Medium

A. Farnese

Londra 1896

 

Un ponte tra due mondi

 

Franchezzo nell’aldilà

Un viandante nelle terre dello spirito

 

 

«Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la ricchezza disonesta,

perché quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne». [Luca 16,9]

 

Franchezzo, un nobile italiano del diciannovesimo secolo, muore improvvisamente. Si risveglia nel Mondo spirituale, che credeva non esistesse, dove si trova confinato in un livello molto basso. Decide però di risalire la china, e alcuni anni dopo la sua morte detta ad un medium il racconto del cammino di crescita lungo, difficile e doloroso che ha percorso. Il racconto ci dà una sorprendente descrizione del Mondo spirituale e delle sue leggi. Secondo l’autore, la dannazione eterna non esiste, e la speranza non muore mai: non importa quali siano gli errori commessi in questa vita, c’è sempre la possibilità di progredire, perché l’amore e la misericordia di Dio non possono condannare nessuno alla sofferenza eterna; fermo restando, naturalmente, l’impegno a progredire. Questo libro può essere letto a vari livelli: come un avvincente romanzo, o come una guida alla crescita interiore; o ancora, come ciò che dichiara di essere, e che riassume gli altri due livelli: il resoconto autentico del cammino interiore di un uomo nel mondo spirituale. In ogni caso è un libro straordinario che commuove e coinvolge fino in fondo il lettore. Un libro che non ci si stanca di rileggere.

 

Prima pagina x la presentazione dell’autore A.Farnese

 

Copyright © 2010-2011 Steber Edizioni di Ciacciarelli Antonio

Via Carducci 3 24127 Bergamo BG

Titolo originale: A Wanderer in the Spirit Land

Prima Edizione: Lampi di Stampa 2007

Seconda Edizione: Steber Edizioni 2010

 

ISBN: 978-88-904582-2-4

Tutti i diritti riservati. La riproduzione anche parziale senza

il consenso dell’Editore è vietata.

 

Personaggi citati

Ahrinziman          Lo spirito-guida di Franchezzo

Benedetto            un pittore veneziano, amico di Franchezzo

Bianca                 nome di fantasia di un amore nella vita di Franchezzo

Fedele                 (Faithful Friend) il compagno di Franchezzo nel viaggio all’inferno

Franchezzo          uno spirito racconta la sua vita nell’aldilà

Hassein               l’allievo di Ahrinziman

 

AI  LETTORI

 

Ai lettori pellegrini che già conoscono le opere dei mistici, questo libro potrà porre nuove tappe di riflessione, al fine di comprendere l’infinito piano spirituale dell’aldilà. In questo trattato in cui uno spirito racconta il suo piano spirituale nell’aldilà, fa riflettere il fatto che ciò che viene presentato del suo mondo, in un certo senso non assomiglia al contenuto degli insegnamenti nelle altre rivelazioni del mondo spirituale presentato dal Signore stesso. Perciò ci premuniamo di fare alcune brevi osservazioni, al fine di indirizzare il lettore ad una più ampia autonoma meditazione su ciò che viene presentato tramite gli altri mistici, mentre qui si tratta di un mistico (Farnese) di cui non sappiamo nulla di lui, né di come abbia ricevuto questo messaggio trascendentale.

Innanzitutto, Franchezzo è uno spirito, come egli stesso dichiara nell’ultimo capitolo (cap. 31) – che nulla ha avuto a che fare nella sua vita, men che meno nei suoi primi passi nell’aldilà – con una qualche fede in un Dio. Ciò che si evidenzia è solo una conoscenza dell’idea che esiste un Dio, ma la sua unica aspirazione, il suo unico amore è verso una donna, addirittura, verso una donna ancora vivente sulla Terra, nemmeno verso i suoi familiari che incontrerà per loro volere. Inoltre, per quanto i suoi amici spirituali, tramite cui si hanno comunque insegnamenti per la conoscenza del mondo dell’aldilà abbastanza ampi riguardo le varie sfere di vita nelle quali operano, tuttavia qui non esiste alcun insegnamento evangelico, se non quello di stimolare l’amore verso il prossimo e riconoscere i propri errori, anche valutando la condizione delle altre anime in rapporto ai loro errori.

In effetti, si tratta di quella sfera di vita che circonda il nostro pianeta, simile – viene detto – anche all’essenza spirituale presente negli altri pianeti: i tre cieli o tre regioni atmosferiche spirituali, spiegate tramite Jakob Lorber nell’opera “La Terra”, nella seconda parte “La Terra spirituale”. Se qualcuno, ai tempi di Lorber si fosse chiesto come avrebbe dovuto essere intesa la vita di tali spiriti in quella regione, ora con questo libro “Franchezzo nell’aldilà” ne ha una visione più chiara, sia per ciò che riguarda l’essenza esteriore dell’ambiente a cui va incontro uno spirito come lui, sia dell’essenza dei suoi personaggi. Così come viene spiegato in un'altra rivelazione, “Nosso Lar”, in cui in quella città spirituale il desiderio delle anime lì viventi è quello di ritornare sulla Terra, trattandosi di anime ancora immature e materiali che desiderano rifare il percorso terreno in quanto non aspirano ad altri piani dello spirito, anche qui nei pochi personaggi con cui si ha a che fare, si denota questa tendenza.

In effetti, si potrebbe pensare che non si tratta di ‘anime dall’alto’, ma questo potrebbe trattarsi in massima parte di ‘anime dal basso’, le quali, proprio per la loro caratteristica provenienza, non hanno ancora i requisiti per ascendere al ‘regno dei Cieli’ vero e proprio. Quindi, per quanto essi abbiano attraversato l’esperienza terrena, possono appartenere certamente alla condizione di ‘figli’, ma in questo caso si tratta ancora di ‘figli in divenire’, poiché non sono anime che avevano scelto di incarnarsi dopo aver accettato, compreso e desiderato, di ricalcare le orme di Gesù, ma sono ancora ‘anime in formazione’ nel loro ancora lungo iter per il perfezionamento.

Qui, infatti, è molto presente il concetto della reincarnazione, mentre nelle altre rivelazioni in cui il Padre-Gesù parla ai ‘figli’, Egli raramente indica un tale concetto della reincarnazione come una cosa ripetitiva, ma piuttosto solo come un evento riservato a un percorso di aiuto-missione sulla Terra, o solo in casi rarissimi per accelerare il proprio procedere nell’evoluzione spirituale, proprio per il fatto che i ‘già figli’, ovvero i ‘non caduti’, non necessitano di reincarnarsi continuamente per smaltire la loro condizione di ‘ex caduti’, non essendo mai caduti.

In sostanza, tutto ciò che viene dallo spirituale, ha una sua funzione, e per ciascuno, dopo la morte del corpo, ha un suo specifico percorso da prendere. Rivelazioni quindi, anche queste utili per la conoscenza dell’origine ella ‘vita’, ma con le quali occorre avere anche il discernimento, per conservare il meglio e lasciar perdere ciò che non è utile.

Un’ultima indicazione è riguardo al senso dei diversi piani che già in questo trattato sull’aldilà sono presentati come senza fine. – Se già nella sfera terreste di un piccolissimo pianeta come la Terra, essi sono così diversificati, con grandezze infinite già per delle anime che si spostano alla velocità del pensiero (cap. 18), tali da non riuscire a comprendere l’immensità delle situazioni a cui vanno incontro miliardi e miliardi di esseri animici, come si potrebbe comprendere la vastità di piani esistenti in quelle altre zone della Creazione che ci viene accennato esistenti con grandezze sempre più enormi, dal sistema-solare all’Ammasso-planetario, poi da questo all’Ammasso-stellare, da quest’ultimo all’Ammasso-galattico, fino all’immenso Sole-centrale che regge un intero Globo-involucro, grandezze che solo gli angeli più puri sono appena in grado di percepire?

Amici della Nuova Luce

 

 

 

INDICE

0/1

Nota introduttiva

0/2

Premessa di A. Farnese

0/3

Ringraziamenti

2/4

Presentazione

Capitolo 1

La mia morte

Capitolo 2

La disperazione di essere vivo

Capitolo 3

La speranza – Errando sul piano terrestre – La visione spirituale

Capitolo 4

La Confraternita della speranza

Capitolo 5

Gli spiriti del piano terrestre

Capitolo 6

Il Paese del crepuscolo con la valle dell’egoismo e della cupidigia – Il Paese degli avari e il Paese dei senza riposo

Capitolo 7

La storia del giovane Raoul

Capitolo 8

Una terribile tentazione di vendetta

Capitolo 9

Il Paese di ghiaccio dei senza amore – Le caverne del sonno dei drogati

Capitolo 10

La mia casa nel Paese del crepuscolo

Capitolo 11

Il mio angelo custode: Ahrinziman

Capitolo 12

La mia seconda morte, …per salire in alto

Capitolo 13

Il benvenuto nel Paese dell’alba

Capitolo 14

L’amore di un padre

Capitolo 15

Il programma di una nuova spedizione verso gli inferi

Capitolo 16

Il viaggio ha inizio

Capitolo 17

Il piano astrale

Capitolo 18

Verso la profondità dell’inferno

Capitolo 19

Il muro di fuoco – La città della crudeltà

Capitolo 20

L’infernale città imperiale – Uno viene aiutato

Capitolo 21

Il fuoco dell’inferno – L’origine dell’inquisizione - Uno spirito vendicativo – Un brigante – La palude degli uomini di corte – I crepacci degli ingannatori – La foresta della desolazione

Capitolo 22

La città della tirannia e dell’oppressione – Una donna ha bisogno di aiuto

Capitolo 23

Il palazzo dei miei antenati – Ancora due prove da superare

Capitolo 24

La città nell’acqua - La storia di un grande pittore di Venezia – Ancora una piccola prova

Capitolo 25

Una battaglia nell’inferno

Capitolo 26

Il mio addio al Paese delle tenebre – Gli insegnamenti della nostra guida

Capitolo 27

Ritorno nel Paese dell’alba per l’onorificenza - Il lavoro nelle città terrene – Il Paese del pentimento – Una donna, un giovane, un vecchio – La valle dei fantasmi – La casa del riposo

Capitolo 28

La mia casa e le mie opere nel Paese del mattino – Un’inattesa riconciliazione

Capitolo 29

Attraverso il cancello d’oro – La mia casa nel Paese del giorno – Un vecchio amico per compagno

Capitolo 30

La visione delle sfere, di quel tempo e del futuro

Capitolo 31

Conclusione

Appendice

Insegnamenti della guida Hassein

A/1

La formazione dei pianeti

A/2

La materializzazione degli spiriti

A/3

Perché le Sfere spirituali sono invisibili? – Sulle fotografie di elementi spirituali

Allegato

1)

2)

3)

4)

5)

6)

7)

Considerazioni finali del curatore

Perché penso che questo libro sia autentico

Il bene e il male

L’amore per Bianca

L’influenza degli spiriti

La responsabilità umana

L’inferno non è eterno

Le religioni

 

NOTA INTRODUTTIVA

 

Questo straordinario libro è stato scritto nel 1896 da un medium italiano, A. Farnese, a Londra, sotto dettatura di un abitante del mondo spirituale, Franchezzo. Costui è rimasto pressoché sconosciuto per circa cento anni, fino a quando è stato riscoperto e riedito negli Stati Uniti e poi in Europa. La sua pubblicazione è un avvenimento importante per tutti i ricercatori dello spirito dei nostri tempi. Il titolo originale è: «A Wanderer in the Spirit Land».

Nell’edizione che presentiamo i capitoli che originariamente corrispondevano al 29 (La formazione dei pianeti), 30 (La materializzazione degli spiriti) e 31 (Perché le sfere spirituali sono invisibili) sono stati riportati in appendice.

Abbiamo compiuto questa scelta per non interrompere il flusso della narrazione poiché quei capitoli sono avulsi dallo sviluppo del racconto. Per quanto riguarda l’autenticità o meno del testo, trattiamo l’argomento nelle Considerazioni conclusive in fondo al volume.

 

 

Premessa

di A. FARNESE (il ricevente)

 

Questo libro è stato scritto più di un anno fa, e dandolo alle stampe non ne rivendico la qualifica di autore, perché non ho svolto che il ruolo dell’amanuense, sforzandomi di scrivere il più fedelmente possibile le parole trasmesse dall’autore spirituale in persona, che è uno dei vari spiriti che hanno desiderato che trascrivessi le loro esperienze nel mondo spirituale.

Ho dovuto scrivere queste parole nel modo più veloce possibile che la penna mi permetteva, e molte delle esperienze descritte e delle opinioni espresse sono contrarie a quanto personalmente credevo a proposito delle condizioni di vita nel mondo spirituale.

Ho potuto spesso vedere l’autore, Franchezzo, materializzarsi davanti a me, e in quelle occasioni egli è stato riconosciuto da persone che lo avevano conosciuto sulla Terra.

Avendo pubblicato il libro così come l’ho ricevuto, devo lasciare al suo autore spirituale tutta la responsabilità delle opinioni che egli esprime e delle scene che descrive.

 

A. Farnese, Londra, 1896

 

 

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RINGRAZIAMENTI

 

Ecco un’opera che appassiona e coinvolge anche dopo numerose letture; questo è ovviamente un fatto estremamente positivo, ma per il traduttore questa caratteristica può costituire un handicap. Infatti, una volta terminata la traduzione, non riuscivo a rivedere nel modo migliore la forma italiana, perché continuavo ad essere condizionato dal contenuto coinvolgente del testo originale. Il libro è rimasto quindi in forma di bozza nel disco rigido del mio computer, in attesa di un revisore adatto che, infine, si è presentato «per caso» sotto il nome di Daniela Braghieri Granata.

La dottoressa Granata da bravo medico ha osservato il malato con occhio ad un tempo compassionevole e professionale, lo ha curato e lo ha messo in condizioni di tenersi in piedi per fare il suo lavoro: contribuire a riportare la speranza in coloro che si interrogano sui grandi quesiti della vita e dell’aldilà. È lei quindi che occorre ringraziare chi legge ed apprezza questo volume.

Il curatore

_______________

 

(*) Nota della Dottoressa Daniela Braghieri Granata:

 

Vi sono alcune considerazioni che vorrei fare su ciò che la lettura di questo libro ha suscitato in me. Desidero condividerle non tanto come medico, quanto come donna, anche se devo proprio al mio lavoro il bagaglio di conoscenze accumulato in trent’anni.

Ciò che più mi ha colpito è la testimonianza che in tutto il libro Franchezzo dà del suo amore per Bianca e dell’amore che Bianca nutre per lui, un amore che travalica la dimensione fisica.

Già dal loro primo incontro Franchezzo si rende conto che lei gli suscita nel cuore e nella mente un sentimento tale da fargli mettere in discussione le modalità con cui si era sempre rapportato con le donne e con la vita in genere. Bianca diverrà in tal modo un punto di riferimento a cui aggrapparsi, a cui potersi rivolgere ogni volta che il richiamo alla dimensione fisica lo riconduce a vivere sentimenti come gelosia, rabbia, odio; per usare parole sue «lo fa cadere in uno stato infernale».

La volontà che Bianca esprime di amarlo al di là di quello che lui è, di amarlo e basta, senza chiedergli in cambio nulla, mi fa pensare a quanto noi donne siamo state educate ad un simile amore, a quanto siamo in grado di amare incondizionatamente. È proprio il dono di questo tipo di amore che Franchezzo sente, riceve e conosce che gli dà lo stimolo e la forza di cambiare, crescere e modellare il suo essere.

Vi è però un aspetto a mio avviso importante. Franchezzo dà a Bianca l’opportunità di vivere questo amore e fa di tutto perché lei possa arrivare a percepire anche quello che lui sente per lei. Un amore che le aveva testimoniato quando era in vita e che era di una qualità particolare tale da indurre Franchezzo a non trascinare Bianca «sul suo piano».

Quindi non è attraverso i loro corpi fisici che si incontrano e si amano e, forse proprio grazie all’ineluttabilità della situazione, scelgono di amarsi al di là della materia, come esseri eterni vivono e continuano a crescere, si aiutano, si sostengono e diventano sempre più certi di essere un’unità indissolubile.

Credo fermamente che se le donne riuscissero ad amare i loro compagni con un tale amore e se gli uomini fossero in grado di rispettare le donne e amarle come esseri unici ed irrepetibili, avremmo qualche certezza per il futuro. L’uomo e la donna, consapevoli del proprio amore, si unirebbero in un rapporto in cui l’atto sessuale non è punto di partenza, ma di arrivo, entusiasmante, meraviglioso, e non unico e indispensabile nutrimento per la sua sopravvivenza e continuità.

La sessualità riacquisterebbe una dimensione sacra, sarebbe il dono reciproco di sé, e l’indissolubilità della coppia non sarebbe una costrizione formale, figlia di un moralismo insufficiente e inutile. Infine, la tenerezza che Franchezzo prova per un bimbo non voluto e non amato dalla madre, ma che, lo dà per certo, proverebbe anche Bianca, è una splendida testimonianza che i figli sono il frutto dell’Amore, quello che proviene da un padre e una madre celesti, da quel Creatore che ci ha fatti a Sua immagine e somiglianza.

 

 

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PRESENTAZIONE

 

Se pensiamo che con la morte fisica finisca tutto, allora non ci poniamo il problema dell’aldilà, ma se sentiamo che la nostra vita non cesserà con la morte del corpo, sicuramente ci siamo chiesti cosa ci attende oltre questa dimensione. Normalmente, le risposte che ci fornisce la nostra cultura cristiana sono piuttosto vaghe, e sono ben note le battute correnti sulla noia mortale che deve esistere nel «paradiso» rispetto alla vita più movimentata ed alla gente più interessante che potremmo incontrare all’«inferno». Tali battute e tali pensieri servono tuttavia solo a mascherare la nostra ignoranza della futura dimensione, e ad allontanare l’angoscia dell’ignoto.

Quando pensiamo alla vita dopo la morte, immaginiamo sempre qualcosa di vago, di etereo. Nella futura dimensione supponiamo che non avremo bisogno di mangiare o di dormire, e che non esisterà distinzione di sesso. «Deve» essere così, pensiamo, perché ce lo indica la nostra cultura, una cultura talmente profonda e radicata che sembra quasi far parte del nostro patrimonio genetico.

Questo libro è una sfida radicale ad una tale concezione: secondo l’autore, nel mondo spirituale i bisogni fisici - passatemi la parola - del cibo e del sonno, non vengono meno. E nelle dimensioni più elevate si formano delle coppie, di marito e moglie, perché questo è l’ordine dell’universo. Il mondo che lì troveremo e la casa (sì, la casa) nella quale vivremo, non sono casuali, ma sono quelli che prepariamo e contribuiamo a creare, con le azioni che compiamo durante la nostra vita sulla Terra.

 

Secondo questo spirito, Franchezzo, sono le nostre parole e le nostre azioni, e i nostri stessi pensieri qui sulla Terra che creano e determinano le caratteristiche del mondo che ci attende. Considerando le cose sotto questo aspetto, avremo forse una motivazione in più per comportarci secondo i princìpi morali che sono alla base di ogni religione e di ogni etica. Chi ha una mentalità pratica e cerca di capire il perché delle cose, è aiutato dalla visione dell’aldilà che ci porta Franchezzo, lo spirito che ha dettato il libro, a comportarsi in un modo più giusto; una visione delle cose e un modo di vita il cui punto centrale è: amare gli altri!

Il suo messaggio fondamentale, oltre alle mille altre riflessioni che il libro suggerisce, è: l’egoismo porta alla morte dello spirito; l’altruismo, l’amore, lo fanno fiorire. Il prossimo mondo, poi, lungi dall’essere un luogo di sola contemplazione, è un mondo d'azione e di crescita, e soprattutto di speranza. Infatti, un altro messaggio importante è questo: l’inferno non esiste; o meglio, esiste, ma non è eterno. È il «luogo» nel quale finisce chi ha sbagliato, ma la speranza continua ad essere viva per tutti, sulla base del pentimento prima e delle azioni poi. Franchezzo si scaglia duramente contro coloro che su questa Terra predicano l’eternità dell’inferno, sia perché uccidono la speranza negli uomini, sia perché offendono Dio che è immensamente amorevole, ergendo se stessi a giudici inappellabili degli esseri umani.

Il mondo dello spirito, comunque, è incredibilmente vasto. L’autore ne è consapevole e ci mette in guardia nei confronti di chi tende a spacciare le proprie esperienze spirituali per la visione assoluta e completa di quella dimensione. È un libro onesto quindi, e nel leggerlo percepiamo che contiene profonde verità che risuonano nel cuore e nella mente; è un libro che induce alla riflessione. Dopo averlo letto, per noi potrebbe diventare più facile meditare sulle conseguenze di qualunque azione moralmente dubbia che stiamo per compiere, perché potremmo essere più consapevoli delle sue conseguenze, per gli altri e per noi stessi.

 

L’editore - A. Ciacciarelli

 

 

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Capitolo 1
La mia morte

Ho viaggiato in un lontano paese, in quelle regioni che presso di voi sulla Terra non hanno un nome e che nessuno di voi ha mai visitato. Vorrei brevemente narrarvi di questi viaggi affinché chi intraprende, laggiù, il mio stesso cammino, sappia cosa lo attende.

Nel corso della mia esistenza terrena ho vissuto alla maniera di chi non cerca che una cosa: procurarsi le più grandi gioie del mondo. Quando ero gentile con qualcuno, o indulgente con qualcun altro, lo ero sempre con l’idea che ciò mi sarebbe servito in un modo o in un altro, e che, grazie alle mie ricchezze e al mio affetto, avrei potuto conquistare la loro riconoscenza e i loro omaggi, cose alle quali tenevo tantissimo.

Il Cielo mi aveva largamente elargito doni intellettuali e fisici e, fin dalla più tenera età non mi erano mancati gli elogi; questi erano per me il dolce profumo della vita. Mai nel mio animo era penetrata la nozione di amore sacrificale, quell’amore che si dona in modo incondizionato, e che ha come fine solo la felicità di un altro. Tra tutte le donne che avevo amato (così dicono gli uomini che confondono le loro passioni egoistiche con l’amore) o tra quelle che, di volta in volta, catturavano la mia immaginazione, non ne avevo incontrato una sola che avesse risvegliato la mia natura superiore e mi avesse ispirato un amore vero, ideale, verso il quale segretamente aspiravo. In tutte trovavo sempre qualcosa che mi deludeva. Mi amavano come io le amavo, né più e né meno. La passione che a loro dedicavo faceva sì che ricevessi in cambio un sentimento simile. Così vivevo, insoddisfatto di un desiderio che anch’io ignoravo.

Feci molti errori – oh, quanti! Commisi molti peccati. Eppure, la gente si accalcava ai miei piedi per lodarmi, per dirmi che ero buono, nobile e pieno di talento. Fui festeggiato, corteggiato, coccolato da tutte le dame della società. Era sufficiente che esprimessi un desiderio, per vederlo realizzato. Eppure, non appena ottenevo qualcosa, tutto prendeva un gusto amaro. Poi accadde che commisi un errore fatale, su cui non mi dilungherò, che costò la vita a due persone. Non mi fecero più indossare una ghirlanda di rose, ma pesanti ceppi di ferro che mi stringevano e mi scorticarono la pelle. Un giorno riuscii a spezzarli e fuggii dalla prigione; ero libero. Libero? Povero me! Non sarei mai più stato libero, perché gli errori che abbiamo commesso non cessano mai di inseguirci e frapporsi al nostro destino, sia in questa vita come nella prossima, finché non sono espiati, uno ad uno.

Un giorno – quando ormai pensavo di aver capito tutto dell’amore delle donne – incontrai Bianca[1]. Per me era molto più di una donna mortale, la chiamai «il buon angelo della mia vita». Dal momento in cui la conobbi, mi prostrai ai suoi piedi e le consacrai tutto l’amore di cui la mia anima – la mia anima superiore – era capace; un amore povero ed egoista, se paragonato a quello che avrebbe dovuto essere, ma era tutto ciò che avevo e glielo donai senza riserve. Per la prima volta nella mia vita pensai ad un’altra persona più che a me stesso. E sebbene fossi incapace di innalzarmi al livello dei pensieri puri e delle visioni luminose che riempivano la sua anima, ringrazio Dio di avermi preservato dalla tentazione di abbassarla fino a me.

Il tempo passava. Mi riscaldai alla dolce presenza di Bianca. Ritrovai in me i nobili pensieri che albergavano nella mia mente ai tempi della mia gioventù e che, fino a quel momento, credevo mi avessero abbandonato per sempre. Ora aspiravo ad una vita migliore e, nei miei sogni più belli, m’immaginavo libero dalle catene del passato. Queste però mi trattenevano sempre in modo crudele, e mi svegliavo spesso dai miei sogni con la paura che qualcun altro potesse conquistare il cuore di Bianca e che lei potesse negarmi il suo amore. Sapevo, ahimè, che non avrei avuto alcun diritto di trattenerla. – Quali sofferenze riempivano allora la mia anima, poiché sapevo che ero io, e solo io, ad aver costruito un muro tra di noi. Sentivo che, dopo essermi sporcato in una vita mondana, non ero degno di toccarla. Come avrei potuto legare quella vita candida e pura alla mia? A volte si risvegliava in me la speranza che ciò potesse avverarsi, ma la coscienza mi diceva sempre: No! E nonostante la sua profonda tenerezza che mi lasciava intuire l’innocente segreto del suo amore, lo percepivo, sapevo che su questa Terra lei non sarebbe mai stata mia. La sua purezza e la sua rettitudine innalzavano tra noi una barriera insormontabile. Invano avevo cercato di lasciarla. Ero attirato verso di lei come da una calamita, e tornavo sempre da lei. Un giorno smisi di resistere e, senza riserve, mi abbandonai alla felicità della sua presenza.

*

Fu allora che, improvvisamente, come un ladro nella notte, arrivò il giorno spaventoso in cui fui strappato alla vita e gettato in quel baratro che ci attende tutti: la morte del corpo.

Non capii però di essere morto. Dopo alcune ore di sofferenza e di agonia, sprofondai in un sonno profondo, senza sogni. Quando mi svegliai ero solo, immerso in un’oscurità totale. Potevo alzarmi, potevo muovermi; sicuramente mi sentivo meglio, ma dove ero? Perché quella oscurità? Perché non mi avevano lasciato un lume? Mi alzai, avanzai a tentoni, ma non trovai alcuna lampada e non sentii alcun suono. Attorno a me non c’era che la calma oscurità della morte.

Mi mossi alla ricerca della porta. Potevo spostarmi, anche se lentamente e faticosamente, e avanzai alla cieca. Per quanto tempo abbia continuato a cercare, non lo so. Preso dall’angoscia, volevo ad ogni costo trovare qualcuno o qualche mezzo per uscire da quel luogo. Ero disperato, non avevo trovato nessuna porta, nemmeno un muro. Nemmeno il più piccolo oggetto. Attorno a me non c’erano che vuoto e tenebre.

Infine, preso dal panico, cominciai ad urlare; urlai, ma nessuno mi rispose. Chiamai di nuovo, ma non c’era altro che silenzio.

Nemmeno l’eco della mia voce tornava verso di me per incoraggiarmi. Mi ricordai di colei che amavo, ma qualcosa mi impediva di pronunciare il suo nome. Pensai a tutti gli amici che avevo conosciuto e li chiamai. Nessuna voce mi rispose.

Ero in prigione? No! Una prigione ha dei muri, e quel luogo non ne aveva. Ero forse impazzito? Potevo percepire il mio corpo, era lo stesso che conoscevo. Veramente lo stesso? No! Aveva subito dei cambiamenti. Non potevo sapere quali, ma era come se si fosse rattrappito e deformato. Quando passai le mani sul mio viso, i tratti mi parvero più grossolani, più rudi, certamente sfigurati.

Cosa non avrei dato per un lume, per qualunque cosa potesse darmi una spiegazione del mio stato! Sarebbe mai venuto qualcuno? Ero veramente solo? E Bianca, il mio angelo di luce, dov’era? Prima del mio sonno si trovava vicino a me. Dov’era ora? Qualcosa esplose nella mia testa. Con tutte le mie forze la chiamai per nome, chiedendole di venire almeno un’ultima volta! Provai la spaventosa sensazione di averla persa, e la chiamai come un pazzo. Allora, per la prima volta, udii la mia voce risuonare nell’oscurità.

Distinsi davanti a me, molto lontano, un debole chiarore che, avvicinandosi, aumentò fino a divenire una grande luce a forma di stella. In essa vidi la mia amata. I suoi occhi erano chiusi, come se stesse dormendo, ma le sue braccia erano tese verso di me e la sua dolce voce mi parlò col tono che conoscevo così bene. «Ah, amore mio, dove sei ora? Non ti vedo e sento solo la tua voce. Mi chiami e la mia anima risponde alla tua».

Mi sforzai di innalzarmi fino a lei ma non ci riuscii. Una forza invisibile mi tratteneva. Mi sembrava che lei si trovasse all’interno di un cerchio per me insuperabile. In preda al più grande sconforto, mi gettai al suolo supplicandola di non lasciarmi più. Allora sembrò che lei cadesse nell’incoscienza. La sua testa si chinò sul petto, poi scomparve come se fosse stata portata via da braccia robuste. Cercai di alzarmi per seguirla, ma non ci riuscii. Mi sentivo come incatenato. Dopo alcuni sforzi vani, caddi svenuto al suolo.

Quando ripresi i sensi, provai la gioia di rivedere Bianca vicino a me. Questa volta mi appariva come l’avevo sempre conosciuta, ma era triste, pallida e vestita di nero. La stella era scomparsa, e tutto era scuro. Tuttavia l’oscurità non era totale, poiché lei era attorniata da un debole chiarore che mi consentiva di vedere che portava dei fiori, dei fiori bianchi. Si chinò su un monticello di terra fresca. Avvicinandomi a lei, vidi che piangeva piano mentre posava i fiori. Mormorò sottovoce: «Amore mio, non tornerai mai da me? È possibile che tu sia veramente morto, e che tu sia andato dove il mio amore non può più seguirti? Dove tu non puoi più sentire la mia voce? Amore mio, caro amore mio!».

Si inginocchiò; mi avvicinai a lei, ma non potevo toccarla. Mi inginocchiai anch’io, e guardai verso il lungo monticello di terra. Un brivido di terrore mi percorse, …perché scoprii che quella era la mia tomba.

 

 

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Capitolo 2
La disperazione di essere vivo

 

 

«Morto! Morto!», urlai terrorizzato. «Ah, No! Non può essere! I morti non sentono più niente, diventano polvere. Imputridiscono e per loro tutto è finito. Non hanno più nessuna coscienza. È possibile che tutta la mia filosofia sia falsa? Che l’anima dei morti continui a vivere, anche quando i corpi si dissolvono?».

È vero che i preti della mia chiesa mi avevano insegnato queste cose, ma li avevo derisi, definendoli pazzi, ciechi, furfanti che, per un vantaggio personale, affermavano che gli esseri umani continuano a vivere, ma che possono entrare in cielo da una porta di cui solo loro possiedono la chiave. E questa chiave, dicevano, sarebbe stata utilizzata solo per chi prima avesse ben pagato. Solo per denaro i preti dicevano le messe per le anime dei defunti. Trasformavano le donne impressionabili e gli uomini deboli di spirito in sciocchi impauriti da quelle spaventose descrizioni dell'inferno e del purgatorio, che sacrificavano tutto per acquistare nell’aldilà un illusorio privilegio. Io non volevo avere niente a che fare con quella gente!

Conoscevo troppo bene quei preti e la loro vita privata, per dar fede alle vane promesse di un perdono che non potevano concedere. ‘Quando la morte sarebbe arrivata’, dicevo, ‘l’avrei guardata in faccia, col coraggio di chi sa che è l’annullamento totale’. Perché, a chi si sarebbe dovuto credere, se non si doveva prestar fede a quei preti? Chi poteva dire se dopo la morte vi fosse un futuro, o anche un Dio? Non di certo i vivi, perché essi non possono che elaborare delle teorie o fare una scommessa. Non di certo i morti, perché nessuno era tornato per darci delle notizie sull’aldilà. Ed io ora mi trovavo proprio vicino alla mia tomba, guardavo la mia amata mentre vi deponeva dei fiori e sentivo che mi piangeva come si piange un morto. Mentre mi avvicinavo a quel monticello di terra, questo divenne trasparente ai miei occhi e, più in basso, vidi una bara con il mio nome e la data della mia morte. Attraverso la bara vidi un viso pallido e immobile che riconobbi come il mio. Notai con orrore che quel corpo aveva già cominciato a decomporsi, ed offriva uno spettacolo ripugnante. La sua bellezza era svanita. Presto, nessuno sarebbe più stato in grado di riconoscerne i tratti. Ed io ero là, ad osservarlo pienamente cosciente, e poi ad osservare me! Palpavo tutte le mie membra, seguivo con le dita i tratti familiari del mio viso, e sapevo che ero, allo stesso tempo, morto e… vivo.

Se quella era la morte, allora i preti, dopotutto, avevano ragione. I morti vivevano! Ma dove? E, in quale stato? Quelle tenebre, erano l’inferno? Per me, i preti non avevano previsto nessun altro luogo! Io mi ero talmente allontanato dal loro grembo, tanto che nemmeno in purgatorio mi avevano trovato un posto. Avevo rotto ogni legame con la loro istituzione che disprezzavo. Dal momento che quell’istituzione tollerava la vita indegna e vanitosa dei suoi più alti dignitari, non aveva ai miei occhi alcun diritto di ergersi a direttrice delle coscienze. C’erano sicuramente delle persone buone nella Chiesa, ma vi era anche una folla di persone spregevoli, la cui vita vergognosa era oggetto di pettegolezzo. E la Chiesa, che pretendeva di dare l’esempio e di detenere la Verità, non espelleva quegli uomini impuri? No! Li promuoveva anche ai posti onorifici più elevati.

Chi ha vissuto nel mio paese ed ha potuto osservare lo spaventoso abuso che la Chiesa fa della propria potenza, non si stupirà del fatto che il popolo desideri finalmente scuotersi da un tale giogo. Ricordate le condizioni sociali e politiche dell’Italia della prima metà di questo secolo [il diciannovesimo, N.d.T.] e il sostegno della Chiesa di Roma agli oppressori di questa nazione? Vi era in Italia una tale infiltrazione di spie – preti e laici – che si aveva paura di mormorare alle persone più vicine ciò che si pensava veramente, per paura che lo riferissero al prete, e il prete al governo. Le prigioni erano gremite, e molti prigionieri avevano commesso il solo crimine di amare il loro paese e di odiare l’oppressore.

Chi conosce questa parte della storia non si stupirà dell’indignazione appassionata che covava nel cuore dei figli d’Italia, che distruggeva perfino la loro fede in Dio e nel suo preteso vicario sulla Terra, nonché le loro speranze di immortalità, dal momento che quest’ultima non poteva essere raggiunta se non attraverso la sottomissione ai decreti della Chiesa. Era questo il mio atteggiamento di rivolta e disprezzo verso la Chiesa in cui ero stato battezzato, e se i suoi anatemi avevano il potere di spedire qualcuno all’inferno, certamente mi ci trovavo anch’io.

Meditando su queste cose, guardai di nuovo Bianca e mi dissi che non sarebbe mai potuta venire all’inferno, nemmeno al solo scopo di incontrarmi. Sembrava sicuramente mortale, e se si inginocchiava sulla mia tomba voleva dire che era ancora sulla Terra. I morti non lasciavano la Terra? Continuavano semplicemente a volteggiare sul teatro della loro esistenza terrena?

Mentre mi venivano alla mente questi pensieri, tentai di avvicinarmi ancora di più a colei che amavo tanto, ma non ci riuscii. Un’invisibile barriera sembrava circondarla e mi impediva di toccarla; inoltre, mi sentivo come trattenuto da qualcosa. Tutti i miei sforzi di avvicinarmi a lei erano vani. Allora le parlai, la chiamai per nome, le dissi che ero là, conscio della sua presenza, che ero sempre io, ma morto. Sembrava che lei non mi sentisse e non mi vedesse. Piangeva dolcemente, e sistemava delicatamente i fiori, dicendo a se stessa che dal momento che avevo amato tanto i fiori, avrei saputo sicuramente che ne aveva deposti alcuni per me. Le parlai di nuovo più forte che potei, ma restò sorda alla mia voce. Si passò semplicemente la mano sulla fronte, con l’aria sognante. Poi, lentamente, si allontanò.

Cercai di seguirla con tutte le mie forze. Invano! Potevo allontanarmi dalla mia tomba e dal mio corpo solo di pochi passi. Presto capii il perché: una catena, simile a un filo di seta nera, poco più spesso di un filo di ragnatela, mi legava al corpo. Mi era impossibile rompere quel filo. Se mi spostavo il filo si allungava come un elastico, …e poi mi trascinava indietro. La cosa peggiore era che la corruzione di quel corpo cominciava a farsi sentire nel mio spirito, così come, sulla Terra, un membro sofferente fa soffrire tutto il corpo. – L’orrore invase la mia anima.

Allora la voce di un essere sublime mi parlò nella notte: «Tu hai amato il tuo corpo più della tua anima. Adesso vedi come torna alla polvere, e riconosci com’è ciò che tu idolatravi, ciò che adoravi, ciò a cui eri tanto attaccato. Riconosci quanto era effimero, com’è divenuto senza valore. Guarda ora il tuo corpo spirituale e vedi quanto lo hai affamato, incatenato e trascurato a vantaggio delle gioie del corpo fisico. Vedi come la vita terrena ha reso la tua anima – che è immortale e divina – miserabile, disgustosa e sfigurata».

Poi, come se davanti a me ci fosse uno specchio, …mi vidi. Quale terrore! Non c’era dubbio, ero proprio io. Ma ero spaventosamente cambiato, così repellente, volgare, ripugnante in tutti i miei tratti. Anche la mia figura era deforme. Arretrai, sconvolto dalle mie sembianze. Implorai che la terra si aprisse sotto i miei piedi e mi nascondesse agli occhi di tutti per sempre. Mai più avrei potuto chiamare la mia amata e desiderare che potesse vedermi. Sarebbe stato meglio, molto meglio, che pensasse a me come ad una persona morta, scomparsa per sempre, che mi serbasse nella sua memoria come ero stato sulla Terra, piuttosto che conoscere la mia orribile trasformazione e quale abominevole cosa fosse il mio vero essere interiore.

Ahimè! Ahimè! La mia disperazione e il mio tormento erano indescrivibili. Travolto dal furore, urlai come un pazzo, mi colpivo, mi tiravo i capelli. Poi, esaurita la rabbia, persi conoscenza.

Quando mi svegliai di nuovo, fu a causa della presenza di Bianca. Aveva portato altri fiori, e mi rivolgeva dolci e tenere parole mentre li sistemava sulla tomba. Ma non cercai più di rendermi visibile a lei. No, restai dietro di lei per nascondermi. Il mio cuore si era indurito, anche verso di lei. Mi dissi: ‘Meglio che rimpianga colui che l’ha lasciata, piuttosto che sappia che vive ancora’, e la lasciai andare. Ma si era appena allontanata che la chiamai con tutte le mie forze implorandola di ritornare, piuttosto che lasciarmi lì senza la speranza di rivederla, anche se, così facendo, avrebbe conosciuto il mio orribile stato. Non mi sentì, ma intuì il mio richiamo; la vidi arrestarsi ad una certa distanza e fare un mezzo giro su se stessa, come per torna­re indietro. Poi si allontanò e scomparve.

*

Tornò a trovarmi ancora due o tre volte. Ogni volta sentivo la stessa reticenza ad avvicinarla; poi, al momento della sua partenza, sentivo lo stesso terribile sentimento di abbandono ed il desiderio intenso di tenerla vicino a me. Ma non la chiamai più. Ormai sapevo che i morti chiamano invano, perché i vivi non li sentono. Per tutti ero morto, salvo che per me stesso, solamente, con un destino insopportabile. Adesso sapevo che la morte non è un sonno senza fine, ma un oblio tranquillo. Avevo preferito mille volte che fosse così. Nella mia disperazione, pregai perché un tale completo oblio mi fosse accordato, pur sapendo che così non sarebbe stato. L’essere umano è un’anima immortale e, nel bene e nel male, nella salvezza o nella dannazione, vive eternamente. La sua forma terrena si decompone e torna alla polvere, ma lo spirito, che è il vero individuo, non conosce dissoluzione né oblio.

Giorno dopo giorno – perché sentivo il passare del tempo – il mio spirito si risvegliava. Rivedevo gli avvenimenti della mia vita sfilare davanti a me sempre più chiaramente. All’inizio erano appena distinguibili, poi diventarono sempre più distinti e più chiari. E piegavo il capo pieno di vergogna e di angoscia, sentendo che era troppo tardi per cancellare anche uno solo di quegli atti.

 

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Capitolo 3

La speranza

Errando sul piano terrestre
La visione spirituale

Non so per quanto tempo durò quello stato; mi parve durare molto, molto a lungo. Disperato, restai lì seduto, quando intesi la dolce voce di Bianca che mi chiamava. Non riuscii a resistere al desiderio di alzarmi e seguire quella voce, nella speranza che mi conducesse da lei. – Mentre mi allontanavo, il filo, che mi aveva così rigidamente trattenuto, parve allungarsi tanto che ne sentivo appena la resistenza. Attirato sempre più lontano, mi ritrovai infine in una stanza che riconobbi, nonostante l’oscurità che sempre mi circondava, essere quella di Bianca. In un tempo che sembrava essere ormai così lontano, avendo trascorso ore felici in quel luogo, Bianca era seduta ad un tavolo, con un foglio di carta davanti a sé e una matita in mano.

Chiamandomi per nome, disse: «Carissimo amico, se mai ai morti è dato tornare, allora vieni da me e cerca, se puoi, di farmi scrivere qualche parola tua, anche un semplice sì o no in risposta alle mie domande».

Era la prima volta che dalla mia morte le vedevo quel leggero sorriso sulle labbra e quella luce di speranza negli occhi, quegli stessi occhi che tanto avevano pianto per me. Perché, dopo la mia morte, le preoccupazioni avevano reso il suo viso triste e malinconico, a testimoniare l’amore che aveva per me e, del quale, ora più che mai mi sapevo indegno.

Vidi poi vicino a lei altri tre personaggi che riconobbi come spiriti, ma molto diversi da me. Apparivano così splendenti e raggianti che riuscivo appena a guardarli; la loro vista mi bruciava gli occhi. Uno era un uomo alto, tranquillo, con un aspetto di grande dignità. Era chino su di lei con un atteggiamento di protezione come se fosse il suo angelo custode. Due bei giovani stavano accanto a lui. Riconobbi i due fratelli di cui spesso Bianca mi aveva parlato, morti quando erano molto giovani. Il loro ricordo era sempre rimasto nel suo cuore, e lei pensava spesso a loro come a degli angeli. Mi vergognai sentendo che mi guardavano.

Cercai di coprire il mio viso e il mio corpo deforme con il mantello scuro che portavo. Poi, riprendendo coraggio, esclamai: «Non è stata Bianca a chiamarmi? Non deve essere allora lei il giudice del mio destino? È possibile che nessuna pena, nessun pentimento, nessuna opera, possa servire ad espiare il mio debito? Non c’è proprio nessuna speranza dopo la morte?».

Una voce, …che avevo già sentito vicino alla mia tomba, mi rispose: «Figlio del dolore! Non c’è forse sempre una speranza di perdono per il peccatore sulla Terra? L’uomo non perdona chi gli ha fatto un torto, quando si pente e chiede perdono? E Dio, dovrebbe mostrarsi meno clemente e meno giusto? Ma tu provi veramente rimorso? Cerca nel tuo cuore, e vedi se lo provi per te stesso o per chi hai offeso e fatto soffrire».

In quel momento compresi che non provavo veramente rimorso. Soffrivo solamente; amavo e desideravo, nient'altro. Poi Bianca parlò nuovamente e mi pregò di provare a scrivere qualche parola tramite la sua mano, se fossi stato lì e in grado di sentirla, per sapere se ero vivo e se pensavo ancora a lei. Con l’emozione che mi soffocava, mi avvicinai per cercare di muovere la sua mano o almeno per toccarla, ma lo spirito imponente si mise tra noi e fui obbligato ad indietreggiare.

Poi quello spirito mi rivolse la parola: «Dimmi cosa vuoi dirle, ed io muoverò la sua mano. Faccio questo nel suo interesse e per l’amore che ha per te».

A quelle parole, un’onda di gioia mi sommerse, e desiderai prendere la mano di quel nobile spirito per baciarla. Ma la mia si bruciò a contatto con il suo fuoco. Non potei far altro che inchinarmi davanti a lui, pensando che dovesse essere un angelo.

Bianca parlò nuovamente: «Sei qui caro amico mio?»

«Sì», risposi; allora vidi lo spirito mettere la propria mano sulla sua, e lei scrisse la parola «Sì».

La sua mano si muoveva lenta ed incerta come quella di un bambino che impara a scrivere. Ah! il suo sorriso... come era felice!

Mi fece altre domande e, come prima, la sua mano scrisse le mie risposte. Mi chiese se vi fosse qualcosa che avrebbe potuto fare per me e se io avessi un desiderio che lei avrebbe potuto soddisfare.

Risposi: «No, non ora». Le feci sapere che mi sarei allontanato, e che non l’avrei più infastidita con la mia presenza. Doveva cercare di dimenticarmi.

Mentre parlavo, il mio cuore ferito era pieno di amarezza, ma la sua dolce risposta toccò la mia anima: «Non parlarmi così, perché io vorrò essere sempre, come in passato, la tua amica più fedele e più cara. Dal momento della tua scomparsa, il mio solo desiderio è stato ritrovarti e parlarti di nuovo».

Ed io risposi, in lacrime: «È stato anche per me il più profondo desiderio».

Mi chiese se sarei tornato, ed io promisi di farlo. Dove non sarei andato per lei, e cosa non avrei fatto! Allora lo spirito luminoso disse che la nostra comunicazione era durata abbastanza. Glielo fece scrivere e le consigliò di andare a riposarsi.

Mi sentii, ancora una volta, attratto verso il corpo fisico, verso l’oscuro cimitero; tuttavia la mia desolazione era scomparsa e nel mio cuore si era accesa una scintilla di speranza: sapevo che sarei tornato dalla mia amata e le avrei parlato nuovamente.

Ma qui scoprii che non ero più solo. I due spiriti, i suoi fratelli, mi avevano seguito. Mi parlarono. Non scriverò tutto quello che mi dissero. Mi esposero chiaramente quella che era la distanza spirituale tra me e la loro sorella, e mi chiesero se veramente desiderassi tormentare la sua giovane vita con la mia oscura presenza. Se l’avessi abbandonata, col tempo mi avrebbe dimenticato, ed avrebbe pensato a me come ad un caro amico. Se l’amavo veramente, certamente non avrei voluto rendere tutta la sua vita solitaria e malinconica a causa mia. Risposi che l’amavo, non avrei mai potuto lasciarla, e mi era insopportabile pensare che un altro avrebbe potuto amarla quanto l’amavo io.

Mi ricordarono allora il mio passato, e mi chiesero come potevo immaginare di unirmi alla sua vita così pura, anche se in modo esclusivamente spirituale. Come potevo sperare di ritrovarla, una volta che anche lei fosse morta? Bianca apparteneva ad una sfera radiosa che mi sarebbe rimasta a lungo inaccessibile. Non sarebbe stato meglio per lei, e più nobile da parte mia, lasciarla perché potesse dimenticarmi, piuttosto che cercare di preservare un amore che le avrebbe causato sofferenza? Esitando, risposi che lei mi amava ancora.

«Sì» - risposero - «lei ama la tua immagine che porta nel cuore e che, nella sua innocenza, ha idealizzato. Ma credi veramente che ti amerebbe ancora se conoscesse tutto il tuo passato? Non fuggirebbe lontano da te, spaventata? Dille la verità. Permettile di scegliere di liberarsi di te. Così mostrerai di amarla di un amore vero. Non cercare di ingannarla incatenandola ad un essere come te. Se la ami davvero, pensa a lei e alla sua felicità, …non solo a te stesso».

Allora la speranza in me si spense. Provai una vergogna e un dolore estremi, e mi chinai, con la testa che toccava terra, riconoscendo di essere vile e indegno di lei. Come in uno specchio, vidi come sarebbe diventata la sua vita se l’avessi liberata della mia presenza: avrebbe conosciuto la felicità con un uomo degno di lei, mentre con me sarebbe stata immersa nella tristezza. Per la prima volta nella mia vita detti più importanza alla felicità di qualcun altro, che alla mia.

L’amavo e desideravo la sua felicità, e dissi loro: «Che sia così! Ditele la verità, ma permettetele di dirmi una parola d’addio. Poi mi allontanerò da lei e non oscurerò più la sua vita con l’ombra della mia».

Ritornammo da lei e vedemmo che dormiva, sfinita dal dolore della mia perdita. Li pregai di permettermi di darle un bacio, il primo e l’ultimo che le avrei mai dato. Rifiutarono, dicendo che era impossibile, il contatto con me sarebbe stato sufficiente a rompere per sempre il filo che ancora la manteneva in vita.

Dopo averla svegliata, guidarono la sua mano come la volta precedente. Ero vicino a loro e ascoltavo ogni parola cadere come un chiodo sulla bara nella quale sotterravano per sempre la mia speranza di rivederla. Bianca continuò a scrivere come in sogno, fino a che non le fu raccontata tutta la storia della mia vita ignominiosa, e fino al momento in cui dovetti dirle personalmente che tra noi tutto era finito, che lei era libera dalla mia presenza peccatrice e dal mio amore egoista. Le dissi addio. Quelle parole che mi uscivano dal cuore furono come gocce di sangue. Caddero come ghiaccio sul suo cuore e lo annientarono. Poi mi voltai e la lasciai. Andandomene, sentii, non so come, che si rompeva la corda che mi legava alla mia tomba e al mio corpo terreno. Ero libero, libero di andare dove volevo, solo con la mia disperazione.

*

Cosa avvenne allora? Lacrime di riconoscenza mi vengono ancora agli occhi ricordandolo, e riesco appena a scriverlo. Lei, che pensavamo così debole a tal punto da credere che avremmo dovuto decidere noi per lei, mi richiamò con la forza di un amore al quale nessuno può opporsi. ‘Non avrebbe mai potuto abbandonarmi’, disse, ‘fino a quando l’avessi amata’:

«Non m’importa del tuo passato, anche se sei nel profondo dell’inferno non cesserò di amarti e cercherò di seguirti. Pretenderò di avere, in nome del mio amore per te, il diritto di assisterti e consolarti, finché nella Sua Grazia, Dio potrà perdonare il tuo passato e liberartene».

Scoppiai in lacrime, come un uomo dal cuore indurito toccato da una mano amorevole. Tornai vicino a Bianca e mi inginocchiai vicino a lei. Non mi permisero di toccarla. Ma lo spirito raggiante di pace e bellezza che la proteggeva come suo angelo le mormorò che la sua preghiera era stata ascoltata, e lei avrebbe dovuto guidarmi verso la Luce. Poi la lasciai. Allontanandomi, vidi la forma di un angelo che scendeva dal Cielo per confortare lei, che per me era già un angelo di luce. La lasciai in compagnia di quegli spiriti e me ne andai, in attesa che la sua voce mi richiamasse vicino a lei.

Bianca si svegliò il mattino seguente dopo un breve sonno che quegli spiriti benevoli fecero scendere su di lei. Andò da un uomo che aveva conosciuto durante la ricerca che aveva intrapreso per trovare un mezzo di comunicazione con me. Se ciò che le avevano raccontato di quelle persone che chiamano spiritualisti o medium era vero, lei sperava, tramite il loro aiuto, di potermi parlare di nuovo. Spinta da coloro che vegliavano su di lei, era andata a trovare quell’uomo, conosciuto come medium e guaritore. Da lui aveva appreso che poteva scrivere dei messaggi che provenivano dall’aldilà, se si sforzava di farlo con costanza. Ma ciò io lo seppi solo molto più tardi. All’epoca mi sentivo semplicemente richiamato da lei, il cui potere su di me era veramente grande. Mi ritrovai allora in una piccola camera, così mi parve per quello che potevo vedere debolmente. Dico ‘debolmente’ perché per me tutto era ancora oscuro, ad eccezione di ciò che era intorno alla mia amata per via della luce che lei emanava.

Bianca si era recata da quella brava persona ed era la sua voce che mi aveva attirato. Gli raccontò ciò che era successo la notte precedente, gli spiegò che mi amava e desiderava dedicare a me la sua vita, se questo fosse stato il modo in cui avrebbe potuto aiutarmi. Quell’uomo le disse delle parole così confortanti, che ancora oggi lo ringrazio per la speranza che mi trasmisero. Le spiegò che il legame con il corpo terreno si rompe alla morte, e che io ero libero di amarla, come lei era libera di amarmi. Mi disse che nessuno più di lei poteva aiutarmi a crescere, perché il suo amore mi avrebbe dato più consolazione e speranza di chiunque altro, ed avrebbe illuminato il mio cammino di pentimento.

Lei aveva il diritto di dedicarmi il suo cuore, perché il mio amore per lei era stato puro e vero, e il suo amore per me era più forte della morte stessa, dal momento che aveva superato la barriera del trapasso. Quell’uomo era profondamente buono. Mi aiutò a dire a Bianca delle cose che il mio cuore ferito e ancora pieno di orgoglio non aveva osato dirle la notte precedente. Tramite lui mi fu possibile spiegarle ciò che il mio passato aveva di scusabile, anche se sapevo che nulla avrebbe potuto giustificare i miei peccati. Mi permise di dirle che, nonostante il male che avevo commesso, lei per me era stata un essere sacro, amato con un amore che non avevo provato per nessun’altra persona. Lui la tranquillizzò e la confortò con una gentilezza per la quale ancora lo benedico. Lo lasciammo con il cuore gioioso e pieno di speranza, ed accompagnai Bianca fino a casa sua.

Giunto alla sua abitazione, vidi che i suoi fratelli e lo spirito che la proteggeva avevano innalzato una nuova barriera. La circondava una muraglia invisibile che non riuscivo ad attraversare. Non ero in grado di seguirla o di avvicinarmi a lei. Decisi allora di tornare da quella brava persona per vedere sé poteva aiutarmi. Il mio desiderio parve riportarmi indietro, perché ben presto mi ritrovai a casa sua. Anch’egli divenne consapevole della mia presenza. Vidi che capiva in parte ciò che gli dicevo. Afferrava semplicemente il senso di ciò che desideravo dirgli. Mi raccontò molte cose che mi riguardavano, e che non scriverò.

Mi assicurò che tutto sarebbe andato per il meglio, se avessi avuto pazienza. Le barriere spirituali, che i fratelli della mia amata proiettavano intorno a lei, avrebbero potuto essere da lei eliminate in qualsiasi momento e nessuna barriera avrebbe potuto estinguere il suo amore per me. Dovevo semplicemente cercare di comprendere le realtà spirituali e lavorare per progredire. Il dislivello esistente tra la mia amata e me sarebbe diminuito e infine sarebbe scomparso. Consolato, lo lasciai e mi allontanai... verso dove? Lo ignoravo.

*

Cominciai a prendere vagamente coscienza del fatto che altri esseri, che percepivo appena, vagavano attorno a me. Mi sentivo così solitario e abbandonato che desiderai tornare alla mia tomba, il luogo che fino a quel momento mi era più familiare. Quel pensiero bastò a ricondurmici. I fiori che Bianca aveva portato erano appassiti. Lei era rimasta due giorni senza venire alla mia tomba. Da quando mi aveva parlato, aveva dimenticato quel corpo che riposava sotto terra. Era meglio, per me e per lei, non pensare ad altri che allo spirito vivente. Anche quei fiori appassiti mi parlavano del suo amore. Cercai di prendere una rosa bianca per tenerla con me, ma non riuscii a toccarla: la mia mano scorreva su di essa come se fosse un semplice riflesso.

All’estremità della mia tomba si alzava una croce di marmo bianco. Su di essa notai i nomi dei due fratelli di Bianca. Scoprii allora ciò che nel suo amore aveva fatto per me: aveva voluto che il mio corpo riposasse vicino ai corpi di coloro che le erano più cari! Ne fui così commosso, che lacrime di gratitudine colarono come rugiada sul mio cuore, dissipando qualsiasi amarezza.

Sentendomi solo, mi alzai e mi spostai tra le ombre nere che circolavano. La maggior parte di loro non guardava verso di me, come se non potessero vedermi. Tuttavia, tre di quelle ombre, che sembravano di un uomo e di due donne, mi superarono; poi, improvvisamente, si voltarono per seguirmi.

L’uomo mi disse: «Dove vai così spedito? Sicuramente sei arrivato da poco in questo mondo, altrimenti non avresti tutta questa fretta. Qui non c’è nulla di urgente da fare! Qui sappiamo tutti che abbiamo tutta l’eternità per errare». Poi si mise a ridere, di un riso così freddo e sarcastico che mi fece rabbrividire.

Una delle donne mi prese per il braccio destro e l’altra per il sinistro e mi dissero: «Vieni con noi, ti mostreremo come godere ancora della vita anche se sei morto. Dal momento che non abbiamo più il corpo per divertirci, possiamo chiederne uno in prestito ad un mortale qualunque per un po’ di tempo. Vieni con noi, ti proveremo che le gioie non sono ancora finite».

Nella mia solitudine fui felice di aver trovato qualcuno con cui parlare. Anche se tutti e tre, in particolare le donne, mi sembravano estremamente repellenti, ma ero tentato di accettare la loro compagnia e di vedere cosa sarebbe successo. Mi ero voltato per unirmi a loro, quando in lontananza vidi, simile ad un’immagine luminosa in un cielo scuro, il corpo spirituale della mia dolce Bianca. I suoi occhi erano chiusi come li avevo visti nella mia prima visione, ma le sue mani erano tese verso di me, e la sua voce risuonava alle mie orecchie come un appello del Cielo: «Fa attenzione! Non andare con loro, non sono buoni. La loro strada ti porterà alla rovina!». Poi la visione scomparve. Come se mi svegliassi da un sogno, mi liberai di quelle tre persone per perdermi di nuovo nelle tenebre. Ignoro quale distanza abbia percorso e quanto tempo abbia camminato. Avevo tutto lo spazio che volevo per errare e fuggire lontano dai miei ricordi.

Infine, per riprendere fiato, mi sedetti a terra. Il suolo mi sembrava abbastanza solido per sostenermi. Vidi allora un chiarore che riluceva attraverso le tenebre, e mi avvicinai. Da una camera usciva un’intensa luce. I miei occhi abbacinati mi facevano male come se avessi guardato direttamente il Sole. Non potendo sopportarla, pensai di andar via, ma una voce si levò: «Fermati, viaggiatore affaticato! Qui troverai dei cuori amorevoli e delle mani che desiderano aiutarti, che si tenderanno verso di te. Entra se vuoi vedere la tua amata, perché lei è qui e puoi parlarle».

Poi sentii – perché non riuscivo a vedere niente – come una mano mi tirava il mantello sulla testa per attenuare la luce accecante e guidarmi verso la camera, dove mi sedetti in una grande poltrona. Ero così stanco e così felice di riposarmi! Una pace profonda regnava in quella stanza e credetti di aver trovato la strada del paradiso.

Poco dopo guardai e vidi delle dolci e nobili signore che mi sembravano degli angeli. Mi dissi: «Sicuramente ora sono in Cielo». La mia vista era tornata normale e vidi con gioia, tra quelle donne, Bianca in persona. Sembrava sorridere tristemente e teneramente, ma sapevo che non mi vedeva veramente. Una delle donne mi vide e con una voce calma mi descrisse a Bianca. Ella parve soddisfatta, perché le confermò ciò che le aveva detto il medium. Raccontò l’esperienza che aveva avuto con lui. Avrei voluto gridare che ero là, vivo, che l’amavo e credevo nel suo amore, ma una forza sconosciuta sembrava tenermi immobile.

Allora quelle signore cominciarono a parlare a lungo della speranza che esiste per un peccatore come me. Poi la voce che mi aveva condotto in quel luogo mi chiese se desiderassi che una di quelle donne trasmettesse un messaggio da parte mia. «Sì», risposi, «mille volte sì!».

Parlai, e lo spirito mosse la mano della donna. Dissi alla mia amata che ero vivo e l’amavo ancora. La pregai di non dimenticarmi mai, di non smettere mai di pensare a me perché avevo bisogno di tutto il suo amore e di tutto il suo aiuto per mantenermi sulla strada giusta. Ero sempre lo stesso, ma molto indebolito e deforme. Rispose a ciò che avevo detto, con delle parole così dolci che non posso trascrivere; per me sono troppo sacre, e resteranno per sempre sigillate nel mio cuore.

Il periodo che seguì quella esperienza fu per me un periodo di profondo sonno. Dopo aver lasciato quella camera e aver vagato per un po’, mi sentii talmente spossato che mi gettai al suolo in uno stato di incoscienza senza sogni. Che importanza poteva avere il luogo in cui riposavo, se attorno a me tutto era oscuro?

Quanto tempo sia durato quel sonno non so dirlo. A quell’epoca non avevo alcun mezzo per valutare il tempo, se non tramite la somma delle sofferenze e delle afflizioni che dovevo affrontare. Mi risvegliai da quel sonno più riposato e i miei sensi mi sembrarono più acuti di prima. Potevo muovermi più rapidamente. Le mie membra sembravano più forti, più libere. Sentivo adesso il desiderio di mangiare, desiderio che conoscevo per la prima volta da quando ero in quel luogo. Il bisogno divenne così forte che mi misi alla ricerca di un nutrimento qualunque, ma che per lungo tempo non riuscii a trovare. Scoprii infine qualcosa che somigliava a del pane secco. Non erano che poche croste, ma le mangiai con appetito e alla fine mi sentii sfamato. Apro qui una parentesi per dire che gli spiriti sentono fame e sete con la stessa intensità provata sulla terra. Anche se il nostro nutrimento non può essere visto da voi, come del resto i nostri corpi spirituali, per noi è ben reale. Se sulla Terra fossi stato un ubriacone e un amante dei piaceri della tavola, avrei provato subito lo stesso tipo di appetito. Io, però, mi ero sempre accontentato di poco, riguardo al cibo. Se all’inizio ero addirittura disgustato da quelle croste secche, dopo una breve riflessione capii che non avevo alcun mezzo per procurarmi qualcos’altro. Ero come un mendicante e dovevo accontentarmi di un cibo da mendicante.

I miei pensieri tornarono di nuovo a Bianca, portando verso di lei il mio spirito, tornai perciò nella stanza dove l’avevo lasciata con le due donne. Questa volta fui in grado di entrare immediatamente e fui ricevuto da due spiriti maschili che vedevo debolmente. Sembrava fosse stata tesa una tenda, attraverso la quale distinguevo questi due spiriti, le donne e Bianca. Fui invitato ad inviarle un messaggio. Ero profondamente desideroso di vedere se avrei potuto io stesso farle scrivere le mie parole come aveva fatto il suo spirito protettore. Mi autorizzarono a provare, ma con grande delusione non riuscii. Bianca non sentiva nulla di ciò che dicevo. Dovetti allora trasmettere i miei pensieri alle due donne che erano con lei e farle scrivere per mio conto, come la volta precedente. Trasmesso il mio messaggio, mi riposai per un po’, osservando il volto raggiante della mia amata, simile a quello dei giorni felici del passato.

La mia contemplazione fu interrotta da uno dei due spiriti maschili, un giovane dall’aria seria, per quello che mi era dato di vedere. Mi parlò con una voce tranquilla e amichevole, dicendomi che se desideravo dettare io stesso le mie parole a Bianca, avrei fatto bene ad aggregarmi ad una confraternita di penitenti che, come me, desideravano seguire il cammino del Bene. Con loro avrei potuto apprendere molte cose che ancora ignoravo, avrei acquisito la capacità di comunicare spiritualmente con Bianca, e avrei avuto anche il privilegio di poterle rendere visita sulla Terra. Quella via di espiazione sarebbe stata molto dura, mi disse. Avrebbe comportato molte tappe, disseminate di grandi sofferenze, ma mi avrebbe infine condotto in un luogo pieno di felicità che ancora non potevo nemmeno immaginare.

Affermò, come aveva fatto il medium, che il corpo deforme che nascondevo ancora ansiosamente quando mi trovavo di fronte a Bianca, si sarebbe modificato in conseguenza delle trasformazioni del mio spirito. Se invece fossi rimasto ancora sul piano terrestre dove ero in quel momento, probabilmente, presto sarei stato attirato verso i luoghi dei miei antichi piaceri e, in quell’atmosfera di decadimento spirituale, avrei presto perso la forza di restare vicino alla mia amata. Inoltre, coloro che vegliavano su di lei si sarebbero visti costretti, per proteggerla, a impedirmi di avvicinarla. Al contrario, se fossi entrato a far parte di quella confraternita, mi sarei istruito e fortificato, tanto che dopo un certo tempo avrei potuto far ritorno sul piano terrestre senza alcun pericolo. Avrei infatti acquisito la forza di carattere necessaria per resistere alle tentazioni proprie di questo piano.

Con un crescente desiderio di sapere di più su questa confraternita, ascoltai le parole di quello spirito e lo pregai di condurmici. Mi promise di farlo, ma mi spiegò che, affinché ciò accadesse, sarebbe bastata la mia volontà:

«Se tu desideri andarci, puoi farlo immediatamente. Nel mondo dello spirito sono tutti liberi. Tutti vanno verso il luogo dove li conduce il loro desiderio. Se tu desideri coltivare le più alte aspirazioni, riceverai i mezzi per poterlo fare. Riceverai l’assistenza e la forza di cui avrai bisogno. Se sei uno di coloro che non hanno mai capito la forza della preghiera, ora imparerai che tutto deriva dalla preghiera sincera, che sia cosciente o meno. Tutti i desideri verso il Bene o verso il Male sono come delle preghiere che richiamano, verso di te, forze buone o cattive».

Poiché mi sentivo di nuovo spossato, mi consigliò di dire addio a Bianca per un po’ di tempo. Dovevo rimettermi in forza e permettere a lei di fare altrettanto, recandomi nel luogo di cui mi aveva parlato. Sarebbe anche stato bene che lei non avesse cercato di scrivere per tre mesi, perché i suoi poteri medianici erano stati messi a dura prova, e se non si fosse riposata si sarebbe indebolita presto molto. Quanto a me, avrei avuto bisogno di tutto questo tempo per studiare le cose più elementari indispensabili per usare i suoi poteri medianici.

Quanto fu difficile per tutti e due mantenere questa promessa! Ma Bianca mi dette l’esempio, ed io non potei far altro che seguirlo. Come lei, volli essere molto paziente e forte. Formulai la promessa che se il Dio che avevo dimenticato per così tanto tempo si fosse ricordato di me e mi avesse perdonato, avrei consacrato la mia vita e le mie forze a riparare le ingiustizie che avevo commesso in passato... Così lasciai per qualche tempo il piano terrestre del mondo spirituale, che avevo esplorato così poco, ma nel quale in futuro avrei dovuto ancora affrontare molte prove.

Appena lasciai la camera in compagnia della mia nuova guida, mi voltai ancora una volta verso Bianca. Chiesi a tutti i buoni angeli e al Dio che non osavo pregare per me stesso, che la benedicessero e la serbassero per sempre sotto la loro protezione. L’ultima cosa che vidi, furono i suoi occhi che mi seguivano con una espressione d’amore e di speranza. Da allora, il ricordo di quello sguardo mi ha mantenuto sulla strada giusta in numerose occasioni difficili e dolorose.

 

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Capitolo 4

La Confraternita della speranza

Nel mondo dello spirito esistono numerose associazioni per l’assistenza degli spiriti penitenti, ma non ho mai visto nulla di più stupefacente di quella Casa del soccorso, mantenuta dalla Confraternita della Speranza alla quale mi avevano indirizzato. In quel momento, la debolezza delle facoltà spirituali m’impediva di vedere come fosse quel luogo. Ero quasi completamente sordo, cieco e muto. Quando mi trovavo in compagnia di altre persone, potevo appena vederle, sentirle e farmi sentire da loro. Arrivavo appena a distinguere le persone che mi circondavano, ma era come se mi trovassi in una stanza scura con solo un vago chiarore che mi permetteva di vedere dove andare.

Quando ero sulla Terra non avevo mai provato nulla di simile, perché lì potevo almeno vedere e sentire quel tanto che mi consentiva di essere cosciente di chi mi circondava. In effetti, sul piano terrestre uno spirito approfitta un po’ della luce del mondo fisico. Invece, quando mi elevai in questa sfera del mondo spirituale poco distante dalla Terra, sentii quanto il mio spirito fosse sprovvisto di qualsiasi facoltà spirituale autonoma.

Quel periodo di tenebre fu per me così terribile, che ancora oggi provo dolore a ricordarlo. Nella mia vita avevo tanto amato il Sole e la luce. Venivo da un paese inondato dal Sole; i suoi colori erano così carichi, il cielo talmente chiaro, il paesaggio e i fiori così belli, ed io amavo talmente la luce, il calore e la musica! Però dappertutto, dopo la morte, non avevo incontrato che tenebre e freddo. La terribile oscurità che mi avvolgeva opprimeva il mio spirito più di qualunque altra cosa.

Sulla Terra mi ero mostrato orgoglioso ed altero. Appartenevo a una stirpe che non si era mai prostrata di fronte a nessuno. Nelle mie vene scorreva il sangue della fiera nobiltà della mia famiglia. Da parte della madre ero imparentato con grandi personaggi della Terra, la cui ambizione personale era sufficiente a scuotere interi regni. Ora il più umile e povero dei mendicanti della mia città natale era più grande e felice di me, perché almeno poteva godere della freschezza dell’aria e della luce del Sole, mentre io ero simile ad un prigioniero che era stato gettato nelle celle più profonde di una prigione.

Se non avessi mantenuto il mio pensiero concentrato su Bianca, la mia buona stella, il mio angelo di luce, e sulla speranza che il suo amore mi portava, sarei caduto nella disperazione più profonda. Tuttavia, quando pensavo a lei che aveva promesso di aspettarmi per tutta la vita, quando ricordavo il suo dolce sorriso e le sue parole d’amore, riprendevo coraggio, sforzandomi di sopportare con pazienza ogni cosa. Avevo bisogno di tutto il suo aiuto, perché in quel momento iniziava per me un periodo di combattimento e sofferenza estremi, che mi sarà difficilissimo rendere comprensibile con le parole.

Nonostante fossi incapace di discernere nei dettagli l’ambiente in cui mi trovavo, lo percepivo come un’enorme e oscura prigione. In seguito capii che era un grande edificio di pietra grigia (che i miei sensi percepivano di consistenza simile a quella della pietra terrestre) con numerosi e lunghi corridoi che conducevano ad innumerevoli piccole celle, quasi buie e ammobiliate in modo rudimentale. In questo luogo ogni spirito disponeva di ciò che aveva guadagnato nel corso della sua vita terrena. Alcuni avevano solo un piccolo letto sul quale si stendevano e soffrivano. Perché tutti qui soffrivano! Era la Casa del dolore; ma era anche la Casa della speranza, perché tutti aspiravano ad elevarsi verso la Luce. Avevano posto il loro piede sul primo gradino della scala della speranza, che avrebbero dovuto percorrere per salire progressivamente fino al Cielo.

Nella mia cella disponevo solo di un letto, di una sedia e di un tavolo. Passai molto tempo a riposarmi e a meditare. A volte, con chi, come me, aveva ripreso abbastanza le forze, andavo ad assistere alle conferenze che si tenevano per noi in una grande sala. Quelle conferenze erano molto commoventi. Tramite esempi e racconti, gli insegnanti inducevano ognuno di noi a prendere coscienza del male che avevamo fatto. Si sforzavano di farci capire, da un punto di vista imparziale, la gravità delle nostre azioni, mostrandoci esattamente come avevamo portato altre anime alla perdizione per soddisfare i nostri interessi.

Ciò che avevamo fatto, con il pretesto che tutti lo facevano, oppure perché sentivamo che era un nostro diritto, ci veniva esposto dal punto di vista di chi l’aveva subito. Oppure, se non eravamo stati direttamente responsabili delle sofferenze degli altri, ci veniva mostrato come altri avevano sofferto a causa di un sistema inventato e mantenuto per soddisfare le nostre passioni egoistiche. Non posso qui dilungarmi sul contenuto di quelle conferenze, ma chi tra voi conosce la corruzione delle grandi città sulla Terra, può immaginare le situazioni che vi erano trattate. Dopo una tale descrizione di noi stessi, spogliati dei travestimenti mondani della vita terrena, non potevamo far altro che ritornare pieni di vergogna nelle nostre celle, a meditare sul nostro passato e sul modo in cui avremmo potuto espiare in avvenire i nostri errori.

Queste conferenze ci aiutavano molto, perché, mentre descrivevano i nostri errori e le loro conseguenze, ci indicavano il modo di correggere e superare i nostri desideri malvagi. Ci veniva mostrato come avremmo potuto purificarci sforzandoci di salvare altre persone dal male nel quale noi stessi eravamo caduti. Tutto ciò doveva prepararci alla tappa successiva del nostro sviluppo, quando saremmo stati rimandati sulla Terra, invisibili e in incognito, per aiutare i mortali nella loro lotta contro le tentazioni terrene.

Quando non assistevamo alle conferenze, era permesso, a chi tra noi si sentiva abbastanza forte da muoversi, di andare dove preferiva. Coloro che avevano lasciato sulla Terra dei buoni amici, tornavano a trovarli; anche se erano invisibili, potevano almeno vedere coloro che amavano, ma ci veniva raccomandato sempre di non cedere alle tentazioni del piano terrestre, perché sarebbe stato poi difficile per molti di noi resistervi.

