Jakob Lorber

1851 - 1864

 

 

 

IL GRANDE VANGELO DI GIOVANNI

 

Volume 7

 

gesu_insegna_7.jpg

 

La vita e gli insegnamenti di Gesù nei tre anni della Sua predicazione

 

 

 

Traduzione dall’originale tedesco “JOHANNES das große Evangelium” (vol. 7)

Opera dettata dal Signore nel 1851-64 al mistico Jakob Lorber

 

Casa Editrice: Lorber Verlag - Bietigheim - Germania

Copyright © by Lorber Verlag

Copyright © by Associazione Jakob Lorber 

“Ringraziamo la Lorber Verlag, Friedrich Zluhan e l’Opera di Divulgazione Jakob Lorber

 e V.  D-74321 Bietigheim/Wuertt., per il sostegno nella pubblicazione di questo volume”.

 

Traduzione di Salvatore Piacentini dalla 7° edizione tedesca 1982

Revisione parziale a cura dell’Associazione Jakob Lorber

 

Casa editrice GESÙ La Nuova Rivelazione

Via Vittorio Veneto, 167, 

24038 SANT’OMOBONO TERME (Bergamo)

www.jakoblorber.it 

www.gesu-lanuovarivelazione.com

 

 

Unità di misura austriache del 18°/19° secolo usate nel testo:

1 Libbra        

= 560 g

1 Linea          

= 2,2 mm

1 secchio

= 56,6 litri

1 Eone

= 10 120 (1 con 120 zeri)

1 Miglio austriaco

= 7,586 km

1 Miglio tedesco

= 7,42

1 Spanna

= 20 cm

 

 

VAI ALL’INDICE

 

IL SIGNORE SUL MONTE DEGLI ULIVI

(Vang. Giov. cap. 8)

 

Cap. 1

Un sorgere del Sole e la sua rispondenza

 

1. Tutti allora volsero gli sguardi verso levante e ammirarono l’aurora che si annunciava in tutto il suo fulgore. Dei graziosissimi raggruppamenti nebulosi apparvero all’orizzonte, acquistando sempre più un biancore abbagliante, così che ciascuno fu indotto ad affermare di non aver assistito da molto tempo ad un mattino così splendido!

2. Ed Io dissi dunque ai molti che Mi circondavano: «Ecco, una simile aurora ha una grande somiglianza con il mattino spirituale della vita nell’uomo e con il sorgere del Sole spirituale dei Cieli nella sua anima!

3. Quando l’uomo ode la Parola di Dio, nella sua anima comincia ad albeggiare; quando egli crede e confida nella Parola udita, si fa già più chiaro in lui. Poi egli gioisce sempre più della Dottrina ed agisce per metterla in pratica. Allora su tali opere, per effetto dell’amore, si riflette un roseo colore simile a quello che avvolge le graziose nuvolette mattutine, e con ciò nell’uomo si fa già sempre più chiaro. Questo diletto, che l’uomo poi trova nel Buono e nel Vero che sono da Dio, lo fa giungere ad una conoscenza di Dio sempre più chiara, e il suo cuore si infiamma tutto dell’amore per Dio; ora questo stato è già perfettamente simile alla radiosa aurora di oggi. Successivamente, la conoscenza di Dio e con ciò pure quella di se stesso e della sua grandiosa destinazione, si accentuano come fa questa aurora che già diffonde tanto chiarore da rivelare all’occhio umano, in maniera quanto mai nitida, le circostanti regioni della Terra che sono belle.

4. Ma il chiarore va ancora aumentando, e le nuvolette più vicine al Sole sorgente - esattamente come le opere compiute per puro amore verso Dio - si fanno come d’oro lucentissimo. Finalmente il Sole, in tutta la sua gloria e maestà, si manifesta con la sua luce all’orizzonte, e come il nuovo giorno viene rigenerato fuori dalla notte, grazie alla potenza della luce solare, così pure l’uomo viene rigenerato tramite la potenza della Parola di Dio e, attraverso di essa, grazie all’amore sempre crescente per Dio e per il prossimo; è infatti in ciò che consiste la rinascita spirituale nell’uomo: egli riconosce sempre di più Dio, e per conseguenza Lo ama anche sempre di più.

5. Quando il suo cuore è diventato davvero rovente, il chiarore in lui si fa sempre più intenso, l’ardore diventa una fiamma di chiarissima luce, e allora lo Spirito di Dio sorge come il Sole mattutino, e nell’uomo si fa giorno pieno. Questo però non è come un giorno della Terra, il quale poi finisce di nuovo quando viene la sera, ma esso diventa un eterno giorno della vita e corrisponde ad una nascita completamente nuova o ad una rinascita dello Spirito di Dio nell’anima dell’uomo.

6. In verità Io vi dico: “Colui che vedrà spuntare un simile giorno nella propria anima, non vedrà, non sentirà, né assaporerà mai più in eterno la morte, e la sua separazione dal corpo sarà simile alla liberazione dal carcere di un prigioniero a cui è stata concessa la grazia, e al quale il capo-carceriere si presenta con la faccia amichevole e gli apre la porta della cella dicendogli: ‘Alzati, perché sei stato graziato ed ormai sei libero! Ecco qui, indossa la veste d’onore, abbandona questo carcere e d’ora innanzi procedi libero al cospetto di colui che ti ha concesso tanta grazia!’”.

7. Come un prigioniero certo gioirà in sommo grado per tale grazia, così e ancora di più si rallegrerà un uomo rinato nello spirito quando il Mio angelo verrà da lui e gli dirà: “Fratello immortale, esci fuori dal tuo carcere, indossa la luminosa veste dell’onore in Dio e vieni e procedi d’ora innanzi libero e autonomo nella pienezza della vita eterna al cospetto di Dio, il cui grande Amore ti ha concesso tanta Grazia; poiché d’ora in poi non avrai mai più in eterno da portare un simile corpo pesante e mortale!”

8. Credete che una simile anima si sentirà turbata quando il Mio angelo le si presenterà in questo modo?»

9. Disse il romano che Mi stava vicino: «O Signore! E chi mai potrà sentirsi turbato in tali condizioni? Questo è senza alcun dubbio riservato esclusivamente a quegli uomini del mondo che vivono nell’amor proprio, nell’egoismo, senza alcuna cognizione di Dio e della propria anima, poiché essi non sanno niente di una vita dell’anima dopo la morte del corpo e, se anche ne hanno sentito dire qualcosa, non vi credono; io stesso ne conosco un gran numero di questi. Io finora non sono stato che un pagano, ed esteriormente lo sono ancora; però all’immortalità dell’anima umana ho creduto fin dalla mia fanciullezza, e dopo le visioni avute, la vita dell’anima dopo la deposizione del corpo è diventata per me definitivamente una certezza assoluta. Ma se una cosa simile la si racconta agli altri uomini che sono del mondo, costoro si mettono a ridere, scuotono le spalle e finiscono con il ritenere tutto ciò il prodotto di una vivace fantasia e forza di immaginazione.

10. Ora, per gli individui di questa specie, i quali per di più conducono una vita comoda, la morte del corpo rappresenterà qualcosa di veramente spaventoso; ma per noi, invece, particolarmente d’ora innanzi, dato che Tu, quale il Signore di ogni vita, ci hai infuso la massima fiducia nell’esistenza dell’anima e nella sua sopravvivenza eterna dopo la morte del corpo, per noi appunto questa morte del corpo non può essere davvero causa di angoscia, specialmente se essa non è preceduta da dolori fisici eccessivamente acuti che tormentano il corpo finché questo muore. Tuttavia anche in un simile caso l’apparizione del capo-carceriere incaricato di aprire la porta della dura prigione non può essere che altamente benvenuta! Così io penso e così pure fermamente credo; gli altri però possono avere un’altra opinione e credere come vogliono!»

11. Dissero tutti: «Oh, noi condividiamo pienamente questa opinione e convinzione. Infatti, chi mai potrebbe gioire ancora della vita su questo mondo, che è diventato un assoluto inferno con tutte le sue innumerevoli fioriture e varietà?»

12. Io dissi: «Si, effettivamente è così! Ma perciò anche vi dico: “Chi ama la vita di questo mondo, perderà la vita vera dell’anima; chi invece non l’ama e, nella maniera in cui essa è, la fugge, costui la otterrà; otterrà cioè la vera vita eterna dell’anima”.

13. Non lasciatevi abbagliare dal mondo, né prestate ascolto ai suoi allettamenti, perché tutti i suoi beni sono inutili e passeggeri! Ma se pur volete accumulare dei tesori già a questo mondo, vedete di accumularvene anzitutto di tali per cui la ruggine non possa intaccarli e le tignole non giungano a roderli! Questi sono tesori per lo spirito al fine di ottenere la vita eterna; voi dovete dedicare ogni vostro sforzo per ottenerli. A chi però sono stati concessi anche dei beni terreni, che egli li impieghi come il fratello Lazzaro, e in compenso otterrà i tesori del Cielo. Dunque, chi ha molto, dia molto, e chi ha poco, dia poco!

14. Chi per vero amore del prossimo offrirà ad un assetato sia pure un solo sorso d’acqua fresca del suo pozzo, in verità, una ricompensa non gli mancherà nell’aldilà, perché chi dona amore al prossimo, anche nell’aldilà egli troverà amore. Certo, la questione fondamentale qui non sta tanto nel “quanto” qualcuno dona, ma piuttosto nel “come” egli dona qualcosa al suo prossimo povero. Il dono di chi dona per vero amore ha un doppio valore, e in uguale misura egli anche verrà ricompensato nell’aldilà.

15. Dunque, se tu possiedi molto, puoi, come già detto, anche donare molto; se poi hai donato con gioia e con benevolenza, allora hai donato ai poveri in misura doppia; ma se tu stesso non hai molto, e tuttavia del tuo poco hai donato con gioia e benevolenza una parte al tuo prossimo ancora più povero di te, allora il tuo dono ha un valore decuplicato, e in uguale misura ne otterrai ricompensa nell’aldilà. Infatti, quanto voi fate ai poveri nel Mio Nome, è come se l’aveste fatto a Me stesso.

16. Se poi facendo un dono o comunque una nobile azione voi volete sapere se e come Io stesso trovi compiacimento nel vostro operare, è sufficiente che voi osserviate la faccia di colui al quale nel Mio Nome avete fatto del bene nella maniera come Io ve l’ho spiegata, e il vero grado del Mio compiacimento vi sarà rivelato con tutta chiarezza.

17. Soltanto quello che il vero amore opera è ben fatto al cospetto di Dio; quello invece che in un modo qualsiasi viene fatto unicamente secondo la misura dell’intelletto, questo ha poco valore tanto per chi riceve e meno ancora per chi dona. Perciò anche Io vi dico: “Rende più beati il dare che il ricevere”.

18. Ma ora andiamo un po’ più oltre ed osserviamo i dintorni di Betania! Avremo occasione di vedere delle grandi comitive di mercanti di ogni specie, dato che oggi ha inizio il grande mercato che durerà per cinque giorni».

 

[indice]

 

Cap. 2

Le comitive di mercanti avanzano

 

1. Noi allora ci recammo in quel luogo da dove si poteva dominare benissimo con lo sguardo i dintorni di Betania nonché tutti i sentieri e le strade che conducevano a Gerusalemme. Sulle vie e sulle strade sorgevano gli uffici delle gabelle, dove gli stranieri erano tenuti a sborsare i dazi che venivano loro richiesti; ora la maggior parte dei gabellieri si trovava già dal giorno prima presso di noi, assieme a molti dei loro addetti e servitori.

2. E il dottore della Legge domandò loro se non avrebbero preferito invece trovarsi laggiù a incassare molto denaro.

3. Disse uno dei pubblicani: «O amico mio, questa domanda avresti davvero potuto risparmiartela! Infatti, se noi a questo guadagno materiale ci tenessimo molto di più che non a questo che è un guadagno spirituale al massimo grado, certamente ciascuno di noi sarebbe già al suo posto laggiù, e così come siamo venuti, così pure avremmo potuto andarcene anche molto prima, e nessuno avrebbe potuto impedircelo. Ma poiché il grande guadagno per la vita, che possiamo fare qui, noi lo preferiamo a quello materiale che potremmo fare laggiù nei nostri uffici dei dazi, allora restiamo qui e non ci importa affatto delle carovane di mercanti che passano laggiù. In quanto alla piccola stazione delle gabelle, là sul sentiero, c’è già un numero sufficiente della nostra gente che si occuperà di questo.

4. Però ben presto anche nel vostro Tempio comincerà il tramestio degli affari. Ti piacerebbe se ti dicessi: “Amico, guarda laggiù; c’è già una grande animazione dinanzi agli atrii del Tempio; non ti interessano i cospicui guadagni che ci si possono attendere? Vi saranno là grandi quantità di oro purissimo, di argento, di pietre preziose e di perle, e su tutto ciò voi avete il diritto di percepire la decima; ma se non siete presenti personalmente vi verrà forse dato qualcosa di tutto questo”?

5. Noi pubblicani, e peccatori ai vostri occhi, sappiamo ormai che avete voltato le spalle per sempre al vostro Tempio, e quindi una simile domanda da parte nostra sarebbe certo quanto mai fuori posto. Ma anche noi abbiamo preso con tutta sincerità la decisione di restituire per amore del Signore la decima a chiunque noi sappiamo di aver truffato, non importa quando. Per conseguenza, che oggi passino pure senza pagare il dazio tutti i numerosi mercanti, almeno oltre alle nostre barriere dei dazi, e non per questo noi tutti moriremo di fame. Perciò li lasciamo passare ora in tutta tranquillità!»

6. A questa energica risposta del pubblicano il dottore della Legge non replicò più nulla, e non poté che ammirare in cuor suo la generosità del pubblicano e dei suoi compagni.

7. Lazzaro però disse: «È certo che verso sera tutti quei forestieri vorranno venire qui, e perciò dovrò dare delle disposizioni affinché la cantina sia provvista ancora meglio e dovrò fare altrettanto per la cucina e le dispense; sarà infine necessario provvedere anche per un numero maggiore di tavole e di panche all’aperto, altrimenti potrei trovarmi in difficoltà!»

8. Dissi Io a Lazzaro: «Non preoccuparti per questo; infatti, finché ci sono Io qui, fai conto di essere provvisto di ogni cosa nel migliore dei modi e in grande abbondanza; dunque, per quanto numerosi siano coloro che vorranno salire quassù, vedrai che non verrà a mancare nulla a nessuno! Intanto restiamo qui a guardare pacificamente quel pazzo tramestio mondano che c’è laggiù! Quanti cammelli, cavalli, asini e buoi vengono avanti per sentieri e strade, e tutti sono stracarichi di merci e altri tesori dei loro padroni che finiranno col vendere ogni cosa!

9. Ma là, sulla strada larga che conduce dalla Galilea a Gerusalemme, noi vediamo buoi che trainano carri e carretti; essi trasportano degli schiavi dalle regioni del Ponto che verranno venduti qui! Si tratta di giovani e di ragazze dai quattordici ai diciotto anni di bellissimo aspetto; sono in tutto centoventi maschi e centosettanta femmine. Ora noi vogliamo impedire questa vendita, e poi provvederemo a dare a quei miseri una buona educazione e la libertà! Non è permesso tenere simili mercati di creature umane dentro alle mura della città. Questo monte però si trova già fuori dalla cinta della città vera e propria, e tuttavia le è molto vicino, e quindi vedrete ben presto come quei proprietari di carri e carretti ergeranno i loro baracconi proprio ai piedi del monte, e subito dopo manderanno i loro imbonitori e strilloni dappertutto in cerca di compratori! Sennonché, prima che si annuncino dei compratori, interverremo noi e toglieremo ai mercanti la loro merce, ma non mancheremo neppure di dire a quegli ignobili trafficanti di carne umana qualcosa che farà passare loro per molto tempo la voglia di dedicarsi ad un commercio di questo genere!»

10. Intervenne allora Agricola, dicendo: «O Signore! Che ne dici se io comprassi da questi venditori dei propri simili, al prezzo richiesto, tutti gli schiavi, tanto ragazzi che fanciulle? Io poi li condurrei con me a Roma, li farei educare convenientemente e infine ridonerei loro piena libertà facendoli diventare cittadini romani!»

11. Io dissi: «La tua idea e la tua volontà sono certamente buone, però vedrai che la Mia Idea e la Mia Volontà saranno ancora migliori! A che scopo spendere denaro per qualcosa che si può di pieno diritto avere e prendere in custodia anche senza denaro? Lasciare che simile gente tragga addirittura un guadagno dal loro commercio ignominioso, sarebbe come incitarli a persistere nella loro perversa attività; quando invece avranno fatto varie esperienze di questo genere, si guarderanno bene dallo sfruttare in avvenire simili inumane fonti di lucro»

12. Disse allora Agricola: «O Signore! A questo riguardo bisognerebbe tener conto di una cosa ancora. A quanto mi consta, da parte di Roma è stata emanata una legge speciale riguardante il commercio di schiavi, la quale è valida per tutti i paesi soggetti al suo dominio. Secondo questa legge nessuno schiavo proveniente da paesi non appartenenti all’impero può venire introdotto in territorio romano senza la concessione particolare di un luogotenente generale di Roma; ora una simile concessione viene a costare una somma enorme! Ebbene, molto di frequente succede che questi mercanti di carne umana tentano di insinuarsi di contrabbando nelle nostre province con i loro schiavi, e sono spesso provvisti di documenti falsificati. Se questo fosse il caso anche di quei mercanti di schiavi che stanno arrivando laggiù, sarebbe facile togliere loro la merce, ma se fossero in grado di esibire l’autorizzazione costosissima di cui ho parlato prima, allora per via naturale non si potrebbe fare certamente molto di più che pagare ai mercanti il prezzo richiesto e lasciarli andare indisturbati, dato che in tali condizioni essi si troverebbero sotto la tutela della legge»

13. Dissi Io: «Tu hai valutato molto bene la questione; solamente devi sapere che Io sono Colui che prescrive Leggi all’eternità e all’infinito, e quindi comprenderai che ora qui, dove necessita agire in contrasto con la legge, Io non Mi sentirò legato dalle leggi di Roma, quantunque Io, quale Uomo, sia del resto pienamente soggetto alle leggi stesse.

14. Questi uomini che adesso portano qui al mercato gli schiavi, sono quanto mai avidi di guadagno, però nello stesso tempo sono anche superstiziosi al massimo grado, e questa cieca superstizione è il loro più grande nemico. Quindi Io già anticipatamente so quello che converrà fare per punirli in maniera tale per cui essi non solo daranno la loro merce con assoluta spontaneità, ma anche molte altre cose ancora, pur di cavarsela con la pelle intatta. Quando fra non molto essi si saranno sistemati, vedrete voi tutti e apprenderete quali risultati la Sapienza e la Potenza di Dio sono in grado di ottenere!

15. Adesso però rientriamo in casa e ristoriamo le nostre membra con una buona colazione. Le mense sono già tutte ben provviste; nel frattempo anche i nostri mercanti di schiavi si saranno sistemati completamente, e noi poi andremo a far loro visita!»

16. Il dottore della Legge Mi chiese: «O Signore, non intendi forse visitare il Tempio oggi? Oggi è appunto la giornata in cui lì dentro si supera ogni limite!»

17. Io dissi: «E che Mi importa ora di quella spelonca di assassini laggiù nell’inferno! Il vero Tempio di Jehova è indifferentemente qua o là, purché sia edificato in un cuore d’uomo il quale ami Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso! Ma ora andiamo a fare colazione!».

18. Allora rientrammo tutti in casa, prendemmo posto alle mense già apparecchiate e ben provviste di vivande che ognuno gustava a modo suo, né mancava il vino migliore! I romani ebbero soltanto ora l’occasione di ammirare in pieno giorno le splendide coppe di purissimo oro e il vasellame d’argento, e anche i farisei che si erano avvicinati alle mense non finivano di esprimere la loro meraviglia per la purezza e l’eccellente qualità dei recipienti per bere e delle stoviglie. Lazzaro però li esortò a mangiare, perché altrimenti il pesce si sarebbe raffreddato, e allora anche i sette si accinsero di buona lena a fare onore alle vivande e al vino, profondendosi in lodi per la squisitezza delle cose offerte. Anche i poveri, in numero di circa settanta, con la donna in mezzo a loro, non la finivano più di lodare la squisitezza dei cibi e del vino, e altrettanto dicasi dei pubblicani e dei loro compagni.

19. Un romano disse: «In sessant’anni da che sono a questo mondo, mai il mio palato ha potuto gustare questi cibi così buoni e questo vero vino divino!».

20. E così ci furono lodi e ringraziamenti che sembravano non voler finire più.

 

[indice]

 

Cap. 3

I superstiziosi mercanti di schiavi

 

1. Mentre noi eravamo ancora seduti a mensa e mangiavamo e bevevamo, dal cielo perfettamente sereno e sgombro di nubi balenò un fulmine abbagliante che fu seguito da uno scoppio formidabile e assordante di tuono. Tutti si spaventarono e Mi domandarono cosa significasse.

2. Io dissi: «Questo lo vedrete fra poco! Il fenomeno non è che l’inizio delle sorprese riservate ai nostri mercanti di schiavi, perché, mentre noi sedevamo qui mangiando e bevendo, essi sono arrivati ai piedi del monte; tutti i carri e carretti sono laggiù, ed essi avrebbero già collocato per intero la loro merce se non fosse venuto questo fulmine ad interromperli!

3. I popoli del Ponto più settentrionale hanno essi pure una dottrina religiosa, che però naturalmente è carente in sommo grado, e anche questa si trova esclusivamente nelle mani di certi veggenti i quali conducono una vita a sé, assolutamente isolati dal resto del popolo; hanno i propri terreni, delle greggi molto numerose, e dimorano per lo più nelle alte valli fra le montagne, valli che sono difficilmente accessibili. Tali veggenti sono quasi tutti discendenti da famiglie oriunde dall’India e conoscono perciò i segreti di ogni tipo di magia; però quasi mai o solo rarissime volte scendono dai popoli piuttosto numerosi che abitano nelle vaste pianure; questi però sanno tutti dell’esistenza di tali veggenti e, quando si tratta di questioni da loro ritenute importanti, vanno da loro per sentirne i presagi, certamente in cambio di un’offerta non piccola. In simili occasioni, questi sapienti delle montagne, ogni tanto raccontano agli interpellanti anche dell’esistenza di esseri superiori, potenti e invisibili che sono i dominatori di tutti gli elementi e di loro stessi, e che perciò appunto essi stessi, quali sapienti delle montagne, sono i loro più prossimi servitori i quali, a loro volta, dominano le forze naturali inferiori. Tali cose colmano naturalmente i ciechi pellegrini del massimo stupore, particolarmente poi se un veggente di questo tipo inscena anche qualche prodigio a vantaggio dell’interrogante.

4. Ora quei nostri mercanti di schiavi con la loro merce provengono appunto da quelle parti, e precisamente questo è il settimo viaggio che hanno intrapreso, quantunque sia la prima volta che vengono a Gerusalemme, dato che comunemente trovano acquirenti già in Lidia, Cappadocia e anche a Tiro, Sidone e Damasco. Questa volta si sono arrischiati a venire fino a Gerusalemme, ma non sarebbero venuti fin qui nemmeno stavolta se non fossero stati attratti dalla Mia Volontà.

5. Però, prima di mettersi in viaggio con la loro merce, ricorsero essi pure al veggente per averne un responso riguardo all’esito favorevole della loro impresa. E il veggente, tutto serio in volto, disse loro: “Se non vedrete nessun lampo e se non udrete alcun tuono, troverete certamente dei compratori per tutta la vostra merce”. E questo fu tutto ciò che essi poterono apprendere dal veggente. I mercanti di schiavi la ritennero una buona predizione, perché pensavano che nella stagione inoltrata in cui ci troviamo sarebbe stato poco probabile che si scatenasse qualche temporale. Sennonché il fulmine scoccato proprio ora e il successivo tuono terribile li hanno fatti ricredere, e adesso se ne stanno perplessi laggiù ai piedi della montagna. Tuttavia, prima di scendere da loro, il primo fulmine sarà seguito da altri due, ciò che contribuirà ad intimidire ancora di più i nostri mercanti di schiavi, e poi noi avremo facile gioco con loro!»

6. A questo punto uno dei Miei vecchi discepoli disse: «Chissà che lingua parlano!»

7. Dissi Io: «Questo per il momento non ti deve affatto interessare, dato che nessun linguaggio del mondo Mi è sconosciuto! Ad ogni modo quella gente si esprime per lo più nell’idioma dell’India che somiglia all’antichissimo idioma ebraico».

8. Allora il discepolo non disse più nulla, e ben presto un secondo fulmine seguito da un terzo si annunciò col suo bagliore, accompagnato da fragorosi scoppi di tuono; va però notato che tutti e tre i fulmini si erano scaricati sul terreno senza produrre danni di nessun tipo.

9. Dopo il terzo fulmine si vide entrare rapidamente nella sala un giovinetto meravigliosamente bello, il quale, inchinatosi profondamente dinanzi a Me, disse con voce dolcissima e tuttavia ferma e virile: «Signore! Obbedendo alla Tua chiamata, eccomi qui pronto ad adempiere la Tua santa Volontà!»

10. Io dissi: «Vieni da parte di Cirenio e di Giara?»

11. Disse il giovinetto: «Sì, o Signore, conformemente al Tuo santo Volere!»

12. Allora i vecchi discepoli riconobbero Raffaele, gli si avvicinarono subito e lo salutarono.

13. Il giovinetto però disse loro: «Beati voi, che potete stare continuamente vicini al Signore in tutta la Sua suprema Essenzialità! Ma ora, prima di accingerci a compiere un lavoro grande e importante, offrite anche a me qualcosa da mangiare e da bere!».

14. A queste parole tutti fecero a gara per offrirgli quanto egli aveva chiesto. I romani lo invitarono alla loro mensa, e tutti gli altri pure si diedero da fare per servirlo, poiché non erano mai sazi di ammirare la grazia del giovinetto. Essi credevano che egli fosse un figlio, dotato di straordinaria bellezza, di qualche madre terrena venuto a raggiungerMi dietro Mia richiesta. Soltanto i vecchi discepoli erano perfettamente al corrente della sua identità. Egli dunque cominciò a mangiare e a bere come un vero affamato, e tutti rimasero strabiliati vedendo quante cose mandava giù nel proprio stomaco.

15. Raffaele però, visto il loro stupore, disse sorridendo: «Amici miei! Chi lavora molto, bisogna anche che mangi e beva molto! Non vi pare che sia giusto così?»

16. Agricola disse: «Oh, certamente, o giovinetto dalla bellezza davvero celestiale! Ma dimmi un po’: chi sono veramente i tuoi genitori e qual è il tuo paese di origine?»

17. Disse Raffaele: «Oh, lascia tempo al tempo! Io comunque mi fermerò qui alcuni giorni, e allora vedrai che mi conoscerai meglio. Adesso però un grande lavoro ci attende, e considerato ciò, amico mio, conviene prepararsi per bene!»

18. Disse Agricola: «Ma, o mio giovane amico carissimo e bellissimo, che lavoro vuoi compiere con le tue mani delicate da fanciulla? Tu non puoi avere mai compiuto lavori pesanti; come dunque vorresti farlo adesso?»

19. Disse Raffaele: «Io non ho ancora compiuto mai un lavoro pesante per la ragione che qualsiasi lavoro che a te appare anche pesantissimo, è invece leggerissimo per me. I fatti che seguiranno ti renderanno più chiara la cosa!»

20. A questo punto Io dissi: «Ormai è tempo di liberare gli schiavi che sono laggiù, andiamo dunque; chi però vuole rimanere qui, che ci rimanga!».

21. Tutti allora Mi pregarono che fosse loro concesso di accompagnarMi, e Io acconsentii. Noi dunque scendemmo rapidamente dalla montagna e ben presto ci trovammo presso i nostri mercanti di schiavi intorno ai quali già una moltitudine di popolo si era radunata per saziare la propria curiosità a spese dei miseri schiavi e dei loro padroni.

22. Io però feci cenno a Raffaele di far allontanare tutti quegli oziosi, e immediatamente egli li fece disperdere come polvere al vento; ciascuno si mise a correre con quanto fiato aveva in corpo per sfuggire alle zanne di vari leoni dall’aspetto ferocissimo che erano improvvisamente comparsi fra di loro.

 

[indice]

 

Cap. 4

La conversione dei mercanti di schiavi

 

1. Quando il popolo si fu così disperso da tutte le parti, allora Io, con Raffaele, Agricola e Lazzaro, Mi presentai dinanzi al capo dei mercanti e, usando il suo linguaggio, gli domandai: «Chi vi ha dato il diritto di vendere, sui mercati del mondo, delle creature umane e i vostri figli come una merce qualunque, riducendoli così a schiavi di un tirannico e libidinoso compratore?»

2. Disse il capo dei mercanti: «Se tu hai intenzione di comprarmeli, ti mostrerò che ho il diritto di fare così. Ma se non vuoi comprarli, ti proverò dinanzi al governatore del paese, se proprio ci tieni, che questo diritto io effettivamente ce l’ho! Io stesso sono stato venduto a suo tempo come schiavo; ma poi il padrone che avevo fedelmente servito mi donò la libertà e molto denaro. Io allora feci ritorno alla mia patria, ed ora traffico in quell’identico genere di merce che dovetti essere io stesso venti anni fa servendo un altro. Io ho avuto fortuna, anche se ero schiavo; perché dunque non può toccare la stessa sorte a questi qui? Del resto, nei nostri paesi ciò è una usanza già da tempi antichi, e i nostri saggi non ci hanno mai chiamato a rispondere per questa ragione. Dunque, così facendo, noi non pecchiamo contro le leggi del nostro paese, e per quanto riguarda quelle del vostro paese, noi paghiamo la dovuta concessione; per conseguenza non siamo obbligati a rendere conto a nessuno del nostro buon diritto ad agire così!»

3. Dissi Io: «Eppure trenta giorni fa tu salisti sulle tue montagne con l’offerta di trenta pecore, dieci buoi, dieci mucche e dieci vitelli per consultare il tuo veggente che ti disse: “Se durante il viaggio non vedrai alcun lampo e non udrai alcun tuono, sarai fortunato!”. Tu però interpretasti la predizione a tuo vantaggio pensando che in una stagione così inoltrata non ci sarebbe stato da temere alcun temporale accompagnato da fulmini e tuoni; e perciò intraprendesti il lungo viaggio con i tuoi colleghi. Sennonché poco fa avete visto dei lampi e udito degli scoppi di tuono! Che cosa dunque pensi di fare adesso?»

4. A queste parole il capo di quei mercanti Mi guardò sbalordito ed esclamò: «Se tu fossi un semplice uomo come lo sono io, non potresti essere a conoscenza di queste cose! Infatti, in primo luogo, tu non sei mai stato nel nostro paese, e in secondo luogo nessun uomo su questo mondo sa dove dimora il nostro primo e più reputato veggente. Una cosa simile non può dunque avertela rivelata nessuno, poiché noi non ci lasceremmo sfuggire niente di questo per tutto l’oro del mondo! Ma come mai allora sei a conoscenza del mio più intimo segreto? O amico, dichiarami questa cosa soltanto, e tutti questi schiavi sono tuoi!»

5. Dissi Io: «Non vi ha detto il vostro veggente, una volta, che esiste un Dio ancora più grande, del Quale ha semplicemente udito narrare in certe antiche e misteriose scritture? Egli ha inoltre aggiunto che questa sarebbe una cosa troppo grande e troppo incomprensibile per i mortali, i quali per conseguenza fanno meglio a non occuparsene oltre! Non ha parlato così il vostro veggente?»

6. Udendo queste parole, lo sbalordimento del capo dei mercanti non ebbe più limiti, ed egli esclamò: «Tu non sei un uomo, bensì Tu sei un Dio! Come dunque potrei io, debole verme della Terra, mettermi contro di Te, che puoi annientarmi con un soffio? In verità, il mio, dal punto di vista terreno, sarebbe un pessimo affare! Eppure se avessi anche mille volte tanti schiavi quanti ne ho qui, pur costandomi una somma enorme di denaro, io Te li offrirei tutti! Infatti, Infatti Tu sai, o grande e inconcepibilmente sublime Amico, che quasi tutti noi nel nostro paese conosciamo bene qual è il nostro punto estremamente debole, ma non sappiamo porvi rimedio! Dunque, aiutaci Tu, o Amico! E non soltanto questi schiavi, ma mille volte di più, anzi, quanti Tu ne vorrai chiedere ancora, noi tutti Te li offriremo, perché Tu non sei un semplice uomo, ma sei veramente e completamente un Dio!»

7. Ed Io, rivoltoMi a coloro che Mi erano intorno, dissi: «Ecco, quanto voi avete ora udito, vi sia dunque a voi tutti di esempio! Questi qui sono dei mercanti di schiavi di specie assai tenebrosa, eppure con quanta facilità essi Mi hanno riconosciuto! Lassù invece sorge quel Tempio che Davide e Salomone Mi fecero erigere con gravi fatiche e spese; ma che enorme differenza fra questi mercanti di schiavi che si limitano a vendere i corpi del loro prossimo e quegli altri che invece ne vendono le anime all’inferno!

8. Vedete, questi mercanti di schiavi sono degli Elia al paragone di quei miserabili assassini di anime che sono lassù nel Tempio! Ed è per questo che anche Sodoma e Gomorra si troveranno un giorno al Mio cospetto in condizioni migliori di quella abominevole razza d’inferno lassù. Infatti, se a Sodoma e a Gomorra fosse accaduto quello che è accaduto qui, gli abitanti delle due città si sarebbero vestiti di sacco, avrebbero cosparso di cenere il loro capo e avrebbero fatto penitenza, potendo così giungere alla beatitudine. Ora invece sono Io stesso qui, e quella immonda progenie attenta alla vita del Mio corpo!

9. Vedete, qui al Mio fianco sta Raffaele, il Mio angelo prediletto, ed Io vi dico che c’è più somiglianza fra lui e questi mercanti di schiavi, che fra lui e quei servitori di Dio lassù! In verità vi dico che questo trafficante di carne umana è già un angelo, ma quelli che dimorano nel Tempio lassù sono dei veri demoni!»

10. Quindi rivolgendoMi di nuovo al mercante di schiavi gli dissi: «Ebbene, amico, cosa chiedi per tutti questi tuoi schiavi? Parla!»

11. E il capo dei mercanti disse: «O mio Dio, cosa potrei chiederTi io, debole uomo mortale? Io Ti offro tutti questi e mille volte di più ancora, purché Tu mi ritenga degno della Grazia di spiegarmi dove noi siamo effettivamente manchevoli?»

12. Io dissi: «Allora rimettili tutti in libertà, ed Io in cambio vi donerò la libertà eterna delle vostre anime e la vita eterna!»

13. Allora il capo dei mercanti concluse: «Il contratto è accettato e concluso! Trattare con gli dèi è cosa facile. Liberate adesso tutti gli schiavi, perché noi abbiamo combinato il migliore affare di questo mondo! Del fatto che anche i nostri schiavi non faranno un cattivo affare, sono più che convinto in anticipo; in quanto a noi, ne abbiamo tratto il massimo utile possibile, essendoci acquistati con ciò la vita eterna da Dio! E voi tutti, compagni miei, siete d’accordo con me?»

14. Dissero tutti: «Sì, o Hibram, non abbiamo mai realizzato un utile maggiore! Bisogna però convenire che questa volta il nostro veggente si è sbagliato di molto, perché appunto il fulmine e il tuono ci hanno aiutato a pervenire alla massima felicità! Liberate dunque costoro che sono ancora legati, e rimangano essi proprietà gratuita di questo Dio puro! In quanto a noi, riprenderemo subito la via del ritorno!»

15. Io dissi: «Oh, no! Coloro che sono legati li prendo certo volentieri; ma in quanto a voi, vi fermerete qui ancora tre giorni, però non a spese vostre, ma sarò Io a pagare per voi nel tempo e per l’eternità!».

 

[indice]

 

Cap. 5

La liberazione degli schiavi

 

1. Allora Io feci un cenno a Raffaele perché liberasse i prigionieri, ed essi all’istante si trovarono sciolti dai loro legami e interamente vestiti, mentre prima erano nudi. Per ragioni facili da comprendere, questa improvvisa liberazione dei giovani schiavi suscitò una sensazione immensa, e il capo dei mercanti, non potendo credere ai suoi occhi, si avvicinò a quei giovinetti per toccare con le proprie mani quelle vesti nuove, e si convinse che si trattava di vesti confezionate con vera e propria stoffa e che gli schiavi erano proprio i suoi.

2. Allora egli alzò in alto le mani e disse: «Ora soltanto riconosco in maniera chiara che voi vi trovate davvero nelle mani degli dèi! Ma voi pure pregateli che vogliano usarvi grazia! E quando sarete in condizioni di vera felicità, ricordatevi dei vostri genitori rimasti in patria, costretti in quell’aspro paese a procacciarsi uno scarso e magro sostentamento a costo di grave lavoro e fatica, e a dimorare in capanne quanto mai misere fatte di argilla e di paglia! Accumulate dunque tutte le conoscenze che potete e poi ritornate in patria da noi, affinché per mezzo vostro anche da noi le cose si mettano bene e possano venire create condizioni di vita migliori, poiché d’ora in poi nessun uomo deve essere sottratto ai nostri paesi per essere venduto»

3. Hibram poi si volse verso Raffaele, del quale non poteva mai saziarsi di ammirare la bellezza e la delicata costituzione fisica, e gli disse: «O giovinetto dalla bellezza inconcepibile! Sei anche tu un Dio, visto che ti è stato possibile una cosa tanto prodigiosa? Come hai potuto sciogliere con tanta rapidità i lacci con cui erano legati questi schiavi, e dove hai preso queste molte e preziose vesti per i ragazzi e per le fanciulle?»

4. Disse Raffaele: «Io non sono un Dio, ma sono soltanto, per Grazia Sua, un Suo servitore! Di per me io posso altrettanto poco quanto te, ma quando l’onnipotente Volontà di Dio mi compenetra, allora io posso fare ogni cosa, e non vi è nulla che mi sia impossibile. Ma dimmi un po’, cosa intendi fare degli altri duecento schiavi che hai lasciato nel tuo paese, che non reputasti ancora maturi per venire portati sul mercato?»

5. Disse Hibram: «Anche questo fatto ti è noto, o giovinetto onnipotente? E che cos’altro potrei fare ormai se non educarli a qualcosa di buono e di utile e considerarli come miei veri figli? Ma io ti pregherò che tu voglia procurarmi delle vesti anche per quelli, vesti che io porterò con me in patria»

6. Raffaele disse: «Per il momento ciò non è necessario; quando però tu partirai da qui, fra qualche giorno, e se il tuo sentimento rimarrà onesto, al tuo arrivo in patria troverai assieme ai tuoi compagni già tutto quello di cui tu e i tuoi compagni avrete bisogno»

7. Hibram si dichiarò perfettamente soddisfatto di tale decisione, e così pure i suoi compagni, e tutti lo ringraziarono; ma ancora di più ringraziarono Me, il Signore, perché quei mercanti avevano riconosciuto ormai che il Signore ero Io solo. Poi il loro pensiero corse ai carri ed ai carretti alquanto numerosi che avevano condotto con sé - veicoli che certo non si potevano paragonare a quelli del vostro tempo attuale - e ai loro animali da tiro che erano molto stanchi.

8. E Hibram disse a Raffaele: «Mio onnipotente giovinetto prodigioso! Dove potremo mettere a riparo i nostri carretti e carri e i nostri animali, e come potremo procurarci del foraggio?»

9. Disse Raffaele: «Qui dentro a queste mura che circondano questo monte, proprietà di quell’uomo che ora sta parlando con il Signore, ci sono capanne e stalle in quantità, e altrettanto foraggio per i vostri animali da tiro; qui potete mettere benissimo a riparo tutto ciò che è vostro!»

10. Con questo il mercante Hibram fu del tutto soddisfatto, e i suoi servitori si occuparono dei carri e carretti e degli animali.

11. Dissi Io: «Dato che ora anche quest’opera è giunta a buon fine, noi tutti allora torniamo sulla montagna, e gli schiavi liberati siano i primi ad essere ristorati con cibo e bevande. E quando tu, Hibram, avrai messo tutto in ordine, allora vieni anche tu con i tuoi compagni e servitori e, quali Miei ospiti, prendete anche voi cibo e bevande!»

12. Con ciò tutti furono contenti in sommo grado, e gli schiavi liberati non stavano in sé dalla gioia. Tutti avrebbero voluto stringersi intorno a Me per ringraziarMi, ma dato che erano in tanti, non avrebbero potuto farlo tutti in una volta; perciò essi si disposero in bellissimo ordine in cerchio intorno a Me, e nel loro linguaggio Mi pregarono che Io volessi guardarli e ascoltarli. Io allora volsi il Mio sguardo tutto intorno e in tono amorevole li invitai a parlare.

13. Essi così si espressero con voce estremamente commossa: «O buon padre! Noi ti ringraziamo per averci salvati e liberati dai nostri duri lacci. Noi non abbiamo nulla con cui ringraziarti, ma noi in avvenire ti serviremo come fossimo i tuoi piedi, le tue mani, i tuoi occhi, i tuoi orecchi, il tuo naso e la tua bocca. Oh, buon padre, permetti a noi pure di amarti! Sii per noi d’ora innanzi un vero padre nella tua bontà e nel tuo amore, e non abbandonarci mai più!»

14. Allora Io Mi mossi dentro il cerchio, Mi avvicinai ad ognuno di loro, lo abbracciai e lo strinsi al Mio petto dicendo: «La pace sia con te, figlio Mio, figlia Mia!».

15. Allora tutti quei delicati giovani dai riccioli biondi e quelle vergini ancora più delicate e graziosissime piansero e bagnarono le Mie mani e i Miei piedi con le loro lacrime di gioia.

 

[indice]

 

Cap. 6

Del commercio e dell’usura

 

1. Dopo questa scena solenne che aveva commosso profondamente ogni cuore e che aveva strappato più di una lacrima agli occhi di tutti i presenti, Io dissi a Raffaele: «Ed ora prendi tu l’incarico di condurli lassù perché venga offerto loro qualche ristoro prima di noi; solo quando giungeremo anche noi lassù, si provvederà al nostro ristoro!»

2. Raffaele guidò su i liberati, e quando giunsero nella grande sala, trovarono tre grandi e lunghi tavoli già apparecchiati, e quei giovani, che erano ancora del tutto dei veri bambini, mangiarono con molto gusto e gioia i cibi preparati per loro, e bevvero anche un po’ di vino frammisto ad acqua, colmi di letizia e di buoni propositi.

3. Noi invece restammo ancora sulla strada maestra per osservare tutte quelle comitive di commercianti e di merciai che transitavano diretti verso la città con ogni tipo di mercanzia, frutta e animali.

4. Allora il romano Mi disse: «O Signore, tra questa gente ci sono molti ebrei! Ma costoro non sanno proprio niente di Te? È davvero strano con quale indifferenza questi tali ci passino davanti!»

5. Io dissi: «Come questi, molti altri ancora passeranno dinanzi a Me senza guardarMi e senza riconoscerMi; continueranno invece a frugare nella loro immondizia mondana finché la morte verrà a gettarne i corpi nella fossa e le loro anime all’inferno! Mercanti, trafficanti, merciai e procacciatori d’affari di questa specie sono troppo lontani da qualunque cosa spirituale, e rappresentano fra l’umanità migliore quello che le piante parassite sono sui rami degli alberi da nobile frutto, o quello che è la zizzania in mezzo al grano. Lasciamo dunque che continuino a camminare incontro alla loro tomba e alla loro morte!»

6. Agricola disse: «Ma, o mio Signore e mio Dio! Fra gli uomini deve pur sussistere una certa attività reciproca degli scambi, perché altrimenti agli umani dimoranti in regioni semi-sterili e magre la vita verrebbe resa assolutamente impossibile! Già nella sola Europa io conosco dei paesi costituiti da terreni pressoché esclusivamente montagnosi; non vi si incontrano che rocce e rocce. A quegli abitanti, la maggior parte del loro sostentamento viene fornita dal commercio. Se abolisci questo traffico necessario, un intero e grande popolo finisce col morire di fame! Tu stesso, che sei il Signore del Cielo e di tutti i mondi, non puoi non vedere che simili popolazioni non possono vivere e sussistere senza una certa attività commerciale. Mi meraviglia dunque molto che la Tua divina, suprema Sapienza, condanni questa attività incondizionatamente! Infatti, sai - a prescindere dal rispetto illimitato che debbo alla Tua Divinità purissima! - con il mio sano e umano intelletto ritengo che non posso associarmi a questa Tua sentenza!»

7. Io dissi: «Amico Mio, quanto tu sai e comprendi, questo - devi permetterMelo - Io l’ho già saputo e compreso molto tempo prima che un Sole-centrale-primordiale splendesse in un Globo-involucro!

8. In verità ti dico: “Il Mio zelo non è rivolto contro il giusto commercio molto benefico tra uomini e uomini, perché sono Io stesso a volere che ciascun essere umano debba dipendere sotto certi aspetti dagli altri, e quindi un onesto scambio fra uomini e uomini rientra senz’altro nell’ambito dell’ordine sommo dell’amore del prossimo”. Sennonché si spera che anche tu non potrai non riconoscere che non Mi è possibile tributare alcuna lode all’usuraio in cui non c’è neppure una minima traccia di amore! È bensì giusto che il mercante onesto ottenga un adeguato compenso per le sue fatiche e per le sue prestazioni, ma egli non deve voler guadagnare cento o anche più denari su una cosa che ne vale dieci! Comprendi tu questa cosa? Io dunque non condanno che l’usura, ma non il necessario commercio onesto! Vedi di comprendere questo, affinché tu non cada in qualche brutta tentazione!»

9. Il romano allora Mi chiese perdono e confessò di essersi ingannato molto e grossolanamente.

10. A quel punto Mi venne vicino Lazzaro il quale Mi disse: «Signore, considerato che ad ogni modo noi dovremo salire sul monte, dato che ormai qui non ci sarà più niente di troppo particolare da fare, vorrei sentire da Te cosa si può pensare di quel Tuo meraviglioso giovinetto! Chi è e da dove viene? A giudicare dalla foggia del suo vestire sembrerebbe un abitante della Galilea; ma come è pervenuto ad un grado così alto di sapienza e di potenza d’azione prodigiosa? Il suo aspetto è quello di un adolescente di circa sedici anni soltanto, ma tuttavia è superiore ai Tuoi vecchi discepoli! Non vorresti chiarirmi questo strano fenomeno?»

11. Dissi Io: «Non sta scritto: “In quello stesso tempo vedrete gli angeli di Dio scendere dai Cieli sulla Terra, ed essi serviranno gli uomini”? Dunque, se ciò ti è noto, vedrai ben presto e facilmente cosa si debba pensare di quel giovinetto. Queste cose tienile intanto per te dato che tutti gli altri devono chiarirsele da soli. I Miei vecchi discepoli lo conoscono già, ma neanche loro devono rivelarne l’identità prima del tempo.

12. Tu prima hai detto che noi dovremmo fra poco risalire al tuo albergo, ma Io ti dico che per questo avremo ancora un’ora di tempo! Noi ci fermeremo qui sulla strada, perché ben presto succederà qualcosa che renderà quanto mai necessaria la nostra presenza proprio qui»

13. Lazzaro Mi chiese: «Signore, abbiamo forse da attenderci qualcosa di spiacevole?»

14. Dissi Io: «Amico, a questo mondo e con questa gente possiamo aspettarci ben poco di buono! Vedi, ora c’è già meno afflusso di mercanti e tra poco i servitori dei farisei condurranno qui un povero peccatore che un’ora fa, essendo affamato, ha osato mettere le mani sui pani di presentazione nel Tempio; essi perciò lo trascineranno fino a quello spiazzo libero sotto l’alta muraglia per lapidarlo a causa del crimine commesso! Noi però impediremo questa cosa. Ed ecco che tu già sai perché noi intendiamo rimanere qui!»

15. Ora anche Agricola aveva appreso quanto avevo detto, ed egli allora Mi si avvicinò e disse: «O Signore, io ho udito le Tue parole che davvero non sono risuonate molto piacevoli! Ma com’è questa cosa: ha la gente del Tempio essa pure il diritto di applicare una JUS GLADII? (Diritto di spada; diritto di vita e di morte). Eppure io sono a conoscenza di tutti i privilegi concessi da Roma ai suoi popoli, ma di un simile privilegio proprio non ne so nulla! Bisogna che riguardo a tale questione io mi informi molto dettagliatamente! E Tu, o Signore e Maestro, puoi spiegarmi come sta la faccenda?»

16. Dissi Io: «Quando i Romani divennero signori del paese d’Israele, essi esaminarono per filo e per segno la dottrina religiosa degli Ebrei nonché le massime ereditate da Mosè e dai profeti, e riscontrarono che da parte di Mosè è stato conferito al Tempio, cioè ai sacerdoti, il diritto di lapidare a morte gli uomini che si erano macchiati di gravi crimini. Tuttavia i sacerdoti non hanno il diritto essi stessi di condannare a morte qualcuno, ma devono consegnare il malfattore ai tribunali, e soltanto a tali tribunali spetta giudicare secondo la vera testimonianza dei sacerdoti e consegnare il pericoloso malfattore ai lapidatori. Sennonché tale procedura non è stata seguita qui nel nostro caso; anzi ormai i sacerdoti agiscono arbitrariamente, e pagano ad Erode un canone per acquistarsi essi pure il diritto all’applicazione di una certa JUS GLADII arbitraria, della quale fanno abuso in maniera abominevole come vedrai che accadrà qui fra poco. Ma ora bisogna stare davvero all’erta perché tra poco saranno qui!».

 

[indice]

 

Cap. 7

Agricola procede all’interrogatorio di un capo-sacerdote

 

1. Avevo appena terminato di parlare, quando vedemmo avvicinarsi un gruppo numeroso di gente che trascinava barbaramente quell’infelice tenendolo al centro del gruppo.

2. Io allora dissi ad Agricola: «Adesso andiamo noi due incontro a quegli sgherri che sono guidati da un capo-sacerdote»

3. Noi ci incontrammo con il gruppo proprio all’uscita della grande porta, ed Io misi in bocca al romano le parole che doveva dire. Egli allora, serio in faccia come un vero romano, così interpellò il capo-sacerdote con voce serissima: «Che cosa succede qui?»

4. Rispose il capo-sacerdote: «Noi, fra gli antichi diritti datici da Mosè, abbiamo anche quello della JUS GLADII, e lo possiamo esercitare immediatamente quando si tratta di crimini assai gravi!»

5. Disse il romano: «Io sono venuto qui da Roma in qualità di primo inviato imperiale appunto per indagare sul vostro frequente abuso dei privilegi accordativi da Roma! Avete voi la sentenza di un giudice secolare?

6. Questa domanda giunse quanto mai inopportuna agli orecchi del capo-sacerdote il quale rispose: «Dimostrami prima tu di essere veramente un inviato di Roma, perché chiunque potrebbe travestirsi da romano e venire qui a prescriverci leggi nuove in nome dell’imperatore!»

7. Allora Agricola trasse fuori da un astuccio d’oro un rotolo di pergamena munito di tutte le insegne, e il capo-sacerdote non ebbe più alcun dubbio riguardo al fatto che il portatore di quel documento era un’alta e potente personalità di Roma!

8. Dopo di ciò Agricola, in tono sempre più serio, domandò: «Ebbene, adesso io ti ho mostrato il documento da te richiesto; dov’è dunque la sentenza di un giudice secolare contro questo delinquente, sentenza che ti ho chiesto prima?»

9. Disse il capo-sacerdote: «Ma se te l’ho già detto prima che al Tempio già anticamente da parte di Mosè è stato conferito il diritto di punire anche con la morte un reo di crimine grave contro il Tempio, e tale diritto è ormai sanzionato pure da Roma! Per conseguenza il Tempio agisce in diritto se, quale esempio intimidatorio per tutti, condanna a morte per lapidazione, come prescritto da Mosè, un simile peccatore contro Dio e il Suo Tempio!»

10. Disse Agricola sempre più serio: «Questo Tempio esisteva già all’epoca di Mosè?»

11. Il capo-sacerdote disse: «Questo proprio no; tuttavia Mosè era un profeta, e nel suo spirito egli certamente sapeva che Salomone, il re grande e sapiente, avrebbe edificato a Dio un Tempio, e quindi un crimine contro il Tempio e le sue istituzioni supremamente sacre è appunto altrettanto punibile quanto quello commesso contro Dio stesso!»

12. Disse Agricola: «Perché allora Mosè stesso ha stabilito, per casi simili, un giudice appropriato e non ha invece affidato tale mansione ai sacerdoti? Com’è dunque che d’un tratto siete voi pure diventati dei giudici per la vita e per la morte di un essere umano? Da parte di Mosè non siete che dei sacerdoti, e Roma, dopo che si è presa lo stesso diritto dai vostri giudici secolari dell’epoca del vostro re Saul, ha concesso a voi tutti pure una certa funzione giudiziaria secolare condizionata però alla norma precisa che qualsiasi delinquente, in particolare poi quelli che hanno meritato la morte, debbano sempre venire consegnati ad un giudice secolare del luogo, e che nessun sacerdote debba occuparsi ulteriormente di ciò che il tribunale decide nei confronti del delinquente. Perciò a voi non spetta né giudicare, né condannare, né infine, meno ancora, dare esecuzione alla sentenza!

13. Dunque lasciate immediatamente libero il vostro criminale! Io stesso lo interrogherò e vedrò se il suo delitto è tale da fargli meritare la morte; ma guai a voi qualora dovesse risultare che siete stati voi stessi a commettere ingiustizia contro quest’uomo!»

14. A questa minaccia energica, i servitori e gli sgherri del Tempio misero in libertà il delinquente e lo condussero dinanzi ad Agricola.

15. E il capo-sacerdote disse: «Eccolo qui, il malfattore! Interrogalo pure tu stesso! Io, però, e tutti questi servitori saremo, spero, testimoni sufficienti a ribattere i suoi ostinati dinieghi!»

16. Disse Agricola: «Molto bene! Ad ogni modo io ho qui appunto al mio fianco un Testimone assolutamente veritiero, e vi dichiaro già in anticipo che ogni menzogna, sia da parte di questo incriminato sia da parte vostra, io saprò punirla nel modo più severo! Ma più severo ancora sarò verso coloro che avranno eventualmente pronunciato contro questo misero una sentenza addirittura malvagia e quindi degna del massimo castigo!»

17. A queste parole non troppo amichevoli del romano, il capo-sacerdote e i suoi sgherri furono colti da grande paura e il primo parve voler battere in ritirata, mentre i servitori dissero: «Ma che cosa c’entriamo noi in quest’affare? Noi non abbiamo una nostra volontà, ma dobbiamo noi stessi obbedire alla volontà del Tempio; che il capo-sacerdote regoli dunque la questione egli stesso direttamente con te, o illustre signore! Quando c’è da punire un delinquente, noi non facciamo che eseguire la sentenza, ma perché veramente qualcuno sia stato condannato, di questo noi non ne sappiamo di più di quanto i giudici ci comunicano in forma sempre molto breve. Ora, se la cosa sta in questi termini, come potremo testimoniare a favore od a svantaggio dell’imputato? Permetti dunque, o illustre signore, che noi ce ne andiamo!»

18. Agricola quindi disse: «Questo non va assolutamente; voi dovete restare qui a causa del capo-sacerdote, come egli pure deve restare finché avrò interrogato il delinquente».

 

[indice]

 

Cap. 8

Le abominevoli massime del Tempio

 

1. Appresa tale notizia, tutti rimasero ai loro posti, e Agricola cominciò anzitutto con il domandare al capo-sacerdote: «Che cosa dunque ha commesso quest’uomo per avere, secondo voi, meritato la pena di morte?»

2. Il capo-sacerdote, alquanto imbarazzato, disse: «Ieri, nel pomeriggio, egli ha osato stendere la sua mano profana sui sacri pani di presentazione e addirittura mangiarli, cosa questa che può farla impunemente solo il sommo sacerdote, e anche lui la può fare solo quando prega e canta i salmi. Egli è stato colto sul fatto, e perciò, secondo la legge, è stato condannato a morte come si è ben meritato; non c’è dunque bisogno di nessun’altra procedura, perché l’azione già per se stessa costituisce la prova più palpabile della colpa dell’imputato!»

3. Disse Agricola: «Ma proprio questo è davvero un bel modo di amministrare la giustizia! Ma non si deve, secondo le nostre leggi, trattandosi di qualsiasi delinquente, considerare in primo luogo in quale misura egli sia responsabile, indifferentemente dal fatto che egli abbia commesso questo o quell’altro crimine? Qualora un ritardato si sia reso colpevole di un delitto talmente grave da giustificare appieno, secondo la legge, la pena di morte se fosse stato commesso da persona più intelligente, allora il colpevole, visibilmente ritardato, deve venire messo sotto custodia affinché da quel momento in poi non possa più rappresentare così facilmente un pericolo per la società umana. Se poi più tardi egli è migliorato, va rimesso in libertà, mentre se il miglioramento non è completo, lo si deve impiegare come schiavo nelle galee perché sconti i suoi peccati e in questo modo si renda almeno un po’ utile alla società.

4. Oltre a ciò, giudicando un delinquente, è chiaro che vanno tenute in debito conto anche le circostanze che lo hanno indotto a commettere un delitto: l’uomo spesso commette un crimine perché tiratovi per i capelli, e ciò può costituire un’attenuante assai grande! Infatti è certo ben differente se qualcuno, cadendo dal tetto, uccide involontariamente il prossimo che passa di sotto, oppure se l’uccide con premeditazione; ma fra questi due estremi ci sono ancora una quantità di circostanze secondarie che ogni giusto giudice deve bene prendere in considerazione, e che possono assumere un carattere attenuante oppure aggravante rispetto allo stesso crimine.

5. Se qualcuno per esempio si presentasse da voi in veste di accusatore dicendo: “Quest’uomo ha ucciso mio fratello!”, e se poi senza sentire nemmeno l’accusato voi lo condannaste immediatamente a morte, che razza di giudici sareste voi? Nella nostra legge non è fatto espressamente strettissimo obbligo a qualsiasi giudice di informarsi in maniera assolutamente esatta riguardo al “CUR, QUOMODO, QUANDO ET QUIBUS AUXILIIS” (“Perché, come, quando e in quali circostanze”) e solo dopo pronunciare la sentenza? È stata veramente tale la vostra procedura rispetto a questo delinquente?»

6. Disse il capo-sacerdote: «Ma noi nel Tempio non abbiamo la legge romana, ma abbiamo soltanto quella di Mosè; ora questa suona ben diversamente!»

7. Disse Agricola: «Davvero? Se il vostro Mosè vi avesse proprio dato delle leggi penali come quelle che voi osservate nel vostro Tempio, allora il vostro Mosè dovrebbe essere stato un legislatore tanto scimunito e crudele che noi Romani vicino a lui faremmo la figura di autentici dèi! Io invece ti dico che conosco fin troppo bene le miti Leggi di Mosè, e a queste anzi noi stessi ci siamo per lo più conformati nel compilare le nostre leggi statali, e voi, gente del Tempio, al cospetto di Dio e di tutti gli uomini siete dei mentitori degni della punizione più severa se volete sostenere dinanzi a me che le vostre massime templari arci-stupide, tiranniche e crudeli sono state stabilite da Mosè! Si tratta invece di massime vostre che voi stessi avete compilato, dispoticamente e dimentichi di Dio, del tutto senza senso e coscienza, e voi ora tali massime atroci le applicate arbitrariamente per tormentare il misero popolo! Potete voi riconoscere una legge simile quale una Legge sacra emanata da un Dio supremamente sapiente?»

8. Disse il capo-sacerdote: «Ma non sono stato io a stabilire le massime del Tempio! E poiché ormai esistono, noi dobbiamo osservarle, sia che esse provengano da Mosè oppure da chiunque altro sia!»

9. Disse Agricola: «Sta bene, noi romani sapremo trovare rimedio a questo scandaloso stato di cose! Ora però converrà restare ligi alla nostra massima che dice: “AUDIATUR ET ALTERA PARS!” (“Si ascolti anche l’altra parte!”)»

10. Dopo di ciò Agricola, rivoltosi con espressione amichevole all’accusato, gli disse: «Dimmi tu ora, conformemente a piena verità, come stanno le cose riguardo al crimine da te commesso! Non negare nulla, ma invece confessa tutto! Io posso salvarti, ma posso anche condannarti se il tuo delitto è degno di morte!».

 

[indice]

 

Cap. 9

La confessione del criminale apparente

 

1. Allora l’imputato si alzò sulla persona, e con tutta energia dichiarò apertamente e senza nessun sottinteso: «O illustre signore e giudice possente e giusto! Io sono altrettanto un delinquente quanto lo sei tu e colui che è al tuo fianco!

2. Io sono un povero lavoratore alla giornata e devo provvedere con le mie mani al sostentamento di mio padre e di mia madre, tutti e due sempre infermi e quasi inabili a qualsiasi lavoro. Oltre a ciò ho una sorella più giovane di me, che ha appena diciassette anni e otto lune (mesi) di età; ora io devo mantenere anche lei, perché non può guadagnarsi nulla dovendo assistere a casa i genitori ammalati. Questa mia brava e buona sorella - quantunque poverissima - è tuttavia per sua natura molto bella e attraente; ma questo fatto purtroppo la gente del Tempio non lo ignora, e alcuni di loro si sono già dati un gran daffare per tentare di sedurla; sennonché tutti i loro tentativi sono stati vani. Allora essi hanno minacciato me e i miei genitori dicendo: “Aspettate un po’, razza di straccioni superbi, ci penseremo noi a rendervi più mansueti e umili!”.

3. Il giorno seguente io andai in cerca di lavoro in quelle case di mia conoscenza, però mi venne risposto che da parte dei sacerdoti io ero stato dichiarato un abominevole peccatore perché mi davo a pratiche incestuose con la mia bella sorella. Perciò fui messo alla porta e io non seppi più cosa fare.

4. Mi rivolsi poi a qualcuno fra i pagani ed esposi loro la mia grande miseria. Ottenni in elemosina qualche spicciolo che mi servì per comperare almeno un po’ di pane; ma purtroppo di quei pochi spiccioli non rimase ben presto più niente; e così io e i miei dovemmo restare per due giorni interi senza un boccone. Io dunque non potevo guadagnare più nulla, né d’altro canto sapevo più dove ricorrere per aiuto, cosa questa che va attribuita anche all’attuale periodo festivo, dato che in quest’epoca nemmeno fuori di qui si può trovare lavoro. Allora mi venne il pensiero: “Se tu, israelita innocente, facessi quello che fece Davide un giorno in cui era assillato dalla fame, questo non potrebbe essere un peccato tanto grande al cospetto di Dio!”

5. E ieri sul tardo pomeriggio, spinto dalla mia grande miseria, me ne andai al Tempio, mi avvicinai là dove c’erano i pani di presentazione, presi il primo che mi capitò sotto mano e volevo accingermi a calmare la mia fame riservandomi di conservarne una parte per portarla ai miei genitori affamati e a mia sorella non meno affamata. Sennonché ben presto venni scoperto dai guardiani del Tempio che stavano in agguato, ed essi mi saltarono addosso urlando all’abominio e mi trascinarono senza misericordia dinanzi ai sacerdoti. Questi mi riconobbero all’istante e gridarono: “Ah, ah! Eccolo qui il mendicante superbo, l’incestuoso ed ora profanatore dei pani di presentazione! Che egli sia perciò lapidato domani, prima ancora di mezzogiorno!”.

6. Dopo ciò mi trascinarono via fra maltrattamenti di ogni specie e tremende ingiurie, e mi gettarono in un’oscura prigione dove rimasi a soffrire fino ad oggi. Il modo in cui sia stato condotto dalla prigione fino a qui, questo, o nobile giudice, l’hai visto tu stesso! Quello che accadrà ai miei poveri genitori e alla mia misera sorella, o che è già accaduto, ciò lo saprà Jehova!

7. Nobile giudice! Questo è tutto quello che io, conformemente a pienissima verità, posso dirti del crimine da me commesso! Oh, non giudicarmi così duramente come mi ha giudicato particolarmente questo capo-sacerdote che si trova qui! Infatti, per dirla apertamente, fu appunto questo qui che tentò di sedurre la mia casta sorella; e questo io posso giurarlo al cospetto di Dio e di tutti gli uomini! Io ti posso indicare per questo dei testimoni assolutamente degni di fede che ti confermeranno sotto giuramento questo fatto certamente molto doloroso!»

8. Agricola, del tutto adirato contro il templare, disse: «Amico mio! Chi parla con tanta franchezza come hai fatto tu, non ha davvero bisogno di fornire molte altre prove! Inoltre io ho qui al mio fianco un Testimone autorevolissimo come Guida riguardo alla verità delle tue dichiarazioni. Tra poco però verrà qui qualcuno che condurrà qui i tuoi genitori e tua sorella perfettamente fortificati, e poi qualcun altro ancora del quale avrò molto bisogno per quanto riguarda questo templare!».

 

[indice]

 

Cap. 10

La confessione del capo-sacerdote

 

1. In quello stesso momento, obbedendo alla Mia chiamata interiore, comparve Raffaele, al quale pure interiormente dissi: «Esegui quanto richiederà da te il romano, dato che Io gli do pensieri, parole e volontà!»

2. Quando Agricola ebbe scorto Raffaele, gli disse: «Mi sono immaginato che non ti saresti fatto aspettare a lungo!»

3. Disse Raffaele: «Io so già quello che vuoi, fra pochi istanti sarà tutto in regola. Infatti, le persone che desideri qui, non sono lontane, e perciò ben presto le avrò portate tutte qui!»

4. Disse allora il capo-sacerdote: «Che cosa sono tutte queste storie?»

5. Disse Agricola: «Tu parlerai quando sarai interrogato; adesso taci!»

6. In quell’istante l’angelo si allontanò rapidamente e ricomparve subito conducendo i due vecchi e la giovane sorella che, nonostante le sue misere vesti, era davvero bellissima nel corpo, e subito dopo di loro vennero anche dieci militi romani nonché un giudice delegato da Pilato.

7. Raffaele disse ad Agricola: «O amico, ti va bene così?»

8. Agricola disse: «Perfettamente! Ciò corrisponde in tutto e per tutto al mio desiderio»

9. Dopo di ciò Raffaele si ritirò, pronto all’azione al Mio cenno.

10. Poi Agricola si rivolse ai tre appena arrivati e domandò loro se conoscevano quell’uomo maltrattato.

11. La sorella disse: «O Jehova, che cosa è accaduto dunque del mio povero fratello? Ieri nel pomeriggio egli uscì di casa per andare a prendere del pane in qualche luogo, dato che erano già due giorni che noi non mangiavamo nulla, ma non rientrò più. Noi eravamo angosciati per lui, e pregammo affinché non gli accadesse niente di male! Ed ecco che, come ebbe a dirci quel caro e giovane messaggero, lo troviamo adesso qui in condizioni che non rivelano dei precedenti troppo buoni!»

12. La sorella avrebbe voluto continuare ad indagare, sennonché Agricola in tono amorevole la esortò a calmarsi, dicendole: «O bellissima figlia di Sion, risparmiati ogni altra domanda, perché tuo fratello ormai si trova già in mani eccellenti! Ma adesso ti presenterò quel capo-sacerdote del Tempio che appunto in questo momento ha distolto la sua faccia da noi, e tu dovrai dirmi, conformemente a piena verità, se lo conosci e in quali circostanze l’hai conosciuto!»

13. Disse la sorella: «O signore, risparmiati questa fatica, perché già da lontano ho riconosciuto, a mio grande orrore, questo miserabile!»

14. Agricola disse: «Ciò non importa nulla, anzi è meglio per voi tutti!»

15. Dopo di che il romano chiamò il capo-sacerdote in tono energico dicendo: «Ora vieni vicino faccia a faccia e parla! Cosa puoi obbiettare ora ad una simile accusa a te rivolta? Confessa senza reticenze la verità, altrimenti te la farò confessare su una croce rovente, affinché impari a conoscere più da vicino la giustizia dei romani, perché noi romani non facciamo affatto eccezioni, nemmeno trattandosi di sacerdoti! Fatti avanti e parla!»

16. Allora il capo-sacerdote si volse e rispose con voce tremante: «O potentissimo e illustre signore! Cosa potrei replicare ancora? È purtroppo così come il poveretto disse prima di me, e io ho meritato la pena che troverai giusto infliggermi! Se un giorno potessi riacquistare la libertà, io vorrei risarcire mille volte questa misera famiglia del danno causatole dal mio inumano procedere; sennonché io non ho meritato di venire esonerato da una giusta punizione, e perciò sarà difficile che io possa rendere a questa famiglia povera ed onestissima quello che le ho causato di male»

17. Disse Agricola: «Siccome io non sono un giudice che si fa guidare dalle brame come vi fate guidare voi, ma sono invece un giudice secondo la misura del giusto, allora io ti dico che ormai i tuoi giudici principali sono questi quattro che tu hai in maniera tanto disumana offeso e danneggiato! Come essi ti giudicheranno, così ti giudicherò anch’io! Per il crimine poi perpetrato da questo misero affamato contro i vostri pani di presentazione nel Tempio, conviene che la sentenza venga rimessa nelle mani di Dio! Se Egli glielo perdona, gli sarà perdonato anche da parte nostra, poiché così facendo questo misero non ha peccato contro di noi!»

18. Allora Agricola si rivolse ai componenti della povera famiglia e disse loro: «E ora dite voi ciò che devo fare io di questo gran malfattore! Infatti egli non ha solo doppiamente arrecato danno alla vostra casa tentando di oltraggiare la vostra casta figlia, e, non essendogli riuscito ciò, facendo in modo con la calunnia che vostro figlio non potesse più trovare lavoro, ma ha pure condannato alla lapidazione questo vostro figlio perché egli, spinto dalla fame, ha posto la mano su una pagnotta del pane di presentazione, e se non fosse stato qui questo supremo Amico degli uomini, vostro figlio sarebbe già morto, e voi non l’avreste più rivisto!

19. Là, più innanzi, stanno gli animaleschi sbirri e sgherri del Tempio che avrebbero dovuto lapidarlo; e proprio questo capo-sacerdote del Tempio è stato il giudice più accanito, spietato e ingiusto che ha condannato vostro figlio alla pena di morte per lapidazione! Non mi è ignota la legge riguardante la profanazione dei pani di presentazione: la pena di morte è stata comminata da Mosè soltanto nel caso in cui il crimine sia dovuto a ostinata malizia, e non nel caso in cui l’uomo agisca sotto l’impulso della fame, anzi in questo caso ciascun ebreo ha il diritto di saziarsi anche del pane di presentazione se proprio non ne può più dalla fame, come del resto fece pure il vostro gran re Davide un giorno in cui la fame lo spinse a prendere quel pane per saziarsi, poiché egli comprendeva la Legge di Mosè meglio del sommo sacerdote d’allora. Ma con queste parole io anche assolvo vostro figlio da ogni colpa, ed ora spetta a voi giudicare questo uomo che si è macchiato di un crimine così grande contro di voi!»

20. Il padre del giovane e della bella ragazza disse: «Signore e giudice potente! Noi tutti ringraziamo il Gran Dio e te e il tuo Amico per essere stati salvati in modo così prodigioso da un così grande pericolo. Ma come Dio finisce sempre con il proteggere il buono e il giusto, ugualmente Egli punisce sempre il vero male in un peccatore incallito se egli non si pente e non fa penitenza, ma si ostina anzi nella sua perfidia. Ma se egli si ravvede sul serio, allora Dio gli perdona i suoi peccati, per quanto anche grandi e numerosi possono essere. Perciò anch’io non voglio giudicare quest’uomo, ma lo rimetto unicamente alla Volontà di Dio, poiché Dio solo è un Giudice giustissimo. Ecco, tale è la nostra sentenza contro questo nostro grande nemico. Dal canto nostro noi gli perdoniamo di tutto cuore il male che ci ha fatto».

 

[indice]

 

Cap. 11

La sentenza di Agricola

 

1. Quando il capo-sacerdote ebbe udito tale sentenza dalla bocca del misero ed onesto padre, proruppe in lacrime e disse: «O gran Dio! Come sono buoni i Tuoi veri figli, e come orribilmente perfidi siamo noi, vera progenie di serpenti dell’inferno! O Dio, puniscimi secondo quando io mi sono meritato con la mia malvagità!»

2. Disse Agricola: «Se questi qui non ti hanno giudicato, pur avendone in effetti solo loro il diritto, nemmeno io ti giudico; solamente ho fatto venire qui il giudice affinché egli faccia a te e a tutti i tuoi pari nel Tempio rigorosissimo divieto di emettere, per una ragione qualsiasi, una sentenza di morte contro chicchessia, altrimenti tu e tutto il Tempio non sfuggirete alle sanzioni comminate dalla legge. Per quanto riguarda poi questi sbirri e questi sgherri, a causa del loro spontaneo malanimo dimostrato verso questo misero, dovranno essere puniti con cento colpi di sferza ciascuno, affinché essi pure sentano sulla propria pelle se un trattamento inumano di questa specie faccia bene o male. Che i soldati li conducano immediatamente in prigione e che la sentenza venga eseguita subito! Così sia fatto!»

3. Allora gli sbirri e gli sgherri cominciarono ad urlare e a scongiurare.

4. Agricola disse: «Non è forse vero che anche questo misero vi ha pregato di non maltrattarlo in maniera tanto crudele? Ma voi non avete dato ascolto alle sue suppliche, mentre l’ordine che voi avevate ricevuto era unicamente di custodirlo; ora appunto per quello che voi avete fatto senza averne il diritto, non vi sarà risparmiata neanche una frustata, anzi sarà rigoroso dovere degli esecutori vibrare ciascun colpo con la massima energia. E adesso via di qui, poiché per voi non c’è misericordia né presso Dio, né, meno ancora, presso di me!»

5. Allora i militi circondarono quegli sbirri e sgherri del Tempio, che in tutto erano quindici, e li spinsero innanzi per portarli via.

6. Invece il capo-sacerdote, con voce tremante e con il massimo rispetto, domandò al romano: «O illustre e potente signore! Che cosa dovrà effettivamente venire chiarito tra me e il giudice?»

7. Agricola disse: «Questo te l’ho già detto; se però non l’hai ancora compreso, te lo ripeterò nuovamente: “Tu andrai con il giudice nel suo ufficio, e là riceverai da lui delle norme adeguate riguardo a come il Tempio sarà tenuto a procedere in avvenire rispetto alle sue pene mosaiche! Ogni violazione di simili norme sarà inesorabilmente punita da parte di Roma! Con tale decreto, che Pilato munirà della sua firma per mio ordine, tu te ne andrai al Tempio e ne porterai al corrente chi di dovere!”»

8. Disse il capo-sacerdote: «Ma che cosa devo dire a Pilato nel caso in cui egli voglia sapere da me qualcosa a tuo riguardo?»

9. Disse Agricola: «Pilato non ti domanderà nulla, perché già un paio di giorni fa sono stato da lui; dunque egli mi conosce benissimo, e altrettanto bene sa perché io ora ispeziono queste nostre province in nome dell’imperatore. E adesso puoi andartene anche tu!»

10. Allora il giudice e il capo-sacerdote fecero un profondo inchino davanti ad Agricola, e il giudice invitò l’altro a seguirlo.

11. Tuttavia il capo-sacerdote disse: «Permetti che io rivolga una sola domanda ancora all’inviato dell’imperatore!»

12. Il giudice disse: «Sbrigati dunque, poiché noi giudici in questo periodo abbiamo poco tempo da perdere!»

13. Il capo-sacerdote allora, rivoltosi nuovamente al Agricola, gli disse: «O potente inviato dell’imperatore! Ecco, io sono molto ricco, ma ora questi tesori mi fanno orrore! Considerato dunque tutto il male da me fatto a questa povera famiglia, male che è così grande da gridare vendetta al Cielo, io vorrei espiare per quanto possibile il male fatto cedendole tutti i miei beni. Nell’ufficio di questo giudice potrei dunque far redigere una lettera di donazione e consegnarla poi a questa famiglia assieme a tutti i miei tesori, ed evitare che essa sia tenuta a rendere conto del come li ha ottenuti!»

14. Disse Agricola: «Tu troverai un gran numero di famiglie povere verso le quali potrai esercitare i doveri dell’amore del prossimo che appunto tu hai trascurato per tanto tempo; per quanto poi riguarda questa famiglia povera, essa è già ben provvista nel migliore dei modi, e quindi tu puoi anche andare! In avvenire vedi di agire secondo giustizia e sii timorato di Dio, così non ti troverai più in incidenti spiacevoli di questo genere! Così sia fatto!».

15. Dopo di ciò i due fecero un nuovo inchino dinanzi ad Agricola e subito si allontanarono.

16. Noi invece tornammo, assieme alla famiglia salvata, dal nostro gruppo, che era tutto in ansiosa attesa di sapere cosa fosse accaduto. Infatti essi, rispetto a noi, si trovavano ad una distanza che consentiva loro di vederci, ma non di capire ciò che era accaduto. Anche il nostro mercante di schiavi Hibram si era spinto avanti con i suoi compagni per sapere cosa fosse accaduto.

17. Io dissi a Lazzaro: «Amico, la cosa più urgente da fare ora è quella di procurare a questi quattro un ristoro per il corpo; di tutto il resto avremo tempo di parlare lassù. Infatti costoro non hanno mangiato nulla già da due giorni. I due vecchi erano gravemente infermi e indeboliti; ormai però sono risanati. Questo giovanotto dalla robusta corporatura, che adesso ti appare in uno stato così miserando, è appunto colui che avrebbe dovuto venire lapidato, mentre questa graziosissima giovinetta è sua sorella, e i due sono figli di questi poveri ma onesti genitori. Ecco che con ciò tu sai anche con chi hai a che fare!»

18. Agricola per conto suo aggiunse: «Quanto essi consumeranno finché mi tratterrò qui, sarà a carico mio, ed oltre a ciò è mio desiderio che essi vengano ospitati nel migliore dei modi alla mia mensa! Ad ogni modo intendo condurli con me a Roma. Altrettanto assumo a carico mio anche ogni spesa per gli schiavi dei quali d’ora innanzi io avrò ogni cura perché crescano bene e vengano bene educati tanto nel corpo, quanto nello spirito!»

19. Disse Lazzaro: «Amico, vorrei tenerne anch’io alcuni qui con me! Infatti, vedi, io non ho né moglie, né figli, e quindi ne accoglierei volentieri alcuni in casa mia come figli adottivi!»

20. Agricola disse: «Tu sei liberissimo di fare così; io ti lascio volentieri quanti ne vuoi!».

21. Lazzaro rimase soddisfatto di questo, e noi poi ci mettemmo sulla via in salita che conduceva all’albergo dove non tardammo ad arrivare.

 

[indice]

 

Cap. 12

Il pasto nell’albergo

 

1. Quando arrivammo in cima al monte, trovammo gli schiavi schierati in buon ordine, i quali già da lontano Mi salutarono dicendo: «Salve a te, o caro, buon padre, che ci hai redenti e sciolti dai nostri duri legami! Tu ci hai regalato una nuova veste bellissima che ci dona un bell’aspetto e ci hai saziato con del cibo delizioso e ristorato con bevande rinvigorenti e dolcissime! O tu padre buono e caro, vieni, vieni qui da noi, affinché noi possiamo ringraziarti con il nostro amore!»

2. E quando fui giunto del tutto presso di loro, essi Mi si affollarono intorno e Mi baciarono.

3. I discepoli però li ammonirono a non stringersi intorno a Me con tanto impeto.

4. Ma Io dissi ai discepoli: «Oh, non vietate loro questa innocentissima gioia, poiché in verità Io vi dico: “Chi non Mi ama come uno di questi veri figli, costui non verrà a Me!”. Infatti, chi non è attratto dal Padre (in Me), non perviene al Figlio (alla Sapienza da Dio). Ora questi sono attratti dal Padre, e perciò si stringono così intorno a Me. Essi non sanno ancora chi Io sia, eppure il Padre essi Lo hanno già riconosciuto in Me molto meglio di quanto Lo abbiate riconosciuto voi finora. Cosa ne dite voi?»

5. I discepoli allora non dissero nulla, e dovettero ammettere che essi non Mi avevano mai accolto con tanto calore d’amore quanto Me ne dimostravano ora quei figli benché provenissero dal Settentrione di solito così freddo.

6. Quando dunque quei giovinetti Mi ebbero manifestato la loro amorevolezza e ringraziato di ogni cosa, si ritirarono di nuovo ordinatamente, e noi entrammo in casa e prendemmo posto alle mense nello stesso ordine del giorno prima; i nuovi ospiti però, cioè i quattro componenti della povera famiglia, secondo la buona volontà di Agricola si sedettero alla mensa dei romani, mentre i mercanti di schiavi, con Hibram a capo, presero posto vicino ai sette farisei. E quando tutto fu in regola, vennero portate le vivande nonché vino e pane in abbondanza, tanto che i mercanti non finivano mai di esprimere la loro meraviglia per lo splendido trattamento. Raffaele sedeva accanto a Me per essere immediatamente a portata di mano qualora avessi avuto bisogno dei suoi servizi.

7. Qui va osservato che i quattro poveri, per ragioni spiegabilissime, indossavano vestiti molto rovinati, che davano loro un aspetto estremamente misero, cosa che a Lazzaro, il quale pure sedeva al Mio fianco, dispiacque vivamente.

8. Egli perciò Mi disse: «Signore, a casa mia ho molti vestiti! Che ne dici se mandassi qualcuno a Betania e facessi portare qui quanto occorre per coprire decentemente quei poveretti? Forse potrebbe venire qui anche mia sorella Maria che sarebbe certo immensamente lieta di poter essere tra noi!»

9. Io dissi: «Amico, Io provo sempre molto piacere nel vedere come ti prendi costante cura dei poveri, ed è perciò che ho preso dimora presso di te; questa volta però Mi riservo di provvedere Io stesso anche per costoro come poco fa ho provvisto ai giovinetti che ora si divertono all’aperto! Le tue due sorelle, d’altro canto, hanno senz’altro parecchio da fare a casa, per via dei molti forestieri, e per il momento sono indispensabili lì dove sono; ad ogni modo quando Me ne andrò da qui, Io scenderò prima a Betania per visitare le tue sorelle e per parlare con loro. Questi quattro miseri però tra poco tu li vedrai vestiti meglio, e precisamente alla foggia romana. Tuttavia adesso lasciamo che si ristorino nel corpo e nelle membra, e poi ci si potrà prendere cura anche del loro aspetto esteriore! Sei contento di ciò?»

10. Disse Lazzaro: «Signore, sono perfettamente contento; perché soltanto ciò che Tu vuoi e disponi è cosa buona e assolutamente giusta! Ma ora conviene mangiare e bere, e quando saremo ristorati potremo parlare di molte e svariate cose»

11. Allora tutti cominciarono a mangiare e a bere con animo lieto e non trovarono parole sufficienti per lodare il trattamento eccellente e amichevole nonché la squisitezza dei cibi e il delizioso aroma del vino che rallegrava il cuore. I mercanti di schiavi poi erano letteralmente fuori di sé per la gioia, e confessarono che durante i viaggi da loro intrapresi in precedenza nelle regioni più meridionali della Terra non avevano mai avuto occasione di gustare qualcosa di così straordinariamente buono.

12. Uno dei farisei, che sedeva a quella stessa mensa, disse in aggiunta: «Eh, certo, miei cari amici venuti da lontano, spesso i figli degenerati vivono meglio nella casa del Padre che in qualsiasi altra parte, lontano dalla Casa paterna!»

13. Hibram disse: «Come dobbiamo intendere quello che hai detto?»

14. Il fariseo, certo ormai completamente convertito, disse accennando a Me: «Vedi, là, Colui che in tutta verità è eternamente il Padre, siede fra noi, creature umane di questa Terra, che siamo i Suoi figli degenerati. Coloro che vengono a Lui, che Lo riconoscono e Lo amano, sono i Suoi figli migliori, e Lui ha dappertutto cura di loro per mezzo della Sua Sapienza e della Sua onnipotente Volontà tanto che già su questa Terra essi sono felici, ma molto di più ancora lo saranno nel Regno degli spiriti eterni, che non muoiono mai, ma vivono eternamente. Ora vedi, io alludevo appunto a questo quando dissi che perfino i figli degenerati non si trovano in nessun altro luogo meglio che nella Casa del loro vero Padre! Comprendi adesso questa cosa?»

15. Disse Hibram: «Oh sì, certo, ora la comprendo assai bene, e quello che hai detto è buono e vero; sennonché quell’Uomo è propriamente Dio, e allora Egli è un Essere troppo sublime perché noi, che apparteniamo alla degenerata umanità, possiamo avere il diritto di considerarLo un Padre! Secondo me, sarebbe addirittura un’audacia incredibile quello di volerLo chiamare Padre!»

16. Disse il fariseo: «Da un lato certo non hai tutti i torti parlando così; eppure Egli stesso ci insegna in questo modo e minaccia di esclusione dalla beatissima vita eterna chiunque nel proprio animo non crede in ciò, e ci mostra anche che Egli solo è il Creatore e Padre verissimo di tutti gli uomini. Noi quindi dobbiamo credere che è realmente così, però, secondo la Sua santissima Volontà che ci è stata resa nota, dobbiamo pure vivere a questo mondo in maniera da poterci rendere degni del nome di figli Suoi! Ma se Egli stesso ci insegna così, non possiamo che accogliere con tutto amore e gratitudine il Suo insegnamento, e agire così come Egli ci insegna, perché Egli solo sa come stanno le cose con noi uomini e perché noi siamo stati chiamati all’esistenza da Lui!».

17. I nostri mercanti di schiavi furono perfettamente soddisfatti dell’eccellente insegnamento ricevuto e ripresero poi a mangiare e a bere intrattenendosi con i farisei quanto lo permettevano loro le proprie lingue. Ma col trascorrere del tempo essi si compresero sempre meglio, perché quel fariseo conosceva discretamente la lingua ebraica antica, nella quale i discendenti delle popolazioni settentrionali dell’India davano spazio e forma ai loro pensieri[1] in una maniera ancora poco guastata.

 

[indice]

 

Cap. 13

L’accenno di Agricola al Signore

 

1. Intanto alle altre mense regnava ancora perfetto silenzio, perché tutti si aspettavano che da un momento all’altro Io prendessi la parola su qualche argomento. Ma visto poi che Io sembravo piuttosto incline a riposarMi, le lingue delle altre mense cominciarono un po’ a muoversi. I romani acquistarono pian piano un po’ di confidenza con i quattro poveri che sedevano al loro tavolo, e Agricola domandò alla figlia davvero molto graziosa se lei e la sua famiglia non disponessero di vesti migliori di quelle che essi indossavano.

2. La figlia però disse: «O nobile e illustre signore! Io possiedo bensì nella nostra misera dimora ancora una veste di pelo intessuta, ma quella è in uno stato ancora peggiore di questa di lino che ho addosso! Una volta noi non eravamo in condizioni così tanto miserande, quando cioè i miei genitori erano ancora sani e potevano lavorare; ma da quando, saranno ora già un paio d’anni, essi si ammalarono gravemente, allora la nostra situazione andò sempre più peggiorando. Mio fratello, nonostante tutta la sua buona volontà, non poté più guadagnare il necessario per comperarci qualcos’altro oltre ad un magro cibo, e quindi senza nostra colpa ci troviamo ora in condizioni così miserevoli che fra due giorni al massimo tutto sarebbe stato finito per noi se tu e quell’amico che siede là non ci aveste salvati in una maniera che appare quasi prodigiosa. Infatti, vedi, io ancora non riesco affatto a capire come quel bel giovinetto abbia potuto trovare così facilmente la nostra poverissima dimora, come se i più nascosti cantucci di questa città egli li avesse conosciuti con estrema esattezza! Chi mai può essere quell’uomo meraviglioso e quel giovinetto meravigliosamente bello che se ne sta al suo fianco? Non potresti darmi qualche piccola delucidazione in proposito?»

3. Agricola disse: «Eh, mia cara e davvero bellissima figlia di Sion, questa cosa per il momento proprio non spetta a me dirtela, perché, vedi, io in tutto l’impero romano sono certo un signore grande e potente, e tuttavia non sono nulla affatto al paragone di quell’Uomo meraviglioso e di quel giovinetto! Oggi io potrei bensì inviare all’imperatore a Roma un messaggero autorizzato munito di una mia richiesta autografa, ed egli mi manderebbe molte legioni di guerrieri con le quali potrei invadere tutta l’Asia immensa con esito trionfale; ma che cosa rappresenterebbero queste legioni di fronte alla Potenza sconfinata di quell’Uomo meraviglioso? Quando Egli vuole qualcosa, la Sua Volontà corrisponde immediatamente al fatto compiuto!

4. Mia cara figlia di Sion! Capisci cosa significa questo? Ecco, i tuoi genitori erano ammalati da più di due anni, come hai detto tu! Ed è stata unicamente la Volontà di quell’Uomo meraviglioso a ridonare loro, in un solo istante, la salute del corpo, e appunto sempre quell’Uomo meraviglioso ha saputo indicare con assoluta precisione al giovinetto che siede al Suo fianco l’esatta ubicazione della vostra dimora nella quale egli avrebbe infallibilmente dovuto trovarvi. Ed è stato sempre Lui a prevedere circa tre ore fa quello che attendeva tuo fratello, e soltanto allora mi fu possibile salvarlo e salvare pure voi esclusivamente attraverso la Sua Grazia; quindi non sono stato io a salvarvi, ma è stato Lui soltanto a salvarvi, mentre io Gli sono servito da semplice e cieco strumento.

5. E lo stesso è successo con quel numeroso gruppo di bellissimi ragazzi e ragazze che tu prima hai visto lì fuori; ebbene, tutte quelle deliziose creature avrebbero dovuto essere vendute come miseri schiavi, ma è invece accaduto che quell’Uomo meraviglioso li ha liberati tutti, e li ha provvisti di vesti bellissime in un solo istante; per questo essi Lo salutarono come loro dilettissimo Padre. Ora, se è proprio così in tutta verità, quale significato può avere tutto il potere che io detengo di fronte ad un alito solo della Sua Volontà? Per conseguenza voi adesso dovete rivolgere ogni vostra attenzione in primo luogo a quell’Uomo meraviglioso, perché quello che Egli è in grado di compiere mediante la sola Sua Volontà, è cosa della quale nessuno mai ha potuto finora farsi un’idea nemmeno in sogno! Ma ciò che adesso ti ho rivelato apertamente, corrisponde perfettamente a verità. Dimmi ora cosa ne pensi»

6. Tutti e quattro allora esclamarono: «Ma se quell’uomo meraviglioso ha davvero un potere tale quale tu, testimone assolutamente degno di fede, ce lo hai descritto, egli deve essere senza possibilità di dubbio un grandissimo profeta! Infatti, vedi, noi ebrei attendiamo appunto un Messia il quale dovrà farsi molto potente nella parola e nell’azione! Tuttavia prima di Lui dovrebbe venire come Suo precursore il grande profeta Elia e, secondo l’opinione di molti, anche Eliseo, suo discepolo; che sia dunque egli addirittura Elia oppure Eliseo?»

7. Agricola disse: «A dire il vero io non sono proprio perfettamente al corrente di questa vostra tradizione; conosco invece quanto si riferisce al vostro Messia, ed è appunto questo il motivo principale per cui sono venuto da Roma a Gerusalemme. Non avete ancora udito niente del noto Guaritore prodigioso di Galilea la cui fama è ormai tanto diffusa che il Suo Nome corre sulle bocche di tutti?»

8. Disse il vecchio: «O nobilissimo amico e signore! Noi poveri lavoratori alla giornata, visitiamo al massimo il Tempio dieci volte all’anno; là facciamo la nostra piccola offerta e ascoltiamo qualche predica che non riusciamo mai a comprendere; dunque ammesso pure che in qualche luogo succeda qualcosa di nuovo, per quanto anche straordinario, noi, nell’isolamento in cui viviamo, molto di rado ne veniamo a conoscenza, anzi di solito non arriviamo a saperne affatto nulla.

9. Oltre a ciò bisogna considerare che per più di due anni siamo stati relegati in un letto, nostro figlio doveva lavorare ogni giorno, compreso perfino il Sabato, per procurarci un magro sostentamento. Nei giorni di Sabato egli lavorava presso qualche greco o romano i quali, naturalmente, non celebrano, né santificano in qualche modo il nostro Sabato, e questo fu in un certo modo una vera fortuna per noi, perché altrimenti, particolarmente durante questi due ultimi anni, avremmo dovuto digiunare completamente ogni Sabato.

10. Se tu, o nobile signore e amico, consideri tutti questi fatti, comprenderai facilmente come una poverissima famiglia, pure vivendo in questa grande città, possa ignorare fenomeni e avvenimenti anche di grandissima portata proprio come se vivesse all’altro capo del mondo! Quindi, se per le ragioni che ti ho esposto non ne sappiamo pressoché nulla del famoso Galileo che, comunque, dovrebbe ormai essere conosciuto in ogni luogo, ciò non può davvero venirci imputato quale colpa.

11. Noi abbiamo appreso circa un anno fa che un presunto profeta, di nome Giovanni, ha predicato in un deserto [vicino] al Giordano contro i farisei e che ha detto loro delle grandi verità. Cosa sia stato poi di lui, noi non ne abbiamo saputo proprio nulla. Forse che quel profeta e quest’uomo meraviglioso sono la stessa persona?»

12. Disse Agricola: «No, non lo sono, però, per vostra fortuna, avrete occasione di conoscerLo meglio ancora oggi stesso; perciò mangiate e bevete, affinché siate ristorati e preparati alla grande Rivelazione che vi verrà fatta! Infatti, non è affatto un’inezia conoscere più da vicino quel vostro Uomo meraviglioso!»

13. Allora i quattro poveri ripresero a mangiare e a bere di buon animo. Mentre mangiavano e facevano ogni tanto onore al vino, la loro attenzione fu attratta dai piatti massicci su cui erano servite le vivande e più ancora dai boccali e dalle coppe d’oro.

14. La figlia stava osservando quel vasellame con sempre maggior meraviglia, e infine uscì a dire: «Ma dimmi un po’, o grande e potente signore, questo non è argento ed oro purissimo? Queste cose tu certo le hai portate con te da Roma! Oh, ma devono essere costate una somma enorme!»

15. Disse Agricola: «Certo, mia bella figlia di Sion, sarebbero costate una somma ingente qualora si fosse dovuto comprare argento ed oro per fabbricarle! Sennonché questo vasellame non mi è costato proprio nulla, e ugualmente nulla a Colui che le ha formate in maniera prodigiosissima, e tuttavia tutto assieme rappresenta un valore incalcolabile! Infatti, vedi, per chi è Onnipotente non c’è niente di impossibile! Comprendi tu questo?»

16. Disse la bella ebrea: «Sì, certo che lo capisco. Ma onnipotente è solo Dio! È stato forse Dio stesso qui, oppure ha inviato uno dei Suoi angeli per compiere un simile prodigio? Infatti, di fatti simili ne sono accaduti sempre tra il popolo ebreo!»

17. Agricola disse: «O mia cara e davvero bellissima figlia! Sì, certo, Dio stesso è stato qui, anzi c’è ancora e si dà a riconoscere in modo meraviglioso a coloro che Lo amano in modo vero e puro! Quando il tuo cuore sarà ben colmo di amore per Lui, allora Egli si darà a riconoscere a te e a voi tutti! Credi tu, o leggiadra figlia, alle mie parole?»

18. E la giovane ebrea, che appariva sempre più bella, esclamò: «Ma Dio è uno Spirito che nessun essere umano può vedere e contemporaneamente conservare la vita! Infatti, in Mosè sta scritto: “Nessuno può vedere Dio e vivere!”»

19. Disse Agricola: «Tu hai certo ragione, però nei testi di altri profeti sta scritto ancora che l’eterno Spirito di Dio, dunque Dio stesso, in questi tempi si rivestirà di carne per amore degli uomini ed Egli stesso, quale uomo, dimorerà tra loro e Lui in persona li istruirà riguardo alle vere vie della vita. Ne consegue dunque che un vero uomo può benissimo vedere e udire Dio, e contemporaneamente può non solo conservare questa vita terrena, ma può in aggiunta ottenere pure la vita eterna dell’anima, tanto che egli da allora in poi non vedrà né sentirà mai più la morte; e quando dovrà abbandonare il corpo, la sua anima continuerà a vivere in eterno e godrà la beatitudine suprema. Dimmi, come ti pare una simile prospettiva?»

20. La bella ebrea disse: «Oh, essa piacerebbe immensamente a noi tutti, sennonché per una simile grazia inaudita noi siamo certamente troppo meschini e oltre a ciò dei peccatori troppo grandi! Infatti, in primo luogo è già da lungo tempo che non abbiamo potuto santificare il Sabato come si conviene, e perciò da molto tempo noi apparteniamo alle fila dei grandi peccatori, e in secondo luogo non abbiamo potuto purificarci mancandone sempre i mezzi; per conseguenza, anche se Dio un giorno scenderà corporalmente tra gli uomini, non avrà certo un occhio di riguardo per noi! È vero che Egli venne ad Abramo, Isacco e Giacobbe, ma quelli erano uomini quanto mai pii e quindi mondi da peccato; ma cosa saremmo noi in loro confronto? Io certo sento che potrei amare Dio sopra ogni cosa, tuttavia Egli è troppo santo e non può accogliere l’amore di un peccatore»

21. Allora Io, parlando oltre la mensa, dissi all’ebrea: «O figlia cara, Dio non considera i peccati degli uomini, specialmente se sono come i tuoi, ma considera unicamente i loro cuori! Chi ama veramente Dio, a costui vengono rimessi tutti i peccati, anche se fossero tanti quanti sono i fili d’erba sulla Terra e i granelli di sabbia nel mare. Ora i tuoi peccati non sono che il frutto della tua immaginazione, essi non sussistono affatto nella realtà. Al cospetto di Dio è un abominio soltanto ciò che è grande al cospetto del mondo; tu però sei molto piccola agli occhi del mondo, e perciò non sei affatto un abominio agli occhi di Dio. Ama pure Dio con tutte le tue forze, e poi Egli pure ti amerà e ti donerà la vita eterna! Comprendi questo?»

22. L’ebrea disse: «Questo l’ho compreso, ma ora conducetemi là dove attualmente si trova Dio, affinché io Lo veda, Lo ami e Lo adori!».

 

[indice]

 

Cap. 14

I nuovi ospiti nell’albergo e il loro trattamento

 

1. La bella ebrea avrebbe voluto continuare a parlare con Me, ma in quel momento entrarono nella sala alcuni fra i servitori di Lazzaro per riferire a quest’ultimo che molti forestieri stavano salendo verso l’albergo, ed essi non sapevano dove sistemare tutta quella gente.

2. Lazzaro Mi disse: «O Signore, cosa si potrà fare adesso? Io confido unicamente in Te!»

3. Dissi Io: «Quanti ritieni che potrebbero essere complessivamente, fra quelli che sono ora in arrivo e quelli che potrebbero arrivare più tardi?»

4. Lazzaro disse: «O Signore, secondo l’esperienza degli anni passati, potrebbe trattarsi di cinquecento persone come minimo e di settecento come massimo; oggi però avremo evidentemente la massima affluenza!»

5. Dissi Io: «Ebbene, va fuori con questo Mio servitore, ed egli disporrà bene ogni cosa all’aperto, in modo che tutta la moltitudine potrà venire convenientemente ospitata! Questi giovani però fateli entrare nella sala piccola, affinché non rimangano eccessivamente esposti agli sguardi curiosi e libidinosi dei forestieri!»

6. Dopo aver sentito questo, Lazzaro uscì immediatamente all’aperto con Raffaele il quale anzitutto raccolse i giovani e li fece entrare nella piccola sala attigua; poi chiese a Lazzaro: «Hai tavoli e sedie in numero sufficiente?»

7. Disse Lazzaro: «Ma, o mio carissimo e potentissimo amico colmo della salvezza di Dio, qui appunto sta la maggiore difficoltà! A Betania ne avrei certo in numero più che sufficiente, ma non posso farli trasportare così presto qui! Cosa mai potremmo fare adesso?»

8. Disse Raffaele: «Non preoccuparti per questo! Considerato che tu confidi nel Signore e Lo ami sopra ogni cosa, non ti mancherà un aiuto immediato! Vedi, nel Nome del Signore io sono anche un provetto carpentiere e falegname, e perciò sarà subito pronto tutto quello che ti occorre»

9. Non appena Raffaele ebbe pronunciato queste parole, apparvero già al posto giusto tavoli e panche in quantità sufficiente, e sopra a ciascun tavolo era stesa una tenda, in modo che tutto quel complesso di mense era veramente piacevole a vedersi.

10. Frattanto gli ospiti forestieri erano arrivati, ed essi domandarono se fossimo stati in grado di servirli tutti.

11. Lazzaro disse: «Certamente; farò venire subito la mia servitù e ognuno di voi riceverà quanto desidera!»

12. Raffaele disse a Lazzaro: «La tua gente riuscirà a sbrigare il servizio con tanti ospiti?»

13. Lazzaro disse: «In caso di emergenza certamente; però avranno tutti parecchio da fare!»

14. Disse Raffaele: «Sta bene! Se proprio non riusciranno a sbrigare ogni cosa, verrò in aiuto io!»

15. Disse quindi Lazzaro: «Vedi, o servitore di Dio colmo di salvezza, quello che tu hai fatto qui a mio vantaggio nel Nome del Signore, non è che un susseguirsi di prodigi; ma ciò non mi fa davvero più tanta meraviglia, perché da quando conosco il Signore sono stato testimone di numerosi prodigi, ciascuno dei quali era più grande dell’altro!»

16. Raffaele disse: «Oh, in fondo è sempre la stessa cosa, perché tutto ciò che tu vedi, senti e pensi, è un prodigio del Signore ancora maggiore, e inoltre ciascun essere umano è il Suo massimo Prodigio! Sia che il Signore crei un fulmine velocissimo che in un attimo precipita da una nuvola giù sul terreno, oppure che Egli crei un sole destinato ad illuminare molti pianeti per eoni ed eoni (10120) di anni terrestri, tutto ciò per la Sua Sapienza e Potenza è esattamente la stessa cosa. Quindi, hai perfettamente ragione se non ti meravigli eccessivamente di questo attuale prodigio; del resto ciò non sarebbe nemmeno prudente rispetto a tanti forestieri per loro natura molto curiosi. Tu però fa in modo che i numerosi ospiti vengano serviti, altrimenti essi cominceranno a fare un gran chiasso!»

17. Disse Lazzaro: «Si, o servitore del Signore colmo di salvezza, hai ragione, perché sono ancora pochi quelli che hanno ricevuto qualcosa! Come faremo?»

18. Disse Raffaele: «Tu chiedi cosa fare? Prima di tutto dobbiamo venire in aiuto ai tuoi servitori, altrimenti i numerosi ospiti, che stanno sempre più aumentando, non riceveranno nulla per parecchio tempo»

19. A questo punto, Raffaele si allontanò per qualche istante, e in brevissimo tempo tutte le mense alle quali sedevano degli ospiti furono provviste nel modo migliore di vino, di pane, di sale e di altre vivande ancora.

20. Questo servizio non mancò certo di dare nell’occhio a più di uno degli ospiti; tuttavia essi pensarono che, a causa delle loro conversazioni, non avevano fatto attenzione a quando era stato portato il vino, il pane e gli altri cibi, e così essi continuarono a mangiare e a bere. Quello però che non mancò di colpire tutti fu la squisitezza straordinaria del vino, dato che essi non ne avevano mai bevuto di simile.

21. Perciò anche alcuni dei forestieri si alzarono dai loro tavoli e si avvicinarono a Lazzaro per domandargli di che qualità fosse il vino, e se era disposto a venderne all’ingrosso.

22. Lazzaro disse: «Io stesso mi trovo ad avere questo vino davvero solo per Grazia di Dio. Stando così le cose, voi potete berne quanto vi occorre, però io non ho vino da rivendere!»

23. Allora gli ospiti ritornarono ai loro posti.

24. Ma quelli che però erano già arrivati, non andavano più via, e d’altro canto ne venivano sempre di nuovi in aggiunta, così che a Lazzaro cominciò a venire una vera e propria vertigine, tanto che egli finì col dire a Raffaele: «Carissimo amico colmo della salvezza di Dio, se va avanti così ancora a lungo, ci troveremo a non avere abbastanza tavoli e posti a sedere per tutti!»

25. Raffaele disse: «Ebbene, in questo caso dovremo aggiungerne di nuovi!»

26. E non appena Raffaele ebbe terminato di parlare, degli altri tavoli, panche e tende si trovarono al giusto posto, e tuttavia nessuno tra quelle varie centinaia di ospiti là presenti si accorse di come quei tavoli e sedili fossero comparsi là. I nuovi ospiti vennero e furono serviti nello stesso modo.

27. Quando dopo un paio d’ore i forestieri, i quali erano soliti frequentare quell’albergo già da anni, si trovarono là radunati e si furono saziati a sufficienza, Lazzaro si rivolse di nuovo a Raffaele e gli domandò: «O carissimo servitore del Signore, colmo della salvezza di Dio, dimmi, anche solo in parte, come ti è possibile compiere delle cose di questa specie, e ciò in un attimo solo! Lasciamo da parte la questione dei tavoli, delle panche e delle tende; ma dove sei andato a prendere i vasellami, il sale, il vino e i cibi in modo che ognuno degli ospiti, qualunque fosse la sua provenienza - o persiano, o greco o di qualsiasi altro paese si è trovato dinanzi la propria pietanza nazionale preparata in modo eccellente? Come ti è possibile tutto ciò e in un solo istante?»

28. Disse Raffaele: «Carissimo amico mio, per quanto esattamente io anche volessi spiegarti tutti questi fatti, tu alla fine non ne comprenderesti che assai poco o proprio niente; io intanto non posso dirti altro che a Dio sono possibili tutte le cose!».

 

[indice]

 

Cap. 15

Una spiegazione delle materializzazioni

 

1. (Continua Raffaele:) «Io, da solo, sono in grado di fare qualcosa altrettanto poco quanto lo possa fare tu; io però sono unicamente uno spirito, e ho un corpo composto con le sostanze contenute nell’atmosfera. Ora, quale spirito, io posso venire interamente colmato dello Spirito di Volontà del Signore, e in tale condizione posso poi agire come il Signore stesso. Dunque, quando io mi trovo colmo dello Spirito del Signore, allora io non ho più altra volontà all’infuori di quella del Signore, e non mi è possibile volere altrimenti da come vuole unicamente il Signore! Però quello che il Signore vuole, esiste nello stesso istante in cui Lui l’ha voluto.

2. Vedi, tutto quello che esiste e cresce su questa Terra o su un’altro corpo celeste, è - assieme alla Terra - un prodigio che procede dalla Volontà del Signore; soltanto che il Signore, per formare l’intelligenza nelle creature, osserva un certo ordine progressivo il quale è necessario, e così le fa sorgere per gradi una fuori dall’altra unicamente per Sua Volontà. Se il Signore non seguisse questo procedimento per formare e consolidare delle creature animate e intelligenti, Egli, in virtù della Sua Onnipotenza, potrebbe chiamare all’esistenza tutto un mondo in un solo istante nella maniera stessa in cui chiama ad esistere e ad agire un fulmine.

3. Vedi, nell’aria terrestre sono contenute, ancora separate, tutte le sostanze e tutti gli elementi di un intero pianeta! Tu, con i tuoi sensi terreni, non li puoi percepire, ma per uno spirito perfetto questo è altrettanto facile quanto lo è per te sollevare da terra qualcosa per vedere se si tratta di un pesce o di un pezzo di pane. E così pure per lo spirito è facile raccogliere assieme, proprio fuori dall’aria, le sostanze occorrenti alla formazione per esempio di questo o di quell’altro oggetto, e rappresentare in un istante ciò che allo stato regolato dall’ordine naturale avrebbe acquisito consistenza soltanto attraverso un processo di sviluppo graduale.

4. In quanto poi come ciò sia possibile ad uno spirito perfetto, questo è certo proprio quello che l’uomo naturale, finché non sia pienamente rinato nello spirito, non può affatto concepire, né quindi io potrei spiegartelo in modo particolareggiato. Ad ogni modo, con brevi cenni, richiamerò un po’ la tua attenzione su vari fenomeni che si manifestano in natura.

5. Vedi, in tutti i germi delle piante e degli alberi dimora, dentro ad un piccolo e tenero involucro, una particolare intelligenza sotto forma di una minima scintilla non visibile al tuo occhio di carne! Questa piccola scintilla costituisce propriamente la prima vita naturale del seme e poi dell’intera pianta. Ed ora immaginati il numero quasi infinito di piante e di alberi delle specie più diverse che, naturalmente, portano tutti delle sementi altrettanto diverse, nei cui minuscoli involucri germinali dimorano sempre delle scintille spirituali di intelligenza, altrettanto varie.

6. Se tu ora deponi nel terreno dei semi di specie diverse, essi, per effetto del calore e dell’umidità dell’aria assorbita dal terreno, si rammolliscono; la scintilla spirituale si rende attiva e riconosce con precisione assoluta quelle sostanze che si trovano nell’aria che la circonda, comincia ad attrarle a sé con la forza di volontà ad essa propria, e dalle stesse forma appunto quella pianta che ha proprio quella figura e quel frutto, per la cui formazione la scintillina ha ottenuto dal Signore precisamente quella adeguata intelligenza e la corrispondente forza di volontà.

7. Riusciresti a distinguere con il tuo intelletto, con i tuoi sensi e con la tua volontà, fra gli elementi contenuti nell’aria che circonda il seme, precisamente quelli che si confanno ad un determinato seme? Certo che no! Eppure anche tu mangi e bevi per nutrirti, e tuttavia non hai la benché minima idea di come faccia il tuo spirito, a te ancora perfettamente sconosciuto e che dimora nel cuore della tua anima quale la misteriosa Volontà d’Amore di Dio, ad attrarre, con la sua volontà che non conosci ancora e con la sua elevata intelligenza, dal nutrimento da te ingerito, appunto quelle sostanze che sono indispensabilmente necessarie alla formazione delle svariatissime parti del tuo corpo!

8. Se tu consideri con profondità quanto ora ti è stato detto, tu scorgerai dappertutto dei miracoli uguali a quelli che io ho operato in un istante dinanzi ai tuoi occhi secondo la Volontà del Signore, solo che io, da spirito perfetto che sono, posso riunire insieme fuori dall’aria, e mediante la Volontà del Signore, quegli elementi che uno spirito imperfetto, con la sua limitata intelligenza e con la sua altrettanto limitata potenza di volontà, può raccogliere assieme soltanto gradatamente».

 

[indice]

 

Cap. 16

Il lavoro degli spiriti naturali adibiti alla formazione dei metalli

Il mistero del miracolo

 

1. (Continua Raffaele:) «Vedi, tu certamente non vedi fluttuare, in quest’aria, la sostanza della quale si compone l’oro allo stato purissimo! Io invece la vedo e la posso distinguere benissimo fra tutte le innumerevoli altre sostanze che sono contenute nell’aria. Ma dato che io posso fare questo e che oltre a ciò posso estendere la mia volontà in modo corrispondente e uniforme in tutte le direzioni, ne consegue che io sono in grado, in maniera immediata, di raccogliere assieme in un cumulo visibile appunto anche questa sostanza aurea purissima contenuta nell’aria, come posso con altrettanta facilità far sì che essa consolidi e assuma una forma qualsiasi, come sarebbe ad esempio una coppa, e così tu vedresti comparirti dinanzi, all’istante, o un mucchio d’oro di una qualunque grandezza, oppure anche un vaso d’oro. Ma anche questo sarebbe un oro naturale e assolutamente non oro prodigioso fatto di nulla, ma dell’oro completamente naturale come naturale è quell’oro che gli uomini estraggono dalle montagne e che depurano dalle sostanze estranee fondendolo nel fuoco e lavorandolo poi in oggetti preziosissimi di ogni specie.

2. Infatti, quei certi spiriti naturali che sono rinchiusi nella materia delle montagne, che sono intimamente affini alla sostanza aurea che si trova allo stato libero nell’aria, attraggono a sé con la loro scarsa intelligenza e con la forza di volontà - che i farmacisti chiamano forza di attrazione - appunto quest’oro libero dall’aria, e quando un processo simile è durato varie centinaia di anni, in quel determinato luogo si rende poi visibile un rilevante quantitativo d’oro.

3. Ma che un tale accumularsi dell’oro in natura vada compiendosi in modo molto lento, questo è da attribuirsi soltanto all’intelligenza minima e all’altrettanta minima forza di volontà di simili spiriti naturali nel loro stato necessariamente giudicato.

4. Io invece, poiché sono uno spirito supremamente libero e perfetto fornito di innumerevoli e smisurate intelligenze altissime e oltre a ciò dotato della pienezza della forza di volontà proveniente da Dio, posso ottenere in un attimo - come ho già dimostrato - quell’effetto che gli spiriti naturali, provvisti solo di intelligenza debole e unilaterale e di una limitatissima forza di volontà, sono in grado di ottenere soltanto gradatamente.

5. Ed ora fa attenzione; vedrai come io compirò dinanzi a te un miracolo di questa specie! Per amore tuo voglio procedere con una certa lentezza, affinché tu possa renderti conto con maggiore facilità di come l’oro fuori dalla libera atmosfera andrà accumulandosi sulla tua mano. Ecco, ora io lo voglio, e puoi già vedere un sottile strato d’oro steso sulla palma della tua mano! Guarda adesso come la quantità d’oro va sempre più aumentando! Ormai sul palmo della tua mano si trova un disco d’oro già discretamente pesante, i cui margini si stanno ripiegando in perfetto ordine all’insù. Adesso questo bordo sta crescendo continuamente, ed ecco che nel giro di pochi istanti sulla tua mano si trova già, bello e pronto, un vaso d’oro purissimo e, intendi bene, del tutto naturale, un vaso che soltanto la potenza di uno spirito perfetto può dissolvere nuovamente nella sua sostanza originaria, ma non lo può dissolvere così facilmente una qualche altra forza naturale. Sennonché questo vaso io te lo lascerò così com’è, e tu potrai valorizzarlo in un qualsiasi modo, o farne qualcosa d’altro ricorrendo ad un orafo, oppure anche tenerlo tale quale lo vedesti comparire sulla tua mano.

6. Ora hai visto come ho fatto a compiere dinanzi a te un prodigio agendo piuttosto lentamente; ma ora stendi l’altra mano, e io compirò in un solo attimo un prodigio simile! Ecco, io lo voglio, e come vedi sulla tua mano sinistra si trova già un secondo vaso d’oro perfettamente uguale al primo!

7. Ma come sono in grado di compiere questo per mezzo della forza insita in me, così pure sono stato in grado di compiere tutto ciò che ti ho fornito per i molti tuoi ospiti; ma non devi perciò regalare a questi ospiti quello che hanno consumato, anzi, essendo tutti dei ricchi mercanti, che paghino pure quanto hanno mangiato e bevuto. Presto essi faranno di nuovo ritorno alle loro botteghe, per il momento chiuse, per allettare i compratori con i loro rumorosi richiami, e adesso incarica pure i tuoi servitori di raccogliere il tributo!».

8. Allora Lazzaro chiamò i suoi servitori e disse loro di esigere da ogni ospite non più di un grosso (moneta antica) per ciascuno! I servitori fecero così, e ciascun ospite pagò volentieri il grosso richiesto ringraziando in aggiunta per l’ottimo trattamento avuto e chiedendo tutti di poter ritornare quella sera stessa nonché i due giorni successivi; richiesta questa che, com’è naturale, trovò pieno e amichevole consenso in Lazzaro.

9. Quando i molti ospiti discesi dal monte si furono sparpagliati per la città, i servitori volevano, secondo il costume, sgomberare le mense; sennonché Raffaele fece loro segno che potevano risparmiarsi quel lavoro, perché quando gli stessi ospiti sarebbero ritornati all’albergo la sera, nessuno avrebbe avuto bisogno di affannarsi per servirli, ma sarebbe bastato che i servitori, terminata la cena, riscuotessero quanto dovuto per le consumazioni, lasciando poi tutte le mense apparecchiate come erano in quel momento. La cosa restò dunque stabilita in questa forma, e così per i due giorni seguenti tutti i numerosi ospiti furono provvisti di cibo e bevande senza che Lazzaro avesse bisogno di alleggerire le sue dispense e la sua cantina di un solo pesce o di una sola pagnotta o di un solo bicchiere di vino.

 

[indice]

 

Cap. 17

I Materiali originari della Creazione

 

1. Quando però gli ospiti se ne furono andati tutti, il nostro amico Lazzaro riprese a ragionare con Raffaele, e gli disse: «Ascolta, o spirito umano colmo della salvezza di Dio, tu prima hai detto che nell’aria fluttuano liberamente una quantità innumerevole di materiali originari e di sostanze di ogni specie, che possono venire riconosciuti come tali dalla sapienza e dalla volontà di uno spirito perfetto e possono venire raccolti assieme e consolidati in un corpo più denso! In seguito agli esempi da te forniti, la cosa mi fu resa necessariamente più chiara; però questa chiara visione ha avuto la conseguenza di far sorgere in me un’altra domanda importantissima di altro genere, che è questa: “Vedi, i materiali originari e le sostanze possono trovarsi presenti nell’aria della Terra così come me l’hai dimostrato in maniera davvero evidente; ma come si producono essi in origine? Com’è che essi vengono a trovarsi con tanta straordinaria varietà nell’aria della nostra Terra, e probabilmente con varietà ancora maggiore nell’aria degli innumerevoli altri pianeti e mondi che il Signore stesso con Grazia immensa ha fatto conoscere a me e a molti altri Suoi discepoli?”. Spiegami dunque un po’ anche questo!»

2. Disse Raffaele: «Ehi, ehi, possibile che questa cosa ancora non ti risulti evidente da se stessa? C’è dunque qualcosa fuori di Dio che forse non sia venuto da Lui? Tutto quello che fin dall’eternità riempie l’infinito Spazio, non è Suo Pensiero, Sua Idea, Sua Sapienza, Sua Volontà?

3. Vedi, i Suoi Pensieri, nella più infinita e inesauribile Pienezza da un’eternità all’altra, sono le vere e proprie Sostanze originarie e i Materiali originari di cui consiste tutto ciò che è fatto, sulla Terra e nei cieli, mediante l’indivisa eterna Potenza della divina Volontà. Nessun Pensiero e nessuna Idea però, perfino in Dio, possono sorgere e sussistere senza la Sua Volontà. Ma per il fatto che ciascun Pensiero e ciascuna Idea, provenendo dalla somma Intelligenza di Dio mediante la Sua Volontà, celano appunto anche in se stessi, quale intelligenza particolare, la corrispondente parte della Volontà di Dio, ne consegue che ciascuno di tali singoli Pensieri di Dio recanti in sé la Volontà di Dio, o ciascuna Idea del Signore, che è più grande di un Pensiero ma che è costituita nello stesso modo, non potrà mai aver fine, come non può aver fine Dio stesso. Egli infatti, una volta che li ha concepiti, non potrà mai dimenticare un Pensiero da Lui pensato, né un’Idea più profondamente concepita, nella sfera di somma e massima chiarezza della Propria Coscienza di Sé. Ma essendo presso Dio la più pura impossibilità il dimenticare un Pensiero una volta avuto o un’Idea una volta concepita, così ciascun Pensiero, per quanto piccolo, e ciascuna Idea di Dio, per quanto apparentemente insignificante, nella loro costituzione spirituale originaria sono anche indistruttibili per l’eternità.

4. Ma poiché inoltre - come già prima accennato - ciascun Pensiero e ciascuna Idea di Dio anche parziali, essendo una scintilla dell’Intelligenza divina, portano e devono portare in sé necessariamente anche la divina Volontà, perché senza questa non sarebbero mai stati pensati, ne consegue che ciascuno di tali singoli Pensieri e ciascuna di tali singole Idee, o di per se stessi, o quali Pensieri collegati sapientemente fra loro in molti modi – il che è poi un’Idea – si costituiscono come entità sussistenti di per sé, nella propria specie e nella propria sfera, si perfezionano in se stessi e di per se stessi per ciò che ognuno è, si moltiplicano all’infinito e, attraverso un sapiente collegamento con altri Materiali originari e Sostanze originarie, diventano ancora più nobili e più perfetti.

5. Così un sole in formazione è all’inizio un puro etere luminoso e scintillante, ovvero un aggregarsi di molti, innumerevoli Pensieri e Idee di Dio, in seguito alla corrispondente parte di volontà proveniente da Dio che sta espressamente alla loro base. Questi Pensieri e Idee attraggono poi incessantemente a sé – in forza appunto della Volontà di Dio che sta alla loro base – ciò che è loro simile dall’infinito etere, e così l’etere luminoso e scintillante di prima diventa già più denso e a poco a poco acquista la densità di questa aria terrestre. Questa a poco a poco si addensa ancora, sempre di più, e compare l’acqua; ma anche questa a poco a poco si addensa, e ne deriva fango, argilla, pietre, e così un suolo già più solido.

6. Le Sostanze originarie e le Materie originarie, originariamente spirituali, ora legate l’una all’altra in questo modo sempre più solido, incominciano a sentirsi sempre più a disagio in una simile condizione non libera, diventano molto attive per rendersi più libere, e la situazione incomincia a farsi molto infuocata in un tale mondo fisico, specialmente nelle sue parti solide e pesanti. Con questo zelo infuocato delle Sostanze originarie e dei Materiali originari compressi, che originariamente erano liberi, vengono squarciate le parti più solide di un tale nuovo mondo fisico. Sì, qua spesso la parte più interna diventa l’esterna, e viceversa la parte più esterna diventa l’interna, e solo dopo moltissime di queste battaglie un tale nuovo mondo fisico viene posto in un ordine più tranquillo, e i Pensieri originari e le Idee originarie di Dio, in esso imprigionati, trovano poi un’altra via per rendersi liberi e sciolti dalla grande pressione.

7. E vedi, allora sorgono presto piante e animali di ogni tipo, e così via fino all’uomo, ed è solo nell’uomo che moltissimi di questi Pensieri originari e Idee originarie di Dio trovano la loro piena liberazione dal loro antico Giudizio. Soltanto allora Essi riconoscono Dio come Fondamento originario di ogni essere e di ogni vita, e ritornano poi a Lui come esseri autonomi, liberissimi, ovviamente se hanno vissuto secondo la Sua Volontà riconosciuta.

8. Ma in questo ritorno che è puramente, liberamente e autonomamente spirituale, sugli innumerevoli mondi fisici estremamente diversi, c’è una differenza altrettanto grande come tra i mondi fisici stessi. Il ritorno più perfetto in assoluto da un mondo fisico a Dio è e rimane però solo quello da questa Terra, perché qui ciascun essere umano nella sua anima e nel suo spirito può diventare perfettamente simile a Dio, purché lo voglia. Qui infatti chi aspira vivamente giungere a Dio, costui a Dio anche arriverà. Comprendi queste cose?»

9. Lazzaro disse: «Si, certo che le comprendo, perché riguardo alla struttura dei mondi io ho già le più significative nozioni preliminari da parte del Signore; tuttavia molte sono le cose che mi riescono incomprensibili, e quindi anche molte sarebbero le domande che avrei da fare!»

10. Disse Raffaele: «Oh, mio caro amico, questo capita addirittura anche a me! Infatti in Dio si cela una quantità infinita di cose delle quali perfino noi, che dopo Dio siamo gli spiriti più alti e puri, non sappiamo nulla, perché Dio ha in serbo, per tutte le eternità, per gli spiriti buoni e puri, una provvista talmente grande che Egli pure per tutte le eternità può procurare loro le più indicibili sorprese mediante nuove creazioni mai da nessuno nemmeno presentite, fuori dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza, e può così accrescere ed elevare all’infinito la loro beatitudine. Ma essendo così, potrebbe allora verificarsi il caso che tu mi interrogassi riguardo a questa e quella cosa, e che poi io non fossi in grado di darti adeguata risposta!»

11. Disse Lazzaro: «Oh, questo sono disposto a crederlo; ad ogni modo non dubito che ti sarà possibile dare risposta a quello che può chiederti il mio intelletto umano, ancora molto limitato.

12. Vedi, una volta ebbi l’occasione di leggere un libro antico intitolato “Le guerre di Jehova” nel quale, in un linguaggio certamente quanto mai mistico, era narrata la caduta dei primi angeli creati!

13. Originariamente Dio, naturalmente in epoche infinitamente anteriori ad ogni creazione di mondi, avrebbe creato sette grandi spiriti corrispondenti ai sette Spiriti in Dio, e li avrebbe dotati di una potenza immensa e di un’altrettanta immensa sapienza per mezzo delle quali essi potevano, come Dio, creare in quantità sterminata degli spiriti minori del tutto simili a loro; e così lo spazio eterno venne colmato di innumerevoli schiere di spiriti.

14. Il più grande e più potente di questi sette spiriti creati in origine fu evidentemente, secondo l’antica Scrittura, Lucifero. Sennonché egli, conscio della propria potenza e grandezza, si insuperbì e volle non soltanto essere pari a Dio, ma addirittura volle innalzarsi al di sopra di Lui e dominare. Allora Dio si adirò, afferrò il traditore e lo respinse per l’eternità lontano da sé nel Giudizio. I sei grandi spiriti invece, assieme ai loro spiriti subordinati in numero sterminato, rimasero fedeli a Dio e servono Lui solo di eternità in eternità, mentre gli spiriti subordinati di Lucifero, essendo con lui maligni diavoli per l’eternità da Dio, bruciano con Lucifero nell’eterno fuoco dell’Ira di Dio, quali esseri respinti da Dio, e devono soffrire sempre i massimi tormenti senza speranza di sollievo. Ebbene, tu che certo sei pure uno di questi primi angeli del Signore, che cosa ne dici?».

 

[indice]

 

Cap. 18

I sette Spiriti originari di Dio

La Redenzione

 

1. Parla Raphael: «Questa non è altro che un'immagine corrispondente proprio di ciò che io ti ho comunicato poco fa sulla Creazione, ovvero sulla formazione graduale di un intero mondo fisico.

2. I grandi Spiriti creati all'origine sono proprio i Pensieri in Dio e le Idee derivanti da questi Pensieri.

3. Col mistico numero sette s'intende ciò che in origine era perfettamente Divino e perfettamente somigliante a Dio in ogni Pensiero uscente da Lui e in ogni Idea da Lui concepita e collocata come fuor da Se Stesso.

4. Il primo in Dio è l'Amore. Questo lo si può trovare in tutte le cose create; poiché senza di esso nessuna cosa sarebbe possibile.

5. Il secondo è la Sapienza quale Luce proveniente dall'Amore. Anche questa la puoi scorgere in ogni essere nella sua forma, poiché, quanto più un essere è recettivo alla Luce, tanto più sviluppata, decisa e bella sarà anche la sua forma.

6. Il terzo, che deriva dall'Amore e dalla Sapienza, è l'efficace Volontà di Dio. Solo attraverso di essa gli esseri pensati ricevono una realtà per poi essere e là esistere, altrimenti tutti i Pensieri e le Idee di Dio sarebbero proprio ciò che sono quei tuoi vuoti pensieri e idee che non vengono mai attuati.

7. Il quarto, che deriva di nuovo dai tre, è e si chiama Ordine. Senza quest'Ordine nessun essere potrebbe avere una forma duratura e costante e, così, neppure un determinato scopo. Infatti, se tu attaccassi all'aratro un bue ed esso mutasse la sua forma e il suo aspetto, per esempio in quello di un pesce o di un uccello, potresti mai raggiungere uno scopo con quel bue? Oppure, se tu volessi mangiare un frutto, ed esso davanti alla bocca ti si cambiasse in pietra, a che ti gioverebbe il frutto? Oppure, se tu andassi da una qualche parte per una solida strada, e la strada ti si cambiasse in acqua sotto i piedi, ti servirebbe a qualcosa la strada, fosse stata pure la più solida? Vedi, tutto ciò e innumerevoli altre cose vengono evitati dal Divino Ordine, il quarto Spirito di Dio!

8. Ma il quinto Spirito di Dio si chiama la Divina Serietà, senza la quale niente sarebbe possibile come qualcosa di persistente [nel tempo], poiché essa equivale all'eterna Verità in Dio, e unicamente tale Spirito dà a tutti gli esseri la vera persistenza, la riproduzione, la crescita e la completezza finale. Senza tale Spirito in Dio, le cose andrebbero ancora molto male per tutti gli esseri. Essi sarebbero come le formazioni della fata morgana, che sembrano essere qualcosa fino a quando sono visibili; ma ben presto le condizioni che le hanno prodotte mutano, non essendovi in esse serietà, e allora le belle e prodigiose formazioni svaniscono nel nulla! È vero che anch'esse sono molto ben ordinate a vedersi, ma poiché nella ragione che le produce non regna alcuna serietà, esse non sono altro che formazioni vuote ed assolutamente passeggere, che non possono affatto avere una persistenza [nel tempo].

9. Vedete, ecco che abbiamo già i cinque grandi Spiriti originari di Dio; perciò vogliamo passare anche agli ultimi due, e così ascoltatemi ancora!

10. Dove sono presenti il sommo Amore, la somma Sapienza, l'onnipotente Volontà, il perfettissimo Ordine e l'immutabile saldissima Serietà, evidentemente deve essere presente anche la somma ed eternamente ineguagliabile Pazienza, poiché senza di essa, tutto si dovrebbe svolgere precipitosamente e andrebbe a finire nell'inestricabile caos degli antichi saggi.

11. Quando un architetto costruisce una casa, accanto alle altre qualità che gli sono necessarie per realizzarla, non deve tralasciare neppure la pazienza., poiché se questa gli manca, allora – credimi – non se la caverà mai nella costruzione di quella casa.

12. Io ti dico: "Se Dio non avesse questo Spirito, già da un tempo infinitamente lungo nessun Sole illuminerebbe una Terra nell'infinitissimo Spazio, e il mondo degli spiriti avrebbe un aspetto del tutto singolare, completamente privo di esseri!". La Pazienza è la madre dell'eterna, immutabile Misericordia di Dio, e se questo sesto Spirito non fosse in Dio, dove e che cosa sarebbero allora tutte le creature di fronte all'unico onnipotente Dio?!

13. Dunque, se ora anche noi sbagliamo in qualche modo, e così ci esponiamo evidentemente all'annientante maledizione dell'Amore, della Sapienza, della Volontà di Dio a cui evidentemente fa seguito la Sua Serietà a causa dell'Ordine che la precede, ci imbattiamo nella Divina Pazienza, la quale col tempo porta e deve portare tutto in equilibrio, poiché senza di essa tutte le creature, per quanto perfette, sarebbero sottoposte all'eterno giudizio della perdizione.

14. La Divina Pazienza, con i precedenti cinque Spiriti in Dio, certamente creerebbe sui mondi fisici uno o anche innumerevoli uomini e continuerebbe anche a conservarli. Ma allora un (unico) uomo, o anche la quantità innumerevole degli uomini, continuerebbe a vivere per un tempo infinito nella pesante carne, e allora non si parlerebbe per tempi eterni di una liberazione finale dell'anima dai lacci della materia. Al tempo stesso, animali, piante e uomini si moltiplicherebbero in continuazione, e alla fine abiterebbero in tal numero e così stipati su un mondo fisico dallo spazio limitato, che nessuno potrebbe più evitare l'altro. S'intende però che ciò avverrebbe nel caso in cui un mondo fisico riuscisse, sotto l'azione dell'infinita Pazienza Divina, a maturare a tal punto da poter ancora sostenere e nutrire piante, animali e uomini. Sì, con i soli sei Spiriti che ti ho fatto conoscere finora, andrebbe infinitamente a rilento perfino la creazione di un mondo materiale, anzi ci sarebbe molto da dubitare che un mondo potesse mai comparire materialmente.

15. Ma la Pazienza è, come ho detto, la madre della Divina Misericordia, e così il settimo Spirito in Dio è appunto la Misericordia, che vogliamo chiamare anche Mitezza. Questa rimette tutto a posto. Essa mette in ordine tutti i precedenti Spiriti e produce la tempestiva maturazione sia di un mondo, sia di tutte le creature su di esso. Per ogni cosa essa ha stabilito un certo periodo di tempo, e gli spiriti divenuti maturi possono aspettarsi di conseguenza che avvenga presto e facilmente la piena liberazione, e così, poter entrare nella loro eterna libertà e pienissima autonomia di vita.

16. Fu per effetto di questo settimo Spirito in Dio che Dio Stesso assunse la carne, per liberare in tal modo tutti gli spiriti prigionieri dai duri lacci del necessario Giudizio della materia nel più breve tempo possibile. Per tale ragione questa Sua Opera – la Redenzione – può essere chiamata la nuova, rifatta Creazione dei Cieli e dei mondi, e così 'la più grande Opera di Dio'. In essa, infatti, tutti i sette Spiriti di Dio agiscono pienamente in equilibrio, mentre non era questo il caso di prima, e neppure doveva esserlo, in conseguenza dello Spirito dell'Ordine in Dio, poiché prima questo settimo Spirito in Dio che ora ti ho fatto conoscere, cooperava con gli altri Spiriti solo affinché tutti i Pensieri e le Idee di Dio divenissero realtà; d'ora in poi invece esso opera più possentemente, e la conseguenza ne è appunto la perfetta Redenzione.

17. E vedi, dunque, sono questi i sette Spiriti di Dio che tu non capivi, e tutto ciò che è creato, provenendo da questi sette Spiriti, corrisponde in tutto e per tutto a questi sette Spiriti di Dio e li cela in sé. E la Creazione eternamente perenne e l'altrettanto perenne creare, è ciò che i primi saggi di questa Terra chiamavano le "guerre di Jehova"».

 

[indice]

 

Cap. 19

Le “guerre di Jehova”

 

1. (Continua Raffaele:) «Come i sette Spiriti, ovvero le sette particolari Caratteristiche in Dio si trovano in certo qual modo in continuo conflitto, così che una Caratteristica sprona sempre anche l’altra all’azione, più o meno la stessa lotta tu la puoi riconoscere dunque con estrema facilità anche in tutte le creature di Dio.

2. L’Amore di per sé è cieco, e il suo desiderio è quello di attirare a sé ogni cosa. Ma in questo desiderio esso si accende, e si fa Luce, e così Comprensione e Conoscenza in esso.

3. Non vedi ora come la Luce combatte contro il singolo desiderio del puro Amore, e conduce l’Amore all’ordine e alla ragione?!

4. Ma da questa battaglia o guerra si desta allo stesso tempo la Volontà come braccio attivo dell’Amore e della sua Luce, Volontà che mette in opera ciò che la Luce ha saggiamente disposto in buon ordine.

5. Ma allora, appunto dalla Conoscenza dell’Amore, per mezzo di tale Luce di conoscenza e per la forza di entrambe [queste Caratteristiche divine], viene richiamato contemporaneamente anche l’Ordine, e questo prosegue a combattere tutto ciò che è disordine, mediante la Luce e la Volontà dell’Amore. E in ciò tu hai di nuovo una permanente, eterna guerra di Jehova, sia in Jehova che in tutte le creature.

6. Così andrebbe tutto ormai bene, qualora si potesse garantire che quanto i quattro Spiriti hanno messo in opera in modo così ben ordinato, avesse già una persistenza [nel tempo]. Ma tutte le opere, per quanto splendide, dei primi quattro Spiriti, assomigliano ancora molto alle costruzioni realizzate per gioco dai bambini. È vero che i bambini realizzano certe cose in modo magistralmente ordinato, con grande divertimento e gioia, tuttavia poco tempo dopo non provano più alcuna gioia per la loro produzione, e allora la distruggono ancor più zelantemente di come l’abbiano fatta sorgere poco prima. E in verità, amico, qua le cose si metterebbero ancora molto male riguardo al persistere di tutto il creato!

7. Ma per impedire questo, e precisamente in seguito al grande compiacimento per la completa riuscita delle opere, si leva dai quattro Spiriti la Serietà, quale quinto Spirito in Dio, così come nelle Sue creature. E questo Spirito allora continua a combattere contro la distruzione e l’annientamento delle opere ormai prodotte, allo stesso modo come anche un uomo divenuto assennato e serio che, per esempio, si sia costruito una casa e abbia piantato una vigna. Egli impiegherà ogni sforzo per la conservazione e l’utilizzo della casa e della vigna, non certo per l’istantanea ridemolizione della casa e della vigna, come ti ho indicato poco fa per le opere prodotte dai bambini. E vedi, questa – come ho già detto – è già di nuovo una guerra di Jehova!

8. Ma la casa edificata mostra tuttavia col tempo dei difetti, e la vigna continua a non voler dare la vendemmia desiderata, e il costruttore si pente della sua fatica e della sua serietà nell’operoso zelo, ed egli perciò vorrebbe anche distruggere tuttavia l’opera, ed erigerne al suo posto una tutta diversa e nuova. Ma allora si fa incontro a tale Serietà il sesto Spirito, e si chiama – come ho già detto – la Pazienza. E vedi, essa conserva allora la casa e la vigna! E questa è già ancora una nuova guerra di Jehova!

9. Ora, la Pazienza di per sé, come pure unita ai precedenti Spiriti, non apporterebbe né alla casa, né alla vigna, delle particolari migliorie, ma lascerebbe stare e andare tutto così com’è. Ma allora viene il settimo Spirito, e precisamente la Misericordia, che contiene in sé la Mansuetudine, la Sollecitudine, la Diligenza, l’Attività amorevole e la Generosità. E vedi, l’uomo allora ripara la sua casa così bene che in essa non ci sono più difetti, neppure di minima importanza, ed egli vanga e concima la vigna, così che presto essa gli fornisce una ricca vendemmia! E vedi ancora una volta, questa allora è di nuovo una battaglia o una guerra di Jehova, nell’uomo così come in Dio e nell’angelo!

10. E dunque la vera, perfetta vita, sia in Dio che nell’angelo e così pure nell’uomo, è una battaglia incessante dei sette Spiriti che ora ti ho indicato. Ma questa battaglia, in Dio come nell’angelo, non è come se in uno o nell’altro dei sette Spiriti ci fosse un desiderio a reprimere gli altri Spiriti e a renderli inattivi. Anzi la battaglia mira eternamente a far sì che uno Spirito con tutta la sua forza e potenza sostenga incessantemente l’altro, e quindi ciascuno Spirito è contenuto perfettamente nell’altro. Dunque l’Amore è in tutti gli altri sei Spiriti, e così anche la Luce, ovvero la Sapienza, è nell’Amore e negli altri cinque Spiriti, e così via. In tal modo in ogni singolo Spirito operano totalmente e pienamente anche tutti gli altri e sono sempre presenti in modo attivo, e si sostengono in continuazione nella più bella armonia».

