verità; guai a voi se vi rivolgete a Gesù e prendete da lui aiuto e consiglio!»

8. Dicono coloro che hanno condotto gli ammalati ai sacerdoti ed ai dottori della Legge: «Voi tutti siete mentitori, se parlate in questo modo! Come può essere seguace del demonio o servo di Belzebù Egli, che fa del bene agli uomini in misura straordinaria, ed ai discepoli che sono con Lui non fa che predicare l’amore, la mansuetudine e la pazienza, e che agisce del tutto secondo quanto Egli insegna!?

9. Voi sì che siete creature del demonio, se date di Lui una simile testimonianza; Egli però è da Dio, poiché così, come Egli adempie la Volontà di Dio, la predica!

10. Voi prima ci avete trattati da stolti, perché vi abbiamo chiesto, per il vostro bene, quello che voi avete dichiarato mille volte che era in vostro potere fare mediante la preghiera e la parola divina; ma adesso che vi si domanda, come fu mai fatto prima, di mettere in pratica la vostra dottrina vecchia e sempre uguale, voi ci chiamate pazzi se vi prendiamo sul serio! O perfidi servitori di Belzebù! Vi faremo ben noi balenare una luce tale che il suo splendore sarà la morte di tutti voi!».

 

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Cap. 99

Il furore dei sacerdoti e dei dottori della Legge e loro propositi di vendetta contro il Signore. Il Signore nella capanna di Pietro. Il luogo prediletto di Gesù: il Mare di Galilea. Guarigione miracolosa della nuora di Pietro.

(Matteo 8, 14-15)

 

1. Udendo questo linguaggio dai loro correligionari, i sacerdoti ed i dottori della Legge si ritirano in tutta fretta, perché coloro che gli stavano di fronte erano circa un centinaio, e nei loro occhi si leggeva che non erano disposti a scherzare. Questi ultimi già da molto tempo si erano accorti che cosa veramente si celasse sotto la veste di sacerdote e di dottore della Legge, ed era già da un bel pezzo che essi li odiavano più che la peste!

2. Ma i sacerdoti, i dottori, gli scribi e i farisei si accorsero subito che gli ebrei avevano voluto soltanto tendere loro un tranello per avere qualche argomento da poter ritorcere contro di loro, e ciò avrebbe fornito agli ebrei una ragione di più per seguirMi (poiché allora era ancora più difficile abbandonare la chiesa ebraica per entrare in un’altra, di quanto non sia oggi uscire dalla chiesa romano-cattolica per entrare in una riformata). Per questo motivo dunque cominciarono a sorvegliarMi accuratamente come un soggetto molto pericoloso, e segretamente si consigliarono fra di loro come avrebbero potuto in un modo o nell’altro sbarazzarsi di Me!

3. Ora, il comandante romano, presso il quale Io dimorai a Cafarnao un paio di giorni, Mi avvertì in confidenza di quello che andava macchinando contro di me quella gente del Tempio la quale, furibonda, cercava per vie nascoste di attentare perfino alla Mia vita!

4. Ma Io dissi: «Verrà un giorno in cui essi raggiungeranno la loro diabolica meta, ora però non è giunto ancora il tempo. Anzi, affinché non vengano offerte loro per adesso troppe occasioni di esercitare la loro vendetta, Io intendo allontanarMi per breve tempo da questa città e recarMi in un’altra. Più tardi, quando questi rinnegatori di Dio si saranno più calmati nel loro cuore, Io farò qui ritorno».

5. Il comandante, quantunque desiderasse vivamente trattenerMi presso di sé, dovette approvare il Mio proponimento, poiché a lui stesso questi farisei, dottori della Legge, sacerdoti e scribi ispiravano un timore non indifferente, per la ragione che gli era anche troppo noto il sistema usato da quella razza di vipere quando voleva nuocere, di inviare cioè denunce segrete a Roma.

6. Il giorno seguente dunque, molto di buon’ora, Io lasciai, con l’intera compagnia che era con Me, la casa oltremodo ospitale del comandante, e Mi recai alla casa di Simon Pietro situata nelle vicinanze di Bethabara, dove a suo tempo aveva dimorato Giovanni. Arrivati alla casa di Pietro, semplice dimora ma abbastanza vasta, vi entrammo e trovammo sua nuora, una giovane di circa vent’anni, buona e molto laboriosa e costumata, che giaceva a letto travagliata da una forte febbre e da acuti dolori; e Pietro si rivolse a Me pregandoMi che Io la aiutassi! 

7. Io allora Mi affrettai subito al suo letto, la presi per mano e le dissi: «Figlia! Alzati e preparaci il pranzo, piuttosto che giacere qui e soffrire!».

8. Immediatamente la febbre l’abbandonò, e la giovane si alzò e ci servì con grande diligenza ed attenzione.

 

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Cap. 100

Il Signore istruisce Matteo riguardo a ciò che egli ha da scrivere. La differenza delle sfere dei Vangeli di Matteo e Giovanni: il primo racconta fatti, mentre il secondo contiene profonde rispondenze. Il pranzo nella capanna di Pietro. La pesca miracolosa.

L’umile testimonianza di Pietro sulla Divinità del Signore. Allusioni al traditore.

 

1. Allora Matteo si rivolge a me e Mi chiede se egli debba prendere nota anche di questo miracolo, e di parecchie altre cose dette ed insegnate da Me durante il paio di giorni trascorsi in casa del comandante.

2. Ed Io gli dico: «Prendi pure nota di quanto è successo con il centurione davanti a Cafarnao e di ciò che ho detto in quella occasione, come pure fa’ menzione del miracolo operato qui in casa di Pietro, senza però citare le parole dette, le quali non hanno a che fare con quanto dovrà servire di insegnamento al popolo! Sorvola però completamente su quanto si disse in casa del comandante, come pure sul fatto che Io Mi trattenni due giorni presso di lui!

3. Già tra breve noi faremo ritorno nella casa di questo comandante, e precisamente quando gli morirà la sua amatissima figlia. Io in quel tempo la risusciterò e la ridonerò a suo padre; allora tu potrai far menzione di lui e del nuovo miracolo, ma sempre in modo che non ti sia necessario precisare né la sua persona, né il luogo dove il fatto accadrà, altrimenti potrebbe derivargliene danno per quanto riguarda le cose di questo mondo, poiché i sacerdoti hanno cominciato a tenere d’occhio anche lui; ora, una cosa simile noi non vogliamo assolutamente farla, né la faremo.

4. Io nel frattempo, fino alla prossima festa in Gerusalemme, Mi tratterrò nei dintorni di questo lago che Mi piacciono immensamente, e qui farò molti segni ed insegnerò molte cose, e tutto ciò poi dovrai fedelmente mettere per iscritto!»

5. Matteo dunque si accinge a scrivere, mentre Giovanni, alquanto rattristato, coglie tale occasione per dirMi: «Ma Signore, amore e delizia mia! A me non darai Tu dunque più nulla da scrivere?»

6. Gli rispondo Io: «Mio amatissimo fratello, ciò non ti addolori! Infatti a te solo Io ho riservato le cose più importanti e più profonde, ed ancora molto tu avrai da scrivere!»

7. Dice Giovanni: «Ma il miracolo che Tu operasti a Cana a favore del figlio dell’ufficiale reale, non mi sembra tuttavia per nulla più grande e più importante di quello che Tu hai operato per il comandante di Cafarnao, dinanzi a questa città!»

8. Gli dico Io: «Tu ti inganni, e di molto, se sei di questa opinione! Infatti nel figlio dell’ufficiale reale è simboleggiato il mondo intero, profondamente corrotto, e il modo in cui esso viene ora soccorso da lontano mediante la Mia Dottrina e il Mio influsso spirituale; mentre invece nel servitore del comandante romano non è raffigurato per ora che la singola persona del servitore che Io ho guarito; secondariamente poi esso può raffigurare anche una qualsiasi comunità costituita nel Mio Nome, alla quale però, a causa di ogni tipo di preoccupazioni politiche, manca in un punto o nell’altro pienamente l’attività secondo la Mia Dottrina, la qualcosa poi degenera gradatamente nell’inattività anche riguardo agli altri punti della Mia Dottrina, e questa si chiama una vera paralisi dell’anima, alla quale non può essere dato nuovo aiuto se non mediante la ferma fede nella Mia Parola!

9. Ed ora vedi, o Mio caro fratello Giovanni, che vi è una grandissima differenza tra questi due segni da Me operati! Il primo rappresenta lo stato di malattia spirituale nel quale si trova il mondo intero, anzi, considerato più profondamente ancora, l’Infinito intero! Il secondo segno invece rappresenta soltanto quello che Io ti ho spiegato ora; e con ciò tu sai ormai quello che spetta a te e quello che spetta a Matteo di scrivere.

10. Ecco però che la ragazza, assieme ai servitori di Pietro, ha già preparato il pranzo; rechiamoci dunque subito a desinare. Durante il pomeriggio aiuteremo Pietro a pigliare qualche buon pesce, e verso sera avremo poi abbastanza cose da fare»

11. Ci venne allora portato il cibo che fu più che sufficiente per tutta la numerosa compagnia e, finito questo, ci recammo in riva al lago che veniva chiamato anche il Mare di Galilea, ed in poche ore vi prendemmo una tal quantità dei migliori pesci che a mala pena poté trovare posto nelle ceste a ciò destinate.

12. E Pietro, avendo visto questo, ne fu assai turbato, e trovandosi in uno stato di pio stordimento, esclamò: «Signore! Te ne prego, lasciami, perché anche troppo io sento ora di essere un peccatore! Già un’altra volta io ho provato lo spavento della Tua presenza quando Tu, che io prima non conoscevo affatto, Te ne venisti a me, da dove non so, e mi trovasti qui con i miei aiutanti, intento alla pesca! Già quella volta io riconobbi subito la Tua Divinità; ora però ne sono ancora più angosciato perché fin troppo chiaramente vedo che cosa e Chi Tu sei veramente! Quella volta come oggi noi avevamo pescato tutta la notte senza pigliare per così dire nulla; ma quando Tu venisti, ad un Tuo cenno quasi si laceravano le reti per la grande quantità di pesci pigliati! Quindi, davvero, quando sono in Tua presenza un senso di angoscia e di spavento mi invade, perché Tu sei...»

13. Gli dico Io: «Taci, e non tradirMi! Infatti tu conosci già quel tale che c’è fra noi! Ora, questi è e rimane un traditore».

14. Pietro allora si tranquillizza ed impartisce gli ordini perché vengano posti al sicuro i pesci. Noi intanto, poiché si fa sera, ce ne andiamo a casa dove ci attende una buona e copiosa cena dovuta alla diligenza della nuora di Pietro da Me risanata. Ognuno dunque, colmo di gioia serena, prende posto a tavola, e Pietro intona un cantico di lode mentre tutti gli altri unanimi fanno coro.

 

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Cap. 101

Pietro testimonia in modo solenne ed efficace del Signore, ma è da Questi interrotto. La cena in casa di Pietro. Scena tra Pietro e l’esigente e borioso Giuda. Un particolare miracolo con il vino. Giuda s’ubriaca. Guarigioni importanti.

 

1. Quando Pietro ebbe terminato il cantico, egli, in tono molto solenne, così parlò: «Amici miei e fratelli! Quanto grande è la differenza ora tra noi e Davide ai suoi tempi, quando egli dettò al popolo questo cantico di lode meraviglioso! Quando cantava, egli alzava gli occhi alle stelle, poiché quella volta Jehova abitava, secondo i concetti umani, nella Luce inaccessibile al di sopra di tutte le stelle. Ma che cosa farebbe mai Davide ora qui, ora che Colui al Quale egli rivolgeva i suoi sguardi oltre i confini del firmamento...»

2. Lo interrompo Io: «Basta! Pietro, amico Mio! Ancora una volta, fino a qui sta bene, ma non dimenticare chi è che si trova anche fra noi!»

3. Pietro si ravvede subito, e invita tutti gli ospiti a prendere parte alla cena che consiste quasi esclusivamente di pane e di pesce ben preparato.

4. Giuda però domanda a Pietro se non si possa trovare, per denaro, del vino in qualche luogo nelle vicinanze.

5. E Pietro risponde e dice: «A circa un paio di tratti di campo da qui vi è un albergo dove si vende del vino»

6. E Giuda, apprendendo ciò, chiede di nuovo a Pietro se egli non abbia qualcuno da mandare là a prendere un otre pieno.

7. Gli dice Pietro: «Tu conosci e vedi pure com’è regolata la mia casa; io non ho nessuno da mandare! Ma se tu vuoi avere del vino, vacci tu stesso e tratta con l’oste; così te la caverai nel miglior modo possibile»

8. Risponde Giuda: «Oh! Piuttosto di andarvi io stesso, rinuncio al vino!»

9. Dice Pietro: «Fa come vuoi; i servitori non posso dartene perché i miei pescatori hanno ancora abbastanza da fare sul lago; mia moglie, i miei figli e mia nuora sono, come puoi vedere tu stesso, occupatissimi qui in casa, e non vorrai pretendere da me che vada di sera a trascinarti qui un intero otre di vino!»

10. Dice Giuda alquanto arrabbiato: «Va bene, va bene, io non l’ho detto per disturbarti, ma perché vedo che non hai vino; te lo avrei pagato stanne pur certo, per quanto l’otre fosse costato»

11. Risponde Pietro: «Se ti interessa del vino, vi è qui fra noi Qualcuno, il Quale in Cana alle nozze di Simone che è pure qui presente, tramutò l’acqua in vino. Questi potrebbe anche adesso fare la medesima cosa, dove si rendesse necessario, ma poiché ora ciò non è necessario, noi di certo possiamo accontentarci anche dell’acqua particolarmente buona e pura che ci dà il pozzo che si trova in casa mia»

12. Risponde Giuda: «Benone, benone, anch’io ne sono contento, poiché ci tengo molto ad un’acqua buona; ma precisamente in un’occasione simile neanche il vino sarebbe da disprezzarsi! Se però quel certo Tale, che adesso anch’io credo di conoscere, ha già una volta cambiato l’acqua in vino, potrebbe bene fare ora anche a te un simile favore!»

13. Gli dico Io: «E sia; scendi dunque al pozzo e bevi! Ed a te il pozzo dia del vino, ma a tutti noi altri dell’acqua soltanto!».

14. Allora Giuda se ne andò subito al pozzo ed attinse, ma come egli beveva, l’acqua attinta diventava vino della migliore qualità, ed egli si inebriò in modo che rimase a giacere vicino al pozzo, che era molto profondo, correndo così il pericolo di cadervi dentro, ed alcuni servitori di Pietro, essendosene accorti, lo portarono in casa. Però così fu pure un bene, perché quella sera Io guarii una moltitudine di persone affetta di ogni genere di malattie e contagi, e molti Io liberai dagli spiriti immondi; ora, Giuda avrebbe influito in malo modo sul compiersi di tali segni.

 

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Cap. 102

Scena con gli ebrei credenti di Cafarnao. Guarigioni portentose. Ammonimento del Signore a guardarsi dalle vipere del Tempio. L’oratore e conoscitore della legge dà, secondo Isaia, una buona testimonianza del Signore. La ressa del popolo. L’astuto dottore della Legge smascherato e rimandato a casa sua dal Signore.

(Matteo 8, 16-20)

 

1. Quando la cena fu consumata da tutti quelli che erano là presenti con Me, e mentre Giuda giaceva immerso in profondo sonno su un giaciglio di paglia nel vestibolo, comparvero quegli stessi ebrei di Cafarnao i quali il giorno prima avevano messo alla prova i sacerdoti, i dottori della Legge ed i farisei, conducendo una moltitudine di ossessi e di altri infermi colpiti di ogni genere di malattie, e Mi pregarono insistentemente che Io li volessi guarire!

2. Ed Io chiesi loro amorevolmente, ma anche seriamente, se essi credevano che il Figlio del carpentiere di Nazaret avesse il potere di fare ciò, poiché quella gente Mi conosceva per così dire fin dalla nascita.

3. Essi però risposero e dissero: «Che ha a che fare con noi il Figlio del carpentiere!? Se il Figlio del carpentiere è stato eletto da Dio a diventare un Profeta per il popolo d’Israele, allora Egli è un Profeta, fosse Egli anche mille volte figlio di carpentiere, perché ciascun uomo è quello che è per Volontà di Dio, ma non mai per quello che erano i genitori! Quindi noi tutti crediamo fermamente e senza alcun dubbio che Tu, in primo luogo, sei un autentico Profeta istruito da Dio, e per conseguenza, in secondo luogo, che Tu puoi soccorrerci tutti come hai già soccorso il figlio dell’ufficiale reale e il servitore del comandante»

4. Ed Io risposi loro: «Ebbene, poiché voi avete questa fede in Me e date di Me un tale giudizio, sia a voi tutti fatto come avete creduto!»

5. Come Io ebbi pronunciate queste parole, tutti gli spiriti maligni abbandonarono gli ossessi, e tutti quelli che giacevano tormentati da ogni tipo di malattie guarirono nel medesimo istante. (Matteo 8,16)

6. Che in tale occasione le acclamazioni di meraviglia ed i ringraziamenti non mancarono, non occorre nemmeno menzionarlo!

7. Non mancarono neppure le osservazioni, davvero molto a proposito ma d’altra parte aspre e mordaci, sul conto della casta sacerdotale giudaica. Io però li rimproverai e dimostrai loro che era ben poco prudente svegliare un covo di vipere dormienti, poiché, finché queste si trovano immerse nel loro rigido letargo invernale non sono pericolose né nuocciono a nessuno, ma se vengono scosse dal loro torpore, allora sono molto più pericolose che in qualsiasi altro tempo in cui non dormono.

8. I servitori del Tempio, pieni di astuzia e di perfidia, dormivano essi pure come fanno le vipere nell’inverno, ora però voi con le vostre ardite domande li avete violentemente strappati al loro letargo; dunque adesso state bene in guardia, affinché non vi danneggino, poiché questa razza adultera prova un grande godimento quando può nuocere in qualche modo!

9. Tutti riconoscono la verità di queste Mie parole e si pentono di aver causato un tale malanno con la loro sconsideratezza! Io però li consolo e dico loro di non parlare con nessuno di quest’ultimo segno operato in Cafarnao, tranne che con pochi amici fidatissimi della verità, i quali pure sappiano tacere! Ed essi Mi promisero di fare così.

10. Fra essi inoltre vi era un tale che, quantunque non appartenente alla casta sacerdotale, era tuttavia molto versato nelle Scritture.

11. Questi si mise davanti alla moltitudine e così parlò in modo molto serio: «Udite, o cari amici e fratelli! In questo fatto che si è ora compiuto io ho riscontrato qualcosa che vuol dire di più di quanto significherebbe se voi ora diceste: “Ecco, quest’Uomo è un vero Profeta!”. Io penso che questo fatto sia avvenuto affinché dinanzi agli occhi nostri si compiesse pienamente quello che il profeta Isaia ha profetizzato dicendo: “Egli ha preso su di Sé le nostre infermità, ed ha portate le nostre malattie!” (Isaia 53,4). Non osservate nulla voi? Non osservate proprio nulla di ciò che vogliono significare queste parole?»

12. Il popolo guarda meravigliato l’oratore, perché non lo comprende. Egli però ripete la sua domanda ancora una volta, ma poiché il popolo non riesce ad afferrare ancora quel passo delle profezie di Isaia che egli aveva citato, allora l’oratore esclama: «Ai ciechi è difficile predicare sui colori dell’arcobaleno!»

13. Ed Io gli dico: «Sii tranquillo; è meglio che questo popolo per ora non lo comprenda! Infatti se il popolo potesse comprendere ciò, allora correrebbe dai sacerdoti e inizierebbe a litigare aspramente con loro, e questo non sarebbe buono né per voi né per Me, considerato dal punto di vista della Mia Dottrina. Quando però il tempo adatto sarà venuto, allora anch’essi comprenderanno ed afferreranno con mani quello che il Profeta ha detto!».

14. Compresa la verità delle Mie parole, l’oratore è soddisfatto, e il popolo se ne va, conducendo con sé tutti gli ossessi ed ammalati da me completamente guariti durante quella serata.

15. Non appena però il popolo arriva a Cafarnao, suscita tuttavia un grande rumore fra i conoscenti, e la mattina seguente, quando comincia appena ad albeggiare, la casa di Pietro è già circondata da un’immensa moltitudine di gente, venuta per vedere Me, l’Autore del grandioso ed incomprensibile miracolo! Pietro allora Mi domanda che cosa si dovrà fare, considerato che il popolo si accalca sempre più intorno alla casa.

16. Ed Io gli dico: «Prepara la tua barca più grande! Noi dovremo andarcene verso la parte opposta del mare, altrimenti qui nascerà una grande confusione. Certamente il popolo è animato dalle migliori intenzioni, ma dietro al popolo verranno insinuandosi anche i sacerdoti, e con questi per il momento non voglio avere nulla a che fare!»

17. Pietro dunque allestì subito la più grande delle sue barche sulla quale noi salimmo velocemente e, favoriti da un buon vento, cominciammo rapidamente la traversata.

18. Prima però che Io mi fossi imbarcato con i Miei discepoli, si avvicinò a Me un dottore della Legge di Cafarnao e disse: «Maestro, permetti che io Ti segua dove Tu te ne vai?»

19. Ma poiché Io vidi subito che il segreto scopo per il quale egli veramente si prefiggeva di seguirMi non era affatto leale e che poco gli importava sia della Mia Parola che delle Mie opere, mentre invece gli stava a cuore solamente di riempirsi il ventre ed oltre a ciò, dove avesse potuto trarne profitto, anche di fare lo spione, allora Io scossi il capo e gli dissi: «Le volpi hanno le tane e gli uccelli hanno i nidi sotto il cielo, ma il Figlio dell’uomo non ha neppure una pietra dove posare il capo». (Matteo 8,20)

20. Il dottore della Legge, avendo compreso le Mie parole, si voltò e fece ritorno a casa sua! Infatti con ciò Io gli feci comprendere che anche lui era una volpe astuta e che quindi aveva la sua tana (il suo posto di stipendiato), e che gli uccelli della sua specie che abitano sotto il Cielo, vale a dire molto al di sotto della pura Verità e Amore divini, hanno i loro nidi (cioè luoghi di riposo) dove essi vanno a divorare la loro preda, ma che invece nel Figlio dell’uomo non vi è alcuno degli inganni del mondo, nemmeno uno dei cosiddetti pretesti politici (pietra) su cui poter, di quando in quando, posare il capo del sentimento! 

21. Il dottore dunque Mi comprese benissimo e fece ritorno, come già detto prima, rapidamente a Cafarnao senza più una parola di replica.

 

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Cap. 103

«Lasciate i morti seppellire i loro morti». Il Signore si cela con i Suoi sulla nave dalla ressa del popolo. La bufera in mare. Il Signore dorme sulla nave e i discepoli Lo svegliano: «O uomini di poca fede!». La tempesta tace; gli uomini si stupiscono.

(Matteo 8, 21-27)

 

1. Prima che noi salissimo sulla nave, venne a Me anche uno dei Miei discepoli, e Mi pregò che prima della partenza gli permettessi di seppellire suo padre, il quale era morto improvvisamente la notte prima! (Matteo 8,21) 

2. Io però gli dissi: «Tu seguiMi, e lascia pure che i morti seppelliscano i loro morti» (Matteo 8,22).

3. Il discepolo allora desistette subito dalla sua preghiera e Mi seguì sulla nave, poiché egli aveva compreso che è meglio avere cura della vita che non della morte. Una vana cura davvero, che si addice nel miglior modo ai morti; infatti tutti coloro che danno qualche importanza allo splendore dei funerali sono più o meno morti, dato che essi rendono onori alla morte e danno molto valore all’onore della morte.

4. La vera morte dell’uomo è l’egoismo, e lo spirito di questo è l’orgoglio, il quale soprattutto aspira agli onori, cosicché la sepoltura di un trapassato fatta con grande sfarzo non è che l’ultima manifestazione dell’orgoglio dell’uomo già da lungo tempo spiritualmente morto.

5. Allora il discepolo, riconosciuta la piena e profonda verità di quanto gli avevo detto, salì con Me sulla nave senza pensarci più, come già prima narrato, e noi partimmo velocemente (Matteo 8,23) favoriti da un buon vento, cosicché potemmo sottrarci alla folla del popolo la quale nel frattempo era andata sempre aumentando.

6. Alcuni però cercarono di seguirMi e, saliti in piccoli battelli, ci vennero dietro per un breve tratto. Ma, quando il vento cominciò a soffiare con forza sempre maggiore, essi rivolsero prontamente le prore alla riva, ed ebbero un bel da fare per raggiungere la terra ferma prima che il temporale scoppiasse.

7. Noi intanto ci trovavamo già in mezzo al lago, quando la brezza favorevole di prima si tramutò in un fortissimo uragano; ed Io che già salendo sulla nave ero alquanto oppresso dalla stanchezza nel corpo, dato che ero rimasto sveglio tutta la notte, avevo detto a Pietro: «ProcuraMi un giaciglio, poiché, come tu sai, ho passato l’intera notte vegliando; ora, durante il tragitto, Io Mi riposerò un po’».

8. E Pietro Mi portò subito parecchie stuoie, le dispose in modo di farne un buon giaciglio e vi aggiunse inoltre anche un cuscino che egli Mi pose sotto il capo. Immediatamente il Mio corpo si addormentò veramente, quantunque Io sapessi che il vento si sarebbe presto cambiato in un furioso uragano e che le onde si sarebbero alzate alte a minacciare la nave.

9. Quando noi ci trovammo distanti circa un paio d’ore dalla riva, il temporale aveva raggiunto il massimo del suo furore e le onde cominciavano ad infrangersi sulla coperta dell’imbarcazione (Matteo 8,24). Allora perfino i più provati fra i Miei discepoli furono invasi dallo spavento, poiché essi vedevano che, a causa della violenza sempre maggiore delle onde che si rovesciavano sulla nave, questa cominciava a riempirsi d’acqua, specialmente nella parte di mezzo la quale, come allora si usava nel costruire le imbarcazioni, era per lo più la parte più bassa. Vedendo dunque che l’uragano non accennava a finire, ma che invece andava sempre più potentemente sconvolgendo il mare, i discepoli vennero da Me che ero steso sul punto più elevato della nave e che non ero stato ancora raggiunto dalle onde; cominciarono a scuoterMi finché Io Mi svegliai; ed essi gridarono pieni di angoscia: «Signore, aiutaci, altrimenti noi periamo tutti!» (Matteo 8,25)

10. Allora Io Mi alzai dal Mio giaciglio e dissi: «O uomini di poca fede! Come potete voi temere quando Io sono presso di voi? Cosa è di più: l’uragano o Colui che è il Signore di tutti gli uragani?!».

11. Ma poiché i discepoli, come pure tutti gli altri che si trovavano sulla nave, avevano quasi perso la parola per lo spavento, e perfino Pietro non era più in grado che di balbettare, Io minacciai subito il vento e il mare, ed ecco che d’un tratto tutto si fece tranquillo; l’uragano fu come troncato, e la superficie del mare ridivenne tutto ad un tratto tersa come uno specchio; soltanto laddove i rematori ne turbavano l’equilibrio si poteva osservare il leggero movimento dell’acqua (Matteo 8,26). Ora, molti di coloro che erano sulla nave non Mi conoscevano ancora tanto da vicino, poiché solo quella mattina si erano trovati con noi, e d’altra parte erano stati indotti ad intraprendere quel viaggio più per i loro affari che per causa Mia. Questi tali dunque cominciarono a meravigliarsi oltre ogni dire, e domandarono rivolti ai discepoli: «Per l’amor del Cielo; chi è mai Costui al Quale ubbidiscono i venti e il mare?!» (Matteo 8,27).

12. Io però feci cenno ai discepoli che non Mi tradissero. 

13. E Pietro disse: «Non fate troppe domande; date piuttosto una mano a svuotare velocemente la barca dall’acqua che vi è penetrata in abbondanza, altrimenti, se scoppiasse un secondo temporale, cosa che succede di frequente quando esso termina da un momento all’altro come è accaduto ora, noi saremmo spacciati!».

14. Allora quegli estranei non fecero altre domande, ma afferrarono invece i secchi e si diedero con sollecitudine a svuotare l’acqua dalla nave, e questo lavoro li occupò ininterrottamente fino a che giungemmo alla riva opposta.

 

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Cap. 104

Sbarco nel paese dei gadareni. Scena con due posseduti e loro guarigione mediante la parola del Signore. Una predica pagana. Il terrore dei gadareni fa sì che il Signore se ne vada da là. Efficace azione missionaria dei due guariti.

(Matteo 8, 28-34).

 

1. Il piccolo territorio, o meglio ancora la contrada nella quale arrivammo, era abitata da un popolo poco numeroso chiamato dei ghergheseni, od anche gadareni, e si trovava per tutta la lunghezza del lago, precisamente dirimpetto alla Galilea.

2. Ora mentre noi tutti, posto piede a terra, ci disponevamo a recarci nella piccola città di Gadarena che sorgeva su di un’altura distante circa seimila passi dal luogo dove eravamo sbarcati, ecco, giù da una montagnola che si elevava presso la sponda del mare di fronte alla città, la sommità della quale serviva da luogo di sepoltura per tutta la regione circostante, venirci correndo incontro due uomini nudi dalla faccia orribilmente consunta, i quali erano invasi da spiriti maligni e tanto feroci che, per causa loro, quasi nessuno si azzardava a passare per quella strada (Matteo 8,28). La loro dimora era fra le tombe del cimitero situato in cima a questa altura. Nessuno poteva impossessarsi di loro, né legarli con catene. Infatti, sebbene di quando in quando a qualche numeroso gruppo di uomini fra i più forti del luogo riusciva a prenderli e a stringerli in catene e ceppi solidissimi, perfino le catene erano state sempre infrante in un attimo ed i ceppi ridotti in polvere! Essi dimoravano giorno e notte sul monte, e là, fra le sepolture, gettavano urla terrificanti e si percuotevano violentemente con pietre.

3. Quando questi due Mi ebbero scorto in mezzo ai discepoli, essi corsero difilato verso di Me, caddero ai Miei piedi e gridarono: «Che abbiamo a che fare noi con Te, o Figlio dell’Altissimo?! Sei Tu venuto per tormentarci anzitempo?! Noi Ti scongiuriamo nel Nome dell’Altissimo di non tormentarci!» (Matteo 8,29)

4. Ma Io li minacciai e dissi: «Come ti chiami tu, spirito maligno, che tormenti questi due come fossero un solo uomo?»

5. E il malvagio rispose: «Il mio nome è legione, perché qui siamo in molti di noi!»

6. Allora Io comandai al maligno spirito di uscire da quei due, ed in quello stesso momento una grande moltitudine di spiriti diabolici abbandonò i due sotto forma visibile di grosse mosche nere, ed essi Mi pregarono con insistenza che Io non li scacciassi da quella regione!

7. Ora, sulle colline che si susseguivano lungo il mare, verso occidente vi era una grande mandria di scrofe che apparteneva ai gadareni; infatti questo popolo non molto numeroso si componeva per la maggior parte di greci, i quali si nutrivano della carne di questi animali e ne facevano altresì oggetto di commercio, particolarmente con la Grecia. (Matteo 8,30)

8. Quando gli spiriti maligni si accorsero della presenza di quelle scrofe, Mi supplicarono nuovamente che Io permettessi loro di entrare nella mandria. (Matteo 8,31)

9. E come Io ebbi loro concesso ciò, certamente per motivi del tutto segreti e nascosti al mondo, i demoni si impossessarono all’istante di quelle scrofe che erano in numero di circa duemila.

10. Ma nel momento in cui gli spiriti diabolici furono penetrati nelle scrofe, quegli animali si diedero ad una fuga all’impazzata fino in cima ad uno dei monti, dal quale una rupe solidissima si protendeva per un bel tratto sul mare, e da quella rupe alta trecento braccia, tutte le duemila scrofe si precipitarono furiosamente giù nel mare che in quel punto era molto profondo. (Matteo 8,32)

11. E quando i pastori, i quali custodivano quelle mandrie, ebbero visto ciò che era successo con i due ossessi, inorridirono, fuggirono da là e giunti in città raccontarono, particolarmente ai loro padroni, tutto quello che era accaduto in vicinanza del mare. (Matteo 8,33)

12. Gli abitanti della cittadina, udendo quelle cose, si spaventarono, ed uno fra essi che, come molti altri in quel luogo, era ancora un pagano e che aveva di Giove e di tutti gli altri dèi del paganesimo un grandissimo concetto, parlò così e disse: «Non ve l’ho già detto io stamani? Se mai accade che i due tormentati dalle furie divengono tranquilli e che il mare nonostante il cielo serenissimo sia sconvolto terribilmente dalla burrasca, allora è segno che uno degli dèi scende dall’alto e che ne deve seguire per noi una punizione, poiché senza flagelli o spada gli dèi non scendono mai dagli astri su questa Terra! Ed ecco quello che è avvenuto dinanzi a noi; le furie che si accanivano nei due peccatori sconvolsero dapprima il mare, poiché esse sapevano di certo che uno degli dèi sarebbe disceso dall’alto e le avrebbe cacciate fuori dai due peccatori. Che esse poi sotto forma di tafani neri si siano gettate sopra le nostre scrofe e come in un turbine abbiano spinto gli animali a gettarsi in mare, questa cosa mi è oltremodo chiara quanto lo è il sole in pieno mezzogiorno! E adesso non ci resta altro che radunarci in numero ragguardevole, scendere con tutta l’umiltà e la compunzione dell’animo nostro incontro a questo dio, probabilmente Nettuno o Mercurio, e pregarlo ardentemente che egli voglia subito abbandonare questa regione, perché finché uno degli dèi si trattiene sotto forme visibili in uno dei luoghi della Terra, quel luogo non ha da attendersi che una sciagura dopo l’altra, perché come ho già detto, gli dèi non scendono mai giù dalle stelle su questa Terra senza flagelli, spada e castighi!

13. Si guardi però bene ognuno dal fargli neanche con il più intimo dei suoi pensieri il ben che minimo rimprovero per il danno causatoci, perché allora sarebbe addirittura finita per noi! È già da lungo tempo che noi non offriamo ai nostri vecchi dèi un vero sacrificio, e questo è certamente da attribuire a questi sciocchi ebrei, i quali, pretendendo di conoscere tutto meglio di noi, ci hanno distolti dal fare questo; ed ecco che ora uno degli dèi, ritenutosi offeso, si è preso da solo il suo sacrificio! Così è! Ed è perciò che dobbiamo sopprimere in noi qualunque pensiero di malcontento. Però conviene assolutamente che noi scendiamo fino a lui per salutarlo e poi, soprattutto, per scongiurarlo di voler subito abbandonare questo paese!»

14. Ma queste parole erano state udite anche da parecchi ebrei là presenti, i quali dissero: «È verissimo che voi ci considerate imbecilli; eppure noi sappiamo meglio di voi come sia questa faccenda; vedete, questo vostro presunto dio non deve essere altri che un mago di Persia, a meno che non sia il celebre Gesù di Nazaret del Quale abbiamo udito narrare grandi cose. Del resto siamo pienamente d’accordo con voi che si debba pregarLo con tutto il fervore di abbandonare questo paese, perché lo sappiamo già dalla storia dei nostri Profeti che tali uomini non fanno assolutamente la fortuna dei luoghi che essi visitano. Quando il nostro Dio suscita in qualche paese dei profeti fra gli uomini, l’ora della sventura per quel paese è già suonata!».

15. Dopo ciò tutta la città si radunò assieme e scese incontro a Me, e non restarono a casa che pochi ammalati. Quando quei cittadini Mi ebbero scorto, e si furono persuasi che Io avevo l’aspetto perfettamente di uomo, allora si fecero un po’ di più coraggio, si avvicinarono a Me, sempre con molto timore, e Mi pregarono di andare via dai loro confini! (Matteo 8,34)

16. Nel frattempo alcuni osservavano i due che essi avevano prima benissimo conosciuti per ossessi. Questi erano vestiti a nuovo e si misero subito a parlare e a ragionare con loro, ed essi raccontarono in quale modo Io li avessi liberati dai loro tormenti e come fossero poi stati provvisti di vesti da coloro che erano venuti con Me. Ma tutte queste cose non ebbero il potere di far cessare la paura, particolarmente fra i pagani, i quali continuavano con insistenza a pregarMi di andare via dal loro paese e di non fare mai più ritorno!

17. Ed Io cedetti alla loro preghiera e dissi a Pietro: «Amico, vedi di mettere in ordine la tua barca affinché possiamo di nuovo allontanarci da questa contrada!».

18. E Pietro assieme ai suoi servitori la preparò ben presto. Quando però Io vi fui salito, i due risanati Mi vennero dietro in fretta e Mi supplicarono che Io permettessi anche a loro di seguirMi, poiché in quella città essi non avrebbero potuto ottenere né da lavorare né da vivere, ed in casa dei loro parenti non sarebbero stati certamente più accolti a causa del grande timore che essi incutevano loro! Io tuttavia li respinsi dolcemente e dissi loro: «Ritornate pure in pace a casa dei vostri parenti, che anzi vi accoglieranno con gioia. Andate, ma annunciate anche in pari tempo ad essi, come pure all’intero paese, quali grandi cose abbia operato il Signore in vostro favore e quanta misericordia Egli vi abbia usato. In questo modo avrete fatto cosa migliore che non seguirMi, poiché adesso, in questo paese dove voi siete benissimo conosciuti dappertutto, dovrete dare di Me valida testimonianza, riuscendo così di utilità agli uomini, ed allora gli uomini non vi lasceranno morire di fame, come non lo hanno fatto prima, quando eravate per essi oggetto di terrore».

19. Dopo ciò i due guariti si allontanarono assieme, e fecero con tutto zelo quello che Io avevo loro comandato.

20. In breve tempo entrambi divulgarono la Mia fama non soltanto nel luogo loro nativo, ma anche in tutte le dieci città situate verso la regione superiore del lago, e furono instancabili nell’annunciare dappertutto quali grandi cose Io avessi operato per loro e quale immensa misericordia Io avessi loro dimostrato; in conseguenza di ciò molti, tanto fra gli ebrei quanto fra i greci, credettero nel Mio Nome ed in loro sorse la brama ardente di ricercarMi.

 

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Cap. 105

Ritorno a Nazaret. La colazione del Signore con i Suoi nella patria terrena. Commenti diversi sul rifiuto di Gesù di operare miracoli a Nazaret. Visita ad una sinagoga. «Parlare è bene, tacere è meglio». Il carattere della gente del Tempio. Ipocrita risposta del dottore della Legge e sua velenosa domanda riguardo Gesù.

(Matteo 9, 1)

 

1. Noi dunque partimmo andando direttamente verso Nazaret, poiché Io Mi ero prefisso di visitare nuovamente Nazaret per riposare un po’ in patria, ed in questa occasione accendere la luce della verità anche fra i nazareni, molto volubili!

2. Il viaggio di ritorno durò tuttavia un po’ di più di quello di andata, e molti cominciarono a sentire gli stimoli della fame; ma Io infusi loro vigore, ed essi provarono in sé la sensazione di essere stati saziati in modo miracoloso, ed alcuni dissero: «In verità, l’aria che si respira sembra abbia il potere nutriente del pane e l’aroma fortificante del vino!». In tal modo noi raggiungemmo, la mattina dopo di buon’ora, la riva. Dalla spiaggia del mare fino alla città di Nazaret propriamente detta c’erano ancora venti tratti di campo (un tratto di campo equivaleva, calcolato secondo le misure odierne, ad una distanza da 50 a 70 Klafter[5]); noi dunque continuammo senza impedimenti il nostro viaggio ed arrivammo in breve tempo alla città di Nazaret, mentre la barca rimase naturalmente affidata ai servitori di Pietro, i quali ripresero il mare e fecero ritorno a casa.

3. Ora, il luogo dove noi eravamo sbarcati era un punto generale di approdo, e lì vi era di conseguenza molta gente radunata: alcuni attendevano il momento propizio di imbarcarsi per l’una o l’altra direzione per i loro affari e molti altri invece venivano da diversi paesi, perfino da Gerusalemme, per recarsi al mercato di Nazaret; appunto in quell’epoca veniva tenuto un grande mercato in tale città.

4. Quando però quella gente seppe che Io ero arrivato con la barca di Pietro, allora perfino coloro che dovevano imbarcarsi a causa dei loro affari si trattennero a terra, cosicché una grande massa di popolo Mi seguì a Nazaret.

5. Io però ed i Miei discepoli andammo a casa Mia, vale a dire in casa di Maria, la quale vi dimorava assieme ai tre figli più anziani ed a quattro ragazze che parecchio tempo prima, quando Giuseppe era ancora in vita ed Io ero ancora bambino, erano state accolte ed allevate in casa quali figlie adottive.

6. Maria allora e tutti gli altri di famiglia si diedero da fare ed apparecchiarono un’abbondante colazione che giungeva molto a proposito, specialmente per i discepoli i quali per tutto un giorno ed un’intera notte non avevano preso quasi alcun cibo. La colazione fu in breve tempo preparata e consumata, e noi ci recammo poi in città per osservarvi l’andirivieni e l’affaccendarsi della moltitudine. A mala pena però riuscimmo ad uscire di casa a causa della gran ressa che vi faceva intorno il popolo attirato per la maggior parte da curiosità, altri a scopo di vile spionaggio, e soltanto pochissimi spintivi dal bisogno.

7. Dunque, quando noi fummo usciti di casa, alcuni scribi e farisei di Gerusalemme là presenti domandarono se Io avrei operato in qualche luogo qualche miracolo. Ma Io risposi loro seriamente ed energicamente: «No! A causa della vostra incredulità non ne vedrete nessuno!». Udito questo Mio no reciso, essi se ne andarono chi qua e chi là, ed alcuni mormorarono e si sussurravano all’orecchio: «Egli ha paura dei signori di Gerusalemme e non si azzarda a far nulla»; altri invece dicevano: «Probabilmente Egli non ha con Sé i Suoi strumenti magici». Ed altri ancora dicevano: «Egli non vuole far nulla qui a motivo dei Suoi compaesani, poiché saprà benissimo che presso di loro Egli non gode nessuna particolare buona fama!». Manifestando tali e simili idee essi si dispersero, ed in pochi istanti non si trovò più nessuno davanti alla casa di Maria, la genitrice del Mio corpo, cosicché in breve tempo la strada divenne libera a sufficienza e noi ci dirigemmo verso la città.

8. Giunti là, ci recammo a visitare una sinagoga nella quale ogni ebreo, che fosse stato a conoscenza di qualche cosa, era autorizzato a parlare davanti ad un consesso di tre scribi, e poteva oltre a ciò esporre, a nome suo od anche a nome di un’intera comunità, questo o quel reclamo ritenuto fondato contro i sacerdoti e gli scribi, stabiliti da Gerusalemme in un luogo qualsiasi.

9. Come noi fummo entrati nella sinagoga, Simone di Cana Mi disse in segreto: «Signore, qui potremmo anche noi esporre le nostre lamentele? Non ci mancherebbero di certo ogni genere di argomenti»

10. Ma Io gli dico: «Amico Mio! Giusta e buona cosa è il parlare a tempo debito, secondo la verità; però il tacere a tempo debito è miglior cosa ancora! Tu puoi fare ciò che vuoi, ma tuttavia fuori dal ferro non potrai mai tirare fuori dell’oro, né argento dall’argilla! Questa razza, che siede qui a consiglio ed a giudizio, è nel suo intimo del tutto differente da quanto appare nell’aspetto esteriore; di fuori sembra come un agnello mansueto, ma internamente è come un lupo rapace!

11. Credi tu che costoro seggano qui per ascoltare i reclami del popolo, e per applicare poi gli invocati rimedi ai mali lamentati?! Oh! Se tu così pensi sei enormemente in errore!

12. Questa razza siede davanti al popolo con faccia amichevole e lo ascolta, però soltanto per sondare i sentimenti che esso nutre verso la gente del Tempio. Credi a me! Oggi tu vieni ascoltato amichevolmente, ma domani ti cacceranno in prigione e, quale castigo, vi rimarrai per un anno intero in compagnia dei serpenti! Infatti vedi, questi sacerdoti sono tutti simili ai corvi e alle cornacchie, che non si cavano mai l’un l’altro gli occhi con la punta aguzza del loro becco.

13. Restiamo perciò qui soltanto in ascolto e prestiamo attenzione se e in che misura e in che modo si parla di noi. Noi non siamo osservati, e se anche ci osservassero, non saremmo riconosciuti facilmente; perciò è buona cosa che rimaniamo qui ad ascoltare per poterci regolare poi a seconda di quanto avremo udito». 

14. Queste Mie parole soddisfecero pienamente Simone di Cana; noi prendemmo quindi un posto in un angolo piuttosto oscuro della sinagoga e ci ponemmo ad osservare quello che là accadeva.

15. Singole persone per sé, come pure in rappresentanza di intere comunità, stavano esponendo i loro molteplici e gravissimi reclami contro i sacerdoti, e venivano ascoltate assai amichevolmente.

16. Quando però il popolo ebbe terminato di esporre le sue lamentele, ed i tre scribi e farisei discesi in quella città da Gerusalemme ebbero data ampia assicurazione che avrebbero fatto tutto il possibile per sottoporre i sacerdoti accusati ad un severo esame, e che trovatili colpevoli avrebbero saputo ben punirli, uno fra gli scribi si rivolse al popolo con l’espressione più amichevole di questo mondo e domandò se e che cosa si sapesse di Me, vale a dire del famigerato sobillatore del popolo, Gesù! Infatti fino a Gerusalemme era giunta la voce che Egli se ne andava di qua e di là per la Galilea facendo dei grandi e tali segni quali prima di Lui non erano mai stati fatti da nessuno. Continuò quindi domandando se tutto ciò fosse vero, e che cosa ne pensasse il popolo che era lì, nonché l’altra gente del paese.

 

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Cap. 106

Un uomo leale dà pubblicamente, nella sinagoga, una vera e buona testimonianza del Signore. Cose personali e generali riguardanti Gesù. Sua Vita, Sue opere e Sua Dottrina. Degna risposta del fariseo. La rinnovata testimonianza sulla perfidia dei farisei e sulla Divinità del Signore fa volgere in fuga i furenti delegati del Tempio.

 I credenti vogliono eleggere Gesù a loro Maestro e Gran Sacerdote.

 

1. Allora si avanzò un uomo rispettabilissimo dei dintorni di Cafarnao, e disse: «Onorevolissimi servitori di Jehova nel Tempio di Gerusalemme! Gesù, che voi ora menzionaste nella vostra domanda, è per così dire nativo di questi dintorni e di questa città, e da quanto se ne sa, Egli si è sempre comportato bene in ogni occasione e si è dimostrato sempre oltremodo pieno di timor di Dio. Spesso è stato visto pregare con gran fervore; finora nessuno mai Lo vide ridere, invece spesso Egli si ritirava a piangere in luoghi nascosti e tranquilli che Egli era solito visitare spesso.

2. Già all’inizio della sua Vita accaddero intorno a Lui dei fatti straordinari, ed ora Egli, che propriamente come un vero medico di cui non si trova su tutta la Terra l’uguale, ha iniziato la Sua peregrinazione, opera mediante la sola forza della Sua Parola guarigioni tali ed in tal modo come Jehova soltanto avrebbe potuto fare!

3. Tutti i fatti avvenuti da Mosè fino ai nostri tempi sono da reputarsi insignificanti al paragone di questi! Egli ridona all’istante la salute a storpi già da lunghi anni completamente irrigiditi; qualsiasi febbre per quanto maligna deve cedere dinanzi alla Sua Parola; persone mute, sorde e cieche fin dalla nascita parlano, odono e vedono altrettanto bene quanto noi! Egli vince di colpo la lebbra più maligna, e con una sola parola scaccia fuori dagli ossessi legioni di demoni. Egli chiama i morti e questi si alzano, mangiano e bevono e camminano come se non fosse loro mai mancato nulla! Egli signoreggia anche sugli elementi, ed essi gli ubbidiscono come fossero i Suoi fedeli e premurosi servitori!

4. La Sua Dottrina però, parlando in generale, è questa: che si debba con i fatti amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi!

5. Ora, poiché Egli fa simili opere ed annuncia ai Suoi seguaci la Dottrina più pura, noi dobbiamo ritenere che Egli sia un Profeta assolutamente straordinario che, come a suo tempo Elia, ci è stato inviato da Jehova dai Cieli, per aiutarci nella nostra grande miseria! Questo è tutto quello che io ed ancora molti altri insieme a me sappiamo di questo grande Gesù, e noi non possiamo mai abbastanza ringraziare Dio per essersi Egli ancora una volta ricordato del Suo povero popolo afflitto ed angustiato oltre ogni misura.

6. Molti credono che Egli sia il promesso grande Unto del Signore! Io, da parte mia, non sono né a favore né contro questa opinione, tuttavia mi domando: il Cristo, il Quale deve venire, farà opere più grandiose di queste?!»

7. Dice il sacerdote: «Tu parli come il cieco che volesse giudicare dei colori! Dove mai sta scritto che possa sorgere un profeta dalla Galilea?! Noi te lo diciamo: “Questo vostro Gesù non è altri che un perfidissimo mago il Quale dovrebbe essere distrutto con il fuoco! La Sua Dottrina non è che una maschera dietro alla quale Egli cerca di nascondere le Sue opere sacrileghe! Non con l’aiuto di Dio, ma con quello del principe dei demoni Egli compie i Suoi miracoli e voi ciechi Lo ritenete perfino il grande Messia! In verità, voi tutti insieme a Lui siete meritevoli di perire fra le fiamme!”»

8. Ma l’altro in tono energico replica: «Sì, certo, per quello che dipende da voi, se noi non fossimo galilei ed io da parte mia romano addirittura, e se foste ancora voi e non i romani i nostri padroni, noi bruceremmo già da lungo tempo! Ma, per fortuna per noi galilei, i tempi in cui voi spadroneggiavate su di noi sono molto lontani! Noi siamo ormai completamente sudditi romani e non abbiamo per conseguenza niente a che fare con voi; ci resterebbe tutt’al più ancora il compito di scacciarvi definitivamente dalla Galilea, qualora vi azzardaste a molestare anche il meno importante fra noi romani!

9. Ed ora, per quanto riguarda il nostro grande Profeta Gesù, vi dirò ancora questo: “Guai a voi se vi venisse in mente di metterGli addosso le vostre perfide mani, mentre Egli dimora in questo paese!”

10. Infatti per noi Egli è un vero Dio; Egli fece dinanzi a noi delle cose che soltanto a Dio sono possibili!

11. Un Dio che fa del bene ai poveri ed ai sofferenti non può essere che un Dio giusto e vero! Ma un Dio come il vostro il quale non si scongiura se non con oro, argento e con ogni genere di offerte grasse e che, nonostante le preghiere lunghissime e caramente pagate, non fa e non concede quasi nulla, questo vostro Dio è simile a voi che vi chiamate suoi servitori, vale a dire perfido dal capo alle piante dei piedi, ed è come voi meritevole di essere cacciato fuori dal paese!

12. Voi diceste che Gesù è un lupo rapace il quale si cela sotto le spoglie di una pecora! Ma che cosa siete dunque voi? In verità, precisamente voi stessi siete in tutta l’estensione del termine quello che voi sostenete sia Gesù, quest’Uomo veramente pio e mansueto come un agnello!

13. Voi ascoltate le nostre lagnanze con faccia amichevole, ma nel vostro cuore covate la più atroce vendetta contro di noi che ci lamentiamo, e vorreste ora, se vi fosse possibile, annientarci già con il fuoco di Sodoma che piove dal cielo! Ma invece niente di tutto questo, razza maligna di scorpioni e di vipere! Qui siamo noi romani i padroni, e sapremo ben insegnarvi la strada che porta a Gerusalemme, se non vorrete ben presto andarvene di vostra volontà!».

14. Questo discorso ebbe naturalmente l’effetto di suscitare un’ira terribile nei tre scribi; questi però non si azzardarono a pronunciare altre parole davanti al numeroso popolo, e cercarono quindi di prendere il largo uscendo dalla porta piccola della sinagoga, dirigendosi verso Cafarnao dove dimorava la maggior parte dei farisei e degli scribi di Gerusalemme, i quali vi si dedicavano indisturbati ad ogni peggiore manifestazione della lussuria e dell’inganno.

15. Quando i tre ebbero in questo modo sgombrata la sinagoga, un altro del popolo avanzò e porse all’oratore i ringraziamenti a nome di tutti i delegati e dei singoli reclamanti là presenti, ed aggiunse infine: «Se noi non facciamo presto come i samaritani, queste bestie non ci daranno più pace! Bisogna che i loro nomi divengano per noi più spregevoli di quelli di Gog e Magog e che Gerusalemme sia da noi considerata quale un luogo degno della maggiore infamia, altrimenti non ci libereremo mai da questa piaga che è peggiore di qualsiasi pestilenza!»

16. Tutti quanti gli danno ragione e dicono: «Se fosse possibile incontrare in qualche luogo il nostro miracoloso Gesù, bisognerebbe invitarLo qui subito, e noi Lo nomineremmo all’istante unico e vero nostro Maestro e sommo Sacerdote!»

17. Risponde l’oratore: «Questa sarebbe anche la mia opinione; ma tuttavia si dovrebbe prima consultare il governatore romano di Cafarnao per sentire che cosa egli ne pensi, poiché, a quanto si dice, il Tempio si trova in continua e segretissima corrispondenza con il re di Roma, e i romani stessi non hanno qui facile gioco con la gente del Tempio».

18. Tutti allora si dichiararono d’accordo su questo punto, e l’uno dopo l’altro abbandonarono la sala nella quale era la sinagoga.

 

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Cap. 107

Gioia dell’albergatore Simone per la sconfitta toccata alla gente del Tempio. L’indicazione del Signore riguardo a quali casi sia lecito di rallegrarsi giustamente e Suo avvertimento di non farsi beffe dell’umanità cieca, né di permettersi scherzi cattivi a spese della stessa. Esempi: i gadareni guariti e il cieco ingannato.  La commedia del mondo è una tragedia agli occhi dei figli di Dio.

 

1. Io però dico a Simone di Cana: «Hai visto ora come sia opportuno saper tacere a tempo debito?! Quando gli altri parlano ed agiscono in favore nostro, facciamo sempre bene a starcene zitti! Comprendi tu?!»

2. Risponde Simone di Cana: «Sì, o Signore, comprendo benissimo e vedo ormai chiaramente quanto meglio sia lo starsene zitti che non il parlare. È ben vero che talvolta si viene presi proprio per i capelli, e in simili casi si vorrebbe più che mai adoperare la lingua, ma nel particolare caso nostro è stato effettivamente dimostrato che il silenzio osservato a tempo debito è decisamente migliore del più solido dei discorsi. Del resto oggi, specialmente tacendo, abbiamo avuto buon gioco, perché in colui che si presentò ai sacerdoti quale romano abbiamo avuto un patrocinatore oltremodo coraggioso, eloquente ed esperto delle cose.

3. Poco mancò che non scoppiassi a ridere quando i tre delegati del Tempio cominciarono a ritirarsi, facendo così quasi del tutto crollare l’edificio della loro fama e rispettabilità in questo paese! Come divennero sempre più scuri in volto e, udendo le parole sempre più energiche del romano da Cafarnao, quale inquietudine tradì i loro piedi. Questi sintomi non potevano che annunciare la fuga da essi progettata nel modo più adatto. E quando io osservai tale irrequietezza nei piedi dei tre templari, il mio spirito mi suggerì: “Ecco che subito essi si renderanno invisibili”. E infatti divennero invisibili!

4. In verità, o Signore, non può essere peccato se talvolta si apre il proprio cuore a quel senso quasi irresistibile di benessere suscitato dal vedere, come poco fa è stato il caso, tanto bene smascherati i piani di birbanti simili, malvagie oltre ogni dire e del tutto incorreggibili! Io, da parte mia, avrei potuto togliere a forza di baci ogni parola dalla bocca del romano!»

5. Dico Io: «Ogni animo onesto può a pieno diritto gioire e accogliere quell’allegria che lo fortifica quando vede che, per una reazione manifestatasi a tempo debito, un male per quanto nascosto viene scoperto ed annientato, ma, sia ben chiaro, può gioire soltanto del fortunato insuccesso di ciò che è per sé ed in sé maligno, falso e cattivo, mai del male che ne deriva agli uomini, i quali per lo più nella loro cecità si fanno schiavi del peccato!

6. Tu hai pur visto i due gadareni, come erano cattivi! Ma non appena Io ebbi cacciato da loro la legione di demoni, quanto buoni e mansueti diventarono, e come lodarono e glorificarono Dio per avere concesso tale potenza ad un Uomo! Sarebbe stato bene, in quel caso, rallegrarsi solo perché ai due forsennati che erano il terrore dell’intero paese, veniva impedito di continuare le loro maligne gesta, e poi perché subito dopo ad alcuni mercanti di porci ed usurai vennero tolti e precipitati in mare i mezzi con i quali essi esercitavano l’usura? Oh! Una gioia di questo genere sarebbe stata assolutamente indegna di ogni vero uomo! Ma se invece la gioia serena provata aveva il suo fondamento nel fatto che i due uomini malamente tormentati erano stati liberati e che in conseguenza di ciò i diabolici esseri che li tormentavano erano stati costretti a servire la buona causa del Cielo con il provocare l’annientamento del loro malo spirito di usura da essi tanto accuratamente coltivato presso i gadareni, in tal caso l’allegrezza e la serenità hanno avuto nel Cielo le loro origini e sono state indubbiamente buone.

7. Io lo dico a voi tutti, e ciò che vi dico è la più profonda e vivificante verità: “Chi ride di un uomo stolto dimostra di avere egli pure la più grande inclinazione per questo difetto, poiché in tal caso colui che è stolto agisce spinto dalla sua stoltezza e l'altro se la ride spinto dalla sua, ed è così che una stoltezza trova il suo compiacimento nell'altra, al punto che alla fine non le sta per niente bene se il primo la fa finita con la sua stoltezza e comincia ad agire in modo ragionevole”.

8. Tutt’altra cosa è invece se voi correggete fraternamente colui che agisce stoltamente e se ridete con cuore lieto e gioioso quando lo stolto comincia ad agire saggiamente! Allora la vostra letizia e gioia rientrano nell'ordine dei Cieli, e quindi sono buone, eque e giuste!

9. Quale sentimento di gioia può mai venire suscitato in generale e ragionevolmente parlando, quando un cieco che cammina per la via si rivolge ad un altro viandante che ha gli occhi sani e che va per la stessa strada, e gli dice: “Amico, io temo di aver sbagliato strada e non so se vado avanti o indietro; qui, più avanti, dovrebbe trovarsi la mia casa. Secondo il numero dei miei passi che io ho contati dovrei essere proprio nell’immediata vicinanza di casa mia, ma, essendo completamente cieco, mi è facilissimo cadere in errore, e posso essermi volto indietro invece che avanti, cosicché ora sarei qui più lontano da casa mia di quanto lo sia stato nel luogo da cui sono partito. Abbi dunque la bontà di condurmi per la strada buona fino a casa mia!”

10. Se poi allora colui che vede, ride fra di sé del cieco, e, mentre entrambi si trovano talmente vicini alla casa cercata che basterebbero soli dieci passi per arrivare alla porta di casa, dice al cieco: “Oh, tu ti sei sbagliato, e di molto! Dammi la mano; quantunque siamo piuttosto lontani, voglio tuttavia, assecondando la tua preghiera, condurti fino a casa!”. Il cieco, udite le buone parole, gioisce e ringrazia anticipatamente la sua guida. Questi, sempre ridendo, conduce il cieco per venti volte intorno alla casa di quest’ultimo, e, pieno di scherno nel suo cuore, gli dice: “Eccoci, amico mio, siamo arrivati; qui è la tua casa!”. Il cieco si profonde di nuovo in ringraziamenti, ma colui che ci vede si smascella dalle risa, perché la burla gli è riuscita!

11. Ora Io domando: “Chi, in questo caso, è più cieco fra i due: il cieco stesso oppure la guida che vede?!”. In verità Io vi rispondo: “Chi ci vede di meno è la guida che non sente pietà per la sventura, poiché questo è cieco nel suo cuore, e questa cecità è mille volte peggiore di quella degli occhi!”.

12. Similmente ridono gli uomini anche quando vengono tenuti ogni genere di discorsi scherzosi, e particolarmente, come per lo più succede, se tali discorsi contengono un buon numero di allusioni rozze ed oscene, e se rivelano agli occhi ed agli orecchi del mondo tante e tante debolezze e peccati dei loro fratelli!

13. Io ve lo dico: “Chi può ridere di cose simili, oppure anche quale semplice testimone dà libero sfogo alla sua allegria se talvolta qualche cosiddetto buon umorista inganna in modo sfacciato una qualsiasi persona di debole intelletto con il vendergli una perla falsa per una vera, nel cuore di costui il demonio ha già sparso a piene mani ogni tipo di cattive sementi, dalle quali non germoglieranno mai frutti di vita”. 

14. Conseguentemente è meglio distogliere l’animo da tutte queste cose e dispiacersi piuttosto per tutto ciò che incita al riso, poiché la commedia del mondo è sempre una tragedia agli occhi dei veri figli di Dio; ed anche troppo spesso piangono gli angeli di Dio nel Cielo, quando gli uomini del mondo, nella loro maligna stoltezza, ridono.

15. Dunque lasciamo stare anche i tre templari, i quali sono bensì pieni di malvagità, ma tuttavia sono uomini essi pure, e sono figli, seppure scellerati a causa dell’influsso di Satana e dell’amore del mondo e di se stessi che è tipico di loro, di quello stesso Padre che è anche il vostro! Quindi, solamente quanto vi è in loro di male è da disprezzarsi, essi stessi però, quali uomini e fratelli, non sono che da compiangere!

16. È meglio nascondere l’ubriaco Noè che scoprirlo ed esporlo alle risa del mondo!

17. Se voi ora avete compreso tutto ciò nei vostri cuori, usciamo anche noi dalla sinagoga, divenuta ormai vuota, e dirigiamoci verso casa, poiché il pranzo sarà già preparato! In cammino dunque!».

 

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Cap. 108

Cure domestiche della madre Maria, non approvate dal Signore. Suo ringraziamento ed avvertimento di Gesù. Lode di Maria fatta dai discepoli e dal Maestro. Predizione del Signore sull’adorazione di Maria. Ammonimento a non voler innalzare troppo il prossimo. Vanità e orgoglio, le debolezze della donna.

 

1. Come noi ce ne andiamo, molti di coloro che ci incontrano ci salutano, ma nessuno ci domanda dove siamo stati o dove siamo diretti.

2. Strada facendo, però, ci raggiunge anche Giuda Iscariota, il quale vuole subito informarsi dove noi siamo stati e dove siamo in procinto di andare! Costui non era stato nella sinagoga, ma egli giungeva allora dal mercato dove aveva fatto commercio con i suoi pesci e con le sue pentole, e ne aveva ricavato molto denaro, e tutto ciò lo aveva reso di umore molto allegro. Ciò nonostante egli ci seguì nella casa di Maria, e fece grandissimo onore al cibo, perché non gli costava niente; ma appena ebbe terminato di mangiare e di bere, egli fece ritorno al mercato per continuarvi il suo lucroso negozio, poiché la fiera durava tre giorni, ed era frequentata da tutte le specie di mercanti che trattavano là molti affari e che si facevano pagare bene le loro merci.

3. Il giorno seguente la madre Maria Mi chiese se Io ero intenzionato ad operare di nuovo qualcosa pubblicamente in quel luogo, quanto tempo Mi sarei trattenuto in casa questa volta e inoltre se attendevamo ancora qualche altro ospite; tutto ciò affinché essa potesse procurarsi provviste a sufficienza, poiché queste cominciavano a scarseggiare in casa.

4. Le dico Io: «Donna, non darti pensiero né di Me, né di coloro che sono con Me e neppure delle provviste! Infatti, vedi, a Colui che nutre tutta questa Terra e che sazia con il Suo Amore il sole, la luna e tutte le stelle, non è ignota neppure questa piccola casetta, ed Egli sa perfettamente bene ciò di cui essa ha bisogno! Non preoccuparti dunque, perché a quello che ora ti preoccupa è stato già pensato e provvisto dall’Alto!

5. Il Padre che è nei Cieli non permette che i Suoi figli soffrano la fame se non nel caso che questo sia necessario per la loro salvezza.

6. Già a Sichar tu hai pur potuto convincerti, ed in misura oltremodo abbondante, come il Padre nei Cieli si era occupato dei Suoi figli! Credi tu forse che da pochi giorni Egli sia diventato più duro di cuore?! Va’ fuori nella dispensa, e vedrai quanto vane sono state le tue preoccupazioni!».

7. Maria allora si affretta a visitare la dispensa, e la trova colma di pane, farina, frutta, di pesci affumicati e freschi, latte, formaggio, burro e miele! Quando Mia madre scorge tutte quelle provviste ammassate nella dispensa, si turba enormemente; essa ritorna in tutta fretta da Me e cade ai Miei piedi rendendoMi grazie per il ricco dono fattole! Io però Mi chino verso di lei e la alzo dicendole: «Perché fai ora a Me ciò che compete soltanto al Padre? Alzati! Noi ci conosciamo già da trent’anni, e Io sono sempre uguale e lo stesso!».

8. E Maria, piangendo di gioia, saluta tutti i Miei discepoli e si allontana velocemente per prepararci un buon pranzo.

9. Dopo di ciò i Miei discepoli si avvicinano a Me ed esclamano: «Che cara donna e che madre dolcissima! Essa ha ora già quarantacinque anni, eppure all’aspetto si direbbe che ne abbia appena venti. Quali tenerissime cure essa si dà, e come soave si agita il suo petto, veramente santo e purissimo, riboccante del più puro amore materno! In verità, essa è una donna che eccelle fra tutte le donne di questa Terra!»

10. Osservo Io: «Sì, certo, essa è la prima, e mai vi sarà una maggiore di lei, ma verrà anche il tempo in cui saranno a lei dedicati più templi che a Me, ed in cui essa verrà onorata dieci volte più di Me. Allora gli uomini crederanno fermamente di poter giungere a beatitudine soltanto per mezzo suo!

11. Perciò ora Io voglio anche che non la si innalzi troppo, poiché lei sa di essere la madre del Mio Corpo, e sa Chi si cela dietro questo Corpo che essa partorì! 

12. Siate con lei dunque oltremodo buoni e cortesi; soltanto guardatevi dal tributarle in qualsiasi forma onori divini! 

13. Infatti malgrado tutte le sue qualità oltre ogni misura eccellenti, essa non è tuttavia che una donna, e dalla migliore fra le donne fino alla vanità non vi è e rimane che soltanto un piccolissimo intervallo!

14. Ebbene, ogni vanità è la semente dell’orgoglio, dal quale trae le sue origini ogni male che è venuto finora nel mondo, che viene tuttora e che in ogni tempo verrà! Comportatevi perciò anche verso Mia madre come ora vi ho detto!».

 

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Cap. 109

Il dialogo di Pietro e Simone sull’avvenire della Dottrina di Gesù. Il Signore esorta di avere fiducia in Dio. «Non curatevi di cose lontane, ma fate volonterosamente quello a cui siete chiamati». Paragone dell’artefice e dei suoi strumenti. «Voi siete ventilabri[6] nelle mani del Padre».  «Chi e che cosa sei Tu?». Cenni sul Padre e il Figlio.

 

1. Pietro scuote il capo e si stringe nelle spalle! Ma Simone di Cana gliene chiede il motivo e dice: «Cosa ti passa per il capo? Se il Signore ha predetto tutto ciò innanzi a noi, vuol dire che certamente così succederà, e noi ormai sappiamo come vada considerata la cosa e come dobbiamo comportarci a tale riguardo. Per quale motivo dunque dovremmo noi scuotere il capo con aria dubbiosa e stringerci nelle spalle?!»

2. Risponde Pietro: «Caro fratello, con il mio scuotere e stringermi nelle spalle intendo significare una cosa ben differente da quella che tu sembri dedurre dai miei gesti!»

3. Chiede Simone: «E cosa altro mai, caro fratello?»

4. Dice Pietro: «Vedi, la parola e l’azione del Signore sono sante; quanto felici potrebbero essere tutti gli uomini su questa Terra, se essi conoscessero già questa Dottrina e se vivessero seguendola?! E invece, se consideriamo questa e quella cosa; oh, quando mai questa Dottrina diventerà un santo bene comune di tutta quanta l’umanità?! E anche se il Signore volesse che succeda ancora questo e quello, che aspetto assumerà in breve tempo questa Dottrina?! In verità, accadrà che questo preziosissimo nutrimento dell’anima verrà alla fine trasformato in un cibo degno dei cani e dei maiali! Ed ecco, o fratello, per quale motivo io ho scosso il capo ed alzate le spalle!»

5. Gli dico Io: «Pietro, lascia star ciò! Tu farai quello che sarai chiamato a fare; degli effetti che avranno le azioni e le parole tue, non è opportuno che tu ti preoccupi più oltre. Quello che poi accadrà e che deve accadere, in un modo o nell’altro, in tutta la profondità della Sapienza e dell’Amore è noto solamente al Padre ed anche a colui al quale il Padre vuole rivelare come, quando e perché viene concesso che tutto ciò accada!

6. Però, se tu entri in una qualche grande officina di un artefice e vi osservi i molti e differenti utensili, puoi tu giudicare subito come l’artefice li adoperi per realizzare un’opera? Certo, anche in questo caso tu scuoterai il capo e ti stringerai nelle spalle, ma con ciò non avrai affatto chiarito il modo in cui l’artista adoperi i suoi molti e differenti utensili, né come per mezzo di questi egli realizzi una qualsiasi opera d’arte. Se però l’artista te lo spiega, allora lo saprai anche tu, per quanto l’artista avrà voluto rivelartelo.

7. Ma Io ti dico: “Al di sopra di tutti gli artisti vi è un Dio, e l’arte più grande è bensì quella di formare da sé e mantenere fuori di sé, indipendente e del tutto libera, una vita in un numero sconfinato di singoli esseri! E a fare questo occorrono certo degli strumenti spirituali infinitamente vari, e tu, come Maria e tutti gli uomini, siete ugualmente altrettanti differenti opere ed in pari tempo strumenti, i quali soltanto il Padre che è nei Cieli sa, in maniera sapientissima, adoperare per il raggiungimento di quest’unico scopo!”

8. Per conseguenza, non ti curare più oltre che di quello al quale tu sei stato chiamato; in questo modo tu potrai rendere buoni servizi quale giusto strumento nelle mani del Padre! 

9. Oppure è il ventilabro al di sopra di colui che lo adopera?! Se esso è adatto al suo scopo, lo si usa; ma se esso non è adatto, allora o lo si rende tale, oppure lo si getta nel fuoco! Se dunque il Padre ti ha chiamato a servire da ventilabro, rimani quello che sei, e non voler nello stesso tempo servire anche da pentola! Comprendi tu ciò?!»

10. Risponde Pietro: «Signore questa cosa è alquanto oscura. Considerata superficialmente, mi sembra quasi di comprenderla; ma, se ci rifletto e ne ricerco la ragione, queste Tue misteriose parole metaforiche non mi sono più comprensibili. Come è possibile essere nello stesso tempo opera e strumento, e come sono io un ventilabro?»

11. Dico Io: «Non è forse uno strumento qualsiasi, già prima di essere adoperato da un artista, un’opera perfetta nel suo genere, affinché l’artista possa servirsene per produrre una nuova opera, oppure per realizzare un lavoro qualunque a seconda degli scopi che egli si prefigge?!

12. Ora Io dissi che tu, nelle mani del Padre che è nei Cieli, sei come un ventilabro, perché tu e gli altri discepoli venite ora istruiti da Me in modo da servire ad innalzare gli uomini alla vera conoscenza di Dio.

13. Gli uomini del mondo sono simili al grano, all’orzo ed al frumento. Ma questo cereale vivente non cresce senza pula e sozzo pulviscolo. Affinché questo cereale vivente, vale a dire questi uomini mondani, possa venire mondato dalla sua pula e pulviscolo, e poi quale cereale interamente mondo possa venire raccolto negli eterni granai del Padre, ora voi venite trasformati in veri e vivi ventilabri, per mezzo dei quali il Padre Celeste monderà il Suo cereale. Vi è ormai chiaro tutto ciò?»

14. Dice Pietro: «Sì, o Signore, adesso noi comprendiamo del tutto la cosa, però, dato che Tu parli sempre del Padre che è nei Cieli come di una seconda persona, mentre dopo quanto è avvenuto a Sichar noi ritenevamo in segreto che Tu fossi anche il Padre, desidereremo sapere ancora Chi allora sei Tu veramente! Sei forse Tu pure nelle mani del Padre un ventilabro, oppure un altro strumento qualsiasi?»

15. Rispondo Io: «Anzitutto Io sono Colui che sono; ma poi Io sono anche Colui che non sembro essere quello che sono! Io semino e raccolgo come semina e raccoglie il Padre, e chi serve a Me da ventilabro, costui serve ugualmente anche il Padre, poiché laddove è il Padre è anche il Figlio, e laddove è il Figlio è anche il Padre. Il Padre è tuttavia al di sopra del Figlio, e il Figlio procede dal Padre; ma il Padre da nessun altro è conosciuto che dal Figlio e da colui al quale il Figlio vuole rivelarLo. Comprendete voi ciò?»

16. Risponde Pietro: «Signore, nemmeno un angelo è in grado di comprenderlo; quanto meno lo potremmo noi! Però, se Tu volessi, potresti bene mostrarci una volta il Padre!»

17. Gli dico Io: «Voi non siete ancora maturi, ma fra breve verrà il tempo in cui voi lo sarete, ed allora tutti voi potrete vedere il Padre».

18. A questo punto Maria con le sue aiutanti viene ad avvertirci che la colazione è pronta. Subito vengono disposte le mense e si portano le vivande.

 

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Cap. 110

L’offeso Giuda. Cenno del Signore su di lui. Giuda viene considerato un mercante vorace.

Il Signore e i tre farisei, tra i quali anche Giairo da Cafarnao.

 

1. Noi dunque prendiamo posto a tavola e cominciamo pacificamente e con lieto animo a fare onore a quanto ci viene presentato, quando sulla soglia si vede comparire Giuda il quale, molto risentito, ci rimprovera di non aver mandato qualcuno ad avvertirlo, poiché dovevamo benissimo sapere quanto egli avesse da fare e per conseguenza come egli non potesse tenersi sempre informato riguardo al tempo in cui noi ci radunavamo per i pasti! Infatti, alla fin fine, anche lui appartiene alla nostra compagnia! 

2. E Tommaso, udendo queste parole, si irrita fortemente ed esclama: «Signore, ora la mia pazienza è davvero esaurita! È necessario che io lo metta a posto nuovamente!»

3. Gli dico Io: «Lascia andare. Non hai mai sentito dire: “Dove sotto un tetto dimorano dodici angeli, uno fra questi è un demonio travestito?!”. Lasciatelo dunque alla sua gioia; infatti tu non puoi farlo diverso da quello che egli è!»

4. Tommaso allora si siede, e Giuda se ne va senza prendere parte al pasto. 

5. Ma mentre noi continuiamo a fare onore ai buoni cibi che ci vengono presentati, ecco ricomparire Giuda, il quale con buona maniera questa volta, ci prega di dargli qualcosa da mangiare, poiché in città, a causa il gran numero di forestieri, avevano esaurito tutto e non si poteva avere più nulla!

6. Dico Io allora: «Dategli dunque qualche cosa da mangiare!»

7. E il fratello Giacomo gli offrì pane, sale ed un intero e grosso pesce ben preparato. 

8. E Giuda divorò completamente questo pesce che pesava intorno a sette libbre (3,9 kg), e bevette poi molta acqua; a causa di questo egli cominciò a sentirsi male e a lamentarsi che il pesce doveva essere stato guasto, poiché gli causava dei disturbi di stomaco.

9. Ma Tommaso si arrabbiò nuovamente e disse a Giuda Iscariota: «Tu sei sempre lo stesso individuo rozzo e grossolano! Va’ a vedere nella dispensa, ed esamina se i nostri pesci sono guasti! Se tu, affamato come un lupo, inghiotti addirittura un pesce che pesa sette libbre, ci bevi sopra un intero secchio d’acqua ed infine divori una pagnotta che non si può davvero chiamare piccola, è naturale che ti senta un gran peso sullo stomaco! Però, se ti fa tanto male, non abbiamo qui fra noi il migliore dei medici? PregaLo dunque, ed Egli allora ti aiuterà!»

10. Risponde Giuda Iscariota: «Voi siete tutti furibondi contro di me, e dite che io sono un demonio; ma se mi considerate tale, come potete credermi quando io vi dico che soffro e come potrete aiutarmi?!»

11. Dice Tommaso: «Non eri anche tu con noi presso Gadarena, e non hai visto come il Signore ha esaudito la preghiera dei diavoli ed ha concesso loro quello di cui essi Lo avevano pregato?! Se tu dunque ritieni sul serio di essere un demonio, prega allora come tale, e si troverà poi bene una mandria i porci nella quale tu potrai entrare, sempre che il Signore esaudisca la tua preghiera!»

12. Dice Giuda Iscariota: «Tu sei davvero molto gentile con me! Non avrei mai creduto di avere in te un amico così buono! Tuttavia, nonostante tutto questo, io pregherò Gesù, il Figlio di questa casa, che Egli voglia venire in mio soccorso, e vedremo se Egli mi costringerà ad entrare in una mandria di porci, come tu hai detto!»

13. Allora Giuda si rivolge a Me e Mi esprime il suo desiderio. 

14. Ma Io gli rispondo: «Ritornatene alle tue pentole; là ti sentirai già meglio con il tuo stomaco!»

15. Giuda, seguendo il Mio consiglio, se ne va, ma non senza prima avere osservato a Tommaso, passandogli davanti: «Dunque, non in una mandria di porci!»

16. E Tommaso dice: «Questo no, ma neppure in un luogo molto migliore! Infatti le tue pentole sono per te una merce da usuraio altrettanto quanto lo erano i porci per i gadareni!»

17. Giuda non replica nulla a questa osservazione e si allontana rapidamente. 

18. Ma ecco che pochi istanti dopo, tre farisei da Cafarnao entrano in casa chiedendo se Io sono presente. E non appena viene detto loro che Io Mi trovo in casa, entrano subito nella stanza da pranzo e chiedono nuovamente di Me, poiché essi non Mi conoscevano di persona.

19. Ed Io dico loro in tono di grande energia: «EccoMi! Sono qui! Cosa volete voi che Io vi faccia?»

20. Ma questa Mia invettiva incusse loro un tal timore che non si azzardarono più di chiederMi quello per cui erano venuti, poiché la Mia potente Parola aveva fatto nei loro cuori l’effetto come se fossero stati colpiti dal fulmine! Perciò Io domandai loro nuovamente cosa volessero. 

21. Allora uno dei tre avanza e dice con voce che tradisce l’interna angoscia: «Buon Maestro!»

22. Ma Io lo interrompo: «Perché Mi chiaMi buono? Non sai dunque che nessuno è buono all’infuori di Dio?»

23. Risponde il fariseo: «Te ne supplico, non essere tanto duro con me, poiché io sono venuto per ottenere il Tuo soccorso che è di provata efficacia!»

24. Gli dico Io: «Va e non trattenerMi! Quest’oggi nel pomeriggio Io voglio scendere al mare per dedicarMi alla pesca; là tu Mi troverai». 

25. E come ebbi deciso ciò, i tre si allontanarono. Colui che aveva parlato con Me era un rettore della scuola e della sinagoga di Cafarnao ed aveva nome Giairo.

 

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Cap. 111

La santa compagnia sulla nave. Ritorno nella casa di Giairo. La guarigione della donna greca sofferente di emorragie. Breve storia della sua vita.

 

1. Come Pietro ebbe udito che Io volevo scendere al mare, Mi chiese se egli doveva precederci e preparare il grande battello! Ma Io gli risposi: «Non darti pensiero di ciò, perché quando noi saremo arrivati là, troveremo tutto disposto in perfetto ordine!»

2. E così pure Maria a sua volta Mi domandò se avrebbe dovuto apparecchiare qualcosa per il pranzo o per la cena? Ed Io le dissi: «Né per l’uno, né per l’altra; infatti noi saremo di ritorno solo a notte molto inoltrata».

3. Quindi Mi rivolsi ai discepoli e dissi loro che se avevano voglia di venire con Me, si disponessero subito a partire. Tutti allora si alzarono in fretta e Mi accompagnarono fino al mare, il quale, com’è noto, cominciava non lontano da Nazaret. 

4. Arrivati al mare, vi trovammo radunata una quantità di popolo; inoltre vi erano là sulla riva parecchie barche, e neppure quella di Pietro vi mancava. Noi salimmo subito sul battello di Pietro e ci staccammo dalla riva prendendo il largo. 

5. Ma quando il popolo vide che Io Mi allontanavo, prese anch’esso posto su un gran numero di altri battelli e Mi seguì a forza di remi. 

6. Ora, in uno di quei battelli era salito anche quello dei tre farisei che, come già detto, era un rettore della scuola di Cafarnao, il quale possedeva una bella tenuta nelle vicinanze di questa città e che in quel giorno era venuto a casa Mia, a Nazaret, per chiedere di Me. E quando egli (Giairo) si fu avvicinato a noi con il suo battello, si mise subito in ginocchio e Mi supplicò dicendo: «Signore! Mia figlia è agonizzante. Oh, se Tu volessi venire da lei per imporle le Tue mani, affinché riacquistasse la salute!».

7. Noi non eravamo ancora molto lontani dalla riva, ed Io feci cenno a Pietro di volgere il battello verso terra. Quando noi fummo ridiscesi a riva, trovammo agglomerata là una tale massa di popolo che a mala pena ci fu possibile fare un passo e dovemmo faticare circa tre ore per poter arrivare alla casa di Giairo, laddove un camminatore anche mediocre vi sarebbe normalmente giunto con facilità in un’ora.

8. Mentre noi, accompagnati da Giairo, nella grande ressa più che camminare eravamo per così dire spinti in avanti, in questa occasione si spinse verso di Me da dietro anche una donna, che soffriva di emorragia da dodici anni e aveva consegnato quasi tutto il suo patrimonio ai medici, pur di guarire. Lei toccò il Mio abito, credendo che così sarebbe guarita; la donna infatti aveva sentito parlare molto di Me. 

9. Siccome però lei era una greca e non israelita, non si azzardava a venire da Me apertamente, perché in quel periodo di tempo regnava una grande animosità fra ebrei e greci per questioni commerciali ed a causa della lotta per la preminenza presso Roma che ciascuno dei due popoli ambiva ad ottenere.

10. I greci, che godevano la fama di qualità eroiche e di popolo molto colto, avevano presso i romani una reputazione di gran lunga maggiore ed erano in una posizione assai più vantaggiosa che non gli ebrei, i quali a Roma erano considerati molto male. Inoltre i greci costituivano in certo qual modo una specie di polizia segreta incaricata di tenere d’occhio gli ebrei, ed a motivo di ciò erano da quest’ultimi ancora più mal tollerati.

11. Questo serve anche a spiegare il timore che particolarmente le donne greche avevano degli ebrei, perché fra i greci correva la voce, sparsa ad arte dagli astuti ebrei, che questi, espertissimi in ogni genere di sortilegio, avevano il potere di rendere sterili le donne greche e che sarebbe bastato, per raggiungere tale scopo, che uno di essi avesse rivolto uno sguardo fisso e penetrante ad una donna greca. E questo era stato anche il motivo per il quale quella donna aveva tentato di spingersi verso di Me da dietro. 

12. Ma non appena Mi ebbe toccato, lei si accorse subito della sua completa guarigione. Il flusso del suo sangue si era fermato all’istante e una pace grandissima era scesa nel suo animo non più tormentato dal pensiero del male, ed essa percepì in tutto il suo essere la sensazione di essere completamente guarita.

13. Io però Mi girai immediatamente e chiesi ai discepoli che Mi stavano più da vicino: «Chi Mi ha toccato?»

14. Ed i discepoli quasi si arrabbiarono per questa domanda ed esclamarono: «Tu vedi bene come il popolo preme da tutte le parti! Come dunque puoi domandare chi Ti ha toccato?»

15. Ma Io dissi ai discepoli: «Non intendevo questo! Colui che Mi ha toccato aveva una fede ed un’intenzione che lo spinsero ad agire in tale modo, poiché Io ho avvertito che una forza è uscita da Me!»

16. Allora la donna che Io, pronunciando queste parole, avevo fissato intensamente negli occhi, si spaventò; Io però l’avevo così guardata appunto perché ben sapevo che era stata lei a toccarMi la veste, e conoscevo altresì il motivo per il quale aveva fatto ciò! La donna si prostrò ai Miei piedi, confessò apertamente quello che aveva fatto e Mi supplicò di perdonarla, e il suo spavento era tale che essa tremava e rabbrividiva in tutto il corpo, il che è facilmente comprensibile qualora si prenda in debita considerazione quello che Io prima brevemente esposi riguardo ai rapporti fra greci ed ebrei.

17. Ed Io, raddolcendo il Mio sguardo, le dissi: «Alzati, figlia Mia, la tua fede ti ha soccorso! Vattene pure ora in pace a casa tua e sii sana e libera dalla tua pena!».

18. E la donna si alzò, del tutto serena e felice, e andò a casa sua, per raggiungere la quale ci voleva mezza giornata di viaggio; essa era figlia di un affittuario che dimorava dietro Zebulon ed era nubile, e nel suo tredicesimo anno di età aveva ceduto alle lusinghe di un uomo sensuale, e ne aveva ricevuto in compenso due libbre (1,12 kg) d’oro; ma in conseguenza di ciò la sua salute era rimasta scossa ed aveva avuto per dodici anni sofferenze continue. Per tentare di alleviare tali sofferenze, essa aveva speso tutte le due libbre d’oro, che a quei tempi valevano più di 30.000 fiorini attuali[7] in carta moneta; infatti allora per un grosso[8] d’argento si riceveva più di quanto attualmente corrisponde al valore di dieci fiorini di moneta sonante. Essa dunque in seguito ad un simile dono era diventata molto ricca; tuttavia dovette dare via tutte le sue ricchezze prima di poter riacquistare la salute.

 

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Cap. 112

Morte della figlia di Giairo. Consolazione e promessa del Signore.

Resurrezione della figlia di Giairo. Le esperienze nell’aldilà della ridestata.

 L’ordine di silenzio del Signore.

 

1. Mentre Io stavo ancora parlando con i Miei discepoli riguardo il caso di quella donna, vennero a noi incontro, correndo e quasi senza fiato, alcuni dei servitori del rettore, che portarono a costui la triste notizia che sua figlia era già spirata!

2. Giairo, udito questo, si rattristò immensamente e disse, rivolto a Me: «Caro Maestro, dato che, a mio grande sconforto, vedo che ormai è troppo tardi per poter soccorrere la mia amata figlia che era tutto per me a questo mondo, non vi è purtroppo ragione che Tu ti scomodi oltre!»

3. E dette queste parole scoppiò in un pianto dirotto, poiché egli veramente amava assai sua figlia dodicenne, la quale era colta e bella, e di statura pari ad una ragazza di vent’anni; oltre a ciò lei era l’unica figlia di questo rettore.

4. Quando Io ebbi appreso tale notizia, prima dai suoi servitori e poi da lui stesso, fui mosso con tutto il Mio cuore a compassione alla vista di quel padre sconsolato, e perciò Io gli dissi: «Amico, non avere alcun timore, bensì credi! Tua figlia non è morta, ma soltanto addormentata, e ora Io la risveglierò!».

5. E come Giairo ebbe udito le Mie parole, si rasserenò alquanto e cominciò a respirare più liberamente. 

6. Quando noi fummo arrivati a circa mille passi dalla sua casa, Io dissi, tanto al popolo quanto a quei discepoli i quali erano ancora di poca ferma fede, che si trattenessero là e che soltanto a Pietro, a Giacomo, a suo fratello ed a Giovanni sarebbe stato concesso di venire con Me, poiché sulla fede di questi quattro discepoli si poteva già allora edificare delle case.

7. E quando Io entrai in casa assieme al rettore della scuola, vi trovai radunata molta gente che faceva molta confusione ed un gran rumore, poiché, secondo le usanze ebraiche, dove c’era un morto, si piangeva e si facevano lamenti ad alta voce e venivano cantate canzoni funebri. 

8. Una volta entrato nella stanza dove giaceva la morta su un letto riccamente ornato, Io Mi rivolsi alle numerose persone che là manifestavano troppo rumorosamente il loro dolore, e dissi loro: «Perché tutto questo pianto e questo tumulto!? La figlia non è morta, ma dorme soltanto!»

9. Allora essi presero a burlarsi di Me ed esclamarono: «Sì, davvero! Chi dorme ha proprio questo aspetto! Quando il petto non respira più, il polso non batte più da due ore e mezza, quando tutto il corpo si raffredda e si scolora, e l’occhio si spegne, allora, secondo il Tuo modo di vedere, forse si dorme!? Certamente anche questo è un sonno, ma chi dorme così non si risveglia più se non nel giorno del Giudizio!»

10. Ma Io dissi a Giairo: «Fa che se ne vadano tutti fuori, poiché l’incredulità di costoro non Mi è qui di alcun giovamento!». E così egli fece, ma quella gente non volle obbedirgli, ed egli perciò Mi pregò che lo aiutassi! Allora Io li cacciai tutti fuori a viva forza, ed essi finalmente uscirono di casa e si sparpagliarono qua e là. 

11. Poi rientrai assieme al capo della sinagoga, alla madre addolorata ed ai quattro discepoli nella stanza dove giaceva la giovinetta morta, Mi avvicinai subito al suo letto, la presi per la mano sinistra e le dissi: «Talitha Kumi!». Ciò che tradotto significa: «Fanciulla! Io ti dico: “Alzati!”».

12. E nello stesso istante ecco la fanciulla alzarsi, saltare gaia e serena giù dal suo letto e cominciare a girare su e giù per la stanza con la sua vivacità consueta; ed essa salutò affettuosamente ed accarezzò sua madre, distrutta dal pianto, e suo padre! Nello stesso tempo però la giovinetta sentì anche che il suo stomaco era vuoto e che quindi aveva fame, e manifestò il desiderio di mangiare qualcosa! 

13. Allora i genitori, fuori di sé dalla gioia, si rivolsero a Me e Mi chiesero, piangendo dalla commozione e col cuore traboccante di gratitudine, se e che cosa avrebbero potuto dare da mangiare alla figlia. Ed Io risposi loro: «Datele pure da mangiare quello che essa desidera, e ciò che troverete più a portata di mano!»

14. E lì vicino, nella stanza, vi erano sopra un piatto dei fichi e dei datteri, e la giovinetta domandò se essa poteva mangiare quei frutti. Ed Io le dissi: «Mangia pure quello che più ti piace, perché ora tu sei davvero completamente risanata e non sarai d’ora innanzi mai più ammalata»

15. Allora la fanciulla si gettò sul piatto e lo vuotò quasi interamente, ed i genitori ne erano preoccupati perché temevano che ciò avrebbe potuto nuocerle.

16. Ma Io li rassicurai e dissi loro: «Non datevi alcun pensiero; quando Io vi dico che non potrà recarle danno, così avverrà!». Ed i genitori credettero fermamente. 

17. Quando la giovinetta si fu saziata ed ebbe terminato di cantare il suo inno di lode, essa si avvicinò ai suoi genitori e domandò sottovoce chi Io fossi. Infatti, mentre essa dormiva sul letto, aveva visto i Cieli aperti, ed in essi una moltitudine di angeli risplendenti. E così lei disse: «E in mezzo agli angeli stava un Uomo di dolcissime sembianze il Quale mi guardò, mi venne vicino, mi prese per la mano ed esclamò: “Talitha Kumi!”. Ed a questa chiamata io subito mi svegliai! E vedi, che strano, quest’Uomo qui somiglia completamente a Colui che prima ho visto in sogno in mezzo a tanti angeli! Ah, Egli deve essere davvero un carissimo Uomo!». 

18. Il capo della sinagoga comprese anche troppo bene e chiaramente la domanda della giovinetta, ma poiché Io gli avevo fatto cenno di non tradirMi, egli rispose alla figlia solamente che essa aveva fatto un bellissimo sogno e che egli glielo avrebbe fra breve spiegato per intero. E la figlia fu soddisfatta di queste parole.

19. Io allora dissi a Giairo che egli doveva uscire in strada assieme alla figlia e alla madre, e che Io li avrei accompagnati affinché coloro che attendevano fuori potessero venire confusi e svergognati a causa della loro incredulità. Noi dunque uscimmo di casa e quando quegli increduli videro la figlia sana e di eccellente umore avvicinarsi loro, ed udirono come lei chiedeva la ragione per cui essi se ne stavano lì sconcertati e timorosi, essi si spaventarono maggiormente e dissero: «Questo miracolo è tale che ne supera ogni altro! Infatti la fanciulla era veramente morta e ora vive!». Ed essi volevano immediatamente divulgare la portentosa notizia in tutta la regione.

20. Ma Io li minacciai e comandai loro, per la loro salute corporale e spirituale, di mantenere il segreto su quell’avvenimento! Ed essi tacquero e si allontanarono.

 

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Cap. 113

Cenno del Signore ai Suoi due scrivani Matteo e Giovanni sulla differenza tra le annotazioni dell’uno e dell’altro.

Importantissimi chiarimenti sull’essenza dei Vangeli.

L’unica via per giungere alla vera conoscenza della Parola divina.

 

1. Allora Matteo, lo scrivano, che Mi aveva seguito ad una certa distanza per vedere cosa succedesse, e ciò allo scopo di poterne poi prendere nota, si avvicinò a Me e Mi chiese se egli doveva aggiungere alle sue annotazioni anche la descrizione del fatto appena accaduto.

2. Ma Io gli risposi: «Non farlo, affinché in futuro ciò non sia causa di confusione! Dopodomani noi ce ne andremo nuovamente al mare, ed allora ci accadrà qualcosa di perfettamente simile a quanto è avvenuto oggi; quello tu dovrai descrivere interamente! In generale, da domani in poi tu potrai prendere nota di tutte quelle cose straordinarie che succederanno»

3. Matteo con ciò è pienamente soddisfatto, ma allora anche Giovanni, al quale gli avvenimenti di quella giornata erano sembrati quanto mai meravigliosi, Mi chiede se non potrà anch’egli farne una descrizione almeno in brevissime parole.

4. Ed Io gli rispondo: «Tu puoi ben farlo, però non ora come continuazione di quanto hai scritto fino ad oggi, ma solo più tardi, poiché da qui a mezzo anno circa noi saremo chiamati ad intervenire in una questione del tutto uguale a questa di oggi, e allora tu potrai prendere nota di quell’avvenimento invece di questo, oppure anche di questo invece di quello.

5. Comunque, non ha assolutamente importanza alcuna che venga preso nota o meno di un segno o dell’altro, il quale abbia molta analogia con uno precedente, purché con ciò tra i futuri seguaci della Mia Dottrina non possano sorgere dei malintesi, i quali infine degenererebbero in dubbi e cavilli; ora, queste cose sarebbero di gran lunga più causa di danno che non di giovamento alla causa principale, che è soltanto ed unicamente la Mia Dottrina.

6. Finché viviamo su questa Terra, Io, voi e coloro i quali possono distintamente per ogni singolo caso testimoniare della piena verità dei diversi segni operati, ogni dubbio può essere facilmente rimosso; ma nei tempi futuri, quando cioè soltanto quello che sarà stato scritto dovrà testimoniare di Me, a causa della libertà dell’umano volere, la Scrittura deve essere pura e bene ordinata, perché altrimenti, più che giovare, essa nuocerebbe»

7. Dice Giovanni: «Signore e amore mio! Quello che ora Tu hai detto è di certo vero in sommo grado; ma appunto perciò non sarebbe di molto vantaggio se io prendessi nota di tutto quello che Tu operi ed insegni, precisamente come fa il fratello Matteo! 

8. Infatti, quando gli uomini nei tempi futuri vorranno confrontare le mie scritture con quelle di Matteo e non troveranno nella mia quello che sta scritto nella scrittura di Matteo, essi si perderanno in sottigliezze e cavilli, e cominceranno a dubitare della genuinità dell’intero Vangelo, dicendo: “Ma non vi è stato un solo Gesù il Quale ha insegnato sempre la stessa cosa, e certamente la stessa cosa ha sempre operato? Perché dunque Matteo ha scritto questo e Giovanni quello, cosicché non sono l’uno con l’altro in armonia? Eppure si dice che entrambi siano stati costantemente presso di Lui!?”. Io quindi penso che, dato che io scrivo tutt’altra cosa di quella che scrive Matteo, un simile giudizio dei posteri non potrà di certo mancare»

9. Gli rispondo Io: «Tu hai perfettamente ragione, o Mio amatissimo fratello, ma, vedi, la ragione per cui Io permetto che tutto ciò si svolga in questo modo è tale che non ti è ancora possibile concepirla; però lo potrai in seguito, ed allora tutto ti apparirà chiaro!

10. Quello che scrive Matteo è chiamato a giovare soltanto a questa Terra in particolare; quello invece che scrivi tu ha significato per l’intero eterno Infinito! In tutto quello che tu scrivi, infatti, è celatamente riflessa la pura Azione divina, di eternità in eternità, attraverso tutte le creazioni già esistenti, ed anche attraverso tutte le creazioni che nelle eternità future subentreranno al posto di quelle ora esistenti! E anche se tu scrivessi in molte migliaia di libri quello che Io renderò ancora noto a te ed a voi tutti riguardo a ciò, tali libri non potrebbero mai venire compresi dal mondo, e per conseguenza non potrebbero neppure essere di alcun giovamento al mondo. 

11. Chi però vive secondo la Dottrina che ha abbracciato e crede nel Figlio, costui rinascerà in ogni caso nello spirito, e lo spirito poi gli farà da guida nel penetrare tutte le profondità della Verità eterna.

12. Ora dunque tu conosci il motivo per il quale non incarico te di scrivere tutto; non farMi perciò in avvenire più altre domande a tale riguardo! Infatti è bene non concedere mai al mondo luce eccessiva, affinché esso non sia tratto ad un giudizio ancora più severo di quanto comunque lo è quello antico e necessario al quale già esso soggiace.

13. Ed Io voglio presentare la Mia Dottrina in modo tale che nessuno possa pervenire a comprendere quello che è il fondamento della Verità vivificante mediante il semplice leggere o l’ascoltare il Vangelo, ma soltanto mediante l’agire secondo la Mia Dottrina. Solo l’azione diventerà per ciascuno una lampada». (Cfr. Giov.7,17)

 

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Cap. 114

Cenno del Signore a Giairo sul modo più efficace per ringraziarLo. Pietro rende testimonianza riguardo alla risurrezione dei morti. Ritorno a Nazaret in casa di Maria. Lunga scena con Giuda il quale viene istruito da Pietro e da Natanaele.  Lo spirito di Caino in Giuda. Il coraggio come vizio. L’esempio degli eroi.

 

1. Dopo che Io ebbi dato questo insegnamento, Giairo si rivolse nuovamente a Me e disse: «Amato Maestro! Con l’aver restituito alla vita mia figlia hai fatto per me più che non se Tu avessi, se ciò fosse possibile, concesso a me cento vite! Come dovrei io dunque ringraziarTi e ricompensarTi? Cosa posso fare io per Te?!»

2. Gli rispondo Io: «Io non chiedo altro da te che tu non abbia più d’ora innanzi a scandalizzarti di Me, quando sentirai questa o quella cosa di Me! Fino ad oggi tu fosti contro di Me; sii d’ora in poi per Me! Infatti il mondo intero non può né darti né farti quello che Io ti ho dato e fatto! Un giorno però tu potrai vedere chiaramente come e perché Io abbia potuto farti questo. Ricordati di Me nel tuo cuore!».

3. Giairo piangeva di gioia, e sua moglie e sua figlia scoppiarono pure in singhiozzi quando si accorsero che Io Mi accingevo a fare nuovamente ritorno a Nazaret con i Miei discepoli. Essi Mi accompagnarono fino al luogo dove erano radunati gli altri Miei discepoli, dove Mi attendeva una grande moltitudine di popolo. 

4. Quando fummo giunti là, trovammo i curiosi in gran numero i quali non avevano nient’altro di più pressante da fare che domandare a destra e a sinistra cosa fosse successo alla figlia morta del capo della scuola.

5. Ma Pietro prese la parola ed esclamò: «O ciechi che siete! Ecco, guardatela, questa è la fanciulla che era morta e che ora vive! Volete forse voi ancora qualcosa di più?!». Allora molti si rivolsero al capo della scuola, e gli chiesero se era proprio vero quello che veniva loro raccontato.

6. Ed egli, dopo aver alzato alquanto la voce, rispose: «Sì! Udite o voi ciechi, increduli e stolti! Un’ora fa io piangevo amaramente per la perdita di questa mia dilettissima ed unica figlia, ed ora osservate com’è immensa la mia letizia perché poco fa mia figlia mi è stata ridonata! Non è abbastanza ancora per voi questa prova più che evidente?».

7. A tali parole tutti cominciarono ad esprimere la loro grande meraviglia, e quando Io ebbi ripreso il cammino assieme ai Miei discepoli, tutta quella moltitudine di popolo, che era di circa tremila persone, Mi seguì e Mi accompagnò fino a Nazaret.

8. La notte era già abbastanza inoltrata, quando arrivammo a casa; però Maria, i fratelli e le sorelle vegliavano ancora e ci attendevano per la cena, la quale, ben preparata com’era, giungeva molto a proposito perché noi fino dalla mattina non avevamo preso alcun cibo; una discreta fame era dunque cosa comprensibilissima e molto scusabile.

9. Ora, anche Giuda si trovava in casa e dormiva già, coricato su un giaciglio di paglia, e quando, a causa del rumore che noi facevamo con i nostri discorsi con domande e risposte che si incrociavano, egli si svegliò, si alzò subito e non ebbe altro pensiero che di domandare come fosse andata la pesca.

10. Allora Pietro gli rispose: «Va fuori e vedi!». E Giuda andò fuori, e poté vedere solamente quella grande moltitudine di uomini che si era accampata intorno alla Mia casa. Egli rientrò ben presto e chiese nuovamente a Pietro dove fossero i pesci, poiché egli aveva fatto un giro tutto intorno alla casa e non aveva trovato traccia di pesci in nessun luogo.

11. Pietro gli dice allora: «Non hai tu mai sentito dire che i ciechi non vedono nulla e che i sordi non odono e che i muti nulla possono comprendere all’infuori dei bisogni del loro stomaco?! Cieco usuraio che non sei altro; gli uomini accampati che hai visto qui fuori a migliaia sono i pesci di cui intendo parlare!»

12. Dice Giuda: «Ah sì, è vero! Neppure questa è certamente una cattiva retata per un certo scopo, ma, nella nostra vita abituale, io preferisco ad ogni modo un bel pesce che pesi un centinaio di libbre (56 kg) a tutti quegli uomini che stanno qui fuori, poiché per un pesce simile ricaverò dappertutto quattro bei denari d’argento, mentre per coloro invece che sono qui fuori, nessuno mi da neanche uno statere»

13. Osserva Pietro: «Con la tua avidità di denaro tu andrai tanto oltre fino a diventare completamente seguace di Satana! Sei tu forse più di un uomo come lo è ciascuno di noi? Noi tutti viviamo senza quella febbre continua di lucro e tu vivi con noi e mangi dalla nostra scodella, ciò che non ti costa altra fatica che quella piccola del mangiare. Ora, se tu puoi vivere qui senza il tuo stupido denaro, a che dunque ti serve esso?!»

14. Dice Giuda: «E mia moglie ed i miei figli? Chi me li mantiene se io non guadagno nulla?! Credi forse che la mia famiglia possa vivere di aria?!»

15. Allora Pietro gli dice: «Ascolta, io sopporto benissimo e pazientemente tutto, ma una sfacciata bugia non posso davvero sopportarla. A Gerusalemme, dove dei fatti tuoi altro non si sa se non che sei galileo, là sì che potrai gloriarti di essere un padre amoroso e pieno di cuore per la famiglia; ma qui, davanti a me, non farlo assolutamente! Infatti io e tutti quelli che erano e sono tuttora tuoi vicini conosciamo fin troppo bene te e il tuo modo di dirigere la casa per poter credere anche ad una sola parola di quello che tu dici. Tua moglie ed i tuoi figli hanno, da quando li conosciamo, sempre sofferto privazioni e hanno sempre dovuto guadagnarsi giorno per giorno uno scarso pane faticando. Del pesce, che tu hai pescato, essi ne hanno mangiato assai poco finora; di vestiti li ho provvisti io; e quanto tempo è trascorso da quando, mentre tu te ne andavi in giro per i mercati, noi per compassione abbiamo fatto rimettere quasi completamente a nuovo la tua casa che era del tutto diroccata?! Quanto ci hai dato tu per questo lavoro? E un simile modo di agire tu lo chiami avere cura della propria moglie e dei figli?! Va, e vergognati per dieci anni di seguito, poiché ti azzardi a mentire così sfacciatamente davanti a noi che ti conosciamo tanto bene!»

16. Giuda, udendo questo, rimane assolutamente sconcertato e non apre più bocca, perché le parole di Pietro lo avevano colpito troppo sul vivo. Allora egli uscì, rifletté sulle sue vicende, ritornò dopo un certo tempo e pregò tutti di perdonarlo! Egli promise anche che d’ora in avanti sarebbe cambiato completamente e che ora egli intendeva diventare sul serio Mio discepolo; desiderava soltanto che noi non lo respingessimo con la violenza! Allora Natanaele, il quale di solito parlava poco ed assai raramente, disse: «Vedi, in te dimora lo spirito di Caino, comprendi? E questo spirito non si migliora su questa Terra, poiché lo spirito di Caino è il mondo, e da questo non è da attendersi alcun miglioramento!»

17. Dice Giuda: «Sì, sì, tu ce l’hai sempre con quel tuo vecchio spirito di Caino!? Ma dov’è Caino, e dove siamo noi?! La generazione di Caino andò in rovina; Noè soltanto rimase, e nella sua discendenza non vi è più nemmeno una goccia del sangue di Caino, ma il puro sangue dei figli di Dio ora scorre nelle nostre vene. Ma dove è puro il sangue, è puro anche lo spirito, poiché lo spirito dell’uomo deriva sempre dal sangue, ed è, come questo, puro!»

18. Dice Natanaele: «Queste sono le tue vecchie idee insensate che io conosco troppo bene, ma che per me non valgono nulla affatto! Va’ presso i sadducei; là potrai forse fare effetto con le tue insensatezze! Per noi il sangue è una materia putrida, mentre lo spirito è e rimane eternamente spirito! A che ti giova il tuo sangue di figlio di Dio, se nel medesimo dimora uno spirito assolutamente immondo, come è il caso in te? Mi hai compreso?»

19. Risponde Giuda: «Sì, sì, tu potresti avere anche ragione, ed è certo che io mi sforzerò di approfondire la vostra dottrina, ma se questa veramente si fonda sullo spirito di umanità e prescrive che si usi con tutti la maggior pazienza e mansuetudine possibile, allora mi sembra che da parte vostra non sia proprio necessario accanirvi contro di me e respingermi continuamente da voi! Infatti, cos’è una dottrina senza discepoli? Un vano squillo nell’aria a cui nessuno fa attenzione! Ogni dottrina dunque ha altrettanto bisogno di discepoli quanto lo hanno i discepoli di una buona dottrina, ed io penso quindi che ogni discepolo, di fronte ad una dottrina, abbia altrettanto decisivo valore quanto la più pura e migliore dottrina in sé e per se stessa! E credo anche, per conseguenza, che da parte vostra non dovrebbe essere sbagliato se verso di me, quale vostro condiscepolo, voi vorreste usare un po’ più di pazienza!

20. Che io sia finora rimasto fra le pastoie delle mie vecchie massime, spero che voi già lo vediate come lo vedo io stesso, ma appunto perciò io voglio comprendere la vostra dottrina, per potermi liberare dai miei vecchi principi nei quali, del resto, non ho più ormai eccessiva fede. Dunque, se io mi trovo talvolta indotto a confutare un po’ qualche punto di queste vostre nuove massime, ciò che si spiega con il fatto che non sono un iniziato, credo che voi dobbiate trovare questa cosa perfettamente naturale!

21. Quando io sarò, come voi, iniziato nella nuova dottrina del vostro Maestro, e quando troverò, come voi, inconfutabilmente buoni e veri i principi sui quali essa si basa, io diventerò di certo un seguace di questa vostra dottrina dieci volte più fervente di quanto lo siate voi tutti presi assieme, poiché io ho del coraggio e posso tenere testa a chiunque perché non ho paura di nessuno. D’altronde, se io fossi accessibile al timore, già da lungo tempo non sarei più qui con voi, poiché voi e il vostro Maestro già parecchie volte mi avete fatto comprendere abbastanza chiaramente come fosse vostro desiderio che io evitassi la vostra compagnia! Ma come ho detto una volta per sempre, io non ho affatto paura, e per questo motivo sono sempre ritornato. Vero è che voi ne provate grandissima rabbia, io però non ci bado, e rimango proprio come voi un discepolo di questa nuova dottrina. Che cosa potete voi obiettare a questo?!»

22. Dice Natanaele: «Molto e niente, come tu vuoi! Che tu non sia assolutamente accessibile al timore, questa non è proprio virtù degna di troppa lode, poiché senza alcun timore deve essere anche Satana, altrimenti egli non rimarrebbe per una eternità dopo l’altra con tanta ostinazione disobbediente a Dio il Signore! Ed una cosa simile la possiamo riscontrare anche qui su questa Terra già negli animali, dei quali alcuni hanno evidentemente più coraggio degli altri! Osserva per esempio un leone, una tigre, una pantera, un lupo, una iena oppure un orso e confrontali con un agnello, una capra, un capriolo, una lepre e con altri simili animali timidi! Dimmi, a favore di quale di queste due classi di animali ti schiereresti tu?»

23. Risponde Giuda: «Ma è chiaro che io, come qualunque altro, parteggerei per gli animali domestici e mansueti, mai per le bestie feroci e selvagge, poiché il coraggio del leone vuol dire la morte per tutti!»

24. Dice Natanaele: «E tu ti glori del tuo coraggio, e pensi, basandoti su di esso, di diventare un discepolo capace?! Io te lo dico: “Il coraggio, nel vero significato della parola, è un grande vizio, poiché esso è il frutto dell’orgoglio, il quale non consiste in altro se non nel disprezzo di tutto ciò che nell’uomo non formi il proprio ed assoluto io!”. Quindi, secondo la nostra dottrina, il coraggio ad ogni costo in un uomo non può mai venire lodato come una virtù, poiché esso è precisamente il contrario di quello che la nostra dottrina richiede all’uomo!

25. Chi è che guida le guerre?! Vedi, unicamente i cosiddetti eroi che non hanno timore nemmeno della morte. Popoliamo bene tutta la Terra di eroi, e vedremo una guerra eterna infuriare incessantemente sui suoi campi, perché ad un eroe non basta di essere un eroe in mezzo ad altri eroi, ma vuole essere eroe soltanto per se stesso, e non si dà pace finché egli non abbia sottomesso tutti gli altri eroi, oppure, se mai possibile, non li abbia spediti l’uno dopo l’altro via da questo mondo.

26. Immaginati invece che la Terra fosse popolata soltanto da gente mite e mansueta, ed essa diventerebbe un vero paradiso! 

27. Se il cosiddetto eroe ha davanti a sé un timido, egli non lo perseguiterà, perché l’uomo timido non gli contende la sua gloria; ma se invece l’eroe si trova di fronte ad un altro eroe, allora i due eroi si lanceranno reciprocamente una sfida, e nessuno si riposerà prima che uno dei due abbia steso a terra l’avversario! Vedi dunque che è chiaro fino all’evidenza come questa sia l’unica benedizione dei coraggiosi! 

28. Però, se tu vuoi davvero essere nostro discepolo, deponi questa tua veste assolutamente inutile di coraggio e sii invece pieno di amore, di pazienza e di mansuetudine; solo allora tu sarai come si addice ad un vero discepolo del Signore!»

29. Risponde Giuda: «Ebbene, è vero, tu non hai effettivamente torto. Io voglio meditare ancora più profondamente su questa cosa, e domani comunicherò a voi tutti quello che mi parrà opportuno fare; se cioè rimanere qui con voi, oppure andarmene via!»

30. Dopo aver detto queste parole, Giuda esce, va in cerca di alcuni suoi conoscenti sparsi in mezzo alla grande massa di popolo e si mette a discutere con loro per quasi l’intera notte riguardo alle cose che aveva appreso da Natanaele; tutti però sono d’accordo nel dare ragione a quest’ultimo, e dicono: «Natanaele è un vero sapiente», e lo sappiamo bene che nella sua anima non vi è alcuna falsità! Noi però restiamo in casa e ci mettiamo a riposare.

 

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Cap. 115

Il popolo assembrato dinanzi alla casa di Maria, a Nazaret. L’intenzione del popolo di proclamare Gesù Re. Dichiarazione del popolo alla serva: «Gesù è il Promesso».

Il popolo cerca e trova Gesù. Saggio aiuto del comandante Cornelio.

 

1. La mattina seguente però comincia a manifestarsi molta agitazione davanti alla casa, perché già prima del levar del sole una nuova grande moltitudine viene da tutte le parti alla nostra casa; non mancano altresì i venditori di pane e latte, e da tutta quella gente si leva un tale vocìo e un tumulto davanti alla casa che tutti quelli che sono con Me cominciano ad esserne spaventati. 

2. Io però dico loro: «Facciamo intanto colazione, ma subito dopo ce ne andremo in una casa a Me nota che è situata alcuni tratti di campo dietro Cafarnao, e ciò affinché qui a Nazaret la cosa non provochi tanto rumore»

3. Mentre Io annuncio questo ai discepoli, rientra in casa anche Giuda, ed esclama: «Fratelli miei, io resto con voi d’ora innanzi! I miei affari sono terminati, poiché per amore vostro io li ho sbrigati oggi invece di attendere domani. Ma ora vi riferirò in brevi parole qualcos’altro: il popolo che si trova radunato qui in prossimità della casa, in numero di parecchie migliaia, ha intenzione nientemeno che di proclamare Re il nostro buon Maestro Gesù! Questo però, a mio avviso, sarebbe una cosa altamente sconsigliabile, considerata la presenza qui di numerosi soldati romani. Infatti, se succede questo, non ci sarebbe assolutamente da fidarsi dei romani, di solito molto trattabili ed umani, e ancora meno poi degli alti sacerdoti, farisei e scribi del nostro popolo!»

4. Dico Io: «Allora portateci presto la colazione! Oggi è, fra altro, anche sabato, e potrebbe venire qui gente in numero ancora più grande; per conseguenza noi ce ne andremo subito e velocemente via di qui!».

5. Ora, annesso alla Mia casa, e precisamente da entrambe le parti della medesima, c’era un giardino circondato da folte siepi al quale si poteva accedere soltanto per una porticina posteriore della casa. Noi approfittammo dunque di questa uscita seminascosta, ed in tal modo ci sottraemmo agli sguardi curiosi delle diverse migliaia di persone, di cui tre quarti almeno erano state spinte a radunarsi là dalla pura curiosità, allo scopo cioè di poter assistere a qualche avvenimento prodigioso.

6. E dopo che noi, un centinaio circa in tutto, ci fummo allontanati senza essere visti dalla grande moltitudine, questa continuò ancora a vociare davanti alla casa, aspettando che Io uscissi fuori con i discepoli, sperando forse di assistere a qualche altro miracolo o di udire qualche Mio discorso; dopo di che la folla, e questo era il proposito di molti, Mi avrebbe proclamato Re dei giudei! Ma mentre così attendevano, una serva di casa Mia uscì fuori e, presentatasi dinanzi alla moltitudine, chiese ad un uomo, il quale le sembrava che avesse un aspetto migliore, che cosa volesse tutta quella assemblea di popolo. E l’uomo rispose: «Noi siamo qui per proclamare Gesù, il Potentissimo fra i potenti e il più Saggio fra i saggi, nostro Re! Infatti noi fummo testimoni di come mare e venti Gli obbediscano e come i demoni più maligni, tanto uomini che spiriti, debbano fuggire dinanzi a Lui! Egli è infallibilmente il promesso Unto del Signore, che ha la missione di redimere il popolo di Dio dal duro giogo e dalla tirannia di Roma! È quindi giunto ora il tempo per il popolo di Dio di innalzarLo a suo Re riconosciuto e venerato da tutti gli ebrei! Ecco, per tale motivo noi siamo qui riuniti! Ma che cosa fa Egli così per lungo tempo in casa e perché non Se ne viene qui fuori da noi?!»

7. Dice la serva: «Se è così, voi attendete invano, poiché Egli già di buon’ora si è recato nei dintorni di Cafarnao, forse presso qualche ammalato, e con Lui tutti i Suoi discepoli; quindi, come ho detto, Lo attendete invano».

8. Ed a questa notizia, l’uomo le chiede se lei sappia in quale casa Egli si sia recato. Ma la serva dichiara di non saperlo e non lo sa nemmeno nessun altro di casa; infatti Io non ho confidato a nessuno in quale casa sono andato. 

9. Quell’uomo allora, per persuadersi di quanto detto dalla serva, entra in casa e, poiché ad eccezione delle poche persone che aiutavano Maria a pulire il vasellame di cucina e le stoviglie, non trovò nessuno, egli uscì nuovamente fuori ed annunciò a tutti che Io me ne ero andato a Cafarnao, non si sapeva bene in quale casa, per risanarvi un ammalato.

10. Quando la moltitudine apprende ciò, si alza subito e si mette direttamente in cammino gridando: «Avanti dunque, a Cafarnao! Arrivati là, ci informeremo di Lui e sapremo certo trovare la casa in cui è entrato!». 

11. E così tutti, ad eccezione di alcuni nazareni, si muovono verso Cafarnao, cosicché la Mia casa rimane liberata da quel grande assembramento. 

12. Ma ben presto è la volta di quelli di Cafarnao di stupirsi, quando vedono entrare in città tutta quella massa di popolo. Il comandante del luogo invia subito alcuni dei suoi soldati incontro ai nuovi venuti, e fa chiedere loro che cosa volessero a Cafarnao in numero così grande nel giorno di sabato, non essendovi in questa città né mercato né qualcos’altro di simile, ancora meno poi nel giorno di sabato la cui santificazione è compito del comandante sorvegliare che venga osservata.

13. Allora gli interpellati rispondono: «Noi cerchiamo Gesù di Nazaret, perché ci è stato riferito che Egli dovrebbe trovarsi qui».

14. E il comandante manda loro a dire che Gesù non si trova a Cafarnao, ma nelle vicinanze di Bethabara, per raggiungere la quale Egli è partito già un paio d’ore prima. 

15. Quando il popolo apprende ciò, si dirige in fretta verso Bethabara ma, strada facendo, fra le due località situate sul Mare di Galilea, i condottieri di questa moltitudine scoprono un’altra grande massa di popolo che si accalca intorno ad una casa. Essi si dirigono là e domandano cosa mai sia là accaduto. E viene detto loro che Io Mi trovo in quella casa.

16. A tale notizia, la casa viene circondata da tutte le parti, e il popolo prende consiglio sul modo in cui potrebbe proclamarMi Re. Ma nel frattempo, il comandante di Cafarnao Mi rende un buon servizio, e manda, dove c’è la grande ressa di popolo, una intera legione di soldati, i quali però non hanno che l’ordine di sorvegliare l’assembramento. E come la moltitudine si accorge di ciò, desiste subito dal suo proposito.

17. Nel frattempo però, attratti da tutto questo movimento e dalla Mia presenza, ecco comparire in casa anche parecchi farisei e scribi, in parte provenienti da Gerusalemme, ma allora abitanti a Cafarnao, con i sacerdoti e gli scribi da Cafarnao, anch’essi in parte da Nazaret e dintorni; infatti essi hanno saputo da Giairo come Io abbia risuscitato veramente da morte sua figlia. A costoro il popolo fa posto affinché possano entrare da Me in casa. 

18. TrovatoMi là, essi Mi rivolgono una quantità di domande. Io però dico loro di interrogare i Miei discepoli, ed aggiungo: «Questi qui sono Miei testimoni; essi sono a conoscenza di tutto, domandate loro!». 

19. Ed allora i farisei e gli scribi assediarono di domande i discepoli, e questi diedero loro risposte molto ben misurate.

 

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Cap. 116

Scena con il paralitico ed i farisei. Parole di consolazione del Signore all’ammalato. Ambizione e perfidia della gente del Tempio.

Guarigione del paralitico e sue buone conseguenze.

(Matteo 9, 2-8)

 

1. Mentre i farisei e gli scribi discutono di questa e quella cosa con i discepoli, vengono verso la casa che ci ospita otto uomini portando sopra un letto un paralitico, con l’intenzione di presentarlo a Me affinché l’aiuti! Ma la ressa del popolo intorno alla casa era tale che gli otto uomini furono impossibilitati a portarvi dentro l’ammalato e a condurMelo dinanzi. Ora, poiché la casa era situata proprio in riva al mare, essi temevano che Io Me ne andassi subito senza essere osservato, passando per una porticina che era dirimpetto alla riva e che prendessi forse posto su una barca diretta in qualche altro luogo. Uno fra essi però si recò dal padrone di casa che conosceva, e gli disse: «Amico, ecco che noi otto fratelli abbiamo qui con noi il fratello di nostra madre, il quale, travagliato da dolori, si trova completamente paralizzato, e da otto lunghi anni non può più abbandonare il letto. Noi lo abbiamo trasportato fin qui sopra il suo letto, allo scopo di presentare anche lui al famosissimo e miracoloso Salvatore Gesù il Quale si trova adesso in casa tua, affinché Gli piaccia di guarirlo, cosa questa che a Lui sarà certamente possibile. Ma, a causa della ressa del popolo, non è possibile portarlo in casa davanti a Gesù. Amico, dammi tu dunque un consiglio su quello che devo fare!»

2. Risponde il padrone di casa: «Di certo la cosa sarà piuttosto difficile, poiché la stanza, nella quale Gesù si trova, è addirittura zeppa di gente! Vi sono dentro oltre cento dei Suoi discepoli, e per di più un gran numero di farisei, sacerdoti e scribi venuti da ogni città e paese, e là tengono consiglio. Ma, nonostante ciò, per amore della vecchia e buona nostra amicizia, vista la straordinaria occasione di oggi, voglio pure fare qualche cosa per voi!

3. Vedete, la mia casa è, come la maggior parte delle case di pescatori, coperta di giunchi! Noi possiamo dal di fuori appoggiare due scale che arrivino fino al tetto, e scoperchiamo poi velocemente il tetto quel tanto che basta perché voi possiate far passare attraverso l’apertura così ottenuta il letto con sopra l’ammalato! Una volta sul tavolato del tetto, allora legate ai quattro angoli del letto delle forti funi, di cui ho lì sopra una grande provvista; io apro quindi la botola che si trova in mezzo al tavolato del tetto e facciamo scendere per mezzo delle corde l’ammalato assieme al suo letto giù nella stanza. E così egli stesso può pregare Gesù che lo guarisca. Coloro poi che sono nella stanza, proprio sotto l’apertura, faranno posto, a meno che non vogliano lasciar riposare il letto sulle loro teste!»

4. Questa proposta piace a quello degli otto che aveva parlato e, fra le manifestazioni di meraviglia e perfino di allegria della folla, ci si mette all’opera che procede così in perfetto ordine senza alcun incidente. Soltanto un uomo, un ligio templare scarso d’intelletto, il quale misurava con il compasso la lettera della Legge, fece a coloro che lavoravano sul tetto l’osservazione che essi dovevano pur tenere conto che allora si era al culmine del sabato!

5. Ma gli otto risposero: «Cosa c’entri tu, vecchia lumaca del Tempio? Dì alla tua bocca sdentata di starsene quieta, e striscia a Gerusalemme in quella stalla di buoi, asini, vitelli e pecore che si chiama il Tempio di Salomone; con questi abituali frequentatori del Tempio potrai biascicare lì le tue geremiadi! Noi, invece, del vostro servizio divino ormai completamente animalesco già da lungo tempo non ce ne importa affatto, e sappiamo che Dio si compiace delle buone opere più che del chiasso che fanno i vostri buoi ed asini!».

6. Questa energica risposta, data a quell’ortodosso da uno fra gli otto, ebbe per risultato di far tacere il rigido osservatore del sabato tanto più presto e più sicuramente, in quanto queste parole, dette ad alta voce, erano state accolte dalla folla con formidabili applausi! Infatti presso la maggior parte dei galilei i metodi usati dalla gente del Tempio già da molto tempo non trovavano più alcun credito.

7. Quell’uomo che era ancora giovane aveva detto, sia pure in un modo troppo scherzoso, la piena verità in poche parole, e perciò anche aveva ottenuto maggior plauso fra il popolo! Ed a questo proposito va osservato che, nell’occasione di grandi feste, venivano introdotti nel Tempio in numero grandissimo buoi, e così pure asini e pecore, che belavano e muggivano, di solito, com’è loro natura, ma, oltre a ciò, prima di essere condotti al Tempio venivano fatti digiunare un paio di giorni, appunto perché durante i sacrifici facessero tanto maggior strepito così da far tremare e sbigottire la gente che nel Tempio si trovava.

8. Ed in verità, l’alto ufficio divino nel Tempio, specialmente nei giorni di gran festa, era qualcosa di talmente sciocco, orribile e nello stesso tempo sudicio che non si potrebbe riscontrarne l’uguale in nessun altro luogo su tutta la Terra, neanche presso i popoli più selvaggi; ed in questo modo il giovane aveva fatto a quel ligio templare un’osservazione perfettamente vera, della quale Io stesso Mi compiacqui assai, poiché dentro di Me Io ben sapevo di ciò, che cosa e come avveniva.

9. Subito dopo che si è svolta questa scena, la botola della stanza, o meglio ancora del soffitto, viene aperta. Ed uno tra i farisei, il quale si da l’aria di grande importanza, domanda gridando: «Ehi là di sopra, che cosa succede?»

10. Risponde lo spiritoso oratore di prima: «Ancora un po’ di pazienza e lo vedrete subito! Vedete, oggi è sabato; in questo giorno, come voi stessi insegnate nelle sinagoghe e nelle scuole, di solito scende la salute dall’Alto! Questa volta però la salute dell’uomo è in basso, ed è perciò che ora viene qualcuno il quale non ha salute e scende tra di voi dall’alto per cercare là la sua salute. Dunque, come vedete, non succede nulla di contrario al sabato, perché io credo bene che sarà tutt’uno che nel giorno di sabato scenda la salute dall’Alto, oppure che qualcuno cerchi la salute in basso, poiché questa dinanzi a lui è già scesa dai Cieli, giù tra gli uomini ciechi, i quali non sono capaci di vederla benché ci sbattano contro con il naso!»

11. Queste parole suscitano nuovamente grandi applausi fra i discepoli, ma anche grande ira tra i farisei, sacerdoti e scribi; ma i discepoli allora esclamano ad alta voce: «Venga dunque giù questo sventurato che viene cercando in basso la sua salute!». E ben presto l’ammalato viene fatto scendere.

12. E quando, giacendo sul suo letto, si trovò dinanzi a Me, Mi pregò piangendo che Io volessi aiutarlo! Ed Io, che ben vedevo come l’ammalato e pure coloro che lo avevano là portato erano animati da giusta e vera fede, gli dissi: «Consolati, figlio Mio, i tuoi peccati ti sono perdonati!». Io tra l’altro avevo pronunciato queste parole già da principio unicamente allo scopo di mettere alla prova, nell’intimo dei loro pensieri, i farisei, i quali cominciavano già abbastanza a propendere per Me, poiché la resurrezione della figlia di Giairo, loro capo supremo, aveva avuto l’effetto di renderMi amica quella gente.

13. Ma quando Io, rivolto all’ammalato, ebbi pronunciato le parole: «I tuoi peccati ti sono rimessi» (Matteo 9,2), alcuni tra gli scribi più rigidi e severi si accesero subito d’ira, e andavano dicendo fra sé e sé: «Che cosa è questo che ci tocca udire? Come può essere Egli un vero Salvatore (medico)? Egli bestemmia Dio!» (Matteo 9,3). Infatti essi Mi ritenevano solamente un medico particolarmente dotato, ma che in Me avesse potuto risiedere una forza divina, ciò costituiva per loro una specie di crimen sacri laesi (bestemmia contro Dio)! Secondo questi tali, il potere divino non operava che nei sacerdoti, leviti, farisei e scribi, ed anche in questi casi, soltanto nel Tempio di Gerusalemme!

14. Ma poiché Io, com’è naturale, fin troppo presto Mi accorsi di questi loro intimi pensieri, li rimproverai subito e dissi loro: «Perché pensate il male nei vostri cuori?! (Matteo 9,4). Cosa dunque è più facile dire: “I tuoi peccati ti sono rimessi!” (ciò che voi continuamente andate dicendo agli uomini, in modo speciale poi se questi vengono a voi con delle ricche offerte, e con ciò tuttavia non viene recato giovamento a nessuno), oppure dire con l’energia che incita all’azione: “Alzati e cammina!”?» (Matteo 9,5)

15. Risponde uno degli scribi: «A me sembra che a costui, all’infuori della remissione dei peccati, potrai aiutarlo ben poco! Infatti se uno viene ridotto in uno stato simile dalla malattia, non c’è che la morte che gli può giovare!»

16. Gli dico Io: «Così dunque la pensate voi?! Ora affinché voi vediate e possiate riconoscere che il Figlio dell’uomo ha sulla Terra anche il potere di rimettere i peccati, Io dico ora davanti a voi con sicurezza e forza a questo ammalato, cui la morte soltanto può porre rimedio secondo voi, che vi arrogate di tenere da Dio esclusivamente il potere di perdonare i peccati, Io dico a questo ammalato: “Alzati, prendi il tuo letto, e ritorna pienamente risanato e perdonato a casa tua!”». (Matteo 9, 6)

17. E come ebbi terminato di parlare, l’ammalato, improvvisamente guarito del tutto, distese le sue membra, prima miseramente rattrappite ed in parte già completamente disseccate, ma che ora all’istante avevano riacquistato la loro carne e con il cuore riboccante di gioia egli Mi ringraziò piangendo, si alzò subito dal suo letto e si trovò subito pieno di un tal vigore che si mise subito a sciogliere le funi alle quali era ancora legato il letto; egli quindi si prese il letto, che era abbastanza grande e pesante, sotto il braccio sinistro, si insinuò con il medesimo facilmente attraverso la grande ressa del popolo e lo portò egli stesso a casa sua fino a Cafarnao! (Matteo 9, 7)

18. Tutto il popolo (Matteo 9, 8), che era là presente e che aveva assistito a questo fatto, cominciò ad alta voce a glorificare ed a lodare Dio per aver Egli concesso ad un uomo una potenza tale, quale può averla soltanto Dio stesso, e attraverso la quale a Lui tutte le cose sono possibili.

19. Questo avvenimento rafforzò di nuovo i farisei e gli scribi là presenti, in modo che essi rinunciarono nuovamente ai loro maligni pensieri, e dissero: «Ciò è davvero inaudito! Come Ti sia possibile una cosa simile, in verità può saperlo solo Dio, certo nessun uomo su questa Terra!».

 

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Cap. 117

Mordace ma buon discorso del giovane greco ai farisei. Esempio della creazione di Adamo. Accenno all’uccisione di Zaccaria e di suo figlio Giovanni il Battista. 

Buona testimonianza sul Signore.

 

1. E il giovane che prima aveva parlato così bene e che era rimasto di sopra, curvatosi sulla botola, disse a coloro che erano di sotto: «Chissà se anche il sommo sacerdote a Gerusalemme sarebbe capace di fare altrettanto dietro compenso di mille buoi, diecimila asini e centomila pecore!?»

2. Questa spiritosa domanda suscitò grande allegria perfino fra gli stessi farisei. Tuttavia uno scriba si fece avanti e, volta la testa verso il soffitto, osservò al giovane oratore: «Caro amico, non scherzare troppo! Infatti le braccia del sommo sacerdote arrivano in ogni luogo della Terra, e chi vi rimane sotto, viene stritolato! Il sommo sacerdote non ha bisogno di risuscitare morti né di risanare paralitici, perché tutte queste cose riguardano la carne e non già lo spirito dell’uomo, e sono di competenza dei medici e non dei sacerdoti. Hai capito?»

3. Risponde l’oratore: «Amico, anche queste cose potrebbero essere di competenza dei sacerdoti se essi fossero in grado di adempierle, ma appunto perché essi non sono in grado, nemmeno per tutti i tesori della Terra, di compiere un’opera simile, è naturale che infine convenga loro di dichiarare altezzosamente: “Questo non è affare che riguarda i sacerdoti, i quali non debbono avere cura che dello spirito dell’uomo”. Io però la penso diversamente. Se ad un medico riesce possibile ridonare spirito ed anima ad una fanciulla del tutto morta, perché noi l'abbiamo vista soccombere sotto i nostri occhi alla febbre maligna, ad una malattia dunque della quale finora nessuno è morto a metà, io credo che questa sia una cura spirituale ben potente ed energica!

4. Quando Dio formò Adamo di sola argilla, la creazione era unicamente materiale, e nulla vi era allora di spirituale all’infuori di Dio stesso.

5. Ma quando poi Dio alitò nella forma ancora morta un’anima vivente, ed in questa uno spirito pensante, una simile opera compiuta da Dio non fu un lavoro materiale, ma certamente un lavoro di altissimo carattere spirituale nella forma e intorno alla forma del primo uomo della terra! Quindi, se qui dinanzi ai nostri occhi Gesù di Nazaret, questo Medico meraviglioso, operò la stessa cosa con la figlia di Giairo, si deve pur riconoscere a tale atto e provvedimento un carattere oltremodo spirituale!»

6. Dice lo scriba: «Queste sono cose di cui tu non ti intendi, e perciò faresti meglio a tacere!»

7. Risponde il giovane: «Sì, se io fossi ebreo, allora tacerei di certo, ma poiché io non sono ebreo, ma un onesto greco e seguace della mirabile dottrina di Socrate, non so davvero vedere per quale motivo dovrei tacere dinanzi a sacerdoti ebrei, dei quali ormai conosco fin troppo bene i deplorevoli e sciocchi principi»

8. Risponde lo scriba: «E che cosa tu, pagano, trovi di sciocco nell’antica, pura e divina dottrina degli ebrei? Mosè ed i Profeti sono tutti forse troppo poco nobili e grandi per te, e trovi tu sciocchi i loro insegnamenti?!»

9. Dice il giovane: «No, ritengo certo che Mosè e tutti i Profeti, i quali hanno detto di voi quello che ora io vi dico, siano stati sapienti al massimo grado ed ispirati da Dio! Ma i vostri principi invece, dei quali né Mosè né nessuno degli altri profeti si sono nemmeno sognati, questi io considero stupidi oltre ogni misura!

10. Come servite voi Dio?! Sugli altari a Lui consacrati voi sacrificate sterco, fango e sudiciume, mentre i buoi, i vitelli ed i montoni grassi li divorate voi stessi, e li sacrificate al vostro ventre che sembra non potersi mai riempire. Quello che vi era di divino e puro nella vostra dottrina, voi lo avete ripudiato, e se qualcuno fra voi si azzardasse ora ad insegnare ciò che è veramente puro, voi fareste a questi quello che in ogni tempo avete fatto a tutti i vostri profeti!

11. Quanto tempo è passato dal giorno in cui voi assassinaste Zaccaria nel Tempio?

12. A Bethabara suo figlio Giovanni predicava la verità; quante volte voi, profanatori senza coscienza del Santuario di Dio, siete stati da lui chiamati a penitenza ed al ritorno a Mosè ed alla sua purissima dottrina? Che cosa ne avete fatto di lui?! Dove finì egli?! Egli scomparve, e, per quanto ne so io, egli fu condotto via di notte da perfidi sgherri!

13. Ora si trova qui a Nazaret Gesù, quale Profeta suscitato da Dio, e fa opere che non sono possibili se non a Dio soltanto, e perciò voi Lo sorvegliate con occhi d’Argo! Guai a Lui, se Egli si azzardasse come me a pronunciare una sola parola contro di voi o contro la dottrina più che immonda creata non da Mosè, ma da voi stessi! Voi Lo accusereste senza indugio del più grave fra i delitti, della bestemmia cioè contro Dio e, per gratitudine verso di Lui che ha risuscitato i vostri morti e che ha fatto camminare diritti i vostri storpi, voi Lo lapidereste e Lo fareste addirittura legare alla croce!

14. Infatti il vostro scopo è di dominare, e nello stesso tempo di impinguare il vostro ventre e di godere una vita comoda e quanto mai piacevole! Se qualcuno vi vuole limitare in questi vostri piaceri e vuole farvi ritornare a Mosè, costui è vostro nemico, e voi avete abbastanza mezzi per togliervelo di torno!

15. Ed io vi disprezzo tutti come si disprezza una carogna putrida e fetente, perché voi siete veramente e rimarrete anche in avvenire i peggiori nemici di Dio e di tutte le Sue creature! Io sono un pagano, tuttavia riconosco che qui in quest’Uomo Gesù vi è la più pura Forza divina, e ciò in misura tale quale il mondo intero non vide mai finora!

16. Non è la Sua carne che opera tali fatti inauditi, ma l’onnipotente e purissimo Spirito di Dio che deve dimorare in Lui in tutta la sua pienezza!

17. Vedete, ciò lo riconosco io che venni da voi giudicato un cieco pagano! Ma voi, che cosa riconoscete dunque in Gesù, il quale mediante la sola Parola, senza alcun farmaco, risuscita i morti e fa sì che i nostri storpi saltino come cerbiatti?!

18. Ed io domando a voi, ciechi che siete: “Chi deve essere Colui al quale basta una sola parola dettata dalla volontà, per far ammutolire l’uragano e il vento, per risuscitare i morti e guarire gli storpi in modo tale da far credere che essi abbiano assunto le qualità naturali del cervo?!”».