I più forti, se ne avevano la capacità e desideravano utilizzarla, erano impiegati nel «magnetizzare» i più deboli tra noi; chi aveva fatto uno spreco eccessivo della forza vitale nel corso della vita terrena, si trovava in un tale stato di sfinimento, da poter essere solo lasciato steso nella cella, mentre altri spiriti gli portavano un po’ di sollievo magnetizzandolo.

Ora vorrei descrivervi uno stupefacente metodo di guarigione praticato nella Casa della speranza. Alcuni spiriti elevati, con la vocazione e le capacità di dottori e guaritori, curavano quanti soffrivano di più – e tutti qui soffrivano – tramite l’uso del loro magnetismo o di quello di altri spiriti che potevano controllare[2]. In questo modo riuscivano a far dimenticare temporaneamente a quei poveri esseri le loro sofferenze. Quando i dolori ritornavano, quegli spiriti avevano, nel frattempo, trovato la forza per sopportarli. Così, man mano che procedeva la riparazione dei loro corpi spirituali, i loro dolori diminuivano progressivamente fino al momento in cui loro stessi erano in grado di magnetizzare chi ancora stesse soffrendo.

Non mi è possibile qui dare una descrizione precisa di questo luogo e dei suoi ospiti. Anche se vi era una grande somiglianza con un ospedale terreno, in molti particolari era profondamente diverso (tuttavia, man mano che la conoscenza sulla Terra progredirà, i vostri ospedali potranno somigliare a quelli del mondo spirituale). Se qui tutto era scuro, è perché i disgraziati che vi vivevano non possedevano in sé nulla della luce con cui gli spiriti più avanzati illuminavano la loro atmosfera. Nel mondo spirituale, in effetti, è lo spirito stesso che crea la luce o le tenebre attorno a sé. L’impressione di oscurità derivava anche dalla cecità quasi completa di questi spiriti, i cui sensi spirituali atrofizzati, non essendosi mai sviluppati sulla Terra, li rendevano insensibili a tutto ciò che li circondava, esattamente come chi sulla Terra nasce cieco o sordo e ignora completamente ciò che gli altri percepiscono. Quando questi sfortunati spiriti discendono nell’atmosfera del piano terrestre, più adatta al loro grado di evoluzione, si trovano sempre in una certa oscurità, anche se minore. Possono allora percepire gli spiriti simili a loro ed entrare in contatto diretto con essi. Possono anche vedere i mortali che si trovano a un grado di sviluppo sufficientemente basso. Per contro, i mortali e gli esseri disincarnati spiritualmente più avanzati, sono a loro appena percettibili o del tutto invisibili.

I ‘Fratelli della speranza’, così vengono chiamati quelli che lavorano per aiutare i pazienti di quest’ospedale, sono tutti muniti di una piccola luce a forma di stella, che illumina le oscure celle che visitano. In questo modo portano la luce della speranza ovunque vadano. All’inizio io stesso, che in uno stato di estrema sofferenza giacevo quasi costantemente in una miserabile apatia, aspettavo che quella luce brillasse nel corridoio e raggiungesse la mia cella. Quando si allontanava, mi chiedevo quanto tempo sarebbe passato prima di poterla vedere di nuovo. Ma per quanto mi riguarda, quello stato di abbattimento totale fu piuttosto breve. Il mio spirito era già più chiaro di quello dei numerosi e sfortunati spiriti che avevano aggiunto alle altre passioni terrestri il vizio del bere. Inoltre, il mio desiderio di progresso era troppo forte perché potessi restare troppo tempo inattivo.

Dal momento in cui fui in grado di muovermi, chiesi l’autorizzazione a rendermi utile in un qualche modo. Poiché ero dotato di un forte potere magnetico, fui invitato a prestare aiuto a un povero giovane incapace di muoversi, che si lamentava e sospirava in continuazione. Povero ragazzo! Aveva trent'anni quando aveva lasciato la Terra, ma nella sua breve vita era riuscito a logorare talmente le sue forze, che si era distrutto prematuramente. Ora il suo spirito agonizzava per le conseguenze degli abusi che aveva inferto al suo corpo, al punto che io stesso potevo appena sopportare la vista delle sue sofferenze.

Il mio compito consisteva nel praticare su di lui dei passaggi magnetici calmanti, aspettando, ad intervalli regolari, che uno spirito più avanzato venisse a porlo in stato di incoscienza. Durante tutto questo periodo, soffrivo anch’io molto, sia nel corpo spirituale che nella psiche, perché nelle sfere più basse lo spirito risente delle sofferenze del fisico, mentre in seguito, con la crescita spirituale, la sofferenza assume una forma più mentale. Gli spiriti più elevati, il cui corpo spirituale è divenuto meno ‘materiale’, sono insensibili a qualunque forma di sofferenza fisica.

Mentre riprendevo le forze, i miei desideri egoistici si risvegliavano. Spesso mi causavano dei tormenti così grandi, che ero tentato di imitare molti poveri spiriti che ritornavano sulla Terra alla ricerca dei mezzi per soddisfare le loro passioni attraverso il corpo fisico dei viventi. I miei dolori fisici erano tanto grandi perché proporzionati alla forza fisica di cui ero stato sempre fiero sulla Terra e che avevo utilizzato per scopi così bassi. Per questo motivo soffrivo più di chi era stato debole.

Come i muscoli dell’atleta che, dopo essere stati sottoposti ad un duro allenamento, si contraggono causando terribili dolori, la forza e il vigore di cui avevo abusato sulla Terra cominciavano, per reazione sul mio corpo spirituale, a farmi soffrire profondamente. Inoltre, man mano che mi rafforzavo e ritrovavo la capacità di godere di ciò che sulla Terra mi era sembrato così desiderabile, l’attrazione di quei piaceri diventava così forte che con grande difficoltà resistevo alla tentazione di tornare sul piano terrestre, con altri spiriti, per godervi dei piaceri sensuali utilizzando il corpo degli esseri viventi. Gli spiriti che, a causa di una vita depravata, non potevano o non volevano resistere a quella tentazione, si ritrovavano di nuovo al livello del piano terrestre, e rischiavano di non poterlo più lasciare.

Molti abitanti della Casa della speranza soccombevano a quella tentazione. Discendevano sulla Terra per un certo tempo e, dopo un periodo più o meno lungo, ne ritornavano in uno stato di sfinimento e di degradazione peggiore di quello in cui si trovavano al momento della loro partenza. Ognuno era libero di andare e venire a suo piacimento. Ognuno poteva tornare quando lo desiderava, perché le porte della Casa della speranza erano aperte a tutti, anche ai più ingrati. Mi sono stupito a lungo della pazienza infinita e dell’indiligenza testimoniate verso le nostre debolezze e i nostri peccati. È anche vero che non si poteva che provare pena per quegli sfortunati, divenuti schiavi delle loro basse passioni, al punto di non potervi più resistere e lasciarsi continuamente attrarre verso la Terra, fino al momento in cui sarebbero tornati, sazi e sfiniti, nello stesso stato di paralisi del giovane di cui mi stavo occupando.

Anch’io avrei potuto cedere alla tentazione, se il pensiero di Bianca e la speranza che lei mi aveva dato, non avessero fatto nascere in me un’aspirazione più elevata. Perciò non potevo condannare le povere anime che sbagliavano perché mancavano di un tale sostegno. Spesso andavo sulla Terra, ma solo là dove si trovava la mia amata. Il suo amore mi attirava sempre a sé, verso la pura atmosfera del suo essere, e mi teneva lontano da ogni tentazione. La barriera invisibile che ho descritto prima mi impediva di avvicinarmi a lei e di toccarla, quindi ne restavo fuori e la guardavo lavorare, leggere o dormire. Quando ero là, lei ne aveva una certa consapevolezza. Mormorava allora il mio nome o si girava verso di me con quel dolce e triste sorriso che ricordavo sempre, e che era la consolazione delle mie ore di solitudine.

Come sembrava triste, povera cara! Era così pallida e delicata che mi si spezzava il cuore, nonostante la consolazione che mi dava il vederla. A dispetto di tutti i suoi sforzi per mantenere il coraggio e la speranza, questa lotta era troppo dura per lei, ed ogni giorno la sua fibra diventava sempre più debole. Doveva subire prove di ogni genere. La sua famiglia, in particolare, le causava molti problemi.

La stranezza del suo rapporto con il mondo degli spiriti la gettava nel dubbio e nella preoccupazione. A volte si chiedeva se ciò che stava vivendo non fosse altro che un’enorme mistificazione o un sogno dal quale si sarebbe svegliata scoprendo che non esisteva alcun legame tra i morti e i vivi, né alcun mezzo per raggiungermi. Allora la disperazione che l’assaliva prendeva anche me, quando le stavo vicino e leggevo i suoi sentimenti e non avevo la possibilità di dissipare i suoi dubbi. In quei momenti pregavo che mi fosse concesso di farle sapere che ero là.

Una notte, in cui l’avevo vista addormentarsi dopo aver molto pianto, sentii che qualcuno mi toccava la spalla. Alzando gli occhi, vidi il suo spirito protettore che mi aveva aiutato a comunicare con lei. Mi disse che se acconsentivo a restare calmo e a dominarmi, mi avrebbe permesso di baciare Bianca mentre dormiva; entusiasta, promisi immediatamente di fare quel che mi chiedeva. Con la mia mano nella sua, attraversammo il muro gelido e trasparente che per me era sempre stato impenetrabile. La mia guida si chinò su di lei e fece qualche strano segno. Mi teneva sempre per mano, e mi chiese di toccarla leggermente.

Stava dormendo, con gli occhi ancora bagnati dalle lacrime e le labbra semiaperte come se parlasse nel sogno, con una mano posata sulla guancia. Con delicatezza, per non svegliarla, presi teneramente la sua mano che si chiuse a metà sulla mia, mentre appariva sul suo volto un’espressione di gioia così viva che temetti di averla svegliata. Ma non fu così. Lo spirito luminoso sorrise e disse: «Adesso baciala!». Mi chinai fino a toccarla e le detti un bacio, mi sembrò il primo della mia vita. La baciai una dozzina di volte, in modo così appassionato che si svegliò, e fui allora rapidamente tirato indietro dallo spirito luminoso. Bianca guardò attorno a sé e chiese dolcemente: «Ho sognato o eri tu, amore mio?»;

«Ero io», risposi. Sembrò sentirmi, perché sorrise e ripeté più volte il mio nome.

Per molto tempo non fui più autorizzato a toccarla, ma mi recai spesso vicino a lei e il ricordo di quel momento restò sempre tra noi, perché sapevo quanto il mio bacio fosse stato ben reale per lei. Per me, quel bacio era stato come un’ancora di speranza, e mi sentii incoraggiato a credere che, col tempo, avrei potuto renderla più con­sapevole della mia presenza e mi sarebbe stato possibile dialogare con lei.

 

 

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Capitolo 5

Gli spiriti del piano terrestre

Venne infine il momento di lasciare la Casa della speranza per andare, rafforzato da ciò che avevo imparato, ad espiare i miei peccati sul piano terrestre e nelle basse sfere in cui mi aveva condotto la vita fisica. Erano passati otto o nove mesi dalla mia morte, e avevo ritrovato la forza per muovermi liberamente nella vasta sfera del piano terrestre. La mia vista e i miei sensi si erano sviluppati al punto che potevo vedere e sentire chiaramente, e anche parlare in modo comprensibile. Ora ero circondato da una pallida luminosità. Per i miei occhi, abituati all’oscurità, quella luce era la benvenuta (anche se alla lunga cominciai a trovare quell’alone monotono e ad aspirare a vedere la vera luce).

Le regioni situate sul terzo livello del piano terrestre sono chiamate il ‘Paese del crepuscolo’. È qui che vengono gli spiriti egoisti e sensuali le cui anime non sono riuscite a raggiungere un grado superiore di sviluppo. Tuttavia, questi abitanti del Paese del crepuscolo si situano a uno stadio superiore rispetto a quello degli spiriti ‘fantasmi’ del piano terrestre, che sono letteralmente attaccati ai luoghi fisici della loro abitazione.

Il mio lavoro doveva cominciare proprio sulla Terra in quei luoghi che la gente chiama ‘case del piacere’, benché nessun piacere sia più fugace, nessuna degradazione più sicura, di quelli che tali luoghi offrono anche durante la vita fisica. Potevo finalmente apprezzare il valore dell’insegnamento e dell’esperienza acquisiti durante il soggiorno nella Casa della speranza. Ciò che una volta per me era una tentazione, ora non lo era più. Conoscevo troppo bene il prezzo da pagare per quel tipo di soddisfazione. È per questo che, controllando i mortali, come ebbi spesso l’occasione di fare, ero in grado di resistere alla tentazione di utilizzare i loro corpi per mia propria gratificazione.

Pochissime persone ancora in vita sulla Terra capiscono che gli spiriti possono (e molto spesso lo fanno) prendere completo controllo del corpo di un essere umano a tal punto che in quel momento egli non ha consapevolezza delle proprie azioni, come se il corpo non appartenesse più allo spirito incarnato, bensì allo spirito disincarnato. Molti casi di follia passeggera sono da imputare all’influenza di spiriti bassi dai vili desideri che, approfittando della debole volontà di una persona sulla Terra, arrivano a dominare lo spirito di questa persona e ad utilizzarne il corpo.

Questi fenomeni erano conosciuti da molti popoli antichi che ne facevano oggetto di studio insieme alle altre branche delle scienze occulte; ma nel diciannovesimo secolo, nella nostra arroganza materialista, ci consideriamo troppo istruiti per prenderli sul serio. Eppure, queste verità meritano di essere analizzate minuziosamente, eliminando la polvere con cui sono state ricoperte dalle generazioni successive.

Il compito che dovevo affrontare non sembrerà meno strano al lettore di quanto apparve a me all’inizio. La grande Confraternita della speranza non è che una delle innumerevoli associazioni esistenti nel mondo spirituale per l’aiuto alle anime in difficoltà. Le loro attività si svolgono ovunque e in tutte le sfere, e i loro membri sono in azione dalla sfera più bassa alla più alta che circondano non solo la Terra, ma l’intero sistema solare. Costituiscono lunghissime catene di spiriti in cui il fratello più piccolo è sempre assistito e protetto da chi si trova al di sopra di lui.

Quando l’assistenza della Confraternita era richiesta, al fine di sostenere un mortale o uno spirito in lotta contro il male, immediatamente uno dei fratelli, quello considerato più adatto, era inviato in suo soccorso. Veniva scelto un confratello che, nella sua vita terrena, aveva ceduto ad una tentazione simile e ne aveva sofferto per le amare conseguenze e per i rimorsi. Generalmente, era la stessa persona a cui andavamo in aiuto ad aver espresso, a volte inconsciamente, il desiderio di superare la tentazione. Questa costituiva già di per sé una preghiera che veniva percepita dal mondo spirituale. Accadeva anche che uno spirito, particolarmente affezionato ad un mortale in difficoltà, facesse direttamente appello alla nostra assistenza perché lo aiutassimo.

Il nostro compito consisteva nel rispondere alla chiamata controllando il mortale che dovevamo aiutare, fino al momento in cui sarebbe stato in grado di superare da solo la tentazione di fronte alla quale si trovava. In molti casi, dovevamo identificarci in modo così totale con il mortale, che per un certo tempo condividevamo veramente la sua vita e i suoi pensieri. In queste situazioni, in cui conducevamo per così dire una doppia esistenza, sentivamo una sofferenza profonda che proveniva sia dalla nostra preoccupazione per la persona i cui pensieri diventavano i nostri, sia perché rivivevamo, in qualche modo, un capitolo della nostra esistenza passata, e ne provavamo di nuovo le pene, i rimorsi e le angosce.

Quanto al mortale posto sotto la nostra influenza, anch’egli provava nella sua coscienza, ma in grado minore, i sentimenti del nostro cuore, e riceveva in questo modo, per così dire, l’intuizione delle conseguenze future degli atti malvagi che era tentato di compiere. Nei casi in cui il controllo era completo, il mortale, se era sufficientemente sensibile, poteva avere l’impressione di aver già commesso, in una vita precedente o in un sogno dimenticato, ciò che noi stessi avevamo fatto nella nostra vita sulla Terra.

Questa presa di controllo di un mortale da parte di uno spirito può essere effettuato in vari modi, sia in senso benefico che malefico. Coloro che si espongono sconsideratamente a una tale influenza, sia in conseguenza di una vita malvagia, sia per una curiosità frivola verso dei misteri troppo profondi per i loro spiriti superficiali, si accorgono a loro spese del fatto che gli spiriti bassi del piano terrestre – ed anche quelli delle sfere ancora più basse – possono a volte impadronirsi di un mortale e controllarlo, al punto che quest’ultimo diventa una marionetta nelle loro mani, e possono utilizzarne il corpo a loro piacimento.

Molti uomini e donne di carattere debole che condurrebbero una vita pura e buona se vivessero in un ambiente sano, si trovano, per l’influenza di un ambiente cattivo, attirati nel peccato, di cui sono solo in parte responsabili, dal momento che il loro corpo è controllato da spiriti; questi ultimi dovranno rendere conto dei peccati che hanno contribuito a far commettere. Dovranno pagarne il prezzo terribile perché, manipolando in questo modo il corpo di un altro, si rendono doppiamente colpevoli: peccando contro se stessi e trascinando un’altra anima nel loro peccato, precipitano in profondità dalle quali potranno riemergere solo dopo decine, se non centinaia, d’anni di sofferenza.

Nel mio lavoro, ho spesso avuto il modo di controllare dei mortali, ma sempre allo scopo di imprimere in loro il sentimento delle terribili conseguenze del peccato. Oppure, quando non controllavo il mortale che avevo in affidamento, ero a volte per lui come una guardia del corpo, e lo proteggevo contro l’influenza degli spiriti del piano terrestre che si aggiravano attorno a lui. A questi ultimi dovevo opporre tutta la forza della mia volontà respingendoli perché non entrassero in contatto con il mio protetto e non riuscissero ad influenzarlo. Tuttavia, se aveva permesso a questi spiriti bassi di controllarlo, questi arrivavano a proiettargli i loro pensieri e i loro suggerimenti, ma grazie alla mia presenza potevano farlo solo con difficoltà.

Anche se all’epoca lo ignoravo, ed immaginavo di essere il solo responsabile della protezione di coloro che mi venivano affidati, in realtà ero solo l’ultimo anello di una lunga catena di spiriti che si aiutavano tra loro contemporaneamente. In questa catena, ogni spirito si situa ad un livello più avanzato di quello che si trova sotto di lui, e ciascuno deve rafforzare ed aiutare l’anello inferiore quando quest’ultimo si indebolisce o non è all’altezza del suo compito. La mia attività serviva anche ad insegnarmi il valore del sacrificio di se stessi. Essendo anch’io sul piano terrestre, potevo rendermi utile opponendo la mia volontà agli spiriti malvagi di quello stesso piano, nel quale degli spiriti più elevati non sarebbero stati in grado di penetrare. Inoltre, nel piano terrestre, potevo ‘associarmi’ ad un mortale più facilmente di quanto avrebbe potuto farlo uno spirito più avanzato.

La mia missione consisteva nel trasmettere la mia esperienza all’uomo che proteggevo, sia tramite visioni durante il suo sonno, sia tramite pensieri ripetuti durante la sua veglia. Gli facevo sentire i tormenti del pentimento, il disgusto che avevo provato e che provavo una seconda volta quando glielo trasmettevo.

Questi sentimenti venivano trasferiti da me alla sua coscienza e alla sua anima, finché questa persona si sentiva quasi ossessionata dalle possibili terribili conseguenze dei peccati che desiderava commettere. Tornavo dalle mie missioni con la consapevolezza di aver impedito a molti mortali di cadere nelle trappole in cui io stesso ero caduto in passato. In questo modo, espiavo una parte dei miei peccati. Spesso sono stato inviato a svolgere queste missioni, e sempre ne tornai vittorioso.

Se, con meraviglia di coloro che hanno conosciuto il mio stato al momento dell’ingresso nel mondo spirituale, ho compiuto degli stupefacenti progressi e sono sempre riuscito a resistere alle tentazioni, questo successo deve essere attribuito non tanto alle mie qualità, quanto alla meravigliosa assistenza e al conforto che ricevevo dall’inalterabile amore di colei che era il mio buon angelo e la cui immagine veniva sempre a proteggermi dai pericoli. Quando nessun altro avrebbe potuto salvarmi, la voce di Bianca bastava ad allontanarmi da qualunque tentazione.

Quando non ero occupato ad aiutare qualche mortale, venivo inviato a lavorare sul piano terrestre in mezzo a degli spiriti infelici che, proprio come me dopo la morte, vagavano ancora tra le tenebre. Mi presentavo a loro come membro della grande Confraternita della speranza, munito della piccola luce stellata che costituisce il simbolo di quell’ordine. I suoi raggi dissipavano l’oscurità attorno a me, permettendomi di vedere gli sfortunati spiriti rannicchiati al suolo in gruppi di due o di tre, o accovacciati in un angolo, nella miseria più nera, e troppo disperati per interessarsi minimamente a chi li circondasse.

Dovevo attrarre la loro attenzione sulla possibilità di entrare in una Casa della speranza simile a quella in cui ero stato, oppure indicavo loro il modo per darsi da fare aiutando coloro che li circondavano, ricevendo così la riconoscenza di spiriti ancora più disperati di loro. Ad ognuno di questi poveri spiriti sofferenti bisognava offrire un rimedio diverso, perché ognuno aveva, in funzione della propria esperienza, motivi personali per peccare.

 

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Capitolo 6

Il Paese del crepuscolo con la valle dell'egoismo e della cupidigia

Il Paese degli avari e il Paese dei senza riposo

Quando il mio lavoro in un certo posto era terminato, tornavo a riposarmi nel Paese del crepuscolo, in un altro grande edificio appartenente alla nostra Confraternita. Anche se somigliava al mio precedente luogo di soggiorno, era meno oscuro e meno monotono. Nella piccola stanza assegnata a ciascuno si trovavano gli oggetti ricevuti come ricompensa del nostro lavoro. Ad esempio, nella mia stanza, che appariva proprio vuota, avevo un grande tesoro: un ritratto di Bianca. Sembrava più il suo riflesso in uno specchio che un quadro dipinto, perché ogni volta che lo guardavo intenzionalmente, lei mi rispondeva con un sorriso, come se il suo spirito fosse stato consapevole del mio sguardo.

Ogniqualvolta desideravo intensamente sapere cosa stesse facendo in quel momento, l’immagine si trasformava e mi mostrava la sua occupazione. I miei compagni consideravano questo ritratto come un grande privilegio. Mi dicevano che era dovuto tanto all’amore di Bianca e ai suoi pensieri per me, quanto ai miei sforzi per migliorarmi. Più tardi mi fu spiegato in quale modo questa immagine, inviata dalla luce del piano astrale, fosse proiettata nella mia camera, tramite un procedimento che non posso descrivere in dettaglio in questo libro. Possedevo anche un altro regalo della mia amata: una rosa bianca in un vaso. Sembrava che non appassisse mai; al contrario, restava sempre fresca e profumata, come se fosse il segno tangibile del suo amore.

Avevo tanto desiderato avere un fiore. Io, che avevo tanto amato i fiori sulla Terra, non ne avevo più visti da quando Bianca li aveva usati per decorare la mia tomba. Nella regione del mondo spirituale nella quale mi trovavo, non c’erano fiori, e nemmeno il più piccolo filo d’erba, nessuna pianta, ancor meno alberi o cespugli. In effetti, il suolo secco e arido del nostro egoismo non lasciava spuntare niente, né piante né fiori. Durante una delle mie visite sulla Terra, avevo parlato di ciò a Bianca, dicendole che, ad eccezione del suo ritratto, non avevo nulla che rallegrasse il mio sguardo. Fu allora che lei pregò perché mi fosse donato un fiore.

La sua preghiera fu esaudita, e uno spirito amico depose quella rosa bianca e il suo vaso nella mia cella, perché la trovassi al mio ritorno dal piano terrestre. Ah! Voi che avete tanti fiori e li lasciate appassire senza goderne, non potete immaginare l’immensa gioia che mi dette quella rosa. Mi è tanto cara quanto il ritratto di Bianca, e altrettanto come le parole d’amore che un giorno mi aveva scritto. Ho sempre portato questi tesori con me, nella progressione di sfera in sfera, e spero di non separarmene mai.

Nel corso delle mie numerose esplorazioni del Paese del crepuscolo, ho attraversato regioni stupefacenti, ma tutte avevano la stessa atmosfera fredda e desolata. Una di esse era una grande vallata formata da rocce grigie, con colline austere, fredde e brumose che la rinserravano da ogni parte, e un cielo crepuscolare. Nemmeno qui si vedeva il minimo filo d’erba, la minima foglia, un qualsiasi cespuglio. Si vedeva solo una tonalità di colore, solo quella monotona desolazione di pietre grigie. Chi viveva lì aveva accentrato tutta la vita e l’attenzione su di sé, chiudendo il cuore alla bellezza e alla dolcezza dell’amore disinteressato. Non aveva vissuto che per se stesso, per le soddisfazioni e ambizioni personali. Ora, non vedeva tutt’intorno che la rovina di una vita sterile, dura come quelle rocce grigie.

Quella valle era popolata da tanti spiriti che, per quanto possa sembrare strano, erano così assorbiti da se stessi da aver completamente perso la capacità di percepire gli altri. Restavano invisibili gli uni agli altri, fino al momento in cui non affiorava in loro il pensiero e il desiderio di fare qualcosa per qualcuno. Allora diventavano co­scienti di chi li circondava e, facendo degli sforzi per aiutarli, miglioravano la loro situazione. In questo modo, la loro affettività rachitica cominciava a sbocciare, finché quella brumosa vallata d’egoismo non poteva più tenerli prigionieri.

Al di là di questa valle raggiunsi un grande deserto, secco e sabbioso, nel quale però spuntava una pur rada vegetazione. I suoi abitanti avevano cercato di preparare dei piccoli giardini attorno alle case che, in alcuni luoghi, erano così vicine da formare villaggi e piccole città. Ma avevano tutte lo stesso aspetto avvilente e di abbandono causato dalla povertà spirituale dei loro abitanti.

Anche quello era un Paese dell’egoismo e della cupidigia, ma non di totale indifferenza verso gli altri, presente nella valle grigia descritta in precedenza. Gli abitanti di questo luogo ricercavano un minimo contatto con i loro vicini; molti provenivano dalla valle grigia, mentre altri arrivavano direttamente dalla terra fisica. Lottavano ora, povere anime, per elevarsi un po’ più in alto; ed ogni volta che facevano uno sforzo per trionfare sull’egoismo, il suolo arido attorno alla loro casa cominciava a lasciar spuntare delicati fili d’erba e radi cespugli.

Le case di questo paese erano nello stesso stato pietoso così come i loro abitanti erano cenciosi, avviliti e miserabili, simili a mendicanti e a vagabondi! Eppure, molti di loro erano stati sulla Terra tra le personalità più ricche ed importanti, e vi avevano goduto di tutto il lusso possibile, ma avevano utilizzato la loro ricchezza solo per il benessere e il divertimento personali, lasciando agli altri le briciole della propria fortuna, senza prestar loro la minima attenzione. Ora si trovavano nel Paese del crepuscolo, poveri come mendicanti, perché non avevano acquisito la minima ricchezza d’animo. Le ricchezze spirituali, del resto, possono essere guadagnate nella vita terrena sia dai ricchi monarchi che dai più poveri mendicanti, e coloro che ne sono sprovvisti – che siano i più grandi o i più piccoli della Terra – debbono soggiornare in questo luogo quando arrivano nel mondo spirituale.

Qui, alcuni litigavano e si lamentavano di non essere trattati come meritavano, appellandosi alla posizione che avevano avuto nella vita terrena. Incolpavano gli altri come fossero i responsabili del loro decadimento, piuttosto che se stessi. Si giustificavano con mille scuse e falsi pretesti quando incontravano qualcuno che volesse ascoltare le loro lamentele. Altri cercavano di ricostituire la propria vita passata, tentando di convincere eventuali complici del fatto che avevano trovato il metodo per metter fine alla loro vita scomoda complottando contro altre persone. Tramavano piani e cercavano di realizzarli, dandosi da fare per far fallire i piani degli altri. Così scorreva la vita in quel Paese dei senza riposo. A chi era disposto ad ascoltarmi, offrivo delle parole di speranza, qualche pensiero di incoraggiamento, o consigli utili per trovare la via del bene e uscire da quel luogo.

Passai poi nel Paese degli avari, concepito solo per loro, perché poche persone hanno in simpatia gli avari, tranne chi condivide lo stesso irresistibile desiderio di accumulare ricchezze. Qui, si trovavano degli esseri tenebrosi e curvi, con le dita adunche. Simili a rapaci, passavano il loro tempo a grattare il suolo nero alla ricerca di granelli d’oro che, in effetti, talvolta trovavano. Quando accadeva, facevano scivolare il granello d’oro in una borsetta che nascondevano poi nel petto, affinché ciò che consideravano la cosa più preziosa restasse il più vicino possibile al loro cuore. In genere restavano soli, come creature selvagge, e si allontanavano istintivamente dagli altri nel timore di vedersi derubati del loro tesoro.

Non trovai nulla da fare in questo paese. Solo un uomo prestò orecchio per qualche istante alle mie parole, prima di dedicarsi nuovamente al suo vizio, osservandomi con sospetto fin quando non mi fui allontanato, temendo che scoprissi quanto oro aveva accumulato. Gli altri erano così assorti nella loro avida ricerca che non erano nemmeno coscienti della mia presenza. Mi affrettai a lasciare il loro triste paese.

Lasciando il Paese degli avari, discesi in una sfera tenebrosa che si trovava sotto terra, nel senso che i suoi abitanti si trovavano ad un livello spirituale inferiore a quello degli abitanti del piano terrestre. Vi erano condizioni di vita molto simili a quelle del Paese dei senza riposo, ma gli spiriti che lo abitavano avevano un aspetto ancora più degradato. Anche qui, al suolo non si scorgeva la minima traccia di vegetazione, e il cielo era nero quasi come la notte. La luce di quel luogo permetteva agli abitanti di vedere solamente se stessi e coloro che avevano attorno.

Il Paese dei senza riposo era un luogo di litigi, di insoddisfazione, di gelosia; ma qui si litigava in un modo ancora più violento, e i combattimenti erano senza pietà. Era il luogo di residenza dei giocatori e degli ubriaconi, degli scommettitori, degli imbroglioni, dei ladri e delle canaglie di ogni tipo. Vi si trovava sia il volgare malvivente dei bassifondi che il suo equivalente delle più alte sfere della società. In questo ambiente risiedevano tutti coloro che un’inclinazione criminale e licenziosa aveva spinto verso l’egoismo e la perversione dei sentimenti.

Vidi anche molti individui che avrebbero potuto vivere una vita spiritualmente più elevata, se le relazioni che avevano intrattenuto con questo tipo di persone sulla Terra non fossero state loro fatali, poiché dopo la morte erano stati attirati in questa sinistra sfera dai legami che avevano intessuto sulla Terra. È per questa categoria di persone che ero stato inviato, perché per loro esisteva una qualche speranza che il senso del Bene e del Vero non si fosse completamente spento e che una voce che gridava nel deserto della loro caduta potesse essere intesa e potesse condurli verso meravigliose contrade.

Alcune abitazioni di questo tenebroso Paese della miseria erano spaziose, ma tutte avevano lo stesso aspetto lurido, nauseabondo e cadente. Sembravano quelle costruzioni che si vedono a volte in certi quartieri, e che una volta erano residenze eleganti e lussuose, prima di divenire il rifugio del vizio e del crimine.

Vedevo anche immense estensioni di terreni incolti, con alcune case sparse, o forse dovrei dire piuttosto, delle miserabili catapecchie. Altrove, vi erano gruppi di case ammassate le une alle altre, copie degradate e sinistre delle vostre città sulla Terra. Dappertutto regnavano sporcizia e miseria. Non vi era la minima traccia di purezza, di bellezza o di grazia su cui lo sguardo avrebbe potuto indugiare, in quel paesaggio urbano avvilente, prodotto dalle emanazioni spirituali degli esseri che vi vivevano.

Mi muovevo tra quei miserabili con la mia piccola luce stellata che spandeva attorno a me una piacevole luminosità, e portava una luce di speranza a chi non fosse completamente accecato da passioni egoistiche. Qui e là trovavo dei disgraziati, rannicchiati in un angolo di stanze miserabili, o addossati al muro. Alzavano la testa verso la luce e ascoltavano le mie parole. Alcuni allora cominciavano a ricercare il cammino del ritorno verso le sfere più alte dalle quali erano caduti a causa dei loro peccati. Giunsi anche ad incitare qualcuno ad unirsi al mio lavoro e ad aiutare gli altri. In genere però erano in grado di pensare solo alla loro miseria e sperare in un ambiente migliore. Per quanto debole ciò potesse sembrare, questo era un primo passo che avrebbe potuto condurli forse al secondo: il desiderio di aiutare il prossimo.

Una volta, durante uno dei miei spostamenti attraverso questo paese, mi trovai nel territorio di una grande città situata in mezzo a una vasta piana desolata. Il suolo era nero e secco, simile ai depositi di ceneri e di scorie che si trovano vicino alle fonderie. Ero in mezzo a delle rovine, ai margini della città, quando sentii provenire da una casa i rumori di un litigio. La curiosità mi spinse ad andare a vedere all’interno, pensando che forse avrei potuto trovare l’occasione di proteggere qualcuno.

La costruzione nella quale entrai sembrava più un granaio che una casa. Un grande e rozzo tavolo occupava tutta la lunghezza della stanza, e attorno ad esso una dozzina di uomini erano seduti su piccole sedie di legno. Ma che uomini! È quasi un insulto per il genere umano definirli in questo modo. Sembravano più degli scimmioni: i tratti grossolani, gonfi e deformi del loro viso, davano loro l’aspetto di maiali, lupi, o uccelli da preda. È impossibile descrivere quelle facce, quei corpi deformi, quelle membra contorte. Con i loro vestiti sgualciti e consumati, simili a quelli della loro vita terrena, offrivano uno spettacolo grottesco.

Alcuni indossavano abiti dei secoli passati, altri avevano vestiti più recenti, ma tutti quegli indumenti erano ridotti a cenci disgustosi. I capelli spettinati cadevano in disordine attorno alla testa, i loro occhi bruciavano di passione, cattiveria e crudeltà. Credevo di trovarmi veramente negli abissi più profondi dell’inferno, ma devo dire che in seguito ho visto una regione ancora più tenebrosa e orribile, abitata da esseri in confronto ai quali questi sarebbero considerati persone distinte. Più avanti, quando parlerò di quella parte del mio viaggio nei luoghi più bassi dell’inferno, descriverò meglio quelle vili creature.

Gli spiriti che vedevo riuniti in quella casa si disputavano un sacchetto di monete che si trovava sul tavolo. Il sacchetto era stato trovato da uno di loro, che l’aveva offerto alla compagnia come posta per delle scommesse. Il litigio aveva avuto origine dal fatto che ognuno voleva il sacchetto solo per sé. Se ne sarebbe impossessato il più forte, e si minacciavano a vicenda in modo violento. Colui che aveva trovato il denaro, che non era altro che la controparte spirituale del denaro terreno, era un giovane di meno di trent’anni, il quale non aveva un aspetto orribile come gli altri. Se le passioni basse non avessero tanto scavato il suo viso, si sarebbe potuto credere che quella compagnia di depravati non fosse il suo ambiente. Sosteneva che il denaro fosse di sua proprietà, e dal momento che lo aveva regalato perché lo si potesse giocare onestamente, non sopportava che glielo prendessero con la forza.

Pensavo che non ci fosse niente da fare per me in quella stanza e mi stavo allontanando, quando esplose un coro di grida indignate. Ero appena arrivato vicino ad un’altra casa abbandonata che vidi tutta quella masnada di selvaggi correre a precipizio battendosi. Erano alla rincorsa del giovane che aveva ripreso il sacchetto con il denaro. Lo colpivano e lo inseguivano, cercando di strappargli il sacchetto. Uno di loro ci riuscì, e tutti gli altri si gettarono su di lui, ma il giovane riuscì a svincolarsi e a correre verso di me. In quel momento si udirono delle urla selvagge. Si erano di nuovo messi all’inseguimento del fuggiasco per picchiarlo, perché il sacchetto non conteneva ora che delle pietre. Simile all’oro dei racconti delle fate, il contenuto del sacco si era mutato non in foglie secche, ma in ciottoli.

Il povero ragazzo si aggrappava a me, supplicandomi di proteggerlo da quei demoni, mentre tutta la banda infuriata si precipitava verso di noi. Afferrai il giovane, mi diressi verso un edificio vuoto e chiusi la porta dietro di me. Mi ci addossai per tenerla ferma. Dio mio, come gridavano, picchiavano sul legno, bestemmiavano, cercando di forzarla! Per fermarli, raccolsi tutte le mie forze, sia del mio spirito che del mio corpo spirituale. Allora non sapevo che delle forze invisibili mi stavano aiutando a tenere la porta chiusa. Infine, capendo che non sarebbero riusciti ad abbatterla, gli assalitori si allontanarono, delusi e furiosi, per andare a litigare da qualche altra parte.

 

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Capitolo 7

La storia del giovane Raoul

Dopo che si furono allontanati, mi voltai verso il mio compagno. Aveva un’aria penosa, rincantucciato in un angolo della stanza. Tentai di sollevarlo e gli spiegai che doveva abbandonare quel luogo immediatamente, perché quegli uomini sarebbero probabilmente tornati presto. Lo aiutai con fatica ad alzarsi, e lo portai verso la pianura. In quel luogo, pur essendo senza riparo, avremmo potuto evitare di farci accerchiare. Feci allora del mio meglio per alleviare le sue sofferenze con i metodi appresi nella Casa della speranza. Dopo qualche momento il giovane fu in grado di parlare e raccontarmi come era arrivato in quel triste e oscuro paese. Sembrava avesse abbandonato la Terra da poco, dopo essere stato ucciso con un’arma da fuoco da un marito geloso - e non senza motivo - delle attenzioni che aveva verso la moglie. La sola circostanza attenuante di questo disgraziato è che non provava alcun sentimento di odio o di vendetta verso l’uomo che gli aveva tolto la vita, ma provava solo rimorso e vergogna.

Ciò che gli aveva aperto gli occhi sulla propria depravazione era l’aver scoperto che colei che aveva causato tutto l’accaduto era in realtà profondamente egoista, e incapace del minimo sentimento di vero amore. Dopo l’assassinio del suo amante, si era preoccupata solo del modo in cui quella storia avrebbe potuto influenzare la sua immagine e la sua posizione nella società. La donna provava collera e contrarietà, ma non sentiva la minima compassione verso il suo povero marito o verso la vittima di quest’ultimo.

Il giovane, che chiamerò Raoul, mi raccontò queste cose: «Quando seppi di essere veramente morto, ma che, nonostante tutto, avevo il potere di tornare sulla Terra, il mio primo pensiero fu di andare da lei per consolarla per quanto possibile, per farle sentire che il suo amante, pur se morto, era ancora vivo e pensava a lei. Ma in che stato d’animo la trovai? Nel suo cuore non c’era il minimo dolore per me, né la minima preoccupazione per suo marito! Niente di tutto ciò! Pensava solo a se stessa e non desiderava rivedere nessuno di noi due. Avrebbe voluto eliminarci dalla sua memoria per poter ricominciare una nuova vita con un altro, dotato, se possibile, di una posizione più elevata nella scala sociale.

Allora gli occhi mi si aprirono, e capii che lei non mi aveva mai donato nemmeno la più piccola briciola d’amore. Le interessavano solo la mia nobiltà e la mia fortuna, che avrebbero potuto permetterle di avere una posizione più influente nella società. Aveva commesso adulterio per freddo calcolo; non per amor mio, ma per il meschino piacere di pavoneggiarsi davanti alle sue rivali. Io non ero altro che un povero insensato, e avevo pagato quella follia con la vita. Per lei ero solo lo sgradevole ricordo dello scandalo che l’aveva colpita. Dopo aver scoperto ciò, fuggii dalla Terra pieno d’amarezza, e mi misi ad errare senza meta. Giurai che non avrei mai più creduto alla bontà, né ad alcuna verità, e i miei cattivi pensieri mi hanno attratto verso questo luogo tenebroso e i suoi abitanti degradati. Tra loro ho trovato degli spiriti simili a quelli che mi avevano adulato servilmente e con i quali avevo dilapidato le mie forze e perso la mia anima».

«E ora, povero amico mio» - gli dissi - «non vuoi prendere la via del pentimento che ti ricondurrà nelle regioni più luminose, al fine di riguadagnare la tua dignità umana perduta e ritrovare il tuo essere interiore?»

«È troppo tardi nell’inferno», rispose Raoul; «perché questo è sicuramente l'inferno, qui non c’è più speranza per nessuno».

«Non c’è più speranza? Non parlare così, amico mio. Sento troppo spesso queste parole sulla bocca di anime sfortunate come te, ma posso assicurarti che la speranza esiste ancora, anche nella situazione più disperata. Anch’io ho provato un dolore profondo come il tuo. Ma non ho mai perso la speranza, perché colei che amavo, pura come un angelo, era sempre pronta a dimostrarmi il suo amore e a incoraggiarmi. Per gratitudine verso di lei mi sforzo di trasmettere agli altri la speranza che mi ha dato. Vieni, lasciati guidare e ti condurrò in un posto migliore».

«E chi sei tu, amico mio, che con le tue belle parole e la tua benevolenza mi hai salvato la vita... Ma che dico? Purtroppo ho capito che qui è impossibile morire! Qui si soffrono tutti i tormenti della morte, ma la morte non ci colpisce perché l'abbiamo già affrontata, e ora dobbiamo soffrire per l’eternità! Dimmi chi sei. Come sei venuto qui? E come puoi tu, con tanta sicurezza, parlarmi di speranza? Tu mi somigli troppo perché io possa credere che sei un angelo inviato in mio aiuto».

Gli spiegai allora la storia della mia vita, come avevo lavorato per progredire spiritualmente e come fosse possibile per lui fare la stessa cosa. Gli parlai della mia speranza di poter un giorno vivere con Bianca in un luogo in cui non ci saremmo mai più separati, e gli spiegai che quella speranza mi aiutava costantemente ad avanzare.

«E tu credi veramente» - mi disse - «che lei vivrà solitaria tutta la sua vita sulla Terra per unirsi un giorno in Cielo con te, dopo che tu l’avrai raggiunto? Ti illudi! Tu insegui un miraggio! Nessuna donna, se non vecchia e brutta, accetterà di vivere sola per amor tuo. Ti concedo che aspetterà un certo tempo, se è una donna romantica o se nessun altro la corteggia. Ma credimi, a meno che non sia un angelo, col tempo si consolerà. Se le tue speranze non sono meglio fondate, ti compiango».

Devo confessare che le sue parole mi irritarono. Quelle parole riecheggiavano il dubbio che a volte mi assaliva, ed agirono come una doccia fredda sul mio entusiasmo. Sia per scrollarmi di dosso il mio dubbio, che per smontare il suo.

Gli dissi bruscamente: «Se ti porto subito sulla Terra, e lì troviamo la mia donna in lacrime preoccupata solo per me, crederai che non mi sto facendo illusioni? Ammetterai che la tua esperienza di vita non si applica a tutti i casi, e che c’è qualcosa che tu puoi ancora imparare sulle donne, come in altri campi?».

«Caro amico» - rispose Raoul - «con tutto il cuore ti prego di scusarmi se ti ho fatto soffrire. Ammiro la tua fede e vorrei averne anch’io almeno un granello. Andiamo subito a trovarla».

*

Lo presi per mano. Col potere della mia volontà, ci alzammo, attraversammo lo spazio a una velocità vicina a quella del pensiero, e arrivammo in qualche istante nella stanza di Bianca. Vidi il suo angelo custode vegliare su di lei e il vago contorno della stanza e dei mobili, ma il mio amico Raoul non percepiva null’altro che il profilo di Bianca seduta su una poltrona. A causa della luce emessa dal suo corpo spirituale, e della dolce aureola che la circondava, sembrava una santa. Quella luce spirituale non è percepibile agli uomini della Terra, ma a quelli del mondo spirituale appaiono così tutti coloro la cui vita è buona e pura, mentre i cattivi sono circondati da una nuvola scura.

«Dio mio!» - esclamò Raoul, cadendo in ginocchio davanti a lei - «È un angelo! Tu mi hai portato da una santa, non da una donna. Lei non può essere una donna della Terra!».

Chiamai Bianca, che percepì il suono della mia voce. La tristezza scomparve dal suo volto e lasciò posto alla gioia.

Lei disse dolcemente: «Sei veramente tu, caro amico mio? Desideravo tanto che tornassi! Tutto il mio spirito e tutti i miei pensieri non sono che per te. Puoi toccarmi adesso?»

Lei tese la mano, e la mia vi si posò sopra. Anche se breve, il contatto la fece fremere, come se fosse stata sfiorata da un vento gelido.

«Cara, ho portato con me un amico infelice che ha bisogno delle tue preghiere. Volevo fargli sapere che sulla Terra esistono delle donne fedeli e che, se ce ne rendiamo degni, possiamo essere toccati dalla benedizione del vero amore».

Lei non capì bene ciò che dicevo, ma il suo spirito ne aveva colto il senso. Con un sorriso mi disse: «Oh, sì, io ti sono sempre fedele, amore mio, come tu lo sei a me, e un giorno saremo veramente felici».

Poi Raoul, che era rimasto in ginocchio, alzò la mano per tentare di toccare la sua. Ma l’invisibile muro glielo impedì, proprio come aveva fatto con me fino a questo momento.

Il mio amico la supplicò: «Se il tuo cuore è così pieno d’amore e di compassione, allora danne un po’ a me, che sono così infelice ed ho bisogno delle tue preghiere. Io so che le tue preghiere saranno esaudite; le mie non sono ascoltate e si perdono nel nulla. Prega affinché anch’io sia aiutato. Solo così potrò sperare di essere perdonato».

Bianca sentì le parole del povero infelice e, dopo essersi inginocchiata vicino alla sedia, offrì una breve e semplice preghiera, chiedendo aiuto e consolazione per tutti noi. Raoul ne fu talmente toccato che scoppiò in lacrime. Dovetti prendergli la mano e riportarlo nel mondo spirituale, ma ora in una regione non priva di speranza.

A partire da quel momento, Raoul ed io lavorammo insieme per un breve periodo, nell’oscura regione nella quale prima risiedeva. Di giorno in giorno riprendeva la speranza.

Per natura, era piuttosto gaio e ottimista, da vero francese. Il suo terribile soggiorno nelle regioni oscure non aveva velato troppo il suo cuore gioioso e leggero. Divenimmo grandi amici, e il nostro lavoro era diventato molto più piacevole da quando lo condividevamo. Tuttavia, questa attività comune non durò a lungo e dovemmo separarci. Ci siamo spesso rivisti in seguito e abbiamo lavorato insieme, come dei compagni di reggimento che le vicende della guerra riuniscono un giorno e separano il successivo.

 

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Capitolo 8

Una terribile tentazione di vendetta

Un giorno mi fu chiesto di nuovo di interrompere i miei spostamenti nelle sfere spirituali per compiere una missione sulla Terra. Allora dovetti affrontare la più grande e la più spaventosa tentazione della mia esistenza.

Durante il mio intervento di soccorso contattai una vecchia conoscenza della mia vita terrena; si trattava di un uomo ancora in vita sulla Terra, la cui influenza sul mio destino era stata particolarmente nefasta. Era in parte a causa sua che la mia vita sulla Terra era stata distrutta. Nonostante non fossi senza peccato, ogni volta che pensavo a quell’individuo e a tutti i torti che mi aveva fatto, non potevo impedirmi di provare una intensa sete di vendetta. Quel sentimento mi dominava a volte in modo così forte, che temevo di esplodere in una terribile collera.

Nel corso dei miei viaggi sul piano terrestre, avevo imparato le modalità con cui uno spirito può far del male a chi odia e che è ancora in vita sulla Terra. Noi, abitanti del mondo spirituale, possediamo molta più potenza di quella che possiate immaginare, ma reputo saggio non rivelare tutte le possibilità che si offrono alle persone vendicative, anche dopo la loro morte, per soddisfare i loro sinistri disegni.

Potrei enumerare diversi fatti che si sono svolti realmente in questo mondo: crimini e omicidi misteriosi commessi senza un possibile movente da mortali la cui mente era talmente danneggiata, da renderli irresponsabili, poiché in realtà erano solo gli strumenti di spiriti che li possedevano. Questi fenomeni e altri analoghi sono ben conosciuti nelle sfere spirituali, laddove le cose si rivelano molto diverse da quelle visibili sulla Terra. Dopo tutto, le vecchie credenze nella possessione demoniaca non erano poi così false, a condizione di sapere che demoni e diavoli sono in realtà spiriti umani che una volta hanno abitato la Terra.

Quando, dopo molti anni, incontrai di nuovo quella persona che odiavo, i sentimenti di sofferenza e rabbia che avevo provato in vita si risvegliarono, ma con una forza dieci volte superiore a quella sperimentata sulla Terra. Uno spirito possiede, infatti, capacità immensamente maggiori di provare sofferenza o gioia, piacere o dolore, di voi esseri mortali, i cui sensi sono velati e assopiti dall’involucro terreno. I sensi di uno spirito disincarnato sono perciò dieci volte più acuti. Quando mi trovai di nuovo vicino a quella persona, il mio desiderio di vendetta, per troppo tempo represso, si risvegliò e, allo stesso tempo, prese forma nel mio spirito un piano diabolico. In questo modo il mio risentimento attirò verso di me, dagli abissi più profondi dell’inferno, degli spiriti così neri e orribili, come non ne avevo mai visti.

Non avrei nemmeno potuto immaginare che simili esseri potessero esistere, nemmeno nei peggiori incubi. Quelle creature non possono vivere sul piano terrestre, né nelle sfere più basse che lo circondano, tranne nel caso in cui un mortale o uno spirito del piano terrestre si trovi in armonia vibratoria ed emetta una forte attrazione magnetica che permetta loro di trattenervisi per un qualche tempo. Ma anche se sono attirati sul piano terrestre da un potente desiderio malvagio, non possono soggiornarvi a lungo; come se fossero sospesi a un filo che rapidamente si sfilaccia, appena questa forza attrattiva perde potenza, precipitano di nuovo nella loro tenebrosa dimora.

Nelle epoche di grandi movimenti popolari di indignazione e collera, o quando un popolo oppresso non prova altro che sofferenza e odio e si ribella, la sete di vendetta che gli oppressi sentono attira presso di loro una moltitudine di individui tenebrosi. È così che si scatenano orrori come la Rivoluzione francese o altre rivolte simili. La moltitudine, colpita dalla follia, passa per un certo tempo sotto il controllo totale di questi spiriti malefici che sono dei veri diavoli[3].

Nel mio caso, quegli esseri abominevoli corsero verso di me godendo della situazione. Mi mormorarono all’orecchio come attuare la mia vendetta in modo così semplice ed efficace, così spaventoso nella sua stravaganza che non oso descriverlo per paura di fornire strane idee a qualche disperato e possa generare così i suoi frutti malvagi. In qualunque altro momento mi sarei allontanato disgustato e terrorizzato da quegli esseri e dai loro spaventosi suggerimenti, ma quel giorno, nella mia folle passione, li accolsi.

Ero sul punto di accettare la loro cooperazione demoniaca per attuare la mia vendetta, allorquando, simile al suono di una campana d’argento, risuonò alle mie orecchie la voce di Bianca, quella voce ai cui avvertimenti non ero mai rimasto sordo, e il cui suono mi toccava più profondamente di qualsiasi altra cosa. In nome di quanto ci era più sacro, in nome del giuramento che ci eravamo scambiati, Bianca mi scongiurava di tornare da lei. Anche se esitavo ancora ad abbandonare la mia vendetta, fui trascinato come da una corda verso colei che amavo, e lontano da colui che odiavo.

Tutta la banda selvaggia di sinistre creature si aggrappò a me cercando di trattenermi. Nonostante ciò, la loro forza diminuiva man mano che penetrava nel mio cuore la voce dell’amore, della purezza e della verità. Trovai la mia dolce amica nella sua stanza che mi chiamava, con le braccia tese verso di me. Ai suoi lati vidi due spiriti protettori raggianti. Attorno a lei si alzava un cerchio fiammeggiante di luce argentea e sembrava circondata da un muro di luce. Al suo richiamo lo superai e mi trovai vicino a lei.

La torma nera cercò di seguirmi, ma fu fermata dal cerchio fiammeggiante. Il più temerario si gettò verso di me proprio nel momento in cui lo superavo e tentò di afferrarmi, ma il suo braccio e la sua mano furono presi dalle fiamme e si bruciarono in modo istantaneo, come se fossero stati introdotti in una fornace. Gettando un grido di dolore, la creatura si ritirò con delle urla selvagge, tra la derisione degli altri.

Con tutta la forza del suo amore, Bianca mi esortò a rinunciare al mio orribile piano e a prometterle di non dare più spazio a tali pensieri. Mi chiese se tenevo di più al soddisfacimento della mia vendetta che a lei, e se davvero desiderassi, compiendo deliberatamente un crimine, elevare tra lei e me una barriera insuperabile. Il suo amore non aveva per me più importanza del soddisfacimento della vendetta?

All’inizio non volevo darle ascolto, ma il mio cuore cedette quando si mise a piangere, come se le sue lacrime fossero gocce di sangue sul mio cuore gelato. Preso dall’angoscia al pensiero di essere stato la causa delle sue lacrime, caddi ai suoi piedi, e la supplicai di perdonarmi e di continuare a darmi consolazione e aiuto. La implorai che mi fosse permesso di continuare a vivere presso di lei, che era il mio unico pensiero, la mia sola speranza. Mentre pregavo, la torma di spiriti delle tenebre che, con l’inganno e la perfidia aveva tentato di attirarmi lontano da lei, si disperse come una nube nera spazzata via dal vento. Ritornò alla sua dimora, mentre io crollai sfinito ai piedi della mia amata.

Mi capitò ancora di vedere quelle sinistre creature avvicinarsi a me, ma non poterono mai arrivarmi troppo vicino, perché ero protetto dai loro attacchi dall’armatura dell’amore di Bianca e dalla promessa che le avevo fatto.

 

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Capitolo 9

Il Paese di ghiaccio dei senza amore

Le caverne del sonno dei drogati

 

 

Un giorno ricevetti la missione di visitare un paese la cui esistenza nel mondo spirituale può sembrare strana. È il Paese di ghiaccio in cui vive chi, sulla Terra, ha condotto un’esistenza freddamente ed egoisticamente calcolatrice, e nella propria vita e in quella degli altri ha annichilito tutti gli slanci del cuore e i delicati sentimenti che costituiscono la vita dell'anima. In questi individui il sentimento dell’amore era spento a tal punto, da impedire al Sole di brillare in loro presenza, e ogni vita pareva soffocata.

Tra gli abitanti di quella regione vidi grandi uomini di stato che non avevano amato la loro nazione né si erano preoccupati del suo benessere. Avevano ricercato solo la soddisfazione delle proprie ambizioni e la gloria personale. Ora abitavano grandi palazzi di ghiaccio, sulle altezze orgogliose e gelide della loro cupidigia. Ne vidi altri, più umili, che avevano scelto dei percorsi diversi nella loro vita, ma tutti erano irrigiditi e congelati dal rigore e dalla sterilità del loro carattere, dal quale era escluso qualunque sentimento e qualunque calore. In precedenza avevo constatato i disastri derivanti dall’eccesso di emozioni e di passioni, ora vedevo le conseguenze della loro totale assenza.

Grazie a Dio, quella regione aveva molti meno abitanti dell’altra. Perché, per quanto possano essere spaventose le conseguenze di un amore corrotto e sviato dalla vocazione originale, tali conseguenze non sono tanto difficili da superare quanto quelle che derivano dall’assenza di un qualunque slancio d’amore.

Si trovavano in quel luogo anche uomini che sulla Terra erano stati eminenti membri di tutte le confessioni religiose e di tutte le nazionalità. Cardinali e preti cattolici dalla vita austera e pia, ma fredda ed egoista; predicatori puritani, pastori metodisti o presbiteriani, vescovi e sacerdoti anglicani, missionari, bramini, parsi, copti, musulmani; in breve, tutte le religioni erano rappresentate nel Paese di ghiaccio. Nessuno dei suoi abitanti aveva abbastanza calore per far fondere almeno un po’ del ghiaccio che lo circondava. Ma non appena compariva una traccia di calore umano oppure colava una lacrima di dolore, il ghiaccio cominciava a fondere, e per quella povera anima nasceva la speranza.

Incontrai un uomo chiuso in una gabbia di ghiaccio, con sbarre di una durezza tale da sembrare di acciaio lucido. Quell’uomo sulla Terra aveva avuto la carica di grande inquisitore nell’inquisizione di Venezia. Il suo solo nome bastava a incutere terrore in tutti quei poveri sfortunati che cadevano nelle sue mani. Il suo nome era famoso, ma cercando nella sua vita non era possibile trovare un solo episodio in cui dal suo cuore fosse emersa un’ombra di pietà per le sue vittime. Mai aveva vacillato nella sua determinazione di torturare e uccidere chi l’inquisizione gli consegnava.

Era conosciuto per la sua vita rigida e austera, e non era per nulla più indulgente verso di sé che verso gli altri. Freddo e senza pietà, il suo cuore non aveva mai avuto il minimo fremito per le sofferenze altrui. Il viso rifletteva la sua impassibile e fredda crudeltà: un naso stretto e lungo, un mento prominente ed appuntito, una mascella forte e larga, labbra sottili e strette come un semplice tratto sul suo viso, un cranio appiattito, e due occhi profondamente affossati il cui sguardo di rapace riluceva con il gelido riflesso dell’acciaio.

Dietro di lui vedevo i fantasmi delle sue numerose vittime che lo seguivano. Quegli spettri pallidi, storpi, laceri e sanguinanti, non erano che gusci astrali: le anime che in passato li avevano abitati li avevano abbandonati per sempre, portando con sé i loro elementi superiori. Ma quelle forme astrali ondeggianti erano ancora attratte verso quell’essere, incapaci di dissolversi e scomparire fin quando il suo magnetismo le avrebbe costrette, come una catena, a restargli vicino. La loro vitalità proveniva non dalle anime che una volta avevano contenuto, ma da quell’uomo stesso, il loro carnefice.

Si trattava dello stesso fenomeno degli spettri che infestano i luoghi in cui delle persone sono state assassinate. Nel caso in cui la vittima è troppo buona e innocente per restare attaccata alla terra per via del proprio risentimento, il fantasma non è che un involucro astrale. All’assassino o ad altre persone sembra vivo, ma in realtà non è che un riflesso, e scompare nel momento in cui un rimorso o un pentimento sufficiente rompe il legame che lo lega alle sue vittime.

C’erano però anche degli spiriti di altro tipo che si agitavano intorno a quest’individuo, deridendolo per la sua impotenza e tormentandolo per fargli pagare le crudeltà che aveva commesso. Questi, di apparenza più solida, erano dotati di una forza, un vigore, un’intelligenza, che le altre ombre nebulose non possedevano, e imprigionavano ancora delle anime eterne.

Quelle stesse anime che avevano talmente sofferto a causa della tortura, da non avere che un solo desiderio: quello della vendetta! Spiriti vendicatori, cercavano senza sosta di avvicinarsi al loro oppressore per farlo a pezzi, e quindi la gabbia di ghiaccio in cui si trovava gli serviva non solo da prigione, ma anche da protezione contro i suoi nemici. Più abile degli altri, uno degli spiriti che si affannava attorno a lui si era fabbricato una lunga pertica affilata che introduceva tra le sbarre per trafiggere il suo antico carnefice, e il modo in cui questi la evitava aveva dello straordinario. Alcuni gli gettavano addosso acqua sporca e fangosa, e talvolta gli assalitori si univano per cercare di rompere le sbarre di protezione, ma invano. Conoscendo da tempo l’invulnerabilità della propria gabbia, si beffava con freddezza di loro e dei loro inutili sforzi.

Mi stavo chiedendo se quest’uomo sarebbe mai potuto divenire libero, quando ricevetti una risposta dallo spirito superiore che mi aveva parlato per la prima volta vicino alla mia tomba, e del quale avevo sentito la voce quando avevo avuto bisogno d’aiuto o di consiglio. La sua voce sembrava provenire da lontano, come, forse, quella che avevano sentito i profeti dell’antico testamento. Risuonò con forza nelle mie orecchie, ma né il prigioniero né coloro che lo tormentavano erano in grado di sentirla.:

La voce disse «Figlio mio, guarda per un momento i pensieri di quest’uomo, e considera cosa farebbe della sua libertà se la ricevesse!».

Allora, come delle immagini riflesse in uno specchio, vidi i suoi pensieri. Pensava che se fosse riuscito a liberarsi sarebbe potuto tornare sul piano terrestre, dove sperava di trovare dei mortali con le sue stesse inclinazioni e, attraverso di loro, forgiare un giogo d’acciaio da imporre agli uomini; sognava di far regnare un’inquisizione ancora più implacabile e più crudele di quella che aveva diretto da vivo, che avrebbe estirpato l’ultimo residuo di libertà dalle sue vittime.

Sapeva che avrebbe potuto disporre di una potenza ancora maggiore di quella che aveva avuto quando era sulla Terra, poiché, libero da qualsiasi vincolo terreno, avrebbe potuto raccogliere sotto il suo diretto controllo dei collaboratori, spiriti o mortali, dall’anima fredda quanto la sua. Egli non pensava che ad opprimere, ed era orgoglioso di essere sempre rimasto insensibile ai lamenti e alle preghiere delle vittime che aveva torturato a morte. Divorato dall’ambizione e dal gusto insaziabile del potere, aveva operato per ingrandire il suo ordine al solo fine di soddisfare le sue brame. Quell’anima dura non mostrava il minimo segno di pietà o pentimento.

Liberare un tale uomo e lasciarlo agire sulla Terra, avrebbe rappresentato un pericolo ben più grave che lasciar libera la bestia più feroce, perché i suoi poteri sarebbero stati quasi senza limite. Ignorava che l’inquisizione, il cui potere mortifero sognava di aumentare, era stata spazzata via dalla Terra da una forza più grande della sua. Ignorava che era scomparsa come una pianta velenosa con l’orribile secolo che gli aveva dato i natali, per non disonorare mai più l’umanità con i crimini perpetrati in nome di Colui che venne sulla Terra a predicare l’amore e la pace.

L’inquisizione era completamente scomparsa, ma non senza lasciare profonde ferite tra gli uomini, la cui fede in Dio e nella sua giustizia era stata scossa. E molti anni passeranno ancora, prima che la bontà, la verità e la purezza possano ritornare al potere per riportare gli esseri umani verso la fede nel Dio dell’amore, e non nel Dio dell’orrore descritto da quegli oppressori. Abbandonai il Paese di ghiaccio, sconvolto e congelato. Non provavo nessun desiderio di conoscere altri suoi segreti, anche se non escludevo che in futuro avrei potuto farvi ritorno. Pensavo però che per il momento non c'era in quel paese nessuno che potessi comprendere e aiutare. I suoi abitanti mi spaventavano e mi ripugnavano, e la mia presenza non era di alcun beneficio.

Sulla via del ritorno che mi portava dal Paese di ghiaccio al Paese del crepuscolo, passai vicino a numerose cavità chiamate le ‘caverne del sonno’, nelle quali riposava una moltitudine di spiriti completamente intorpiditi e assolutamente inconsapevoli di ciò che succedeva accanto a loro. Seppi che erano individui che avevano abbreviato la loro vita terrena col consumo di oppio, e che così si erano privati di qualsiasi possibilità di sviluppo. Invece di progredire, erano regrediti. Mentalmente alienati, erano più deboli e debilitati dei bambini prima della loro nascita, totalmente incapaci di vita cosciente.

Per molti di loro il sonno sarebbe durato secoli; in altri casi, se il consumo di quel veleno era stato minimo, sarebbe durato venti, cinquanta o cento anni. Quegli spiriti vegetavano letteralmente, poiché i loro sensi erano sviluppati quanto quelli dei funghi; tuttavia in loro dimorava ancora l’anima immortale simile a un piccolo seme imprigionato tra le bende di una mummia egiziana, seme che, contrariamente all’apparenza, è sempre vivo; e quando sarebbe venuto il giorno giusto, in un suolo favorevole, avrebbe infine potuto germogliare.

Le caverne in cui gli spiriti soccorritori avevano sistemato quegli infelici contenevano delle fonti di magnetismo dispensatore di vita. Alcuni spiriti che avevano già attraversato un simile stato per via dell’uso di oppio durante la loro vita terrena, si davano da fare per trasmettere forza vitale a quei corpi spirituali storditi che giacevano al suolo simili a file di cadaveri.

Con una progressione lentissima che varia a seconda della gravità del male di cui sono stati vittime, quegli esseri sfortunati si svegliano attraversando tutte le sofferenze del drogato privato del suo veleno e, progressivamente, tornano in sé, finché ad un certo punto, come piccoli bambini sofferenti, sono in grado di ricevere istruzioni. Allora vengono trasportati in edifici simili alle cliniche per i malati mentali della Terra. In quei luoghi la loro intelligenza allo stato nascente viene educata, e vengono aiutati a recuperare le facoltà naturali che essi hanno distrutto durante la loro vita fisica.

Tali anime disgraziate non progrediscono che molto lentamente. In effetti, bisogna insegnar loro, al di fuori della vita terrena, le cose che proprio la vita sulla Terra aveva il fine di insegnar loro. Come gli ubriachi, ma ad un livello più grave, l’intelligenza e i sensi di questi tossicomani sono paralizzati, ma privi anche dell’apprendistato per cui è concepita la vita terrena. In quel luogo possono fare quell’apprendistato, ma in condizioni molto meno favorevoli.

La visita delle caverne del sonno mi sconvolse in modo inesprimibile. Non tanto per l’incoscienza totale di questi sfortunati, ma a causa del tempo prezioso che perdevano così in un sonno di morte, senza sogni e senza speranza. Come la lepre della favola, mentre essi dormivano, altri meno capaci di loro li superavano, ed avrebbero avuto bisogno di secoli per recuperare il tempo perduto.

Che destino dovranno affrontare quegli spiriti quando si risveglieranno? Quale doloroso percorso dovranno seguire per ritornare semplicemente allo stato dal quale sono scivolati durante la loro vita terrena? Le nostre anime non dovrebbero essere colte dal terrore al pensiero che sulla Terra esistono esseri umani che vivono e fanno fortuna con il traffico di oppio, un commercio che distrugge non solo il corpo, ma ancor più l’anima, al tal punto da chiederci se esista la minima speranza per quelle vittime?

Non possiamo immaginare un destino più crudele di quello di questi spiriti completamente intossicati. Si risvegliano con l’intelligenza di un idiota; acquisiscono, con centinaia d’anni di sforzi, i poteri mentali di un bambino; e dopo di ciò, il loro sviluppo prosegue ancora in modo estremamente lento, perché, contrariamente ai bambini normali, hanno quasi perso il potere di crescere, ed hanno bisogno di un tempo corrispondente a diverse generazioni per acquisire ciò che una sola vita terrestre avrebbe potuto insegnar loro. Ho sentito dire che appena raggiungono il livello di sviluppo di un bambino, molti di questi poveri esseri sono inviati di nuovo sulla Terra per reincarnarsi in un corpo, al fine di poter beneficiare ancora dei vantaggi di cui avevano fatto un uso così cattivo. Di questo fenomeno però ne ho conoscenza solo per sentito dire, e non potrei pronunciarmi sulla sua veridicità. Ma sarei felice di sapere che per loro esiste la possibilità di abbreviare la durata del loro sviluppo e riguadagnare ciò che avevano perso in precedenza sulla Terra.

 

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Capitolo 10

La mia casa nel Paese del crepuscolo

Ritornato nel Paese del crepuscolo mi riposai per qualche tempo, sforzandomi di comprendere meglio le forze che possedevo, mettendo in pratica le lezioni che avevo appreso nel corso dei miei viaggi. Il mio istruttore principale a quel tempo mi somigliava sotto parecchi punti di vista. Aveva condotto sulla Terra una vita simile alla mia e aveva dovuto passare periodi di tempo nelle sfere inferiori, cosa che anch’io stavo facendo in quel momento. Ora però egli risiedeva in uno splendido paese inondato dal Sole, dal quale discendeva di frequente per istruire ed aiutare chi, tra i membri della nostra confraternita, era suo allievo.

Avevo inoltre un’altra guida che mi insegnò cose stupefacenti. Nonostante lo vedessi raramente, esercitava su di me una grande influenza. Apparteneva ad una sfera più elevata dell’altro mio istruttore, e per questo motivo potevo percepirlo come una personalità distinta solo in circostanze eccezionali. La maggior parte del tempo ricevevo le sue comunicazioni sotto forma di suggerimenti mentali o ispirazioni, che mi pervenivano in risposta alle domande che mi ponevo. Anche se quello spirito non mi era visibile, ero spesso consapevole della sua presenza e del suo aiuto.

Quando più tardi appresi che era stato il mio spirito protettore durante la mia vita sulla Terra, mi resi conto che un gran numero dei miei pensieri e delle mie intuizioni, nonché delle mie aspirazioni più alte, erano stati suscitati dalla sua influenza; era stata la sua voce che mi aveva parlato per mettermi in guardia e per incoraggiarmi, durante i miei primi passi nel mondo spirituale. Avevo avuto una scarsa consapevolezza della sua saltuaria presenza nella mia celletta, dove veniva a lenire le mie terribili sofferenze con il suo magnetismo, con la sua meravigliosa conoscenza e il suo potere.

Quando tornando dalle mie visite nelle sfere oscure, rientravo nel Paese del crepuscolo, avevo l’impressione di rientrare a casa. Infatti, per quanto spartana e piccola fosse la mia stanza, conteneva i miei tesori più cari: il ritratto-specchio su cui potevo contemplare la mia amata, la rosa che mi aveva donato e la lettera che mi aveva inviato. Inoltre, là avevo i miei amici, i miei compagni di dolore. Anche se in genere restavamo da soli a meditare sui nostri antichi errori e sulle loro conseguenze, a volte avevamo la gioia di ricevere la visita di un amico.

Poiché tutti noi avevamo seguito lo stesso percorso del disonore, conseguenza della nostra condotta sulla Terra e tutti cercavamo ora la via del bene, eravamo uniti da un legame di simpatia. Se potessi descrivervi esattamente la nostra vita, vi sembrerebbe ben strana. Era allo stesso tempo simile e diversa dall’esistenza sulla Terra. Ad esempio, ogni volta che avevamo fame, consumavamo un semplice pasto preparato per noi in un modo che si direbbe magico. Ma spesso, a volte anche per una settimana, non pensavamo nemmeno al cibo. Non era così per coloro che sulla Terra erano stati buongustai; per loro l’appetito era più frequente e più difficile da soddisfare. In questo campo i miei bisogni erano sempre stati parchi: né cibo né bevande avevano mai esercitato su di me un’attrazione particolare. Eravamo sempre circondati dalla stessa penombra, a metà strada tra giorno e notte. Quest’uniformità era difficile da sopportare per me, poiché ero nato in un paese pieno di Sole e di fiori, ed amavo tanto la luce del Sole, vero bagno di vita.

Proprio come voi sulla Terra, lasciavamo spesso la nostra casa per girovagare nei dintorni. Se volevamo, potevamo anche levitare un po’, ma non così bene come gli spiriti più avanzati. Se avevamo fretta di andare da qualche parte, sembrava che la nostra volontà ci trasportasse in quel luogo alla velocità del pensiero.

Per quel che riguarda il sonno, potevamo restare lunghi periodi senza sentirne il bisogno. Oppure, al contrario, a volte dormivamo per settimane intere, sia in uno stato di dormiveglia, coscienti in parte di ciò che avveniva intorno a noi, sia nell’incoscienza più totale. Un’altra cosa strana erano i nostri vestiti. Sembrava non si consumassero mai, e si rinnovavano da soli in modo misterioso. In quel periodo, il mio abito era di colore blu molto scuro ed aveva una cintura gialla annodata attorno alla vita. Sulla manica sinistra era ricamata un’ancora con la scritta: «La speranza è eterna».

Indossavamo anche della biancheria dello stesso colore scuro. Il nostro abito era lungo, come quello dei penitenti o dei monaci della Terra, con un cappuccio che eventualmente potevamo utilizzare per proteggere il nostro volto dallo sguardo altrui. Ne avevamo spesso il desiderio, poiché i danni che avevamo inferto alla nostra coscienza avevano mutato il nostro aspetto, ed eravamo felici di poterci velare il viso di fronte a coloro che amavamo. Gli occhi infossati, le guance scavate, le carni flosce e rugose, tutti i segni che la sofferenza e la vergogna avevano tracciato sul nostro viso, le forme contorte tradivano la nostra storia. È per questi motivi che spesso nascondevamo il corpo e il viso deformi ai nostri amici della Terra o del mondo spirituale che desideravano vederci.

La vita era monotona per via della puntigliosa regolarità con la quale si succedevano gli studi e le conferenze. Dopo una certa tappa – poiché il tempo non era computato in giorni ma in base al progresso di ognuno – quando uno spirito aveva assimilato una lezione, passava allo studio di cose più elevate in un tempo più o meno lungo a seconda del suo sviluppo spirituale e intellettuale. Alcuni hanno bisogno di molto tempo per comprendere le lezioni che gli vengono insegnate. In questi casi gli spiriti non sono sottoposti a pressioni né vengono incitati, come invece spesso succede sulla Terra, dove sembra ci sia sempre troppo poco tempo per imparare. In quanto spirito, l’essere umano ha tutta l’eternità davanti a sé. Può sospendere o proseguire la sua crescita come più gli aggrada. Può restare al livello nel quale si trova per tutto il tempo di cui ha bisogno per comprendere ciò che gli si vuole insegnare, finché non è pronto per la tappa successiva. Nessuno lo spingerà ad avanzare se non è lui stesso a desiderarlo, come nessuno si opporrà al fatto che desidera vivere in uno stato stazionario, a patto che si conformi alle regole della confraternita: il rispetto dell’altrui libertà e la compassione per tutti.