 

[indice]

 

Cap. 20

La disarmonia dei sette spiriti nell’uomo

 

1. (Continua Raffaele:) «Così dovrebbe essere anche nell’uomo; ma purtroppo non è così. Questa capacità è bensì data ad ogni uomo, tuttavia senza mai essere pienamente coltivata ed esercitata. Ci sono soltanto pochi uomini che in se stessi portano a piena e uguale attività tutti e sette gli spiriti, e con ciò diventano veramente simili a Dio e a noi angeli di Dio. Ma, come ho detto, moltissimi ne sono distolti e se ne preoccupano poco, e così non conoscono per nulla affatto il vero segreto della vita in se stessi. Tali uomini ciechi e mezzi morti non possono allora riconoscere lo scopo che è alla base della loro vita, perché si lasciano guidare e dominare soltanto dall’uno o dall’altro dei sette spiriti.

2. Così uno vive unicamente dallo spirito dell’amore e non bada affatto agli altri spiriti. Che cos’altro è allora un uomo simile, se non un animale rapace avido di cibo e che non ha mai abbastanza? Tali uomini sono sempre pieni di egoismo, pieni di invidia e pieni di avarizia, e sono duri di cuore verso tutti i loro simili.

3. Altri di nuovo hanno un amore illuminato e sono dunque davvero saggi, e possono dare ai loro simili degli ottimi insegnamenti; ma la loro volontà è debole, e perciò non possono realizzare pienamente alcuna opera.

4. Di nuovo ce ne sono altri, nei quali gli spiriti dell’amore, della luce e della volontà sono interamente attivi, però nello spirito dell’ordine e della giusta serietà si rivelano molto deboli. Gli uomini di questo tipo diventano anch’essi molto intelligenti e talvolta parlano perfino con molta saggezza, e qua e là realizzano anche qualche singola opera. Ma l’uomo veramente saggio e reso interamente tale da tutti i sette spiriti, scorgerà ben presto dalle loro parole, dai loro discorsi e dalle loro opere, che non vi regna alcun ordine né alcuna coerenza.

5. E di nuovo ci sono uomini che possiedono amore, luce, volontà e ordine, ma manca loro lo spirito della serietà. Essi perciò sono paurosi e timorosi, e raramente possono imprimere alle loro opere una totale e piena efficienza.

6. Altri di nuovo sono anche pieni di serietà e coraggio, ma deboli sotto l’aspetto della pazienza. Tali uomini agiscono di solito con precipitazione, e col loro impaziente zelo spesso rovinano più di quanto abbiano ben fatto. Sì, amico, senza una giusta pazienza non c’è nulla, poiché chi non ha una giusta pazienza, costui pronuncia a se stesso una sicura condanna a morte! Infatti l’uomo deve aspettare fino a che l’uva diventi completamente matura, se vuol fare una buona vendemmia. Se non gli va di aspettare, ebbene, alla fine dovrà pur tuttavia ascrivere a se stesso se invece di un vino pregiatissimo avrà vendemmiato solo una bevanda acidula imbevibile.

7. La pazienza è dunque uno spirito necessario in ogni e qualunque cosa. In primo luogo essa è necessaria per frenare e regolare quello spirito che ho chiamato serietà, il quale spesso vorrebbe spingersi all’infinito. Infatti questo spirito, in unione all’amore, alla sapienza e alla volontà, degenera nella più grande superbia, che poi notoriamente nell’uomo non trova confini. E in secondo luogo la pazienza è anzitutto, come ti ho già indicato, la madre dello spirito di misericordia, e solo questo spirito, agendo retrospettivamente, conferisce a tutti gli spiriti precedenti la completezza spirituale-divina ed aiuta l’anima umana ad ottenere la piena e vera rinascita nello spirito.

8. Perciò il Signore stesso ora ha messo a cuore a voi tutti, prima di ogni cosa, l’amore a Dio e al prossimo, e in proposito ha detto: “Siate misericordiosi, come anche il vostro Padre in Cielo è misericordioso, e siate mansueti e umili, così come anch’Io sono di tutto cuore mansueto e umile.”

9. Il Signore dunque ha comandato a voi uomini di coltivare prima di ogni cosa il settimo spirito, perché proprio in quest’ultimo spirito tutti i precedenti sono contenuti e vengono compiutamente sviluppati. Chi dunque sviluppa e rafforza quest’ultimo spirito con ogni zelo, questi sviluppa e rafforza anche i precedenti spiriti e diventa con ciò completo nel modo più rapido e più sicuro. Chi invece inizia il proprio sviluppo con uno o anche con più di uno degli spiriti precedenti, costui giunge difficilmente, o spesso anche per nulla affatto, al totale e pieno completamento della propria vita, perché questi primi spiriti, ciascuno preso a sé, non contengono in sé il settimo spirito, mentre esso di per sé contiene tutti quelli che necessariamente lo precedono.

10. E vedi ora, in questo consiste poi anche incessantemente la caduta degli angeli, ovvero dei pensieri e delle idee provenienti da Dio - che possiamo anche denominare le forze uscenti costantemente da Dio -, e ciò fino a quando essi nella loro totalità non abbiano portato, nell’essere dell’uomo, il settimo spirito in se stesso alla vera e suprema completezza. Infatti tutti gli spiriti precedenti sono dati liberamente, in parte, più o meno a quasi tutte le creature; ma il settimo spirito deve essere conquistato solo dall’uomo, esclusivamente con la sua propria diligenza e col suo proprio zelo.

11. E come soltanto attraverso tale conquista tutti i sei spiriti precedenti raggiungono il loro vero significato e il vero scopo della vita, così anche soltanto attraverso questo settimo spirito tutto l’uomo raggiunge la pienissima libertà e autonomia di vita. Ed ora, però, ti chiedo se hai anche capito bene tutto questo!»

12. Disse Lazzaro: «Oh, carissimo servitore del Signore colmo dello Spirito di Dio, certo, io davvero non potrò in eterno mai ringraziarti abbastanza per la tua grande pazienza e per tanta grazia dimostratami! Soltanto adesso comprendo la Sapienza contenuta nei testi antichi! Solamente è un peccato che sia unicamente io a comprendere queste cose, visto che sono uno scrittore troppo scadente per poterle annotare in un libro; perciò sarebbe bene che tu le spiegassi anche agli altri discepoli del Signore, alcuni dei quali sono abili nell’arte dello scrivere, così da poterne prendere nota per iscritto per tutti i tempi e per il bene di tutti i popoli, perché altrimenti i popoli non ne sapranno niente»

13. Disse Raffaele: «Non preoccuparti per questo! Infatti, appunto mentre io ti spiegavo qui tutto ciò che hai udito riguardo ai prodigi, alle guerre di Jehova e ai sette Spiriti di Dio, contemporaneamente il Signore stesso forniva delle spiegazioni assolutamente identiche a tutti quelli che erano radunati nella gran sala e in modo altrettanto comprensibile come quelle che ho usato io con te, e inoltre Giovanni e Matteo hanno preso nota dei punti principali! Se però tu disponi di un quaderno con le pagine in bianco, ci scriverò io stesso dentro parola per parola!»

14. Disse Lazzaro: «Certo che ho un quaderno come tu dici; devo portartelo qui?»

15. Raffaele disse: «Non occorre affatto! Ma adesso rientriamo pure in casa, e vedrai che il tuo quaderno lo troverai già tutto bello riempito!».

16. Lazzaro si rallegrò molto di tale notizia e ambedue poi fecero ritorno nella sala grande dove erano radunati tutti.

 

[indice]

 

Cap. 21

Miracolo su miracolo

 

1. Quando Lazzaro assieme a Raffaele venne da noi, arrivò in tempo per udire le grandi esclamazioni di meraviglia che si erano levate da ogni parte riguardo alla Mia Dottrina, cioè riguardo ai prodigi, alle guerre di Jehova, ai sette Spiriti originari in Dio e alla cosiddetta caduta degli angeli. Il romano Agricola espresse a Lazzaro il suo rammarico per il fatto che quest’ultimo non era presente mentre Io davo quegli insegnamenti tanto santi e importantissimi.

2. Allora Lazzaro gli disse: «Ti ringrazio molto per questa tua particolare attenzione! Devo però dirti che ciò che il Signore, nella Sua immensa Grazia, vi ha spiegato qui dentro, me lo ha spiegato altrettanto ampiamente là fuori questo giovinetto sapientissimo e straordinariamente potente per mezzo della Volontà del Signore.

3. E a conferma di ciò puoi vedere queste due coppe di oro purissimo, le quali - per rendermi tanto più visibile e comprensibile l’azione di uno spirito perfetto una venne formata lentamente a cominciare dal fondo fino all’orlo superiore, e la seconda istantaneamente nella mia mano! L’occasione per vedere uno spirito perfetto all’opera mi fu offerta dalla fabbricazione miracolosa e improvvisa dei molti tavoli, panche, tende, e delle stoviglie, tovaglie e delle svariate vivande e bevande. Dalle otto alle novecento persone, provenienti da tutte le parti del mondo, furono servite nel migliore dei modi e secondo le usanze delle rispettive nazioni, eppure dalle mie provviste non è stato offerto a quei forestieri nemmeno quanto potrebbe trovare posto sotto un’unghia! Dato che tutto ciò era accaduto sotto ai miei occhi, era comprensibile che io gli abbia domandato come mai egli fosse stato in grado di compiere tutte quelle cose. Ed egli mi spiegò tutto in maniera così bella e nitida che non mi fu affatto difficile capirlo.

4. Dopo si venne a parlare dell’antico libro delle “Guerre di Jehova”, e oltre a ciò dei sette Spiriti di Dio e della caduta degli angeli con il loro angelo-principe Lucifero. E vedi, proprio costui, che all’apparenza sembra un giovinetto, mi spiegò esattamente ogni cosa, e inoltre fece anche in modo che tale sua dissertazione, durata più di un’ora, riguardo a questi argomenti estremamente importanti venisse scritta in un quaderno che mi riservo di presentarti quale seconda prova che dimostra che io pure ho appreso tutto quanto è stato insegnato a voi; così potrai tu stesso leggerlo e fare gli opportuni confronti!»

5. Disse Agricola: «Farai davvero una cosa molto opportuna, e da parte tua è stato saggio indurre questo meraviglioso giovinetto ad assecondare il tuo desiderio, poiché questo insegnamento era troppo importante per non venire conservato per iscritto fedelmente parola per parola. Due fra i discepoli del Signore ne hanno preso nota anche qui, però soltanto per quanto riguardava i momenti principali della grandiosa dissertazione. Va dunque là dove tieni il quaderno e portalo subito qui, affinché noi tutti lo possiamo vedere e confrontare!»

6. Allora Lazzaro si rivolse a Me e disse: «O Signore, dimmi Tu se questo è il momento buono per far vedere il quaderno ai romani!»

7. Io dissi: «Oh, senz’altro! Va pure e portalo qui! Non farà certo male a nessuno sentire ancora una volta questo insegnamento quanto mai importante»

8. Allora Lazzaro andò nella sua stanza, ed egli stesso, pieno di stupore e gioia, portò il quaderno, lo depose sul tavolo dinanzi al romano dicendo in aggiunta: «Vedi, amico, ecco il quaderno scritto in maniera prodigiosa! Leggilo ad alta voce dal principio alla fine, affinché tutti i presenti possano udire ancora una volta quali cose sommamente importanti ci siano state rivelate dal Signore e da Raffaele!»

9. Disse Agricola: «Io lo farò subito, purché la scrittura sia ben leggibile!».

10. Detto ciò, il romano aprì il quaderno e trovò che la scrittura nell’idioma greco era nitidissima; egli lesse il contenuto dal principio alla fine a tutti i presenti, ciò che richiese quasi un’ora di tempo, e tutti, che per lo più conoscevano il greco, non cessavano di meravigliarsi constatando che lo scritto concordava parola per parola con quanto avevano appreso dal Mio insegnamento precedente.

 

[indice]

 

Cap. 22

La brama di sapere della giovane ebrea riguardo al Signore

 

1. Soltanto allora la giovane e bella ebrea cominciò ad insistere presso Agricola per apprendere Chi fossimo veramente Io e il meraviglioso giovinetto e perché tutti, rivolgendoMi la parola, Mi chiamassero sempre “Signore e Maestro”. Lei era ormai convinta che in Me le stava dinanzi una persona fondamentalmente savia, tuttavia non era ancora a conoscenza di chi fossi Io e da dove venissi.

2. E Agricola le rispose e disse: «Mia bella figlia! Tu assieme ai tuoi genitori e a tuo fratello fate bene attenzione per ora a tutto quanto succede e si dice qui, e così riuscirai certo a scoprire Chi è veramente questo Uomo meraviglioso e da dove è venuto, nonché chi è e da dove viene anche quel giovinetto!»

3. Disse l’ebrea: «Ma non sapete ancora neppure voi con certezza chi sia veramente quell’uomo meraviglioso? E se invece lo sapete, perché non volete dirmelo?»

4. Disse Agricola: «O mia carissima figlia, il vostro saggio re Salomone disse un giorno: “Tutto a questo mondo ha il suo tempo, e fra tempo e tempo conviene che l’uomo abbia pazienza; infatti, finché l’uva non sia matura, non la si deve togliere dal tralcio!”. Vedi, è probabile dunque che nemmeno tu sia ancora del tutto matura per ottenere maggiori informazioni riguardo a quell’Uomo meraviglioso; quando però sarai matura, tali informazioni non ti saranno più taciute. Ma come detto, fa attenzione a tutto quello che quell’Uomo meraviglioso dirà e farà, e poi il tuo cuore ti dirà chi è quell’Uomo meraviglioso. Mi hai ben compreso tu ora?»

5. Disse l’ebrea: «Sì, sì, ti ho compreso perfettamente! L’uomo povero viene sempre tenuto a bada facendo appello alla pazienza; chi invece è ricco, e persona di riguardo agli occhi del mondo intero, ha degli altri mezzi per procurarsi le informazioni che vuole, rinunciando ad una pazienza eccessivamente lunga! Sì, sì, questa cosa la conosco già da abbastanza tempo! Ebbene, il tuo benigno consiglio, o nobile signore, io lo seguirò senz’altro! Però se avrò da guadagnarci qualcosa, questa è tutta un’altra faccenda!»

6. Qui il padre della giovane pregò molto Agricola di essere indulgente e disse: «O signore, signore, perdona questa povera figlia, poiché, nonostante tutto il suo buon cuore, lei è talvolta un po’ troppo curiosa e qualora succeda che per una qualche buona ragione le si voglia tacere qualcosa, allora si arrabbia subito. Ma quando poi la frenesia della sua curiosità, che spesso si risolve in niente, è passata, allora lei ridiviene colma di pazienza e dolcezza e si adatta poi volentieri alla sua condizione, per quanto amara possa essere. Ti prego dunque, signore, di tener presente questo piccolo difetto di questa nostra figlia!»

7. Agricola disse: «Ah, ma che cosa mai vi viene in mente? Le parole di questa vostra cara figlia mi piacquero particolarmente, perché lei ha detto francamente e senza sottintesi la verità. Da adesso in poi io sono vostro amico più ancora di quanto lo sia stato prima. Perciò a questo riguardo potete stare del tutto tranquilli. Che comunque la figlia continui pure ad esternarsi a modo suo, e per questa via finiremo bene col giungere alla piena verità»

8. I poveri vecchi, contenti, si calmarono a queste parole, e allora la figlia poté dare libero sfogo ai suoi sentimenti.

9. Lei si rivolse nuovamente al romano e gli disse: «O caro e nobile signore e amico, tu certo sei una persona di cuore eccellente, e tutti i tuoi compagni hanno l’aspetto di essere anche loro così; però tu, nella tua grande felicità mondana, non puoi sentire interamente quello che il povero sente nel suo stato di immensa miseria e nel suo abbandono assoluto! Se una giovane, non trascurata dalla natura di Dio nella distribuzione dei suoi doni, non si sottomette alle brame dei grandi e dei ricchi, lei è interamente perduta. Nessuno ci degna più di uno sguardo e quanto possiamo aspettarci non è che venire ingiuriati e tacciati di essere delle creature vanitose, sciocche e superbe; quando poi, spinti dalla miseria, ci rivolgiamo per un aiuto a qualcuno, veniamo messi alla porta con l’intimazione di non ricomparire mai più. Ma questa è e resta una condizione ben dolorosa per noi e finisce col far svanire anche le ultime tracce di fiducia perfino nella parte migliore dell’umanità. Infatti siamo tutti creature umane, e siamo oberati da ogni tipo di debolezze e imperfezioni! È vero o no quello che dico?»

10. Disse Agricola: «Il tuo discorso è stato del tutto conforme a verità; tuttavia c’è ancora qualcosa della quale tu ti sei dimenticata esponendo le condizioni tristi e miserande dei poveri. Vedi, chi è caro a Dio, Dio lo mette dovutamente alla prova prima di venirgli pienamente in aiuto! E sembra infatti che proprio questo abbia fatto con voi Dio, il Signore. Ma quando la vostra miseria ebbe raggiunto il suo culmine, ecco che venne a voi il Suo Aiuto; ed è soltanto ora che l’aiuto vi viene dato realmente. Infatti io ve l’ho concesso nel Nome di Dio, il vostro e il mio Signore, e manterrò pure la parola datavi, e ciò puramente per amore e gratitudine al vostro vero Dio, ma non per una particolare inclinazione e amore per te per il fatto che sei una bellissima ebrea. Infatti il mio amore per Dio è molto superiore a quanto io ne abbia mai provato per tutte le bellezze e le magnificenze del mondo che ho percepito finora! Riguardo dunque al tuo sostentamento futuro non occorre che tu ti dia assolutamente nessun pensiero; però, che per qualche breve tempo ti venga impedita una conoscenza più precisa di quell’Uomo meraviglioso, questo ha una ragione molto savia, e perciò noi non siamo duri nei tuoi confronti se non ti diciamo subito tutto quello che noi sappiamo di Lui con tutta sicurezza secondo perfettissima verità.

11. Tu già puoi immaginarti che in Lui deve celarsi qualcosa di assolutamente straordinario, tuttavia in cosa veramente consista questo tu potrai in gran parte trovarlo da sola, presto e facilmente, purché, come ti ho consigliato, tu stia bene attenta a tutto ciò che Egli dirà e farà. Già da principio io ho richiamato la tua attenzione sul vasellame che si trova su questa nostra mensa, e ti ho detto come l’abbia creato Lui semplicemente attraverso la Sua Volontà. Poi tu pure fosti testimone di come Egli, mentre spiegava il modo in cui compie i Suoi Prodigi, abbia chiamato all’esistenza, fuori dall’aria, quelle due coppe d’oro che ora si trovano ancora davanti a Lui e che sono perfettamente simili a quelle altre due che poco fa Lazzaro, il padrone di casa, ha portato con sé entrando, raccontando che quel giovinetto, il quale ora siede adesso con Lazzaro a quella piccola mensa ed è impegnato a mangiare e a bere, le aveva chiamate all’esistenza nella stessa maniera precisamente come fece qui dentro quell’Uomo meraviglioso. Ma avendo tu udito e visto tutto ciò, dovrebbe pur farsi in te, e anche nei tuoi genitori e in tuo fratello, un po’ più di luce rispetto a quell’Uomo meraviglioso che parla con immensa Sapienza e che è in grado di compiere delle opere così straordinarie»

12. Disse l’ebrea: «Sì, sì, quello che hai detto è certo completamente giusto e buono; ma è proprio in quello che hai detto che noi quattro riscontriamo il vero punto critico della questione. È un punto su cui noi non possiamo sorvolare così a cuor leggero, poiché le sue parole sono troppo chiare e colme di sapienza e compie cose troppo straordinarie per essere solo un profeta, anche se lo si dovesse annoverare tra i grandi profeti. Per voi romani la cosa riesce invece facile, poiché una simile personalità straordinaria la potete considerare e accogliere addirittura come una Divinità, e come tale la potete venerare e adorare; ma per noi ebrei non è così, perché noi crediamo solo in un unico Dio, che nessuno può vedere e contemporaneamente vivere. La sapienza di questo uomo meraviglioso supera senza alcun dubbio ogni concetto umano fino al tempo presente, e altrettanto le sue opere; quindi egli deve certo avere in sé molta parte dello spirituale puramente divino, ma non perciò noi ebrei possiamo accettarlo come un Dio! Qual è il tuo pensiero a questo riguardo?».

 

[indice]

 

Cap. 23

La domanda del romano riguardo al Messia

 

1. Disse Agricola: «Mia cara figlia di Gerusalemme, per il momento non ci sarebbe davvero molto da obiettare a questa tua asserzione; però verrà di certo l’ora nella quale giudicherai e parlerai di quell’Uomo meraviglioso in maniera del tutto differente.

2. Ma a te, che sei un’ebrea, vorrei chiedere: “Non hai mai udito parlare di un Messia degli ebrei, il quale dovrebbe venire e verrà per redimere il Suo popolo dai ferrei artigli della tirannia del peccato che minaccia durissimamente il mondo intero di eterna distruzione? E non potrebbe, così per combinazione, essere appunto quell’Uomo meraviglioso il promesso Messia degli ebrei e contemporaneamente di tutta l’umanità di questo mondo intero?”. Cosa pensi a tale proposito?»

3. Rispose l’ebrea: «Oh, amico mio, questa predizione è certo molto consolante, sennonché tutte le nostre profezie sono costituite in modo che in primo luogo non vi è sacerdote che le comprenda, e in secondo luogo molto meno ancora poi le possiamo comprendere noi profani! Oltre a ciò, nelle enunciazioni dei profeti tutto è così impreciso e vago che nessun nostro pari può, leggendole, farsi un’idea di quando un simile Messia comparirà, quale aspetto avrà, quali saranno le Sue particolari caratteristiche e in che modo Lo si potrà riconoscere al più presto e più facilmente.

4. Una volta è un fanciullo, un’altra volta un agnello, poi il leone di Giuda, inoltre un sommo sacerdote per l’eternità - e precisamente alla maniera di Melchisedek -, un discendente di Davide, un re dei Giudei per un tempo senza fine, e così Egli è profetizzato con vari altri nomi e significati, così che si finisce col non raccapezzarsi più riguardo al come e sotto quale forma umana, ceto e dignità Egli vorrà venire a questo mondo da noi ebrei.

5. Del resto io non avrei proprio nulla in contrario che quell’uomo meraviglioso fosse appunto il vero Messia; una cosa però non riesco a comprendere, ed è precisamente che i nostri sacerdoti, i quali pur dovrebbero per primi essere a conoscenza di un simile fatto - per amore del popolo che crede a loro per prima cosa - non sembrano curarsi affatto di questo vero Messia! Infatti egli stesso si trovava con te laggiù alla gran porta della città mentre ferveva il dibattito fra te e il capo-sacerdote a causa di mio fratello, e, vedi, non sembrava che quel capo- sacerdote lo riconoscesse! Come dunque si spiega questa cosa?»

6. Disse Agricola: «Questo succede perché la gente del Tempio è troppo bramosa di potere e avida, e non ha fiuto se non per il proprio benessere terreno di ogni tipo e specie, come tu stessa hai potuto farne esperienza. Ma a conseguire tale scopo i templari non rifuggono dal ricorrere ad ogni possibile menzogna e truffa e, come ho potuto convincermi di persona, sono quindi nemici di ogni verità, e con ciò di chiunque sia proprio veritiero. Sulla bocca essi hanno bensì continuamente il nome di Mosè e degli altri profeti, ma gli insegnamenti e le leggi di costoro essi li disprezzano, e spacciano i loro pessimi ed egoistici ordinamenti per quelli di Mosè e degli altri profeti presso il popolo che essi tormentano il popolo caricandolo di ogni specie di inutili pesi e lo opprimono spiritualmente e fisicamente.

7. Questo nostro Uomo meraviglioso invece è l’Amore, la Verità e la suprema Sapienza stessa e testimonia la grande perfidia dei farisei che si presentano al popolo come sacerdoti e dottori della Legge e che - spacciandosi per servitori di un Dio nel quale essi stessi non credono, che non conoscono affatto e neppure vogliono riconoscere - si fanno venerare dal popolo oltre ogni misura e addirittura letteralmente adorare, e così Gli sono nemici e non vogliono sapere né udire niente di Lui, cosa questa che è chiara come la luce del giorno.

8. Due giorni fa, subito dopo il mio arrivo, io stesso mi sono potuto convincere, mentre Egli insegnava nel Tempio, che essi volevano lapidarLo perché aveva predicato loro la piena verità. Se tu dunque consideri ciò, non ti sarà difficile comprendere perché i vostri sacerdoti non vogliono accogliere questo Uomo meraviglioso come il promesso Messia e il Salvatore del mondo, ciò che però non lede in alcun modo alla questione principale, poiché, Lo riconoscano per Tale i vostri templari oppure no, Egli tuttavia rimane quello che è secondo pienissima verità. Comprendi ora bene questa cosa tu, mia leggiadra fanciulla?»

9. Disse l’ebrea: «Oh sì, adesso la comprendo assai bene, e tu avrai certo del tutto ragione! Per quelli laggiù, Mosè ed Elia potrebbero scendere in persona dai Cieli splendenti per mettere sotto ai loro occhi le loro enormi nefandezze ed esortarli a vera penitenza, e condurli poi qui e mostrare loro, in quell’uomo meraviglioso, il Messia promesso ed ora venuto, ebbene, anche se avvenisse tutto ciò essi non crederebbero nemmeno a questi due massimi profeti, ma li colmerebbero di ingiurie e li perseguiterebbero! Oh, questa ormai è una cosa arcinota! Ma ora smettiamo di discutere, perché a quanto pare c’è qualcun altro ancora che vorrebbe dire qualcosa, e credo che quell’uomo meraviglioso accenni a voler intraprendere qualcosa; noi quindi dobbiamo fare la massima attenzione a quanto potrà accadere!».

 

[indice]

 

Cap. 24

Raffaele veste i poveri

 

1. In quel momento Io feci un cenno a Raffaele per incaricarlo di procurare delle vesti adeguate alla giovane, a suo fratello e anche ai suoi genitori.

2. Poi Raffaele si presentò alla mensa dove sedevano i quattro e domandò loro: «Che vesti avete nella vostra dimora?»

3. L’ebrea disse: «O carissimo servitore, celestialmente bello e possente di quell’uomo meraviglioso! Senza che io abbia bisogno di dirtelo, tu certo saprai come già da lungo tempo noi siamo messi molto male in fatto di vestiario, e ciò davvero senza nostra colpa. Per conseguenza credo che a questa tua domanda, senza dubbio bene intenzionata, noi possiamo esimerci dal dare risposta, tanto più che io ti ho già accennato in quali condizioni ci troviamo per quanto riguarda il vestiario. Del resto, se vuoi, puoi andare a casa nostra, e ti convincerai che è davvero così!»

4. Disse Raffaele: «Io veramente non ti ho interpellata in merito perché io conosco alla perfezione quali vesti voi possedete nella vostra casa, ma c’è un’altra cosa ancora che io conosco e della quale tu preferiresti che non si parlasse per un inopportuno senso di onore. Sennonché, vedi, di fronte a noi non è possibile stare in silenzio dato che noi conosciamo sempre con assoluta esattezza ogni cosa. Ecco, per amore dei tuoi vecchi genitori e di tuo fratello tu hai depositato presso un mercante greco, che si occupa di pegni, le tue vesti buone, anzi dirò preziose, per un anno, ricevendone cento grossi in cambio. Lo scontrino del pegno tu lo conservi a casa tua; ebbene, riguardo a questo fatto tu non ti sei dilungata troppo parlando con me! Se tu ora rientrassi in possesso di quelle vesti, non saresti contenta? Per i tuoi vecchi e per tuo fratello si potrebbe poi ben trovare il modo di provvedere qui sul posto!»

5. Allora la giovane ebrea rimase un po’ imbarazzata, tuttavia dopo una breve pausa rispose: «Sì, sì, infatti, tu hai detto la pienissima verità, ma ormai a che mi gioverebbe? Quelle buone vesti erano, in fondo, anch’esse soltanto il dono di un parente ricco il quale purtroppo è morto, e così non ha potuto più venire ancora in nostro aiuto. Però quelle vesti, che egli mi donò mentre era ancora in vita, furono anche tutta l’eredità che toccò a tutti noi, mentre il resto fu ereditato dai suoi tre figli che sono gente molto dura e che di poveri non ne vogliono proprio sapere.

6. Io stessa non ho mai indossato quelle vesti preziose le quali anzitutto non si addicevano ad una ragazza povera come me, e poi sarebbero state troppo grandi per me. Ma le tristi condizioni in cui ci trovavamo mi suggerirono un’altra soluzione. Considerato che, trattandosi di un ricordo, io non avrei proprio voluto disfarmene, le impegnai pensando che entro un anno, se le circostanze lo avrebbero permesso, le avrei riscattate. Sennonché, vista la nostra miseria sempre crescente, ad un riscatto non sarebbe stato ad ogni modo nemmeno più da pensarci nonostante lo scontrino di pegno che si trovava nelle mie mani; io quindi ho preferito tacere, ma d’altro canto a non parlare di questo mi indusse pure la circostanza che presso di noi dare in pegno qualcosa non viene reputato affatto una virtù degna di lode particolare. Ed ecco che tu, o giovane e stimatissimo amico, ora sai tutto ciò che sta in relazione con questo affare; e adesso cosa si potrebbe fare?»

7. Raffaele disse in tono amichevole: «E che cos’altro si potrebbe fare se non riscattarle! Sennonché a te, mia cara sorella in Dio, il Signore, questo ti darebbe molte noie e ti obbligherebbe ad affrontare molte incombenze; perciò voglio farlo io al posto tuo. Ti sta bene così?»

8. Disse l’ebrea: «Eh, certo che ne sarei contenta; ma in primo luogo lo scontrino di pegno non l’ho qui con me, e poi il greco che custodisce il pegno abita assai lontano da qui e viene soltanto una volta ogni Luna (mese) a Gerusalemme; una volta sbrigati i suoi affari, egli fa subito ritorno dove abita: a Tiro o a Sidone, credo. Non è escluso che egli si trovi qui a Gerusalemme, ciò che io non posso sapere, dato che egli viene da queste parti, con certezza, solamente durante la festa di Pasqua per concludere degli affari su vasta scala»

9. Disse Raffaele: «Oh, questo non fa niente! Se ti sta bene così, munito del tuo scontrino saprò ben io scovare fuori il greco in qualche luogo, riscatterò le tue vesti e le porterò qui. Dimmi un po’, entro quanto tempo desidereresti averle?»

10. Disse l’ebrea: «O soavissimo amico, se vuoi compiere ciò in maniera del tutto naturale, ti ci vorranno parecchi giorni per poter arrivare a trattare con quel greco; ma poiché a te è possibile compiere anche prodigi forse ti basterà un tempo molto più breve!»

11. Allora Raffaele disse: «Bene, conta adesso gli istanti che mi occorreranno per andare a prendere anzitutto il tuo scontrino! Ebbene, hai già cominciato a contare gli istanti?»

12. Disse l’ebrea: «E come potrei farlo finché sei ancora qui?»

13. Raffaele disse sorridendo: «Eppure io sono già stato via ed ho già qui con me il tuo scontrino di pegno! Guardalo un po’ e vedi se è proprio quello!»

14. Lo stupore causato da questa incredibile rapidità di azione fu immenso per tutti i presenti, e Agricola e altri ancora fra i presenti esclamarono: «Ma amico, tu non sei stato assente nemmeno un solo istante; come hai mai potuto dunque fare una cosa di questa specie? Probabilmente lo scontrino l’avrai preso con te già prima, quando andasti in casa di questa famiglia per condurla qui, ed ora intendi farne il nobile uso che hai detto?! Infatti non è assolutamente ammissibile che tu possa essere materialmente andato e ritornato con una velocità pari a quella del pensiero!»

15. Disse Raffaele: «In questo mondo materiale e presso gli uomini moltissime cose non sono possibili, mentre invece sono possibilissime a Dio e alla Sua Potenza! Tu però sai, perché l’hai appreso da questa giovane, che quel greco il quale detiene le sue vesti in pegno per cento grossi anticipati si trova attualmente a Tiro, malgrado un suo incaricato sia ora da queste parti per curare i suoi affari. La sua bottega però è a due ore di cammino dalla città in direzione di Betlemme; ciononostante vedrai che io andrò e ritornerò portando con me le vesti di questa poveretta con la stessa rapidità con la quale le ho portato qui questo scontrino di pegno; ma allora non potrai più dire che anche le vesti le avevo già prima con me! E adesso conta tu gli istanti che mi occorreranno per eseguire questo lavoro! Li hai già contati?»

16. Disse Agricola: «Ma se non ti sei ancora allontanato da qui, come posso averli contati?»

17. Disse Raffaele: «Eppure guarda! Là su quella panca vicino alla porta si trovano già, bene avvolte in un panno, le vesti definitivamente riscattate di questa povera ebrea; che lei le esamini e che dichiari poi a voi se esse sono o non sono proprio quelle da lei impegnate!»

18. Allora l’ebrea si alzò immediatamente, svolse il panno e fra lo sbalordimento generale ne tolse le vesti che riconobbe come le sue.

19. Considerato però che sua madre era ancora più miseramente vestita di lei, la giovane ebrea disse a Raffaele: «Ascolta, o giovane e meraviglioso amico, io rinuncio del tutto a chiederti come tu abbia fatto a procurarmi con una simile rapidità queste vesti che sono più che sufficienti a coprire una donna, ma che tuttavia non basterebbero per me e anche per mia madre! Io dunque le do a lei affinché almeno lei sia completamente vestita; in quanto a me, prenderò la veste che lei ha ora indosso, e questa sarà sufficiente per coprire il mio corpo finché per bontà di questo potentissimo romano potrò averne una migliore. E adesso permettete che ci ritiriamo io e mia madre, in qualche stanza appartata per scambiare le nostre vesti!

20. Ma prima io ti chiedo, o giovinetto davvero incomprensibilmente prodigioso, se queste vesti, del resto molto preziose, sono pure. Infatti esse si sono trovate fino a poco fa tra le mani di un pagano, mani che presso di noi vengono considerate impure! Ora io preferirei rinunciare a veder mia madre dentro a queste belle vesti, se lei dovesse venire considerata immonda sia pure per un giorno solo»

21. Raffaele disse: «Fanciulla mia, quello che intendi fare di questa veste è molto buono! Segui dunque pure l’impulso del tuo cuore, e questa azione non mancherà di renderti eccellenti frutti! Per quanto riguarda poi la purezza delle vesti, non preoccuparti affatto, perché quello che si è trovato una volta fra le mie mani, è anche completamente puro! Lazzaro però assegnerà adesso a te e a tua madre una stanza dove potrete scambiare le vesti a vostro agio».

22. Ambedue allora ringraziarono, presero gli abiti, e Lazzaro le condusse subito in un camerino.

23. Quando la madre ebbe indossato la bella veste nuova, la figlia prese quella deposta da lei e se la mise indosso mostrandosi immensamente lieta che la madre fosse contenta di vedersi così ben vestita, non pensando affatto a se stessa che restava invece sempre assai miseramente vestita.

24. Quando ambedue da lì a poco vennero di nuovo a raggiungerci nella sala da pranzo, ecco che anche la figlia era vestita con una veste altrettanto splendida quanto quella della madre. Ma il suo sbalordimento, che non voleva più finire, aumentò ancora di più quando si accorse che anche il padre e il fratello, seduti alla mensa dei romani, erano vestiti a festa.

 

[indice]

 

Cap. 25

L’ipotesi della giovane ebrea sulla Persona del Signore

 

1. Soltanto a questo punto nell’animo della fanciulla cominciò a brillare una luce maggiore a Mio riguardo, così che lei, insieme alla madre, si avvicinò a Me ed esclamò: «O Signore e Maestro, il mio cuore mi dice che sei Tu solo ad operare qui tutte queste cose che non sono possibili a nessun essere umano, a nessun profeta e, senza la Tua Volontà, nemmeno ad un angelo, bensì ad un Dio soltanto; quindi Tu sei pure un Dio! Dunque, a Te solo vada tutta la nostra venerazione e il nostro amore per tutto il tempo della nostra vita! Ogni onore e ogni lode a Te soltanto!»

2. Io dissi: «Chi crede nella Mia Parola e secondo questa opera e vive, costui sarà beato! Voi però ora credete perché avete visto dei miracoli, e affermate che Io sono un Dio; ma se voi di miracoli non ne aveste visti, non avreste creduto e non avreste detto, come fate ora, che Io sono un Dio. Ebbene, come si spiega ciò?

3. Vedete, ciò si spiega con il fatto che in voi finora non c’è verità, né potrebbe esservi per la ragione che appunto voi una verità non l’avete ancora mai appresa! Ora però io vi dico: “Applicatevi voi tutti alla ricerca della verità pura, perché solamente essa può rendervi perfettamente liberi tanto nel corpo, quanto nell’anima; nel corpo, perché sarà la verità a dirvi il motivo per il quale vi è stato dato un corpo da portare, e nell’anima, perché appunto l’anima, fuori dalla verità in essa stessa, vi dirà che essa esiste per la libertà assoluta e per l’indipendenza eterna!”.

4. Ebbene, o Mia povera e graziosa figlia, Io davvero non ti avrei detto adesso queste cose se non sapessi che tu sei, sotto ogni riguardo, una fanciulla bene educata; però ti dico che quegli uomini che, quando credono di riconoscere bene le cose, sono un po’ ostinati nelle loro convinzioni, Io li preferisco a quelli che spesso, in seguito a pochi segni ed a poche prove, credono subito come canne percosse dall’uragano e si piegano nella direzione della corrente dell’uragano, ciò che testimonia evidentemente che non esiste in loro una particolare forza propria. Quando però uno non possiede una certa forza autonoma e non è in grado di dare un buon giudizio con il proprio intelletto, costui è altrettanto poco idoneo a lavorare per il Regno di Dio quanto lo è colui che, mentre è intento ad arare un campo, volge il suo sguardo continuamente indietro.

5. E vedi, tu, leggiadra figura, così stanno ora le cose anche con te! Tu prima hai dichiarato che Io sono un Dio, dato che i prodigi visti e la Mia Sapienza ti hanno costretta a credere questo, però in quello stesso istante tu rinnegasti il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Infatti in te sorse questo pensiero: “Chi è capace di parlare così saggiamente e di operare prodigi talmente incomprensibili, Costui per te è già un Dio!”. Sennonché ora nel segreto del tuo cuore ti sei già pentita di aver detto simili cose, perché subito dopo ti sei ricordata di nuovo delle Leggi di Mosè, ed ora dentro di te sei colta dal timore di esserti potuta dimenticare nella foga del tuo sentimento del Jehova antico rendendo a Me quell’onore che spetta unicamente al vero Dio. E vedi, questo è appunto quello che si chiama porre mano all’aratro e volgere nello stesso tempo il proprio sguardo indietro!

6. Se tu Mi consideri proprio un Dio, devi considerarMi del tutto Tale dopo averMi riconosciuto completamente come Tale, e non devi immaginarti accanto a Me nessun altro Dio, poiché, se tu ora dichiari che Io sono un Dio ma contemporaneamente pensi anche al Dio antico ed hai timore di Lui perché supponi di aver peccato con ciò contro le Leggi di Mosè, allora, stando così le cose, la tua professione di fede a Mio riguardo è vana, e tu così vieni ad essere non molto migliore di una pagana, la quale crede pure al Dio di Mosè, ma nello stesso tempo resta fedele anche a Giove, Apollo, Mercurio e a molte altre divinità ancora.

7. Vedi, quando ti avvicinasti a Me, il tuo pensiero fu che Io fossi una delle menzionate divinità dei pagani e, per rispetto a questi notabili di Roma, Mi rendesti onore. Ma immediatamente poi ti ricordasti del Dio di Mosè il quale così dice: “Tu devi credere in un solo Dio, e non devi avere alcun Dio estraneo accanto a Me!”. Ti sopraffece il pentimento di avere pronunciato questo ad alta voce, ma vedi, questo evidentemente non è stato bello da parte tua! Infatti, se tu credi nel Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non puoi allora onorarMi come un Dio. Se però credi seriamente che, Quale Io sono, sono veramente un Dio, allora conviene che tu dia congedo al Dio antico, considerato che non vi può essere che un Dio solo, e non due o ancor più dèi, così ugualmente non c’è che un solo spazio infinito e una sola continuità eterna del tempo in cui tutto è contenuto e si svolge.

8. Solamente se tu potessi credere che Io e il Dio antico siamo eventualmente l’Una e la stessa Persona - nonostante sia scritto che nessuno può vedere Dio e contemporaneamente vivere -, allora almeno la tua coscienza sarebbe più tranquilla, e con ciò evidentemente il tuo timore del Dio antico sarebbe minore! Ma adesso dimMi che intenzioni hai!».

 

[indice]

 

Cap. 26

Il sotterfugio dell’ebrea

 

1. A queste Mie parole la giovane rifletté un po’ su che cosa avrebbe dovuto rispondere, perché si era sentita punta nel vivo.

2. Allora sua madre, che aveva l’animo più calmo, provò a tirarla fuori dall’imbarazzo dicendo alla figlia: «Ma cosa stai ora pensando tutta spaventata e imbarazzata riguardo a cosa dovrai dire? Qualcuno ha forse visto il Dio antico di Abramo, Isacco e Giacobbe? Di Lui nessuno sa altro all’infuori di quello che ha potuto apprendere leggendo le Scritture, scritte semplicemente da uomini, o che ha sentito dire dai sacerdoti. I sacerdoti però, i quali dovrebbero conoscere il Dio antico più degli altri e dovrebbero osservare con il massimo zelo i Comandamenti punto per punto, fanno precisamente il contrario, e con questo loro modo di agire forniscono, dinanzi a qualunque uomo che sia capace di ragionare, la prova che l’antico Dio di Israele è una invenzione altrettanto quanto lo sono tutte le divinità dei pagani le quali non sono mai state viste da nessuno di quest’epoca. Questo Dio invece noi Lo vediamo, possiamo udirne i discorsi sapienti e ammirarne le opere straordinarie possibili ad un Dio colmo di Onnipotenza; cosa dunque potrebbe ancora trattenerci dal riconoscerLo come un vero Dio e dal rendere a Lui solo onore?»

3. Ma la figlia disse: «Sì, sì, madre, sarebbe così certo tutto giusto quanto dici, qualora noi potessimo affermare con certezza assoluta che né Mosè, né un profeta sono mai esistiti, e che tutte le Scritture a cominciare da quella di Mosè non sono altro che dei poemi dei soliti farisei. Ma considerato che questa cosa non la si può dimostrare in via assoluta, e considerato d’altro canto che in Mosè e negli altri profeti sono notoriamente contenute moltissime cose eccellenti e perfettamente vere le quali, a quanto ne so, hanno sempre ripugnato ai farisei, che, come noto, non le hanno mai volute prendere in considerazione, ebbene, noi non possiamo ammettere così, semplicemente, che siano stati i farisei, susseguitisi nelle varie generazioni, a compilare sotto ogni specie di nomi falsi tutta la cosiddetta Scrittura sacra, ma è chiaro che tale opera è stata scritta da individui evidentemente ispirati da Dio, e quindi questa è pure Parola di Dio anche se gli ispirati da Dio non hanno mai visto Dio! Perciò è e resta sempre davvero molto azzardato adorare e glorificare subito, addirittura come un Dio, un uomo, per quanto anche siano savi i suoi discorsi e meravigliosissime le sue opere!

4. A me pure è accaduto così durante il primo momento di sorpresa; e nell’immensa cecità del mio cuore non ho pensato minimamente che mi sarei trovata presto ad adorare due Dèi. Questo uomo meraviglioso però mi ha ricondotta subito sulla via retta facendomi riconoscere in maniera del tutto comprensibile e chiara che egli non è affatto un Dio, ma solamente un grande profeta ispirato da Dio; di un altro Dio dunque non abbiamo bisogno.

5. Non sappiamo forse che il profeta Elia verrà ancor prima che venga il grande Messia? Ed io - come tu, madre mia, sai - non mi sbaglio mai così facilmente, e quindi dico che questo uomo meraviglioso è il ritornato Elia, e quel soavissimo giovinetto è Eliseo, il suo discepolo; ma se ciò è vero, noi non avremo davvero da attendere molto a lungo ancora il grande Messia!

6. Questa è dunque la mia opinione, e poiché appunto quest’uomo, senza dubbio immensamente sapiente e prodigioso, ritiene che per quanto riguarda la fede io sia come una canna che si piega ad ogni vento, io intendo dimostrargli perfettamente il contrario di quella che pare sia la sua opinione! Come a questo mondo non è tutto oro quello che luccica e che sembra invece essere oro, io voglio fornire qui la prova che non tutto è debole quello che ha semplicemente l’apparenza di essere tale.

7. Uno solo è Dio, mentre di profeti ve ne possono essere molti, ed è nel gruppo di questi che io colloco senza esitare anche quest’uomo meraviglioso! E così credo di aver dato tanto alla tua, quanto alla domanda di questo uomo, del resto certamente meraviglioso, la risposta migliore. L’osservazione da lui fattami riguardo al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è stata giusta e buona, e io vi ho trovato dentro un serio ammonimento per il quale gli sono immensamente grata, come pure per i grandi benefici che ha reso a noi tutti; ma in quanto all’ammettere, così, che egli sia il promesso Messia, ce ne vuole ancora molto! Oh, io sarò tutto quello che si vuole, ma non una debole canna!»

8. Allora la madre esortò la figlia a non essere così caparbia e vanitosa!

9. La figlia disse: «Io non sono caparbia, e tanto meno presuntuosa; io voglio invece tenere conto degli insegnamenti di quest’uomo meraviglioso e grande maestro, e gli sono grata di tutto cuore per l’immenso bene che ha fatto. Che cosa posso fare io di più e che cosa possiamo fare noi tutti di più? Io però non voglio ostinarmi nemmeno a considerare questo maestro magnifico come un vero Messia e Salvatore dell’umanità, perché ciò lo fu sotto certi aspetti pure ciascun grande profeta e, in modo più relativo, anche ciascun piccolo profeta, dato che essi riportarono all’umanità, immersa nella notte tenebrosa della vita, la luce delle verità della vita, e la risollevarono fuori dalla palude dei sensi ad una vita più pura, spirituale e piena di verità; ma come ben vedo, queste cose le fa pure quest’uomo meraviglioso colmo di Forza e Potenza davvero divine, e perciò è anch’egli sicuramente un vero Messia per gli uomini che accolgono i suoi insegnamenti.

10. Giudicando così della sua persona, non è possibile che io sia proprio in grave errore, perché il mio giudizio è fondato esclusivamente su quanto ho udito da lui stesso e su quello che ho visto di lui. Può essere che le cose stiano in modo del tutto diverso, ciò che non possiamo sapere, tuttavia non possiamo sbagliare se noi, per il momento, crediamo soltanto a quello che possiamo credere in base a quanto abbiamo udito e visto. E che lo Spirito, la Grazia e la Potenza di Dio vogliano continuare a guidarlo per il bene dell’umanità intera!»

11. Disse la madre: «O mia cara figlia, preferirei molto che tu non fossi così terribilmente intellettuale! Il vecchio rabbi per due anni di seguito ti ha riempito il capo di tutto ciò che può sapere un uomo di questo mondo, poi ti sei trovata a conoscere ogni cosa meglio di noi, tuoi genitori; ma in questo tuo atteggiamento qualche volta diventi proprio insopportabile, ed ora mi accorgo che a questo grande Maestro sei diventata anche già antipatica! Di conseguenza ritengo consigliabile che noi adesso gli chiediamo perdono e poi ritorniamo ai nostri posti!»

12. Dissi Io allora: «Oh, per questo non c’è necessità! Infatti fino a questo momento non ho potuto parlare di nulla con Hèlia, la tua figlia, dato che finora tu sola, che sei sua madre, hai parlato con lei. Lascia dunque che anch’Io discuta con la graziosa Hèlia, affinché lei, da quella giovinetta sveglia che è, giunga ad apprendere, secondo pienissima verità, con Chi ha a che fare nella Mia Persona. Questo sarà molto utile per lei stessa e per molti altri ancora che avranno occasione di discutere con lei, poiché finora lei non sa nulla e tu, che sei sua madre, meno ancora di lei. Dunque parla quando ti inviterò a farlo!»

13. Allora la madre non disse più nulla, e si limitò a pregarMi che concedessi anche a lei di restare vicino a Me, desiderio a cui Io accondiscesi.

 

[indice]

 

Cap. 27

L’accenno del Signore alle profezie riguardo al Messia

 

1. Allora soltanto Io Mi rivolsi di nuovo ad Hèlia e le dissi: «E tu, bella Hèlia! Tu prima hai detto che Io, pur essendo un grande profeta, posso essere ed effettivamente anche sono un Messia altrettanto quanto lo sono qualunque grande e piccolo profeta, perché, secondo il tuo giudizio senz’altro degno di considerazione, è un Messia e Salvatore dell’umanità in un certo modo colui che, mediante la luce della piena verità, venga a liberare gli uomini fuori dalla palude tenebrosa della menzogna, dell’inganno e della fosca superstizione. E poiché Io sto facendo appunto così, sono anch’Io veramente un Messia di coloro che porgono ascolto alla Mia Parola e che vivono a seconda della Mia Dottrina. E questo è un giudizio molto buono da parte tua, giovane ebrea bene istruita da un vecchio ed onesto rabbi; soltanto per quello che riguarda la tua fede in un Dio, tu ti attieni, e ciò a pieno diritto, all’antico Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.

2. Tuttavia Io devo richiamare la tua attenzione su vari passi dei testi dei profeti i quali Mi hanno descritto. Con il loro aiuto potrai più facilmente e più chiaramente orizzontarti in questo campo di quanto sia stato il caso finora. Vedi, fra l’altro in Isaia è detto:

3. - Una vergine concepirà

e partorirà un Figlio,

che sarà chiamato

Dio con noi.[2]

4. - Ci è nato un Bambino

e ci è dato un Figlio,

sulle cui spalle è la sovranità,

e Gli sarà dato il nome:

Magnifico, Dio, Eroe,

Padre dell’eternità,

Principe della pace.[3]

5. - In quel giorno si dirà:

“Vedi, Questi è il nostro Dio,

che noi aspettavamo

perché ci liberasse!

Questi è Jehova

che noi aspettavamo.

Esultiamo e rallegriamoci

nella Sua Salvezza!”[4]

6. - La voce di uno che grida nel deserto:

“Preparate la via di Jehova,

e appianate nel deserto

un sentiero al nostro Dio,

e questo lo vedrà

contemporaneamente ogni carne”.[5]

7. - Vedi, Jehova viene nel Forte,

e il Suo Braccio Lo sosterrà!

Vedi, la Sua ricompensa con Lui!

Come un pastore Egli

pascolerà il Suo gregge.[6]

8. - E Jehova disse:

“Giubila e rallegrati

figlia di Sion!

Vedi, Io vengo

per abitare in mezzo a te;

perché poi molti popoli

aderiranno a Jehova

nel Suo giorno”.[7]

9. - Io, Jehova,

          ti chiamai in Giustizia

e ti darò come Alleanza del popolo;

Io, Jehova –

poiché questo è il Mio Nome -,

non darò a nessun altro la Mia Gloria.[8]

  10. - Vedi i giorni a venire

quando Io a Davide

susciterò un giusto germoglio,

che dominerà da Re

e terrà giudizio, e farà giustizia sulla Terra!

E questo è il Suo Nome:

Jehova, nostra Giustizia.[9]

11. Vedi dunque, o Hèlia Mia, così Mi annunciarono i profeti nei tempi antichi e anche in questi recentissimi! Ed il battezzatore e predicatore Giovanni fu appunto la voce di colui che chiamava nel deserto che Mi appianò un po’ la via e che di Me disse: “Vedi, ecco che viene l’Agnello di Dio che toglie i peccati di questo mondo!”.

12. Se poi tu pensi che prima del Messia deve venire Elia per preparare ogni carne alla venuta del Messia che viene chiamato Jehova, allora Io ti dico che Elia è già venuto appunto in quel Giovanni, e che Io stesso mi trovo pure già qui. Io sono venuto nella Mia proprietà e, vedi, i Miei non Mi riconoscono! Ebbene, cosa dici tu di questa cosa?».

 

[indice]

 

Cap. 28

Spiegazione dei primi tre Comandamenti

 

1. Disse Hèlia: «Signore e Maestro, dinanzi a quanto Mi hai detto ora, mi sento prendere dalla vertigine! Ma se Tu certamente sei Colui del Quale i profeti hanno così profetizzato, cosa dobbiamo fare noi, poveri peccatori, al Tuo cospetto, o Signore?»

2. Io dissi: «Null’altro che ascoltare i Miei insegnamenti, restarvi fedeli e indirizzare la propria vita conformemente ad essi: amare Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stessi; con ciò desterete in voi tutti i sette Spiriti di Dio e perverrete alla vita eterna, come vi ho dichiarato già prima; sei contenta così?»

3. Disse Hèlia: «O Signore, o Jehova, e chi non dovrebbe essere contento? Chi mai potrebbe non voler osservare i Tuoi insegnamenti e i Tuoi Comandamenti traboccanti del più puro Amore? Una domanda tuttavia ancora si impone, e cioè se con questi due Comandamenti dell’Amore si intendono abolite le dieci Leggi e i profeti, avendo Tu detto che in questi due Comandamenti sono contenute tutte le Leggi di Mosè e tutti i profeti»

4. Dissi Io: «Hèlia Mia cara, come puoi fare una simile domanda? Se la Legge di Mosè e tutti i profeti sono contenuti nei due Precetti dell’Amore, come potrebbero risultare aboliti? Vedi, come il settimo Spirito di Dio, che vi è stato appena spiegato, compenetra e colma e, per conseguenza, accoglie in sé tutti gli altri sei Spiriti che lo precedono, precisamente così il vero amore per Dio e per il prossimo include e adempie tutte le precedenti Leggi di Mosè e tutte le esortazioni dei profeti!

5. Quando Mosè dice: “Tu devi credere in un Dio solo, e accanto al vero Dio non devi avere alcun altro Dio estraneo e fatto di niente dei pagani!”, tu questo primo Comandamento lo adempi più che perfettamente se ami Dio sopra ogni cosa! Infatti potresti amare un Dio proprio sopra ogni cosa qualora prima non credessi senza alcuna possibilità di dubbio che Egli esiste veramente? Ma se tu, mediante il tuo amore per Lui, dimostri in maniera più che chiara e vivente che credi in un Dio, saresti capace, nel tuo grande amore per Lui, di diffamare, di disonorare e profanare il Suo Nome? Di certo mai in eterno! Infatti ciò che ad un essere umano è supremamente caro, egli lo onora nella misura maggiore possibile, anzi egli si opporrà con la massima decisione e molto seriamente a chiunque si azzarderà in un qualsiasi modo a disonorare l’oggetto del suo massimo amore. Oppure non ti ribelleresti in sommo grado nel tuo animo se qualcuno tentasse di disonorare tuo padre che tanto ami? Se tu dunque ami Dio sopra ogni cosa, potrai mai arrivare al punto di profanare in qualche modo il Suo Nome?

6. Se dunque queste cose le consideri attentamente in te, già al primo sguardo non può che riuscirti assolutamente chiaro che tanto il primo, quanto il secondo Comandamento di Mosè sono completamente contenuti nel solo Comandamento dell’amore per Dio!

7. Dunque, se tu, Mia Hèlia cara, ami ormai Dio certamente sopra ogni cosa, e appunto perciò anche Lo onori sopra ogni cosa, non desidererai ritirarti, e ciò quanto più spesso ti sarà possibile, dalle attività quotidiane del mondo per occuparti dell’oggetto del tuo ardentissimo amore? Sì, questo è certissimamente vero e sicuro! E vedi, è in ciò che consiste anche la verissima e giustissima celebrazione del Sabato comandata da Mosè, la sola che è valida al cospetto di Dio! Infatti poco o nulla affatto interessa il giorno in sé, ma quello che unicamente ha importanza è che tu, di giorno o di notte, rivolga il tuo pensiero volentieri a Dio nell’amore e nella pace del tuo cuore, e che ti intrattenga con Lui. E vedi, così pure il terzo Comandamento di Mosè risulta contenuto nel solo Comandamento dell’amore per Dio!

8. Chi, di conseguenza, ama veramente Dio sopra ogni cosa, Lo ha anche certamente riconosciuto ed ha una fede vivente, onora Dio anche sopra ogni cosa e senza dubbio Lo avrà sempre in cima ad ogni suo pensiero. E colui che fa così, non può peccare contro Dio. O può forse una sposa peccare in qualche modo contro il suo sposo che lei ama ardentemente e del quale sa che la ricambia con un amore ancora più ardente del suo? No, di sicuro, per la ragione che ambedue nei loro cuori si sono perfettamente unificati appunto attraverso l’amore! Chi però ama veramente Dio sopra ogni cosa, e quindi attraverso l’amore è diventato una cosa sola con Dio, costui amerà pure i suoi simili, come figli di uno stesso Padre, altrettanto quanto ama se stesso, e farà loro quello che ragionevolmente vuole che gli uomini facciano a lui».

 

[indice]

 

Cap. 29

Il quarto Comandamento

 

1. (Continua il Signore:) «Vedi, nel quarto Comandamento è comandato ai figli di amare i loro genitori! A questo mondo i genitori costituiscono certo in primissimo luogo il prossimo dei loro figli e li amano immensamente; essi li nutrono, li proteggono e li educano, e perciò si meritano certamente l’amore e il rispetto dei loro figli.

2. Se poi un figlio bene educato ama e onora i propri genitori, è evidente che non trascurerà nulla di tutto ciò che è gradito ai suoi genitori. E così un figlio preparerà anche per se stesso una vita lunga e sana e colma di benedizione sulla Terra; oltre a ciò un figlio che ama ed onora i propri genitori, amerà e onorerà pure i propri fratelli e sorelle, e cercherà di far loro tutto il bene possibile.

3. E un figlio, od un uomo, che ama e rispetta i genitori nonché i propri fratelli e sorelle, amerà di certo anche i suoi simili, perché sa e riconosce che essi sono tutti figli dell’Uno e Medesimo Padre che è in Cielo. Dall’originario vero amore per i genitori l’uomo viene dunque guidato al riconoscimento di Dio, di se stesso, nonché al giusto riconoscimento del proprio prossimo, e gli è ben presto e facilmente chiaro perché Dio ha creato gli uomini e cosa questi sono destinati tutti a diventare. Con ciò infine egli giunge sempre più all’amore per Dio, e attraverso questo amore anche al completamento della propria vera vita interiore-spirituale.

4. Ma chi ama ed onora in questo modo i propri genitori e i propri fratelli e sorelle, e anche gli altri uomini che rappresentano il suo prossimo, e perciò ama ed onora Dio sopra ogni cosa, potrà mai commettere peccato contro qualcuno? Io ti dico: “No assolutamente, perché egli non invidierà nessuno, non odierà, né maledirà nessuno, e nessuno verrà da lui ucciso né nel corpo, né nell’anima suscitando e coltivando sentimenti perversi. Egli terrà un comportamento onesto e ben costumato verso chiunque, lascerà volentieri a ciascuno il suo, non mentirà e non ingannerà nessuno, e qualora sia diventato il legittimo sposo di una donna, oppure qualora la casta giovane sia diventata sposa di un uomo, né il primo desidererà la moglie del suo prossimo, né la seconda sarà indotta a desiderare il marito della sua vicina”. Ora, da quanto ho detto, tu potrai rilevare già molto bene con il tuo intelletto come la Legge di Mosè e tutti i profeti siano contenuti nei due Precetti dell’amore, e come questi due Precetti da Me enunciati non significhino affatto l’abrogazione della Legge mosaica e degli altri profeti, ma che anzi ne costituiscano il pieno adempimento. Comprendi adesso?»

5. Disse Hèlia: «O Signore, Creatore e Padre supremamente sapiente e buono di tutti gli uomini, soltanto ora io comprendo le Leggi di Mosè! Infatti non posso fare a meno di confessare apertamente anche in Tua presenza che io prima d’ora non ho mai compreso la Legge di Mosè, né meno ancora i versetti e gli insegnamenti degli altri profeti, e quanto più io insistevo nell’intrattenermi su questo argomento con i miei genitori - vagliando il più possibile esattamente ogni cosa tanto più vi riscontravo delle lacune ed imperfezioni, il che non di rado mi induceva a ritenere che la Legge di Mosè, tanto imperfetta all’apparenza, o non potesse essere affatto l’emanazione di un Dio supremamente sapiente o che le caste sacerdotali avessero più tardi completamente bandito la Legge mosaica sostituendola, agli scopi del loro benessere materiale, con delle massime lacunose fatte dagli uomini. Il mio vecchio e buon rabbi ebbe molte volte il suo bel da fare con me a causa di questo, perché io gli dimostravo punto per punto le lacune della Legge mosaica che a me risultavano evidenti! Adesso però, dopo la Tua spiegazione, o Signore, la Legge di Mosè ha assunto certamente un aspetto del tutto differente e può anche sicuramente venire osservata facilmente e gioiosamente da chiunque!»

6. Dissi Io con espressione molto benevola: «Ebbene, tu, criticante principale della Legge mosaica, dimMi: “Cosa hai trovato di così tanto imperfetto e di manchevole nella Legge di Mosè? Fa sentire la tua critica anche a noi!”»

7. Disse Hèlia, mentre tutti gli astanti ascoltavano con la massima attenzione: «O Signore, cosa mai potrei dire dinanzi a Te, che certo conosci tutti i miei pensieri già molto tempo prima che essi siano stati formulati nella mia mente? Anche quell’onnipotente ed onnisciente giovinetto che è là li conoscerà di sicuro tutti con la massima esattezza, ma, essendo così, credo che potrei benissimo fare a meno di esporre qui ad alta voce le mie critiche riguardo alla Legge di Mosè»

8. Io dissi: «Oh no, Mia carissima Hèlia, la cosa va considerata da tutto un altro punto di vista. Io e quel giovinetto sappiamo senza dubbio assai bene in che cosa consiste la tua critica sulla Legge di Mosè e anche dei profeti; gli altri qui presenti invece, ad eccezione dei tuoi genitori e di tuo fratello, non ne sanno niente, ed essendo stata tu stessa a destare in loro il desiderio di conoscere queste tue critiche, ora vorrebbero volentieri sentirne qualcosa in tale proposito ad alta voce! E così apri pure la tua bocca e parla senza reticenza di tutto ciò che ti appare manchevole nella Legge e nei profeti, e mostraci coraggiosamente tutte le lacune da te rilevate tanto nella Legge quanto nei profeti!».

 

[indice]

 

Cap. 30

La critica di Hèlia al quarto Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «Signore, se io faccio così come Tu mi chiedi, io non pecco di certo; e quindi voglio esporre anche del tutto apertamente le lacune e le omissioni da me riscontrate nella Legge e nei profeti!

2. Vedi, la prima e rilevantissima omissione e una grande lacuna io la scorsi subito, quale fanciulla precoce e abbastanza desta di intelletto, nel quarto Comandamento di Mosè, constatando che “l’uomo di Dio” inculca bensì ai figli, spesso molto deboli e scarsi di intelletto, l’amore, l’obbedienza e il rispetto verso i genitori, ma viceversa non fa quasi assolutamente cenno di un qualche dovere dei genitori di fronte ai loro figli! E così una simile Legge finisce con l’apparire un po’ strana, tanto più che, in generale, non è proprio raro il caso che certi figli siano già nella culla più ragionevoli e buoni dei loro genitori stoltissimi e colmi di ogni cattiveria.

3. Un fanciullo è spesso per sua natura di buoni e nobili sentimenti, e se questi venissero coltivati in lui egli potrebbe diventare anche un uomo nobile e buono. Sennonché, secondo la Legge di Mosè, il fanciullo deve una volta per sempre obbedire rigidamente, esclusa qualsiasi ragionevole eccezione, ai propri stolti e cattivi genitori, e deve infine diventare stolto e cattivo altrettanto quanto stolti e cattivi sono i suoi genitori. Ed è qui che “l’uomo di Dio” avrebbe, secondo me, potuto suggerire qualcosa riguardo a qualche equo dovere dei genitori verso i loro figli, in base al cui adempimento coscienzioso i figli sarebbero dovuti venire a loro volta chiamati ad una prestazione di reciprocità verso i loro genitori per quanto riguarda i doveri.

4. Oppure, secondo Mosè, anche i figli dei ladri sono tenuti ad obbedire rigidamente ai loro genitori, ad amarli, onorarli e a seguire le tracce dei loro vecchi? Nel caso in cui - come in pratica si è verificato già molte volte - dei figli ragionevoli di genitori cattivi e perversi, il cui malvagio agire ed operare non poteva non essere visto dai figli innocenti e non suscitare in loro che avversione, abbiano rifiutato obbedienza e amore appunto a dei genitori perversi di questa fatta e li abbiano abbandonati per cercare occasione altrove di rendersi migliori frequentando persone migliori, ebbene, hanno peccato questi figli contro la Legge di Mosè per non aver voluto diventare essi stessi ladri, briganti, assassini, ipocriti, truffatori e mentitori come sarebbero dovuti diventare per amore ed obbedienza ai loro genitori?

5. Se Mosè e i profeti ordinano di punire anche questi figli migliori, e considerano peccato la mancanza d’amore e la giusta disobbedienza verso i loro cattivi genitori, allora vuol dire che Mosè e tutti i profeti devono essere stati mille volte ancora più stolti e ciechi di me, e che con le loro scritture e predizioni non hanno reso veramente un onore particolarmente grande alla Sapienza di Dio! Signore, dimmi se ho fatto male giudicando così la Legge di Mosè e dei profeti!»

6. Io dissi: «Oh, niente affatto, anzi secondo il tuo intendimento hai giudicato benissimo; tuttavia la tua critica non è perfettamente in regola per la ragione che Mosè mediante il Mio Spirito vide con assoluta chiarezza che non era affatto necessario comandare ai genitori un amore particolare per i loro figli, dato che un simile amore è stato in ogni modo posto già da Me in piena misura nei genitori per così dire come un sentimento istintivo, il che non può succedere così tanto nei figli, dato che, essendo appena entrati nella scuola di questa vita terrena, devono ancora essere educati al vero e giusto amore.

7. È per questo che ogni uomo su questa Terra giunge così debole e senza conoscenza e amore nella vita del mondo, affinché egli, libero da qualsiasi forma di costrizione, come se fosse del tutto abbandonato da Dio, si formi fino a diventare un uomo libero e completamente autonomo mediante l’insegnamento esteriore, le leggi e con la propria obbedienza spontanea.

8. E vedi, anche gli insegnamenti e leggi devono venire date per lo più particolarmente ai figli e non tanto ai genitori, per il fatto che quest’ultimi a suo tempo sono stati essi pure dei figli, e che sono diventati solo più tardi esseri liberi e del tutto indipendenti per mezzo degli insegnamenti e delle Leggi prescritte per i figli!

9. Ciò che attiene specialmente ai doveri dei genitori vero i loro figli, da parte di Mosè e dei profeti è già stato indicato nelle leggi statali, leggi che però tu non hai certo letto ancora. In proposito sono già state prese in tempo tutte le disposizioni, e due persone non possono unirsi in matrimonio se prima non hanno fornito dinanzi al sacerdote la prova che sono bene a conoscenza delle necessarie leggi statali riguardo al matrimonio.

10. E così vedi, o Hèlia Mia cara, che la tua critica per quanto riguarda il quarto Comandamento di Mosè non rientrava troppo nel giusto ordine, ed Io ho ormai eliminato le lacune e le omissioni. Adesso però continua pure nella tua critica anche degli altri Comandamenti, e poi ti dirò nuovamente quando avrai avuto ragione oppure torto!»

11. Disse Hèlia: «O Signore, perché dovrei continuare nella mia stolta critica? Dato che ormai vedo già anticipatamente con tutta chiarezza che Tu mi mostrerai di nuovo come sono sbagliati e stolti i miei giudizi»

12. Dissi Io: «Ebbene, che danno puoi averne tu o qualcun altro? Infatti Io sono venuto a questo mondo precisamente per liberarvi da tutti i numerosi errori mediante la vivente Luce della verità. Se tu non metti in piena luce le omissioni, in apparenza perfettamente fondate, da te riscontrate nella Legge e nei profeti, esse rimarranno in te e possono ancora benissimo far deperire la vita della tua anima; se invece le rendi manifeste, tu te ne liberi del tutto, e al loro posto prenderà poi dimora nel tuo cuore la Luce dell’eterna verità. Continua pure a parlare dunque e criticare e ciò senza alcuna reticenza, e poi da parte Mia ti verrà ben data una giusta Luce! Infatti, vedi, questa cosa ora è appunto quanto mai necessaria, dato che qui ci sono molti altri i quali già da lungo tempo, come te, hanno rilevato omissioni in Mosè e nei profeti; apri quindi di nuovo la tua bella bocca e parla con la tua lingua sciolta!».

 

[indice]

 

Cap. 31

Il quinto Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «O Signore, io ripeto adesso quello che ho detto prima: “Chi fa secondo la Tua Volontà, non può davvero peccare!”. Quindi io prendo il quinto Comandamento di Mosè e dico: “Ecco, qui sta scritto: ‘Tu non devi uccidere!’”. Premetto però che la mia critica si estenderà unicamente alla Legge tale quale essa si presenta, senza curarmi per il momento di quanto Mosè oppure anche un qualche altro profeta possa avervi fatto seguire più tardi sia a voce, sia per iscritto. Infatti un Comandamento veramente divino deve anche abbracciare in sé, perfino nella maggior semplicità possibile, tutto quello che ragionevolmente può essere di giovamento a ciascun essere umano. Sennonché questo Comandamento non contiene proprio assolutamente nulla di tutto ciò, e per conseguenza qualunque essere umano capace di pensare non può dire di esso e affermare altro se non che o deve trattarsi di un’opera umana, oppure che – anche solo in seguito, magari per motivi di strategia bellica – qualcosa di questo Comandamento è stato omesso ad opera degli uomini.

2. “Tu non devi uccidere!”. Ma anzitutto chi è propriamente il “tu” che non deve uccidere? Questo vale per ogni essere umano senza distinzione di sesso, di età e di ceto, oppure è dato esso soltanto per la parte maschile dell’umanità, e a cominciare da una certa età e per individui di un determinato ceto? In secondo luogo: “Chi o che cosa poi veramente non si deve uccidere? Soltanto gli esseri umani forse, o nemmeno gli animali?”. Secondo quanto posso giudicare io, sembra che il Comandamento non si riferisca né agli uni, né agli altri.

3. Non si può riferire all’uccisione degli uomini, perché già Giosuè distrusse a suo tempo Gerico uccidendone gli abitanti, e ciò per ordine di Jehova. Il massacro dei sacerdoti degli idoli per mano del grande profeta Elia è cosa nota. Vediamo poi il re Davide, l’uomo secondo il cuore di Dio, per non parlare poi degli altri! Quante migliaia e centinaia di migliaia non vennero uccisi per mezzo suo e quanti non ne vengono uccisi in ciascun anno del nostro tempo! I potenti della Terra, nonostante la pronunciata categorica Legge divina, hanno tuttavia sempre dalla parte di Dio il pienissimo diritto di uccidere il loro prossimo; e così questa Legge non concerne che la parte oppressa e misera dei poveri diavoli dell’umanità. Fino a qual punto poi questa Legge riguardi anche la donna, non si può affatto valutare, quantunque dalle cronache si possa rilevare come anche le donne abbiano saputo far uso della spada; eccome!

4. Che noi infine, miseri rappresentanti dell’umanità, non dobbiamo ammazzare nemmeno gli animali, di questo, a mio parere, non merita neppure discutere, perché a tale riguardo si incarica già la natura stessa di insegnare all’umanità come quest’ultima debba, senza distinzione di ceto, sesso ed età, stare pronta a difendersi, per la vita e per la morte, dalle molte bestie maligne, qualora non voglia venire dappertutto assalita, dilaniata e divorata se gli animali selvaggi e feroci hanno la meglio nello scontro.

5. “Tu non devi uccidere!”. Ma se io vengo assalita da un brigante che vuole derubarmi e poi uccidermi - ed anche lo farà - io però, che sono l’assalita, dispongo di forza, coraggio e un’arma che mi mette nella possibilità di uccidere il mio aggressore prima che egli mi possa infliggere il colpo mortale; cosa posso farci? Ora la necessità della difesa dovrebbe pure trovare espressione nella Legge almeno così che fosse detto: “Tu non devi uccidere, salvo il caso di estrema necessità per tua difesa!”. Invece no, di ciò nella Legge non vi è nemmeno una sillaba! Ed essa si limita semplicemente a dire: “Tu non devi uccidere!”. Ma se la semplice Legge suona così, dov’è da ricercare nella stessa l’Amore e la Sapienza divini, che pur dovevano sapere in quali condizioni davvero deplorevolissime l’uomo è destinato a trascorrere la propria vita su questa Terra?

6. Perché Dio diede una simile Legge, e comandò poi Egli stesso ad un Davide di sterminare del tutto i Filistei e i Moabiti? Perché Giuditta poté uccidere Oloferne, e perché anche a me non è concesso di togliere senza peccato la vita a nessuno? Chi diede agli egiziani, ai greci e ai romani il diritto di uccidere chiunque contravvenisse in maniera grave alla loro legge?».

7. Poi lei si guardò intorno per vedere come erano state accolte dagli altri le sue critiche.

8. Quasi tutti le diedero ragione, e uno dei farisei, che era dottore della Legge, disse: «Sì, sì, in questa questione, se considerata con i nostri concetti umani, non si può proprio dare interamente torto a questa bella figlia, perché la Legge fondamentale suona letteralmente così, quantunque più tardi nei libri di Mosè sia spiegato tutto ciò che riguarda l’interpretazione e l’applicazione di questo Comandamento. Tuttavia una legge originaria fondamentale e capitale dovrebbe davvero già contenere essenzialmente espresso in sé ciò che pretende e vuole, almeno con le condizioni accessorie strettamente necessarie, poiché ciascun chiarimento e ciascun successivo completamento di una legge data danno sempre l’impressione che il legislatore, emanando la legge fondamentale, non abbia pensato proprio a tutto ciò che mediante la legge stessa voleva comandare o vietare che venisse fatto.

9. Ebbene, trattandosi di legislatori umani, questa cosa è comprensibile, perché da loro non si può pretendere una perfezione chiara e divina del pensare e del volere, ed è quindi perfettamente naturale che, trattandosi di leggi umane, a queste debbano seguire ogni specie di norme integrative ed esplicative; ma trattandosi di una Legge veramente divina, questa non dovrebbe rivelare proprio nessuna lacuna tale da rendere necessarie delle aggiunte o delle spiegazioni posticipate di ogni tipo. Certo, considerata la cosa da questo punto di vista, si potrebbe finire davvero col concludere che la Legge di Mosè o non è di origine puramente divina, oppure che, come attualmente essa è, non rappresenta che una contraffazione dovuta all’egoismo e alla mala volontà dell’uomo. Con ciò però io non intendo affatto giudicare la Legge, ma esporre semplicemente la mia opinione che può benissimo essere errata»

10. Io dissi: «Sì, questo certamente! Infatti se voi cominciate a criticare le Mie Leggi con il vostro intelletto umano, non vi è dubbio che dovrete trovarle colme di lacune e omissioni. Se tu ami il prossimo tuo come te stesso, non l’odierai, non gli sarai ostile e quindi non cercherai di danneggiarlo; perciò, se ti comporti così, tanto meno ti troverai spinto ad ucciderlo in qualche modo né corporalmente, né meno ancora nell’anima con ogni tipo di oltraggi.

11. “Tu non devi uccidere!”. Così precisamente e in verità è detto nella Legge. Ma perché? Perché con la parola “uccidere” già da antichi tempi si aveva voluto significare l’invidia, la gelosia, l’ira, l’odio e la vendetta.

12. “Tu non devi uccidere!” di conseguenza vuol dire: “Tu non devi portare invidia a nessuno, non devi guardare con occhio astioso i più fortunati e non deve ardere in te il fuoco dell’ira contro il tuo prossimo, perché fuori dall’ira sorge l’odio, e fuori dall’odio sorge la maligna vendetta che tutto distrugge!”

13. E anche sta bene scritto: “Mia è l’ira e Mia è la vendetta, così dice il Signore”.

14. Ma voi uomini dovete stimarvi l’un l’altro, e ciascuno con ogni amore deve cercare di essere utile all’altro, poiché voi tutti avete in Me un Padre, e perciò siete uguali al Mio Cospetto! Voi non dovete adirarvi e sparlare tra di voi, né dovete intaccare l’onore con la calunnia, perché chi fa così, uccide l’anima del prossimo!

15. E vedete, tutto ciò è concisamente espresso nell’immagine: “Non devi uccidere”! Ed i primi ebrei già ancora ai tempi di Salomone comprendevano questa Legge proprio in questo senso, e i samaritani, come i vecchi ebrei, la comprendono ancora oggi in questo senso. Ma se questa Legge già fondamentalmente è da intendersi in questo modo, come può qualcuno ammettere che con questa Legge stessa si sia voluto vietare all’uomo addirittura la difesa contro le aggressioni degli uomini malvagi e addirittura contro animali feroci?»

16. Disse Hèlia: «Si, Signore, questa cosa la vediamo benissimo noi tutti adesso, perché ce l’hai spiegata nella maniera più perfettamente giusta e vera; tuttavia senza questa spiegazione, che Tu in somma Grazia ci hai dato, non ne saremmo certo venuti a capo tanto facilmente. Perché Mosè non ha dato egli stesso simili chiarimenti appunto assieme alla Legge? Infatti lui nella sua qualità di profeta avrebbe pur dovuto prevedere che gli ebrei delle epoche future non sarebbero stati in grado di intendere in questo modo l’immagine della Legge come sicuramente l’avevano compresa gli ebrei del suo tempo!»

17. Dissi Io: «Si, Mia cara criticona, questa cosa Mosè l’ha prevista molto bene, e appunto perciò ha messo per iscritto una quantità di spiegazioni per l’avvenire; però né a Mosè, né a Me si può attribuire la colpa se tu fino ad oggi non le hai ancora lette.

18. Ad ogni modo è stata una cosa utile che tu ci abbia fatto sentire la tua critica, perché così hai enunciato appunto le omissioni e le lacune che non si trovano in realtà nella Legge ma piuttosto nella vostra capacità di riconoscere le cose; e allo scopo di colmare queste lacune Io ti lascerò appunto criticare l’antica Legge di Mosè.

19. Considerato perciò che così avremmo chiarito anche il quinto Comandamento, tu puoi ora benissimo affrontare il sesto e mostrarci pure in questo quelle certe omissioni e lacune se ne hai trovate alcune. E così parla dunque!».

 

[indice]

 

Cap. 32

Il sesto Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «O Signore e Maestro, vedi, io sono una ragazza e non ho ancora conosciuto un uomo; ritengo per conseguenza che sia sconveniente che io in particolare faccia delle osservazioni riguardo a questo sesto Comandamento. Dunque, o Signore, io vorrei che a Te piacesse esonerarmi dal parlare del Comandamento stesso»

2. Io dissi: «Oh, Mia cara figlia, se tu in segreto non avessi proprio alcuna conoscenza di questo Comandamento, Io davvero non ti inviterei a parlare; ma dato che questo Comandamento lo conosci bene, anche se tu non hai mai ancora avuto a che fare con uomo, puoi ragionare convenientemente anche tu pure di questo Comandamento. Parla dunque alla tua maniera!»

3. Disse Hèlia ripetendo la sua massima: «O Signore! Chi fa secondo la Tua Volontà non può peccare; quindi io anche parlerò nella maniera che meglio si conviene. “Tu non devi commettere adulterio!”, così suona letteralmente il sesto Comandamento. Però, secondo quanto ebbe ad insegnarmi il mio rabbi, il Comandamento va ampliato così: “Sii casto e puro al cospetto di Dio e degli uomini, perché chi vive ed opera in maniera impudica e impura, costui è peccatore altrettanto quanto lo è un adultero, un lussurioso e un fornicatore!”. Questi furono gli insegnamenti del mio rabbi.

4. A questo riguardo non avrei altro da ridire all’infuori del fatto che, in primo luogo, Mosè nello stabilire i Comandamenti principali nel suo secondo libro, al capitolo 20, non vieta che l’adulterio, quantunque egli poi nel terzo libro, credo al capitolo 18, parli diffusamente di ciò; ma queste cose io non le ho ancora lette, perché il mio rabbi non le trovava adatte a me. In secondo luogo, poi, Dio per mezzo di Mosè diede questo Comandamento, come pure vari altri, secondo la lettera[10], sempre solamente al sesso maschile, mentre non fece cenno che rare volte alla donna.

5. Chi è il “tu” che non deve commettere adulterio? Nella Legge il singolo Comandamento è indirizzato soltanto ad un’unica persona, o soltanto ad un unico sesso, evidentemente quello maschile, mentre non si pensa affatto alla donna. Qui si potrà certo dire: “Se l’uomo non deve commettere adulterio, non lo può commettere nemmeno la donna, poiché senza l’uomo essa non può peccare”. Ma a mio parere è appunto la donna quella che, a motivo delle sue attrattive, è il più delle volte per l’uomo l’elemento di seduzione all’adulterio; quindi dovrebbe anzi particolarmente venire detto alla donna che lei non deve indurre alcun uomo all’adulterio, e anche che non deve commetterlo lei stessa! Infatti quando la donna è completamente fedele del tutto all’uomo, certo di adulterio non ci sarà più da parlare! Ma nella Legge fondamentale la donna forma una vera e propria eccezione, e ne viene fatta menzione solo nelle disposizioni successive di Mosè.

6. Ma io vorrei adesso sapere perché è stato così e perché Mosè, nell’emanare la Legge, abbia così di rado preso in considerazione la donna in confronto all’uomo! Appartiene forse la donna meno dell’uomo al genere umano?»

7. Dissi Io: «Ebbene, a questa omissione da te riscontrata si può prestare ancora qualche attenzione, nonostante che la stessa non sfiori che soltanto marginalmente la verità. Vedi, anche in questo c’è già nuovamente in primo piano l’amore del prossimo vero e puro; e questo riguarda la donna quanto l’uomo!

8. Se tu, per esempio, fossi la moglie di un uomo onesto nel vero senso della parola, ti farebbe piacere se la moglie del tuo vicino desiderasse tuo marito e facesse con lui quello che non è giusto? Se tu dunque in cuor tuo non potresti certo desiderare che una cosa simile accadesse, è tuo dovere comportarti verso la tua vicina precisamente così come desidereresti che lei si comportasse verso di te! Per conseguenza quanto nella Legge è detto all’uomo, si intende similmente valido nella stessa misura anche per la donna.

9. Dio diede la Legge fondamentale nel senso (ebraico) letterale unicamente all’uomo, soltanto per quella stessa ragione per la quale Egli diede al capo dell’essere umano i sensi principali, e per mezzo di questi anche l’intelletto nel cervello. Ma come Dio parla anzitutto solo all’intelletto dell’essere umano, Egli così parla anche all’uomo il quale di conseguenza è il capo della donna, come la donna è in certo qual modo il corpo dell’uomo. Ora, se il capo di un essere umano è illuminato e molto intelligente, ebbene, non parteciperà di questa intelligenza in uguale misura anche l’intero corpo?

10. Quando l’intelletto umano è bene illuminato, ben presto ne sarà bene illuminato pure il cuore umano il quale si adeguerà volentieri all’ordine dell’intelletto. Ebbene, la donna corrisponde anche al cuore dell’uomo, e se così l’uomo, che rappresenta il capo, è bene illuminato, anche la donna, che rappresenta il suo cuore, risulterà illuminata altrettanto bene.

11. Sta scritto già da tempi antichissimi che uomo e donna sono uno stesso corpo. Di conseguenza quello che è stato detto per l’uomo, è stato detto ugualmente anche per la donna.

12. E con ciò, vedi, adesso Io ti ho dimostrato anche l’infondatezza di questo tuo dubbio, e ti ho fatto vedere la Legge nella sua vera luce, che tu certo hai perfettamente compresa; ma poiché tu le hai molto bene comprese, puoi già proseguire con la tua critica».

 

[indice]

 

Cap. 33

Il settimo Comandamento

 

1. (Continua il Signore): «Cosa trovi eventualmente che sia stato omesso nel settimo Comandamento, ovvero cosa vi è in esso che tu non comprendi? Esprimiti pure senza farti nessun riguardo, perché le tue stesse critiche e i tuoi stessi dubbi sono anche critiche e dubbi nell’animo di molti fra i qui presenti. Dunque, come suona il settimo Comandamento principale di Mosè?»

2. Disse Hèlia: «O Signore, adesso che ho ricevuto da Te la giusta Luce, non trovo più davvero né omissioni, né lacune in questo Comandamento! Esso dice: “Tu non devi rubare!”. Qui conviene nuovamente prendere in piena considerazione il vero amore del prossimo dall’inizio! Infatti, a ciò che io ragionevolmente non posso in alcun modo desiderare che venga fatto a me, non lo devo fare io stessa al mio prossimo; e così ancora una volta vedo molto bene come tutta intera la Legge di Mosè, e certo anche di tutti i profeti, siano contenute nei Tuoi due precetti dell’Amore! Ora mi accorgo pure che il Comandamento dell’amore del prossimo sorge puramente dalla Misericordia, quale il potentissimo settimo Spirito di Dio nel cuore umano che compenetra e vivifica tutti i precedenti sei Spiriti, e che esso rende l’intero essere umano buono e veramente saggio. Chi però è veramente buono e saggio, certo non metterà mai le mani su una cosa che appartiene al suo prossimo. E così anche il settimo Comandamento è già in perfetto ordine, né io vi trovo niente che sia manchevole»

3. Dissi Io: «Bene, Mia, ora già assai più cara, Hèlia! Questa critica che ora hai fatto della Legge mosaica puramente divina e immacolatamente savia per il vero benessere dell’umanità Mi è incredibilmente più cara di tutte le tue critiche precedenti. Questo fatto però non deve affatto trattenerci dal sottoporre ad una critica severissima pure i rimanenti tre Comandamenti; e così dunque passiamo anche subito all’ottavo Comandamento! Come suona questo? Parla ora pure arditamente come sai esprimerti, e per mezzo di ciò Mi renderai una vera gioia!».

 

[indice]

 

Cap. 34

L’ottavo Comandamento

 

1. Allora la giovinetta si fece un po’ più di coraggio e, guardandoMi con fiducia assoluta, Mi disse: «Si, Signore mio amabilissimo, io sento ormai nel profondo del mio cuore un immenso affetto per Te, e se non temessi di offenderTi, vorrei ben dirTi qualcosa riguardo all’ottavo Comandamento; ma al Tuo cospetto, o Signore - Jehova ora corporalmente dinanzi a noi - bisogna concentrarsi molto per non offendere la Tua divina Santità interiore! E adesso è alquanto duro e difficile esprimersi proprio con assoluta libertà!»

2. Io dissi: «Oh tu sincera e cara anima, questo poi non devi temerlo mai in eterno da parte Mia; perciò ora parla pure con tutta spigliatezza!»

3. Disse Hèlia con un volto estremamente amorevole: «O Signore, chi fa secondo la Tua Volontà, non pecca, quindi io parlerò! L’ottavo Comandamento dice semplicemente: “Tu non devi rendere alcuna falsa testimonianza!”. Dato però che nella Scrittura non è detto in particolare di chi non si deve testimoniare falsamente, si intende evidentemente da sé che una falsa testimonianza non la si deve rendere nemmeno di se stessi! Infatti il mio vecchio rabbi moltissime volte mi disse che la menzogna è un peccato abominevolissimo, poiché da questa trae origine ogni maligna astuzia, ogni inganno, ogni discordia, litigio, contesa, guerra e assassinio. Si deve avere sempre in bocca la verità e dire soltanto quello che si sente e che si sa con precisione, e ciò anche qualora potesse derivarci un qualche svantaggio terreno! Infatti una parola vera ha al cospetto di Dio un valore molto maggiore di un mondo intero colmo d’oro e di pietre preziose. Con ciò anche ciascuna falsa parola sul conto di se stessi costituisce una falsa testimonianza proibita da Dio.

4. Ed io quindi colgo ora l’occasione, senza farmi alcun riguardo, di dichiararTi in faccia che io, o Signore, Ti amo davvero sopra ogni cosa. Oh, se mi fosse concesso di stringerTi come vorrei al mio petto, sento che questa gioia immensa potrebbe costarmi la vita del corpo! Vedi, o Signore, ora non ho testimoniato falsamente di me! Ma come di me stessa non ho reso falsa testimonianza, così non la rendo nemmeno mai contro al mio prossimo! Ed è chiaro che anche qui, come nelle altre Leggi, la parte principale la deve avere appunto il noto settimo Spirito di Dio! O Signore, Ti ho adesso in qualche modo offeso?»

5. Io dissi: «Oh, Mia cara figlia, per niente! Infatti, per quanto grande anche sia il tuo amore per Me, il Mio per te tuttavia lo supera in misura che tu non riuscirai mai a comprendere! Dunque per quanto riguarda il nostro reciproco amore, noi due sappiamo ora perfettamente come stanno le cose; ma non è completamente così per quanto riguarda l’ottavo Comandamento! Ascolta dunque: Io voglio farti notare qualcosa ancora!

6. Supponiamo che tu venissi interrogata da qualche giudice per sentire se tu fossi a conoscenza dei particolari di un grave crimine perpetrato di nascosto, ammettiamo, da un tuo congiunto a te molto caro, e per sapere inoltre se a te fosse possibile indicare il luogo di rifugio del malfattore, dato che la giustizia non è ancora riuscita a catturarlo. Ora, ammettiamo che tu fossi precisamente informata tanto del crimine commesso da questo tuo strettissimo congiunto, quanto del suo luogo di rifugio; cosa risponderesti tu al giudice che ti avesse interrogata in merito a ciò?»

7. Ed Hèlia disse senza alcuna esitazione: «O Signore, se questo ottavo Comandamento si fonda anch’esso sul puro amore per il prossimo in quanto non si deve rendere falsa testimonianza contro nessuno per non arrecargli danno, questo Comandamento stesso non può viceversa esigere che si debba nuocere al prossimo col dichiarare senza nessun riguardo la piena verità! Perciò confesso che in un simile caso io non verrei mai in eterno fuori con la verità! Perché, così facendo, a chi potrei procurare un vantaggio? Al giudice bramoso di condannare, no di certo: infatti, che egli abbia tra le mani lo sciagurato malfattore oppure no, non gli procura nessun vantaggio speciale; e meno ancora poi al malfattore stesso che forse si è già pentito del crimine commesso e che è sulla via del ravvedimento. Infatti, se io lo consegno nelle mani del giudice, allora egli è perduto forse anche per l’eternità, ciò che io non augurerei nemmeno a chi il crimine l’avesse commesso ai miei propri danni. Dunque, come ho detto, in un simile caso io volgerei senz’altro le spalle alla verità, e nemmeno a costo della mia vita mi indurrei a tradire lo sventurato malfattore!

8. Se, conformemente alle spiegazioni date da Te stesso, o Signore, l’amore del prossimo consiste nel fare al prossimo tutto ciò che si può desiderare che il prossimo faccia a noi, nemmeno il Dio più giusto potrebbe biasimarmi se non volessi fare neanche al mio più acerrimo nemico quello che, trovandomi eventualmente io nella sua situazione, non bramerei che il prossimo facesse a me, vale a dire che mi tradisse! Del resto Dio per punire un indurito malfattore non ha bisogno né di un giudice di questo mondo, né meno ancora di un chiacchierone traditore. Egli, il Sapientissimo, il Giustissimo ed Onnipotente, saprà ben punire il criminale anche senza l’intervento di un giudice terreno e senza la mia bocca! Nessuno finora è potuto sfuggirGli, e nemmeno in avvenire nessuno mai Gli sfuggirà!

9. Ma ora, o Signore, io Ti domando se la moglie di Isacco ha peccato al cospetto di Dio mentendo e ingannando il cieco Isacco presentandogli, per l’impartizione e la distribuzione della benedizione paterna, il secondogenito Giacobbe al posto del rozzo Esaù! Io questa cosa la considero come un evidente inganno; eppure nella Scrittura è detto che ciò avvenne secondo la Volontà di Jehova. Ma se ciò fu buono e giusto al cospetto di Dio, sarà altrettanto buono e giusto certo al Tuo cospetto, o Signore, se mi asterrò dal dire tutta la verità, quando col dire la verità non potrò fare il vantaggio del mio prossimo che a me non ha addirittura fatto mai del male, ma anzi non potrò che arrecargli un danno immenso!

10. Dunque, la mia opinione ora è che, se Dio e Mosè non hanno messo alcuna eccezione nell’ottavo Comandamento, appunto in questo Comandamento è rimasta una grande lacuna la quale può e anche deve venire colmata esclusivamente per mezzo del Tuo Comandamento dell’amore del prossimo. Ho io ragione o no?»

11. Dissi Io: «Da un lato, completamente, ma da un altro nuovamente non ce l’hai! Infatti, vedi, il malfattore dopo la sua fuga potrebbe anche non essersi ravveduto, anzi tu potresti essere a conoscenza del fatto che egli continua a perpetrare altri crimini ancora più gravi a danno di molta altra gente! Se tu in un simile caso rivelassi alla giustizia il suo nascondiglio affinché essa potesse ricercarlo, tu salveresti così molta gente da una grave sventura e con ciò le renderesti un grande servizio d’amore. Qual è dunque la tua opinione riguardo a tale caso facilmente possibile?»

12. Questa Mia obiezione sorprese Hèlia la quale non seppe bene cosa rispondere. Solo dopo qualche tempo di profonda riflessione disse: «Ebbene, se qualora, a causa di un individuo malvagio e incorreggibile, molti innocenti dovessero soffrire, la ragione dice che è meglio che a soffrire sia uno solo, che se lo è ben meritato. E perciò anche in questo caso è il vero amore del prossimo che prescrive di dire la verità se essa viene richiesta. Se poi, data una simile eventualità, si deve assumere spontaneamente la parte del traditore, questo non lo puoi decidere che Tu, o Signore!»

13. Io dissi: «Da parte Mia nessuno si senta obbligato di procedere in questo modo, ma invece ognuno sia libero di regolarsi a suo piacimento; ed ora passiamo al nono Comandamento! Che cosa prescrive?».

 

[indice]

 

Cap. 35

Il nono e il decimo Comandamento

 

1. Disse Hèlia: «O Signore e Maestro, trattandosi del nono e del decimo Comandamento, già dall’inizio trovo da rilevare una obiezione che non è davvero senza importanza, e precisamente che noi, nuovi ebrei, abbiamo ora un nono e un decimo Comandamento, mentre Mosè a conclusione della sua Legge fondamentale non diede che un nono Comandamento. Ora il nono Comandamento nella sua integrità suona: “Non desiderare la casa del tuo prossimo, non desiderare la moglie del tuo prossimo, né il suo servo, né la sua serva, né il suo bue, né il suo asino, né nessuna cosa che ha il tuo prossimo!”.

2. Con ciò la Legge fondamentale è finita, perché subito dopo, secondo quanto narra Mosè, il popolo, spaventato dai lampi e dai tuoni, dal suono delle trombe e dal monte fumante, fuggì via e pregò Mosè che volesse parlare egli solo con Dio, perché qualora il popolo avesse dovuto ascoltare ancora a lungo la Voce impressionante di Dio, tutta la gente sarebbe morta per il terrore e l’angoscia, poi Mosè tranquillizzò il popolo e lo consolò. Ma di un ulteriore decimo Comandamento, nel suo libro non c’è più alcun particolare cenno.

3. Ciononostante da noi le parole: “Non desiderare la donna del tuo prossimo!”, sono state omesse dal nono Comandamento e da ciò è stato fatto un decimo Comandamento; altri ancora le includono nel nono, mentre dicono che tutto il resto forma il decimo Comandamento. Conviene dunque per prima cosa porre il quesito: “Mosè ha ricevuto da Dio dieci Comandamenti, oppure solamente nove?”»

4. Dissi Io: «In origine, o Hèlia mia cara, i Comandamenti erano solo nove; più tardi, quando Mosè fu costretto a sostituire le prime tavole di pietra della Legge, che si erano spezzate, con delle nuove, egli stesso divise in due parti l’ultimo Comandamento allo scopo di far risaltare in tutta evidenza il desiderio adulterino della donna altrui. Questo vizio gli ebrei l’avevano acquisito in proporzioni considerevoli nella terra d’Egitto, e a causa di questo vizio vivevano in continuo antagonismo e continue discordie tra di loro, tanto da creare delle reciproche inimicizie addirittura mortali. Le cose erano anzi arrivate a tal punto che egli, infine, pose la pena di morte corporea contro l’adulterio, visto che le parole, per quanto sagge, non erano capaci di portare alcun frutto presso gli ebrei sommersi in ogni genere di sensualità.

5. E così tu ora sai quando, come e perché fuori dall’ultimo Comandamento - il nono - sia sorto un decimo come esistente a sé. In generale però il numero non ha alcuna importanza, ma quello che importa è unicamente la sostanza; tu dunque puoi dare inizio alla tua critica o rispetto al nono Comandamento nella sua originaria integrità, oppure rispetto allo stesso suddiviso in nono e decimo ciascuno per sé; questo dipende soltanto da te e puoi fare come meglio ti piace. Adesso tu puoi pure riprendere a parlare!»

6. Hèlia disse: «O Signore e Maestro sopra ogni cosa! Data la scioltezza della mia lingua abbastanza accentuata fin dalla nascita, col parlare me la sbrigherei presto; sennonché io vedo già anticipatamente come anche questa volta finirò con l’aver parlato invano! Infatti chi può sostenere, fuori dalla sua grande stoltezza, una qualche tesi al Tuo cospetto che Tu non sia in grado di confutare subito con mille argomenti? Ma se è così, a che scopo parlare ancora?»

7. Dissi Io: «Ebbene vedi, figlia mia, di solito assai cara, tu pure vorresti una volta avere in qualche modo ragione, come è il caso quasi con la maggior parte delle donne; ma qui non si tratta assolutamente di una futile discussione per dimostrare di aver ragione, ma si tratta delle questioni più serie per la vita; voi quindi dovete da voi stessi esporvi alla chiara luce del giorno con tutti i vostri antichi errori, affinché possiate tanto più completamente riconoscerli per tali nella Mia Luce quanto mai vera e vivente! Questo è il motivo per il quale Io ora ti lascio parlare a nome di tutti, perché so benissimo che tu possiedi una memoria molto buona e nitida, inoltre anche una lingua molto sciolta, e perché precisamente tu conosci più di altri, sulla scorta degli insegnamenti del tuo rabbi, le lacune e le omissioni nella Legge e nei profeti. Per conseguenza esprimi pure come prima francamente tutto quello che eventualmente ritieni non sia del tutto conforme al pienissimo e al buonissimo ordine!»

8. Disse Hèlia: «O Signore, facendo secondo la Tua Volontà, certo non si commette peccato e, forte di questa massima, sento di non dover affatto nascondere che appunto con questo - dico intero - nono Comandamento non sono veramente per nulla d’accordo, perché tutto ciò che viene proibito in esso fa un torto evidente ad ogni lucido intelletto! Anzitutto perché quanto vi è contenuto si trova già più che a sufficienza incluso nel sesto e settimo Comandamento, e poi perché esso interdice all’essere umano addirittura il pensare, il sentire e il desiderare!

9. Che importanza può avere se talvolta in un qualche misero essere umano, condannato già fin dalla nascita e per tutto il tempo della sua vita a compiere i lavori più faticosi in cambio di un magro cibo, sorge il pensiero, mettiamo pure, il desiderio di avere egli pure un giorno una propria casa, od una propria diletta moglie, oppure di poter chiamare suo un bue od un asino? Non dovrebbe forse avere neanche tale desiderio, onesto per lui, perché tanto non sarà mai adempiuto? Ma se proprio non dovesse mai nemmeno avere una brama di queste cose, converrebbe evidentemente toglierli prima completamente il pensare, il sentire e il percepire.

10. In verità questo sciocco Comandamento suscita in me l’impressione come se Mosè avesse vietato agli uomini l’uso dei loro sensi e oltre a ciò quello delle mani e dei piedi; anzi questa sarebbe una pretesa molto più modesta di quella di proibire loro le funzioni più interiori della vita, per le quali davvero nessuno può essere chiamato responsabile se si manifestano in lui e se vengono destate ed eccitate in seguito ad ogni tipo di circostanze e di rapporti.

11. Io non intendo più accennare qui in qualche modo a quanto già detto in precedenza, vale a dire che questo Comandamento appare dato esclusivamente all’uomo, perché tale questione è stata già discussa e chiarita, e quindi si deve ammettere con tutta probabilità che ciascuna Legge riguardi la donna appunto altrettanto quanto l’uomo, e che per conseguenza anche alla donna vada prescritto: “Non desiderare il marito del tuo prossimo!”. A questo riguardo, la Legge sarebbe perfettamente in ordine; ma che una creatura umana non debba pensare niente, sentire niente, desiderare niente e nemmeno percepire niente, questo è pretendere un po’ troppo!

12. È bensì vero che in noi sorgono ogni tipo di pensieri, come pure desideri e brame di vario genere, e infine anche aspirazioni e azioni di carattere buono e cattivo; ma senza i pensieri che devono precedere, per quanto essi certamente molto spesso diano origine a degli atti malvagi, non sono immaginabili neppure delle decisioni e delle azioni buone. Questa cosa deve riuscire chiara e ben comprensibile a ciascun angelo e a ciascun essere umano anche per poco intelligente e ragionevole che sia. Quindi io sostengo che quest’ultimo Comandamento, in quanto vieta agli uomini le azioni malvagie, è perfettamente in ordine anche se a mio avviso appaia superfluo per la ragione che, come già detto prima, quanto in esso è detto, compare ad ogni modo già incluso nel sesto e nel settimo Comandamento. Invece non lo trovo affatto in ordine per quanto vieta all’uomo di pensare, di sentire, di percepire, nonché sia pure un minimo desiderare, aspirare e bramare che certo ne sono la legittima conseguenza!

13. Per esempio, io, i miei genitori e mio fratello abbiamo perso le nostre sostanze ed i nostri possedimenti non per colpa nostra, e non c’è rimasto nulla all’infuori della nostra nuda vita e, per Tua Grazia o Signore, i buoni amici; se noi allora, vedendo i grandi e i ricchi gozzovigliare nell’abbondanza, sentissimo nella nostra grande miseria sorgere in noi la brama di possedere una minimissima parte soltanto di quanto essi possiedono in eccesso, avremmo forse peccato? Se, quando siamo affamati, non dovessimo consolarci neanche immaginando di poterci saziare di quanto sovrabbonda nella scodella, allora sarebbe la fine di tutto!

14. A questo si aggiunge un’altra grande questione, vale a dire: “Perché di tutto quello che c’è su questa Terra che, in fondo, è proprietà e territorio di Dio, non viene assicurato a ciascun uomo, che è stato posto senza sua colpa su questo mondo, almeno tanta parte dei beni naturali da poter bastare ai bisogni della propria vita corporale? Perché devono, o è reso possibile ad alcuni uomini, dichiarare così tante cose loro proprietà, tutelati in ciò dalla Legge in ogni maniera immaginabile, mentre invece la stragrande maggioranza è condannata a non possedere niente e deve infine per di più rassegnarsi, conformemente alla Legge divina, a non far sorgere in sé addirittura nemmeno un desiderio di avere un po’ della sovrabbondanza di ciò che i grandi e i ricchi dichiarano loro proprietà? Con questo non si toglie di certo niente a loro; ma se non è lecito bramare quello che sovrabbonda al ricco, allora non deve essere lecito neppure presentarsi davanti a lui come mendicanti per supplicarlo di fargliene dono! Infatti, il chiedere l’elemosina presuppone una brama imposta dalla necessità di possedere una parte di quanto è proprietà del ricco, che è anche tuo prossimo.

15. Noi poveri dunque non possiamo che andare dai possidenti, pregarli che ci diano del lavoro e accontentarci della magra ricompensa che loro piace assegnarci, perché domandare di più corrisponderebbe ad una brama, contraria alla Legge, di quello che è proprietà del ricco, che è anche tuo prossimo, e che egli chiama suo. O Signore e Maestro, non è possibile che un Creatore, il Quale è colmo di supremo Amore, abbia mai voluto e disposto che sia così! A voler questo non possono essere stati che degli uomini egoisti e avari, i quali probabilmente, con il pretesto della Provvidenza divina, già da tempi antichi hanno disposto così affinché noi, poveri, non dobbiamo disturbarli nel loro possesso nemmeno con i nostri pensieri!

16. O Signore e Maestro, Tu che sei la Sapienza e la Potenza suprema, cosa ne dici? Io ora ho parlato ed ho esposto quanto il mio intelletto umano ha trovato esservi di immensamente manchevole in questo ultimo Comandamento fondamentale, certamente come conseguenza di ciò che il mio rabbi mi ha insegnato. Oh, dà Tu, o Signore, a tutti noi una vera luce a questo riguardo, perché io penso che sia stata appunto questa Legge assolutamente impossibile da osservare quella che più di ogni altra cosa ha indotto l’umanità ad ogni genere di peccati e ad altri crimini, e io so fin troppo bene che appunto questa Legge è quella che quasi tutti gli ebrei più competenti considerano come di origine non divina! Oh, apri dunque la Tua santa Bocca, e facci conoscere qual è la Tua Volontà!».

 

[indice]

 

Cap. 36

L’importanza del controllo dei propri pensieri

 

1. Dissi Io: «Tu sei una creatura dotata di una intelligenza davvero terribilmente acuta, e la critica che tu hai mosso contro l’ultimo Comandamento di Mosè è stata proprio precisa! Sì, sì, i figli del mondo sono talvolta più perspicaci dei figli della Luce; essi vedono spesso prima dei figli della Luce lo spigolo di una dottrina. Eppure anche rispetto a questo Comandamento, nonostante la grande acutezza del tuo intelletto, tu hai dato altrettanto dei colpi nel vuoto come hai fatto con gli altri Comandamenti.

2. Tu puoi pensare quello che vuoi, però con ciò non pecchi se il tuo cuore non trova compiacimento nel pensiero non conforme al buon ordine. Ma se tu cominci a compiacerti di un cattivo pensiero, così facendo congiungi la tua volontà al cattivo pensiero, spoglio di ogni amore per il prossimo, e a questo punto non sei molto lontana dall’attuare un simile pensiero, una volta che il tuo compiacimento e la tua volontà gli abbiano dato vita, qualora le circostanze ti appaiano favorevoli e tali da permettere l’esecuzione    dell’azione senza pericolo esteriore. Perciò è estremamente importante che la luce purificata dell’intelletto e della pura ragione controllino con saggezza i pensieri che sorgono nel cuore umano, in quanto il pensiero è il seme dell’azione; ora questo necessario e savio controllo dei pensieri non potrebbe davvero venire espresso altrimenti in una forma tanto appropriata, quanto appunto dove Mosè dice: “Non desiderare questo o quello!”, poiché quando in te si è già molto accentuata una brama, è segno che il tuo pensiero ha cominciato ad avere vita grazie al tuo compiacimento e alla tua volontà, e allora dovrai lottare molto se vorrai soffocare completamente in te un simile pensiero a cui ormai è stata data vita. Come detto prima, il pensiero e l’idea sono certamente il seme dell’azione, la quale è poi il frutto del seme! Però, come è il seme, così sarà poi anche il frutto!

3. Tu dunque puoi pensare quello che vuoi, ma non dare mai vita a nessun pensiero e nessuna idea fino a farli diventare frutto prima di averli esaminati a dovere dinanzi al tribunale del tuo intelletto e della tua ragione! Se il pensiero ha sostenuto la prova del fuoco e della luce, solo allora puoi dargli vita fino a farlo diventare frutto, ovvero azione, e così puoi ben coltivare in te la brama di qualcosa di buono e di vero; però non devi desiderare qualcosa di non conforme al buon ordine che evidentemente va contro l’amore del prossimo! Ed in questo sta quanto Mosè ha espresso nel suo ultimo Comandamento, e lì non c’è davvero traccia, mai e da nessuna parte, della contraddizione rispetto alle interiori funzioni della vita che tu pretendi di aver riscontrato con l’aiuto del tuo perspicace rabbi. Ma cosa può diventare, o cosa si può aspettare che diventi un uomo se egli non impara già per tempo ad esaminare i propri pensieri, ad ordinarli e a separare da essi ciò che è immondo, perverso e falso? Io ti dico che un tale uomo finirebbe col diventare peggiore e più malvagio della più temibile e maligna bestia feroce!

4. Nell’ordine buono e savio dei pensieri sta dunque tutto il valore della vita di un uomo! Se Mosè ha dato pure un Comandamento inteso a regolare i pensieri, i desideri e le brame, può un rabbi, che si ritiene o che comunque dovesse essere molto sapiente, insinuare di lui che non sia stato il genuino Spirito di Dio a suggerirgli un simile Comandamento il quale va preso anzi nella massima considerazione? Vedi, vedi, Mia cara figlia, quanto si è sbagliato in questo il tuo rabbi!».

 

[indice]

 

Cap. 37

Povertà e ricchezza

 

1. (Continua il Signore:) «Che su questa Terra i beni siano divisi in modo non equo, e che vi siano dei ricchi e dei poveri, ciò corrisponde alla saggia Volontà di Dio; Egli permette che tali condizioni sussistano fra gli uomini perché, senza questo squilibrio, gli uomini stessi difficilmente potrebbero sussistere, o addirittura non sussisterebbero affatto!

2. Infatti, prova ad immaginare se ciascun uomo su tutta la Terra fosse provvisto di tutto, già al momento della sua nascita, in modo tale che non avesse bisogno nemmeno di una minima cosa; ebbene, ben presto egli vivrebbe come gli animali dei boschi e gli uccelli dell’aria. Questi non si costruiscono case, non coltivano campi, né vigne, e non hanno bisogno di affannarsi per le loro vesti, e se nei loro covi e nei loro nidi avessero del nutrimento a sufficienza, allora non li abbandonerebbero mai, bensì, come fanno i polipi in fondo al mare, riposerebbero e mangerebbero quando hanno fame. Ma dato che gli animali devono andare in cerca di cibo, avviene che essi sono in pieno movimento e si riposano quando si sono saziati.

3. E vedi, così ha disposto Dio con molta Sapienza particolarmente con gli uomini: Egli ha distribuito fra di loro i beni terreni in maniera molto disuguale e li ha dotati di talenti e di capacità molto diverse! Per effetto di questo ciascun individuo è indispensabile all’altro. Il ricco di solito non è troppo portato per i lavori pesanti, eppure quanto mai indispensabili, e quindi non li esegue; però trae soddisfazione dall’ordinare tutto secondo una scienza ed esperienza fatta ed ordinata e indica ai suoi servitori e alle sue serve quali sono i vari lavori da eseguire nonché come vanno eseguiti. Questi allora si mettono all’opera e servono volonterosamente il ricco per la ricompensa pattuita. E affinché, per effetto di una eventuale brama dei lavoratori di diventare essi stessi illegittimamente ricchi e di assicurarsi così eventualmente il benessere materiale, non possano mettere le mani sul ricco datore di lavoro, quest’ultimo viene tutelato dalle leggi terrene, come pure da quelle divine; certo, fino ad una misura determinata, oltre alla quale vengono date anche per i ricchi delle leggi severissime e fondate sulla sapienza.

4. Similmente il ricco possidente ha bisogno pure di ogni tipo di artigiani; egli deve ricorrere ora al fabbro, ora al carpentiere, al muratore, al falegname, al vasaio, al tessitore, al sarto e ancora a molti altri, e questo perché così l’uno si rende utile all’altro. Soltanto in questo modo il genere umano può venire mantenuto sulla Terra, ed esso potrebbe sussistere in condizioni eccellenti qualora più di uno non fosse divenuto preda dell’avidità e della bramosia di comandare. Ad ogni modo questi non sfuggiranno affatto alla costante e rigorosa vigilanza di Dio il Quale già a questo mondo li punisce, e le loro ricchezze ingiustamente arraffate arriveranno al massimo fino alla terza generazione.

5. Da ciò tu puoi vedere che a questo mondo ci devono essere poveri e ricchi e quindi puoi già anche renderti conto che Mosè ha dato agli ebrei, e per mezzo di essi all’intera umanità, l’ultimo Comandamento non in forma lacunosa, bensì nella forma più completa immaginabile e che appunto solo in questo Comandamento è fondata la vera completezza interiore del puro amore del prossimo e dello Spirito di Misericordia nel cuore umano.

6. Se però questo è innegabilmente il caso, allora qui è contenuta pure la condizione secondo cui ciascuno, per purificare veramente la propria anima, deve prendersi molto a cuore proprio quest’ultimo Comandamento e deve osservarlo moltissimo e completamente! Infatti, finché un uomo non si rende del tutto padrone dei propri pensieri, non può nemmeno dominare le proprie passioni e le azioni che ne derivano. Ma chi non è signore e maestro in sé e su di se stesso, costui è ancora lontano dal Regno di Dio, ed è e rimane uno schiavo del peccato, che viene generato dai suoi pensieri disordinati e dalle brame che ne derivano e che rendono tutto l’essere umano impuro. Ora, hai ben compreso queste cose? Ora tocca nuovamente a te parlare».

 

[indice]

 

Cap. 38

Sulla critica umana. Il consiglio del Signore di liberarsi da tutti i dubbi

La comunicazione interiore col Signore

 

1. Hèlia disse: «O Signore e Maestro nel Tuo Spirito dall’eternità! Cosa potrei io, povera fanciulla, aggiungere ancora? Infatti ragionare con Te delle cose divine mi appare ormai precisamente come se uno stolto ingenuo si proponesse di vuotare tutto il grande oceano con un cucchiaino per versarne le acque in un secchio! Tutto quello che Tu dici, o Signore, è verità; noi uomini[11]    invece, presi tutti assieme, non sappiamo assolutamente nulla! Queste omissioni da me riscontrate nell’ultimo Comandamento mi apparvero così ben precisate, inoppugnabili e vere come nessun’altra cosa su tutta questa Terra; ma che rimane ormai delle mie critiche sulla Legge? Non solo non rimane niente di buono, ma mi resta la consapevolezza di aver insistito su una cosa riguardo alla quale tutta un’eternità non sarà sufficiente per vergognarsi abbastanza di averla appunto voluta stoltamente enunciare e di aver così esposto in pubblico la propria insensatezza. O Signore e Maestro, davvero, davvero io sono ora immensamente scontenta di me stessa, e deploro profondamente aver osato discutere con Te! Che cosa penseranno tutti questi signori seri e savi che sono qui radunati di una simile ragazza vanitosa e presuntuosa? O Signore e Maestro, io mi sento arrossire tanto che bramerei trovarmi ben lontana da qui!»

2. Dissi Io: «Oh, e perché mai? Non sono stato Io stesso ad invitarti a parlare, e non sei stata tu stessa ad iniziare sempre a parlare affermando che, chi fa secondo quanto Io voglio, non pecca! Dunque tu hai fatto appunto così come volevo Io, e con ciò tu non hai neppure peccato, ma, non avendo peccato, tu non ti devi vergognare al Mio cospetto a causa di un qualche peccato. Infatti quello che tu hai detto è stato di grandissima importanza non soltanto per te, ma anche per molti altri i quali nel loro intimo nutrivano precisamente gli stessi tuoi dubbi e così ora sono stati radicalmente guariti. E vedi, questo risultato è stato più o meno anche un’opera della tua lingua davvero molto sciolta, e dunque è stata una cosa molto buona e per nulla cattiva, e così non puoi affatto vergognarti di quello che hai detto. Per la tua giovane età tu hai un’intelligenza molto pura e questa è la luce iniziale del cuore, e chi ha una vera luce del cuore, può trovare ben presto e facilmente anche la vera Luce della vita! Comprendi quello che con ciò Io ti ho detto e indicato?»

3. Disse Hèlia: «O Signore e Maestro, certo che lo comprendo; tuttavia io ho in me la piena consapevolezza di essere un assoluto nulla nel nulla e Tu sei il perfettissimo Tutto nel tutto! Da ora però, o Signore, vorrei pregarTi di esonerarmi dal parlare ulteriormente, perché io sono molto cieca!»

4. Dissi Io: «Tu veramente dovresti parlare ancora, avendo dubitato prima anche dei profeti; ma considerato che ormai vedi chiaro e comprendi che la Legge di Mosè è cosa puramente divina, e che non ha in sé omissioni e lacune come se fosse opera d’uomo, ti puoi risparmiare ulteriori discorsi. Qualora però tu trovassi in te ancora qualche altro dubbio, sei libera di domandare, e allora luce ti verrà data.

5. Tuttavia qui intorno a Me siedono i Miei vecchi discepoli, e quello che all’apparenza è un giovinetto è Mio servitore, come di simili ne ho ancora moltissimi; puoi interpellare anche lui, ed egli ti darà giusti chiarimenti come potrei darteli Io stesso e come pure lo potrebbero fare questi Miei discepoli. Ma adesso Io Me ne andrò a visitare personalmente gli altri Miei giovinetti che sono radunati là in una stanza alla parte opposta di questo albergo, perché voglio condurli un po’ all’aperto. Però soltanto Lazzaro, il romano Agricola e il mercante di schiavi Hibram sono autorizzati ad accompagnarMi.

6. Ecco dunque, o Mia Hèlia, tu sai già ciò che devi fare se vuoi avere luce ulteriore, poiché Io devo ora dedicarMi a qualcos’altro, considerato che il Sole rimarrà solo poco più di mezz’ora ancora in cielo. Poi, dopo il tramonto, verranno i molti ospiti forestieri che ceneranno fuori sotto le tende, e quello non sarà più tempo per Me di peregrinare fra la gente del mondo, anzi Io allora ritornerò qui in mezzo a voi. Ma quando, a cena finita, i forestieri saranno discesi alle loro dimore, noi tutti assieme ce ne andremo fuori all’aperto, e là avrete tutti occasione di assistere a molti fatti meravigliosi. E dunque restate frattanto qui, e intrattenetevi riguardo alle cose dello Spirito fino a quando Io ritornerò di nuovo da voi!»

7. Disse allora Hèlia con voce un po’ turbata: «O Signore e Maestro, perché non mi è lecito uscire fuori adesso all’aperto? Io bramerei tanto di stare vicino a Te!»

8. Io dissi: «Questo è davvero molto lodevole da parte tua; però tu puoi sempre trovarti vicino a Me anche senza la Mia Persona se solo tu Mi sei vicina nel cuore! Vedi, a Genezaret si trova pure una carissima figlia che ha nome Giara; ora è già quasi un anno che lei non ha più visto la Mia Persona e tuttavia è vicina a Me nel suo cuore molto di più di quanto lo sia tu adesso. Io posso intrattenerMi con lei in ogni momento, e lei nel suo cuore percepisce con la massima precisione ciascuna Mia Parola, e a questa si attiene rigorosamente. Fa pure tu lo stesso, e così potrai anche tu come Giara trovarti sempre vicinissima a Me, anche allora quando non camminerò più su questa Terra nel Mio corpo di carne! Vedi di comprendere bene questa cosa e di conformarvi la tua vita; così avrai in te la vita eterna!».

 

[indice]

 

Cap. 39

Le opinioni del giovane schiavo. Il futuro della Russia

 

1. Detto questo, Io Mi alzai rapidamente, e con Me pure i tre che avevo chiamato, e andammo dai nostri giovinetti che noi trovammo pacificamente riuniti con le anime serene, perché ciascuno aveva sempre molto da raccontare all’altro di ciò che durante il lungo viaggio aveva avuto occasione di vedere ed osservare di particolare e di come tutto ciò avesse avuto rapporto con la loro liberazione avvenuta poi in quel luogo. Alcuni avevano fatto dei sogni, altri asserivano di aver osservato dei fenomeni di vario genere ora sulla terra, ora nel cielo. Così quei giovinetti avevano trascorso piacevolmente molte ore di seguito e quasi non si accorsero che il giorno stava per finire.

2. Quando noi entrammo nella stanza molto spaziosa in cui erano radunati, la loro gioia raggiunse il culmine, e tutti gridarono: «Salute a te, o unico e vero padre nostro, perché tu ci hai dato del buon pane ed eccellenti bevande, ci hai sciolto dai nostri duri lacci ed hai coperto i nostri corpi nudi; perciò sei ora veramente tu solo il nostro buon padre che noi amiamo sopra ogni cosa! Invece i nostri genitori dal cuore duro non possiamo più amarli tanto, perché essi non ci hanno mai fatto qualcosa di bene, tranne il fatto che per qualche tempo ci hanno rimpinzato per bene per poterci vendere a più caro prezzo. Tuttavia noi non auguriamo loro niente di male, ma l’augurio che esprimiamo è che essi comincino presto a riconoscere come sia supremamente ingiusto da parte di un essere umano vendere il proprio simile, o, peggio ancora, da parte dei genitori vendere i propri figli a degli avidi mercanti, come un qualunque animale domestico! Ma poiché noi tutti abbiamo trovato qui un padre tanto buono, sia perdonato anche ai nostri genitori l’atrocità commessa contro di noi, loro innocenti figli; e tu, o Hibram, mercante dal cuore duro, quando sarai ritornato in patria riferirai loro quanto hai appena sentito, ammesso che nelle tue vene sia rimasta ancora qualche goccia di sangue onesto!»

3. Al tono molto energico di questo discorso indirizzato a Me e in parte a Hibram, il mercante di schiavi, Lazzaro e così pure Agricola si stupirono; infatti Io avevo conferito ai due la facoltà di comprendere il linguaggio di quei giovinetti del Settentrione, come anche di parlare con loro perché questo era indispensabile affinché il romano in particolare potesse intendersi con loro. Io certo avrei potuto concedere una corrispondente facoltà a tutti quei giovinetti, sennonché una cosa simile non sarebbe stata tanto positiva per loro per il fatto che mediante un idioma più perfetto essi sarebbero venuti pure a conoscenza tanto più presto e completamente di ogni tipo di cattive maniere, di cattive abitudini, di peccati e di vizi. Invece, poiché dovevano apprendere gradatamente il linguaggio dei Romani a loro ancora del tutto ignoto, il romano, il quale poi finì col condurli tutti con sé a Roma senza lasciare alcun giovinetto a Lazzaro, li ammaestrò dapprima, adoperando il loro idioma, nella Mia Dottrina che per loro avrebbe costituito una permanente difesa contro le stoltezze di Roma, e quindi tutto quello che Io avevo disposto fu molto positivo.

4. Dopo che i giovinetti si furono intrattenuti molto con noi e che pure Hibram ebbe data loro formale assicurazione che, una volta ritornato in patria, si sarebbe preso ogni cura dei loro compagni rimasti là e che da allora in poi avrebbe completamente rinunciato al commercio degli schiavi, promesse queste per le quali tutti i giovinetti d’ambo i sessi gli si dimostrarono molto riconoscenti, Io proposi a tutti di recarsi fuori, all’aperto; questa proposta fu accolta con grandissima gioia generale.

5. Quando giungemmo all’aperto, vedemmo il bel paesaggio verso l’ora del tramonto, e i giovinetti, del tutto ebbri di gioia, dissero di non aver mai visto un panorama così splendido.

6. E un ragazzo, dotato di una capacità intellettiva ed espressiva particolarmente eccellente, disse: «Davvero, in un paese così bello e dalla temperatura così dolce l’uomo deve trovarsi molto più vicino al Dio buono che non in quel paese dove siamo nati noi, perché là fa caldo solo per un brevissimo tempo e poi per molto tempo fa molto freddo, tanto anzi che l’acqua diviene dura come la pietra, e tutta la regione assume un aspetto quanto mai triste! Si capisce dunque che la gente di là si trovi più vicina al Dio cattivo, e quindi che anch’essa sia cattiva e malvagia. Là gli uomini non si amano tra loro, anzi ognuno tenta di fare del male agli altri. Chi è il più forte si innalza a terribile signore sugli altri che sono deboli, li costringe a compiere per lui i più duri lavori e non dà loro alcuna ricompensa; è certo che tutto ciò si deve attribuire all’influenza del Dio cattivo! E tu, o Hibram, là sei tu pure uno di questi potenti signori; quando dunque sarai ritornato in patria, vedi in futuro di non lasciarti mai più prendere prigioniero nel tuo animo e nella tua mente dal Dio cattivo e di non sacrificargli più nulla, anzi sacrifica al Dio buono di questo paese, e poi anche il nostro paese diventerà bello e tiepido com’è questo qui.

7. Infatti io credo che il Dio buono sia molto più potente del Dio cattivo il quale può uccidere l’acqua e ridurla ad una pietra, ma non può riscioglierla e farla rivivere. Qui hai trovato il Dio buono e immensamente potente; accogliLo dunque nel tuo cuore e sacrifica a Lui solo; e poi Egli benedirà certo anche il nostro vasto paese! Ma se tu invece, ritornato in patria, continuerai a sacrificare al Dio cattivo, essa non potrà mai assomigliare a questo splendido paese caldo».

8. Queste parole del ragazzo, infantilmente savie, commossero Hibram fino alle lacrime, ed egli gli rinnovò solennemente la promessa che non avrebbe mancato di fare secondo il suo desiderio e di seguire con la massima puntualità il suo consiglio. Sarebbe stata sua cura costante di non sacrificare mai più nulla al presunto Dio cattivo, anzi si sarebbe dato premura di annunciare a tutti i suoi sudditi il Dio buono che egli aveva ormai imparato a conoscere bene, e di mostrare loro come si può e si deve sacrificare a Lui solo.

9. Nell’occasione però raccomandò a tutti quei giovinetti di volere impegnarsi anche loro con il massimo zelo anzitutto allo scopo di riconoscere sempre più intimamente il Dio buono e il solo vero, e di onorarLo e amarLo sopra ogni cosa. E li esortò a non dimenticarsi della loro patria quando la conoscenza del Dio buono, l’unico vero, si fosse fatta perfetta in loro.

10. A loro volta i giovinetti promisero anche questo, e l’oratore disse: «Quando la Benedizione e la Forza del Dio buono e unico saranno in noi nella misura di questi uomini - cosa di cui noi tutti a nostra immensa meraviglia abbiamo potuto convincerci -, allora certo ci sarà facilissimo ritrovare la via di casa e far ritorno a casa, perché allora il Suo Spirito ci insegnerà e indicherà la via più giusta e la più vicina e anche ci guiderà. Ma senza una simile Guida - Guida e Protettore potente su tutte le cose - noi non saremmo mai in grado di ritrovare il nostro paese che giace tanto lontano da qui; anzi questa impresa sarebbe tanto più difficile, in quanto noi siamo stati fatti partire dalla nostra patria, sui carri che ci trasportavano, con gli occhi bendati e con gli orecchi turati con l’argilla per quattro giorni! Quindi abbandonate questa usanza malvagia, perché è veramente orribile e ingiusto dover lasciare per sempre la propria patria, per quanto desolato possa essere il suo aspetto, da schiavi, ciechi e sordi. Quindi anche in questa cosa prendi ben nota tu, o Hibram, che in patria fosti finora un potente signore e uno sfruttatore del tuo misero prossimo!»

11. Poi il giovane oratore, tutto sorridente, si rivolse a Me, e in tono di grande affetto disse: «O buon padre nostro, tu che da parte del Dio buono sei colmo di potenza e di molteplice forza, dì tu pure a Hibram che voglia fare così come noi, miseri, gli abbiamo consigliato con cuore aperto e fedele per mezzo della mia bocca, ed egli certo tanto più lo farà, in quanto sembra che anche lui ti tenga in grandissima considerazione! Se egli opererà in questo modo quando sarà ritornato in patria, allora anche il nostro paese diverrà così bello e così caldo come questo qui, e certamente il Dio cattivo non sarà più in grado di uccidere l’acqua e di ricoprire di neve freddissima tutto il vasto paese, ciò che causa a quegli abitanti una vita assai infelice.

12. O buon padre di tutti noi, abbi misericordia non solo di noi che siamo qui, ma anche di tutti coloro che dimorano nel nostro brutto paese, e che moltissime volte non hanno altro da mangiare che carni dissecate di animali selvaggi e pesci! Ma se io a nome di tutti questi che ti chiamano il loro buon padre ho commesso un errore rivolgendomi a te con questa preghiera, allora punisci me, perché - e di questo noi tutti siamo già più che convinti - a te, o caro buon padre, non mancano sicuramente la forza e la potenza di farlo!»

13. Io dissi: «Oh, questo poi no! Io dall’eternità non ho mai punito nessun essere, a meno che non si sia punito da se stesso; tanto meno Io punirò te per il tuo nobile ed eccellente cuore. Al contrario ti dico che da qui a sette anni tu ritornerai nel tuo paese, e dai tuoi lombi susciterò una generazione la quale reggerà e guiderà nel Mio Nome i vasti paesi del Settentrione per un periodo di oltre mille anni. I tuoi discendenti più tardi però non conserveranno il regno, perché diventeranno rozzi ed estremamente avidi di dominio; ma non bisogna che tu te ne dia pensiero, poiché Io per quei popoli saprò sempre ben scegliere quelle guide che più saranno adatte ai Miei scopi. Ad ogni modo il regno, salvo poche variazioni, rimarrà sempre lo stesso; in un futuro più remoto però le guide non stabiliranno la loro dimora permanente in Asia, ma in Europa. Siate perciò tutti particolarmente diligenti, e imparate bene ogni cosa buona e vera e trapiantate la Mia Luce anche nelle regioni molto tenebrose del Nord!

14. Là l’inverno del mondo naturale, come è successo fino ad ora, dominerà la Terra; tuttavia ciò non importa: basta che i vostri cuori siano caldi dell’amore per Dio e per il prossimo, e allora anche i vostri morti corsi d’acqua si scioglieranno a grande benedizione del vostro paese. Frattanto però conviene che vi applichiate con il massimo zelo e impariate tutte le cose buone e vere da coloro che vi condurranno a Roma, e dopo sette anni voi ritornerete in patria pieni di ogni benedizione. E quando vi ritroverete nella vostra antica patria, rendete il bene a chi vi avrà fatto del male, e così porterete molta benedizione nel vostro paese! Avete ben compreso ciò?»

15. Tutti allora confermarono di aver compreso bene e promisero di attenersi a quanto appreso.

16. Ed Io dissi: «Ecco che noi abbiamo raggiunto uno scopo buono, e perciò adesso vedremo di rientrare in casa!».

17. Tutti furono soddisfatti di questa decisione, e noi, per evitare di venire in contatto con i forestieri il cui arrivo era imminente, ci ritirammo nuovamente all’albergo dove trovammo Hèlia molto infervorata nella conversazione con

 

[indice]

 

Cap. 40

Lazzaro e Raffaele servono i forestieri

 

1. Non appena ebbi preso nuovamente posto a mensa, Io chiamai Raffaele e Lazzaro e li avvertii che i forestieri provenienti dalla città erano già in cammino verso l’albergo, e che quindi era tempo che provvedessero ad accoglierli all’aperto sotto le tende, affinché non venisse loro voglia di occupare le stanze della casa.

2. Allora Lazzaro domandò: «O Signore, ormai comincia ad imbrunire: il Sole è già tramontato. Come faremo a provvederci di lumi? In casa ne abbiamo certo in quantità sufficiente, ma per far luce sotto alle tende non ne abbiamo, e perciò vorrei pregarTi, o Signore, di venirmi in aiuto anche in questo; infatti, trovando l’oscurità sotto le tende, i forestieri vorranno venire in casa dove vedranno che c’è luce»

3. Io dissi: «È per questo che ti do Raffaele per accompagnarti; si incaricherà lui di disporre quanto è necessario come ha fatto all’ora del pranzo. Tu dunque puoi andare del tutto serenamente; anzi andate ora perché i forestieri già cominciano ad arrivare!»

4. Allora Lazzaro uscì assieme a Raffaele e al suo albergatore, ma con suo grande stupore trovò le tende già tutte chiaramente illuminate, nonché tutte le mense provviste nel migliore dei modi di vino e di ogni tipo di vivande. A quel punto giunsero anche gli altri servitori e le serve di casa, ed essi chiesero a Lazzaro e all’albergatore da dove avessero preso i cibi e il vino, dato che essi, come servitori della casa, non ne sapevano nulla.

5. Ma Lazzaro disse loro: «Ma siete anche voi degli uomini come gli altri! Perché allora vi curate così poco di quello che è e quello che succede in casa mia? Noi sappiamo benissimo da dove provengono queste tende e queste mense, e le stoviglie da tavola, il vino e le vivande. Se vi foste curati un po’ di più di questo, lo sapreste anche voi. Siccome vi curate poco di ciò, per conseguenza anche ne sapete poco, o forse nulla affatto! Chi è Colui il Quale ormai già da quattro giorni dimora qui in casa mia assieme ai Suoi Discepoli?»

6. I cuochi e alcuni servitori dissero: «Ah, ora ci siamo! Si tratta del grande profeta di Galilea! Del resto una certa indulgenza la meritiamo se finora abbiamo saputo poco e altrettanto poco abbiamo compreso di quello che riguarda questo profeta. Infatti il nostro lavoro ci ha sempre tenuti occupatissimi, e fino al pomeriggio di oggi abbiamo avuto pochissimo tempo per osservare quanto succede qui; d’altro canto, anche se qua e là varie cose avevano colpito la nostra attenzione, non sarebbe stata cosa buona da parte nostra importunare l’uno o l’altro per domandare spiegazioni. Tuttavia d’ora innanzi avremo cura di stare più attenti a tutto quello che avviene qui, considerato che, come hai detto tu stesso, noi pure siamo degli uomini, e quindi non ci potrà nuocere se sapremo qualcosa di più di quanto noi abbiamo saputo e appreso finora! O signore di questa casa e di molti altri beni, non è forse vero che ci sarà lecito fare così?»

7. Disse Lazzaro: «Oh, senza alcun dubbio! Ma ora ciascuno ritorni al proprio lavoro, affinché possa venire offerta una buona cena ai molti ospiti che abbiamo in casa; voi però, servitori miei, andate là dove sono le tende, assegnate ai forestieri i loro posti e poi, quando essi avranno mangiato e bevuto, abbiate cura di riscuotere il conto come avete fatto oggi a mezzogiorno! E adesso andate; ecco appunto che i forestieri già vengono!»

8. Allora ciascuno se ne andò alle proprie faccende, mentre Lazzaro e l’albergatore si disposero a dare il benvenuto agli ospiti che stavano arrivando in massa.

9. Uno dei forestieri però volle interpellare Lazzaro per sapere come egli avesse fatto a conoscere con tanta precisione quanti ospiti sarebbero venuti per poter far preparare esattamente tante tende e tavoli, e vivande e vino. Infatti gli appariva davvero sorprendente che un albergatore avesse potuto prevedere così bene ogni cosa. In altri alberghi ciò non si verificava quasi mai; anzi di solito accadeva che i padroni di casa preparassero troppo o troppo poco per gli ospiti che erano in attesa!

10. A questa domanda, che lo aveva colto un po’ di sorpresa, Lazzaro rispose che l’egregio ospite volesse frattanto prendere posto sotto la tenda più vicina a noi per cenare, e poi, qualora avesse proprio avuto ancora interesse a conoscere la cosa, non avrebbe mancato di dargli le necessarie spiegazioni.

11. Con ciò l’ospite non insistette, si recò alla sua tenda, prese posto alla mensa e cominciò a mangiare di buonissima lena e non poteva lodare a sufficienza l’eccellenza dei cibi e delle bevande.

12. Un altro degli ospiti che si trovavano nella tenda esclamò: «In verità, questi cibi devono essere stati degli dèi a prepararli, tanto sono favolosamente squisiti! Ed il vino poi è un vero nettare degno degli dèi!»

13. E furono fatte molte altre osservazioni di questo genere da parte di quei mercanti greci. Uno anzi voleva offrire una somma cospicua pur di venire a conoscenza del segreto di una cucina così eccezionale.

14. E Lazzaro, a cui non erano sfuggite tutte quelle osservazioni, non sapendo bene come comportarsi, si consultò con l’angelo per apprendere da lui cosa avrebbe dovuto rispondere se fosse stato interpellato riguardo a simili cose.

15. Raffaele disse: «Non darti alcun pensiero di ciò; mi incarico io di sistemare la questione con questa gente, perché tu potresti confonderti facilmente e dire loro qualcosa di troppo o anche di troppo poco, e in entrambi i casi ciò non sarebbe giusto! E come detto dunque, lascia pure a me questa faccenda, poiché tutto ciò lo sbrigherò io come si deve».

16. Lazzaro fu contentissimo di ciò e lasciò che gli ospiti continuassero molto di buon umore nei loro elogi.

17. Tuttavia venne anche il momento in cui questi, terminata la cena e pagato il conto, si accinsero ad incamminarsi verso la città alle loro botteghe dove abitualmente trascorrevano la notte.

18. Ma i mercanti della prima tenda a noi più vicina, di cui si è già detto, che già all’inizio avevano causato imbarazzo al nostro Lazzaro, ricominciarono a molestarlo con la loro curiosità.

19. Egli però li indirizzò vivacemente verso Raffaele dicendo: «Sapete qual è il fatto? Che voi certo non possiate sperare di trovare così facilmente altrove un’ospitalità come qui da me, questo devo arguirlo chiaramente dalle vostre domande! Sennonché ogni onesto albergatore ha i propri segreti che egli non desidera vengano divulgati assolutamente a nessun costo. Ma questo bellissimo giovane che vedete qui è sicuramente in grado di dirvi tutto quello che voi avete comunque bisogno di sapere, per conseguenza rivolgetevi a lui, ed egli vi darà una giusta spiegazione!».

 

[indice]

 

Cap. 41

Raffaele e i greci

 

1. A queste parole di Lazzaro, il greco si rivolse al giovane (Raffaele) e gli disse: «Mio caro giovinetto, il padrone ci ha indirizzato a te per la questione che ci interessa dicendoci che tu sarai in grado di darci le informazioni che gli avevamo richiesto! Di che cosa si tratti, tu l’avrai certo già appreso, e quindi noi siamo qui pronti ad ascoltarti!»

2. L’angelo disse: «Sì, miei cari, questa cosa non la si può sbrigare così immediatamente come lo immaginate voi! Infatti nei nostri libri, che a voi non sono più del tutto sconosciuti, sta scritto: “Il paese di Canaan è dato ai figli di Jehova, e degli dèi vi dimoreranno”. E così ora vi trovate nel paese degli dèi, e voi avete a che fare con degli dèi e non con degli uomini puramente del mondo come siete voi. Ma allora se volete ottenere qualcosa da coloro che sono degli dèi, prima li dovete pregare con tutta serietà, altrimenti essi terranno la bocca chiusa dinanzi a voi e non vi daranno né insegnamenti, né consigli. Mi avete compreso?»