19. Il giovane, con queste parole davvero giuste ed ardite, aveva attizzato l’ira nei cuori dei farisei e di tutti gli scribi così potentemente che essi, nel loro furore, lo avrebbero di certo fatto a pezzi se avessero potuto facilmente impadronirsi di lui; questa cosa però non era possibile in presenza della grande moltitudine di popolo, né d’altro canto sarebbe stata consigliabile, poiché tutto il popolo gioiva al pensiero che un uomo aveva avuto finalmente il coraggio di gettare tanto duramente la piena verità in faccia ai farisei ed agli scribi orgogliosi!

 

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Cap. 118

I farisei offesi si rivolgono al Signore. Questi svela maggiormente ancora il loro modo di agire contro Dio, i loro abomini nel Tempio e i cosiddetti servizi divini.

 

1. Ed uno tra i farisei si rivolse a Me e disse: «Come puoi Tu, che sei un vero giudeo, tacere, quando un miserabile pagano di questa specie, al quale Tu rendesti del bene, si azzarda in maniera spudorata ad oltraggiare tanto spregevolmente la santa dottrina dei nostri padri!?»

2. Rispondo Io: «Egli però non ha oltraggiato né Mosè né i Profeti, ma solamente voi ed i vostri nuovi principi, ma contro di Me non ha enunciato nulla; per quale motivo dunque dovrei rimproverarlo?! Di voi egli ha parlato, e perciò contro voi soli egli ha peccato; per conseguenza riguarda soltanto voi vedere come potrete definire la contesa con lui! Se egli non ha nulla contro di Me, cosa potrei Io avere contro di lui? Pensate voi al modo in cui potrete spiegarvi con lui! Per quanto riguarda la Mia Persona, fra Me e lui non vi è alcuna divergenza»

3. Ed i farisei e gli scribi osservano: «Eh! Sì, sì, sappiamo benissimo che egli non ha offeso Te, bensì noi; ma poiché Tu ormai ci sei divenuto amico e poiché noi sappiamo adesso fin troppo bene quale potere risieda nella Tua Parola e nella Tua Volontà, crediamo che Tu avresti potuto far tacere questo pagano con qualche parola, per amicizia verso di noi, non fosse altro a causa del popolo qui presente! Tu invece lasciasti che egli parlasse e che noi fossimo svergognati davanti al popolo; vedi, non è stato affatto lodevole da parte Tua! Non vogliamo dire che perciò noi Ti odiamo, ma pure non possiamo nemmeno dichiararci Tuoi amici!»

4. Dico Io: «Fate pure come credete; dal canto Mio farò anch’Io quello che Mi parrà opportuno fare! Del resto, è veramente assai strano da parte vostra che ora Mi rifiutiate la vostra amicizia, voi che, in fondo in fondo, non Me l’avete mai dimostrata! Io invece che pure avrei ogni diritto di togliervela, dato che fino ad oggi nei vostri cuori non sorsero se non pensieri per niente lodevoli a Mio riguardo, non vi tolgo la Mia amicizia!

5. Cosa posso perdere Io se non ho la vostra amicizia? Io ve lo dico: “Nulla davvero!”. Ma quando voi non avrete più la Mia amicizia, chi al posto Mio susciterà a vita i vostri figli morti?

6. Se voi, avendo anche un solo barlume di sano intelletto, riflettete soltanto un po’ alle parole del giovane, dovrete in voi stessi confessare ampiamente che, considerate le cose profondamente, quello che egli ha detto è la pura verità! Voi conoscete le Scritture e conoscete Mosè ed i Profeti! Ma domandate dunque a voi stessi se nel Tempio sia ormai possibile trovare una traccia sola di Mosè e di tutti gli altri Profeti!

7. C’ero Io stesso quest’anno a Gerusalemme, dove con Mio sommo sdegno ho constatato come il Tempio di Dio sia stato convertito in un’abominevole spelonca di assassini!

8. Gli atrii sono pieni di bestiame da macello esposto in vendita, ed anche di altri animali impuri, cosicché gli uomini non possono affatto penetrare nel Tempio propriamente detto senza grave pericolo per la vita. Nella parte antistante il Tempio, da una parte si macella come in una comune macelleria e si vendono le carni, dall’altra parte invece vi sono i tavoli dei procacciatori d’affari e le botteghe dei cambiatori, e lo strepito e le grida che vi si odono sono tali che quasi nessuno è capace di udire le proprie parole.

9. Quando poi si arriva propriamente nel Tempio principale, non si può nemmeno muovere un passo a causa dei mercanti di piccioni e di ogni altro genere di volatili e a causa degli imbonitori che gridando offrono in vendita le loro merci; e nel Santissimo, nel quale, secondo la prescrizione di Dio, al sommo sacerdote soltanto dovrebbe essere lecito entrare una volta all’anno, viene ormai introdotto perfino il primo pagano che si presenta - dietro pagamento, ben inteso, di una certa somma che per di più viene chiamata offerta -, naturalmente però con grande mistero e sotto suggello di segretezza verso gli ebrei! Avviene dunque che a Roma si conosce il Santissimo tanto bene quanto lo conosce il sommo sacerdote a Gerusalemme! E così per denari si svelano agli stranieri tutti i segreti del Tempio; ma se un povero ebreo si azzarda a passare dietro la cortina del Tempio, allora egli viene subito giudicato reo di bestemmia contro Dio e di sacrilegio, e viene lapidato dietro le mura del Tempio sul posto maledetto. Non passa settimana in cui almeno uno non venga lapidato, e un paio d’altri non vengano costretti a bere l’acqua maledetta!

10. Che ordinamento è mai questo di adesso che si iniziano gli stranieri, mentre si uccidono invece i propri figli?!

11. Ditelo voi stessi se queste cose sono state comandate da Mosè e da tutti i Profeti e se Salomone, nella sua grande sapienza, quando egli ebbe compiuta la costruzione della grande Casa di Dio, la consacrò forse allo scopo cui essa serve oggigiorno! In breve, la Casa di Dio è veramente diventata una spelonca di assassini, e lo Spirito di Jehova non dimora più sotto forma di colonna di fuoco sopra l’antica Arca dell’Alleanza!»

12. A queste parole i farisei e scribi rimangono di sasso, e poi Mi chiedono: «Eppure Tu non sei stato che qui a Nazaret e nei dintorni; ora, come puoi Tu sapere tutto ciò? Chi Ti ha rivelato queste cose del Tempio?!»

13. Rispondo Io: «Oh, quanto ingenua e vana è la vostra domanda! Se Mi è possibile conoscere i vostri più intimi pensieri, come non potrei sapere cosa vi è e cosa accade nel Tempio?! Queste cose però non le so Io soltanto, ma sono ormai già note a tutti!

14. Siete voi stessi a rivelare veramente tutti questi misteri, ed è la vostra grande avidità di lucro che vi ha indotti a fare ciò! Per denari voi avete iniziato gli stranieri nei segreti del Tempio, e questi poi li hanno divulgati fra gli ebrei per le strade ad alta voce, ed ora voi Mi domandate chi mai Mi ha rivelato le cose del Tempio?!

15. Se voi inoltre, com’è il caso Mio e di molte migliaia di persone, sapete in quale modo sia sistemato adesso il Tempio, e se sapete d’altra parte anche quello che hanno insegnato Mosè e i Profeti, i quali erano di fatto colmi del più puro e vero Spirito di Dio, poiché soltanto questo Spirito parlava per bocca loro, che qualità di fede in Dio è mai la vostra che rigettate a così buon prezzo la Sua Parola e con la più sfacciata ed orgogliosa presunzione istruite il popolo povero e cieco con le vostre proprie e pessime dottrine, come se queste emanassero dallo Spirito di Dio, e lo costringete con tutti gli spaventi della morte ad essere ligio a questi vostri princìpi e ad adorarli?!».

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Cap. 119

Sul giuramento che legava gli scribi al Tempio. Dove non dimora Dio, dimora il male. «Se non credete alle Mie parole, credete almeno alle Mie opere». La Sacra Scrittura indica soltanto la via che conduce al Signore! Esempio del viaggio a Roma. Soltanto colui che fa la Volontà di Dio impara a conoscerLo! Il Signore calma il popolo che vuole vendicarsi dei templari, e parte su una nave.

 

1. Dice uno scriba: «Amico, grande è la Tua audacia nel dirci cose tali, la cui rivelazione comporta da parte del Tempio sentenza di morte! La Tua buona fortuna però ha voluto che Tu potessi rendere un così grande servizio al capo della nostra sinagoga, altrimenti non Ti andrebbe troppo bene, poiché noi siamo vincolati al Tempio da un tremendo giuramento!»

2. Dico Io: «Sì, ma questo è un vincolo che voi potete infrangere quando volete, perché non a Dio voi avete prestato giuramento, ma al Tempio che è stato innalzato dalle mani degli uomini e nel quale Dio più non dimora!

3. Dove però non dimora Dio, là dimora l’antico principe della menzogna e di ogni altro male, e verso questo principe, che è l’attuale signore del Tempio, voi potete senza ribrezzo rendervi spergiuri!

4. Se voi voleste spezzare il giuramento di nessun valore da voi fatto al Tempio, grande compiacimento ne avrebbe Dio il Signore, ed Egli vi concederebbe quello che ha concesso a Me fin dal principio del mondo; quello cioè che è ora per voi di stupore, dato che non comprendete come Io possa realizzare opere le quali, secondo la vostra stessa affermazione, non sono possibili che a Dio soltanto! Se però voi temete il Tempio più che Dio, il Quale voi non conoscete, allora voi continuate a rimanere legati al Tempio, e siete quindi, come prima, un abominio dinanzi a Dio!

5. Se voi non credete alle Mie schiette parole, credeteMi almeno per le opere che Io compio innanzi a voi per il vostro bene, delle quali voi stessi dite che sono possibili solo a Dio!»

6. Dice lo scriba: «Come puoi conoscere Dio meglio di noi, se non hai mai studiato le Scritture?!»

7. Rispondo Io: «La lettera morta voi la conoscete, è vero, ma in essa non vi è Dio, e quindi dalla Scrittura voi non potete nemmeno riconoscerLo! Infatti la Scrittura non fa che indicarvi la via che vi conduce a Dio, ed anche ciò solamente nel caso che voi procediate per questa via senza mai scostarvene.

8. A che cosa vi giova conoscere la via che porta a Roma, se voi non cominciate mai a percorrerla, per ammirare la grande città reale?! Chi è colui che, conoscendo la via, potrà sostenere di conoscere Roma per il motivo che gli è nota la via che conduce là, pur non essendosi mai mosso neanche di una spanna né in lungo né in largo sulla via stessa!? Così ugualmente, a che vi serve la conoscenza della Scrittura, la quale è una via conducente a Dio, se non vi avete ancora mai posto piede?!

9. Tuttavia al pari di voi Io conosco tutte le Scritture, ed ho in ogni tempo agito secondo le Leggi di Dio in esse contenute; con ciò Io sono nella pienissima conoscenza di Dio, e per conseguenza, attingendo alla prima fonte primordiale, sono in grado di dichiarare che fra voi ed i vostri simili non vi è stato mai nessuno che abbia riconosciuto Dio, né potrà mai riconoscerLo, procedendo per le vostre vie che sono le vie del male, perché voi tutti siete la vera negazione di Dio!

10. Voi stessi non volete riconoscere Dio; a coloro però i quali vorrebbero incamminarsi per la via diritta voi sbarrate il passo con minacce di morte e di rovina! Per questo nell’altra vita un giorno riceverete tanta maggior condanna! Infatti tutti coloro che voi avete perseguitati e che continuate ancora a perseguitare saranno i vostri giudici eterni!».

11. Quando Io ho detto ciò ai farisei ed agli scribi, poderose grida ed acclamazioni si levano fra il popolo, il quale già si dispone a mettere le mani addosso ai farisei ed agli scribi. Io però Mi oppongo e scendo in mare attraverso la porticina, seguito dai discepoli e da tutti i farisei e gli scribi. Là ci sono parecchi battelli già allestiti, vi saliamo subito e, favoriti da un vento moderato, ci allontaniamo ben presto dalla riva, in modo che la grande moltitudine di popolo non poté raggiungerci.

 

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Cap. 120

Il Signore ritorna con i Suoi a riva e si reca presso il doganiere Matteo.

Suoi rapporti con i peccatori e i farisei. Sull’educazione dei bambini.

Scopi e finalità dell’uomo.

(Matteo 9, 9-13)

 

1. Però quando noi fummo così lontani dalla riva, che il popolo non poteva più scorgerci, allora ordinai a coloro che conducevano le navi di dirigersi nuovamente verso terra, poiché era quasi mezzogiorno e sulle navi non c’era nulla da mangiare. E quando noi fummo scesi a terra, a due buone ore di cammino dalla casa in cui ci eravamo trovati prima, dovemmo retrocedere un bel tratto per raggiungere un piccolo villaggio, dove contavamo di pranzare.

2. Però in prossimità del villaggio c’era un ufficio principale della dogana; ed ecco che alla barriera, trovammo seduto al banco precisamente quel giovane (aveva appena trentacinque anni e, presso gli ebrei, persone di questa età erano considerate ancora giovani) il quale assieme ad altri sette suoi fratelli aveva portato il paralitico nella casa più sopra accennata, e vi aveva tenuto discorsi tanto saggi.

3. Come i farisei e gli scribi si furono accorti della sua presenza, dissero: «La vedo male! Ecco che costui è per giunta un doganiere romano! Dio sa che dazio esorbitante pretenderà da noi! Cosa facciamo adesso?»

4. Ed Io dico a loro: «Lasciate le vostre inquietudini da parte, perché per il momento non servono a nulla. Qui regolerò Io la cosa per il meglio»

5. E dicendo ciò, Mi avvicino al doganiere e gli dico: «Matteo (questo era il suo nome), cedi questo banco a qualcun altro, e seguiMi!». Ed egli si alzò sollecito, consegnò il banco e Mi seguì senza fare alcuna obiezione (Matteo 9,9). E quando i discepoli, i farisei e gli scribi, che attendevano davanti la barriera, chiesero quanto dovevano pagare.

6. Matteo rispose: «Questa volta il Signore ha pagato il tributo per voi tutti, perché Egli ha risanato mio zio. Come potrei io dunque pretendere da Lui, dal divino Maestro, il pagamento di una tassa?».

7. Allora la barriera venne aperta, ed essi passarono tutti oltre senza pagare nulla.

8. Arrivati al villaggio, Matteo ci condusse a casa sua, nella quale tutti i doganieri che erano addetti a quell’ufficio principale, ed un gran numero di sorveglianti e di altri simili “peccatori” - secondo la misura e il giudizio degli ebrei, dei farisei e degli scribi - pranzavano. Infatti la casa di Matteo era grande e nello stesso tempo era anche un’osteria nella quale gli ebrei potevano ricevere qualcosa da mangiare e da bere, pagando però, mentre i doganieri, i sorveglianti ed i “peccatori” vi avevano il vitto gratuito, poiché essi erano tutti quanti servitori in quella casa che tenevano in appalto dai romani per la riscossione dei dazi.

9. I doganieri si affrettarono ad invitarMi a tavola, ed ai Miei discepoli ed anche ai farisei e agli scribi fu distribuito pane e vino in giusta quantità; però se i discepoli erano di buon umore (Matteo 9,10), non così può dirsi dei farisei e degli scribi che erano venuti con loro, i quali non potevano dissimulare la loro rabbia per non essere stati anch’essi invitati a tavola.

10. Accadde però che, mentre Io Mi trovavo già seduto a tavola assieme ai pubblicani ed ai peccatori che erano là già in bel numero, entrarono in casa ancora altri pubblicani e peccatori i quali venivano da altre località, poiché la casa di Matteo era conosciuta dappertutto come molto agiata ed ospitale, e là, particolarmente nei giorni di sabato, c’era una numerosa ressa di ospiti. Essi mi salutarono tutti con estrema gentilezza, ed osservarono che a quella casa non sarebbe potuto derivare onore più grande di quello di averMi per ospite; ed essi aggiunsero altri tavoli a quello al quale Io ero seduto, e tutti vi presero posto.

11. I farisei e gli scribi nel frattempo facevano ressa davanti al portone di casa per fare attenzione a quanto Io avessi potuto operare o dire. E come essi videro che Io discorrevo con i peccatori e con i pubblicani in maniera oltremodo amichevole, si accesero d’ira nei loro cuori e domandarono ai Miei discepoli: «Perché mangia il vostro Maestro assieme a doganieri e ad altri che sono pubblicamente conosciuti per peccatori? (Matteo 9,11) 

12. È forse anch’Egli segretamente uno di loro?». Ma poiché una simile domanda non Mi era sfuggita, Mi rivolsi a loro e dissi seccamente, ma con accento sereno: «I forti ed i sani non hanno bisogno del medico, ma soltanto gli ammalati! (Matteo 9,12). In quanto a voi, andate ad imparare che cosa voglia dire:

13. “Io ho il Mio compiacimento nella misericordia e non nel sacrificio!”

14. Sono i peccatori che Io venni a chiamare a penitenza, e non i giusti i quali di penitenza non hanno bisogno!». (Matteo 9,13) 

15. Queste parole i farisei e gli scribi credettero che fossero state dette a loro vantaggio, e quindi non replicarono nulla, poiché con ciò si sentivano lusingati.

16. Io poi intrattenni la compagnia esponendo molte parabole, mediante le quali illustrai fino all’evidenza la vita umana nelle sue debolezze, e gli abomini che troppo spesso da tali debolezze derivano; così pure Io esposi loro i principi fondamentali della vera educazione dei bambini, e dimostrai loro come l’allevare malamente i bambini debba con il tempo avere per conseguenza ogni tipo possibile di mali tanto per lo spirito che per il corpo.

17. Ed inoltre insegnai alla compagnia perché l’uomo fu creato da Dio, e come uomo, quale libera creatura agente di sua libera volontà, debba corrispondere alle intenzioni di Dio per poter con ciò diventare un essere spirituale perfetto ed indistruttibile.

 

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Cap. 121

Parole dei farisei riguardo a Giuseppe, a Maria ed a Gesù. Un lamento di Giuseppe e suo dubbio sul conto di Gesù. Accenno di Giovanni evangelista ai farisei.

 

1. Che tali insegnamenti, quantunque non ben compresi da tutti, venissero accolti assai bene e con animo grato, è cosa da non mettere in dubbio. Perfino i farisei e gli scribi si stupivano della Mia sapienza e si chiedevano fra loro da dove potesse esserMi venuta tanta sapienza. Essi infatti conoscevano bene tanto Me quanto Giuseppe, Maria e tutti i figli di Giuseppe, e dissero anche ai discepoli: «È davvero incomprensibile! Suo padre era, è vero, un uomo abilissimo nella sua arte di carpentiere, fedele, equo e onesto, e anche un vero giudeo ed un serio e scrupoloso osservatore delle leggi di Mosè e dei Profeti, per quanto egli avesse potuto conoscerle, ma di una particolare sapienza in lui non se n’è saputo mai nulla, e gli altri suoi figli, i quali già parecchie volte ebbero occasione di lavorare presso di noi, sono tanto lontani da ogni traccia di sapienza quanto il sole, la luna e le stelle dalla Terra!

2. La stessa buona madre Maria, una donna ancora oggi leggiadra veramente, diligente e virtuosissima, sul conto della quale nessuno certo può dire qualcosa di male, è stata da fanciulla - se fummo bene informati - educata nel Tempio; ma questo genere di educazione noi lo conosciamo, e sappiamo anche troppo bene quanta sapienza possa derivarne particolarmente alle fanciulle. E così anche da Sua madre Egli può avere appreso ben poca sapienza! Neppure sappiamo che Egli abbia mai frequentato una scuola! 

3. “Al contrario”, così andava dicendo uno scriba che aveva ben conosciuto Giuseppe; Giuseppe mi informò più di una volta dei dispiaceri che gli causava suo figlio Gesù, dicendomi: “Io non so proprio che cosa debbo fare di questo Ragazzo! La Sua nascita, che pareva avvenuta in circostanze oltremodo meravigliose, le apparizioni che sembravano almeno avere molta relazione con la nascita, e dalle quali si avrebbe dovuto arguire che l’Essere divino stesso si sarebbe manifestato sulla Terra per mezzo di un simile Fanciullo, a favore della quale versione parlavano perfino molte manifestazioni certamente straordinarie che accaddero durante il tempo della Sua prima fanciullezza, come pure i Suoi discorsi elevatissimi di alta sapienza, tutto ciò mi aveva realmente indotto alle aspettative più ardite, tanto più che io sono discendente in linea diretta da Davide! Ma precisamente adesso che è venuto il tempo in cui il Ragazzo dovrebbe apprendere qualche cosa, non è più il caso di venirne a capo con Lui; di insegnarGli qualcosa non vi è nemmeno da parlare. E anche se io Lo affidassi ad un maestro, costui non ne ricaverebbe nulla; infatti il Ragazzo sa e comprende tutto meglio di altri, e se un maestro volesse trattarLo con severità, allora sarebbe assolutamente la fine!

4. Quello che dalla primissima giovinezza Gli è ancora rimasto è un’incredibile ed inflessibilissima forza di volontà con la quale, quando Gli sembra opportuno, opera manifestamente dei veri miracoli, ma appunto in seguito a questa Sua facoltà, non vi è nulla da sperare da Lui per quanto riguarda lo studio. Del resto Egli è pio, volonteroso, obbediente e costumatissimo, gentile, mansueto e modesto come Sua madre, ma in quanto all’imparare non Gli si deve far cenno!”.

5. Vedete, in questo senso non una bensì parecchie volte accadde al vecchio Giuseppe di lagnarsi con me ed è quindi tanto più evidente che Egli, oltre al mestiere di carpentiere, non ha imparato altro in vita Sua, né a leggere, né tanto meno a scrivere; dunque la domanda fatta, da dove venga a Lui una tale sapienza, è giustificatissima»

6. Dice Giovanni l’evangelista: «Amici, io lo so bene e sono perfettamente al corrente di questa cosa, ma, in quanto a voi, adesso non è giunto, né tanto presto giungerà, il tempo in cui vi si potrà far sapere tutto ciò. Però, verrà bene il giorno in cui voi lo apprenderete dalla Sua stessa bocca! Fino allora vi bastino le Sue Opere e la Sua Sapienza!». 

7. Allora i farisei e gli scribi tentarono di fare pressioni su Giovanni, affinché egli facesse loro qualche confidenza su questo argomento, ma Giovanni non si lasciò smuovere dal suo proposito. Nel frattempo parecchi degli addetti all’ufficio e dei sorveglianti della barriera, avendo terminato il pasto, erano ritornati al loro lavoro, lasciando così dei posti liberi alla tavola grande.

 

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Cap. 122

Dei due Mattei, il padrone dell’ufficio della dogana e lo scrivano. Scena con i pescatori.

 I discepoli di Giovanni ed i discepoli di Gesù. 

Buona risposta di Pietro riguardo all’agire di Giovanni.

 

1. Il giovane padrone di casa Matteo, il doganiere (che non si deve scambiare con l’altro Matteo, il quale era semplicemente uno scrivano, perciò anche nel Vangelo, quando si parla del primo, per distinguerlo vi si trova aggiunto al nome la parola “pubblicano”), invitò allora i Miei discepoli, i farisei e gli scribi ad entrare, ed essi lo fecero, presero posto e mangiarono e bevvero abbondantemente e di buonissimo appetito; soltanto Giuda si comportò questa volta con inusitata moderazione, perché egli temeva di dover pagare alla fine un conto assai forte, e, com’è ben noto, del verbo “pagare” egli non era troppo grande amico.

2. Ora, mentre noi eravamo assieme così radunati e di buonissimo umore e mentre i farisei e gli scribi andavano sempre più trovandosi meglio in compagnia dei pubblicani e dei cosiddetti peccatori, entrò una serva e disse al padrone di casa: «Cosa faremo adesso? Ecco che ora sono arrivati i pescatori, i quali hanno portato del pesce e vogliono avere qualcosa da mangiare e da bere; ma poiché oggi, per casualità, sono stati da noi tanti forestieri che hanno consumato quasi tutte le nostre provviste già pronte, noi in cucina non sappiamo che cosa fare». Domanda il pubblicano Matteo: «Quanti sono?». Risponde la domestica: «Saranno circa una ventina». E Matteo dice: «Ebbene, se è così, falli entrare; qui ci sono ancora provviste in quantità!».

3. La domestica allora se ne va, avverte di ciò i pescatori, e questi entrano nella grande sala e prendono posto ad un piccolo tavolo lasciato libero dagli ospiti che hanno preso parte al pranzo. 

4. Come però i pescatori riconoscono Pietro e parecchi altri che erano già stati loro compagni di mestiere, si salutano reciprocamente, ma, visto poi che la loro tavola aveva l’aspetto alquanto più misero della nostra, dicono a Pietro piuttosto di malumore: «Noi che siamo ancora fedeli discepoli di Giovanni, osserviamo sempre il digiuno perché tale è la nostra legge; voi invece, come vediamo, quali nuovi discepoli di Gesù, potete mangiare a piacimento, poiché, a quanto pare, di digiuno non si parla nemmeno più fra voi!» (Matteo 9,14)

5. Risponde Pietro: «Giovanni digiunava a motivo di ciò che noi abbiamo, e noi digiunavamo con lui, secondo i suoi insegnamenti e la sua severa parola. Giovanni annunciò la venuta di Colui presso il Quale noi stiamo, e diede testimonianza di Lui; ma quando Questi venne, e si fece perfino battezzare con l’acqua da Giovanni, allora quest’ultimo non ebbe più intera fiducia nei propri sensi, e quindi non l’aveste nemmeno voi. Infatti, mentre Giovanni, incitato dallo Spirito, testimoniava di Gesù e mentre, visto avvicinarsi Gesù, diceva rivolto verso di noi: “Vedete l’Uomo che giunge ora! Questi è Colui di cui vi ho parlato e detto che sarebbe venuto dopo di me ed a Cui io non sono degno di sciogliere i lacci delle scarpe!”, egli tuttavia dubitava nel suo cuore come voi, e dubita ancora. Per questo motivo egli digiuna tuttora, e voi pure, ma per noi che crediamo il digiuno ha avuto fine. Se voi digiunate ancora, la colpa non è che vostra. E questo è anche perfettamente logico, perché come il cieco non può saziare la sua vista di luce e dei colori, così colui che è cieco nel proprio cuore non potrà mai saziare né il suo cuore né il suo stomaco. Comprendete voi ciò?

6. Se Giovanni avesse creduto, egli avrebbe seguito l’Agnello, il Quale, secondo la testimonianza del suo spirito, toglie i peccati del mondo, ma poiché la sua stessa anima dubitava di Colui del Quale il suo spirito testimoniava in essa e per mezzo di essa, egli rimase indietro nel deserto fino a che Erode si impadronì di lui, come abbiamo appreso.

7. Dunque, perché egli non Lo ha seguito, pure avendoci egli stesso ispirato ed annunciato prima: “Questi voi dovete ascoltare!”? Per quale motivo non volle poi egli ascoltarLo? E perché non Lo ha subito seguito, pur avendo, a motivo di Colui che è venuto, condotto fin dalla giovinezza una vita tanto austera e severa? E non ci risulta affatto che Questi, che noi seguiamo, abbia mai proibito a lui di fare altrettanto. Esponetemi dunque anche un solo motivo plausibile, perché Giovanni non abbia subito seguito Gesù!».

8. I discepoli, imbarazzatissimi, non sanno cosa ribattere alle parole di Pietro; soltanto uno di essi obbiettò in parte, e disse che la notizia secondo la quale Giovanni sarebbe stato fatto arrestare era falsa; Erode invece lo avrebbe soltanto invitato ad andare alla sua residenza in Gerusalemme per sentire da lui tutto quello che sapeva riguardo all’imminente arrivo dell’Unto di Jehova, poiché Erode aveva di Giovanni troppa stima per poterlo fare rinchiudere in un carcere!

9. Pietro inoltre osservò, in tono alquanto ironico: «Se non è ancora avvenuto come ho detto, di certo accadrà fra non molto tempo! Infatti Erode è una vecchia volpe, e di lui ci si può fidare quanto di un serpente!».

 

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Cap. 123

Testimonianza di Giovanni fatta dal Signore. Parabole dello sposo, degli invitati a nozze e della sposa. «Colui che crede nel Figlio, costui ha la vita eterna». Un cieco critico di Gesù.

(Matteo 9, 15)

 

1. Dopo questo scambio di parole, i discepoli di Giovanni continuano il loro pranzo, e noi li imitiamo. Soltanto alcuni tra i farisei là presenti digiunarono completamente e non vollero prendere nulla prima del tramontare del sole, poiché lì, in casa dei greci, non potevano trovare del pane azzimo, e così digiunarono, mentre gli altri numerosi loro colleghi e gli scribi fecero invece molto onore al pranzo.

2. Dopo qualche tempo, uno fra i discepoli di Giovanni, divenuti a causa del vino più loquaci e coraggiosi, si alzò e volle apprendere dalla Mia stessa bocca il motivo per il quale essi, discepoli di Giovanni, dovessero digiunare così rigorosamente, e perché Io ed i Miei discepoli no, e insisté: «Signore e Maestro! Perché dunque noi digiuniamo tanto, ed i farisei pure, mentre i Tuoi discepoli non digiunano affatto?»

3. Ed Io gli risposi: «Amico, tu eri con Giovanni in quel tempo nel quale gli si portò notizie di Me, e gli si disse che Io battezzavo gli uomini e che molti Mi seguivano! Ripeti ora ad alta voce, qui davanti a tutti, che cosa rispose Giovanni?»

4. Risponde il discepolo di Giovanni: «Quella volta Giovanni disse: “L’uomo non può prendere nulla se non gli viene dato dal Cielo. Voi siete testimoni di come io abbia detto che non sono il Cristo, ma sono soltanto mandato da Lui. Chi ha la sposa, Costui è lo sposo, però l’amico dello sposo Gli sta vicino e Lo ascolta volentieri, e si rallegra enormemente della voce di Lui! Questa mia gioia è ormai adempiuta! Egli deve crescere, ma io devo diminuire! Colui che viene dall’Alto sta sopra tutti, ma chi è di questa Terra, costui non è che di questa Terra; soltanto Colui che viene dal Cielo è sopra tutti!”.

5. E qui Giovanni fece una pausa, e poi raccontò tutto quello che aveva visto e come egli avesse testimoniato di Lui; infine deplorò il fatto, sospirando profondamente, che nessuno volesse accettare la sua testimonianza, la quale era pure tanto vera! E chi pure la accettava per timore del mondo la celava dentro di sé. 

6. Infatti, anche se sapevano che Colui il Quale, senza alcun dubbio, soltanto Dio poteva aver mandato e che sapevano che Costui non diceva che la pura Parola di Dio, costoro non si azzardavano a enunciarlo davanti al mondo, perché temevano il nemico di Dio, cioè il mondo maligno, più dello stesso Dio, a causa del loro miserevole corpo, il quale è esso pure mondo, e come tale al mondo si inchinava! Ma a che cosa giovava riconoscere in sé la giusta misura di Dio, quando si rimaneva attaccati alla misura del mondo? Dio non concedeva a nessuno il Suo Spirito secondo la misura del mondo, e dunque che fossero pure ripudiati tutti coloro i quali avevano bensì riconosciuto lo Spirito di Dio, ma tuttavia rimanevano attaccati alla misura del mondo e non avevano in sé la vita eterna!

7. “Soltanto”, così continua Giovanni, “Colui che crede nel Figlio ha in sé la vita eterna, perché il Figlio stesso è la Vita del Padre! Chi però non crede nel Figlio, costui non ha neppure la Vita eterna, e l’antica Ira di Dio rimane sopra di lui!”

8. Vedi, questo è quanto Giovanni ha detto a suo tempo, ma fino ad ora nessuno di noi è riuscito a comprendere, nella sua pienezza, il senso di tali parole. Quello che noi comprendemmo bene fu che egli intendeva parlare di Te; non però in quale relazione stessero fra loro tutte queste cose! Come avremmo noi potuto afferrare ciò in tutta la sua pienezza?»

9. Dico Io: «Ebbene, se voi avete appreso ciò da Giovanni sul Mio conto, dovete pur sapere che Io sono lo sposo di Cui Giovanni intendeva parlare! Ora, se Io sono quel medesimo Sposo, questi che sono con Me cosa altro potranno essere se non i Suoi invitati a nozze?»

10. E il discepolo di Giovanni domanda: «Ma dov’è dunque la bella e celeste sposa? Come puoi essere lo Sposo senza avere la sposa?»

11. Gli rispondo Io: «Questi Miei invitati a nozze sono nello stesso tempo anche la Mia sposa, poiché coloro che ascoltano la Mia Parola, che La custodiscono nei loro cuori e che a seconda di essa regolano le loro proprie azioni, quelli sono veramente la Mia sposa e sono pure ospiti Miei alle nozze! Allora, se è così, per quale ragione dovrebbero gli invitati a nozze essere tristi mentre lo Sposo si trova con loro? Però verrà anche il tempo nel quale lo Sposo sarà loro tolto, ed allora digiuneranno essi pure!» (Matteo 9,15)

12. Queste Mie parole suscitano grande meraviglia fra i discepoli di Giovanni, ed essi ne sono quasi arrabbiati perché pensavano che Io, avendo accompagnato il Mio dire con un lieve sorriso, abbia voluto burlarMi di loro. 

13. E quel tale discepolo di Giovanni osservò poi, assumendo pure un tono che voleva essere pungente: «Strana cosa! Per mezzo di Giovanni ha parlato lo Spirito di Dio, e per mezzo Tuo dovrebbe tanto più parlare il medesimo Spirito, poiché la testimonianza di Giovanni si deve riferire a Te! Però è singolare che lo stesso Spirito di Dio, per bocca di Mosè, di tutti i Profeti e finalmente di Giovanni, abbia sempre ugualmente predicato alla misera umanità di questa Terra, chiamandola a severa penitenza, ed esigendo un’osservanza rigida dei precetti dati; tu, invece, almeno all’apparenza, operi ed insegni assolutamente il contrario di tutto ciò! Secondo Mosè, chi avesse varcato soltanto la soglia di casa di un peccatore, diventava impuro e doveva purificarsi; e chi in giorno di sabato avesse accostato una giovane, oppure in un altro giorno una donna, nel tempo in cui costei era impura, doveva purificarsi e fare atti ancora molto più severi di penitenza! Tu invece, e così pure i Tuoi discepoli, non sembrate davvero dare affatto importanza né al sabato, né alla purificazione della persona! Come dunque può essere divina la Tua Dottrina, se non è tale a quella annunciata per bocca dei Profeti?».

 

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Cap. 124

Parabola della nuova e della vecchia veste, del mosto nuovo e degli otri vecchi. Del senso gretto, materiale della borghesia, e della misericordia. Cenni sulla questione sociale.

 La Terra è bene comune per tutti, secondo l’Ordinamento divino.

Causa del diluvio e accenni alle catastrofi attuali.

(Matteo 9, 16-17)

 

1. Rispondo Io: «La Mia Dottrina è come una veste nuova; la vostra invece è come una veste vecchia, lacera e piena di strappi; e perciò Io, anche oggi, quantunque sia giorno di sabato e malgrado Mosè e Giovanni, ho potuto pigliare molti pesci! La Mia dunque è una Dottrina nuova, e da essa non si può prendere nemmeno un piccolo pezzo per rattoppare con questo la vostra vecchia veste completamente lacera. E anche se si facesse così, non si riuscirebbe con ciò ad altro che a rendere gli strappi ancora più grandi di quanto lo fossero stati prima; infatti la toppa nuova si stacca sempre nuovamente dalla veste vecchia e marcia, e rende così il guasto più grave. (Matteo 9,16)

2. E similmente la Mia Dottrina è come un mosto nuovo del quale non si possono riempire otri vecchi, perché, facendo ciò, questi si romperebbero e il mosto si verserebbe fuori. Perciò il mosto si deve travasare in otri nuovi e resistenti, ed in tal modo vengono entrambi ben conservati, cioè sia il mosto che l’otre. Mi avete compreso?!» (Matteo 9,17)

3. Dicono i discepoli di Giovanni: «Questo è piacevole davvero e facile ad udirsi, ma non è altrettanto facile comprendere interamente quello che Tu vuoi dire con ciò; perciò potresti esprimere la Tua idea in modo un po’ più chiaro!?»

4. Rispondo Io: «Se Io possa o voglia esprimerMi ancora più chiaramente?! Oh! Sì, certo che potrei purché lo volessi! Ma qui appunto non intendo essere più chiaro, e perciò non vi dirò altro riguardo a questo argomento, se non che siete voi le vecchie vesti lacere e gli otri inservibili non più adatti a contenere la Mia Dottrina. Questa pregiudicherebbe gravemente la vostra dolce vita terrena, ciò che è ora il vostro massimo bene, ad aumentare il quale voi dedicate tutte le vostre forze, e perfino il giorno di sabato non disdegnate di faticare alle reti colme di pesci, pur di procurarvi durante la vostra vita terrena un’esistenza migliore e priva di preoccupazione, non trascurando oltre a ciò, se c’è la possibilità, di ambire a qualche onore terreno! I poveri però voi non li vedete, e neppure gli ammalati, gli afflitti, gli affamati e gli assetati!

5. Ed è anche così che colui il quale se ne va in giro con il ventre pieno, non sente neppure lontanamente come lo stomaco del povero soffra sotto il morso della fame! Nello stesso modo voi, che siete ben vestiti, non vi accorgete per niente del gelo dell’inverno, poiché possedete in abbondanza i mezzi per rendervi l’inverno più piacevole che non la calda estate. E per conseguenza, se qualcuno, mezzo nudo, tremante per il freddo, viene da voi lamentandosi del suo misero stato e vi supplica di dargli una veste che lo riscaldi, allora voi vi irritate e gli offrite parole vuote, perché gli dite: “Vattene, o pigrone! Se tu avessi lavorato durante l’estate, non dovresti patire la miseria d’inverno! Del resto poi tanto freddo non fa, ed un mendicante non deve essere così delicato e sensibile!”

6. Ma il poveretto vi dirà: “Signore, io ho lavorato tutta l’estate e l’autunno, ma la ricompensa per il mio pesante lavoro non raggiunse nemmeno la millesima parte di quanto guadagnò il mio padrone con il mio lavoro; per questa ragione il mio padrone può ben vestire caldissime vesti d’inverno, ma noi, suoi operai mal pagati, costretti a consumare il meschino salario già nell’estate, soffriamo durante l’inverno non perché d’estate abbiamo evitato il lavoro, ma soltanto per il motivo che ci fu dato un compenso troppo esiguo! Così il guadagno dei nostri padroni forma la nostra miseria!”

7. Vedete, questo è quanto vi dirà il mendicante, a prescindere dal fatto che ogni tanto fra i molti mendicanti vi è qualche peccatore che ha meritato il proprio miserevole stato!»

8. Dicono i discepoli di Giovanni: «Ah, che mai, Tu esageri! Non è così! Un operaio onesto e fedele non ha mai avuto bisogno di lamentarsi di coloro che gli danno da lavorare! Chi ha voglia di lavorare trova tanto d’inverno che d’estate lavoro, guadagno, nutrimento e vestiti! Che però ai pigri si mostri la porta, noi siamo a questo riguardo tutti d’accordo!»

9. Dico Io: «Voi sì, lo so anche troppo bene! Ma Io no, ve lo dico Io! Il perché lo apprenderete subito! DiteMi: “Chi ha creato il mare ed i molti e saporiti pesci che in esso vivono?”»

10. Rispondono i discepoli di Giovanni: «Suvvia che domanda è questa! Chi altri all’infuori del solo Dio avrebbe potuto farlo?!»

11. Dico Io: «Ebbene, diteMi dunque se voi possedete da Dio un qualche documento in base al quale a voi soltanto spetta il diritto di tirare fuori dal mare i pesci eccellenti e costosi, e venderli a caro prezzo, di mettervi poi l’intero guadagno in tasca, e di concedere appena la millesima parte del vostro utile ai vostri diligenti servitori, malgrado questi soltanto compiano il grave lavoro, spesso anche con grande pericolo per la loro vita!»

12. Dicono i discepoli di Giovanni: «Questa è nuovamente una domanda alquanto sciocca e ridicola! C’è mai stato sulla Terra persona qualsiasi che abbia potuto dimostrare di avere da parte di Dio un simile certificato di possesso? A questo scopo Dio ha ordinato i capi supremi dello Stato, e questi rilasciano al posto di Dio i documenti di cui Tu parli; colui che dallo Stato viene considerato come legittimo possessore, è considerato tale anche dinanzi a Dio! Oltre a ciò ogni legittimo proprietario, per i diritti suoi acquisiti a caro prezzo, deve per di più pagare annualmente allo Stato ogni tipo di decime e di altre imposte, ed è perciò doppiamente autorizzato a trarre dal suo possesso il necessario guadagno!»

13. Osservo Io: «Sì, certo, sulla Terra le cose vanno appunto come dite voi, ma non perché così abbia prescritto Dio, ma perché così l’hanno voluto gli uomini egoisti ed ambiziosi! Questi soltanto hanno creato leggi ed ordinamenti di tale specie. Però al principio del mondo non era così; allora, e per lungo tempo, tutta la Terra era un bene comune degli uomini! 

14. Ma quando fra gli uomini i figli di Caino si furono impadroniti di una parte della Terra per creare un possesso stabile ereditario, e, allo scopo di consolidare questo stato di cose, ebbero emanate leggi e fissati ordinamenti egoistici e tiranni, tale stato di cose non durò neppure mille anni!

15. Dio permise che il diluvio venisse e che inghiottisse tutti ad eccezione di pochi che furono salvati! E così anche accadrà nuovamente!

16. Certo è che Dio è molto tollerante e paziente, ma Egli ben presto si stancherà del vostro agire, state poi bene attenti a chi diventerà possessore della Terra dopo di voi!

17. Però, il fatto che voi parlate in tal maniera, dimostra fino all’evidenza che la vostra fede e le vostre teorie del diritto sono appunto una veste lacera e vecchia che non si può più rattoppare, ed è ugualmente come un otre vecchio nel quale non si può versare più alcun mosto! Infatti voi tutti siete e sempre siete stati gente maligna ed egoista! Mi comprendete adesso?!».

 

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Cap. 125

Ulteriore conversazione del Signore con i discepoli di Giovanni sugli esseni. Sulla saggezza mondana e borghese. Esempio di affabilità umana: la casa del doganiere Matteo. Della benedizione di Dio e della fiducia in Lui. Testimonianza del Signore su Giovanni Battista. Gravi parole sulla dolcezza e la misericordia verso i poveri. Chi è un nemico di Dio.

 

1. Dicono i discepoli di Giovanni: «Facciamo dunque male a vivere secondo gli insegnamenti di Giovanni? Giovanni era, nessuno può negarlo, un predicatore severo; ma una simile dottrina egli non ce l’ha mai esposta!

2. Vedi, la setta degli esseni, che noi ben conosciamo, ha essa pure ordinamenti rigidi e severi, e la sincerità viene da loro considerata come prima legge; ma a che giovano loro la sincerità e tutti gli altri loro severi ordinamenti?! Chi li bada?! Presso i greci essi non godono nessuna considerazione, e nemmeno presso noi ebrei; soltanto fra i romani sembra che essi trovino alcuni aderenti. Siano pure i princìpi, secondo i quali essi vivono, buoni in se stessi e puri; questi princìpi saranno sicuramente eccellentissimi soltanto per quei pochi che intendono ritirarsi completamente dal mondo, ma non potranno affatto applicarsi all’umanità intera!

3. A che ci servono tutte le parole, per quanto belle e forti a favore della causa della fratellanza universale!?

4. Vedi, questa casa dove ci troviamo noi è una casa grande ed ospitale, e, detto in una parola, è una casa che, per quanto riguarda la buona causa della fratellanza, non c’è né una seconda che le sia uguale; ma puoi Tu razionalmente pretendere da essa che sia sempre pronta ad accogliere ed a provvedere del necessario tutti gli uomini, i quali sono tutti senza alcun dubbio nostri fratelli? Anche se essa avesse anche le migliori intenzioni e la migliore buona volontà di fare ciò, le mancherebbero però sicuramente i mezzi necessari, come lo spazio, le provviste e parecchie altre cose simili.

5. Supponiamo poi che una coppia di poveretti abbia eretta con grandissimi stenti una capanna qualsiasi e che sia ad essi riuscito di mettere assieme una magra provvista per l’inverno, per poter con essa a mala pena avere di che munirsi fino all’epoca in cui la terra cominci nuovamente a dare frutto; ed ecco presentarsi altre dieci persone ai due poveretti, che hanno essi stessi appena lo spazio sufficiente per muoversi nella capanna e pretendere di essere accolti, ospitati e nutriti. Dimmi: può una dottrina qualsiasi imporre, oppure soltanto consigliare a questi due che è buona cosa e meritevole della benedizione del Cielo corrispondere al desiderio dei dieci nuovi arrivati e mandare per conseguenza se stessi in completa rovina?!»

6. Rispondo Io: «Ogni uccello canta e cinguetta come la natura gli ha fornito il becco, e voi pure parlate come il vostro intelletto mondano vi detta, e non potete parlare diversamente di queste cose perché in altro modo non riuscite a comprenderle! Questa è l’unica risposta che Io posso darvi, poiché se anche vi parlassi di qualcosa di più elevato e di più risplendente verità, voi non Mi comprendereste, dato che il vostro duro cuore manca dell’intelligenza a ciò necessaria!

7. Stolti che non siete altro! Chi è che fa crescere e maturare i frutti della Terra, Chi mantiene questa e le infonde continuamente la potenza vitale di cui ha bisogno? Credete voi forse che Dio non possa o non voglia ricompensare colui che con sacrificio di se stesso soccorre i fratelli bisognosi?! Oppure pensate che Dio sia ingiusto e pretenda dagli uomini l’impossibile?!

8. Io credo invece che il sincero buon volere e l’ardente brama di fare per quanto possibile del bene al fratello povero siano sentimenti ai quali ognuno è facilmente accessibile!

9. Se tutti fossero compenetrati da tali sentimenti, non vi sarebbe più sulla Terra una sola capanna tanto povera da poter essere abitata da più di due persone.

10. Vedete, questa casa del Mio amico Matteo ha saziato oggi molte persone sacrificando proprio tutte le sue provviste di vero buon cuore, e, se voi non lo credete, andate fuori nella dispensa e nel granaio, e non troverete più traccia di provviste! Inoltre qui c’è il padrone di casa; domandate a lui se Io non dico il vero!»

11. Matteo conferma pienamente la Mia asserzione e dice: «Signore, oggi purtroppo è così, e non so proprio come potrò provvedermi delle cose necessarie per accogliere domani i miei ospiti. Ma parecchie volte già mi accadde di trovarmi in una situazione simile, però io ebbi fiducia in Dio, e vedi, mi trovai sempre ad avere in abbondanza di che provvedere ai bisogni dei miei ospiti!»

12. Dico Io: «Ecco, in tal modo pensa e agisce un uomo veramente giusto su questa Terra, e non si lagna che Dio lo abbia mai abbandonato! E così è sempre stato, ed eternamente sarà!

13. Chi confida in Dio può essere certo che anche Dio ha fiducia in lui, e Dio non l’abbandona, né permette che egli perisca! Ma coloro che, come voi, credono bensì in Dio, cioè che Egli esista, ma non hanno completa fiducia in Lui perché il loro cuore dice che essi sono indegni del Suo aiuto, tali uomini non vengono nemmeno da Dio soccorsi. Infatti, non avendo una vera fiducia in Dio, confidano unicamente nelle proprie forze e nei propri mezzi che essi ritengono assolutamente santi ed intangibili, e dicono: “O uomo; vuoi tu essere aiutato? Ebbene, aiuta te stesso, poiché ciascuno è il prossimo di se stesso e pensa anzitutto per sé!”. E finché egli ha ben pensato a sé, colui che ha bisogno di essere soccorso ha tutto il tempo per andare in rovina!

14. Io però dico: “Se in primo luogo voi pensate soltanto a voi stessi, allora voi siete abbandonati da Dio e privati della Sua benedizione e del Suo soccorso, che altrimenti è sicuro più di ogni altra cosa! Infatti non l’egoismo ha indotto Dio a creare gli uomini, ma la pura fiamma d’Amore, e conseguentemente gli uomini devono pienamente corrispondere in tutto e per tutto all’Amore che diede loro la vita!”

15. Se voi vivete ed operate senza l’amore e la fiducia in Dio, allora convertite volontariamente in satanico quanto di celestiale è in voi, vi allontanate da Dio e diventate servi dell’Inferno, il quale infine non vi sarà affatto avaro di quella meritata ricompensa che si chiama la morte nell’Ira di Dio!

16. Voi diceste anche, parlando degli Esseni i quali vivono secondo la scuola di Pitagora, che non c’è qualcuno che possa sopportarli ad eccezione di alcuni romani, a motivo dei loro principi di filantropia pura!

17. Ebbene, neppure Io li stimo, perché essi non credono nell’immortalità dell’anima, ma tuttavia il peggiore di essi è migliore del migliore di voi! 

18. Io ve lo dico ormai apertamente: “Fra tutti coloro i quali, fino dal principio del mondo, sono nati da donna, non sorse mai uno che fosse più grande di Giovanni, ma chi d’ora in poi sarà anche il più piccolo fra i Miei discepoli nel vero Regno di Dio, sarà molto ma molto più grande di Giovanni che voi chiamate vostro maestro, ma che però voi non avete ancora compreso!”. Egli vi indicò la via per venire da Me, ed appianò la via davanti a Me e che a Me conduce; tuttavia il mondo ha accecato i vostri cuori, e perciò non vi è possibile riconoscerMi pur trovandovi già presso di Me.

19. Andate dunque ed abbiate cura del vostro mondo, delle vostre mogli e dei vostri figli, affinché non debbano girare nudi e la fame e la sete non debbano deprimere il loro ventre; però resterà da vedersi, e in breve, quanto di bene, così facendo, avrete procurato loro! Io vi dico che Dio non penserà a loro! 

20. Ed Io, con il più pieno diritto e nella verità più profonda, posso dirvi: “Chiunque abbia un patrimonio, dei possedimenti o un mestiere che può procurargli molti guadagni, ma accumuli però il guadagno per sé e per i suoi figli, e guardi con l’occhio e il cuore pieni di aspro sospetto i fratelli poveri, e schivi i miseri figli che per mancanza di ogni bene terreno soffrono la fame, la sete e il freddo, e li cacci via da sé quando si rivolgono a lui chiedendo l’elemosina, e anche chiunque dica ad un fratello: ‘Vieni fra qualche giorno o settimana, ed io ti farò questo o quello!’, quando però l’altro, pieno di speranza e contando sulla promessa, si presenta e ricorda al promettitore che egli è venuto per quello che gli fu detto di venire, ed il promettitore si scusa dicendo di non essere ancora in grado di far nulla per lui pur avendo in segreto i mezzi e il potere di farlo, in verità, in verità vi dico, che costui è un nemico di Dio! Infatti, come vuole amare Dio che non vede, quando non ama suo fratello che si vede davanti e di cui conosce il miserevole stato!?”

21. In verità, in verità vi ripeto: “Chi abbandona il proprio fratello nel tempo del bisogno, costui abbandona contemporaneamente Dio e il Cielo! E Dio l’abbandonerà prima che egli se l’aspetti!

22. Ma chi invece non abbandona i suoi fratelli poveri, anche nel caso in cui lui stesso fosse sottoposto ad una prova da Dio, costui sarà, anche prima che egli sappia come, benedetto per il tempo terreno e per l’eternità, più abbondantemente ancora di quanto siano state benedette in questo istante le dispense ed i granai dell’amico nostro che ci ospita!”»

23. Dicono i discepoli di Giovanni: «Questo siamo disposti molto volentieri a crederlo! Infatti più vuoti di così non possono essere!».

 

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Cap. 126

Un miracolo con il vino e con le provviste; chi e dove servono gli angeli. 

Della fedeltà ed immutabilità di Dio e della Sua benedizione.

 

1. Ed ecco in quello stesso istante presentarsi tutta ansimante la serva di cucina, e dice a Matteo: «Signore, signore, vieni a vedere! Ora sono entrati in casa dei giovani in gran numero, i quali hanno portato ogni genere di provviste alimentari in tale quantità che a consumarle tutte ci basterà a mala pena un anno! E tutto appare freschissimo e buono! Anche i granai sono colmi dall’alto in basso, e gli otri nella cantina sono pure colmi del miglior vino! Signore, signore, da dove ci sono venute tutte queste cose oggi, nel sabato degli ebrei?!»

2. Matteo e tutti i presenti sono del tutto fuori di sé per la meraviglia, apprendendo tale notizia, ed i discepoli di Giovanni, dei quali alcuni si erano prima persuasi in modo assoluto che le dispense erano vuote, chiesero subito a Matteo se fosse stato egli forse ad ordinare gli alimenti di cui si parlava.

3. Risponde Matteo: «Io no, poiché in tal caso dovrei saperlo io prima di qualsiasi altro, e pure mia moglie non ne sa nulla; essa stessa infatti poco fa mi mandò ad avvertire, appunto mediante questa serva, che le nostre poche provviste erano completamente esaurite; d’altro canto sia anche detto che io, all’infuori di un giardino e di alcuni campi presi in affitto, non posseggo alcun terreno da produrre frutta in grande quantità; senza contare poi che per dedicarmi a ciò io avrei anche pochissimo tempo, perché, in primo luogo, l’ufficio della dogana mi dà molto da fare, ed in secondo luogo devo curare le faccende di questo mio albergo per poter accogliere gli ospiti. È quindi mia abitudine provvedere questo mio albergo di settimana in settimana delle necessarie provviste alimentari, facendole per lo più comperare e portare qui da Cafarnao; in quanto ai pesci me li avete forniti finora per la maggior parte voi stessi, mentre il vino e il grano li compero di solito sempre dai greci che finora erano miei correligionari. Così risulta spiegato brevemente il modo in cui fino ad oggi io approvvigionavo la mia casa, ma di questa ordinazione non ne sappiamo né io né i miei di casa neppure una sillaba!

4. Si dovrebbe concludere che tutto ciò sia opera di qualche amico per ora sconosciuto, altrimenti bisogna dire che evidentemente è successo un miracolo! Però dove sia e chi sia questo amico naturalmente lo so io altrettanto poco quanto voi! Adesso voglio chiamare tutta la mia gente e voglio chiedere loro in vostra presenza se essi hanno forse riconosciuto qualcuno dei portatori!»

5. Egli manda allora a chiamare sua moglie e tutte le serve ed i servitori, ma, interrogati a questo proposito, tutti all’unanimità dichiararono che essi non conoscevano nessuno nemmeno di vista! Ed aggiunsero: «Quegli uomini avevano l’aspetto di giovincelli dalle forme delicate e leggiadre, ed in nessuno si scorgeva la minima traccia di barba; tutti invece avevano una bellissima capigliatura lunga ed inanellata, e la veste che portavano era più simile alla foggia romana che quella ebrea. Ne erano apparsi molti contemporaneamente, tanto nelle dispense, quanto nel granaio e nelle cantine. Essi avevano con mosse rapide poggiato giù quello che avevano portato con sé, ed avevano detto: “Questo è un dono per Matteo il doganiere, il quale è oggi stato chiamato dal grande Maestro”. Poi si erano allontanati in fretta, e nessuno aveva potuto vedere quale direzione essi avessero preso uscendo di casa»

6. Dopo ciò, uno dei farisei esce fuori a dire: «La cosa sembra proprio assolutamente strana, eppure è vera! A noi interesserebbe molto davvero andare a fondo della faccenda»

7. E rivoltosi poi a Matteo, lo stesso fariseo continua: «Facci dunque portare qui un po’ di quei vini perché li assaggiamo, e noi ti diremo subito da dove provengono! Infatti noi, giudicando dal colore e dal sapore, possiamo sapere dove sono cresciuti!»

8. Allora subito qualcuno scende in cantina e ne riporta colmi tutti i bicchieri; e quando i farisei e gli scribi hanno assaggiato di quel vino, esclamano pieni di profondo stupore: «No, un vino simile a questo noi non abbiamo mai gustato! Esso è buono ed amabile tanto da non potersi descrivere! Noi possiamo dire di aver bevuto di tutti i vini prodotti in qualsiasi luogo della Terra a noi conosciuto, fra i quali ne abbiamo trovati di veramente molto buoni e prelibati, ma, paragonati a questo, anche i migliori potrebbero tutt’al più essere classificati come acqua tiepida! Questo dunque è e rimane un enigma! 

9. Considerato però che di questo vino più che ottimo, insuperabile, tu hai ora una grande provvista, non potresti dietro compenso e qualche buona parola, cedercene alcuni otri? Meriterebbe certamente la pena farne pervenire alquanto al sommo sacerdote in Gerusalemme!»

10. Risponde Matteo: «In dono l’ho ricevuto e nello stesso modo lo do, ma al sommo sacerdote in Gerusalemme non do neppure una goccia! Se egli dovesse per caso venire qui quale ospite, sarà servito come qualunque altro, ma questo, sia ben chiaro, soltanto perché è un uomo uguale ad ogni altro, mai però nella sua qualità di sommo sacerdote ebreo che per me è l’abominio di ogni desolazione e un assassino dello spirito degli uomini che dividono con lui la stessa fede!»

11. Osserva uno degli scribi: «Amico, tu giudichi assolutamente male il sommo sacerdote di Gerusalemme, e non conosci per niente né la sua natura né il suo ufficio!»

12. Dice Matteo: «Non parliamo più di questa cosa, perché non fa che suscitare in me una collera quanto mai giustificata! Voi siete i suoi occhi, e per questo motivo quello che vedete meno di tutto sono proprio le cose che vi stanno più vicine, cioè il vostro naso, la fronte e la faccia; noi invece che vi stiamo dirimpetto, vediamo tutto ciò in modo anche troppo chiaro e preciso! Ma, come ho detto, lasciamo stare questo argomento, altrimenti andrei su tutte le furie e non vorrei offendervi, visto che ora siete miei ospiti ed io ho l’abitudine di rispettare chiunque si presenti nel mio albergo!»

13. Dice un fariseo più accomodante: «Basta, basta, lasciamo perdere questa faccenda e parliamo piuttosto con il Maestro Gesù che è forse in grado di darci il miglior chiarimento su questa questione; Egli, infatti, ci supera tutti di gran lunga in conoscenza e sapienza!»

14. E rivolgendosi a Me: «Che ne pensi Tu di questa storia? A me sembra che Tu non sia a tal proposito completamente all’oscuro, perché le parole da Te prima scambiate con i discepoli di Giovanni sembrano quasi direttamente accennare a tale fatto! Ed infatti, quasi nello stesso istante in cui Tu dicesti ai discepoli di Giovanni come Dio provveda a coloro che veramente Lo amano ed hanno viva e vera fiducia in Lui e colpisti con tanta energia l’odiosità e la riprovevolezza dell’egoismo, accadde tutto ciò; per conseguenza mi viene il sospetto che Tu ne abbia avuto sentore da qualche parte, oppure addirittura che ne sia Tu l’Autore!»

15. Rispondo Io: «Ebbene, se voi supponete questo di Me, allora mantenete le stesse supposizioni anche nei riguardi di ciò che Io dissi ai discepoli di Giovanni, e riconoscete nei vostri cuori che Io ho detto la verità intera!

16. Chi di voi opererà dal profondo del cuore a seconda di quello che Io ho detto, costui pure sperimenterà da parte di Dio in ogni tempo ciò che l’amico nostro e fratello Matteo ha sperimentato!

17. Infatti credeteMi: “Dio rimane sempre uguale a Se stesso nel Suo Cuore! Come Egli era quando nel firmamento non risplendevano né sole né luna né le stelle, tale Egli è ancora in questo istante, e tale rimarrà eternamente!

18. Chi Lo cerca per la giusta via, Lo troverà e sarà benedetto per tutte le eternità delle eternità!”»

19. Queste parole scendono profondamente nel cuore di tutti, ed i discepoli di Giovanni iniziano a ravvedersi e dicono: «Eppure Egli deve essere un Profeta di gran lunga più grande di quanto lo sia il nostro Giovanni! Noi, infatti, fummo dieci interi anni con lui, ma al suo fianco non ci fu mai dato di udire e vedere tali cose! Il fariseo deve aver ragione sostenendo che questo Gesù sappia com’è accaduto tutto ciò! Io, per conto mio, sarei quasi portato ad affermare che la cosa ha la sua origine in Lui e che Egli ha operato ciò con mezzi a noi sconosciuti; tutto ciò è una prova palpabile della nostra cecità che ora risalta, e di quella del nostro grande maestro Giovanni!».

 

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Cap. 127

Dialogo fra Giuda e Tommaso. Sciocca domanda del cieco discepolo di Giovanni.

La dolcezza e la magnanimità del Signore raccolgono le lodi generali.

La morte della figlia del comandante Cornelio. Della vera successione di Cristo.

(Matteo 8, 18-19)

 

1. Ora però anche Giuda, che il vino ha riscaldato più di quanto sarebbe stato necessario, vuole alzare la voce e dire qualcosa ai suoi vicini, i discepoli di Giovanni, ma Tommaso, sempre ugualmente suo avversario, lo previene e dice: «Amico, quando parlano i maestri, i discepoli devono tacere e limitarsi ad ascoltare, ma non devono parlare! Infatti in questo momento ogni parola dalla nostra bocca sarebbe una grande e grossolana sciocchezza! Se tu senti tanta smania di parlare, va’ fuori all’aperto e grida a tuo piacimento e, quando la tua bocca si sarà stancata, allora ritorna qui!»

2. Dice Giuda: «Perché te la prendi sempre con me? Eppure non ti ho fatto mai nulla di male! Non potrò io dunque mai parlare?»

3. Risponde Tommaso: «La tua sapienza la conosciamo per filo e per segno già da anni, e non siamo davvero disposti a sentirla qui per la millesima volta accanto a quella del nostro grande Maestro, e saggi al pari di te lo siamo noi tutti già per natura! Tu dunque devi persuaderti che non puoi offrirci nessun’altra dottrina migliore di quella che già abbiamo, ed è da sperarsi che tu comprenderai che qui non è affatto necessario che tu debba parlare! Noi discepoli dobbiamo parlare soltanto nel caso in cui veniamo interrogati; possiamo, è vero, fare noi stessi qualche domanda, ma allora è opportuno riflettere bene affinché la nostra domanda sia fondata su un giusto e reale bisogno! Se noi interroghiamo per pura curiosità o per soddisfare le brame della nostra lingua sempre ansiosa di chiacchierare, siamo meritevoli di venire presi a frustate. Gli sciocchi e gli sventati si dovrebbero sempre castigare in questo modo!»

4. Dice Giuda: «Va bene, va bene! Me ne sto zitto, poiché so già che in tua presenza non posso né devo dire nulla! Infatti tu sei la sapienza personificata del profeta Elia stesso! Soltanto è peccato che tu non sia vissuto prima di Salomone! Altrimenti chissà quanto di più Salomone avrebbe potuto avanzare in sapienza alla tua scuola! Ma ormai basta; ecco, sto zitto!»

5. Tommaso avrebbe voluto volentieri replicare ancora qualcosa a Giuda; Io però gli feci cenno che bastava, e Tommaso tacque.

6. Ora però uno fra i discepoli di Giovanni non aveva potuto ancora coordinare le sue idee, e non era riuscito a comprendere perché Io avessi paragonato lui ed i suoi compagni ad un vecchio abito lacero che si volesse rattoppare con lembi di stoffa nuovi, e a degli otri vecchi e marci non più adatti a ricevere il mosto. Egli perciò si rivolse a me, e venne fuori con una domanda alquanto balorda, dicendo: «Ora mi accorgo anch’io che Tu potresti ben essere un Profeta; ma, come osservo, il vino degli otri vecchi Ti piace di più che il mosto giovane degli otri nuovi, e poi adesso mi viene in mente che neanche la Tua veste si può dire veramente nuova, e se, forse tra breve, dovesse aver bisogno di qualche toppa, io potrei esserTi utile, dato che posseggo dei pezzi di stoffa in grande quantità! Se posso dunque servirTi, rivolgiTi pure a me!»

7. A causa di questa sciocca domanda i suoi compagni volevano da principio gettarlo fuori. Io però ebbi compassione di lui e gli spiegai questo paragone in maniera più comprensibile, cosicché egli si tranquillizzò.

8. Agli altri però Io dissi: «Se voi vedete un cieco il quale inciampa sull’orlo di una fossa e vi cade, e cadendo sciupa e guasta un po’ l’erba alta che cresce ai margini del rigagnolo, agireste voi da saggi ritenendo responsabile di ciò il cieco, e volendolo punire?! Ecco, questo fratello vede bensì come voi, con gli occhi del suo corpo, ma nell’anima egli è fortemente cieco, e poiché noi non siamo all’oscuro di questa cosa, sarebbe oltremodo crudele punire un fratello cieco perché egli ha un po’ inciampato davanti a noi!»

9. Queste Mie parole furono accolte da generali approvazioni e da sonori evviva al Mio indirizzo, e tutti esclamarono: «Queste sono davvero parole magnifiche e chi agisce nel modo giusto e saggio in cui Egli parla, è degno di venire incoronato ed acclamato Grande fra gli uomini! Salute a Te e lunga vita a Te Uomo degli uomini!»

10. Questa dimostrazione è appena giunta alla fine ed Io ho appena avuto modo di aggiungere qualcosa a spiegazione della parabola della veste lacera, del mosto e degli otri, quando ecco precipitarsi nella stanza uno dei notabili di Cafarnao (questi era il comandante romano Cornelio); egli irrompe verso di Me, Mi cade dinanzi e dice quasi senza fiato: «Signore! Amico! O divino Maestro e Salvatore! La mia adorata figlia, che porta il mio nome, la mia bella e buona figlia, è morta!»

11. Detto questo, il comandante scoppiò in dirotto pianto e rimase lì singhiozzando a lungo senza poter pronunciare parola. 

12. Dopo un po’, calmatosi, egli continuò: «Signore, Tu, cui nulla è impossibile, vieni con me a casa mia e poni la Tua mano miracolosa su di lei, e lei di certo risusciterà com’è accaduto alla figlia del capo della sinagoga, Giairo, la quale pure era veramente morta e fu ridonata alla vita! Io Te ne prego, o nobilissimo Amico mio, vieni ed accordami questa grazia!» (Matteo 9,18)

13. Gli dico Io: «Consolati, Io vengo con te, e farò come hai supplicato che Io faccia! Ma la giovinetta è morta davvero, anzi è già fredda; e tuttavia Io la risusciterò affinché possa annunciare poi a questa povera umanità la gloria di Dio! E quindi andiamo!» (Matteo 9,19)

14. Allora i Miei discepoli chiesero se dovevano aspettarMi qui o venire anche loro con Me.

15. Ed Io risposi loro: «Voi tutti che siete Miei discepoli seguiteMi, e tu pure, Matteo, che fosti un pubblicano, seguiMi! Alla tua casa terrena ho provvisto Io, e continuerò a provvedervi in seguito; tu invece sei chiamato, come questi qui, ad essere Mio discepolo!».

16. Matteo, a queste Mie parole, si toglie di dosso i suoi indumenti di albergatore, prende il suo miglior mantello e Mi segue senza lasciare prima, com’era solito, gli ordini ai suoi di casa, affinché questi sapessero cosa dovevano fare durante la sua assenza.

17. N.B.: «Così deve fare chiunque voglia seguirMi! Egli deve morire del tutto per le cose di questo mondo e non deve più pensare alle condizioni della sua vita terrena, altrimenti egli non è adatto al Mio Regno, né ad entrare nello stesso! Infatti colui che mette mano all’aratro e volge gli occhi indietro non è adatto al Regno di Dio!».

 

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Cap. 128

Scena con un’altra donna afflitta da emorragia. Degli evangelisti Marco e Luca.

Il Signore in casa del comandante Cornelio risuscita la figlia.

 

1. Ed ora proseguiamo nella storia del Vangelo!

2. Partiti dalla casa di Matteo ad ora abbastanza inoltrata del pomeriggio, noi ci trovavamo a metà strada circa verso Cafarnao, quando comparve alle nostre spalle una donna la quale, scortoMi, si mise a correre rapidamente per raggiungerMi. Ora lei, come già l’altra donna greca di cui è stato precedentemente narrato il caso, soffriva da dodici anni di emorragia, e nessuno fino allora aveva potuto aiutarla. Questa donna che era stata informata dalla stessa donna greca sopra menzionata, toccò soltanto l’orlo della Mia veste (Matteo 9,20) e fu all’istante guarita. Infatti essa aveva detto fra sé e sé, spinta da intimo convincimento: «Basterebbe che io potessi toccare soltanto l’orlo della Sua veste perché fossi risanata!» (Matteo 9,21). E così avvenne all’istante come lei aveva creduto! E si accorse subito che in seguito all’aver toccato, piena di fede, la Mia veste, la sorgente del male che l’aveva travagliata da dodici anni, si era inaridita.

3. Allora Io Mi volsi e dissi alla donna: «La consolazione sia con te, figlia Mia, la tua fede ti ha soccorso! Vattene in pace!». E la donna, piangendo di gioia e di riconoscenza, fece ritorno a casa sua, e non ebbe più da lamentarsi della sua salute. (Matteo 9,22).

4. Questa donna era un’ebrea e non una greca, però la sua abitazione era situata non lontano da una colonia greca; essa frequentava spesso i greci, e da questi aveva appreso molte cose, fra le quali anche la guarigione della donna greca summenzionata. Ora è da notare che questo fatto della prima guarigione, simile assolutamente all’altro, e del quale fanno cenno più tardi anche Marco e il pittore e poeta Luca, ha indotto perfino i teosofi più colti, in seguito a questa somiglianza, a considerare i due fatti distinti come uno solo, ciò che tuttavia non corrisponde affatto alla piena verità e che non serve ad altro che a fornire buona acqua al mulino di coloro che instillano dubbi.

5. Matteo, lo scrivano, Mi domandò subito se doveva prendere nota anche di questo fatto e di che cosa di tutti i fatti accaduti durante la giornata.

6. Ed Io gli dissi: «Tu devi annotare tutto quello che è accaduto oggi, tranne l’approvvigionamento della casa del tuo omonimo compagno e tranne ciò che in questa occasione è stato detto. Oggi stesso fra non molto ritorneremo a casa, e domani avremo tempo a sufficienza di stabilire esattamente tutto quello che sarà necessario scrivere degli avvenimenti dell’odierna giornata».

7. Matteo, lo scrivano, si dichiarò soddisfatto di questa decisione, e noi arrivammo in breve tempo alla casa del comandante; vi entrammo e fummo introdotti nella sala dove giaceva la figlia morta, sopra un letto ornato secondo gli usi romani.

8. Vi era là una moltitudine di suonatori e di altra gente che faceva un fracasso enorme, perché allora vigeva l’usanza di fare con ogni mezzo un gran rumore intorno ai trapassati affinché essi, o dovessero svegliarsi nuovamente, oppure, non essendo più possibile ciò, per spaventare e tenere lontani i messaggeri di Plutone, il principe dell’Inferno; tutto questo naturalmente secondo l’opinione del volgo cieco e per la maggior parte pagano, il quale appunto in simili occasioni aveva modo di emergere.

9. Ma quando Io con i discepoli entrai nella vasta camera, vidi quella gente ed udii il rumore insensato che facevano (Matteo 9,23), ordinai che anzitutto la facessero finita con tutto quel fracasso e poi che dovessero essere fatti uscire addirittura di casa, poiché la fanciulla non era morta, ma dormiva soltanto! (Matteo 9,24)

10. Allora quei produttori di strepito (ingaggiati per denaro ben s’intende, perché senza denari anche questa funzione non si faceva per nessuno!), cominciarono a burlarsi di Me, ed uno di essi anzi Mi disse in confidenza: «Ho paura che qui la cosa Ti riuscirà più difficile che non in casa di Giairo! Guardala soltanto un po’ più da vicino, e quale Medico dovrai subito riconoscere che, secondo quanto insegna Ippocrate, il famoso ed antico medico greco, la morte più completa le sta dipinta sul viso! E Tu vorresti sostenere che lei dorme?!».

11. Nel frattempo il comandante, vedendo che i tumultuanti non accennavano a voler andarsene, ingiunse loro con minaccia di grave castigo di allontanarsi, ed ordinò ai soldati che erano lì di guardia di cacciare fuori il popolo. In tal modo, dopo brevi istanti, la stanza venne sgombrata da tutti gli strepitanti intrusi.

12. E quando la stanza come pure l’intera casa furono liberate da quegli ospiti fastidiosi, solo allora Io entrai definitivamente assieme ai Miei discepoli ed ai familiari del comandante. Mi avvicinai subito al letto funebre, presi semplicemente per mano la fanciulla, senza pronunciare parola, e lei nel medesimo istante si alzò e riapparve piena di vigore e di salute come se non le fosse mai accaduto nulla. (Matteo 9,25)

13. Ma quando la figlia si accorse che il letto sul quale giaceva era quello a lei ben noto che si usava adoperare per adagiarvi soltanto i defunti, domandò a coloro che le stavano intorno cosa significasse il fatto di giacere su un letto funebre.

14. E il comandante allora, con il cuore traboccante di immensa gioia, le si avvicinò e le disse: «Mia dilettissima Cornelia! Tu sei stata molto ammalata, ed in conseguenza di questo male sei morta; la morte inesorabile dunque ti colpì, e tale sarebbe stato irrevocabilmente il tuo destino, se questo Salvatore, davvero onnipotente e grande fra tutti i salvatori, non ti avesse con la Sua Forza divina richiamata in vita nello stesso modo come Egli giorni fa, ha ridonato la vita alla figlioletta di Giairo, il capo della scuola che tu ben conosci; ritorna dunque a gioire della tua vita più bella, e tieni d’ora innanzi nel tuo cuore il sentimento più caldo di gratitudine per questo Amico grande fra gli amici, perché Egli solo fu a ridonarti il supremo bene perduto, cioè la vita quanto mai preziosa!».

 

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Cap. 129

Quello che vide nell’aldilà la risuscitata da morte. La sua nuova e giusta domanda vitale. Risposta del Signore. Della buona testimonianza del Signore da parte del romano straniero. Dello speciale comandamento del Signore. Della libera volontà.

 

1. Dice la figlia: «Sì, sì, ora mi ricordo perfettamente di essere stata molto ammalata e che durante la malattia un dolcissimo sonno venne improvvisamente a gravare sulle mie palpebre; allora mi addormentai e feci un sogno meraviglioso: da qualunque parte io mi volgessi, vi era luce e nient’altro che luce, e in quella luce andò formandosi uno splendido mondo. Giardini di una magnificenza incomparabile apparivano inondati da fulgore intensissimo, e cose meravigliose sorgevano l’una dopo l’altra, ma nessun essere vivente sembrava abitare in mezzo a quello splendore; e come io, stupita, stavo contemplando quelle sorprendenti magnificenze, mentre ancora nessun essere vivente voleva mostrarsi, cominciò a manifestarsi nell’animo mio un senso di oppressione e di angoscia sempre più acuto, nonostante le cose sublimi e portentose che mi circondavano. Allora io cominciai a piangere ed a chiamare, ma tuttavia da nessuna parte nemmeno una lieve eco sembrava voler dare risposta alle mie invocazioni. Allora la mia tristezza aumentò sempre più in mezzo a quelle apparizioni che continuamente crescevano in splendore.

2. Ed ecco, nel momento in cui io, accasciata sotto il peso di questa grande tristezza, cominciai disperatamente a chiamare te, padre mio, d’improvviso venne fuori dai giardini questo Amico, mi prese per la mano e disse: “Alzati, figlia Mia!”. Allora in un attimo svanirono tutte le meraviglie che mi circondavano e che mi avevano resa triste, e mi destai mentre questo Amico ancora mi teneva per mano. Al momento io non potei subito ricordarmi di tutto quello che avevo visto; ma quando, come per pura influenza celeste, i sensi mi furono pienamente ridonati, mi si affacciò di nuovo alla memoria tutto ciò che avevo visto in sogno, così come ho raccontato ora.

3. Ma la cosa che mi sorprende oltremodo è che dall’essermi trovata su questo letto devo arguire che io ero morta davvero per questo mondo, eppure io continuai a vivere nel sogno. E più meraviglioso ancora è che questo eccellente Amico, il Quale mi apparve in sogno, si trova ora qui precisamente tale quale nel sogno io L’ho visto!

4. Ma ora io domando a te, mio caro padre se questa nuova vita che Egli mi donò, non Gli appartiene. Il mio cuore è profondamente commosso, e mi sembra che all’infuori di Lui io non potrei mai concedere a nessun altro uomo il mio amore. Posso io amarLo sopra ogni cosa, anche più di te, padre mio, e sopra ogni altra cosa a questo mondo?»

5. Cornelio rimane perplesso a questa domanda e non sa cosa rispondere. Io però gli dico: «Lascia pure che tua figlia segua liberamente gli impulsi del sentimento che ora l’agita, perché soltanto questo sentimento sarà in grado di ridarle la vera vita in tutta la sua interezza!»

6. Esclama allora Cornelio: «Quand’è così, ama pure questo Amico sopra ogni cosa, poiché chi ha potuto per propria forza e potenza ridonare la vita a te, che eri morta, Costui certamente non vorrà mai recarti alcun danno; infatti, se anche tu morissi di nuovo, Egli di certo ti ridarebbe nuovamente la vita! E perciò tu puoi benissimo amarLo più di tutto a questo mondo, come anch’io Lo amo con tutte le mie forze!»

7. Ed Io aggiungo: «Chi Mi ama, costui ama anche Colui che è in Me, e Questi è la Vita eterna. Se anche egli morisse mille volte nell’amore per Me, ciò nonostante vivrà eternamente»

8. Molti che hanno udito queste parole si domandano: «Come? Cosa significa ciò? È da uomo parlare così? Ma, d’altra parte, può un uomo fare quello che Egli fa?!»

9. Interviene allora un romano il quale era in quel tempo ospite di Cornelio, e dice: «Amici! Un savio ha detto che non vi è nessun grande uomo il quale non sia stato ispirato dagli dèi. Però, se mai vi fu uomo che gli dèi abbiano animato con il loro alito divino nella maggior misura possibile, tale uomo è appunto questo Gesù, il Quale, per dire secondo il criterio terreno, sembra davvero essere di origini molto umili. È noto però che gli dèi non amano i fasti di questo mondo, e, se scendono sulla Terra, essi si celano invece dietro un esteriore il più possibile meschino, e soltanto mediante le loro opere rivelano ai mortali chi e cosa sono. Ora, non potrebbe essere questo il caso anche con quest’Uomo, il Quale, del resto, è di modi tanto semplici e schietti? Voi potete credere e pensare come volete; io però devo considerarLo un Dio di primo rango! Infatti nessun mortale può risuscitare da morte il proprio simile!

10. Se anche qualche figlio di Esculapio riesce a richiamare in vita un morto apparente, adoperando ogni genere di balsami, oli ed unguenti, la persona che ha ripreso in tal modo i sensi non appare tuttavia così fresca e sana com’è ora Cornelia, la quale ai miei occhi sembra nell’aspetto ancora più fiorente di quanto lo sia mai stata prima. Così la penso io e sono intimamente e perfettamente convinto che è così! Voi tuttavia potete pensarla come meglio vi piace!»

11. Dico Io: «Colui che ha ragione crede anche che il suo modo di pensare sia l’unico giusto; Io però chiedo a voi la sola prova di amicizia, cioè, che voi tutti conserviate per il momento il silenzio su tutto ciò che avete udito e visto qui e che non parliate con nessuno di queste cose, perché voi ben sapete quanto cattivo è il mondo!». 

12. Essi Mi promisero che avrebbero mantenuto rigorosamente il segreto su quanto era avvenuto.

13. Essi tacquero effettivamente durante il paio di giorni che Io trascorsi con i Miei discepoli in casa del comandante, ma dopo che Io Me ne fui andato, la notizia di questo avvenimento si sparse ben presto per tutta la Galilea (Matteo 9,26). Certo lo avrei benissimo potuto impedire se avessi posto freno alla libera volontà dell’uomo, il che sarebbe stato oltremodo facile per Me, ma poiché Io debbo rispettare la libera volontà dell’uomo, senza la quale esso scenderebbe al livello dell’animale, così Io dovetti naturalmente tollerare quello che non era corrispondente al buon ordine delle cose e che per conseguenza non fu di alcuna utilità.

 

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Cap. 130

Scena con due mendicanti ciechi. Le loro parole lusinghiere non considerate da Gesù.

La guarigione di entrambi i ciechi. «Lavorate solo nell’interesse dell’amore!».

Ciò che il Signore esige quale ricompensa.

 (Matteo 9, 27-31)

 

1. Ora, a Cafarnao vi erano due mendicanti, i quali, completamente ciechi fin dalla nascita, non avevano mai vista la luce del giorno, né lo splendore delle notti stellate, ed entrambi avevano udito parlare di Me e di quello che Io avevo fatto. Quando Io decisi di lasciare Cafarnao e di fare ritorno a Nazaret, il comandante volle accompagnarMi assieme alla moglie ed a tutti i suoi figli, nonché a molti dei suoi amici; e, incamminatici così, giungemmo pian piano ad un punto dove parecchie strade si incrociavano e dove precisamente erano soliti stare i due ciechi per chiedere l’elemosina ai passanti. E come i due ebbero sentore che vi era là parecchia gente, fra cui perfino le prime autorità di Galilea e che in mezzo a questi elevati personaggi si trovava il Salvatore Gesù di Nazaret, di cui - come pure di Suo padre - si diceva che discendesse in linea direttissima da Davide, quando dunque furono di ciò informati da coloro che passavano, si alzarono subito dal posto dove erano seduti, e cominciarono a correrMi dietro come meglio potevano, gridando: «Oh! Gesù, Gesù, abbi pietà di noi, figlio di Davide!» (Matteo 9,27). Essi però si rivolsero a Me così, pensando che Io ci tenessi ad essere chiamato in tal modo, e che, così lusingato, Mi sarei tanto più mosso a compassione di loro.

2. Io invece, appunto a causa di ciò, lasciai che Mi seguissero fino a Nazaret per dimostrare loro che non davo alcun valore a tali distinzioni mondane e a simili vane lusinghe.

3. E quando Io, dopo un paio d’ore fui ritornato a casa, ciò che i due ciechi ebbero ben presto appreso, questi pregarono le prime persone che sentirono loro vicino di condurli da Me. E i Miei discepoli li portarono subito da Me in casa.

4. Quando i due si trovarono presso di Me, ossia in Mia vicinanza, essi si accostarono del tutto a Me e volevano cominciare a pregarMi che Io donassi loro la vista. Ma Io, ben sapendo ciò che essi volevano, li prevenni e dissi: «Credete voi davvero che Io possa farvi tale cosa?». Ed essi risposero semplicemente: «Sì, o Signore!» (Matteo 9,28). Allora Io toccai loro lievemente gli occhi con le Mie dita, dicendo: «Sia fatto dunque secondo la vostra fede!». (Matteo 9,29)

5. Ed i loro occhi furono aperti (Matteo 9,30), in modo che essi poterono vedere benissimo ogni cosa come qualsiasi altro uomo che abbia la vista perfettamente sana. Però quando essi ebbero avuto modo di apprezzare il beneficio della vista e iniziarono ad ammirare con il più grande stupore le cose create, sorse nei loro cuori naturalmente l’idea dell’immenso debito di gratitudine che essi avevano contratto verso di Me. E non sapendo come manifestare questi loro sentimenti, volevano offrirMi tutto quello che fino allora avevano potuto raggranellare mendicando, perché per il futuro essi non intendevano più mendicare, ma procurarsi il loro sostentamento con il lavoro delle loro braccia robuste!

6. Ma Io dissi loro: «È cosa buona e giusta che voi intendiate servire d’ora in avanti i vostri fratelli e procurarvi il necessario per vivere mediante il lavoro delle vostre mani, poiché chi vede e può lavorare non deve starsene con le mani in mano e vivere alle spalle dei propri fratelli, ma deve tentare di essere loro utile aiutandoli in questa e quella cosa, affinché l’amore si accresca fra gli uomini.

7. Il vostro proponimento quindi è assolutamente giusto e buono; come pure è lodevole e bello da parte vostra che, per pura gratitudine, abbiate formato il proposito di offrirMi tutti i vostri risparmi; però né Io né i Miei veri discepoli ne abbiamo bisogno, e per conseguenza potete tenerli per voi!

8. Quello però che domando da voi per avervi aperto gli occhi alla luce consiste in questo: in primo luogo osservate i comandamenti di Dio, amate Dio sopra ogni cosa e il prossimo come voi stessi, e prestate ai vostri fratelli aiuto volonteroso ed assiduo in tutte le cose nelle quali voi potete essere loro di aiuto; in secondo luogo poi vi ordino che per amore di Me stesso non raccontiate a nessuno quello che è avvenuto, ma che vi diate invece cura di evitare che fuori di qui vengano divulgate notizie a tale riguardo!»

9. Ma essi obiettarono: «Signore, questa cosa ci riuscirà ben difficile, poiché qui, in tutti i dintorni, ciascuno sa troppo bene che noi eravamo ciechi. Ora, se qualcuno ci domandasse in quale modo noi, ciechi prima, abbiamo potuto acquistare la vista? Che risposta daremo noi?»

10. Dico Io: «Una risposta che abbia il suo fondamento nella parola tacere». 

11. Essi promisero di attenersi rigorosamente a quest’ordine, ma non mantennero la parola data; e poco dopo si recarono in tutte le località che erano nelle vicinanze e rivelarono dappertutto dove Io fossi e che cosa facessi. (Matteo 9,31)

 

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Cap. 131

Guarigione del sordomuto indemoniato. I farisei ne sono testimoni, ed attestano la perversità del demonio da cui era invaso. Cornelio condanna i farisei alla croce per la loro diabolica spiegazione del miracolo. Matteo rinfaccia ai farisei la loro perfidia.

Essi tentano con astute parole di ottenere perdono, e sono salvati per intervento di Gesù.

(Matteo 9, 32-35)

 

1. Questi due uomini erano appena usciti di casa, quando dell’altra gente arrivata da poco entrò introducendo con sé un uomo che era muto e nello stesso tempo anche posseduto dal demonio (Matteo 9,32). Ora, nel frattempo, erano comparsi parecchi farisei e scribi, che due giorni prima avevamo lasciati in casa di Matteo, che venivano ad osservare quello che Io avrei fatto a casa e verso che parte Mi sarei più tardi diretto. Essi prima di entrare in casa si erano già imbattuti nei due ciechi guariti, i quali avevano subito riferito loro che appunto in quell’istante sarebbe seguita la guarigione di un tale che era muto e posseduto, ma non avevano fatto parola di quanto era accaduto a loro stessi, perché erano ancora dominati da un grande timore nei loro cuori.

2. I farisei a tale notizia si erano affrettati per non arrivare troppo tardi. Come essi furono entrati nella stanza, riconobbero subito l’ossesso che era muto e dissero: «Oh, questo qui lo conosciamo già da lungo tempo! Non c’è forza al mondo che abbia qualche potere su di lui! Quando lo spirito diabolico l’invade, nel furore suo sradica perfino alberi, e non ci sono né mura né catene che possano resistergli. Il fuoco non ha alcun effetto su di lui, e guai ai pesci che si trovano nell’acqua quando egli vi scende. Quello che per fortuna vi è ancora di buono in lui è che egli è sordo e muto, perché, se egli potesse udire e parlare, nessuna creatura sulla Terra sarebbe più sicura. Oh, questo è un uomo terribile! Davanti a lui tutto fugge, perfino gli animali più feroci schivano la sua presenza. E costui Egli vorrebbe guarire? Solo il capo supremo di tutti i demoni lo può guarire!»

3. Dico Io: «E tuttavia Io lo guarirò, affinché voi possiate finalmente convincervi che dinanzi alla Potenza di Dio ogni altra cosa deve cedere e che tutti gli esseri le devono obbedienza!»

4. E detto ciò Io stesi la Mia Mano sopra l’ossesso ed esclamai: «Spirito maligno ed immondo, esci da quest’uomo!». E lo spirito domandò gridando: «Dove devo fuggire?!». Gli risposi Io: «Là, dove più è profondo il mare. Là un mostro attende la tua venuta!». Allora lo spirito maligno gettando un nuovo urlo se ne partì da quell’uomo.

5. E questi ad un tratto apparve completamente trasformato; il suo aspetto manifestava mitezza e bontà, e cominciò a parlare esprimendo la sua gratitudine, rispondendo a tutti con modi gentilissimi ed usando parole quanto mai cortesi e pacifiche, cosicché tutti i presenti si convinsero come anche il male che prima lo aveva reso muto e sordo fosse perfettamente scomparso.

6. Ora, i discepoli e tutto il popolo lì raccolto, rimasti sbalorditi, non poterono celare la loro straordinaria meraviglia e dissero: «In verità questo oltrepassa i limiti del credibile! (Matteo 9, 33). Venti ed uragani hanno già, sebbene in minor grado, obbedito al comando di tacere. Anche morti apparenti sono stati richiamati in vita; rupi furono costrette a lasciar sgorgare acqua e su preghiera di Mosè cadde la manna dal cielo; certo però che tutto questo non accadde in una forma elevata e perfetta.

7. Così pure, quando Salomone stava costruendo il Tempio, avvenne che per lo spazio di un mese nessun operaio volle metter mano alla costruzione; allora Salomone supplicò Dio di mandargli dei lavoratori, e subito vennero a lui in gran numero dei giovani i quali offrirono al re la loro opera, e Salomone li accolse e con essi lavorò per la durata di un mese, come si apprende dalla tradizione.

8. In breve, da Abramo fino ai giorni nostri sono parecchi i fatti meravigliosi occorsi; ma, com’è vero che Dio vive e regna nel Cielo e sulla Terra, questo prodigio compiutosi sotto i nostri occhi non è da paragonarsi a nessun altro!»

9. Queste espressioni di meraviglia suscitarono grandissima ira tra i farisei, i quali, non potendo più reprimere la rabbia che li rodeva, esclamarono furibondi: «Come potete essere tanto scimuniti e ciechi! Non ve lo abbiamo già spiegato chiaramente, quando siamo entrati in questa stanza, chi è che possa avere signoria su tal genere di ossessi? Ve lo abbiamo detto che una cosa simile è possibile soltanto al principe di tutti i diavoli! Certo Egli ha guarito l’indemoniato, ma come?! Egli ha cacciato questo demonio da questo uomo tramite il capo supremo dei demoni!» (Matteo 9,34)

10. Quando i farisei furenti ebbero terminata questa loro testimonianza a Mio carico davanti a tutto il popolo, e quindi anche in presenza del comandante romano Cornelio, allora fu la fine! Il comandante, appena udite le maligne parole, fuori di sé per l’indignazione, tuonò la sentenza contro i farisei e gli scribi: «Oggi la croce deve essere la vostra sorte! Vi farò ben io conoscere qual è la differenza fra Dio e demonio!»

11. A queste parole sembrava fosse scoppiato il fulmine in mezzo ai farisei, i quali, esterrefatti, cominciarono ad urlare per lo spavento ed a biascicare scuse; ma il popolo ne gioì e disse: «Ah, ah! Finalmente avete trovato anche voi chi vi renderà giustizia e caccerà via i vostri vecchi diavoli! Vi sta perfettamente bene, perché voi stessi siete in tutto e per tutto uguali al principe dei demoni; voi combattete tuttora come una volta egli combatté contro l’Arcangelo Michele per il corpo di Mosè, vale a dire per la parte materiale e morta della sua dottrina, mentre perseguitate con maledizioni, con il fuoco e con la spada tutto ciò che rivela in sé anche la minima impronta di qualcosa di spirituale! Per conseguenza siete voi che agite sempre con l’aiuto del demonio e che date man forte all’antico spirito della menzogna e dell’inganno! Ed è dunque pienamente giustificato quello che il comandante ha sentenziato contro di voi, servitori di Satana. Siate pur certi che la vostra sorte non suscita in noi alcun sentimento di compassione!»

12. Matteo, il doganiere, avanza poi a sua volta verso i farisei e dice loro: «Oggi sono appena quattro giorni da che il nostro Maestro Gesù, precisamente lo scorso sabato, ha guarito il vecchio fratello di mia madre da una paralisi; quante cose non vi sono state dette e quante verità profondissime e perfette non vi sono state esposte in tale occasione?! Tanto evidente era tutto ciò, che i fanciulli stessi lo afferravano quasi con mano e indicavano voi con il dito; il Maestro stesso vi parlò così saggiamente e sinceramente che voi doveste rimanerne estremamente meravigliati e vi trovaste nella necessità di chiedere a quale fonte mai Egli avesse attinto tanta sapienza! Ma né le Sue risposte sommamente istruttive, né le parole Sue che raggiungevano le più sublimi altezze dello spirito, né le Sue opere meravigliose valsero a rendere meno densa la caligine che vi fa velo agli occhi!

13. Dunque se opere e parole simili non sono in grado di farvi aprire gli occhi e se voi nei vostri perfidi cuori andate anzi sempre più coltivando gli istinti perversi e la sete di vendetta, ditemi, cosa vi manca ancora per diventare perfetti demoni? Sì, davvero, io ve lo dico oggi come già ve l’ho detto altre volte che voi siete più malvagi di tutti i diavoli presi assieme; e quindi davanti a Dio ed a tutti gli uomini di qualche buon volere appare del tutto giustificato ed equo che vi si stermini come bestie feroci!

14. Io sono di certo un uomo sensibilissimo e di carattere assai pacifico e benigno, tanto che mi sarebbe impossibile, coscientemente, uccidere una mosca e calpestare un verme; ma a voi sarei capace io stesso di tagliare la testa senza provare perciò un solo istante di angoscia. E per conseguenza non posso che lodare il comandante Cornelio per avervi condannati alla croce».

15. Quando i farisei si accorsero che nessuno si prendeva a cuore la loro sorte, né voleva intercedere in loro favore presso il comandante che aveva la facoltà di applicare in tutta la Galilea la legge romana, di solito inesorabile, detta Jus gladii (Diritto di spada, ovvero, Diritto di vita e di morte), essi, in numero di trenta circa, si gettarono in ginocchio davanti a Cornelio sottolineando che prima, parlando di Gesù, non avevano assolutamente avuto intenzione di dare alle loro espressioni il brutto significato che a queste era stato generalmente attribuito e che essi avevano voluto soltanto far emergere, in modo forse troppo energico, come  l'evidente Potenza divina in Gesù, il Maestro dei maestri, possa, e se necessario debba, valersi perfino dell’opera del principe dei demoni, poiché, aggiunsero essi, sarebbe cosa assai triste per gli uomini se Dio non avesse alcun potere sui demoni. Se in Gesù operavano, ciò che non era ormai più da porsi in dubbio, la Forza e la Potenza dell’altissimo Dio, esse dovevano poter avere autorità sopra tutti i demoni, come sopra tutti gli angeli, per costringerli inevitabilmente alla più severa obbedienza! Noi, affermando che Egli cacciava via tali demoni per mezzo del loro capo supremo, volevamo soltanto dire che la Sua Forza divina domina tutto ciò che si trova nel Cielo, sulla Terra e sotto la Terra. (Ed essi conclusero così:) «Quindi se questo, ed assolutamente non altro, è stato il pensiero che ha provocato la nostra esclamazione, ragione della condanna a morte pronunciata contro di noi, come è mai possibile che tu, l’alto governatore di Roma, abbia potuto emettere una sentenza tanto crudele a nostro danno? Ti supplichiamo, dunque, in nome del divino Maestro Gesù, di voler usare clemenza, revocando il giudizio da te pronunciato!»

16. Risponde il comandante Cornelio: «Se Gesù, il Maestro, dice una parola in vostro favore, io ritirerò la sentenza, ma, se Egli tace, voi morrete senz’altro oggi stesso, perché io non ho nessuna fiducia nelle vostre parole, sapendo bene che nei vostri cuori pensate diversamente da quello che dite con la vostra bocca!»

17. A tali parole del comandante tutti si precipitarono verso di Me gridando: «O Gesù, o buon Maestro, Te ne preghiamo, salvaci, allontana da noi questa minaccia! Se non Ti fidi delle nostre assicurazioni che noi per il futuro non ostacoleremo più la Tua opera, allora chiedici degli ostaggi! Infatti noi siamo ora più che convinti che Tu sei veramente un messaggero inviato da Dio a noi, Suoi figli, purtroppo pervertiti in ogni maniera! O Gesù, non lasciare non esaudita la nostra preghiera!»

18. Ed Io dico loro: «Andatevene dunque in pace alle vostre case! Badate bene però di non intraprendere nulla di malvagio, perché in caso diverso Io non vi direi più: “Ritornate in pace alle vostre case!”»

19. Essi Mi promisero che avrebbero fatto tutto secondo le Mie parole, e il comandante aggiunse: «Poiché Egli vi ha congedati con parole di pace, così voglio fare anch’io, e per ora ritiro la mia sentenza; ma guai a voi se mi capitasse di apprendere la benché minima cosa di male sul vostro conto!».

20. I farisei allora ringraziarono, si allontanarono in fretta per fare ritorno alle loro case ed ebbero la massima cura di tacere a causa del grandissimo timore che incuteva loro Cornelio. Ma con tanta maggior tenacia ed intensità ricominciarono nel segreto dei loro cuori a meditare in quale modo essi avrebbero potuto condurMi alla rovina e vendicarsi del governatore. Tuttavia, dato che nessuna buona occasione voleva presentarsi loro, dovettero fare buon viso e cattivo gioco, perché da ciò dipendeva ormai la loro esistenza. Tutto ciò si risolvette tuttavia a favore della Mia causa, poiché in tal modo Io potei per un periodo di tempo, quasi fino ad autunno inoltrato, andarMene per le città ed i villaggi dell’intera Galilea a predicarvi indisturbato il Vangelo del Regno di Dio, e nello stesso tempo a curarvi ogni genere di epidemie e di ogni tipo di mali fra il popolo. (Matteo 9,35)

 

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Cap. 132

Della grande miseria che regnava fra il popolo. La desolazione nel piccolo villaggio, opera del tiranno Erode. Importanti parole del Signore riguardo a questo fatto ed ai motivi per i quali viene concesso che simili cose avvengano.

(Matteo 9, 36-38)

 

1. In quei luoghi regnava una miseria spaventosa, specialmente nelle piccole borgate e nei villaggi, e la gente, oppressa e tormentata in tutti i modi, languiva fisicamente e moralmente, e si trovava dispersa come pecore in mezzo ai lupi, senza un pastore che la proteggesse! (Matteo 9,36). E poiché lo stato deplorevole in cui si trovavano quei poveretti Mi ispirava profonda pietà, Io ripetei quello che avevo detto al pozzo di Sichar, ed esclamai: «Grande è il raccolto, ma pochi sono i lavoratori! (Matteo 9,37). Pregate dunque il Signore affinché mandi dei lavoratori ai Suoi campi! Infatti questi miseri sono maturi per il Regno di Dio, ed è grande il campo sul quale essi stanno! Essi languono ed attendono desiderosi luce, verità e redenzione! Ma i lavoratori, i lavoratori! Dove sono essi?» (Matteo 9,38)

2. Dicono i discepoli: «Signore! Se Tu ci reputi capaci, non potremmo andare noi, chi qua chi là, ed incaricarci di una città o di una borgata ciascuno?». Rispondo Io: «Noi siamo ora sulla via che ci condurrà ad un villaggio fra i più miseri; dopo che vi saremo arrivati, Io sceglierò fra voi i più energici e più esperti, e li manderò nelle molte località nei dintorni, e vi porrete subito all’opera e farete tutto quello che Io faccio e che ho fatto dinanzi a voi. Ora però affrettiamoci ad andare al villaggio di cui vi ho parlato!».

3. In meno di mezz’ora noi arrivammo al villaggetto, dove uno spettacolo di desolazione indicibile si offerse ai nostri occhi. Adulti e ragazzi andavano errando letteralmente nudi con i lombi a mala pena coperti con poche foglie. Quando quei poveretti si accorsero del nostro avvicinarsi, tutti ci si affrettarono incontro: grandi, piccoli, giovani e vecchi, invocando da noi l’elemosina, poiché grande era la miseria che li opprimeva. I bambini piangenti si stringevano con le manine il loro piccolo ventre per la fame che li tormentava, non avendo mangiato nulla da due interi giorni, e i genitori a loro volta erano immersi nella disperazione, in parte per i propri stimoli atroci della fame, ma più ancora a causa dei figli che udivano lamentarsi chiedendo invano un po’ di pane e di latte.

4. E Pietro, profondamente scosso dalla vista di quello spettacolo di dolore, chiese con voce triste ed angosciata ad un vecchio dall’aspetto buono e leale: «Amico, chi vi ha mai ridotti in uno stato così miserevole? Com’è possibile che vi troviate in mezzo a tanta desolazione? C’è stato tra voi un nemico, vi ha rubato tutto e, come constato, ha terribilmente distrutto perfino le vostre case? Infatti delle vostre case io non scorgo più che le pareti, mentre non vi è più traccia alcuna di un letto e di una finestra, ed i vostri granai, che io ho conosciuto benissimo, sono ridotti a macerie! Come, come mai è accaduto tutto ciò?»

5. E il vecchio rispose singhiozzando: «O cari e certamente buoni uomini! Questa è l’opera del re Erode sotto il cui dominio sta questa regione, e la cui rapacità e durezza di cuore non conoscono limiti! Suo padre era il braccio sinistro di Satana ed egli ne è il braccio destro! Noi non abbiamo potuto mettere assieme quel tanto che occorreva per pagare le imposte che egli pretendeva da noi dieci giorni fa, così i suoi sbirri sono comparsi qui, e ci hanno lasciato sei giorni di tempo per metterci in regola; ma che cosa potevamo fare noi in soli sei giorni?! Durante questo tempo, quella gente consumò quasi tutte le nostre migliori provviste, e il settimo giorno, dato che non ci era possibile assolutamente pagare l’esorbitante somma richiestaci, si impadronirono di tutto quello che ci restava e ci lasciarono a mala pena questa misera vita e questo corpo nudo! Oh! Amici miei, quanto duro e terribile è il nostro destino! Se Dio non ci aiuta, già oggi moriremo di fame noi con i nostri figli! Soccorreteci voi per quanto potete! Se almeno quei feroci servitori di Erode non ci avessero spogliati completamente, noi potremmo andare ancora in giro a chiedere l’elemosina, ma dove potremmo andare in questo stato? Per i nostri figli, da qualunque parte è troppo lontano, e noi siamo, come vedete, nudi come nostra madre ci ha fatti! Oh Dio, Dio, perché proprio a noi doveva toccare una sorte così spaventosa? Quale di tutti i nostri peccati Ti ha indotto, o Jehova, a gravare la Tua mano su di noi con un simile castigo?»

6. Allora Io Mi avvicino a quel vecchio e dico: «Amico! Tale cosa vi è stata fatta non a causa dei vostri peccati, i quali davanti a Dio sono anzi risultati i minimi in tutto Israele, ma tutto ciò è opera dell’Amore di Dio!

7. Voi eravate certamente fra i più puri in Israele, ma tuttavia la vostra anima recava ancora qualche traccia di impurità mondane. Dio però, che vi ama, vide questo, e volle d’un tratto rendervi indipendenti dal mondo affinché voi possiate finalmente essere del tutto in grado di accogliere la Grazia del Padre vostro che è nei Cieli. Questo è ormai accaduto e adesso siete per sempre al sicuro dalla rapacità di Erode, poiché mai più imposte egli riscuote da coloro che la sua avidità spinge a spogliare completamente, dato che i sudditi ridotti a mendicare vengono cancellati dal libro delle imposte!

8. E vedete, in tal modo voi siete stati liberati d’un tratto da tutte le sozzure del mondo; questo è il beneficio più grande che Dio poteva farvi, e voi potete ormai iniziare seriamente a pensare soltanto per le vostre anime!

9. Una cosa tuttavia voglio ancora suggerirvi: “Non edificatevi in avvenire alcuna casa che sia di ricco aspetto, ma fatevi delle capanne in modo corrispondente alle vostre necessità; allora nessuno pretenderà più imposte da voi, ad eccezione dell’imperatore di Roma il quale solo è autorizzato ad esigerle, ma che non richiede mai più del due o tre per cento. Se avete qualche cosa, potete pagare l’imposta, e se non avete niente, allora ne siete esonerati”. Ma su questo argomento ritorneremo più tardi e ne parleremo più diffusamente.

10. Ed ora andatevene alle vostre case senza tetto, e là troverete cibi e vestiti! Ristoratevi e copritevi; poi ritornate da me, perché voglio ulteriormente intrattenerMi con voi riguardo ad altre cose».

 

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Cap. 133

Il miracolo dei cibi e dei vestiti. Buoni discorsi dei poveri beneficati. Sagge osservazioni di un fanciulletto. La parola del Signore ai Cieli. Gesù e il fanciulletto.

 

1. Quando quei poverelli percepiscono le Mie parole, si affrettano tutti, col cuore colmo di gratitudine nella loro fiducia, nelle loro abitazioni mezzo distrutte, e non possono esprimere pienamente la loro meraviglia quando trovano le tavole fornite di cibi buoni e in quantità sufficiente, come pure dei vestiti di tutte le specie; cioè, per vecchi e giovani, grandi e piccini, e ciò separatamente per entrambi i sessi. Allora l’uno chiede all’altro come ciò sia avvenuto.

2. E nessuno sa dare all’altro una spiegazione. Ma quando si accorgono che anche le loro dispense, prima vuote del tutto, sono state ben rifornite, esclamano le donne ed i fanciulli, rivolti verso gli uomini: «Questa cosa è stata fatta da Dio! Egli, che per quarant’anni fece cadere la manna nel deserto e che diede dunque nutrimento ai Suoi figli vaganti fra pietre e sabbie, sulle quali non cresceva erba alcuna, come avrebbe Egli potuto e voluto lasciarci ora languire, mentre adesso, come in ogni tempo, noi abbiamo rivolte a Lui le nostre preghiere?! Oh, questo è certo. Dio non abbandona mai coloro che invocano il Suo aiuto!

3. Davide, il grande re, supplicò Dio nel tempo della sventura, e Dio lo soccorse e lo trasse dalla sua miserevole condizione, e non è mai avvenuto che Dio non abbia esaudito coloro che sono ricorsi a Lui per aiuto; anzi sarebbe ora stato un miracolo inaudito se Dio non avesse ascoltato le nostre preghiere in questo tempo di così grande miseria per noi! Infatti Dio è ed è sempre stato pieno di amore per coloro che Lo invocano: “Abba, amato Padre!”. E perciò noi vogliamo d’ora innanzi amarLo sopra ogni cosa, ogni cosa, ogni cosa! Egli soltanto è il nostro Salvatore! Tutte queste cose è il Padre nostro, Santo fra i santi, che ce le ha mandate dai Cieli mediante i Suoi santi angeli!»

4. Dice il vecchio, il quale apparteneva precisamente a questa famiglia, e presso la quale si radunava sempre l’intero villaggio, per udire la sua sapienza, poiché egli conosceva bene le Scritture: «Figli miei, amici e fratelli! Sta pur scritto: “Dalla bocca dei piccoli e dei minori Io voglio prepararMi una lode!”. Ed ecco che tale lode avviene proprio qui, e gli occhi e le orecchie nostre possono persuadersene! L’amato Padre, nella Sua grande misericordia, ha rivolto il Suo sguardo verso di noi e ci ha fatto tutto ciò! A Lui dunque vada tutto il nostro amore ed ogni lode dalla bocca dei nostri lattanti, poiché la lode della nostra bocca non è sufficientemente pura perché il Santissimo se ne compiaccia; perciò Egli stesso si è preparato la bocca dei nostri lattanti! Ora però rechiamoci fuori da quel Giovane che ci fece cenno di andare nelle nostre case e che certo sapeva quello che Dio avrebbe fatto per noi! Certamente Egli deve essere un grande profeta, forse Elia il quale dovrebbe venire ancora una volta prima del Messia sperato e già da lungo tempo promesso!»

5. Esclama allora uno dei fanciulletti il quale aveva appena cominciato a balbettare qualche parola: «Padre mio! E se quest’Uomo fosse invece Egli stesso il grande Messia promesso?»

6. Dice il vecchio: «O figlio mio, chi è che ti ha sciolto in modo tanto chiaro la lingua?! Infatti ora tu parlasti non come un bambino, ma come un saggio nel Tempio di Gerusalemme!»

7. Risponde il piccino: «Io non lo so, mio caro padre; ma quello che so è che il parlare mi riusciva difficile prima ed oltremodo facile adesso. Comunque, come ti può meravigliare tale cosa, quando intorno a noi non avvengono che miracoli di Dio!?»

8. Dice il vecchio, stringendo il bambino al suo cuore: «Sì, sì, hai ragione, tutto è miracolo quanto ora succede intorno a noi, e tu di certo non ti sei sbagliato ritenendo quel Giovane addirittura il Messia. Infatti per noi Egli lo è sicuramente! E adesso rechiamoci fuori da Lui, e porgiamoGli in nome di Jehova i dovuti ringraziamenti, perché evidentemente Egli è stato mandato a noi da Dio. Affrettiamoci dunque a recarci da Lui!»

9. Essi allora accorrono tutti quanti fuori, verso di Me, ed i fanciulletti sono i primi a gettarsi ai Miei piedi e li bagnano con le loro innocenti e purissime lacrime di gioia e di ringraziamento!

10. Ed Io, alzati gli occhi al firmamento, esclamo ad alta voce: «O voi Cieli! Qui guardate ed apprendete da questi fanciulli come il vostro Dio e Padre vuole essere lodato! Oh Creazione, come infinitamente grande sei tu, e come sterminata è la moltitudine dei tuoi saggi cittadini, eppure tu non potesti trovare la via che conduce al cuore di Colui che ti creò, del Padre tuo, come l’hanno potuto questi piccini! Perciò Io vi dico: “Chi non viene da Me come questi piccoli, costui non troverà il Padre”»

11. Poi Mi sedetti, e benedissi ed accarezzai quei fanciulletti, e il piccino che prima in casa aveva parlato al vecchio - il quale, non riuscendo a sentirsi a suo agio, aveva esclamato: «Che vuol dire? Cosa significa questo? Come lo dobbiamo intendere? -, rispose alla domanda del vecchio dicendo: "Padre, vedi, qui è ben più di Elia e più del tuo Messia! Qui noi abbiamo il Padre stesso, il buon Padre che ci ha portato pane e latte e vestiti!"»

12. Il vecchio comincia a piangere, ma il piccino, invece, posa la sua testina sul Mio petto e si mette a baciarlo e ad accarezzarlo, e dopo qualche istante dice: «Oh! Sì, sì, lo sento; qui, qui in questo petto batte davvero il Cuore del Padre! Oh, potessi almeno coprire anche questo di baci!»

13. L’interrompe allora il vecchio e gli dice: «Suvvia, figlio mio, non essere maleducato!»

14. Ed Io gli osservo: «Anzi, divenite tutti così maleducati, altrimenti non potrete mai avvicinarvi tanto al Cuore Paterno, come ha fatto questo piccolo e carissimo figlio!».

 

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Cap. 134

Cenni agli evangelisti Matteo e Giovanni. Il Signore designa i dodici apostoli, e per la prima volta li invia ad iniziare la loro opera missionaria. Importante spiegazione sugli odierni Vangeli. Causa della sparizione dei Vangeli originali.

L’intima essenza delle religioni asiatiche.

(Matteo 10, 1-4)

 

1. Matteo l’evangelista e Giovanni si avvicinano a Me e dicono: «Signore, non Ti sembra che si dovrebbe pur prendere nota di queste cose ora accadute, dato che tutto ciò è troppo straordinario e divinamente puro?!»

2. Ed Io rispondo: «Non ho Io fatto la stessa cosa a Sichar? Non ho Io provvisto solo pochi giorni fa alla Mia casa nella stessa maniera come alla casa del Mio diretto discepolo Matteo? Anche allora voi volevate prendere nota di tutto ciò, ma Io non ve lo permisi perché ho i Miei buoni motivi. Perché si dovrebbe ora tutto d’un tratto prendere nota di questo avvenimento che è del tutto identico ai precedenti? Datevi pure pace; Io solo so meglio di qualsiasi altro quello di cui ha bisogno il mondo, e perciò vi avvertirò Io cosa e quando dovrete scrivere qualcosa di un nuovo avvenimento! In quanto a te, fratello Mio Giovanni, passerà lungo tempo ancora prima che venga il tuo turno.

3. Ora però Io voglio scegliere alcuni fra voi, Miei amati discepoli, parte dei quali Io manderò già oggi nelle città d’Israele per annunciare ai popoli il Regno di Dio (Matteo 10,1). Tu Simon Pietro sei il primo, e tu Andrea, fratello di Simone, il secondo; Giacomo, figlio di Zebedeo, tu sei il terzo, e tu Giovanni, suo fratello, il quarto (Matteo 10,2); il quinto sei tu Filippo, e tu Bartolomeo il sesto; tu Tommaso il settimo, e tu Matteo, il pubblicano, sei l’ottavo; tu Giacomo, figlio di Alfeo, sei il nono, e tu Lebbeo, che ti chiami anche Taddeo, sei il decimo, tu Simone di Cana sei l’undicesimo, e tu Giuda Iscariota, il dodicesimo. (Matteo 10,4)

4. Io do a voi dodici il potere di cacciare via dagli uomini gli spiriti immondi e di guarire ogni specie di contagi ed altre malattie. Andate e predicate dappertutto il Regno di Dio; soltanto di quei certi fatti particolari non dovete parlare!».

5. E dopo che li ebbi così designati, i dodici discepoli eletti Mi chiesero in che luogo si dovevano dirigere, quali strade dovevano percorrere e di che cosa dovevano parlare soprattutto.

6. A tale domanda Io diedi la seguente risposta estesa che non riuscì troppo gradita ai dodici eletti, i quali solo dopo la Mia Ascensione diedero pieno ascolto alle Mie esortazioni.

7. Vero è però che queste esortazioni furono da Me fatte in modo tale che si riferissero principalmente al tempo successivo alla Mia Ascensione, cioè a quell’epoca appunto nella quale accaddero ai dodici, o meglio ancora a tutti quelli che allora divulgavano la Mia Dottrina, le cose che Io avevo annunciato ai dodici.

8. Prima tuttavia di passare all’esteso comandamento dato ai dodici, devo, per facilitare l’esatta comprensione di tutto ciò nel suo complesso, farvi presente che come si trovano attualmente tradotti i Vangeli, non esclusi quelli di Matteo e di Giovanni nei vari idiomi, non sono che estratti del Vangelo originale, e perciò non contengono, nemmeno da lontano, tutto ciò che Matteo e Giovanni hanno scritto; anzi qua e là c’è tuttavia qualche piccola aggiunta di coloro che successivamente raccolsero e copiarono i testi originali, che furono evidentemente scritte più tardi, come per esempio qui nel capitolo 10, vers. 4° del Matteo, c’è l’aggiunta dopo il nome del dodicesimo apostolo: “Il quale poi lo tradì”. Di questo, al tempo in cui Giuda fu nominato apostolo, Matteo, il quale scrisse il suo Vangelo in Mia presenza, non sapeva assolutamente nulla, e non poté quindi essere lui l’autore di una simile aggiunta; questa invece fu fatta successivamente da un trascrittore del Vangelo.

9. Per questo motivo anche, tanto nelle Scritture ebraiche quanto nelle greche, figura sempre innanzitutto l’osservazione: “Vangelo secondo Matteo”, “secondo Giovanni”, ecc...

10. Non deve dunque turbare nessuno se, leggendo Matteo e Giovanni, si riscontrano dei punti simili i quali non possono essere stati opera dell’evangelista propriamente detto nell’epoca in cui egli scrisse il Vangelo, perché i fatti cui tali punti si riferiscono accaddero solo molto più tardi. Ma ora qui viene riprodotto tutto nell’ordine più rigoroso, ed affinché con il tempo qualcuno che si compiace di sofisticare non debba saltar fuori con osservazioni strampalate, Io ho fatto menzione di questa circostanza, qui, nel punto più adatto.

11. Ma, come in precedenza, anche nel corso di questa Comunicazione verranno per maggiore chiarezza qua e là aperte delle parentesi, ciò che è tanto più necessario in quanto parecchie cose importanti, nel trascrivere i Vangeli, non risultano esposte in modo del tutto corrispondente al vero; oppure altre invece che al trascrittore sembravano troppo poco autentiche furono completamente eliminate, poiché in quel tempo molte furono le annotazioni fatte, in parte da testimoni oculari, in parte in base soltanto a voci raccolte qua e là, ed era quindi in realtà difficile per il trascrittore onesto e sincero rimanere in tutto e per tutto pienamente fedele alla verità.

12. E così i Vangeli secondo Matteo e Giovanni sono, salvo alcune piccolezze, per la maggior parte puri.

13. Certo dal punto di vista di una critica intellettuale si potrebbe fare la domanda e dire: «Ma dove dunque è andato a finire l’originale dei Vangeli? È proprio escluso che lo si possa trovare in qualche luogo su questa Terra? Che sia stato proprio impossibile a Dio far ricomparire alla luce del giorno il Vangelo originale nella sua integrità, in quel tempo di numerosi uomini illuminati e compenetrati dallo Spirito Santo?»

14. A ciò serva di risposta quanto segue: «Gli originali sono stati, con pensiero quanto saggio, fatti scomparire per il semplice motivo che in questo modo fu evitato che tali reliquie divenissero oggetto di idolatria, poiché simili cose succedono ancora oggi purtroppo con delle reliquie false, quantunque tutto ciò venga severamente proibito dalla Mia vera e pura Dottrina, e precisamente laddove viene avvertito seriamente di “guardarsi dal lievito dei farisei”. Immaginate ora che si avesse a che fare con una reliquia storicamente dimostrata autentica! Io ve lo dico: una simile reliquia diventerebbe oggetto di tanta più idolatria che non rispetto al cosiddetto “santo sepolcro” in Gerusalemme, nel quale all’infuori della località non vi è attaccato nemmeno un vero granellino di sabbia. In ciò sta dunque la spiegazione più che evidente del perché tutti gli originali dei Vangeli siano stati fatti occultare.

15. Per quello che riguarda poi la seconda domanda, vi dirò che quanto vi era di spirituale negli originali è stato pienamente conservato anche nelle trascrizioni, poiché alla lettera non va annessa grande importanza, mentre invece va attribuita unicamente ad uno e allo stesso Spirito. Oppure vi è forse qualche divergenza nello Spirito di Dio (ciò significa necessariamente in Lui stesso, perché esiste soltanto UNO Spirito divino), quando Esso, quale unico e sempre medesimo Spirito, agisce in modo infinitamente vario già su questa Terra, nelle forme più dissimili le une dalle altre, ed in modo ancora più infinitamente vario su un corpo solare? Vedete, nonostante ciò Esso è e rimane in eterno sempre quello stesso ed unico Spirito Santo.

16. Così è anche con le trascrizioni della Mia Parola. Per quanto esse siano nella loro forma esteriore differenti l’una dall’altra, rimangono tuttavia al loro interno fedeli interpreti di quello ed unico Spirito sempre uguale a Se stesso, e questo è quanto basta!

17. Considerate ancora, come esempio ulteriore, le religioni di popoli stranieri, come per esempio quella dei Turchi, dei Parsi, dei Gebri, degli Indiani, dei Cinesi e dei Giapponesi! Come sono differenti dalla religione che Io insegnai dal più alto dei Cieli soltanto ai figli! Eppure anche in queste dimora, sebbene molto più profondamente nascosto, lo stesso Spirito di Dio!

18. Che sulla corteccia, di frequente molto spessa e molto screpolata, che molti purtroppo scambiano per l’albero propriamente detto, si trovino ogni specie di cose impure e di insetti e vermi che traggono il loro cattivo nutrimento esclusivamente dalla corteccia stessa, lo riscontrerà molto facilmente chiunque abbia anche solo un po’ di conoscenza della natura delle cose. Infatti la corteccia cresce sempre dall’albero vivente, mai invece quest’ultimo dalla corteccia; così essa possiede tuttavia in sé qualcosa della vita dell’albero, ed è comprensibile come in essa e da essa tanti vermi e tante differenti specie di insetti traggono il loro nutrimento, certo però molto esteriore ed effimero.

19. Guerre, persecuzioni e devastazioni si susseguono, è vero, ma soltanto sulla corteccia magra e scarsamente vitale, mentre il legno dell’albero vivente rimane fresco e sano. E perciò nessuna fibra del legno vivente si preoccupi per quanto succede sulla corteccia che, in sostanza, non può chiamarsi altro che morta, poiché la corteccia verrà gettata via, mentre il legno dell’albero sarà raccolto!».

20. Questa spiegazione qui interposta era necessaria affinché le cose che seguono possano venire comprese più facilmente e più profondamente. E poiché per il momento non può più sussistere alcun dubbio a tale riguardo, possiamo ora passare di buonissimo animo alla questione principale.

 

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Cap. 135

Discorso di Matteo il doganiere ai suoi compagni apostoli. Il Signore dà ai Suoi missionari istruzioni sul modo di comportarsi durante la futura opera di apostolato. Scambio di parole di Giuda con Tommaso. Simone di Cana chiede se si possa accettare il denaro che viene offerto. La Parola del Signore riguardante il denaro ed i tempi tristi in cui il

denaro sarà il dominatore.

(Matteo 10, 5-10)

 

1. Dopo che Io ebbi chiamato i dodici discepoli ad essere Miei messaggeri e precursori e che ebbi dato loro, mediante l’imposizione delle Mie mani, ogni potere possibile, nonché spiegato loro sommariamente quello che essi avrebbero dovuto fare, tutti i dodici eletti Mi fecero nonostante ciò pressanti richieste perché Io prescrivessi esattamente la maniera in cui essi avrebbero potuto procedere durante le loro peregrinazioni, ed affinché Io dicessi quale sarebbe stata la loro sorte nelle diverse località. E il motivo era quello che essi temevano, e non poco, i molti farisei e scribi.

2. Solo Matteo il pubblicano si mostrò alquanto più coraggioso, e obiettò alle diverse osservazioni mosse dai suoi compagni preoccupati: «Suvvia! Io sono greco; a me non potranno tanto facilmente nuocere! Oltre a ciò io dispongo di una lingua pronta e di due braccia robuste, e sono infine, ciò che posso sempre dimostrare con documenti autentici alla mano, cittadino romano su cui nessun sfacciato giudeo può azzardarsi a mettere le mani; in questo modo almeno, per quello che riguarda eventuali manifestazioni ostili fatte apertamente, posso sbrigarmela io con loro. Da insidie poi e da tentativi omicidi saprà ben proteggermi lo Spirito onnipotente del nostro Signore e Maestro, cosicché io mi trovo a possedere in grande quantità armi eccellenti, perfino contro i più scaltri nemici, e per conseguenza neanche l’Inferno intero può farmi paura! In quanto a voi, siete tutti galilei, vale a dire per la maggior parte avversari del Tempio, e veramente più greci che ebrei; inoltre i romani vi sono amici. Che cosa avreste dunque da temere in condizioni simili? Soprattutto noi dobbiamo essere pieni di coraggio e di forza, perché qui si tratta di assumere un compito infinitamente grande e santo! Vada pure la Terra in rovina e si sfracelli in mille pezzi; un vero uomo deve, disprezzando la morte, restare fermo al suo posto, anche sopra le rovine, e non vacillare come un giunco! Del resto io sono d’accordo con voi che sia conveniente avere chiare ed esaurienti istruzioni prima di accingerci all’opera, perché noi dobbiamo pur sapere bene cosa avremo da fare e cosa dovremo dire!»

3. Queste energiche parole di Matteo, il doganiere, ebbero il potere di infondere negli altri maggior coraggio, e nell’iniziale entusiasmo anzi sembrava che volessero piuttosto volarsene via che andare a piedi.

4. Allora Io Mi posi nel loro mezzo e dissi: «Raccoglietevi dunque in spirito ed ascoltate; ora Io vi comunicherò tutto quello che vi è opportuno sapere, e non vi tacerò nulla di quello che dovete sapere.

5. Questa prima volta che Io vi mando quali Miei inviati, voi non sperimenterete né vi sarà chiarito tutto ciò che ora sto per comunicarvi, ma dopo che Io sarò asceso corporalmente da questa Terra ai Miei Cieli per preparare per voi delle abitazioni eterne nella casa del Padre Mio, allora comprenderete e sperimenterete tutto quello che ora vi rivelerò in una volta sola, tanto per il tempo presente quanto per il futuro. 

6. Fate bene attenzione, e vedete di imprimervi nella mente cosa significa “adesso” e cosa “l’avvenire”! Però, quanto ora Io vi dirò, lo comprenderanno e sperimenteranno pure tutti coloro che dopo di voi calcheranno, nel Mio Nome, le vostre orme. E tu Matteo lo scrivano devi disporti a prendere nota per iscritto di tutto quello che Io ora annuncerò, come facesti al Garizim, poiché tali cose non devono perire per il mondo, dato che le stesse sono destinate a diventare una testimonianza tremenda contro di esso!»

7. Matteo allora si prepara a scrivere, ed Io dico ai dodici: «Anzitutto non calcate le vie dei pagani!

8. Vale a dire: “Non procedete, come fanno i pagani, con la violenza, ed evitate anche i popoli che vi sono noti come troppo incolti ed aridi, poiché voi non dovete predicare il Vangelo del Regno di Dio a cani e porci; un maiale infatti resta maiale, e il cane fa sempre ritorno con bramosia al proprio vomito”. Ciò è precisamente quanto ora Io intendo dirvi consigliandovi di “non procedere per le vie dei pagani”

9. E poi non entrate nelle città dei samaritani! Perché? Perché ad essi ho già destinato un apostolo, al vostro fianco e sotto ai vostri occhi. In primo luogo essi non hanno bisogno di voi, e in secondo luogo voi sareste tanto peggio accolti presso i giudei, qualora questi venissero a sapere che voi avete qualcosa in comune con i loro più disprezzati nemici (Matteo 10,5). Andate invece coraggiosamente dappertutto dove si trovino delle pecorelle smarrite della casa d’Israele! (Matteo 10,6)

10. Quando voi vi presenterete davanti a loro, cominciate a predicare e ad annunziare loro, in modo che possano comprendere, come il Regno dei Cieli sia loro giunto vicino (Matteo 10,7). E se essi vi daranno ascolto ed accoglieranno i vostri insegnamenti, allora risanate i loro ammalati, rendete mondi i lebbrosi e risuscitate i loro morti, - dove sia necessario, come vi verrà mostrato dallo Spirito, anche corporalmente, ma dappertutto e soprattutto spiritualmente! 

(N.B. Questa cosa non venne trascritta da Matteo nel suo Vangelo perché il comandamento del risuscitare i morti va inteso principalmente quale il ridestare dello spirito.)

11. Cacciate i demoni ed ammoniteli a non tentare un possibile ritorno! Ma soprattutto che non vi venga in mente di chiedere alcuna ricompensa per i vostri servizi, poiché in dono voi avete ricevuto questo potere da Me, e così ugualmente in dono dovete farne scendere i benefici sui vostri simili nel Mio Nome!» (Matteo 10,8). Questa osservazione Io la feci particolarmente a causa di Giuda Iscariota, il quale in segreto aveva subito cominciato a fare i suoi calcoli per vedere all’incirca quello che avrebbe potuto farsi pagare per l’uno o l’altro servizio reso. Specialmente per resuscitare una persona, cosa a cui qualche straricco avrebbe tenuto immensamente, voleva esigere mille libbre! 

12. Ma poiché Io avevo scorto rapidissimamente tutto questo lavorìo e questi calcoli nel cuore del traditore, aggiunsi subito la frase sopra accennata, alla quale però l’interessato fece una faccia scura, il che non sfuggì a Tommaso il quale gli stava di fronte, che non poté trattenersi dal fare questa osservazione: «Che cosa hai dunque? Tu fai proprio la faccia di uno che vuole esigere degli interessi usurari e che vede però il tribunale tirare sul suo conto una linea larga un braccio!»

13. Dice Giuda: «A te non deve importare niente che faccia io faccia! Sta a vedere che infine mi toccherà renderti conto della mia faccia!? Non sono stato io ora scelto ed eletto al pari di te? Perché dunque continui a correggermi?»

14. Risponde Tommaso: «Io non ti correggo affatto; spero bene tuttavia che, date certe occasioni, sarà permesso rivolgerti una domanda? Perché mai non hai fatto prima una faccia così scura quando il Signore ci impartì ogni specie di facoltà meravigliose e ci dimostrò come noi possiamo e dobbiamo esercitarle? Però, come il Signore disse che noi dobbiamo fare tutto ciò senza chiedere nessun compenso, il tuo viso si offuscò tutto ad un tratto; e perché dunque? Ti ha colto forse improvvisamente il crampo, per farti contrarre la faccia con un’espressione così scura? Rispondi apertamente se ne hai il coraggio!»

15. Esclama allora Giuda rivolto a Me: «Signore, fallo stare al suo posto una buona volta! Altrimenti io sarò sempre fatto bersaglio alle sue osservazioni le quali, davvero, potrebbero con il tempo offendermi!»

16. Dico Io: «Amico! Se qualcuno incolpa un innocente di un peccato, questi se ne ride nel suo cuore, perché il suo cuore lo assolve immediatamente da ogni peccato. Ma se uno rinfaccia, sia pure incidentalmente, al suo simile qualcosa di cui l’uomo invece è sul serio colpevole, dimmi: riderà quest’uomo nel suo cuore? Oh no! Te lo dico Io: “Quest’uomo si arrabbierà nel suo cuore con colui che incidentalmente gli ha rimproverato la sua colpa ed egli non gli sarà mai più amico!”. Dunque non insistere oltre su tale cosa, altrimenti finisci con l’ammettere da te stesso il tuo peccato!»

17. Allora Giuda, udendo queste parole, cerca subito di dare un’espressione possibilmente sorridente al suo viso per non dare a vedere di essere in qualche modo colpevole! 

18. Ma Tommaso mormora fra sé e sé: «O vecchia volpe! Ti conosco bene io; ed a me non la dai ad intendere!»

19. Ma Simone di Cana Mi chiese: «Signore, che cosa dovremmo fare se qualcuno per una guarigione da noi operata volesse offrirci dell’oro, dell’argento oppure dell’altro metallo da conio? Dobbiamo anche in questo caso rifiutarci di ricevere una simile offerta? Io penso che tuttavia vi sono tanti poveri ai quali potremmo ben venire in aiuto con questo denaro!»

20. E qui Giuda, che sembra pienamente d’accordo, si lascia sfuggire, senza che nessuno gli abbia chiesto nulla, la seguente osservazione: «Sì, sì, questa appunto è anche la mia opinione! Se a qualcuno, per servizi da lui resi, venisse con insistenza offerto dell’oro, dell’argento o delle monete qualsiasi, io pure credo che si potrebbe accettarle per lo scopo cui ha accennato Simone di Cana?»

21. Osservo Io allora: «Non è così, fratelli Miei! Io vi dico: “Voi non dovete portare né oro, né argento, né monete nelle vostre cinture, poiché un lavoratore onesto è, anche senza tutto ciò, degno del cibo che riceve!” (Matteo 10,9). Chi però non vuole lavorare, pur essendo in forze per farlo, costui non ha nemmeno diritto agli alimenti! Infatti sta scritto: “Tu guadagnerai il tuo pane con il sudore della tua fronte!”. Mentre non sta scritto in nessun luogo che chi fugge il lavoro si procuri da vivere elemosinando oro, argento o altro metallo! I deboli, i vecchi e gli infermi devono in ogni caso, secondo la legge, essere mantenuti ed accuditi dall’intera comunità.

22. Tuttavia è certo che verrà un tempo, ed anzi fin troppo presto verrà, in cui l’oro, l’argento e simili altre cose domineranno gli uomini e stabiliranno il loro valore dinanzi al mondo; questi però saranno tempi ben tristi, perché allora la luce della fede si spegnerà e l’amore del prossimo si raffredderà e diventerà gelido come il metallo!

23. Per questa ragione voi ora, partendo, non dovete portare con voi né zaino, né bastone e nemmeno un mantello di riserva! Infatti, come vi ho già detto, un coscienzioso operaio è anche, senza tutto ciò, meritevole del proprio sostentamento!». (Matteo 10,10)

 

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Cap. 136

Domande di Giuda e sue obiezioni riguardo a viaggiare senza denaro.

Santi consigli del Signore: «Siate prudenti senza falsità e pieni di mansuetudine».

Del discorso giuridico di Giuda, in opposizione ai consigli del Signore.

(Matteo 10, 11-16)

 

1. Ma Giuda domandò e disse: «Signore, certamente tutto questo sarà giusto, e non vi è dubbio che presso i paesani noi troveremo e cibo e tetto senza avere denaro con noi; tuttavia noi dovremo andare anche per città e borgate dove i sentimenti di ospitalità sono già da lungo tempo totalmente scomparsi. Come faremo noi in tal caso a cavarcela senza denari?»

2. Rispondo Io: «Quando voi entrate in una città od in una borgata, informatevi (anche se voi pur sapete quale sia il vostro potere!) se là si trovi qualcuno che sia degno di voi e che abbia bisogno di ciò che voi potete dargli! Una volta trovato un tale, rimanete presso di lui finché sia giunto il tempo di allontanarsi e di andarvene in qualche altro luogo. (Matteo 10,11)

3. Si intende però da sé che voi prima salutiate la casa in cui entrate (Matteo 10,12), poiché il vero amore procede sempre cortese e dolce in una casa straniera. Se una casa, cioè i suoi abitanti sono degni di voi, la vostra pace scenderà su di essi, ma se la casa non è degna di voi, la pace farà ritorno da voi. (Matteo 10,13)

4. E quando in una casa gli abitanti non vi accoglieranno, né vorranno ascoltare le vostre parole, allora uscitevene subito da una tal casa, come anche infine da una simile città, e scuotete perfino la polvere dai vostri calzari; e ciò sia, un giorno, di testimonianza ben grave contro di essa! (Matteo 10,14). Perché in verità, in verità vi dico: “Nel giorno del Giudizio, nell’altro mondo, sarà riservata sorte meno aspra a Sodoma ed a Gomorra che non ad una simile città! (Matteo 10,15)

5. Vedete! Io vi mando come pecore fra i lupi rapaci; siate sempre accorti come il serpente, ma nello stesso tempo senza falsità come la colomba che è il simbolo della dolcezza!» (Matteo 10,16)

6. Ed a ciò Giuda replica: «Ma Signore, in tali condizioni noi faremo, generalmente parlando, pessimi affari. A che serve nel nostro caso il futuro Giudizio, nel mondo degli spiriti, nel quale quasi nessuno crede più? Se noi, con la pienezza dei divini poteri da Te conferitici, non possiamo o non dobbiamo eseguire, nella maniera più rigida possibile e più rispondente alla necessità, una sentenza di giudizio a carico di questi lupi rapaci sotto sembianze umane, tanto vale che rimaniamo a casa nostra! Infatti non appena noi cominceremo, per quanto poco ad alta voce, a rendere testimonianza di Te davanti a simili lupi rapaci i quali pullulano specialmente nelle città, allora noi saremo afferrati, legati e trascinati dinanzi ai tribunali; là verremo giudicati severissimamente e poi, ammesso che la sentenza non sia eccessivamente dura, saremo per lo meno flagellati, in presenza degli ebrei, nelle scuole ed infine, verremo cacciati via dalla città, liberi di andarcene. Davvero, che per un regalo simile c’è proprio da rendere grazie anticipate! A che cosa giovano l’accortezza, la verità e l’onestà più perfetta, quando esse hanno come oppositrice la violenza più arbitraria che infuria nel suo cieco zelo?

7. Se veramente esistono piena verità ed equa giustizia, di cui l’umanità oggigiorno non ha nemmeno il più lontano concetto, in tal caso deve anche presso di noi valere il principio dei romani “Perisca il mondo intero, ma piena giustizia sia fatta!”. La vera virtù trovi sempre la sicura sua ricompensa; la menzogna, l’invidia, l’avarizia, la falsità ed ogni altra ingiustizia trovino invece sempre inesorabile castigo! Se vogliamo ottenere un qualsiasi risultato con questa perfida umanità quasi generalmente corrotta, dobbiamo procedere così come gli angeli verso Sodoma e Gomorra! Colui che ci ascolta e ci accoglie nel Tuo Nome abbia la ricompensa della Tua Grazia, ma colui che non vuole darci ascolto né accoglierci, su di lui scenda il flagello! E se qualcuno vuole perseguitarci e trascinarci davanti al tribunale di questo mondo, cada su di esso un fuoco distruttore dai Cieli e avvenga di lui quello che a suo tempo è avvenuto degli abitanti di Sodoma e Gomorra!

8. Se Tu, o Signore, ci concedessi di procedere in tal maniera, è certissimo che noi otterremo dei buoni risultati durante questa nostra missione ma se invece non dovesse venirci permesso di agire così con l’umanità estremamente perversa e corrotta, allora tutto il nostro lavoro e tutte le nostre fatiche sarebbero vane. Noi verremo lapidati e, per quanto ciò sia possibile, Tu stesso sarai ucciso, e l’immensa moltitudine dei nostri avversari calpesteranno, sghignazzando ed esultando dalla vittoria, i nostri cadaveri. Ecco tutto quello che noi potremo conseguire con la nostra inopportuna bontà, indulgenza e mansuetudine! Per dirla breve, per poter venire a capo di qualche cosa con Satana, bisogna o imporglisi da assoluto padrone, oppure diventarne servo in tutto e per tutto, altrimenti non se ne fa nulla!».

 

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Cap. 137

Risposta del Signore ai propositi missionari di Giuda. L’anima di Giuda proviene dal basso. La vita terrena è la morte dello spirito. Sguardo storico e retrospettivo sul modo in cui vengono spiritualmente governati gli uomini. Ora è giunto il tempo piacevole in cui il Signore si manifesta nel dolce alitare del vento. Delle sofferenze dei missionari.

Citazioni del libro di Isaia. Conforto degli apostoli.

(Matteo 10, 17-20)

 

1. Gli dico Io: «Poiché tu sei un uomo di questa Terra, tu parli anche come tale. Colui però che viene dall’Alto, parla diversamente, perché Egli soltanto vede e molto ben conosce quello che in ogni tempo è necessario all’uomo, affinché il suo spirito si renda libero dalla potenza costrittiva e dall’Ira di Dio, e affinché pervenga alla vera indipendenza e la conservi in eterno!