Nessuno di noi era obbligato ad imparare, e a nessuno di noi veniva vietato. Tutto avveniva in base al desiderio di ciascuno, e se, come spesso si verificava, qualcuno aveva il desiderio di lasciare quel luogo, era libero di andare dove voleva e tornare quando meglio credesse. Le porte non erano chiuse per nessuno, né per chi entrava né per chi usciva. E nessuno rimproverava agli altri i loro errori o i difetti, perché ciascuno sentiva dolorosamente il peso del proprio fardello.

Come appresi, alcuni erano là da anni, poiché non assimilavano queste lezioni che con difficoltà; altri erano attratti così spesso verso il piano terrestre, che avevano finito col discendere nelle sfere più basse, e dovevano riattraversare un periodo di purificazione nella Casa della speranza.

Questi spiriti sembravano arretrare, piuttosto che avanzare; in realtà non era una vera e propria regressione, era solo una prova necessaria affinché potessero guarire definitivamente dal desiderio di gustare i velenosi piaceri del piano terrestre. Alcuni, come me, avevano una potente motivazione che li spingeva ad elevarsi, e facevano rapidi progressi di livello in livello. Purtroppo ve ne erano ancora troppi che avevano bisogno dell’aiuto di chi, dotato di un’immensa pazienza, li sostenesse nelle loro prove e li consolasse. Venne il momento di condividere con i meno fortunati di me un po’ della mia abbondante speranza. Io ero, infatti, benedetto da un torrente di amore ed affetto che dalla Terra sgorgava in continuazione dalla mia amica, la quale mi esortava a compiere nuovi sforzi con la promessa della felicità e della pace futura.

In quel periodo mi venne offerta una nuova gioia: fui autorizzato a passare più tempo sulla terra con Bianca, e contemporaneamente lei diveniva sempre più consapevole della mia presenza. Prima, durante i miei spostamenti, ero andato spesso a trovarla senza che lei se ne accorgesse, ma ormai, nonostante per lei fossi quasi invisibile, Bianca poteva sentire la mia presenza e il contatto della mia mano quando la ponevo nella sua. Metteva una sedia vicino alla sua e ci sedevamo fianco a fianco come facevamo quando ero sulla Terra. Mi parlava e poteva capire abbastanza bene le mie risposte. A volte arrivava a discernere vagamente il mio contorno. Ah! Che strano era, e quanto triste, ma allo stesso tempo quanta felicità in quegli incontri tra una vivente e un morto!

Arrivavo spesso da Bianca con il cuore appesantito dai rimorsi del passato. La vergogna per ciò che avevo fatto della mia vita continuava ad ossessionarmi, al punto che a volte mi sembrava impossibile elevarmi. Ma la vista del dolce viso di Bianca e la consapevolezza che, nonostante tutto, mi amasse, calmava la mia anima e rinnovava il desiderio di lottare. Nella dura prova della nostra separazione, quegli incontri così piacevoli facevano crescere in noi la speranza e la fiducia nell’avvenire più di quanto lo si possa esprimere. Constatai che Bianca stava sviluppando i propri poteri psichici, studiando assiduamente il modo in cui utilizzare i doni meravigliosi che possedeva e che aveva lasciato per così tanto tempo inattivi; lei stessa gioiva nel constatare che il velo che ci separava si dissipava giorno dopo giorno.

Poi ci fu data un’ulteriore gioia: Bianca aveva trovato un altro medium la cui costituzione psichica rendeva possibile a uno spirito il rivestirsi dell’apparenza di un corpo terrestre, simile a quello che aveva avuto sulla Terra, e quindi riconoscibile dagli amici che aveva lasciato[4]. Tramite questo procedimento fui in grado di materializzare, come si dice, una mano solida per toccarla. Ciò fu fonte per noi di grande gioia, ma non mi autorizzarono a mostrarmi completamente a lei. Infatti, mi spiegarono che non avrei potuto farlo senza rivelare le tracce della mia sofferenza spirituale, cosa che le avrebbe causato dolore. Mi dissero che più avanti avrei potuto mostrarmi chiaramente.

Una moltitudine di spiriti infelici si presentava a queste riunioni[5] nella speranza di avere la possibilità di mostrarsi a qualcuno che sarebbe stato felice di sapere che vivevano e potevano ritornare. La maggior parte di loro si allontanava poi, triste e delusa, perché erano troppo numerosi per la quantità limitata di potere disponibile. Chi era più fortemente desiderato sulla terra, ne aveva la priorità. Nel mondo dello spirito esistono molte anime sole, tutte desiderose di venire sulla Terra ad annunciare a parenti ed amici che sono ancora vive, che continuano a pensare a loro, che partecipano alle loro lotte e che, senza la barriera della carne, potrebbero ora consigliarli ed aiutarli meglio di quanto avrebbero potuto fare durante la loro vita terrena.

Ho visto veramente tanti spiriti restare aggrappati al piano terrestre, mentre sarebbero potuti andare in sfere più elevate, semplicemente per l’affetto provato per le persone care lasciate in preda alle difficoltà della vita terrena e nel lutto della loro morte. Questi spiriti vagavano attorno ai propri cari in vita con la speranza che prima o poi avrebbero avuto un’occasione per renderli coscienti della loro presenza e del loro fedele affetto.

Se si potesse comunicare tramite l’intermediazione di un messaggero, come fanno gli amici sulla Terra quando uno di loro parte per un paese lontano, potrebbero essere evitate molte pene e stati di disperazione. Anche se gli anni e gli angeli consolatori alleviano i dolori dei mortali e degli spiriti, non sarebbe meglio se potessero mantenere una comunicazione tra loro?

Ho conosciuto una madre morta il cui figlio aveva preso una cattiva strada. Lui pensava a lei come ad un angelo che si era allontanato per sempre. Ho visto questa madre seguire il figlio per anni, sforzandosi invano di imprimere nel suo spirito la sensazione della sua presenza, al fine di impedire che si perdesse definitivamente e perché alla fine abbandonasse la strada del peccato. Ho conosciuto una coppia di innamorati che si erano separati per un malinteso, e tra i quali la morte aveva posto una barriera insormontabile. Quello che era andato nel mondo spirituale inseguiva l’altra che era rimasta sulla Terra e con tutti i mezzi cercava di farle capire la verità: che i loro cuori erano sempre stati fedeli l’uno all’altro, malgrado quello che era accaduto potesse far credere il contrario. Ho visto spiriti talmente preoccupati e disperati, alla ricerca di un minimo indizio negli sguardi e nei pensieri dei loro cari, affinché potessero rassicurarli sul fatto che la loro presenza fosse stata percepita. Nella loro disperazione si gettavano ai piedi delle persone in vita, cercavano le loro mani, i loro vestiti, o qualunque cosa da afferrare. Ma la mano spirituale non riusciva nemmeno a toccare quella della persona in vita, e l’orecchio terreno era sordo alla voce dello spirito. La sola cosa che poteva essere percepita da chi era in vita era il sentimento di dolore che lo spirito comunicava, e che gli suscitava lo stesso intenso desiderio di rivedere il trapassato, ma non la consapevolezza che questi fosse vicino a lui.

Non esiste sulla Terra alcun sentimento di disperazione comparabile a quello provato da uno spirito che si rende conto per la prima volta della barriera che la morte ha elevato tra lui e il mondo dei vivi. Non è meraviglioso vedere come gli spiriti cerchino di riconfortare gli afflitti, sia sulla Terra che nel mondo spirituale, e mettono in opera ogni cosa possibile per eliminare questa barriera e aprire delle porte attraverso cui gli esseri umani e gli angeli possano passare e comunicare, come succedeva all’inizio dell’umanità?

Se è vero che, nelle esibizioni di alcuni medium o associazioni spiritistiche, molti fenomeni che avvengono possono sembrare sciocchi, volgari o terrificanti; se è vero che esistono tra loro anche medium falsi ed imbroglioni, pazzi creduloni e pretenziosi egoisti, non è forse anche vero che queste cose succedono ogniqualvolta una nuova verità cerca di farsi riconoscere? Non si dovrebbero scusare queste deviazioni, tenendo conto che sono tentativi, anche maldestri, di aprire delle porte e lasciar brillare la luce del mondo spirituale sulla Terra? Se volete, rimproverate gli sforzi mal diretti, ma cercate soprattutto di guidarli meglio, così aiuterete coloro che si sforzano di elevarsi. Non tentate di bloccarli o soffocarli. Riconosceteli piuttosto per quello che sono: sforzi del mondo invisibile per sollevare il velo che cela i nostri cari scomparsi.

 

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Capitolo 11

Il mio angelo custode: Ahrinziman

Andavo sempre a queste riunioni di materializzazione in compagnia di quello spirito sublime di cui ho parlato in precedenza, e il cui nome mi era stato comunicato in seguito: Ahrinziman, la ‘guida orientale’. Dal momento che ora posso vederlo chiaramente, ve lo descrivo. È un uomo di aspetto maestoso, vestito con un abito fluttuante, lungo e bianco, bordato di giallo, con alla vita una cintura dello stesso colore. Il suo colorito, leggermente scuro, è quello di un orientale. I suoi tratti sono decisi e belli, come quelli di certe statue di Apollo, anche se la sua espressione orientale lo differenzia dal tipo greco perfetto. I suoi occhi scuri sono grandi, dolci e teneri come quelli di una donna. Ma nella loro profondità si intuisce un fuoco latente e un ardore passionale che, anche se ben dominato dalla sua forte volontà, danno al suo sguardo e ai suoi modi un calore e una forza straordinari.

Da questa espressione appassionata, deduco che ha conosciuto nella sua vita terrena la dolcezza e l’intensità di un amore e di un odio profondi. Le sue passioni sono ora purificate da qualunque impurità terrena e gli permettono di stabilire dei legami di simpatia con chi, come me, lotta ancora con la propria natura inferiore e cerca di dominare le proprie passioni. Una corta barba nera gli copre le guance e il mento, e i lunghi capelli ondulati gli ricadono sulle spalle. La sua statura, pur essendo imponente, possiede tutta la grazia e la dolcezza della razza orientale. In effetti, le particolarità di ogni etnia sono così pronunciate, che ogni spirito porta ancora con sé, per lungo tempo, le tracce della propria nazionalità terrena. Anche se erano passati dei secoli dal momento in cui Ahrinziman aveva lasciato il suo corpo terreno, i segni che differenziano i popoli orientali da quelli occidentali erano ancora evidenti in lui.

Il suo aspetto, in fondo, non sarebbe molto diverso da quello di un uomo sulla Terra, se non fosse per la luminosità abbagliante del suo corpo e del suo viso. Nessuna parola potrà mai descrivere questa strana e meravigliosa visione, eterea eppure distinta e tangibile, che caratterizza gli spiriti delle sfere superiori.

Durante la sua vita terrena, Ahrinziman aveva già studiato profondamente le scienze occulte, e dopo il suo arrivo nel mondo spirituale aveva esteso le sue conoscenze ad un punto tale che i suoi poteri sembravano senza limiti. Di temperamento ardente e passionale come me, aveva imparato a dominare le sue passioni durante i lunghi anni della vita spirituale. Oggi egli è in una sfera molto elevata, dalla quale discende per aiutare gli spiriti caduti che lottano con sincerità per la propria crescita. La sua simpatia e la sua comprensione nei confronti delle loro debolezze li predispone ad accettare il suo aiuto, mentre quello proveniente da uno spirito che non fosse mai caduto, sarebbe accolto più difficilmente.

Nonostante la sua grande bontà e compassione, possiede una volontà alla quale non ci si può opporre, quando pensa sia necessario utilizzarla. Ho avuto più volte io stesso l’occasione di osservare il modo in cui frena certi spiriti indisciplinati e facilmente irascibili, sui quali agisce con la sua volontà, quando sono sul punto di fare qualcosa di nocivo per se stessi o per altri. Questi spiriti vengono praticamente paralizzati, eppure egli non li tocca nemmeno. È grazie alla sua volontà, ben più forte della loro, che riesce ad immobilizzarli.

Dopo di ciò dimostra loro, con la sua benevola e notevole saggezza, le conseguenze che la loro azione avrebbe causato su loro stessi e sugli altri. Dopo averli istruiti, li libera dal sortilegio temporaneo che aveva gettato su di loro con la forza della sua volontà e li lascia liberi di agire come loro aggrada, e cioè di commettere o meno il peccato di cui ora conoscono la portata e il prezzo. Raramente ho visto spiriti che persistono nel loro comportamento dopo un tale avvertimento. Nonostante io sia stato considerato una persona dalle decisioni immutabili e dotato di una forte volontà, mi sono sentito spesso debole come un bambino vicino a lui, e più di una volta mi sono inchinato alla giustezza delle sue decisioni.

Vorrei insistere sul fatto che nel mondo spirituale l’essere umano è completamente libero di obbedire alle proprie inclinazioni e, se così decide, è libero di rifiutare i consigli che gli vengono dati. I limiti entro i quali uno spirito può realizzare i propri desideri, e la misura nella quale può violare i diritti degli altri, sono regolati dal grado di legge e di ordine che regna nella sfera alla quale appartiene. Ad esempio, nelle sfere più basse, là dove non esiste che la legge del più forte, potete fare ciò che vi piace. Potete oltraggiare uno spirito ed asservirlo al limite della sopportazione. Ed un altro, più forte di voi, agirà su di voi allo stesso modo. Gli schiavi più oppressi della Terra sono meno sfortunati di quelli che ho visto nelle sfere più basse, dove non vige nessuna legge, e dove non vivono che gli spiriti che per tutta la loro vita hanno ignorato le leggi divine ed umane, dandosi la legge che permette loro di opprimere il loro prossimo.

In quelle sfere sembra che, per quanto forte e crudele possa essere uno spirito, se ne trovi sempre uno più forte di lui, più crudele, più malvagio, più tirannico, che a sua volta lo opprime, fino ad arrivare a quelli che si può dire regnano sull’inferno come re o imperatori del male. Questo processo continua finché il male diventa un rimedio a se stesso. Ad un certo punto anche lo spirito più cattivo e dispotico aspirerà alla fine a un’altra vita, e desidererà una legge che limiti questo disordine, una forza superiore alla sua. Questo sentimento sarà la prima tappa, il primo slancio verso una vita migliore, il che, per i Fratelli della speranza inviati in quelle oscure sfere, costituirà la fessura attraverso cui potersi introdurre per stimolare quel desiderio di miglioramento e far capire loro che vi è ancora speranza.

In funzione del suo livello, lo spirito trova a ogni tappa del suo progresso un grado di legge e di ordine superiori, al quale deve essere pronto a conformarsi, proprio come si aspetta che altri vi si conformino. Un’obbedienza perfetta alle leggi morali supreme non si trova che nelle sfere superiori, ma esistono vari gradi di osservanza nelle sfere intermedie. Colui che rispetta i diritti degli altri vedrà rispettati i propri, mentre colui che calpesta i diritti del proprio prossimo subirà a sua volta lo stesso trattamento da chi è più forte di lui.

Nel mondo spirituale, l’essere umano è libero sotto tutti i punti di vista. Può essere studioso o pigro, fare il bene o il male, può attirare su di sé la benedizione o la maledizione. Come è lui, così saranno coloro che lo circondano. La sfera per la quale è pronto sarà sempre per lui quella più elevata che può raggiungere, fino al momento in cui, grazie ai suoi sforzi, diverrà degno di abitare in una sfera più alta. Perciò nel mondo spirituale i buoni non hanno bisogno di nessuna protezione contro i cattivi.

La loro differenza di elevazione spirituale erige tra loro una barriera insormontabile. Quelli che sono in alto possono sempre, se lo desiderano, discendere ed assistere coloro che sono più in basso. Ma tra i primi e i secondi esiste un abisso che i secondi non possono superare. È solo sulla Terra (e sugli altri pianeti in cui esiste la vita fisica) che può esserci una commistione (mescolanza) di buone e cattive influenze di forza pressoché simile. Dico a ragione, ‘pressoché simile’, perché anche sulla Terra il bene è più forte. È l’essere umano stesso che abbandona questo potere a causa del suo attaccamento alla sua natura più bassa.

Molto tempo fa il cuore dell’uomo era semplice e puro come quello di un bambino, e il mondo spirituale era molto vicino a lui, anche se non lo sapeva. Tuttavia oggi gli esseri umani si sono allontanati dal mondo spirituale, e lo ricercano proprio come dei marinai su un battello ricercano il porto nella nebbia. Dei conducenti benevolenti del mondo spirituale si tengono vicini a loro, pronti a sostenerli per dirigerli verso il paese luminoso dal quale possono portare un tesoro di luce e di speranza ai combattenti affaticati della Terra.

 

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Capitolo 12

La mia seconda morte, …per salire in alto

 

 

Le riunioni di materializzazione si tenevano ogni due settimane e tre mesi dopo la prima riunione. Io fui invitato da Ahrinziman a prepararmi a un grande mutamento, sia interiore che del mio ambiente. Si trattava del mio passaggio ad una sfera più elevata.

Secondo gli insegnamenti che ho ricevuto, le varie sfere del mondo spirituale vengono contate in modi diversi. Del resto, non è importante che siano classificate in base a uno standard unico, perché le loro divisioni sono un po’ come le frontiere tra le nazioni, che si fondono le une nelle altre in modo impercettibile. Quando passate da un paese ad un altro, i cambiamenti nel paesaggio e negli abitanti diventano evidenti in modo graduale.

Alcuni vi diranno che esistono sette sfere, e che la settima rappresenta il Cielo di cui parla la Bibbia. Alcuni dicono che il mondo spirituale comprende dodici sfere, mentre altri ne aumentano ulteriormente il numero. Ogni sfera, comunque, è suddivisa in livelli, in genere, dodici per sfera, ma anche in questo caso vi sono modi diversi di contarli. Avviene come per le unità di misura sulla Terra: variano da un paese all’altro, anche se la cosa misurata è sempre la stessa. Per quanto mi riguarda, sono abituato a pensare che vi siano sette sfere al di sopra della Terra e sette al di sotto.

Utilizzo i termini ‘al di sopra’ e ‘al di sotto’ per indicare rispettivamente la vicinanza e la lontananza dal grande Sole-centrale del nostro sistema solare. La sfera che rasenta più da vicino il Sole, e che resta nella zona terrestre, è la più elevata che possiamo raggiungere; al contrario, la sfera più lontana dal Sole è la più bassa e la più decaduta.

Ogni sfera è suddivisa a sua volta in dodici livelli, che si fondono l’uno nell’altro, e si passa quindi dall’una all’altra in modo impercettibile. Finora avevo vissuto in quello che viene chiamato il Piano terrestre, che è simile ad una grande cintura che circonda molto da vicino la Terra e penetra nella sua atmosfera. Il piano terrestre comprende la prima delle sette sfere superiori e la prima delle sette sfere inferiori. L’espressione ‘Piano terrestre’ è in genere utilizzata per descrivere la residenza di quegli spiriti che vengono detti ‘legati alla Terra’ con maggiore o minore intensità, perché per loro non è possibile liberarsi completamente dall’attrazione terrestre, né per precipitare nelle sfere più basse né per elevarsi.

Mi fu detto quindi che avevo superato il mio attaccamento alle cose terrene, e quindi mi ero liberato dall’attrazione della Terra al punto da poter passare nella seconda sfera. Il passaggio da una sfera più bassa a una più elevata viene compiuto generalmente, ma non sempre, durante un profondo sonno, che somiglia molto alla morte di un essere umano quando abbandona il suo corpo terreno. Più uno spirito è elevato ed etereo, più questa trasformazione avviene con un certo grado di coscienza, fino al momento in cui il passaggio da una sfera a un’altra è come togliersi un abito e indossarne uno più fine o, più esattamente, come lasciare un involucro spirituale per un altro più sottile. In questo modo l’anima si eleva, il suo involucro diviene sempre meno terreno e meno materiale, fino al momento in cui supera i limiti della sfera terrestre per raggiungere quelli dei sistemi solari.

Al ritorno da una delle mie visite sulla Terra mi sentii cogliere da una strana sonnolenza che somigliava più a un blocco mentale che al sonno. Mi ritirai nella mia piccola cella del Paese del crepuscolo e, gettatomi sul letto, caddi subito in un sonno profondo, simile a quello senza sogni della morte. Secondo i tempi terreni, restai in quello stato per circa due settimane. In quel periodo la mia anima abbandonò il corpo astrale deforme, per apparire, come un neonato, in un involucro spirituale più bello e più puro, che era il prodotto degli sforzi compiuti per superare il male che albergava in me. Tuttavia non rinacqui come un bambino, ma come un adulto, perché le mie esperienze e la mia conoscenza erano quelle di uno spirito maturo.

Esistono dei mortali le cui esperienze sono state così limitate e le cui facoltà spirituali sono state così poco coltivate, da farlo rimanere in uno stato talmente infantile che rinasceranno nel mondo spirituale sotto forma di bambino, indipendentemente dal numero di anni vissuti sulla terra. Ma questo non fu il mio caso; entrando nel mondo spirituale, avevo l’età da me raggiunta sulla Terra.

In uno stato di totale incoscienza, la mia anima rinacque nella seconda sfera sotto la protezione di assistenti spirituali, e in quella sfera continuai il mio sonno senza sogni fino al momento del mio risveglio. L’involucro astrale che abbandonai fu dissolto negli elementi del piano terrestre da parte di quegli assistenti spirituali, proprio come il mio corpo terreno si era decomposto, dopo la mia morte, negli elementi materiali di cui era costituito; la polvere ritorna alla polvere, mentre l’anima immortale passa ad uno stadio superiore. Così avvenne la mia seconda morte. Mi risvegliai alla resurrezione del mio io più elevato.

 

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Capitolo 13

Il benvenuto nel Paese dell’alba

Quando ripresi conoscenza per la seconda volta nel mondo spirituale dopo un sonno simile alla morte, mi trovai in un ambiente molto più gradevole. Almeno qui c'era la luce, e anche se fioca come quella di uno scialbo giorno senza Sole, era pur sempre un piacevole cambiamento, dopo la notte e la penombra deprimenti in cui avevo vissuto.

Giacevo su un letto con il materasso di piume in una piccola e graziosa stanza. Una grande finestra davanti al letto si apriva su un vasto paesaggio di colline e montagne. Non si vedevano né alberi, né cespugli, né tantomeno fiori, salvo alcuni molto semplici, come delle erbe fiorite che spuntavano qua e là. Purtuttavia, questa misera vegetazione mi sollevava l’animo. Invece del nudo suolo del Paese del crepuscolo, vedevo un tappeto di erba e di felci.

Questa regione si chiama il ‘Paese dell’alba’. La luce sembra proprio quella del levar del Sole prima che l’astro riscaldi la Terra con i suoi raggi. Il colore del cielo è grigio bluastro, con piccole nubi bianche che si rincorrono all’orizzonte. È un errore immaginare che nel mondo spirituale non esistano le nuvole e il Sole. Sarebbe, per tutti gli esseri umani, un’immensa perdita l’essere privati, dopo la loro morte, di elementi così belli. Io, che ne ero stato privato per un lungo periodo, so di cosa parlo.

Anche se la stanza nella quale mi trovavo non era affatto lussuosa, trasmetteva una piacevole sensazione di accoglienza e mi ricordava l’interno di una casa di campagna sulla Terra. Non vi era nulla di particolarmente bello, ma conteneva tutto il necessario, e non dava l’impressione della nuda prigione che era stata il mio precedente alloggio. Vi erano alcune immagini che rappresentavano degli episodi piacevoli della mia vita terrena e delle scene della mia vita spirituale, e con somma gioia scoprii che vi erano anche i miei tesori: il ritratto-specchio di Bianca, la sua lettera e la rosa. Interruppi la mia esplorazione e gettai lo sguardo verso lo specchio per vedere cosa facesse la mia amata. Dormiva; il suo viso sorrideva, come se durante il sonno qualcuno le avesse detto cosa mi era accaduto. Poi guardai fuori della finestra verso la lunga fila di colline che si dispiegava davanti a me, senza alberi, ma ricoperte d’erbe e di felci. Guardai a lungo quel paesaggio, così simile e allo stesso tempo così diverso da un paesaggio terrestre, così spoglio eppure così piacevole! I miei occhi affaticati dalle sfere basse nelle quali avevo soggiornato, riposavano con gioia su quello spettacolo. Il pensiero di essere nato a una nuova vita mi riempiva di una riconoscenza profonda ed inesprimibile.

Voltandomi scoprii uno specchio vicino alla finestra, e guardai per vedere se in me fosse sopravvenuto qualche mutamento. Feci un salto indietro con un grido di gioiosa sorpresa. Era possibile? Era proprio il mio viso quello che vedevo? Guardai ancora. Ero veramente io? Ero giovane! Sembrava avessi al massimo trentacinque anni, con i tratti che avevo sulla Terra nel fiore dei miei anni. Nel Paese del crepuscolo il mio aspetto era così vecchio e miserabile che evitavo sempre di guardarmi. Ero infinitamente più brutto di quanto mai avrei potuto esserlo sulla Terra anche se avessi vissuto cento anni. Adesso ero giovane; guardai la mia mano, era fresca come il mio viso. Ero felice di vedermi di nuovo giovane, nel fiore dell’età, anche se non proprio identico a come ero stato sulla Terra: c’era nel mio sguardo una certa tristezza, qualcosa nei miei occhi che indicava la sofferenza che avevo attraversato. Sapevo che non avrei più potuto provare la gioia sfrenata e spensierata della gioventù, perché non potevo ritornare ad essere come ero stato.

Il ricordo amaro della mia vita passata riemerse in me, smorzando il mio entusiasmo. Provavo di nuovo rimorso per i miei peccati, un rimorso che gettava la sua ombra sulla gioia di quel risveglio.

Mai! Mai la vita passata avrebbe potuto essere cancellata in modo che non ne restasse alcuna traccia. Ho saputo che anche spiriti molto più avanzati di quanto non fossi io a quel tempo, portano ancora le cicatrici dei loro peccati e delle loro sofferenze passate. Queste stigmate scompariranno lentamente man mano che lo spirito avanza nell’eternità. A me era stata accordata una grande gioia: la realizzazione delle mie speranze; nonostante ciò, l’ombra del passato, col suo mantello nero, pesava sulla felicità di quest’ora.

Mentre riflettevo sulla mia trasformazione, si aprì la porta ed entrò uno spirito. Come me in quel momento, era vestito con un lungo abito blu scuro con i bordi dorati e sulla manica portava il simbolo del nostro ordine. Era venuto per invitarmi a un banchetto celebrato in onore di chi, come me, era appena arrivato dalle basse sfere.

«Tutto è semplice qui» disse, «anche le nostre feste. Ma il sale dell’amicizia darà sapore alla nostra gioia, e il vino dell’amore ci darà vigore. Oggi siete nostri ospiti, e vi aspettiamo tutti per dare il benvenuto a voi che avete sostenuto una dura battaglia e avete raggiunto un’importante vittoria».

Mi prese per mano e mi condusse in una grande sala munita di grandi finestre che guardava verso le montagne e verso un lago tranquillo. Grandi tavoli, intorno ai quali vi erano delle sedie per noi, erano apparecchiati per un pranzo di festa. Vi erano cinque o seicento fratelli appena arrivati come me, e circa mille altri che si trovavano in quella sfera da qualche tempo. Questi passavano dall’uno all’altro per presentarsi e per salutare i nuovi venuti. A volte qualcuno riconosceva un vecchio amico, un compagno, o una persona a cui aveva prestato aiuto o da cui lo aveva ricevuto nelle sfere inferiori. Tutti aspettavano l’arrivo del presidente della Confraternita, colui che veniva chiamato il Gran Maestro.

Improvvisamente si aprirono le grandi porte a una delle estremità della sala ed entrò una processione. Avanzava alla sua testa uno spirito magnifico e maestoso, che indossava un abito dello stesso colore blu che si vede nei dipinti della Vergine Maria. Il vestito e il cappuccio che gli ricadeva sulle spalle erano foderati di bianco e bordati di giallo. Sulla manica era ricamato il simbolo della Confraternita della speranza. Un centinaio di giovani vestiti di blu e bianco, con in mano dei rami d’alloro, seguivano il Gran Maestro.

All’estremità sopraelevata della stanza si trovava una magnifica poltrona con un baldacchino bianco, blu e giallo, sulla quale prese posto il Gran Maestro dopo averci salutato. I giovani si misero a semicerchio dietro di lui. Dopo aver offerto a nome di tutti noi una preghiera di gratitudine a Dio Onnipotente, il Maestro ci parlò:

«Tutti noi porgiamo il nostro benvenuto ai pellegrini che per un certo tempo devono trovare riposo, amicizia e pace nella nostra Casa della speranza. Cari fratelli appena arrivati, vi onoriamo in quanto vincitori nella lotta contro l’egoismo e il peccato. Ricevete quindi, quali membri della nostra confraternita, le nostre felicitazioni per la vostra vittoria. Possa la grande felicità che ora provate, esservi di sprone nel nome dell’amore fraterno, a tendere la mano agli sfortunati che avete lasciato nelle tenebre della vita terrena e sul Piano terrestre. In futuro festeggerete delle vittorie ancora più importanti, se cercherete di trasmettere sempre più l’amore perfetto della nostra grande confraternita, i cui Maestri più gloriosi sono in Cielo, e i cui membri più umili lottano ancora con il peccato nelle sfere più basse. La nostra grande Confraternita deve dispiegarsi come una catena senza interruzioni dai Cieli fino alla Terra, fin quando quel pianeta ospiterà la vita fisica. Dovete ricordarvi sempre che siete gli anelli di quella grande catena, collaboratori degli angeli e fratelli di coloro che sono i più oppressi. Vi invito ora a ricevere e a conservare questo ramo d’alloro che mai si seccherà, e che dovrà ornare le vostre fronti vittoriose. A nome del Signore supremo dell’Universo, a nome di tutti gli angeli e a nome della nostra Confraternita, incorono ora ognuno di voi e vi consacro alla Luce, alla Speranza e alla Verità».

Al suo segnale, commossi dall’onore che ci veniva fatto e da queste parole piene d’amore, i nuovi venuti gli si avvicinarono. Tutti ci inginocchiammo davanti al Gran Maestro per ricevere l’alloro che i discepoli gli passavano e che lui stesso poneva sul nostro capo.

Quando l’ultimo tra noi ebbe ricevuto la corona, fragorose grida di gioia si alzarono dai fratelli. Cantammo un magnifico inno di lode le cui parole e la cui melodia erano così belle che vorrei tanto farvele sentire. Quando tutto finì, ognuno di noi fu condotto al proprio posto da un fratello e il banchetto ebbe inizio.

Vi chiederete come un tale banchetto possa essersi svolto nel mondo spirituale. Ma sulla Terra, il vostro piacere durante una festa, si riduce forse al cibo che mangiate e al vino che bevete? Ogni festa, non porta forse anche delle gioie di natura spirituale? Inoltre, se credete che gli spiriti non abbiano bisogno di mangiare e bere, siete in errore! Noi abbiamo bisogno di cibo e mangiamo, anche se il nostro nutrimento non è formato da sostanze materiali come le vostre. Da noi non ci sono carni o cose simili, tranne che nelle sfere più basse, in cui gli spiriti legati alla Terra soddisfano attraverso le persone in vita i loro rudi appetiti.

In questa seconda sfera, invece, si trovano i frutti più deliziosi. Sono translucidi e fondono in bocca quando li si consuma. C’è anche un vino simile ad un nettare frizzante, ma che non rende ubriachi e non spinge all’abuso. Non vi è nulla qui che possa soddisfare un appetito rozzo, ma solo cibi squisiti e pane leggero, e devo confessare che non ho mai apprezzato nulla quanto quei frutti magnifici che erano anche i primi che vedevo nel mondo spirituale. Mi spiegarono che erano proprio i frutti del nostro lavoro, cresciuti nel mondo spirituale grazie ai nostri sforzi al servizio degli altri.

Dopo che quel banchetto ebbe fine, ci intrattenemmo ancora, poi ci fu un altro discorso e un canto di ringraziamento al quale tutti partecipammo, e questo pose fine alla festa. Poi ci separammo; alcuni andarono sulla Terra a visitare degli amici e ad annunciare loro, per quanto possibile, il gioioso avvenimento che stavamo vivendo. Molti di noi erano ancora, purtroppo, pianti come anime perse, private della salvezza perché morti nel peccato. Soffrivamo del fatto di non riuscire a far pervenire a questi amici della Terra il messaggio che ormai vivevamo in una felice speranza.

Altri fratelli andarono a parlare con nuovi spiriti amici. In quanto a me, mi affrettai a tornare sulla Terra per portare a Bianca la buona notizia della mia crescita. La trovai sul punto di uscire per andare a una di quelle riunioni di materializzazione. Tremando di gioia e di impazienza, la seguii perché ora sapevo che non avevo più alcun motivo per non mostrare il mio volto a colei che era stata così fedele nell'aspettarmi. Vedermi, non sarebbe più stato un dolore per lei.

Che serata meravigliosa fu quella! Restai sempre vicino a lei. Continuavo a toccarla; non ero più l’oscura sagoma velata che nascondeva il viso, ma ero lì orgoglioso del mio corpo resuscitato e del mio nuovo abito. I ricordi del passato non erano più lì a causarmi la vergogna e il dolore che avevo conosciuto. Mostrai il mio viso ai suoi occhi meravigliati, ma lei non mi riconobbe subito: mi ricordava come mi aveva conosciuto sulla Terra, con il volto preoccupato e la fronte rugosa; il mio viso ringiovanito le era estraneo. Mi guardò, stupita, ma sono sicuro che, se avessi potuto mantenere le particelle materiali della mia forma ancora per qualche momento, mi avrebbe riconosciuto, e il suo stupore avrebbe lasciato posto alla gioia. Purtroppo, ben presto sentii la mia forma materializzata sciogliersi come la cera, e dovetti ritirarmi. Al momento di andarsene, sentii che diceva: «Aveva l’aspetto che il mio amico avrebbe potuto avere da giovane. Era proprio simile a lui, e allo stesso tempo molto diverso. Non so cosa pensare».

Passando dietro di lei, le mormorai all’orecchio che ero proprio io e non un altro. Lei sentì il mio sussurro, sorrise e mi rispose che aveva sentito. Provai una gioia incontenibile, e questo fu il coronamento di quella giornata memorabile.

 

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Capitolo 14

L’amore di un padre

Iniziò così per me un periodo di felicità, una stagione di riposo e gioia sulla quale non mi dilungherò. Il suo ricordo è per me troppo prezioso, perché furono giorni che passai vicino a colei che amavo. Ero felice di vedere che capiva quasi tutto ciò che le dicevo, e le mie visite presso di lei mi assorbivano talmente tanto tempo che me ne restava poco per esplorare le meraviglie del Paese dell’alba del quale ero divenuto un abitante.

Presto ricevetti un’altra sorpresa. Durante i miei spostamenti, dopo la morte, non avevo mai avuto occasione di incontrare nessuno dei miei parenti o dei miei amici che erano arrivati prima di me nel mondo spirituale. Un giorno, però, resi visita a Bianca e la trovai eccitata per un misterioso messaggio che aveva ricevuto. Proveniva da uno spirito che era andato a trovarla, le aveva detto di essere mio padre e le aveva chiesto di comunicarmi il messaggio. A quelle parole fui preso da una tale agitazione, che potevo appena parlare. Sulla Terra avevo amato molto mio padre perché mia madre era morta così presto che me ne ricordavo appena. Mio padre era stato tutto per me. Aveva provato tanta gioia ed orgoglio per tutti i miei successi, e aveva grandi speranze per il mio avvenire. Sapevo però di avergli spezzato il cuore quando presi una cattiva strada. Non sopravvisse a lungo al crollo delle sue speranze, e dopo la sua morte non potei pensare a lui che con il più profondo dolore e la più profonda vergogna.

Di conseguenza, quando sentii che dall’altra parte della soglia della morte mio padre aveva parlato con Bianca, temetti che si fosse lamentato della mia caduta, che aveva distrutto tutte le sue speranze. Non avevo il coraggio di incontrarlo, ma ero impaziente di sapere se in ciò che aveva detto vi erano state anche parole di perdono per il figlio che aveva peccato tanto.

Come potrei riprodurre le sue parole? Come potrei descrivere quel che sentii? Le sue parole caddero sul mio cuore come rugiada su una terra arida, e sono troppo preziose perché possa comunicarle pubblicamente. Il padre della parabola biblica del figliuol prodigo ha avuto simili parole d’amore e di benvenuto per suo figlio. Singhiozzavo, mentre ascoltavo la mia amata che mi ripeteva il messaggio. Come ho desiderato ora rivedere mio padre, e appoggiare di nuovo la testa sul suo cuore, come quando ero bambino!

Voltandomi, vidi il suo spirito vicino a noi. Era esattamente come lo ricordavo negli ultimi tempi della sua vita terrena, ma con un aspetto glorioso che nessuna persona in vita ha mai visto. Fummo in grado di dire solamente: «Padre!» e «Figlio mio!» per salutarci, e ci abbracciammo con una gioia indicibile.

Quando le nostre emozioni si furono calmate, parlammo di tante cose, in particolare di colei il cui amore mi aveva accompagnato sulla via della crescita. Appresi allora che mio padre aveva vegliato su di noi, ci aveva aiutati e protetti. Mi aveva seguito negli spostamenti, sia sulla Terra che nel mondo spirituale, e durante le ore difficili mi aveva protetto e consolato. Nascosto alla mia vista, era però rimasto sempre vicino a me, con amore immutabile, mentre, paventavo di incontrarlo, era lì, in attesa di un’occasione per manifestarsi. Era venuto infine a me tramite colei che amavo, e i nostri legami si strinsero ancora di più nella gioia di questa riunione.

 

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Capitolo 15

Il programma di una nuova spedizione verso gli inferi

Quando, dopo quel memorabile incontro tornai nel Mondo spirituale, mio padre mi accompagnò e restammo a lungo insieme. Mi disse che una spedizione si apprestava a lasciare quella sfera per andare, in qualità di ‘salvatori’, nella sfera più bassa, una regione inferiore a tutte quelle che avevo visto fino a quel momento, e che era veramente l’inferno descritto dalla Chiesa. Non si sapeva quanto tempo sarebbe durata questa spedizione. Sapevamo solo che vi era un compito da svolgere e, proprio come un esercito di invasione, era necessario perseverare fino al momento in cui il compito affidatoci fosse stato realizzato.

La mia guida orientale mi consigliò di unirmi a quella spedizione. Anche mio padre, che in passato aveva inviato i suoi figli a combattere per il suo amato paese, desiderava vedermi partire con quell’esercito di guerrieri della luce, della verità e della speranza. Per lottare con successo contro le potenze del male era necessario essersi staccati completamente dalle tentazioni del piano terrestre e delle sfere ancora più basse. D’altra parte, però, per poter essere visti dagli sfortunati abitanti di quella regione e per dar loro un aiuto efficace, non si doveva appartenere alle sfere elevate. Gli spiriti più avanzati dei fratelli della speranza del primo livello della seconda sfera non possono essere visti né sentiti in quella sfera così bassa. Quanto a noi, per renderci visibili in quelle regioni, dovevamo coprirci di una certa quantità della loro sostanza, cosa che uno spirito troppo elevato non avrebbe potuto fare. Tuttavia, assistenti appartenenti alle sfere più elevate ci avrebbero accompagnato per proteggerci e aiutarci. Sarebbero stati invisibili sia per noi che per chi avremmo dovuto aiutare.

I partecipanti alla spedizione avevano tutti il mio stesso stato d’animo. Ognuno di noi sapeva che avremmo appreso molte cose tramite l’osservazione personale degli stati di avvilimento in cui le nostre passioni avrebbero potuto condurci se avessero preso il sopravvento su di noi. Allo stesso tempo, avremmo potuto salvare da quelle oscure sfere molte anime che si erano pentite. Chi avessimo salvato sarebbe stato condotto là dove anch’io avevo soggiornato al momento del mio primo distacco dalla vita terrena, dove esistono innumerevoli istituzioni che accolgono questi spiriti (istituzioni dirette da individui che a loro volta sono stati, in passato, salvati dagli inferi, e che sono, per questa ragione, i più adatti ad aiutare quei poveri esseri).

Spedizioni simili venivano inviate nelle zone tenebrose non solo dalla Confraternita della speranza del Paese dell’alba, ma anche da altre Confraternite. Tutte quelle imprese si integravano in una immensa opera di salvataggio, continuamente praticata in favore dei peccatori, in nome del Padre eterno di tutti noi, il Quale non condanna nessuno dei suoi figli ad una infelicità eterna. Un certo numero di amici ci avrebbe accompagnato in quel viaggio, e la spedizione sarebbe stata guidata da un capo, che a sua volta era stato salvato dalle sfere oscure e ne conosceva i pericoli specifici.

Attraversando il Piano terrestre e le basse sfere, le vedemmo in modo completamente nuovo. La mia guida orientale promise di inviarmi uno dei suoi allievi perché mi accompagnasse. Questi avrebbe così potuto, strada facendo, mostrarmi e spiegarmi alcuni dei misteri del Piano astrale[6]. Hassein (così si chiamava l’allievo) studiava i misteri della natura definiti ‘magia’, che in genere sono condannati, anche se, in realtà, solo il loro abuso è condannabile. Una migliore conoscenza di questi fenomeni occulti permetterebbe di prevenire numerosi misfatti, e di combattere alcune di quelle potenze malefiche che si attaccano all’essere umano, che nella sua terribile ignoranza, si trova senza difesa nei loro confronti. Come Ahrinziman, il suo allievo nella vita terrena era stato di nazionalità persiana e di religione zoroastriana, ed entrambi appartenevano ancora a quella scuola filosofica il cui grande fondatore fu Zoroastro.

«Nel mondo degli spiriti», diceva Ahrinziman, «esiste un gran numero di scuole di pensiero di orientamento diverso. Tutte insegnano le grandi verità fondamentali della natura, ma si differenziano l’una dall’altra per diversi dettagli minori. In particolare, hanno punti di vista diversi sul modo in cui le verità si applicano alla crescita dello spirito. Si distinguono anche per le conclusioni che traggono dalle verità assolute che applicano a ciò di cui non hanno ancora alcuna conoscenza certa, e che è oggetto di speculazione. È un errore credere che nel Mondo spirituale del nostro pianeta esista un sapere assoluto in grado di spiegare tutti i grandi segreti della Creazione, ad esempio il come e il perché della nostra esistenza, il perché del male, misto al bene, o ancora, la natura dell’anima e il modo in cui è stata creata da Dio.

Le onde della Verità eterna emanano costantemente dai grandi centri di pensiero dell’Universo e sono trasmesse alla Terra dalla catena di intelligenze spirituali, ma in ogni caso, ogni spirito trasmette la parte di verità che il proprio sviluppo spirituale gli permette di comprendere. E ogni mortale assimila la sola conoscenza che le sue facoltà intellettuali gli permettono di accettare e comprendere.

Né gli spiriti né i mortali possono sapere tutto. Gli spiriti possono solo trasmettere le spiegazioni che le rispettive scuole di pensiero e i maestri qualificati di queste scuole insegnano loro. Non possono andare oltre, perché neppure loro conoscono di più. Nel Mondo spirituale non vi sono più certezze assolute di quelle che si hanno sulla Terra.

Chi pretende di possedere la vera e unica spiegazione dei grandi misteri, non trasmette altro che ciò che gli è stato insegnato da spiriti più sviluppati di loro. E questi, con tutto il rispetto loro dovuto, non sono qualificati a parlare in modo assoluto più di quanto lo siano i maestri di un’altra scuola. Io affermo, non per mia autorità, ma per quella di un altro che nel Mondo spirituale è riconosciuto come un maestro molto progredito, che è assolutamente impossibile dare una spiegazione definitiva sugli argomenti che superano le capacità di uno spirito del nostro sistema solare. Le risposte a queste domande presumono la conoscenza dei limiti dell’Universo, che in effetti è illimitato, nonché la conoscenza della natura precisa dell’Essere supremo, che non può essere inteso se non come Spirito infinito, senza alcun limite, l’Inconosciuto e l’Inconoscibile.

I mortali e gli spiriti possono insegnare solo entro i limiti delle loro conoscenze. Oltre quei limiti, ve ne sono altri che nessuno può raggiungere. Come si può pretendere di mostrare la fine ultima di ciò che non ha fine? O ancora: com’è possibile a qualcuno sondare la profondità di un pensiero infinito? Il pensiero è eterno e impenetrabile quanto la vita. Lo Spirito è infinito e compenetra tutto. Dio è in tutto e al di sopra di tutto. Nessuno conosce la Sua natura o la Sua essenza.

Noi sappiamo solo che Egli è presente in tutto e dovunque. La parte mentale dell’essere umano deve arrestarsi sulla soglia delle proprie domande con la chiara consapevolezza della propria piccolezza. La sola cosa che può fare è apprendere, prudentemente e umilmente, assicurandosi di consolidare ogni passo prima di compiere quello successivo. Anche gli spiriti più sublimi e più arditi non possono apprendere tutto insieme. Con la sua visione limitata, come può l’essere umano della Terra sperare che tutto gli sia spiegato, quando le intelligenze più avanzate del Mondo spirituale si sentono continuamente bloccate dalla loro impotenza nel corso della loro ricerca della verità?»

 


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Capitolo 16

Il viaggio ha inizio

 

 

Hassein, l’allievo che Ahrinziman mi aveva inviato per accompagnarmi ed istruirmi, appariva, secondo i criteri terrestri, come un giovane di venticinque o trenta anni. Mi disse di aver vissuto sulla Terra per oltre sessant’anni. Le sue sembianze attuali corrispondevano al suo sviluppo spirituale, che è l’unico fattore determinante l’età che uno spirito mostra nel mondo spirituale. Più un abitante dell’aldilà sviluppa le proprie capacità spirituali e intellettuali, più la sua figura appare rivestita di dignità, fino ad assumere l’aspetto di un saggio, aspetto che esprime la sua dignità, la sua potenza e la sua esperienza, senza tuttavia mostrare le rughe e le imperfezioni della vecchiaia.

Inoltre, quando uno spirito nelle sfere che circondano la terra ha raggiunto (o un qualunque altro pianeta) il più alto livello di sviluppo possibile, assume l’aspetto di un patriarca. In seguito passa alle regioni più elevate e più estese del sistema solare di quel pianeta. Lì inizia una nuova esistenza sotto un’apparenza più giovane, perché il suo grado di sviluppo non è che quello di un giovane, paragonato a quello degli spiriti avanzati di quella sfera più elevata.

Hassein mi raccontò che al momento stava studiando le varie forze e forme della natura nei regni che si trovano al di sotto dello stadio della vita dell’anima. Mi disse che sarebbe stato in grado di farmi vedere molte cose curiose durante il nostro viaggio.

«Molti spiriti - mi disse - attraversano la sfera del Piano Astrale senza essere consapevoli dei fantasmi che lo abitano. Il motivo di ciò è che non sono sufficientemente sviluppati per percepire in tutti i dettagli ciò che li circonda. La stessa cosa avviene sulla Terra, dove la maggior parte delle persone non è in grado di vedere gli spiriti che li circonda, mentre altri li vedono perfettamente. Inoltre, sulla Terra vi sono persone in grado di percepire non solo gli spiriti degli esseri umani deceduti, ma anche le entità astrali elementari che, a rigore, non sono propriamente spiriti, poiché non possiedono il germe immortale dell’anima. Molti esseri che incontreremo non hanno mai posseduto un’anima, mentre altri ancora non sono che gusci vuoti abbandonati dalle anime umane che una volta contenevano.

Per poter capire la differenza tra uno spirito dotato di un’anima, e un’entità astrale senz’anima, bisogna possedere un potere di visione spirituale, o chiaroveggenza, come viene comunemente chiamato. Chi ha solo un livello imperfetto di chiaroveggenza è in grado di percepire gli elementali e i gusci astrali[7], ma non è in grado di distinguerli chiaramente dalle forme spirituali che contengono un’anima. Questo è il motivo per cui, tra questi chiaroveggenti imperfetti, regna una grande confusione sulla natura e sulla qualità di tali entità.

Presso gli umani sulla terra si osservano sette livelli diversi di chiaroveggenza. E, nella tappa successiva alla vita sulla terra lo spirito, essendosi liberato degli elementi più grossolani della materia fisica, incontra altre sette estensioni del dono della chiaroveggenza; e così di seguito, man mano che lo spirito lascia uno per uno i propri gusci materiali; prima il più grossolano, fatto di materia terrestre, poi altri gusci di materia sempre più sottile. Non è mai possibile separare completamente e definitivamente lo spirito da ogni forma materiale perché, in qualsiasi sistema solare, non può avere un’esistenza cosciente se non possiede una forma. Al di là di tali limiti, non abbiamo nessuna conoscenza, e tutto è oggetto di supposizioni.

Il grado di sviluppo dell’anima è in rapporto preciso con la qualità e la densità della materia in cui risiede. Ciò che ti dirò ora sulla chiaroveggenza, riguarderà solo il primo stadio della vita cosciente, quello terreno, lasciando ad un’altra occasione la descrizione delle teorie e delle credenze sugli stadi antecedenti la presa di coscienza dello spirito della propria esistenza, e delle teorie sui livelli che superano le nostre conoscenze attuali.

Noi troviamo, nello stadio terreno della vita, certe persone, nella maggior parte dei casi donne o giovani, che sono dotati di uno o più livelli di chiaroveggenza. I tre primi livelli si incontrano frequentemente, il quarto ed il quinto più raramente, mentre il sesto e il settimo non si manifestano praticamente mai, tranne che nelle persone dotate di una costituzione molto particolare dovuta alle influenze astrologiche sotto le quali sono nate (in particolare al momento preciso in cui sono nati). Il sesto e il settimo livello sono così rari che pochissimi li posseggono, ma si incontrano a volte alcuni che possiedono il sesto livello sia pure ad un grado imperfetto, e per nulla il settimo.

Questi non potranno mai raggiungere un livello di chiaroveggenza completo. Come se portassero degli occhiali imperfetti, la loro vista difettosa non permetterà loro che una visione parziale delle cose celesti e, anche se sono in grado di vedere nella sesta sfera, i loro poteri imperfetti diminuiscono considerevolmente il valore di ciò che vedono.

In compenso, chi possiede il sesto e il settimo livello di chiaroveggenza in grado perfetto, può viaggiare in spirito fino alla settima sfera, la più elevata delle sfere terrestri, chiamata Cielo. Come San Giovanni nel Nuovo Testamento, vedrà cose ineffabili. Perché ciò avvenga, l’anima deve essere liberata da tutti i legami con il corpo fisico, tranne che da un filo estremamente sottile, senza il quale la connessione tra corpo e spirito sarebbe troncata per sempre. Si può dire che in un tale momento i veggenti si trovino fuori dal corpo.

È però difficile e pericoloso far passare l’anima nella settima sfera. Anche quando è disponibile una potenza sufficiente, ciò può esser fatto solo da persone eccezionali e in circostanze altrettanto eccezionali. Si può evidentemente dire altrettanto dei veggenti dei livelli inferiori, con la differenza tuttavia che le facoltà potranno essere utilizzate in modo più facile e sicuro quando sono ad un livello meno celeste.

Ogni veggente può vedere solo nella sfera corrispondente al livello della propria facoltà. Ma curiosamente molti chiaroveggenti possiedono perfettamente uno o più livelli di visione spirituale e, allo stesso tempo, un altro livello più elevato, ma in modo imperfetto. Quando ciò avviene, il medium può confondere le visioni, e non è interamente affidabile. Il livello imperfetto agisce come un occhio difettoso che altera la visione dell’occhio sano. È perciò preferibile non possedere in alcuna misura un certo livello di chiaroveggenza piuttosto che possederlo in modo incompleto, perché ciò comporterebbe un’alterazione dei risultati ottenuti (a meno di poter chiudere, come si farebbe con un occhio difettoso, il livello imperfetto in modo che la visione dei livelli inferiori sia corretta).

Quando, tra i loro allievi, gli Antichi scoprivano dei chiaroveggenti perfetti in uno o più livelli, frenavano in loro la ricerca dello sviluppo fino a quando la visione imperfetta di un livello più elevato avrebbe potuto inficiare l’affidabilità della chiaroveggenza nei livelli dei quali era già esperto. In questo modo arrivavano a formare dei chiaroveggenti affidabili con facoltà moderate, mentre, se questi ultimi avessero fatto sforzi ulteriori per sviluppare la loro capacità di veggenti, avrebbero perso in qualità più di quanto avrebbero guadagnato.

Nell’antichità, i chiaroveggenti erano ripartiti in varie classi, come ancora avviene in certe scuole profetiche dell’Oriente. Tuttavia, quest’arte non è più studiata in modo perfetto come lo era una volta, quando i popoli orientali della Terra erano al culmine della loro potenza. Ogni classe necessitava di un’educazione speciale, in funzione del livello e del tipo di dono spirituale. A quel tempo quindi non si constatava, come invece avviene oggi, questa curiosa combinazione, in una stessa persona, di doni potenti e di una totale ignoranza in relazione al loro uso ragionevole.

Questa situazione causa dei gravi errori e molti problemi, tanto ai medium quanto a coloro che li consultano. Colui che utilizza e sviluppa senza misura e discernimento i propri poteri medianici, è simile a un allenatore che pensa di poter sottoporre ad allenamento intensivo dei giovani ginnasti senza deteriorare il loro apparato muscolare. Un uccellino che viene spinto fuori del nido troppo presto cade al suolo, ma se lo si lascia sviluppare in modo naturale fino al momento in cui le sue ali siano sufficientemente forti per sostenerlo, volerà fino al cielo.

Quando la conoscenza spirituale sulla Terra sarà più sviluppata, alcuni sensitivi dotati dei poteri medianici necessari riceveranno delle direttive da parte delle intelligenze superiori che guidano il vasto movimento spiritualista. Potranno allora discernere gli spiriti bassi e gli spiriti elevati. In questo modo, una gran parte della confusione e del pericolo sarà gradualmente eliminata.

Nel mondo spirituale, molti maestri si sono dedicati, durante i secoli, allo studio dei poteri medianici delle persone sulla Terra. Oggi, essi ricercano delle porte aperte attraverso le quali trasmettere la conoscenza utile agli uomini. Fino ad oggi, non è stato possibile comunicare gran parte di ciò che conoscono, mentre altre scoperte sono state comunicate da molto tempo. In questo campo come in altri, le intelligenze si apriranno e si svilupperanno nella misura in cui la conoscenza verrà divulgata».

Ringraziai il mio nuovo amico per le sue informazioni, e per l’aiuto che mi prometteva. Poi, dal momento che la spedizione era sul piede di partenza, andai sulla Terra a salutare Bianca. Non mi dilungherò su questa visita. Sentivamo tutti e due quanto ci sarebbero mancati i nostri brevi ma frequenti incontri perché, nonostante la barriera che ci separava, davano ad entrambi una grande gioia.

Al mio ritorno, vidi che i preparativi per il viaggio erano stati fatti. Fui invitato a salutare mio padre e i miei amici, e a unirmi ai miei compagni di viaggio nella grande sala, al fine di ricevere la benedizione del nostro Gran Maestro. Dopo di ciò, la nostra spedizione si mise in viaggio, accompagnata dagli auguri di tutta la Confraternita riunita.

 

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Capitolo 17

Il piano astrale

 

 

Il modo migliore per immaginare la strada intrapresa per il nostro viaggio è visualizzare un’enorme spirale[8], come quella di un cavatappi, che sviluppa verso l’alto e verso il basso i suoi cerchi. Un puntino non più grande di una testa di spillo al centro di una grande ruota potrebbe rappresentare bene la Terra al centro di questi cerchi. Un numero uguale di cerchi si trova al di sopra ed al disotto della Terra; tutti questi cerchi sono connessi tra loro come in una enorme spirale, dal più basso al più alto attorno a questo punto, e la testa della spirale è diretta verso il nostro Sole-centrale, considerato come la punta più elevata della sfera più progredita. Questa descrizione vi fornirà una pallida idea della Terra e delle sfere spirituali che sono ad essa collegate, e vi permetterà di comprendere che durante il nostro viaggio, quando siamo passati dalla seconda sfera alla sfera più bassa, abbiamo dovuto attraversare il piano terrestre.

Attraversandolo, vidi molti spiriti di mortali che si affrettavano qua e là, come spesso li avevo visti fare. Ma ora, per la prima volta, vidi molte forme fantasmatiche che galleggiavano e si mescolavano a loro, simili a quegli spettri che avevo visto tormentare lo spirito nella gabbia, nel Paese di ghiaccio. Quelle entità fluttuanti sembravano ondeggiare, come alghe in riva all’oceano, portate qui e là dalle varie correnti astrali che circolano attorno alla Terra. Alcuni di questi spettri erano ben distinti e sembravano vivi, ma esaminandoli da vicino, vidi che i loro occhi mancavano della luce dell’intelligenza. Il loro aspetto di abbandono e di decadenza ricordava quello di bambole di cera che avevano perso l’imbottitura.

Durante i miei precedenti viaggi, non ero mai stato consapevole dell’esistenza di questi esseri. Quando ne chiesi il motivo ad Hassein, questi mi rispose: «Il motivo principale è che il tuo lavoro ti assorbiva troppo. Inoltre, il tuo potere visivo non era abbastanza sviluppato. Guarda là, per esempio!» continuò, attirando la mia attenzione verso un piccolo gruppo di esseri bizzarri che somigliavano a degli elfi e si avvicinavano a noi danzando come bambini, tenendosi per mano.

«Osservali. Sono le emanazioni spirituali, mentali e fisiche di anime e corpi di bambini. Si condensano in queste buffe ed innocue immagini quando giungono in contatto con una delle grandi correnti di vita che circolano attorno alla Terra, che portano sulle loro onde le emanazioni viventi di uomini, donne e bambini. Questi piccoli esseri bizzarri non hanno vita personale cosciente, cosa che è resa possibile solo dall’anima, e sono così effimere ed eteree che la loro forma si modifica come quella delle nuvole nel cielo. Guarda come si dissolvono e si riformano».

Mentre guardavo, vidi la nube formata da quelle piccole figure trasformarsi in una nuova forma grottesca. Non sembravano più delle piccole fate, con vestito e cappello a fiori, ma avevano ali, ed erano diventate esseri metà farfalla e metà diavoletto, con corpo umano, testa animale e ali di lepidottero. Poi, mentre una nuova corrente magnetica le portava via, si sparpagliarono, prima di raggrupparsi più avanti per comporre altre forme con altre particelle.

Ero così impressionato dall’apparenza di vitalità e dall’improvvisa metamorfosi di questi esseri, che Hassein dovette indovinare il mio stupore, perché mi disse: «Ciò che hai appena visto non è che una forma eterea di vita elementare, non abbastanza materiale per esistere a lungo sul Piano terrestre. È come schiuma del mare, generata dal moto delle onde di vite e pensieri terreni. Guarda adesso come la consistenza di ciò che è impuro può essere molto più densa nel Piano Astrale».

Vidi allora fluttuare verso di noi una gran massa di forme aeree scure, deformi, di aspetto a un tempo umano e inumano. «Questi, disse Hassein, sono gli esseri che tormentano il delirio dell’alcoolista. Attirati dal suo magnetismo corrotto, si aggregano attorno a lui. Poiché egli ha perso la forza di volontà necessaria per proteggersi, non può respingerli. Quelle creature, con un tipo di «intelligenza vorace», gli si attaccano, aspirando la sua forza vitale come delle sanguisughe o come piante parassite. La sola speranza di un ubriacone è trovare sulla Terra qualcuno che possegga una potente volontà e una forza magnetica sufficiente per prenderlo sotto la protezione della sua volontà e sottoporlo all'influenza del proprio magnetismo, fino a quando anche l’ultimo di tali fantasmi si distacca da lui, non potendo resistere al magnetismo sano che viene riversato su di essi e sullo sfortunato al quale si erano legati.

Il magnetismo di una persona sana e forte agisce come un veleno su queste creature parassite e le uccide. Si distaccano e le loro forme, perdendo la loro coesione, si disgregano in polvere immateriale. Però se queste creature non sono venute a contatto con una dose di magnetismo sano sufficiente a distruggerle, continuano a fluttuare e a girovagare per anni, drenando la vitalità animale da un essere umano all’altro. Col tempo, arrivano ad acquisire un certo grado di vita animale indipendente. Possono così essere utilizzate da esseri di intelligenza superiore. Sono queste creature senz’anima, create e nutrite dagli uomini della Terra, che una certa classe di maghi, che praticano la magia nera, utilizza per i propri esperimenti e per portare a termine i propri oscuri piani contro chi li ostacola. Ma, simili ad alghe mortali sul fondo di uno stagno oscuro, queste entità astrali afferrano come tentacoli e distruggono chi osa interferire con esse senza la protezione di potenze superiori».

«Spiegami allora, amico Hassein, se queste entità astrali possono spingere a bere di più un ubriacone quando gli si aggrappano, come nel caso dello spirito di un bevitore che controlla lo spirito di un uomo in vita».

«No! Queste creature non ricavano alcun piacere dalle bevande che un uomo ingurgita, ma il fatto che questi beva indebolisce il suo magnetismo a tal punto da permettere loro di nutrirsi più facilmente di lui. È la sua forza animale, o forza vitale, che ricercano. Tale forza è la sostanza della loro vita, come l’acqua lo è per la pianta. Non influiscono quindi sul suo desiderio di bere ma, poiché depredano la vitalità della loro vittima, ingenerano in essa una tale sensazione di sfinimento che il bevitore sente il bisogno di bere per tirarsi su. Queste entità sono solo parassiti e la loro intelligenza è di una specie così rudimentale che la si può appena definire tale. Per generare un pensiero e trasmetterlo a un altro individuo, occorre avere un’anima, cioè una scintilla dell’essenza divina. Un essere che ha ricevuto questa scintilla possiede un’individualità indipendente che non può mai più perdere. Può sbarazzarsi dei suoi involucri l’uno dopo l’altro, o può al contrario sprofondare nelle forme sempre più grossolane della materia, ma una volta che è un’anima vivente non può mai cessare di esistere, e esistendo conserva sempre la sua individualità, così come la responsabilità delle sue azioni.

Non è possibile per un parassita senz’anima influenzare la mente di un mortale. Ciò significa che gli spiriti che vagano sulla Terra e spingono gli uomini in vita a darsi al bere o ad altri vizi sono anime di esseri umani che una volta vivevano sulla Terra, e questi erano talmente immersi nelle loro passioni volgari, da non riuscire più a liberarsi del loro guscio astrale, da infestare la Terra e spingere gli umani ad indulgere nel bere e in altri vizi simili. Come sai, sono in grado di dominare il tessere umano in molti modi, sia parzialmente che completamente. Il modo più frequente nel quale uno spirito controlla un uomo in vita consiste nell’avvilupparlo parzialmente con il proprio corpo spirituale, fino a quando si forma tra loro un legame: un po’ come il legame che unisce due fratelli gemelli, talmente vicini che i sentimenti dell’uno sono percepiti dall’altro. In questo modo, lo spirito che controlla un uomo in vita approfitta di tutto ciò che quest’uomo ingerisce, e lo spinge a bere il più possibile. Quando l’uomo in vita non è più in condizioni di bere, lo spirito si distacca da lui e va a cercare un’altra persona di debole volontà e dai gusti depravati.

Tuttavia, lo spirito terreno – ovvero l’uomo in vita – non sempre arriva a liberarsi dello strano legame che è stato costruito tra loro grazie alla comune pulsione al bere. Quando il rapporto tra loro si protrae a lungo, può diventare difficile per i due arrivare a separarsi. Entrambi possono provare reciprocamente repulsione dopo tanti anni di vicinanza, ma possono non essere in grado, senza l’aiuto di potenze superiori, di troncare i legami che li uniscono; queste però si mostrano sempre pronte ad assistere chi richiede il loro aiuto. Se uno spirito continua a controllare degli esseri umani allo scopo di ricavarne soddisfazione, sprofonda sempre più in basso, trascinando con sé la sua vittima negli abissi dell’inferno, abissi dai quali entrambi dovranno risalire con grande sofferenza, quando giungeranno a provare aspirazioni più elevate. Solo l’anima ha la facoltà di pensare e volere. Le creature senz’anima non obbediscono che alla legge dell’attrazione e della repulsione che governa gli atomi fisici di cui è costituito l’universo. I parassiti astrali non possiedono l’intelligenza necessaria per dirigere il proprio movimento né quello degli altri, anche quando hanno acquisito, a forza di nutrirsi della forza vitale di uomini e donne, un certo grado di vita indipendente. Fluttuano indifferenti come germi di febbre emanati da un’atmosfera fetida, e sono attirati da certe persone più che da altre. Come per i germi delle malattie, si può dire che posseggano una forma di vita molto primitiva.

Un’altra classe di astrali dementali è quella delle entità della terra, del fuoco e dell’acqua, i cui corpi sono formati dai germi di vita materiale di ogni elemento. Alcuni assomigliano agli gnomi o agli elfi che si dice abitino le caverne e le miniere che non sono mai state esposte alla luce del Sole. Ci sono anche le fate, che si potevano vedere nei luoghi solitari e nascosti, tra le razze primitive. Tali sono ancora i folletti e le sirene di cui parlano le favole antiche, nonché gli spiriti del fuoco e dell’aria, con le variazioni legate alle diverse nature degli elementi di cui sono formati. Tutti questi esseri possiedono una vita, ma non hanno un’anima, dal momento che la loro vitalità è attinta dalla vita degli uomini sulla Terra; sono infatti un riflesso degli esseri umani tra i quali vivono. Alcuni tra questi esseri appartengono a un ordine di esistenza estremamente basso, un po’ come le specie superiori delle piante, ma con in più una capacità di movimento indipendente. Altri sono molto vitali, sempre occupati nella pantomima di farse insignificanti e grottesche, e possono spostarsi ad alte velocità. Alcuni sono assolutamente inoffensivi, mentre altri hanno istinti malvagi perché attingono la loro vitalità da razze umane più selvagge.

Questi curiosi dementali non possono sopravvivere a lungo tra i popoli che hanno raggiunto un grado di sviluppo intellettuale superiore, dal momento che gli atomi di vita emessi dagli esseri umani contengono, in questo caso, una componente animale troppo bassa per alimentarli. Di conseguenza muoiono, e le loro forme si dissolvono nell’atmosfera astrale. Così, man mano che le nazioni progrediscono e diventano più spirituali, queste forme di vita inferiore scompaiono dal Piano astrale della Terra. Le generazioni successive cominciano allora a dubitare che siano mai esistite, e infine giungono a negarle completamente. Solo nelle antiche religioni orientali che hanno conservato informazioni su questi esseri, si trovano dei racconti relativi ad altre razze di esseri e ai motivi della loro esistenza. Ecco quindi, uomo occidentale, la scienza che i vostri scienziati e i vostri filosofi hanno bandito e relegato nel regno delle favole e della superstizione. È per questo che l’uomo, imprigionato negli angusti limiti dei suoi sensi fisici, ha cominciato a dubitare di possedere un’anima, un io più elevato, più puro e più nobile di quello che alimenta la triste materia fisica. Vedendo adesso la moltitudine di esseri che circondano l’umanità da ogni parte, non ti sembra preferibile che l’uomo conosca queste cose, per proteggersi dalle numerose trappole che incontra continuamente, nella più totale ignoranza del loro pericolo?

All’inizio dei tempi, l’uomo, come un bambino, si contentava di volgere lo sguardo verso il Padre celeste per implorare il Suo aiuto e il Suo soccorso. Dio inviava allora i Suoi angeli e i Suoi buoni spiriti per proteggere i suoi figli terrestri. Ai nostri giorni, proprio come un adolescente rigido ma immaturo, l’essere umano, nella sua presunzione, non cerca altro aiuto che il proprio, e si getta nel pericolo, con gli occhi velati dall’orgoglio e dall’ignoranza. Si allontana sia dagli elementi che la sua intelligenza limitata non può comprendere, sia dalle persone che potrebbero istruirlo. E poiché non può vedere, pesare e analizzare la propria anima, afferma che non esiste e che non vi è nulla di meglio da fare che gioire senza riserve della vita terrena, dal momento che un giorno morrà e tornerà polvere perdendo così ogni traccia di coscienza e di individualità. Oppure, terrorizzato dal destino sconosciuto che lo attende, si rifugia nelle superstizioni confuse o nei dogmi oscuri di chi pretende di essere guida che mostra il cammino verso il Paese sconosciuto, mentre, in realtà, non conosce quel cammino più di quanto lo conosca un qualunque altro individuo. Questo è il motivo per cui, nella Sua compassione verso i Suoi figli che si sono allontanati da Lui, Dio ha aperto di nuovo, e più ampiamente di quanto abbia fatto in passato, le porte della comunicazione tra i due mondi. Ancora una volta Egli sta inviando i Suoi messaggeri per mettere in guardia gli uomini, per indicare loro il cammino della vera felicità e per mostrare loro la potenza e la conoscenza che possono ereditare. Proprio come i profeti dell’antichità, oggi vi sono dei messaggeri che parlano, e se lo fanno in modo meno velato che in passato, è perché l’essere umano è uscito dall’infanzia, ed è necessario mostrargli in modo ragionevole e scientifico ciò su cui deve fondare le proprie speranze e credenze».

E infine Hassein esclamò alzando la mano verso una piccola palla scura che sembrava galleggiasse in lontananza, e che riconoscemmo come il pianeta Terra: «Ascoltate la voce che vi chiama, o uomini laboriosi della Terra! Ascoltate le voci che vi chiamano, e non distogliete la vostra attenzione! Prima che sia troppo tardi, riconoscete che Dio non è il Dio dei morti, ma dei viventi, perché tutto vive per l’eternità. La vita è ovunque e in tutto! Anche la Terra e le rocce sono composte da germi di vita, e ogni cosa vive al proprio livello. Anche l’aria che respiriamo e l’etere illimitato dello spazio universale sono pieni di vita. E tutti i pensieri che emettiamo sono dotati di vita, nel bene e nel male; non vi è alcun atto la cui immagine non continui a vivere per portare alla fine, tormento o felicità all’anima, nel giorno della liberazione dall’incarnazione terrestre. La vita è in ogni cosa, e Dio è la Vita centrale di tutto!»

Hassein tacque, e poi proseguì su un tono più calmo: «Guarda laggiù! Cosa sono quelle cose secondo te?», indicandomi una massa di forme spirituali che planavano nella nostra direzione, come spinte da un vento violento. Quando furono più vicine a noi, in effetti vidi che si trattava di involucri astrali senz’anima, ma completamente diversi da quei fantasmi che avevo visto perseguitare l’uomo nella gabbia di ghiaccio. Questi erano più solidi, e sembrava fossero pieni di energia animale, eppure facevano pensare a degli automi che non possedevano nessuna forma di intelligenza. Andavano alla deriva, e danzavano come le boe sul mare a cui vengono legate le barche.

Quando ci furono vicini, il mio amico concentrò la sua volontà su uno di essi, per immobilizzarlo nell’aria e mi disse: «Adesso guarda! Non lo prenderesti per un grande pupazzo animato? Queste cose sono il prodotto di innumerevoli piccoli germi viventi emessi dai corpi fisici degli esseri umani. In altre parole, sono emanazioni della loro vita inferiore o animale, sufficientemente materiali per trasformarsi in queste imitazioni di uomini terrestri quando entrano in contatto con la forza magnetica del Piano astrale. Ma non lo sono abbastanza da poter essere visibili all’occhio fisico. Per percepirli è sufficiente un basso livello di chiaroveggenza, ma un livello più elevato permette di vedere che non si tratta di veri involucri spirituali, poiché manca loro il principio dell’anima. Un livello ancora più elevato di chiaroveggenza permette di capire che nessuna anima ha mai abitato queste forme, e che non sono mai state gli involucri astrali di esistenze coscienti. Tra i chiaroveggenti di quest’epoca, la questione degli spiriti astrali non è sufficientemente approfondita per sviluppare questi livelli superiori di visione. Pochi chiaroveggenti sulla Terra sarebbero in grado di dirti se si tratta di forme astrali contenenti un’anima, di forme astrali dalle quali l’anima si è separata, o ancora, di forme astrali che non hanno mai ospitato un’anima.

Ora ti mostro subito un esperimento con questa forma astrale. Ma prima osservala attentamente: è fresca e piena della vita animale del piano terrestre; non ha l’aspetto inerte e come svuotato che avevano gli esseri che hai visto in precedenza, che in passato avevano contenuto un’anima e che erano in uno stato di rapido disfacimento. Ma ricorda quanto ti dico: questo essere astrale, apparentemente vigoroso, cadrà in disfacimento molto più rapidamente degli altri, perché in lui non c’è alcun principio di vita superiore. A differenza di questo, un essere astrale che in passato ha contenuto un’anima, può, in virtù di ciò, conservare una certa coesione, anche per molto tempo dopo che l’anima lo ha lasciato. Le forme astrali devono ricevere la loro vita da una fonte più elevata (e cioè da un’anima immortale) altrimenti cessano ben presto di esistere e si dissolvono».

«Ma come fanno ad avere queste forme umane?» gli chiesi.