3. Allora il greco assunse un’espressione assai meravigliata e disse al giovinetto: «Oh, oh, mio caro giovane ebreo, per quanto riguarda la vostra divinità, mi pare che non si tratti proprio di gran cosa, perché, se foste degli dèi, i romani non vi avrebbero sottomessi! Ma non fa nessuna differenza se tu, da giovane ebreo, probabilmente ancora non troppo ricco d’esperienza, ti vanti basandoti sulle vostre antiche e mistiche Scritture, e immagini di essere tu stesso una qualche divinità. Ciò non toglie affatto che io possa pregarti di comunicare qualcosa riguardo ai segreti della vostra cucina, e questo io ora lo faccio pregando con tutta serietà!»

4. Disse l’angelo: «Invece meno ancora di prima io dirò a te o a qualcun altro di voi qualcosa riguardo ai segreti della nostra cucina, perché adesso ti sei espresso addirittura alquanto rozzamente; ora con le maniere rozze non si ottiene nulla da noi che siamo degli dèi! Siete voi, creature umane, che dovete adeguarvi a noi, e non noi a voi, perché noi possiamo vivere e sussistere benissimo in eterno senza di voi, ma voi mai senza di noi. Ebbene, avete compreso anche questo?»

5. Disse il greco: «Oh sì, anzi perfettamente bene, e non possiamo concludere altro che tu, malgrado sia un giovinetto ancora imberbe, sei nello stesso tempo anche un tipo originale! Ad ogni modo se insisti tanto a far valere la tua divinità, daccene una prova, e allora sapremo anche noi come regolarci con te! Infatti, con le sole parole, chi ha l’apparenza di essere semplicemente un uomo non potrà mai e poi mai manifestarsi dinanzi a noi uomini come un dio, ma unicamente con dei fatti che, secondo la testimonianza di esperti in ogni genere di arti e di scienze, possano venire considerati necessariamente come possibili soltanto a un Dio. Tu che pretendi di venire onorato come un giovinetto divino, hai anche compreso quello che ho detto io?»

6. Disse Raffaele: «Oh sì, sennonché con questo sfoggio di astuta arte oratoria greca vi avverto che presso di me non otterrete nulla, poiché io dispongo di Forza e Potenza divina, e perciò non ho affatto paura né di un uomo solo, né di tutti gli uomini dell’intera Terra. Chi vuole ottenere qualcosa da me, se sul serio ci tiene ad averla, deve prima pregarmene con cuore puro e pieno di umiltà; con le vostre astuzie retoriche invece non ottenete né otterrete mai niente da me. Comprendete questo?»

7. Disse il greco: «Ascolta, tu sei un giovinetto assolutamente indomabile e noi ci siamo ormai perfettamente convinti del fatto che, ammesso che tu sia sul serio in possesso di qualche segreto, nessuna ragione umana potrà tirar fuori qualcosa da te! Tu ti sei proposto di assumere la parte di un Dio al cospetto degli uomini, continua pure! Se tu continui così, un giorno potrai diventare una grande personalità molto importante. Tuttavia se sul serio sei di natura divina e onnipotente come affermi, tu che sei, oltre a ciò, evidentemente ebreo, non puoi certo essere amico dei Romani. Ora per te dovrebbe essere facilissimo cacciare via in un attimo tutti i romani da questo paese degli dèi. Perché dunque vi rassegnate alle loro dure leggi?»

8. Disse l’angelo: «Le leggi di Roma sono certo dure, ma sono anche giuste, ed ora servono anzi perfino agli ebrei migliori perché esse li tutelano contro quegli ebrei malvagi i quali affermano di essere ebrei ma nei loro cuori invece non sono né ebrei, né, meno ancora, figli di Dio. Per conseguenza i Romani sono nostri amici e già da lungo tempo non sono più nostri nemici, e governano, proprio come va fatto, l’infame umanità di questo come pure di molti altri paesi; ma perciò noi, se occorre, siamo loro protettori e non siamo coloro che vorrebbero cacciarli fuori da questo paese. Che però noi, qualora fosse necessario, potessimo spazzare via come pula trasportata dalla bufera anche i Romani che pure sono molto potenti, di ciò io intendo fornirvi una piccola prova; fate dunque bene attenzione!»

9. Disse il greco: «Giovinetto, cos’è che vuoi mostrarci, o quale tuo gioco di prestigio intendi esibirci?»

10. Raffaele rispose: «Lasciate stare i preamboli e giudicate dopo il fatto!»

11. Disse il greco: «Molto bene; giudicheremo solo dopo che avremo visto»

12. Disse Raffaele: «Bene allora; giudicate dopo il fatto! Come vi ho detto chiaramente prima, date il vostro giudizio secondo la vostra sapientissima ragione greca, e poi mi direte cosa dice la vostra sapientissima ragione a riguardo!»

13. Disse il greco: «Ebbene, forniscimi una piccola prova, e poi vedremo di che cosa si sarà trattato! Infatti da noi, ad Atene, abbiamo avuto già molti sapienti di varia specie, e quindi noi greci siamo perfettamente in grado di giudicare quello che è una magia e quello che è veramente un prodigio divino! E quindi ora forniscimi la piccola prova della tua onnipotenza divina!»

14. E l’angelo osservò: «Però, state bene attenti a non restare senza fiato assistendo a questo prodigio».

 

[indice]

 

Cap. 42

Un miracolo di Raffaele

 

1. A questo punto Raffaele alzò da terra una pietra del peso di dieci libbre e disse: «Io credo che questa pietra sarà abbastanza grande e pesante per poter darvi una piccola prova di quanto ho asserito!»

2. Disse il greco: «Lo credo anch’io, ma cosa vuoi farne?»

3. Disse Raffaele: «Affinché non pensiate di avere a che fare con qualche mago assurdo, prendi tu stesso in mano questa pietra, e poi dalla in mano anche ai tuoi compagni perché si convincano essi pure che si tratta proprio di una vera pietra solidissima, come se ne può trovare da queste parti! Prendete dunque in mano la pietra ed esaminatela!»

4. Allora il greco prese la pietra nelle sue mani e la esaminò attentamente, e altrettanto fecero i suoi compagni.

5. E quando tutti si furono persuasi a sufficienza che la pietra era proprio una pietra del tutto naturale, la restituirono all’angelo, e il greco disse: «La pietra è davvero una pietra, nessuno di noi ha un dubbio in proposito; ma che cosa vuoi farne ora della pietra?»

6. Disse Raffaele: «Prendete ancora una volta questa pietra nelle vostre mani, e alzate da terra ancora delle altre pietre simili, solo dopo imparerete a conoscere la nostra Forza divina! Tuttavia non dovete intimorirvi a causa di quello che seguirà, perché non vi verrà torto nemmeno un capello!»

7. Allora essi raccolsero una quantità di quelle pietre e le tennero in mano come se fossero stati in procinto di lapidare il giovinetto.

8. A questo punto l’angelo disse loro: «Voi vedete che io non tocco nemmeno con un dito nessuna delle pietre che tenete in mano, e tuttavia quando con la mia volontà dirò: “Scioglietevi nel vostro elemento primordiale-etereo!”, non vi troverete in mano nemmeno un granello di queste pietre!»

9. Disse il greco: «O giovane amico, ciò si ridurrà solo ad un gioco di parole da parte tua! Non sarà un granello di queste pietre a restarci in mano, ma certo le pietre intere sciolte in maniera perfettamente naturale, perché noi stessi le abbiamo “liberate” dal terreno e anche trapasseranno all’etere, dato che le teniamo già sollevate appunto nell’etere atmosferico. Ho ragione sì o no? O giovane dio d’Israele, se dopo che con la tua volontà avrai definitivamente dissolto e quindi annientato queste pietre, ci sarà permesso di gettartele addosso?»

10. Disse l’angelo: «Oh, senz’altro, allora gettatemele pure addosso! Ora però state bene attenti che le pietre non vi scappino di mano, e che non abbiate poi più niente da gettarmi addosso! Ecco, io voglio che le pietre siano annientate! Se le avete ancora nelle vostre mani, tirate pure verso di me le vostre pietre!»

11. A questo punto i numerosi greci - una trentina - si guardarono l’un l’altro tutti estremamente sbalorditi, e l’oratore di prima esclamò: «Dì un po’, o mio bel giovinetto, evidentemente tu ne sai più di quanto noi, greci ricchi d’esperienza che hanno visto molte cose, siamo in grado di comprendere! Per ottenere ciò ci vuole davvero una potenza interiore agatodemoniaca[12], poiché per le vie naturali un fenomeno simile non è stato mai prodotto. In un attimo tutte le pietre sono completamente svanite. Come ti è possibile una cosa simile?»

12. Disse l’angelo: «Il come è possibile, ci vorrà ancora molto prima che lo comprendiate; ad ogni modo poco fa io vi ho spiegato che qui, per quanto riguarda noi, avete a che fare con ebrei ancora veri e incorrotti, e quindi con dei figli di Dio; i figli di Dio possiedono in sé una Forza divina, perciò dominano tutto il mondo naturale e sono immortali. Perciò io ti ho detto prima che noi, quali dèi, non temiamo nessun nemico e che siamo signori di tutto il mondo. E se qualcuno vuole ottenere qualcosa da noi deve rivolgercene seria preghiera, altrimenti non ottiene niente da noi. Comprendi ora meglio la cosa?»

13. Disse il greco: «Ma come mai siete assurti al grado di autentiche divinità, considerato che siete degli esseri umani altrettanto quanto lo siamo noi?»

14. Disse Raffaele: «La ragione è questa: le nostre aspirazioni sono state sempre anzitutto rivolte alla conoscenza vera e pura dell’unico vero Dio, mentre non abbiamo mai ambito ai tesori vani e morti di questo mondo! E così noi da questo unico e vero Dio abbiamo anche ottenuto i veri e viventi tesori dello Spirito e la Sua Forza, e non i tesori morti della materia di questo mondo nel quale tutto, insieme a voi, è passeggero, ma questi tesori dello Spirito per noi non andranno mai perduti, bensì ne avremo in aggiunta sempre di maggiori.

15. Ma per ottenere i viventi tesori dello Spirito bisogna aver ricevuto dall’unico vero Dio i mezzi e avere l’indicazione delle vie, ciò che rispetto a noi, ebrei, è avvenuto già mediante i primi patriarchi e poi principalmente mediante il grande profeta Mosè come pure grazie a molti altri profeti e maestri ancora. Chi poi fra gli ebrei ha fatto pienamente uso per sé dei mezzi consigliati ed è proceduto per le vie indicategli, costui con ciò si è reso anche degno della figliolanza di Dio e con essa ha raggiunto l’interiore forza dello Spirito. Considerato però che questo non è mai stato il vostro caso, succede appunto che voi non sapete nulla dell’unico e vero Dio, nulla dei figli di Dio su questa Terra e nulla nemmeno di quanto essi sono capaci di compiere. Comprendete voi ciò?»

16. Disse il greco: «Sì, sì, è possibile che dal vostro punto di vista le cose si presentino così; ma se quel certo, unico, vero Dio ha dato a voi ebrei simili mezzi e vi ha indicato simili vie, perché non ha fatto così anche con noi, considerato che noi siamo degli esseri umani altrettanto quanto lo siete voi ebrei? Pure noi greci siamo dotati di ragione e di intelletto e, in ogni tempo a noi noto, fummo sempre reputati uno fra i popoli più geniali e colti della Terra! Credo che non si possa davvero attribuire a noi stessi la colpa del fatto che noi ora siamo inferiori a voi per quanto riguarda la Forza interiore dello Spirito! Se quel certo unico e vero Dio ha potuto manifestarsi come Tale a voi, perché mai non a noi greci?»

17. Disse Raffaele: «Amico mio, non è affatto così come tu ora ti immagini, ma lo è in modo molto differente! Anche i Greci, come i Romani e gli Egiziani antichi, un giorno si sono trovati allo stesso punto al quale si trovano ancora oggi alcuni pochi ebrei. Sennonché essi abbandonarono l’unico vero Dio nello stesso modo come attualmente Lo stanno abbandonando moltissimi ebrei i quali, di propria libera volontà, si allontanano da Lui; ma coloro che abbandonarono l’unico vero Dio furono a loro volta abbandonati da Lui, che li lasciò in preda al loro vano delirio mondano.

18. Se però un giorno essi vorranno fare ritorno a Lui nei loro cuori, Egli certo li accoglierà e di nuovo indicherà loro gli antichi mezzi e le vie mediante i quali essi pure possono diventare del tutto veri ebrei e figli di Dio. Quando sarà giunto il momento opportuno, verranno inviati nuovamente dei messaggeri e maestri a voi nonché a tutti gli altri popoli della Terra per ricordare loro gli antichi mezzi e per indicare le giuste vie. Beati coloro che si convertiranno ascoltandoli!»

19. Disse il greco: «Ma perché non avviene così già adesso?»

20. L’angelo disse: «Perché voi attualmente siete ancora troppo colmi di tutte le cose del mondo! Quando le deporrete sempre più e così vi sarete resi maturi per qualcosa di spirituale e di puro, allora vi accadrà anche come io ho detto prima. Ecco che ora però vi ho detto e spiegato abbastanza; domani forse parleremo ancora su questo argomento!»

21. Disse il greco: «Sì, domani io e tutti questi miei compagni volevamo partire, dato che abbiamo già venduto vantaggiosamente la merce che avevamo portato con noi; tuttavia per amore tuo io mi fermerò fino a domani pomeriggio, e ti pregherò di donarmi ancora qualche altro tesoro spirituale che porterò volentieri con me in Grecia! Forse domani potrò apprendere da te anche qualcosa riguardo alla preparazione delle vostre vivande che sono davvero di una squisitezza divina!»

22. Disse l’angelo: «Bene, bene, questo sarà da vedere! Io penso che tu non potrai comprendere il nostro modo di preparare le vivande, così come non hai potuto comprendere l’annientamento di quelle dure pietre compiuto prima da me! Ad ogni modo per il momento questo non ha grande importanza; qui ci sono ben altre cose che tu potrai apprendere e che ti saranno molto più utili che non apprendere come noi prepariamo i nostri cibi. Se così ti piace, puoi ritornare domani; però se si trattasse della preparazione dei cibi sarebbe inutile che tu ritornassi perché io ti ho già detto come stanno le cose a questo riguardo»

23. Disse il greco: «Non sprecherò più nemmeno una parola per insistere sulla preparazione delle vivande se mi sarà data l’opportunità di apprendere qualcosa di molto più utile per noi tutti che non sia il semplice modo di preparare i cibi; quindi per oggi ce ne andremo e ritorneremo invece domani, verso mezzogiorno, poiché tutti gli altri ospiti se ne sono già andati. Infatti più tardi farà ancora più scuro di adesso e la montagna è abbastanza ripida»

24. L’angelo disse: «Il monte sarà sempre illuminato per quel tanto che occorrerà perché possiate arrivare in pianura facilmente e senza alcun pericolo; quindi nel Nome dell’unico vero Dio voi potete ormai andare!».

25. A queste parole dell’angelo i greci allora si misero in cammino, e ben presto e facilmente arrivarono giù alle loro baracche da commercianti dove erano soliti pernottare; ma una volta coricati, riuscirono a dormire poco, perché durante tutta la notte non fecero che pensare alla strana scomparsa delle pietre a cui avevano assistito. Essi cercarono di rendersi ragione del fatto, ma nessuno poté trovare una spiegazione plausibile. Il fenomeno aveva suscitato in loro un’eccitazione tale per cui non poterono proprio trovare pace nei loro animi, e rimasero ansiosamente in attesa che facesse giorno, perché allora si poteva far luce sul fenomeno a cui avevano assistito.

26. Venuto il mattino, essi impacchettarono le loro cose per avere tutto pronto per la partenza. Però tutti differirono la partenza stessa all’indomani, avendo deliberato di chiarire ad ogni costo di quello stranissimo fatto. Perciò decisero di dedicare l’intera giornata alla faccenda. E così erano tutti impazienti che venisse mezzogiorno.

27. Ma adesso lasciamo che quella trentina di greci pensino e scrutino a loro piacimento, e rechiamoci con Raffaele, Lazzaro e l’albergatore nella nostra grande sala da pranzo dove tutti, Io compreso, mangiavano e bevevano di lietissimo umore.

 

[indice]

 

Cap. 43

La domanda di Agricola sull’essenza di Raffaele

La benedizione della pazienza

 

1. Quando i tre entrarono nella sala da pranzo, Lazzaro avrebbe voluto raccontare in lungo e in largo tutto quello che era accaduto fuori, particolarmente per quanto riguardava i greci.

2. Io stesso però gli dissi: «Fratello, risparmiati questa fatica, perché, vedi, noi siamo esattamente a conoscenza di tutto! Quella trentina di greci rappresentano senz’altro un buon acquisto per la nostra causa, ma ad essi deve prima venir dato il giusto orientamento. Conviene che le dure pietre pagane del dubbio vengano prima dissolte così come il Mio Raffaele poco fa ha completamente annientato nelle loro mani le dure pietre naturali, e allora essi si renderanno più malleabili, e potranno diventare nel loro paese degli idonei precursori dei Miei veri discepoli. Ora però sedete anche voi ai tavoli e mangiate e bevete!

3. Dopo che vi sarete ristorati, noi ce ne andremo all’aperto, e fino a mezzanotte i vostri occhi avranno occasione di vedere ancora varie cose che rientrano nell’ambito della Gloria di Dio, perché, ad eccezione di alcuni pochissimi, voi ora siete già maturi per sopportare a tale riguardo delle Rivelazioni divine superiori, e questa notte ci presenterà un’occasione tanto opportuna, come non potrebbe così presto presentarsene una seconda»

4. A queste Mie parole tutti si affrettarono a sbrigarsi con la cena, dato che esse avevano suscitato nei presenti molte ansietà di conoscere cosa sarebbe effettivamente accaduto.

5. Agricola venne vicino a Me e Mi domandò: «Signore e Dio, dimmi una buona volta chi è veramente questo meraviglioso giovinetto! Una simile domanda io Te l’ho rivolta già una volta; allora Tu mi assicurasti che con il tempo avrei finito col riconoscerlo da me stesso. Sennonché fino ad ora di per me stesso non sono davvero riuscito a farmi un’idea riguardo alla sua personalità reale. Egli mangia e beve come noi, anzi in proporzioni considerevolmente maggiori; in queste occasioni egli assume addirittura un aspetto completamente umano. Ma appare ben diverso ai nostri occhi quando parla, opera e agisce, perché allora non c’è affatto da scherzare con lui, e allora opera cose così prodigiose che uno di noi deve proprio sentirsi svanire nel nulla e dire che noi apparteniamo solo a metà al sacerdozio, e tra l’altro ci stiamo riferendo alla parte migliore e romana del sacerdozio!

6. Infatti in seguito all’alta carica che io ricopro nell’amministrazione statale superiore, mi spetta la sorveglianza di tutto ciò che ha rapporto con le varie istituzioni sacerdotali nell’intero grande impero di Roma, e ho dovuto anche acquisire le necessarie nozioni di tutte le religioni professate nei diversi paesi che fanno parte dell’impero, ciò che chiarisce perché io mi sia fatto istruire precisamente anche nella religione degli ebrei. Ma per un uomo come sono io, dinanzi al quale tutti i misteri devono venire rivelati, ho già imparato a conoscere molte cose su questa Terra, ed ho visto e conosciuto qua e là persone anziane e giovani dotate di talenti e capacità particolarissime, che hanno poi anche lasciato perplesso per più di un giorno il mio intelletto che pur non può dirsi da poco.

7. Però, tutto ciò rappresenta un nulla assoluto quando lo si paragona a questo giovinetto, il cui aspetto esteriore femmineo è assai raramente, dal punto di vista della nostra critica romana, indizio di un grande sviluppo spirituale. I cosiddetti adoni e le cosiddette veneri[13]  da noi sono sempre stati considerati come le persone più carenti per quanto riguarda lo spirito, ed eccezioni tra di loro ce ne sono sempre state pochissime. Questo giovinetto è di gran lunga il più bello che mi sia potuto capitare sotto gli occhi. Se egli indossasse delle vesti femminili, supererebbe di molto la più bella fanciulla di tutto questo mondo. Eppure questa creatura umana possiede uno spirito tanto divinamente grande che a lui è proprio possibile tutto come a Te stesso, o Signore e Maestro. O Signore, Tu vedi che io ora non posso più reprimere la mia brama di sapere chi è questo strano giovinetto, e quindi vorrei pregarTi di dirmi finalmente come stanno le cose con lui!»

8. Io dissi: «Amico, se Io come voi, esseri umani, fossi affetto da qualche debolezza, non esiterei a dichiararti immediatamente come stanno le cose con questo giovinetto, ma poiché Io non ho affatto alcuna debolezza umana, e nel Mio Spirito vedo dall’eternità quello che a ciascun essere umano è maggiormente salutare nella sua propria sfera di sviluppo animico, Io non dico mai a nessuno una parola che sentissi di non poter più mantenere dopo qualche giorno; quindi rimane [la Mia promessa] che tu potrai benissimo e chiaramente riconoscere il giovinetto da solo.

9. Tu pure hai udito come la Pazienza costituisce anch’essa uno degli Spiriti originari di Dio nell’uomo, che deve venire rinvigorito e sviluppato come tutti gli altri sei Spiriti, qualora l’uomo debba pervenire alla vera completezza interiore della vita. E così Io voglio che ciò avvenga pure nei tuoi riguardi, vale a dire che la tua pazienza moderi alquanto la tua serietà e il tuo zelo che spesso, essendo troppo isolati dagli altri spiriti, sono esagerati. E vedi, per questa ragione molto valida Io non ti dico ciò che tu ora brameresti sapere con tanta urgenza, perché la Pazienza rappresenta nell’uomo quello che per il terreno rappresenta una lieve pioggia. Essa mitiga il fuoco delle brame ardenti nel cuore umano allo scopo che queste non si trasformino e degenerino in passioni selvagge, impetuose e spesso devastanti. Se comprendi bene questa cosa, vedi di saper trovare la strada giusta solo nella pazienza, e poi ti sarà ben concesso tutto ciò che ti sarà necessario a spegnere la nobile sete di sapere della tua anima»

10. Disse il romano: «Sì, Signore, Maestro e Dio, a Te nemmeno il più sapiente di questo mondo potrà mai obiettare niente, perché Tu sei l’eterno Amore, la Sapienza e la Verità stessa, e quindi anche a questo riguardo hai piena ragione, poiché un Dio che si abbassasse a patteggiare come un comune fruttaiolo greco, non sarebbe più un Dio, ma semplicemente un essere umano debole e capriccioso; ma, allora, chi potrebbe fidarsi delle promesse di un Dio debole?»

11. Io dissi: «Vedi, ora hai detto di nuovo la piena verità! Resta sempre in questa ed esercitati nella giusta pazienza, così perverrai molto velocemente alla Luce vitale interiore! Del resto, presso voi Romani vige già da moltissimo tempo un buon proverbio, secondo il quale ci si deve “affrettare lentamente”[14]  e ciò equivale a “esercitarsi nella pazienza”. Ma adesso andiamo tutti assieme all’aperto, dove apprenderete molte cose!».

 

[indice]

 

Cap. 44

La luminosa apparizione notturna delle dieci colonne di nuvole

 

1. Non appena ebbi terminato di parlare, tutti si affrettarono ad alzarsi e Mi seguirono all’aperto. E quando ci trovammo tutti fuori, molti ammirarono le belle tende opportunamente disposte e non poterono celare la loro meraviglia per la rapidità con la quale erano state erette, dato che essi durante la mattinata non si erano ancora accorti che esistessero. Tuttavia queste meraviglie ebbero presto fine, perché Io ben presto attirai l’attenzione dei presenti su qualcos’altro. Su cosa attirai l’attenzione di tutti i presenti?

2. Ecco cosa fu: dalla parte di Oriente cominciò ad innalzarsi sull’orizzonte una colonna di nuvole, assai rovente, che stava salendo sempre più in alto, in modo che in poco tempo sembrò che essa avesse già raggiunto le stelle. La colonna acquistò man mano sempre maggiore luminosità, fino ad uguagliare il chiarore della Luna, tanto che tutta la regione fu rischiarata quasi come se fosse giorno. Allora tutti Mi domandarono che cosa fosse quel fenomeno e cosa volesse significare.

3. Ma Io dissi: «Abbiate pazienza, Miei cari amici, perché avremo dell’altro ancora! Quando avrete visto tutto, soltanto allora esamineremo da dove ciò provenga e cosa voglia significare. Continuate dunque a fare attenzione a tutto quanto ancora si mostrerà, perché sta scritto nei libri profetici che in questo tempo si manifesteranno dei segni anche in cielo e non solo sulla Terra. E poiché tali segni si manifestano appunto ora, a voi è dato di accertarvi perfino con gli occhi di carne che le parole delle antiche profezie adesso trovano adempimento. State dunque bene attenti a tutto quello che apparirà ancora!»

4. Allora tutti volsero di nuovo lo sguardo verso Oriente ed ecco una seconda colonna uguale alla prima sorse dall’orizzonte e si schiarì fino a raggiungere di nuovo lo splendore della Luna, illuminando di più ancora la regione! Però, trascorsi solo alcuni istanti, apparve una terza colonna uguale alle altre e accrebbe quindi il chiarore sulla regione. Ciò non era visibile soltanto a coloro che stavano sul monte presso di noi, ma anche a molti a Gerusalemme e a molti in tutto il paese d’Israele, e la conseguenza di ciò fu che in tutte le piazze e le vie della città cominciò a levarsi un clamore che si udiva benissimo pure sulla montagna.

5. Lazzaro allora disse: «O Signore, se la cosa dovesse durare ancora a lungo, questo monte sarà presto pieno di gente! Sarebbe dunque già arrivato, ora, il tempo di sbarrare il portone di sotto»

6. Io dissi: «Fratello, non darti assolutamente nessun pensiero finché Io sono qui con te, perché senza la Mia Volontà nemmeno una mosca entra in questo giardino, per non parlare poi di un uomo qualsiasi! Ma adesso osserva bene, poiché di simili colonne ne saliranno su ancora sette!»

7. Non appena Io ebbi detto ciò, si vide già salire anche la quarta e subito dopo la quinta, la sesta, la settima, l’ottava, la nona e la decima colonna, a distanza conveniente l’una dall’altra e queste dieci colonne, la cui luce uguagliava ed era forte come quella del plenilunio, diffusero infine un così grande chiarore su tutta quella regione da poter essere percepito distintamente, da una parte, fino sulle rive del mare Mediterraneo e dall’altra parte fino all’Asia Minore e, verso Oriente, fino nei paesi lontani del fiume Eufrate.

8. In città però era scoppiato il disordine. I pagani lo consideravano come un MALUM OMEN (cattivo presagio), mentre gli ebrei parlavano già del Giudizio Universale. Altri, i cosiddetti interpreti dei segni, sostenevano che l’apparizione preannunciava dieci anni di grande abbondanza, degli altri ancora dieci anni roventi, e quindi di carestia.

9. Ma un vecchio rabbi urlava per tutte le vie: «Questo è il preavviso dell’arrivo del Messia e le dieci colonne sono il simbolo della Sua Forza e il fatto che esse stanno ad Oriente vuol dire che il Messia verrà a Gerusalemme appunto da quella parte!»

10. Ma quel rabbino non trovò nessuno che gli prestasse fede, e molti che lo avevano udito lo deridevano, e quegli uomini mondani gli dissero: «Vattene e finiscila con i tuoi vecchi piagnistei messianici, poiché è già da molto tempo che tu vedi venire il Messia in ogni nuvola chiaramente illuminata dalla Luna! Anche pochi giorni fa, quando ci fu un’eclissi di Luna, che pure ha suscitato molta confusione, hai annunciato la venuta del Messia, e i furbi esseni, i quali hanno proprio in quella zona il loro istituto di magia, hanno calcolato già da un anno esattamente la trascorsa eclissi di Luna, ma tu vi scopristi immediatamente il Tuo Messia che veniva con pelle e capelli! Stai bello fresco se aspetti il tuo Messia! Queste dieci colonne sono molto belle a vedersi e non sono altro che il prodotto dell’arte magica degli esseni! Va’ a trovare gli esseni e vedrai con quale facilità essi ti toglieranno il vizio del tuo Messia!»

11. Questa spiegazione, radicalmente naturale e terrena, non fece però nessuna impressione sul vecchio rabbino, che continuò a gridare ad alta voce: «Voi potete parlare come volete, ma si vedrà fra poco se io non avrò giudicato bene! Dio non si regola affatto in base alle discussioni mondane di gente terrena della vostra risma, ma dalla Parola delle Sue profezie che Egli ha annunciato all’umanità per bocca dei Suoi profeti! Badate bene voi, gioventù cattiva e sacrilega, che qualche demonio non venga e non vi prenda tutti quanti assieme! Oh, non oltraggiate un vecchio rabbi!»

12. Io stavo così raccontando i pareri e i giudizi ai Miei sul monte che questo fenomeno aveva suscitato là sotto in città e tutti in seguito a ciò si rasserenarono molto.

13. Lazzaro e pure i Miei discepoli osservarono che il rabbi aveva in fondo ragione e che era una cosa quanto mai ignobile da parte di quei giovani bellimbusti di Gerusalemme farsi in tal modo beffe di una persona anziana!

14. Io dissi: «Da un lato avete pienamente ragione, però il vecchio è pure una volpe del Tempio che approfitta delle occasioni di questo genere per annunciare sempre con diligenza la venuta del Messia per carpire qualche offerta. A ogni modo, passato il momento, egli è molto felice che le sue numerose enunciazioni profetiche non si adempiano dinanzi ai suoi occhi e si facciano ancora attendere, poiché in questo paese, ricco di fenomeni naturali, può facilmente manifestarsi presto e nuovamente un fenomeno del genere che egli saprà di nuovo sfruttare a suo vantaggio! Ora quei giovanotti di Gerusalemme, certo molto scatenati, conoscono bene un simile profeta di strada e quando il suo vociare diventa un po’ più forte gli si mettono davanti e lo scherniscono, e così il profeta non è per nulla migliore di coloro che lo scherniscono. Anzi, Io vi dico che quella gioventù scapestrata diverrà Mia seguace molto prima di quel vecchio rabbi, che ha sempre la massima cura di profetizzare per la sua tasca, ma che, in sé e per sé, in fondo non crede proprio a niente. Adesso però lasciate stare la cosa, l’ulteriore svolgersi del fenomeno provocherà ancora affanno maggiore! Non udite adesso squillare le trombe dalle alte torri del Tempio?»

15. Dissero tutti: «Sì, sì, le sentiamo benissimo!»

16. Io dissi: «Ciò significa che la gente del Tempio si è essa pure destata e non sa cosa pensare di questo fenomeno, perciò hanno fatto dare fiato alle trombe, per chiamare a raccolta tutti i farisei e gli scribi che dimorano fuori dal Tempio, allo scopo di consultarsi in tutta fretta sul da farsi e su come eventualmente spiegare il fenomeno al popolo, naturalmente in cambio di offerte molto cospicue. Ora però lasciamoli consigliarsi per un breve tempo e quando avranno ben fissato la loro spiegazione nella testa del popolo che già si sta accalcando intorno al Tempio, Io provocherò subito un cambiamento considerevole in questo fenomeno e i templari terranno nuovamente consiglio e mentiranno al popolo. Però il significato dell’intero fenomeno Io ve lo spiegherò brevissimamente, fedelmente e conforme a verità soltanto quando sarà tutto finito. Ma adesso guardate pure un po’ laggiù come il popolo stolto e quanto mai cieco va affluendo al Tempio da ogni parte! In un quarto d’ora il fenomeno cambierà totalmente d’aspetto; poi assisterete al massimo della concitazione! Ma ora riposiamoci in questo quarto d’ora di tempo».

 

[indice]

 

Cap. 45

L’apparizione nel cielo subisce un cambiamento, creando l’imbarazzo dei templari

 

1. Disse allora il romano il quale pure era vicinissimo a Me: «Ma pare quasi impossibile che tanta gente possa essere così cieca! Quei pazzi corrono di qua e di là senza sapere cosa vogliono e pretendono di essere degli ebrei illuminati, dunque il popolo di Dio! E noi, ciechi pagani, siamo invece qui alla Sorgente originaria della vita, della Luce e dell’eterna Verità originaria! È davvero una cosa immensamente strana! Noi, evidentemente gli ultimi, siamo ora - e si dica pure quello che si vuole - evidentemente i primi, e quei figli di Abramo continuano a rotolarsi laggiù come tanti maiali nel loro luridissimo pantano! Questa per noi pagani, o Signore, è una Grazia inspiegabile in eterno che noi in verità non abbiamo neanche minimamente meritato! Io sono adesso proprio ansiosamente curioso di vedere che seguito potrà avere questo avvenimento quanto mai straordinario! Come poi andrà a finire tutta questa storia, Tu solo, o Signore, lo saprai meglio di qualsiasi altro!»

2. Io dissi: «Vedrai alla fine che i risultati non saranno cattivi! È ormai venuto il tempo di procurare a quei perfidi criticoni mondani, in una maniera del tutto particolare, un qualche grosso imbarazzo, in modo che vengano screditati presso la gente migliore del popolo.

3. In questo momento, appunto, hanno terminato di deliberare dopo una discussione affrettata, e la conclusione è che per loro le dieci colonne rappresentano le dieci tribù d’Israele rimaste ancora fedeli al Tempio e le altre due tribù sono quelle rigettate, i cui discendenti sono cioè i samaritani e i galilei, e ciascun ebreo resta immondo per il tempo di un anno intero anche se solo pronuncia ad alta voce il nome delle due tribù infami!

4. Ora il popolo si batte violentemente il petto con i pugni e giura di non chiamare mai più per nome quelle tribù sacrileghe.

5. Ma adesso fate attenzione, poiché alle dieci colonne se ne aggiungeranno presto altre due e poi vedrete la grande concitazione che ne risulterà! Il momento è giunto e il cambiamento preannunciato deve verificarsi immediatamente»

6. Tutti allora guardarono attentamente verso Oriente, e infatti si videro innalzarsi contemporaneamente due grandiose colonne, e precisamente l’una a destra e l’altra a sinistra delle dieci colonne di prima; queste due però splendevano ciascuna per sé dieci volte di più delle prime prese assieme, al punto che la loro intensa luce venne percepita, da una parte, fino nelle regioni d’Europa e, dall’altra parte, fino alla distanza di quattrocento miglia.

7. Ma il nuovo fenomeno suscitò un clamore e una confusione enormi fra il popolo e tanto più disappunto e imbarazzo fra la gente del Tempio. Ben presto si udirono le trombe squillare di nuovo, con grande fracasso si cercava di radunare ancora degli altri membri del Sinedrio, anche se già ai primi squilli tutti i sacerdoti che dimoravano a Gerusalemme erano accorsi in fretta e furia nel Tempio. In effetti non si presentò nessun altro, tuttavia il Sinedrio si radunò una seconda volta. Ma il Sinedrio non seppe assolutamente più che cosa fare rispetto alle due colonne molto splendenti apparse alla fine, dato che si erano malamente dati la zappa sui piedi con le spiegazioni delle prime dieci colonne.

8. Ma il popolo gridava forte: «Ecco qua le due tribù che avete affermato che sono state rigettate! Ma se non è così, allora spiegateci di che cosa veramente si tratta, altrimenti bisogna che ci restituiate le offerte che vi abbiamo portato oppure le riprenderemo noi con la forza!»

9. Allora i templari cominciarono ad avere molta paura, ci fu un intervallo brevissimo e poi uno dei templari si presentò e cercò di migliorare la situazione con una scappatoia oratoria stupidissima, che non ebbe altro effetto che di provocare una grande risata fra il popolo.

10. E un ebreo ben tarchiato disse a voce alta, rivolto ai templari: «Se nello stato di grande angoscia e costernazione in cui noi ci troviamo a causa di simili segni, quanto mai angoscianti e inquietanti per ciascun cuore umano, che si mostrano sul firmamento, voi non siete in grado di darci una spiegazione soddisfacente, allora non abbiamo bisogno di voi nemmeno quando tutto si manifesta normalmente nel suo modo naturale sul firmamento. Se in questi momenti non vi è possibile farci udire una parola di consolazione, cosa ci state a fare qui allora? Voi non sapete fare altro che pretendere decime e altre cospicue offerte, per inghiottirle per conto vostro e sapete altresì cacciare fuori dal Tempio, a colpi di pietra, la gente savia che vi mette sotto il naso la verità e che guarisce in maniera prodigiosa gli ammalati! Ma adesso che il giudizio di Dio evidentemente sovrasta tutti noi con la sua spaventosissima luce, siete muti come tante tombe e non vi azzardate a dire una parola! Oh, andate adesso fuori verso quelle dodici terribili colonne che minacciose espandono la loro luce da vero giudizio finale su tutta la Terra e che certamente ben presto si scioglieranno in un tremendo uragano di fuoco che distruggerà tutto ciò che vive e si muove a questo mondo; andate adesso là e scagliate contro di loro le vostre pietre maledette e bagnatele della vostra acqua maledetta e vedremo poi se le dodici spaventosissime colonne di fuoco si inchineranno dinanzi alla vostra potenza sacerdotale! Oh, che miserabili impostori, orgogliosi, crudeli e ipocriti siete! Adesso è il momento di provare che voi soli siete i veri amici e servitori di Dio, in caso diverso noi, popolo, ci vendicheremo di voi per ogni sopruso che abbiamo dovuto subire da parte vostra!»

11. Un capo-sacerdote allora si fece avanti e disse: «Tu, che ti sei assunto la parte di oratore a nome del popolo, abbi pazienza! In questo momento il sommo sacerdote sta pregando nel Santissimo con la veste stracciata e, se sarà necessario, ci assoceremo anche noi alle orazioni e poi la situazione migliorerà di certo! Non bisogna che voi vi disperiate così presto, anche se Jehova viene a visitarci con qualche flagello che noi certo tutti assieme avremo meritato. Invece di lanciare ogni tipo di ingiuria e di minaccia contro di noi sacerdoti, pregate piuttosto pure voi Dio che voglia usarci grazia invece di fare giustizia! Questo sarà senz’altro migliore del vostro attuale comportamento contro di noi, perché in caso di necessità chiunque può innalzare le sue preghiere a Dio».

12. Queste parole servirono a calmare un po’ il popolo il quale, infatti, cominciò a pregare, mentre i sacerdoti, molto saggiamente, si ritirarono e si consigliarono per trovare una spiegazione dello stranissimo fenomeno. Tuttavia nessuno poté presentare una ragione plausibile, così che l’angoscia non fece che accrescersi tra di loro. Era grande il contrasto fra coloro che si trovavano con Me sul monte e gli altri che erano radunati nel Tempio nonché il popolo che era andato a rifugiarsi presso di loro in cerca di protezione: i Miei ammiravano estatici e al colmo della gioia lo spettacolo incomparabile di quelle colonne di luce, mentre le stesse erano massima causa di sgomento nel Tempio.

13. Ora avvenne che in quella circostanza si trovasse presente nel Tempio anche Nicodemo che già conosciamo e pure a lui fu chiesta la sua opinione.

14. Ma egli così rispose: «Voi non avete mai dato peso al mio consiglio, perché già varie volte mi rinfacciaste di essere, segretamente, un partigiano del Galileo e quindi ritengo che nemmeno in questa particolarissima emergenza il mio consiglio sia indispensabile! Infatti, se Jehova ha decretato una grave punizione contro di noi, del resto ben meritata, oppure la rovina totale, nessun consiglio umano sarà in grado di porvi rimedio e la nostra carica, che in fondo non significa grande cosa, verrà sepolta per sempre! Se invece Jehova ha fatto sorgere le dodici terribili colonne di fuoco quale ultimo ammonimento per noi e un incitamento a fare vera penitenza, allora certo non mancheremo di apprendere in tempo utile da qualche profeta quale penitenza e quali sacrifici Dio esigerà da noi. Però conviene che tutti voi prendiate in considerazione il fatto che siete stati voi ad uccidere Zaccaria, che era visibilmente un profeta, e così pure il predicatore che battezzava lungo il Giordano dovette venire decapitato nella prigione di Erode perché siete intervenuti voi. E poi venne un grande Sapiente dalla Galilea, insegnò tre giorni nel Tempio e la Sua Dottrina era buona e vera davanti al popolo e voi volevate lapidarLo per questo. Ma se in queste condizioni voi volete e intendete procedere anche in avvenire nella stessa maniera con tutti coloro che sono colmi dello Spirito di Jehova, allora a scongiurare la nostra totale e sicura rovina non gioverà affatto nemmeno un consiglio da parte di Dio e tanto meno, poi, potrà giovare un tale consiglio da parte mia, nonostante io sia un anziano del Tempio!»

15. Il sommo sacerdote, il quale presiedeva l’adunanza, disse: «Ma chi può fornirci la prova che gli uomini menzionati da te erano veramente profeti destati da Dio?»

16. Nicodemo rispose: «Questa stessa domanda che tu fai ora l’hanno fatta ai tempi dei veri profeti anche i sommi sacerdoti di allora, ma la triste conclusione fu sempre che i profeti riconosciuti più tardi come autentici vennero in grandissima parte lapidati o strangolati. E come era così allora, anzi molto peggio ancora, avviene oggi, e io con mio grande dolore non posso fare a meno di dichiararlo! Ma poiché purtroppo le cose stanno in questo modo, molto probabilmente anche la Pazienza del Signore sarà giunta ai suoi limiti estremi, ciò che quelle terribili colonne di fuoco ci dimostrano ora fin troppo all’evidenza. E perciò a scongiurare il pericolo è probabile che il consiglio umano non serva più a niente! Guardate come vanno sempre più ingrossandosi e addensandosi, ciò dipende dal fatto che esse si stanno sempre più avvicinando a noi!

17. Com’è spaventoso questo giorno nella notte! È appena la quinta ora nella notte e fa chiaro come se si fosse in pieno giorno! Ma perciò anche adesso vi lascerò e ritornerò a casa mia per tranquillizzare, se sarà possibile, la mia famiglia!»

18. Il Sinedrio voleva trattenerlo, ma Nicodemo disse: «Se potessi in qualche modo giovarvi, io resterei, ma considerato che non ne vedo l’utilità e che voi, d’altro canto, non potete giovare a me, io preferisco andarmene e morire fra le mie pareti che non fra queste mura profanate già tante volte!».

 

[indice]

 

Cap. 46

Nicodemo si reca sul monte degli Ulivi da Lazzaro

 

1. Allora egli si congedò dal Consiglio e per scansare il popolo che si era già fatto tanto turbolento cercò di raggiungere la sua dimora per qualche via nascosta. Ma giunto in quelle vicinanze, vide che pure là c’era un grosso assembramento di gente che sperava di poter avere consiglio da lui, in quelle ore d’angoscia.

2. Per conseguenza egli rifletté: «Se vado a casa mia, il popolo mi assedierà per sapere qualcosa, mentre io, con tutta la mia buona volontà, non sarò in grado di dargli neanche una minima spiegazione soddisfacente riguardo a questo fenomeno. Ma adesso so quello che farò! Io andrò da Lazzaro sul monte degli Ulivi, anche se c’è da faticare un po’, per sentire cosa pensa dell’apparizione; egli è sempre stato un uomo secondo il cuore di Dio, nonostante fra lui e il Tempio ci siano stati degli attriti; egli, a questo riguardo, ne saprà certo più di me e di tutto il Tempio!». Così pensò Nicodemo e così fece!

3. Quando egli arrivò alla grande porta del giardino, che era aperta, un uomo che era posto lì di guardia lo trattenne e gli domandò cosa cercasse.

4. E Nicodemo disse: «Io devo trattare delle cose importanti con Lazzaro, lasciami dunque passare!»

5. E la sentinella gli chiese il nome ed egli si fece immediatamente riconoscere; allora non gli vennero posti più altri ostacoli, perché era universalmente noto come persona molto giusta e molto buona. Però la sentinella non poté fare a meno di domandargli se egli fosse forse in grado di spiegargli cosa significasse quel fenomeno prodigioso e del tutto insolito.

6. E Nicodemo, in tono cordiale, così rispose alla sentinella: «Ma, amico mio, è appunto per ciò che io voglio e devo andare sul monte da Lazzaro, siccome so che in questo tempo di festa e di mercato egli dimora sempre qui nel suo grande albergo sulla montagna; so pure che egli se ne intende molto di queste cose e non dubito che egli sappia darmi più di altri la migliore spiegazione possibile in proposito! Ad ogni modo, nella mia qualità di anziano di Gerusalemme, posso darti per assolutamente certo che questo fenomeno straordinario preannuncia qualcosa di buono per i buoni e qualcosa di cattivo per i cattivi, perché qui non si tratta più evidentemente di un solito capriccio della Natura. Perciò, se tu sei buono, non dartene affatto pensiero, come non me ne do io, poiché a noi due non accadrà niente di male!»

7. A queste parole l’uomo di guardia, anch’egli molto inquieto, lo ringraziò e il nostro Nicodemo salì di buon passo sul monte e quando vi fu giunto rimase non poco sorpreso nel vedere là radunato un gruppo di persone così grande e di umore tanto sereno che stava ammirando senza alcuna apprensione quella grandiosa e splendida manifestazione.

8. Io però dissi a Lazzaro: «Fratello Lazzaro, sappi che l’anziano Nicodemo, spinto da grande timore, è venuto quassù per parlare con te e sentire se tu sai dirgli cosa possa significare questo fenomeno. Dunque, vai e fagli buona accoglienza ed Io ti metterò in bocca quello che per il momento dovrai dirgli! Ed ora vai, ma non rivelargli subito che Io Mi trovo qui!»

9. Lazzaro, udendo ciò, si rallegrò di tutto cuore, perché egli amava moltissimo Nicodemo che era il suo unico amico. Quindi gli andò sollecitamente incontro e fece secondo quanto gli avevo consigliato Io.

10. Quando il nostro Nicodemo, in seguito all’inconsueto chiarore di quella notte, ebbe scorto già da lontano Lazzaro, gli rivolse il suo saluto prima di essergli vicino, con le parole: «Fratello, perdonami se vengo a trovarti ad un’ora così tarda della notte! Ma basta che tu consideri là, ad Oriente, le dodici colonne di fuoco e non avrai alcuna difficoltà ad indovinare il motivo che veramente mi ha condotto quassù da te. Puoi credermi se ti dico che in tutta la grande città, come pure nel Tempio, regna una confusione indescrivibile! È una cosa questa che, a quanto noi sappiamo, non si è mai verificata! In città ebrei e pagani corrono per le strade all’impazzata, la gioventù spensierata ci scherza sopra e vuole affibbiarne la paternità agli esseni, da un’altra parte, invece, un vecchio rabbi a caccia di offerte va gridando a squarciagola: “Ecco il Messia che viene!”. Ma tutto ciò non fa che fomentare l’agitazione negli animi. I pagani credono in una guerra degli dèi, mentre alcuni ebrei dalle idee ristrette pensano che si debba vedere la venuta del Messia e altri, invece, il grande giudizio profetizzato da Daniele. I sacerdoti non sanno più a che partito appigliarsi, né sono più in grado di dare una risposta nemmeno in piccola parte accettabile e apparentemente veritiera alle domande che il popolo rivolge loro. Il popolo causa tumulti nel Tempio e ingiuria in maniera atroce il sacerdozio, insomma tutta la città è in preda ad uno scompiglio tale che simile che non l’ho mai visto!

11. Io stesso ho preso parte per quasi un’ora alla riunione convocata dal Sinedrio e da tutte le parti mi è stata richiesta la mia opinione, ma in presenza di avvenimenti inauditi di questa specie, chi mai è capace di dare un saggio consiglio a qualcuno? Io ho cercato di far loro comprendere con schiette parole quello che io reputo sia la verità, ma non è servito assolutamente a nulla.

12. Che cos’altro mai si può fare, date le circostanze? Gli animali vivono secondo il loro innocente istinto, ma ti dico che i sacerdoti nel Tempio non hanno né istinto né, meno ancora, intendimento! E quindi con questi veri semi-uomini o meglio ancora con questi che non sono più uomini, non si sa proprio più che cosa fare! E vedi, in questa contingenza quanto mai straordinaria non sono riuscito a trovare di meglio che rifugiarmi quassù presso di te, poiché le persone come noi non possono resistere laggiù in città e meno ancora nel Tempio!

13. E adesso, se hai tempo a disposizione, non potresti raccontarmi qualcosa delle tue particolari esperienze passate? Ciò mi sarebbe tanto più gradito, in quanto nel mio animo mi sento immensamente oppresso! Dimmi sinceramente: durante i tuoi viaggi in Persia e in Arabia hai avuto qualche volta occasione di assistere ad uno spettacolo di questo genere? E se ne hai avute, quali ne sono state le conseguenze successive o anche immediate?»

14. Disse Lazzaro: «Oh, sia lontano dal tuo cuore ogni turbamento a causa di questo fenomeno luminoso davvero magnifico e assolutamente straordinario, perché esso non è per nulla portatore di qualche cattiva conseguenza, almeno per noi che siamo un po’ migliori di tanti altri in quanto siamo rimasti ancora fermi nell’antica fede in Dio, abbiamo conservato nel nostro animo la fiducia in Lui e abbiamo osservato le Sue Leggi nella misura possibile! Per i rinnegati, però, esso costituisce una buona ammonizione e dice loro che Jehova, l’Antico ed Eterno, vive tuttora ed ha sempre il potere di punire i peccatori come e quando vuole. Se tu consideri tale fenomeno da questo punto di vista, ogni timore non può che svanire dal tuo animo. Guarda un po’ là! Qualche centinaio di persone si trovano raccolte assieme ed esse, che considerano il fenomeno appunto da questo punto di vista, sono tranquillissime e in eccellente disposizione d’animo; tu dunque, persona di provata rettitudine al cospetto di Dio e degli uomini, non dovresti avere nessun motivo per temere questo fenomeno! Ho ragione o no?»

15. Disse Nicodemo: «Oh sì, certo, tu hai ragione. La tua risposta è stata molto buona e le tue amorevoli parole hanno arrecato grande conforto al mio cuore; io te ne sono immensamente grato! Tuttavia non mi hai ancora detto se durante i tuoi lunghi viaggi in Persia e in Arabia ti è capitato di assistere a qualche fenomeno di questa specie!»

16. Lazzaro disse: «Né in Persia né in Arabia io ho mai visto qualcosa di simile! Di fenomeni di altra specie, spesso anche molto strani, ne ho certo visti in quantità, sia di giorno che di notte, fenomeni cioè che non possono fare a meno di sorprendere molto chi li vede per la prima volta, ma poiché si manifestano periodicamente sempre nella stessa forma, allora non fanno alcuna particolare impressione sugli abitanti del luogo. Questo attuale fenomeno, invece, è senza dubbio tale per cui anche l’arabo più coraggioso dovrebbe rimanere intimorito, poiché mai uomo su questa Terra ha visto qualcosa di simile, all’infuori forse di qualche profeta in stato d’estasi, come si racconta sia accaduto all’antico patriarca Kenan e ad Enoch e poi ancora a Mosè, ad Elia e a Daniele. Ma è difficile che qualcuno abbia visto con gli occhi del corpo un fenomeno di questo genere. Però vedrai che esso non durerà molto nella sua forma attuale e io ho il presentimento che ne assumerà ben presto un’altra, anzi non una, ma varie volte ancora»

17. Disse Nicodemo: «Dici sul serio?»

18. Disse Lazzaro: «Sicuramente! Le dodici colonne splendenti, che si stanno lentamente ingrossando sempre di più, non resteranno fino alla fine così come sono!»

19. Disse Nicodemo: «Oh, ma in questo caso la situazione si farà ancora peggiore in città e in tutti i suoi dintorni! Cosa diranno le tue sorelle rimaste a Betania? Esse saranno mezze morte dallo spavento, come anche la mia famiglia a casa mia!»

20. Lazzaro disse: «Oh, affannati per altre cose ma non per questa! A ciò ha già provvisto il Signore, poiché Egli non lascia perire i Suoi, qualunque cosa possa accadere sulla Terra. Infatti il Signore governa anche questi fenomeni, li fa apparire, mutare e svanire e ciò sempre per il bene e la salvezza dell’umanità di questa Terra. Tu puoi stare tranquillo per quanto riguarda la tua famiglia, perché la Volontà di Dio veglia su noi tutti!».

 

[indice]

 

Cap. 47

Nicodemo si intrattiene con Lazzaro sull’apparizione luminosa

 

1. Disse Nicodemo: «Tu, fratello mio, hai certamente ragione, perché a chi crede fermamente in Dio non può accadere niente di male, anche se a volte sono accadute all’umanità alcune cose provenienti da Dio, che dall’intelletto umano furono giudicate non troppo in armonia con il concetto di una divina Provvidenza particolarmente buona! A me stesso è accaduto qualcosa di simile più di una volta, e perciò di fronte a fenomeni naturali straordinari di questa specie che accadono sulla Terra mi trovo ad essere come un fanciullo che ha sempre paura del fuoco perché una volta si è scottato un dito. E così è accaduto pure a me già varie volte e precisamente, ad esempio, un giorno un fulmine mi stordì talmente tanto che poi per diverso tempo rimasi indolenzito in tutte le membra. Un’altra volta avvenne che fui attirato dentro ad un vortice d’aria il quale mi sollevò a due altezze d’uomo dal suolo e poi mi depose a terra non troppo dolcemente! Oltre a ciò per ben due volte fui sorpreso dal maltempo sul mare di Galilea e venni sospinto di qua e di là, fra la vita e la morte, per cinque buone ore di seguito; così un’altra volta, mentre ero montato sul mio mulo, animale solitamente pacifico e del tutto bene addestrato, esso si mise correre all’impazzata finché, completamente sfinito, si accasciò a terra e mi schiacciò con forza un piede; anche quella volta la causa fu un lampo terribile seguito rapidamente da un tuono.

2. Vedi, queste e ancora altre disavventure mi sono capitate sempre come conseguenze di fenomeni naturali e perciò non posso mai frenare un certo senso di spavento, quando mi trovo nuovamente dinanzi a qualcosa di insolito in fatto di manifestazioni naturali. È vero che in tutte queste disavventure la vita del mio corpo non fu mai gravemente pregiudicata, ciò che invece è già accaduto a moltissimi altri in simili occasioni in cui ci hanno rimesso la vita senza loro colpa, ma tuttavia il timore mi invade quando nell’ambito della natura terrestre Dio concede che si manifestino dei fenomeni di questa specie, di fronte ai quali le nostre forze umane non possono nulla, come ora è proprio il caso di quelle dodici enormi colonne di fuoco e di luce che là, ad Oriente, minacciano di invadere e distruggere tutta la Terra. Io, certo, credo in Dio ed ho ferma fiducia che Egli sappia proteggerci contro qualsiasi grave sciagura, tuttavia là dove quelle minacciosissime colonne toccano il suolo terreno, confesso che proprio non vorrei trovarmi, perché in quel punto ci deve essere una vera tempesta di fuoco»

3. Disse Lazzaro, al quale Io stavo suggerendo le parole: «Nemmeno là nelle regioni dell’Eufrate queste colonne arrecheranno alcun male a nessuno; di questo tu puoi essere del tutto certo e quindi non devi affatto avere timore. Ma ora guarda: le dieci colonne di mezzo vanno sempre più accostandosi l’una all’altra; solamente le due esterne rimangono ancora immobili! Vedi, qui c’è già una modificazione! E adesso quelle di mezzo addirittura si fondono a due a due, così che sono ridotte a cinque grandi colonne soltanto, senza che perciò l’intensità della luce sia né aumentata né diminuita! Ecco, questa è già un’altra modificazione! Le due colonne esterne invece non si muovono ancora!»

4. Nicodemo disse: «Mi sembra che questa sorprendente modificazione sia stata predisposta da un essere intelligente, perché di solito le apparizioni di questa specie sono disordinate per quanto riguarda la forma e non sembrano mai svolgersi secondo un determinato piano; talvolta si congiungono, altre volte si scindono o addirittura si annientano. Basta considerare il corso, pazzo e disordinato, delle nuvole quando infuria un uragano e il percorso altrettanto disordinato dei fulmini che scintillano in quelle occasioni! Credo invece di non sbagliarmi dicendo che dietro a questa grandiosa apparizione si cela un essere estremamente dotato di pensiero e di intelligenza, e si potrebbe quasi avere l’idea che qui si tratti di qualche nuova magia degli esseni che probabilmente anche da quelle parti avranno qualche loro stabilimento di recente istituzione. Infatti quella gente è ben capace di concentrare in un punto solo tutte le magie di questo mondo e sono essi stessi ricchi di spirito inventivo nel campo delle cose fuori dall’ordinario. Ecco là! Adesso anche le cinque colonne cominciano a congiungersi! La cosa ora va per le spicce, vedi come ormai da cinque che erano è venuta fuori una colonna sola! Ah, questo finirà davvero con il ridurre Tempio e popolo alla disperazione e più di un debole di mente ci perderà la ragione!»

5. Disse Lazzaro: «Ora, meno di prima, anzi! Infatti laggiù vi sono già molti propensi ad attribuire tutto il fenomeno a dei maghi indiani che si sono messi in viaggio di recente verso questi paesi e ciò perché il fenomeno stesso risulta ai loro occhi troppo regolare e conforme ad un piano»

6. Nicodemo disse: «Ma tu, cosa pensi veramente di questa apparizione che non si può negare sia assolutamente strana? Infatti, ammettendo che possano essere stati anche dei maghi a provocarla, data la sua immensa grandiosità, potrebbe meglio ancora essere stata provocata dalla Volontà di Jehova, o potrebbe darsi almeno che Egli avesse concesso che si producesse, probabilmente, allo scopo di preannunciare specialmente a noi ebrei qualche giudizio imminente, oppure allo scopo di annunciare un piano ancora nascosto che Dio ha intenzione di attuare nei riguardi dell’umanità stessa. Tu lo sai chi ancora potrebbe essere celato dietro a questa apparizione!»

7. Gli domandò Lazzaro: «E a chi vorresti fare allusione con queste tue parole?»

8. Disse Nicodemo: «A quel certo prodigioso Salvatore di Nazaret! Egli era presente alla festa e si è fatto vedere, credo, due volte nel Tempio, dove ha detto le più grandi verità in faccia ai farisei, tanto anzi che questi avrebbero voluto addirittura lapidarLo! Ma poi Egli se ne andò e io penso che non dovrebbe trovarsi proprio molto lontano dal luogo dove questa nostra apparizione ha la sua origine. Questa volta, purtroppo, non mi si è offerta alcuna occasione di poterLo nuovamente visitare di nascosto, perché tu già non ignori ormai quali siano le tendenze dominanti nel Tempio. Ciò per altro non fa nulla, considerato che io, detto fra noi, credo in Lui e nella Sua Missione, perché, se Egli non è il Messia, un altro Messia l’umanità non lo vedrà mai più in eterno su questo mondo. Naturalmente, come bene capirai, queste cose io posso dirtele soltanto qui a quattr’occhi, perché so che tu condividerai la mia opinione come già la condividono molti fra il popolo; ad ogni modo sono cose di cui a Gerusalemme non è lecito parlare a voce troppo alta! Dunque, amico, è ben probabile che il citato Salvatore ne sappia qualcosa; così pure riguardo a cosa il fenomeno debba o possa significare, anche questo Egli lo saprà meglio degli altri! Cosa pensi tu di questo mio modo di vedere?»

9. Disse Lazzaro: «Sì, sì, potresti benissimo avere ragione, soltanto non riesco a comprendere ancora il fatto che tu dica di credere che il Salvatore di Nazaret sia sul serio il Messia promesso ma che, tuttavia, tu abbia timore di professarlo ad alta voce dinanzi a tutto il mondo, senza paura, per Quello che Egli è indubbiamente! Se Egli è il Messia, è pure - secondo i molti passi di Mosè, Elia, Isaia, Geremia e vari altri profeti e veggenti che tu conosci Jehova-Zebaoth stesso. Ma se Egli è Tale, che cosa è poi tutto il mondo al Suo paragone? Non lo può forse spazzare via con un soffio se finisse con il diventarGli eccessivamente antipatico o se l’eccessiva perfidia degli uomini mettesse la Sua Pazienza a troppa dura prova? Però, essendo Egli appunto, senza alcun dubbio, l’onnipotente Signore di tutta la Creazione - e anche tu credi a questo - come puoi avere ancora timore del mondo stolto e cieco? Vedi, questa è una cosa che davvero non mi risulta troppo chiara in te! Si può certo capire che tu sia venuto a visitarLo solo di notte una prima volta, ma dopo di allora Egli è stato qui un paio di volte ancora e tu non sei mai più venuto a visitarLo né di notte né, meno ancora, di giorno; questo evidentemente non è stato bello da parte tua! Soltanto se tu non credessi pienamente che Egli è il vero Messia, questo scuserebbe un po’ il tuo timore e la tua tiepidezza e tu potresti certo riguadagnare quello che hai perduto! Hai ben compreso ciò che ti ho detto?»

10. Disse Nicodemo: «Fratello, tu hai pienamente ragione, ma che cosa si può fare quando, purtroppo, si appartiene al Tempio e si deve dedicare tutta la propria attività unicamente nel cercare di moderare e incanalare l’attività del Tempio così che questo non intacchi con eccessiva asprezza i diritti dell’umanità? Ma, per arrivare a questo risultato, spesso si deve, ahimè, fare coro all’urlo dei lupi per tenerli lontani, seguendo i dettami della prudenza, avendo cura di non dare troppo nell’occhio, dalle buone greggi ed evitare che queste vengano completamente sbranate e divorate! È per questo che non mi è stato davvero possibile venire a visitare il Salvatore come sarebbe stato conveniente; del resto anche con te, che sei il mio amico più fidato, non ho avuto la possibilità di incontrarmi, eccetto che nel Tempio, già da quasi due anni! Infatti, durante questo tempo, tutta l’attenzione del Tempio era rivolta al profeta Giovanni, come più recentemente è stata rivolta al Salvatore di Nazaret, e per sorvegliare i Suoi insegnamenti e i Suoi atti il gran Consiglio si radunava quasi ogni settimana, volendo ad ogni costo trovare il mezzo per farLo tacere. Ma ogni sforzo si è finora dimostrato vano, perché il popolo in parte Lo ritiene un grande profeta, in parte vede già sul serio in Lui un futuro Re grande e possente e la maggioranza poi Lo ritiene addirittura l’autentico Messia e questa è, per dirla schietta, anche la mia opinione.

11. Quello che però più mi sorprende è che Egli abbia trovato tante adesioni fra i romani e che questi ultimi non creino assolutamente nessun ostacolo alla diffusione della Sua Dottrina! Questo io lo considero un chiaro indizio della genuinità della Sua Dignità di Messia. Ma tu sai dove Egli se ne sia andato, partendo da Gerusalemme? Io desidererei molto approfittare di questa occasione per farGli visita e per intrattenermi con Lui!»

12. Disse Lazzaro: «Amico, guarda adesso un po’ le tre colonne di luce e di fuoco; vedi, ora le due esterne cominciano a muoversi pure esse e si avvicinano a quella di mezzo. Vogliamo vedere cosa ne salterà fuori? Vedi, quella dal lato di Mezzogiorno si è già congiunta alla colonna centrale, invece quella verso Nord è rimasta ferma e così noi ne vediamo ormai che soltanto due e queste due, però, mandano tanta luce quanta ne mandavano prima le dodici; la loro luce infatti è ora diventata più intensa e pura. Sì, io non riesco proprio né a pensare né ad immaginare che possa fare più luce di giorno! Solo che il firmamento appare più scuro e verso Occidente sono qua e là ancora visibili l’una o l’altra delle grandi stelle.

13. Ma vedi laggiù, in città, come gli uomini corrono confusamente! Perfino sui frontoni delle case ci sono persone e tutti guardano verso l’apparizione! Però adesso anche la colonna dal lato di Settentrione si muove e si congiunge con la colonna di mezzo! Adesso ormai non abbiamo più che una colonna sola!»

14. Disse Nicodemo: «Questo è davvero estremamente sorprendente! Chissà che cosa ci capiterà di vedere ancora!».

 

[indice]

 

Cap. 48

Nicodemo davanti al Signore

 

1. Ma Nicodemo aveva appena terminato di parlare quando l’unica colonna rimasta parve sollevarsi e cominciò a salire con estrema rapidità finché scomparve completamente e l’oscurità tornò a regnare dappertutto sulla terra.

2. E Nicodemo disse: «Ecco, è finita! Ma cos’è stato, veramente, questo fenomeno così minaccioso e cosa mai ha voluto significare? È ormai chiarissimo che si tratta di un fenomeno voluto da Dio, perché nessuna forza umana sarebbe stata capace di sollevare quella colonna di luce fino agli estremi confini del firmamento! O misera sapienza umana, come ti trovi ancora una volta così nuda, così impotente e imbarazzata al pari di un bambino appena nato! O Lazzaro, amico mio, cosa ne pensi di questo fenomeno che per due lunghe ore ha riempito d’angoscia e di timore tutti gli uomini? Se è stata una cosa voluta da Dio, non può che annunciare gravi avvenimenti! Se invece è stato un qualche capriccio degli spiriti della terra e dell’aria, neanche in questo caso noi, poveri e deboli esseri umani, possiamo aspettarci qualcosa di buono, perché dopo i grandi fenomeni del fuoco si manifestano uragani, terremoti e anche guerre, carestie e pestilenze. Ora neppure queste sono delle prospettive proprio belle per la povera umanità! Ma qual è il tuo parere?»

3. Disse Lazzaro: «Per conto mio ne so quanto te, ma ora lasciamo stare questo! Guarda là quanta gente è radunata dietro alle tende! Tutti, per il momento, sono miei ospiti e più di duecento si trovano ancora in casa e avranno visto poco di questo fenomeno. Ma fra tutti questi numerosi ospiti che si trovano oltre alle tende, ce ne saranno almeno un paio che sapranno certo capire meglio di noi due questo fenomeno!»

4. Disse Nicodemo: «Eh, sicuro, è ben possibile che sia così, ma come faccio adesso a consultarli?»

5. Lazzaro, secondo un Mio suggerimento interiore, disse: «Basta che tu venga con me, e io ti presenterò a qualcuno che farà al caso tuo!»

6. Disse Nicodemo: «Oh, questo sarebbe molto bello, sempre se posso rimanere sconosciuto ed evitare che la mia presenza qui venga resa nota al Tempio!»

7. Disse Lazzaro: «Ah, pensa a qualcos’altro! Gli uomini che tu trovi qui da me sono anche loro nemici del Tempio, perché essi hanno trovato un Tempio migliore, quindi tu non hai nulla di che preoccuparti da tutti quegli uomini. Vieni pure del tutto tranquillamente e con coraggio con me!»

8. Soltanto allora Nicodemo decise di avvicinarsi con Lazzaro al nostro gruppo.

9. Ma quando si trovò a pochi passi, fu colto da vero spavento, perché era ben lontano dall’immaginarsi che Io potessi trovarMi in quel luogo.

10. Io però gli andai incontro, gli porsi la mano e dissi: «Perché hai paura di Me come se Io fossi un fantasma? Tu volevi venirMi a trovare di nuovo, qualora tu avessi saputo da Lazzaro dove Io fossi ed ora tu Mi hai qui! Non è molto meglio così dunque?»

11. Disse quindi Nicodemo: «O Signore, questo sì, certamente! Ma Tu sei il Santo di Dio e io invece un misero vecchio peccatore del Tempio! La consapevolezza di ciò opprime e angustia molto il mio cuore, tanto che mi sento mancare il coraggio di parlare con Te»

12. Io dissi: «Quando Io non ti assolverò da un peccato, allora potrai dire: “Signore! Perdona il mio peccato!”, ma poiché non ho nessun motivo per dirti questo, allora tu sei libero e puoi parlare come ti piace. Cosa ne dici dunque tu del fenomeno che ha messo sottosopra il Tempio?»

13. Disse Nicodemo: «O Signore, questo fenomeno è stato qualcosa di inaudito, una cosa mai vista dall’inizio del mondo! Quale significato, però, esso abbia potuto avere, Tu certamente questo lo saprai meglio di noi tutti qui, anzi in proposito lo vorrei chiedere a Te! Infatti, appunto, io prima ero addirittura dell’opinione che Tu stesso avresti potuto esserne la causa, non essendo affatto da scartare la supposizione che Tu Ti trovassi da queste parti, dove il fenomeno si era manifestato. Anche circa un anno fa, come ebbi occasione di apprendere più tardi, pare che un caso simile si sia verificato in vicinanza di Cesarea di Filippo, durante la Tua permanenza da quelle parti, e si dice anzi che a ciò vada attribuito l’incendio di quella città. Da qui la mia supposizione che il fenomeno di oggi potesse essere una ripetizione di quello verificatosi a Cesarea di Filippo, dato che Tu Ti trovavi là dove esso ebbe origine. Invece Ti abbiamo ancora qui con noi a Gerusalemme e allora non c’è più per noi nessun motivo di preoccuparci del fenomeno stesso. Ma di che cosa veramente si tratta, come ho già detto, Tu, Signore, lo saprai certo meglio di qualunque altro! Se non Ti fosse sgradito, potresti darci qualche piccola spiegazione in proposito!»

14. Io dissi: «Il fenomeno era Mia Volontà e quindi fu anche opera Mia, però più tardi avremo ancora più tempo per approfondire l’argomento. Nel frattempo però resta ancora un po’ qui in pace, perché il fenomeno da te osservato non è stato l’ultimo fra quelli che questa notte ci porterà; soltanto dopo in casa avrà luogo la spiegazione! Ed ora, dunque, alzate tutti i vostri occhi in alto e guardate quanto si mostrerà adesso in immagine!».

 

[indice]

 

Cap. 49

L’apparizione della vecchia e nuova Gerusalemme

 

1. Tutti allora rivolsero lo sguardo verso l’alto e il cielo immediatamente apparve come rovente e di colore rosso sanguigno, ed essi videro su quello sfondo la città di Gerusalemme assediata da guerrieri romani e sangue scorrere fuori dalle porte della città. Un po’ dopo si vide la città in preda alle fiamme, mentre un fumo denso si innalzava e invadeva tutto l’ampio orizzonte; in breve della città non rimase più traccia e al suo posto non si vide che un cumulo di rovine fumanti. Infine anche questo svanì e apparve un deserto arido sul quale alcune orde selvagge si edificarono un luogo di dimora. Poi anche questa visione scomparve e in quel momento si udì un immenso clamore d’angoscia salire dalla città, così che Nicodemo temette che laggiù stesse per scoppiare una sommossa.

2. Io però lo tranquillizzai e dissi: «Questo è ancora lontano, tuttavia fra i quaranta e i cinquanta anni da adesso succederà così in questo paese; e per questa città, che non ha voluto riconoscere il tempo della sua visitazione colma di immensa Grazia, sarà la fine completa. Ma ora aspettate l’ultima visione, soltanto dopo rientreremo in casa e parleremo di quello che vedrete!»

3. A questo Mio invito tutti osservarono il firmamento e subito la colonna di luce ridiscese dall’alto sulla Terra, non più però là dove si era prima formata dalle dodici singole colonne, ma dalla parte diametralmente opposta, quindi ad Occidente, ma questa volta essa era molto più splendente di prima. Subito dopo si suddivise non più in dodici colonne, ma in una quantità di parti innumerevoli, dalle quali venne formandosi una città immensa. Le sue mura apparivano come fatte di pietre preziose, e precisamente di tutte le dodici qualità principali, e diffondevano uno splendore quanto mai brillante in tutte le direzioni e anche questa città aveva dodici porte attraverso le quali uscivano ed entravano, pieni di letizia, innumerevoli uomini che provenivano da tutte le regioni della Terra.

4. Al di sopra della città, molto in alto, in aria, appariva però una scritta in caratteri ebraici antichi che sembrava formata come da rubini e smeraldi e le cui parole dicevano: “Questa è la nuova Città di Dio, la nuova Gerusalemme, la quale scenderà un giorno dai Cieli agli uomini che saranno di cuore puro e di buona volontà; qui dentro essi dimoreranno per l’eternità con Dio e glorificheranno il Suo Nome”; ma questa scritta, come pure tutta questa apparizione, non fu vista che da coloro che si trovavano presso di Me sul monte e da nessun altro in tutto il paese.

5. Allora tutti i presenti, estasiati, proruppero in grida di giubilo e, seguendo il loro impulso, avrebbero voluto cominciare addirittura ad adorarMi ad altissima voce, ma la visione svanì immediatamente ed Io esortai tutti ad adorare Dio nel silenzio del loro cuore e non con parole altisonanti alla maniera dei farisei, ciò che al cospetto di Dio non ha alcun valore. Allora essi desistettero da ogni dimostrazione rumorosa e ciascuno si limitò a fare le dovute considerazioni nel silenzio del proprio cuore.

6. Solo dopo qualche tempo Io dissi: «Ecco che ormai siamo vicini alla mezzanotte, noi quindi rientreremo in casa e là prenderemo ancora un po’ di pane e di vino. Poi Io vi darò un breve chiarimento sull’apparizione che ha avuto luogo»

7. A queste parole tutti allora rientrarono a casa, nella grande sala da pranzo che era ancora molto bene illuminata.

8. Quando ci trovammo di nuovo seduti in buon ordine alle nostre mense e Lazzaro e Nicodemo ebbero preso posto vicino a Me, vennero serviti del vino e del pane in quantità sufficiente, ed Io invitai tutti a prendere ancora un po’ di ristoro. E tutti presero del pane e del vino e mangiarono e bevvero di buon animo.

9. Dopo che ci fummo ben ristorati, il nostro Nicodemo volse il suo sguardo tutto intorno per osservare meglio gli ospiti radunati là a quelle mense e ben presto si accorse della presenza dei sette ministri del Tempio che sedevano ad un piccolo tavolo assieme ai mercanti di schiavi; egli perciò si rivolse a Me e con qualche imbarazzo Mi disse: «O Signore, là scorgo alcuni sacerdoti del Tempio che io conosco fin troppo bene! Come mai si trovano qui? Credi che non ci tradiranno? Ci si può davvero fidare di loro?»

10. Io dissi: «Amico, chi ha finito col restare presso di Me, non ha più niente a che fare con il Tempio! È vero che sono stati inviati qui, sotto altre vesti dal Tempio, per tenere d’occhio Me e le Mie opere; essi però hanno riconosciuto la verità ed hanno abbandonato il Tempio per sempre. Fra alcuni giorni però essi partiranno da qui, in compagnia di altre persone ancora, con quel personaggio romano, il quale li condurrà a Roma e provvederà per loro; tu dunque non devi temere che qualcuno ti tradisca per il fatto che sei qui; ora, a questo riguardo puoi essere perfettamente tranquillo»

11. Nicodemo Mi ringraziò per tali parole rassicuranti, prese un altro pezzo di pane e lo mangiò in tutta pace e poi si versò ancora del vino in un bicchiere che egli vuotò completamente.

12. Quando dunque anche Nicodemo si fu del tutto ristorato, allora Mi disse: «O Signore e Maestro, considerato che siamo qui tutti raccolti in pace e che Tu ci hai promesso di darci una breve spiegazione riguardo alle apparizioni tanto meravigliose di oggi, io vorrei pregarTi, qualora a Te fosse gradito, di darcela addirittura adesso!»

13. Io dissi: «Ora Io lo farò; poi però, quando avrò terminato di parlarne, nessuno di voi Mi rivolga più altre domande in proposito, ma che ciascuno mediti dentro di sé su quanto avrà appreso; in questo modo la sua anima ne avrà un vantaggio maggiore che non se avesse posto lunghe e numerose domande! E allora ascoltate, dunque!».

 

[indice]

 

Cap. 50

Il Signore spiega le apparizioni luminose

 

1. (Continua il Signore:) «Le dodici colonne di fuoco ad Oriente rappresentavano giustamente le dodici tribù d’Israele e il robusto ceppo in mezzo era Giuda, mentre quelle alle due estremità raffiguravano Beniamino e Levi. In seguito ai vari avvenimenti, le dodici tribù si fusero nell’ultimo unico ceppo di Giuda e questo sono Io che sono venuto per riunire in Me, Quale l’unico vero Ceppo di Giuda, tutti gli altri ceppi, affinché tutti loro possano diventare una cosa sola in Me, così come Io e il Padre che è nel Cielo siamo pienamente una cosa sola, da eternità in eternità.

2. Quando voi vedeste le sette colonne, voi vedeste in certo modo i sette Spiriti di Dio che voi già conoscete, e quando più tardi divennero tre, voi vedeste in Beniamino il Figlio, in Levi lo Spirito e nel mezzo Giuda quale il Padre. E vedete, Padre, Figlio e Spirito divennero una cosa sola, come lo erano da eternità e come per delle eternità anche rimarranno! E questa cosa sola sono appunto Io stesso e chi ode la Mia Parola e opera, agisce e vive in conformità di essa, egli sarà pure una cosa sola con Me e in Me. Come Me egli salirà ai Cieli di Dio e avrà in Me la vita eterna. Questo è, espresso in maniera del tutto concisa, il significato perfettamente genuino della prima apparizione.

3. Per quanto riguarda però la seconda apparizione, ebbene, questa ha indicato la pienezza della misura dell’abominio dei peccati di questo popolo, il quale ora, nel giorno chiarissimo che è sorto su di esso, continua a camminare in ogni tenebra e intende procedervi anche in avvenire. E perciò egli raccoglierà i frutti secondo le sue opere, cosa questa che accadrà in quel tempo che Io, amico [Nicodemo], già ti indicai quando eravamo fuori all’aperto, vale a dire fra quaranta e cinquant’anni, ed Io voglio aggiungere un termine straordinario di pazienza al massimo di dieci anni e poi di sette in aggiunta, ma poi sarà proprio la fine di questo popolo, per tutti i tempi dei tempi. Ed Io vi dico questo: “Questa Terra e questo cielo visibile passeranno e si faranno fatiscenti e cadenti, come un vestito vecchio, ma queste Mie parole saranno adempiute e non trapasseranno mai in eterno!”.

4. Infatti Io sono il Signore. Chi vorrà contendere con Me e opporsi a Me con lancia e con spada?! Certo, essi faranno anche questo, e questa Mia Carne troverà certo la morte sulla croce, ma appunto ciò colmerà la loro misura e suggellerà irrevocabilmente la loro rovina. Infatti la cecità vuole regnare e uccidere il suo Dio, ed essa lo farà davvero entro un tempo non molto lontano, e le verrà concesso perfino questa atrocità, affinché la sua rovina sia tanto più certa e immancabile per tutti i tempi dei tempi. Tuttavia quello che per questo popolo verrà a segnare la rovina definitiva, sarà invece per voi la massima salvezza e il raggiungimento perfetto della vita eterna.

5. Nessuno di voi però si rattristi per quanto ora vi ho annunciato anticipatamente, perché quella malvagia progenie laggiù può certo uccidere questo Mio corpo, ma non Colui che vive in Me e che Opera, Crea e Ordina in eterno. Ma, in verità, nemmeno il Mio corpo Io lascerò nella tomba, perché già il terzo giorno Io risusciterò di nuovo anche questo corpo e poi di nuovo, fino alla fine dei tempi, Io Mi aggirerò con coloro che crederanno in Me, che Mi ameranno e che osserveranno la Mia Parola. E voi, fratelli Miei, potrete vederMi e parlarMi proprio come ora che Mi trovo fra voi nella carne non ancora trasfigurata!

6. Se ponderate bene tutto quanto vi ho detto ora, voi tutti non potrete fare a meno di convincervi che la seconda e triste apparizione ha essa pure la sua piena e vivente giustificazione! Però nessuno di voi dica: “Signore, con la Tua Onnipotenza potresti ben mutare ciò!”, oppure: “Potresti fare in modo che ciò avvenisse diversamente!”, perché Io vi dico, in verità, che Io ora, ad ogni modo, faccio la cosa estrema secondo quanto Mi indica la Mia eterna e suprema Sapienza divina e tuttavia nessuna cosa può più essere d’aiuto a quel popolo laggiù, poiché in seguito alla propria indicibile perfidia esso si è così indurito che nemmeno la Potenza divina può più venirgli in aiuto.

7. “Sì”, voi state pensando, “ma com’è possibile una cosa di questa specie? È chiaro che Dio deve sempre poter fare tutto ciò che Egli vuole!”. Sì, Dio lo può, effettivamente. Considerata però la liberissima volontà dell’uomo, Dio non può né deve mai fare ciò che Egli vuole, perché se Dio contrastasse anche minimamente la volontà umana, l’uomo sarebbe come una bambola per bambini diretta dal cordone della ferma Volontà divina e in simili condizioni egli non potrebbe mai in eterno pervenire ad una vita autonoma. Ma se egli non può pervenirvi per sua facoltà, allora anche con la vita eterna della sua anima è necessariamente del tutto finita, per l’eternità.

8. L’uomo dunque deve avere la sua pienissima libertà di volere, la quale può tornare a suo reale vantaggio soltanto mediante le leggi esteriori e l’obbedienza spontanea, e a questo riguardo poco, anzi nulla affatto è lecito fare alla divina Onnipotenza e quindi, in considerazione dell’indipendenza della vita, deve essere concesso all’uomo di fare tutto ciò che desidera fare e di conseguenza anche uccidere ora questa Mia carne innocentissima!

9. E poiché questa umanità qui a Gerusalemme ha ripudiato quasi del tutto la Legge di Dio e vi ha sostituito le proprie massime - più confacenti ad essa e più conformi ai suoi mondani interessi, che sono di fatto opposti a quelli da Me annunciati agli uomini per mezzo di Mosè e per mezzo dei profeti, che essa vuole del tutto soppiantare - e visto che Io sto ora testimoniando contro di essa e contro la sua enorme ingiustizia verso Dio e verso gli uomini, allora essa Mi odia e Mi vuole uccidere ad ogni costo. Sì, anche questo verrà concesso loro, ma allora la misura delle atrocità da loro commesse sarà anche colma e poi a questo popolo accadrà completamente quello che voi avete visto prima come seconda apparizione»

10. Disse allora Nicodemo: «O Signore e Maestro, io sono dell’opinione che le due apparizioni devono avere ormai ridotto la gente del Tempio a migliore consiglio e che essi, in avvenire, si guarderanno bene dal mettere le mani addosso a qualcuno, perché io nel Tempio ho udito benissimo come il popolo stava rinfacciando ai sacerdoti quanto mai imbarazzati le loro malefatte e diceva loro che Dio li avrebbe giudicati tutti perché essi, appunto come sacerdoti, si erano macchiati del sangue della maggiore parte dei profeti, fino a Zaccaria e Giovanni! Perfino il sommo sacerdote taceva e non osava replicare nulla al popolo, malgrado questo stesse reclamando audacemente dal Tempio la restituzione delle offerte fatte, ciò che di solito viene considerato un crimine senza pari. Ma poiché io stesso ho udito e visto ciò, ho tutte le ragioni di credere che il loro odio e la loro ostilità contro di te, o Signore e Maestro, non si manifesteranno più con l’intensità di prima! Certo ci penseranno su due volte prima di intraprendere qualcosa ai Tuoi danni! Va notato, oltre a ciò, che per mezzo di un capo-sacerdote è pervenuta al Tempio, da parte del pretorio romano, un’ammonizione estremamente seria in relazione all’applicazione del JUS GLADII (Diritto di spada; diritto di vita e di morte) e questa penso dovrebbe moderare per sempre il loro deplorevole zelo e togliere loro la voglia di condannare qualcuno a morte senza che lo abbia sentenziato un tribunale romano!»

11. Io dissi: «Questo certo non lo faranno, però nel loro furore e nella loro smania omicida insisteranno così tanto presso il giudice romano e citeranno così tanti testimoni prezzolati a carico dell’Agnello da loro designato per il sacrificio che infine il giudice dovrà fare ciò che essi avranno voluto che facesse. È vero che già una buona parte del popolo crede in Me e nella Mia Dottrina, tuttavia anche il Tempio ha ancora un gran numero di seguaci con i quali, benché siano completamente ciechi, esso può attuare tutto. Che però il Tempio abbia ancora un forte seguito, lo dimostra la quantità quasi innumerevole di gente che si reca al Tempio in pellegrinaggio in occasione delle feste; ora questi grandi pellegrinaggi, abbondanti di gente, confermano certo più che a sufficienza quanti siano ancora attaccati al Tempio e quanti siano ancora in tutto il paese d’Israele i ciechi che ritengono di rendere un servizio gradito a Dio facendo del tutto coscienziosamente quello che viene comandato loro dal Tempio. Se dunque valuti esattamente quanto ti ho detto, vedrai che fra gli ebrei ci sono ben poche garanzie per la vita del Mio corpo».

 

[indice]

 

Cap. 51

Il passato e il futuro degli Ebrei

 

1. Questo discorso lo sentirono anche i romani, e Agricola, al colmo dell’indignazione si alzò ed esclamò: «O Signore di tutti i Cieli e di tutti i mondi, se quella genia che dimora laggiù dovesse mai attuare sul serio un piano del genere, la Tua Onnipotenza saprà ben avvertirci anticipatamente e noi non mancheremo di mettere fine a questa gentaglia imbrogliona, e io mi riservo di richiamare già domani tutta l’attenzione di Pilato su queste possibilità!»

2. Io dissi: «Mio carissimo amico, già il primo giorno del tuo arrivo hai visto il Mio Esercito e la Mia Potenza, e Mi basta fare soltanto un cenno e innumerevoli schiere di angeli fra i più possenti starebbero ai Miei Ordini, uno solo dei quali basterebbe per annientare in un momento tutta la Terra e tutto il cielo visibile! Ma Io non sono venuto a questo mondo per giudicarlo e rovinarlo, ma unicamente perché per mezzo Mio possa essere salvato dalla rovina. E quindi Io devo lasciare agli uomini, comunque possano essere, il libero corso della loro volontà, perfino nel caso che vogliano mettere le mani addosso al Mio corpo, poiché se Io con la Mia divina Potenza di Volontà dataMi dal Padre agisco in modo contrario, ciò uccide l’anima di ogni uomo e nessuno può più pensare ad una vita eterna dopo la deposizione del corpo, né meno ancora può più crederci e sperarci.

3. Oh sì, non occorrerebbe affatto che gli uomini mettessero le mani addosso alla Mia carne, perché comunque potrebbero ricevere la vita eterna delle loro anime, come la riceverete voi pure se persevererete fino alla fine della vostra vita terrena nella Mia Dottrina. Non serve dunque che qualcuno Mi metta le mani addosso, anzi, chi Mi mettesse le mani addosso, non avrebbe né riceverebbe affatto la vita.

4. Ma laggiù, presso quegli uomini mondani, le cose stanno diversamente; è chiaro che tutti loro sono diventati dei servitori dell’inferno e del suo principe della menzogna e lo servono per la ricompensa del mondo; essi stanno accumulando peccato su peccato ed orrore su orrore, praticano ogni tipo di prostituzione, di adulterio e di incesto e cercano continuamente di far aderire qualcuno all’Ebraismo, promettendogli il Cielo e la vita eterna. Quando però qualcuno è diventato loro compagno, lo spogliano quasi completamente perché possa comprarsi il Cielo e la vita eterna.

5. Ma una volta che hanno spogliato di ogni suo avere un qualche cieco pagano di questa specie, a questo punto allora essi dicono con espressione ipocrita: “Già, già, o amico, vedi, tu sei già a metà della via che conduce al Cielo e alla vita eterna! Finora abbiamo operato noi per te, d’ora innanzi però è bene che agisca tu stesso secondo la Legge che ti abbiamo mostrato, altrimenti il nostro agire preliminare e le offerte da te fatte a Dio non avrebbero valore!”.

6. E così essi stanno rapinando l’uno dopo l’altro e non fanno poi assolutamente nulla per lui, e se poi uno si presenta da loro per avere un qualche consiglio, essi lo rimandano alle loro prediche qualora egli non sia in grado di pagare il consiglio. Se invece qualcuno può pagare profumatamente un consiglio, allora al di fuori della predica riceve anche un consiglio, che di solito però è una menzogna finemente congegnata.

7. E così questi stessi venditori di Cielo e di vita eterna non pervengono al Cielo, poiché per conto loro non vi credono, né vi hanno mai creduto; oltre a ciò, però, non vi lasciano entrare neppure nessun altro, dato che con le loro tenebrosissime menzogne ne sbarrano la via.

8. Colui che, ancora dotato di un chiaro intelletto, riconosce questo e comincia a ricercare la verità, essi lo condannano immediatamente come eretico e bestemmiatore contro Dio e lo perseguitano furiosamente fino all’ultima goccia di sangue, come pure essi, sempre per questo motivo, hanno ucciso la maggior parte dei profeti colmi dello Spirito di Dio, le cui tombe essi ora continuano ad onorare per salvare le apparenze e ad imbiancare nei giorni commemorativi. Ma essi stessi sono simili appunto a questi sepolcri imbiancati, i quali esteriormente hanno certo un piacevole aspetto, mentre interiormente sono colmi di cadaveri e di odore stomachevole.

9. Voi certo ora pensate e dite fra voi: “Ma se questa malvagia progenie era fatta così già dai tempi remoti, Dio avrebbe certamente potuto però farla del tutto finita con loro già da tempo!”. Sì, certo, Dio avrebbe potuto senz’altro fare questo e in parte anche lo ha effettivamente fatto mediante varie specie di giudizi che allora arrivarono al punto che tutto il popolo d’Israele trascorse quarant’anni di durissima cattività a Babilonia e vennero distrutti il Tempio di Salomone e in grandissima parte anche la città di Gerusalemme. In seguito il popolo fece di nuovo penitenza e si riconvertì a Dio. E fu di nuovo libero e fece ritorno in questa Terra Promessa, edificò la città e il Tempio come nuovi e visse poi per qualche tempo in un ordine molto buono. Ma non appena raggiunse nuovamente uno splendore ed una considerazione esteriore, allora cominciò man mano a scostarsi dalle rette vie, si creò dei propri precetti; fu soprattutto il Tempio a stabilire i suoi precetti al posto delle Leggi divine ed obbligo il popolo ad osservare rigidamente tali precetti umani, mentre i sacerdoti dicevano e insegnavano apertamente: “Vi giova molto più osservare queste nuove leggi che non le antiche!”. E in questa maniera le cose continuarono a procedere, e andò in modo peggiore e più scellerato che non ai tempi dei giudici e dei re.

10. Però non mancarono mai le ammonizioni e in parte le serie visitazioni[15] che purtroppo non trovarono più alcun terreno fertile. Quando il popolo, assieme ai re e ai sacerdoti, si dimenticò quasi del tutto del Dio vivente vivendo completamente nel delirio del mondo, allora Dio mandò di nuovo dei profeti e minacciò severamente il popolo che un nemico possente sarebbe stato fatto giungere nel Paese e avrebbe soggiogato tutti gli Ebrei, avrebbe condotto in prigionia i loro re e preso in ostaggio le loro mogli e le loro figlie, i buoi, le mucche, i vitelli e le pecore, e avrebbe tolto agli Ebrei molto oro e argento, molte pietre preziose e perle, e tutto il popolo sarebbe diventato servo per sempre. Insomma, a tutto il popolo d’Israele venne annunciato in maniera ben comprensibile come sarebbe andata nel caso in cui non avesse abbandonato i suoi precetti mondani e le sue mondanità. Tutto ciò però fu inutile e quanto fu loro predetto si adempì, poiché i Romani invasero il Paese, lo conquistarono e agirono secondo la profezia.

11. Allora gli Ebrei ne ricevettero abbastanza di leggi mondane nel loro Paese e dovettero osservarle per la vita e per la morte. E così il Tempio, per l’influenza di qualche pio sacerdote, ritornò temporaneamente a Dio, ma non vi persistette, e da - dico - trent’anni, è decaduto fino a diventare un vero covo di briganti e tana di assassini, e ha un ordinamento che in sé è peggiore di quello di qualsiasi tempio degli idoli delle epoche passate e presenti.

12. E nonostante ora Io stesso, il Signore rivestito di carne, stia insegnando nel Tempio con i segni più evidenti, e insegni la verità a tutto il popolo compresi gli ebrei del Tempio, ebbene, ciò ugualmente non serve, anzi i farisei praticano peggio di prima le loro opere dell’inganno e della menzogna e tengono continuamente consiglio per vedere come potrebbero toglierMi da questo mondo. E perfino anche questo sarà loro concesso, affinché la misura dei loro abomini sia colma. Però, poi, su questo popolo arriverà anche il grande giudizio che è stato mostrato a voi nella seconda apparizione, e con ciò sarà venuta pure la fine degli Ebrei che poi saranno dispersi come pula in tutti i confini del mondo. E il loro nome, tanto altamente famoso finora dinanzi a tutto il mondo, sarà disprezzato.

13. Se essi avessero riconosciuto questo tempo della grande Visitazione di Grazia, sarebbero certo diventati per sempre, e lo sarebbero anche rimasti, il primo popolo in tutta l’infinità, ma poiché non hanno invece voluto riconoscere appunto questo grande “Tempo dei tempi”, essi poi, a cominciare dal grande giudizio su tutti loro, diverranno l’ultimo popolo della Terra. Essi, dispersi fra tutte le popolazioni della Terra, dovranno cercarsi il loro cibo come gli uccelli dell’aria, fra persecuzioni di ogni specie e saranno sottomessi dappertutto!

14. E se anche in tempi più lontani ce ne sarà qualcuno che riuscirà ad accumulare una quantità di ricchezza grande come una montagna, essi tuttavia non potranno comprarsi un Paese[16], un regno o una reggenza sulla Terra, e in tali condizioni rimarranno fino alla fine dei tempi di questa Terra a testimonianza di questa Mia profezia».

 

[indice]

 

Cap. 52

Destino o libero arbitrio?

 

1. Il Signore: «Nella vostra mente però non sorga affatto l’idea che ciò abbia riscontro in quello che certi ciechi sapienti del mondo chiamano il “destino”, come cioè se Dio avesse già stabilito in anticipo rispetto ad ogni uomo quello che egli deve attendersi nella sua vita più o meno lunga! Pensare e credere qualcosa di simile può portare alla morte dell’anima, perché questa dottrina è un parto segreto dell’inferno e costituisce il più stridente contrasto ai veri principi vitali stabiliti da Dio per gli uomini. Il “destino” se lo creano gli uomini da se stessi, mediante la perversione della loro libera volontà e non volendo destare in sé tutti i sette Spiriti vitali e, conseguentemente, non possono pervenire nemmeno alla contemplazione reale del loro vero e imperituro tesoro della vita interiore. In seguito a ciò essi si incamminano per false vie e vogliono, poi, anche cercare la vera Luce interiore della vita nella luce del mondo e secondo questa vivere ed operare in allegria.

2. Ma qualora un’anima umana si sia così ben trovata nella notte profondissima della presunzione mondana che si è da se stessa creata, poiché la sua interiore libertà di volere non deve essere toccata, nemmeno tutti gli angeli del Cielo sono più in grado di imprimerle un’altra direzione, e allora nessuno può dire: “Vedi, così era già il destino per quest’uomo!”. Sì, senz’altro era certo un destino, però non procedente da Dio, ma dall’individuo stesso.

3. Da parte di Dio questo è stato soltanto permesso e ciò in seguito all’assoluta libertà di volere dell’uomo. Ora, quanto ho detto di un individuo, vale anche per un intero popolo. Esso è e rimane sempre il creatore del proprio destino, temporaneo ed eterno.

4. E quindi sarebbe un errore immenso credere che Dio abbia stabilito addirittura già dall’eternità che tutto debba accadere così, come ora vi ho mostrato con le apparizioni sul firmamento e preannunciato con la Mia Bocca. Oh no, affatto! Ma tuttavia tutto accadrà così, perché gli uomini vogliono così e perché la parte maggiore e più possente di loro si trova bene e di propria ostinata, libera volontà nella tenebrosissima notte d’inferno ed ora nemmeno alla chiamata supremamente possente della Mia Voce vuole abbandonare questa notte della morte.

5. Infatti è escluso che possa venire fatto più di quello che Io stesso ora faccio, che ho fatto e che ancora farò, lasciando la piena libertà del volere umano, e a colui al quale non si aprono gli occhi e che quindi poi non si converte, non giova più nessun mezzo - che chiunque possa dire che sia vero, buono e soave - per guarire la sua cecità e la sua ferrea ostinazione di cuore. A questo punto deve venire poi il giudizio, che agisce quale ultimo mezzo. Ma affinché il giudizio si annunci, è necessario che la misura che lo provoca sia colma, ciò che, rispetto a questo popolo, come già detto, sarà presto il caso. E così ora non pensate eccessivamente con timore a ciò, perché a volere così non sono affatto Io, ma gli uomini che non si lasciano convertire»

6. Disse allora Nicodemo: «Ma, Signore e Maestro, l’avvenire di quella gente si presenta disperatamente grave! Se Dio stesso non potrà mai aiutare tali uomini addirittura contro la loro stolta volontà e la loro ostinazione, allora chi altri potrà mai aiutarli?»

7. Dissi Io: «Sì, amico, ci sono ancora moltissime cose terrene che tu non capisci, che tuttavia tu vedi e tocchi. Come vuoi dunque afferrare e comprendere le cose puramente spirituali che tu non vedi né in nessun modo percepisci? Io ti ho pur detto che Dio, per quanto riguarda lo sviluppo interiore spirituale dell’uomo, non può con la Sua Onnipotenza esercitare la Sua Influenza per guidarlo, e questo accade perché è stabilito dal Suo Ordine eterno! Infatti, se Dio intervenisse in questo senso, l’uomo diverrebbe in sé una macchina morta, né potrebbe mai pervenire alla liberissima indipendenza della vita!

8. ConduciMi qui il più terribile rapinatore e assassino ed Io te lo trasformerò all’istante in un angelo di luce, ma nel frattempo il suo proprio io sarà come morto! Ma non appena Io Mi ritirerò nuovamente da lui con lo Spirito della Mia onnipotente Volontà, il suo essere proprio io diverrà di nuovo attivo e ritroverai dinanzi a te il rapinatore e assassino di prima. Infatti il suo amore è il desiderio di rapinare e di assassinare, e questa è la sua vita, ma se gli si toglie questo, egli allora è completamente morto ed ha cessato del tutto di esistere.

9. Un simile uomo però è sempre suscettibile di miglioramento e ciò in seguito alle gravissime condizioni in cui egli stesso si è messo per effetto del suo amore perverso. Infatti l’anima umana comincia a riflettere e a ricercare le ragioni del suo pessimo e infelice stato quando, per opera sua, si trova già nel duro giudizio. E una volta, poi, che l’anima arriva a riconoscere tali ragioni, allora comincia ben presto a percepire in sé il desiderio di liberarsi dalle misere condizioni in cui si trova e comincia a meditare sui mezzi e sulle vie atte a liberarla in qualche modo dal terribile giudizio.

10. E una volta che l’anima ha in sé un tale desiderio e volontà, essa è già atta ad accogliere in sé una Luce che allora le viene offerta dall’Alto con ogni tipo di mezzi appropriati.

11. Se l’anima poi fa uso dei mezzi che le vengono offerti, il suo amore, prima perverso, comincia a convertirsi da sé e in se stesso in un amore migliore e buono. In lei va facendosi più luce ed essa trapassa per gradi ad una completezza superiore della vita, e questo è possibile solo concedendo un asprissimo giudizio. Di conseguenza, poi, verrà permesso che si abbatta un terribile giudizio sugli Ebrei quando la misura dei loro orrori sarà colma, tanto qui quanto nell’aldilà, e questo li umilierà molto per tutti i tempi dei tempi, dato che essi non arriveranno mai più a governare un popolo».

 

[indice]

 

Cap. 53

Sulla misura del bene e del male

 

1. Disse Nicodemo: «Signore e Maestro, ma perché un simile tremendo giudizio deve scendere su un popolo soltanto quando esso ha colmato di peccati di ogni tipo e specie la sua determinata misura? E che misura è, e in che cosa consiste?»

2. Dissi Io: «Appare un po’ strano che tu, un anziano del Tempio e dell’intera città, non comprenda ciò, eppure hai letto molte volte, per te e per gli altri, i saggi versi di Salomone! Quando un bambino si è fatto pienamente maturo nel corpo materno, allora, quale feto umano, egli ha colmato la sua misura e viene perciò partorito nel mondo esterno. Un frutto sull’albero ha raggiunto la propria misura quando giunge a completa maturazione e quindi poi cade dall’albero. Un uomo, che è bene a conoscenza della Legge, che la osserva in tutta la sua integrità e per amore di Dio e del suo prossimo non trasgredisce più la Legge, ha con ciò colmato la misura luminosa della completezza della propria vita e si è fatto, già qui su questa Terra, cittadino del Cielo, avendo completamente vinto in sé la morte spirituale ed essendosi riempito della vita eterna da Dio.

3. Mentre un uomo, il quale in primo luogo non fa mai il giusto sforzo di imparare a conoscere più da vicino e chiaramente le Leggi della vita di Dio, dato che i divertimenti mondani lo distolgono eccessivamente e che si precipita da un delirio dei sensi all’altro, comincia a dimenticarsi di Dio e la sua fede in Lui va sempre più svanendo. Ma come diviene spoglio così di ogni fede in un Dio, anche i propri genitori gli vengono a noia, egli non solo rifiuta loro obbedienza, ma li scandalizza con ogni possibile disobbedienza, infine li percuote addirittura, li deruba e li abbandona. Ma come non ha avuto rispetto per i propri genitori, così meno ancora ne avrà per il suo prossimo. Egli si dà alla prostituzione di ogni tipo e specie, diventa un ladro, un rapinatore e un assassino per procurarsi i mezzi per diventare sempre più schiavo delle proprie passioni malvagie e dei propri sensi. E così egli finisce col liberarsi di ogni Legge della vita e agisce poi secondo le leggi della propria perversa natura, e in questo modo egli pecca del tutto contro tutta la Legge. Con ciò egli ha reso pure colma la misura della perfidia, è diventato un demonio e così porta anche ad abbattersi su di lui il giudizio in sé e fuori di sé, e nel suo grande tormento e nella pena deve poi ammettere che nessun altro era colpevole se non lui stesso.

4. Che però ad una misura di peccati colma debba seguire con tutta certezza il giudizio - che è la vera e propria morte spirituale - questo è già dall’eternità così decretato da Dio e immutabilmente stabilito per ogni eternità futura, perché, se così non fosse, non ci sarebbe nessun fuoco, nessuna acqua, nessuna Terra, nessun Sole, nessuna Luna e nemmeno una creatura su di questi.

5. Il fuoco è certo un cattivo elemento, e se ti afferrasse ti darebbe la morte. Ma bisogna forse abolire il fuoco perché può facilmente avere un effetto mortale sugli uomini? Vedi, la Terra ha una certa forza di attrazione in seguito alla quale ogni corpo si rende pesante e tende incessantemente verso il suo punto centrale! Ora, per effetto di questa proprietà della Terra, tu puoi cadere da un’altezza e ammazzarti. Ma deve la Terra venire privata di questa sua proprietà per il fatto che essa può dare la morte all’uomo? Oh, ma in un simile caso per la Terra si metterebbe molto male, poiché essa si scomporrebbe e si dissolverebbe ancora più completamente di un pezzo di ghiaccio al Sole, e su di essa sarebbe giunta la fine di tutte le creature. Infatti, come potrebbero esse sussistere, non avendo una base solida? E vedi, questa necessaria proprietà della Terra e di tutta la sua materia è essa stessa un giudizio di Dio per ogni materia, senza il quale la materia non esisterebbe!

6. E quindi, tutto ciò che il tuo occhio può scorgere su questo mondo è un giudizio disposto da Dio, e chi si allontana dallo spirituale, e con ciò da Dio, e nella propria anima si volge alla materia del mondo, non può che incappare in altro che non sia appunto il giudizio antico e la sua morte, poiché la libertà e la totale assenza di ogni giudizio esistono unicamente nello Spirito puro proveniente da Dio che chiunque può ricevere, ed anche lo riceverà, se vive secondo la Mia Dottrina e crede che Io sono venuto a questo mondo da Dio quale Dio Io stesso, per dare a tutti gli uomini la Luce vera della vita e la vita eterna. Infatti Io stesso sono la verità, la Luce, la via e la vita. Tu comprendi ora questo?».

 

[indice]

 

Cap. 54

La spiegazione della terza apparizione luminosa

 

1. Disse Nicodemo: «Signore e Maestro, io certo ora comprendo ciò e Ti ringrazio dal profondo del cuore per questi Tuoi importantissimi insegnamenti! Ma poiché ci hai spiegato le due prime apparizioni, io vorrei pregarTi di illuminarci anche riguardo alla terza apparizione, perché dietro a questa deve tenersi celato sicuramente qualcosa di grande»

2. Io dissi: «Sì, sì, la terza apparizione Io ve la spiegherò in maniera ben chiara, tuttavia voi non riuscirete a comprenderla pienamente, perché quello che porterà ancora il futuro remoto, voi lo comprenderete più chiaramente soltanto quando sarete rinati nello spirito. Ma ad ogni modo voglio dirvi qualcosa anche a questo riguardo. Ascoltate dunque!

3. La colonna di luce ridiscesa su questa Terra dai Cieli sono Io nello Spirito della Mia Parola vivente che Io deporrò in futuro nei cuori di quegli uomini che Mi ameranno e che osserveranno i Miei Comandamenti. Da costoro verrò Io stesso e Mi manifesterò a loro. E poi tutti quanti verranno di nuovo istruiti da Dio.

4. La suddivisione della colonna in innumerevoli piccole parti significa la rivelazione del senso spirituale interiore di tutte le Mie parole e degli insegnamenti da Me dati agli uomini fin dalle origini del genere umano per bocca degli antichi padri, dei profeti e veggenti, ed ora da Me stesso.

5. E solo da queste numerose rivelazioni parziali del senso spirituale interiore della Parola di Dio si formerà una vera e grande Dottrina di Luce e di vita, e questa Dottrina sarà poi la Grande e Nuova Gerusalemme che scenderà dai Cieli agli uomini. E coloro che saranno e vivranno nella nuova Dottrina, cammineranno nella Nuova Gerusalemme e vi dimoreranno in eterno, e beatitudini su beatitudini saranno per loro senza misura e traguardo e non avranno mai fine. Infatti Io stesso sarò presso di loro ed essi contempleranno tutte le innumerevoli magnificenze del Mio Amore, della Mia Sapienza ed Onnipotenza.

6. Dalla caduta di questa vecchia città di Gerusalemme fino al tempo della Nuova Città di Dio sulla Terra ci sarà però poca Luce tra gli uomini sulla Terra. Infatti, anche troppo presto si alzeranno in Nome Mio una moltitudine di falsi profeti e sacerdoti ed opereranno falsi miracoli ed incanteranno e accecheranno gli uomini, anzi l’Anticristo, con l’aiuto dei re della Terra, farà tali cose al punto che perfino i Miei eletti, se Io lo permettessi, potrebbero venire invogliati a piegare le loro ginocchia davanti al nuovo Baal. Ma Io allora farò venire di nuovo tra gli uomini un tormento così grande come mai ci fu sotto il Sole. Allora Baal verrà precipitato come la grande meretrice di Babele e arriverà poi la Luce della Parola vivente nei cuori di molti uomini e solleverà e redimerà gli oppressi e piegati dalle sventure, e tutti quanti si rallegreranno nella nuova Luce e loderanno il Mio Nome.

7. In quel tempo, gli uomini avranno spesso contatto con gli spiriti puri del Mio Cielo, e questi saranno i loro maestri e li istruiranno in tutti i segreti della vita eterna in Dio, come ciò vi fu mostrato anche nella terza apparizione, nel senso che voi vedevate gli uomini entrare ed uscire dalle dodici porte.

8. Le dodici porte però non testimoniavano più che la Nuova Città fosse edificata dalle dodici tribù di Israele, ma dai dodici princìpi basilari della Mia Dottrina, e questi sono contenuti nei dieci Comandamenti di Mosè e nei Miei due nuovi Comandamenti d’Amore; infatti questi sono le porte attraverso le quali in futuro gli uomini entreranno nella nuova Città di Dio piena di Luce e vita.

9. Solo chi osserverà questi Miei Comandamenti entrerà anche in questa Città e gli verranno date Luce e vita; chi invece non osserverà i Comandamenti non giungerà nemmeno in questa Nuova Città. Anche le dodici qualità di pietre preziose, con le quali era costruito il muro attorno alla Grande Città, stavano ad indicare di nuovo gli stessi dodici Comandamenti.

10. Questi dodici Comandamenti, quindi, sono per l’uomo non solo le porte d’ingresso nella Luce e nella vita, ma essi sono anche la sua indistruttibile protezione e difesa che le porte e le potenze dell’inferno oppure la materiale mondanità non potranno mai distruggere o sconfiggere.

11. Allo stesso tempo voi vi sarete anche accorti nell’apparizione come le pietre del muro irradiavano anche una forte luce in tutti i loro colori. Questo vi indicava che nei dodici Comandamenti a voi dati sono anche contenuti tutti i gradi della Sapienza divina e di conseguenza l’uomo potrà giungere alla Sapienza perfetta solo attenendosi ai dodici Comandamenti. Infatti, nei Comandamenti è contenuta tutta la Sapienza proveniente da Dio, e poiché vi è contenuta tutta la Sapienza di Dio, allora in essi vi è pure tutta la Potenza e la Forza divina, e questo perché in questi Comandamenti è contenuta l’onnisciente ed onnipotente Volontà e attraverso di essa la massima Libertà.

12. Chi dunque attraverso l’osservanza dei Comandamenti avrà fatta sua la Volontà di Dio, costui avrà fatta sua anche la Potenza divina e la Libertà divina ed avrà raggiunto il grado della vera rinascita dello spirito, ed è, quale vero figlio di Dio, altrettanto perfetto quanto lo è lo stesso Padre in Cielo.

13. Ed Io dico ora a voi tutti che proprio attraverso la precisa osservanza dei Comandamenti dovete aspirare in primi luogo a divenire già qui sulla Terra così perfetti come perfetto è il Padre in Cielo, affinché anche voi siate poi in grado di fare queste cose e cose ancora più grandi di quelle che Io stesso sto compiendo ora. E quando avrete raggiunto queste condizioni, anche voi sarete già in anticipo cittadini della Nuova Gerusalemme. Questo è, di conseguenza, il senso della terza apparizione; avete afferrato e compreso bene tutto ciò?»

14. A questa Mia spiegazione del terzo fenomeno tutti apparvero stupiti e ci pensarono su a fondo per un po’, ma non poterono ben rendersi conto fino a che punto avessero compreso per bene questa terza spiegazione e forse non l’avevano compresa proprio del tutto a dovere.

 

[indice]

 

Cap. 55

Perché la Parola di Dio appare una stoltezza ai sapienti del mondo

Solo un rinato nello spirito può comprendere la Sapienza di Dio

 

1. Nicodemo, dopo aver meditato profondamente per un po’, disse: «Signore e Maestro, quello che Tu ci hai ora spiegato in modo assai chiaro è grandioso e profondo e io non potrò mai in eterno ringraziarTi abbastanza, ma appunto perché quello che hai detto e spiegato è tanto immensamente grande e profondo, io e forse anche qualcun altro ancora dei presenti non siamo riusciti a comprendere tali cose dalle loro fondamenta proprio con chiarezza. Io però vedo benissimo che anche un’eventuale spiegazione ulteriore non potrebbe rendermele più chiare e perciò mi astengo dal dire: “Signore, rendimi ciò più chiaro e comprensibile!”»

2. Io dissi: «Qui tu hai perfettamente ragione. Per te e anche per molti altri queste cose non si possono attualmente illustrare in maniera più chiara; tutte queste cose però e ancora di più innumerevoli tu le comprenderai pienamente solo quando sarai rinato nello spirito.

3. La Mia Parola e le Mie Prediche, indirizzate a voi, non possono essere date con quel modo di parlare razionale e mondano tipico degli uomini e della loro sapienza mondana, ma esse consistono nel fornirvi le prove dell’esistenza dello spirito, a voi del tutto sconosciuto, e della sua forza, affinché la vostra fede e il vostro futuro sapere non abbiano il loro fondamento nella sapienza degli uomini spiritualmente ciechi, ma nella forza prodigiosa dello spirito proveniente da Dio.

4. Ora questo Mio modo di insegnare e di parlare appare agli occhi dei sapienti del mondo come una stoltezza, perché essi con i loro sensi grossolani non sanno né percepiscono nulla dello spirito e della sua forza, ma la Mia Dottrina è tuttavia una Sapienza di tipo immensamente elevato e profondo, però soltanto agli occhi, agli orecchi e al cuore di uomini perfetti che sono di buona volontà e che hanno sempre osservato i Comandamenti di Dio. Ma per i sapienti e i grandi di questo mondo, i quali passano come la loro sapienza, la Mia Dottrina non è certamente né elevata né profonda.

5. Io vi parlo della nascosta Sapienza di Dio, che Egli già prima della creazione di questo mondo materiale ha stabilito ad eterna magnificenza della vostra vita. Con la sua ragione mondana nessun fariseo, nessun anziano, né dottore della Legge, né capo sacerdote del Tempio ha mai riconosciuto dalle Scritture questa Sapienza nascosta, perché se avesse riconosciuto una volta questa Sapienza nascosta, non terrebbe continuamente consiglio per vedere come poter uccidere e trarre in rovina Me, il Signore dall’eternità! Frattanto, però, lasciamoli tutti ai loro tentativi e ai loro consigli, perché come sono le loro opere, così sarà anche la loro ricompensa!

6. Ma a voi Io dico quanto sta scritto: “Mai occhio umano ha visto, né orecchio umano ha udito, né cuore umano mai ha presentito quello che Dio tiene in serbo per coloro che Lo amano e che osservano i Suoi Comandamenti!”.

7. Ciò che Io ora vi rivelo, lo rivela lo Spirito di Dio al vostro spirito, affinché anche il vostro spirito scruti e riconosca le profondità in Dio. Infatti soltanto lo spirito scruta ed esplora tutte le cose in tutti i loro aspetti e, così purificato, anche le profondità in Dio. E quindi ora voi non ricevete da Me lo spirito del mondo, del quale non avete mai affatto bisogno, ma lo spirito proveniente da Dio, affinché solo per mezzo di questo spirito voi possiate comprendere e intendere completamente quello che vi è dato da Me come fosse dato da Dio.

8. Io dunque di queste cose non posso parlare con voi nella maniera usata dalla sapienza umana, ma soltanto con le parole che insegna lo Spirito di Dio il Quale predispone spiritualmente tutte le cose, e voi perciò non Mi potete neppure comprendere pienamente, dato che il vostro spirito non ha ancora compenetrato completamente la vostra anima. Ma quando invece la vostra anima, con tutto l’amore e con la spontanea buona volontà, si troverà del tutto nello spirito proveniente da Dio, che ora vi viene dato, allora voi pure giudicherete spiritualmente, di per voi stessi, tutte le cose e riconoscerete e comprenderete perfettamente tutto quello che momentaneamente vi appare ancora oscuro e incomprensibile.

9. Ad ogni modo voi attualmente distinguete già qualcosa dello spirito di Dio, eternamente vero, e potete anche già giudicare spiritualmente varie cose. Invece l’uomo interamente naturale non distingue nulla dello spirito di Dio in sé, e quando gli si parla di questo, ciò è per lui una stoltezza, perché non ha in sé ciò che potrebbe predisporre spiritualmente la sua anima. Infatti se un uomo vuole afferrare e comprendere ciò che è spirituale, la sua anima ed ogni altra cosa devono essere del tutto predisposte spiritualmente, perché ogni vita, ogni vera luce ed ogni vera forza sono unicamente nello spirito, il quale è il solo a predisporre e a giudicare tutto e invece non può essere predisposto e giudicato da nessuno.

10. L’uomo naturale però, nel quale lo spirito non ha ancora alcuna parte, è materia nel suo giudizio, e la sua vita naturale gli è data dallo spirito di Dio solamente come un mezzo per poter destare in sé, attraverso la stessa, la vera vita spirituale, qualora egli lo voglia. E così, con il suo intelletto naturale, può già riconoscere come tali i Comandamenti di Dio e poi far propria la volontà di osservarli e di vivere e di operare conformemente agli stessi. E se egli fa così, lo spirito di Dio penetra già nella sua anima in quella misura nella quale essa si è spinta in avanti nell’osservanza dei Comandamenti di Dio e nella fede in un Dio e nell’amore per Lui e per il prossimo.

11. Quando poi l’anima è pervenuta ad una forza tale da non poter mai più venire sminuita, questo è già un segno sicuro che lo spirito proveniente da Dio l’ha compenetrata del tutto e che in lei predispone spiritualmente ogni suo conoscimento ed ogni suo sapere; una simile anima ha pienamente superato la sua morta materia di prima, e con lo spirito di Dio che l’ha compenetrata si è fatta uno Spirito, una Forza, una Luce e una vera vita per sempre indistruttibile, la quale non può più venire giudicata da nessuno.

12. Cercate dunque voi tutti anzitutto il vero Regno di Dio e la sua Giustizia; tutto il resto vi sarà poi dato automaticamente in aggiunta, perché queste cose ve le darà lo spirito di Dio in voi. Non curatevi affatto delle cose terrene, nemmeno di ciò che mangerete e berrete domani e con cosa coprirete il vostro corpo, poiché per tutte queste cose si affannano i pagani e altra gente del mondo che non ha ancora riconosciuto il vero Dio. Quando il vero spirito in voi avrà raggiunto la sua piena rinascita, con ciò voi avrete anche raggiunto tutto quello di cui avete bisogno.

13. Se camminerete e rimarrete sulle Mie Vie, secondo quanto vi ho insegnato e vi sto insegnando, allora voi sarete anche in Me e il Mio Spirito sarà in voi e grazie a questo voi potrete fare ed operare tutto quello che la sua sapienza vi dirà e che la sua volontà in voi vorrà. E in questo modo è soddisfatta nella maniera più ricca ciascuna vostra necessità terrena per tutto il tempo della vostra vita su questo mondo.

14. Ora avete appreso da Me tutto ciò che è possibile allo spirito, ma ciò che è possibile al Mio Spirito sarà possibile anche al vostro spirito quando esso sarà divenuto una cosa sola con Me. Come però esso possa diventare una cosa sola con Me, Io ve l’ho già mostrato molte volte; e così operate dunque di conseguenza, e voi vedrete questa Mia Promessa adempiersi completamente in voi!

15. Però adesso, considerato che oggi abbiamo fatto ed operato molto e che ormai sono trascorse già due ore dalla mezzanotte, noi ci prenderemo un po’ di riposo e domani cominceremo un nuovo lavoro quotidiano!»

16. Disse Lazzaro: «Signore, temo che sarò un po’ a corto di giacigli per un numero così grande di persone che sono qui radunate!»

17. Dissi Io: «Perché mai? Ciascuno rimanga seduto al suo posto, poggi il capo sulle sue braccia e riposi, e ciò gli farà molto bene!»

18. Lazzaro fu perfettamente soddisfatto di questo e fece lo stesso anche lui.

19. Nicodemo invece avrebbe voluto ritornare a casa sua proprio in questo momento, per non essere scorto sul monte di giorno, poiché egli aveva timore dei farisei.

20. Ma Io gli dissi: «Non temere affatto coloro che non possono nuocerti! Se Io lo voglio e tu lo credi, puoi anche lasciare questa altura in pieno giorno senza essere visto e dedicarti alle tue incombenze»

21. Disse Nicodemo: «Allora io rimango, poiché la mia famiglia crederà certo che mi trovo nel Tempio per accudire ai miei lavori»

22. Dissi Io: «Senza alcun dubbio; e così fermati e riposati un po’!».

23. A queste Mie parole nella sala si fece completo silenzio e tutti si dedicarono ad un riposo breve, ma molto rinvigorente per il corpo.

24. Però il nostro Raffaele, a cui Io avevo fatto interiormente cenno, andò dagli schiavi i quali non riposavano ancora e li indusse a riposare nello stesso modo, restò poi con loro fino al sorgere del Sole e fece in modo che tutti facessero dei sogni particolarmente belli. Quei giovinetti del Settentrione avevano infatti, per loro natura, una speciale disposizione ad ogni specie di sogno profetico. E quando essi vedevano in sogno cose belle e meravigliose, il giorno seguente erano molto contenti, pii, pazienti e allegri.

25. In conclusione ciascuno ebbe qui quanto gli occorreva.

 

[indice]

 

Cap. 56

L’essenza degli angeli

Amore e sapienza, cuore e intelletto

 

1. Noi riposavamo e dormivamo ancora molto bene quando il Sole saliva già sull’orizzonte lontano. Lazzaro e il suo oste furono i primi a destarsi; quest’ultimo si alzò subito dalla sua sedia e andò fuori per svegliare la servitù affinché provvedesse ad allestire una buona e abbondante colazione. In poco tempo, dunque, l’animazione nella casa fu completa e così poi noi pure ci destammo, ci alzammo dai nostri posti e uscimmo all’aperto.

2. Ora, dinanzi alla casa, c’era una fontana che dava un’acqua freschissima e limpida, ed Io dissi a Lazzaro: «Fratello, per non scandalizzare Nicodemo, fa portare dei recipienti e falli riempire d’acqua, affinché ci possiamo lavare le mani e non si dica che noi mangiamo il pane con le mani non lavate!»

3. Così fu fatto e tutti si lavarono le mani, la faccia e anche i piedi; poi furono portati dei panni puliti per asciugarci la pelle.

4. Una volta finito di lavarci, anche il nostro Raffaele ritornò nuovamente a noi e riferì a Lazzaro che i giovinetti riposavano, dormivano e sognavano ancora profondamente e si sarebbe dovuto perciò lasciarli dormire ancora un paio d’ore! Così fu fatto, dato che ciò era molto necessario per quei giovinetti che erano molto stanchi per il lungo e disagiato viaggio.

5. Ma soltanto allora Nicodemo si accorse, nella piena luce del giorno, dell’abbagliante bellezza di Raffaele, e non riusciva a staccare gli occhi da lui. Dopo un po’ di tempo, e di profondo stupore interiore, egli Mi disse: «Ma Signore e Maestro, da dove mai viene questo giovane divinamente bello? Come si chiama? No, io non ho ancora mai visto una simile bellezza maschile! Poco distante da lui, a dire il vero, c’è pure, se si guarda bene, una fanciulla graziosissima; pure lei è bella, ma che divario fra la sua bellezza pur sempre terrena e quella ultra celestiale di questo giovinetto! Come scendono così bene ordinati i suoi riccioli d’oro sulla tenera nuca del tutto eterea e candida quasi come la neve! Quanta grazia indicibile nel suo volto! Che delicatezza, pienezza, dolcezza e morbidezza nelle sue braccia e nei suoi piedi! Tutto in lui è estremamente semplice, così proporzionato e raffinato che io, anziano della città e del Tempio, non ho visto mai nemmeno in un sogno qualcosa di simile. Davvero, questo giovinetto non può essere un figlio di questa Terra! Se egli avesse un paio d’ali come il modello dei cherubini che custodiscono l’arca nel Santissimo del Tempio, egli sarebbe certamente un perfetto angelo di Dio!»

6. Dissi Io: «Credi tu forse che gli angeli di Dio debbano proprio essere provvisti d’ali per essere degli angeli? Allora tu sei ancora in un errore molto grande! Avevano forse ali i tre uomini che andarono da Abramo? O ne avevano i giovinetti che salvarono Lot, oppure l’angelo che guidò il giovane Tobia? A Me non consta affatto che nella Scrittura siano menzionate in qualche modo le loro ali. Anche l’angelo che apparve ad Abramo, quando questo doveva sacrificare Isacco, il suo unico figlio e che gli impedì di fare così, secondo la Scrittura non aveva delle ali.

7. Soltanto i due cherubini di metallo Mosè dovette raffigurarli con le ali, quale simbolo, allo scopo di indicare agli ebrei, allora ancora molto sensuali, che gli spiriti puri dai Cieli di Dio sono estremamente veloci in tutto: nel pensiero, nella decisione, nell’azione e nell’esecuzione. Ora l’uomo naturale terreno non conosce uno spostamento che avvenga ad una velocità superiore del volo degli uccelli nell’aria mediante un paio d’ali, e quindi Mosè, per rendere percettibile al senso umano l’idea della velocità dello spirituale, ha dovuto, secondo la disposizione di Dio, fare le ali ai due cherubini. In realtà nessun angelo di Dio ha mai avuto un paio d’ali.

8. L’ala, dunque, significa solo l’alto grado di Sapienza e di Forza di tutto ciò che è puramente spirituale, ma non già come se un puro spirito dovesse, su un comando di Dio, scendere dal Cielo sulla Terra come fanno gli uccelli e poi fare nuovamente ritorno. Tra l’altro nel vero Cielo non ci fu mai un qualche angelo che non fosse stato prima come essere umano su di una qualche Terra; quelli che però, poi, voi vi raffigurate del tutto erroneamente come angeli già creati quali spiriti puri, non sono invece che le forze e le potenze agenti di Dio, per mezzo delle quali l’Onnipresenza di Dio si manifesta con l’azione in tutto l’infinito, le quali però nessun uomo deve raffigurare con una immagine, dato che l’infinito che proviene da Dio non è affatto raffigurabile nella verità, per nessun essere finito; ciò, si spera, non sarà difficile da comprendere.

9. Ma siccome ciascun uomo è chiamato a divenire, per quanto riguarda la sua anima, un vero angelo dei Cieli di Dio, ne consegue che questo giovinetto bellissimo e purissimo può trovarsi su questa Terra senza ali altrettanto quanto Io stesso, quale l’unico Signore del Cielo e della Terra, Mi trovo fra di voi ora nella carne e vi istruisco, pur reggendo contemporaneamente tutto l’infinito. Del resto sta anche scritto: “In quello stesso tempo voi vedrete gli angeli di Dio, i quali serviranno il Signore, salire e scendere!”. Ebbene, questo giovinetto può benissimo essere anche un angelo. Qual è la tua opinione?»

10. Disse Nicodemo: «Sì, certo, egli è bello più che a sufficienza per essere un angelo, tuttavia egli non sale né scende fra la Terra e il Cielo!»

11. Io dissi: «O tu, cecità immensa degli uomini! Come puoi tu, quale persona di molta esperienza, supporre che degli angeli discendano dal Cielo materiale su questa Terra altrettanto materiale e di nuovo indietro, e che gli uomini possano anche vederli e vedere come essi Mi servono? Il salire e discendere degli angeli non significa altro che il salire dall’amore alla vera sapienza e ritornare con la sapienza nuovamente all’amore il quale è il vero spirito vivente proveniente da Dio in voi.

12. Quando un uomo desta e comprende nel proprio cuore l’amore per Dio e per il prossimo, egli, per effetto di ciò, sale alla sapienza, ossia alla vera e profonda conoscenza in tutte le cose. Ma quando un uomo ha raggiunto una simile conoscenza ed ha riconosciuto e compreso sempre più profondamente l’Amore, la Sapienza e la Potenza illimitata di Dio, egli allora si riempie di umiltà e del più vivente amore per Dio. In questo caso egli ridiscende poi nuovamente nel cuore, lo illumina di luce ancora maggiore e lo rende ardente dell’amore per Dio.

13. Tu stai dicendo fra te e te: “Ma se questa Terra rappresenta l’amore e il cielo la sapienza, come mai sulla Terra c’è tanta carenza d’amore mentre dal cielo vi scende solo del buono, e soltanto rarissime volte qualcosa di meno buono?”.

14. Sì, nel cuore umano, che è la sede dell’amore, questo è per lo più molto scarsamente rappresentato, e tuttavia il cuore è la sede dell’amore. Ma il puro amore nel cuore, considerato isolatamente a sé, potrebbe far maturare altrettanto pochi frutti di vita quanti la Terra senza la luce del Sole. Il Sole del cielo per il cuore dell’uomo è innanzitutto il suo intelletto naturale. Questo, sotto forma di pensieri, di idee e di concetti ordinati e buoni, scende nel cuore, ovvero sul terreno dell’uomo, lo illumina e ne anima i germi vitali perché compia azioni nobili e buone. Se la luce dell’intelletto è ancora debole, a somiglianza della luce solare durante l’inverno, il cuore si fa ad ogni modo più comprensivo e assennato, ma poiché persiste ancora molto nell’amore di se stesso, i nobili germi in lui non germoglieranno, non si svilupperanno e non matureranno fino a diventare frutti d’azione colmi di vita. Quando però un uomo, grazie alla diligenza e a un giusto impiego dei propri talenti e delle proprie capacità, diventa sempre più illuminato nel proprio intelletto, anche la luce dell’intelletto susciterà con maggiore potenza il calore vitale nel cuore, e i germi delle buone azioni in esso giacenti cominceranno allora a germogliare, a crescere, a fiorire e presto porteranno a piena maturazione un abbondante raccolto della vita rappresentato da frutti di nobile attività.

15. E così qui per “angeli” sono da intendere, certamente in proporzioni minimissime, i pensieri, le idee e i concetti del chiaro intelletto, il quale è il cielo della sapienza dell’uomo; questi salgono e discendono e servono lo spirito di Dio che sta ancora celato nel cuore umano, e questo spirito si chiama amore per Dio e amore per il prossimo. Ma come questo vivente spirito proveniente da Dio nel cuore dell’uomo purtroppo non viene riconosciuto né considerato da molti uomini - nonostante l’intera salvezza dell’uomo, riguardo alla sua vita temporanea e a quella eterna, dipenda appunto da questo spirito - così ugualmente avviene che Io stesso, quale il Signore e la Causa Prima di ciò che vive e sussiste, non vengo riconosciuto dal mondo degli uomini, anche se essi vedono quali grandi Pensieri, Idee e Concetti scendono per mezzo Mio dai Cieli di Dio sulla Terra e poi risalgono per illuminare chiarissimamente i cuori e infondere in essi calore e vita per portare i frutti dell’attività vivente. Perciò molti sono anche i chiamati, ma pochi invece sono gli eletti che comprendono la Mia Parola e che se la prendono a cuore e che la fanno maturare in sé finché diventa un raccolto abbondante di azioni colme di vita.

16. E adesso cominci almeno a vedere un po’ più chiaramente che cosa sono propriamente in prima istanza gli angeli che scendono dal Cielo giù sulla Terra e da questa risalgono in Cielo e che servono dall’eternità Me, quale Dio nel Cielo, e temporaneamente voi uomini qui sulla Terra, voi che siete chiamati a diventare figli di Dio e siete per l’appunto il Suo Cuore e quindi la Sua Terra?».

 

[indice]

 

Cap. 57

La scala di Giacobbe. Dell’essenza dei sogni. L’anima nell’aldilà

 

1. Disse Nicodemo: «Signore e Maestro dall’eternità, soltanto ora vedo davvero pienamente che Tu solo sei veramente il Cristo, l’Unto di Dio, la Cui Pienezza dimora in Te! Infatti mai un profeta ha insegnato così su questo mondo. Ma considerato che Tu ci hai ora fatto una Rivelazione così grande, potresti, qualora ciò fosse la Tua santa Volontà, farci ancora un po’ di luce rispetto alla scala del cielo del padre Giacobbe, sulla quale appunto degli angeli salivano e scendevano fra Cielo e Terra? Da questa visione io non sono mai riuscito a comprendere proprio chiaramente che cosa Jehova, che fu visto al sommo di questa scala, abbia voluto indicare a Giacobbe. Infatti questa visione avuta in sogno, Giacobbe l’avrà certo compresa molto meglio di me, dato che noi finora non abbiamo ricevuto nessuna interpretazione di una simile visione. Signore, per il grande amore verso di Te, Ti prego di darcela Tu!»

2. Dissi Io: «Quello che Giacobbe vide in sogno era esattamente quello che Io ho ora spiegato a voi tutti con chiarezza più che sufficiente. La scala è il legame fra il cuore e il capo illuminato dell’uomo. Il cuore è qui ugualmente la Terra vista [da Giacobbe] che allora pure in Giacobbe era troppo deserta, vuota e poco illuminata quando egli venne a trovarsi in grande angustia e difficoltà. Ma appunto in simili condizioni egli cominciò a pensare molto a Dio e a meditare riguardo a cosa avesse fatto perché Egli lo avesse lasciato in una condizione di così grande difficoltà. Allora egli si addormentò in aperta campagna e scorse in sé il collegamento fra la sua terra-cuore e il suo cielo-luce nel suo capo. Là egli vide come i suoi pensieri, idee e concetti scendevano dal suo capo come su una scala giù nel suo cuore e lo illuminavano e lo confortavano, e così, più animati e irrobustiti essi stessi dall’accresciuto amore del cuore, salivano nuovamente a Dio, per venire di nuovo là maggiormente e profondamente illuminati. Guarda adesso tutto il decorso della vita di Giacobbe e tu vedrai come da quel momento in poi egli abbia sempre di più rivolto i suoi pensieri a Dio e sia sempre più scrupolosamente vissuto secondo la Sua Volontà.

3. Contemporaneamente, però, per mezzo di quel memorabile sogno venne raffigurato pure come da lui sarebbe stata innalzata una scala graduale delle generazioni quale vero legame fra i suoi discendenti e Dio, sulla quale i figli di Dio, nella conoscenza di Dio, ora crescente ora di nuovo decrescente, l’avrebbero aumentata e diminuita; inoltre, all’estremità superiore della scala graduale delle generazioni da lui vista, si sarebbe rivelato come Uomo Jehova stesso nella Mia Personalità e avrebbe rinnovato l’antica Alleanza, elevandosi da cima a fondo alla più viva verità.

4. E così tu e voi tutti ora avete anche la duplice e triplice spiegazione della scala di Giacobbe e sapete ora ciò che voi dovete intendere con il concetto di “angeli di Dio” dal punto di vista veramente spirituale. Ad ogni modo, nel vostro stesso interesse, Io vi domando adesso se avete davvero compreso tutte queste cose»

5. Disse Nicodemo: «In me è sorta una grande luce anche in questo e così è e altrimenti non potrebbe essere. Tuttavia, per quello che riguarda questo angelo visibile, ebbene ci si domanda se egli sia già veramente una concreta realtà esistente a sé, o se sia solo un pensiero fissato da Te, che procede dal Tuo Amore, Sapienza ed Onnipotenza»

6. Dissi Io: «Questa è davvero una domanda proprio puerile da parte tua! Io ti dico che egli è, come lo sei tu e tutti gli uomini e tutta la Creazione infinita, entrambe le cose contemporaneamente, per la ragione che nell’infinito intero non c’è, all’infuori di Me, nessun’altra realtà se non appunto i Miei Pensieri, Idee e Concetti. Questi ultimi vengono animati dal Mio Amore e mantenuti fissi in eterno dalla Mia Volontà. Ma quello che Io posso fare quale Dio, e che dalle eternità ho fatto e che eternamente farò anche in avvenire, lo potrete fare un giorno anche voi nel Mio Regno.

7. Ma che in voi uomini esistano tali capacità, lo potete rivelare facilissimamente ed esattamente dalle visioni più chiare che avete in sogno, perché in esse i vostri pensieri, idee e concetti interiori si fanno realtà e si rendono viventi e assumono pienissima forma, e voi con essi potete comportarvi come dinanzi a dei veri oggetti. Dunque, voi certo non vi rendete conto di come sia possibile che nei vostri sogni voi vi troviate in un mondo vero e proprio fra gli uomini, i quali spesso ragionano con voi molto saviamente e fanno questa e quella cosa; ma ciò per il momento non ha importanza. Quando voi, nella maniera che vi ho spiegato, sarete rinati nello spirito proveniente da Me, allora vi si renderanno chiari anche tutti i misteri della vostra vita e le loro cause. Nel frattempo voi potete accettare per chiarissima verità il fatto che qualsiasi fenomeno vitale nell’uomo è fondato su una ragione supremamente saggia e vera, perché altrimenti non si verificherebbe mai e poi mai nell’uomo.

8. Quando l’uomo muore secondo il corpo, allora l’anima, nel proprio essere, vive anche nello spazio, però essa allora non ha per suo appoggio e dimora alcun altro mondo all’infuori di quello che si è creata da se stessa e non ha più alcun rapporto sostanziale con questo mondo esteriore, dato che essa si rende conto in sé, con assoluta chiarezza, di come tutto il complesso del mondo materiale non sia altro che un giudizio necessario e difficile da sopportare e che una vita completamente libera e svincolata da legami sia infinitamente da preferire ad una vita legata da tutte le parti»

9. Disse allora Nicodemo: «Signore, una volta che sarò morto, la mia anima che continuerà a vivere non vedrà in eterno più nulla di questa Terra e vivrà invece in quel mondo che essa stessa si sarà creata; eppure su questa Terra e dentro di essa ci sono moltissime cose ancora che un’anima assetata di una conoscenza superiore avrebbe certo bramato di contemplare più intimamente! Così anche noi spesso osserviamo con grande bramosia il cielo stellato e ciò suscita in noi il desiderio di sapere più da vicino che cosa sono la Luna, il Sole, i pianeti e tutte le stelle e vorremmo anche scrutare le profondità dei mari. Ma se dopo la morte l’anima vivrà ed opererà solamente così in un luminoso mondo di sogni sorti dalla sua fantasia e se potrà comunicare soltanto, come hai detto, con delle figure umane apparenti, che sono pure un prodotto esclusivamente della sua propria fantasia molto eccitata, allora, secondo la mia debole opinione, l’anima destinata a continuare a vivere in eterno non potrà sentirsi particolarmente felice di continuare a ricordare pienamente le vicende passate. Ma se invece all’anima, dopo la deposizione del corpo, viene lasciata la memoria solo tutt’al più fino al punto in cui, come in un lucido sogno, riconosce il proprio “io”, ma non si ricorda più niente o comunque solo poco di quanto è veramente terreno dell’aldiquà, allora, senza dubbio, una simile anima può continuare a vivere del tutto serenamente, perché di quanto le sarà stato del tutto tolto assieme al corpo essa non avrà più alcuna brama in eterno. Io qui parlo così come comprendo questa cosa; Ti prego di darmi anche a tale riguardo un insegnamento più profondo»

10. Dissi Io: «Io vedo molto chiaramente che tu sei ancora molto debole, ma i tuoi concetti riguardo alla vita dell’anima dopo l’abbandono della sua carne sono ancora più aridi, tenebrosi e deboli dei tuoi sentimenti e delle tue percezioni interiori. DimMi semplicemente questo: “Dov’è e quand’è che un uomo vede di più con i suoi occhi naturali: in un carcere oscuro di notte o su di un’alta montagna libera da tutte le parti in un giorno terso e chiaro? E un uomo che, provvisto ormai di tutto, si trova sul monte in compagnia dei suoi migliori amici, sentirà la nostalgia del vecchio carcere tenebroso e avrà la brama di visitarne e di esplorarne gli oscuri angoli e le buche?”. Rifletti su questa Mia domanda, interroga il tuo sentimento e poi rispondiMi ed Io, non appena avrò la tua risposta, ti darò una luce maggiore riguardo ai tuoi dubbi!».