2. Infatti, la vita di questa Terra non dà allo spirito né vita né libertà, ma morte soltanto; la morte invece di questa Terra è la rinascita dello spirito a vita eterna ed a vera eterna libertà!

3. Ma pur volendo parlare dal punto di vista umano, Io ti dico che tutti i mezzi da te citati, e molti di più ancora, sono già usati con l’umanità; rispondi tuttavia a te stesso e dimMi dove sono le frutta dorate che si sarebbero dovuto raccogliere secondo la tua opinione!

4. Cosa è accaduto ai tempi di Noè? Di quanto sono divenuti migliori gli uomini di questa terra rispetto a com’erano prima di Noè? Che cosa non è avvenuto poco dopo a Sodoma ed a Gomorra?

5. Eppure, vedi, gli attuali pagani, perfino i Mori ed i Sinniti dell’estremo oriente, non sono che discendenti di Lot, comprese anche molte tribù selvagge di Sciti, i quali abitano le regioni settentrionali della Terra e che sono ormai discesi al livello dell’animale! Come li trovi tu, nonostante la lezione di cui fu testimone Lot, loro padre?

6. Va’ in Egitto ed osserva quei popoli di quanto sono migliorati dopo le sette piaghe! Che cosa infine non è stato fatto da Mosè e da tanti altri profeti?!

7. Per ben quarant’anni Jehova fece languire miserissimamente, in cattività a Babilonia, gli ebrei diventati troppo malvagi; essi sono stati trattati come le più spregevoli bestie da soma e nutriti con il cibo che si getta ai maiali ed ai cani; le belle figlie degli ebrei dovettero lasciarsi straziare a morte, notte e giorno, dai prepotenti babilonesi, pena la flagellazione ed ogni specie di altro martirio, ed altrettanto dicasi dei ragazzi e dei giovanetti i quali venivano dapprima castrati! Va’ là adesso e domanda a tutti questi ebrei, altezzosi e superbi, quanto migliori siano diventati dopo una simile lezione!

8. Indicami un’epoca, un anno, un mese, una settimana, un giorno, in cui il Signore non abbia punito gli uomini, sia singolarmente, sia in generale, quando accennarono a diventare troppo malvagi! Non c’è una casa che sia stata risparmiata in tutto il territorio degli ebrei; rispondi dunque a te stesso di quanto gli uomini nel loro intimo ne siano stati migliorati!

9. Per questi motivi, tu esci fuori con il tuo consiglio davvero troppo tardi, poiché tutto quello che hai suggerito è già avvenuto ed ha anche operato nel campo spirituale ciò che poteva operare. Ma per quanto riguarda la vita esteriore e terrena dell’uomo, considerando la cosa profondamente, non ne può né deve risultare un effetto rilevante, anche perché a questo solo scopo, dall’Alto, non venne mai concesso niente.

10. Se Io ora volessi annunciare agli uomini il Vangelo del Regno di Dio sulla Terra nuovamente fra tuoni e fulmini, allora non avrei affatto bisogno di voi, poiché nel Cielo vi sono ancora degli angeli assai potenti, in grandissimo numero, i quali molto meglio di voi potrebbero accingersi ad una simile divulgazione del Regno di Dio in sulla Terra.

11. Ma ora è giunto invece il tempo di cui ebbe visione Elia mentre giaceva nascosto dentro la grotta sul monte! Non nel turbine, e nemmeno nel fuoco procedeva Jehova, ma nel dolcissimo alitar di vento! E questo tempo del dolce alitare di Jehova davanti alla grotta di questo mondo è ora giunto! Noi perciò non possiamo né vogliamo procedere fra turbini distruttori, e neppure fra divoranti fiamme, ma, secondo l’ordine eterno stabilito da Dio, armati soltanto d’amore, di mansuetudine e pazienza! L’accortezza tuttavia vi sia sempre di guida, perché Io ben vedo che voi siete ora in procinto di andare come agnelli fra i lupi rapaci, ma, se sarete accorti, voi potrete tuttavia ottenere molti buoni risultati!

12. Guardatevi dunque da questi lupi con sembianze umane, e non abbiate a che fare con loro, poiché saranno appunto essi che vi trarranno davanti ai loro palazzi del consiglio e che vi flagelleranno nelle loro Scuole, e ciò tanto prima, qualora voi vi dimostriate insensati e troppo poco accorti! (Matteo 10,17). Quando un agnello si trova in un balcone della casa dove il lupo non può raggiungerlo, allora il lupo non può fargli nulla, malgrado la sua sete di sangue; ma se l’agnello è imprudente, e per osservare più da vicino il nemico, scende dal balcone sicuro dove si trova, esso dovrà ascrivere a se stesso la colpa se verrà sbranato e divorato dal lupo.

13. È vero però che più tardi, dopo che Io sarò nuovamente asceso ai Cieli per preparare per voi abitazioni eterne nella Casa del Padre Mio, vi si trascinerà dinanzi a principi ed a re a causa del Mio Nome e per testimonianza contro di loro e contro i pagani (Matteo 10,18), affinché ora sia adempiuto anche ciò che Isaia, il Mio Profeta, ha profetizzato per tutti i tempi a carico degli sciocchi potentati della Terra, ed a favore del Mio Regno, da fondarsi ora su questo mondo, quando egli disse: (Isaia 32,6-20) 

14. “Un folle parla di follia e il suo cuore medita sventura, perché egli produca impostura e predichi errori riguardo al Signore, per affamare ancora più le anime affamate e impedire agli assetati il bere. Il regnare dell’avaro è inutile danno, poiché egli trova malizia a sufficienza per rovinare i poveri con parole di falsità, quando deve trattare il diritto del giusto. Ma i giusti principi avranno anche pensieri principeschi, e in base a questi eserciteranno il diritto.

15. Ma alzatevi, voi donne orgogliose, e udite la mia voce! Voi, figlie, che siete così sicure, porgete orecchio al mio discorso! È questione di un anno e di un giorno, e voi, che ora siete sicure, tremerete, poiché, se non c’è vendemmia, non ci sarà neanche raccolta. Impauritevi, voi donne orgogliose! Infatti il tempo è ormai giunto di spogliare e di cingere i lombi! 

16. Si farà lamento per i campi coltivati, sì, per gli ameni campi e per le fertili vigne; perché sul campo del mio popolo cresceranno spine e sterpi, e anche su tutte le case di piacere dell’allegra città. I palazzi saranno abbandonati, e la città deserta di folla, tanto che le torri e le fortezze diventeranno perpetue caverne per la gioia degli animali selvatici e per il pascolo delle greggi. E ciò fino a quando su di noi non venga riversato lo Spirito dall’Alto.

17. Allora il deserto diventerà un campo coltivato, e il campo farà parte del bosco. E il diritto abiterà nel deserto, e la giustizia alloggerà sul campo. E il frutto della giustizia sarà la pace, e l’utile della giustizia saranno tranquillità e sicurezza perpetue.

18. Allora il mio popolo abiterà nelle case della pace, dunque in abitazioni sicure, e in orgogliosa quiete. Lungo il bosco però rimarrà tuttavia la grandine, e la città quaggiù sarà una città bassa.

19. Dunque buon per voi ora se seminate diligentemente presso le acque; là sopra certo potete far passare tranquillamente le zampe degli asini e dei buoi!”

20. Dunque, quando quei malvagi stolti del mondo vi trascineranno davanti ai principi insensati di cui fa menzione Isaia, non datevi pensiero di quello che dovrete dire o di come dovrete giustificarvi, poiché in quell’istante medesimo vi verrà indicato come dovrete parlare per giustificarvi! (Matteo 10,19). Perché in tal caso non sarete voi che parlerete, ma sarà il Mio Spirito, che è lo Spirito del Padre, che parlerà attraverso voi! (Matteo 10,20)

21. Però questa cosa vale soltanto per la summenzionata seconda missione che voi dovrete intraprendere dopo la Mia Ascensione. Per ora la cosa non vi riuscirà eccessivamente difficile.

22. Come dice in conclusione il Profeta, così dico Io pure a voi: “Beati voi che avete da seminare sulle rive del mare, poiché su quel terreno potete condurre con sicurezza i vostri asini ed i vostri buoi, cioè la vostra diligenza a favore del buono e del vero, ed è per questo che vi ho Io chiamati ed eletti! Là non incontrerete né re insensati, né donne superbe ed orgogliose, ma troverete poveri, ammalati, ossessi, zoppi, sordi e ciechi, tanto nel corpo e quanto più nello spirito; andate da costoro e predicate il Vangelo del Regno di Dio, e ognuno che crede, guaritelo, e non tacetegli il Mio Nome!”».

 

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Cap. 138

Una giusta domanda: «Qualora, dopo aver seminato la semente celeste di pace e di amore, germogliasse invece la discordia, che si dovrà fare?». «Non vi preoccupi che Satana si ribelli!». Ulteriori repliche di Giuda. Ammonimento del Signore ad avere fiducia, ed incitamenti a divulgare senza timore il Vangelo.

(Matteo 10, 21-33)

 

1. Dice Simone di Cana: «Signore, io avrei da farTi ancora una domanda che, almeno a me, sembra di estrema importanza e alla quale vorrei pregarTi di dare una risposta ancora prima che noi ce ne andiamo; e questo per nostra istruzione e per tranquillità del nostro animo. Ti piaccia dunque di volermi ascoltare!»

2. Gli dico Io: «La tua domanda Io la leggo già nel tuo cuore più precisamente ancora di quanto tu possa esporla; ciò tuttavia non ti sia di impedimento ad esporla a viva voce a motivo dei fratelli! Infatti tale domanda è davvero di grande importanza e degna veramente di un giudeo incorrotto. Esprimi dunque pure apertamente quello che ti pesa sul cuore»

3. E Simone di Cana così comincia: «Ebbene, poiché tale è anche la Tua Volontà, ascoltatemi bene voi tutti. La domanda è questa:

4. “Ora noi ce ne andiamo da coloro che hanno bisogno di noi; là predicheremo quello che Tu hai insegnato sul monte. Questo Tuo Sermone della montagna è quanto mai di più puro e divino si possa immaginare, e quindi straordinariamente vero e celestialmente buono. Però questo Sermone sta, in grandissima parte, assolutamente in opposizione alla dottrina antica di Mosè.

5. Ora io conosco bene quasi tutte le località situate sulle sponde del vasto Mare di Galilea, e certo non meno bene conosco anche le popolazioni che là risiedono. È vero che fra quella gente ce n’è molta, che già da lungo tempo ha abbracciato le teorie di Pitagora e girato le spalle a Mosè ed a tutti i Profeti, e questi tali non sarebbero affatto tanto pericolosi per la Tua nuova Dottrina. Ma d’altra parte ci sono anche una quantità di famiglie le quali, per così dire, sono attaccate per la vita e per la morte a Mosè, o propriamente meglio ancora al Tempio, e questo vale in generale di solito più per i vecchi che per i giovani, anche se non è raro il caso contrario. Se i figli di simili ebrei ortodossi accoglieranno bene la Tua Dottrina, in molte sue parti ostile al Tempio, ma, con molta probabilità, non così i loro genitori; che cosa accadrà allora?

6. I genitori incolperanno i loro figli di disobbedienza a Mosè e li malediranno, cose queste assolutamente non rare presso tali ebrei ortodossi e fanatici!

7. Ora, se un fatto simile dovesse accadere, e senza dubbio anche accadrà davanti ai nostri occhi, come dovremo comportarci noi? Infatti è senz’altro da prevedersi che da genitori di questa specie noi saremo perseguitati e maledetti come nessun altro lo fu mai.

8. Certamente, nel caso opposto, la cosa dovrebbe riuscire più facile, poiché i figli, già in forza delle leggi politiche vigenti non possono comandare ai genitori. In tal modo, dunque, assieme alla benedizione noi semineremo anche discordie, contese, ira, odio e sete di vendetta, e ci attireremo l’odio, la persecuzione e le maledizioni di migliaia di persone. Chi ci compenserà di un tale danno e chi ci toglierà di dosso queste molteplici maledizioni?!”»

9. Gli dico Io: «Queste considerazioni non vi rattristino eccessivamente! Vedete, dal Cielo non scende soltanto il mite raggio di primavera che vivifica ogni cosa, ma scendono anche uragani e grandine e lampi e tuoni.

10. Ora, ciascuno apprezza e loda il vivido raggio di sole, ma nessuno invece se la sente di magnificare la grandine, i tuoni, i fulmini e l’uragano; l’inverno giunge sempre troppo presto per tutti, ma pure l’inverno è per tutti più salubre della primavera, e l’uragano, la grandine, i tuoni ed i fulmini sono altrettanto necessari quanto il dolce del tramonto!

11. E ancora Io vi dico: “Così avverrà e così deve avvenire che per amore del Mio Nome il fratello manderà a morte il fratello, e così pure il padre il proprio figlio, e i figli si scaglieranno contro i loro genitori ed affretteranno la loro morte!” (Matteo 10,21). E per il Mio Nome voi stessi sarete odiati da ognuno che sia veramente di questo mondo, nello stato in cui si trova attualmente.

12. Ma chi fra voi non si sarà scandalizzato e persevererà invece fino alla fine sarà beato (Matteo 10,22), perché Satana non si lascerà strappare così facilmente la preda fuori dagli artigli! Mi avete compreso?»

13. Obietta Giuda: «Va di bene in meglio! Se questa nostra missione deve attirarci l’odio di tutti, Dio ci guardi da tale impresa! Chi vuole, corra pure a cercare felicità dove ferve battaglia! Presso coloro che ci odieranno avremo certamente l’accoglienza e il trattamento che la calda estate riserva alla neve! Signore, se parli proprio sul serio, allora da persona semplice come sono, e che tuttavia ha fatto qualche esperienza, devo dirTi questo: “Rimani tranquillamente a casa, e noi con Te, perché questa semente non germoglierà e non porterà alcun frutto! Ascolta! Quando in una città qualunque saremo con le nostre prediche e le nostre opere arrivati al punto da farci odiare da tutti come la morte, cosa ci resterà da fare poi? Dobbiamo per giunta forse lasciarci tranquillamente ammazzare? E ammesso questo, chi propagherà dopo ulteriormente la Tua Dottrina? Pensa dunque un po’ a cosa Tu pretendi! Ma, per la chiarissima luce del Cielo, non vedi che con ciò Ti rendi assolutamente impossibile, e che Tu stesso diventi il Tuo proprio più feroce nemico e persecutore? Dove, ma dove in tutto il mondo c’è qualcuno il quale, odiandomi più che la morte, volesse prestarsi ad ascoltare la mia predica che scatenerebbe in casa sua tutte le discordie possibili, ed odio, ira e spirito mortale di vendetta? Parla dunque, e dì che cosa si dovrebbe fare in un simile inevitabile frangente?»

14. Gli rispondo Io: «Tu parli sempre secondo il tuo intelletto, noi invece parliamo secondo il nostro. Tu giudichi e comprendi ogni cosa nel senso materiale e rozzo di questo mondo, mentre qui si parla un linguaggio spirituale e celeste. 

15. Ma se tu e qualcun altro ancora insieme a te avete una così grande paura degli uomini, allora fuggite dalla città nella quale vorranno perseguitarvi, e andate in un’altra! Perché, in verità vi dico: “Voi non avrete di gran lunga predicato in tutte le città d’Israele, quando Io farò di nuovo ritorno a voi, quale Figlio dell’uomo (Matteo 10,23) e quale Colui che susciterà in ciascun cuore un giudizio e un fuoco divoratore, e che nel petto del sacrilego ecciterà il verme maligno, e il fuoco non si estinguerà mai più, né mai più morrà quel verme; voi tuttavia sarete in ciò giustificati. Infatti guai, guai un giorno a tutti coloro che vi avranno perseguitati e che vi avranno messo le mani addosso!»

16. Ribatte nuovamente Giuda: «Eh sì, quando ci avranno ammazzati, allora avrai un bel venirci dietro! Ma se Tu ci hai già dato il potere sopra gli spiriti maligni e la facoltà di sanare ogni genere di malattie, perché non ci concedi contemporaneamente anche il potere sugli uomini malvagi, dei quali uno solo è non di rado peggiore di tutti i maligni spiriti presi assieme, che abbiano mai preso dimora nei corpi degli uomini e fattavi vita da parassiti? Dacci la facoltà di far sorgere fuoco dalla terra sotto ai piedi di coloro che ci perseguitano, ed in breve tempo noi Ti convertiamo tutto il mondo!»

17. Gli dico Io: «Vuoi dunque essere più di quello che è il tuo Signore e Maestro? UditeMi voi tutti: “Il discepolo non è più del suo Maestro, né il servitore più del suo Signore!”. (Matteo 10,24). Basti al discepolo essere come il suo Maestro, e così pure al servitore essere come il suo Signore.

18. Ora, se il vostro Maestro e Signore non si avvale di mezzi straordinari e violenti per costringere gli uomini ad accettare la Sua Dottrina, perché dovrebbero voler farlo i Suoi discepoli e servitori? Ma se gli uomini di questo mondo hanno chiamato Me “Belzebù”, che sono Signore e Capo di famiglia dall’Eternità, quanto più chiameranno voi con tale nome, che siete Miei familiari?! (Matteo 10,25)

19. E perciò non dovete nemmeno avere timore di loro, perché li conoscete. Pensate voi forse che rimarrà per Me nascosto quello che sarà fatto a voi? Io ve lo dico: “Nessuna cosa è tanto nascosta che non possa essere scoperta dinanzi a Me, e ugualmente non vi è niente di così segreto che Io non lo possa sapere”. (Matteo 10,26)

20. Dato dunque che ai Miei occhi non può rimanere nascosto nulla di tutto ciò che si macchinerà e si vorrà fare contro di voi, potete per conseguenza essere sempre certi che il Mio aiuto vi sarà vicino! Abbandona forse la leonessa i suoi nati nell’ora del pericolo, e non espone la propria vita per ciascuno di essi qualora si voglia rapirglieli? Non saprò dunque anch’Io proteggere voi con la Mia Vita, nel momento del pericolo?!

21. Perciò non temete gli uomini del mondo! Quello che Io vi insegnai nella notte dichiaratelo voi a costoro alla luce del giorno; e quello che Io in segreto dissi all’uno od all’altro di voi all’orecchio del vostro cuore, predicatelo ora dai tetti (Matteo 10,27), e non abbiate dunque alcun timore di tutti coloro che possono bensì, come fanno gli animali feroci, uccidere il corpo, ma che non possono uccidere né arrecare alcun danno all’anima che sola vive ed ha vita!

22. Se proprio nel vostro cuore deve dimorare un timore, sia questo piuttosto il timore di Colui che è Signore anche delle vostre anime, e che può, quando Lo voglia, giudicarle degne dell’Inferno! (Matteo 10,28). E Questo voi lo conoscete già, perché è appunto Colui che ora vi parla!

23. Guardate qui, davanti a noi c’è un granaio tuttora coperto! Vedete come vi saltellano sopra allegramente i passeri; essi volano ora in alto ora in basso, e sembra veramente che cadano giù dal tetto! Al mercato se ne comprano due per un quattrino; com’è esiguo dunque il loro valore! Eppure non uno di essi cade a terra dal tetto senza il volere del Padre che è nei Cieli (Matteo 10,29).

24. E vi dico ancora “Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati (Matteo 10,30) e nemmeno uno cade giù senza che il Padre vostro lo sappia e lo voglia!”. Ora, se il Padre si cura in tal modo di cose che a voi appaiono di tanto poco valore, come potrà Egli non pensare a voi, chiamati a diffondere la Sua Parola e la Sua Grazia?

25. Vano dunque è il vostro timore; banditelo quindi per sempre dal vostro cuore, poiché voi siete certamente più di molti uccellini. (Matteo 10,31)

26. Andate perciò senza altre paure, e rendete testimonianza di Me dinanzi agli uomini! In verità, Colui che Mi avrà riconosciuto davanti agli uomini Io altresì lo riconoscerò davanti al Padre Mio che è nei Cieli! (Matteo 10,32). Ma invece chiunque di voi per un vano timore Mi avrà rinnegato davanti agli uomini Io altresì lo rinnegherò un giorno davanti al Padre Mio che è nei Cieli» (Matteo 10,33)

27. E qui Giuda prende nuovamente la parola e dice: «Tutto ciò è quanto mai bello e saggiamente detto, ed è pure certo che queste cose sono profondamente vere; ma a che giovano? La Tua Dottrina è senza dubbio semplicemente meravigliosa, pura e vera; a questo proposito noi non abbiamo più bisogno di perdere nemmeno una parola, ed anche le Tue opere dimostrano, almeno per noi che ci troviamo qui riuniti, più che a sufficienza Chi in fondo in fondo sia Colui che le compie. Però, considerato il modo di procedere che ci viene prescritto, tanto la Dottrina in se stessa, quanto le Opere non soltanto non troveranno che difficilmente una generale accoglienza più o meno favorevole, ma al contrario, visto che esse sono davvero atte a suscitare la discordia in ogni famiglia in cui si volesse introdurle, saranno perseguitate nel modo più severo, se non addirittura proibite dai poteri di stato, e noi saremo messi nell’impossibilità di parlare e di agire. Cosa accadrà poi? Quando noi, chiamati a divulgare su questa Terra la Tua Dottrina e le Tue Opere, avremo certo, e come ben prevedo, assai presto esaurito le nostre energie e terminato di lottare, lapidati da una pioggia di pietre, oppure sotto la spada o nel fuoco, se non pur sulla croce o in una fossa di leoni, chi subentrerà al nostro posto e proseguirà la nostra opera?».

 

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Cap. 139

Importantissimi consigli riguardo alla vita degli uomini ed al modo di comportarsi con questi. «Chi ama qualsiasi cosa più di Me, non è degno di Me». La lotta è necessaria al mondo. Promessa di ineffabili gioie ai fedeli nell’amore in Dio.

(Matteo 10, 34-39)

 

1. Rispondo Io: «Te l’ho già detto che tu parli sempre secondo le tue idee mondane. Concedere al mondo la pace equivarrebbe a dargli più morte ancora di quanto esso ne possegga ora in abbondanza.

2. Se tu vuoi aiutare un cieco a recuperare la vista, lo guarirai forse cavandogli gli occhi; e lo zoppo potrà camminare diritto se tu gli tagli via il piede ammalato? Oppure il muto acquista la parola, facendogli strappare la lingua? Oppure infine, generalmente parlando, si può curare la peste con dell’altra peste, e spegnere le fiamme con un fuoco ancora maggiore?!

3. Vedi, precisamente così succede in questo tempo con gli uomini del mondo! Spiritualmente sono morti, ed all’infuori della vita animale non hanno in sé altra vita. La loro anima è pura carne, e il loro spirito può benissimo chiamarsi morto e simile a quegli spiriti che sono confinati nella pietra e che con la loro obbligata ostinazione tengono unita la materia la quale altrimenti sarebbe molle e cedevole. Per questo motivo avviene che le pietre si presentino varie per qualità e aspetto, più tenere e più dure, alcune trasparenti, altre opache e di colori quanto mai differenti, secondo le proprietà dello spirito che vi si trova incarcerato.

4. Ora, se tu volessi liberare gli spiriti della pietra dalla loro materia, credi forse che riusciresti nel tuo intento adoperando dell’acqua tiepida? Certamente no; ed Io ti assicuro che, con un simile trattamento moderato e pacifico, la pietra rimarrà perfettamente quello che è sempre stata e che tuttora è. Per raggiungere tale scopo si deve far agire un fuoco potente, affinché gli spiriti si scuotano ed entrino in uno stato di violenta agitazione, solo allora si sciolgono da soli dai lacci della loro materia e diventano liberi. Ed altrettanto è opportuno che avvenga qui, nel nostro caso!

5. Quelle forze che consentono agli spiriti costretti nella pietra di liberarsi con il fuoco, con la lotta violenta, con potente pressione e colpi fortissimi, risvegliano anche gli spiriti nei cuori umani divenuti veramente dura pietra e li rendono liberi, particolarmente i cuori dei ricchi e dei potenti che sono duri come il diamante e che nessun fuoco terreno riesce a destare.

6. Per conseguenza imprimetevi bene in mente quello che Io vi dico: “Abbandonate ogni sciocca e ridicola illusione che per mezzo di voi, Miei discepoli e servitori, Io sia venuto forse a portare agli uomini di questo mondo la pace terrena! No; non la pace Io porto al mondo, ma la spada! (Matteo 10,34)

7. Udite e comprendete bene! Io sono venuto per suscitare il figliolo ancora tenero e flessibile contro la durezza troppo spesso inflessibile di suo padre; la figlia modesta contro la propria madre ambiziosa, e la mite nuora contro la suocera avara ed invidiosa!” (Matteo 10,35). Sì, i familiari stessi dell’uomo dovranno diventare i suoi più accaniti nemici! (Matteo 10,36)

8. In verità, in verità vi dico: “Chi ama suo padre e sua madre più di Me, non è degno di Me, e colui che ha figli e figlie e li ama più di Me, non è degno di Me! (Matteo 10,37). E colui che non prende volonterosamente su di sé il proprio carico, anche se questo gli grava sulle spalle come la croce dei romani, e non Mi segue, costui poi non è affatto degno di Me e non avrà alcuna parte al Regno di Dio! (Matteo 10,38)

9. In verità, in verità vi dico che chiunque cerca la vita di questo mondo e la trova anche facilmente, costui perderà la vita eterna, ed Io non lo risveglierò a vita eterna il giorno del giudizio, subito dopo la morte del corpo, ma lo dannerò bensì ad eterna morte nell’Inferno!

10. Chi invece non soltanto non cerca la vita terrena, ma la fugge e disprezza per vero e puro amore verso di Me, costui troverà la vita eterna (Matteo 10,39), poiché Io lo farò subito risuscitare nel giorno della morte del suo corpo che sarà il suo giorno del giudizio e il nuovo giorno della nuova vita nel mondo degli spiriti, ed Io lo condurrò nel Mio eterno Regno e adornerò il suo capo con la corona della sapienza e dell’amore eterni ed indistruttibili, ed egli regnerà poi in eterno con Me e con tutti gli angeli dell’eterna immensità dei Cieli sopra tutto il mondo sensibile e spirituale!”».

 

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Cap. 140

Cenni riguardo alla grandezza del mondo materiale e del mondo spirituale. Della dignità e della meta altissima dei figli di Dio. Unico mezzo di prova possibile per rilevare che la Parola è divina. Il mistero divino nell’uomo.

(Matteo 10, 40)

 

1. Domanda Simone di Cana: «Signore, Non potresti Tu forse dichiararci dove si trovi veramente questo Cielo nel quale dimorano gli angeli, quanto grande esso sia e quanto grande altresì possa essere il mondo sensibile che Tu hai menzionato?»

2. Gli dico Io: «Amico, tu sei cieco se non vedi ciò e non lo comprendi! Io dissi pure che il Cielo è infinitamente grande; come puoi dunque ancora domandare quale sia la sua grandezza? Il Regno dei Cieli, spiritualmente, è dappertutto nell’eternità del tempo e dello spazio altrettanto infinitamente esteso quanto questo complesso sterminato di mondi, del quale tu con il tuo occhio non puoi percepire che la parte più infinitesimamente piccola.

3. Questa Terra, il sole grandioso, la luna e tutte le stelle sono altrettanti corpi celesti di enormi dimensioni, taluni parecchie migliaia di migliaia di milioni di volte più grandi di questa Terra; tutto ciò, preso assieme e paragonato alla sconfinata grandiosità della Creazione del mondo sensibile, non è nei rapporti di grandezza e di estensione nello spazio di gran lunga neppure quello che è la più piccola goccia di rugiada in confronto alla totalità del grande mare terreno, la cui superficie è pure talmente vasta che un buon navigatore, anche se vivesse il doppio di Matusalemme, non giungerebbe a percorrerla in tutti i suoi punti. Ma il mondo materiale fino ad ora, quello che è già stato creato, ha tuttavia dei limiti, al di là dei quali si estende ancora nell’immensità uno spazio eterno, senza confini, in confronto alla cui sterminata estensione da tutti i lati il mondo sensibile menzionato fino ad oggi creato sta, nel suo complesso, come un attimo del tempo in rapporto all’eternità.

4. Il mondo spirituale è poi in sé altrettanto infinito quanto lo è lo spazio eterno che non ha fine in alcun punto!

5. Quantunque lo spazio non abbia in eterno ed in nessun luogo una fine e sia per conseguenza, nel senso più vero e perfetto, infinito in tutte le direzioni, ciononostante non vi è nelle sconfinate ampiezze e profondità dello spazio neppure un punto impercettibile dello spazio stesso, dove lo Spirito della Sapienza e Potenza divine non sia tanto bene presente quanto lo è ora fra voi in questo luogo. I veri figli di Dio, i quali si distinguono nel giusto e sincero amore verso di Lui, il Padre Santo fin dall’eternità, nonché nel puro amore verso il prossimo, riceveranno nell’aldilà, nella grande Casa del Padre, la potenza e la forza di popolare sempre maggiormente, con nuove creazioni, lo spazio che non ha mai in nessun luogo fine!

6. Ma voi siete ancora troppo carenti d’intelletto e non potete comprendere quello che vi ho detto ora. Tuttavia, in generale aggiungo: “Nessun occhio mortale può vedere, nessun orecchio udire, né alcun senso di questa Terra può percepire quello che nell’aldilà, nel Regno dei Cieli, è preparato per coloro che divengono degni di essere chiamati figli di Dio!

7. Infatti dinanzi agli occhi dei veri figli di Dio, lune, terre e soli si libreranno negli spazi come un pulviscolo scintillante!”

8. Di conseguenza non limitatevi ad ascoltare la Mia Parola, ma operate piuttosto come essa vi insegna!

9. Solo dall’azione secondo la Mia Parola riconoscerete se quello che ho detto e tuttora dico a voi vi sia pervenuto dalla bocca di un uomo oppure da quella di Dio! (Giov.7,17)

10. Ma nello stesso modo in cui voi stessi dovete anzitutto dimostrare di mettere veramente in pratica la Mia Parola se volete riuscire a comprendere in maniera vivificante nei vostri cuori Chi sia Colui che vi ha dato questa Dottrina, nonché il comandamento dell’amore; così dovrete ugualmente incitare all’azione tutti coloro ai quali annuncerete la Mia Parola, poiché, finché la Parola rimane racchiusa solo nel cervello, non ha maggior valore di quanto ne abbia il vuoto ragliare dell’asino il quale pure con la sua voce perviene alle orecchie altrui.

11. Soltanto quando la Parola penetra nel cuore diviene forza viva, si impadronisce subito della volontà la quale è il centro di gravità dell’amore, e con ciò incita l’intero uomo all’azione.

12. In seguito poi a tale attivo operare si forma nell’uomo vecchio un nuovo uomo, e la Mia Parola si converte allora veramente in nuova carne ed in nuovo sangue!

13. E sarà quest’uomo nuovo in voi che vi renderà ad alta voce testimonianza che le Mie parole sono veramente parole di Dio, le quali oggi ed in tutti i tempi dei tempi hanno la stessa potenza e forza di azione come le hanno avute prima di oggi nelle eternità delle eternità, poiché tutto quello che voi percepite con la vista, con l’udito, con l’odorato, con il gusto e con il tatto non è altro, nella sua essenza, che la Parola di Dio.

14. Colui che da eternità comandò di esistere, fuori da Se stesso, a soli, terre e lune, e segnò le loro ampie orbite negli spazi, Costui ora dirige voi verso le nuove vie della vita eterna!

15. Io però aggiungo ancora e dico: “Chi accoglie voi, accoglie anche Me; ma chi accoglie Me, accoglie pure Colui che a voi Mi ha mandato!” (Matteo 10,40); e questo voi dovete comprenderlo bene!».

 

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Cap. 141

Ulteriori istruzioni date agli apostoli riguardo alla loro missione ed al modo di comportarsi. Della continuità della missione profetica e dei veri e falsi profeti.

La prima partenza degli apostoli per le località d’Israele.

Promessa di altra luce per il tempo successivo al ritorno degli apostoli.

 

1. Ma Io vi dico di più ancora: «Voi sapete che ora, come in ogni tempo, vi sono e vi sono stati dei profeti, e ve ne saranno fino alla fine del mondo, presso tutti i popoli della Terra, qualunque sia la fede che essi professano, poiché, anche se tutti i vincoli esistenti fra Cielo e Terra dovessero venire distrutti, soltanto per mezzo dei profeti verrà sempre mantenuto intatto un misterioso legame, che nessuna potenza tenebrosa sarà mai in grado di annientare.

2. È bensì vero che vi sono stati, vi sono e vi saranno sempre fra i veri anche dei falsi profeti, però questo fatto non pregiudica assolutamente, oppure soltanto in minimissima parte, la causa del vero profeta suscitato dal Cielo, poiché il vero profeta smaschera fin troppo presto il bugiardo davanti al mondo, e il bugiardo non potrà mai sfuggire alla punizione del Cielo.

3. Ma quando un vero profeta entra in una casa e vi viene accolto come tale, colui che lo accoglie quale vero profeta, oppure accoglie un inviato del profeta nel nome di costui e che ascolta le sue parole e di queste fa tesoro nel proprio cuore, costui riceverà nell’aldilà, nel Regno di Dio, la retribuzione di profeta; e colui che accoglie un giusto nel nome di un giusto, vale a dire qualcuno che abbia la fama e gli spetti quindi il nome di giusto, oppure anche non goda tale fama ma chi lo accoglie riconosce in lui un giusto e lo accetta come tale, senza tentarlo per avere la prova che egli sia propriamente un giusto, costui riceverà un giorno nel Regno dei Cieli la ricompensa del giusto. (Matteo 10,41)

4. Ed infine Io vi dico ancora: “Guardate questi piccoli qui che amorosamente Mi circondano! Ebbene, chiunque avrà dato anche un solo bicchiere d’acqua al più piccolo di questi piccoli, nel nome di un discepolo, in verità vi dico che anche una tale azione, per quanto insignificante in se stessa, non rimarrà per lui senza ricompensa!”. (Matteo 10,42)

5. Ora dunque voi avete tutto ciò che vi è necessario per lo scopo al quale vi ho eletti; andate ormai tutti nelle città che Io vi ho indicato, insegnate a conoscere il Regno di Dio a coloro che vi abitano, ed operate quello che ora vi ho detto e nel modo come ve l’ho prescritto; la vostra ricompensa un giorno non sarà certo esigua.

6. Quando però avrete compiuto l’opera affidatavi nelle città di Israele, di cui non se ne contano molte, allora fate di nuovo ritorno da Me; Io vi inizierò poi in segreti più profondi del Regno di Dio, perché a voi sarà dato allora di comprendere tali misteri che sono propri del Regno di Dio»

7. Domanda allora Pietro: «Signore, noi dodici dobbiamo procedere tutti assieme, oppure andare ognuno per sé, l’uno in questa e l’altro in quell’altra città e anche nelle borgate e villaggi?»

8. Rispondo Io: «Ciò dipende da voi, ma meglio sarebbe se ve ne andaste per lo meno in due o tre assieme, affinché l’uno possa servire da testimone all’altro; oltre a ciò il Mio Spirito agirà con maggiore potenza attraverso voi, quando sarete riuniti nel Mio Nome in due o tre in un luogo qualsiasi, per insegnare ed operare.

9. Che voi dobbiate rimanere precisamente tutti e dodici assieme, questo non è in primo luogo affatto necessario, ed in secondo luogo voi, in tal caso, tanto più difficilmente trovereste accoglienza in una casa qualunque, a causa dello spazio e delle provviste. Per questo motivo dividetevi in gruppi di due oppure di tre! Però sceglietevi prima le città, le borgate e i villaggi, e mettetevi d’accordo su quelli che ognuno di voi vuole prendere!

10. In tal modo voi potrete comparire in diverse città contemporaneamente, guadagnando così molto tempo, e tanto più presto potrete poi fare ritorno da Me; se sarete zelanti, vi sarà facile terminare il vostro compito in sette settimane, forse anche prima. Ma ora è tempo che partiate, poiché adesso ogni ora ha il suo valore!»

11. Dice Giuda Iscariota: «Signore, il sole è già quasi vicino al tramonto; non c’è ormai più di mezz’ora di luce, e da qui fino a una qualsiasi delle località circostanti è molto lontano. Per raggiungere il più vicino villaggio bisogna camminare due buone ore; non sarebbe dunque la stessa cosa se noi ci mettessimo in cammino domani di buon mattino?»

12. Rispondo Io: «No, amico Mio, perché ogni minuto di ritardo potrebbe arrecare danno! Voi raggiungerete oggi, dopo il tramonto, una borgata che giace dietro la montagna ad oriente rispetto a qui, là si avrà bisogno del vostro aiuto immediatamente, e vi troverete poi una buona accoglienza; però non fermatevi in quel luogo più di tre giorni, e così anche neppure in un’altra località, senza una reale necessità. Fino alla borgata di cui vi dissi ora restate tutti uniti, ma giunti là, separatevi!».

13. Dopo queste Mie parole i dodici si avviarono subito di buon passo, abbandonando il villaggio prima in rovina, ma poi riedificato meravigliosamente per la Mia Grazia, e gli abitanti misero a loro disposizione un paio di guide per accompagnarli e per indicare loro la via più diretta, che conduceva alla suddetta borgata.

 

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Cap. 142

Il primo episodio del viaggio missionario degli apostoli. Scena con gli abitanti in lacrime e gli estortori di tasse mandati da Erode. Efficaci e serie parole di Pietro. Il Giudizio di Dio scende sugli estorsori. Buon successo della missione.  Gli estorsori convertiti di Erode, quali buoni testimoni degli apostoli.

 

1. Quando i dodici, dopo circa due ore di cammino, arrivarono al borgo summenzionato, trovarono la popolazione raggruppata davanti alle porte, disperata e piangente, e il lamento di alcuni era poi grandissimo, perché la borgata era stata invasa dai funzionari di Erode incaricati dell’estorsione delle imposte, e questi stavano appunto saccheggiando le case, e ai genitori che non erano in grado di pagare, portavano via con la forza i loro figli più cari e più belli, legavano assieme questi fanciulli con delle corde come fossero animali da macello, e li gettavano poi sui carri tirati da buoi che essi avevano condotti con sé. I discepoli informati su queste infamie, si rivolsero a Me nel loro cuore.

2. Essi percepirono chiaramente nel loro cuore le parole: «Quello che voi volete, accadrà ben presto!»

3. E come essi ebbero udito queste parole, dissero agli afflitti abitanti della borgata: «La pace sia con voi! Venga a voi il Regno di Dio del quale noi siamo i divulgatori nel Nome del Signore! Venite con noi nella vostra borgata, e noi tratteremo per voi la cosa con questa gente di Erode, ingiusta e spietata!»

4. Gli abitanti esclamano: «Oh, voi non troverete un orecchio solo disposto ad ascoltarvi! Infatti coloro che sono venuti qui per estorcere i tributi più ingiusti, non sono uomini, ma bestie feroci e selvagge, i quali vi assaliranno!»

5. Dice Pietro: «Cari fratelli, accettate quello che noi vi offriamo, il resto lo farà bene il Signore per nostro mezzo! Non sperate da noi né oro né argento, però quello che abbiamo l’otterrete anche voi da noi. Ma ora affrettiamoci ad entrare nel paese, affinché quei figli non debbano soffrire troppo a lungo!»

6. Quando i discepoli assieme agli abitanti giungono nell’interno della borgata, scorgono subito parecchi carri colmi di cose di ogni genere; alcuni carichi di fanciulli, ed altri stipati di pecore e vitelli, e gli estorsori delle imposte hanno nel frattempo già dato il segnale della partenza senza badare affatto alle grida e ai lamenti disperati dei fanciulli legati sui carri.

7. Allora Pietro avanza verso il comandante di quella gentaglia, ed esclama in tono serio ed energico: «Miserabile! Con quale diritto commetti tu simili infamie? Non sai dunque che sopra di te vive un Dio onnipotente il Quale può annientare in un istante te assieme ai tuoi complici? Metti subito fine a questi abomini, restituisci tutto quello che hai preso, altrimenti nel punto stesso dove ti trovi vedrai scendere su di te tutta l'asprezza dell’Ira di Dio!»

8. Dice il capo degli estorsori a Pietro: «Chi sei tu che ti azzardi a parlare con me in tale maniera? Non sai forse quanta autorità mi sia stata conferita da Erode, il quale a sua volta l’ha ottenuta dall’imperatore di Roma in base ai patti di appalto per queste regioni? E non sai forse neppure che io posso far morire immediatamente e senza bisogno di ricorrere prima a tribunali, chiunque sia che voglia intralciarmi il cammino? Vattene dunque! Una sola parola ancora, e la spada avrà avuto ragione della tua sfrontatezza!»

9. Esclama Pietro: «Ebbene dunque, dal momento che tu, quantunque figlio di Giacobbe, non sei più un uomo ma un animale selvaggio e rapace, scenda il Giudizio di Dio e colpisca te ed i tuoi complici! Infatti io, che ti annunciai queste cose, sono un inviato di Dio, come lo sono coloro che si trovano con me! Quello che tu intendevi fare a me, perché io volevo, nel Nome di Dio, impedirti di commettere misfatti, è come se tu avessi voluto farlo a Dio stesso, e perciò avvenga su di te il Giudizio di Dio! Così sia!»

10. E come Pietro ebbe con grande fervore pronunciato queste parole, fuori dalla terra uscirono fiamme che avvolsero il comandante e lo annientarono in un attimo. A simile spettacolo i suoi aiutanti furono colti da tale spavento che caddero in ginocchio davanti a Pietro e promisero di fare tutto ciò che egli avrebbe imposto, purché egli avesse concesso grazia e risparmiato loro una punizione tanto tremenda!

11. Dice Pietro: «Liberate allora e restituite tutto quello che avete sequestrato, e andatevene poi in pace! Ma non lasciatevi mai più indurre a rendere nuovamente simili servizi ad un Erode, altrimenti accadrà a voi quello che è accaduto ora al vostro comandante dinanzi ai vostri occhi!»

12. A queste parole essi sciolgono i fanciulli e li lasciano liberi, e così pure restituiscono tutto il bestiame, vale a dire pecore, vitelli ed infine tutte le altre cose che essi avevano estorto in questa borgata, su cui, del resto, né essi né Erode avevano alcun diritto. Infatti questa borgata già un anno prima si era svincolata da ogni dovere verso Erode mediante un contributo pagato ai Romani, ciò che era stato fatto anche da parecchie altre località, a causa delle incredibili oppressioni di Erode. Costui tuttavia faceva di nascosto delle scorrerie rinnegando i certificati di svincolo, e dava ai suoi estorsori di tributi pieni poteri, con una nuova dichiarazione che egli avrebbe perciò assunto ogni responsabilità di fronte all’imperatore.

13. Pietro spiegò a quegli estorsori, quale torto avevano usato ai loro fratelli, ed essi cominciarono a maledire Erode e se stessi, per essere stati tanto ciechi da dare man forte a un simile tiranno!

14. Pietro poi cominciò subito a predicare del Regno di Dio, ed ecco che tutti quegli estorsori di tributi si convertirono e seguirono Pietro; ora, di questi ve n’era circa un centinaio, e fu una buona retata davvero, perché appunto tali estorsori iniziarono da soli ad essere estremamente attivi, e contribuirono moltissimo alla sollecita diffusione della Mia Dottrina.

15. E gli abitanti della borgata, però, trattennero per tre giorni gli apostoli presso di loro, e si fecero battezzare perfino nel Mio Nome, poiché gli apostoli battezzavano anche con acqua chiunque richiedesse il battesimo, nel Mio Nome.

16. A tale riguardo essi non avevano veramente avuto da parte Mia alcun comandamento preciso, però sapevano che tale cosa non era contraria alla Mia Volontà.

17. Gli abitanti misero tutto a disposizione dei discepoli per offrire loro la migliore sistemazione possibile, ed infine offrirono loro anche del denaro perché essi avevano risanato i loro ammalati. I discepoli tuttavia non vollero affatto accettare né denaro né altra offerta qualsiasi, ciò che provocò grande meraviglia fra gli ex estorsori, i quali dissero: «In verità, più che i vostri miracoli, è il vostro assoluto disinteresse che dimostra che voi siete degli inviati di Dio, poiché gli uomini di questo mondo sono pieni del più nero egoismo».

18. Il solo Giuda, naturalmente, sbarrò tanto d’occhi quando scorse le molte monete che gli si volevano offrire, ma Tommaso gli era sempre al fianco, e così l’avido discepolo non ebbe il coraggio di accettare nulla, pur sentendone un grande rammarico nel suo cuore.

19. Trascorsi i tre giorni, i discepoli si congedarono e si separarono a due a due, e ad ogni gruppo di due discepoli si unirono anche da dieci a quindici di quegli estorsori convertiti, i quali resero loro eccellenti servizi, perché essi erano dotati di molto coraggio e non avevano alcun timore degli uomini.

20. I dodici ora agivano come Io avevo comandato, e ottennero ovunque buoni risultati.

21. Ma intanto cosa facevo Io dopo aver dato le opportune istruzioni ai dodici discepoli, ed averli inviati per le città d’Israele?

 

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Cap. 143

Attività del Signore durante la prima missione degli apostoli. Ulteriori accenni alle circostanze che spiegavano il contegno di Giovanni Battista e il suo rapporto con Erode. Dubbio umano di Giovanni riguardo Gesù come Messia. Sua indiretta domanda a Lui. Risposta del Signore.

(Matteo 11, 1-6)

 

1. Dopo che, come narrato a sufficienza ora, i discepoli ebbero lasciato il luogo nel quale Io avevo dato loro le istruzioni necessarie per il buon risultato della loro missione, Io Mi trattenni là ancora fino al tramonto, benedissi quella povera gente ed i loro figlioletti e poi, assieme ai molti altri discepoli rimasti con Me, preso un sentiero che conduceva verso il Mare di Galilea, discesi verso le città che là sorgevano e che l’uno o l’altro dei discepoli che erano ancora con Me conoscevano perché c’erano nati e ci abitavano, e là Io insegnai e predicai tutto ciò che ai dodici Io avevo ordinato di insegnare e predicare, e risanai dappertutto gli ammalati. (Matteo 11,1)

2. Ora, in quel periodo, Giovanni, il quale aveva battezzato al Giordano, era stato già fatto gettare in carcere da Erode, e precisamente in seguito all’intervento dei sacerdoti di Gerusalemme che si erano rivolti a lui con tanta energia a tale scopo, poiché essi non avrebbero mai più potuto perdonare a Giovanni di averli criticati tanto acerbamente e di averli chiamati “razza di serpenti e di vipere”. Essi però non si erano azzardati a fare arrestare su loro aperta iniziativa il predicatore nel deserto, conoscendo benissimo la stima e la fama di grande Profeta che egli godeva fra il popolo; per questo motivo essi si erano nascosti dietro Erode, il quale, per denari naturalmente, e per altre concessioni che gli avrebbero permesso di spremere il popolo in ogni maniera, aveva agito per loro conto e fatto gettare Giovanni in prigione con il pretesto che egli era un esaltato sovvertitore del popolo, cui riempiva il capo di idee pericolose per lo Stato e che, insomma, in una maniera o nell’altra faceva dare di volta il cervello a tutti.

3. Ma ad Erode, in sostanza, poco interessava quello che Giovanni avrebbe potuto insegnare; quello che proprio gli stava a cuore era invece soltanto di fare un buon affare. Erode perciò teneva sotto stretta sorveglianza Giovanni, ed aveva permesso anzi a chiunque lo avesse voluto di visitarlo in carcere, certo dietro pagamento di una modica tassa; coloro che potevano provare di essere discepoli del Battista non pagavano che un solo statere per un’intera settimana, mentre gli altri dovevano pagare un denaro d’argento per una sola visita.

4. Oltre a ciò Erode non aveva trovato niente da ridire quando Giovanni, riuniti i visitatori in una grande sala che era stata ridotta ad una specie di prigione cittadina, aveva anche là cominciato a predicare liberamente, ed avrebbe potuto farvi anche tutto il rumore che gli fosse piaciuto, perché quanto più clamoroso era lo spettacolo, tanto più abbondante riusciva l’incasso a tutto vantaggio di Erode.

5. Egli stesso anzi si recava spesso a visitare Giovanni, e lo incoraggiava perfino a suscitare maggior clamore, considerando che egli si trovava in prigione, e quindi più al sicuro dalle insidie dei sacerdoti e dei farisei che non prima nel deserto di Bethabara, e si atteggiava addirittura ad amico e protettore di Giovanni.

6. Giovanni, in spirito, ben sapeva con chi egli aveva veramente a che fare, ma tuttavia egli approfittò di questa occasione per continuare a predicare nella sua prigione, tanto più in quanto i suoi discepoli avevano libero accesso fino a lui, naturalmente come detto, dietro pagamento di un solo statere la settimana; i sacerdoti del Tempio invece dovevano pagare una libbra se volevano giungere fino a lui; e se veniva loro in mente di domandare ad Erode per quale motivo egli permettesse a Giovanni di continuare le sue prediche nella prigione, egli, da quella vecchia volpe che era, rispondeva loro: «Lo faccio per una segreta ragione di stato, poiché in questo modo mi è possibile arrivare a conoscere tutti gli aderenti di quest’uomo quanto mai pericoloso per lo Stato!». I sacerdoti, udito questo, avevano avuto parole di grande encomio per Erode, e gli avevano fatto cospicui doni d’oro, d’argento e pietre preziose, poiché nel loro cuore pensavano: «Questo è l’uomo che fa per noi, e noi dobbiamo appoggiarlo con tutte le nostre forze; egli è certo chiamato a spazzare via tutta questa razza di profeti!».

7. Ma, come detto, Erode, greco di nascita, non teneva che al denaro, e di altro non si curava assolutamente. All’infuori del denaro avevano per lui qualche valore soltanto le concubine quando erano molto belle, per piacere alle quali egli sarebbe stato perfino capace di commettere delle crudeltà, quando esse lo avessero desiderato; ma in qualsiasi altro caso non c’era da ottenere niente da lui senza denaro, mentre per questo egli era disposto a fare di tutto.

8. Da questa fedele descrizione del carattere di Erode sarà di certo ad ognuno facilmente chiaro perché Giovanni, pur trovandosi in carcere, potesse avere ancora intorno a sé i suoi discepoli, ed in qual modo, per mezzo di questi nonché di altre persone che lo visitavano di frequente, avesse potuto essere informato delle Mie prediche e della Mia attività in Galilea.

9. E come dunque Giovanni apprese dal carcere come Io istruivo ed operavo, inviò subito da Me due dei suoi più stimati discepoli (Matteo 11,2), e Mi fece chiedere tramite loro: «Sei proprio Tu Colui che deve venire, oppure dobbiamo noi attenderne ancora un altro?» (Matteo 11,3)

10. E qui si potrà fare la domanda: «Ma come poteva Giovanni fare una simile richiesta, egli, che per primo aveva reso testimonianza di Me in modo tanto solenne e preciso?». Tuttavia, a chi sia capace di elevarsi con il pensiero, anche di una spanna soltanto, al di sopra delle considerazioni materiali, il motivo appare quanto mai semplice, anzi addirittura estremamente naturale.

11. Giovanni, dopo averMi conosciuto si era pienamente convinto che Io ero il promesso Messia e che tutto il popolo ebreo fosse ormai già redento grazie al solo fatto della Mia apparizione sul mondo e che ogni dominazione dei potenti del mondo avesse ormai cessato per sempre di esistere; ma poiché finì in carcere e si convinceva di giorno in giorno sempre più che, dopo la Mia apparizione, il dominio dei potenti di questo mondo anziché decadere era andato rafforzandosi, un dubbio cominciò lentamente ad insinuarsi nella sua anima, ed alla sua mente si affacciò l’idea della possibilità che Io potessi forse non essere Quello che gli aveva creduto!

12. Infatti egli fra sé e sé pensava: «Se questo Gesù di Nazaret è veramente il Messia promesso, il Figlio del Dio vivente, come può Egli abbandonarmi ora al mio destino e non liberarmi dal carcere, e come poté permettere che io finissi in prigione?».

13. D’altro canto, però, egli sentiva narrare ogni giorno da coloro che lo visitavano quali opere meravigliose Io andassi compiendo! Fu dunque per questi motivi che egli inviò a Me, come dissi prima, due suoi discepoli, scelti fra i più fidati, con l’incarico di rivolgerMi la domanda già nota. Ma Io, che conoscevo benissimo la ragione per cui Giovanni aveva mandato i due ad interrogarMi, diedi loro una risposta molto concisa, e dissi: «Andate e riferite a Giovanni quello che voi vedete ed udite! (Matteo 11,4). I ciechi vedono, gli storpi camminano, i lebbrosi sono resi mondi, i sordi odono, i morti risuscitano, ed ai poveri viene predicato il Vangelo (Matteo 11,5); però beato è e sarà colui che non si scandalizza di Me!» (Matteo 11,6). E i due discepoli, a tali Mie parole, rimasero perplessi, non sapendo cosa obiettare.

 

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Cap. 144

Il Signore accenna all’azione di Giovanni ed al suo errore, causa della propria sfortuna.

Gesù e Giovanni come il Sole e la luna.

«Egli deve crescere ed io diminuire».

Testimonianza del Signore su Giovanni: «Questi è più che un Profeta, egli è Elia!».

(Matteo 11, 7-14)

 

1. Dopo un certo tempo il più anziano dei due Mi domandò perché dunque Giovanni deve ora languire in una prigione, pur non avendo peccato mai né contro Dio né contro gli uomini.

2. Ed Io gli rispondo: «Se lo avesse voluto, avrebbe potuto anch’egli essere libero! La luna rende, è vero, durante la notte buoni servizi; qualora però essa volesse gareggiare con il sole per il primo posto, come se la sua luce fosse anche di giorno altrettanto importante quanto quella del sole, in questo caso la luna si troverebbe in grandissimo errore. Infatti quando una volta è sorto il sole, la Terra può ben fare a meno della pallida luce lunare. Comprendete voi questa cosa?

3. Se Giovanni Mi ha riconosciuto apertamente quando Io venni da lui al Giordano, chi mai poté imporgli di non seguirMi?! Egli volle rimanere nel suo deserto, e vi fece continuamente la più severa penitenza; eppure egli non ha mai peccato. Perché egli agì in tal modo? Fu egli stesso che si consegnò ad Erode; che sia ora lui a sbrigarsela con quella volpe.

4. Ditegli però che Io non sono venuto affatto per togliere ai grandi la potenza terrena, ma anzi per confermarli sui loro troni, e chi vorrà ragionare con Me, costui avrà da sostenere una ben aspra lotta!»

5. E quando i due discepoli di Giovanni ebbero udito da Me tali parole, non replicarono nulla, ma presero commiato e fecero subito ritorno a Gerusalemme, dove si recarono da Giovanni e gli riferirono tutto quello che avevano udito.

6. Giovanni, battendosi il petto, esclamò: «Sì, certamente, Egli è, Egli ha ragione; Egli deve crescere ed io devo diminuire e scomparire da questo mondo»

7. Ma in quella località dove ci trovavamo, chiamata Seba, un villaggio di pescatori situato alle sponde del Mare di Galilea, tanto la numerosa gente che là dimorava quanto quella che Mi aveva seguito da altri luoghi si meravigliarono enormemente di Giovanni Battista, e dissero: «Come è potuto cadere in peccato?! Infatti, o Signore, non averTi seguito pur avendoTi riconosciuto, fu certo un peccato gravissimo per il quale egli deve ora fare penitenza! Signore, abbiamo noi torto giudicando così?»

8. Io però risposi loro: «Quando la luna splende nella notte in tutta la sua pienezza, allora voi uscite tutti fuori, ne ammirate la luce e ve ne rallegrate, ma quando sorge il sole, mentre la luna ancora alta si disegna nel cielo come un disco pallido e fioco, gli sguardi di tutti si distolgono dalla luna, e si beano allo spettacolo della poderosa luce del sole e la glorificano in ogni goccia di rugiada sfolgorante di raggi, poiché, sotto l’influsso del sole, una goccia d’acqua brilla più di dieci lune nella notte.

9. Ora, commette forse la luna un peccato se di giorno il sole ne offusca lo splendore che essa ha di notte, e se perfino una semplice gocciolina di rugiada invia più luce all’occhio dell’osservatore che non l’intera luna?

10. Io lo dico a voi tutti: “Chi ha orecchie per udire, oda! Anche il Figlio dell’uomo è un Sole, e Giovanni è la Sua luna”. La luna splende nella notte del vostro spirito, e testimoniò in precedenza della Luce che ora è venuta a voi, ma che voi, immersi nelle tenebre, non riconoscete ancora. Però, se adesso questa luce lunare si affievolisce perché il sole del giorno splende fra voi, come potete voi considerare ciò un peccato della luna?!

11. In verità vi dico che da quando sono esistiti gli uomini su questa Terra, da Adamo fino ad oggi, un’anima più pura non ha ancora mai dimorato in un corpo!

12. Ed Io chiedo ora a tutti perché fra voi non c’è nessuno che a suo tempo non sia uscito fuori nel deserto dove Giovanni predicava e battezzava. Voi tutti avete udito le sue prediche, e la maggior parte di voi si è anche fatta battezzare. Ma che cosa siete dunque andati ad ammirare nel deserto?

13. Pensavate forse di vedere un giunco che il vento può far piegare ora da una parte ora dall’altra? (Matteo 11,7). Oppure siete forse usciti fuori per vedere un uomo in vesti morbide? Vedete, coloro che portano morbide vesti abitano nelle case dei re, non nell’arido deserto di Bethabara! (Matteo 11,8). Oppure siete andati nel deserto per vedere un Profeta?

14. Sì, certo, Io vi dico: “Giovanni è più di un Profeta!” (Matteo 11,9). Infatti questi è colui del quale sta scritto: “Ecco, Io mando il Mio angelo davanti a Te, il quale preparerà la Tua via davanti a Te!” (Matteo 11,10). Comprendete voi dunque chi egli sia?

15. In verità ora vi dichiaro ancora più apertamente di quanto lo abbia fatto finora: “Fra tutti coloro che fin da principio del mondo sono nati da donna non sorse mai nessuno che fosse più grande di questo Giovanni Battista; però aggiungo che d’ora in poi anche il più piccolo nel Regno dei Cieli sarà più grande di lui”. (Matteo 11,11)

16. Ed ascoltate altresì bene quello che ancora vi dico: “Dal tempo di Giovanni Battista fino ad oggi, e da oggi in avvenire, il Regno dei Cieli soffre violenza, e coloro che gli usano violenza, lo strappano e lo attirano a sé!”. (Matteo 11,12)

17. Tutti i Profeti come pure la Legge di Mosè hanno profetizzato fino a Giovanni (Matteo 11,3). Egli è stato prima di Me l’ultimo Profeta.

18. E se voi lo volete accettare, questo Giovanni è appunto quell’Elia il quale doveva venire ancora una volta in futuro cioè prima del Messia! (Matteo 11,14). Egli dunque è anche venuto ed ha profetizzato nel tempo prima di Me, ed ha preparato le Mie vie, come avete appreso voi stessi. Dite voi adesso se comprendete bene chi sia veramente Giovanni!?».

 

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Cap. 145

Lo spirito e l’anima di Giovanni Battista. «Io sono la Via e la Vita». Chiamata e libertà individuale di Giovanni come profeta. L’essenza della domanda. Cenni sul peccatore pentito e sui novantanove giusti che non hanno mai peccato.

 

1. Rispondono quegli uomini: «Signore, se è così, non è giusto che Tu lo lasci languire in carcere! A giudicare dalle cose da Te operate, le quali all’infuori di Dio non sono possibili a nessuno; Ti sarebbe certo facilissimo liberare il Battista che pure ha lavorato per Te! Signore, Tu potresti ben fare questo, e non lasciarlo lì abbandonato!»

2. Rispondo Io: «Chi viene in persona, ottiene di più di chi invia un messaggero oppure una lettera. Lo spirito di Giovanni è grande, più grande di qualsiasi altro spirito che abbia vivificato finora un corpo su questa Terra; però il suo corpo appartiene a questa Terra, e le debolezze di detto corpo sono anche la causa per cui si è sviluppata un’anima debole, e sta bene così!

3. Infatti uno spirito tanto forte è di certo capace di educare fortemente e vigorosamente un’anima debole; ma la carne e l’anima di Giovanni sono deboli. Per questo egli ha inviato in continuazione messaggeri al suo posto, ma né messaggeri né lettere hanno mai quella forza d’azione che ha la propria persona in cui dimorano anima e spirito.

4. Inoltre Io non devo e non posso attribuire a nessuno come obbligo la Mia Forza e la Mia Potenza per Mia Volontà, a meno che uno non venga qua e se le prenda da solo; infatti da parte Mia non viene mai negato a nessuno di prendersi la vita oppure il giudizio, ciò che egli vuole, e dunque anche la Mia Potenza e Forza per uno scopo buono.

5. Ma chi non viene da se stesso, costui non riceve nulla all’infuori della Grazia della Luce, per mezzo della quale egli possa trovare qui o nell’aldilà la via che conduce a Me, e una volta trovata, possa comprendere che Io stesso sono la Via per la Vita, anzi la Vita stessa.

6. Giovanni fece bensì quello che nessuno ha potuto fare, cioè riuscì a dominare completamente la sua carne; però egli vide davanti a sé la salvezza, e tuttavia non poté strapparla attirandola verso di sé. E perché mai non poté farlo? Glielo impediva forse una forza a lui superiore?

7. Qui dinanzi a voi sta Colui che può dire: “Si deve”, quando una costrizione è necessaria! Ma Costui vi dice anche che Egli a tale riguardo non ha pronunciato nessun “Si deve” per Giovanni!

8. Che egli fosse chiamato a preparare le vie dinanzi a Me a causa degli uomini, questa è stata in certo modo una costrizione, dietro la quale però si cela pur anche una libertà eterna che voi, oppressi dalla carne, non potete concepire; ma che egli non avesse dovuto seguirMi quando Mi vide e Mi riconobbe, non gli è stato dato né come ordine, né ancora meno come costrizione. Accadde invece che il suo spirito diede ascolto alle insinuazioni dell’anima; sorsero allora in lui dei dubbi a Mio riguardo, e per questa ragione ha inviato a Me già per la seconda volta dei messaggeri! Ora, chi domanda, dimostra di non avere ancora le idee chiare, perché ogni domanda presuppone o un’assoluta ignoranza, oppure un dubbio riguardo a ciò che si sa, vale a dire se quello che si sa sia o no vero. Se a Giovanni tutto fosse perfettamente chiaro, non invierebbe dei messaggeri.

9. Vero è che mai uomo al mondo ha condotto una vita tanto rigida e severa quanto lui; tanto che, appena percepiva anche il minimo stimolo della carne, non mangiava né beveva nulla per interi giorni, e così, senza aver peccato, è stato il più grande penitente della Terra; ma tuttavia Io dico a voi tutti: “Un peccatore, qualora si ravveda e si migliori, e venga da Me traboccante d’amore nel suo cuore, è ben superiore a Giovanni!”

10. Infatti colui che Mi dice: “Signore, io sono un peccatore e non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto”, Mi è più caro di novantanove giusti i quali non hanno bisogno di penitenza, e glorificano Dio nel loro cuore perché non sono peccatori, e quindi si reputano migliori di altri che hanno, anche se lievemente, peccato. In verità vi dico: “Un giorno, nel Mio Regno, la loro ricompensa non sarà niente di speciale!”».

 

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Cap. 146

Conversione di Kisjonah il doganiere. Sulla Grazia indulgente e misericordiosa del Signore. Scandalo dei farisei e degli ebrei ortodossi. Un loro dialogo.

 

1. Quando ebbi terminato il Mio discorso, fra la moltitudine di popolo si avanzò verso di Me un pubblicano il quale nel segreto del suo cuore già da lungo tempo Mi amava ardentemente, quantunque fosse conscio di parecchie colpe commesse. Egli si gettò davanti a me, sulla sua faccia, e disse: 

2. «O Signore! Qui nella polvere giace dinanzi a Te un grande peccatore, il quale nonostante ciò si azzarda ad amarTi sopra ogni cosa! Vedi, o Signore, è già passato mezzogiorno, ed io volentieri vorrei pregare Te e tutti i Tuoi discepoli di onorare della Vostra presenza la mia mensa, se io fossi degno di ospitarTi sotto il mio tetto! Io e tutta la mia casa siamo troppo impuri e peccatori per Te, però nella mia cucina e nelle mie dispense si trovano apparecchiati bevande e cibi mondi. Signore, concedi a me, povero peccatore, la grazia di poter far portare da mani pure queste vivande qui fuori per Te!»

3. Gli dico Io: «Kisjonah! Alzati, Io entrerò con te in casa tua e pranzerò da te! Oggi sulla tua casa è presente una grande salvezza, non a causa dei tuoi peccati, ma a causa del tuo vero amore e umiltà; per questo ti sono perdonati tutti i peccati come se tu non avessi mai peccato!».

4. Dopo di che il doganiere Kisjonah si alzò e accompagnò Me assieme a molti dei discepoli in casa sua, dove più di un centinaio di persone trovò signorile ospitalità, e non mancò il miglior vino.

5. Però, oltre ai Miei discepoli, si trovava radunata là una grande quantità di popolo venuta da tutte le parti della Galilea ed anche dalla Giudea, che Mi aveva accompagnato fino alla casa di Kisjonah, e quest’ultimo, poiché in casa non vi era più posto sufficiente, fece distribuire all’aperto a tutti pane e vino, e ciò solo perché questa moltitudine era venuta con Me.

6. Naturalmente in occasioni simili non mancavano mai i farisei i quali da Cafarnao Mi avevano seguito dovunque. Ma quando essi Mi videro anche questa volta prendere parte di lieto e sereno umore al pasto, e si accorsero del modo in cui a tavola Mi comportavo con i pubblicani pentiti che erano considerati, dal punto di vista degli ebrei, fra i più induriti peccatori, e come Io tendevo loro le mani con tutta benevolenza e li chiamavo addirittura Miei buoni amici, allora l’impressione di scandalo fra i farisei e gli ebrei ortodossi non ebbe più limite.

7. I farisei e gli ortodossi reputarono particolarmente scandaloso il fatto che Io, a pranzo finito, Me ne andai a passeggio a braccetto con i doganieri in un giardino vasto e bello situato lungo il mare e che Io, in questa occasione, usai parole amorevoli ed amichevoli modi verso le cinque gentilissime figliole di Kisjonah, perché avevo scorto come il loro cuore ardesse veramente di ineffabile amore per Me. Io le chiamai perfino “Mie care spose!”, ciò che suonò terribilmente peccaminoso agli orecchi dei farisei!

8. Ma quando solo verso sera Io ebbi finalmente di Mia spontanea volontà accettato le richieste di Kisjonah di rimanere presso di lui almeno per tre giorni e forse ancora più a lungo, allora la cosa apparve ai farisei ed agli altri ortodossi tanto enorme che non poterono più trattenersi. «Ecco!», andavano dicendo, «Egli frequenta questa gentaglia, questi peccatori incalliti e doganieri, e mangia e beve in loro compagnia, e quando è ben brillo se ne va elegantemente a passeggio con le figlie peccatrici dei più abominevoli peccatori, fa con loro il galante, e alla fine, perfino con paroline dolci e gentili, predica il Vangelo di Dio a queste arcimeretrici, invece di comandarci di afferrare simili esseri mostruosi e di gettarli in preda alle fiamme! Sarebbe per noi un bel Messia davvero! Adesso che le cinque floride donnacce se Lo sono accaparrato, Dio sa quanto tempo Egli vorrà fermarsi qui.

9. Andiamocene via! A che scopo restare con Lui più a lungo? Ormai sappiamo benissimo cosa pensarne. Già da un certo tempo noi Gli stiamo vicino; L’ha mai qualcuno di noi visto pregare? E chi si è accorto che Egli abbia mai digiunato? Del sabato Egli non tiene assolutamente alcun conto; l’unica Sua gioia è l’amicizia dei più famigerati eretici e pagani, greci e romani, pubblicani, peccatori induriti e donne di malaffare, specialmente se belle e provocanti; all’infuori di questo, ad altro non tiene se non a mangiar bene ed a bere meglio ancora!

10. In una parola Egli non è altro che, in primo luogo, un mago raffinato della scuola di Pitagora cascatoci qui Dio sa come, il Quale sa mettere a profitto le Sue cognizioni, inoltre Egli è un grande oratore, cosa indispensabile a chiunque voglia tanto più facilmente presentare l’arte propria agli uomini. È vero che Egli non accetta ricompense in denaro, ma è forse tale Suo agire degno proprio di tanta lode? Oh, così si comportano tutti i maghi di questa specie durante il primo anno, affinché tanto più presto possano pervenire alla celebrità, ma una volta che l’hanno raggiunta, allora talvolta neppure i re hanno tesori a sufficienza per soddisfare simili artisti!

11. Del resto a che Gli servirebbe il denaro? Egli riceve comunque, gratuitamente da mangiare e da bere quanto ne vuole, e non Gli occorre altro! Oltre a ciò, in secondo luogo, Egli è un crapulone e beone nonché un buon compagno di tutti i peccatori, e conduce in tal modo una vita conforme ai Suoi desideri. E in terzo luogo, poi, Egli non ha bisogno né di un Dio né di una costui Legge, perché considera Se stesso un Dio o per lo meno un Figlio del Medesimo, il Quale sarebbe stato generato dal nostro Dio di Abramo, d’Isacco e di Giacobbe, e da Maria di Nazaret che noi conosciamo anche troppo bene. Chi fra noi è dunque così sciocco da non accorgersi già a prima vista che tutto questo non è che un imbroglio appena sfornato della magia autenticamente pagana?!

12. Per dirla breve, noi ne sappiamo ormai abbastanza, ed urge assolutamente che ci allontaniamo da Lui, altrimenti è capace di giocare anche a noi qualche brutto tiro, nel qual caso siamo del demonio senza speranza di salvezza! Osservate un po’ come Egli si fa bello in mezzo alle cinque figlie di questo odiato pubblicano e come queste stanno addirittura in adorazione intorno a Lui! Io scommetto mille libbre contro uno statere che questo Profeta e Salvatore, se Egli un giorno andrà a Gerusalemme, non tarderà molto ad entrare in intimità perfetta ed in dolcissima amicizia con Maria di Magdala, la regina delle meretrici, universalmente conosciuta e forse anche con Maria e Marta di Betania, le quali, dopo Maria di Magdala, debbono ricevere il maggior numero di visite da parte dei personaggi in visita di Gerusalemme!»

13. Dice un altro, che ci vede un po’ più lontano, al fariseo che ha parlato prima: «Tu non hai davvero assolutamente tutti i torti, ma, se tu pensi alla scena quasi identica che si è svolta in casa di Matteo il doganiere, ti ricorderai che noi abbiamo anche quella volta giudicato nello stesso modo, ma tuttavia fummo poi completamente annientati dalla Sua Sapienza, ed a mille ragioni non potemmo contrapporne una! Cosa faresti se Egli alzasse qui nuovamente la Sua voce contro di noi?! Ti assumeresti forse la responsabilità per tutti noi?»

14. Risponde il primo: «Quello che sai tu lo so anch’io, perché ho visto e udito tutto esattamente come te. Certo, Egli troverà scappatoie in grande quantità; bisogna aggiungere ancora che Egli è un parlatore ed uno stregone di prim’ordine. Ma la nostra ragione in simili circostanze ci deve essere di guida, e la nostra ragione ci ammonisce anche adesso e ci dice: “Andatevene prima che il demonio divenga del tutto il vostro padrone”. Ed è ben sperabile che noi vorremo seguire i suggerimenti che ci dà la ragione! Oppure vogliamo forse proprio sul serio lasciarci cadere in balia del diavolo? No, per Dio! Un tal pensiero sia in eterno ben lontano da noi tutti, perché noi abbiamo Abramo per padre, e il costui Padre è Dio; e per conseguenza non intendiamo affatto lasciarci imbrogliare da questo Mago, a somiglianza dei pagani!»

15. Osserva allora nuovamente il secondo: «Ma tuttavia la Sua Dottrina è pura, e si adatta perfettamente alla natura umana; così pure da essa non traspare in nessun punto qualcosa di diabolico! Io non posso davvero condividere interamente la tua opinione, perché, tutto considerato, Mosè non ci ha insegnato cose differenti da quelle che insegna questo nazareno.

16. Amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi, non rendere male per male, fare del bene perfino ai propri nemici, benedire coloro che ci maledicono e nello stesso tempo essere umili e pieni di mansuetudine: da tutto ciò non traspare sicuramente nulla che possa sospettarsi di origine diabolica!»

17. Ribatte il primo: «Per te no certo, poiché tu sei già nelle grinfie del diavolo. Non sai tu dunque che il demonio è appunto maggiormente pericoloso quando si presenta sotto le spoglie di un angelo?!»

18. E l’altro risponde: «Se tu prendi simili leggende da vecchie comari a norma fondamentale della tua vita, allora non vale la pena di scambiare più parola con te! Dov’è mai quel bue o quell’asino che possa affermare di aver visto Satana sotto le vesti di un angelo di Dio e di avergli mai parlato? In verità, a tale riguardo tanto tu quanto i tuoi aderenti fate torto a quest’Uomo!

19.Noi non sappiamo niente di male sul Suo conto; al contrario, si sente parlare molto bene di Lui e delle Sue opere meravigliose e finora mai viste! Perché dunque noi dobbiamo condannarLo immediatamente se vediamo che Egli avvicina tanto i peccatori quanto i giusti, e che usa anche con i primi molta pazienza ed una grande indulgenza ispirata a puro e vero amore?».

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Cap. 147

Partenza dei farisei e degli ortodossi i quali vanno vagando nell’oscurità notturna. Loro ritorno. Essi chiedono ed ottengono ricovero da Kisjonah. Parabola del Signore che contiene un aspro rimprovero per la loro perfidia e che provoca in essi ira ancora maggiore. Loro minacce al Signore.

(Matteo 11, 15-19)

 

1. Dopo questo discorso, i più fanatici tra i farisei e gli ebrei ortodossi si separarono da colui che aveva manifestato sentimenti più moderati, e da qualche altro che condivideva le sue idee, e si misero, poiché la sera era già abbastanza inoltrata, in cammino verso Cafarnao, evitando di andarvi per mare, poiché questo era fortemente agitato ed essi non si fidavano dei traghettatori, nonostante questi li assicurassero che il tragitto sarebbe stato sicuro.

2. Ma l’intera carovana composta di circa centocinquanta uomini, dato che non conosceva bene la strada, non arrivò troppo lontano; giunse cioè fino ad un luogo dove un’alta roccia inaccessibile scendeva a picco sul mare, il quale vi si infrangeva con violenza e fracasso terribili; la roccia stessa poi stava a ridosso di un monte che si innalzava ripido ed oltre al quale, dal luogo dove si trovava la carovana, non c’era nessuna via che conducesse al mare. Così alla stessa non restò altra scelta che rifare la strada, piuttosto lunga e ritornare nel luogo da dove si era allontanata. Ora, quando la carovana si fu decisa per il ritorno, era già notte scura e il temporale, che prima minacciava, cominciò a scatenarsi con violenza, cosicché essi arrivarono, sotto una pioggia dirotta con lampi e tuoni, alla fattoria del doganiere Kisjonah, dove cercarono ricovero, perché erano tutti inzuppati fino alle ossa e stanchi tanto da non poter più reggersi in piedi. E il doganiere e i suoi di casa fecero buona accoglienza a quegli affaticati, e procurarono loro un giaciglio asciutto, ciò che fu loro di grande conforto, poiché erano, come detto, bagnati dal capo alle piante dei piedi.

3. Il giorno seguente, ad ora piuttosto avanzata, un po’ stanchi ancora e bagnati, essi sbucarono fuori dal loro giaciglio e misero ad asciugare le vesti al sole.

4. Quel giorno però era sabato e Kisjonah e tutti i suoi lavoravano ed accudivano alle loro faccende come in qualsiasi altro giorno; e quando fu mezzodì, vennero apparecchiate le mense ed imbandite ogni tipo di vivande molto ben preparate.

5. Kisjonah invitò a desinare anche tutti i farisei e ortodossi ancora non ben asciutti né rimessi in forze, però essi non soltanto non accettarono l’invito, ma iniziarono anche a mormorare e ad imprecare atrocemente contro i profanatori del sabato, poiché un vero ebreo non doveva né toccare, né mangiar niente prima del tramontare del sole; gli era solamente concesso di bere tre volte durante la giornata.

6. Allora Kisjonah, visto che quegli invitati ricambiavano in tal modo il suo atto cortese ed amichevole, si rivolse a Me e disse: «Signore! Come si deve trattare con questi pazzi? Io voglio fare loro del bene, ed essi per tutta gratitudine mi maledicono! Dimmi Tu dunque se Dio presta ascolto alle maledizioni di simili squilibrati a danno di colui che viene maledetto da loro?»

7. Gli rispondo Io: «Oh, sì, però non a danno di chi essi maledicono, ma la maledizione in tal caso si ritorce contro colui che l’ha pronunciata. Chi ha orecchie da udire, oda! (Matteo 11,15). Infatti Io voglio dichiararvi ora cosa si deve veramente pensare di costoro. Credete voi forse che essi osservino il sabato per la ragione che Mosè l’ha comandato? Oppure pensate voi che essi digiunino per lo stesso motivo?

8. Io ve lo dico: “Mosè e tutti i Profeti non valgono nel loro cuore nemmeno tre stateri, perché, se osservano il sabato e digiunano, lo fanno affinché la gente, che paga loro le decime e regala loro del buon denaro sonante, continui a considerarli degni successori di Aronne”.

9. Ma a chi devo paragonare questa misera generazione? Non è essa simile ai bambini che siedono in piazza e gridano ai loro compagni (Matteo 11,16): “Vi abbiamo suonato il flauto, e non avete voluto danzare; vi abbiamo fatto il lamento, e non avete voluto piangere!” (Matteo 11,17). Qui però non intendo che tali bambini siano i farisei e rigidi ebrei, come quelli che stanno davanti a noi, bensì coloro che sono al nostro fianco. Essi infatti ieri volevano trattenere qui questi pazzi e perfetti atei nel loro cuore, e i pazzi si sono burlati di loro e di Me. E i traghettatori, essendoci buon vento, volevano portarli a Cafarnao per mare, ma questi pazzi non si fidarono dei marinai; essi andarono dunque a piedi e una brutta tempesta li spinse di nuovo qui. Ora voi li avete invitati a pranzo, ed essi vi maledicono! 

10. O amati figlioli che sedete dinanzi a Me al vero mercato della vita, ascoltateMi: “Non suonate più il flauto e non cantate nessuna canzone lamentevole a questa pazza stirpe, poiché essi sono storpi nello spirito, e per conseguenza non possono danzare. Non cantate più alcun lamento, poiché il loro animo è pietra dura che non assorbe alcuna umidità!”.

11. Giovanni, che fu ieri oggetto di molti discorsi e del quale Io resi equa testimonianza, è venuto ed ha condotto una vita tanto severa che egli, all’infuori di locuste e di miele selvatico, che si procurava faticosamente estraendolo dalle buche della terra, non mangiava e non beveva quasi nulla; e questi qui, nonché altri della stessa risma, gli rinfacciarono che era il diavolo (Matteo 11,18) che durante la notte lo manteneva e lo nutriva!

12. Ebbene, Giovanni come nessun altro prima di lui ha suonato e cantato lamentevolmente più che a sufficienza, ed ecco, che questi e molti altri uguali a loro non hanno voluto saperne di danzare o di piangere!

13. Ora invece è sceso in Me sul mondo il Figlio dell’uomo promesso da lungo tempo; Questi mangia e beve. Che cosa dicono adesso? Voi stessi li avete uditi ieri in quale modo ebbero ad esprimersi sul Mio conto quando gridarono: “Ecco! Vedete chi è Costui? Un divoratore e beone, ed anche un amico intimo di pubblicani e peccatori!”.

14. Ma Io vi dico: “È necessario che tale sapienza sia giustificata dai loro stessi figli (Matteo 11,19). Sono i loro figli cioè che li dichiarano pazzi, e così questa sapienza che essi ci hanno spiattellata risulta giustificata nei loro figli, e la Mia pure, poiché i loro figli la riconoscono e l’accettano; e in tal modo ad ogni genere di sapienza, tanto la falsa quanto la vera, è stata resa giustizia a sufficienza”»

15. Allora i farisei e gli ortodossi si alzarono e Mi inveirono con tali parole: «Bada bene a come parli! Tu sei sempre un giudeo! Noi abbiamo dalla nostra parte la Legge e con ciò il diritto di annientarTi quale eretico pericoloso, poiché Tu vuoi distruggere Mosè ed i Profeti! Guai a Te se non rinunci a tali Tuoi propositi! Noi abbiamo da parte dell’imperatore l’autorizzazione formale di ricorrere in casi estremi ai tribunali romani, ed ogni governatore di provincia ha l’obbligo di dar corso alle nostre richieste!».

 

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Cap. 148

Lo sdegno dei discepoli che pregano il Signore di procedere contro i farisei. «Dopo questa vita, ne segue una eterna!». Il Signore profetizza la punizione di Corazim, Betsaida e Cafarnao. Una visione del giudizio futuro. «Io glorifico Te, Padre Mio, che riveli tali cose ai piccoli fanciulli!». «Io e il Padre siamo una cosa sola!».

 

1. Udita la minaccia, i Miei discepoli si alzarono al loro volta ed esclamarono: «Signore, come puoi tollerare una cosa simile?! Non hai Tu potere sufficiente per distruggere tale ciurmaglia? I sichariti sono pur stati scacciati parecchie volte quando vollero attaccarti, e tuttavia a Sichar non hai compiuto tante opere quanto a Cafarnao»

2. Rispondo Io: «Certamente, Io avrei potere più che sufficiente per impedire tali cose. Ma il Signore della Vita non ha bisogno di tenere qui giudizio, poiché, dopo questa vita, ne segue un’altra ancora che non ha mai fine, sia essa buona o cattiva, - la durata è la stessa! E per quel tempo eterno Io emetto già ora in anticipo, una giusta sentenza, e maledico tutte le città nelle quali Io feci pur tanto del bene, mentre avete appreso ora la ricompensa che Mi fu riservata!

3. Ed esse non si sono ravvedute (Matteo 11,20) nonostante tutte le Mie prediche, e tutte le Mie opere hanno lasciato freddi e muti i loro cuori! E perciò guai a te Corazim, guai a te Betsaida! Perché se a Tiro e Sidone fossero state fatte le potenti opere che sono state fatte in voi, avrebbero già ai loro tempi fatto penitenza con sacco e cenere! (Matteo 11,21) 

4. Ma pure Io vi dico che Tiro e Sidone saranno nel giorno del Giudizio più tollerabilmente trattate di queste città! (Matteo 11,22)

5. E tu, superba Cafarnao, che fosti innalzata fino al Cielo, sarai abbassata fin nell’Inferno! Perché se a Sodoma fossero state fatte le potenti opere che sono state fatte in te, quella città sarebbe durata fino ad oggi! (Matteo 11,23)

6. Ma pure Io vi dico ancora: “Nell’altro mondo, nel giorno del Giudizio, il paese dei Sodomiti sarà più tollerabilmente trattato di te (Matteo 11,24), dura, orgogliosa e supremamente ingrata città! Ho Io dunque guarito le migliaia di tuoi ammalati e risuscitato i tuoi morti perché tu abbia ora a maledirMi?! Guai, guai a te mille volte, nel giorno del Giudizio! Tu apprenderai allora Chi era Colui che hai maledetto!”».

7. E come fui giunto alla fine di questo discorso punitivo, molti ebbero una visione, e poterono scorgere quello che nel giorno del Giudizio sarebbe avvenuto di tali città da Me maledette e videro la Mia figura nelle nuvole e videro una maledizione uscire dalla Mia bocca e come questa colpiva le città maledette! Svanita tale visione, che era stata percepita soltanto dai più semplici ed umili e ardenti d’amore per Me fra gli uomini e donne che erano attorno a Me, questi si prostrarono davanti a Me e Mi lodarono e glorificarono.

8. Ed Io, alzate le mani, li benedissi e così parlai: «Anch’Io quale uomo Ti glorifico ora, o Padre e Signore del Cielo e della Terra, che hai nascoste tali cose ai sapienti ed agli intelligenti del mondo, e le hai rivelate ai piccoli ed agli umili! (Matteo 11,25). Sì, certo, o Padre santissimo, poiché così è piaciuto a Te ed a Me! (Matteo 11,26). Quello che Tu fai, o Padre, lo faccio anch’Io, poiché noi siamo dall’eternità una cosa sola! Io non sono mai stato altri che Te, o Padre santo, e quello che è Tuo è anche Mio fin dall’eternità!».

9. A queste ultime parole un grande timore comincia ad insinuarsi nell’animo di tutti, perché fra i discepoli che erano sempre con Me già molti non avevano nessun dubbio riguardo alla Mia Divinità, ed appunto questi furono i maggiormente atterriti.

 

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Cap. 149

Scena fra Natanaele quale evangelista non eletto e il Signore. Del giorno del Giudizio. Immensa promessa ai rinati nello spirito. «Guai agli avversari dei Miei ordinamenti!». «Nessuno conosce il Padre all’infuori del Figlio». «Colui che dal Padre non è attratto, non perviene al Figlio!». «Il Padre è l’Amore del Figlio».  «Venite a Me voi tutti che siete travagliati, affinché Io vi ristori!».

 

1. Allora Natanaele - il quale pur trovandosi fra i non eletti si era tuttavia assunto una parte importante, dato che egli, nonostante non avesse ricevuto da Me uno speciale incarico, scriveva per conto suo un Vangelo in lingua greca nella quale egli era versatissimo, e ciò anzi in modo più circostanziato di quanti altri si occupavano di tale necessità - si avvicinò a Me con i segni del più grande spavento impresso in volto ed esclamò: «O Signore onnipotente! Anch’io ho avuto la visione, e il mio occhio ha visto cose spaventose, tanto che la mia mano, in procinto di scrivere, rimase come paralizzata! Io Ti supplico per tutto l’amore mio per Te, o Santo nell’eternità, che Tu mi dica se un giorno, nell’aldilà, accadrà proprio davvero tutto così come io e molti altri abbiamo ora visto?»

2. Gli rispondo Io: «Non avere alcun timore, perché tu non hai niente da temere! Chi vive ed opera come fai tu, costui verrà risvegliato nell’aldilà, anzi, già nell’aldiquà, a vita eterna; ed ecco che per ciascuno sarà il proprio giorno del Giudizio quel giorno in cui Io lo risveglierò a vita eterna; sia che ciò avvenga già nell’aldiquà oppure nell’aldilà.

3. Però si sforzi ognuno affinché il risveglio possa avvenire già durante la vita terrena, poiché colui che, ancora costretto a vivere fra i lacci della carne, viene svegliato, costui non vedrà la morte del corpo e non ne sentirà l’amarezza, e la sua anima non ne sarà angustiata.

4. Ma guai a questi ed a tutti i futuri avversari del Mio Ordine! In verità ti dico che questi tali dovranno un giorno accorgersi mille volte Chi è Colui Cui essi volevano opporsi tentando di schiacciare sotto il peso delle loro maledizioni Lui e tutti coloro che veramente professano la Sua Dottrina!

5. Io posso ben dire e fare tal cosa, poiché Io ti dico: “Ogni cosa Mi è stata data in mano dal Padre Mio! Ma nessuno conosce il Figlio, che sono Io, se non il Padre; e ugualmente nessuno conosce il Padre se non il Figlio e, dopo di Lui, colui al quale il Figlio avrà voluto rivelarLo”». (Matteo 11,27)

6. Dice Natanaele: «Quindi neppure noi, che siamo i Tuoi discepoli più fedeli, possiamo dire di conoscerTi, e tuttavia ci hai già rivelato molte cose di Te e ci hai mostrato Chi sei!?»

7. Dico Io: «Voi Mi conoscete bensì quel tanto che Io Mi sono a voi rivelato e mostrato, però vi manca ancora molto; e quando voi conoscerete il Padre, solo allora conoscerete pienamente anche Me, e questo avverrà quando Io sarò nuovamente asceso da questa Terra ai Miei Cieli! Cominciando da quel tempo, sarà il Padre che vi attrarrà a Me, come Io vi attraggo ora al Padre. E colui che dal Padre non sarà attratto, costui non perverrà a Me che sono il Figlio. In verità ti dico: “In quel tempo ognuno dovrà apprendere da Dio stesso Chi è il Figlio; e chi non avrà appreso tale cosa da Dio, non perverrà al Figlio e non avrà in Lui la vita eterna.

8. Ma il Figlio non è più severo del Padre, poiché quello che l’Amore del Padre opera, lo opera anche l’Amore del Figlio, e come l’Amore del Padre è il Figlio, così anche l’Amore del Figlio è il Padre”.

9. E il Figlio dice a voi, come pure a tutti gli uomini: “Venite a Me, voi che siete travagliati e oppressi, Io voglio ristorarvi! (Matteo 11,28) 

10. Prendete su di voi il Mio giogo, ed imparate da Me a portarlo comportandovi come faccio Io che sono mansueto ed umile di cuore; così facendo avrete pace ed ogni timore fuggirà da voi! (Matteo 11,29)

11. Ora, il Mio giogo è dolce, e leggero è il carico che Io vi do da portare, perché Io so quali sono le vostre forze!”». (Matteo 11,30)

 

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Cap. 150

La perfidia dei farisei viene messa in luce dal Signore. La paura li spinge verso il mare, lottano duramente contro l’uragano e arrivano a Cafarnao ammutoliti dallo spavento.

 

1. Queste parole ebbero l’effetto di tranquillizzare i discepoli, ma i farisei e tutti gli altri ortodossi cominciarono qua e là a domandare cosa avevano visto di tanto terribile da rendere in modo così evidente manifesta la paura da cui erano stati invasi.

2. Gli interrogati raccontarono quello che avevano visto, e le risposte date dai singoli erano in perfetta armonia l’una con l’altra. Allora fu la volta dei farisei di non potersi più raccapezzare, ed essi iniziarono a domandarsi l’un l’altro ed a dire: «Come è possibile una cosa simile, cioè che tutti nel medesimo istante abbiano avuto la medesima visione? Come può un mago provocare un’apparizione per alcuni e per altri no? Come si spiega che soltanto coloro che sono dalla Sua parte abbiano potuto vedere qualcosa, e noi niente? Ecco che Egli, pur protestandosi giudeo, ha pronunciato contro di noi, fervidi seguaci di Mosè, una condanna, e che condanna! se ci atteniamo alla visione che ci fu descritta! Sarebbe stato da parte Sua più logico e consigliabile far avere la visione a noi, allo scopo di suscitare in noi un timore salutare e di indurci a diventare Suoi seguaci. Ma Egli è furbo e non fa un simile spettacolo davanti a noi perché teme che noi Lo smascheriamo e Lo chiamiamo con il nome che più Gli si adatta e che forse i Suoi seguaci attuali, aperti una buona volta gli occhi, si accorgano di chi sia veramente il loro tanto glorificato Maestro! La conclusione però è che noi dobbiamo adottare assolutamente misure più energiche contro quest’Uomo che va diventando ogni giorno più pericoloso, altrimenti ci toglie in breve tempo il potere, ed avremo poi da fare i conti con i romani i quali penseranno loro a conciare per le feste tutti noi, senza alcuna eccezione!»

3. A questo punto intervengo Io e dico ad alta voce: «È già da lungo tempo che siete maturi per una simile fine, e basterebbe che Io dicessi una sola parola al comandante romano, e nello spazio compreso tra domani e dopodomani voi pendereste a migliaia dalle croci! Pensate che Io non conosca le vostre macchinazioni ai danni dell’imperatore Tiberio? Oh, non vi è nulla di sconosciuto per Me! Io conosco il giorno e l’ora perfino in cui verrà dato il segnale convenuto per l’intera Giudea, per la Galilea e per Gerusalemme stessa, fra le sue mura, ed in che cosa tale segnale consisterà. Io tuttavia vi dico che a questo riguardo voi farete pessimi affari, e il governatore Ponzio Pilato che regge con mano di ferro la provincia, saprà ben darvi poi una ricompensa adeguata alle vostre nobili fatiche davanti alle mura di Gerusalemme; Erode avrà poi molto da fare per ritornare in grazia presso il governatore!

4. Continuate pure, nella vostra sconfinata e tenebrosa perfidia, ad escogitare misure sempre più severe contro Me e contro i Miei discepoli; saprò bene anch’Io che comportamento tenere verso di voi, ancora prima del tempo! 

5. Giovanni vi ha chiamati “razza di serpenti e di vipere”! Io finora non vi ho mai dato un tal nome, però lo faccio adesso, e vi dico di allontanarvi subito da qui, altrimenti faccio venire degli orsi dai boschi perché accada a voi quello che è accaduto ai tempi di Elia ai perversi ragazzi che avevano voluto farsi beffe di questo Profeta! Infatti dal Mio cuore è scomparsa ogni traccia di misericordia per voi.

6. Se voi aveste bestemmiato, come sempre, soltanto Me, Io vi perdonerei; ma voi siete insorti e vi siete armati contro il Mio Spirito che è l’Amore e che è dall’eternità il Padre Mio; ora questo peccato non vi sarà perdonato né in questa né meno ancora nell’altra vita! Andatevene dunque via da qui, affinché Io possa restare in pace presso il Mio amico Kisjonah quei pochi giorni che restano!»

7. Dice uno dei farisei: «Noi non dobbiamo perderTi di vista, poiché abbiamo ricevuto da parte del nostro capo il preciso incarico di sorvegliarTi!»

8. Dico Io: «Sì, Io so che voi siete stati incaricati di sorvegliarMi come fanno i lupi con il gregge delle pecore. Ma se voi intendete persistere nel vostro proposito, farò scendere subito dalla montagna qui vicina degli orsi e ve li assegnerò quali sorveglianti e correttori!».

9. Nello stesso istante in cui Io termino di parlare, dalla vicina montagna si fa sentire un ruggito terribile di molti orsi. I farisei e gli ortodossi con loro, visto che la Mia minaccia non è vana, si danno subito alla fuga verso il mare, si precipitano in alcune barche di pescatori e con una spinta si staccano da terra. Ma un vento forte contrario li spinge nuovamente verso la riva, dove hanno fatto la loro comparsa un paio di orsi i quali vanno qua e là vagando. Per due ore essi lottano continuamente con il vento che li sospinge ostinatamente verso terra ogni qualvolta che, approfittando di pochi momenti di relativa calma, riesce loro di allontanarsene di alcune tese[9]. Dopo due ore di lotta disperata contro il vento e le onde, si avvicina loro finalmente una nave più grossa che raccoglie quegli sciagurati fuori di sé per lo spavento e stanchi morti, e la nave parte con loro mentre più forte ancora imperversa l’uragano il quale ad ogni istante minaccia di travolgere tutto. In tal modo, fra indicibili angosce, vanno vagando tra le onde tutto il resto di quel giorno nonché l’intera notte, e solo verso mezzogiorno del giorno successivo raggiungono terra nelle vicinanze di Cafarnao.

10. Là essi vengono interrogati dai loro superiori nel modo più minuzioso riguardo a tutto ciò che essi possono avere avuto occasione di vedere e di udire, ma essi si mantengono quanto mai riservati e non si azzardano di aprire bocca, perché gli avvenimenti svoltisi durante l’ultima giornata hanno infuso in loro un rispetto non indifferente per la Mia Persona, e non ritengono opportuno, per il momento, intraprendere qualcosa contro di Me.

 

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Cap. 151

La proposta di un’escursione in montagna. Breve chiarimento riguardo alla denominazione dei monti di Canaan in quel tempo. Domanda coscienziosa di Kisjonah agli spioni del Tempio. La montagna risponde scuotendosi alle interrogazioni di Natanaele; dell’immediato buon risultato che ne consegue. Primo accampamento notturno sull’alpe di Kisjonah.

 

1. Allora i capi dei farisei di Cafarnao scelsero degli altri fra i loro accoliti e li incaricarono di raggiungerMi, ma anche questi ebbero molto da combattere con il maltempo, poiché si era già prossimi all’autunno, anzi veramente alla vigilia dell’autunno che è quanto dire il periodo più agitato dell’anno, ed in quell’epoca gli uragani erano frequenti in quei paraggi, particolarmente poi infuriavano sul cosiddetto Mare di Galilea. I farisei dunque, inviati da poco, arrivarono solo il quinto giorno nel luogo dove Io mi trovavo ancora e chiesero di poter intrattenersi con Me; Io però non li ammisi alla Mia presenza ben sapendo cosa essi volessero, e feci invece comprendere loro che Io Mi sarei trattenuto lì per qualche tempo ancora e che poi avrei visitato le località circostanti, infine che essi avrebbero dovuto mantenere un comportamento tranquillo, in caso diverso sarebbe andata molto male per loro!

2. Ora, quel giorno era precisamente il primo giorno dopo il sabato, corrispondente quindi alla domenica dell’epoca attuale, e poiché il tempo era quanto mai chiaro e l’aria purissima, Kisjonah venne e propose a Me ed a tutti i presenti di salire sul monte che si elevava altissimo a non molta distanza dalla sua fattoria.

3. Era questo un monte che non aveva ancora alcun nome preciso, poiché la scienza della geografia si trovava allora ancora nello stadio di infanzia, e per conseguenza la maggior parte delle montagne e delle valli, pianure, laghi, ruscelli e fiumi di poca importanza non avevano nessuna denominazione speciale generalmente usata, ma il nome veniva loro imposto ed anche cambiato dalle genti che dimoravano nelle vicinanze; però più difficile di tutto era orientarsi con la denominazione delle montagne.

4. Monti che per la loro conformazione ed ubicazione non si presentavano in un gruppo a sé stante come un Tabor, un Libano, un Ararat od un Sinai, ma facevano invece parte di una grande ed estesa catena, non avevano di solito nessun nome distinto, e l’eventuale denominazione valeva soltanto per una parte della montagna ed era di carattere del tutto locale e transitorio. Non di rado il monte prendeva il nome da qualche ricco possidente che lo aveva in sua proprietà e che vi mandava le sue greggi al pascolo. Se con il tempo il monte diveniva proprietà di un’altra persona, allora anch’esso cambiava di nome; in tal modo anche il monte di cui parliamo noi, poiché era proprietà del doganiere, e veramente era situato già in territorio greco (cioè politicamente come provincia romana), veniva chiamato con il nome del proprietario.

5. Quel luogo poi, trovandosi al confine tra la Galilea e la Grecia, era la sede di uno dei principali uffici della dogana il quale vigilava la strada abbastanza ben tenuta che in quel luogo tagliava, oltre la montagna, il confine, congiungendo la Galilea alle terre greche, ed era frequentata da migliaia di mercanti di ogni paese i quali vi facevano transitare le mercanzie più svariate su cammelli, cavalli da soma ed asini.

6. Quando i farisei arrivati da poco appresero che noi volevamo salire quell’alta montagna, domandarono a Kisjonah se avrebbero potuto anch’essi far parte della compagnia, e Kisjonah rispose: «Ammesso che voi vogliate o possiate essere animati da buona volontà e da buone intenzioni, il monte che si estende da qui verso la Grecia, per venti ore circa di cammino in lunghezza e per cinque ore circa in larghezza, è di mia assoluta proprietà ed è spazioso abbastanza per accogliere anche voi, ma non vorrei affatto che veniste in qualità di maligni spioni al servizio dei sacerdoti di Cafarnao e di Gerusalemme, perché in questo caso io, che sono greco ed ormai ferventissimo seguace della Dottrina santa e, secondo la mia convinzione, unica vera di questo Maestro divino fra tutti i maestri, non avrei affatto bisogno di voi e dovrei con ogni possibilità o mezzo che sta a mia disposizione tutelarmi dalla vostra compagnia! Interrogate il vostro cuore! Se esso è puro, allora potete venire liberamente con noi, ma se è impuro, voi potete all’istante ritornare nuovamente là da dove siete venuti»

7. Dicono i farisei: «Noi siamo puri e non vi è alcuna falsità nel nostro cuore. Noi siamo ebrei che professano la fede di Mosè, come del resto lo è anche Gesù, e non potrà neppure Lui distruggere la Legge di Mosè. Ma poiché udiamo da tutte le parti narrare grandi cose delle Sue opere e dei Suoi insegnamenti, comprenderai che abbiamo tutto l’interesse di verificare se le Sue dottrine non cozzino contro la Legge di Mosè. Se esse confermano Mosè ed i Profeti, anche noi siamo disposti ad accettarle, ma se invece vi si oppongono, allora è naturale che noi dobbiamo dichiararci contrari a simili idee nuove!»

8. Osserva il doganiere: «Sarà strano, ma le stesse cose che voi dite ora qui le dissero a suo tempo anche tutti i vostri predecessori ai profeti, e ciò non tolse che i profeti venissero lapidati come negatori di Dio, ed io dei profeti ne conosco assai pochi che non abbiano fatto l’identica fine. Eppure in ogni occasione voi tirate in campo i profeti e li esaltate! Ma i vostri predecessori erano precisamente quello che voi siete, e voi non siete per nulla migliori di quanto lo siano stati i vostri predecessori che lapidarono i vostri profeti. Perciò io non mi fido di voi per quanto riguarda questo santo Profeta di tutti i profeti.

9. È certo vero che a parole vi proclamate seguaci di Mosè, ma nelle vostre opere siete da Mosè più lontani di quanto lo sia questa Terra dal cielo! Esaminate dunque la vostra coscienza, e vedete poi se siete degni di salire con noi su questa mia montagna!»

10. Dico Io a Kisjonah: «Lascia pur che ci seguano! Quando ne avranno abbastanza, faranno ben ritorno a valle, perché fra loro non ve n’è uno che sia salito mai su un monte! Chissà che l’aria purissima delle alte regioni non riesca a togliere qualche impurità dai loro cuori?»

11. Kisjonah si dichiarò soddisfatto, e quindi, ben provvisti di tutto l’occorrente, cominciammo la salita. 

12. Le cinque figliole del doganiere facevano anch’esse parte della compagnia e Mi erano sempre intorno come i pulcini, interrogandoMi di frequente su molte e varie cose relative alla Creazione primordiale del mondo, sul modo in cui erano state formate tali montagne, ed Io spiegai loro il tutto in maniera corrispondente al grado della loro intelligenza; anche i numerosi discepoli ed una moltitudine di popolo che ci accompagnava cercavano per quanto possibile di non perdere nulla delle Mie parole e ne godevano enormemente.

13. E Natanaele, il quale più di ogni altro era compenetrato della Mia Divinità, nel suo entusiasmo interrogava ogni tanto il monte ed esclamava: «O montagna! Sai tu Chi è Colui che ora posa su di te i Suoi piedi?». E tutte le volte che Natanaele rivolgeva al monte una così alta domanda, il monte sussultava in modo che tutti se ne accorsero.

14. Questo fenomeno tuttavia suscitò nei farisei uno sgomento grandissimo, ed essi iniziarono ad ammonire il popolo dicendo che sarebbe stato consigliabile di non azzardarsi più oltre e che poteva benissimo trattarsi di un monte sacro fin dagli antichi tempi, e che a persona indegna era proibito di salirvi, pena di vedere il monte stesso iniziare a tremare ed a scuotersi e trascinare chissà quanti alla rovina, a causa di quell’unica ed indegna persona!»

15. Ma il popolo rispose: «Allora rifate pure la strada da soli, perché per causa nostra questo monte non ha ancora mai tremato, e Dio sa che noi vi siamo saliti già parecchie volte».

16. Udito questo, i farisei cominciarono a mormorare contro il popolo. E mentre essi mormoravano, il monte si scosse nuovamente, e quei farisei, esterrefatti, si voltarono e si misero a correre a precipizio giù dal monte per raggiungere il più presto possibile la pianura; così noi fummo d’un tratto liberati da quei compagni importuni.

17. Noi proseguimmo poi tranquillamente il nostro viaggio ed arrivammo verso sera alle estesissime fattorie alpine di Kisjonah dove pernottammo; solo il secondo giorno, poiché le donne che erano con noi erano molto stanche, ci accingemmo a salire sulla vetta più alta del monte dalla quale si godeva uno spettacolo inesprimibile: con uno sguardo si poteva dominare tutta la Galilea, la Samaria, la Giudea ed una buona parte dei territori greci. (con questi si intende la provincia fenicia).

 

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Cap. 152

L’arrivo sulla vetta che ebbe luogo il secondo giorno. Della bella vista goduta e dei meravigliosi avvenimenti svoltisi là. Corrispondenza con gli spiriti e con le anime dei trapassati. Del luogo particolare dove sono confinati nell’aldilà gli spiriti dei grandi uomini che vissero su questa Terra. Paesaggi dell’aldilà.  Limitazione del campo d’azione di Satana nell’aldilà. Sul modo in cui gli spiriti vedono le cose. Desiderio di Kisjonah di vedere anche degli angeli.

 

1. Noi ci fermammo tutto un giorno ed una notte su questa cima e godemmo molto delle magnificenze e dei meravigliosi spettacoli a cui avemmo là occasione di assistere.

2. Per Me certamente non vi era niente di meraviglioso, per la ragione che tutte le innumerevoli apparizioni, fenomeni ed avvenimenti hanno e devono avere in Me stesso la loro causa prima; ma per tutti gli altri che erano con Me lo splendido e il meraviglioso erano elargiti a piene mani.

3. Innanzitutto si godeva una splendida vista su di una zona estesissima che, fino al tramonto, tenne occupati tutti gli sguardi. In secondo luogo poi, dopo tramontato il sole, Io concessi a coloro che là si trovavano il potere visivo interiore, così da metterli in grado di spaziare con lo sguardo nell’immenso mondo degli spiriti.

4. Quale non fu la loro meraviglia nello scorgere al di sopra della Terra un intero mondo, per loro sconosciuto, pieno di esseri che qui vivono ed operano, ed oltre a ciò paesaggi svariatissimi e pianure immense, in qualche parte di una magnificenza grandiosa; ed altre invece, specialmente verso settentrione, desolate e tristi!

5. Io però comandai in segreto di non far parola di Me a tutti gli spiriti.

6. Nel frattempo, molti dei discepoli si intrattenevano con gli spiriti riguardo alla vita dopo la morte del corpo, e questi ultimi fornirono ai discepoli la prova evidente che dopo la morte del corpo vi è ancora un’altra vita molto più perfetta, e spiegarono loro in quale modo questa vita si manifesta.

7. E anche Kisjonah esclamò: «Ormai tutti i miei desideri sono compiuti! Per tutto quello che io ho e per questo monte che fa parte delle mie transitorie proprietà terrene, io darei davvero la metà di tutto quanto posseggo, pur di avere qui ora qualche eccelso campione di quei sadducei e di quegli esseni che non ammettono che vi sia una vita dopo la morte del corpo! Come sbatterebbero ben il naso tutti questi sapienti contro il mondo degli spiriti, qui dove siamo! Non c’è alcun dubbio che perderebbero perfino del sangue dal loro naso; e dire che una volta fui io stesso quasi sul punto di ammettere interamente la bontà delle loro dottrine! A poco a poco però lasciai andare simili idee, poiché per mia fortuna mi ridusse a migliore consiglio un’apparizione che io ebbi del mio defunto padre, per quanto questa sia stata piuttosto raccapricciante.

8. È una cosa straordinaria! Qui noi ora possiamo conversare con questi esseri come con i nostri simili! Tuttavia, quello che più mi stupisce è che qui fra tanti e tanti spiriti, dei quali alcuni mi sono anzi perfettamente noti per averli conosciuti benissimo di persona, non sia visibile nessuno dei patriarchi, né dei Profeti e nemmeno nessuno dei Re!»

9. Gli dico Io: «Carissimo fratello e amico Mio, quelli di cui tu parli, vivono nel mondo degli spiriti assolutamente come questi che vedi qui, ma affinché tutti i milioni e milioni di altri spiriti non siano indotti a tributare loro degli onori divini, essi, soltanto per questo motivo, vengono tenuti completamente segregati da tutti gli altri spiriti in un luogo del tutto appartato che si chiama Limbo, e stanno là, pienamente fiduciosi che ora, in questo tempo, Io li renda liberi e li conduca poi nel Cielo, nella dimora riservata fin dall’eternità ai Miei angeli; il che anche avverrà presto.

10. Ma, nello stesso tempo, questi spiriti dei patriarchi, dei Profeti e dei Re costituiscono tra l’Inferno propriamente detto e questo mondo degli spiriti una barriera di difesa, affinché il primo non possa influire malvagiamente sull’altro, e non giunga ad ottenebrarlo, a corromperlo e a sedurlo.

11. Viene concesso a Satana di penetrare nel mondo naturale e di esplicarvi di quando in quando la sua mala attività, ma in questo mondo degli spiriti è precluso per l’eternità l’accesso a tutti i demoni. Infatti laddove la vita propriamente detta ha avuto una volta inizio, la morte rimane per sempre lontana. “Satana”, “demonio” ed “Inferno” costituiscono il giudizio e di conseguenza la morte vera e propria, e non hanno quindi più niente da fare nel regno libero della Vita! Comprendi bene tutto ciò»

12. Risponde Kisjonah: «Signore, relativamente sì, per quanto almeno lo concede la Tua Grazia; ma di certo nelle tue parole vi saranno ancora chissà quali cose immense per ora nascoste e che io probabilmente sarò in grado di abbracciare con la mente e di comprendere pienamente solo quando sarò io stesso un abitante di questo mondo che, in verità, appare più torbido che sereno! Dalla parte d’oriente e di mezzogiorno questo mondo spirituale ha davvero un aspetto oltremodo bello e ridente, ma verso occidente e settentrione appare invece molto più miserevole e triste ancora dello stesso deserto che si estende vastissimo laddove una volta sorgeva la grande Babele, e questo spettacolo desolante guasta perfino la buona impressione suscitata dall’oriente e dal mezzogiorno!»

13. Dico Io: «Tu hai ragione; le cose stanno veramente così come l’animo tuo ti rivela. Però gli spiriti, che tu contempli ora in numero di molte centinaia di migliaia dinanzi a noi, non vedono le profondità dell’occidente e del settentrione nella maniera in cui le puoi vedere tu adesso, dato che uno spirito all’inizio vede solo quelle cose le quali corrispondono allo stato interiore della sua anima.

14. Ora, poiché nel nostro caso né l’occidente né meno ancora il settentrione hanno alcuna rispondenza nell’interno della loro anima, così questi esseri incorporei non possono vedere né l’occidente né meno ancora il settentrione. Soltanto quando un giorno diventeranno del tutto uguali ai Miei angeli, potranno anch’essi vedere tutto nell’identico modo come vedi ora tu stesso»

15. Dice Kisjonah: «Signore, questa cosa mi è alquanto oscura, e non riesco ancora a comprenderla; però io credo che per il momento ciò non sia neppure necessario. Ma un’altra preghiera avrei da farTi o Signore, Tu che con tanta liberalità ci colmi di rivelazioni tanto meravigliose, non vorresti ora, accanto a questa innumerevole schiera di spiriti, mostrarci anche qualche angelo, fosse pure uno o due soltanto?! Io ho udito già tanto parlare di Arcangeli, di Cherubini e Serafini, ed ho letto poi molte cose a questo riguardo nelle Scritture, perciò nella mia mente me li sono raffigurati tante volte in tante forme che, molto probabilmente, erano completamente errate e quindi false del tutto. Dunque, o Signore, se ciò non è contrario alla Tua santa Volontà, vorresti fare in modo che io potessi formarmi anche a tale riguardo un’idea precisa!»

16. Le sue cinque figlie, che erano continuamente intorno a Me, Mi pregarono di far questo.

17. Ed Io dissi loro: «Io lo farò, ma non certo prima della mezzanotte di questa Terra, bensì dopo. Nel frattempo intrattenetevi con gli spiriti; soltanto abbiate cura, parlando con loro, di non rivelare la Mia presenza in questo luogo, perché ciò non li aiuterebbe in alcun modo se fatto anzi tempo, poiché uno spirito deve maturare nella sua più completa e svincolata libertà!».

18. Tutti si dimostrarono lieti per questa promessa, e rimasero ansiosamente in attesa che la mezzanotte passasse.

 

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Cap. 153

Dell’antico modo di misurare il tempo secondo il corso delle stelle. Tre spiriti della luna danno alle figlie di Kisjonah, ansiose di sapere, spiegazioni riguardo al mondo da loro abitato. «Lascia da parte la sapienza ed attieniti soltanto all’amore!».

Il Signore annuncia avvenimenti nuovi.

 

1. Intanto Kisjonah, il quale se ne intendeva un po’ del moto delle stelle, aveva iniziato ad osservare il firmamento per calcolare, basandosi sulla posizione degli astri, quanto tempo mancasse ancora alla mezzanotte, poiché allora non si aveva niente che potesse neppure lontanamente paragonarsi agli orologi di oggigiorno, e per conseguenza, per regolarsi durante la notte, tutti ricorrevano al sistema certamente poco sicuro di valutare il tempo secondo il moto delle stelle.

2. Dopo un po’ Kisjonah esclamò: «Secondo il mio calcolo, la mezzanotte dovrebbe essere già passata!»

3. Ed Io osservai: «Amico! Il tuo calcolo non è esatto, poiché dalla mezzanotte ci separa ancora un’ora. Farai dunque meglio a non perderti in simili calcoli, dato che il corso delle stelle è diverso da quello che tu pensi. Il sistema di calcolo che tu adoperi è di per se stesso falso, perciò sarà oltremodo difficile che tu riesca a stabilire il momento esatto della mezzanotte deducendolo dal moto delle stelle. Uomini capaci di questo nasceranno quando ne sarà venuto il tempo, ma per ora ed ancora per lunghi anni ciò non accadrà»

4. Tuttavia, fra un discorso e l’altro, venne anche la mezzanotte, e la luna si mostrò per metà illuminata all’orizzonte. Allora le figlie di Kisjonah Mi interpellarono nuovamente e Mi chiesero che cosa fosse veramente la luna e perché questa si mostrasse ora in una forma, ora in un’altra.

5. Ma Io risposi loro: «Figliole Mie dilettissime! Dietro a voi stanno appunto tre spiriti della luna; domandate a loro, ed essi vi spiegheranno esattamente che cosa sia la luna, in quale modo essa cambi continuamente la sua luce, e come talvolta la perda del tutto!»

6. Allora la più anziana si rivolse ai tre spiriti, chiedendo dei chiarimenti riguardo a quel mondo che essi dovevano conoscere; ed essi risposero: «O creatura graziosa! La stessa domanda che tu ci rivolgi riguardo alla luna potremmo rivolgerla noi a te per quanto riguarda la Terra che tu abiti. Tu non conosci affatto la ragione per cui adesso la Terra è immersa nell’oscurità, eppure non ne domandi il perché; a quale scopo dunque vorresti sapere della luna che ti è tanto lontana a paragone di questa Terra che ti sorregge?

7. Vedi, anche la nostra luna è, come la tua Terra, un mondo! La tua Terra è rotonda come una sfera, e la nostra luna ha esattamente la stessa forma. Il sole grandioso non illumina contemporaneamente la tua Terra che per metà, ed altrettanto succede con la nostra luna; però la notte, sul mondo che tu abiti, non dura in media che tredici ore vostre all’incirca, ed altrettanto dura anche il giorno; invece sulla luna tanto la notte quanto il giorno hanno una durata di quattordici giorni e di quattordici notti della tua Terra, ed è per questa ragione che il tuo occhio, che osserva da questa Terra, percepisce il continuo mutare di forma della luna; ora, questo costituisce un divario fortissimo tra la luna e la tua Terra che è molto più grande della prima.

8. Vi è però anche un’altra ed immensa differenza fra la tua Terra e la luna, e questa consiste nel fatto che la luna è abitata da esseri della mia specie soltanto da una parte, che tu non puoi scorgere dalla Terra, mentre la tua Terra è abitata, od è almeno abitabile, in tutte le sue parti, o quasi.

9. Oh, sulla luna non si conduce una vita così beata come sulla tua Terra! Là regnano geli terribili ed insopportabili calori, e vi si soffre una fame tormentosa e non di rado una sete ardentissima! Non nutrire dunque nessuna brama di conoscere maggiormente questo mondo piccolo ma quanto mai aspro, sui cui campi non cresce né frumento né grano, e ancora meno la vite.

10. Su quella parte, che puoi vedere sempre da questa Terra, non dimora nessun essere corporeo, né animale né uomo, ma unicamente degli spiriti infelici ed abbandonati, i quali non possono aiutarsi che difficilmente od addirittura affatto! Ed ormai tu sai tutto quello che ti è necessario sapere.

11. Non lasciarti dunque sedurre da nessun desiderio di saperne di più sul conto di questo mondo sciagurato, perché ciò finirebbe con il renderti molto infelice!

12. Ogni tua aspirazione abbia per meta soltanto l’amore, e non curarti delle lusinghe della sapienza, perché è meglio ristorarsi alla mensa abbondante dell’amore che leccare la scarsa rugiada condensata sulla pietra filosofale della luna!»

13. Dopo aver dato queste spiegazioni, i tre spiriti lunari si allontanano, e la giovane Mi domanda in tutta confidenza se per quanto riguarda la luna le cose stiano veramente così come è stato ad essa narrato dai tre spiriti di quel mondo.

14. Ed Io le dico: «Sì, Mia cara figliola, quello che hai udito è la pura verità, e talvolta va ancora molto peggio! Ora però lasciamo che la luna prosegua il suo cammino, ed osservate invece tutti l’oriente! 

15. Io chiamerò alcuni angeli del Cielo e voi li vedrete venire da quella parte; volgete dunque là i vostri sguardi!».

 

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Cap. 154

I tre angeli, Cherubini, conducono i dodici apostoli al Signore che si trova sul monte. Il pranzo celestiale degli ottocento. Discorso di Kisjonah.  Il libro delle «Guerre di Jehova».

 

1. Tutti si volgono dunque a guardare verso oriente dove improvvisamente il cielo ha cominciato a rischiararsi e ad ammantarsi sempre più di luce, come fa al sorgere del sole. Naturalmente tutto ciò viene percepito soltanto mediante la facoltà visiva interiore, quantunque per mezzo di questa vengano impressionati anche gli occhi del corpo.

2. Finalmente, dopo una breve attesa durante la quale l’oriente è diventato sempre più chiaro, ecco apparire tre figure in perfettissima forma umana, sfolgoranti di luce più del sole e, librandosi nell’aria, scendono verso di noi. Però a causa della luce intensa di cui risplendevano i tre angeli, i quali appunto per via del loro splendore e della loro potenza portano il nome generico di Cherubini, il mondo spirituale che ci circonda non si poteva quasi più scorgere, e gli spiriti apparivano come quella leggera nebbia che talvolta sembra essere depositata intorno alla vetta delle montagne.

3. Quando i tre Cherubini furono presso di noi, moderarono alquanto la loro luce, si prostrarono fino a terra davanti a Me e dissero: «Signore! Chi mai in tutte le immensità dei Cieli eterni è degno di contemplare il Tuo santissimo Volto? A Te soltanto, o Signore, venga ogni onore e ogni gloria dall’eterno Infinito!»

4. Ed Io dissi loro: «Copritevi ed affrettatevi a scendere laddove si trovano i Miei dodici messaggeri! Essi hanno compiuto pienamente la Mia Volontà, e quanto hanno fatto è per ora sufficiente; andate dunque a prenderli e conduceteli qui!»

5. Non appena udito tale Mio comando, i tre angeli, spento il loro splendore, si allontanano rapidamente e nel breve periodo di pochi istanti conducono da Me, attraverso l’aria, i Miei dodici messaggeri.

6. Ora questi, a eccezione di Giuda, erano fuori di sé dalla gioia per essere stati trasportati fino a Me da una distanza così grande ed in maniera tanto meravigliosa! 

7. Soltanto Giuda si espresse così: «Di viaggi di questa specie ne ho abbastanza per adesso ed anche per il futuro! È vero che la traversata è durata soltanto pochi istanti, ma che spavento e che corrente d’aria terribile!»

8. Ma gli angeli hanno disposto le cose in modo da far provare simili sensazioni sgradevoli solamente a Giuda mentre gli altri undici non avvertirono niente di tutto ciò. 

9. In seguito, la voce di questo avvenimento si mantenne sulla bocca del popolo ancora per lungo tempo; e cioè che gli apostoli erano stati trasportati attraverso l’aria e condotti da Me sul monte.

10. Però molti sulla montagna ne provarono nel loro cuore un certo sbigottimento, ed esclamarono: «Per il cielo! Le meraviglie cominciano qui a non avere più limiti; quasi non le si può più sopportare!»

11. Altri invece dissero: «Non vi è che Jehova in persona che possa fare simili cose!».

12. I dodici intanto avevano iniziato a narrare delle molte avventure capitate a loro durante il tempo relativamente breve della loro spedizione. 

13. E come ebbero terminato il racconto, comandai ai tre angeli di recare pane e vino in sufficiente quantità, perché i dodici avevano fame e sete, non avendo potuto ricevere per un’intera giornata né da mangiare né da bere. Gli angeli allora eseguirono subito il Mio ordine, e i dodici, preso del pane e del vino, mangiarono e bevvero a sazietà e ne furono ristorati.

14. Però anche le cinque figlie, desiderando di assaggiare quel pane e quel vino, Mi pregarono che io concedessi loro di prenderne un po’, ma Kisjonah le rimproverò per questo, come egli lo chiamava, capriccio, e disse: «L’essere capricciosi è pure un peccato; l’abnegazione di se stesso deve essere per l’uomo guida in ogni cosa, altrimenti nessuno potrà mai giungere alla vera virtù, senza la quale non ci può essere vita»

15. Io osservai: «Amico Mio, questo peccato sia per sempre perdonato alle tue figlie, perché è facile perdonare tali peccati i quali, considerata la cosa dal suo vero punto, non sono veramente peccati. Le tue figlie hanno sul serio fame e sete, dunque, poiché del pane e del vino ce n’è a sufficienza per tutti coloro che sono qui con noi, ne approfittino pure tutti quanti a seconda delle proprie necessità; attendano soltanto che si siano saziati i dodici, i quali per il momento ne hanno bisogno più di qualsiasi altro».

16. Tanto Kisjonah quanto le cinque sue figlie furono oltremodo soddisfatti della Mia decisione. Poi diedi incarico ai dodici apostoli di ripartire pane e vino fra tutti i presenti, ed essi eseguirono immediatamente il Mio ordine. 

17. Ora, in tale occasione, v’erano in tutto all’incirca ben ottocento persone radunate su questo monte, la cui sommità, essendo tronca, terminava in una spianata dalla superficie vasta ed interrotta solamente da un masso di roccia che emergeva dal terreno per circa cinque tese (9,5 m) e che era facilmente accessibile dalla parte di mezzogiorno. Tutti mangiarono e bevettero a sazietà, e Mi lodarono e glorificarono per questo ristoro procurato loro in maniera tanto meravigliosa; e Kisjonah, salito sulla roccia di cui si è già parlato, allo scopo di parlare all’assemblea, così si espresse:

18. «Amici e fratelli miei, ascoltatemi! Noi conosciamo tutte le Scritture dai tempi di Mosè fino quasi ad oggi, e dalla Persia ci sono pervenuti i libri delle “Guerre di Jehova” di cui fanno menzione Mosè e molti altri profeti, e questi libri furono tradotti e noi li abbiamo letti, poiché molti fra i saggi li avevano riconosciuti per autentici; ma di tutte le meraviglie di cui in questi libri è fatto cenno non ve n’è una che possa paragonarsi a quella che succede ora davanti gli occhi nostri. Cose simili non sono avvenute mai, non soltanto in Israele, ma nemmeno nel mondo intero! Chi dunque può essere Colui che fa opere tali che certamente a nessun altro sono possibili se non a Dio?!».

 

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Cap. 155

La prudenza consigliata nei rapporti con i novizi nella fede. Cenni sui gradi spirituali dello sviluppo. Come Dio possa essere un Uomo, e l’uomo un Dio. Del modo di comprendere con l’intelletto e di quello di comprendere con la fede.  Del come si debba procedere per impartire l’educazione spirituale.

 

1. Io però non lasciai che Kisjonah proseguisse, ma gli feci cenno di scendere da quel suo pulpito improvvisato, e, quando Mi fu vicino, gli dissi in segreto: «Taci per il momento e non svelare la Mia identità prima del tempo! Infatti fra quelli che sono qui presenti ce ne sono parecchi che, a tale riguardo, non sono tanto maturi quanto lo sei tu, e per conseguenza è opportuno che a questi tali non sia reso noto in modo assoluto Chi Io sono veramente; in caso diverso un giudizio verrebbe ad incombere sulla libertà del loro spirito, pure chiamata a divenire sempre più viva, alla cui forza di questo giudizio difficilmente un tale spirito riuscirebbe a sottrarsi!

2. È sufficiente che ora molti comincino a intuire Chi Io sia, e che la maggior parte però Mi consideri un grande Profeta e alcuni un Figlio di Dio, che Io sono ora secondo l’esteriorità. Qualsiasi rivelazione oltre questo limite sarebbe per il momento di grave danno; lasciamoli perciò in questa loro opinione e in questa loro fede; tu quindi non devi svelare nessuna cosa ulteriore a Mio riguardo»

3. Dice Kisjonah: «Sì, o Signore, certamente è giusto come Tu dici. Ma penso che io sono un uomo; ora, potrà la mia anima sfuggire a questo giudizio, considerato che ormai senza alcun dubbio non soltanto credo, ma sono convinto e so perfettamente Chi Tu sei?»

4. Rispondo Io: «Per quanto riguarda te, Io ti ho già preparato con la Parola e con gli insegnamenti. Quando Mi presentai da te alcuni giorni fa, tu ritenesti che Io fossi un medico quanto mai sapiente ed intelligente; quando Mi vedesti compiere delle opere straordinarie, tu iniziasti a considerarMi un Profeta per mezzo del quale operava lo Spirito di Dio. Ed ecco che tu, da uomo colto e versato in tutti gli studi quale sei, ti trovasti spinto ad indagare e a ricercare la piena conoscenza del come un uomo possa raggiungere un tale grado di perfezione. Allora Io ti rivelai che cosa è l’uomo e quello che vi è in lui, e di più ancora cosa può diventare l’uomo qualora egli sia pervenuto alla conoscenza perfetta del proprio essere, e con ciò alla più completa libertà della propria vita.

5. Poi ti dichiarai come Dio stesso sia un Uomo e come, per questa sola ed unica ragione, tanto tu quanto tutti gli esseri simili a te siano degli uomini. Ed in seguito Io ti rivelai, in segreto, che appunto Io stesso sono l’Uomo, e che ogni uomo è chiamato a divenire e ad essere per l’eternità quello che Io stesso sono! Allora ti meravigliasti, però da quell’istante in poi hai saputo Chi sono.

6. Ebbene, questa è stata per la tua anima e per il tuo spirito una preparazione perfettamente adatta al suo scopo, per cui ora tu potresti vederMi creare di colpo una nuova Terra e trarre uomini fuori dalle pietre che non ne saresti affatto stupito, perché tu hai liberamente, e precisamente per deduzione scientifica, accettato come vero che Dio può essere un Uomo e che un uomo può essere benissimo un Dio, pur desumendo tale verità da considerazioni perfettamente scientifiche! E sempre per queste ragioni, né il tuo spirito né la tua anima possono ormai essere più turbati per quanto chiara ed evidente si manifesta la verità che Io, Io solo, sono stato e sono dall’eternità il Dio vero, Creatore di tutte le cose.

7. Tutto un altro aspetto assume invece la questione nei riguardi di tutte queste altre persone, le quali, in generale, non sono affatto accessibili a tali verità per vie puramente scientifiche! Costoro non hanno che la sola fede e sono, d’altro canto, scarsissimi d’intelletto.

8. Però la fede sta più vicino alla vita dell’anima che non la più perfetta intelligenza. Tuttavia se la fede diviene una costrizione, allora essa agisce sull’anima come una strettoia, e quando l’anima si trova stretta in ceppi, non si può nemmeno pensare ad un libero sviluppo dello spirito.

9. Ma se, invece, come nel caso tuo, l’intelletto già da principio è giunto ad un grado giusto di percezione, allora l’anima rimane libera e attinge dalla luce dell’intelletto sempre e solamente quel tanto che può sopportare e assimilare senza alcun danno. 

10. E così da un intelletto armonicamente educato si sviluppa in seguito una vera fede, completa e vivificante, per mezzo della quale lo spirito trova nell’anima adeguato alimento, e per conseguenza ciò diviene sempre più forte e potente, il che ciascun uomo lo può percepire subito se il suo amore per Me e per il prossimo diviene sempre più forte e potente.

11. Ma, come già menzionato, nei casi in cui nell’uomo l’intelletto è spesso interamente assopito ed egli, quale uomo, non ha che soltanto la fede che, di per se stessa ed in se stessa, obbedisce unicamente al cuore e alla volontà di quest’ultimo, allora egli deve essere trattato con ogni cautela affinché non si irrigidisca in una vera e propria mania, oppure non cada nei traviamenti più orribili come purtroppo è stato il caso con tutti i pagani, e come lo è anche nel nostro tempo in modo fin troppo evidente con molte altre genti.

12. Quindi ti sarà ormai certo facile comprendere il motivo per cui Io ti dissi prima di scendere da quella rupe dalla quale tu volevi svelarMi davanti al popolo, perché, vedi, un cieco non deve mai pretendere di fare da guida ad un altro cieco, ma faccia da guida chi vede acutamente con il proprio chiaro intelletto, altrimenti cadranno entrambi nel precipizio.

13. Io vi dico di essere zelanti in tutto, però fate in modo di procurarvi cognizioni giuste in ogni cosa! Esaminate e vagliate con serena coscienza tutto quello che nella vita vi si presenta, però tenete per voi solamente ciò che è buono e vero; agendo in tal modo, vi sarà facile comprendere la verità e vivificare la fede che prima era morta e farla divenire la vera luce di vita.

14. Io dichiaro a te, e con ciò anche a tutti gli altri: “Se voi volete che la Mia Dottrina sia veramente utile alla vostra vita, voi dovete anzitutto comprenderla, e poi agire conformemente ad essa, secondo la verità! 

15. Come è perfetto il Padre vostro in tutte le cose, altrettanto perfetti dovete essere pure voi, altrimenti non potrete mai divenire Suoi figli!”.

16. Tu hai già letto quello che ha scritto Matteo, e fra l’altro anche il Mio Sermone della montagna contenente la preghiera da Me insegnata ai discepoli che comincia con l’invocazione del “Padre nostro”! 

17. Chi nel suo cuore recita tale preghiera, ma con l’intelletto non arriva a comprendere il vero significato, costui è come un cieco il quale glorifica il sole, ma non lo può vedere né immaginarlo malgrado la luce intensissima che esso irradia. Certamente egli, così facendo, non pecca, ma d’altro canto non ne ottiene assolutamente nulla che gli giovi al raggiungimento della verità, perché nonostante tutto egli resta immerso nelle stesse tenebre di prima!

18. Per conseguenza quando vi accingete ad educare il cuore di un uomo veramente per la vita, non dimenticate mai di ravvivare prima, per le giuste vie, il suo intelletto, altrimenti ne farete un cieco adoratore del sole, ciò che non è di vantaggio a nessuno».

 

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Cap. 156

L’aria fresca e sana del mattino. Gli spiriti di pace. Discesa dalla sommità della montagna e sosta di più giorni della compagnia sull’alpe. La cecità dei critici di Mosè.

Cenno del Signore sul vero significato della Genesi di Mosè.

 

1. Dopo tale chiarissima spiegazione che, come disse Kisjonah, non poteva lasciar spazio ad ulteriori domande, un lieve chiarore ad oriente annunciò l’avvicinarsi del giorno, ed una brezza mattutina, molto fresca, iniziò ad accarezzare la sommità del nostro monte, sulla quale noi ci trovavamo ancora perfettamente a nostro agio; Kisjonah per conseguenza fece la proposta di scendere e di ripararci nella prossima capanna alpina, in attesa che il sole si fosse completamente alzato.

2. Ma Io osservo: «Non badarci; la brezza rigida del mattino su questa altura non fa certo male a nessuno, anzi è di vantaggio a tutti poiché fortifica il corpo; oltre a ciò non è che di breve durata. Del resto la cosa è necessaria, poiché altrimenti una certa classe di spiriti, che non occorre descrivere più dettagliatamente, susciterebbero a giorno avvenuto un tempo cattivo se, come adesso succede, all’alba non venisse loro impedito da parte di forti spiriti di pace di salire negli alti strati dell’aria».

3. Queste parole soddisfecero Kisjonah e noi ci fermammo sulla vetta del monte ancora fino a mezzogiorno; dopo però scendemmo giù nuovamente alla fattoria alpina, dove passammo ancora un paio di giorni, intrattenendoci su vari argomenti, e precisamente sui doveri dell’uomo nella vita e sulla natura della Terra, delle stelle e su ogni altro genere di cose.

4. Molte furono le cose da noi trattate, le quali non vennero ben comprese da quella parte degli ebrei più immersa nella tenebra intellettuale, come pure da quei farisei che erano rimasti presso di Me, ma tuttavia quest’ultimi non Mi contraddissero, perché questi ebrei e farisei, i quali si erano rivolti a Me già fin dal primo giorno della Mia venuta in casa di Kisjonah il doganiere, erano del resto realmente migliori di molti altri e più svegli di spirito nonché di idee più moderate, avevano di Me già un concetto grandissimo e consideravano divina la Mia Parola. Non sono di conseguenza affatto da confondere con quelli che erano stati ricacciati a Cafarnao, né con gli altri cui la vitalità manifestata dal monte aveva indotto circa quattro giorni prima a rifugiarsi in pianura.

5. Ma quantunque questi ebrei e farisei più ragionevoli fossero ormai già solidi nella loro convinzione a Mio riguardo, tuttavia, nell’udire certi Miei chiarimenti sulla vera origine o propriamente sulla creazione graduale tanto della Terra e di tutte le cose che si trovano in essa quanto degli innumerevoli altri corpi celesti, essi scrollarono le spalle ed osservarono tra di loro: «Ma questo che udiamo adesso contraddice assolutamente quello che insegna Mosè! Cosa ne facciamo allora dei sei giorni della Creazione e del sabato, giorno nel quale Dio ha riposato? Cosa è dunque tutto ciò che Mosè racconta riguardo all’origine e alla formazione di quel complesso di cose che costituisce il mondo in tutte le sue parti? Se questo miracoloso nazareno ci dà ora a tale riguardo insegnamenti del tutto diversi che rimuovono interamente quelli di Mosè, cosa dobbiamo pensarne? Ma, rimuovendo Mosè, rimuove contemporaneamente tutti i Profeti e poi infine anche Se stesso, perché, se quanto disse Mosè non ha più nessun valore, allora logicamente non ne ha nemmeno quello che dissero i Profeti, né può avere un significato neppure l’atteso Messia che dovrebbe essere veramente Egli stesso!

6. Però, dopo aver ben ponderato tutto, la Sua Dottrina è giusta, ed è possibile che la Creazione sia proceduta piuttosto come Egli ce l’ha spiegata ora che non come fu rivelata da Mosè!»

7. Allora uno fra di loro venne a Me, e Mi chiese: «Signore! Se è così, che valore possiamo noi attribuire agli scritti di Mosè e dei Profeti?»

8. Ed Io gli dico: «Mosè ed i Profeti voi dovete intenderli e comprenderli nel loro vero significato! Mosè, nella sua storia della Creazione, non presenta che dei quadri simbolici nei quali è raffigurato il manifestarsi della prima concezione di Dio presso gli uomini della Terra, ma non la creazione materiale della Terra e di tutti gli altri mondi».

 

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Cap. 157

Ulteriore spiegazione della Genesi di Mosè: versetti 1-5. (primo giorno). Rispondenza fra lo stato spirituale dell’uomo e la natura. La notte spirituale dell’anima del bambino. L’intelletto come notte spirituale. La Luce di Dio nel cuore è il mattino spirituale.

 

1. (Continua il Signore:) «Non è dunque detto: “Nel principio Dio creò il cielo e la terra e la terra era deserta e vuota, e tenebre erano sopra l’abisso; ma lo Spirito di Dio si muoveva sopra le acque”.

2. E Dio disse: “Sia fatta la luce!” e la luce fu. E Dio vide che la luce era buona; allora Egli separò la luce dalle tenebre. Egli chiamò la luce Giorno, e la tenebra Notte, e così dalla sera e dal mattino fu creato il primo giorno”.

3. Ecco, queste sono le parole di Mosè! Se voi volete considerarle nel senso letterale e naturale, non potrete fare a meno di rilevare di primo acchito l’enorme insensatezza che ne deve necessariamente emergere.

4. Che cosa è invece il “cielo” e che cosa la “terra” di cui Mosè dice che sono stati creati nel principio? Il “cielo” corrisponde allo spirituale, e la “terra” al naturale nell’uomo; quest’ultimo era, ed è ancora deserto e vuoto, com’è il caso con voi. Le “acque” sono le vostre false cognizioni in ogni campo, sopra le quali aleggia certamente lo Spirito di Dio, che però non le ha ancora penetrate. 

5. Ma poiché lo Spirito di Dio vede continuamente la spaventosa tenebra che regna nell’abisso della vostra mondanità materiale, Egli, come ora avviene, dice a voi: “Sia fatta la Luce!”. 

6. Ed ecco sorgere nel vostro naturale una lieve luce crepuscolare, e Dio vede quanto buona sia la luce per le vostre tenebre; però siete soltanto voi stessi che non potete e non volete persuadervene. Per questo motivo succede una separazione in voi, e cioè il giorno viene diviso dalla notte, e dal giorno, che sorge in voi, potete riconoscere la tenebra che avvolgeva il vostro cuore.

7. Nell’uomo, il primitivo stato naturale è come una sera oscura, quindi come la notte. Ma poiché Dio gli concede la luce, questa diventa per l’uomo veramente come un’aurora, e così dalla sera e dall’aurora dell’uomo si compie veramente il suo primo giorno di vita.

8. Infatti, vedete, se Mosè, il quale era iniziato in tutti i misteri e in tutte le scienze degli Egizi, avesse voluto alludere con i versetti della Genesi alla costituzione del primo giorno naturale della Terra, egli, provvisto com’era di scienza e di sapienza, avrebbe pur dovuto fare attenzione al fatto che dal tempo che intercorre fra una sera ed una mattina non può mai risultare un giorno; infatti alla sera segue sempre naturalmente la notte profonda, e la mattina è seguita dal giorno.