«Grazie alla forza delle correnti magnetiche spirituali che attraversano continuamente tutto lo spazio eterico, simili a quelle degli oceani, queste correnti di vita magnetica sono di un tipo più sottile di quelle conosciute dalla scienza terrestre; ne sono la controparte spirituale. Agiscono su questa massa confusa di atomi[9] umani nello stesso modo in cui l’elettricità agisce sullo strato di brina su un vetro, generando su di esso delle forme di piante, foglie, ecc. È un fatto noto che nel regno vegetale, l’elettricità gioca un ruolo attivo nella realizzazione delle forme delle foglie, degli alberi, ecc., ma pochi sanno che questa forma sottile di magnetismo gioca un ruolo anche nella formazione delle forme umane e animali. E dico ‘vita animale’ per indicare la vita di questi esseri inferiori all’uomo».

«Allora ci sono anche delle forme astrali di animali?».

«Certamente. Alcune sono delle combinazioni strane e grottesche. Non posso mostrartele al momento perché la tua facoltà visiva non è ancora abbastanza sviluppata, e perché stiamo viaggiando troppo rapidamente. Ma un giorno te le farò vedere assieme a molte altre cose curiose del Piano astrale. Posso tuttavia dirti che gli atomi sono divisi in classi, e che ogni classe possiede un tipo di attrazione particolare verso un’altra classe; di conseguenza, gli atomi vegetali si attirano reciprocamente per formare piante e alberi astrali, mentre gli atomi animali si costituiscono in forme simili ad animali. Gli atomi umani, d’altra parte, si raggruppano in forme umane.

Nel caso di esseri umani molto primitivi, il cui sviluppo è vicino a quello degli animali, gli atomi che emettono si mescolano con quelli delle forme di vita animale. Si generano allora creature spaventose, dalla forma intermedia tra quella dell’uomo e dell’animale, e che, se vengono viste da un chiaroveggente, vengono descritte come visioni da incubo. Nelle sfere terrestri, un numero considerevole di questi atomi viventi è continuamente emesso dalla vita inferiore e animale degli esseri umani e quindi riparano e rinnovano le forme astrali. Se trasportassimo uno di questi gusci astrali su un pianeta spiritualizzato al di là della vita materiale, diverrebbe come una nuvola vaporosa tossica e si dissolverebbe.

Come ti ho già detto, questi esseri astrali, creati dalle masse di atomi umani, e che non sono mai serviti da forma a un’anima, sono poco più durevoli delle figure formate dalla brina sui vetri, a meno che la forza di una intelligenza più elevata non agisca su di essi per rinforzare la loro vitalità e prolungare la loro esistenza. Sono senza espressione propria, e sono simili a pupazzi di cera; quindi si prestano a ricevere l’impronta di una qualsiasi individualità che venga impressa su di essi. Ciò spiega il fatto che in passato fossero utilizzati da maghi e stregoni.

Gli atomi astrali generati dagli alberi, dalle piante, dagli animali e dagli esseri umani non devono essere confusi con gli atomi spirituali che avvolgono le anime e costituiscono il mondo spirituale propriamente detto ed i suoi abitanti[10]. Gli esseri astrali sono di un grado di ‘materialità’ intermedia tra la materia grossolana e densa della Terra e la materia più sottile del Mondo spirituale. Quando parliamo di un’anima rivestita dal suo guscio astrale, indichiamo unanimi […] legata alla Terra, troppo sottile e immateriale per 1’esistenza terrena, ma troppo grossolana per passare nelle sfere più elevate del Mondo spirituale, o per discendere nelle sfere più basse».

«Quindi, tu affermi che, per quanto riguarda il corpo spirituale, uno spirito delle sfere più basse è più spiritualizzato di uno spirito legato alla Terra?».

«Certamente. Il Piano astrale forma come una cintura attorno ad ogni pianeta. È composto da una materia troppo fine per essere riassimilata dal pianeta, e troppo grossolana per sfuggire alla sua attrazione ed elevarsi nelle sfere del Mondo spirituale, in cui si decomporrebbe o cambierebbe forma. In generale, è solo grazie al potere vitale del suo magnetismo spirituale che è in grado di mantenersi in una forma qualsiasi.

Per quanto riguarda le forme astrali che hanno posseduto una vita individuale, in quanto gusci spirituali di spiriti umani, gli atomi astrali hanno assorbito una certa quantità del magnetismo dell’anima, che varia a seconda che l’esistenza terrena sia stata buona e elevata, o cattiva e degradata. Il magnetismo proprio dell’anima rende quindi vivo il guscio astrale per un tempo più o meno lungo, e costituisce un legame tra il guscio astrale e l’anima che gli conferisce la vita. Se l’anima ha solo desideri elevati, il legame si dissolve rapidamente, e il guscio astrale si decompone. In caso contrario, il legame può durare anche secoli, e può incatenare l’anima alla terra.

La materia astrale costituisce una parte talmente importante della vitalità dell’anima che il guscio vuoto plana ancora al di sopra della Terra, simile all’immagine sbiadita del suo occupante deceduto, anche molto tempo dopo che l’anima malvagia è sprofondata nelle sfere più basse. Questi gusci plananti sono talvolta percepiti dai chiaroveggenti sul luogo in cui quelle persone hanno vissuto. Sono appunto gli ‘spettri’. Non hanno intelligenza propria, perché l’anima li ha lasciati. E non possono nemmeno influire sui medium, né far muovere i tavolini. Non possono far nulla oltre che servire da agente meccanico a un’intelligenza più elevata, buona o cattiva.

L’involucro astrale che è davanti a noi non possiede alcun magnetismo dell'anima e non lo ha mai posseduto. Ben presto quindi si dissolverà e i suoi atomi saranno attirati da altri astrali. Ma guarda a cosa può servire, se faccio agire su di lui la mia forza di volontà e lo animo per un po’ di tempo con la mia personalità».

Mentre parlava, osservavo l’entità astrale e constatavo che prendeva vita e intelligenza. Poi si mosse verso un membro della Confraternita scelto da Hassein, gli toccò la spalla e gli disse: «Amico! Hassein Bey ti saluta!», si inchinò davanti al confratello stupito e divertito, poi scivolò di nuovo verso di noi come una scimmia ammaestrata, come se Hassein la tenesse con una corda.

Mi disse: «Hai visto come posso usare a mio piacimento questo astrale se desidero agire a distanza? Ora tu conosci uno dei mezzi impiegati un tempo dai maghi per fare delle cose in luoghi molto lontani da loro, senza che apparentemente fossero coinvolti in quelle azioni. Tuttavia, queste entità astrali non possono essere utilizzate che sul Piano astrale. Non possono in alcun modo mettere in movimento oggetti fisici; possono tuttavia essere rese visibili all’occhio fisico se così decide chi le utilizza sulla Terra. D’altra parte, vi sono altre entità astrali di materia più grossolana che possono agire sulla materia fisica. Si potrebbe anche farli penetrare nella terra per dissotterrare tesori nascosti, metalli rari, pietre preziose. Ma non è né saggio né giusto consigliarti di far ciò, o spiegarti la forza con la quale tutto ciò potrebbe essere realizzato. I maghi che hanno scoperto tali poteri e li hanno impiegati, presto o tardi sono diventati vittime di questi stessi poteri, che non possono continuare a controllare a lungo».

«Se questa entità astrale fosse animata da una intelligenza malefica, rappresenterebbe un vero pericolo per gli esseri umani?».

«Sì, senza dubbio! Personalmente non mi arrischierei a rivestirmi con questa forma astrale. Ma uno spirito più ignorante di me potrebbe farlo, allo scopo ad esempio di rendersi percepibile sulla Terra, in un modo ancora più concreto di quello che possa normalmente fare uno spirito che ha lasciato il Piano terrestre, ma così correrebbe il rischio di stabilire tra sé e il guscio astrale un legame che in seguito non sarebbe facile distruggere, e che lo incatenerebbe a lungo sul Piano astrale. Comprendi quindi come gli esseri umani sulla Terra che cercano di rivedere i loro amici morti, possano attirarli nella condizione terrena e, in questo modo, nuocere loro gravemente.

Più di uno spirito buono e puro che non era a conoscenza di ciò ha commesso l’errore di rivestire una di queste forme astrali lasciata da un altro spirito, mentre avrebbe dovuto rifuggirla, ed ha compreso troppo tardi di essersi imprigionato da solo sul Piano terrestre, dove è rimasto fino al momento in cui un’intelligenza più elevata è giunta in suo aiuto e lo ha liberato.

Anche gli spiriti di una sfera bassa possono rivestirsi di un involucro astrale vuoto; in questo caso però la densità del loro corpo spirituale impedisce di conservarne a lungo il controllo. In effetti il magnetismo che emana da uno spirito inferiore, agisce sulla forma astrale come un prodotto tossico su di un rivestimento delicato e la disgrega in mille pezzi. A uno spirito che è più in alto del Piano astrale, un guscio astrale sembra duro come il ferro, ma per uno spirito situato al di sotto del Piano astrale, questi gusci astrali sono fragili come nuvole. Più un’anima è bassa, più il suo guscio è solido e aderisce saldamente all’anima, così limita i suoi poteri e le impedisce di elevarsi in una sfera più elevata».

«Vuoi dire dunque che degli spiriti utilizzano a volte questi gusci astrali come utilizzano i medium terrestri, e li controllano con la loro volontà o penetrano direttamente nella loro forma?».

«Esattamente. Uno spirito al di sopra del Piano terrestre che vuole mostrarsi a un chiaroveggente del livello più basso (il primo livello di cui ti ho parlato in precedenza, che corrisponde al Piano terrestre) a volte si rivestirà di un tal guscio che impregnerà della propria identità. In questo modo il chiaroveggente può vederlo e descriverlo. In queste circostanze, il pericolo consiste nel fatto che lo spirito, ben intenzionato ma di limitate conoscenze, non riesce a liberarsi del guscio astrale nel momento in cui lo desidera. L’ha animato e si è fatto imprigionare dalla sua forza vitale. A volte è anche difficile liberarlo. Allo stesso modo, abbiamo constatato che un controllo troppo a lungo e troppo forte da parte di uno spirito su di un medium, stabilisce tra i due un legame che alla fine diventa una catena.

Per uno spirito delle sfere più basse, un guscio astrale non è che un mantello pratico e confortevole per ricoprire il proprio corpo spirituale decaduto, ed inganna il chiaroveggente impedendogli di distinguere la sua anima bassa. Al contrario, per uno spirito buono e puro, un guscio astrale somiglia a una corazza di ferro che può imprigionarlo».

«Uno spirito si serve di questi gusci astrali nel corso delle sedute di spiritismo sulla Terra?».

«Ciò avviene spesso nel caso di spiriti maligni di tipo troppo basso per poter entrare in contatto diretto con il medium. Non dobbiamo dimenticare che i pensieri degli uomini e delle donne si riflettono sul Piano astrale come delle immagini, e possono essere letti dagli spiriti che sanno come farlo. Non tutti gli spiriti ne sono capaci, proprio come non tutti gli uomini sanno leggere. È una cosa che richiede intelligenza e preparazione.

Gli uomini hanno poco da temere dagli spiriti deboli, ignoranti e sottosviluppati del Piano terrestre e delle sfere meno elevate: questi accettano volentieri l’aiuto che è offerto loro per progredire, ma bisogna temere gli spiriti malvagi e intelligenti, i quali spesso possiedono grandi poteri spirituali e materiali che utilizzano solo a fini sbagliati. Questi spiriti rappresentano un vero pericolo per gli esseri umani, e bisogna evitarli con cura. Ciò non può esser fatto che istruendo preventivamente i medium viventi sulla Terra. In questo modo, gli uomini sulla Terra e gli spiriti collaboreranno per proteggere il movimento spiritualista dalle menzogne degli spiriti malvagi e, allo stesso tempo, dagli errori di coloro che, pur dirigendo l’attenzione dell’umanità verso l’aldilà, creano problemi a se stessi e agli altri a causa della loro ignoranza. Sono come chimici ignoranti che, con i loro esperimenti e la loro ricerca del sapere, possono causare dei danni notevoli».

«Non credi che la purezza delle loro motivazioni sia sufficiente a proteggerli?».

«Forse che la purezza delle motivazioni impedisce a un bambino di bruciarsi quando mette la mano sul fuoco? – No! Il solo mezzo per evitarlo consiste nel tenere il bambino il più lontano possibile dal pericolo, ed è ciò che fanno, in gran parte, i loro buoni e saggi spiriti protettori. Ma se i bambini vanno costantemente alla ricerca di situazioni pericolose e in tutti i modi cercano di giocare con oggetti pericolosi, non è possibile evitare che talvolta qualcuno di loro si bruci».

«Di conseguenza, tu non raccomandi lo sviluppo indiscriminato delle facoltà medianiche in tutti i mortali?».

«Certamente no! Sarebbe meglio che potessero servirsi dei loro poteri gli uomini che sono stati formati a tale scopo da saggi istruttori, e che venissero istruiti solo coloro che desiderano veramente utilizzare i loro poteri per fare il bene. Se tu sapessi a che punto le motivazioni che animano coloro che sono dotati di capacità medianiche sono diverse e talvolta egoiste, comprenderesti perché è così difficile proteggerli! Forse, io sono condizionato dalla mia origine razziale e dalla mia educazione terrena, ma ti confesso che preferirei di gran lunga limitare la pratica dei doni medianici a chi ha dato prova di saper rinunciare ai relativi vantaggi materiali. Sarebbe meglio, penso, che fossero come un corpo separato, senza alcuna partecipazione alle ambizioni mondane.

Ma ho parlato abbastanza di quest’argomento! Lasciamo allontanare questo guscio astrale, perché vorrei attirare la tua attenzione su un altro tipo appartenente alla stessa categoria».

*

Parlando, fece un rapido gesto della mano al di sopra del guscio astrale e pronunciò qualche parola in una lingua sconosciuta. L’astrale, che volteggiava presso di noi, si arrestò, ondeggiò per qualche secondo, e poi fu trasportato via da una corrente magnetica, come un pezzo di legno che galleggia sulle onde. Lo seguii per un momento con lo sguardo. Poi, voltandomi, notai una piccola nube di forme oscure, strane e disgustose che si avvicinavano a noi. Anche queste erano gusci astrali che non avevano mai contenuto un’anima, ma contrariamente ai divertenti pupazzi che avevamo appena lasciato, erano repellenti da tutti i punti di vista.

«Questi sono costituiti dalle emanazioni che provengono da uomini e donne di tipo intellettualmente inferiore e dai costumi malvagi e sensuali. Provengono dai bassifondi dell’esistenza umana; non solo dai bassifondi sociali, ma anche dai bassifondi morali e spirituali che si trovano anche negli strati elevati della società. Astrali come questi, se cadono nelle mani di un’intelligenza malvagia, possono essere utilizzati ai fini peggiori.

Essendo molto materiali, li si può utilizzare anche per agire sulla materia fisica della Terra, come si faceva nelle pratiche che vengono definite magia nera o stregoneria. Sono utilizzati, benché raramente, anche da intelligenze più elevate per produrre effetti fisici durante una seduta spiritica.

Quando vengono utilizzati da intelligenze buone e sagge, non ne deriva alcun male, ma sotto la guida di spiriti malvagi o ignoranti, diventano più pericolosi di qualsiasi cosa. Questi gusci astrali, come altri della stessa categoria che trattengono un’anima prigioniera, producono manifestazioni brutali e pericolose che vengono osservate durante le sedute spiritiche tenute per semplice curiosità o divertimento da persone malvagie o troppo ignoranti per proteggersi».

«Ma in quale categoria classificheresti i demoni e i vampiri ai quali si crede in molte regioni della Terra?».

«Un vampiro è uno spirito che ha avuto un’esistenza terrena di cui ha fatto un uso talmente sbagliato che la sua anima è ancora imprigionata nel suo guscio astrale. Succhia la vitalità animale degli uomini e delle donne al fine di mantenere la sua influenza sul Piano terrestre, e salvarsi così dalla caduta nelle sfere più basse. Tali esseri si aggrappano con tutte le loro forze al loro guscio astrale e cercano di prolungarne l’esistenza, proprio come fanno gli esseri umani che conducono una vita sbagliata e si aggrappano alla vita fisica per paura di sprofondare nelle profondità infernali delle tenebre e degli orrori. Il continuo rinnovamento della loro vita animale e astrale permette spesso a questi vampiri di mantenersi attorno alla Terra per secoli».

«È possibile che un vampiro acquisisca abbastanza materialità per apparire come una persona in vita sulla Terra, e mescolarsi agli altri esseri umani, come narrano le storie che trattano di tali creature?».

«Mi stai chiedendo se un vampiro è in grado di formarsi da solo un corpo materiale? Se è così, ti rispondo di no! Ma uno tale, arriva a volte a prendere possesso del corpo di un essere in vita sulla Terra, come d’altra parte possono fare altri spiriti. Può allora manipolare a propria immagine il corpo di cui si è impadronito. In questo caso, è possibilissimo che uno spirito-vampiro rivestito del corpo mortale di un’altra persona, trasformi l’aspetto di questo corpo al punto da farlo somigliare all’apparenza fisica che il vampiro stesso aveva sulla Terra. Con la forza che egli (o ella, perché ci sono i vampiri dei due sessi) acquisisce grazie al possesso di un corpo fisico, è veramente in grado di condurre la strana doppia vita descritta nelle storie di vampiri alle quali si crede in molti paesi. Tuttavia, pochi vampiri sono in possesso di un corpo terreno. La maggior parte vaga sulla Terra nel proprio guscio astrale, succhiando la forza vitale delle persone rese vulnerabili dalla loro costituzione medianica. Senza avere la minima idea dell’esistenza di tali entità astrali, questi poveri esseri terreni soffrono di depressione e di una continua sensazione di sfinimento di cui sono incapaci di trovarne la causa».

«Ma gli spiriti protettori non possono proteggere da questi esseri gli uomini in vita?»

«Non sempre. In grande misura proteggono sì gli esseri umani, ma solo nel modo in cui si può proteggere una persona contro le malattie contagiose, avvertendole del pericolo e raccomandando loro di evitare i luoghi in cui i vampiri sono attirati, per simpatia con la loro passata vita terrena. Uno spirito protettore agisce in modo da ispirare, alla coscienza dell’essere sulla Terra, un timore istintivo verso i luoghi in cui sono stati commessi dei crimini e dove delle persone hanno condotto una vita depravata. Ma non è possibile fare di più, perché l’essere umano deve essere libero nelle sue scelte.

Non lo si può dirigere sempre come una marionetta. E deve soprattutto fare le sue esperienze, qualunque sia l’amarezza dei loro frutti. La conoscenza, i consigli e l’aiuto sono disponibili, ma sempre in modo tale che non si oppongano al libero arbitrio dell’essere umano. Inoltre, non si può dare a qualcuno più conoscenza di quanta ne chieda. Nulla è mai imposto a forza nel Mondo spirituale»[11].

 


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Capitolo 18

Verso la profondità dell'inferno

Mi sarebbe piaciuto porre tante altre domande ad Hassein riguardo alle numerose e strane forme di vita del Piano astrale, ma stavamo per lasciare rapidamente questo piano, e la nostra strada ci avrebbe condotto attraverso quelle sfere inferiori che in precedenza avevo già parzialmente esplorato. Attraversavamo lo spazio a una velocità folle. La velocità alla quale ci spostavamo, prossima alla velocità del pensiero, è difficilmente immaginabile dall’intelletto umano. Volavamo sempre più verso il basso, allontanandoci sempre più dalle sfere luminose. Una sorda inquietudine si impadronì delle nostre anime e pose fine alle nostre conversazioni. Era come se presentissimo l’orrore di quel paese e le sofferenze dei suoi abitanti.

Cominciai a percepire in lontananza grandi masse di fumo nero come l’inchiostro che, simili ad uno scuro mantello, gravavano sopra il paese dove ci stavamo recando. Avvicinandoci, vedemmo che quelle mostruose nuvole nere erano pervase da livide fiamme sulfuree, come se fossero emanate da miriadi di giganteschi vulcani. L’aria era così opprimente che potevamo appena respirare, mentre una sensazione di sfinimento, quale non avevo mai provato, paralizzava le mie membra. Infine, la nostra guida dette l’ordine di fermarci, e lo facemmo sulla sommità di una grande montagna nera che sembrava levarsi da un mare d’inchiostro. Da lì vedevamo estendersi all’orizzonte un paese terrificante e orribile.

Lì ci fermammo per un po’ di tempo, prima di separarci dagli amici che ci avevano accompagnati. Dopo un semplice pasto di frutti spirituali nutrienti che avevamo portato con noi, la nostra guida, a nome della Confraternita, offrì una breve preghiera per la nostra protezione e la nostra forza, poi ci stendemmo per riposarci sulla cima di quella montagna nera.

Quando mi svegliai dopo un piacevole sonno, trovai tutti già in piedi. Fummo suddivisi in piccoli gruppi di due o tre, al fine di poter entrare nel paese nemico senza destare sospetti. Dovevamo disperderci nelle tenebre come dei missionari che portavano aiuto e salvezza a chi avrebbe accettato la nostra assistenza.

Constatai con stupore che in me, mentre dormivo, si era verificata una trasformazione che mi rendeva più adatto all’atmosfera e all’ambiente in cui ormai mi trovavo. Era come se mi fossi ricoperto di uno strato di materia particolarmente densa appartenente a quella sfera. Percepivo il corpo più pesante e, cercando di sollevarmi e di planare come in precedenza, mi accorsi che potevo farlo solo con grande difficoltà. L’atmosfera non mi opprimeva più come prima, e la sensazione di paralisi che si era impadronita delle mie membra si era attenuata. Ognuno di noi ricevette una provvista di una sostanza fortificante sufficiente per la durata della nostra permanenza in quella regione, poi la nostra guida ci dette le ultime raccomandazioni e gli ultimi inviti alla cautela.

Hassein venne dunque verso di me per congedarsi e per comunicarmi le ultime direttive che Ahrinziman mi aveva inviato: «Tornerò di tanto in tanto per portarti notizie di Bianca e dei tuoi amici. Tu potrai anche, in quelle occasioni, inviare loro un messaggio per il mio tramite. Non dimenticare mai che qui sei completamente circondato dalla menzogna e dalla perfidia. Non credere a nessuno di coloro che potrebbero affermare di venire a te come nostro messaggero, a meno che non possa darti la nostra parola d’ordine. Gli abitanti di questa sfera possono percepire anche i tuoi pensieri, ma non sono in grado di leggerli in modo chiaro, perché tu sei più avanti di loro come sviluppo spirituale. Il fatto che, in una certa misura, tu abbia rivestito la loro condizione penetrando nella loro sfera, permetterà loro di percepire parte dei tuoi pensieri, ma in modo imperfetto e solo nella misura in cui le tue emozioni formano una base comune con le loro.

Con la messa in opera di tutte le loro forze intellettuali ordiranno con grande maestria piani e intrallazzi per tentarti e intrappolarti. In questa regione vi sono esseri umani che durante la vita terrena erano tra gli uomini più intelligenti del loro tempo, ma che, nonostante ciò, avendo condotto una vita malvagia sono sprofondati in questa bassa sfera in cui dominano tutto il loro seguito; qui sono divenuti tiranni ancora più malvagi e dispotici di quanto lo siano stati sulla Terra. Stai dunque in guardia e ricordati tutti i consigli che ti abbiamo dato. Riceverai di tanto in tanto, aiuto e incoraggiamento dai tuoi amici fino alla fine della tua missione, dalla quale, come speriamo, tornerai vincitore. Addio, caro amico. Possa la benedizione di Dio Padre essere con te!».

Con mio grande dispiacere mi separai da Hassein per mettermi in marcia con i miei compagni. L’ultima visione che avemmo durante la nostra discesa fu quella delle figure bianche dei nostri amici, stagliate sul cielo nero, che ci facevano dei cenni d’addio.

 

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Capitolo 19

Il muro di fuoco – La Città della crudeltà

Lo spirito che mi accompagnava nella spedizione aveva viaggiato in passato in quella sfera, ed era perciò qualificato come guida in quel Paese dell’orrore. Mi disse che entro breve tempo avremmo dovuto separarci, perché ognuno di noi aveva la propria strada da percorrere. Tuttavia, in caso di necessità, ciascuno avrebbe potuto chiamare l’altro in aiuto.

Man mano che ci avvicinavamo alla barriera di fumo e fiamme, feci notare al mio compagno la sua stupefacente densità. Ero ormai abituato alla consistenza e alla solidità di tutto ciò che mi circondava nel mondo spirituale (che i mortali immaginano, a torto, come etereo e immateriale, invisibile all’occhio umano), ma quelle spesse nuvole di fumo, quelle lingue di fiamma ardente che si slanciavano verso l’alto, non corrispondevano per niente a come mi ero immaginato l'inferno. Nel corso dei miei viaggi avevo potuto vedere delle regioni oscure e desertiche, ma non avevo ancora visto del fuoco, e non pensavo di vedere delle fiamme reali. Per me, il fuoco dell’inferno non era che una metafora che tentava di descrivere uno stato spirituale. Molti hanno insegnato questa teoria, che i tormenti dell'inferno sono mentali e soggettivi, assolutamente non oggettivi. Esposi questi miei pensieri al mio compagno, il quale mi rispose:

«In un certo senso, entrambe le spiegazioni sono giuste. Il fumo e le fiamme sono provocati dalle emanazioni spirituali degli esseri che vivono dall’altra parte di quel muro. Mentre ai tuoi occhi, che percepiscono la realtà spirituale, appaiono come materiali e concreti, agli occhi di un mortale, che per miracolo visitasse in carne ed ossa questi luoghi, sarebbero invisibili. Quella combustione non contiene alcun elemento terrestre, ma non per questo è meno materiale, nel senso che qualunque cosa, terrestre o spirituale, è rivestita di una sorta di materia. La diversità dei livelli di densità materiale è illimitata. Se gli edifici e i corpi spirituali non fossero rivestiti di materia spirituale, non potrebbero esserti visibili. In effetti, queste fiamme, quali emanazioni grezze degli spiriti decaduti di questa regione, ai tuoi occhi hanno un’apparenza ancor più solida che agli occhi degli stessi abitanti del luogo, per via della tua appartenenza ad una sfera più sottile».

Il nome spirituale del mio compagno era Fedele[12], e gli era stato dato per la sua lealtà nei confronti di chi aveva abusato della sua amicizia e infine lo aveva tradito. Fedele lo aveva non solo perdonato, ma lo aveva anche aiutato quando il traditore era stato colpito dall’obbrobrio e disonorato, e il biasimo e il disprezzo, per non dire la vendetta, sarebbero stati giustificati anche agli occhi del mondo. Tuttavia, lungi dall’essere moralmente irreprensibile, Fedele era caduto, dopo la morte, nella sfera inferiore più vicina al piano terrestre, ma si era rapidamente elevato. Al tempo del nostro incontro faceva parte della Confraternita, nella seconda sfera, quella nella quale ero arrivato da poco. Aveva già partecipato ad una spedizione nell’inferno.

Ci avvicinammo a un luogo simile al cratere di un mostruoso vulcano, più terribile di diecimila Vesuvi. Sopra di noi il cielo era nero come fuliggine, e se non fosse stato per la pallida luce delle fiamme, ci saremmo trovati nell’oscurità totale. Quando raggiungemmo il fuoco, notai che era una specie di baluardo di fiamme che circondava il paese, e chi avesse voluto entrarne o uscirne avrebbe dovuto attraversarlo.

«Vedi, Franchezzo» – disse Fedele – «ora dovremo passare al di là della barriera di fiamme. Ma non preoccuparti: finché il tuo coraggio e la tua volontà non verranno meno, e finché con la tua volontà manterrai lontane le particelle di fuoco, queste non potranno toccarti. Si separeranno come le acque del Mar Rosso di fronte agli israeliti, e potremo passare senza danni.

Uno spirito debole e pauroso non riuscirebbe ad attraversarle. Sarebbe respinto dalla forza delle fiamme che sono proiettate da una corrente di forte volontà emessa dai potenti spiriti che regnano su questo luogo. Pensano di potersi proteggere così dall’intrusione di spiriti che provengono dalle alte sfere. Ma per noi che abbiamo un corpo più sottile, il fuoco, i muri, le rocce che troveremo in questa regione, non sono più impenetrabili della materia di cui sono fatti i muri della Terra; e come attraversiamo quelli, possiamo attraversare questi.

Più uno spirito è sottile, meno è legato alla materia; e nel contempo può influire meno direttamente su di essa, a meno di prendere in prestito della materia dall’aura di un medium. Qui come sulla Terra, se non ci fossimo rivestiti di una certa quantità di materia di questa sfera, non potremmo spostare gli oggetti senza utilizzare l’aura degli spiriti medium di questa sfera. Allo stesso tempo, poiché abbiamo dovuto far ciò per penetrare in questa sfera e renderci visibili ai suoi abitanti, vedremo che le nostre capacità spirituali superiori sono per così dire, soffocate. Siamo quindi divenuti più vulnerabili alle loro tentazioni; la nostra natura inferiore sarà stimolata in molti modi ed avremo bisogno di molta concentrazione perché non prenda il sopravvento e non se ne divenga succubi».

Il mio amico mi prese saldamente per mano e, desiderandolo intensamente, attraversammo indenni il baluardo di fiamme. In un primo momento confesso di aver provato paura, ma istantaneamente, una volta nel fuoco, concentrai tutta la mia volontà e mi accorsi che fluttuavamo in un tunnel nel mezzo delle fiamme. Stimai che lo spessore del baluardo variasse tra i 400 e gli 800 metri, anche se il mio ricordo non è preciso, poiché tutta la mia energia era concentrata nell’allontanare da me le particelle di fuoco.

Emergemmo dalle fiamme dall’altra parte, nella notte più totale. Ci saremmo creduti nell’abisso senza fondo della desolazione, se non ci fossimo trovati su un suolo solido. Il cielo sopra di noi era coperto da uno strato opaco di fumi neri. Era impossibile farsi un’idea dell’estensione di questo paese, perché una nebbia grigia ce ne impediva la vista da tutti i lati; venni a sapere poi che la nebbia copriva tutta quella sfera. Vi erano, in alcune parti del paese, alte montagne dalla cresta dentellata, formate da rocce nere, e in altre parti ampie e tristi distese desertiche senza vita. Altrove vi erano delle immense paludi dalle acque nere e fangose, popolate da ripugnanti creature striscianti, da mostri viscidi e da enormi pipistrelli. Vi erano anche immense foreste scure dagli alberi giganteschi e spaventosi, che catturavano ed imprigionavano coloro che vi si avventuravano. Vidi, in questa sfera spaventosa, un gran numero di paesaggi di cui è impossibile descrivere l’orrore.

Mentre cercavamo di orientarci, i miei occhi si abituavano progressivamente all’oscurità. Riuscivo a vedere vagamente gli oggetti che mi circondavano. Di fronte a noi vidi un sentiero che sembrava molto frequentato, a giudicare dalle orme che erano impresse nel suolo. Ci trovavamo in una pianura ricoperta di polvere e cenere che, secondo me, rappresentavano la rovina e le speranze distrutte delle vite terrene degli abitanti di questa regione.

Seguimmo quella strada, e ben presto arrivammo a una porta monumentale costruita in pietre nere, sovrapposte senza grazia l’una sull’altra. L’entrata era chiusa da un’immensa tenda, fatta con una stoffa che all’inizio scambiai per cotone. Avvicinandomi, notai con orrore che era intessuta di capelli, ed era stata decorata con degli occhi. La cosa più spaventosa era che gli occhi sembravano vivi. Ci guardavano con un’aria supplichevole e seguivano i nostri movimenti come se cercassero di indovinare lo scopo della nostra visita.

«Ma questi occhi sono vivi?», chiesi a Fedele.

«Non hanno un’anima propria, ma hanno una vita astrale. Continueranno a vivere finché le anime alle quali appartengono vivranno nei corpi spirituali di coloro ai quali sono stati strappati. Questa è una delle porte dell’inferno. Il suo guardiano ha la mania di decorarla così con gli occhi delle sue vittime. Tutti coloro che abitano questo luogo, nella vita terrena si sono resi colpevoli delle peggiori crudeltà e del disprezzo più profondo della legge, della carità e della giustizia. E quando giungono qui, non fanno altro che cercare nuovi modi per soddisfare la loro sete di crudeltà. Qui però diventano a loro volta vittime di altri spiriti che, se non sono ancora più crudeli, li superano per intelligenza e volontà. Questa è la ‘Città della crudeltà’, e quelli che vi abitano ne eccellono. Gli spiriti miserabili ai quali appartengono questi occhi e che errano in questa regione desolata, sono fatti schiavi, e la loro anima decaduta è sempre imprigionata nei loro corpi, mutilata e accecata. Tra gli occhi e i loro proprietari esiste un legame magnetico che anima i primi, e sarà così finché l’anima lascerà le proprie spoglie attuali e si innalzerà verso una sfera più elevata».

Mentre osservavamo quell’orrida porta, la sua tenda punteggiata di occhi vivi fu tirata da un lato da due esseri dall’aspetto bizzarro, metà uomini e metà bestie, che ne uscirono. Approfittammo dell’occasione per entrare, senza farci notare dal custode, una creatura gigantesca ed orribile dalle membra storte e deformi, che avrebbe fatto impallidire di paura il più cattivo orco delle nostre favole. Con risa e imprecazioni terribili si precipitò su due poveri spiriti che, tremanti di paura, uscirono rapidamente dalla porta e fuggirono. Né il portinaio né i due spiriti ci videro.

«Ma quelle creature hanno un’anima? Hanno vissuto sulla Terra?» chiesi, indicando i due spiriti spaventati.

«Certo!» - rispose Fedele -. «Ma appartengono ad una categoria molto arretrata di selvaggi, di livello appena superiore a quello degli animali ed altrettanto crudele. È per questo che sono qui. È probabile che la loro unica possibilità di progredire sia quella di reincarnarsi in una forma appena superiore di vita terrestre. La loro esperienza qui, di breve durata, lascerà in loro tuttavia la sensazione che esiste da qualche parte una giustizia retributiva. Purtroppo, però, potranno formarsi un’immagine di Dio elaborata solo sul modello dei potenti che regnano su questi luoghi infernali, e di cui manterranno una vaga reminiscenza».

«Quindi, tu credi alla dottrina della reincarnazione?»

«Penso che per certi spiriti la reincarnazione corrisponda a una necessità, senza la quale non potrebbero progredire. Ma non credo che la reincarnazione corrisponda a una legge immutabile cui tutti gli spiriti siano sottoposti. Ogni anima che nasce sulla Terra possiede delle guide spirituali che, dalle sfere celesti, vegliano sul suo benessere e la educano con i mezzi che, in base alla loro saggezza, sembrano i migliori. Questi spiriti protettori (o angeli, come alcuni li definiscono) usano diversi metodi, in base alla scuola o alla tradizione alla quale appartengono. In effetti, mi hanno insegnato che non esiste un percorso unico per tutti gli esseri, né un solo modo di percorrerlo. Ogni scuola di pensiero (di cui si trova il riflesso imperfetto sulla Terra), ha la sua espressione perfetta e i suoi maestri più elevati nelle sfere celesti. Da lì le varie dottrine vengono trasmesse sulla Terra tramite gli spiriti delle sfere intermedie. Lo scopo di ogni scuola è identico, ma ciascuna di esse traccia una strada diversa per raggiungerlo. Gli angeli custodi vegliano sull'amina che è loro affidata, durante il periodo che può essere definito della giovinezza; questo periodo va dal momento in cui l’anima vede la luce della coscienza individuale, fino a quando raggiunge, attraverso molteplici esperienze, lo stesso livello intellettuale e morale della propria guida spirituale, e può quindi a sua volta divenire essa stessa lo spirito protettore di un’anima appena nata.

Mi è anche stato insegnato che allo stadio iniziale l’anima umana non è che un germe, piccolo e fragile come un comune seme terrestre. In realtà è una scintilla dell’Essenza divina che contiene, in potenza, tutto ciò che l’anima completa sarà in futuro. Per propria natura è immortale e indistruttibile, poiché proviene dall’Immortale e dall’Indistruttibile. Ma proprio come il seme che deve essere deposto nell’oscurità della terra per crescere, così l’anima in germe deve essere seminata nella materia corruttibile, dapprima nella sua forma inferiore (la materia terrestre), e poi nelle sue forme più elevate.

Alcune scuole di pensiero insegnano che l’anima progredisce più rapidamente se si reincarna più volte nella vita materiale, rinascendo ogni volta in una nuova forma per sperimentare ciò che non ha sperimentato o per espiare il male commesso in una incarnazione precedente. Quindi i seguaci di questa scuola vengono riportati nella vita terrena, e per loro ogni lezione deve essere appresa nel corso della vita terrena.

Non bisogna però concludere che tutti gli spiriti siano sottoposti ad un tale percorso. Esistono altre scuole che insegnano che le sfere spirituali offrono dei mezzi di educazione dell’anima assolutamente utili ed efficaci quanto la sfera terrestre. Gli allievi di queste scuole non vengono quindi indirizzati verso nuove reincarnazioni. Piuttosto, per la loro crescita ricevono delle missioni da compiere nelle sfere basse, dove possono esaminare la loro vita terrena ed espiare gli errori commessi.

Dato che tutte le anime si differenziano per il loro carattere e la loro individualità, ognuna viene educata con il metodo ad essa più adatto, altrimenti ne risulterebbe una monotona uniformità. Sono la molteplicità e i contrasti a rendere interessante ed attraente la vita terrena e quella nelle sfere celesti.

In definitiva, mi è sempre stato consigliato di evitare di dedurre una regola generale applicabile a tutti gli spiriti partendo dall’esperienza di una sola delle varie comunità di spiriti incontrati qui. Anche durante questa nostra visita, non potremo ispezionare che una minima parte di questa vasta sfera di spiriti malvagi; eppure, percorreremo una distanza superiore a quella corrispondente alla circonferenza del piccolo pianeta Terra dal quale proveniamo. Nel Mondo spirituale esiste una legge secondo la quale i simili ricercano e vivono con i loro simili. Gli spiriti della natura completamente opposti si respingono in modo talmente potente, da non potersi mai frequentare, né tanto meno possono penetrare nelle rispettive sfere. È per questo motivo che nel corso del nostro viaggio incontreremo solo spiriti con cui abbiamo caratteristiche comuni, sia per nazionalità che per temperamento».

 

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Capitolo 20

L’infernale città imperiale

Uno viene aiutato

Camminammo lungo una strada lastricata di marmo nero ai lati della quale vi erano precipizi di cui non si vedeva il fondo per la presenza di spesse nuvole di vapori che vi fluttuavano. Lungo il percorso vedemmo passare un gran numero di spiriti dell’ombra, alcuni dei quali portavano dei pesanti carichi sulle spalle, mentre altri camminavano a quattro zampe come bestie. Intravedemmo dei gruppi di schiavi che indossavano intorno al collo un collare di ferro ed erano incatenati gli uni agli altri. Provenivano dalla seconda porta, o porta interna che, evidentemente, costituiva l’entrata di una grande città fortificata i cui scuri edifici emergevano dalla spessa nebbia di fronte a noi.

La strada, lo stile della costruzione e l’aspetto dei numerosi abitanti mi diedero l’impressione di entrare in una città dell’antico impero romano, ma qui era tutto sporco e orribile, nonostante la bella architettura dei superbi edifici di cui percepivamo vagamente i contorni. La seconda porta, lavorata in modo più accurato della prima, aveva i battenti aperti, e mescolandoci alla folla di spiriti che circolavano, entrammo senza essere notati.

Disse Fedele: «Vedrai che né la vita né le attività differiscono da quelle che si svolgevano nella città terrestre, della quale questa è il riflesso spirituale nel periodo in cui era al culmine della sua potenza. È stato in quel momento che le particelle spirituali di cui è composto questo luogo sono state emesse sulla Terra attirate da forze magnetiche per formare questa città. Dall’aspetto più moderno di alcuni edifici, puoi constatare che si è ingrandita con il passare del tempo, grazie allo stesso procedimento che agisce continuamente. Vedrai che la maggior parte degli spiriti sono convinti di trovarsi ancora nella loro città terrena, e si stupiscono del fatto che tutto appaia così sporco, miserabile e scuro.

Questa città ha un riflesso spirituale anche nelle sfere più elevate. Tutto ciò che è stato buono, bello e nobile in questa città terrena è stato attirato nel suo riflesso celeste; in essa abitano quelli tra i suoi abitanti che sono stati buoni e onesti. Le emanazioni spirituali della città, proprio come quelle di ciascuno dei suoi abitanti, vanno verso l’alto o verso il basso, a seconda del grado di bene o di male che contengono, e poiché i misfatti commessi in passato in questa città superano di molto le buone azioni, il suo riflesso spirituale in questa sfera è più grande e popolato del suo riflesso nelle sfere più elevate. In un lontano futuro, quando gli spiriti che risiedono attualmente in questo luogo saranno progrediti spiritualmente, la replica celeste di questa città sarà completamente popolata, mentre la città che vediamo oggi diverrà polvere e scomparirà da questa sfera».

Stavamo percorrendo una stretta strada che era forse la replica del suo modello terrestre di una volta e, nel giro di poco tempo, arrivammo in una grande piazza circondata da superbi palazzi. Di fronte a noi si alzava un edificio imponente, che dominava su tutti gli altri. Un ampio scalone di marmo conduceva al suo massiccio portale. Attraverso la nebbia densa e sporca, intravedevamo le numerose ali e dépendance di questo elegante palazzo. Tuttavia, ogni cosa era cosparsa di spruzzi di sangue e coperta di mucosità e muffe che sfiguravano l’edificio. Una specie di disgustosa schiuma pendeva dalle colonne e dai capitelli, in forma di serpenti arrotolati.

Un fango nerastro trasudava dagli interstizi tra le lastre di marmo del pavimento, come se la città fosse costruita su una palude. Vapori maleodoranti aleggiavano attorno a noi, creando delle gigantesche forme fantasmatiche che evocavano i crimini del passato. Degli spiriti tenebrosi entravano e uscivano senza sosta dalle porte del palazzo, spinti da altri spiriti a colpi di scudiscio o di picca. Che grida e che bestemmie si sentivano! Era veramente la capitale delle anime dannate del regno degli inferi. E dappertutto aleggiavano quelle grosse nubi nere di angoscia, di sofferenza e di crimine.

I miei pensieri andarono verso il passato, al tempo dell’Impero romano. In una visione, come riflessa in uno specchio, quella città mi apparve nello splendore della sua grandezza di una volta. Vidi la corruzione, la dissolutezza, la tirannia, che tessevano sul telaio del destino questa sua copia sfigurata, pronta ad accogliere tutti coloro che avevano disonorato la bellezza di questa città con i loro peccati e i loro vizi; vidi questa grande città dell’inferno che veniva edificata sotto i miei occhi, atomo dopo atomo, divenendo così la prigione degli spiriti decaduti di quell’epoca malvagia. Salimmo i gradini della grande scalinata di marmo, ed entrammo dall’entrata principale nel cortile esterno del palazzo imperiale. Nessuno ci parlava o sembrava accorgersi della nostra presenza. Avanzammo ancora attraversando più sale, fino alla porta della Sala delle udienze.

Qui il mio compagno si arrestò e mi disse: «Amico mio, non posso continuare con te, perché ho già incontrato lo spirito tenebroso che regna su questi luoghi. La mia presenza lo insospettirebbe e metterebbe in pericolo la missione. Questa consiste nel liberare uno spirito la cui preghiera di pentimento è giunta fino alle sfere elevate. L’aiuto che tu gli darai è la risposta alla sua preghiera. Lo troverai facilmente: è il suo desiderio di essere aiutato che ci ha attirati presso di lui e ti permetterà di raggiungerlo. Devo separarmi da te per qualche tempo, perché ho il mio lavoro da svolgere, ma ci rivedremo presto. Se darai prova di coraggio e volontà, ed osserverai le regole di condotta che ti sono state comunicate, non potrà succederti nulla di male. Arrivederci amico mio, e sappi che anch’io avrò bisogno di tutte le mie forze».

Mi separai da Fedele ed entrai da solo nella Sala delle udienze, che trovai piena di spiriti maschili e femminili. L’arredamento rifletteva lo splendore barbaro dei tempi imperiali. Ai miei occhi però tutto portava il marchio di quel luridume ripugnante che già mi aveva colpito all’entrata del palazzo. Gli uomini e le donne, che nella vita passata erano stati senza dubbio dei fieri patrizi, sembravano colpiti da una malattia più orribile della lebbra. Il suolo e i muri erano ricoperti di macchie e pozze di sangue vischioso; pensieri abominevoli erano affissi sui muri in guisa di decorazioni. Gli abiti sontuosi dei presenti erano rosi dai vermi e impregnati dei germi di tutte le loro malattie.

L’imperatore era seduto su un trono sopraelevato: tra tutti gli spiriti corrotti presenti era il più ripugnante e spaventoso. La crudeltà e il vizio erano così profondamente scolpiti nei suoi tratti che, al confronto, gli altri sembravano insignificanti. Anche se provavo un senso di repulsione, non potevo impedirmi di ammirare la maestosa potenza di quell’uomo. La consapevolezza che aveva di regnare con pieno diritto su quell’inferno sembrava soddisfare la sua arroganza e il suo carattere tirannico, anche in un ambiente così orribile.

Nonostante i secoli trascorsi dalla sua morte, quell’uomo non aveva ancora preso coscienza della propria reale situazione. Osservandolo, ebbi la visione di ciò che immaginava di essere: vidi un uomo di Stato dai tratti duri e crudeli e dagli occhi di rapace, ma di una eleganza e di uno charme innegabili. Tutto ciò che in lui vi era di repellente e volgare, che il suo involucro terrestre aveva dissimulato, si rivelava ora completamente, sebbene egli stesso non ne avesse ancora preso coscienza. In compenso, percepiva perfettamente l’aspetto ripugnante di chi lo circondava.

Vidi anche la sua corte e i suoi compagni così come erano durante la loro vita terrena, e scoprii che ognuno di essi si vedeva ancora così com’era una volta. Tutti ignoravano la spaventosa trasformazione che era avvenuta in loro, mentre erano perfettamente consapevoli di quella degli altri.

Tutti si trovavano in questo stato, ad eccezione di un unico uomo accovacciato in un angolo, che copriva con il suo mantello il proprio viso deforme. Percepii che era pienamente consapevole della decadenza morale propria e di chi lo circondava. Nel cuore di quella persona era nato il desiderio di una condizione migliore, di un percorso, anche se duro e cosparso di difficoltà, per sfuggire agli orrori di quell’inferno e dei suoi abitanti. Capii, guardandolo, che ero lì per lui, anche se ignoravo ancora in che modo avrei potuto aiutarlo. Sapevo solo che la forza che mi aveva condotto fino a quel luogo avrebbe continuato a mostrarmi il cammino.

Mentre mi guardavo attorno, gli spiriti e il loro despota scoprirono la mia presenza. La collera apparve sul volto di quest’ultimo che, con voce roca, mi chiese chi fossi e come avevo osato avvicinarmi a lui.

Gli risposi: «Sono uno straniero giunto da poco in questa sfera tenebrosa, e sono molto sorpreso di trovare un simile luogo nel Mondo spirituale».

Lo spirito esplose in una risata feroce, e disse che presto mi avrebbe fornito delle informazioni sul Mondo dello spirito. «Ma» – proseguì – «dal momento che sei uno straniero e che qui accogliamo sempre in modo regale gli stranieri, ti prego di sederti e di prendere parte al nostro banchetto».

Mi indicò un posto libero davanti a lui alla tavola alla quale erano seduti altri spiriti. Considerato ciò che si trovava sulla tavola, si sarebbe potuto credere che si trattasse di uno di quei grandi banchetti in uso ai tempi dello splendore terreno di quel palazzo. Tutto appariva molto reale, ma mi avevano preavvertito che in quella sfera il cibo era più o meno illusorio, e non appagava la terribile fame che tormentava gli antichi convitati, e che il vino, simile ad una bevanda infuocata, disseccava la gola e aumentava mille volte la sete degli ubriaconi.

Mi avevano raccomandato fermamente a non mangiare né bere nulla di ciò che mi sarebbe stato offerto, e a non accettare mai un eventuale invito a riposarmi. Ciò avrebbe posto le mie forze superiori sotto il dominio dei miei sensi inferiori, e mi avrebbe immediatamente posto al livello di quegli spiriti tenebrosi, rendendomi vulnerabile al loro potere. Risposi perciò al mio ospite: «Anche se apprezzo il vostro invito e la vostra ospitalità, devo rifiutare, perché non desidero né bere né mangiare».

Al mio rifiuto, vidi la collera sul suo volto e nel suo sguardo di fuoco. Egli mantenne però un’apparente benevolenza nei miei confronti e mi fece segno di avvicinarmi. Nel frattempo, l’uomo che ero venuto ad aiutare era stato distolto dalla sua meditazione dal mio arrivo e dalla voce dell’imperatore. Stupito dalla mia audacia e preoccupato per la mia sicurezza, mi si era avvicinato. Mi aveva scambiato per uno di quei sfortunati nuovi arrivati che non avevano ancora conosciuto i pericoli di quel terribile luogo. Il suo timore per me e la sua compassione crearono tra di noi un legame che mi avrebbe dato la possibilità di portarlo con me nella fuga.

Mentre facevo qualche passo verso il trono dell’imperatore, quello spirito penitente mi seguì. Avvicinandosi mi disse a bassa voce: «Non lasciarti abbindolare. Voltati e fuggi da questo luogo finché sei ancora in tempo. Lo distrarrò io per qualche istante».

Ringraziai quello spirito e gli risposi: «Io non fuggo davanti a nessuno. Tuttavia farò attenzione a non cadere in qualche tranello».

Il nostro breve dialogo non era sfuggito all'imperatore. Percosse con impazienza il suolo con la sua spada. «Avvicinati straniero. Non conosci le buone maniere? Non sai che non si fa aspettare un imperatore? Guarda il mio trono; siediti per un momento, e scopri come ci si sente al posto di un monarca».

Il trono era simile ad una grande sedia sormontata da un baldacchino. Due immense forme alate in bronzo si elevavano dietro al trono; ognuna di esse aveva sei lunghe braccia che formavano lo schienale e i lati, e la loro testa sosteneva il baldacchino. Non avevo nessun desiderio di sedermi su quel trono: il suo proprietario mi ripugnava troppo perché desiderassi avvicinarmi a lui. Ma anche se la curiosità mi avesse spinto ad esaminare il trono più da vicino, ne sarei stato allontanato dalla visione che avevo appena avuto. In effetti, il seggio parve improvvisamente prendere vita, e vidi uno sfortunato spirito tenuto prigioniero dai braccioli del trono, e compresso in una massa informe dalla terribile stretta. Compresi allora che quello era il destino di chi avrebbe accettato l’invito a sedervisi.

Dopo la breve visione mi volsi verso l'imperatore e m’inchinai: «Non ho alcun desiderio di prendere il vostro posto, e devo di nuovo rifiutare l’onore che mi fate».

Fuori di sé, ordinò alle guardie di catturarmi, di farmi sedere a forza e farmi ingoiare cibo e bevande, fino a farmi soffocare. Qualcuno si precipitò verso di me. L’uomo che ero venuto a salvare si gettò davanti a me per proteggermi. In un istante fummo circondati da spiriti che schiumavano rabbia. Devo riconoscere che in quel momento il mio cuore cedette e il mio coraggio vacillò. Erano così orribili, così malvagi, come una muta di bestie selvagge e affamate sguinzagliate contro di me. Ma mi ripresi, poiché il pericolo risvegliò le mie forze. Proiettai la mia volontà per respingere gli spiriti e chiamai in mio soccorso le forze del bene, afferrando nel contempo saldamente lo spirito che aveva voluto aiutarmi. Arretrai lentamente verso la porta. Tutta quella banda di spiriti delle tenebre ci seguiva con grida selvagge e gesti minacciosi, ma finché avessi mantenuto ferma la mia volontà di respingerli, non avrebbero potuto toccarci. Raggiungemmo infine la porta e la superammo; dopodiché la porta si richiuse separandoci dai nostri inseguitori. Ci sentimmo immediatamente afferrare entrambi come da braccia robuste, e fummo trasportati in un luogo sicuro nella pianura.

Nel frattempo, l’uomo che avevo salvato era caduto in uno stato di incoscienza. Ai suoi lati vidi quattro spiriti maestosi delle sfere elevate che effettuavano dei movimenti magnetici sul suo corpo steso a terra. Vidi allora la cosa più bella che mi sia capitato di vedere: da quel corpo deforme e tenebroso, che giaceva come morto, si levò un vapore nebbioso che si ispessì fino a prendere la forma dello stesso spirito. Era l’anima purificata, libera del suo involucro tenebroso. I quattro spiriti celesti la presero, ancora in stato di incoscienza, tra le braccia, come si porta un bambino, poi si alzarono e scomparvero.

Vicino a me vi era un angelo raggiante: «Che sia di buon augurio» – mi disse – «Figlio del Paese della speranza, perché devi aiutare ancora molte persone in questo regno delle tenebre, e la gioia degli angeli in Cielo è grande per i peccatori che si pentono».

Poi disparve, e rimasi solo nella piana deserta dell’inferno.

 

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Capitolo 21

Il fuoco dell'inferno – L’origine dell’inquisizione – Uno spirito vendicativo

Un brigante – La palude degli uomini di corte – I crepacci degli ingannatori

La foresta della desolazione

 

 

Seguivo uno stretto sentiero, certo che mi avrebbe condotto là dove il mio aiuto era atteso. Dopo una breve marcia arrivai ai piedi di una montagna nera, e vidi l’entrata di un’immensa caverna. Spaventosi rettili si attorcigliavano sulle pareti e strisciavano fino ai miei piedi. Grappoli vischiosi di vegetali parassiti pendevano dal soffitto a guisa di ghirlande. Un pantano di acqua nera e stagnante copriva il suolo. Volevo tornare indietro, ma una voce mi pregò di proseguire. Entrai, e dopo aver costeggiato il pantano, mi trovai di fronte all’ingresso di uno stretto passaggio nella roccia. Lo oltrepassai, e subito dopo una svolta vidi la luce rossa di un fuoco che illuminava la parete.

Delle ombre, come fantasmi, attraversavano in un senso e nell’altro la caverna. Poco dopo giunsi alla fine del tunnel. Vidi di fronte a me una specie di antro a volta con un grande fuoco al centro. Il soffitto era in parte illuminato dalle fiamme, ma era anche ricoperto a tratti da un denso fumo. Un gruppo di creature diaboliche, che sembravano incarnare i demoni dell’inferno, danzavano attorno al fuoco. Ridendo e levando stridule grida, lo attizzavano servendosi di lunghe picche, e danzavano come selvaggi. Più lontano, una dozzina di miseri spiriti scuri erano accovacciati in un angolo. I demoni si lanciavano a tratti verso quegli esseri spaventati, minacciavano di afferrarli e gettarli nelle fiamme, ma dopo aver emesso delle grida rabbiose si ritiravano.

Ben presto mi accorsi di essere invisibile a quegli esseri, e tale scoperta mi indusse ad avvicinarmi a loro. Con orrore vidi che il fuoco era composto da corpi di uomini e donne vivi. Si torcevano tra le fiamme, e i demoni li gettavano in aria a colpi di picche.

Sconvolto da questa scoperta, gridai che volevo sapere se era o meno un’illusione. La stessa voce misteriosa che mi aveva parlato spesso durante le mie peregrinazioni mi disse: «Figlio mio, quelle che vedi sono anime viventi che durante la loro vita terrena hanno condannato centinaia di loro simili a questa stessa terribile morte, senza provare pietà e senza pentirsi del loro gesto. Le stesse crudeltà che hanno compiuto, hanno acceso nel cuore delle loro innumerevoli vittime un fuoco di odio senza quartiere. Quest’odio, nel Mondo spirituale, ha formato le fiamme infuocate che ora consumano quei carnefici, e questi fuochi sono mantenuti vivi dalle atrocità inaudite commesse da coloro che le fiamme divorano. Non vi è qui nessuna sofferenza che non sia stata sopportata in forma cento volte più profonda dalle numerose ed impotenti vittime di questi spiriti. Usciranno dal fuoco quando la sofferenza risveglierà in loro per la prima volta una qualche pietà per le loro vittime. Allora, qualcuno tenderà loro la mano per aiutarli a progredire, e verrà data loro la possibilità di praticare quella carità di cui hanno mancato nella vita sulla Terra.

Non ti addolorare per una tale retribuzione! I cuori di questi spiriti sono così duri e crudeli che solo la sofferenza che subiscono personalmente può suscitare in loro la pietà verso gli altri. Dal momento stesso in cui la loro esistenza terrena è terminata, non hanno pensato ad altro che a far soffrire coloro che erano più deboli di loro. E ciò fino a quando tutto l’odio che hanno provocato si è concentrato in un torrente che li ha infine inghiottiti. In realtà, queste fiamme non sono materiali, anche se così appaiono ai tuoi occhi come ai loro. Nel Mondo spirituale ciò che è mentale è anche oggettivo: l’odio furioso o la passione bruciante si manifestano come un fuoco reale. Adesso prova a seguire uno di questi spiriti, e vedrai con i tuoi occhi che quella che sembra una crudele ingiustizia non è in realtà che un atto di carità mascherato. Guarda ora: i loro vizi si consumano in quel fuoco, e infine, ciò permetterà loro di lasciare questa caverna per andare verso la pianura».

Nello stesso istante in cui la voce tacque, le fiamme si spensero. Non rimase che un pallido chiarore fosforescente e bluastro, lasciando la caverna nell'oscurità quasi completa. Vidi in quel momento le forme degli spiriti sollevarsi dalle ceneri ed allontanarsi da quel luogo. Li seguii, e uno di essi si separò dagli altri, dirigendosi verso un abitato vicino che somigliava ad una antica città spagnola delle Indie Occidentali o dell’America del Sud. Nelle strade vagavano degli indi, degli spagnoli e degli uomini di diverse nazionalità.

Seguii lo spirito per varie stradine, finché non arrivò a un grande palazzo che mi parve un monastero della compagnia dei Gesuiti, proprio coloro che avevano contribuito a colonizzare il paese imponendo ai poveri indigeni la religione cattolica romana, in un’epoca in cui la persecuzione religiosa era ritenuta una prova di fervore da parte della maggior parte delle confessioni. Mi fermai per osservare lo spirito, e in quel momento ebbi la visione del modo in cui si era svolta la sua vita terrena.

Lo vidi come un dirigente del suo ordine religioso che giudicava i poveri indi e gli eretici che gli venivano condotti. Vidi che ne condannava centinaia alla tortura e al rogo, con la motivazione che rigettavano il suo insegnamento. Lui opprimeva tutti coloro che non erano abbastanza potenti da potergli resistere, ed estorceva loro delle quantità enormi di gioielli e oro per se stesso e per il suo ordine. Se qualcuno si opponeva alle sue pretese, lo faceva arrestare e gettare in prigione senza processo, poi lo faceva torturare e bruciare. Vidi in lui una insaziabile sete di ricchezza e di potere, accompagnata da un vero e proprio desiderio di nutrirsi della sofferenza delle sue vittime. Seppi, come se leggessi nel suo animo, che la sua religione non era per lui altro che una maschera, un comodo mezzo per poter estorcere ricchezze e soddisfare il suo desiderio di potere.

Poi vidi la piazza principale di quella città fiammeggiare di cento fuochi come fosse un’immensa fornace. Una moltitudine di indigeni indifesi e terrorizzati fu gettata nel fuoco, con i piedi e le mani legate. Le loro grida di agonia salivano verso il Cielo, mentre quel tiranno e i suoi vili complici recitavano le loro ipocrite preghiere ed elevavano la santa Croce, profanandola con le loro mani empie, con le loro vite piene di odio e di crudeltà, e con la loro avidità. Vidi che questi orrori venivano perpetrati nel nome della Chiesa di Cristo, di Colui che, predicando la carità, era venuto ad annunciare che Dio è Amore! Ma l’uomo, che si faceva chiamare ministro del Cristo, non aveva un’oncia di pietà per le sue sfortunate vittime; pensava che solo quello spettacolo avrebbe infuso il terrore nelle altre tribù indie, e le avrebbe convinte a dargli più oro per soddisfare la sua avidità.

La visione mi mostrò in seguito quell’uomo dopo il suo ritorno in Spagna, il suo paese d’origine; il modo in cui, come prelato della Chiesa, godeva della fortuna accumulata in modo così disonesto. Il popolo ignorante lo onorava come un santo che aveva attraversato il mare ed era giunto nel Nuovo Mondo per piantarvi il vessillo della Chiesa e predicarvi il Vangelo dell’Amore e della Pace, mentre in realtà la sua strada era intrisa di sangue e cosparsa di fuoco.

Dopo quella visione, la mia simpatia nei suoi confronti scomparve. Poi, mentre quell’uomo era sul suo letto di morte, vidi i monaci e i preti celebrare una profusione di messe affinché la sua anima potesse salire al Cielo! Ma invece del Cielo, furono gli abissi dell’inferno ad inghiottirlo, a causa delle catene spirituali che si era forgiato da solo durante la sua vita infame. Vidi che era atteso dalla moltitudine delle sue vittime, attirate anch’esse verso il basso dalla loro sete di vendetta e dall’ardente desiderio di fargli pagare il peso delle sofferenze inferte a loro e ai loro cari.

Vidi quell’uomo inseguito dagli spiriti che aveva fatto soffrire, o – come avevo visto nel Paese di ghiaccio con l’uomo nella gabbia – dagli spettri vuoti lasciati da coloro che erano troppo buoni e troppo puri per discendere a reclamare vendetta in quelle terribili tenebre. Al suo arrivo all’inferno, l’unico sentimento che quell’uomo aveva provato era stato il furore per essere stato privato del potere di cui aveva potuto disporre sulla Terra, e la sua unica preoccupazione era stata quella di trovare il modo di unirsi ad altri spiriti dell'inferno per continuare ad opprimere e torturare. Se avesse potuto condannare a morte le proprie vittime per una seconda volta, lo avrebbe fatto. Nel suo cuore non vi era né pietà né rimorso, solo la collera dovuta alla propria impotenza. Se solo avesse avuto un pensiero di benevolenza nei confronti di qualcuno, ciò lo avrebbe aiutato a creare una difesa tra lui e gli spiriti vendicativi. In questo caso le sofferenze non gli sarebbero state risparmiate, ma non avrebbero assunto la forma ‘fisica’ che avevo visto.

Invece la sua passione per la crudeltà era così intensa che attizzava sempre più le fiamme spirituali che lo consumavano, fino a quando queste si consumarono a seguito della propria stessa violenza. I demoni che avevo visto erano le sue vittime più feroci, quelle nelle quali il desiderio di vendetta non si era ancora assopito. Gli altri spiriti che avevo notato raccolti in un angolo non avevano più il desiderio di infliggergli dei tormenti, ma non potevano impedirsi di contemplare le sue sofferenze e quelle dei suoi complici.

In seguito, vidi che il pentimento cominciava a risvegliarsi in lui. Si era diretto verso la città per mettere in guardia i propri confratelli gesuiti perché ponessero fine alla loro condotta sbagliata. Non era consapevole del tempo che era passato dalla sua morte, e non capiva che la città che vedeva non era altro che il riflesso spirituale del luogo in cui aveva vissuto sulla Terra. Mi venne poi detto che più avanti sarebbe stato rimandato sulla Terra per potervi operare come spirito protettore, e per insegnare ai viventi la compassione e la misericordia, le virtù che non aveva praticato nel corso della propria vita. Ma prima di tutto avrebbe dovuto restare in quel luogo tenebroso per tentare di liberare le anime di coloro che vi erano stati attirati dai suoi crimini. Lasciai quello sfortunato alla porta dell’edificio che era la replica spirituale della sua casa terrena e mi allontanai da solo.

Come la città romana che avevo visitato in precedenza, anche questa era deformata, e la sua bellezza era oscurata dai crimini di cui era stata silenziosa testimone. L’aria sembrava piena di fantasmi che gemevano e piangevano, trascinando dietro di sé le loro pesanti catene. L’intero luogo sembrava costruito su tombe viventi, ed avvolto in una nebbia rossa di sangue e lacrime. La città somigliava ad una mostruosa prigione le cui mura erano state costruite con atti di violenza, rapina e oppressione.

Mentre camminavo feci un sogno ad occhi aperti. Vidi la città così com’era stata in passato, prima che gli uomini bianchi vi giungessero. Vidi un popolo primitivo pacifico e semplice che si nutriva di frutti e di granaglie, che viveva in uno stato di innocenza simile a quello dell’infanzia. Quel popolo onorava l’Altissimo con il nome con il quale lo conosceva. La sua fede semplice e le sue virtù erano ispirate dal Grande Spirito che è universale e non appartiene a nessuna dottrina e a nessuna chiesa. Vidi poi in Spagna delle persone sincere, la cui anima era pura. Questi credevano di possedere la vera fede, la sola che permetteva di salvare gli esseri umani. Credevano sinceramente che Dio avesse donato quella luce ad una piccola parte della Terra, condannando il resto dell’umanità alle tenebre e alla perdizione. Quegli uomini buoni desideravano talmente tanto la salvezza di tutti coloro che credevano fossero nell’errore, da attraversare l’Oceano per questo. Volevano condividere la loro fede con quel popolo semplice, la cui vita, pur se guidata da una fede diversa, non era meno buona, amabile e spirituale. Vidi quei preti buoni ma ignoranti approdare a quelle rive straniere, e lavorare dappertutto per diffondere il loro credo, estirpando nel contempo quello del popolo indigeno, degno di rispetto quanto il loro. Quei preti, uomini sinceri, cercavano non solo la salvezza spirituale di quelle persone, ma anche il loro benessere terreno. Perciò costruirono dappertutto missioni, chiese e scuole.

Vidi poi una moltitudine di uomini giungere dalla Spagna, non per diffondere le verità della loro religione, ma per avidità dell’oro di quei nuovi paesi e di tutto ciò che poteva soddisfare il loro egoismo. Alcuni tra essi avevano lasciato il loro paese per sfuggire alle condanne per i crimini che avevano commesso. Li vidi sbarcare come fossero delle orde barbariche. Si unirono a quelli le cui motivazioni erano pure, li superarono in numero e distrussero tutto il bene che quelli avevano fatto. Usando il nome della santa Chiesa cristiana, si costituirono padroni e tiranni degli indigeni.

All’inizio, gli indigeni li accolsero ingenuamente come fratelli, e mostrarono loro i tesori che avevano estratto dal suolo: oro, argento e pietre preziose. Poi, resi pazzi dalla cupidigia, i bianchi uccisero e saccheggiarono, obbligando gli indigeni a lavorare come schiavi nelle miniere nelle quali morivano a centinaia. L’uomo bianco ruppe tutte le promesse che aveva fatto, lasciando alla fine in questo paese prima pacifico e felice, solo torrenti di sangue e di lacrime.

Vidi in seguito l’inquisizione giungere in quel luogo e sottoporre il popolo ad una oppressione spietata, fino a farlo quasi scomparire dalla faccia della Terra. Vidi che la brama dell’oro animava, come passione bruciante, la maggior parte di coloro che giungevano in quel paese. Ciechi a tutte le bellezze che li circondavano, non vedevano che il fulgore dell’oro. Non avevano altra idea che quella di arricchirsi. Durante quel periodo di follia omicida, venne costruita nell’inferno una replica spirituale di quella città terrena, atomo per atomo, pietra per pietra, mentre il legame magnetico che univa la replica infernale all’originale terreno tesseva il destino postumo di ciascuno degli abitanti indigeni. Ciò perché, gli esseri umani, con la loro vita sulla Terra, costruiscono nel vero senso della parola la loro residenza nel Mondo spirituale. Quindi, tutti quei monaci e quei preti, quelle dame raffinate, quei soldati e quei mercanti furono attratti verso l'inferno a motivo dei loro atti, delle loro passioni egoiste e della loro cupidigia, mentre gli sfortunati indigeni vi furono attirati dal loro odio e dalla loro sete di vendetta.

*

Giunsi alla porta di un grande edificio che somigliava ad una prigione per via delle sue strette finestre chiuse con delle sbarre di ferro, tuttavia mi arrestai sentendo delle urla provenire da quel luogo. Condotto dalla voce misteriosa della mia guida invisibile, vi entrai e raggiunsi in breve una cella sotterranea. Numerosi spiriti circondavano un uomo bloccato contro il muro da un cerchio di ferro che gli girava attorno alla vita. Gli occhi pieni di spavento e di furore, i capelli arruffati, gli abiti a brandelli, mi fecero ritenere che fosse in quel luogo da molti anni. Aveva le gote scavate, le ossa sporgenti, e sembrava che stesse per morire di fame; ma sapevo che nel Mondo spirituale non esiste nessuna morte in grado di abbreviare la sofferenza. Un altro uomo, con le braccia incrociate sul petto, gli stava vicino con lo sguardo rivolto verso il basso. Il suo viso magro e devastato, il corpo scheletrico, erano coperti di ferite. Il suo aspetto era ancora più penoso di quello dell’altro spirito, anche se era libero e non portava catene.

Attorno a quei due uomini una banda di esseri selvaggi e degenerati danzava ed urlava. Alcuni di loro erano indiani, altri spagnoli, e uno o due erano forse inglesi. Tutti erano impegnati a lanciare dei coltelli taglienti contro l’uomo incatenato, ma sembrava che questi oggetti non lo colpissero mai. Mentre lo insultavano e lo maledicevano, tentavano di colpirlo al viso, ma stranamente non vi riuscivano mai. L’uomo restava incatenato al muro, incapace di muoversi, mentre l’altro lo osservava in silenzio.

Mi fermai a guardare quella scena, ed ebbi la rivelazione del passato di quei due uomini. Vidi che quello incatenato viveva una volta in una bella residenza, simile a un palazzo. Riconobbi in lui uno dei giudici inviati dalla Spagna per presiedere tribunali che altro non erano che un mezzo per opprimere gli indigeni e tutti coloro che si opponevano ai ricchi e ai potenti. L’altro era un commerciante che abitava in una graziosa villa con la bella moglie e il figlioletto. La sua donna aveva attirato l’attenzione del giudice che si era invaghito di lei. Dal momento che la donna respingeva la sua corte, egli fece arrestare il marito dall'inquisizione e lo fece gettare in prigione. Fece poi prelevare la donna e l’oltraggiò a tal punto che ella ne morì. Quanto al bambino, fu strangolato su suo ordine.

Il povero marito, intanto, soffriva in prigione, senza poter conoscere il destino della moglie e del figlio, e nemmeno le motivazioni dell’arresto. Le privazioni del cibo e gli orrori della prigione gli distrussero lentamente le forze. Infine fu condotto davanti al Tribunale dell’inquisizione, che lo accusò di stregoneria e cospirazione contro la Corona. Dal momento che egli negava, fu torturato per costringerlo a confessare e a fornire i nomi dei suoi complici, e poiché lo sfortunato continuava a protestarsi innocente, fu ricondotto in prigione, dove morì lentamente di fame, perché il giudice rifiutò di liberarlo per timore che scoprisse il vero motivo del suo arresto.

Così quel poveretto morì. Dopo la sua morte non poté riunirsi con la sua famiglia, perché l’anima innocente della moglie e del bambino erano ormai nelle sfere elevate. La donna era così pura, buona e dolce, da aver perdonato il suo assassino (anche se il giudice non ne aveva desiderato la morte, ma ne era responsabile). Ma tra lei e suo marito, che lei amava teneramente, si era creato un abisso a motivo del profondo desiderio di vendetta che quest’ultimo provava nei confronti dell’uomo che li aveva distrutti. In effetti, quando il povero sposo morì, la sua anima non poté lasciare la Terra: vi restò incatenata dalla sua amarezza e dal suo odio. Egli avrebbe forse potuto perdonare ciò che aveva subito personalmente, ma il destino di sua moglie e di suo figlio erano per lui imperdonabili. Il perdono era al di sopra delle sue forze. Il suo odio era divenuto più forte dell’amore per sua moglie. Giorno e notte pensava al giudice, aspettando l’occasione per vendicarsi. Questa alla fine si presentò. Attratti dalla sua ossessione di vendetta, dei diavoli dell’inferno, come quelli che avevano una volta tentato me, gli insegnarono il modo per uccidere il giudice controllando la mano di un mortale, al fine di attirare il suo assassino all’inferno con lui.

La sua ossessione era divenuta così profonda dopo anni di mortificazione nella solitudine della sua prigione prima terrestre e poi spirituale, che era stato impossibile per la sua povera moglie avvicinarlo per addolcirne il cuore. La sua buona anima veniva respinta dalla schiera degli spiriti malvagi che si accalcavano attorno a lui, ed egli aveva perso qualunque speranza di mai più rivederla. Credeva fosse salita al Cielo e che sarebbe rimasta separata da lui per l’eternità. Le sue convinzioni cattoliche, apprese sulla Terra due secoli fa [nel 1600, n.d.t.], mentre era in vita, gli facevano credere di essere dannato per l’eternità, poiché era stato messo al bando dalla Chiesa e non aveva ricevuto l’assoluzione prima della morte, mentre pensava che sua moglie e suo figlio dovessero essere in Cielo con gli angeli.

Avendo queste convinzioni, è forse strano che quel povero spirito si abbandonasse alla vendetta e che concentrasse quindi tutta la propria volontà nell’infliggere al suo nemico le sofferenze che egli stesso aveva sopportato? Egli, dunque, riuscì con fatale precisione a spingere un mortale ad uccidere il giudice. Il corpo fisico di quest’ultimo morì, ma la sua anima si risvegliò all’inferno, incatenata al muro di una prigione, come lo era stato una volta la sua vittima, faccia a faccia con essa.

Durante la sua vita, il giudice aveva condannato a morte molte persone al fine di soddisfare la propria ambizione e la propria cupidigia. Alla sua morte, le sue vittime si radunarono attorno a lui, e resero il suo risveglio un vero inferno. Eppure, la volontà di quell’uomo era così forte che nessuno dei colpi che cercavano di infliggerli lo raggiungeva. Da anni i due acerrimi nemici si fronteggiavano, esprimendo odio e disprezzo reciproci. Quanto agli altri spiriti, cercavano continuamente nuovi mezzi per far soffrire l’uomo incatenato, la cui volontà, più potente della loro, li teneva lontani.