 

[indice]

 

Cap. 58

Anima e corpo. Condizioni nell’aldilà di un’anima materialista

La Luna e i suoi abitanti

 

1. Disse Nicodemo: «O Signore, questa domanda che Ti sei degnato di rivolgermi trova evidentemente immediata risposta già nel sentimento di ciascun uomo, poiché la risposta più chiara sta già nella domanda stessa e sarebbe certo quanto mai superfluo volere aggiungere una qualche altra risposta. Però, da quanto con ciò hai voluto indicarmi in piena Grazia, devo arguire che un’anima perfetta, dopo la deposizione del corpo, potrà contemplare tutta intera la Tua Creazione in una luce infinitamente più chiara di quanto le sarebbe mai stato possibile mentre viveva nel corpo e che una simile anima manterrà il ricordo di tutte le sue esperienze terrene passate e vissute con una lucidità molto maggiore di quanto avrebbe potuto mai essere il caso vivendo nel corpo. O Signore, ho risposto bene?»

2. Dissi Io: «Perfettamente, ed Io intendo indicarvene le ragioni, affinché con il tempo nessuno possa dire: “Sì, Egli, il Veracissimo, ci ha comandato di credere questo, e sarà certamente tutto così come Egli stesso ci ha insegnato, anche se non ci ha mostrato più precisamente il perché e il come di tali cose!”. No, non è in questo modo che voglio istruirvi! Perciò Io intendo, appunto, che vi sia dato di comprendere il Mistero del Regno di Dio. E così ascoltateMi dunque!

3. Il corpo, quale esso è, come materia morta non potrebbe di per sé mai né vedere, né udire, né sentire, né fiutare, né gustare senza un’anima vivente in esso. Dunque, esso non rappresenta che uno strumento necessario per l’anima, costruito e bene organizzato in modo da servire all’anima stessa per i suoi rapporti con il mondo esteriore. Essa così può, per mezzo del corpo, vedere e udire al di fuori e percepire l’ostile e il gradevole. Essa si può spostare da un luogo all’altro e può eseguire con le mani i più svariati lavori.

4. Ora, chi guida le membra del corpo è l’intendimento del cuore e la sua volontà, poiché il corpo, di per sé, non ha né intelligenza né volontà, a meno che l’anima, in seguito alle sue voglie mondane e sensuali, non trapassi essa stessa nell’elemento carnale e non si perda così tanto nella propria carne da perdere la coscienza del proprio “io” spirituale. Allora, certamente, anche tutto il suo intelletto e la volontà si rendono del tutto carnali con esso. Ma in questo caso l’anima è quasi completamente morta e ad essa appare un’assurdità apprendere qualcosa riguardo all’esistenza di una condizione autonoma puramente spirituale e di una vita spirituale dopo la morte del corpo.

5. Tuttavia, nemmeno una simile anima carnale muore veramente dopo la deposizione dolorosissima del corpo, ma continua a vivere nel mondo degli spiriti; la sua sopravvivenza, però, è poi altrettanto meschina quanto lo è la sua conoscenza e la coscienza di se stessa nella sfera puramente spirituale. Ora una simile anima poi certamente vive nell’aldilà solo in uno stato di sogno un po’ lucido e spesso non sa affatto di essere già vissuta una volta in qualche altro mondo, ma essa vive ed opera conformemente alla sua sensualità abituale, e se da parte di spiriti più illuminati, che le si rivelano, viene ammonita e istruita sul fatto che essa si trova in un mondo diverso e spirituale, allora essa certo non ci crede, e deride e schernisce coloro che vogliono mostrarle la verità.

6. Ci vuole un tempo molto lungo finché un’anima di questa specie, unificata con il mondo e con la carne, possa giungere ad un riconoscimento più chiaro. Però, man mano che va facendosi sempre più chiaro in essa, anche il ricordo ritorna secondo il grado della sua chiarezza, ed essa allora può anche vedere, udire e sentire quanto avviene sulla Terra, al di sopra e dentro di essa.

7. Ma se invece un’anima già qui, a questo mondo, si è del tutto completata mediante la rinascita spirituale e in questo modo già qui è pervenuta alla visione e alla percezione delle cose puramente spirituali e celesti, essa perviene così in sé anche alla percezione e visione giusta e pienamente vera di tutta la Creazione materiale e sa tutto quello che avviene perfino sulla Luna e sopra e dentro il Sole, cosa sono le stelle e a quale scopo sono state create e ciò che è sopra di esse e dentro di esse.

8. Quando però una tale anima perfetta viene liberata dal suo greve corpo, soltanto allora la sua visione si rende del tutto simile a quella di Dio e, se vuole, diventa capace di vedere tutto, di udire tutto, di sapere tutto e di percepire ogni cosa. Ma se è così, come può allora perdere tutti i suoi ricordi per il fatto che, a somiglianza di Dio, essa stessa può essere e anche sarà creatrice del proprio mondo?

9. Ma affinché tu veda e ti renda conto ancora più profondamente del fatto che quanto ora ti ho spiegato ha la sua pienissima realtà, Io renderò libera la tua anima per qualche istante come pure l’anima di qualcun altro fra i presenti, e in tale condizione tu potrai poi dire quanto avrai visto, udito e percepito. E così avvenga!»

10. In quel momento, diversi fra i presenti vennero indotti in uno stato magnetico e lucido ed essi si trovarono dapprima in una regione a loro sconosciuta che però a tutti piacque immensamente, al punto che Mi pregarono di lasciarli restare sempre in quel luogo celestialmente bello, perché non desideravano ormai più fare ritorno su questo mondo terreno.

11. Io chiesi a loro, però, se vedevano anche questo mondo.

12. Allora tutti risposero: «Sì, Signore, ma lo vediamo come dietro di noi e lo vediamo pure come da parte a parte!»

13. Io domandai loro se vedevano la grande città di Roma.

14. Tutti affermarono di vederla e descrissero tutto ciò che vedevano in essa.

15. Quando i romani, che erano li presenti, ebbero udito questo, non la finirono più di meravigliarsi per la maniera precisa e fedele in cui gli uomini immersi nella contemplazione estatica descrivevano l’aspetto di Roma, anche se nessuno di tali uomini era mai stato a Roma, né aveva mai visto una raffigurazione di questa città.

16. Ed Io domandai loro se vedevano anche i paesi situati all’estremo Oriente dell’Asia.

17. E tutti loro diedero la risposta: «Sì, Signore, noi vediamo anche quello che davvero è all’estremità finale di questa grande parte del mondo, poiché più oltre, ad Oriente, non vediamo altro che solo acqua e acqua ancora, ad eccezione di alcune isole! Ma questo è un grande regno e noi vediamo pure una città immensamente grande che è racchiusa dentro a mura lunghe una giornata di viaggio e al suo interno c’è una quantità innumerevole di abitanti!»

18. Dissi Io: «Come sono vestiti?»

19. A questo punto essi descrissero brevemente ed esattamente la foggia di vestire di quella gente, e uno dei vecchi farisei, divenuti greco-ebrei, si meravigliò molto sentendo questo, dato che altre volte egli aveva avuto occasione di vedere dei cinesi nell’estrema parte orientale dell’altipiano dell’India.

20. Dopo ciò Io lasciai che rivolgessero il loro sguardo sulla Luna ed essi descrissero in breve questo mondo brullo dall’aspetto triste, nel quale, all’infuori di alcuni gruppi di coboldi[17]  di colore grigio, che apparivano tristi, non scorgevano nulla. Non risultava esserci albero e nessuna erba, e così nemmeno un animale.

21. Dopo Io li ridestai, lasciando loro però il completo ricordo di tutto quello che avevano visto.

22. Quando poi si ritrovarono del tutto nel loro stato naturale, Nicodemo disse: «Signore! Questa è certamente una meraviglia delle meraviglie! Noi eravamo qui e vedevamo benissimo Te e tutti gli altri, e tuttavia vedevamo pure con assoluta esattezza e chiarezza tutto quello che abbiamo descritto, ed ora ho provato io stesso davvero come la visione dell’anima libera sia indescrivibilmente più chiara di quella che è congiunta con il corpo. Ma non solo noi scorgevamo tutto più chiaramente, sia che fosse vicino quanto lontanissimo, ma anche udivamo tutto. Quando guardavamo un albero o una casa o una nave in mare, oppure anche un uomo o un animale, li vedevamo con precisione nella loro forma naturale esteriore, ma noi vedevamo tutto anche da parte a parte, nonostante l’oggetto non fosse affatto trasparente.

23. Anzi, negli uomini noi vedevamo perfino i loro pensieri, i quali all’inizio si rendevano visibili nei loro cuori sotto forma di minutissime immagini. Quando questi salivano al capo, come uno sciame di zanzare, si facevano più chiari e più marcati, poi ridiscendevano al cuore dove assumevano dimensioni maggiori e più precise e ben presto uscivano fuori dalla sfera umana individuale, si ingrandivano man mano sempre di più e infine formavano un vero e proprio mondo intorno all’individuo. Negli animali, invece, non rilevammo niente di simile.

24. Ma che cosa si deve pensare della Luna così misera? Che essa sia un mondo materiale questo è certo, ma è così brulla, deserta e desolata come la più alta cima del monte Ararat! Chi sono dunque quei miseri piccoli coboldi grigi? Essi hanno una figura simile a quella di un uomo, ma sembrano comunque appartenere piuttosto ad una specie animale di quel mondo, nonostante, in un certo qual modo, appaiano piuttosto come degli esseri spirituali più che degli esseri materiali. Infatti ho osservato che uno di quei coboldi ora si ingrandiva di molto, ora si rimpiccioliva tanto da sembrare una bamboletta. Ora, se un coboldo di questa specie fosse esclusivamente materiale, a me pare che un simile ingrandirsi e rimpicciolirsi del suo corpo non dovrebbe essere tanto facilmente possibile. Dunque, Signore e Maestro, cosa si deve pensare della Luna?»

25. Dissi Io: «Questa cosa, amico Mio, la saprai sempre abbastanza per tempo, e puoi affrontare l’argomento con i Miei discepoli i quali ne sono già perfettamente a conoscenza. Io però ho delle cose molto più importanti da mostrarvi e da dirvi ancora, ma questo solo dopo colazione. Adesso, però, di certo saliranno subito qui i trenta greci, faranno colazione e parleranno di varie cose con quel giovinetto. Essi arriveranno in anticipo per la ragione che le apparizioni di stanotte li hanno messi in grande agitazione»

26. Disse Nicodemo: «Benissimo, benissimo, Signore e Maestro, sia fatto soltanto come Tu vuoi! Tuttavia questo soltanto ancora desidererei sapere prima: chi è mai questo giovinetto prodigiosamente magnifico, da dove viene e come si chiama?»

27. Dissi Io: «Questo lo apprenderai in questa occasione! Il suo nome è Raffaele»

28. Disse Nicodemo: «Ma questo, secondo l’antica Scrittura, è il nome di un arcangelo! È forse egli addirittura l’arcangelo stesso? Se così fosse, mi potrebbe assalire un grande timore! Sì, sì, già dall’inizio ho detto che era così!»

29. Dissi Io: «Ed Io non ti ho contraddetto, ma ho appena spiegato a te e a voi tutti che cosa e chi è un angelo di Dio. Ma se è così, perché dovresti avere timore di quest’angelo, dato che tu stesso sei chiamato a diventare un arcangelo? Affinché tu possa liberarti da ogni dubbio su questo angelo, sappi che egli è lo spirito di Enoch! Il suo corpo adesso è Mia Volontà. E perciò anche ti dissi che nei Cieli non vi sono, né mai vi saranno, altri arcangeli all’infuori di quelli che prima hanno vissuto nella carne su di un qualche corpo mondiale. Ma ora non parliamo più oltre, perché i greci stanno già per arrivare! Che ciascuno di voi non Mi riveli dinanzi a loro! Ora, in questo momento, non è ancora giunto il tempo per loro di conoscerMi!».

30. Allora Io Mi ritirai, e i greci presero posto nella tenda più vicina. È superfluo menzionare che per i trenta greci la colazione era già pronta sulla mensa nella tenda. Essa venne presto consumata da loro.

 

[indice]

 

Cap. 59

La vera adorazione di Dio

 

1. Terminata la colazione, uno dei greci, quello appunto che la sera precedente conduceva per lo più la discussione, uscì fuori all’aperto dirigendosi verso Lazzaro e Raffaele e voleva subito cominciare a parlare, ma fu tanto colpito dalla bellezza dell’angelo che rimase come muto e pietrificato e non poté dire nemmeno una parola.

2. Dopo qualche tempo di immenso stupore egli disse, come parlando a se stesso: «Sì, sì, questo è proprio un Olimpo dove dimorano gli dèi! Se non mi aveste insegnato ieri che c’è un unico vero Dio, io dovrei considerare te, giovinetto prodigiosamente incantevole, incontestabilmente per il nostro dio Apollo. Ma poiché secondo la vostra affermazione, certamente verissima, non esiste che un solo vero Dio del Quale voi evidentemente siete i figli, tu, graziosissimo giovinetto, devi essere senza dubbio un Suo figlio prediletto. Ed essendo voi certamente dei figli di Dio e quindi immortali, come noi crediamo che siano gli dèi, permettete che noi, uomini mortali, vi adoriamo e accogliete da noi in grazia un’offerta!»

3. A questo punto i greci trassero dalle borse, che ognuno aveva portato con sé, delle monete d’oro romane e volevano deporle ai piedi dell’angelo come un’offerta.

4. Però l’angelo disse: «Miei cari amici, riponete pure subito il vostro oro là dove l’avete preso! Infatti, vedete e ascoltate quello che ora vi dirò: “I veri dèi non si lasciano adorare dall’uomo né prendono delle offerte materiali da lui; la volontà degli dèi, supremamente saggia e amorevole, è invece, per quanto riguarda voi uomini del mondo, che voi crediate solo in un unico, vero Dio, eterno ed onnipotente e che Lo amiate con tutte le forze della vostra vita, e che amiate il vostro prossimo come ciascuno di voi ama se stesso”. Quest’ultimo insegnamento significa: “Quello che desideri ragionevolmente che il tuo prossimo faccia a te, fallo anche tu a lui!”.

5. Se voi tenete a cuore ciò, se ci credete e operate conformemente, così facendo voi anche adorate l’unico vero Dio nella maniera più degna e confacente, e nello stesso tempo Gli offrite quel sacrificio che unicamente Gli è gradito. E se voi, uomini del mondo, farete così, allora l’unico vero Dio accoglierà pure voi, al pari di noi, come Suoi figli immortali, e la forza e la potenza della morte si ritirerà dalle vostre anime.

6. L’adorazione con le labbra e i sacrifici di ogni tipo e specie sono tutti una maligna invenzione dei sacerdoti e dei re, perfidi e avidi di dominio. Essi si fanno sommamente onorare e pretendono le più smisurate offerte dagli uomini ai quali vanno continuamente urlando negli orecchi che essi sono sempre dei grandi peccatori e che perciò devono offrire grandi sacrifici agli dèi, altrimenti questi li visiteranno con grandi e gravi piaghe. Ma la mala genia dei sacerdoti non si comporta così per amore degli dèi, ma esclusivamente per l’amore di se stessi, per diventare ricchi e potenti e per poter rendere sempre più schiava la misera e cieca umanità.

7. Il vero Dio, invece, vuole solo che tutti gli uomini si amino tra di loro come fratelli, che camminino liberi e non schiavi sulla Terra, e che per la grazia dell’unico e solo vero Dio crescano sempre in sapienza in tutte le cose. Ed ora, poiché dalla mia bocca avete appreso in tutta sincerità e verità quello che l’unico vero Dio richiede dagli uomini, riprendete il vostro oro, perché di questo fango della terra i veri uomini e il vero Dio non hanno in eterno affatto bisogno!»

8. Allora i greci si ripresero le loro monete e le riposero nelle loro borse.

9. L’oratore però, in tono molto cordiale, disse: «O mio uomo divino, degno del massimo amore, le tue parole sono state vere, soavi e dolci come miele vergine e noi anche le seguiremo! Ma se tu assolutamente non accetti offerte, non mi è tuttavia chiaro perché voi accettate da noi uomini del denaro in pagamento delle bevande e dei cibi certo squisitissimi! A che cosa può servire a voi il denaro?»

10. L’angelo, sorridendo, disse: «L’accontentare voi uomini della Terra riesce difficile anche a un Dio! Ma ieri sapevate forse che noi qui siamo dei figli di Dio? No, voi ieri non lo sapevate e ci reputaste dei comuni uomini che si fanno pagare i cibi, le bevande e il servizio. Ma dato che noi questo lo sapevamo, abbiamo fatto anche noi precisamente quello che fanno gli uomini, e ieri sera ci sono volute molte parole e prove per farvi cambiare opinione riguardo a noi.

11. Ma considerato che voi ora sapete con chi avete a che fare qui, avete dunque anche mangiato e bevuto senza che nessuno vi abbia chiesto ancora un soldo, né ora nessuno ve lo chiederà.

12. Vedete, qui la cosa sta in questi termini! Da noi soltanto gli stranieri pagano dazi, mentre secondo l’antica nostra Legge i nativi del luogo ne sono esenti. Però è straniero chiunque non conosce il nostro Dio e le Sue Leggi ed è invece un servitore degli idoli. Chi invece crede nel nostro unico e solo vero Dio, conosce le Sue Leggi, in queste crede, e vive, agisce ed opera conformemente alle stesse, egli è un nativo del luogo, e presso di noi, veri ebrei, è esente da dazi e da tributi.

13. Certo, da noi ormai ci sono molti i quali, pure essendo ebrei, non credono più in nessun Dio e non osservano più le Sue Leggi, ma vivono ed operano esclusivamente secondo i loro desideri. Questi sì che pretendono dazi e tributi tanto dalla gente del paese quanto dagli stranieri; da parte nostra però essi vengono considerati e trattati pure come stranieri e non più come nativi. Ti è chiaro questo, ora?».

 

[indice]

 

Cap. 60

I greci sulla via per il solo vero Dio

 

1. Disse il greco: «Oh, adesso sì devo ammettere apertamente che questa è davvero una istituzione splendidamente divina! Ma considerato che adesso siamo in argomento, vorremmo pregare voi, veri uomini-dèi, di spiegarci un po’ quale significato avrebbero avuto le apparizioni luminose notturne. Ancora oggi tutta la città è in grande agitazione a causa di ciò e la maggior parte dei mercanti forestieri ha abbandonato la città già durante la notte con le scorte delle loro merci, perché non sapevano quali conseguenze avrebbe potuto eventualmente avere questa stessa apparizione già da subito. Oltre a ciò nessuno è più disposto a comperare alcuna cosa e tutti sono pieni di paura in attesa degli spaventosi avvenimenti che potrebbero sopraggiungere su questa città e su tutto il paese d’Israele particolarmente a seguito alla seconda apparizione. Anzi, noi pure, qualora ieri non vi avessimo conosciuti più da vicino, ci troveremmo già da lungo tempo molto lontani da qui. Ma noi ci ricordammo di voi e ci consolammo al pensiero che noi avremmo certamente potuto ottenere oggi da voi una spiegazione sufficiente. E così dunque vi preghiamo per questo!»

2. Disse l’angelo: «Guardate noi e tutte le altre persone che sono qui, e non scorgerete da nessuna parte un qualche timore o un’agitazione d’animo! Ma perché questo? Perché noi sappiamo e conosciamo benissimo cosa significa questa apparizione. E noi lo sappiamo e conosciamo facilmente per la ragione che siamo veggenti nella Luce di Dio; quelli laggiù, invece, sono ciechi, non vedono e non comprendono niente riguardo a ciò, e il loro grande spavento è appunto perciò anche una giustissima punizione della loro ostinata cecità e perfidia.

3. Le apparizioni non sono che annunciatrici di bene per i buoni, ma anche di male per i perversi, quindi, dalle apparizioni, i buoni non devono attendersi che del bene e possono restare di animo lieto e sereno. Basta che voi pure diventiate uomini buoni conformemente agli insegnamenti dati da me oggi e voi pure non potrete aspettarvi che del bene tanto qui quanto nell’aldilà! Ma se avete ben compreso queste cose, voi potete già ora essere lieti d’animo; e di più intanto non vi occorre, poiché quello che vi ho detto è una pienissima verità»

4. Disse l’oratore: «O giovane amico, tanto grazioso e nello stesso tempo tanto sapiente! Noi tutti per bocca mia ti ringraziamo, perché tu e l’amichevole albergatore, che probabilmente è tuo padre oppure qualche tuo parente molto stretto, ci avete ieri sera fedelmente promesso di farci conoscere oggi più da vicino l’unico vero Dio, ed ora avete anche mantenuto onestamente la vostra promessa. E dunque anche noi adesso siamo tranquilli e del tutto lieti, e vi ringraziamo ancora una volta di tutto cuore e vi promettiamo, su quanto abbiamo di più caro, che seguiremo gli insegnamenti avuti il più scrupolosamente che ci sarà possibile.

5. Tuttavia noi avremmo ancora una domanda e poi ce ne andremo del tutto in silenzio da qui. Laggiù voi pure avete un Tempio nel quale, a quanto abbiamo saputo, viene venerato l’unico vero Dio degli Ebrei. Ma che ne è di quel Dio? C’è forse qualcosa di vero in ciò? È Egli forse l’identico Dio che tu ci hai fatto conoscere oggi, oppure si tratta semplicemente di un idolo morto simile ai moltissimi che vengono venerati da noi?»

6. Raffaele disse: «Una volta in quel Tempio veniva certo adorato il Dio unicamente vero e agli uomini venivano predicati i Suoi Comandamenti, e coloro che agivano in modo contrario a tali Comandamenti venivano esortati da parte dei ministri di Dio a ravvedersi, a fare penitenza e a rivolgersi nuovamente a Dio dal Quale si erano allontanati in seguito ai loro peccati. Allora i peccatori lo facevano e la Grazia e l’Amore di Dio ritornavano in loro, mentre chi non lo faceva, veniva punito da parte di Dio con l’essere privato della Sua Grazia, molte volte questa privazione durava per tutta la sua vita. Essi dovevano passare per molte sofferenze e quando, infine, la morte veniva su di loro, non avevano alcun conforto e morivano fra grandi dolori, con un’angoscia e uno spavento immensi. Ma coloro che osservavano i Comandamenti di Dio non perdevano mai la Sua Grazia, si mantenevano sani e godevano di una vita serena in Dio e la morte del corpo non aveva niente di spaventoso per loro, perché non era accompagnata da nessuna angoscia e da nessuno spavento.

7. Però oggi non è più così come allora, perché i ministri di Dio sono diventati dei puri e semplici uomini del mondo. È vero che essi portano nelle loro bocche ancora il Nome dell’unico vero Dio, ma nei loro cuori tuttavia non hanno più nemmeno una scintilla di fede in Lui e neppure una scintilla d’amore per Lui, e perciò ora sono colmi di tenebroso ateismo al pari del loro Tempio. È per questo che in questa notte da parte di Dio è pure stato preannunciato a loro quello che devono aspettarsi per il loro totale ateismo. Per questa ragione prima vi ho detto che da queste apparizioni i buoni non hanno da attendersi che del bene e solo gli uomini perversi e atei hanno da attendersi il male.

8. Laggiù però, come pure in tutto intero il paese, vivono pure degli ebrei che sono tali per nascita, ma nella loro fede e nelle loro opere sono peggiori dei più tenebrosi pagani, e perciò verrà tolta loro ogni grazia ed ogni Luce vitale interiore proveniente da Dio e verranno date ai pagani. Con ciò io vi ho detto già qualcosa riguardo all’unico e vero Dio e voi potete annunciare ai vostri di casa e anche ai vostri parenti e amici quello che avete appreso e visto. Però fra pochi anni da parte nostra verranno inviati a voi dei messaggeri, i quali vi insegneranno più ampiamente e diffusamente le verità provenienti da Dio, colme di Luce e di Forza.

9. Ed ora che avete appreso queste cose da me, che sono pure un messaggero di Dio, potete nel Nome dell’unico e solo vero Dio ritornare in pace al vostro paese e qualora, attraversando il mare, foste colti dalla tempesta, invocate aiuto dall’unico e solo vero Dio e la tempesta si placherà immediatamente, e poi durante tutto il lungo viaggio non dovrete più affrontare delle avversità! E ciò vi servirà da testimonianza del fatto che l’unico e solo vero Dio con la Potenza e Forza del Suo Spirito è dappertutto presente come Signore di tutta la natura e di ogni elemento, e del fatto che tutte le forze della natura albergano nella Forza onnipotente della Sua Volontà»

10. Allora i greci ringraziarono molto l’angelo per tale insegnamento e per tale promessa.

11. Tuttavia, prima di disporsi a continuare il viaggio, l’oratore domandò: «Giovane amico carissimo e colmissimo della Forza di Dio! Ma sei certo che l’unico e vero Dio, il Quale forse si trova qui fra voi certo sotto spoglia umana come la tua, si accorgerà se noi, ben lontani da ogni spiaggia in mezzo al grande mare, ci troveremo in difficoltà a causa della violenta tempesta?»

12. Disse l’angelo: «Se già io ne sono a conoscenza, tanto più lo sarà lo Spirito altissimo di Dio! Vedi, io, quale ebreo che si trova ora dinanzi a te, non sono mai stato di persona ad Atene dove voi dimorate e tuttavia nel mio spirito so proprio tutto ciò che si trova in tutta la vostra grande città e so anche tutto quello che c’è e che accade in ogni momento nella tua casa! Mi credi?»

13. Disse il greco un po’ imbarazzato: «Oh sì, io certo voglio credere che ti sia possibile sapere tutte le cose che hai detto grazie al tuo prodigiosissimo potere interiore, però sotto la mia grande dimora si trova…»

14. L’angelo completò la frase: «... una catacomba, e in essa tieni in serbo una grande quantità di oro, di argento e di pietre preziose che i tuoi corsari audaci e furbi hanno portato via ad una nave mercantile romana sette anni fa. Secondo la nostra Legge un’azione simile costituirebbe un peccato gravissimo al cospetto di Dio, perché tu non devi fare al prossimo quello che non vorresti mai che il prossimo facesse a te! Tu però, allora, non conoscevi ancora la Legge del nostro Dio e per la rapina felicemente riuscita offristi al tuo dio Mercurio un’offerta e non potesti peccare contro la nostra Legge divina perché essa ti era completamente sconosciuta.

15. In avvenire però tu, come pure voi tutti, non dovete più esercitare un mestiere di questo genere, poiché, qualora esercitaste nuovamente ciò, la Grazia dell’unico e vero Dio non vi spetterebbe più. Allo stesso tempo voi pure siete anche soggetti alle savissime leggi statali di Roma le quali proibiscono rigorosamente il furto e la rapina. Se vi atterrete alle leggi statali di Roma, non sarà facile per voi peccare contro i Comandamenti di Dio. Comprendi tu ciò?»

16. Disse il greco: «Io ormai vedo che a voi, veri figli dell’unico vero Dio, niente è sconosciuto, e se io allora fossi stato, come lo sono ora, a conoscenza delle vostre Leggi puramente divine, una simile rapina non sarebbe mai stata commessa, come d’ora innanzi non verrà più commessa; considerato però che nessuno a questo mondo può fare in modo che una cosa fatta non sia stata fatta, allora io ti domando ora che cosa dovrò fare dei tesori depredati!»

17. Disse l’angelo: «Colui che facesti depredare dei tesori è, ad ogni modo, molto più ricco di te; di conseguenza egli non ha bisogno di questi tesori. Ma nel vostro paese voi avete moltissimi poveri ai quali voi potete fare del bene. Infatti così parla Dio, il Signore: “Quello che voi fate ai poveri, l’avete fatto a Me ed Io vi compenserò già qui e il centuplo nel Mio Regno!”. Mettete dunque a profitto i vostri tesori che avete in sovrabbondanza e divideteli fra i poveri a voi noti, e in questo modo potrete riscattare i vostri peccati dinanzi a Dio e agli uomini! E adesso potete andarvene in pace da qui!».

18. I greci allora ringraziarono ancora una volta e cominciarono a partire.

 

[indice]

 

Cap. 61

Dall’alimentazione degli angeli a quella dell’Universo.

Accenno al sesto e settimo libro di Mosè

 

1. Frattanto la colazione era già stata preparata, e Lazzaro venne da Me e invitò tutti a colazione. Allora noi entrammo subito in casa e consumammo presto il pasto.

2. In questa occasione il nostro Nicodemo si meravigliò vedendo anche l’angelo mangiare e bere con gusto e Mi domandò se anche gli spiriti del Cielo mangiano e bevono come gli umani materiali su questa Terra.

3. Io dissi: «In primo luogo tu stesso vedi che questo spirito mangia e beve come mangio Io stesso, che pure sono nella Mia Essenzialità lo Spirito supremo. Ma se questo spirito deve, per il tempo della sua permanenza qui, avere egli pure un corpo per rendersi visibile a voi, deve altresì nutrire con del cibo di questa Terra questo suo corpo, per quanto di natura tenue ed eterea esso sia, per poter restare visibile per voi finché è necessario, ma quando non sarà più necessario, allora egli stesso dissolverà il proprio corpo in un rapidissimo istante e poi, quale spirito puro, non sarà più visibile a voi.

4. Nel Cielo degli spiriti puri si mangia e si beve, ma spiritualmente e non materialmente. Ora il Cibo spirituale consiste nel puro Amore e nella Sapienza proveniente da Dio. Questi compenetrano l’infinità intera e nutrono tutti gli innumerevoli esseri e anzitutto precisamente gli spiriti e poi, per mezzo di questi, tutta la Creazione materiale partendo in primo luogo dallo sconfinato spazio dell’etere, dentro il quale fluttuano in numero sterminato le miriadi di soli e di pianeti o terre come i pesci nel mare e come gli uccelli nell’aria. Dall’etere poi ottengono il necessario nutrimento i corpi mondiali e dai corpi mondiali anche tutte le creature su di essi e in essi. Trattandosi dei corpi mondiali è anzitutto l’aria che viene nutrita dall’etere che la circonda da ogni parte e tramite essa viene nutrito il corpo mondiale. Ebbene, hai ben compreso adesso anche questo?»

5. Disse Nicodemo: «Sì, certo, Signore e Maestro, però nella misura in cui un debole uomo può comprendere simili cose dalla Tua illimitata Sapienza! Un giorno, quando io sarò più spirituale, allora arriverò certo anche a comprendere con maggiore chiarezza simili cose spirituali. Però adesso mi manca ancora molto, dato che non so veramente cosa sia uno spirito puro e quale aspetto esso abbia come tale, e nemmeno so che divario ci sia fra etere e aria, né ho assolutamente alcun concetto di che cosa propriamente sia un sole, quanto grande sia la sua massa corporea e quale distanza lo separi dalla Terra. Fra l’altro Tu hai parlato di vari soli, dei quali la Tua Sapienza certamente saprà cosa sono; ma io come potrei saperlo?! Ammesso pure che io conosca con tutta precisione e chiarezza le cose di questo mondo, non è possibile che io sappia qualcosa di ciò che ha relazione con il puramente spirituale, per la ragione che esso non è accessibile ai nostri sensi materiali e quindi è e rimane incomprensibile al nostro intelletto.

6. Che cos’è uno spirito? Che figura ha e dove e come vive? Queste sono domande che mai potranno venire risolte in maniera sufficiente da nessun mortale. Ho ragione oppure no?»

7. Dissi Io: «Oh sì, qui tu hai parlato giustissimamente; infatti finché l’uomo resta mortale, egli delle tue quattro domande non sarà certo in grado di capire neanche la più chiara delle risposte. Ma quando, per effetto dell’osservanza della Mia Dottrina, sarà pervenuto alla rinascita dello spirito e così all’immortalità, allora egli troverà già in sé la risposta chiara come il Sole alle domande un po’ particolari da te poste, poiché soltanto lo spirito compenetra se stesso e così pure le profondità spirituali in Dio, come vi ho mostrato ieri notte in modo abbastanza chiaro. Siccome però la tua memoria non è delle più forti, tu allora domandi adesso nuovamente di cose che sono state senz’altro chiarite da Me il più possibile. Ma se tu non sei in grado di afferrare e capire già le cose di questo mondo, non devi meravigliarti se meno ancora riesci a comprendere le cose e i rapporti spirituali e celesti.

8. Perché avete ripudiato il sesto e il settimo libro di Mosè e l’appendice profetica, e li avete messi da parte senza mai leggerli? Là dentro sono contenute moltissime cose che vi avrebbero dato una luce assai chiara su quello che riguarda il cielo stellato e il mondo degli spiriti e la sua essenza! Fa in modo di rintracciare quei libri e leggili, così vedrai che poi si farà già più luce nel tuo cuore! Ci sarebbe forse una materia senza che la forza e la volontà degli spiriti la creassero, la governassero e la mantenessero?».

 

[indice]

 

Cap. 62

Il valore del libero arbitrio dell’uomo

Le esperienze dell’aldilà dei profeti

Del divenire beati

 

1. Disse Nicodemo: «Sì, sì, Tu solo hai ragione in eterno e noi, uomini, non possiamo avere ragione, dato che in noi non c’è verità, né sapienza, né autentica forza vitale! E tuttavia per l’uomo circondato da ogni parte dal mondo è e resta sempre un compito quanto mai arduo svincolarsi completamente dal mondo e così poi trapassare del tutto allo spirituale. Una volta che l’uomo sia diventato cieco, poco o niente gli può giovare il semplice ascolto degli insegnamenti anche più savi, se egli non perviene alla verità delle cose spirituali attraverso le proprie contemplazioni e le proprie esperienze.

2. Ma se solo una singola persona riesce a fare per sé delle esperienze mentre migliaia di persone accanto ad essa non ci riescono, nemmeno questo può giovare molto all’umanità, perché in questo modo si trova nelle condizioni di dover semplicemente credere all’unica persona che ha fatto delle esperienze senza però poter mai trovare in sé una conferma evidente di ciò che è costretta a credere. Ah, ma ben altra cosa sarebbe se tutti gli uomini potessero contemplare e fare le proprie esperienze; allora senza dubbio si progredirebbe con la formazione puramente spirituale dell’umanità!»

3. Dissi Io: «Tu ora giudichi le cose spirituali come un cieco il quale volesse giudicare i colori! La Mia opinione invece è che, appunto, Colui che ha creato gli uomini saprà rendersi conto meglio di qualsiasi altro della posizione che gli uomini debbono occupare e del modo in cui debbono essere trattati, affinché essi possano prima o poi raggiungere quella Meta che Egli ha stabilito per loro! Io ora ho operato per voi dei segni che vi hanno costretto a credere che appunto Io, e in eterno mai altri, sono il Messia promesso. Però in realtà questa costrizione non serve per la salvezza delle vostre anime, ma voi diverrete beati soltanto se vivrete secondo la Mia Parola.

4. CrediMi: “Se Io di voi, creature umane, volessi fare delle macchine, allora ciò Mi costerebbe un solo Pensiero congiunto con la Mia Volontà, e tutto il Tempio, tutta Gerusalemme e tutto il paese intero dove dimorano gli ebrei non potrebbe riconoscerMi per qualcos’altro se non per il Messia-Jehova Zebaoth!”. Ma gioverebbe questo a tutti gli ebrei e a tutti i pagani? Io ti dico: “In verità non di un capello di più di quanto potrà giovare a questa ciotola di legno il fatto che, come subito vedrai, essa comincerà a muoversi di qua e di là in tutte di direzioni secondo la Mia Volontà!”.

5. Vedi, la ciotola ora ha già vita e si libra intorno nell’aria come un uccello! Vorresti ora scambiare la tua esistenza con la sua? Ecco: essa è del tutto animata e può muoversi in ogni direzione; però non ha alcuna coscienza di sé, ma è la Coscienza assolutamente a Me propria a compenetrarla e a renderla vivente. Tu puoi rivolgerle perfino delle domande, ed essa ti risponderà senza avere né bocca né lingua. Ma potresti mai credere che la ciotola vive per sé ed è capace di saggi pensieri e parla senza avere la bocca e la lingua?

6. Sennonché Io ti dico di più ancora: “Per effetto della Mia Onnipotenza, Io posso conservare per l’eternità a questa ciotola la sua vita apparente. Ma potrà essa per questo giungere ad una vita propria, autonoma e libera qual è appunto la Mia? Mai in eterno! Infatti, finché Io la mantengo vivente con la Mia pura Potenza, essa è in sé come se fosse completamente morta, poiché la sua vita apparente non è altro che la Potenza della Mia Volontà in essa, e quindi non è che la vita a Me supremamente propria! Se Io ritraggo questa Mia Potenza, allora ricompare la morte antica e il necessario e antico giudizio di tutta la materia, e poi tu non potrai più scoprire in essa alcuna vita per quanto essa vada tuttora muovendosi gaiamente di qua e di là”.

7. E vedi, appunto una simile vita avrebbero gli uomini qualora Io li costringessi con la Mia Onnipotenza o con segni di questa specie in modo che all’uomo non resterebbe alcuna libertà di pensiero. E quindi per l’uomo una libera mancanza di fede rappresenta qualcosa di infinitamente migliore di una fede estorta per mezzo di prodigi, poiché la libertà del volere assolutamente completa e autonoma nell’uomo è il grande Piano di Dio nell’uomo. L’uomo può senza alcun pregiudizio venire istruito da Dio riguardo a ciò che egli deve fare per arrivare in sé alla completezza della vita, ma è necessario che egli non vi venga mai costretto con la forza, né da parte di Dio né da parte di un qualche spirito. Infatti, se accadesse questo, l’uomo è giudicato e quindi è in sé completamente morto, e come essere libero e autonomo non esiste più affatto.

8. Ed ora vedi, appunto per questa ragione quelle certe visioni ed esperienze nel regno degli spiriti puri da te desiderate vengono concesse da parte Mia il più raramente possibile; e se ogni tanto esse vengono concesse a singoli uomini che a questo scopo sono scelti, come è il caso dei profeti, ebbene, sono appunto soltanto questi individui prescelti - i quali sono dall’Alto ed hanno già compiuto la prova della vita nel corpo su di un altro mondo - che devono avere simili visioni e devono fare simili esperienze dell’aldilà, dato che ciò non può mai recare danno né a loro né d’altro canto al loro prossimo, poiché quest’ultimo può credere ai profeti soltanto se lo vuole credere. Ma se gli altri non vogliono credere, ciò che purtroppo avviene il più delle volte, essi restano ad ogni modo completamente liberi nel loro modo di pensare e nella autodeterminazione delle loro azioni, e ciò comunque giova loro evidentemente di più della costrizione esteriore, o addirittura interiore, ad avere fede.

9. L’uomo può diventare beato unicamente per mezzo di Dio e in Dio, però solamente in quanto egli, di sua volontà, abbia fatto sua la Volontà di Dio e si sia unificato nella sua coscienza in un certo modo con Dio. Ma se invece Dio togliesse all’uomo la sua libera volontà e la sostituisse nel cuore umano con la Sua Volontà per effetto della Sua Onnipotenza, l’uomo, come già detto, risulterebbe in sé e per sé completamente morto, perché allora sarebbe esclusivamente la Volontà onnipotente di Dio imposta all’uomo quella che vivificherebbe l’uomo stesso, precisamente così come ora la Mia onnipotente Volontà ha dato vita a questa ciotola. Ma Dio ha creato l’uomo e gli ha donato la vita e lo ha costituito in modo che egli possa svilupparsi gradatamente da se stesso, e questo è un procedimento tanto saggio che l’uomo non può immaginarsi niente di più saggio con tutta la sua ragione e con tutto il proprio intelletto. Ed Io ora credo di avervi spiegato questa cosa con sufficiente chiarezza; se tu dunque comprendi ciò, alziamoci da tavola e rechiamoci di nuovo fuori all’aperto e vediamo quali novità ci sono fuori!».

 

[indice]

 

Cap. 63

Il popolo e i templari

 

1. A questo Mio invito tutti si alzarono da tavola e Mi seguirono all’aperto, precisamente fino al posto dove già ci eravamo radunati prima di colazione. Da quel punto si vedeva, nella direzione di Emmaus, una piccola borgata nelle vicinanze di Gerusalemme. Da Gerusalemme c’erano molte strade che conducevano là, ma erano tutte dei sentieri per viandanti; non c’era infatti una strada carraia, ad eccezione di una strada che però comportava una deviazione così grande che si faceva molto prima ad andare a piedi per i sentieri che non con un mezzo di trasporto appunto per tale strada. In quel giorno, di giovedì, la gente affluiva continuamente in massa in quella località, perché in questo posto, precisamente in quella giornata, si teneva il mercato del pane e la gente vi accorreva per rifornirsi di pane di solito per una settimana. Però, in seguito alle apparizioni luminose della notte prima, il pane non era stato quasi neanche cotto; e tutta quella gente era affluita là appunto per provvedersi di pane!

2. Quando il nostro Nicodemo ebbe appreso da Me come stavano le cose, egli disse: «O Signore e Maestro, la faccenda si metterà male, perché in quella località si trovano appunto i panifici del Tempio che rendono a questo mille denari romani d’argento la settimana, ed oggi niente pane, mentre il popolo reclamerà con veemenza per averne! Oh, si arriverà a delle sommosse che saranno ben difficili da evitare! Cosa mai si potrà fare? E la cosa brutta è che spetta proprio a me la sorveglianza di questi panifici del Tempio di Emmaus e sono responsabile verso il Tempio per la regolare e puntuale preparazione di una sufficiente quantità di pane! Ohimè, ohimè, questa storia veramente non si presenta buona! O Signore e Maestro, cosa si potrà fare ora? Dove procurarsi adesso il pane per tanta gente? Tu, Signore, potresti aiutarmi se tale fosse la Tua santa Volontà!»

3. Io dissi: «Aiuto ti sarà anche dato, tuttavia Io dico a te e a voi tutti che, se voi non vedete continuamente segni e miracoli, non credete nemmeno se le verità dette sono tanto evidenti da poterle afferrare con una mano come tali! Il popolo, a causa della mancanza di pane, non solleverà questioni troppo grosse dato che esso pure ha visto le apparizioni nella notte. Non c’è quasi nessuno in tutta la città né in tutto il suo vasto circondario che per oggi e per vari giorni ancora non si senta angosciato in seguito alle apparizioni, e di conseguenza le sommosse ad Emmaus, che tu temi, non si verificheranno certamente anche se il popolo non potesse proprio avere del pane. Tuttavia del pane ne troverà in quantità adeguata.

4. Ma Io voglio farvi notare un’altra cosa, dalla quale al Tempio ne deriverà per oggi e anche per domani un imbarazzo molto maggiore di quello che potrebbe derivargliene da una eventuale mancanza di pane ad Emmaus. Guardate un po’ come su tutte le strade che conducono a Gerusalemme stia affluendo una moltitudine di popolo! La gente viene dalla campagna e vuole prendere consiglio dal Tempio e sentire dalla bocca dei sacerdoti come stanno le cose riguardo alle apparizioni. E a questo riguardo per i templari si metterà davvero male! Questi certo predicheranno al popolo di fare penitenza su penitenza, parleranno dell’Ira di Dio e diranno come sarà ormai possibile riconciliarsi con Dio soltanto mediante forti opere di penitenza e cospicui sacrifici.

5. Ma il popolo dirà: “Perché queste cose ce le dite soltanto ora, mentre voi già da tempo avreste potuto e dovuto essere a conoscenza da parte di Dio di come noi ci trovassimo al Suo cospetto? Infatti da tempi antichi noi già sappiamo che Dio, quando il popolo sconsideratamente si dimenticava di Lui, faceva ricordare vari anni prima sempre per mezzo di profeti e di veggenti cosa esso avrebbe dovuto aspettarsi, qualora non si fosse di nuovo rivolto a Dio. Questa volta, invece, non venne nessun profeta per annunciarci prima quale fosse la nostra situazione dinanzi a Dio! E se anche qualche profeta è sorto in tempi più recenti per ammonirci ed esortarci a fare vera penitenza e a ravvederci, voi avete dichiarato che era un falso profeta e avete perseguitato lui, nonché coloro che lo ascoltavano e che avrebbero voluto convertirsi in base a quello che lui diceva. E adesso che avete visto assieme a noi i segni tremendi dai quali si può afferrare con mano che l’Ira di Dio è venuta su di noi al massimo grado, adesso voi volete addossare la colpa esclusivamente a noi. Noi però non siamo affatto disposti ad accettare ciò, e senza le vostre preghiere ci rivolgeremo noi stessi a Dio, per pregarLo di perdonarci i nostri peccati, e faremo così perché non ci avete avvertiti già prima di come noi ci troviamo davanti a Jehova!”

6. Questi ragionamenti del popolo metteranno in grande imbarazzo i sacerdoti e alcuni diranno al popolo: “L’Ira di Dio si è tanto accesa contro di voi certamente soltanto perché voi non volete né ascoltarci né prestarci fede, ma vi rivolgete a quei certi falsi profeti che sono contro di noi e che fanno ogni sforzo possibile per farvi allontanare da noi”

7. Ma il popolo allora dirà: “Voi qui vi sbagliate, perché noi non abbiamo mai ascoltato la voce di nessun falso profeta o la parola degli indovini! Quelli che abbiamo però ascoltato non erano dei falsi profeti, perché essi insegnavano pubblicamente e spiegavano apertamente al cospetto di tutto il mondo che il Regno di Dio si è avvicinato. Ma voi li avete perseguitati come avete fatto in ogni tempo con uomini simili, e sarà appunto questo il motivo per il quale Dio ha voluto annunciarci la Sua grande Ira e ha voluto annunciarci come Egli ci metterà nelle mani dei nostri nemici per la dura punizione. Che voi sacerdoti non siate affatto dei profeti, questo possiamo chiaramente vederlo dal fatto che finora non sapevate niente della nostra situazione al cospetto di Dio”

8. E un sacerdote a sua volta replicherà: “Ma se voi siete dell’opinione che noi non sappiamo nulla e che ormai non rappresentiamo più nulla per il popolo, perché mai siete venuti qui nel Tempio? Avreste potuto restarvene pacificamente a casa!”

9. Allora il popolo dirà: “Noi veramente non siamo venuti per voi, ma per il Tempio e per Dio che vogliamo pregare con tutto il fervore, perché Egli voglia perdonarci i nostri peccati. Voi però potete pregare con noi, se lo volete; ma noi non vi faremo nessuna offerta per questo, e quello che offriremo, lo offriremo ai poveri ed oppressi”.

10. Allora i sacerdoti si ritireranno e il popolo farà grande rumore nel Tempio e nei suoi atri. Tu però, amico Nicodemo, se vuoi, puoi ora scendere al Tempio per convincerti da te stesso di tutto ciò che ho detto ora a te e a tutti, e in questa occasione puoi dire al popolo anche qualche vera parola di consolazione; tuttavia non parlare affatto della Mia sosta in questo luogo!»

11. Dopo che ebbi detto ciò a Nicodemo, egli Mi ringraziò per questo e inoltre ancora aggiunse: «Io eseguirò esattamente quanto hai detto e così pure tenterò, se possibile, di ricondurre alla quiete il popolo. Ma che cosa risponderò al sommo sacerdote, ai farisei e agli anziani se mi domanderanno dove ho passato questa notte spaventosa, dato che io, come essi certamente sapranno, non ero reperibile né al Tempio né a casa mia? Se dovessi dire la verità, tradirei me e Te!»

12. Dissi Io: «Vai pure giù tranquillamente e non temere: nessuno ti chiederà ciò e quando dovrai parlare, le parole ti saranno messe in bocca! La sera però, se vuoi, puoi già ritornare quassù, perché per tutta la giornata di oggi Mi tratterrò ancora qui».

13. Nicodemo allora se ne andò giù, ma durante il cammino si guardò varie volte intorno per sincerarsi che non ci fosse qualche autentico ebreo a vederlo. Io però gli mandai dietro Raffaele e lo feci accompagnare fino alla porta della città in modo che nessuno potesse scorgerlo. Giunto alla porta, l’angelo improvvisamente scomparve e si trovò nello stesso istante di nuovo in mezzo a noi.

14. Poi Io dissi a qualcuno fra i discepoli che, se desideravano, fino a mezzogiorno avrebbero potuto recarsi pure loro al Tempio per essere testimoni di ciò che sarebbe accaduto là. Così anche i discepoli andarono giù e si fermarono nel Tempio fino oltre mezzogiorno; dopo ritornarono da noi e raccontarono la scena alla quale avevano assistito.

 

[indice]

 

Cap. 64

Il ringraziamento degli schiavi liberati

 

1. Allora Lazzaro Mi disse: «Signore, sarei io stesso un po’ curioso di sapere come finirà oggi tutta questa faccenda nel Tempio, poiché su tutte le strade vedo procedere ancora molta gente; se essa riempirà il Tempio, si manifesterà una calca e uno strillare quale di simile certo non lo si è sentito già da parecchio tempo. Non credo che basterà Nicodemo con la sua debole voce! Si potrà davvero arrivare molto facilmente ad un grosso tumulto!»

2. Dissi Io: «Tu occupati di qualcos’altro! Io dispongo sempre di mezzi sufficienti, nelle Mie Mani, per impedire un tumulto eccessivo, ma probabilmente la cosa non arriverà a questi estremi.

3. Ora però i nostri giovinetti si sono destati essi pure ed hanno fame. Perciò vai tu, Mio Raffaele, e disponi affinché venga dato loro da mangiare e un po’ di vino da bere, però mischiato con due terzi d’acqua!»

4. Raffaele se ne occupò immediatamente con grande gioia di quei giovinetti, così che non vedevano l’ora di manifestarMi tutta la loro fanciullesca gratitudine.

5. In breve tempo essi furono all’aperto ben ristorati, e Raffaele li condusse da Me. Qui essi si disposero su di una lunga fila, Mi ringraziarono ad alta voce per il buon vitto loro offerto e Mi pregarono affinché Io volessi avvicinarMi a loro e ciascuno potesse singolarmente dimostrarMi il proprio amore, poiché, essendo essi così tanti, non potevano venire da Me tutti in una volta e dimostrarMi il loro grande amore.

6. Ed Io dissi loro: «Miei cari figli, questo non è necessario! Ma se proprio volete fare così è meglio che veniate singolarmente a Me e Mi dimostriate il vostro amore, perché se Io venissi da voi potrebbero facilmente sorgere delle piccole gelosie e poi l’uno potrebbe dire all’altro: “Ma perché poi il buon padre non si è rivolto prima a me, oppure a questo od a quell’altro? Certo egli preferisce questo o quello a me o al mio vicino!”. Allo scopo dunque che una simile opinione non metta radice fra di voi, venite voi stessi qui da Me, uno ad uno, oppure due alla volta, e dimostrateMi il vostro amore e allora voi non potrete più dire: “Vedi, il buon padre ha preferito di più questo o quello!”. Infatti dipende unicamente da voi chi vuole essere il primo a venire da Me»

7. Dissero i giovinetti: «Sì, o buon padre, ciascuno di noi vorrebbe essere il primo a venirti vicino e questo affollamento potrebbe darti molto fastidio! Vorremmo perciò che fossi tu a stabilire da che punto o da quale estremità della nostra fila noi dovremmo cominciare. Infatti un ordine ci deve essere anche nell’amore, dato che un disordine non sarebbe bello nemmeno nell’amore. Il buon Dio in questo paese ha ordinato tutto in maniera tanto bella che noi pure, per reverenza a Lui, dobbiamo mantenere un certo ordine in tutto quello che facciamo!»

8. Io dissi: «Ebbene, se proprio volete così, cominciamo dall’estremità destra della vostra fila, e venite!»

9. Questa decisione piacque ai giovinetti, e subito cominciarono ad avvicinarsi a Me un paio alla volta dall’estremità destra, e precisamente prima i ragazzi e poi ugualmente le fanciulle. Giunti dinanzi a Me, si inchinarono profondamente e poi presero la Mia mano e la premettero sul loro petto, facendo poi un nuovo inchino e ritornarono al loro posto di prima in buon ordine.

10. Dopo che ebbero tutti dimostrato il loro amore per Me, si inchinarono di nuovo tutti profondamente e domandarono cosa avrebbero dovuto fare ora.

11. Ed Io dissi a loro: «Dilettatevi ad osservare, in modo utile per voi, le cose che vi circondano! Guardate il bel paesaggio, osservate i fiori e le varie altre cose, ricordatevi di come un Dio buono ha creato tutto ciò fuori da Sé con la Sua Sapienza ed Onnipotenza, e siateGli perciò molto grati nei vostri cuori, così trascorrerete il tempo nel migliore modo possibile e ne trarrete un diletto molto grande nei vostri cuori! Non occorre però che voi vi manteniate e che procediate sempre così in una fila; muovetevi invece liberamente come vedete che faccio Io e tutte le altre persone che sono qui; così vi troverete molto più a vostro agio che non mantenendovi continuamente in una fila rigida. Andate pure e seguite il Mio consiglio!».

12. Allora i giovinetti ringraziarono per un così buon consiglio, sciolsero subito la loro fila e si dispersero in tutte le direzioni del monte, e così trascorsero molto bene il tempo nella fresca e libera natura.

 

[indice]

 

Cap. 65

La capacità visiva dell’anima dopo la morte

 

1. Noi invece procedemmo oltre fino alla estrema vetta di questo monte; là c’era un boschetto degli ulivi ben tenuto, sotto ai quali c’erano una quantità di panche e di posti a sedere sui quali si accomodarono tutti e lodarono Lazzaro per la sistemazione così opportuna di così tante panche graziose per riposare. Lazzaro ringraziò tutti per la buona opinione e fu veramente lieto di ciò. Da questa sommità, che era libera in tutte le direzioni, si godeva un bellissimo panorama. Da lì si vedeva il Giordano e tutta la sua valle e, certo in lontananza, anche una parte del Mar Morto.

2. Tutti ammirarono con grande diletto i bei paraggi, le città, le borgate e i villaggi circostanti per un bel po’ di tempo e senza dire una parola, e Agricola, dopo avere osservato tutto molto bene, disse: «Miei cari, a voi tutti che siete qui e anzitutto a Te, o Signore e Maestro, io devo apertamente confessare che in tutto il nostro vasto impero non ho ancora mai visto una regione e un paesaggio così meravigliosamente belli come appunto questi! In verità, in un paese così magnifico la morte deve apparire ad un uomo ancora più amara e difficile che non in un’altra regione più deserta e meno bella! Infatti qui si desidererebbe continuare a vivere in eterno per deliziarsi di una simile vista! Tu, Signore e Maestro, cosa dici di questa mia opinione?»

3. Dissi Io: «Amico, tu avresti certamente ragione con la tua opinione se l’anima dopo la morte del corpo non ricevesse, in congiunzione con lo Spirito di Dio, la facoltà di vedere e di godere di paesaggi infinitamente più meravigliosi anche in altri mondi, ammesso che la visione di regioni e di paesaggi magnificamente belli debba essere la suprema fra le beatitudini per un’anima. Secondo il Mio parere, invece, dopo la deposizione del corpo, per un’anima dalla vita perfetta ci saranno delle beatitudini ben maggiori di quelle che può procurare la sola contemplazione di paesaggi molto belli.

4. Ti faccio un esempio: metti il caso che tu dovessi dedicarti all’ammirazione di questo panorama - dico - per soli cento anni di seguito e che tu fossi anche provvisto in modo abbondantissimo per quanto riguarda il soddisfacimento di tutte le necessità della vita corporale. Io ti garantisco che questo paesaggio così bello comincerebbe a venirti tanto a noia che finiresti col non volerlo più guardare per tutta la vita. È vero che, trovandoti fra buoni amici, contemplare ogni tanto un bel posto suscita sempre nell’animo umano una nobile impressione, ma poi l’anima sente la brama di un qualche cambiamento per poter fare maggiori e più ampie esperienze da cui apprendere sempre nuove cose.

5. Ma per quanto bene un’anima perfetta possa vedere adesso con gli occhi del corpo quello che la circonda, essa, nel suo stato spirituale puro, possiederà le facoltà del vedere, dell’udire e del sentire in un grado e in una misura molto superiori che non ora nel suo corpo greve ed opprimente! Già prima, giù davanti all’albergo, vi ho mostrato come è costituita la vista interiore dell’anima - e di questo tu stesso ti sei meravigliato molto - quando le persone, che per un breve tempo erano entrate in estasi in spirito per opera Mia e che non erano mai state a Roma, avevano potuto descriverti la tua grande città nativa con tanta esattezza che a te stesso sarebbe riuscito impossibile vederla con maggiore precisione con i tuoi occhi.

6. Ora da tutto ciò rileverai certamente che l’anima nel suo stato libero e puramente spirituale possiede una facoltà visiva di gran lunga maggiore di quella che può possedere nel corpo limitato! Ma se le cose stanno evidentemente così, allora, se tu presti piena e vivente fede alle Mie parole e ai Miei segni, nonché alle esperienze da te fatte nel campo dell’animico-spirituale, non puoi davvero dire che la morte del corpo è più difficile in una regione come questa che non in un’altra più tetra e desolata! Ma che ciascuna anima dopo la morte del corpo viva e sia chiarissimamente conscia della propria vita, questo non lo metterai certo più in dubbio!»

7. Disse Agricola: «Signore e Maestro, questo certamente no, perché, riguardo alla sopravvivenza dell’anima dopo la morte del corpo, già prima d’oggi ho fatto delle esperienze in Spagna, in Sicilia e in Egitto, e questo certo in una maniera assolutamente indubitabile. Qui però si tratta di una cosa del tutto differente, ed è per questo che prima mi sono permesso di fare un’osservazione!»

8. Dissi Io: «Ed in che cosa consiste questa tua cosa differente? Parla pure ora, poiché fino a mezzogiorno noi abbiamo ancora parecchio tempo per trattare di alcuni argomenti!»

9. In quel momento molti dei pubblicani che erano là presenti si avvicinarono a Me e chiesero se Mi sarebbe dispiaciuto che essi scendessero giù alle loro case fino a sera, per esaminare se tutto procedesse in regola e se i loro servitori in questa occasione si permettessero di gravare in qualche modo il popolo, che si vedeva affluire ancora verso la città da tutte le parti.

10. Io dissi loro: «Fate questo e renderete ora del bene per compensare il male fatto agli uomini in molti anni, allora i vostri peccati vi saranno perdonati! Ma come liberamente ve ne andate adesso, altrettanto liberamente potrete ritornare».

11. Con ciò i molti pubblicani si inchinarono, ringraziarono per tutto quello che avevano ricevuto e gustato e si allontanarono rapidamente.

 

[indice]

 

Cap. 66

La natura dell’anima e dello spirito. L’anima nell’aldilà

 

1. Io però dissi nuovamente ad Agricola: «Ora puoi presentare la tua questione; e così parla, adesso!»

2. Disse Agricola: «Signore e Maestro, che l’anima dell’uomo continui a vivere anche dopo la morte del corpo, questa è una cosa su cui ora ci troviamo pienamente d’accordo che è la più chiara verità. Ma dove va l’anima, e qual è propriamente la sua natura, e quale quella del purissimo spirito? Dato che, secondo il Tuo insegnamento, lo Spazio è infinito, certamente anche le anime, e perfino i purissimi spiriti, devono trovarsi dentro a tale Spazio di grandezza eternamente infinita; infatti è certo impossibile che ci sia qualcosa di esterno a questo Spazio.

3. Poi ancora una domanda: “Che aspetto ha di per sé un’anima, o perfino un puro spirito, e perché un uomo naturale non può vedere sempre le anime e gli spiriti?”. Signore, solo a queste domande dammi ancora una luminosissima risposta, e dopo non Ti chiederò più nulla, poiché è proprio la nostra totale ignoranza in questa faccenda che ci rende la morte tanto amara e piena di angoscia. Se noi esseri umani abbiamo invece una luce sufficientemente chiara anche in questo, allora ci sarà facile il morire, e non ci attaccheremo angosciosamente alla folle vita della carne»

4. Dissi Io: «Sì, sarebbe per Me qualcosa di molto facile spiegarti questo, purché tu possedessi la libera capacità di comprenderlo. Però, appunto, tu non la possiedi ancora, anche se, da quando sei qui, tu stesso abbia sentito da Me moltissime cose ben chiarite proprio a questo riguardo, e tu stesso le abbia anche viste e sperimentate in ben ordinati segni miracolosi. E così è difficile chiarirti ancora questa faccenda, meglio di come ti sia già stata chiarita.

5. L’anima dell’uomo è una sostanza puramente eterea, dunque - se riesci a comprenderlo - è composta da moltissimi atomi di luce, ovvero dalle particelle più piccole possibili, che per opera della Sapienza e della onnipotente Volontà di Dio costituiscono una perfetta forma umana. E il puro spirito è appunto Volontà uscente da Dio, che è il Fuoco del purissimo Amore in Dio.

6. Il puro spirito è un Pensiero di Dio, proveniente dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza, e diventa un vero essere attraverso la Volontà di Dio. Ma poiché Dio in Se stesso è un Fuoco dal Suo Amore e dalla Sua Sapienza, lo stesso è anche il Pensiero realizzato in una propria esistenza e in un certo qual modo uscito da Dio. Ma così come il Fuoco è una Forza, allora anche tale Pensiero proveniente da Dio è una forza in se stesso, è conscio di se stesso e può appunto agire di per sé con quella chiarezza da cui è derivato. Quale una forza pura, esso compenetra tutto quello che tu chiami materia, ma non può essere compenetrato dalla materia, perché la materia, nel suo ulteriore decorso, non è nient’altro che una espressione esteriore dello spirito proveniente da Dio.

7. L’anima è, in certo modo, materia nuovamente dissolta dalla forza dello spirito, la quale, costretta dalla forza del proprio spirito, trapassa nella forma originaria dello spirito e poi, unita al suo spirito, costituisce per così dire il corpo sostanziale etereo luminoso dello spirito. [Ciò avviene nello stesso modo in cui] l’anima, mediante la propria energica volontà puramente spirituale, si forma e si costruisce il proprio abito futuro con la materia della carne che la circonda, quando tale materia è diventata completamente marcia e dissolta.

8. Ecco che ora tu hai una rappresentazione molto breve e pienamente vera di ciò che l’anima è di per sé, e di ciò che è di per sé il puro spirito.

9. Ma dove va un’anima dopo essere uscita dal corpo, stabilire questo come luogo nello spazio sarà per te ancora più difficile da comprendere. Ciò nonostante Io voglio dartene però un cenno, dal quale puoi ricavare una tua propria luce. La vera realtà infatti l’apprenderai in te stesso solamente quando, appunto in te stesso, sarai anche pervenuto alla piena rinascita, ovvero alla piena unificazione dello spirito con la tua anima. Questa realtà, infatti, l’anima non lo potrà mai afferrare pienamente fino a quando, mediante la forza dello spirito in lei, essa non si sia conformata in modo tale da rendersi atta a unificarsi pienamente con lo spirito.

10. Per quanto riguarda il luogo spaziale, dopo il distacco dal suo corpo l’anima, specialmente nel suo primo periodo di esistenza [senza il corpo], si trattiene solitamente là dove nel corpo si era trattenuta sulla Terra, e questo avviene nel caso in cui essa sia entrata non ancora pienamente completa nel regno ultraterreno in cui non c’è la carne.

11. In tal caso tuttavia essa non vede e non ode nulla del mondo naturale in cui aveva abitato quando era nel corpo, anche se spazialmente si trova proprio su quel medesimo mondo. La sua esistenza è più o meno come un lucido sogno, nel quale l’anima vive pure in una regione o in un paesaggio per così dire derivato da lei, e fa e agisce interamente come se si trovasse in un mondo completamente naturale, mentre il mondo naturale che ha lasciato non le manca minimamente.

12. Ma per concessioni da parte di Dio, la regione da lei abitata viene spesso annientata, e l’anima viene poi a trovarsi in un’altra regione, che è del tutto conforme al suo stato interiore. Per un’anima simile allora passa un tempo ben lungo, prima che essa, in seguito a parecchi insegnamenti, giunga alla conclusione che tutto quello che crede di possedere là, è per lei vano e nullo. Ma una volta arrivata a capire questo per effetto di parecchie esperienze e visioni, soltanto allora essa comincia a fare delle considerazioni più serie sul proprio stato e sulla propria esistenza, e appunto con ciò a diventare anche sempre più consapevole di aver lasciato il precedente mondo terreno. E in lei si desta più forte il desiderio di ottenere un luogo duraturo e immutabile in cui vivere.

13. In un tale stato l’anima viene istruita su ciò che ha da fare, da spiriti già più completi. E se lo fa, allora in lei diviene sempre più chiaro, perché il suo spirito interiore la compenetra sempre più. Ma quanto più lo spirito interiore la compenetra e per così dire cresce in lei come un bimbo nel corpo materno, tanto maggiore consistenza incomincia anche ad assumere tutto ciò che le è intorno.

14. Una volta però che un’anima è giunta al punto che il suo spirito interiore la compenetra totalmente, essa allora perviene anche alla piena chiaroveggenza e al chiaro riconoscimento, alla pienissima consapevolezza e al chiaro ricordo di tutto ciò che essa era, come è diventata, ciò che ha fatto, e che aspetto aveva il mondo in cui ha vissuto nel corpo e come quel mondo era costituito.

15. Una tale anima può allora penetrare con lo sguardo nel modo più preciso sia questa Terra, sia anche la Luna, il Sole, tutti gli altri pianeti o terre che orbitano attorno a questo Sole - ciò che finora ovviamente non ha riconosciuto alcun astronomo, né uno greco, né uno degli antichi PDOLOMEUZE[18] egizi -, e potrà penetrare con lo sguardo anche gli altri soli che si trovano in uno o più globi-involucro, che Io vi ho spiegato sufficientemente già ieri, e tale anima potrà bearsi in sommo grado per la loro meravigliosa conformazione e struttura, e provare una vera e somma gioia per l’Amore, la Sapienza e la Potenza dell’unico Dio».

 

[indice]

 

Cap. 67

Dei vari gradi di beatitudine delle anime perfette

 

1. (Continua il Signore:) «Questo è quello che spetta certamente, anzi addirittura necessariamente, ad una simile anima perfetta, e tuttavia questa facoltà propria ad un’anima nella completezza della vita è da considerarsi come un grado minimissimo della vera grande beatitudine, perché, se questa beatitudine rimanesse limitata a questo campo, un’anima perfetta comincerebbe con il tempo a sentirsene nauseata altrettanto quanto finiresti tu stesso di sentirti nauseato qualora dovessi, per soli cent’anni di seguito, osservare e ammirare qui senza interruzione questo paesaggio, fosse esso anche il più bello.

2. Certamente l’anima prova maggiore beatitudine di te, perché l’anima perfetta è munita e dotata pure della forza creatrice veramente divina e, fuori dalla sua sapienza, simile a quella di Dio, può fare tutto quello che Dio stesso fa e suscita assolutamente nella stessa maniera.

3. Un grado di beatitudine ancora maggiore e che si avvicina proprio al grado supremo per un’anima perfetta consiste nel fatto che essa può trovarsi costantemente vicina a Dio, l’unico Signore e Creatore dell’infinità, Quale il suo più grande Amico della vita, Lo può amare senza misura né limiti e con Lui in un istante può abbracciare con uno sguardo tutta intera la Creazione spirituale e materiale.

4. Però il grado assolutamente supremo della beatitudine di un’anima perfetta consiste nel fatto che essa, poiché è completamente congiunta a Dio grazie all’amore, si trova anche nello stato di assoluta, divina Libertà.

5. Ma che quanto ti ho appena detto sia pienissima verità, tu lo puoi scoprire benissimo già considerando semplicemente con gli occhi del tuo corpo questo Mio giovane servitore. Tu Mi hai domandato già un paio di volte che cosa dovevi pensare di questo giovinetto, da dove provenisse e chi egli fosse. E adesso voglio rivelartelo.

6. Vedi, questo giovinetto è già da molto tempo uno spirito puro; egli però è già vissuto una volta su questa Terra come uomo nella carne! Il suo nome era Enoch, ed egli fu un primo profeta e ministro di Dio dei primi discendenti di Adamo.

7. Ma poiché in quei tempi primordiali dell’umanità di questa Terra la sua anima si accese di supremo e purissimo amore per Dio, allora appunto questo amore dissolse il suo corpo in una sostanza eterea, della quale l’anima libera fu rivestita ed immediatamente egli divenne per sempre un arcangelo dei supremi Cieli di Dio, vale a dire della suprema Libertà divina, cosa che tu puoi scorgere dal fatto che egli si trova vicinissimo a Me!»

8. A queste parole Agricola rimase sbalordito e disse: «Come? Questo sarebbe uno spirito e in aggiunta anche puro e perfetto? Ma anch’egli ha visibilmente pelle, carne e sangue, e mangia e beve come uno di noi!

9. Che egli sia capace come Te di compiere delle cose prodigiose, io me lo sono spiegato finora col fatto che già da molto tempo deve essere un Tuo discepolo e, come tale, ha ottenuto da Te la sapienza e la forza necessarie a compierle; ma che Tu dica che egli è uno spirito, è difficile crederlo! Infatti, nella sua condizione di spirito assolutamente puro, noi uomini non siamo affatto in grado di vederlo! Se lo si tocca, si sente che è in ogni sua parte come un uomo del tutto naturale! Ma Tu hai detto che è uno spirito e io devo crederlo, nonostante questa idea confonda ancora di più il mio pensiero. Com’è dunque che questo spirito puro ha ora un corpo?»

10. Dissi Io: «Io ti ho già detto prima che adesso noi possiamo discutere e trattare di varie cose, considerato che abbiamo tempo per questo, e così chiariremo anche questo argomento. Vedi, eccoti qui dinanzi a noi il Mio Raffaele-Enoch, ed Io ti dico ora che in ogni altra cosa che desideri conoscere, puoi trattare direttamente con lui stesso, perché egli ti darà assolutamente gli stessi chiarimenti che potrei darti Io, e quello che egli ti dirà e mostrerà, te lo dirà e mostrerà fuori dalla sua libertà, potenza, sapienza e forza indipendenti in grado supremo, dato che tali facoltà egli le ha rese pienamente proprie attingendole da Dio. E adesso puoi dare quindi inizio alla tua inchiesta con lui!».

 

[indice]

 

Cap. 68

L’essenza degli angeli

 

1. Allora Agricola disse a Raffaele: «O carissimo servitore del nostro Dio, Signore e Maestro! Che specie di corpo hai tu quale puro spirito? È esso pure, come il mio, di carne e di sangue?»

2. Disse Raffaele: «Toccami e convinciti da te stesso!»

3. Allora il romano cominciò a tastare le mani e i piedi dell’angelo, e constatò che essi erano interamente di carne e di sangue come quelli di un qualsiasi altro uomo e poi egli disse: «Sì, qui non c’è nulla di spirituale da sentire e tuttavia dovresti essere un puro spirito quasi già dai tempi della prima generazione umana su questa Terra!»

4. L’angelo a sua volta disse: «Toccami ancora una volta e poi sentiremo quale sarà il tuo giudizio!»

5. Il romano allora provò nuovamente a toccare l’angelo, ma questa volta non sentì più alcun corpo e, dove egli afferrava l’angelo, le sue dita ci passavano attraverso con altrettanta facilità come attraverso l’aria.

6. Quando egli ebbe fatto questa seconda esperienza, disse molto stupito: «Qui potrebbe impazzire anche il cervello più assennato! Prima era tutto solido e adesso è tutta aria, e quindi quasi come se non ci fosse affatto niente! Sì, ma dimmi ora - se tu, da fenomeno tanto aereo, puoi ancora parlare - dove hai messo il tuo bel corpo palpabile di prima!»

7. Rispose l’angelo: «Non l’ho messo in nessun luogo, anzi ce l’ho precisamente come ce l’avevo prima! Che tu prima lo sentissi come un corpo compatto, era semplicemente la mia libera volontà, e che tu ora, la seconda volta, non senta più nulla, questa è pure la mia libera volontà. Infatti quello che noi spiriti perfetti vogliamo, avviene proprio come abbiamo voluto dalla nostra libertà e sapienza, sia istantaneamente, sia gradatamente in un determinato e savio ordine.

8. E questo accade perché noi, grazie al nostro amore per Dio, ci troviamo pure completamente nella Sua Sapienza e Potenza, per noi sopportabili e molto bene riconoscibili, in maniera che l’Amore di Dio viene ad essere anche il nostro amore, la Sua Sapienza la nostra sapienza, la Sua Volontà la nostra volontà e la Sua Potenza la nostra potenza. In Dio però ci sono sempre delle profondità imperscrutabili che nessuno spirito creato potrà mai perscrutare e, qualora lo potesse, esso non sarebbe beato, dato che allora da Dio non avrebbe più da attendersi una beatitudine sempre maggiore! Comprendete bene voi romani questa cosa?»

9. Dissero dunque alcuni fra i romani: «Eh, amico nostro, per poter comprendere e afferrare proprio bene il fatto che tu sia uno spirito ci vuole qualcosa di più del nostro intendimento romano! Sarà certo tutto così come tu dici. Però, per comprenderne il vero e proprio come, dovremo aspettare finché noi stessi saremo più perfetti nelle nostre anime!»

10. Disse l’angelo: «Ascoltate, adesso io parlo soltanto con Agricola e non con voi tutti contemporaneamente, perché io, ad ogni modo, so che voi non avete tutti la stessa capacità di comprensione. Vogliate quindi ascoltare e fare attenzione a tutto quello che dico e mostro a chi ha più comprensione fra di voi! E quindi tu, Agricola, ora parla da solo!»

11. Disse dunque Agricola: «Sì, sì, amico mio puramente spirituale, io certo posso dire di avere compreso così, un po’ a mezza via, quello che hai voluto effettivamente dirmi, tuttavia io certo non l’ho compreso interamente così come non l’hanno compreso gli altri; perciò anch’io aspetto in questo caso tempi migliori, secondo la promessa del Signore! Eppure da te desidero sentire questo - e precisamente alla condizione di rinunciare del tutto a conoscere molte altre cose -: come puoi, con la tua volontà, spogliarti del tuo corpo ed essere sempre e comunque ancora perfettamente tangibile nel corpo? Infatti questa è per me la cosa che io riesco a comprendere meno di ogni altra! Una volta tu sei effettivamente qualcosa e subito dopo per il tatto non sei assolutamente nulla, eppure questo nulla è tuttavia di nuovo il perfetto e assolutamente identico qualcosa. Ma come è possibile ciò?»

12. Disse l’angelo: «Eppure questa è una cosa evidentissima! Noi spiriti, nella nostra sfera spirituale pura, imponderabile per voi, siamo precisamente l’unico autentico ed originalissimo qualcosa. Tutto il resto che c’è in tutto il mondo della materia non è che un’apparizione dovuta alla nostra volontà, affinché costituisca per le vostre anime materiali un persistente mezzo grazie a cui voi, ugualmente come noi, possiate procurarvi la perfettissima e verissima libertà della vita.

13. Ma per dimostrarti la cosa in maniera ancora più tangibile, allora tu stesso, Agricola, prendi ora in mano una pietra da terra! Bene, tu adesso hai nella tua mano una pietra naturale e durissima! Tu ora dirai: “Vedi, la pietra, tale qual è, è una evidentissima realtà!”. Infatti tu ora senti il suo peso nella tua mano e la sua indistruttibile durezza, e dici in te: “È davvero un qualcosa!”. Ma io ti dico che qui, con il tuo reale qualcosa, avviene proprio così come è accaduto prima con il mio corpo di carne, e poi con questo mio corpo, che è sempre ugualmente spirituale. Infatti la durezza e il peso della pietra che tieni ancora saldamente nella tua mano dipendono pure esclusivamente dalla persistenza della nostra volontà. Finché noi la vogliamo mantenere come pietra dura e pesante, così tanto essa anche rimarrà quella che è.

14. Ma se ad esempio io voglio anche solo che questa pietra diventi, per quanto riguarda il corpo, quello che io momentaneamente sono, tu potrai passare con la mano attraverso la pietra, così come prima sei passato da parte a parte attraverso di me. E quando questo sarà il caso, soltanto allora la materia della pietra prodotta attraverso la nostra volontà di spiriti avrà raggiunto la sua realtà primordiale, senza la quale ora essa ti appare come una pietra dura e pesante per effetto della persistenza della mia stessa volontà. Ma affinché tu possa comprendere la cosa ancora più facilmente, esamina adesso ancora una volta la tua pietra e vedi se è sempre quella di prima!»

15. Disse Agricola: «Essa è ancora come era prima!»

16. Disse l’angelo: «Come è adesso?»

17. Disse Agricola: «Ah, io la vedo come una nuvoletta nella mia mano, ma è come se la sua durezza e il suo peso non ci fossero! No, davvero, questa è una cosa strana al massimo grado! Io avrei potuto immaginarmi qualsiasi cosa ma non che un simile fenomeno fosse possibile! Ma come ti è possibile ottenere questo effetto?».

 

[indice]

 

Cap. 69

La potenza degli angeli. Rapporti tra spirito e anima. Rinascita

 

1. Disse l’angelo: «Comunque io ti ho già detto che questo si verifica unicamente attraverso la perseveranza del nostro volere e che tutta la materia altro non è se non la perseveranza della Volontà dello Spirito di Dio, per quanto essa possa apparirti svariata. Infatti i vari materiali di cui è fatta la materia, assieme agli elementi dai quali essa sembra sorgere e sussistere dinanzi ai tuoi occhi, sono pensieri nostri. Le loro forme e colori sono le nostre idee formate dai nostri pensieri. La loro opportunità e utilità sono i concetti che si sviluppano dalle nostre idee, e il raggiungimento di una meta superiore spirituale per tutto ciò che ora è materia sono le nostre intenzioni da cui ogni materia perverrà ad una beata meta finale.

2. Perciò un’esistenza vera e reale non si trova che da noi, spiriti eternamente immortali, e l’esistenza della materia è una esistenza provocata semplicemente da noi e in ogni momento dipendente da noi, come tu hai potuto senz’altro vedere del tutto chiaramente con l’esempio della pietra. Però tu hai ancora la nuvoletta nella tua mano e, vedi, io la riempirò nuovamente della piena persistenza della mia volontà e tu avrai nuovamente in mano la tua pietra»

3. L’angelo fece così e nella mano il romano si ritrovò l’intera pietra, vecchia, dura e pesante come prima.

4. Questo fece sul romano un’impressione ancora più forte ed egli disse all’angelo: «Questa pietra rimarrà per me una pietra preziosa, a ricordo di ciò che si è prodigiosamente verificato qui! Ma adesso ancora una domanda! Vedi, in me certo dimora pure un’anima e in essa, secondo il vostro insegnamento, deve esserci uno spirito del tutto pari al tuo! Perché io, per mezzo di questo mio spirito, non posso anche ottenere quegli effetti che tu, quale spirito, sei in grado di effettuare?»

5. Disse l’angelo: «Perché la tua anima non è ancora matura per questo e il tuo spirito interiore non è ancora passato nella tua anima! Ma tuttavia il tuo spirito qualcosa compie grazie alla persistenza della sua volontà ancora del tutto sconosciuta alla tua anima, e questo è la costruzione e la temporanea conservazione del tuo corpo. Una cosa simile, però, la tua anima non può scorgerla come pure non può scorgere in che modo è costituito il suo corpo, per il motivo che il suo architetto interiore puramente dall’aldilà non può rivelarle e spiegarle ciò, essendo essa, come detto, non ancora matura.

6. Lo spirito interiore è incessantemente occupato a rendere matura e pienamente libera l’anima il più presto possibile; esso però non può né deve esercitare la benché minima coercizione su di lei, perché in tal caso un’anima si renderebbe poi ancora più materiale e schiava di quanto potrebbe mai diventare per opera di tutti gli influssi del mondo esteriore. Perciò all’anima, che dimora nel suo corpo, fu data una propria volontà e un proprio intelletto allo scopo di indurla, per propria decisione, a spogliarsi sempre di più, attraverso l’insegnamento proveniente dall’esterno, di qualsiasi mondanità e ad incamminarsi per le vie spirituali che si fanno sempre più pure.

7. Però, nella misura in cui l’anima si incammina fattivamente per le vie spirituali sempre più pure, nella stessa misura a lei si unisce poi anche il suo interiore e puro spirito dall’aldilà. E quando essa, per mezzo del suo intelletto fattosi sempre più puro e per mezzo della sua volontà resasi così sempre più libera, si è completamente spogliata di tutto ciò che è del mondo, allora essa si è fatta simile al proprio spirito ed è una cosa sola con lui, unificazione questa che noi vogliamo chiamare la rinascita spirituale. E così essa diventa una cosa sola con il proprio spirito, pure essendo ancora nel proprio corpo, e potrà fare precisamente quello che posso fare io, quale appunto uno spirito riunito alla mia anima».

 

[indice]

 

Cap. 70

Dell’essenza dell’aria

 

1. (Continua Raffaele:) «Dopo che io, quale uomo, ebbi abitato per lunghi anni un corpo, fui reso consapevole dalla Grazia del Signore di questa interiore via della vita e la percorsi con perseveranza sempre maggiore. Mediante ciò avvenne, nei miei ultimi tempi, che il mio spirito e la mia anima divennero una cosa sola e io ottenni il potere assoluto anche sul mio corpo terreno, in maniera tale che io lo potevo dissolvere altrettanto istantaneamente come ora ho dissolto la pietra e prima ho dissolto il mio corpo a te percettibile, del quale non conservai che quel tanto per rendermi ancora visibile ai tuoi occhi di carne.

2. Se io ora voglio avere nuovamente un corpo simile al tuo, basta che io lo voglia e il corpo ci sarà di nuovo! Vedi, io lo voglio, e tu ora toccami nuovamente e mi troverai così compatto come ero prima!»

3. Il romano fece ciò e trovò che Raffaele era ridiventato completamente uomo come prima.

4. Allora Agricola domandò all’angelo: «Quando tu, quale uomo perfetto sulla Terra, dissolvesti il tuo corpo, avresti potuto ricostruirlo?»

5. Disse Raffaele: «Sicuramente l’avrei potuto, così come ho fatto adesso; ma io non volli così, perché un’esistenza puramente spirituale, senza corpo, è infinitamente più completa di una legata – anche se dalla propria volontà – a un qualsiasi corpo. Vedi, dentro a questo corpo io posso operare meno che senza di esso! Quando però tu mi vedi compiere qualche prodigio, allora il corpo è già via, e viene ricostituito solo dopo aver compiuto l’azione! Io certo posso fare ogni cosa anche trovandomi nel corpo, ma non in maniera così perfetta come fuori dal corpo. Se hai ancora domande, domanda pure, e io ti risponderò!»

6. Disse Agricola: «Oh, domande ne avrei in serbo ancora in grande quantità! Potresti con la perseveranza della tua volontà trasformare in una qualche materia anche una parte dell’aria libera?»

7. Disse l’angelo: «Senz’altro, perché in primo luogo l’aria è già materia e contiene tutte le sostanze immaginabili e quindi tanto più rapidamente può venire trasformata in una materia qualsiasi, e in secondo luogo il mio spirito possiede veramente al massimo grado la facoltà assoluta di far agire in pienissima misura la mia volontà e quindi di trasformare anche in un solo istante l’aria, di cui tu parli, in una qualche materia. Dimmi tu, adesso, in che cosa devo tramutare l’aria!»

8. Disse Agricola: «O amico mio, a questo riguardo mi rimetto al tuo migliore e più saggio criterio! Fa’ come meglio ti pare e per me andrà tutto bene!»

9. Disse l’angelo: «Bene allora! Che l’aria che spira qui dinanzi a noi assuma istantaneamente la forma, a distanza di dodici passi da qui, di una colonna perfettamente rotonda, alta cinque altezze d’uomo e con un diametro di una altezza d’uomo! Così sia! Ed ora va là, esamina la colonna che è sorta e vedi se si tratta ancora di aria oppure sul serio di una solidissima colonna di granito!»

10. Allora tutti i romani si recarono sul posto ed esaminarono attentamente la colonna.

11. E poi tutti esclamarono: «Questa è una cosa sbalorditiva, un autentico, inconcepibile prodigio! È una colonna solidissima di granito, quale noi stessi a Roma non abbiamo l’uguale! Certamente ormai non è ammissibile alcun dubbio! Solo lo spirito puro esiste veramente, mentre ogni materia non è che una conseguenza della perseveranza della libera volontà di uno spirito puro!»

12. Allora l’angelo domandò: «Quanto credete che possa pesare questa colonna?»

13. Agricola rispose: «Eh, amico mio, il quesito si presenta per noi molto difficile da risolvere! Ad ogni modo, così all’incirca, bisognerebbe pur ammettere che questa colonna pesi le sue centomila libbre (560 quintali) e che mille uomini sarebbero a mala pena sufficienti per sollevarla»

14. Disse l’angelo: «La tua stima corrisponde discretamente alla realtà! E tuttavia io ti dico che per me, spirito puro, è una cosa facilissima sollevare in alto quanto vuoi questa pesante colonna semplicemente con la mia volontà. Stabilisci tu l’altezza o la distanza fino alla quale dovrò sollevarla semplicemente con la mia volontà, e compirò in un attimo anche questa operazione!»

15. Disse Agricola: «Ebbene, se proprio così ti piace, solleva la colonna fino a cento altezze d’uomo, verticalmente nell’aria, e trasportala su quel campo là che si trova precisamente a metà distanza fra qui ed Emmaus»

16. Disse l’angelo: «Benissimo! Così sia fatto immediatamente!»

17. Non appena l’angelo ebbe proferito queste parole, la colonna si trovò già in aria all’altezza richiesta, e subito dopo la si vide rizzata sul campo di fronte ad Emmaus.

18. Allora lo sbalordimento di tutti i presenti e, come ben si comprende, particolarmente dei romani, raggiunse il colmo, perché nessuno poteva capacitarsi della possibilità di un simile fenomeno.

19. L’angelo però disse: «Ma perché vi meravigliate così tanto? C’è forse qualcosa che non sia possibile ad uno spirito puro? Tutto dipende dalla ferma volontà di uno spirito puro! Dunque, se noi spiriti puri siamo in grado di portare attraverso gli spazi infiniti le terre, i soli e ogni altra specie di soli-centrali e infine addirittura degli interi globi-involucro, come non deve essere ancora più facile a me e a tutti gli spiriti puri trasportare in un solo attimo una colonna di questo genere là dove si vuole? Chi ha il potere di giocare tanto con i leoni quanto con le mosche, non avrà certo timore di trovarsi di fronte a dei moscerini!».

 

[indice]

 

Cap. 71

L’essenza dello spirito

 

1. (Continua Raffaele:) «Ed ora, visto che abbiamo ancora del tempo, io voglio mostrarvi ancora qualcosa, altrimenti potreste eventualmente pensare che la mia competenza sia limitata esclusivamente alle pietre. Ecco, la colonna è ormai al suo posto e là dov’è rimarrà per dei secoli e sarà conservata per un periodo di mille anni per la perseveranza del mio libero volere! Ma affinché, specialmente voi romani, possiate convincervi che ad uno spirito non è impossibile proprio niente, sul posto stesso dove prima ho formato fuori dall’aria una possente colonna di granito ora sorgerà, fuori dall’aria, una palma di datteri abbondantemente provvista di frutti maturi e ai lati di questa due alberi di fichi, ricchi essi pure di frutta matura.

2. State attenti, io dico e voglio che così sia, ed ecco che gli alberi di cui ho parlato sono già al loro posto stracarichi di frutti! E adesso andate tutti ad esaminarli e assaggiateli con il vostro palato; io sono persuaso che ne rimarrete molto soddisfatti!»

3. Allora tutti si alzarono e andarono ad osservare da vicino il prodigio. Tutti furono concordi nel dichiarare che non avevano mai gustato dei datteri e dei fichi così tanto squisiti e perfettamente maturi!

4. Poi l’angelo disse: «Ed ora sia fatta fuori dall’aria anche una dozzina di pecore su quel verde spiazzo che si estende davanti alla casa del nostro vecchio amico e fratello, il carissimo Lazzaro! Vedete, eccole là, già al loro posto; pascolano allegramente, e sono ormai proprietà del caro fratello Lazzaro!

5. Ma io credo che dopo questi segni ciascuno di voi sarà ben convinto che ad uno spirito puro, e perfettamente libero nella sua volontà, siano possibili moltissime cose. Pensateci un po’ su e poi ditemi come e quanto avete compreso tutto ciò. Da parte del Signore, più tardi, ci sarà data una luce ancora maggiore! Dunque rifletteteci su bene e seriamente!»

6. Disse Agricola: «Oh, amico mio dai Cieli di Dio, sarebbe molto facile pensarci su se ci trovassimo noi pure nella sfera altissima nella quale ti muovi ed operi tu! Ma io ritengo che per arrivarvi dovremo camminare un bel pezzetto ancora sulla via della nostra vita! Ad ogni modo quello che tu, o celestiale amico, ci hai rivelato per graziosissima concessione del Signore, io almeno, entro la limitata possibilità umana, credo di comprenderlo a sufficienza. Soltanto come la perseverante volontà dello spirito costituisca e possa costituire tanto integralmente tutto lo svariatissimo complesso dei materiali che formano la materia di tutta la Terra e addirittura pure quella degli altri mondi nello spazio sterminato, questo, vedi, è impossibile che noi lo possiamo comprendere in quel modo chiarissimo come certo lo comprenderai tu, o celestiale amico.

7. La materia dunque non è nulla, e così l’anima, dato che in un certo modo è un prodotto della materia, essa pure in sé non è nulla; unicamente lo spirito puro è in sé qualcosa di reale. Allora che specie di sostanza mai è, in sé e di per sé, uno spirito puro, ovvero che specie di cosa è esso? Questa è una domanda a cui un uomo mortale, che pensa e vuole esclusivamente fuori dalla sua anima almeno per metà ancora materiale e fuori dal suo corpo del tutto materiale, non potrà mai dare completamente una risposta finché non sarà diventato quasi completamente spirituale egli stesso. Conviene dunque che tu, o celestiale amico, abbia un po’ di pazienza con noi se le tue spiegazioni su questo punto vitale estremamente delicato, anche se sono corroborate dai tuoi segni meravigliosi, non riescono ancora a procurarci quella luce grazie alla quale noi possiamo chiarirci del tutto le idee riguardo all’elemento che costituisce veramente lo spirito puro vivente in sé e di per sé e che cosa esso è propriamente.

8. Quando si parla di spirito, la parola come tale è presto e facilmente detta; ma chi riesce a capirne il senso? Di conseguenza io credo che il pensarci su, poco o molto, sia per noi ugualmente inutile e infruttuoso, e tu, nostro caro e celestiale amico, puoi ricominciare addirittura subito a fornirci dei chiarimenti maggiori riguardo alla vera essenza dello spirito puro, purché, naturalmente, questa nostra incomprensione non ti sia già venuta eccessivamente a noia!»

9. Rispose Raffaele: «Oh, questo no, affatto! Vedi, amare Dio sopra ogni cosa e servire voi che siete chiamati a diventare Suoi figli e spiriti puri come noi, questo anzi è per noi causa di letizia immensa e di suprema beatitudine! Come dunque potrebbe essermi noioso quello che può servire ad illuminare maggiormente il vostro intelletto? Perciò fate ulteriormente attenzione a quanto vi rivelerò ancora riguardo all’essenza di uno spirito puro!

10. In ultima analisi, solamente Dio è in assoluto il più autentico e il più puro fondamentale Spirito di tutti gli spiriti, e come tale Egli è poi anche il Materiale fondamentale e l’eterno Elemento originario di tutti gli elementi originari.

11. Lo spirito puro in sé, come sostanza e come elemento, è un fuoco e una luce, ovvero è in sé l’amore e la sapienza stessi, tuttavia con questi concetti voi non dovete raffigurarvi affatto un fuoco materiale, né un amore dei sensi e nemmeno una luce come quella del Sole terreno o come quella di una lampada accesa, quantunque tra gli uni e gli altri sussista un rapporto di rispondenza. Infatti il fuoco dello spirito è puramente vita, e la sua luce è la sua sapienza».

 

[indice]

 

Cap. 72

L’essenza dell’etere

 

1. (Continua Raffaele:) «Voi vedete qui l’aria estremamente trasparente e ritenete che, essendo tale, essa non sia quasi assolutamente niente. Ma se a questa stessa aria viene impresso un moto violento, così che essa, con impeto da uragano, comincia a sradicare i cedri più possenti e a sconvolgere il mare in modo da sollevarlo in ondate spumeggianti alte come montagne, allora dovete bene ammettere che l’aria è certo qualcosa di terribilmente importante. Infatti l’aria, di per sé, è già un corpo e contiene in sé tutte le immaginabili sostanze e corpi in uno stato originario più sciolto e più libero.

2. L’acqua, particolarmente quella piovana e quella sorgiva, è la stessa cosa dell’aria, soltanto in uno stato meno sciolto; l’acqua del mare salata si trova in uno stato meno sciolto ancora.

3. Ma se noi ora saliamo al di sopra della superficie terrestre ad un’altezza corrispondente a circa dieci ore di cammino, noi non troveremo più affatto dell’aria come questa che ci circonda, ma dell’etere purissimo il quale per i vostri occhi sarebbe come un totale nulla, così che non vi sarebbe facile rappresentarvi qualcosa di equivalente a questo nulla. Infatti, se sulla Terra guardate a una distanza di varie ore di cammino, l’aria, per quanto pura, che riempie lo spazio tra voi e le montagne lontane, vi apparirà come un vapore azzurro davanti a quelle montagne, ma se questo spazio fosse invece colmo esclusivamente di puro etere, voi le montagne non le scorgereste azzurre, ma nel loro colore perfettamente naturale! Sì, vedete, fra la Terra e il Sole intercorre una distanza così grande che qui sulla Terra io davvero non sarei in grado di indicarvela in maniera comprensibile e precisa; cosa questa che del resto vi è già stata detta dal Signore stesso, e questo spazio, che per i vostri concetti è immensamente grande, è colmo appunto di un simile etere che ai vostri sensi appare un vuoto assoluto.

4. Ma questo etere, a dispetto della sua apparente e assoluta nullità, non è affatto così un vuoto assoluto come sembra a voi, poiché in esso sono contenuti tutti gli innumerevoli materiali e gli elementi in uno stato più sciolto e libero ancora di quanto lo siano nella più pura aria atmosferica di questa Terra. Tali materiali ed elementi nell’etere, però, sono piuttosto delle forze libere, e sono molto più vicini e affini al fuoco e alla luce primordiale; essi forniscono il nutrimento all’aria terrestre la quale a sua volta nutre l’acqua, e questa poi nutre il terreno e tutto ciò che su di esso vive e si muove. Ma se nell’etere si trovano già tutte queste cose, bisogna pure convenire che esso deve essere qualcosa di ben importante e non un nulla, nonostante esso appaia tale ai vostri sensi.

5. Nemmeno l’etere, però, è qualcosa di puramente spirituale, ma ha piuttosto una somiglianza interiore con la sostanza dell’anima, tuttavia solamente in quanto esso è un mezzo spaziale che dà modo alle innumerevoli forze originarie provenienti da Dio di incontrarsi, di associarsi e congiungersi e infine di agire come del tutto in comune.

6. Tu qui certo sarai tentato di domandarmi di nuovo: “Ma, con forze tanto svariate, come mai è possibile una qualche azione omogenea?”. Ebbene, io ti risponderò che niente è più naturale e facile di questo!

7. Vedi, noi, sulla Terra del Signore, sotto i suoi mari e tutte le altre acque, abbiamo un numero per voi tanto incomprensibilmente grande di specie di piante, di arbusti, di alberi e così pure di animali e di minerali, che nemmeno il più celebre naturalista di quest’epoca sarebbe in grado di elencarle e descriverle tutte. Ebbene esse, assieme all’intero corpo terrestre, costituiscono un tutto, e tutte queste specie agiscono tendendo ad un unico scopo principale, eppure qui sulla Terra ed entro la Terra sono così variamente formate ed ordinate che a te già al primo sguardo sarà assolutamente impossibile scambiarle l’una per l’altra e prendere, ad esempio, un fico per una prugna, un bue per un leone, una rondine per una gallina, un pesce per una tartaruga o infine del piombo per dell’oro.

8. Ora sulla Terra queste diversità hanno facilmente risalto; invece nell’etere, nell’aria e nell’acqua tu non le puoi notare, e ciò né con la tua vista, né con il tuo udito, né con il tuo olfatto e neppure con il tuo gusto, né con il complesso del tuo sistema nervoso, e questo nonostante il fatto che tutte le svariatissime specie delle forze, nonché delle sostanze primordiali e degli elementi prodotti dalle stesse nell’etere, nell’aria e nell’acqua, siano distinte l’una dall’altra ancora di più di quanto distinte l’una dall’altra si manifestino ai tuoi sensi le cose sulla Terra materiale.

9. Dunque, dietro alla sostanza dell’etere si cela il fuoco dello spirito impercettibile ai tuoi sensi, cioè una forza eternamente agente la quale, emanante da Dio, colma lo spazio infinito e opera e crea incessantemente. Dio stesso però è l’eterno Spirito primordiale e l’eterno Uomo originario raccolto nel suo centro, fuori dal quale Egli irradia i Suoi sublimi Pensieri e le Sue immense Idee, di cui colma l’infinito procedente da Lui; Pensieri e Idee che, colmi del Suo Amore, divengono un fuoco vitale simile a Lui; per effetto della Sua Sapienza si plasmano in forme ordinate e grazie alla Sua Volontà si manifestano come esseri distinti l’uno dall’altro ed esistenti singolarmente a sé, e in questi esseri viene immessa la facoltà di moltiplicarsi nella loro specie, di progredire, di unirsi poi con il tempo tra di loro salendo gradino per gradino sulla scala dell’Ordine eterno di Dio e di assurgere infine alla somiglianza a Dio».

 

[indice]

 

Cap. 73

Il puramente spirituale nella materia

 

1. (Continua Raffaele:) «Ma affinché tu, o Agricola, possa comprendere più facilmente queste cose, io ti citerò ancora vari esempi da me già esposti al nostro amico e fratello Lazzaro e anche da parte del Signore, ma poiché quanto mostrato dal Signore tu non l’hai afferrato a sufficienza, io per Sua Volontà dovrò renderti la questione ancora più chiara; vedi perciò di fare molto bene attenzione a quello che adesso ti dirò!

2. Ecco, tu pure ti dedichi alla coltivazione del terreno; a Roma infatti possiedi dei grandi giardini dei quali ti compiaci molto! In essi si coltivano mille e mille svariate piante da fiori e da frutto e non mancano l’uva, i fichi, le mele, le arance, i cedri, i limoni, le castagne e i meloni di ogni specie e qualità. Ma affinché il tuo giardino, che è davvero molto grande, possa sempre venire nuovamente rifornito di tutte i tipi di piante, tu devi anche far raccogliere una conveniente provvista di semi di ogni specie, che fai deporre al momento opportuno nel buon terreno del tuo giardino.

3. Ebbene, venuto il momento, i semi sparsi nel terreno cominciano a germogliare sani e rigogliosi con tua grande gioia. Senza dubbio, tutto ciò è bello e buono e allieta l’occhio e l’animo, ma disponi tu forse, per ciascuna delle mille e mille svariate specie di semi deposti nei solchi del tuo giardino, di un’altrettanta svariata quantità di terreno, cioè di una particolare qualità di terreno per ciascun genere di seme?”. Tu rispondi: “Tutto il vasto giardino, situato non lontano dalla foce del Tevere sul grande Mar Mediterraneo, non ha che un’unica qualità di terreno eccellente e fertilissimo nel quale ogni pianta prospera a mia piena soddisfazione!”.

4. Ed io dico: “Sta bene, però quando d’estate non piove - ciò che a Roma succede quasi sempre - i tuoi giardinieri devono provvedere d’acqua il tuo giardino servendosi di un annaffiatoio. Ma tu in questo caso usi forse un’acqua speciale per ogni singola specie di pianta?”. “No”, dici tu di nuovo, “nemmeno questo faccio, ma tutte le mie piante, arbusti o alberi che siano, li faccio innaffiare con un’unica qualità d’acqua che delle apposite condutture fanno giungere fino dentro al giardino!”. E sta bene ancora, dico io! Dunque, una sola e unica qualità d’acqua dolce, dato che l’acqua di mare non si confà al prosperare, in generale, delle piante destinate a crescere sulla terra asciutta.

5. Ecco, ora noi sappiamo che il tuo grande giardino consiste di una sola specie di terreno il quale viene innaffiato sempre con la stessa qualità d’acqua. Bisogna aggiungere che l’aria nel tuo giardino è e resta sempre della stessa specie e che la luce e il calore del Sole restano essi pure sempre invariati - almeno rispetto alla superficie totale del tuo giardino - per quanto riguarda la maggiore o minore intensità, fatta eccezione per il variare delle stagioni, ma anche in questo caso il variare di intensità ha significato uguale per tutta l’estensione del giardino.

6. Dunque, se le premesse per lo sviluppo delle piante, degli arbusti e degli alberi di svariatissimo genere sono sempre assolutamente le stesse, esse, quali cause uguali, dovrebbero produrre in tutte le piante, arbusti e alberi, logicamente, anche gli identici effetti tanto riguardo alla forma, quanto alla struttura, al gusto e all’odore. Mentre invece, quali effetti enormemente diversi si possono constatare!

7. Se tu mastichi un seme di limone, lo troverai amaro, ma allora dove prende il frutto la sua gradevole acidità? E così la storia può continuare per tutta intera la serie degli esseri: ogni cosa nella sua specie è differente da un’altra cosa! Ma come si fa a conciliare questo con il fatto che l’alimento per le varie specie di esseri è sempre quello? La vite ha un aspetto differente da un fico, e che divario enorme c’è poi tra i rispettivi frutti! Tu deponi nel terreno una semente di zucca e una di melone; la prima ti produrrà delle comuni zucche scipite e senza alcun odore, la seconda, invece, premierà le tue onorevoli fatiche dandoti dei frutti profumati e dolci come il miele, eppure dappertutto sempre la stessa terra, la stessa acqua, la stessa aria e l’identica luce e calore del Sole avranno concorso al prosperare delle due specie di piante.

8. Per poco anche che tu ci rifletta su, non potrai evidentemente tu stesso fare a meno di domandarti: “Ma come mai le stesse forze possono portare sempre a dei risultati immensamente diversi tra di loro?”. Io ti devo ripetere che tutte le sostanze animiche, in quantità innumerevole, esistono anzitutto nell’etere e poi nell’aria e nell’acqua; però l’occhio umano, anche il più acuto, come pure l’olfatto e il gusto anche i più sensibili non trovano né nell’uno né nei due altri elementi primordiali generali nemmeno una minima traccia del sapore e dell’odore di una qualche pianta, o del suo frutto dolce, acido e amaro che sia, per non parlare poi della forma e del colore della pianta stessa. Dunque, come si spiega che ciascuna semente delle varie specie e fuori dallo stesso terreno, dalla stessa acqua, dall’identica aria, dalla stessa luce e dallo stesso calore, attrae a sé e assimila in sé nella propria specie soltanto quelle sostanze primordiali che esso, nella sua natura di seme sempre uguale e inalterato, ha attratto e assimilato in sé attraverso le migliaia di volte migliaia di anni passati?

9. Vedi, qui il puramente spirituale fa capolino perfino nella materia organica e mostra all’osservatore intelligente e desto che esso, appunto perché solo nella sua qualità di puramente spirituale, è veramente qualcosa, mentre quello che il senso dell’uomo esteriore considera e reputa essere qualcosa, non è propriamente affatto nulla, insomma, soltanto quello che si tiene celato nel granello di semente è una realtà effettiva per la ragione che è un elemento puramente spirituale. Esso riposa dentro ad un guscio minutissimo, a mala pena visibile al tuo occhio, che è custodito nell’involucro del germe, il quale, a sua volta, è racchiuso dentro a quello che tu chiami il granello di semente. Questa particella puramente spirituale, racchiusa dentro al guscio minutissimo di cui ho detto proprio ora, è un pensiero saturo d’amore, di luce e di potenza di volontà, ovvero un’idea nello stato di completo isolamento dagli innumerevoli altri pensieri e idee che in sé e per sé sono altrettanto precisamente caratterizzati e separatamente racchiusi».

 

[indice]

 

Cap. 74

L’influsso dello spirito sulla materia

 

1. (Continua Raffaele:) «Questo spirito, dunque, isolato a sé dentro il minuscolo involucro del germe, in possesso della sua chiara intelligenza e cosciente della propria forza, forza che in ultima analisi si identifica con esso, si accorge facilmente di quando il seme, quale dimora materiale che esso stesso si è edificata, viene a trovarsi in quello stato e condizione da rendere opportuno l’inizio della propria attività quale spirito puro.

2. Quando la semente viene deposta nella terra umida e il rivestimento esteriore materiale-sostanziale si rammollisce, per il fatto che le sue parti animico-sostanziali cominciano ad entrare in rapporti di corrispondenza con le parti similari esteriori che la circondano, allora lo spirito puro inizia immediatamente a fare giusto uso della sua intelligenza e della sua forza di volontà. Esso riconosce con estrema esattezza le particelle ad esso corrispondenti contenute nella terra, nell’acqua, nell’aria e nella luce e nel calore del Sole, le attrae a sé e con le stesse crea, nel suo ordine, quello che corrisponde alla propria essenza, ed è per questo che tu poi vedi sorgere dal terreno una pianta che ha sempre le stesse caratteristiche. La pianta erbacea, o per così dire la carne esteriore della pianta dalla radice fino alla sommità dello stelo appuntito, viene perciò prodotta dallo spirito solo affinché lo spirito puro possa moltiplicarsi con potenza creatrice nei nuovi granelli di seme e possa così riprodurre all’infinito il proprio io, quantunque lo spirito, una volta che ha dovuto operare così, elevi se stesso e, in unione alle particelle animiche attratte a sé, passi poi alla formazione di forme e di esseri superiori e più perfetti.

3. E quanto ora ti ho esposto delle piante, in minima misura vale anche per tutti i minerali e in una misura maggiore per tutti gli animali e infine pure soprattutto per l’uomo. Quanto ho detto, però, originariamente ha valore ugualmente per quanto riguarda la formazione di tutti i corpi mondiali, di tutti i globi-involucro e di tutto il complesso di questi ultimi che costituiscono l’immenso Uomo-cosmico che il Signore stesso vi ha descritto e mostrato con sufficiente chiarezza.

4. Ora da tutto ciò non devi incontrare grave difficoltà a riconoscere che ogni verità e realtà dimora unicamente nel puramente spirituale e che ogni materia, invece, non è altro che la perseverante volontà dello spirito, materia che esso può gradatamente ammorbidire, sciogliere sempre più e finalmente convertire in un corpo animico-sostanziale simile ad esso in un tempo più o meno lungo, a seconda che la sostanza animica, per effetto della libera volontà destatasi pure in essa, si sia dimostrata più o meno incline ad accettare l’interiore ordine vivente dello spirito.

5. Basta che tu d’ora innanzi osservi attentamente il complesso della natura e in essa troverai quello che ti ho appena spiegato! Infatti non puoi pretendere adesso che, nel breve tempo che ci è concesso di restare assieme, io analizzi singolarmente ciascun minerale, pianta e animale e chiarisca quanto di puramente spirituale e quanto di animico-sostanziale vi sono contenuti. È sufficiente che ora ti abbia spiegato in maniera assai chiara quali sono i rapporti reciproci fra il puramente spirituale, l’animico-sostanziale e infine tutto l’elemento materiale, perché la regola che ti ho indicato è valida per tutta l’eternità e per tutta l’infinità. Se tu comprendi l’alfa, comprendi anche l’omega. Quello che giace fra questi due termini è perfettamente uguale ai termini stessi, salvo la forma, che è enormemente svariata.

6. Ed ora che ti ho rivelato tante cose in una maniera del tutto straordinaria, puoi anche tu dichiararci del tutto apertamente come hai colto tutto ciò con il tuo intelletto. Di tempo ne abbiamo ancora e quindi possiamo ragionare di varie altre cose. Parla dunque tu adesso e dicci come hai compreso le mie spiegazioni!».

 

[indice]

 

Cap. 75

Lo spirito, la forza più interiore

 

1. Disse Agricola: «Celestiale amico, in verità devo confessare che ritengo impossibile lo spiegare questa cosa in maniera ancora più chiara ed evidente di quanto l’abbia spiegata tu a me e a tutti noi! Ma che noi non possiamo ancora vedere propriamente a fondo questa cosa e comprenderla come la vedi e la comprendi tu, ciò deve esserti certo molto più chiaro che non a noi stessi, poiché quello che per l’uomo terreno non ha di gran lunga ancora alcun senso di comprensione, egli, a dispetto della sua migliore buona volontà, non può vederlo pienamente nella sua vera luce e comprenderlo. Ad ogni modo quello che mi si è reso ormai completamente chiaro è che ogni realtà essenziale va cercata veramente soltanto nel puramente spirituale e qui viene anche indubbiamente trovata. Io però, o amico celestiale carissimo, vorrei pregarti di farci ancora alcuni esempi più tangibili per renderci possibilmente più chiara la comprensione del tuo insegnamento riguardo al puramente spirituale! Infatti, vedi, noi romani abbiamo un proverbio antico il quale suona: “Longum iter per praecepta, brevis et efficax per exempla!” (Lunga è la via se si usano gli insegnamenti, breve ed efficace è invece se si usano gli esempi!). E questo è certo un proverbio antico del tutto vero, perché un piccolo e conciso esempio dice, a chi indaga, molto spesso e anzi quasi sempre molto più di quanto possano dirgli tutte le dottrine e le massime teoriche, e appunto per questa ragione io ti prego di fornirci dei piccoli e buoni esempi»

2. Disse Raffaele: «Eh sì, mio caro amico, ci sarebbe certo una quantità di altri esempi, chiarissimi e molto evidenti, ma non perciò ti sarà possibile comprendere a fondo il puramente spirituale con i tuoi sensi naturali. Lo spirito, che dappertutto costituisce la forza interiorissima, compenetra tutto, vede tutto e domina tutto, e questo lo farà pure il tuo spirito, ma non oggi, e neppure domani, ma quando nel tuo essere tutto sarà ordinato secondo piena verità.

3. Guarda un po’ là i discepoli del Signore, dei quali però ora due si trovano ancora laggiù nel Tempio, e uno dei due è, per essere precisi, un uomo dedito al mondo! Ebbene, vedi, questi discepoli, ad eccezione di quello che ti ho detto, sono giunti già quasi al punto dove ora, quale spirito puro, mi trovo io, ma arrivare ad un tale punto non è stato per loro una cosa tanto facile come potresti immaginare tu. Essi erano in gran parte dei pescatori sul Mare di Galilea, nelle vicinanze di Cafarnao, e possedevano casa e terreno, oltre a ciò hanno moglie e figli; orbene, sappi che essi abbandonarono tutto e volontariamente seguirono con grande gioia il Signore, avendo per meta il Regno di Dio e la sua forza e potenza! E poiché hanno voltato le spalle a tutto ciò che è del mondo unicamente per amore del Regno di Dio, essi l’hanno anche raggiunto in sé in breve tempo, ciò che tu, grande persona di questo mondo, potrai raggiungere solo gradualmente.

4. Tu però vi perverrai secondo la misura del tuo amore per Dio, il Signore, e secondo quella del tuo amore per il prossimo. Infatti, la potenza del tuo amore per Dio e per il prossimo sarà quella che ti indicherà in quale misura si sarà destato e maturato in te il Regno di Dio.

5. Ma il Regno di Dio in te è precisamente l’amore in te, del quale ora ho parlato, e questo amore è anche il tuo spirito, quale l’unica verità, la sola realtà e la vita eterna indistruttibile. Il come però sia così come ti ho detto, questo nemmeno il più scelto esempio te lo potrà dimostrare, ma questa cosa la devi sperimentare in te stesso. Fino al momento della compiuta esperienza propria, dunque, a te conviene credere e sperare nell’adempimento sicuro di tutto ciò che il Signore, quale la Verità primordiale-eterna, ha fedelissimamente promesso a te e a voi tutti!

6. Nonostante ciò io opererò per te alcuni segni ancora, a titolo di esempio, dai quali potrai rilevare con chiarezza un po’ maggiore come soltanto nello spirito dimorino ogni sostanza originaria ed ogni realtà. Oltre a quello da te citato, voi romani avete anche un altro proverbio che nel caso presente può trovare eccellente applicazione. Ecco, il vostro proverbio suona così: “Quod a principio non valet, aut valere nequit, etiam in successu non aliquid valere potest; ex nihilo nihil erit” (Quello che fin dal principio non ha vigore né può averlo, non potrà aver vigore neanche dopo: dal niente non si ottiene niente). Ma da ciò, già in base alla ragione umana, risulta chiaramente che il puramente spirituale deve essere qualcosa di effettivamente verissimo, poiché qualora esso, secondo i concetti materiali degli uomini, fosse un nulla nel quale l’esistenza di una coscienza di se stesso fosse inammissibile, allora come potrebbe in eterno diventare un qualcosa conscio di se stesso?

7. Ora, affinché fuori dal puramente spirituale possa sorgere e sussistere tutto ciò che esiste, è chiaro che anzitutto questo puramente spirituale deve essere un reale qualcosa, affinché fuori da esso possa sorgere come conseguenza ogni altro qualcosa. Nella semente, dunque, soltanto lo spirito che si cela dentro al minuscolo guscio del germe è un effettivo “qualcosa”, mentre tutto il rimanente corpo del seme non è di per sé nulla affatto, ma ciò che è, lo è grazie allo spirito insito in esso. Questo spirito lavora, secondo il piano della sua intelligenza insita in esso, mediante la forza della propria volontà, ed è così che poi sorge una pianta, un arbusto, un albero, un animale e addirittura un intero mondo.

8. Cosa sia però lo spirito in sé, questo io te l’ho spiegato già varie volte, ma questa cosa tu non la puoi ancora riconoscere nella sua intima essenza, dato che il tuo proprio spirito non ha ancora completamente compenetrato te stesso. Però puoi rendere percettibile questo nella tua anima: il “qualcosa” originario dello spirito è un Fuoco e una Luce viva, ed è chiarissimamente conscio di se stesso e, conseguentemente, è il supremo Amore stesso e la suprema Sapienza stessa. Di più a tale riguardo non potrebbe dirti nemmeno il Signore in Persona!».

 

[indice]

 

Cap. 76

La liberazione dalla materia

 

1. Disse Agricola: «Ecco, adesso di nuovo vedo già chiaramente più chiaro e mi vengono in mente alcune frasi degli scritti di Platone, l’antico sapiente. Era da tempo che egli aveva iniziato le sue indagini riguardo all’Essere spirituale di Dio e un bel giorno ebbe finalmente una visione come in un lucido sogno. In quel momento gli venne indicato che egli avrebbe contemplato l’Essere spirituale di Dio. Allora gli sembrò che intorno a lui tutto si fosse fatto fuoco e luce: egli stesso si sentì come interamente dissolto, pur avendo conservato la piena coscienza di sé. In questo fuoco, però, egli non percepì alcun bruciore, ma soltanto un possente calore d’amore e di vita, estremamente delizioso e benefico, e una voce simile al suono di un armoniosa arpa eolica così gli parlò fuori da quel mare di fuoco e di luce: “Vedi e senti l’Essere spirituale di Dio, e senti e vedi te stesso in Lui e mediante Lui!”. E Platone scorse allora la sua forma umana, e intorno a sé vide ancora innumerevoli forme simili a sé; in queste forme però egli scoprì anche delle minutissime immagini, tutte viventi, di un numero sterminato di altre forme, le quali tuttavia, prese assieme, costituivano soltanto un’unica forma umana. E vedi, la tua spiegazione ha una grande somiglianza con la visione dell’antico grande sapiente, molto ben noto in tutto il mondo civile!

2. Ebbene, il fuoco e la luce visti da Platone certo non sono stati percepiti dai suoi occhi di carne, ma unicamente da quelli del suo spirito; ed ora il mio pensiero, che è anche una domanda, è questo: “Quando io stesso un giorno mi sarò fatto più spirituale, io pure, come Platone, contemplerò in spirito lo stesso fuoco e la stessa luce, e avrò le sensazioni che egli ha avuto? È giusto oppure è falso il mio giudizio?»

3. Rispose Raffaele: «Tu hai giudicato molto bene e in aggiunta non posso dirti altro che questo: “La cosa sta abbastanza nei termini da te esposti! Tuttavia Platone era un pagano e quindi non poteva giungere a quella visione e a quella percezione assolutamente chiare alle quali può invece giungere l’uomo che vive conformemente agli insegnamenti di Dio, il Signore”. Comunque, per fornirti ancora qualche prova molto evidente che l’elemento spirituale puro è l’unico vero e realissimo “qualcosa”, io, per il tuo bene, farò dinanzi a te ancora qualche esperimento nel campo dell’elemento spirituale puro; fa quindi nuovamente bene attenzione a tutto quello che ancora ti mostrerò per generosissima concessione del Signore!

4. Vedi, quello che ora qui ci circonda non è che dell’aria atmosferica trasparentissima; tu puoi sforzare i tuoi sensi quanto vuoi, ma non vi potrai scorgere proprio niente, eccetto, tutt’al più, una quantità di moscerini e di mosche di ogni specie che sciamano confusamente, e qua e là qualche insetto un po’ più grosso o qualche uccello! Adesso però, soltanto per un breve tempo, ti aprirò la vista interiore dell’anima e ti avverto che la tua meraviglia sarà assai grande quando vedrai tutte le cose che sono contenute in questa nostra aria atmosferica!»

5. Disse Agricola: «O celestiale amico mio, fa pure come dici, e quello che in questa occasione mi sarà utile, sarà anche utile in breve tempo a molte migliaia d’altri ancora!»

6. Disse Raffaele: «Sta bene; vedi, basta che io voglia e tu ti trovi già al punto al quale io ho voluto che tu sia. Che cosa vedi ora nell’aria?»

7. Esclamò Agricola: «Ah, cosa vedo? È davvero indescrivibile! Che quantità enorme di esseri, piante, animali, paesaggi e anche figure umane! Io scorgo pure una quantità innumerevole di piccolissimi vermi lucenti che sembrano librarsi nell’aria e che si muovono confusamente a scatti, e ora qua, ora là, si afferrano come in un gomitolo che all’istante si trasforma assumendo una qualche forma definita. Ma neanche questa forma dura a lungo perché trapassa ben presto in un’altra forma. Dappertutto è luce, le cose però hanno poca consistenza e si trasformano continuamente; soltanto alcuni di questi esseri permangono un po’ più a lungo nella forma che hanno acquisito. Davvero, a questo spettacolo nemmeno la testa più robusta e sana potrebbe sottrarsi ad un certo senso di vertigine!

8. Ma che cosa mai sono tutte queste miriadi di vermiciattoli luminosi e cosa sono questi esseri di ogni specie in quantità innumerevole e in perpetua trasformazione? E se allungo la mano per catturare una di queste forme, la ritraggo sempre perfettamente vuota! Ah, in verità, questo è proprio un inganno della vita!»

9. Disse allora Raffaele: «Ebbene, aspetta ancora un po’ e avrai subito qualcosa di più durevole!»

10. A queste parole vennero vicino al romano, come volando e nuotando nell’aria, ogni tipo di uccelli e anche di pesci, ed egli acchiappò con una mano un uccello e con l’altra uno stranissimo pesce.

11. E, tenendo così la sua preda, Agricola disse all’angelo: «Ascolta un po’, o celestiale amico, il mio bottino ce l’ho già in mano! Fa adesso che io riveda l’atmosfera nel mio stato naturale, perché vorrei convincermi se l’uccello e il pesce me li troverò ancora in mano»

12. E l’angelo rispose: «Oh, questo ti può venire concesso senz’altro! Ecco, ora sei nell’aria atmosferica nel tuo stato naturale e puoi esaminare la tua preda con tutta tranquillità»

13. In quello stesso momento Agricola si trovò nella sua condizione naturale e voleva subito osservare attentamente l’uccello e il pesce da lui catturati, ma constatò invece che non aveva in mano né l’uno né l’altro.

14. Immensamente sorpreso, egli interpellò l’angelo, dicendo: «Ma che cosa vuol dire questo? Dove sono finiti l’uccello e il pesce? La mia visione è stata dunque più un sogno che non una effettiva realtà?»

15. Rispose l’angelo: «Oh no, precisamente il contrario! Prima eri di gran lunga più vicino alla effettiva realtà che non ora! Il tuo uccello e il tuo pesce ce li hai ancora, però non nella tua mano di carne ma nella mano della tua anima, e anzi io ti dico che questi animali, che ti corrispondono molto, non li lascerai così presto, né d’altro canto essi così presto lasceranno te! Infatti vedi, tu, patrizio di antica discendenza, possiedi a casa tua, a Roma, uno stemma sul quale sono raffigurati in oro appunto un uccello simile con una spiga nel becco e un simile pesce che tiene in bocca un verme, e poiché tu ci tieni ancora molto ad una tale insegna onorifica nel mondo, non ti libererai nemmeno così presto dei tuoi due animali.

16. Con gli occhi della tua anima hai bensì visto prima, nell’aria vera e propria, molte figure e forme le quali erano delle apparizioni corrispondenti a queste tue nuove esperienze, però tu non le potevi tenere fissate. E come i tuoi pensieri rispetto a quelle apparizioni andavano continuamente mutando, trapassando e degenerando in ogni genere di altre forme, nello stesso modo andavano continuamente trasformandosi, presentandosi anche agli occhi della tua anima. Soltanto l’uccello e il pesce, che sono sul tuo stemma e che sono ancora fortemente fissati dal tuo grande compiacimento, sono rimasti invariati nella mano della tua anima, che corrisponde alla brama dell’anima verso fuori, verso l’esterno; se quindi vuoi vedere i tuoi animali anche nel loro stato naturale, posso concederti anche questo»

17. Disse Agricola: «Se una simile cosa ti è possibile, come non dubito affatto, allora falla! Io vorrei pur constatare se si tratta proprio dei due animali che sono raffigurati sul mio stemma. Forse dopo mi sarebbe più facile liberarmi da questa stoltezza puramente mondana»

18. Disse l’angelo: «Guarda adesso le tue mani, e vi troverai i tuoi emblemi!»

19. Agricola allora si guardò le mani e vide che nella destra teneva un uccello, un tipo di fenice, e nella sinistra una specie di piccolo delfino. A quella vista egli rimase quanto mai sbalordito, tuttavia domandò subito all’angelo cosa avrebbe dovuto fare per sbarazzarsi al più presto di quei fastidiosi animali.

20. E l’angelo rispose: «Di questi due animali, che ti sono perfettamente inutili, puoi sbarazzarti molto facilmente ritraendo da essi del tutto il tuo cuore e rivolgendolo invece interamente al Signore! Se lo puoi fare, i due animali abbandoneranno ben presto la tua anima. Ad ogni modo nelle tue mani di carne essi possono avere consistenza solamente fino a quando io li voglio mantenere così come sono. Ebbene, adesso io voglio che spariscano! E vedi, le tue mani sono già libere di nuovo! Ma con ciò io ti ho mostrato anche tutto quello che può servire a renderti sempre più chiara la verità interiore e ogni altra cosa è bene che tu d’ora innanzi la cerchi e la trovi in te stesso».

 

[indice]

 

Cap. 77

Il processo della conversione interiore nell’uomo

 

1. Dopo di ciò l’angelo, ad un Mio cenno, si fece da parte e si avvicinò a Lazzaro; questi due entrarono poi in casa per sorvegliare la preparazione di un pranzo che fosse stato sufficiente per i giovinetti che allora stavano in gran parte dilettandosi nelle tende e per vedere che le pecore, recentemente create da Raffaele, venissero curate in maniera adeguata.

2. Agricola però si rivolse a Me e disse: «In verità, o Signore e Maestro, queste rivelazioni riguardo allo spirito mi hanno lasciato un’impressione quanto mai strana, e io mi sento proprio del tutto come un altro uomo! Eppure io ho visto e udito da Te molte cose convincentissime, e mi sono sempre trovato in perfetto equilibrio e tranquillo come a casa mia, ma dopo che ho avuto da fare con l’angelo, sono divenuto davvero quasi estraneo a me stesso! Come si spiega questa cosa e che significato ha?»

3. Gli dissi Io: «O amico Mio, tutto ciò si è svolto in perfettissimo ordine; infatti, finché non ti trovi, per così dire, estraneo a te stesso, significa che non ti stai avvicinando particolarmente al Regno di Dio. Ad ogni modo questa impressione che ti è rimasta, di trovarti cioè un po’ differente da quello che eri prima, è un buon segno, perché significa che lo spirito in te si è un po’ scosso dal suo sonno ed ha fatto un piccolo passo innanzi nella tua anima, e poiché in certo modo è la prima volta che hai questa sensazione, è segno che in te lo spirito ha cominciato a manifestare un po’ di più la sua vitalità. Ora questo lo puoi assolutamente considerare come un segno eccellente il quale si manifesterà varie volte ancora, anzi in misura sempre più accentuata.

4. Ma quando una simile sensazione si rinnoverà in te, sii allora molto lieto e sereno, perché quello appunto sarà il segno principale che il tuo spirito interiore avrà cominciato ad unirsi fortemente con la tua anima! Finché nel tuo quotidiano stato d’animo hai la sensazione di trovarti nella tua vera patria a questo mondo, allora dai prova di appartenere davvero ancora a questo mondo, e non c’è alcuna capacità in te di accostarti veramente al Regno di Dio. Infatti, quando il puro spirito si desta nell’uomo e con la sua vita e con la sua luce comincia a compenetrare tutto l’essere dell’uomo, allora nell’uomo ha inizio una vita del tutto differente, anzi una vita assolutamente nuova da lui prima mai nemmeno presentita. Ed è qui precisamente la massima prova che per l’uomo, dopo il distacco della carne dalla sua anima, comincia una vita del tutto nuova, vita da lui mai presentita, né meno ancora conosciuta durante la sua permanenza nel corpo di carne.

5. Tuttavia, per quanto riguarda il distacco della carne dall’anima umana, Io non Mi riferisco già alla reale morte del corpo, ma a quello stato in cui l’uomo viene a trovarsi quando egli ha quasi completamente bandito da sé ogni brama sensuale e mondana ed ha cominciato a vivere del tutto in spirito.

6. Lo spirito inizia allora a congiungersi sempre più tenacemente con l’anima e questa entra sempre più in stretta comunicazione con il mondo della vita spirituale, cioè con l’unico vero mondo. Questo mondo però, prima non presentito e perfettamente ignorato, si cela originariamente nella profondità del cuore umano, nella stessa maniera come una pura fiammella spirituale si tiene celata nel minutissimo guscio germinale dentro la semente.

7. Finché il grano di semente deposto nel terreno non muore, non si decompone e non si dissolve al punto che le sue parti prima solide cominciano a trapassare ad uno stato di somiglianza con lo spirito, fino a quel momento anche lo spirito si mantiene nascosto e inattivo. Ma quando invece la materia del granello di semente nel terreno comincia a rammollirsi e a dissolversi e a rendersi, nelle sue particelle, sempre più eterea e sempre maggiormente simile allo spirito che dimora nel germe, allora lo spirito inizia un’opera di ordinamento rispetto alle parti che trova simili a sé e le compenetra sempre di più, ma a questo punto certamente ha pure inizio uno stato del tutto nuovo dell’essere, come tu puoi benissimo osservare in qualunque pianta che germogli e cresca. Ora quel processo che in minime proporzioni constati che si sta svolgendo nell’una o nell’altra pianta, si svolge anche in proporzioni più grandi e complesse nell’uomo, quando egli con la sua seria volontà distrugge e dissolve in sé tutte le brame e gli appetiti rivolti al mondo esteriore, sorti nella propria anima e anche nel proprio corpo, e comincia sotto ogni riguardo a renderli sempre più simili al proprio spirito interiore.

8. Premesso ciò, non può destare certo meraviglia se, dato un simile mutevole stato di cose, l’uomo, abituato a vivere nel mondo e ad avere rapporti con esso, viene a trovarsi in una situazione un po’ strana; ma quando con il tempo avrà cominciato ad assuefarsi al suo nuovo mondo della vita interiore - l’unico vero e a renderselo sempre più familiare, allora accadrà l’inverso, e ad apparirgli estraneo sarà invece il mondo materiale esteriore. Non preoccuparti dunque eccessivamente se anche il Mio Raffaele ti ha inferto qualche scossone più energico del solito, perché questo non può esserti che di grande utilità.

9. Nel suo essere egli è già uno spirito puro e quindi ha potuto influire sul tuo spirito in via più diretta di quanto avrebbe potuto influire un altro essere per quanto anche desto, ma non ancora completamente rinato nello spirito. Questa cosa però è stata concessa da Me non a danno della tua anima, anzi esclusivamente a suo immenso vantaggio. Di conseguenza, come ti ho già detto, non preoccuparti affatto se dentro di te hai cominciato a sentirti un po’ come estraneo a te stesso e come fuori di casa propria. Quando, in futuro, questa sensazione si ridesterà spesso in te, non rimanere perplesso, ma giubila nel tuo cuore, perché ciò ti dimostrerà il sempre maggiore approssimarsi del Regno di Dio nel cuore della tua anima. Hai ora compreso bene?»

10. Rispose Agricola: «Io Ti ringrazio, o Signore, di questa spiegazione che in tutta Grazia mi hai dato! Quella sensazione è certo rimasta ancora in me, tuttavia quel “non so che di strano” che prima la accompagnava si è ora molto attenuato. Comunque, sarebbe pure interessante conoscere come l’angelo ha fatto a sapere con tanta precisione quali animali ornano il mio antico scudo d’onore. Esso ora si trova ben custodito a Roma e noi, invece, siamo qui. Come può la sua vista arrivare ad una tale distanza?»

11. Gli dissi Io: «In questo caso egli non ha avuto bisogno di guardare a tanta distanza, perché egli, quale uno spirito puro, ha potuto esaminare il tuo scudo nella tua anima fino nei più minimi particolari; del resto appunto, quale uno spirito puro, egli avrebbe potuto anche in un istante solo andare a prenderlo a Roma e portartelo qui»

12. Disse Agricola: «Oh, una simile operazione dovrebbe pure presentare qualche difficoltà! Infatti, anche se uno spirito può compenetrare e dissolvere ogni materia, una materia non può penetrare nell’altra materia. Ora il mio scudo si trova custodito dentro ad un armadio di pietra ben chiuso da una solida porta di ferro; egli dovrebbe dunque distruggere tutto l’armadio per poter tirare fuori lo scudo e volerlo poi trasportare qui in un istante. È evidente che esso verrebbe annientato durante il viaggio attraverso l’aria appunto per il fatto che tale viaggio dovrebbe essere compiuto ad una velocità infinitamente grande!»

13. Ed Io gli risposi: «Tu giudichi secondo come comprendi la cosa, ma gli spiriti puri la comprendono ben altrimenti! Vedi, l’angelo non avrebbe nemmeno bisogno di andare da qui a Roma, ma gli sarebbero sufficienti la sua volontà e il suo riconoscimento che compenetra ogni cosa. Egli a Roma può dissolvere interamente il tuo scudo, come ha fatto prima con la pietra, e mediante la sua volontà può ricostruirlo qui istantaneamente nella sua materia e nella sua forma, precisamente come ha ricomposto la pietra che ancora tieni in mano! Vedi, dunque: per uno spirito puro non c’è più nulla di impossibile! Se ora quindi hai una certa idea di questa cosa, pensaci un po’ su e vedrai che nella tua anima si farà già più luce.

14. Ma ecco che i due discepoli saranno presto qui di ritorno dal Tempio; vengono in compagnia di due altri uomini e noi ci riserviamo di sentire da loro cosa succede laggiù. Frattanto riposiamoci un po’ e aspettiamo che arrivino!».

 

[indice]

 

Cap. 78

Racconto dell’albergatore della valle sugli avvenimenti nel Tempio

 

1. Passò poco tempo e già si videro comparire i due discepoli e con loro anche i due altri uomini dei quali Io avevo annunciato la venuta. Uno di questi ultimi era il già noto albergatore nella valle, un vicino di Lazzaro che dimorava nei pressi di Betania a cui Io avevo fatto visita già altre volte, e il secondo era un suo buon amico, egli pure albergatore, però nelle vicinanze di Betlemme, che era proprietario del grande albergo sulla strada militare principale, dove anch’Io avevo preso alloggio una volta e avevo risanato una quantità di infermi.

2. In quanto ai due discepoli, questi erano Tommaso e Giuda Iscariota. Appena arrivato, Giuda avrebbe voluto raccontare subito, per filo e per segno, tutto quanto era accaduto nel Tempio.

3. Ma Io gli rimproverai questa sua smania di imporsi e gli dissi: «Tu parla quando ti sarà chiesto di far sentire la tua voce, perché Io sono ancora il Signore e il Maestro di tutti voi, il Quale certo meglio di altri sa a chi di voi quattro converrà affidare la parte del narratore, a vantaggio di coloro che sono qui presenti!»

4. A queste parole di ammonimento, Giuda Iscariota si ritirò alquanto da parte borbottando, e finì con il dire a Tommaso: «Lo sapevo già prima che sarei stato messo in un angolo!»

5. E Tommaso osservò: «Ma se ti ho detto quando eravamo ancora laggiù che non devi sempre spingerti avanti e aver l’aria di volerti imporre! Dopo le mille volte che ce l’ha spiegato il Signore, come fai ancora a non sapere che Egli dà un qualche valore ai Suoi se costoro procedono dappertutto con umiltà? Io non mi sono fatto avanti e perciò non mi è stato rivolto alcun rimprovero da parte del Signore. Mettitelo in testa una buona volta! Oltre a noi ci sono qui due altri, i quali si sono trovati nel Tempio prima di noi ed hanno visto e udito più di noi quello che è accaduto lì dentro. È chiaro dunque che essi devono saperne più di noi e che il Signore probabilmente vorrà che siano loro a fare l’esposizione degli avvenimenti a vantaggio del popolo; noi invece saremo forse invitati, se sarà necessario, a testimoniare dell’esattezza di quanto narrato. Ritorniamo dunque ai nostri vecchi posti ed osserviamo un po’ meglio il paesaggio; ci sono qui tante e tante cose da vedere, dalle quali si potrà certo ricavare qualche utile insegnamento!»

6. Questa osservazione di Tommaso ebbe l’effetto di calmare Giuda Iscariota il quale si sedette tranquillo al suo vecchio posto e Tommaso lo imitò.

7. Io frattanto Mi ero rivolto all’albergatore della valle che dimorava vicino a Betania e gli avevo detto: «Ebbene, o amico Mio, racconta tu tutto quello a cui hai assistito nel Tempio a vantaggio del popolo, perché tu ti recasti già prima dello spuntare del giorno assieme a molta altra gente dai dintorni di Betania! Cosa dicono gli accoliti del Tempio dei segni avuti la scorsa notte, cosa ne pensa il popolo e cosa, infine, ne pensi tu stesso?»

8. Rispose l’albergatore: «O Signore e Maestro! Io infatti mi sono trovato nel Tempio già prima che spuntasse il Sole, e precisamente a causa delle apparizioni di questa notte che erano di genere talmente straordinario quali certo nessun ebreo e nessun pagano ne ha mai visto di simili. Se però avessi avuto anche un solo minimo presentimento che Ti trovavi ancora a Gerusalemme, o meglio qui sul monte degli Ulivi, io, assieme a questo mio amico che pure Ti conosce bene, invece di andarmene al Tempio sarei accorso qui già durante quello spaventoso fenomeno. Questo mio amico aveva pernottato presso di me ed era intenzionato ad andarsene stamani per ritornare a casa sua; egli era arrivato dalla Galilea dove si era recato per sistemare alcuni affari, ma le apparizioni verificatesi improvvisamente durante la notte lo distolsero dai suoi progetti e noi ce ne andammo invece a Gerusalemme, per vedere se era possibile ottenere là qualche chiarimento! Arrivati quasi di corsa al Tempio, vi trovammo una confusione immensa; il clamore era tanto assordante che a stento si riusciva a udire la propria voce.

9. Sul grande pulpito compariva ora l’uno ora l’altro sacerdote e cercava di dare questa e quella spiegazione, ma il popolo, che ben presto si accorgeva dell’assurdità di quanto si voleva fargli credere, non voleva più saperne di ascoltare quel predicatore e ne reclamava un altro.

10. E così infatti se ne presentò un altro che per qualche tempo fu tollerato dal popolo, ma quando il predicatore riprese la vecchia antifona della severa penitenza e delle cospicue offerte, allora il popolo irritato esclamò: “Voi cercate di scaricare sempre su di noi, misero popolo, i vostri grossolani peccati e tocca a noi dopo, se occorre, fare da capri espiatori per voi! Quanti sacrifici non abbiamo già offerto al Tempio! A quali raccapriccianti penitenze noi ci siamo già sottoposti e voi avete continuato a dirci che in questo modo Jehova avrebbe guardato il Suo popolo con occhio benigno! Eh sì, l’abbiamo ben visto stanotte il Suo occhio benigno, ma ci siamo anche ben persuasi che tutti i nostri sacrifici a vantaggio del Tempio e tutte le nostre opere di penitenza grondanti sangue non hanno giovato a nulla, anzi ormai non solo ci sembra, ma abbiamo dinanzi a noi le prove irrefutabili che tutti i sacrifici da noi fatti e tutte le nostre opere di penitenza, poiché certamente troppo assurde e quindi contrarie ad ogni massima di Mosè, non hanno avuto altro risultato che accendere ancora di più la giusta Ira di Dio, invece di ammansirla! E di un tale risultato in verità non va attribuita la colpa tanto a noi, quanto piuttosto a voi sacerdoti, che in seguito alla vostra insaziabile ambizione sacerdotale ci avete spinti in questi tempi sulla via dell’abominio e dell’infamia con i vostri insegnamenti, quando dicevate: ‘Se farete questo o quello, volerete diritti in Cielo!’. Di conseguenza siete voi quelli che hanno attizzato l’Ira di Dio e non noi che purtroppo abbiamo sempre seguito fedelmente i vostri insegnamenti e che abbiamo sempre fatto quanto ci avete chiesto! Fate voi piuttosto ora i gravi sacrifici di cui parlate e assoggettate voi stessi ad una vera penitenza per i numerosi peccati che avete commesso contro di noi e contro i molti profeti inviati da Dio, allora sì che Dio ci mostrerà di nuovo Misericordia! Ecco, è così che pensiamo noi, e contro i molti profeti inviati da Dio, allora sì che Dio ci mostrerà di nuovo Misericordia! Ecco, è così che pensiamo noi, popolo!”».

 

[indice]

 

Cap. 79

Il popolo rivela gli orrori dei farisei

 

1. (Continua l’albergatore:) «Il sacerdote disse allora che egli non aveva mai ucciso nessun profeta e i suoi colleghi nemmeno.

2. Ma il popolo ricominciò a rumoreggiare e disse: “Già da quarant’anni tu sei sacerdote e pretendi di non essere stato presente quando, circa venticinque anni fa, il pio Zaccaria è stato strangolato fra il grande altare delle offerte e il santissimo da mani furiose?!