9. Dunque, il tempo fra sera e mattina è “notte”, e soltanto quello fra mattina e sera costituisce il “giorno”!

10. Se Mosè avesse detto: “E così, dalla mattina alla sera fu creato il primo giorno”, allora voi sareste autorizzati ad intendere con ciò il giorno naturale; ma egli, per motivi plausibilissimi di rispondenza simbolica, disse invece precisamente il contrario; e ciò significa la sera e contemporaneamente la notte dell’uomo, cosa che d’altronde è facilmente comprensibile, poiché non vi è stato finora nessuno che abbia visto un fanciullo padrone di ogni sapienza.

11. Quando un bambino nasce su questo mondo, un’oscurità completa, quindi la notte, regna nella sua anima; però il bambino cresce, e per le impressioni che riporta e per gli insegnamenti di ogni genere che riceve, acquista sempre maggiori nozioni in vari campi; ed ecco, questa è la sera, vale a dire che l’anima comincia ad essere rischiarata da un lieve bagliore crepuscolare, paragonabile al chiarore della sera.

12. Certamente voi potrete obiettare che anche alla mattina si fa chiaro e che Mosè avrebbe potuto ben dire più precisamente: “E così, dal chiarore mattutino e dal susseguente mattino propriamente detto già chiaro, sorse il primo giorno!”

13. Ma Io da parte Mia aggiungo: “Certo, sempre però che egli avesse voluto trasmettere agli uomini una sciocchezza senza pari riguardo alla rispondenza spirituale!”. Mosè invece sapeva che soltanto nella sera ha il suo riscontro lo stato terreno dell’uomo; egli sapeva bene che nell’uomo, per quanto riguarda lo sviluppo intellettuale su basi puramente terrene, avviene l’identica cosa come nella sera naturale in cui il chiarore va gradatamente svanendo.

14. Quanto più ansiosi gli uomini tendono con il loro intelletto al raggiungimento di beni terreni, tanto più si affievolisce nel loro cuore la pura Luce divina dell’amore e della vita spirituale. Questa dunque è la ragione per cui Mosè chiamò sera una simile luce terrena dell’uomo! 

15. Soltanto quando Dio, nella Sua misericordia, suscita nel cuore dell’uomo anche un minimo raggio di vita, solo allora l’uomo inizia ad accorgersi della nullità di tutto quello che egli aveva prima acquisito con il suo intelletto, cioè con la sera spirituale, e gli risulta poi gradatamente sempre più luminosa la verità che tutti i tesori della luce della sera sono altrettanto passeggeri quanto questa luce stessa. 

16. Ma la giusta Luce da Dio, accesa nel cuore dell’uomo, è appunto quel mattino che, con la sera che l’ha preceduta e da essa, porta con sé il primo, vero giorno nell’uomo. 

17. Però, da questa Mia spiegazione è impossibile che non risulti pure a voi ben chiaro che deve esistere un divario enorme fra le due luci, o per meglio dire fra le due conoscenze, poiché ogni conoscenza, che ha le sue origini nella luce serale del mondo, è ingannevole e per conseguenza passeggera. Soltanto la verità dura in eterno; ogni inganno invece deve alla fine essere annientato».

 

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Cap. 158

Spiegazione dei versetti 6 a 10 della Genesi di Mosè (secondo giorno).

Della distesa fra le due luci cioè della fede vera e vivificante. Il secondo giorno.

Sorge la fede dalla scienza, o è la scienza un dono della fede?

Ulteriori dimostrazioni che le figure simboliche della Creazione di Mosè hanno puramente un significato spirituale. Del vero terreno dell’amore.

 

1. (Continua il Signore:) «Potrebbe però accadere molto facilmente che la Luce divina nell’uomo si riversasse nella luce della sera e che venisse poi consunta o per lo meno confusa con l’altra, in modo che alla fine non si potesse distinguere più quale sia la luce della natura e quale la Luce divina.

2. Allora Dio creò una distesa fra entrambe le acque che significano le due specie di conoscenza riguardo alle quali Io vi ho dato ora chiarimenti a sufficienza, ed Egli divise in tal modo le due acque. 

3. Ora, questa distesa è il vero Cielo nel cuore dell’uomo, e si esprime nella vera fede vivificante, ma mai in eterno in sofismi intellettuali vuoti e meschini.

4. E per tale motivo colui che è armato di fede potente e incrollabile Io lo chiamo ora davanti a voi “una roccia” e lo pongo come una nuova distesa fra Cielo ed Inferno, e contro di essa nessuna tenebrosa potenza dell’Inferno potrà mai prevalere in eterno.

5. Quando questa distesa è posta nell’uomo, ed in lui la fede diventa sempre più potente, allora da una tale fede sorge sempre più evidente e chiara la visione della nullità delle nozioni acquisite mediante l’intelligenza naturale; l’intelligenza naturale poi si sottomette al dominio della fede, ed in tal modo risulta nell’uomo, dalla sua sera e dalla sua sempre più chiara mattina, il secondo giorno che è di gran lunga più luminoso del primo.

6. Dunque, l’uomo che si trova nello stadio di questo secondo giorno intravede già ormai quello che soltanto è destinato ad affermarsi per l’eternità quale pienamente e definitivamente vero; però le idee in lui non sono ancora nel loro vero e proprio ordine. Ancora l’uomo tende a confondere il naturale con il puramente spirituale, spiritualizza troppo la natura e, in seguito a ciò, scorge il materiale anche nello spirituale, e per conseguenza non è ancora capace di decidersi ad una giusta azione.

7. Egli è simile ad un mondo puramente acqueo che è bensì circondato da tutte le parti dall’aria attraverso cui penetra la luce, ma in complesso non può tuttavia avere un’idea chiara se il suo mondo acqueo sia una derivazione dell’atmosfera di aria e di luce che lo circonda, oppure se sia stata quest’ultima invece a trarre le origini dal mondo acqueo! In altre parole, egli non sa ancora distinguere in se stesso in modo sufficientemente chiaro se le sue cognizioni spirituali si siano sviluppate dalla sua intelligenza naturale, oppure se invece questa intelligenza naturale sia una conseguenza e un prodotto delle cognizioni spirituali forse già misteriosamente preesistenti nell’uomo che dal principio agiscono in lui in maniera altrettanto misteriosa; o meglio, per rendere in modo ancora più evidente l’idea, egli non sa se la fede sia un derivato della scienza oppure se la scienza derivi dalla fede e quale sia la differenza esistente fra l’una e l’altra.

8. In breve, egli non sa ancora cosa esisteva prima, se la gallina o l’uovo, oppure se la semente o l’albero.

9. A questo punto Dio viene nuovamente in aiuto all’uomo, quando quest’ultimo, valendosi della forza concessagli e quindi a lui propria, abbia sufficientemente operato a vantaggio di questo secondo giorno del suo sviluppo spirituale; e questo ulteriore aiuto consiste nel fatto, che nell’uomo la luce viene resa più intensa; e la luce aumentata, come fa il sole a primavera, comincia a fecondare tutte le sementi poste nel cuore dell’uomo, e ciò non soltanto avviene in virtù dell’accresciuto splendore, ma anche in virtù del calore sviluppato dalla maggiore luce. 

10. Ora, questo calore si chiama Amore e costituisce nello stesso tempo il terreno nel quale le sementi iniziano a germogliare ed a mettere radici.

11. Ed ecco, a questo appunto fa allusione Mosè nella sua Genesi quando dice che Dio comandò alle acque di raccogliersi in determinati luoghi separati, affinché potesse rendersi visibile il terreno solido ed asciutto che è l’unico nel quale le sementi possono prosperare e produrre frutti vivi e vivificanti.

12. Ed è inoltre detto: “E Dio chiamò l’asciutto “terra”, e le acque ormai radunate in luoghi prestabiliti “mari”.

13. Si domanda ora: “Per chi avrebbe dunque Dio fissato questi nomi?”. Per Se stesso Egli non avrebbe avuto davvero bisogno di farlo, perché sarebbe un po’ troppo ingenuo supporre che la suprema divina Sapienza volesse trarre uno speciale compiacimento, come può accadere ad un uomo, per il fatto che essa era riuscita a dare all’asciutto il nome di “terra” ed alle acque, separate e raccolte in luoghi determinati, quello di “mare”.

14. Ma, d’altro canto, per qualcun altro di certo Dio non poteva dare questi nomi all’asciutto e alle acque separatesi da esso, considerato che all’epoca in cui sarebbe avvenuta tale creazione non poteva esistervi ancora alcun essere all’infuori di Lui che avesse potuto comprenderLo!

15. Non è dunque possibile che quanto ha raccontato Mosè sia da intendere nel senso materiale, ma solamente nel senso puramente spirituale, e le parole di Mosè non stanno in alcuna relazione con la creazione primordiale dei mondi, ad eccezione di quella che risulta dalla rispondenza che si può desumere partendo dallo spirituale e procedendo a ritroso, vale a dire retrocedendo dallo spirituale al materiale o naturale; questo però è un mistero le cui profondità possono essere penetrate solo dalla sapienza di un angelo. Ecco quindi che, come è stata esposta da Mosè, la cosa non ha che un significato puramente spirituale, e dimostra in quale modo anzitutto un singolo uomo per sé, e così pure l’umanità intera, vengono di tempo in tempo e di periodo in periodo educati e nobilitati, elevandoli dall’originario ma necessario stato naturale-materiale a quello spirituale sempre più puro.

16. Nell’uomo dunque avviene una separazione perfino per quanto riguarda la sua parte naturale. Le cognizioni acquisite hanno cioè il luogo ad esse destinato, e costituiscono il mare dell’uomo, mentre l’amore, che sorge dalle cognizioni, come un terreno atto a produrre i suoi frutti viene continuamente lambito dal mare, ossia dalla vera luce emanata da detto mare quale complesso delle cognizioni, e viene sempre più fertilizzato e reso idoneo alla produzione, sempre più abbondante di ogni specie dei più nobili frutti».

 

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Cap. 159

Continua la spiegazione della Genesi di Mosè, cap.1, 11-13 (terzo giorno).  Influsso delle cognizioni sul terreno fecondo del cuore. Unicamente importante è la formazione dell’uomo spirituale nell’uomo naturale. Il fariseo riconosce la verità espostagli, ma dubita del suo effetto pratico. Della rispondenza fra i diversi gradi del potere visivo naturale e quelli dello spirituale.

 

1. (Continua il Signore:) «Per conseguenza quando le cognizioni nell’uomo hanno circondato da ogni parte l’amore, e vengono a loro volta sempre più illuminate e nutrite dalla fiamma d’amore, alla quale esse danno sempre maggiore alimento, allora anche l’uomo diviene in uguale misura sempre più atto ed incline all’azione vigorosa in tutto il suo essere.

2. Ed in questo stadio Dio si avvicina nuovamente all’uomo, naturalmente, come già di per sé s’intende, in spirito, e quale eterno Amore parla all’amore dell’uomo nel suo cuore, e dice: “Produca la terra erba minuta, erbe che facciano seme, ed alberi fruttiferi che portino frutto secondo la loro specie, il cui seme sia in esso, sopra la terra!”.

3. In seguito ad un tale comandamento di Dio nel cuore dell’uomo, questi acquista solidità di volere, forza e coraggio, e con raddoppiata energia pone mano all’opera. 

4. Ed ecco! Le sue vere cognizioni si levano come nubi gravide di pioggia dal mare tranquillo, si distendono sull’arida terra, la irrorano e la fecondano. E la terra allora, sotto questo influsso, comincia a verdeggiare ed a produrre ogni tipo di erbe, di arbusti e di alberi fruttiferi che fanno seme secondo la loro specie; vale a dire quelle cose che, in tale stadio, il sano intelletto, illuminato dalla divina Sapienza, riconosce come buone e vere, quelle cose brama e vuole anche l’amore nel cuore dell’uomo.

5. Infatti, come la semente, se affidata alla terra, ben presto germoglia e produce frutti abbondanti, altrettanto avviene delle giuste e vere cognizioni che cadono sul terreno vibrante di gioia e di vita del cuore.

6. La semente però, posta nel terreno, ha l’effetto di risvegliare la forza vitale altrimenti sonnecchiante nel terreno stesso; questa forza vitale si raccoglie e si concentra poi sempre più intorno al seme, e fa in modo che esso germogli e diventi pianta rigogliosa e ricca di frutti. In breve, la cognizione vera e giusta diviene attiva solo nel cuore, e dall’azione poi risultano le opere più svariate; ed è di queste che Mosè con profonda sapienza intende parlare nella sua Genesi, e precisamente nei versetti 11 e 12 del Cap. I, già citati letteralmente.

7. Quanto costituiva prima la sera originaria dell’uomo viene, per mezzo della Luce dai Cieli, elevato allo stato di vera coscienza e conoscenza, e in tal modo trasformato in azione alla quale poi devono seguire le opere; e questo è il terzo giorno della Creazione e formazione del cuore e di tutto l’uomo nell’uomo, di tutto l’uomo, cioè, spirituale, poiché è a questo soltanto che va attribuita tutta l’importanza, ed è per questo unicamente che sono venuti in questo mondo tanto Mosè quanto tutti gli altri profeti di Dio, ed ora infine Io stesso! Io credo che questa cosa dovrebbe ormai riuscirvi sufficientemente chiara!?»

8. Dice uno dei farisei: «Illustre e sapientissimo Amico e Maestro! Io, per mio conto, approvo ciascuna delle parole da Te pronunciate perché esse sono e devono essere profondamente vere; prova però ad andare a Gerusalemme, nel Tempio, ed a spiegare la Genesi in tal modo! Vedrai che Ti lapideranno assieme a tutti i Tuoi seguaci, a meno che Tu non ti difenda, usando la Tua più che evidente Potenza divina! Ora, se Tu ti imponi ai fautori del Tempio con questa Tua Potenza, essi sono ben giudicati, ed in tal caso non ci dovrebbe essere grande differenza anche se Tu facessi scendere addirittura su di loro fuoco e fulmini dal cielo e li annientassi del tutto!

9. Come ho detto, la cosa si presenta ad ogni modo quanto mai azzardata! Oltre a ciò io ripeto che le Tue spiegazioni sapientissime e le acute osservazioni riguardo ai tre primi giorni della Creazione descritti nella Genesi sono mirabilmente in ordine e non vi si può obiettare la benché minima cosa. Ma ora viene il quarto giorno nel quale, secondo quanto sta scritto nel modo più evidente possibile, Dio avrebbe creato il sole, la luna e tutte le stelle; quale altra versione potresTi dare di questi fatti che sono narrati nella Genesi? Nessuno può negare che sole, luna, e stelle esistono, e, all’infuori di quanto ne racconta la Genesi, l’uomo non conosce affatto in quale modo siano sorti tutti questi grandi e piccoli lumi nel firmamento. 

10. Io domando dunque: “Dov’è la chiave di questo mistero? Dove la rispondenza per la quale questo quarto giorno dovrebbe riferirsi unicamente all’uomo?”»

11. Gli rispondo Io: «Amico, tu hai udito già parecchie volte e lo sai per tua stessa esperienza che vi sono uomini presbiti e miopi, ed inoltre che vi sono pure dei semiciechi, dei quasi totalmente ciechi, ed altri che si trovano immersi nella più completa tenebra, per quanto riguarda la vista naturale. I presbiti vedono bene da lontano e male da vicino; i miopi invece vedono bene le cose che sono loro vicine, ed, in confronto, male quelle che stanno a distanza da loro; per i semiciechi è sempre per metà notte e per metà giorno, vale a dire che essi con un occhio distinguono ancora molto bene gli oggetti, ma poiché l’altro occhio è cieco, si comprende da sé che questi tali possono bensì vedere tutto, però soltanto in mezza luce. Coloro poi che sono quasi ciechi non possono più distinguere alcuna cosa, né di giorno né meno ancora di notte; i loro occhi percepiscono solamente ancora un lievissimo bagliore, cosicché, nonostante tutto, sono in grado di distinguere il giorno dalla notte; coloro infine che sono completamente ciechi non hanno nemmeno il beneficio di questo debole chiarore e sono del tutto incapaci di fare distinzione tra il giorno e la notte.

12. E vedi, come gli uomini con la loro vista di carne sono costituiti così molto differentemente l’uno dall’altro, così pure e spesso ancora di più differentemente essi sono costituiti nella loro vista spirituale. E tu hai anche un grave difetto di vista, e cioè nella tua anima il difetto è ben più accentuato che non nella tua vista carnale. Io te lo dico: “Tu sei straordinariamente miope nella tua anima”».

 

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Cap. 160

Continua la spiegazione della Genesi di Mosè, cap. 1, 14-19 (quarto giorno). Giusta critica del testo di Mosè. Vi è un solo baluardo, cioè la Volontà di Dio.  Il baluardo di Mosè: il cielo nell’uomo. L’essenza del divenire figlio di Dio come meta suprema dell’uomo.

 

1. (Continua il Signore:): «Cosa dunque hai letto nella Genesi? Non sta scritto: 

2. “Poi Dio disse: ‘Vi siano delle luci nella distesa del cielo per fare distinzione fra il giorno e la notte; e quelle diano i segni, le stagioni, i giorni e gli anni, e ci siano due luci nella distesa che illuminino le Terre’. E così fu. Dio dunque fece due grandi luci, una maggiore per governare il giorno e la minore per governare la notte, e inoltre le stelle. E Dio le mise nella distesa del cielo perché illuminassero la Terra, perché governassero il giorno e la notte e perché separassero la luce dalle tenebre. E Dio vide che ciò era buono. Così dalla sera e dal mattino fu creato il quarto giorno”.

3. Vedi, questo è il testo letterale della storia della Creazione del quarto giorno, cioè la storia di quell’azione che, propriamente, secondo la Genesi costituisce il quarto giorno.

4. Ora, se tu consideri questa cosa soltanto un po’ più a fondo, e la scruti anche con la sola tua forza intellettiva naturale, è impossibile che tu non ti renda conto di primo acchito dell’enorme insensatezza che risulta attribuendo un reale valore alle espressioni letterali contenute nella Genesi!

5. Non è detto nella Genesi che Dio creò la luce già il primo giorno e che, in tal modo, dalla sera dal mattino fu creato il primo giorno!? Puoi tu dirMi che genere di luce era quella che per ben tre giorni è stata sufficiente a produrre il giorno e la notte? Il quarto giorno Dio dice nuovamente: “Vi siano delle luci nella distesa del cielo”; si domanda ora: “Di che luci si può trattare qui, le quali abbiano da separare il giorno dalla notte?”. Ma se tale fine era già stato conseguito durante i tre primi giorni, dalla luce creata il primo giorno!? Perché dunque creare nel quarto giorno altre luci ancora, sempre al medesimo scopo?! Aggiungi poi che qui non si parla che di “luci”, mentre non si fa il benché minimo accenno ad un sole e ad una luna. Oltre a ciò queste luci producono anche segni; quali segni dunque? E finalmente le stagioni; quali stagioni? E i giorni e gli anni; di che giorni e di che anni si parla? La notte non conta dunque nulla? Non viene la notte, come spazio di tempo, trattata alla stessa stregua del giorno? 

6. È opportuno considerare poi che la Terra ha la forma di una sfera, e, costantemente, su di una sua metà è giorno e sull’altra metà notte. A seconda che la Terra si volga sul proprio asse da occidente verso oriente, hanno giorno quei paesi che vengono a trovarsi dirimpetto al sole, oppure, ancora meglio, quei paesi che la Terra, con il suo moto rotatorio costante ed uniforme, successivamente trascina, per così dire, sotto l’influsso del sole.

7. Se dunque, com’è evidente, il giorno naturale sulla Terra ha la sua ragione nel moto caratteristico della Terra stessa e se il sole a questo riguardo non c’entra se non in quanto esso splende continuamente in un punto del firmamento, e con la sua luce suscita il giorno laddove colpiscono i suoi raggi e non può per conseguenza mai e poi mai governare il giorno, si domanda: “Come con le sue luci avrebbe potuto Mosè alludere al sole e alla luna?”. E se anche Mosè avesse con ciò voluto significare il sole e la luna materiali, egli, per maggior chiarezza della sua rivelazione agli uomini, avrebbe certamente chiamato queste due luci del cielo con il loro nome, perché ai tempi di Mosè tutti già conoscevano come si denominassero entrambi questi corpi celesti!

8. Oltre a ciò Mosè parla di una distesa nel cielo, di un firmamento che, veramente, nello spazio naturale non esiste in nessun luogo, per la ragione che sole, luna e stelle, come pure questa Terra, si librano nell’etere perfettamente libero, che non ha confini in nessun luogo, e, in virtù della legge che li governa e che in loro risiede, vengono mantenuti nello stato loro assegnato ed allo scopo cui sono chiamati a servire; hanno un determinato moto libero e non sono per nulla fissati in un punto di un qualche firmamento celeste!

9. Infatti, nell’incommensurabile vastità e libertà dello spazio, non vi è che un firmamento solo, e questo è la Volontà di Dio, nella quale ha fondamento la Legge immutabile per l’eternità, che governa lo spazio e tutte le cose contenute in esso.

10. Se quello che si presenta ai vostri occhi come un’immensa volta azzurra che ricopre tutto fosse un firmamento sul quale sole, luna e tutte le stelle si trovassero fissate in modo uguale, come potrebbero muoversi, e, in particolare poi, come potrebbero cambiare continuamente di posto i pianeti che voi già conoscete? 

11. Le altre stelle, che voi chiamate fisse, sembrano veramente stare immobili in un punto loro assegnato di qualche firmamento, ma non è così. Queste stelle sono tanto enormemente distanti dalla Terra, e le loro orbite talmente ampie che spesso per percorrerle interamente non bastano quasi nemmeno parecchie centinaia di migliaia di anni terrestri, e per conseguenza i loro movimenti non possono venire percepiti nemmeno in cento generazioni umane; questa dunque e non altra è la ragione per la quale tali astri vi appaiono immobili nella volta celeste, ma, come accennato, la realtà è ben differente, e non esiste in nessun punto dello spazio infinito un cosiddetto firmamento.

12. Il firmamento cui allude Mosè è la ferma volontà secondo l’Ordinamento divino; volontà che ha le sue radici nelle vere e giuste cognizioni dell’intelletto e nell’amore, il quale amore è il terreno benedetto della vita. Ma poiché tale volontà può germogliare soltanto dalla pienezza che ha in sé le premesse del frutto del vero amore di Dio nel cuore dell’uomo, come pure questo amore a sua volta non può sorgere che dalla Luce celeste che Dio riversò nell’uomo quando Egli separò la tenebra interiore di costui in sera e mattina, così questo vero amore, la giusta concezione delle cose ed un vero e sano intelletto - caratteristiche queste che si manifestano nell’uomo nella fede vivificante - costituiscono il Cielo dell’uomo, e la ferma volontà nell’Ordine di Dio che ne deriva è il firmamento o distesa del cielo nell’uomo. Ed in un simile firmamento, qualora esso si trovi definitivamente nel vero ordine prescritto dalla Volontà divina d’Amore, Dio pone nuove luci dal Cielo dei cieli, il quale è il purissimo Amore paterno nel cuore di Dio. Queste nuove luci illuminano poi la volontà umana, la elevano allo stato di sapienza degli angeli del supremo fra i Cieli e sublimano con ciò l’uomo creato ad increato figlio di Dio, trasformandosi per proprio libero volere e rientrato da se stesso nell’Ordine divino!».

 

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Cap. 161

Continuazione della spiegazione della Creazione di Mosè. Dell’uomo naturale, transitorio, e dell’uomo eterno, propriamente detto. Le due grandi Luci, ovvero dell’essenza dell’eterno Spirito e dell’essenza dell’anima. Il significato delle stelle. Il quarto giorno della Creazione.

 

1. (Continua il Signore:) «Finché l’uomo è creatura, egli è limitato nel tempo, è transitorio e non può durare, poiché ciascun uomo, creato com’è nell’ordine naturale delle cose, non è altro che una custodia adatta al determinato scopo di lasciare sviluppare in se stessa un vero uomo, e ciò con la costante cooperazione divina.

2. Quando questa custodia esterna ha raggiunto un grado sufficiente di sviluppo - e per conseguire questo Dio l’ha fornita e dotata, in modo più che soddisfacente, di tutti gli elementi e di tutte le proprietà necessarie -, allora Egli risveglia, ovvero, meglio anzi, sviluppa nel cuore umano il proprio Spirito increato ed eterno, e questo Spirito, secondo la misura della sua forza attiva, è quello che Mosè volle intendere e voleva che fosse inteso quando parlò delle due grandi Luci poste nella distesa del cielo, e così altrettanto, e non diversamente, lo intesero i patriarchi e tutti i Profeti.

3. Questa luce eterna, increata e davvero eternamente viva, posta nel firmamento dell’uomo, è poi il verissimo governatore del vero giorno nell’uomo, ed insegna alla già citata custodia umana creata a trasformarsi completamente nella sua eterna ed increata Essenza divina, e in tal modo a tramutare l’intero uomo in un vero figlio di Dio.

4. Ogni uomo creato, però, ha un’anima vivente che a sua volta è uno spirito, e possiede le necessarie facoltà di riconoscere il buono e il vero, il cattivo e il falso, di assimilare ciò che è buono e vero e di respingere da sé ciò che è cattivo e falso; ma ciononostante essa non è uno spirito increato, bensì creato, e come tale di per sé, con le sue sole forze, non può giungere mai ad essere figlia di Dio.

5. Soltanto quando essa, secondo la legge che le fu data, abbia accettato il buono e il vero in tutta umiltà e modestia del proprio cuore e per il proprio libero volere di cui fu dotata da Dio, soltanto allora una simile volontà umile, modesta e obbediente diviene, per rendere il concetto evidente, un vero firmamento, poiché essa si è plasmata sul tipo di quello celestiale posto nell’anima umana; ed è in tale stato atta perfettamente ad assimilare in sé il divino puro increato.

6. E così allora il divino puro, ossia lo Spirito increato di Dio che per l’eternità viene posto in un simile firmamento, è la grande Luce. L’anima dell’uomo invece, la cui luce in virtù di questa Luce maggiore viene portata ad un grado pressoché uguale di intensità, costituisce la seconda luce, vale a dire la minore, la quale dunque, al pari della Luce maggiore increata, viene posta ormai nello stesso firmamento e, per l’influsso della stessa Luce increata, viene a sua volta resa partecipe della qualità e virtù della Luce increata, senza alcun danno però alla sua costituzione naturale, bensì con infinito vantaggio per quanto riguarda la sua definitiva purificazione spirituale. Infatti l’anima dell’uomo di per se stessa non potrebbe mai in eterno contemplare Dio nella Sua purissima Essenza spirituale; e così ugualmente il purissimo ed increato Spirito di Dio non potrebbe mai vedere ciò che è naturale, poiché il naturale-materiale è come se non esistesse per lui. Ma ecco che con l’unione perfetta, come prima indicato, dello Spirito purissimo con l’anima, quest’ultima, grazie al nuovo Spirito che la penetra, può contemplare Dio e spaziare nelle profondità senza principio e senza fine della Sua purissima Essenza spirituale, e d’altro canto lo Spirito, per mezzo dell’anima, perviene alla visione del naturale-materiale.

7. È questo ciò che dice Mosè, che la luce grande governa il giorno e la luce piccola governa la notte, ed esse determinano i segni, ossia: in ogni sapienza il fondamento di tutto ciò che appare e di tutte le cose create, dunque esse determinano anche i tempi, giorni ed anni; il che equivale a dire: riconoscere in tutte le cose che appaiono la Sapienza, l’Amore e la Grazia di Dio.

8. Le stelle poi, delle quali Mosè fa pure menzione, denotano le innumerevoli utili cognizioni in ogni campo, le quali singole cognizioni certamente derivano da un’unica cognizione principale e fondamentale, e sono per conseguenza poste nel medesimo firmamento come le due Luci principali.

9. Vedete, questo dunque è il quarto giorno della Creazione di cui parla Mosè nella sua Genesi, il quale giorno, com’è facilmente comprensibile, sorge, ugualmente agli altri tre che lo precedettero, dalla stessa sera e mattina dell’uomo».

 

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Cap. 162

Cenni sul quinto e il sesto giorno della Genesi di Mosè. L’origine naturale della Terra e dell’uomo. Ammonimento a non voler nutrire eccessiva brama di scienza, ed esortazione a cercare in se stessi il Regno di Dio.

 

1. (Continua il Signore:) «Ed affinché voi non abbiate più bisogno di farMi ulteriori domande per quanto riguarda la rispettiva rispondenza dei giorni quinto e sesto della Creazione, vi dico ora in brevi parole che la creazione successiva dell’intero mondo naturale animale e infine, dell’uomo stesso non significa altro che la piena vivificazione e la realizzazione certa di tutto ciò che l’uomo comprende in sé nella sua parte naturale.

2. Il suo mare e tutte le sue acque divengono traboccanti di vita, e l’uomo, nella sua Luce ormai divina ed increata pura, vede e riconosce la pienezza smisurata ed infinitamente multiforme delle idee e delle forme creative, ed è in tal modo compenetrato dal concetto della sua pura origine divina. E la creazione del primo uomo rappresenta la definitiva e completa formazione del vero uomo, ossia il raggiungimento della meta suprema che è la dignità di perfetto figlio di Dio.

3. Certamente, tu ti domandi ora nel segreto del tuo cuore e dici: “Sì, è vero, tutto ciò va perfettamente bene, è magnifico e colmo di sapienza, ed in nessuno può sorgere il ben che minimo dubbio sulla perfetta verità di quanto fu esposto; ma pure, come si è formata la Terra, che certo non può esistere da eternità come esiste ora? Come venne ricoperta di erbe, di arbusti, di cespugli e di alberi di ogni specie? Come e quando furono formati tutti gli animali che la abitano? 

4. E come divenne l’uomo un cittadino di questa Terra? È stata creata in origine veramente una sola coppia umana, come ci insegna la Genesi, oppure comparvero sulla Terra contemporaneamente una moltitudine di uomini di differente colore, aspetto e carattere?”.

5. Ora, a queste domande certo non criticabili, Io non posso fare altro che ripetere quello che già ti dissi, e cioè: “Qualora ti sia propria la sapienza degli angeli, procedendo a ritroso, con la deduzione e per rispondenze, dal puramente spirituale al naturale-materiale, rileverai punto per punto, da quello che Mosè espone nella sua Genesi, anche la storia dell’intera Creazione naturale-materiale, e troverai altresì che tale Creazione è proceduta certamente, entro periodi di tempo molto ampi, quasi nel medesimo ordine come è narrata nella Genesi, e che la creazione della prima coppia umana risulta pressoché nello stesso periodo corrispondente, e troverai, infine, che la prova dell’uomo e la sua propagazione sulla Terra, salvo pochissima cosa circoscritta entro figure simboliche, si susseguì precisamente nell’identico ordine come appare dall’ulteriore svolgersi degli avvenimenti esposti nella Genesi.

6. Ma, come detto, senza la sapienza degli angeli non ti sarà mai possibile chiarire tali misteri, anche se avessi al tuo fianco tutti i sapienti della Terra, i quali hanno già manifestato anche su questo punto le idee più varie e le più disparate opinioni.

7. Ora, qui va osservato che tale scienza, su questo mondo, non è a nessuno di particolare vantaggio, poiché con la molta scienza l’uomo consegue rare volte, se non mai, un miglioramento nel proprio cuore; molto spesso ne riceve invece un peggioramento. Infatti, colui che crede di sapere molto diventa non di rado superbo ed orgoglioso, ed è indotto a guardare dalla sua presunta inarrivabile altezza i propri fratelli con arroganza e disprezzo, come fa l’avvoltoio, il quale mira dall’alto i piccoli uccellini, quasi questi non esistessero che all’unico scopo di lasciarsi pigliare da lui e di fornirgli dei pasti delicati!”.

8. Quindi, anzitutto cerca il Regno di Dio e la Sua Giustizia nel tuo cuore, e curati poco del resto, poiché tutto ciò, assieme alla sapienza degli angeli, ti può venire concesso, al momento giusto, dalla sera alla mattina. Dunque Io spero che tu Mi abbia compreso perfettamente!?».

 

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Cap. 163

Osservazione dei farisei al Signore, in merito alla Sua spiegazione della Genesi di Mosè. Il Signore profetizza la punizione di Gerusalemme. Il silenzio comandato riguardo a tutto ciò che di spirituale è stato visto ed appreso.

 

1. Quando il fariseo e i suoi compagni ebbero udito questa Mia estesa spiegazione della Genesi, rimasero dinanzi a Me come paralizzati, e soltanto dopo lunga e visibile intensa riflessione, il principale di quei farisei Mi disse: «Signore! Maestro fra i maestri in tutte le cose! Io e tutti noi che siamo qui radunati dobbiamo, non però senza nostro grande rammarico, confessare che Tu hai perfettamente ragione ad ogni riguardo e che tutto ciò che Tu dici non è che pura ed intera verità. Ma non invano ho accentuato che non senza nostro grande dolore siamo ora compenetrati di queste verità! Infatti, considerato il mondo perfido ed egoista all’eccesso in cui viviamo, tale sapienza è troppo elevata, troppo santa, e senza l’appoggio di miracoli del tutto straordinari, Tu predicherai ad orecchi completamente sordi, e quando pure vorrai operare miracoli, Tu non Ti troverai che dinanzi dei ciechi ammiratori, e perciò non ne potrà risultare molto di buono.

2. Se l’uomo, per poter trasformare se stesso e diventare veramente uomo, deve essere assolutamente libero nella volontà e nell’opera, certo Tu potrai predicare e fare cose meravigliose quanto vorrai, ma fra cento uomini forse se ne troverà uno che si convertirà efficacemente, poiché, se qualcuno è già per sua natura troppo ottuso d’intelletto e manca in tutti i campi delle più elementari cognizioni necessarie e vantaggiose all’uomo, non potrà mai comprendere la Tua Dottrina. Se invece egli è anche di un solo grado di intelligenza troppo sveglia sia nella Scrittura, sia in qualche altra scienza ed arte, e se questo fatto è in relazione con qualche vantaggio materiale, e per di più con qualche maggior considerazione terrena della propria persona, in tal caso, anche se al Tuo posto parlasse il padre Jehova stesso fra tuoni e fulmini, simili uomini farebbero precisamente quello che hanno fatto nel deserto i nostri predecessori condotti da Mosè, e cioè, mentre Mosè sul Sinai parlava con il Signore, che si manifestava fra tuoni e fulmini e ne riceveva i sacri Comandamenti, essi si fecero un vitello d’oro, e poi vi danzarono intorno e lo adorarono così alla maniera dei pagani!

3. Se io non sapessi a che razza di gente appartengono i farisei, gli scribi e tutti i sacerdoti ed i leviti, particolarmente in Gerusalemme, non mi azzarderei nemmeno a parlarTi di loro in questi termini; ma io li conosco invece fin troppo bene, ed è per questa ragione che ho cominciato anche a tenermi lontano dal Tempio, né conto ormai di ritornarci più.

4. In quanto a Te, o Signore, se intendi andare un giorno nuovamente a Gerusalemme, prendi con Te una buona provvista di onnipotenza, altrimenti verrai lapidato come bestemmiatore! Infatti chiunque pretenda di avere anche un solo briciolo di maggiore sapienza, anche perfino di un semplice spazzino del Tempio, costui viene subito imputato di sacrilegio e di bestemmia e se non si converte facendo qualche grossa offerta al Tempio, la lapidazione senza grazia e pietà lo attende fuori dalle mura, sul posto maledetto!

5. O divino Amico mio, ascolta le mie parole: per Gerusalemme non vi è che un solo mezzo di guarigione possibile, ed è quello di Sodoma e Gomorra; all’infuori di ciò, non vi è altra salvezza per quella città e per i suoi abitanti!»

6. Osservo Io: «Amico! Quello che Mi hai detto ora, Io lo sapevo già da ben lungo tempo! Sì, Io te lo dico: “Questa sarà veramente la fine di Gerusalemme!”. Prima però conviene che in quella città si compia tutto ciò che di essa è stato predetto da tutti i Profeti, affinché tutte le Scritture siano adempiute e sia colma la sua misura. E da oggi in poi voi non giungerete a contare fino a settanta anni che là nemmeno una pietra sarà lasciata sull’altra; e se qualcuno domanderà: “Dove si trova il Tempio?”, non vi sarà nessuno in grado di dargli l’informazione richiesta!

7. Fra le mura di quella città molti sono stati i profeti assassinati. Io so di tutti, e come il loro sangue gridava vendetta al più alto dei Cieli per tali orrendi delitti; ma la misura assegnata dall’Inferno a tale città non è del tutto colma, ed è perciò che essa venne risparmiata finora, però in breve tempo la sua misura traboccherà, ed allora non sarà più risparmiata!

8. Ed ora, prima di abbandonare questo monte, Io do a voi tutti un comandamento che dovrà venire scrupolosamente osservato, e cioè che nessuno di voi, una volta in pianura, faccia parola di quanto ha visto su questo monte prima che Io non lo abbia autorizzato in spirito. Chi non presterà obbedienza a questo Mio ordine verrà all’istante punito e colpito da un mutismo, poiché le genti che dimorano in pianura sono ben lontane dall’essere mature per tali rivelazioni, né voi stessi lo siete ancora abbastanza.

9. Di quello che ho Io insegnato qui, potrete bensì parlare con i vostri simili, però non come se l’aveste appreso da Me, ma come se tali idee e considerazioni fossero sorte liberamente in voi stessi. Soltanto qualora i vostri amici siano, al pari di voi, compenetrati in modo vivificante da questa Dottrina, allora soltanto potete comunicare loro a quattrocchi da Chi tale Dottrina vi venne insegnata, e quali sono stati i segni che l’hanno preceduta!

10. Non dimenticate però di dare nel Mio Nome a coloro che avrete così istruiti lo stesso comandamento e con la medesima sanzione come ho fatto Io ora qui con voi.

11. Ma voi, durante il breve tempo che ancora ci tratterremo su questa altura, sarete testimoni di altri fatti meravigliosi, perché Io bramo ansiosamente di rendervi il più possibile forti nella fede. Io però rinnovo il comandamento appena dato a voi, anche riguardo a quanto avete ancora da vedere e da udire, poiché nel caso che qualcuno di voi non osservasse tale comandamento, verrebbe colpito dalla minacciata punizione per la durata di un anno!».

 

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Cap. 164

Sciocche obiezioni di Giuda Iscariota e racconto del suo viaggio aereo.

 I chiarimenti del Signore e le aspre critiche di Tommaso.

 

1. Disse Giuda Iscariota: «Signore! È ben duro il Tuo comandamento! Chi potrà mai osservarlo interamente e rigorosamente?!»

2. Rispondo Io: «Da parte di Dio anche la morte del corpo è stata stabilita quale legge imprescindibile ed immutabile, e malgrado tutti i lamenti dell’uomo, Egli non ritira la Sua santa Parola! Tu puoi ben parlare e litigare quanto vuoi, ma alla fine dovrai morire tu pure! Solo nell’aldilà ti convincerai che questa morte ti era estremamente necessaria. 

3. Ora vedi, precisamente così avviene di ogni comandamento che esce dalla bocca di Dio! Fai legge a te stesso di queste parole, e allora tu sarai facilmente in grado di osservarle, ma se invece la tua anima si prescrive una legge differente da quella che Io ti do, difficilmente tu potrai osservare la Mia legge, poiché quando una legge si trova a cozzare contro un’altra legge, allora l’osservanza tanto dell’una quanto dell’altra diventa infine non soltanto difficile, ma addirittura impossibile! Comprendi tutto ciò? 

4. Io te lo dico! Sorveglia bene te stesso, e fai molta attenzione affinché con il tempo qualche legge contraria alla Mia, emanata da te stesso, non causi la tua morte!»

5. Esclama Giuda: «Eccoci da capo in mezzo agli enigmi! Tu parli ancora in modo tale che a udirTi si ha la stessa impressione che suscita la vista dei geroglifici egiziani, i quali ormai nessun sapiente al mondo può più leggere e tanto meno comprendere! Cos’è veramente una contro-legge? Come posso io dare a me stesso una legge già datami da altri? Io non posso fare altro che osservarla oppure non osservarla, e questo sta nella mia libera volontà, e non in una contro-legge!»

6. Gli dico Io: «Ascolta; se devi restare di intelligenza tanto ottusa quanto lo sei in questo momento, è molto meglio per te se ritorni a Bethabara, perché, così come sei, Mi urti e Mi ripugni!

7. Da dove provengono dunque le leggi? Hanno forse la loro origine in qualcosa d’altro che non sia unicamente la Volontà di Colui che ha la facoltà e il potere di emanarle e di sanzionarle?! Ora, non ha ciascun uomo pieno potere su se stesso, e non può egli fare ciò che vuole? Se egli riconosce le leggi esteriori e le fa sue, egli potrà di certo osservarle facilmente, ma se lui non vuole questo, allora la sua volontà contraria si erige a contro-legge, ed egli dovrà alla fine sottostare alla sanzione della legge esteriore!»

8. A questi chiarimenti Giuda fa una faccia scura, ma tuttavia dice: «Sì, adesso la cosa mi è chiara e sta bene; devo però dire che quando Tu parli, come avviene molto spesso, in termini velati e misteriosi, rimango perplesso ed angosciato e devo per conseguenza fare sempre nuove domande, finché riesco a comprendere la cosa, specialmente quando si tratta, come in questo caso, di una legge che dovrebbe essere piuttosto difficile da osservare per molti di quelli che sono qui, anche per me, il che non mi vergogno affatto di confessare. Però, vedi o Signore, se qualcun altro Ti domanda qualcosa, Tu gli dai subito nel miglior modo ogni spiegazione possibile con tutta amorevolezza, mentre se io Ti chiedo qualche cosa, Tu mi rispondi sempre in certo tono brusco in modo che io poi non oso interrogarTi nemmeno riguardo ad altre questioni per quanto importanti possano essere.

9. Ad esempio, io non so spiegarmi il mio viaggio miracolosissimo di ieri l’altro, fatto con una velocità incredibile attraverso l’aria, cosicché la terra sottostante non mi appariva all’occhio altro che quale una larga striscia che fuggiva con la rapidità del lampo! Dunque, io vorrei sapere da Te come mai sia stata possibile una cosa simile! Infatti io mi trovavo a maggior distanza di tutti da qui, e precisamente un bel tratto al di là della sponda opposta al mare, tanto che per fare ritorno a piedi avrei dovuto impiegare dalle quattro alle cinque giornate.

10. Negli ultimi giorni io avevo appunto terminato di predicare in un villaggio abitato da greci, purtroppo senza trovare cuori ed orecchi particolarmente ben disposti ad ascoltarmi, nonostante io avessi guarito parecchi dei loro ammalati, perciò mi indispettii ed abbandonai quello stupido covo. E come fui giunto a circa un migliaio di passi dal villaggio, perfettamente solo - poiché il fratello Tommaso non ha voluto accompagnarmi in Grecia - un vortice di vento mi venne incontro e, prima che io avessi potuto accorgermene, mi trovai già sollevato in alto nell’aria! Allora si produsse come una raffica di una violenza indescrivibile, e fui trasportato fin qui, come ho detto prima, con tanta velocità che durante un simile volo non fui assolutamente in grado di distinguere niente di ciò che sulla Terra appariva e scompariva in successione; perfino il mare non lo potei scorgere che come un momentaneo bagliore simile a quello del fulmine. Io davvero non ho avuto tempo di pensare a cosa sarebbe avvenuto di me se una qualche roccia mi avesse in un punto qualsiasi sbarrato la via; sicuramente sarei stato ridotto in centinaia di migliaia di minutissimi pezzi! Quale non fu invece la mia sorpresa quando, dopo un così terribile viaggio aereo, venni deposto qui dolcemente a terra dinanzi a Te, o Signore! 

11. Ed ecco perché adesso vorrei che Tu mi dicessi in poche parole come sia potuta accadere una cosa simile»

12. Gli rispondo Io: «Amico! Ammesso che tu sappia Chi Io sono, come mai puoi domandare in quale maniera siano a Me possibili tali cose, oppure con quali mezzi ciò sia potuto accadere a te? Non sono forse possibili a Dio tutte le cose? Guarda le nubi in alto! Chi le sostiene? Tu pure hai udito prima in quale modo Io spiegai a tutti la struttura della Terra, della luna e del sole, e di molte altre stelle le quali, per i tuoi concetti, sono in grandissima parte altrettanti soli infinitamente grandi!

13. Vedi, tutti questi enormi e per conseguenza pesantissimi corpi celesti si librano liberi nell’etere che si estende all’infinito in ogni direzione, e ruotano negli spazi con una velocità, per le tue idee, quasi favolosa.

14. Si domanda ora: “Chi guida tutti questi immensi ed innumerevoli mondi attraverso lo spazio libero e senza confini, in un ordine immutabile?”. Riflettici un po’ su, e rileverai molto facilmente e molto presto tutta la vacuità e l’ingenuità della tua domanda alla quale è stato risposto in modo più che sufficientemente chiaro con quanto ho detto ora!»

15. Tommaso interviene allora a sua volta e dice: «Che almeno una volta tu potessi venire fuori con una domanda degna del Signore! Non ha fatto ciascuno di noi, che siamo stati inviati da Lui a predicare, lo stesso viaggio per l’aria fino qui? Noi però sappiamo che Egli ha voluto che così fosse, e con ciò risulta per noi spiegata più che a sufficienza la nostra rapida traversata per l’aria fino a questo monte, per quanto il modo sia stato insolito e meraviglioso! Se tu credessi più fermamente e più intimamente cosa e Chi veramente è il nostro Signore e Maestro, simili domande non potrebbero sorgere nella tua mente neppure durante il peggiore e più sciocco dei sogni!»

16. Ribatte Giuda: «Te la pigli di nuovo con me? Del resto, se ciò ti fa piacere, accomodati pure. Per questa volta almeno non me ne avrò a male, perché concordo io stesso di aver annoiato il Signore con una domanda quanto mai insulsa, ciò che per il futuro non farò di certo mai più!»

17. Dice Tommaso: «E allora saremo buonissimi amici e fratelli, e non ti sarò sempre addosso per farti da censore!»

18. Io osservo: «Statevene tranquilli adesso; ormai Kisjonah è già pronto con il cibo, ed è opportuno che accordiamo al nostro corpo il ristoro necessario! Dopo il pasto vedremo bene tutto quello che resterà da fare; così sia dunque e così rimanga per ora!».

 

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Cap. 165

La santa Compagnia radunata sull’alpe. Domanda di Kisjonah ai tre angeli: «Per quale motivo gli uomini devono nascere?». Differenza tra gli angeli puri, gli angeli caduti e gli uomini. La carne non è fine a se stessa, ma è un mezzo per lo sviluppo spirituale dell’anima.

 

1. Tutti dunque si recano nelle capanne per prendere parte al pasto, e sono tutti, senza eccezione, di animo sereno e di lietissimo umore. 

2. Terminato il pasto, Kisjonah dice che, qualora Io Mi dichiarassi d’accordo, egli propone di visitare prima di sera ancora qualche luogo particolare della sua montagna, e dichiara che approfitterà di quella occasione per pagare la ricompensa ai suoi pastori, nonché per dare un’occhiata alle sue greggi di pecore e per vedere quanta lana abbiano già raccolto i pastori.

3. Ma Io osservo: «Come sai, domani è la vigilia del sabato, ed Io vorrei che ci trattenessimo qui ancora per questa giornata; ora, visto che oggi abbiamo indugiato alquanto a nutrirci e che il giorno non durerà ormai più di un paio d’ore, è meglio che restiamo qui lietamente assieme e che ci intratteniamo su diverse cose di non lieve importanza, perché questa sera vi sarà offerta occasione di vedere e di udire ancora parecchio; dunque è perciò che Io desidero restarMene oggi qui con voi»

4. Dice Kisjonah: «Signore, ogni desiderio del Tuo Cuore è per me un comandamento santissimo! Ma adesso mi permetto di fare anzitutto una domanda, e questa riguarda appunto quei tre uomini i quali alcuni giorni fa sono venuti qui dall’oriente, sfolgoranti di luce, più librandosi nell’aria che non calcando con i piedi le zolle erbose dei monti. Questi tre uomini si trovano tuttora continuamente in nostra compagnia, parlano con noi, mangiano e bevono con noi, sono altresì cortesi e servizievoli, ed assomigliano, tranne che nella figura molto più nobile della nostra, in tutto e per tutto a noi.

5. La cosa mi fa già ora l’impressione come se essi dovessero anche per l’avvenire restare sempre qui con noi, ciò che mi sarebbe infinitamente caro. Poco fa li ho abbracciati e baciati, ed ecco, essi avevano ossa ed un corpo ugualmente forte e robusto, tanto che io dovetti meravigliarmi!

6. La mia domanda è per conseguenza questa: “Vorrei sapere da Te in quale modo ciò sia possibile; prima essi erano puramente spiriti ed ora sono uomini corporei quanto noi: da dove hanno preso il corpo? E considerato che essi hanno potuto in un istante formarsi un corpo, come si può constatare molto più perfetto del nostro, non potrebbero anche tutti gli uomini essere dati alla luce in modo uguale invece di venire partoriti con gravi fatiche e dolori?”»

7. Rispondo Io: «In primo luogo tu non potresti vedere questi tre angeli, né potresti con i tuoi sensi percepire la loro corporeità qualora Io non ti avessi momentaneamente concesso la facoltà necessaria a tale scopo, per la quale ora la tua anima, immediatamente congiunta al suo spirito, può vedere per mezzo ed attraverso il corpo tutto lo spirituale così come se fosse naturale e addirittura saldamente corporeo; ma esso è e rimane comunque del tutto spirituale e non ha niente di corporeo in sé.

8. Ogni uomo e ogni spirito sono enormemente diversi fra di loro, e non tutti gli spiriti hanno, come questi tre angeli, fin dal principio del tempo per libera scelta, fatto uso della libertà concessa loro in modo saggio e corrispondente al Mio Ordine, senza mai peccare in eterno contro questo Ordine. Una gran parte degli spiriti, che per i tuoi concetti sono in quantità innumerevole, ha invece abusato del proprio libero volere, ed è per conseguenza precipitata nel minacciato Giudizio. Da tali spiriti, dai quali propriamente è composta tutta questa Terra e tutto lo sterminato numero di altri mondi, come il sole, la luna e le stelle, derivano, secondo una Legge immutabile insita in tutta la natura, gli uomini naturali di questa Terra, nonché gli uomini di tutti gli altri mondi, e ciò per la via a te nota della fecondazione e del susseguente parto. I nuovi esseri devono poi con l’educazione e gli insegnamenti venire dapprima allevati a diventare uomini e, dopo la deposizione del loro corpo, a divenire spiriti puri e perfettamente liberi.

9. Dunque, poiché il corpo umano viene concesso ad uno spirito che si è sciolto dalle strettoie del Giudizio principalmente soltanto perché detto spirito debba sottostare ad una nuova prova della propria volontà e libertà, agendo in questo corpo come in un mondo tutto a sé proprio, deve esserti facilissimo rilevare come un corpo di carne sarebbe assolutamente inutile agli spiriti già perfetti, dato che la carne di per sé e in sé non può essere altro che un mezzo, mai in eterno però uno scopo, ed alla fine tutto è destinato a fare ritorno al puramente spirituale, ma mai in eterno al materiale.

10. Io te lo dico: “Questa Terra e tutto questo cielo veramente corporeo - cioè soli, lune e tutti i mondi - un giorno scompariranno quando tutti gli spiriti giudicati, e in essi trattenuti, saranno, per la via della carne, divenuti spiriti puri; ma gli spiriti puri lo rimangono in eterno e lo rimarranno e non potranno mai in eterno cessare di esistere, come altrettanto né Io né la Mia Parola cesseremo mai di esistere”. 

11. DimMi, ora, hai ben compreso quanto ti ho detto?».

 

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Cap. 166

Lo stupore di Kisjonah e buona comprensione della luce data dal Signore. Della procreazione di Adamo. Dell’essenza dell’uomo e della donna. Caduta della donna e relativa dannosa influenza esercitata sull’uomo. Decadimento dell’umanità e cenni sull’Incarnazione del Signore, a scopo di redenzione.

 

1. Esclama Kisjonah: «O Dio, o Dio, quali profondità di sapienza! A chi mai fu dato di udire qualcosa di simile? Davvero, tali chiarimenti soltanto Dio può darli, e rendono irrisoria e nulla la sapienza di tutti i saggi della Terra presi assieme! Troppa, troppa luce in una volta è questa per un povero mortale peccatore, quale più che mai mi sento in questo momento! 

2. Questa rivelazione mi svela d’un tratto in modo chiarissimo, evidente, tutta la Genesi, come per virtù di una cosiddetta bacchetta magica!

3. Sì, ora comprendo il significato di queste parole: “Dio creò Adamo, il primo uomo su questa Terra, dall’argilla!”. Dio, nell’Ordine eterno da Lui stabilito, ha voluto che gli spiriti giudicati e stretti nei lacci della materia della Terra dovessero costruirsi un corpo perfettamente simile alla corrispondente forma spirituale, traendolo da questa stessa Terra che li teneva prigionieri, e precisamente dalla parte di essa più cedevole e malleabile, raffigurata qui dall’argilla, per poter in questo corpo muoversi con molta maggiore libertà e riavere la coscienza e la conoscenza del proprio io, e da questa la conoscenza di Dio. Giunti a questo, essi debbono sottomettersi per libero volere agli ordinamenti divini e pervenire in tale maniera alla loro natura iniziale, che è la spirituale, vale a dire allo stato di spiriti puri e perfetti, come lo sono gli arcangeli dal principio del tempo!

4. Sì, ora tutto in un attimo mi si affaccia chiaro e limpido all’intelletto! “La donna”, sta scritto, “fu creata da una costola di Adamo”; quanto chiaro ed evidente non è anche questo? Come le montagne costituiscono senza alcun dubbio la parte più solida e perciò anche la parte più tenace della Terra, e così rivelano la natura più tenace ed ostinata degli spiriti che la compongono, nello stesso modo, per rispondenza, anche nel primo uomo, come pure in tutti i successivi uomini, la parte per così dire più dura e tenace si era annidata nelle ossa dell’uomo, le quali hanno perfetto riscontro nelle montagne rispetto alla Terra.

5. Ebbene, la parte spirituale più tenace, la più sensuale, la più superba e la più orgogliosa venne, dalla Potenza e Sapienza di Dio, separata dall’uomo ed espressa in una forma femminile, simile all’uomo, la quale, come proveniente dall’uomo, sta con lui in una rispondenza vivente, ed è perciò atta a suscitare in sé, con il sussidio dell’azione procreativa e secondo l’onnipotente Volontà di Dio, un frutto vivente. Ed essendole imposta, come parte spirituale più tenace dell’uomo, una sofferenza maggiore, essa può perfezionare il proprio spirito nella misura in cui anche l’uomo può perfezionare la sua parte più mite, e conseguentemente può anche avvenire, ed avviene secondo la Scrittura, che alla fine l’uomo e la donna divengano una cosa sola.

6. Infatti l’espressione che l’uomo e la donna hanno poi un corpo solo non vuol dire altro che: “Quantunque l’essenza della donna è la parte più ostinata dell’uomo, essa però, attraverso la prova relativamente più aspra, diventa infine uguale alla parte spirituale comunque più mite dell’uomo; ed è questo che vuole significare che l’uomo e la donna hanno un corpo solo”. Che ne dici Tu, o Signore, di ciò? Ho io compreso questa cosa almeno approssimativamente nel suo vero senso, oppure no?»

7. Dico Io: «Perfettamente giusto e vero è quello che hai detto! Così sta la cosa, ed in questo modo anche dovrebbero venire lette e comprese nel vero spirito le Scritture; proprio così sarebbe bene parlare con tutti gli uomini e trattare con loro i vari problemi dei Cieli con loro grande vantaggio. Ma gli uomini invece, ed in particolare le donne, a causa dell’abuso del libero volere, sono precipitati in balia di ogni sensualità; le donne hanno cominciato ad adornare oltre ogni misura il loro corpo per renderlo più attraente, dietro il consiglio di Satana, e contemporaneamente con il loro egoismo sono divenute intrattabili, superbe e sprezzanti, costringendo l’uomo più mansueto ad incappare nella loro rete, e costui dovette cominciare a danzare con tutta condiscendenza, anzi con tutta sottomissione, secondo la musica che la brama di dominio a quelle suggeriva, ed ebbe infine addirittura uno speciale compiacimento quando si trovò ben presto preso in trappola dall’astuzia veramente satanica delle donne.

8. Con ciò dunque egli cadde da tutta l’altezza dei Cieli germoglianti in lui, divenne per conseguenza tenebroso, sensuale, egoista, vanitoso ed ambizioso; e perciò, in unione con la donna, esclusivamente seguace del demonio!

9. Certamente l’uomo veniva ammonito dal suo spirito, lievemente di quando in quando, attraverso il risveglio dell’amore per la vita, a leggere le Scritture e a contemplare le grandi opere di Dio! Molti infatti fecero così dopo essersi liberati, chi più chi meno, dai lacci in cui le donne li tenevano legati, ma ciò non giovò molto. Infatti essi non comprendevano più le Scritture! E poiché essi stessi divennero materiali in modo effeminato, accettarono immediatamente il senso materiale della lettera per buona e genuina moneta di pieno valore, ridussero la Parola di Dio ad una cosa orrida, e il Tempio di Dio ad una spelonca di ladri e di assassini!

10. Io lo dico a te ed a voi tutti: “La cosa era arrivata ormai al punto che tutti gli uomini sarebbero stati irrimediabilmente perduti per sempre se non fossi venuto Io, il Signore in Persona, in questo mondo per redimervi dal giogo di Satana e salvarvi, per conseguenza, dalla perdizione eterna; ed Io stesso dovrò fare sforzi enormi per poter dall’inizio elevare una parte minimissima degli uomini alla vera Luce dei Cieli”».

 

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Cap. 167

Un Vangelo per coloro che vogliono prendere moglie. La decadenza dell’umanità a causa delle donne. Considerazioni sull’attuale stato di cose. Modo di riconoscere le donne maligne. Ammonizione contro il matrimonio con una donna superba.

Maledizione che deriva da una tale unione sulla Terra e nell’aldilà.

Il male e il bene non regnano contemporaneamente nel cuore.

 

1. (Continua il Signore:) «Ma guai al mondo quando le donne inizieranno di nuovo ad abbellirsi, ad adornarsi ed a sedere sui troni; allora la Terra sarà passata attraverso il fuoco! 

2. Perciò badate soprattutto ad una buona educazione delle donne, e innanzitutto fate che esse si esercitino nella vera umiltà! Le donne devono tenersi pulite, però non devono né adornarsi né abbellirsi, poiché tali abbellimenti ed ornamenti delle donne sono per l’uomo la sua fossa e la sua rovina in tutto! 

3. E come una donna pulita, costumata ed umile è una vera benedizione della casa, al contrario una donna adornata, e con ciò superba, è una maledizione sopra tutta la Terra ed è quindi un Satana in piccole proporzioni fra gli uomini, ed è perfettamente simile ad un serpente il quale affascina con i suoi sguardi lussuriosi gli uccelli del cielo e li attira fra le sue fauci velenose e mortali! 

4. Io vi do quindi il seguente consiglio, pur non volendo che questo consiglio debba essere un comandamento: 

5. “Se qualcuno, avendo fatto la sua scelta, intende prendere moglie, allora guardi bene che la donna alla quale egli pensa di unirsi pulisca il proprio corpo soltanto con l’acqua, ciò che è necessario per la salute del corpo, e che sulla via non proceda con viso scoperto, ciò che non si addice affatto ad una donna, e anche che non faccia sfoggio delle sue altre attrattive, ma che sia invece costumata in tutto, che copra bene il suo corpo con vestiti di lino e, per l’inverno, con panni[10] di lana di pecora non colorati, ed inoltre che non sia chiacchierona e si vanti come se possedesse qualcosa, poiché per la donna è molto salutare non possedere altra cosa all’infuori di quello che le è strettamente necessario. Allora sì che una tale donna è degna di un uomo, e voi potete chiederla in sposa. Però non cercate mai di unirvi ad una ricca, abituata ad adornarsi e ad abbellirsi, che cammina per le vie in vestiti morbidi e variopinti e che si fa vedere con il viso scoperto, che si compiace dei saluti dei ricchi, mentre ai poveri dice: ‘Guarda qui questa puzzolente plebaglia!’. Io ve lo dico: ‘Fuggite da una simile donna come si fugge da un corpo in putrefazione!’.

6. Una tale donna infatti è una fedelissima immagine, se pure in proporzioni ridottissime, dell’Inferno, sempre pieno di lusinghe; e chi prende in moglie una donna simile, commette uno dei più gravi peccati contro l’Ordine divino, e può essere certo che una simile donna, la quale molto difficilmente migliorerà su questa Terra, qualora muoia prima del marito che dovrà seguirla più tardi nell’altra vita - per quanto egli sia stato dedito alla virtù e proprio a causa dell’amore che egli ha provato verso questa donna, per i vantaggi terreni ricevuti -, essa lo attirerà sicuramente almeno per un considerevole periodo di tempo con lei nell’Inferno.

7. Infatti, come una tale donna avrà usato su questa Terra dei mezzi ingannevoli per accalappiare l’uomo da lei scelto per soddisfare il suo intenso desiderio di beni e piaceri materiali, nello stesso modo, però in misura mille volte più seducente, essa andrà incontro - in ogni immaginabile attrattiva - all’uomo nell’aldilà, dove lui avrà dovuto seguirla, per trascinarlo nel suo nido infernale. E così per l’uomo sarà difficile sciogliersi dai lacci della sua donna!

8. Perciò fate bene attenzione a quello che ho detto, e chi vuole prendere moglie, veda prima di farsi un concetto esatto del valore della propria sposa, ponderi tutto per bene affinché egli non debba accorgersi troppo tardi di essersi legato, invece che ad un angelo, ad un diavolo, dal quale non sarà così facile liberarsi! 

9. Quale sia il modo per riconoscerla Io ve l’ho già indicato a sufficienza; fate tesoro delle Mie parole e ne avrete felicità sia in questo mondo che nell’altro. Io non intendo certo con ciò darvi un comandamento che vi deve vincolare, ma solamente, come già notato prima, un buon consiglio, il quale, se ascoltato, può essere di grande vantaggio per voi ed in particolare per tutte le donne vanitose!  

10. Infatti chi di voi rimprovera una tale donna vanitosa, scaltra e seduttrice in modo che lei riconosca la sua perfidia e la sua stoltezza, costui riceverà un giorno una grande ricompensa in Cielo. 

11. Distogliete dunque i vostri occhi da una donna seduttrice, perché una tale donna è segretamente, senza saperlo, un’alleata di Satana e serve inconsciamente agli scopi di seduzione di quest’ultimo. 

12. Se qualcuno di voi vuole vedere Satana nella sua forma malignissima, allora egli deve soltanto guardare una prostituta molto adornata, oppure una donna leziosa[11], ed egli avrà visto Satana nella sua forma pericolosissima per l’uomo! 

13. Quando Satana si presenta come drago e vomita sopra la Terra guerre, fame e ogni tipo di pestilenze, in questi casi egli è assolutamente meno pericoloso per gli uomini, perché in tali calamità gli uomini si rivolgono a Dio, cominciano a fare penitenza e sfuggono così all’Inferno e al suo giudizio.

14. Ma quando Satana ricopre la sua forma di drago con la veste luminosa di un angelo, allora egli - per l’uomo dalla natura incline alla sensualità - diventa pericolosissimo, e precisamente tanto quanto un lupo feroce il quale, sotto le spoglie della pecora, si insinua in mezzo al gregge! Se il lupo piomba fra le pecore quale esso è, allora queste fuggono in tutte le direzioni e confondono il seminatore di morte al punto che esso si arresta non sapendo quale fra le tante pecore debba cacciare, e alla fine è costretto ad andarsene senza preda. Ma se esso invece si presenta sotto le spoglie di una pecora, allora le pecore non solo non fuggono, ma gioiscono anzi della nuova compagna che è venuta a raggiungerle, mentre hanno invece a che fare con un lupo che sbrana l’intero gregge, senza che neppure una pecora possa sfuggirgli.

15. Ecco perché voi dovete custodire nel vostro cuore, come una cosa sacra, questa Dottrina e questo Consiglio, e perché è consigliabile che a questi vi atteniate strettamente come se Io vi avessi dato un Comandamento; allora sì che le vostre unioni saranno ricoperte della benedizione dal Cielo, ma in caso contrario saranno ricoperte dalla maledizione dell’Inferno! 

16. Non lasciatevi dunque sedurre dai ciechi e ingannevoli allettamenti del mondo, ma siate invece moderati in ogni tempo, e sappiate dare il giusto valore al mondo. Non date l’oro e le perle che avete ora ricevuto dai Cieli in cambio delle stoltezze del mondo! Così facendo la pace regnerà sempre fra voi, e vedrete aperto il Cielo innanzi a voi! Se vi renderete di nuovo schiavi degli allettamenti del mondo, dovrete imputare a voi stessi se il Cielo si chiuderà sempre più saldamente innanzi ai vostri occhi, e quando, oppressi e stretti dal bisogno, invocherete il Cielo domandando aiuto, allora questo non vi sarà concesso! Infatti non è possibile che qualcuno, il quale pende sempre con compiacimento in ciò che è del mondo, si trovi contemporaneamente in una benedicente relazione con il Cielo.

17. Infatti ogni uomo è creato e costituito in modo da non poter sopportare in un solo cuore, l’uno vicino all’altro, il bene e il male, il vero e il falso; o l’uno o l’altro, ma mai in eterno entrambi nello stesso tempo! 

18. Certamente egli può e deve esaminare e riconoscere entrambi con la luce della sua ragione, ma nel suo cuore egli non può ospitare che l’uno oppure l’altro quale fondamento di vita! 

19. Avete ben compreso questo Mio consiglio?» 

20. Allora tutti rispondono: «Sì, o Signore e Maestro in ogni Sapienza divina!». 

 

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Cap. 168

Cenni sulla cultura della Terra e sulle nostre scuole. Ciò che veramente è necessario. Rammarico del fariseo e il traviamento dell’umanità. Cenni del Signore riguardo alla Sua santa Parola, al mondo e all’umanità. Rapporti degli uomini con Dio.

 

1. Ed uno tra i farisei là presenti si avvicina a Me e dice: «Signore e Maestro! Certo, tutto quello che hai detto è oltremodo bello, buono e vero, e non vi si può obiettare nulla. Tuttavia, se gli uomini non raccolgono tutte le sostanze che la Terra offre loro in così grande quantità e non le lavorano secondo i dettami dell’esperienza e dell’arte, la Terra assumerà ben presto l’aspetto di un deserto e non vi si troverà più traccia di una cultura qualsiasi. Non sono necessarie case e scuole di ogni genere? Se noi le sopprimiamo, l’umanità si troverà in brevissimo tempo in uno stato completamente animalesco. Dunque, finché l’uomo è un cittadino della materia, non si può lasciare il mondo completamente da parte!» 

2. Dico Io: «Sono appunto le vostre scuole quelle che raggiungono perfettamente lo scopo di uccidere ogni spirito già nell’anima tenera del fanciullo; per conseguenza, poco danno sarebbe se cessassero del tutto di esistere, poiché in verità Io vi dico: “Se il mondo è il vostro maestro, cosa volete voi apprendere di spirituale da esso?”. 

3. Chi non viene istruito da Dio, nel proprio cuore, rimane nella notte del mondo, e la Luce della Vita rimarrà eternamente lontana da lui! 

4. Ora, colui per il quale non risplende la vera Luce di Vita che emana da Dio è morto, anche se avesse appreso dal mondo tutta la sapienza degli angeli! Per quanto tempo infatti questa potrà giovargli? 

5. Restate quindi in Me, ed allora resterò anch’Io in voi, e la Sapienza dei Cieli riempirà e vivificherà i vostri cuori per sempre! Mi avete compreso?» 

6. Quando il fariseo ebbe udito tali spiegazioni dalla Mia bocca, la sua faccia apparve turbata e seria, ed egli esclamò: «O Verità santa, sublime ed estremamente evidente! Come potrebbero essere felici tutti gli uomini su questa Terra se essi fossero compenetrati da questa santa Verità e se regolassero la loro vita conformemente ad essa! Però, o Signore, c’è un “ma”, un “ma” colossale! Infatti, finché sussisterà anche una sola goccia di Terra, oppure finché gli uomini saranno i suoi abitanti, fra questi regnerà l’avidità dei beni mondani, nonché l’invidia, l’avarizia, l’orgoglio e l’ambizione sfrenata che tutto vuole soggiogare e tutto corrompe; e queste costituiscono le fondamenta dell’Inferno! In un simile terreno, senza alcun dubbio, questa Verità che deriva dai Cieli non potrà mai mettere radice, anzi verrà perseguitata fino alla sua ultima lettera dalle migliaia di migliaia di accoliti infernali! E allora, a che serve tale e tanta celeste Verità?! 

7. L’umanità deve venire in grandissima parte distrutta, ed al suo posto si deve porre sulla Terra una nuova umanità; questa poi deve venire educata fin dalla culla in tale Verità, solo allora ci si può attendere da essa dei frutti degni del Cielo; ma come oggi si presenta e si trova l’umanità, essa non va bene neanche per l’Inferno; figuriamoci se può andare bene per tale Verità dai sommi Cieli!

8. Se la tua intenzione è di fondare una piccola comunità chiamata a vivere ed a crescere in tutta questa Verità e Sapienza celesti, essa tuttavia si troverà da ogni parte circondata da lupi rapaci i quali, anche se impossibilitati a nuocerle sotto l’aspetto spirituale, la perseguiteranno e tormenteranno incessantemente dal punto di vista terreno, cosicché essa non sarà mai in grado di elevarsi nella sua purezza; e, premesso questo, chi può dire - all’infuori di Dio - quale aspetto avranno, dopo qualche lungo periodo di tempo, i discendenti di detta comunità?!

9. Gli uomini sono e restano uomini, angeli oggi, demoni domani, e per conseguenza neanche dei migliori ci si può fidare! 

10. Jehova, è innegabile, trasse i figli d’Israele fuori dall’Egitto; essi poterono vederLo giorno e notte, e nel deserto, dove Egli diede loro la Legge, li nutrì miracolosamente per quaranta anni interi. In quel periodo di tempo insomma le meraviglie si susseguirono alle meraviglie. Si consulti ora la storia, si consideri poi le nostre condizioni attuali in rapporto alla vita civile, alla religione, all’amicizia e così via discorrendo, e si esamini per bene lo stato dei figli di Dio di una volta, e certamente nessuno potrà trovare nessuna traccia di quello che essi furono un giorno!

11. Per conseguenza io dico e sostengo fermamente, senza voler con ciò minimamente erigermi contro il Tuo Amore e la Tua Sapienza, che è davvero un peccato per tale Tua Sapienza e per tali e tante opere meravigliose, perché in verità gli uomini non ne saranno mai degni in eterno! Fuoco e zolfo ardente dal Cielo, ecco cosa meriterebbero; mai e poi mai tanta incommensurabile Grazia! Io parlo così apertamente perché sono qui, ritenendo che intorno a noi non ci siano dei traditori. Ma quando saremo discesi nuovamente in pianura, me ne starò muto come una tomba! Dimmi, o Signore e Maestro, ho ragione? Stanno le cose veramente così oppure no?»

12. Ed Io gli rispondo: «Considerata la cosa dal punto di vista terreno, tu hai pienamente ragione, e così avverrà. Ma tutto ciò non può né deve impedirMi di annunciare al mondo la Verità dai Cieli!

13. Infatti, se il mondo deve venire giudicato, bisogna che prima gli venga dato quello che lo giudicherà in se stesso e che deve giudicarlo; vale a dire: la Verità dai Cieli, la quale ora per mezzo Mio viene in questo mondo, ed in questo mondo in ogni tempo verrà perseguitata, ma vi rimarrà.

14. La tua opinione è buona e del tutto giusta di fronte alla perfidia del mondo; però fra Dio e gli uomini di questa Terra vi sono relazioni del tutto straordinarie, che nessuno conosce se non il Padre soltanto e colui al quale il Padre vuole rivelarle.

15. Ma di ciò ormai si è detto abbastanza! La sera è vicina e il freddo comincia a farsi sentire su questa altura; rientriamo dunque nelle capanne! E così sia!».

 

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Cap. 169

L’invidia per il fuoco e il calore nella capanna alpina. Scena con il vecchio cieco, discendente da Tobia. Un modo particolare di riscaldamento. Il fuoco d’onore e di gioia sul monte. Severo rimprovero degli angeli alle donne beffarde.  Un Vangelo speciale sul ridere.

 

1. Dopo esserci così intrattenuti, noi ci rechiamo tutti all’interno della grande capanna, e molti, particolarmente le donne e le serve, si stringono intorno al fuoco là acceso e si riscaldano; alcuni uomini però, ai quali un po’ di calore sarebbe pure stato gradito, si arrabbiarono senza renderlo manifesto, perché le donne avevano occupato tutto il posto intorno al focolare; allora qualcuno fra i discepoli si avvicinò a Me e Mi riferì la cosa, lagnandosene e mormorando. Ma Io li rimproverai dolcemente per tale protesta.

2. Alle Mie parole tutti si calmarono ad eccezione di uno, un ebreo di Cafarnao, il quale continuò a mormorare e disse: «Eh! Che senso ha rimproverare, anche se dolcemente, se io stando lì fuori mi sono gelato al punto che quasi non ne potevo più, e adesso che avrei bisogno, vecchio come sono, di riscaldarmi un po’, le donne si cacciano davanti al fuoco e mi impediscono di avvicinarmi, mentre sono quasi completamente intirizzito! In pianura neppure nel pieno inverno fa tanto freddo quanto appunto questa sera qui su questa altura; ed io ho già oltrepassato i settant’anni, senza tener conto che ho una costituzione fredda per natura! Io non voglio essere scortese; dì dunque Tu alle donne che mi facciano un po’ di posto accanto al fuoco!»

3. Dico al vecchio: «Non sai tu che Io potrei riscaldarti anche senza fuoco, se tu avessi fede?»

4. Risponde il vecchio: «Sì, o Signore, io credo! Infatti io Ti vidi operare molte cose meravigliose e per conseguenza credo che tutto quello che Tu dirai e che Tu vuoi avviene»

5. Dico Io: «Ebbene, mettiti vicino a quei tre uomini che un paio di giorni fa sono venuti a noi dall’Alto, e ti riscalderai ben presto»

6. E il vecchio seguì il Mio consiglio ed in breve tempo egli si sentì tanto riscaldato che alla fine il calore gli era insopportabile, e, pur ringraziandoMi con espressioni entusiastiche per il beneficio elargitogli, Mi pregò di permettergli di cercare un po’ di refrigerio perché ormai egli sentiva anche troppo caldo.

7. Io però osservai: «Fa come vuoi; Io non ti ho legato ai tre uomini! Esci fuori; lì del refrigerio ne troverai abbastanza!»

8. Il vecchio allora, seguendo il Mio consiglio, se ne andò fuori, ma si precipitò di nuovo nella capanna, urlando angosciosamente: «Si salvi chi può! Tutta la montagna è in fiamme, e il fuoco si avvicina sempre più a questa capanna! Per l’amore di Dio, noi siamo tutti perduti!»

9. Mentre il vecchio spaventato così si lamentava, ecco venire Kisjonah, il quale nel frattempo si era allontanato alquanto da noi per le sue faccende, e disse: «Signore, Tu già mi perdonerai se, per solennizzare un po’ questa serata, io ho fatto preparare in Tuo onore una piccola manifestazione di gioia, com’è usanza fra questi miei pastori, dato che, secondo la Tua decisione, questa è l’ultima sera che Tu passi qui sul monte. I miei pastori hanno acceso in Tuo onore dei fasci di rami secchi raccolti da essi nel bosco, e stanno cantando liete canzoni e salmi. Non vorresTi dare un’occhiata allo spettacolo?!»

10. Rispondo Io: «Oh! Molto volentieri, perché Mi sei estremamente caro!».

11. Ed Io Mi alzai, uscii fuori, e tutti i discepoli Mi seguirono. Le donne intanto si misero a deridere il vecchio ebreo, perché, avendo visto tutto il monte in fiamme, aveva fatto tanto rumore come se il mondo intero fosse stato in procinto di andare in rovina! Il vecchio se ne vergognò, ma sopportò con pazienza le risate delle donne.

12. Io però le rimproverai per il loro contegno indelicato e le ammonii; e allora quelle donne, fra le quali non si trovavano le cinque figliole di Kisjonah perché già occupate a preparare la cena nella grande capanna, pregarono Me e il vecchio di perdonarle, dichiarando che quanto avevano detto non era da attribuirsi a malevolenza contro nessuno.

13. Il vecchio, dopo aver udito questo, le perdonò subito di tutto cuore, ma i tre angeli si fecero avanti e dissero: «Ascoltateci, o voi donne! Questo vecchio è un discendente di Tobia che era cieco, e al quale noi ridonammo la vista mediante la bile di un pesce; ora, a tutti i discendenti di quel vecchio Tobia, il quale fu un becchino, giunti che siano ad una tarda età, la vista si indebolisce molto, e ciò per una ragione misteriosa nota soltanto a Dio e a noi per mezzo Suo; e noi vi dichiariamo che pecca gravemente e dimostra un cuore sconsiderato chi si fa beffe di un cieco invece di porgergli la mano e guidarlo attraverso i viottoli e le strade difficili. Se voi non aveste saputo che questo vecchio, il quale pure si chiama “Tobia”, è cieco più che a metà, allora non avreste peccato; ma poiché voi sapevate che egli ci vede solo a metà, e tuttavia lo avete deriso, voi avete peccato, e meritate una severa punizione. Ma poiché egli su vostra preghiera vi ha concesso il suo perdono, allora vi perdoniamo anche noi.

14. Ma guai a voi se voleste beffarvi nuovamente di uno sventurato! Il suo male allora diverrà il vostro! 

15. Del resto gli uomini non devono in generale mai ridere, tutt’al più in qualche singolo caso rarissimo, poiché il ridere è causato dall’eccitazione nel corpo umano di principi spirituali maligni che godono delle sciagure altrui!

16. Un sorriso modesto ed amichevole dal quale si possa riconoscere il manifestarsi di una particolare benevolenza è cosa celeste; il ridere invece in qualsiasi altra forma ha il più delle volte la sua origine nell’Inferno. Infatti i diavoli ridono sempre quando riesce loro un brutto tiro. Ma nei Cieli nessuno ride mai, e là regna invece la più affettuosa ed amichevole benevolenza verso tutte le creature, per quanto misere esse siano, e la pietà più viva per tutti quei fratelli che soffrono su questa Terra, dove devono ancora compiere il loro tempo. Tutto ciò tenetevelo bene a mente per l’avvenire! 

17. Quando gli uomini inizieranno a ridere molto delle debolezze dei loro fratelli, allora la fede scomparirà, come fa il sole dopo il tramontato, e l’amore andrà estinguendosi nei cuori degli uomini, pervasi dal gelo, come si è estinto il calore in questa fredda notte, ed in quel tempo fra gli uomini ci sarà una sventura come non ce n’è mai stata una di simile sulla Terra!

18. Fate tesoro di questa dottrina dai Cieli! Punite i vostri figli quando ridono; preferite piuttosto udirli piangere che ridere! Infatti il ridere è un prodotto dell’Inferno, che è sempre pieno del riso più beffardo!

19. Vi sono certamente dei casi nei quali è giustificato, soltanto per gli uomini, ridere di una cosa sciocca e di una stupidità ostinata, ma in tal caso il ridere diventa una punizione ben meritata per colui che si è reso degno delle beffe.

20. Ma se invece qualcuno ride per suo puro divertimento e va in cerca di cose, avvenimenti e discorsi ridicoli per esserne indotto alla risata, costui è un pazzo! Infatti soltanto il cuore di un pazzo può lasciarsi incitare al ridere, mentre chiunque abbia sia pure un solo barlume di saggezza comprende ben presto e facilmente la santa serietà della vita, ed è difficile che gli venga in mente di ridere di qualcosa!

21. Per conseguenza in avvenire non ridete più e distogliete i vostri sguardi dai buffoni e dai commedianti, i quali si fanno pagare da voi per prepararvi all’Inferno; siate sempre di cuore equilibrato e senza eccessi, affinché giungiate a meritarvi il compiacimento di Dio, e con ciò il vero onore!».

22. Questo discorso dei tre angeli suscitò una grandissima impressione fra quelle donne, e loro fecero promessa di non ridere mai più per tutta la vita.

 

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Cap. 170

Scena fra il semicieco Tobia, i tre angeli e il Signore. Guarigione di Tobia. 

Rispondenza fra questa guarigione ed i tempi attuali. La cena sul monte.

 

1. Al vecchio non era sfuggito niente di quello che i tre angeli avevano detto alle donne; ed egli si avvicinò subito a loro e disse: «Io ora ho udito come voi avete accennato al nome del mio avo, ed è risultato in seguito che neppure il mio nome vi è sconosciuto e che, per la Grazia e Potenza di Dio che sono in voi, ridonaste a suo tempo luce e vita all’occhio spento del vecchio Tobia.

2. Vedete, voi dall’eternità amici carissimi di Dio, anch’io sono sul punto di diventare completamente cieco; già ora da un occhio non ci vedo più nulla, e l’altro comincia pure ad indebolirsi enormemente! Non potreste voi far sì che anche i miei occhi riacquistassero piena luce? Per voi la cosa dovrebbe pur essere facilissima! Abbiate misericordia di me!»

3. Rispondono gli angeli: «Vedi Colui che un po’ più avanti a noi sta osservando assieme a Kisjonah quelle fiammate di gioia, e porge ascolto ai canti ed ai salmi dei pastori? Non noi, ma Egli è Colui che ridonò la vista al vecchio Tobia. Va’ da Lui, Egli è il Signore e può fare ciò che vuole; Egli soltanto può ridonare la luce anche ai tuoi occhi! Noi, per volontà nostra, non abbiamo né forza propria né alcun potere, come tu non ne hai da te stesso. Noi siamo unicamente Suoi servitori e stiamo sempre pronti ai Suoi cenni»

4. Dopo aver appreso questo dai tre angeli, il vecchio Mi viene vicino e Mi supplica di ridonargli la vista. Ed Io gli dico: «Per lungo tempo tu fosti un fariseo dalle idee più rigide ed un glorificatore del Tempio di Gerusalemme; in quanto a Me, tu reputasti sempre che Io fossi un esseno, un mago e qualcosa di simile; com’è che ora ti è venuta la fede?»

5. Risponde il vecchio: «Signore! Anch’io ero presente a Cafarnao quando Tu risuscitasti da morte la figlia di Giairo; già quella volta io cominciai a credere. Però mi era necessario vedere e udire ancora di più per rafforzare in me la fede; ed io ho anche visto ed udito, e credo ormai fermamente che Tu, o Signore, puoi tutto quello che vuoi; dunque, o Signore, se Tu vuoi guarirmi, non c’è cosa al mondo che possa impedirTelo!»

6. Io allora osservai al vecchio: «Veramente, è piuttosto fuori luogo concedere la vista mentre regna la notte; tuttavia se, come tu dici, la tua fede è tanto forte, non vi è niente che ostacoli il tuo riacquistare la vista anche di notte! Anzi ti dico che nel tempo attuale, spiritualmente parlando, è notte per tutti gli uomini, ed essi sono tutti completamente ciechi, cosicché mai più potranno riavere la vista di giorno, bensì nella notte; e per molti sorgerà dalla loro sera e dal loro mattino, in modo duraturo, un primo giorno. Sia dunque a te ridonata la vista nella notte!».

7. E come ebbi pronunciato queste ultime parole, il vecchio riacquistò la vista, e poté perciò ammirare i singoli fuochi laddove prima la sua vista debole e confusa non gli aveva permesso di percepire con l’occhio che un fuoco solo.

8. Ma poiché si fu persuaso che ai suoi occhi era stata ridonata tanta luce così pura, egli si gettò ai Miei piedi, traboccante di gioia, non trovando parole sufficienti per lodarMi e glorificarMi!

9. Però Io gli dissi: «Anche tu hai udito il comandamento che vi ho dato; perciò mantieni tu pure il silenzio riguardo a tutto ciò che qui hai visto ed appreso, altrimenti accadrà a te quello di cui ho minacciato gli altri!». 

10. Il vecchio, alzatosi, assicurò che sarebbe rimasto muto come una tomba. 

11. E così tutto si compì per il meglio su quell’altura. E quando i fuochi accennavano ad estinguersi, vennero le figlie di Kisjonah ed invitarono Me e tutti i presenti a prendere parte alla cena; noi allora seguimmo tutti l’invito e, dopo aver consumato il buon pasto che ci era stato preparato, ci concedemmo un po’ di riposo.

 

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Cap. 171

I farisei tra di loro. La misera astuzia di Ribà; sua fantastica storia dei fatti che riguardano il nazareno e i genitori di quest’ultimo, nonché delle loro segrete aspirazioni al trono dei giudei. Sua proposta di sbarazzarsi di Gesù, per amore della pace.

 

1. Ora, tra i farisei che ci avevano accompagnati sul monte, ce n’era una trentina di alquanto migliori della maggioranza dei loro colleghi; anzi in questi aveva già cominciato ad introdursi un po’ di fede, naturalmente qualche barlume appena, chi più e chi meno; ed essi, mentre noi andavamo a riposare, si ritirarono in una capanna a parte, e rimasero quasi l’intera notte vegliando e discutendo sul come avrebbero dovuto ormai comportarsi.

2. Dopo che ebbero a lungo vagliata la cosa, uno di essi che aveva nome Ribà e che si sentiva di essere più astuto e più raffinato degli altri, visto che tutti assieme non arrivavano a nessuna conclusione, prese la parola e disse: «Fratelli miei, sono già due buone ore che voi scambiate parole e idee senza aver potuto finora avanzare nemmeno di una spanna verso una qualche decisione. Voi mi conoscete bene, e sapete da lungo tempo che in casi precedenti e critici come questo, sono stato appunto io a colpire sempre nel segno; dunque io penso che, dopo di aver acutamente ponderato e scrutato tutto quello che qui è stato detto e fatto, i miei ragionamenti non cadranno neppure questa volta nel vuoto. Ascoltatemi dunque! 

3. È indiscutibilmente vero e non si può assolutamente negare che quest’uomo, un nazareno, figlio di un carpentiere, fa cose le quali all’infuori di Dio non dovrebbero essere possibili quasi a nessuno; a dirla breve, ogni uomo, anche se debole e non acuto di mente, deve restarne senz’altro sbalordito completamente, e deve finire con il ritenere questo nazareno almeno un semidio, secondo la credenza dei greci. È mancato assai poco che perfino io stesso venissi indotto a pensare in tal modo, perché bisogna convenire che le manifestazioni sulla sommità di questo monte sono state davvero qualcosa di strabiliante, tanto che ai tempi di Mosè e di Elia non se ne possono aver viste di più straordinarie.

4. Tuttavia, al mio sguardo acutissimo, benché non sembri tale, non sfuggirono certe cose le quali fecero cadere il velo dai miei occhi; ed io so ormai molto bene e molto precisamente cosa debba pensarne. Avete fatto attenzione a quei tre uomini che sono arrivati sulla cima del monte e che ci fu detto che erano degli angeli?». - «Tutti i presenti rispondono affermativamente a tale domanda». - (Continua Ribà:) «Ma sapete voi anche chi veramente sono essi e da dove vengono?». - «Tutti rispondono negativamente a quest’altra domanda». - (Continua Ribà:) «Ecco, a questo riguardo mi incarico io di aprirvi gli occhi! State attenti dunque ed ascoltate.

5. Non dubito che già vi sarà noto come il carpentiere nazareno di nome Giuseppe, il quale ha goduto sempre fama di non essere digiuno di cognizioni in fatto di magia egizia e persiana, sia in pari tempo un discendente di Davide in linea diretta, e si è anche dato il caso che di quando in quando egli si fece chiamare “figlio di Davide”! Il padre di Giuseppe, che si chiamava Elì ed esercitava esso pure l’arte del carpentiere, persona del resto di carattere assolutamente irreprensibile, aveva nel segreto del suo cuore mirato costantemente a restaurare la sua stirpe sul trono della Giudea e di tutta la Terra Promessa. Sotto il pretesto di mettere suo figlio Giuseppe in grado di perfezionarsi nell’arte del costruire, gli fece intraprendere sotto buona sorveglianza un viaggio in Persia e, chissà, forse anche nell’India; ma, ed è qui che sta il nocciolo della questione, egli realmente non si proponeva di far perfezionare suo figlio nella sua arte, bensì nell’arte magica più straordinaria, affinché poi Giuseppe, in possesso di questa scienza e di questa arte, si imponesse ai popoli, abbagliandoli con le sue opere straordinarie, e si facesse, quale essere mandato da Dio, innalzare al trono di Giudea e di Roma, contemporaneamente. Infatti, dato il caso, sarebbe stato più facile il gioco con i romani sempre smaniosi di crearsi nuove divinità che non con gli ebrei! Ma ciò non basta. Giuseppe, all’infuori delle sue cognizioni in tutte le arti misteriose, doveva esteriormente apparire rigidamente ligio ai suoi doveri di ebreo ed essere senza macchia davanti alla Legge, affinché neppure gli stessi sommi sacerdoti potessero obiettare qualcosa contro di lui. Giuseppe, dopo diversi anni, fece ritorno dai suoi viaggi, espertissimo delle nuove arti apprese, ma senza mezzi né occasione di poterle mettere in pratica; inoltre, come ho udito da tutte le parti, gli mancava un certo coraggio ed in particolare la facoltà oratoria, nella quale arte egli era debolissimo ed eccessivamente conciso. Elì, suo padre, si accorse di avere sbagliato il calcolo e indusse quindi il figlio Giuseppe a riprendere solo il suo antico mestiere di carpentiere, visto che non aveva mostrato nessuna attitudine per il trono. Quando Elì stava per morire, benedisse sì suo figlio, ma dispose molto saggiamente che Giuseppe, nei riguardi dei propri figli, non dovesse intraprendere più nulla per tentare di attuare l’idea da lui accarezzata, non essendoci più alcuna probabilità di riuscita. E così avvenne che Giuseppe non ne fece nulla con i figli avuti dalla prima moglie. 

6. Ma quando, mortagli la prima moglie, gli riuscì, per una combinazione fortuita che probabilmente si deve alle manipolazioni magiche da lui apprese in Persia, di farsi consegnare fuori dal Tempio, in tutela, la giovane e bella Maria, pure essa una discendente di Davide, allora l’idea del reame cominciò a germogliare nel pensiero di Giuseppe. Egli rese gravida Maria, in quel tempo una giovinetta di appena quattordici anni e che solamente più tardi divenne sua moglie; e questo naturalmente gli procurò a Gerusalemme molti grattacapi. Ma egli seppe trarsi di impiccio avvalendosi della sua arte magica e di denaro, e subito dopo, seguendo il consiglio di un buon amico in Gerusalemme, prese Maria in moglie.

7. Sembra inoltre che a Gerusalemme i genitori di Maria, un certo Gioachino ed Anna i quali vivono tuttora e sono persone molto benestanti, non siano stati quella volta troppo d’accordo con questo matrimonio, ma Giuseppe aveva degli amici potenti nel Tempio, e cioè il vecchio Simone e specialmente Zaccaria; per conseguenza tutti gli ostacoli furono appianati, e Maria divenne la moglie legittima di Giuseppe con il consenso anche dei genitori di Maria, i quali di buona o di mala voglia dovettero dichiararsi d’accordo.

8. Giuseppe, incoraggiato particolarmente da Maria che egli amava molto, si accinse allora con tutte le sue forze a fare il possibile per conseguire il ben noto scopo nei riguardi del Bambino che non era ancora nato, nel caso fosse stato un maschio, e questo fatto [che fosse un maschio] Giuseppe, espertissimo in simili questioni, doveva saperlo anticipatamente con molta sicurezza; inoltre a questo proposito va notato che i mezzi non indifferenti di cui disponevano i suoi suoceri avrebbero dovuto prestargli efficacissimo aiuto.

9. Alcune settimane prima del parto egli mandò segretamente dei messaggeri in Persia e fece pregare i tre sapienti, con i quali aveva stretto conoscenza in gioventù, di venire a visitarlo. Ora, poiché in quello stesso periodo di tempo l’imperatore Augusto aveva ordinato che fosse eseguito a Betlemme il censimento della popolazione per l’intera Giudea, così anche Giuseppe e Maria assieme ai figli di Giuseppe erano appunto saliti a Betlemme per annunciarsi là alle autorità incaricate del censimento.

10. Arrivati dunque i tre savi a Nazaret con il loro numeroso e brillante seguito, non trovarono nessuno e non sapendo dove rivolgersi, salirono a Gerusalemme e si informarono sfortunatamente presso il vecchio Erode sul conto del neonato Re d’Israele e versarono per conseguenza olio sul fuoco! Naturalmente Erode non poté rispondere loro altro che in primo luogo tale avvenimento gli era completamente ignoto, ed in secondo luogo che, dato pure il caso che ci fosse stato qualcosa di vero in quella faccenda, la famiglia da loro cercata avrebbe ad ogni modo dovuto trovarsi allora al pari di mille altre a Betlemme, a causa del censimento ordinato dall’imperatore. Avute queste notizie, i tre savi si affrettarono subito verso Betlemme e là trovarono quello che andavano cercando.

11. È facilmente comprensibile come in tale occasione non ci sia stata penuria di apparizioni magiche; tant’è vero che perfino i romani stessi ne furono convinti, altrimenti il vecchio Erode non avrebbe comandato lo sterminio dei bambini. Questi magi poi, affinché il fanciullo potesse venire allevato ed educato bene, gli offrirono anche cospicui tesori, se pur non con l’idea di fargliene proprio un dono, ma considerando la circostanza che egli, divenuto re, avrebbe potuto restituirglieli in Persia.

12. Ed ecco per quale motivo quei tre magi non hanno più perduto di vista il fanciullo, ma hanno invece fino ad oggi costantemente curato la sua educazione e il suo perfezionamento nell’arte magica; ed ora essi sono venuti nuovamente sotto l’apparenza di tre angeli dai Cieli, e aiutano Gesù a compiere i suoi miracoli nonché a sbalordire e ad abbagliare con sapienti prediche il popolo, il quale è cieco e non capisce nulla di tutto ciò che succede sotto i veli del mistero.

13. Ma noi, che siamo già iniziati in tutti i misteri di questo genere, non ci lasceremo mai più accecare, ed io considero quindi che sia nostro sacrosanto dovere osservare quest’uomo ovunque egli vada, nonché fare molta attenzione a qualunque cosa egli dica e faccia, e sbarrargli in tutta fretta il passo qualora egli volesse andare troppo oltre!

14. La cosa peggiore sarebbe poi che egli riuscisse ad avere i romani dalla sua; se ciò fosse, nonostante tutti i nostri sforzi, sarebbe la fine! Noi dunque dobbiamo impegnarci a fondo perché ciò non avvenga, altrimenti egli si innalzerà davvero tanto che noi scompariremo al suo confronto, e una volta giunto a simili altezze non ci sarà più possibile tirarlo giù! Che ne pensate voi?»

15. Dicono gli altri: «È possibile che tu abbia perfettamente ragione, ma se invece la cosa stesse diversamente, ciò che certamente non si può escludere, cosa sarà di noi dopo?»

16. Risponde Ribà: «Questa è una domanda assolutamente fuori posto in una questione simile! Infatti, è egli e può essere più di un uomo?! Chi è fra di noi simile a quei pagani i quali non sanno chi e che cosa sia Dio, e per conseguenza considerano come dèi degli uomini che eccellono in qualche campo, e onorano e adorano perfino certi animali speciali? 

17. È dunque questo nazareno più di un uomo, per quanto straordinario, e diciamo pure più di un genio insuperabile nel suo genere?

18. Se egli si accontentasse di rimanere quello che è, cioè un uomo, e di esercitare la sua arte per il bene dell’umanità e volesse pure istruire gli uomini in questa o quella cosa che essi non arrivano a comprendere che poco o per niente, allora certo egli avrebbe un valore inestimabile, e sarebbe da invidiare il paese che potesse annoverarlo fra i suoi abitanti. Invece, a quanto pare, lo stuzzicano più che altro il trono, la corona e lo scettro di Davide, e ciò lo rende spregevole presso tutti i veri e puri ebrei i quali sanno tuttora scrutare e valutare, secondo l’antico spirito, tutti i fenomeni della vita umana nella loro vera luce e nel loro vero essere, e non possono perciò venire tanto facilmente abbindolati come succede ai pubblicani ed ai peccatori semipagani! E poi, che utile può trarre l’umanità dal venir, mediante dottrine illusorie di tal genere, divisa in molte sette, le quali, puramente a causa della divergenza di fede, si odiano poi fra loro più che gli animali feroci dei boschi? Coloro che rimangono nella fede antica odiano gli altri che essi reputano miscredenti, e questi ricambiano di pari odio i primi, e per tale ragione una simile nuova religione produce sempre l’effetto opposto di quello che va predicando; invece di amicizia, amore e pace essa genera inimicizie spesso inconciliabili, odio e guerre devastatrici! E questi sono stati in ogni tempo ugualmente gli stessi frutti che tutte le innovazioni religiose hanno maturato su questa Terra! Ora se, come l’esperienza di tutti i tempi insegna, le conseguenze di simili avvenimenti sono sempre le stesse, è per noi uomini illuminati e consiglieri dei popoli dovere capitale ed imprescindibile precludere la via finché c’è tempo a tali innovazioni che minacciano di rovina e morte migliaia e migliaia di uomini! Non è forse meglio sbarazzare il mondo da un simile mago ambizioso piuttosto che vedere in breve tempo perire miseramente le migliaia da lui sedotte e traviate?!».

 

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Cap. 172

Replica efficace di un altro fariseo, il guarito Tobia. Sua onorevole testimonianza di Gesù, della Sua santa Dottrina, delle opere divine, e delle Sue azioni divine. Della malvagità della gente del Tempio. Una profezia di maledizione al popolo ebraico.

 

1. Un altro dice: «Tu non hai torto, considerando la cosa esclusivamente dal punto di vista di questo mondo, ma se per l’anima dell’uomo dopo la morte vi è ancora un’altra vita, cosa questa che io non ho mai messa in dubbio, allora tutte queste considerazioni e relazioni mondane non hanno alcun valore, mentre questo Gesù ci appare come un Sole nella notte dello spirito umano, e ci indica la vera via, procedendo sulla quale, noi possiamo già nella nostra vita terrena contemplare l’immenso aldilà e prendere dalla Casa del Padre il più prezioso cibo di Vita eterna!

2. Questo Egli insegna, e vuole dimostrare all’umanità cieca come l’aria stessa, senza il concorso di nessun altro artificio, può e deve offrire e concedere pane e vino dai Cieli, dunque veramente una bevanda ed un cibo, quali noi tutti non solo abbiamo visti, ma di cui abbiamo anche mangiato e bevuto un paio di giorni fa sul monte!

3. Che la vecchia notte venga e debba venire sempre in conflitto con il giorno che sorge, questo ce lo insegna non soltanto la storia del genere umano, ma anche la natura stessa delle cose, tali come esse ci appaiono e procedono giornalmente innanzi ai nostri occhi; ma precisamente questo sta negli Ordinamenti nella concessione e nella Volontà di Dio, alla quale nessuna forza al mondo ha potuto ancora mai opporsi.

4. Cosa faresti tu se questo Gesù, che è evidentemente tutto compenetrato dallo Spirito di Dio, ti afferrasse con il Suo pensiero e ti annientasse completamente? Che resistenza potresti opporGli?

5. Ascolta! Un uomo al Cui minimo cenno obbediscono venti e mare nonché tutti gli spiriti maligni ed i buoni, un Uomo che richiama in vita i morti e che, senza ricorrere a medicine ma con la Sua potente Volontà, guarisce qualunque malattia per quanto ribelle e vecchia sia, un tale Uomo dovrebbe pur essere qualcosa di più di un semplice genio dell’arte magica! Anche tu hai avuto spesso occasione di vedere e di osservare assieme a me come i maghi nei loro incantesimi abbondino di segni e di invocazioni magiche, e come facciano uso di bacchette magiche e di amuleti nonché quanto rumore sappiano sollevare intorno ad una minima operazione.

6. Questo Gesù invece non ha con Sé né amuleti né alcun’altra cosa per fare incantesimi, non adopera nemmeno unguenti miracolosi né erbe o radici speciali, e d’altro canto Egli non è affatto un Uomo dall’animo chiuso, dal fare misterioso, né dalla parola risonante, magnificante le Proprie qualità, ma Egli è veramente un amico estremamente sincero, di animo mite, gentile ed estremamente premuroso; infine Egli stesso è un Uomo nel senso più completo e perfetto.

7. Egli non è assolutamente di umore cupo né pessimista, ma è sempre di animo lieto, e le Sue parole scorrono come il latte e il miele, eppure, nonostante il Suo fare semplice e mite, tutto avviene secondo la Sua Volontà nel modo più meraviglioso! Io ho la profonda convinzione che Egli potrebbe con estrema facilità creare una nuova Terra con la sola forza della Sua Volontà! Io Lo conosco quasi fin dalla nascita, e ti posso dire che Egli già da Fanciullo di pochi anni operava le stesse cose che ora da Uomo opera dinanzi a noi!

8. Se però un uomo fa in nostra presenza cose che sono possibili soltanto a Dio, quali ragioni potrebbero impedirmi di considerare come Dio un tale Uomo?

9. Io sono galileo di nascita, ho passato ormai la settantina: esercito il sacerdozio da più di quaranta e sono adesso trenta e più anni da che la mia vista cominciò ad indebolirsi. Ero già cieco completamente da un occhio, e l’altro mi permetteva appena di percepire confusamente le cose. Quanti rimedi per la mia vista non ho tentato, pagandoli a carissimo prezzo, seguendo scrupolosamente le prescrizioni dei molti medici che venivano a Cafarnao da tutte le parti del mondo spacciandosi per esseri quasi soprannaturali, insuperabili nella loro arte; che addomesticavano serpenti ed animali selvatici e che tagliavano la testa agli uccellini, riappiccicandola poi in un istante al collo degli animaletti, i quali ritornavano in vita; insomma che almeno apparentemente operavano veri miracoli, ma tutto ciò non servì a nulla!

10. Ed ecco che un paio d’ore fa, subito dopo la cena, Egli mi guarì con una sola parola senza nessun altro mezzo, in modo che io ci vedo adesso da tutti e due gli occhi tanto bene e chiaramente come forse nessuno di voi!

11. Consultate un po’ la storia e ditemi se su questa Terra ha mai posto piede un uomo dotato di simile forza e di tanta meravigliosa potenza? Certamente Mosè ha fatto molte opere straordinarie in virtù della forza divina, concessagli per la potenza della sua fede, secondo la grande promessa fatta a suo tempo ad Abramo. Ma come scompaiono le meraviglie operate da Mosè, se le paragoniamo a queste che ora opera Gesù davanti ai nostri occhi! 

12. E voi tenete formalmente consiglio per vedere come potreste sbarazzarvi di Lui! Vergognatevi! Quello che fate è abominevole, e meritate che Dio vi punisca per l’eternità con i più tremendi flagelli! 

13. Davvero che in questo Gesù sembra trovi pieno adempimento quello che il Profeta Isaia ha profetizzato riguardo al sublime Servo di Dio, quando disse:

14. “Vedi, questo è il Mio Servo, che Io ho scelto, e che è il Mio Prediletto, di cui la Mia Anima davvero si compiace; Io voglio porre il Mio Spirito su di Lui, ed Egli deve annunciare il giudizio ai pagani! Non urlerà né litigherà, e non Lo si udrà far chiasso nelle vie. La canna piegata Egli non la spezzerà e non spegnerà lo stoppino fioco, finché non porti il giudizio alla vittoria, e i pagani spereranno nel Suo Nome”. (Isaia 42,1-4)

15. Per il Cielo, se Egli volesse corona e scettro, ne avrebbe il potere in quantità sovrabbondante; infatti, se gli è possibile, mediante i Suoi servitori invisibili, radunare i Suoi discepoli sparsi qua e là e farli trasportare in un istante attraverso l’aria, ciò che abbiamo avuto modo di constatare con i nostri propri occhi, altrettanto facile sarebbe per Lui farsi portare dinanzi tutti i regnanti di questa Terra e dichiarare loro semplicemente: “Il Signore sono Io, e voi tutti avete ormai cessato di regnare! Se volete voi essere i Miei servitori, allora potete restare presso di Me, ma se ciò non vi è gradito, allora allontanatevi da Me e correte verso la vostra rovina!”. 

16. Invece Egli, che è onnipotente nel più vasto senso della parola, ha perfino minacciato tutti noi se mai ci azzardassimo, una volta in pianura, a raccontare una sola parola di quello che è avvenuto qui! Egli non cerca affatto la gloria e la considerazione del mondo, ma tende solamente a nobilitare ed a perfezionare nello spirito l’umanità. Dunque, non è che un Regno spirituale che Egli vuole fondare fra gli uomini, e ricondurli in paradiso, loro che non sanno più da dove provengono! E per questi motivi dovremmo noi, se fosse possibile, eliminarLo da questo mondo? Mai e poi mai! Maledetto colui che cela nel suo cuore tali pensieri! 

17. Mai ebbe l’umanità Amico maggiore su questa Terra, né mai qualcuno che fosse stato disinteressato più di Lui, e voi nutrite propositi minacciosi contro di Lui? Domandate a voi stessi di quale spirito siete figli, e Satana, che ha dimora nel vostro petto, vi griderà e vi risponderà: “Io sono il padre vostro!”.

18. Dunque, come dovrebbe essere fatto il vostro Messia? Forse come voi? Oppure dovrebbe comparire dinanzi a voi quale un gigante mille volte più forte di Sansone e, armato della forza di quest’ultimo, avventarsi sugli uomini, ammazzandone in un sol colpo a milioni, per mettere poi non se stesso ma voi sul trono; dovrebbe quindi piegarsi umilmente al vostro rigidissimo dominio e servirvi infine da asino da soma, da cammello, da cane da guardia, da leone combattente contro i vostri nemici e da aquila, la quale, in virtù della sua vista acuta, spiasse dall’alto e vi avvertisse da quale parte un nemico qualsiasi tentasse di avvicinarsi a voi; e tutto ciò affinché voi poteste in perfetta pace consumare il prodotto della rapina di tutta la Terra e sfogare la vostra libidine con le vergini più belle e delicate?! Questo sarebbe il vostro vero Messia! 

19. Voi volete essere i dominatori, mentre il Messia deve essere il vostro servo! Così vi piacerebbe avere un Messia! Ma che voi dobbiate rivolgervi al Messia e dirGli: “Signore!”, ciò non vi garba, ed è per questa ragione che volete sbarazzarvi di Lui!

20. Osservate ed interrogate i vostri cuori se la cosa non sta letteralmente in questi termini, ed i vostri cuori vi risponderanno con un sonoro sì! 

21. Se però vi sembra che io abbia parlato in modo errato, allora ditemi quale aspetto e quali proprietà dovrebbe avere il vostro Messia! 

22. È una vera vergogna, per noi che ci chiamiamo figli di Dio, che i pagani, i pubblicani ed i peccatori ci precedano in ogni campo; i greci, i romani, gli egizi, i persiani, gli assiri e quasi tutti i popoli che noi chiamiamo pagani, per gratitudine verso le loro divinità, hanno sempre venerato i loro uomini grandi e sapienti, reputando la comparsa di tali uomini una grazia concessa loro dagli dèi, ed a questi grandi sapienti tributarono onori divini, edificarono loro dei templi e consacrarono il luogo dove un tale uomo superiore aveva dimorato. Si hanno pochissimi esempi di pagani che si siano mostrati crudeli con i loro sapienti.

23. Invece noi ebrei, che facciamo sfoggio del nome di “Popolo di Dio”, abbiamo lapidato un gran numero di profeti mandatici da Dio, e li abbiamo maledetti! E ciò nonostante noi osiamo ancora chiamarci “figli di Dio”! 

24. Elia, uno dei più grandi e potenti profeti, dovette fuggire quasi fino in capo al mondo per sottrarsi al furore dei “figli di Dio” e dei loro vicini. Bei “figli di Dio” in verità! 

25. Siamo noi che abbiamo lapidato i messaggeri del Signore, e vorremmo ora, se fosse possibile, far scomparire dal mondo anche questo buon Gesù! Ma sicuramente nei Cieli si sarà provveduto a questa eventualità! Tuttavia, se una cosa simile dovesse diventare fattibile, - poiché Dio permette al perverso di commettere anche l’azione più atroce, affinché sia colma la sua misura per l’Inferno - allora io vi profetizzo la maledizione eterna su tutti gli ebrei, tanto che essi non avranno mai più una patria sulla Terra, e il loro nome, innanzi al quale si sono inchinati perfino i pagani, diventerà spregevole e nauseante a tutta l’umanità!

26. Come è vero che Dio esiste, altrettanto vero è che tale cosa succederà! E questo nostro sacrilegio troverà nell’Inferno una ricompensa che non avrà mai fine! Ricordatevi bene che sono stato io, un fariseo, a dirvi tutto ciò!».

 

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Cap. 173

La collera dei farisei, verso il loro onesto collega Tobia. Intervento dei tre angeli per impedire la lapidazione di Tobia. Continua la discussione fra gli increduli templari e il credente Tobia. Il Signore consiglia riposo ai templari, ubriachi e insonnoliti.

 

1. Alcuni si dichiararono d’accordo con il vecchio Tobia, ma la maggior parte di essi fu colta da tanto furore che, stracciate le vesti, minacciarono di lapidare il vecchio Tobia e tutti coloro che avevano parteggiato per lui.

2. E il vecchio Tobia esclamò: «Oh, attuate pure la vostra intenzione, poiché vi siamo diventati anche noi una spina negli occhi! I tre angeli, che sono ancora qui, vi riserveranno bene anche per tale vostra lodevole fatica una ricompensa adeguata nell’Inferno, e i demoni completeranno lo strappo che avete cominciato a fare alle vostre vesti!»

3. Quando Tobia ebbe pronunciato tale energica invettiva contro i suoi furibondi colleghi, che si disponevano ad andare in cerca di pietre, entrarono nella capanna i tre angeli la cui faccia risplendeva come il sole.

4. A tale vista i sovversivi furono colti da grande spavento, si prostrarono a terra e domandarono perdono, urlando angosciosamente. 

5. Ma i tre angeli dissero: «Se voi siete nemici di coloro che sono animati ed attratti dallo Spirito di Dio, chi sono allora i vostri amici? Noi ve lo diciamo francamente: “I vostri amici sono i demoni!”. Per conseguenza convertitevi, altrimenti dovrete sperimentare la Potenza dell’Altissimo!»

6. Gridano gli altri, tremanti ed angosciati mortalmente: «Che dobbiamo fare?!». Rispondono i tre: «Siate umili e credete nel vero ed unico Figlio di Dio, la cui Anima è una cosa sola con il Padre! Infatti il Padre è in Lui e non fuori di Lui!». Dopo aver detto queste parole, i tre angeli scompaiono, ed i farisei si alzano e abbandonano il loro infame proposito.

7. Tobia domanda loro e dice: «Dunque, come stanno le cose? Cosa intendete fare adesso? Dove sono le pietre maledette? Perché non avete colto l’occasione e non vi siete scagliati addosso a quei tre che poco prima affermavate non fossero altro, a sentir voi, che i tre magi persiani travestiti?»

8. E quei farisei, ancora completamente sbalorditi, rispondono: «Tu sai pure che noi dobbiamo attenerci ai precetti di Mosè, conformemente a quanto abbiamo giurato per il Cielo e per il Tempio! Ora, se questo Gesù insegna ed opera dappertutto il contrario, come può essere per noi tanto facile accogliere la nuova dottrina, quasi in tutti i suoi punti antimosaica, al posto del nostro giuramento? Del resto noi ci penseremo e vedremo cosa si potrà fare! Per il momento non diciamo né si né no, poiché sta scritto che dalla Galilea non deve venire mai alcun Profeta! Per conseguenza, la cosa, per quanto meravigliosa nel suo genere, è tuttavia ancora tale da esigere moltissima circospezione!»

9. Dice Tobia: «È ben vero che, a quanto sta scritto, nella Galilea non possa sorgere alcun Profeta, però domando se sta forse scritto anche che dalla Galilea non possa venire il Messia! A quanto ne so io, di ciò non è assolutamente fatta menzione nelle Scritture, e riguardo poi al Messia che ha da venire non è detto in nessun luogo dove precisamente Egli dovrà sorgere! Dunque, anche ammesso, secondo le Scritture, che la Galilea non possa dare un Profeta, può benissimo invece, senza contraddire le Scritture, dare il Messia! Infatti fra Profeta e Messia dovrà certamente esserci, mi pare, una differenza infinita!». Osservano gli sbigottiti: «Qui hai ragione tu, e noi vogliamo perciò rifletterci molto» 

10. Ma un altro fariseo, uno degli ultimi del gruppo, il quale aveva assistito a tutto lo svolgersi della discussione e degli avvenimenti senza aver mai espresso la propria opinione, osservò: «Amici e fratelli! Per poter vagliare fino in fondo una questione tanto meravigliosa come è quella che ci viene proposta si richiede uno stato d’animo del tutto sveglio e sereno; noi invece tutti abbiamo, chi più e chi meno, la mente offuscata per il vino bevuto e oltre a ciò siamo pieni di sonno! Com’è possibile che noi vogliamo o possiamo dare in queste condizioni un giudizio valido su una cosa tanto meravigliosa e contemporaneamente per niente trascurabile, anzi molto seria? 

11. Per conseguenza io sono del parere che noi dovremmo prenderci un po’ di riposo per procedere domani all’ulteriore e certo più savia trattazione di questo argomento! Oltre a ciò, a quanto mi sembra, inizia già ad albeggiare, e il giorno ormai non si farà a lungo attendere; dunque noi dobbiamo andare incontro al sabato almeno in pace fra noi e tranquilli come si conviene ad un tal giorno, non turbati dalla lotta di idee e di opinioni.

12. Però, come mi sembra di scorgere, la numerosa schiera degli aderenti di Gesù comincia già a muoversi, e noi vorremmo o dovremmo sorvegliarli! Cosa facciamo adesso se il sonno ci coglie anche contro il nostro volere ed essi ci scappano prima che noi ci siamo svegliati?»

13. A questo punto un altro lo interrompe e dice: «Si fa presto a trovare una soluzione. Uno di noi resti sveglio e faccia buona guardia!». Esclama il primo: «Chi? Forse tu o qualcun altro che cade dal sonno come te ed io che, pur volendo fare da sentinella, si addormenterà come accadrebbe a noi due?»

14. Osserva un terzo: «In quanto al dormire non se ne fa assolutamente nulla, perché gli altri si accingono già a fare i preparativi per la partenza; perciò credo bene che non ci resti null’altro che seguire il loro esempio, poiché la via fino giù alla pianura è lunga, e quando il sole si alzerà, ci mancherà ancora un bel tratto per arrivare al villaggio!»

15. Dice un quarto: «Oh; ecco, ora è comparso anche il Maestro Gesù davanti alla capanna e si prepara alla partenza; non ci rimarrà davvero altro da fare che disporci velocemente a seguirLo?»

16. Dice il primo: «Ora ci siamo! Le cose si mettono proprio come ho previsto! Sarà un bel viaggio per noi, senza aver dormito e, per di più, ancora alterati dal vino bevuto ieri sera a cena!»

17. Osservarono parecchi altri: «Cosa possiamo farci? Ormai non è possibile prendere un’altra decisione! Coloro che hanno riposato non aspettano certamente noi! Per conseguenza alziamoci; a dormire ci penseremo più tardi quando saremo arrivati giù al villaggio». E detto ciò, tutti si alzano e si recano in fretta fuori all’aperto. 

18. I farisei sono presto pronti alla partenza, ma quando vedono che Io non Mi dispongo ancora ad iniziare la discesa nella valle, ad eccezioni di pochi, non celano il loro malumore e il loro sdegno, e Mi domandano se Io intenda o no partire!

19. Ma Io rispondo loro: «Io sono un Padrone e faccio quello che voglio! E nessuno deve chiederMi il perché di quello che faccio. Se tuttavia a qualcuno spiace che Io faccia così come voglio fare per Me e per i Miei, costui faccia a sua volta ciò che vuole, poiché Io non costringo e non lego nessuno. Se qualcuno vuole andarsene, ebbene che se ne vada! Qualcun altro vuole aspettare? Allora si armi di pazienza ed aspetti pure! Io non partirò prima del levar del sole, e ad ogni modo prima di partire farò colazione, perché la via è lunga e faticosa!»

20. Dicono i farisei: «Allora noi facciamo ancora in tempo a concederci un po’ di riposo?»

21. Rispondo Io: «Sicuramente! Infatti la Terra al levar del giorno non ha bisogno della luce dei vostri occhi, ma della luce dei Miei occhi, affinché la Luce sia fatta nelle tenebre dell’abisso!»

22. Mormorano i farisei tra di loro: «Questa cosa qui la comprenda chi può e chi vuole; in quanto a noi rinunciamo a comprenderla!»

23. Dice il vecchio Tobia: «Io invece l’ho già compresa, e per questo motivo rimango ancora qui all’aperto. Chissà che una Luce non giunga a splendere anche nelle mie tenebre»

24. Dicono gli altri: «Fa pure quello che vuoi, vecchia civetta; noi invece intendiamo ritornare alla capanna per tentare di dormire per un po’»

25. Con queste parole tutti si affrettano alla capanna, dove si gettano sui giacigli là disposti. 

26. Tobia allora avanza rispettosamente verso di Me e vuole riferirMi gli avvenimenti accaduti durante la notte. 

27. Io però lo conforto e gli dico: «Io so già tutto! E se non lo avessi saputo prima, come avrei potuto mandarti soccorso a tempo debito? Dunque fatti coraggio e stai tranquillo! Infatti chi si leverà anzi tempo contro di Me, avrà da pentirsi amaramente! Allontana da te ogni timore; di simili avversità non avrai da provarne più per il futuro.

28. Ed ora andiamocene un po’ più in alto, e precisamente su quella collina ad oriente; da lì noi assisteremo allo spettacolo di un magnifico spuntar del giorno. Ciò dà ristoro all’anima come pure alle membra del corpo, e rallegra il cuore e le reni».

29. Tutti allora salgono con Me sulla collina ed attendono ansiosamente il levar del sole il quale non si fa attendere troppo a lungo.

 

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Cap. 174

Lo splendore di un’alba. Il buon e bel discorso di Tobia. Consigli vitali del Signore a Tobia.

Norme di comportamento per i giudici e per i legislatori. 

Trattamento dei delinquenti e dei condannati a morte.

 

1. Quando, dopo circa un’ora di attesa, il sole si fu maestosamente alzato in tutta la sua indescrivibile grandiosità e magnificenza, tutti ne rimasero ammirati oltre ogni dire e commossi fino alle lacrime, ed intonarono dei salmi in onore di Colui che aveva elargito tanta bellezza e tanto meraviglioso splendore nel Suo Creato!

2. Dopo tale solenne inizio del mattino, il vecchio Tobia esclamò: «O Signore! Ben differisce questo tempio da quello in Gerusalemme, sempre pieno di lordure e di immondizia! Quante volte in vita mia ho cantato salmi su salmi, ma il mio cuore non accompagnava il canto e restava arido come una vecchia paglia e freddo come un pezzo di ghiaccio! Ora invece come batte ardente in uno slancio verso il mio onnipotente Creatore! Quante volte sono stato nel Tempio, e con quale ansia attendevo il momento in cui mi era lecito abbandonare quegli ambienti, sempre pestilenziali; qui invece io desidererei restare un’eternità, per glorificare dal più profondo del mio cuore ardente il grande Dio che ha creato tutte queste innumerevoli e sublimi cose! O amato Maestro, in quale modo potrò io ringraziarTi per tali momenti di gioia pura e santa da me mai provati?!»

3. Gli dico Io: «Chi contempla la Creazione di Dio in tal modo, e ha un sentimento tanto intenso ed ardente di ciò che egli deve al suo Dio e Creatore a causa di questo, come è ora il caso con te, costui Mi ha già dato il ringraziamento migliore e più gradito. 

4. E per l’avvenire coltiva sempre tali sentimenti e sensazioni e non chiudere mai il tuo cuore a tuo fratello più povero, anche se egli fosse divenuto un giorno tuo nemico. Operando così, con il tempo sarai reso degno di una grande Grazia dai Cieli! Quando vedi intorno a te ogni genere di peccatori, non giudicarli e non condannarli, perché - comprendiMi bene - il più delle volte non sono essi che peccano, bensì qualche spirito che li incita. Tu non puoi sapere qual è lo spirito da cui essi vengono spinti. Vi sono molti uomini pii i quali potrebbero molto facilmente diventare orgogliosi, qualora, pervasi dalla presunta altezza della loro virtù, cominciassero a guardare con disprezzo ed orrore i peccatori, cosicché essi diventerebbero inconsciamente peccatori ancora più grandi di quanto lo siano gli altri da essi disprezzati. Date simili circostanze, succede poi che qualche spirito è pronto ad eccitare tali uomini ad un qualche peccato, e così l’insuperbito eroe di virtù viene richiamato dall’esperienza fatta in se stesso alla realtà delle cose, ed alla fine si rende conto che egli è ben lungi dall’essere un Dio, ma che invece non è che un semplice uomo debole al par degli altri!

5. Un tale uomo in seguito ridiventa umile e fa quella penitenza che prima egli, quale presunto eroe di virtù, compenetrato dall’idea della sua elevatezza, non si sarebbe mai sognato di dover fare!

6. E così, dunque, nessuno deve odiare un peccatore per il fatto che esso è tale; invece è bene che ognuno odi il peccato e lo fugga realmente! Soltanto di fronte ad un malvagio ostinato che si sia immedesimato con il peccato puoi esimerti dallo stendergli la mano. Però se la sventura lo coglie giustificatamente, perché egli abbia a ravvedersi, non dimenticarti allora di lui nella sua miseria; e non chiudere i tuoi orecchi, qualora egli venga ad implorare da te consiglio od aiuto; e se tu vedi condurre un malfattore al supplizio, non devi provare gioia per la sua sorte anche se il misfatto per cui viene condotto alla morte dovesse essere stato commesso contro la tua casa, poiché, vedi, non è cosa impossibile che anche un simile malfattore divenga beato nell’altro mondo.

7. Sia l’amore in ogni circostanza l’elemento preponderante di vita in ogni uomo! Una giustizia che non abbia le sue radici nell’amore non è giustizia davanti a Dio, e colui che la esercita quale giudice si rende perciò dinanzi a Dio dieci volte più colpevole di quanto lo sia colui che egli condanna, e Dio un giorno lo giudicherà altrettanto inesorabilmente quanto inesorabilmente egli avrà giudicato il suo prossimo.

8. Per conseguenza non giudicare e non condannare nessuno, per quanto grave sia il peccato commesso contro di te; così facendo tu pure un giorno non verrai giudicato e condannato, poiché nell’altro mondo ad ognuno sarà misurata la ricompensa nell’identica maniera con cui egli stesso avrà misurato in questo mondo. Il giudice severo e giusto secondo qualsiasi legge ma contemporaneamente dal cuore arido e freddo deve aspettarsi di venire un giorno giudicato secondo giustizia altrettanto rigida e severa; gli aguzzini però ed i carnefici non vedranno mai la Faccia del Signore!

9. Se qualcuno si è impadronito di un ladro o di un assassino, fa bene a consegnarlo ad un tribunale giusto, ma il giudice non deve mai dimenticare che il malfattore, finché vive in questo mondo, non è ancora completamente un demonio, bensì un uomo deforme nell’anima e sedotto dal peccato, del quale per il possibile ravvedimento sono da farsi tutti i tentativi prima che possa venire condannato alla pena di morte quale demonio incorreggibile!

10. Però, anche nel caso che sia necessario ricorrere alla pena di morte, si deve procedere in modo che il condannato non venga immediatamente ucciso; sia invece esposto per l’intera giornata davanti al popolo, con le mani e i piedi saldamente legati ad un palo a cinque spanne da terra.

11. Se al palo egli si mostra sinceramente pentito, supplica e promette di ravvedersi, allora lo si sciolga dai legami e venga condotto in una casa adatta di correzione, per esservi curato secondo giustizia ed amore, ma non gli si conceda piena libertà prima che egli non abbia dato prove indubbie del suo ravvedimento. Se però durante tutta la giornata in cui il delinquente è legato al palo egli non da nessun segno di pentimento, allora egli è un demonio in tutto e per tutto, e per questo motivo, qualora così legato si trovi ancora in vita, sia eseguita la sentenza di morte dopo il tramonto, e il corpo venga bruciato insieme al palo sul luogo stesso dell’esecuzione.

12. Queste cose Io le dico a te appunto perché tu stesso avesti ed hai tuttora mansioni di giudice tra i farisei, nonché avesti il compito di provvedere per le sepolture dei defunti ed i posti per l’esecuzione dei malfattori, affinché tu ti possa regolare in avvenire secondo quanto detto. 

13. Ognuno che ascolta questi suggerimenti e che in tal modo opera, ne avrà un grandissimo bene, e il suo nome risplenderà nel Libro eterno della Vita! 

14. Ora però scendiamo e ritorniamo alle capanne; il nostro Kisjonah ha già preparato una modesta colazione e ci attende assieme a sua moglie ed alle sue figlie».

 

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Cap. 175

Il Signore con i Suoi di nuovo radunati presso Kisjonah nella capanna.

Consigli riguardo all’economia domestica. Bontà del Signore verso i Suoi nemici.

Egli digiuna assieme ai Suoi discepoli. Del sabato dei farisei. Discesa dal monte.

Discussione tra il fariseo e Matteo riguardo al sabato.

 

1. Noi scendiamo rapidamente, e Kisjonah si affretta a venirci incontro per invitare Me e tutti i Miei discepoli a colazione, e contemporaneamente Mi chiede perdono se le mense sono alquanto più modestamente fornite del solito, poiché le provvigioni sono esaurite già dalla nostra colazione mattutina; non le ha infatti rinnovate, ben sapendo che Io oggi - di sabato - sarei disceso giù alla pianura. Se, per conseguenza, la colazione risultasse un po’ più meschina degli altri giorni, non dovrei attribuire ciò alla sua poco buona volontà, ma all’impossibilità di fare diversamente; fatto per cui si è trovato senza nessuna colpa!

2. Ed Io lo consolai e gli dissi: «Stai tranquillo e non preoccuparti per ciò! Va benissimo così, e tutto procede secondo la Mia Volontà; del resto a te, Mio carissimo fratello ed amico, non posso fare a meno di osservare che durante questi ultimi giorni ti sei affaticato anche troppo.

3. Per quanto riguarda gli ospiti non invitati, intendo tutta quella legione di farisei, tu non avresti certo commesso nessun tipo di peccato anche se non li avessi chiamati alla tua mensa, poiché essi posseggono oro e argento in grande quantità; e se proprio volevano rimanere qui, avrebbero potuto mantenersi anche a loro spese! Ma certamente tu non hai neppure peccato avendo dato loro da mangiare e da bere senza alcun compenso. Se però credi di far pagare loro il conto, Io non ti rimprovererò, ma ad ogni modo il vecchio Tobia resta a Mio carico»

4. Dice Kisjonah: «E così voglio fare; molti sono qui i poveri, ed a vantaggio di questi andrà il conto che pagheranno gli altri. Ma ora Ti piaccia, o Signore, prendere assieme ai Tuoi discepoli questo scarso pasto; i farisei dormono ancora nella grande capanna delle pecore, ed io vorrei che non mangiassero con noi!»

5. Gli dico Io: «Lascia andare! Svegliali pure ed invitali a colazione! Io e tutti i Miei digiuneremo quest’oggi fino a mezzodì, cioè quando saremo giunti in pianura; allora ci ristoreremo davvero»

6. E Kisjonah fa subito come Io gli ho detto, quantunque non gli riesca di vincere nel suo cuore una certa contrarietà. I farisei ed i loro compagni si alzano prontamente dai loro giacigli e si affrettano ad andare a colazione che, nonostante il sabato, viene consumata in gran fretta, poiché essi temono che il sole, il quale è già da lungo tempo alzato ma che non giunge ancora ad illuminare la capanna, dato che questa è costruita verso ponente immediatamente a ridosso di un’alta parete di roccia, con i suoi raggi arrivi troppo presto alla capanna, in modo da non lasciar loro il tempo di terminare il pasto, nel qual caso essi non potrebbero prendere nessun cibo se non dopo il tramonto, oppure nel Tempio di Gerusalemme durante la funzione in cui veniva spezzato il sabato.

7. Kisjonah, cui non è sfuggita la cosa, Me ne fa cenno e dice: «Davvero, questa storia finisce con il far venire la voglia di ridere! Per questi tali il sabato comincia solo quando il sole arriva con la sua luce laddove le loro persone materialmente si trovano! Ora, o Signore, come hai già avuto occasione di osservare, il sole giunge solo verso mezzodì in questa capanna, cosicché, restando qui, tali avversari della luce inizierebbero il sabato e comincerebbero a celebrarlo a metà circa della giornata. Questa è davvero una razza di individui di cui c’è da scommettere che non ve n’è di uguale in nessun altro punto di questo mondo!»

8. Gli dico Io: «Lasciamoli stare per ora; ci si presenterà ben presto, anzi prima ancora di arrivare del tutto in pianura, più di una volta l’occasione di far vedere che valore abbia il loro sabato. Ma tutto ciò non è ancora niente; bisogna conoscere bene quali astuzie essi mettono in opera per evitare le noie del sabato quando torna loro comodo e quando prevedono di non poter fare qualche buon raccolto nelle loro sinagoghe! Essi chiudono porte e finestre e, poiché il sole in questo modo non può penetrare laddove sono radunati questi nemici della Luce, così non si parla più del sabato in casa loro! Per la stessa ragione, se la giornata è fosca e il sole non splende, anche il sabato non è più completo, a meno che essi non accendano nelle sinagoghe i loro candelabri a sette braccia, naturalmente sempre dietro pagamenti di un’offerta che in tali occasioni deve essere abbondante! Si comprende perciò facilmente che un sabato torbido ed oscuro riesce loro sempre assai più gradito di uno limpido e sereno come questo di oggi. 

9. Ma, come già detto, già oggi avremo occasione di mettere tali cose nella loro vera luce. Ora dunque mettiamoci in cammino, perché oggi farà molto caldo e con il gran calore non è piacevole viaggiare»

10. Detto ciò, noi ci mettiamo subito in cammino e cominciamo la discesa dal monte di buon passo, mentre i farisei ci seguono faticosamente, tutti sbuffanti e arrabbiati a causa del nostro andare veloce; uno di loro anzi ci grida dietro: «Siete matti a correre in questo modo? Avete forse rubato qualcosa sul monte?!»

11. Ma il giovane apostolo Matteo non vuole restare in debito di una risposta, e perciò ribatte: «Noi camminiamo con le nostre gambe come voi con le vostre; per conseguenza andiamo così bene e così presto come piace a noi; e credo che per fare ciò non sia nostro obbligo domandare l’autorizzazione a voi, e non abbiamo pattuito in precedenza né abbiamo preso alcun impegno con voi di camminare in un dato modo piuttosto che in un altro! Statevene dunque zitti ed andate per la vostra strada come meglio volete e potete! Noi non ci curiamo affatto di voi, perché allora vi interessate delle nostre faccende?!»

12. Esclama irosamente uno dei farisei: «Cosa vai blaterando tu, sciocco di un doganiere; non sai che oggi è sabato, giorno in cui nessuno deve attaccar briga?!»

13. Dice Matteo: «Come mai il sabato deve avere valore soltanto per me, e non per voi? Chi ha cominciato a litigare per primo? Non sta scritto in nessun luogo che di sabato non si debba camminare velocemente; al contrario, voi sostenete che non sia bello che il sabato si indugi sulla strada per recarsi alla sinagoga, e perciò noi non trasgrediremo neppure la vostra legge se oggi, essendo sabato, andiamo più velocemente di quanto andiamo in qualsiasi altro giorno. Anche giù nel villaggio c’è una piccola sinagoga alla quale, se camminiamo proprio di buon passo, possiamo certamente arrivare ancora in tempo! Cosa pretendete dunque di più da noi?!»

14. Rispondono i farisei: «Sì, proprio i tuoi simili sono coloro che hanno fretta di andare alla sinagoga e di visitare le scuole! In verità fa ridere quando si sente un doganiere parlare di sinagoghe! Come non ti conoscessimo bene!? Tu sei più pagano di un greco di nascita, e salti fuori a discutere di zelo per la sinagoga, nero peccatore che non sei altro?!»

15. Dice Matteo: «Badate bene che ormai è tempo di mettere un freno alle vostre lingue, altrimenti ci prenderemo la singolare libertà di spezzare il sabato sulla vostra schiena con delle frustate! Ma guardate un po’ questi eterni fannulloni! Quali diritti vorrebbero arrogarsi a nostre spese!? Ancora una parola offensiva da parte vostra, e mi fate dimenticare che oggi è sabato e che io sono un uomo, e comincio a trattarvi come se io fossi un orso!». 

16. A tale minaccia i farisei non fiatano più, ma nel loro intimo sono pieni di furore.

 

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Cap. 176

Scena con i farisei a causa dello strappare le spighe di sabato. La misericordia vale di più del sacrificio. «Il Figlio dell’uomo è un Signore del sabato». Guarigione dell’uomo dalla mano secca. I farisei vogliono lapidare Gesù. Intromissione di Kisjonah.

 Il Signore se ne va dopo aver compiuto molte guarigioni.

(Matteo 12, 1-16)

 

1. Dopo un po’ di tempo però, abbastanza in prossimità della valle, pervenimmo ad un campo di grano colmo di spighe già quasi perfettamente mature. Il sentiero passava appunto attraverso questo campo, e noi ci incamminammo perché esso conduceva più direttamente al villaggio.

2. Noi dunque passammo attraverso il seminato, naturalmente in giorno di sabato, e i discepoli, i quali al pari di Me non avevano preso nessun cibo nella mattinata, stimolati dalla fame cominciarono a strappare qua e là le spighe mature, e, dopo averle sfregate tra le mani, si diedero a mangiarne i grani (Matteo 12,1). Ed i farisei, cui già da prima ribolliva l’ira nel cuore, nel vedere questo si avvicinarono a Me sollecitamente e dissero con aria di grande importanza: «Non vedi come i Tuoi discepoli fanno quello che non è lecito fare in giorno di sabato?» (Matteo 12,2)

3. Ed Io rispondo loro: «Non avete dunque mai letto ciò che fecero Davide e coloro che erano con lui quando ebbero fame? (Matteo 12,3). E non avete mai letto come egli entrò nella casa di Dio e mangiò i pani di presentazione, mangiare i quali non si addiceva né a lui né a coloro che erano con lui, ma solo ai sacerdoti? (Matteo 12,4). Oppure non avete voi letto nella legge, che nel Tempio i sacerdoti nei giorni del sabato infrangono il sabato e pur non ne sono colpevoli?! (Matteo 12,5)

4. Voi avete visto le Mie opere sul monte e udito la Mia Dottrina, e molteplici volte vi è stato detto Chi sono! Se tutto ciò non vi bastasse, Io vi dirò ancora una volta seccamente in viso che qui in Me è Colui che è maggiore del Tempio! (Matteo 12,6) 

5. Ebbene, se voi sapeste cosa significhi: “Io Mi compiaccio della Misericordia e non del sacrificio”, non avreste ora nel vostro cuore condannato questi innocenti (Matteo 12,7). O voi farisei ciechi e sordi, sappiatelo dunque! Il Figlio dell’uomo, che sono Io, è Signore anche del sabato!» (Matteo 12,8). Queste parole spaventarono talmente i farisei che essi subito si ritirarono e non impedirono più ai discepoli di strappare le spighe. 

6. E Kisjonah, che camminava sempre al Mio fianco ed a cui apparteneva quel campo, Mi disse: «Signore! Ora io mi affretterò e precederò la compagnia per far preparare subito un pasto abbondante, perché mi rincresce davvero per i buoni discepoli i quali, come si vede, hanno proprio fame!»

7. Gli dico Io: «Il tuo proposito è in verità molto buono; tuttavia Io intendo visitare con i Miei discepoli una scuola a causa di questi farisei, affinché la loro rabbia non divenga ancora maggiore. Comunque essi hanno già dovuto mandare giù quello che Matteo ebbe a dire loro quando dimostrò che noi andavamo tanto solleciti per poter arrivare in tempo ad una sinagoga. Dunque, se noi passassimo dinanzi alla sinagoga del villaggio senza entrarvi, sarebbe la fine, perché essi avrebbero il pretesto per fare uno scandalo; se invece, come ho detto, noi visitiamo prima la sinagoga, chiudiamo loro la bocca, e tu potrai allora presentare loro senza alcun riguardo il tuo conto, naturalmente dopo che è terminato il sabato». Dopo di ciò Kisjonah si affrettò con i suoi per la via più breve a casa sua, dove trovò tutto in perfetto ordine. 

8. Noi invece piegammo alquanto più a sinistra, verso la scuola che era situata nel punto più alto del villaggio. Giunti là, noi entrammo senza indugio nella scuola che era molto poco frequentata (Matteo 12,9), ed i farisei, che ci erano stati continuamente alle calcagna, ci seguirono celando a mala pena il loro furore per essere stati prima sul campo derisi dai discepoli a causa della loro cieca stoltezza, quando Io li avevo rimproverati per le loro lamentele a causa delle spighe strappate.

9. Arrivati nel Tempio, i farisei si accinsero subito all’opera, e Mi condussero dinanzi un uomo il quale già da lungo tempo aveva una mano dissecata, e perciò era quasi del tutto inabile a qualsiasi lavoro. Allora essi Mi chiesero, poiché Io avevo prima affermato di essere Signore del sabato, se fosse lecito guarire anche in giorno di sabato. Ora questa domanda essi la fecero soltanto per trovare nella Mia risposta qualcosa che testimoniasse contro di Me (Matteo 12,10); perché nei loro cuori malvagi essi ardevano di ira e di furore. 