In un luogo molto distante da quello, nelle sfere luminose, la povera moglie era disperata per il marito, ma sperava che un giorno il proprio amore e le proprie preghiere avrebbero raggiunto la sua anima e l’avrebbero addolcita, spingendolo ad abbandonare le sue intenzioni malvagie e a rinunciare alla vendetta. Erano state le sue preghiere ad attirarmi in quei luoghi, ed era lei che mi aveva trasmesso la visione di quella squallida storia, pregandomi di informare suo marito che lei non smetteva mai di pensare a lui; la sua sola speranza era di vederlo elevarsi verso le sfere più alte, per poterlo incontrare nella pace e nella felicità. Con questa visione impressa nel mio cuore mi avvicinai all’uomo; questi era stanco della sua vendetta, e il suo cuore desiderava profondamente ritrovare l’amata moglie.

Lo toccai sulla spalla e gli dissi: «Amico mio, io so perché sei qui e conosco la terribile storia delle tue sofferenze. La donna che ami mi ha inviato qui perché ti dicessi che ti aspetta in alto, in un paese magnifico. Lei si lamenta perché non la raggiungi, e si rattrista che tu trovi la vendetta più dolce delle sue carezze. Ti manda a dire che sei tu stesso che ti leghi a questi luoghi di orrore, mentre potresti essere libero».

Lo spirito sussultò e, afferrandomi il braccio, mi guardò intensamente negli occhi, come per vedere se dicevo il vero. Poi arretrò, e sospirando disse: «Chi sei? E perché sei venuto qui? Tu non appartieni a questo paese dell’orrore, e pronunci parole di speranza. Ma come può esserci speranza per un’anima dell’inferno?».

«C’è speranza anche all’inferno, perché la speranza è eterna, e Dio, nella Sua compassione, non esclude nessuno dalla Sua Grazia, anche quando agiamo contro di Lui. Io vengo inviato a portare la speranza a coloro che, come te, soffrono a causa del passato. Se accetti di seguirmi, ti mostrerò come potrai entrare in un mondo migliore».

Esitò. Dentro il suo cuore si svolgeva una lotta terribile, perché sapeva che era solo la sua presenza a mantenere prigioniero il suo nemico. Nel momento in cui se ne sarebbe allontanato, l’altro sarebbe stato libero di vagare per quel paese delle tenebre. Dovetti parlargli di nuovo di sua moglie e di suo figlio e chiedergli se non preferiva ritrovarli. Pensando a coloro che amava, crollò, e nascondendo il viso tra le mani si sciolse in lacrime. Lo presi sottobraccio e lo guidai, docile, fuori dalla prigione, e poi fuori dalla città. Lì trovammo degli amici che lo attendevano. Lo avrebbero condotto, mi dissero, in un bel luogo nel quale sua moglie e suo figlio avrebbero potuto incon­trarlo ogni tanto, in attesa che egli si elevasse fino alla loro sfera e si unisse a lei per sempre in una felicità più completa di quella che avrebbe potuto conoscere sulla Terra.

*

Terminata la mia missione in quella città, cominciai ad errare alla ricerca di un’altra opportunità di essere utile quando, nel mezzo di una pianura tenebrosa e desolata, mi imbattei in una capanna isolata in cui si trovava un uomo steso su della paglia sporca. Sembrava incapace di muoversi, quasi fosse moribondo.

Durante la sua vita terrena – mi raccontò – aveva abbandonato un amico malato e lo aveva lasciato morire dopo avergli rubato un tesoro per il quale avevano rischiato la vita insieme. Ora che anche lui era morto, si trovava nella stessa situazione, abbandonato ed indifeso. Gli chiesi se non voleva per caso alzarsi e tentare di espiare la morte del suo amico cercando di aiutare altre persone. Speravo di aiutarlo in questo modo; mi disse che effettivamente voleva alzarsi, ma non capiva perché avrebbe dovuto tormentarsi per qualcun altro. Preferiva piuttosto andare alla ricerca del denaro che aveva sepolto da qualche parte e spenderlo. Nel dirmi ciò, i suoi occhi mi guardavano furtivamente per cercare di scoprire cosa pensassi in merito a quel denaro, e se non fossi per caso interessato a trovarlo io stesso.

Gli spiegai che sarebbe stato bene per lui ritrovare l’amico che aveva assassinato, per esprimergli il proprio pentimento, ma non voleva ascoltarmi e si alterò. Non si pentiva di aver ucciso l’amico; gli dispiaceva solo di ritrovarsi in quella situazione penosa. Desiderava solo che lo aiutassi ad uscirne. Le mie spiegazioni sulla possibilità di migliorare la sua situazione espiando il suo errore non sortirono alcun effetto. Il suo unico desiderio era di uscire di nuovo per derubare o uccidere qualcun altro. Lo lasciai, e mentre uscivo raccolse una pietra e me la tirò.

«Cosa ne sarà di lui?» mi chiesi.

La risposta mi giunse subito: «È giunto dalla Terra solo da poco tempo, a seguito di una morte violenta. Il suo spirito è debole, ma presto si fortificherà. A quel punto si unirà ad altri briganti del suo stampo, aggiungendo altri orrori a questo luogo. Dopo molti anni, forse secoli, si sveglierà in lui il desiderio di un destino migliore e comincerà a progredire, ma molto lentamente, perché un’anima così primitiva e depravata come la sua ha bisogno di numerosi cicli temporali per sviluppare le proprie facoltà latenti».

*

Dopo aver errato per un certo tempo per quella pianura sterile e desolata, mi sentii stanco. Avevo il cuore così pesante che mi sedetti per terra e mi misi a meditare sulle esperienze che avevo vissuto in quella sfera spaventosa. Mi sentivo schiacciato alla vista di tanti mali e tante sofferenze. Io, che avevo tanto amato la luce del Sole, ero oppresso dall’angosciante oscurità e dalle pesanti nuvole di quel luogo. Ah, come mi sarebbe piaciuto avere notizie di colei che avevo lasciato sulla Terra! I miei amici non mi avevano portato ancora nessun messaggio. Ignoravo da quanto tempo mi trovavo in quel luogo, nel quale non vi sono il giorno e la notte a segnarvi il trascorrere dei giorni, in cui non vi è altro che una interminabile oscurità che opprime tutto silenziosamente. Pregai ardentemente che tutto andasse bene per Bianca sulla Terra, perché potessimo riunirci quando sarebbe finito il mio periodo di prova in quell’inferno.

Notai allora un dolce chiarore che si stava diffondendo attorno a me. Sembrava emesso da una stella brillante. La sua intensità aumentò fino a formare un’immagine gloriosa, al centro della quale apparve la mia amata. I suoi occhi guardavano nei miei, la sua bocca mi sorrideva e si apriva come a pronunciare il mio nome. Poi portò la punta delle dita alle labbra e mi inviò un bacio. Lo fece in modo così delicato e tenero che, rapito, mi alzai per restituirle il bacio, ma la visione scomparve, e mi trovai di nuovo solo nella pianura. La visione aveva però spazzato via la mia tristezza ed aveva rinvigorito il mio coraggio per poter andare a portare la speranza ad altre anime.

Proseguii quindi sulla mia strada. Poco dopo fui superato da un gruppo di spiriti dall’aspetto ripugnante: portavano dei cenciosi mantelli scuri ed avevano il volto coperto da una maschera nera come fossero briganti. Non mi notarono; già mi ero accorto che, in generale, gli abitanti di quella sfera avevano un’intelligenza e una vista spirituali troppo scarse per poter vedere qualcuno delle sfere spirituali superiori, tranne che nel caso in cui questi fosse entrato direttamente in rapporto con loro. Per curiosità li seguii da vicino. Improvvisamente, un altro gruppo di spiriti si avvicinò a noi, portando dei sacchi che, in apparenza, contenevano un tesoro; questi spiriti furono assaliti dai componenti del primo gruppo, ma poiché non possedevano armi, gli spiriti si battevano come bestie selvagge, utilizzando denti e unghie come belve o avvoltoi. Afferravano la gola e sbranavano, mordevano e graffiavano come tigri o lupi. Infine, almeno la metà fu annientata e giacque al suolo, mentre il resto fuggì con il tesoro (che, ai miei occhi, era composto di ciottoli di nessun valore).

Quando gli scampati si furono allontanati, mi avvicinai agli spiriti che giacevano al suolo gemendo di dolore, per aiutarli. Ma loro cercarono di attaccarmi e sbranarmi. Somigliavano più a bestie che ad esseri umani; anche i loro corpi erano curvi in modo animalesco, le braccia lunghe come quelle delle scimmie, le mani dure, le dita e le unghie erano simili ad artigli. Per muoversi, a volte camminavano, a volte si trascinavano a quattro zampe. Il loro volto a malapena poteva dirsi umano; i tratti erano bestiali, soffiavano e mostravano i denti come dei lupi. Mi ricordavano le strane storie di uomini trasformati in animali che avevo sentito quando ero sulla Terra, e mi chiesi se non fossero quel tipo di creature. Nei loro occhi pieni di rabbia vi era un’espressione di calcolo e di inganno che era certamente umana, e i movimenti delle loro mani erano simili a quelli degli animali. Inoltre erano in grado di parlare, e mescolati alle urla e ai versi animaleschi proferivano maledizioni e insulti.

Mentre mi stavo chiedendo se queste creature avessero o meno un’anima, ricevetti la risposta: «Sì! Hanno un’anima così decaduta e bassa che quasi non se ne trova traccia. Eppure il germe dell’anima è presente in essi. Questi uomini erano pirati spagnoli, banditi di strada, filibustieri, mercanti di schiavi e rapitori. Hanno vissuto in modo a tal punto brutale che quasi tutta la loro umanità si è trasformata in bestialità. I loro istinti sono quelli delle bestie selvagge. Vivono come queste e combattono nello stesso modo».

«Ma c’è speranza per loro, e li si può aiutare in qualche modo?» chiesi.

«La speranza esiste sempre anche per loro, ma la maggior parte ne trarrà profitto fra alcuni secoli. Eppure anche tra di loro ve n’è qualcuno che può essere aiutato».

Mi volsi e vidi ai miei piedi un uomo che si era trascinato fino a me, completamente esausto. Il suo aspetto era meno spaventoso di quello dei suoi compagni, e si vedevano delle tracce di bontà sul suo volto deforme. Mi chinai su di lui, che mi sussurrò debolmente: «Acqua! Acqua! Dammi dell’acqua, per pietà, perché un fuoco vivo mi consuma!».

Non avevo acqua con me, e non sapevo dove trovarne in quel luogo; gli diedi quindi alcune gocce dell’essenza che avevo portato dal Paese dell’alba. L’essenza produsse in lui un risultato miracoloso, come un vero elisir di vita.

Si sollevò e mi disse: «Tu devi essere un mago! Questa bevanda mi ha rigenerato, e il fuoco che da anni bruciava in me si è spento. Dal mio arrivo in questo inferno sono torturato da una sete inestinguibile».

Dopo averlo portato lontano dagli altri, praticai su di lui dei movimenti magnetici per lenire le sue sofferenze. Mentre vicino a lui riflettevo su ciò che avrei potuto fare ulteriormente, se parlargli o lasciarlo solo, mi prese la mano e la baciò appassionatamente: «O amico mio, come posso ringraziarti? Come devo chiamarti, tu che sei venuto a portarmi la consolazione dopo tutti questi anni di sofferenza?».

«Se mi sei davvero riconoscente, non vorresti anche tu meritarti la riconoscenza degli altri, aiutandoli? Posso mostrarti come riuscirci?».

«Sì! Sì! Lo voglio davvero, a condizione che tu mi porti con te, amico mio!».

«Andiamo – gli dissi – ora ti aiuto ad alzarti, e se ci riesci, allontaniamoci da questo posto il più velocemente possibile, e vediamo cosa possiamo fare».

Così ci allontanammo insieme. Il mio compagno mi raccontò di essere stato pirata e mercante di schiavi. Era secondo ufficiale su un vascello, ed era stato ucciso durante un combattimento. Al suo risveglio si trovò in quelle tenebre con altri membri del suo equipaggio. Non sapeva da quanto tempo era in quella sfera infernale, ma gli sembrava che fosse passata un’eternità. Errava con altri spiriti simili a lui, con i quali formava una banda che passava il tempo a battersi. Quando non combattevano contro altri, si combattevano tra loro. In quel paese senza gioia, il combattimento era la loro unica fonte di stimolo. Non trovavano alcuna bevanda che placasse la sete bruciante che li divorava. Tutto ciò che bevevano aumentava di mille volte la loro sete, e bruciava in gola come fuoco.

Poi mi disse: «Qui non puoi mai morire, qualunque siano le tue sofferenze. È la maledizione di questo luogo. Siamo già morti, e non possiamo più né uccidere né farci uccidere da altri. È impossibile sfuggire alla sofferenza con la morte. Sembriamo una muta di lupi affamati. Quando nessuno ci attacca, ci aggrediamo tra noi, e ci combattiamo fino allo sfinimento. Poi restiamo a terra, gemendo e soffrendo, aspettando di riprenderci per cominciare di nuovo a batterci. Ho desiderato tanto trovare un modo per uscire da questa zona maledetta. Mi sono quasi messo a pregare. Mi dicevo che avrei fatto qualunque cosa, solo se Dio si fosse degnato di perdonarmi e darmi un’altra possibilità. Vedendoti vicino a me, ho pensato che forse tu eri un angelo inviato dall’Alto. Ma tu non hai ali, e non hai nulla che ti faccia somigliare ad un angelo così come li dipingono. Ma dal momento che le immagini che si trovano sulla Terra non ci danno alcuna idea di questi luoghi, perché non potrebbero essere false anche per altre cose?».

Le sue parole mi fecero ridere. Nel mezzo di quel luogo di sofferenza ero felice di sentirmi così utile. Gli raccontai chi ero e cosa mi aveva condotto in quel posto. Mi rispose che se desideravo aiutare altre anime, le avrei trovate: nei paraggi vi erano delle orribili paludi che avevano inghiottito un gran numero di spiriti. Avrebbe potuto condurmi da loro ed aiutarmi. Sembrava temesse che me ne sarei andato senza di lui, abbandonandolo alla sua sorte, ma dal momento che quell’uomo si mostrava così riconoscente, mi sentivo attratto verso di lui ed ero contento della sua compagnia, sentendomi solo in quel lontano e triste paese, e desiderando un po’ di compagnia, ma di certo, non quella degli esseri repellenti che lo popolavano.

Era quasi impossibile, nell’oscurità e nella nebbia che vi regnavano, riuscire a vedere ad una qualche distanza. Arrivammo nei paraggi della palude senza che riuscissimo a vederla, e solo una sensazione di freddo-umido e di aria malsana ce ne annunciò la vicinanza. Una grande distesa di fango nero e maleodorante si stendeva davanti a noi, coperta di uno spesso strato vischioso; dei rettili giganti, con gli occhi sporgenti, vi sguazzavano dentro; grossi pipistrelli con il volto simile a vampiri umani volavano sopra le acque. Colonne di fumo grigio e di vapori nocivi si alzavano dalla superficie putrescente in strane forme fantasmagoriche. Planavano sulla superficie con la forma di teste e braccia minacciose, poi sparivano nella nebbia per mutarsi continuamente in nuove forme orrende.

Sulla riva di quella palude ripugnante si trovavano innumerevoli creature viscide, striscianti e gigantesche, dalle forme orribili. Fremetti guardando quelle acque, chiedendomi se in una simile cloaca ci fossero delle anime perse, allorquando dall’oscurità mi giunse alle orecchie un coro di lamenti e di grida di disperazione che mi toccarono il cuore per il loro scoramento. Quando i miei occhi si abituarono all’oscurità, vidi qua e là delle forme umane che si muovevano, immerse nel liquido fino alle spalle. Urlai loro che ero sulla riva, e che dovevano sforzarsi di raggiungermi. Esse però non mi degnarono di attenzione e sembrò che non mi sentissero e non mi vedessero. Il mio compagno mi disse che non vedevano e non sentivano nulla, se non ciò che si trovava nelle loro immediate vicinanze.

Anch’egli si era trovato nella palude per un certo tempo, ma era riuscito ad uscirne da solo; pensava però che la maggior parte di coloro che vi si trovava non sarebbe riuscita ad uscirne senza un aiuto. Molti cercavano da anni di uscirne. Si sentirono di nuovo delle richieste di aiuto. Una di queste proveniva da uno spirito vicino a noi e pensai di entrare nella palude per aiutarlo ad uscirne, ma quel liquido era così repellente che al solo pensiero arretrai spaventato. Il grido disperato si ripeté e sentii di dover provare. Perciò, sforzandomi di superare il disgusto, entrai nella palude e ben presto raggiunsi quel disperato in difficoltà. Mentre mi avvicinavo a lui, la massa nuvolosa in alto si agitò e scese verso di me, ma senza toccarmi. L’uomo era immerso nella palude fino al collo, e sembrò affondasse ancora di più quando lo raggiunsi. Pensavo fosse impossibile estrarlo da solo da quel liquido, perciò chiamai il mio amico pirata, ma era scomparso. Per un attimo pensai che mi avesse attirato in una trappola, e decisi perciò di uscirne subito da solo. Ma quel povero spirito mi supplicava così intensamente di non abbandonarlo, che feci un altro tentativo radunando tutte le mie forze. Dovevo liberare i suoi piedi dalle alghe nelle quali erano imprigionate. A tratti lo trascinavo, a tratti lo sostenevo, raggiunsi così la riva, dove l’uomo cadde privo di conoscenza. Anch’io ero molto stanco e mi sedetti vicino a lui.

Cercai attorno a me il pirata e lo vidi ad una certa distanza mentre trascinava fuori della palude un altro spirito. Riversava in questa sua azione talmente tanta energia che si agitava e gridava con tutte le sue forze, così che il povero spirito che stava aiutando lo pregava di farlo più dolcemente. Andai loro incontro, e quando furono vicini alla riva li aiutai ad uscire e feci stendere quello spirito vicino al precedente.

Il pirata era fiero del suo successo. Era pronto a riprendere la sua opera, perciò lo inviai da un altro sfortunato che chiedeva aiuto, mentre mi prendevo cura dei due già salvati. Non lontano da me udii dei lamenti pieni di disperazione. All’inizio non riuscivo a vedere nulla. Poi una minuscola scintilla luminosa, simile ad un fuoco fatuo, si mise a brillare al disopra della palude. Alla sua luce vidi qualcuno che si dibatteva e chiedeva aiuto. Entrai ancora una volta nella palude infetta, anche se, lo confesso, senza entusiasmo. Quando raggiunsi l’uomo, vidi che con lui c'era una donna che sosteneva ed incoraggiava. Riuscii con grande difficoltà a trascinarli entrambi a riva, dove ritrovai il pirata e un nuovo spirito salvato da lui.

Sul bordo di quel mare vischioso dovevamo costituire senz’altro uno spettacolo bizzarro. Più tardi, appresi che quel luogo era la creazione spirituale dei pensieri disgustosi e dei desideri malsani che gli esseri umani emettono durante la loro esistenza terrena, e che vengono attratti in quel luogo e riuniti a costituire quella palude nauseabonda. Gli spiriti che vi si trovavano imprigionati, mentre erano sulla Terra si erano crogiolati nei vizi più abominevoli, ed avevano continuato dopo la loro morte a godere degli stessi piaceri, prendendo il controllo di uomini e donne mortali, e ciò fino al momento in cui, a motivo del loro estremo degrado, era loro divenuto impossibile restare sul Piano terrestre. Erano allora stati attirati in quella cloaca nella quale solo il disgusto di se stessi poteva alla fine spingerli a cambiare.

Uno degli spiriti che avevo salvato aveva fatto parte della corte di Carlo II, dove era ammirato come uomo di spirito. Dopo la sua morte era rimasto a lungo sul Piano terrestre. Poi era sceso sempre più in basso fino a cadere nella palude, nella quale si era trovato imprigionato dalle erbacce della vanità e della sua immoralità. Un altro spirito era stato un celebre drammaturgo al tempo del regno di Giorgio I. Quanto alla coppia, essa aveva fatto parte della corte di Luigi XV. Quelli salvati dal pirata avevano delle storie simili.

Mi chiesi come avrei potuto liberarmi della sporcizia di quella spaventosa palude. Allora improvvisamente, come per miracolo, vidi sgorgare non lontano da noi una fonte chiara, nella quale entrammo ed eliminammo così rapidamente ogni traccia di fango.

Raccomandai agli spiriti salvati di soccorrere altri sfortunati, come gesto di riconoscenza per l’aiuto che essi stessi avevano ricevuto. Dopo aver dato loro qualche altro consiglio, mi rimisi in marcia. Ma il pirata non desiderava separarsi da me, e quindi proseguimmo il cammino insieme.

*

Se dovessi raccontare tutto ciò che incontrammo durante i nostri spostamenti, il mio racconto riempirebbe interi volumi. Tralascio perciò un periodo corrispondente a parecchie settimane terrestri, per giungere al nostro arrivo non lontano da una grande catena di montagne, le cui cime innevate si stagliavano nel cielo notturno. Eravamo entrambi piuttosto delusi dai risultati degli sforzi che avevamo fatto per aiutare gli abitanti di quella sfera. Avevamo certamente trovato, qua e là, alcuni spiriti predisposti ad ascoltarci e a lasciarsi guidare. Ma in generale la nostra offerta veniva accolta con derisione e disprezzo. Alcuni ci avevano addirittura attaccati, ed avevamo rischiato di essere feriti.

Il nostro ultimo tentativo lo avevamo fatto con un uomo e una donna dall’aspetto oltremodo ripugnante, i quali litigavano sulla porta di una misera baracca. L’uomo picchiava la donna in modo così violento che dovetti intervenire per farlo smettere. Entrambi allora si unirono contro di me: la donna cercò di strapparmi gli occhi, e dovetti la mia salvezza al mio compagno pirata, perché quell’attacco mi aveva incollerito, e di conseguenza mi aveva posto, temporaneamente ma pericolosamente, al loro livello, privandomi della protezione conferita dal mio sviluppo spirituale più elevato.

I due spiriti si erano resi colpevoli, sulla Terra, del brutale assassinio di un vecchio (il marito della donna), al fine di impadronirsi del suo denaro, e per questo erano stati impiccati. Adesso erano legati dalla loro comune colpa, nonostante l’odio feroce che provavano reciprocamente. Ciascuno accusava l’altro di essere la causa della propria presenza in quel luogo infernale, e ciascuno reputava l’altro maggiormente colpevole. Tra l’altro, era stato possibile giudicarli ed impiccarli perché si erano traditi vicendevolmente. Sembrava che ormai esistessero solo per battersi a vicenda, e non potevo immaginare punizione più terribile di quella che consiste nell’essere incatenati ad una persona che si odia. Tenuto conto dello stato spirituale dei due, non potevamo far niente per loro.

Poco dopo averli lasciati, ci trovammo ai piedi di una montagna scura. Grazie ad una strana e pallida luminosità fosforescente che la ricopriva a zone, fummo in grado di esplorarla in parte. Non vi era alcun sentiero ed inciampammo spesso sulle sue aspre pendici (devo ricordare a questo punto che, avendo in parte assimilato le condizioni di vita di questa sfera bassa, avevo perso la facoltà di elevarmi e di planare come potevo fare nel Paese dell’alba). Dopo aver scalato con difficoltà uno dei picchi meno alti, percorremmo una cresta illuminata da quel curioso chiarore fosforescente. Da entrambi i lati vedevamo dei giganteschi crepacci che sprofondavano nell’oscurità. Da alcune di quelle voragini salivano grida di dolore, dei lamenti e talvolta delle richieste di aiuto. Tremavo al pensiero che degli spiriti fossero prigionieri di quelle oscure profondità, ed era doloroso non poter far niente per aiutarli. Il mio compagno, che mi aveva già aiutato in numerosi tentativi di salvataggio, mi propose di tessere una corda con le lunghe erbe che crescevano tra le rocce sparse. Con quella corda, mi disse, avrebbe potuto calarsi nei crepacci, perché era abituato ad arrampicarsi in quel modo. Avremmo così potuto salvare da quella orribile situazione qualcuno di quegli spiriti.

Ci mettemmo subito all’opera e ben presto costruimmo una corda abbastanza solida da sostenere il peso del mio amico. Dovete sapere che per quanto riguarda le cose spirituali, come quelle materiali, il peso è una questione relativa. Ciò che in una sfera ha un certo peso e una certa solidità, in una sfera inferiore sembra etereo e leggero. Dopo aver solidamente legato un’estremità della corda ad una roccia, il pirata scese con la sicurezza acquisita con la sua lunga esperienza di marinaio. Giunto in basso, legò la corda attorno al corpo di uno degli spiriti che gemevano, distesi al suolo. Sollevai così quello spirito, dopodiché gettai la corda al mio amico che salì allo stesso modo. Fatto quanto potevamo per alleviare le sue sofferenze, ripetemmo la procedura per salvarne altri. Dopo averne salvati un buon numero, avvenne una cosa ben strana: la luminosità fosforescente si spense, lasciandoci nell’oscurità totale, mentre una voce misteriosa, che sembrava provenire dal nulla, disse:

«Ora continuate altrove, perché il vostro lavoro qui è terminato. Quelli che avete salvato erano caduti vittime del loro stesso inganno. Erano caduti nella fossa che avevano scavato per altri, e vi sono rimasti fino a quando un inizio di pentimento e di desiderio di espiare i loro peccati ha attirato dei salvatori – voi – perché fossero liberati dalla prigione che si erano costruiti da soli. In queste montagne sono prigionieri molti spiriti che non devono ancora essere liberati perché, se lo fossero, diventerebbero un pericolo per gli altri. Il male che provocherebbero rende necessaria per ora la loro prigionia. La loro prigione è, in ogni caso, una loro creazione, e queste grandi montagne di miseria sono il prodotto della loro esistenza sulla Terra. I precipizi sono il riflesso spirituale degli abissi di disperazione nel quale sono precipitate le loro vittime durante la loro vita terrena. La loro prigione si aprirà quando il loro cuore si sarà addolcito e desidereranno essere liberi per fare il bene, e non il male. Solo allora saranno risvegliati dalla morte vivente alla quale si sono condannati da soli a motivo della loro crudeltà verso gli altri».

*

La voce tacque e, soli nell’oscurità, ci incamminammo verso la pianura. Quelle orribili vallate di notte eterna, quelle cime elevate di egoismo e di oppressione, avevano talmente raffreddato il mio cuore che ero contento di non dover proseguire lì la mia missione.

Lungo il cammino costeggiammo un’immensa foresta i cui alberi fantastici sembravano essere usciti da un incubo. I rami senza foglie sembravano braccia tese a catturare eventuali passanti. Le radici tortuose uscivano dal suolo come dei serpenti pronti ad arrotolarsi attorno ai loro piedi. I tronchi erano anneriti come se fossero stati bruciati. Dalla scorza colava una resina spessa, di una forza adesiva tale, che chi la toccava non poteva più ritirare la mano. Delle lunghe erbe parassite pendevano dai rami e minacciavano di avviluppare chiunque avesse cercato di penetrare in quella lugubre foresta. Ci giungevano deboli richiami di aiuto che venivano da persone sfinite o quasi soffocate e, a tratti, potevamo vedere delle anime prigioniere di quegli alberi mostruosi, le quali si dibattevano invano per liberarsi.

Mi chiedevo come avremmo potuto aiutarle. Alcuni di quegli spiriti erano imprigionati per i piedi, con una radice che li bloccava come una morsa. Un altro aveva la mano incollata al tronco di un albero. Più oltre, uno spirito era stato completamente avviluppato dalla secrezione che pendeva dai rami. Un altro aveva la testa bloccata da due rami che si erano avvicinati. Delle spaventose fiere si avvicinavano ai prigionieri e degli avvoltoi planavano sulle loro teste, senza riuscire a raggiungerli.

Chiesi: «Cos’hanno fatto questi esseri durante la loro vita sulla Terra?».

«Hanno goduto delle sofferenze altrui, hanno gettato i loro simili in pasto alle bestie selvatiche e si sono nutriti della sofferenza delle loro vittime. Sono esseri crudeli che, per puro piacere, hanno martirizzato ed ucciso in modo orribile degli uomini più deboli di loro. Per questi spiriti, il giorno della liberazione giungerà solo quando avranno appreso la lezione della grazia e della pietà verso gli altri anche a prezzo della loro propria sofferenza. Solo allora i loro legami verranno sciolti e potranno espiare i loro peccati con il loro lavoro. Fino a quel momento nessuno potrà aiutarli né liberarli. La loro liberazione deriverà dai loro sforzi e dal loro pentimento.

Ricorda la storia dell’umanità. Quanti uomini, in ogni tempo e in ogni paese, hanno asservito, oppresso e torturato i loro simili! Non stupirti perciò che questa mostruosa foresta sia così popolata. È stato reputato utile per la tua formazione farti vedere questo luogo spaventoso. Ma poiché nessuno degli esseri che compatisci ha compiuto una trasformazione interiore sufficiente, non puoi aiutarli. Devi perciò partire per altri luoghi dove sarai più utile».

*

Lasciammo quindi la Foresta della desolazione, e poco dopo, con mia grande gioia, vidi arrivare il mio amico Hassein. Ricordando l’insegnamento di Ahrinziman, feci il segno di riconoscimento, ed egli mi diede il segnale di risposta. Mi portava notizie di mio padre e di Bianca che mi mandavano il loro affetto e il loro incoraggiamento. Hassein mi disse che la mia missione doveva svolgersi adesso tra gli spiriti la cui inclinazione verso la malvagità era pari alla loro potenza intellettuale e alla loro ingegnosità nel fare il male.

«In passato – mi disse – sono stati dei capi potenti, oppure degli uomini la cui intelligenza conferiva loro autorità, ma che hanno abusato dei loro doni e della loro forza intellettuale, cosa che ha trasformato tali doni in maledizioni per loro stessi e per gli altri. Dovrai stare in guardia dalle lusinghe e dai loro tradimenti, che utilizzeranno per tentarti. Tra di loro vi sono però degli spiriti che dovrai aiutare: la tua intuizione e le circostanze ti indicheranno chi sarà pronto ad accoglierti. Probabilmente non potrò portarti altri messaggi, ma forse, per questo ti verrà mandato un altro confratello. Ricordati sempre di richiedere il segno di riconoscimento, e diffida di coloro che non potranno fornirtelo. Sei sul punto di entrare nel territorio nemico; ti accorgerai che il tuo arrivo è atteso, e ti saranno tese delle trappole. Diffida delle false promesse, e diffida soprattutto di coloro che si presenteranno con un atteggiamento amichevole».

Promisi ad Hassein di tener conto dei suoi avvertimenti. Mi disse anche che avrei dovuto separarmi dal mio compagno, il pirata, perché in quel luogo lui sarebbe stato in pericolo. Mi promise di affidarlo ad un altro spirito al fine di permettergli di lasciare presto quella sfera oscura. Dopo aver consegnato ad Hassein un messaggio di amore e speranza per mio padre e per Bianca, ci separammo e proseguii il mio cammino nella direzione indicata, rincuorato dalle buone notizie e dai messaggi d’amore che avevo appena ricevuto.

 

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Capitolo 22

La città della tirannia e dell’oppressione

Una donna ha bisogno di aiuto

Poco dopo, vidi Fedele seduto a poca distanza, che evidentemente mi stava aspettando. Ero felicissimo di rivederlo e affidarmi alla sua guida. Ci salutammo con grande cordialità e mi disse che gli era stato chiesto di accompagnarmi per un qualche tempo durante quel viaggio. Mi raccontò varie esperienze istruttive che aveva vissuto, ma che non ripeterò perché non riguardano la mia avventura.

Fedele mi condusse sulla cima di un’alta torre, dalla quale ci era possibile vedere nella sua totalità la città che ci apprestavamo a visitare. Riteneva che il vederla dall’alto prima di entrarvi sarebbe stata un’esperienza utile e interessante per me. Eravamo costantemente avvolti da una notte nera e da una nebbia scura, ma non molto densa, attraverso la quale riuscivamo a vedere. L’oscurità era interrotta qua e là da quella curiosa luminosità fosforescente che ho già descritto, ma anche dalle orribili fiamme accese dalle passioni violente degli abitanti spirituali di quel luogo.

Raggiunta la sommità della torre, costruita in pietra nera, vedemmo un’ampia parte di quell’oscuro paese. All’orizzonte apparivano nuvole gonfie e nere, e di fronte a noi si stendeva questa grande città composta da un curioso miscuglio di fasto e rovina, come tutte le città che avevo visitato in quella regione. Questa era circondata da un immenso territorio vuoto, senza alberi. Spessi vapori colore del sangue incombevano su quella città di sofferenza e crimine. Castelli imponenti, palazzi lussuosi, edifici eleganti, tutto era segnato dalla rovina e dalla decadenza, e tutto era macchiato dal marciume dei peccati che vi erano stati commessi. Anche se quasi completamente intaccati dalla decomposizione, gli edifici si mantenevano eretti grazie al magnetismo dei loro abitanti spirituali. Questi edifici dureranno fino a quando li sosterranno i legami intessuti durante le vite terrene dai loro abitanti, e cadranno in polvere nel momento in cui il pentimento distruggerà quei legami e renderà la libertà a quegli spiriti. Tuttavia, saranno sostituiti da altri, costruiti ad immagine della vita terrena depravata di altre anime decadute. Qui si alza un palazzo, là una capanna. Come le vite e le ambizioni degli spiriti che vi dimorano sono state intrecciate e mescolate sulla Terra, così sono ora disposte le abitazioni nel mondo spirituale.

Voi che oggi vivete sulla Terra, avete mai preso seriamente in considerazione che le persone con le quali vi associate durante la vostra vita terrena formano con voi dei legami spirituali che trascendono la morte? Che i legami magnetici che formate sulla Terra con altre persone per fini condannabili, incatenano i destini di quelle persone al vostro nel Mondo spirituale, e che potrete distruggere quei legami solo con grandi difficoltà? Ad esempio, ho visto con i miei occhi l’orgoglioso palazzo patrizio di un aristocratico, costruito dalla sua ambizione e sfigurato dai suoi crimini, circondato dalle dimore volgari dei suoi schiavi, parassiti e cortigiani. I vincoli magnetici che il principe aveva formato con tutti coloro che avevano realizzato i suoi perversi disegni avevano riunito, nel Mondo spirituale, le dimore di questi ultimi attorno al suo palazzo. Ora non gli era più possibile liberarsi del fastidio che gli arrecavano, proprio come loro non erano più in grado di sottrarsi alla sua tirannia, e ciò fino a quando un desiderio più elevato non fosse emerso nell'anima dell’uno o degli altri e non li avesse elevati in una sfera superiore. Erano così costretti a rivivere incessantemente la loro esistenza terrena, come se recitassero una ridicola parodia del loro passato in un sogno interminabile, o come se rivivessero incessantemente lo svolgersi dei loro atti passati con chi vi aveva preso parte. Non potevano sfuggire all’assedio della loro coscienza e dei loro ricordi, e ciò fino a quando l’ultima scintilla di lussuria e perversione non si fosse spenta nella loro anima.

Come ho già detto, quella grande città del Mondo spirituale era ricoperta a tratti da zone di luce pallida che sembrava fosse dovuta ad un fumo fosforescente di color grigio metallico. Mi fu detto che quella luce emanava dalla forza intellettuale di alcuni abitanti che avevano votato la loro intelligenza superiore al male e la cui anima, anche se decaduta, non era sottosviluppata. Pur privi della vera luce del cuore, comunque, possedevano ancora la luce snaturata delle loro facoltà intellettuali. In altre parti della città l’atmosfera sembrava incendiata. Lingue di fiamma danzavano nell’aria, spostandosi da un luogo all’altro come un fuoco fatuo trasportato da correnti d’aria. Vidi gruppi di spiriti tenebrosi camminare nelle strade, incuranti o inconsapevoli di quelle fiamme spettrali generate nell’atmosfera da loro stessi, create dalle loro forti passioni che si manifestavano in forma di fiamme spirituali.

Mentre osservavo quella città di anime morte e perdute, fui sommerso da un’ondata di emozioni, perché mi resi conto che quei muri e quelle costruzioni cadenti somigliavano stranamente a quella città terrena che conoscevo bene e mi era tanto cara: quella dove avevo sempre vissuto. Chiesi al mio compagno che significato avesse tutto ciò. Ero vittima di una allucinazione? Quanto vedevo davanti a me, era il passato, il presente o il futuro della mia città natale?

«È tutto nello stesso momento» – rispose. «Di fronte a te ci sono gli edifici e gli spiriti del passato di questa città, o meglio, di tutto ciò che vi è di malvagio nel suo passato. Ma puoi notare anche che vi sono case non finite: sono quelle che stanno costruendo i loro abitanti terreni attuali, che stanno preparando, senza saperlo, per la loro vita dopo la morte. Queste case ancora incompiute diverranno nel futuro come le case che vedi ora già finite, quando coloro che le costruiscono con le loro emanazioni spirituali avranno portato a termine l’opera della loro vita di peccato e oppressione.

Osserva bene quanto vedi, perché così potrai tornare sulla Terra come messaggero, e avvertire i tuoi compatrioti del destino che attende molti di loro. Se la tua voce troverà ascolto anche in uno solo dei cuori ai quali parlerai, e farà cessare la costruzione anche di una sola di queste case incompiute, avrai fatto una buona opera e la tua visita qui avrà portato buoni frutti. Non è comunque questo il motivo principale della tua visita: anche qui c’è del lavoro da svolgere per entrambi. In questa città infernale ci sono anime che possiamo sottrarre alle tenebre, e verranno rimandate sulla Terra per annunciare agli esseri umani il terribile contrappasso che hanno dovuto subire e che vorrebbero fosse risparmiato agli altri.

Da quando esiste l’umanità si è prodotta un’evoluzione straordinaria nella vita e nel pensiero degli esseri umani, e possiamo supporre che tale sviluppo debba essere attribuito soprattutto all’influenza di coloro che sono venuti sulla Terra a mettere gli altri in guardia dall’abisso nel quale l’orgoglio e i sensi li avevano precipitati. L’idea che Dio danni i malvagi in vista di una punizione eterna è inammissibile. Al contrario, non bisognerebbe far sapere che Dio manda sulla Terra i Suoi figli penitenti affinché assistano e fortifichino i mortali nella loro lotta contro il male? Anche noi due siamo stati peccatori; agli occhi di alcuni, per noi non c’era possibilità di redenzione. Eppure abbiamo trovato grazia davanti a Dio, anche nell’ultima ora. Non dovrebbe esistere la stessa speranza per quelli che sono qui? Se costoro sono caduti più in basso di noi, dobbiamo forse per questo porre un limite all’elevazione che possono raggiungere, se si pentono? No! Respingiamo quindi sempre l’esecrabile pensiero che gli orrori dell’inferno durino eternamente. Dio è misericordioso e nessuno può porre limiti alla Sua grazia».

Discendemmo dalla torre ed attraversammo la città. In una grande piazza di cui ben conoscevo la controparte terrena, trovammo riuniti un gran numero di spiriti tenebrosi che ascoltavano un proclama pubblico. Questo suscitava in loro, in modo evidente, derisione e collera, le cui espressioni risuonavano dappertutto. Avvicinandomi, venni a sapere che si trattava di una dichiarazione che era stata fatta da poco nella città terrena in favore del miglioramento delle condizioni di vita del popolo. Là dove ci trovavamo, nella cittadella della tirannia e dell’oppressione quella decisione non risvegliava che proteste e desiderio di impedirne, con tutti i mezzi, la realizzazione sulla Terra; quegli spiriti tenebrosi attorno a me avevano infatti deciso, per quanto fosse in loro potere, di dedicarsi a far sì che i buoni fini di quella legge non si realizzassero.

Riguardo a ciò bisogna sapere che quanto più i mortali oppressi e sfruttati rispondono alla tirannia con la violenza, tanto più gli spiriti delle sfere infernali possono influenzarli al fine di seminare discordia e confusione, e creare ancora più ingiustizia e sofferenza. Più gli esseri umani diventano liberi, illuminati e moralmente elevati, meno rischiano di attirare con le loro passioni spiriti malvagi, e meno, questi ultimi possono manipolare i mortali. I cattivi spiriti gioiscono dell’indigenza, delle guerre e del sangue che scorre, e tornano sempre volentieri sulla Terra per ravvivare le passioni omicide e crudeli degli esseri umani. Quando queste sono portate al culmine, nei momenti delle grandi oppressioni nazionali e delle sollevazioni popolari, gli abitanti degli abissi infernali vengono attirati sulla superficie della Terra, dove eccitano e spingono a scatenare delle rivolte. Queste, iniziate con motivazioni alte, pure e nobili, sotto l’influenza delle passioni e dell’istigazione di tali esseri delle sfere inferiori, diventano alla fine solo il pretesto per massacri ed eccessi di ogni sorta. A seguito di questi eccessi si produce inevitabilmente una reazione. I demoni e coloro che dominano vengono spazzati via da forze più potenti, e alla fine non restano che rovine e cadaveri. Allora negli inferi è abbondante la raccolta, perché le sfortunate anime che avevano ceduto all’influenza dei cattivi spiriti vengono trascinate assieme a loro.

Mentre osservavo la moltitudine, Fedele diresse la mia attenzione verso un gruppo di spiriti che ci guardavano e manifestavano la chiara intenzione di venire a parlarci.

«Mi allontano un momento» – mi disse Fedele – «e ti lascio parlare da solo con loro. Sono già venuto qui in passato, potrebbero riconoscermi. Desidero che tu ti faccia la tua opinione su di loro. Ma resterò nei paraggi e tornerò da te più tardi, quando lo reputerò utile. Per il momento qualcosa mi dice che è meglio che ti lasci».

Detto ciò si allontanò, mentre gli spiriti tenebrosi si avvicinavano, facendo dei segni amichevoli. Pensai bene di rispondere alle loro gentilezze, anche se mi ispiravano il più profondo disgusto, essendo particolarmente sporchi e repellenti. Uno di loro mi toccò la spalla, e guardandolo ebbi la vaga sensazione di averlo già visto.

Lui scoppiò in una risata orribile, e mi disse: «Ti saluto, amico mio. Mi sembra che tu non ti ricordi di me; io invece ti ricordo bene! Ci siamo incontrati sul Piano terrestre assieme ad altri; volevo aiutarti, ma tu non hai accettato la nostra offerta. Al contrario, ci hai giocato un brutto scherzo. Ma ti abbiamo perdonato, perché siamo dei bravi ragazzi, come potrai constatare se ci conoscerai meglio».

Anche un altro si avvicinò e mi disse con un ghigno diabolico: «Guarda guarda chi si vede... Amico mio, adesso sei qui con noi, a quel che sembra, in questo bel paese! Cos’hai fatto per meritare quest’onore? Chi hai ucciso o fatto uccidere? Sai, nessuno è qui, se non ha almeno un crimine sulla coscienza. Molti tra noi possono vantare tanti omicidi quanto sono i fantasmi di Macbeth. I nostri concittadini più distinti li contano addirittura a centinaia! Finalmente, allora hai ucciso quell’uomo! Ah! Ah! Ah!».

Scoppiò in una risata abominevole e mi voltai per allontanarmi, dal momento che li avevo riconosciuti. Mi tornò infatti improvvisamente in mente il ricordo di quando avevo rischiato di diventare un omicida (cap. 8); quegli esseri spaventosi erano gli spiriti che mi avevano incitato, indicandomi il modo di soddisfare il mio desiderio di vendetta, anche se ero privo del corpo terreno. Però mi impedirono di fuggire. Pensavano che appartenessi al loro mondo e volevano tenermi con loro per divertirsi e vendicarsi su di me della precedente sconfitta.

Potevo vedere le loro vere intenzioni celate dietro modi falsamente amichevoli. Esitai un istante su cosa fosse meglio fare. Infine decisi di seguirli e vedere cosa avrebbero fatto, tenendomi però pronto a liberarmi di loro alla prima occasione. Lasciai che mi prendessero sottobraccio, ed entrammo in una grande casa prospiciente la piazza che – mi dissero – apparteneva a loro, dove desideravano presentarmi dei loro amici.

Fedele passò vicino a me, e mi comunicò interiormente il seguente avvertimento: «Va’ con loro, ma guardati dal partecipare ai loro divertimenti o dal lasciare che il tuo spirito si abbassi al loro livello».

Entrammo nella casa e salimmo lungo un’ampia scala in pietra grigia per metà crollata che recava dappertutto i segni e le macchie della vergogna e del crimine. A tratti nei gradini vi erano dei buchi nei quali un uomo sarebbe potuto facilmente cadere, ritrovandosi così prigioniero dell’ambiente chiuso al disotto della scala. Mentre passavamo al disopra di uno di quei buchi, qualcuno cercò di farmi perdere l’equilibrio spingendomi. Se non fossi stato in guardia, sarei inciampato e caduto. Saltai di lato, e poco mancò che anche il mio amabile compagno cadesse. Gli altri scoppiarono a ridere, mentre quello che mi aveva spinto mi lanciò uno sguardo pieno di odio. Allora lo riconobbi: era colui la cui mano si era bruciata nel cerchio di fuoco color argento che circondava Bianca (cap. 8), quando il suo amore mi aveva attirato presso di lei e mi aveva salvato dalla seduzione di quegli spiriti malvagi. Teneva la mano accuratamente nascosta sotto il mantello nero, ma potevo vedere attraverso di esso il suo braccio avvizzito. Adesso sapevo che avrei dovuto diffidare di lui.

Dalla scala raggiungemmo una superba sala illuminata da un fuoco, con alle finestre delle tende scure, stracciate, spruzzate di sangue fresco come se quel luogo fosse stato la scena di un massacro. Vedevo lungo i muri della sala dei mobili antichi, sporchi e rovinati, ma che conservavano qualcosa del loro passato splendore. La sala era piena di spiriti di uomini e donne. Ma che uomini e donne! Avevano perso tutta la bellezza del loro sesso. Erano più sporchi dei peggiori gaglioffi che si possano incontrare di notte nelle taverne della Terra. Solo all'inferno le donne possono degradarsi fino a quel punto. Gli uomini, se possibile, avevano un aspetto ancora più orribile, e se volessi descriverli mi mancherebbero le parole. Mangiavano, bevevano, urlavano, danzavano, giocavano a carte e litigavano. La scena era più orribile di tutto ciò che è possibile vedere sulla Terra.

Potevo percepire un debole riflesso della vita terrena di ciascuno e sapevo che tutti, senza eccezione, avevano non solo condotto una vita licenziosa, ma si erano resi colpevoli anche di omicidio. Alla mia sinistra si trovava una duchessa del sedicesimo secolo che aveva avvelenato non meno di sei persone, per odio e per gelosia. Accanto a lei si trovava un uomo che, nella stessa epoca, aveva fatto assassinare dai suoi bravi, diverse persone che lo infastidivano, e ne aveva anche uccisa una con le sue mani in modo sanguinario durante una disputa. Più oltre, una seconda donna aveva ucciso il figlio illegittimo, perché rappresentava un ostacolo alle sue ambizioni di fortuna e posizione sociale. Era in quel luogo da qualche anno e, a differenza degli altri, sembrava provasse un qualche rimorso. Decisi perciò di provare ad avvicinarla e a parlarle non appena possibile.

Il mio ingresso era stato salutato da risate e applausi isterici; mentre una mezza dozzina di mani mi afferravano e mi trascinavano verso la tavola gridando: «Beviamo alla dannazione di questo nuovo fratello! Battezziamolo con un bicchiere di vino nuovo!». Prima che riuscissi a capire le loro intenzioni, tutti avevano alzato in aria i loro bicchieri urlando e ridendo in modo terribile, e uno di loro gettò verso di me un bicchiere pieno di una bevanda infiammata. Ebbi la presenza di spirito di gettarmi di lato, così la maggior parte del liquido cadde a terra. Solo una piccola quantità cadde sul mio mantello e lo bruciò come avrebbe fatto del vetriolo. Il liquido cadde al suolo e si trasformò in una fiamma bluastra, e infine scomparve con una detonazione.

Misero poi davanti a me un piatto pieno a prima vista di pezzi di carne scelta. Guardando meglio, scoprii che brulicava di ripugnanti larve. Non appena mi allontanai disgustato, qualcuno mi mise un braccio attorno al collo: era una vecchia strega, i cui occhi malvagi e la cui espressione mi fecero rabbrividire. Per invitarmi a giocare a carte con lei, fece una smorfia terribile che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto essere un sorriso seduttore, dal momento che intuii che sulla Terra era stata una donna di grande bellezza, mentre adesso sembrava più vecchia e mostruosa di tutto ciò che si può immaginare. Com’è effimera la bellezza fisica!

Lei disse: «Ogni giocatore mette in gioco la propria libertà. Abbiamo inventato questo passatempo per ricordarci dei bei tempi passati. Qui non c’è del denaro da vincere, perché il denaro si trasforma subito in sporcizia nelle nostre mani; per questo abbiamo scelto di giocare in questo modo. Ci impegniamo a diventare schiavi di chi ci vince al gioco, e a fare nostri schiavi quelli che vinciamo. Se vuoi farci compagnia per un po’, potrai convincerti di quanto sia interessante questo gioco. Gli altri qui – proseguì con tono arrogante e ostile – sono solo delle canaglie, feccia di strada, e fai bene ad allontanarti da loro e dai loro divertimenti. Ma io sono una duchessa regale, e tutti i miei amici sono nobili. Tu fai certamente parte dell’élite, perciò ti accetteremo volentieri tra noi».

Con movenze grottescamente regali, mi invitò a prendere posto accanto a lei. Se fosse stata un po’ meno orribile sarei stato tentato di obbedire, se non altro per curiosità, per conoscere il gioco, ma la mia ripugnanza era più forte della curiosità e mi scusai dicendo la verità, e cioè che le carte non avevano mai suscitato veramente il mio interesse. In ogni caso volevo avvicinarmi alla donna alla quale desideravo parlare. Rapidamente riuscii a raggiungerla facendomi largo tra la folla.

Una volta accanto a lei, le parlai a voce bassa, chiedendole se era pentita dell’uccisione del suo bambino, se desiderasse lasciare quel luogo e se fosse pronta per questo ad affrontare una vita difficile.

Il suo viso si illuminò alle mie parole, e mi rispose incuriosita: «Cosa vuoi dire?».

«Stai tranquilla, non voglio che il tuo bene. Se vuoi seguirmi, troverò il modo per lasciare questo terribile luogo ».

Mi strinse la mano in segno di assenso: non osava parlare, poiché altri spiriti si stavano avvicinando a noi in modo preoccupante, con il loro falso atteggiamento amichevole.

La duchessa e i suoi compagni si erano messi a giocare a carte; stavano già litigando, accusandosi a vicenda di barare, il che corrispondeva certamente al vero. Sembrava volessero battersi per rompere la monotonia della loro esistenza. Vidi anche che degli spiriti si erano raggruppati vicino alla porta con l’evidente intenzione di non lasciarmi uscire. Vidi il mio nemico con la mano avvizzita mormorare degli ordini ad un gruppo di spiriti, particolarmente primitivi, che nella loro vita terrena dovevano essere stati degli schiavi. Una mezza dozzina di uomini e donne mi invitarono a prender parte alle loro danze. Era una danza orrenda, del tipo di quelle che si vedono nelle descrizioni delle messe nere delle streghe del passato, e mi guardo bene dal descriverla.

Alla vista di quella scena, mi dissi che, dopotutto, forse quelle antiche storie di stregoneria contenevano un fondo di verità. ‘Può darsi’, pensai, ‘che alcune donne accusate di essere streghe, fossero possedute da spiriti infernali che a volte attiravano delle anime per farle partecipare alle loro orge in questa sfera infernale’. Non so se sia veramente così, ma scoprii in ogni caso una notevole concordanza tra ciò di cui ero testimone e i racconti di streghe di cui avevo sentito parlare.

Mentre quelle creature si avvicinavano nella loro danza grottesca, notai che cercavano di passare dietro di noi per accerchiarci. Il mio istinto mi avvertì di non permettere che il cerchio si chiudesse. Mi addossai al muro, presi la mano della donna e le sussurrai di non separarsi da me. Tutti gli spiriti ormai si dirigevano verso l’angolo della stanza in cui ci eravamo ritirati. Il loro aspetto selvaggio e la crudeltà dei loro occhi contrastavano con la loro finta cordialità. Si avvicinavano e ci stringevano sempre di più, una massa in movimento che sembrava la personificazione del male.

Avevano smesso i loro litigi uniti nel comune desiderio di attaccarmi e farmi a pezzi. Proprio come si sente il tuono all'avvicinarsi del temporale, si potevano sentire minacciose parole di odio, mentre quei demoni danzavano davanti a noi e si abbandonavano alle loro stramberie.

Improvvisamente si levò un grido e la moltitudine urlò furiosa: «Tra di noi c’è una spia, un traditore, un nemico! È uno dei fratelli maledetti venuto dall’Alto per spiarci e toglierci delle vittime. A morte! Linciatelo! Fatelo a pezzi! Gettatelo nelle segrete! Sbarazziamocene!».

Si gettarono su di noi come una valanga. Per un istante pensai che tutto sarebbe finito, e mi pentii improvvisamente di essere entrato in quella stanza. Ma proprio nel momento in cui stavano per raggiungerci, Fedele, aiutato da un altro spirito, ci tirò attraverso il muro che si era aperto dietro di noi. Il muro si richiuse così in fretta, che la moltitudine urlante si chiese come avevamo fatto a scomparire.

Fummo trasportati poco lontano, in un luogo dal quale potevamo vedere, attraverso il muro divenuto trasparente ai nostri occhi, la diabolica brigata di spiriti litigare e battersi tra di loro, mentre ognuno accusava gli altri di averci permesso di fuggire.

«Vedi» – disse Fedele – «se ti fossi unito alle loro attività per un solo istante, ci sarebbe stato impossibile aiutarti, perché anche tu saresti stato rivestito del loro stesso magnetismo, e il muro ti avrebbe tenuto prigioniero. Saresti divenuto troppo grossolano per attraversare la materia di cui è fatto il muro. Quegli spiriti non hanno finito di darti la caccia, perciò, se li rivedrai dovrai fare molta attenzione, perché quel breve momento in cui ti sei posto sotto la loro influenza quando hai evitato di seguire sul piano terrestre il loro diabolico piano, è stato sufficiente a creare, tra te e loro, un legame che sarà difficile da rompere, fino a quando non avrai raggiunto un grado di sviluppo spirituale molto più elevato, tale da costituire un abisso tra te e loro.

Mi avevano detto che tu non eri ancora riuscito a dominare completamente le tue passioni. È vero che hai imparato a controllarle, ma il tuo desiderio di vendetta nei confronti di chi in passato ti ha offeso non è ancora spento. E finché quel sentimento albergherà in te, non ti sarà possibile liberarti completamente di quegli spiriti, soprattutto quando ti troverai nella loro sfera, nella quale sono veramente potenti. Anch’io ho combattuto una battaglia simile a quella che stai combattendo tu oggi. Nessuno meglio di me sa quanto sia difficile perdonare quando siamo stati gravemente offesi. Ma so anche che un giorno tu sarai in grado di farlo con tutto il cuore. In quel momento quei cattivi spiriti non avranno più alcuna possibilità di intervenire nel tuo destino.

Ora le mie direttive prevedono che ti conduca al palazzo di uno spirito che sarai sorpreso di conoscere. Il suo nome ti è familiare, anche se ha vissuto sulla Terra prima di te.

Hai potuto constatare che gli spiriti di questa sfera non possono ingannarti facilmente riguardo al loro vero stato spirituale e alle loro vere intenzioni. Sappi che tu devi questa facoltà a Bianca, il cui puro amore affluisce costantemente verso di te come un torrente continuo di acqua cristallina. Lei ti mette in grado di percepire le cose da un livello più elevato e guardare dentro questi bassi spiriti per vedere tutta la loro perversità. Tra te e lei esiste ora un legame così forte, tale da renderti inconsapevolmente partecipe della grazia della sua natura più elevata, e allo stesso modo lei è partecipe della forza che è in te. Con il tuo attuale grado di sviluppo, sarebbe facile per questi spiriti infernali dominarti e ingannarti, ma a causa della percezione più chiara e più pura di cui tu benefici grazie alle preghiere di Bianca, puoi vedere le cose così come sono veramente, proprio come le vedrebbe uno spirito puro. È inutile quindi che cerchino di ingannarti. La forza dell’amore con cui Bianca ti protegge è veramente grande. Lei è come uno scudo che ti protegge nel corso di qualunque prova.

Prima di lasciare questa sfera, devo mostrarti un’altra visione che temo ti rattristerà tanto quanto ti istruirà. L’uomo che incontrerai è simile a quello che tu saresti potuto diventare, se fossi stato solo nella battaglia con il peso scoraggiante dei tuoi peccati e delle tue passioni, cioè se tu non beneficiassi dell’amore che da Bianca affluisce costantemente a te. Crediamo che la vista di questo personaggio ti renderà doppiamente indulgente verso quegli sfortunati che sei in grado di aiutare (meglio di chiunque altro, proprio perché saresti caduto in basso come loro senza l’aiuto di Bianca). Sappiamo che, nella pienezza della tua riconoscenza, cercherai di rendere agli altri ciò che è stato fatto per te».

Non appena ebbe finito di parlare, lasciammo quel luogo in silenzio. Il mio cuore era troppo commosso perché potessi rispondere. Avevamo lasciato quella donna sfortunata sotto la protezione di un angelo raggiante delle sfere superiori, e ci era stato assicurato che avrebbe ricevuto tutto l’aiuto possibile per la sua crescita spirituale.

 

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Capitolo 23

Il palazzo dei miei antenati

Ancora due prove da superare

Subito fuori della città vedemmo un superbo palazzo. La sua sagoma mi era familiare ed ugualmente estranea. Tutto ciò che vedevo attraversando la città mi ricordava la sua replica terrestre, ma tutto mi sembrava deformato e sporco, come in un incubo. Il palazzo che ora vedevo, e le sue terre, li avevo contemplati spesso durante la mia gioventù, e mi ero sentito fiero di appartenere alla discendenza di chi li aveva posseduti e abitati. Rivederlo lì in quello stato mi turbava profondamente. Tutta la sua bellezza era scomparsa, il suo marmo era sporco e coperto di muffe, le sue terrazze e le sue statue erano in rovina. La bella facciata era come agghindata da ragnatele nere e ripugnanti, segno dei crimini commessi tra le sue mura. I suoi bei giardini erano incolti e vi spirava un vento pestilenziale. Con il cuore pesante seguii il mio amico all'interno.

Salimmo l’ampia gradinata esterna, e il portone a due battenti si aprì da solo per permetterci di entrare. Incrociammo numerosi spiriti che entravano e uscivano da quella porta. Tutti ci salutavano come se fossimo ospiti attesi. Fedele mi lasciò di fronte a una porta chiusa e mi promise di tornare più tardi.

Mentre quella porta si apriva, i miei occhi furono colpiti dalla violenta luce rossa che vi era all’interno. L’atmosfera era rovente, soffocante come in una fornace, e all’inizio pensai che vi fosse un incendio. Poi la luminosità calò progressivamente e si trasformò in un rosso scuro. Un banco di nebbia, di un grigio metallico, attraversò la stanza e portò con sé un soffio glaciale che mi avviluppò completamente. Quelle strane ondate di calore e di gelo erano emesse dalla duplice natura della persona che regnava su quel luogo. Alle sue passioni brucianti e insaziabili si univano al più freddo egoismo e ad una eccezionale intelligenza. Proprio come la sua vita terrena era stata costituita da un alternarsi di passioni violente e freddi calcoli, così ora le variazioni nel suo spirito si esprimevano negli stessi cambiamenti repentini tra il calore intenso e il freddo estremo. Sulla Terra aveva asservito tutti gli esseri umani che erano sotto il suo potere, così ora spadroneggiava sugli esseri spirituali che formavano il suo entourage, e dominava su di loro nello stesso modo assoluto a cui era abituato in passato con i suoi subordinati.

Lo vidi in fondo alla sala, seduto su un trono attorno al quale erano disposte le insegne regali. I muri erano rivestiti dalle repliche spirituali di antichi arazzi, ora stracciati e scoloriti, che sembravano impregnati del putridume dei pensieri e del magnetismo di quell’uomo. Invece che scene di caccia, ninfe e dèi del mare, recavano ora scene della vita di quell’uomo in tutto il loro orrore.

Le grandi finestre, attraverso le quali non entrava mai la luce del giorno, erano decorate con tende di velluto, che ora sembravano dei sudari. Le loro pieghe lasciavano intuire sagome scheletriche che sembravano spiare con un desiderio di vendetta. Erano le forme spettrali di coloro che quell’uomo aveva sacrificato alla propria voluttà e alla propria ambizione. La tavola era decorata con bicchieri d’argento che scottavano al tatto, e vasi preziosi, grottesca parodia delle gioie terrene.

Al mio ingresso nella sala il signore di quel luogo si alzò e mi salutò amabilmente. Riconobbi con terrore lo spirito di quell’antenato dal quale la nostra famiglia era stata così orgogliosa di discendere, e mi ricordai del suo ritratto a cui, mi era stato detto, somigliavo. Era senza dubbio lo stesso uomo, colui che, sul ritratto di famiglia, aveva i tratti del volto così belli e nobili. Ma come era divenuto orribile, a seguito della trasformazione che si era operata in lui dopo la morte! I suoi lineamenti erano segnati dalla vergogna e dal disonore, nonostante la maschera degli atteggiamenti regali dietro la quale cercava di dissimulare la sua depravazione. Tutti gli esseri umani, qui nell’inferno, appaiono come sono veramente. Non hanno alcuna possibilità di celare nemmeno un atomo della loro bassezza, e quell’uomo era così basso spiritualmente! Anche se era vissuto in un’epoca di sensualità e violenza, si era distinto per i suoi peccati e per la sua crudeltà. Ora vedevo tutto ciò riflesso negli arazzi, e fui sconvolto all’idea che i nostri due caratteri avessero qualcosa in comune. Rabbrividii al falso e vuoto orgoglio di coloro che si gloriavano di discendere da una tale persona solo perché aveva posseduto un potere quasi regale.

Mi rivolse la parola, manifestando un interesse particolare poiché appartenevo alla sua discendenza. Mi dette il benvenuto, e disse che avrebbe desiderato che restassi con lui. Mi rivelò che grazie al misterioso legame della nostra parentela terrestre, a volte era stato in grado di influire sulla mia vita sulla Terra. Ogni volta che avevo provato il desiderio di essere, come lui e come i miei antenati, tra i potenti della Terra, era stato attirato verso di me e aveva nutrito la mia arroganza e la mia ambizione, che erano simili alle sue. Era stato lui, mi disse, che mi aveva incitato a compiere certi atti, quelli dei quali oggi più mi vergogno. Aveva cercato di innalzarmi nel mondo affinché vi raggiungessi una qualche forma di potere e vi regnassi con l’intelligenza, visto che non potevo regnarvi con il potere politico come aveva fatto lui. Aveva sperato così di riacquistare attraverso di me la sua autorità sulla Terra, quale forma di risarcimento per il suo esilio in quel luogo di tenebre.

«Puah!» – urlò – «Questa è una casa piena di ossa e scheletri! Ma ora che sei arrivato per unirti a me, faremo qualcosa insieme per farci temere dagli uomini della Terra e costringerli all’obbedienza. Tu, nonostante sia figlio del nostro nobile lignaggio, mi hai spesso deluso, e temevo che alla fine mi saresti sfuggito. Sono anni che cerco di attirarti qui, ma le mie intenzioni sono sempre state sventate da una potenza invisibile. Ogni volta che ti credevo in mio potere, ti dibattevi fino a farmi perdere la presa. Ma io non mi lascio scoraggiare facilmente, e quando non potevo essere con te di persona, inviavo qualcuno per servirti... Ah ah ah! Servirti, è la parola giusta. Tu non devi più lasciarmi. Guarda quali piaceri ho preparato per te!».

Mi prese la mano (la sua sembrava resa bruciante dalla febbre) e mi condusse ad una sedia vicino al suo trono. Dopo aver brevemente esitato, mi decisi a sedermi accanto a lui per vedere cosa sarebbe successo, sempre pregando dal più profondo del mio cuore di essere preservato dalla tentazione. Notai che non mi offriva né da bere né da mangiare (intuiva, probabilmente, che avrei rifiutato le sue offerte). Mi fece ascoltare però una dolce musica. Da quanto tempo ero privo della consolazione di quell’arte celeste che aveva sempre esercitato su di me una così grande attrazione! Era una melodia lenta, lancinante e sensuale, come quelle che dovevano cantare le sirene per incantare le loro vittime. Nessuna musica terrena può essere allo stesso tempo così bella e così terribile, e lasciò nella mia anima un sentimento di paura e disgusto.

Poi comparve davanti a noi un grande specchio nero nel quale si vedevano delle immagini di vita terrena. Vidi me stesso controllare migliaia di anime con l’incanto magico di quella musica, eccitando, grazie ad essa, le passioni più vili e le più sofisticate, fino a che, affascinati, gli uomini avrebbero perso corpo e anima.

Allora il mio antenato fece apparire nello specchio delle nazioni e degli eserciti, che dominava spiritualmente, e su cui regnava come un tiranno grazie a un dittatore mortale. Mi disse che anche in questo ambito avrei condiviso la sua potenza. Poi mi vidi divenuto un grande pensatore, un genio della letteratura che avrebbe sedotto gli uomini con il suo talento. Sotto la mia influenza, alcuni mortali avrebbero scritto dei libri che sarebbero stati rivolti alla ragione e alla sensualità delle persone che, come effetto, avrebbero avuto quello di rendere la società più tollerante e addirittura piena di ammirazione verso le idee più rivoltanti e gli insegnamenti più abominevoli.

Immagine dopo immagine mi mostrò come, avendo abbastanza forza di volontà, l’essere umano sulla Terra può essere utilizzato dagli spiriti infernali per soddisfare i loro desideri di potenza e di godimento sensuale. Su questo punto ne sapevo già abbastanza, ma non mi ero mai reso conto dell’ampiezza di un fenomeno così disastroso. Vedevo adesso il potere immenso che un tale essere avrebbe potuto avere, senza le barriere impostegli dagli spiriti delle sfere alte, dotati di una volontà forte quanto la sua. Quegli spiriti elevati li conosceva solo sotto forma di una forza invisibile che sventava continuamente i suoi piani, tranne nel caso in cui riusciva a trovare un mortale sensitivo talmente in armonia con la sua natura, da diventare completamente uno con lui. In generale, quando un tale evento si verifica, l’abominio e la desolazione si abbattono sulla Terra per mano di uno di quei mostri trionfanti che hanno spesso disonorato la storia umana. Tali tiranni, grazie a Dio, diventano sempre più rari man mano che l’umanità e il Mondo spirituale vengono purificati grazie all’insegnamento degli angeli delle sfere celesti.

Mi mostrò infine una figura femminile di una bellezza talmente perfetta, che mi alzai un momento per guardarla più da vicino e convincermi della sua realtà. Ma in quel momento si formò, tra me e lo specchio magico, una leggera bruma (nebbia, foschia) che si trasformò nel volto di Bianca. L’altra donna, al confronto, mi sembrò improvvisamente di una volgarità ripugnante, in modo tale che l’illusione momentanea dei miei sensi scomparve, e mi apparve per quello che veramente era, per ciò che sono tutte le donne di quel tipo: delle sirene che tradiscono gli uomini, per distruggere la loro anima e precipitarli all'inferno, mentre loro non sono che creature senz’anima.

Il senso di disgusto che era nato in me turbò le onde dell’etere magnetico che serviva da supporto alla musica e alle immagini dello specchio, e le fece scomparire. Mi ritrovai di nuovo solo con il mio tentatore. Mi spiegò che avrei potuto godere di tutte quelle delizie se fossi rimasto con lui e avessi accettato di divenire suo allievo. Ma le sue parole e le sue promesse non mi toccavano. Nel mio cuore provavo solo avversione nei confronti di tutto ciò, e desideravo profondamente liberarmi della presenza di quello spirito.

Mi alzai per andarmene, ma non riuscii a fare nemmeno un passo. Una forza invisibile mi immobilizzava. Con una esplosione di riso sarcastico e trionfante, quello spirito mi gridò: «Vattene dunque, poiché rifiuti i miei favori e le mie promesse!».

Io non potevo muovere i piedi, ed ero sopraffatto da un senso di inquietudine, anche perché il mio cervello e il mio corpo erano come presi da una sonnolenza improvvisa e strana. Una nebbia sembrò avvilupparmi e stringermi in una morsa gelida, e dei fantasmi, giganteschi e dall’aspetto spaventoso, mi si avvicinavano sempre di più. Orrore! Erano i misfatti che avevo compiuto in vita, erano tutti i desideri e i pensieri malvagi che mi erano stati ispirati in passato dall’uomo che si trovava vicino a me, che formavano ora un legame tra noi e mi tenevano legato a lui.

Alla vista della mia disfatta scoppiò in un riso selvaggio e crudele. Mostrandomi quelle forme inquietanti, mi invitò a considerare chi ero veramente io, che mi reputavo troppo puro per la sua compagnia. L’oscurità s’impadroniva progressivamente della sala. I fantasmi mi assalivano ad ondate da ogni parte, sempre più neri e più orribili. Sotto i miei piedi si aprì una cripta profonda, simile a un pozzo, nella quale mi sembrò di vedere una massa formicolante di uomini che vi si dibattevano. Il mio terribile antenato non conteneva più la sua rabbia. Ordinò ai fantasmi che mi tormentavano di gettarmi nella fossa. Ma improvvisamente, nell’oscurità risplendette una stella, e un raggio di luce scese verso di me. Mi ci aggrappai subito con entrambe le mani, come fosse una corda, e mentre la luce si diffondeva attorno a me, fui attirato verso l’alto, al di fuori di quel luogo terrificante.

Quando mi ripresi da quell’emozione, mi ritrovai all’aperto con Fedele e la mia guida orientale. Quest’ultimo faceva dei movimenti magnetici sul mio corpo, perché ero uscito da una battaglia che mi aveva provato e mi aveva sfinito. Con voce dolce e benevola, mi spiegò che aveva permesso che affrontassi quella prova perché la conoscenza della vera natura di quell’uomo mi servisse in avvenire da lezione e da protezione contro i suoi perfidi tentativi di asservirmi.

Mi disse: «Quando pensavi a lui con orgoglio ed ammirazione, motivate dal tuo essere suo discendente, il suo potere poteva continuare ad influenzarti. Però, il tuo sentimento di avversione agirà d’ora in poi come una forza che lo respingerà, e devierà da te la sua influenza. La tua volontà, che è forte quanto la sua, sarà sufficiente a proteggerti da lui. Questa volta, però, poiché non eri consapevole a sufficienza del pericolo, hai lasciato che seducesse i tuoi sensi e paralizzasse la tua volontà. Se non ti avessi soccorso, avrebbe potuto sottometterti al suo potere, anche se solo temporaneamente, e ciò ti avrebbe causato un grave danno. Di conseguenza, in questa sfera fa’ attenzione a non perdere ancora una volta la padronanza di te. Questa è la tua difesa più preziosa, e non devi permettere che nessuno te la tolga per tua distrazione. Ora ti lascio continuare il tuo pellegrinaggio che terminerà presto. Sii coraggioso, la tua ricompensa verrà da colei che ami e che ti manda continuamente i suoi più teneri pensieri».

*

Scomparve misteriosamente così com’era comparso. Fedele ed io riprendemmo il cammino, chiedendoci quale sarebbe stata la nostra prossima esperienza. Cercavo di immaginarla, allorquando due spiriti, che si davano un’aria di importanza, si avvicinarono a noi e ci chiesero se per caso fossimo membri della Confraternita della speranza. Se lo eravamo, dissero, avevano un messaggio da trasmettere ad uno di noi da parte di un amico della Terra. Affermavano di essere stati delegati a quel compito da una delle nostre guide. All’inizio ne fui piacevolmente sorpreso e pensai subito a Bianca, sperando che fossero stati inviati da lei, perché non avevano l’aspetto degli altri abitanti di quel luogo. Il loro abito era di un grigio bluastro che formava come un alone attorno a loro, e faticavo a distinguere i loro visi. Ma quando ci riuscii, non potei impedirmi di arretrare, con una reazione di diffidenza. Attraverso il velo grigio bluastro che li copriva, potevo distinguere due spiriti dei più ripugnanti. Per avvertirmi, Fedele mi strinse il braccio, mentre chiedevo con prudenza quale fosse il messaggio.

«In nome del profeta» – cominciò a dire uno dei due – «dobbiamo dirti che la tua amica è molto malata. Ti prega di andare a incontrarla subito sulla Terra, altrimenti, prima del tuo arrivo il suo spirito passerà in una sfera nella quale non ti sarà possibile seguirla. Ora ti mostreremo il cammino più breve per raggiungerla».

Le loro parole mi ispirarono dapprima un grande spavento.

«Quando l’avete vista l’ultima volta?» chiesi con ansia.

«Nemmeno due giorni fa» – risposero – «Dobbiamo condurti immediatamente da lei; anche la guida orientale che ci ha inviato da te, è accanto alla tua amica».

La mia guida orientale mi aveva appena lasciato, e non mi aveva detto nulla della malattia di Bianca, quindi sapevo che mentivano; ma presi tempo e proseguii: «Datemi il segno segreto della nostra Confraternita. In caso contrario non posso venire con voi».

I loro abiti vaporosi si dissipavano progressivamente, e potevo discernere sempre meglio i loro corpi deformi.