3. È a mala pena un anno da oggi che Giovanni, figlio di Zaccaria che appunto voi strangolaste, venne arrestato dagli sgherri di Erode nella regione deserta lungo il fiume Giordano e ciò per vostra opera e grazie al vostro denaro. Erode però, essendosi presto accorto che Giovanni era un uomo saggio e che lo Spirito di Dio alitava fuori dalle sue parole, lo trattò piuttosto da amico e lasciò che i discepoli del profeta venissero e andassero liberamente e indisturbati dinanzi a lui. Ma Satana vi rese ben presto note le buone condizioni nelle quali si trovava Giovanni e allora voi non vi deste più tregua pur di escogitare il mezzo più adatto per indurre Erode a far uccidere il pio profeta. Dopo molte riflessioni e consultazioni, voi, nella perfida madre della bella Erodiade, molto amata da Erode, trovaste un mezzo quanto mai adatto per levarvi dai piedi il profeta. Quindi siete stati voi ad uccidere anche questo profeta, e appunto per la ragione che egli dichiarava, senza reticenze al cospetto di tutto il popolo, quello che avevate sulla coscienza.

4. Attualmente vive e insegna un Profeta ancora più grande, venuto a noi dalla Galilea, del Quale Giovanni stesso testimoniò, dicendo che egli non era degno di scioglierGli i lacci delle scarpe, poiché egli era soltanto la voce di uno che gridava nel deserto di preparare le vie al grande Profeta, del Quale, grazie alla Sua Dottrina e alle Sue opere, corre voce che Egli sia il Messia promesso.

5. Ma voi cosa ne dite? Voi dite: ‘Sta scritto che dalla Galilea non può sorgere alcun profeta, e che è maledetto chiunque crede in lui!’.

6. Noi però vi diciamo: ‘Benché sia scritto che dalla Galilea non può sorgere alcun profeta, a quanto noi ne sappiamo, non sta scritto in nessun luogo che dalla Galilea non verrà alcun Messia!’.

7. Ora questo grande Profeta ha insegnato molto recentemente nel Tempio in occasione della festa ed ha parlato con tanta Sapienza che perfino i vostri tremendi servitori, i quali avrebbero dovuto metterGli le mani addosso per trascinarLo dinanzi a voi, dovettero infine renderGli testimonianza che prima di Lui nessuno aveva mai parlato in quel modo. E per questo il vostro furore ottenne ancora maggiore alimento! E quando Egli, in tono divinamente energico, vi scagliò in faccia la verità, la vostra furia non conobbe più limiti e, se vi fosse stato possibile, Lo avreste lapidato sul posto! Ma Egli si rese improvvisamente invisibile e voi doveste, tremanti d’ira, gettare di nuovo a terra le pietre che avevate preso in mano per tirarGliele addosso!

8. Lazzaro, il padrone di Betania, faceva parte anche lui del vostro consiglio e, quale uno fra i più ricchi cittadini di tutto il paese, offriva somme cospicue al Tempio, ma quando vi sembrò che tutte le ricche offerte non fossero ancora sufficienti per voi, cominciaste ad importunarlo giorno e notte; allora cominciò a perdere la pazienza, particolarmente poi quando aveste la faccia tosta di dirgli che egli avrebbe fatto molto meglio a devolvere a favore del Tempio tutto quello che dava in elemosina, piuttosto che donarlo ai poveri. ‘È bene che la plebe stracciona lavori’, gli diceste voi, ‘e allora otterrà di sicuro qualcosa da mangiare! A Dio non è affatto gradito se il ricco, per un malinteso senso di pietà, riduce i poveri a degli esseri oziosi e inutili!’. Così gli avete parlato voi, e noi lo sappiamo perché lo abbiamo appreso dalla sua bocca.

9. Ebbene, Lazzaro, benché non troppo persuaso, alla fine si lasciò convincere a metà; egli si consultò con le sue due sorelle e disse: ‘Noi possediamo ancora dei vastissimi tratti di terreno incolto; viste le lamentele del Tempio, io d’ora innanzi non farò più elemosina tranne che agli ammalati e agli inabili al lavoro, mentre ai poveri che si presenteranno io domanderò se sono disposti a lavorare per noi in uno o nell’altro modo, secondo le loro forze, in cambio di una buona ricompensa’. Così disse Lazzaro e così fece. Egli assunse molti lavoratori e con il loro aiuto ampliò le coltivazioni delle sue vaste proprietà e comunque continuò a fare delle ricche offerte al Tempio, ciò che a noi risulta benissimo. Ma ecco che il fatto non tardò molto a giungervi all’orecchio! Voi certo, in generale, non potevate muovere delle critiche a quel galantuomo, dato che, per quanto riguardava il punto più importante, egli aveva fatto quello che volevate voi, tuttavia, in segreto, tutti quei suoi numerosi lavoratori cominciarono ad essere come una spina nei vostri occhi maligni e allora faceste ogni sforzo possibile per tentare, con ogni mezzo immaginabile a vostra disposizione, di dissuadere i suoi operai e servitori dal lavorare per lui.

10. Infatti i vostri fedeli servitori non tardarono a presentarsi ora dall’uno, ora dall’altro dei lavoratori di Lazzaro e così si espressero: ‘Com’è possibile che lavoriate qui? Non sapete dunque che questo terreno è maledetto, perché in altri tempi il proprietario d’allora, un negatore di Dio, si era rifiutato per dieci volte, nella sua prepotenza, di versare la decima dovuta al Tempio?’.

11. Ma i lavoratori non vollero saperne di simili storie e ribatterono ai vostri messaggeri: ‘Può darsi che sia così, anche se non è scritto in nessun luogo. Ad ogni modo questa regione appartiene adesso ad un uomo che non ha mai rifiutato una decima al Tempio e certo non la rifiuterà nemmeno su questo terreno quando esso renderà qualcosa. Lasciaci dunque lavorare in pace questo terreno e più tardi vedremo se Jehova gli avrà negato la Sua Benedizione’.

12. Quando i vostri inviati non raggiungevano il loro scopo in quella proprietà, allora se ne andavano in un’altra di quel galantuomo e in altra maniera tentavano di portargli via gli operai. Voi arrivaste perfino a maledire il monte degli Ulivi, per il motivo che non voleva regalarvelo, e se foste riusciti a portarglielo via l’avreste subito venduto a carissimo prezzo a qualche greco o romano facoltoso!

13. Ma era tutto ciò conforme alla Volontà di Dio? Di quel Dio che per mezzo di Mosè e a Mosè ha proclamato: ‘Non desiderare ciò che appartiene al tuo prossimo!’? Di conseguenza, siccome quel galantuomo si era opposto con ogni energia al vostro modo di agire verso di lui, voi riteneste che quello era appunto il momento buono per dimostrargli quanto era in vostro potere di fare. Ma il galantuomo fu più accorto di voi: egli, assieme a tutti i suoi possessi, chiese ed ottenne la piena sudditanza e cittadinanza romana! E grazie a ciò si trova ormai completamente sotto la tutela di Roma, paga un tributo molto minore di quello che pagava prima e ai vostri messaggeri e servitori è stato precluso definitivamente l’accesso ai suoi possedimenti per mezzo di militi romani e negli ultimi tempi perfino per mezzo di una muta di grossi cani ferocissimi! Solo ogni tanto qualche vecchio fariseo o dottore della Legge, di sentimenti un po’ migliori, riesce a giungere fino a lui.

14. E adesso, dì, tu, scialbo e debole predicatore: cosa avete guadagnato comportandovi così? Avete potuto far valere le vostre ragioni presso qualche tribunale romano? Ma perciò anche Dio questa notte vi ha mostrato quello che Egli probabilmente tra poco farà di Gerusalemme e del vostro Tempio! Rispondi ora con qualcosa, se puoi e se vuoi! Quanti tesori, denari e beni avete già inghiottito ed estorto alle povere vedove e agli orfani, con la promessa di avere in compenso cura del loro bene temporale ed eterno? Ma una volta fra i vostri artigli, essi sono stati da parte vostra davvero provvisti ben presto per l’eternità. In che maniera? Questo in gran parte lo sappiamo anche noi, meglio però di noi lo saprete certo voi nella vostra malvagia coscienza!

15. Quando avete saputo di qualche povera ragazza o di qualche povera giovane maritata, è stata sempre vostra cura mandare uno dei vostri, travestito, per adescare la ragazza a prestarsi a saziare la vostra libidine, e per indurre la giovane maritata all’adulterio, per poi, sotto minaccia di venire lapidata, costringerla in permanenza a soddisfare le vostre sconce voglie. Oh, la vergogna immensa e l’abominio grande del Tempio!

16. Già da molto tempo voi non credete più in alcun Dio e perciò vi siete impunemente arrogati il diritto di fronte al popolo di prendere il posto di quel Dio nel Quale esso ancora crede, e voi avete imposto, nel Nome di Jehova, ogni tipo di leggi destinate unicamente a soddisfare la vostra inestinguibile sete di dominio e la vostra immensa voracità, leggi dinanzi alle quali perfino i pagani alla fine si sono sentiti rivoltare lo stomaco. Ma questa notte l’antico Dio si è manifestato di nuovo ed ha dimostrato, con grandiosi e chiarissimi segni, tanto a voi quanto al popolo, che Egli è sempre ancora Quello stesso che era ai tempi di Abramo, di Isacco e di Giacobbe.

17. Ma noi, popolo, abbiamo dinanzi a Dio e dinanzi a voi il pienissimo diritto di dichiararvi apertamente in faccia che non noi, ma soltanto voi foste e siete la causa di tutti i peccati che con il tempo vennero diffondendosi fra noi, in seguito alle vostre leggi che con Dio non hanno affatto nulla in comune, perché foste voi ad incitarci formalmente a peccare per poi pretendere da noi sacrifici tanto maggiori a riscatto dei nostri peccati, che voi poi vi incaricavate di estinguere mediante i vostri puzzolenti olocausti e i vostri proclami altisonanti, ma perfettamente vuoti! Dunque siete voi e unicamente voi i colpevoli, come lo si poté chiarissimamente rilevare dal secondo e terribilissimo segno. E adesso, poiché andate tanto vantando la vostra potenza al cospetto di Dio e del popolo, sbrigate voi la faccenda con Dio dinanzi a noi e diteci cosa Egli vorrà fare di voi e di noi!”.

18. Ecco, o Signore e Maestro, in questo modo, proprio alla lettera, parlò il popolo a quel predicatore già completamente terrorizzato ed imbarazzato, che stava là come impietrito e muto e che, dopo aver dovuto ascoltare pazientemente le invettive del popolo, non poté infine replicare altro che: “Di fronte ad un simile popolo io non sono all’altezza della situazione, bisogna che qui venga un dottore della Legge!”

19. Ed il popolo esclamò: “Ebbene, che venga pure e noi ci riserviamo di dimostrare anche a lui che la voce del popolo è molto più voce di Dio che non quella sciocca e priva di ogni senso di giustizia di un ministro del Tempio ambizioso e avido!”.

20. A queste parole l’oratore del Tempio si ritirò e noi dovemmo aspettare quasi mezz’ora finché l’annunciato dottore della Legge comparve».

 

[indice]

 

Cap. 80

La richiesta del betlemita agli scribi

 

1. (Continua l’albergatore:) «Una volta che questo pozzo di scienza fu salito sulla tribuna degli oratori, tutto serio in volto, disse in tono che voleva essere solenne: “Dio parlò soltanto con Mosè e Aronne, ma non sta invece scritto in nessun luogo che Egli abbia parlato direttamente anche al popolo, perché il popolo era sempre troppo miscredente ai Suoi occhi e tale esso si era anche dimostrato quando, ancora governato dalla prodigiosa verga di Mosè, formò, con l’oro che aveva portato con sé, un vitello che esso poi adorò. Perciò Dio non parlò più con il popolo che si era reso impuro e indegno al Suo cospetto, ma unicamente per mezzo di profeti a tale scopo suscitati e attraverso noi, Suoi sacerdoti. Dunque, notate bene che la voce del popolo non può valere come Voce di Dio! E se voi ora sostenete una cosa simile, commettete, dinanzi a Dio e dinanzi a noi che siamo i Suoi veri sacerdoti, un peccato gravissimo e meritevole di maledizione! Tuttavia noi sacerdoti siamo disposti a mostrarci indulgenti verso la vostra debolezza e immensa stoltezza, e vi perdoniamo questo vostro peccato; ma se poi anche Dio ve lo perdonerà, ecco, la questione è ben differente”.

2. A questo punto, però, il popolo ne ebbe abbastanza della sua sapienza e allora un pezzo d’uomo, all’apparenza betlemita, si fece avanti e in nome del popolo disse al dottore della Legge: “Che Dio abbia parlato con Mosè e Aronne questo noi lo sappiamo altrettanto bene quanto te, presuntuoso dottore della Legge, ma noi sappiamo anche che in principio Dio ha parlato soltanto al popolo, e siccome il popolo, udendo la Sua Voce oltremodo possente e tonante, era stato colto da eccessivo timore, allora il popolo pregò che Dio volesse annunciare solo a Mosè la Sua santissima Volontà e poi esso avrebbe fatto secondo tale Volontà, pur non avendo udito con i propri orecchi la Sua possente Voce. Quindi il popolo si ritirò lontano, dalla parte opposta della valle del Sinai, e da quel momento fu soltanto Mosè a ricevere le Leggi da Dio. Ma ora lasciamo stare questa cosa, perché io intendo richiamare la tua attenzione su qualcos’altro, o borioso ministro del Tempio!

3. Tu dici che Dio non ha parlato con il popolo miscredente, ma soltanto con Mosè, Aronne e più tardi con i profeti e anche con voi sacerdoti. Su questo punto noi non vogliamo entrare in discussione. Tuttavia noi vorremmo che tu ci spiegassi: per quale motivo voi avete messo quasi completamente da parte le massime di Mosè e le avete sostituite con le vostre leggi egoistiche e ambiziose; inoltre perché proprio i sacerdoti hanno ucciso quasi la maggior parte dei profeti e, in un tempo recentissimo, perfino Zaccaria e Giovanni? E infine perché attualmente voi state cercando ogni mezzo per sbarazzarvi pure del Profeta di Nazaret, il Quale compie dei segni così prodigiosi che di uguali non li ha mai compiuti nessun profeta, e che predica agli uomini la vera Parola di Dio?

4. Se noi stessi non avessimo udito già molte volte con i nostri orecchi la Sua parola veramente divina e non avessimo visto i segni da Lui compiuti, segni che, all’infuori di Dio, non sono possibili a nessuno, noi non avremmo aperto bocca a questo riguardo, ma gente come noi che Lo ha visto operare ce n’è a migliaia, e perciò ora che l’Ira di Dio contro di voi si è resa manifesta in modo tanto chiaro quanto la luce del Sole, possiamo parlare senza alcun ritegno e senza timore dinanzi a voi esattamente come sappiamo, ci sentiamo e ne siamo consapevoli. Ora le domande io te le ho fatte, e tu, presuntuoso dottore della Legge, dovrai rispondere molto chiaramente; in caso diverso preparati ad assaggiare la potenza dei pugni del popolo, a tua detta miscredente, come prima realizzazione del secondo segno di stanotte, affinché la nostra condizione di popolo empio e maledetto sia resa sensibile a te e a molti altri ancora della tua miserabile razza”.

5. Quando il gigantesco betlemita ebbe terminato di parlare, il dottore della Legge, comparso prima sulla grande tribuna degli oratori, così terribilmente serio, lo si vide ridotto, tutto tremante e pallido, come uno straccio lavato, e non aveva quasi neanche il coraggio di trovare la scusa plausibile che, essendo lui vecchio, un malessere improvviso gli impediva di rispondere a quelle certe domande.

6. L’oratore del popolo però gli disse: “Vattene pure, vecchio profanatore del santuario di Dio, perché da molto tempo noi sappiamo che cosa sono in realtà gli esseri della tua specie! Vattene, altrimenti saranno i nostri pugni ad impartirti la dovuta benedizione!”.

7. A questa intimazione del colosso betlemita, il dottore della Legge abbandonò precipitosamente la tribuna e cercò di nascondersi sotto ad uno dei portici laterali del Tempio».

 

[indice]

 

Cap. 81

Il vecchio rabbi racconta la storia della decadenza del popolo ebraico

 

1. (Continua l’albergatore:) «Poco dopo, tuttavia, alla tribuna si presentò un vecchio più degno rabbi, il quale notoriamente era stato un amico del vecchio e pio Simeone, e più tardi anche di Zaccaria che finì strangolato nel Tempio. Quando egli comparve, il popolo si calmò immediatamente, lo salutò e lo pregò che volesse far sentire qualche onesta parola di consolazione in un simile momento di angosciante perplessità.

2. Ed il rabbi rispose: “O miei cari fratelli dal grembo di Abramo! Perdonatemi se, vecchio come ormai sono, non ho più la parola così pronta come una volta per ogni cosa buona e vera; tuttavia la buona volontà non mi fa ancora difetto per dire a voi tutti qualche parola di consolazione!

3. I segni che abbiamo visto stanotte, certo decretati dal Dio onnipotente, sono stati in verità di natura tale che perfino i pagani ne sono rimasti intimoriti, e sicuramente non vi è stato nessun giudeo, né samaritano e nemmeno sadduceo che non abbia più o meno sentito un’angosciosa stretta al cuore! Sennonché io, nella mia antica semplicità, mi sono detto: ‘O caro Jehova! Solo per me certo non hai fatto apparire sul Tuo cielo stellato questi segni precursori di terribili avvenimenti, come per me solo non hai fatto sorgere e splendere il Tuo caro Sole; perché già molte migliaia di anni prima che io fossi nato esso illuminava questa Terra, e chissà mai quante migliaia di anni ancora la illuminerà dopo che io non vi dimorerò più! Io, vegliardo quasi centenario, non mi riscalderò ancora molto a lungo al raggio benefico del Sole di Dio. Infatti, nelle tombe della dissoluzione la luce del Sole non penetra più, e anche se vi penetrasse, questo non potrebbe più rallegrare i corpi dei morti. Su questo mondo, veramente privo di gioie per chiunque pensi con lucidità, tutto è caduco all’infuori della Potenza di Dio, la quale dura in eterno; le nostre anime dipendono poi unicamente dalla Volontà dell’Onnipotente. Se esse, dopo la morte del corpo, continueranno a vivere, questa cosa nessuno la può comprendere e riconoscere nella sua piena, chiara ed evidente verità; tuttavia Mosè e tutti i profeti sorti più tardi ce l’hanno insegnata e noi ci dobbiamo credere, poiché, se non ci credessimo, assomiglieremmo ai sadducei, i quali hanno rinnegato la nostra fede perché sedotti dalla filosofia dei greci.

4. Ma purtroppo anche fra noi, e purtroppo anche qui nel Tempio, ci sono più sadducei che fuori fra voi, dunque [ce ne sono] anche in questa grande città dove i ricchi, a causa delle loro ricchezze, non credono quasi più a nulla, e quello che essi ancora fanno in relazione alle cose della fede, lo fanno soltanto per l’apparenza, affinché sia unicamente il popolino ad avere ancora un certo timore di Dio; però nei loro cuori non c’è più affatto né una fede, né Dio!

5. Ma al popolino che serve e lavora, questa cosa non sfugge, e tra sé pensa: ‘Ah, sarebbe così? Se voi ricchi, a cui non mancano i mezzi per acquistarvi conoscenze ed esperienze, non credete né a Mosè né ai profeti, e quindi nemmeno in Dio, perché mai noi poveri dobbiamo, per far piacere a voi, credere in quello che per voi ricchi non esiste?’.

6. E così succede, o miei cari, che un male genera l’altro; e noi tutti ci troviamo ormai quasi al punto al quale l’umanità era arrivata ai tempi di Lot! Allora, come adesso, Dio aveva inviato agli uomini sulla Terra dei messaggeri eletti, i quali con le parole e con le opere ammonirono con la massima insistenza tutte le genti assolutamente dimentiche di Dio, e prospettarono alle stesse con precisione le conseguenze immancabili della loro caparbietà. Gli uomini però si erano già troppo immersi e smarriti dentro al mondo morto e portatore di morte; perciò non prestarono affatto ascolto ai messaggeri di Dio, oppure li perseguitarono ostinatamente, li maltrattarono e li uccisero, spesso nella maniera più crudele. E vedete, miei carissimi amici e fratelli, detto fra noi: precisamente così, e purtroppo forse ancora un po’ peggio, stanno le cose qui nel tempo attuale, particolarmente qui in questo Tempio!

7. Gli ebrei, il popolo di Dio, rimasero veramente tali soltanto fin verso la metà del periodo dei Giudici; allora in tutto il paese non esisteva ancora nessuna città nel vero e proprio senso della parola, ma c’erano unicamente delle comunità con delle case singole e delle dimore di una semplicità estrema, e nel mezzo del paese, sul monte Horeb, sorgeva il sacro padiglione che custodiva l’Arca dell’Alleanza, il quale rallegrava il paese del patriarca Giacobbe. In quel tempo gli ebrei non avevano bisogno di fortezze per tutelarsi contro i nemici dall’esterno, perché solo Jehova era la loro solidissima rocca, la barriera insormontabile e la loro spada affilata. All’infuori di Dio essi non conoscevano altro signore, vivevano in pace perfetta, erano sani nel corpo e nello spirito, e la miseria era lontana da loro.

8. Sennonché essi, verso l’epoca degli ultimi Giudici, cominciarono a diventare più tiepidi e pigri sotto ogni aspetto; non osservavano più tanto scrupolosamente i Comandamenti e anche le altre massime, anzi vi contravvenivano sempre più frequentemente. Già in quel tempo non mancarono gli ammonimenti di ogni specie, dei quali i migliori di loro certo ne tennero conto, ma quelli invece già più attaccati al mondo, se fecero qualcosa, lo fecero in apparenza, mentre nei loro cuori il mondo morto continuò ad accentuare il suo dominio. Questi ebrei mondani divennero ben presto persone ricche e di riguardo, non si accontentarono più delle loro semplici dimore, né dei Giudici chiamati da Dio a fungere come tali; anzi ambirono essi pure, alla maniera dei pagani, ad avere un re possente e colmo di splendore, una città e delle solide fortezze. Così sotto Samuele arrivarono al punto di chiedere con insistenza un re, e allora Dio, il Signore, così parlò: ‘Ecco, vedi questo popolo ingrato! Esso non si accontenta più del Mio governo paterno, sotto il quale è divenuto sano ed è diventato ricco e rispettabilissimo; ai molti e gravi peccati già commessi al Mio cospetto, esso vuole aggiungere ancora quello massimo di chiedere un re! E poiché lo vuole, anche lo avrà, e avrà città e castelli, però non per il suo bene, ma anzi il re sarà per esso come un duro e aspro flagello punitore!’.

9. Tutte queste cose io ve le espongo qui brevemente, affinché possiate comprendere facilmente il perché dell’attuale completa decadenza dell’antico Ebraismo vero e genuino.

10. Già Saul, se non proprio ancora una città, dovette edificarsi una solida fortezza; allora ci furono subito le guerre con i filistei, e i padri dovettero rassegnarsi a dare i loro figli e i migliori servitori al re per formare l’esercito, e a contribuire oltre a ciò alla sussistenza con i loro migliori buoi, asini, mucche, vitelli e pecore. Questa fu quindi la prima “benedizione” dell’istituzione di un regno ebraico quando viveva ancora Samuele, che aveva unto re Saul per Comandamento del Signore. Samuele riteneva che ormai il popolo, dopo una simile punizione, si sarebbe ricreduto e pentito, e avrebbe chiesto di ritornare sotto il governo di Dio. Invece non fu così! Esso domandò solo un re ancora più potente e più saggio, e allora Samuele unse re Davide, il quale ben presto edificò la città di Betlemme e pose le fondamenta alla città di Gerusalemme. Salomone, suo figlio, costruì poi con grave dispendio e con sfarzo grandioso la città e il Tempio; ma il popolo, in conseguenza di ciò, cadde in povertà e fu esposto ad ogni tipo di tribolazioni.

11. Quale sia stata la sorte del popolo sotto i successori di Salomone fino al tempo della cattività babilonese, noi lo sappiamo dai libri delle Cronache. Si dovrebbe supporre che la cattività durata quarant’anni avesse indotto gli ebrei, tornati in libertà, a cambiare del tutto i loro sentimenti, ma invece non fu così! Essi vollero di nuovo avere dei re e, come li avevano i pagani, dei sacerdoti e dei sommi sacerdoti.

12. Da quel tempo quasi fino al nostro, il Signore inviò la maggior parte dei profeti per richiamare il popolo a Dio, ma il popolo, reso già troppo tenebroso e sordo per opera dei re e dei sacerdoti, non sentiva e non capiva più nulla di ciò che i profeti andavano annunciando. Per di più i re e i sacerdoti cominciarono a perseguitare i profeti, spesso sotto la spinta di un cieco sentimento di ira e di vendetta veramente rivoltante. Di fatti simili ne sono accaduti anche nell’epoca vissuta da noi; e non è difficile che altri se ne verifichino mentre sarete ancora in vita, nonostante attualmente e anche da molto tempo prima gli ebrei non abbiano più un proprio re e debbano, al posto del re, tollerare la ferrea dominazione dei pagani.

13. Però anche questa volta Dio si è mosso a grande pietà del Suo popolo e, in adempimento alla promessa, ci ha mandato un Messia nella Persona del Sapiente da Nazaret, che io conosco già dai tempi di Simeone, poiché anche Simeone Lo riconobbe nel Tempio, Lo circoncise e Gli impose il Nome di Gesù. Questa cosa mi è lecito e posso rivelarvela solamente adesso, in questi momenti di grave tribolazione, e quello che io, vegliardo di età molto avanzata, vi dico, è la pura e santa verità! Ma questi irriducibili templari, ambiziosi oltre ogni misura, perseguiterebbero col massimo furore chi osasse parlare così in un’altra occasione.

14. Orbene, poiché ho spiegato brevemente quanto era necessario premettere, posso ora dirvi come sia stato concesso da parte di Dio che si manifestassero le tremende apparizioni di stanotte! La gravità dei peccati sacrileghi degli ebrei fanatici del Tempio ha già quasi colmato fino all’orlo la misura stabilita da Dio, e la Pazienza immensa di Jehova è attaccata a mala pena ancora ad un capello! Quando la misura comincerà a traboccare, allora a Gerusalemme accadrà quello che vi ha mostrato il secondo segno, e ciò forse già prima che siano passati pieni cinquant’anni.

15. Le dodici colonne di fuoco, che alla fine si fusero in una, simboleggiano evidentemente la fusione delle dodici tribù d’Israele in uno, cioè nel Messia venuto, il Quale, poiché non è stato accolto dalla progenie quanto mai cieca e perversa dei fanatici ebrei del Tempio, risalirà infine lassù da dove Egli è venuto.

16. Bisogna però aggiungere che, secondo quanto mi ha raccontato poco fa il saggio Nicodemo, più tardi si manifestò ad occidente un terzo segno ancora, di natura molto consolante, ma questo certamente soltanto per coloro che hanno accolto il Messia, che hanno creduto in Lui e che hanno conformato le loro opere alla Sua Dottrina supremamente saggia e divina. Ad ogni modo Nicodemo più tardi potrà dirvi di più per quanto riguarda tale terza apparizione, dato che egli stesso ha assistito pure a questa”.

17. Poi il vegliardo raccomandò caldamente al popolo di aver pazienza, e discese dalla tribuna degli oratori. Tutto il popolo ebbe allora parole di lode per l’oratore.

18. E il betlemita disse: “Davvero, questo è ancora un vecchio come lo era Aronne; ma egli solo contro i molti altri non può certo far nulla! Comunque è molto importante che nel Tempio, anche tra i farisei e gli scribi, si trovi pur sempre ancora qualcuno che crede nel Guaritore di Nazaret!”.

19. Molte furono ancora le considerazioni e le osservazioni di questa specie, e tutti erano ansiosamente in attesa dell’onesto e pio Nicodemo, il quale si fece un po’ aspettare».

 

[indice]

 

Cap. 82

Il discorso pacificatore di Nicodemo al popolo

 

1. (Continua l’albergatore:) «Nel frattempo un fariseo, proprio di quelli irriducibili, che probabilmente stava nascosto dietro a qualche cortina, si rese conto di come fra il popolo la fede nel Guaritore di Nazaret andava trovando sempre maggiore appoggio; egli perciò si fece avanti, salì sulla tribuna piccola e disse con enfasi: “Colui che crede nel Guaritore di Nazaret e sostiene che Egli è il promesso Messia, costui è maledetto da parte del Tempio!”.

2. Egli aveva appena terminato di scagliare questa ignobile sentenza che la tribuna sulla quale era salito si trovò già circondata dal popolo furibondo il quale a sua volta gli tenne questo discorso: “E noi ti diciamo, invece, che chiunque non creda che il Guaritore di Nazaret non sia appunto il promesso Messia, è maledetto da parte nostra! E quando un sozzo maiale di un capo sacerdote della tua specie, il quale dovrebbe riconoscere il vero Messia prima del popolo, ha la faccia tosta di scagliare, nel furore della sua cieca ambizione, una simile sentenza contro di noi, egli è sette volte maledetto da parte nostra, ed ha meritato la morte! Brutta bestia da porcile! Non hai visto i segni di questa notte? Neanche quelli hanno avuto il potere di passare oltre la tua pelle setolosa? No, vero? Ebbene, aspetta un po’, sozzo maiale, te la faremo noi più sottile e penetrabile la tua grossa pelle da porco! Ci sei capitato proprio a tiro, perché è già parecchio tempo che noi teniamo d’occhio precisamente te, sconcia bestiaccia grufolante!”

3. Vista l’accoglienza che gli faceva il popolo, quel capo-fariseo cominciò ad invocare aiuto.

4. Ma il popolo cominciò a gridare ancora più forte: “Abbasso il bestemmiatore di Dio!”

5. Ed il nostro gigantesco betlemita, un vero Golia, si spinse fino a questa tribuna più piccola, allungò la sua robusta mano fino al capo-fariseo e, afferratolo per il petto, gli diede dapprima uno scossone tale da lasciarlo tramortito per qualche tempo; poi lo sollevò dalla tribuna, lo portò di peso fino alla cortina da dietro della quale era sbucato prima per presentarsi nel grande vestibolo del Tempio, e, dopo avergli appioppato un paio di rumorosi ceffoni, gli disse con voce tonante: “Queste sono le offerte e le decime che il popolo, il quale ormai ha aperto gli occhi, corrisponderà in avvenire ai sacerdoti della tua specie! Ora vattene e non farti più vedere, altrimenti ci rimetterai la pelle!”.

6. Allora il capo-fariseo, che a mala pena poteva ora reggersi sulle gambe, raccolse in fretta quanta forza ancora gli restava, e tutto tremante andò a rannicchiassi in qualche cantuccio di casa sua.

7. Subito dopo questo incidente comparve un delegato romano della prefettura, il quale salì lui pure su un pulpito appositamente destinato agli oratori e banditori laici, e così parlò: “Il governatore vi esorta in nome della legge ad astenervi assolutamente dal passare a vie di fatto. Naturalmente, voi potete parlare quanto e come volete! Non dovete però dimenticare che questo Tempio è stato edificato ad onore e gloria del vostro Dio, e perciò qui va evitata ogni cosa sconveniente! Se però ritenete che vi siano stati fatti dei torti da parte di un qualche stolto sacerdote o servitore del Tempio, venite pure da noi e a chiunque verrà poi resa piena giustizia!”

8. Il nostro Golia da Betlemme allora ringraziò per questo ammonimento bene intenzionato; tuttavia aggiunse: “La tua esortazione, per la quale ti ho ringraziato in nome di tutto il popolo, è stata certo molto buona, ma quando le potenze celestiali cominciano a tracciare sul grande firmamento con mano onnipossente la loro volontà, allora gli ordini umani su questa Terra non hanno più senso!”

9. E il romano rispose: “Amico; questo lo sappiamo noi pure e riconosciamo inoltre perfettamente la sentenza: ‘Contra Jovem fulminantem tonantemque non valet vis ensis, et contra vim coelorum vane frustraque pugnat ars mortalium’ (La forza della spada è impotente contro Giove che scaglia fulmini e tuoni, e l’arte dei mortali lotta inutilmente ed invano contro la forza dei cieli). Ma anche comportandoci più o meno brutalmente fra di noi, uomini mortali, non potremo far orientare in altro senso le forze e le potenze immortali e invincibili del cielo! L’ordine misurato e modesto si addice sempre più di qualsiasi altro a noi mortali; e un uomo ordinato e tranquillo allora non avrà paura neanche se tutto il globo terrestre cominciasse a ridursi in macerie. Così almeno la penso io! Tenete quindi conto del desiderio del governatore! DIXI! (Ho parlato!)

10. Detto questo il romano si congedò, e il popolo non poté che lodarne la moderazione.

11. Ma dopo qualche istante, si vide subito Nicodemo salire sulla tribuna grande, salutato entusiasticamente dal popolo; ed egli si espresse così: “Amici miei e fratelli! Io non ho proprio da dirvi nulla di nuovo; tuttavia sono venuto per confermarvi quello che appunto vi è stato già annunciato da questa tribuna dal mio più vecchio e migliore amico. Le cose in verità stanno tutte così come egli ha detto; questo posso garantirvelo, se necessario, con la vita del mio corpo; ed ora mi rallegro tanto più in quanto dentro a questo sacro e grande vestibolo del Tempio vedo che ho a che fare con gente che certamente condivide sotto ogni aspetto la mia opinione, come pure la mia più intima e assoluta convinzione.

12. Prima di me, da quella tribuna più piccola, un capo-fariseo arrogante si è espresso dinanzi a voi in maniera del tutto sconveniente, senza che nessuno dei componenti del nostro consiglio sacerdotale lo avesse invitato e autorizzato nemmeno con una sillaba; ad ogni modo, a quanto ne so, la vostra rivincita ve la siete presa. Egli se ne è lamentato presso il Sinedrio, ciò che, ai tempi che corrono, non ha proprio un gran significato; però ha dovuto accontentarsi del proverbio: “Cosa inopportuna, molto dolore e poca fortuna!”. Data la giustificatissima eccitazione del popolo, era certo una somma imprudenza venir fuori con argomenti che, in circostanze del tutto normali, esso non avrebbe mai accolto con troppo sfavore!

13. Quando il presuntuoso capo-fariseo ebbe sentito questa notizia, si congedò immediatamente con le guance ancora piuttosto gonfie; e io venni delegato da tutto il Consiglio a dirvi che potete tenere per buono quello che vi è stato annunciato dall’oratore che mi ha preceduto. Ma poiché voi tutti avete ormai trovato qui nel Tempio questa consolazione, rendete le dovute grazie nei vostri cuori a Dio, il Signore, e ritornate in pace alle vostre case! E qualora doveste incontrare qualcun altro diretto a Gerusalemme, potrete riferirgli le stesse cose allo scopo di risparmiargli il lungo cammino fin qui, tanto più considerato che durante il pomeriggio di oggi e domani, vigilia di Sabato, il Tempio come di solito resta chiuso”.

14. Allora il popolo interpellò Nicodemo riguardo al significato del terzo segno che, a quanto era stato loro detto dal venerando oratore di prima, egli aveva avuto occasione di vedere con i propri occhi.

15. E Nicodemo così rispose: “Anche questa cosa io ve la dirò, però un po’ più a quattro occhi, perché qui le nostre pareti hanno molti orecchi. Voi, dopo pranzo, aspettatemi sulla via che conduce ad Emmaus! Là io vi raggiungerò e vi spiegherò fedelmente e secondo piena verità, per quanto mi sarà possibile, anche il terzo segno”.

16. Il popolo si mostrò soddisfatto così, e cominciò a sgomberare il Tempio.

17. Io e questo mio amico ce ne andammo pure, e appunto andandocene ci siamo imbattuti nei Tuoi discepoli che ci diedero notizie di Te, e perciò ci siamo subito affrettati a venire qui.

18. Insomma, quanto adesso ho raccontato è tutto quello che è accaduto oggi nel Tempio. Signore, perdonami se forse il mio racconto non è stato quale avrebbe dovuto essere!».

 

[indice]

 

Cap. 83

La riunione del consiglio dei farisei

 

1. Dissi Io: «Caro amico, gli avvenimenti nel Tempio tu li hai descritti anzi molto bene, e col tuo racconto hai fornito la prova di aver seguito con la massima attenzione tutto quello che si è svolto là, e particolarmente quanto si riferiva a Me; però ti dico pure che a tale riguardo la Mia Volontà ti è stata di grande aiuto, perché senza di Me tutto è debole nell’uomo, con Me invece tutto si rende forte e possente.

2. Per la nostra vera e buona causa oggi davvero è stato fatto molto nel Tempio; il popolo, il vecchio rabbi e Nicodemo hanno posto nella sua vera luce la Mia Personalità e si potrebbe supporre che ormai tutto il Tempio si sia completamente convertito. Invece questo non è affatto il caso! Ora il rabbi e Nicodemo hanno il loro bel da fare per polemizzare con gli altri e con i capi dei sacerdoti, e ciò per il motivo che essi dinanzi al popolo dichiararono di riconoscerMi come l’unico vero Messia promesso. Sennonché Io ho già suggerito ai due quello che devono rispondere, e adesso Nicodemo ha scagliato in faccia al sommo sacerdote delle parole così roventi che né egli, né alcun altro fariseo è stato capace di replicargli più nulla.

3. Il sommo sacerdote aveva cioè mosso dei rimproveri al vecchio rabbi e a Nicodemo per aver perfino professato apertamente il Mio Nome nel Tempio dinanzi al popolo e gettato ogni colpa sul Tempio, mentre essi in questa occasione avrebbero dovuto invece cercare anzitutto di renderMi il più possibile sospetto agli occhi del popolo. Loro dovere sarebbe stato quello di dichiarare con assoluta serietà al popolo che l’Ira di Dio si era accesa contro di esso appunto perché prestava ascolto a simili falsi maestri e sobillatori, e si lasciava sedurre da questi, rendendosi così meritevole di maledizione!

4. Ma Nicodemo così ribatté al sommo sacerdote, il cui nome è Caifa: “Oh, se voi vi ritenete già tanto avveduti e sapienti, mostratevi voi stessi nel Tempio che è ancora pieno di gente, quantunque dopo il mio discorso una gran parte se ne sia allontanata per far ritorno alle proprie case; là parlate al popolo come l’intendete voi, e poi non tarderete ad accorgervi della specie di accoglienza che esso vi farà! Siamo forse stati noi i primi a rivolgere la parola al popolo? Cento di voi hanno predicato nel senso da voi voluto, e qual è stata la conseguenza di ciascuna di queste prediche? La conseguenza è stata che l’oratore ha sempre dovuto scappare in fretta e furia per evitare di venire conciato malamente.

5. E veramente, che cosa avreste fatto voi adesso se il popolo, qualora noi due non lo avessimo prudentemente ricondotto un po’ alla calma, si fosse precipitato in massa qui da voi e avesse cominciato a maltrattarvi in un modo che non è mai successo prima? Non è dunque cosa più saggia fare, quando è necessario, buon viso e cattivo gioco e salvare la propria pelle che non insistere nel voler imporre al popolo delle spiegazioni delle quali esso non vuole più saperne?

6. Stanotte non era certo il momento di fare dei rimproveri al popolo furibondo e disperato, ma conveniva calmarlo e dirgli qualche parola di consolazione; ora noi due abbiamo appunto fatto così, e con ciò sicuramente non abbiamo errato. Se però anche voi non avete commesso alcun errore di fronte al popolo, questa è una cosa che va ancora dimostrata! Provate voi ad andare nel grande vestibolo del Tempio, e tentate di far cambiare idea al popolo; ve lo garantisco io che vi andrà ancora peggio di quanto sia andato prima al capo-fariseo e dottore della Legge quando egli volle schierarsi apertamente contro l’opinione pubblica espressa ad alta voce dalla moltitudine, secondo cui la voce del popolo è pari alla voce di Dio!

7. Del resto, o Caifa, tu stesso hai cercato me e il vecchio rabbi, che siamo sempre meglio tollerati dal popolo, perché uscissimo fuori e tentassimo ogni via ed ogni mezzo possibile per ammansire il popolo stesso. Ebbene, noi abbiamo fatto quanto volevate, ma perché allora ci criticate e rimproverate adesso che il popolo si è calmato? Però siete ancora perfettamente liberi e in tempo se intendete tenere dei ragionamenti di altro genere al popolo, il quale certamente si fermerà nel Tempio fino oltre mezzogiorno! Noi due però non vogliamo aver altro a che fare col popolo; ad ogni modo badate bene che il popolo è ormai a conoscenza dei vostri peccati!”

8. Disse il sommo sacerdote: “Se dobbiamo finire con l’aver paura del popolo, allora non siamo più sacerdoti! Crolli anche il mondo, di fronte al popolo noi non dobbiamo cedere nemmeno di una linea! Io dunque considero la cosa proprio da questo punto di vista, e su questo principio intendo fondare il mio agire!”

9. Allora Nicodemo replicò: “Tu sei ora sommo sacerdote e, sotto molti riguardi, puoi fare quello che vuoi; ma quando, come vari indizi lasciano temere, ben presto tutto il popolo ci pianterà e si metterà sotto la tutela dei Romani, che cosa farai allora? Tu potrai maledire il popolo giorno e notte fino a perderne il fiato, ed esso ti ascolterà quanto ora ti ascoltano i pagani, i samaritani e i sadducei. E dopo, con quali mezzi ricondurrai al Tempio coloro che se ne sono allontanati per ricostituire il numero dei fedeli?

10. Con la tua ostinazione verso Lazzaro, il ricco signore di Betania, a quali risultati sei pervenuto e che cosa ci hai guadagnato? Con tutte le sue vaste proprietà egli è ormai cittadino di Roma, e tu non puoi più niente contro di lui; oltre a ciò, prima egli versava annualmente al Tempio almeno cento libbre d’oro e cinquecento d’argento, mentre adesso egli se la cava molto più a buon mercato con i Romani, e il Tempio non vede più da lui nemmeno uno statere. Soltanto la decima egli l’ha finora sempre versata, ma anche questa in avvenire probabilmente non la verserà più, perché, a quanto ho potuto sapere da buona fonte, anche a questo riguardo egli si sarebbe già messo d’accordo con i Romani! È chiaro dunque che, se molti seguiranno l’esempio di Lazzaro a causa della tua ostinazione da sommo sacerdote, noi tra poco ci troveremo soli nel Tempio!

11. Vedi, io la penso così e così sono profondamente convinto. L’avvenire poi mostrerà che io ho detto la verità, e temo che questo sarà già in un certo modo il principio del triste avverarsi del secondo terribile segno cui abbiamo assistito stanotte, che non dovrebbe farsi attendere molto più a lungo. Continua pure con i tuoi sistemi, e noi tutti saremo tra breve pressoché spacciati! Ecco, per conto mio ho finito!”.

12. È facile comprendere come queste parole non abbiano certo fatto eccessivo piacere al sommo sacerdote; sennonché poco o nulla egli poté obiettare, perché c’erano anche degli altri anziani del Tempio e di Gerusalemme i quali condividevano l’opinione di Nicodemo.

13. Tuttavia dopo una breve pausa il sommo sacerdote, che non poteva darsi pace, esclamò esasperato: “Ad ogni modo io so quello che ancora si deve fare, e poi noi ci troveremo di nuovo forti sulle nostre posizioni! Bisogna assolutamente farla finita col falso profeta di Galilea, come si è fatto con Giovanni, e dopo ciò tutto il popolo ritornerà da noi. Ho detto bene oppure ho detto male?”

14. Molti fra i farisei e gli scribi allora diedero ragione a Caifa, ma Nicodemo, il vecchio rabbi e vari altri anziani ancora scuoterono il capo, e il vecchio rabbi disse: “Io sono senza alcun dubbio il più anziano tra voi, e so tutto quello che da ottant’anni a questa parte è accaduto nel Tempio e in tutto il paese degli ebrei! Già molte volte fra il popolo e perfino nel Tempio stesso sono sorti degli uomini onesti, pii e colmi dello Spirito di Dio, ed hanno insegnato saviamente e agito rettamente, ma la maggioranza dei componenti del sacerdozio, dominata dall’irrefrenabile sentimento dell’ambizione, li ha sempre accanitamente perseguitati con ogni mezzo, e là dove mai era possibile li ha addirittura uccisi! Eppure potete chiedere a voi stessi, potete interpellare tutti gli anziani dell’intero paese degli ebrei e sfogliare anno per anno le nostre cronache, e troverete che con questi sistemi né il Tempio, né la sua antica dignità ne hanno mai guadagnato nulla, anzi troverete che, dopo ciascuno di questi fatti, hanno perso molto e in modo tale che non lo poterono riacquistare mai più!

15. Dove sono finiti i molti samaritani, i sadducei, dove sarà ben presto la Galilea? Quanti di noi sono passati agli esseni, quanti poi definitivamente ai greci e ai romani! Chi, all’infuori di alcuni mercanti greci, viene più a farci visita da Tiro e Sidone, chi viene dal gran paese della Capadocia, dalla Siria e dalle molte città sull’Eufrate? Vedete, al tempo della mia gioventù tutti costoro erano tenacemente attaccati al Tempio, e i doni e le offerte di ogni specie piovevano da tutte le parti, ma fu proprio per questo che il Tempio divenne molto prepotente e crudele! I sacerdoti violarono il Comandamento di Dio: ‘Non uccidere!’, e la conseguenza comprovata di ciò fu il totale distacco di molti paesi e città.

16. Se voi persisterete nel far vostri i sistemi crudeli di coloro che vi hanno preceduti, perderete in poco tempo anche quello che, in maniera ormai non troppo solida, è rimasto ancora legato al Tempio, e questo deve avervelo insegnato con sufficiente chiarezza il secondo segno. La mia opinione l’avete dunque udita, voi però potete fare come meglio credete!”.

17. Questa eccellente dichiarazione del vecchio rabbi riscosse la piena approvazione di molti, né i membri più giovani del consiglio poterono obiettare molto.

18. Allora Caifa si rivolse di nuovo a Nicodemo e gli domandò se egli pure era d’accordo col modo di vedere del vecchio rabbi.

19. E Nicodemo rispose: “Io ho già detto come la penso, ed ora ripeto che qui in seno al consiglio io non dirò più nulla, né pro né contro, a questo riguardo. Le cose stanno precisamente così come il mio vecchio amico le ha proprio ora esposte. Io non sono tenuto a rendere conto a nessuno della mia intima convinzione, e da oggi in poi parlerò poco pubblicamente.

20. Io sono il rettore dell’intera città di Gerusalemme e, per delega imperiale, pure a capo di tutti i cittadini, e in caso di bisogno detengo anche i poteri conferiti dallo JUS GLADII (Diritto di spada; diritto di vita e di morte). Voi potete fare quello che volete; dal canto mio, assieme a questo amico, per oggi vi lascerò tempo fino a Sabato; chi però volesse scambiare qualche ragionevole idea con me o con questo mio vecchio e sincero amico, non avrà che da venire a trovarmi nelle mie proprietà ad Emmaus! Ed ora, tutto sia rimesso a Dio, il Signore!”.

21. Con queste parole, dette in tono serissimo, i due abbandonarono il gran Consiglio, quantunque il sommo sacerdote avrebbe voluto trattenerli ancora».

 

[indice]

 

Cap. 84

La scissione nel Sinedrio

 

1. (Continua il Signore:) «Solo allora i pezzi grossi del Tempio si misero a riflettere per bene sul da farsi, ma non poterono arrivare ad alcuna soluzione accettabile. Caifa fece la proposta che qualcuno provasse ancora una volta a far cambiare idea al popolo con delle parole appropriate; nessuno però aveva il coraggio di farlo.

2. Intanto era quasi mezzogiorno, perciò ad un servitore del Tempio fu dato l’incarico di presentarsi nel gran vestibolo e di intimare al popolo che vi giungeva che ormai esso si allontanasse, dato che il Tempio doveva venire chiuso per poter procedere alla pulizia necessaria in prospettiva dell’avvicinarsi della vigilia del Sabato. Il servitore dunque si presentò al popolo molto numeroso che era rimasto nel Tempio, e parlò secondo l’incarico ricevuto; però l’accoglienza che egli trovò fu pessima.

3. Il gigantesco betlemita era ancora presente, e fu egli che gli diede la risposta gridando con voce tonante: “Lo sappiamo da noi quando dobbiamo abbandonare il Tempio! Anzi lo abbandoneremo adesso in un modo così definitivo che molto probabilmente non vi ritorneremo mai più; infatti solo il Tempio e i suoi residenti hanno la colpa di tutte le sciagure che tra poco si riverseranno sulla nostra terra promessa. Ritorna dunque dai tuoi padroni e riferisci loro che il popolo ha adesso parlato così; e se a qualcuno di loro la cosa non sta bene, che venga fuori e che ne discuta con noi!”

4. Quando il servitore ebbe sentito questa sentenza, prudentemente non replicò nulla, rientrò e riferì fedelmente al Consiglio la risposta avuta.

5. E Caifa disse: “Vedete bene che la cosa sta proprio come io da molto tempo vado predicando! Il Nazareno ci ha traditi tutti! Per mezzo delle sue magie egli si rende amici i romani i quali lo ritengono almeno un semidio; ma se va avanti così, lo nomineranno addirittura viceré dei giudei, e allora dovremo vedere noi come potremo cavarcela. Per conseguenza è assolutamente necessario fare il possibile e l’impossibile pur di sbarazzarci di questo pericolosissimo individuo, perché una volta che avrà consolidato la sua posizione al di sopra di noi, allora noi tutti saremo spacciati!”

6. Disse allora un anziano: “Per conto mio non posso dirvi altro che qualsiasi cosa intraprendiamo è un gioco quanto mai pericoloso! Infatti se i potenti romani gli sono amici, essi per mezzo dei suoi discepoli già molto numerosi verranno anche troppo presto a conoscenza di quello che avremo fatto di lui, e allora guai a noi per sempre! D’altro canto se lo lasciamo continuare la sua opera e non facciamo lega con lui, alla più lunga entro tre anni saremo diventati qualcosa di assolutamente superfluo in tutto il paese degli ebrei! In simili condizioni cosa ci resta da fare?”

7. Un altro anziano poi prese la parola e disse: “Se fossi sommo sacerdote, saprei ben io cosa sarebbe più consigliabile fare!”

8. E Caifa domandò: “Ebbene, che cosa?”

9. Rispose l’anziano: “Noi qui siamo esclusivamente fra di noi; io perciò posso parlare liberamente, e voi dal canto vostro potete ascoltarmi se credete che valga la pena! Ecco, per dire proprio la verità, è già da tempo che noi abbiamo voltato le spalle al nostro Mosè assieme a Jehova e a tutti i profeti, e tutto quello che ora facciamo si riduce ad una sfilza di cerimonie tendenti a conservare il nostro prestigio di fronte al popolo e ad aumentare le nostre entrate. Infatti, di quanti siamo qui, non c’è più nessuno ormai che creda in un Dio, in Mosè o in qualche altro profeta! Se dunque noi ora vediamo che tutto il popolo è propenso a credere nel Nazareno e a corrergli dietro, facciamo altrettanto anche noi, almeno PRO FORMA (all’apparenza), e così non potremo che avvantaggiarci molto di fronte al popolo e perfino di fronte ai romani!”

10. Udendo queste parole, Caifa sobbalzò come fosse stato morso da un serpente, ed esclamò: “Anche tu sei di quelli che vogliono tradirci tutti? Chi volesse appoggiare sul serio una simile proposta, non potrebbe che aspettarsi la mia maledizione!”

11. Rispose l’anziano: “Queste cose puoi dirmele dinanzi al popolo, ma qui, quando siamo riuniti in consiglio, non hai nessun diritto di gettarmele in faccia! Prendi ben nota di quello che ho detto, altrimenti dovremo spiegarci oggi stesso al cospetto del governatore!”

12. E un altro anziano allora si intromise e disse: “Quando siamo qui riuniti in consiglio, ciascuno ha il pieno diritto di parlare liberamente, altrimenti è inutile che il Consiglio si raduni; se invece ci troviamo dinanzi al popolo, sappiamo comunque quello che dobbiamo dire! Se tu, che attualmente occupi la carica di sommo sacerdote, vuoi far assolutamente prevalere la tua volontà, allora consigliarsi tra di noi diventa del tutto superfluo, e logicamente faremo meglio se in avvenire non ci raduneremo più. Quante cose non sono già state intraprese dal Tempio per tentare in qualche modo di mettere le mani addosso al Nazareno, eppure ogni tentativo è rimasto sempre infruttuoso! Durante gli ultimi giorni festivi egli venne nel Tempio e insegnò pubblicamente e liberamente al popolo; perché non lo hai fatto arrestare in quella occasione?”

13. Rispose Caifa: “E chi si sarebbe azzardato di affrontare quella enorme massa di popolo?”

14. E l’anziano ribatté: “Va bene, siamo d’accordo; ma se è così, perché allora maledici un anziano che ti dice che con la nostra potenza molto striminzita potremo poco o nulla del tutto opporci all’azione del Galileo? Se, ammesso che sia in qualche maniera ancora possibile, noi intraprendiamo qualcosa di serio contro di lui e che abbia successo magari per qualche giorno, noi ci saremo già scavati la fossa, e di ciò sono veramente convinto. Se invece non intraprendiamo nulla e stiamo a guardare le sue azioni con occhio piuttosto indifferente, noi potremo tirare ancora avanti, particolarmente se noi stessi vorremmo adottare e mettere in pratica spontaneamente qualche riforma per quanto riguarda il servizio divino del Tempio. Seguendo però le tue idee, sono convinto che a noi tutti ben presto non resterà altro che prendere il largo! E con ciò ho finito”.

15. Allora in seno al Sinedrio si delinearono due correnti di idee opposte tra di loro: una parte condivideva l’opinione degli anziani, l’altra parte condivideva quella del sommo sacerdote, al punto che un aspro diverbio scoppiò tra i radunati. Allora gli anziani si alzarono e se ne andarono per i fatti loro, perché essi avevano case e altre proprietà di cui occuparsi. Soltanto i farisei rimasero ancora con Caifa, ma anch’essi di lì a poco si congedarono, considerato che mezzogiorno era ormai venuto.

16. Vedete, le cose nel Tempio sono ora a questo punto, e tutto questo Io ve l’ho esposto dettagliatamente affinché sappiate quale minimissima impressione abbiano fatto le apparizioni ammonitrici di stanotte su quella razza perversa di vipere che dimora laggiù! Essi sono e resteranno incorreggibili come lo sono sempre stati; perciò la Luce sarà tolta a loro per essere donata invece ai pagani. Ma ecco che adesso sta venendo il nostro Lazzaro assieme a Raffaele per avvertirci che il pranzo è pronto, e quindi noi rientreremo in casa per pranzare!»

17. Disse allora Agricola: «O Signore e Maestro, le cose che ora ci hai detto riguardo al comportamento del Sinedrio, nonché il racconto fattoci prima dall’albergatore riguardo al modo in cui quei certi sacerdoti hanno osato esprimersi a Tuo riguardo, mi hanno tanto indignato che avrei davvero una voglia matta di comunicare tutta la faccenda al prefetto di Gerusalemme e contemporaneamente di inviare un messaggero anche al governatore generale Cirenio; certo allora si potrebbe far bene aprire gli occhi al sommo sacerdote per fargli vedere come ora stanno veramente le cose!»

18. Io osservai: «Amico, tu già sai quale Potenza è in Me! Anche se volessi giudicare con la forza quelli che sono laggiù, ciò non gioverebbe nulla a loro, perché la Mia Onnipotenza - come ho già avuto occasione di dimostrare a voi - non può correggere la libera volontà di nessun uomo; un simile effetto nell’uomo lo può ottenere l’insegnamento al quale egli stesso deve attenersi e decidere di operare in un dato modo! Ma se un uomo non vuole affatto comprendere quanto vi è di buono e di vero in una dottrina, ed ancora meno vuole conformarvi le sue opere, allora costui è già un malvagio, e un giorno troverà indubbiamente in sé quello che lo giudicherà. Lasciamo stare dunque adesso questo argomento e rientriamo in casa!».

19. Allora noi ci alzammo tutti e andammo a prendere posto nella grande sala da pranzo dove tutto era già pronto.

 

[indice]

 

Cap. 85

Il giusto digiuno e la giusta preghiera.

 

1. Siccome i numerosi pubblicani si erano congedati già dopo la colazione, nella sala era naturalmente rimasto disponibile uno spazio maggiore, e per conseguenza poterono venire accolti nella nostra sala alcuni dei giovani schiavi liberati, scelti fra i più anziani e più seri, per prendere parte al pranzo in nostra compagnia. Furono circa una trentina i giovani che pranzarono assieme a noi, e fu concesso loro la facoltà di comprendere il nostro linguaggio e anche di parlarlo, e ciò allo scopo che potessero comprendere le cose delle quali si avrebbe ragionato durante il pasto, e potessero così trarre un vantaggio per sé e per i loro compagni.

2. Noi mangiammo e bevemmo tutti di lieto umore, e quando il vino ebbe sciolto alquanto la lingua agli ospiti, gli ebrei-greci che conosciamo e che si trovavano tuttora in nostra compagnia cominciarono a ragionare tra di loro riguardo ai Comandamenti ebraici del digiuno, e uno di loro fece la seguente osservazione: «A cominciare dal tempo di Mosè gli ebrei hanno sempre osservato certe giornate dell’anno nelle quali essi erano tenuti a digiunare; i profeti dovettero essi pure praticare molto il digiuno, perché così la loro carne veniva più mortificata e il loro spirito per conseguenza si rendeva più libero e più chiaroveggente. Nello stesso modo anche i veggenti dovevano digiunare molto e molto spesso allo scopo di poter avere dei lucidi sogni e delle chiare visioni. Chi avesse voluto ottenere una particolare grazia da Dio, doveva farGli il voto di digiunare e pregare così tanto e così a lungo finché Dio lo avesse esaudito, e chi a questo modo restava fedele e adempiva il voto da lui fatto a Dio, otteneva sempre la grazia invocata, ciò che noi sappiamo dalla Scrittura.

3. Ma qui da noi, invece, di digiuni non si parla affatto; sembra anzi che il Signore e Maestro intenda abolire del tutto l’antico Comandamento del digiuno, nonché l’usanza del voto! Infatti noi viviamo già da molto tempo continuamente vicini a Lui, e dalla Sua bocca abbiamo già sentito moltissimi insegnamenti puramente divini e Lo abbiamo visto operare dei segni prodigiosi in gran numero, ma dell’antico Comandamento del digiuno non Lo abbiamo mai ancora udito fare una speciale menzione, e né noi, né i Suoi vecchi discepoli abbiamo finora mai digiunato in nessun luogo, né abbiamo pregato in modo particolare! Sarebbe una buona cosa dunque che noi ascoltassimo direttamente da Lui che cosa dobbiamo pensare dell’antico Comandamento del digiuno»

4. E dopo che ebbero così confabulato, uno di loro si rivolse a Me e Mi domandò quale fosse il Mio parere riguardo al Comandamento del digiuno.

5. Ma Io lo guardai e gli risposi: «In un’altra precedente e opportuna occasione Io vi ho già menzionato anche ciò, ma questa cosa, come tante altre, voi l’avete dimenticata; per conseguenza ora Io, ancora una volta, vi dico: “L’antico Comandamento del digiuno Io non lo abolisco affatto; chi digiuna ispirandosi ad un buon sentimento, compie certo un’opera buona per sé, perché, attraverso il giusto digiuno e l’adorazione di Dio, l’anima si rende più libera e più spirituale. Tuttavia col solo digiunare e pregare nessuno perviene alla beatitudine, ma unicamente credendo in Me e adempiendo la Volontà del Padre che è nel Cielo così come ve lo dico ora e come ve l’ho sempre annunciato”. Ora questa cosa la può fare ognuno anche senza coltivare quella certa pratica del digiuno e senza l’astensione dall’uso di certi cibi e bevande.

6. Ma chi ha qualcosa in eccesso, di superfluo, e pratica veramente l’amore del prossimo, questi è colui che osserva veramente il digiuno, e un tale digiuno è gradito a Dio e giova all’uomo per la vita eterna. Chi possiede molto, doni anche molto, e chi possiede poco, divida anche il poco col suo prossimo più povero di lui; così operando, egli accumulerà tesori nel Cielo! Nel donare c’è già di per sé maggior beatitudine che non nel ricevere.

7. Chi dunque vuole veramente digiunare al cospetto di Dio e in modo proficuo per la vita eterna dell’anima, si astenga dal peccato per amore di Dio e del prossimo; perché i peccati aggravano l’anima e le rendono difficile innalzarsi a Dio.

8. Chi, come i farisei e altra gente ricca, è ingordo e crapulone e resta sordo alla voce dei poveri, costui pecca contro il Comandamento del digiuno, e così pecca pure ciascun fornicatore e adultero.

9. Quando la carne florida di una vergine o addirittura della donna del tuo prossimo ti attrae e seduce, distogli il tuo sguardo da lei e astieniti dalle voglie della carne, e così avrai davvero digiunato!

10. Se qualcuno ti ha offeso ed ha suscitato in te collera e sdegno, perdonagli, avvicinalo e fa la pace con lui, e con ciò pure avrai digiunato.

11. Se tu rendi del bene a colui che ti ha fatto del male e benedici colui che ti maledice, anche questo costituisce un vero digiuno da parte tua.

12. Quello che entra per la bocca per nutrire e rinvigorire il corpo, non rende l’uomo impuro; ma invece quello che spesso esce dalla bocca, come ad esempio la calunnia, la diffamazione, le parole e i discorsi osceni, la maldicenza, le maledizioni, la falsa testimonianza ed ogni altra specie di menzogna e di bestemmia, questo sì che rende l’uomo impuro, e chi opera così, viola gravemente il vero Comandamento del digiuno.

13. Infatti, “digiunare veramente” vuol dire “praticare l’abnegazione di se stessi in ogni cosa”, prendere il fardello che a ciascuno è stato assegnato sulle proprie spalle e portarlo con pazienza seguendoMi, dato che Io stesso sono mansueto e paziente di tutto cuore.

14. Ma se qualcuno, per saziarsi, mangia una cosa invece di un’altra, ciò non ha assolutamente alcun significato; piuttosto ciascuno faccia attenzione che quello che mangia sia puro e buono da mangiare; dovete essere particolarmente cauti con l’uso delle carni se volete conservarvi a lungo e permanentemente sani nel corpo. La carne di animali strozzati non è atta a promuovere la salute fisica dell’uomo, dato che essa produce nei nervi del corpo degli spiriti di natura maligna; la carne poi degli animali indicati per immondi la si può mangiare senza inconvenienti soltanto quando è preparata nel modo da Me indicatovi già altre volte.

15. E quando voi uscirete fuori in tutto il mondo e fra tutti i popoli nel Mio Nome, mangiate pure quanto e quello che vi verrà offerto. Però non mangiate mai oltre alla dovuta misura, e così osserverete veramente il digiuno e rimarrete sani. Tutto il resto non è che superstizione e una grande stoltezza degli uomini, stoltezza dalla quale essi possono liberarsi se essi stessi lo vogliono.

16. Per quanto poi riguarda il pregare Dio nel modo praticato ora dagli ebrei, questo non soltanto non ha affatto valore dinanzi a Dio, ma anzi è addirittura un abominio al Suo cospetto. Che effetto può mai ottenere dinanzi a Dio, la suprema Sapienza stessa, un lungo borbottio delle labbra, e particolarmente quando questo deve venire pagato a chi della preghiera si è fatto un mestiere privilegiato, e che poi prega per conto di terzi nella presunzione che soltanto la sua preghiera sia efficace? Io però vi dico che, se mille di tali monopolizzatori della preghiera biascicassero dinanzi a Dio le loro vuote preghiere anche per mille anni di seguito, Egli le esaudirebbe ancora meno del raglio di un asino affamato, perché una simile preghiera non è altro che un vero gracidio di rane in una palude, che non ha, né può avere mai alcun senso!

17. Dio è in Sé uno Spirito dotato di suprema Sapienza e dall’Intelletto più chiaro e profondo, ed è la Verità eterna stessa; chi dunque vuole pregare efficacemente Dio, deve pregarLo in spirito e verità. Ora in spirito e in verità prega colui che, ritirandosi nella silenziosa stanzetta d’amore del proprio cuore, là adora Dio e Gli rivolge la sua preghiera; e Dio, che scruta tutti i cuori e le reni, tanto più vedrà e riconoscerà benissimo nei vostri cuori come e perché pregate, e poi anche vi concederà quello che così, veramente, in spirito e in verità Lo avrete pregato che vi dia.

18. La vera preghiera però consiste nell’osservare i Comandamenti di Dio e nel fare la Sua Volontà per amore Suo! Chi prega così, prega secondo piena verità e senza interruzione! E così pregano continuamente pure tutti gli angeli dei Cieli di Dio, poiché essi adempiono sempre la Volontà di Dio.

19. Dio non chiede di venire adorato, onorato e glorificato con i vostri salmi e salteri, e arpe, cembali e trombe, ma con il vostro zelante e instancabile operare secondo la Sua Volontà e la Sua Parola.

20. E quando voi considerate le opere di Dio, e scrutandole riconoscete sempre più il Suo Amore e la Sua Sapienza, e in seguito a ciò il vostro amore per Lui si accresce e voi stessi aumentate sempre più in sapienza, anche allora voi pregate veramente e innalzate a Dio una giusta lode; mentre tutto il resto che per voi ha rappresentato finora la preghiera, è una cosa perfettamente vana, nulla e senza alcun valore al cospetto di Dio.

21. Ed ora ecco che voi sapete ciò che significa il vero digiuno e la vera preghiera, e non domandate più perché ora, secondo la Mia Dottrina, Io e i Miei discepoli non digiuniamo e non preghiamo alla maniera dei ciechi ebrei e farisei. Noi invece digiuniamo e preghiamo ininterrottamente in spirito e verità, ed è quindi quanto mai sciocco chiederMi perché da parte nostra vengano trascurati il digiuno e la preghiera conformi alla vostra usanza antica e priva di valore.

22. I Miei discepoli però, finché Io Mi trovo fra di loro e con loro quale un vero Sposo della loro anima, conviene che non digiunino corporalmente, ma quando Io non sarò più, come ora, fra di loro e con loro, allora essi digiuneranno anche con lo stomaco quando la durezza di cuore degli uomini offrirà loro poco e alle volte anche nulla da mangiare. Comunque, finché si trovano con Me, non devono soffrire né la fame né la sete! Avete ben compreso tutte queste cose?»

23. Tutti allora risposero: «O Signore e Maestro, Ti siano rese grazie in eterno per questo Tuo saggio insegnamento che abbiamo tutti compreso benissimo! Glorificato e santificato sia il Tuo Nome!»

24. Ed Io conclusi: «Ebbene, fate anche voi così, e avrete la vita! Ed ora mangiate e bevete, e rinvigorite le vostre membra!».

25. Allora tutti presero il cibo di buona lena e con animo lieto fecero onore ai cibi e alle bevande.

 

[indice]

 

Cap. 86

I servitori del Tempio, travestiti, presso Lazzaro.

 

1. Verso la fine del pranzo comparve nella sala uno dei servitori di Lazzaro e disse al suo padrone: «O padrone, ci sono fuori alcuni uomini i quali vorrebbero parlare solo con te; io ritengo che si tratti di persone di Betlemme; ad ogni modo sono molto miseri e malconci dall’aspetto. Disponi come tu credi!»

2. E Lazzaro allora Mi domandò: «O Signore, cosa mai vorrà da me questa gente? Se potessi avere in anticipo da Te qualche cenno in proposito, mi sarebbe più facile sbrigarmela con loro!»

3. Gli risposi Io: «Non ti fidare di loro! Non si tratta affatto di betlemiti, ma di gente del Tempio travestita che vorrebbe, sotto il manto della cortesia, ricavare da te l’informazione riguardo a dove Io potrei trovarMi attualmente. Essi ti daranno ogni assicurazione che non hanno altro desiderio se non quello di essere accolti essi pure quali Miei discepoli e che dunque è proprio per tale motivo che a loro preme sapere il luogo dove Io Mi trovo. Sotto i loro mantelli invece tengono pronte funi e spade, e il vero scopo della loro spedizione è di impadronirsi di Me, di legarMi e di trascinarMi infine dinanzi al Sinedrio presieduto da Caifa! Infatti quella razza adultera laggiù, visto che la moltitudine del popolo si è ormai in gran parte già diradata, ha riacquistato coraggio e continua a perseguire il suo piano di sbarazzarsi di Me; sennonché il Mio tempo non è ancora venuto. Va dunque fuori adesso col Mio Raffaele, e ti verrà suggerito quello che dovrai dire; Raffaele farà il resto»

4. Lazzaro allora uscì con Raffaele, e in una delle prime tende trovò circa una ventina di uomini che vi si erano già accomodati in attesa appunto che egli venisse.

5. Quando egli si avvicinò a loro, essi si alzarono in piedi, e uno di loro, che si era assunto la parte dell’oratore per conto di tutti, disse, dopo aver fatto un profondo inchino: «O caro e buon amico! Noi tutti siamo originari dei dintorni dell’antica città di Davide, e a causa dei segni spaventosi della notte scorsa, siamo partiti prima ancora della mezzanotte e ci siamo affrettati a venire a Gerusalemme allo scopo di sentire dalla bocca di qualche sapiente quali avvenimenti potrebbero attenderci. Noi perciò ci recammo immediatamente al Tempio che era ancora aperto, e là sentimmo dire chi l’una e chi l’altra cosa senza però che noi potessimo restarne consolati o almeno tranquillizzati. Finalmente, quando il popolo già cominciava a dare evidenti segni di impazienza, ecco presentarsi un rabbi molto vecchio il quale si mise a spiegare al popolo che la colpa va attribuita in grandissima parte alla gente del Tempio e alla contraffazione degli insegnamenti di Mosè, ciò che ai nostri occhi risultò subito corrispondere a piena verità. Infine egli parlò di quel certo profeta Gesù della Galilea, e senza molte riserve espresse l’opinione che questo Nazareno dovrebbe essere il Messia promesso! E vedi, tutto il popolo allora, giubilante, parve consentire a tale sua visione degli avvenimenti, visto l’entusiastico applauso col quale accolse le sue parole.

6. Noi quindi pensammo così: “Il vecchio certo ha detto la verità!”; e allora noi prendemmo la ferma decisione di cercare da qualche parte lui, il Nazareno, e, se mai possibile, di farci noi pure suoi discepoli. È già da stamattina che noi cerchiamo di informarci dove egli potrebbe trovarsi in questo periodo, e per mezzo di una persona che conosciamo poco, abbiamo appreso che tu forse con maggiore esattezza di altri saresti in grado di darci l’informazione che ci occorre. Infatti, a quanto si dice, il profeta è notoriamente un particolare amico della tua casa, e per conseguenza potresti tu meglio di altri essere a conoscenza dell’attuale luogo di dimora del grande uomo di Dio. Se dunque sai qualcosa di sicuro a questo riguardo, ti prego di dircelo cortesemente, affinché noi possiamo andare subito da lui per diventare noi pure suoi zelanti seguaci!»

7. Disse Lazzaro molto seriamente: «Voi ben sapete come io in passato sia stato sempre fedelissimo al Tempio, e come l’abbia anche sempre appoggiato e sostenuto; sennonché l’avidità del Tempio, che nei miei confronti andava sempre crescendo, minacciò infine di volermi spogliare addirittura di ogni mio avere e di ridurmi all’elemosina. Quando dunque tutte le mie rimostranze, per quanto fondate e ragionevoli, cominciarono a non approdare più a nulla, a me non restò altra via possibile che quella di assumere completamente la cittadinanza romana e di pormi definitivamente sotto la tutela dei Romani, allo scopo di trovarmi una buona volta del tutto al riparo dalle sfrenate sopraffazioni del Tempio, e di poter respingere con la spada di Roma qualsiasi attacco da parte dello stesso. Basterebbe dunque, ad esempio, che in nome dell’autorità del Tempio voi mi toccaste oggi solo con un dito, e già domani comparireste dinanzi all’inesorabile giudice di Roma il quale molto probabilmente vi punirebbe con la morte. Questa dunque è una cosa che da parte vostra va presa in considerazione molto bene, dato che ciò sta appunto scritto nel mio salvacondotto di cittadino romano. Questo ve lo dico prima in modo da poter parlare più facilmente della questione con voi.

8. Vedete, la vostra richiesta, completamente e vergognosamente menzognera, voi l’avete esposta davvero con altrettanto tatto quanta era stata prima la vostra abilità nell’escogitarla; tuttavia così facendo voi dimenticaste che Lazzaro ha il potere di intuire istantaneamente in chiunque quali sono veramente le sue intenzioni. Perciò io ho esaminato anche voi da parte a parte, ed ho potuto stabilire fin troppo chiaramente di quale spirito voi siete figli!

9. Voi prima avete detto che siete originari dei dintorni dell’antica città di Davide; ebbene, io invece vi dico che dimorate a Gerusalemme e che siete conosciuti come i servitori più venali degli ambiziosi e avidi farisei! Con che diritto e per quale ragione volete ingannarmi così perfidamente? Voi vi siete presentati qui col pretesto di essere alla ricerca di quel certo Gesù di Nazaret, e siete invece armati di spada e provvisti di funi allo scopo di mettere le mani addosso al Profeta in qualsiasi luogo si trovi, per trascinarlo dinanzi al vostro Sinedrio, se non addirittura per ucciderLo subito! È dunque questa la maniera di presentarsi qui da me, Lazzaro? Aspettate un po’, e vedrete che questa diabolica sfrontatezza vi costerà cara; ciò servirà di lezione tanto a voi stessi quanto al vostro Sinedrio! O razza infame di sgherri, voi e tutto il vostro Sinedrio; il vostro agire è davvero troppo malvagio perché io, da cittadino romano come ora sono, lo possa lasciare impunito!

10. Parlate voi adesso, e dite quale demonio vi ha mai suggerito di cercare di fare in modo che io, Lazzaro di Betania, che pur godo della stima di tutti, diventi un traditore nei confronti dell’Uomo migliore e più onesto che esista e ricco di ogni buon dono di Dio? In questo modo io non mi sono mai comportato nemmeno con un qualche nemico della mia casa, e adesso dovrei tradire il migliore e il più innocente fra gli uomini per la ragione che Egli, a vostro modo di vedere, ostacola troppo i piani della vostra infame politica di menzogna, e perché cerca di ricondurre l’umanità sulle vie di Dio che per colpa vostra essa ha abbandonato, e di farle nuovamente conoscere la verità di cui da molto tempo aveva perso ogni nozione?! Parlate miserabili! Perché mi avete fatto questo? Chi fu a dirvi che proprio io, più di altri, sarei stato in grado di informarvi riguardo all’attuale luogo di dimora del Salvatore di Galilea?!»

11. A questo punto gli sgherri rimasero interdetti, e l’oratore di prima rispose: «Come puoi sostenere queste cose di noi, non avendoci ancora perquisiti?»

12. Allora Lazzaro, in tono ancora più energico, esclamò: «Ah, è così?! Voi volete ancora negarmi in faccia di essere dei vili mentitori e degli sgherri assolutamente dimentichi di Dio?! Ebbene, questa menzogna verrà a costarvi ancora più cara! Io posseggo in varie località una quantità di alberghi, e da un viandante povero non ho mai richiesto uno spicciolo per quello che ha mangiato presso di me! Secondo la legge romana io sono tenuto ad accogliere qualsiasi ospite, ebreo o pagano che sia, e qualunque sia il luogo da dove proviene. Dunque, se io ho offerto ospitalità anche al Profeta Gesù di Galilea, potete voi in qualche modo chiamarmi a rendere conto del mio operato? Da ebreo, ed ora da cittadino romano, io ho sempre adempiuto tutti i miei obblighi e non merito quindi l’affronto che esseri miserabili come voi facciano delle illazioni sul mio conto!

13. Voi pure avete assistito la notte scorsa ai segni prodigiosi, che sono stati di natura tale da colmare d’angoscia ciascun cuore umano; invece i vostri cuori animaleschi non si commossero affatto, e già oggi, a distanza di sole poche ore da quei tremendi segni, non temete, assieme al vostro Sinedrio, di accumulare peccato su peccato! Adesso però intendo convincervi che io non ho avuto torto di dirvi quello che vi ho detto!»

14. A questo punto Lazzaro disse a Raffaele: «Smaschera tu questi bestemmiatori di Dio in modo che noi possiamo mostrare loro in maniera ancora più chiara di quale spirito siano figli!»

15. Allora Raffaele si fece innanzi ai venti sgherri e disse loro con voce imperiosa: «Secondo la volontà e il desiderio di Lazzaro toglietevi i mantelli, altrimenti ve li toglierò io!»

16. Disse l’oratore di prima: «Eh, ce ne vorrebbero molti di ragazzi come te per costringerci a deporre i nostri mantelli! Capisci, poppante?»

17. E Raffaele rispose: «E sta bene! Se proprio ci tenete a vedermi impiegare la forza che non supponete in me, sarete subito serviti; a me basta dire: “Via i mantelli che nascondono ai nostri occhi le vostre spade e le vostre funi!”»

18. Raffaele aveva appena terminato di pronunciare queste parole, che dei mantelli non si vide più nemmeno traccia, e i venti individui rimasero sbalorditi come se fossero stati colpiti dal fulmine, perché un simile modo di togliere le vesti essi non lo avevano mai sperimentato.

19. E Lazzaro disse: «Ebbene, volete ancora sostenere di essere dei betlemiti e di aver fatto la strada fin qui semplicemente per avere da me l’informazione riguardo al luogo dove avreste potuto trovare il Salvatore di Nazaret del Quale ardete dal desiderio di diventare Suoi discepoli? Bei discepoli in verità, che perseguono il loro pio scopo provvisti di funi e armati di spade, mentre sulle vesti portano i distintivi che li qualificano per autentici servitori e sgherri del Tempio e del suo Sinedrio! E adesso cosa intendete fare? Ormai siete in mio potere, e questo giovinetto è più che sufficiente per annientare voi tutti come ha fatto con i vostri mantelli! Perciò io vi domando ancora una volta: “Cosa farete, o cosa volete fare adesso?”»

20. E l’oratore degli sgherri rispose con voce molto tremante: «Ascolta, o padre Lazzaro! Noi deponiamo le nostre armi e le nostre funi, pronti ad arrenderci incondizionatamente! Confesso che siamo dei perversi e dei miserabili, ma non tanto per nostra volontà, quanto per quella del Sinedrio, al soldo del quale abbiamo dovuto metterci! Poveri fin già dalla nascita, non abbiamo mai avuto occasione di imparare qualcosa di meglio; ma essendo poi cresciuti forti e robusti, siamo entrati ai servizi del Tempio il quale ha fatto di noi quello che purtroppo siamo adesso! Se noi potessimo liberarci dal Tempio e trovarci qualche altro lavoro, noi saremmo certo più che contenti! Noi ci siamo, è vero, comportati prima con te in una maniera diabolicamente astuta, ma tale era l’incarico avuto dal Sinedrio, e se la nostra volontà fosse stata libera, non avremmo mai agito così! Insomma, noi siamo tuoi prigionieri: fa di noi quello che vuoi; il tuo giovinetto ci ha già fornito la prova della sua potenza, alla quale noi non siamo in grado di opporne un’altra. Noi quindi ci arrendiamo completamente, rinunciando a servire d’ora innanzi il Tempio, così che il Salvatore di Nazaret non ha nulla da temere da parte nostra!»

21. Disse Lazzaro: «Allora togliete via i perversi distintivi di cui sono adorne le vostre vesti, e andate adesso giù fino nei dintorni di Betlemme dove io ho pure una grande proprietà; entrate al mio servizio e riceverete una ricompensa migliore di quella che vi dava il Tempio! E affinché quel mio amministratore non faccia ostacoli ad accogliervi, porterete con voi una lettera di raccomandazione che questo mio giovane amico mi preparerà subito»

22. Quando Lazzaro ebbe terminato di parlare, Raffaele era già pronto col documento, e i venti, che intanto avevano tolto dalle loro vesti i distintivi del Tempio, ricevettero da Lazzaro la lettera di raccomandazione e anche, a ciascuno, sette grossi (monete antiche) a titolo di spese di viaggio fino al luogo della loro nuova destinazione. Lazzaro infine li congedò dicendo: «Se mi servirete fedelmente e vivrete secondo i veri Comandamenti di Mosè, ciascuno di voi, oltre al mantenimento completo, riceverà ancora cento denari d’argento di ricompensa annua. E adesso mettetevi in cammino affinché non arriviate a destinazione a notte troppo inoltrata! Fra breve scenderò io stesso fino laggiù per vedere quanto avrete lavorato per me»

23. I venti allora ringraziarono, e di buon passo e tutti contenti si avviarono alla volta di Betlemme. Non occorre dire che, strada facendo, essi rimuginarono chi poteva essere quel giovinetto così delicato e nello stesso tempo dotato di una potenza così prodigiosa, e c’era chi diceva una cosa e chi l’altra.

24. Quello però che aveva fatto da oratore tagliò corto alle congetture dicendo: «Queste nostre supposizioni non servono a nulla; quando Lazzaro verrà a trovarci, ci darà lui qualche spiegazione del mistero!»

25. La disputa ebbe così fine e i venti procedettero tranquillamente innanzi.

26. Lazzaro intanto aveva dato incarico ai servitori di trasportare in casa le spade e le funi, e dopo che tutto fu a posto, venne di nuovo a raggiungerci assieme a Raffaele nella sala da pranzo.

27. E quando i due ebbero rioccupato i loro posti a mensa, Io dissi a Lazzaro: «Il tuo affare lo hai condotto molto bene, e così venti anime sono state strappate all’inferno; ma il Sinedrio, l’inferno non se lo lascerà scappare! Il compito del capo degli sgherri in realtà era come prima cosa dare notizia al Sinedrio di tutto quanto gli fosse eventualmente stato possibile apprendere sul Mio conto, e solo poi da parte del Sinedrio gli sarebbero state impartite istruzioni più precise riguardo alla Mia cattura. Considerato però che di tutti quegli sgherri, scelti fra i più abili e i più astuti, nessuno si farà più vedere nel Tempio, il Sinedrio, che già con grande ansia attende notizie da loro, si vedrà costretto per qualche tempo a rinunciare ai suoi piani. Ora questo appunto è quello a cui occorreva arrivare, e tutto venne anche così disposto per giungere esclusivamente a questo risultato.

28. Ma ora cosa farà il Sinedrio? Ecco, dopo aver pranzato, esso pure in parte se ne andrà ad Emmaus a visitare Nicodemo allo scopo di sentire qualcosa riguardo al terzo segno di ieri notte; sennonché Nicodemo, il vecchio rabbi e un altro anziano ancora, un certo Giuseppe d’Arimatea, sono persone molto prudenti, e i delegati del Sinedrio difficilmente potranno apprendere là la notizia utile ai loro perversi fini. In quanto a noi, adesso ritorneremo all’aperto e ce ne andremo al posto dove eravamo stamani, e là resteremo indisturbati finché si sarà fatta sera!».

 

[indice]

 

Cap. 87

I templari vanno in pellegrinaggio da Nicodemo.

 

1. A questo Mio invito tutta la compagnia si alzò e Mi seguì fino alla cima del monte. Anche quella parte dei giovani schiavi liberati che avevano pranzato con noi ci accompagnò, mentre gli altri loro compagni rimasero dove erano, dilettandosi con le pecore di cui conosciamo le origini. E quando ci trovammo sulla libera altura e ci fummo accampati in buon ordine, scorgemmo ben presto sulla strada che conduceva ad Emmaus la comitiva degli emissari del Sinedrio. Come si sa, questi erano diretti alla casa di Nicodemo; quando però giunsero vicino a quella certa colonna sorta miracolosamente, essi si arrestarono stupefatti, e cominciarono ad esaminarla da tutte le parti, perché non sapevano affatto capacitarsi del come fosse capitata lì una colonna magnifica di quel genere. Infatti a trasportarla e a metterla in piedi ci sarebbero voluti vari mesi di lavoro, mentre solo pochi giorni prima essi avevano percorso quella stessa strada senza vedere la minima traccia della colonna in questione. Ad ogni modo Nicodemo sarebbe stato certo in grado meglio di tutti di dare qualche spiegazione in proposito, visto che la colonna sorgeva appunto su un terreno che apparteneva a lui.

2. Queste cose Io le comunicai ai presenti, che ne furono tutti molto rallegrati, e allora seguirono con la massima attenzione il maneggio dei farisei e degli altri ebrei fanatici intorno alla colonna dalla quale parevano non potersi staccare.

3. E Agricola Mi disse: «O Signore e Maestro; sarebbe interessante sentire che razza di sciocchi commenti e certo anche perfidi giudizi stanno facendo adesso quegli scellerati delegati del Tempio riguardo al modo in cui è sorta e allo scopo a cui è destinata questa famosa colonna»

4. Ed Io gli risposi: «Mio caro amico, che i loro giudizi siano sciocchi oltre ogni dire, te lo puoi bene immaginare anche senza bisogno di sentirli con i tuoi orecchi; e infatti, da dove mai potrebbe quella gente trarre fuori un giudizio savio riguardo a qualcosa di particolare?

5. Chi vuole formarsi un criterio vero e buono di una cosa, deve essere anzitutto in se stesso buono e vero; quelli che vedi là sono invece colmi di ogni perfidia e falsità; come potrebbe dunque uscire loro di bocca una sentenza buona riguardo ad una cosa qualsiasi? Comunque, affinché tu possa convincerti di quanto enormemente ciechi e stolti siano gli apprezzamenti di quegli zeloti ipocriti riguardo alla colonna, Io voglio adesso esportene alcuni; stamMi dunque a sentire!

6. Ecco, uno sta dicendo: “Questa colonna deve essere stato il demonio a spingerla in su fuori dall’inferno, perché, se la si tocca, la si sente caldissima”. Qui va notato che la colonna, esposta già da vario tempo ai raggi del Sole, si era davvero riscaldata molto. “Il fenomeno dunque è probabilmente dovuto al fatto che Nicodemo non sempre è pienamente d’accordo col Sinedrio!”. Vedi, questo sarebbe, fra i molti, uno dei giudizi emessi da uno di quei saggi del Tempio, giudizio col quale alcuni si dichiaravano pienamente d’accordo, salvo qualche aggiunta o variante altrettanto stupida.

7. Sennonché tra loro ce n’è uno portato a difendere un po’ Nicodemo, il quale osserva: “Io non voglio negare proprio in via assoluta la possibilità che la colonna a cui ci troviamo dinanzi sia sorta in questo modo, tuttavia non potrei nemmeno accettare una simile versione come una verità già definitivamente acquisita. Infatti se il demonio volesse spingere fuori dalle profondità dell’inferno oltre la superficie terrestre una colonna di questo genere sui possessi di ciascun anziano che non è proprio in tutto d’accordo con noi, come è il caso ad esempio di Lazzaro da Betania, il numero delle colonne nell’intero paese d’Israele sarebbe già considerevole!

8. Per conto mio invece sono dell’opinione che Nicodemo era ed è tuttora molto attratto da tutto ciò in cui egli riconosce l’impronta dello straordinario, e presso di lui tutti i maghi, da qualsiasi luogo provenissero, hanno sempre trovato una buona accoglienza. È dunque possibile che degli autentici maghi indiani o persiani abbiano, per gratitudine, fatto sorgere qui sui suoi possedimenti un simile monumento, usando le loro arti e le loro scienze occulte, e con l’ausilio delle forze degli elementi - come ad esempio gli spiriti dell’aria, dell’acqua, della terra e del fuoco - e non c’è da dubitare che egli ne sia rimasto molto soddisfatto. Infatti pare che simili cose non siano affatto impossibili a dei maghi che conoscono proprio a fondo la loro arte!”

9. Anche questa opinione ha trovato alcuni che la condividono. Ora però colui che ha dato la prima sentenza aggiunge qualcosa di molto savio a modo suo e dice: “A dire il vero, questo che dici viene in appoggio alla mia versione, perché noi già sappiamo che questi maghi sono senza alcun dubbio in relazione con l’inferno ed esercitano la loro arte con l’aiuto dei demoni”

10. E il secondo sapiente adesso ribatte: “Mah, la cosa è un po’ vaga! Del resto noi non conosciamo affatto tutta la potenza degli spiriti elementari! Sembra che anche in certe erbe siano celate molte forze misteriose”

11. E anche questa versione trova pure dei sostenitori.

12. Ma ecco che un terzo prende la parola e dice: “Con qualche riserva sono io pure in parte d’accordo con quanto avete detto voi; ma da un mio particolare punto di vista credo di potermi spiegare il fatto anche in un altro modo. Io cioè non escludo che questa colonna sia stata fatta sorgere qui per opera dei romani forse di notte, con l’intenzione di fare un omaggio a Nicodemo il quale, a quanto si dice, è un loro grande amico. Infatti una cosa simile non dovrebbe rappresentare per i romani proprio un’impossibilità assoluta: di carri e di altri mezzi di trasporto a loro certo non mancano, e di gente robusta nemmeno! Se tutto è ben predisposto, una colonna di questa specie può venire rizzata anche in una notte. Del resto, qualunque sia la versione giusta fra quelle da noi proposte, è certo che al fatto non va attribuito alcun significato favorevole al Tempio; ad ogni modo non perdiamo tempo qui e andiamo piuttosto ad Emmaus! Là potremo avere probabilmente delle informazioni più precise riguardo alle origini e agli scopi di questa colonna”.

13. Guardate un po’ adesso come quella fosca congrega comincia ad allontanarsi dalla colonna, e come si volge spesso indietro per guardarla mentre si dirige alla volta di Emmaus; chi ha una vista discreta li può benissimo distinguere ancora!

14. È ovvio che riguardo al modo in cui essa può essere sorta e al suo scopo sono stati espressi vari altri pareri, l’uno più sciocco e perfido dell’altro; ma non vale la pena di sprecare qui nemmeno un istante per ripeterlo, dato che nessuno potrebbe avvantaggiarsene per quanto riguarda la salvezza dell’anima. Io invece vi racconterò in anticipo qualcosa riguardo all’accoglienza che quegli inviati del Sinedrio troveranno presso Nicodemo e ai risultati a cui essi perverranno. E affinché possiate più facilmente comprendere la cosa, Io ve la esporrò in termini molto concisi come se fosse già avvenuta; ascoltateMi dunque!

15. Nicodemo ha scorto già da lontano i delegati che vengono avvicinandosi alla sua dimora, ciò che a lui e ad alcuni pochi amici che sono con lui, tra i quali due romani, non causa nessun particolare piacere; ma qui va raccomandata la massima: “Siate accorti come i serpenti e mansueti come le colombe!”

16. Il vecchio rabbi dice: “Nel Tempio deve essersi verificato qualcosa di assolutamente straordinario perché questi ebrei fanatici e questi farisei si siano trovati indotti a venire addirittura fin qui senza ricevere alcun compenso, proprio loro che non si ritengono mai abbastanza ricompensati anche quando muovono un solo passo”

17. Nicodemo dice allora: “Tu hai molto ben giudicato! Ora però, date le circostanze, si tratta di raccogliere le proprie forze, perché avremo a che fare con le volpi più astute che ci siano nel Tempio. Voi aspettate qui, mentre io, nella mia qualità di padrone di casa, andrò loro incontro con la faccia più lieta di questo mondo, perché, se così non facessi, ciò mi verrebbe imputato come mancanza grave contro il rispetto dovuto al Tempio!”

18. Nicodemo dunque si affretta ad andare incontro a coloro che stanno arrivando con un’espressione amichevolissima e li saluta cerimoniosamente secondo l’usanza del Tempio. Gli altri contraccambiano il saluto, e quando si trovano radunati tutti assieme [all’esterno della casa], il nostro Nicodemo non manca di informarsi subito riguardo a cosa deve l’onore di quella visita graditissima.

19. Risponde subito uno degli arrivati: “Amico, io penso che a questo riguardo ci sarà molto più facile spiegarci in casa tua, che è davvero molto bella e ricca, che non qui, considerato che il percorso discretamente lungo fatto per arrivare fino a qui ci ha stancati parecchio; ma anzitutto si tratta di sapere quali ospiti hai in casa con te”.

20. Risponde Nicodemo: “Davvero nessuno all’infuori del vecchio rabbi, di Giuseppe d’Arimatea e di due romani i quali, come sapete, sono qui i miei vicini e che, data una simile occasione, non mi è lecito ignorare. Poi ho la mia famiglia che ho fatto venire qui perché possa riprendersi dallo spavento provato la scorsa notte; si tratta esclusivamente di gente che voi già conoscete!”

21. Dice uno dei farisei: “Ebbene, se non c’è nessun altro con te, non c’è problema, perché dinanzi a quelli che hai nominato non c’è alcuna difficoltà ad esprimersi liberamente; in quanto ai romani, la loro presenza sotto certi aspetti ci è addirittura gradita. Dunque tutto il resto potremo trattarlo in casa tua”.

22. Essi allora entrano in casa, e Nicodemo, con il consueto cerimoniale, li presenta alla compagnia già lì radunata la quale dà loro il benvenuto e li accoglie con molta cortesia e rispetto, assegnando loro i posti d’onore al tavolo dove sono seduti, cosa questa alla quale, come già sapete benissimo, i farisei ci tengono in maniera particolare. Viene loro immediatamente servito il miglior vino nonché pane, uova e sale, ed essi non mancano di fare veramente onore a quanto viene posto loro dinanzi, essendo notoriamente anche questa una “virtù” coltivata in modo speciale dai templari, i quali ci tengono particolarmente tanto a mangiare e a bere bene.

23. Ma poiché il vino, generosamente assorbito, ha prodotto già i suoi effetti rendendo più sciolte le lingue, uno dei farisei entra in argomento e dice: “Ora che ci sentiamo del tutto ristorati, vi esporremo senza alcuna riserva, dunque apertamente, le varie ragioni riguardo al motivo per cui noi siamo venuti qui di persona e poi voi potrete esprimere quella che, secondo la vostra migliore conoscenza, volontà e coscienza, è la vostra opinione.

24. Dopo che voi, prima ancora di mezzogiorno, abbandonaste la riunione del Sinedrio a causa di una diversità di vedute - ciò che voi come anziani avete il pieno diritto di fare - tra di noi abbiamo discusso ancora su vari argomenti, tra i quali, naturalmente, in particolare quello del perturbatore della pace di Nazaret.

25. Che quell’individuo operi delle cose veramente notevoli, nessuno di noi certo lo mette in dubbio; anche il suo parlare bisogna dire che è savio e convincente. Sennonché si tratta sempre di cose che un uomo di talento può imparare quando se ne presenta l’occasione. Noi stessi abbiamo assistito abbastanza di frequente ad esibizioni di maghi dall’Oriente, che erano in grado di inscenare delle magie incredibilmente prodigiose, e i pagani spesso li considerano addirittura delle divinità, non sapendo che quegli dèi di carne e di sangue inscenavano le loro magie avvalendosi di mezzi occulti. Ma certamente quei maghi non fecero mai vedere a nessuno i mezzi di cui si avvalevano né permisero che nessuno li conoscesse con precisione. Ora, come sempre fu ed è tuttora il caso di tutti i maghi del genere, non altrimenti sarà senza dubbio il caso anche di questo nazareno. Sennonché, rispetto a lui, c’è questo di particolarmente pericoloso per noi ebrei: egli va dichiarando in faccia a tutti senza ritegno che egli è il Messia promesso degli Ebrei, e che soltanto chi crederà in lui avrà la vita eterna.

26. Noi però abbiamo già capito a cosa mira con il suo piano; sappiamo benissimo che egli mira a proclamarsi col tempo re degli ebrei, ciò che avrebbe per conseguenza lo scatenarsi di guerre nel nostro Paese, perché i potenti romani non ci tratterebbero certo in questo caso con eccessiva clemenza! Per evitare dunque una simile calamità, noi abbiamo deliberato di ricorrere a qualsiasi mezzo pur di impadronirci di quell’individuo e di darlo in mano alla rigida giustizia dei romani. Se egli è veramente il Messia, allora, essendo Dio, sarà impossibile ucciderlo, e noi potremo credere, anzi effettivamente crederemo in lui. Ma se invece sarà possibile ucciderlo, avremo la prova evidente che egli è semplicemente un incantatore che si vuole innalzare un trono nel paese d’Israele per mezzo delle sue magie.

27. Ora, per poter impadronirsi di questo pericoloso individuo, è necessario sapere dove egli si trovi. Noi dunque a questo scopo, subito dopo aver concluso la riunione del Sinedrio, abbiamo incaricato venti fra i nostri più robusti e astuti servitori di andare da Lazzaro, il quale, a quanto ci risulta, si intrattiene sempre durante la settimana della festa sul suo monte degli Ulivi, e li abbiamo mandati da lui essendo venuti a conoscenza che egli avrebbe sicuramente dovuto sapere dove si trova il mago di Nazaret. I nostri incaricati avrebbero però dovuto darci immediatamente notizia dei risultati della loro missione presso Lazzaro, risultati che noi prevedevamo sicuri, data la loro sottile astuzia, e ciò avrebbe richiesto al massimo un’ora di tempo. Invece noi non vedemmo ricomparire nessuno dei nostri inviati, e forse nemmeno fino a questo momento è ancora ritornato nessuno; noi quindi siamo venuti qui da te pensando che Lazzaro avesse forse indirizzato a te i nostri incaricati, nella supposizione che tu, quale capo dei cittadini di Gerusalemme, potessi avere più sollecitamente di altri, attraverso i tuoi numerosi sorveglianti, le informazioni che ci occorrono. Tuttavia adesso dobbiamo convincerci del contrario.

28. Ma considerato che ormai siamo qui, ne approfittiamo per chiederti direttamente se sei o no a conoscenza di dove potrebbe trovarsi adesso il Nazareno perché, una volta che sappiamo questo, sapremo anche quello che ci resterà da fare. È molto probabile che sia stato lui a provocare i segni di stanotte forse in combutta con quella razza miserabile degli esseni, perché pare che questi siano capaci di operare dei fenomeni di questa specie mediante certi specchi arcadici[19]. Noi sospettiamo che egli sia passato agli esseni; ma se questo fosse il caso, allora il nostro piano avrebbe certo poca possibilità di venire attuato con successo. Che cosa dunque puoi dirci tu, o amico Nicodemo, o che cosa ci puoi consigliare in questa circostanza?”».

 

[indice]

 

Cap. 88

Il discorso di Nicodemo ai templari.

 

1. (Continua il Signore:) «È facile immaginare la segreta indignazione da cui si sentì preso il nostro Nicodemo che aveva dovuto sorbirsi la stolta e perfida chiacchierata.

2. Dopo aver meditato profondamente per qualche istante, egli risponde: “E cosa potrei dirvi, amici miei cari? La faccenda è tale che ben pochi ragionamenti vi si possono fare a tal riguardo, e tanto meno si possono dare consigli! Voi stessi siete stati di recente testimoni e avete visto come il Nazareno, quando volevate lapidarLo perché aveva sostenuto di essere vissuto ed esistito già prima di Abramo, si rese completamente invisibile nel bel mezzo del Tempio, e voi foste costretti a rimettere a terra le vostre pietre! Io per conto mio mi sono preso a cuore la questione, vi ho meditato su a mente fredda, l’ho considerata sotto ogni suo aspetto e sono giunto alla conclusione che con un simile Uomo per il Quale la parola ‘impossibile’ davvero non esiste - cosa di cui io stesso mi sono convinto e anche ho dovuto convincermene in qualità di cittadino a capo della città - non si può far niente impiegando in qualche modo la violenza. E poiché io sono a conoscenza di molte cose che a voi non possono essere note, io ovviamente mi guarderò bene dall’intraprendere una qualche azione nemica contro un Uomo di questa specie. Il mio consiglio sarebbe dunque questo: non intraprendere niente di ostile contro quest’Uomo e limitarsi invece a seguire con animo tranquillo gli avvenimenti, in attesa di ciò che potrà infine esserne la conclusione.

3. Infatti se la cosa è realmente di carattere puramente divino, ogni nostra opposizione sarà perfettamente vana; ma se invece il suo carattere è semplicemente umano e terreno, essa non tarderà a svanire da sé. Qualora però quell’Uomo cominciasse col tempo a rendersi pericoloso per i romani dal punto di vista politico, questi, che hanno la vista molto acuta, non ci metteranno molto a vedersela loro con Lui! Dal punto di vista politico però Egli finora non si è mostrato mai pericoloso in nessun modo, ed Egli, per quanto ne so io, è tenuto in grande considerazione dai romani ed è anzi molto ben voluto da loro. Finché dunque le cose stanno così, sarebbe una somma imprudenza da parte nostra se noi, con assoluta certezza di insuccesso, volessimo anticipare l’azione possente dei romani.

4. La favilla che non mi brucia, non occorre che io la spenga. In base alla vostra eccellente supposizione voi avete giustamente osservato che le apparizioni di questa notte dovrebbero essersi manifestate per opera appunto del Nazareno, e io posso dirvi che già stanotte fui della stessa vostra opinione; ma dato che la questione dovrebbe sicuramente stare in questi termini, io vi domando, parlando proprio ragionevolmente, a che cosa infine può servire tutta questa cieca smania di persecuzione contro quel Nazareno? Egli con la Sua Potenza inconcepibile vi procurerà degli imbarazzi ancora più grandi di quanto sia stato il caso fino ad oggi, e voi non sarete in grado di farGli nulla, come avete potuto convincervene durante i quasi due anni trascorsi da quando Egli ha cominciato pubblicamente la Sua Opera! Quanto denaro e quanta gente non vi è già costata la vostra ostinazione nel volervi opporre a Lui! E nonostante tutti i vostri sforzi, che risultati avete ottenuto? Voi oggi vi trovate allo stesso punto in cui eravate due anni fa!

5. Ora avete di nuovo mandato venti dei migliori vostri agenti a darGli la caccia; e che fine hanno fatto anche questi? Costoro avranno di certo fatto la stessa fine della maggior parte di quelli che prima dei venti avete inviato per impossessarsi di Lui! Io vi prego dunque di essere ragionevoli e di smettere una buona volta di perseguitare un Uomo contro il Quale, come l’esperienza insegna, non è possibile intraprendere nulla, mentre Egli può invece distruggerci e annientarci completamente senza che noi possiamo in qualche modo difenderci da Lui! Voi non Lo potete accalappiare né con le parole e ancor meno con le funi; a che scopo dunque il vostro affannoso consigliarvi e il vostro affaticarvi vano e senza tregua?

6. Venendo qui, per la strada che passa attraverso i miei campi, voi avrete visto una colonna che certo non è stata lavorata da mano di uomo. Chi altro mai se non sicuramente il Nazareno l’ha fatta trasportare là dove essa si trova? Infatti prima non c’era, mentre stamani la si è vista a quel posto, dove nessuna forza umana l’ha potuta far venire! Se quest’ultimo fosse il caso, allora tutto il terreno intorno alla colonna sarebbe calpestato, poiché mettere in piedi una colonna di quelle dimensioni avrebbe richiesto l’opera di varie centinaia di uomini. Ma se, come è indubbio, è nel potere del Nazareno compiere simili cose unicamente - dico - per mezzo della Sua Volontà, a quali risultati sperate di arrivare voi impiegando anche tutta la vostra forza contro di Lui?

7. Che Egli poi compia tutto questo per una Potenza particolare a Lui propria, o per effetto di qualche nuova specie di incantesimo, questo non cambia nulla, perché contro di Lui noi non possiamo scendere in campo né in un caso, né nell’altro! Ricredetevi dunque, e smettetela di combatterLo ulteriormente, perché altrimenti rischiamo di essere tratti in rovina tutti quanti assieme! Da parte mia almeno mi guarderò bene dall’intraprendere mai qualcosa contro di Lui! Questo è il consiglio sincero che posso darvi, e io ora mi appello a questi due romani, amici miei; che dicano essi se ho ragione o torto”.

8. Allora i due romani confermarono dicendo: “Noi siamo precisamente della stessa opinione; contro ad una certa potenza di volontà interiore prodigiosamente sviluppata di qualche singola persona, non c’è forza materiale o terrena che possa sperare di arrivare ad un qualche risultato.

9. Una volta ci trovammo a far parte di una spedizione nell’Alto Egitto, e in quella occasione, in una regione situata a due giorni di cammino al di sopra di Menfi, noi facemmo la conoscenza di un uomo il quale aveva bensì la pelle molto bruna come gli egizi, ma che tuttavia non era un autentico moro. La nostra carovana consisteva di duecento persone, tutte di sesso maschile, e il nostro scopo era esplorare il vero Paese dei mori.

10. Quando giungemmo ad un passaggio angusto e difficile vicino al Nilo, vedemmo uscire fuori da una caverna e venirci incontro l’uomo di cui ho detto prima, che aveva il corpo molto scarsamente coperto. La sua figura imponente ci colpì molto, e il suo sguardo ebbe immediatamente un effetto tale sulle nostre gambe che noi ci sentimmo come paralizzati e non ci fu più verso di muovere un passo né in avanti, né indietro. Allora egli, in buon idioma greco, così ci interpellò: ‘Che cosa andate cercando qui in questo deserto?’.

11. E uno della nostra comitiva rispose: ‘Noi vorremmo visitare il Paese dei mori e vedere come vive quella popolazione, quali sono i suoi costumi, e se sarebbe possibile stringere delle relazioni commerciali con essa di rari prodotti naturali’.

12. E quell’uomo allora disse: ‘Dato il modo in cui voi viaggiate e dei mezzi di cui disponete, il Paese che cercate è lontano da qui ancora molte giornate; per me è certo molto meno lontano, avendo io a mia disposizione delle forze naturali che voi non conoscete! Però io dico a voi, romani avidi di conquiste, che finché sono qui io a montare la guardia, voi non penetrerete mai in quel Paese ancora del tutto felice e innocente. Anche se foste in un numero mille volte maggiore di quanti siete, non sareste in grado di muovere nemmeno un passo in avanti senza la mia volontà, come non lo potete adesso! Io perciò vi consiglio di fare all’inverso il vostro cammino e di ritornare là da dove siete venuti; altrimenti io vi lascio saldamente immobilizzati qui dove siete, e la vostra carne potrà poi servire ai miei leoni e alle mie aquile’.

13. Ebbene, l’intimazione quanto mai categorica di quell’uomo stranissimo fece su di noi un effetto tale che, nonostante fossimo armati di tutto punto, non ci saremmo azzardati per tutto l’oro del mondo a fare un passo di più nella direzione da noi originariamente voluta.

14. Visto però che la faccia di quell’uomo andava assumendo un aspetto un po’ più benevolo, uno di noi gli chiese in tono umile: ‘Ascoltaci ancora per favore, o caro amico dalla enigmatica potenza, e dicci chi tu sei veramente, e come sei pervenuto a un grado così eminente di forza di volontà! In seguito noi faremo secondo il tuo desiderio e il tuo volere, e ritorneremo immediatamente sui nostri passi’”».

 

[indice]

 

Cap. 89

Il racconto dei due romani sulla forza del nubiano.

 

1. (Il Signore continua a riferire il racconto dei due romani:) «E quell’uomo misterioso rispose: “Io sono ancora un vero e autentico uomo come ce ne furono tanti nei primordi dell’umanità, il compito della cui vita era quello di innalzare in sé lo spirito interiore alla massima potenza, evitando così il soffocamento delle loro anime nella melma delle passioni materiali della carne.

2. Voi invece già da lungo tempo non siete più degli uomini, ma siete invece semplicemente delle larve umane che devono ricorrere a delle armi fatte di ferro per difendersi contro i nemici esterni, che però non sono in grado di trionfare sul loro massimo nemico - cioè le passioni sensuali della loro carne - così che poi il loro spirito non riesce a destarsi e a rendersi libero e possente!

3. A che cosa vi giova questa vita esteriore se con essa non sapete e non siete capaci di educare lo spirito interiore perché si desti e diventi libero e potente! Un uomo diviene tale solo quando egli stesso si è trovato nel proprio spirito; sennonché, dato il vostro sistema di vita, una cosa simile non può mai verificarsi in eterno, per la ragione che vivendo come voi fate, vi allontanate - invece di avvicinarvi - sempre più dalla meta che è quella di diventare un vero uomo.

4. È vero che anche fra di voi sorgono ancora ogni tanto degli uomini, i quali, pur non essendo giunti pienamente alla meta, procedono per la giusta via che vi conduce; ma questi tali voi li opprimete e li perseguitate senza tregua e col massimo furore, e la conseguenza ne è che nemmeno essi possono raggiungere la vera meta, mentre voi restate del tutto morti nello spirito, e dopo una breve e faticosa vita terrena finite col morire come gli animali, e il destino che poi vi attende è la morte eterna.

5. Nella grande cecità della vostra vita voi certo state ora pensando che io sia forse un qualche sapiente egiziano ritiratosi da queste parti, e che quanto ora vi sto esponendo possa essere semplicemente un discorso fatto per acquistarmi maggiore considerazione presso di voi; io però vi assicuro che, se pensate così, commettete un grave errore! Ma affinché vediate che quanto vi ho detto è la pura verità e che ad un uomo autentico sono possibili molte cose per mezzo della volontà del proprio uomo spirituale interiore, io ora vi fornirò alcune prove della vera forza vitale di un vero uomo, cosicché durante il vostro viaggio di ritorno in patria potrete meditarci su e aumentare la profondità del vostro pensiero.

6. Vedete là in alto un’aquila gigante che si libra nell’aria! Ebbene, basta che io lo voglia, ed essa dovrà scendere, posarsi ai miei piedi e fare quello che io le ordinerò! Ecco, come una freccia si precipita dall’alto, e vedete essa è già qui!”. Noi assistemmo come pietrificati a questa scena; poi quell’uomo ordinò all’enorme uccello di risollevarsi e di portargli dal Nilo un pesce di nobile specie.

7. E infatti dopo pochi istanti esso fu di ritorno col pesce nel becco; e quell’uomo allora esclamò: “Vedete, così l’intera natura è al servizio di un vero uomo!”.

8. Poi egli sventrò il pesce, lo pulì e lo pose su una lastra di pietra che certo deve essere stata molto calda, perché dopo poco tempo il pesce, che pure era molto grande, fu completamente arrostito, cosa di cui potemmo persuaderci, dato che quell’uomo ce ne offrì qualche porzione in assaggio, e noi trovammo infatti il pesce molto ben cotto e di squisito sapore.

9. Poi quell’uomo disse: “Ecco, così obbedisce la natura muta al vero uomo! Ora però io vi mostrerò anche altri casi in cui un vero uomo è un signore di tutta la natura! Voi avete mangiato il pesce che quest’aquila ci ha portato dal Nilo e che poi è stato arrostito su questa lastra di pietra; ma adesso voi vi guardate intorno e vi chiedete che cosa abbia io a mia disposizione per bere all’infuori dell’acqua torbida del Nilo. Anche questa cosa io ve la mostrerò. Guardate là quella rupe, come è arida e fortemente riscaldata dai raggi del Sole! E tuttavia dovrà fornirmi immediatamente dell’acqua freschissima in abbondanza! Ecco, io lo voglio, e vedete, dell’acqua eccellente ne avete a piacimento; andate ora là e placate la vostra sete”.

10. Noi ci avvicinammo alla rupe e bevemmo di quell’acqua che, infatti, trovammo purissima e freschissima.

11. E quell’uomo strano ripeté ancora una volta: “Ecco, gli elementi obbediscono così al vero uomo!”.

12. Noi quindi gli domandammo se egli viveva solo in quella regione selvaggia, o se invece aveva qualche compagnia, dei discepoli forse, che sotto la sua guida si esercitavano nella vera vita.

13. Ma egli ci rispose: “Questo in cui vivo è certo un deserto per voi; per me invece esso rappresenta molto di più dell’Elisio da voi sognato e che non esiste in nessun altro luogo se non nella vostra fantasia. Per mio conto è invece la vostra città un insopportabile deserto dello spirito, perché al suo interno non c’è neppure un vero uomo.

14. Per quanto riguarda la mia persona corporale io dimoro bensì qui solo, ma non è così per quanto riguarda la mia vera personalità spirituale, poiché in primo luogo mi incontro talvolta con alcuni discepoli che in tutta serietà stanno coltivando la vera vita interiore, e per questi il deserto che qui vedete è immensamente delizioso. Come me essi dimorano in “palazzi” simili a questo qui che mi offre dimora già da quasi cinquant’anni, e che l’ha offerta già a diversi veri uomini prima di me. I miei pochi discepoli d’ambo i sessi vengono ogni tanto a trovarmi, ed ottengono da me delle nuove norme secondo le quali devono procedere agli scopi dell’ulteriore completamento della loro vita interiore.

15. Questa è dunque una compagnia che si trova vicina a me; non però in questa caverna dove io dimoro del tutto sempre solo. Per i vostri occhi in questa caverna regnerebbe notte perfetta; per me invece in essa c’è più luce che non per voi qui fuori di pieno giorno! Infatti quando nell’interiorità dell’uomo si è fatto limpido e chiaro attraverso il suo eterno spirito, il quale proviene dall’unico vero Dio quale una luce derivante dalla Luce primordiale, allora per il vero uomo non esiste più notte, né tenebra in nessun luogo. Ora in voi già la vostra luce vitale esteriore non è che una fittissima tenebra, ma come deve essere densa poi la vostra tenebra interiore! Certo, a voi si può applicare il detto secondo il quale uno non riesce a vedere il bosco per i tanti alberi che ha davanti agli occhi.

16. Da questa mia caverna il mio occhio spazia su tutta la Terra: vedo come è fatta, vedo le creature che vivono su di essa, e gli uomini e le orgogliose città del mondo, e se voglio posso sapere tutto ciò che si svolge e succede dappertutto. Oltre a ciò io posso ammirare da vicino anche gli altri mondi che voi chiamate stelle, e posso bearmi alla visione dell’Amore, della Sapienza e della Potenza dell’unico Dio eterno! E vedete, questa è la mia seconda compagnia.

17. Ma io posso altresì comunicare in ogni momento con tutti gli spiriti e per mezzo loro posso avanzare sempre di più in sapienza, e questo costituisce la mia terza compagnia.

18. Infine, nella volontà del vero uomo su questa Terra è insita una forza per voi inconcepibile, e in conseguenza di ciò - nel caso che a noi, veri uomini, necessitasse difenderci contro qualche perfido uomo del mondo, animato da intenzioni ostili - io posso anche procurarmi una quarta compagnia della cui esistenza mi è possibile perfino fornirvi qui la prova, dandovi tuttavia contemporaneamente l’assicurazione che, trovandovi ora sotto la mia tutela, non può accadervi nulla di male e quindi non avete niente da temere. Ecco, io lo voglio, e la mia compagnia già viene!”.

19. Non trascorsero infatti che pochi istanti e noi ci trovammo circondati da un intero branco di leoni e di pantere, belve contro le quali anche molte centinaia dei più valorosi guerrieri non avrebbero mai potuto difendersi. A quella vista noi sentimmo gelarci il sangue nelle vene; ma quell’uomo intimò alle belve di ritirarsi, ed esse allora si dispersero tutte così come erano venute, e l’uomo aggiunse: “All’occorrenza, io potrei chiamare dei gruppi ancora più numerosi di simili guerrieri. Ed ora voi avete visto e sperimentato a sufficienza come un vero uomo sia signore di tutta la natura e delle sue forze; quindi io adesso vi congedo; ritornate pure in pace là da dove siete venuti!”.

20. Allora un altro ancora della spedizione gli domandò se non avrebbe potuto darci qualche cenno, grazie al quale l’uno o l’altro di noi fosse in grado di avvicinarsi al raggiungimento di una simile vera dignità umana.

21. Ma quell’uomo rispose: “Per voi, che siete già eccessivamente colmi del mondo e dei suoi allettamenti e che non avete la benché minima nozione di un unico, solo vero Dio, la cosa sarà molto difficile! Infatti la prima condizione è riconoscere un vero Dio, conseguentemente riconoscere se stessi, e solo poi, per mezzo dello spirito proveniente da Dio, riconoscere le Leggi, con la precisa osservanza delle quali si può infine pervenire alla vita interiore che è la vera. Però, per raggiungere questa meta è necessario separarsi con tutta serietà da qualsiasi cosa che sia del mondo, e volgere le spalle a tutti i suoi vani allettamenti; ma voi, con il vostro modo di vita a cui siete abituati da tempo, difficilmente ci potete riuscire!

22. Tuttavia da qui a non molto verranno a voi dall’Asia dei maestri illuminati, e vi insegneranno a conoscere l’unico vero Dio nonché le Sue Leggi; ascoltate quei maestri e credete in loro, riconoscete la verità dei loro insegnamenti e operate conformemente ad essi. Così voi pure sarete posti sulla buona via, percorrendo la quale potrete già progredire fino al punto che, almeno dopo aver deposto la vostra carne, potrete giungere quali anime alla vera completezza della vita! E con ciò io vi ho detto tutto quello che può esservi utile; ed ora andatevene da qui in pace, e come uomini del mondo non lasciatevi mai più sedurre dalla brama di penetrare in queste regioni! Questa cosa la potranno fare d’ora innanzi impuniti soltanto gli uomini perfetti ed eletti da Dio”.

23. Quando quell’uomo straordinario ebbe terminato il suo sermone, non ci fu più possibile star fermi, poiché una forza misteriosa ci sospinse indietro con un’azione continua al punto che non ci fu verso che noi potessimo volgerci più indietro per guardare il paese dove noi ci eravamo imbattuti in quell’uomo straordinario; e così avvenne che noi arrivammo all’antica città di Menfi già il giorno successivo abbastanza di buon mattino. Che le cose viste e le esperienze fatte avessero tenuto le nostre menti quanto mai occupate durante tutto il lungo viaggio di ritorno, lo si può bene immaginare facilmente da sé».

 

[indice]

 

Cap. 90

I due romani ammoniscono i templari a guardarsi dalla Potenza del Signore.

 

1. (Il Signore continua a riferire il racconto dei due romani:) «Dissero i romani: “Quando noi fummo nuovamente di ritorno a Roma, la città ci fece davvero l’impressione di un deserto, e avendo noi un giorno appreso che presso di voi, ebrei, avrebbero dovuto pure dimorare degli uomini simili a quello straordinario da noi visto nell’Alto Egitto e in possesso di conoscenze e di facoltà meravigliose al pari di lui, noi lasciammo Roma e ci stabilimmo qui per poter, ritirati dal tumulto del mondo, dedicarci di più al nostro uomo interiore. Sennonché nel vostro Tempio, sul conto del quale erano giunte così tante lodi ai nostri orecchi, una cosa simile non l’abbiamo affatto trovata, ma l’abbiamo invece trovata già un paio di volte in quell’uomo che precisamente è l’oggetto delle vostre attuali ricerche, il quale insegna ed opera in maniera e misura che superano tutto ciò che noi abbiamo mai visto! Ed è ad un tale uomo che voi volete dare la caccia? Oh, siate contenti centomila volte che non voglia egli dare la caccia a voi; perché se un giorno gli cadete nelle mani, siete perduti per il tempo e per l’eternità!

2. Infatti quello che gli uomini veri e perfetti di questa specie hanno il potere di fare, noi lo sappiamo per nostra propria esperienza e l’abbiamo visto con i nostri stessi occhi! Cosa vorreste fare, per esempio, se egli chiamasse a raccolta improvvisamente, così, un paio di migliaia di ferocissimi leoni, pantere, iene e tigri, e scagliasse queste belve contro la vostra città, o la facesse semplicemente circondare dalle stesse? In verità, nel giro di due settimane voi sareste divorati senza alcuna possibilità di difendervi, come sembra che egli abbia già fatto una volta, secondo le notizie avute a suo tempo dalla Galilea e alle quali noi non abbiamo nessuna ragione di non prestare fede.

3. Dunque, se già noi romani abbiamo il massimo rispetto per un signore della natura del genere come dovrebbe essere l’uomo in questione, che cosa vorreste intraprendere contro di lui voi che rispetto a noi siete dei veri moscerini? Se non desistete dal vostro proponimento, rischiate di trovarvi in una situazione terribilmente pericolosa; questo possiamo garantirvelo noi, romani, con piena cognizione di causa!”

4. A questa narrazione dei due romani, sulle prime i farisei non seppero cosa replicare, e solo dopo qualche tempo uno di loro, che era un po’ meno tenebroso degli altri, disse: “Eh sì, è possibile che la questione sia così come voi dite; ma cosa possiamo farci noi? Caifa, il sommo sacerdote, d’accordo con Erode, ha fermamente deciso che debba essere invariabilmente così, e allora dobbiamo anche noi volere quello che questi due uomini vogliono. Se proprio dipendesse soltanto da noi, allora non avremmo alcuna difficoltà a lasciare andare le cose come vanno, e staremmo a vedere tranquillamente la fine; ma col nostro sommo sacerdote non c’è davvero niente da fare a questo riguardo, e quindi siamo costretti a far buon viso a cattivo gioco, che noi lo vogliamo oppure no!”

5. Dissero i romani: “Chi non accetta consigli, non lo si può aiutare. Fra non molto però vi ricorderete delle nostre parole! Infatti, quanto possono fare dei veri uomini di questa specie, non lo possono fare degli eserciti interi, e di questo ci siamo convinti noi stessi! Che voi crediate o non crediate a quanto vi abbiamo detto, per noi fa lo stesso; ad ogni modo le conseguenze, che prima o poi non mancheranno certo di farsi sentire, vi forniranno la prova del fatto che noi romani vi abbiamo detto la pienissima verità, dato che abbiamo visto molte cose e abbiamo fatto molte esperienze!”

6. Detto questo, i due romani si alzarono e lasciarono la compagnia, perché la cecità e l’evidente perfidia dei farisei era per loro assolutamente intollerabile.

7. I farisei allora domandarono a Nicodemo perché i due romani si fossero così bruscamente congedati.

8. E Nicodemo rispose: “Mah, non saprei dirvelo nemmeno io con precisione! Infatti io stesso ne sono rimasto molto sorpreso! Forse in questa occasione non avreste dovuto far menzione di Erode, perché questi romani non possono sopportarlo più neanche da lontano, e ciò a causa dell’uccisione ignominiosa di Giovanni che questi due romani e vari altri ancora tenevano in grande considerazione, dato che secondo loro Giovanni era anch’egli un vero uomo. Io davvero vi dico che Erode non gode affatto di grande popolarità presso i romani!”

9. Disse uno dei farisei: “Dunque tu credi che le cose stiano proprio così?”

10. E Nicodemo rispose: “Ma certo, certo! Così precisamente, perché, in verità, non saprei come altrimenti spiegarmi questo loro allontanamento tanto improvviso. Una cosa però devo dirvi ancora: ‘Badate bene a come vi comportate di fronte ai romani, perché quella gente non ammette scherzi!’”

11. Udito questo da Nicodemo, i farisei dissero: “Amico, ti ringraziamo della tua ospitalità; ora però noi ce ne andiamo per far ritorno al Tempio mentre è ancora giorno, perché la notte è sempre nemica dell’uomo!”.

12. Poi i farisei si alzarono e se ne andarono in tutta fretta.

13. Nicodemo e gli altri pure non nascosero perciò la loro soddisfazione; anche i due romani furono ben presto di ritorno, tutti lieti di vedersi liberati dalla presenza di quegli ospiti indesiderati. E Nicodemo allora cominciò a descrivere e a spiegare a coloro che erano rimasti il terzo segno con grande letizia di tutti.

14. Ed ora dimMi tu, o Agricola, amico Mio, ti è piaciuta questa storia?»

15. Rispose Agricola: «Questa storia mi è piaciuta tanto che vorrei entrare immediatamente a Gerusalemme alla testa di un forte esercito e scagliarmi come un leone furente tra quella masnada di birbanti senza fede, né legge! Ad ogni modo è stato bene che i due romani abbiano instillato a quei brutti figuri un certo rispetto di Te e anche di noi, e io penso che la loro foga nel volerTi perseguitare ne risulterà alquanto placata! Ci terrei però davvero a far visita ai miei due compatrioti a Emmaus!»

16. Gli dissi Io: «Questa faccenda rimandiamola a domani; Io stesso ho un gran desiderio di vederli. Ma per quanto riguarda il resto, se tu credi che in quei figuri del Tempio laggiù il perverso zelo di persecuzione contro di Me si raffredderà, sei piuttosto in errore. Apparentemente essi certo si mostreranno più calmi, ma tanto più invece ne avrà alimento il loro rancore interiore veramente demoniaco. Tuttavia ciò non ha alcuna importanza, ed essi non saranno in grado di toccarMi se non quando il giudizio busserà alla loro porta. Ma adesso lasciamo stare questa cosa, e voi invece diteMi quale impressione vi ha fatto la narrazione dei due romani riguardo al vero uomo»

17. Rispose Agricola: «Io ora mi ricordo benissimo di aver udito parlare più volte a Roma proprio di questi avvenimenti, e confesso che allora ne rimasi io stesso molto sbalordito; io avrò certo la possibilità di fare la conoscenza personale di quei miei due compatrioti! Oh, questa storia è grandiosa e meravigliosamente bella! Basterebbe che su questa Terra di autentici uomini di questa specie ce ne fossero un po’ più numerosi, e le condizioni di tutta l’umanità sarebbero già parecchio migliori! Ma che quell’uomo sia ancora vivo nel suo corpo?»

18. Dissi Io: «Oh, certamente! Egli vive ancora, anzi arriverà già qui domani assieme ai suoi discepoli; poiché nel suo spirito egli è stato avvertito da parte Mia che Io Mi trovo qui nella carne fra gli uomini, e saputo questo ha chiamato a raccolta i suoi pochi discepoli e si è incamminato sulla via per raggiungerci; quindi domani sarà un giorno memorabile».

 

[indice]

 

Cap. 91

Il provvedere alla vita affidandosi alla Volontà del Signore.

Il diluvio materiale e spirituale.

 

1. Tutti si rallegrarono immensamente quando ebbero appreso queste notizie da Me.

2. Ed Io poi dissi a Lazzaro: «E tu ora fa portare qui del pane e del vino, perché vogliamo stare insieme in letizia».

3. Venne subito portato del pane e del vino in adeguata quantità, e noi tutti mangiammo e bevemmo di eccellente umore, e tutti lodarono in Me il Donatore di quello squisito ristoro.

4. Ma mentre noi stavamo così mangiando e bevendo, la nostra Hèlia, che era dotata di vista acutissima, vide che i farisei, incamminati sulla via del ritorno, si dirigevano verso la ben nota colonna e vi si fermavano di nuovo davanti, tutti perplessi; la fanciulla non mancò di farci notare la cosa.

5. Io però le dissi: «Oh, lasciamoli pure andare a fare le loro considerazioni; comunque per la salvezza delle loro anime non potranno trovarvi proprio niente, bensì il loro cuore rimarrà indurito fino alla morte!»

6. Esclamò allora Hèlia: «Ah, se io avessi un briciolo di onnipotenza, come obbligherei quei loschi individui a tornarsene a casa camminando fra i serpenti, le vipere, gli scorpioni e le lucertole velenose!»

7. Io allora le feci notare: «La paura di essere inseguiti dai romani ha su di loro un effetto maggiore di quello che si produrrebbe qualora il tuo desiderio divenisse realtà! Vedi che ormai la colonna non li attira più e che hanno ripreso a camminare a tutta velocità; questo lo si deve al fatto che essi si sono accorti che della gente cammina dietro a loro, e sospettando che siano dei romani, hanno cominciato a correre a più non posso; ed ecco, questo è migliore dei tuoi serpenti, delle vipere, degli scorpioni e delle lucertole velenose!»

8. Hèlia allora, soddisfatta della risposta, non disse altro e continuò a mangiare e a bere tranquillamente.

9. Io però dissi a Lazzaro di fare in modo che anche ai giovani schiavi liberati venisse offerto del pane e del vino un po’ annacquato.

10. E Lazzaro, accompagnato da Raffaele, se ne andò immediatamente a fare secondo il Mio desiderio. Ma giunti dinanzi alle tende dove erano raccolti quei giovinetti, trovarono che era già stato provvisto a tutto nel migliore dei modi!

11. E Lazzaro esclamò: «Ecco che questa volta siamo venuti per niente! Che cosa ci resta da fare adesso?»

12. E Raffaele gli rispose: «Null’altro che tornare indietro con animo lieto! Infatti chi come te adempie con così tanta buona volontà e con così tanta letizia la Volontà del Signore, costui è esonerato dall’azione da parte del Signore; infatti, una volontà assolutamente devota al Signore equivale al Suo cospetto già all’azione compiuta, dato che in un simile caso Egli stesso compie l’azione come appunto ora hai visto che è accaduto qui. Oh, se gli uomini fossero ben compenetrati da questa idea e il loro cuore si rendesse attivo in questo senso, che vita facile e priva di preoccupazioni essi potrebbero avere già qui, e di quali beatitudini sarebbero partecipi già sulla Terra! Invece sono ciechi, si smarriscono perché si immergono nella materia e finiscono col restare soffocati in essa. Col sudore della loro fronte e spesso col loro sangue essi sono costretti a cercarsi il loro pane, mentre potrebbero ottenerlo dal Signore senza alcuna fatica fisica, e sarebbe un pane molto più puro e migliore di quanto possono prepararselo da soli.

13. Domani ad Emmaus avrai occasione di fare la conoscenza con degli uomini ancora autentici dell’Alto Egitto, e resterai sbalordito constatando l’illimitata potenza del loro volere. Ce ne saranno soltanto sette che sono già perfetti; le donne, i figli e gli adulti ancora meno perfetti sono stati lasciati alle loro dimore sotto la protezione di un uomo perfetto, perché le donne, i figli e i meno perfetti difficilmente potrebbero cavarsela senza di lui. Ad ogni modo il loro maestro, sorto ancora dalla scuola dell’antichissima sapienza interiore egiziana, verrà ad Emmaus in compagnia dei sei discepoli principali, e vedrai come farà presto a riconoscere il Signore e così pure noi tutti. Ma adesso ritorniamo dal Signore!»

14. E quando i due furono di ritorno, Io domandai a Lazzaro se per i giovinetti fosse già stato provvisto per bene.

15. E Lazzaro rispose: «Oh sì, o Signore e Maestro, per loro è già tutto provvisto in maniera impeccabile, sennonché noi due non abbiamo fatto nulla, perché, quando arrivammo alle tende, quei cari giovinetti erano già provvisti benissimo di quanto occorreva a loro. Tu, o Signore, hai soltanto messo un po’ alla prova la mia volontà; ma ad agire sei stato Tu stesso, come del resto è sempre il caso con Te! Tu solo quindi sii ringraziato! Infatti senza di Te noi non siamo nulla e non riusciamo a fare nulla! Tu solo sei il Tutto nel tutto!»

16. Ed Io conclusi: «Hai parlato bene, o Lazzaro, Mio caro amico e fratello! Ed ora siediti di nuovo qui con noi e rallegrati con noi tutti!»

17. Lazzaro e Raffaele allora ripresero il loro posto presso di Me, e il primo avrebbe voluto entrare subito in discorso con Me sull’argomento dei veri uomini dell’Alto Egitto, dei quali si attendeva l’arrivo ad Emmaus per il giorno successivo; ma i due albergatori che già conosciamo lo prevennero e Mi pregarono che Io permettessi loro di restare presso di Me qualche giorno ancora, per avere anche loro occasione di fare ad Emmaus la conoscenza di quei veri uomini provenienti dalla parte più remota dell’Alto Egitto.

18. Ed Io dissi loro: «Oh, certamente! Chi ha accolto Me e i Miei discepoli con ogni amicizia, costui viene sempre accolto anche da Me, e può sempre rimanere presso di Me. Oltre a ciò, quanto più numerosi sono i testimoni che Mi stanno intorno, tanto più se ne avvantaggia la diffusione del Mio Vangelo. Io posso dirvi anticipatamente che questi uomini che stiamo aspettando, i quali ancora oggi conducono una vita tanto semplice quanto lo era quella dei primi patriarchi della Terra, vi faranno vedere dei veri miracoli!»

19. Osservò Lazzaro: «Ma, o Signore e Maestro, quelli però saranno dei discendenti di Noè e non dei diretti discendenti di Adamo, poiché ai tempi di Noè il gran diluvio deve essersi riversato pure su tutto l’Egitto!»

20. Gli risposi Io: «Mio caro amico e fratello! Come te l’ho spiegato già una volta, tu non devi confondere il gran diluvio naturale delle acque provocato in quel tempo dai possenti anociti con l’universale diluvio spirituale del peccato, altrimenti la cosa non ti apparirà mai chiara.

21. In seguito alla colossale inondazione prodottasi all’epoca di Noè nella parte occidentale dell’Asia, certamente perirono moltissime popolazioni ed animali, perché allora l’acqua si innalzò davvero fino oltre alla cima dell’Ararat; ma non perciò l’acqua naturale si riversò proprio su tutta la superficie della Terra che allora non era di gran lunga ancora popolata in tutte le sue parti abitabili. Quello che invece si riversò su tutto intero il genere umano - da intendere come la Terra spirituale - fu il diluvio del peccato che si chiama dimenticanza di Dio, fornicazione, orgoglio, avarizia, invidia, brama di dominio e assenza totale d’amore, ed è di ciò che Mosè ha voluto parlare quando ha narrato del diluvio universale.

22. Le massime vette dei monti sommerse dal diluvio significano l’orgoglio degli uomini d’allora che dominavano i popoli, e il diluvio stesso significa l’umiliazione che quella volta venne sopra tutti i dominatori, e in ciascun regno in una propria corrispondente maniera. Ma di tutto il resto avremo ben occasione di parlare domani ad Emmaus. E adesso serviamoci nuovamente di pane e di vino, e ristoriamo le nostre membra!».

 

[indice]

 

Cap. 92

Del bene operare. La guida degli uomini da parte della Provvidenza divina.

 

1. Mentre noi eravamo radunati così piacevolmente e comodamente nel nostro boschetto di ulivi, uno dei settanta della compagnia di lavoratori, tra i quali si trovava quella certa adultera che già conosciamo, uscì a dire: «Oh, come si sta bene qui! Non ci manca né il migliore nutrimento per l’anima, né quello eccellente per il corpo! Come siamo felici! Oh, [sarebbe bello] che tutti coloro che si trovano senza loro colpa nella più nera miseria, come era il nostro caso, potessero pervenire ad una condizione tanto beata! Io vorrei che, se fosse possibile, venisse dato aiuto spirituale e materiale a chiunque è sofferente in qualche maniera!»

2. Ed Io osservai: «Amico Mio, tutto sarebbe possibile, ma per moltissime sagge ragioni non tutto è opportuno o consigliabile, perché vi è una grande quantità di gente molto misera e affetta da ogni tipo di male alla quale, seguendo gli impulsi del tuo cuore, certo molto gradito a Me, vorresti volentieri venire in aiuto; sennonché, quando tu, secondo migliore conoscenza e coscienza, fossi venuto in suo soccorso, tale gente non ne avrebbe tratto assolutamente alcun vantaggio, anzi il tuo aiuto avrebbe ottenuto l’effetto precisamente contrario!

3. È quindi certo molto lodevole da parte tua se nel tuo attuale stato di benessere ti ricordi dei miseri e dei sofferenti, e nutri in te il desiderio di aiutarli; tuttavia non a tutti sarebbe utile l’aiuto che tu vorresti dare.

4. Vedi, nessuno meglio di Me conosce le miserie e le sofferenze degli uomini, e nessuno ha tanto Amore per loro e tanta Misericordia quanta appunto ne ho Io stesso. Il Mio Amore però e la Mia Misericordia da soli sarebbero poco utili agli uomini se non cooperasse pure la Mia suprema Sapienza.

5. Prendiamo ad esempio le miserevolissime condizioni di una povera famiglia: essa non ha lavoro, non ha né un tetto né un mestiere, non ha pane e soffre la fame e la sete. Essa va mendicando di luogo in luogo e di casa in casa, e riesce a raggranellare giornalmente a mala pena quel tanto che, bene o male, le basta per saziarsi, mentre altri vivono negli agi e nell’abbondanza, e quando questa povera famiglia si presenta sulla soglia della loro casa per chiedere l’elemosina, essa viene bruscamente messa alla porta senza aver ottenuto nulla.

6. Senza dubbio è molto male da parte dei ricchi se si dimostrano di cuore duro verso una simile famiglia misera; e tu, sapendo di un tale comportamento duro, saresti di certo portato ad esclamare: “O gran Dio immensamente buono e potente; come puoi lasciare impunito un procedere così spietato che grida vendetta al Cielo? Oh, annienta col fuoco e con i fulmini dei Tuoi cieli questa gente dal cuore di pietra!”. Sappi però che Dio non da affatto ascolto ad una simile richiesta; ma perché è così?

7. Tu potresti obiettare: “Deve proprio l’assenza di amore degli uomini accrescersi su questa Terra?”. “No”, ti dico Io, “e sia lontano da tutti voi un tale pensiero!”. Vedi: secondo i saggi decreti di Dio ogni cosa deve avere il suo tempo a questo mondo sul quale gli uomini sono chiamati a maturarsi fino a diventare Suoi veri figli! E per conseguenza il ricco ha il suo tempo per essere ricco e per esercitarsi nella misericordia verso i poveri donando loro quanto gli è in più, e il povero ha il suo tempo per esercitarsi nella pazienza e nell’abnegazione e per sacrificare al Signore le sue sofferenze e la propria miseria. Dio poi verrà ben presto in aiuto al povero nel modo più opportuno per la salvezza della sua anima, e così pure a tempo debito non mancherà di punire il ricco di cuore duro. Infatti sia il ricco che il povero sono chiamati a diventare figli di Dio.

8. La famiglia povera, citata prima da Me ad esempio, era una volta essa pure benestante, ma si era dimostrata dura di cuore verso i poveri, e per la salvezza delle loro anime si rese necessario che il periodo della sua felicità terrena venisse interrotto. Se tu d’improvviso le venissi in aiuto, essa ben presto ridiventerebbe altezzosa e prepotente, e si vendicherebbe di coloro che si fossero dimostrati duri di cuore verso di lei; quando invece avrà dato prova di essere costante nella pazienza, allora - gradatamente e il più impercettibilmente possibile - le verrà dato aiuto, e così riconoscerà la Provvidenza di Dio meglio e più chiaramente che non se si volesse farla passare dall’oggi al domani da uno stato di miseria ad uno stato di opulenza.

9. Però dal canto suo anche il ricco dimentico della Legge d’amore verrà gradatamente ridotto in condizioni più precarie; ora qua ora là si sbaglierà nelle sue speculazioni, avrà dei cattivi raccolti e le sue greggi non prospereranno; egli stesso, oppure sua moglie e i suoi figli più cari si ammaleranno; detto in breve: il suo benessere verrà demolito un po’ alla volta.