10. Io però dissi loro: «Perché Mi fate questa domanda, come se fosse in vostro potere giovare a questo ammalato e far rivivere la sua mano già da lungo tempo morta?! Ma se Io voglio guarirlo, non avrò bisogno di chiederne a voi il permesso! 

11. Chi fra di voi è così stolto, nel caso in cui abbia una pecora che gli è caduta di sabato in un fosso, da non tentare di tirarla fuori?! (Matteo 12,11). Ma quant’è meglio un uomo di una pecora! Dunque sarà ben cosa lecita fare del bene ad un uomo di sabato?» (Matteo 12,12) 

12. I farisei allora tacquero; Io però chiamai a Me quell’uomo e gli dissi: «Stendi la tua mano!». Ed egli la distese ed essa fu resa all’istante sana come l’altra che non era mai stata ammalata. (Matteo 12,13)

13. Allora il furore dei farisei non ebbe più limiti; essi uscirono fuori dalla sinagoga e tennero una riunione per studiare come avrebbero potuto ucciderMi. (Matteo 12,14) 

14. Matteo però, che era uno spione raffinato, andò loro dietro con molta cautela, cosicché egli poté sorprendere inosservato la loro riunione segreta, e udito quello che essi andavano tramando, fece ritorno tutto ansimante ed annunciò ad alta voce quanto egli aveva appreso. Allora Io inviai sollecitamente un discepolo da Kisjonah per avvertirlo che per quel giorno Io non avrei potuto mangiare da lui, e ciò per prudenza, dato che i farisei attentavano alla Mia vita, ed Io non volevo farli diventare delinquenti peggiori ancora di quanto già lo erano, e inoltre che in seguito a ciò Io Mi sarei tenuto lontano per qualche tempo da quei dintorni. Allora il discepolo partì velocemente, ben conoscendo il luogo dove doveva raggiungerMi. 

15. Appena egli ebbe comunicato i nuovi avvenimenti a Kisjonah, questi lasciò stare ogni cosa, uscì in fretta con tutti i suoi, radunò ancora una quantità di popolo, e tutti assieme si lanciarono di corsa verso la scuola, cosicché giunsero appunto nel momento in cui i farisei, già provvisti di pietre, tentavano di penetrarvi.

16. È superfluo accennare qui come i farisei venissero serviti come si deve da Kisjonah e dai suoi; dopodiché Io partii accompagnato da molto popolo i cui ammalati Io guarii tutti durante il cammino, poiché all’incirca nel periodo della raccolta del grano, quella regione situata vicino al Mare di Galilea era infestata da febbri, perciò là vi era sempre una quantità di ammalati, particolarmente fra le donne, e queste, udendo parlare di me, corsero tutte dietro alla moltitudine e se ne vennero a Me durante il cammino perché le guarissi. E tutte quelle donne vennero risanate. (Matteo 12,15) 

17. Però dopo che le ebbi guarite, Io le ammonii di non raccontare nulla a nessuno di casa (Matteo 12,16) e di non fare nemmeno cenno a nessuno, chiunque fosse, in quale luogo Io le avessi guarite ed in quale direzione Io avessi proseguito il cammino. Loro promisero di mantenere fede a tutto ciò nel modo più rigoroso e poco dopo le congedai in pace.

 

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Cap. 177

Gli apostoli chiedono al Signore perché Egli, l’Onnipotente, sembri talvolta aver timore degli uomini. Sua risposta adeguata. Giuda l’affamato e il suo censore Tommaso. Il buon rimprovero di Pietro ad entrambi. Il Signore approva le parole di Pietro e insegna come devono comportarsi gli uomini.

 

1. Quando le donne furono congedate, gli apostoli si avvicinarono a Me e dissero: «Signore, eppure il Tuo procedere talvolta è alquanto enigmatico! Vedi, noi al Tuo fianco abbiamo assistito già a tante meraviglie, e per nostra esperienza conosciamo tanto la Tua Potenza che, se anche lo volessimo, non ci sarebbe possibile dubitare più neppure un istante che Tu sei e devi essere nel senso più assoluto e vero il Figlio del Dio vivente, poiché le cose che Tu operi non sono finora mai state possibili a nessun uomo. Eppure vi sono certi momenti in cui sembra sul serio che Tu abbia timore degli uomini, anche se ai Tuoi cenni obbediscono tutte le più potenti schiere degli angeli del Cielo, come ci siamo convinti in molteplici occasioni perché ne fummo testimoni!

2. Per esempio, poco fa noi avremmo potuto benissimo dare una bella lezione ai farisei con tutta la loro cinquantina di seguaci disarmati, dei quali l’uno è più vigliacco dell’altro; sarebbe bastato un tuo minimo cenno per far passare sicuramente una volta per sempre ai farisei la voglia di perseguitarTi! Come Tu, in possesso di una potenza divina, abbia potuto prendere la decisione di ritirarTi davanti a quei figuri, questo è un enigma che noi davvero non siamo capaci di sciogliere nonostante tutta la nostra miglior volontà! Dichiaraci dunque il motivo di questo Tuo strano comportamento!»

3. Dissi Io: «Voi siete ancora notevolmente deboli e ciechi se non potete notare una cosa simile al primo sguardo! Vedete, questo accadde affinché voi possiate notare che qua si adempie ciò che il profeta Isaia ha predetto di Me, mentre così parlava (Matteo 12,17): “Vedi, questo è il Mio Servo, che Io ho scelto, e il Mio prediletto, di cui la Mia Anima si compiace; Io voglio porre su di Lui il Mio Spirito, ed Egli deve annunciare il giudizio ai pagani (Matteo 12,18) (Qui giudizio equivale a verità, luce e vita, poiché è anche la verità che procura una corretta e giusta luce.). Egli non urlerà né litigherà, e non Lo si udrà far chiasso nelle vie (Matteo 12,19). La canna piegata non la spezzerà e non spegnerà lo stoppino fioco di una lampada, finché non porti il giudizio (la piena verità) (Matteo 12,20). E i pagani spereranno nel Suo Nome!”. (Matteo 12,21) 

4. Ecco, questo è il motivo appunto per cui Io non volli né potei cominciare a litigare né tanto meno a venire alle mani con i farisei. 

5. Del resto Io sapevo benissimo già prima che Kisjonah non li avrebbe lasciati andare via impuniti! Essi sono ora castigati dieci volte più aspramente di quanto lo sarebbero stati se noi ci fossimo azzuffati con loro, poiché, in primo luogo, essi sono stati terribilmente picchiati dalla gente di Kisjonah, e, in secondo luogo, non devono raccontare a Cafarnao la benché minima cosa di tutto ciò che hanno visto e udito, né di quanto è loro accaduto; questa cosa li irrita e li infastidisce più di ogni altra.

6. Infatti, se qualcuno di essi volesse con una sola parola far menzione di ciò, si compirebbe la minaccia fattagli sul monte, e diventerebbe all’istante muto, sordo e, se necessario, anche cieco. Anzi, questa è la ragione più forte per cui essi fecero il tentativo di ucciderMi. In tal modo essi ritenevano di poter annientare l’effetto della minaccia da Me fatta loro sul monte, effetto che essi considerano inevitabile.

7. Infatti, essi continuano ancora a credere che Io sia un mago cattivo il quale ha bensì potere da vivo, ma non ne ha più una volta morto, ma per adesso la peggior cosa è ormai che non sanno da che parte Io Me ne sia andato. Essi hanno già mandato dei messaggeri verso oriente per trovare le Mie tracce, dato che ci hanno visto fuggire in quella direzione dalla sinagoga. Ma quello che essi non sanno, è che noi, dopo un’ora di cammino, ci siamo diretti all’improvviso nel bosco verso occidente e fra poco ci imbarcheremo e attraverseremo il mare per raggiungere la sponda opposta; per conseguenza le loro ricerche riusciranno assolutamente vane. Ora il vostro enigma è risolto?»

8. Dicono i dodici ed anche molti altri che ci seguono: «Sì, adesso tutto ci è perfettamente chiaro! E vediamo che è stato veramente molto meglio non aver messo le mani addosso a quei perversi e che ogni cosa è rientrata nel suo giusto e completo ordine»

9. Osserva Giuda alquanto concisamente: «Fatta eccezione per i nostri stomaci! Infatti, all’infuori di quei pochi grani di frumento crudi, oggi non vi è entrato nulla, malgrado sia giunta già la sera. Dunque sarebbe buona cosa, mi pare, che si pensasse anche un pochino ai nostri stomaci prima di metterci in mare!»

10. Dico Io: «Per oggi intanto è opportuno digiunare, almeno finché saremo giunti all’altra sponda. Arrivati là, vedremo bene di trovare qualcosa»

11. Tommaso però muove rimprovero a Giuda per questa sua volgare interruzione, e dice: «Ma come è possibile che tu venga fuori con un argomento tanto materiale ed animalesco, mentre il Signore sta parlando delle cose più sublimi?! Non c’è in te nessun senso di onore e di pudore? Se soffri davvero la fame da lupo che tu dici, abbi cura per il futuro di portare con te una provvista qualsiasi, ma vedi di risparmiarti simili osservazioni davanti al Signore, perché sono tanto terribilmente volgari da non meritare che se ne dica più una sola parola!»

12. Risponde Giuda ironicamente: «Oh, ecco! Mi ero dimenticato che tu sei ancora qui in nostra compagnia; tu vuoi ancora atteggiarti a mio precettore e censore, e sembra che sia una grande gioia per te ogni qualvolta ti si offre l’occasione di allungarmi una critica pungente. E sia pur così se ti fa piacere, continua pure; comunque, a causa tua, io certo non mi arrabbierò mai!»

13. Dice Pietro: «E sarà meglio così; tuttavia Tommaso ha pure ragione quantunque egli usi talvolta modi un po’ aspri! Io però penso che noi dobbiamo sempre affidarci al Signore. Se Egli dice qualcosa, sta bene ed è giusto così come Egli dice, ed a questo ognuno deve poi attenersi, ma se il Signore non dice niente, allora ancora meno spetta a noi dire qualcosa! Io sono dell’opinione che dobbiamo sempre comportarci in tale maniera, tanto più poi in presenza del Signore, affinché pace ed armonia regnino fra noi!

14. E anche tu, mio caro fratello Tommaso, se Giuda incitato dalla fame non può tacere dinanzi al Signore, ancora meno timore avrà egli di parlare dinanzi a te. Qualora però si renda necessario qualche reciproco ammonimento, lasciamo da parte ogni rigore ed ogni asprezza, affinché le parole di Isaia che riguardano il Signore, e da Lui dichiarateci prima, trovino adempimento anche in noi Suoi discepoli!»

15. Dico Io: «Così va bene, Mio caro Simon Giona! Così deve essere fra voi ed infine fra tutti gli uomini. Infatti, chi ha una ferita e vi mette su qualcosa di bruciante, costui non affretterà la guarigione della sua ferita, ma ingrandirà ed irriterà la piaga. Ma chi invece unge la piaga con balsamo ed olio puro, costui guarirà presto e riparerà il danno prodottosi nella sua carne. 

16. Ora però ecco i barcaioli del Mio amico Kisjonah, i quali si dirigono già verso di noi, affinché, quando essi getteranno la fune, noi stiamo pronti a tirare la barca del tutto a riva per salirvi più prontamente; infatti per arrivare fin qui essi hanno il vento contrario e quindi riesce loro difficile accostarsi completamente. Il vento tuttavia ci renderà eccellenti servizi durante la traversata che vogliamo fare e ci trasporterà in breve tempo all’altra riva. Ma ora affrettiamoci a scendere verso la spiaggia affinché essi non debbano faticare inutilmente».

 

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Cap. 178

Il viaggio della santa compagnia sulla barca di Kisjonah verso la sponda opposta. La cena a bordo dell’imbarcazione, vicino alla riva. Gioia degli abitanti per l’arrivo dell’amato Salvatore. Guarigione miracolosa di ossessi, di muti e ciechi.

Un brav’uomo invita il Signore ed i Suoi in casa sua.

 

1. Noi dunque ci affrettiamo a riva e vi giungiamo appunto nel momento in cui i barcaioli stanno gettando una corda a terra. E Pietro, da provetto navigatore, l’afferra immediatamente, e tutti assieme tiriamo con facilità la barca a terra; poi ci imbarchiamo sollecitamente ed in un’ora e mezza raggiungiamo la sponda opposta, precisamente in vicinanza di una borgata abitata per metà da greci e per metà da ebrei.

2. Quando fummo giunti a riva, la sera non era ancora molto inoltrata, e il crepuscolo diffondeva chiarore sufficiente da permetterci di distinguere le cose circostanti. Kisjonah mandò subito due messaggeri al villaggio per vedere se fosse stato possibile trovare ricovero per almeno cento persone, ma essi ritornarono ben presto senza aver trovato nulla, e per conseguenza ci disponemmo a passare la notte a bordo dell’imbarcazione, visto anche che il vento era cessato e il mare era ormai solo leggermente increspato.

3. E Kisjonah fece poi tirar fuori con grande prontezza molto pane, vino e carne bene arrostita, e sua moglie e le sue figlie, che pure ci avevano accompagnati, ci servirono. Naturalmente, qui è inutile accennare come questi momenti riuscissero quanto mai graditi a Giuda, il quale già dall’altra riva aveva cominciato a lagnarsi dei suoi gravi disturbi allo stomaco.

4. Kisjonah inoltre Mi chiede se debba accendere del fuoco sull’imbarcazione, poiché le notti in mare di solito sono piuttosto fresche nonostante il calore per quanto forte del giorno. Io glielo permetto, e subito dopo aver preso il recipiente colmo di resina pura, di olio e di altre materie facilmente infiammabili, che si trovavano a tale scopo a bordo dell’imbarcazione, vi si diede fuoco ed una bella fiammata divampò in un attimo spargendo vivaci bagliori tutto all’intorno. In breve, però, si radunò sulla spiaggia una quantità di curiosi dal villaggio attratti dall’insolita luce sulla riva, ed alcuni fra di loro Mi avevano riconosciuto, dato che l’imbarcazione non era molto lontano dalla riva e cominciarono a giubilare perché il ben noto miracoloso Salvatore si trova lì nel loro paese, nel quale gli ammalati erano in gran numero. 

5. E molti si affrettarono a ritornare alle loro case, annunciando dappertutto che Io Mi trovavo sull’imbarcazione.

6. Dunque, non trascorse un lungo tempo, che quella gente ricomparì alla riva conducendo un uomo muto, cieco, e allo stesso tempo ossesso, e il popolo Mi pregò se potessi e se volessi guarire anche quello.

7. Alcuni farisei di quelle località erano accorsi anch’essi per vedere cosa sarebbe avvenuto, e, osservarono al popolo: «Questo qui, a nostro giudizio, ci rimetterà anche Lui il Suo tempo a volerlo guarire!»

8. Ma Io nello stesso istante guarii quell’ossesso, pur non abbandonando l’imbarcazione, in modo che egli poté vedere e parlare (Matteo 12,22). Allora tutto il tutto il popolo fu invaso da meraviglia e spavento, e quelli fra gli ebrei i quali non parteggiavano per i farisei gridarono: «Costui è veramente il Figlio di Davide in cui tutti gli ebrei hanno sperato!» (Matteo 12,23)

9. Ora, in quella località viveva un uomo giusto e onesto il quale era pure accorso con gli altri alla riva ed egli, avanzando verso l’imbarcazione, esclamò: «Oh Maestro divino, Tu grande e miracoloso! Perché per tutta la notte dovresti sacrificare il riposo, certamente anche per Te necessario, rimanendo su questa malferma imbarcazione, esposto al freddo della notte e al vento? La particolarità di questi dintorni del lago, ben nota ad ognuno, è che quanto più caldo fa di giorno tanto più fredda in proporzione diviene la notte, e questa è la causa delle varie malattie che colpiscono gli uomini che abitano qui. Io però dispongo di una casa grande e spaziosa e bene arredata, e così Tu puoi starci comodamente assieme ai Tuoi discepoli, e vi puoi rimanere finché Ti piaccia, né mancano a casa mia in misura modesta le provviste!»

10. Gli dico Io: «Sì, Io accetto il tuo invito, poiché so che nella tua anima non vi è falsità. Ma qui c’è pure Kisjonah con la moglie e le figlie, a lui appartiene questa imbarcazione; egli è un fedele discepolo ed un uomo quale il Mio cuore desidera. Hai posto anche per lui?»

11. Risponde il vecchio: «Certamente, ve ne fossero anche di più di tali famiglie! Chiunque si trovi con Te sarà il benvenuto a casa mia»

12. Dico Io: «Salute e benedizione scendano sulla tua casa!»

13. RivoltoMi a Kisjonah: «Fa’ dunque accostare del tutto l’imbarcazione alla spiaggia, affinché possiamo scendere comodamente!». 

14. L’ordine fu subito eseguito, e dopo breve tempo arrivammo alla casa del nostro ospite, il quale si affrettò in unione ai suoi a prendere le disposizioni opportune per darci ospitalità nel miglior modo possibile.

 

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Cap. 179

Umiltà e generosità del vecchio ospitale. Contrada fertile ma malsana. La grazia dall’Alto. Cenno del Signore sulla Sua magnificenza. Il popolo glorifica il Salvatore e dice alle genti del Tempio la verità sulle loro infamie.

 

1. Quando ebbe provvisto a tutto, affinché ognuno potesse riposare per la notte, il vecchio ritornò a Me insieme ai suoi figli, i quali erano per la maggior parte pescatori, navigatori e carpentieri, e Mi disse: «Signore, tutto ora è pronto per ospitarvi tanto presto e bene quanto il breve tempo a disposizione ha potuto permettercelo, e voi potete approfittarne come vi piace. Tu sei ora come sempre il padrone in questa casa che io edificai assieme ai miei sette figli. Se Tu vuoi qualche cosa, comandami, ed io sarò il Tuo servitore e Ti servirò con tutti i miei di casa»

2. Gli dico Io: «Tu sei ciò che sei, ed Io pure sono ciò che sono; ma poiché sei tanto umile e ti abbassi a tanto, verrà un giorno in cui tu sarai altrettanto innalzato nel Mio Regno! Per oggi noi non abbiamo bisogno d’altro che di un po’ di riposo; domani però fate venire qui gli ammalati, che si trovano in questo luogo, affinché Io li guarisca»

3. Osserva il vecchio: «Oh, Tu avrai molto da fare; il luogo non è tanto piccolo, e credo che a mala pena vi sia una casa nella quale non si trovi alcun ammalato! Questa regione è certo una delle più fertili lungo tutta l’estesissima spiaggia, mentre, cosa strana, essa è contemporaneamente la meno sana per gli uomini, dove febbri e bubboni di ogni genere non mancano!»

4. Dico Io: «Non preoccuparti di ciò! Domani tutto sarà cambiato; vedi soltanto di procurare per domani dei pesci, affinché i Miei discepoli, i quali oggi hanno quasi tutti digiunato, possano nuovamente ristorarsi. E non dubitare che un’adeguata ricompensa non ti mancherà!»

5. Dice il vecchio: «Signore! Perdonami se oso replicarTi qualcosa. In casa mia migliaia di persone hanno già trovato cibo e ricovero, e non ho mai accettato ricompensa da nessuno; tanto meno potrei ora chiederla a Te! I miei conti io li affido sempre ai venti, e questi li portano su alle stelle dove dimora il Padre onnipotente. Egli è stato per me in ogni tempo il più sicuro pagatore e rimuneratore, e certo lo sarà anche questa volta! Quanti ammalati non sono stati curati per lunghi mesi qui da me! Eppure, nonostante il paese sia così malsano, nessuno di casa mia fu mai ammalato! Signore! Questa è una grazia che mi fa il Cielo. Per conseguenza non devi neanche parlare di una ricompensa qualsiasi, o quanto mai, di un pagamento da parte Tua, perché io non potrei accettare né l’una né l’altra!»

6. Gli dico Io: «Sarà forse così, eppure potrebbe darsi che ti sbagliassi nel calcolo! Se la ricompensa non ti viene da Me, quella che potrà venirti dalle stelle non sarà certo tanto abbondante! Infatti Io ho molto, anzi tutto da disporre e da ordinare anche per quanto riguarda tutte le stelle, dentro di esse e sopra di esse!»

7. A queste Mie parole il vecchio tutto confuso e sbalordito non sa più cosa rispondere, e solo dopo qualche tempo, dice a bassa voce: «Per l’amor di Dio! SaresTi mai un angelo del Cielo? Oppure obbedisce ai Tuoi cenni un angelo inviato dal Padre perché Ti serva?»

8. Gli dico Io: «Va pure senza timore a riposarti; ne hai bisogno anche tu; e domani molte cose ti verranno rivelate! Prima però esci e dì al popolo, il quale sta ancora vociando, che vada anch’esso a riposare e che domani conduca qui tutti gli ammalati: Io li guarirò tutti»

9. Il vecchio uscì fuori e fece come gli avevo ordinato. 

10. Allora il popolo a gran voce cominciò a giubilare e gridava: «Evviva il sublime Figlio di Davide! Egli è venuto a noi per liberarci da qualsiasi piaga! Noi non sappiamo veramente da dove Egli sia venuto, però questo è per ora certo: che lo Spirito di Dio è con Lui, come lo fu con il Suo patriarca Davide! Infatti se lo Spirito di Dio non fosse con Lui, Egli non avrebbe potuto guarire l’ossesso!».

11. Ora, assieme al popolo, si erano qua e là insinuati anche alcuni farisei, i quali, avendo fra gli altri compiti quello di spiare per conto del Tempio di Gerusalemme, osservavano attentamente quello che Io, già a loro ben noto perché avevano udito molto parlare di Me, avrei potuto fare ancora in quel luogo. La guarigione dell’ossesso e contemporaneamente sordo, cieco e muto era stato per loro un colpo formidabile, e per conseguenza non facevano che tenere fra di loro consiglio per vedere in quale modo sarebbe stato possibile renderMi sospetto al popolo come vagabondo, simulatore o truffatore, oppure addirittura come un mago alleato del demonio! 

12. Ed essi andavano dicendo al popolo: «Domani si vedrà bene di che spirito egli sia figlio! Ci riserviamo noi di osservare tutto scrupolosamente, e vedremo in quale modo egli risanerà i numerosi storpi, gli zoppi ed i lebbrosi!»

13. Obietta loro il popolo: «Se Egli ha guarito in un istante quello che era più infermo di tutti, tanto più facilmente certo Egli guarirà gli altri! Voi, del resto, non dovreste in generale parlare mai di simili cose, perché per virtù vostra o per vostro intervento nessuno ha mai finora recuperato la salute, e non hanno mai giovato a nulla né le vostre preghiere pagate a caro prezzo, né tanto meno i vostri amuleti di cui non fate che vantare le miracolose proprietà agli ammalati per poter venderli loro a tanto più lucrose condizioni!

14. Colui che è giunto fra noi ha in corpo lo Spirito di Dio, ed Egli ce lo ha dimostrato oltre ogni evidenza con quella sola azione da Lui compiuta oggi; voi invece non avete nessun altro spirito se non quello dell’orgoglio, dell’avidità e dell’ambizione!

15. Voi volete bensì essere i primi dopo Dio, e pretendete dagli uomini onori divini; noi tuttavia ve lo dichiariamo in faccia che per noi siete gli ultimi, anzi cento volte peggiori di tutti i pagani. Infatti voi non fate niente per il nostro bene; voi non lavorate affatto, e coloro che frequentano le vostre scuole dopo un paio di anni si riducono a un tale stato di stupidità e di tenebra intellettuale che nemmeno un angelo, con particolare forza e potenza divine, li può ricondurre alla ragione. Questa è ancora la parte migliore di tutte le vostre cure e premure per quello che dovrebbe essere il nostro benessere! 

16. Voi inducete le mogli degli ebrei, vostri compagni di fede, in cento maniere all’adulterio e date sfogo alla vostra lussuria con le loro figlie. Ma questo non è ancora nulla! Infatti se un povero diavolo arriva a macchiarsi di simili colpe, viene senz’altro lapidato se è povero; se invece è persona ricca e di riguardo, può riscattare la vita e rimane anche vostro eccellente amico!

17. Gli ebrei, vostri compagni, non vi conoscono certamente così bene come noi greci, e anche se vi conoscessero per quello che veramente siete non potrebbero per ragioni ben note aprire bocca. Ma noi vi conosciamo e possiamo parlare; per conseguenza approfittiamo dell’occasione quanto mai adatta che si presenta, per dirvi la nostra opinione veramente ed assolutamente ben fondata sul vostro conto!

18. Ed ora fate presto ad andarvene a casa vostra, altrimenti cadrà sulle vostre spalle una tempesta di pugni greci! Noi nel frattempo ce ne staremo qui a fare buona guardia; guai a voi se vi azzardate ad intraprendere la benché minima cosa contro quest’Uomo, perché allora dovreste fare i conti con noi.

19. Noi pure una volta eravamo ebrei e adesso siamo ben lieti di essere greci; tuttavia, anche essendo greci di nome e per le autorità dello stato, siamo nel nostro cuore dei veri ebrei, certamente però non come voi che vendete per denaro le vostre preghiere e le vostre adorazioni del Signore, attribuendo alle stesse gli effetti più menzogneri!

20. Noi stessi adoriamo Dio perché Egli è Dio, e noi Sue creature ci sentiamo in dovere di adorarLo. Andatevene dunque via di qui, poiché la vostra vicinanza ci è più ripugnante di quella di una carogna puzzolente!».

21. In seguito a queste esplicite espressioni del popolo, di cui una metà circa era infatti costituita da greci che là risiedevano, i farisei non aspettano più a lungo e si allontanano in tutta fretta, mentre il popolo manifesta il suo giubilo per la vittoria riportata e per aver potuto almeno una volta scagliare la cruda verità in faccia a quei fannulloni, come il popolo usava chiamare i farisei.

 

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Cap. 180

La riunione segreta dei farisei. Buon piano del giovane fariseo per proteggere

 il Salvatore e suo discorso al popolo.

 

1. Questa località era del resto nota per la generale intelligenza e perspicacia dei suoi abitanti; per conseguenza chi avesse voluto entrare in discussioni con loro, specialmente con i greci, avrebbe dovuto essere di spirito sveglio e di ingegno molto acuto; così i farisei che vi dimoravano sapevano molto bene che era cosa molto ardua discutere con loro. Dunque neppure questa volta essi fecero molte obiezioni, e si avviarono senza dire altro verso casa, ma, appena giunti, tanto più essi cominciarono ad arrovellarsi il cervello e ad escogitare mezzi per tentare di farMi apparire sospetto o di rovinarMi completamente. 

2. Uno di loro, che era di spirito alquanto migliore, stanco del gran discutere che gli altri facevano e che minacciava di prolungarsi, infine disse: «Fratelli, senza nessuna pretesa di competenza speciale da parte mia, mi permetto di dirvi la mia opinione: sarebbe meglio per il momento ritirarci a riposare per poter aver domani la mente sgombra e i cuori uniti! Cosa ci serve tutto il nostro discutere e lo scervellarsi oggi? C’è tutto il tempo domani. Attendiamo dunque, e vedremo quello che ci porterà domani, e poi, con l’aiuto di Jehova, diventeranno più chiare le misteriose circostanze che si riferiscono a quest’uomo strano. Che vi sia in Lui qualcosa di straordinario non c’è assolutamente il benché minimo dubbio, perché la guarigione dell’ossesso sulla riva, compiuto senza allontanarsi dall’imbarcazione e senza aver nemmeno toccato l’infermo, è un avvenimento il quale, a quanto ne so io, non ha avuto precedenti.

3. Perciò a me sembra che dovremmo attendere tutto quello che domani potrà accadere; in tal modo saremo più facilmente in grado di formarci di questo caso un giudizio più completo e preciso. Giudicarlo già ora ciecamente sarebbe cosa troppo azzardata, specialmente considerata la grande eccitabilità del nostro popolo, il quale già da lungo tempo sta più dalla parte dei greci che dalla nostra, e vede tanto volentieri noi quanto una spina nell’occhio. Lasciatevi dunque persuadere da questi miei buoni argomenti! C’è tutto il tempo domani, il quale non è escluso possa esserci più favorevole di quanto lo sia stato l’oggi!»

4. Domanda un altro: «Cosa ne facciamo delle offese di cui ci ha gratificato il popolo poco fa? Dobbiamo farci forse una dormitina anche su queste, e non pensarci affatto come non fossero state mai dette? Metterle in una parola nel dimenticatoio, lasciando che i responsabili sfuggano alla punizione che giustamente meriterebbero?»

5. Dice il primo, il migliore: «Pretendi un risarcimento in denaro, se puoi! Oppure cita i colpevoli in giudizio, oggi ancora o domani, se lo ritieni possibile! Cosa può fare uno solo contro tanti!? Secondo me la cosa più consigliabile ancora è proprio quella di non parlarne, almeno per il momento. Se tu però desideri già ora reagire, non vi è nessuna legge che t’imponga il contrario. Per conto mio dichiaro di voler aspettare che la questione abbia il suo corso e prendere poi le decisioni che saranno del caso. Lascia prima che la mela si maturi sull’albero se non vuoi correre il rischio di mettervi il dente quando è ancora acerba! Mi comprendi?»

6. Queste parole sembrarono persuadere gli altri farisei e dottori della Legge, i quali si ritirarono per riposare seguendo il consiglio dato dall’unico che fosse di sentimenti alquanto migliori, e che, per essere ancora giovane e lieto di vivere, non condivideva troppo le idee e le aspirazioni di quegli altri vecchi adoratori del denaro. Prima di coricarsi, però, questi ultimi non tralasciarono di dare ordine ad uno dei loro servitori che facesse buona guardia durate la notte, e li svegliasse il mattino dopo per evitare il pericolo di dover mancare ai primi fatti che sarebbero successi da parte del mago!

7. Soltanto il fariseo un po’ migliore non si coricò e, quando tutti gli altri, non esclusa la guardia posta di sentinella, dormivano già alla grossa, egli uscì fuori all’aperto e cominciò a riflettere sul modo in cui avrebbe dovuto procedere per rendere vani i tristi piani dei suoi colleghi anziani. E diceva dentro di sé: «Basterebbe che io potessi giungere fino a quest’uomo miracoloso, e che mi riuscisse di parlarGli; io gli indicherei subito il vero modo per poter attuare indisturbato i Suoi progetti di guarigione, nonostante le ostilità dei miei colleghi! Ma come arrivare fino a Lui? Il popolo eccitato circonda la casa, e come vedo, già vi vengono condotti e portati gli ammalati; domani ci sarà sicuramente una calca grandissima, e non si potrà passare oltre. Io so però cosa fare! Adesso vado da quella gente ed espongo loro schiettamente come la penso, dimostrando che sono io stesso un nemico di questi vecchi fanatici di denaro; dirò loro inoltre che devo urgentemente comunicare delle cose importantissime a quell’uomo miracoloso, altrimenti egli incontrerà molte difficoltà nel procedere alle sue guarigioni! Se il popolo è disposto a permettermelo, tanto meglio; se però non lo vuole, allora almeno avrò assecondato l’impulso del mio cuore ed avrò tranquillizzato la mia coscienza»

8. Animato da tali sentimenti, egli si avvia nuovamente per presentarsi al popolo, il quale, essendo la notte chiarissima, riconosce già da lontano la ben nota figura del giovane rabbino.

9. Quei greci che avevano confessato di essere stati a suo tempo ebrei, subito gli si fanno incontro e gli domandano bruscamente cosa vada cercando a quell’ora e se sia forse uno spione. Però egli, in tono amichevole e confidenziale, dice: «Miei cari amici! È ben vero che la veste del fariseo ricopre anche la mia persona e, come sapete, io sono infatti propriamente un fariseo, per la ragione che io, figlio primogenito di una ricca famiglia di Gerusalemme, dovetti diventare quello che vollero i miei genitori deboli di coscienza. Dunque va bene che giudicando dal mio esteriore sono un fariseo, ma, a dire il vero, nel mio cuore non lo sono affatto, meno ancora di ognuno di voi, malgrado adesso voi vi proclamiate greci.

10. La mia intenzione e il motivo che mi conduce qui è semplicemente questo: voi certo conoscete i miei colleghi altrettanto bene come e quanto li conosco io, e sapete quali diritti essi si arrogano; essi sono i teologi, ed a nessuno è concesso comprendere qualcosa delle Scritture all’infuori di loro, benché, detto fra noi, siano appunto le Scritture quello che essi comprendono forse meno di ogni altra cosa. Ma queste attribuzioni essi le hanno conseguite dal Tempio; esercitano per conseguenza il loro presunto diritto, e voi non potete farci nulla. 

11. Oltre a ciò essi sono anche medici, e non tollerano quindi che uno straniero venga e che con la sua arte pregiudichi le loro entrate. Anche in questo campo è il Tempio che elargisce loro un privilegio, ed essi sanno combattere per il loro diritto, e voi potreste osteggiarli quanto volete ma non riuscireste a nulla.

12. Così pure, in casi particolari stabiliti da Mosè, essi sono anche giudici ed hanno diritto di vita e di morte sui loro sottoposti; possono esercitare tale diritto come, quando e contro chi essi vogliono, senza doverne rendere conto a qualcuno; basta che essi spediscano ogni anno una lista a Gerusalemme, e di solito ottengono ampia lode quando sulla lista figurano numerosi nomi di coloro che essi hanno giudicato, e quando accanto alla lista è unito l’importo annuale dovuto al Tempio per l’appalto della sinagoga e della scuola.

13. Infatti già da lungo tempo tutti questi uffici vengono venduti dal Tempio o ceduti in appalto vita natural durante di chi li assume; noi dunque non siamo qui che degli assuntori d’appalto, ed io addirittura un assuntore di seconda mano.

14. Io vi assicuro che una sinagoga ed una scuola simili costano somme ingenti, ed appunto per poter ricavarne tanto più denaro il Tempio concede unitamente all’ufficio una quantità di privilegi e diritti codificati ai quali chi assume l’appalto sborsando denari e con le leggi dalla sua non è così facilmente disposto a rinunciare, né in tutto né in parte.

15. Naturalmente, nessuno può comperare né farsi cedere in appalto così una sinagoga e una scuola, se prima non è stato in forma solenne elevato nel Tempio alla dignità di fariseo, tramite ogni tipo di giuramenti l’uno più terribile dell’altro; quando però si abbia la ventura di diventare fariseo, non è poi facilmente possibile non esserlo più! 

16. E vedete, nonostante in ogni ebreo debbano suscitare schifo questi ignobili abusi ed imbrogli del Tempio, essi sono perfino riconosciuti e sanzionati dallo Stato, e voi non potete farci niente. Io potrei raccontarvi ancora molte altre cose, ma credo che queste siano sufficienti almeno per farvi intravedere di che diritti siano armati i farisei, contro i quali, come stanno oggi le cose, non si può purtroppo intraprendere nulla con la violenza.

17. Se in seguito all’azione da me intrapresa a fin di bene non fossi riuscito a calmare il furore e la sete di vendetta dei miei colleghi anziani, voi ne subireste già ora le conseguenze immancabili e fatali, perché ci è mancato poco che essi non mandassero a chiamare a Cafarnao una legione di soldati per arrestare l’intera casa e deferirla al tribunale! Io quindi sono un vostro amico e non nemico, e meno ancora un subdolo informatore dei farisei! Soltanto non vogliate per questo motivo farmi apparire un traditore. Dunque, se non vi è troppo spiacevole accettare un buon consiglio da me, abbiate la pazienza di ascoltarmi!»

18. Dicono i tre greci: «Tu ci sembri leale di cuore; parla dunque e consigliaci cosa dobbiamo fare! Ma bada di non tentare di giocarci con parole e di ingannarci, perché un tentativo simile lo pagheresti con la vita!»

19. Risponde il giovane fariseo: «Io non ho affatto paura di ciò e, se anche avessi cento vite, ve le darei tutte in garanzia per la verità del fatto che le mie intenzioni sono perfettamente leali. Dunque ascoltate: voi sapete ormai che in sostanza ai farisei non stanno a cuore altro che i redditi derivanti loro dall’appalto della sinagoga. Andatevene dunque al levar del sole e patteggiate con loro in modo che dietro pagamento di un determinato importo sia concesso al medico meraviglioso, che ora si trova fra voi, di curare durante la mattinata gli ammalati di questa località, e vedrete che quegli strozzini non avranno niente da obiettare. Se voi non volete o non potete dare loro subito il denaro, promettete almeno di darne loro più tardi, e la cosa si accomoderà ugualmente.

20. E ancora vorrei permettermi di fare all’uomo miracoloso una raccomandazione, e cioè in primo luogo, che, dopo aver guarito gli ammalati, egli abbandonasse al più presto questa regione, altrimenti i farisei, avidi come sono, esigerebbero sicuramente da voi, per l’ulteriore concessione, altri denari. In secondo luogo, poiché questi medici miracolosi sono abitualmente inclini a sconfinare nel campo della profezia e, come tali, cominciano anche a manipolare spiritualmente il popolo per i loro scopi, egli dovrebbe astenersi dall’intraprendere qui qualcosa di simile, non già a causa mia, ma a causa dei miei colleghi anziani, i quali precisamente qui, a causa di voi greci, sono addirittura insopportabili a questo riguardo!

21. E finalmente è necessario che il popolo usi tanta prudenza da non acclamarlo Figlio di Davide in presenza di quelle volpi, perché questa è la cosa più spaventosa che possa ferire l’udito dei miei colleghi anziani. Avendo cura di usare tali precauzioni, tutto dovrebbe procedere in modo liscio e tranquillo come io mi auguro di tutto cuore, altrimenti la cosa potrebbe degenerare seriamente in uno spettacolo tumultuoso!».

 

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Cap. 181

Il giovane fariseo viene ben accolto dal popolo.

La minaccia del popolo e piano di una rivoluzione contro gli accoliti del Tempio.

Astuzia del giovane fariseo di fronte ai suoi colleghi.

 

1. Dicono i tre greci: «Il tuo consiglio ha certamente dei lati buoni; tuttavia nel suo complesso non ci piace! Quanto deve durare il dominio crudele di questi ingannatori del popolo? Noi ne siamo ormai sazi, pur non avendo nessun rapporto con loro. Sono essi che mettono continuamente a dura prova la nostra pazienza. Nelle loro scuole tengono discorsi diffamatori contro di noi, ed in ogni occasione ci maledicono e ci minacciano sventura! Fino a quando noi dovremo tollerare un simile stato di cose? Oltre a ciò essi sono anche nostri giudici nelle questioni civili, e se noi vogliamo aver dei diritti, dobbiamo sempre comprarceli a caro prezzo! Vedi, la situazione è molto grave, e perciò siamo dell’opinione che domani si debba mettere fine per sempre a una tale signoria da queste parti. Domani tutti gli ebrei qui residenti passeranno a noi, ed i farisei, la cui presenza sarà diventata perfettamente inutile, verranno cacciati via, fatta eccezione per te se vuoi restare con noi! Ecco, questo è il nostro piano che del resto abbiamo già cominciato ad attuare in quanto, al momento attuale, non si trova più fra i cittadini di questa borgata neanche un vero ebreo secondo il concetto dei farisei! Che ne pensi tu di questo nostro progetto?»

2. Risponde il giovane rabbino: «Se riuscite ad attuarlo in tutte le sue parti, siate pur certi che nessuno vi troverà meno a ridire di me! Nello stesso tempo tuttavia siate prudenti come i corvi, altrimenti né voi né io passeremo dei momenti troppo piacevoli! Nessuno meglio di me può sapere che zampe lunghe abbiano quelle volpi; essi hanno occhi di lince e vedono attraverso le pareti, ed i loro orecchi odono a parecchie ore di distanza in qualsiasi direzione! Ma ora lasciate che me ne vada affinché essi non abbiano ad insospettirsi, dato che comincia già ad albeggiare, e le volpi ben presto si sveglieranno, e, se dovessero accorgersi della mia assenza, sarebbe la fine!»

3. Dicono i tre: «Vattene dunque, ma bada bene di non tradirci a vantaggio di quelle vecchie volpi! In caso contrario te la vedresti brutta!»

4. E il giovane fariseo ritorna sui suoi passi e trova tutti ancora immersi in profondo sonno, compreso il servitore di guardia. Egli scuote quest’ultimo e lo sveglia rimproverandolo aspramente ad alta voce per essersi addormentato. Lo strepito interrompe il sonno delle vecchie volpi, ed alcuni escono fuori per informarsi di quanto avviene. 

5. E il giovane fariseo raccontò, fingendosi pieno d’ira, che egli, non potendo trovare sonno, era uscito per constatare come la guardia, appositamente designata e pagata da loro, adempisse il suo dovere, e disse: «Vedete un po’ e arrabbiatevi quanto mi sono arrabbiato io! Non la trovai che dormiva sodo più di tutti noi? Siamo alla vigilia di una giornata importantissima, della quale forse i nostri successori più lontani parleranno ancora, e costui, incaricato di fare buona guardia e pagato da noi con denari sonanti, dorme come se niente fosse! Ah, questa è poi troppo grossa! Se questa notte Jehova non ci avesse particolarmente protetti, il popolo furibondo avrebbe potuto ammazzarci tutti!»

6. Udendo la sfuriata, gli anziani rabbrividiscono tutti e cominciano solo ora a comprendere in quale grande pericolo si siano trovati, e tributano i più grandi elogi al giovane collega che ha vegliato su di loro come un angelo di Dio.

7. Poco mancò che il giovane non scoppiasse dalle risa; tuttavia si frenò e represse la sua allegria cui avrebbe molto volentieri lasciato libero sfogo. Continuando la finzione, egli diede alla guardia un calcio misurato in modo da non causarle un grande male, e le ordinò di allontanarsi subito, poiché si era dimostrata inutile. E la guardia se ne andò subito sembrando aver intuito la piccola commedia inscenata dal giovane.

8. Quando essa se ne fu andata e l’alba annunciava già imminente il giorno, il giovane disse: «Fratelli miei, io credo che non abbiamo molto tempo da perdere, e secondo il mio modo di vedere dovremmo subito metterci in cammino, affinché nulla di quanto accadrà possa sfuggire alla nostra attenzione!»

9. Dicono gli anziani: «Sì, hai ragione, non dobbiamo lasciare assolutamente passare nulla inosservato! Ma hai mandato un messaggero a Cafarnao per avere a portata di mano dei soldati nel caso non improbabile che occorresse tenere a bada il popolo? (cioè nel caso di disubbidienza)»

10. Risponde il giovane: «Se avessi aspettato i vostri ordini, saremmo già da lungo tempo spacciati! State tranquilli, è tutto a posto! Se però i soldati saranno qui più o meno presto, questa è un’altra questione! Infatti fino a Cafarnao vi è un bel tratto, ed ancora di più fino a qualunque altro luogo; per conseguenza bisogna armarsi di pazienza e aspettare quello che potrà accadere, se “essere o non essere”!» (Frase favorita dal giovane.) 

11. Si comprende da sé che il giovane non aveva mai neanche pensato di mandare dei messaggeri a Cafarnao per chiamare dei soldati, perché egli stesso era in segreto un nemico dei farisei; anzi, in fondo alla sua anima simpatizzava con le dottrine degli esseni e, come tale, non desiderava con maggior ansia nient’altro che di preparare la fossa ai vecchi eroi del Tempio.

12. Gli anziani però, che non avevano ancora fatto colazione, dissero al giovane: «Oh, almeno venissero presto i soldati! È un fatto che abbiamo appena il tempo di arrivare là, ma pure, fino a che siano giunti questi benedetti soldati, forse si potrebbe approfittare per mangiare qualcosa, perché già lo stregone non darà inizio allo spettacolo prima del levar del sole!»

13. Dice il giovane: «Oh, certo che no! Ad ogni modo, se lo volete, posso andare io un momento a vedere se vi è già qualche segno di vita intorno alla casa di Baram, e intanto voi fate colazione» (Baran era il nome dell’uomo che aveva ospitato il Signore per la notte; la località, ora ridotta a steppa, si chiamava Gesaira.)

14. Domandano gli anziani: «Cosa, vuoi digiunare oggi?»

15. E il giovane: «Questo poi no, ma, come sapete, io non posso mai prendere niente prima del levar del sole; mettete dunque da parte qualche piccola cosa per me!»

16. Concludono gli anziani: «Allora sta bene; va’ pure e vedi di far presto, in modo che tu ci possa portare quanto prima qualche buona notizia, soprattutto riguardo ai soldati! Infatti senza di questi, come dici sempre tu, stiamo freschi!»

17. Il giovane si mette subito in cammino e gli anziani gli gridano dietro ancora una volta: «Non dimenticarti dei soldati!»

18. Il giovane si ferma un momento, e a sua volta grida: «Non datevi pensiero; lasciate fare a me! Ma poi, completando la sua idea, aggiunge fra sé: “Allora starete freschi!”».

 

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Cap. 182

Preghiera mattutina di Gesù. Achab, il giovane fariseo migliore, chiamato dal Signore. Quale peccato non viene computato. Precetti biblici speciali compilati dall’infallibilità sacerdotale. Della truffa del Tempio.  La grande guarigione miracolosa.

 

1. Arrivato alla casa di Baram, il giovane la trova già circondata da una fitta calca di ammalati e di sani; domandò allora a qualcuno della folla se Io fossi già alzato. E un greco, vecchio ed onesto, gli risponde: «Sì, Egli è già alzato, anzi è uscito per un momento davanti alla casa; ma, poiché il vecchio Baram Lo ha invitato a colazione, Egli è rientrato in casa»

2. Chiede il giovane: «Ha fatto o detto qualcosa davanti alla casa?»

3. Dice il greco: «Non ha detto una parola; ha solamente alzato gli occhi al cielo, e sembrava quasi che Egli traesse dall’Alto un’immane forza misteriosa. Il Suo sguardo era come quello di un grande condottiero di eserciti ai cui cenni devono obbedire milioni di uomini e di animali. Però nulla di aspro e di disarmonico vi era nella Sua faccia; anzi, vi si leggeva una bontà immensa, ma in pari tempo anche una serietà ed una dignità che i miei occhi non videro mai finora. Devo confessare apertamente che fui lieto che Egli non mi avesse fissato intensamente, perché in verità non avrei potuto sopportare il Suo sguardo; eppure, nonostante ne provassi quasi timore, mi attraeva verso di Lui una potenza strana, indescrivibile, alla quale non avrei potuto resistere se non fosse sopraggiunto Baram per invitarLo a colazione!»

4. Dice il giovane: «Ma ormai, dopo tutto quello che è successo, che ne pensi tu di Lui? Che rapporto potrebbe avere tutto questo, secondo le ragioni più altamente probabili, con Lui? E chi e cosa potrebbe essere Egli secondo il giudizio tuo in altre circostanze sempre acuto?»

5. Risponde il vecchio: «Quantunque io sia greco, vale a dire secondo le vostre enunciazioni un pagano che crede a molti dèi, tuttavia sono in realtà tanto poco pagano quanto lo sei tu, e credo soltanto in un supremo Essere divino; eppure quest’uomo miracoloso potrebbe molto facilmente indurmi a credere che vi siano molti dèi! Infatti se Egli non è per lo meno un Semidio incarnato, io rinuncio a credere di essere un uomo!»

6. Dice il giovane: «Io veramente sarei molto desideroso di vederLo; se fosse almeno possibile penetrare in casa, farei ben presto la Sua conoscenza! Scambiare anche solo qualche parola con un uomo simile deve essere una cosa quanto mai interessante!»

7. Mentre il giovane fariseo sta parlando così, esco Io sulla soglia e lo chiamo dicendo: «Achab[12]! Figlio di Tommaso da Toreh, vieni; se hai fame e sete di verità, sarai saziato!»

8. Esclama il giovane: «Signore! Fino ad oggi non ci siamo mai visti e, per quanto io ne so, non sei mai stato qui in Gesaira! Com’è possibile che Tu conosca me e mio padre?»

9. Gli dico Io: «Molte cose Io so ancora di te e di tutta la tua famiglia, ciò che tuttavia, dato il momento e il luogo, non ha grande importanza; ma so ancora che questa notte tu hai vegliato per Me e che hai osato parecchio in Mio favore; ora, dinanzi ai Miei occhi questa cosa ha un grande valore, e il tuo sacrificio non deve restare senza ricompensa. Vieni!»

10. Achab si incammina verso di Me attraversando la folla, e non può proprio spiegarsi in quale modo Io possa essere a conoscenza di tutti questi fatti.

11. Ma Io osservo: «Non meravigliarti tanto, perché sarai testimonio di ben altre cose! Hai fatto benissimo ad indurre gli anziani a restarsene a casa per ora; infatti essi turberebbero queste genti nella loro fede, senza la quale sarebbe difficile venire in aiuto a tutta la moltitudine di ammalati che si trova qui. Quando questi saranno guariti, allora vengano pure anch’essi e tranquillizzino la loro coscienza ligia ai propri interessi e a quelli del Tempio. Perciò nel frattempo rimani qui e lascia che ti aspettino finché avrò terminato. Io so tutto. Tu li hai bensì imbrogliati fortemente; ma per tale scopo Dio perdona sempre un tale peccato! Capisci tu questo?»

12. Risponde il giovane: «Io conosco la legge e so che Mosè ha detto: “Tu non devi fare mai falsa testimonianza contro il tuo prossimo!”. È un precetto oltremodo apprezzabile, ma purtroppo non c’è nessuno che ora l’osservi meno dei miei colleghi, poiché essi dicono: “Una falsa testimonianza a vantaggio del Tempio e dei suoi servitori è gradita a Dio, e il giusto testimone contro il Tempio ed i suoi servitori è in abominio presso Dio, e perciò deve essere lapidato!”.

13. È ben vero che nei libri di Mosè non vi è nemmeno traccia di qualcosa di simile, ma i cosiddetti servitori del Tempio dicono ed insegnano che la parola scritta nei libri è cosa morta, mentre loro stessi sono il libro vivente nel quale Dio fa’ scrivere quotidianamente la Sua Volontà per mezzo di un angelo, cosicché noi abbiamo ormai una Bibbia del tutto nuova, la quale insegna perfettamente il contrario di quanto hanno insegnato Mosè ed i Profeti!

14. Dunque, secondo questa nuova “Scrittura” del Tempio, la menzogna detta a tempo opportuno e ad uno scopo buono è non soltanto permessa, ma in certi casi è addirittura comandata, particolarmente qualora si tratti di procurare il vantaggio del Tempio! Infatti chi meglio e più ostinatamente sa mentire a evidente vantaggio del Tempio, costui si acquista là dei grandi meriti.

15. Certamente non ignorerai che prima delle feste nel Tempio viene sempre fatta pulizia, ed in simili occasioni si raccoglie il letame ed altre lordure in grande quantità. Ora, tutto il letame, essendo troppo asciutto, misto a terra e sabbia, vale a stento la pena di portarlo via; ma ecco farsi innanzi taluni che potrei davvero definirli “profeti del letame”! Questi girano per tutto il paese vendendo il letame in quantità piccolissime, come se si trattasse di cosa oltremodo preziosa; per esempio, per una quantità che pesa non più di un uovo, essi domandano comunemente un denaro d’argento! Il letame del Tempio diventa così l’anima delle altre qualità comuni di letame con le quali poi gli ingenui concimano i loro campi; e quei poveretti sono convinti seriamente e credono fermamente che i loro campi e i loro prati senza il letame del Tempio non potrebbero dare alcun frutto, e anche se lo dessero, mancandogli la benedizione di Dio, non potrebbe riuscire di beneficio a nessuno!

16. Succede spesso che questi profeti da letamaio si sbrighino troppo presto girando qua e là per vendere il bel prodotto fornito loro dal Tempio, e si trovano con le tinozze vuote; in tal caso le riempiono di qualunque lordura o fango della strada in cui si imbattono cammin facendo, e continuano la vendita come si trattasse ancora del genuino letame del Tempio, cosicché, tirate le somme, ognuno dei cento profeti da letamaio si trova infine ad aver venduto dieci volte più letame di quanto ne abbia raccolto nel Tempio prima di cominciare la passeggiata. Ora, già la prima vendita è veramente un enorme inganno, perché il letame del Tempio è certo di gran lunga meno efficace di qualsiasi altro letame di stalla, ma, quasi ciò non bastasse, gli uomini, resi ciechi e ottusi, devono pagare il fango della strada per letame genuino del Tempio!

17. Ma ciò non fa niente, perché la truffa viene fatta a vantaggio del Tempio; dunque non solo non è condannata come peccato, ma perfino esaltata come virtù, perché se è gradita al Tempio, è gradita naturalmente anche a Dio! Oh, Mosè!

18. E guai se qualcuno si azzardasse a dire la verità al popolo riguardo all’efficacia del letame del Tempio che è pressoché nulla, o per lo meno riguardo al secondo e più grave imbroglio per cui il letame della strada viene spacciato per letame del Tempio; costui infatti verrebbe maledetto come peccatore contro il Tempio ed avrebbe un bel da fare a salvare la pelle!

19. E così, come con il letame, avviene con cento altre cose tutte fondate sulla menzogna e sull’inganno più sfacciato. Osi qualcuno rivelare queste infamie al popolo; ebbene, o Signore, costui può raccomandarsi alla pietà ed alla misericordia di Jehova! 

20. Io stesso ritengo che raccontare ai miei vecchi colleghi delle grosse fandonie non sia peccato, tanto più considerando che così mi è possibile proteggere un uomo quale Tu sei dalle insidie di quei figuri, alle quali è sempre esposto chiunque a loro sembri possedere anche un solo barlume di avvedutezza e di intelletto! Ma adesso credo che faresTi meglio ad occuparTi di questi ammalati, altrimenti corriamo il rischio che quei vecchi cialtroni ci capitino improvvisamente qui senza che io vada a chiamarli!»

21. Dico Io ad Achab: «Me ne sono occupato appunto ora. Ecco, essi sono già tutti guariti: i ciechi vedono, gli storpi camminano, i sordi odono, i muti parlano, e tutti coloro che, affetti da qualsiasi malattia, furono condotti qui, sono ormai completamente sani! Io voglio soltanto dire loro ancora che devono ritornarsene nelle loro case, poi tu puoi condurre qui i tuoi colleghi informandoli prima di tutto su quello che hai visto».

22. Poi Io ordino ai guariti di ritirarsi, e li ammonisco tutti di non far sapere nulla dell’accaduto nei paesi circostanti, e meno ancora a Gerusalemme qualora l’uno o l’altro abbiano occasione di andarvi. Tutti allora Mi promettono solennemente di mantenere il più rigoroso silenzio, e Mi ringraziano poi commossi fino alle lacrime.

23. Ed Io dico loro nuovamente: «Andatevene in pace, la vostra fede vi ha aiutati; guardate però di non più peccare in avvenire, altrimenti un secondo male che dovesse cogliervi sarebbe molto peggiore del primo!». Congedati così, tutti i guariti se ne vanno lodando e glorificando Dio che ha concesso ad un Uomo tanta potenza.

24. Esclama sbalordito Achab: «No, davvero, cose simili non furono mai viste da occhio umano! Senza nessun apparato, senza bisogno né di dire una parola né di fare un gesto! No, ciò è incomprensibile e non è naturale; questo è troppo per un’intelligenza limitata qual è la mia! Realmente tutti si sono trovati d’un tratto perfettamente sani senza medicine né preghiere, senza che venisse pronunciata una sola parola e senza che gli ammalati venissero neppure toccati! Signore! Dimmi almeno in poche parole come Ti sono possibili tali cose!»

25. Rispondo Io: «Per ora non lo potresti comprendere, ma, se tu vuoi diventare Mio discepolo, potrai in seguito essere in grado di vederci chiaro in tutti questi fatti. Ed ora va’ pure, se vuoi informare i tuoi colleghi!»

26. Dice Achab: «Sì, io me ne andrò subito, e farò sentir loro parole che, lo so già in precedenza, saranno le più gradite! Io intendo gettare loro, con fine mano, polvere negli occhi, così che non possano vederci più assolutamente nulla, mettendo a profitto il talento speciale che posseggo a questo riguardo. Di quanto è accaduto oggi sarà meglio che non ne sappiano niente! La guarigione dell’ossesso di ieri è abbastanza per loro; delle odierne, come detto, essi non devono sentire né sapere nulla!»

27. Dico Io: «Bene, bene, fa pure come ti par meglio! Noi siamo amici; sciogliti dai tuoi vincoli e poi seguiMi, allora tu troverai verità e vita, e per mezzo della verità diventerai libero!».

 

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Cap. 183

Achab, il templare, presso gli anziani del Tempio. Il suo successo. 

La partenza dei templari per la casa di Baram.

 

1. Achab dunque si allontana e si affretta a ritrovare i colleghi, i quali, appena lo vedono, gli si radunano intorno ansiosi, esclamando: «Ma per l’amor del Tempio, cosa hai fatto fino adesso? In quali angosce siamo stati per causa tua! Come va, cosa fa lo stregone? Come te la sei cavata? E questi soldati vengono o non vengono? Noi ci troviamo in una posizione disperata! Non sai ancora nulla di quello che è accaduto?!»

2. Dice Achab: «Come mai? Cosa può essere successo d’improvviso che io non lo sappia ancora?»

3. Dicono gli anziani: «Figurati! Non sarà più di mezz’ora che vediamo capitarci qui tre cittadini ebrei dimoranti in questo luogo, i quali senza nessun preambolo ci avvertono che l’intera borgata di Gesaira è passata, nessun escluso, dalla parte dei greci, e che per conseguenza noi non abbiamo più nulla da fare qui! Che ne dici tu? E sai; di tutte queste cose noi siamo evidentemente debitori a quel maledetto stregone, il quale non è che un apostolo dell’Inferno e che ha nel petto lo spirito di Belzebù! Che te ne pare?!»

4. Risponde Achab: «Se è così come dite, certo che va male per noi; in questo caso dobbiamo pensare a prendere il largo per tempo! A dire il vero, io ho udito già ieri bisbigliare qualcosa riguardo a questo fatto, ma non potei assolutamente capire bene che cosa avesse voluto significare tutta questa storia. Del resto, ci sta proprio bene! Io ve l’ho detto tante volte che con i sistemi di sciocco oscurantismo, ai quali noi fummo iniziati nel Tempio, non avremmo potuto durare a lungo presso i greci molto svegli di mente, e che questi avrebbero avuto fin troppo facile gioco nel ritorcere tali sistemi a nostro danno; ma quando io vi rendevo attenti del pericolo, non facevo che gettare sempre olio sul fuoco. E adesso ormai ci siamo, e va necessariamente compiendosi quello che già da lungo tempo vi avevo predetto e dimostrato punto per punto come fatale, e non comprendo davvero come possiate restarne adesso meravigliati! Io ve l’ho detto molto spesso: “Smettiamola una buona volta di voler istupidire ed ottenebrare la mente del popolo, perché a questo mondo ogni cosa ha i suoi limiti che non devono venire oltrepassati!”. Quale vantaggio ne deriverà quando avremo sistematicamente ridotto il popolo in uno stato di estrema tenebra e di pazzia? Questa pazzia terminerà con il degenerare in malizia, e noi ci troveremo nella necessità di andare a cercare arie migliori. Ecco che siamo ormai arrivati a questo punto!

5. Il popolo ci teneva a Mosè ed ai Profeti; noi invece insegnammo loro: “Questi sono morti, e le Scritture con loro; Dio manifesta la Sua Volontà nel Tempio, e indica se, quando e come ci si debba attenere a Mosè ed ai Profeti! Mosè e profeti viventi sono adesso i sacerdoti, i leviti e tutti i farisei ed i dottori della Legge!”. Questa è la nostra dottrina!

6. Quante volte vi ho dichiarato apertamente che simili usurpazioni ed abusi avrebbero dovuto necessariamente condurre a pessimi risultati? Ma allora voi vi faceste gioco di me ed affermaste che una tale cosa sarebbe stata assolutamente impossibile! Ora invece è giunto il momento! Vorreste forse sostenere ancora che ciò non è possibile?!

7. Io però vi ripeto ancora una volta che ci sta a tutti perfettamente bene, perché colui che non accetta consiglio in una questione seria non può venire aiutato!

8. Ora, presso la casa di Baram, io mi sono dato da fare per calmare gli animi eccitati; ed ho detto a quelle teste calde che sarebbero venuti fra breve i soldati da Cafarnao per castigarli! Essi invece mi risero in faccia e dissero: “Voi dovrete attenderli per un bel po’ i vostri soldati, poiché il vostro messaggero è in nostro potere come lo siete tutti voi! Guardate di andarvene con le buone, altrimenti vi faremo andare noi in un altro modo!”. Questa fu la benevola replica del popolo alle mie ammonizioni ed alle mie minacce che, come poi vidi, avrei fatto molto meglio a tenere per me! 

9. Per quello poi che riguarda lo stregone, egli è del tutto innocente a questo riguardo, perché egli insieme ai suoi discepoli ed a Baram dovrebbero essere ormai gli unici ebrei che si trovano in questo luogo. Che egli possa apparirci come un mago non voglio proprio metterlo in dubbio, ma che egli agisca per influsso di Belzebù non mi azzarderei a sostenerlo, quantunque io non voglia con ciò influire sulla vostra opinione; andate voi stessi da lui, parlategli e persuadetevi voi stessi di tutto!»

10. Chiedono gli anziani: «Ha già guarito tutti gli ammalati?»

11. Dice Achab: «Può averlo fatto benissimo, nonostante io non mi sia accorto di nulla. A dire il vero, davanti la casa di Baram c’è ancora una moltitudine fra uomini e donne, per la maggior parte greci che io conosco bene. Essi stanno discorrendo con quel mago o che altro mai possa essere, il quale tuttavia è affabilissimo e di modi oltremodo semplici; di ammalati poi, da quanto ho potuto constatare, non ve n’è più nessuno. È forse possibile che egli li abbia guariti prima, cioè mentre venivo qui per svegliarvi. Ma, come ho detto, andiamo lì adesso e così potrete constatare voi stessi come stanno le cose!»

12. Dicono gli anziani: «Non c’è da temere per la nostra vita?!»

13. E Achab risponde: «Ecco un’altra domanda estremamente stupida! Ma ormai, anche se restiamo qui, siamo forse più sicuri? A me pare, considerato che la questione ha preso una piega sfavorevole dal nostro punto di vista, che per noi tutti sia meglio stare all’aria aperta, dove, in caso di necessità, potranno giovarci almeno le gambe piuttosto che restare qui a farci ammazzare fra quattro mura»

14. Dicono gli anziani: «Sì, sì, hai ragione; usciamo dunque, ma prima chiudiamo bene i nostri tesori che sono di grande valore!»

15. Dice Achab: «Benissimo! Fate pure, ma andiamocene; del resto, chi volete che venga qui subito a rubarci i tesori? La gente ha per il momento ben altre cose cui fare attenzione!».

16. Terminata così la riunione, gli anziani si alzano, chiudono tutto bene e se ne vanno senza dire niente dei loro propositi nemmeno ai loro servitori.

 

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Cap. 184

Il popolo viene a parole con i farisei e li mette pericolosamente alle strette.

(Matteo 12, 24)

 

1. Come arrivano alla casa di Baram, i farisei scorgono subito una grande massa di popolo che, quasi terrificata dall’avvenuta guarigione, manifesta enormemente la sua meraviglia. Ma poiché i vecchi farisei non avevano assistito a questo nuovo prodigio, essi credettero che il popolo si stupisse ancora per la guarigione dell’ossesso avvenuta il giorno prima, tanto più che, come il giorno prima, il popolo continuava ad acclamare: «Gloria al figlio di Davide! Questi è veramente il figlio di Davide!»

2. Come i vecchi farisei ebbero udito queste grida, dissero rabbiosamente al popolo: «Perché vi stupite così tanto?! Noi sappiamo meglio di voi cosa è successo! Questo stregone non scaccia i diavoli altrimenti che per virtù di Belzebù, il principe dei demoni (Matteo 12,24.). E voi avete il coraggio di acclamarlo figlio di Davide!». Questa furiosa affermazione dei farisei fece restare alquanto perplessi alcuni fra i più deboli d’animo, i quali domandarono loro di spiegare più da vicino la cosa, e come ciò fosse possibile, e se il principe dei demoni avesse talvolta il potere di fare anche opere divine!

3. Ad una simile domanda le vecchie volpi non erano preparate, e, presi alla sprovvista, non seppero cosa rispondere a chi li interrogava, ma poiché quest’ultimi si accorsero che ai farisei doveva mancare una buona ragione in appoggio alle loro asserzioni, visto che facevano attendere tanto la risposta, dissero loro: «Perché non date nessuna risposta alla domanda ben fondata che vi abbiamo rivolta, affinché noi possiamo comprendere in quale modo questo supposto stregone cacci via i demoni per mezzo di Belzebù, e se Belzebù possa veramente fare anche opere divine? È cosa molto facile proclamare servitore di Satana, e in tal modo rendere sospetto un uomo che per una causa qualunque sia in grado di fare delle opere straordinarie, ma non altrettanto facile è poter comprovare queste asserzioni con delle prove sicure e palpabili. Perché state muti davanti a noi se siete sicuri del fatto vostro?»

4. Dicono i farisei: «Noi tacciamo, perché, come illuminati dallo spirito di Dio, noi soli e sempre sappiamo quello che è necessario all’uomo conoscere, e per conseguenza anche quando e quanto noi dobbiamo parlare! Non è perché ci siano ignote tali cose che non ci è possibile fornirvi le prove da voi domandate, ma perché questo non ci è permesso e perciò nemmeno lo vogliamo. A voi spetta soltanto di credere quello che noi vi insegniamo, ma non di indagare da voi stessi, perché siamo noi che Dio ha destinato a scrutare tutte le cose fino alla loro essenza più intima, e per rivelare al popolo soltanto quello che gli è necessario, mantenendo per noi tutto quanto vi è di misterioso. Ci avete dunque compresi adesso?!»

5. Risponde il popolo: «Oh sì, vi abbiamo compresi molto bene! Ed è appunto perché già da lungo tempo vi conosciamo che, oggi, da questa chiarissima comprensione abbiamo tratto le debite conseguenze, e siamo passati ai greci, presso i quali non esistono tanti segreti e misteri da bottegai! Qui vi sono un Aristotele, un Pitagora, un Platone e un Socrate, le cui opere ed i cui scritti sono improntati a chiarezza e verità! Presso di voi invece tutto va sempre più avvolgendosi in una nebbia fitta e tenebrosa tanto da non permettere di vedere nemmeno una spanna né davanti né dietro a sé.

6. Perché volete rendere sospetto questo Salvatore che Dio ci ha mandato?! Egli non ci ha fatto che del bene ed ha guarito tutti i nostri ammalati; e voi per questo Lo chiamate servo di Satana!?

7. Ma cosa siete voi allora, voi da cui non abbiamo avuto mai ancora il più piccolo beneficio?! Quando mai avete guarito un ammalato con i vostri mezzi da niente, e con le vostre preghiere pagatevi in anticipo?»

8. Dicono i farisei: «Non abbiamo noi forse certificati che fanno testimonianza di ciò?!»

9. E il popolo risponde: «Oh, sicuramente! Di certificati ne avete a bizzeffe, ed anche molto risonanti da parte del Tempio; ma i fatti? Dove sono dunque i fatti che a giudicare dai vostri certificati dovreste sempre essere in grado di compiere?! Noi, di fatti, non abbiamo avuto ancora occasione di vederne uno!

10. Quest’Uomo invece è venuto da noi senza certificati, è vero, ma d’altro canto opera davanti ai nostri occhi cose delle quali si può molto opportunamente affermare che, da quando esiste mondo, non furono ancora mai compiute da creatura umana! Noi però comprendiamo benissimo perché vi preme tanto rendere sospetto presso noi quest’Uomo divino, nonostante il vostro rifiuto di dichiararcene il vero motivo. Ebbene, questo motivo noi ci prenderemo la libertà di mettervelo sotto il naso! Ed eccolo qui:

11. Quest’Uomo divino compie azioni nella realtà più prodigiosa che voi dovreste essere in grado di operare secondo quanto affermano i vostri certificati rilasciativi dal Tempio, ma fino ad oggi, da trent’anni che siete qui con noi, da parte vostra non c’è stata ancora nemmeno una traccia di un fatto simile!

12. Quanto bel e buon denaro e quante altre cose preziose avete preso da noi con la lusinga di fare questo e quello a nostro vantaggio! Ma i fatti dove sono?! Il nostro oro e il nostro argento ve li siete ben tenuti, ma in compenso noi ottenemmo da voi soltanto vuote promesse che aspettano ancora il loro adempimento. E se vi chiedevamo quando sarebbe avvenuto questo adempimento, voi ci mostravate semplicemente i nostri campi fecondi e le nostre greggi, grazie a Dio, sane. Noi però, a nostra volta, all’occasione vi mostrammo i campi ancora più rigogliosi e le greggi altrettanto sane dei greci che voi maledite sette volte ogni sabato prima del levar del sole; voi ci diceste allora: “Il rigoglio e la fecondità dei campi dei pagani sono opera di Satana, cosicché il pane di quei campi e la carne di quelle greggi non servono alla vita bensì alla dannazione!”. Ma nonostante ciò, non avete mai disdegnato di accogliere il tributo, per niente insignificante, in granaglie di ogni qualità, che i greci continuavano a pagarvi ogni anno quale imposta di tolleranza! Dite un po’ cosa ne avete fatto finora di questo grano, secondo quanto assicurate voi, benedetto da Satana e maledetto da Dio?»

13. Dicono i farisei, già tutti pieni del rancore più aspro: «Noi lo abbiamo venduto a dei pagani come lo sono i romani ed i greci, affinché questi possano riceverne tanto maggiore dannazione il giorno del giudizio!»

14. Osserva il popolo: «Ah, è così? Molto bene! Di solito si dice che il diavolo è stupido e che le sue bugie sono tanto evidenti che si possono afferrare con le mani! Ebbene, voi siete ancora dieci volte più stupidi del diavolo, poiché le vostre bugie si possono afferrare già con piedi solidamente calzati! Non siamo stati forse noi che abbiamo sempre portato con i nostri buoi e con i nostri asini tutte le vostre granaglie al mercato di Gerusalemme? Sicuramente dunque sapremo ben noi a chi sono stati venduti! E voi avete la sfacciataggine incredibile di dirci in faccia che il grano greco lo vendete ai pagani perché questi ne abbiano maggior dannazione! Se volete proprio cavarvela con menzogne, siate almeno tanto prudenti da mentire con più astuzia, affinché non possa apparire infine come se noi fossimo ancora più stupidi di voi e che fosse cosa assai facile farci vedere nero per bianco e bianco per nero! No davvero, una menzogna tanto assurda non è mai stata detta da nessuno!»

15. Gridano i farisei: «Voi non conoscete e non comprendete niente; non sapete dunque che un fariseo non può assolutamente mentire?! Infatti nella legge del Tempio sta scritto che tutti coloro che si consacrano al servizio di Dio, pur volendo, non possono mentire, poiché anche la più grande menzogna diventa nella loro bocca verità chiarissima!»

16. A questa affermazione il popolo comincia a ridere, e dice ironicamente: «Sicuro, sicuro, anche noi conosciamo la legge del Tempio da voi ora citata; dovrebbe anzi esserci scritto anche questo: “Anche quando un fariseo dovesse prendere in bocca dello sterco, lo stesso si dovrebbe tramutare all’istante in oro!”».

 

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Cap. 185

Il Signore calma il popolo affinché i farisei non si infurino ulteriormente, ed invita gli ultimi ad andare da Lui in casa.

 Suo eccellente discorso agli stessi.

(Matteo 12, 25-33)

 

1. Quando i farisei si accorsero che il popolo li aveva smascherati e per di più li scherniva, mal celando il furore che li rodeva, cominciarono a covare terribili propositi di vendetta; per questo Io, rivoltoMi al popolo, dissi: «Lasciateli stare, perché essi stessi non sono che delle cieche guide di ciechi; e se quest’ultimi vengono guidati da loro, c’è pericolo che dinanzi ad una fossa le guide e coloro che vengono guidati cadano dentro. In un paese come questo dove essi hanno una posizione dominante, riesce loro in generale sempre più facile recare danno a voi che non voi a loro. Tuttavia questa volta si sono con voi tanto compromessi da poter essere spinti nella fossa più facilmente di voi, poiché essi dichiararono di aver venduto ai romani ed ai greci del grano maledetto affinché questi ne avessero danno. Basterebbe che voi denunciaste ciò alle autorità di Roma perché essi dovessero subirne le più terribili conseguenze! Una cosa simile, però, da parte vostra non deve mai accadere. Ed ora ritiriamoci in casa; Io poi vedrò se riesco a far recuperare la vista anche a questi che sono completamente ciechi nello spirito»

2. Dopo queste parole Io rientro ed i farisei Mi seguono subito in casa, dove vengono accolti e salutati dai Miei discepoli, ma dietro ai farisei anche il popolo aveva fatto ressa per entrare, cosicché la stanza si trovò in pochi istanti affollata, ciò che tuttavia non creò problemi, poiché per Me e per i Miei discepoli era rimasto posto sufficiente.

3. E quando il tramestio fu cessato e la quiete ristabilita, Io Mi disposi a parlare particolarmente ai farisei, i cui tristi e malvagi pensieri Io leggevo chiaramente, e dissi: «Di chi se non di voi stessi è la colpa se le cose sono giunte a questo punto? Sono trent’anni che voi risiedete qui a Gesaira, e non siete ancora stati capaci di comprendere quale sia lo spirito di questo popolo! Ma adesso ormai è troppo tardi, e questo spirito che si è ridestato non si può più costringere nuovamente al sonno! La vostra ira e il vostro rancore sono quindi oltremodo vani, perché la colpa è tutta vostra e non di altri.

4. Io venni qui da vero ebreo, e come tale nel pieno possesso dello Spirito di Dio e di tutta la Sua Potenza!

5. Quando Io venni alla riva, e voi, attratti dal fuoco che ardeva sull’imbarcazione, vi affrettaste là assieme al popolo, Io guarii dinanzi i vostri occhi chi era completamente cieco, muto e ossesso. Il popolo riconobbe immediatamente la Potenza divina in Me, e Mi acclamò e Mi salutò come figlio di Davide, e voi stessi nel vostro intimo riconosceste pure la medesima cosa, ma, poiché questo riconoscimento vi portava alla conclusione che ne avreste subito un danno secondo voi in tutti i campi, affermaste contro la vostra convinzione più intima che Io compio tali azioni con l’aiuto del principe dei demoni! Ora Io vi domando: “Con ciò, a chi avete recato danno?!”. Ecco, assolutamente a nessun altro che a voi stessi!

6. Se voi ci aveste riflettuto soltanto un po’, e se aveste esaminato anche un po’ più a fondo la cosa, avrebbe dovuto apparirvi immediatamente ed in tutta la sua enormità l’insensatezza della vostra asserzione, e nello stesso tempo avreste dovuto prevedere che, ostinandovi a sostenere una simile tesi imprudente ed inopportuna all’estremo, anche l’ultima briciola di considerazione e di fiducia in voi sarebbe necessariamente svanita presso questo popolo intelligente!»

7. Dicono i farisei: «Che cosa dunque avremmo dovuto fare, considerato che la tua sapienza è tanta, dichiaracelo!»

8. Ed Io, in tono più energico, rispondo loro: «Così avreste dovuto pensare, giudicare e parlare: “Ogni regno diviso al suo interno è deserto; e ugualmente ogni città oppure casa divisa in se stessa non può durare!” (Matteo 12,25) Ora, se Satana scaccia Satana, è evidente che egli deve essere già prima diviso in sé!”. Ed Io domando: “In quale modo può dopo ciò sussistere il suo malvagio regno?” (Matteo 12,26). Io credo che questa cosa sia tanto chiara che si può afferrare con mano!  

9. Ma se Io, che sono un perfetto ebreo, scaccio, secondo la vostra cieca asserzione, i demoni per virtù di Belzebù - dite! - per virtù di chi poi li scacciano i vostri figli, che pure ora vanno percorrendo tutti i paesi per guarire gli ammalati e per scacciare i demoni?!”. Io però vi dico: “Anche i vostri figli e non soltanto questo popolo saranno i vostri giudici!”. (Matteo 12, 7)

10. Ma se Io, come tutto questo popolo chiaramente lo vede, scaccio i demoni per virtù dello Spirito di Dio, allora è segno che il Regno di Dio è già venuto a voi (Matteo 12,28). Quindi voi ebrei, di fronte ai greci che sono pagani, dovreste tanto più rallegrarvi e gioire che proprio un ebreo operi a favore degli ebrei, favore già da tempo andato perduto! Infatti soltanto così il vero ebreo può dimostrare a tutto il mondo che su questa vasta Terra egli è l’unico uomo che sia in evidente rapporto con Dio e che, per virtù dell’onnipotente Forza dello Spirito di Dio, può operare cose che non sono possibili a nessun altro uomo sulla Terra.

11.E quando gli uomini esteriori noteranno questo negli ebrei, allora essi accorreranno a migliaia di migliaia a schierarsi intorno ai potenti ebrei e diranno: “Soltanto l'ebreo è di Dio. Per mezzo di lui opera miracolosissimamente l’Onnipotenza divina; Egli è forte e sapiente, e dovrà essere il nostro signore per l’eternità!”

12. Se però il vero ebreo si dimostra tanto forte in virtù dello Spirito di Dio, altrettanto forte deve essere certamente tutta la sua casa e il suo paese! Ora come può, oppure come potrebbe qualcuno entrare nella casa di un uomo tanto potente e forte per rubargli le sue masserizie? A meno che, cosa tuttavia impossibile, egli non leghi prima il forte e potente, e solo dopo gli rubi le masserizie (Matteo 12,29), come veramente hanno fatto i romani con noi che, avendoci trovati nella nostra casa ubriachi e insonnoliti, ci hanno legati, derubati e fatti loro schiavi, e questo accadde giustamente agli ebrei poiché essi sono decaduti totalmente al cospetto di Dio.

13.Ma Dio ha pietà del Suo popolo, ed ora vorrebbe nuovamente venirgli in aiuto; per questo scopo Io sono stato mandato a voi da Dio. Ma, se questo evidentemente è il caso come voi stessi vedete, perché tentate di disperdere nuovamente tutto, là dove Io raccolgo?

14. Infatti, chi non è con Me è contro di Me; e chi con Me non raccoglie, costui disperde (Matteo 12,30) e si schiera apertamente contro lo Spirito di Dio che vuole farvi liberi!

15. Ed oltre a tutto quello che avete già visto ed udito, vi dico ancora: “Ogni peccato ed ogni bestemmia verranno perdonati all’uomo, ma la bestemmia contro lo Spirito di Dio non gli verrà mai perdonata” (Matteo 12,31). Voi avevate ben riconosciuto che Io avevo guarito l’ossesso per virtù della Forza divina, e tuttavia, per considerazioni del vile beneficio materiale e della vostra dignità umana, avete bestemmiato in Me lo Spirito di Dio che voleva salvarvi; ed ecco che ora perfino dai pagani ne avete avuto il ben meritato premio!»

16. Dicono i farisei: «Noi non abbiamo bestemmiato lo Spirito di Dio, ma te soltanto abbiamo bestemmiato, e tu stesso non sarai di certo lo Spirito di Dio in carne ed ossa! E perciò non potrai essere altro che un figlio di uomo come lo siamo noi!»

17. Dico Io: «Sì, di certo, tale sono anch’Io nella forma e nell’apparenza, ma in realtà, sostanzialmente, sono forse qualcosa di più. Ma anche se Io fossi un figlio di uomo al pari di voi, ciò non scusa minimamente la vostra bestemmia! Infatti Io, quale Figlio di uomo, non compio certo tali cose, come non lo potete voi. Ma in questo Figlio di uomo che vi sta ora dinanzi agisce solamente lo Spirito di Dio, ed è Questi che voi avete bestemmiato, perché non Io, ma lo Spirito di Dio ha operato qui davanti ai vostri occhi.

18. Certo, a chi parla contro di Me come semplice uomo sarà perdonato; ma chi parla contro lo Spirito Santo non sarà perdonato né in questo né nell’altro mondo! (Matteo 12,32)

19. Infatti, quando un albero è per sua natura cattivo, anche il frutto che esso produce è cattivo, ma se l’albero è per sua natura buono, allora sarà buono anche il frutto; infatti è dal frutto che si conosce l’albero! Voi siete l’albero, e questi ebrei qui, diventati pagani per causa vostra, sono il vostro frutto! Giudicate voi stessi se esso sia buono o cattivo!». (Matteo 12,33)

 

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Cap. 186

Perfida e incorreggibile testardaggine dei farisei. Aspre parole del Signore agli stessi.

Cenni riguardanti diversi stati di possessione, e l’influenza degli spiriti maligni.

Il furore dei farisei.

(Matteo 12, 34-45)

 

1. Dicono i farisei: «Questo non è affatto frutto nostro, ma è il frutto di vagabondi della tua risma, i quali capitano qui di quando in quando da ogni parte del mondo nella forma di artisti e di maghi. In nostra presenza, è vero, essi si occupano delle loro arti miserabili, ma durante la notte essi tentano di fare proseliti per la filosofia pagana, e poi sono di un’eloquenza incredibile quando si tratta di rendere sospetti, in ogni particolare, noi assieme al Tempio, e gli ordinamenti dati a questo da Dio! Ecco, appunto gli ebrei pagani che abitano qui a Gesaira sono il frutto di individui di questa specie! Noi, parlando al popolo, ci siamo sempre ispirati al vero ed al buono, ed abbiamo insegnato onestamente secondo la dottrina di Mosè. Ma se Belzebù per mezzo di gente della tua specie distoglie da noi il popolo, che colpa ne abbiamo noi? Noi non siamo dunque affatto un albero cattivo perché Satana viene, guasta e fa imputridire i frutti sui nostri rami. Le nostre parole e i nostri insegnamenti sono buoni; invece le tue parole e le tue opere provengono dal principe dei demoni, e seducono gli ingenui e i creduloni! Ed è per questo che meriteresti di venire lapidato ed ucciso insieme a tutti i tuoi seguaci!»

2. Quando i farisei frementi d’ira giunsero al termine della loro sfuriata, fra il popolo si levò un mormorio ostile e sembrava che ci fosse l’intenzione di mettere loro le mani addosso.

3. Ma Io calmai il popolo dicendo: «Non fate ciò! È già abbastanza che questa perfida progenie sia colpita per l’eternità; venga risparmiata per adesso; non però senza aver ricevuto da Me la testimonianza che si è ben meritata!»

4. Esclama il popolo: «Sì, o Signore, Te ne preghiamo tanto; spiega Tu stesso a questi birbanti chi e che cosa sono essi veramente!»

5. Ed Io, rivolgendoMi di nuovo ai farisei, dico loro in tono energico e severo: «O razza di vipere! Come potete voi dire il bene quando il cuore vostro è fino all’intima sua fibra impregnato di malvagità? Ora, dalla bocca non esce se non ciò di cui è colmo il cuore (Matteo 12,34). L’uomo buono trae sempre fuori cose buone dal buon tesoro del suo cuore, ma l’uomo malvagio invece non può trarre che cose malvagie fuori dal malvagio tesoro del suo cuore! (Matteo 12,35). Io vi dico però che gli uomini dovranno il giorno del giudizio rendere ragione anche di ogni parola oziosa e malvagia! (Matteo 12,36). Ed avverrà come è scritto nel libro di Giobbe: “Per le tue parole sarai giustificato, oppure per le tue parole sarai condannato!” (Matteo 12,37)

6. Io vi ho già prima dimostrato perché Io sono venuto qui ed in altri luoghi ancora, ma il senso perverso di cui è colmo il vostro cuore non vuole accogliere né meno ancora comprendere questo che potrebbe rendervi liberi e beati!

7. Ed è per il bene che Io vi faccio senza alcun compenso che volete lapidarMi! Razza di serpenti e di vipere! Oh; come sono vere tutte le testimonianze che i Profeti hanno dato di voi; certo, fin troppo vere! Con vuote cerimonie e con le sole labbra onorate Dio, ma il vostro cuore è ben lontano da Lui!»

8. Ora, tra i farisei e gli scribi ce n’erano alcuni i quali, rimasti un po’ turbati dalle Mie parole e assunto un aspetto alquanto più umano, dissero: «Maestro, non è che noi vogliamo senz’altro respingere interamente la tua dottrina, però non abbiamo potuto vedere con i nostri occhi sia ieri che oggi le opere meravigliose da te compiute, e osservare in quale modo questo avvenne. Fa’ dunque essere testimoni anche noi di un qualche segno di tale specie; noi lo vedremmo volentieri! (Matteo 12,38). Forse ciò basta alla nostra intelligenza, e non è escluso infine che noi stessi possiamo accogliere la tua dottrina!»

9. Ma Io Mi rivolsi al popolo, e parlai così: «Questa malvagia e adultera generazione richiede un segno! Ma nessun altro segno le verrà dato, se non, a suo tempo, quello di Giona (Matteo 12,39). Infatti, come Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre di una balena, così rimarrà anche il Figlio dell’uomo tre giorni e tre notti nel centro della Terra (Matteo 12,40). (Il centro della Terra qui vuole significare in primo luogo la tomba, però spiritualmente indica che l’Anima del Figlio dell’uomo discenderà fino alle anime prigioniere dei defunti per liberarle.)»

10. Allora i farisei si guardarono l’un l’altro stupiti, e dissero: «Cosa può voler dire ciò; che vuole fare costui? Come potrà scendere nel centro della Terra? Dove mai si trova questo? Non è questo dappertutto, e tuttavia propriamente in nessun luogo! Chi mai conosce quanto grande sia la Terra e dove si trovi il suo centro? Quest’uomo vaneggia, oppure qualche spirito maligno vuole impossessarsi di lui! Infatti si dice che ogni uomo prima di impazzire è in grado di operare vari miracoli. Cosa intende costui con il suo paragonarsi a Giona il quale ha predicato a Ninive?»

11. Dico Io nuovamente, sempre rivolto al popolo: «Sì, sì, le genti di Ninive risorgeranno con questa generazione il giorno del giudizio e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona. Ed ecco, qui è Qualcuno che vale più di Giona! (Matteo 12,41). Così pure la regina del mezzodì risusciterà il giorno del giudizio con questa generazione e la condannerà! Perché lei (Semiramide) venne dagli estremi confini della Terra per udire la sapienza di Salomone, ed ecco, qui è Qualcuno che vale più di Salomone!» (Matteo 12,42)

12. Dicono i farisei: «Ebbene, se tu credi proprio che noi siamo tutti preda completa del demonio e che tutti verremmo condannati nel giorno del giudizio, scaccia allora via da noi i demoni, come facesti già ieri con il muto e cieco; quando questo sarà avvenuto, potremo anche noi lodarti e glorificarti come ha fatto l’altro che tu hai guarito!»

13. Essi però non parlavano così perché fossero desiderosi seriamente di venire liberati dai molti spiriti maligni con i quali essi formavano già un tutto quasi indissolubile, ma soltanto per tentare di avere qualche argomento da ritorcere contro di Me. Infatti, quando uno spirito maligno ha fatto nell’uomo già tali progressi da rendere tutto in quest’ultimo tributario e obbediente ai suoi cenni, esso allora non si manifesta più in maniera troppo evidente, ma agisce invece con tutta prudenza e astuzia mondane, così da indurre chiunque a credere che un uomo simile non sia affatto ossesso, mentre in verità lo è più terribilmente di un altro, per quanto tormentato da un qualche spirito maligno, perché non riesce a diventare padrone in casa propria.

14. Ritornando alla richiesta degli scribi e dei farisei, Io risposi: «Tale cosa non è possibile con voi per varie ragioni. La prima è quella che gli spiriti maligni sono già da lungo tempo diventati una cosa sola con la vostra anima, e costituiscono ora in via assoluta tutta la vostra propria vita perversa ed adultera. Se Io volessi scacciare da voi questi maligni spiriti, nello stesso tempo scaccerei anche la vostra vita, la quale è cresciuta in mezzo a loro; e, se anche vi conservassi la vita primordiale, ciò non vi gioverebbe a nulla, poiché ormai la vostra intera natura è completamente satura di elementi infernali! Ora, anche quando uno spirito impuro, per grazia della Mia Potenza, venga cacciato da tali uomini, egli è costretto a rifugiarsi in luoghi aridi per lui, cerca riposo e non lo trova! (Matteo 12,43) (Vale a dire che il demonio si affanna ad indurre in tentazione uomini virtuosi, e batte alla loro porta, ma non gli viene aperto: questi sono per lui e per i suoi scopi luoghi deserti e aridi nei quali non cresce erba alcuna che gli sia confacente.). Allora egli riflette fra sé e sé, e dice: “Io voglio entrare nuovamente nella mia vecchia dimora, poiché nelle steppe e nei deserti non vi è per me nessun luogo in cui poter riposare, e nelle case dove ci sono già in quantità abitanti della mia specie non mi è concesso entrare”. Dunque, formato un tale proposito, il demonio ritorna alla sua dimora antica e la trova naturalmente vuota, spazzata ed adorna (Matteo 12,44). Allora egli va, e prende con sé ancora sette spiriti peggiori di lui. Con il loro aiuto egli penetra più facilmente nella sua vecchia dimora, e qui abitano tutti assieme! In tal modo l’ultima condizione di un tale uomo diventa molto peggiore della prima!

15. E precisamente così accadrebbe a questa perversa generazione; sia dunque lontano da Me il pensiero di renderla ancora più meritevole di dannazione di quanto lo sia già ora».

16. I farisei, udendo queste parole, furono invasi da tale ira che Mi avrebbero fatto a brandelli se non li avesse trattenuti il timore di un intervento del popolo.

 

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Cap. 187

Il Signore istruisce ed ammonisce Achab: «È meglio tacere che mentire, sia pure con buona intenzione». La salvezza di tutta l’umanità proviene dagli ebrei. Paragone tra il Tempio di Gerusalemme e quello di Delfi. Esempio di dialettica usata in una sentenza d’oracolo.

I greci fanno testimonianza del Signore. Vitali cenni evangelici ai greci.

 

1. Nel frattempo Achab, il giovane fariseo, si era allontanato dal gruppo degli anziani, tutto lieto che Io avessi detto tali e tante verità ai suoi vecchi compagni, ma poi di nascosto Mi domandò se anch’egli fosse come gli altri tanto gravemente posseduto dallo spirito maligno.

2. Però Io, fissandolo amichevolmente, gli risposi: «Se tu lo fossi realmente, non Me lo avresti chiesto in tal modo. Finora anche tu fosti un arido terreno per Satana, abbi però costante cura di non diventare un campo fertile per lui; e per evitare ciò, tieniti lontano ed in guardia dai tuoi malvagi colleghi!»

3. Dice Achab: «Signore e Maestro! Soltanto Tu non abbandonarmi; allora certo le potenze infernali non potranno avere nessuna influenza su di me! E il mio zelo per Te non verrà mai meno!»

4. Gli dico Io: «Va in pace! La tua fede e il tuo zelo per Me ti renderanno forte! Abbi però molta prudenza con i tuoi colleghi, affinché tu non cada nelle loro reti, perché i demoni hanno l’odorato sottile e l’udito molto acuto per i loro malvagi scopi!»

5. Dice Achab: «Signore, Tu ormai mi conosci certamente meglio di quanto mi conosca io stesso! La mia astuzia è fine e nascosta; il demonio invece, come si dice, è cieco, e per conseguenza non si accorgeranno di nulla quando vorrò tirarli sul ghiaccio. Anzi oggi stesso verrà fatta una piccola prova con loro. Scambierò adesso con Te un paio di parole forti affinché essi non debbano sospettare di quello che ho parlato con Te; Tu però non devi tenere rancore verso di me!»

6. Dico Io: «Fa come vuoi; sii tuttavia in ogni cosa buono, avveduto, prudente e sincero, perché una menzogna per quanto detta a fin di bene non da che un aiuto effimero, e dopo non molto tempo arreca all’uomo svantaggio e danno»

7. Dice Achab: «Hai ragione, allora per il momento non dico nulla!»

8. Ed Io concludo: «Così sarà certamente meglio, poiché il tacere a tempo debito è preferibile al mentire, sia pure con la migliore intenzione!».

9. Con questi insegnamenti Achab si ritira, e, passando fra la moltitudine del popolo, ritorna dai suoi colleghi. Uno di questi, che aveva osservato da lontano come Achab si era intrattenuto con Me, lo chiamò a sé e lo sottopose ad un severo interrogatorio, ma Achab si trasse tanto per bene di impaccio che alla fine il rigido esaminatore dovette perfino lodarlo.

10. Io, non badando più ai farisei, Mi rivolsi al popolo e cominciai a conversare loro. Allora dimostrai loro come non fosse giustificabile davanti a Dio l’abbandono dell’Ebraismo, perché la salvezza di tutti gli uomini proviene soltanto dagli ebrei, e che essi avrebbero dovuto, come alcuni lo avevano già fatto nel loro cuore, fare nuovamente ritorno all’Ebraismo secondo la piena verità, poiché non c’era altro modo per diventare figli di Dio!

11. Ma uno dei greci esclama: «E che, forse noi dovremmo piegare nuovamente le ginocchia davanti i farisei altezzosi e superbi, e continuare a mangiare il loro vecchio lievito indigesto?! Amico, Tu sei in verità un grande Maestro, e la forza e la potenza della Divinità risiedono in Te. Tu sei buono, sapiente e giusto, ma questa volta ci richiedi una cosa che è molto a sproposito. Noi non abbiamo bisogno di far ritorno a Mosè per la semplice ragione che in realtà non lo abbiamo mai abbandonato, e nel nostro cuore non riconosciamo altro Dio che quello degli ebrei; ma la forma esteriore del nome, sia ebreo o greco, per la sapienza di Dio non avrà, si spera, alcun significato! Per noi invece, la questione del nome costituisce una buona difesa contro le incessanti persecuzioni e le prese in giro dei farisei! Perché allora dovremmo noi chiamarci nuovamente ebrei e non greci?!

12. Ecco per quale ragione questa Tua richiesta non ci sembra affatto saggia! Cosa importa se accanto Mosè noi impariamo a conoscere anche i sapienti della scuola greca con il loro classico culto degli dèi, e con le loro enunciazioni ricche, è vero, di finzioni, ma altresì ricche di sagge rispondenze le quali sono ben altra cosa che non il carissimo letame del Tempio?! Considerato naturalmente che in ogni caso non ci teniamo affatto, perché sappiamo benissimo quali siano le origini di tutte le divinità greche prima e poi romane, e sappiamo che Jehova è l’Unico e Solo Dio sopra tutte le cose, il Quale ha creato ogni cosa e che continuamente mantiene e governa ogni cosa!»

13. Osservo Io: «Amico, tu parli e tuttavia non Mi hai compreso, mentre coloro che Mi hanno compreso non parlano, e sono pure greci come te. Certo è che il nome non significa niente; tutto invece la fede nel cuore! Ma ciò nonostante resta vero ed è opportuno considerare ben questo: è meglio andare in pellegrinaggio a Gerusalemme e assistere alle festività con la dovuta ragionevole devozione o intraprendere un viaggio a Delfi per domandare un buon consiglio alla Pizia insensata?

14. Certo, Io conosco meglio di voi i mostruosi abusi del Tempio, e voi avete già udito da Me quanto li ho combattuti, però, malgrado tutta la perfidia, il Tempio è pur sempre incomparabilmente migliore di Delfi, i cui sacerdoti e sacerdotesse non hanno altra virtù che di possedere una sottile e scaltra dialettica, e perciò ad ogni domanda sanno dare una risposta tale che alla fine devono avere in tutti i casi sempre ragione loro!

15. Quando tu decidesti di prendere moglie, facesti prima un viaggio a Delfi, e là, per buoni denari, interrogasti l’oracolo per sapere se saresti stato felice con la donna che ti eri proposto di sposare! Dimmi! Quale fu la risposta?»

16. Risponde il greco: «Precisamente questa: “Felice sarai con la tua donna mai infelice!”. E vedi, la predizione dell’oracolo si avverrò, perché io con la mia compagna sono veramente felice!»

17. Dico Io: «Però l’oracolo avrebbe avuto ragione anche se tu fossi infelice con la tua compagna»

18. Dice il greco: «Non vedo davvero come ciò potrebbe essere possibile!»

19. Dico Io: «È che tu sei cieco nello spirito! Ascolta, la frase suona così: “Felice sarai con la tua donna mai infelice”. Ma se tu dividi la frase, dopo la negazione, l’oracolo avrebbe ragione anche nel caso che tu fossi infelice perché allora la frase, senza nessunissimo cambiamento nella sua struttura, suonerebbe così: “Felice sarai con la tua donna mai, infelice!”.

20. Che se tu non vuoi credere a Me, domandane al tuo vicino il quale un anno dopo intraprese pure un viaggio a Delfi all’identico scopo, e udrai se la risposta che ricevette non è stata perfettamente la stessa che ricevesti tu! La sola differenza è che egli conduce con la sua donna una vita infelice perché lei è una donnaccia; dunque l’oracolo ha avuto ragione tanto nel tuo caso quanto nel suo, e nonostante ciò tu lo tieni in grandissima considerazione! Giudica tu stesso cosa sia meglio, se il Tempio di Gerusalemme oppure l’oracolo di Delfi!»

21. Il greco a tali parole sbarra tanto d’occhi, ed esclama: «Maestro, ora tutto mi è chiaro! Tali cose non può saperle che un Dio, non certo un uomo. O Tu sei lo stesso Dio, o per lo meno sei un Figlio di Dio, ma non certo un figlio di uomo come lo siamo noi! E perciò noi vogliamo nuovamente ritornare fedeli al Tempio, ma non già sotto la frusta dei farisei, bensì di nostra piena e libera volontà! Questi farisei però dovranno andarsene, perché gli inganni di cui essi ci hanno resi loro vittime, sono stati troppo grandi, spogliandoci spiritualmente e materialmente di quasi tutti i nostri beni. Noi di nome dunque restiamo greci, ma in realtà nel nostro cuore non ci allontaneremo dalla fede incrollabile in Mosè e nei Profeti! Noi pure andremo ogni anno a Gerusalemme per visitare il Tempio, e, quando anche l’accesso dovesse venirci proibito, ci rimarrà sempre l’atrio dei forestieri il quale è esso pure una parte del Tempio»

22. Ed Io concludo: «Fate a questo riguardo come meglio credete; soltanto preservate i vostri cuori dalla falsità, dall’ira e dagli stimoli di vendetta e di persecuzione! In pari tempo siano i pensieri, le parole e le opere vostre ispirate a castità e purezza; amate Dio veramente sopra ogni cosa e il prossimo vostro come voi stessi. Benedite coloro che vi maledicono e non fate nulla di male a coloro che vi odiano e vi perseguitano; così facendo vi renderete graditi a Dio, avrete pace e accumulerete carboni ardenti sul capo dei vostri nemici!».

 

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Cap. 188

Arrivo della madre Maria con i figli di Giuseppe a Gesaira. «Chi è Mia madre e chi sono i Miei fratelli?!».

Baram invita il Signore a pranzo; il popolo viene congedato.

I farisei maledicono Baram e ne ricevono adeguata ricompensa in legnate.

(Matteo 12, 46-50)

 

1. Ora, mentre che Io parlavo così al popolo, arrivò Mia madre con i Miei fratelli, poiché aveva appreso dalla famiglia di Kisjonah che Io ero partito per Gesaira e che avrei dovuto trattenerMi là. Per arrivare a quest’ultimo luogo c’era una mezza giornata di cammino e, per conseguenza, dato che era partita in quel lunedì di buon mattino, poté essere a Gesaira verso mezzogiorno.

2. I motivi che l’avevano indotta a venire a trovarMi erano da ricercarsi in parte in questioni inerenti alla sua casa e in parte altresì in questioni di carattere spirituale, poiché a Cafarnao aveva udito raccontare tante cose sul Mio conto, riguardo alle quali essa desiderava particolarmente parlarMi (Matteo 12,46). Essa però, giunta alla casa di Baram, non poté entrarvi a causa della massa del popolo che vi si accalcava intorno, e dovette necessariamente attendere al di fuori finché Io fossi uscito.

3. E poiché essa aspettava già da parecchio tempo invano e avendo però scorto qualcuno della casa di Baram, lo pregò di avvertirMi che essa attendeva già da qualche tempo lì fuori e che aveva urgente bisogno di parlare con Me. Allora il messaggero, spingendosi tra la folla, Mi venne vicino e disse: «Maestro! Tua madre ed i Tuoi fratelli sono qui fuori e vorrebbero parlare con Te!» (Matteo 12,47) 

4. Ma Io replicai a quell’uomo: «Che dici tu? Chi è Mia madre e chi sono i Miei fratelli?! (Matteo 12,48). E pronunciai queste parole in tono tanto serio che il messaggero arretrò un po’ intimorito. 

5. Ed Io allora alzai la Mia destra sopra i Miei discepoli, ed esclamai: “Guarda qui, questi sono Mia madre e i Miei fratelli! (Matteo 12,49). Infatti, chi compie la Volontà del Padre Mio che è nei Cieli, costui è veramente Mio fratello, Mia sorella e Mia madre! (Matteo 12,50). Ora però esci ed annuncia a coloro che attendono che Io verrò subito»

6. Alcuni fra i presenti giudicarono troppo aspre queste Mie parole e Mi mossero rimprovero, domandando fra l’altro se Io sapessi qual era il comandamento di Mosè riguardo ai genitori.

7. Ma Io, a Mia volta, rimproverai loro una simile domanda, e dissi: «Io so chi sono Io, ed i Miei discepoli e Mia madre terrena lo sanno pure; quindi Mi è lecito parlare così com’è conforme alla verità. Spazzate dunque con tutta diligenza davanti alla porta vostra, in quanto a Me non occorre che nessuno si dia pensieri e brighe, perché Io so meglio di ogni altro quello che devo fare!». Allora tacquero tutti, e nessuno si azzardò a replicarMi alcuna cosa, né pro né contro.

8. Dopo qualche attimo di silenzio venne da Me il padrone di casa Baram e disse: «Signore e Maestro! È mezzogiorno e il pranzo è pronto per Te, per i Tuoi discepoli ed anche per i Tuoi parenti terreni che Ti aspettano fuori. Vorresti dunque fare a me, povero peccatore, l’onore e la grazia di accettare questo cibo ben preparato!?»

9. Dico Io: «Veramente per oggi Mi riprometto ancora un altro cibo che Io consumerò sulla riva del mare, ma poiché il tuo invito è stato tanto cortese, Io ti farò volentieri l’onore e la grazia di sedere alla tua mensa. Di una cosa però ti avverto: nessuno dei farisei deve venire nella stanza dove Io pranzerò, ad eccezione del giovane Achab che Io accolgo nel numero dei Miei discepoli, perché non gli sarà più possibile di reggere al fianco dei suoi colleghi, i quali, essendosi accorti che egli poco fa si è intrattenuto con Me segretamente, hanno cominciato a nutrire gravi sospetti sul suo conto. Ed ora comunica al popolo che qui in casa Io non farò né dirò altro, affinché la gente esca all’aperto e ci faccia posto, poiché con questa ressa sarebbe difficile di uscire da qui in una maniera naturale»

10. A queste Mie parole Baram si rivolge al popolo e dice: «Miei cari vicini! Il divino Maestro ha terminato ormai di parlare, e qui in casa non parlerà più, né meno ancora farà qualcosa; vogliate dunque andarvene tranquillamente tutti ad eccezione di Achab al quale il Maestro ha ancora qualcosa da dire». Udito questo, il popolo esce subito all’aperto, e nella stanza rimangono soltanto i farisei.

11. E appena il popolo ha abbandonato la casa, i vecchi farisei pieni di rancore nel loro cuore avanzano verso di Me e inveiscono in maniera sfacciata domandando cosa intenda fare con Achab, e se voglia forse preparare anche lui per l’Inferno! Ma Baram, udita una simile domanda, arde di giusto sdegno e dice loro: «Io ho pagato ogni anno esattamente e puntualmente le mie imposte fino all’ultimo statere, e per conseguenza sono legalmente padrone di questa casa che ho edificato. Perciò non tollero affatto da nessuno, e ancora meno poi da stranieri come siete voi, che qui in questa casa completamente mia venga offesa una persona che, quale Ospite, io rispetto ed onoro! E perciò vi ordino con tutta serietà di lasciare immediatamente questa mia casa; non solo, ma anche di passare oltre ai confini dei miei poderi, altrimenti come padrone di casa intendo fare uso senza indugio dei miei diritti acquisiti a caro prezzo!»

12. Dicono i farisei: «Sei forse anche tu diventato greco che osi arrogarti un diritto di possesso di fronte a noi?! Forse tu non sai che presso i giudei non esiste nessun diritto di proprietà di fronte ad un fariseo?! Non è ogni fariseo completamente padrone in ogni casa ebrea appena egli vi entra, e soltanto quando egli l’abbandona, il possessore della casa rientra, come concessione, nei suoi diritti?! E tu, quale ebreo non sai neppure che sei soltanto un affittuario, e niente affatto padrone né della tua casa né dei tuoi terreni, e che noi possiamo riprenderti terreni e casa quando vogliamo e affittarli per cinquant’anni a qualcun altro?»

13. Risponde Baram: «Sicuramente quale ebreo, e con grande mia indignazione sapevo anche questo, ma appunto per tale motivo sono diventato oggi cittadino greco, rispettivamente romano, e dietro pagamento di una tassa mi sono procurato presso la Giudicatura imperiale[13] il pieno e inalterabile diritto di possesso, diritto di cui vi farò vedere io l’efficacia se non date all’istante seguito alla mia richiesta!»

14. Dicono i farisei: «Facci vedere la dichiarazione di cittadinanza del tribunale di Roma!»

15. Baram tira fuori il documento scritto di fresco su buona pergamena e munita del sigillo imperiale, e lo apre in faccia agli anziani dicendo: «Lo conoscete?»

16. I farisei gridano: «Anche tu! Anche tu un traditore di Dio, del Tempio e di noi stessi?! Ecco di che cosa dobbiamo essere grati a questo figlio di Davide! Sii dunque anche tu maledetto assieme alla tua casa!»

17. Allora Baram, irritato dalle loro invettive e maledizioni, afferra subito un bastone ben solido e comincia a picchiare con forza i farisei gridando: «Aspettate un po’, servitori di Satana, che vi farò aver io finalmente una giusta ricompensa per le vostre maledizioni!»

18. E uno dei farisei, non toccato ancora dal bastone, urla: «Sta scritto: “Guai a colui che mette la sua mano sopra un unto del Signore!”» 

19. Ribatte Baram: «Lo so benissimo, ed è appunto perciò che mi servo di questo bastone!». E così dicendo, appioppa anche a questo unto alcune bastonate. 

20. Ad eccezione di Achab, tutti i malvagi farisei e gli scribi prendono la fuga, ma arrivati all’aperto hanno a che fare con il popolo il quale a sua volta li tratta come si deve.

 

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Cap. 189

Baram scusa il suo comportamento. Achab lo ammonisce a guardarsi dalla vendetta dei templari; il Signore conforta tutti e due. Baram, apprendista di Giuseppe. Gioia di Maria nel rivedere il Signore. Rivelazione di Achab riguardo ad una macchinazione fanatico-templare contro Gesù, in relazione alla resurrezione della figlia di Giairo.

 

1. Quando Baram, dopo essersi ben persuaso che i farisei sono usciti dai suoi confini, rientra in casa un po’ esausto dalla fatica, dice: «Perdonami, o Signore! Quello che ho fatto, non l’ho fatto volentieri davvero; ma non mi era più possibile reggere una simile gentaglia perfida ed adultera! In verità, di Satana non ci si può fare un’idea peggiore di quanto lo sono questi figuri, i quali sul serio credono che tutta quanta la terra sia loro assoluta proprietà! Ma nonostante tutto ciò, non ci avrei proprio fatto gran caso se quella gentaglia non avesse cominciato formalmente ad aggredire Te, o Signore e Maestro; allora non ho potuto più frenare il mio giusto sdegno, ed ho dovuto fare uso del mio diritto di padrone di casa! Dal canto Tuo però non preoccuparTi, perché se quei birbanti vorranno muovere qualche accusa, mi incarico io di tenere loro testa e di fare in modo, usando saggezza e prudenza, che non Ti debba derivarne alcuna molestia!»

2. Dice Achab: «Amico, in ogni caso farai certo bene a premunirti come si deve, perché ora sarà compito principale di questi vecchi figuri descrivere a Gerusalemme tutti gli avvenimenti di oggi nel modo più esagerato, con i più foschi colori del mondo! In primo luogo l’opera di questo divino Maestro per loro oltremodo perniciosa; poi il totale distacco di tutta Gesaira dall’Ebraismo, il mio comportamento, e finalmente, per quanto riguarda Erode, il fatto che egli ha perduto qui tutti i suoi sudditi, dato che questi si sono riscattati presso le autorità romane, ed hanno così acquistato la cittadinanza di Roma! Tutte queste cose divulgate a Gerusalemme risveglieranno tutti i maligni spiriti ad un tempo, e quindi non è improbabile che sorgano delle questioni affatto piacevoli! Per conseguenza farai benissimo ad usare grande prudenza, e ad assicurarti anzitutto la protezione imperiale, altrimenti questi maligni spiriti ti causeranno gravi guai»

3. Osservo Io: «Achab, non darti pensiero. Alla casa di Baram non accadrà nulla di male, te lo garantisco Io; d’altro canto però corrisponde al vero che quelle vecchie furie faranno veramente quello che tu dicesti, ma né Baram né tu avete nulla da temere. Ora tuttavia andiamo a pranzare, perché voglio ascoltare anche tutto ciò che hanno da raccontarMi Maria ed i figli di Giuseppe»

4. E Baram, sorpreso di udire il nome di Giuseppe, esclama: «Cosa sento! I figli del mio padrone di Nazaret al quale io devo tanto?! Egli era allora ancora un giovanotto e tuttavia già esperto nella sua arte, quando io facevo l’apprendista presso di lui. Con quanta pazienza e con quanto amore egli mi dimostrava tutti i vantaggi della sua arte, cosicché in breve tempo ebbe ad affidarmi i migliori lavori; e da lui ebbi sempre appoggio con la parola e con i fatti senza alcun compenso! Tutto ciò non potrò davvero dimenticarmelo mai!»

5. Dico Io: «Maria è la sua seconda moglie che gli venne destinata dal Tempio, invece i due uomini che sono con lei sono i figli che Giuseppe ebbe dalla prima moglie, e continuano ora l’esercizio dell’arte paterna. Io, per quanto riguarda il corpo, sono figlio di Maria e il Mio Nome è Gesù!»

6. Esclama Baram: «Oh; come sono felice che alla mia casa venga concesso tanto onore e tanta grazia! Ma adesso affrettiamoci a tavola, affinché Tua madre ed i figli di Giuseppe non debbano attenderci troppo a lungo». Solleciti ci rechiamo nella stanza da pranzo, dove infatti ci aspettano anche Maria con i due figli di Giuseppe.

7. Al Mio apparire Maria versa lacrime di gioia, perché erano trascorse già due lune (mesi) da quando Mi aveva visto l’ultima volta, e così pure i fratelli i quali Mi amavano moltissimo. Scambiati dunque affettuosamente i primi saluti, sediamo a tavola e, dopo il consueto rendimento di grazie, consumiamo il pasto abbondante e ben preparato, al quale prendono parte lietamente anche Kisjonah, sua moglie e le sue figliole che erano tuttora rimasti con Me, e che in questa occasione si intrattennero animatamente con Maria e con i due fratelli.

8. Terminato il pasto, mentre noi sedevamo ancora a tavola, bevendo del vino un po’ annacquato a causa del grande calore, Achab chiese se poteva parlare, perché egli avrebbe avuto da farci una rivelazione importante, e precisamente riguardo alla Mia sicurezza personale. Egli reputava urgente parlare, per la ragione che solo allora durante la conversazione tenutasi a tavola aveva appreso che Io ero Gesù di Nazaret, celebrato tanto dal popolo e tanto avversato e calunniato dai farisei, la cui straordinaria fama si era diffusa per tutto il paese! Io allora lo invitai a raccontare quello che sapeva.

9. E Achab disse: «Signore e Maestro! Tu hai risuscitato da morte la figlia del capo dei farisei Giairo, ciò che è ben noto in tutta la regione, e così pure ridonasti a vita la figlia di un comandate romano. Chi può anche per un solo istante nutrire il minimo dubbio che perfino il tiranno più terribile e più crudele si sentirebbe debitore di riconoscenza eterna per tale grazia miracolosa, e farebbe sedere l’essere che ha compiuto il miracolo alla sua destra sul proprio trono come già fece a suo tempo il Faraone con Giuseppe come compenso per le predizioni avute!

10. Cosa hanno fatto invece questi rettili del Tempio, questi genuini servitori di Satana?! Essi hanno inviato a Gerusalemme un rapporto che purtroppo dovetti sottoscrivere anch’io, quantunque fino ad oggi non abbia mai avuto occasione di apprendere nulla né delle dottrine di Gesù, né delle Sue opere. In conseguenza di questo abominevole rapporto, sono stati prezzolati ormai in ogni località spioni e sicari che hanno il preciso ordine di seguirTi e toglierTi la vita, e ciò tanto da parte del Tempio quando da parte di Erode e del governatore romano!

11. Nel rapporto mandato a Gerusalemme Tu sei descritto quale ingannatore, seduttore e sobillatore del popolo con tale violenza di termini come finora, a quanto io sappia, non è stato descritto nessuno. In tale rapporto risulta che la figlia di Giairo non sarebbe stata affatto morta quando Tu fosti chiamato per guarirla e resuscitarla; essa invece avrebbe goduto allora perfetta salute e la si avrebbe indotta a simulare in tale maniera per poterTi mettere alla prova. E quando Tu venisti e le dicesti “Talitha Kumi”, il capo dei farisei avrebbe subito riconosciuto pienamente che Tu eri un ingannatore e che non avevi nessuna idea della vera scienza medica. Infatti se Tu, quale Salvatore, eri in grado di giudicare l’uomo e i suoi mali, avresti dovuto allora osservare di primo acchito che la fanciulla non soltanto non era morta, ma che, al contrario, era sana del tutto!

12. Il comandante romano, credo si chiami Cornelio, al quale pure resuscitasti non so bene se il servitore o la figlia, non è d’accordo con un simile procedere; ma cosa può fare lui solo contro tutta una massa di false testimonianze?!

13. Carissimo, preziosissimo Maestro! Io potrei raccontarTi ancora molte altre cose, ma mi accorgo che le mie parole, in tutto e per tutto vere, Ti hanno turbato; ora, poiché le calunnie contro di Te sono troppo diabolicamente maligne, credo sia meglio tenere il silenzio su tutto il resto. È già abbastanza che io Ti abbia esposto la parte più importante. Il buono però dell’intera questione è che Satana è sciocco, e chi è veramente prudente e saggio riesce ad averne facilmente ragione; ciò che da parte Tua dovrebbe essere tanto più facilmente il caso in quanto non vi è chi Ti superi in saggezza. Non darTene quindi pensiero!

14. Io stesso che sono un uomo qualunque, prendo impegno di menare per il naso comodissimamente tutti quei maligni figuri, e ritengo che non sia davvero nessun peccato tentare di far correre alla cieca Satana quanto più è possibile. Infatti ciò lo costringe a ritirarsi per qualche tempo modestamente dal campo delle sue perfide lotte, e l’uomo savio e prudente può intanto approfittare della tregua per concedere al proprio spirito un esercizio migliore di quanto non lo sia l’azzuffarsi continuamente con Satana».

 

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Cap. 190

Maria racconta come i farisei l’avessero scacciata da casa sua assieme ai figli di Giuseppe. La proposta consolante di Baram e di Kisjonah a Maria, e la gioia che ne prova il Signore. Il Signore sale sull’imbarcazione e spiega al popolo radunato sulla riva

la Dottrina del Regno dei Cieli.

(Matteo 13, 1-2)

 

1. Dice Maria a sua volta: «Mio Signore e figlio! Quello che questo giovane Ti ha raccontato corrisponde perfettamente al vero, ed io essendo stata formalmente scacciata da casa mia per causa Tua, sono venuta oggi qui espressamente per esporTi quanto è avvenuto! Adesso cosa debbo fare io, e con me i Tuoi fratelli e sorelle, tali certamente nel senso terreno, poiché so bene che sulla Terra Tu non hai altro parente all’infuori di chi nel proprio cuore si confessa Tuo discepolo.

2. I nostri pochi averi li abbiamo perduti; i malvagi farisei se ne sono impadroniti, ed hanno venduto ad uno straniero la nostra casa assieme al giardino che era così ben coltivato! Vedi, tanto io che i Tuoi fratelli e sorelle non siamo più tanto giovani per poterci sobbarcare qualche duro lavoro quotidiano, e anche se lo volessimo, questi perfidi spadroneggiatori del Tempio hanno proibito a tutti gli ebrei, sotto pena di grave castigo, di darci qualsiasi lavoro e tanto meno di farci l’elemosina! Cosa possiamo noi fare adesso per vivere?»

3. Dicono Baram e Kisjonah contemporaneamente: «O amatissima fra le madri, che Dio ha ritenuto degna della grazia infinita di far nascere da te su questo triste mondo il più grande Figlio di tutti i Cieli, non sei tu colei che un’infamia simile possa amareggiare! Vedi, di fronte allo stato in primo luogo noi non siamo più ebrei, almeno nella forma siamo greci, quantunque nella sostanza siamo rimasti come prima ebrei secondo Mosè nel nostro cuore. In secondo luogo, e ne sia lodato il Signore, siamo entrambi ricchi; tu non hai dunque che da venire ad abitare con noi assieme a tutti quelli di casa tua, e non ti mancherà nulla!»

4. Dico Io: «Amici Miei! La vostra offerta è come un balsamo versato sul Mio cuore! La Mia grazia e la Mia benedizione saranno la vostra ricompensa in eterno. Ma anzitutto Io intendo andare a casa Mia per vedere con quale diritto quei miserabili hanno rubato alla madre, alla moglie legittima di Giuseppe, quel poco che avevamo acquistato a prezzo di grandi fatiche. 

5. Poi avrò anche da scambiare qualche parola con Giairo, poiché sua figlia cadrà nuovamente ammalata ed egli verrà nuovamente in cerca di Me! In tale occasione parlerò Io con lui! Considerato però che la situazione è divenuta ora davvero tanto grave, e che la malefica gentaglia ci ha teso dei tranelli dappertutto, noi partiremo subito e ce ne andremo sul mare; almeno questo non ci avrà preparato delle insidie! 

6. E sul mare Io voglio spiegare al popolo, con parabole, parecchie cose riguardo al Regno dei Cieli, affinché un giorno nessuno possa scusarsi e dire: “Come avrei potuto credere e tenermi fedele a ciò di cui non ebbi mai prima alcun sentore?”. Ma poiché anche quelle vecchie furie vorranno venire, allora il popolo non deve impedire loro di avvicinarsi, in modo che anche loro un giorno non possano scusarsi!

7. Tu, amico Kisjonah, va’ e prepara la tua barca più grande, perché ne avremo certo bisogno!»

8. Kisjonah si alza e se ne va con i suoi per adempire il Mio desiderio.

9. Baram allora Mi prega che Io gli permetta di accompagnarMi, visto che Io non posso né voglio restare più a lungo in casa sua.

10. Ed Io gli rispondo: «Fino a quando e dove tu desideri! Infatti da parte Mia una buona ed onesta richiesta non fu mai respinta né rimase inesaudita!»

11. Baram sbriga in fretta le faccende di casa sua, dà poi istruzioni a sua moglie ed ai suoi figli su quello che avranno da fare durante la sua assenza e sul modo in cui dovranno comportarsi verso i malvagi persecutori, prende poi un po’ di denaro, e tutti assieme usciamo dirigendoci verso il mare, seguiti da una grande moltitudine di popolo. (Matteo 13,1)

12. Non mancano i vecchi e maligni farisei, ma affinché la gente non possa riconoscerli, si sono travestiti. Arrivati al mare, il popolo, fra continue acclamazioni di “Salute al Figlio di Davide!”, si accalca a tal punto sulla riva che Io ed i Miei parenti non troviamo più posto, né meno ancora lo possono trovare tutti i Miei discepoli già molto numerosi.

13. Per conseguenza Io dissi a Kisjonah: «Fa mettere giù la scaletta fino alla riva; noi dobbiamo montare sulla nave perché a terra è impossibile starci!». 

14. Kisjonah fece subito scendere la scaletta, e noi rapidamente vi salimmo; ma quando il popolo Mi vide salire sulla barca, credette che Io intendessi partire subito e cominciò a supplicarMi ad alta voce di spiegargli conformemente alla Mia promessa la Dottrina del Regno dei Cieli!

 

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Cap. 191

Le parabole del Regno dei Cieli, del seminatore e della semente.

Interruzioni dei discepoli. Spiegazione delle parabole.

«A chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, a costui sarà tolto quello che ha».

(Matteo 13, 3-23)

 

1. Quando noi fummo tutti sulla nave, e la scaletta fu tirata a bordo, Io raccomandai al popolo di starsene tranquillo e di accamparsi lì, intorno alla riva. Il popolo allora si acquietò e prese posto come Io avevo suggerito; soltanto i vecchi farisei non vollero seguirne l’esempio, ma si appartarono un po’ non lontano dalla riva in vicinanza della loro nave. Infatti essi avevano preso la decisione di non perderMi più di vista, ed erano quindi pronti all’occorrenza a seguirci anche in mare.

2. Io intanto Mi ero seduto sulla coperta molto spaziosa della nave, e cominciai subito a parlare di diverse cose al popolo, in parabole. Scelsi questo modo di esprimerMi appunto perché i sciocchi farisei non potessero comprendere le Mie parole; ma il popolo, che in quella regione era più sveglio di spirito, comprendeva quello che Io gli dicevo.

3. Anzitutto Mi paragonai ad un seminatore, e dissi: «Udite e comprendete bene:

4. “Una volta un uomo uscì per seminare (Matteo 13,3) una semente buona e sana, ma, mentre egli andava spargendo la semente, un po’ ne cadde sulla via, allora vennero gli uccelli e la mangiarono (Matteo 13,4). Una parte cadde su terreno pietroso e germogliò ben presto, perché la terra non era né molta né forte (Matteo 13,5), ma quando il sole si fu alzato, sotto l’azione dei suoi raggi cocenti si disseccarono quei germogli sbocciati durante la notte umida e fredda, perché non avevano radici, e tutto ridivenne arido (Matteo 13,6). Un’altra parte cadde fra le spine, ma queste crebbero molto più rapidamente e più vigorose del grano e lo soffocarono (Matteo 13,7). Ed alcuni semi infine caddero su buon terreno e portarono frutto, alcuni cento, alcuni sessanta e alcuni trenta volte la semente (Matteo 13,8). Chi ha orecchi da udire, oda!”» (Matteo 13,9)

5. A questo punto Io volevo continuare il discorso, ma poiché i discepoli stessi non avevano compreso interamente questo linguaggio figurato, essi Mi domandarono: «Perché ad un tratto Ti metti a parlare loro in parabole? (Matteo 13,10). Noi che Ti stiamo vicino già da così lungo tempo, le comprendiamo a stento; come potranno comprenderle coloro che ascoltano sulla riva? Non vedi dunque come essi si stringono nelle spalle, e certuni perfino stimano che Tu voglia farTi beffe di loro, oppure che a causa dei farisei Tu creda meglio parlare di cose del tutto indifferenti, poiché è ben noto a ciascuno che il grano non si deve seminare per le vie, né sulle pietre, né meno ancora fra le spine! Noi comprendiamo già all’incirca quello a cui Tu vuoi alludere con ciò, ma gli altri che stanno sulla riva credono sul serio che Tu voglia prenderli in giro! Oppure Tu vuoi davvero dare loro tali insegnamenti in modo che essi non debbano comprendere nulla?»

6. Rispondo Io ai discepoli: «Che parole sono mai queste, e perché Mi disturbate? Io so per quale motivo parlo a questo popolo in parabole, cosicché esso non debba comprenderle! A voi è dato comprendere il mistero del Regno di Dio; a questi però non è dato! (Matteo 13,11). Infatti la cosa sta in questi termini: “A chi come voi ha già, a costui sarà dato affinché ne sovrabbondi; ma a chi non ha, gli sarà tolto anche quello che ha!” (Matteo 13,12). Per questa ragione Io, quale Signore, parlo loro in parabole. Con gli occhi aperti essi non vedono, e con le orecchie aperte essi non odono e non comprendono! (Matteo 13,13)

7. Cosa non feci Io qui, e cosa Mi credono essi? Essi sono tutti ciechi e sordi. La parabola che si adatta a loro la vedeste ieri nel cieco muto che Io ho guarito; come questi era infermo nel corpo, così costoro lo sono nell’anima. Mi esprimo con loro in parabole affinché in loro abbia adempimento la profezia di Isaia che dice: “Con gli orecchi l’udirete e ciò nonostante non comprenderete, e con occhi che vedono lo guarderete e ciò nonostante non lo percepirete!” (Matteo 13,14)

8. Infatti il cuore di questo popolo è ostinato, ed i loro orecchi odono male, ed i loro occhi sonnecchiano per non vedere con essi, per non udire con gli orecchi e non comprendere con il cuore, per non convertirsi e non farsi aiutare da Me.

9. Ma beati i vostri occhi che vedono, e le vostre orecchie che odono tutto ciò! (Matteo 13,16). Ebbene, in verità vi dico: “Molti profeti e giusti hanno desiderato vedere le cose che voi vedete, e non le hanno viste, e hanno desiderato udire le cose che voi udite, e non le hanno udite!” (Matteo 13,17)

10. Io vi ho detto prima che a voi è dato di comprendere il mistero del Regno di Dio; tuttavia osservo che in realtà il vostro intelletto non sopravanza di molto quello di coloro che stanno sulla riva. Dunque, udite ora e comprendete cosa significhi la parabola del Seminatore, la quale è da intendersi nel seguente modo (Matteo 13,18):

11. “Quando qualcuno ode bensì da Me la Parola del Regno di Dio, ma non la comprende con il cuore, il quale a causa dei pensieri e delle cure del mondo è liscio come [la superficie di] una via, allora fin troppo presto il demonio scorge la Parola, che giace libera sulla superficie esterna del cuore ben levigato dalle mondanità, e strappa facilmente via quello che era destinato a germogliare nel cuore, ma che purtroppo rimane soltanto aderente alla liscia superficie esteriore. E vedete, un simile uomo è quella via sulla quale cadde la Semente, cioè la Mia Parola (Matteo 13,19). E là sulla riva ce ne sono molti di questa specie!”

12. Quello che ho detto della semente caduta su terreno pietroso significa questo: “Un uomo ode la Mia Parola, e subito la accoglie con molta gioia (Matteo 13,20). Ma a somiglianza della pietra ha in sé ed intorno a sé troppo poco umore vitale, che corrisponde al giusto coraggio del cuore, ed altresì troppo poca terra, che rappresenta una ferma volontà, e per conseguenza, come è il caso con la pietra, dipende dal tempo se è umido od asciutto, in una parola: cambia ad ogni mutare di tempo. Se a causa della Mia Parola un tale uomo si vede esposto in seguito ad ogni genere di tribolazione e di persecuzioni, esso avvampa allora di ira e di collera (Matteo 13,21), ed è così appunto simile ad una pietra arroventata dal calore del sole, sulla quale la Mia Parola non può maturare naturalmente e mettere radice, ed infine deve inaridire del tutto”

13. E lì sulla riva vi sono molte di queste pietre che per amore di Me sono bensì colme di sdegno contro i farisei perversi, ma poiché vedono che, in seguito alle parole da Me dirette loro dall’Alto, cominciano subito a mostrarsi ogni tipo di tribolazioni e persecuzioni, essi uccidono la Mia Parola dentro il loro cuore, da un lato sdegnandosi troppo, e dall’altro temendo troppo, perché, nonostante tutti i segni che hanno visto e tutte le più vive assicurazioni che hanno avuto da Me, essi non credono che Io sia abbastanza potente da proteggerli da tutti i mali; ed a causa di ciò essi assomigliano quindi alla pietra sulla quale cadde la semente.

14. Riguardo alla semente caduta fra le spine, la cosa va interpretata in questo modo: “Quando un uomo ode la Parola e l’accoglie, ma egli è immerso in ogni specie di affari mondani e nelle cure che ne derivano, e ciò per un guadagno ingannevole e di una ricchezza più ingannevole ancora, queste futili cure si accumulano sempre più di giorno in giorno; crescono come ogni mala erba rapidamente e rigogliosamente, e soffocano nel cuore molto presto e con facilità la Parola da Me seminata!” (Matteo 13,22)

15. Ed ecco, anche di questi ve ne sono molti lì sulla spiaggia, i quali somigliano alle spine fra cui cadde la semente.

16. Ed infine, la semente caduta su buon terreno significa questo: “Se un uomo ode la Mia Parola e la accoglie nel profondo del suo cuore, dove là soltanto e sempre potrà venire compresa in modo valido, giusto e vivificante, egli è allora somigliante ad un buon terreno il quale accoglie la semente e che a seconda della forza e della volontà dell’uomo stesso rende ora chi il cento, chi il sessanta e chi trenta volte la semente in frutti di opere buone” (Matteo 13,23). Qui è da intendersi che frutta cento colui che fa tutto per Me; il sessanta colui che fa molto per Me, e il trenta colui che fa una parte per Me.

17. Similmente vi sono tre Cieli nel Mio Regno: il più alto per il frutto centuplo, il medio per il sessantuplo e il più basso per il frutto trentuplo. Sotto il trentuplo, però, non verrà considerato nessuno, perciò a chi possiede sotto il trenta a costui sarà tolto e sarà aggiunto a colui che possederà il trenta, il sessanta e il cento. E in tal modo sarà tolto a chi non ha per essere aggiunto a colui che ha già, affinché ne sovrabbondi!

18. E vedete, là sulla riva stanno molti ai quali viene tolto già ora per essere dato a voi che avete già molto, mentre essi hanno troppo poco o niente affatto!

19. Se qualcuno ha un campo che gli rende frutto a dovizia perché il terreno è buono, ma in pari tempo ha anche un altro campo il quale, malgrado ogni possibile cura posta nel concimarlo, resta magro e produce a mala pena qualche meschino frutto di quanto vi viene seminato, cosa farà il padrone dei due campi? Vedete, egli toglierà al campo magro lo scarso frutto che avrà portato, lo aggiungerà al frutto buono ed abbondante prodottogli dal campo efficiente, e l’anno seguente non seminerà nulla nel campo magro, mentre affiderà tutta la semente al campo buono! Questo produrrà allora tutte le frutta, mentre il magro verrà abbandonato alle zizzanie, ai cardi ed alle spine.

20. Vedete, in questo modo agisce un padrone saggio e prudente; perché dunque dovrebbe il Padre che è nei Cieli eterni procedere in maniera meno saggia e prudente di quanto possa farlo un uomo accorto e prudente su questa fugace Terra?

21. Per conseguenza sia lontano dai vostri cuori il pensiero che il Padre nei Cieli possa essere ingiusto!

22. Se voi sapete che non ci si rivolge per consiglio se non a colui che ha qualche saggezza, e che si volta subito la schiena ad un parolaio e millantatore il quale non ci vuole molto ad accorgersi che è veramente tale, domando: “Si agisce forse erroneamente se si toglie la fiducia a chi non è che un parolaio e millantatore e la si concede invece a chi è veramente saggio e che, anche senza di ciò, viene stimato degno di fiducia da tutte le parti?

23. Oppure fate male dichiarandovi Miei discepoli e Mi seguite, mentre abbandonate Tempio, farisei e tutti i dottori della Legge, e così togliete loro anche l’ultima briciola di fiducia per donarla a Me, che per le parole dette e le opere compiute godo già, anche senza di ciò, fiducia in misura grandissima?”. 

24. Io credo che ormai dovrebbe riuscire chiaro a tutti voi che non vi è assolutamente nulla di ingiusto in quello che Io vi dissi; e cioè che un giorno a chi non ha nella misura indicatavi in cifre sarà tolto anche quello che ha. 

25. Sappiate dunque che ciò che Io ora vi dico riguarda lo spirito e non la materia, perché certamente sarebbe un’ingiustizia togliere al povero quel poco che ha per darlo al ricco, i cui granai sono anche senza quel poco già abbondantemente provvisti. Perciò vi ripeto che tutto quello che Io dico a voi si riferisce soltanto allo spirito, e non già alla materia, per la quale non può né deve venire emanata altra legge all’infuori di quella della costrizione più assoluta, fino alla sua dissoluzione, che prima o dopo avviene. Avete compreso?»

26. Rispondono tutti: «Sì, o Signore e Maestro, poiché la Tua Sapienza supera tutte le nostre concezioni per quanto grandi e per quanto da noi presunte sagge! Ti preghiamo dunque di voler continuare a parlare in tale maniera!».

 

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Cap. 192

La parabola della buona semina di grano e della zizzania sparsavi in mezzo dal nemico.

Del granello di senape e del lievito. Scarsa comprensione dei discepoli.

La buona testimonianza di Achab, tratta delle profezie di Isaia sul conto del Messia.

Il popolo dalla mente ottusa congedato, ed i farisei in balia dell’uragano.

(Matteo 13, 24-35)

 

1. Allora Io riprendo il discorso ad alta voce in modo che possano udirlo anche coloro che stanno sulla riva, e dico: «Ebbene, ancora una volta: “Chi ha orecchie da udire, oda, e chi ha occhi, nel suo cuore ovviamente, costui veda e comprenda!”. Io vi proporrò un’altra parabola del Regno di Dio! Ascoltate!

2. Il Regno dei Cieli è pure simile ad un uomo il quale seminò buon seme nel suo campo (Matteo 13,24). Ma poi, mentre i suoi servi dormivano, venne il nemico del padrone e seminò la maligna zizzania fra il grano, e la zizzania crebbe assieme a questo (Matteo 13,25). E quando il grano fu ben cresciuto e si mostrarono le spighe, vi si trovò frammista anche la zizzania. (Matteo 13,26)

3. Quando i servitori se ne furono accorti, andarono dal padrone e dissero: “Signore, non hai seminato buon seme sul tuo campo? Da dove è venuta dunque la zizzania?! (Matteo 13,27)

4. Ma il padrone così rispose, e disse: “Questa è opera del mio nemico!”. E i servitori dissero: “Signore! Se tu lo vuoi, noi andremo al campo e strapperemo la zizzania!?” (Matteo 13,28). Ma il padrone disse: “Non lo fate, affinché, volendo strappare via la zizzania, non calpestiate e strappiate insieme anche il buon grano! (Matteo 13,29). Lasciate che entrambi crescano assieme fino al tempo del raccolto; giunto questo tempo, io dirò ai mietitori: “Raccogliete dapprima la zizzania in fasci e portatela via dal campo in un luogo dove possa venire bruciata, e poi radunate il buon grano nei Miei granai!” (Matteo 13,30). Vedete, questa è una buona similitudine del Regno dei Cieli! (Matteo 13,31). Ma ascoltateMi ancora! Io vi dirò parecchie altre di tali parabole le quali contengono tutte in sé, nel modo più preciso, il Regno dei Cieli. Udite dunque!

5. Il Regno dei Cieli è simile ad un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Com’è ben noto, questo granello è uno dei più piccoli fra tutte le sementi; però quando cresce, è la più grande fra le erbe, ed infine diventa veramente albero, tanto che perfino gli uccelli del cielo vengono a prendere dimora fra i suoi rami» (Matteo 13,32)

6. A questo punto i discepoli si guardarono l’un l’altro meravigliati e dissero: «Cosa vuole dire ciò? Chi può comprenderlo? Ecco che il Regno dei Cieli è divenuto addirittura uguale ad un granello di senape!»

7. Dico Io: «Non stupitevi, ma piuttosto ascoltateMi ancora. Io vi dirò un’altra parabola del Regno di Dio.

8. “Il Regno dei Cieli è altresì simile ad un lievito che una donna prese e mescolò in tre moggia[14] di farina di grano, fino a che tutta la farina fu lievitata”» (Matteo 13,33)

9. Di nuovo tutti i discepoli, compresi gli apostoli già più svegli di intelletto, si guardarono con gli occhi e dissero fra di loro: «Chi può comprendere una cosa simile? A meno che Egli non voglia burlarsi del popolo a causa dei farisei? È davvero inesplicabile che Egli abbia così ad un tratto cominciato a parlare e ad esprimersi per mezzo delle più confuse parabole!»

10. Però Achab, che era molto versato nelle Scritture, udì quello che i discepoli andavano sussurrando, e disse loro: «Se Egli è Colui che, come io ormai credo fermamente, senza alcun dubbio debba essere, e dato che Egli continua a parlare sempre ugualmente in parabole soltanto (Matteo 13,34), io penso che dovrebbe ben riferirsi a Lui quello che un giorno Isaia profetizzò del Messia che doveva venire, quando disse: “Io aprirò la Mia bocca in similitudini, e annuncerò quello che fino dal principio del mondo fu un mistero per tutti gli uomini” (Matteo 13,35)

11. Vedete, così parlò una volta il grande profeta, ed altrettanto cantò a suo tempo pure Davide nel suo 78° salmo, verso 2; e questo assieme a molti altri riferimenti si adattano perfettamente alla Sua Persona; come dunque potete ancora domandare e dire: “Com’è, che cosa è questo dire?”. Proprio voi, che pur siete da abbastanza tempo presso di Lui?! Se sarà necessario, Egli ci spiegherà bene queste parabole; se poi non fosse necessario, ebbene, potremo sempre gloriarci altamente di aver visto e udito quello che tutti i patriarchi ed i Profeti hanno ardentemente desiderato vedere e udire!»

12. Tutti i discepoli si dichiararono soddisfatti di questa interruzione di Achab, e poiché durante il suo discorso Io ero rimasto silenzioso, il popolo Mi chiese se avrei continuato a parlare ancora di cose incomprensibili, e se eventualmente, essi avrebbero forse fatto meglio ad andarsene per i fatti loro, dato che essi si erano trattenuti là sulla riva in attesa di qualche buon insegnamento, che però fino ad allora non era venuto!?

13. Ma Io dissi loro: «Ritornate pure alle vostre case, poiché non per voi Io ho aperto la Mia bocca, ben conoscendo quanto ottuso fosse il vostro cuore! E per questo motivo che a suo tempo i vostri figli saranno i vostri maestri ed i vostri giudici». 