Dal momento che non mi rispondevano, ma sussurravano tra loro, continuai: «Se siete inviati dalla nostra guida, potete certamente fornirci la parola d’ordine della nostra Confraternita».

«Oh, certo, naturale che posso. Eccolo: ‘la speranza è eterna’», e sorrise con aria ipocrita.

«Bene!» – dissi – «Continua, voglio sentirlo fino alla fine».

Restò in silenzio, sorpreso. L’altro lo spinse ed egli borbottò qualcosa; poi proseguì: «La speranza è eterna e la verità è.... ehm... cos’è, amico?».

«Inevitabile», disse l’altro.

Li guardai entrambi amichevolmente. «Siete così intelligenti amici. Certamente ora potete mostrarmi il simbolo».

«Il simbolo? Diavolo! …non ci hanno detto niente di un simbolo!»

«No? Allora devo essere io a darvelo».

Entrambi tesero le braccia verso di me. Vidi allora che uno di loro aveva un braccio avvizzito, e capii immediatamente a chi dovevo quella trappola. Arretrai e feci il segno sacro della Verità eterna e universale. Alla vista di quel segno, caddero al suolo come addormentati. Li lasciammo a meditare sul loro fallimento, e mentre ci allontanavamo, chiesi a Fedele cosa ne sarebbe stato di loro.

«Si rialzeranno tra poco» rispose. «Hai provocato in loro uno shock che li ha gettati in uno stato di incoscienza per breve tempo, ma si metteranno presto alla nostra ricerca con una nuova macchinazione diabolica. Se li avessi seguiti, ti avrebbero condotto probabilmente nella palude e ti avrebbero lasciato lì a soffocare, sempre che non avessero previsto qualcosa di peggio. Devi sempre tener presente che sei nella loro sfera, e che possono esercitare su di te un grande potere malefico se lasci che ti guidino o ti dominino, tanto o poco che sia».

 


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Capitolo 24

La città nell’acqua – La storia di un grande pittore di Venezia

Ancora una piccola prova

Subito Fedele mi propose di visitare un’altra città di quello strano paese, per incontrare un uomo il cui destino avrebbe potuto essere il mio se l’amore e la perseveranza di Bianca non mi avessero protetto. Le nostre storie terrene differivano su vari punti, ma eravamo anche molto simili, soprattutto per quel che riguardava i nostri doni naturali. Per questo motivo l’incontro con quell’uomo avrebbe potuto essermi utile, ed io, comunque, in futuro avrei potuto aiutarlo.

«Quell’uomo ha lasciato la Terra da più di dieci anni» – disse Fedele – «ma solo recentemente è nato in lui il desiderio di progredire. L’ho trovato qui nel corso della mia visita precedente; ho potuto assisterlo e metterlo in comunicazione con la nostra Confraternita. Mi hanno detto che tra poco passerà a una sfera più elevata».

Dopo un rapido volo, planammo al disopra di una vasta laguna sul fondo della quale era stata costruita una grande città. Le sue torri e i suoi palazzi emergevano dall’acqua e vi si riflettevano. La superficie dell’acqua, percorsa da colate di sangue, sembrava una lastra di marmo nero venata di linee rosso scuro. Come sulla città precedente, anche su questa gravava uno spesso strato di nuvole scure, e come nell’altra gli edifici erano illuminati qua e là da vapori aleggianti grigio metallico e rosso fiamma. Stavamo per entrare, con ogni probabilità, nella Venezia di quella bassa sfera.

Quando ne chiesi conferma a Fedele, questi mi rispose: «È proprio così. Troverai qui molte persone celebri, il cui nome è scritto con lettere di sangue e di fuoco nella storia del loro tempo».

Entrammo nella città. Sì, erano proprio quei canali e quei palazzi superbi che gli artisti hanno reso così familiari a tutti. I canali erano insanguinati come se provenissero da giganteschi mattatoi. Lasciavano dappertutto delle tracce ripugnanti. Il sangue sembrava filtrare anche tra le pietre degli edifici e dalle lastre delle strade. Sul fondo delle acque arrossate vidi gli scheletri di migliaia di esseri umani assassinati o uccisi in modo legale, i cui corpi avevano trovato sepoltura in fondo ai canali. Nelle numerose prigioni della città, vidi degli spiriti ammassati come bestie. Nei loro occhi brillava tutta la cattiveria dei tiranni vinti. L’imprigionamento di quegli spiriti era necessario, perché erano la crudeltà in persona. Vedevamo passare magistrati con i loro servitori, l’altezzosa nobiltà con il suo seguito variopinto e i suoi soldati, ma anche mercanti, preti, marinai, schiavi, semplici cittadini, in breve, uomini e donne di tutte le classi. Avevano lo sguardo delle bestie braccate, perché sembrava che mani e braccia spuntassero dappertutto per afferrarli.

Lontano, sulle acque della laguna, navigavano alcune galee ai cui remi sedevano degli schiavi. Questi, incatenati ai banchi dei rematori non erano le vittime innocenti di intrighi politici o di vendette personali, bensì gli spiriti di padroni senza cuore e intriganti, che avevano messo a morte centinaia di esseri umani.

Sulle vie d’acqua della città, in gondola, molti spiriti vagavano inseguendo gli affari e i piaceri della loro precedente vita terrena. Qui regnava un’animazione simile a quella della Venezia terrena, con la differenza che era assente ogni forma di bontà e ogni bellezza; in essa non vi erano cittadini altruisti né patrioti. Vi erano solo i più indegni tra i suoi abitanti, ognuno impegnato in una perpetua vendetta contro i propri simili.

Seduto sul parapetto di un piccolo ponte trovammo un uomo che portava l’abito dei fratelli della speranza, di colore grigio scuro simile a quello che indossavo io all’inizio del mio pellegrinaggio. Aveva le braccia incrociate sul petto, e il suo viso era così ricoperto dal cappuccio, da non poterne vedere i tratti. Intuii tuttavia subito che era l’uomo che stavamo cercando. Presto riconobbi in lui un celebre pittore veneziano con cui ero stato in rapporto nella mia giovinezza, anche se non in modo particolarmente stretto. Non ci eravamo più rivisti, ed ignoravo che avesse lasciato la Terra. Confesso che quell’incontro mi sconvolse; ripensai alla sua giovinezza, quando anch’io ero uno studente di belle arti con le prospettive più rosee che si potessero desiderare, e ora ero lì a chiedermi cosa potesse essergli successo.

Dal momento che non ci aveva ancora notati, Fedele mi propose di allontanarci un po’ da lui in modo da potermi raccontare il destino di quell’uomo, prima di andare a parlargli. Per proteggere la memoria di questo pittore ben conosciuto, non lo chiamerò con il suo vero nome, ma con quello di Benedetto. Egli aveva rapidamente raggiunto una certa notorietà, e i suoi quadri si vendevano bene. Poiché l’Italia a quel tempo non era affatto prospera, i suoi migliori clienti erano inglesi e americani che andavano a visitare Venezia. Nella casa di uno di loro, Benedetto aveva incontrato una donna che avrebbe esercitato un’influenza disastrosa sulla sua vita. Era giovane, affascinante, raffinato, e di antica casata, anche se povero. Per questo era stato ben accolto nella migliore società veneziana. La donna alla quale Benedetto aveva offerto il suo cuore, era di rango elevato. Giovane e romantico, nella sua infatuazione pensava che lei si sarebbe accontentata di divenire la donna di un pittore ambizioso, che non possedeva null’altro che il proprio talento e una reputazione in crescita.

Quando s’incontrarono, lei aveva appena vent’anni. Era di una bellezza perfetta e dotata di tutte le attrattive che possono far perdere la testa a un uomo. Incoraggiò Benedetto in tutti i modi possibili, tanto che il poveretto, credendola sincera, pensava che ricambiasse il suo amore. Ma lei era freddamente calcolatrice, ambiziosa, mondana, e soprattutto incapace di ricevere o restituire un amore vero come quello di Benedetto, il quale sapeva amare o odiare solo in modo assoluto. Lusingata dai suoi omaggi appassionati, era fiera di aver conquistato un uomo così bello e così dotato. Ma non era affatto nelle sue intenzioni sacrificare qualcosa per lui. Perciò, mentre prodigava le proprie tenerezze a Benedetto, cercava di contrarre matrimonio con un nobile veneziano di età matura, un conte, che disprezzava, ma di cui bramava la posizione e la fortuna.

Benedetto vide ben presto la fine del suo sogno. Le confessò il proprio amore, e depose il proprio cuore ai piedi dell’amata. Lei accolse la sua dichiarazione con freddezza e gli replicò che le era impossibile vivere senza denaro e senza posizione. Infine si congedò da lui con un’indifferenza che lo rese quasi pazzo. Lui lasciò Venezia per Parigi, e si gettò nei piaceri di quella città per dimenticare quella passione sfortunata.

Non si rividero più per molti anni, ma infine il destino condusse di nuovo Benedetto a Venezia. Nel frattempo era diventato un pittore di grande fama, e poteva chiedere qualunque prezzo per i suoi dipinti. La donna era riuscita a sposare il conte che disprezzava, e regnava sull’alta società per la sua bellezza e la sua eleganza. Era costantemente circondata da una folla di ammiratori che non sempre pensava fosse utile presentare a suo marito. Benedetto, credendosi ormai guarito dalla passione di una volta, era deciso a mostrarle solo indifferenza, ma non ne ebbe la forza. Di nuovo la donna si ingegnò per conquistare il cuore di Benedetto che, purtroppo, fu pronto a perdonarla, quando lei gli espresse, con tono sincero, quanto fosse dispiaciuta di averlo respinto.

Così Benedetto divenne in segreto il suo amante. I pochi giorni di felicità passarono in fretta: la donna amava fare sempre nuove conquiste, e si offriva a continui nuovi schiavi che le rendevano omaggio. Con la sua gelosia e la sua devozione eterna, Benedetto divenne per lei presto noioso, e la sua presenza finì con lo stancarla. Inoltre, vi era un altro spasimante, ricco, giovane e bello, che la contessa gli preferiva. Non ne fece mistero con Benedetto, e per la seconda volta lo liquidò. Lui minacciò, sospirò, e giurò di suicidarsi se lei lo avesse tradito. Infine, dopo una violenta lite, si separarono, e Benedetto tornò a casa. Il giorno dopo gli fu detto che la contessa rifiutava di vederlo. L’insolenza del messaggio, la mancanza di cuore della donna, la vergogna per essere stato usato e gettato via, fu troppo forte per la sua natura passionale. Tornò nel suo studio e si sparò.

Quando il suo spirito riprese coscienza, si ritrovò sepolto vivo nella bara. Aveva sì distrutto il proprio corpo fisico, ma il suo spirito ne sarebbe rimasto prigioniero fino alla sua decomposizione. Dal momento che il legame tra spirito e corpo non era ancora interrotto, le particelle di carne imprigionavano ancora lo spirito.

Quale spaventoso destino è quello dell’anima che, per un gesto impulsivo di disgusto della vita, si mette in una tale situazione! Se gli esseri umani della Terra volessero veramente rendere un servizio ai suicidi, non dovrebbero sotterrare il loro corpo, bensì cremarlo, perché l’anima possa in questo modo uscire dalla sua prigione. L’anima di un suicida non è pronta a lasciare il corpo. È come un frutto immaturo che non cade facilmente dall’albero terreno che lo nutre. Una forte scossa lo agita, è vero, ma nonostante tutto resta attaccato finché quel legame non scompare.

A volte Benedetto perdeva conoscenza e per un certo tempo dimenticava la sua orribile situazione; dopo ogni risveglio, notava che con il progredire della decomposizione il suo corpo fisico perdeva il suo potere di attrazione sul suo spirito. Ma per tutta la durata di quel processo, soffrì in tutto il suo corpo la lenta putrefazione della carne. La rapida distruzione del corpo terreno tramite il fuoco gli avrebbe provocato certamente una sofferenza più violenta, ma gli avrebbe almeno risparmiato la sofferenza del decadimento progressivo.

Infine, il legame tra corpo fisico e corpo spirituale si allentò, e quest’ultimo si elevò al disopra della tomba. Per un certo periodo non fu più imprigionato nel corpo terreno, ma gli restava comunque attaccato. Poi si ruppe anche l’ultimo legame, e fu in grado di circolare liberamente sul Piano terrestre.

All’inizio, le sue facoltà di intendere, vedere e sentire erano solo debolmente sviluppate. In seguito i suoi sensi migliorarono e lo resero cosciente di ciò che lo circondava. Ma, assieme alle forze, tornavano anche le passioni e i desideri della vita terrena, e man mano acquistò la conoscenza per soddisfarli. Cercò di nuovo, come nella sua vita precedente, di dimenticare il dolore e l’amarezza nell’ubriacatura e nelle gioie sensuali, ossessionando degli esseri mortali. Tuttavia la memoria del suo passato lo tormentava senza tregua. Provava una grande sete di vendetta, un potente desiderio di far soffrire colei per cui lui aveva tanto sofferto.

La forza dei suoi pensieri lo portò infine da lei. La trovò circondata, come al solito, dalla sua piccola corte di ammiratori. Era sempre la stessa persona senza cuore, per nulla toccata dal destino di Benedetto. Reso quasi pazzo dal ricordo ossessivo delle sofferenze subite a causa sua, Benedetto non pensò più che ad una cosa: trovare il mezzo per sottrarle tutte le soddisfazioni mondane che aveva posto prima dell’amore, dell’onore e della vita stessa di Benedetto.

Riuscì nel suo intento, perché gli spiriti sono molto più potenti di quanto gli esseri mortali possano immaginare. A poco a poco lei cadde dalla sua orgogliosa ed elevata posizione. Perse prima la sua fortuna, poi il suo onore. Privata dei suoi travestimenti, si rivelò agli occhi di tutti per ciò che era veramente: una volgare seduttrice che giocava con le anime degli uomini, incurante dei cuori che spezzava, incurante delle vite che rovinava, incurante dell’onore di suo marito, dissimulando i propri intrighi per acquistare fortuna e potenza, e che passava senza rimorso sul corpo di ogni nuova vittima.

Benedetto trovò consolazione nel fatto di essere proprio lui a trascinarla verso la decadenza, smascherandone così l’egoismo. Lei constatò con sgomento e impotenza che tutti gli avvenimenti della sua vita conducevano verso la rovina. Com’era possibile che i suoi piani più meticolosi venissero contrastati, e i segreti più gelosamente custoditi venissero svelati? Finì col vivere nel continuo timore di ogni nuovo giorno. Era come se una potenza invisibile fosse all’opera, una potenza a cui non poteva sottrarsi.

Alla fine le tornò in mente Benedetto, ricordò le ultime minacce che le aveva fatto, di andare lui stesso all’inferno e poi di attirarla dov’era lui. All’epoca, per un attimo aveva temuto che volesse assassinarla, ma quando aveva saputo del suo suicidio, si era sentita sollevata e lo aveva dimenticato. Ma ora pensava a lui continuamente, e non riusciva più a liberarsi dei pensieri ossessivi che le ispirava. Era perseguitata dall’immagine di Benedetto che usciva dalla tomba per punirla. Era Benedetto che, invisibile, le sussurrava quei pensieri nell’orecchio. Le parlava del passato, del suo amore che si era tramutato in un odio implacabile, che lo divorava come le fiamme dell’inferno, che ben presto avrebbero consumato anche la sua anima ed avrebbero portato anche lei alla disperazione.

Anche se i suoi occhi mortali non potevano percepirlo, la contessa sentiva presso di sé quella presenza. Per liberarsene, cominciò a frequentare luoghi affollati, ma lo spettro non la lasciava mai. Divenne ogni giorno più presente, più reale. Non poteva sfuggirgli. Una sera, infine, nella penombra, lo vide; aveva due occhi minacciosi, e ogni tratto del suo viso esprimeva odio. L’emozione fu troppo forte per i suoi nervi ormai deboli: cadde morta al suolo.

Benedetto aveva finalmente raggiunto il suo scopo: l’aveva uccisa! Il segno di Caino era ormai impresso per sempre sulla sua fronte. Fu improvvisamente assalito dall’orrore e dal disgusto per ciò che aveva fatto. Aveva voluto attirarla con sé all’inferno, fin quando il suo spirito avesse lasciato il corpo per farla soffrire eternamente, in modo che nemmeno nell’oltretomba la sua anima potesse trovare riposo. Ora però era assalito dai rimorsi. Il suo unico desiderio era fuggire da se stesso e dimenticare l’orrore del suo successo, perché non tutta la bontà era scomparsa dal suo cuore. Quando la contessa morì di spavento, si era improvvisamente risvegliato dalla sua ossessione di vendetta e aveva preso coscienza della natura diabolica dei suoi sentimenti. Fuggì dalla Terra: il suo cammino lo condusse verso le profondità infernali, fino a questa città dell'inferno, una residenza adatta agli assassini come lui.

Io l’ho trovato in questo luogo. È qui che ho assistito quell’uomo pentito ed ho potuto mostrargli come riparare ai suoi errori. Ora attende l’arrivo di quella donna che ha amato e odiato, per chiederle perdono e per perdonarla a sua volta. Anche lei è stata attirata in questa sfera, perché anche la sua vita è stata piena di errori. Si rincontreranno qui, nel riflesso della città nella quale si svolse la storia del loro amore terreno; egli l’attende ora su questo ponte sul quale così spesso l’aveva raggiunta in passato».

«Arriverà presto?».

«Certamente, molto presto. In quel momento il soggiorno di Benedetto in questa regione finirà, e lui passerà in una sfera più elevata, nella quale riposerà per un certo tempo, prima di percorrere lentamente e faticosamente il difficile cammino verso la Luce».

«E quella donna lascerà questa sfera con lui?».

«No. Anche lei a sua volta verrà aiutata a crescere, ma le loro strade si separano qui. Non vi è stata mai una vera affinità spirituale tra i due, solo cieca passione e orgoglio. Dopo quest’ultimo incontro, penso che si separeranno per mai più rivedersi».

Ci avvicinammo a Benedetto. Posai la mano sulla sua spalla, si alzò e si volse verso di me. Non mi riconobbe subito. Gli portai però alla mente dei ricordi, gli dissi quanto sarei stato felice di riannodare con lui la vecchia amicizia nella sfera più elevata nella quale, come speravo, ci saremmo rivisti presto. Gli raccontai brevemente come anch’io avevo peccato e ciò che avevo dovuto affrontare, e gli spiegai che ora ero sul cammino della crescita. Parve felice di vedermi e mi strinse la mano commosso.

Ci separammo dopo poco tempo. Fedele ed io continuammo il cammino, lasciandolo su quel ponte ad attendere l’ultimo appuntamento con quella donna una volta così tanto cara a lui, ma che ormai non era altro che un doloroso ricordo.

*

Mentre camminavamo lungo la strada che si allontanava da Venezia e ci portava verso la pianura che sapevo essere la replica spirituale della pianura lombarda, la mia attenzione fu attratta da una voce lamentosa che chiedeva aiuto. Mi voltai verso destra e vidi due spiriti che giacevano al suolo. Pensando che qualcuno avesse bisogno di essere soccorso, mi separai dal mio compagno e andai a vedere cosa stava accadendo. Uno degli spiriti mi tese la mano e mi chiese di aiutarlo. Mentre mi stavo abbassando, mi cinse le gambe con entrambe le braccia e cercò di mordermi. Quanto all’altro, fece un balzo felino, e mi saltò alla gola.

Con una certa difficoltà e, lo confesso, con una buona dose di collera, me ne sbarazzai. Arretrando, inciampai; dietro di me si apriva una profonda fossa nella quale sarei caduto, se avessi fatto un altro passo indietro. Ricordai immediatamente le direttive che ci avevano dato di non dare mai spazio alle nostre passioni basse, per non abbassarci al livello di quegli esseri. Mi pentii della mia breve esplosione di collera e decisi di mantenere, in futuro, la calma e il sangue freddo.

Mi voltai di nuovo verso quei due spiriti. Uno strisciava al suolo, senza dubbio - pensai – ‘perché lo avevo ferito’; l’altro era pronto a saltare su di me come una bestia selvaggia. Riconobbi nell’uno, l’uomo dalla mano avvizzita, e nell’altro colui che poco tempo prima aveva cercato di sviarmi con il falso messaggio. Li guardai con fermezza, ordinando loro con tutta la forza della mia volontà di non avvicinarsi. Sembrarono sorpresi, e si tennero a distanza. Cominciarono a rotolarsi al suolo, facendo delle strane espressioni e digrignando i denti come dei lupi. Non erano però in grado di fare un solo passo verso di me. Li lasciai in quello stato per raggiungere Fedele e raccontargli la mia avventura.

Ma questi ridendo mi disse: «Vedi Franchezzo, avrei potuto dirti chi erano quei due. Ma ho percepito che era meglio che lo capissi da solo, e sperimentare così il potere di protezione che è costituito dalla propria forza di carattere e dalla determinazione. Tu hai per natura una forte volontà. Se non la usi per dominare in modo sbagliato gli altri, questa è una qualità preziosa. Nel corso del tuo lavoro nel mondo spirituale scoprirai che la forza di volontà è la leva più potente per agire non solo sulle persone, ma anche sulla materia inanimata. Quei due spiriti incroceranno probabilmente il tuo cammino di tanto in tanto. Penso che quando ciò accadrà, saprai mostrare loro, come hai fatto ora, chi comanda e chi ha la personalità più forte.D’ora in poi avranno paura di affrontarti direttamente, ma per tutto il tempo in cui lavorerai sul Piano terrestre, li troverai sempre pronti a far di tutto per sabotare i tuoi piani».

 

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Capitolo 25

Una battaglia nell’inferno

Davanti a noi si apriva un’immensa pianura leggermente ondulata sulla quale si muoveva una moltitudine di spiriti tenebrosi. Su suggerimento di Fedele salimmo su una piccola altura per seguirne i movimenti. Mi spiegò il perché eravamo lì:

«Vedremo ora una delle battaglie scatenate dagli spiriti delle tenebre che in passato godevano delle guerre, del saccheggio e degli spargimenti di sangue. Qui, in questo ambiente che è la conseguenza della loro crudeltà e della loro ambizione sulla Terra, continuano le loro attività belliche e si battono per la supremazia negli inferi. Guarda come riuniscono le forze per attaccare, osserva l’abilità dei loro movimenti di truppe. Gli spiriti degli uomini che sulla Terra guidavano gli eserciti, guidano ora quegli sfortunati esseri che non resistono al loro sortilegio. Con la potenza della loro volontà forzano quegli spiriti deboli a combattere sotto le loro bandiere, proprio come facevano sulla Terra. Vedrai questi potenti generali affrontarsi in una lotta più terribile di un combattimento terreno, perché qui non vi è morte che possa porre fine alla discordia. Dopo una battaglia, ricominciano a lottare senza sosta, in modo tale che sembra durare eternamente. In effetti, la lotta continuerà fino a quando uno o l’altro dei capi proveranno disgusto per una tale situazione ed aspireranno a un altro tipo di vittoria, più elevata della vittoria delle armi, che non conferisce altro diritto che quello di tormentare il vinto. Gli stessi istinti e le stesse qualità che sono ora deviate verso l’amore del potere e della crudeltà, una volta purificati, potranno rendere queste persone dei protagonisti nel campo del Bene. La stessa forza di volontà accelererà allora il loro progresso, nella stessa misura in cui in questo momento lo rallenta. Il momento in cui questo progresso avverrà dipende dalla bontà latente dell’anima, dalla presenza in essa di un’aspirazione ancora assopita verso la giustizia e la verità. Come il grano nel suolo, quel germe di bontà può restare a lungo nascosto sotto la massa di malvagità che lo ricopre; ma alla fine arriva per ciascuno il momento in cui la propria natura più elevata si sveglia, suscita il pentimento ed infine apporta un raccolto di virtù e di buone opere».

Volgemmo lo sguardo verso la vasta pianura e vedemmo spiegarsi i due potenti eserciti che si disposero uno di fronte all’altro, in ordine di battaglia. Vedevamo qua e là degli spiriti potenti che guidavano i loro reparti come dei generali in un esercito terreno. Al comando delle forze presenti vi erano due esseri maestosi, ognuno dei quali avrebbe potuto servire da modello per un ritratto di Lucifero, talmente forte era la sensazione di potenza che emanavano. I tratti del volto e la statura conferivano loro una maestà regale, pur nella degradazione infernale. La loro espressione era scura, e negli occhi crudeli si leggeva l’astuzia del serpente e la voracità dell’avvoltoio. Entrambi si spostavano sul loro carro da combattimento, tirato non da cavalli ma da uomini degradati che, come bestie da soma, lo trascinavano fino a quando venivano calpestati nella mischia.

Dagli eserciti riuniti saliva una specie di musica selvaggia, che evocava le grida delle anime dannate mescolate al rumore dell’uragano. Le truppe avanzarono improvvisamente, e urlando si gettarono l’una contro l’altra. Li vedevamo battersi, spingersi e scalpitare come una mandria di bestie selvagge. I combattenti riempivano l’aria delle loro grida furiose e delle loro bestemmie, che rendevano l’inferno ancora più abominevole. Quegli eserciti spirituali della morte sferravano attacchi e contrattacchi, manovre e contromanovre. I soldati combattevano come dei demoni e non come degli uomini, poiché avevano come armi solo quelle degli animali: denti e grinfie. Se una battaglia con armi terrene è già terribile, questa lo era ancora di più.

I due spiriti regali dominavano su tutti gli altri. Ossessionati dal desiderio della distruzione reciproca, svettavano sulla massa e si fissavano con uno sguardo carico d’odio. Spiegando i loro abiti come ali, si elevarono in aria, e si gettarono in una lotta senza quartiere. Li si sarebbe potuti considerare due aquile che combattevano in aria, mentre al di sotto di loro uno stormo di cornacchie gracchianti si disputava dei vermi.

Si afferravano con le loro grinfie micidiali e si sollevavano in aria. A volte prevaleva l’uno, a volte l’altro; i loro sguardi si incrociavano come frecce di fuoco, e si soffiavano in volto il loro odio selvaggio. Afferravano l’avversario alla gola con le mani, e cercavano di raggiungerlo con i denti. A volte ripiegavano, per affrontarsi poi in un combattimento atroce. Infine, uno dei due cominciò a dar segni di cedimento. L’altro lo afferrò e lo trascinò verso un baratro per precipitarlo in una fessura della roccia che costeggiava il campo di battaglia. Era un terribile crepaccio scuro nel quale voleva spingere il vinto per imprigionarvelo. Quest’ultimo non voleva capitolare. Si aggrappava al suo avversario con tutte le forze cercando di trascinarlo con sé, ma invano, perché alla fine gli mancarono le forze. Mentre raggiungevano il baratro oscuro, vidi il vincitore fare un ultimo sforzo e gettare l’altro nella terribile voragine.

Il combattimento nella pianura non era stato meno feroce. Gli eserciti avevano combattuto con accanimento. L’armata del generale vincitore aveva respinto quella del vinto e l’aveva costretta a disperdersi. I feriti restavano sul terreno, e i vincitori portavano con loro i prigionieri. Che ne sarebbe stato di questi ultimi? Troppo facile per me indovinarlo.

Pieno di disgusto e di avversione per quella barbarie, avrei volentieri abbandonato quel luogo, ma Fedele mi toccò la spalla e disse: «Amico mio, è venuto il momento della nostra opera. Scendiamo nella pianura e vediamo se c’è qualcuno che possiamo aiutare. Tra i vinti troveremo alcuni che, come te, sono disgustati da questa guerra e dai suoi orrori, e saranno felici di ricevere il nostro aiuto».

La pianura sembrava un campo di battaglia una volta caduta la notte, quando non vi restano che feriti e morti. Tutti gli altri combattenti si erano allontanati, come uno stormo di uccelli alla ricerca di nuove carogne. Ora mi trovavo tra una moltitudine di esseri che si torcevano e si lamentavano, e non sapevo da dove cominciare. Ve ne erano troppi da soccorrere! Era peggio, mille volte peggio di un campo di battaglia terreno. Nella mia vita avevo già visto dei morenti e dei morti ammassati come foglie morte nelle vie della mia città natale, e il mio cuore aveva sanguinato per loro, e mi ero vergognato che fossero possibili cose simili. Ma in quei casi vi era almeno la pace e il sonno della morte che addolciva il tormento, e coloro che erano ancora vivi potevano sperare nel soccorso. In questo inferno crudele, invece, non esisteva né speranza, né morte, né soccorso per i feriti e nessun mattino dopo una notte di sofferenze. Una volta ristabiliti, non avrebbero dovuto ricominciare quell’orribile vita?

Mi chinai e sollevai la testa di uno sfortunato spirito che giaceva ai miei piedi e gemeva. Il suo corpo spirituale era stato talmente brutalizzato che sembrava una massa informe.

Mentre mi chinavo, la voce misteriosa mi parlò: «La speranza esiste anche nell’inferno; altrimenti, perché saresti qui? L’ora più oscura è sempre quella che precede l’alba! E per questi - i vinti e i feriti, …è suonata l’ora del pentimento. Proprio ciò che li ha schiacciati li aiuterà a elevarsi. Disgustati del male che li circonda, aspirano a cose più elevate, e la loro malvagità si è affievolita. Hanno perso quindi ciò che nell’inferno costituisce la loro forza, e si trovano così in uno stato di debolezza che apre per loro la possibilità di redimersi. Ora comprendono l’inutilità di continuare ad assalire altri spiriti e farsi assalire a loro volta da esseri senza pietà. In questo modo la sconfitta e l’impotenza aprirà loro le porte verso uno stato migliore. Non piangere per loro. Cerca di lenire le loro sofferenze in modo che possano scivolare nel sonno della morte in questa sfera, e svegliarsi in una nuova vita nella sfera superiore».

«E cosa succederà» - chiesi - «al potente spirito che è stato gettato nel crepaccio?».

«Anche a lui verrà data assistenza al momento giusto; ora la sua anima non è ancora pronta per questo. Ogni tentativo al momento sarebbe vano».

La voce tacque. Fedele, che era accanto a me, mi mostrò come far dormire quegli esseri sfortunati. Poi mi fece notare una quantità innumerevole di punti luminosi che si muovevano, come stelle, su quel campo di tortura. Quelle stelle luminose, mi disse, erano portate dai membri della nostra Confraternita che, come noi, erano stati attirati in quel luogo per svolgervi la loro missione di amore e compassione.

Poco dopo che tutti quei fratelli avevano iniziato la loro opera, gli spiriti che si lamentavano caddero in uno stato di incoscienza. Allora vidi qualcosa di strano e magnifico: al disopra di ognuno di quei corpi incoscienti si elevava un leggero e nebbioso vapore, proprio come quello che avevo visto salire da uno spirito che una volta avevamo salvato. Quel vapore diveniva progressivamente più denso, e prendeva la forma dell’anima liberata. Questa veniva poi portata via da un gruppo di spiriti che si erano riuniti al disopra di noi. Tutto ciò durò fino al momento in cui l’ultima anima fu portata via. La nostra e la loro missione erano compiute.

 

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Capitolo 26

Il mio addio al Paese delle tenebre

Gli insegnamenti della nostra guida

I confratelli della speranza che come me avevano prestato assistenza agli spiriti feriti, facevano tutti parte del nostro distaccamento. Le piccole stelle luminose che portavamo dappertutto con noi, brillavano nelle tenebre come simboli della speranza che eravamo venuti a portare. Io e Fedele ci unimmo agli altri per salutarli e felicitarci a vicenda, come soldati che si preparano a rientrare dopo una campagna vittoriosa.

Prima di superare la cintura di fuoco che circondava quel regno, la guida del nostro gruppo ci condusse su un alto pinnacolo roccioso. Da lì potevamo vedere tutte le città, le pianure e le montagne di quel Paese delle tenebre, che ognuno di noi aveva attraversato durante quella missione. Dall’alto potevamo osservare, disteso sotto di noi, il terribile panorama dell'inferno.

Poi la nostra guida ci rivolse le seguenti parole in tono solenne: «Ciò che oggi noi vediamo non è che una piccolissima parte della grande sfera che gli esseri umani indicano con il nome di inferno. Al disopra di questa vi sono altre sfere oscure che, per chi non abbia ancora visto questa dimensione, pensa meritino lo stesso nome; ma solo nel momento in cui vedono questo luogo scoprono quanto in basso possa cadere un’anima e quanto più terribili in questa sfera siano i crimini e le sofferenze. La grande cintura di materia scura di cui è costituita questa sfera più bassa, si estende per molti milioni di chilometri attorno a noi. Fin dal momento in cui il nostro pianeta ha cominciato a ospitare anime immortali, accoglie tutte le anime che sulla Terra vivono solo per il peccato. Tutte le anime che sono passate di qui hanno dovuto soffrire e lavorare per la loro salvezza, fino al momento in cui si sono purificate della sozzura dei loro peccati. Il numero di queste anime fu, e sarà, grande quanto quello delle stelle del cielo e dei granelli di sabbia nel mare. Ogni essere umano sulla Terra costruisce da sé la propria abitazione nelle sfere alte o basse. E quindi ogni sfera è popolata di conseguenza.

Nel Mondo spirituale esiste un numero incalcolabile di luoghi nei quali un essere umano può costruire la propria casa, che supera l’immaginazione. Ciascuno di quei luoghi porta l’impronta degli spiriti che lo hanno generato con la loro vita. Proprio come, tra le innumerevoli creature della Terra, due volti, due anime, non sono mai completamente identici, così è nel Mondo spirituale, in cui non vi sono due luoghi identici. Ogni luogo, ogni sfera stessa, è una creazione particolare di una diversa classe di spiriti. E poiché nel Mondo spirituale le anime simili si sentono attratte le une verso le altre, le caratteristiche di ogni luogo corrispondono a quelle dei suoi abitanti.

Di conseguenza, quando vorrete descrivere questa sfera o un’altra a dei mortali, potrete raccontare solo ciò che avete visto e descrivere i luoghi che avete visitato. Un altro spirito che ha visto un’altra parte della stessa sfera la descriverà probabilmente in tutt'altro modo, e gli uomini mortali che giudicano ogni cosa secondo la loro valutazione, diranno forse che avete torto entrambi perché le vostre descrizioni non combaciano. Ma dimenticano che Roma non è Genova, Milano o Venezia, eppure tutte queste città sono in Italia. Lione non è Parigi, ma entrambe sono in Francia. Ogni città possiede delle caratteristiche particolari, ma anche dei tratti nazionali. Per fare un esempio ancora più evidente: New York e Costantinopoli sono entrambe città del pianeta Terra, ma tra le loro popolazioni esiste una tale differenza che non possiamo più trovare caratteristiche nazionali comuni. Entrambe certamente sono abitate dalla specie umana, ma questa si differenzia, e di molto, per l’aspetto, abitudini e costumi.

Nel corso dei vostri viaggi avete notato che in ciascuno degli esseri che avete visto annaspare nella palude dei propri peccati, vi è il germe indistruttibile di un’anima umana. Per quanto lungo sia il periodo di prova che un’anima deve affrontare, ha sempre il diritto inalienabile alla speranza. Per ogni anima giungerà infine l’ora del risveglio. Anche quelle che sono cadute più in basso si eleveranno di nuovo al livello dal quale erano cadute.

Il debito che un’anima peccatrice deve saldare in pagamento della propria depravazione è terribilmente amaro, ma una volta pagato, lo è per sempre. Nessun creditore può essere del tutto sordo alla preghiera del prodigo penitente, da dirgli: “Vattene! Il tuo destino è deciso e l’ora della tua salvezza è passata”. Fratelli della speranza! Può forse l’essere umano, nella sua limitatezza, limitare l’infinita bontà di Dio? Può egli fissare un limite alla Grazia dell’Onnipotente e pretendere che sia rifiutata a un peccatore preso dal rimorso, per quanto grandi siano i suoi peccati?

Dio solo può condannare, e solo Lui può perdonare. La voce del Suo amore ci chiama da ogni filo d’erba che spunta, da ogni raggio di luce che brilla. Quanto è grande la Bontà, la Misericordia del nostro Dio! Tramite i Suoi angeli e i Suoi spiriti di bene, la Sua voce raggiunge tutti coloro che si pentono ed implorano il perdono. Annuncia che la Grazia e il Perdono vengono sempre concessi a chi li ricerca con sincerità e si sforza lealmente di meritarli. Anche oltre la tomba, anche oltre le porte dell'inferno, la compassione e il perdono, la speranza e l’amore sono offerti a tutti. Ogni atomo dell’essenza immortale che è stata instillata negli esseri umani per produrre l’individualità cosciente produrrà infine i suoi frutti di bontà. Nessuno potrà essere perduto per sempre, né condannato ad una distruzione o a un tormento eterni.

Coloro che insegnano il contrario agli esseri umani, li inducono in errore, direi quasi che peccano! In questo modo sbarrano agli uomini le porte della speranza, e sviano la loro anima portandoli a una disperazione ancora più profonda, perché così l’anima peccatrice finisce con il credere che la morte imprima sul suo destino il sigillo definitivo della dannazione. Vi incarico di annunciare su tutta la Terra la verità in merito a ciò che avete scoperto durate le vostre peregrinazioni. Fate in modo che tutti ricevano la speranza, perché la speranza è il miglior stimolo a prendere la strada giusta finché si è in tempo. È molto più facile per gli esseri umani porre riparo ai loro errori sulla Terra che nell'aldilà, quando la morte avrà messo una barriera tra loro e quelli con i quali avrebbe più facilmente potuto riconciliarsi in vita.

Tutto ciò che avete potuto vedere in questo inferno è il frutto delle azioni malvagie degli esseri umani, il risultato del loro passato sulla Terra o nelle sfere spirituali. Tutto ciò che lì esiste, corrisponde alla vera natura della loro anima. Per quanto terribile possa sembrarvi quell’ambiente, per quanto profondamente siete stati sconvolti dalla vista di quei poveri spiriti, non dovete mai dimenticare che ciò che subiscono sono gli effetti degli errori che hanno commesso.

Dio non ha aggiunto un grammo a quel peso, ed è altrettanto vero che ognuno ha il dovere di riparare ciò che ha distrutto, di ripulire ciò che ha trascinato nel fango. E allora quei corpi decaduti, e il terribile ambiente della loro indigenza, verranno mutati in situazioni più felici, in corpi più puri e in ambienti più piacevoli. E quando, infine, verrà il momento in cui il Bene avrà superato il male, sulla Terra e nelle sfere spirituali quegli spazi miserabili verranno spazzati via come la schiuma del mare dalle onde della marea che sale. L’Acqua pura della Vita affluirà in questi luoghi e li purificherà, fino a che ogni montagna oscura, la pesante atmosfera e le abitazioni maleodoranti verranno dissolti nel fuoco purificatore del pentimento. Anche un blocco di granito può essere disciolto nel crogiolo del chimico e disperdersi nell'atmosfera, per andare a formare altre rocce in altri luoghi. Nulla si crea, nulla si distrugge.

Tutte le cose sono eterne. Gli atomi che il vostro corpo oggi attira, verranno di nuovo respinti domani, e andranno più lontano a costituire altri corpi. Avviene la stessa cosa per le emanazioni della natura spirituale dell'uomo che si formano nelle sfere che circondano il pianeta Terra. Quando non vi è più abbastanza magnetismo pesante per assemblare le particelle grossolane di cui sono costituite le basse sfere terrene, quegli atomi vengono allora liberati dall’attrazione materiale e spirituale della Terra. Planano così, libere nell’etere, finché sono attirate da un altro pianeta le cui sfere sono ad esse congeniali, e i cui abitanti spirituali si trovano su un piano dello stesso peso. Quindi in passato le stesse rocce di questa regione hanno formato le basse sfere di un altro pianeta, sfere che sono ora divenute troppo sviluppate per poterle ancora attirare. Quando la nostra Terra avrà cessato di trattenerle, saranno respinte per andare a formare le sfere spirituali di altri pianeti.

Allo stesso modo, anche le nostre sfere più elevate sono formate da materia più fine, che proviene dalle sfere spirituali di altri pianeti, più avanzati dei nostri. I loro atomi lasceranno un giorno la Terra per essere riassorbiti da un altro pianeta. Nulla si perde, e nulla è veramente nuovo. Le cose non sono che altre combinazioni di ciò che già esiste e che, nella sua essenza, è eterno. Quale elevazione raggiungeremo? Nessuno lo sa, perché non vi è limite alla nostra conoscenza e al nostro progresso. Ma io credo che se potessimo prevedere il destino ultimo del nostro piccolo pianeta, vedremo che anche la più lunga e difficile delle vite nelle sfere tenebrose non è che un percorso che giunge ai troni degli angeli del cielo.

Ciò che vediamo è la grande e onnipresente verità che la speranza è veramente eterna e il progresso sempre possibile, anche per le anime più basse e decadute. Dovete predicare questa grande verità a tutti gli esseri umani mortali quando, per altre missioni, tornerete sul Piano Terrestre. Proprio come voi siete stati aiutati, per riconoscenza e per amore, dovrete aiutare gli altri.

Diciamo ora addio a questo triste Paese delle tenebre, non con l’afflizione che subiamo a causa della sua desolazione e dei suoi peccati, ma con la speranza fiduciosa e la preghiera sincera per l’avvenire di chi si trova ancora nelle catene della sofferenza e del peccato».

Dopo che la nostra guida ebbe terminato il suo discorso, gettammo un ultimo sguardo al Paese delle tenebre. Discendendo la montagna attraversammo di nuovo il muro di fuoco, respingendo, come in precedenza, con la nostra volontà, le particelle di fuoco.

Così terminarono le mie avventure nel Regno dell'inferno.

 

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Capitolo 27

Ritorno nel Paese dell’alba per l’onorificenza

Il lavoro nelle città terrene – Il Paese del pentimento

Una donna, un giovane, un vecchio – La valle dei fantasmi – La casa del riposo

Al ritorno nel Paese dell’alba, dalla nostra Confraternita ci venne offerto un magnifico ricevimento, e in nostro onore fu organizzata una festa. Ognuno trovò nella propria cameretta, pronto per lui, un nuovo abito. Era di colore grigio chiaro, quasi bianco, mentre i bordi, la cintura e l’insegna del nostro ordine (un’ancora e una stella sul braccio sinistro) erano di un vivo giallo oro.

Quell’abito aveva un grande valore per me, perché nell’aldilà il vestito simboleggia il grado di sviluppo di uno spirito, ciò che egli ha conquistato come vittoria spirituale. Per me, ancora più prezioso dell’abito, era una corona di rose di un colore bianco puro che era comparsa nella mia camera e circondava l’immagine magica di Bianca: una cornice che non appassiva mai, e di cui percepii il profumo quando mi sdraiai sul letto di un bianco splendente, e mi misi a guardare le serene colline dietro le quali si vedeva l’alba del giorno.

Un amico mi scosse dal mio fantasticare chiamandomi per la festa. Nella grande sala ritrovai mio padre, come anche alcuni amici conosciuti nel corso dei miei viaggi. Ci salutammo con grande emozione, poi, dopo aver gustato insieme un banchetto simile a quello del mio arrivo in quella sfera, ci riunimmo in fondo alla sala di fronte a una tenda color oro e grigio che copriva completamente il muro.

Come portata dal vento, giunse alle mie orecchie una dolce melodia. A poco a poco divenne più distinta, finché si trasformò in una marcia solenne, piena di pathos[13]. Poi la tenda si aprì, rivelando un gigantesco specchio di lucido marmo nero. Pur restando sublime e solenne, la musica in qualche misura cambiò, e vi si mescolarono degli accordi dissonanti. Si fece più esitante, irregolare, e la sua melodia divenne languida.

Lo spazio attorno a noi si oscurò, al punto che non potevamo più distinguere i volti dei nostri vicini. Poi la luce scomparve e restò visibile solo la superficie di marmo[14]. Su di essa vidi allora due membri della nostra spedizione che parlavano camminando. La scena attorno a loro rappresentava la regione infernale dalla quale eravamo tornati. La strana musica toccava profondamente il mio animo, e alla vista del dramma che si svolgeva sotto i miei occhi, dimenticai tutto. Fu come un tornare di nuovo nelle oscure profondità dell'inferno.

Le immagini si susseguivano, finché non ci fecero vedere tutte le diverse esperienze di ciascuno dei membri del nostro gruppo, dal più basso fino a quelle della nostra stessa guida. L’ultima scena rappresentava tutto il nostro distaccamento riunito sulla montagna, mentre ascoltavamo il discorso di addio della nostra guida. Come il coro di una tragedia greca, la musica sembrava accompagnare e dipingere il quadro. Essa dava a ogni atto del dramma l’espressione giusta: triste e languida, o al contrario, calma o trionfale, poi di nuovo triste, gemente; poi di nuovo calma come una ninna nanna quando una povera anima liberata aveva finalmente trovato riposo. Infine riprese di nuovo tono in accordi selvaggi, nelle urla e nei furiosi clamori della battaglia, in quelle violente maledizioni e imprecazioni, esplodendo in onde ruggenti, per spegnersi in note disarmoniche.

Quando apparve la scena finale, la musica suonò un’aria dolcissima, e si spense poco a poco. Quando tacque, la luce tornò e la tenda ricoprì di nuovo lo specchio nero. Ci voltammo gli uni verso gli altri, con un sospiro di sollievo, pieno di gratitudine, per congratularci a vicenda di aver superato quelle prove nel Paese delle tenebre.

Chiesi a mio padre in che modo fossero stati realizzati quegli effetti, e se fossero o no un’illusione. Mi rispose: «Figlio mio, ciò che hai visto è l’applicazione di una conoscenza scientifica molto elevata, null’altro. Quello specchio ha la proprietà di ricevere e riflettere le immagini che vi sono proiettate a partire da una serie di sottili fogli metallici, o piuttosto, dell’equivalente del metallo terreno. Quei fogli metallici sono stati preparati in modo da poter ricevere e trattenere quelle immagini in una maniera simile a quella con cui il fonografo (che hai visto durante la tua vita sulla Terra) riceve e memorizza le onde sonore[15].

Durante il tuo viaggio in quella sfera oscura siete stati messi in comunicazione magnetica con quello strumento, e le avventure di ognuno di voi sono state trasferite a uno di quei fogli sensibili, mentre le emozioni che ognuno di voi provava hanno fatto sì che le onde sonore nelle sfere della musica e della letteratura vibrassero con un tono corrispondente. Tu che appartieni alla sfera dell’arte, della musica e della letteratura, sei in grado di percepire e comprendere le vibrazioni di quelle sfere. Nel Mondo spirituale tutte le emozioni, le parole e gli avvenimenti vengono riprodotti in forma oggettiva, e per coloro che sono in armonia con queste forme di vibrazione, divengono immagini, racconti o melodie. Il Mondo spirituale è creato dai pensieri e dalle azioni dell’anima, e quindi ogni atto o pensiero genera un riflesso spirituale tangibile. In questa sfera scoprirai molte cose ancora sconosciute agli uomini della Terra. Verrai a conoscenza di scoperte notevoli che con il trascorrere del tempo saranno trasmesse ai mortali e rivestiranno la forma terrena[16]. Ma guarda ora! Stai per ricevere la palma offerta a ciascuno di voi quale premio per la propria vittoria».

In quel momento le ampie porte della sala si aprirono ed entrò il nostro gran maestro. Come la volta precedente, era seguito da un corteo di bei giovani, ma questa volta ognuno di loro portava un ramo di palma, invece che una corona di alloro. Dopo che il gran maestro si fu seduto sotto il baldacchino, fummo invitati singolarmente a presentarci davanti a lui per ricevere ognuno la propria palma. Una volta che tutti l’avemmo ricevuta, tornammo ai nostri posti e intonammo un gioioso inno di vittoria, ondeggiando le palme al tempo della musica.

*

In seguito mi concessi un lungo periodo di riposo, in uno stato di sonnolenza in cui lo spirito, troppo affaticato per pensare, è comunque conscio di ciò che succede attorno a lui. Mi svegliai da quello stato dopo varie settimane, completamente ristabilito dagli effetti del mio viaggio nelle sfere infernali.

La mia prima idea fu di rendere visita a Bianca, nella speranza che potesse vedermi e constatare il cambiamento del mio aspetto. Non mi dilungherò su questo incontro, la cui gioia è solo nostra. Voglio solo riaffermare che la morte non mette necessariamente fine all’affetto per coloro che abbiamo lasciato, e non ci impedisce forzatamente di condividere con loro le nostre gioie e i nostri dolori.

Mi accorsi che riuscivo a comunicare molto meglio con la mia amica tramite le sue forze medianiche, e che non avevamo più bisogno di una terza persona che ci aiutasse in questo. Fu ben consapevole della mia presenza e dei miei progressi, e la dolcezza del suo amore fu per me come un confortante balsamo dopo il duro lavoro per la restaurazione della mia anima.

Ben presto il mio luogo di lavoro divenne il Piano terrestre. Dovevo operare nelle stesse città il cui riflesso spirituale avevo visto nell'inferno. La mia missione consisteva nell’influenzare le anime dei mortali e gli spiriti che li popolavano con il sentimento che avevo provato nella controparte infernale di quelle città. Sapevo che avrei potuto suscitare in loro solo in misura minima il timore delle future conseguenze dei loro eventuali misfatti, ma ciò sarebbe forse servito a farne esitare qualcuno di fronte alle tentazioni dell'egoismo e della sensualità. Inoltre, trovai in quelle città molti spiriti legati alla Terra ai quali fui in grado di prestare aiuto, grazie all’esperienza e alla forza che avevo acquisito nel corso dei miei viaggi.

Vi è sempre una gran quantità di lavoro da svolgere per chi tra di noi agisce sul Piano terrestre. Per quanto numerosi siano coloro che vi lavorano, non ve ne sono mai abbastanza, perché in ogni istante degli uomini lasciano la vita terrena, ed hanno bisogno di tutto l’aiuto che possono ricevere sul Piano terrestre.

In questo modo trascorsero alcuni mesi. Poi provai il desiderio ancora più grande di progredire, di elevarmi sempre più vicino alla sfera nella quale Bianca avrebbe dovuto vivere dopo la sua morte. Ero sempre tormentato dalla paura che la mia amata potesse lasciare la Terra senza che io avessi potuto elevarmi al suo stesso livello spirituale, trovandomi così, ancora una volta separato da lei. Ciò mi spingeva a raggiungere continuamente sempre nuove vittorie su me stesso, ma mi sentivo frustrato per la lentezza dei miei progressi. Sapevo di aver lavorato duramente alla mia purificazione, e che ero arrivato a progredire molto velocemente. Nonostante tutto, ero ancora tormentato dai sentimenti della gelosia e del sospetto che provenivano dalla mia natura caduta e dalle mie esperienze sulla Terra.

A volte dubitavo anche della costanza di Bianca. Nonostante le numerose prove del suo amore, temevo sempre che un altro uomo potesse riuscire ad allontanarla da me. Ma se l’avessi sorvegliata in continuazione, avrei finito con il restare legato alla Terra a causa di questo basso aspetto del mio carattere.

Non crediate che al momento della decomposizione del proprio corpo fisico uno spirito cambi tutti i propri pensieri e i propri desideri. Con questa convinzione dimostrereste di conoscere ben poco le condizioni di vita nell’oltretomba! Noi riusciamo a cambiare la direzione dei pensieri che abbiamo nutrito nella vita terrena in modo lento, estremamente lento. Pertanto, quei pensieri continuano ad esser parte di noi nella loro forma spirituale! Il mio carattere era ancora molto simile a quello che avevo sulla Terra, era solo leggermente migliorato. Avevo imparato a discernere il vero dal falso, ma avevo ancora molto da apprendere su questo punto, e le lezioni sarebbero proseguite nelle sfere più elevate.

Quando dubitavo di Bianca, provavo vergogna, perché sapevo quanto i miei dubbi fossero infondati; ma non riuscivo a liberarmene! La vita terrena mi aveva insegnato la diffidenza, e quell'ombra non mi lasciava così facilmente.

Un giorno, mentre provavo quel terribile tormento, Ahrinziman venne a trovarmi e mi mostrò come potevo liberarmi da quelle ombre del passato: «Non lontano da qui si trova il ‘Paese del pentimento’. Ti sarebbe molto utile visitarlo, perché quando avrai attraversato le sue montagne e le sue valli, e superato le sue difficoltà, apparirà chiaramente ai tuoi occhi la vera natura della tua vita terrena con tutti i suoi peccati; ciò costituirà per la tua anima un buon mezzo per progredire. Ma un tale viaggio sarà pieno di amarezza e dolore; vedrai così completamente messe a nudo le azioni del tuo passato, gli atti che hai già in parte espiato, ma che non vedi ancora come li vede un’anima delle sfere superiori.

Pochi tra gli spiriti che giungono dalla vita terrena comprendono le vere ragioni che li hanno spinti ad agire come hanno agito. Per alcuni, questa comprensione richiede anni, per altri, secoli, perché hanno una forte tendenza a giustificarsi ai propri occhi. Il paese di cui ti parlo è molto utile per accelerare questa comprensione. Il viaggio deve essere intrapreso in modo assolutamente volontario, e può abbreviare notevolmente la via della crescita. In quel paese le vite degli esseri umani sono registrate in immagini che, quando vengono riflesse nell’atmosfera spirituale del luogo, mostrano le cause di tutti i loro errori passati. Esse chiariscono i motivi sottili che erano in atto nei loro cuori e che hanno determinato la vita di ciascuno. In quel luogo sarà un difficile esame di coscienza che dovrai affrontare, un’esperienza amara. Ma più una medicina è amara, più sono potenti le sue virtù curative, e queste libereranno la tua anima delle malattie della vita terrena che ancora l’affliggono».

«Mostrami dove si trova questo Paese e vi andrò», gli risposi.

Ahrinziman mi portò sulla cima di una di quelle scure colline che si intravedevano in lontananza dalla finestra della mia camera, e giunti lì mi disse: «Dall’altro lato delle colline che vedi laggiù si trova lo strano paese del quale ti ho parlato: un paese che devono attraversare coloro che sono profondamente perseguitati dal loro passato. Coloro i cui errori erano minimi perché si limitavano alle debolezze quotidiane, non hanno bisogno di andarvi; per essi esiste un altro metodo per far comprendere loro la fonte dei loro errori. Quel paese è riservato agli spiriti che, come te, sono dotati di una grande volontà e di una grande sincerità nei confronti di se stessi. L’attraversamento di quel paese agirebbe in modo troppo violento sugli spiriti deboli e confusi, e soprattutto, questi sentirebbero un profondo scoramento per via della presa di coscienza troppo violenta della loro natura peccatrice. Quegli spiriti possono progredire solo passo dopo passo, un po’ per volta. Ma tu che hai il cuore solido e pieno di coraggio, crescerai molto più rapidamente quando avrai riconosciuto la natura dei legami che hanno imprigionato la tua anima».

«Quanto durerà questo viaggio?»

«Sarà di breve durata, due o tre settimane del tempo terrestre. Già mentre te ne parlo ho la visione del tuo prossimo ritorno; ciò significa che il tempo che passerà tra la partenza e il ritorno sarà breve. Nel Mondo spirituale, dove il tempo non si calcola in giorni o settimane, e dove non si conta in ore, stimiamo la durata di un evento o quando qualcosa accadrà, in base alla distanza alla quale lo vediamo. Più un’immagine appare lontana al nostro sguardo spirituale, più ciò indica che la sua realizzazione richiederà del tempo. Oppure, la durata di un’impresa può essere misurata dalla lunghezza dell’ombra che proietta: a seconda che l'ombra proiettata da un evento futuro sia più o meno vicina al suolo, possiamo valutare la durata che ci separa dalla sua realizzazione, e possiamo determinarla in base alle convenzioni terrene. Nemmeno i più esperti, però, riescono a farlo sempre con grande precisione. E d’altra parte è preferibile che uno spirito non sia in grado di rivelare a un mortale l’ora esatta di un avvenimento, perché molti fattori possono sempre rendere imprecisa quella previsione. A volte un avvenimento può apparire molto vicino, ma può essere ritardato, o addirittura completamente annullato da una forza più grande di quella che lo aveva messo in movimento».

*

Ringraziai la mia guida dei suoi consigli. Nulla era più importante per me del progredire rapidamente, perciò, poco dopo quel colloquio iniziai il mio nuovo viaggio. Il cammino per raggiungere il Paese del pentimento fu più lungo e faticoso del solito, perché avevo preso su di me un fardello che rappresentava tutti i miei peccati; questo fardello era così pesante, che rendeva i miei movimenti lenti e faticosi. Simile a un pellegrino, portavo un grezzo abito di colore grigio e camminavo a piedi nudi. Nel Mondo spirituale l’abito e l’ambiente si formano in base allo stato d’animo, e mi sentivo come se mi fossi vestito di un sacco ed avessi cosparso il capo di cenere.

Quando infine giunsi alla collina e la superai, mi trovai di fronte ad una vasta pianura sabbiosa, un grande deserto che sembrava simboleggiare il suolo sterile della mia vita terrena. Non vi era alcun albero, alcun cespuglio, alcuna foglia. Nemmeno una goccia d’acqua, né la minima ombra per riposare le mie membra affaticate. Attraversavano quella piana coloro che nella vita terrena erano stati privi di affetti veri, puri ed altruisti, e non avevano provato quell’oblio di sé, che è il solo mezzo per far sbocciare le rose e far sgorgare acqua fresca nel deserto lungo il loro percorso, …

Discesi in quel triste deserto e seguii uno stretto sentiero che sembrava condurre verso un altro monte lontano. Il carico che portavo era divenuto intollerabilmente pesante e fui tentato di abbandonarlo; ma invano, non potei disfarmene nemmeno per un momento. Avevo i piedi escoriati a forza di camminare sulla sabbia cocente, e ognuno dei miei passi era una sofferenza. Mentre avanzavo lentamente, mi comparivano le immagini dei miei compagni e degli avvenimenti passati della mia vita, come i miraggi che si dice i viaggiatori vedano nei deserti terreni.

Le immagini della mia vita sfilavano davanti a me a grande velocità. Ogni nuova scena si sovrapponeva alla precedente. Vedevo amici e conoscenti; i pensieri, le parole e le azioni negative che avevo pensato, detto o fatto nei loro confronti, mi passavano davanti e mi accusavano. Le lacrime versate a causa mia, le ferite causate dalle mie parole crudeli, più affilate di un rasoio, più dure di un pugno... Mille pensieri sbagliati, mille azioni egoiste, a lungo accantonati, dimenticati o scusati, si presentarono ai miei occhi, immagine dopo immagine, fino al momento in cui mi sentii così schiacciato dalla loro visione che crollai, e abbandonando il mio orgoglio, m’inchinai fino a terra nella polvere piangendo amaramente per il rimorso e il dispiacere. E dove le mie lacrime scendevano sulla sabbia arida, là sbocciavano fiori delicati; erano come stelle bianche, ognuna delle quali racchiudeva una goccia di rugiada. Così, quel luogo dove ero caduto nel pieno del mio pentimento, divenne una piccola oasi di bellezza in quel triste deserto.

A ricordo di quel luogo, colsi alcuni di quei fiori e me li misi in seno, quindi mi alzai e continuai. Con mia grande sorpresa, le immagini del mio passato scomparvero, ma di fronte a me vidi una donna che teneva un bambino per mano. Sembrava troppo pesante per le forze della donna, e il piccolo si lamentava per la fatica e la paura. Impietosito, li raggiunsi e mi offrii di portare il bambino. Dopo avermi guardato in viso con attenzione, la donna mi mise il bambino in braccio. Coprii la testa del piccolo con un lembo del mio abito, e il piccino si addormentò tranquillamente.

La donna mi disse che il bambino era suo, ma che non lo aveva mai amato troppo, e aggiunse: «A dire il vero, non volevo proprio avere figli. Quando questo piccolo nacque, provai un grande fastidio e lo trascurai. Quando divenne più grande, cominciò a comportarsi in modo maleducato e capriccioso (o almeno così pensavo io), a volte lo picchiavo e lo chiudevo in una camera buia. A cinque anni morì di febbre, e poco dopo morii anch’io della stessa malattia. Da quando sono giunta nel Mondo spirituale il bambino mi segue, e non riesco a liberarmene. Mi hanno perciò consigliato di fare questo viaggio e portarlo con me».

«E nemmeno ora riesci ad amare questo bambino?».

«No! Non posso dire che lo amo. Sono una di quelle donne che non sono fatte per essere madri. Non ho mai avuto istinto materno. Non amo questo bambino, ma mi dispiace di non essere stata più gentile con lui, e posso ora vedere che quello che pensavo essere il senso del dovere che mi spingeva a educarlo con severità e a correggere i suoi errori, era solo una scusa per giustificare il mio carattere e il fastidio che mi causava il dovermi prender cura di lui. Riconosco di aver agito male, ma non posso dire di amarlo».

«Lo porterai con te per tutto il viaggio?» le chiesi.

Provavo una grande compassione per quel piccolo non amato, e lo abbracciai con tutto il mio affetto. Mi commossi al pensare che Bianca avrebbe considerato un tesoro un bambino simile e a quanto tenera sarebbe stata con lui. Egli mi mise allora le sue piccole braccia attorno al collo e mi sorrise con riconoscenza nel dormiveglia, cosa che avrebbe dovuto toccare il cuore della donna.

In effetti il suo viso si addolcì e mi rispose: «Credo di doverlo portare ancora per un tratto di strada. In seguito sarà portato in una sfera in cui si trovano dei bambini come lui, che sono stati poco curati dai loro genitori, e che vengono presi sotto la protezione di spiriti che amano i piccoli».

Dopo aver camminato insieme ancora per un po’, raggiungemmo delle rocce presso le quali c’era uno stagno. Ci sedemmo sulla riva per riposarci. Mi addormentai; al mio risveglio la donna e il bambino erano scomparsi.

*

Ripresi il cammino e ben presto raggiunsi i piedi della montagna, creata dall’orgoglio e dall’ambizione degli uomini. Il sentiero, largo appena quanto un piede, era duro, sassoso e ripido. A volte le erte rocce, fatte di vanità e di egoismo, erano quasi impossibili da scalare. Superandole, riconoscevo di aver partecipato alla loro formazione; la mia arroganza aveva inviato qui degli atomi per costruire quelle rocce che ora dovevo superare.

Pochi uomini conoscono i segreti del proprio cuore. Molto spesso crediamo di batterci per raggiungere una posizione nel mondo perché animati da una nobile ambizione, quando invece non è altro che orgoglio egocentrico. Guardai al mio passato con vergogna, riconoscendo che ogni sperone di roccia era il simbolo spirituale di una pietra d’inciampo che avevo posto sul cammino dei miei fratelli più deboli, i cui poveri sforzi erano a mio parere da bloccare rapidamente, nell’interesse della vera arte; ora provavo il profondo desiderio di rivivere la mia vita per far meglio, e per incoraggiare coloro che invece avevo condannato, per aiutare coloro che avevo schiacciato.

Ero stato così duro anche nei miei confronti, da non essere mai soddisfatto delle mie realizzazioni, nemmeno quando i miei compagni mi applaudivano, nemmeno quando vincevo i premi più importanti nelle competizioni. A motivo di ciò, pensavo di avere il diritto di esigere altrettanto da coloro che praticavano la mia stessa arte. Non provavo alcuna simpatia per gli sforzi dei meno dotati e dei debuttanti. Potevo ammirare il talento e il genio, ma la mediocrità mi ispirava solo disprezzo e nessun desiderio di aiutare. Ignoravo che le deboli capacità erano come dei germi che, anche se non danno grandi risultati sulla Terra, sarebbero sbocciate come fiori perfetti nel Mondo dello spirito. Nella mia gioventù, baciato dal successo, prima che la mia vita naufragasse, avevo tanti sogni e grandissime ambizioni, e anche se più avanti nell’età, quando dolori e delusioni mi insegnarono qualcosa sulla pietà nei confronti delle lotte altrui, non fui mai in grado di sentire una sincera simpatia per la mediocrità e le sue lotte, e ora riconoscevo che era stata proprio questa mancanza ad aver creato quelle rocce così tipiche della mia arroganza.

Fui sopraffatto dal rimorso e dal dolore a quella scoperta; mi guardai attorno per vedere se ci fosse qualcuno più debole di me da aiutare. Vidi allora più in alto, sul sentiero ripido, un giovane al limite dello sfinimento che cercava di scalare la parete rocciosa. Era un giovane il cui orgoglio per la propria discendenza e l’ambizione di stare alla pari con i nobili e i ricchi, si erano accumulati in lui in un orgoglio al quale aveva sacrificato coloro che sarebbero dovute essere le persone più care al suo cuore. Era sul punto di superare uno strapiombo sulla parete rocciosa, ma sembrava così affaticato da essere vicino a cedere e cadere. Gli gridai di restare aggrappato, e mi affrettai a raggiungere il luogo nel quale si trovava; poi, con difficoltà, riuscii a tirarlo sulla roccia. Il ricordo di tutti coloro che avevo schiacciato con la mia arroganza mi aveva ispirato il sincero desiderio di aiutare quell’uomo in difficoltà.

Mentre eravamo seduti sulla roccia per riposarci, notai di essermi ferito in modo serio sulle pietre taglienti. Ma notai anche che il mio fardello di orgoglio egoistico era caduto durante la salita.

Meditando sulla vita, decisi di tornare sulla Terra per aiutare qualcuna delle anime meno dotate di me a raggiungere migliori capacità artistiche. Avrei cercato di trasmettere loro la mia conoscenza e la mia ispirazione. Là dove in passato avevo distrutto degli sforzi sinceri, avrei ora incoraggiato e guidato. Là dove la mia lingua e la mia mordente ironia avevano ferito, avrei portato comprensione. Cominciai a capire quanto fosse sbagliato disprezzare i fratelli meno dotati e distruggere le loro speranze, con il pretesto che queste ultime sembrano così insignificanti e triviali a una mente più avanzata. Seduto su quella montagna, riflettei a lungo su queste cose, mentre il giovane che avevo aiutato proseguiva il suo cammino senza di me.

*

Infine, ripresi la mia strada in direzione di un profondo burrone sul quale era stato gettato un ponte ora semidistrutto; l’accesso al ponte era chiuso da un alto portone. Numerosi spiriti erano in attesa davanti ad esso e cercavano di aprirlo in vari modi. Alcuni impiegavano la forza, altri cercavano di scavalcarlo, altri ancora pensavano di doverne scoprire la serratura segreta. Al mio arrivo, alcuni spiriti che si erano chinati sul portone se ne allontanarono, curiosi di vedere come avrei affrontato io il problema. Era così alto e liscio che nessuno riusciva a scalarlo, e così solido che nessuno pensava di poterlo scardinare. Sembrava non ci fosse alcuna possibilità di aprirlo.

Mi chiesi cosa fare, quando vidi accanto a me una donna che piangeva tristemente sulla sua sfortuna: era lì da molto tempo, e vanamente aveva cercato di aprire la porta. Mentre facevo del mio meglio per ridarle speranza, il portone scomparve ai nostri occhi e passammo. Con la stessa rapidità con cui era scomparso, il portone ricomparve, chiuso, dietro di noi. Anche la donna si era volatilizzata. Al suo posto vidi un vecchio quasi piegato in due fermo sul ponte.

Mentre cercavo di capire il senso di ciò che era successo, una voce mi disse: «Questo è il portone dei pensieri e delle azioni generose. Tutti quegli spiriti che sono dall’altro lato devono aspettare fino a quando i loro buoni pensieri e le loro buone azioni verso gli altri siano abbastanza pesanti da abbatterlo. Il portone si aprirà per chiunque cerchi di aiutare con impegno il prossimo come hai fatto tu».

Avanzai lungo il ponte e giunsi al punto nel quale si trovava il vecchio. Egli tastava il suolo con il suo bastone, lamentandosi della propria impotenza. Avevo paura che cadesse, perché il ponte era davvero in cattivo stato.

Feci un salto verso di lui e mi offrii di aiutarlo ad attraversarlo, ma egli rifiutò dicendo: «No, no, ragazzo mio! Il ponte è troppo marcio. Non potrà sostenere il peso di entrambi. Continua e lasciami qui, farò del mio meglio...».

«Assolutamente no!» gli risposi. «Sei vecchio e debole, e se ti abbandonassi potresti cadere da un punto danneggiato del ponte. Io sono forte e vigoroso, e troverò un buon punto per passare».

Senza attendere la sua risposta me lo caricai sulle spalle e gli dissi di aggrapparsi saldamente a me. Mi apprestai a percorrere il ponte, ma quanto pesava quel vecchio! E il ponte scricchiolava, gemeva, si piegava sotto il nostro peso. Temevo che saremmo caduti entrambi nell’abisso.

Il vecchio mi scongiurava di non lasciarlo cadere. Mi trascinai a quattro gambe fino alla parte più pericolosa del ponte. Nel mezzo vi era un grande foro, e potevo utilizzare solo le due travi principali per passare. Sapevo che se fossi stato solo avrei potuto superare d’un balzo il foro senza alcun pericolo, ma con quel vecchio sul dorso la cosa era molto diversa. Si era aggrappato a me intralciandomi notevolmente i movimenti, e quasi mi soffocava; mi venne il pensiero che avrei fatto meglio ad abbandonarlo, ma ciò mi sembrò così crudele nei suoi confronti che decisi di provare a passare.

Il vecchio, considerate le difficoltà, sospirò e mi disse: «Sarebbe meglio se mi lasciassi qui. Io non riesco a passare, e con me nemmeno tu ce la farai. Lasciami qui e continua da solo!».

Il suo tono era così triste e deluso che non avrei potuto abbandonarlo. Gli raccomandai di aggrapparsi bene e mi appoggiai con una mano ad una trave rotta. Con un gran salto mi slanciai oltre l’abisso con una forza tale che mi sembrò di volare, e arrivammo dall’altra parte sani e salvi.

Quando mi voltai per vedere il pericolo che avevamo appena superato, mi sfuggì un grido di sorpresa: sul ponte non vi era più alcun foro; anzi, era in buono stato, e accanto a me, invece del vecchio, vidi Ahrinziman, che rideva del mio stupore.

Mi mise la mano sulla spalla e mi disse: «Franchezzo, figlio mio, questa non era che una prova per vedere se saresti stato abbastanza generoso da farti carico di un vecchio quando le tue stesse possibilità di salvezza erano così poche. Ora ti lascio affrontare la tua ultima sfida, affinché tu possa giudicare da solo la natura dei dubbi e dei sospetti che hai avuto. Addio, e che tu possa essere vittorioso». Si voltò e scomparve.

*

Mi preparai ad affrontare una profonda valle che si trovava davanti a me. Era situata tra due montagne scoscese e si chiamava la ‘Valle dei fantasmi di nebbia’. Grandi colonne di vapore grigio volteggiavano nell’aria, salendo lungo i monti, trasformandosi in figure inquietanti e misteriose che mi seguivano.

Più penetravo nella valle, più quelle forme sembrava fossero esseri viventi. Ma sapevo che non erano altro che la creazione dei miei pensieri durante la mia vita terrena: i sospetti e i dubbi che avevo nutrito nei confronti di altri, i miei pensieri cattivi e impuri. Ora tutte quelle forme mi tormentavano, minacciose e terribili. Si accumulavano lungo il cammino e mi bloccavano la strada, circondandomi da ogni lato. Non avevo alcun dubbio: quegli esseri pieni di odio erano proprio i miei pensieri, quelli che avevo diretto contro altre persone. Avevo dubitato molto della bontà del mio prossimo, e non gli avevo accordato nessuna fiducia. Per il fatto che io stesso ero stato crudelmente ingannato, proclamavo dappertutto che gli esseri umani sono creature menzognere. Vedendo tutte le follie e le bassezze commesse attorno a me, pensavo che dappertutto succedesse ciò, e che ogni cosa non fosse altro che tradimento e inganno.

Così quelle forme-pensiero si erano create una dopo l’altra. Mentre cercavo di combatterle, tentavano di sottomettermi e soffocarmi, e mi avviluppavano nelle pieghe brumose delle loro forme fantasmagoriche. Tentai vanamente di liberarmene. Diventavano sempre più aggressive e mi circondavano, mi isolavano, proprio come avevano fatto i miei dubbi. Terrorizzato, mi dibattevo tra di esse come se fossero esseri viventi che mi volevano morto. Improvvisamente vidi aprirsi di fronte a me un profondo crepaccio, verso il quale quei fantasmi mi stavano spingendo: un abisso nel quale sarei caduto, se non fossi riuscito a liberarmi di quegli spettri. Lottai disperatamente, ma mi accerchiarono, spingendomi poco a poco verso l’abisso senza fondo.

Allora, nella più profonda angoscia implorai aiuto. Poi, tendendo le braccia, afferrai il fantasma più tenace e lo scaraventai lontano. A quel punto la potente nuvola dei dubbi si disperse come fosse stata spazzata via dal vento, e caddi a terra sfinito. Persi conoscenza e feci un sogno, molto breve ma meraviglioso. In quel sogno era stata Bianca a venire e a disperdere quelle forme ripugnanti. Si era poi inginocchiata presso di me, mi aveva preso la testa tra le braccia e mi aveva fatto riposare sul suo seno, come una madre fa con il suo bambino. Sentivo le sue braccia che mi circondavano e mi stringevano, poi il sogno si interruppe e caddi in un profondo sonno.

Quando ripresi conoscenza, giacevo ancora nella valle, ma la nebbia si era dissipata, portando via con sé il tempo della diffidenza e del dubbio amaro. Ora riposavo su un prato di erbe verdi e soffici; di fronte a me si stendeva una prateria attraversata da un ruscello di acqua chiara che scorreva placidamente. Dopo aver seguito il suo corso per qualche tempo, raggiunsi un bel boschetto. Dietro gli alberi intravidi uno stagno, sulla superficie del quale galleggiavano delle ninfee. Al suo centro vi era una fontana che sembrava fatata, il cui getto era come una cascata di diamanti che ricadevano nell’acqua trasparente. I rami degli alberi formavano una volta, ed attraverso di essi potevo intravedere il cielo blu.