10. Se egli si pentirà e riconoscerà il proprio torto, allora gli verrà nuovamente dato aiuto; ma se invece non si pentirà e non riconoscerà i propri torti, allora finirà col perdere tutto, e sarà ridotto all’elemosina od eventualmente a qualcosa di ancora più doloroso!

11. Chi poi lo consolerà nella sua miseria e lo soccorrerà, costui sarà a sua volta consolato e ricompensato da Dio; tuttavia soccorrerlo del tutto non lo potrà fare nessuno finché Dio non trovi opportuno permettere che così avvenga. Quindi tu, amico Mio, rimani pure tranquillo e di animo lieto, perché Io so benissimo quando qualcuno è maturo per venire soccorso!».

 

[indice]

 

Cap. 93

Il male e il suo giudizio.

 

1. Queste Mie parole ridonarono la piena serenità d’animo all’uomo che aveva parlato, ed egli riprese a mangiare e a bere, imitato in ciò con zelo da tutti i suoi compagni.

2. E la donna, che con suo marito si trovava pure in loro compagnia, esclamò tutta commossa: «Oh, come è buono e giusto il Signore! Chi Lo ha veramente riconosciuto, non può fare a meno di amarLo sopra ogni cosa! Oh, se quei ministri del Tempio laggiù Lo riconoscessero, certo essi pure Lo amerebbero sopra ogni cosa ed osserverebbero i Suoi Comandamenti supremamente saggi! Ma il diavolo in carne ed ossa, che è il loro patrono, non concede che sia così, perché essi sono i suoi servitori fedeli e quindi non sono più degni di alcuna grazia da parte del Signore. Oh, un giorno all’inferno certo essi deploreranno amaramente in eterno di essere vissuti così, e diranno: “Oh, perché ci siamo lasciati accecare così tanto dal demonio?”. Ma questo tardivo pentimento là non gioverà loro di sicuro più a niente! O Signore, noi Ti ringraziamo per aver rivelato a noi, miseri e indegni, il Regno della Tua Grazia, mentre l’hai tenuto nascosto ai sapienti di questo mondo!»

3. Ed Io le dissi: «Hai detto cose giuste e nel modo in cui tu le comprendi, però è bene che tu tenga presente che all’inferno, per il miglioramento di uno spirito infernale, non esiste alcun pentimento che gli consenta di giungere a deplorare seriamente di aver commesso delle malvagie azioni nel tempo della sua vita terrena. Infatti se uno spirito infernale arrivasse sul serio a provare un simile pentimento, egli con ciò si sarebbe aperto la via al ravvedimento e alla redenzione; invece uno spirito maligno, un demonio dunque, non può mai far sorgere in lui un pentimento che sia buono, ma unicamente un pentimento che ha la stessa caratteristica propria allo spirito stesso, cioè quella assolutamente maligna, e allora egli si pente sì, ma solo del fatto di non aver commesso quand’era sulla Terra del male in misura ancora inesprimibilmente maggiore!

4. Ora, considerando ciò, chiunque abbia anche un briciolo solo di intelletto non può avere nessuna difficoltà a comprendere perché da una simile anima non si possa ottenere nessun miglioramento e quindi nessuna redenzione.

5. Ma come in un angelo del Cielo tutto è fondamentalmente buono e lo è in grado eccellente, in un demonio invece tutto è fondamentalmente malvagio e lo è al massimo grado. Quanto più interiormente un angelo pensa e vuole, tanto più diventa simile a Dio, più libero e più potente. Mentre invece quanto più interiormente un demonio pensa e vuole, tanto più diventa dissimile da tutto ciò che è divino, più schiavo e impotente; perché la malvagità fondamentale in lui paralizza tutta la sua forza e costituisce il suo giudizio e la sua vera morte!

6. Certo, Mia cara, se un demonio fosse capace di un pentimento buono che procedesse dalla sua stessa interiorità, egli non sarebbe un demonio, né si troverebbe all’inferno. Un demonio perciò non può mai in eterno venire migliorato grazie ad un impulso che proviene dal suo proprio interno, e dunque come suo spontaneo, ma questo è possibile gradatamente, in periodi di tempo inimmaginabilmente lunghi, mediante influssi a lui estranei provenienti dall’esterno. Tali influssi estranei devono sempre corrispondere perfettamente all’interiorità del demonio che, come detto, è fondamentalmente malvagio e lo è al massimo grado, e così il male agente sul demonio dall’esterno soffoca il male interiore, e solo in questo modo in uno spirito malvagio al massimo grado può farsi gradatamente un po’ di luce, e conseguentemente anche qualche miglioramento.

7. Perciò i tormenti degli spiriti infernali sono sempre come procedenti dall’esterno; ma questa cosa succede già su questa Terra rispetto agli uomini malvagi. Quando tutti gli insegnamenti, le ammonizioni e le leggi più savie non giovano più a nulla di fronte ad uno che sia assolutamente malvagio, e anzi egli in se stesso si dedica con sempre maggiore zelo a studiare come poter contravvenire alle leggi dell’ordine, ebbene, egli in un simile stato non può venire assolutamente migliorato dal suo interno, ma egli viene allora portato dinanzi a dei giudici inesorabili che infliggono al malfattore delle pene esteriori dolorosissime.

8. Se però, dopo aver molto sopportato, il malfattore comincia a poco a poco a guardarsi sempre più dentro e comincia a riflettere con sempre maggiore maturità sulla ragione delle proprie sofferenze, allora egli riconosce la propria impotenza e l’inflessibilità dei giudizi e inizia finalmente ad intravedere che egli stesso è veramente ed esclusivamente la causa e la ragione dei suoi tormenti, e ciò per via delle malvagie azioni da lui commesse volontariamente e con gioia maligna contro le prescrizioni delle leggi dell’ordine generale. Ma poiché ora vede che appunto le sue azioni malvagie costituiscono i suoi spiriti tormentatori, egli comincia finalmente ad aborrirle in sé e si augura di non averle mai commesse. Ed ecco, questo è già un passo verso un possibile miglioramento!

9. Ma a questo punto non conviene ancora che le punizioni esteriori terminino, perché il malfattore ha cominciato a deplorare le sue azioni perverse unicamente per la ragione che queste gli hanno portato dei pessimi frutti. Ora egli deve cominciare a riconoscere in sé, per mezzo dell’insegnamento esteriore, che il male che è in lui è veramente di per sé male, e che questo male va aborrito unicamente per questa ragione, e non perché esso porta necessariamente con sé delle cattive conseguenze per il malfattore!

10. Quando il malfattore comincia a rendersi conto di ciò, e quindi ad aborrire il male perché è male di per sé e a scegliere il bene appunto perché è bene, allora egli sopporta la sua punizione con maggiore pazienza, perché trova del tutto giustificate le proprie sofferenze e le considera come un beneficio per il fatto che la sua vita viene migliorata e le sopporta con pazienza. Se poi il malfattore, ciò che non è impossibile, è arrivato a questo punto, e la sua interiorità va realmente migliorando sempre di più, allora solo questo è il momento in cui si può mitigare la rigidità delle pene esteriori a seconda della misura nella quale si è prodotto un reale miglioramento nella sua interiorità.

11. Se i giudici del mondo capissero questo, essi potrebbero trasformare più di un incallito malfattore in un uomo onesto; sennonché trattandosi di delinquenti incalliti essi ricorrono immediatamente alla pena di morte, e questo purtroppo è il vero modo per trasformare un malfattore, non ancora migliorato, in un completo demonio per il mondo degli spiriti. Ma questo non deve più accadere tra di voi in futuro!

12. Che se voi proprio dovete giudicare, allora emettete un giusto giudizio, come ve l’ho spiegato ora, per il vero e certo possibile ravvedimento del peccatore, ma non perché peggiori ancora di più e si trasformi in un demonio vero e proprio!».

 

[indice]

 

Cap. 94

Sulla pena di morte.

 

1. Disse allora Agricola: «O Signore e Maestro! Queste Tue parole sante e supremamente vere me le sono incise profondamente nel cuore, e io stesso vi conformerò il mio agire per quanto mi sarà possibile; tuttavia mi permetto di chiederTi se proprio in tutti i casi la pena di morte va abolita»

2. Gli risposi Io: «O amico, Io so benissimo quello che tu vuoi dire con ciò! Ecco: per mezzo di un Mio discepolo tu hai appreso che, circa un anno fa, vicino a Cesarea di Filippo, al Mare di Galilea, Io stesso ho tenuto una specie di giudizio nei confronti di alcuni perfidissimi sgherri che cercavano di impadronirsi della Mia Persona; questo spiega il perché della tua domanda!

3. Ma Io ti dico: “Se tu, come Me, sei in grado di riconoscere senza possibilità di dubbio che un malfattore, pur essendo ancora un uomo di carne, è già un vero e proprio demonio, allora certo puoi pronunciare immediatamente contro di lui la sentenza di morte, come anche Mosè l’ha riconosciuto fuori dal Mio Spirito; se però, a differenza di Mosè e di Me, tu non puoi riconoscere questo, allora non essere mai precipitoso nel sanzionare la pena di morte!

4. A Me soltanto spetta dall’eternità il diritto di uccidere nel corpo tutto il genere umano, ed Io quindi sono continuamente un giustiziere di ogni creatura costituita dalla materia in tutta l’infinità eterna; ma quello che Io uccido secondo la materia, lo faccio poi risorgere in Me a vita eterna.

5. Se tu pure sei capace di questo, allora puoi uccidere anche tu a tempo debito! Considerato però che tu non sei capace di questo, non devi nemmeno uccidere, fatta eccezione per i casi di assoluta necessità, come per esempio nel caso di una guerra difensiva oppure di una spedizione punitiva contro popoli malvagi e incorreggibili, od anche nei casi di necessaria difesa contro perfidi ladroni e assassini. In qualsiasi altro caso non devi uccidere, né far uccidere finché non avrai in te stesso la Mia piena Luce! Hai tu ben compreso?»

6. Rispose Agricola: «Ti ringrazio, o Signore e Maestro! Ormai anche questa cosa mi è perfettamente chiara, ed io esercitando la mia funzione di giudice mi atterrò in avvenire il più strettamente possibile a questa norma, nonostante io non possa dettare legge all’imperatore; ad ogni modo neppure lui disdegna ogni tanto un buon consiglio quando siamo a quattr’occhi»

7. Dissi Io: «Questo lo puoi fare, anche se non riuscirai ad ottenere gran cosa, perché voi a Roma avete bensì varie leggi buone, ma accanto a queste ci sono da voi molte usanze maligne e perverse che difficilmente permetteranno che qualcosa di puramente buono e vero metta radici presso di voi!

8. Io te lo dico: “Roma è e rimarrà Babele, cioè una meretrice del mondo, nonostante tutti i mali che anche su di essa verranno, e ciò anche se in essa dimoreranno moltissimi zelanti seguaci della Mia Dottrina”.

9. Voi avete bensì stabilito la pena di morte per la rapina, l’omicidio e l’assassinio e vari altri crimini ancora, ma nell’occasione dei vostri sontuosi banchetti, a vostro maggiore diletto, certi gladiatori sono costretti a combattere all’ultimo sangue, e il vincitore viene poi premiato. Ebbene, questo è un grave male e non reca benedizione a nessun popolo! Così pure presso di voi sono frequenti i combattimenti con ogni tipo di animali selvaggi, durante i quali spesso delle creature umane vengono sacrificate in una maniera crudelissima: eppure voi vi dilettate molto ad assistere a tali spettacoli! E vedi, anche questo è un male assai grave! Ma con queste premesse, è ben difficile attendersi una qualche benedizione dall’Alto; ora, senza di questa, nessuno Stato e nessun popolo possono avere basi solide e durature, e tu puoi senz’altro credere che quanto ti dico è vero.

10. Dunque se tu puoi e vuoi esercitare in qualche modo la tua influenza, vedi di contribuire tu pure affinché venga posto fine nella vostra città e nel vostro grande impero a questo grande male, o per lo meno voi che siete ora illuminati non vi prendiate più parte, né, meno ancora, questi giovinetti che tu condurrai con te a Roma, e allora potrai contare sulla Mia Benedizione sempre e dovunque.

11. Io a tutti voi ho dato unicamente i due Precetti dell’amore; vogliate dunque osservarli con fedeltà! Ma per poterli osservare, non ci si deve dilettare alla vista di tali selvaggi combattimenti!

12. Infatti chi può assistere con animo del tutto indifferente allo spettacolo di un essere umano od anche soltanto di un animale messo miseramente a morte, costui ha nel cuore poco amore, perché dove c’è un vero e vivente amore, là c’è pure il senso della vera pietà e della vera misericordia. Come può qualcuno avere in sé l’amore del prossimo se la dolorosa morte del proprio prossimo è per lui fonte di diletto? Via dunque tutto ciò che è indegno del migliore cuore umano!

13. Se vedi piangere il tuo prossimo, tu non ridere, perché se ridi gli fai comprendere che il suo dolore è per te una cosa del tutto indifferente, e perciò indifferente è anche il tuo prossimo che soffre, che invece è tuo fratello!

14. Ma se tuo fratello è lieto e gioisce della sua felicità, concedigli la gioia, per quanto breve, della sua felicità terrena e non mormorare, anzi gioisci con lui; così il tuo cuore non peggiorerà, ma si renderà ancora più nobile!

15. Se incontri un affamato mentre tu sei molto sazio, non immaginarti affatto che l’affamato si senta a proprio agio quanto tu che hai il ventre pieno, ma immaginatelo molto affamato ed offrigli di che saziarsi; allora proverai una grande letizia nel tuo cuore che ti soddisferà molto di più del tuo ventre pieno, poiché un cuore pieno è per l’uomo fonte di beatitudine molto maggiore che non una pancia piena.

16. Se tu vai in giro portando con te una borsa colma d’oro e d’argento e ne hai ancora molto dell’altro in serbo a casa tua e un povero ti si accosta, ti saluta e accenna a volerti parlare, non voltarti dall’altra parte, e non dargli la sensazione che tu sei ricco mentre egli è povero, ma sii cortese con lui e assistilo con gioia dandogli quanto egli può aver bisogno! Se farai così, il tuo cuore ben presto si colmerà di letizia, e il povero rimarrà per sempre tuo amico e non si dimenticherà più della tua cortesia e della tua benevola accoglienza.

17. Insomma, il vero amore del prossimo consiste nel fatto che al prossimo si deve fare tutto quello che ragionevolmente si può desiderare che esso faccia a noi!

18. Se un povero fanciullo ti chiede qualcosa, non cacciarlo via, anzi benedicilo e conforta il suo cuore, e poi un giorno tu pure troverai conforto presso i Miei angeli nel Cielo! E dì allora come dico Io: “Lasciate che i piccoli vengano tutti a Me, e non lo vietate loro, poiché di loro appunto è il Regno dei Cieli!”. In verità, Io dico a voi tutti: “Se voi non diverrete nei vostri cuori come piccoli fanciulli, non verrete da Me nel Mio Regno!”. Infatti vi ripeto che il Regno dei Cieli è fatto anzitutto per loro!

19. Ora Io so che presso di voi vige una pessima usanza, in seguito alla quale dei miserissimi fanciulli vengono martoriati di nascosto in maniera spesso assai crudele, finché per effetto di tali tormenti comincia a scorrere dalla loro bocca una bava maligna e quanto mai velenosa, con la quale i vostri malvagi sacerdoti e maghi preparano poi un potente veleno; e vedi, una cosa simile succede ancora oggi a Roma! Ma dove degli abomini di questa specie possono venire perpetrati con animo del tutto indifferente, là l’inferno vero e proprio è ancora molto attivo, e della Mia Grazia ben poca traccia può esservi. Dei giudici savi e giusti avrebbero dovuto, già da molto tempo, mettere un argine nella maniera più energica a simili enormità che gridano vendetta al Cielo; invece poco o niente è stato fatto finora a questo riguardo!

20. Sappiate tutti che Io guarderò con occhio irato chiunque terrà un comportamento talmente inumano sia pure soltanto verso gli animali, perché anche gli animali sono Mie creature, hanno vita e sono provvisti di sensi; e l’uomo, che per di più ha la ragione, non deve fare loro degli atti crudeli! Ma quanto più infinitamente al di sopra di tutti gli animali della Terra non è collocato anche il più misero fanciullo! Chi dunque commette un crimine così orrendo contro un fanciullo, costui è un demonio e la maledizione è sopra di lui!

21. Io potrei enumerarti una quantità ancora di altre vostre speciali usanze romane perfidissime che non vi sono ignote e che presso di voi vengono tollerate di nascosto dietro il pagamento di un determinato tributo; sia perciò compito vostro eliminare gli abominevoli abusi di questo genere; e se voi dimostrerete la seria volontà di farlo, mai e poi mai vi verrà a mancare il Mio aiuto. Tuttavia è necessario che voi stessi lo vogliate prima del tutto seriamente, perché, come ve l’ho già spiegato a sufficienza, su questa Terra la Mia Volontà non previene mai quella dell’uomo, eccetto il caso di un giudizio, il quale però viene preceduto sempre da molti ammonimenti. Per arrivare ad un buon risultato in questo campo certo si esigeranno da voi delle aspre lotte; ma è bene non dimenticare che una buona causa merita sempre una seria lotta! Hai compreso in ogni suo particolare quello che ti ho detto?»

22. Rispose Agricola: «Sì, o Signore e Maestro, l’ho compreso certamente, e la cosa sta purtroppo ancora per lo più così come Tu, o Signore, l’hai esposta proprio ora; però è già da molto tempo che da parte nostra, romani un po’ migliori, questi procedimenti sono stati severamente disapprovati, e ai sacerdoti è stato segretamente proibito di praticarli, in particolare per quanto riguarda la malvagia produzione clandestina del veleno. Ma nonostante tutto ciò, dei casi di questa specie si verificano tuttora, ed è difficile intraprendere un’azione energica ed efficace contro il nostro sacerdozio, perché il popolino è schierato dalla sua parte, e per il sacerdozio, qualora lo volesse, sarebbe facile istigare il popolo a sollevarsi contro l’imperatore e contro di noi.

23. Meno difficoltà certo offre l’eliminazione dei combattimenti di tori e di altri animali feroci; in quanto poi riguarda le lotte fra gladiatori, molto in voga nei tempi antichi, esse attualmente non sono molto in voga presso di noi, dato che non si trovano più così facilmente degli individui disposti a prestarsi a questo genere di combattimenti. Non si può negare che nell’occasione di banchetti solenni venga offerto qualche volta un simile spettacolo; tuttavia si tratta di uno spettacolo ormai piuttosto PRO FORMA (in apparenza) che non di uno veramente crudele come nel passato. Solo i combattimenti di tori sono ancora parecchio in voga, e costituiscono lo spettacolo favorito dei romani; ad ogni modo anche in questo campo faremo ogni sforzo possibile per poter renderli per il momento almeno meno frequenti, e sarà bene che vengano sostituiti da qualche spettacolo più atto a nobilitare i costumi.

24. Che di mali e di abusi di simili specie radicatisi già da tempi antichi non si possono estirpare così, di un colpo solo, come fu tagliato il famoso nodo gordiano[20], e che per pulire una vera stalla d’Augia si esiga una forza d’Ercole, questa è cosa più che certa. Sebbene noi romani non siamo più tanti Ercoli e Alessandri, ci proponiamo comunque di compiere col tempo anche noi qualcosa; almeno una seria e ferma volontà non ci verrà mai meno»

25. Anche gli altri romani poi si associarono alle parole e all’assicurazione di buona volontà di Agricola, ed Io conclusi: «Così sta bene, e là dove voi sarete veramente radunati nel Mio Nome, là sarò Io pure in spirito con voi, e vi aiuterò nel compimento di ogni opera buona e vera! Quello però che Io vi dico, è e resta vero per l’eternità, poiché in verità, in verità ancora una volta vi dico: “Il cielo e la Terra passeranno, ma le Mie parole e il loro adempimento non passeranno mai più in eterno! Operate dunque tutti sempre nel Mio Nome, ed Io allora vi aiuterò sempre e vi darò la vita eterna!».

26. E quando Io ebbi terminato di parlare, tutti Mi ringraziarono per questa promessa consolantissima e, levate in alto le coppe colme, brindarono alla felicità futura di tutti gli uomini e dei loro figli.

 

[indice]

 

Cap. 95

I tre maghi dall’India e i loro prodigi.

 

1. Di lì a poco si presentò a noi un servitore dell’albergo, il quale disse a Lazzaro: «Ascolta, o padrone: tre uomini sono giunti quassù, e vorrebbero parlare direttamente con te! Chi siano e cosa vogliano, io non lo so; ad ogni modo dall’aspetto si direbbero degli orientali!»

2. Rispose Lazzaro: «Io non ho intenzione di scendere per parlare con loro; vengano essi qui e mi dicano cosa vogliono! Va dunque, riferisci loro le mie parole e conducili qui!»

3. Il servitore allora andò e riferì la cosa ai forestieri.

4. Allora essi si decisero a salire fino al nostro accampamento accompagnati dal servitore.

5. Lazzaro si alzò subito, andò incontro loro per sette passi secondo l’usanza ebraica e chiese: «Cosa desiderate da me? Ecco, io sono appunto il padrone di questo albergo; parlate!»

6. Disse uno dei tre in tono gentilissimo: «Signore, noi tre siamo degli specialisti straordinari della magia e delle arti simili; veniamo fino dalla lontana India, e vorremmo dare qualche saggio della nostra arte qui in questa città allo scopo di guadagnarci qualche denaro che ci permetta di continuare il nostro viaggio, poiché abbiamo l’intenzione di procedere molto innanzi verso Occidente per esplorare e studiare eventualmente, agli estremi confini della Terra, il tramonto del Sole, della Luna e delle stelle. Già in un luogo parecchio lontano da qui noi siamo venuti a conoscenza che tu sei uno dei più facoltosi cittadini di questa metropoli, ed oltre a ciò un apprezzatore eccezionalmente intelligente di tutto quello che è grande e prodigioso. Per conseguenza, essendoci stato indicato questo quale il luogo di tua dimora, ci siamo fatti coraggio e siamo saliti quassù da te per esporti il nostro desiderio. Vorresti dunque permetterci di fare qualche esperimento prodigioso dinanzi a te e a questi tuoi numerosi ospiti?»

7. Disse Lazzaro: «Veramente, miei egregi artisti, vista la presenza qui di questa compagnia, non spetta a me decidere, ma appunto a questi miei rispettabilissimi ospiti! Io perciò mi metterò prima d’accordo con loro, e poi vi farò conoscere la loro volontà»

8. I tre maghi si mostrarono soddisfatti della risposta, e Lazzaro Mi domandò cosa avrebbe dovuto fare.

9. Gli risposi Io: «Ebbene, lascia che diano qualche saggio della loro arte, affinché anche i romani, i quali trovano ancora qualcosa di straordinario nelle magie di questa specie, imparino a conoscere in maniera proprio evidente il divario che c’è fra le azioni ed i segni che opero Io e le opere prodigiose di questi maghi! Infatti, ciò contribuirà moltissimo a rafforzare la loro fede in Me, e quindi domani essi potranno comprendere con maggiore facilità tutto quello che un autentico uomo può ottenere con la potenza della sua volontà, e come le magie di questo genere siano un assoluto nulla rispetto alle opere prodotte dalla volontà di un vero uomo. Va dunque da loro e autorizzali pure a far vedere cosa sanno fare!»

10. Allora Lazzaro andò, parlò ai maghi conformemente alle Mie istruzioni e poi ritornò da Me.

11. Udita la risposta, i tre maghi trassero, da sotto agli ampi mantelli che portavano indosso, le loro bacchette magiche, tracciarono tutto intorno a loro tre cerchi sul terreno e poi anche nell’aria. I romani stavano a guardarli come incantati.

12. Il primo dei tre, che era il mago principale, aprì allora la sua bocca e disse a voce alta: «O rispettabilissimi signori, ecco, queste bacchette sono tratte da un legno dalle virtù speciali fornito da certi alberi che soltanto raramente crescono sulle nostre più alte montagne! Chi ha la capacità di distinguere e la fortuna di trovare un albero di questa specie, e di levarne in un tempo ben determinato tre ramoscelli, costui, tenendo in mano la bacchetta magica e facendo uso della propria volontà, può ottenere quasi tutti gli effetti che vuole e una prova di quanto dico ve la offriremo immediatamente»

13. Uno dei tre tirò fuori dal suo mantello un uccello morto e disse: «Guardate qui questo uccello morto! Io adesso lo ridurrò in piccoli pezzi, li stritolerò il più possibile fra due pietre, poi vi appiccherò il fuoco finché saranno inceneriti, e infine con questa bacchetta magica farò risorgere fuori dalle ceneri perfettamente vivo l’uccello che, come vedete, è ora indubbiamente morto, ed esso poi, dinanzi agli occhi di voi tutti, se ne volerà via allegramente»

14. Detto questo, il mago si mise all’opera; i due aiutanti accesero del fuoco, dato che disponevano di un po’ di fosforo e di qualche truciolo di legno resinoso. Il corpo dell’uccello ridotto ad una poltiglia venne allora bruciato finché fu incenerito; poi il mago principale si chinò a terra e con la bacchetta cominciò a frugare tra le ceneri borbottando contemporaneamente alcune parole incomprensibili; ed ecco, dopo qualche istante un simile uccello si vide saltellare sul terreno e prendere poi il volo!

15. Ed il mago domandò se la compagnia fosse rimasta soddisfatta di quel prodigio.

16. Rispose uno dei romani: «Davvero, questo è stato molto speciale! Mostrateci ancora uno dei vostri prodigi, e noi non mancheremo di darvi un adeguato compenso!»

17. Disse il mago: «Subito sarà fatto quanto desiderate!»

18. Poi trasse fuori dal suo mantello un mazzo di fiori completamente appassito e disse: «Prima, per virtù di questa bacchetta, ho avuto il potere di far rivivere pienamente un uccello morto e ridotto in poltiglia e ceneri, e similmente adesso potrò ridonare vita e freschezza anche a questi fiori inariditi, ed essi vi appariranno come colti di recente in un giardino!»

19. Quindi egli tenne per qualche istante i fiori nella sua mano sinistra, vi passò su leggermente con la bacchetta, ed ecco che i fiori apparvero freschi come se fossero stati recisi in quel momento dalla pianta!

20. Allora egli, rivolto particolarmente ai romani, mostrò il mazzo di fiori freschissimi dicendo: «Ecco! Per la potenza della mia bacchetta tutto quello che è vecchio e appassito alla fine deve ringiovanire e acquistare nuova vita! Qualora questa rispettabilissima compagnia lo desiderasse, io potrei senz’altro fornire ancora una piccola prova della potenza della mia bacchetta; però una sola ancora, dato che gli esperimenti prodigiosi di maggior portata io non posso farli che dinanzi ad un pubblico di migliaia di persone!»

21. Ed i romani, escluso però Agricola, esclamarono: «Sì, sì, lo spettacolo è stato infatti interessantissimo; facci dunque vedere il tuo terzo esperimento!»

22. Disse il mago principale: «Mi rallegro molto di aver trovato su questo monte delizioso tanti ammiratori della magia superiore rimasta finora del tutto sconosciuta, e spero che i nobili signori qui presenti vorranno degnarsi di assistere anche ai grandi spettacoli che noi daremo in città. Ed ora offrirò senza indugio il terzo piccolo saggio della nostra arte»

23. Poi il mago trasse fuori da una delle grandi tasche del suo mantello un pezzo di pane, e disse: «Ciascuno di voi può convincersi che questo è effettivamente un pezzo di pane! Ebbene io lo toccherò semplicemente con questa bacchetta magica, e secondo la mia volontà esso si convertirà in una dura pietra!»

24. Osservarono i romani: «Questo sarebbe davvero il colmo! Infatti vediamo benissimo come le briciole si staccano ancora dal pezzo di pane e cadono a terra. Fa dunque pure il tuo prodigio!»

25. Allora il mago toccò con la sua bacchetta il pane (che veramente era già una pietra in origine, mentre le briciole di pane erano state lasciate cadere abilmente già prima a terra), e poi disse: «Miei nobili signori, abbiate la compiacenza di esaminare adesso il pane e di vedere se esso è ancora tale!»

26. E dicendo queste parole, porse il presunto pezzo di pane ai romani, i quali si meravigliarono molto constatando che il pezzo di pane di prima era diventato una pietra. E si disponevano sul serio a dare una lauta ricompensa al mago.

27. Io però feci un cenno a Raffaele, e questi si interpose fra i romani, ancora alquanto ciechi, e i tre maghi e levata in alto la mano destra esclamò: «No, mai più un’azione che si è dimostrata un inganno deve venire ricompensata, anzi deve sempre venire severamente punita, perché un inganno di questa specie concorre più di qualsiasi altra cosa a catturare l’anima umana e ad ucciderla! Questi sono stati dei falsi miracoli, e voi, ciechi pagani, non ve ne siete affatto accorti. Ma io ve ne darò la prova immediatamente!».

 

[indice]

 

Cap. 96

Raffaele smaschera i maghi.

 

1. In quello stesso istante ai maghi caddero i mantelli dalle spalle, e dalle numerose tasche di cui erano provvisti saltarono fuori una quantità di oggetti tra i più disparati, fra altro anche uccelli morti e vivi e dei mazzi di fiori appassiti e freschi.

2. Raffaele mostrò subito ai romani come i maghi dell’India avevano operato i loro miracoli, ciò di cui i primi non tardarono a convincersi, e disse a loro: «E per un miserabile inganno di questo genere volevate anche ricompensare questa gente?»

3. Allora i romani si ritirarono mentre i maghi dicevano: «Mah, o bellissimo e giovane amico, meglio di così noi non li sappiamo fare!»

4. E Raffaele ribatté: «In questo caso restate a casa vostra e cercate di guadagnarvi il pane onestamente, e non ingannando ignominiosamente il prossimo!»

5. I maghi poi avrebbero voluto andarsene in fretta, ma l’angelo li trattenne, e disse: «Voi ve ne andrete certo, però quando ve lo permetteremo noi! Per il momento fermatevi, perché devo trattare di varie cose ancora con voi; indossate di nuovo i vostri mantelli, e poi ne riparleremo!»

6. I maghi, assolutamente sconcertati, raccolsero i loro mantelli che erano sparsi qua e là a terra e se li posero sulle spalle.

7. E il principale dei tre disse a Raffaele: «Ma perché tu, o soavissimo giovinetto, hai voluto svergognarci in questa maniera davanti ad una compagnia così rispettabile? Cosa ci guadagni tu, e cosa noi? Noi, del resto, per questi tre esperimenti non domandavamo niente, e avremmo accettato con animo grato semplicemente quanto ci avrebbero offerto spontaneamente. Noi possiamo esibirci anche in altri generi di spettacoli, e non soltanto in questi tre!»

8. Rispose Raffaele: «Quello che voi potete fare, io lo so anche troppo bene! Tutto è basato su di un sottile inganno per il quale, oltre a ciò, vi fate pagare, e vi proclamate famosi in tutto il mondo appunto perché siete dei raffinati imbroglioni. Ma, a quanto ne so io, voi stessi avete una legge che punisce aspramente la menzogna e l’inganno, e tuttavia continuate a vivere di menzogna e di astutissimo inganno, perché appunto facendo questo mestiere godete di grande considerazione e vi si paga per di più profumatamente, mentre un altro imbroglione, che non sia del vostro stampo, se viene scoperto, non sfugge alla giusta punizione, senza contare poi che col vostro mentire corrompete le anime di coloro che vi prestano ascolto. Infatti voi, agli occhi del non iniziato nei vostri sistemi truffaldini, operate dei miracoli appunto per la ragione che, prima di esibirvi, andate vantando con parole roboanti al cospetto di un pubblico cieco il vostro potere di far miracoli per mezzo della vostra bacchetta, della vostra parola e della vostra volontà come e quanto vi piace.

9. Ma che cosa è un miracolo di questa specie se non un abominevole imbroglio, il quale è inoltre peggiore e più maligno di altri per il motivo che gli altri inganni, di specie diversa dai vostri, rendono spregevole l’imbroglione al cospetto degli onesti e lo si chiama a rispondere dinanzi ai tribunali del mondo, mentre le vostre imposture agli occhi dell’umanità cieca vi fanno salire ad alti onori e vi procurano addirittura un’aureola di divinità. È già successo che davanti agli uomini voi vi siete presentati come altrettanti esseri divini di rango superiore, e avete accettato sacrifici e atti di adorazione dal popolo, anzi, nel vostro paese vi è stato dedicato perfino un tempio nel quale fanno bella mostra di sé le vostre immagini esposte alla venerazione e adorazione dei ciechi credenti! Ma io vi dico che questa è un’opera dell’inferno e dei suoi spiriti più malvagi, e voi agite in perfetta armonia con l’inferno non perché esso vi aiuti a compiere i vostri miracoli truffaldini, ma perché voi, qui sulla Terra, state facendo quello che i demoni perfidissimi fanno nell’inferno! Infatti, nei demoni tutto è menzogna e inganno.

10. È vero che queste male arti non le avete inventate voi, ma le avete apprese dai sacerdoti, perché voi stessi appartenete alla vostra abominevole casta sacerdotale, e siete usciti ora fuori nel mondo in veste di suoi apostoli per attirare possibilmente molta gente nelle vostre reti; sennonché qui siete venuti invano, e non avrete modo di esercitare il vostro vergognoso mestiere, questo ve lo garantisco in modo assoluto!

11. È vero che all’inizio voi avete dichiarato che era vostra intenzione recarvi nel più lontano Occidente allo scopo di osservare e di indagare là, agli estremi confini della Terra, il più da vicino possibile il tramonto del Sole, della Luna e delle stelle; eppure voi non ignorate qual è la forma della Terra, perché nella vostra nazione avete già avuto degli uomini che hanno esplorato molto bene questo mondo e che sapevano altrettanto bene cosa pensare del Sole, della Luna, dei pianeti e delle stelle fisse. Ma voi queste cose non le avete mai comunicate al popolo, anzi lo avete minacciato di punizioni molto gravi qualora avesse mai osato credere, pensare e parlare degli astri e della Terra in modo diverso da quello che voi, sapendo di mentire, gli imponevate di credere, di pensare e di parlare. E per queste spudorate menzogne voi esigete i più gravi sacrifici dal misero popolo, il quale per di più deve lasciarsi tormentare da voi in ogni più crudele maniera possibile.

12. Non vi è mai venuto in mente che un simile agire verso il prossimo è una somma ingiustizia? Voi certo andate annunciando al popolo un Dio altissimo nonché, accanto a questo, pure uno cattivo che si trova in antagonismo perpetuo con il Dio supremamente buono! Ma voi ad un simile Dio non avete mai creduto; e ciò nonostante vi fate venerare e adorare dal popolo come degli autentici figli di Dio! Ma che specie di esseri siete voi che vi trovate qui ora dinanzi a me? Io vi dico: “Voi siete molto più maligni delle più feroci bestie della Terra, perché queste vivono e agiscono come il loro ordine interiore istintivo le incita a fare; voi invece, esseri dotati di piena ragione, di chiaro intelletto e di volontà perfettamente libera, siete più feroci verso i vostri simili di quanto lo siano mai state le bestie più selvagge e feroci tra di loro!”. Che vi pare di questo mio giudizio e cosa ne dite voi?».

 

[indice]

 

Cap. 97

L’autodifesa del mago principale.

 

1. Rispose il capo dei maghi: «O mio caro, bellissimo e sapientissimo giovinetto! Non possiamo affatto contestare che presso di noi le cose stiano purtroppo così come hai detto tu; tuttavia dobbiamo dire che noi le abbiamo già trovate così come sono e non le abbiamo introdotte noi! Colui che le ha inventate, introdotte e sistemate originariamente, può venire chiamato a rispondere dinanzi ad un vero Dio di tutto il male che tali sistemi hanno seminato e fatto prosperare nel nostro paese! Come figlio di sacerdote io stesso sono stato allevato ed educato così, e perciò non è colpa mia se ora sono quello che sono. Presso di noi l’inganno con buone intenzioni è reputato virtù eccellente, perché non si tratta di altro che, per mezzo di ogni tipo di arti segrete, portare il popolo verso una fede ferma, priva di dubbi, ciò che non è affatto difficile purché si prenda la cosa dal suo giusto lato, e allora, a questo punto, vedi che l’uomo è pienamente felice, vive in un determinato ordine e non teme affatto la morte del corpo, considerato che crede fermissimamente in una vita anche nell’aldilà dopo questa terrena! Lo si privi invece di questa fede, ed egli subito diverrà l’essere più disgraziato di questo mondo, peggio di qualsiasi animale di cui nessuno si cura! Certo, prima di poter fare aprire gli occhi a tutti su come è veramente il mondo, si sarebbe già caduti vittime del furore popolare. Per conseguenza per il momento non resta altro che tirare avanti con i sistemi attualmente in vigore; se deve essere diversamente, è bene che intervenga un Dio onnipotente, perché noi, uomini, siamo troppo deboli per questo!

2. Con la mia scienza e la mia arte io ho già avuto occasione di girare abbastanza lontano per il mondo; ho visitato perfino l’immenso regno che si trova oltre la grande muraglia, ma in nessun luogo ho mai trovato un popolo tra il quale quella certa chiara sapienza del mondo fosse generalmente diffusa. Questa è invece dappertutto un bene esclusivo della casta sacerdotale, mentre il popolo dal canto suo vive pacifico e contento, e ciò in seguito alla fede cieca che gli viene inculcata dai sacerdoti. Ora, a mio avviso, è questo appunto il mezzo migliore per mantenere un popolo dentro i limiti di un certo ordine e per incitarlo a dedicarsi con diligenza alla coltivazione della terra.

3. Che l’uomo vive e che un giorno certo dovrà morire, egli lo sa; ma se un uomo vive in buona salute e in buone condizioni economiche, vive anche volentieri, ed è per sua natura nemico della morte, e ne ha quindi una paura tremenda. Questa continua paura finirebbe presto col dominare l’uomo al punto che egli diverrebbe perfettamente incapace a compiere qualsiasi lavoro e a ricevere una certa formazione spirituale, e la conseguenza sarebbe un’irriducibile ostilità verso la vita, come è da noi effettivamente il caso di un popolo il quale maledice la propria vita e non procrea figli per non mettere al mondo degli esseri destinati all’infelicità. Tuttavia anche questo popolo aumenta di numero esclusivamente per effetto dell’immigrazione, eccezion fatta per le donne che non ci sono nei popoli che emigrano. Ma ecco che la casta sacerdotale, pronta ad ogni rinuncia e ad ogni sacrificio, si fa innanzi, insegna alla gente che esistono degli dèi invisibili e potenti, dichiara quali sono le loro forze, e i sacerdoti stessi si presentano al popolo quali possenti inviati e servitori degli dèi operando dei prodigi dinanzi ai suoi occhi e proferendo sagge parole dinanzi ai suoi orecchi.

4. I prodigi sono la testimonianza delle loro parole; il popolo crede perché ne ha visto la prova con i propri occhi, e diviene felice perché la sua fede ha con ciò spogliato la morte da qualsiasi timore di un annientamento eterno, e gli ha donato la prospettiva certa, che da nessuno potrà venire messa in dubbio, di una vita eterna e migliore dopo la morte del corpo.

5. E vedi, questo è il frutto dell’attività della casta sacerdotale mai abbastanza apprezzata, la quale di per sé è bensì purtroppo sempre a cognizione della triste verità per cui la morte corporale, tanto dell’animale quanto quella dell’uomo e della pianta stessa, segna la fine dei rispettivi esseri. Ma affinché il sacerdote possa sempre mantenere desta la fede nel popolo, è necessario che il popolo non venga nemmeno alla lontana iniziato nei misteri intimi del sacerdozio, e conviene altresì che esso veda sempre nel sacerdote un essere superiore, la cui sapienza e potenza verranno riconosciute dalla pia anima dell’uomo solo dopo la morte del corpo, perché, se tale riconoscimento avvenisse mentre essa vive ancora nel corpo, ciò costituirebbe la sua morte. Ed in queste cose infatti l’uomo crede, e ritiene sacre la sapienza e la potenza del sacerdote, così che conduce una vita tranquilla, ordinata e, in quanto possibile, felice. Questa è la ragione per la quale presso di noi gli operatori di prodigi non appartenenti alla casta sacerdotale vengono sempre aspramente perseguitati e severissimamente puniti, perché sono considerati come dei seduttori del popolo felice inviati da qualche essere maligno. Infatti è sempre meglio che uno soffra a causa del popolo, piuttosto che tutto il popolo debba soffrire a causa di un corruttore.

6. C’è tuttavia qualcuno della nostra casta che ha certe prove consistenti di una sopravvivenza dell’anima dopo la morte del corpo; ma simili prove non sono adatte a tutto un grande popolo, ma soltanto a pochi che sono profondamente iniziati nei misteri più intimi della vita.

7. Per la massa del popolo rozzo, ma in compenso tanto più forte nella fede, ci vogliono unicamente delle prove visibili fornite dentro ad una cornice il più possibile fastosa e misteriosa; solo allora il popolo ammira tutto con gli occhi spalancati restandone grandemente edificato, egli poi crede, sacrifica e poi ritorna lieto al lavoro. E questo, alla fin fine, non è davvero un sistema tanto cattivo come tu, o mio bel giovane amico, me l’hai rinfacciato prima con parole assai aspre, e io ora ti prego di volermi dare un tuo giudizio anche a questo riguardo!».

 

[indice]

 

Cap. 98

La confessione del mago principale.

 

1. Rispose il nostro Raffaele: «Dal tuo punto di vista rozzamente materiale-terreno hai ragione, perché uno spettacolo grandioso e quanto mai rumoroso deve attirare l’attenzione perfino delle fiere dei boschi le quali poi, colte da spavento, si danno ad una fuga precipitosa. Quindi le vostre grandi, strepitose esibizioni magiche devono fare sul vostro popolo un effetto tanto maggiore, in quanto esso comprende il vostro linguaggio e ascolta i vostri sermoni. Infatti se la vostra gente non potesse essa stessa parlare e quindi non potesse comprendere i vostri discorsi menzogneri, essa, alla vista delle vostre esibizioni magiche in una cornice di fastosità rumorosa fatta passare per servizio divino, dovrebbe evidentemente, come gli animali dei boschi, darsi alla fuga per lo spavento e nascondersi dentro alle caverne e alle buche della terra. Io però ti ripeto che, secondo le vostre cieche idee, avete ragione.

2. Ma allora perché abbandonate il vostro paese e venite qui da noi, gente certo più desta di intelletto, allo scopo di esibirvi nei vostri prodigi e nelle vostre arti ingannevoli che non significano nulla? A che cosa volete arrivare qui? Dobbiamo infine anche noi ritenervi forse dei mediatori possenti fra la divinità e gli uomini, o credere forse che siete voi stessi veramente degli dèi? Nel vostro paese che è grande abbastanza voi potete comunque fare quello che vi piace, e potete farvi adorare dai vostri ciechi popoli; ma che cosa è dunque che vi spinge a venire qui e qual è lo scopo che vi proponete di raggiungere con i vostri miracoli illusori? Voi non siete affatto venuti qui da noi per acquistarvi oro, argento, perle e pietre preziose, perché di simili tesori voi ne possedete già più che in abbondanza; volete forse convertire noi pure alla vostra causa e farci credere che siete davvero dei messaggeri di Dio? Sì, certo, il vostro piano occulto è appunto questo, perché dominare su tutta la Terra vi sarebbe sicuramente più gradito che non lo spadroneggiare soltanto nella vostra India, ma io vi dico che qui, con noi, queste vostre segrete intenzioni sono destinate ad un completo naufragio; anzi, se insisterete, farete naufragio anche voi! Per questa volta partite dunque impuniti e ritornate al vostro paese; però non azzardatevi mai più a venire nuovamente da queste parti covando dei propositi di questa specie, e badate bene di non oltrepassare certi limiti con le vostre arti nemmeno nella vostra patria, altrimenti il nostro Dio e Padre, l’unico vero ed eterno, potrebbe perdere la Sua Pazienza e la Sua Tolleranza nei vostri confronti, e allora vi punirebbe nella Sua giusta Ira! Mi hai compreso, o pazzo maestro di magia?»

3. Rispose il mago: «O caro e sapiente giovinetto! Noi riconosciamo che tu hai perfettamente ragione sotto ogni riguardo e che noi indiani camminiamo per una via molto tenebrosa; tuttavia bisogna convenire che noi siamo un popolo felicissimo, perché abbiamo tutto ciò che sulla Terra può rendere felici gli uomini. Il popolo, in seguito alla sua ferma fede, ha oltre a ciò questo di buono: esso vive senza avere dinanzi a sé lo spettro della morte, e perciò non la teme; esso teme solamente il preannunciatogli stato infelice dell’anima dopo la morte del corpo, qualora se lo sia meritato con l’inosservanza delle leggi. Che però il popolo creda in ciò e tema una simile condizione infelice dopo la morte del corpo, lo dimostrano le straordinarie opere di penitenza alle quali il popolo indiano si sottopone per espiare i suoi eventuali errori.

4. Quindi il popolo è del tutto felice, purché si mantenga ligio alle leggi date; ma poiché secondo la nostra migliore scienza e coscienza il popolo è felice tanto nei riguardi naturali, quanto in quelli dell’anima, e che tutto ciò è dovuto appunto alle nostre arti illusorie, come potrebbe un qualche Dio vero, grande, sapientissimo e onnipotente considerarci con occhio irato e far scendere su di noi la Sua punizione? Infatti Egli non può volere che gli uomini su questa Terra debbano vivere in uno stato di infelicità il più grande possibile! Se la maniera e il modo in cui noi, attraverso la nostra accortezza e la nostra abilità, rendiamo felice tutto il nostro popolo, tanto per questo quanto per i tempi futuri, non dovesse essere di Suo gradimento, allora non dovrà certo mancargli la possibilità di farci conoscere la Sua Volontà riguardo a come Egli intende che venga guidato e governato il popolo indiano.

5. Il fatto che noi talvolta intraprendiamo dei viaggi in paesi stranieri ha per noi un molteplice scopo. Non certo viaggiamo per acquistare dell’oro e altri tesori, perché da noi si lavorano i campi con degli aratri d’oro! Per noi dunque il vostro ferro avrebbe maggior valore del nostro molto oro! Non è nemmeno una certa brama di esibirci nel campo della magia a spingerci a recarci in paesi stranieri, dato che in patria noi abbiamo degli ammiratori entusiasti in grandissima quantità. Né è nelle nostre intenzioni ottenere nei paesi stranieri dei proseliti alla nostra religione, perché noi non viaggiamo mai in veste di sacerdoti, ma in veste di maghi e sapienti del lontano Oriente. Ma poiché noi stessi in segreto, maggiormente di altri, abbiamo la percezione che ci manca qualcosa, così avviene appunto che noi stiamo cercando nei paesi stranieri proprio quello che manca a noi sacerdoti!

6. Noi certo abbiamo il presentimento che un qualche Dio supremamente sapiente e potente deve esistere, grazie alla cui Volontà è stato fatto o creato tutto ciò che percepiscono i nostri sensi. Anzi, mediante i nostri antichi savi noi abbiamo saputo che nel lontano Occidente, che raccoglierebbe il Sole, la Luna e tutte le stelle, si trova un popolo che, esso soltanto, dovrebbe trovarsi in costante comunicazione con l’unico vero Dio, che Lo conosce benissimo e che, per conseguenza, potrebbe darci qualche notizia più precisa sul Suo conto, e forse ce la darebbe. Noi tuttavia ci siamo spinti molto più lontano verso Occidente con la nostra celata intenzione, ma quel certo popolo felicissimo della Terra non lo abbiamo affatto trovato finora; quindi abbiamo dovuto concludere che, malgrado il nostro presentimento che un Dio debba esserci e malgrado le nostre arti truffaldine come tu, o soave giovinetto, hai voluto chiamarle, noi ci troviamo ancora in condizioni migliori di tutti i sapienti dei molti paesi da noi attraversati fino ad oggi.

7. D’altro canto, o carissimo giovinetto, devo confessarti che fra tutte le varie migliaia di sapienti con i quali siamo finora venuti a contatto, uno più savio di te non l’abbiamo ancora trovato. Noi siamo portati a credere che tu dovresti avere seriamente una qualche giusta cognizione dell’unico vero Dio, e ci sarebbe quanto mai gradito poterci intrattenere più diffusamente con te riguardo a tale argomento! Infatti tu sei stato finora il primo e l’unico che ha riconosciuto i nostri miracoli per quello che veramente sono. Nel tuo impeto giovanile tu ci hai certo trattato aspramente, però ne avevi il pieno diritto, dato che dicevi la verità; d’altra parte noi - con i nostri tre segni operati dinanzi ai vostri occhi a titolo di esperimento e a causa dei quali ci hai gratificati del titolo di imbroglioni - abbiamo tuttavia raggiunto il nostro scopo segreto, e così i nostri falsi miracoli hanno pur finito col servire a qualcosa!

8. Se qui, in te, ci fossimo imbattuti in quello che da lungo tempo e faticosamente stiamo cercando, noi siamo pronti a darti la più formale assicurazione che non faremo più alcun falso prodigio in un paese straniero, ma se questo non dovesse essere ancora il caso nemmeno con te, ci applicheremo di nuovo a cercare diligentemente, nella maniera a noi propria, in qualche altro luogo ancora più lontano quello che ci è rimasto nascosto; così riteniamo che nessuno potrà dire che il nostro agire è scorretto. Noi non siamo della gente falsa, ma prudente, ed è col sistema da noi impiegato che quello che cerchiamo per lo più anche lo troviamo, qualora sia, in generale, possibile trovarlo. Dunque, o soave e savio giovinetto, non serbarcene rancore e permettici di venire di nuovo a trovarti domani, non più come maghi, ma come cercatori di Dio!».

 

[indice]

 

Cap. 99

La chiamata degli indiani a Dio rimasta inascoltata.

 

1. Rispose Raffaele: «Io non vi serbo affatto rancore, poiché so qual è il vostro carattere e la vostra natura; però io vi dico, e questo notatelo assai bene, che Dio in Sé è la Verità e la Sapienza eterne stesse, e quindi non Lo si può trovare mai assolutamente, né comprendere, ricorrendo in qualche modo ad arti ingannevoli e menzognere, perché Dio è santo, e perciò un inganno, di qualunque genere sia o possa essere e per qualunque ragione possa venir commesso, è in sé cosa sacrilega, dunque condannabile e supremamente indegna di un Dio santissimo.

2. Chi vuole cercare e trovare Dio quale la Verità suprema, deve anche cercarLo in piena verità e umiltà di cuore, ed è così che Lo potrà trovare; ma Dio invece non Si fa mai trovare da chi per cercarLo ricorre ad ogni tipo di menzogne e inganni!

3. Voi stessi avete nel vostro paese dei vecchi sapienti che vivono nascosti e che voi chiamate Pirmanji. Essi conoscono ancora l’unico vero Dio; perché dunque non vi rivolgete a loro per avere la luce che state cercando?»

4. Disse il capo dei maghi: «Noi certo sappiamo che essi hanno delle cognizioni più profonde in proposito; ma chi può giungere fino a loro? Essi dimorano in luoghi accessibili soltanto alle aquile, ma non ad un qualche altro mortale. Di loro noi non sappiamo altro che dimorano in qualche luogo delle valli d’alta montagna, ma dove precisamente, questo non lo si sa affatto.

5. Noi abbiamo bensì già avuto occasione di conoscerne alcuni personalmente, e con loro abbiamo anche parlato, però, nonostante noi siamo molto avveduti, non siamo mai riusciti a cavare fuori qualcosa da loro. Noi allora li riconoscemmo per il fatto che essi ci esposero esattamente tutte le vicende della nostra vita fin dalla nostra infanzia, e ci predissero anche quelle della nostra vita futura; questo accadeva già dieci anni fa, e infatti tutte le loro predizioni si sono finora avverate punto per punto!

6. Ma quando noi volevamo cominciare a ragionare dell’esistenza di un qualche vero Dio, essi erano evasivi e non ci davano una risposta precisa di nessuna specie. Visto ciò, noi insistemmo con ogni energia e facemmo comprendere loro che essi si trovavano in nostro potere.

7. Ma essi risposero: “Noi ci troviamo invece in potere dell’unico vero Dio, e al di sopra di questo non esiste altro potere di questo mondo!”

8. E detto questo, essi ci lasciarono all’improvviso, anzi scomparvero letteralmente alla nostra vista. Ad ogni modo in quella occasione la nostra intuizione dell’esistenza di un unico vero Dio ne uscì rafforzata; tuttavia non si può neanche parlare del formarci un qualche più chiaro concetto di Lui!

9. Ora, se noi ci troviamo in queste condizioni, ebbene, quelle del nostro sommo sacerdote non sono certo migliori, poiché egli ne sa appunto quanto ne sappiamo noi; ed è per questa ragione che quasi ogni anno egli invia in tutte le parti del mondo alcuni dei suoi subordinati scelti fra i più abili, allo scopo di tentare di ottenere qualche informazione certa riguardo all’unico vero Dio, del Quale nel nostro antico libro è detto: “JA SEAM ZKRIT” (Io sono nascosto); ma dove è nascosto? Questo precisamente è il punto sempre fatale, per cui noi cerchiamo continuamente il Nascosto e non Lo troviamo in nessun luogo. Per il nostro popolo la questione è presto risolta, perché esso crede fermissimamente che Egli si tiene nascosto sul nostro monte più alto, sacro e inaccessibile, e precisamente in un palazzo d’oro, e questa fede del popolo viene continuamente rafforzata dalle nostre arti prodigiose; ma per noi stessi permane la domanda: dove si tiene nascosto l’unico vero Dio? Ecco, questo è un problema di tutt’altro genere!

10. Lo abbiamo già cercato in tutti gli angoli e gli anfratti della Terra che erano accessibili a noi, e abbiamo trovato molte cose e anche strane, ma il Nascosto finora non Lo abbiamo trovato. Eppure le cose sulla Terra, nell’aria e anche fra le stelle danno l’idea di una dimora, la cui sistemazione rende testimonianza visibile del fatto che il Padrone di casa è immensamente buono e saggio. Ma se si chiede di Lui e si vuole conoscerLo più da vicino, non Lo si trova mai, e nessuno può vantarsi di averLo visto e di averGli parlato; eppure Egli deve trovarsi in qualche luogo, da dove governa e dirige la Sua Casa; vedi, o giovane e savio amico, solo adesso siamo giunti al punto principale!

11. Può accadere facilmente di assumersi, con faccia del tutto seria, la parte del consolatore di fronte ad un uomo, o col tempo di fronte ad un intero popolo, ma nello stesso tempo dovere noi stessi fare a meno di ogni consolazione per sempre, fino all’ultimo respiro. Quindi nessun Dio può veramente biasimarci ammesso che un Dio esista in qualche luogo - se noi, che da molto tempo siamo consolatori del popolo e che quindi abbiamo una lunga esperienza, stiamo infine cercando anche per conto nostro quel vero conforto che, da parte nostra, già da tempo immemorabile venne offerto al popolo misero e cieco! Che noi, stando alle tue parole, stiamo cercando questa consolazione con mezzi senza dubbio estremamente infruttuosi, questo non lo mettiamo affatto in dubbio; ma chi è che può indicarci i veri e propri mezzi?

12. Tu ci hai bensì detto proprio ora che Dio, quale la Verità primordiale eterna, Lo si può unicamente trovare seguendo le vie della verità. Questa, o nostro amico carissimo, è una cosa molto buona e molto bella; ma che cosa è in effetti la verità, e dove la si può trovare a questo mondo? È già beato quel raro individuo che di una simile verità ha sia pure una solo minima intuizione; ma dov’è poi quello che possa dire di esserne in possesso nella sua integrità? Oh, dicci chi è questo fortunato, e noi ci impegniamo ad andare a rintracciarlo fino in capo al mondo e a offrirgli tutti i tesori del nostro immenso impero, pur di ottenerne in compenso una parte sola del suo tesoro spirituale!

13. Tu puoi pensare quello che vuoi sul conto nostro, però una cosa devo dirti del tutto francamente e senza alcuna riserva, a rischio anche che tu stesso sia il Nascosto che noi cerchiamo già da tanto tempo, e cioè che alla fine l’uomo – che usando tutti i mezzi che egli può escogitare e affrontando tutte le difficoltà e i disagi della vita che si possono incontrare a questo mondo – va continuamente e tenacemente alla ricerca della verità, vale altrettanto e forse ancora di più di un altro uomo, per quanto felice, il quale per un caso fortuito e imprevedibile questa verità l’ha trovata, ma poi la tiene ostinatamente nascosta al suo misero prossimo che ne va in cerca e, con indifferenza, lo lascia procedere in preda alla fame e alla sete spirituale, mentre forse con poche parole potrebbe saziarlo e dissetarlo per decine di secoli! Ma io ti dico ancora di più.

14. Il massimo dubbio che noi nutriamo riguardo all’esistenza di un vero Dio è fondato appunto sul fatto che noi Lo stiamo cercando già da tanto tempo, ma Egli ancora oggi non concede che noi Lo possiamo trovare, come non Lo concesse nei molti secoli passati! Quali meriti maggiori potreste in fondo avere voi rispetto a noi perché l’unico vero Dio vi abbia posti eventualmente in grado di trovarLo? Chi può dire se, per esempio, tu Lo hai cercato con maggiore impegno di noi?

15. Eh, amico mio, con noi indiani a questo riguardo non è tanto facile ragionare, perché non siamo gente che cambia opinione dall’oggi al domani, e infatti quali noi siamo attualmente, tali eravamo anche in un immemorabile passato! Che noi ci troviamo ancora al punto in cui ci trovavamo nei molti secoli già trascorsi, e che forse resteremo allo stesso punto per delle migliaia d’anni ancora, questo, per quanto riguarda almeno l’avvenire, non potremmo dirlo con assoluta certezza; ad ogni modo, sia come sia, la colpa di ciò non può davvero venire addebitata a noi!

16. Ammettiamo per esempio che tu, dopo aver nascosto un qualche grande tesoro, un bel giorno dica ai tuoi servitori: “Andate e riportatemi il tesoro che ho nascosto; se lo trovate, grande sarà la vostra ricompensa! Ma se non lo trovate, pur avendo gli occhi bendati, sarete puniti da me per l’eternità!”. Oh, questo sarebbe in verità un genere di giustizia tale che sarebbe legittimo andare a cercarla a mala pena fra le nostre tigri e le nostre iene!

17. Qualora dovesse esistere un Dio colmo di Sapienza e di Bontà, capace di esigere una cosa di questa specie da noi, vermi impotenti della Terra, allora per gli uomini sarebbe infinitamente meglio non essere mai stati creati. Se qualcuno mi chiede di indicargli la via che conduce ad un qualche luogo che egli non conosce, è mio sacrosanto dovere accondiscendere con cortesia al suo desiderio, né io ho mai rifiutato a nessuno una informazione simile quando sono stato nella possibilità di darla.

18. Ma quando noi, con tutto lo zelo e con tutti i mezzi che sono a nostra disposizione, cerchiamo continuamente Dio e la Sua verità, e invochiamo ad alta voce: “O Dio, Creatore e Signore, dove sei Tu, o Nascosto?”, ed Egli non ci degna nemmeno di una piccola e minima risposta, allora sono possibili tre casi: o Egli non esiste affatto, e tutto sussiste nell’eternità secondo una legge sorta in natura da sé, come casualmente e che poi ha ordinato ogni cosa, oppure Dio è un Essere che si cura esclusivamente delle cose infinitamente grandi, o, infine, Dio è un Essere sordo e di cuore duro per il Quale gli uomini sono precisamente quello che per noi rappresentano gli acari su una foglia o gli innumerevoli moscerini dell’aria.

19. Ma, amico, in qualunque di questi tre casi ora citati, noi possiamo fare perfettamente a meno di un Dio, perché in simili condizioni Egli può essere di utilità più agli animali che a noi miserevolissimi uomini dotati di ragione e di intelletto! Resta comunque il fatto curioso di supporre che Egli si trovi da qualche parte ma che però non Si faccia trovare da noi.

20. E tu, amico, cosa potresti obiettare a queste mie vere parole? Infatti adesso ti ho dichiarato come e perché noi dubitiamo con ragione dell’esistenza di un vero Dio. Se credi, puoi parlare tu adesso!».

 

[indice]

 

Cap. 100

La vera via che conduce a Dio.

 

1. Risponde Raffaele: «Vedete, solo ora avete detto la piena verità, e avete cercato in piena verità quel Dio che è la Verità eterna; ed ora posso anche dirvi che mai voi Gli siete venuti così vicino come appunto adesso! Sennonché in voi c’è ancora più di una cosa che ostacola il pieno ritrovamento dell’unico vero Dio, e finché non scorgete e non trovate in voi questa macchia oscura e non la eliminate da voi, non potete nemmeno trovare mai il Nascosto, per quanto vicino Egli vi possa essere!»

2. Disse il mago: «E cosa sarebbe questa macchia oscura?»

3. E Raffaele rispose: «Il vostro orgoglio sacerdotale. Infatti guai a colui, fra il popolo, che vi incontrasse e che per sbaglio, come è ben possibile, omettesse di salutarvi. Tale omissione verrebbe subito considerata come un crimine gravissimo da parte sua, e allora per scontarlo egli dovrebbe o sottoporsi ad un’aspra penitenza consistente in una mortificazione del corpo spesso talmente atroce da far rizzare i capelli sul capo, oppure, trattandosi di un ricco, rassegnarsi a pagarvi un’ammenda che voi fissate in cifre spropositate! E vedete, questa è una macchia molto oscura, nera anzi; e finché una simile usanza è e resta in voga presso di voi, Dio non si farà di certo trovare da voi, perché Dio Lo possono trovare soltanto coloro che nelle loro anime ambiscono a farsi simili a Lui, o che sono già sulla via di assomigliarGli sempre di più.

4. Ora, diventare simili a Dio vuol dire: “Siate colmi d’amore per il vostro prossimo e sia il vostro cuore pieno di umiltà, di mansuetudine, di pazienza e di misericordia per chiunque; così anche Dio avrà misericordia di voi e vi concederà di poterLo trovare nello Spirito del Suo Amore e della eterna Verità”.

5. Però, se voi cercate Dio unicamente nella verità e con la verità, voi certo vi avvicinerete a Lui, ma non Lo vedrete, né meno ancora Lo comprenderete nella Sua propria, reale Essenza; se invece Lo cercate nel puro amore, nell’umiltà, nella mansuetudine, nella pazienza e nella misericordia, allora Lo troverete veramente, Lo riconoscerete e ciò che vi spetterà sarà la vita eterna delle vostre anime.

6. In questo nostro paese e fra questo popolo sorse una volta un grande profeta colmo dello Spirito di Dio; Luce e verità erano le sue vie, e la Potenza di Dio appariva in ciascuna sua parola. In seguito ad una speciale Disposizione divina un giorno egli dovette fuggire in un paese straniero, perché la gente del suo paese attentava alla sua vita. Giunto nel paese straniero, cercò rifugio su di un’alta montagna e là si nascose dentro ad una caverna, lontano dagli sguardi degli uomini; e dopo aver dimorato per qualche tempo in quella caverna cibandosi di ogni tipo di radici, egli un giorno pregò Dio che gli concedesse la Grazia di mostrarSi a lui una volta soltanto, poi egli sarebbe morto con gioia in quella spelonca.

7. Allora egli sentì una Voce che gli diceva: “Mettiti all’ingresso della caverna, perché Io vi passerò davanti”.

8. Il profeta infatti fece come gli era stato detto, e stette in attesa che Dio passasse. Ed ecco, mentre il profeta così aspettava, scoppiò un turbine violento e passò dinanzi alla spelonca con tanta veemenza che degli interi massi di roccia vennero strappati dal monte e furono trasportati come granelli di polvere in balia del vento!

9. Ed il profeta pensò: “Oh, allora questo era Dio! Dunque, è nel turbine infuriante che Dio si manifesta agli uomini!”

10. Ma immediatamente la Voce così gli parlò: “Tu ti inganni! Dio non era nel turbine. Aspetta ancora ed Egli passerà!”

11. Il profeta allora rimase di nuovo in attesa, ed ecco che subito dopo passò dinanzi alla spelonca una poderosa colonna di fiamme, dunque un fuoco possente, e il profeta disse: “O Dio, è proprio nel fuoco che Tu Ti riveli a noi uomini?”

12. Ma di nuovo la Voce chiarissima così gli parlò: “No, nemmeno nel fuoco dinanzi alla tua caverna è passato Dio! Attendi però! Solo ora Dio passerà dinanzi a te!”

13. Ed il profeta, tremante e pieno d’angoscia, rimase ancora in attesa! E mentre così aspettava, un dolcissimo alito di vento passò dinanzi alla caverna, e in questo dolce alito era appunto Dio.

14. E la Voce si fece di nuovo udire e disse: “Chi vuole vedere Dio, che Lo cerchi nell’amore, nell’umiltà, nella mansuetudine, nella pazienza e nella misericordia; chi invece Lo cerca altrove e con altri mezzi o per altre vie, costui non Lo troverà!”.

15. Ed ecco, quanto quella Voce disse un giorno al grande profeta dinanzi alla spelonca, altrettanto ora io dico a voi, e io vi ho quindi indicato qual è la vera Via; se volete cercare l’unico vero Dio seguendo questa Via, voi anche Lo troverete, ma per le vostre vie invece non Lo troverete mai; e sono io che ve lo dico! Avete compreso?».

 

[indice]

 

Cap. 101

Degli insegnamenti religiosi indiani.

 

1. Rispose il mago: «Ma, o soave e giovane amico dalla sapienza per me incomprensibile! Tu puoi avere al massimo sedici anni: come mai tu, così giovane, hai potuto acquisire già così tanta sapienza quanta io non sono riuscito mai a trovarne nemmeno nel sapiente più anziano? Che scuola hai mai frequentato e chi è stato il tuo maestro?»

2. Disse Raffaele: «Queste cose non le si impara affatto da un qualche maestro nelle solite scuole del mondo, ma è lo Spirito di Dio che le insegna a quegli uomini che Lo amano sopra ogni cosa, e che amano il loro prossimo come se stessi. Voi stessi dite che per amore del vostro popolo gli mentite e lo ingannate, e con ciò intendete fargli molto del bene, dato che altrimenti, secondo il vostro parere, esso cadrebbe in preda alla disperazione, ma io vi dico invece che tale vostra supposizione è gravemente errata, e che fra il popolo ci sono già moltissimi individui illuminati da Dio, i quali nei loro cuori non vi tengono per niente in maggiore considerazione di me; ma siccome temono molto le punizioni e le penitenze che voi siete soliti infliggere, essi esteriormente si dimostrano sempre ossequenti alle vostre parole e ligi alle vostre usanze, ma interiormente vi disprezzano più della morte stessa, e se la pensano così, hanno anche le loro buone ragioni. Ma se voi cominciaste una buona volta a lasciar gradatamente perdere le vostre molte stoltezze e inutili crudeltà e a sostituirle con quello che vi ho detto io, allora il popolo vi loderebbe e stimerebbe molto più di adesso»

3. Disse il mago: «Eh, certamente, tu hai perfettamente ragione, e la cosa potrebbe anche andare qualora dipendesse da noi, poiché noi, discepoli dello ZIENTU-VIESTA (visioni pure) e dello ZAN-SKRIT non siamo in fondo tanto crudeli, anzi sentiamo molta pietà per gli uomini; invece i discepoli del miserevolissimo ZOU ROU AZ TO (Perché vai rovistando?) che hanno collocato la divinità nel fuoco, quelli sì che nei loro insegnamenti, nei costumi e nelle usanze sono veramente colmi di ogni crudeltà verso il loro popolo. Noi siamo bensì riusciti a cacciarli fino alle coste del gran mare, ma non abbiamo potuto estirparli del tutto; e poiché in parte essi hanno riconosciuto l’autorità del nostro gran sacerdozio e vi si sono sottomessi, allora sono stati tollerati da noi, mai però il loro operare è apparso giustificato ai nostri occhi. Dunque, per quanto riguarda i nostri popoli dell’India interna e montana, questi sarebbero senz’altro in grado di venire avviati gradatamente verso concetti migliori, ma non si può dire altrettanto invece delle popolazioni costiere che professano la dottrina dei sobillatori zoroastriani, dato che esse si sono fatte troppo pazzamente fanatiche.

4. Noi, che abbiamo appreso qui da te la verità pura, faremo certo ogni sforzo possibile perché questa verità venga rivelata man mano anche agli altri; va da sé che si renderà necessario che noi sperimentiamo prima su di noi stessi la piena verità della dottrina da te annunciataci; se essa risulterà confermata in noi, non sarà poi lo zelo quello che ci mancherà. Se però, contrariamente alle nostre aspettative, la tua dottrina non dovesse trovare in noi una conferma di fatto, noi ti terremo bensì sempre in grandissima considerazione e concluderemo che non saremo stati di gran lunga ancora degni che in noi si realizzasse quello che tu in certo modo ci hai promesso, ma dovremo astenerci dal cominciare a scuotere il popolo che finora è sempre stato pacificamente ligio all’antica fede!

5. Tuttavia, quando avremo trovato qualche traccia sia pure soltanto un po’ attendibile dell’unico vero Dio, noi saremo solleciti nell’informarne in maniera appropriata almeno la parte migliore e più illuminata del popolo. Così noi ora avremmo sistemato questa faccenda il meglio e il più sollecitamente possibile, e tu, o giovane e graziosissimo sapiente, ricevi i ringraziamenti più sinceri per le premure dimostrate verso di noi. Nei nostri cuori il sacro ricordo di te e di quest’ora rimarrà per sempre indelebile e ci sarà da costante consolazione lungo tutte le lunghe e aspre vie che dovremo ancora percorrere nella nostra vita!

6. Ma tu che, ancora così giovane, hai la felicità inesprimibile di aver già riconosciuto l’unico vero Dio e l’immortalità, ricordati tu pure della nostra miseria spirituale quando sarai dinanzi al Tuo santo ed eterno Creatore; pregaLo allora che a Lui piaccia di far venire anche su noi, poveri indiani, la vera Luce della vita alle nostre anime e di far conoscere a noi pure la Sua santa Volontà!».

 

[indice]

 

Cap. 102

Il grande presentimento dei tre maghi.

Il prodigioso trasporto del diamante.

 

1. Queste parole di commiato del mago ebbero il potere di commuovere fino alle lacrime tutti i presenti, non escluso Me stesso, ed Io feci cenno a Raffaele e a Lazzaro di non lasciarli partire ancora, perché era Mio desiderio che essi quella stessa sera potessero trovare e imparare a conoscere più da vicino il Nascosto.

2. Allora Raffaele e Lazzaro si avvicinarono ai tre che appunto si disponevano ad andarsene, e Raffaele, con espressione questa volta cordialissima e con voce veramente celestiale, disse loro: «Dove volete andare a quest’ora? Vedete: il Sole già tocca l’orizzonte; il vostro seguito è ormai alloggiato laggiù in città; dunque voi potete liberamente restare con noi per questa notte, dato che anche qui c’è un comodissimo albergo!»

3. Rispose il mago: «O diletto e celestiale giovane amico! Non solo questa notte, ma moltissime notti e giorni noi vorremmo restare in tua compagnia per apprendere dalla tua bocca molte altre verità ancora; sennonché noi ora ci sentiamo troppo poco degni per poter reggere più a lungo alla tua presenza sommamente sacra, e temiamo di essere molesti a te e a questa compagnia, che certamente anch’essa è amica del Signore! Ma se proprio tale è il vostro desiderio, noi di sicuro con la massima gioia siamo più che disposti a fare come desiderate. Quello che qui mangeremo, noi anche fedelmente lo pagheremo come si conviene fra persone oneste!»

4. A questo punto intervenne Lazzaro: «Qui da me non avrete nessuna difficoltà a pagare un eventuale conto; comunque per voi sarà provvisto nel migliore dei modi sotto ogni riguardo!»

5. I tre rimasero perfettamente soddisfatti di questa decisione; il mago principale però manifestò il desiderio che uno dei suoi due compagni scendesse giù in città allo scopo di avvisare gli altri del fatto che loro tre per quella notte si sarebbero trattenuti sul monte.

6. Sennonché Raffaele osservò: «Questo non è affatto necessario, perché a ciò è stato già provveduto!»

7. Chiese il mago: «Ma com’è possibile questa cosa? Per quanto io sappia, nessun messaggero è stato ancora inviato laggiù, e se ciò fosse stato il caso, come avrebbe egli potuto sapere in quale albergo hanno preso alloggio i nostri compagni?»

8. Rispose Raffaele: «Non preoccupatevi di questo, poiché per i veri amici dell’unico vero Dio non vi è proprio niente di impossibile a questo mondo! Io stesso ho già portato ai vostri compagni la notizia che voi vi fermate qui; anzi, eccoti qui la tua coppa d’oro ornata di diamanti, rubini e smeraldi, affinché tu possa brindare con noi! Vedrai che sul fondo sta inciso il segno del tuo nome!»

9. A questa vista, il mago esclamò: «Di certo noi siamo giunti alla meta! Infatti cose simili le può fare soltanto un Dio! Davvero, qui noi possiamo attenderci anche l’inverosimilmente grande!»

10. Osservò Raffaele: «Potresti avere completamente ragione! Sia lontano da voi però ritenere che io sia forse Colui che già da tanto tempo andate cercando; ad ogni modo qui certo Lo potrete trovare! Ma ora lasciamo stare questo argomento!»

11. Per il momento i maghi si accontentarono di questo, e cominciarono a meditare su quanto avevano visto e appreso fino ad allora.

12. Quando il Sole fu sceso sotto all’orizzonte, il nostro Lazzaro riprese a parlare, e disse ai maghi: «Amici miei, vedo che questi prodigi vi sembrano quanto mai strani; ma io vi dico che questo non è che un lieve inizio di tutto quello che voi potrete vedere e apprendere ancora qui, data la vostra attuale eccellente disposizione d’animo. Tuttavia esercitatevi subito nella pazienza, nella mansuetudine e nella vera umiltà, e così molta benedizione vi seguirà quando ritornerete nella vostra patria lontana! Quanto poi mangerete e berrete qui, è già più che abbondantemente pagato!»

13. Domandò il mago: «Signore di questa casa, chi mai ha pagato per noi?»

14. Rispose Lazzaro: «Oh, non occupatevi di queste inezie! Infatti, tutto ciò è stato già pagato da Colui a cui appartengono tutti i tesori della Terra!»

15. Chiese il mago: «Anche quelli del nostro grande impero?»

16. Rispose Lazzaro: «Sì, anche quelli del vostro immenso impero!»

17. Disse il mago: «E come fai a conoscere tutte le nostre sterminate ricchezze terrene?»

18. Rispose Lazzaro: «Io certo non le conosco, ma questo vostro giovinetto le conosce di sicuro, e poi le conosce molto meglio ancora Qualcun altro che fa parte di questa compagnia!»

19. Chiese il mago a Raffaele: «Quando hai visitato tu il nostro paese, per sapere con tanta precisione tutte queste cose?»

20. Rispose Raffaele: «Ecco, tu possiedi a casa tua un grosso diamante che, secondo le vostre quotazioni terrene, è di un valore inestimabile, e questa nobile pietra tu la conservi dentro ad una custodia nascosta in un luogo che nessuno conosce in tutta l’India all’infuori di te!»

21. A queste parole il mago principale sbarrò tanto d’occhi ed esclamò: «Sì, è vero! Ma tu, graziosissimo giovinetto, potresti anche descrivermi che aspetto ha?»

22. Rispose Raffaele: «La migliore descrizione potrò certamente fartela portandoti qui in un istante la tua preziosissima pietra e consegnandotela nelle tue mani come ho fatto prima con la tua coppa d’oro! E adesso fa bene attenzione e conta quanto tempo resterò assente da qui!»

23. Osservò il mago: «O giovinetto, se una simile cosa ti è davvero possibile, tu non sei più un uomo, ma un Dio! Infatti da qui fino al nostro paese ci sono certamente più di settanta giorni di viaggio, e tu dici di potermi far avere qui quella gemma per così dire in un istante? Se ciò fosse possibile, non si potrebbe dire altro se non che si tratta veramente ed evidentemente di un miracolo divino!»

24. Chiese allora Raffaele: «Ebbene, quanto tempo sono rimasto assente?»

25. Il mago rispose: «Finora nemmeno un istante!»

26. E Raffaele: «Eppure, eccoti qui il prezioso gioiello! Osservalo attentamente e vedi se è quello del quale abbiamo parlato proprio ora!».

27. Così dicendo Raffaele porse il gioiello al mago, il quale poco mancò che svenisse per lo sbalordimento quando vide tra le mani la gemma che egli conosceva anche troppo bene. Per molto tempo egli non poté raccapezzarsi; tutto sbalordito guardava ora la gemma ora Raffaele, ed era del tutto incapace di raccogliere le proprie idee.

 

[indice]

 

Cap. 103

La via per il completamento della vita.

 

1. Riavutosi dopo qualche tempo dal suo profondissimo stupore, il mago disse: «O giovinetto dalla potenza prodigiosa! Se tu non sei un Dio, allora davvero un Dio non posso immaginarmeLo, perché questi due prodigi da te compiuti non sono possibili a nessun uomo creato e nato da donna, ma ciò esige una vera Onnipotenza di Dio! Ecco qui la mia coppa e il grosso diamante preziosissimo che può avere pochi rivali a questo mondo. Esso ha dovuto evidentemente essere trasportato qui attraverso l’aria, e deve quindi aver percorso questa immensa distanza con velocità maggiore di quella del lampo! Ma in questo caso, al suo arrivo, si sarebbe dovuto sentire almeno un qualche sibilo, ma invece niente di tutto ciò; con la massima rapidità e nel più perfetto silenzio esso si trova qui! Come si può allora concepire che un simile potere appartenga ad un uomo? Insomma noi abbiamo finalmente trovato in te il Dio che era rimasto per noi sempre nascosto! Ma ora, all’infuori della tua forza illimitata non ce n’è un’altra che abbia il potere di farci allontanare da te!»

2. Disse Raffaele: «O voi, amici miei e ormai fratelli! Non pensate affatto che io sia qualcosa di più di un uomo ormai giunto, attraverso la Grazia di Dio, ad un grado di completezza superiore al vostro attuale! Che cosa sono io al paragone di Dio? Un nulla assoluto e impotente! Quello che io faccio, lo faccio esclusivamente tramite lo Spirito di Dio che colma il mio essere interiorissimo che è a sua volta colmo dell’amore per Dio e, conseguentemente, pure della Sua Volontà; quello dunque che questa Volontà di Dio in me vuole, quello anche avviene, perché la Parola e la Volontà di Dio sono il vero e proprio qualcosa, esse costituiscono l’essere e il sussistere di tutte le cose e di tutti gli esseri, e rappresentano dappertutto l’azione compiuta stessa.

3. In me non c’è che una sola, minima scintilla dello Spirito di Dio, però questa è congiunta allo Spirito di Dio eternamente infinito, e quello che lo Spirito di Dio eternamente infinito vuole, lo vuole con Lui pure la minima scintilla che è in me e che è a Lui strettamente congiunta, ciò di cui io mi accorgo sempre, e allora non posso volere altro che quello che Dio vuole, e quindi diventa all’istante realtà quello che in me vuole lo Spirito di Dio.

4. In voi giace bensì nascosta una simile scintilla, ma si trova ancora nelle condizioni del germe vivente che si cela dentro al granello di semente. Finché il seme non viene deposto nel terreno, resta come morto; solo quando, dentro al terreno, tutto ciò che nel seme vi è di esteriore e di materiale viene eliminato e soltanto gli elementi sostanziali-animici del seme stesso si uniscono con lo spirito vivente del germe, allora questo spirito comincia a rendersi attivo e compie poi dei prodigi quali voi ne avete visti già innumerevoli volte.

5. Così anche l’uomo materiale, mediante la libera volontà della propria anima, deve, per così dire, uccidere in sé e annientare ogni tendenza materiale; egli non deve più nutrire un certo affetto per le cose del mondo. Le sue energie devono convergere all’unico scopo di giungere a riconoscere sempre più Dio, di amarLo e di adempiere in tutto e sempre la Volontà di Dio che gli viene rivelata, per quanto grande anche possa essere il sacrificio richiesto all’anima e al suo corpo!

6. Così lo Spirito divino si rende poi attivo nell’uomo, si diffonde in tutto il suo essere, lo rende simile a Dio e gli conferisce ogni forza, ogni potenza e la vita eterna indistruttibile.

7. Ed è per questa ragione che io già prima vi ho detto che l’uomo può trovare Dio, quale l’Amore, la Sapienza e la Verità eterni, esclusivamente attraverso il puro amore per Lui e attraverso la verità fuori dall’amore, mentre in qualsiasi altro modo non Lo può affatto trovare.

8. Se prendi un grano di semente, lo appendi in qualche modo all’aria e lo lasci esposto a lungo quanto vuoi alla chiarissima luce del Sole, vedrai che esso si disseccherà, non germinerà e non porterà mai frutto! Ebbene, proprio lo stesso avviene nell’uomo che va cercando Dio nella luce della sapienza esteriore del mondo! Egli così facendo non fa che inaridire e rattrappirsi, e tutte le sue vane fatiche non gli portano alcun frutto!

9. Ma se invece la semente viene deposta nel terreno ancora sana e vitale, tale similitudine si traduce corrispondentemente così: “Cominci l’uomo a rinunciare a tutte le brame sensuali del mondo e le combatta; diventi colmo di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, di amore e di misericordia verso il suo prossimo, e così egli si renderà pure colmo dell’amore per Dio! Quando l’uomo è giunto a questo punto, egli è come una semente ben atta alla germinazione e perfettamente vitale dentro al terreno della vera vita, il suo spirito proveniente da Dio lo compenetra completamente e lo fa crescere e maturare alla vita eterna proveniente da Dio e alla visione di Dio”.

10. Dunque, chi ha provocato in sé questo processo, costui ha anche trovato Dio, che altrimenti gli sarebbe rimasto nascosto in eterno, ed egli poi non Lo perderà mai più. Così ho fatto io, e per questo ora sono quello che sono, e i molti che si trovano qui dinanzi a voi sono pure già in grandissima parte arrivati su questo gradino e anche più oltre. Se voi farete come vi ho detto, raggiungerete anche voi la stessa meta; però a tale scopo certo si esigerà che eliminiate totalmente da voi ancora molto dell’elemento mondano. Mi avete ben compreso ora?».

 

[indice]

 

Cap. 104

La colpa dei maghi.

 

1. Disse il mago: «Sì, in me ha ormai cominciato un po’ad albeggiare; tuttavia alla mia mente continua sempre ad affacciarsi la domanda perché noi, per concessione dell’unico vero Dio e certo onnisciente, non abbiamo ottenuto già da lungo tempo per le vie della rivelazione qualche nozione riguardo a tutte queste sublimi e divine verità. Già da tempi immemorabili noi stiamo languendo nella nostra notte e nella nostra fitta tenebra, eppure quello che ora abbiamo trovato, l’abbiamo sempre cercato! Noi pure siamo degli esseri umani, abbiamo sempre venerato e adorato il Dio sotto la designazione di DELAILAMA (crea e distrugge), e non abbiamo accettato la dottrina di ZOROUASTO; e tuttavia a noi sacerdoti non fu mai concessa alcuna rivelazione, ed è proprio questo il motivo per cui abbiamo perduto ogni fede, nonostante abbiamo mantenuto il popolo costantemente nella fede più ferma. Ma qual è stata la vera e propria causa di questo fatto? È forse da attribuirsi ad una qualche maledizione segreta venuta originariamente su di noi? Oppure ne portiamo forse noi stessi involontariamente la colpa, o c’entra per caso il nostro clima?»

2. Rispose Raffaele: «Non c’entra affatto nessuna antica maledizione né il vostro clima, ma la colpa è tutta vostra. Non una sola volta, ma moltissime volte sono stati suscitati fra il popolo degli uomini allo scopo di indicarvi che voi percorrevate delle pessime vie. Ma cosa avete fatto di costoro? Voi li avete condannati come colpevoli di eresia contro la vostra stolta dottrina, e quando vi fu possibile mettere loro le mani addosso, non trovaste mai una morte abbastanza tormentosa da far loro soffrire per sbarazzarvene, a terrificante esempio per gli altri. Ora il movente di ciò fu sempre il vostro smisurato orgoglio e la vostra ambizione mai sazia.

3. E Dio, il Signore dell’infinito, avrebbe dovuto rivelarSi Egli stesso a voi, per lasciarvi liberi poi di annunciare al popolo la Rivelazione goccia a goccia, a vostro piacimento, dunque in modo da rivelare al popolo nello spazio di un’ora a mala pena quella sapienza che voi avete ricevuto in un istante e che vi è bastata per un intero millennio? Sennonché Dio, il Signore, non fu mai d’accordo con voi in questo senso, e invece della Luce dai Cieli vi diede la tenebra dell’inferno, nella quale la grandissima parte di voi si trova ancora! Ma la colpa di ciò non va attribuita a nessun altro se non solo a voi stessi!

4. Infatti Dio nella Sua Essenzialità primordiale è Egli stesso il supremo e purissimo Amore; Egli è clemente al massimo grado, umile, tollerante ed è colmo di Pazienza, Mansuetudine e Misericordia. Egli disprezza qualsiasi sfarzo mondano; ai Suoi occhi l’orgoglio degli uomini è un abominio e la brama di dominio è un bene comune dell’inferno del quale anche voi avete predicato delle cose assolutamente spaventose al vostro popolo. Anche nell’inferno ciascun spirito maligno vuole essere un dominatore, poiché senza menzogna, inganno, orgoglio e ambizione, per i demoni non c’è esistenza, né vita nell’inferno; ma ora domandate a voi stessi se da voi le cose sono andate mai diversamente da così! Ma poiché così effettivamente sempre fu, come sarebbe stato immaginabile presso di voi una Rivelazione divina?

5. Abituati come siete agli agi della vita terrena, nella vostra cecità mondana voi avete sempre pensato che un Dio, quale l’Essere supremo, non possa rivelarsi che ai presuntuosi dominatori supremi di questo mondo, dato che avete sempre apprezzato l’uomo del popolo così poco da collocarlo al di sotto dell’animale! Ma io vi dico che la vostra stima è grossolanamente errata, perché, come ho già detto prima, Dio è appunto l’Umiltà, la Mansuetudine, la Pazienza, l’Amore eterno e la Misericordia personificati, ed è sempre e soltanto affezionato a coloro che sono come Lui stesso era dall’eternità, e il Suo motto eternamente santo suona: “Lasciate che i piccoli e i meschini vengano a Me, perché di essi è il Regno dei Cieli, che è il Regno dell’Amore, della Sapienza, della verità e della vita eterna!”.

6. E vedete! Questa verità i piccoli e i meschini fra il popolo ve l’hanno proclamata ad alta voce dai roghi ardenti, e voi perciò avete fatto tappare loro la bocca con pietre, o, se essi si trovavano ancora tra le vostre mani correttrici a languire nelle prigioni, voi avete fatto strappare loro la lingua con delle tenaglie roventi invece di ascoltarli! Dite dunque: che cosa Dio avrebbe dovuto fare ancora per voi dopo il trattamento che avete fatto subire, dalla vostra smisurata ambizione, a coloro che Egli aveva suscitato per voi, o ciechi? Quante migliaia non sono stati martoriati per questa causa nella maniera più crudele presso di voi, e cioè di coloro che Dio, come già detto, aveva fatto sorgere esclusivamente per portare la Luce a voi? E voi ancora andate domandando a chi od a che cosa è da attribuire la colpa se voi il Nascosto Lo avete trovato solo ora e qui, e di certo finora Lo avete trovato solo in parte!?

7. Basta che leggiate la vostra storia, e voi vi troverete confermato in piena verità quello che vi ho detto proprio ora. Ma poi sia questa la vostra invocazione: “O Dio grande, perdonaci se nella nostra immensa cecità abbiamo sempre peccato al Tuo cospetto in maniera infernale! Noi soli portiamo la colpa della cecità da cui siamo affetti da molto tempo! Donaci ora la Tua Luce, affinché noi possiamo trovare Te, o Santissimo!”. Allora il Signore vi perdonerà i vostri peccati e vi renderà Grazia al posto della Giustizia! Mi avete ben compreso adesso?».

 

[indice]

 

Cap. 105

Il mago chiede la via della rivelazione dall’Alto.

 

1. Disse il mago: «Si, adesso solo comprendiamo un po’ meglio la cosa, perché noi prima pensavamo ancora troppo secondo i nostri abituali concetti umani, vale a dire che consideravamo la questione dal punto di vista che Dio, quale l’Essere supremo che dimorava al di sopra di tutte le stelle, non avrebbe potuto rivelarsi su questa Terra che a quegli uomini, i quali grazie alla loro condizione sociale terrena che era la più alta possibile Gli fossero in un certo modo i più vicini di rango. Quando un uomo di condizione molto bassa sosteneva di aver ricevuto una rivelazione direttamente da Dio, una simile asserzione veniva dichiarata dai sacerdoti un crimine massimo contro l’infinita Santità e Maestà di Dio, crimine degno della punizione più rigorosa, e il volgare profeta doveva comunemente scontare con la morte questo sacrilegio! Questo è senz’altro anche troppo vero!

2. Ma Dio lo sapeva benissimo come stessero le cose nei riguardi di noi sacerdoti! Ma allora non avrebbe potuto Egli rivelarsi eventualmente una volta ad un gran sacerdote in maniera tale da non lasciar sussistere nel sacerdote stesso alcun dubbio che una simile rivelazione provenisse proprio da Dio, chiarendo nello stesso tempo quale era la Sua Volontà e quello che avrebbe dovuto fare il sacerdote e quello che avrebbe dovuto fare il profano? Se così fosse avvenuto, ben difficilmente un qualche misero profeta sarebbe mai stato condannato a morte a causa di una rivelazione fattagli da Dio, perché allora tutti i sacerdoti, dal più altolocato all’inferiore, avrebbero certo saputo che anche un uomo del volgo, anzi addirittura anche uno schiavo o una donna, può ottenere una rivelazione da Dio, e in tal caso simili persone non sarebbero più state esposte alle persecuzioni dei sacerdoti, ma chiunque invece le avrebbe avute in grande stima e avrebbe prestato piena fede alle loro parole! Ora, a quanto noi possiamo ricordare, davvero mai nessuno dei nostri sacerdoti ha ricevuto da Dio una rivelazione e un insegnamento di questa specie.

3. Ma non essendo mai avvenuto appunto qualcosa di simile, noi dovevamo restare là dove eravamo tenendoci tutto così come l’avevamo trovato sistemato già da tempi antichi. Dunque se io ora considero bene la cosa alla luce tranquilla dell’intelletto, devo concludere che, in fondo, noi sacerdoti non portiamo in via assoluta proprio da soli la colpa se da tanto tempo siamo immersi nella nostra maligna tenebra della vita, ma che una parte di colpa l’ha pure il tenerci nascosta quasi per l’eternità una rivelazione superiore del tutto riconoscibile come emanante e proveniente da Dio, senza concederla alla persona di un gran sacerdote, di un re o di ambedue contemporaneamente, ciò che evidentemente sarebbe stato ancora più efficace!

4. Questa certo è puramente una mia opinione, e io sono ben lontano dal volerla in qualche modo imporre come una verità riconosciuta; comunque, sottoponendo il problema alla mia ragione umana, mi sembra che una rivelazione divina data al popolo per mezzo di simili personalità che godono già da tempi immemorabili di grande considerazione e sono investite di autorità, potrebbe dare evidentemente dei risultati molto maggiori che non una rivelazione data per lo più soltanto a delle persone che si trovano gerarchicamente fra il popolo sui gradini più bassi le quali non posseggono i mezzi per far valere tra le loro classi una qualche rivelazione per quanto genuina e giusta, e meno che meno poi tra quelle dei sacerdoti e dei re. Se una rivelazione venisse al popolo dall’Alto, sicuramente vi sarebbe molto di guadagnato, anzi penso che sarebbe guadagnato tutto! Ma tu, o giovane e divino amico, saggio e possente, cosa ne dici?».

 

[indice]

 

Cap. 106

La guida del popolo indiano.

 

1. Rispose Raffaele: «Il fatto che tu ora hai qui esposto una simile opinione che non è certo assurda, si spiega se si considera che voi innegabilmente avete acquisito una quantità di arti e di scienze inutili; io però vi dico che i vostri antichi libri di storia sono ormai coperti da varie dita di polvere, e poiché questa polvere voi la ritenete sacra, allora trascurate di leggere quanto sta scritto là dentro riguardo a tutto quello che è accaduto prima di voi.

2. Ed io posso assicurarti che Dio, il Verissimo, già dalle origini della vostra esistenza come nazione, per un periodo dunque di oltre mille anni, Si rivelò soltanto ai vostri anziani e patriarchi. Per qualche tempo la cosa procedette perfettamente bene; ma quando gli anziani e patriarchi ebbero acquisito troppa ricchezza e considerazione, essi accanto ai Comandamenti di Dio cominciarono a stabilire le loro proprie massime e a presentarle al popolo come rivelazione divina; e il popolo credette e le seguì.

3. Sennonché anche troppo presto le loro massime mondane cominciarono a sovrastare e a ricacciare completamente indietro quelle divine, anzi a tal punto che tutte le esortazioni e gli ammonimenti ai sacerdoti e ai patriarchi, fattisi eccessivamente avidi e ambiziosi, perché ritornassero sulle vie di Dio rimasero infruttuosi. Soltanto allora Dio suscitò profeti e veggenti fra il popolo, col compito di ammonire tutti i grandi e potenti che si erano completamente allontanati da Dio in seguito alle loro brame mondane e che, con le loro massime del mondo, avevano oppresso il misero popolo oltre ogni misura.

4. Ma i grandi e potenti allora misero le mani addosso ai profeti, e all’inizio li fecero flagellare minacciandoli di pene ancora più grandi qualora si fossero azzardati nuovamente a presentarsi dinanzi a loro o al popolo e a predicare in veste di veggenti e profeti suscitati ed eletti da qualche vero Dio.

5. I profeti e i veggenti operavano dei segni e predicevano cosa sarebbe toccato ai grandi e potenti qualora avessero persistito nel loro ateismo. Ma anche questo non giovò a nulla: i veggenti e i profeti vennero incarcerati, torturati e messi a morte. Molti però presero la fuga, e lo Spirito di Dio li condusse in un luogo dove nessuno sarebbe stato in grado di scoprirli. E questi costituirono poi il gruppo dei Birmani; va però osservato che le valli inaccessibili dove si erano rifugiati erano abitate già prima da altre popolazioni semplici che vivevano allo stato naturale.

6. Vedi, in questo modo andarono le cose per lungo tempo prima di voi, e avendo voi abbandonato completamente Dio, anche Dio dal canto Suo ha abbandonato voi, e questa è la causa della lunga, perdurante notte del giudizio e della morte delle vostre anime!

7. Voi personalmente avete ora trovato la Luce della vita, ma nei vostri paesi e nel vostro impero ci vorrà ancora molto prima che cominci ad albeggiare! Infatti se voi sacerdoti la utilizzate soltanto per voi, essa vi sarà di ben poca utilità. D’altro canto se vorrete farne parte anche al popolo, entrerete in grave conflitto con questo e con i suoi governanti; esso si rifiuterà di darvi ascolto, e se insisterete, voi stessi sarete perseguitati altrettanto quanto lo furono da voi tutti i veggenti e i profeti!»

8. Disse il mago: «Noi siamo convinti della verità delle tue parole; tuttavia noi tre, col nostro seguito, portiamo certamente la minimissima parte della colpa di un simile decadimento della nostra religione, perché è già da lungo tempo che noi vediamo questo male, e perciò anche siamo usciti fuori in tutto il mondo per cercare e trovare quella verità che finalmente in maniera meravigliosissima abbiamo trovato qui.

9. Ma se nel nostro paese le cose hanno ormai un aspetto veramente tanto maligno come non possiamo mettere più in dubbio nemmeno per un solo istante, si presenta adesso il problema di cosa noi dovremo fare nella nostra patria! Dobbiamo tenere esclusivamente per noi quello che abbiamo trovato qui, oppure dobbiamo a tempo e luogo opportuni comunicare qualcosa in modo conveniente ai nostri compagni? Infatti se noi ora, essendo a conoscenza della verità, abbiamo la seria intenzione di agire e di vivere conformemente ad essa - come anche faremo -, ma nel caso poi invece, rientrati in patria, dovessimo riprendere, in comune con gli altri, la nostra assurda e perversa attività, noi allora verremmo ad essere evidentemente degli ingannatori del popolo peggiori di prima, vale a dire di quando noi non avevamo ancora alcuna nozione della verità.

10. Prima noi ritenevamo di beneficiare il popolo propinandogli delle menzogne e ingannandolo nella maniera più rozza e sfacciata possibile, ma adesso la cosa si presenta ben diversamente; ora noi abbiamo e conosciamo la vera e piena Luce della vita, e nonostante ciò, giunti in patria, dovremmo forse assumerci di fronte al popolo ancora l’antica parte dei mentitori e ingannatori, mentre noi soli di nascosto potremmo procedere del tutto sulla via luminosa della vita? No, no, o amico, questa cosa non si può più fare assolutamente! Piuttosto noi metteremo assieme i nostri tesori, e con le nostre mogli, i nostri figli e i nostri servitori ci ritireremo fino ai confini occidentali del mondo per vivere là indisturbati secondo la verità riconosciuta! Cosa ne dici tu, amico potente e sapientissimo, di questo progetto? Tu, o possente e saggio giovinetto, non potresti darci un consiglio a questo riguardo?»

11. Rispose Raffaele: «Mah, diventa difficile anche per uno come me dare un consiglio davvero buono a voi, che ora siete già miei cari amici! Nel vostro paese e nel vostro impero vi sono certo ancora molti che ambirebbero possedere quello che voi adesso, almeno in piccola parte, avete trovato qui; ma quando essi l’avessero ricevuto da voi, allora nemmeno loro potrebbero più sussistere nei paesi e regni dell’India. Infatti da voi è l’inferno vero e proprio che detiene il dominio, ma dimorando nell’inferno è ben difficile che il Cielo si lasci raggiungere dentro all’uomo, dato che anche l’uomo più bene intenzionato a convertirsi alla verità si imbatte ad ogni passo in mille ostacoli e agguati che gli si parano dinanzi nel modo più ostile e che lo perseguitano da tutte le parti.

12. Voi dunque potete bensì far ritorno in India, la vostra patria, e potete, usando ogni prudenza, verificare con quei vostri compagni che vi sembrano un po’ migliori se essi sono in grado di sopportare una tale verità. Ma chi di loro l’accetta, che non si trattenga più a lungo nel paese della notte e del giudizio infernale, altrimenti la notte lo inghiottirà di nuovo! Se invece non volete più ritornare al vostro paese, avendo di mira unicamente la completezza della vostra propria vita, domani o dopodomani vi sarà facile trovare una quantità di vie d’uscita che vi condurranno in dei luoghi dove potrete stabilirvi. Questo è quanto posso consigliarvi io; sta adesso a voi decidervi per quello che vi sembra la cosa migliore»

13. Disse il mago: «In questo caso non faremo molta fatica a fare la nostra scelta! Infatti se ai nostri compagni la vera Luce della vita sta altrettanto seriamente a cuore quanto a noi e se essi pure hanno il presagio che questa Luce la si può trovare in qualche luogo nel lontano Occidente, allora essi andranno a cercarla; ma se hanno meno interesse di noi ad andare alla ricerca della Luce, allora che restino nella loro notte e nella morte! Tuttavia noi faremo comunque qualcosa per la loro salvezza: noi abbiamo molti servitori al nostro seguito, alcuni dei quali li potremo rimandare in patria; ad essi noi consegneremo delle lettere scritte in un linguaggio segreto che all’infuori dei sacerdoti nessuno conosce. Se i nostri compagni si convertiranno, allora basterà che ci seguano e così potranno pervenire essi pure alla Luce; ma se non vorranno convertirsi, ebbene, che rimangano nelle loro tenebre! Ho giudicato bene o male?»

14. Rispose Raffaele: «Questa volta hai giudicato bene. Però voi in patria possedete ancora dei grandissimi tesori; cosa intendete farne?»

15. Disse il mago: «O divino amico! La maggior parte dei nostri tesori ce la siamo portata con noi; però il massimo tesoro noi lo abbiamo trovato qui, ed esso ci è più caro di tutti i paesi, i regni e i tesori della Terra! Quello che è rimasto in patria, potranno dividerselo tra di loro i servitori che noi faremo ritornare in India, e decideremo noi come spartirlo affinché non insorgano liti e querele fra di loro; se poi vorranno, potranno venire di nuovo a raggiungerci, e una volta arrivati qui, verranno informati riguardo a dove noi saremo andati! Io credo che così sarà tutto perfettamente in regola!»

16. Disse Raffaele: «Certamente, così andrà benissimo! Fate pure come avete detto e la benedizione non vi mancherà! Ed ora meditate su quanto avete appreso da me, e nei vostri cuori disponetevi ad accogliere cose ancora più grandi; intanto io e questo mio amico andremo a sorvegliare i preparativi per la cena».

17. Allora Raffaele e Lazzaro rientrarono in casa e diedero le istruzioni necessarie, visto che ormai la sera era già parecchio inoltrata.

 

[indice]

 

Cap. 107

La Rivelazione in India.

 

1. Allora Agricola rivoltosi a Me, disse: «Ma, o Signore e Maestro, finora l’India io me la sono sempre figurata come un paese ed un impero delle meraviglie e di grande cultura, sul tipo di quella dell’antico Egitto, dove le arti e le scienze devono aver raggiunto un grado altissimo di diffusione. Ed ecco invece che è assolutamente il contrario di quanto me l’ero sempre immaginato! O Signore, quando accadrà che quel popolo giungerà alla Luce della vita?»

2. Gli risposi Io: «Verrà il tempo anche per quel popolo! Per il momento esso non è di gran lunga ancora maturo per questo; la gente comune però è molto obbediente e anche molto paziente e pure pia alla sua maniera, ed è animata da una fede fermissima. Se adesso gli venisse tolta questa fede, il popolo ne rimarrebbe ucciso, e ciò sarebbe di grave danno alla sua anima! Quindi è tuttora più prudente non illuminare troppo intensamente l’India prima del tempo opportuno; invece è bene fornirgli ogni tanto qualche goccia, ciò che è pure già avvenuto, perché anche attualmente là vi sono dei sapienti e dei veggenti di carattere del tutto particolare, quali il popolo d’Israele ora non ne ha più. Questi sapienti e questi veggenti stanno diffondendo fra molte di quelle genti un chiarore che è già buono e sufficiente, e anzi senza tale chiarore nemmeno questi tre avrebbero trovato la lunga via per giungere qui.

3. Quando Io venni al mondo a Betlemme in una stalla di pecore, appunto da quello stesso paese d’Oriente giunsero anche tre sapienti i quali Mi portarono il primo saluto e Mi offrirono oro, incenso e mirra, e poi fecero ritorno in patria. Quegli stessi non molto tempo fa vennero di nuovo, e anzi questo albergatore e vicino di Lazzaro li ha visti ed ospitati. Dunque là pure i sapienti non mancano; però sono poco numerosi!

4. Oltre a ciò attualmente i sacerdoti indiani non sono più tanto rigorosi verso i sapienti e i veggenti che conducono una vita piuttosto nascosta come lo erano invece cent’anni fa, ed erano ancora più rigorosi durante i cinque secoli precedenti. Infatti varie e gravissime epidemie preannunciate dai veggenti - le quali si propagarono per tutto il paese portando strage fra la popolazione che fu ridotta di due terzi, specialmente poi fra i grandi e i potenti, nonché altri fenomeni naturali come ad esempio violenti terremoti, uragani e inondazioni hanno avuto il potere di rendere i sacerdoti assieme ai re un po’ più mansueti e tolleranti, quantunque del resto, in generale, essi siano rimasti tuttora fermi ai loro principi dell’intolleranza e delle crudeli penitenze; quindi ci vorrà ancora molto finché quel popolo sensuale sia pienamente maturo per ottenere una Luce superiore.

5. Raffaele ha ora illuminato i tre maghi del tutto secondo il Mio Volere e li ha anche conquistati in breve tempo, e ciò è stato bene; tuttavia prima di domani non dovete assolutamente rivelare a loro la Mia identità. Ma ecco che adesso vengono Lazzaro e Raffaele per invitarci a cena. Dopo però ritorneremo qui per osservare la creazione»

6. Non appena ebbi terminato di parlare, Lazzaro si trovò già dinanzi a Me e fece il suo invito. Raffaele prese con sé i tre maghi e quando, rientrati in casa, ci trovammo di nuovo seduti a mensa nel solito ordine, i maghi rimasero sbalorditi vedendo lo splendido arredamento della grande sala da pranzo, ma di più ancora per lo sfarzo veramente principesco e conforme all’usanza indiana con cui era stata allestita la mensa appositamente loro assegnata che era riccamente provvista delle vivande più preziose e prelibate secondo i gusti del loro paese.

7. Il capo dei maghi allora si alzò e disse a Lazzaro: «Ma, o nobile amico mio, perché tutto questo spreco per noi tre soli? Con il valore che rappresenta quest’oro si potrebbe benissimo offrire sostentamento a migliaia di poveri per molti anni di seguito! Non vi sono dunque poveri nel vostro paese e qui in questa città?»

8. Rispose Lazzaro: «Oh, non dubitare che di poveri ne abbiamo anche noi abbastanza, e io stesso mi prendo cura di molti; vedi ad esempio là, a quel lungo tavolo quasi a ridosso della parete grande di questa sala, ce n’è una settantina. Nei miei altri numerosi possessi ce ne sono a migliaia i quali tutti hanno trovato un lavoro adeguato, alloggio e sostentamento, e se ne vengono dei nuovi, le porte delle mie case sono sempre aperte per loro; non fatevi dunque alcuno scrupolo a causa del piccolo onore che rendo a voi, quali forestieri, ospitandovi secondo le usanze della vostra patria; perciò mangiate e bevete pure a vostro piacimento e senza complimenti!».

9. I tre allora seguirono il suo invito, e si espressero in termini di grande ammirazione per la squisitezza delle vivande e del vino, assicurando che in vita loro non avevano mai gustato qualcosa di tanto delizioso.

 

[indice]

 

Cap. 108

La brama dei maghi per il vero Dio.

 

1. Noi tutti facemmo onore alla cena con letizia; questa volta però la conversazione non fu granché animata durante il pasto, e tranne che alla mensa dei romani, i quali si intrattenevano fra di loro nell’idioma latino, alle altre mense regnò perfetto silenzio.

2. Quando però la cena fu terminata, il mago si alzò di nuovo e disse a Lazzaro: «Amico, noi tre abbiamo ora mangiato e bevuto eccezionalmente bene, quindi è giusto che ti sia dato un adeguato compenso! Dicci dunque quanto ti dobbiamo, e noi ti pagheremo senza discutere sul prezzo!»

3. E Lazzaro chiese: «Col pane non avete ricevuto anche del sale?»

4. Rispose il mago: «Ma certo, qui in questo vasetto d’oro c’è ancora il sale rimasto!»

5. Disse Lazzaro: «Ebbene, allora tutto è già pagato! Infatti qui da noi vige l’uso che l’ospite straniero al quale viene offerto separatamente il sale, è esonerato dal conto! Rendete dunque lode all’unico vero Dio il Quale appunto è il mio Pagatore di ogni cosa in eterno!»

6. Disse il mago: «Sì, o amico, tu hai ragione! Se anche noi Lo avessimo trovato qui, come probabilmente Lo avete già trovato voi tutti, anche noi vorremmo lodarLo in maniera ancora più vivente di quanto siamo in grado di fare adesso! Comunque siamo già immensamente contenti di avere ottenuto qui la piena certezza che un simile Dio, l’unico eternamente vero, esiste, perché senza un Dio di questa specie non sarebbe stato affatto possibile a quel giovinetto meravigliosamente bello compiere dinanzi ai nostri occhi alcuni segni di carattere tale che soltanto un Dio ne può fare di uguali, e di farci udire parole che noi non abbiamo mai ancora sentito uscire di bocca nemmeno ai più grandi sapienti di questo mondo.

7. Questo soavissimo Dio - che voi sicuramente conoscete molto meglio di noi - sia dunque altamente lodato e glorificato anche da parte nostra con tutte le forze della nostra vita, perché è stato certamente Lui con la Sua santa Volontà a mostrarci la via che conduce qui, e per mezzo vostro poi si è rivelato a noi, esploratori ciechi, in maniera più precisa e più chiara di quanto ci sia mai capitato durante i lunghi anni nei quali noi andammo indagando riguardo alla Sua possibile esistenza!

8. Vedi, o amico, è innegabile che questa tua casa sia sotto ogni aspetto sistemata in maniera tanto eccellente che, pur non sapendo nulla di te, si deve dedurre che tu veramente devi essere un padrone di casa molto facoltoso e molto saggio; ma se poi si domandasse alla tua gente qualche informazione sul tuo conto, ed essa, nonostante la maggiore buona volontà, non fosse in grado di dire a nessuno niente di quanto riguarda la tua persona e la tua esistenza, davvero, questa sarebbe una cosa immensamente spiacevole e tale da turbare l’animo di chiunque! Infatti quando risulta con assoluta evidenza che la casa è proprietà di un padrone supremamente savio, ed è organizzata in modo che chiunque sia dotato di un intelletto un po’ chiaro non può fare a meno di restare molto stupito e ammirato, è allora del tutto chiaro e scusabile se si ambisce e ci si sforza di fare una conoscenza più intima di un simile padrone di casa quanto mai saggio! Ma in colui che cerca ansiosamente, tanto più si accresce il disappunto e il rammarico se, dopo un lungo e affannoso scrutare e indagare, non riesce a trovare che delle tracce sicure ed evidentissime dell’esistenza di un simile padrone di casa supremamente saggio, mentre la persona stessa del padrone non riesce a trovarla affatto.

9. Col tempo, inoltre, nell’animo del cercatore non può non sorgere quel sentimento che prova un figlio, il cui padre, che egli ama ardentemente, sia partito da molto tempo per visitare le sue molte proprietà e che egli non vede più ritornare. Il figlio si sente stringere ogni giorno di più il cuore dall’angoscia, e cerca di distrarsi come meglio può e di dimenticare il proprio dolore frequentando le compagnie del mondo; ma intanto le notti desolate si susseguono e i giorni passano, ma il padre non ritorna dal figlio né di notte, né durante il giorno per quanto bello sia! La situazione, naturalmente, finisce col diventare insopportabile per il figlio, il quale si mette in viaggio egli pure per andare in cerca del padre che egli ama sopra ogni cosa. Egli va e visita le proprietà paterne, e trova delle tracce sicure che gli rivelano che il padre dovrebbe appunto dimorare là; insomma egli trova tutto, proprio tutto, all’infuori del padre che non riesce mai a trovare! Scende fin negli abissi della Terra e sale faticosamente sulle massime vette dei monti sempre chiamandolo ad alta voce: “O padre mio diletto, dove sei? Perché, perché o padre, tuo figlio non riesce mai a trovarti?! Se egli ha peccato contro un tuo comandamento che ha avuto occasione di sentire solo raramente, perdona al misero, al debole e cieco, e concedigli di sentire la tua cara e santa voce paterna!”.

10. E vedete, così il figlio cerca il padre, e così lo invoca; egli trova tutto: sente il sussurro del vento attraverso i boschi, il sibilare e il mugghiare delle tempeste che sconvolgono il mare, ode l’armonia dei mille e mille svariati canti che i vispi abitanti dell’aria innalzano al cielo, ma la faccia del padre egli non riesce a vederla, né nessuna voce risponde ai suoi richiami.

11. Ed ecco, in questa condizione ci troviamo già da lunghissimo tempo noi, figli della grande India, e nessuno di noi sa più chi sia stato a dare agli uomini il nostro libro dei libri, il JA SEAM SKRIT! Tuttavia una cosa del libro resta sempre vera, e cioè che l’unico grande Padre rimane sempre ugualmente nascosto a tutti gli uomini del nostro regno, e che tale anche rimarrà; infatti, se coloro che Lo cercano, non Lo possono trovare, come potranno trovarLo poi coloro che non Lo cercano affatto?

12. Ad ogni modo noi qui abbiamo avuto la fortuna di aver trovato delle tracce sicurissime della Sua esistenza, e già per questo siamo oltremodo felici; ma quale non sarebbe poi la nostra felicità se riuscissimo a trovarLo, a vederLo e a parlare personalmente con Lui in tutto amore e umiltà! Però qualora non fossimo degni di tanta grazia - cosa questa che vediamo e comprendiamo benissimo - noi rivolgiamo a voi, cari amici nostri, la preghiera di non volervi dimenticare di noi quando vi trovate dinanzi al Suo santo Volto!

13. E con ciò siano rese ancora una volta grazie ed onore a Lui dal più profondo del nostro cuore, e a voi pure, amici Suoi, per questa bella e indimenticabile serata che ci è stata concessa di vivere!».

 

[indice]

 

Cap. 109

Tutto a suo tempo! Il Signore e il Suo Ordine eterno ed immutabile.

 

1. Queste toccanti parole avevano colpito e commosso molto tutti i presenti, e Pietro Mi disse a voce bassa: «O Signore, vedi come questi ardono dal desiderio di conoscerTi! Perché dunque non vuoi rivelarTi a loro?»

2. Ma Io gli risposi: «Questo lo so Io; in quanto a te non occorre che te ne occupi! Voi tutti somigliate ancora molto ai fanciulli inesperti, nei quali la smania di gustare la frutta di un albero è grande già molto tempo prima che essa sia giunta a maturazione. Non sai che a questo mondo ogni cosa ha e deve avere il suo tempo? Io stesso sento in Me un bisogno prepotente di farMi conoscere pienamente da questi tre; sennonché l’Amore in Me e la Sapienza eterna fuori da esso dicono: “Non prima del tempo opportuno!”. Infatti se ciò accadesse anche un solo istante prima del dovuto, essi, sotto diversi aspetti, ne avrebbero un danno al quale potrebbe venire rimediato solo con un lungo periodo di prova della libertà del volere. È già abbastanza che la debolezza degli uomini creati cada spesso in errore; ma che cosa accadrebbe poi se l’eterno Maestro dell’immutabile Ordine creativo si scostasse Egli stesso dall’Ordine e agisse contro di Sé?

3. Puoi ben crederMi se ti dico che Io percepisco e sento certamente in grado maggiore di te e di tutti gli altri che sono qui; però Io conosco pure il Mio Ordine eterno, contro cui sotto certi riguardi ciascun uomo e ciascun angelo può peccare, ma Io eternamente mai, dato che il Mio deviare dal Mio eterno Ordine significherebbe allo stesso tempo la cessazione dell’esistenza di ogni cosa creata. Infatti là dove ad un tempio o ad una casa vengono a mancare le fondamenta in seguito ad erosione e putrefazione, ebbene, quali conseguenze bisogna attendersi per quanto riguarda la stabilità dell’uno e dell’altro edificio?

4. Io senza dubbio posso lodare la tua fede e così pure il tuo cuore, tuttavia il tuo dolore prematuro non Mi riguarda! Vedi di pensare e di sentire in unione con Me; e poi camminare al Mio fianco ti sarà facile!»

5. Udite queste parole, Pietro non aprì più bocca e custodì profondamente nel suo cuore quanto detto da Me.

6. Al mago però non era sfuggito quanto Io avevo detto a Pietro, ed egli, voltosi subito a Raffaele, così gli parlò: «O soavissimo e prodigioso amico! Io adesso ho udito ciò che quell’uomo dalla figura che impone rispetto ha dichiarato ad un vecchio che gli siede vicino; ora le sue parole mi sono apparse davvero quanto mai profonde e dense di significato! Deve certo trattarsi di un gran sapiente! Non potresti dirmi chi mai è quell’uomo? Infatti devo confessarti apertamente che tanto io quanto questi due miei compagni cominciamo a sentire in noi come una forza occulta e indefinibile che ci sospinge irresistibilmente verso di lui! A costo di qualsiasi sacrificio io desidererei ardentemente fare la conoscenza di quell’uomo! Se tu potessi soddisfare questo mio desiderio, io sarei disposto a darti quello che vuoi!»

7. Rispose Raffaele: «Amico mio! Qui ci vuole pazienza, perché non tutto si può compiere con quella rapidità con la quale mi hai visto prima portare qui il tuo grosso diamante dalla lontana India! Infatti là dove deve agire la volontà liberissima di un uomo, non è permesso che nemmeno il minimo atto di un’Onnipotenza costrittiva venga a sbarrargli il cammino! Conviene dunque pazientare! Tra poco noi ce ne andremo di nuovo all’aperto, e là avrai occasioni più che sufficienti di conoscere ancora meglio quell’Uomo, le cui parole e il cui aspetto ti hanno tanto colpito; intanto però attendi pazientemente ciò che dovrà ancora seguire!».

8. Il mago allora si adeguò a questa decisione, e poi noi uscimmo nuovamente di casa per portarci in cima al monte dove ciascuno riprese il suo vecchio posto; i tre maghi però vennero trattenuti nel nostro gruppo.

 

[indice]

 

Cap. 110

Il violento vento del Nord e il suo scopo. Il Mar Morto.

 

1. Quando ci fummo di nuovo sistemati in cima al monte nell’ordine tenuto durante il giorno, dal Settentrione cominciò a spirare una brezza abbastanza forte e molto frizzante, e Lazzaro mi disse sottovoce: «O Signore, se il vento dovesse diventare più impetuoso, converrà che ci ritiriamo ben presto nuovamente in casa!»

2. Ma Io osservai: «Amico, se Io non volessi, il vento non spirerebbe; ma poiché Io così voglio, appunto anche il vento spira dato che in Me l’ho chiamato a spirare, ed esso è buono, per la ragione che ora così voglio, perché tutto quello che il Padre vuole in Me, è buono! Perciò nessuno tema che questa brezza un po’ fresca possa essere nociva alla propria salute fisica. Del resto da qui a non molto vedrai e sentirai tu stesso il perché Io ho voluto che questo vento spirasse!»

3. Dopo che ebbi spiegato questa cosa a Lazzaro, il vento cominciò a soffiare con maggiore veemenza, e gli indiani dissero a Raffaele: «Ascolta un po’, o caro giovinetto, tu che sei così savio e potente! Che un uomo, secondo quanto ci hai insegnato tu, possa davvero ottenere degli effetti prodigiosamente grandi se congiunge alla Volontà divina la propria volontà resasi forte e potente in seguito all’unione con lo spirito vitale puro in lui, questo noi tutti lo abbiamo trovato molto ben comprensibile e chiaro; nonostante ciò ogni tanto nella grande natura di questo mondo si manifestano dei fenomeni, contro ai quali nemmeno l’uomo più perfetto, anche se dotato della massima forza di volontà, potrebbe schierarsi con speranza di successo! Infatti appunto ora abbiamo qui un esempio in questo vento quanto mai molesto! Noi riteniamo di dover credere che gli elementi siano qualcosa di muto al massimo grado e che contro di questi dovrebbe infrangersi ogni nostra più ferrea volontà!»

4. Rispose Raffaele: «Se così pensate, voi procedete per una via assolutamente sbagliata! Se già la pietra più dura deve cedere all’istante dinanzi alla potenza dell’interiorissima volontà umana congiunta a quella di Dio, quanto più non sarà questo il caso dell’aria atmosferica che consiste esclusivamente di potenze specificali-animiche, e che per conseguenza ha certo maggiore affinità con lo spirito interiore di una pietra estremamente rozza e materiale.

5. Io però vi dico che questo vento, il quale vi sembra alquanto molesto, soffia con discreta forza appunto perché noi vogliamo che soffi così; ma la ragione per la quale noi vogliamo che ora sia così ve lo dimostreranno i fenomeni che ancora seguiranno. Guardate un po’ nella direzione verso la quale soffia il vento, e poi potrete già formarvi un certo criterio del perché ora è necessario che il vento continui a soffiare con veemenza sempre maggiore!»

6. A queste parole di Raffaele non solo i tre maghi, ma tutti i componenti dell’intera compagnia rivolsero i loro sguardi in direzione del vento. Ma che cosa scorsero essi ben presto dalle parti del Mar Morto che non si trova molto distante da Gerusalemme? Ecco, essi videro salire delle vere masse di nuvole formate da un fitto fumo che stavano addensandosi sull’orizzonte meridionale, tra le quali ogni tanto si rendevano visibili delle colonne di fiamme che però poco dopo immancabilmente svanivano.

7. E quando il capo dei maghi assieme ai suoi compagni ebbe osservato un po’ il fenomeno, chiese a Raffaele: «Che cosa succede laggiù? Si tratta forse di un borgo o addirittura di una città che ha preso fuoco?»

8. Ma Raffaele rispose: «Oh, no affatto, miei cari amici! Là c’è un lago di considerevole estensione il quale dagli Ebrei viene chiamato “Mar Morto” perché né nelle sue acque, né nell’atmosfera sovrastante, sia pure nelle più alte regioni, c’è animale che possa mantenersi in vita nemmeno nello spazio di un’ora.

9. Qualsiasi pesce od altro animale acquatico perisce se immerso nell’acqua di quel lago, e uguale sorte toccherebbe pure agli uccelli qualora volassero nelle zone atmosferiche al di sopra del lago, e perciò solo rarissime volte si vede un pennuto volare da quelle parti; anzi nemmeno una pianta od un vegetale qualsiasi può resistere a lungo sul suo fondo o sulle sue rive, perché al di sotto di quel lago c’è un serbatoio di zolfo e di pece molto esteso che penetra profondamente dentro al suolo terrestre. In certi periodi questi materiali si accendono, lacerano violentemente in singoli punti il terreno - naturalmente sott’acqua - e il fuoco irrompe con forza attraverso e al di sopra delle acque, ma poi subito dopo il fuoco si estingue, perché l’acqua del lago, che penetra nei crepacci che si sono aperti nel fondo, impedisce allo zolfo e alla pece di continuare a bruciare; sennonché non appena un crepaccio si ottura in seguito al penetrare dell’acqua, in altri punti si manifestano delle altre eruzioni le quali a loro volta poi vengono naturalmente soffocate nella stessa maniera.

10. Una volta che il fuoco ha iniziato la sua attività sotto il fondo del lago che, come detto, ha una grande estensione, essa si protrae nella sua massima violenza sempre per alcune ore; le conseguenze invece di questo fenomeno, che comunemente si manifestano con un sollevamento delle acque del lago in vari luoghi e con l’emissione continua di fumo e vapori, durano con intensità sempre decrescente a volte per molti giorni ancora. In simili condizioni non è affatto consigliabile per l’uomo avvicinarsi al lago, meno che meno poi con il vento contrario, dato che le esalazioni micidiali che si sviluppano in tali occasioni al di sopra del lago sono tali da rendere assolutamente impossibile la vita naturale tanto dell’uomo quanto di qualsiasi animale.

11. Vedete dunque, considerato che questa eruzione di oggi è particolarmente violenta e il fumo denso e velenoso verrebbe, per effetto del vento dal Meridione, spinto in brevissimo tempo fino a queste nostre parti, causando dei malanni gravissimi, allora l’onnipotente Volontà dell’unico vero Dio ha fatto venire da Settentrione questo vento freddo e ricco di elementi vitali, il quale in primo luogo va aumentando di forza in proporzione del visibile accrescersi in estensione del fuoco sotterraneo, e in secondo luogo ha l’effetto di sospingere il fumo e i vapori ben lontano da qui verso i deserti dell’Arabia, dove non possono arrecare gran danno a nessuno, considerato che, particolarmente nelle vicinanze del lago, è difficile che possa dimorare qualche essere vivente.

12. Dunque, se voi volete darvi la pena di meditare anche solo un po’ più profondamente su quanto avete sentito proprio ora, non potrà sfuggirvi la ragione per la quale il vento fresco da Settentrione ha cominciato a spirare, e che ciò non è dovuto ad una casualità o, per così dire, ad un capriccio del vento stesso, ma che invece è esso stesso che ha dovuto obbedire ad una Volontà supremamente savia e molto potente! Ma se effettivamente così stanno le cose, deve pure risultare chiaro che la volontà di un uomo che è arrivato alla completezza della vita, congiunta a Dio, può comandare anche a tutti gli elementi, e che questi devono inchinarsi alla sua volontà.

13. Ugualmente puoi renderti conto dell’intervento costante della Sapienza e della Volontà divina nei fenomeni naturali considerando che quel lago maligno ha bensì degli affluenti da varie parti, mentre al livello del terreno non ha invece alcun sbocco. “Ma perché?”, domanderai adesso tu. Ecco la risposta: “Perché quello, come vari altri laghi della Terra, ha in primo luogo bisogno della sua acqua per calmare gli ardori del fuoco sottostante, e in secondo luogo perché uno sbocco normale al livello del terreno da parte di quell’acqua davvero velenosa renderebbe completamente sterili e inabitabili i terreni circostanti per una vasta estensione”; e così avviene che l'Amore, la Sapienza e la Volontà del vero Dio vigilano e curano ogni cosa anche là dove l’uomo cieco non se ne accorge né può affatto accorgersene.

14. Ma chi osserva le creature e l’organizzazione del mondo nei suoi dettagli con gli occhi dello spirito, costui scoprirà che dappertutto c’è costantemente la Volontà di Dio, e così troverà pure con facilità il grande e santo Padre e Ordinatore dei mondi, degli uomini e degli spiriti, nonché potrà sperimentare in se stesso la Forza dell’onnipotente Volontà di Dio. Ma allora non avrà più nemmeno motivo di domandare se veramente la volontà di un uomo congiunta a quella di Dio può o no comandare agli elementi. Hai tu ben compreso tutto ciò?».

 

[indice]

 

Cap. 111

I dubbi del mago indiano.

 

1. Rispose il capo dei maghi: «Sì, l’ho compreso certamente, e così pure i miei compagni; tuttavia oltre a queste ci sarebbero da fare ancora varie altre domande affinché il concetto della sapienza suprema dell’unico vero Dio risultasse davvero puro e immacolato! Infatti, nella grande natura, accanto alle molte cose organizzate e sistemate in maniera supremamente savia, ce ne sono altre le quali, pure essendo in sé meravigliosamente e saggiamente costituite, non si trovano in un qualche rapporto di opportunità e di utilità con le prime!

2. E vedi, o grazioso giovane amico, in seguito a tali considerazioni vengono indotti completamente in errore soprattutto quegli individui i quali si dedicano con maggior zelo di altri alla ricerca di un Dio quanto mai sapiente e potente, e invece di farsi dei conoscitori perfetti di Dio, succede loro proprio in contrario. Infatti essi giungono bensì a persuadersi dell’esistenza di una Forza e di una Potenza che specificatamente ha formato ed organizzato in maniera prodigiosamente artistica tutte le cose, ma non sono viceversa in grado di rendersi conto, per così dire da se stessi, del perché l’una e l’altra cosa sia stata fatta in questo o in quell’altro modo, e di come eventualmente una cosa stia in relazione con l’altra!

3. Io ben vedo che da parte mia questa è una domanda molto inutile, ma chi in sé non incappa mai in certi dubbi, dimostra evidentemente che gli importa poco o addirittura proprio niente che un Dio esista e come Egli sia costituito e se l’anima umana dopo la morte del corpo continui a sussistere e a vivere come un essere individualmente e chiaramente conscio di se stesso e il luogo e il modo in cui questo avviene.

4. Ma poiché io sto cercando già da molto tempo, allora è appunto per questo motivo che da tanto tempo io ho dei dubbi e in quanto tale sono pieno di domande. E quindi la tua descrizione di prima riguardo al vostro lago maligno, al suo sotterraneo deposito di pece e zolfo, alla sua periodica accensione, nonché al manifestarsi del vento freddo dal Settentrione che tuttora soffia ancora violento, ebbene, tutte queste cose io le ho trovate perfettamente corrispondenti alla Potenza e alla Sapienza di un Dio vero e buono, come pure ho trovato molto opportuna la sistemazione del lago maligno, in seguito alla quale si evita che le sue esalazioni siano di danno alle creature viventi. Questo, come detto, sarebbe in sé e di per sé nel miglior ordine possibile; sennonché ora appunto per quanto riguarda il lago maligno si presenta un problema di tutt’altro genere, problema del quale da noi stessi non potremmo mai trovare la soluzione.

5. Ecco: “Perché il Dio tanto sapiente e buono ha creato un lago dotato di proprietà così maligne?”. Noi conosciamo molti grandi paesi e regni che esistono anche senza dei laghi di questa specie; perché deve essercene uno proprio qui, a che cosa serve il suo gran serbatoio sotterraneo di pece e di zolfo, e che scopo hanno le sue esalazioni mefitiche a causa delle quali nelle sue vicinanze non possono sussistere né uomini, né animali, né alberi, né vegetazione in genere? Alla fine questi laghi maligni sulla Terra sono davvero buoni a qualcosa? E dietro agli stessi si cela forse qualche scopo saggio, oppure sono sorti così, puramente per caso, e Dio poi, avendoli già trovati, ha preso delle disposizioni tali da impedire che siano eccessivamente nocivi alle creature viventi che dimorano nelle regioni immediatamente vicine?

6. Un Dio supremamente saggio e buono ha potuto forse conseguire un buon scopo avvalendosi soltanto di un mezzo cattivo? Vedi dunque, o giovane amico mio dalla sapienza e della potenza divine: se io mi metto sempre più intensamente a pensare e ad arrovellarmi su questo argomento, rischio alla fine di arrivare spesso a delle conclusioni quanto mai strane!

7. Anzitutto, per esempio, si può anche ragionare così: “Un Dio buono non può creare niente di cattivo, perché nel miele non c’è nulla di amaro. Perciò bisogna ammettere che esiste un Antidio cattivo che si trova in perpetuo conflitto con il Dio buono, ma che non Lo può vincere, come anche il Buono a Sua volta non può vincere il Cattivo, e bisogna supporre che il Dio buono crea continuamente delle cose buone le quali però vengono sempre distrutte dal Dio cattivo”.

8. Ma se si ammette questa possibilità, si deve pure ammettere che è triste trovarsi ad esistere come creature, ed è particolarmente triste esistere quale uomo conscio di se stesso, dato che egli deve avere sempre presente la visione del proprio annientamento. Infatti, come posso gioire di una vita e di un’esistenza che posso perdere ogni momento per l’eternità, e tutto ciò accompagnato in aggiunta da gravi dolori e da angosce che portano alla disperazione?!

9. Infine anche questa versione la si può rigettare, e si può dire invece: “O non esiste nessun Dio, oppure ci sono tanti dèi quante sono le creature, e ciascun dio crea la propria creatura e non si cura d’altro! Oppure non esistono dèi ed esiste invece una forza naturale la quale, incosciente di esistere, si mantiene continuamente attiva, trovandosi costretta ad agire comunque a seconda delle circostanze che emergono ciecamente e casualmente da sole, precisamente come il vento che spira del tutto alla cieca, senza volontà propria e senza intendimento, e che cambia di direzione soltanto qualora urti contro la parete dura di qualche monte. Un fenomeno simile lo si osserva pure nei ruscelli e nei fiumi i quali devono mutare direzione ogni qualvolta in cui nella loro cecità sbattano contro a degli ostacoli che, senza volerlo, li obbligano a volgere il loro corso da un’altra parte”.

10. E ancora: “Qui una semente cade in un buon terreno e porta frutto abbondante, là invece una semente ugualmente sana cade in un terreno magro dove deperisce, muore e perciò non porta alcun frutto. Né la semente, né il terreno sono consci della loro forza e della loro capacità; però una qualche circostanza, a sua volta dipendente da altre circostanze fortuite, ha fatto in modo che un terreno divenisse grasso e l’altro magro, ed è questa la circostanza determinante della maggiore o minore prosperità della semente o addirittura della sua morte!”

11. Insomma, si può pensare come si vuole e si possono fare quante esperienze si voglia in tutto il globo terrestre, però in nessun luogo si giunge mai a riscontrare un qualche ordine ben preciso e calcolato, ma si riscontrano unicamente delle casualità di cui l’una condiziona l’altra.

12. Il risultato finale è questo: con simili indagini la Divinità va perduta per l’uomo, ed Essa non può più venire ritrovata tanto facilmente. Tu avevi ragione a dire che l’uomo può trovare un unico, vero, sapientissimo e onnipotente Dio scrutando con attenzione i molteplici fenomeni della grande natura, può essere che sia così; ma quando l’uomo, mediante una scrupolosa indagine, finisce col trovarsi di fronte a cose che sembrano non avere niente a che fare con un ordine ben determinato e che mettono terribilmente in dubbio l’esistenza di un unico vero Dio, sapiente, buono e potente, come appunto la mettono in dubbio i giacimenti di pece e di zolfo sotto il lago maligno, ebbene, cosa si deve fare e cosa si deve pensare?! Eh, o amico mio, in queste condizioni l’uomo è ridotto a non poter concludere più niente, ed allora è Dio, se davvero ne esiste uno, che deve venirgli in aiuto, ma se non gli viene in aiuto, allora o Egli effettivamente non esiste o non si cura affatto degli uomini, oppure non è in grado di aiutarli senza che siano adempiute certe condizioni preliminari come ce lo insegnano ogni giorno moltissime esperienze.

13. Ti sia gradito dunque espormi ora la ragione dell’esistenza di quel lago maligno, e poi ci sarà facile inoltrarci nella discussione riguardo a questo argomento estremamente importante!».

 

[indice]

 

Cap. 112

La diversa conformazione di tutto il Creato.

 

1. Disse Raffaele: «O amico mio, io proprio non condivido affatto la tua opinione, anzi penso che appunto non ci sarà proprio troppo facile ragionare su questo argomento, perché in questo campo ti manca ancora molto, e poi sei ancora troppo saturo della tua antica sapienza indiana del mondo. Io dovrei mostrarti adesso tutta la disposizione vitale organica interna, e spiegarti punto per punto l’organismo di tutto il mondo nonché la sua utilità, ma questa cosa non la si può sbrigare così presto come la tua fantasia indiana te lo fa immaginare, perché, in verità, per arrivarci ci vuole qualcosa di più della vostra scuola preparatoria indiana. Tuttavia io ti darò alcune indicazioni dalle quali potrai già dedurre qualcosa di buono per il chiarimento della questione; dunque stai attento con il cuore a quello che ti dirò.

2. Ascolta! Tu sei un uomo, e il tuo corpo consiste di innumerevoli organi che tu non conosci affatto. Senza una simile disposizione organica del tuo corpo, la vita della tua anima in esso non sarebbe immaginabile, eppure gli organi principali del tuo corpo non sono affatto disposti con eccessiva regolarità; guarda un po’ le vene delle tue braccia, e vedi con quanta irregolarità esse vi si incrociano e tuttavia sono sistemate in un ordine supremamente opportuno. Considera la posizione dei tuoi capelli e degli altri peli del tuo corpo! Essi crescono in maniera quanto mai disordinata sul tuo capo e su tutte le parti del tuo corpo, eppure sono tutti contati da Dio e ciascuno di essi si trova al suo posto giusto! E in altri uomini invece questi peli sono situati in modo differente da come sono situati sul tuo corpo, e tuttavia anche là ciascuno è al suo posto, perché al Signore nella Sua Sapienza è piaciuto conferire quasi[21]  a ciascun uomo una figura e un carattere diversi l’uno dall’altro, affinché essi possano riconoscersi più facilmente tra di loro e possano quindi amarsi l’un l’altro.

3. Ugualmente il Signore ha dotato perfino gli animali domestici della stessa specie di una figura un po’ differente l’uno dall’altro, affinché gli uomini possano distinguerli con maggiore facilità, mentre gli animali selvaggi dei boschi si assomigliano il più possibile tra di loro, dato che a nessun uomo può essere utile aver presente le loro caratteristiche esteriori. Tu puoi rilevare che esiste lo stesso rapporto anche fra i volatili da cortile e quelli selvaggi dell’aria!

4. Supponiamo ancora che sulla Terra una regione somigliasse tanto all’altra come un occhio dello stesso capo assomiglia all’altro, e supponiamo che tutte le case avessero lo stesso aspetto e l’identica grandezza; ma in queste condizioni io vorrei sentire da te come e quando saresti in grado di distinguere da lontano la tua patria!

5. Considera poi gli alberi da frutto che appartengono ad una campagna e confrontali con quelli che appartengono ad un’altra campagna, e tu constaterai negli stessi una grande varietà di forma anche trattandosi di alberi della stessa specie! Ora tutto ciò è stato disposto in questo modo da Dio affinché ciascun padrone possa riconoscere benissimo già da lontano i suoi alberi come dei vecchi e buoni amici.

6. Ed ora ti citerò ancora un esempio prima di passare alla questione principale; ascoltami dunque: “Ebbene, cosa diresti tu se per esempio tutte le donne, vecchie e giovani, avessero esattamente la stessa faccia, la stessa statura e corporatura, lo stesso aspetto, e in più fossero vestite nello stesso modo come gli uccelli dell’aria e come gli animali dei campi e dei boschi? Potresti in questo caso distinguere le tue figlie da tua moglie o dalle figlie del tuo vicino o da tua madre oppure dalle tue sorelle? Se tuo padre ti assomigliasse alla perfezione e così pure i tuoi figli somigliassero a te, come prenderesti la cosa tu da uomo che pensa? Dimmi, se i paesi fossero tutti uguali, se le forme del regno vegetale e animale fossero tutte uguali, se gli uomini, giovani o vecchi, fossero tutti uguali, insomma se ci fosse una desolante uniformità ovunque, ebbene, pensaci un po’, in quali condizioni d’animo verresti a trovarti?»

7. Rispose il mago: «Oh, amico mio! Una cosa simile sarebbe per noi la morte pur vivendo ancora nel corpo! Ah, ti prego, non citarmi altri esempi del genere che fanno davvero rizzare i capelli sul capo! Se così potesse essere, sarebbe evidentemente la morte di ogni pensiero umano, perché senza dei punti di paragone non è possibile alcuna vita del pensiero! Ormai però mi pare di intravedere dove vuoi effettivamente arrivare col tuo ragionamento; comunque prosegui pure, perché ciascuna parola dalla tua bocca vale delle migliaia di migliaia di libbre d’oro purissimo!».

 

[indice]

 

Cap. 113

La necessità della diversità di tutto il Creato.

 

1. Disse Raffaele: «Tu hai risposto giustamente, perché, data una simile uniformità delle creature, ogni stimolo vitale cesserebbe, e con esso cesserebbe pure ogni pensiero. Il pensiero esteriore procede senza alcun dubbio dal fatto che l’uomo provvisto di sensi considera le varie cose e le loro forme svariatissime ed estremamente mutevoli, stabilisce dei confronti tra le stesse, medita sui rapporti esistenti fra le varie cose e ne dà dei giudizi, analizza e classifica la svariata molteplicità delle forme e impartisce un nome differente a ciascuna di esse; questa è stata anche l’origine del linguaggio umano orale e più tardi di quello scritto per mezzo dei segni.