14. Con ciò ben presto tutto il popolo si allontanò dalla riva, e ognuno si ritirò in casa propria.

15. Soltanto i farisei, quando si furono accorti che Kisjonah si disponeva ad allestire la sua nave, salirono prontamente sulla loro che stava lì già pronta, e presero il mare prima di noi. Però in segreto era Mia Volontà che un forte vento si alzasse contro di loro! Ed ecco che ben presto delle potenti raffiche cominciarono ad investire la loro nave, sulla quale a tratti il mare infuriato riversava ondate e schiuma.

 

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Cap. 193

Il Signore calma la bufera. I dubbi dei discepoli disapprovati da Achab.

Osservazione di Giuda e testimonianza umile di Achab sul Messia. 

Cenni del Signore su Achab.

 

1. Noi però partimmo da Gesaira in tutt’altra direzione, e dovette nuovamente accaderci di venire sorpresi da una bufera in mezzo al mare. In questa occasione tutti coloro che si trovavano sulla nave furono nuovamente colti da grande timore come era avvenuto già prima una volta, e pieni di angoscia e di spavento, cominciarono a gridare che Io li aiutassi, altrimenti sarebbero stati tutti perduti!

2. Ed Io, come già un'altra volta, comandai al vento e al mare, e immediatamente si fece grande calma sulle acque e nel cielo; e coloro che stavano sulla nave dissero ad alta voce: «Chi è Costui, al Quale ubbidiscono il mare ed i venti?!»

3. Ma Achab, che non aveva partecipato a tale manifestazione di meraviglia, osserva ai discepoli e ad altri presenti: «Amici! Questa è stata nuovamente una domanda ed una sorpresa insensata, nonché fuori luogo e fuori tempo. Voi siete già tanto tempo con Lui, e vi meravigliate in questo modo come se questo fosse il primo miracolo compiuto da Lui e di cui voi foste stati testimoni. Io sono invece a mala pena da una giornata con voi, eppure a me sembra tutto ciò tanto chiaro, quanto può riuscire chiara una cosa all’uomo in generale! Se Egli è Colui, cioè il grande Messia promesso, il Quale secondo Davide non è né più né meno che Jehova in Persona operante per mezzo di un corpo di carne e di sangue, dovrà pur essere cosa facile per Lui frenare un uragano, dato che non Gli fu di certo cosa particolarmente difficile creare il mondo intero! Se dunque questo è incontestabilmente il caso, e voi conoscete chi Egli è, come può il vostro cuore ispirarvi una tale domanda e tanta meraviglia?»

4. Dice Giuda, alquanto seccato per questa osservazione di Achab: «Amico; non devono dunque suscitare in noi più alcuna meraviglia le opere che il Signore compie davanti ai nostri occhi, per il fatto che noi e molti altri le abbiamo viste compiere da Lui già altre volte?»

5. Risponde Achab: «Fratello mio, sia lontano da me tale pensiero! Io intendo dire soltanto questo: “Noi dobbiamo certo meravigliarci con tutta l’umiltà di cui è capace il nostro cuore che Egli compia tante e tali cose davanti ai nostri occhi e che reputi noi creature, specialmente non troppo meritevoli del Suo Amore, Sapienza e Potenza, tanto degni da compiere appunto simili opere davanti ai nostri occhi ed ai nostri sensi! Io, per mio conto, non mi ritengo degno della minima fra tutte! Ma quando noi sappiamo ciò che Egli è veramente, e ci meravigliamo se Egli, che ha creato il cielo e la Terra, fa qualcosa di straordinario precisamente come se a farlo fosse stato un semplice uomo, in tal caso si giunge alla conclusione che noi riteniamo Lui, il Signore, nulla di più di un comune uomo un po’ fuori dell’ordinario! Ed è perciò che io ritengo che sia fuori luogo una meraviglia quale voi l’avete manifestata di fronte al Signore, dopo che Egli d’un tratto ebbe domata la bufera!

6. Non sarebbe forse ridicolo cominciare ora a stupirsi di fronte al sole, alla luna, a tutte stelle, a questa Terra e a tutte le innumerevoli creature formate e ordinate nel modo più meraviglioso, cose queste che tutte sono altrettanto opere Sue quanto lo è stato lo straordinario ed improvviso annientamento di questa violenta bufera marina?! Secondo me, se proprio vogliamo meravigliarci di qualche cosa, meravigliamoci unicamente del fatto che Dio l’Onnipotente, Jehova, l’Inesprimibile, volle degnarsi di scendere dalle incommensurabili altezze dei Suoi Cieli, dal Suo trono di Amore, di Sapienza e di Potenza, giù da noi, uomini mortali che ci troviamo tanto infinitamente in basso a Suo confronto e siamo tanto deboli! Ciò che sarebbe quasi incredibile, se quello che ora avviene e che è nella piena realtà non fosse stato profetizzato già fin dai tempi di Adamo e di Enoc, e poi da tutti i profeti fino al povero Zaccaria ed a suo figlio.

7. Questo sì che mi appare come il prodigio più grande: cioè che tutto ciò avvenga attualmente così come centinaia di profeti unanimemente lo hanno predetto! Gli avvenimenti che ora si svolgono non sono che una conseguenza naturalissima del primo avvenimento oltre ogni dire meraviglioso su questa Terra, cioè della apparizione preconizzata di Jehova in un corpo di carne e di sangue!”»

8. A queste parole di Achab, i presenti, compresi i dodici apostoli, rivoltisi a Me domandarono: «Signore, da dove mai deriva a quest’uomo tale eloquenza e una sapienza così acuta?»

9. Ed Io rispondo loro: «Né la sua carne né il suo sangue gli hanno suggerito ciò, bensì lo spirito che in lui è molto desto, cosicché a raggiungere la piena rinascita dello spirito ben poco ancora gli manca! Non torna dunque affatto a vostro speciale onore che egli vi sia maestro, anziché esserlo voi a lui, ma egli ha un grande vantaggio su di voi perché conosce molto bene le Scritture, ed Io lo amo come amo voi, perché vi è molta umiltà nel suo cuore!».

 

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Cap. 194

La patria spirituale dell’uomo: il suo intimo quale punto di raccolta della vita. 

Il viaggio a Kis, alla dimora di Kisjonah. Del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il Signore benedice Kisjonah.

 

1. Mi chiedono i discepoli che sono in mare: «Dove andremo ora, o Signore?». Ed Io rispondo: «Seguiremo la via diretta che conduce in patria!». Esclamano i discepoli: «Signore, se è così, non andrà certo nel modo migliore! Infatti i farisei hanno tolto ogni cosa a Tua madre terrena, e per conseguenza siamo del parere che non vi sia molto da attendersi in patria, quantunque noi sappiamo benissimo che Tu veramente sei di casa ovunque e che quindi ovunque è la Tua Patria!»

2. Ed Io dico loro: «Eppure voi non dovreste essere interamente ignari del linguaggio dello spirito! Intendo Io forse recarMi a Nazaret quando dico che ora ritorneremo direttamente in patria?! Comprendetelo dunque una buona volta! Quando Io parlo di ritornare in patria, intendo con ciò l’intimo dell’uomo, che è il vero punto spirituale di raccoglimento della vita, della forza, della potenza e di ogni sapienza. Dunque è là che noi andiamo! Noi abbiamo bisogno della tranquillità spirituale interiore, e questa è veramente la patria; in essa - non già per Me, ma per voi - troveremo quello che anzitutto ci è necessario quali uomini esteriormente di carne e di sangue!»

3. Rispondono i discepoli: «Sì, o Signore, ora comprendiamo!»

4. Dico Io: «Però, materialmente parlando, andremo nuovamente da Kisjonah! Là noi saremo sicuri perché la sua casa è libera; egli paga a tale scopo un rilevante tributo all’imperatore, ed i farisei possono venirne tenuti lontani. Tuttavia, trascorsi alcuni giorni, faremo ritorno alla patria terrena per tentare di raddrizzare quello che adesso è divenuto quanto mai storto!»

5. Esclama Kisjonah: «Signore! Non qualche giorno soltanto, ma piuttosto alcuni mesi od almeno qualche settimana Ti piaccia passare con tutti i Tuoi nella casa che sembra mia, ma che veramente è in tutto e per tutto unicamente Tua. Infatti a Nazaret, a meno che Tu non faccia piovere fuoco e zolfo dal cielo, non troverai che poca od affatto nessuna accoglienza, specialmente poi presso i farisei e i dottori della Legge i quali, come udimmo, mirano sempre più ad attentare alla Tua vita!»

6. Gli dico Io: «Amico; sgombra la tua mente da simili pensieri, poiché a Me non può essere recato danno se non in quanto lo permette il Padre Mio che è in Me come Io sono in Lui; però tutto quello che viene concesso a questo riguardo per la salvezza degli uomini e per l’adempimento delle Scritture è noto a Me già un’eternità prima! E tutti i profeti non avrebbero mai più potuto profetizzare in tale senso, se già in precedenza Io non l’avessi saputo, perché il medesimo Spirito, che è in Me in tutta la Sua interezza e che ora in questo modo ti parla, ha nello stesso modo parlato pure ai profeti come tu li leggi nelle Scritture! E poiché ora è qui presente quello Spirito stesso, è opportuno che Egli pure adempia tutto ciò che mediante i profeti ha predetto di Se stesso! Non preoccuparti dunque, perché questo Spirito Onnipotente saprà badare a se stesso!»

7. Kisjonah Mi comprende e tace; e battendosi tre volte il petto, dice dopo un po’: «Certo, io non sono degno che Tu entri sotto il mio tetto, tuttavia concedi a me, povero peccatore, grazia e misericordia, e rimani parecchi giorni presso di me per mia consolazione!»

8. Gli dico Io: «Sii pur tranquillo! Infatti, finché avrò da fare su questa Terra, Io prenderò dimora presso di te assieme a tutti coloro che sono con Me; la tua casa sarà per Me un luogo di riposo. Certo, dovrò spesso abbandonarla perché le Mie occupazioni Mi chiameranno altrove, ma in Spirito non la lascerò mai!». (E ciò dicendo posi la Mia mano sul cuore di Kisjonah.)

 

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Cap. 195

Sorpresa gradita allo sbarco nella città natale di Kisjonah. Gioia di Jonaele e Jairuth nel rivedere gli amici.

Incaricato dal Signore, un angelo viene

meravigliosamente in aiuto di Kisjonah.

 

1. Mentre noi parlavamo così, giungemmo a riva precisamente al punto di approdo nei pressi di Kisjonah da dove, attraverso giardini grandi e molto belli, si giungeva in breve tempo agli edifici spaziosi ed alle case di abitazione di proprietà dello stesso, nelle quali tutto era già preparato per riceverci. Kisjonah infatti in casa di Baram aveva appreso da Me in segreto che Io sarei andato nuovamente da lui, ed aveva perciò mandato prontamente su di un piccolo battello a casa sua dei messaggeri, dei quali ognuno aveva ricevuto uno speciale incarico.

2. Ma chi trovammo ad attenderci al nostro arrivo? Jairuth, il ricco mercante di Sichar che abitava il vecchio castello di Esaù passato in sua proprietà, e Jonaele, il già noto sacerdote anziano della medesima città; entrambi erano stati condotti dall’angelo che si trovava presso Jairuth, poiché essi dovevano parlare con Me di cose molto importanti. E così la sorpresa di incontrarli fu veramente gradevolissima, e la gioia che tutti ne provavamo fu celestialmente pura.

3. I due, quando Mi scorsero, soggiogati dall’intima ed intensa gioia da cui erano presi, non furono in grado di dire una parola, ma portarono le mani tremanti per l’interna commozione al petto, e in tal modo Mi salutarono con tutto l’amore di cui era colmo il loro cuore.

4. Io però dissi loro: «Miei cari amici e fratelli! Risparmiate una vana fatica alle vostre bocche, poiché nel suo linguaggio il vostro cuore dice a me con una sola parola più di mille parole, per quanto belle, uscite dal labbro, delle quali troppo spesso il cuore non sa molto!

5. Ed ora anzitutto ristoratevi dal viaggio lungo e faticoso che avete fatto, e solo dopo vi renderò noto quale contegno dovrete tenere, quando sarete tornati alle vostre case, verso colui che gli arcisamaritani hanno posto al tuo fianco, o Mio Jonaele, quale sacerdote anziano e ministro del vacuo e cieco servizio sul Garizim. Ma, come ho detto, avete bisogno di un po’ di riposo e di ristoro, dedicatevi dunque prima a ciò.

6. E tu, fratello Mio Kisjonah, porta loro qualche rinfresco, e giovati pure dell’opera del servitore venuto con questi due amici da Sichar, perché costui non è mai stanco, e ti renderà in modo quanto mai sollecito buonissimi servizi; oltre a ciò egli conosce già tanto bene la tua casa come se vi avesse dimorato da lunghi anni in qualità di primo servitore. Perciò giovati pure di lui, senza darti troppo pensiero, e lascia che la tua gente, anch’essa stanca, si riposi un po’ a sua volta. È vero che il giorno volge alla sua fine, però, anche se i tuoi stanchi servitori andranno quest’oggi a riposare prima del consueto, non ne risentirà affatto la tua economia domestica, perché questo servitore potrà benissimo sostituirli tutti»

7. Dice Kisjonah: «Signore, che per Te non vi sia niente di impossibile, io sono più che intimamente convinto, ed a questo riguardo condivido perfettamente l’opinione e la fede del nostro giovane fariseo Achab; ma quello che mi sembra un po’ troppo enigmatico è in quale modo questo delicatissimo giovane, ragazzo anzi, potrà accudire a tutte le molteplici mansioni che ci sono da sbrigare entro la giornata, e come riuscirà a servire tutti noi che pure siamo qui in diverse centinaia!»

8. Gli dico Io: «Amico, tu hai troppo poco latte, formaggio e burro in casa, ma nelle tue cascine sui monti ve n’è una grande provvista. Fatti anzitutto portare giù da questo giovanetto tutte le tue provviste, perché è meglio che tu le tenga qui invece che nelle tue cascine sui monti, i quali questa notte saranno battuti da un’orda di Sciti selvaggi in cerca di preda»

9. Esclama Kisjonah: «Ah, adesso comincio a vederci chiaro! Questo ragazzo deve essere certamente uno di quei tre che ci hanno servito qualche tempo fa sul monte!»

10. Gli dico Io: «Ebbene sì, ma ora non domandare e non arrovellarti il cervello più a lungo, altrimenti sarà troppo tardi!»

11. Allora Kisjonah si avvicina sollecito al giovane e gli espone in termini amorevolissimi il suo desiderio. 

12. E il giovane gli risponde: «Sta pur tranquillo, o carissimo amico del mio Signore e Dio; in pochi istanti tutto sarà nel più perfetto ordine, perché il qui il là e il dappertutto sono per me una cosa sola, e, quantunque io sia uno dei più deboli, sotto la potenza dei miei piedi deve tremare tuttavia tutta la Terra!».

13. Queste parole del giovane sbalordirono addirittura Kisjonah, il quale non poteva farsi il benché minimo concetto della possibilità di una cosa simile, e a causa del grande stupore in cui era immerso, a stento si accorse che il giovane, dopo aver pronunciate le ultime parole, era uscito per adempiere l’incarico assuntosi.

14. E mentre Kisjonah non aveva potuto ancora raccapezzarsi, ed era appunto in procinto di interpellare Me per sapere come fosse stata possibile tale cosa, ecco che il giovanetto gli compare nuovamente dinanzi sollecito, e gli dice sorridendo: «Stai ancora riflettendo come ciò sia possibile, eppure io sono già di ritorno in pieno ordine sotto ogni riguardo! Perfino i tuoi scrivani, i quali, malgrado la loro onesta diligenza, non avrebbero potuto ultimare tutte le registrazioni nei libri, essendo stata oggi una dura giornata di lavoro per il tuo ufficio della dogana, li ho aiutati io velocemente, cosicché anche questi tuoi dipendenti non hanno per oggi più nulla da fare e sono ormai liberi!»

15. Kisjonah, assolutamente sconcertato, non sa proprio cosa pensare di questa storia, e domanda con accento del più grande stupore: «Ma, mio carissimo amico; come è possibile?! Tu hai appena lasciato questa stanza e, ad udire te, avresti già fatto in pochi momenti un lavoro maggiore di quello che potrebbe fare tutta la mia gente assieme, usando la più grande diligenza, in una settimana? Davvero, questa cosa mi sembra proprio incredibile! Ma tu dovresti avere mille mani e possedere la velocità del lampo!?»

16. Dice il giovanetto: «Ebbene, esci fuori e persuaditi!».

 

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Cap. 196

Altri meravigliosi servizi dell’angelo in casa di Kisjonah. Tutta la vegetazione terrestre è affidata alla sorveglianza di un angelo solo. Accenni dell’angelo alla propria forza che non è altra se non quella del Signore. Il messaggero veloce.

 

1. Kisjonah, seguendo il consiglio del giovane, si reca dunque nelle dispense e vi trova nel più perfetto ordine, collocate al debito posto, tutte le grandi provviste di latte, formaggio e burro; si reca nei granai e li trova colmi, perché anche il grano già maturo nei campi era stato raccolto e portato in casa. Egli si reca pure nelle stalle dei bovini, in quelli delle pecore e degli asini, e trova tutto ordinato nel miglior modo possibile! Visita poi il proprio ufficio che è molto grande, esamina i libri e trova dappertutto il massimo ordine; dà un’occhiata alle casse e le trova tutte piene; si affretta infine al grande reparto destinato alla cucina, e vede tutti i cibi già pronti in quantità e scelta adeguate; egli domanda ai cuochi ed alle cuoche come si avrebbe potuto spiegare l’avvenimento. Essi però non sanno dirgli altro che: «Venne un bel giovane in cucina, e ci disse: “Disponete le vivande sui rispettivi vassoi perché sono ormai tutte ben preparate!”. Allora noi esaminammo i cibi e constatammo che era proprio così come ci aveva detto il giovane, il quale nel frattempo si era rapidamente dileguato. Assaggia tu le vivande e ti accorgerai che è proprio così!»

2. Kisjonah assaggia i cibi, e constata infatti che i suoi cuochi e cuoche gli hanno detto il vero. Egli ritorna poi sollecitamente nella grande sala dove Mi trovavo Io con il giovane, e quest’ultimo gli domanda: «Ebbene, Kisjonah, sei contento di me?»

3. Esclama Kisjonah: «Molte cose meravigliose ho visto compiersi in casa mia, e non potei mai comprenderle se non dicendo forte nel mio cuore: “A Dio tutto è possibile!”. Ma pure, questa cosa che succede adesso è davvero la meno comprensibile di tutte le altre! Che la mano possente di un uomo colmo dello Spirito di Dio esegua in un attimo un lavoro che altrimenti richiederebbe una intera giornata di indefesse e strenue fatiche, quantunque trattasi come detto di un attimo solo, è ancora comprensibile, ma come un essere umano possa eseguire cento lavori in luoghi diversi, ben discosti l’un dall’altro, in un medesimo istante, è cosa del tutto differente ed assolutamente incomprensibile per un semplice uomo mortale, per quanto acuto d’ingegno e d’intelletto egli sia! E perciò non posso fare altro che ripetere ancora una volta: “Signore, sii con me, povero peccatore, benevole e misericordioso, perché io non sarò mai degno che Tu prenda dimora sotto il mio tetto!”»

4. Dico Io a Kisjonah: «Non dilungarti troppo ora nell’esprimere questa tua grande meraviglia, ma fa piuttosto portare qui dalla tua gente le vivande, perché noi tutti ne abbiamo ormai vero bisogno.

5. Se quello che hai finora visto è motivo in te di tanta meraviglia, cosa dirai quando ti rivelerò che su tutta questa Terra ad un angelo solo è affidato il compito di ordinare e sorvegliare lo sviluppo di ogni erba, arbusto od albero nelle differenti loro specie, affinché germoglino, crescano e producano frutti nelle forme più prodigiosamente varie, ciascuno secondo la sua specie; ed altrettanto valga per tutti gli animali che vivono nell’acqua, nell’aria e sulla terra! Anche questo ti riuscirà certamente incomprensibile; eppure vedi, appunto così è e così avviene! Per conseguenza non meravigliarti più tanto, ma invece va’ e facci portare qui le vivande dai tuoi servitori»

6. Dice Kisjonah: «Signore, Tu mio unico Amore e Vita mia; come sarebbe se Tu volessi permettere che questo giovane meraviglioso mi fosse di aiuto anche nel portare qui le vivande di cui ce n’è una grande quantità, poiché i miei servitori non potrebbero venirne a capo in meno di un’ora certamente?!»

7. Dico Io: «Sta bene, serviti pure di lui; soltanto è opportuno che tu tralasci di manifestare troppo la tua meraviglia, perché sai già che a Dio tutte le cose sono molto facilmente possibili!»

8. Kisjonah si dimostra perfettamente soddisfatto di tale decisione e prega il giovane, che sorridendo amichevolmente lo stava sempre guardando, di voler prestargli il suo aiuto per portare le vivande dalla cucina nella sala da pranzo, dove erano già preparate le tavole!

9. Risponde il giovane: «Ben volentieri, carissimo amico mio, soltanto non stupirti troppo! Ecco, non hai che da voltarti e ad osservare le mense! Tutto è in ordine già da quando tu eri in procinto di supplicare il Signore di ogni magnificenza che ti concedesse il mio aiuto! Ma dove tieni il vino?»

10. Dice Kisjonah, dando alla sfuggita un’occhiata alle mense, e celando in cuore l’immenso stupore: «Hai ragione, quasi quasi ci si dimenticava anche del vino! Vorresti essere tanto buono da procurarci anche questo dalla grande cantina?»

11. Dice il giovanetto: «Guarda! Ecco che di nuovo viene predisposto tutto nel miglior modo possibile; il vino si trova già in quantità sufficiente sulle mense accanto alle vivande»

12. Kisjonah osserva la sua spaziosa sala da pranzo con le quaranta grandi tavole collocate in bellissimo ordine e signorilmente imbandite; sedie e panche sono disposte nel più bell’ordine e ci sono lampade, in giusto numero e su tutti i tavoli, che già ardono con nitide fiamme diffondendo all’intorno una luce brillante, nella sera già inoltrata!

13. E nel contemplare questo spettacolo, Kisjonah, il quale passando di meraviglia in meraviglia non ha potuto ancora riordinare le proprie idee, esclama: «Dio mio, Dio mio, o mio Gesù, mio eterno Amore! Se le cose vanno di questo passo, oggi stesso tutte le mie case si sfasciano, e tutto il legno e le pietre di cui sono fatte cominciano ad animarsi!». E rivoltosi poi al giovane, gli dice: «O nobilissimo uomo od angelo che tu sia o che tu possa essere, dimmi, almeno brevemente, come ti è dato di fare tali cose!»

14. Gli risponde il giovane: «Tu sei ben curioso! Ad ogni modo sappi che a me nulla è possibile senza Colui che ora sta presso di te in questo mondo; Egli solo è che compie tutte queste opere! Ma come tutto ciò Gli sia possibile, devi rivolgerti a Lui per averne la spiegazione, poiché la forza in me di poter operare così non è mia proprietà, ma è una proprietà del Signore che ha preso dimora in casa tua. Rivolgiti dunque a Lui e domandaGlielo!»

15. Dice Kisjonah: «Questo lo so bene, carissimo amico mio, ma a me basterebbe qualche piccolo cenno sul modo in cui può venire effettuata una cosa simile. Tu devi pur fare un movimento! Quanto veloce però e quanto sicuro deve essere questo! Infatti, evidentemente, la velocità del lampo non è in confronto che un’andatura da lumache! No, no, io non devo pensarci su! Se tu avessi impiegato per fare tutti questi lavori almeno soli cento istanti, la cosa si potrebbe pur ancora comprendere, ma così, senza impiegare uno spazio di tempo percettibile, realizzare tutto ciò, e per di più nel massimo ordine, questo è che non mi è possibile conciliare con il mio comune modo di pensare, cosicché ormai, tra il rispetto e la meraviglia che suscitano in me gli avvenimenti di oggi, mi azzardo appena a respirare!»

16. Dico Io a Kisjonah: «Suvvia, amico Mio! Non hai finito ancora con il tuo sbalordimento? Io penso che adesso dobbiamo prendere posto a tavola prima per cenare, e poi per discutere degli ulteriori momenti dell’Onnipotenza di Dio e del Suo ben accertato Amore e della Sua Sapienza!»

17. Dice Kisjonah: «Signore, perdonami! Tutte queste meraviglie che ho viste mi hanno fatto quasi dimenticare perché ci sono stati serviti i cibi e le bevande; dunque io prego Te e tutti i Tuoi che prendiate posto a mensa! Ma dove è mai andata la Tua madre terrena Maria e le Tue sorelle che l’hanno accompagnata? Io vorrei andare a cercarle per invitarle a cena!»

18. Gli dico Io: «Prima chiedi di tua moglie e delle tue figlie! Dove sono queste, là vi è pure la Mia buona madre con le figlie di Giuseppe il quale fu il Mio padre putativo. Esse hanno ora immensamente da fare tra di loro per poter vedere oggi stesso tutto quello che certamente avrebbero tempo di vedere anche domani, dopo domani e più tardi ancora! Ma il nostro giovane e svelto servitore andrà lui a cercarle e le condurrà qui, perciò non occorre che tu ti dia alcun pensiero a questo riguardo!».

 

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Cap. 197

La santa compagnia a cena. Escursione notturna sotto il cielo stellato, alla collina dei serpenti dove Kisjonah intende edificare una scuola. Accenni alle condizioni esistenti sulla Terra. Gesù quale dominatore dei serpenti. Spiegazione della parabola della zizzania.

Cenni vitali.

(Matteo 13, 37-42)

 

1. Appena Io ebbi terminato di parlare, il giovane ricomparve conducendo con sé le donne, e tutti ci sedemmo subito a tavola dove i commensali, di lietissimo umore, consumarono ben presto la cena. Dopo cena, Io dissi a tutti: «Ascoltate, poiché la notte è tanto bella e ricca di stelle, non ritiriamoci subito a riposare, ma andiamo fuori all’aperto; là noi ci metteremo distesi sul prato, perché ho ancora parecchie cose da dirvi e da mostrarvi!».

2. Questa proposta incontrò l’approvazione generale, e tutti ci recammo fuori all’aperto. La nostra meta era una collina alta circa venti tese (38 m), la quale iniziava ad innalzarsi in un dolce declivio verso l’interno subito dietro il grande giardino di Kisjonah, alla distanza di circa trenta passi dalla riva. Kisjonah in questa occasione osservò che naturalmente quella collina offriva una splendida vista su tutto il lago, ma che, cosa molto spiacevole, d’altro canto era infestata da un grandissimo numero di vipere ed altri serpenti di ogni genere che vi avevano stabilito i loro covi. Egli aveva tentato con ogni mezzo possibile di estirpare quelle abominevoli bestiacce, ma senza ottenere mai un risultato!

3. Gli dico Io: «Non preoccuparti! D’ora in poi questo colle non servirà mai più da dimora a quell’orrida progenie; puoi starne certissimo!»

4. Dice Kisjonah: «Se è così, come non ho nemmeno il minimo dubbio, devo anzitutto ringraziarTi dal più profondo del mio cuore per la miracolosa liberazione da questo male; in secondo luogo, poi, ho intenzione di edificare su questa collina in Tua memoria una vera scuola destinata all’insegnamento per grandi e piccoli, per giovani e vecchi, secondo la Tua purissima Dottrina!»

5. Dico Io: «Una scuola come tu dici, ammesso che possa resistere all’azione del mondo, avrà certo in ogni tempo la Mia benedizione, ma purtroppo, poiché il mondo guasta tutto, così con il tempo esso non risparmierà questa scuola come non risparmierà nemmeno la Mia purissima Dottrina; perciò nulla può dirsi in questo mondo che possa essere duraturo! Infatti tutto il mondo è ora immerso nel male, ed è circonciso da Satana! Ma adesso saliamo sulla collina!». Io e Kisjonah procediamo per primi, e tutti i discepoli e i servitori di Kisjonah ci seguono immediatamente.

6. Appena comincia la salita, Kisjonah osserva precisamente davanti a lui una grossa biscia che va strisciando all’insù, e poco dopo, avendone scorte parecchie altre, Mi chiede: «Signore, ho creduto forse troppo poco dato che queste orribili bestie non si sono ancora ritirate?»

7. Gli dico Io: «Ciò è avvenuto appunto affinché tu possa vedere e riconoscere in tutta la sua pienezza lo splendore del Figlio di Dio! Presta dunque attenzione! Io imporrò ora a questi animali di abbandonare questo posto per tutti i tempi dei tempi, e finché un tuo rampollo abiterà questo giardino e questa collina, non dovranno più farvi ritorno! Tu vedrai come questi animali dai sensi quanto mai ottusi debbano ubbidire alla Mia voce!».

8. Allora Io Mi volsi verso il colle e minacciai le bestie. E queste sbucarono rapide come frecce a migliaia fuori dai loro covi e fuggirono verso il mare; ed in tal modo il colle fu liberato per sempre da queste abominevoli bestiacce e su questa collina non fu mai più visto nemmeno il più piccolo verme.

9. Noi poi salimmo di lietissimo umore fino alla vetta, e poiché la rugiada aveva già reso l’erba alquanto umida, Kisjonah mandò a prendere subito un gran numero di tappeti con i quali ricoprì quasi l’intera collina, ed anche in questa occasione il giovanetto gli rese con la ben nota rapidità ottimi servizi. Noi tutti allora ci accampammo con grande soddisfazione sulla collina, dove, per la quantità dei finissimi tappeti stesi, non c’era quasi più erba da poter vedere.

10. Ma i Miei discepoli, i quali malgrado si fossero continuamente torturato il cervello ed avessero meditato a lungo sulla parabola della zizzania, non potevano venirne a capo, si avvicinarono a Me e pregarono che Io spiegassi loro più da vicino la parabola del seminatore il quale aveva seminato buona semente, e che poi aveva trovato sul suo campo la zizzania frammista al grano!

11. Io però dissi loro: «Non avete udito cosa ha intenzione Kisjonah di erigere su questo colle in Mia memoria, e quello che Io gli dissi, e cioè che purtroppo il mondo non avrebbe mancato di esercitare la sua influenza dannosa anche su una tale scuola? Vedete, anche questa cosa si riferisce appunto al campo buono sul quale venne sparsa purissima semente di grano e che tuttavia, al tempo della maturazione, mostrò di aver prodotto anche una grande quantità di zizzania con il grano buono! Ed ecco in altre parole quello che significa la parabola.

12. Io, o come dicono qui gli ebrei, il Figlio dell’uomo è Colui che semina la buona semente (Matteo 13,37). Il campo è il mondo, e il buon seme significa i figli del Regno; nella zizzania però sono simboleggiati i figli del male (Matteo 13,38). Il nemico che semina di nascosto è il demonio; il tempo della raccolta è la fine del mondo, ed i mietitori sono gli angeli! (Matteo 13,39). Ma quando il tempo è venuto, la zizzania sul campo viene sarchiata, legata insieme in fastelli e poi bruciata, così avverrà anche alla fine del mondo! (Matteo 13,40)

13. Il Figlio dell’uomo manderà fuori i Suoi angeli, ed essi raduneranno fuori dal Suo Regno tutto il male e tutti gli uomini che operano malamente (Matteo 13,41) e che per i bisogni dei loro fratelli non hanno né occhi, né orecchie, né ancora meno cuore, e li getteranno nella fornace del fuoco dove non sarà che il pianto e lo stridor di denti (Matteo 13,42). Però la fornace del fuoco sarà per i figli del male il loro proprio cuore, e per male è da intendersi: l’orgoglio, l’egoismo, l’avidità di dominio, la durezza di cuore, l’indifferenza per la Parola di Dio, l’avarizia, l’invidia, il furto, la menzogna, l’inganno, l’infedeltà, la fornicazione e la lussuria, l’adulterio, la falsa testimonianza, la maldicenza e la calunnia; in una parola, tutto ciò che è contro il comandamento dell’amore del prossimo!

14. Infatti come per i giusti il loro Cielo sboccerà dal loro cuore in ogni gloria, così per gli ingiusti spunterà dal loro cuore ciò che essi vi hanno dentro; un seme cattivo non farà mai comparire in eterno un frutto buono! 

15. Un cuore duro non darà frutti teneri e un cuore che manca di parola non potrà mai raccogliersi, e l’ira sarà il fuoco che non si spegnerà mai! Perciò guardatevi da tutto questo, e diventate in tutto giusti, secondo la legge dell’amore!».

 

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Cap. 198

Continua la spiegazione della parabola della zizzania. Il più grave dei mali è una promessa non mantenuta. «Siate amorevoli e giusti». La parabola del tesoro nascosto nel campo.

La sua comprensione da parte dei discepoli.

(Matteo 13, 43-44)

 

1. (Continua il Signore:) «Se voi volete veramente diventare figli di Dio, non promettete mai a nessuno quello che poi non potreste mantenere o, ancora peggio, che per un motivo qualsiasi non vorreste mantenere; in verità vi dico che non vi è cosa peggiore del prendere un impegno o di fare una promessa per poi non mantenerla!

2. Infatti chi si arrabbia, costui pecca in se stesso ed in primo luogo danneggia se stesso; chi è lussurioso, costui seppellisce la sua anima nel giudizio della carne, e nuovamente danneggia se stesso, ma il peggiore di tutti i mali è la menzogna!

3. Se tu hai fatto una promessa a qualcuno, e per il sopraggiungere di circostanze imprevedibili ti è impossibile mantenerla, va’ subito senza indugio da lui, e dimostragli con la tua migliore buona volontà quello che ti accade, affinché egli possa per altre vie o con altri mezzi provvedere a tempo alle sue necessità.

4. Ma guai a chiunque fa promesse e poi non le mantiene pur avendo la possibilità di mantenerle! Infatti, colui che attende deve in tal caso venire meno ai propri doveri, e coloro che in lui speravano vengono anch’essi a trovarsi con le mani legate, cosicché il procedere sleale di uno che promette e non vuole mantenere può causare a migliaia di altri i più gravi imbarazzi e le più terribili calamità. Per conseguenza, una promessa non mantenuta è assolutamente il contrapposto più stridente dell’amore del prossimo, e con ciò il più grave dei mali!

5. È meglio essere duri di cuore, perché chi è tale non inganna, né illude mai nessuno con nessun tipo di speranze, e, dato che si sa che non ci si può aspettare nulla da chi è duro di cuore, si ricorre allora ad altri mezzi per mantenere un ordine qualsiasi. Se però qualcuno attende ciò che gli è stato promesso, egli in tal caso tralascia di prendere altre vie e di ricorrere ad altri mezzi. E quando poi viene il tempo nel quale colui che attende si era impegnato a mettere le sue cose in regola, e il promettitore lo lascia nell’imbarazzo senza averlo in precedenza avvertito che egli non avrebbe potuto entro il termine fissato mantenere la sua promessa per un motivo che, naturalmente, deve essere del tutto corrispondente al vero; in tal caso colui che ha fatto la promessa è veramente simile a Satana, il quale pure fin dal principio dei tempi fece agli uomini le più brillanti promesse per mezzo dei suoi profeti, ma non ne mantenne mai una, ed in tale modo precipitò innumerevoli creature nell’abisso della più grande miseria!

6. Perciò guardatevi anzitutto dal fare promesse e dall’assumere impegni che poi non potreste mantenere, o molto peggio ancora, che per un motivo qualunque non vorreste mantenere! Infatti così pensa ed agisce il principe dei demoni.

7. Siate giusti e amorevoli in ogni cosa; infatti i giusti splenderanno un giorno nel Regno del Padre loro come il sole in pieno mezzogiorno!

8. Chi ha orecchie per udire oda (Matteo 13,43). Io voglio proporvi ancora due parabole del Regno dei Cieli:

9. “Il Regno dei Cieli è uguale ad un tesoro nascosto in un campo, il quale tesoro fu trovato da un uomo, e poiché esso era molto grande e pesante e l’uomo non poteva portarlo a casa sua che era lontana, lo sotterrò di notte nel campo più vicino, rincasò poi pieno di gioia, vendette tutto ciò che possedeva e comperò quel campo pagando l’intero prezzo che gli si richiese (Matteo 13,44), perché il tesoro valeva molte migliaia di volte il prezzo da lui pagato per il campo; e dato che questo ormai gli apparteneva, egli poteva con tutta sicurezza dissotterrare il tesoro dal campo, il cui possesso nessuno avrebbe potuto più contestargli. Ormai egli poteva tranquillamente portare il suo tesoro nella nuova casa che aveva acquistato assieme al campo, e non avrebbe avuto più bisogno di procurarsi il suo sostentamento con il sudore della propria fronte, perché il tesoro gli avrebbe da allora in poi fornito il modo di vivere nella più grande agiatezza”. Comprendete voi questa parabola?»

10. Rispondo i discepoli: «Sì, o Signore, questa parabola ci è chiara, poiché quelli che trovano il tesoro sono coloro che apprendono la Tua Parola, e il campo è il cuore degli uomini ancora immerso nella mondanità, cuore che essi devono dapprima fare loro spiritualmente, affinché la Tua Parola nel cuore diventi loro piena proprietà ed essi possano poi in qualche modo procurare tutto il bene possibile per loro stessi e per i loro fratelli!»

11. Dico Io: «Sì, questa parabola l’avete ben compresa, perché proprio così stanno le cose nei riguardi del Regno dei Cieli. Ma udite ora un’altra parabola!».

 

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Cap. 199

Parabola della grande perla e della rete. Il significato che Achab attribuisce al pesce putrido.

Un buon padre di famiglia utilizza tanto il vecchio che il nuovo.

(Matteo 13, 45-52)

 

1. (Continua il Signore:) «Il Regno dei Cieli è pure simile ad un mercante, il quale andava per tutti i paesi in cerca di perle buone (Matteo 13,45). Ed avvenne che egli trovò un giorno una grande perla di valore inestimabile; si informò del prezzo, e quando l’ebbe saputo, fece sollecito ritorno al suo paese, vendette tutto ciò che possedeva, e se ne andò poi a comperare la grande perla (Matteo 13,46) che ugualmente valeva molte migliaia di volte il prezzo da lui pagato. Comprendete voi quest’immagine?»

2. Rispondono i discepoli: «Sì, o Signore, anche questa l’abbiamo compresa, poiché un simile mercante raffigura noi tutti che per amor tuo abbiamo tutto abbandonato; e Tu per noi tutti sei la Grande Perla di inestimabile valore!»

3. Dico Io: «Certo, anche questa parabola l’avete davvero interpretata in modo perfetto, poiché infatti così avviene del Regno dei Cieli! Però udite ancora!

4. Il Regno dei Cieli è altresì somigliante ad una rete che viene gettata nel mare, perché catturi ogni tipo di pesci (Matteo 13,47). E quando la rete è colma, allora viene tirata a riva dai pescatori, ed essi vi si siedono intorno, tirano fuori i pesci buoni ponendoli in un recipiente, ma i non sani e putridi vengono gettati via! (Matteo 13,48)

5. La stessa cosa succederà alla fine del mondo: gli angeli usciranno fuori, separeranno i malvagi dai giusti (Matteo 13,49), e li getteranno nella fornace ardente del loro cuore malvagio, e allora vi sarà pianto grandissimo e stridor di denti (Matteo 13,50); ciò che corrisponde ad una vera tenebra dell’anima malvagia, la quale continuerà ad andare in cerca di ciò che, secondo il suo ormai bruciato intelletto mondano, potrebbe soddisfare il suo perfido amore, ma non troverà mai pace!». E poiché Io vidi che i discepoli stavano un po’ riflettendo a quanto avevo detto loro, domandai dopo qualche momento di attesa: «Avete voi ben compreso anche questa parabola?»

6. Rispondono essi: «Sì, o Signore, anche questa parabola l’abbiamo perfettamente compresa; (Matteo 13,51) essa è simile a quanto Tu dicesti sulla riva di Gesaira, cioè, a chi ha sarà dato ancora affinché ne sovrabbondi, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha!»

7. Ed Achab aggiunge: «Ed a me sembra che anche i pesci non sani e putridi vogliono significare particolarmente i farisei e tutti i dottori della Legge, venditori di fumo, i quali offrono incessantemente in vendita il loro vecchio ciarpame e lodano tutta la natura e la sua fertilità, ma disprezzano e perseguitano tutto ciò che di splendido e di meraviglioso offre il tempo presente! Non dubito che anche costoro saranno pesci guasti e malati? A che giova essere nel proprio cervello uno scriba od un fariseo, e ritenersi per tale motivo di una briciola superiori agli altri, ed oltre a ciò, pure per tale motivo, esigere offerte e tributi da fratelli e sorelle certo migliori nella maggior parte dei casi, ma nello stesso tempo avere un cuore duro o vuoto ed insensibile come la pietra?!

8. Per conseguenza, o Signore, io credo che in avvenire chi vorrà diventare nel proprio cuore veramente dottore della Legge del Regno dei Cieli secondo la Tua Parola dovrà ben rigettare completamente il vecchio ciarpame da scribacchini dei farisei, ammalato, guasto e imputridito, e preparare fondamenta del tutto nuove per la Tua Dottrina, perché la Tua Dottrina è saggia e giusta, e nello stesso tempo contraria a quella dei farisei!

9. Io so bene che Mosè e tutti gli altri profeti hanno tratto le loro profezie dal Tuo Spirito, ma come sono esse ormai contraffatte! E poiché ora sei Tu stesso qui per rivelarci la Tua santa Volontà, a che ci servirebbe ancora un Mosè guasto e malato o tutti gli altri profeti?!

10. Chi nel suo cuore è istruito effettivamente, secondo la Tua Parola, per il Regno dei Cieli, non ha più bisogno di Mosè né dei Profeti!»

11. Dico Io: «Tu hai parlato molto bene e saviamente sotto ogni riguardo, ad eccezione però di un unico punto; e questo consiste nel fatto che un vero dottore della Legge, nel senso voluto per il Regno dei Cieli, deve tuttavia comportarsi come un saggio padre di famiglia, il quale dal suo tesoro domestico e dalle sue provviste trae fuori tanto le cose vecchie quanto le nuove per presentarle ai suoi ospiti (Matteo 13,52) affinché si ristorino e ne godano. O si dovrebbe forse, perché le otri sono state già riempite di vino nuovo, gettare via quelle con il buon vino vecchio, oppure si dovrebbe gettare via come cosa inutile il grano vecchio, perché il nuovo è già pronto per essere accolto nei granai?! Per conseguenza un vero esperto della legge secondo il Regno dei Cieli deve ora conoscere tanto la vecchia Scrittura quanto questa nuova Mia Parola, e ad entrambe deve conformare le sue azioni!»

12. Dice Achab: «Ma quindi ci atteniamo solo a Mosè e i Profeti, ed escludiamo le leggi dello Stato, talvolta d’altra parte di sicuro molto travisate, e le vuotissime prescrizioni del servizio divino che ora non possono servire più a nulla, dal momento che noi tutti, per quello che riguarda lo Stato, dobbiamo comunque farci piacere le leggi romane!»

13. Gli dico Io: «Questo s’intende da sé. Quello che della vecchia legge è da lasciare, perché non riflette il vero amore del prossimo, tu lo trovi già scritto; e qui però sono presenti i Miei due amici di Sichar; questi sono testimoni di quanto ho esposto diffusamente nel Mio Sermone della montagna nel quale sono messe in rilievo tutte queste cose». 

14. Questa Mia osservazione accontentò perfettamente Achab.

 

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Cap. 200

Memorabile narrazione delle sofferenze e delle vessazioni del capo dei sacerdoti Jonaele, cacciato dai samaritani.

«Le vie del Signore sono imperscrutabili».

Cose incomprensibili permesse dal Signore. Una preghiera che appare giusta.

 

1. Dopo di ciò, Io Mi rivolgo ai due amici di Sichar e li invito a renderMi noti i motivi che li hanno indotti a venire in cerca di Me. Jonaele allora apre la sua bocca e dice: «Signore, prima Tu veramente hai già accennato ai giusti motivi; infatti così è! Davvero, è a stento credibile che persone, che videro come tutti noi svolgersi davanti ai propri occhi i grandi segni duraturi della Tua potenza assolutamente divina, possano essere tanto perfide! Essi riconoscono la verità, ma la perseguitano appunto perché essi la devono riconoscere come verità! Essi mi hanno cacciato via, e se qui il fratello Jairuth non mi avesse accolto in casa sua assieme alla mia famiglia, io sarei adesso senza tetto!

2. Signore, quante ed intense preghiere non ho io elevato a Te in spirito affinché Tu venissi e mi assistessi contro i nemici, ma fu invano; Tu non venisti ad aiutarci nella nostra grande paura!

3. È bensì vero che al tuo posto lasciasti presso di noi degli angeli in veste corporea perché ci servissero, ma anch’essi non sono sempre disposti ad agire, oppure lo sono, ma non così come io ritengo necessario, poiché essi dicono che senza la Tua Volontà nulla possono fare, dato che la Tua Volontà è l’unica loro forza e potenza! Tutto ciò è perfettamente vero, ma se i vecchi arcisamaritani offesi scacciano dal paese a centinaia i Tuoi aderenti, così da obbligare questi a cercare rifugio presso i pagani, nel qual caso non si può altro ammettere se non che gli scacciati divengano pagani essi stessi, io credo che sarebbe pur nell’ordine delle cose che i Tuoi angeli cominciassero ad agire e mettessero fine a queste infamie, invece di limitarsi ad assistere insieme a noi, con l’anima addolorata, a tali tristi vicende, ed infine pure con noi, esclamare sospirando: “I decreti del Signore sono sempre impenetrabili e imperscrutabili le Sue vie!”.

4. Ma a che cosa giova tutto ciò? A centinaia si contano quelli che diventano pagani, e centinaia coloro che a causa del Tuo Nome sono perseguitati e percossi con bastoni e verghe!

5. Joram dovette fuggire per qualche tempo da Sichar, e la casa edificata da Giacobbe è nel frattempo chiusa e vuota! E adesso anche Joram si trova con la moglie ospitato in casa del fratello Jairuth, come pure molte altre famiglie rispettabili le quali per causa Tua non furono più tollerate a Sichar!

6. E a tutti questi orrori i Tuoi angeli che sono con noi non si sono opposti nemmeno con la sola parola! Signore, per il Tuo Nome santissimo! A che cosa possono giovare queste infamie?!

7. O deve forse qui sulla Terra venire concesso a Satana ogni potere sopra di Te? Oppure è il suo Inferno davvero più potente di tutti i Tuoi Cieli? Signore, se le cose dovessero continuare in questo modo, gli uomini infine saranno costretti ad innalzare templi e altari a Satana e a distruggere i Tuoi! È ben triste tutto ciò già in questi tempi!

8. Ormai il servizio divino sul Garizim, anzi perfino nel Tempio di Gerusalemme, che cosa altro è se non un autentico servizio di Satana?! Io ho appreso dalla Tua bocca, o Signore, in quale maniera Dio, che in Te dimora corporalmente in tutta la Sua pienezza, vuole essere onorato e lodato!

9. Ma ora osserva invece il servizio divino sul Garizim e troverai che esso è ridotto ad un vero e genuino servizio di Satana, perché là in verità viene offerto a piene mani l’incenso a Satana, ciò che perfino i Tuoi angeli non mettono minimamente in dubbio! Così avviene, o Signore, come fedelmente e in tutta verità Te l’ho narrato; ora Tu non puoi certo ignorare che le cose stanno davvero in questi termini, e nonostante ciò permetti che simili orrori succedano!? Signore, come dobbiamo noi regolarci e come comprendere la Tua santa Parola?

10. Anche l’onesto Jairuth, che con tutta la sua casa Ti è profondamente devoto, adesso viene minacciato ogni giorno, e gli si intima di confessarsi entro breve tempo apertamente arcisamaritano, altrimenti lo si dichiarerà decaduto dai suoi diritti di possesso e tutti i suoi beni gli saranno confiscati!

11. Molti, che erano già fortissimi nella Tua fede, o Signore, intimoriti dalle quotidiane minacce, sono ritornati al servizio satanico con le prescritte maledizioni del Tuo Nome!

12. Vedi, o Signore! Queste sono le cose che avvengono, dinanzi alle quali certo i Tuoi angeli si velano sempre la faccia, ma a che scopo queste vuote manifestazioni di partecipazione al nostro dolore?

13. Signore, Tu che puoi leggere nel mio cuore, sai che esso Ti è interamente devoto, e perciò io posso parlare con Te senza riserve e dico: “Una tale vuota contemplazione, per quanto parta da un animo dolorante, è oltremodo fuori luogo e tempo quanto un fico il terzo giorno dopo la caduta del fiore!”. Qui invece conviene muoversi e procedere violentemente all’attacco con tutta la forza possibile, altrimenti Satana trova buon terreno e vi mette radici!

14. E se già ora i Tuoi discepoli non possono fare più nulla contro di lui, come potranno essi più tardi, quando egli avrà acquistato la piena sua forza, ciò che non dovrebbe proprio riuscirgli troppo difficile considerando che ogni giorno gli viene opposta così poca resistenza com’è attualmente il triste caso, in cui perfino i Tuoi angeli non si azzardano di intraprendere nulla contro di lui?!

15. Io Ti prego, per conseguenza, per amore del Tuo santissimo Nome e di tutti coloro che sono come noi sempre ancora irremovibilmente fedeli al Tuo Nome, assistici e liberaci dai lacci di Satana!

16. Tu stesso ci hai pure insegnato sul monte a pregare; ed ecco, noi preghiamo sempre così, ma di giorno in giorno le cose peggiorano invece di migliorare!

17. Noi vogliamo sacrificarTi tutto, e vogliamo pure per amor Tuo vivere quanto è possibile miseramente, ma finché dobbiamo vivere su questa Terra, un cantuccio sulla stessa devi pure accordarcelo, perché, dovendo restare soltanto fra lupi, iene ed orsi, a meno che non si sia proprio bestie di uguale razza, non si può né vivere né meno ancora seguire Te, o Signore!

18. Noi non domandiamo a questo mondo una pace paradisiaca, ma per lo meno che non si debba vivere propriamente fra i demoni come nel più profondo Inferno! Ed affinché ciò non avvenga, o Signore, siamo venuti in cerca della Tua santa protezione!».

 

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Cap. 201

Cenni del Signore sul doppio scopo delle concessioni al male come prova per Satana e per i fedeli.

Cenni di missione e di comportamento. La verità è la spada dell’amore.

«Il Mio Regno non è di questo mondo». «Non temete gli uomini, ma soltanto Dio».

Come deve combattere il vero eroe.

 

1. Dico Io: «Amici! Io ben sapevo che in brevissimo tempo sarebbe avvenuto così, affinché Satana completi la sua opera; ma coloro che sono fuggiti e se ne sono andati dai pagani avrebbero potuto trovare rifugio anche qui in Galilea, e così pure coloro che hanno maledetto il Mio Nome per amore dei loro beni terreni avrebbero fatto meglio a sciogliersi da tutti i vincoli del mondo, invece di assicurarsi, maledicendo il Mio Nome, il possesso dei loro beni terreni che portano in sé il marchio della morte eterna. Infatti per ognuno arriva il giorno in cui deve abbandonare tutto.

2. Quanto difficile sarà per colui che possiede molto separarsi dai propri beni, invece quanto facile sarà per colui che non avrà posseduto alcun bene, tratto dal suo grembo velenoso, separarsi dal mondo, e che oltre a ciò avrà sofferto persecuzioni per amore del Mio Nome! Costui disprezza il mondo e nessun rammarico gli turberà l’anima, quando, con lo sguardo limpidissimo rivolto verso il Regno dei Cieli, abbandonerà questo mondo tenebroso e pestilenziale!

3. Vedi, come avviene dell’oro il quale si affina attraverso il fuoco e solo in questo perviene al suo alto valore, similmente deve essere il caso anche con tutti voi se volete diventare veramente Miei discepoli e successori, poiché il Mio Regno, per il quale noi tutti ora lavoriamo, non è certo di questo mondo, ma è di quel mondo grande, eterno ed incorruttibile che segue a questa breve vita di prova, terrena e materiale!

4. E per tale motivo, non attendetevi da Me la pace in questo mondo, ma la spada, affinché con questa, combattendo contro il mondo e contro tutto ciò che esso vi offre, possiate conquistarvi la libertà della vita eterna!

5. Infatti, il Mio Regno soffre violenza, e chi con la violenza non lo strappa a sé, non potrà entrarvi.

6. Certamente, è cosa molto facile atteggiarsi a Miei discepoli se si vive in un luogo tranquillo, ben provvisti di quanto occorre in questa vita terrena, ed occupati nell’insegnare la virtù agli agnelli e nell’abbeverarli di acqua pura; in verità, per fare ciò non ci vuole molto! Ma ben altra cosa è ammansire leoni, tigri e pantere e convertirli in animali domestici! Naturalmente, per raggiungere questo scopo è opportuno aver maggior prudenza, coraggio, forza e perseveranza di quanta ne occorra per addomesticare degli agnelli!

7. Per logica conseguenza voi dovete considerare e prendere questo fenomeno verificatosi a Sichar per quello che è, e dovete ingaggiare con esso una lotta naturale nella quale il Mio appoggio certo non vi mancherà, ma, se voi cominciate a gridare allo scandalo così presto e lasciate che l’ira divampi in voi a causa della cecità e della perfidia degli uomini, e non fate altro che invocare dal cielo un fuoco distruttore sul capo di questi perversi, allora non è possibile che succeda diversamente di quanto è accaduto a voi!

8. In simili casi, poi, i Miei angeli non possono né devono intervenire, perché un intervento di questo genere sarebbe addirittura contrario al Mio Ordine eterno.

9. Se però voi volete riuscire combattenti vittoriosi per il Mio Regno, allora fatevi della pura verità una spada, ma sia questa temprata al fuoco ardente del più puro e disinteressato amore!

10. Armati di questa spada, combattete poi coraggiosamente, e non abbiate nessun timore di coloro i quali nell’estremo dei casi possono bensì uccidere il vostro corpo, ma che altro potere non hanno assolutamente sopra di voi! Se pure dovete avere un timore, sia questo il timor di Colui che è un vero Signore della Vita e della morte, e che può rigettare l’anima dell’uomo oppure accoglierla.

11. A chiunque che combattendo per Me perde la sua vita terrena, a costui sarà ridonata la vita in piena misura nel Mio Regno; chi però vuole combattere per Me, ma non intende mettere con ciò in pericolo la propria vita terrena, costui è un vile, e la trionfale corona della vita eterna non sarà la sua ricompensa! Quale merito si acquista egli cimentandosi con gli insetti e uccidendo mosche? Io vi dico che un simile eroe non è degno neppure degli onori del mondezzaio!

12. Oh, ma una cosa ben differente è l’avventurarsi, protetto da corazza e con la spada bene affilata in mano, tra un’orda di leoni e di tigri! Se egli avrà annientato le fiere e ritornerà vincitore, allora verranno retti archi trionfali in suo onore, e certamente il suo eroismo sarà degnamente ricompensato!

13. Ritornate dunque alle vostre case, combattete così come Io vi ho ora indicato, e le giuste vittorie non vi mancheranno!

14. Io certo so meglio di tutti in quali condizioni orribili Satana abbia ridotto questa Terra, ed avrei forza sufficiente a Mia disposizione per annientarlo, ma non lo concede il Mio grande Amore e la Mia Pazienza che è infinita.

15. Però colui che crede di poter vincere il suo nemico annientandolo, costui è un vile combattente! Infatti non il suo coraggio ma soltanto la sua grande paura lo spinge a sbarazzarsi del temuto nemico uccidendolo.

16. Chi vuole essere un vero eroe, anzitutto non deve tentare di sopprimere il nemico, ma deve darsi ogni cura per conquistare il suo cuore adoperando le nobili armi della prudenza e sapienza, della pazienza e dell’Amore; solo dopo egli potrà gloriarsi di aver riportata una vera vittoria sul suo nemico, e il suo premio più grande sarà appunto lo stesso suo nemico di cui avrà conquistato il cuore».

 

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Cap. 202

Ulteriori cenni ai sichariti sulla missione e sul comportamento.

«Insegnando, usate prima le opere buone e poi le semplici parole».

La vera chiesa libera. «Voi siete ugualmente tutti fratelli e sorelle».

Il vero sabato. La vera casa di Dio e il vero servizio divino.

 

1. (Continua il Signore:) «Se voi due avete compreso tutto ciò, fate presto ritorno a Sichar con il vostro angelo, ed agite là secondo la Mia Parola; voi poi vedrete che tutto quello che vi è di negativo assumerà ben presto un altro aspetto.

2. Ma voi non dovete presentarvi come giudici arrabbiati, ma dovete presentarvi veramente come amici illuminati e maestri dei ciechi, sordi e muti; allora questi si lasceranno ben guidare da voi!

3. Chi mai può ragionevolmente lasciarsi prendere dall’ira se un cieco gli monta sul piede? Se tu hai occhi per vedere, non è forse colpa tua se ti fai pestare il piede dal cieco? Perciò non camminare laddove il cieco mette il suo piede, così il tuo non ne verrà calpestato!

4. Ma se tu vedi che il cieco si trova sull’orlo di un precipizio, allora accorri, afferralo e portalo al sicuro, e guidalo verso la luce che guarisce ogni cecità dell’anima, ed egli, pieno di riconoscenza, diventerà il tuo migliore amico e fratello.

5. E quando insegnate agli uomini nel Mio Nome, fate sempre come faccio Io; cominciate con le buone opere ed a queste fate seguire parole vere, schiette e semplici; comportandovi in questo modo, potrete ben presto annoverare molti veri discepoli.

6. Ma se voi stessi vi avvolgete nel più profondo mistero, e volete far comprendere agli uomini che siete chiamati da Dio a giudicarli, a benedirli o a maledirli, e per di più vi scandalizzate se i Miei angeli non vogliono prestare il loro aiuto per il raggiungimento di tali vostri propositi, deve pur risultarvi chiarissimo che questo modo di agire non deriva assolutamente dalla Mia Volontà che vi viene rivelata, bensì che voi stessi vi siete creati un sistema ed un ordine, ed avete voluto edificare, al posto dell’antica chiesa di Mosè, una nuova chiesa ben circoscritta, davanti alla quale i vostri agnelli avrebbero dovuto già da lontano piegare le ginocchia!

7. Vedete, così avvenne della chiesa mosaica, la quale, poiché si trovò circoscritta, non portò nessun frutto, oppure ne portò in piccolissima quantità ed anche questa in gran parte avvizzita!

8. Ma ora Io vi do una chiesa perfettamente libera, la quale non ha bisogno di essere circoscritta o limitata se non da ogni singolo uomo nell’assoluta intimità del proprio cuore, dove albergano lo Spirito e la Verità, appunto là soltanto dove Dio vuole che i veri adoratori Lo riconoscano, Lo Venerino e Lo Adorino!

9. Voi, per il fatto che siete fra i primi cui Io comunicai il Mio Spirito, non dovete considerarvi neppure di un atomo migliori di qualsiasi altro uomo, e del dono che vi fu elargito non dovete farne una carica con presunti diritti, come fanno i pagani ed i doppiamente ottenebrati scribi e farisei, ma pensate invece che non vi è che Uno il Quale è il Signore di tutti voi; però fra voi siete tutti fratelli e sorelle perfettamente uguali, e non vi deve essere mai alcun divario tra voi!

10. Ugualmente fra voi non devono esistere regole di nessun tipo, né voi dovete considerare certe determinate epoche o giorni come se fossero migliori o peggiori di altri, o come se Dio avesse stabilito certi giorni soltanto per accogliere le vostre preghiere e per gradire le vostre offerte! Io vi dico: “Presso Dio tutti i giorni sono uguali, e fra i molti, il migliore è quello in cui avete fatto veramente del bene al vostro prossimo! E così per l’avvenire, esclusivamente le vostre buone opere devono stabilire qual è il vero giorno del sabato in cui Dio si compiace!”.

11. Il giorno dunque in cui farete del bene sarà il vero giorno del sabato, il solo che abbia valore presso Dio; ma l’usuale e morto sabato degli ebrei sarà in abominio agli occhi di Dio!

12. E se voi volete edificare delle cosiddette case di Dio, allora fate sorgere in tal caso ospedali ed asili per i vostri poveri fratelli e sorelle, e procurate loro tutto ciò di cui hanno bisogno; questo sarà il servizio divino più sincero e più buono nel quale il Padre che è nei Cieli troverà il Suo più grande compiacimento.

13. E da questo servizio divino, il solo vero e giusto, si riconoscerà che voi siete veramente Miei discepoli.

14. Fate dunque ora ritorno alle vostre case ed agite conformemente a quanto vi ho detto; vedrete che poi la benedizione non mancherà alle vostre opere».

 

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Cap. 203

Una confessione dei propri peccati. Il vero Spirito della pura Dottrina di Gesù.

Altri cenni sulla missione e sul comportamento. Cantico di Jonaele in lode al Signore.

 

1. Dopo aver ricevuto questi ampi insegnamenti, dicono i due: «Signore! Perdonaci il nostro peccato! Infatti vediamo ormai ben chiaramente che noi soltanto abbiamo sbagliato, e non tanto il popolo; e adesso cercheremo di fare del nostro meglio per poter, mediante la Tua grazia e il Tuo aiuto, rimettere ogni cosa a posto!

2. Solo adesso comprendiamo lo spirito vero della Tua santissima Dottrina, e ci porremo con tutto zelo all’opera allo scopo di diffonderla tra il popolo! Però molti sono passati già dalla parte dei pagani, e crediamo che sarà immensamente difficile riconquistarli! Come si potrebbe fare?»

3. Dico Io: «Riguardo a costoro fate così come faccio Io con i pagani, ed essi assieme ai pagani diventeranno vostri discepoli.

4. Vedete, questa casa dove noi ci troviamo è anch’essa pagana, ed ha per qualche tempo abbracciato le dottrine dei mondani sapienti della Grecia; eppure ora essa si è schierata dalla Mia parte più di qualsiasi altra casa degli ebrei. Fate così pure voi, ed intorno a voi si schiereranno ben presto più pagani che ebrei!

5. Infatti chi ha lo stomaco vuoto mangerà un pasto con più avidità di chi ha lo stomaco pieno, particolarmente poi se lo stomaco è per di più completamente rovinato come quello dei farisei e dei dottori della Legge!»

6. Dicono i due: «E che cosa dovrà avvenire di coloro che hanno maledetto il Tuo Nome a causa dei loro beni, affinché questi non venissero loro tolti?»

7. Rispondo Io: «Chi è caduto rialzatelo e conducetelo sulla buona via, e guidatelo affinché possa convincersi del suo peccato e pentirsi di averlo commesso! Questo è il compito che vi spetta!

8. Infatti Io non sono venuto su questo mondo per giudicarlo e per distruggerlo, ma sono venuto per cercare quello che è perduto e per rialzare quello che è caduto a terra! Ed ora, poiché sapete tutto ciò, andate e regolatevi come vi ho detto»

9. Dopo tali parole, i due sichariti si inchinarono profondamente e Mi pregarono di poter rimanere ancora qualche giorno presso di Me.

10. Ed Io accordai loro il permesso richiesto e dissi: «Quando prima vi dissi di ritornare alle vostre case, Io volli con ciò sotto tutti i punti di vista indicare il sollecito ritorno al buon volere ed all’intelletto del vostro cuore piuttosto che il vostro materiale ritorno a Sichar; dunque voi potete fermarvi benissimo qui ancora nei pochi giorni che Io Mi tratterrò presso il Mio amico!»

11. Entrambi, contentissimi della Mia decisione, Mi rendono grazie ed onore, e Jonaele, in preda ad intensa commozione, esclama esaltandosi: «O terra! Campo decrepito, fecondo solo di zizzanie, di spine e di cardi! Oscura tomba della vita! O antica partoriente del peccato e della morte! Sei tu degna che il Signore, tuo Dio e Creatore, calchi con i Suoi piedi santissimi le tue dure zolle, che respiri la tua aria pestilenziale e che si cibi della tua aspra frutta?!

12. Noi uomini, e con noi tutti gli animali e tutte le piante, non siamo meritevoli neppure di un Suo sguardo! Tutto quello che esiste, tutto è opera soltanto della Sua grazia e misericordia infinite!

13. E perciò tutte le creature si levino e Gli rendano lode e gloria in eterno!

14. E voi o stelle, là nell’immensa volta celeste, velate il vostro sguardo profanatore, poiché Colui che guardate superbe dall’alto, è il Dio che vi ha create!

15. O Terra, cosa sei mai divenuta? Quale nome dovremmo noi darti, non per i tuoi meriti, ma per quelli di Colui che ora del tutto indegnamente porti?!

16. Oh, quanto più io penso a Chi è Colui che dimora qui fra i Suoi eletti, tanto più io sento restringersi il petto! Come può questa Terra limitata comprendere in sé anche Colui che tutti gli angeli nei Cieli non sono in grado di comprendere!

17. O santissimo tempo dei tempi per questa Terra che ora ospita Colui il Quale conferì la luce al sole ed alla luna, e prescrisse loro di percorrere le prodigiose vie del Suo Amore e della Sua Sapienza, e di elargire alla Terra il tempo, la notte e il giorno!

18. Ogni creatura dunque, da tutti i Cieli, dia lode al Signore di ogni magnificenza, poiché Egli solo è degno di tutta la gloria e di tutte le lodi, di tutto l’onore ed amore dell’eterna immensità!»

19. Ma i discepoli, che udirono questa calorosa perorazione, dissero: «Signore, non odi Tu in quale modo Jonaele ti glorifica e loda come se in lui fosse lo spirito di Davide?!»

20. Dico Io: «Certo, Io sento le sue lodi, e ne provo anche un vero compiacimento, ma dalla bocca vostra Io non udii mai finora qualcosa di simile. E non sarebbe di alcun danno a nessuno di voi se talvolta meditaste in voi Chi è Colui che ora parla con voi! Ma ora dedichiamoci un po’ al riposo perché la mezzanotte è passata già da un pezzo!».

21. Allora si fa perfetto silenzio sulla collina, e quasi tutti cercano di prendere sonno; soltanto Jonaele e Jairuth vegliano assorti in profonda meditazione e continuano nel loro cuore a lodarMi.

 

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Cap. 204

Nobile gara di opere buone fra Kisjonah e Baram. Chi vuole fare del bene ha sempre buon vento.

Bella parabola della madre e dei due figli diversi.

 L’amore vero e puro, e quello interessato.

 

1. Quando il mattino seguente il sole è già prossimo al sorgere, l’angelo di Jonaele e di Jairuth sveglia tutti coloro che ancora dormono, e Kisjonah, il quale con la sua famiglia si era accampato più vicino a Me, incarica subito la moglie e le sue figliole, come pure le altre persone di servizio, di darsi da fare per preparare una buona colazione!

2. Io però dico all’affaccendato Kisjonah: «Tu per oggi lascia stare, perché dobbiamo pure riservare questa gioia una volta anche al fratello Baram di Gesaira. Osserva là sul lago! Tu vedi che a poca distanza dalla riva c’è il battello di Baram completamente carico, ed i suoi figli ed i servitori sono occupati assieme a lui, a disporre il tutto per portare qui la colazione. Dunque per oggi, caro fratello, non darti affatto pensiero a questo riguardo, perché nel battello che è grande ci sono tante provviste da farne ancora un pranzo ed una cena abbondanti, nonché quaranta otri del miglior vino di Grecia»

3. Esclama Kisjonah: «Ma guarda un po’ che sorprese ci prepara questo poco loquace Baram! Eppure ieri egli non ha accennato nemmeno con una sola parola a questa sua intenzione; verso sera si è semplicemente eclissato e poi non ne sapemmo più nulla. Io credo che egli debba essere partito subito dopo il nostro arrivo, ed ecco che è già qui di ritorno con il suo battello ben carico! Egli deve aver avuto un buon vento, perché altrimenti, considerato tutto il lavoro che per di più ha dovuto fare, non avrebbe potuto certamente essere ancora di ritorno; con vento sfavorevole da qui a Gesaira ci vuole una buona giornata di voga assidua»

4. Dico Io: «Fratello, credi a Me, colui che ha in mente di fare del bene trova sempre un buon vento che lo aiuta, ma chi ha intenzione di fare del male non troverà che vento cattivo.

5. C’erano una volta due fratelli la cui madre possedeva molti tesori. Entrambi amavano così tanto la loro madre che questa non riusciva a comprendere quali dei due la amasse di più, ed era incerta a quale assegnare la parte più vistosa dell’eredità in ricompensa del maggiore amore dimostratole. Però, in realtà, soltanto uno veramente l’amava, mentre l’altro non aveva di mira che la grossa eredità, ed a questo scopo si affannava sempre più ad usare alla madre le più grandi attenzioni, superando in ciò non di rado l’altro fratello, il quale amava veramente la madre.

6. Il buon figlio, poiché amava la madre di vero amore, non nutriva il benché minimo sospetto sul conto del fratello, e provava anzi grandissima gioia ogni qualvolta vedeva la sua cara madre soddisfatta e contenta delle cure di cui la circondava il fratello. E le cose continuarono così per alcuni anni in perfetta armonia.

7. Ma la madre, nel frattempo, era invecchiata e, sentendo che le forze cominciavano a mancarle, chiamò a sé i due figli e disse: “Non posso davvero comprendere chi di voi due mi ami di più, e non so quindi a chi lasciare la parte maggiore dei miei beni; io intendo dunque che dopo la mia morte dividiate l’eredità fra di voi in parti uguali!”.

8. Disse allora il figlio buono: “Madre mia, grazie alle tue cure io ho imparato a lavorare, e, per quanto mi è necessario, posso certo guadagnarmi il pane; io voglio dunque pregare Dio con tutto il fervore della mia anima perché Egli ti lasci in vita così a lungo quanto io vivrò, e tu possa, come hai fatto finora, amministrare i tuoi beni a vantaggio di tutta la famiglia! Infatti, se io dovessi possedere l’eredità senza di te, sarebbe per me un tormento, e non potrei mai intascarla senza essere oppresso dalla tristezza. Perciò, mia carissima madre, tieni tu l’eredità e donala a chi vuoi; in quanto me, la migliore eredità che io possa desiderare è il tuo cuore, e voglia Dio conservartelo in vita il più a lungo possibile!”.

9. Quando la madre ebbe udito queste parole del suo buon figlio, celando nel suo cuore l’intensa commozione e le sue vere intenzioni, disse: “Figlio mio carissimo, questa tua confessione è un vero balsamo delizioso per il mio cuore, ma non perciò io posso lasciare ad uno straniero l’eredità che è destinata a te! Se tu assolutamente non vuoi riceverne alcuna parte, allora tuo fratello avrà, dopo la mia morte, l’eredità intera e tu dovrai servirlo, e ti guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte!”.

10. E il figlio buono rispose: “Mia carissima madre! Quando io dovrò lavorare e servire, il mio cuore si ricorderà sempre di te, e colmo di gratitudine dirà: ‘Vedi! Così ti ha insegnato a lavorare la tua cara e dolce madre!’. Ma se invece io avessi l’eredità, correrei il pericolo di perdere l’amore al lavoro e di darmi alla vita dell’ozio e dei piaceri, e potrei infine dimenticarmi perfino di te, madre mia! Per conseguenza io non voglio il tuo denaro duramente guadagnato che non porta l’impronta del tuo amore ma porta soltanto l’impronta della potenza imperiale, ma a me basta tutto quello che il tuo cuore mi ha donato portando l’immagine di questo, ed io lo conservo gelosamente e per sempre nel mio cuore; ora, questa eredità che tu, mia amata madre, mi hai dato in tanta abbondanza già fin dalla culla e grazie alla quale io mi sono procurato già molte cose buone e preziose, mi è immensamente più cara di quella che ottenesti con il lavoro e le fatiche delle tue mani! La vista di questa ricchezza non potrebbe che rendermi infelice, perché vedendola dovrei sempre pensare e dire a me stesso: ‘Chissà a prezzo di quali fatiche e di quanto lavoro ha potuto tua madre raccogliere questi tesori; chissà quante volte, intenta a procurarti la ricchezza, essa ha pianto dalla gran fatica e dal gran lavoro che faceva per te!’. E vedi, mia adorata madre, pensando a tutto ciò mi sarebbe assolutamente impossibile essere felice, poiché io ti amo tanto!”.

11. La madre allora, commossa fino alle lacrime, chiama a sé l’altro figlio e gli dichiara qual è il pensiero e la volontà di suo fratello.

12. E questo le risponde: “Io ho sempre pensato che mio fratello sia veramente un galantuomo, ma, nello stesso tempo e sotto certi aspetti, anche un uomo singolare! Io invece la penso in modo del tutto differente! Quanto io amo, onoro e stimo te, mia cara madre, altrettanto stimo pure tutto quello che mi vuoi donare e che mi darai; quindi, io accetto di gratissimo cuore l’intera eredità, e certo non mancherà a mio fratello la ricompensa per tutti i servizi che vorrà rendermi. Anzi, cara madre, se tu volessi, potresti darmi già ora metà dell’eredità perché io possa comperarmi del terreno e prendere moglie!”

13. Però la madre, alquanto addolorata per la risposta del secondo figlio, disse: “No! Sia come ho deciso in anticipo! Solo dopo la mia morte entrerai in possesso dell’eredità!”.

14. E il secondo figlio, turbato, si allontanò.

15. Ora, dopo un anno, la madre si ammalò gravemente e, mentre i due figli si trovavano a lavorare nel campo, venne una domestica a chiamarli, perché entrambi si recassero dalla loro madre e, secondo la volontà di questa, il più degno ricevesse la sua benedizione!

16. Il figlio buono, a questa notizia, si rattristò enormemente e, strada facendo, pregava Dio ad alta voce che volesse mantenere in vita sua madre.

17. Ma il figlio cattivo invece si irritò e disse al fratello che stava pregando: “Vuoi veramente dettare legge alla natura con le tue preghiere? Chi è divenuto maturo, sia padre o madre, fratello o sorella, deve morire, e non servono a nulla né suppliche né preghiere! Per questo motivo io ho come principio di rassegnarmi all’inevitabile e di dire: ‘Quello che Dio vuole è giusto e buono anche per me!’”.

18. Ma il fratello buono divenne ancora più triste udendo queste parole, e si mise con maggior fervore di prima a pregare per la vita della madre amata.

19. E come essi furono entrati nella stanza dove la madre giaceva ammalata, disse il figlio cattivo: “Io già sapevo che tu non saresti morta così presto!”. E poi cominciò con delle parole a persuaderla che essa non doveva temere la morte!

20. Mentre egli così le parlava, il figlio buono, tutto in lacrime, continuava ad alta voce a pregare. E Dio esaudì la sua preghiera e mandò al letto della madre inferma un angelo il quale la risanò perfettamente.

21. Allora la madre si alzò ben presto dal suo letto, poiché essa aveva ben compreso come una forza superiore le avesse ridonata la salute; e, quando ebbe cominciato a camminare e si fu accorta come i suoi piedi fossero pieni di vigore, esclamò: “Questo io lo devo alle ardenti preghiere di quel mio figlio, il quale per il grande e vero amore che mi porta non volle accettare l’eredità che gli avevo offerta! In verità ti dico, o figlio mio buono e caro, poiché il tuo amore per me è tanto grande e sincero da rinunciare per esso ad ogni cosa, io voglio che tu possieda tutto; quello che è mio è anche tuo! Ma tu invece, che mi hai amata soltanto a causa dell’eredità e che attendevi ansiosamente che io morissi, io, che fui pure tanto buona di offrirti tutta l’eredità, tu non riceverai più nulla affatto, e dovrai d’ora in poi restare servo degli uomini!”.

22. Avete compreso questa parabola?! Quale dei due figli vi sembra abbia avuto il buono e quale il cattivo vento?»

23. Rispondono i discepoli: «Evidentemente quello che amava veramente sua madre!»

24. Dico Io: «La vostra risposta è giusta! E ancora vi dico: “Nello stesso modo come si è comportata questa madre si comporterà il Padre vostro che è nei Cieli!”.

25. Colui che non Mi ama per amore di Me stesso non potrà entrare laddove Io sarò!

26. L’uomo deve amare Dio come Dio ama lui, vale a dire senza egoismo e senza secondi fini, altrimenti egli si rende assolutamente indegno di Dio!».

 

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Cap. 205

Dell’essenza dell’amore. L’amore brama e vuole avere. Differenza fra l’amore celeste e il satanico.

La colazione d’onore offerta da Baram al Signore per amor Suo.

Cenni sul premio riservato alle opere dell’amore.

 

1. Dice Achab: «Questa è certo una grande verità, e molto profonda, ma tuttavia io dovrei osservare ancora, che almeno da parte dell’uomo un amore perfettamente disinteressato non può esistere, poiché, per quanto io abbia riflettuto particolarmente sull’amore, ho dovuto pur sempre convincermi che esso, per puro che sia, quando si manifesta va più o meno sempre in cerca di una preda.

2. Vedi, io Ti amo certo tanto intensamente quanto un uomo può amarTi, tanto che dico, se fosse possibile, io vorrei avvinghiarmi strettamente a Te ed inspirare, per così dire, tutto il Tuo Essere per tenerLo celato nel mio cuore!

3. Ma ora mi domando: “È possibile che questo sentimento si accresca a tale grado anche qualora io abbia di fronte un’altra persona qualsiasi? Perché ciò non avviene e perché avviene invece quando si tratta di Te? La risposta è insita nell’essenza della cosa stessa!”.

4. Io so Chi sei Tu, so ciò che Tu puoi, ed ora so anche quello che per mezzo Tuo e con l’osservanza della Tua Legge posso raggiungere; ma tutto ciò è nello stesso tempo indiscutibilmente anche il fondamento del mio ardente amore per Te! Infatti, se Tu non fossi Quello che sei, il mio amore per Te sarebbe di certo molto più tiepido. Io dunque ho in Te e per Te uno straordinario interesse, e perciò Ti voglio e Ti amo!

5. Io non intendo affermare che io Ti amo mirando a qualche particolare guadagno, poiché io sono pronto ad abbandonare tutto a questo mondo per amor Tuo, ma tuttavia, anche in questo caso, il mio amore appare come un rapinatore in cerca di una preda del tutto speciale, perché questa preda desiderata sei Tu, dato che Tu per il mio amore sei più dell’intero mondo!

6. È sempre il maggior valore, materiale o spirituale che sia, a determinare l’impulso dell’amore. Il mercante che andava in cerca di perle vendette tutto e comperò la perla grande e bella che aveva trovato; e perché ciò? Perché essa aveva un valore molto maggiore di tutto quello che egli possedeva prima! Questo è certamente un interesse nobile, ma tuttavia è e resta sempre un interesse, e senza di questo, almeno per quanto riguarda l’uomo, non c’è l’amore! E se qualcuno venisse a parlarmi di un amore disinteressato, il quale forse può esistere tutt’al più presso Dio soltanto, io dovrei rispondergli: “Amico, in te vi sarà molta sapienza, ma è certo che l’amore non è stato mai oggetto delle tue meditazioni più profonde!”.

7. D’altro canto, però, è vero che fra l’amore divino puro e quello infernale vi è una differenza immensa, e cioè che l’amore divino vuole bensì come l’infernale ugualmente una preda, ma esso poi restituisce tutto e prende e raccoglie soltanto allo scopo sublime di donare e restituire, mentre l’amore infernale vuole una preda soltanto a vantaggio delle proprie fauci, e prende tutto, ma di dare o restituire non vuole saperne affatto.

8. Ora, facendo nostro l’amore celeste, noi sappiamo che con ciò non avremo mai da temere né perdite né danno alcuno e che anzi, al contrario, noi avremo, sotto ogni aspetto, soltanto e sempre più da guadagnare quanto più noi restituiremo.

9. A tale riguardo siamo simili ad una fonte scavata nel terreno, la quale, quanta più terra perde, tanto più guadagna in ampiezza e tanto più può accogliere in sé la luce e l’aria del cielo. Signore; io credo di non aver torto ragionando così, che ne dice la Tua Sapienza infinitamente superiore?»

10. Rispondo Io: «Null’altro che tu sei perfettamente nel vero, poiché, vedi, se l’amore non fosse rapace in un modo o nell’altro, esso non sarebbe affatto amore, poiché ogni amore brama qualcosa che vuole avere.

11. Ma appunto nello scopo dell’avere c’è un abisso che non si può colmare, e questo separa per l’eternità il Cielo dall’Inferno!».

12. Ma ecco che ormai la gente di Baram è già qui con la colazione, perciò, dopo aver dedicato delle ore allo spirito, vogliamo pure pensare per qualche tempo al nostro corpo affamato!

13. Baram si avvicina a Me e Mi offre su un piatto d’oro un pesce finissimo e preparato nel modo migliore, nonché un calice colmo di vino, e Mi prega di volerlo ritenere degno della grazia di accettare dalle sue mani la colazione.

14. Ed Io gli dico: «Questa tua azione certo non resterà senza ricompensa, perché ti sei sobbarcato di tali fatiche per il grande amore che nutri per Me e per il tuo amore ugualmente grande verso il fratello Kisjonah, per il quale ti dolevi pensando che sarebbe pur dovuto riuscirgli eccessivamente gravoso provvedere al mantenimento di parecchie centinaia di ospiti per molti giorni.

15. Io ti dico: “Questo pericolo non c’è in casa di Kisjonah, perché noi tutti assieme non potremmo consumare le sue provviste nemmeno in dieci anni!”. Ma poiché nel tuo cuore pensavi che alla fine sarebbero pure potute mancare a Kisjonah le necessarie provviste, e per tale motivo sei accorso da lontano in aiuto, la ricompensa sarà la stessa che ti spetterebbe qualora tu avessi agito così verso una persona effettivamente povera, poiché presso Dio non viene guardato che il cuore del donatore.

16. Ora però siediti anche tu vicino a Me, e mangia con Me e con il fratello Kisjonah da questo stesso piatto! Infatti questo pesce è così grande da poter saziare più che a sufficienza anche tre persone!». 

17. E tanto Baram quanto Kisjonah accolgono subito il Mio invito.

18. E così, col sole pienamente alzato, inizia la colazione la quale continua per circa due ore, perché il pasto non finì affatto dopo aver mangiato il pesce, ma a questo seguirono ancora una grande quantità di rinfreschi.

 

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Cap. 206

L’allegria degli ospiti durante l’abbondante colazione turba l’angelo.

Il peccato sta molto vicino all’allegria.

Del processo di nutrizione dell’uomo per il corpo, l’anima e lo spirito.

 

1. È quasi superfluo menzionare che dopo una simile colazione, tutti sono diventati allegri e oltremodo loquaci; il vino aveva sciolto tutte le lingue; perfino Jonaele e Jairuth avevano finito col prendere parte all’allegria generale, ed anzi Mi pregarono che Io concedessi loro di mantenersi in tale gaia disposizione d’animo anche quando sarebbero partiti per Sichar! Ed Io permisi loro di essere altrettanto di lieto umore quando avrebbero dovuto fare ritorno in patria.

2. Allora essi dissero: «Signore; che Tu ci conceda tale cosa, sta bene, perché così non commetteremo peccato nell’essere allegri; ma la grande domanda, poi, è se noi potremo davvero essere allegri!»

3. Rispondo Io: «Ebbene sì; voi potrete essere allegri e lo sarete anche!»

4. Ma l’angelo, che era venuto con i due, a questa Mia promessa fece un viso alquanto triste, e Jonaele, avendolo osservato, Me ne chiese il motivo.

5. Ed Io gli dissi: «Il motivo è che l’angelo comprende fin troppo bene che fra una grande allegria e il peccato non c’è che un tratto breve; egli prevede già ora la fatica che dovrà fare con voi durante il viaggio di ritorno per preservarvi dal peccato; questo vi spiega il suo turbamento. Però date anche a lui un po’ di vino da bere; chissà che con ciò egli non si rassereni alquanto!»

6. Jonaele porge subito un calice colmo all’angelo, il quale lo prende e lo vuota fino all’ultima goccia; e i due rimasero enormemente stupiti, poiché essi non lo avevano mai visto fare una cosa simile!

7. L’angelo però disse: «È già parecchio tempo che io sono con voi; ma perché quando sono in casa vostra non mi offrite mai un bicchiere?»

8. Dice Jonaele: «Come avrebbe mai potuto venirci in mente, neanche in sogno, l’idea che un angelo, il quale si trova a questo mondo, possa prendere un qualche nutrimento materiale?»

9. Dice l’angelo: «Eppure è strano! Avete pur visto come anche il Signore di tutti i Cieli mangiò e bevette Lui pure come voi, e nessuno può negare che Egli sia lo Spirito più grande e più perfetto; perché dunque non dovremmo noi angeli mangiare e bere quando, per servire voi nella materia, dobbiamo assumere anche noi un corpo di carne?!

10. Dammi anche un po’ di pesce e del pane, e vedrai subito che io posso non soltanto bere, ma benissimo anche mangiare, perché, dove il Signore prende del cibo terreno, là possono prenderne altresì i Suoi angeli!»

11. Allora Jonaele offre all’angelo un pesce intero ed un buon pezzo di pane, e l’angelo prende il tutto e lo mangia.

12. E dopo che l’angelo ebbe dimostrato ai due meravigliati come anche uno spirito possa benissimo prendere un cibo materiale, Jonaele gli chiese come si sarebbe potuto spiegare la cosa, considerato che, in sostanza, egli non era che uno spirito!

13. E l’angelo gli risponde: «Hai mai visto un morto mangiare e bere?»

14. Risponde Jonaele: «Una cosa simile nessuno certo l’ha mai vista!»

15. Replica l’angelo: «Ebbene, se un corpo privo della sua anima e più ancora del suo spirito, corpo che in sé è quasi sola materia, non prende né può prendere alcun nutrimento, è chiaro che sono appunto l’anima e lo spirito vitale in essa che prendono questo nutrimento. Ma poiché il corpo non è altro che uno strumento di cui si avvale l’anima e di per se stesso non ha alcun bisogno di cibo, allora è appunto l’anima, e con essa lo spirito, che trae dalla terra il nutrimento finché essa dimora nel corpo destinatole, corpo che essa mantiene dandogli da mangiare quella parte del cibo che essa non può assimilare, ma che deve eliminare! Così il corpo viene nutrito con gli escrementi dell’anima.

16. Dunque, se già nell’uomo ancora materiale è soltanto l’anima che prende il nutrimento dalla terra finché essa dimora nel corpo, sarà ben giustificato che anch’io, quale anima e spirito, prenda del cibo terreno finché mi sia dato di calcare questa terra con i miei piedi e che, al fine di poter servire i vostri scopi, debba avere anche un certo corpo che è stato creato per me dagli elementi materiali dell’aria! Che ne pensate voi?».

 

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Cap. 207

La pessima influenza della gozzoviglia sull’anima. La morte spirituale come conseguenza dell’eccesso.

Del vero digiuno. La mortificazione del corpo per comunicare con il mondo degli spiriti è peccato.

La vita e la dottrina del Signore sono il nostro modello.

 

1. I due amici di Sichar ed ancora molti altri con loro, che hanno pure udito la spiegazione dell’angelo, si mostrano enormemente stupiti, e Pietro Mi domanda: «Signore, che vi è di vero in ciò che ha detto ora questo servitore di Jonaele? La cosa mi sembra un po’ troppo strana! Come può il corpo venire nutrito con i rifiuti dell’anima? E l’anima ha forse anch’essa uno stomaco, e perfino un ano?»

2. Rispondo Io: «L’angelo ha detto la piena verità; così è, infatti. E perciò la gozzoviglia e la crapula rendono l’anima stessa materiale e sensuale; essa viene sovraccaricata e il corpo non può accogliere tutti i rifiuti dell’anima, e la conseguenza è che questi rifiuti rimangono nell’anima, la opprimono e la travagliano in modo tale che essa ricorre poi a tutti i mezzi ed a tutte le vie pur di espellere da sé le impurità che si sono eccessivamente accumulate. E queste vie consistono in ogni genere di libidine, di prostituzione, di adulterio e in altre e molte cose di tale specie.

3. Ma poiché, così facendo, all’anima ne deriva una certa eccitazione piacevole, essa si lascia sedurre e diventa sempre più vogliosa e bramosa di queste sensazioni, ritorna con sempre maggiore piacere alla gozzoviglia ed alla crapula, ed infine diventa completamente sensuale, tenebrosa e inaccessibile alle manifestazioni della vita spirituale; successivamente si indurisce, diviene priva di sentimenti e finisce con il diventare cattiva, superba ed orgogliosa.

4. Quando poi un’anima ha perduto, come necessariamente deve perdere, il suo valore spirituale in conseguenza del modo di vivere ora descritto, e quindi è spiritualmente morta, essa allora inizia letteralmente ad erigere in sé, dalla sua immondizia, un trono, e da ultimo considera perfino come un onore e un decoro speciale l’essere tanto ricca di impurità!

5. In verità vi dico: “Tutti gli uomini che a questo mondo si compiacciono di quanto sollecita la loro sensualità, stanno, quali anime, immersi fin sopra gli occhi e gli orecchi nella loro densa immondizia; sono perciò spiritualmente del tutto sordi e ciechi e non sono più in grado di vedere, di udire e di comprendere quello che potrebbe essere la loro salvezza!

6. Per conseguenza siate sempre moderati nel mangiare e nel bere, affinché la vostra anima non cada ammalata e non affoghi nel pantano delle proprie impurità!”»

7. Pietro, a queste Mie parole, mostra una faccia evidentemente preoccupata e dice: «Signore; se è così, non si può mettere in dubbio che allora si dovrebbe più digiunare che mangiare!»

8. Ed Io gli rispondo: «Chi a tempo debito digiuna, fa meglio di colui che è sempre dedito ai bagordi ed alla crapula; però bisogna distinguere fra digiuno e digiuno! Il digiuno veramente buono ed efficace consiste nell’astensione da ogni peccato, nella rinuncia completa a tutte le cose del mondo, nel prendere sulle spalle la propria croce (nel passato in modo figurativo: miseria, povertà e avversità) e seguire Me in questo modo, senza perciò troppo angosciarsi nel misurare il proprio cibo e le bevande, però altresì senza eccedere oltre il bisogno fino all’ingordigia; ogni altra specie di digiuno non ha che poco valore oppure non ne ha affatto.

9. Infatti vi sono degli uomini i quali, per mezzo di certe mortificazioni del loro corpo, vogliono penetrare nel mondo degli spiriti per poter, con il loro aiuto, padroneggiare le forze della natura; questo modo di procedere non soltanto non è di nessuna utilità all’anima, ma al contrario è quanto mai dannoso. In questo caso l’anima, come un frutto artificiosamente maturatosi, cade dall’albero della vita, e il nocciolo vitale di un tal frutto è sempre corrotto, vuoto, sordo e per conseguenza morto.

10. Un simile genere di mortificazione o di digiuno, dunque, non soltanto non costituisce alcuna virtù, ma è invece un peccato gravissimo!

11. Perciò chi vuole vivere rettamente e conformemente al vero ordine viva precisamente come Io stesso vivo ed insegno a vivere; così vedrà svilupparsi vivo e diventare naturalmente e pienamente maturo in sé il frutto della vita, nel quale verrà formandosi e perfezionandosi non già un germe morto, ma uno completamente vivo per la vita unica eterna nello spirito e per la vivissima coscienza e conoscenza di sé, nell’ordine migliore e nella progressione più rapida e rigogliosa. Ora dunque sapete come si agisce anche a questo riguardo secondo gli ordinamenti stabiliti da Dio; comportatevi così ed avrete in voi la vita!

12. Ora i raggi del sole cominciano ad acquistare sempre più forza, perciò noi scenderemo da questa collina e ci ritireremo nel giardino ricco d’ombra. Tu Matteo, che sei il Mio scrivano, puoi mettere ora in ordine le tue tavolette e trascrivere le annotazioni fatte in modo che ne risulti una descrizione alquanto ampia e completa di quanto è avvenuto e di quanto è stato insegnato qui. Noi intanto ci riposeremo un po’!».

 

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Cap. 208

Il Signore con i Suoi nel giardino. Matteo ordina i suoi scritti. La calma paurosa prima dell’uragano.

L’angelo Saggio tranquillizza gli uomini angosciati a causa della tempesta. Terremoto, burrasca marina e temporale.

 

1. Ora abbandoniamo la collina e ci rechiamo all’ombra degli alberi foltissimi per riposare; là, sotto un albero di fico dai rami molto ampi, c’era una comoda panca fatta di zolle erbose. Io Mi sedetti là, e Mi addormentai, e tutti gli altri, compresa Maria vicino a Me, presero anch’essi posto e furono colti dal sonno; soltanto Jonaele, Jairuth e Matteo sedettero ad un tavolo nel giardino, e Matteo cominciò a mettere in ordine i suoi scritti. Durante questo lavoro l’angelo di Jonaele e di Jairuth lo assistette e lo rese attento a parecchie mancanze.

2. Verso mezzogiorno Baram, il quale si trovava sul battello assieme a Kisjonah, osservò che in direzione di occidente avevano cominciato ad accumularsi all’orizzonte dei nuvoloni temporaleschi quanto mai oscuri e pesanti, e che contemporaneamente la superficie del lago andava man mano assumendo una calma inquietante, segno sicuro che in brevissimo tempo sarebbe scoppiata una tempesta devastatrice congiunta forse a terremoto.

3. Baram allora fece immediatamente trasportare a terra tutte le provviste che erano ancora sul battello, e fece legare questo quanto più solidamente poté alla riva; e la gente di Baram ebbe appena il tempo di eseguire in fretta questi lavori che già si vide in lontananza l’acqua iniziare a sollevarsi in onde enormi!

4. E Kisjonah subito disse: «Noi dovremo svegliare il Signore ed i Suoi discepoli, poiché con una tale altezza dei cavalloni, che io finora non avevo mai visto, il mare potrebbe allagare tutto il giardino e mettere in pericolo, chi più chi meno, coloro che dormono! C’è inoltre pericolo che il battello venga addirittura scagliato sulla spiaggia»

5. Osserva Baram: «Sì, amico mio, è certo che se il Signore questa volta non mette freno all’uragano, esso potrà arrecare danni incalcolabili! Io però mi affido al Signore; Egli certamente non ci lascerà andare in rovina! Ed io penso che finché Egli dorme così placidamente, noi abbiamo poco o nulla da temere dalla tempesta che sarà qui fra pochi istanti; tuttavia andiamo sollecitamente da Lui e avvertiamolo di quello che sta per succedere»

6. I due poi, e con loro i marinai, si affrettano verso di Me e provano a svegliarMi, ma questa volta per un buon motivo Io non Mi sveglio, e l’angelo si avvicina a loro e dice: «LasciateLo riposare e non Lo svegliate, perché Egli dorme appunto a causa di questo necessario uragano! Ciò che succederà tra poco dimostrerà a che cosa esso sarà stato utile!»

7. E Kisjonah esclama: «Ma cosa succederà quando quelle enormi ondate cominceranno a rovesciarsi fino ai miei giardini, e li spazzeranno furiosamente?!»

8. Dice l’angelo: «Di ben altro occupati e non di questo! Credi tu forse che il Signore, se anche ai tuoi occhi sembra che dorma, non sappia nulla di quanto succede qui?! Sappi che è Sua Volontà che così avvenga; e perciò avviene così e non diversamente! Tu quindi puoi star tranquillo!»

9. Domanda Kisjonah: «Ne conosci tu la ragione?». Risponde l’angelo: «Se anch’io la conoscessi, non potrei dirtela prima che tale non fosse la Volontà del Signore; perciò non chiedere altro e stai pur tranquillo, senza alcun timore e senza angosce; il futuro aprirà gli occhi a tutti voi!»

10. Dopo queste parole dell’angelo, il quale si mise tranquillamente accanto a Matteo per aiutarlo a disporre bene i suoi scritti, Kisjonah si diede pace, e Baram disse: «Io devo confessare apertamente che, da quando vivo, non ho mai visto una bufera tanto minacciosa quanto questa che attendiamo si scateni da un momento all’altro dinanzi a noi, ma, d’altro canto, mai un fenomeno così terribile mi ha trovato tanto indifferente e tranquillo! Guarda là! Quella insenatura che si può raggiungere in un quarto d’ora con un vento moderato e lavorando un po’ di remi: là certo si scatenerà fra pochi istanti un grande temporale!

11. Ecco come le onde mostruose avanzano nel senso della lunghezza del mare, alla distanza di un quarto d’ora fuori dall’insenatura, precisamente in direzione di Sibara, e sembrano montagne galleggianti percosse ad ogni istante da migliaia di fulmini, e tuttavia questa insenatura è ancora tanto calma che si può osservare da qui molto facilmente l’uragano al di fuori dei suoi limiti d’azione, come pure si può vedere molto nettamente la costa; questo è certo un fenomeno quanto mai raro! Bisogna pur convenire che, potendo assistere a qualcosa di simile con animo pacato e tranquillo, si gode uno spettacolo veramente rarissimo e terribilmente bello nella sua grandiosità! Ma coloro che eventualmente si trovano fuori in alto mare non ragioneranno certo così come noi qui, davanti a questa insenatura dalla superficie liscia come uno specchio!

12. Da qui fino al limite estremo di questa spaventosa bufera c’è ancora una mezz’ora buona, eppure con quanta forza ci giunge all’orecchio il rimbombo tremendo del tuono! Entro i confini dell’uragano ci deve essere un tale frastuono da diventare completamente sordi! Ma ecco che la terra comincia anch’essa a tremare! Non senti nulla?»

13. Risponde Kisjonah: «Oh, si, volevo appunto dirti la stessa cosa; ma la meraviglia più grande di tutte è che la mia insenatura, nonostante tutto ciò, si mantiene ancora così tranquilla come raramente ho avuto occasione di vederla. Infatti troppo bene so quale spaventevole spettacolo sia capace di offrire questa piccola insenatura di mare quando comincia ad infuriare! Mentre, come si vede, tanto qui quanto per un bel tratto ancora fuori del golfo, tutto è perfettamente tranquillo! Ma ascolta, il terremoto si fa più violento! Basta che i fabbricati non ne riportino danno! Ma ecco che adesso anche l’insenatura comincia ad agitarsi con quelle caratteristiche vibrazioni circolari sull’acqua e fuori dell’insenatura il lago accenna pure a farsi grosso; certo il mal tempo non si farà aspettare troppo! E allora, nel Nome del Signore! Peggio che di perdere questa vita terrena non ci può toccare; avvenga dunque quello che deve; il Signore e il Suo angelo sono pure qui con noi! Tuttavia lo spettacolo mette davvero spavento! Voglia il Signore usare grazia e misericordia a tutti i peccatori!».

14. Infatti, anche le acque dell’insenatura cominciano ad agitarsi. Delle violente raffiche investono sibilando gli alberi, mentre nella massa densa e nera delle nuvole, che nel frattempo è avanzata, si incrociano innumerevoli i fulmini; parecchi ne scoppiano sull’insenatura con orrendo fracasso, sollevando vortici di schiuma che si espande tutt'intorno, ma ancora non cade alcuna goccia di pioggia dalle nubi infuocate. Un fulmine, tra gli altri, cade sulla collina dove noi abbiamo passato la notte, e il terribile scoppio che ne segue ha per effetto di svegliare tutti dal sonno profondo in cui sono immersi; soltanto Io rimango ancora addormentato.

15. Quando i risvegliati, storditi dall’enorme frastuono, si accorgono della bufera tremenda che infuria al di sopra di loro ed odono il fragore dei fulmini che ininterrottamente piombano sulla spiaggia, ciò che finisce con lo svegliarli completamente, si alzano tutti da terra in preda allo spavento, ed i discepoli si precipitano verso di Me gettando urla angosciose e Mi risvegliano!

16. E Giuda, tutto sconvolto, grida: «Ma Signore! Come puoi dormire in un simile infuriare degli elementi?! È una vera pioggia di fulmini dal cielo! Chi può più essere sicuro dalla morte anche solo per un istante? Aiutaci Tu, o Signore, altrimenti crollerà tutto il mondo!»

17. Gli dico Io: «Ti ha già forse colpito qualche fulmine?»

18. Risponde Giuda: «Finora certamente no, per fortuna! Ma quello che non è accaduto finora può benissimo accadere ad ogni battere di ciglio con un temporale di questo genere! Naturalmente, io posso parlare adesso perché sono ancora in vita; ma chi può sapere se un prossimo fulmine non mi tronchi la parola per tutta l’eternità!»

19. Ma mentre Giuda sta ancora parlando, ecco che le acque dell’insenatura cominciano a sconvolgersi ed a sollevarsi con uno scroscio fragoroso in ondate che accennano a dirigersi verso la spiaggia dalla parte dove noi siamo, e poiché le acque sembrano sollevarsi parecchie tese[15] più in alto di quanto lo siamo noi nel giardino, tutti i discepoli gettano grida disperate, ed alcuni prendono anzi la fuga verso l’altura più vicina, ma una vera tempesta di fulmini li ricaccia subito indietro! 

20. Centinaia di voci si uniscono in un solo grido: «Signore, aiutaci se Tu lo puoi e lo vuoi, altrimenti non c’è più salvezza!».

21. Solo Matteo, Jairuth, Jonaele e il loro angelo non si lasciano sviare, e imperturbati conducono a termine il loro lavoro.

22. Dal canto Mio, però, questa volta non metto nessun freno all’uragano, e lascio che continui nel suo cieco infuriare fino all’esaurimento; soltanto non gli concedo di causare il benché minimo danno.

 

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Cap. 209

Lo scopo di questo uragano: inghiottimento dei nemici del Signore. I pericoli della missione.

I buoni effetti della bufera del giudizio. La buona pesca.

 

1. Pietro però si avvicina a Me, e in tutta segretezza Mi dice: «Signore, si è tanto dunque affievolito in Te lo Spirito del Padre Tuo che Tu non possa più dominare una tempesta simile? Vedi se Ti è possibile farla cessare!»

2. Rispondo Io: «Sappi che c’è una savia ragione per la quale questo uragano, che non durerà più molto a lungo, deve infuriare! Se però tu hai qualche dubbio in proposito, sappi che dieci imbarcazioni a noi nemiche si trovano in alto mare allo scopo di raggiungerci, di catturarci tutti assieme ed infine di sterminarci completamente! Questo uragano invece ritorce a loro danno le maligne intenzioni che avevano a nostro riguardo; se dunque la cosa sta in questi termini, perché Mi preghi e pretendi che Io faccia cessare questo uragano necessario alla nostra momentanea ed altrettanto necessaria salvezza? Lasciagli pure libero sfogo finché lo scopo per il quale esso si è manifestato sia pienamente raggiunto; poi vedrai bene che finirà serenamente del tutto! Osserva là in lontananza, e dimMi che cosa è quello che le onde altissime del mare portano sul loro dorso furibondo e che scagliano qua e là come farebbe un bambino malizioso e petulante con i suoi vani giocattoli?».

3. Pietro allora osserva attentamente la superficie vasta delle acque ancora tutta sconvolta, e scorge ben presto diversi rottami ed una nave ancora intera benché danneggiata; il tutto, nave e rottami, è in piena balia delle onde mostruose che li trascinano e scuotono violentemente l’uno contro l’altro come polvere presa in un vortice di vento. Egli vede inoltre alcuni uomini i quali, attaccati disperatamente ai resti delle navi, fanno i loro ultimi sforzi per tentare di raggiungere la costa, e vengono alternativamente senza tregua inabissati e sollevati in alto dalle onde.

4. E Pietro, dopo aver contemplato per un po’ questo spettacolo, Mi dice: «Signore, Perdonami; Tu sai già che io sono ancora un peccatore e che, per conseguenza, non potevo che infastidirti con una domanda oltremodo sciocca; ora però tutto è chiaro! I perfidi farisei di Gesaira si sono rivolti per aiuto a Gerusalemme, ed hanno ottenuto che dieci navi con soldati romani venissero armate per venire qui ad arrestarci. Essi dovettero attraversare il mare, perché via terra non avrebbero potuto tanto facilmente arrivare fin qui a Chis (località che apparteneva a Kisjonah) ed ora hanno avuto la ricompensa ben meritata per le loro fatiche! Questi certo non potranno più farci nulla, tanto più che dalla direzione delle onde le navi sfasciate vengono spinte verso Sibara dove ci sono scogli in grande quantità, oltre ai quali sarà molto difficile che qualcuno si salvi data la violenza inaudita dell’uragano! Oh, come sta bene a questa razza perfida ed adultera che sia finalmente giunta per essa il momento del giudizio! Quanto succede adesso dovrebbe essere molto adatto a togliere ai farisei ogni ulteriore voglia di insorgere contro di Te!»

5. Dico Io: «Satana lascia che lo si colpisca mille volte mille, ma ciononostante, anche dopo mille volte mille colpi, egli rimane sempre lo stesso acerrimo nemico di Dio e di tutto ciò che di buono e di vero trae origine dallo Spirito di Dio. Certo, coloro che ora le acque del lago trascinano morti sulla sua superficie non potranno più farci del male, ma al loro posto ne sorgeranno degli altri, che ci incalzeranno e noi saremo costretti a fuggire nelle città dei greci; e non trascorreranno affatto molte settimane che queste cose succederanno!»

6. Dice Pietro: «Signore! Finché restiamo qui, però, saremo lasciati tranquilli?»

7. Rispondo Io: «Sì, questo è certo; ma sulla Terra abitano ancora altre genti e popoli ai quali il Vangelo è altrettanto necessario quanto a voi, ed essi pure sono stati creati dallo stesso Padre che ha creato voi! Da questi, malgrado tutte le persecuzioni che ci attendono, noi dobbiamo andare e dobbiamo portare loro la Buona Novella dai Cieli! Anch’essi ci perseguiteranno, ma tuttavia con il tempo si convertiranno, e come agnelli faranno ritorno al nostro ovile!

8. Noi siamo buoni e il mondo è cattivo; dunque da esso non possiamo certo aspettarci nessun bene, ad eccezione di qualche piccolo e dolce frutto nascosto qua e là fra la preponderante massa della zizzania! Ma ora osserva, l’uragano va calmandosi gradatamente, e per questa volta ogni pericolo è scomparso!»

9. RivoltoMi poi a Baram: «Amico, il temporale si calma e con lui va passando il mezzogiorno; perciò noi ora andremo a pranzo affinché possiamo acquistare sufficiente vigore per il lavoro del pomeriggio».

10. Qui non è necessario narrare più dettagliatamente come procedette il pranzo, né descrivere più da vicino gli effetti prodotti dal violentissimo uragano, specialmente con riguardo alle dieci navi prima menzionate; basterà sapere che di mille uomini che esse portavano soltanto cinque poterono salvarsi; tutti gli altri divennero preda delle acque, e sugli scogli di Sibara, dopo molto tempo, furono trovate ancora ossa umane rosicchiate ed imputridite, assieme ad una quantità grandissima e svariata di armi romane e di catene in origine destinate a Me e ai Miei discepoli.

11. Come poi le conseguenze di una simile tempesta produssero l’effetto di deprimere quanto mai l’animo dei farisei come pure quello dei romani, specialmente a Cafarnao ed a Nazaret, è del tutto superfluo menzionare, ed infatti per alcune settimane Io fui lasciato in pace assieme a coloro che erano con Me.

12. Dopo il pranzo, non essendovi in quel pomeriggio qualcosa di notevole da intraprendere, i discepoli unitamente ai pescatori di Kisjonah si recarono in mare, e fecero fin verso sera cinque buone retate dei migliori pesci che là si trovavano, e li portarono nei contenitori di Kisjonah, il quale ne fu contentissimo, e fu dato ordine che un centinaio dei più belli venisse prontamente preparato nel modo migliore con spezie ed erbe aromatiche per quella sera stessa. Così finì la giornata, e dopo la cena ciascuno si dedicò al riposo che si era reso ormai necessario a tutti.

 

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Cap. 210

Escursione a Cana nella valle. I poveri ebrei agricoltori e gli avidi mercanti greci quali debitori di Kisjonah. La nobiltà d’animo di quest’ultimo. Breve dottrina della vita a quel popolo. Il Signore testimonia di Sé e della Sua missione. 

I buoni effetti di questa lieta novella.

 

1. Il giorno seguente noi facemmo una cosiddetta escursione in una valle che si estendeva precisamente fra le due catene di monti in direzione della Samaria, ed attraverso la quale passava la strada principale per Damasco che da lì si diramava poi verso tutte le piccole e grandi città dell’Asia centrale; questo era anche il motivo per cui l’ufficio della dogana di Kisjonah nella località di Chis era fra i più redditizi di tutta la Galilea.

2. In quella valle c’erano naturalmente una quantità di piccole borgate, nelle quali abitava una popolazione molto numerosa composta di ebrei e di greci che vi facevano i loro commerci. Vicino a Chis, a due ore circa di distanza entro la vallata, vi era una borgatella denominata essa pure Cana; per conseguenza, per non confonderla con la città di Cana situata presso Nazaret, parlando di quest’ultima, veniva precisato il luogo con l’aggiunta “di Galilea”, mentre quando si parlava semplicemente di Cana, si doveva intendere la summenzionata seconda Cana nella valle che era situata sul territorio della Samaria, e appunto perciò a Chis, quale località di confine fra la Galilea e la Samaria, dove sorgeva il grande ufficio della dogana a cui si è già spesso accennato.

3. Questa Cana era abitata principalmente da greci, cosicché per ogni famiglia ebrea c’erano sicuramente cinque famiglie greche. Gli ebrei traevano il loro sostentamento prevalentemente dall’agricoltura e dall’allevamento del bestiame, mentre i greci esercitavano quasi esclusivamente il commercio.

4. Noi ci recammo dunque a Cana nella valle per visitare specialmente gli ebrei che là dimoravano, i quali in parte erano non di rado esposti ad enormi imbrogli da parte dei greci insidiosi e scaltri, e come possessori delle terre dovevano sopportare da soli quasi tutto il peso delle imposte e gli altri oneri; per conseguenza anche molto spesso si ammalavano e deperivano fisicamente e moralmente per la miseria e la tristezza cui dovevano sottostare.

5. Quando noi arrivammo a Cana e tanto gli ebrei quanto i greci ebbero visto Kisjonah, ben conosciuto da tutti, che era in nostra compagnia, si affrettarono a venirgli incontro, lo salutarono e lo pregarono che usasse loro indulgenza, poiché tanto gli ebrei quanto i greci gli erano debitori di rilevanti somme di denaro.

6. Ma Kisjonah disse: «Se io avessi voluto esigere qualcosa da voi, non mi sarebbe stato necessario percorrere questa lunga via, ma ne avrei dato l’incarico ai miei servitori, mentre io sono venuto qui da voi per portarvi una grande consolazione con ciò che ora qui pubblicamente annuncio a voi tutti: il vostro debito verso di me è estinto, perché il mio e il vostro Signore l’ha pagato più che a sufficienza per tutti, ed io mi dichiaro perfettamente soddisfatto; quindi voi potete essere lieti ed allontanare dal vostro animo ogni cura a questo riguardo»

7. Quando gli abitanti di Cana ebbero appreso la buona notizia, colmi di giubilo, si affollarono intorno a Kisjonah supplicandolo di rivelare loro chi fosse e dove si trovasse il Signore da lui menzionato al quale erano debitori di un beneficio così grande e di tanta grazia, affinché essi potessero presentarsi a Lui per renderGli grazie ed onore.

8. E Kisjonah, ponendo la mano sulla Mia spalla, dice: «Ecco il Signore che voi cercate; dinanzi a Lui piegate le vostre ginocchia!»

9. Udendo ciò, gli abitanti di Cana si prostrarono tutti dinanzi a Me e, chinata la faccia a terra, esclamarono: «Salute a te, o benefattore nostro non ancora da noi conosciuto! Quale bene ti abbiamo fatto e quale amicizia ti abbiamo mai dimostrata da indurti ad avere pietà della nostra grande miseria?! E poiché tu o signore e benefattore nostro, assolutamente da noi mai visto, hai voluto farci questa grazia grandissima, ti piaccia dichiararci in quale modo noi possiamo sdebitarci e cosa dobbiamo fare per poterci dimostrare di fronte a te almeno un po’ più degni della tua grande bontà di quanto lo siamo e possiamo esserlo quale gente per natura a te completamente estranea»

10. Ed Io dico loro: «D’ora innanzi siate giusti e buoni; amate Dio sopra ogni cosa e il prossimo vostro come voi stessi, vi sia esso amico o nemico, senza eccezione; fate del bene a coloro che vi fanno del male; benedite coloro che vi maledicono e pregate per coloro che vi perseguitano; così operando, sarete accolti quali figli dell’Altissimo, e soltanto in ciò consisterà anche l’unico rendimento di grazie per tutto quello che Io vi ho fatto. Questo è quanto domando da voi!»

11. Dicono i greci: “Signore ed amico! Di dèi noi ne abbiamo molti! Quale fra i tanti dobbiamo noi amare sopra ogni cosa: Giove, od Apollo, o Mercurio, oppure qualche altra delle dieci divinità principali? O dobbiamo forse adorare il Dio degli ebrei? Ma questo loro Dio sembra non essere diverso dal nostro dio Crono, e come possiamo amare sopra ogni cosa questo Dio favoloso?»

12. Ed Io gli rispondo: «Gli dèi che voi greci adorate non sono che un prodotto vano e artificiale plasmato nella materia dalla mano dell’uomo, e voi potete pregarli, adorarli, venerarli ed amarli più della vostra vita per migliaia e migliaia di anni che essi non vi esaudiranno mai e non potranno mai fare nulla di bene per la semplicissima ragione che essi nella realtà viva non sono niente, e non esistono in nessun luogo.

13. Il Dio degli ebrei invece, che la grande maggioranza però teme di riconoscere nella pienezza della verità ma Lo adora e venera con le cerimonie più sozze, vuote e morte anziché venerarLo ed adorarLo in Spirito e nella Verità del cuore, ciò che costituisce il vero amore, questo è il solo e vero Dio dall’eternità, il Quale dal proprio seno ha creato il Cielo e questa Terra e tutto quello che su di essa, in essa e sotto di essa esiste!

14. Io però sono fin dall’eternità il Suo messaggero, ed ora sono venuto qui per annunciare a voi ed ai vostri figli questo Vangelo! 

15. Questo è dunque il Dio che voi dovete amare sopra ogni cosa, e del Quale dovete osservare i comandamenti che, come dettovi già prima, consistono nel semplice fatto di amarLo sopra ogni cosa e di amare altresì il vostro prossimo come voi stessi!

16. Inoltre dovete avere in voi anche la fede che appunto in questo Dio che è il Padre Mio, dunque il Mio Amore fin dall’eternità, Mi ha mandato su questo mondo affinché ognuno che crede in Me abbia in sé la vita eterna e divenga così un figlio dell’Altissimo!

17. Ed affinché a voi tutti riesca più facile credere, conducete qui tutti i vostri ammalati ed Io li risanerò, qualunque sia il male dal quale sono afflitti. Andate dunque e accompagnateli tutti qui da Me!”»

18. A queste parole pronunciate da Me, quegli abitanti si meravigliarono, ed esclamarono come una sola voce: “Una grande fortuna è stata riservata a questo nostro luogo! Come risuonano potenti e meravigliose le parole sante e vere di questo nostro grande benefattore! In verità, tanta amorevolezza e tanta bontà non possono nascondere dietro a sé alcuna malizia, né falsità né inganno; per conseguenza noi faremo senza alcun timore qualunque cosa egli voglia richiedere da noi! Infatti colui che ci è stato amico ancora prima di averci conosciuti, tanto più lo sarà ora che ci ha visti e che ci ha parlato nel nostro grande bisogno! Lodato sia il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che si è ricordato ed ha avuto misericordia di noi!».

19. Dopo queste buone parole, tutti si recano prontamente alle loro case e conducono fuori in tutta fretta duecento ammalati.

 

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Cap. 211

La grande guarigione miracolosa a Cana nella valle. Buone parole e preghiera degli anziani al Signore. Un esame della fede. Parole del Signore ai sani di corpo ma ammalati nell’anima. Regole evangeliche della vita e cenni sociali. La maledizione dello spirito usuraio. Come procede la decadenza sociale. Minaccia di punizione dall’Alto.

 

1. Quando gli ammalati, in parte sorretti faticosamente a braccia, in parte condotti a dorso di mulo e in parte addirittura portati sui loro giacigli, furono arrivati, vennero disposti in semicerchio intorno a me, e gli anziani della borgata si fecero innanzi e Mi pregarono dicendo:

2. «Signore! Tu che ci hai sciolto dal nostro debito verso il potente e ricchissimo Kisjonah, cosa per la quale noi non potremmo mai ringraziarti abbastanza, ridona se puoi la salute a questi poveretti, affinché possano anch’essi gioire con noi dell’immenso beneficio che ci hai reso»

3. Dico Io: «Certo, fui Io che vi invitai a condurre qui i vostri ammalati, ed Io posso mantenere e manterrò anche la Mia promessa; però anzitutto vi domando se volete e potete credere quello che vi ho detto! La vostra fede sarebbe di grande giovamento!»

4. Dicono gli anziani: «Signore, noi riteniamo che tu veramente abbia il potere di fare questo, e quindi noi crediamo per così dire ciecamente che, per mezzo dei tuoi farmaci miracolosi ed a noi ancora sconosciuti, tu guarirai i nostri ammalati!»

5. Osservo Io: «Ma come sarebbe se Io non avessi con Me alcun rimedio speciale, né un olio od un balsamo medicinale, né nessun altro degli specifici solitamente usati per la cura delle differenti malattie? Come vi immaginate in questo caso che Io potrò guarire i vostri ammalati?»

6. Rispondono gli anziani: «Signore! Come potremmo comprendere tale cosa? Infatti è ben certo che di tutte le cose del mondo noi ne sappiamo di più che appunto dell’arte medica! Noi veramente abbiamo in questa località un medico, ma anch’egli è come non ci fosse, perché non ha mai saputo aiutare il suo prossimo altrimenti che ad andare sottoterra! Dunque, ammesso che anche noi ne sapessimo di medicina quanto il nostro medico, non potremmo ugualmente dirti la nostra opinione sul modo di guarire gli ammalati senza medicamenti; perciò è impossibile che noi comprendiamo come tu potresti ridonare la salute agli ammalati usando i mezzi naturali, però senza cure visibili!

7. Forse che a tua disposizione stanno dei mezzi soprannaturali, ciò che noi non possiamo certamente sapere; oppure tu sei forse un discepolo del tanto famoso medico miracoloso di Nazaret, che si chiama Gesù? In tal caso tali guarigioni dovrebbero essere possibili!

8. Però è un peccato in eterno che, come abbiamo udito, i farisei di Gerusalemme abbiano tanto insistito e tramato presso Erode da indurlo finalmente ad ordinare che questo famosissimo Salvatore fosse arrestato e gettato in carcere! Oh, questa è davvero una grande sventura per la povera umanità che soffre!

9. Ma è tuttavia una fortuna che Egli avrebbe istruito parecchi allievi nella Sua arte! È bensì molto raro che un discepolo diventi così perfetto come lo era il suo maestro; ma qualcosa, con la giusta diligenza, egli può sempre aver imparato dal maestro. E questo poi ad ogni modo è quel qualcosa di molto notevole che noi intuiamo dimori in te in alto grado, e perciò abbiamo fede che tu... ma che succede? Mentre noi ci sforziamo di esprimerti la nostra fede che tu possa essere un discepolo di Gesù, ecco che improvvisamente tutti gli ammalati si alzano! I ciechi vedono, gli storpi camminano, i muti parlano, i lebbrosi sono mondati! E ce n’erano perfino di quelli ammalati di colera e di tisi, ed anche questi ora sono risanati! Ah, da quando esiste mondo non è mai avvenuta una cosa simile! Per amor di Dio grande e onnipotente, come è accaduto ciò? Li hai dunque proprio guariti tu? Oppure un angelo è disceso dal Cielo in questa valle ed in modo invisibile li ha toccati e risanati? Come, come mai è accaduto questo?

10. Gli ammalati tu non li hai nemmeno guardati, e tu eri tutto occupato solamente con noi, e nonostante ciò essi sono ora guariti! Oh! dichiaraci dunque come è avvenuto ciò!»

11. Dico Io: «Cosa importa il come, se ormai per mezzo della Mia Volontà e della Mia interiore Parola cui tutte le cose sono sottoposte, gli ammalati hanno riacquistato perfetta salute, cosa del resto di cui certo non potete più dubitare! Questo fatto però è accaduto in questo luogo non tanto a causa degli ammalati, quanto, e molto di più anzi, a causa vostra, che siete, è vero, corporalmente sani del tutto, ma che nell’anima siete ammalati più di quanto lo fossero costoro nel loro corpo!

12. Ed Io sarei molto felice se potessi guarire così le vostre anime come ho guarito i corpi ammalati! Ma questa cosa non è tanto facile, perché ogni anima deve essere il medico di se stessa.

13. A voi però Io ho già dato la medicina spirituale, e se voi ne farete veramente uso, riacquisterete la salute della vostra anima, e in grazia di ciò diventerete dei veri figli di Dio.

14. Ma la Parola che vi è stata data da Me deve venire effettivamente osservata nella sua integrità, e non deve venirvi aggiunta né tolta la benché minima cosa. E voi, o pochi ebrei che qui dimorate, dovete essere veramente perfetti ebrei nel cuore, mentre voi, greci, è bene che diventiate veramente ebrei, affinché regni concordia e pace fra di voi!

15. Così pure voi, greci, spinti dal vostro scaltro spirito usuraio, non dovete più costringere gli ebrei, comunque già poveri, a prendere da uno o l’altro denaro a prestito dietro interesse per poter giustificare le vostre ingiuste pretese.

16. Avete forse voi creato la Terra con tutti i suoi svariati tesori, che ora ne disponete come fosse vostra proprietà?

17. Perché pretendete dagli ebrei un affitto per i terreni che occupano, mentre il paese è stato dato da Dio agli ebrei, e quindi questi soltanto debbono aver il diritto di pretendere un affitto da voi?! Voi siete degli stranieri nel paese degli ebrei, i quali sono più di voi figli di Jehova, e nonostante ciò domandate un compenso per i campi, i prati ed i boschi che non sono vostra proprietà, ma sono proprietà degli ebrei fin dal tempo di Abramo. Dunque domandate a voi stessi se tale cosa possa apparire giusta davanti a Dio ed a tutti gli uomini onesti?

18. Perciò Io vi ammonisco seriamente a guardarvi per l’avvenire da simili rivoltanti ingiustizie, altrimenti con tutta certezza non tarderete a ricevere il compenso delle vostre opere!

19. Restituite agli ebrei, senza risarcimento, i beni che sono loro proprietà, e dei quali vi impadroniste senza alcun diritto, e consideratevi nel paese degli ebrei per ciò che realmente siete, vale a dire degli stranieri; in tal caso sarete benedetti e resi partecipi anche voi di tutto il bene che, con assoluta fedeltà delle promesse, viene concesso ora agli ebrei; altrimenti graverà su di voi la maledizione di migliaia di vostri simili e le conseguenze di essa!

20. Considerate la cosa anche per poco nella sua vera luce, e vedrete che gli ebrei ai vostri occhi non sono altro che degli animali da soma!

21. Voi lasciate, è vero, politicamente agli ebrei il diritto di proprietà, e l’ebreo può sempre affermare: “Questo terreno mi appartiene!”. Ma poi siete venuti voi con le vostre merci allettanti, avete ridotto le belle figlie e le mogli degli ebrei a vane civette e resi pazzi e ciechi gli uomini, i quali finirono col preferire le loro mogli e le figliole acconciate artificiosamente alla greca che non nelle vesti pure e semplici secondo l’usanza ebraica. E così, con l’andare del tempo, loro vi cedettero il godimento del frutto dei loro campi, dei loro giardini, prati e boschi, e poiché per vivere dovevano pur raccogliere anch’essi qualche frutto dei loro campi, essi dovettero, per utilizzare questi terreni, prenderli in affitto da voi a caro prezzo e passarvi oltre a ciò la decima sui loro raccolti! E come se tutto ciò non bastasse, voi, in qualità di veri possessori, fate sopportare loro tutto il peso delle imposte e degli altri oneri relativi!

22. Io ve lo dico: “Tanta ingiustizia grida vendetta al Cielo e richiede una punizione dall’Alto! Lasciatevi dunque ammonire da Me, altrimenti non fuggirete all’aspra punizione che vi è riservata dal Cielo!”».

 

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Cap. 212

Severe e pungenti parole allo spietato greco Filopoldo. La risposta risonante del duro stoico.

Anche la pazienza di Dio ha dei limiti. Matteo e il greco ostinato. 

Un discorso stoico e cieco contro l’ordinamento vitale di Dio.

 

1. Queste Mie parole colpiscono i greci, ed alcuni fra loro dicono: «Questa volta gli ebrei, di solito molto corti d’intelletto, ne hanno pure immaginata una buona; essi si sono accaparrati l’aiuto di questo miracoloso Gesù per stordirci con parole e metterci con le spalle al muro! Ma le nostre fondamenta sono buone, e noi vi stiamo sopra solidamente piantati»

2. Io stesso però questa volta Mi indignai a causa dell’inflessibilità dei greci e, rivoltoMi ad uno dei più ostinati il quale tentava di distogliere gli altri suoi compagni un po’ migliori dal fare un’opera buona, dissi: «Ascolta, o uomo duro di cuore! Fa’ bene attenzione che le tue fondamenta non tremino, e vedi pure come vi stai saldo sopra! Ve ne sono stati già molti i quali hanno declamato anch’essi in tono ultra eroico davanti al loro uditorio: “Vada pure la Terra in sfacelo! I suoi resti porteranno me imperturbato ed indomito per gli spazi infiniti!”. Ma quando la Terra ebbe cominciato davvero a tremare, allora questi eroi dalle risonanti parole furono i primi a dileguarsi con tutta la rapidità che le loro gambe permettevano! Può darsi tuttavia che questa premura di prendere il largo non sia stata dettata tanto dalla eccessiva paura di restare seppelliti sotto le macerie delle loro case, quanto forse unicamente dal timore di non potersi attaccare in tempo a qualche pezzo di Terra, dato che, se questa avesse dovuto veramente scoppiare, avrebbero potuto a cavallo di questo pezzo iniziare un’imperturbabile cavalcata per l’infinito!

3. Io te l’assicuro, o greco dalla spavalda parola, che ti chiami Filopoldo; la mosca, che non di rado si prende l’impertinente libertà di fare una piccola passeggiata sulla tua faccia, sta sulla punta del tuo naso più salda e sicura che non tu sul tuo suolo, perché, nel caso che il tuo naso facesse improvvisamente naufragio, la mosca troverebbe sempre una seconda base sulla quale posarsi, e questa è l’aria; ma dov’è la tua seconda base nel caso in cui il terreno cominciasse a cedere sotto i tuoi piedi?!»

4. Queste Mie parole, dette con intenzione in tono ironico e pungente, fanno arrabbiare il greco Filopoldo, il quale era pure spiritoso per natura come tutti quelli di casa sua, ed egli esclama: «Guarda, guarda un po’ che cosa strana! Un ebreo che fa dello spirito?! Certo è il primo, ma sarà probabilmente anche l’ultimo in tutto Israele! Amico! Quando un greco parla di coraggio, è proprio così che egli parla! Infatti sa fuggire la vita e cercare la morte; la storia non conosce che un coraggio e un eroismo greco, come d’altro canto non le è ignota la inconcepibile vigliaccheria degli ebrei! Fa’ pure tremare la Terra oppure scatena tutti i draghi e i mostri della Terra, e vedrai se un Filopoldo cambierà minimamente espressione!»

5. Gli dico Io: «Non insistere in questa tua quanto mai vana millanteria, e fa anche tu quello che Io ho ordinato a voi tutti, altrimenti Mi costringeresti seriamente a mettere il tuo coraggio a ben dura prova. Il Dio degli ebrei non permette che si scherzi con Lui in cose tanto serie, poiché anche la grande pazienza di Dio ha in certe circostanze i Suoi limiti ben definiti!

6. Se tu però, assieme ai tuoi aderenti, vuoi proprio giungere a tal punto, allora dovrai pienamente convincerti che non è più tanto facile ammansire un Dio quando la Sua Ira si è destata, e che Egli non risparmia dall’oggi al domani una punizione meritata al peccatore indurito!»

7. Dice Filopoldo: «Anche questo è certo tipicamente ebraico!? Gli ebrei hanno avuto sempre dei profeti che, quando hanno aperta la bocca, ne sono uscite solo minacce, delle quali alcune si sono avverate entro un tempo per lo più indeterminato, mentre la maggior parte risultò invece campata in aria, perché la natura terrestre è stata, si spera, sempre più potente della bocca di un profeta ebreo! I greci sono in grandissima parte degli stoici; ora, un vero stoico non teme nulla, e per conseguenza non temo nulla neppure io, dato che anch’io sono uno stoico fermo e convinto!»

8. Allora l’apostolo Matteo, che era stato doganiere a Sibara, Mi dice a voce bassa: «Signore, questo qui lo conosco molto bene; è una persona tanto cocciuta da far perdere la pazienza ai santi! Al mio ufficio della dogana egli ha sollevato sempre difficoltà incredibili ogni qualvolta doveva passare da quella parte per andare a Cafarnao od a Nazaret con le sue merci di ogni genere. Contro di lui mi è sempre rimasta ancora qualche traccia di rancore, ed avrei una gran voglia di metterlo un pochino a posto»

9. Dico Io: «Non ci badare per ora! Io ho già riservato per lui una piccola prova che si verificherà ben presto»

10. Matteo si ritira subito; ma intanto Filopoldo aveva riconosciuto il suo doganiere di Sibara, e inveì verso di lui dicendo: «Ehi, ehi, avaro drago della dogana, com’è dunque che ti trovi anche tu qui?! Cosa accadrà del tuo ufficio, adesso che non ci sei più tu per sorvegliarlo da tutte le parti con i tuoi occhi di lince?! Non c’è proprio bisogno che tu aizzi contro di me questo medico miracoloso; saprà ben lui stesso cosa fare qualora io dovessi dargli troppo fastidio! Però non posso nascondervi che, disponendo di sole risorse naturali, troverete entrambi in me un osso ben duro da rodere, perché uno stoico non è né un giunco né una cordicella da potersi piegare come si vuole!

11. Vedete, la guarigione miracolosa dei duecento ammalati ha sbalordito addirittura quasi tutti gli abitanti di Cana; perché non me?! Perché io sono un vero stoico, per il quale l’intera Creazione non vale nemmeno quanto una pentola rotta, e il mio io poi, assieme a questa misera vita, ancora meno! Come vorreste punirmi? Forse con la morte? E a me che importa? Io la desidero anzi, e con essa l’annientamento eterno; già per questa scandalosa vita non sono certamente in debito di gratitudine verso nessun Dio! O si dovrebbe forse restare obbligati a chi vuole farci un dono non desiderato, anzi odiato?! La mia opinione è che per un Dio onnipotente non deve essere per niente difficile chiamare in vita un uomo! E del resto, chi potrebbe impedirGlielo?! L’uomo che si deve creare non viene certo interpellato per sentire se egli vuole proprio essere creato, affinché egli, quale il solo maggior interessato, possa pronunciarsi con un sì o con un no. D’altra parte, ad uno che sia già creato la creazione successiva di un altro uomo, che si avesse l’intenzione di chiamare in vita, interessa tanto poco quanto ad uno che non sia ancora affatto creato! Dunque, per un Dio creare non è assolutamente niente di speciale, ma lo è certo per chi è creato, perché è costretto ad essere qualche cosa che lui non ha mai potuto esprimere il desiderio di essere. Possiamo immaginare una cosa più miseranda del dover essere senza aver mai voluto voler essere?!

12. Datemi da mangiare e da bere senza che io faccia nessuna fatica, allora sarò in qualche cosa soddisfatto almeno per il tempo della mia vita terrena; ma dover ancora lavorare in modo stupidamente duro e soffrire come un lupo perseguitato, e per di più restare in debito di gratitudine a Dio per questo bel regalo e dover osservare certi comandamenti dettati unicamente dall’egoismo di un Creatore, ebbene, grazie tante ma rinuncio volentieri a tutti gli dèi e semidei di Israele e della Grecia!»

13. Dice Matteo: «Ancora alcuni di questi uomini sulla Terra, e Satana ha una scuola dove può andare egli stesso a prendere lezione almeno per altri cento anni. Signore, cosa si può fare con lui? Se egli è realmente così come si manifesta a parole, nemmeno tutti gli angeli assieme possono, con mezzi naturali, aver ragione di lui!».

 

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Cap. 213

Delle anime ospitanti che da altri mondi vengono trasferite sulla Terra, unica scuola dei figli di Dio.

Della reincarnazione. Il corpo solare Procione. Cenni sull’incarnazione del Signore.

Il messaggio meraviglioso dell’angelo. Muraele (Filopoldo) ed Archiele (l’arcangelo).

Il contratto portato da un sole alla Terra.

 

1. Rispondo Io: «Non dartene pensiero; avrai ben presto occasione di persuaderti se di costui si potrà fare qualcosa!». E rivolgendoMi poi allo stoico Filopoldo, Io gli dico: «Sei proprio sicuro di non aver stretto, con Dio che ti creò, alcun patto, e di non aver accettato tutte le condizioni assolutamente necessarie per la vita su questo pianeta che ti furono ripetutamente esposte? Ascolta, o stolto! Questo è già il ventesimo corpo mondiale sul quale tu vivi corporalmente; però il tempo complessivo da te vissuto nella forma corporea, calcolato in anni terrestri, è già tanto grande da superare di gran lunga il numero dei granelli di sabbia che giacciono in fondo a tutti i mari della Terra! Ma da quanto tempo prima, tempo quasi incalcolabile ed inconcepibile da mente umana, tu esistevi e vivevi quale puro spirito liberamente negli spazi infiniti, in unione ad altri innumerevoli spiriti, nella coscienza più libera, lucida e perfetta del tuo proprio essere, godendo in pieno, felice e sereno, la più libera vita!

2. Ma quando tu, durante la tua permanenza corporea precedente all’attuale sulla Terra, cioè su quel sole che i sapienti di questa Terra chiamano Procione, ma che dagli abitanti che vivono sulla sua vasta superficie è denominato Akka - e precisamente dappertutto con la medesima pronuncia perché tutti quegli abitanti parlano solamente un linguaggio - apprendesti da un angelo che il grande Spirito, eterno ed onnipotente, quale unico e solo Creatore e Sostenitore dell’Infinità e di tutte le cose in essa contenute, si sarebbe fatto carne ed avrebbe assunta la piena forma umana su di un infimo fra tutti i pianeti che in numero sterminato ruotano negli spazi, tu esprimesti il desiderio vivissimo di venire trasferito, se fosse stato possibile, su quello stesso pianeta, per poter vedere e udire Colui che ti ha creato.

3. Allora venne il medesimo angelo che tu vedi qui, il settimo uomo alla Mia destra, che pur sembrando un uomo è tuttavia uno spirito perfettamente libero, ed egli ti espose nel modo più dettagliato e preciso le gravi condizioni alle quali avresti dovuto sottostare qualora tu avessi voluto venire ad abitare su questo pianeta dove ora ti trovi, allo scopo di diventare figlio di Dio!

4. Tu accettasti tutte le condizioni, anche quella secondo la quale tu, come abitante del pianeta prescelto, avresti perduto ogni ricordo della tua vita anteriore su altri mondi, fino al momento in cui lo stesso angelo ti avesse chiamato tre volte con il nome che tu portavi sul sole Akka. Se dunque la cosa sta in questi termini secondo la verità che tu certamente non hai potuto finora comprendere, quanto ingiustamente parli se affermi che per la tua permanenza su questa Terra non sia stato assolutamente concluso nessun contratto fra te e il tuo Creatore?!»

5. Esclama Filopoldo: «Che razza di allucinazione pazzesca è mai questa?! Io dovrei aver già abitato ed essere vissuto in carne ed ossa su qualche altro mondo più bello ed evidentemente migliore di questo?! No, davvero! Questa è troppo grossa! Ascolta tu, settimo a destra, che a quanto dice il nazareno dovresti essere un angelo! Come ti chiami tu, e come mi chiamo io?»

6. Risponde l’angelo: «Attendi un po’; io ora andrò in un attimo a prendere dei segni di riconoscimento dal mondo in cui vivesti prima di venire sulla Terra; io te li presenterò affinché tu li esamini e li riconosca»

7. Dette queste parole, l’angelo scompare, ma ritorna dopo pochi istanti e consegna a Filopoldo un rotolo su cui appare chiaramente scritto il nome dell’angelo, nonché il suo nome in perfetti caratteri ebraico-antichi, ed un secondo rotolo dove sono scritte tutte le condizioni cui egli aveva solennemente promesso all’angelo di sottostare, prima di venire trasferito da un mondo all’altro.

8. E nel porgere questi rotoli a Filopoldo, l’angelo dice: «Ecco, o vecchio Muraele, Muraele, Muraele, leggi e ricorda! Infatti io, che mi chiamo Archiele, ho tolto queste cose per te da quello stesso altare sul quale mi facesti la grande promessa! Non chiedere però come ciò sia stato possibile in questi brevi istanti, perché presso Dio sono possibili le cose più meravigliose! Dunque, prima di tutto leggi, e poi parla!».

 

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Cap. 214

Le meraviglie che Filopoldo contempla con gli occhi dello spirito. Una scena familiare sul sole Akka.

L’inno del convertito Filopoldo all’Amore divino. Il contratto nuovamente firmato.

La ragione per cui sulla Terra si cancellano i ricordi della nostra vita anteriore.

Del nesso esistente fra corpo, anima e spirito. Come procede l’uomo terrestre al suo perfezionamento.

Lo spirito dell’uomo è un piccolo Dio. Il divario tra l’essere spirituale sulla Terra e quello su tutti gli altri pianeti e soli.