Mi avvicinai per riposarmi e dissetarmi alla fonte, e una bella ninfa, vestita con un abito verde e con una corona di ninfee, mi si avvicinò per aiutarmi. Era la custode della fonte; il suo compito era curare e ristorare i viaggiatori affaticati come me, e mi disse: «Nella vita terrena vivevo in una foresta, e qui nel Mondo spirituale ho una casa circondata dai boschi che amo così tanto».

Costei mi diede da bere e da mangiare. Dopo essermi riposato per un po’, mi indicò un sentiero che attraversava i boschi e conduceva verso una ‘Casa del riposo’, nella quale avrei potuto riprendere le forze per qualche tempo. Ringraziai con tutto il cuore quell’amabile e luminoso spirito, mi congedai da lei e presto giunsi di fronte ad un grande edificio interamente ricoperto di caprifoglio e di edera. Aveva numerose finestre, e le sue porte spalancate sembravano invitare i viaggiatori ad entrare. Di fronte all’edificio vidi un grande cancello in ferro battuto che aveva come decorazioni delle forme di uccelli e di fiori, i quali sembravano curiosamente vivi. Quando lo raggiunsi si aprì da solo, come per magia, e fui in grado di entrare. Qui numerosi spiriti vestiti di bianco vennero verso di me per darmi il benvenuto, mi condussero in una bella camera e mi invitarono a riposare. Dalle finestre si poteva vedere una bella prateria e degli alberi meravigliosi.

Al mio risveglio, gli abiti da pellegrino erano scomparsi. Vicino a me vidi un nuovo vestito, sempre di colore grigio chiaro; ora però aveva un triplice bordo di un bianco purissimo. Mi rallegrai e mi vestii con grande gioia, perché sapevo che il bianco era il segno del mio progresso: nel mondo spirituale, il bianco è segno di purezza e felicità, il nero del contrario.

Fui condotto allora in una bella stanza nella quale si trovavano degli spiriti vestiti come me. Riconobbi tra di loro la donna e il bambino che avevo aiutato nella Pianura del pentimento e delle lacrime. Ora guardava suo figlio con maggiore tenerezza; mi salutò amichevolmente e mi ringraziò dell’aiuto che le avevo dato. Il piccolo salì sulle mie ginocchia e vi si sedette come avrebbe fatto un bambino sulla Terra.

Ci fu servito un abbondante pasto. Vi erano dei dolci e della frutta, e il vino puro del Mondo spirituale. Ci ristorammo e ringraziammo Dio per le Sue Grazie, poi il fratello che presiedeva augurò a tutti la benedizione di Dio. Con il cuore pieno di gratitudine, ci salutammo e ci preparammo per tornare alle nostre case.

 

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Capitolo 28

La mia casa e le mie opere nel Paese del mattino

Un’inattesa riconciliazione

 

 

Il mio destino non era quello di restare nel Paese dell’alba, la mia nuova dimora si trovava nel Paese del mattino, dove i miei amici mi accompagnarono. Quel paese era situato oltre la montagna dietro la quale avevo l’abitudine di osservare la luce nascente, che mai si alzava completamente nel Paese dell’alba.

Nel Paese del Mattino scoprii che potevo avere una piccola casa, qualcosa che avevo guadagnato con i miei sforzi. Ho sempre amato avere un luogo tutto mio, e quel piccolo cottage mi era molto caro. Il luogo era piacevole e tranquillo, circondato da colline che si aprivano su praterie coperte di vegetazione verde e gialla. Vicino alla mia casa, comunque, non vi era nessun albero, nessun cespuglio, nessun fiore sul quale l’occhio potesse posarsi, perché i miei sforzi non erano ancora sbocciati come fiori. Ma un magnifico caprifoglio si appoggiava al portico, e il suo profumo giungeva fino alla mia camera. Era un regalo di Bianca, il risultato dei suoi pensieri puri e amorevoli, la testimonianza della sua fedeltà.

La mia piccola casa aveva solo due stanze: una per ricevere gli amici e per studiare, l’altra per riposarmi quando rientravo dal Piano terrestre, stanco del mio lavoro. Al suo interno vi erano anche l’immagine di Bianca, circondata di rose, e gli altri miei piccoli tesori. All'esterno, il cielo blu risplendeva di una luce pura e i miei occhi, che avevano tanto desiderato vederlo, vi si volgevano spesso; la tenera erba verde, dopo i miei viaggi nelle tenebre, mi sembrava così bella che provavo un profondo sentimento di riconoscenza.

Una voce amorevole mi risvegliò dalle mie fantasticherie. Aprii gli occhi e vidi mio padre. Quale gioia! La mia felicità raddoppiò quando mi chiese di andare con lui sulla Terra per mostrare in visione a Bianca la mia casa.

Penso sempre con gioia e fierezza a quella casa nel Mondo spirituale, la prima che avessi davvero guadagnato. Quella dove risiedo ora è molto più elegante, la sfera nella quale ora vivo è molto più bella in ogni aspetto, ma mai sono stato così felice come quando ricevetti la mia prima casa.

*

Non cercherò di descrivere tutte le mie attività sul Piano terrestre durante quel periodo; basterà un esempio per tutti.

Per gli spiriti e per i mortali, il tempo passa e porta dei cambiamenti. Mentre operavo per aiutare gli altri, imparavo poco alla volta la lezione che per me era sempre stata così difficile: perdonare i miei nemici e rendere loro il bene per il male ricevuto. Era stata per me una dura battaglia superare il mio desiderio di vendetta, oppure l’auspicare, verso chi mi aveva fatto dei grandi torti, che fosse colpito da una qualche forma di punizione; ed era ancora più difficile voler fare del bene, di mia spontanea volontà, a quelle persone.

Quando lavoravo sul Piano terrestre, andavo spesso dal mio peggior nemico. Lui percepiva inconsciamente la mia presenza, che gli risvegliava il ricordo di me. Notavo ogni volta che i suoi pensieri al mio riguardo erano tanto amari, quanto i miei nei suoi confronti. Non sentivamo certo la mancanza l’uno dell’altro. In visione, vedevo spesso gli avvenimenti passati delle nostre vite, oscurati dalle nubi nere dell’odio reciproco. Vedevo, con la mia nuova conoscenza spirituale, dove avevo sbagliato nei suoi confronti, con la stessa chiarezza con cui vedevo gli errori del mio nemico. Dopo quelle visite ritornavo a casa mia, pieno di dispiacere e rimpianto. Ma mi sentivo sempre incapace di provare null’altro che amarezza verso colui la cui vita era stata legata alla mia solo per il peggio.

Un giorno in cui mi trovavo vicino a quel mortale, mi accorsi che cominciavo a provare un nuovo sentimento, simile alla compassione, perché anche quella persona sentiva amarezza nel pensare al comune passato. Era nato in lui il rimpianto di non essere stati legati da un destino diverso da quello che ci aveva uniti. Nacque così tra noi un’opinione reciproca più favorevole che, per quanto fragile e sottile, costituiva per me il primo frutto degli sforzi che facevo per superare la mia ira. Il muro di odio che ci separava e ci rendeva prigionieri l’uno dell’altro cominciò a crollare. Poi, proprio come in passato mi era stata offerta l’occasione di fargli del male, mi fu data quella di fargli del bene. E fu la mia mano – quella che in vita avevo puntato contro di lui per maledirlo – che lo aiutò.

Il mio nemico non era consapevole della mia presenza e del mio intervento in suo favore, ma sentì vagamente che l’odio tra noi si era spento, e che ormai valeva la pena dimenticare qualunque disaccordo. Venne così il momento in cui fummo in grado di perdonarci reciprocamente, sciogliendo per sempre i legami che avevano per così tanto tempo incatenato le nostre vite terrene, l’una all’altra.

Come nel caso del mio amico Benedetto, i nostri spiriti si incontreranno ancora una volta quando la morte avrà tagliato il filo della sua vita terrena, in modo tale che ognuno possa ottenere il perdono completo dall’altro. Solo allora saremo liberati definitivamente dall’odio e dal rimorso, e ognuno raggiungerà la rispettiva sfera. Perché l’influenza dei nostri amori e dei nostri odi terreni sulla nostra anima è molto forte e dura per molto, molto tempo dopo che la nostra vita sulla Terra ha fine. Ho visto, infatti, un gran numero di spiriti legati l’uno all’altro, non dall’amore condiviso, ma dall’odio reciproco.

 

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Capitolo 29

Attraverso il cancello d'oro
La mia casa nel Paese del giorno

Un vecchio amico per compagno

Sulla Terra amavo guardare le nuvole nel cielo che formavano delle immagini alle quali la mia fantasia dava vita. Dopo aver raggiunto la seconda sfera, potevo vedere continuamente in cielo delle incantevoli nuvole luminose e morbide che si evolvevano in mille forme ed assumevano un’ampia gamma di colori tenui e gradevoli. Altri spiriti mi hanno detto che nel loro cielo non vedevano mai nessuna nuvola. Tutto era puro, di una bellezza serena. È senza dubbio così nella loro regione. Nel Mondo spirituale, i nostri pensieri e desideri formano il nostro ambiente. Nel mio cielo esistono le nuvole perché io amo vederle, e ciò mi dà gioia.

Poco dopo il mio arrivo nella piccola casa del Paese del mattino, cominciò a comparirmi una visione che, come un miraggio, vedevo fluttuare all’orizzonte, e che spariva quando cercavo di guardarla attentamente. Rappresentava un magnifico cancello forgiato in oro che sembrava l’ingresso di una terra fatata. Tra me e il cancello scorreva un fiume di acqua chiara, mentre alberi di un verde straordinario, freschi e leggeri, formavano un arco su di esso e ne bordavano le rive. Ebbi questa visione molte volte.

Durante una di quelle visioni, mio padre mi raggiunse senza che lo notassi e si fermò accanto a me, mi toccò la spalla e mi disse: «Franchezzo, quel cancello ti sta invitando ad avvicinarti e ad esaminarlo. È l’ingresso al livello più elevato di questa seconda sfera, ed è oltre quel cancello che la tua nuova casa ti aspetta. Saresti potuto entrare già da tempo in quella dimensione, se il tuo amore per questa piccola casa non ti avesse reso felice di restare in questo luogo. Ora comunque sarebbe bene per te andare avanti e vedere se le meraviglie di quella nuova terra non ti renderanno ancora più felice. Come sai, io sono nella terza sfera, che è pur sempre più in alto della tua, ma più ti avvicini a me, e più facilmente potrò venire a trovarti, e quindi nella tua nuova casa staremo insieme molto più spesso».

Fui così sorpreso, da non poter rispondere per qualche tempo. Mi sembrava incredibile poter oltrepassare così presto quel cancello. Seguii però il consiglio di mio padre, dissi addio con dispiacere alla mia piccola casa – perché provo sempre molta affezione per i luoghi in cui vivo a lungo – ed iniziai il mio viaggio verso quel nuovo paese. Il cancello brillava continuamente di fronte a me, e non svanì più come era successo in passato.

Nel Mondo spirituale dove la superficie del suolo non è curva come sui pianeti, gli oggetti non scompaiono all’orizzonte allo stesso modo, e cielo e terra non si fondono in lontananza. Qui invece si vede il cielo come un’ampia volta al di sopra di noi, e i livelli più elevati di una sfera sembrano altopiani che sorgono sulla sommità delle montagne che costituiscono il nostro orizzonte. Quando si raggiungono quelle montagne, e si vede il nuovo paese che si apre di fronte, vi sono sempre al suo orizzonte nuove montagne e nuove terre che sorgono più in alto di quelle che si sono raggiunte in precedenza. Così si può guardare giù, verso i livelli che sono stati superati, e vederle come una successione di terrazze, ognuna delle quali porta a quella inferiore e meno bella, fino a raggiungere il piano terrestre che circonda la Terra. Oltre quel piano, come lo possono vedere gli spiriti che hanno una vista ben sviluppata, vi è un’altra successione di terre disposte a terrazze, che portano all’inferno. Quindi, si passa di livello in livello e di sfera in sfera, solo che tra ogni sfera esiste una barriera di onde magnetiche che respinge coloro che cercano di penetrarvi provenendo da una sfera più bassa, fin quando la loro condizione è in armonia con la sfera superiore.

Nel mio viaggio verso il cancello d’oro superai vari livelli di questa seconda sfera, le cui città e le cui residenze mi sarebbe piaciuto visitare e ammirare, se non fossi stato così desideroso di vedere la bella terra che era l’obiettivo che avevo sempre sognato. Sapevo inoltre, che nel mio percorso verso la Terra avrei potuto esplorare in ogni momento quelle terre di mezzo, perché uno spirito può all’occorrenza ritrovare sempre i luoghi che desidera rivedere, e visitare i livelli inferiori al proprio.

Raggiunsi infine la sommità dell’ultima catena di montagne che mi separava dal cancello d'oro, e vidi aprirsi davanti ai miei occhi una terra di grande bellezza. Gli alberi agitavano i loro rami come in segno di benvenuto, e i fiori sbocciavano dappertutto, mentre ai miei piedi scorreva il fiume scintillante, e oltre il fiume il cancello d'oro. Con un profondo senso di gioia nel cuore mi immersi nel fiume e lo attraversai a nuoto, e le sue acque ristoratrici si chiudevano sulla mia testa mentre mi immergevo e nuotavo. Non avevo badato al mio abito, e quando salii sulla riva opposta mi accorsi che era intriso d’acqua e sgocciolava, ma in pochi attimi divenne completamente asciutto; cosa ancora più strana, il mio vestito grigio con le sue tre bordature bianche si era tramutato in un altro, di un bianco accecante, con una bordatura e una cintura dorate. Al collo e ai polsi era chiuso da piccoli fermagli d’oro e sembrava fatto di un tessuto finissimo. Facevo fatica a credere ai miei sensi.

*

Continuavo a guardare tremante; con il cuore che batteva forte mi avvicinai a quel cancello meraviglioso. Lo toccai e si aprì da solo, ritrovandomi su un’ampia strada bordata di alberi, di piante e arbusti fioriti dalle sfumature più delicate, come i fiori della Terra, ma molto, molto più belli, e di una fragranza che le parole non possono descrivere.

I rami degli alberi, muovendosi, mi davano il benvenuto, i fiori sembrava si girassero come per salutare qualcuno che li amava tan­to, e ai miei piedi vi era un prato di soffice erba verde; in alto, il cielo era così chiaro, terso e bello, e la luce brillava tra gli alberi, come mai avevo visto sulla Terra. Di fronte a me si elevavano delle colline di un bel colore blu e porpora, e vedevo lo scintillio di un magnifico lago, dal quale si elevavano isolotti coronati dal verde di boschetti alberati. Alcune barche percorrevano lo specchio d’acqua, condotte da spiriti felici vestiti con abiti brillanti di molti colori diversi; proprio come sulla Terra, nella mia amata Terra del Sud, ma così diversi, così gloriosi, così liberi dalla sporcizia dell’errore e del peccato!

Mentre percorrevo la strada bordata di fiori, un gruppo di spiriti si avvicinò per salutarmi, e tra loro riconobbi mio padre, mia madre, mio fratello e mia sorella, assieme a tanti cari amici della mia gioventù. Agitavano in segno di saluto delle leggere stoffe color rosso, verde e bianco, e mentre mi avvicinavo cospargevano la strada con fiori di splendidi colori cantando le belle canzoni della nostra terra quale benvenuto; le loro voci risuonavano armoniche nella dolce brezza perfettamente all’unisono. Mi sentii sopraffatto dall’emozione; era una gioia troppo grande per uno come me.

Nel mezzo di quel meraviglioso spettacolo i miei pensieri andarono verso colei che mi era così cara, e pensai: ‘Peccato non possa essere qui a condividere con me il trionfo di quest’ora; lei, al cui amore io debbo tutto, più di chiunque altro’». Non appena ebbi quel pensiero, sentii il suo spirito vicino a me, per metà addormentato e per metà cosciente, libero per un breve istante del suo corpo terreno, e portata in braccio dal suo spirito protettore. Il suo abito era quello del mondo spirituale, bianco come quello di una sposa, e scintillante di pietre preziose. Mi volsi e la strinsi al mio cuore; al mio tocco la sua anima si svegliò e mi sorrise. La presentai allora ai miei amici come la mia promessa sposa, e mentre ci stava ancora sorridendo, la sua guida si avvicinò e gettò su di lei un ampio e largo mantello. La prese di nuovo sulle sue braccia, e come un bambino stanco sembrò cadere nel sonno, mentre lui la riconduceva nel suo corpo terreno che aveva lasciato un momento per condividere e coronare questo supremo momento della mia gioia. E anche se ero nella gioia volevo che non se ne andasse, non riuscivo a pensare di non poterla tenere con me; ma la sua vita terrena non era giunta a termine, e sapevo che lei, come tutti, doveva percorrere il sentiero del suo cammino terreno fino alla fine.

Dopo il saluto a Bianca (alla sua anima), tutti i miei amici mi si affollarono in­torno e mi abbracciarono, e mia madre – che non vedevo da quando ero un piccolo bambino – mi accarezzò i capelli e coprì il mio volto di baci, come se fossi ancora il suo piccolino che aveva lasciato sulla Terra tanti, tanti anni prima.

Mi condussero poi in una splendida villa, quasi nascosta dalle rose e dal gelsomino che ricoprivano i muri e si attorcigliavano attorno ai bianchi pilastri del portico, formando una cortina di fiori su un’intera facciata. Che casa meravigliosa! Era molto più di quanto meritassi! Le sue stanze erano spaziose, e ve ne erano sette, ciascuna adatta ad ogni fase del mio carattere o ai gusti che avevo coltivato.

La villa era sulla cima di una collina e dava sul lago che si estendeva alcune centinaia di metri più in basso, con le sue calme acque increspate da correnti magnetiche, e in esso si specchiavano le colline circostanti; oltre il lago vedevo un’ampia valle. Proprio come si guardano dall’alto di una montagna le colline poste più in basso, e poi la scura valle posta a una quota ancora inferiore, così guardavo giù dalla mia nuova residenza il susseguirsi delle sfere e dei livelli inferiori che avevo attraversato, fino al piano terrestre e alla Terra stessa, piccola come una stella, molto lontana da me e molto più in basso. Pensavo, mentre la guardavo, che lì viveva la mia amata, e quello era anche il mio campo d’azione.

Da allora mi sono seduto molte volte a guardare verso quella stella solitaria, con le immagini del mio passato che mi scorrevano davanti agli occhi durante le mie fantasticherie, e tutti i miei pensieri contenevano l’immagine di colei che era la mia stella polare.

L’ambiente dal quale potevo godere della vista della lontana Terra era la mia sala da musica, nella quale si trovavano strumenti di molti tipi. Le pareti erano ricoperte da festoni di fiori, e le finestre, che non avevano bisogno di vetri che bloccassero i dolci zefiri di quel meraviglioso paese, da morbide tende. Un caprifoglio, che era senza dubbio la stessa pianta la cui vista mi aveva allietato nel piccolo cottage del Paese del Mattino, inquadrava la finestra; su uno dei muri era appesa l’immagine di Bianca, incorniciata dalle sue rose di un bianco purissimo, che mi sono sempre sembrate il suo emblema. Anche qui ritrovai i miei piccoli tesori che avevo raccolto nei miei giorni oscuri, quando la speranza sembrava così lontana e l’ombra della notte era sempre su di me. La sala era piena di morbidi bouquet di fiori spirituali, e i mobili erano simili a quelli della Terra, avevano solo un’apparenza più leggera, più bella. Vi era un letto che amavo molto. Era sostenuto da quattro figure semi-inginocchiate di ninfe dei boschi che sembravano scolpite nel marmo di un bianco purissimo e più trasparente dell’alabastro; le loro teste erano coronate di foglie, e i loro abiti svolazzanti cadevano sulle loro forme in un modo così pieno di grazia e naturalezza che era difficile credere che non fossero vive. Era ricoperto di un tessuto morbido come piumino di cigno, di un colore oro pallido, così soffice che sembrava invitare al riposo; spesso mi sdraiavo su di esso e guardavo lo splendido panorama, lontano, fino alla debole stella della Terra con tutti i suoi abitanti.

La stanza accanto era piena di quadri magnifici, belle statue, fiori tropicali. Pareva più un museo che una stanza; i quadri erano raccolti su uno dei muri di fondo, e le statue e i fiori formavano un primo piano straordinario. Vi era anche una nicchia con una fontana, con l’acqua cristallina che sgorgava e cadeva da una vasca piccola ad una più grande, con un mormorio che alle mie orecchie era come una melodia. Vicino a quella nicchia vi era una foto che subito mi attirò, perché vi riconobbi una scena della mia vita terrena. Era la foto di una calma serata di inizio estate, in cui Bianca ed io eravamo in barca sulle quiete acque di un fiume della Terra.

Il Sole infuocato del tramonto si stava posando oltre una cortina di alberi, e nei nostri cuori vi era un senso di pace e riposo che aveva innalzato le nostre anime al Cielo. Guardai attorno a me, e vidi altre scene familiari che ritraevano simili stati d’animo pieni di felicità, e non rievocavano alcuna amarezza.

Vi erano anche molte immagini dei miei amici, e scene del Mondo spirituale. Dalle finestre avevo una vista diversa da quella della mia sala da musica. Vedevo altre terre ancora lontane, elevate, le cui torri, minareti e montagne brillavano attraverso una bruma trasparente, a volte dei colori dell’arcobaleno, a volte dorata, blu, o bianca. Mi piaceva passare da una vista all’altra, dal passato che era così chiaro, al futuro che era ancora velato ai miei occhi.

In questa sala dei quadri vi era tutto ciò che potesse far gioire gli occhi o il resto del corpo, perché i nostri corpi hanno bisogno di riposo proprio come i vostri sulla Terra, e ci piace riposare su un letto di piume, guadagnato con il nostro lavoro, proprio come a voi piace godere dei bei mobili che avete acquistato con il guadagno del vostro lavoro terreno.

Un’altra sala era destinata al ricevimento dei miei amici, e anche qui, come nella sfera inferiore, vi erano tavoli apparecchiati con trionfi di semplici ma deliziosi e dolci frutti, e altri tipi di cibo come da voi sulla Terra, ma meno grezzo, e vi era anche il delizioso vino frizzante del Mondo spirituale di cui ho già parlato. Un’altra sala era piena di libri che riportavano le vicende della mia vita e delle vite di coloro che ammiravo o amavo. Vi erano anche libri su molti argomenti, e la loro particolarità stava nel fatto che invece di essere stampati sembravano pieni di immagini, e guardandole parevano riflettere i pensieri di chi li aveva scritti in modo più eloquente delle parole. Qui, inoltre, ci si poteva sedere e ricevere i pensieri ispirati dei grandi poeti e letterati che abitavano la sfera superiore, ed io l’ho fatto, ed ho scritto sulle pagine bianche di un libro aperto davanti a me, dei poemi per colei che occupava gran parte dei miei pensieri.

Da quella sala passammo nel giardino, e mio padre mi disse che più tardi, dopo che gli amici se ne sarebbero andati, mi avrebbe mostrato la mia camera da letto. Qui, come nella casa, i fiori erano dappertutto, perché ho sempre amato i fiori, che mi ispirano pensieri puri; vi era un terrazzo attorno alla casa, e il giardino sembrava quasi sporgersi sul lago, specialmente un angolo appartato circondato di felci e arbusti fioriti, e protetto sul retro da uno schermo di alberi. Quest’angolo divenne presto il mio preferito. Il suolo era ricoperto di un muschio verde e soffice, come non ne esiste sulla Terra, e fiori spuntavano dappertutto. Qui si trovava una panchina sulla quale amavo sedermi e guardare lontano verso la Terra, fantasticando su dove potesse essere la casa di Bianca. Attraverso quei milioni di miglia di spazio i miei pensieri potevano raggiungerla, come i suoi erano in grado di raggiungermi, perché il legame magnetico del nostro amore ci legava, e nessun potere avrebbe mai potuto separarci l’uno dall’altra.

Quando ebbi visto e ammirato tutto, i miei amici mi riaccompagnarono in casa e ci sedemmo per gioire della festa che avevano preparato per amor mio. Che festa felice fu quella! Brindammo alla salute e alla felicità di ognuno, bevendo di quel vino che non altera né ubriaca. I frutti erano deliziosi, così come i dolci; ogni cosa era stata creata dall’amore di qualcuno per me. Mi sembrava di provare troppa felicità; credevo di vivere un bel sogno dal quale mi sarei sicuramente risvegliato. Infine, tutti i miei amici ci lasciarono; restarono solo mio padre e mia madre, e fui condotto da loro nelle stanze superiori della casa. Erano tre; due per gli amici che sarebbero venuti a trovarmi, e la terza era la mia, nella quale avrei potuto ritirarmi quando avessi desiderato riposare da solo in compagnia dei miei pensieri.

Entrando, ciò che mi colpì e stupì più di ogni altra cosa avessi visto, fu il letto. Il rivestimento era di un puro bianco, con una bordatura di violetto pallido e oro, mentre ai piedi vi erano due angeli, scolpiti nello stesso bianco alabastro delle ninfe che ho cercato invano di descrivere. Erano molto più grandi di me o di qualunque altro spirito abbia visto, e le loro teste e le ali aperte, sembrava quasi toccassero il soffitto. La posa di quelle due figure era perfetta nella sua grazia. I loro piedi sfioravano appena il pavimento, e con la loro posizione china e le ali aperte, sembrava si librassero sul letto, come fossero appena giunti dalle sfere celesti.

Avevano uno forma maschile e l’altro femminile; l’uomo indossava un elmo e teneva in una mano una spada e nell’altra una corona. La sua figura era la perfezione della bellezza e della grazia maschile, e il volto aveva i tratti così ben tracciati da esprimere, nel contempo, forza e gentilezza. Tutta la figura mi trasmetteva un senso divino di calma maestà regale.

La figura femminile, al suo lato, era più piccola e delicata. Il volto esprimeva pienamente la purezza e la bellezza femminile. Gli occhi, grandi e dolci, anche se scolpiti nel marmo, e le lunghe trecce che ricadevano sulla testa e sulle spalle. Una mano reggeva un’arpa con sette stringhe, l’altra poggiava sulla spalla dell’angelo maschile, come se si sostenesse con la forza di lui, mentre il bel volto chino in avanti poggiava sul proprio braccio, e sulla testa portava una corona di bianchi lillà. Il suo sguardo era di una tale squisita dolcezza, di una tale materna tenerezza, che sarebbe potuto servire da modello per quello della Vergine Maria. Gli atteggiamenti e le espressioni di entrambi erano la più perfetta realizzazione della bellezza angelica che avessi mai visto.

Mi volsi infine verso mio padre e gli chiesi come quelle statue fossero giunte nella mia stanza, e perché erano rappresentate con le ali, dal momento che mi avevano detto che gli angeli, in realtà, non avevano delle ali che spuntavano dalla schiena.

«Figlio mio – rispose – queste statue sono un dono mio e di tua madre; vorremmo che pensassi a noi quando riposi sotto le loro ali, che rappresentano in forma materiale la protezione che avremmo sempre voluto darti. Sono rappresentati con le ali perché queste sono il simbolo delle sfere angeliche, ma se li guardi da vicino vedrai che non sono attaccate al loro corpo, sono invece come parte del loro abito; rappresentano il potere degli esseri angelici di elevarsi sulle ali del loro spirito. L’elmo e la spada scintillanti rappresentano la guerra, l’elmo la guerra dell’intelletto contro l’errore, l’oscurità e l’oppressione; la spada, la guerra che l’uomo deve combattere contro le passioni della sua natura inferiore. La corona simboleggia la virtù e la conquista del dominio su se stessi.

L’arpa nella mano della donna indica che è un angelo della sfera musicale, e la corona di lillà esprime purezza e amore. La mano che poggia sulla spalla dell’uomo indica che lei ricava la propria forza e il proprio potere da lui e dalla sua natura più forte, mentre il suo atteggiamento e il suo sguardo, nel momento in cui si china sul tuo letto, esprime il tenero amore e la protezione della natura materna della donna. È più piccola dell’uomo, perché in te gli elementi maschili sono più forti di quelli femminili. In alcune rappresentazioni gli angeli di natura maschile sono della stessa dimensione, perché in loro i caratteri degli elementi maschili e femminili sono bilanciati, ma con te non è così, quindi sono rappresentati con il femminile che dipende dall’aspetto più forte.

L’angelo maschile rappresenta il potere e la protezione; l’angelo femminile la purezza e l’amore. Assieme mostrano la natura duale eterna dell’anima, e anche che una metà non è completa senza l’altra. Sono anche la rappresentazione simbolica dei due angeli custodi della tua anima, le cui ali, in senso spirituale, ti hanno sempre ricoperto della loro protezione».

*

Posso confessare che anche in quella bella casa a volte mi sono sentito solo? Avevo quella dimora, guadagnata con i miei sforzi, ma non avevo nessuno con cui condividerla, ed ho sempre trovato che il piacere raddoppia se c’è qualcuno con cui condividere la propria gioia. La compagnia che più di ogni altra avrei desiderato, era sulla Terra, e sapevo che avrebbe potuto unirsi a me solo dopo molti anni. In quel periodo, Fedele era in un livello della sfera superiore alla mia, mentre Hassein era molto più in alto di entrambi noi. Perciò, anche se a volte potevo incontrarli, come pure i miei cari genitori, non vi era nessuno con cui potessi condividere la mia vita, nessuno che attendesse il mio ritorno a casa, e nessuno il cui ritorno io potessi attendere. Spesso ero sulla Terra, e spesso con la mia amata, ma scoprii che per via della mia posizione avanzata nel Mondo spirituale, non potevo restare laggiù tanto a lungo quanto desideravo. Il soggiorno nel mondo fisico sortiva sul mio spirito lo stesso effetto che avrebbe avuto il vivere in una atmosfera nebbiosa o in una miniera di carbone, e dovevo tornare spesso nella terra dello spirito per riprendermi.

Mi sedevo nelle mie belle stanze e pensavo: ‘Ah, se ci fosse qualcuno con cui parlare, qualche anima alla quale poter esprimere i pensieri che si affollano nella mia mente...’. Fu così con grande piacere che ricevetti una visita di Fedele, ed ascoltai ciò che era venuto a propormi.

«Sono venuto» – mi disse – «per conto di un mio amico che è appena arrivato in questo livello della sfera, ma non ha ancora guadagnato una casa propria, perciò è alla ricerca di qualche amico più ricco di doni di quanto non sia lui. Non ha parenti qui, ed ho pensato che forse la sua compagnia ti farebbe piacere».

«Mi piacerebbe molto condividere la mia casa con un tuo amico».

Fedele scoppiò a ridere: «Può essere definito anche tuo amico perché lo conosci. È Benedetto!»

«Benedetto?» – urlai con stupore e gioia – «Ah! Allora è doppiamente il benvenuto! Portalo qui appena puoi!».

«Ma è già qui. È sulla porta; mi ha detto che non sarebbe entrato finché non fosse stato sicuro che tu sei veramente felice del suo arrivo».

«Nessuno potrebbe essere ricevuto meglio. Andiamo subito e facciamolo entrare!»

Andammo così alla porta, dove lo vidi in attesa con un aspetto molto diverso da quello che aveva l’ultima volta che ci eravamo incontrati nella terribile città della sfera inferiore, dove era così triste, stanco ed oppresso. Ora era luminoso; i suoi abiti, come i miei, erano del bianco più puro, e anche se sul suo volto c’era ancora una espressione di tristezza, vi era anche pace, e vi era speranza negli occhi che sollevò verso di me quando gli presi la mano e lo abbracciai, perché nella mia Terra del Sud noi abbracciamo coloro che amiamo e onoriamo. Fu con molto piacere che ci incontrammo – noi che avevamo molto peccato e sofferto – e ci ritrovavamo ora come fratelli.

Nella mia casa non fui quindi più solo, perché, quando uno tornava dalle proprie fatiche, l’altro era pronto ad accoglierlo, a salutarlo, a condividere la gioia e la cura e a parlare dei successi e dei fallimenti.

 

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Capitolo 30

La visione delle sfere, di quel tempo e del futuro

Come posso narrarvi dei molti amici che vennero a visitarmi in quella luminosa casa, delle città che vidi in quella splendida Sfera, dei meravigliosi paesaggi che ho visto? Non posso. Avrei bisogno di volumi e volumi, e già la mia narrazione ha raggiunto i suoi limiti. Vi dirò ancora solo di un’ultima visione che ho avuto, perché in essa sarà mostrato un nuovo lavoro che mi era stato affidato, un lavoro nel quale avrei potuto utilizzare a vantaggio di altri l’esperienza fatta durante i miei viaggi.

Ero sdraiato nella mia camera, e mi ero appena svegliato da un lungo sonno. Guardavo, come spesso facevo, le splendide figure dei miei angeli custodi, perché ogni volta trovavo nei loro volti e nei loro atteggiamenti nuovi significati, quando ad un certo punto divenni cosciente del fatto che la mia guida orientale, Ahrinziman, nella sua lontana Sfera, stava cercando di comunicare con me. Mi misi perciò in uno stato ricettivo, e subito mi sentii circondato da una grande nuvola luminosa, composta da una sostanza nebbiosa di un bianco accecante. I muri della stanza scomparvero, la mia anima sembrò uscire dal corpo spirituale e prese a volteggiare verso l’alto, lasciando l’involucro del mio spirito sul letto.

Mi sembrò di salire sempre più in alto, come se la volontà della mia potente guida mi stesse chiamando presso di lui, e mi elevavo con un senso di leggerezza che nemmeno come spirito avevo mai provato. Giunsi infine in cima ad un alto monte, dal quale vedevo la Terra e le sue Sfere alte e basse che giravano sotto di me. Vidi anche la Sfera nella quale vivevo, ma sembrava molto, molto in basso, rispetto al luogo nel quale in quel momento mi trovavo. Accanto a me c'era Ahrinziman, e come in sogno udii la sua voce che mi diceva:

«Figlio mio, ecco la strada sulla quale vorrei condurti per una nuova attività. Guarda la Terra e le Sfere che le appartengono, e guarda quanto è importante per il suo bene il lavoro al quale vorrei che tu partecipassi. Valuta anche il valore del potere che hai ottenuto durante il tuo viaggio nel Regno dell'inferno, dal momento che ti metterà in grado di far parte del grande esercito che ogni giorno, ogni ora, protegge i mortali dall’assalto degli abitanti dell'inferno».

Guardai verso il punto che mi indicava e vidi l’involucro del grande Piano terrestre, le correnti magnetiche che lo percorrevano portando sulle loro onde milioni e milioni di spiriti. Vidi delle curiose formazioni astrali, alcune orribili, altre splendide. Vidi anche gli spiriti di uomini e donne legati alla Terra ancora schiavi dei loro bassi piaceri o delle loro vite peccaminose, molti dei quali usavano i corpi dei mortali per gratificare i loro desideri depravati. Vidi questi e altri misteri del Piano terrestre, e anche delle orde di spiriti oscuri e ripugnanti che affluivano a ondate immense dalle Sfere oscure verso il Piano terrestre, dieci volte più nefasti per gli uomini degli spiriti negativi di quel Piano.

Vidi quegli esseri oscuri raggrupparsi attorno agli uomini e agglutinarsi a loro. Dovunque ciò accadeva, la luce del Sole spirituale che illumina le anime si spegneva. Con la massa nera dei loro malvagi e crudeli pensieri, spegnevano quella luce, e dove quella massa giungeva, giungeva anche l’omicidio e la rapina, crudeltà e lussuria, e ogni tipo di oppressione, morte e sofferenza li seguivano. Ovunque gli uomini non ascoltavano più la propria coscienza e seguivano invece l’egoismo e l’avidità, l’orgoglio e l’ambizione, lì si radunavano quegli esseri tenebrosi, offuscando con i loro neri corpi la luce della verità.

E vidi ancora tanti mortali che piangevano i loro cari che avevano amato e perduto, pensando di non rivederli più. Vidi questi spiriti cercare continuamente con tutte le forze di comunicare con quei mortali, cercando invano di far capire loro che erano sempre vicini, e che la morte non aveva privato di un solo pensiero amorevole, di un solo tenero desiderio, i vivi che piangevano coloro che credevano morti. – Ma i loro sforzi sembravano vani. I vivi non potevano né vederli né sentirli, e quei poveri spiriti non avrebbero potuto raggiungere le loro Sfere elevate, perché, fino a quando coloro che avevano lasciato in Terra li avessero pianti, sarebbero rimasti prigionieri delle catene del loro amore, e la luce della loro lampada spirituale sarebbe diminuita fino a spegnersi. Restavano quindi legati alla Terra, imprigionati in un dolore al quale nessuno poteva porre termine.

Allora Ahrinziman mi disse: «Non pensi che ci sia bisogno di un mezzo di comunicazione tra i vivi e i cosiddetti morti, affinché tutti coloro che sono in pena possano confortarsi a vicenda? E non pensi che sia utile informare i peccatori sulla Terra degli oscuri spiriti che tendono loro degli agguati al fine di trascinare all'inferno le loro anime?».

Vidi poi una luce raggiante che splendeva come il Sole, come nessun occhio mortale aveva mai visto splendere sulla Terra. I suoi raggi spazzarono via le nuvole dell’oscurità e della tristezza, e sentii anche una musica celeste. Pensai che adesso, sicuramente, qualunque uomo avrebbe sentito quella musica e visto quella luce, e ne avrebbe ricevuto conforto. Invece i mortali non erano in grado di udire la musica e vedere la luce: i loro orecchi erano chiusi a causa delle false idee che avevano udito, la polvere e le scorie terrene soffocavano i loro spiriti e rendevano i loro occhi ciechi alla gloriosa luce che invano li irradiava.

Vidi poi altri mortali la cui vista spirituale si era parzialmente aperta, i cui orecchi non erano completamente sordi, che parlavano del mondo spirituale e delle sue meraviglie. Avevano pensieri elevati e li esprimevano nella lingua della Terra. Sentivano quella meravigliosa musica e cercavano di esprimerla nella loro dimensione. Avevano visioni magnifiche, e cercavano di dipingerle, sia pure con i limiti permessi dal loro ambiente terreno. Venivano chiamati geni e le loro parole, la loro musica, i loro dipinti, aiutavano l’elevazione delle anime a Dio, che aveva dato l’anima ai mortali; infatti, tutto ciò che vi è di più elevato e di più puro sulla Terra proviene dall’ispirazione del Mondo spirituale.

Eppure, nonostante la bellezza dell’arte, della musica e della letteratura, nonostante tutto il fervore religioso, non vi era ancora nessuna via aperta che permettesse ai mortali di comunicare con i loro cari scomparsi che li avevano preceduti in quel paese dal quale, pensavano, nessun viaggiatore sarebbe mai potuto tornare, un paese che definivano il ‘Paese delle Ombre’ e che nei loro pensieri era indefinito e nebbioso. Non esisteva inoltre alcun mezzo tramite il quale quegli spiriti che desideravano portare all’uomo una conoscenza più elevata e più pura della verità, potessero comunicare direttamente con lui. Le idee e gli errori delle antiche teorie formulate nei giorni dell’infanzia dell’umanità, si mescolavano continuamente con le nuove idee ispirate dal mondo spirituale, e in questo modo raggiungevano deformate e imperfette le menti dei mortali.

Vidi allora che nelle mura tra il Mondo Fisico e il Mondo spirituale venivano aperte numerose porte, e su ognuna di esse veniva messo un angelo di guardia. Da ogni porta sulla Terra vidi catene di spiriti che raggiungevano anche le Sfere più elevate, e ogni anello di questa catena era costituito da uno spirito di un livello superiore a quello sotto di lui, e ai mortali furono date le chiavi di queste porte, in modo che potessero tenerle aperte e potesse esserci una vera comunicazione tra i mortali e il Mondo spirituale.

Ahimè! Con il trascorrere del tempo, vidi che molti di coloro che possedevano le chiavi perdevano la fede. Si lasciavano irretire dalle gioie e dai doni della Terra, si allontanavano e lasciavano che la loro porta si chiudesse. Altri la lasciavano solo socchiusa, e là dove sarebbero dovute passare luce e verità, permettevano che passassero errori e oscurità, e di nuovo la Luce dal Mondo spirituale divenne sporca e imperfetta e, cosa ancora più triste, con il trascorrere del tempo la Luce smise completamente di brillare, e al suo posto filtrarono i grezzi e impuri raggi che provenivano dagli oscuri spiriti ingannatori delle Sfere inferiori. Alla fine, gli angeli chiusero le porte perché non venissero più aperte.

Finalmente quel triste spettacolo scomparve, e vidi molte nuove porte che si aprivano, di fronte alle quali si trovavano dei mortali i cui cuori erano puri e altruisti, non contaminati dai desideri della Terra, e attraverso quelle porte inondava la Terra una luce tale che i miei occhi ne erano accecati, e dovetti distogliere lo sguardo. Quando fui in grado di guardare di nuovo, le porte erano affollate da spiriti fulgidi e puri, e anche da altri dagli abiti scuri e dai cuori tristi, perché le loro vite erano state piene di peccato, ma nei loro animi vi era il desiderio del bene. Vi erano anche spiriti alti e luminosi, ma pieni di tristezza perché non riuscivano a parlare con coloro che avevano lasciato sulla Terra; vidi che sia gli spiriti tristi che gli spiriti peccatori erano confortati e aiutati dai mezzi di comunicazione con la Terra, e il cuore di molti mortali provava gioia, perché il velo oscuro della morte era stato lacerato, e ricevevano notizie da coloro che si trovavano nell’aldilà.

Vidi allora passare davanti a me una grande armata di spiriti delle alte Sfere, dall’abito del più puro bianco e con elmi d’argento e d’oro, che scintillavano della loro gloriosa Luce spirituale. Alcuni tra loro sembravano dei capi che dirigevano il lavoro degli altri. E chiesi: «Chi sono questi? Anche loro sono stati dei mortali?».

Ed Ahrinziman mi rispose: «Non solo, questi sono stati uomini sulla Terra, ma molti di loro vi avevano condotto una vita malvagia. Per questo erano scesi nelle profondità di quel Regno dell’inferno che hai visto, ma grazie al loro profondo pentimento, alle grandi opere di espiazione che hanno compiuto e al perfetto dominio che hanno raggiunto sulla loro natura inferiore, sono ora i capi di questa armata della Luce, sono i forti guerrieri che proteggono gli uomini dal male compiuto da coloro che sono ancora nelle Sfere inferiori».

Di tanto in tanto vedevo oscure masse di spiriti, come onde che si frangevano sulla spiaggia, che si riversavano su certe parti della Terra, attratte dai desideri malvagi, dall’egoismo e dall’avidità degli uomini, ma vedevo anche che erano respinti dalle armate degli spiriti di luce, perché tra la luce e le tenebre vi era un costante conflitto, e il premio della loro contesa era l’anima dell’uomo; e quelle due forze contrapposte non avevano altra arma che le loro volontà. Combattevano con null’altro che con la forza di repulsione del loro magnetismo, che era così radicalmente opposto da rendere loro impossibile il restare gli uni vicini agli altri.

Ahrinziman mi indicò una porta accanto alla quale si trovava una donna mortale, e mi disse: «Ecco, qui la catena è ancora incompleta; c’è bisogno di un altro anello tra la donna e la catena di spiriti. Scendi sulla Terra e diventa tu quell’anello; la tua forza la proteggerà e la renderà forte. Così terrai lontani da lei i bassi spiriti che le si stanno avvicinando, e l’aiuterai a mantenere aperta la sua porta. I tuoi viaggi nelle Sfere oscure ti hanno dato la forza per respingere i suoi abitanti, e se sarà necessaria una forza maggiore della tua, quella forza sarà inviata per proteggere la donna; così, coloro che vorranno comunicare attraverso di lei potranno farlo solo se tu lo reputi opportuno, e quando desidererai riposare nel Mondo spirituale, un’altra guida prenderà il tuo posto. E ora guarda di nuovo la Terra e il conflitto che vi si svolge».

A queste parole guardai verso la Terra, e vidi nuvole scure come la notte che la avvolgevano, e udii un rombo come di tempesta che saliva dalle oscure Sfere infernali, e come ondate violente quelle orde di neri spiriti si scagliarono contro l’armata degli spiriti di luce e la respinsero, come a voler spegnere sulla Terra la Luce della verità. Assalirono tutte le porte della luce e cercarono di controllarle; quella guerra, iniziata nel Mondo spirituale, divenne allora una guerra tra gli uomini: nazioni combattevano contro altre nazioni per la supremazia, e tutti i popoli erano coinvolti, talmente universale era quella guerra. Guardai di nuovo per vedere se potevo aiutare qualcuno, o se qualcuno scendesse dai regni della luce e lottasse contro gli spiriti oscuri per osteggiare il loro potere sulla Terra. La massa scatenata di quegli spiriti attaccò le porte di luce e lottò per spazzar via quei poveri fedeli mortali che le presidiavano, in modo che gli uomini ripiombassero tutti nei giorni dell’ignoranza.

Vidi poi una luce come di stella che veniva dall’Oriente, una luce accecante e splendente, che crebbe finché vidi che era composta da un’armata di angeli di luce delle Sfere celesti, e con la loro venuta gli altri spiriti luminosi che avevo visto, respinti dalle forze del male, si riunirono di nuovo e si affiancarono a quei gloriosi guerrieri; questo oceano di luce, questa potente armata di spiriti luminosi, avviluppò la Terra di una luce gloriosa. Dovunque vedevo raggi di luce, come lance, penetrare nella massa oscura in migliaia di luoghi. Come spade di fuoco quei raggi penetrarono nella massa dei neri spiriti in ogni luogo, disperdendoli per ogni dove. Invano i loro capi cercarono di riunire le forze; invano cercarono di incitarli. Ad essi si oppose una forza più grande, furono respinti dalla luminosità dell’armata celeste, finché, come una nebbia oscura e malvagia, sprofondarono nelle nere Sfere dalle quali erano risaliti.

«E chi sono quegli angeli di luce» – chiesi di nuovo – «quei guerrieri che senza mai indietreggiare hanno vinto non con la spada della distruzione, ma con la forza della loro potente volontà, con l’eterno potere del bene sul male?».

E la risposta fu: «Sono coloro che si sono redenti dalle Sfere più oscure, che molto, molto tempo fa hanno lavato i loro abiti sporchi del peccato alla Fonte del pentimento, e con il loro lavoro sono rinati dalle loro ceneri a un livello più alto, non grazie alla fede in Chi si è sacrificato da Innocente per i loro peccati[17], ma a tanti anni di duro lavoro, a tante azioni di espiazione, alle lacrime di dolore e di pentimento e a tante ore di dura e sfibrante lotta per vincere prima di tutto il male in loro stessi. È grazie alla vittoria su se stessi che sono in grado di aiutare coloro che peccano, a seguire la loro stessa strada. Questi sono gli angeli delle Sfere celesti della Terra, una volta uomini mortali anch’essi e in grado di provare compassione per le lotte degli uomini peccatori. Essi sono una forte armata, pronta a proteggere e a salvare».

La mia visione della Terra scomparve, e al suo posto vidi una stella solitaria che brillava sopra di me con una pura luce d’argento. Il suo raggio raggiunse la Terra come un ago d’argento, proprio nel punto in cui la mia amata viveva. .

Ahrinziman mi disse: «Guarda la stella del suo destino terreno, come brilla pura e chiara. Sappi che ogni anima che nasce sulla Terra, nel Mondo spirituale possiede una stella simile, il cui cammino è tracciato alla nascita; un cammino che deve percorrere fino alla fine, tranne nel caso in cui il suicidio ponga fine alla vita terrena, e così, trasgredendo alla legge della natura, cade in uno stato di grande dolore e sofferenza».

«Vuoi dire che il destino di ogni anima è già stabilito, e che siamo solo delle pagliuzze che galleggiano sulla corrente immutabile del nostro destino?».

«Non proprio! I grandi eventi della vita sono stabiliti; questi verranno inevitabilmente affrontati in determinati periodi dell’esistenza terrena, e sono quegli eventi che gli angeli custodi reputano opportuni per educare e far sviluppare quell’anima; ma il modo in cui quegli eventi influiscono sulla vita di ogni anima – se diventano un punto di svolta verso il bene o verso il male, verso la felicità o verso il dolore – è una decisione di quella stessa anima, è la prerogativa della nostra libera volontà, senza la quale non saremmo che marionette, senza responsabilità alcuna per i nostri atti, che quindi non saremmo meritori né di premio né di punizione.

Per tornare a quella stella, osserva che finché l’essere mortale segue il sentiero che gli è destinato con il più grande desiderio di fare il giusto, con l’animo puro e disinteressato, quella stella brilla di una luce chiara e pulita ed illumina la strada di quell’anima. In realtà, la luce della stella viene dall’anima stessa, è un riflesso della sua purezza. Ma se l’anima cessa di essere pura, se sviluppa le proprie caratteristiche inferiori invece di quelle superiori, la stella del destino di quell’anima impallidisce e si indebolisce; la luce saltella come quella dei fuochi fatui su un’oscura palude; infine, se l’anima diviene davvero malvagia, la luce di quella stella si spegne e non illumina più il suo sentiero terreno. È osservando quelle stelle spirituali e il loro percorso nel Cielo spirituale, che i veggenti sono in grado di prevederne il destino per ogni anima, e dalla luce che proviene da una stella sono in grado di capire se la vita di quell’anima è buona o malvagia. Addio, e che la tua nuova missione possa donarti i frutti migliori».

Smise di parlare e mi parve di scendere fino a raggiungere il corpo spirituale che avevo lasciato nel mio letto, e per un breve istante, mentre vi rientravo, persi coscienza; quando mi risvegliai, mi trovavo di nuovo nella mia camera, con quegli angeli chini su di me, simboli, come mio padre mi aveva detto, di protezione e amore eterni.

 

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Capitolo 31

Conclusione

Ho portato a termine il mio compito, ho finito di narrare la mia storia. Ora non mi resta da dire, a chi l’ha letta, che spero comprenda l’autenticità di questa narrazione. È la storia di un’anima penitente passata dalle tenebre alla luce. Vorrei che fossero valutate bene le prove a favore e contro la possibilità che il mondo spirituale ha da interagire con gli umani. In quanto a voi che pensate che il vangelo della speranza, dopo la morte, sia troppo dolce e troppo comprensivo per i peccatori, sapete cosa significa soffrire i tormenti di una coscienza che si è risvegliata? Avete la consapevolezza di quanto sia duro e ripido il sentiero che l’anima deve risalire se desidera ritornare a Dio e quanto sia cosparso di lacrime amare e sforzi sovrumani? Riuscite a capire cosa significa dover porre rimedio, passo dopo passo, con anni di oscurità, sofferenza e amara e profonda angoscia, a tutti gli atti, le parole e i pensieri di una vita terrena? Poiché sappiatelo, il nostro debito deve essere pagato fino all’ultimo centesimo; ognuno deve arrivare a bere anche la feccia sul fondo della coppa che egli stesso ha riempito. Potete immaginare cosa significa per noi vagare, sentendoci completamente impotenti e senza speranza, vedendo come l’amara maledizione dei nostri stessi peccati si ripercuote sui nostri discendenti, e quanto lo sporco del nostro passato insozza ed avvelena il loro sangue?

Potete capire cosa significa, sapere che ognuna di quelle vite è marchiata a causa dei nostri errori, appesantita dalle inclinazioni sbagliate con le quali è nata? Capite che questo fardello della nostra coscienza – nella misura in cui siamo stati noi a contribuire a formare il carattere di ognuna di quelle vite – è un peso che continua a trascinare verso il basso la nostra anima quando cerca di risalire, fino al momento in cui tutto è stato debitamente espiato, fino a quando non avremo aiutato quelle persone ad uscire dalla palude in cui le nostre scatenate passioni hanno contribuito a gettarli? Capite ora come e perché vi sono spiriti che ancora lavorano sulla Terra pur essendo morti centinaia di anni fa? Capite ora cosa prova uno spirito quando chiama dall'oltretomba le persone in vita, e specialmente quelle che ha portato alla rovina – sia la loro, oltre che la propria – e scopre che tutti sono sordi ai suoi richiami, che tutti i cuori sono chiusi ai suoi pianti di tormento e rimorso? Ora quello spirito non può annullare nemmeno uno degli atti sbagliati o vendicativi che ha compiuto. Non può evitare nemmeno una delle conseguenze delle sofferenze che ha causato agli altri o a se stesso; tra lui e il mondo dei vivi sulla Terra è sorto un terribile muro, si è generata una terribile distanza, e se nessun ponte lo aiuta a tornare e a parlare a coloro che ha fatto soffrire, gli è negato anche confessare il proprio pentimento, gli è negata anche questa pur tardiva riparazione che può offrire.

Non è allora meraviglioso che alcuni che hanno varcato la soglia della morte possano tornare e mettere in guardia i propri fratelli verso ciò che li attende dopo la morte? Perché è molto più facile per una persona pentirsi mentre è ancora in vita, piuttosto che farlo dopo essere giunta nell’aldilà, dove non può più avere a che fare con le cose della Terra, se non tramite l’intermediazione di altri.

Ho incontrato una volta uno spirito che, durante il regno della regina Anna, aveva defraudato una persona della sua proprietà falsificando dei documenti. Quello spirito restò a lungo sul Piano terrestre, incatenato a quella casa e a quella terra, incapace di rompere le proprie catene, fin quando un medium, al quale aveva confessato il luogo in cui aveva nascosto i documenti autentici e al quale aveva svelato i nomi dei veri proprietari, non fu in grado di aiutarlo. Quel povero spirito, grazie alla sua confessione, fu liberato dalle catene che lo tenevano imprigionato a quella casa, ma non dalla sua prigionia sul Piano terrestre. Dovette lavorare su quel piano fino al momento in cui i suoi sforzi lo elevarono più in alto, portando aiuto a coloro che con il suo crimine aveva condotto sulle vie del peccato e della morte. Fino a quando non pose riparo ai danni che aveva provocato sulla Terra, il suo spirito non fu in grado di lasciare il Piano terrestre.

Qualcuno può forse affermare che la sua punizione sia stata troppo lieve? Chi può giudicare il proprio fratello, dire a che punto la misericordia di Dio deve giungere, e permettere invece che quel peccatore sia dannato per l’eternità? Pochi hanno il coraggio di ammettere che questo è il vero significato del loro credo, o di comprendere realmente, anche solo con la mente, le vere conseguenze della fede nella punizione eterna per qualunque figlio di Dio abbia sbagliato.

Con queste pagine ho cercato di comunicare la vera esperienza di una persona che le Chiese avrebbero potuto considerare come un’anima dannata, dal momento che era morta senza credere in nessuna Chiesa e in nessuna religione, e aveva solo una vaga idea dell’esistenza di Dio. Certo, la mia coscienza mi aveva sempre sussurrato che doveva esistere un Essere supremo, un Essere Divino, ma io continuavo ad allontanare da me quel pensiero. Mi nascondevo dietro un falso senso di sicurezza e indifferenza, nascondendo la testa sotto la sabbia come uno struzzo; ora che ho compreso che vi è un Essere onnipotente che regna sull’Universo, non credo Lo si possa ridurre ad una personalità, a immagine dell’uomo, né che se ne possano definire gli attributi. In tutto ciò che ho appreso non ho trovato nulla che mi faccia propendere verso la fede in una forma di religione piuttosto che verso un’altra. Ciò che ho imparato è che è necessario liberare la mente, se possibile, dai vincoli di ogni dottrina.

L’infanzia della razza umana, nella quale il suo stato mentale somiglia a quello di un bambino, può essere chiamata l’Età della fede. La Madre Chiesa gli fornisce il conforto e la speranza dell’immortalità, e solleva la sua mente dalla responsabilità del riflettere in modo autonomo sulla Causa Prima, spiegandogli il perché della sua esistenza e dell’esistenza del mondo. Questa fede soddisfa ancora gli animi semplici che credono senza porsi domande. Tra le prime tribù selvagge gli uomini più spirituali divennero stregoni, poi preti, e in seguito, man mano che le ere si sono succedute, sono nate le idee delle Chiese ufficiali.

Giunge poi l’Età della ragione, nella quale lo sviluppo delle facoltà intellettuali dell'uomo fa sì che non sia più soddisfatto dalla fede cieca nell’ignoto, e il latte materno delle Chiese non placa più la sua fame mentale; ha bisogno di un cibo più consistente, e se questo gli è negato, rompe con la Madre Chiesa che in passato l’ha nutrito, ma che ora soffoca lo sviluppo della sua anima. La ragione dell’uomo richiede maggiore libertà e il giusto nutrimento. Deve trovare queste cose in qualche luogo e, nella lotta tra il figlio ribelle che sta crescendo e la Madre Chiesa che cerca di mantenere il potere che aveva su di lui quando era bambino, la Fede, una volta sufficiente come cibo, viene ora considerata qualcosa di nauseante e da rifiutare a qualunque costo; per questo l’Età della ragione diviene un tempo di sradicamento di tutti i credi del passato.

Giunge poi un altro stadio nel quale il bambino, divenuto un giovane che ha visto e gustato personalmente le gioie, i dolori, le pene, i piaceri e i benefici della ragione, che ha quindi imparato a dare il giusto valore ai poteri e ai limiti delle proprie facoltà razionali, volge di nuovo lo sguardo verso la fede che ha abbandonato e riconosce che anch’essa ha le sue bellezze e il suo valore. Vede che anche se la sola fede non è sufficiente a nutrire la sua anima oltre l’età dell’infanzia, la ragione da sola, priva della fede, è un nutrimento duro e freddo, che non riesce a sostenere l’anima che sta diventando consapevole dell’universo incommensurabile e infinito da cui è circondata e dei misteri che contiene, misteri che la ragione non è in grado di spiegare. Si volge di nuovo verso la fede e cerca di unirla alla ragione, in modo che le due possano assistersi a vicenda.

Ora, fede e ragione sono i principi centrali di due diverse sfere di pensiero nel Mondo spirituale. La fede è il principio della religione, e la ragione è il principio della filosofia. Queste due scuole di pensiero, che a prima vista appaiono luna opposta all’altra, sono in grado però di fondersi nello sviluppo mentale della stessa personalità, e la mente ben equilibrata è quella in cui entrambe sono ben proporzionate. Se una predomina di gran lunga sull’altra, l’individuo – mortale o spirito disincarnato – avrà una mentalità ristretta verso una direzione o verso l’altra, e sarà incapace di inquadrare nel modo giusto qualunque problema. La sua mente somiglierà ad un veicolo a due ruote, i cui diametri sono diversi; di conseguenza, nessuna delle due ruote potrà progredire finché non si porrà rimedio allo squilibrio.

Un uomo può essere perfettamente coscienzioso nel suo desiderio di ricerca della verità, ma se le sue facoltà intellettuali e morali non sono equamente sviluppate, la sua mente sarà come una via bloccata da enormi massi; di conseguenza i raggi eterici della stella della verità non potranno raggiungere per nulla il suo animo, oppure riceverà immagini distorte della verità, che diverranno semplicemente fonte di pregiudizio e di errore. L’intelletto può essere definito l’occhio dell’anima, ma se la vista di quell’occhio è imperfetta, l’anima resta nell’oscurità mentale, non importa quanto grande sia il suo desiderio di luce. La vista mentale deve essere sviluppata e utilizzata in modo che possa diventare chiara e forte.

La fede cieca e ignorante non è una protezione contro l’errore: la storia delle persecuzioni religiose in tutte le ere ne è la prova certa. Le grandi menti della Terra, alle quali si devono le grandi scoperte, sono quelle in cui le facoltà morali e intellettuali sono bilanciate, e l’uomo, o lo spirito perfetto, è quello in cui tutte le caratteristiche dell’anima sono state sviluppate al loro punto più elevato. Ogni attributo dell’anima, mentale o morale, ha un raggio colorato corrispondente, e la fusione di questi forma la bellezza e i diversi colori dell’arcobaleno e, come quest’ultimo, essi si fondono l’uno nell’altro a formare il tutto perfetto.

In certe anime lo sviluppo di alcune facoltà avviene più rapidamente che in altre. In altre ancora certi semi di intelletto e di moralità non danno alcun segno di vita, ma nonostante ciò esistono, di conseguenza cominceranno a svilupparsi sulla Terra o nel Mondo spirituale, fino a raggiungere la perfezione.

Il male è causato dalla mancanza di sviluppo degli attributi morali in certe anime, e dallo sviluppo eccessivo di altre caratteristiche. Le anime che ora dimorano nelle sfere più basse, stanno semplicemente attraversando un processo di educazione grazie al quale vengono risvegliate le loro facoltà morali dormienti. Per quanto terribili siano le sofferenze che devono sopportare in questo processo, queste sono necessarie per raggiungere lo scopo finale.

Nella sfera in cui adesso dimoro vi è un palazzo splendido che appartiene alla Confraternita della speranza. Questo palazzo è un luogo di riunione per tutti i membri della nostra Confraternita. In esso vi è una magnifica sala costruita, con la controparte spirituale, di marmo bianco. Questa sala è chiamata la ‘Sala delle conferenze’; lì ci raduniamo per ascoltare le conferenze date dagli spiriti avanzati della sfera più elevata.

Sul fondo della sala c’è un quadro molto bello, dal titolo “L’uomo perfetto”. Rappresenta, in forma angelica, uno spirito relativamente perfetto. Dico ‘relativamente perfetto’ perché anche la massima perfezione immaginabile o raggiunta, può essere solamente relativa in rapporto a quella delle altezze sempre più elevate eternamente possibili all’anima. Diversamente da Alessandro, che si lamentava di non avere altri mondi da conquistare, l’anima non ha limiti di fronte alle possibilità delle sue conquiste intellettuali e morali. L’universo della mente è infinito quanto quello della materia, ed è altrettanto eterno. Di conseguenza, nessuno può utilizzare la parola ‘perfetto’ con l’implicazione di un punto oltre il quale il progresso è impossibile.

Nel dipinto, questo angelo relativamente perfetto è rappresentato in piedi sulla sommità delle sfere celesti. La Terra e le sue sfere sono molto al disotto di lui. Il suo viso mostra meraviglia e venerazione per quelle lontane regioni che la mente dei mortali non può concepire, regioni che stanno oltre il nostro sistema solare; regioni che sono divenute per l’angelo la sua nuova Terra Promessa.

Sul suo capo porta un elmo d’oro, che simboleggia la forza e la conquista spirituali. Ad un braccio porta uno scudo d’argento, simbolo della protezione della fede. I suoi abiti sono di un bianco abbagliante, simbolo della purezza della sua anima, e le ali spiegate simboleggiano il potere dell’intelletto di elevare i propri pensieri verso le regioni più elevate dell’universo. Dietro l’angelo vi è una nuvola bianca, sormontata da un arcobaleno, i cui colori si fondono in perfetta armonia, e simboleggia che l’angelo ha sviluppato al massimo grado tutti gli attributi intellettuali e morali della sua anima.

Sarebbe impossibile riprodurre con mezzi terreni i ricchi colori di questo quadro. Mi hanno detto che, tuttavia, sono povera cosa rispetto all’originale che è nella sfera più elevata di tutte, e rappresenta un ex gran maestro del nostro ordine passato nelle sfere che sono oltre i limiti del nostro sistema solare. Copie di questo quadro si vedono nei livelli superiori di ogni sfera della Terra, negli edifici della Confraternita della Speranza. Simboleggiano il legame tra la nostra Confraternita e le sfere più elevate del sistema solare, e anche le altezze alle quali tutti possono aspirare nelle ere eterne che si aprono davanti a noi. Nessuno, nemmeno il fratello più degradato che lavora nelle sfere inferiori della Terra, nemmeno l’anima più bassa che lotta nelle tenebre più profonde del peccato, ne è escluso, perché tutte le anime sono uguali di fronte a Dio, e non vi è nulla che sia stato raggiunto da uno che non possa essere ottenuto da tutti coloro che lottano duramente per raggiungerlo.

Questa è dunque la conoscenza che ho ricevuto da quando sono giunto qui dalla Terra, ma non posso dire di aver visto che una fede particolare aiuta o ritardi il progresso delle anime, tranne per il fatto che certi credi hanno la tendenza a bloccare la mente, ad oscurare la chiarezza della propria visione e a distorcere le idee della giustizia e dell’errore, impedendo a coloro che professano tali credi di possedere la perfetta libertà di pensiero e l’assenza di pregiudizio, le sole cose di cui l’anima ha bisogno per crescere fino alle sfere più elevate.

*

Ho scritto questa storia dei miei viaggi, nella speranza che tra coloro che la leggono ve ne siano alcuni che ritengano utile approfondire l’argomento, anche se pensano che forse potrebbe non essere una storia vera. Ve ne possono essere altri che hanno perso i loro cari, le cui vite non sono considerate dalle Chiese come degne di vita eterna. A queste persone vorrei indicare, se sono in pena per loro, di mantenere la speranza, e credere che le persone a loro care, anche se hanno sbagliato, non saranno mai perdute per sempre. Mai, mai saranno perdute in modo irreparabile, anche se alcuni sono periti di propria mano e in circostanze che sembrava escludere qualsiasi speranza. Vorrei chiedere a coloro che sono sulla Terra, di meditare su ciò che ho riferito, e di pregare per aiutare e soccorrere chi più ne ha bisogno.

Dalla mia dimora nella Terra della Luce – così simile alla Terra nella quale sono nato – tornerò ancora spesso a lavorare sul piano terrestre tra coloro che sono infelici. Lavorerò ancora anche alla grande opera di comunione tra i viventi sulla Terra e coloro che essi chiamano morti.

Passo spesso una parte del giorno con Bianca, e posso aiutarla e proteggerla in molti modi. Sono rallegrato anche – nella mia casa nel Mondo spirituale – dalla visita di molti amici e compagni dei miei viaggi, e in quella terra luminosa, circondato da tante memorie di amore e di amicizia, attendo con cuore grato il momento felice nel quale il pellegrinaggio terreno della mia amata giungerà a termine, quando la lampada della sua vita sarà esaurita, e verrà a raggiungermi in una casa ancora più luminosa, dove per entrambi brilleranno per sempre le stelle gemelle della Speranza e dell’Amore.

 

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Appendice

 

Oltre questa pagina si trovano tre capitoli che nel testo originale; sono numerati da 29 a 31. Questi capitoli sono piuttosto «tecnici», come si noterà leggendoli, e sono avulsi dallo sviluppo del racconto. Ho così deciso, per non interrompere il flusso avvincente della narrazione, di metterli in coda agli altri. Dopo questi tre capitoli si troveranno le considerazioni finali del curatore.

 

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Insegnamenti della guida Hassein

 

A/1 - La formazione dei pianeti

Dopo aver imparato la lezione dell’auto conquista, la mia mente sembrò liberarsi da un peso enorme ed oppressivo. Mi volsi allora con rinnovato interesse allo studio del mondo dello spirito e delle sue diverse caratteristiche. In quel periodo dei miei viaggi, vedevo spesso il mio amico Hassein; questi mi diede un aiuto considerevole per riuscire a comprendere molte delle cose che mi avevano lasciato perplesso durante la mia vita sulla Terra.

Una volta, mentre sedevamo nella mia piccola casa felicemente immersi in una delle nostre molte conversazioni, gli chiesi di spiegarmi qualcosa di più in merito alle sfere e al loro rapporto con la Terra.

«Il termine sfere» – mi disse Hassein – «è applicato, come hai visto, a quelle grandi cinture di materia spirituale che circondano la Terra ed altri pianeti. Questo termine viene applicato nello stesso senso a quelle onde di pensiero, ancora più ampie e più estese, che circolano in tutto l’universo. Possiamo perciò dire che vi sono due classi di sfere: le prime sono in un certo senso materiali e circondano ciascuna il proprio pianeta o il proprio sistema solare, e formano i luoghi in cui dimorano gli abitanti spirituali di ognuno di quei pianeti. Queste sfere sono divise in cerchi che indicano, come gradini di una scala, l’avanzamento morale degli spiriti.

L’altra classe di sfere, nei suoi componenti, è mentale, non materiale; tali sfere non appartengono ad alcun sistema planetario o solare, ma sono illimitate come l’universo, e circolano in correnti sempre più ampie di emanazioni di pensiero da un punto centrale, attorno al quale tutto l’universo gira, e che si dice sia nelle immediate vicinanze dell’Essere supremo, dal quale si pensa che queste onde di pensiero vengano emanate. Forse sarò più chiaro se dico che vi è una grande sfera delle facoltà o attributi intellettuali che appartengono essenzialmente all’anima; sfera che viene poi suddivisa nei cerchi della filosofia, dell’arte, della musica, della letteratura, ecc. Il chiamarle ‘sfere’ è un’espressione comune, ma secondo me è più corretto definirle ‘cerchi’. Questi Cerchi intellettuali, come grandi ruote, includono tutte quelle ruote più piccole, quelle spirali, ognuna delle quali circonda il proprio sistema solare, o pianeta genitore, ruota dentro ruota. Tutte girano continuamente attorno all’unico grande centro.

Nel mondo dello spirito solo coloro tra i quali c’è armonia restano assieme, ed anche se i legami di parentela o i legami creati da ricordi comuni, possono a volte portare ad incontrarsi persone che non hanno legami profondi che li uniscano, tali incontri non saranno altro che rapide visite, ed ognuna di quelle persone tornerà al proprio cerchio e alla propria sfera, attirato da quella forte attrazione magnetica che mantiene uniti tutti i cerchi e tutte le sfere. Uno spirito che appartiene alla sfera della musica o della filosofia, sarà attratto da spiriti che hanno lo stesso tipo di disposizione e sono al suo stesso livello di avanzamento morale, ma anche un suo sviluppo a livelli più elevati, ad esempio, nel campo della musica o della filosofia, non gli permetterebbe di accedere a piani più alti della sfera morale, o delle sfere planetarie, non oltre insomma i limiti del suo sviluppo morale.

I soli-centrali di ciascuno dei vasti circoli intellettuali della sfera mentale, brillano come lucenti magneti bruniti. Sono come giganteschi prismi che irraggiano la purezza e la verità dei fuochi celesti, irradiando dappertutto i raggi gloriosi della conoscenza.

Lungo questi raggi si aggregano quelle moltitudini di spiriti che cercano di accendere le loro lampade con l’energia raggiante di queste sacre teche. In questi raggi che giungono puri ed integri sul pianeta, troviamo quelle gemme di verità che hanno illuminato le menti degli uomini in tutte le ere della storia del mondo, e che hanno disperso in migliaia di piccoli frammenti i grandi massi di errore e di tenebra, proprio come un lampo frantuma un masso di granito, permettendo così all’abbagliante luce del Sole divino di raggiungere le profondità sottostanti. Gli spiriti più avanzati sono quelli più vicini alla forza centrale, alla luce abbagliante di questi centri, simili a stelle.

Queste grandi sfere di facoltà intellettuali e morali possiamo allora definirle come ‘sfere universali’. Le ‘sfere planetarie’ sono invece quelle che circondano ciascun pianeta; quelle che attorniano i centri solari sono ‘sfere solari’»; intendendo le prime sfere come costituite di pensiero, cioè di essenza pura, mentre le altre, come livelli diversi di materia spiritualizzata».

«Come descriveresti allora la creazione di un pianeta e delle sue sfere?».

«Possiamo dire che la creazione di un pianeta comincia nel momento in cui viene a staccarsi dal sole che lo genera, in forma di un ammasso di vapore infuocato. In questo stadio è un potentissimo magnete che attrae a sé minuscole particelle di materia fluttuanti nello spazio eterico. Si è supposto che questo etere fosse assolutamente privo di quegli atomi materiali che fluttuano invece nell’atmosfera dei pianeti, ma questa ipotesi non è corretta. Il fatto è che questi atomi di materia sono suddivisi in altre particelle ancora più minute che, se rapportate alla grandezza di un granello di sabbia, manifestano la stessa proporzione che esiste tra la Terra e la massa del Sole.

Questi atomi, così suddivisi e dispersi nello spazio (invece che essere raggruppati nel pianeta, in atomi, dalle forze dell’attrazione magnetica, delle dimensioni di quelli che fluttuano come granelli di polvere nell’atmosfera terrestre), diventano non solo invisibili alla vista umana, ma anche non rilevabili con i mezzi chimici che l’uomo ha a disposizione. Essi sono, infatti, eterizzati, si trasformano nel primo livello di materia spirituale, in grazia di quella quantità di essenza animica che è venuta ad amalgamarsi con i loro elementi più grossolani.

Nel farsi attrarre nella massa raggiante di un embrione vegetale, ad esempio, questi atomi si raggruppano insieme così densamente, che gli elementi più eterei sono come spremuti fuori nello spazio, permettendo così alla porzione solida più grossolana di formare ad esempio un minerale roccioso, o altro, e questo, attraverso l’attrazione continua di nuovi atomi e il conseguente necessario aumento di pressione che viene così a prodursi. Questi atomi sono eterni e indistruttibili, come lo sono tutti gli elementi che costituiscono l’universo. Essi vengono assorbiti e poi espulsi di pianeta in pianeta, a seconda dei diversi stadi in cui si manifestano e si sviluppano.

Possiamo grossolanamente suddividere questi atomi di materia in tre gruppi; ciascuno di questi tre gruppi può essere poi suddiviso in un numero infinito di gradi di densità, se volessimo esprimere i loro vari stadi di sublimazione. Potremmo tentare una definizione di queste tre classi principali in questo modo: c’è una classe di elementi materiali, o di materia planetaria, c’è poi una classe che potremmo definire come spirituale, o come anima che avvolge la materia, non più visibile agli occhi fisici, ed infine un’essenza animica, così sublimata che è per me ancora impossibile riuscire a descrivertene la natura.