2. Ma se invece un paese fosse perfettamente simile all’altro, un albero all’altro, e così pure se tutti gli animali fossero uguali e similmente tutti gli esseri umani, uomini e donne, genitori e figli, giovani e vecchi, ebbene, che stimolo potrebbe esercitare questa uniformità sui sensi umani? Una cosa è certa: di stimoli non ci sarebbe nemmeno da parlare! Infatti l’uomo avrebbe poco da osservare e meno ancora da pensare; e anche il linguaggio tanto orale che scritto avrebbe un aspetto ben misero! Ora vedi, a tale conseguenza si sarebbe necessariamente dovuti arrivare qualora il Dio onnisapiente avesse creato i mondi e tutti gli esseri secondo i tuoi rigidissimi concetti dell’ordine!

3. Ma poiché Dio è infinitamente più sapiente di quanto si possa immaginare, Egli ha pure creato tutte le cose in un ordine immensamente migliore di quanto potremo mai raffigurarcelo noi, ed Egli è già in questo modo continuamente un Maestro dell’umanità, perché ha disposto che fra le Sue creature dovesse regnare una varietà infinità, allo scopo che l’uomo, per cui tutto esiste, dovesse e potesse osservare, considerare e quindi più facilmente riconoscere e denominare appunto le creature di ogni qualità e specie in tutta la loro varietà, e infine rendersi conto delle loro proprietà e impiegarle comunque, o a proprio vantaggio o a proprio danno, cose queste che non gli sarebbero state mai possibili se il mondo fosse stato assoggettato alle leggi dell’ordine immaginato da te.

4. Avresti mai potuto deciderti ad amare una donna la quale fosse stata perfettamente identica a tutte le altre donne come lo è una mosca all’altra? Tu non potresti distinguere qual è la tua donna - così come non potresti distinguere una determinata mosca - e di conseguenza non potresti poi dire: “Ecco, questa è la mia donna prediletta”. Infatti, vedi, qualora anche la tua mosca prediletta si fosse mescolata con le altre, non potresti certamente più distinguerla come tua, e altrettanto ti accadrebbe se volessi cercare la tua donna fra le altre donne, né meglio andrebbe alla tua donna se lei volesse distinguere te, suo marito, fra gli altri uomini.

5. Da tutto ciò dunque tu puoi già rilevare come appunto in quello che a te appare un disordine nell’ambito delle creature di Dio ci siano alla base prove molto maggiori e più vere per [dimostrare] l’esistenza e l’Amore e Sapienza supremi di un Creatore onnipotente di quante ce ne siano nell’ambito dell’ordine che tu hai cercato da così tanto tempo e che tuttavia non hai ancora trovato.

6. Io ti ho già fatto osservare che le vene delle tue mani, dei tuoi piedi e così pure del tuo capo, come tu stesso puoi constatare, non si trovano sotto la tua epidermide affatto in quell’ordine perfettamente simmetrico come sembreresti desiderarlo tu, ma esse - nel tuo corpo, come in quello di qualsiasi altro uomo - sono visibilmente disposte in maniera del tutto differente. Ma perché dunque un simile disordine?

7. Vedi, tu non troverai così facilmente due esseri che si somigliano in maniera assolutamente perfetta! Ma se Dio, il Signore, per le ragioni che abbiamo esposte, imprime nelle forme esteriori delle caratteristiche quanto mai diverse, Egli pure forma in modo quanto mai diverso anche l’organismo degli uomini e dota ciascuna anima di attitudini e di talenti diversi. Infatti se tutti gli uomini avessero le stesse capacità e gli stessi talenti, potrebbero tutti ben presto fare l’uno a meno dell’altro, e allora l’amore del prossimo sarebbe ridotto ad una parola vuota.

8. Ecco dunque che tu ora hai visto come quello che a te sembra un disordine, in realtà rende testimonianza fedelissima dell’esistenza di Dio e del Suo Ordine fondato sulla Sua Sapienza e sul Suo Amore supremo, e adesso possiamo ritornare al nostro lago maligno!».

 

[indice]

 

Cap. 114

La Terra quale organismo.

 

1. (Continua Raffaele:) «Vedi, la disposizione di questo lago, come pure di altri simili, è stata sistemata da parte del Creatore con altrettanta Sapienza quanta Egli ne ha dedicata a sistemare tutto ciò che io ti ho mostrato e spiegato proprio ora a tale riguardo!

2. Tu hai un corpo il quale viene nutrito mediante l’ingestione di cibi e bevande, come pure mediante la regolare inspirazione di aria atmosferica pura, e così viene conservato e vivificato dal punto di vista naturale. Le particelle veramente nutrienti sono contenute nei cibi e nelle bevande in maniera altrettanto scarsissima, quanto lo sono quelle nell’aria inspirata. Tu respiri l’aria dell’atmosfera, ma poi ne devi espirare quasi tanta quanta è stata quella che hai inspirato prima; soltanto una parte minimissima, appena ponderabile, rimane nei tuoi polmoni per essere distribuita al sangue quale alimento principale per la tua vita, mentre tutto il resto viene espirato di nuovo. Tu mangi svariati cibi e bevi similmente svariati liquidi; però quello che il tuo stomaco ingerisce non è tutto pura sostanza nutriente per il corpo, ma è soltanto un veicolo portatore della sostanza stessa, e unicamente una minima parte eterea di quanto ingerisci rimane in te quale nutrimento, mentre tutto il resto deve venire eliminato dal corpo per le note vie naturali.

3. Orbene, come questo rappresenta una assoluta necessità nell’uomo, negli animali e perfino nelle piante, perché altrimenti non potrebbero mantenere la loro vita naturale, altrettanto questa è un’imprescindibile necessità in un corpo mondiale! Esso deve essere provvisto di organi, affinché per loro mezzo ogni immondizia superflua possa venire espulsa fuori dal corpo mondiale stesso fino alla sua superficie. Adesso consideriamo di nuovo un po’ il nostro lago maligno, e troveremo che esso rappresenta appunto un organo di questa specie necessario alla Terra, atto a convogliare all’esterno delle materie formatesi dentro al corpo terrestre, che sono ormai superflue e dannose. Certamente non ignorerai che vi sono vari organi simili anche nel corpo umano.

4. La Terra dunque è un essere organico, anzi anche animicamente vivente, altrettanto quanto lo sei tu e come lo è ciascuna creatura che respira, vive e si muove nello spazio sconfinato della Creazione.

5. L’esperienza però ti avrà insegnato che gli escrementi e i rifiuti del corpo umano, come pure quelli dei corpi animali e vegetali, possono benissimo venire impiegati quale concime dei campi, dei prati e delle vigne; e io adesso ti dico che quello che è l’escremento animale in piccole proporzioni, è pure l’escremento della Terra in proporzioni grandi.

6. A stretto rigore, tutto il suolo terrestre fertile e comunque pure le montagne e i mari non sono che un’immondizia del corpo terrestre poiché tutto questo è sorto tramite il fuoco interiore vitale della Terra, certo però già da periodi di tempo inimmaginabilmente lunghi, e ciò che vi è convogliato fino alla superficie della Terra, come sarebbe a dire lo zolfo, la pece, il sale, l’acqua e le moltissime specie di minerali e metalli, serve tutto alla formazione del terreno fertile senza il quale né una pianta, né un albero, né meno ancora un animale o addirittura un uomo potrebbe sussistere.

7. Ma se la Terra, per mezzo dei propri organi e pori, produce ed espelle quello che secondo l’ordinamento sapientissimo del grande ed eterno Creatore ha dovuto produrre ed espellere già da tempi inimmaginabilmente lunghi, tutto ciò non lo si può chiamare cattivo, anzi è molto buono.

8. Se un terreno od un lago di questa specie non è idoneo alla vita naturale delle piante, degli animali e dell’uomo, non perciò esso può dirsi cattivo; l’uomo è dotato di ragione e di intelletto, e se vuole può evitare simili luoghi che non sono ancora pronti ad essere abitati. A questo riguardo la Terra ha una grande quantità di regioni idonee per essere abitate, e gli uomini possono quindi ben accontentarsi di queste. I mari, tutto sommato, occupano senza dubbio una superficie molto più grande di quella della terraferma, ma chi si sognerà di dire: “Ecco, vedete quanto poco discernimento ha dimostrato Dio creando sulla superficie del mondo tanta acqua che non produce niente, mentre avrebbe potuto creare la maggior parte di terreno fertile! Noi uomini, e di sicuro anche la maggior parte degli animali terrestri e delle piante, ne avremmo avuto comunque più che a sufficienza di laghi, torrenti, fiumi, ruscelli, sorgenti e anche di piogge e di neve”.

9. Eh sì, questo sarebbe tutto bello e buono sempre se i laghi, i torrenti, i fiumi, i ruscelli, le sorgenti e le piogge e le nevi traessero la loro origine e il loro sostentamento da qualche altra parte e non appunto dal grande oceano: se esso non esistesse così come esiste, non ci sarebbe nemmeno l’acqua dolce sulla terraferma.

10. Io credo di avere ora rimosso i tuoi dubbi in maniera del tutto naturale; dunque se fai attenzione a quanto ti ho detto, non potrà non esserti perfettamente chiara l’esistenza di un vero Dio nonché il Suo Amore e la Sua Bontà, la Sua Sapienza e la Sua Potenza, e così pure nessun fenomeno naturale di questo mondo sarà più in grado di indurti in errore per quanto riguarda la vera fede e il giusto riconoscimento di un unico vero Dio.

11. E se qualcuno, usando una certa eloquenza, vorrà spingerti ad abbracciare un’altra dottrina, insegnagli e mostragli la verità come te l’ho insegnata e dimostrata io; se egli accetta la tua dimostrazione, allora consideralo come persona che va in cerca della verità e trattalo come un fratello; ma se invece egli non accoglie quella che è una evidente verità, allora ritienilo un uomo privo di Luce, come lo è un pagano e così pure un eretico, perché non vuole accettare la luminosa verità, ed evita lui e la sua compagnia!

12. In ogni caso però va fatta una distinzione fra chi non vuole accogliere la verità e chi, in seguito alla povertà del proprio spirito, non arriva a comprendere la verità e perciò non può accoglierla. Il primo non merita affatto che ci si dimostri ulteriormente pazienti con lui, per la ragione che, dominato com’è dalla presunzione e dall’orgoglio, non vuole accettare la verità e vuole soltanto che tutti si sottomettano alla sua opinione. Con il secondo invece usa pazienza, perché a lui non manca la volontà, ma gli manca l’intelletto! Quando però, attraverso il tuo amore e la tua pazienza, sarà maggiormente in grado di comprendere, egli allora accoglierà anche la verità.

13. Ecco, ora io ti ho insegnato molte cose. Se tu le osservi, troverai anche da solo cose più grandi in te. Il tuo spirito proveniente da Dio ti mostrerà le profondità e le altezze della verità. Ma adesso interroga tu stesso il tuo animo, e senti se hai proprio ben compreso quanto ti ho detto!».

 

[indice]

 

Cap. 115

Il buono scopo degli alberi velenosi in India. Lo sviluppo della Terra.

Il periodo delle migrazioni dei mari.

 

1. Rispose il mago: «In me comincia ad albeggiare così come succede in natura di buon mattino prima del levare del Sole; però queste sono tutte cose che, per poter dire che sono diventate proprietà assoluta della mia vita, devono mettere salde radici in me. Ma che le cose stiano nei termini precisi come me li hai esposti tu proprio ora, di ciò io davvero non dubito assolutamente più. Io avrei ancora in serbo solo una piccolissima domanda e, se la tua grande pazienza verso di me non è ancora del tutto esaurita, vorrei pregarti di dare cortesemente una risposta anche a questa per un mio maggiore insegnamento»

2. Disse Raffaele: «Ebbene, liberati pure anche da questo problema che ti opprime; di che cosa si tratta? Parla!»

3. Disse il mago: «Ecco, o graziosissimo e sapientissimo giovinetto! Da noi, in India, e precisamente su una grande isola come pure in alcune valli litoranee che altrimenti potrebbero essere molto rigogliose, cresce un arbusto di genere assolutamente speciale che costituisce una calamità tremenda per queste regioni. Questo arbusto è di natura talmente maligna e velenosa che per effetto delle sue esalazioni uccide già a grande distanza qualunque cosa gli si avvicini. Esso è molto più pericoloso del lago che tu mi hai descritto e non c’è possibilità di estirparlo! Alcune persone ignare del pericolo giungono talvolta in vicinanza di uno di questi arbusti, e ci rimettono sempre la vita in modo quanto mai pietoso!

4. Ora io ti domando: “A che cosa può servire una simile pianta veramente infernale?”»

5. E Raffaele rispose: «Eh, caro amico mio, un simile arbusto ha anzi, riguardo all’uomo, un’importanza immensa in quel paese dove il Signore del Cielo e di questa Terra permette che cresca, perché esso è stato dato come un fedele guardiano agli uomini di quelle regioni, li ammonisce cioè a non dimorare in quelle piccole estensioni di terreno alle quali Dio, il Signore, ha assegnato un compito del tutto differente agli scopi della conservazione della Terra.

6. Già ai vostri primi padri venne a suo tempo fedelmente rivelato il modo in cui essi avrebbero dovuto evitare quelle poche valli, dato che non erano, come non lo sono ancora, di gran lunga idonee ad offrire dimora agli uomini; fu inoltre rivelato loro che sotto a quei terreni agiscono le forze di elementi tuttora estremamente grezzi, e che quegli arbusti esistono per accogliere in sé le esalazioni velenose dalle profondità della Terra affinché esse non possano diffondersi ad altri territori molto più vasti e renderli inabitabili.

7. Ora, se un simile stato di cose è già stato annunciato agli uomini e se questi, nel corso di dieci secoli, sono stati istruiti in proposito per mezzo di maestri, allora non risultano affatto giustificate le critiche di colui che, incurante delle ammonizioni, si ostina ad avvicinarsi a questi determinati luoghi della Terra dei quali dovrebbe pur sapere che ci vorranno ancora dei lunghi periodi di tempo prima che siano atti a servire da dimora agli uomini e agli animali. Comprendi dunque anche questo fatto?»

8. Rispose il mago: «Sì, ora comprendo anche questo! Ma com’è che qualche regione della Terra si è fatta matura prima delle altre?»

9. Disse Raffaele: «Tu sei in realtà ancora molto cieco se fai delle simili domande! Hai forse visto qualche volta che in un uomo tutte le parti del suo corpo abbiano raggiunto contemporaneamente il pieno stato di maturità? Anche dal punto di vista del solo corpo umano, infatti, quanto tempo non ci vuole prima che l’uomo sia completamente maturo dal punto di vista fisico e quanto tempo ci vuole finché la sua anima diventi completamente matura per la vita! Credi forse che il Dio sapientissimo proceda in qualche luogo a sbalzi sulla via del Suo Ordine eterno? Oh, ti inganni! Dio personifica lo stesso Ordine più perfetto, e sa con assoluta certezza cosa, come e perché Egli sta facendo così!

10. Osserva un po’ le alte montagne che ci stanno intorno! Molte migliaia di anni fa esse avevano più del doppio della loro attuale altezza, e le valli erano corrispondentemente profonde più del doppio di quanto lo siano ora, misurate dalla vetta dei monti fino al loro fondo, ma le valli stesse erano ancora completamente disabitate; c’erano solo laghi e ancora laghi e alcuni giganteschi animali acquatici.

11. Un giorno però il grande Signore e Maestro dell’eternità lasciò libero corso a tremendi uragani accompagnati da fulmini, tuoni e violenti terremoti. La furia di questi elementi scatenati corrose e ridusse in frantumi le vette degli alti monti, e i detriti precipitarono nelle valli colmandole. Ben presto al posto dei grandi laghi si formarono dei corsi d’acqua larghi e impetuosi che, nella loro corsa furiosa, trascinarono sul loro letto i detriti più piccoli, triturandoli ancora di più e riducendoli in minutissime parti, poiché tutta la sabbia esistente nei torrenti, nei fiumi, nei ruscelli e nei mari non è altro che un ammasso di particelle, il più possibile minuscole, di quelle montagne che durante i periodi primitivi della Terra si ergevano molto più alte delle attuali. Una volta colmate così le valli, il Signore fece restringere gradatamente il corso dei fiumi diminuendo il volume delle acque, mentre le rive, rimaste a secco, si trasformarono man mano in terreni fertili.

12. E quello che accadeva nelle epoche primitive della Terra, accade anche tuttora, benché in proporzioni minori. Tu vedi dunque che Dio, il Signore, è in Sé l’eterno Ordine stesso, e non ha davvero bisogno di agire precipitosamente in qualche luogo, perché la Sua stessa beatitudine suprema è costituita dalla contemplazione di come in tutto l’infinito eterno ogni cosa sorga dall’altra - come anche deve sorgere - nel massimo ordine! Ma se è così, allora la tua domanda riguardo al perché le regioni della terraferma non siano state rese abitabili tutte d’un tratto risulta davvero superflua!

13. Vedi, a quello che ho già detto, voglio aggiungere ancora qualcosa: “Il grande oceano, con fasi cicliche di circa quattordicimila anni, viene esso pure fatto avanzare dall’emisfero meridionale terrestre a quello settentrionale, e poi di nuovo retrocede nella posizione di prima!”. Dunque, a contare dal tempo attuale, entro un periodo dagli otto ai novemila anni il grande oceano salirà molto al di sopra di questo monte sul quale ci troviamo; invece nelle parti meridionali della Terra verranno fatti restare all’asciutto nuovamente dei vasti paesi, e uomini e animali troveranno là sufficiente nutrimento. Nello stesso tempo una quantità di regioni dell’emisfero settentrionale terrestre, oggi ancora immature e perciò inabitabili, diverranno mature e si renderanno abitabili per le generazioni umane future, quando cioè il detto emisfero si sarà di nuovo liberato dalle acque retrocesse dall’emisfero australe.

14. Ed ora io credo di averti detto più che abbastanza in proposito, dato che sei uno studioso della natura, ed ho anche potuto dirtelo ben sapendo che voi, savi dall’Oriente, conoscete certo per vostro conto la figura e la struttura di tutta la Terra, nonostante queste vostre cognizioni le teniate occultate agli altri! E adesso dimmi: “Ti resta ancora qualche domanda da fare?”»

15. Disse il mago: «In verità, o giovinetto dalla sapienza per me inconcepibile, tu parli della Terra come se fossi stato presente alla sua creazione nei primordi del suo tempo e avessi assistito con i tuoi stessi occhi agli avvenimenti che si svolsero su di essa! Ma la cosa più strabiliante di tutte è che noi stessi, secondo la nostra migliore scienza e coscienza, non possiamo obbiettarti niente! Infatti, in base alle esperienze da noi fatte, su tutta la Terra le cose stanno precisamente così come proprio hai detto ora, e quindi l’esistenza di un Dio vero ed eterno è per noi dimostrata ormai in maniera più chiara del Sole, e a noi non occorre altro, poiché, attraverso la tua sapienza, adesso sappiamo pure quello che dobbiamo fare per trovare veramente Dio!

16. Oh, come saremmo lieti di poterti ricompensare in modo degno di un re per la tua grande bontà, qualora tu fossi disposto ad accettare una ricompensa da noi; sennonché tu hai già dimostrato solennemente che non potresti accettarla, di conseguenza non ci resta altro che ringraziarti dal più profondo del nostro cuore, aggiungendo nello stesso tempo di nuovo la preghiera di avere la compiacenza di ricordarti di noi quando ti troverai dinanzi a Dio, l’eterno Signore.

17. Ora però bramerei tanto di scambiare qualche parola con quell’uomo verso il quale prima, durante la cena, mi sono sentito attratto con tanta potenza; poi, lieti e consolati, noi lasceremo questo monte e ce ne andremo laggiù dai nostri compagni per raccontare e dimostrare loro che noi abbiamo finalmente trovato nella sua integrità quello che abbiamo cercato invano per così lungo tempo! Credi che posso permettermi di avvicinarmi a quell’uomo?».

 

[indice]

 

Cap. 116

La ricerca della verità.

 

1. Dissi Io allora: «Sì, avvicinati pure! Anche se questa notte è un po’ scura, si spera comunque che essa non ci impedirà di comprenderci reciprocamente un po’ più da vicino! Qual è veramente la richiesta che devi farMi e che cosa vuoi sapere da Me oltre a quanto ti ha già detto e spiegato il Mio servitore, molto giovane all’apparenza? Parla dunque, ma vedi di essere conciso!»

2. Disse il mago: «Tu sei certo un grande uomo sapiente; mentre eravamo là nella sala, la tua persona mi colpì molto e, a vederti, il mio cuore si sentì commosso e attratto in modo tale che io dovetti farmi forza per non lanciarmi, in maniera sconveniente, verso di te e stringerti appassionatamente al mio petto. Questo è un sentimento che prima d’ora io non avevo mai percepito, e quindi era mia intenzione chiederti perché io e anche questi miei due compagni ci fossimo sentiti attratti da te con tanta potenza, mentre il tuo bellissimo servitore non suscitò in noi che un sentimento di ammirazione, ma per il resto ci lasciò indifferenti. Oh, amico caro, sciogli dunque questo enigma!»

3. Ed Io gli risposi: «La Luce desta la luce, l’Amore desta l’amore e la Vita la vita, poiché un morto non può destare un altro morto, né un cieco può fare da guida ad un altro cieco! Eccovi spiegato il perché del sentimento sorto in voi a Mio riguardo; il resto però lo apprenderete più tardi»

4. Queste parole fecero una profonda impressione sui tre; essi poi tacquero e si dedicarono ad una meditazione intensa, mentre noi eravamo intenti ad osservare il fenomeno che continuava a manifestarsi tranquillamente a sud.

5. E dopo aver meditato tranquillamente sulle poche parole che il mago aveva appreso dalla Mia bocca, egli disse ai suoi compagni: «Udite, quest’uomo deve essere di una sapienza davvero eccezionale; perché con pochissime parole egli ha detto una quantità di cose talmente grandi, che a volerle vagliare a fondo c’è da pensare e da discutere per molti anni. Oh, se egli volesse degnarci ancora di qualche parola, come saremmo felici allora! Egli però sembra essere molto parco di parole, come tutti i grandi sapienti, poiché quello che noi, gente ancora poco savia, possiamo domandare, a loro sembra non di rado troppo meschino e vuoto, anche se la nostra ragione ritiene veramente savio quello che domandiamo. Ad ogni modo egli stesso ha detto che l’amore desta amore; dunque visto che noi lo amiamo già molto, voglio fargli ancora qualche domanda prima di scendere all’albergo!»

6. Gli altri due si dichiararono d’accordo, e il mago venne di nuovo vicino a Me e disse: «O caro e sapientissimo amico, siccome dalle tue parole ho dovuto dedurre che in te risiede una sapienza immensa, non ho potuto resistere più a lungo al veemente impulso che nell’intimo del mio cuore mi spinge a infastidirti con un’altra domanda ancora! Ecco, tu hai detto che l’amore desta l’amore; ma da ciò devo dedurre che tu ci ami e che il tuo amore per noi ha poi certo destato anche in noi l’intimo amore per te, altrimenti non potremo amarti tanto quanto in verità ti amiamo! Ma se tu ci ami come anche noi ti amiamo molto, non mi serberai rancore se mi azzarderò a sottoporti una piccola domanda ancora!»

7. Dissi Io: «Oh, per nulla affatto! Infatti voi avete abbastanza tempo per interrogarMi riguardo a quello che vi piace, come ne avete pure abbastanza per ascoltarMi; d’altro canto nemmeno a Me manca il tempo per rispondervi. Quindi tu puoi già domandare, ed Io vi risponderò alla Mia maniera.

8. Vedi però di domandare cose che siano degne di un vero uomo! Infatti l’uomo spesso si affanna per moltissime cose, e tuttavia una sola è quella che gli è necessaria; ora questa cosa fondamentale è la verità! Qualora l’uomo possedesse tutto, ma gli mancasse la verità, egli resterebbe certo, malgrado il suo tutto, l’essere più misero di questo mondo.

9. Cerchi dunque l’uomo, prima di ogni altra cosa, la verità, la quale è il vero Regno di Dio sulla Terra! Se egli l’ha trovata, allora con ciò egli ha già trovato tutto. Quindi non domandare altra cosa che non sia la verità, perché è solo di essa che voi avete bisogno!»

10. Disse allora il mago: «O nobile e savio amico, le tue parole sono molto buone e sagge! La verità in ogni campo e in ogni cosa è indubbiamente il bene supremo dell’uomo che pensa ed è perfettamente conscio di esistere: chi pensa e cerca non avverte la mancanza di nessuna cosa così tanto penosamente quanto quella tristissima della verità; ma dove la può trovare questa verità?

11. Sono già trent’anni buoni che noi stiamo cercando la verità, e appunto solo qui siamo giunti sulle sue tracce; tuttavia essa stessa nella sua pienezza di luce non siamo riusciti ancora a trovarla. E perciò io anche ora chiedo a te, che sembri averla trovata in tutta la sua pienezza: “Che cosa è la verità, dov’è essa e dove la possiamo trovare?”.

12. L’uomo che pensa poco e spesso anche niente è, come facilmente si comprende, presto contento, poiché egli accetta per verità anche la menzogna; detto in una parola: egli crede e la sua cieca fede basta per renderlo contento e beato. Del tutto differente è invece il caso dell’uomo che pensa e indaga; egli non può credere alla cieca, egli deve vedere in piena luce e vuole afferrare la verità con mano affinché la vita possa avere qualche valore per lui, poiché senza tali prove evidenti il cercatore e indagatore resta l’essere più misero, addirittura più misero del verme che si torce nella polvere della sua nullità e che vi viene calpestato, e che certamente avrà a mala pena una vaga percezione della propria esistenza.

13. Ora noi siamo appunto dei pensatori e dei cercatori, e siamo quanto mai miseri perché non possiamo trovare la verità; ma poiché qui siamo stati condotti sulle sue tracce da questo giovinetto sapiente e dotato di potenza davvero divina, e poiché tu ora ci hai fatto notare come noi ci dobbiamo occupare soltanto della verità e che, possedendo questa, noi possederemmo tutto, così noi ancora una volta ci permettiamo di chiederti come prima: “Che cos’è la verità, dov’è essa e dove la possiamo trovare?”».

 

[indice]

 

Cap. 117

Natura e sede della verità. La ricerca della verità da parte dei tre maghi.

 

1. Dissi Io: «Voi vi trovate sulla soglia del Tempio dove dimora la verità. Infatti se una verità esiste, essa deve rivelarsi nella vita e non nella morte, dato che alla morte la verità non serve a nulla. Ebbene, l’uomo vero e giusto è vero tempio della verità, e la sede della verità è nel cuore.

2. Quando un uomo cerca la verità, egli deve cercarla in sé e non fuori di sé, poiché la verità è la vita, e la vita è l’amore. Chi dunque ha senza falsità l’amore per Dio e per il prossimo, costui ha pure la vita, e questa vita è la verità e dimora nell’uomo.

3. E perciò Io proprio ora ho detto che voi vi trovate sulla soglia del Tempio della verità; quindi l’uomo è in sé la verità, la via che conduce ad essa e la vita! Avete ben compreso?»

4. Rispose il mago: «Sì, sì, o sapiente amico! Tu avrai certamente ragione ma solo per quanto riguarda la tua propria persona, perché questo non è di gran lunga ancora il caso nostro. Noi sappiamo, per averlo appreso dalla bocca del giovinetto ed ora pure dalla tua, quello che dobbiamo fare per trovare Dio, e con Dio anche ogni verità. Abbiamo già della buona semente, e avremo cura di deporla nel terreno dei nostri cuori; tuttavia come essa crescerà in noi e quali frutti porterà, questo lo vedremo solo in seguito, perché non si può raccogliere prima di aver seminato.

5. Ma la conseguenza è che in noi non c’è ancora vita, né vero amore, e quindi nemmeno verità! Ora non ci resta che la consolazione di sapere che voi, quali uomini, avete già trovato il vero Dio e con Lui la piena verità, come ce lo hanno dichiarato e dimostrato le opere del giovinetto e, non meno di queste, anche le sue parole. Dunque anche noi potremo pervenire a questa meta con la dovuta diligenza, ma per ora non vi siamo pervenuti. Ma tu conosci forse una via ancora più breve che conduce a questa? Oh, ma allora indicaci qual è, e noi ti saremo grati per sempre!»

6. Dissi Io: «Voi, a Babilonia, avete preso visione della Scrittura degli ebrei e avete ammirato la sapienza di Mosè. Voi certo conoscete la Legge degli ebrei e dite: “Sì, questa è una vera Legge, e chi la osserva, non potrà non diventare beato”. Osservatela dunque voi pure, e così diverrete beati!»

7. Disse il mago: «Amico, ci hai proprio già visto e conosciuto una volta nell’antica Babilonia che si dice sia stata un giorno la più grande città del mondo? Noi davvero non riusciamo a ricordarcene!»

8. Dissi Io: «Come il Mio servitore non ignorava dove tu tenevi custodito a casa tua il grosso diamante, tanto meno Io, che sono il suo Signore, posso ignorare quello che voi faceste a Babilonia dieci anni fa precisamente in questo periodo dell’anno, e ciò senza che per Me vi sia stata la necessità di essere personalmente presente in quella città distrutta.

9. Io vi dico che un uomo, il cui spirito ha compenetrato la sua anima, non ha affatto bisogno di trovarsi presente di persona in ogni luogo per sapere cosa succede da qualche parte, e questo perché, una volta che si è unificato con lo Spirito di Dio, in e per mezzo di questo santo Spirito egli è presente dappertutto, e vede e sente ogni cosa, e quindi anche conosce ogni cosa. Tutto ciò veramente vi è già stato detto dal Mio servitore; ora però Io ve lo confermo affinché lo teniate presente nelle vostre menti e nelle vostre azioni.

10. Dunque voi ormai sapete quello che dovete fare e quindi Io non ho più nient’altro da dirvi a questo proposito. Se però avete qualche altra domanda da fare, potete parlare!»

11. Disse il mago: «Che tu sia una persona dotata di una sapienza molto profonda, noi ne siamo ormai perfettamente convinti, perché simili facoltà di onniscienza e di onniveggenza noi le abbiamo riscontrate una volta sola in un Pirmanz dell’alta India, il quale però non ci diede alcuna spiegazione su come un uomo possa ottenere delle facoltà di questa specie. Noi lo pregammo bensì con molta insistenza, ma la sua risposta fu questa: “Voi non siete ancora maturi per questo, e non avete alcuna nozione di una vita assolutamente interiore nell’uomo. Recatevi però là dove tramonta Orione e le altre stelle che lo accompagnano in un ordine eternamente uguale, e là avrete voi stessi l’occasione di conoscere questa cosa più da vicino!”. Ma questo fu anche tutto quello che potemmo ricavare da quel sapiente.

12. Noi poi ben presto partimmo in direzione di Occidente con molte fatiche e tra molti pericoli, e dopo un lungo cercare abbiamo trovato voi che ci avete indicato, già con molti particolari in più, la via che conduce alla sapienza interiore. Chissà dunque se, proseguendo il nostro viaggio verso Occidente, noi non troviamo, come ricompensa delle nostre fatiche, nella sua interezza la sapienza umana interiore e che non arriviamo noi pure alla meta agognata.

13. Infatti durante il nostro viaggio secondo il corso delle stelle abbiamo osservato che, quanto più procedevamo verso Occidente, noi incontravamo uomini più saggi e potenti e, in generale, migliori, e i loro scritti sono tanto più ricchi di profonda sapienza, quantunque spesso molto nascosta; ora questo fu pure il caso anche dieci anni fa a Babilonia dove potemmo consultare dei libri che erano proprietà di un uomo della vostra stirpe.

14. Essi erano certo scritti in lingua ebraico-antica che noi non potemmo interpretare così speditamente come il vostro attuale idioma; tuttavia essa aveva una grande affinità col nostro antico linguaggio, e perciò la comprendemmo e potemmo anche decifrarne benissimo i segni, dato che assomigliavano molto ai nostri.

15. In quei libri noi trovammo pure una profezia, secondo la quale da parte dello Spirito di Dio sarebbe stata promessa la venuta di un Messia (intermediario) fra Dio e voi ebrei! Noi insistemmo presso quell’uomo per avere dei chiarimenti, ma egli poté darcene ben pochi, perché ci disse che il tempo e l’ora erano indicati in termini molto oscuri e vaghi e che alla profezia era aggiunta pure l’osservazione che al cospetto di Dio mille anni valgono appena quanto un giorno solo. Quindi gli ebrei avrebbero dovuto aspettare ancora a lungo il Messia promesso! Egli stesso però, per suo conto, riteneva che il profeta nel suo linguaggio figurato avesse voluto indicare qualcosa di assolutamente diverso da una reale venuta di un futuro Intermediario divino!

16. Ma poiché ormai siamo entrati in questo argomento e d’altro canto durante le poche ore della nostra permanenza qui ci siamo convinti a sufficienza del fatto che voi stessi siete delle persone dotate di sapienza davvero inconcepibilmente profonda, e tu poi in maniera certo del tutto particolare, io desidererei sentire anche da te la tua opinione riguardo all’Intermediario che vi è stato promesso. Cosa se ne deve pensare? Come vanno intesi lo scritto e la predizione dell’antico veggente?».

 

[indice]

 

Cap. 118

La missione del Messia. Il dibattito tra i maghi.

 

1. Ed Io gli risposi: «Eppure, in occasione della nascita dell’Intermediario, saranno già trent’anni fa, arrivarono qui dal vostro paese dei savi che Gli offrirono in dono oro, incenso e mirra; non avete appreso nulla da loro?»

2. Disse il mago: «Sì, è vero, hai perfettamente ragione; ma allora noi eravamo ancora giovani e appena agli inizi della nostra carriera, e come tali ci curavamo poco di queste cose; d’altro canto quei savi hanno fornito dei chiarimenti in proposito soltanto a pochi dei loro colleghi di pari grado, sui quali però sembra che tali notizie non abbiano fatto quella impressione che forse i tre savi principali si erano ripromessi, e noi di tutto ciò potemmo apprendere pochissimo. Da noi corse allora semplicemente la voce che al popolo d’Occidente, un tempo tanto grande e potente, era nato un nuovo re, il cui braccio avrebbe domato e cacciato via i nemici e gli oppressori del popolo stesso; poco o nulla invece abbiamo sentito riguardo al fatto che il re neonato sarebbe dovuto essere anche il Messia promesso.

3. Che quei tre savi, dopo alcuni anni, intrapresero un nuovo viaggio verso qualche luogo, questo ci è noto; ma da allora noi non abbiamo più sentito niente sul loro conto, né dove siano andati, né riguardo ai risultati del nuovo viaggio intrapreso. Sappiamo soltanto questo: essi sono partiti non rappresentando, all’apparenza esteriore, nulla di differente da quello che rappresentiamo noi, godendo cioè la fama di essere molto esperti nell’arte della magia.

4. Quello che io, o caro e sapientissimo amico, ti ho ora esposto, è la piena e pura verità, e in ciò troverai una scusa per il fatto che noi ci siamo adesso rivolti a te per avere delle notizie riguardo all’Intermediario a voi promesso. Qualora tu fossi disposto a fornirci qualche particolare su tale argomento, noi ti saremmo certo quanto mai grati nei nostri cuori!»

5. Gli dissi Io: «Ebbene, ascoltate! Appunto quel Re neonato da voi menzionato era l’Intermediario promesso, il Quale è venuto al mondo per portare una vera Luce della vita da Dio non solo al popolo d’Israele, ma a tutti gli uomini della Terra che sono di uno spirito buono.

6. Per opera Sua e per mezzo Suo tutti i popoli saranno resi felici, e diranno: “Gloria a Colui che viene, ammantato della veste dell’eterno Amore, della Verità e della Giustizia, perché Egli ha avuto misericordia dei nostri mali e ci ha redenti dal duro giogo del giudizio e della morte”.

7. Chi Gli darà ascolto e agirà secondo la Sua Dottrina, erediterà in sé la vita eterna! Ecco, noi siamo qui, e dinanzi a voi sta svelata la grande promessa! Il Sole dei Cieli e della vita eterna è sorto per i popoli, e molte migliaia già si riscaldano ai Suoi raggi che tutto vivificano, e voi siete venuti dal lontano Oriente avendo voi pure percepito un lieve raggio emanante da questo Sole.

8. Ma poiché il vostro cuore è ancora cieco, voi state cercando di continuo il Sole della vita, e non arrivate a riconoscere il luogo dove Esso si trova; tuttavia il vostro debole raggio ha avuto pur sempre il potere di farvi giungere più vicini allo stesso. Aprite dunque l’occhio del vostro cuore e interrogate le vostre stelle affinché esse vi indichino la giusta posizione di quel Sole!»

9. Disse allora il mago ai suoi compagni: «Udite! Il linguaggio di quest’uomo è davvero meraviglioso! Egli certo deve sapere come stanno le cose. Io credo che egli potrà e anche ci darà delle spiegazioni più dettagliate riguardo a cosa abbia voluto dire con la posizione di quel certo Sole della vita a cui noi saremmo giunti vicino. Pare che qui stia tutto il nocciolo della questione!

10. Secondo lui, noi dovremmo interrogare le stelle per conoscere la posizione di quel Sole al quale noi ci saremmo avvicinati, ma della cui presenza non possiamo accorgerci data la cecità del nostro cuore! Però, cosa mai potranno rivelarci le mute stelle? Noi potremmo continuare ad interrogarle per l’eternità, e non ricevere mai una risposta. Io sono dell’opinione che qualcosa di preciso, riguardo alla posizione di quel Sole della vita appena menzionatoci, noi potremo apprenderlo meglio da quest’uomo sorprendentemente saggio che non dalle stelle che non hanno potuto mai insegnarci nulla, quantunque nell’occasione delle nostre esibizioni noi, da parte di qualche spettatore, siamo stati qualche volta interrogati riguardo a fatti e a circostanze che ci erano noti già da molto tempo, ma dei quali noi asserimmo sempre dinanzi al popolo, in tono sapiente e quanto mai serio, che li avevamo letti nelle stelle. Eh sì, il popolo cieco credeva a tutto, soltanto noi non vi credevamo, e questi che sono qui ci crederebbero ancora meno, in quanto essi si trovano nella piena luce della verità.

11. Con l’interrogare le stelle non c’è quindi niente da fare, perché delle stelle noi sappiamo fin troppo bene cosa pensare; a qualcosa di concreto si potrà invece arrivare con questi savi, a condizione di procedere con estrema accortezza, altrimenti finiremmo con l’apprendere da loro precisamente altrettanto quanto interrogando le stelle!»

12. E uno degli altri maghi allora osservò: «Procedere con accortezza sarebbe bello e buono, sempre che noi riuscissimo a fare così! Ma alla fine a che cosa vorremmo arrivare con tutta la nostra accortezza? Questi sapienti sanno già molto tempo prima tutto quello che essa potrebbe suggerirci più tardi! Io invece penso che la maggior prova di saggezza noi potremmo darla accontentandoci di quanto abbiamo imparato finora, e rimettendo tutto il resto nella loro buona volontà, perché, volendo esercitare una certa pressione su di loro, non ne ricaveremo proprio molto. Oltre a ciò io stesso vedo ora molto ben chiaro che noi non siamo di gran lunga ancora maturi per delle verità superiori e più profonde per quanto riguarda l’unico e solo vero Essere divino nonché la vita spirituale interiorissima dell’uomo.

13. Noi possiamo invece pregarli che sia gradito loro indicarci la via più breve possibile che conduce alla luce interiore di verità e di vita, poiché certo sappiamo per nostra esperienza che un uomo può ottenere grandi e svariate capacità anche con il proprio pensiero e con la propria ricerca, ma è innegabile che con l’aiuto di una savia ed esperta guida egli giungerà molto più presto e con molta maggiore sicurezza ad ogni tipo di conoscenze e di capacità! Per conseguenza io sono del parere che se ricevessimo delle indicazioni brevi ma assolutamente precise ciò farebbe al nostro caso molto di più di una quantità di domande fatte inutilmente, le cui risposte, per quanto esatte e vere, ci gioverebbero a poco, dato che noi non potremmo comprenderle. A mio modo di vedere noi non possiamo nemmeno domandare quello che ci occorre, perché non lo sappiamo neanche noi stessi e quindi non conosciamo neppure quello che ci manca veramente. Ma questi sapienti invece lo sanno sicuramente meglio di noi, quindi la mia opinione è che conviene rimettere la cosa al loro criterio molto più savio del nostro»

14. Disse il primo dei maghi: «Davvero, tu nella tua ben nota semplicità sei più saggio di me nonostante la mia molta scienza e conoscenza! Dunque noi ci atterremo alla tua opinione, perché è un fatto che col pregare si va sempre più solleciti che non, in certo modo, con l’esigere. Ma ora va considerata anche un’altra questione, e cioè se noi dobbiamo trattenerci ancora qui o se dobbiamo scendere in città»

15. Osservò il mago che aveva parlato prima: «Secondo il parere espresso dal sapiente giovinetto, noi veramente dovremmo restare, considerato che i nostri compagni laggiù sono già avvisati che per oggi abbiamo trovato alloggio qui; ad ogni modo il capo sei tu, e quindi a te spetta il diritto di decidere sul da farsi in questo caso»

16. Disse il capo: «Qui veramente è soltanto il nostro buon senso che deve decidere cosa dobbiamo fare! Se i nostri laggiù sono provvisti di quanto occorre loro, io credo che possiamo fermarci qui nonostante l’aria abbastanza fresca che spira, e ciò almeno finché questi savi non vogliono ritirarsi per andare a riposare. Io penso insomma che non abbiamo che da guadagnare restando in loro compagnia»

17. E gli altri due conclusero: «Questa tua opinione è pure la nostra; ora però lasciamo da parte le domande, e attendiamo invece che si presenti la buona occasione per pregarli di indicarci quello che ci occorre per arrivare a riconoscere la pura verità!».

18. Con ciò tutti e tre furono pienamente d'accordo e andarono a riposare.

 

[indice]

 

Cap. 119

I fenomeni vulcanici nella zona del Mar Morto. Agricola vede i Sodomiti di

un tempo nel regno degli spiriti. Il grado di beatitudine degli spiriti.

 

1. Frattanto le vampate nei paraggi del Mar Morto erano andate facendosi sempre più intense e violente, ed erano più frequenti rispetto all’inizio; questo spettacolo naturale assomigliava molto ad un lampeggiare violento e lontano e, com’è facile comprendere, offrì molto materiale per ogni genere di considerazione.

2. Lazzaro stesso confessò che non aveva mai assistito in vita sua ad un fenomeno così violento; anche gli ebrei-greci affermarono altrettanto, né meno grande fu la meraviglia dei poveri servi ed operai che stavano con l’adultera, che era ancora presente, e quella della bella Hèlia con i suoi familiari.

3. Soltanto i romani contemplavano quello spettacolo naturale con occhio perfettamente indifferente, e Agricola Mi disse: «O Signore, questo spettacolo che ci offre la natura è abbastanza interessante, però non si può paragonare a quello dei nostri vulcani!»

4. Ed Io gli osservai: «Oh, senza dubbio, come spettacolo esteriore sono certo più belli i vostri vulcani, ma nonostante ciò essi non sono più degni di nota di questo lago, perché in questo lago giace sepolta una grande storia molto triste dell’umanità; come pure nel Mar Caspio che voi romani conoscete bene. Quindi questi fenomeni qui sono molto più notevoli di quelli dei vostri vulcani che Io conosco assai bene, e dei quali pure so che uno di essi, il Vesuvio, durante una violenta eruzione manifestatasi solo pochi decenni fa, ha seppellito completamente un paio di città!

5. Ma questo fenomeno qui è tuttavia molto più interessante, per la ragione che a questa lotta naturale partecipano molte migliaia di anime umane, le quali vengono trascinate dagli spiriti naturali in un vano combattimento contro di Me, mentre durante le manifestazioni dei vostri vulcani non entrano in azione che gli spiriti naturali che si schierano contro le leggi del Mio Ordine. E vedi, è qui che c’è un grandissimo divario!

6. Ma affinché tu questa cosa possa osservarla ancora con maggiore chiarezza, Io adesso ti aprirò per alcuni istanti la vista interiore, e tu potrai vedere delle cose quanto mai strane!»

7. Nello stesso momento ad Agricola fu aperta la vista interiore, ed immediatamente un grido angoscioso sfuggì dalla sua bocca: «O Signore, liberami da questa visione! È uno spettacolo orrendo e mostruoso! Oh, che figure spaventose! Le Furie[22] che noi ci siamo inventate sono un niente al confronto! Tutto il lago e tutta l’atmosfera fino a molto oltre la regione delle nuvole sono pieni zeppi di esseri dalle facce orrendamente stravolte! E che battaglia si combatte laggiù! Gli uomini della Terra non ne hanno certo mai combattute di simili. È davvero una scena di una ferocia e di una crudeltà inaudite! Ma qual è veramente lo scopo cui tendono quegli esseri mostruosi con questa lotta?

8. Ora però io vedo che una quantità altrettanto grande di figure bianche dall’aspetto serio e bello si affrettano verso quei luoghi, e dinanzi a queste gli altri esseri spaventosi si danno alla fuga; cosa sono dunque quelle bianche figure umane che accorrono sul campo di battaglia?»

9. Risposi Io: «Le figure orride che vedi sono i Sodomiti di una volta; essi vengono sempre più ammansiti con questa guerra che vogliono condurre contro di Me, e le figure bianche che accorrono verso il luogo della lotta sono degli spiriti che noi chiameremo spiriti della pace e dell’ordine, i quali hanno appunto la mansione di ripristinare l’ordine turbato.

10. Il vento però, molto fresco per il senso esteriore, che adesso spira da Settentrione non è altro che l’espressione dell’accorrere di quei numerosi spiriti bianchi, dinanzi ai quali i furiosi e maligni spiriti del fuoco che sorgono dal lago prendono la fuga. Dunque se sei ormai sazio di guardare quello spettacolo, ritorna al tuo stato naturale!»

11. Nello stesso istante Agricola si trovò in condizioni naturali e Mi chiese: «Signore, Signore, dall’epoca della distruzione di Sodoma, Gomorra e delle altre dieci città, saranno certo trascorsi già ben più di millecinquecento anni; ma le anime vissute nei corpi di allora non sono ancora pervenute ad una conoscenza un po’ più chiara nel regno degli spiriti?»

12. Gli risposi Io: «Purtroppo, o amico Mio, tu stesso hai potuto vedere adesso una prova molto piccola di quanto sia difficile nell’aldilà migliorare un’anima completamente corrotta, anche solo nella misura in cui essa arrivi ad intravedere da sé la sua immensa perfidia, e a comprendere che, come tale, essa non può giungere ad uno stato libero e beato!

13. Quando un’anima comincia ad intravedere questo, allora da se stessa si fa nemica della sua antica perfidia, e comincia a disprezzarla e ad aborrirla, e cerca di migliorarsi in se stessa; se poi ogni tanto ricade in qualche vecchio peccato, non vi persiste più, ma lo deplora e non brama più di commetterlo nuovamente; così vengono frenate e attenuate gradatamente le sue passioni malvagie, e conseguentemente in una simile anima va così facendosi una luce sempre maggiore.

14. E poiché la cura di un tale miglioramento di un’anima maligna è affidata anzitutto ai bianchi spiriti della pace che tu hai visto, un’anima di questo tipo che ha intrapreso la via del ravvedimento passa in primo luogo sotto la custodia di tali spiriti, e là si esercita nella pazienza, nel buon ordine e nella quiete.

15. Una volta arrivata a crearsi una solida base di vita, essa può trapassare ad uno stato ancora migliore, che però ai suoi occhi non deve apparire in qualche modo come un premio per essersi migliorata, ma come una conseguenza assolutamente naturale del suo ordine interiore! Infatti se un’anima che si è migliorata in questo modo in seguito ad un lavorio del tutto impercettibile, si accorgesse che il suo stato migliore rappresenta un dono fattole da Me per premiare le sue fatiche, come del resto effettivamente è, ben presto in lei si ridesterebbe l’antico egoismo, ed essa allora certo si sforzerebbe ancora di più di migliorarsi maggiormente e di pervenire a maggiore luce, però al solo scopo di ottenere un premio ancora più grande, e non per il fatto di rendersi migliore e più pura in se stessa esclusivamente per amore del bene!

16. Dunque, per queste ragioni facilmente comprensibili, il processo del vero miglioramento di un’anima degenerata nell’aldilà si svolge davvero molto lentamente. Infatti se un’anima deve venire conservata perché continui a vivere, bisogna che la Mia Onnipotenza eserciti il suo influsso su di lei solamente nella misura che consenta a tale anima di comprendere che le sue cattive condizioni di vita sono una necessaria conseguenza del suo perverso agire; solo così è possibile migliorare veramente e in maniera vivente una simile anima in sé e da sé. Che ciò avvenga prima o dopo, alla fine è lo stesso al Mio cospetto, ed è lo stesso di fronte all’eternità entro la quale tutte le epoche passate e future si uguagliano completamente, e così pure al Mio cospetto è la stessa cosa che un uomo sia vissuto nel corpo su questa Terra molte migliaia di anni prima oppure dopo di un altro uomo, perché nell’eternità l’uomo che avrà visto per primo la luce di questo mondo non godrà di nessun privilegio rispetto a quello che questa luce l’avrà vista per ultimo.

17. Tuttavia per l’anima stessa è indicibilmente meglio se il raggiungimento della completezza della vita in lei avviene al più presto possibile, perché in questo caso essa in primo luogo ha certamente meno da soffrire, e in secondo luogo un’anima zelante deve necessariamente avere moltissimi vantaggi rispetto a una che sia pigra e zoppicante! Già qui sulla Terra un viaggiatore che si sia messo in cammino con tutta lena molti giorni prima, deve avere un considerevole vantaggio rispetto ad un altro viaggiatore che sia invece titubante e pigro e che per lungo tempo non si decidesse ad intraprendere il viaggio. Mentre il primo gode già da lungo tempo in piena misura i vantaggi del suo zelo e della sua diligenza, il pigro invece ha a mala pena tentato un primo passo verso la meta lontana, e anche facendo questo egli ha girato già varie volte il capo tutto perplesso e incerto se tentare ancora un secondo passo, oppure se restarsene a casa propria. Ma ecco che, se un simile spirito pigro e privo di intraprendenza deve patire gli stenti ancora per lungo tempo in grande povertà mentre il suo zelante vicino lo ha preceduto di molto ed è venuto in possesso di considerevoli beni, è ben evidente che il pigro non viene a trovarsi affatto in una situazione di vantaggio particolarmente invidiabile rispetto allo zelante, ma succede esattamente il contrario, poiché chi una volta è passato avanti, conserva il vantaggio acquisito per l’eternità, e non viene mai più raggiunto da chi gli viene dietro zoppicando.

18. Di fronte a Me stesso, la cosa non fa certamente differenza, poiché Io sono e rimango Tale e Quale Io eternamente ero; invece ci saranno dei divari infinitamente grandi tra i vari gradi di beatitudine degli spiriti! Comprendi tu, o amico Mio, questa cosa?».

 

[indice]

 

Cap. 120

Le domande di Agricola sul modo di guidare gli uomini.

 

1. All’udire queste Mie parole Agricola fece un’espressione quanto mai meravigliata e disse: «O Signore, Tu solo, Quale l’Essere assolutamente più indipendente e libero in tutta l’infinità, hai il potere di esprimerTi in simile modo di fronte a noi uomini! È vero che se io, anche dopo un tempo inimmaginabilmente lungo, giungo ad un certo grado di beatitudine e poi ho dinanzi a me un eterno avvenire beato, il precedente stato di infelicità, durato sia pure un numero incommensurabile di anni terrestri, si riduce infine a nulla. Ma anche un solo giorno di miseria e colmo di tormento e di affanni rappresenta esso pure qualcosa per l’uomo, e allora, ammesso che di questo rimanga il ricordo, resta ben da vedersi se un’eternità potrà offrirmi o mi offrirà pieno risarcimento per le sofferenze sopportate.

2. Noi infatti siamo diventati miseri cittadini di questo mondo unicamente a causa della Tua onnipotente Volontà; ci siamo trovati a convivere con degli uomini che sono simili agli animali feroci, non abbiamo ricevuto altra educazione all’infuori di quella di un paganesimo egoista e tirannico, cioè di un cumulo di menzogne e di inganni di ogni specie che abbiamo dovuto accettare per sante verità, e che se, appena giunti ad una maggiore maturità e chiarezza nella propria ragione, non le avessimo accettate o le avessimo addirittura combattute, si sarebbe finiti schiacciati e distrutti come un qualunque insetto immondo, perché di simili esempi terrificanti io ne conosco fin troppo bene a migliaia!

3. Ma data un’educazione di questa specie del tutto priva di un qualsiasi elemento spirituale e divino, cosa posso infine diventare io pure se non una bestia selvaggia e feroce sotto sembianze umane? Ebbene, ma per essere diventato tale, come del resto non sarebbe stato possibile che tale non diventassi, io dunque per questa ragione vengo rigettato da Te per un tempo indicibilmente lungo, né ho a mia disposizione qualche mezzo per potermi aiutare nella mia grande miseria!

4. E allora di fronte a Te, l’unico vero Dio, si impone la domanda importantissima: “Perché a causa della Tua onnipotente Volontà io sono dovuto diventare un uomo su questa Terra? Prima certo io ero un assoluto nulla, non sono mai esistito, né mai ho voluto esistere! Perché allora io sono diventato uomo?

5. Ma poiché lo sono diventato non per mia volontà, ma unicamente a causa della Tua onnipotente Volontà, io domando: “Perché la Tua Provvidenza sapientissima non ha disposto in modo che io potessi venire a questo mondo subito in condizioni tali da permettermi di diventare pienamente un uomo secondo il Tuo Ordine? Perché io dovetti diventare prima una fiera, peggiore di tutti i leoni, le pantere, le tigri e le iene?”

6. Ecco, o Signore, questo è un problema ben importante! È bensì vero che tutti gli uomini devono provare un giorno la morte della carne! Ma l’aspetto immensamente triste della questione sta nel fatto che noi nell’aldilà dobbiamo attenderci in compenso un periodo di tempo quasi infinito di morte delle nostre anime che la Tua Onnipotenza ha irrevocabilmente destinato per noi, miseri mortali! Ora questa è una cosa che alla mia sapienza ancora molto miope appare davvero immensamente strana! Infatti io, quale giudice di grado supremo a Roma, in omaggio ai princìpi della mia sana ragione non potrei mai, in via assoluta, condannare un fanciullo che avesse peccato contro i propri genitori, e ciò tanto meno in quanto non può certo dipendere dal fanciullo se per colpa non sua egli ha ricevuto un’educazione cattiva e alle volte addirittura miseranda. Sarebbe bastato che i genitori lo avessero allevato ed educato diversamente, vale a dire rettamente, e allora anche il fanciullo si sarebbe senza dubbio comportato in modo differente verso di loro! Ma alla fin fine di tutto ciò non si può attribuire gran colpa nemmeno ai miseri genitori, perché essi stessi non hanno mai avuto una educazione migliore, e quindi non avrebbero potuto dare ai loro figli qualcosa di meglio di quanto essi stessi possedevano!

7. Ma Tu, mio Signore e mio Dio, possiedi dall’eternità quanto vi è di infinitamente migliore e potresTi anche dare ai poveri uomini, alle Tue creature dunque e figli Tuoi, quanto vi è di meglio per il loro cuore e per la loro anima; Tu invece molto saggiamente non fai così, ma gli uomini devono prima abbassarsi al livello dei più terribili animali da preda, e solo dopo li visiti con i Tuoi aspri giudizi, così che solo pochi possono dire: “Il Signore del Cielo e della Terra ha finalmente di nuovo avuto pietà di noi!”

8. O Signore, perdonami se ora ho parlato così francamente come l’avevo nel cuore! Ma a ciò mi ha indotto il Tuo contegno davvero misterioso verso i tre maghi; può forse venire loro imputato a colpa se non sono diversi da quello che sono? Da molto tempo essi Ti stanno cercando senza poterTi trovare, ed ora che Ti sono giunti vicino, non vuoi ancora rivelarTi a loro! O Signore, dimmi dunque perché da parte della Tua illimitata Sapienza deve essere così, considerato che, d’altro canto, il Tuo paterno Amore e la Tua Bontà vogliono certamente che tutti gli uomini diventino felici, sapienti e beati! Infatti, con questo continuo infierire l’uno contro l’altro, è evidentemente impossibile immaginare che essi possano raggiungere un giorno la meta della vita che Tu hai posto a loro! Ecco, o Signore, io Ti prego di darmi qualche chiarimento a questo riguardo».

 

[indice]

 

Cap. 121

La guida dell’umanità. Riconoscimento, intelletto e libera volontà.

 

1. Gli dissi Io: «Se la tua memoria fosse migliore di quanto effettivamente è, tu potresti benissimo ricordare come precisamente questo punto Io lo abbia affrontato già varie volte e spiegato in una maniera facilmente comprensibile. Sennonché la tua memoria si è fatta già un po’ più debole di quanto era una volta, e quindi ti è sfuggito quello che Io già spesso ebbi a dire riguardo all’argomento da te proposto; tuttavia ciò non fa niente, considerato che abbiamo ancora tempo e che posso dare a voi tutti ancora una volta qualche spiegazione in proposito; ascoltateMi dunque!

2. Colui che non ha mai creato un Sole, una Luna, un pianeta, delle piante, degli animali e degli esseri umani, certamente non sa nemmeno come si debba fare per guidare tutte queste creature, per mantenerle e per avviarle alla loro meta principale e finale! Io invece so tutte queste cose, ed ho stabilito un Ordine eterno all’infuori del quale nessuno può proporsi un qualche altro scopo, né, meno ancora, raggiungerlo.

3. Ora l’uomo, quale immagine perfetta del Mio Essere, deve avere pure una volontà assolutamente libera, attraverso la quale egli è chiamato a trasformare se stesso nella sua parte spirituale, a consolidarsi e a rendersi autonomo dalla Mia Onnipotenza, per vivere un giorno beato ed operare al Mio fianco quale un essere forte, libero, autonomo e dotato di potenza propria.

4. Vedi! Tutte le creature sussistono sotto le Mie leggi del “dovere assoluto”, e ciò vale anche per l’uomo per quanto riguarda il suo corpo; invece non è così per l’anima e lo spirito umano, e precisamente per ciò che riguarda la volontà e il libero riconoscimento; la forma e la disposizione vitale dell’anima in tutte le sue parti sono naturalmente pure un prodotto della Mia Volontà costrittrice, tuttavia solamente nella misura in cui esse, appunto mediante la libera volontà nell’uomo, possono venire o molto nobilitate e consolidate, o viceversa molto degradate e indebolite.

5. All’uomo però la libera volontà servirebbe a poco o a nulla, se in lui non vi fosse la capacità di un libero riconoscimento e di una intelligenza derivata dal riconoscimento stesso, la quale indica alla volontà quello che è buono e vero e quello che è cattivo e falso.

6. Solo quando l’uomo ha così arricchito le proprie conoscenze e destato e acuito il proprio intelletto, allora segue la Rivelazione della Volontà divina la quale traccia all’uomo le vere vie che conducono alla vita eterna e a Dio. L’uomo poi può accogliere, ma anche non accogliere una simile Rivelazione, dato che anche di fronte a Dio egli deve disporre di una volontà assolutamente libera, senza la quale egli non sarebbe un uomo, ma sarebbe un semplice animale il quale non ha una propria libera volontà, ma ha soltanto un istinto al quale esso non può opporsi.

7. Originariamente venne però posta sulla Terra un’unica coppia umana, e all’uomo fu dato il nome di Adamo e alla donna quello di Eva. Questa prima coppia umana venne dotata da Dio di tutte le capacità; essa possedeva cognizioni vaste e profonde, un chiarissimo intelletto e una libera volontà quanto mai possente, dinanzi alla quale doveva inchinarsi ogni altra creatura.

8. Ed oltre a tali capacità, questa prima coppia umana ottenne dalla bocca di Dio anche una Rivelazione chiarissima e comprensibilissima che, in modo evidente e libero, le indicò quello che avrebbe dovuto fare allo scopo di raggiungere, per la via più breve e più facile, la meta che le era stata posta da Dio; oltre a questo, però, Dio fece pure capire a tale prima coppia umana che essa era assolutamente libera di agire anche contro la Sua Volontà rivelata, qualora essa avesse voluto operare secondo gli impulsi della carne e della materia del mondo; in questo modo, però, essa si sarebbe preparata un giudizio e quindi anche la morte.

9. Ora avvenne che per un certo tempo le cose procedettero molto bene; sennonché ben presto il desiderio sensuale, simboleggiato da Mosè con un serpente, trionfò sulla conoscenza del buono e del vero desunta dalla Rivelazione divina, e la coppia violò il Comandamento per vedere cosa sarebbe successo.

10. Ebbene, quello che un giorno fece la prima coppia umana, esattamente così fanno ora quasi tutti gli uomini.

11. Dio non ha finora mai mancato di fare delle Rivelazioni piccole e grandi, ma con ciò non ha mai costretto nessuno ad agire conformemente alle stesse; beato però colui che ne fa tesoro e vi conforma la propria vita!

12. La prima coppia umana aveva certo ricevuto da Dio la più pura e la migliore educazione, e poteva tramandarla incorrotta a tutti i suoi discendenti; ma considera invece l’umanità di duemila anni più tardi, all’epoca di Noè, e vedrai tale umanità trasformata in una legione di perfidissimi demoni!

13. Ai primi uomini della Terra è mancata forse la migliore educazione? Oh, no! Non l’hanno essi forse trasmessa anche ai loro figli? Senza alcun dubbio, anzi sempre nel senso più puro! Ma gli uomini percepivano in loro anche l’impulso di agire contro i Comandamenti di Dio, perché ciò procurava soddisfazione alla loro carne, e fu così che essi provocarono la massima rovina della loro vita e si resero completamente dimentichi di Dio; e quando Dio mandava loro dei messaggeri per esortarli paternamente a fare ritorno a Lui, questi venivano ben presto messi al bando, cacciati via, e alcuni addirittura uccisi, e ciò qualche volta anche nella maniera più crudele!

14. Le cose infine giunsero al punto che gli uomini che si erano allontanati da Dio vollero perfino distruggere la Terra, e allora la loro misura divenne colma. Essi stessi aprirono le cateratte delle immense acque sotterranee che poi si riversarono su questi scellerati e li affogarono tutti.

15. Ma questo non fu dunque affatto un giudizio rigorosamente proceduto dalla Volontà di Dio, ma fu solamente un giudizio che Dio lasciò che si compisse, perché così doveva compiersi per come era strutturata internamente la Terra. E infatti, se tu ti getti giù da una rupe e il tuo corpo si sfracella sulle rocce sottostanti e muore, questo è pure un giudizio sceso su di te, però non procedente dalla Volontà di Dio, ma dalla precisa sistemazione e dalla conformazione della Terra che l’uomo col suo intelletto è benissimo in grado di riconoscere, poiché egli non ignora come ogni cosa pesante debba precipitare verso il basso!

16. Dunque su questa Terra non esiste un uomo così privo di risorse da non potersela cavare da solo purché lo voglia sul serio; ma dato che egli già dai suoi anni giovanili non vuole che sia così, deve infine ascrivere a se stesso la colpa se precipita nella miseria! E quello che qui dico del singolo individuo, vale pure per un intero popolo.

17. Non c’è popolo su tutta la Terra che non potrebbe cavarsela benissimo, purché lo volesse; ma dov’è la volontà?! Sì, per compiere le opere del male, di volontà esso ne ha in sovrabbondanza, ma invece per quelle del bene e del vero puramente spirituale la volontà gli manca, perché queste ultime non soddisfano i sensi della carne, e allora l’anima di un simile individuo privo di ogni volontà del bene trapassa, come quelle di un intero popolo, nel giudizio e nella morte della materia. E a questo punto non riesce e non vuole più cogliere, abbracciare e comprendere nessuna cosa che sia dello spirito, della sua luce e della sua vita. Ecco perché quando si vuole scuotere dal loro sonno simili anime, esse si infuriano, si rivoltano selvaggiamente contro coloro che hanno voluto destarle e si scagliano loro addosso come i lupi sul gregge delle pecore, e le strangolano e sbranano senza riguardo né pietà!

18. Ma è forse in qualche modo Dio il colpevole se gli individui di questo tipo, per le ragioni già nominate, restano immersi nella più ampia e grossolana cecità dell’anima e in questa continuano a rimanere per delle decine di secoli? Ma se Dio poi fa scendere su costoro un giudizio ammonitore, questa è certo una cosa buona, saggia e ispirata a sollecitudine paterna, perché soltanto una grande miseria della carne è atta a distogliere l’anima dalla materia e a farla rivolgere allo spirituale. Comprendi tu questo?»

19. Risponde Agricola: «Sì, o Signore, tutto ciò adesso mi è perfettamente chiaro, e io Ti prego di essere indulgente se prima ho osato interpellarTi con una forma forse un po’ aspra, ma prima i miei occhi vedevano ben poco»

20. Ed Io osservai: «A Me piacciono gli uomini del tuo carattere, perché essi prendono sul serio la ricerca della verità! Ma adesso dedichiamoci di nuovo a contemplare i fuochi laggiù!».

21. Allora nella compagnia subentrò nuovamente la calma, e soltanto i tre maghi si ritirarono alquanto da parte e si scambiarono le loro impressioni sul Mio conto.

 

[indice]

 

Cap. 122

I maghi riconoscono il Signore.

 

1. E il capo dei maghi disse agli altri due: «Stiamocene quieti adesso, perché tutto mi fa credere che in questo sapiente noi dobbiamo trovare lo Spirito di Dio; davvero, nessun uomo ha mai usato le parole che quest’uomo ha tratto fuori da sé!»

2. E così essi continuarono per qualche tempo. Noi intanto riposavamo e stavamo osservando lo spettacolo sempre mutevole dei fuochi.

3. Quando Io ripresi a ragionare di varie cose, i maghi si avvicinarono di nuovo e stettero in ascolto di quanto stavo esponendo riguardo alla costituzione della Terra e agli svariatissimi fenomeni che si manifestano in essa e su di essa.

4. E avendo poi Io terminato queste spiegazioni, che del resto avevo dato varie volte già in precedenza, il mago principale disse ai suoi compagni: «Simili cose le può conoscere con tanta chiarezza soltanto Colui che ha creato la Terra, e che quindi sa esattamente come essa è fatta tanto di dentro, quanto di fuori!»

5. Allora il mago si sarebbe volentieri rivolto a Me con varie domande, ma non se ne sentiva il coraggio. Io però lo invitai ad avvicinarsi e gli permisi di rivolgerMi quante domande avesse voluto, assicurandogli che Io non avrei mancato di dargli delle giuste risposte.

6. E allora egli si presentò dinanzi a Me con grande reverenza e disse: «O Signore, Signore, cosa dovrei e cosa potrei chiederTi ancora? Tutte le mie inchieste di prima tendevano unicamente a trovare l’unico vero Dio, a riconoscerLo e ad adorarLo infine nel mio cuore! Io però ora ritengo di aver trovato in Te appunto Colui che da così lungo tempo ho cercato invano, e quindi non mi resta più nessuna domanda da fare; devo invece pregarTi di avere la compiacenza di far conoscere pure a noi, stranieri, qual è la Tua Volontà. L’osservare questa nella maniera più scrupolosa sarà il compito più sacro della nostra vita.

7. Che cosa dobbiamo fare per renderci degni della Tua Misericordia e della Tua Grazia e per poter essere così partecipi della vita eterna delle nostre anime dopo la morte del corpo? O Signore, Ti preghiamo di dirci soltanto questa cosa»

8. Gli dissi Io: «Siete già tanto sicuri che in Me risieda Colui che avete cercato da così lungo tempo e che pure non siete riusciti a trovare?»

9. Rispose il mago: «Questo me lo ha già detto il mio sentimento prima, quando affermasti apertamente Chi sei, rivolgendo le Tue sante parole all’uomo che Ti sta vicino. Quindi in me non esiste più alcun dubbio che Tu sia proprio Colui per il Quale noi Ti adoreremo nel nostro cuore.

10. Non per nulla il Tuo giovane servitore ci ha prima avvertito che noi eravamo giunti vicino alla grande luminosa verità! Ecco, Tu stesso sei la grande e luminosissima Verità e l’Intermediario fra il Tuo Spirito e gli uomini. Chi possiede Te, possiede tutto: Luce, Vita, Sapienza e Forza!

11. Si può averTi, però, solo dopo aver riconosciuto la Tua Volontà e dopo essersi resi attivi conformemente a tale Volontà, poiché nessun essere creato, e quindi finito, può mai avere il Tuo Essere, dato che Tu in Te sei il Dio da eternità in eternità; l’uomo però può avere la Tua santa Volontà che gli viene rivelata, e secondo questa può anche operare con tutte le sue forze. Se fa così, egli ha allora Te stesso in sé, Ti riconosce, Ti ama e Ti adora!

12. Quindi io con tutto il mio fervore Ti prego ancora una volta di avere la compiacenza di annunciarci la Tua santa Volontà, affinché noi possiamo poi dire in maniera vivente: “O Signore e Padre dall’eternità, la Tua Volontà sia fatta anche in noi, tramite noi e per noi, affinché i Tuoi santi occhi possano trovare compiacimento pure in noi, Tue creature e figli del Tuo Amore!”»

13. Dissi Io: «O amico Mio, molto giusto e vero è stato il tuo pensiero, né meno vere e giuste sono state le tue parole; però tu consideri Me - un uomo terreno in tutto e per tutto simile a te – come l’unico vero Dio! Ma non ti rendi conto che Io pure sono nato da donna e che sono come te un essere di carne, di sangue e di anima? Pensi dunque che Dio abbia avuto un principio, e che quindi sia potuto venire partorito a somiglianza di un qualsiasi altro uomo?»

14. Rispose il mago: «L’eterno Dio, il cui Spirito in tutta la pienezza della Potenza dimora evidentemente in Te, non ha certo mai avuto principio, né avrebbe mai potuto venire partorito su questo mondo come uomo in maniera naturale; questo Dio però Ti ha rivestito di un corpo, e Ti ha mandato a questo mondo come un vero Intermediario, e Ti ha colmato di tutta la Potenza del Suo Spirito.

15. Chi dunque vede e riconosce Te, vede pure Colui che è in Te; e chi fa secondo la Tua Volontà, costui ben presto anche Lo riconoscerà in se stesso! Tu stesso sei già del tutto Colui che noi tre per tanto tempo abbiamo cercato invano, e questo resterà per noi un’incrollabile norma di fede.

16. Oltre a ciò, con questo amico che credo sia un romano - considerato che anche in altri posti ne ho visti di simili a lui, dei quali mi si disse che erano dei romani - Tu hai parlato prima come soltanto Dio può parlare; ma ciò conferma ancora di più la verità della nostra opinione, ed esclude assolutamente ogni supposizione contraria. Tu certo avrai le Tue savissime ragioni per non rivelarTi ancora completamente a noi, né questa cosa noi la richiediamo da Te, dato che di gran lunga non ce ne reputiamo ancora degni. Noi inoltre non richiediamo da Te, o Signore, nemmeno alcun segno come prova ulteriore che sei Tu appunto il Cercato da noi per tanto tempo e l’ormai pienamente Trovato.

17. Le parole dette e i segni operati dinanzi a noi dal Tuo servitore sono delle prove già più che sufficienti, ma il segno più grande e più valido noi lo troviamo nelle parole santissime che abbiamo udito dalla Tua bocca, perché esse ci hanno chiarissimamente dimostrato che cose simili soltanto Dio può enunciarle traendole da Sé e mai un semplice uomo!

18. Considerato dunque che siamo perfettamente convinti di questo, noi Ti preghiamo, nonostante la nostra grande indegnità, di dichiararci cosa dobbiamo fare per essere resi partecipi della vita eterna delle nostre anime e della Tua Grazia»

19. Ed Io risposi: «Ebbene, se voi proprio avete piena fede che Io sono il Signore, allora fate secondo quanto vi ha detto prima il Mio servitore; così facendo avrete vita e sarete beati! Amate Dio sopra ogni cosa e il prossimo vostro come voi stessi, insegnate ad amare nello stesso modo anche ai vostri figli e agli altri vostri familiari, e non reputate voi stessi, quali uomini, superiori al vostro prossimo a causa dei vostri grandi tesori terreni; fate agli altri quello che ragionevolmente vorreste che essi facessero a voi; così voi avrete vita e la Grazia di Dio sarà sempre con voi!”.

20. E se già conoscete la Legge di Mosè, vedete di osservarla in tutte le sue parti, poiché in questa Legge sono indicate all'uomo le norme migliori e più pure dell'ordine della vita. Chi si attiene a questa Legge, costui già ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo suo come se stesso; ma in queste leggi è contenuta altresì tutta la sapienza della vita, della quale altri sapienti più antichi ancora non avevano dato all’umanità che qualche piccolo saggio appena.

21. Se per voi la Parola ha valore di prova suprema della Mia divina Missione, restate anche fedeli alla Parola e conformate alla stessa le vostre opere; così facendo avrete in voi la vita! Io però non intendo alludere alla vita transitoria del corpo, ma a quella eterna delle vostre anime! Comprendete bene queste cose?!».

 

[indice]

 

Cap. 123

L’accoglienza della Parola del Signore in India.

 

1. Disse il mago: «Considerato che sei Tu a dircelo, o Signore, noi lo crediamo fermamente e, secondo queste massime, opereremo forse più scrupolosamente di qualsiasi altro popolo della Terra! Ora però si presenta un altro problema: dobbiamo ritornare in India per viverci ritirati, oppure dobbiamo fuggire questo antico paese del vizio come i nostri peggiori mortali nemici, o dobbiamo forse far ritorno in patria per mostrare ai ciechi la Luce che dopo un lungo cercare noi abbiamo finalmente trovato? Noi avevamo certo deciso di evitare per sempre il nostro paese natio del quale conosciamo fin troppo bene le condizioni e di cercare di trascorrere il resto della nostra vita tra popoli stranieri, ma considerato che noi abbiamo ora trovato in Te Colui per amore del Quale molto tempo fa’ abbandonammo la nostra patria, questa circostanza può avere grande influenza sulla nostra prima decisione, e perciò noi vorremmo conformarci pienamente alla Tua Volontà anche a questo riguardo»

2. Dissi Io: «Qui vi conviene non dimenticare una cosa: un profeta in nessun luogo è tenuto tanto in poco conto quanto nella propria patria! Voi, presso i vostri compagni, avete la fama di individui un po’ esaltati; essi vi hanno indotto ad intraprendere dei lunghi viaggi perché con i vostri discorsi qualche volta li avete fatti entrare in conflitto con la loro coscienza! Qualora dunque voi ritornaste in patria provvisti di una vera Luce, potreste attendervi una cattiva accoglienza da loro, e un’accoglienza ancora peggiore poi da parte del popolo quanto mai abbruttito. Dunque, per la salvezza delle vostre anime è meglio che vi atteniate alla vostra decisione iniziale. Mandate invece in patria i vostri servitori con l’incarico di mettere in regola i vostri affari a nome vostro e di raggiungervi poi di nuovo! Non preoccupatevi di altro, perché il vostro paese è di quasi duemila anni ancora troppo giovane per la Mia Luce, vale a dire che è troppo cieco e troppo stolto. Voi invece potrete trovare in Occidente della gente disposta ad interessarsi alla Mia Luce più del vostro popolo, e a quelle potrete annunciare quello che avete ricevuto qui.

3. In avvenire accadrà che le antiche terre d’Oriente, a cui una volta venne concessa la chiara Luce, dovranno andare a tentoni in una notte che durerà molto a lungo, e la Luce della vita verrà riversata verso Occidente. Perfino questo luogo, dove ora è sorta la Luce della vita, verrà cacciato fuori nella notte e nelle tenebre più fitte. Infatti nemmeno questo popolo, salvo pochissime eccezioni, riconosce il tempo della sua suprema e più salutare visitazione. Perciò guai ad esso, quando la Luce gli sarà tolta per venire data ai pagani!

4. Voi siete degli stranieri provenienti da un ben lontano Oriente, e Mi avete trovato e riconosciuto; e nel tempo in cui Io Mi rivestii della carne di questo mondo, al Mio primo apparire sulla Terra, furono pure degli stranieri del vostro paese quelli che per primi vennero in cerca di Me e Mi riconobbero già nel bambino neonato. Di questo popolo invece, eletto già da tempi antichi, pochi soltanto Mi hanno riconosciuto finora, ma tanto maggiore è il numero di coloro i quali fino ad oggi Mi hanno perseguitato dove e come hanno potuto perseguitarMi, e perciò anche la Luce sarà loro tolta per venire donata ai pagani.

5. Prima però che questa Luce riesca di nuovo a penetrare in queste contrade, essa giungerà nel vostro paese, là sul grande mare. Comprendete voi tutto ciò?»

6. Rispose il mago: «Sì, o Signore, lo comprendo; tuttavia mi sembra molto strano che i figli di questo paese non Ti riconoscano, mentre noi stranieri Ti abbiamo riconosciuto relativamente presto e con facilità! Tu certo avrai già operato dei grandi prodigi dinanzi ai figli di questo paese e nonostante ciò non Ti hanno riconosciuto! Oh, in verità, i miei compaesani più stolti non sarebbero così ciechi! Per molti, come è stato il caso nostro, sarebbe bastata la Tua sola Parola! E perfino il nostro sommo sacerdote, qualora avesse assistito a qualcuno dei prodigi del genere di quelli operati prima dal Tuo servitore, avrebbe accolto questa Luce, pure accontentandosi di tenerla per sé e tralasciando di farla brillare anche dinanzi al popolo, perché esso è radicato nella sua fede cieca già da tempi immemorabili e quindi non è atto ad accogliere una simile Luce. Sennonché di ciò non ne siamo responsabili noi, bensì il tempo e un numero considerevole dei nostri predecessori egoisti in sommo grado. Insomma, la cecità del nostro popolo è spiegabile con il fatto che in mezzo ad esso non ha mai brillato una Luce di questa specie, ma la cecità di questo popolo invece non si spiega affatto, perché esso ha il Sole più fulgido allo Zenit, e tuttavia cerca di rimanere in quella notte che si può trovare soltanto nelle grandi caverne dei monti della Terra.

7. Noi non ci siamo risparmiati alcuna fatica per cercare la Luce e ora siamo immensamente lieti di averla trovata; questi invece ce l’hanno dinanzi agli occhi nel proprio paese e la fuggono, la disprezzano e la perseguitano! Oh, ma questi devono essere uomini molto perfidi e anche assolutamente ciechi che non meritano davvero di appartenere alla razza umana! Ma se le cose stanno proprio così nei loro riguardi, è anche giusto che Tu, o Signore, tolga loro ogni Luce e che Tu la dia invece ai pagani evidentemente più degni di averla, perché da questo fatto emerge, nella luce più chiara, la Tua eterna Giustizia e ciò costituisce per noi una nuova prova che sei appunto Tu Colui che per tanto tempo abbiamo cercato invano!»

8. Dissi Io: «Sì, certo, con questo Mio popolo è purtroppo così! Ma perciò già ora Io Mi susciterò degli altri popoli, e di più ancora in avvenire; però accadrà sempre che fra i molti chiamati, solo pochi saranno gli eletti»

9. Chiese il mago: «O Signore, come bisogna comprendere questa Tua frase: “I chiamati saranno sempre molti, ma gli eletti soltanto pochi?”. Queste parole dalla Tua bocca divina, qualora si debbano prendere alla lettera, non suonano proprio molto confortanti per la futura salvezza dell’umanità, perché con i pochi eletti io ritengo che Tu voglia alludere a quegli uomini per i quali la vera Luce vitale interiore splenderà continuamente in tutta la sua chiarezza, mentre i molti chiamati dovrebbero essere tutti gli altri destinati essi pure a venire alla Luce, ma che in seguito a cause e circostanze di ogni specie ne saranno impediti, e che quindi, come i nostri compaesani, alla vera Luce non perverranno mai.

10. Noi, pochissimi, potremmo dunque considerarci come fossimo degli eletti, ma la grande quantità del nostro popolo, purtroppo infelice, non appartiene nemmeno alla fila dei chiamati! Quale sarà allora un giorno il loro destino dopo la sicura deposizione del corpo?

11. Questo popolo qui, invece, appartiene evidentemente ai chiamati, ed ha sempre avuto nel suo seno qualcuno fra gli eletti al quale ha potuto ricorrere per ricevere un consiglio in caso di necessità, ma presso di noi non ci sono degli eletti e meno ancora dei chiamati, e quindi il destino del grande popolo indiano si prospetta in forma quanto mai miseranda, purché la Tua ultima dichiarazione vada interpretata, come è stata detta da Te, per tutti i luoghi e tutti i tempi!»

12. Ed Io gli risposi: «Tu non hai giustamente afferrato il senso delle Mie parole, quindi bisognerà che te le spieghi maggiormente nei particolari».

 

[indice]

 

Cap. 124

Chiamati ed eletti.

 

1. (Continua il Signore:) «Vedi, la cosa è da intendersi nel seguente modo: “Chiamato e destinato alla Luce e alla vita è ciascun uomo su tutta questa Terra, senza eccezione, mentre eletto a maestro degli uomini non può esserlo chiunque, dato che una cosa simile non sarebbe nemmeno buona per l’umanità; e infatti: sarebbe forse una cosa buona per gli uomini - la cui destinazione principale è aiutarsi e servirsi reciprocamente - che ognuno possedesse tutto e fosse in grado di fare tutto? Se fosse così, allora ciascuno si renderebbe superfluo all’altro, e in tali condizioni l’amore del prossimo sarebbe ridotto ad una vana parola, come dimostrai già varie volte ai Miei discepoli. Anzi agli uomini si renderebbe superflua addirittura anche la parola visto che nessuno avrebbe mai bisogno di domandare qualcosa ad un altro!

2. Io davvero ti dico che, ammettendo una simile uguaglianza di talenti e capacità, nonché della struttura fisica, della dimora e del possesso terreno, gli uomini, nonostante l’uniforme chiarezza della loro luce, si troverebbero tuttavia completamente al livello degli animali, e veramente anche al disotto di tale livello!

3. Ma affinché gli uomini possano essere veramente tali e non degli animali, tutto è ripartito fra di loro in maniera e in grado molto diverso: l’uno ha questa cosa e l’altro ne ha un’altra, e così l’uno deve ricorrere all’altro, oppure deve imparare ad essere di aiuto all’altro.

4. E similmente anche nel campo della conoscenza della Luce vitale interiore devono esservi degli eletti a cui spetta mostrare ai molti chiamati questa vera Luce vitale, e i chiamati poi devono ascoltare e credere quello che viene loro insegnato dagli eletti possessori della Luce e conformare le loro opere a tali insegnamenti!

5. Se i chiamati però accolgono con fede quanto viene loro insegnato, essi poi vengono a trovarsi in condizioni pari e talvolta migliori di quelle degli eletti, perché un eletto che porta in sé la Luce viva, ma che in questa non procede esattamente con le opere, dovrà un giorno rispondere del cattivo impiego fatto dei suoi talenti più rigorosamente che non il semplice chiamato il quale non avrà avuto che da ascoltare, da credere e da operare secondo gli insegnamenti ricevuti.

6. Vedi! Gli eletti sono i Miei servi, e i chiamati sono i Miei servitori e figli!

7. Ma affinché tu possa vedere ancora più chiaramente come un eletto su questa Terra non abbia alcun privilegio rispetto ad un chiamato, Io ti chiarirò maggiormente la cosa mediante una parabola; ascoltaMi dunque!

8. C’era una volta un re, il quale per gli affari del suo governo aveva dieci servitori principali. Egli però dovette un giorno recarsi in regioni lontane per prendere possesso di un regno che gli spettava.

9. Prima di partire però egli chiamò a sé i dieci servitori e diede loro dieci mine[23] dicendo: “Impegnatele saggiamente fino al mio ritorno!”.

10. Ma quando i suoi cittadini (chiamati) vennero a saperlo, essi cominciarono a mormorare e a manifestare sentimenti ostili verso il re perché, partendo, li aveva abbandonati senza affidare anche a loro delle mine e dei talenti[24].

11. Essi mandarono perfino un loro incaricato dietro al re e gli fecero dire: “Noi non vogliamo più che questo re regni sopra di noi! Infatti, per quale ragione dobbiamo essere da lui considerati inferiori dei suoi servitori principali, se pure noi lo abbiamo servito altrettanto bene?”.

12. Ora avvenne che il re, dopo aver preso possesso del nuovo regno, fece di nuovo ritorno. E rientrato nella propria reggia, egli comandò subito che venissero portati dinanzi a lui quegli stessi servitori ai quali aveva affidato i soldi al momento della sua partenza, per vedere quanto ciascuno aveva ottenuto con essi.

13. Allora si presentò il primo, e disse: “Ecco, o signore! La tua mina me ne ha fatto guadagnare altre dieci!”

14. E il re così gli disse: “Ben fatto, o buono e leale servitore! Poiché mi sei stato fedele in una piccola cosa, abbi allora potere sopra dieci città!”

15. Poi si presentò il secondo e disse: “O signore, con la tua mina ne ho guadagnate altre cinque!”

16. E il re disse anche a costui: “Tu dunque sii posto a capo di cinque città!”

17. Poi infine venne un altro dei dieci servitori, e disse: “O signore, ecco qui la tua mina che mi affidasti e che io ho conservato in un fazzoletto finché tu fossi ritornato! Io avevo paura di te, perché sei uomo duro; infatti tu prendi ciò che non hai depositato e mieti dove non hai seminato”

18. Ma il re così gli parlò: “Ascolta, io ti giudico in base alle tue parole. Tu sei un bugiardo! Se appunto sapevi che io sono un uomo duro e prendo dove non ho depositato e mieto dove non ho seminato nulla, perché allora non hai dato il mio denaro ai banchieri, in modo che io, al mio ritorno, avessi potuto riscuoterlo con gli interessi?”

19. Allora il re disse a coloro che erano là presenti al suo servizio: “Togliete a questo astuto pigrone la mina e datela al primo che ne ha già dieci!”

20. E quei servitori dissero al loro signore: “O re, egli ha comunque già dieci, perché dunque dargliene ancora un’altra?”

21. Ma Io stesso ora dico a voi tutti: “A chi ha, sarà dato di più ancora affinché abbia in abbondanza, ma a chi non ha, sarà tolto anche quello che già aveva! Coloro però i quali non hanno voluto che il re regnasse sopra di loro, hanno peccato e perciò devono venire colpiti con la notte e la tenebra completa del giudizio e della morte dell’anima!”

22. Vedi, o amico Mio! Così stanno le cose immutabilmente presso di Me! Perciò Io dico: “A chi ha, verrà dato molto ancora, affinché abbia a possederne in abbondanza; ma a chi non ha, verrà tolto anche il poco che gli era stato affidato, e anche questo verrà dato a chi già possiede molto.

23. Inoltre, i molti chiamati che non hanno voluto ascoltare la voce dei servitori e non hanno voluto saperne del Signore della Luce e della vita, rifiutandosi di assoggettarsi al Suo dominio che tutto vivifica, questi verranno soffocati dalla notte del loro proprio cuore, e il servitore pigro può attendere a lungo prima che gli venga nuovamente affidata una mina”.

24. E ora dimMi se ti piace questa parabola! Sei d’accordo o no col modo di procedere del re?».

 

[indice]

 

Cap. 125

La critica del mago alla parabola delle mine affidate ai servi.

 

1. Rispose il mago: «Signore, io adesso sono arrivato ad un punto in cui, ad un uomo, l’intelletto comincia a rifiutarsi di fare il suo compito e dove anche l’uomo più paziente sente i capelli che si rizzano sul capo. Non sei appunto Tu il re che tirannicamente prende là dove non ha messo, e che vuole raccogliere là dove non ha seminato? Infatti ora ho l’impressione che tutto provenga da Te e che proprio Tu hai seminato dappertutto, e quindi Tu solo hai il diritto di prendere e raccogliere dappertutto, dato che tutto è e anche deve essere Tuo.

2. Che gli scellerati vengano puniti, questo io lo trovo perfettamente conforme al buon ordine, poiché la Clemenza divina è inaccettabile quando, dimostrandosi clementi, al malvagio viene concesso sempre più tempo e modo di macchinare e di dare esecuzione ai propri abomini, mentre l’uomo per bene si sente sommergere in una miseria sempre maggiore, tanto che alla fine perde ogni fede; per di più si vede costretto a restituire al suo severo e spietato signore, intatta e con assoluta onestà, la mina che gli era stata affidata e che lui ha conservato avvolta nel fazzoletto della propria miseria. Eh sì, in simili circostanze è certo molto meglio essere un chiamato anziché un servo eletto!

3. Io trovo perfettamente giusto che il servo che è stato attivo venga ricompensato secondo le sue opere, ma che l’altro servo un po’ più pigro e timido debba andarsene del tutto a mani vuote per aver restituito intatta la sua mina, questo mi sembra un procedimento molto aspro da parte del Tuo re!

4. Io sono un benefattore e non posso veder soffrire nessuno, particolarmente poi qualora il sofferente non abbia meritato le sue pene come accade invece nel caso di un malfattore indurito! Il servo depositario dell’unica mina custodita nel fazzoletto e restituita al proprio signore tale e quale l’aveva ricevuta, non aveva evidentemente la perspicacia e l’intelligenza del primo, né quella del secondo che con la sua mina ne aveva guadagnate altre cinque. Infatti se avesse avuto lo stesso grado di intelligenza, avrebbe potuto egli pure guadagnare dieci od almeno cinque altre mine; però, mancandogli la Luce ed essendo carente di intelletto nonché del necessario coraggio, egli da solo non aveva osato intraprendere nulla con la mina ricevuta, e quindi si limitò a restituirla del tutto intatta al proprio signore. Io dunque non trovo davvero nulla di delittuoso in questo modo di agire, e perciò vorrei adesso chiederTi che cosa è poi successo di questo servo che il suo re qualificò “un astuto pigrone”»

5. Gli dissi Io: «Costui restò ciò che era prima, vale a dire un semplice e comunissimo servo, dato che di per sé non si era dimostrato idoneo ad una mansione di grado superiore! Infatti anche un eletto ottiene, come qualsiasi altro uomo, soltanto la capacità o il talento che poi deve coltivare e sviluppare da sé, e ciò per evitare che la sua libera volontà venga pregiudicata.

6. Chi coltiva con ogni diligenza il talento concessogli, costui possiede anche il vero tesoro, in aggiunta al quale gli verrà sempre dato ancora di più; ma chi invece non si da la pena di coltivarlo e non vuole fare nessun sforzo per vincere la sua pigrizia, costui non può poi che ascrivere a se stesso la colpa se alla fine, assieme alla sua mina conservata nel suo fazzoletto, diventa ancora più stolto di coloro i quali non vogliono che il Re della Luce regni sopra di loro!

7. E qui va ricercata la ragione per cui simili servi pigri non fanno nessun progresso, mentre i servitori, cioè i chiamati, restano a giacere nella loro notte; anzi per costoro infine non vi è niente di più molesto dei rumori tipici delle attività che fervono in pieno giorno perché vengono a turbare il dolce sonno della loro pigrizia. O dovrebbe forse il Sole mandare prima dei messaggeri a quei dormiglioni per chiedere se è di loro gradimento che egli sorga al di sopra dei monti? Ma vedi, in seguito all’Ordine universale che mantiene i mondi, una cosa simile il Sole la farà altrettanto poco quanto poco la farà il Re della Luce e della vita!

8. Chi riceve la mina, ha ricevuto esattamente anche l’ordine del re; il regolarsi secondo questo ordine è rimesso poi alla sua libera volontà, e quindi il re non porta la colpa della pigrizia del servo, ma la colpa è del servo stesso, perché il Re della Luce conosce alla perfezione quali capacità Egli ha conferito all’uno e all’altro dei Suoi servi. Per conseguenza la ragione è sempre dalla parte del Re, e mai da quella del servo pigro e lento.

9. E adesso pensaci su coscienziosamente, vedi di comprendere molto bene la Mia similitudine, e poi dimMi se il Re ti appare ancora uno spietato tiranno! Mi hai davvero ora compreso bene?»

10. Rispose il mago: «Sì, o Signore, ora ho certo compreso bene, e la Tua parabola la si vede nella sua piena luce, mentre prima, quale una semplice immagine, era difficile capirla. Chi dunque percepisce in sé un qualche talento particolare deve cercare di coltivarlo con la massima diligenza, e ciò come di proprio impulso e per forza propria. Una volta fatto così, il resto egli lo riceverà dal Re della Luce, e in questo modo potrà divenire un vero maestro di molti suoi fratelli che Tu hai designati col nome di chiamati. Infatti colui il quale è già stato per se stesso un buon maestro, potrà certo facilmente diventare e restare poi tale anche per molti altri; colui invece che è stato pigro per se stesso, tanto più lo sarà poi di fronte agli altri, e non avrà neppure niente da insegnare al proprio prossimo. Ma da ciò risulta dunque quanto mai vero e giusto che a colui che ha, molto gli sarà dato ancora in aggiunta, affinché egli abbia poi in abbondanza; a colui che invece non ha, verrà tolto anche quello che aveva. Questa cosa ora mi è perfettamente chiara; tuttavia vi è una certa questione ancora della quale non posso rendermi proprio ben conto, e quindi io, o Signore, mi prendo la libertà di esporTi questo punto che per me è rimasto finora oscuro.

11. Vedi, la vera diligenza e il vero zelo in ogni cosa buona e vera sono senza dubbio delle virtù che non si potranno mai lodare abbastanza; la pigrizia invece è e resta il fondamento di ogni possibile vizio; ma chi è che dà ad un uomo la diligenza e lo zelo, e chi è che dà ad un altro la pigrizia? La mia opinione è che né gli uni, né l’altra possono venire acquisiti dall’uomo di per sé, e che invece non possa essere che una superiore potenza di Volontà divina a conferire all’uomo tali qualità o difetti.

12. Io stesso ho vari figli, e ho fatto l’esperienza che due di loro, e cioè il mio figlio maggiore e una figlia, sono straordinariamente diligenti nell’imparare le arti e le scienze senza bisogno che io li stimoli, mentre gli altri sono svogliati e pigri nello studio, ed è opportuno spronarli con tutta serietà! Eppure sono figli degli stessi genitori, sono tutti fisicamente sani e l’educazione che si dà loro è identica per tutti, e ciononostante sono tanto diversi nelle loro capacità e più ancora nello zelo con cui si dedicano allo studio. Ebbene, qual è mai la causa di questo fenomeno? Da noi, che siamo i loro genitori, ciò non può dipendere, dato che trattiamo ciascuno dei nostri figli in modo uguale e non ne viziamo nessuno; inoltre non può nemmeno dipendere dalle condizioni di salute nostre e dei figli, perché grazie a Te, o Signore, godiamo tutti di una salute perfetta e siamo di robusta costituzione fisica, e quello che mangia l’uno, mangia anche l’altro; eppure, nonostante tutto ciò si possono constatare delle diversità davvero notevoli fra i membri di una stessa famiglia! Come faccio io dunque a spiegarmi questo fatto?».

 

[indice]

 

Cap. 126

L’istruzione giusta è quella che corrisponde alle diverse attitudini dei bambini. L’educazione interiore desta lo spirito.

 

1. Ed Io gli risposi: «Niente di più facile di questo, e ciò in base a quanto ti ho già dimostrato prima, vale a dire in base alla necessità che fra gli uomini vi siano tante diversità per quanto riguarda il carattere e le capacità, allo scopo che l’uno dipenda dall’altro e che tutti possano servirsi e aiutarsi reciprocamente.

2. Se tutti gli uomini fossero ugualmente diligenti e avessero tutti gli stessi talenti, ben presto essi potrebbero fare assolutamente a meno l’uno dell’altro; così invece già i figli degli stessi genitori sono dotati di talenti e capacità diverse. L’educatore deve essere in grado di valutare le loro attitudini per poi impartire l’istruzione appunto secondo le capacità e il talento che ciascuno di loro possiede; in questo modo infine tutti verranno avviati verso la giusta meta.

3. Ma se tu invece, data una diversità delle capacità e delle attitudini nei tuoi figli, volessi per esempio avviarli tutti al mestiere del sarto o del tessitore, è naturale che tu potresti constatare una vera diligenza e un vero zelo nell’imparare soltanto in quei tuoi figli i quali hanno anche il talento necessario per quella specifica attività; quelli invece che hanno poca attitudine per quella specifica attività, o non ne hanno affatto, mostreranno certo anche poco zelo per quella stessa attività. Simili fanciulli, quando un giorno si saranno fatti adulti, potranno fare ben poco di notevole e di efficace a vantaggio del loro prossimo, dato che essi senza un’idonea attitudine per quella specifica attività non avranno potuto impadronirsi di tutto quello che hanno acquisito gli altri fanciulli i quali, impegnandosi faticosamente ma con padronanza e prontezza, già fin dalla nascita avevano una spiccata predisposizione per quella determinata attività.

4. Dunque, come risulta evidentissimo, la causa del maggior o minor zelo nello studio dimostrato dai fanciulli va ricercata principalmente nei genitori e negli altri educatori della loro giovinezza. La vite porta come frutto l’uva, e il fico i fichi, e ambedue i frutti sono dolci; ma se tratti il fico come la vite, il primo ti porterà ben pochi frutti, e d’altro canto se lasci che la vite continui a crescere come il fico senza potarla, la vite ben presto si rinsecchirà e ti renderà pochissimo frutto! Hai ben compreso adesso?»

5. Disse il mago: «O Signore, io Ti ringrazio per questa chiara e bellissima spiegazione! Certo, è così che l’uomo arriva a riconoscere quanto egli sia stolto e cieco malgrado tutta la sua presunta sapienza! Quali illusioni non si fanno molti sapienti nel mondo e, alla fine dei conti, non vedono più lontano dal loro naso! Eppure basterebbe che l’uomo aprisse un po’ gli occhi per convincersi molto chiaramente della cosa; infatti ogni fanciullo ha una differente figura: uno è talvolta più grande di un altro, quello ha dei modi bruschi mentre quell’altro è dolce e mansueto; e così già tra i figli degli stessi genitori c’è un divario immenso già esteriormente; ma quale non sarà poi il divario interiore?

6. Ma allora ad una persona che pensa le caratteristiche esteriori non dovrebbero essere sufficienti per dedurre che, in base alla loro varietà, anche nell’uomo debba esistere altrettanta varietà di talenti e di capacità, affinché un simile insegnante e maestro, che dovrebbe essere sapiente, facesse notare all'uomo i suoi talenti e gli fosse d'aiuto, con le parole e con i fatti, per sviluppare i talenti presenti in un modo nobile e con successo? Invece no, questo non basta affatto al cieco sapiente, come del resto ero e sono ancora io stesso! Egli pretende che gli uomini diventino tutti uguali: essi dovrebbero tutti pensare e agire come lui nonché sobbarcarsi volontariamente dei carichi per sopportare i quali ad essi manca la forza, e così gli uomini, invece che in veri sapienti, non di rado vengono trasformati [con l'educazione] solo in pazzi che non possono essere in grado di procurare una qualche utilità né a se stessi, né ad altri. Per questo insegnamento io Ti ringrazio, o Signore, ancora una volta dal più profondo del mio cuore, poiché noi lo metteremo subito a profitto, con sicuro vantaggio, nell’educare i nostri figli»

7. Allora Agricola volle egli pure entrare nell’argomento, e disse: «In verità, questa è proprio una regola d’oro; anche noi romani ne trarremo vantaggio, e io poi in particolare, perché in primo luogo ho io stesso dei figli, e in secondo luogo anche questi giovinetti che io condurrò con me a Roma verranno educati e istruiti a seconda delle capacità che più spiccatamente si riveleranno in loro. È naturale però che prima bisogna dare a loro un’istruzione elementare preliminare che serva da fondamento a quella superiore e particolare che seguirà successivamente, come ad esempio il leggere, lo scrivere, il fare i calcoli, come pure la comprensione dei vari idiomi parlati in tutto l’impero romano, perché mancando queste cognizioni preliminari non ci si può ripromettere molto da un futuro cittadino. Poi certamente l’educazione deve proseguire sviluppando le particolari capacità individuali. O Signore, va bene così come ho detto?»

8. Ed Io gli risposi: «Perfettamente, poiché conviene prima che tutti gli uomini sappiano camminare, adoperare le mani, guardare con gli occhi e ascoltare con gli orecchi per poter poi esplicare di fatto qualche attività; quindi quelle tue certe nozioni preliminari sono anche necessarie all’uomo per poter giungere più facilmente col loro aiuto alla vera sapienza della vita. Tuttavia bisogna fare bene attenzione che tali cognizioni preliminari e la loro acquisizione attraverso l’insegnamento non vengano considerate come un elemento fondamentale, e che l’uomo non dedichi proprio tutta la sua vita allo studio delle scritture e delle lingue, trascurando la propria educazione interiore atta a destare lo spirito, perché, infine, è unicamente in ciò che consiste tutto il valore della vita! Infatti, quale vantaggio potrebbe derivare all’uomo anche se sapesse scrivere e comprendere tutte le scritture del mondo e parlasse tutti i linguaggi conosciuti, ma la sua anima ne ricevesse un danno?

9. Dunque, anzitutto cercate il Regno di Dio sulla Terra, e cercatelo in voi; tutto il resto vi sarà ben dato poi assieme al Regno di Dio in voi! Ma senza di esso l’uomo non possiede assolutamente nulla, fosse anche in possesso di tutti i tesori della Terra e avesse pure concentrato in sé tutta la sapienza di tutti i sapienti del mondo.

10. Chi invece possiede il Regno di Dio nel proprio cuore ha tutto, cioè ha in sé tutte le conoscenze più eccelse e profonde, ed ha la vita eterna nonché la forza e la potenza di questa; ora ciò rappresenta sicuramente più di tutto quello che gli uomini a questo mondo abbiano mai chiamato grande e prezioso.

11. Domani ad Emmaus voi tutti vi convincerete di cosa significhi essere un uomo perfetto. In verità Io vi dico che un solo uomo veramente perfetto ha più potere di tutti gli altri uomini imperfetti sulla Terra presi assieme.

12. Applicatevi dunque anzitutto con ogni diligenza a diventare degli uomini perfetti! Giunti ad essere tali, voi allora siete tutto e avete tutto.

13. Però Io vi dico ancora che il raggiungimento del Regno di Dio esige ora violenza; coloro che vogliono entrarne in possesso, devono strapparlo a sé realmente con la violenza, e chi non farà così, difficilmente potrà possederlo qui sulla Terra già in maniera perfetta e vivente!».

 

[indice]

 

Cap. 127

Il Regno di Dio.

 

1. Chiese allora il mago: «O Signore, ma come può accadere che quell’essere debole e quasi nullo che è l’uomo possa usare violenza al Regno di Dio ed effettivamente strapparlo a sé? E poi resta ancora da domandare dove si trova il vero Regno di Dio che l’uomo può afferrare e strappare a sé»

2. Gli dissi Io: «Nel corso di queste poche ore tu hai pure appreso diverse cose e sei giunto perfino a riconoscerMi; com’è dunque che non sai ancora che cosa sia il Regno di Dio e in che cosa esso consista?

3. Ebbene, l’osservanza perfetta della riconosciuta Volontà di Dio è il vero Regno di Dio in voi! Ma l’osservanza della riconosciuta Volontà di Dio non è ora così facile come te la figuri tu, perché gli uomini del mondo vi si oppongono ostinatamente e perseguitano i veri aspiranti al Regno di Dio. Per conseguenza colui che vuole fare del tutto proprio il Regno di Dio non deve avere alcun timore di coloro che possono uccidere soltanto il corpo, ma che non possono arrecare danno all’anima; l’uomo dunque tema piuttosto Dio, il Quale, secondo il Suo Ordine immutabile, può confinare all’inferno anche l’anima!

4. Chi teme Dio più che gli uomini e, nonostante le persecuzioni di cui questi possono farlo oggetto, agisce secondo la Volontà di Dio che egli ha riconosciuto, ebbene proprio costui è quello che strappa a sé con la violenza il Regno di Dio; ma chi fa così, lo otterrà immancabilmente.

5. A ciò poi è da aggiungersi ancora qualcosa che rientra pure nell’ambito dello strappare a sé il Regno di Dio, e precisamente che l’uomo si eserciti nella maniera più perfetta possibile nell’abnegazione di se stesso rispetto ad ogni cosa che sia del mondo, che egli perdoni di tutto cuore coloro che lo offendono, che non nutra rancore o odio contro nessuno, che preghi per coloro che lo maledicono, che renda del bene a coloro che gli fanno del male, che non si innalzi al di sopra di nessuno, che sopporti con pazienza le prove che a volte è costretto ad affrontare, e che si astenga dalla gozzoviglia, dalla fornicazione e dall’adulterio. Chi mette in pratica tutte queste cose, costui è quello che usa violenza al Regno di Dio e che lo strappa a sé!

6. Ma chi, pure ben riconoscendo Dio e amandoLo e venerandoLo sopra ogni cosa, e amando anche il prossimo come se stesso, teme ancora il mondo e ne è in soggezione e non si azzarda a professare apertamente il Mio Nome perché ciò potrebbe arrecargli qualche svantaggio dal punto di vista mondano, ebbene, costui non usa violenza al Regno di Dio, e a questo Regno egli non potrà pervenire completamente su questo mondo, e nell’aldilà dovrà sostenere ancora più di una lotta prima di giungere alla completezza.

7. Chi dunque ora sa e crede che Io sono il Messia promesso, deve anche fare quello che insegno, che ho insegnato e che ancora insegnerò in avvenire, altrimenti egli non è degno di Me, ed Io non gli sarò proprio di particolare aiuto nello sviluppo della sua vita interiore. Io però sono la vita dell’anima mediante il Mio spirito in lei, e questo si chiama l’amore per Dio; chi perciò ama Dio sopra ogni cosa, e conseguentemente fa sempre la Sua Volontà, la sua anima è colma del Mio spirito, e questo spirito è la completezza e la vita eterna dell’anima stessa.

8. Ma se qualcuno invece Mi riconosce, ma nello stesso tempo teme anche il mondo e dice fra sé: “Io ben riconosco, è vero, il Messia, e segretamente in me credo a tutto quello che Egli insegna e faccio pure secondo la Sua Parola, ma poiché il mondo è fatto così, né io lo posso cambiare, e conviene che io viva con esso, allora io non lascio trapelare esteriormente dinanzi al mondo nulla di quanto io professo segretamente in me, per evitare la critica e le derisioni del mondo stesso”, ebbene, chi dice così non professa giustamente il Mio Essere e il Mio Nome, e non ha ancora l’amore vero e completamente vivente per Dio. E in tali condizioni potrà difficilmente acquistarsi, ancora durante questa vita terrena, la pienezza del Regno di Dio, perché la pienezza del Regno di Dio consiste appunto nel supremo amore verso Dio, e questo amore non ha affatto alcun timore del mondo.

9. Chi, quando occorre, Mi professa al cospetto del mondo, Io pure lo professerò dinanzi al Padre del Cielo; ma chi, qualora sia necessario, non Mi professa al cospetto del mondo, nemmeno Io lo professerò dinanzi al Padre che è nel Cielo!»

10. Allora subito il mago domandò: «O Signore! Chi è il Padre Tuo e dov’è il Cielo? È mai possibile che Tu, quale il Signore dell’eternità, abbia un Padre?»

11. Ed Io gli osservai: «L’eterno Amore in Dio è il Padre, e la Sua illimitata Sapienza è il Cielo!

12. Chi ama Dio sopra ogni cosa, costui professa Dio e quindi anche Me al cospetto di tutto il mondo, e anch’Io nel Mio Amore allora professerò lui, e in ciò consiste la vera vita eterna dell’anima umana, perché appunto l’uomo attraverso un simile vivente amore verso Dio perviene e deve pervenire anche alla suprema sapienza. Ma questo amore e questa sapienza costituiscono precisamente il Cielo, ovvero il Regno di Dio, e qualora l’uomo abbia acquisito il Regno di Dio in sé, allora esso non potrà venirgli tolto mai più in eterno! Ecco, ora Io vi ho chiarito queste cose, custoditele gelosamente nei vostri cuori e operate conformemente, così avrete in voi la vita eterna e vera! Ma adesso concedeteMi un breve tempo di riposo; nel frattempo meditate su quanto vi è stato detto e mostrato!».

 

[indice]

 

Cap. 128

L’ubicazione dei Cieli.

 

1. Allora il silenzio si fece generale, ma durò poco, perché laddove si trova molta gente radunata è difficile che la quiete possa protrarsi molto a lungo, particolarmente poi in una notte nella quale si ha occasione di osservare ogni tipo di cose; così avvenne che quegli ebrei-greci che conosciamo cominciarono ben presto a disputare fra loro riguardo a quanto avevano udito, e ciascuno pretendeva di averMi compreso meglio degli altri.

2. Sennonché uno di loro prese la parola e disse a coloro che bisticciavano: «Ascoltatemi un po’! Chi sostiene di aver compreso meglio degli altri le parole e gli insegnamenti del Maestro, costui invece Lo ha compreso meno di tutti, perché fra quanto Egli ha detto c’è pure che nessuno deve innalzarsi al di sopra degli altri e che deve anzi essere umile e modesto in ogni cosa! Ma chi dice al proprio fratello: “Vedi, questa cosa non la comprendi”, oppure “L’hai compresa male!”, costui si innalza appunto al di sopra del suo fratello - contrariamente a quanto insegnato dal Signore - e dimostra che è lui ad aver compreso male o a non aver compreso affatto i Suoi insegnamenti!

3. Oh, ma è ben diverso se qualcuno dice al proprio fratello: “Ascolta, queste e quelle parole io non sono riuscito a comprenderle proprio bene! Come le hai comprese tu?”. Se poi l’altro, con ogni amore e modestia, gli spiega come egli ha compreso la cosa, questo certo non significa voler innalzare la maggiore chiarezza del proprio intelletto al di sopra di quella del fratello, ma è un’opera di vero amore del prossimo. Con le vostre dispute dunque io non sono, né posso esserlo».

4. Questo eccellente rimprovero ebbe l’effetto di ristabilire la calma, e gli ebrei-greci dovettero convenire che l’oratore aveva avuto pienamente ragione, cosicché poi essi poterono intendersi molto più facilmente tra di loro.

5. Anche per i tre maghi però c’era ancora qualcosa di non ben chiaro fra quanto Io avevo insegnato, e questa cosa era l’ubicazione dei Cieli; perché essi dicevano: «Che il riconoscimento pieno di Dio, della Sua Volontà, del Suo Amore e della Sua Sapienza nonché il vivere e l’operare secondo la riconosciuta Volontà di Dio costituiscano in sé il Regno di Dio, tutto questo, secondo l’insegnamento del Signore, ci è ormai chiaro, come pure ci è chiaro che un uomo, il quale abbia in sé compiuto, per quanto riguarda l’anima, tutto ciò, si trovi definitivamente nel Regno di Dio, abbia la vita eterna e si sia fatto così un uomo perfetto; ma qual è il luogo nel quale l’anima si troverà una volta che si sarà liberata dal corpo?»

6. Il capo dei maghi era appunto in procinto di rivolgerMi questa domanda.

7. Ma Io lo prevenni e gli dissi: «A Me è già noto quello che vorresti sapere. Sennonché questa cosa non la potresti comprendere ancora, dato che la tua anima è ancora troppo poco libera dalla materia della carne; quando però essa si sarà maggiormente congiunta allo spirito del Mio Amore in te, allora il tuo stesso spirito ti indicherà l’ubicazione di quel Regno nel quale poi la tua anima vivrà, dimorerà e sarà attiva eternamente in uno stato di suprema libertà; tuttavia la tua carne per il momento non può comprendere questa cosa.

8. Dove Mi trovo ora Io stesso? Ecco: nel mondo che ho creato fuori da Me stesso. Ma quando tu sarai pervenuto alla vera completezza interiore della vita e quando il corpo, quale il Mio giudizio, ovvero quale l’espressione tangibile della Mia Volontà costrittrice concessoti allo scopo dello sviluppo della vita interiore, ti sarà tolto, allora anche tu, come Me, potrai creare tutto ciò che vuoi fuori da te, e come Me ti troverai e vivrai in quel mondo e in quella località che ti sarai creato fuori da te stesso.

9. Che però perfino nella tua anima molto materiale dimori ancora una forza creatrice, questo lo puoi rilevare molto facilmente dai tuoi sogni; e infatti, dov’è situato il mondo nel quale dimori durante i tuoi vividi sogni? Quel mondo consiste soltanto nell’intelligenza e nella volontà della tua anima, la quale anche nel sogno vuole, benché tu di giorno e nella tua carne sia portato a considerare il fatto piuttosto come qualcosa di fortuito. Riflettici un po’ su, e vedrai che poi si farà maggior luce in te anche a questo riguardo. Ma con ciò per oggi anche il Mio lavoro è compiuto, e adesso il tempo che ci resta fino all’alba noi lo dedicheremo ad un completo riposo, però non in casa, ma nelle tende ben sistemate. E domani seguiranno delle rivelazioni ancora maggiori».

10. Detto questo, Io Mi alzai assieme ai Miei discepoli e insieme ci ritirammo sotto una grande tenda per riposare, e tutti gli altri seguirono il nostro esempio.

 

[indice]

 

Cap. 129

La sfera d’azione degli apostoli e dei figli di Dio nell’aldilà.

 

1. Noi tutti riposammo molto bene nelle tende fino all’alba, che in quel giorno preannunciava uno splendido mattino. Io, insieme a Pietro, Giovanni e Giacomo eravamo in piedi già una buona mezz’ora prima del levare del Sole, e ci dedicammo a contemplare la natura in procinto di destarsi dal suo sonno. Gli uccelli erano già in piena attività, e salutavano con i loro canti svariati l’imminente aurora; a Levante facevano bella mostra di sé delle nuvolette rosee listate d’oro ai margini, le vette delle alte montagne sembravano ardenti, mentre la valle del Giordano era ancora coperta da candide nebbie che però cominciavano già a sollevarsi. Vedemmo venire verso di noi dalla parte di Galilea anche uno stormo ben ordinato di gru, ma esso piegò d’improvviso verso Occidente perché le esalazioni del Mar Morto, ancora tutto fumante, indussero quegli uccelli provvisti di sensi acutissimi a prendere la direzione del mare verso ovest. Furono ancora molti i fenomeni e le scene che accompagnarono quel bel mattino autunnale al quale noi assistemmo, ma che naturalmente i dormiglioni non videro, considerato che essi si manifestano unicamente e abitualmente prima del levare del Sole.

2. Giovanni appariva particolarmente incantato dalla visione di quello splendido mattino, e Mi domandò: «O Signore, un giorno nei Tuoi Cieli vi saranno pure di simili splendide aurore?»

3. Ed Io gli risposi: «Di questa specie proprio no, ma ce ne saranno delle altre indicibilmente ancora più maestose e durevoli, perché questo mattino tu non lo puoi prolungare, mentre quello celeste può essere e sarà un mattino eterno. Ed Io vi ripeto ciò che vi ho dichiarato già varie volte: “Nessun occhio di carne ha mai visto e nessun cuore ha mai percepito tutte le beatitudini che Dio ha preparato per coloro che Lo amano! Nel vostro attuale stato terreno voi non sareste in grado di reggere nemmeno alla minimissima fra esse; ma un giorno, quando il Mio Spirito vi avrà compenetrati completamente, allora certo anche voi avrete la forza di sopportare il mattino dei Miei Cieli con immensa delizia!»

4. Disse Giovanni: «O Signore, potremo vedere questa Terra anche trovandoci in Cielo?»

5. Gli risposi Io: «Non solo questa, ma delle altre ancora in quantità innumerevole, poiché voi, quali Miei figli e, dal punto di vista della carne, anche Miei fratelli, avrete il compito di reggere con Me tutta intera l’infinita Creazione; ora sarà opportuno che possiate vedere quello che sarete chiamati a governare!»

6. Chiese ancora Giovanni: «O Signore, ma attualmente quali sono gli spiriti che per incarico Tuo governano l’infinità delle Tue creazioni? Il Reggente principale e originario è chiaro che sei Tu; ma al Tuo fianco si trovano delle legioni innumerevoli di angeli dotati di potenza immensa simili al nostro Raffaele; sono questi che, conformemente alla Tua Volontà, hanno cura delle Tue creazioni infinite, o questa mansione è affidata a degli altri esseri perfetti in numero sterminato? Cosa faranno poi quelli, quando un giorno verrà concessa a noi la grazia di governare al Tuo fianco l’infinità della Creazione?»

7. Ma Io gli osservai: «O Mio carissimo Giovanni, tu sei molto debole e ancora ingenuo nelle cose del Regno di Dio! Non è dunque lo Spirito del Padre Mio che è in Me, Quello che da eternità in eternità regge l’infinito? Tutti gli angeli sono colmi di questo Spirito, il Quale dappertutto è e deve essere il Tutto nel tutto! Ma quando voi sarete perfetti, potrete essere diventati tali forse per la forza e la capacità di qualche altro spirito che non sia il Mio?

8. Vedete, le anime create esistono bensì in quantità infinita, ma lo Spirito che compenetra tutte le anime perfette è uno solo, e per mezzo Suo esse ottengono la vita eterna, la sapienza, l’amore, la potenza e la forza, attraverso cui esse poi operano con Me nei Cieli quali co-reggenti dei mondi e delle loro creature nei territori materiali e sconfinati dello spazio.

9. Ad ogni modo tutte queste cose nonché altre ancora in numero infinito tu le vedrai e comprenderai solo quando ti sarai reso perfetto, ciò che avverrà subito dopo che Io sarò asceso da questo mondo nel Mio elemento pienamente divino e anche nel vostro elemento divino, vale a dire al Mio e nel Mio Dio e al vostro e nel vostro Dio!

10. Infatti Io stesso devo essere prima completamente in Me quale Dio, Padre dell’eternità, affinché Io possa poi mandarvi e donarvi il Mio Spirito. Quando Esso verrà, solo allora Esso vi guiderà in tutte le verità che attualmente vi sono ancora incomprensibili, e allora voi potrete anche fare le cose che ora Io stesso faccio, e anzi di più grandi ancora! Come però questo sarà possibile, questo ve lo insegnerà appunto il Mio Spirito il Quale trasfigurerà le vostre anime.

11. Ma ecco che adesso anche gli altri qui presenti cominciano a muoversi, e saranno presto ben desti e ben alzati; il Sole spunta già sull’orizzonte; stiamocene perciò un po’ tranquilli, e contempliamo i fenomeni che si verificano così spesso nel sorgere del Sole, ma che nonostante ciò recano sempre l’impronta della novità e della rarità come nessun altro fenomeno naturale su questa Terra!

12. Ecco laggiù anche i tre maghi stanno venendo verso di noi! Questa notte, quando noi ci siamo ritirati per riposare, essi non hanno potuto resistere al desiderio di scendere in città per visitare i loro compagni, e per un paio d’ore non hanno fatto che raccontare loro tutto quello che avevano visto, udito e appreso qui; quei tre avranno da renderci già oggi degli eccellenti servizi quando alcuni ciechi farisei, quali ospiti non invitati, arriveranno oggi pomeriggio ad Emmaus partendo da Gerusalemme; essi inoltre stringeranno amicizia con gli uomini perfetti dell’Alto Egitto. Ma ora stiamocene un po’ tranquilli!».

13. Noi allora restammo tranquilli e quieti per qualche tempo, mentre gli altri ospiti via via si destavano e cominciavano a muoversi.

 

[indice]

 

Cap. 130

La partenza verso Emmaus.

 

1. Ben presto uscì di casa anche il nostro Lazzaro in compagnia di Raffaele. Egli si diresse subito verso il nostro gruppo perché voleva interpellarMi; Raffaele però gli fece cenno di tacere e gli disse che era Mia intenzione starMene ancora un po’ in pace. Allora Lazzaro si trattenne e aspettò che Me la sentissi di parlare. Ma il Mio riposo non durò che pochi istanti ancora, e poi Io stesso chiamai Lazzaro e gli annunciai semplicemente che egli avrebbe dovuto anzitutto aver cura che venisse preparata una buona colazione di cibi assai puri! Ed egli obbedì prontamente e mise subito in moto tutta la sua casa. Non trascorse così nemmeno un’ora, e la colazione fu pronta.

2. Naturalmente anche in questa occasione Raffaele gli prestò il suo valido aiuto, questa volta tuttavia in una maniera molto più naturale del solito, e così Lazzaro poté sbrigarsi più sollecitamente che non in qualsiasi altra precedente occasione quando faceva allestire in modo del tutto naturale una colazione per un numero considerevole di ospiti.

3. In quella giornata conveniva che non accadesse nulla in modo manifestamente soprannaturale, e ciò a motivo dei maghi, i quali prestavano ansiosamente attenzione a tutto ciò che avesse potuto far loro sospettare che fosse sotto la Mia segreta influenza.

4. Quando la colazione si trovò servita sulle mense in perfetto ordine, l’albergatore venne vicino a Lazzaro e gli fece cenno che tutto era pronto.

5. Lazzaro allora fece un cenno a Me, ed Io allora dissi: «Fratello Mio, anche senza il tuo cenno Io avrei compreso esattamente, tuttavia il cenno è stato ad ogni modo opportuno a causa degli stranieri; alziamoci dunque e rientriamo in casa per fare colazione!»

6. E detto ciò, Io Mi alzai subito assieme ai tre discepoli nominati prima, Mi avviai verso la casa e, su invito di Lazzaro, tutti i presenti Mi seguirono nella grande sala da pranzo.

7. Alcuni fra i Miei discepoli avevano nel frattempo congetturato tra di loro su che cosa Mi inducesse in quel giorno a far sì che le cose procedessero insolitamente per le spicce. Queste loro vane domande non ottennero però alcuna risposta da Me, ed Io presi posto alla mensa, mangiai e bevvi, ma non risposi a nessuna delle domande rivolteMi sull’uno o sull’altro argomento.

8. E quando Io ebbi terminato di far colazione, anche il nostro Agricola volle interpellarMi dicendo: «Ma, o Signore e Maestro, io oggi non Ti comprendo affatto! Di solito Tu sei così placido, calmo e paziente, oggi invece sembri avere tanta fretta che non Ti prendi nemmeno il tempo di consumare la colazione con quella tranquillità che ho constatato esserTi sempre propria! Che cosa Ti proponi di fare quest’oggi?»

9. Gli risposi Io: «Eppure Io vi ho già detto ieri che oggi intendo incontrarMi con Nicodemo ad Emmaus, e che per delle ragioni note soltanto a Me devo fare così. Ora succede che andare fin là, per una comitiva così numerosa com’è la nostra, ci sono delle difficoltà; infatti per misura di prudenza converrà che per raggiungere Emmaus noi procediamo per vie diverse a gruppi di dieci persone al massimo. Se noi ci mettiamo in cammino tutti assieme, ciò non potrà non dare nell’occhio alla gente del Tempio, e allora questo Mi sarebbe di grave impiccio nell’azione che Io intendo compiere. Dunque Io precederò tutti, in compagnia di tre soli Miei discepoli, per una via del tutto insolita per evitare con assoluta certezza di venire scorto dai templari; voi invece dividetevi in gruppi come vi ho detto, e dirigetevi verso Emmaus prendendo strade differenti; così entro un paio d’ore noi potremo trovarci radunati tutti assieme in casa di Nicodemo.

10. Però Io vi dico: “Siate accorti come i serpenti, ma nello stesso tempo mansueti come le colombe nei vostri cuori, perché laggiù dimora veramente una razza di serpenti e di vipere, e questa deve venire domata con le sue stesse armi!”. Vedete di comprendere bene tutte queste cose e di regolarvi in conformità, e poi potrete dire di aver vissuto oggi una giornata straordinariamente colma della massima benedizione per le vostre anime! Ed ora Mi metterò in cammino senza indugio in compagnia di Pietro, Giacomo e Giovanni. Mentre Raffaele, il Mio servitore, e Lazzaro dovranno condurre là i nostri giovani ex schiavi. Infine se voi tre, gente dell’India, volete venire anche voi con Me, potete disporvi a seguirMi subito!»

11. Quando i tre ebbero sentito il Mio invito, si alzarono immediatamente dai loro posti e con grandissima gioia si prepararono a venire con Me.

12. Ma Agricola, avendo visto questo, Mi domandò se avessi avuto qualcosa in contrario che egli pure si aggiungesse al Mio gruppo per andare ad Emmaus, dicendo che gli altri compagni romani avrebbero potuto andarsene da soli per un’altra via.

13. Ed Io gli risposi: «Se ciò ti fa proprio piacere, acconsento; però con te il numero dei componenti del nostro gruppo avrà raggiunto il massimo ammissibile».

14. E Agricola rimase quanto mai soddisfatto di questa decisione.

15. Noi allora ci mettemmo subito in cammino e, scesi a valle giù dal monte degli Ulivi, prendemmo ben presto la strada maestra che portava ad Emmaus la quale era pochissimo frequentata perché era di venerdì.

 

[indice]

 

Cap. 131

Sulla via di Emmaus.

 

1. Quando ci fummo lasciati completamente alle spalle Gerusalemme e fummo giunti in vicinanza della colonna fatta sorgere, come si sa, da Raffaele, ci imbattemmo in due poveri che stavano andando a Gerusalemme per tentare di raggranellare là qualche elemosina. Dei due l’uno era completamente cieco, mentre l’altro ci vedeva bene e faceva da guida al cieco. Tutti e due però avevano un aspetto assai misero, e ci chiesero se fossimo stati disposti a donare loro qualcosa, perché la loro miseria era assai grande!

2. Ed Io dissi loro: «DiteMi un po’, cosa preferireste: recuperare salute e vigore così da potervi di nuovo guadagnare il pane col lavoro delle vostre mani, oppure ricevere da noi una conveniente elemosina?»

3. Risposero i due: «O signore, noi non ti conosciamo! Ma se ti fosse possibile farci recuperare salute e vigore, certo noi preferiremmo di molto questo dono a qualsiasi altro; sennonché, considerato che ciò è assolutamente impossibile, vi saremo ben grati se vorreste farci l’elemosina a vostro piacimento»

4. Gli dissi Io: «Eppure, se voi poteste credere, anche la prima soluzione sarebbe indubbiamente possibile!»

5. Esclamò il cieco: «Che a Dio sono possibili tutte le cose, questo lo sappiamo e lo crediamo entrambi; ma Dio non opera più prodigi, perché gli uomini sono diventati troppo perversi e malvagi, a cominciare dal sommo sacerdote fino a noi. I Comandamenti di Dio sono stati ripudiati e sostituiti con degli altri cattivi e falsi; ma se le leggi sono cattive, finiscono col rendersi malvagi anche gli uomini costretti ad osservarle! Infatti com’è l’insegnamento, così è la fede e così pure le conoscenze degli uomini. Gli uomini dunque hanno rigettato Dio, ed ormai adorano nuovamente il vitello d’oro; ma per conseguenza anche Dio li ha ripudiati e ben presto farà scendere su di loro un tremendo giudizio. Questo mio compagno, che mi serve da guida e che ha gli occhi sani, mi ha descritto esattamente i segni della notte di ieri l’altro; ora questi non significano certo nulla di buono per l’umanità completamente allontanatasi da Dio; dunque tu, che a giudicare dalla voce sei un galantuomo, puoi veder bene che Dio in questi tempi perversi non troverà certo più opportuno fare dei miracoli, né lo potrà e né vorrà fare!»

6. Ed Io gli dissi: «O uomo, tu già da dieci anni a questa parte hai perso la luce dei tuoi occhi per la malvagità di un tuo vicino geloso di te, come pure hai perso tutti i tuoi averi in seguito ai suoi perfidi intrighi; tuttavia la luce del tuo cuore tu l’hai ben conservata, e quindi a te sarà ora ridonata anche la luce dei tuoi occhi! Così Io voglio che tu nuovamente veda e che ti sia ridonata la perfetta vigoria del tuo corpo!»

7. Nello stesso istante il cieco recuperò la vista e si ritrovò nel pieno possesso di tutta la sua forza fisica. Egli però era rimasto talmente sbalordito che non fu capace lì per lì di coordinare i suoi pensieri, e Mi guardava come trasognato.

8. Soltanto dopo qualche tempo si riebbe, e prostrandosi ai Miei piedi disse con voce molto commossa, ma tuttavia virile: «O signore, chi tu sia o possa essere, io davvero non lo so, ma che tu mi abbia ridonato la vista, questo certo lo so! Ora, per ottenere questi risultati ci vuole ben più della scienza di quello che noi uomini chiamiamo un medico. Tu non hai fatto uso di alcun unguento, non hai toccato i miei occhi nemmeno con un dito, ma hai semplicemente voluto, e i miei occhi videro. O signore, ma questo significa essere colmi dello Spirito di Dio come i più grandi profeti dell’antichità! Ecco, o signore, tu ora hai compiuto a mio vantaggio questo grande prodigio; ma io, che sono povero, cosa posso fare per te per sdebitarmi?»

9. Gli dissi Io: «Nient’altro all’infuori di questo: osserva i Comandamenti di Dio, resta qui nel paese e vivi onestamente del tuo lavoro! E tu, che fosti la sua guida, fa la stessa cosa; e perciò sii tu pure risanato e riacquista tutto il tuo vigore!»

10. Allora anche il secondo, che zoppicava un po’, si trovò con la sua gamba diritta e pienamente in forze; egli pure si prostrò ai Miei piedi e Mi ringraziò con fervore, chiedendoMi infine: «O signore e meraviglioso profeta, visto che tu compi delle cose tanto prodigiose e che hai dimostrato di conoscere come il mio compagno perse la luce dei suoi occhi, potrai anche insegnarci dove noi dovremmo rivolgerci per ottenere del lavoro per una ricompensa modesta! Infatti in questi tempi è difficile trovare qualche lavoro così, su due piedi!»

11. Ed Io gli risposi: «Ebbene, andate a Betania, da Lazzaro, raccontate alle sue due sorelle, che attualmente sono sole in casa, tutto quello che vi è successo e dite loro che sono Io che vi mando; vedrete che sarete subito bene accolti e che si troverà qualche lavoro per voi! Ed ora alzatevi e fate come vi ho consigliato!»

12. I due allora rinnovarono i loro ringraziamenti, si alzarono e si incamminarono alla volta di Betania.

13. Si capisce da sé che strada facendo fui Io solo l’argomento dei loro discorsi, e che molte furono le loro supposizioni sul Mio conto e sul conto degli altri che Mi accompagnavano. Di Me essi finirono col ritenere che fossi certo un grandissimo profeta, forse Elia stesso ridisceso sulla Terra. Tuttavia riguardo all’identità dei Miei compagni di viaggio, non poterono farsi affatto un’idea definitiva, e perciò rinviarono queste loro indagini a quando sarebbero arrivati a Betania.

14. Dal canto Mio però ebbi un bel da fare con i tre maghi, perché questo del cieco e dello zoppo era stato il primo prodigio che essi Mi videro compiere.

15. E il capo dei maghi Mi disse: «O Signore, adesso vedo che Tu devi essere un Dio, perché un fatto simile non è possibile che a Dio!»

16. Ma Io, continuando a camminare verso Emmaus, dissi loro: «Procedete con calma; voi infatti parlate così, perché non conoscete tutto quello che c’è nell’uomo; ad ogni modo questa cosa voi la potrete approfondire oggi ad Emmaus!».

17. Allora i tre non fecero più altre domande.

 

[indice]

 

Cap. 132

Il Signore e la mendicante.

 

1. Giunti nei pressi di Emmaus, vedemmo venirci incontro, questa volta, una mendicante, la quale non appena ci ebbe visto aveva cominciato a lamentarsi, gridando a squarciagola, e ad esporci i suoi tristi casi. Come potevamo vedere, diceva, essa era una poverissima vedova e madre di due figli che era costretta a portarsi faticosamente sulle braccia da luogo in luogo, per raggranellare elemosinando quel tanto che bastasse per procurare a sé e ai suoi due figli un magro sostentamento. E ci scongiurava che non volessimo congedarla senza darle qualcosa.

2. Ed Io le dissi: «Ma perché gridi in questo modo? Non siamo mica sordi, e inoltre per te possiamo fare qualcosa anche se ce ne preghi in termini più modesti e in forma meno rumorosa!»

3. Rispose la donna: «O signore, io ho provato a fare come tu dici; però ormai la maggior parte della gente ha il cuore così duro e sordo che non bada più alla miseria che si trascina modestamente in silenzio; soltanto con lo strepito e con l’insistenza si riesce ancora ad ottenere da qualcuno una scarsa elemosina, offerta anche questa più con dispetto che per buon cuore; ed è perciò che io vi rivolgo la mia preghiera a voce assai alta»

4. Dissi Io: «In quanto realmente povera tu Mi sei cara, ma tuttavia non Mi piace troppo di te che tu preferisca andare a mendicare anziché lavorare. Infatti, vedi, tu non hai ancora trent’anni, sei sana e forte, e potresti benissimo lavorare e guadagnare un pane per te e per i tuoi gemelli; sennonché a te piace di più mendicare che lavorare, e perciò hai studiato bene il mestiere e ti sei impratichita nell’arte di carpire ai comuni uomini del mondo qualche elemosina; ma dinanzi a Me questi artifici per mettere in mostra la povertà non hanno affatto il valore che ha invece esclusivamente la pura verità. Del resto Io devo dirti ancora qualcosa!»

5. Qui la donna Mi interruppe dicendo: «Eh, via, mio caro amico! Non saprei davvero cosa avresti da dirmi ancora!»

6. Ed Io le risposi in tono amichevole, ma serio: «Oh, Mia cara! Diverse cose ho da dirti, anzi parecchie! Io sono disposto ad aiutarti, ma purché tu ti ravveda e desista dal peccare; ma se non fai così, Io davvero non ti verrò in aiuto, e anche se tu gridassi cento volte peggio di prima, non ti starei più a sentire! E adesso sta bene a sentire quello che ti dirò!

7. Vedi, tu porti un fardello sulla schiena; cosa tieni nascosto là dentro? Ecco, là dentro c’è una bellissima veste di seta persiana che ti è costata una libbra di puro argento al tempo in cui tu eri ancora benestante. Quando tu vai in qualche albergo, metti a dormire i tuoi gemelli, indossi poi la tua veste splendida dentro la quale appari molto attraente, e così, fingendoti straniera, cerchi di allettare qualcuno a essere il tuo amante di una notte per denaro! Quando poi spunta il nuovo giorno, tu riappari nella veste della mendicante che indossi ora, e chiunque incontri viene assalito da te con le tue rumorose invocazioni! Ma dimMi tu stessa se il tuo modo di agire può dirsi onesto al cospetto di Dio e degli uomini! Non per questo Io ti condanno per ora, ma chiedo soltanto che tu stessa ne dia un sincero giudizio. Parla dunque! Puoi confutare in qualche modo quello che ho detto?»

8. A tale Mia richiesta quella sfacciata mendicante rimase estremamente imbarazzata, non sapendo dove cominciare per darMi una risposta.

9. Soltanto dopo essersi alquanto raccolta nel suo animo un po’ viscido, disse: «Ma, o signore, io non ho mai avuto occasione di vederti, né di parlarti in qualche luogo! Com’è dunque che sei a conoscenza di tutte queste cose? Non posso supporre altro che qualche tuo informatore segreto, forse qualcuno di questi tuoi compagni, abbia saputo questi particolari e te li abbia riferiti! Ahimè, sì, così è purtroppo! Ma è proprio una grande colpa se una povera vedova abbandonata, spinta dal bisogno, compia talvolta degli atti che certo non possono essere onesti al cospetto di Dio? Ma non per questo si può dire che la misera vedova che sono io sia proprio cattiva! Si guardi un po’ le mogli dei farisei, degli scribi e addirittura anche dei leviti, le quali dovrebbero pur sempre essere tutte pure al cospetto di Dio, e si troveranno ben altre ragioni per rimproverarle, diverse da quelle che possono aver valore per me, che molte volte sono tormentata da una miseria tanto atroce che tu non potresti fartene facilmente un’idea! Del resto devo confessare apertamente che quanto tu hai detto di me corrisponde a piena verità! Ma allora, se puoi aiutami, e ti prometto che non ricorrerò mai più a simili mezzi vergognosi per guadagnarmi la vita! O amico, è facile giudicare e condannare, ma nessuno però ti vuole aiutare!»

10. Le dissi Io: «In verità, Io non intendo affatto giudicarti, né meno ancora punirti, nonostante Io avrei più che a sufficienza potere per farlo; ad ogni modo in te c’è un vizio, e precisamente che un lavoro un po’ pesante non ti va tanto a genio quanto una vita sregolata e senza scopo! E questa è la ragione principale per la quale ti sei ridotta in tanta miseria. È appunto perciò che ho rimproverato il tuo agire, affinché tu ti ravveda seriamente una buona volta! Infatti Dio non viene in aiuto a degli animi così esitanti. Hai pregato qualche volta Dio, ma proprio sul serio e con assoluta fiducia, che volesse aiutarti?!»

11. Rispose la mendicante: «Oh, amico mio! Non parlarmi di quel sordo e spietato Dio degli ebrei, poiché uno di noi trova più ascolto presso una pietra che non presso il tuo Dio! Se io grido a qualcuno, per quanto senza cuore sia, che mi faccia l’elemosina, egli finirà col cedere alle mie insistenze e mi darà qualcosa, ma il tuo Dio invece è più sordo di una pietra!»

12. Dissi Io: «Oh, niente affatto, Dio non è affatto sordo come dici tu; la questione è invece che tu non hai mai veramente riconosciuto Dio, non hai mai creduto in Lui e, meno ancora, Lo hai amato, e perciò non ti sei mai rivolta seriamente a Lui con la preghiera sincera che Egli volesse soccorrerti nella tua miseria; ma appunto per questo motivo Dio ti ha fatto cadere in miseria, affinché, travagliata da questa, tu cominci a cercarLo. Ed ora che, quando tu meno te lo immagini, Dio ti viene incontro col sincero proposito di aiutarti, tu sostieni che Lui è più duro e più sordo di una pietra!

13. Ma vedi, così fai un torto grave a Dio e tuttavia Egli non ti giudica, anzi vuole offrirti un vero aiuto tanto materiale che morale, affinché tu non vada per sempre in rovina anche per quanto riguarda la tua anima!

14. Quando eri nubile, e mentre i tuoi genitori vivevano ancora, tu eri una fanciulla molto per bene e anche colma di fede e timorata di Dio, e Dio, nonché i tuoi genitori, aveva grande compiacimento in te. Tu poi ti facesti grande; e un bel giorno un giovane serio ed onesto chiese la tua mano e tu diventasti sua moglie; sennonché come donna tu ben presto dimostrasti di non essere più quella che eri da ragazza.