 

1. Filopoldo legge i rotoli con grande attenzione, poiché nel frattempo gli era stata concessa la facoltà visiva interiore, egli resta immerso qualche tempo intensamente in contemplazione, e poi dice con accento del più profondo stupore: «Sì, è meraviglioso, ma è vero; i miei occhi scorrono per tutte le incommensurabili profondità della mia vita anteriore. Vedo tutti i mondi sui quali io ho vissuto, vedo ciò che io fui e quello che io feci sull’uno e l’altro corpo celeste e vedo pure dappertutto ancora i miei parenti più prossimi e i miei discendenti! Su Akka io vedo perfino i miei genitori, i miei numerosi fratelli e sorelle a me tanto care! Li odo perfino, preoccupati per me, parlare fra di loro e dire: “Cosa sarà di Muraele? Chissà se il suo spirito ha già trovato nello spazio infinito il Grande Spirito in forma umana! Certo egli non si ricorderà di noi, perché Archiele, l’inviato del Grande Spirito, gli velò la memoria, e così dovrà durare finché Archiele non lo avrà chiamato tre volte con il suo vero nome!”.

2. Vedete! Io li sento parlare proprio così, e nello stesso tempo li vedo anche quali esseri corporei! Ora se ne vanno al Tempio per riesaminare nei documenti le dure condizioni da me accettate per la vita sul pianeta sconosciuto; ma essi non li trovano. E il sommo sacerdote del Tempio racconta loro che, qualche istante prima, Archiele è venuto a prendere quei documenti a causa di Muraele, ma che li restituirà entro brevissimo tempo! Ed essi rimangono nel Tempio in attesa, e fanno un’offerta per me!

3. O Amore, Amore, Forza divina! Le Tue sante mani quanto lontano si protendono benedicenti nell’immensità! In ogni luogo e sempre lo stesso Amore! O Dio mio, come sei grande e santo Tu! E di quanti misteri e nascosti splendori è ricca la vita libera! Quale uomo su tutta la Terra può penetrare le profondità che mi sono ora svelate? Com’è miseranda e insignificante la vita dell’uomo che va peregrinando su questa magrissima Terra; e non di rado litiga e combatte per una spanna di terra come fosse per lui questione di vita o di morte, mentre egli porta in sé quello che miliardi di mondi non potranno mai capire!»

4. Con queste parole Filopoldo tace, si avvicina all’angelo e gli restituisce i due rotoli con l’osservazione: «Riportali là dove sono attesi!»

5. Ma l’angelo gli dice: «Vedi, io ho preso anche una penna; è la medesima con la quale tu sottoscrivesti di tuo pugno i documenti nel Tempio su Akka. Firmali di nuovo su ciascun documento doppiamente, cioè con il nome che portavi su Akka e con il nome che porti qui; in quanto alla penna, puoi tenertela per ricordo!»

6. Filopoldo esegue, e l’angelo prende poi i documenti e scompare. 

7. Dopo alcuni momenti impiegati per parlare con il sommo sacerdote di Akka, egli è nuovamente fra noi e domanda a Filopoldo come la pensi ora.

8. E Filopoldo risponde: «Quando io ti restituii i due rotoli, la visione svanì, ed ora mi è rimasto a mala pena il vago ricordo che può lasciare un sogno, quando cioè da svegli si sa bene di aver sognato, ma che cosa precisamente si abbia sognato, per quanto ci si arrovelli il cervello, non si riesce a saperlo! Io osservo pure che nella mia sinistra tengo un curioso arnese per scrivere, di provenienza assolutamente estranea, ma come io ne sia venuto in possesso non lo comprendo davvero; per conseguenza vorrei sapere perché di tanti e tanti fenomeni che si manifestano nell’ambito della vita interiore non si possa conservare che un debolissimo ricordo, anzi nella maggior parte dei casi nessun ricordo affatto! Perché avviene così?»

9. Dice l’angelo: «Il perché sta nel fatto che qui sulla Terra si tratta di diventare fuori da Dio e in Dio una creatura perfettamente nuova; e quando avrai raggiunto il sommo grado di figlio di Dio, tutto ti verrà restituito!

10. In tutti gli altri innumerevoli mondi tu vieni formato esteriormente ed interiormente così come tu devi essere; qui sulla Terra, invece, già la forma esteriore è affidata da Dio all’anima, la quale nell’ordine in cui è creata si edifica da se stessa il proprio corpo; in modo particolare però ciascuno spirito, che viene posto nell’anima ad esso attribuita, deve educare anzitutto la propria anima mediante l’osservanza dei precetti datigli esteriormente. Quando l’anima ha raggiunto così il giusto grado di maturità e di perfezione, allora lo spirito si diffonde e penetra completamente nell’intera anima; con ciò l’uomo risulta completo, ed è una creatura nuova, la quale in via di considerazione assoluta è opportuno dire che proviene pur sempre da Dio, perché lo spirito nell’uomo, traendo origine pienamente dal Cuore di Dio, veramente altro non è che un Dio in piccolissime proporzioni. Ma l’uomo non diventa uomo per l’azione divina, ma per azione del tutto sua propria, ed è appunto perciò nel più completo significato della parola un vero figlio di Dio! E riassumendo brevemente ti dico ancora quanto segue: 

11. “Su tutti gli altri corpi celesti gli uomini non devono formarsi da se stessi, ma vengono formati da Dio, oppure, il che è la stessa cosa, dai Suoi figli. Qui invece sulla Terra gli uomini devono formarsi completamente da soli secondo l’Ordine rivelato, altrimenti non possono diventare figli di Dio. Ne consegue che un uomo, il quale abbia raggiunto il sommo della perfezione su questa Terra, è, quale figlio di Dio, in tutto simile a Dio, mentre un uomo imperfetto ed incompiuto sta spesso molto al di sotto del regno animale!».

 

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Cap. 215

Il discorso di Archiele sull’Incarnazione del Signore.

 La timidezza e la sua chiamata a fianco del Signore.

Del vero farsi seguaci di Cristo.

 

1. Ma Filopoldo domanda nuovamente all’angelo: «Ma chi ci istruisce riguardo a tali ordinamenti misteriosi?»

2. Risponde l’angelo: «Precisamente Colui che prima ti ha indirizzato da me! Va’ da Lui ed Egli ti ripeterà quello che ti ha già detto, poiché nel vivere così come Egli insegna consiste appunto quella regola divina della vita per la quale soltanto si può giungere ad essere figli di Dio!

3. Ed Egli è anche Quello stesso a causa del Quale tu ed ancora molti altri abbandonaste spiritualmente il sole Akka e foste pure, a causa del Signore, generati nella carne di questa Terra.

4. Però in tutta la Creazione - e ciò su tutti i corpi celesti che in qualche modo sono abitati da esseri ragionevoli in forma umana - è stato reso noto, per mezzo nostro, la piena umanizzazione del Signore nella carne; però, soltanto a pochi spiriti, di pochissimi mondi, è stato concesso di incarnarsi su questa Terra, poiché il Signore conosce tutta la natura di tutti i mondi nello spazio infinito, così pure la natura e le attitudini degli abitanti e dei loro spiriti dai quali l’uno o l’altro mondo è popolato, e sa quindi meglio di ogni altro se uno spirito è atto o meno all’incarnazione su questa Terra!

5. Tutto ciò che fu trovato adatto per questa Terra venne qui trasferito, ma il numero dei trasferiti qui è piccolo davvero, e non oltrepassa di molto i diecimila.

6. Ma fra questi tu sei uno dei più fortunati, poiché, sempre che tu lo voglia, puoi venire accolto dal Signore quale discepolo come tutti coloro che sono venuti qui con Lui»

7. Dice allora Filopoldo: «Archiele mio! Già che tu hai fatto finora per me tante cose meravigliose, fammi ancora un favore e conducimi tu dal Signore, perché, ora che L’ho riconosciuto, mi manca tutto il coraggio di presentarmi nuovamente innanzi a Lui! Se non si trattasse che della mia persona, preferirei davvero fuggirmene via il più presto possibile e nascondermi in un luogo qualsiasi in modo che nessuno potesse mai più trovarmi! Ma, poiché ormai ci sono e tutti mi conoscono già molto bene, una cosa simile non posso farla, perché tutta la valle riderebbe di me. Abbi dunque tu la bontà di condurmi dal Signore e di intercedere per me!»

8. Dice l’angelo: «Non c’è alcun motivo di fare questo, perché il Signore sa già quello di cui ciascuno di noi ha bisogno; va dunque pure tu solo, ed Egli non ti farà certo niente di male»

9. Dopo queste parole dell’angelo, Filopoldo raccoglie finalmente il suo coraggio, avanza serio e rispettoso verso di Me e, quando è lontano ancora trenta passi, dice: «Signore! Permetti che io mi avvicini a Te? Altrimenti me ne torno indietro!»

10. Ma Io gli rispondo: «Chi vuole venire venga, poiché con gli indugi nessuno è mai andato avanti!».

11. E Filopoldo, udendo ciò, affretta i suoi passi, ed è ben presto vicino a Me; e così egli ha raggiunto in pochi istanti quello che molti indugiano a raggiungere e che, per conseguenza, spesso non raggiungono affatto, perché nonostante tutte le chiamate non c’è modo di farli smuovere dal luogo dove stanno.

12. Infatti ognuno può fare e dire quanto vuole, ma finché non dirige i suoi passi in linea retta verso di Me, tutto il suo dire e fare è perfettamente vano ed inutile per la sua vita; e anche se potesse acquistarsi il mondo intero, ma non avesse Me, anche il mondo intero non gli gioverebbe a nulla, poiché egli è morto! Dunque, se ora, in quest’epoca della Rivelazione del Vangelo, Io chiamo qualcuno e gli dico: «Vieni!», ed egli non viene, costui sarà preda della morte dello spirito! E perciò Filopoldo è a questo riguardo un vero modello che dovrebbe essere preso da esempio da tutti! Chi domanda di Me e viene chiamato, costui venga e non indugi! Infatti Io non rimango continuamente a Cana (vale a dire: pieno di Grazia in questo mondo), ma riprendo ben presto il Mio cammino, e distolgo i Miei occhi ed orecchi da tutti coloro che indugiano quando Io dico loro: «Venite!».

 

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Cap. 216

Le parole buone e modeste di Filopoldo, e la risposta piena di grazia del Signore. 

Le due specie di uomini sulla Terra, quelli dall’Alto e quelli dal Basso.

La ragione dell’Incarnazione del Signore sulla Terra. Gli ultimi devono divenire i primi.

Suggerimenti ai guariti sul modo di comportarsi. Cenno a Matteo ed a Giovanni. Sull’attuale Nuova Rivelazione.

 

1. E quando Filopoldo Mi fu vicino, disse: «Signore, Io ho peccato molto gravemente contro di Te, ma la causa di ciò non è stata che la mia grande cecità! Ma ora, poiché Tu, o Signore, mi hai concesso di vedere in un modo veramente inaudito e meraviglioso, e riconosco ormai Chi sei, io, povero e cieco peccatore, Ti prego per il Tuo Amore e per la Tua Sapienza eterni che Tu mi perdoni tutte le colpe commesse ora contro di Te, e già in precedenza contro il mio prossimo, nel modo che Tu mi hai esattamente dimostrato. Se io avessi scritto la Tua santa Parola, giuro che nemmeno la più piccola cosa rimarrebbe da parte mia inadempiuta! Ma credo di aver ben compreso la Tua richiesta, e l’adempirò fedelmente! Tu hai pagato per noi tutto il nostro debito verso Kisjonah ed hai guarito miracolosamente tutti i nostri ammalati senza domandare alcun compenso, e tutto ciò Tu lo hai fatto senza che noi Ti avessimo prima adeguatamente pregato di farlo; per queste ragioni io spero che Tu non rifiuterai un peccatore che Ti supplica!»

2. Gli rispondo Io: «Io te lo dico: “Tu sei accettato! Infatti colui che viene, è accettato”. Prima però va, e rimetti le tue cose nell’ordine da Me richiesto, poi vieni e seguiMi, poiché tu non devi dipendere da questo mondo, dato che non sei giunto dal Basso su questo mondo, bensì da un altro mondo, quindi dall’Alto!

3. E di tutti coloro che tu vedi intorno a Me, a eccezione di pochi, ve ne sono appunto alcuni che provengono pure dal tuo mondo; altri però ve ne sono che provengono da altri corpi solari, e pochi soltanto derivano da questa Terra; ed anche questi pochi non significano gran cosa, poiché il mondo ha per loro ancora maggior valore di Me! Per tale motivo, anche, essi non possono fare che poco o nulla per il loro progresso.

4. Ma fu appunto questa la ragione per cui Io elessi questa Terra, perché i suoi figli sono gli ultimi ed i più miseri in tutta l’immensità infinita; ed Io ho assunto la veste più misera e più umile appunto per rendere possibile a tutte le creature che popolano la Mia sconfinata Creazione di avvicinarsi a Me: dagli abitanti del più piccolo e basso pianeta a quelli dei più alti e sfolgoranti soli-centrali-primordiali tutti devono poter avvicinarsi a Me percorrendo una sola e medesima Via.

5. Non meravigliarti dunque se Mi incontri su questo imperfettissimo ed infimo fra tutti i pianeti dell’intera Creazione! Infatti Io stesso ho voluto così; e chi mai può prescriverMi che Io debba forse fare altrimenti?!»

6. Dice Filopoldo: «Signore, chi mai potrebbe o vorrebbe darTi consiglio, avendo la coscienza e la fede che Tu Sei il Signore dell’eternità?! Ma ora io me ne vado per adempiere immediatamente la Tua santissima Volontà».

7. E Filopoldo si affretta ad andarsene con tutti i capi delle comunità, e parecchi fra gli ebrei lo seguono per vedere cosa i greci avrebbero fatto per loro; Io intanto istruisco i guariti ed indico loro come devono comportarsi per l’avvenire per non ricadere più nei loro vecchi mali!

8. Tutti accettano con animo assai grato questi consigli, e Mi ringraziano anche con tutto il fervore dei loro cuori per lo straordinario beneficio elargito.

9. Ma Io nello stesso tempo proibii loro assolutamente di raccontare tutto ciò che avevano visto ed udito a chiunque fosse estraneo, allo scopo di evitare che la Mia presenza là venisse rivelata prima del tempo, e li minacciai di punizione nel caso che essi non avessero osservato tale comandamento! Essi però Mi promisero tutti solennemente che fuori da quella località nessuno lo avrebbe saputo!

10. Io poi li congedo e raccomando pure ai discepoli di non fare alcun cenno riguardo agli avvenimenti della giornata al di fuori di Chis; e alla domanda di Matteo, a questo proposito, se egli avesse dovuto prendere nota di questi avvenimenti fra le sue memorie scritte, Io gli risposi: «No! Voi, come i Miei più prossimi testimoni, potete sopportare ed anche comprendere tali cose, ma se tutto ciò che faccio e dico dinanzi a voi venisse descritto in molti libri, il mondo, non soltanto non comprenderebbe questi libri, ma ne avrebbe per di più un grandissimo scandalo, e voi sareste insultati e infamati come la peggiore putredine della Terra! Perciò da parte tua, Matteo, non deve venire scritta altra cosa all’infuori di ciò che Io ti ordino espressamente di scrivere!»

11. Interviene qui anche Giovanni, e dice: «Ma Signore, o purissimo Amor mio! Tutto sarebbe in ordine perfetto, ma se un giorno il mondo troverà delle lacune nei documenti originali che parleranno della Tua presenza e delle Tue opere su questa Terra, finirà con l’alimentare necessariamente in sé ogni genere di dubbi sul Tuo conto, sulla Tua permanenza qui e sulle opere da Te compiute, e considererà tali narrazioni frammentarie come opere dell’egoismo interessato dei sacerdoti!»

12. Rispondo Io: «Questo è appunto ciò che Io intendo sia riservato al mondo propriamente detto, il quale è un’abitazione di Satana, poiché, se voi gettate davanti ad una scrofa dei grani di frumento oppure le perle più nobili e preziose, essa farà delle perle preziose precisamente la stessa cosa che fa dei grani di frumento!

13. Per conseguenza è meglio che tali cose vengano date al mondo ben celate entro il più fitto velo possibile; esso potrà così sbizzarrirsi a suo talento e scrutare e mordere la buccia, la quale però conserverà dentro di sé sempre intatto il germe vitale. 

14. Se un giorno sarà opportuno e necessario, Io susciterò nuovamente degli uomini, e rivelerò tutto quello che sarà avvenuto qui, e quello che il mondo dovrà aspettarsi a causa della sua perfidia incorreggibile.

15. Come però tutto questo succederà, Io lo manifesterò a te, fratello Mio Giovanni, per mezzo di immagini ben celate, ancora in questo mondo per tutto il mondo, quando avrò ripreso dimora nei Miei Cieli! 

16. Ma ecco che ora i capi delle comunità, tanto greci che ebrei, sono già di ritorno; noi vedremo pertanto in quale modo essi hanno adempiuto le Mie richieste!».

 

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Cap. 217

Ammonizione a guardarsi dalle insidie di Satana e cenni riguardo alla sua astuzia.

Lo spirito maligno non può influire che sui sensi, mai però sulla volontà dell’anima. Confortanti consigli vitali.

 

1. Filopoldo assieme a diversi altri greci si avvicina a Me e dice: «Signore, per quanto questo breve tempo ci abbia concesso, noi abbiamo fatto il possibile per uniformarci volonterosi ai tuoi desideri; le singole cose però che restano ancora da farsi non verranno certo trascurate. In quanto riguarda la mia casa e la mia famiglia, sono riuscito a mettere tutte le mie faccende sufficientemente in regola, cosicché ormai posso seguirTi, senza curarmi d’altro, per uno, due e perfino tre anni; basterà soltanto che di quando in quando io faccia sapere alla mia famiglia dove mi trovo e quello che Tu fai! Infatti, vedi, tutta la mia casa crede e spera ormai nel Tuo nome. Se Tu, o Signore, sei contento di quello che abbiamo fatto, dimmelo di grazia; ma se Tu hai ancora qualche altro desiderio, Ti piaccia pure di manifestarcelo!»

2. Gli dico Io: «Quello che avete fatto finora è certamente buono e giusto dinanzi a Dio ed a tutti gli uomini che sentono e pensano onestamente; però state bene in guardia che Satana non vi seduca con i suoi molteplici artifici e che con il tempo non insorgano fra voi ogni genere di questioni e di litigi, perché tali condizioni future, facilmente possibili, sarebbero molto peggiori di quanto lo siano state quelle in cui vi trovavate poco fa, dalle quali Io vi ho ora liberati!

3. Infatti lo spirito maligno non trova mai riposo, né di giorno né di notte; ed egli se ne va in giro come una belva affamata, e nella sua grande voracità assale ed azzanna qualsiasi piccola preda che egli incontri sul suo cammino.

4. Se egli fosse visibile, alcuni coraggiosi potrebbero osare di ingaggiare battaglia con lui, ma ne soccomberebbero molti di più di ora che lui è invisibile, perché esso ha il potere di assumere tanto la bellezza sfolgorante dell’angelo quanto l’orridezza terrificante del drago che vomita fuoco! Ma chi avrebbe l’ardire di affrontarlo qualora si presentasse sotto tali forme?! Certo nessuno, poiché egli, sia per mezzo della sua bellezza sia per mezzo del suo orrendo aspetto che farebbe impietrire ogni cosa, riuscirebbe vincitore di migliaia di volte mille avversari. Egli non può, né d’altro canto gli è concesso, mostrarsi com’è a nessuno e ognuno può riconoscere con facilità le sue maligne ispirazioni, perché queste predispongono sempre l’anima alla durezza di cuore, alla lussuria, all’adulterio, all’egoismo, all’orgoglio, allo spergiuro, all’avarizia e tendono sempre a renderla spietata, indifferente verso tutto ciò che vi è di vero e di divino, insensibile alla miseria e ai dolori del prossimo ed avida di tutti i piaceri del mondo; e così ognuno può sempre opporsi serenamente e arditamente a simili tentativi perfidi di Satana, perché l’influenza di Satana giunge soltanto fino ai sensi dell’anima, ma non ne può mai toccare la volontà.

5. Io dunque vi ho ora indicato anche da quali sintomi voi potete rilevare facilmente che genere di spirito vi stia vicino, e quali siano le sue intenzioni a vostro riguardo, quando sentite uno stimolo o l’altro avvicinarsi di soppiatto alle vostre anime.

6. Quindi, se doveste percepire qualcosa di simile in voi, ricordatevi di questi Miei insegnamenti e di queste Mie parole; reagite con tutta l’energia delle vostre anime e fate precisamente il contrario di quanto lo stimolo vi suggerisce; così facendo, dominerete lo spirito maligno e, quando voi avrete respinto i suoi attacchi in tutti i punti prima accennativi, allora egli vi lascerà in seguito in pace del tutto, e voi non avrete più da sostenere con lui alcuna lotta. Ma se voi soccombete in un punto o nell’altro, oppure, prendendo la cosa alla leggera, cedete semplicemente in qualche punto, sarà molto difficile che voi possiate sbarazzarvene completamente per tutto il corso della vostra vita terrena.

7. Fate perciò molta attenzione a tutti i momenti da Me indicativi ora! Infatti, quando il maligno è riuscito, ciò che non è una grave fatica per lui a condurre una qualche anima al punto di farne armonizzare la volontà con la sua in uno o l’altro campo del male, con ciò naturalmente viene generato un peccato, allora è necessaria una strenua lotta prima di poter rimediare totalmente al danno causato all’anima.

8. Ma chi fermamente e seriamente vuole, fa da se stesso tutto quanto gli è possibile e nella sua debolezza ricorre a Me in spirito, a costui sarà facile trionfare su Satana, ma, sia ben chiaro, sempre soltanto facendo appello con viva fede al Mio Nome.

9. Ormai voi sapete tutto quello che vi è necessario sapere; voi conoscete l’unico vero e giusto Dio, e conoscete altresì qual è la Sua Volontà.

10. Io vi dico: “Il Padre che è nei Cieli vi ha ben provvisto di tutto ciò di cui avete bisogno; ora sta a voi utilizzare coscienziosamente i Suoi doni per il bene vero ed eterno della vostra vita!”.

11. Dalle vostre parole accompagnate dalle vostre opere usciranno sempre le logiche conseguenze; e le vostre parole e le vostre opere saranno pure i vostri giudici!

12. E tu, Filopoldo, rimani qui ancora per tre giorni e cerca di mettere tutto in ordine; poi vieni a raggiungerMi a Chis dove Mi troverai».

13. Filopoldo promise che così avrebbe fatto; allora Io benedissi il luogo e tutti facemmo ritorno a Chis.

 

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Cap. 218

Gli eventi nella casa di Kisjonah durante l’assenza del Signore. I farisei vengono messi fuori strada dai servitori di Kisjonah e il Signore li fa richiamare. Pubblica confessione dei farisei, e preghiera di guarigione dei loro malati.  Una grande guarigione miracolosa.

 

1. Quando arriviamo a casa, ci vengono incontro parecchi servitori e ci raccontano che poco dopo la nostra partenza per la valle sono arrivati numerosi stranieri i quali hanno chiesto ansiosamente informazioni sul Mio conto, su cosa Io faccia qui e dove Me ne sia andato. Ma i servitori, riconosciuti negli stranieri dei farisei travestiti, hanno loro risposto che Io sono già da lungo tempo partito da quei luoghi per andarMene, secondo le loro supposizioni, verso Damasco o forse verso la Persia, dai pagani, perché durante la Mia permanenza a Chis a loro dire Mi sono spesso espresso in questo modo: «La salvezza viene tolta agli ebrei e viene data ai pagani!»

2. Riferiscono che a questo punto gli emissari si siano visibilmente contrariati e che uno fra di loro abbia detto: «Un ragazzo può ben far cadere i frutti da un albero giovane scuotendolo, ma non così da un albero antico, sul quale ci si deve arrampicare con tutta prudenza se si vuole arrivare ai rami carichi di frutta! Questo impostore potrà arrecare ben poco danno al vecchio tronco dell’Ebraismo!»

3. A queste parole i servitori affermano di aver riso e di aver detto: «State attenti al vostro albero pieno di putredine, che il vento non lo rovesci! Noi abbiamo l’impressione che il vostro albero sia morto veramente già da lungo tempo, e che delle frutta non resti ormai che il ricordo - a meno che non si appendano dei fichi secchi sui rami aridi e non si dichiari miracolo un simile imbroglio!»

4. I servitori dicono che a questa loro affermazione questi uomini, evidentemente farisei, sono montati su tutte le furie e hanno cominciato a minacciare la servitù.

5. Ma i servitori hanno detto: «In primo luogo noi siamo greci, abbiamo la religione del nostro imperatore e possiamo ridere a piacimento di tutte le sciocchezze che voi chiamate insegnamenti divini, e, a meno che noi non facciamo tali cose nei vostri templi e scuole, voi non ci potete far nulla; in secondo luogo siamo qui in molti al servizio del grande e potente Kisjonah, e se non ve ne andate presto, cominceremo noi a mostrarvi la strada con dei buoni bastoni!». Allora quei forestieri, mordendosi le labbra per la rabbia, si allontanarono risalendo il sentiero che via terra conduce a Gerusalemme.

6. A questo punto i servitori dicono: «E adesso, Signore Gesù, Ti domandiamo: “Abbiamo fatto bene a comportarci così?”»

7. Ed Io rispondo loro: «Avete fatto bene tutto, tranne una cosa sola che certamente non fu un bene, e cioè che voi abbiate detto loro volontariamente una cosa non vera! Sarebbe stato meglio che voi aveste detto loro la piena verità. In questo caso essi ci avrebbero aspettati, e noi avremmo potuto ottenere qualche buon risultato con loro, perché sono in gran parte degli ammalati, e, quantunque fra loro non manchino dei farisei, anche questi sono della specie un po’ migliore. Essi si sono accampati sulla collina che si eleva all’estremità settentrionale del golfo; andate dunque sollecitamente là con gli asini e con i muli, e conduceteli tutti qui. Dite loro: “Il Signore è venuto e vi aspetta! Fate salire gli ammalati sugli animali, ed i sani vengano a piedi!”».

8. A questa Mia richiesta, quantunque sia tardi e il crepuscolo già inoltrato, i servitori si mettono in cammino, e dopo un’ora ritornano conducendo tutti coloro che prima nel loro cieco zelo hanno cacciati.

9. Allora cinque farisei si presentano rispettosamente a Me e si lagnano con Me di essere stati trattati molto bruscamente dalla servitù di casa e di essere stati insultati ed ingannati.

10. Io però li acquieto dicendo loro che da parte dei servitori non c’era stata nessuna cattiva volontà. Infatti si sono comportati così soltanto per cieco amore verso di Me, credendo di riconoscere in voi i Miei nemici. Ma appena arrivato, li ho mandati ad invitarvi a scendere ed a condurvi, nelle migliori condizioni possibili, da Me, cosicché essi hanno dovuto risarcire subito il male fatto a voi; e perciò Io ritengo che in tal modo ogni questione sia appianata.

11. Dicono i farisei: «Perfettamente bene; ormai tutto è in completo ordine. Ma adesso passiamo ad altro!

12. Noi siamo venuti qui fin da Betlemme, avendo udito raccontare cose meravigliose della Tua straordinaria abilità nell’arte del guarire, e perciò abbiamo condotto con noi i nostri ammalati. Chi aveva ancora tanta forza da camminare dovette naturalmente venire a piedi; i più deboli invece li abbiamo fatti salire su alcuni animali da soma e sono pure venuti qui con noi. Ti preghiamo dunque di aver pietà di questi sofferenti e di liberarli dai loro mali!»

13. Domando Io: «Ma dove sono coloro che voi dite di aver accompagnato qui da Betlemme sugli animali da soma? I servitori non Mi hanno riferito niente a questo proposito!»

14. Rispondono i cinque farisei: «Noi li abbiamo lasciati nel ricovero che è al di là dell’insenatura, poiché non potevamo sapere se avessimo potuto trovarTi. Ci è stato già molto difficile apprendere che in questi ultimi tempi Tu eri solito frequentare i dintorni di Chis e che non era sicuro poterTi incontrare. Noi dunque abbiamo fatto il tentativo per vedere se Tu fossi qui, e caso mai non Ti avessimo trovato, avremmo sempre più facilmente avuto qui notizie sul Tuo conto, dove cioè Tu fossi andato oppure quando Tu fossi ritornato. E fu appunto a causa di questa incertezza che noi ci trovammo indotti a condurre i nostri ammalati più gravi al ricovero cui abbiamo prima accennato, perché potessero avere qualche cura, mentre noi avremmo fatto il possibile per giungere fino a Te per pregarti di volerTi interessare di quei poveretti gravemente ammalati! Perciò anche noi ci siamo accampati sulla collina un po’ più in alto del ricovero, per essere il più possibile vicini ai nostri ammalati che a mala pena hanno potuto trovare tutti posto nel ricovero stesso.

15. Ed ora, Signore e Maestro, noi Ti abbiamo detto tutto, ed all’infuori di ciò non potremmo dirTi nulla; se dunque Tu vuoi, abbi pietà di questi miseri che soffrono!»

16. Dico Io: «È sempre così. Se voi non vedete miracoli e segni, non credete, perché la vostra fede è molto debole; ma senza la potenza della fede poco si può fare per la salute degli uomini! Però, se voi credete, allora vedrete la gloria della Potenza divina nell’uomo!»

17. Esclamano tutti: «Sì, sì o Signore. Noi tutti crediamo! Chi, come Te, ha il potere di richiamare in vita una figlia morta del comandante Giairo può certo guarire anche tutte le malattie che non arrivano fino alla morte! Infatti la notizia di questo fatto ci è giunta fino a Betlemme, la città di Davide!»

18. Ed Io, alzate le mani in alto, dico: «Ebbene, sia fatto secondo la vostra fede!»

19. Allora tutti gli ammalati, che erano radunati nel cortile in attesa della guarigione, furono d’improvviso perfettamente risanati, e giubilanti si misero a gridare: «Noi abbiamo visto una luce attraversare i nostri corpi e ci trovammo guariti, ed ora ci sentiamo così bene in salute che ci sembra impossibile di essere stati ammalati! Gloria a Colui che ci ha così istantaneamente guariti!».

20. I farisei sono quasi ammutoliti dallo stupore, ma dopo breve tempo essi odono nuovamente grandi grida di gioia giungere fino a loro dalla borgata di Chis; allora i farisei assieme a tutti i guariti escono frettolosamente per scoprire cos’era questo nuovo rumore, ed ecco che ben presto incontrano i loro ammalati lasciati al ricovero, i quali avanzano saltando di giubilo come giovani cervi e gridando continuamente: «Gloria all’Uomo» che ci ha così miracolosamente guariti.

21. E quando questi risanati si imbattono nei cinque farisei, questi ultimi domandano loro come e quando sono stati guariti. E tutti loro, in numero di circa trenta, rispondono concordemente che tale cosa è avvenuta in questo e questo tempo e che tutti hanno visto una luce attraversare i loro corpi.

22. I cinque allora constatano che il tempo indicato dai guariti coincide precisamente con quello in cui Io ho esclamato: «Vi sia dunque fatto secondo la vostra fede», e che gli ammalati del ricovero sono stati, come gli altri, guariti da una luce.

23. Tutti sono colmi di grandissimo stupore, ed i beneficati gridano: «Conduceteci dal Salvatore, affinché possiamo personalmente tributarGli lode e renderGli grazie!».

24. Allora i farisei li conducono da Me, ed essi si prostrano dinanzi a Me e glorificano il Signore perché ha concesso tanta potenza ad un uomo!

25. Io però dico loro di alzarsi da terra e contemporaneamente, mentre indico loro la sala destinata ad accoglierli per la cena, li ammonisco tutti di non far cenno a chicchessia, né a Gerusalemme né nella città di Davide, su nessuno degli avvenimenti svoltisi nella serata!

26. Essi Mi promettono unanimemente che si atterranno per quanto possibile al Mio comandamento; osservano però che, naturalmente, si troveranno male a dare spiegazione della cosa una volta ritornati perfettamente sani ai loro luoghi; ma ad ogni modo assicurano che faranno quanto sta in loro pur di non tradirMi!

27. Io approvo questo loro proponimento e li conduco tutti, Io stesso, nella sala vicina dove li attendono rinfreschi e cibi di ogni genere. Io benedico loro i cibi e le bevande, e poi li invito a ristorarsi a loro comodo e secondo il loro bisogno; dopo di che Mi ritiro in un’altra stanza dove l’onesto Baram di Gesaira ha nuovamente preparato per Me e per i Miei una cena squisita ed abbondante, alla quale prendono parte lietamente, seduti al Mio fianco, anche Kisjonah e la sua famiglia. 

 

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Cap. 219

Un cenno di altra specie sulla missione. La necessità di una fermentazione nell’animo.

 Paragone del bue da ingrasso. La benedizione della sofferenza.

 

1. Terminata la cena, Achab disse: «Signore, che io, già dal tempo in cui Ti vidi a Gesaira, non nutra alcun dubbio sulla Tua identità si comprende da sé, e per quanto riguarda la mia persona, non sarebbero affatto necessari tali segni grandiosi per convincere più che a sufficienza me e tutti i miei simili che Tu sei Jehova stesso, operante in modo visibile per mezzo di un corpo umano preso, per così dire, a prestito da questa Terra. Io però sono curioso di sapere se i cinque farisei di Betlemme, i quali del resto sembrano essere delle persone a modo, non possano proprio sul serio osservare niente che li induca a riflettere su chi potrebbe essere Colui che ha guarito in modo tanto straordinario e meraviglioso i loro ammalati. Per piccolo che sia l’eventuale dubbio sorto in loro, devono pur toccare quasi con mano che un uomo comune non può mai in eterno essere in grado di fare una cosa simile. Io sono dunque dell’opinione che basterebbe andare a metterli, per così dire, un po’ alla prova e si evidenzierebbe subito come Ti considerano»

2. Dico Io: «Amico, che Io sappia per certo quello che loro pensano di Me, spero che tu non lo metta in dubbio; Io però ritengo che non sia affatto necessario disturbarli nelle loro osservazioni più personali. Per tale scopo andrà bene anche domani, e domani pure si potranno svolgere opportunamente tante altre cose. Lasciamoli dunque fermentare per bene durante questa notte! Infatti, come è necessario che il mosto fermenti affinché diventi vino con spirito, altrettanto è assolutamente necessario a ciascun uomo che nel suo animo avvenga una simile fermentazione, se egli vuole assurgere alla vera e perfetta spiritualità.

3. Vedi, quando un uomo possiede tutto ciò che gli occorre, egli si sente interamente a suo agio, sazio e soddisfatto; egli non si cura di niente, non lavora affatto e non fa altro che godersi la vita materialmente fra una comodità e l’altra, e non gli passa certamente per la mente di domandarsi se vi sia un Dio, se vi sia una vita dopo la morte del corpo, se l’uomo sia più di un animale oppure, viceversa, l’animale più di un uomo. Montagne e valli sono tutt’uno per lui; l’inverno e l’estate sono cose che non lo riguardano, perché d’estate egli siede all’ombra e trova refrigerio nelle acque, e d’inverno siede accanto al fuoco avvolto in vesti ben calde.

4. Così pure gli è indifferente se l’annata fu buona o cattiva, per il fatto che le sue provviste di ogni genere sono immagazzinate per buoni dieci anni; e se per caso qualcosa gli viene a mancare, egli possiede denari in abbondanza per potersela procurare quando vuole!

5. Vedi, un uomo di questo genere vive comodamente così come vive un bue da ingrasso nella sua stalla; non pensa affatto molto più di un bue, e perciò non è altro che un animale crapulone sotto forma umana.

6. Se tu andassi da uno di questi tali per predicargli il Vangelo del Regno di Dio, egli farebbe a te precisamente così come il bue nella stalla fa al tafano che lo punge e lo disturba durante la piacevole funzione del mangiare: il bue vibra un colpo di coda all’ospite importuno, e costui deve rapidamente prendere il largo per non venire annientato o per lo meno fortemente danneggiato.

7. E vedi, un simile gozzovigliatore, non oppresso da nessuna preoccupazione, farà semplicemente cenno alla sua servitù di cacciarti via, la quale servitù in questo caso rappresenta appunto nient’altro che la coda la cui funzione è quella di difendere la spensierata vita di piacere dalla punzecchiatura di certe mosche, e tu, solo ad una considerevole distanza, avresti la possibilità di riflettere su quale fosse stato l’effetto della tua predica del Vangelo presso un gozzovigliatore del genere.

8. Io so perfettamente invece quale ben differente predica si deve fare a buoi di questa specie; Io faccio venire su di lui una sciagura terrena dopo l’altra! In tal modo egli cade in preda ad ogni genere di pensieri, di angosce e di timori; egli comincia a meditare, a cercare e a domandarsi come sia possibile che egli venga colpito da ogni parte dalla disgrazia, mentre non ha fatto mai male a nessuno ed è vissuto da persona ordinata e rispettabile!

9. Ma tutto questo gli succede soltanto a causa della necessaria fermentazione.

10. Quando nell’anima di tali uomini questa fermentazione è giunta a un dato grado di sviluppo, allora essi si sentono spinti a cercare degli amici per mezzo dei quali poter riacquistare una relativa pace; ecco, questo è il momento in cui tu puoi recarti da loro a predicare il Vangelo; essi ti porgeranno ascolto e non alzeranno più contro di te la coda per scuoterla con furia e superbia.

11. E vedi, appunto per questo motivo è buona cosa che a questi nostri ospiti sia dato questa notte il modo di pervenire ad un giusto grado di fermentazione; con ciò essi non potranno far altro che spiritualizzarsi nel loro interno, e per noi domani sarà meno grave ragionare con loro. Ti è chiaro adesso tutto ciò?».

 

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Cap. 220

L’ammirazione di Achab per la Sapienza divina. Anzitutto è opportuno riconoscere se stessi.

«Non limitatevi ad ascoltare la Parola del Signore, ma operate secondo questa».

La vera pace piena di vita e di beatitudine sta in Dio.

Ammonimento a guardarsi dal dormire a lungo e dall’ozio.

 

1. Dice Achab: «O Sapienza, Sapienza! Quante verità altissime e pure sono contenute in Te, e quanto incredibilmente vuoti e miseri siamo noi al Tuo confronto! È una verità eterna da cui si evince che mai nulla si può manifestare senza una precedente attività combattiva; ed io che volevo addirittura andare subito da quei betlemiti per recare loro la luce! Oh, io, punto centrale di ogni stupidità! Eppure i sapienti della Grecia l’hanno affermato che ogni attività è condizionata da un conflitto, e ogni effetto è la conseguenza di questo; ed io non sono stato capace di comprendere ciò! Ma come mai lo comprendo solo adesso?

2. Certo, ogni azione intrapresa esteriormente con l’uomo è cosa inutile se nell’interno dell’uomo non precede un conflitto con se stesso e con i vari elementi vitali che lo costituiscono.

3. Ora mi è perfettamente chiara la struttura dei rapporti della vita umana; ed io vorrei a questo riguardo quasi stabilire un principio fondamentale della vita, persuaso di non andare molto lontano dal vero!»

4. Dico Io: «Lascia che lo ascoltiamo! Non voglio contemplarlo in Me prima che tu lo abbia espresso»

5. Dice Achab: «Quello che l’uomo non ha già prima dato a se stesso, traendolo dalle facoltà elargitegli in origine, non gli può essere dato, senza pregiudicarlo, neppure da Dio! Certo è che a Dio tutte le cose sono possibili, ma con ciò l’uomo non ci guadagna nulla!

6. Se qualcuno non giunge anzitutto a riconoscere se stesso, come mai potrà egli riconoscere qualcun altro, ed infine addirittura Dio? Questo sarebbe il mio principio, o Signore: sono molto lontano dalla meta?»

7. Gli rispondo Io: «No, amico Achab, tu hai colpito perfettamente nel segno; così è infatti! Ciò che l’uomo non ottiene con la sua attività mettendo a profitto le forze e le capacità elargitegli non glielo può né deve far ottenere nemmeno Dio, senza giudicarlo!

8. Perciò Io dico a voi tutti: “Non siate vani ascoltatori della Mia Parola, ma operate con tutto zelo secondo la stessa; solo allora comincerete a percepire in voi le sue benedizioni!”

9. Infatti la vita consiste in uno stato attivo, e non in uno stato ozioso delle forze che sono condizioni della vita; e così la vita deve venire conservata, perfino per l’eternità, ugualmente per mezzo dell’incessante attività del complesso delle forze inerenti alla vita stessa, mentre con il riposo queste forze si affievoliscono, fino ad arrivare a smorzarsi e infine a spegnersi.

10. Quel certo senso di benessere che il riposo vi accorda non è altro che una morte parziale delle forze necessarie alla vita, e chi ne fa un’abitudine e comincia a trovare sempre più attraente il benessere derivatogli dal riposo e dall’inattività delle forze vitali, specialmente di quelle spirituali, non fa altro che gettarsi sempre più in braccio alla morte vera, dalla cui stretta non vi è più Dio che lo possa liberare tanto facilmente!

11. Però, certamente, esiste anche una vera quiete piena di vita; ma questa si trova in Dio, ed essa si traduce nell’uomo in un inesprimibile senso di beatitudine derivato dalla soddisfazione del riconoscersi attivo secondo la Volontà del Signore.

12. In questo sentimento di contentezza che è quanto di più beato si possa immaginare, nonché nella percezione chiarissima dell’aver sempre ed ininterrottamente agito secondo l’Ordine divino, consiste appunto la ben nota pace in Dio che è la sola pace vibrante di vita, perché colma di potenza attiva e, conseguentemente, di vere opere. Invece ogni altra quiete che consista in una cessazione di attività delle forze vitali, non può essere, come già detto, che uno stato relativo di vera morte, che tanto più si accentua quanto più le differenti forze vitali si sottraggono all’attività e tardano a riprenderla. Comprendete voi queste cose?»

13. Osserva Giuda Iscariota: «Ma Signore, se è così, l’uomo dovrebbe fuggire il sonno come la peste, perché, infine, anche il sonno non è altro che il riposo di un certo numero di forze vitali, per quanto esteriormente si manifestino!»

14. Dico Io: «Certamente! È per tale motivo che anche coloro che dormono molto non arriveranno mai ad un’età particolarmente avanzata. Chi concede al proprio corpo cinque ore di sonno in gioventù e sei ore nella vecchiaia vivrà nella maggior parte dei casi per lunghissimi anni, e per molto tempo conserverà un aspetto giovanile. Il dormiglione, invece, invecchia molto presto, il viso gli si fa rugoso ed i suoi capelli diventano grigi anzi tempo e, giunto in età alquanto avanzata, si muove come un’ombra.

15. Ora, come con l’abuso del sonno il corpo si spegne sempre più e si avvicina allo stato di morte, altrettanto, anzi in misura molto maggiore, avviene dell’anima quando essa va cessando sempre più nell’attività secondo la Mia Parola e la Mia Volontà.

16. E quando l’ozio si è bene annidato in un’anima, ben presto esso trascina con sé nello stesso nido anche il vizio, dato che l’ozio non è altro che un amore che porta beneficio soltanto a se stesso e che tanto più fugge da ogni attività a favore di qualcun altro, in quanto esso ha già abbastanza da fare per lavorare a proprio vantaggio e profitto!

17. Perciò guardatevi molto bene particolarmente dall’ozio, poiché esso è una vera semente dalla quale germina ogni possibile vizio!

18. Quale esempio vi servano i diversi animali di preda. Vedete, in questi animali si manifesta un’attività, certamente distruttrice, soltanto quando la fame che li dilania li spinge a muoversi; ma quando hanno azzannato la preda e calmata la loro fame, essi si ritirano ben presto nuovamente nelle loro tane e vi riposano non di rado anche per giornate intere, come avviene nei serpenti.

19. Considerate ora un ladro ed assassino! Quest’uomo, il quale detesta qualsiasi altro genere di lavoro e che è un vero demonio incarnato, se ne sta anche lunghi giorni ozioso in qualche suo covo, e quando i suoi accoliti gli annunciano che una ricca carovana dovrà passare da quelle parti, solo allora egli esce e partecipa all’agguato, attacca poi ferocemente la carovana, la depreda completamente e uccide i mercanti affinché egli non possa essere denunciato e perseguitato! Ecco, tutto questo è frutto dell’ozio.

20. Quindi, ascoltate bene ancora una volta: “Guardatevi anzitutto dall’ozio, poiché questo è la via e la porta larga per cui procedono ed entrano tutti i vizi immaginabili!”.

21. Dopo aver compiuto il lavoro giornaliero, un riposo moderato fa certo bene alle membra del corpo, ma, d’altro canto, il riposo esagerato è peggiore del non riposare affatto».

 

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Cap. 221

Del male della pigrizia e della benedizione dell’attività. Cenni sul vagabondare. Reggenti deboli e reggenti severi. Maria e Tommaso. Matteo mette per iscritto questa dottrina dell’attività, conosciuta poi come la “Predica notturna”. Perché la stessa andò perduta.

 

1. (Continua il Signore:) «Quando qualcuno ha fatto un lungo cammino a piedi e alla fine ha raggiunto un ricovero, se egli non va immediatamente a riposare ma invece fa ancora un po’ di moto più leggero e il giorno seguente si alza prima che spunti il giorno, si troverà senza alcuna traccia di stanchezza, e quanto più a lungo proseguirà con questo metodo il suo viaggio, tanto meno il viaggio stesso lo renderà stanco.

2. Ma se quel medesimo, affaticato da una giornata di marcia, giunge al ricovero, e trovato un giaciglio vi si getta su prontamente e lo abbandona solo il mezzogiorno del giorno seguente, egli sarà costretto a continuare il suo viaggio con i piedi del tutto irrigiditi e con la testa completamente stordita e, dopo che avrà percorso un certo tratto di strada, oppresso dalla stanchezza, bramerà ardentemente di riposare; e gli potrà anche accadere perfino di doversi gettare, esausto, sulla via e di perirvi, qualora, ciò che è facilmente possibile, non trovi nessuno che gli venga in aiuto.

3. Ma chi ne avrebbe la colpa? Unicamente la sua esagerata tendenza al riposo, con l’illusione, tanto comunemente coltivata, che il riposo possa infondere vigore all’uomo!

4. Per esempio, se qualcuno si è prefisso di raggiungere un alto grado di perfezione nell’una o nell’altra arte che esiga una straordinaria agilità della mano e delle dita, domando Io: “Come potrà un tale acquistare l’agilità richiesta, se invece di esercitarsi con tutta diligenza ininterrottamente ogni giorno, tiene le mani in tasca e giorno per giorno se ne va qua e là oziando, per una certa prudenza, per non stancare troppo mani e dita, mentre in questo modo non avrà fatto altro che renderle sempre più rigide e inette all’arte a cui egli aspira?”.

5. In verità vi dico che in questo caso nemmeno Io, malgrado tutta la Mia illimitata Sapienza, potrei preannunciare e stabilire l’epoca in cui un simile discepolo dell’arte diventerebbe un virtuoso! E perciò, Miei cari amici e fratelli, Io vi dico ancora una volta:

6. “Per il benessere generale degli uomini non ci vuole che attività ed attività!”. Infatti ogni manifestazione di vita non è che il frutto della costante ed instancabile Attività di Dio, e la vita, conseguentemente, può venire mantenuta e conservata per una durata eterna di tempo soltanto per mezzo della vera attività, mentre dall’inerzia non risulta né può risultare altro che la morte.

7. Ponete la mano sul vostro cuore e notate come esso è continuamente attivo, giorno e notte! Ma unicamente da questa attività dipende certo la vita del corpo; una volta però che il cuore comincia a fermarsi, allora - Io ritengo - dovrebbe pure essere la fine per la vita naturale del corpo!

8. Come il riposo del cuore materiale significa evidentemente la morte assoluta del corpo, così lo stesso riposo del cuore dell’anima non può significare altro che la morte dell’anima!

9. Ora, il cuore dell’anima si chiama Amore, e le sue pulsazioni si esplicano in una vera ed intensa attività d’Amore.

10. Dunque l’incessante attività d’amore corrisponde al pulsare del cuore dell’anima che non si stanca mai; così, con quanto più fervore batte il cuore dell’anima, tanto maggiore è la quantità di vita che si produce nell’anima stessa. E quando, in seguito a ciò, l’anima è pervenuta ad un grado sufficientemente elevato di vitalità, tale da uguagliare il supremo, divino grado di vita, allora un tale grado di potenzialità vitale dell’anima suscita la vita dello Spirito divino in essa.

11. Questo Spirito, che è Vita purissima perché è l’instancabile suprema Attività stessa, si diffonde poi nell’anima che gli è divenuta uguale in virtù della propria attività d’Amore, e da questo punto comincia effettivamente per l’anima il periodo della vita eterna, indistruttibile!

12. Vedete, tutto ciò è il risultato dell’attività, ma mai quello di una pigra quiete!

13. Per conseguenza fuggite la quiete e cercate l’attività edificante; così facendo, il vostro compenso sarà la vita eterna!

14. Non crediate che Io sia forse venuto per portare agli uomini di questa Terra la pace e il riposo; oh no, Io sono venuto per portare loro la spada e la guerra!

15. Infatti tutti gli uomini devono venire spinti all’attività mediante il bisogno e le calamità, altrimenti essi diventerebbero come pigri buoi da ingrasso che si impinguano da soli per darsi in pasto alla morte eterna!

16. E così il bisogno e le calamità provocano nell’uomo ugualmente una fermentazione dopo l’altra, dalle quali, infine, si può pur sempre sviluppare qualcosa di spirituale.

17. Certo, si potrebbe anche obiettare: “Ma dal bisogno e dalle calamità possono sorgere anche l’ira, la vendetta, il furto e l’assassinio, nonché l’invidia, la durezza di cuore e le persecuzioni!”. Questo è indubbiamente vero, ma per quanto orribili siano tutte queste cose, in considerazione dei risultati da conseguirsi, esse sono tuttavia da preferirsi alla quiete e alla pigrizia, che sono la morte dell’anima, le quali non possono assolutamente produrre nulla, né nel campo del bene né in quello del male.

18. E perciò Io vi dico: “O ardete d’amore per Me o siate perfettamente freddi verso di Me; ma il tiepido Io lo rigetterò fuori dalla Mia bocca!”.

19. Un nemico energico Io lo preferisco ad un amico tiepido. Il nemico energico Mi obbliga così ad un’attività energica, o per adottare le misure necessarie per renderlo innocuo per l’eternità oppure per conquistarlo; mentre vicino ad un amico tiepido divengo tiepido Io stesso e, in caso di bisogno, a che mai potrebbe giovarMi questo tiepido amico?

20. Per tale motivo un reggente tiepido è una vera pestilenza per il suo popolo, poiché, così governando, lo spirito del popolo imputridisce, e gli uomini diventano buoi ed asini capaci soltanto di divorare e di portare pesi! Invece un reggente severo, o mettiamo pure tirannico, infonde vita al popolo, e ciascuno è indotto a moltiplicare la propria attività pur di non incorrere in qualche punizione; se poi l’agire pazzesco di un tiranno va oltre i limiti della tolleranza del popolo, allora il popolo insorge in massa e si libera dall’oppressore.

21. Ora Io credo di aver parlato a sufficienza del valore e del significato dell’attività, e sono persuaso che voi tutti avrete compreso questo insegnamento. Per conseguenza, se qualcuno vuole e sente ora in sé il bisogno di trovare nel sonno un ristoro per il proprio corpo, costui vada e si cerchi un giaciglio; chi però intende vegliare con Me questa notte, rimanga qui!»

22. Allora tutti esclamarono: «Se vegli Tu, o Signore, come potremmo noi dormire? Soltanto la madre Maria sembra aver bisogno di riposare alquanto, e Tu potresti ben dirle di coricarsi!»

23. Maria però, che aveva udito queste parole malgrado stesse sonnecchiando un po’ seduta dietro di Me sopra una sedia a braccioli, si alzò subito ed osservò con tutta gentilezza a colui che le aveva pronunciate: «Amico, tu che usi parlare a nome anche di tutti i tuoi condiscepoli, io devo dirti che questa volta la tua preoccupazione per me è un po’ vana, poiché, vedi, io ho già passato parecchie centinaia di notti insonni per amore del mio Signore, eppure vivo ancora, ed altrettante notti ancora veglierò e malgrado ciò non perderò la vita, se questa è la Sua Volontà! Perciò nessuno di voi si dia pensiero per me; è già abbastanza se a me pensa Uno solo!»

24. Ora, colui al quale queste parole erano dirette era Tommaso, e questi si avvicinò a Maria e la pregò che non interpretasse in senso cattivo quanto detto da lui con buona intenzione. Maria dunque lo consolò e gli si dimostrò anzi gratissima per l’attenzione che egli aveva voluto usarle, cosicché Tommaso rappacificato e con il cuore alleggerito ritornò subito al suo posto.

25. Dopo di ciò, per qualche tempo si fece silenzio e nessuno aprì bocca, immersi com’erano tutti in riflessioni profonde sulle verità apprese quella sera, che sempre più si presentavano chiare ed evidenti alla loro mente.

26. Soltanto Matteo dopo aver alquanto pensato disse fra sé: «Domani al primo albeggiare voglio mettere per iscritto, come meglio sarà possibile, questi insegnamenti sull’attività e sul riposo, e voglio a questo scopo adoperare una tavoletta del tutto separata e speciale, perché una simile dottrina quanto mai importante non si può a nessun patto rischiare che vada perduta!». 

27. E quando poco dopo cominciò a fare giorno, Matteo mantenne infatti la parola. Qui è da osservarsi che questo Mio insegnamento si mantenne a lungo nella sua integrità, e fu divulgato pure in Samaria per mezzo di Jonaele e di Jairuth; però con l’andare del tempo venne lentamente molto deformato e per conseguenza se ne smarrirono le tracce. Va notato altresì che finché esso fu in voga tra il popolo, veniva chiamato con il nome di “Predica notturna”.

 

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Cap. 222

I cinque farisei di Betlemme lavano i piedi al Signore. Un breve Vangelo della vita.

 

1. Venuto il mattino, si presentarono i cinque farisei, salutarono Me nonché i Miei discepoli con i modi più gentili, secondo il loro costume, e vollero oltre a ciò renderMi un onore insolito e particolare chiedendoMi se Io li ritenessi degni di lavarMi i piedi.

2. Infatti a Betlemme vigeva ancora l’antica usanza di rendere onore in questo modo: avveniva che o colui che offriva ospitalità onorasse i suoi ospiti lavando loro i piedi, oppure, viceversa, che per ricambiare un onore fatto agli ospiti, uno di questi, fra i più ragguardevoli, lavasse il mattino seguente i piedi all’ospitante. Per tale motivo Io concessi ai cinque farisei di Betlemme che Mi lavassero e Mi asciugassero i piedi.

3. Dopo aver compiuto questo atto, i cinque farisei cominciarono ad interrogarMi, e dissero: «O Maestro, la Cui grandezza noi non possiamo comprendere! Dacci almeno qualche piccolo chiarimento riguardo al modo che Tu usi per ottenere simili guarigioni finora mai viste. Che, generalmente parlando, Tu attui tali opere in virtù della potenza divina è cosa che non si può assolutamente mettere indubbio, ma altra cosa è come ed in quale modo Tu possa agire con tanta e così meravigliosa perfezione. Dunque, purché Tu ritenga che noi siamo almeno un po’ degni di tanto, spiegaci brevemente questo fatto, e poi, lietissimi, noi faremo ritorno a Betlemme tenendo per Te eterna gratitudine»

4. Rispondo Io: «Anche se Io ve lo dicessi, voi tuttavia non lo credereste, poiché il triplice velo di Mosè copre pure i vostri occhi, affinché voi non possiate scorgere Chi è Colui che ora parla con voi. Se voi Lo conosceste, non avreste mai fatto tale domanda, ma poiché voi non Lo conoscete, avete appunto domandato così!

5. E quando anche Io dessi a voi una giusta risposta, voi tuttavia non l’accogliereste, perché voi vedete bene tutto ciò che è ed avviene nel mondo della materia, ma invece quello che riguarda lo spirito, il suo regno e le sue opere, tutto ciò vi è perfettamente estraneo, e per questa ragione non potete neppure concepire né intuire cosa siano l’essenza e l’azione del Regno di Dio nell’uomo.

6. Andate dunque e fate penitenza per i vostri molti peccati; solo allora vi accorgerete che il Regno di Dio vi è vicino.

7. Amate Dio con tutte le vostre forze ed adorateLo in Spirito e Verità, ma amate anche tutti i vostri poveri fratelli e sorelle che sono il vostro prossimo; non perseguitate i vostri nemici, e fate del bene a coloro che vi hanno fatto del male; in tal modo voi accumulerete carboni ardenti sul loro capo, e Dio compiaciuto guarderà tali nuove opere e vi renderà il centuplo in ricompensa.

8. Non prestate il vostro denaro a coloro che possono restituirvelo con ricco interesse, ma datelo a chi è veramente povero e bisognoso; in questo modo collocherete il vostro denaro ad altissimo interesse nel Cielo, e il Padre Celeste sempre vi rifonderà capitali ed interessi in eterno!

9. Non cercate con troppa brama dal mondo lode, premio e ringraziamenti per le vostre buone azioni, perché allora quale ricompensa ne avreste in Cielo?! Io vi dico: “Chi a questo mondo, per una buona opera compiuta a vantaggio dei fratelli poveri, chiede ed accetta una ricompensa qualsiasi, la sua ricompensa nei Cieli è perduta! 

10. Chi lavora per il Cielo sarà anche ricompensato dal Cielo, tanto qui temporaneamente quanto nell’aldilà eternamente; ma colui che lavora invece per il mondo, costui riceverà bensì dal mondo un premio misero e passeggero, ma nel Cielo, nel grande libro dei meriti, la sua pagina rimarrà bianca, la sua ricompensa sarà perduta e difficilmente potrà essere posta fine alla sua povertà spirituale!”.

11. Se voi vi prenderete tutto ciò a cuore ed agirete così, vi risulterà ben presto chiaro il modo da Me usato per guarire i vostri ammalati. Ed ora voi sapete tutto quello che vi è necessario sapere. Non chiedete altre cose che non vi sarebbero di alcun giovamento, anche se vi venissero dette.

12. Guardatevi inoltre dal non fare alcun cenno di Me, né dei fatti che Mi concernono, né di questi Miei discepoli, tanto a Gerusalemme quanto, anzi meno ancora, nella città di Davide, perché il fare questo non vi porterebbe alcuna benedizione!

13. Ed ora, dopo aver fatto colazione, potrete fare ritorno in pace al vostro paese».

14. Questo Mio discorso lascia un po’ perplessi e sbalorditi i cinque farisei, che tuttavia non si azzardano a fare altre domande; si inchinano davanti a Me, si recano nella sala destinata a loro, e dopo aver consumato la colazione, riprendono il cammino per fare ritorno in patria.

 

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Cap. 223

Le opinioni dei cinque farisei sul Signore. La supposizione di un

fariseo: «Egli è un Dio oppure un demonio». Parole istruttive.

 

1. I discepoli subito Mi chiedono per quale motivo Io abbia parlato così velatamente ai betlemiti.

2. Ed Io rispondo loro: «Siete dunque ancora tanto carenti d’intelletto, come se non aveste mai udito da Me una saggia parola? Sappiate dunque che questi cinque ritengono che Io altro non sia che un medico dotato di facoltà misteriose straordinarie, il quale con l’ausilio di forze della natura compie tali cure meravigliose.

3. Essi conoscono bene la setta degli esseni, i quali hanno qualche cognizione realmente notevole dei segreti dell’arte farmaceutica, per mezzo della quale essi sono in grado di guarire parecchi mali nonché di provocare diversi fenomeni che agli occhi del popolo profano devono apparire evidenti miracoli! Se voi premettete ciò, potrete infine arrivare a nessuna altra conclusione che non sia questa: quei betlemiti Mi ritengono un esseno di quarto, cioè del massimo grado, la cui scienza va tanto oltre da poter dominare le più svariate forze della natura e da poter dirigerle a suo piacimento!

4. Ora, se Io avessi svelato loro immediatamente che Io, come Figlio dell’Altissimo, sono il Messia promesso, questi ebrei irriducibilmente ortodossi non avrebbero cominciato a scandalizzarsi oltre misura ed a considerarMi un mago che, in lega con Satana, pretende di saper fare le cose più grandi, e come tale non Mi avrebbero diffamato oltre misura? E la guarigione degli ammalati da loro condotti qui sarebbe divenuta per loro una pietra di gravissimo scandalo! Invece così, poiché essi Mi ritengono semplicemente un arci-esseno, se ne vanno pacificamente alle loro case e lodano e glorificano Dio che concede all’uomo tali segrete conoscenze e forze, mediante le quali egli può procurare agli uomini sofferenti l’aiuto più sicuro, sebbene molto miracoloso!

5. Tuttavia, affinché essi, giunti alle loro case, riflettendo con più tranquillità e più maturità di pensiero, possano con lieve fatica constatare che Io propriamente non sono un esseno, perché i princìpi fondamentali da Me esposti loro riguardo ai rapporti della vita umana, tanto morali che sociali, sono addirittura l’opposto di quelli degli esseni, Io li ho illuminati solamente quel tanto che era necessario nel momento attuale allo scopo anzidetto; per conseguenza, in casa loro, essi faranno i debiti confronti tra la Mia Dottrina e quella degli esseni che essi ben conoscono; e quando ne avranno rilevato lo stridente contrasto, solo allora comincerà veramente il loro sbalordimento, come è già accaduto con i cinque davanti ai vostri occhi, quando rimasero scossi dalla sorpresa quando udirono le Mie parole, poiché, come già detto, la Mia Dottrina annunciata loro è diametralmente opposta a quella degli esseni.

6. Essi avrebbero volentieri continuato a farMi altre domande, ma Io non volli seguirli su questa via e li congedai con poche e brevi parole; ed essi se ne andarono e non si azzardarono a sottoporMi ulteriori questioni, essendosi accorti che, giudicando dai fatti, Io potevo bensì essere un esseno di elevatissimo rango, ma, non così, giudicando dalle parole da Me dirette a loro. Ed infatti, anche adesso durante il cammino non fanno altro che pensare appunto a questo fenomeno, e vanno dicendo: “Che gli esseni abbiano proprio davvero due dottrine, una esteriore destinata per il popolo mondano e cieco, ed un’altra interiore per loro uso esclusivo?”. E chissà che Io, buon conoscitore delle Scritture, non abbia voluto essere tanto sincero con loro da lasciar trapelare qualcosa dei principi della dottrina interiore, lasciando a loro stessi il compito di fare ogni altra indagine in proposito!

7. Uno dei cinque, però, pensa che dietro di Me debba celarsi qualcosa di ben differente da un esseno. Egli dice agli altri quattro: “Per conto mio non è assolutamente un esseno perché non molto tempo fa ho avuto occasione di parlare con uno di questi tali riguardo a tutte le loro dottrine e le loro usanze e costui era persona assolutamente sincera, ma dalle sue parole non ho potuto rilevare proprio nulla che facesse sospettare che egli sapesse qualcosa di una seconda dottrina segreta. Perciò io sono indotto a credere che questo strano operatore di guarigioni di Nazaret sia un fenomeno del tutto speciale e, per quanto io ne sappia, mai visto fino ad oggi! Egli deve essere o un dio oppure un demonio, la qual ultima cosa devo però mettere seriamente in dubbio, poiché quello che egli insegna corrisponde ad un principio sociale tanto estremo, come io non ho ancora mai udito l’uguale, mentre si sa che un demonio è invece un tiranno terribile e quindi un nemico giurato di ogni principio sociale!”.

8. Vedete, già adesso durante il viaggio i cinque tengono tali discorsi, e vi sono tanto immersi da accorgersi a mala pena che i loro piedi si muovono e li portano avanti.

9. Quando si insegna, Miei cari amici, bisogna procedere con molta cautela; l’educazione insegna che non si deve entrare in una casa rovesciando addirittura l’intera porta, altrimenti, quali visitatori di una casa, ci si procurerà la fama di maleducati e sfacciati e si otterrà poco o addirittura niente in quella casa in qualità di arroganti intrusi. Invece, quando si va in una casa, si batte leggermente alla porta, e il padrone a sua volta indica in quale delle stanze è allestito il banchetto. Inoltre, sedendo a tavola, il padrone non deve far servire tutte le vivande in una sola volta, ma porterà la seconda vivanda non prima che si sia consumata la prima. Se invece il padrone di casa, per sbrigarsi presto con i suoi ospiti, farà servire tutte le vivande in una sola volta, allora vi assicuro che tale atteggiamento non farebbe altro che far passare l’appetito ai suoi ospiti, ma se invece procederà come va fatto in buon ordine, gli ospiti si manterranno lieti e di buon appetito, ed infine non potranno fare altro che lodare il padrone di casa per averli ospitati in maniera tanto eccellente!

10. Ecco, così appunto è necessario procedere quando si insegna, se si vuole ottenere qualche risultato. Comprendete ora quanto vi ho detto?»

11. Rispondono i discepoli: «Sì, o Signore, noi comprendiamo esattamente tutto quello che Tu ci hai spiegato, ora come sempre, con la Tua infallibile Sapienza»

12. Osservo Io: «Quand’è così, sta bene; adesso però andiamo anche noi a fare colazione!».

 

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Cap. 224

Gara d’amore fra Kisjonah e Baram. Importanza ed essenza della contemplazione interiore di se stessi.

L’astuzia del nemico cerca di impedire questo atto. 

Disturbo da parte di Satana di questa autocontemplazione.

 

1. Noi dunque ci alziamo subito dalle panche dove avevamo riposato, e usciamo fuori nel giardino dove già ci attende un’abbondante colazione preparata anche questa volta da Baram.

2. Kisjonah dice precisamente a Baram: «Ma, fratello, che fai dunque? Credi forse che i miei granai, le mie dispense e le mie cantine siano completamente vuoti?»

3. E Baram risponde: «Fratello, io so molto bene che anche mille ospiti al giorno non consumerebbero le tue provviste per molti anni! Ma neppure io, e ne sia ringraziato il Signore, sono da annoverare tra i poveri di questo paese; dunque lascia a me ancora oggi questa gioia di offrire qualcosa a tutti questi ospiti! Infatti è davvero una gioia grandissima per me poter servire il Signore nella mia pochezza; già domani toccherà di nuovo a te, ed intorno ai tuoi focolari ferverà di nuovo tutta l’attività possibile!»

4. Kisjonah e Baram, commossi, si abbracciano e baciano, e prendono poi anch’essi posto a tavola dove viene loro portato un bellissimo pesce, pane e vino.

5. Dopo aver terminato il pasto, Kisjonah domanda cosa si farà durante la giornata; se forse Io abbia intenzione di fare qualche altra escursione, nel qual caso egli provvederà affinché il viaggio possa riuscire facile e comodo!

6. Ma Io gli dico: «Amico e fratello Mio! Non curarti di simili cose! Quello che il tempo ci porterà, noi lo prenderemo! L’oggi e il domani però non porteranno esteriormente a noi che poco o niente, e per questa ragione non avremo bisogno di fare preparativi speciali. Domani, a sera, arriverà qui Filopoldo da Cana; egli sì che avrà parecchie cose da raccontare!

7. Ma ora, finché viene mezzogiorno, qui all’ombra fresca degli alberi noi ci accingeremo ad esercitarci alquanto nella contemplazione interiore di noi stessi! 

8. Infatti in verità Io vi dico: “Per l’uomo, nel suo complesso, non vi è niente di più salutare della temporanea contemplazione ed esame interiore del proprio essere! Chi vuole esplorare se stesso e misurare le proprie forze deve ogni tanto scrutare ed esplorare bene il proprio intimo”.

9. Dunque, poiché questa cosa è tanto necessaria, noi dedicheremo questa mattina a tali esercizi; dopo pranzo ci recheremo un pochino al mare, e là vedremo cosa ci sarà da fare!»

10. Alcuni però, non sapendo come cominciare questo esame interiore di se stessi, Mi domandano spiegazioni ed Io dico loro: «Mettetevi tranquilli e concentratevi in silenzio; sottoponete ad un intenso esame tutta la vostra attività passata, pensate alla ben conosciuta Volontà di Dio, e scrutate se la vostra attività nei differenti periodi della vostra vita è stata conforme ad essa. In questo modo voi vi sarete contemplati ed esaminati in voi stessi, ed avrete opposto una barriera sempre più formidabile alla penetrazione di Satana in voi. Infatti non vi è cosa alla quale Satana dedichi cure tanto zelanti quanto ad impedire all’uomo, con vuote e ridicole manifestazioni esteriori, di giungere a scrutare ed a padroneggiare il suo intimo!

11. Infatti, quando l’uomo ha raggiunto con l’esercizio un certo grado di prontezza nell’esame del proprio interno, allora egli vede in sé molto presto e facilmente quali tranelli gli abbia teso Satana; così, avvertito il pericolo, egli può valorosamente opporsi sventando simili tranelli, e può premunirsi con energia contro ogni possibile insidia futura dello stesso nemico. Questa cosa è assai ben nota a Satana, e perciò esso è sempre affannosamente occupato a distrarre l’anima dell’uomo con ogni tipo di imbroglio per avvincerne l’interesse ai fatti esteriori; e se il gioco gli riesce, diventa facilissimo per lui, procedendo per vie occulte, tendere, inosservato, quanti tranelli vuole all’anima, la quale infine viene a trovarsi tanto intrappolata da non poter più nemmeno pensare ad un’indagine interna di se stessa, e ciò è un male ben grave!

12. Infatti in questo modo l’anima si separa sempre più dal proprio spirito e non può più destarlo; ora questo è già il principio della seconda morte dell’uomo.

13. Adesso dunque sapete anche in che cosa consiste l’esame interiore di se stessi; perciò raccoglietevi, ed in silenzio dedicatevi a tale esercizio finché sia giunto il mezzogiorno, e durante questo tempo non lasciatevi distrarre né turbare da nessun avvenimento esteriore di qualunque genere sia! Infatti Satana non tralascerà certamente di inscenare uno o l’altro spettacolo esteriore per tentare di distogliervi da questa occupazione. Ma quando tale cosa avverrà, ricordatevi che Io ve l’ho predetta, e tornate rapidamente in voi stessi per completare l’esame iniziato!».

14. Dopo di ciò ciascuno si ritira e, raccolto in se stesso, comincia un intenso esame del proprio essere, e per un’ora buona nulla viene a turbare questo lavoro spirituale.

 

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Cap. 225

L’apparizione di un animale mostruoso, cioè di un vero Leviatan.

Splendida ricompensa promessa a coloro che resistono con coraggio e costanza.

L’angelo Archiele minaccia l’orribile bestia. L’uragano suscitato per turbare la quiete interna.

L’angelo rincuora i deboli.  Baram, il nobile fornitore della santa compagnia.

 

1. Trascorsa però la prima ora, si fa udire improvvisamente uno scoppio violento, come se un fulmine terribile fosse caduto nelle immediate vicinanze! Tutti ne sono scossi e si alzano in preda allo spavento, ma ben presto si ricordano delle Mie parole e ritornano alle loro meditazioni.

2. Ma Satana non si lascia aspettare troppo a lungo; poco dopo lo schianto, coloro che stanno riposando ma sono attivi nello spirito, sentono un sinistro sibilare e fischiare, e non passa molto tempo che sulla riva del mare si innalza un mostro di singolare specie. La sua testa somiglia a quella di un lupo, soltanto è un centinaio di volte più grande; la lingua, che si protende un bel tratto fuori dalle fauci, è simile ad un serpente gigantesco che si contorce selvaggiamente senza posa; le orecchie sembrano quelle di un bove di straordinaria grandezza, e gli occhi appaiono come due grandi dischi di metallo rovente. Le zampe anteriori sono simili a quelle di un orso gigantesco e le posteriori simili a quelle di un leone di proporzioni colossali; il corpo è come di coccodrillo e la coda sembra quella di un basilisco. Il suo grido è come uno scoppio di tuono, e il suo respiro è un alternarsi di fischi e di sibili che incutono spavento. Tale è l’aspetto del mostro che è improvvisamente apparso sulla riva.

3. Ma là stanno pascolando molte pecore, buoi, mucche, vitelli e asini; il mostro, adocchiati questi animali, comincia subito a dare loro la caccia e a divorarne quanti gli vengono a tiro. Quelli che possono fuggono terrorizzati, e il mostro allora accenna a muoversi verso di noi.

4. Alquanti fra i discepoli, accortisi di tali mosse del mostro, si alzano in gran fretta ed esclamano: «Signore! La prova è davvero troppo grande e troppo forte! Questo spaventevole animale ha già divorato parecchi vitelli, dieci agnelli e due asini. Adesso, evidentemente, esso vorrebbe venire qui a prendersi qualche leccornia e, guidato dal suo buon fiuto, si è certo scelto qualcosa fra di noi, perché ormai esso muove direttamente verso di noi i suoi passi che prima erano alquanto titubanti. Crediamo perciò che sarebbe consigliabile tenersi un pochino fuori dalla strada che sembra voler percorrere questo apportatore di morte! Infatti con questa bestia non c’è davvero battaglia da poter ingaggiare per le vie naturali, né ancora meno vittorie da poter sperare!»

5. Dico Io: «Non lasciatevi minimamente turbare! Esteriormente, tutti noi presi assieme non possiamo certo dominare questo mostruoso animale, perché questo è un vero Leviatan già perfettamente sviluppato! Ma davanti alla nostra potenza interiore esso deve fuggire fino ai confini del mondo; perciò non datevi assolutamente nessun pensiero! Che passi ancora una breve ora, e voi avrete spezzato le barriere e rovesciato le frontiere della morte, e la signoria sopra tutto l’Inferno ed i suoi eserciti sarà la vostra ricompensa!»

6. Subito dopo che queste parole sono state dette da Me, il mostro fa udire ancora due volte di seguito la sua voce tonante, e poi si muove di nuovo verso di noi di un passo tranquillo, ma tuttavia abbastanza rapido, dando a vedere anche troppo bene la sua insaziabile voracità con il vibrare violento della sua lingua di serpente e con lo scuotere continuato della formidabile coda. Ma i discepoli si sono ormai fortificati nell’anima e, senza nessun timore o titubanza, lasciano che il mostro si scateni.

7. E quando esso è già a dieci passi da noi, Io faccio soltanto interiormente un cenno all’angelo Archiele, e questi avanza rapido verso l’animale e gli domanda: «Che cosa cerchi tu qui, o Satana? Vattene! Altrimenti ti distruggo!». 

8. Allora si vede il mostro aprire le fauci ed atteggiarsi come se volesse parlare, ma l’angelo l’impone di nuovo di allontanarsi! E l’animale, emesso ripetute volte il suo caratteristico grido, si volge e fugge in mare sibilando e fischiando terribilmente.

9. Però, dopo che il mostro si fu sprofondato nell’acqua, l’ampio golfo rimase per parecchio tempo agitato come se avesse infuriato il più violento uragano, ma tutto ciò non induce più in errore nessuno dei discepoli, e la quiete in Dio viene in quest’ultima ora coltivata da tutti con il massimo fervore interiore.

10. Inoltre, prima che quest’ultima ora di riposo volga al suo fine, scoppia improvvisamente uno spaventoso temporale. Lampi terribili solcano l’aria, fortissime raffiche di vento investono gli alberi e li curvano quasi fino a terra, mentre grossi goccioloni di pioggia mista a grandine cominciano a cadere dalle nubi cupe che si accavallano nel cielo.

11. Alcuni dei discepoli, più deboli degli altri, vogliono già rifugiarsi in casa, ma l’angelo dice loro: «Restate e riconoscete l’ultimo e più vuoto tranello di Satana!». 

12. Allora essi, tranquillizzati, rimangono e resistono facilmente alla pioggia che viene bensì giù con sempre maggior violenza, mentre i chicchi di grandine rimbalzano tutto intorno sul terreno, ma nessuno ne riporta danno, e la pioggia a mala pena riesce a bagnare qualcuno.

13. Allora interviene nuovamente l’angelo, il quale minaccia le nubi; queste si aprono ben presto, e subito subentra una giornata splendida di luce e di aria purissima. 

14. Dopo brevi istanti finisce anche il tempo consacrato all’esame interiore, e Baram dice: «Signore! Il cibo è pronto e può essere servito qui oppure in casa secondo il Tuo gradimento!»

15. Ed Io gli dico: «Lascia che passi ancora una mezz’ora, e poi tutto sarà in perfetto ordine! Io devo rivolgere ancora qualche parola a questi Miei discepoli».

16. Baram sale quindi nuovamente sul suo battello dove sono custoditi, in una cassa ben grande, parecchi otri del miglior vino, li fa trasportare in cucina dalla gente e ordina che vengano riempiti tutti i boccali; poi ordina ai cuochi di attendere ancora una mezz’ora prima di servire le vivande e che attendano di essere avvertiti. Poi egli ritorna da Me, e sta egli pure ad ascoltare quello che Io vado dicendo sulla contemplazione di se stessi e sulla sua utilità.

 

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Cap. 226

Della grande benedizione che apporta il regolare esame di se stessi. Della rinascita nello spirito. I rapporti magici con gli spiriti - una via che conduce all’Inferno. A che scopo deve esistere Satana? Consigli severi al saccente Giuda, il quale viene ammonito alla modestia.

 

1. Ed ecco le spiegazioni da Me date ai discepoli: «Dunque, voi avete ora visto in quale modo l’uomo possa passare dalla materia alla spiritualità sempre più pura, e come egli, seguendo questa via, possa divenire il signore di se stesso e, per questo fatto infine, anche signore di tutta l’intera natura esteriore del mondo. Perciò seguite, di quando in quando, questa via nel Mio Nome, e perverrete ad un alto grado di potenza nel dominare le vostre passioni e, in conseguenza di ciò, anche nel signoreggiare su tutto il mondo naturale e nell’aldilà su tutte le creature.

2. Voi avete visto le maligne apparizioni che vi ha riservato Satana. Esse vi hanno riempito di orrore e di spavento, ma voi, fidandovi della Mia Parola, siete ritornati alla quiete e siete riusciti in tale quiete a dominare pienamente tutti quei malvagi avvenimenti.

3. Non crediate però di avere già ora completamente messo in fuga da Satana il suo perfido coraggio! Ogni qualvolta ripeterete con voi stessi un tale esercizio, sarete nello stesso tempo nuovamente turbati da lui, e ciò finché non sarete perfettamente rinati nello spirito.

4. Ma quando tale rinascita dello spirito sarà in voi compiuta, allora Satana avrà perso per l’eternità ogni potere su di voi, e voi diventerete i suoi giudici nonché di tutti coloro che si saranno lasciati avvinghiare da lui, e che voi, per amore del vostro prossimo, sottrarrete con la Parola al suo dominio per sempre!»

5. Domanda Pietro: «Come mai, o Signore, si può rinascere? L’anima e lo spirito devono essere nuovamente generati in un corpo di donna e dal medesimo corpo nuovamente partoriti? Altrimenti, come è da comprendere tutto ciò?»

6. Rispondo Io: «Passerà ancora molto tempo prima che tale cosa possa apparire del tutto chiara al tuo intelletto. Ma quando Io avrò fatto ritorno là, da dove sono venuto, e il Mio Spirito avrà reso libero il tuo spirito, allora la tua mente potrà ben concepire la rinascita dello spirito, e tu potrai comprenderla in tutta la sua pienezza e nelle sue più recondite profondità. Per ora ciò non sarebbe ancora possibile né a te né a nessun altro di voi, ma, con il seguire i Miei insegnamenti e con il praticare gli esercizi vitali di cui vi ho ora parlato, tu perverrai alla fine da te stesso ed in te stesso a questa luce.

7. A raggiungere tale scopo non giovano né dottrine, né insegnamenti dati esteriormente, ma è necessario invece che ciascuno raggiunga questa luce da se stesso ed in se stesso percorrendo la via da Me indicatavi ora per tutti i tempi»

8. Osserva Giuda: «Signore, io ho avuto occasione di vedere dei maghi possenti, nonché altri che scongiuravano e dominavano gli spiriti; questi tali parlavano con le anime dei trapassati, ed esse davvero rispondevano e rivelavano cose occulte. Come dunque hanno potuto penetrare nel regno degli spiriti? Questa credo che dovrebbe essere anche una specie di rinascita spirituale?!»

9. Dico Io: «Oh sì, certo, però non per il Cielo che è il trono di Dio, ma per l’Inferno dove dimora Satana e i suoi angeli!»

10. Replica Giuda: «Se è così, allora Satana è anch’esso un signore dotato di potenza assai grande, per quanto di malvagia natura! Ora io credo che, se fosse possibile, sarebbe meglio addirittura annientare Satana che non lasciare annientare da lui milioni di creature! Per quale motivo dunque, nell’Ordine stabilito da Dio, deve esserci posto anche per Satana?»

11. Gli rispondo Io: «Per il motivo che egli abbia fra breve ad accalappiare anche te, dato che dimostri tanto interesse per lui! Infatti, ci vorrà molto tempo prima che tu possa arrivare ad una pallidissima e superficiale conoscenza di te stesso, per non parlare poi del grande Ordine divino, il quale, per ragioni quanto mai sagge, ha creato sulla Terra accanto al giorno anche la notte! Puoi tu comprendere il motivo iniziale e fondamentale della vita nella notte terrena, nonché del giorno eterno di tutti i soli, di cui ciascuno è pure un mondo simile a questo che ti porta e che ti nutre? Ma se tu non lo comprendi, allora Io ti chiedo come puoi tu venir fuori con una domanda che non si addice ad un uomo che si trova al cospetto del suo Signore, Dio e Creatore? Perché non domandi anche la ragione per cui la pietra è dura e l’acqua invece è cedevole e liquida? Oppure perché il fuoco ti causa dolore se lo attraversi, mentre non è così con l’acqua fresca?

12. Io però ti dico: “Se tu non comprendi nulla, impara dapprima qualcosa, e nello stesso tempo rimani silenzioso e sii di spirito attento e, quando avrai compreso qualcosa nella sua più intima essenza, allora soltanto parla e proponi ai tuoi fratelli i tuoi sofistici quesiti”

13. Ma ascolta ancora: “Succede con te come con tutta la stoltezza degli uomini: in segreto essi si vergognano, è vero, della loro stoltezza, ma essi la vogliono tenere nascosta sotto uno sfoggio grande di domande di ogni specie, scintillanti di apparente sapienza, non pensando affatto però che è proprio questo il vero modo per mettere bene in evidenza la loro stoltezza!”. Fa dunque che queste Mie miti parole ti rendano scaltro, altrimenti ti potrà accadere un giorno che sarai tanto immerso nel fango che Io non verrò così presto a tirarti fuori!»

14. Queste parole servono a calmare parecchio la mania interrogativa in Giuda, il quale nel frattempo ha gettato delle occhiate molto significative dalla parte dove si trovava Tommaso; ma questi finge saggiamente di non aver notato niente della correzione data a Giuda, e nello stesso modo si comportano anche tutti gli altri discepoli, cosicché Giuda, tranquillizzato, prudentemente si ritira.

15. Dopo di che Io dissi a Baram: «Ed ora, fratello Mio, tu puoi preparare il pranzo, ma stavolta mangeremo in casa!».

16. Allora Baram se ne va sollecito alle cucine e fa preparare il tutto prontamente; noi lo seguiamo, e nello spazio di un’ora il pranzo è comodamente terminato.

 

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Cap. 227

La traversata per mare dopo il pasto. Un battello con la notizia dell’improvvisa malattia della figlia di Giairo.

La seria dichiarazione del Signore ai messaggeri di Giairo.

Ritorno a Chis.

 

1. Dopo il pasto, poiché il tempo è assai bello e l’aria è purissima, viene intrapresa un’escursione per mare. Baram fa preparare in fretta il suo battello, mentre Kisjonah, dal canto suo, fa pure spingere in mare la sua grande nave che prende a bordo con tutta comodità ben la metà dei discepoli.

2. Io, i principali discepoli, Baram e Kisjonah montiamo però nel battello di costruzione eccellente appartenente a Baram. Questo battello era provvisto di due vele e di sei buoni remi per ciascun lato, e poteva quindi venire spinto innanzi tanto dal vento quanto a forza di braccia. Noi dirigemmo la prora verso Cafarnao senza tuttavia avere affatto l’intenzione di arrivarci.

3. Ma quando fummo a quasi un paio d’ore di distanza al largo in direzione di Cafarnao, vedemmo da lontano un battello spinto avanti a tutta forza per venirci incontro. Esso portava i colori di Cafarnao, e quando noi deviammo improvvisamente dalla nostra rotta per vedere se realmente le nostre due navi fossero la loro meta, allora anche il battello di Cafarnao deviò dalla sua precedente rotta, puntando nuovamente verso di noi ed accelerando la corsa. Dunque, poiché la sua intenzione risultava evidente ai marinai di Baram, questi chiesero al loro padrone cosa avrebbero dovuto fare, perché quel battello di Cafarnao non sembrava aver buone intenzioni. Baram si rivolse a Me per sentire la Mia opinione a tal riguardo.

4. Ed Io risposi: «Lasciate pure che la nave ci venga vicino; vedremo poi qual è la volontà che li guida!». 

5. A queste Mie parole Baram ordina che vengano serrate le vele e fa cessare la voga, mentre la gente di Kisjonah sull’altra nave esegue le stesse manovre.

6. In un quarto d’ora i rematori di Cafarnao sono da noi e domandano a Baram se Io Mi trovi sulla sua nave, perché a Cafarnao e stato loro riferito che Io dimoravo a Chis! Dal canto loro, essi sono inviati dal capo dei sacerdoti Giairo per supplicarMi di venire subito a Cafarnao, poiché la figlioletta di Giairo, che da poche settimane Io avevo risuscitato da morte, era caduta di nuovo ammalata tanto gravemente che nessun medico era più capace di guarirla. 

7. Dissero infine i rematori a Baram ed ai suoi marinai: «Giairo teme che da un momento all’altro gli venga a mancare. Una grande ricompensa vi verrà data se ci portate da Gesù di Nazaret»

8. Ma Baram rispose: «Dunque, a giudicare dalle vostre parole, è con buone intenzioni che siete venuti da noi; ora io posso dirvi che Colui che cercate si trova qui sul mio battello; però non posso assolutamente dirvi se Egli riterrà opportuno darvi ascolto, e se vorrà esaudire la vostra preghiera. Ad ogni modo andrò da Lui giù in cabina e gli parlerò»

9. Gli uomini di Cafarnao si dimostrano soddisfatti; Baram scende da Me e vuole parlarMi per manifestare il loro desiderio.

10. Ma Io lo prevengo e gli dico: «Fratello, risparmiati ogni parola, poiché Io sono già al corrente di tutto e, se tu rammenti, Io già a Gesaira ti dissi che così sarebbe accaduto a questa progenie calunniatrice! Con l’intenzione di perseguitarMi e di denigrare la Mia Dottrina essi negarono che la figlia di Giairo fosse stata ammalata e fosse morta; essa, secondo loro, sarebbe stata semplicemente immersa in un sonno naturale dal quale Io la risvegliai, sostenendo poi con inganno di averla resuscitata da completa morte.

11. Considerato dunque che tale opera è risultata per loro nient’altro che un inganno, adesso lascino pure che la fanciulla si addormenti di nuovo tanto naturalmente quanto la prima volta, e si vedrà se potrà nuovamente venire risvegliata in modo naturale da un qualsiasi uomo naturale!

12. In verità, la fanciulla non verrà da Me toccata finché non sia stata deposta per tre giorni nella tomba! Va’ dunque di sopra e annuncia loro quanto ti ho detto; in seguito fa’ sciogliere le vele, ed un buon vento ci spingerà molto rapidamente in direzione della baia di Chis, e costoro non potranno osservare da che parte ce ne saremo andati»

13. Baram allora si affretta a salire sopra coperta, e dice: «O egregi messaggeri del capo dei farisei! Mi rincresce di tutto cuore di non potervi portare una risposta favorevole da parte di Gesù, il Signore! Ma se ciò avviene, la colpa non è che della stessa gente di Cafarnao perché, quando a suo tempo Egli ebbe davvero resuscitato la figlia del vostro padrone da uno stato evidentissimo di morte e l’ebbe riportata a piena vita, non passò molto tempo che essi, i farisei di questa città da Lui maledetti, Lo dichiararono addirittura un mentitore ed un imbroglione, e fecero di tutto per dimostrare al popolo che Giairo aveva voluto solamente mettere Gesù alla prova e che per questo motivo aveva indotto sua figlia, perfettamente sana, a coricarsi su un letto mortuario appositamente preparato. Poi era venuto il mentitore Gesù, assolutamente ignaro del tranello che gli era stato teso, e l’aveva, certo con tutta facilità, risuscitata da morte a vita; e questa cosa, come io ho udito narrare, sarebbe avvenuta così: accortosi che la fanciulla viveva, le aveva afferrato la mano stringendogliela fortemente, in modo che essa, per evitare il dolore causatole dalla vigorosa stretta, preferì alzarsi.

14. Ma la vera intenzione del capo dei farisei sarebbe stata - così ho sentito - che la fanciulla non si fosse lasciata resuscitare, cosicché poi si sarebbe potuto senza indugio arrestare e accusare Gesù quale un matricolato truffatore. Ma a causa del risveglio della fanciulla, questo bel piano era fallito davanti al popolo; infatti quest’ultimo era fermamente convinto che la figlioletta era stata davvero resuscitata da morte, mentre, per raggiungere lo scopo summenzionato, essa era stata invece fatta apparire malata già alcuni giorni prima!

15. Per queste ragioni essa, da viva, non verrà più guardata da Lui; forse Egli si ricorderà di lei quando la putredine della tomba avrà fornito a tutti la prova della sua morte! 

16. Ritornate ora a casa con questa risposta e ditela al vostro capo [della sinagoga], affinché si renda conto da se stesso di quale nerissima ingratitudine è colmo il suo cuore! Inoltre, in nessun caso Egli viene a Cafarnao, poiché questa località Egli l’ha benedetta dal basso per l’eternità!».

17. Terminato tale annuncio, Baram dà ordine che vengano rapidamente spiegate le vele e, quando queste sono pronte, il vento comincia a farsi sentire spingendo avanti le due navi con tanta velocità che il battello di Cafarnao, basso, malandato e sprovvisto di vele, viene in pochissimo tempo distanziato cosicché lo perdiamo di vista. E quando fummo sbarcati sottovento nella grande insenatura presso Chis, lasciando che le navi andassero ad approdare vuote nel golfo, il vento improvvisamente si volse e si diede a soffiare con violenza in direzione di Cafarnao.

 

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Cap. 228

Giairo ed i medici al letto di morte di sua figliola Sara. La verità dettagli da Boro di Nazaret. Minaccia dei farisei.

La pratica risposta di Boro, e la critica domanda da lui fatta apertamente a Giairo.

 

1. Quando noi giungemmo in cima alla collina di una certa altezza al limite della grande insenatura, ed ai cui piedi, sulla strada principale che conduce a Gerusalemme, sorge il noto ricovero, noi potemmo allora scorgere in grande lontananza il battello di Cafarnao che lottava contro le onde e, poiché il vento accennava a diventare sempre più molesto, vedemmo i rematori desistere dal vogare ed alzare i remi, lasciandosi in tal modo spingere dal vento in linea diritta verso il porto di Cafarnao.

2. È facile immaginare da sé quale viso avesse fatto Giairo quando i messaggeri, da lui mandatiMi incontro, gli ebbero riferito la risposta da Me data loro per mezzo di Baram.

3. Egli fece in fretta e furia chiamare tutti i medici dalle località circostanti, talune anche molto lontane; ed anche quello di Nazaret fu chiamato, poiché questo, esso pure Mio discepolo, godeva grande reputazione quale medico miracoloso; aveva infatti in altre circostanze effettivamente guarito immediatamente anche ammalati in stato assai grave con la semplice imposizione delle mani.

4. E quando costui fu arrivato a Cafarnao ed ebbe esaminata la fanciulla, iniziò a scrollare in maniera molto evidente le spalle e, dopo qualche tempo di meditazione, disse a tutti gli altri medici che si trovavano al letto dell’inferma: «Qui non c’è che Uno solo che possa darle aiuto, e questi è Colui che l’ha creata! Certamente, la ragazza si è trovata a qualche festa, e in un momento di grande calore avrà bevuto qualche bevanda gelata, e in conseguenza di ciò le si è sviluppata la putrefazione polmonare; in questo stato purtroppo non è possibile che essa resista più di sette giorni! Noi non possiamo procurarle dei nuovi polmoni, e perciò né io né voi possiamo esserle di alcun aiuto per nessuna cosa al mondo!»

5. Dice Giairo: «Pensi che a questo male non potrebbe trovare rimedio nemmeno Gesù che è nato come divino e che già una volta ha risuscitato questa mia figlia da vera morte, come ha pure risuscitato la figlia del comandante Cornelio in casa del quale mia figlia ha contratto questo male alcuni giorni fa?»

6. Risponde il medico di Nazaret: «Oh, sì! Egli sicuramente potrebbe aiutarla; basterebbe che lo volesse! A quanto ho udito, però voi avete già mandato da Lui dei messaggeri, ma Egli, con tutte le ragioni e con tutto il diritto, vi ha fatto pervenire una risposta negativa; solo dopo noi siamo stati chiamati qui, ma noi non siamo in grado di far più nulla!»

7. Dice Giairo: «Eppure io l’ho mandato a pregare nella maniera più gentile possibile, ed Egli, che non fa altro che predicare l’amore e il dovere di fare del bene perfino ai propri nemici, dà una simile risposta ai messaggeri che Gli ho inviato!»

8. Dice il medico di Nazaret: «Egli non vi ha dato nessun’altra risposta all’infuori di quella che voi tutti, che vi chiamate servitori dell’Altissimo, avete assolutamente meritata. Ditemi un po’! Come dovrebbe essere fatto un uomo per potervi restare ancora amico dopo un comportamento simile da parte vostra?! In verità, lo stesso Dio non potrebbe prodigarvi benefici maggiori di quelli che vi ha elargito a piene mani il puro e divino Gesù! Ma quale è stata la ricompensa che voi Gli riservaste?! Voi Lo avete perseguitato come il più volgare e pericoloso dei malfattori e, se mai aveste potuto impadronirvi di Lui, Lo avreste già ucciso da lungo tempo, ma poiché è evidente che la mano di Dio Lo protegge, voi non avete lasciato nulla di intentato per farGli tutto il male possibile.

9. Di che cosa, per esempio, si è resa colpevole verso di voi la Sua povera madre Maria, donna piissima e timorata di Dio come nessun’altra, per indurvi a toglierle la sua misera casuccia con quel po’ di giardino che aveva intorno, ed a cacciarla poi via assieme ai figli di Giuseppe, pubblicamente tra derisioni e insulti, come se si fosse trattato della più volgare malfattrice?

10. Perché, domando io, avete fatto questo?»

11. Risponde Giairo: «Perché Egli ha diffuso dappertutto voci calunniose sul nostro conto, ed ha oltraggiato i sacerdoti e il Tempio di Dio; credo dunque che di motivi ne abbiamo avuti abbastanza!»

12. Dice il medico di Nazaret, che aveva nome Boro ed era greco di nascita: «Ah! Hinc ergo illae lacrimae?! (Perciò dunque tali lacrime?!, e cioè: Questo è dunque il motivo?!). Udite! Come voi tutti sapete, io sono greco, e non ho quindi niente a che vedere con la vostra teologia, quantunque essa non mi sia del tutto estranea. Da me è ben assolutamente lontana l’idea di disapprovare il vostro Mosè e tutti gli altri profeti che i vostri antenati hanno tanto maltrattato, poiché le loro dottrine e le loro ammonizioni non sono per nulla differenti da quelle che Gesù, il mio carissimo amico, ha avuto occasione di impartirvi pubblicamente e che, per conseguenza, traboccano di verità e di ispirazione divina.

13. Osservate invece la vostra attuale teologia, i dogmi ed i vostri principi miserevoli sotto ogni aspetto, nonché gli statuti affatto encomiabili del Tempio, e dovrete voi stessi finire con l’esclamare ad alta voce: Quam mutatus ab illo!. (Quante cose sono mutate da quel tempo!)

14. Se voi confrontate poi i vostri attuali principi con quelli enunciati dal profeta Isaia, ed in pari tempo cercate di ravvivare in voi la vera fede secondo la quale Jehova, Mosè e i Profeti dovrebbero pur apparirvi qualcosa più di una semplice favola da potersi sfruttare sapientemente ai vostri scopi di avidità e di vita comoda, dovreste voi stessi arretrare inorriditi davanti alla profanazione terribile che andate perpetrando contro il luogo santo!

15. Dunque, se il divino Gesù, per mezzo del Quale opera in maniera evidentissima Dio stesso, vi rimprovera adesso, come a suo tempo ha fatto Isaia, i vostri mostruosi difetti e da vero amico vuole riavvicinarvi a Colui dal Quale vi siete tanto immensamente allontanati, domando io: “Merita Egli perciò un simile trattamento da parte vostra?!”

16. In verità! Se fosse dato a me di avere la potenza, anzi dovrei dire la Sua Onnipotenza incredibile e propriamente divina, la situazione fra me e voi sarebbe già da lungo tempo ben chiara, come sugli scogli di Sibara è ben chiara la situazione delle dieci navi che voi, spinti dai vostri sentimenti quanto mai umanitari, lanciaste or non è molto contro di Lui e contro i Suoi discepoli innocentissimi! È probabile che finalmente perfino la Sua pazienza divina Gli sia venuta meno!

17. Da parte mia dico il vero e ripeto che se io fossi in possesso della Sua vera Onnipotenza, avrei già da lungo tempo fatto sollevare e rovesciare su di voi tutto l’intero Mare di Galilea per annegarvi come ratti immondi!»

18. Queste parole molto dirette ed energiche di Boro fanno montare su tutte le furie parecchi tra i farisei là presenti, i quali gli dicono: «Tieni un po’ ferma la tua lingua greca troppo sciolta! Non è per far sentire le tue prediche che fosti chiamato qui da Nazaret! Non scherzare troppo, perché noi abbiamo ancora sufficiente potere per rovinarti!»

19. Esclama Boro: «Oh, io vi credo volentieri e di tutto cuore; il vostro sentimento umanitario di cui corre fama per tutto il mondo; - scilicet! (senza dubbio!) me ne è anche troppo garante! Ma nel caso mio c’è sicuramente, per combinazione, un grande “Ma”! E in grazia di questo “Ma” significatissimo, Boro di Nazaret non ha proprio la benché minima paura di voi!

20. Boro non ha certo l’Onnipotenza del divino Gesù, ma tuttavia possiede una forza misteriosa sufficiente a distruggere tutti voi in un istante, e poi, medico come egli è, non ha nemmeno bisogno di rendere conto a nessuno del suo operato! Mi avete capito?! Ora, Gesù è un Dio, mentre io non sono che un uomo; per conseguenza Egli ha anche molta più pazienza di me! Dunque è meglio non tirarmi troppo per i capelli, altrimenti la pazienza mi può scappare!»

21. Così dicendo, Boro trae di tasca una piccola fiala e la mostra ai farisei inviperiti, accompagnando l’atto con queste parole quanto mai significative: «Vedete, quest’arma è più potente di dieci legioni militari! So ben io come difendermi; non ho che da aprirla e voi tutti quanti siete morti in un momento! Ecco, anche su questa fialetta sta scritto il grandissimo significativo “Ma”! Se adesso volete attaccare briga con me, non tarderemo molto a vederci chiaro nella questione»

22. I farisei, atterriti, rabbrividiscono alla vista di questa fialetta mortale nella quale era conservato un veleno potentissimo e di azione quanto mai fulminea e violenta, di cui sarebbe bastato che l’odore, che si diffondeva con rapidità estrema, giungesse alle narici di qualcuno per stordirlo ed ucciderlo all’istante.

23. Questo veleno però era un arcano di cui più tardi si smarrirono completamente le tracce. Esso veniva estratto da un arbusto che cresce qua e là nelle parti dell’India e che laddove si trova annienta per un buon tratto intorno a sé ogni forza vitale. Questa cosa è nota ai farisei, e ciò spiega lo spavento che li ha fatti ammutolire; e Giairo intanto supplica Boro di voler riporre in tasca la terribile fialetta.

24. E Boro esegue, ma dice nello stesso tempo a Giairo: «Amico, come si può permettere che Gesù, il Quale ti ha reso un beneficio tanto grande come mai non si vide uno uguale, venga perseguitato in maniera così infame?! Dimmi sinceramente se tu proprio davvero non comprendi che ciascuna delle Sue parole sante è una perfetta verità, oppure se sul serio non vuoi comprenderlo?!».

 

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Cap. 229

Risposta vile di Giairo, oppresso dalle cure mondane. L’aspro e diretto richiamo di Boro.

Sulla ricompensa nell’aldilà. Boro non vuole aiutare il timoroso Giairo e se ne va.

 

1. Risponde Giairo: «Amico, io ti comprendo meglio di quanto tu lo creda, ma vi sono cose che, per quanto comprensibili, dal punto di vista della posizione sociale dell’uomo nel mondo non è tuttavia lecito che vengano comprese!

2. Quante volte l’uomo che agli occhi del mondo occupa una posizione ragguardevole deve ridere, mentre in realtà vorrebbe piangere, e, d’altra parte, quante volte non è costretto a mostrarsi addolorato, mentre nel suo cuore sarebbe portato a saltare e ballare dalla gioia! Ora, cosa vorresti o potresti fare tu, quale singolo individuo, di fronte alla massa degli altri?! Puoi nuotare contro una corrente infuriata, quando sei preda della sua violenza?!

3. Ma noi uomini abbiamo una pelle sensibile ed uno stomaco più sensibile ancora; tutti e due vogliono essere soddisfatti, e per conseguenza a noi non resta altra alternativa che appendere intelletto e ragione al primo chiodo che ci capita sotto mano e andare con la corrente, oppure finire i nostri giorni mendicando in qualche angolo della Terra, disprezzati da tutti come animali selvaggi feriti da colpi di pietra.

4. Detto fra noi, credimi, io conosco Cristo meglio di te, ma a che serve tutto ciò di fronte a Roma e Gerusalemme?! Se ti muovi un solo istante, il tuo ultimo giorno è venuto!

5. Gesù può ben essere sul serio un Figlio di Dio altissimo, di cui io, fra me e me, non ho il minimo dubbio, ma questa mia interna fede, questa mia intima convinzione posso io manifestarla apertamente se considero la mia posizione e la mia dignità a questo mondo?! Ed ammesso che io lo facessi, che ne sarebbe poi di me?!»

6. Dice Boro: «Che ne sarebbe poi di te? Eh, certamente, il mondo, per non pregiudicare la sua vita di comodità e di piaceri, non ha mai mancato di fare simili domande miserabili ad un qualche amico sempre amante della pura verità molto più che non di tutti i regni del mondo sovraccarico di ogni maledizione; e per questa ragione la santa verità ha sempre trovato la sua sicura tomba nella pelle e nel ventre dell’uomo avido dei piaceri e delle comodità del mondo!

7. Colui al quale il benessere materiale e gli onori del mondo interessano più che la divina verità, nonostante i migliori sentimenti innati in lui lo inducano sempre a fare simili considerazioni e domande, si ritrae dalla Luce divina nell’oscurità del mondo e così rinnega Dio ed ogni Luce che da Lui proviene. Ora qualcuno potrà domandare: “Perché ciò? Qual è la causa per cui tali cose appaiono al suo cuore come una necessità?”. Ed io risponderò: “Nient’altro che la sua inclinazione al benessere materiale in ogni campo della vita!”. Spinto da questa brama, egli sta sempre all’erta per cogliere qualsiasi cosa che gli possa procurare ciò che gli può assicurare il benessere materiale della vita. E quando, non di rado dopo gravi pene e fatiche, ha raggiunto la meta che unicamente i sensi e il mondo gli fanno desiderare, allora egli getta senza indugio a mare tutta la verità; e se poi egli si accorge che questa verità può anche in minimissima parte pregiudicare la sua brillante posizione nel mondo e il suo benessere materiale, diventa egli stesso un tiranno, e si dà a perseguitare ferocemente tutto ciò che porta in sé una scintilla, per quanto piccola, della pura verità.

8. Ma se poi egli diviene misero e malato, e va dal medico, non vuole nient’altro che possibilmente un vero aiuto! Perché allora pretende la verità in questa circostanza, e perché non la si vuole nelle altre?

9. Osserva là! Tua figlia è colpita da una malattia incurabile; cosa daresti tu adesso per un vero rimedio che potesse giovare al corpo ammalato della tua figliola?! Io, nella mia qualità di medico che ha dell’esperienza, affermo che c’è un’unica e vera medicina capace di giovare immediatamente alla fanciulla, ma una tale medicina non potrebbe essere altro che il riconoscimento della piena Verità in relazione alla malattia che affligge il corpo della tua figliola! Ma per questo rimedio e per questa Verità mediante la quale saresti tu stesso guarito nell’anima, non soltanto non offri nulla in compenso, ma, per amore del tuo benessere materiale, perseguiti questa santa Verità ovunque essa accenni anche per poco a mostrarsi! Dimmi! Come si può qualificare un tale contegno?

10. Tu sai molto bene, come lo so io, che il letame del Tempio non ha alcuna efficacia; tu sai anche come tutto ciò non sia altro che la più grossolana superstizione perfettamente adatta a soffocare ogni scintilla di luce migliore nel popolo debole; eppure non esiteresti a perseguitare con il ferro e con il fuoco come profanatore delle cose sante chi fra i tuoi compagni di fede si azzardasse ad esprimersi apertamente a tale proposito.

11. Immaginati ora quello che un Dio eternamente giusto, che in pari tempo è la Luce e l’immutabile eterna Verità stessa e che non ammette che si scenda a patti con Lui, immaginati quello che un simile Dio potrà un giorno dire a servitori dei quali tu sei uno?!

12. In verità! Nessuno di voi Gli sfuggirà! Crediate o non crediate, oltre le porte della tomba vi è tuttavia un immenso aldilà, dove ciascuno verrà esattamente retribuito secondo la sua vita e le sue opere!

13. Io non ignoro questa cosa, perché l’ho cercata e l’ho anche trovata; io tengo la mia vita eterna nelle mie mani e, se ciò fosse possibile, darei anche mille delle vite corporali se ad altro prezzo non mi fosse consentito di ottenere quella eterna!

14. Ma io, come ho già detto, la posseggo, e la vita eterna mi ha insegnato a disprezzare la vita della carne, ed a non attribuire a questa un valore se non in quanto essa è, e deve essermi utile nell’appropriarmi, in tutta la sua pienezza, della vita eterna dell’anima; e, se a me è stato dato di raggiungere in tutta chiarezza e verità tale cosa, lo devo unicamente a Gesù, il Quale mi ha indicato la Via nascosta che conduce là.

15. E questo Gesù, questo Dio fra gli uomini, voi Lo perseguitate con il ferro e con il fuoco; e ben difficilmente voi vi darete pace prima che non avrete fatto a Lui quello che i vostri padri hanno fatto a tutti i profeti!

16. Ma allora guai a voi! Dio ha mandato a voi, che nel modo più infame vi pregiate del nome di popolo di Dio e di Suoi figli, un Dio dai Cieli; ogni Sua Parola è una Verità eterna derivata da Dio, affinché ogni galantuomo la afferri con mano; e voi volete ucciderLo perché Egli ripudia il vecchio e sporco letame del vostro Tempio!

17. Guai a voi! L’Ira di Dio cadrà terribile su voi tutti!

18. Sì, io potrei ancora venire in aiuto a tua figlia; io sento la forza necessaria in me. Ma questo non lo voglio fare perché voi tutti non siete più uomini ma demoni! E a dei demoni non presterò mai aiuto!»

19. Queste parole penetrarono come frecce roventi nel cuore del capo dei farisei. Egli aveva compreso le profonde verità dettegli, ed avrebbe voluto addirittura rinunciare alla sua carica, ma tuttavia egli temeva lo scalpore che un avvenimento simile avrebbe suscitato, e disse a Boro:

20. «Le tue parole non sono proprio affatto gentili, però sono vere. Se io potessi adesso gettare il fardello della mia alta carica giù dalle mie spalle, senza che ciò suscitasse troppo rumore e senza provocare troppo rovinose conseguenze, davvero sarei prontissimo a farlo pur di ottenere la guarigione della mia amatissima figlia; ma pensa all’enorme scalpore che un fatto simile non mancherebbe di sollevare! Dunque mi trovo costretto a rimandare questo mio progetto a tempi migliori»

21. Risponde Boro: «In quanto a me ho terminato e mi accingo ad andarmene per la mia strada, migliore certo di quella che mi condusse qui da te, poiché qui evidentemente è l’Inferno sulla Terra, ed in esso neppure un angelo può fare qualcosa di buono, per non parlare di me che sono ancora un uomo debole e mortale!».

22. Con tali parole Boro si congeda, abbandona la casa del capo dei farisei e si allontana frettoloso ed in preda a grande agitazione. Questi fatti si svolsero a Cafarnao il secondo giorno dopo che noi avevamo incontrato sul mare gli inviati di Giairo.

23. Io però, che Mi ero concesso qualche tempo di riposo sulla collina, annunciai l’avvenimento un intero giorno prima che esso effettivamente si compisse.

 

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Cap. 230

La gioia dei discepoli e la gratitudine di Maria per il coraggio dimostrato da Boro.

Kisjonah dona un bel possedimento a Maria ed ai figli di Giuseppe. La devozione a Dio di Jose, figlio di Giuseppe.

Predizione consolatrice del Signore. «Io e il Padre siamo Uno e non Due».

 La morte di Giuseppe e sua testimonianza su Gesù.

Consiglio alla prudenza nel rivelare segreti spirituali.

 

1. Dopo questo racconto, durante il quale tutti i discepoli avrebbero voluto abbracciare e poter baciare il medico Boro che essi conoscevano bene, noi facemmo nuovamente ritorno a Chis e vi arrivammo precisamente al tramontare del sole.

2. Baram aveva già predisposto tutto per la cena e noi, dopo l’importante lavoro compiuto nella giornata, gustammo doppiamente il pasto. La cena infuse anche in Giuda una disposizione d’animo alquanto migliore, e lodò il coraggio di Boro che egli pure conosceva benissimo.

3. Terminata la cena, si parlò ancora a lungo di ciò, e perfino la madre Maria non poteva benedire Boro a sufficienza per essersi interessato di lei presso il capo dei farisei, il quale appunto le fece confiscare il suo piccolo podere.

4. Ed uno degli anziani fra i figli di Giuseppe disse: «Chissà che finalmente non ci venga restituito quel poco di terra e di casa che ci eravamo acquistati a prezzo di oneste fatiche?!»

5. Risponde Kisjonah: «Amico, non desiderarlo! Vedi, qui voi potete tutti condurre un’esistenza migliore e siete nello stesso tempo al sicuro da ogni persecuzione; dal canto mio sono pronto a cedervi in vostra proprietà assoluta il ricovero situato là, al limite settentrionale della grande insenatura, e circa cento acri di terreno in aggiunta. Con un cambio simile potete ben rinunciare al vostro piccolo podere; oltre a ciò, da qui siete una buona mezza giornata di viaggio più vicini a Gerusalemme che non da Nazaret». E Jose si dichiara pienamente d’accordo, tuttavia chiede anche a Me un consiglio.

6. Ed Io dico: «Quello che è migliore resta sempre migliore; per conseguenza accetta quanto ti viene offerto, però non considerarlo mai come cosa tua, ma come una cosa che ti viene prestata da Dio per questo breve tempo!»

7. Jose risponde: «Signore e fratello! Questo ce l’ha già insegnato il padre Giuseppe, e per questo motivo la piccola casuccia e la poca terra a Nazaret non l’abbiamo mai ritenuta nostra proprietà, ma sempre unicamente un prestito concessoci da Dio per la durata di questa breve vita terrena, e noi assieme a Te L’abbiamo giornalmente ringraziato, e nello stesso tempo L’abbiamo pregato di volerci conservare quel prezioso bene necessario al nostro modesto sostentamento su questa Terra. Egli infatti ce l’ha anche conservato finché fu la Sua Volontà; ora io debbo esclamare con Giobbe: “Il Signore ce l’ha dato, e quando a Lui è piaciuto, ce l’ha anche tolto. Sia fatta soltanto la Sua santa Volontà, ed a Lui soltanto vada ogni onore, ogni lode ed ogni gloria! Quello che Dio toglie, Egli può anche abbondantemente restituire”. Dunque su questo punto noi siamo in piena regola, ma a noi furono tolti anche tutti i nostri utensili e tutte le masserizie di casa! Ora noi crediamo che queste cose dovrebbero venirci restituite, od almeno dovrebbero venircene date altre utilizzabili al posto loro!»

8. Dico Io: «In quanto a ciò stiate tranquilli; entro tre giorni ce ne andremo a Nazaret, e tutto quello che fu tolto dovrà venirci restituito! Non è forse ancora con noi un angelo del grado più elevato?! Basterà un solo cenno e tutto si troverà in pieno ordine; e anche se uno non bastasse, stanno legioni pronte ai nostri servizi in qualsiasi momento!

9. Io ve lo dico: “Quello che Io nel Mio cuore chiedo al Padre Mio, Egli Me lo concede, e ciò che il Figlio vuole, lo vuole ugualmente e per l’eternità anche il Padre, e non vi è mai una divergenza fra la Volontà del Padre e quella del Figlio!”. Infatti credetelo: “Il Padre e il Figlio non sono due, ma sono in tutto perfettamente una sola Persona!”. Siate ora tranquilli ed abbiate fede che è veramente così!»

10. Dice Jose: «Signore e fratello, certamente noi tutti lo crediamo; e come dovremmo non crederlo dato che siamo vissuti con Te fin dalla Tua nascita, e siamo stati testimoni degli innumerevoli segni da Te compiuti che ci hanno dimostrato anche troppo chiaramente chi sei veramente?! Il fratello Giacomo ha perfino scritto un intero libro voluminoso in cui sono narrati gli avvenimenti che Ti riguardano, dalla nascita al Tuo ventesimo anno, dalla quale epoca fino all’attuale non si ebbe da Te più alcun segno, ed hai lavorato e sei vissuto insieme a noi come un qualsiasi altro uomo, cosicché noi avremmo perfino quasi dimenticato Chi Tu fossi, se la morte corporale del nostro amato padre Giuseppe avvenuta un paio d’anni fa non ci avesse scosso violentemente.

11. Quando infatti Giuseppe spirò fra le Tue braccia, le sue ultime parole furono accompagnate da un sorriso raggiante di grandissima beatitudine, e queste ultime parole furono:

12. “O mio Dio e mio Signore! Fino a che punto sei con me benigno e misericordioso! Oh, io vedo ora che la morte non c’è; io vivrò eternamente! Ah, come sono splendidi, Dio, i Tuoi Cieli! Figli, vedete Colui che ora sorregge con il Suo braccio il mio capo morente! È Lui il mio Dio, il mio Creatore! O quale beatitudine, morire per questo misero mondo nelle braccia onnipotenti del proprio Creatore.

13. Dopo queste parole egli spirò, e noi tutti abbiamo pianto ad alta voce; sola mente Tu non hai pianto. Noi però lo capimmo perché non hai pianto!

14. E vedi, a partire da quel momento non potemmo mai più dimenticare Chi sei; Giuseppe infatti, nell’ultima ora della sua vita terrena, l’aveva espresso fin troppo chiaramente! Come non dovremmo credere ora a tutto ciò che Tu dici, ben sapendo alla fin fine Chi sei?!»

15. Dico Io: «Molto bene, Miei cari fratelli! È assolutamente giusto che in una simile occasione abbiate parlato in questo modo, perché noi che ci troviamo qui riuniti siamo già tutti perfettamente iniziati, ed una tale scienza qui non dovrà certo più ricadere a giudizio su nessuno, eccezione fatta soltanto per quell’uno[16], qualora egli in segreto se ne scandalizzi!

16. Ma se ci troviamo fra stranieri figli del mondo, voi dovete aver la massima cura di non rivelare niente di tutto ciò! Ora però andiamo a riposare, affinché domattina noi possiamo essere pronti per qualsiasi lavoro ci si presenterà!». 

17. Allora tutti si ritirarono lieti e soddisfatti per dedicare qualche tempo al riposo.

 

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Cap. 231

In quale modo le genti di Kisjonah sorprendono ed arrestano una banda di predatori e contrabbandieri del Tempio.

Le disposizioni di Kisjonah e del giudice romano in tale contingenza. Arrivo della carovana pulita.

 

1. Soltanto Kisjonah, Baram, Jonaele e Jairuth assieme al servitore Archiele escono all’aperto; Kisjonah approfitta del momento per esaminare se le sue faccende proseguono in regola, e trova i sorveglianti delle barriere e gli altri guardiani tutti allegri i quali annunziano al loro padrone che, a quanto è stato riferito, ancora quella stessa notte vi sarà da fare una retata importante.

2. Kisjonah domanda ansiosamente informazioni, e vuole sapere se forse non si tratti di povere genti che portano le loro magre provviste a qualche mercato per poterne ricavare quel tanto occorrente a pagare le imposte.

3. Ma il sovrintendente alla dogana gli risponde: «Signore e padrone nostro! Tu sai bene quanto noi onoriamo e rispettiamo i tuoi ordinamenti giustissimi e, in verità, oltre ogni dire miti verso i poveri; nel caso nostro di oggi però non si tratta affatto di povertà, ma di una infamia e di uno scandalo molteplice da parte dei farisei israeliti, dei sacerdoti e dei leviti.

4. Questi hanno percorso un grande tratto tutt’intorno a Cafarnao effettuando in modo abominevole pignoramenti e spogliazioni su vasta scala, ed oggi verso la mezzanotte essi condurranno al mercato di Gerusalemme ogni tipo di bestiame, grano, vino ed utensili; ma per fare ciò non prenderanno la strada usuale ed onesta; essi tenteranno invece di passare per una strada nascosta, predisposta ai loro scopi, attraverso le colline.

5. Tu sai bene che da qui a Sibara, dove si trova uno dei tuoi uffici secondari della dogana che tu cedi sempre in appalto, non c’è via possibile per terra a causa delle enormi rupi dalle pareti altissime che scendono a precipizio sul mare; se si vuole dunque prendere una via onesta da Sibara fin qui bisogna far trasportare via acqua tanto i passeggeri quanto il bestiame od una merce qualsiasi, sbarcando il tutto al luogo di approdo a ciò destinato, oppure, ciò che di rado succede, se il mare è tranquillo, si può andare direttamente fino a Pireh dove c’è un’altra delle tue stazioni secondarie che ormai è appaltata essa pure per dieci anni.

6. Ora, per sottrarsi al controllo di tutti questi tuoi uffici, i ricchi farisei, dopo aver ingaggiato dei mercenari, hanno fatto costruire una strada per il contrabbando sulla montagna attraverso i boschi, e precisamente in territorio samaritano; e così essi vogliono tentare oggi un primo esperimento.

7. Essi dovrebbero sbucare a circa duemila passi di distanza da qui nella valle in direzione di Cana, nel punto dove noi abbiamo costruito un ponte per attraversare il ruscello; la strada poi, che procede ancora per un bel tratto sui tuoi possessi, attraversa il ruscello e si arrampica verso Cana a sinistra della valle. Noi abbiamo già di buon’ora fatto appostare nei punti migliori circa duecento sorveglianti, guardiani e spioni tutti bene armati. Io ti assicuro, o padrone e signor nostro, che nemmeno un sorcio potrà scapparci! Vogliamo che questi malandrini perfidissimi imparino a conoscere Jehova in modo che debbano pensare a Lui per tutta la loro vita!»

8. Dice Kisjonah: «Voi avete ideata ed eseguita la cosa molto bene, e un’adeguata ricompensa non vi mancherà! Il denaro che i venditori portano con sé verrà confiscato; invece tutto il bestiame, il grano, le farine, gli utensili e le masserizie resteranno depositate qui finché quei delinquenti non avranno esattamente indicato chi sono coloro ai quali essi hanno tolto tutto ciò con la violenza, mettendoci così nella possibilità di restituire poi coscienziosamente ad ognuno il suo.

9. Per il fatto poi che essi hanno aperto, senza il mio permesso, una strada su colline ed attraverso boschi che mi appartengono, il giudice romano, che ha stabilito la sua residenza appunto qui da me, li condannerà a pagare un’ammenda di mille libbre d’argento, delle quali, secondo la legge qui vigente a tal riguardo, spettano due terzi all’imperatore ed un terzo a me»

10. E mentre Kisjonah sta così parlando, si avvicina appunto il giudice romano da lui nominato il quale si informa su cosa ci sia di nuovo alla barriera, se sono attese delle persone sospette e se vi è forse bisogno di assistenza militare. Il sovrintendente dei doganieri rende noto al giudice che si tratta della questione di cui egli aveva già fatto denuncia durante la giornata.

11. Esclama allora il giudice: «Ah, si tratta di questo! Benone! Cercate intanto di acchiappare quegli uccellacci notturni! Noi ci riserviamo poi di impartire loro, secondo i costumi e le leggi di Roma, qualche lezione sulla loro pelle! Bisogna assolutamente che per l’avvenire passi loro la voglia di ridurre i sudditi di Roma alla carità, così da rendere a questi impossibile il pagamento delle imposte dovute all’imperatore, mentre, d’altra parte, quei loschi figuri non tirano mai fuori di tasca nemmeno uno statere! Essi protestano sempre la loro eterna miseria, mentre sotterrano oro, argento, perle e pietre preziose in grande quantità. A questo riguardo quelli di Cafarnao sono proprio i caporioni matricolati come quelli di Corazim. Aspettate un po’, raffinate canaglie, e vedrete che vi metteremo a posto in modo che dovrete ricordarvene per tutta la vita!»

12. Il giudice ha appena finito di pronunciare queste parole che dalla parte della valle si sente già venire un gran vocio, ma ancora indistinto. Il sovrintendente comincia a fregarsi le mani dalla soddisfazione ed esclama brevemente: «Ah, ah, ecco che ci sono già cascati tutti in un gruppo! Entro un quarto d’ora avremo l’onore di fare la loro conoscenza, ma adesso si tratta di far presto e di accendere immediatamente tutte le torce, perché la valle venga rischiarata come di giorno affinché nessuno di quei figuri possa dileguarsi!»

13. Allora viene dato fuoco ad una quarantina di padelle piene di pece, le quali vengono collocate in modo che tutti i dintorni ne siano completamente illuminati; ma gli accenditori hanno a mala pena finito il loro lavoro che già compare la prima retata consistente in dodici farisei che, in qualità di delegati, avevano avuto l’incarico di condurre a buon fine a Gerusalemme il frutto della rapina, per procederne là alla vendita.

14. Gli uomini scelti fra i più robusti che li avevano scortati spingono i farisei legati davanti alla barriera che chiudeva la strada, e dicono a Kisjonah: «Signore, eccoti qui intanto gli uccelli maggiori, cinque da Cafarnao, tre da Nazaret e quattro da Corazim. Tutti veri assassini che valgono davvero il loro denaro! Ci segue, però, ed arriverà qui in breve un’intera carovana; c’è una grande quantità di buoi, vacche, capre, pecore; poi circa quattrocento asini carichi di grano assieme ai loro asinelli, ed altrettanti muli che trasportano otri di vino; seguono ancora circa cinquecento tra asini e cavalli da sella che portano legati in groppa ragazze e giovanetti bellissimi, tutti fra i dodici e diciotto anni, destinati per il grande mercato di Sidone. Naturalmente poi, a completare il quadro, non mancano numerosissimi servitori di questi dodici uccellacci principali! Il tutto sarà qui prestissimo; fate dunque preparare del posto sufficiente perché si possa mettere tutto quanto convenientemente al sicuro!»

15. Dice Kisjonah: «Bisogna subito aprire le grandi stalle sulla riva; là si potrà collocare comodamente ogni cosa; in quanto ai fanciulli, fateli condurre al ricovero qui sulla collina, e si abbia cura che venga portato loro subito qualcosa da mangiare e da bere, perché immagino che questi mostri camuffati da uomini li avranno nutriti durante il viaggio quel tanto che bastava per non farli morire di fame. Dio mio, Dio mio! Perché mai permetti che simili demoni in Terra abbiano tanto potere sulla povera umanità che pur vorrebbe vivere in pace?!».

 

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Cap. 232

Liberazione dei fanciulli rapiti, i quali intanto ricevono ristoro.

Il consiglio del Signore nella citazione a giudizio dei furbi farisei. I preparativi per il processo.

 

1. Ma ecco che già si fanno sentire i lamenti e il pianto dei fanciulli che erano stati strappati con la forza dalle braccia dei loro genitori. Subito Kisjonah e Baram, Jonaele e Jairuth, e l’angelo assieme a loro, si affrettano incontro ai fanciulli, mentre il giudice ordina che i dodici vengano rinchiusi in luogo sicuro e ben custodito.

2. Poco dopo avanza il corteo dei fanciulli; l’angelo scioglie in un istante i lacci che li tengono legati sul dorso degli asini e dei cavalli, e si può osservare che sono in numero maggiore di quanto indicato dai componenti della prima brigata di coloro che hanno scortato i dodici caporioni, perché su più di un cavallo ce n’erano perfino tre legati assieme. Tutti i piccoli tremano per l’angoscia e lo spavento, poiché pensano che debba succedere loro qualcosa di male; ma l’angelo rivolge loro la parola confortandoli amorevolmente e spiega che non soltanto non accadrà loro alcun male, ma che, al contrario, verrà fatto loro molto del bene e che già il giorno dopo essi potranno riabbracciare i loro genitori addoloratissimi per esserne stati così improvvisamente separati. Allora i piccoli furono tranquillizzati.

3. Alcuni tuttavia si lamentano per il dolore causato loro dalle corde con cui erano stati legati; altri sanguinano anche in qualche parte del loro corpo delicato, perché erano stati percossi quando piangevano, dato che si temeva che il pianto avesse potuto tradire la presenza dell’intera carovana. Per la maggior parte erano nudi, perché se fossero stati vestiti, qualcuno forse avrebbe potuto riconoscerli durante il percorso da Cafarnao fino alle vicinanze di Sibara, che era stata pure evitata; si dovette quindi pensare anche a procurare loro di che coprirsi, almeno lo stretto necessario.

4. Kisjonah offrì subito una quantità di buona tela di lino, e tutti dovettero aiutare a cucire delle vesti da distribuire a tutti i fanciulli il mattino successivo. Il lavoro procedette sollecito e ben presto fu ultimato. I fanciulli nel frattempo erano stati condotti nel grande ricovero che Kisjonah aveva fatto preparare appositamente per casi simili un po’ più in alto rispetto a dove sorgevano gli uffici della dogana.

5. Era già quasi finito il lavoro per alloggiare i fanciulli nel ricovero, quando si vide arrivare il grosso della carovana con il bestiame e con tutte le altre più svariate cose. Il tutto fu preso in consegna e depositato per bene, mentre i servi dei dodici vennero legati e condotti anch’essi al sicuro in una prigione.

6. Quando il trambusto causato da questi imprevisti avvenimenti ebbe fine e il personale di guardia ebbe ripreso il posto consueto, anche Kisjonah ed i suoi quattro compagni poterono pensare al riposo, il quale però non avrebbe potuto durare troppo a lungo, dato che era cominciato tardi e che il giorno seguente offriva molte ed importanti attività.

7. Fino al levare del giorno tutto rimase tranquillo, ma appena spuntato il sole ognuno si trovò in piedi e pronto all’opera. La prima cosa che fece Kisjonah fu di venire da Me per raccontarMi tutto quello che era avvenuto durante la notte, nonché, naturalmente, per chiederMi consiglio su ciò che sarebbe stato opportuno ed equo innanzi a Dio fare in quella circostanza.

8. Io però lo prevenni e gli dissi come egli avrebbe dovuto comportarsi e come agire con tutta sollecitudine. E il consiglio da Me datogli fu il seguente:

9. «Fratello, anzitutto invia sollecitamente un messaggero che sia accreditato da questo tribunale imperiale a Cafarnao dal supremo comandante Cornelio, affinché egli mandi qui un commissario con l’incarico di procedere all’esame dei dodici colpevoli e di pronunciare contro di loro una sentenza e, oltre a ciò, per costringerli a dare indicazioni precise riguardo a tutte le parti lese dalla loro scorreria, per poter nel più breve tempo possibile restituire il bestiame ed ogni altra cosa rubata; ma principalmente per poter consegnare i fanciulli alle loro famiglie! Inoltre, per un crimine tanto grave quanto è quello perpetrato dai dodici, il locale tribunale speciale è troppo piccolo, ed in casi simili non è nemmeno competente. Ma comunque sia, è necessario che in questa occasione non venga assolutamente fatta menzione di Me!

10. I dodici farisei però daranno molto filo da torcere anche al tribunale superiore! La rapina perpetrata non potrà essere fatta risultare come capo di accusa; e così pure l’imputazione di aver voluto frodare la dogana non li preoccuperà troppo, poiché essi hanno libera circolazione dappertutto. E poiché sono, come si dice, i figli del paese, già per questo motivo essi, secondo la legge, non sono tenuti a pagare la dogana; e questa non è stata affatto la ragione del loro tentativo di evitare le tue barriere, ma tale cosa avvenne unicamente per timore del popolo, poiché in simili occasioni essi hanno già fatto sufficiente esperienza a proprie spese ed hanno preferito questa volta costruire una strada nascosta in direzione di Gerusalemme.

11. Non c’è dunque che un solo motivo per il quale essi possono essere condannati dal tribunale ad un risarcimento di danni, e questo è la violazione della proprietà boschiva perpetrata nel territorio che appartiene a te; ma a scontare questo crimine non basteranno di gran lunga tutti i pignoramenti che si trovano ormai nelle tue mani, compreso anche il denaro che essi portano con sé.

12. Si rende poi ulteriormente necessario che tu mandi subito degli stimatori esperti accompagnati da un incaricato del tribunale nel bosco, affinché essi constatino i danni sul luogo e ne facciano debita stima, e ciò allo scopo di far trovare pronto al tribunale superiore, quando sarà qui riunito, tutto quello che gli è necessario per emanare una sentenza valida e fondata sulla legge; altrimenti il tribunale si dilungherebbe talmente tanto in ricerche ed istruttorie che le parti lese potrebbero rientrare in possesso delle loro cose tra un anno. Ma se invece si provvede a tutto ciò che il tribunale ritiene necessario, allora quest’ultimo può in breve tempo emanare la sentenza e procedere immediatamente alla sua esecuzione».

13. Avuti da Me questi consigli, Kisjonah va in cerca dei suoi dipendenti e dà istruzioni opportune affinché tutto venga eseguito secondo quanto Io gli ho detto.

14. Viene subito allestita una piccola nave che, spiegate le vele e spinta da un buon vento, si dirige velocemente verso Cafarnao, e il giudice romano in persona, assieme a otto periti giurati, si reca subito sulle colline che, cominciando da Chis, segnano il confine sinistro della valle, mentre contemporaneamente manda un commissario con altri otto periti sulle colline a destra della stessa.

15. Verso la quarta ora del pomeriggio, un commissario superiore del tribunale, insieme a due scrivani e ad entrambe le squadre dei periti sono già di ritorno portando le esatte rilevazioni dei danni.

 

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Cap. 233

Severissimo interrogatorio dei dodici farisei. L’attestato favorevole al Tempio di Cesare Augusto. In quale modo i templari adempiono le leggi divine. Pesante ammenda dei malfattori per violazione di proprietà boschiva e per lesa maestà.

 

1. Subito si procede ad una istruttoria preliminare che viene chiusa in breve tempo. Poi vengono fatti comparire i dodici. Quando il giudice superiore vuole interrogarli, essi dicono: «Noi siamo padroni di noi stessi, e il nostro tribunale lo abbiamo nel Tempio di Gerusalemme; all’infuori di Dio e di questo nostro tribunale non siamo tenuti a dare spiegazioni di alcun genere a nessuno su quello che facciamo o non facciamo; per conseguenza tu puoi interrogarci come e quanto credi, ma risposte da parte nostra non ne avrai più, perché noi ci troviamo su terreno legale molto solido, e legalmente non potrete farci proprio nulla»

2. Dice il giudice: «Per combattere ostilità di questa specie io ho a mia disposizione un mezzo, vale a dire la frusta e le verghe! Queste vi indurranno ad aprire la bocca, poiché il tribunale di Roma non conosce affatto differenze di casta! Davanti alla legge tutti sono uguali!»

3. Risponde il primo dei dodici farisei: «Oh, questo mezzo noi lo conosciamo, come pure la sua forza ed i suoi effetti; noi però dal canto nostro conosciamo un altro mezzo, e qualora volessimo servircene, come probabilmente faremo, noi saremmo sicuramente gli ultimi che tu avresti avuto l’ardire di citare in giudizio; conosci il famoso attestato di Cesare Augusto che egli fece pervenire, scritto di suo proprio pugno, ai sacerdoti di Gerusalemme, nella quale è dichiarato:

4. “Questa casta sacerdotale è più favorevole di qualunque altra al Trono imperiale di Roma, perciò tutte le sue leggi e i privilegi di cui gode devono venire protetti e tutelati quali cose sacre. Guai a chi li tocca! Cada sul profanatore tutto il rigore della legge, e sia condannato alla pena più tremenda riservata ai rei di alto tradimento!”. Questa legge ha valore oggi come trent’anni fa! Nel caso che essa non ti fosse nota, o tu l’avessi dimenticata, noi te l’abbiamo richiamata alla memoria; e adesso fa pure quello che meglio ti piace, ma ti avvertiamo che da parte nostra faremo anche noi quello che meglio ci piacerà!

5. Le cose pignorate, che sono in mano nostra, noi le abbiamo ottenute legalmente di nostro pieno diritto e nessuno può né deve togliercele. È vero che con la forza si può fare momentaneamente anche questo, poiché la controforza che noi possiamo opporre è troppo inferiore, ma una volta che avremo pagato il riscatto, dovremo essere messi in libertà, e allora sapremo bene come attivare un’altra istruttoria e un altro processo!»

6. Dice il giudice superiore: «Io qui non sono assolutamente chiamato a giudicare il vostro operato, però, per quanto riguarda le cose pignorate, esse sono venute in vostro possesso non in base a diritto ed a giustizia, ma, come dinanzi a Dio e ad ogni uomo onesto deve apparire, piuttosto in seguito ad un atto di infame rapina da voi perpetrata, poiché io so purtroppo molto bene quali privilegi siate riusciti a carpire all’imperatore con le vostre arti ipocrite.

7. State pur certi che se Cesare Augusto vi avesse conosciuto così come vi conosco io, davvero voi avreste ricevuto da lui un attestato ben differente! Ma purtroppo egli si è lasciato trarre in inganno da una falsa luce, credendo che il vostro fosco scintillio fosse uno splendore di sole, e così vi ha concesso un privilegio.

8. Ma ora sarà compito mio e del governatore Cornelio far conoscere all’imperatore chi voi siete veramente, e ben presto tutti i vostri privilegi avranno fine. Del resto potete fare quante minacce volete, perché anch’io mi muovo su un terreno perfettamente legale, e noi giudici superiori di questa provincia abbiamo ricevuto da poco una nuova ordinanza relativa alle vostre trame, che l’imperatore ormai non ignora, che contiene la prescrizione severa di esercitare la più rigorosa vigilanza su di voi. Ed io vi assicuro che noi, giudici superiori, ci atterremo nel modo più scrupoloso e fedele a questo recentissimo ordine di Roma, ciò che abbiamo già cominciato a dimostrarvi in una maniera che non vi sarà certo gradita! Avete capito?!

9. Come i basilischi d’Africa voi succhiate ai sudditi dell’imperatore fino all’ultima goccia di sangue fuori dalle vene riducendoli alla carità, e se voi lasciate loro qualche piccolo avanzo, questo se lo prende per sé Erode, che ha il paese in appalto, per ingrassare le migliaia delle sue concubine! Il povero popolo invece deve languire nella più squallida miseria! È giusto questo?!

10. Se mai c’è un Dio il Quale abbia anche solo altrettanto sentimento di giustizia quanto me e che abbia almeno tanto amore verso gli uomini quanto ne hanno i miei sandali, è impossibile che lasci esercitare più a lungo un dominio sulla misera umanità a demoni come voi e il vostro Erode!

11. “Ama il tuo prossimo come te stesso!”. Così suona una legge morale del codice che, si dice, vi abbia dato il vostro Dio; ma come l’adempite voi questa?!

12. In verità, la legge che voi mettete in pratica, sempre e con tutta diligenza, si chiama odio per chiunque non voglia appoggiarvi con tutte le sue forze nei vostri luridi ideali di una vita di piaceri e di libidine mostruosa! Ma sciaguratamente siete riusciti con raggiri a carpire a tale scopo una legge, protetti dalla quale voi ora commettete ogni tipo di ruberie e di estorsioni inaudite.

13. Fortunatamente per me, nel caso oggi in questione e in rapporto ai sequestri mettiamo pure fondati sulla legge da voi effettuati avete commesso un’azione la cui legalità, anche solo apparente, non è sorretta da nessuna legge a me nota; e questa azione, a causa della quale soltanto voi siete ora chiamati a rispondere, si chiama violazione di proprietà boschiva che voi avete perpetrata su vasta scala nei boschi di Kisjonah, il quale è un greco nonché un suddito fedele dell’Impero, e i cui diritti ogni imperatore di Roma sarebbe pronto a difendere con un’intera legione, qualora venissero anche minimamente lesi, perché egli paga all’imperatore a tale scopo annualmente mille libbre, ciò che non è certo una cosa da nulla.

14. Ora, per poter adattare a trasporti la vostra strada di contrabbando, voi avete devastato boschi ed abbattuto per una lunghezza di quasi cinque ore di cammino un migliaio di cedri giovani, nonché parecchie altre migliaia di alberi di differenti specie tra grandi e piccoli. A quanto risulta dal rapporto dei periti giurati, il danno da voi causato a Kisjonah ammonta a più di 10.000 libbre. Ebbene, come farete a risarcire questo danno?!»

15. Risponde il primo fariseo: «Non sai dunque che la Terra è cosa di Dio, e che noi siamo i suoi figli ai quali soltanto Egli ha voluto concederla? Perciò, come Dio stesso ha il diritto di fare della Terra quello che Egli vuole, ugualmente noi, quali Suoi figli, abbiamo lo stesso diritto, e per conseguenza possiamo fare della Terra quello che ci sembra meglio. Se anche un qualche potere pagano ci ha strappato per un certo tempo questo diritto, esso non lo terrà a lungo, e Dio glielo toglierà per darlo nuovamente ai Suoi figli.