La classe degli elementi materiali, la più grossolana, è quella che forma le sostanze minerali, le rocce, il terreno, eccetera. Questi elementi vengono emessi nell’atmosfera sotto forma di polvere, e poi di nuovo riassorbiti, in un processo che ha luogo continuamente in natura, dappertutto, nelle piante e così via. C’è poi un livello intermedio tra minerali e vegetali, che potremmo definire fluidico. In questo livello le particelle più solide sono mantenute in soluzione nei vari gas o forma vaporizzata degli elementi chimici che li costituiscono. Il livello materiale di secondo grado è quello delle piante, della vita vegetale, la quale, appunto, si nutre di questo mescolarsi delle particelle più materiali con questi elementi fluidici. Attraverso gradazioni infinite di materia terrestre si arriva a quella più alta, cioè a quella carne, ossa e muscoli che, anche se rivestono l’anima umana come quella degli animali inferiori, è pur sempre il livello più alto di materia fisica, la quale, in questo grado elevatissimo di sviluppo della materia terrena, contiene tutti quegli elementi di cui sono composti i livelli più bassi.

Alla seconda classe appartiene invece quella che è la forma spirituale della materia, che è semplicemente, come ho detto prima, lo sviluppo eterizzato della prima forma della materia, quella terrena, mentre l’essenza animica è il principio che le anima entrambe, è il germe divino senza il quale queste due prime forme di materia non potrebbero esistere. Fa parte delle leggi cosmiche questo fatto, cioè che le due prime classi di materia rivestano il principio animico più alto. Se così non fosse, esse perderebbero la loro forza coesiva, disperdendosi di nuovo nei loro costituenti elementari. L’anima della materia è la sola che possegga una qualche forma di identità permanente. È il vero ego, poiché non esiste alcuna forza in grado di disintegrarlo, di fargli perdere la sua individualità. È la vera vita che va ad animare qualsiasi forma materiale più bassa, e come tale cambia e modella questa materia più bassa nella propria identità. L’essenza animica è dentro ogni forma di vita, da quella minerale a quella vegetale a quella umana, che è la forma di animalità più elevata, e ciascuno di questi livelli è in grado di evolvere fino alle forme più alte o celestiali. Queste ultime forme le ritroviamo nella Sfera celeste di ciascun pianeta e di ogni sistema solare.

Poiché dunque sosteniamo che ogni cosa ha la sua anima, più alta o più bassa che sia, non dovresti essere sorpreso se ti si dice che nel mondo spirituale vi sono piante e fiori, rocce e deserti, bestie e volatili. Esistono là nelle loro forme spirituali, nel loro stato evoluto, e più avanzano nei livelli sottili, più sono eterei, in accordo alla stessa legge che governa lo sviluppo dell’uomo: il livello più alto e delle forme più basse di essenza animica.

Quando una pianta muore, o una roccia diventa polvere o viene fusa o gassificata, la sua essenza animica passa nel mondo spirituale assieme a quella materia spirituale di cui è fatta, in quella sfera che è affine al grado di sviluppo raggiunto: la parte più materiale viene assorbita dalla terra, mentre le parti più sottili si allontanano invece fluttuando dal pianeta, essendo meno attratte da questo livello. Pertanto nei primi stadi di vita di un pianeta, quando cioè la sua porzione di essenza animica è molto piccola e possiede invece una grande percentuale di materia grossolana, le sue sfere vengono proiettate lontano dal loro sole, e sono molto materiali, così come molto basso è lo sviluppo dello spirito degli abitanti di questo pianeta.

In questi primi stadi l’anima vivente dei vegetali, e così pure quella degli animali e degli uomini, è davvero rude, grossolana, ancora priva di quella raffinatezza e bellezza che possiamo invece osservare con l’avanzare dell’evoluzione del pianeta. Gradualmente la vegetazione cambia, gli animali cambiano, e le razze umane, che appaiono così più alte, più perfette, come risultato di ciò, diventano corrispondentemente più alte le radiazioni delle loro emanazioni spirituali. In questi primi stadi di vita del pianeta le sfere sono poco delineate.

Potremmo paragonarle alla forma di un cono, di cui il pianeta stesso rappresenta l’estremità sottile, essendo la sfera terrena quella che si è sviluppata nel più alto grado; le sfere più basse invece, a causa dei gusti degradati e del basso sviluppo spirituale degli abitanti del pianeta, formano come la parte bassa più ampia di questo cono. Man mano che il pianeta si sviluppa, le sfere aumentano di numero e di dimensioni, e si cominciano a formare quelle più alte, mentre la punta del cono inizia a indietreggiare dal pianeta verso il sole man mano che ciascuna delle sfere viene ad esistere.

Vengono pertanto a formarsi le sfere alte e basse del pianeta grazie all’afflusso continuo degli atomi emessi dalla matrice planetaria. Ad un certo stadio della loro formazione, quando le tendenze intellettuali ed egoistiche dell’uomo sopravanzano di molto quelle morali ed altruistiche, queste basse sfere hanno un’estensione molto più grande di quelle alte. Potremmo definire questo periodo come l’era buia della storia mondiale, quando cioè l’oppressione, la crudeltà, l’avidità aleggiano sul genere umano con le loro ali oscure.

Dopo un certo tempo la legge eterna che fa evolvere tutte le cose, farà sì che le sfere più alte e quelle più basse si eguaglino, come estensione e come numero. Le potremmo vedere quindi come un equilibrio tra le forze del bene e le forze del male. Segue poi un periodo durante il quale, a causa del miglioramento graduale dell’umanità, vediamo invertirsi gradualmente questa figura conica, con il piano terrestre che diventa di nuovo la punta di questo cono, a causa del restringersi e dello scomparire delle sfere più basse, mentre le sfere più alte si espandono verso quelle altissime, finché alla fine rimangono solo queste ultime, mentre lo stesso pianeta si restringe con gradualità fino a che tutte le particelle grossolane vengono espulse lontano e il pianeta stesso scompare con tutti i suoi atomi grossolani, volati via impercettibilmente per essere riassorbiti da altri pianeti ancora in via di formazione.

Allora la sfera di quel pianeta, con tutti i suoi abitanti, viene assorbita nelle grandi sfere del sistema solare. I suoi abitanti esisteranno là dove già vivono molte comunità di spiriti i cui pianeti non esistono più. Ciascuna comunità planetaria conserverà le caratteristiche e la peculiarità del loro pianeta, proprio come avviene sulla Terra per le nazionalità differenti, finché non si fondono gradualmente nella nazionalità più estesa del loro sistema solare.

Questi processi di sviluppo sono così graduali, così impercettibili, e così vasto l’arco temporale in cui avvengono, che si può perdonare una mente mortale che non riesca ad afferrare l’immensità di questi cambiamenti che avvengono. La vita di ciascun pianeta non ha una durata simile a quella degli altri, poiché la dimensione e la forma assunta nel sistema solare, come pure altre cause, contribuiscono a modificare e ad alterare il suo sviluppo, sia pure in modo lieve. Comunque, le caratteristiche generali sono in tutti i casi identiche, proprio come la materia di cui ciascun pianeta è composto non presenta sostanze chimiche che non si ritrovino, in percentuali più o meno diverse, anche in tutti gli altri pianeti. Siamo pertanto in grado di capire, dallo stato dei pianeti che ci circondano, quale è stata la storia passata della nostra Terra e quale sarà il suo destino finale».

«Se, come dici, le nostre sfere sono destinate ad essere riassorbite in quelle del nostro Sole centrale, la nostra individualità, come spiriti, si fonderà anch’essa in quella del nostro sistema solare?».

«No! Certissimamente no! Il germe individuale di ogni anima è indistruttibile; non è che un’unità minuta nel vasto oceano della vita spirituale, ma è ancora un’unità distinta dalle altre. La personalità di ciascun essere è infatti il suo Ego. È questa vera individualità, è questa reale impossibilità di disperdere o di distruggere l’anima che la distingue da tutta l’altra materia e che rende la sua natura così difficile da spiegare o da analizzare. Sei diventato un membro della nostra Confraternita della speranza, eppure hai conservato la tua individualità; e ciò avverrà eternamente per la tua anima, non importa attraverso quali condizioni dovrai passare.

Cerca di immaginare un corpo così leggero che persino il vapore più etereo sia pesante al confronto. Nonostante ciò, questo corpo possiede un potere tale di coesione che è completamente impossibile disintegrare le sue particelle; esso ha una capacità di opporre, a tutte le forme di materia o di spirito, una resistenza che potremmo paragonare a quella che può offrire una barra d’acciaio ad una nube di vapore.

Questo esempio può farti capire come fa uno spirito ad attraversare porte massicce e muri di materia terrestre, e come avviene che uno spirito più alto di noi possa attraversare con pari facilità questi muri di materia spirituale che qui ci circondano. Più l’anima è libera dalla materia grossolana, meno può essere impedita da altri elementi, e così i suoi poteri diventano più grandi, poiché non è la sua essenza, ma solo il suo guscio denso che può essere imprigionato, sia sulla Terra che in altre sfere. Per te adesso non esiste alcun impedimento se vuoi entrare o uscire attraverso i muri delle case terrestri.

Li attraversi con la stessa facilità con cui il tuo corpo fisico camminava attraverso la nebbia. La densità della nebbia potrebbe esserti sgradita, ma non potrebbe certo arrestare il tuo incedere. Inoltre, quando camminavi nella nebbia, non lasciavi certo una scia vuota che indicasse per dove eri passato. E questo avveniva perché gli elementi di cui è fatta la nebbia venivano attratti insieme di nuovo troppo rapidamente perché potessi percepire dove erano stati dispersi. Questo è esattamente ciò che accade quando noi spiriti passiamo attraverso una porta o un muro fatto di materia. Gli atomi di cui son fatti si chiudono rapidamente dopo il nostro passaggio, anche più velocemente degli atomi della nebbia».

«Capisco. Ora, se, come tu affermi, ciascun tipo di essenza animica ha una propria distinta individualità, non sarai certamente d’accordo con quelli che credono nella trasmigrazione dell’anima animale, del tipo più basso, in un corpo umano e viceversa».

«Certamente no! Noi sosteniamo che l’anima di ciascuna specie è capace di raggiungere il più alto grado di sviluppo nell’ambito della propria specie; tuttavia, l’anima umana, essendo la specie più alta di tutte le altre, è in grado di raggiungere il più alto livello di sviluppo, fino a quegli spiriti avanzati che noi chiamiamo angeli. Gli angeli sono anime che sono passate dai livelli più bassi della vita umana sul pianeta fino alle sfere planetarie e poi a quelle celesti del sistema solare, il nostro Cielo dei Cieli, che è molto più evoluto del nostro Cielo delle sfere planetarie, e naturalmente del pianeta stesso. Noi crediamo che l’anima sarà in una continua ascesa, come se ampliasse sempre più i suoi tragitti spiralici, fino a raggiungere quello che noi definiamo il centro dell’universo. Ma anche nel momento in cui noi raggiungessimo questo culmine di quelle che sono oggi le nostre aspirazioni, non posso dirvi se lo troveremo davvero oppure se quel punto non è che un punto limitato che ruota attorno ad un centro più grande. Secondo me raggiungeremo un centro dopo l’altro, senza mai fermarci, magari per milioni di anni, finché le nostre aspirazioni ci spingeranno verso nuove altezze, di nuovo molto lontane da noi.

Più contempliamo questo soggetto, e più ci appare vasto e senza limiti. Come possiamo dunque sperare di vedere un punto di arrivo del nostro viaggiare attraverso un qualcosa che non ha fine, e che non ha avuto un inizio? E come potremmo addirittura sperare di avere una qualche idea chiara della natura e degli attributi dell’Essere supremo che noi riteniamo sia l’Onnipotente Sovrano dell’universo, dal momento che non siamo in grado di afferrare pienamente e chiaramente la grandezza della Sua creazione?».

 


 

A/2 - La materializzazione degli spiriti

In un’altra conversazione con Hassein, gli chiesi di spiegarmi il fenomeno del movimento spiritualistico[18] che è stato recentemente inaugurato sulla Terra, e in cui io sono naturalmente profondamente interessato; in particolare mi interessava ciò che riguardava la materializzazione, su cui desideravo imparare quanto possibile.

Hassein rispose: «Perché la mente possa afferrare il pieno significato della teoria atomica che è stata recentemente avanzata[19] dagli uomini sulla Terra, e che offre una delle più semplici e logiche spiegazioni del passaggio della materia attraverso la materia, non è sbagliato affermare – a beneficio di coloro che non hanno approfondito l’argomento e desidererebbero delle spiegazioni semplici – che le particelle di materia sono, come abbiamo detto, così minuscole che persino il granello di polvere che fluttua invisibile all’occhio, a meno che un raggio di Sole lo illumini, è composto da un infinito numero di più piccole particelle, attratte e tenute insieme dalla stessa legge che governa l’attrazione e la repulsione di corpi più grandi. La conoscenza di queste leggi dà agli spiriti il potere di adattare questi atomi al loro uso, dando luogo alla cosiddetta 'materializzazione’, ben nota a coloro che studiano lo spiritismo. Gli spiriti raccolgono dall’atmosfera, che ne è piena, gli atomi adeguati alla materializzazione; questi atomi provengono però anche dalle emanazioni delle persone presenti alla seduta. Questi atomi sono plasmati dalla volontà degli spiriti secondo la forma dei loro corpi terreni, e sono mantenuti in questa combinazione da una sostanza chimica che si trova, in misura maggiore o minore, nei corpi di tutte le cose viventi. Se le conoscenze dei chimici sulla Terra fossero più avanzate, si potrebbe estrarre questa sostanza chimica da tutte le cose viventi, ed immagazzinarla per usarla liberamente.

Questa sostanza o essenza è in effetti il misterioso Elisir della Vita; il segreto per estrarre e mantenere questo elisir in forma tangibile è stato ricercato dagli studiosi di tutti i tempi e paesi. Dal momento però che tale sostanza è così delicata ed eterea, non esiste ancora un procedimento noto ai chimici sulla Terra che permetta di tenerla in uno stato che possa essere da loro analizzato; questa sostanza è spesso conosciuta come ‘Aura magnetica’; essa però è solo uno, ed il più etereo, dei componenti. Lo contengono i vivificanti raggi del Sole. Ma quale chimico è in grado di separare ed immagazzinare le diverse componenti dei raggi solari? E di tutte le componenti, questa sostanza è la più delicata, la più sottile. Eppure, questa conoscenza è posseduta dagli spiriti superiori; e un giorno, quando la scienza e la chimica saranno sufficientemente progredite, questo processo verrà rivelato agli uomini, proprio come lo sono state le scoperte nel campo dell’elettricità e nelle scienze analoghe, – scoperte che in tempi più lontani sarebbero state definite ‘miracolose’.

Vorrei sottolineare, che per quanto riguarda le ‘auree’, gli elementi costitutivi delle auree di chi prende parte alle sedute, influiscono sulla materializzazione quanto quelle del medium. Talvolta gli elementi chimici dell’aura di uno dei partecipanti alla seduta non si fondono, o si fondono solo parzialmente con quelle dei presenti, e questa mancanza di armonia impedisce del tutto la materializzazione. In casi estremi, questi elementi antagonistici sono così contrapposti gli uni agli altri, e respingono con tanta forza gli atomi raccolti, da comportarsi come un esplosivo spirituale da disperdere gli atomi, nello stesso modo in cui la dinamite frantuma una parete solida.

Quest’antagonismo non ha nulla a che fare che con le condizioni morali e mentali dei partecipanti alla seduta: questi potrebbero essere le persone più stimabili e serie che esistono, ma non dovrebbero mai partecipare alla stessa seduta, né essere portate in contatto magnetico tra loro: le rispettive auree non potranno mai fondersi, e il tentativo di armonizzarle fallirebbe di certo. Sebbene queste persone possano singolarmente ottenere risultati sufficientemente soddisfacenti, non potrebbero mai ottenerli in combinazione tra loro.

In quelli che sono semplicemente noti come medium fisici, che sono i medium la cui presenza produce solo fenomeni puramente fisici come il movimento dei tavoli o il fluttuare nell’aria di oggetti o cose del genere, questa particolare essenza esiste, ma in una forma troppo grossolana per essere adatta alla materializzazione, che invece richiede un’essenza di un certo grado di raffinatezza. Facendo un paragone tra lo spirito del medium e l’alcool, è come se il loro fosse un alcool grezzo, di bassa qualità; proseguendo nel paragone, è come se il medium materializzante possedesse lo stesso alcool, ma ridistillato e purificato; e più pura è questa essenza, più precisa sarà la materializzazione.

In molti medium c’è una combinazione di poteri fisici e materializzanti, ma se vengono coltivate le manifestazioni materiali e grossolane, la più alta e sottile forma di materializzazione verrà persa.

È errato immaginare che nella vera materializzazione si ottenga meramente il doppio del medium trasformato temporaneamente secondo le sembianze della persona evocata, o che le emanazioni dei partecipanti alla seduta debbano sempre influenzare l’aspetto delle forme spirituali risultanti. Lo possono fare solamente quando per qualche motivo vi è una carenza dell’essenza speciale, o quando lo spirito è incapace di usarla. In questo caso gli atomi mantengono la personalità di coloro da cui provengono, poiché lo spirito non è in grado di imprimere su di essi la propria identità, come un’immagine di cera che, fino quando non viene sciolta e colata in un nuovo stampo, continua a mantenere la forma di quello vecchio. Il possesso di una sufficiente quantità dell’essenza speciale, da un lato mette lo spirito in grado di rivestirsi degli atomi che ha raccolto e di tenerli abbastanza a lungo per scioglierli, in un certo senso, in uno stato in cui assumeranno la sua identità o lo stampo della sua individualità. La mancanza dell’essenza, d’altra parte, lo porta a perdere la sua presa su questi atomi prima che il processo sia stato perfezionato, e quello spirito potrebbe presentarsi nello stato di somiglianza imperfetta che ha ottenuto, o non mostrarsi affatto.

Una similitudine familiare potrebbe spiegare ciò che intendo dire. Quando gli esseri sulla Terra mangiano, introducono nel corpo sia carne, sia vegetali, sia fluidi già formati i quali contengono gli elementi che il corpo terreno richiede per il proprio rinnovamento; con il procedimento della digestione il corpo fisico trasforma quelle sostanze in componenti dell’involucro terreno dell’anima. Ecco che, allo stesso modo, lo spirito prende gli atomi già preparati emessi dal medium e dai partecipanti alla seduta di materializzazione, e attraverso un processo rapido quanto un lampo, li ‘digerisce’ artificialmente, in altre parole li compone in una copertura materiale, in un involucro per se stesso, imprimendo su questi atomi la propria identità in modo più o meno completo a seconda del suo potere.

Ogni atomo del corpo di un mortale è estratto, direttamente o indirettamente, dall’atmosfera che lo circonda, ed è assorbito in una forma o in un’altra, e dopo essersene servito come rivestimento del proprio spirito se ne libera, perché sia poi nuovamente assorbito in un’altra forma da qualche altro essere vivente. Tutti sanno che la materia del corpo umano cambia continuamente; eppure molti pensano che quando uno spirito fa uso di questi atomi e li adatta a se stesso, deve aver preso, insieme agli atomi materiali, le caratteristiche mentali dei partecipanti alla seduta. Sostengono quindi che lo spirito che appare rivestito di questi atomi materiali non è altro che emanazione di pensiero dai loro propri corpi e cervelli, ignorando che è la materia più grossolana, e non gli atomi mentali, ciò di cui lo spirito ha bisogno per rivestirsi e rendersi invisibile alla vista materiale.

La miglior prova che questa supposizione è errata, è la frequente apparizione, durante le sedute, di spiriti a cui nessuno dei presenti stava pensando in quel momento; apparizione, in certi casi, persino di persone la cui morte non era nota a nessuno dei partecipanti alla seduta.

L’essenza o etere fluido di cui ho parlato, è quella che principalmente mantiene il corpo materiale in vita. Alla morte o, più correttamente, al momento del ritiro dell’anima e della rottura del legame che la unisce agli atomi materiali del corpo, essa si disperde nell’atmosfera circostante. Ciò ha come conseguenza che le particelle che compongono il corpo decadono. Il freddo ritarda la dispersione di questo etere fluido, mentre il caldo l’accelera; ciò spiega il motivo per cui il corpo di qualunque animale o vegetale si disintegra o decade prima nei climi caldi che in quelli freddi, e in questo modo diviene un nutrimento adatto a quei minuscoli parassiti che sono stimolati e nutriti dal livello del magnetismo vitale inferiore che è trattenuto nell’involucro scartato. Questa essenza o etere fluido è simile al fluido elettrico noto agli scienziati, ma poiché l’elettricità è il prodotto di sostanze minerali e vegetali, è di grado inferiore ed è più grossolana, quanto a qualità, rispetto all’elettricità umana, e richiederebbe la combinazione di altri elementi perché possa dirsi assimilabile a quest'ultima.

Questa essenza più elevata è un importante elemento in quello che è stato definito il ‘Principio superiore della vita animale’, per distinguerlo dal ‘Principio della vita dell’anima’ e dal ‘Principio della vita astrale’. Ciascuno di questi è un principio elementare distinto.

Nella trance, sia in quella indotta artificialmente che in quella che si verifica come parte dello sviluppo spirituale di certi sensitivi o medium, questa essenza di vita rimane nel corpo; il medium ha bisogno di questa essenza per restare in vita, anche mentre è in trance. Di conseguenza, mentre è in questo stato, lo spirito controllante ne preleva certamente una gran parte per rivestirsene, ma deve poi restituirla al medium. Alcuni di questi medium emettono quest’essenza così facilmente, che se non venisse continuamente integrata il loro corpo potrebbe morire. Altri la emettono solo con grande difficoltà, mentre in alcuni ce n’è una quantità così piccola che non sarebbe né saggio né utile prelevarla.

L’aura dei medium che ne possiedono una grande quantità e di qualità elevata e pura, diffonde una piacevole e chiara luce argentea, che può essere vista dai chiaroveggenti, e che aiuta persino gli spiriti non materializzati a rendersi visibili. Questa luce argentea può essere vista irradiarsi dal medium come i raggi di una stella, e quando è presente ad un livello molto alto non è necessaria alcuna altra luce affinché lo spirito materializzato si mostri; questo appare allora come circondato da un’aureola argentea, e con questa splendida luce che illumina i loro abiti, appare simile ai santi e agli angeli che compaiono in certi dipinti, santi ed angeli di cui senza dubbio gli antichi veggenti avevano contemplato l’aura attraverso il medium.

Sebbene l’ausilio di medium materializzanti e di un buon cerchio di persone ancora nel corpo materiale possa semplificare il processo di creazione di un corpo di cui uno spirito potrebbe rivestirsi, è tuttavia possibile, per alcuni spiriti delle sfere più elevate, crearsi direttamente un corpo materiale senza l’assistenza di alcun medium o di qualsiasi altra persona in un corpo terreno. È sufficiente la loro conoscenza delle leggi della chimica, e la loro forza di volontà è adeguata alle difficoltà del procedimento; nell’atmosfera della Terra, così come nelle piante, nei minerali, negli animali, si trovano tutte le sostanze di cui ogni corpo è composto e da cui viene estratta l’essenza vitale. Il corpo umano è una combinazione di tutti i materiali e di tutti i gas che si trovano sulla e nella Terra e nella sua atmosfera, ed è necessaria la sola conoscenza delle leggi che governano la combinazione e l’adesione delle varie sostanze, affinché lo spirito sia in grado di plasmare un corpo simile, sotto ogni punto di vista a quello di un uomo terreno e di rivestirsene, mantenendolo attivo per un periodo lungo o breve, in base alla sua volontà.

Una tale conoscenza è necessariamente ancora sconosciuta, tranne che nelle più alte sfere, poiché richiede un alto livello di sviluppo nella condizione mentale dello spirito, prima che egli possa debitamente valutare e comprendere tutti i più piccoli aspetti e le numerose leggi della natura che questo procedimento richiede. Essi possono creare questi corpi, e persino animarli fino ad un certo livello, con il principio inferiore della vita o dell’astrale, ma non possono continuare a sostenerne la vita per l’estrema difficoltà che si incontra nel raccogliere questo principio inferiore della vita; e anche se animano in questo modo quel corpo creato artificialmente, lo stesso è pur sempre privo di intelligenza e di ragione: questi attributi appartengono esclusivamente all’anima, e né un uomo né uno spirito può fornire un tale corpo ad un’anima, che è l’unica cosa che può dare intelletto e immortalità. Allo stesso tempo, un corpo artificialmente plasmato può servire come involucro ad uno spirito (o anima) e metterlo in grado di conversare con gli uomini per un tempo più o meno lungo. Ciò in base al potere dello spirito di mantenere integro quest’involucro materiale. Non c’è quindi dubbio che gli antichi, che avevano acquisito la conoscenza di questi fenomeni, potessero anche rinnovare a piacimento il rivestimento materiale dei loro corpi, rendendosi praticamente immortali sulla Terra; questi spiriti avrebbero anche potuto disperdere a volontà gli atomi materiali del loro corpo e spostarsi nel mondo dello spirito liberi dagli impacci della carne, ricostruendo in seguito il corpo terreno a volontà. Tali uomini-spirito sono i Mahatma i quali, con la conoscenza di questi e altri segreti simili, possiedono effettivamente molti degli straordinari poteri a loro attribuiti.

Noi però ci distinguiamo da essi nell’applicazione della conoscenza che hanno così appreso, e dalle dottrine che ne hanno dedotto, ed anche per quanto riguarda l’inopportunità di impartirla liberamente agli uomini terreni, anzi, per il dovere di allontanarla da essi, essendo per loro dannosa. Noi riteniamo che non ci sia alcuna conoscenza offerta agli spiriti o ai mortali che non possa essere posseduta senza danno da chiunque, a condizione che questi ultimi possiedano lo sviluppo mentale necessario per comprendere ed applicare questa conoscenza. Il nostro grande insegnante di queste materie, la guida Ahrinziman, era un nativo dell’Oriente, ed è stato uno studioso dell’occulto, sia in questa vita terrena che nei duemila e più anni che sono trascorsi da quando ha lasciato la Terra. Quella che ti ho riportato è la sua netta opinione, ed egli ha visto sia l’origine che la pratica di molte di queste idee per ora nuove alla mente dell’Occidente.

Pur possedendo il potere di creare un corpo materiale dai soli atomi elementari, gli spiriti con conoscenze avanzate usano raramente questo potere: infatti, per la materializzazione ordinaria non hanno bisogno di esercitarlo, perché le emanazioni dei partecipanti alla seduta materializzante e l’aura del medium sono già sature della necessaria essenza per la formazione di un corpo. Ciò semplifica il processo di materializzazione, eliminando vari problemi e diminuendo il tempo necessario al raggiungimento dell’obiettivo. È proprio come acquistare un indumento già confezionato: si accelerano i tempi e si eliminano vari problemi. Se invece si va dal sarto, questi deve prima provvedere alla lana, deve poi filarla, tesserla per creare il tessuto, e solo alla fine può iniziare a creare l’abito.

In alcuni casi, dal corpo del medium viene prelevata così tanta materia, da alterare percettibilmente il suo peso. In altri casi viene utilizzato quasi l’intero involucro materiale, tanto che alla vista materiale, il medium svanisce, sebbene il chiaroveggente possa percepire la forma astrale o spirituale ancora seduta sulla sedia. In tali casi si fa uso semplicemente degli atomi di materia grezza, mentre gli atomi mentali non vengono toccati. Di regola gli spiriti che prendono parte ad una seduta di materializzazione, sia quelli che si materializzano sia quelli che assistono lo spirito principalmente in controllo, ignorano i mezzi con i quali tali risultati vengono ottenuti, proprio come molte persone che si servono delle scoperte nella chimica e dei prodotti dei chimici ignorano le modalità di ottenimento di quelle sostanze. In tutte le materializzazioni esiste un capo o direttore invisibile da una sfera incredibilmente avanzata rispetto alla Terra, che può essere definito come il chimico responsabile; questi comunica le sue direttive ad uno spirito che ha una grande capacità di controllo delle forze del piano astrale e ad altri al di sotto di lui che giungono in contatto con il medium e dirigono l’ordine della materializzazione di amici personali dei partecipanti alla seduta, oltre che materializzandosi e mostrandosi essi stessi a volte al cerchio.

Esiste un potente movimento che si sta sviluppando nel mondo dello spirito con l’obiettivo di estendere la conoscenza di tutte queste tematiche, sia tra gli spiriti che tra gli uomini terreni. Il fanatismo clericale, sia ad Oriente che ad Occidente, vorrebbe ancora impedire la diffusione di tale conoscenza all’interno delle chiese, e combatte contro di essa, ma è un combattimento vano: il potere di questo movimento è troppo forte per loro. Gli uomini si stanno riversando da tutti i lati nelle vie della conoscenza, e si stanno affollando attorno alle porte che, prima o poi, dovranno essere loro aperte.

Non si può reprimere la conoscenza. Questo è un inalienabile diritto per nascita di ciascuna anima, e non può essere sottoposto alla proprietà di alcuna classe. La mente, non appena inizia a pensare, si pone alla ricerca della conoscenza, nutrendosi anche delle poche briciole che trova sul suo cammino. Di certo, sarebbe meglio impartire la conoscenza che viene ricercata in modo prudente e giudizioso, così che possa essere assimilata, piuttosto che tentare di reprimere il desiderio di raggiungerla, o piuttosto, lasciare che l’anima affamata la ricerchi da sola nei cumuli di rifiuti dell’errore[20].

La razza umana è destinata ad avanzare eternamente, e la tutela imposta al bambino non è più adatta al giovane che cresce. Questi chiede a gran voce la libertà, e spezzerà le briglie se la loro stretta non viene allentata, ed è destinato a vagare per le vie della conoscenza fino all’estremo delle sue facoltà. Non sarebbe giusto, allora, che coloro che vengono definiti come i saggi della razza umana, rispondessero a questa sete di Luce e conoscenza, donando, attraverso ogni possibile canale e via, la saggezza di tutti i tempi in una forma il più possibile comprensibile? Questo pianeta non è altro che una briciola della conoscenza universale adattata al suo stato, e ogni ora richiede che l’espansione della mente umana possa corrispondere all’espansione dei suoi credi e delle sue risorse, mediante lo scorrere di freschi raggi di luce, e non mediante la repressione del vecchio per paura che la sua vista possa essere troppo difficile da sostenere».

 

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A/3 - Perché le Sfere spirituali sono invisibili? - Le fotografie di elementi spirituali

Franchezzo chiede: «E ora, Hassein, vorrei chiederti un’altra cosa. Molti sulla Terra vogliono sapere come mai, se le Sfere spirituali si sviluppano attorno alla Terra e tra la Terra e il Sole, perché non si possono vedere? E perché non vedono nemmeno gli spiriti che sono accanto a loro, nella stessa stanza? Naturalmente, alla gente non basta sentirsi dire che ciò accade perché non sono chiaroveggenti e non hanno la vista spirituale. Vogliono una spiegazione più chiara. Io stesso sono uno spirito e so di esistere, così come esiste il luogo in cui vivo, ma non riesco a dare una risposta a questa domanda. Puoi farlo tu?».

Hassein sorrise e rispose: «Potrei darti una dozzina di complesse spiegazioni, ma né tu né gli uomini sulla Terra che non sono in grado di vedere gli spiriti, progredirebbero granché in sapienza. Devo perciò cercare di risponderti senza scendere nei dettagli tecnici, per quanto possibile. Avrai probabilmente visto le foto di spiriti non materializzati scattate da medium sulla Terra. Avrai notato che agli occhi umani quegli spiriti appaiono come semitrasparenti. Attraverso la silhouette degli spiriti si vedono le porte, le finestre, i mobili della stanza.

Questo fatto può darti una buona idea della ‘quantità di materialità’ posseduta da un corpo astrale (il primo grado della materia spiritualizzata). Le particelle materiali sono diffuse in modo talmente sottile, da costituire una leggerissima rete, unita da atomi invisibili di una natura più eterea, talmente sublimata che, in effetti, non possono essere ripresi dalle più sensibili lastre fotografiche ora in uso. Per essere ripresi, quindi, gli spiriti devono o materializzare un corpo come quello terreno, oppure utilizzare un altro metodo che è quello usato comunemente nel caso delle fotografie degli spiriti nelle quali questi ultimi sono visibili alla vista del chiaroveggente ed invisibili agli occhi materiali.

In questo caso gli spiriti utilizzano alcuni dei gusci o corpi astrali che ti ho già descritto come formanti delle masse simili a nuvole di atomi semi-materiali, gusci astrali (cap. 9) che non sono mai serviti da corpo per nessuna anima, e che sono così plastici che gli spiriti possono plasmarli a propria immagine, come uno scultore plasma la creta. Queste repliche possono essere fotografate, e quando lo sono mostrano una somiglianza più o meno grande con lo spirito, in base alla volontà, al potere e alla capacità di quello spirito di riflettere su di esse le proprie fattezze; ed anche se queste foto non sono, propriamente parlando, immagini di quegli spiriti, sono tuttavia la prova dei poteri spirituali e dell’esistenza dello spirito che ha utilizzato quei gusci, perché ogni spirito deve personalmente imprimere su di essi la propria identità, mentre degli spiriti con conoscenze scientifiche più avanzate preparano quella forma perché possa ricevere quella impressione.

Nel caso delle foto degli spiriti materializzati, gli spiriti costituiscono un corpo servendosi degli atomi ‘più materiali’ e se ne rivestono. Un chiaroveggente che vede una di queste forme astrali che viene fotografata, probabilmente non è in grado di capire se è un guscio astrale o un vero spirito, poiché il potere di distinguere tra i due non è ancora sviluppato nei medium, né, in genere, questi ultimi sanno il perché uno spirito che essi percepiscono come solido, appaia sulla lastra fotografica come un’entità semitrasparente.

Essi vedono sia la materia più spiritualizzata, sia gli atomi astrali più grossolani, quindi esso appare loro come un corpo solido con arti ben proporzionati, non come l’ombra trasparente di uno spirito la cui apparenza può comprovare l’idea che gli spiriti che discendono sulla Terra sono semplici ombre o gusci vuoti. Il vero motivo della loro apparente vacuità sta, come ti ho detto, nel fatto che le apparecchiature fotografiche attuali non sono in grado di trasferire la forma dell’intero spirito, ma solo quella delle particelle più grossolane. Nel caso di uno spirito completamente materializzato che viene fotografato, questa apparenza trasparente non esiste. La forma è così perfetta, così viva e solida, che la gente dice che non può essere uno spirito: deve essere senz’altro il medium! Questi sono dei ricercatori superficiali che cercano di comprendere una materia irta di difficoltà e di sottigliezze, e pensano di poter trarre delle conclusioni in base alle loro scarse conoscenze.

Ma torniamo alla tua domanda. Ti ho dimostrato come una foto può riprodurre uno spirito la cui apparenza è simile a quella del ‘tradizionale’ fantasma. Ora ti dimostrerò come i mortali possono anche vederlo in questo modo, ma per farti capire meglio ti chiedo di immaginare di essere ancora nel corpo fisico, senza i poteri di visione spirituale che possiedi ora. Supponiamo che con l’occhio sinistro tu possa vedere solo le cose materiali, e con l’occhio destro solo le cose spirituali.

Supponiamo che tu volti la schiena alla luce, e poni il dito indice di fronte all’occhio destro, dove può essere visto solo da quell’occhio, mentre l’occhio sinistro vede solo il muro di fronte. Se chiudi l’occhio destro, quel dito è invisibile, eppure è ancora lì, solo che non è nella linea di visione dell’occhio sinistro, che nel nostro esempio vede solo le cose materiali. Se a questo punto apri entrambi gli occhi e guardi al dito lo vedrai certamente, ma a motivo di una strana illusione ottica, lo vedrai trasparente, come una semplice ombra del dito, e il muro può essere visto attraverso di esso; puoi paragonarlo al fantasma di un dito, anche se sai bene che in realtà è concreto e solido.

Puoi così immaginare come una persona che ha aperta [funzionante, Ndt] la sola vista fisica, non può discernere ciò che per essere percepito richiede la vista spirituale e come, quando sono contemporaneamente aperte sia la vista spirituale che la vista fisica di quella persona, uno spirito può diventarle visibile, ma con la stessa apparenza di trasparenza che ha il dito di cui ho parlato. Da qui è nata la concezione popolare dello spirito. Un chiaroveggente che guarda un oggetto spirituale con la vista spirituale, lo fa tenendo chiusa la vista fisica, tramite il potere dell’intelligenza di controllo che guida la medianicità di quella persona. Di conseguenza, per questo medium l’oggetto spirituale appare solido quanto un dito fisico che viene visto con la sola vista fisica.

Pochi sanno che anche la vista materiale dipende dagli atomi materiali che riempiono l’atmosfera della Terra, e senza i quali non esisterebbe la luce e non vedrebbero alcunché.

La notte, gli esseri in fisico possono vedere i corpi celesti, per quanto siano distanti, poiché sono oggetti materiali che riflettono la luce del Sole. Durante il giorno quei corpi celesti sono sempre lì, ma l’immensa massa di particelle materiali dell’atmosfera terrestre che vengono illuminate dalla luce del Sole che a loro volta riflettono, causano un’intensità luminosa tale che vengono velati e non sono più visibili agli occhi materiali. Ma se vai oltre questa atmosfera di atomi illuminati, vedrai che le stelle sono di nuovo visibili a mezzogiorno, mentre l’etere dello spazio, essendo libero di tali particelle materiali, è oscuro: non vi è nulla che rifletta i raggi del Sole.

Quindi, anche se un essere in fisico si avvicinasse al Sole, la luce di quest’ultimo non sarebbe più visibile al suo occhio materiale, perché egli può vedere la luce del Sole solo se c’è qualche oggetto materiale, per quanto piccolo, in grado di riflettere quella luce[21]. Allora, come sa l’uomo che la luce del Sole viaggia fino alla Terra attraversando lo spazio etereo? Solo tramite la ragione e l’analogia, non tramite la vista, perché oltre l’atmosfera della Terra, la luce del Sole è a lui invisibile. L’uomo sa che la luce della Luna non è altro che la luce del Sole che viene riflessa dalla superficie della Luna. L’esperienza e gli esperimenti lo hanno provato, ed è ormai qualcosa di universalmente riconosciuto. Allo stesso modo, ogni piccolo atomo di materia che fluttua nell’atmosfera terrestre è una luna di dimensioni infinitesimali che riflette la luce del Sole per l’uomo, ed illumina la Terra con lo splendore del proprio riflesso.

Quindi, quelle minute particelle che vengono continuamente proiettate nell’atmosfera dalla Terra stessa, non sono altro che gli atomi di maggiori dimensioni e più grossolani che includono, o meglio ruotano attorno, a minuti germi spirituali che formano un’atmosfera spirituale attorno alla Terra e, per i chiaroveggenti, riflettono gli elementi spirituali della luce del Sole. Questa atmosfera spirituale forma ciò che è conosciuto come il piano astrale, ed ha per i corpi astrali la stessa densità che l’atmosfera fisica ha per i corpi fisici; e la luce che proviene dagli elementi spirituali del Sole che colpisce queste particelle spirituali, è la luce del piano astrale che è percepita dallo spirito, mentre alla vista fisica dei mortali è visibile l’atmosfera fisica della Terra.

È quindi facile immaginare che le Sfere spirituali possano esistere attorno alla Terra, e tra l’uomo e l’involucro spirituale del Sole, senza che l’uomo sia in grado di vederle, a motivo del fatto che la sua vista spirituale è chiusa, e può vedere solo ciò che è fisico. Le Sfere spirituali e i loro abitanti sono certamente più trasparenti ed intangibili per gli esseri sulla Terra di quanto appaiano le dita di cui abbiamo parlato. Eppure essi esistono, e sono solidi quanto le dita, e sono invisibili solo a motivo della vista imperfetta degli uomini, vista che è limitata alle cose materiali di densità comparativamente maggiore».

 

[indice]

 

 

 

Allegato

 

Considerazioni finali del curatore

(della stampa Lampi del 2009)

 

1) Perché penso che questo libro sia autentico

 

Inevitabilmente, la prima domanda che ci si pone prendendo in mano questo libro è: «Ma sarà tutto vero?». Ovviamente non posso affermare scientificamente (qualunque cosa questa parola significhi) che questo libro sia stato dettato da uno spirito ad un medium. L’unica cosa certa è che questa narrazione s’inserisce in una tradizione florida e consolidata di libri che, secondo i loro ‘trascrittori’, sono stati dettati da spiriti disincarnati; gran parte di tali opere, poco note in Italia, sono coerenti tra di loro per quanto riguarda il contenuto: in sostanza, per quanto riguarda la descrizione di come sarà l’aldilà.

Alcuni potrebbero pensare che non essendovi, appunto, nessuna prova scientifica della sua autenticità, quest’opera sia un falso. Questo è un discorso da approfondire. Pur se lo scientismo ha ormai mostrato i suoi gravi limiti e la sua incapacità di spiegare la realtà nella sua complessità, in pratica, continua ad essere applicato: in sostanza è considerato falso e illusorio ciò che non è scientifico. Basta però una semplice considerazione per svelare la fallacia di questo ragionamento: gli esseri umani amano! L’amore è un sentimento, quindi non è misurabile; di conseguenza non è scientifico; in conclusione, secondo un ragionamento scientista, non è reale. Eppure milioni, miliardi di persone ogni giorno gioiscono e soffrono a causa dell’amore, il quale è l’aspetto più profondo della vita, il sentimento per cui a volte siamo disposti a rinunciare anche alla vita stessa.

Pensiamo poi all’esistenza di Dio, l’Essere nella cui esistenza crede la stragrande maggioranza della popolazione mondiale: se nell’amore tra uomo e donna esiste il oggetto concreto del sentimento, nel caso di Dio manca anche questo? Eppure, anche in questo caso il ‘percepire’ la Sua esistenza è ragione sufficiente, per moltissimi, per credere in Lui.

È tempo, quindi, che la scienza riconosca che vi sono degli ambiti che – almeno al momento – le sono preclusi, ma che non per questo sono meno reali. L’assenza di prove scientifiche del Mondo dello Spirito, non è quindi prova della sua inesistenza. Naturalmente è vero anche il contrario: non basta credere in qualcosa perché questo qualcosa sia vero, e ciò vale anche per il contenuto di questo libro.

La mia propensione per la sua autenticità deriva da alcune prove indiziarie:

-         prima di tutto, come ho già detto, la coerenza tra quest’opera e altre dello stesso tipo;

-         secondo, la testimonianza di numerosi racconti pubblicati sulle esperienze di pre-morte che concordano sulla sostanziale somiglianza tra mondo fisico e mondo spirituale;

-         terzo, la logica: ammesso che dopo la morte esista un mondo, ha senso pensare che abbia molti punti di contatto con quello nel quale abbiamo vissuto, gioito, sofferto, amato, lavorato che, insomma, sia un mondo più complesso, con leggi diverse, e così via, ma non del tutto diverso da quello nel quale abbiamo vissuto nel fisico? Vi deve essere una continuità tra le due dimensioni, e questo libro, assieme a tanti altri, sostiene questa tesi.

Vi sono poi due ultime ragioni molto soggettive che mi fanno propendere per la sua autenticità: la prima è la sua consonanza con la mia visione personale del Mondo spirituale; e la seconda è il profondo senso di giustizia e di amore che pervade la narrazione.

Personalmente non ho mai accettato la visione tradizionale della salvezza e della dannazione intese come premio e castigo; la concezione di Franchezzo mi soddisfa profondamente perché trasmette una concezione equilibrata della giustizia e della misericordia divina. La visione del mondo che lui ci dona, ci aiuta a dare un senso alla nostra vita fisica, illuminando alcune zone che le religioni tradizionali hanno da sempre lasciato in ombra.

 

*

2) Il bene e il male

 

Passiamo al contenuto. Dico subito che non mi tratterrò su quanto trattato nei tre capitoli pubblicati in fondo al libro; sono capitoli che parlano di aspetti certamente interessanti del mondo dello spirito, ma sono delle semplici descrizioni; forniscono solo una conoscenza ‘tecnica’ della struttura del Mondo dello spirito. Il senso vero del libro risiede negli altri capitoli. Il messaggio essenziale l’ho già evidenziato nella Presentazione: l’altruismo, il bene, promuovono la crescita personale; l’egoismo, il male, non solo la bloccano, ma fanno arretrare lo spirito verso uno stato in cui addirittura perde le sue caratteristiche umane.

C’è da aggiungere che, mentre lo stato spirituale dell’uomo sulla Terra può essere mascherato in vari modi, ad esempio tramite l’esibizione della ricchezza, lo sfoggio della cultura, la benevolenza interessata, le virtù pubbliche che nascondono vizi segreti, secondo Franchezzo, nel Mondo spirituale questo non può avvenire. Nel prossimo mondo appariremo come siamo in realtà, senza la maschera che il mondo fisico ci permette di assumere.

La posizione per la quale qui sulla Terra veniamo lodati, ammirati, adulati, e per raggiungere la quale abbiamo forse fatto qualche sgambetto, nel Mondo spirituale non ha alcun valore. Lì, infatti, non vi sono gerarchie, o meglio, vi è un’unica gerarchia, ed è quella dell’amore. Chi più ha dato agli altri, più è in alto nel mondo dello spirito. Da questo punto di vista assume pieno ed imprevisto valore la massima dannunziana: «Io ho quel che ho donato», cosa che potremmo anche trasformare in «Io sono quel che ho donato».

La differenza ‘operativa’ tra i due mondi sembra consistere nella relativa facilità con cui possiamo trasformare – quasi ricreare – il nostro carattere in questa dimensione, facilità contrapposta alla grande difficoltà di fronte alla quale ci troveremo, per lo stesso fine, nel mondo dello spirito. In base a questa visione, il corpo fisico assume un’importanza, è il caso di dirlo, vitale. Esso diventa lo strumento indispensabile del quale Dio ci ha dotati per permetterci di crescere in modo potenzialmente rapido, ma sempre in subordine al nostro impegno e al nostro libero desiderio.

Questa affermazione genera numerose riflessioni, tutte molto impegnative: “Perché siamo su questa Terra? Qual è lo scopo della vita? Perché il male?”. L’autore, con onestà e umiltà, afferma che nemmeno nel mondo spirituale si conoscono le risposte a queste domande. Personalmente, sono certo che prima o poi saremo in grado di avere queste risposte, ma in ogni caso mi pare che la visione che Franchezzo ci trasmette, distrugga – in parte – una concezione disgraziata: quella secondo la quale il male è inevitabile, e che è indispensabile per la crescita dello spirito! Chi sostiene questa tesi, afferma che la crescita può avvenire solo in proporzione, per così dire, al superamento del male da parte di ognuno di noi.

Se leggiamo attentamente, vediamo che non è così (o non è solo così), secondo l’autore. Lasciando inevitabilmente in sospeso la questione dell’origine e del perché del male, traspare dalla narrazione di Franchezzo l’idea che la crescita avvenga grazie al superamento dei propri limiti. Ora, i limiti sono impliciti nella dimensione finita nella quale viviamo, ma sono per così dire ‘passivi’: sono come dei gradini che, se li percorriamo, ci permettono di giungere ai piani superiori di un palazzo. I gradini di per sé non sono un male o un bene: esistono e basta; possiamo considerarli come un ostacolo, evitare quindi di affrontarli e restare al livello al quale ci troviamo, oppure possiamo percorrerli e trasformarli in questo modo in uno strumento di elevazione. Il male invece non è così. Il male è ‘attivo’: pone continuamente ostacoli alla crescita, spesso addirittura la impedisce, ed arriva anche ad uccidere per farlo.

È evidente che il male esiste, e se desideriamo crescere dobbiamo affrontarlo e superarlo; ma il male non è la controparte inevitabile del bene. È qualcosa che, come le principali religioni tentano di spiegare, non fa parte del piano originale di Dio per la Creazione. Se esiste una logica, il male, non essendo creazione del Dio assoluto, per definizione è limitato anche nel tempo. Prima o poi, quindi, esso scomparirà da questa Terra. Se ciò non avvenisse, vorrebbe dire che Dio non è un Dio assoluto, cosa che sarebbe un assurdo logico. A Franchezzo sfugge, in parte, la diversità tra male e limite, e li confonde. Vede in sostanza il male come un limite che nasce da uno squilibrio nelle facoltà umane; mentre in realtà, come ho detto sopra, ritengo siano due cose molto diverse.

 

*

3) L’amore per Bianca

 

Un altro elemento interessante del libro consiste nel motore del desiderio di crescita di Franchezzo: l’amore per la sua donna dallo pseudonimo ‘Bianca’. Credo che nella dimensione culturale-religiosa nella quale siamo immersi, nella quale il sesso è considerato qualcosa di impuro in sé (somma perfezione è infatti la castità sacerdotale, mentre la famiglia è quasi una seconda scelta, ed è stata vista in passato come un tollerabile rimedio alla lussuria), questa idea può essere considerata come paradossale, quasi provocatoria. La nostalgia di Franchezzo per ‘Bianca’ è struggente, come la nostalgia di ogni innamorato di questa Terra per la sua amata. Solo chi non ha mai amato veramente può pensare che, perdendo il corpo, perderemo questo aspetto della nostra natura, e che il prossimo mondo sarà un mondo puramente etereo e contemplativo, staccato dai ‘desideri della carne’.

In sostanza, Franchezzo non fa che affermare che la vita nel mondo dello spirito è la prosecuzione della vita sulla Terra. Ad una riflessione più attenta, questa affermazione ha il sapore della logica. Come ho detto, possiamo non conoscere in modo chiaro ed esaustivo il motivo della nostra vita su questo pianeta, ma se esiste un mondo dello spirito, e se nel mondo dello spirito il desiderio di Franchezzo è quello di vivere con la sua donna, in una casa, e di ritrovare suo padre e i suoi amici... beh, allora la risposta, almeno parziale, alla domanda sullo scopo della vita, può essere una sola: la vita terrena ha lo scopo di prepararci a quella nel mondo dello spirito, un mondo nel quale si apriranno davanti a noi possibilità inimmaginabili rispetto a quelle offerteci nella piccola e limitata scuola della Terra! L’amore e la famiglia assumono da questa prospettiva un valore non più solo biologico ed affettivo, e limitato a questa dimensione, bensì un valore universale ed eterno.

L’amore di Franchezzo per Bianca è uno degli aspetti più originali di quest’opera; ci indica in modo chiaro che l’amore vero è veramente eterno. Attenzione però: il suo concetto di amore contrasta fortemente con il concetto corrente. Quando oggi diciamo «amore» in realtà spesso intendiamo «passione». Non può essere definito in altro modo qualcosa che si brucia nel giro di pochi giorni o di pochi mesi. Quanto è diverso l’amore di Franchezzo per Bianca dall'amore, ad esempio, tra personaggi del mondo dello spettacolo che durano davvero lo spazio di un mattino. Il suo era un sentimento così potente e costante, che gli ha letteralmente salvato la vita spirituale, che ha superato non solo le difficoltà legate al diverso sviluppo spirituale dei due, ma anche quelle legate alle dimensioni così diverse nelle quali hanno vissuto per tanto tempo. Ecco, forse l’elemento della pazienza e dell’accettazione reciproca è uno di quelli che più si è smarrito oggi nel rapporto tra due persone che si amano o che dicono di amarsi. Il sentimento di Franchezzo, pensandoci bene, è un elemento talmente originale, che fa propendere pesantemente la bilancia verso l’autenticità del racconto.

 

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4) L’influenza degli spiriti

 

Abbiamo letto che gli spiriti disincarnati sono attorno a noi, ci proteggono o ci ostacolano, a seconda della loro natura e del nostro comportamento. Tutto il libro è una testimonianza di questa affermazione, quindi non mi dilungo in proposito. Vorrei solo ricordare una delle frasi di Franchezzo che oggi, a centodieci anni dalla sua dettatura (2007), suona come una profezia: «...Sotto la mia influenza, alcuni mortali avrebbero scritto dei libri che sarebbero stati rivolti alla ragione e alla sensualità delle persone, che avrebbero avuto come effetto quello di rendere la società più tollerante e addirittura piena di ammirazione verso le idee più rivoltanti e gli insegnamenti più abominevoli». Ma non è ciò che sta succedendo oggi? Aggiungiamo ai libri certi film, certa televisione, certi giornali, certi siti internet, ed avremo un quadro perfetto della situazione di decadenza morale nella quale viviamo. Idee come quella dei matrimoni omosessuali, o addirittura dell’adozione di bambini da parte di quelle coppie, o dell’assoluta libertà in campo sessuale, cose fino ad alcuni anni fa nemmeno immaginabili, oggi vengono accettate comunemente in nome della libertà dei diritti umani, del ‘progresso’, dimenticando però che la libertà assoluta in un mondo relativo non può esistere. La natura, inclusa quella umana, funziona secondo delle regole, e quando tali regole vengono infrante, il risultato non è maggiore libertà e maggiore creatività, ma il caos totale, quindi la distruzione! Queste idee vengono oggi, come ha profetizzato Franchezzo, ammirate, considerate un ritorno alla classicità, alla centralità dell'uomo, e chissà cos’altro, in nome della libertà. Una libertà che ha alcuni aspetti strani e contorti, perché considera coloro che non condividono quelle idee, come persone intolleranti, fanatiche, antiquate, che non riescono ad adattarsi al nuovo corso della vita umana e che, in definitiva, non hanno diritto di parola.

 

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5) La responsabilità umana

Un’altra profezia di Franchezzo è quella legata alla visione delle guerre mondiali, un concetto assolutamente inimmaginabile al tempo della redazione di quest’opera. Secondo lui quelle guerre sarebbero state scatenate – come tutti gli altri orrori – dall’accoglienza da parte degli uomini delle potenze oscure del male. Ci ha spiegato che gli orrori delle rivoluzioni, ma anche gli atti di violenza individuale, vengono usati come nutrimento da quelle forze. È una visione che non può essere presa alla leggera, e che ci permette di capire il perché tante rivoluzioni, iniziate con i migliori propositi, hanno poi finito con il trasformarsi in rulli compressori dei principi che le avevano ispirate, e purtroppo anche dei popoli che le avevano attuate. Un’osservazione importante: l’autore non scarica la responsabilità degli avvenimenti sugli spiriti malvagi; è l’uomo ad essere responsabile delle proprie azioni, è sempre l’uomo che invita quegli spiriti malvagi dentro di sé e dà loro spazio nella propria vita! Quindi Franchezzo non giustifica nessuno; non è un buonista, né scarica le responsabilità della violenza, singola o collettiva, sul ‘sistema’, o sulla ‘società’. Tutto il libro è un inno alla responsabilità personale, sia pure non abbandonando mai la compassione e la misericordia.

È proprio il senso di responsabilità personale uno degli elementi fondamentali per la vita sociale che oggi si è perso e di cui si sente la mancanza. Qualcuno ha detto che «il desiderio di certe persone di cambiare il mondo è una scusa per non cambiare se stessi». Ed è vero, perché se si desidera cambiare il mondo e non si possiede il senso di responsabilità, il motivo per cui «le cose vanno male» è sempre degli altri: del governo, della società, dei vicini. Il senso di responsabilità ci porta invece a capire che il cambiamento deve iniziare da noi. Franchezzo ci dimostra che, se non prendiamo responsabilità per il nostro cambiamento qui sulla Terra, dovremo farlo nel mondo spirituale con difficoltà molto maggiori.

 

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6) L’inferno non è eterno

Un altro sorprendente aspetto di questo libro, al quale abbiamo già accennato, è l’affermazione che l’inferno esiste, ma non è eterno. L’idea della dannazione eterna ha giocato un ruolo straordinariamente importante nella storia del cristianesimo. Si è parlato e scritto all’infinito di gratuità della salvezza, di dannazione eterna, di predestinazione, di ininfluenza delle opere sulla salvezza... Alcuni, e tra questi Jean Guitton, sono giunti ad affermare che l’inferno esiste, sì, ma è vuoto. È un ragionamento che ricorda quello di coloro che contestavano le affermazioni di Galileo sulla geografia della Luna. Galileo chiedeva agli aristotelici di guardare nel suo cannocchiale e di constatare che sul satellite esistevano montagne e vallate; non era quindi perfettamente tondo e liscio come Aristotele aveva affermato. Gli interlocutori declinavano gentilmente l’invito, affermando che la Luna poteva anche essere coperta di monti e valli, ma questi erano sicuramente ricoperti a loro volta da una sostanza perfettamente trasparente, invisibile al cannocchiale, che rendeva il satellite tondo e liscio come Aristotele decretava dovesse essere.

A che serve un inferno vuoto? Se esiste, deve servire a qualcosa! L’affermazione di Guitton su un inferno in crisi di inquilini, dimostra l’irresolubilità del conflitto tra misericordia divina e giustizia divina, perlomeno per come è stato impostato fino ad oggi. I teologi cristiani sentono che l’eternità della pena non può essere conciliata con la misericordia infinita del Padre, ma sono bloccati nella risoluzione del dilemma dalla tradizione teologica, dall’interpretazione di alcuni brani delle Scritture, da alcune rivelazioni moderne.

Non è ovviamente questa la sede per discutere di queste tesi; mi limito a dire che l’inferno di Franchezzo è un inferno che in gran parte risolve tutti questi problemi: chi compie il male, finisce in quel luogo spirituale dove soffre nel proprio corpo spirituale, tormenti che possono anche essere quelli del fuoco, ma la pena non è eterna, perché ciò sarebbe contrario all’infinita misericordia di Dio. Le sofferenze degli inferi non sono una punizione in senso stretto; sono piuttosto la conseguenza degli atti sbagliati. E diventano uno strumento di redenzione. Quando nel cuore dei dannati emerge il pentimento per il male fatto, interviene la misericordia di Dio, il Quale dà la possibilità di porre rimedio agli errori fatti tramite il compimento di azioni buone anche nella dimensione spirituale. Ecco la vera giustizia: la sofferenza usata come forma di misericordia! Il provare sulla propria pelle ciò che gli altri hanno subito a causa nostra, al fine di maturare una nuova consapevolezza! Su questa base di consapevolezza e pentimento, gli spiriti sono pronti a percorrere la strada dell’espiazione e della crescita.

La sua visione dà una grande speranza. Quante volte ci siamo soffermati a pensare cosa significa nella realtà l’insegnamento corrente delle Chiese, secondo le quali esiste il premio eterno e la dannazione eterna? In realtà, significa che se siamo bravi andremo in paradiso a godere il meritato premio, ma dovremo farlo infischiandocene di qualche nostro caro - marito, moglie, figlio, padre, madre - che per qualche motivo andrà o è andato all’inferno per tutta l’eternità!? È questa la contraddizione di base, e personalmente non posso accettare l’idea di un Dio che condanni per l’eternità un essere da Lui stesso creato. Ciò che l’autore spiega è assolutamente coerente con l’immagine del Dio al tempo stesso, giusto ed amorevole, che nel cuore sentiamo che esiste.

Il meccanismo che egli ci spiega ci dà qualche altra indicazione in merito allo scopo della vita sulla Terra, e ancora: la vita dovrebbe essere un processo di crescita, che inizia qui sulla Terra e prosegue poi, in altre forme, nella successiva dimensione. Se ciò è vero, problemi teologici immensi, quali la dannazione eterna e la predestinazione, si sciolgono come neve al Sole. Dio è nostro Padre e desidera che diventiamo come Lui («Siate perfetti com’è perfetto il Padre vostro che è nei Cieli»), così che riflettiamo la Sua natura di amore e di misericordia. Quindi non è Dio che ci danna o ci salva: siamo noi che ci danniamo o ci salviamo sulla base di quanto, nella vita terrena, abbiamo sviluppato la nostra capacità di amare. E l’inferno eterno... – Beh, se il male, che ne è la causa, non è eterno, come può esserlo la sua conseguenza? Alla fine, anche l’inferno sparirà, come dice l’autore.

*

Un’altra annotazione: ho usato e uso le parole dannazione e salvezza per comodità, ma nel contesto dell’opera perdono il loro significato. Se scopo della vita è la crescita, non ha senso parlare né di salvezza né di dannazione. La dannazione, che per definizione è eterna, non esiste; esistono – come già detto – bassi e bassissimi livelli spirituali, nei quali però mai muore la speranza di potersi redimere. Così come non esiste la salvezza in senso classico, che molti pensano di meritare solo perché hanno rispettato pienamente le regole della loro religione. Si possono, infatti, rispettare formalmente le regole, ma rimanere aridi dentro, e ciò non corrisponde di certo ad una crescita, essendo il vero progresso spirituale dato dallo sviluppo della capacità di amare.

In questo quadro è straordinario l’episodio in cui Franchezzo non solo perdona, ma addirittura aiuta colui che era stato il suo peggior nemico. E spiega, in sostanza, che il perdono ci libera dalle catene che ci legano e ci legherebbero per lungo tempo a chi ci ha fatto del male. Il perdono, quindi, serve più alla vittima che al carnefice, il quale, per riceverne i benefici, deve comunque pentirsi del male fatto.

Una conseguenza immediata di questa visione è la constatazione del primato dell’amore sulla religione, intesa nel senso di struttura, e non di spiritualità. Se la cosa fondamentale nella vita è amare gli altri (tutti indistintamente: «Amate i vostri nemici»), allora l’etichetta religiosa perde buona parte del suo peso nella nostra salvezza. Intendiamoci: non intendo mettere tutte le religioni sullo stesso piano, perché secondo me non lo sono. Ma se vivessimo con intensità il messaggio d’amore che le principali fedi hanno portato, il problema della superiorità dell’una sull’altra diverrebbe secondario: saremmo così occupati a fare qualcosa per i nostri fratelli, da non avere il tempo per scannarci in dispute teologiche, o peggio, per ammazzare gente al fine di dimostrare che la nostra religione è superiore alla loro. Questa concezione implicita in Franchezzo, relativa al primato dell’amore sulla religione di appartenenza, è quindi oggi di estrema attualità. Se il meccanismo di crescita spirituale di cui egli scrive è vero, automaticamente perde qualunque motivazione, sia pure teorica, la lotta tra le religioni. Esse sarebbero viste per ciò che sono in realtà: strade diverse per giungere, con un numero maggiore o minore di tornanti, a Dio! I loro fondatori sarebbero considerati tutti inviati da Dio alle varie culture e ai vari popoli della Terra, per annunciare una nuova speranza: la possibilità di liberarsi dalla barbarie spirituale!

 

*

7) Le religioni

Un interrogativo che mi sono posto durante la lettura del libro è il seguente: perché l’autore non parla delle religioni, se non per scagliarsi talvolta contro una in particolare? La prima sensazione è che non attribuisca alcuna valenza positiva al cristianesimo, all’ebraismo, al buddismo, all’islamismo. Si limita ad accennare solo alle antiche scuole spirituali orientali, e a fare qualche vago cenno, pur pieno di rispetto, a Maria, o al Cristo. In un brano afferma addirittura che gli spiriti (in Terra e in Cielo) progrediscono grazie al loro duro lavoro, e non grazie alla fede «in chi si è sacrificato da innocente per i loro peccati» (evidentemente il Cristo). La risposta che mi sono dato è da un lato quella che sto cercando di comunicare con queste righe: il messaggio di base di tutte le religioni è lo stesso e, come ho scritto, conta più il proprio modo di vita che l’appartenenza religiosa che ci si attribuisce (nel mondo dell’essenza le etichette non svolgono un grande ruolo). Dall’altro, vi vedo il richiamo all’importanza del lavoro personale per raggiungere la maturità spirituale, un richiamo alla dignità dell’uomo e al dovere che ha verso se stesso e verso Dio, quello di crescere spiritualmente.

Affidarsi esclusivamente alla fede in Gesù per ottenere la propria salvezza, come fanno alcuni cristiani, è un concetto non solo errato, ma anche egoistico, che non viene abbastanza combattuto dalle Chiese. A mio parere, chi pensa di poter essere ‘salvato’ semplicemente perché crede in Cristo, è come un ladro che vuole appropriarsi di qualcosa che non gli appartiene, perché non ha fatto nulla per guadagnarlo. Il Cristo ha dato un esempio di vita, ha aperto la strada, e il Suo livello spirituale appartiene a chi segue quella strada con l’aiuto della Sua Grazia, ma non si è elevati in Cielo come dal raggio traente dell’Enterprise solo perché si crede in Lui. Se lo scopo essenziale della vita è crescere interiormente imparando ad amare, ci possono essere – passatemi il termine commerciale – alcuni sconti in questo processo, ma non dei saldi al novantanove percento. Ne va della nostra dignità di esseri umani!

Tornando al rapporto tra Franchezzo e la religione, ricordo che nelle sue stesse parole il Mondo spirituale è estremamente vasto e complesso, e che non può certo interpretarlo e descriverlo tutto. Se pensiamo ad altre sue affermazioni, e cioè che nel Mondo spirituale gli spiriti si aggregano per affinità, e alle affermazioni relative al ruolo negativo svolto nella sua vita dalla Chiesa cattolica, allora cominciamo ad avere qualche elemento per interpretare le sue scarse citazioni del Cristo e delle religioni in generale. La sua visione della vita è prettamente umanistica, e per certi aspetti tende verso le filosofie orientali; ricordiamo tra l’altro che il suo maestro nell’aldilà è orientale. Quelle filosofie hanno uno straordinario fondamento spirituale, ma mancano di alcuni aspetti interiori, tra i quali in particolare quello del rapporto personale con Dio e – inutile dirlo – con il Cristo. È evidente che in questa visione l’aspetto della Grazia, sia pure nell’accezione che ho delineato sopra, viene completamente trascurato a favore del percorso di crescita basato solo ed esclusivamente sulla responsabilità umana. La prova dell’esattezza di questa interpretazione sta nelle parole stesse di Franchezzo, riportate nell'ultimo capitolo. Egli afferma di non aver mai creduto in una religione, e di aver solo vagamente immaginato che Dio potesse esistere. Afferma anche che ora, dopo essere giunto a comprendere pienamente che Dio esiste, pensa che non Lo si possa ridurre ad una personalità. Tralasciando le implicazioni che questa visione ha sull’esistenza del bene e del male, la sua potenziale visione di Dio lo ha portato, nel mondo spirituale, ad un immediato contatto con le filosofie che più si confacevano al suo carattere: quelle orientali, appunto, per le quali Dio è energia, ma ha personalità ed attributi non definibili.

Una volta compreso questo punto, possiamo capire meglio anche tutta l’opera di Franchezzo. Mi viene da chiedermi in quale sfera sarà oggi, ad oltre cento anni di distanza dalla dettatura di quest’opera, e se durante il suo processo di crescita ha capito anche altri aspetti, come ad esempio il ruolo del Messia o dei fondatori delle grandi religioni, o se – come il Cristo ha insegnato – con Dio possiamo stabilire un rapporto personale. Chissà se riuscirà a dircelo, prima o poi. In ogni caso, in un’epoca di uso della religione a fini personali o ideologici, il suo profondo richiamo all’interiorità e alla responsabilità dell’individuo è una vera benedizione. Questo libro spiega indirettamente che il conflitto religioso trae origine da un equivoco, e cioè dal considerare la religione un fine in sé, e non un mezzo, il lasciapassare per la salvezza, e non la strada da percorrere per raggiungerla. La lettura di quest’opera potrebbe quindi contribuire anche alla pace religiosa nei nostri tempi, e sappiamo tutti quanto ciò sarebbe importante.

 

 

FINE

 

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[1] Nel testo originale il nome della donna non viene espresso; per motivi letterari abbiamo pensato di chiamarla con uno pseudonimo.

[2] Nel linguaggio esoterico, la parola «controllare», che ritorna più volte in quest’opera, si riferisce alla situazione di uno spirito che utilizza il corpo (in genere il corpo fisico, ma in questo caso spirituale) di un’altra persona. Si dice ad esempio che uno spirito «controlla» un medium per esprimersi attraverso di lui.

[3] Naturalmente questa spiegazione può essere applicata anche a tanti altri orrori più recenti.

[4] Possiamo supporre che questo medium non sia altro che Farnese stesso. Il seguito sembra confermarlo.

[5] Il tempo del secolo scorso fu caratterizzato da uno sviluppo delle riunioni spiritistiche, segno del tempo e della tendenza a capire il mondo dello spirito fino ad allora vietato dall’oscurantismo del cattolicesimo. [n.d.r.]

[6] Sembra, nel seguito di questo capitolo, che il «Piano astrale» di cui parla Hassein non sia altro che il «Piano terrestre», conformemente alla terminologia classica dell’esoterismo

[7] Nel linguaggio dell’esoterismo e dell’occultismo, gli «elementali» e i «gu­sci astrali» sono delle entità molto primitive del Mondo spirituale, senza intelligenza propria, anche se possono essere dotati di grande potenza.

[8] Questa descrizione è di difficile interpretazione, probabilmente per la difficoltà di tradurre in termini comprensibili una geometria che non è la nostra. In ogni caso, quest’argomento è ripreso nei capitoli pubblicati nell’ultima parte del libro.

[9] La parola «atomo» designa qui, come in seguito, una particella astrale elementare.

[10] Si ritrova qui la distinzione tra Piano terrestre (o Piano astrale), e il vero Mondo spirituale; il primo può essere considerato come una sfera intermedia tra Mondo fisico e Mondo spirituale.

[11] Su questa affermazione si potrebbe scrivere un intero trattato, per le implicazioni che ha non solo nel mondo dello spirito, ma anche sulla Terra. Se Dio è libertà, ha creato l’uomo libero di scegliere la propria strada; di conseguenza, una società non può mai essere giusta se impone a forza i valori sui quali si basa: l’oppressione genera la ribellione, ed è per questo motivo che i totalitarismi non hanno alcuna possibilità di realizzare le utopie dalle quali derivano. Le regole in base alle quali vivere sono state «impiantate» nella nostra coscienza da Dio al momento della nostra creazione; dobbiamo solo «ricordarle», vivendo per uno scopo sempre più elevato. Se ciò è vero, la società ideale è il contrario dell’Utopia; nel senso che in ogni concezione utopica esistono delle regole più o meno ferree, naturalmente elaborate per il bene comune... ma una società i cui componenti vivono per uno scopo elevato non ha bisogno di alcuna legge scritta, perché l’unica legge è vivere per Dio e per la società.

[12] Nel testo originale è «Faithful Friend» (Amico fedele)

[13] Pathos: purezza di sentimento.

[14] L’immagine presentata al tempo di Franchezzo (1896) è corrispondente alla moderna tecnologia della TV o comunque di uno schermo, anche se i termini adoperati sono quelli dell’impressione dell’autore secondo le cose esistenti a quel tempo. [n.d.r.]

[15] Nell’originale si parla appunto di «sheets of thin metal». Il fonografo fu inventato da Edison nel 1877, ed utilizzava quale supporto del suono dei cilindri di cera. Nel 1892 - quattro anni prima della dettatura di questo libro - Berliner inventò il classico disco, originariamente in ceralacca, poi in altre materie plastiche. Anche se la forma non è specificata, il «foglio di sottile metallo» fa pensare ad un cilindro o ad un disco per grammofono, e lo «specchio di lucido marmo nero» ad un gigantesco scher­mo televisivo di ultima (per noi) generazione. La spiegazione del padre di Franchezzo, «...una conoscenza scientifica molto elevata, null’altro», è un ulteriore accenno alla contiguità e alla similitudine tra Mondo fisico e Mondo spirituale, e al fatto che il «progresso» nel Mondo spirituale è mol­to più avanzato che nel nostro. Il quadro appare ancora più interessante se pensiamo che la prima proiezione in assoluto di un film avvenne nel dicem­bre del 1895, e il sonoro fu introdotto nel 1926.

[16] È la conferma di quanto dicevamo nella nota precedente. In effetti, ciò è comprensibile in quanto il mondo dello spirito è il mondo di causa. Se è vero quanto affermato in quelle righe, diventa più chiaro il motivo per cui molte invenzioni sono avvenute ed avvengono più o meno contemporanea­mente in luoghi distanti tra loro, e vengono fatte da persone non in comuni­cazione tra di loro. Questo curioso fenomeno viene in genere attribuito ad un cosiddetto «spirito dei tempi», la cui natura però è ancora più indefinita e misteriosa di quella del Mondo spirituale, anche se, con questa nota, più comprensibile.

[17] Per quanto riguarda questa affermazione, per quello che sembra un radicale rifiuto della Grazia salvifica del Cristo da parte della guida di Franchezzo, riteniamo che gli spiriti di queste prime sfere oltre il piano terreno, non hanno ancora la Grazia di Gesù, in quanto sulla Terra, ma anche in quel piano animico non hanno ancora conosciuto i Suoi insegnamenti (n.d r.).

[18] Spiritualistico/spiritistico: Lo spiritismo è una dottrina apparsa nel 1857 in Francia, esposta pubblicamente attraverso i libri di Allan Kardec all'interno di cinque libri: Il libro degli Spiriti, Il libro dei medium, Il Vangelo secondo gli spiriti, Il Cielo e l'Inferno e La Genesi. Il termine "spiritismo" fu adottato per evidenziare i nuovi postulati rispetto alle altre visioni spiritualiste della vita. [n.d.r.]

[19] La teoria dell’esistenza dell’atomo, nonostante sia stata pubblicata per la prima volta nel 1904 da Thomsom, già nel 1894 era già stata postulata da George Johnstone Stoney, chiamandoli “atomi di elettricità”. [n.d.r.]

[20] Infatti, è tristemente noto che negli anni successivi ai primi del ‘900, la compagine del cosiddetto ‘terzo Reich’ usò esclusivamente per i propri fini delle conoscenze ricevute dai piani astrali inferiori, tramite le sedute spiritiche, per imporre all’umanità i piani di forze demoniache che da allora, usati per i loro fini, imperversano tra gli uomini di tutto il pianeta, e che sta portando alla realizzazione delle profezie presenti nelle varie rivelazioni. [n.d.r.]

[21] Evidentemente non descrive una presunta invisibilità del Sole in sé, ma la luce che da esso si diffonde riferendosi al fatto che oltre l’atmosfera, tutto appare oscuro, tranne gli oggetti illuminati direttamente dal Sole.