16. Considerando perciò la cosa dal punto di vista del diritto divino, noi non siamo affatto in obbligo di indennizzare nessuno per violazione di boschi, perché la Terra appartiene a noi e possiamo fare di essa quello che meglio ci piace. Ma in conseguenza del maggior potere terreno, certo soltanto apparente, che voi romani contrariamente ad ogni diritto esercitate ora su di noi, ci adatteremo a pagare un risarcimento; però delle 10.000 libbre bisognerà che almeno 9/10 siano lasciati cadere, poiché tanto anche noi ce ne intendiamo di boschi da poter giudicare quale valore abbiano gli alberi che noi abbiamo abbattuto, e, sia ben chiaro, soltanto in minima parte adoperati per la costruzione di qualche ponticello; dunque dov’è questo grande danno?! Non c’è ormai una nuova strada di cui il doganiere Kisjonah può ben giovarsi con profitto? Se egli stesso avesse voluto costruirla, sarebbe venuta a costargli per lo meno mille libbre, ma adesso egli può stabilire là una nuova barriera ed un altro ufficio di dogana, ed entro un anno avrà incassato tre volte tanto quanto è costata a noi tutta la strada!»

17. Esclama il giudice superiore: «In nome dell’imperatore e delle sue savie leggi, visto che il danno è stato rilevato da esperti giurati e poiché voi, spacciandovi per figli di Dio vi arrogate ogni potere su questa Terra, cosicché logicamente anche l’imperatore dovrebbe secondo voi sottostare alla vostra potestà, cosa che è molto probabile non gli sia mai venuta in mente neppure in sogno, e che voi con questa assurda e infame pretesa, vi siete resi colpevoli di lesa maestà contro la sacra persona dell’imperatore, io vi condanno all’ammenda di 20.000 libbre in denaro, delle quali spetta un terzo a Kisjonah e gli altri due terzi all’imperatore; oltre a ciò siete dichiarati decaduti dal diritto di possesso su tutto quanto fu da voi sequestrato ed asportato!

18. Però, per il crimine di lesa maestà è comminata irrevocabilmente la pena di morte oppure l’esilio perpetuo, così ora voi non avete che da scegliere come meglio vi piace, o la decapitazione mediante la scure oppure il bando perpetuo nei paesi glaciali d’Europa! In nome dell’imperatore e della sua legge, io ho parlato! Questa sentenza abbia subito corso! Perisca anche il mondo intero, ma giustizia sia fatta!

19. Ecco, così agisce un giudice superiore di Roma, e non teme nessuno tranne gli dèi e l’imperatore!».

20. Poi, secondo l’usanza romana, viene portata dell’acqua, e il giudice si lava le mani, mentre uno sgherro, presa una verga e spezzatala in due parti, la getta ai piedi dei dodici farisei.

 

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Cap. 234

I farisei messi alle strette. Pagamento di un’elevata ammenda.

Un nuovo sospetto: rapina dei denari delle tasse imperiali. Terrore dei ladri.

 

1. Allora i farisei cominciano a titubare, ed uno fra di loro, più coraggioso degli altri, dice al giudice: «Signore, annulla la seconda sentenza! Noi perciò vogliamo adempiere la prima sentenza pagando il quadruplo entro 48 ore!»

2. Risponde il giudice: «Accetto la vostra proposta; però resta confermato il vostro esilio per i dieci prossimi anni! Siete contenti così?»

3. Dicono i farisei: «Signore! Noi siamo pronti di darti il quintuplo in argento puro se tu ci concedi il condono dell’esilio!»

4. Dice il giudice superiore: «Ebbene, sia pure! Però con l’espressa riserva da parte del tribunale superiore che voi dovrete sottostare per la durata di dieci anni alla sorveglianza della polizia di Roma. Inoltre vi avverto che ogni manovra illegale per tentare di ingannare lo Stato e il suo capo supremo ed ogni macchinazione ai danni di Roma, come pure ogni sequestro arbitrario senza previa informazione al competente tribunale e senza la concessione di questo, in qualsiasi cosa il sequestro possa consistere e qualunque sia il nome che voi vogliate dargli, ciascuno di questi atti avrà per conseguenza immediata il bando in Europa per dieci anni, ad evitare il quale non sarà ammesso più alcun riscatto. La somma deve essere pagata qui in questa sala giudiziaria entro 48 ore; il ritardo anche di un’ora sola farebbe sì che essa non venisse più accettata come premessa per le circostanze attenuanti ora concessevi, mentre verrebbe ripristinata la prima sentenza.

5. Ma adesso, un’altra cosa ancora! Prima di venire rimessi in libertà dovrete indicare i nomi e il domicilio di tutti coloro che voi avete sottratto in maniera infame, affinché io possa farli chiamare qui per restituire loro il prodotto della vostra rapina, e cioè i fanciulli, il bestiame, il grano e il vino!»

6. I farisei si adeguano a tale imposizione ed indicano esattamente tutti i nomi e le località richieste. Il giudice allora manda subito dei messaggeri in tutti i luoghi da loro nominati, e non trascorrono nemmeno dieci ore che sono già arrivati a Chis tutti coloro che avevano qualche cosa da riprendersi.

7. I dodici farisei, nel frattempo, avevano scoperto i loro carri tirati da muli destinati al trasporto del denaro, e tutti restarono strabiliati nel vedere l’enorme quantità d’oro e d’argento che vi era celata, il cui valore era tale che essi avrebbero potuto pagare l’ammenda altre cinque volte con tutta facilità! Il giudice superiore si dolse nel suo cuore enormemente di non aver imposto a loro un’ammenda ancora maggiore!

8. Ma d’un tratto gli venne un saggio pensiero e, fatti comparire nuovamente i dodici, rivolse loro questa domanda: «Udite, voi avete pagata, è vero, la somma richiesta e tenete già in mano la quietanza relativa! Ma, considerata la quantità enorme di denaro che io scopro ora presso di voi, tale che mi è addirittura impossibile di credere che voi ne siate venuti in possesso con mezzi onesti, - davvero, se oggi venisse qui l’imperatore con tutto il suo tesoro in contanti, sarebbe veramente da dubitare che il suo tesoro possa gareggiare in valore con il vostro! - bisogna che mi spiegate in poche parole come mai avete potuto accumulare una simile quantità d’oro e d’argento, perché la cosa mi sembra sospetta al massimo grado!»

9. Esclama il primo fariseo: «Sospetta! Sospetta perché?! Questo è il denaro risparmiato per il Tempio negli ultimi cinquant’anni da tutti i farisei, sacerdoti e leviti di questa provincia; e poiché il periodo è ormai già compiuto, dobbiamo consegnarlo al Tempio! Anzi, questa è la più piccola somma che da Cafarnao sia stata mai versata al Tempio, e non si tratta altro che di denari provenienti da offerte e da lasciti a favore del Tempio; sono per conseguenza denari ottenuti legalmente e onestamente raccolti!»

10. Dice il giudice superiore: «La parola “legalmente” lasciamola intanto da parte! Ammesso pure che sia così come voi dite, si tratta pur sempre niente altro che di estorsioni e di lasciti carpiti con astuzie e raggiri; in questo caso non c’è dubbio che la legalità e l’onestà non hanno a che fare con le vostre ricchezze!

11. Però a me è venuta in mente una cosa; e cioè che non più di un mese fa è pervenuta a me, come pure a tutti i tribunali superiori, direttamente da Roma la denuncia che già da mezzo anno sono attesi i denari delle imposte tanto dall’Asia Minore quanto da parte delle località del Ponto. Queste imposte, consistenti in oro ed argento, pietre preziose e perle, dovrebbero già da lungo tempo essere state incassate e spedite a destinazione. A quanto risulta dalla denuncia, dovrebbe trattarsi di 20.000 libbre (112 quintali) d’oro, poi 600.000 libbre (336 quintali) di argento e circa altrettanto valore in pietre preziose e perle!

12. Ora io vedo là ancora cinque carri misteriosamente coperti; scopriteli dunque e lasciate un po’ che esamini il contenuto!»

13. Con visibile imbarazzo essi scoprono ancora gli ultimi cinque carri, e i presenti stupefatti possono constatare che questi sono carichi delle più svariate pietre preziose in gran parte ancora in stato grezzo; oltre a ciò su di un carro vengono trovate, per più di una tonnellata, perle piccole e grandi non ancora lavorate.

14. E dopo aver esaminato per bene il tutto, il giudice superiore esclama: «Mi sembra che la cosa sia chiara come la luce del giorno e che non ci voglia molto a comprendere che fine abbiano fatto i denari e i tesori spediti a Roma dal Ponto e dall’Asia Minore! Malgrado tutta la vostra astuzia, non vi sarà troppo facile togliervi dai guai con giustificazioni plausibili e prove convincenti! Io, da parte mia oso affermare, giurare anzi per tutti gli dèi e per i loro cieli, che questi che io vedo sono i denari delle imposte e gli altri tesori già da lungo tempo attesi a Roma, e che essi sono ormai in mio potere! Non muovetevi dunque da qui perché io mi riservo, quando saranno arrivate le parti, di iniziare un grande esame!»

15. Udendo tali parole dalla bocca del giudice superiore, i farisei si fanno pallidissimi ed cominciano a tremare come percossi da febbre. 

16. La cosa non sfugge all’occhio acuto e sperimentato del giudice, il quale, rivolto al suo collega di Chis, dice: «Fratello mio, io credo che questi grossi uccelli di rapina siano già nella nostra trappola».

 

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Cap. 235

Il giudice superiore Fausto e il Signore. La grande gioia e il commovente saluto.

 

1. Dice il giudice di Chis: «Ascolta, amico, già da tre settimane, salvo brevi assenze, soggiorna qui il famoso Gesù di Nazaret, ed è probabile che Egli si fermi ancora qualche giorno. Io ti dico che Egli è un Dio al Quale anche le cose più nascoste sono chiare come il sole, del che ci ha già dato centinaia degli esempi più tangibili; ora, che ne diresti se ci rivolgessimo a Lui in questa circostanza? Egli potrebbe di certo far luce assoluta in questo garbuglio, e ciò tanto più facilmente in quanto Egli non è affatto amico di questa nera progenie di ladri e rapinatori mandati dalle infami disposizioni del Tempio. Infatti io stesso ho udito con le mie orecchie come Egli ha maledetto fino al più profondo Tartaro Chorazin e Cafarnao, facendo naturalmente allusione ai sacerdoti e farisei di questa città! Io sono dunque persuaso che per mezzo Suo noi potremo venire a capo di tutto»

2. Esclama il giudice superiore tutto stupito: «Come?! Quest’Uomo-Dio è qui?! Ehi, ma perché non me lo avete detto subito?! In verità, se lo avessi saputo, Lo avrei subito pregato di presiedere il tribunale al posto mio, e mi sarei risparmiato tre quarti di lavoro! Conducetemi immediatamente da Lui! Infatti anche il comandante Cornelio mi ha incaricato con insistenza e raccomandato caldamente di chiedere notizie sul conto di Questo divinissimo fra tutti gli uomini e di dargliene subito notizia.

3. Se il comandante apprende con certezza che Gesù si trova qui, non passa molto che egli arriva qui con tutta la sua famiglia; infatti lui e tutta la sua famiglia adorano questo Gesù, ed io stesso sono partecipe di questi sentimenti. Se mai c’è un vero Dio, sia Sua ogni lode per avermi concessa ancora una volta l’inestimabile fortuna di vedere il mio puramente celestialissimo amico Gesù, e di parlarGli! Ma ora conducetemi subito, subito da Lui! Ora la partita è vinta!»

4. Però, mentre il giudice superiore, animato dalla più intensa nostalgia di vederMi e di parlarMi, si avvia verso la casa principale, Io stesso esco ad incontrarlo, e quando Mi scorge, grida pieno di gioia: «Oh, finalmente Ti trovo, o divino Amico e Fratello, se posso ancora chiamarTi così!

5. Oh, lascia che io Ti abbracci e copra il Tuo santissimo volto con mille baci di amicizia e di fratellanza! O Tu mio santo amico, Tu! Quale inesprimibile felicità è per me l’averTi finalmente ritrovato! In verità, ovunque si trovino uomini in grandissimo bisogno, là sei Tu pure presente per aiutarli! Ah, io non posso davvero più contenere in me la grande gioia per averTi trovato qui!»

6. Ed Io, stringendolo pur fortemente al Mio Cuore, gli dico: «Sii anche tu infinite volte il benvenuto, poiché il tuo cuore non ha vacillato durante le tue difficili mansioni di giudice, e per questo Io continuo anche ad amarti oltre misura, ed ogni tuo lavoro continua ad avere la Mia ampia benedizione.

7. In verità, se sei riuscito a far venire alla luce il grave fatto della malvagia rapina delle imposte imperiali, lo devi a Me ed a Colui che in Me dimora! 

8. Adesso però rientriamo in casa, dove ci aspetta una cena abbondante! Poi ci intratterremo più ampiamente su questo argomento!».

 

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Cap. 236

La cena e la conversazione tenuta durante la stessa. Fausto loda la Dottrina di Gesù. Intervento del Signore presso Kisjonah e Lidia perché quest’ultima divenga la moglie di Fausto. La bella confessione di amore di Lidia. Fausto narra un suo memorabile sogno sulla gloria del Padre Celeste nelle sembianze di Gesù.  «Ciò che Dio ha unito, l’uomo non deve separare». Cenni sul matrimonio.

 

1. Il giudice superiore e il suo subalterno, insieme a Kisjonah, Baram, Jonaele, Jairuth ed Archiele vengono ora con Me nella grande sala e consumano con Me e con tutti i Miei, circa mezz’ora dopo il tramonto, un pasto molto ben preparato e abbondante; e il giudice superiore, ancora celibe, che ha osservato con grande compiacimento la figlia maggiore di Kisjonah, Mi dice: «Mio nobilissimo amico, Tu sai quanto Ti amai sempre, nonostante la differenza delle nostre religioni, perché io ho trovato in Te non un ebreo scaltro e parziale, ma un uomo estremamente aperto e liberale, e contemporaneamente un uomo dotato di grandissima e generale cultura, nonché profondissimamente esperto di tutte le scienze.

2. Perciò io non temo di confidarmi ora con Te, dicendoTi che la figlia di Kisjonah mi piace immensamente; però, come Tu sai bene, io sono romano, mentre lei sarà senza dubbio ebrea cui certo non sarà permesso di concedere la sua bella mano ad un pagano, come noi veniamo chiamati dagli ebrei. Dimmi, Amico mio, cosa bisognerebbe fare in questo caso? Non potrebbe divenire mia moglie a nessuna condizione? Te ne prego, indicami Tu un mezzo per risolvere questo problema!»

3. Dico Io: «Tu sei romano, ma essa è greca e non un’ebrea, quindi già per natura non vi è alcun impedimento al fatto che tu la chieda in moglie a Kisjonah, il quale certo te la concederà. Il fatto però che, spiritualmente, lei sia tuttavia un’ebrea secondo la Mia Dottrina a te non sconosciuta, come del resto lo è ormai tutta intera la casa, ebbene, non vorrai dire che questo costituisce per te una pietra di scandalo?!»

4. Risponde il giudice superiore di nome Fausto, figlio di Caio: «Ma per nulla affatto! Io stesso sono nel mio cuore uno dei più ferventi seguaci della Tua Dottrina veramente divina! Infatti io penso che un Dio, il Quale seppe creare un mondo e che su di esso seppe infondere vita in ogni specie di esseri e alla fine perfino nell’uomo, debba essere oltremodo Sapiente! Ora, se tale Dio sapientissimo volesse dare agli uomini una Dottrina, non sarebbe certamente possibile che Egli desse loro, ai Suoi uomini dico, altra Dottrina all’infuori di quella saggissima che più perfettamente di tutte si armonizza con le leggi della natura e con i migliori principi di conservazione e di progresso dell’uomo fra gli uomini.

5. Ebbene, la Tua Dottrina ha veramente questo spirito e questo carattere, ed è, per conseguenza, pura e divina; io stesso perciò, dopo aver riscontrato che è perfettamente fondata sulla verità, l’ho accettata per tutta la mia vita ed io stesso me ne sono fatto predicatore presso la mia intera casa e presso tutti i miei molti funzionari subalterni. Se dunque le cose stanno così, tutto sarebbe in ordine, salvo il consenso del padre della ragazza!»

6. Gli dico Io: «Ebbene, questo consenso tu l’hai già, come pure l’amore della bella Lidia. Voltati un istante e guarda Kisjonah! Il suo viso raggiante ti dirà quale e quanta sia la sua gioia per il grande onore che è capitato alla sua casa!»

7. Fausto si volge, mentre Kisjonah gli dice: «Signore e comandante su tutta la nostra Galilea e Samaria! È mai possibile che tu voglia chiedermi la mano della mia Lidia?»

8. Risponde Fausto: «Oh, sì! Fra le migliaia è l’unica, se tu me la concedi!»

9. E Kisjonah fa subito chiamare sua figlia. Questa viene avanti visibilmente imbarazzata per l’amore e per la grande gioia, e Kisjonah le chiede: «Ebbene, mia cara figlia, saresti contenta di vedere benedetta la tua unione con questo magnifico uomo?»

10. E Lidia, abbassando gli occhi confusa, risponde dopo una piccola pausa: «E come puoi chiedermelo? Quando questo magnifico Fausto arrivò, ed io lo vidi per la prima volta, sentii come una voce nel mio cuore sussurrare: “Come deve essere felice la sposa di questo magnifico uomo!”. Come potrei dunque dirgli di no, ora che egli stesso mi chiede in sposa?»

11. E Kisjonah osserva: «Ma che cosa ne dirà il tuo amatissimo Gesù?!». Risponde Lidia: «Oh, a Lui apparteniamo tutti noi! Egli è il Creatore e noi siamo le Sue creature dalle quali ora educa dei veri figli! Ciò nonostante Egli rimane nelle più intime profondità del mio cuore!»

12. Fausto, a questa inattesa testimonianza di Lidia sul Mio conto, esclama stupefatto: «Come, come, cosa mi tocca sentire?! Che abbia avuto veramente un significato il sogno bellissimo che ho fatto ultimamente? Io vidi aperto tutto il cielo; tutto era luce, e tutti gli innumerevoli esseri erano pura luce, e nelle massime profondità del Cielo io vidi chiaramente Te, mio amico Gesù, e tutti gli esseri aspettavano come con gioia impaziente un Tuo cenno per annunciare in un istante i Tuoi ordini a tutta l’Infinità!

13. Allora nella Tua immagine, il cui splendore superava di gran lunga quella del sole, io credetti di aver visto Giove, e mi meravigliai molto che Tu avessi con Giove una somiglianza tanto straordinaria. Da allora, fra me e me io ritenni che Tu fossi un figlio terreno del primo Dio, che io però identificavo con il Jehova degli ebrei e con il Brahma degli indiani e, nello stesso tempo, consideravo tutti gli altri dèi soltanto dei figli terreni pari a Te, generati a volte con le figlie della Terra per affidare loro il compito di guidare, istruire e animare l’umanità!

14. Ma ora questo sogno assume tutto un altro aspetto! Tu, Tu stesso sei Giove, Brahma e Jehova corporalmente fra noi, e Tu stesso insegni a noi la Tua divina Sapienza, poiché probabilmente i Tuoi precedenti figli l’hanno insegnata male su questa Terra e non l’hanno messa rettamente in pratica!

15. Se dunque è così, come diversamente non può essere, io ricevo ora questa bellissima moglie direttamente dalla mano del mio Dio, del mio Creatore, ed è quindi superfluo per me chiedere se sarò felice con lei!

16. Ma ora dunque la mia richiesta assume un aspetto ben differente! O bellissima Lidia! Guarda ora al Signore! Ora non si tratta più del nostro reciproco desiderarsi e chiedersi, ma esclusivamente della santissima Volontà di questo Unico fra gli unici, di questo Signore di ogni gloria, di questo Dio di tutti gli dèi, dal Quale tutti i Cieli, sole, luna e questa Terra e noi tutti siamo usciti!

17. Tu, in tutta pienezza di verità divinissimo, mio Gesù! Se Ti è gradito che Lidia diventi mia moglie, allora lei lo sarà; ma se dovesse esserTi anche in minima parte sgradito, dimmelo, e allora la mia vita non sarà altro che la fattiva espressione della Tua Volontà!»

18. Ed Io gli rispondo: «Mio nobilissimo fratello! Io vi ho già benedetti, e perciò siete già perfettamente un corpo solo; ma notate bene quanto ora vi dico:

19. “Quello che Dio ha unito, nessun uomo deve più separarlo, e perciò un vero matrimonio resta indissolubile per l’eternità! Un falso matrimonio mondano non è comunque una unione davanti a Dio, e quindi può venire sciolto, come agli uomini del mondo accade in tutte le loro unioni e alleanze, le quali già fin dall’inizio non sono altro che manifestazioni della più bassa e spregevole prostituzione con cui i figli di Satana vengono posti ad una misera esistenza”. 

20. Ma ora voi siete veramente marito e moglie, e dinanzi a Dio una sola carne, Amen!»

21. A queste Mie parole essi si abbracciano e, in segno di saluto, si scambiano un bacio.

22. È certo superfluo menzionare come questa rapida unione suscitasse una grande sensazione in tutta Chis, e come Kisjonah fosse tutto occupato a pensare alla ricca dote che avrebbe dato alla figlia.

 

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Cap. 237

Arrivo di Filopoldo. Promessa del Signore.

La nuova azione giudiziaria contro la banda di rapinatori del Tempio.

L’efficace sentenza di Fausto.

 

1. Quando il primo scalpore suscitato da questo avvenimento si fu un po’ calmato, arrivò il già noto Filopoldo di Cana. Egli venne subito da Me con l’intenzione di riferirMi prontamente che egli ha già predisposto tutte le cose nel miglior ordine possibile a Cana.

2. Ma Io dopo averlo salutato molto amichevolmente, gli dico: «Io so già tutto. Ormai tu sei Mio discepolo. Ecco là gli altri Miei discepoli; va’ da loro e avrai occasione di apprendere molte cose. Io, questa notte, ho molte faccende cui accudire; domattina però anche noi due avremo parecchio da trattare e da discutere, poiché da te Io attendo che tu divenga per Me un buonissimo collaboratore»

3. Filopoldo si unisce dunque agli altri discepoli, e quasi in pari tempo i guardiani annunciano che tutti coloro i quali erano stati chiamati da Cafarnao e da Corazim sono già arrivati, e chiedono istruzioni a loro riguardo.

4. Ed Io rispondo: «Conduceteli anzitutto dai loro figlioli e date loro di che rifocillarsi! Noi intanto inizieremo una procedura straordinaria per quello che riguarda i dodici farisei»

5. I guardiani se ne andarono ai loro incarichi, e Fausto Mi domandò se non fosse stato meglio che procedessi Io direttamente all’ulteriore interrogatorio dei dodici, mentre egli avrebbe fatto semplicemente da protocollista.

6. Io però dico: «No, fratello Mio, ciò non sarebbe bene, perché di fronte a loro tu solo hai veste ufficiale per una procedura di questo genere, ed a questo scopo tu porti anche l’anello imperiale del potere nella tua destra, nonché la spada e il bastone quali insegne di comando; per conseguenza devi interrogarli tu stesso. Ma Io metterò sulle tue labbra quello che dovrai domandare, e per loro non vi sarà mezzo di sfuggirti! Mettiamoci dunque all’opera, che l’ora è già alquanto avanzata»

7. Noi andammo subito alla casa che era stata adibita a tribunale, dove i dodici assieme ai loro trenta accoliti principali rigorosamente sorvegliati attendevano la venuta del giudice superiore, con grande paura e angoscia, perché essi ormai non avevano più né il tempo né la possibilità di scovare una qualche dozzina di testimoni falsi pronti a mentire in loro favore ed a giurare per la loro deposizione. Com’è noto, il Tempio prometteva grazie speciali ad ognuno che si fosse prestato per necessità di circostanze a giurare il falso a vantaggio del Tempio e di tutti i suoi servitori! Ma i testimoni, naturalmente, avrebbero dovuto già prima essere informati esattamente di tutto; ciò che nel nostro caso non era più affatto possibile.

8. Noi dunque entrammo nella sala del tribunale accompagnati da Kisjonah, Baram, Jonaele, Jairuth e dell’angelo Archiele, insieme al giudice di Chis ed a parecchi scrivani.

9. Appena entrati, il primo fariseo rimprovera Fausto in tono iroso e dice: «Che maniera è questa di trattare noi, sacerdoti di Dio, come volgari malfattori, e di trattenerci prigionieri quando abbiamo già accettato volontariamente di pagare tutto quello che ci fu richiesto? Come è vero che siamo servitori di Dio, se non veniamo immediatamente messi in libertà, dovrete tutti temere la Sua vendetta!»

10. Dice Fausto: «State tranquilli, altrimenti mi indurreste a costringervi a stare quieti, perché con voi abbiamo ora delle cose straordinariamente importanti da appianare! Fate dunque bene attenzione a quello che dirò.

11. Io vi ho fatto già prima l’osservazione che i vostri favolosi tesori mi erano sembrati né più né meno che gli stessi di cui ebbi a fare già prima cenno in vostra presenza. Dunque, per quello che riguarda la rapina perpetrata a danno dello Stato, delle imposte e degli altri tesori spediti a Roma dal Ponto e dall’Asia Minore, io sono perfettamente al corrente di tutti i particolari tranne uno; e questo uno è il seguente:

12. I denari delle imposte e i tesori che con queste viaggiavano erano scortati, secondo i rapporti ricevuti, da quasi un quarto di legione di soldati romani; quindi non deve essere stato così facile sopraffare una scorta così forte, sia distruggendola completamente, sia costringendola alla fuga.

13. Io, come ho detto, non ho nessunissimo dubbio che questi denari e questi tesori siano stati carpiti con l’astuzia più che con la violenza ai funzionari ed ai soldati romani direttamente da voi stessi, oppure da altri vostri colleghi più matricolati ancora; a questo riguardo non abbiamo più nessun dubbio, e perciò nessun bisogno di prove, perché queste ci vennero fornite da più di cento testimoni, ma, ripeto, mi manca ancora di sapere soltanto il modo in cui la rapina è stata perpetrata, ed infine anche l’ammontare originale preciso della somma, per poter inviare all’imperatore a Roma un esatto rapporto riguardo a questi fatti»

14. Esclama il primo dei farisei: «Signore, questa è davvero una calunnia troppo grande contro la quale dobbiamo protestare con tutta energia! E anche se tu trovassi mille falsi testimoni contro di noi, non servirebbe che poco o nulla, perché noi siamo troppo sicuri del fatto nostro, e tu, malgrado tutta la tua potenza, non potrai farci torcere nemmeno un capello! Risparmiati perciò ogni altra parola, perché d’ora in poi non ti degneremo di alcuna risposta se non escludi una tale accusa, la quale potrebbe essere volta a tua rovina!

15. Se tu fino ad oggi non hai conosciuto ancora i farisei, imparerai a conoscerli ora, oppure per lo meno fra breve tempo! Infatti non possiamo in nessun caso restare sotto il peso di un’accusa così enorme. Noi abbiamo ceduto per quello che riguarda la violazione del bosco, quantunque in base alle nostre leggi non fossimo affatto tenuti a farlo, ma, tuttavia, per amore della pace ci siamo inchinati alla tua sentenza supremamente ingiusta! Ma adesso, visto il trattamento che ci viene fatto, noi revochiamo l’accettazione della tua sentenza e, se tu ti azzarderai a mettere iniquamente la mano anche su di un solo statere dell’oro, dei tesori o delle cose da noi pignorate, non soltanto ti toccherà risarcire cento volte il maltolto, ma anche la tua autorità e tutte le tue dignità saranno finite per sempre! Infatti nel Tempio tutti ormai sapranno in che modo infame si è proceduto e si procede ancora con noi!»

16. Dice Fausto: «Ah, dunque è così che volete togliervi dai guai? Sta bene! So molto bene adesso cosa mi resta da fare con voi! L’interrogatorio è ormai finito; l’accusa contro di voi è avvalorata da cento testimoni, e la vostra colpa è accertata! Io non vi dirò più nulla, ma, nell’avvisarvi che gli sgherri sono qui fuori che attendono, vi porrò soltanto il seguente ultimatum:

17. “Se i vostri trenta complici vogliono parlare, verrà loro risparmiata la vita; se però anche costoro non intendono aprire bocca, allora tanto essi quanto voi lascerete il capo sotto la scure questa notte stessa!”. Così potrete persuadervi di quanta paura io abbia di voi!»

18. A questa decisione energica enunciata da Fausto con il massimo sangue freddo, tutti i trenta accoliti dei farisei si lanciano avanti e gridano: «Signore! risparmia la nostra vita e noi ti racconteremo per filo e per segno come sono andate le cose!».

 

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Cap. 238

Continuazione del processo contro i templari per la rapina delle imposte.

Confessione aperta dei trenta riguardo all’astuto procedimento dei farisei. 

Fausto mitiga di molto la sua sentenza.

 

1. Dice Fausto: «Parlate dunque! Sul mio onore a voi non sarà torto un capello!»

2. Ed uno dei farisei, tutto tremante e in preda ad angoscia mortale, esclama a sua volta: «Signore, se parlo, fai anche a me la grazia della vita?»

3. Risponde Fausto: «Sì, anche a te, dato che sei uno degli ultimi fra i dodici»

4. Allora gli altri undici farisei insorgono imprecando contro il loro collega un po’ migliore e gli gridano: «Non sai che bisogna piuttosto morire che rendersi colpevoli di tradimento verso Dio?!»

5. L’altro fariseo risponde: «Questo lo so benissimo, qui però non si tratta affatto di Dio, ma soltanto delle vostre male arti e dell’inganno scandalosissimo a danno dei romani. Con uno stratagemma oltre ogni dire perfido siete riusciti a carpire ai romani il grosso bottino in una maniera tanto raffinata che il mondo intero deve veramente stupirsene.

6. Tu, primo imbroglione matricolato, ti eri infatti travestito da governatore generale, il quale ora risiede a Sidone, talvolta però anche a Tiro, e portavi le insegne dell’autorità imperiale, cioè il grande anello del potere, una spada d’oro e il bastone di comando sull’intera Palestina, la Celesiria, l’Asia Minore e tutto il Ponto.

7. Oltre a ciò hai, almeno in apparenza, circa l’età del venerando vegliardo Cirenio; tu assumesti dunque il suo nome e ti creasti un seguito ed una corte in tutto simile a quella del governatore. Tu montavi su un superbo cavallo, e quando a circa mezza giornata da Tiro l’ufficiale che comandava la carovana ti ebbe salutato con i dovuti onori ed ebbe consegnato a te, quale presunto governatore generale, i rotoli dei rapporti da lui firmati che accompagnavano la spedizione del denaro e dei tesori che i tuoi accoliti camuffati da soldati romani avevano preso in consegna, tu gli impartisti l’ordine di ritornare il più velocemente possibile nel Ponto, poiché da notizie avute ti risultava che là erano scoppiati disordini a causa della riscossione delle imposte e che gli abitanti del Ponto Citeriore avevano fatto lega con le orde potenti degli Sciti per insorgere contro il dominio di Roma. Quindi, qualunque indugio sarebbe stato pericoloso; per questa ragione anche tu, quale falso governatore generale, obbedendo ad un ordine pervenuto da Roma, eri venuto incontro al valoroso comandante del Ponto e dell’Asia Minore, vista l’urgenza del caso, per poter rendergli così il ritorno più breve possibile!

8. Si comprende ora da sé come il comandante del Ponto e dell’Asia Minore si fosse affrettato a far ritorno con i tremila cavalieri, e come nello spazio di poche ore egli fosse già così lontano da renderci persuasi che non avevamo più niente da temere da lui. A tutti noi fu imposto sotto giuramento il silenzio più assoluto, ed a ciascuno furono promesse duecento libbre (112 kg) di argento che noi però finora non abbiamo ricevute, perché questa distribuzione avrebbe dovuto avvenire solo a Gerusalemme. Ma il destino ha disposto diversamente, e adesso temo che riguardo alle duecento libbre le cose si mettano assai male.

9. Il denaro ed i tesori furono poi portati di notte a Cafarnao dove rimasero depositati per circa due lune (mesi). Subito si costruì la nuova strada segreta appunto per trasportare il grosso bottino, e, secondo me, questa strada non conduce assolutamente a Gerusalemme, ma ad una grande caverna nascosta a tutti che si trova in queste montagne, nella quale, e non già nel Tempio, già molte altre migliaia di libbre d’argento e d’oro attendono la loro redenzione.

10. In questo segreto non siamo iniziati che noi dodici soltanto, e nessun altro fariseo è a cognizione della cosa tranne che i nostri trenta aiutanti, con la sola differenza che questi ultimi non sanno a quale scopo tutto ciò avrebbe dovuto servire! A loro è stato detto che questi tesori erano riservati per il futuro Messia che nei prossimi tempi verrà a liberare gli ebrei dal giogo dei romani. Ma, naturalmente, di scopi io ne conosco altri, e cioè, in primo luogo, l’assicurarsi la vita più comoda e piacevole possibile, ed, in secondo luogo, avere a portata di mano, pronti, dei potenti mezzi di corruzione per i casi molto importanti, vale a dire qualora si renda necessario indurre qualche potente romano a fare secondo il volere degli altri, oppure per potersi acquistare nel Tempio qualche carica superiore, il che certamente viene sempre a costare un’enorme quantità di denaro. Ed ora sai tutto! Puoi interrogare se vuoi ancora tutti questi trenta, ed essi ti diranno la stessa cosa.

11. Soltanto il prodotto dei pignoramenti era destinato a Gerusalemme, per rendersi con ciò favorevole il Tempio, ma i denari e tutti gli altri tesori avrebbero finito col fare compagnia ai loro simili nella caverna che ho menzionato prima, se non avessero fatto il terribile naufragio cui abbiamo assistito. Come dissi, ormai tu sai in ogni suo particolare com’è andata la cosa; fa tu adesso secondo giustizia; ti supplico soltanto che questa non sia troppo dura ed inesorabile verso di me e verso questi trenta sciagurati illusi!»

12. Risponde Fausto: «Per te e per questi trenta io non sarò più giudice, ma sarò un protettore; riguardo poi agli altri undici, sarà compito di Cirenio il decidere quello che dovrà essere di loro! Dimmi soltanto se nulla fu sottratto dei denari e dei tesori carpiti e se qui si trova proprio tutto quello che fu trasportato dall’Asia

Minore, e inoltre se sai dirci qualche cosa della famosa caverna?!»

13. Dice il fariseo: «Tutto quello che venne preso in consegna, non esclusi i carri, si trova qui perfettamente intatto. Per quanto poi riguarda la famosa caverna, io, quale uno degli iniziati, sono naturalmente al corrente di tutto; so quanto essa contiene, e non c’è persona al mondo che ne possa trovare l’ingresso senza uno di noi dodici»

14. Fausto allora si espresse lodando il comportamento di quel fariseo che aveva nome Pilah ed era il più povero fra i dodici, e disse a Kisjonah: «Ebbene, amico ed ormai onorevole suocero mio, questa caverna, la quale deve evidentemente trovarsi nelle montagne di tua proprietà, ti renderà ciò che ti spetta in base alla prima sentenza, però il denaro ed i tesori dell’imperatore prendili intanto in consegna, poiché meglio che presso di te non saranno certo custoditi in nessun altro luogo fino alla fine di questo straordinario processo.

15. Io affido alle tue cure Pilah, e forniscigli quanto gli occorre a mie spese; in quanto poi ai trenta, dà loro ricovero per questa notte, ed io disporrò perché vengano ben sorvegliati. Finché la grotta non sarà completamente sgomberata, non potranno essere messi in libertà; però, dopo lo sgombero, essi avranno facoltà di andare dove vorranno. Io condono loro anche la pena della frusta in considerazione della loro collaborazione che ci ha condotti a queste grandi scoperte».

 

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Cap. 239

Continuazione della scena del processo. Gli undici birbanti del Tempio alle strette.

Richiesta di grazia. Offerta di altri tesori contenuti in una grotta per il riscatto.

 

1. Poi Fausto si rivolge agli undici, e dice: «Ebbene, dov’è tutta la rovina di cui mi minacciaste poco fa con tanta spavalderia? Che ne dite voi - servitori ed unti del Signore - di tutta questa storia? Deve essere davvero cosa amara per chi dovrebbe apparire almeno servitore ed unto di Dio trovarsi qui davanti un tribunale accusato dei più gravi misfatti contro lo Stato! Ma aspettate un po’ e vedrete che vi accadrà ben peggio ancora; quanto si svolse finora è stata una semplice e piccola premessa!

2. In verità, voi dovete ringraziare Uno solo che è qui, se io non vi faccio immediatamente spogliare, e, colpiti dalla maledizione imperiale, non vi consegno in mano agli sgherri pronti ed ansiosi di fare giustizia di voi! E quest’Uno che si trova qui al mio fianco è il divino Gesù di Nazaret che voi già da lungo tempo avete maledetto e che ora voi perseguitate da un luogo all’altro senza tregua, per la sola ragione che Egli si è presa la libertà onestissima di spiegare al misero popolo da voi accecato cosa veramente siete.

3. Esaminate la vostra anima, e dite poi se accanto al vostro Satana possa esservi ancora qualcosa di più perfido di quanto lo siete voi!

4. Al popolo insegnate a riconoscere un Dio nel quale voi stessi non avete mai creduto, perché, se credeste in un Dio, al Jehova che Mosè vi ha chiaramente rivelato e sul quale i vostri antichi padri hanno eretto l’edificio della loro viva fede e della loro speranza, voi non fareste Dio onnipotente oggetto delle vostre beffe vilmente ironiche con il vostro spudorato ed infame contegno!

5. Vi fate tributare dal popolo spiritualmente ucciso, quali presunti servitori ed unti dell’Altissimo, onori divini, e per di più ancora dallo stesso misero popolo pretendete sacrifici esorbitanti per il bel servizio che gli rendete con lo sbarrargli con porte di ferro l’accesso al Regno di Dio, che è il Regno della vita e della Luce!

6. Ditelo voi stessi, se vi si possano trovare in qualche altro luogo nemici più irriducibili di Dio, dell’imperatore e della povera umanità! 

7. Oh, quanto sono immense e inconcepibili la pazienza e la tolleranza del Grande Dio! Se io avessi una sola scintilla del potere divino sopra gli elementi, davvero, i cieli probabilmente non avrebbero fuoco sufficiente per farlo piovere giorno e notte sopra di voi.

8. Signore, perché ai tempi di Abramo punisti così duramente le dieci città, comprese Sodoma e Gomorra? Eppure i loro abitanti, all’infuori della loro libidine contraria a natura, erano evidentemente degli angeli al paragone di questi furfanti il cui numero in tutto Israele è oggi più grande di quanto lo sia stato quello di tutti gli abitanti delle dieci città prese insieme!

9. Voi vi chiamate figli di Dio, e sostenete che Dio sia vostro Padre! In verità, del Dio che mette al mondo una simile razza di figli io non saprei proprio che farmene, perché, secondo il mito di noi romani, egli si chiama Plutone e Satana, oppure Belzebù; questo si che è vostro padre!

10. Voi siete la viva semente maledetta che il padre vostro non manca mai di spargere tra il grano di Dio, affinché soffochi ed annienti la semente divina; e voi volete essere gli unti e i servitori del Signore?! Servi di Satana siete voi, il quale vi ha consacrati per la distruzione di ogni cosa divina sulla Terra!

11. Se la vostra anima fosse anche soltanto un po’ meno diabolica di quanto realmente è, io, per grazia di quest’Uno che si trova qui, avrei pronunciato contro di voi una sentenza possibilmente tollerabile. Ma poiché la vostra perfidia va oltre i confini del diabolico, io non intendo macchiare più oltre il mio nome con voi, e quindi vi farò condurre a Sidone per essere giudicati da quel Judicio criminis atri (Giudizio su un vero crimine), laddove ciascun Judex honori (Giudice in questioni d’onore) si lava sette volte le mani!»

12. Quando gli undici odono le terribili parole di Fausto, cominciano a tremare, implorano grazia, promettono di convertirsi e di emendarsi completamente, e si dichiarano pronti di risarcire il centuplo a chiunque mai avesse sofferto danno per causa loro.

13. Esclama Fausto: «E con che? La preziosa caverna si trova ormai nelle nostre mani; dove volete trovare altro oro ed altri tesori ancora? Avete dunque altre caverne colme d’oro, d’argento e di perle?»

14. Dicono gli undici: «Signore, noi ne abbiamo ancora una dietro Corazim, nella quale sono nascosti tesori antichissimi trasportati là dal Tempio e da altre case di Dio ancora all’epoca della cattività di Babilonia, e nessuno ebbe mai sentore di ciò fino ai tempi nostri. Noi però, circa sette anni fa, mentre andavamo a caccia di galli di montagna, di api e di miele, trovammo alla distanza di circa trenta tratti di campo, già in territorio greco, dove iniziano ad elevarsi delle colline rocciose non grandi, un luogo dove il miele e la cera letteralmente scorrevano giù da una parete di roccia quasi perpendicolare ed alta circa come quattro uomini. Al di sopra della parete vedemmo un’apertura di una grandezza tale da permettere che un ragazzo di dodici anni vi penetrasse senza bisogno di curvarsi.

15. Sopra a questa apertura poi si innalzava, sicuramente per settanta altezze di uomo, un’altra parete in modo che senza una scala sarebbe stato impossibile raggiungere l’apertura senza dubbio ricchissima di miele e di cera, intorno alla quale vedevamo ronzare sciami assai grandi di api affaccendate. Allora ci procurammo subito una scala nonché una quantità sufficiente di paglia e di erbe secche per dare fuoco alle api, e l’operazione venne condotta, salvo qualche puntura, felicemente a termine. Noi quella volta ricavammo parecchie centinaia di libbre di miele purissimo ed altrettante di cera, poiché avevamo vuotato da entrambe le parti parecchi alveari di buone mille celle ciascuno.

16. Ma mentre noi eravamo occupati a raccogliere la cera sul fondo degli alveari, urtammo degli oggetti dal suono metallico del Tempio, i quali, ad un esame più accurato, si rilevarono costituiti da autentico oro ed argento. Noi penetrammo allora sempre più nella caverna che andava sempre più allargandosi, ed in fondo alla stessa trovammo altre maggiori quantità di tesori di un valore inestimabile che erano là celati. Noi lasciammo intatta ogni cosa nella caverna, uscimmo, ed avemmo cura soltanto di nascondere l’ingresso della caverna con pietre e muschi, e disponemmo che esso venisse costantemente sorvegliato da guardiani che si impegnarono con giuramento; cosa questa che si è protratta dal giorno della scoperta fino a questo momento. Vedi, tutti questi tesori noi siamo pronti a cederli a te se tu vuoi accordarci la grazia, e se nel nome dell’imperatore sei disposto a stornare dal nostro capo la spaventevole condanna da te ora pronunciata!»

17. Risponde Fausto: «Io voglio prendere consiglio! Ora tuttavia dovrete spiegarmi coscienziosamente come stanno le cose riguardo all’altra caverna che si trova nelle montagne di Kisjonah! L'avete anche questa scoperta così colma andando in cerca di miele, oppure l'avete riempita voi stessi; e in quest’ultimo caso, da dove provengono questi tesori e da quando questa seconda caverna si trova già riempita?»

18. Rispondono gli undici: «Quei denari rappresentano quindici anni di fatiche e di lecito commercio; ora, secondo una recente legge del Tempio, a noi è permesso di possedere soltanto quella determinata somma che è ritenuta indispensabile per il nostro sostentamento, mentre ogni eccedenza dobbiamo consegnarla al Tempio. E se in occasione delle rigorosissime inchieste che a questo proposito vengono fatte ogni anno da parte del Tempio si riscontra presso qualcuno di noi, che siamo chiamati a servire nella provincia, un disavanzo di una certa importanza, viene comminata una pena terribile per frode contro Dio. E così, per sottrarci ad un eventuale castigo ed in pari tempo per poter avere qualche denaro alla mano per ogni caso possibile, abbiamo scelto la caverna quanto mai ben nascosta nei monti di Kisjonah, e vi abbiamo depositato le nostre considerevoli eccedenze. Questo è tutto quanto vi è di misterioso nella detta caverna!»

19. Domanda Fausto: «La via che voi avete aperta conduce proprio fino all’entrata della grotta?»

20. Dicono gli undici: «No, o signore, soltanto fin dove comincia il fitto della boscaglia, attraverso la quale si può passare per un sentiero conosciuto unicamente da noi, e che conduce alla caverna assolutamente invisibile a qualsiasi altra persona»

21. Dice Fausto: «Sta bene; allora domani ci farete da guida. Per oggi, e precisamente per questa notte, la trattazione di questo affare resti sospesa, poiché per ora ne sappiamo tutti abbastanza!»

22. Gli undici allora si gettano ai piedi di Fausto e implorano nuovamente grazia, ma Fausto dice: «Ormai ciò non dipende più da me, ma da ben altra Persona; se Essa vi perdona i vostri misfatti, questi vi saranno perdonati anche da parte mia, amen!»

23. Dopo ciò noi lasciamo la sala del tribunale e ce ne andiamo per concedere al nostro corpo il riposo necessario.

24. Sulla soglia della casa di abitazione troviamo Lidia in attesa di Me e di Fausto suo marito; essa ci saluta ed esprime il suo rammarico per la lotta certamente aspra da noi dovuta sostenere e durata circa due ore.

25. E Fausto ricambia i saluti della giovane consorte, e le dice: «Sì, mia cara Lidia, questa fu davvero una lotta quanto mai aspra, ma grazie all’aiuto divino e dell’altrettanto divino amico nostro Gesù, essa si è risolta brillantemente secondo i nostri desideri. Ora però lasciamo stare questo argomento, perché domani ci saranno ancora molte cose da far giungere a buon fine. Perciò, al Dio d’Israele sia resa ogni lode ed ogni onore!».

26. E così, tranne i guardiani qua e là appostati, tutti si ritirarono a riposare.

 

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Cap. 240

Della vera celebrazione del sabato. Fausto rilascia anche gli undici. Distribuzione dei tesori della caverna.

I fanciulli rapiti e le cose sequestrate vengono restituiti ai genitori ed ai proprietari assieme ad un buon indennizzo.

 

1. Ora, il giorno seguente che era un sabato, Fausto Mi chiese, malgrado egli fosse romano, se dovesse venire festeggiato o meno il sabato degli ebrei, e che cosa si avrebbe dovuto fare degli undici farisei.

2. Ed Io gli rispondo: «Carissimo fratello e amico! Ciascuna giornata colma di buone azioni è un vero sabato, e ciascun giorno in cui si abbia fatto qualcosa di veramente buono è stato appunto con ciò già solennizzato degnamente come un vero sabato. Dunque, nell’odierno giorno di sabato tu puoi fare tutto quanto vuoi, purché sia il bene, e non ti verrà certo imputato a peccato da nessuno, tranne da quei malevoli pazzi e stolti di questo mondo i quali maledicono perfino il vento quando soffia di sabato, come pure la pioggia e le schiere degli uccelli volanti nell’aria. Simili stolti però non devono mai servirci da esempio degno di imitazione, ma, al contrario, da esempio degno soltanto di essere schivato e disprezzato in sommo grado, poiché essi maledicono il bene e vorrebbero invece che tutto il mondo lodasse e celebrasse il loro male! Questo dunque ti sia di norma per ogni e qualsiasi giorno di sabato! 

3. Per quanto poi riguarda gli undici, dopo che ti sarai impossessato di tutti i loro beni materiali, lasciali anch’essi in libertà. Invia all’imperatore il suo, adducendo per giustificare il ritardo quei motivi che riterrai più opportuni; però restituisci anche al Tempio quello che al Tempio appartiene e che si trova nella caverna di Corazim. Nello stesso tempo bisognerà pure indicare al sommo sacerdote in quale modo già da parecchi anni questi tesori siano stati scoperti dagli undici farisei, e come essi siano stati ingiustamente tenuti celati al Tempio al quale veramente appartengono! Il Tempio non mancherà poi certo di avviare debita procedura contro gli undici farisei.

4. Riguardo però ai tesori che si trovano nel monte di Kisjonah, sia devoluta una terza parte a lui stesso, un terzo a te in nome dell’imperatore, e un ultimo terzo venga distribuito fra tutti quei poveretti che sono venuti qui per riprendersi i loro figli e le loro cose rapinate; dopodiché tutto il processo avrà fine per tutti i tempi dei tempi. Mettete dunque a profitto la giornata di oggi! 

5. Baram e Kisjonah hanno dei buoni battelli, e con un buon vento potrete in poche ore aver finito con lo sgombero della caverna presso Corazim; alcuni di voi però si incarichino di sgomberare l’altra caverna di Kisjonah, e, per quanto poco attivi siate, potrete avere qui, entro questa sera, radunati i tesori di entrambe le caverne, così da rendere possibile già domani la loro spedizione ai rispettivi luoghi di destinazione!

6. Io potrei bensì far trasportare qui tutti i tesori in un solo istante per mezzo di Archiele, ma qui c’è troppa gente, ed un miracolo tale susciterebbe troppo rumore; per questo motivo anche tralascio di servirMi di questo mezzo esteriormente; tuttavia in segreto e nascostamente non mancherò di porgervi aiuto nel senso che voi potrete terminare completamente in una sola giornata, come questa di oggi, il lavoro che in condizioni normali richiederebbe tre buone giornate di assidua applicazione. Ora però non indugiate più oltre, ma distribuitevi e mettetevi all’opera.

7. E tanto dall’una parte quanto dall’altra portate con voi un solo fariseo; gli altri devono nel frattempo rimanere qui sotto sorveglianza.

8. E Pilah rimanga egli pure qui, perché egli non è più adatto ad assistere a tali cose delle quali i figli di Dio devono occuparsi il meno possibile. Ugualmente non è necessario che tu vada in persona nei due luoghi indicati, ma basta che tu mandi un tuo commissario munito dell’opportuna procura. Noi intanto procederemo qui alla distribuzione degli oggetti sequestrati ed alla consegna dei fanciulli ai rispettivi genitori!».

9. Certamente, più di ogni altro soddisfatto di queste Mie disposizioni è Fausto, il quale ha così un triplice vantaggio: in primo luogo egli rimane presso di Me, in secondo luogo non è obbligato ad allontanarsi dalla sua giovane moglie che egli ormai ama intensamente, ed in terzo luogo gli resta tempo a sufficienza per stendere comodamente un rapporto dettagliato all’imperatore, e per compilare su buona pergamena i documenti accompagnatori necessari alla spedizione del denaro e dei tesori, i quali potranno così partire già il giorno seguente per il loro destino. 

10. E mentre i due commissari se ne vanno allo scopo di rilevare i noti tesori, noi ci accingiamo subito ad iniziare la restituzione delle cose sequestrate, nonché dei fanciulli che durante la notte hanno per la maggior parte già ritrovato i loro genitori. Tuttavia, ce n’erano alcuni i cui genitori, per il dolore e il cordoglio, giacevano ammalati nelle loro case, e per conseguenza non avevano potuto venire a Chis per riprendersi i loro figli e le loro cose.

11. Questi genitori ammalati avevano perciò incaricato i loro vicini di avere cura anche dei figli e delle loro cose nel caso in cui, come l’annuncio pervenuto dava a sperare, questi si fossero potuti trovare in qualche luogo. Così durante la spartizione anche questa circostanza venne presa in considerazione, e ciascuno ricevette esattamente tutto il suo di ritorno; oltre a ciò da parte di Kisjonah venne assegnata ad ogni famiglia la parte spettante sul terzo del valore del tesoro trovato nella caverna situata sul suo terreno, che dopo averne fatto l’esatto calcolo, e precisamente secondo la Mia decisione, ammontava a cento libbre (56 kg). Dopo aver ultimato questo lavoro di spartizione, tutti gli interessati, che naturalmente erano parecchie centinaia, vennero trattenuti ancora da Fausto il quale rivolse loro buone parole istruttive ed ammonitrici, e poi presero congedo da Chis.

12. Kisjonah, nel frattempo, aveva fatto allestire tutte le navi adibite al trasporto di merci, e così la grande carovana tutta composta di gente che dimorava a Corazim, Cafarnao e Nazaret, fece ritorno in patria, ciascuno al suo domicilio, e la spartizione e il trasporto ai luoghi di destinazione durò in tutto solo poco più di sette ore e mezza.

 

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Cap. 241

Una parola per il nostro tempo. Malattie e tribolazioni dei fanciulli.

Causa delle tribolazioni. L’influsso maligno degli spiriti sui fanciulli.

La Creazione materiale quale conglomerato di spiriti giudicati.

 

1. Ora, nel tempo attuale[17], in cui tutti questi avvenimenti tanto lontani vengono narrati agli uomini per mezzo di un servitore[18] appositamente scelto da Me, cioè da quello stesso Cristo che quasi duemila anni fa insegnò ed operò su questa Terra quale Dio e quale Uomo, qualcuno potrebbe domandare e dire: 

2. «Come? Come può essere che più della metà forse di quei fanciulli - che erano stati pignorati ed erano in mano dei farisei - se non fossero stati trattenuti qui, sarebbero stati venduti, al massimo entro dieci giorni, tramite privilegiati mercanti di schiavi, parte a Sidone e Tiro, parte in Cesarea ed Antiochia o addirittura ad Alessandria, fanciulli che dovrebbero comunque essere stati ben educati ed allevati, ebbene, come può essere che non risulti che Io, Quale il primo Amico dei piccoli, in nessuna occasione abbia visitato questi fanciulli, né che abbia rivolto loro la benché minima parola, mentre in tutte le altre occasioni Io feci chiamare subito a Me i piccoli, li accarezzai e li benedii pubblicamente!?»

3. A tale domanda valga la seguente risposta: «In primo luogo quei fanciulli avevano naturalmente per la maggior parte già superato il nono anno di età, e fra di loro vi erano anche delle ragazze dai quattordici ai sedici anni, e così pure dei giovani di pari età, ed è facile comprendere che non si sarebbe potuto entrare nella stanza dove erano radunati questi giovani seminudi senza sollevare uno scandalo; ed in secondo luogo non si trattava più certo di fanciulli tanto innocenti come Io ebbi occasione di trovare qua e là, ma di fanciulli per la maggior parte del tutto corrotti tanto fisicamente che moralmente; infatti la pederastia e la violazione non erano in nessun luogo tanto vergognosamente comuni quanto nei paesi di confine fra gli ebrei ed i greci. E così anche la sciagura, che Io permisi che colpisse quei fanciulli corrotti, non fu certo per loro una lezione del tutto vana; infatti, in primo luogo, essa dovette apparire come un severo castigo per la loro corruzione, ed, in secondo luogo, essi furono con ciò ammoniti a non voler più per l’avvenire servire al soddisfacimento sensuale di greci libidinosi, ma a condurre invece e seriamente una vita timorata di Dio se volevano evitare che, dopo un prossimo peccato, Dio li punisse ancora più rigorosamente, cosa alla quale Fausto accennò nel modo più energico e persuasivo nel discorso di ammonizione da lui rivolto ai genitori ed ai fanciulli.

4. Dunque, sapendo ora questo, speriamo sia chiaro che Io, quantunque colmo di tutto il più divino Amore verso ciascun uomo, a causa della stessa Santità divina non posso né devo avvicinarMi personalmente alla carne peccaminosa estremamente impura, e che in tali casi sorge la premessa per il ben noto “Non Mi toccare!”.

5. Infatti, vi è una grande differenza tra un fanciullo puro ed uno oltremodo impuro. Il primo può venire guidato da Me direttamente; il secondo, invece, soltanto indirettamente per sentieri necessariamente spinosi, a seconda del bisogno, come lo ha dimostrato in modo quanto mai chiaro il caso qui fedelmente esposto.

6. Perciò non si venga neppure fuori troppo precipitosamente domandando per quale motivo non di rado dei fanciulli, che certo non hanno per nulla peccato oppure che per lo meno non sono responsabili, vengano da parte Mia trattati, per quanto riguarda il corpo, più duramente di molti adulti dei quali contare i peccati sarebbe altrettanto difficile quanto contare i granelli di sabbia del mare.

7. E allora Io dico: “Chi vuole piegare o vuole dare una qualche direzione ad un albero deve cominciare a piegarlo o a dargli la voluta direzione quando esso è ancora giovane e tenero. Quando invece l’albero è cresciuto e si è fatto robusto, è opportuno ricorrere a mezzi straordinari per tentare, se pure con poca probabilità di riuscita, di dargli un’altra direzione; se poi l’albero è diventato proprio vecchissimo, allora esso non può più venire piegato in altra direzione se non nell’ultima, cioè quando viene abbattuto con la scure”.

8. E per questa ragione anche avviene che Io, che sono il Signore, procedo con i fanciulli, e non di rado perfino con i bambini, in modo più energico e potente che non con un adulto, dato che gli spiriti maligni non usano in nessun altro luogo tanto zelo e tanta attività quanto appunto presso i fanciulli, e si prestano quanto mai volentieri nell’aiutare l’anima ad edificare il proprio corpo in maniera che questo possa offrire anche a loro, in gran numero, delle dimore comode e libere!

9. Ma allora cosa fa il Signore, al Quale nulla può rimanere nascosto di tutto quello che avviene?

10. Ecco, Egli manda il Suo angelo, fa disgregare l’opera meschina e perfida dei maligni cooperatori e, quali parti estranee, li fa espellere dal corpo sotto la forma esteriore visibile di svariate malattie.

11. Osservate bene le varie malattie dei bambini e dei fanciulli, ed Io vi dico che esse non sono altro se non un processo di eliminazione del materiale estraneo e di natura maligna, per mezzo del quale spiriti ancora maligni, con il coadiuvare l’anima nella sua opera edificatrice del corpo, hanno voluto erigersi per loro conto libere dimore in questo stesso corpo.

12. Trattandosi di bambini, se non venisse esercitata una costante vigilanza e non venisse prontamente ed energicamente posto freno a tali eccessi, sarebbero in tale quantità gli ossessi, i sordomuti, i ritardati e gli storpi di ogni genere da rendere non così facile compito trovare un solo uomo sano su tutta la Terra.

13. E qui si domanderà certo nuovamente e si dirà: “Come mai poté la suprema Sapienza di Dio permettere già fin dalle origini che spiriti maligni e impuri si insinuassero di nascosto nel giovane corpo dell’anima?”

14. Ed Io risponderò: “Così domanda l’uomo cieco, il quale non sa che tutta la Terra, anzi tutta intera la Creazione considerata nella sua parte visibile esteriore e materiale, cioè in tutti i cosiddetti elementi che la compongono, non è altro che una specie di conglomerato di spiriti sottoposti a giudizio, ovverosia fissati per un determinato tempo”».

 

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Cap. 242

Del mistero della forza vitale. L’effetto purificatore della malattia e della alimentazione.

Importanza di una giusta alimentazione per i fanciulli. 

Le prescrizioni di Mosè sull’alimentazione.

Ammonizione contro il consumo di frutta verminosa e immatura, di patate e caffè.

 

1. (Continua il Signore:) «Ogni qualvolta l’anima richiede del nutrimento materiale per il suo corpo, e questo le viene fornito, allora l’anima assorbe sempre assieme con il cibo una legione di spiriti divenuti già più liberi, ma di natura ancora maligna ed impura, i quali sono chiamati ad esserle poi utili nell’azione edificatrice del proprio corpo.

2. Questi spiriti però, che si accumulano sempre più, si afferrano successivamente l’un l’altro e formano ben presto proprie anime a loro modo intelligenti; quando esse si sono elevate ad un tale livello, poi loro piantano presto in asso l’anima vera e propria come posseditrice autorizzata del corpo, e cominciano a prendere per loro conto, nello stesso corpo, quei provvedimenti che essi reputano confacenti al loro benessere, secondo la loro natura.

3. Ed appunto quando questo lavorio, per il loro presunto benessere, ha raggiunto un certo grado abbastanza elevato di intensità, ciò che avviene molto facilmente trattandosi di anime troppo affamate e voraci in rapporto al loro giovane corpo, allora può ed anche deve subentrare uno o l’altro sintomo presso i fanciulli.

4. Quanto vi è di estraneo nel corpo deve venire espulso mediante una qualche efficace malattia se non si vuole che il bambino divenga preda di una reale possessione; oppure in qualche caso, per non tormentare eccessivamente un’anima infantile più debole, viene lasciato che l’anima continui a vivere, certo stentatamente, nel corpo per metà estraneo ad essa, fino ad un dato tempo, e si procura poi, con l’esperienza e gli insegnamenti da parte del mondo spirituale esterno ed interno contemporaneamente, di elevarla ad un grado tale di conoscenza da indurla infine ad espellere con il proprio volere i parassiti che in essa si sono introdotti, sottoponendosi a digiuni e ad ogni altro genere di privazioni; però, qualora questi parassiti siano troppo ostinati, allora conviene liberarla addirittura dell’intero corpo; tale anima viene poi educata in un altro mondo a divenire adatta alla vita eterna.

5. Questa è pure la ragione dei frequenti casi di morte corporea precoce fra i fanciulli, tanto amara per i genitori; per conseguenza, specialmente i genitori ricchi finanziariamente, devono aver cura estrema che ai loro figlioli venga dato un nutrimento materiale corrispondente allo scopo.

6. Se la madre vuole prendere dei cibi qualificati da Mosè come impuri, allora non allatti essa stessa il bambino, ma lo faccia allattare da un’altra donna la quale usi dei cibi puri, altrimenti essa andrà incontro a grandi difficoltà nell’allevarlo.

7. Per questo motivo già dai tempi di Abramo, e particolarmente per mezzo di Mosè, sono stati prescritti, sotto forma di legge agli ebrei, gli animali e la frutta da usare quale cibo mondo, e tutti coloro che osservarono coscienziosamente questa legge non ebbero mai figli ammalati, raggiunsero essi stessi un’età avanzata e morirono comunemente di vecchiaia.

8. In questi tempi, però, nei quali si fa a gara per procurarsi perfino i più strani bocconi ghiotti senza pensare affatto se questo o quel boccone sia mondo od immondo, ed in certi casi ci si adatta a mandare giù nello stomaco qualunque cosa purché non sia pietra o fango, ebbene, in questi tempi è certo un miracolo per i ciechi uomini che essi non siano già degenerati perfino corporalmente a tal punto da assumere anche le corrispondenti forme animalesche esteriori; meta questa che, per quanto riguarda l’anima, essi hanno già perfettamente raggiunto.

9. Dunque, se i bambini vengono colpiti già in tenera età da ogni tipo di mali, la causa è evidentemente da ricercarsi particolarmente nel nutrimento altamente inadatto che si da loro, mediante il quale vengono introdotti nel corpo, in quantità troppo grande, spiriti impuri di natura maligna, così che spesso, per la salvezza della loro anima, si rende necessario allontanare quest’ultima, non di rado anche togliendola via completamente dal giovane corpo. Ed ecco che se i bambini muoiono talvolta precocemente, a niente altro è da farvi risalire la colpa se non alla cecità troppo spesso imperdonabile dei genitori, i quali sono propensi a seguire qualsiasi consiglio, ma non quello che fu loro dato da Dio nel Libro[19] santo!  

10. Vedete, per mezzo dei Miei angeli ogni anno Io faccio perfino esaminare nella maniera più scrupolosa qualunque albero i cui frutti servono all’uomo di cibo, e faccio procedere ad una scelta così rigorosa che non vi è mela o pera né nessun altro frutto, qualunque sia il suo nome, che abbia cominciato a svilupparsi nel fiore, nel quale si sia insinuata qualche particella spirituale ancora troppo impura per quella data specie di frutto; non vi è, dico, nessun frutto simile che possa giungere a maturazione, perché esso viene rigettato dall’albero o dall’arbusto quando è ancora del tutto immaturo.

11. Le stesse cure vengono dedicate a tutti i cereali e ad ogni altra pianta destinata al nutrimento dell’uomo. 

12. Ma l’uomo cieco non solo non riconosce ciò, ma per di più divora, al pari di un polipo, qualunque cosa di apparenza appetitosa gli capiti sotto mano; dunque, c’è forse da meravigliarsi se, in conseguenza di ciò, in breve tempo si ammala e diventa pigro, carico di acciacchi, storpio e così sempre più miserevole?!

13. Ad esempio, le cosiddette patate, di qualsiasi specie, sono più che nocive particolarmente per i bambini e le donne che allattano, come pure per le donne gravide, e peggiore ancora è il caffè, ma i ciechi non vedono nulla e continuano a cibarsi di entrambi con grande avidità, a causa del piacere che ne trae il palato; e così i fanciulli immiseriscono nel corpo e, avanzando in età, divengono uomini e donne cagionevoli di salute. Ma tutto questo al cieco non importa proprio nulla; egli già comunque assorbe veleni ancora molto peggiori; perché non dovrebbe trangugiare questi due tipi di veleni più leggeri?

14. Io tuttavia indicherò all’uomo quali sono i cibi[20] che gli sono confacenti; se egli si atterrà al Mio consiglio, diventerà, sarà e si manterrà sano; ma se egli non si atterrà al Mio consiglio, allora correrà incontro alla propria rovina, e finirà come un animale selvaggio e malvagio nel deserto.

15. Ed ora, avendone detto a sufficienza, sia posto termine a questa spiegazione quanto mai importante e si ritorni all’argomento principale!».

 

FINE DEL PRIMO VOLUME

 

 

                                          

INDICE

 

 

 

SPIEGAZIONE DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI

 

Cap. 1

Breve introduzione alla comprensione spirituale delle parole evangeliche di Giovanni, l’apostolo prediletto del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo - (Giov. 1,1-5)

Cap. 2

Un alto spirito (Michele), incarnato come Giovanni (Battista), rende testimonianza sul Signore - Gli insegnamenti fondamentali: la natura di Dio, dell’uomo e del suo rapporto con Dio - La caduta dell’uomo e le straordinarie vie di Dio per la sua redenzione - (Giov. 1,6-13)

Cap. 3

L’Incarnazione della Parola eterna e la testimonianza di Giovanni Battista su di Lui - Cenni di vita fondamentali per la nuova esistenza mediante la rinascita - Prima e seconda Grazia - (Giov. 1,14-16)

Cap. 4

La Legge e la Grazia - Ulteriori lotte degli esseri chiamati alla libera figliolanza divina - Compare il Redentore - Padre e Figlio sono Uno, come fiamma e luce - (Giov. 1,17-18)

Cap. 5

La testimonianza di Giovanni Battista su se stesso - Motivo del rinnegamento del suo spirito di Elia - Umile attestazione del precursore del Messia - Vane e false idee dei templari sul Cristo che doveva venire - Di nuovo chiara testimonianza di Giovanni Battista sul Signore - (Giov. 1,19-30)

Cap. 6

Giovanni dichiara di aver riconosciuto il Signore ora anche fisicamente - Doppio battesimo: Giovanni battezza il Signore con acqua, ed Egli lo battezza col Suo Santo Spirito - La testimonianza del Santo Padre su Suo Figlio - Cenni sul modo di scrivere di quei tempi - (Giov. 1,31-34)

Cap. 7

Tre versetti come esempi del modo di scrivere di quei tempi - (Giov. 1,35-37)

Cap. 8

I primi discepoli del Signore - La Sua capanna nel deserto, come origine degli eremitaggi - Andrea e Pietro, i due fratelli pescatori - Cenni significativi, in occasione dell’accoglienza di Simone, sul venire incontro da parte del Signore e la testimonianza della verità interiore - (Giov. 1,38-42)

Cap. 9

Prova di abnegazione dei due primi discepoli - La patria di Pietro - Vocazione di Filippo, un povero maestro e suo presentimento circa la persona del Messia - Particolari sulla vocazione di Natanaele - La ragione di questa spiegazione quale guida alla Luce Vivente  - (Giov. 1,43-51)

 

 

IL SECONDO CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI

Le Nozze di Cana in Galilea – La Purificazione del Tempio

 

Cap. 10

Connessione del primo e secondo capitol - Il Signore con i Suoi quattro discepoli nella casa di Suo padre - Morte di Giuseppe - Vedute erronee di Maria sulla missione del Messia - Giacomo, Giovanni e Tommaso accolti come apostolici - Cenni sulla rispondenza spirituale degli avvenimenti accaduti alle nozze di Cana - I tre stadi della rinascita - (Giov. 2,1-5)

Cap. 11

Ulteriori avvenimenti alle nozze di Cana - Il miracolo del vino e sue conseguenze - Confessione di Pietro, testimonianza del Signore sulla Sua missione - Importante brindisi di Pietro - Cenni sulla rispondenza - (Giov. 2,6-11)

Cap. 12

Il Signore e i suoi discepoli a Cafarnao - Adempimento di una promessa di Isaia - Inizio della predicazione del Signore e il suo duplice effetto - Cenno sullo spirito mercantile - Il Signore e i Suoi discepoli alla festa di Pasqua a Gerusalemme - Cenno sulla Pasqua a quell’epoca - Il Tempio di Dio usato come mercato del bestiame e come cambiavalute - (Giov. 2,12-13)

Cap. 13

Gli abominii del Tempio durante la Pasqua - Pietro e Natanaele si scandalizzano - Un vecchio ebreo testimonia sugli abomini del Tempio - Purificazione del Tempio da parte del Signore - (Giov. 2,14-17)

Cap. 14

Parola profetica del Signore sulla distruzione e riedificazione del Tempio in tre giorni - Incapacità di comprensione degli ebrei; essi vengono destinati ai discepoli - Testimonianza e confessione dei Suoi discepoli - Il Signore dà una grande testimonianza di luce agli ebrei, ma essi vogliono vedere miracoli - (Giov. 2,18-22)

Cap. 15

Continuazione dell’episodio tra il Signore e gli ebrei - Uno di questi si offre di ospitare Lui e i Suoi - Il Signore gli dimostra i pensieri impuri suoi e quelli dei suoi compagni, nonché la perfidia delle leggi ed istituzioni umane e abbandona il Tempio - (Giov. 2,23-25)

Cap. 16

Il significato spirituale o la rispondenza della purificazione del Tempio, rivelato dal Signore - Cenni notevoli sul modo di vivere e di comportarsi

 

 

IL TERZO CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI

Conversazione sulla rinascita tra Gesù e Nicodemo

Giovanni parla di Cristo con i suoi discepoli

 

Cap. 17

Il Signore, nell’albergo, fa molto del bene per mezzo di insegnamenti e guarigioni miracolose - Conversazione notturna con i ricchi visitatori - «Ciò che è piccolo davanti al mondo è eletto da Dio» - (Giov. 3,1)

Cap. 18

Scena con Nicodemo, preposto di Gerusalemme - Nicodemo, pur essendo conoscitore di profezie ed avendo calcolato esattamente il tempo della venuta del Regno di Dio, non riconosce il Signore - Importanti indicazioni sulla rinascita - (Giov. 3,2-5)

Cap. 19

Continuazione della scena con Nicodemo - Il Signore Quale Maestro in tutto, quindi anche nella vera Sapienza - L’essenza dell’uomo - Il segreto dello spirito - Parabola meravigliosa sulla rispondenza tra il vino nuovo e un’anima ancora immatura per la luce spirituale - (Giov. 3,6-12)

Cap. 20

Tre altri importanti versetti, incomprensibili a Nicodemo - Discorso pessimista di Nicodemo - Brevi avvertenze del Signore - (Giov. 3,13-15)

Cap. 21

Il Signore dà cenni più comprensibili per Nicodemo sull’incarnazione del Figlio e sulla missione come Figlio di Dio e Figlio dell’uomo - Cos’è il Giudizio? Chi non vuole riconoscere il Signore, ha già il Giudizio in sé - (Giov. 3,16-21)

Cap. 22

Nicodemo non riesce ancora a discernere il divino Figlio dell’uomo - Il Signore lo manda da Giovanni - Finalmente si fa luce nel cuore di Nicodemo - «Segui gli impulsi del tuo cuore!» - La potenza dell’Amore - Il Signore chiede un favore a Nicodemo - La sua dichiarazione d’amore agli ancora sconosciuti

Cap. 23

L’operato del Signore in Giudea - Il battesimo d’acqua e di fuoco - La Dottrina dell’Amore e la testimonianza di opere di bene che l’accompagna - Una cosa soltanto è necessaria - Discussione dei discepoli sul vero battesimo - «Sei Tu Colui?» - Risposta del Signore - (Giov. 3,22-26)

Cap. 24

Ultima chiarissima, grandissima testimonianza resa al Signore da Giovanni Battista - Chi sia la Sposa e chi è lo Sposo - Umiltà di Giovanni - Il mistero di Dio, quale Padre e Figlio - Condizione per la vita eterna: la fede nel Figlio - (Giov. 3,27-36)

 

 

IL QUARTO CAPITOLO DEL VANGELO BIBLICO DI GIOVANNI

Conversione dei samaritani – Guarigione del figlio del re

 

Cap. 25

Le Grazie operate dal Signore a favore di coloro che credevano in Lui aumentano il numero dei Suoi seguaci - Origine di falsi Vangeli - Gelosia dei templari e loro accanimento persecutorio - Il Signore attraverso la Samaria passa in Galilea - Carattere dei samaritani - A Sichar - Il Signore e i Suoi fanno sosta al pozzo di Giacobbe - (Giov. 4,1-6)

Cap. 26

Il Signore e la donna al pozzo di Giacobbe - Insegnamenti del Signore sull’essenza della Sua Acqua vivificante - (Giov. 4,7-16)

Cap. 27

Continuazione della scena al pozzo di Giacobbe - Discorso del Signore con la samaritana riguardo suo marito - La donna riconosce il Signore quale profeta e Gli chiede dove può adorare Dio affinché sia risanata - Sulla vera adorazione di Dio Padre in Spirito e Verità - Cenni di vita - (Giov. 4,17-24)

Cap. 28

La samaritana è disposta a dare da bere al Signore - Della sete spirituale del Signore verso i cuori degli uomini - La virtù curativa dello Spirito nell’uomo che ha fede - Conversazioni sul Messia - Il Signore si rivela alla samaritana come Messia - (Giov.4,25-26)

Cap. 29

Il dialogo tra il Signore e la samaritana viene interrotto dal ritorno di alcuni discepoli - La vera adorazione in Dio consiste nell’amore attivo - Guarigione della samaritana - La gioia della risanata e il suo zelante divulgare il Messia trovato - La delegazione di sichariti dal Messia - (Giov.4,27-30)

Cap. 30

Parole del Signore sul Suo vivificante cibo - La grande missione del raccolto - Preghiera per ottenere più operai - La follia del sabato - Come deve essere celebrato il sabato per piacere a Dio - (Giov.4,31-38)

Cap. 31

Il Signore viene riconosciuto ed accolto con fede dai samaritani - Scena tra i sichariti e la donna del pozzo di Giacobbe - Suo discorso sulla vera onorificenza: l’amore al Signore  -(Giov.4,39-42)

Cap. 32

Scena deliziosa tra il Signore e la donna, nella cui casa Egli vuole albergare - Discorso del Signore ai samaritani - Il Signore guarda il cuore, mentre gli uomini l’esteriore - L’onore della donna del pozzo di Giacobbe

Cap. 33

Avvenimenti miracolosi in casa della donna - Scena tra la donna e i mosaisti samaritani - Questi tentano di infamare Gesù, ma sono giustamente puniti - Relazione del medico e risposta del Signore

Cap. 34

Istruzioni del Signore all’evangelista Giovanni sulle cose che devono essere annotate per iscritto - Il Signore e i Suoi nella vecchia casa di Giuseppe in Sichar - Preparativi degli angeli per accogliere la santa Compagnia - La relazione tra Dio Padre e Dio Figlio

Cap. 35

A Sichar - Narrazione dei servitori sulla trasformazione miracolosa della casa - Il Signore è riconosciuto in maniera meravigliosa dalla donna - Il Signore vuole che essa mantenga il segreto - Le Sue amorevoli cure per Maria - I discepoli contemplano i Cieli - Esemplare confessione di Natanaele - Il Signore ammonisce di tenere il silenzio sul celeste mistero

Cap. 36

A Sichar - Il Signore informa Giovanni che non tutto si presta ad essere annotato - Promessa dell’attuale Rivelazione - «Basta che tu creda e che Mi ami!» - Il Messia e il Suo Regno - Parole di benedizione al medico e alla donna - Joram ed Irhaele vengono congiunti in matrimonio dal Signore - Il Signore non dorme

 

 

IL PRIMO DEI DUE GIORNI A SICHAR, CITTÀ DELLA SAMARIA

 

Cap. 37

Canto mattutino dei sacerdoti a Sichar - Il Signore li indirizza al monte - Vocazione di Matteo come evangelista ed apostolo - Sulla natura dei sogni

Cap. 38

A Sichar - Scena tra il Signore e Matteo, esattore della dogana - Il Signore lo istruisce sul come annotare il Sermone sulla montagna - Discorso e saluto del capo sacerdote - Risposta del Signore. Consigli sulla vita - «Non l’udire, ma l’operare secondo la Mia Dottrina reca salvezza!» - Colazione rustica

Cap. 39

A Sichar - La colazione presso Irhaele - Il latte e il miele della Terra Promessa sono i migliori del mondo! Parole del saggio samaritano in lode al Creatore - Discorso del Signore su come l’uomo può divenire perfetto - «Il Mio giogo è dolce e il Mio carico leggero!» - Consigli sul modo di vivere - «Chi segue il Mio consiglio, farà bene!» - La vera Casa di Dio: la natura libera e l’anima umana - Il Sermone sulla montagna - (Matteo 5,6-7)

Cap. 40

A Sichar - Critica del Sermone della montagna fatta dai sacerdoti - Il capo dei sacerdoti, in maniera sincera, esprime i suoi dubbi riguardo al Sermone della montagna - Il Signore avverte di non soffermarsi sulle immagini, ma di cercare di penetrare lo spirito del Suo discorso!

Cap. 41

A Sichar - Continuazione della critica del capo dei sacerdoti in relazione alla dura Dottrina del Signore - La Dottrina paragonata alla brocca d’acqua, che rimane chiusa all’assetato - Logica pratica della intelligenza umana - Pazienza usata dal Signore verso il sacerdote leale, che continua a criticare i punti del Sermone della montagna che gli sembrano irrealizzabili - Il Signore invita il capo dei sacerdoti a recarsi da Natanaele, per esserne illuminato

Cap. 42

A Sichar - Natanaele spiega, in maniera chiara ma aspra, il punto del Sermone della montagna che scandalizza l’intelligenza dell’uomo - Il Messia insegna mediante parabole - Corrispondenza tra naturale e spirituale - Come si arriva alla comprensione dello spirituale - Differenza tra la Parola divina e quella umana - Scopo della vita di prova nella carne - Consigli di vita illustrati - Pericoli dell’amore al mondo - Avvertenza ai critici

Cap. 43

A Sichar - Natanaele spiega le ragioni per cui il Signore si esprime in parabole - Ulteriori chiarimenti riguardo al Sermone della montagna - Importanti consigli sulla vita

Cap. 44

Ulteriori domande del sacerdote sulla rispondenza delle parabole simboliche del Sermone della montagna - Spiegazione di “occhio destro” e “mano sinistra” da parte di Natanaele - Ringraziamenti di colui che ha ricevuto l’insegnamento

Cap. 45

A Sichar - La modestia di Natanaele - La sua ammirabile confessione apostolica - «Colui che non abbandona tutto ciò che possiede per amore del Signore, non è degno di Lui!» - Desiderio del sacerdote di seguire il Signore, e la sua preoccupazione per il benessere del suo gregge

Cap. 46

A Sichar - Guarigione del lebbroso in conformità alla sua preghiera: «Signore, se Tu vuoi puoi mondarmi!» - Buon esito di questo miracolo - Entusiasmo ed iniziativa del sommo sacerdote - Consigli del Signore per essere moderati in ogni cosa

Cap. 47

A Sichar - La cena meravigliosa in compagnia degli angeli in casa di Irhaele - Stupore del sacerdote, che chiede al Signore chiarimenti riguardo a questi angelici servitori - Considerazioni di incredulità dei galilei, compatrioti del Salvatore

Cap. 48

A Sichar - Gli ospiti e i servitori celesti - Apprensione del sacerdote riguardo alla sua missione di conversione del popolo incredulo - Cenni del Signore al sacerdote sulla Sua Missione e Sua predizione delle Sue sofferenze, morte e Risurrezione - Il successo della missione dei martiri dopo la loro morte - Apparizioni di spiriti - Meravigliose promesse sul destino dei veri seguaci del Signore

Cap. 49

A Sichar - Insegnamenti sul modo e sul luogo dove si debba adorare veramente Dio - Saggio discorso di Irhaele - «Non templi, ma luoghi di ricovero ed ospedali per i poveri dovreste costruirMi!» - Cenni sul tempio della Creazione

Cap. 50

A Sichar - La santificazione del sabato - Ciò che Dio vuole che gli uomini facciano! I giorni lavorativi e il sabato - Dio è sempre operoso - Il precetto del sabato di Mosè - «Dovete diventare perfetti com’è perfetto il Padre in Cielo» - Il Signore promette di esaudire le preghiere dei figli

Cap. 51

A Sichar - Gli angeli confortano alcuni ospiti timidi - Il “Vangelo di Sichar” - Natanaele narra la storia della sua conversione - L’ordine del Signore di tacere sulla Sua Divinità fino alla Sua elevazione sulla Croce

 

 

IL SECONDO DEI DUE GIORNI A SICHAR

 

Cap. 52

Il Signore si informa sulle condizioni familiari del sacerdote - Modo di vestire di Maria - Abominevoli calunnie sparse sul conto della famiglia del sacerdote - La tristezza di Jonaele - Buone parole di consolazione del Signore e Sua testimonianza sul mondo

Cap. 53

A Sichar - Entusiasta testimonianza di Pietro sul Figlio di Dio e suo duro giudizio sui galilei increduli - Scena tra Simone ed un non credente - Critica del galileo su Gesù e i Suoi discepoli - Risposta sincera di Pietro - L’angelo e il Signore condannano il bugiardo calunniatore - Lo spirito maligno quale aguzzino - Il castigo del malvagio

Cap. 54

A Sichar - Il Signore e la nobile famiglia di Jonaele - I discepoli si scandalizzano per le toccanti scene che si svolgono per strada tra il Signore e le figlie di Jonaele - Severo biasimo del Signore per le loro critiche - Dov’è il Regno di Dio - «Rimanete nell’Amore!»

Cap. 55

A Sichar - La passeggiata attraverso il grazioso bosco - Il vecchio castello di Esaù - Scena tra il padrone del castello, i suoi servitori e il Signore - L’accorto commerciante, amico della verità, nell’imbarazzo - Il Signore scrutatore di pensieri - Il mercante poetico - La domanda scabrosa

Cap. 56

A Sichar - Ampia risposta del prudente mercante alla domanda su chi sia il Signore del mondo - Sulle cattive esperienze di chi testimonia la verità sulla Terra - Esempi del ladrone e dell’impostore - Argomentazioni di Jonaele sulla menzogna come causa del male sulla Terra

Cap. 57

A Sichar - Finalmente il mercante risponde alla domanda scabrosa - «Dunque sei Tu il Messia? Per Lui ho lavorato per tutta la vita! Sia Egli il Benvenuto!» - Il Signore accetta l’invito a pranzo fatto dal mercante

Cap. 58

A Sichar - Insegnamenti sul modo di comportarsi nella vita - «Dare è cosa migliore che ricevere» - «Quello che l’amore opera, sussiste in eterno» - Misera sorte nell’aldilà degli amici del mondo - Consigli del Signore sul saggio impiego dei beni terreni - Come si conseguono le benedizioni divine

Cap. 59

A Sichar - Dubbi del mercante che il Signore si possa curare delle questioni quotidiane - Sua venerazione per Jehova e sue amorevoli cure per i poveri - Dio bisogna più amarLo che temerLo!

Cap. 60

A Sichar - Le sorprese e i miracoli si susseguono - Il Signore, ospite del mercante, ospita a Sua volta costui nel vecchio castello di Esaù - Il banchetto celeste e i celesti servitori - Il Signore afferma: «Io sono più ricco di te!»

Cap. 61

A Sichar - Continuazione delle sorprese miracolose - Gli angeli quali costruttori della splendida sala - Il mercante presagisce in Gesù il “Figlio di Dio

Cap. 62

A Sichar - Il pranzo celeste nella sala degli angeli - Gioia del mercante e sua promessa - Discorso pessimista, ma purtroppo vero, di Jairuth sulla situazione dei popoli di quell’epoca - Discorso chiaro del Signore riguardo al Regno di Dio e alla missione del Messia - La dimora delle anime degli uomini morti prima dell’ascensione del Signore

Cap. 63

A Sichar - Salutare effetto del cibo celeste e specialmente del vino celeste - Jairuth parla della differenza tra una legge e un buon consiglio - Della diversa azione del vino su uomini differenti

Cap. 64

A Sichar - Jairuth rinuncia al vino, in compenso fa del bene ai poveri e ottiene due angeli custodi - La natura e la missione degli angeli - Buona opinione di Jairuth sulla benedizione, derivante dalla debolezza umana

Cap. 65

A Sichar - Jairuth accompagna il Signore - Servizio degli angeli custodi - Scena con i mercenari romani

Cap. 66

A Sichar - Guarigione del paralitico, vicino al piccolo villaggio - Ringraziamenti e manifestazioni di gioia del risanato - I soldati romani si danno alla fuga e poi ritornano -

Cap. 67

A Sichar - Importanti insegnamenti sul Messia, su Satana e sull’Ordinamento divino - Il Signore annuncia la nuova Legge di Amore - Jehova si manifesta nel dolce aleggiare di vento

Cap. 68

A Sichar - La delegazione militare romana - Dialogo tra il Signore e il comandante romano riguardo alla verità - Uomini e larve umane - La perfezione - L’imitazione del Signore

Cap. 69

A Sichar - La nullità degli dèi - Del valore ed essenza della verità e il cammino che conduce ad essa - Il vero nodo gordiano - Il segreto dell’Amore - La testa e il cuore - La chiave e sede della verità

Cap. 70

A Sichar - Esempio delle funzioni dell’intelletto e del cuore - «Non essere giudice con il peccatore, ma fratello amoroso, allora tu troverai verità e salvezza!» - La rabbia è come un giudizio - Dove manca l’amore non c’è verità - La verità universale nell’Eternità - Cenni sull’esistenza individuale nell’aldilà - «Chi sei tu?» - «SeguiMi!»

Cap. 71

A Sichar - Il Signore guarisce la moglie del capo legione - Importanti insegnamenti per conseguire la piena verità e la forza dell’azione - Il Signore testimonia del Padre - Criterio della Dottrina

Cap. 72

Ritorno a Sichar - Importanti profezie per la fine dei tempi - La Fine del Mondo e il Giudizio Universale - La Grande Tribolazione - Gli squilli di tromba degli angeli prima del ritorno di Cristo - La Terra come Paradiso - L’ultima prova di Satana - Le sofferenze e la Risurrezione del Signore

Cap. 73

A Sichar - Il Signore e i Suoi in casa di Irhaele - Il Signore benedice il buon intendimento di Giovanni (il risanato) e di Jonaele - Il Signore e Jairuth

Cap. 74

A Sichar - I muti arroganti e i loro compagni mentitori in atteggiamento minaccioso - Severità di Joram e sdegno dei discepoli contro i mentitori - Richiamo del Signore e insegnamenti relativi alla malvagità dell’uomo - «Non ripagate il male con il male!» - Esempio del padrone e del suo servo - Esempio della prepotenza e del taglione

Cap. 75

A Sichar - I danni che possono derivare dalla bontà - Esempio del giardino delle belve - La Redenzione dal male - Il nuovo cammino per la libertà dei figli di Dio - Il trattamento dei malfattori - Parabola del leone - Il Vangelo della missione e dell’apostolato

Cap. 76

A Sichar - Buone parole e preghiera di Pietro (Padre Nostro) - Il miglior consiglio del Signore per mantenere a lungo l’ordine e la pace nello Stato - «Con l’amore conseguirete tutto!» - La violenza incita i demoni a fare il male - Proposta umana di Pietro per propagare la Verità - Le parole del Signore sul compito degli angeli custodi e la natura dei malfattori

Cap. 77

A Sichar - Il Signore e gli sfrontati cittadini schiamazzanti - Tristi pensieri del comandante romano sulla scelleratezza umana - Savio accenno di Jonaele alla fiducia in Dio - «Lo farà di certo - a tempo debito»

Cap. 78

A Sichar - Continuazione del discorso sulla tolleranza fra Jonaele e il comandante; la buona testimonianza di quest’ultimo su Gesù e la sua ira contro gli ebrei ciechi e perversi - Uno squarcio di luce sull’Allopatia - Conseguenze del peccato e modo di curarlo - Dolcezza e pazienza più efficaci della collera - Esempi come dimostrazioni di esperienza - Seguire il Signore è meglio che anteporsi al Suo giudizio

Cap. 79

A Sichar - Cenni di Jonaele sul trattamento delle malattie dell’anima - Cattive conseguenze dell’esagerata severità - nelle grandi e nelle piccole cose - Della pena di morte - La vendetta delle anime uccise - Buoni consigli per la riconciliazione con i nemici morenti - Esempio del nemico ucciso di Davide - Benedizione della pace e dell’amicizia - La vendetta dei nemici nell’aldilà

Cap. 80

A Sichar - «Vivete in pace e unità» - Degli angeli custodi - Accenno all’ordinamento della Casa divina - Una domanda giustificata: «Come e quando miglioreranno le condizioni sulla Terra? Quando dominerà il Regno di Dio?»

Cap. 81

A Sichar - L’insegnamento del Signore sul trattamento dei delinquenti - La pena di morte e il suo effetto - Un consiglio per i giudici - Dello scopo principale dell’Incarnazione del Signore - La costruzione del ponte fra questo e l’altro mondo - Guide nell’aldilà per gli ignari - Buona preghiera

Cap. 82

A Sichar - Promessa del Signore di una visita segreta - Il profeta è più ascoltato in paese straniero - Matteo accompagna il Signore quale scrivano - Ringraziamento del comandante romano - Jonaele viene prescelto come maestro; gli viene conferito un potere miracoloso e gli viene assegnato un angelo come istruttore - Il profondo dolore per il commiato di Irhaele e Joram - La consolazione da parte del Signore - (Giov.4,43-44)

Cap. 83

A Sichar - Importanti cenni sulla Missione di Gesù - La potenza della Verità - Dell’essenza della Parola del Signore - La Grazia per cui l’uomo è chiamato ad essere figlio di Dio - Il Signore non vuole né scoraggiati né condannatori del mondo - Consigli sul modo di vivere - Ciò che è il mondo e come esso possa essere utilizzato! - Partenza da Sichar

 

 

Fine del secondo giorno a Sichar

 

IL VIAGGIO IN GALILEA

 

Cap. 84

Rimprovero di Matteo al Signore - Dell’Essenza divina e del processo della Creazione - Della bellezza, distanza e grandezza del sole - Un’eclissi solare - «Un po’ di spavento non nuoce mai agli uomini soggiogati dai sensi»

Cap. 85

Prosecuzione del viaggio - Arrivo in Galilea - Differenti opinioni sul Messia - Cenni riguardo al Regno di Dio - Continuazione del viaggio verso Cana in Galilea - (Giov. 4,45)

Cap. 86

Ritorno del Signore in Cana di Galilea - I lussuriosi si smascherano da sé - Il Signore parla dei danni causati dalla lussuria in questo e nell’altro mondo - Lo stuzzicamento del piacere è il mezzo raffinato di cui si giova Satana - (Giov. 4,46)

Cap. 87

La vera patria è presso il Signore - Parole scettiche degli ebrei riguardo a Gesù - La loro partenza e il loro arresto da parte dei soldati romani - Cornelio presso il Signore

Cap. 88

Il Signore si intrattiene con Cornelio sugli abitanti del Tempio di Gerusalemme e sulla purificazione del Tempio effettuata dal Signore - Buona influenza esercitata da Nicodemo - Predizione del Giudizio su Gerusalemme

Cap. 89

Gesù prega per tutti i Suoi e congeda i propri fratelli affinché possano ordinare le loro case e dà accenni sulle regole dei tributi dei suoi su Tommaso ed Iscariota - Pietro e il Signore - «Dove manca la fede, per noi vi è poco lavoro» - Il miglior condimento dei cibi - Guarigioni mediante l’imposizione delle mani ed erbe medicinali - Ritorno dei discepoli - Il giovane Marco, figlio di Pietro - La buona pesca di Tommaso - L’essenza di [Giuda] Iscariota

Cap. 90

Guarigione del figlio dell’ufficiale reale - Ringraziamento e conversione di quest’ultimo - Cornelio dichiara quale sia l’unica venerazione di cui Gesù si compiace - Cenni sul modo in cui veniva suddiviso il tempo in quell’epoca - (Giov. 4,47-53)

Cap. 91

Istruzioni del Signore ai Suoi due scrivani Giovanni e Matteo - Qualche cenno per l’esatta comprensione delle differenze fra questi due Vangeli - Delle misure prese dal Signore fin dall’antichità per rendere più comprensibile e chiara la Sua Dottrina - La testimonianza del Signore sulla Sua odierna e nuova Rivelazione

Cap. 92

Il Signore e Matteo - Bontà ed utilità del giusto ordine - Alcuni esempi a proposito del lavarsi e dello sgomberare il campo dalle pietre - Cenni riguardo all’Onniscienza di Dio - Cenni illustrativi sul modo in cui gli uomini vengono guidati - Dell’angelo custode - «Dio è Amore!» - Dei rapporti fra Dio come il più puro Amore e gli uomini - Esortazione a partire per Cafarnao

Cap. 93

Il Signore e il giovane Coban di Cana che dà ospitalità - Della libera autodeterminazione - Esempio dell’opera d’arte - «A chi ha, gli verrà ancora di più aggiunto!» - La vera vita proviene dal cuore - Il pellegrino più facilmente viaggia, se è libero di ogni cosa

Cap. 94

Del denaro - Obiezioni mondane dettate dalla ragione di Giuda Iscariota - La fiducia in Dio è il più grande tesoro - Perché Mosè non arrivò nella Terra Promessa - Testimonianza del Signore di Se stesso - Della maledizione e dei pericoli del denaro un tempo e ora - La redenzione con il fuoco dall’Alto - Sfacciato elogio di Giuda sul denaro - Una seria risposta: «Ciò che si ama, si sa lodare!»

Cap. 95

Tommaso e Giuda - Dell’essere di Giuda - Predizione di Tommaso - Risposta impudente e maligna di Giuda

Cap. 96

Il Signore calma l’ira di Tommaso e lo invita al perdono, al fine di restare libero in sé - Tommaso racconta degli alterchi e delle dispute di Giuda con Giovanni Battista, nonché della sua presunzione spirituale - Cenni del Signore riguardo a Giuda - Arrivo a Cafarnao

Cap. 97

Scena con il centurione di Cafarnao - Guarigione del servitore ammalato grazie alla supplica piena di fede del suo padrone - «Chi crede e ama, sia egli pagano o ebreo, sarà beato!» - Effetti differenti di questi miracoli in Cafarnao - (Matteo 8,5-13)

Cap. 98

L’astuzia ideata dal popolo contro i sacerdoti ebrei - Questi vengono invitati a guarire pure essi gli ammalati mediante la Grazia di Dio - Sottili argomentazioni dei sacerdoti e risposta minacciosa del popolo e buona testimonianza su Gesù

Cap. 99

Il furore dei sacerdoti e dei dottori della Legge e loro propositi di vendetta contro il Signore - Il Signore nella capanna di Pietro - Il luogo prediletto di Gesù: il Mare di Galilea - Guarigione miracolosa della nuora di Pietro - (Matteo 8,14-15)

Cap. 100

Il Signore istruisce Matteo riguardo a ciò che egli ha da scrivere - La differenza delle sfere dei Vangeli di Matteo e Giovanni: il primo racconta fatti, mentre il secondo contiene profonde rispondenze - Il pranzo nella capanna di Pietro - La pesca miracolosa - L’umile testimonianza di Pietro sulla Divinità del Signore - Allusioni al traditore

Cap. 101

Pietro testimonia in modo solenne ed efficace del Signore, ma è da Questi interrotto - La cena in casa di Pietro - Scena tra Pietro e l’esigente e borioso Giuda - Un particolare miracolo con il vino - Giuda s’ubriaca - Guarigioni importanti

Cap. 102

Scena con gli ebrei credenti di Cafarnao - Guarigioni portentose - Ammonimento del Signore a guardarsi dalle vipere del Tempio - L’oratore e conoscitore della legge , secondo Isaia, una buona testimonianza del Signore - La ressa del popolo - L’astuto dottore della Legge smascherato e rimandato a casa sua dal Signore - (Matteo 8,16-20)

Cap. 103

«Lasciate i morti seppellire i loro morti» - Il Signore si cela con i Suoi sulla nave dalla ressa del popolo - La bufera in mare - Il Signore dorme sulla nave e i discepoli Lo svegliano: «O uomini di poca fede!» - La tempesta tace; gli uomini si stupiscono - (Matteo 8, 21-27)

Cap. 104

Sbarco nel paese dei gadareni - Scena con due posseduti e loro guarigione mediante la parola del Signore - Una predica pagana - Il terrore dei gadareni fa sì che il Signore se ne vada da là - Efficace azione missionaria dei due guariti - (Matteo 8,28-34)

Cap. 105

Ritorno a Nazaret - La colazione del Signore con i Suoi nella patria terrena - Commenti diversi sul rifiuto di Gesù di operare miracoli a Nazaret - Visita ad una sinagoga - «Parlare è bene, tacere è meglio» - Il carattere della gente del Tempio - Ipocrita risposta del dottore della Legge e sua velenosa domanda riguardo Gesù - (Matteo 9,1)

Cap. 106

Un uomo leale dà pubblicamente, nella sinagoga, una vera e buona testimonianza del Signore - Cose personali e generali riguardanti Gesù - Sua Vita, Sue opere e Sua Dottrina - Degna risposta del fariseo - La rinnovata testimonianza sulla perfidia dei farisei e sulla Divinità del Signore fa volgere in fuga i furenti delegati del Tempio - I credenti vogliono eleggere Gesù a loro Maestro e Gran Sacerdote

Cap. 107

Gioia dell’albergatore Simone per la sconfitta toccata alla gente del Tempio - L’indicazione del Signore riguardo a quali casi sia lecito di rallegrarsi giustamente e Suo avvertimento di non farsi beffe dell’umanità cieca, né di permettersi scherzi cattivi a spese della stessa - Esempi: i gadareni guariti e il cieco ingannato - La commedia del mondo è una tragedia agli occhi dei figli di Dio

Cap. 108

Cure domestiche della madre Maria, non approvate dal Signore - Suo ringraziamento ed avvertimento di Gesù - Lode di Maria fatta dai discepoli e dal Maestro - Predizione del Signore sull’adorazione di Maria - Ammonimento a non voler innalzare troppo il prossimo - Vanità e orgoglio, le debolezze della donna

Cap. 109

Il dialogo di Pietro e Simone sull’avvenire della Dottrina di Gesù - Il Signore esorta di avere fiducia in Dio - «Non curatevi di cose lontane, ma fate volonterosamente quello a cui siete chiamati» - Paragone dell’artefice e dei suoi strumenti - «Voi siete ventilabri nelle mani del Padre» - «Chi e che cosa sei Tu?» - Cenni sul Padre e il Figlio

Cap. 110

L’offeso Giuda - Cenno del Signore su di lui - Giuda viene considerato un mercante vorace - Il Signore e i tre farisei, tra i quali anche Giairo da Cafarnao

Cap. 111

La santa compagnia sulla nave - Ritorno nella casa di Giairo - La guarigione della donna greca sofferente di emorragie - Breve storia della sua vita

Cap. 112

Morte della figlia di Giairo - Consolazione e promessa del Signore - Resurrezione della figlia di Giairo - Le esperienze nell’aldilà della ridestata - L’ordine di silenzio del Signore

Cap. 113

Cenno del Signore ai Suoi due scrivani Matteo e Giovanni sulla differenza tra le annotazioni dell’uno e dell’altro - Importantissimi chiarimenti sull’essenza dei Vangeli - L’unica via per giungere alla vera conoscenza della Parola divina

Cap. 114

Cenno del Signore a Giairo sul modo più efficace per ringraziarLo - Pietro rende testimonianza riguardo alla risurrezione dei morti - Ritorno a Nazaret in casa di Maria - Lunga scena con Giuda il quale viene istruito da Pietro e da Natanaele - Lo spirito di Caino in Giuda - Il coraggio come vizio - L’esempio degli eroi

Cap. 115

Il popolo assembrato dinanzi alla casa di Maria, a Nazaret - L’intenzione del popolo di proclamare Gesù Re - Dichiarazione del popolo alla serva: «Gesù è il Promesso» - Il popolo cerca e trova Gesù - Saggio aiuto del comandante Cornelio

Cap. 116

Scena con il paralitico ed i farisei - Parole di consolazione del Signore all’ammalato - Ambizione e perfidia della gente del Tempio - Guarigione del paralitico e sue buone conseguenze - (Matteo 9,2-8)

Cap. 117

Mordace ma buon discorso del giovane greco ai farisei - Esempio della creazione di Adamo - Accenno all’uccisione di Zaccaria e di suo figlio Giovanni il Battista - Buona testimonianza sul Signore

Cap. 118

I farisei offesi si rivolgono al Signore - Questi svela maggiormente ancora il loro modo di agire contro Dio, i loro abomini nel Tempio e i cosiddetti servizi divini

Cap. 119

Sul giuramento che legava gli scribi al Tempio - Dove non dimora Dio, dimora il male - «Se non credete alle Mie parole, credete almeno alle Mie opere» - La Sacra Scrittura indica soltanto la via che conduce al Signore! - Esempio del viaggio a Roma - Soltanto colui che fa la Volontà di Dio impara a conoscerLo! - Il Signore calma il popolo che vuole vendicarsi dei templari, e parte su una nave

Cap. 120

Il Signore ritorna con i Suoi a riva e si reca presso il doganiere Matteo - Suoi rapporti con i peccatori ed i farisei - Sull’educazione dei bambini - Scopi e finalità dell’uomo - (Matteo 9,9-13)

Cap. 121

Parole dei farisei riguardo a Giuseppe, a Maria ed a Gesù - Un lamento di Giuseppe e suo dubbio sul conto di Gesù - Accenno di Giovanni evangelista ai farisei

Cap. 122

Dei due Mattei, il padrone dell’ufficio della dogana e lo scrivano - Scena con i pescatori - I discepoli di Giovanni ed i discepoli di Gesù - Buona risposta di Pietro riguardo all’agire di Giovanni

Cap. 123

Testimonianza di Giovanni fatta dal Signore - Parabole dello sposo, degli invitati a nozze e della sposa - «Colui che crede nel Figlio, costui ha la vita eterna» - Un cieco critico di Gesù - (Matteo 9,15)

Cap. 124

Parabola della nuova e della vecchia veste, del mosto nuovo e degli otri vecchi - Del senso gretto, materiale della borghesia, e della misericordia - Cenni sulla questione sociale - La Terra è bene comune per tutti, secondo l’Ordinamento divino - Causa del diluvio e accenni alle catastrofi attuali - (Matteo 9,16-17)

Cap. 125

Ulteriore conversazione del Signore con i discepoli di Giovanni sugli esseni - Sulla saggezza mondana e borghese - Esempio di affabilità umana: la casa del doganiere Matteo - Della benedizione di Dio e della fiducia in Lui - Testimonianza del Signore su Giovanni Battista - Gravi parole sulla dolcezza e la misericordia verso i poveri - Chi è un nemico di Dio

Cap. 126

Un miracolo con il vino e con le provviste; chi e dove servono gli angeli - Della fedeltà ed immutabilità di Dio e della Sua benedizione

Cap. 127

Dialogo fra Giuda e Tommaso - Sciocca domanda del cieco discepolo di Giovanni - La dolcezza e la magnanimità del Signore raccolgono le lodi generali - La morte della figlia del comandante Cornelio - Della vera successione di Cristo - (Matteo 8,18-19)

Cap. 128

Scena con un’altra donna afflitta da emorragia - Degli evangelisti Marco e Luca - Il Signore in casa del comandante Cornelio risuscita la figlia

Cap. 129

Quello che vide nell’aldilà la risuscitata da morte - La sua nuova e giusta domanda vitale - Risposta del Signore - Della buona testimonianza del Signore da parte del romano straniero - Dello speciale comandamento del Signore - Della libera volontà

Cap. 130

Scena con due mendicanti ciechi - Le loro parole lusinghiere non considerate da Gesù - La guarigione di entrambi i ciechi - «Lavorate solo nell’interesse dell’amore!» - Ciò che il Signore esige quale ricompensa - (Matteo 9,27-31)

Cap. 131

Guarigione del sordomuto indemoniato - I farisei ne sono testimoni, ed attestano la perversità del demonio da cui era invaso - Cornelio condanna i farisei alla croce per la loro diabolica spiegazione del miracolo - Matteo rinfaccia ai farisei la loro perfidia - Essi tentano con astute parole di ottenere perdono, e sono salvati per intervento di Gesù - (Matteo 9,32-35)

Cap. 132

Della grande miseria che regnava fra il popolo - La desolazione nel piccolo villaggio, opera del tiranno Erode - Importanti parole del Signore riguardo a questo fatto ed ai motivi per i quali viene concesso che simili cose avvengano - (Matteo 9,36-38)

Cap. 133

Il miracolo dei cibi e dei vestiti - Buoni discorsi dei poveri beneficati - Sagge osservazioni di un fanciulletto - La parola del Signore ai Cieli - Gesù e il fanciulletto

Cap. 134

Cenni agli evangelisti Matteo e Giovanni - Il Signore designa i dodici apostoli, e per la prima volta li invia ad iniziare la loro opera missionaria - Importante spiegazione sugli odierni Vangeli - Causa della sparizione dei Vangeli originali - L’intima essenza delle religioni asiatiche - (Matteo 10,1-4)

Cap. 135

Discorso di Matteo il doganiere ai suoi compagni apostoli - Il Signore dà ai Suoi missionari istruzioni sul modo di comportarsi durante la futura opera di apostolato - Scambio di parole di Giuda con Tommaso - Simone di Cana chiede se si possa accettare il denaro che viene offerto - La Parola del Signore riguardante il denaro ed i tempi tristi in cui il denaro sarà il dominatore - (Matteo 10,5-10)

Cap. 136

Domande di Giuda e sue obiezioni riguardo a viaggiare senza denaro - Santi consigli del Signore: «Siate prudenti senza falsità e pieni di mansuetudine» - Del discorso giuridico di Giuda, in opposizione ai consigli del Signore - (Matteo 10,11-16)

Cap. 137

Risposta del Signore ai propositi missionari di Giuda - L’anima di Giuda proviene dal basso - La vita terrena è la morte dello spirito - Sguardo storico e retrospettivo sul modo in cui vengono spiritualmente governati gli uomini - Ora è giunto il tempo piacevole in cui il Signore si manifesta nel dolce alitare del vento - Delle sofferenze dei missionari - Citazioni del libro di Isaia - Conforto degli apostoli - (Matteo 10,17-20)

Cap. 138

Una giusta domanda: «Qualora, dopo aver seminato la semente celeste di pace e di amore, germogliasse invece la discordia, che si dovrà fare?» - «Non vi preoccupi che Satana si ribelli!» - Ulteriori repliche di Giuda - Ammonimento del Signore ad avere fiducia, ed incitamenti a divulgare senza timore il Vangelo - (Matteo 10,21-33)

Cap. 139

Importantissimi consigli riguardo alla vita degli uomini ed al modo di comportarsi con questi - «Chi ama qualsiasi cosa più di Me, non è degno di Me» - La lotta è necessaria al mondo - Promessa di ineffabili gioie ai fedeli nell’amore in Dio - (Matteo 10, 34-39)

Cap. 140

Cenni riguardo alla grandezza del mondo materiale e del mondo spirituale - Della dignità e della meta altissima dei figli di Dio - Unico mezzo di prova possibile per rilevare che la Parola è divina - Il mistero divino nell’uomo - (Matteo 10,40)

Cap. 141

Ulteriori istruzioni date agli apostoli riguardo alla loro missione ed al modo di comportarsi - Della continuità della missione profetica e dei veri e falsi profeti - La prima partenza degli apostoli per le località d’Israele - Promessa di altra luce per il tempo successivo al ritorno degli apostoli

Cap. 142

Il primo episodio del viaggio missionario degli apostoli - Scena con gli abitanti in lacrime e gli estortori di tasse mandati da Erode - Efficaci e serie parole di Pietro - Il Giudizio di Dio scende sugli estorsori - Buon successo della missione - Gli estorsori convertiti di Erode, quali buoni testimoni degli apostoli

Cap. 143

Attività del Signore durante la prima missione degli apostoli - Ulteriori accenni alle circostanze che spiegavano il contegno di Giovanni Battista e il suo rapporto con Erode - Dubbio umano di Giovanni riguardo Gesù come Messia - Sua indiretta domanda a Lui - Risposta del Signore - (Matteo 11,1-6)

Cap. 144

Il Signore accenna all’azione di Giovanni ed al suo errore, causa della propria sfortuna - Gesù e Giovanni come il Sole e la luna - «Egli deve crescere ed io diminuire» - Testimonianza del Signore su Giovanni: «Questi è più che un Profeta, egli è Elia!» - (Matteo 11,7-14)

Cap. 145

Lo spirito e l’anima di Giovanni Battista - «Io sono la Via e la Vita» - Chiamata e libertà individuale di Giovanni come profeta - L’essenza della domanda - Cenni sul peccatore pentito e sui novantanove giusti che non hanno mai peccato

Cap. 146

Conversione di Kisjonah il doganiere - Sulla Grazia indulgente e misericordiosa del Signore - Scandalo dei farisei e degli ebrei ortodossi - Un loro dialogo

Cap. 147

Partenza dei farisei e degli ortodossi i quali vanno vagando nell’oscurità notturna - Loro ritorno - Essi chiedono ed ottengono ricovero da Kisjonah - Parabola del Signore che contiene un aspro rimprovero per la loro perfidia e che provoca in essi ira ancora maggiore - Loro minacce al Signore - (Matteo 11,15-19)

Cap. 148

Lo sdegno dei discepoli che pregano il Signore di procedere contro i farisei - «Dopo questa vita, ne segue una eterna!» - Il Signore profetizza la punizione di Corazim, Betsaida e Cafarnao - Una visione del giudizio futuro - «Io glorifico Te, Padre Mio, che riveli tali cose ai piccoli fanciulli!» - «Io e il Padre siamo una cosa sola!»

Cap. 149

Scena fra Natanaele quale evangelista non eletto e il Signore - Del giorno del Giudizio - Immensa promessa ai rinati nello spirito - «Guai agli avversari dei Miei ordinamenti!» - «Nessuno conosce il Padre all’infuori del Figlio» - «Colui che dal Padre non è attratto, non perviene al Figlio!» - «Il Padre è l’Amore del Figlio» - «Venite a Me voi tutti che siete travagliati, affinché Io vi ristori!»

Cap. 150

La perfidia dei farisei viene messa in luce dal Signore - La paura li spinge verso il mare, lottano duramente contro l’uragano e arrivano a Cafarnao ammutoliti dallo spavento

Cap. 151

La proposta di un’escursione in montagna - Breve chiarimento riguardo alla denominazione dei monti di Canaan in quel tempo - Domanda coscienziosa di Kisjonah agli spioni del Tempio - La montagna risponde scuotendosi alle interrogazioni di Natanaele; dell’immediato buon risultato che ne consegue - Primo accampamento notturno sull’alpe di Kisjonah

Cap. 152

L’arrivo sulla vetta che ebbe luogo il secondo giorno - Della bella vista goduta e dei meravigliosi avvenimenti svoltisi là - Corrispondenza con gli spiriti e con le anime dei trapassati - Del luogo particolare dove sono confinati nell’aldilà gli spiriti dei grandi uomini che vissero su questa Terra - Paesaggi dell’aldilà - Limitazione del campo d’azione di Satana nell’aldilà - Sul modo in cui gli spiriti vedono le cose - Desiderio di Kisjonah di vedere anche degli angeli

Cap. 153

Dell’antico modo di misurare il tempo secondo il corso delle stelle - Tre spiriti della luna danno alle figlie di Kisjonah, ansiose di sapere, spiegazioni riguardo al mondo da loro abitato - «Lascia da parte la sapienza ed attieniti soltanto all’amore!» - Il Signore annuncia avvenimenti nuovi

Cap. 154

I tre angeli, Cherubini, conducono i dodici apostoli al Signore che si trova sul monte - Il pranzo celestiale degli ottocento - Discorso di Kisjonah - Il libro delle «Guerre di Jehova»

Cap. 155

La prudenza consigliata nei rapporti con i novizi nella fede - Cenni sui gradi spirituali dello sviluppo - Come Dio possa essere un Uomo, e l’uomo un Dio - Del modo di comprendere con l’intelletto e di quello di comprendere con la fede - Del come si debba procedere per impartire l’educazione spirituale

Cap. 156

L’aria fresca e sana del mattino - Gli spiriti di pace - Discesa dalla sommità della montagna e sosta di più giorni della compagnia sull’alpe - La cecità dei critici di Mosè - Cenno del Signore sul vero significato della Genesi di Mosè

Cap. 157

Ulteriore spiegazione della Genesi di Mosè: versetti 1-5 (primo giorno) - Rispondenza fra lo stato spirituale dell’uomo e la natura - La notte spirituale dell’anima del bambino - L’intelletto come notte spirituale - La Luce di Dio nel cuore è il mattino spirituale

Cap. 158

Spiegazione dei versetti 6 a 10 della Genesi di Mosè (secondo giorno) - Della distesa fra le due luci cioè della fede vera e vivificante - Il secondo giorno - Sorge la fede dalla scienza, o è la scienza un dono della fede? Ulteriori dimostrazioni che le figure simboliche della Creazione di Mosè hanno puramente un significato spirituale - Del vero terreno dell’amore

Cap. 159

Continua la spiegazione della Genesi di Mosè, cap.1, 11-13 (terzo giorno) - Influsso delle cognizioni sul terreno fecondo del cuore - Unicamente importante è la formazione dell’uomo spirituale nell’uomo naturale - Il fariseo riconosce la verità espostagli, ma dubita del suo effetto pratico - Della rispondenza fra i diversi gradi del potere visivo naturale e quelli dello spirituale

Cap. 160

Continua la spiegazione della Genesi di Mosè, cap. 1, 14-19 (quarto giorno) - Giusta critica del testo di Mosè - Vi è un solo baluardo, cioè la Volontà di Dio - Il baluardo di Mosè: il cielo nell’uomo - L’essenza del divenire figlio di Dio come meta suprema dell’uomo

Cap. 161

Continuazione della spiegazione della Creazione di Mosè - Dell’uomo naturale, transitorio, e dell’uomo eterno, propriamente detto - Le due grandi Luci, ovvero dell’essenza dell’eterno Spirito e dell’essenza dell’anima - Il significato delle stelle - Il quarto giorno della Creazione

Cap. 162

Cenni sul quinto e il sesto giorno della Genesi di Mosè - L’origine naturale della Terra e dell’uomo - Ammonimento a non voler nutrire eccessiva brama di scienza, ed esortazione a cercare in se stessi il Regno di Dio

Cap. 163

Osservazione dei farisei al Signore, in merito alla Sua spiegazione della Genesi di Mosè. Il Signore profetizza la punizione di Gerusalemme - Il silenzio comandato riguardo a tutto ciò che di spirituale è stato visto ed appreso

Cap. 164

Sciocche obiezioni di Giuda Iscariota e racconto del suo viaggio aereo - I chiarimenti del Signore e le aspre critiche di Tommaso

Cap. 165

La santa Compagnia radunata sull’alpe - Domanda di Kisjonah ai tre angeli: «Per quale motivo gli uomini devono nascere?» - Differenza tra gli angeli puri, gli angeli caduti e gli uomini - La carne non è fine a se stessa, ma è un mezzo per lo sviluppo spirituale dell’anima

Cap. 166

Lo stupore di Kisjonah e buona comprensione della luce data dal Signore - Della procreazione di Adamo - Dell’essenza dell’uomo e della donna - Caduta della donna e relativa dannosa influenza esercitata sull’uomo - Decadimento dell’umanità e cenni sull’Incarnazione del Signore, a scopo di redenzione

Cap. 167

Un Vangelo per coloro che vogliono prendere moglie - La caduta dell’umanità a causa della donna - Considerazioni sull’attuale stato di cose - Modo di riconoscere le donne maligne - Ammonizione contro il matrimonio con una donna superba - Maledizione che deriva da una tale unione sulla Terra e nell’aldilà - Il male e il bene non regnano contemporaneamente nel cuore

Cap. 168

Cenni sulla cultura della Terra e sulle nostre scuole - Ciò che veramente è necessario - Rammarico del fariseo e il traviamento dell’umanità - Cenni del Signore riguardo alla Sua santa Parola, al mondo e all’umanità - Rapporti degli uomini con Dio

Cap. 169

L’invidia per il fuoco e il colore nella capanna alpina - Scena con il vecchio cieco, discendente da Tobia - Un modo particolare di riscaldamento - Il fuoco d’Amore e di gioia sul monte - Severo rimprovero degli angeli alle donne beffarde - Un Vangelo speciale sul ridere

Cap. 170

Scena fra il semicieco Tobia, i tre angeli e il Signore - Guarigione di Tobia - Rispondenza fra questa guarigione ed i tempi attuali - La cena sul monte

Cap. 171

I farisei tra di loro - La misera astuzia di Ribà; sua fantastica storia dei fatti che riguardano il nazareno e i genitori di quest’ultimo, nonché delle loro segrete aspirazioni al trono dei giudei - Sua proposta di sbarazzarsi di Gesù, per amore della pace

Cap. 172

Replica efficace di un altro fariseo, il guarito Tobia - Sua onorevole testimonianza di Gesù, della Sua santa Dottrina, delle opere divine, e delle Sue azioni divine - Della malvagità della gente del Tempio - Una profezia di maledizione al popolo ebraico

Cap. 173

La collera dei farisei, verso il loro onesto collega Tobia - Intervento dei tre angeli per impedire la lapidazione di Tobia - Continua la discussione fra gli increduli templari e il credente Tobia - Il Signore consiglia riposo ai templari, ubriachi e insonnoliti

Cap. 174

Lo splendore di un’alba - Il buon e bel discorso di Tobia - Consigli vitali del Signore a Tobia - Norme di comportamento per i giudici e per i legislatori - Trattamento dei delinquenti e dei condannati a morte

Cap. 175

Il Signore con i Suoi di nuovo radunati presso Kisjonah nella capanna - Consigli riguardo all’economia domestica - Bontà del Signore verso i Suoi nemici - Egli digiuna assieme ai Suoi discepoli - Del sabato dei farisei - Discesa dal monte - Discussione tra il fariseo e Matteo riguardo al sabato

Cap. 176

Scena con i farisei a causa dello strappare le spighe di sabato - La misericordia vale di più del sacrificio - «Il Figlio dell’uomo è un Signore del sabato» - Guarigione dell’uomo dalla mano secca - I farisei vogliono lapidare Gesù - Intromissione di Kisjonah - Il Signore se ne va dopo aver compiuto molte guarigioni - (Matteo 12,1-16)

Cap. 177

Gli apostoli chiedono al Signore perché Egli, l’Onnipotente, sembri talvolta aver timore degli uomini - Sua risposta adeguata - Giuda l’affamato e il suo censore Tommaso - Il buon rimprovero di Pietro ad entrambi - Il Signore approva le parole di Pietro e insegna come devono comportarsi gli uomini

Cap. 178

Il viaggio della santa compagnia sulla barca di Kisjonah verso la sponda opposta - La cena a bordo dell’imbarcazione, vicino alla riva - Gioia degli abitanti per l’arrivo dell’amato Salvatore - Guarigione miracolosa di ossessi, di muti e ciechi - Un brav’uomo invita il Signore ed i Suoi in casa sua

Cap. 179

Umiltà e generosità del vecchio ospitale - Contrada fertile ma malsana - La grazia dall’Alto - Cenno del Signore sulla Sua magnificenza - Il popolo glorifica il Salvatore e dice alle genti del Tempio la verità sulle loro infamie

Cap. 180

La riunione segreta dei farisei - Buon piano del giovane fariseo per proteggere il Salvatore e suo discorso al popolo

Cap. 181

Il giovane fariseo viene ben accolto dal popolo - La minaccia del popolo e piano di una rivoluzione contro gli accoliti del Tempio - Astuzia del giovane fariseo di fronte ai suoi colleghi

Cap. 182

Preghiera mattutina di Gesù - Achab, il giovane fariseo migliore, chiamato dal Signore - Quale peccato non viene computato - Precetti biblici speciali compilati dall’infallibilità sacerdotale - Della truffa del Tempio - La grande guarigione miracolosa

Cap. 183

Achab, il templare, presso gli anziani del Tempio - Il suo successo - La partenza dei templari per la casa di Baram

Cap. 184

Il popolo viene a parole con i farisei e li mette pericolosamente alle strette - (Matteo 12,24)

Cap. 185

Il Signore calma il popolo affinché i farisei non si infurino ulteriormente, ed invita gli ultimi ad andare da Lui in casa - Suo eccellente discorso agli stessi - (Matteo 12,25-33)

Cap. 186

Perfida e incorreggibile testardaggine dei farisei - Aspre parole del Signore agli stessi - Cenni riguardanti diversi stati di possessione, e l’influenza degli spiriti maligni - Il furore dei farisei - (Matteo 12,34-45)

Cap. 187

Il Signore istruisce ed ammonisce Achab: «È meglio tacere che mentire, sia pure con buona intenzione» - La salvezza di tutta l’umanità proviene dagli ebrei - Paragone tra il Tempio di Gerusalemme e quello di Delfi - Esempio di dialettica usata in una sentenza d’oracolo - I greci fanno testimonianza del Signore - Vitali cenni evangelici ai greci

Cap. 188

Arrivo della madre Maria con i figli di Giuseppe a Gesaira - «Chi è Mia madre e chi sono i Miei fratelli?!» - Baram invita il Signore a pranzo; il popolo viene congedato - I farisei maledicono Baram e ne ricevono adeguata ricompensa in legnate - (Matteo 12,46-50)

Cap. 189

Baram scusa il suo comportamento - Achab lo ammonisce a guardarsi dalla vendetta dei templari; il Signore conforta tutti e due - Baram, apprendista di Giuseppe - Gioia di Maria nel rivedere il Signore - Rivelazione di Achab riguardo ad una macchinazione fanatico-templare contro Gesù, in relazione alla resurrezione della figlia di Giairo

Cap. 190

Maria racconta come i farisei l’avessero scacciata da casa sua assieme ai figli di Giuseppe - La proposta consolante di Baram e di Kisjonah a Maria, e la gioia che ne prova il Signore - Il Signore sale sull’imbarcazione e spiega al popolo radunato sulla riva la Dottrina del Regno dei Cieli - (Matteo 13,1-2)

Cap. 191

Le parabole del Regno dei Cieli, del seminatore e della semente - Interruzioni dei discepoli - Spiegazione delle parabole - «A chi ha, sarà dato, ma a chi non ha, a costui sarà tolto quello che ha» - (Matteo 13,3-23)

Cap. 192

La parabola della buona semina di grano e della zizzania sparsavi in mezzo dal nemico - Del granello di senape e del lievito - Scarsa comprensione dei discepoli - La buona testimonianza di Achab, tratta delle profezie di Isaia sul conto del Messia - Il popolo dalla mente ottusa congedato, ed i farisei in balia dell’uragano - (Matteo 13,24-35)

Cap. 193

Il Signore calma la bufera - I dubbi dei discepoli disapprovati da Achab - Osservazione di Giuda e testimonianza umile di Achab sul Messia - Cenni del Signore su Achab

Cap. 194

La patria spirituale dell’uomo: il suo intimo quale punto di raccolta della vita - Il viaggio a Kis, alla dimora di Kisjonah - Del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo - Il Signore benedice Kisjonah

Cap. 195

Sorpresa gradita allo sbarco nella città natale di Kisjonah - Gioia di Jonaele e Jairuth nel rivedere gli amici - Incaricato dal Signore, un angelo viene meravigliosamente in aiuto di Kisjonah

Cap. 196

Altri meravigliosi servizi dell’angelo in casa di Kisjonah - Tutta la vegetazione terrestre è affidata alla sorveglianza di un angelo solo - Accenni dell’angelo alla propria forza che non è altra se non quella del Signore - Il messaggero veloce

Cap. 197

La santa compagnia a cena - Escursione notturna sotto il cielo stellato, alla collina dei serpenti dove Kisjonah intende edificare una scuola - Accenni alle condizioni esistenti sulla Terra - Gesù quale dominatore dei serpenti - Spiegazione della parabola della zizzania - Cenni vitali - (Matteo 13,37-42)

Cap. 198

Continua la spiegazione della parabola della zizzania - Il più grave dei mali è una promessa non mantenuta - «Siate amorevoli e giusti» - La parabola del tesoro nascosto nel campo - La sua comprensione da parte dei discepoli - (Matteo 13,43-44)

Cap. 199

Parabola della grande perla e della rete - Il significato che Achab attribuisce al pesce putrido - Un buon padre di famiglia utilizza tanto il vecchio che il nuovo - (Matteo 13,45-52)

Cap. 200

Memorabile narrazione delle sofferenze e delle vessazioni del capo dei sacerdoti Jonaele, cacciato dai samaritani - «Le vie del Signore sono imperscrutabili» - Cose incomprensibili permesse dal Signore - Una preghiera che appare giusta

Cap. 201

Cenni del Signore sul doppio scopo delle concessioni al male come prova per Satana e per i fedeli - Cenni di missione e di comportamento - La verità è la spada dell’amore - «Il Mio Regno non è di questo mondo» - «Non temete gli uomini, ma soltanto Dio» - Come deve combattere il vero eroe

Cap. 202

Ulteriori cenni ai sichariti sulla missione e sul comportamento - «Insegnando, usate prima le opere buone e poi le semplici parole» - La vera chiesa libera - «Voi siete ugualmente tutti fratelli e sorelle» - Il vero sabato - La vera casa di Dio e il vero servizio divino

Cap. 203

Una confessione dei propri peccati - Il vero Spirito della pura Dottrina di Gesù - Altri cenni sulla missione e sul comportamento - Cantico di Jonaele in lode al Signore

Cap. 204

Nobile gara di opere buone fra Kisjonah e Baram - Chi vuole fare del bene ha sempre buon vento - Bella parabola della madre e dei due figli diversi - L’amore vero e puro, e quello interessato

Cap. 205

Dell’essenza dell’amore - L’amore brama e vuole avere - Differenza fra l’amore celeste e il satanico - La colazione d’onore offerta da Baram al Signore per amor Suo - Cenni sul premio riservato alle opere dell’amore

Cap. 206

L’allegria degli ospiti durante l’abbondante colazione turba l’angelo - Il peccato sta molto vicino all’allegria - Del processo di nutrizione dell’uomo per il corpo, l’anima e lo spirito

Cap. 207

La pessima influenza della gozzoviglia sull’anima - La morte spirituale come conseguenza dell’eccesso - Del vero digiuno - La mortificazione del corpo per comunicare con il mondo degli spiriti è peccato - La vita e la dottrina del Signore sono il nostro modello

Cap. 208

Il Signore con i Suoi nel giardino - Matteo ordina i suoi scritti - La calma paurosa prima dell’uragano - L’angelo Saggio tranquillizza gli uomini angosciati a causa della tempesta - Terremoto, burrasca marina e temporale

Cap. 209

Lo scopo di questo uragano: inghiottimento dei nemici del Signore - I pericoli della missione - I buoni effetti della bufera del giudizio - La buona pesca

Cap. 210

Escursione a Cana nella valle - I poveri ebrei agricoltori e gli avidi mercanti greci quali debitori di Kisjonah - La nobiltà d’animo di quest’ultimo - Breve dottrina della vita a quel popolo - Il Signore testimonia di Sé e della Sua missione - I buoni effetti di questa lieta novella

Cap. 211

La grande guarigione miracolosa a Cana nella valle - Buone parole e preghiera degli anziani al Signore - Un esame della fede - Parole del Signore ai sani di corpo ma ammalati nell’anima - Regole evangeliche della vita e cenni sociali - La maledizione dello spirito usuraio - Come procede la decadenza sociale - Minaccia di punizione dall’Alto

Cap. 212

Severe e pungenti parole allo spietato greco Filopoldo - La risposta risonante del duro stoico - Anche la pazienza di Dio ha dei limiti - Matteo e il greco ostinato - Un discorso stoico e cieco contro l’ordinamento vitale di Dio

Cap. 213

Delle anime ospitanti che da altri mondi vengono trasferite sulla Terra, unica scuola dei figli di Dio - Della reincarnazione - Il corpo solare Procione - Cenni sull’incarnazione del Signore - Il messaggio meraviglioso dell’angelo - Muraele (Filopoldo) ed Archiele (l’arcangelo) - Il contratto portato da un sole alla Terra

Cap. 214

Le meraviglie che Filopoldo contempla con gli occhi dello spirito - Una scena familiare sul sole Akka - L’inno del convertito Filopoldo all’Amore divino - Il contratto nuovamente firmato - La ragione per cui sulla Terra si cancellano i ricordi della nostra vita anteriore - Del nesso esistente fra corpo, anima e spirito - Come procede l’uomo terrestre al suo perfezionamento - Lo spirito dell’uomo è un piccolo Dio - Il divario tra l’essere spirituale sulla Terra e quello su tutti gli altri pianeti e soli

Cap. 215

Il discorso di Archiele sull’Incarnazione del Signore - La timidezza e la sua chiamata a fianco del Signore - Del vero farsi seguaci di Cristo

Cap. 216

Le parole buone e modeste di Filopoldo, e la risposta piena di grazia del Signore - Le due specie di uomini sulla Terra, quelli dall’Alto e quelli dal Basso - La ragione dell’Incarnazione del Signore sulla Terra - Gli ultimi devono divenire i primi - Suggerimenti ai guariti sul modo di comportarsi - Cenno a Matteo ed a Giovanni - Sull’attuale Nuova Rivelazione

Cap. 217

Ammonizione a guardarsi dalle insidie di Satana e cenni riguardo alla sua astuzia - Lo spirito maligno non può influire che sui sensi, mai però sulla volontà dell’anima - Confortanti consigli vitali

Cap. 218

Gli eventi nella casa di Kisjonah durante l’assenza del Signore - I farisei vengono messi fuori strada dai servitori di Kisjonah e il Signore li fa richiamare - Pubblica confessione dei farisei, e preghiera di guarigione dei loro malati - Una grande guarigione miracolosa

Cap. 219

Un cenno di altra specie sulla missione - La necessità di una fermentazione nell’animo - Paragone del bue da ingrasso - La benedizione della sofferenza

Cap. 220

L’ammirazione di Achab per la Sapienza divina - Anzitutto è opportuno riconoscere se stessi - «Non limitatevi ad ascoltare la Parola del Signore, ma operate secondo questa» - La vera pace piena di vita e di beatitudine sta in Dio - Ammonimento a guardarsi dal dormire a lungo e dall’ozio

Cap. 221

Del male della pigrizia e della benedizione dell’attività - Cenni sul vagabondare - Reggenti deboli e reggenti severi - Maria e Tommaso - Matteo mette per iscritto questa dottrina dell’attività, conosciuta poi come la “Predica notturna” - Perché la stessa andò perduta

Cap. 222

I cinque farisei di Betlemme lavano i piedi al Signore - Un breve Vangelo della vita

Cap. 223

Le opinioni dei cinque farisei sul Signore - La supposizione di un fariseo: «Egli è un Dio oppure un demonio» - Parole istruttive

Cap. 224

Gara d’amore fra Kisjonah e Baram - Importanza ed essenza della contemplazione interiore di se stessi - L’astuzia del nemico cerca di impedire questo atto - Disturbo da parte di Satana di questa autocontemplazione

Cap. 225

L’apparizione di un animale mostruoso, cioè di un vero Leviatan - Splendida ricompensa promessa a coloro che resistono con coraggio e costanza - L’angelo Archiele minaccia l’orribile bestia - L’uragano suscitato per turbare la quiete interna - L’angelo rincuora i deboli - Baram, il nobile fornitore della santa compagnia

Cap. 226

Della grande benedizione che apporta il regolare esame di se stessi - Della rinascita nello spirito - I rapporti magici con gli spiriti - una via che conduce all’Inferno - A che scopo deve esistere Satana? - Consigli severi al saccente Giuda, il quale viene ammonito alla modestia

Cap. 227

La traversata per mare dopo il pasto - Un battello con la notizia dell’improvvisa malattia della figlia di Giairo - La seria dichiarazione del Signore ai messaggeri di Giairo - Ritorno a Chis

Cap. 228

Giairo ed i medici al letto di morte di sua figliola Sara - La verità dettagli da Boro di Nazaret - Minaccia dei farisei - La pratica risposta di Boro, e la critica domanda da lui fatta apertamente a Giairo

Cap. 229

Risposta vile di Giairo, oppresso dalle cure mondane - L’aspro e diretto richiamo di Boro - Sulla ricompensa nell’aldilà - Boro non vuole aiutare il timoroso Giairo e se ne va

Cap. 230

La gioia dei discepoli e la gratitudine di Maria per il coraggio dimostrato da Boro - Kisjonah dona un bel possedimento a Maria ed ai figli di Giuseppe - La devozione a Dio di Jose, figlio di Giuseppe - Predizione consolatrice del Signore - «Io e il Padre siamo Uno e non Due» - La morte di Giuseppe e sua testimonianza su Gesù - Consiglio alla prudenza nel rivelare segreti spirituali

Cap. 231

In quale modo le genti di Kisjonah sorprendono ed arrestano una banda di predatori e contrabbandieri del Tempio - Le disposizioni di Kisjonah e del giudice romano in tale contingenza - Arrivo della carovana pulita

Cap. 232

Liberazione dei fanciulli rapiti, i quali intanto ricevono ristoro - Il consiglio del Signore nella citazione a giudizio dei furbi farisei - I preparativi per il processo

Cap. 233

Severissimo interrogatorio dei dodici farisei - L’attestato favorevole al Tempio di Cesare Augusto - In quale modo i templari adempiono le leggi divine - Pesante ammenda dei malfattori per violazione di proprietà boschiva e per lesa maestà

Cap. 234

I farisei messi alle strette - Pagamento di un’elevata ammenda - Un nuovo sospetto: rapina dei denari delle tasse imperiali - Terrore dei ladri

Cap. 235

Il giudice superiore Fausto e il Signore - La grande gioia e il commovente saluto

Cap. 236

La cena e la conversazione tenuta durante la stessa - Fausto loda la Dottrina di Gesù - Intervento del Signore presso Kisjonah e Lidia perché quest’ultima divenga la moglie di Fausto - La bella confessione di amore di Lidia - Fausto narra un suo memorabile sogno sulla gloria del Padre Celeste nelle sembianze di Gesù - «Ciò che Dio ha unito, l’uomo non deve separare» - Cenni sul matrimonio

Cap. 237

Arrivo di Filopoldo - Promessa del Signore - La nuova azione giudiziaria contro la banda di rapinatori del Tempio - L’efficace sentenza di Fausto

Cap. 238

Continuazione del processo contro i templari per la rapina delle imposte - Confessione aperta dei trenta riguardo all’astuto procedimento dei farisei - Fausto mitiga di molto la sua sentenza

Cap. 239

Continuazione della scena del processo - Gli undici birbanti del Tempio alle strette - Richiesta di grazia - Offerta di altri tesori contenuti in una grotta per il riscatto

Cap. 240

Della vera celebrazione del sabato - Fausto rilascia anche gli undici - Distribuzione dei tesori della caverna - I fanciulli rapiti e le cose sequestrate vengono restituiti ai genitori ed ai proprietari assieme ad un buon indennizzo

Cap. 241

Una parola per il nostro tempo - Malattie e tribolazioni dei fanciulli - Causa delle tribolazioni - L’influsso maligno degli spiriti sui fanciulli - La Creazione materiale quale conglomerato di spiriti giudicati

Cap. 242

Del mistero della forza vitale - L’effetto purificatore della malattia e della alimentazione - Importanza di una giusta alimentazione per i fanciulli - Le prescrizioni di Mosè sull’alimentazione - Ammonizione contro il consumo di frutta verminosa e immatura, di patate e caffè

 

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[1] Deus ex machina: Espressione latina che si riferisce alle antiche rappresentazioni teatrali, in cui un dio pagano veniva fatto apparire improvvisamente con l’aiuto di un marchingegno. [N.d.T.]

[2] cioè l’arcangelo-principe Michael. [Nota tedesca]

[3] Basilisco: rettile tropicale dei Sauri con caratteristiche creste laminari erettili sul capo e sul dorso, di colore verdastro con fasce nere. [N.d.R.]

[4] L’inserimento dei passi del Vangelo biblico di Matteo e di Giovanni nell’intero volume è stato effettuato dall’editore tedesco. [N.d.R.]

[5] 1 Klafter = 1,9 m. 1 tratto di campo = 120 m; 1 tratto di campo greco = 192 m. [N.d.E. tedesco.]

[6] Ventilabri: strumenti per separare la pula dal grano. [N.d.R.]

[7] al tempo di Lorber. [N.d.R.]

[8] Grosso: antica moneta austriaca. [N.d.R.]

[9] 1 tesa = 1,9 metri. [N.d.R.]

[10] Tessuti di lana cardata, pesanti, pelosi, per cappotti, abiti pesanti. [N.d.R]

[11] Donna che attira gli uomini attraverso moine, smancerie e vezzi. [N.d.R]

[12] Achab: nome del giovane fariseo il cui padre si chiamava Tommaso da Toreh e dimorava a Betlemme. [N.d.E. tedesco.]

[13] Giudicatura imperiale: ufficio giudiziario. [N.d.R.]

[14] Moggia: recipiente usato per le misure di capacità. [N.d.R.]

[15] 1 tesa = 1,9 metri. [N.d.R.]

[16] si riferisce a Giuda Iscariota. [Nota nel testo tedesco]

[17] al tempo di Lorber. [N.d.R.]

[18] Servitore: Jakob Lorber. [N.d.R.]

[19] Vedi III (Levitico) Mosè 7, 23-26. Vedi Mosè 11, 1-47; 14, 3-21. [N.d.R.]

[20] la lista degli alimenti è stata data successivamente. Cfr. GVG vol.10, cap.210. [N.d.R.]