15. Tu non amavi tuo marito; nutrivi rancore anche contro i tuoi genitori ai quali rimproverasti spesso di averti concessa in moglie ad un uomo che non potevi amare. In seguito a ciò i tuoi genitori, già vecchi e malati, si angustiarono tanto che ne morirono; allora tu adottasti un contegno ancora più aspro verso tuo marito, così che la sua salute cominciò a risentirne, si diede al bere, si buscò infine una malattia che lo portò alla tomba, e il risultato ultimo fu che tu rimanesti vedova e misera.

16. Ora Dio permise che tu cadessi in questo miserando stato perché, in primo luogo, offendesti il Suo Comandamento secondo il quale i figli devono onorare e amare i loro genitori affinché possano vivere lungamente e bene sulla Terra, ed in secondo luogo perché tu non amasti il galantuomo che essi ti avevano destinato per marito; anzi non facesti che procurargli delle ore quanto mai tristi, una dopo l’altra!

17. Da allora è ormai trascorso un anno, ma tu non hai ancora pensato a riconoscere i tuoi errori, a deplorarli e a pregare Dio di perdonarteli! Eppure tu insisti nell’asserire che Dio è più duro e più sordo di una pietra, e che Egli non ha pietà dell’uomo nemmeno se questo Lo supplica col massimo fervore! Ebbene, cosa ne dici del contegno inumano di Dio?»

18. Rispose, tutta mortificata, la mendicante: «O signore, chiunque tu sia o possa essere, certo è Dio che ci ha fatto incontrare! Tu mi hai fatto vedere nella sua vera luce quella che è stata la mia vita finora, ma adesso so quello che mi resta da fare! Questa veste miserabile che tengo nel mio sacco io la venderò, e mi comprerò invece una veste da penitente, perché, finché non avrò espiato tutti i miei peccati, Dio certo non esaudirà nessuna mia preghiera!»

19. Ma Io le dissi: «Una veste da penitente non cancella affatto i tuoi peccati, però la tua veste di seta puoi ad ogni modo venderla, e con il ricavato puoi procurarti del pane. La tua veste di mendicante è già di per sé sotto vari aspetti una veste da penitente; in questa veste puoi ben pentirti dei tuoi peccati e astenerti dal commetterne dei nuovi, e allora Dio ti perdonerà anche i peccati vecchi che non puoi più fare in modo che non siano stati da te commessi»

20. Domandò la mendicante: «Ma allora, o amico, non vorresti dirmi chi sei tu, che conosci con tanta precisione tutte le vicende della mia vita? E suggeriscimi anche cosa devo fare per ottenere da Dio il perdono dei miei peccati! Sei forse un sacerdote o qualche profeta, oppure addirittura un esseno, dei quali si dice che chiunque vada da loro può sentirsi narrare tutto ciò che egli ha detto e fatto, che oltre a ciò assolvono gli uomini da tutti i loro peccati, che guariscono gli infermi e che possono perfino resuscitare i morti? Io vorrei saperlo per poterti tributare il dovuto onore!»

21. Ed Io le risposi: «Oh, Io non ne ho bisogno! Basta che tu faccia come ti ho consigliato, e così Mi onorerai nel miglior modo possibile, chiunque Io possa essere! Ed ora va’ pure in pace!».

22. Allora lei Mi ringraziò per l’insegnamento ricevuto; poi il nostro Agricola e così pure i tre maghi le donarono qualche moneta, e lei riprese il suo cammino verso Gerusalemme; noi dal canto nostro proseguimmo pure il viaggio e giungemmo finalmente alle mura di Emmaus.

 

[indice]

 

Cap. 133

I fanciulli mendicanti di Emmaus.

 

1. Quando fummo vicini alla porta della città, vedemmo venirci incontro frettolosi sette fanciulli quasi completamente nudi e dell’età dai sei agli undici anni, i quali ci pregarono che dessimo loro del pane perché erano molto affamati.

2. Ed Io dissi loro: «Ma, cari fanciulli Miei, dove dovremmo prendere il pane qui sulla strada per darlo a voi?»

3. Rispose il ragazzetto più grande: «Oh, padre caro e buono, basta che tu abbia pietà di noi, e potresti procurarci anche qui del pane e anche qualche veste! Infatti qui in città c’è pane in abbondanza, ma se ci avviciniamo a qualcuno per pregarlo che ce ne dia un po’, veniamo cacciati via a sferzate, e pane nessuno ce ne dà! Tu però e questi che sono con te ci sembrate tanto buoni, e perciò vi supplichiamo di procurarci del pane!»

4. Disse Agricola: «Miei cari figli, non avete genitori che vi danno da mangiare?»

5. Rispose il ragazzetto: «Oh sì, i genitori li abbiamo, padre e madre certo, ma tutti e due sono tanto ammalati e non possono guadagnare nulla, ed è perciò che dobbiamo andare a mendicare per noi e per loro per non morire tutti di fame! Oh, cari padri! Com’è triste essere così poveri! Non un tetto, né pane e nemmeno uno straccio per coprirci!»

6. Disse Agricola: «E dove sono i vostri genitori ammalati se non avete una dimora?»

7. Rispose il ragazzetto: «Là dietro c’è una vecchia capanna da pastori di pecore che appartiene ad un cittadino di qui; egli non se ne serve più perché se n’è fatta costruire una nuova, ed ha permesso a noi di abitare nella vecchia. Potrete voi stessi convincervi della nostra grande miseria, purché vogliate venire un momento con noi!»

8. Chiede di nuovo Agricola: «Ma non dimora qui in città un certo Nicodemo il quale ha fama di essere un buon padre; non avete mai provato a rivolgervi a lui?»

9. Il ragazzetto rispose: «Sì che lo conosciamo, e bene anche, e abbiamo sentito parlare molto bene di lui; ma noi non osiamo avvicinarlo, perché egli è un signore troppo nobile e grande! Ci sono anche diversi altri signori qui, i quali saranno certo essi pure dei padri molto buoni, ma questo a noi purtroppo non ci è utile, perché non ci azzardiamo ad avvicinarli!»

10. Osservò allora Agricola: «Eh, ma anche noi potremmo essere dei grandi signori, eppure avete trovato il coraggio di fermarci e di parlarci!»

11. Il ragazzetto rispose: «A ciò siamo stati spinti davvero dalla fame, e poi dal vostro aspetto abbiamo creduto di comprendere che siete dei signori d’animo mite e misericordioso. Se avessimo la fortuna di incontrare qualche volta Nicodemo sulla strada, troveremmo bene il coraggio di parlare anche con lui; ma egli si trattiene per lo più in città, e noi non sappiamo dove sia la sua abitazione; d’altro canto, nudi come siamo, non ci azzardiamo ad entrare in città, perché là potrebbe capitarci del male»

12. Dissi Io allora a quei fanciulli: «La consolazione sia con voi, piccoli Miei, adesso noi vi aiuteremo! Conduceteci prima di tutto dai vostri genitori infermi; Io verrò in aiuto anche a loro, e poi vi procureremo del pane e anche delle vesti!»

13. E tutti quei fanciulli esclamarono: «Ogni giorno noi abbiamo pregato Dio di aiutarci, e stamani, mentre noi pregavamo, ci parve di sentire come una voce la quale ci disse: “Oggi stesso avrà fine la vostra miseria!”. Noi raccontammo la cosa ai nostri genitori ammalati, e questi dissero: “A Dio ogni cosa è possibile; a noi però certo l’aiuto più sicuro ce lo darà la morte”. Noi cercammo di consolarli meglio che potemmo e andammo poi come di solito in giro a chiedere l’elemosina, ma ecco, o padri cari e buoni, che questa volta non abbiamo pregato invano perché il grande, santo e caro Padre del Cielo vi ha mandato a noi! Oh, ma prima che noi facciamo un solo passo per ritornare dai nostri genitori bisogna che ringraziamo il caro Padre nel Cielo che ci ha mostrato tanta grazia ed ha avuto misericordia di noi!»

14. E detto questo, i fanciulli si inginocchiarono, e così pregarono con le mani alzate al Cielo: «O gran Padre, caro, buono e santo che sei nel Cielo, Ti ringraziamo di averci soccorso nella nostra miseria per mezzo di questi padri che hai mandato a noi! Accetta in grazia, o caro Padre buono e santo, questo nostro ringraziamento!»

15. Poi essi si alzarono e ci pregarono di seguirli.

16. Noi stessi rimanemmo profondamente commossi udendo le brevi parole di ringraziamento dei fanciulli che subito si avviarono, e noi andammo dietro a loro. Ben presto arrivammo alla capanna menzionata prima, la quale si trovava sotto alla prominente sporgenza di una rupe, e là ci trovammo dinanzi a due genitori rannicchiati sulla nuda terra e tanto magri da apparire ridotti pelle ed ossa.

17. Quando Agricola vide quello spettacolo miserando, in un impeto di sdegno esclamò: «No, davvero! Una cosa simile non la si vede mai da noi pagani, che pure siamo considerati di essere duri di cuore e spietati! Ma questi pigri figli d’Israele non avrebbero potuto trovare quel poco tempo che occorre per venire fuori ogni tanto a vedere se c’è forse qualche loro simile disgraziato e bisognoso di aiuto? Qui nelle vicinanze ci sono anche dei pastori! Almeno questi avrebbero potuto dare un’occhiata qui per vedere cosa fa questa povera gente, perché essi devono essersi ben accorti della presenza di questi fanciulli che andavano e venivano spesso! In verità, una simile insensibilità non l’ho mai vista in vita mia!»

18. Ma Io gli dissi: «Sai che ti dico, o amico Mio? Noi intanto aiuteremo questi poveretti, e poi avremo tempo di parlare del resto».

 

[indice]

 

Cap. 134

Il Signore presso la famiglia povera.

 

1. Allora Io Mi rivolsi ai due infermi e domandai loro: «Come mai siete caduti in tanta miseria? Ditelo, non per Me ma per questi che sono venuti con Me!»

2. Disse l’uomo che aveva tutte le membra rattrappite dall’artrite: «O signore, noi siamo sempre stati della povera gente e ci guadagnavamo il pane col lavoro delle nostre mani e le cose andavano molto bene; sennonché tre anni fa fummo colpiti dall’artrite, io per primo, e poi anche mia moglie, avendo essa dovuto sobbarcarsi un lavoro troppo grande. Fino al tempo della Pasqua di quest’anno noi avevamo un alloggio qui in questa località, ma poi il nostro benefattore morì, e in casa si stabilì un altro padrone il quale, considerato che eravamo della gente inutile, non volle accordarci ulteriore ricovero. Noi chiedemmo di farci la carità di un ricovero presso qualcun altro, ma nessuno volle accoglierci perché eravamo malati e anche a causa dei figli; noi dunque non potemmo fare altro che rifugiarci in questa capanna, che ci venne concesso di occupare, per non dover proprio vivere all’aperto, esposti alla pioggia e alle intemperie. Che la nostra infermità non si sia mitigata dimorando in questa capanna, ma si sia anzi di giorno in giorno sempre più aggravata, lo dimostra lo stato in cui ci troviamo. Che noi poi siamo rimasti quasi nudi, dipende dal fatto che il poco che possedevamo l’abbiamo dovuto vendere per procurarci un po’ di pane. Ma ormai non abbiamo più nulla, e se non viene qualche aiuto, dobbiamo aspettarci di morire di fame. Sia tutto sacrificato a Dio, l’Onnisciente ed Onnipotente; Egli certo saprà perché ci ha fatto cadere in così tanta miseria!

3. Giobbe, a quanto si racconta, ha avuto molte tribolazioni, ma noi di certo ne abbiamo avute ancora di più! Infatti già dalla nostra fanciullezza non abbiamo avuto altro che sofferenze, e di giorni lieti ne abbiamo visti ben pochi; e proprio ora che già siamo affaticati e deboli a causa dell’età, la nostra miseria terrena è arrivata al culmine! Se voi, o cari signori, potete aiutarci in qualche modo, fatelo, e abbiate misericordia di noi! Il Signore del Cielo certo ve ne ricompenserà»

4. Gli dissi Io: «Noi siamo venuti qui precisamente allo scopo di portarvi l’aiuto da voi desiderato! È bene però che consideriate quanto segue: “Coloro che Dio ama e che ha destinati a grandi cose nel Regno degli spiriti, Egli li mette molto più fortemente alla prova di altri che non sono destinati che a piccole cose”.

5. Ormai il tempo della vostra prova terrena è compiuto; finalmente sarete felici già su questa Terra, e potrete dedicarvi all’educazione dei vostri sette figli che sono tuttora di una purezza angelica, affinché quando saranno cresciuti non si rendano impuri. Però ora Io vi dico: “Alzatevi e camminate!”»

6. Immediatamente i due genitori si alzarono da terra perfettamente risanati e riacquistarono pure un eccellente aspetto fisico.

7. Il loro stupore fu ovviamente immenso, e il marito esclamò: «O uomo prodigioso! Che cosa ci hai fatto? Infatti tanto sani e vigorosi non lo siamo mai stati prima d’oggi! Oh, ma chi e cosa sei tu veramente che disponi di un simile potere? Tu certo sei o un grande profeta mandato da Dio, oppure un angelo incarnato; perché una cosa simile non la si è mai vista in Israele. Quanti rimedi ha provato più di un paralitico senza ottenerne alcun vantaggio! Tu invece ti limitasti a dirci “Alzatevi e camminate!” e nello stesso istante ci sentimmo completamente guariti! Oh, lodate tutti il Dio d’Israele che ha concesso ad un uomo una tale Potenza puramente divina!»

8. Anche i sette fanciulli piansero di gioia quando videro che i loro genitori avevano riacquistato una salute fisica di cui non avevano mai goduto prima, e il ragazzetto più grande disse: «Oh vedete, miei cari genitori, io certo l’avevo già sentito dire, e spesso ve l’ho ripetuto: “Quando il bisogno ha raggiunto il massimo grado, anche l’aiuto di Dio è prossimo per chi l’ha veramente cercato presso di Lui”. Ed ecco, proprio oggi la nostra miseria terrena si era fatta davvero disperata, e l’aiuto di Dio è già qui! A Lui dunque, al caro Padre buono e santo nel Cielo, vadano tutta la nostra gratitudine e ogni lode ed onore! Ma poiché ormai i nostri genitori sono di nuovo sani e robusti, noi siamo tanto contenti che non sentiamo più nemmeno la fame che prima era molto grande! Ora se avessimo ancora una veste, per quanto misera, potremmo di nuovo guadagnarci un buon pezzo di pane!»

9. Allora Io dissi al ragazzo: «Va dietro a quella rupe le cui sporgenze a forma di grotta vi sono servite finora da dimora; là troverai tre fardelli, portali qui e voi potrete subito ben vestirvi!»

10. Udite queste Mie parole, il ragazzo, seguito dai fratelli e dalle sorelle, si affrettò a fare come gli avevo detto, e i piccoli furono ben presto di ritorno portando i tre fardelli nella capanna. I genitori li sciolsero facilmente e ne tolsero delle vesti adatte per loro nonché per i loro figli fra la meraviglia generale di quei poveretti, i quali versarono altre lacrime di gioia e si profusero in lodi, ringraziamenti ed esclamazioni di meraviglia.

11. Però erano quasi già due giorni che quei miseri non avevano mangiato nulla, e quindi la loro fame era grande.

12. Io perciò dissi nuovamente a quei piccoli: «Figlioletti, andate ancora una volta là dove prima avete trovato i fardelli con le vesti, e in quello stesso luogo troverete anche del pane e del vino; portate tutto qui e ristoratevi e saziatevi!»

13. I fanciulli allora corsero di nuovo fuori, e dentro ad una cesta trovarono varie pagnotte di pane eccellente nonché alcuni boccali colmi di squisito vino; essi ben presto furono di ritorno nella capanna con il cibo trovato, e tutti si saziarono e si ristorarono. I genitori, piangenti di gioia e di gratitudine, confessarono che in vita loro non avevano mai gustato un pane di quella specie, né un vino tanto soave e delizioso! E affermarono che quel pane e quel vino dovevano certo essere stati gli angeli a portarli dai Cieli di Dio, perché sulla Terra non potevano crescere e prosperare delle cose dal sapore tanto celestiale, perché gli uomini, ormai troppo perversi e dimentichi di Dio, non ne erano degni!

14. Ma Io li incoraggiai e dissi loro: «Miei cari figli, adesso mangiate e bevete tranquilli e in piena serenità d’animo, perché Dio vi ha fortemente provati, ma voi avete sopportato - senza mormorare e pienamente rassegnati alla Volontà di Dio - ogni tribolazione venuta su di voi, e Dio, ora che la vostra miseria aveva raggiunto il culmine, vi ha anche aiutato in maniera prodigiosamente sollecita! Questo aiuto rimarrà con voi non solo nel tempo, cioè fino alla fine della vostra vita terrena, ma resterà pure oltre alla tomba, per tutta l’eternità! Il perché poi voi foste così duramente provati da Dio su questa Terra, questo voi lo potrete comprendere solo nell’altra vita».

 

[indice]

 

Cap. 135

Agricola e i pastori.

 

1. Io avevo appena finito di parlare a quei poveri, quando si videro alcuni pastori venire verso la capanna. Essi avevano semplicemente l’intenzione di sincerarsi se i due infermi fossero ancora in vita.

2. Avendoci visti, essi accennarono immediatamente a volersene andare, ma Agricola uscì subito dalla capanna e così li apostrofò: «Avete forse portato da mangiare e da bere a questi disgraziati, o volevate aiutarli in qualche altro modo, o consolarli?»

3. Risposero i pastori: «O signore, né l’una né l’altra cosa, ma, dato che siamo al servizio di un padrone molto aspro e severo, egli ci ha ordinato di venire a vedere se questa famiglia abita ancora qui dentro, o se forse è già morta. In ogni caso essa deve oggi stesso sgomberare questa capanna, perché il nostro padrone ha dato incaricato, già per la giornata dopo il Sabato, a degli operai di rimettere a nuovo questa vecchia capanna. Di conseguenza è necessario che questa gente povera e nuda se ne vada!»

4. Disse Agricola: «Per il fatto che voi obbediate agli ordini del vostro padrone, io non posso biasimarvi; tuttavia voi sapevate in che condizioni misere si trovava questa famiglia: perché non le avete mai fatto del bene?»

5. Risposero i pastori: «Signore, ci basta già quello che dobbiamo fare per poter campare noi stessi! Come dunque potremmo aver cura anche di altri poveri? Il nostro padrone è troppo avaro per dare a noi, suoi servi, tanto da concederci di poter venire in aiuto ad altra gente misera; noi stessi riceviamo quanto a mala pena ci basta per vivere; ora, in tali condizioni, come potremmo aiutare a vivere anche degli altri?»

6. Disse Agricola: «Me ne dispiace molto per voi! Vedi, tu che hai parlato anche per gli altri, questa famiglia è stata ora soccorsa in un attimo in maniera più che regale, e chiunque ne fosse divenuto in qualche modo il benefattore sarebbe stato egli pure soccorso per sempre! Ma poiché, come il vostro padrone, foste duri e insensibili di cuore, è pure inutile che vi attendiate una ricompensa da noi. Del resto potete anche dire al vostro padrone che se lui si fosse preso un po’ più a cuore le sorti di questa misera famiglia, io, che sono uno dei più altolocati, ricchi e potenti signori di Roma, avrei fatto costruire per lui non una nuova capanna, ma addirittura una reggia, e gli avrei per di più donato dieci giornate di terreno; adesso invece per la sua mancata misericordia sia partecipe della ricompensa che è toccata a voi! Vergognatevi, voi, progenie d’Israele, che vi fate chiamare figli di Dio, mentre noi, pagani, vi superiamo di molto in fatto di misericordia! Come si chiama dunque questo vostro bel padrone e che cosa fa’?»

7. Rispose tutto confuso quel pastore: «Il nostro padrone è un ricchissimo cittadino di Gerusalemme ed ha nome Barabe; noi però non sappiamo altro di lui!»

8. Disse Agricola: «Benissimo! Ditegli dunque che questa famiglia, prima assai misera, gli leverà immediatamente il disturbo e verrà via con noi, e dopo, voi e il vostro bel padrone, potrete fare quel che vorrete della capanna; che però il vostro agire non vi porterà fortuna, questo ve lo garantisco io! E adesso fermatevi ancora un po’ affinché possiate convincervi che la povera famiglia se ne va realmente, e al vostro simpatico padrone potrete poi riferire che la capanna è definitivamente sgomberata»

9. Detto ciò, Agricola rientrò nella capanna, mentre i pastori si guardavano l’un l’altro sbalorditi. E uno di loro disse: «Ecco che ci siamo! Voi vi siete beffati di me quando vi ho raccontato il sogno da me avuto che riguardava questa povera famiglia, e mi avete tenuto il broncio quando qualche volta volli dividere il mio scarso pane con quei miseri fanciulli nudi; ma non basta: voi più tardi li avete anche minacciati e cacciati via quando tentarono un’altra volta di avvicinarsi a me! Ma come detto, ora ci siamo! Io ho sempre detto che con questa famiglia sarebbe accaduto un giorno un miracolo e che sarebbe stato opportuno farle un po’ di bene; ma voi ridevate sempre delle mie parole; adesso invece rido io e rido semplicemente vedendo il bel premio che la vostra illuminata intelligenza ha ottenuto!»

10. Così andarono ragionando i pastori per qualche tempo finché noi uscimmo dalla capanna assieme alla famiglia, ormai benissimo vestita, per rimetterci in cammino. Quando i pastori scorsero tutti i componenti della famiglia ben vestiti e di bellissimo aspetto, non fu poca la meraviglia, soprattutto constatando che erano tutti in perfetto stato di salute.

11. Prima di allontanarsi, il ragazzetto più grande si avvicinò all’unico pastore che si era dimostrato di buon cuore, e gli disse: «Quello che troverai nella capanna, tienilo per te!»

12. Là era rimasta la cesta con ancora una pagnotta di pane e un boccale colmo di vino, e nei panni che avevano contenuto le vesti erano avvolte alcune monete d’oro di gran valore.

13. Non appena avemmo fatto già alcuni passi innanzi, anche gli altri pastori volevano entrare nella capanna per dividere con l’unico pastore buono ciò che vi era rimasto.

14. Agricola però se ne accorse, ritornò velocemente indietro e disse ai pastori sfacciati: «Se vi azzardate a togliere a questo unico che è un po’ di buon cuore anche una sola briciola, vi faccio appendere alla croce oggi stesso! Badate bene a voi, perché un romano ha una parola sola!»

15. Udita una tale sentenza, quei pastori se la diedero a gambe levate.

16. E al pastore buono Agricola disse: «Prendi pure quello che troverai, e va’ in città, perché d’ora innanzi non avrai più bisogno di servire!»

17. Poi Agricola ci raggiunse, e noi ci avviammo per entrare in città. Alla porta della città trovammo ad attenderci molti di quelli che ci avevano seguito partendo dal monte degli Ulivi e tutti ci salutarono.

18. E allora Agricola, accennando alla povera famiglia, disse: «Ciascun passo del Signore è sempre accompagnato da benefici e prodigi!».

 

[indice]

 

Cap. 136

Il colloquio del Signore con Nicodemo riguardo ai poveri.

 

1. Intanto anche Nicodemo e il suo amico, Giuseppe d’Arimatea, si erano accorti del nostro arrivo, e si affrettarono a venirci incontro.

2. Essi Mi salutarono molto cordialmente, e Nicodemo disse: «O Signore, è una vera benedizione per questo luogo che a Te sia piaciuto visitarlo! Io avevo proprio un presentimento che noi avremmo avuto la gioia di vederTi oggi qui, ed ecco che il mio presentimento è divenuto realtà! O Signore, spero che mi sarà lecito invitarTi a casa mia e offrirTi il pranzo?»

3. Ed Io gli risposi: «O amico Mio, noi siamo in molti, e difficilmente potremmo trovare tutti posto a casa tua; oltre a ciò nel corso del pomeriggio verranno a farti visita un paio di farisei, con i quali non desidero affatto incontrarMi; per conseguenza Io andrò nel grande albergo che, del resto, è esso pure tua proprietà. Là puoi venire anche tu in compagnia del tuo amico, Giuseppe d’Arimatea, e del vecchio rabbi; puoi condurre con te tua moglie e i tuoi figli, affinché anch’essi possano vedere la salvezza del mondo. I due romani poi comunque dimorano nella loro casa situata proprio vicino al tuo albergo, ed essi pure verranno senza dubbio a visitarMi, dato che Io sono venuto qui principalmente per causa loro!»

4. Disse Nicodemo: «O Signore, come sempre, anche questa volta hai ragione; eppure io bramerei tanto che Tuoi santi piedi calcassero la soglia di casa mia, affinché anche questa fosse benedetta grazie ai passi dei Tuoi piedi!»

5. Gli dissi Io: «Con questo alla tua casa non ne verrebbe una benedizione maggiore; e qualora tu davvero credessi ad una simile cosa, sarebbe una superstizione assurda da parte tua. Tuttavia Io entrerò anche in casa tua personalmente, ma solamente dopo che i farisei, dopo pranzo, se ne saranno andati. Ora però converrà che noi aspettiamo quelli che devono ancora raggiungerci, affinché sappiano dove Io Mi fermerò durante la giornata di oggi»

6. E Nicodemo domandò chi ancora sarebbe venuto.

7. Ed Io gli risposi: «Ad eccezione dei pubblicani che erano ieri l’altro sul monte degli Ulivi, arriveranno tutti coloro che hai visto là! Anche Lazzaro e Raffaele con la comitiva degli schiavi liberati saranno qui tra poco, soltanto che verranno per un’altra via, e così entro un’ora si troveranno radunate qui ad Emmaus più di un centinaio di persone le quali a casa tua non potrebbero venire accolte con tanta facilità, mentre nel tuo albergo di spazio ce n’è per un paio di migliaia; restiamo quindi fermi a questa decisione!»

8. Allora Nicodemo volle chiedere informazioni sul conto della famiglia che ormai era in nostra compagnia, ed Io gli dissi: «O amico, questa famiglia avrebbe tutto il diritto di lagnarsi amaramente di voi, cittadini di Emmaus! Infatti se ai vostri occhi non può essere sfuggito che qui certamente spesso dei fanciulli nudi e piangenti per la fame stavano mendicando un tozzo di pane, avreste ben potuto informarvi da dove essi venissero, e quale potesse essere il motivo per il quale erano in tale stato di abbandono! Invece voi non faceste così, e ciò ai Miei occhi non torna davvero a vostro particolare onore e distinzione! Certo a te può venirne ascritta poca colpa, perché per lo più tu vivi a Gerusalemme, e così pure Giuseppe d’Arimatea; ma qui ci sono numerosi cittadini che non sono poveri, e quelli avrebbero potuto ben provvedere a questa sola misera famiglia! Invece essi non fecero affatto così, ma perciò nemmeno Io farò qualcosa per loro, nonostante qui vi siano molti ai quali il Mio aiuto verrebbe certamente molto a proposito.

9. Tu conosci la vecchia capanna da pastori mezza in rovina che si trova là fuori, e che appartiene ad un certo Barabe che dimora a Gerusalemme. Ebbene, appunto in quella capanna Io ho trovato questa famiglia in condizioni davvero disperatamente miserande! Marito e moglie erano accovacciati sul terreno umido e nudo, tutti rattrappiti dall’artrite, i quali, come si comprende, non potevano più lavorare e guadagnarsi di che vivere; soltanto i sette figli, ancora piccoli, andavano completamente nudi a mendicare del pane dagli spietati cittadini di Emmaus; ma in questi due ultimi giorni non hanno più ottenuto del pane in elemosina, e per di più il ricco Barabe ha fatto loro notificare proprio oggi che essi dovevano sgomberare anche la vecchia capanna che offriva ricovero a loro! Se non fossi venuto Io qui e non li avessi soccorsi, vi domando, data la vostra mancanza di cuore, che fine avrebbe fatto questa misera famiglia? Ormai essa è certo per sempre provvista di quanto le occorre, ma ai cittadini di Emmaus senza cuore non sarà dato invece alcun aiuto! Ed ecco che ora sei pienamente aggiornato su ciò che riguarda questa famiglia!»

10. A queste Miei parole Nicodemo rimase profondamente turbato e rattristato, e poi disse: «O Signore! Se io avessi avuto il benché minimo sentore di ciò, mi sarei volentieri preso a cuore immediatamente le sorti di questa famiglia. Ad ogni modo adesso sono pronto a fare qualsiasi cosa a loro vantaggio pur di riparare in qualche modo al mio errore!»

11. Ed Io gli dissi: «Tu non hai nulla da riparare, perché in fondo non hai commesso errori! A questa famiglia è ormai stato provvisto, e non sarà più a carico di alcun cittadino di Emmaus; tuttavia, se più tardi vorrai disporre perché vengano fatte qua e là delle ricerche, vedrai bene che troverai nelle vicinanze di Emmaus, come pure di Gerusalemme, ancora più di una famiglia alla quale il tuo aiuto riuscirà certo molto ben accetto. Ma ora passiamo a qualche altro argomento!

12. Cosa ne è dei due romani che vivono qui? Se hai occasione di fare sapere a loro che il romano Agricola è qui e che anche i suoi compagni saranno ben presto qui, fallo; e oltre a ciò dì loro che quegli uomini dell’Alto Egitto, con i quali essi ebbero a che fare quando esplorarono quella regione, arriveranno essi pure entro un’ora; di Me però e di Chi sia Io non dire loro nulla per il momento, dato che ho la Mia segreta ragione per volere questo, ragione che del resto vi si renderà nota in seguito da sé! E adesso fa in modo che i due romani vengano a raggiungerci al più presto, poiché Io vorrei avere anzitutto un’ampia discussione con loro.

13. Questa di oggi sarà una giornata di rivelazioni grandiose e da voi nemmeno presagite; va dunque e disponi tutto in buon ordine!»

14. A queste parole, Nicodemo se ne andò sollecito a riferire ogni cosa ai due romani, e questi non si fecero pregare, ma si affrettarono a venire da noi assieme a Nicodemo.

 

[indice]

 

Cap. 137

I curiosi cittadini di Emmaus.

 

1. Quando i due romani, giunti presso di noi, scorsero Agricola che era una loro vecchia conoscenza non stavano in sé dalla gioia, poiché tutta la loro felicità terrena essi la dovevano appunto esclusivamente a lui, ed erano venuti a stabilirsi nel paese d’Israele precisamente per imparare a conoscere più da vicino il vero Dio e la Sua Volontà. Essi naturalmente gli raccontarono una quantità di cose che avevano già appreso, però Agricola disse loro che tutto quello era un nulla al paragone di quanto essi avrebbero potuto udire, vedere e apprendere nel corso di quella giornata. La cosa, com’è naturale, stupì enormemente i due romani, ed essi gli domandarono se gli risultava che appunto in quel giorno sarebbero arrivati anche alcuni uomini dell’Alto Egitto.

2. Ma Agricola si limitò a rispondere loro: «O vecchi amici miei, credete fermamente in tutto quello che sentirete oggi, poiché ogni cosa troverà esattissimo adempimento, e voi potrete ben presto convincervene quando tra poco quella strana gente dell’Alto Egitto giungerà qui!»

3. Esclamarono allora i due romani: «In verità, noi avremmo potuto immaginarci oggi qualsiasi altra cosa, ma non questa che è proprio quanto mai sorprendente e meravigliosa!»

4. Anche di altre varie cose si parlò all’aperto, ma intanto stavano arrivando, un gruppo dopo l’altro, pure tutti coloro che avevano preso altre vie per venire ad Emmaus, cosicché l’animazione si fece grande in quel punto della città. Finalmente comparve anche il nostro Lazzaro in compagnia di Raffaele con la numerosa comitiva dei giovani schiavi liberati, la cui grazia e bellezza colmarono d’ammirazione i due romani, e questi ritennero subito che Raffaele fosse addirittura un Dio.

5. Sennonché Agricola e così pure i suoi compagni, essi pure arrivati nel frattempo, dissero: «Egli ne ha l’aspetto, ma in realtà le cose stanno ben diversamente! Ora però non fate domande, perché qualsiasi chiarimento in proposito l’otterrete al momento opportuno!»

6. I due romani allora si calmarono; però osservarono che sarebbe stato forse più conveniente ritirarsi in qualche albergo, dato che quella numerosa adunanza all’aperto ad un’ora piuttosto insolita avrebbe suscitato troppa sensazione nella cittadinanza; perciò sarebbe stato più consigliabile recarsi in un albergo capace di accogliere tutti!

7. Ed il consiglio, essendo buono, noi lo seguimmo e ci recammo al grande albergo di Nicodemo.

8. Tuttavia a vari abitanti del luogo non era sfuggito il fatto che noi eravamo entrati nell’albergo, e perciò si avvicinarono alla spicciolata per vedere quali novità ci fossero.

9. Ma il nostro Nicodemo disse loro: «Amici, oggi qui non c’è niente per voi, perché, come vedete, questi personaggi altolocati di Roma devono discutere di questioni molto importanti, e a questa discussione sarà lecito assistere soltanto a me e a qualche altro ebreo fra i principali; voi dunque ritiratevi tutti senza indugio e discretamente, altrimenti potreste avere dei dispiaceri, tanto più che, a quanto ho inteso, a causa di una circostanza nota a questi romani, essi non vi vedono tanto di buon occhio! Ritiratevi dunque e presto; anzi sarà meglio che per tutta la giornata non vi facciate vedere in nessun luogo!»

10. A queste parole ammonitrici di Nicodemo, quei curiosi si ritirarono più che in fretta, e così per tutta quella giornata fummo liberati dalla presenza di quegli indiscreti, perché, quando la gente di Emmaus sentì nominare i personaggi altolocati di Roma, essa prese subito il largo, anzi addirittura si sparpagliò fuori città per tutta quella giornata, e vi rientrò solo a tarda notte.

11. Allorché Nicodemo ebbe così impaurito i curiosi cittadini di Emmaus, rientrò e ci raggiunse immediatamente dicendo: «Ecco che noi possiamo muoverci già più liberamente, perché ormai quei curiosi si terranno distanti da qui per tutta la giornata, né qualcuno si farà vedere nemmeno da lontano! Se poi io abbia agito proprio bene avendoli allontanati per tutta la giornata con una prudente astuzia anziché con la pura verità, questa è certo una questione un po’ differente! Tuttavia io sono dell’opinione che se si può raggiungere uno scopo buono ricorrendo ad un mezzo proprio non assolutamente cattivo, anche questo lo si può impiegare senza pensarci eccessivamente su, perché quante volte dei genitori saggi e ragionevoli non devono guidare i loro figli usando ogni tipo di finzioni e di astuzie, qualora essi vogliano farne dei veri uomini! Avendo a che fare con dei fanciulli piccoli, io penso che la verità nuda e cruda proprio non sia sempre a suo posto!»

12. Ed Io gli dissi: «Il mezzo da te usato è stato eccellente, e oltre a ciò anche vero, e quindi per la giornata di oggi hai così raggiunto uno scopo assolutamente buono! Chi vuole giungere alla piena luce di vita della verità, è necessario che prima attraversi il campo della menzogna e delle illusioni, perché senza di queste nessuno perviene alla completa verità.

13. Vedi, tutto il mondo, anzi perfino il corpo umano ed ogni altra cosa materiale sono un’illusione per l’anima e per lo spirito, e conseguentemente sono anche una menzogna; ma senza di questa nessuna anima potrebbe giungere alla piena verità della vita. D’altro canto, tuttavia, in un senso più profondo, nemmeno il mondo della materia è una menzogna, ma esso pure è piena verità; soltanto che la verità che è in esso non si mostra apertamente, ma vi è nascosta interiormente, e non può venire trovata che per le vie della rispondenza.

14. Dunque nemmeno la tua supposta astuzia è stata, in fondo, una menzogna, ma è stata una verità, perché qui si tratta principalmente di guadagnare alla buona causa i pagani, e non gli ebrei i quali ad ogni modo hanno già ricevuto la vera Luce per mezzo di Mosè. Se essi non vogliono metterla a profitto, devono ascrivere soltanto a se stessi la colpa se, cocciuti come sono, vanno in rovina nella notte che essi stessi hanno voluto. Dunque, vedi, tu hai detto il vero quando hai riferito a quei cittadini che qui si sarebbe trattato di un consiglio da tenersi fra romani, e quindi hai condotto l’affare molto bene. Ed ora passiamo ad altro; ecco proprio in questo momento sono arrivati gli uomini dell’Alto Egitto che noi attendevamo. Sono sette in tutto; avvisa dunque i romani affinché si preparino ad accoglierli!»

15. Nicodemo si avvicinò subito ai romani che avevano preso posto ad un tavolo e riferì loro le Mie parole. I due romani allora si alzarono in fretta e gli domandarono chi gli avesse dato quella notizia.

16. Ma Nicodemo rispose loro: «L’ha data Colui che, oltre a questa, sa infinite altre cose ancora, e che voi oggi imparerete a conoscere più da vicino! Ora però non chiedete altro; andate invece ad accogliere i nuovi venuti!».

 

[indice]

 

Cap. 138

L’arrivo dei sette figli dell’Alto Egitto. Le parole con cui

l’egiziano riconosce il Signore. Della giusta nutrizione.

 

1. I due romani si affrettarono ad uscire, ma appena giunti sulla soglia videro i sette figli dell’Alto Egitto che erano già nel vestibolo del grande edificio adibito ad albergo. Il loro capo che, come si sa, vari anni prima aveva impedito alla spedizione romana di inoltrarsi nel loro paese, avanzò verso i romani dei quali si ricordava benissimo, porse la sua mano dalla pelle bruno-scura e disse: «Io vi saluto ora quali amici miei, così come da amico vi congedai vari anni fa nella nostra terra dell’Alto Egitto. Dopo di allora voi pensaste spesso a me, e appunto in seguito a quanto avete appreso da me, voi vi siete stabiliti qui allo scopo di scrutare più profondamente nell’essere di un vero uomo e di riconoscere quest’essere in voi stessi. Però non aveste mai il benché minimo presentimento che avreste un giorno potuto vedere me pure in questo paese.

2. Tuttavia io non sono giunto fin qui tanto per causa vostra, quanto piuttosto a causa di un Uomo che voi non conoscete ancora, affinché Egli voglia battezzare anche noi col fuoco dell’eterna verità del Suo Spirito. Lui solo annunciò già ieri ai Suoi molti discepoli che noi saremmo venuti e avremmo reso una vera testimonianza di Lui! Ed Egli è venuto qui oggi con i Suoi discepoli perché ben sapeva che noi saremmo arrivati qui, chiamati appunto dalla Sua onnipotente Volontà. Entriamo dunque in questo albergo e andiamo ad inchinarci profondamente dinanzi a Colui del Quale noi non siamo che ancora dei figli impotenti!»

3. Dissero i due romani: «Intendi forse parlare del famoso guaritore di Galilea del quale abbiamo udito raccontare tante cose strabilianti, quantunque personalmente non lo abbiamo ancora mai visto?»

4. Rispose l’egiziano: «Sì, certo, o amici miei, noi intendiamo parlare appunto di Quello! Lasciate dunque che ci presentiamo senza indugio a Lui!»

5. Allora i romani aprirono le porte della gran sala da pranzo, e i sette egiziani, pervasi da grande reverenza, entrarono, si diressero immediatamente verso di Me, si inchinarono profondamente e il loro capo disse: «Ecco, o Signore dall’eternità, a Te è piaciuto rivestirTi della carne dei Tuoi uomini! Sii dunque glorificato in eterno da parte di ogni creatura, Tu, che ora hai loro aperto la gran porta del Tuo immenso ed eterno Regno della vita!

6. Quando Tu, nel Tuo eterno Spirito originario, colmasti possentemente l’Infinità intera e creasti fuori da Te gli esseri in numero che non ha limiti, nessuna creatura della Tua Sapienza e della Tua Potenza era libera, ma era tenuta avvinta dalla Tua Volontà. Ora però Tu hai voluto avvincere Te stesso con la carne degli uomini, delle Tue creature, per rendere libere tutte le creature Tu stesso e introdurle nel Regno della Tua liberissima ed eterna vita divina. Sii perciò, o Signore dall’eternità, altamente glorificato e benedetto sopra ogni cosa!»

7. Tu hai creato le Tue creature talmente libere ed indipendenti che esse sentono la Tua Parola e Tu, loro Creatore, Ti fai perfino loro Maestro e insegni loro le vie, percorrendo le quali esse possono rendersi perfettamente simili a Te. Oh, ma perciò ciascun atomo della Tua eterna Infinità Ti glorifichi per l’eternità, poiché ormai esso pure è chiamato ad entrare un giorno nella libera vita!

8. Ma ora, o grande ed eterno Dio, Signore e Creatore, concedi che i nostri occhi possano bearsi per un po’ alla visione del Tuo Volto! Infatti udite, o voi creature tutte, e voi tutti, o esseri umani! Delle eternità di eternità sono trascorse, e creature innumerevoli sono sorte da Lui, creature che Egli contemplava quali Suoi pensieri riaffluenti poi di nuovo in Lui; tuttavia l’occhio di nessuna creatura poté mai vedere il suo Creatore eterno e infinito! Ma ora, poiché nei Suoi decreti eterni a Lui è piaciuto rendere Se stesso visibile e comprensibile alle Sue creature in tutta intera la propria eterna Essenzialità, ora Egli, l’Eterno, l’Infinito, si trova quale Dio visibile in forma umana tra di voi, invariato in tutta la Sua Potenza e Grandezza, e voi Lo vedete e parlate con Lui, eppure non comprendete Chi avete in mezzo a voi! Oh, riflettete dunque bene tutti su quello che ora vi ho detto, e poi esclamate: “O Signore, io di per me non sarò mai degno in eterno di dimorare con Te sotto ad uno stesso tetto, ma dimmi una sola parola, e la mia anima, grazie a questa Tua sola Parola, avrà ottenuto la vita eterna!”»

9. E dopo aver terminato di parlare, l’egiziano incrociò le mani sul petto e, con il cuore e la mente colmi di immensi pensieri, contemplò attentamente la Mia Persona dal capo alle piante dei piedi, e i suoi compagni fecero altrettanto. In quei momenti un silenzio perfetto e solenne regnò nella sala, e gli occhi di tutti rimasero fissi su di Me.

10. Trascorso un po’ di tempo, Io dissi agli egiziani: «Siate i benvenuti di tutto cuore, o amici Miei, venuti qui dal vostro lontano paese! Voi oggi avrete da renderMi ancora dei preziosi servizi per istruire più a fondo questi vostri fratelli e per irrobustire le vostre stesse anime! Ma considerato che avete viaggiato per quasi due giorni senza prendere alcun cibo, e che a nutrirvi durante questo tempo fu esclusivamente il vostro spirito, è bene dunque che ora il vostro corpo abbia anche un reale ristoro dai frutti di questa Terra, e questo vi sarà immediatamente offerto sotto forma di pane e di vino!»

11. L’egiziano allora cercò di trovare delle scuse per non mangiare, asserendo che la visione di Me lo aveva ristorato più che a sufficienza.

12. Tuttavia Io osservai: «Io so molto bene che quando un’anima è colma dello spirito non percepisce la fame del corpo; tuttavia è necessario che il corpo ottenga il suo nutrimento naturale, poiché altrimenti, col tempo, esso si renderebbe uno strumento imperfetto per l’anima; è bene dunque che voi conformemente all’ordine prendiate qualche cibo, per renderMi poi con tanto maggior vigore i buoni servizi che Mi attendo da voi a vantaggio dei vostri fratelli!»

13. A queste Mie parole essi infine si arresero e acconsentirono a prendere qualche cibo, e Nicodemo ebbe immediatamente cura che venisse loro servito del buon vino e del pane squisito nonché del sale.

14. E quando il pane, il vino e il sale furono deposti su un apposito tavolo, Io ripresi a parlare e dissi: «Ecco, o figli venuti da un lontano paese, sedetevi, mangiate e bevete!»

15. I sette allora presero posto alla mensa e cominciarono a mangiare e a bere di buon animo, perché solo allora cominciarono ad accorgersi che avevano veramente fame e sete, e gustarono molto quanto era stato loro offerto, non finendo mai di lodare la squisitezza del pane e del vino che essi dichiararono un nutrimento vitale del Cielo.

16. E tra un boccone e l’altro il capo degli egiziani non poté trattenersi dal dire: «Nella mia anima io ho spesso gustato un pane e una bevanda di questa specie; però col palato della mia bocca di carne un simile nutrimento naturale io non l’ho mai gustato! In verità, qui dentro sono riuniti nella forma più esteriore gli elementi della vita, e questi ristorano non solo il corpo, ma anche l’anima!

17. Oh, come potrebbero gli uomini penetrare profondamente e spaziare entro la sfera della vita interiore con un simile ristoro, qualora essi sapessero veramente cosa mangiano e bevono e tutto quello che è contenuto in questo nutrimento! Invece essi non lo sanno, dato che non vedono il giorno per la troppa luce! Tuttavia, pian piano, gli uomini giungeranno a comprendere che in questo cibo che essi gustano è contenuta la Parola vivente di Dio e la Sua Volontà. Se essi potessero scomporre in sé questi concetti e intenderli, solo allora sarebbero degli uomini perfetti; siccome però essi non sono ancora in grado di far ciò, dovranno accontentarsi di essere dei discepoli finché non comprenderanno queste cose e non le avranno assimilate alla loro vita!»

18. Tutti i presenti rimasero stupefatti nell’udire queste osservazioni dell’egiziano, fatte in forma semplicissima e modesta. Perfino i Miei vecchi discepoli cominciarono a discernere più di una cosa in una luce del tutto nuova e più chiara; però nessuno si sentì il coraggio di cimentarsi in una discussione con l’egiziano.

19. E i tre maghi dissero tra di loro: «Solo ora vediamo del tutto chiaramente quello che ancora ci manca! Oh, che enorme differenza c’è fra noi e questi sette uomini!»

20. Lazzaro poi, che si era insinuato dietro al Mio sedile, Mi disse: «O Signore, la sapienza di quest’uomo quasi mi sbigottisce; noi siamo ora qui alle sorgenti prime del sapere, ma quanto più innanzi si trova egli in confronto a noi!»

21. Gli dissi Io: «Non ti affliggere per questo! Un giorno arriverete voi pure a quel punto e più innanzi ancora, voi però dovete armarvi di pazienza e di zelo, poiché con un colpo solo non si abbatte nessun albero del bosco! Questi veri uomini, benché pochissimi di numero, Io li ho fatti venire qui non per svergognarvi, ma soltanto per il vostro insegnamento; così voi potrete sincerarvi di cosa possono e siano capaci dei veri uomini e inoltre di cosa pure voi avrete potere di fare quando, attraverso l’osservanza della Mia Dottrina, sarete tramutati in veri uomini.

22. Ma ora lasciamo che si sazino e si dissetino, perché sono due giorni che non mangiano niente e hanno bevuto pochissimo. Nicodemo intanto potrebbe cominciare a provvedere che venisse preparato anche per noi qualcosa da mangiare e da bere, come pure per i nostri giovinetti nella stanza attigua, dove tu e Raffaele li avete fatti ricoverare».

23. Udito questo, Lazzaro riferì subito il Mio desiderio a Nicodemo il quale si affrettò a disporre l’occorrente mettendo in moto tutta la servitù del suo albergo.

 

[indice]

 

Cap. 139

Entrambi i romani riconoscono il Signore. L’esortazione del Signore

a non manifestarLo prima del tempo davanti al mondo.

 

1. Ma allora anche i due romani, che si chiamavano Agrippa e Laio, si presentarono dinanzi a Me accompagnati da Agricola, e si inchinarono profondamente. Agrippa, il quale era egli pure un ragguardevole romano quasi di discendenza reale, cominciò a parlare così: «O Signore, grande impressione hanno suscitato in noi le parole di lode e di glorificazione a Te rivolte da questi uomini dell’Alto Egitto che noi ben conosciamo! In verità, se si trattasse di altra comune gente d’Egitto e non precisamente di costoro di cui noi abbiamo avuto occasione di fare la conoscenza vari anni fa nella loro patria, a dire il vero non eccessivamente ricca e fertile, noi avremmo potuto pensare - ciò che non è da escludersi che possa accadere a questo mondo per imbrogliare gli uomini - che Tu Ti fossi incontrato una volta con loro e che avessi pattuito con loro, dietro un’adeguata ricompensa, che essi dovessero venire qui oggi per rendere buona testimonianza di Te. Sennonché con degli uomini come essi sono, un contratto di questa specie non sarebbe stato assolutamente possibile, perché essi dominano la natura la quale deve fornire loro tutto ciò di cui hanno bisogno, e perciò disprezzano qualsiasi volgare ricompensa da parte degli uomini.

2. Ieri, mentre alcuni ciechi farisei si stavano esprimendo anche troppo apertamente sul Tuo conto in termini maligni e stavano manifestando delle intenzioni ostili contro di Te, io stesso in loro presenza citai quegli egiziani quali modelli dell’uomo perfetto dotato di facoltà superiori, e ciò per la ragione che sulla base delle mie esperienze io volevo far comprendere loro che Tu pure avresti potuto benissimo essere un Uomo perfetto di tale specie, contro il Quale noi uomini non possiamo nulla con tutte le nostre armi. Io questo modo io e questo mio fratello Laio ottenemmo almeno l’effetto di indurre quegli individui vestiti di nero (cioè i farisei) a rifletterci un po’ su, e ciò non è stato male; ma come avrei io mai potuto immaginare di rivedere qui ad Emmaus questi nostri amici d’Egitto, o quanto meno avrei potuto pensare che, secondo quello che il nostro egregio amico Agricola ci ha comunicato poco fa, saresti stato Tu stesso a ripetere parola per parola ai Tuoi discepoli, sul monte degli Ulivi vicino a Gerusalemme, tutto quello che noi qui raccontavamo ai farisei riguardo alle nostre vicende con questi uomini perfetti, e nello stesso istante in cui io qui a Emmaus stavo parlando ai farisei?

3. Ma considerando tutto ciò, noi due siamo arrivati alla conclusione che Tu, nonostante la Tua forma e figura attuale perfettamente umana, devi essere nel Tuo Spirito interiore inconfutabilmente il vero Dio e Creatore di tutti gli esseri dall’eternità! Infatti se nel Tuo Spirito Tu stesso non fossi esistito dall’eternità, vale a dire se la Tua esistenza non avesse mai avuto principio, dovrebbe essere esistito un altro essere dal quale Tu saresti proceduto, ciò che avrebbe dovuto dare come risultato un Dio originario e un Dio sorto nel tempo, cosa questa che a noi appare impossibile, perché solo l’esistenza originaria del vero Dio include in sé la condizione di una Forza e di una Potenza originarie e universali, Forza e Potenza che, secondo quanto ci è stato dato di conoscere esattamente sul Tuo conto, risiedono innegabilmente in Te. Ma poiché questi fatti meravigliosi stanno precisamente così e anche questi uomini perfetti con tutta l’acutezza del loro spirito hanno immediatamente riconosciuto che così veramente stanno, ci siamo affrettati noi pure a venire da Te, per salutarTi come l’eterno Signore, Dio, Creatore e Padre del mondo dei soli e del mondo degli spiriti, e per professare sinceramente al cospetto Tuo e di tutti i qui presenti che noi crediamo, in maniera vera e vivente, quello che abbiamo proprio ora apertamente dichiarato di Te. O Signore, perdonaci se, malgrado tutto, noi abbiamo forse in qualche modo errato!»

4. Ed Io, guardandoli con occhio amorevole, risposi loro: «Amici Miei cari, chi viene da Me come ora siete venuti voi, costui certo non commette errore dinanzi a Me, ed Io quindi altrettanto certamente non ho nulla da perdonargli! Tuttavia tutto ciò che voi, da uomini, adesso conoscete, tenetevelo intanto per voi, poiché il mondo non è ancora maturo per comprendere tali profonde verità. Qualora si volesse rivelargliele, esso non potrebbe che scandalizzarsene, ne resterebbe sdegnato e si renderebbe così ancora più tenebroso e perverso.

5. Ma quando udrete che Io avrò nuovamente fatto ritorno ai Miei Cieli eterni, allora Io manderò anche sopra di voi il Mio Spirito, e poi allora potrete annunciare all’umanità liberamente e ad alta voce quello che dinanzi a Me avete ora professato apertamente.

6. Adesso però comportiamoci l’uno verso l’altro del tutto da uomini naturali, come se fra di noi non vi fosse alcuna differenza all’infuori di questa: voi siete Miei discepoli ed Io il vostro Maestro! Ora nessun discepolo, finché deve ancora imparare, è tanto perfetto quanto lo è il suo maestro; ma quando il discepolo avrà imparato tutto dal suo maestro, allora certo anch’egli sarà altrettanto perfetto come lo è il maestro. Ed Io, appunto, sono venuto a questo mondo allo scopo di insegnare agli uomini a rendersi perfetti così come lo è il Padre che dimora nel Cielo.

7. Infatti se gli uomini di questa Terra sono destinati e chiamati a diventare dei figli di Dio, conviene bene che essi divengano in tutto simili a Dio, poiché chi non si rende perfettamente simile a Dio in tutto, non può nemmeno diventare un figlio di Dio, né può giungere a Lui finché non Gli si è reso perfettamente simile!

8. Ecco perché la Dottrina che ora vado annunciando è un vero Vangelo: perché insegna agli uomini e mostra loro le vie, procedendo per le quali essi possono giungere alla perfetta somiglianza con Dio. Chi dunque sente la Mia Parola, crede ad essa, la custodisce in sé e agisce conformemente, costui perverrà certo alla somiglianza con Dio, avrà in sé la vita eterna e sarà eternamente beatissimo».

 

[indice]

 

Cap. 140

La destinazione dell’uomo. Lo scopo dell’incarnazione del Signore.

 

1. (Continua il Signore:) «Voi però non dovete raffigurarvi che questa cosa sia estremamente difficile e complicata da ottenere; anzi, è precisamente l’opposto e ottenerla è facile, poiché il giogo che Io vi pongo sul collo con i Miei Comandamenti è mite, ed è lieve il carico che io vi do da portare. Ma nei giorni di quest’epoca tenebrosa il Regno di Dio soffre violenza, e chi lo vuole possedere deve strapparlo a sé con la forza; ciò che vuol dire che ora è difficile rinunciare a tutte le inveterate e arrugginite abitudini che hanno messo profonde radici nell’uomo a causa degli allettamenti e gli adescamenti del mondo, o in altre parole spogliarsi interamente dell’uomo antico come di una veste lacera e rivestirsi di un uomo perfettamente nuovo attinto dalla Mia Dottrina.

2. Certo, quando nell’avvenire i fanciulli verranno educati secondo la Mia Dottrina, quando si saranno fatti uomini colmi di energico buon volere in armonia con la Dottrina stessa, allora il giogo che dovranno portare sarà, come è naturale, assai leggero.

3. La Mia Dottrina però è in sé molto concisa e facilissima da comprendere, poiché essa dall’uomo non richiede altro che egli creda in un unico vero Dio, che Lo ami sopra ogni cosa come il buon Padre e Creatore, che ami il prossimo come se stesso e che a questo faccia tutto quello che egli ragionevolmente può desiderare che il prossimo a sua volta voglia fare a lui! Ebbene, ciascun uomo ha sicuramente tanto amore di se stesso da non desiderare che il suo prossimo voglia fargli qualcosa di male; per conseguenza si astenga egli pure dal fare del male al proprio prossimo!

4. Non rendete mai male per male, ma fate perfino del bene ai vostri nemici, e così avrete fatto un gran passo verso la somiglianza con Dio, il Quale fa sorgere il Suo Sole sia sui buoni che sui cattivi. L’ira e la vendetta devono lasciar liberi i vostri cuori, e al loro posto devono subentrare la misericordia, la bontà e la mansuetudine. Una volta adempiute queste condizioni, allora la perfetta somiglianza con Dio non è più molto lontana, e questa è appunto la meta verso la quale voi tutti dovete tendere esclusivamente.

5. Ma, come già detto, appunto nell’epoca presente un simile compito non è proprio così facile come qualcuno potrebbe immaginare, e chiunque vorrà assolverlo dovrà assoggettarsi ad un certo sforzo inevitabile! Comunque, chi combatte coraggiosamente può essere sicuro della vittoria e, in verità, il premio della vittoria non gli verrà a mancare; chi invece si mostrerà codardo, costui avrà il premio che spetta al codardo. E ad un tale non si potrà dire altro che: “Se tu avessi accettato la lotta, avresti anche vinto, ma poiché invece l’hai schivata, non puoi affatto pretendere un premio che spetta soltanto al vincitore, quindi devi ascrivere a te stesso la colpa se, da codardo che sei, ti tocca abbandonare il campo della vita senza alcun premio.

6. Ora il Mio pensiero è che nessuno dovrebbe schivare il combattimento, considerata l’entità del premio destinato a chi vince.

7. Dunque, sono Io stesso che vi dico queste cose, e a vostro riguardo la Mia opinione è che non vi serve alcuna prova maggiore se in voi credete che Io sono proprio Colui per il quale Mi avete riconosciuto»

8. Dissero i due romani: «O Signore, ci possono essere dei vili, anzi noi stessi ne conosciamo più di uno; ma noi, che abbiamo lottato così spesso con la morte, ne abbiamo perso ogni timore! Chi va alla guerra ed ha paura della morte, costui è un cattivo combattente; ma chi invece disprezza la morte e le sue sofferenze, è un genuino eroe, e il più delle volte uscirà vittorioso dalla battaglia e il suo premio certo non rimarrà a mezza strada. O Signore e Maestro dall’eternità nel Tuo Spirito, abbiamo parlato nel modo giusto o no?»

9. Ed Io risposi loro: «Perfettamente giusto! Tuttavia a questo mondo ci sono moltissimi uomini i quali hanno un gran timore della morte del corpo, e perciò preferiscono restare attaccati alla menzogna e alle illusioni del mondo, purché il loro corpo abbia la salute! Essi temono coloro che possono uccidere il loro corpo, ma che non possono fare più niente di male all’anima, mentre non temono affatto Colui il Quale ha il potere di far precipitare le loro anime all’inferno e nella vera morte eterna!

10. Ma ora lasciamo stare questo argomento, perché Io sono venuto a questo mondo non per tenere un giudizio, ma per rendere beato e vivente chiunque creda in Me e viva secondo la Mia Dottrina. Però un giorno saranno molti i quali Mi invocheranno: “Signore, Signore”, ma Io nei loro cuori risponderò: “Cosa state invocando, o stranieri? Io non vi conosco! Voi sapevate che Io sono il Signore e conoscevate la Mia Volontà; perché dunque non avete operato conformemente ad essa?”

11. Quindi ora Io vi dico: “RiconoscerMi e credere che Io sono il Signore non basta, ma bisogna anche fare come vi sto insegnando; solo attraverso l’azione l’uomo può raggiungere la piena somiglianza a Dio.

12. Ma l’operare secondo la Mia Dottrina non riuscirà certo difficile a colui che Mi ha ben riconosciuto e che Mi ama veramente più di ogni altra cosa al mondo; chi però così Mi ama, Mi porta spiritualmente già nel proprio cuore, e quindi ha in sé pure la completezza della vita, vale a dire la piena somiglianza divina, e così pure la vita eterna con tutte le sue beatitudini”.

13. Ecco, ora con brevi parole Io vi ho indicato come stanno le cose per quanto riguarda Me e voi uomini! Chi farà secondo la Mia Parola, avrà in sé la vita eterna. E adesso fino all’ora del pranzo non se ne parli più!».

 

[indice]

 

Cap. 141

L’amore indulgente di Dio per gli uomini. La posizione dell’uomo di fronte a Dio.

La vera umiltà. La vera adorazione di Dio. La remissione dei peccati.

 

1. Disse Agrippa: «O Signore e Maestro di infinita Sapienza dall’eternità, come deve essere immenso il Tuo Amore per noi uomini, Tue creature, per esserti degnato di abbassarti così tanto dalle altezze dei Tuoi Cieli a noi, miseri vermi su questo sozzo mondo, assumendo la nostra stessa forma umana e con l’intento di insegnarci e di mostrarci le vie che noi dobbiamo percorrere se vogliamo ottenere la vita eterna!»

2. Ed Io osservai: «O caro amico, il tono di questa tua esternazione corrisponde ad una effusione del tuo cuore, ed è buono perché buono è anche il tuo cuore; nel tuo intelletto però ha appena cominciato a fare un po’ di luce, e se l’Amore di Dio per voi uomini ti appare come qualcosa di incredibilmente prodigioso, ciò è dovuto al fatto che voi vi raffigurate Dio come un imperatore grandissimo e potentissimo sopra tutti, il quale soltanto raramente si mostra alle creature umane, e più raramente ancora parla con qualcuna di esse!

3. Se voi vi fate questa concezione di Dio, commettete un errore enorme, perché Dio è il Creatore di tutte le cose e di tutti gli esseri, e non è affatto un imperatore infinitamente superbo seduto su un trono aureo, il quale considera tutti i suoi sudditi dei vermi schifosi e spregevoli e minaccia di morte chiunque osi avvicinarsi al suo cospetto e al suo trono senza aver prima invocato il relativo permesso.

4. Ma se tutti gli esseri sono senza alcun dubbio opera di Dio, essi sono pure opere del Suo Amore, che costituisce il loro essere, ed anche opere della suprema Sapienza divina che conferisce loro la forma corrispondente e che pure la mantiene. Se dunque senza l’Amore e la Sapienza di Dio non potrebbe certo mai sussistere in eterno alcuna creatura, come mai ti appare così tanto prodigioso il fatto che Dio nutra un Amore così possente per voi uomini?

5. Ma voi stessi siete unicamente e puramente Amore proveniente da Dio e in Dio, e la vostra stessa esistenza in sé, attraverso la Volontà dell’Amore di Dio, è esclusivamente Amore di Dio incarnato! Dunque, se ciò corrisponde inconfutabilmente a verità, come può apparirvi tanto meraviglioso che Dio vi ami così tanto che Egli stesso sia venuto a voi sotto forma umana e che ora vi stia insegnando le vie che conducono alla vita libera che, al pari di Dio, è indipendente, e che sorge come fuori da voi stessi? Non siete voi opera di Dio? Oh, certo che lo siete!

6. Dunque Dio è dall’eternità un Maestro perfettissimo tanto nelle massime cose, quanto nelle minime; Egli non fu mai né un rabberciatore né un ciarlatano, e quindi non deve affatto vergognarsi delle Sue opere! Ma l’uomo, fra le creature in quantità innumerevoli e infinitamente svariate, è la creatura più perfetta nonché il punto culminante dell’Amore e della Sapienza divina, ed è destinato a diventare egli stesso un Dio; ma allora, perché dovrebbe Dio vergognarsi di una simile eccellentissima opera delle Sue mani e perché dovrebbe reputare indegno avvicinarsi alla Sua opera?

7. Vedi, o amico Mio caro, è bene che simili idee riguardanti Dio, puramente mondano-esteriori, tu le bandisca per sempre da te, perché esse sono in primo luogo false, e in secondo luogo non giovano affatto allo scopo che tu possa, attraverso loro, avvicinarti sempre di più a Dio; anzi, simili idee false non potrebbero che allontanarti sempre più da Lui, e col tempo in maniera addirittura tale che, a causa dell’eccessivo e mal compreso rispetto per Dio, tu non ti azzarderesti assolutamente più ad amarLo, e saresti nelle stesse condizioni di molti individui e di popoli viventi ora sulla Terra i quali, pur essendo essi stessi evidentemente opere visibili del divino Amore e della divina Sapienza, sono nella fede - certo assolutamente falsa - ed hanno l’opinione infondatissima che Dio dimori ad altezze tanto infinitamente sublimi al di sopra delle Sue creature da consentire unicamente ad un sommo sacerdote di avvicinarLo in certi periodi dell’anno, con determinate orazioni e fra le più brillanti e fastose cerimonie. Dopo questo avvicinamento poi il sommo sacerdote si considera a sua volta già santificato e tanto innalzato che nemmeno ad un sacerdote a lui subordinato è lecito andargli vicino, per non parlare poi di un altro comune e sconsacrato mortale, e ciò per la ragione che quella gente ritiene inammissibile che qualcosa di non santo possa accostarsi alla suprema Santità di Dio, perché in questo modo ne sarebbe profanata la suprema Santità di Dio e questo costituirebbe per gli uomini miseri e ciechi un peccato grave, che dovrebbe venire punito con la morte sul rogo. Oh, la volontaria e stoltissima cecità degli uomini!

8. Ecco, l’esempio voi lo avete in Me! Io solo sono il Signore dell’eternità! Ma qual è ora il Mio contegno di fronte a voi? Vedete, Io vi chiamo figli, amici e fratelli, e quello che voi siete dinanzi a Me, ciascuna creatura umana è chiamata ad esserlo, e non c’è affatto da parlare di un maggiore o di un minore! Infatti ciascun uomo è la Mia opera perfetta che deve riconoscersi e apprezzarsi come tale, e non misconoscersi e degradarsi al di sotto di ogni mostruosità, perché chi, pur essendo evidentissimamente opera Mia, si disprezza, costui disprezza necessariamente anche Me che sono l’Artefice. E a che cosa potrebbe servire tutto ciò?

9. Amici, l’umiltà dell’uomo nel suo cuore è certo una virtù tra le più necessarie, attraverso la quale si può pervenire il più rapidamente possibile alla Luce interiore della vita! Tuttavia questa virtù consiste veramente soltanto nel giusto amore per Dio e per il prossimo. Essa è la mite pazienza del cuore, attraverso la quale l’uomo riconosce bensì la sua eccellenza, ma non si innalza mai da dominatore al di sopra dei propri fratelli ancora molto più deboli di lui, anzi li abbraccia con un amore ancora più ardente e cerca mediante l’insegnamento, il consiglio e l’azione di innalzare pure loro al proprio grado superiore di completezza che lui ha riconosciuto in se stesso. Ecco, in questo consiste propriamente l’umiltà, la sola vera, ma non mai in eterno nel disprezzo di se stessi!

10. Io stesso sono di tutto cuore umile e mansueto, e la Mia Pazienza supera ogni limite; però non avrete mai visto od udito di Me che Io Mi sia da Me stesso disprezzato dinanzi agli uomini! Chi non apprezza giustamente se stesso come un’opera di Dio, costui non può aver stima nemmeno del proprio prossimo e neppure di Dio secondo verità, ma soltanto in base a qualche considerazione fondamentalmente falsa.

11. Certo è sbagliato quando un uomo sopravvaluta se stesso, perché allora ben presto e molto facilmente si fa oppressore e anche persecutore del prossimo spogliandosi nello stesso tempo dell’amore che è l’elemento divino della vita; ma è altrettanto sbagliato quando un uomo si sottovaluta. La ragione di questo Io ve l’ho indicata e quindi è meglio che restiamo tranquillamente alla pari e di animo lieto e sereno, perché qualora voi, che ormai Mi avete riconosciuto per Quello che sono, cominciaste a comportarvi dinanzi a Me con esagerato ossequio e con eccessivo timore, finireste evidentemente col non essere più affatto capaci di sopportare alcun insegnamento da Me.

12. Dunque, considerateMi solamente un Uomo perfetto il Quale custodisce in Sé la Pienezza dello Spirito di Dio, e che per questo ora è vostro Maestro e Insegnante; in questo modo potrete avere a che fare con Me col massimo vantaggio possibile per voi e nel migliore dei modi! Mi avete ben compreso?»

13. Rispose Agrippa: «O Signore e Maestro, Ti abbiamo certo compreso bene, perché le Tue parole sono tutte assolutamente pura e nuda verità. Però cosa si deve pensare di tutte le innumerevoli preghiere e dei salmi tanto in voga presso gli ebrei? Tu, quale l’unico vero Dio ormai riconosciuto, non vuoi essere adorato?»

14. Ed Io gli dissi: «In Mosè sta ben scritto: “Il Sabato è un giorno del Signore, nel quale devi astenerti da lavori pesanti e servili, e devi invece dedicarlo a pregare di cuore puro il Signore Dio tuo!”. Io però adesso vi dico che d’ora innanzi ciascun giorno è certamente un giorno del Signore, nel quale l’uomo giusto è tenuto a fare del bene conformemente alla Mia Dottrina! Ma chi, secondo la Mia Dottrina, opera il bene, costui celebra degnamente il Sabato e prega veramente Dio senza interruzione, e in lui Io troverò il Mio compiacimento.

15. Se qualcuno è conscio di aver peccato verso qualcun altro, che si accordi con colui contro al quale ha peccato e veda di non peccare più, così gli saranno anche rimessi i suoi peccati; ma né per effetto di determinate preghiere, né per quello di mortificazioni o di digiuni verranno mai rimessi i peccati a nessuno finché il peccatore non avrà smesso di peccare.

16. Ma finché qualcuno è immerso nel peccato, egli non è atto ad essere accolto nel Mio Regno della verità, perché il peccato rientra sempre nella sfera della menzogna e dell’inganno. Vedete, così stanno le cose! Ma ecco che adesso sta per essere servito il pranzo; noi dunque prima ci ristoreremo, e solo dopo procederemo ulteriormente sulla via della verità!».

 

[indice]

 

Cap. 142

La forma e lo spirito delle creature.

 

1. Allora vennero portate sulle mense delle vivande ben preparate, e tutti presero posto in buon ordine e mangiarono e bevvero. I sette egiziani, secondo le disposizioni da Me prese, si erano seduti alla Mia mensa e pranzarono essi pure con noi. Ci era stato servito, come molto spesso accadeva, del pesce eccellente pescato nel Giordano, che era particolarmente saporito e che incontrò il gusto di tutti gli ospiti. Anche i sette egiziani non finivano più di lodare il modo in cui era stato preparato il pesce e ne mangiarono con visibile buon appetito, nonostante avessero già prima preso del pane e del vino.

2. Mentre stavamo facendo onore al pranzo, vennero a raggiungerci anche Lazzaro con Raffaele i quali pure presero posto alla Mia mensa, ed entrambi mangiarono e bevvero con appetito; i nostri giovinetti erano già stati provvisti da loro di quanto occorreva, ed essi poi si erano affrettati a venire da noi.

3. Il capo degli egiziani si compiaceva molto ammirando Raffaele e non finiva di contemplarlo dal capo alle piante dei piedi; poi egli Mi disse: «O Signore e Maestro dall’eternità! Quando questo Tuo servitore dimorava ancora nella carne su questa Terra quattromila anni fa, egli, per quanto riguarda il corpo, non era dotato della bellezza indicibile di cui è dotato ora nel suo stato spirituale puro. Ma se io un giorno sarò trovato degno di entrare nel Tuo Regno, assumerò pure io un aspetto più nobile? Non posso fare a meno di confessare che la mia figura al paragone di questa del Tuo servitore la si può dire indicibilmente brutta; essa è adatta bensì al nostro clima, ma nobile e bella non lo è sicuramente. Io non ignoro che a questo mondo l’aspetto esteriore non ha alcuna importanza, e che l’unica cosa che conta è la completezza dell’anima; tuttavia nel Tuo Regno devono avere molta importanza pure la figura e la forma esteriori, altrimenti gli spiriti puri non avrebbero questo nobile e bello aspetto oltre ogni dire! A questo mondo il colore dell’epidermide e l’aspetto esteriore non hanno certo alcun significato per il valore interiore di una persona, ma nel Tuo Regno dei Cieli ritengo debbano pure significare molto; ecco, desidererei sapere qualcosa a questo riguardo! Una qualche vaga idea a tale riguardo io ce l’ho già, tuttavia la questione non mi è ancora del tutto chiara.

4. Nella mia anima io vedo bensì sempre tutta la Terra, le sue creature, e mi sono noti i rispettivi rapporti; conosco il pazzo affaccendarsi degli uomini, vedo ogni cosa fino al punto centrale di questo mondo e conosco altresì le miriadi di spiriti in tutti gli elementi, come pure l’influsso esercitato dal Tuo Spirito eterno su tutti gli esseri. Ma la vera e propria ragione della varietà così molteplice delle forme nella sfera della Tua creazione materiale, e particolarmente poi in quella della Tua creazione puramente spirituale, questa davvero fino ad oggi non sono riuscito a penetrarla; se Tu dunque, o Signore e Maestro, volessi farci un po’ di luce anche in questo campo, la pace delle nostre anime se ne avvantaggerebbe certo di molto»

5. Ed Io gli risposi: «Miei cari amici, cercare e trovare la verità vi è costato molta fatica e molto lavoro; tuttavia, combattendo coraggiosamente, voi avete in grandissima parte raggiunto felicemente la meta agognata, nonostante le molte difficoltà; ora questa è appunto la cosa fondamentale della vita!

6. Per quanto poi riguarda il resto, specialmente quello che è stato l’oggetto della tua domanda di prima, devo dirti che ciò non ha proprio importanza per la salvezza dell’anima, e tutto verrà reso ben chiaro all’anima quando questa sarà completamente rinata nello spirito che proviene da Me, e si sarà unificata con lui. Ad ogni modo qualche cenno a questo riguardo voglio farvelo, e il resto poi vi si renderà chiaro da sé.

7. Vedete, già da tempi antichissimi gli uomini si sono costruiti degli strumenti che producono certi suoni; da noi l’arpa, la fistola (flauto), la tromba e il cembalo; presso i greci la lira, la tibia e l’arpa eolica! Quando questi strumenti musicali hanno un suono puro e sono bene intonati, essi, usandoli, rendono una limpida melodia e un’armonia deliziosissima; ma se invece questi strumenti musicali sono stonati, vale a dire che fra i vari suoni non esiste un giusto rapporto armonico, dagli stessi non si può trarre né una melodia, né meno ancora una pura armonia.

8. Ed ora considera un po’ l’anima umana! Se i suoi rapporti col proprio corpo sono veri e buoni, essa si trova anche nella giusta armonia della vita, e quest’armonia conferisce poi all’anima la sua bellezza la quale, naturalmente, si rende completamente visibile solo quando l’anima si trova nel Mio Regno fuori dal corpo. Ma chi già a questo mondo, essendo ancora nel proprio corpo, esamina attentamente degli uomini buoni e poi anche dei perversi, si accorgerà ben presto e facilmente che un individuo buono avrà sempre anche nel suo aspetto esteriore qualcosa di bello e di attraente, mentre un individuo cattivo avrà invece già a distanza qualcosa di ripugnante, di aspro e perciò di brutto, e non gli sarà facile nascondere tali sue qualità a chi eventualmente gli verrà incontro; ora la ragione di ciò sta appunto nell’armonia interiore dell’anima, oppure - se l’individuo è maligno - nella disarmonia.

9. Simili divari tu puoi constatarli già nel regno animale e perfino in quello delle piante. Naturalmente tutte queste differenze di forma e di aspetto appaiono nella maniera più accentuata solo nel regno degli spiriti, mentre nel regno materiale esse sono soltanto accennate. Se vorrete approfondire per bene questa cosa quando ce ne sarà l’occasione, non vi sarà difficile trovare da voi stessi anche tutto il resto. Voi siete della gente savia e avete comunque molta dimestichezza con le forze del mondo naturale e con i loro elementi, e perciò anche in questa sfera dell’intelligenza animica interiore potete trovare con facilità le cause e gli effetti, sempre che vogliate in qualche modo occuparvene. Tuttavia questa cosa, nonché di altre in numero infinito, ciascuna creatura umana la potrà vedere in maniera perfetta solo quando sarà completamente rinato nella sua anima dallo spirito che proviene da Me.

10. Per conseguenza, riguardo a questo argomento noi non sprecheremo più altre parole, ma adesso mangeremo e berremo fino a terminare il nostro pranzo, e poi vedremo bene quello che si potrà ancora fare!»

11. La Mia spiegazione soddisfò pienamente i sette, e il loro capo disse: «O Signore e Maestro, noi Ti ringraziamo per questo Tuo insegnamento; esso ci è perfettamente sufficiente, ed ormai sappiamo benissimo a che punto ci troviamo anche in questo campo e come dobbiamo esaminare e indagare per chiarirci meglio la cosa».

12. Poi consumammo quanto restava ancora del nostro pranzo; infine ci alzammo da tavola ed Io benedissi tutti i presenti.

 

[indice]

 

Cap. 143

Sulla collina presso Emmaus.

 

1. Allora Lazzaro Mi domandò cosa Io intendevo fare nel pomeriggio.

2. Ed Io gli risposi: «Noi adesso usciremo di casa e andremo ad accamparci sulla collina che sorge a Levante da qui; là ci attendono per oggi ancora degli avvenimenti assolutamente straordinari dal punto di vista umano e terreno»

3. Questa decisione venne accolta con grande soddisfazione da tutti tranne che da Nicodemo, perché egli sapeva benissimo in anticipo che quel pomeriggio due farisei sarebbero venuti a visitarlo.

4. Egli perciò, rivoltosi a Me, disse: «O Signore e Maestro, Tu già vedi nel mio cuore e sai quanto ci terrei ad assistere io pure di persona agli avvenimenti da Te preannunciati! Ora se Tu vai sulla collina, che certo è ancora una mia proprietà cioè finché sarò in vita -, vorrei ben venire anch’io con Te. Sennonché, a causa dei due farisei dei quali attendo la visita, dovrò fermarmi qui in casa, e io ne avrò una perdita incalcolabile per la mia anima. O Signore, come si potrebbe accomodare la cosa? Da un lato trovo certo buono che Tu voglia sottrarTi alla vista di quei neri figuri, ma d’altro canto mi dispiace davvero che a causa di ciò i miei occhi non possano vederTi e i miei orecchi udirTi per la salvezza della mia anima!

5. Io dunque domando ancora una volta cosa sarebbe conveniente fare. Posso fare a meno di aspettare i farisei e venire invece con voi sulla collina, o devo restare qui per sentire che cosa li ha fatti venire fin qui? Quest’ultima soluzione però non mi sembra che sia proprio necessaria, perché Tu, o Signore, sei al corrente di ogni cosa, e quindi non ignorerai nemmeno gli eventuali motivi che inducono i due farisei a venirmi a trovare. Qualora dovesse trattarsi di una cosa di non particolare importanza, potrei lasciare che essi se ne vadano come sono venuti! Ma se si trattasse invece di questioni riguardanti Te, allora sarebbe forse meglio che io mi fermassi qui in casa! E Tu, o Signore e Maestro, cosa ne dici?»

6. Gli risposi Io: «Tu vieni con noi; i due farisei verranno bene a sapere dove ce ne saremo andati, e verranno subito a raggiungerci; arrivati a destinazione non mancheranno poi di apprendere come stanno le cose rispetto a Me! Infatti, vedi, sono appunto Io che voglio che essi assistano a tutto quello che accadrà là fuori sulla comoda collina, e la loro bocca verrà chiusa in una maniera del tutto speciale! Io comunque interverrò personalmente con loro in modo lieve o addirittura non interverrò affatto, ma lascerò che con loro trattino i due romani che essi già conoscono, nonché Raffaele e i sette dell’Alto Egitto; e vedrai che questi due farisei resteranno muti come pesci. In quanto a Me, essi non Mi riconosceranno, né chiederanno molto di Me, perché non è facile trovare velocemente una persona in mezzo ad altre cento!

7. Non occorre nemmeno che a casa tua lasci detto dove te ne sei andato, perché essi non mancheranno di venire subito informati qui dai giovinetti, dai servitori e dalle serventi riguardo al luogo verso il quale ti sarai diretto, ed essi ben presto ti verranno dietro. Tu però non avere affatto alcun timore per causa loro, e puoi star certo che non avranno affatto voglia di tradirti! Coloro però che parleranno e agiranno al posto Mio sapranno bene quello che dovranno dire e fare, perché tutto verrà suggerito loro esattamente! Dunque non avere assolutamente nessun timore né preoccupazione, ma vieni invece con noi sulla bella collina come ho proposto Io, e sii d’animo sereno»

8. Non appena ebbe udito queste Mie parole, Nicodemo ne fu contentissimo e ordinò alla sua gente di portare sulla collina, quando fossero trascorse circa tre ore, del pane e del vino in quantità sufficiente.

9. Poi anche Lazzaro Mi domandò cosa si sarebbe dovuto fare nel frattempo dei giovinetti!

10. Ed Io gli risposi: «Che vengano anch’essi sulla collina, perché Io voglio che quei giovinetti facciano essi pure delle esperienze maggiori; disponi dunque affinché seguano in buon ordine la nostra compagnia».

11. Essendo tutti pronti per la partenza, noi ci alzammo, ci dirigemmo - cosa di cui si accorsero solo alcuni fanciulli - verso il luogo designato, dove arrivammo in pochissimo tempo, dato che non distava molto da Emmaus.

12. La collina non aveva in tutto che un’altezza di trenta uomini sopra il livello della cittadina, però vi era sulla cima uno spiazzo vasto e libero riccamente provvisto di bella erba, e con un po’ di bosco dalla parte di Settentrione. Quasi nel mezzo dell’ampia spianata, dal terreno erboso sporgeva un gruppo di rocce alto quanto uno o due uomini, sul quale si poteva benissimo salire da tutte le parti; e proprio in cima a questo gruppo roccioso, Nicodemo aveva fatto costruire, secondo la moda del tempo e di quel luogo, una capanna molto graziosa e spaziosa, dalla quale, come dal monte degli Ulivi, si godeva un bellissimo panorama.

13. Con alcuni dei Miei discepoli Io Mi recai fino alla capanna la quale concedeva libera vista da ogni parte, mentre tutti gli altri si accamparono intorno al masso roccioso in attesa di quanto fosse potuto accadere, o di quanto Io avessi eventualmente voluto fare o dire.

14. Dopo un po’ di tempo, quando tutti i presenti si furono accampati intorno al masso in bell’ordine, Io chiamai Nicodemo e gli dissi: «Adesso preparati, perché i due farisei fanatici in compagnia pure di un paio di leviti saranno ben presto qui; quello che tu e Lazzaro nonché i romani, Raffaele e i sette ospiti dell’Alto Egitto avrete da dire e da fare, tutto questo vi verrà posto sulla lingua e suggerito nel cuore; a quei ciechi però non fate per il momento alcuna menzione di Me!»

15. Udito questo, Nicodemo ritornò al suo posto, raggiungendo il suo gruppo in cui c’erano Giuseppe d’Arimatea, Lazzaro, i romani, Raffaele e i sette figli dell’Alto Egitto, e rimase in attesa di coloro che erano stati annunciati, che infatti comparvero dopo pochi istanti sulla spianata con un’espressione molto burbera.

 

[indice]

 

Cap. 144

I farisei visitano Nicodemo.

 

1. Quando i farisei ebbero scorto Nicodemo, si diressero subito verso di lui e gli dissero: «Considerato che sapevi che oggi pomeriggio noi saremmo venuti a visitarti per trattare delle questioni importanti con te, avresti potuto aspettarci a casa tua come si conviene al nostro grado! Tuttavia, siccome vediamo che sei in compagnia di numerosissimi ospiti ai quali certamente intendi offrire un lieto pomeriggio, siamo disposti a considerarti scusato di fronte a noi! Ma chi sono tutti questi numerosi ospiti? Quelli che sono di Emmaus, di Gerusalemme e dei luoghi vicini, li conosciamo bene; ma chi e da dove sono i numerosi stranieri che si vedono qui? C’è forse oggi qui ad Emmaus qualche festa riguardo alla quale non ci è stato annunciato niente?»

2. Rispose Nicodemo: «Qui ci sono degli alti personaggi di Roma, dei greci, egiziani e indiani i quali hanno preso oggi alloggio nel mio albergo e che io ho condotto su questa mia collina prediletta affinché possano ammirare il panorama particolarmente bello in questa splendida giornata e allietarsi un po’ all’aria aperta; se però vi interessa saperne di più, potete rivolgervi direttamente a loro, perché essi conoscono tutti i linguaggi!»

3. A questo punto si fece avanti Agricola, e disse: «Considerato che siete venuti qui come spioni del Tempio, vi starà certo molto a cuore apprendere nella maggior misura possibile quanto vi è qui di nuovo e di straordinario, e io vi dico che sarete accontentati.

4. Ecco, io personalmente vengo da Roma, mi chiamo Agricola e sono uno fra i primi servitori dell’imperatore dal quale detengo pieni poteri; io posso ora disporre ed ordinare ogni cosa possibile in nome dell’imperatore, e tutto deve essere fatto così come io comando in suo nome. Quelli che stanno qui dietro a noi appartengono al mio seguito, e sono essi pure servitori dell’imperatore dotati di molto potere; poi ci sono due amici miei, Agrippa e Laio, che voi già conoscete! Là dietro al masso potete vedere un centinaio di giovani d’entrambi i sessi che appartengono alla mia guardia del corpo, e gli altri li ho con me pure a tutela della mia persona! Qui più innanzi ci sono i tre sapienti dell’India, e il loro numeroso seguito alloggia laggiù nei pressi della città; anche questi sono ora con me. Poi qui c’è un giovinetto che nella sua volontà è più potente di tutte le potenze della Terra. Infine proprio vicino a noi potete vedere appunto quei prodigiosi uomini dell’Alto Egitto sul conto dei quali i due romani da voi conosciuti vi hanno raccontato delle cose assolutamente straordinarie; essi sono venuti qui precisamente per far visita ai due romani.

5. Ed ora sapete precisamente in compagnia di chi vi trovate, chi e che cosa noi siamo nonché quello che possiamo fare. Se poi desiderate fare più stretta conoscenza con questi uomini meravigliosi e perfetti, non avete che da rivolgervi direttamente a loro, perché io non posso né devo comandare loro nulla, dato che essi stessi sono in grado di comandare in modo più possente di me, perché hanno ogni potere nella loro volontà! Dunque io ho parlato, e adesso tocca a voi!»

6. Allora i due farisei si guardarono intorno e i loro occhi si fermarono sulla capanna che era costruita in cima al masso di rocce, e chiesero a Nicodemo chi si trovava là.

7. Ma Nicodemo rispose: «Sta veramente scritto che non è bene che l’uomo sappia proprio tutto; quindi potete ora applicare anche a voi questa massima, se ci tenete a non inasprire contro di voi gli animi di questi alti personaggi di Roma, perché, a quanto ho potuto giudicare dalle loro parole, essi non hanno il Tempio in troppo grande considerazione!»

8. Udito questo discorso, i farisei non insistettero più oltre per sapere chi si trovasse nella capanna, e invece si rivolsero al primo di sette egiziani e gli domandarono se fosse proprio lui colui del quale i due romani gli avevano il giorno prima raccontato delle cose straordinarie e quasi incredibili.

9. E il capo degli egiziani rispose in tono energico: «Sì, sono proprio io! Cosa chiedete da me, voi, gente priva anche della minima scintilla dello Spirito divino, e persecutori feroci di chiunque, avente lo Spirito di Dio in sé, abbia cercato di mostrare al suo prossimo le vie della verità pura e vivente? Parlate! Cosa volete che io vi faccia?»

10. Queste parole quanto mai serie dell’egiziano non parvero essere proprio molto gradite ai due farisei, i quali stavano pensando se fosse o meno consigliabile chiedergli che volesse dar loro qualche saggio della sua potenza.

11. E dopo averci ben pensato su, i farisei dissero all’egiziano: «O amico, noi vorremmo sentire da te se non ti rincresce di dare anche a noi qui una prova di quanto sta in tuo potere di fare grazie alla tua fede e alla tua volontà! Infatti, avendo appreso da parte di testimoni degni di fede già tante cose meravigliose sul tuo conto e considerato che sei qui presente, è naturale che desideriamo convincerci di persona della tua potenza interiore! Opera dunque qualche segno dinanzi a noi!»

12. Rispose il capo degli egiziani: «Non dubitate, io farò come desiderate; prima però bisogna che mi dichiarate qual è l’importante motivo per il quale, come già da principio avete detto a Nicodemo, voi siete venuti oggi qui con i vostri aiutanti, mentre, essendo Sabato domani, avreste pur dovuto rimanervene a casa per fare ogni tipo di preparativi per tale giornata, visto che nel giorno del Sabato non vi è lecito fare alcun lavoro. Ditemi dunque chiaramente e senza reticenze qual è la grave ragione della vostra venuta qui proprio oggi, e poi io opererò un segno, ma non uscite fuori con una menzogna, perché, se lo farete, io opererò un segno per voi, però non per la vostra salvezza, ma per la vostra perdizione!»

13. Disse allora uno dei farisei: «Vedo che con te non serve fare tanti giri di parole; quindi non mi farò riguardo di dichiararti la piena verità!

14. Vedi, nella Galilea, la quale essa pure appartiene alla Giudea e dipende da Gerusalemme, è sorto un profeta che va diffondendo una nuova dottrina ostile al Tempio e a noi, e che opera egli pure ogni tipo di miracoli! Egli seduce il popolo e lo istiga contro di noi. Anzi ci risulta che egli va spacciandosi per un figlio di Dio, e si fa acclamare e glorificare come il Messia promesso, e che, quando può, fa sempre propaganda contro di noi che siamo rimasti fedeli agli antichi insegnamenti di Mosè! Noi invece sappiamo fin troppo bene che egli è figlio di un vecchio falegname, il quale, come sua moglie, era un semplice uomo come tutti gli altri. Ora, dato che il menzionato profeta non fa che perseguitarci sempre e dappertutto, io spero che non si avrà nulla da ridire se anche noi lo perseguitiamo e se tentiamo di impadronircene per renderlo innocuo.

15. Noi però per mezzo di alcuni informatori inviati qua e là abbiamo saputo, appunto la notte scorsa, che egli va tuttora in giro nei dintorni di Gerusalemme con molti suoi discepoli e continua nella sua attività a noi ostile, cosa questa che non ci può lasciare indifferenti! Ci hanno assicurato che Nicodemo, collega nostro, dovrebbe avere notizie precise riguardo a dove Egli si trovi ora, e noi siamo venuti appunto a trovarlo per parlare e consigliarci con lui in proposito. Ecco, questo è proprio il vero motivo che ci ha indotto a venire fin qui!»

16. Domandò con faccia molto seria l’egiziano: «E che fareste del Profeta, qualora Egli si lasciasse in qualche modo arrestare da voi?»

17. Rispose il fariseo: «Noi lo faremmo comparire davanti al tribunale per essere rigorosamente esaminato, e testimonieremmo contro di lui e dichiareremmo di quanti e quali crimini egli si è reso colpevole contro di noi. Qualora poi risultasse provato che egli ha peccato troppo gravemente contro di noi e contro il Tempio e le sue leggi, ciò di cui noi siamo in gran parte già pienamente convinti, è chiaro che dovrebbe venire condannato a morte a rigor di legge!».

 

[indice]

 

Cap. 145

Il capo degli egiziani svela i pensieri dei farisei.

 

1. Disse allora l’egiziano: «Vedete, io sono ancora, al massimo grado possibile, un perfettissimo uomo naturale, e tuttora possiedo da parte di Dio quelle prerogative attraverso le quali l’uomo, quale il punto terminale perfetto dell’intera Creazione, diviene signore dell’intera natura, dei suoi spiriti e dei suoi elementi. È in mio potere fare moltissime cose; io sono a conoscenza di tutto ciò che riguarda gli uomini, animali, vegetali e minerali di tutta la Terra, dal loro sorgere fino al loro completo svanire. Conosco le vostre condizioni morali, teosofiche e statali, e comprendo tutti gli idiomi, perfino quelli degli animali, senza averli mai imparati da una qualche Scrittura, perché tutte queste cose me le ha insegnate il mio spirito che mi è stato dato da Dio già quando avevo diciannove anni d’età.

2. Per conseguenza io posso dirvi che già da molto tempo voi stessi avete completamente distrutto il vostro Mosè, e nella vostra smania di dominare, nonché nel vostro grande amore per la pigrizia, per la vita comoda, per la fornicazione e l’adulterio, voi stessi vi siete fatti per vostro uso delle leggi con le quali andate tormentando ed opprimendo il vostro prossimo. Voi mettete sulle spalle dei vostri simili dei carichi insopportabili, che voi stessi vi guardate bene dal toccare sia pure con un dito solo - per carità! -, e ciò perché voi ormai non credete più in nessun Dio, perché, se voi credeste ancora in un Dio come ci credeva il vostro patriarca Abramo, voi non avreste voltato le spalle alle Leggi di Mosè e non avreste contorto e falsato queste Leggi che erano state date a lui da Dio, né avreste lapidato a morte i profeti che Dio suscitava fra voi allo scopo di dimostrarvi fino a che punto vi eravate allontanati dalle Sue vie!

3. Ed ecco che ora è sorto il massimo e per voi anche l’ultimo Profeta, precisamente nel tempo che i vostri profeti avevano predetto che sarebbe venuto; Egli insegna la verità e vi dimostra che voi non siete più figli di Dio, ma creature del demonio, e che siete diventati tali per effetto dei vostri grandi e grossolani peccati contro la Volontà di Dio. Ora questo, come ben si comprende, vi colma di ira e di furore, ed è perciò che cercate di metterGli le mani addosso e di ucciderLo.

4. Ma io, un savio di un paese straniero, vi dico che, per Sua concessione, voi potete dare ancora esecuzione al vostro piano, anzi riuscirete nel vostro intento conforme alla vostra volontà incurabilmente malvagia. Voi però non arriverete che a togliere la vita al Suo corpo per il tempo di tre giorni, ma il Suo Spirito eterno e onnipotente, che voi non potrete distruggere assieme al Suo corpo, risusciterà già il terzo giorno. Allora beati coloro che avranno creduto in Lui, ma guai moltiplicati per mille a voi perversi ipocriti, ingannatori ed oppressori dell’umanità! Di voi accadrà quello che vi è stato mostrato ieri notte sul firmamento! Mi avete ben compreso?»

5. Disse, tutto inviperito, il fariseo: «Come osi tu, uno straniero, dichiararci in faccia simili cose? Non conosci il nostro potere? E com’è che non lo conosci tu, che dici di sapere tutto?»

6. Rispose l’egiziano: «Queste cose ve le ho dette appunto per la ragione che conosco con troppa chiarezza l’assoluta nullità del vostro potere, e conosco pure la pienissima verità del mio potere che non ha timore nemmeno di mille migliaia guerrieri! Io adesso vi ho detto la verità; perché non volete accettarla voi, che potreste ancora salvarvi? Io ve lo dico: “Perché non siete più figli di Dio, ma siete figli del vostro proprio e assoluto demonio!”. Ed è perciò che ora vi riempie di ira tutto quello che vi ho detto, ed è perciò che voi volete uccidere il Santo di Dio! Ma potete senz’altro credermi se vi dico che io non ho proprio nessun timore delle vostre facce sprizzanti furore, e il perché ve lo rivelerà subito un segno che io opererò in vostra presenza! Vedete là nelle regioni alte dell’aria quel gruppo di aquile gigantesche?»

7. I farisei allora e anche i leviti guardarono in alto e videro dodici aquile gigantesche, e uno dei farisei domandò: «Ebbene, cosa c’entrano quegli animali?»

8. Rispose l’egiziano: «Io li ho fatti radunare lassù appunto per dimostrarvi che un uomo perfetto è signore di tutta la natura; io imporrò ad essi di scendere immediatamente a terra affinché voi possiate osservarli più da vicino!»

9. Detto questo, l’egiziano fece un semplice segnale dall’alto in basso con la mano destra, e quegli enormi rapaci scesero a precipizio come tante frecce a terra e circondarono i quattro del Tempio, i quali, colti da grande spavento, pregarono l’egiziano che comandasse a quegli uccellacci dallo sguardo feroce e dall’atteggiamento poco rassicurante di non far loro del male.

10. Disse l’egiziano: «È veramente strano che voi abbiate tanta paura di questi animali, mentre non temete affatto Colui che state perseguitando e che ha un Potere infinitamente maggiore del mio!

11. Vedete come siete terribilmente ciechi e stolti, e perciò anche malvagi al massimo grado e assetati di vendetta! Chi è veramente savio, non può né essere come voi, né agire a modo vostro! Egli può rinfacciare severamente ai pazzi il loro malo modo di agire, e li fa precipitare in un giudizio di punizione soltanto quando sono tanto induriti nella loro malvagità che più nessun mezzo ragionevole è in grado di migliorarli, come è perfettamente il vostro caso, gente del Tempio. Cosa potrebbe accadermi se adesso vi facessi ridurre in piccoli pezzi da questi rapaci ubbidienti ad ogni mio cenno? Io ve lo dico: “Assolutamente nulla!”

12. Voi certamente pensate che con voi quattro me la sbrigherei facilmente, ma cosa succederebbe di me, dite fra di voi, se un esercito completamente armato mi circondasse e cominciasse a farmi bersaglio delle sue frecce? Ma io vi dico che farei di tutto un esercito precisamente quello che semplicemente con un mio atto di volontà farò per qualche istante, e che veramente ora ho già fatto di voi per fornirvi una prova! Provate adesso a camminare od a far uso delle vostre braccia! Io ora voglio che soltanto le vostre lingue possano muoversi, ma che tutto il resto dei vostri corpi resti immoto come la moglie di Lot convertita in una statua di sale a causa della sua disobbedienza»

13. I quattro provarono a muovere le gambe e le braccia, ma si trovarono come paralizzati. Essi allora pregarono insistentemente l’egiziano di toglierli da quella situazione penosissima e promisero che avrebbero cercato di modificare i loro sentimenti.

14. E l’egiziano disse loro: «Credo che difficilmente vi riuscirete; ad ogni modo che vi sia restituito nuovamente l’uso delle vostre membra!»

15. Nello stesso momento i quattro poterono di nuovo muovere liberamente le braccia e le gambe, e uno dei farisei disse: «Ma disponendo di una forza talmente incomprensibile, potresti già da lungo tempo essere un signore potentissimo di tutto il mondo; chi mai potrebbe opporti resistenza?»

16. Rispose l’egiziano: «Secondo il vostro modo di pensare e di vedere, certo che lo potrei essere, ma io invece non sono affatto un cieco pazzo del mondo come lo siete voi! Quello che a me esclusivamente interessa è la vera conoscenza dell’unico vero Dio, la Sua vivente Grazia e il Suo Amore, e il poter esattamente e sempre riconoscere la santa Volontà dell’eterno Padre per conformare sempre ad essa le mie opere; dunque, vedete, questo vale infinitamente di più di tutti i tesori della Terra!

17. Se voi, in qualità di sacerdoti, faceste altrettanto, questo vi gioverebbe più di tutto il vostro molto oro e argento e di tutte le vostre pietre preziose!

18. Finché Salomone, il vostro re di altri tempi, non sedeva su un trono d’oro e non dimorava nelle stanze dorate dei suoi palazzi, egli era un sapiente, e nella sua volontà egli aveva una forza immensa; ma quando invece cominciò a circondarsi dello splendore dell’oro, egli perse sapienza e forza, e la grande Grazia di Dio si allontanò da lui! Ma nel suo stato di debolezza, a che cosa mai potevano giovargli poi tutti i suoi tesori mondani anche in quantità immensa, se infine egli cominciò perfino a dubitare dell’esistenza di Dio?

19. Tuttavia Salomone, nonostante tutti i dubbi sorti in lui, sul declinare della vita era molto migliore di quanto lo siate ora voi. La sua smania per il lusso e per le donne lo avevano reso spiacevole al Signore, perché egli, dominato da queste passioni, non prestava più ascolto alla Sua Parola, quantunque il Signore gli fosse apparso due volte e gli avesse parlato ammonendolo a non allontanarsi mai dalle Sue vie. La conseguenza del suo contegno fu che il suo vasto regno venne diviso, e a suo figlio rimase solo il piccolo territorio intorno a Gerusalemme, e anche questa grazia venne concessa a Salomone unicamente per amore di Davide, suo padre; a voi però non sarà concessa nessuna grazia, ma vi inabisserete nella palude dei vostri innumerevoli peccati e della vostra totale incorreggibilità!».

 

[indice]

 

Cap. 146

La punizione del ricco Barabe.

 

1. Disse uno dei farisei: «Come puoi sostenere una simile cosa di noi, con tanta sicurezza? Ammesso pure che fossimo proprio quei grandi peccatori che tu dici, perché non potremmo ravvederci anche noi? Fate in modo che noi possiamo convincerci della piena verità di quanto viene asserito, e allora anche noi crederemo in Lui!»

2. Disse l’egiziano accennando alle dodici aquile: «Guardate qui! Questi uccelli rapaci e selvaggi crederanno in Lui prima di voi! Quante volte Egli non ha già insegnato nel Tempio da voi, e quanti grandi prodigi non ha Egli già operato dinanzi ai vostri occhi? Perché non Gli avete creduto? Invece, quanto più insegnava e quanto maggiori erano i prodigi che Egli operava, tanto più si accendeva in voi la brama di vendetta contro di Lui! Ma se le cose sono andate incontestabilmente così, come potete affermare che tenete un simile comportamento allo scopo di riconoscere e di accertarvi che sia assolutamente vero che Egli è il portatore di salvezza per Israele, al Quale poi sarete disposti a credere? Ora io vi domando: “Chi, a questo mondo, può insegnarvi a conoscerLo meglio di Lui stesso?”. Se non credete a Lui, a chi mai volete credere per potervi ravvedere?»

3. Rispose il fariseo: «Molte volte si è portati a credere ad un altro che testimoni del Profeta, prima che al Profeta stesso!»

4. Disse l’egiziano: «Neppure questi vi sono mancati, perché in primo luogo, a cominciare da Mosè, tutti i profeti hanno profetizzato di Lui, e poi anche nel vostro tempo ne avete avuti abbastanza di testimoni viventi; perché dunque non avete creduto alle loro parole? Essi Lo hanno annunciato dinanzi a voi, e voi li avete quasi tutti lapidati, mentre all’ultimo avete fatto staccare il capo dal busto con la scure. E voi state ancora dicendo che eventualmente sareste disposti credere ai testimoni di un Profeta prima che al Profeta stesso?! Quando il Maestro non riesce ad ottenere nulla, cosa potranno mai ottenere i Suoi deboli testimoni?

5. Oh, certo, voi avete adesso una paura tremenda di me, perché, come persona a voi assolutamente estranea, vi ho dimostrato qual è il potere di un uomo perfetto; ma dell’Uomo primo e massimo, il Quale è un Dio, voi non avete alcun timore, perché nel Suo sconfinato Amore e nella Sua Sapienza e Misericordia immense Egli finora vi ha sempre trattati come i Suoi primi figli. Ma io vi dico che, pur essendo un uomo perfetto, io sono in Suo confronto un assoluto nulla, perché Egli solo è il Signore della mia e della vostra vita, e della mia e della vostra salvezza. Questa è e rimane una verità eterna!

6. La vostra ira e il vostro furore contro di Lui non si placheranno mai più in eterno. Guardate un po’ qui questi miei animali! Basta che io faccia menzione di Lui, ed essi chinano il loro capo fino a terra, mentre nei vostri petti non fa che aumentare un rancore inestinguibile! Questi animali fanno arrossire la vostra sapienza e la vostra dignità, e voi invece andate sommergendovi sempre più profondamente nella palude della vostra perdizione. E voi continuate a dire che potreste ravvedervi qualora giungeste a riconoscere la verità? Ma come può un cieco vedere e comprendere la luce, se in lui non vi è, né vi può essere la luce, dato che è assolutamente cieco? Ora tanto meno potrete comprendere la verità, poiché in voi una verità non ha mai potuto trovare posto.

7. Chi vuole comprendere la verità, deve prima essere sorto egli stesso dalla verità. Voi invece già dalle più remote generazioni siete figli della menzogna; come dunque volete ora comprendere d’un tratto la massima e la più santa fra tutte le verità? In una parola, voi non farete altro che persistere nei vostri antichi peccati, e perciò non tarderete nemmeno a ricevere il premio delle vostre opere!»

8. Non appena l’egiziano ebbe finito di parlare, gli uccelli rapaci che attorniavano i farisei cominciarono a muoversi in un modo che non prometteva nulla di buono, e i farisei tutti angosciati lo supplicarono nuovamente perché intervenisse con la sua forza, in modo da evitare che a loro accadesse qualcosa di male»

9. E l’egiziano disse: «In verità, la vostra carne miserabile sarebbe troppo indigesta per questi nobili animali! Vedete invece laggiù, ai piedi di questa collina, pascola un gregge di pecore; queste appartengono ad un certo Barabe, un ricchissimo cittadino di Gerusalemme, il quale aveva abbandonato del tutto al suo triste destino, in una capanna mezzo crollata, una famiglia estremamente povera che per di più in altri tempi era stata al suo servizio! Egli le aveva dato il permesso di dimorare per un breve tempo in quel misero tugurio, ma visto che la malattia che aveva colpito i genitori durava troppo a lungo, e che anzi negli ultimi tempi il loro male era andato aggravandosi tanto che per lui le prospettive che la cosa finisse si assottigliavano sempre di più, egli un bel giorno si stancò e, molto preoccupato dei suoi interessi, diede ordine che quella povera famiglia, già mezza morta dagli stenti, fosse fatta sgomberare dalla capanna in rovina col pretesto che, essendo aumentate le sue greggi, egli doveva farla rimettere subito a nuovo! Oh, vedi la nobiltà di cuore e la misericordia di quel figlio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe!

10. Sennonché nel momento più opportuno l’onnisciente Profeta di Galilea, che voi tanto odiate, intervenne a favore di quella famiglia ridotta in condizioni assolutamente miserevoli e completamente abbandonata, i cui figli andavano mendicando nudi un tozzo di pane senza poterlo ottenere, nonostante Emmaus sia fornitrice di pane di quasi tutta Gerusalemme, ed Egli, grazie alla Sua onnipotente Volontà, ridonò ai genitori la salute del corpo, provvide tutti di pane, di vino e di buone e decorosissime vesti e, tramite quel nobile romano, li fece condurre fuori da quel miserevolissimo ricovero.

11. E quei genitori con i loro poveri figli si trovano adesso là in compagnia degli alti personaggi di Roma, e sono provvisti nel miglior modo di quanto occorre loro. E vedete, tutto ciò è stato opera del Profeta da voi tanto odiato!

12. Voi invece, presunti servitori di Dio, non ritenete nulla più necessario e più urgente che tenere notte e giorno consiglio in quella spelonca di ladri e di assassini che è il vostro Tempio, per vedere come potreste uccidere e far sparire perfino dalla faccia della Terra questo massimo Benefattore della povera umanità!

13. Ma dite dunque voi stessi: a quali feroci bestie dei boschi e dei deserti vi si può paragonare? In verità, Barabe, quel cittadino di Gerusalemme che ho menzionato prima, è certo un miserabile senza cuore, ma voi siete mille volte peggiori di lui, perché Barabe sarà, in fondo, perfino grato al grande Profeta di aver fatto in modo che la capanna venisse sgomberata, ma in voi invece l’occulto furore non fa che aumentare, perché vedete in quale misura infinita il grande Profeta sia superiore a voi in Potenza, in Forza e in Misericordia! Quindi anche Barabe sarà punito meno severamente di voi per il suo procedere inumano!

14. Vedete qui queste aquile giganti? Ebbene, considerato che, come ho già detto prima, la vostra carne sarebbe troppo cattiva e indigesta per loro, io le manderò a saziarsi a spese del gregge di quel Barabe dal cuore così “generoso”, e affinché possano più facilmente sbrigarsela con l’intero gregge, verranno loro in aiuto altrettanti lupi ed orsi! Io lo voglio e così avvenga!».

15. L’egiziano aveva appena finito di parlare che già le aquile, levatesi alte nell’aria, si precipitarono sulle pecore che pascolavano giù sul prato, e ciascuna di esse afferrò con gli artigli una pecora e volò via con la preda verso i monti. Contemporaneamente si vide il pascolo invaso da un branco di lupi e di orsi che completò la distruzione dell’intero e numeroso gregge offrendosi così un abbondante pasto; in questa circostanza i pastori si erano dati alla fuga più disperata!

16. I quattro templari completamente sbalorditi guardarono giù nella valle, ma nessuno di loro si azzardò a pronunciare una sola parola né pro, né contro.

 

[indice]

 

Cap. 147

La promessa dei farisei. I miracoli costringono a credere in Dio,

mentre la Dottrina porta al libero e autonomo convincimento della verità.

 

1. L’egiziano allora domandò loro: «Ebbene, vi è piaciuto il segno operato da me?»

2. Ma nessuno trovò il coraggio di rispondere qualcosa a quell’uomo prodigioso, perché essi, consci delle loro malefatte, erano in preda a grande angoscia e spavento!

3. Egli però disse: «O miserabili ipocriti! Voi avete adesso una terribile paura di me, perché avete visto le cose che ho compiuto; ma invece tentate in ogni modo di avere tra le mani, per ucciderLo, Colui grazie alla cui onnipotente Volontà, a me ben nota, io ho compiuto queste cose. O miserabili e pazzi che siete! Chi è di più: il Signore oppure il servitore, il Maestro o il debole discepolo? Se voi tremate già così tanto dinanzi a me, come farete a reggere un giorno al Suo cospetto?»

4. Dissero i farisei con voce che tradiva imbarazzo e timore: «Eh sì, o uomo davvero possente, tu ora hai parlato bene e giustamente, ma alla fine devi pur convenire che non è colpa nostra se il Tempio ha assunto un atteggiamento tanto ostile verso il Profeta di Galilea! Per com’è ora costituito, il Tempio rappresenta un torrente ancora poderoso nel senso del mondo; ora noi ci troviamo appunto nel mezzo della sua corrente e non ci è possibile metterci a nuotare contro corrente! Ma se il possente Profeta non può o non vuole riformare il Tempio, come possiamo opporci ad esso, noi che siamo dei suoi membri impotenti? Certo, se noi possedessimo la forza inspiegabile che hai tu, non tarderemmo a far cambiare opinione al Sinedrio, ma invece così, con le semplici parole, non arriveremmo a concludere nulla. Noi potremmo in seguito tutt’al più astenerci dal cooperare all’azione contro il grande Profeta, oppure anche abbandonare il Tempio, vale a dire ritirarci con i nostri averi a vita privata, ma fare il modo che il Tempio la pensi diversamente, questo non ci è davvero possibile, e tu nella tua grande sapienza non avrai certo grande difficoltà a convincertene! Tu invece, e meglio ancora il grande Profeta, voi sì che potreste trasformare il Tempio e i suoi servitori mediante i segni che è in vostro potere di fare; ma noi soli non siamo affatto capaci di questo»

5. Disse l’egiziano: «Questo che voi ora avete voluto addurre a vostra scusa, io lo so molto bene; sennonché io so ancora un’altra cosa, e cioè appunto che voi foste sempre e siete ancora coloro che, strettamente uniti al vostro sommo sacerdote, costituite il cardine vero e proprio della feroce ostilità contro il Profeta più grande che abbia mai calcato il suolo di questa Terra, e questa è una cosa malvagia e perfida da parte vostra!

6. Io però, secondo l'eterna Sapienza di Dio che è ora in me, vi dico: “Il grande Maestro, colmo dello Spirito di Dio e di tutta la Sua Forza e Potenza, intende rimettere l’umanità sulla via della Luce e della vita non operando unicamente prodigi, ma piuttosto diffondendo la Sua Dottrina purissima e immensamente saggia, e ciò per il fatto che i prodigi costringono l’uomo a credere in Lui e nella Sua Parola, ma essi non possono procurare a nessuno una convinzione intima, persuasiva, libera e vivente della grande verità. Finché però nell’uomo manca una simile convinzione, che egli può acquisire soltanto mediante l’esatto operare conforme alla Dottrina, egli va considerato ancora come morto nell’anima, perché una fede cieca, acquisita soltanto per forza, non dà all’uomo una vita interiore e vera, ma una simile vita la può invece dare unicamente la fede illuminata e vivificata dell’operare secondo la Dottrina. Ora a questa fede nessuno può, né potrà mai pervenire per effetto di segni prodigiosi esteriori, ma unicamente tramite la vivente Parola dell’eterna verità proveniente da Dio, qualora questa Parola venga però accolta dall’uomo come verità e venga tradotta nelle opere”.

7. Ma considerato che il grande Maestro di Galilea sa di certo e comprende più che non altri in maniera chiara quello che alle Sue creature è più utile per la loro salvezza, Egli stesso, pubblicamente dinanzi al mondo, è ben poco prodigo di segni, ma Egli invece al mondo insegna principalmente a riconoscere la Volontà di Dio secondo piena verità, e lo sprona e lo incoraggia anche ad adempierla, e dei segni Egli ne opera solo quando vede che non possono nuocere all’anima di nessuno!

8. Quindi Egli non vuole costringere in nessun modo nemmeno il Tempio, e gli lascia ampia libertà di azione; ma se il Tempio non desisterà dal suo agire attuale, esso, con tutti i suoi seguaci, verrà lasciato al giudizio e alla perdizione. Queste cose annotatevele bene nella mente! Infatti Dio, il Quale è, era in eterno e in eterno sarà, non permette che si scherzi con Lui, dato che Egli stesso nella Sua sommamente divina Serietà ha destinato gli uomini ad una beatitudine vera ed eterna!

9. Se le Sue intenzioni con l’uomo fossero state di mirare ad uno scopo insignificante, Dio in primo luogo non lo avrebbe costituito in maniera savia e magistrale al punto da far sì che già il suo corpo risultasse il capolavoro supremo di tutta la creazione materiale, ed in secondo luogo Egli non gli avrebbe donato un’anima la quale può farsi sotto ogni aspetto simile a Lui, il Creatore stesso, purché essa seriamente lo voglia; e in terzo luogo poi non avrebbe già tante volte Egli stesso comunicato la Parola agli uomini stessi e insegnato qual è la Sua Volontà, quali siano le Sue intenzioni a loro riguardo e quale la meta che essi sono chiamati a raggiungere.

10. Ma se voi ora riconoscete la verità di quanto ho detto, e se confrontate con questa la vostra vita del tutto perversa, non potrà sfuggirvi come voi con le parole e con le opere abbiate sempre contrastato la Volontà di Dio e, in base a tale constatazione, dovreste pure riconoscere che è appunto per la ragione che avete sempre parlato e agito contro la Volontà di Dio, che voi ora odiate e perseguitate tanto il grande Maestro di Galilea! È Lui infatti che, fin con troppa evidenza, vi dimostra come tutte le vostre opere siano contro la Volontà di Dio e quindi del tutto perverse! Mi avete bene compreso!?»

11. Risposero i farisei: «Oh sì, ti abbiamo senza dubbio compreso, e conveniamo che hai detto perfettamente il vero; ma vediamo altresì che nel Tempio noi non potremo provocare alcun cambiamento di qualche importanza, anche se riferiremo fedelmente in seno al Sinedrio tutto quello che abbiamo visto e appreso qui. Del resto non ci lasceremo legare la lingua dal Sinedrio e non esiteremo a rendere apertamente manifesti dinanzi allo stesso i nostri scrupoli in proposito! Poi, comunque sia, noi in avvenire non osteggeremo più il grande Galileo, perché abbiamo già in te la prova di quali progressi possa fare l’uomo quando conosce le vie e possiede una perfetta serietà di volere. Se tu come uomo sei arrivato a questo punto, perché dunque il Galileo non potrebbe arrivare ancora più avanti?! Noi ci daremo cura di fare un esame comparativo fra la sua dottrina di cui conosciamo qualche elemento, avendo già lui insegnato varie volte nel Tempio, e la nostra Scrittura, e ci riserviamo di adottare noi pure la sua dottrina quale norma della nostra vita. Va bene così?»

12. In quel momento si fece avanti Raffaele, e disse: «Voi però avrete molto da risarcire alla povera umanità per tutto il male che le avete fatto; se non lo fate, non vi sarebbe possibile ottenere il perdono dei vostri peccati! Infatti se gli uomini non vi perdonano le offese fatte a loro, allora non può perdonarvele nemmeno Dio!»

13. Disse uno dei farisei: «Ma veramente dov’è e qual è questo gran male che noi avremmo fatto all’umanità? Noi abbiamo bensì agito in modo rigidamente conforme alle leggi del Tempio, ma in quanto al resto non sapremmo davvero in che cosa consistano questi nostri gravi peccati contro l’umanità!»

14. E Raffaele rispose: «Aspettate un po’; ora la gente di Nicodemo sta appunto portando qui qualche ristoro per il corpo e, dopo che noi ci saremo ristorati, non mancherò di fornirvi qualche prova che vi renderà chiaro il vostro perverso modo di agire verso la misera umanità; ma per il momento abbiate un po’ di pazienza»

15. Replicò il fariseo: «Come vuoi, pazienteremo un po’; ma dubito molto che avremo voglia di prendere qualche ristoro anche noi! Infatti tu ora non ci hai annunciato affatto delle cose proprio liete e consolanti! Tutto ciò che questo egiziano ci ha detto e ci ha fatto vedere non ci ha toccato tanto quanto quello che ci hai detto tu!

16. È bensì vero che da parte del Tempio è stata commessa più di una vessazione che può essere imputata a noi, che siamo quelli che abbiamo dovuto decretarla nella nostra qualità di supreme autorità del Tempio; ma le leggi, la cui tutela e applicazione spettano a noi, esistono già molto tempo prima di noi, e del fatto che simili leggi del Tempio esistono, la colpa non può davvero venire attribuita a noi! Ma se in seguito all’applicazione di queste leggi qualcuno ha riportato dei danni - ciò che non è stato raro il caso - resta ben discutibile se anche noi dovremmo essere chiamati a risarcirli!»

17. Rispose Raffaele: «Abbiate un po’ di pazienza finché noi abbiamo consumato il pane, qualche pesce e il vino; poi non mancherò di farvi sentire la mia risposta»

18. Allora dinanzi a ciascun gruppo di ospiti vennero deposte delle ceste contenenti quanto detto, e tutti mangiarono e bevvero.

19. Solo i quattro emissari del Tempio non vollero prendervi parte, per quanto stimolati a prendere qualcosa. E uno di loro, per giustificare il rifiuto, disse: «Quando un ebreo è un peccatore, deve digiunare, pregare e fare penitenza vestito di sacco e con il capo cosparso di cenere, ma non deve mangiare e bere come gli altri suoi simili onesti, che sono puri e giusti al cospetto di Dio e di tutti gli uomini. Noi dunque non mangeremo, né berremo nulla prima di aver appreso come e in che modo noi siamo diventati dei peccatori!».

 

[indice]

 

Cap. 148

Raffaele svela i peccati dei farisei.

 

1. Quando Raffaele ebbe terminato di mangiare il pane, alcuni pesci, nonché di bere un bicchiere di vino in presenza di tutti, si avvicinò veloce ai quattro e disse: «Ecco, io sono già pronto, e adesso vi aiuterò senza indugio a destarvi dal vostro sogno di giustizia!

2. Voi vi siete scusati prima richiamandovi alle rigide leggi del Tempio che non siete stati voi né a compilare, né a promulgare; ma allora da dove vi è venuta la legge in base alla quale voi inviavate i vostri incaricati e aiutanti sotto svariatissimi travestimenti allo scopo di indurre la gente a peccare contro Dio, contro di voi e contro il Tempio, ricorrendo ad ogni tipo di astuzie e seduzioni? E poi accadeva che qualcuno cadesse nel tranello e si lasciasse sedurre, allora i seduttori si affrettavano a denunciarlo a voi, e voi, ancora più solleciti, mandavate fuori i vostri sgherri per arrestare il peccatore e farlo condurre dinanzi a voi, e se egli era in qualche modo facoltoso, gli infliggevate delle ammende esorbitanti, oppure gli confiscavate tutto - pecore, vitelli, mucche, buoi, tori e asini, grano, pollame, vino, denari - come espiazione dei suoi peccati. E se per caso aveva pure qualche figlia di bell’aspetto, voi lo costringevate o a sacrificarla al Tempio oppure a riscattarla mediante il pagamento di una somma enorme. E adesso dite voi se questo è o non è un peccato che grida vendetta al Cielo che voi commettevate contro gli uomini!

3. Sennonché negli ultimi tempi voi avete organizzato ancora meglio le vostre ruberie; a voi non occorrono più i sobillatori incaricati di andare in giro a sedurre la gente perché compia ogni genere di peccati, ma voi ora mandate semplicemente i vostri sgherri e sbirri. Costoro devono taglieggiare immediatamente la gente che possiede qualcosa e spogliarla di ogni suo avere sotto il pretesto che il Tempio è venuto a sapere con certezza che essa ha gravemente peccato contro Dio e contro il Tempio, e guai a chi osasse opporsi, perché costui verrebbe punito aspramente all’istante!

4. Ora, questo modo di agire verso la misera umanità è forse anch’esso comandato in qualche Legge mosaica? O non è forse questo un peccato contro l’umanità e contro Dio?

5. Non solo, ma quando venivate a sapere di qualche donna piacente, voi l’avete sempre sedotta e resa adultera. E una volta resasi tale, ormai ognuno sa cosa può essere accaduto di lei trovandosi in mano vostra.

6. A farla breve, io vi dico che quello che ora succede da voi, nel Tempio, non è successo mai nemmeno a Sodoma e Gomorra; eppure voi osate dichiararmi in faccia che di fronte al popolo vi siete sempre comportati unicamente secondo una legge che voi non avete contribuito a compilare e a promulgare!

7. Potete forse in qualche modo scusare il vostro mercato del sangue con le donne sterili da voi praticato agli estremi confini settentrionali del paese d’Israele? E non sapete nulla di quelle bande di briganti da voi assoldate, le quali, travestite da servitori e da funzionari romani, hanno già varie volte preso illegittimamente in consegna dalle carovane i ricchi tesori che esse trasportavano, trattenendoli per sé, vale a dire per voi e per il Tempio?!

8. A quanto ne so io, e potete credermi che sono bene informato, nemmeno questo vostro modo di procedere è autorizzato da una qualche legge; al contrario, sta scritto che si deve usare giustizia anche agli stranieri e che si deve lasciarli andare per la loro strada quando non hanno intenzioni ostili! Ma se voi vi siete resi colpevoli di tali ingiustizie, tanto verso la vostra gente quanto verso gli stranieri, come volete e come potrete risarcire queste e mille altre ingiustizie ancora da voi commesse spudoratamente contro la misera umanità?

9. Come potranno mai perdonarvi coloro che voi spiritualmente e corporalmente avete ucciso nella maniera più crudele, e come farete a restituire ai numerosi stranieri i beni da voi rapinati, e ai vostri numerosi connazionali le offerte estorte in espiazione di peccati da voi falsamente loro imputati?

10. Ecco, io ho parlato; ma cosa potete replicarmi adesso voi, tenendo presente che voi e i vostri predecessori avete sempre dimostrato uno zelo estremo nel perseguitare e nell’uccidere i profeti, appunto per la ragione che essi vi rinfacciavano i vostri misfatti e perché andavano ammonendo il popolo a guardarsi dalle vostre massime e dalle vostre dottrine false e menzognere? Ebbene, è proprio per la stessa ragione che voi ora cercate di mandare in rovina anche il massimo Profeta sorto dalla Galilea, perché Egli, come me e come questo straniero dell’Alto Egitto, va testimoniando contro di voi! Ed ora parlate e giustificatevi dinanzi a me, perché io sono pure un messaggero di Dio, il Signore dall’eternità!»

11. Disse uno dei farisei: «È ben possibile che tu lo sia; però io non comprendo una cosa, e cioè che tu, che sei ancora quasi un adolescente, sia potuto pervenire a tanta sapienza! Sei forse anche tu un galileo, ed hai imparato dal grande Profeta a scendere così in campo contro di noi? Eppure non ci consta di averti mai fatto qualcosa di male!

12. Tu ci hai ora perfino accusati in presenza di questi alti dignitari romani di gravi mancanze e di ingiustizie che gridano vendetta al Cielo, colpe queste che nonostante la migliore volontà non potremo mai riparare; ma se tu prendi in considerazione le condizioni deplorevoli del mondo in cui noi viviamo, con la tua sapienza non potrai fare a meno di renderti conto come nessuno può opporsi ad una corrente troppo impetuosa, e che ciascuno invece deve vivere e navigare secondo il tempo e il vento che trova!

13. Tutto quello che ci ha detto quell’uomo prodigioso dell’Alto Egitto, nonché le parole aspre rivolteci da te, o nobilissimo giovinetto, ci hanno fatto vedere per la prima volta in maniera convincente che nell’uomo deve esserci davvero una vita superiore. E sta bene! Ma per l’uomo il quale porta in sé in forma assolutamente chiara e vivente una simile convinzione è certo facile parlare e agire! Invece solo oggi, per la prima volta in vita nostra, noi abbiamo assistito ad avvenimenti ed abbiamo udito cose che ci hanno dimostrato che Mosè e anche tutti gli altri profeti non sono delle semplici ombre create dalla fantasia di un uomo esaltato, ma sono delle reali verità di cui noi prima non avevamo alcun presentimento, e quindi solo ora vediamo che noi, secondo la Legge di Mosè, abbiamo peccato orribilmente contro l’umanità! Ormai però noi non possiamo riparare il male fatto, come anche è una assoluta impossibilità per noi, che abbiamo acquisito una tale conoscenza, trasfondere questa come una verità vivente in tutto il Tempio e in tutti i farisei dell’intero paese d’Israele!

14. Il Signore nel Cielo certo saprà perché da tanto tempo ci ha punito con una cecità così grave, ma io sono del parere che Egli non può legittimamente condannarci se, da ciechi che eravamo, siamo precipitati nell’abisso. Entro i limiti dei nostri mezzi e delle nostre forze noi faremo certo tutto quello che sarà possibile fare; però tutto quello che di male è stato causato dalla nostra cecità, questo non è riparabile che mediante la volontà.

15. Così pure noi d’ora innanzi useremo la nostra influenza nel Tempio affinché il grande Profeta non venga più perseguitato, almeno non partecipando personalmente alle deliberazioni del Sinedrio di cui ora ci rendiamo conto che è davvero un gran perfido Sinedrio. Ma se in seguito a ciò il Sinedrio vorrà rinunciare per suo conto a perseguitare il grande e possente Profeta, questo davvero non lo possiamo sapere; d’altro canto se le cose a suo riguardo stanno così come le hai esposte tu e quell’uomo prodigioso e possente dell’Alto Egitto, egli certamente meno ancora di voi due avrà motivo di temere il Sinedrio. Infatti, cosa può mai fare il Sinedrio con tutti i suoi intrighi e i suoi decreti contro la forza di un uomo armato di tutta la Potenza dello Spirito di Dio? Ecco che io ho parlato, ed ora spetta a te dichiararci se ho detto o meno il giusto».

 

[indice]

 

Cap. 149

Il prodigio convincente di Raffaele.

 

1. Disse Raffaele: «Hai parlato perfettamente bene e giustamente, né io posso opporti nulla per quanto riguarda le parole che ti sono uscite di bocca; sennonché in noi, uomini perfetti, c’è questo di fatale per voi: noi leggiamo anche i vostri pensieri più nascosti, ed abbiamo constatato che questi non concordano con le tue parole!»

2. Esclamò il fariseo: «Cosa vuoi dire? Come si può parlare in una maniera e pensare in un’altra? Non è la parola stessa altro che un pensiero che ha assunto in certo modo corpo e forma?»

3. Rispose Raffaele: «Sì, certo, dovrebbe essere appunto così; ma in voi invece essa non lo è mai stata e non lo è nemmeno questa volta! Se la tua parola è l’enunciazione esteriore dei tuoi intimi pensieri, allora essa è verità; ma se con la tua bocca dichiari una cosa, mentre nel tuo animo pensi diametralmente il contrario, allora la tua parola non è più verità, ma è una menzogna che puoi certo spacciare per verità a gente della tua risma, ma non a noi, perché oltre a tutto noi abbiamo anche la facoltà di vedere e di sentire i pensieri degli uomini, e quindi le menzogne non servono a niente!

4. C’è tuttavia qualcosa di vero in quanto hai detto, e precisamente che voi non prenderete più parte al Sinedrio se si tratterà di perseguitare ulteriormente il grande Profeta, come pure che voi non potrete mai più risarcire tutto il male che avete causato, riservandovi però di fare così là dove ciò vi sarà possibile; ma vi proponete di operare in questo modo soltanto perché ritenete che noi, assieme al Profeta, siamo semplicemente dei maestri dell’arte magica e non degli autentici messaggeri di Dio. Ora di noi, come maestri di magia, voi avete una grande paura e volete evitare di apparirci nemici; io però vi dico che noi non siamo affatto dei maghi, ma siamo dei genuini messaggeri di Dio e vi dico inoltre che il grande Profeta di Galilea non è veramente un Profeta, ma è Quello che i profeti hanno profetizzato di Lui!

5. Se voi credeste in Lui, potreste anche ottenere la remissione dei vostri peccati; ma se voi non credete in Lui, e non accogliete la Sua Dottrina e non la mettete in pratica, allora il vostro peccato rimane in voi e con questo anche la morte eterna. Egli solo è il Signore, come tutti i profeti hanno profetizzato di Lui, e quindi può rimettere i peccati a chiunque vada da Lui; ma nella Sua qualità da voi attribuitagli di maestro di magia, Egli non vi rimetterà né vi perdonerà i vostri molti peccati!

6. Che poi noi non siamo affatto dei maghi come da voi supposto, io ve lo proverò immediatamente. Guardatemi bene, e vedete se io ho con me qualche altra cosa oltre a questo mio leggerissimo mantello! E adesso vi domando: “Cosa volete che io faccia sorgere dinanzi a voi con un semplice atto della mia volontà?”. Scegliete però qualcosa di buono, di vero e perciò di ragionevole!»

7. Allora i due farisei si misero a ponderare su cosa avrebbero dovuto chiedere al supposto giovane mago facendo in modo che non fosse di tanto facile attuazione.

8. E dopo aver riflettuto per qualche tempo, essi dissero: «Ebbene, o amico, allora facci sorgere qui un albero di fichi perfettamente cresciuto e provvisto abbondantemente di frutti, e in modo tale che esso continui a vivere come tutti gli alberi della sua specie e che porti regolarmente frutto! I frutti però noi ci riserviamo di assaggiarli subito!»

9. Disse Raffaele: «Sta veramente scritto: “Non tentare l’Onnipotenza di Dio, ma servi a Lui solo!”. Considerato che qui si tratta unicamente di mostrarvi la differenza esistente tra un mago e un uomo che opera con lo Spirito proveniente da Dio, acconsento a fare quanto avete chiesto. Dove volete che sorga l’albero?»

10. Rispose uno dei farisei: «Vedi là, vicino all’orlo di quello spiazzo c’è una pietra di color bruno; ecco, precisamente là puoi farlo sorgere!»

11. E Raffaele disse: «Sta bene! Io dunque voglio che al posto designato sorga immediatamente un albero di fichi conformemente alla vostra richiesta! Così sia fatto!»

12. E nello stesso istante l’albero apparve al posto voluto. A quella vista i farisei e i leviti furono colti da tanta meraviglia, e nello stesso tempo da tanto spavento, che rimasero con la lingua come paralizzata.

13. Ma Raffaele disse loro: «Ecco, l’albero da voi richiesto si trova già dove avete voluto che fosse, ed è, come vedete, stracarico di frutta matura; ed ora andate là, assaggiate i fichi, e poi giudicate se si tratta di una vuota magia oppure di una genuina realtà!»

14. E uno dei farisei rispose: «O messaggero onnipotente di Jehova, noi ora vediamo che questa non è opera di magia, ma è opera della Potenza e della Forza dello Spirito di Dio nell’uomo! Possa Dio perdonarci l’offesa da noi arrecata alla Sua Onnipotenza! Però noi non ci azzardiamo più di assaggiare il frutto creato in maniera così prodigiosa dall’Onnipotenza di Dio, perché ciò significherebbe tentare Dio ancora di più!»

15. Osservò Raffaele: «Oh, oh, tanta devozione non c’è di gran lunga ancora in voi! Voi invece avete timore che quei frutti possano esservi nocivi, e perciò non vi fidate di assaggiarne! Tuttavia altri fra i qui presenti andranno là e ne mangeranno, e poi vedrete se i frutti vi faranno male oppure no!»

16. Allora Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea e alcuni altri si avvicinarono al magnifico albero, staccarono alcuni fichi dai rami e li gustarono non senza lodarne molto lo squisito sapore. Allora anche i farisei andarono essi pure, e anch’essi non ebbero parole sufficienti per esaltare la squisitezza dei frutti dallo splendido aspetto.

17. E dopo che ebbero mangiato alcuni di quei frutti, essi ritornarono colmi di stupore dall’angelo, lo guardarono attentamente dal capo alle piante dei piedi e poi dissero: «O giovinetto, sei tu pure davvero un semplice uomo come noi, o sei invece un qualche essere superiore?»

18. Rispose Raffaele: «Sì, è solo che c’è molto dell’uomo in me; ma certo non come voi, perché fino ad ora voi non siete stati propriamente dei veri uomini, ma solo delle forme umane semi vivificate, alle quali manca ancora molto per diventare degli esseri perfetti! E adesso dite cos’altro volete che vi mostri?»

19. Dissero i farisei, i quali parvero vederci finalmente un po’ più chiaramente nella questione: «O caro giovinetto, certo colmo dello Spirito di Dio come Samuele e Davide! Questo segno ci basta, ed ora deploriamo di avere tentato Dio quest’ultima volta richiedendoti di operare tale segno, perché siamo convinti che qui non si tratta di magia, ma di un puro e semplice miracolo di Dio. Sarebbe un sacrilegio se noi, come abbiamo già detto, ti chiedessimo un altro segno, ma tu, trovandoti in pieno stato di grazia al cospetto di Dio, puoi fare secondo tua volontà quello che a te piace.

20. Noi ormai pensiamo che sei stato tu il costruttore prodigioso anche di quella enorme colonna che sorge là su quel prato e che è visibile benissimo pure da qui. Infatti essa non può essere venuta là in maniera naturale, dato che non si può trovare alcuna traccia del fatto che il terreno e l’erba tutt’intorno siano stati calpestati o sconvolti come bisogna ammettere che dovrebbe essere qualora al trasporto e al raddrizzamento di una massa così pesante avesse contribuito il lavoro degli uomini; dunque essa deve essere sorta grazie ad un prodigio. Ebbene, se attraverso la Grazia e la Potenza di Dio, hai in te la facoltà di creare un simile albero carico di fichi maturi e quanto mai saporiti, perché non dovrebbe esserti possibile chiamare all’esistenza allo stesso modo prodigioso anche una colonna del genere di quella che si erge fuori dal terreno laggiù?

21. Infatti a Dio, il Quale ha creato dal nulla tutta la Terra e quello che essa porta e nutre, deve essere possibile ogni cosa! Considerato dunque che la Grazia e la Potenza di Dio agiscono pure in te, ne consegue che a te pure deve essere possibile qualsiasi cosa. Basta che tu lo voglia fermamente, e tutto quello che vuoi è all’istante un fatto compiuto. Di questo noi siamo ormai già perfettamente convinti, e quindi non ci occorre alcun altro segno da parte tua; tu però hai sapienza e potenza, e perciò puoi ad ogni modo fare come a te è gradito».

 

[indice]

 

Cap. 150

L’essenza interiore dell’uomo.

 

1. Disse Raffaele: «Ebbene, allora farò così. Considerato che ora avete ammesso la possibilità che io sia colui il quale ha costruito ed eretto quella colonna sul campo, là lungo la via che porta a Gerusalemme, ebbene, io vi dichiaro che è stato effettivamente così. Con ciò risulta però provato che, stando la cosa in questi termini, essa rappresenta la certezza che l’interiorissimo spirito nell’uomo è e deve essere pure un signore di tutte le forze naturali agenti in tutti gli elementi, perché esse, senza lo Spirito che è da Dio ed è dappertutto attivo, non esisterebbero affatto; ma poiché è indiscutibile che lo spirito è un signore delle forze naturali, allora ad esso deve anche, secondo le norme eterne dell’Ordine divino, essere possibile ogni cosa.

2. Prima però che l’uomo pervenga o possa pervenire a tale facoltà, egli deve, attraverso l’osservanza esattissima della Volontà di Dio che gli è stata rivelata per mezzo di Mosè e dei profeti, far propria appunto questa Volontà di Dio in modo tale che egli non possa agire altrimenti da come questa Volontà gli indica nel cuore, cosa questa la quale per colui che ha riconosciuto Dio e Lo ama sopra ogni cosa non è affatto difficile, poiché l’amore per Dio gliene conferisce la forza nella misura sempre maggiore quanto più nel suo cuore va accrescendosi sempre più l’amore per Dio e, per effetto di questo, anche l’amore per il prossimo.

3. Quando l’uomo si è unito a Dio in questo modo, allora egli è già colmo dello Spirito di Dio, poiché l’amore per Dio e l’adempimento della Sua santa Volontà sono già di per sé lo Spirito di Dio pienamente attivo nell’uomo, perché questa sua nuova volontà non è più quella fiacca e impotente della carne, ma quella onnipotente e pura di Dio.

4. Ma è evidente che a chi possiede in sé pienamente tale volontà deve essere possibile tutto ciò che vuole, perché ciò che egli vuole, lo vuole anche Dio in lui; ed è certo che a Dio sono possibili tutte le cose!

5. Non dovete quindi meravigliarvi così tanto per il fatto che gli antichi profeti abbiano compiuto molto spesso dei grandi prodigi! Infatti essi, come semplici esseri umani, hanno altrettanto poco operato qualche prodigio, quanto poco di veri prodigi ne abbiate mai operati voi! Ma poiché essi, in seguito al loro puro tenore di vita, erano spesso già fin dalla culla colmi dello Spirito di Dio, era questo onnipotente Spirito che operava i grandi prodigi, e questo Spirito colmava i loro cuori con la Luce di ogni sapienza proveniente da Dio, e quello che poi essi dicevano al popolo da tale Sapienza, non era più parola di uomo, ma era Parola di Dio!

6. Ora, dato che io, come anche alcuni altri fra costoro che si trovano qui, siamo precisamente così colmi dello Spirito e della Volontà di Dio, a me e a loro deve essere possibile tutto ciò che la Volontà di Dio in me e in loro vuole, e non vi è cosa al mondo che possa opporsi a questa volontà. Se io volessi mandare in pezzi tutta questa Terra e distruggerla completamente, questa cosa, qualora la volessi seriamente, mi sarebbe possibile con altrettanta certezza, come sono ora certo che riuscirò a distruggere in un momento quella rupe sporgente là su quella montagna abbastanza lontana.

7. Guardate là, fra Settentrione ed Oriente si vede appunto la rupe molto sporgente che ho menzionato, la cui scomparsa non farà danno a nessuno, dato che ai proprietari di quella montagna e dei rispettivi boschi essa è comunque più di svantaggio che di utilità. Dunque io voglio, ed ecco la rupe non esiste più! La sua massa intera si trova ormai già nelle profondità di un gran mare che si trova a mille giornate da qui!»

8. Allora i farisei, tutti sbalorditi, esclamarono: «Ma com’è che noi non l’abbiamo vista sollevarsi in alto e volare in aria!?»

9. Rispose Raffaele: «Ma prima non avete visto nemmeno crescere lentamente quest’albero fuori dal terreno! Quando lo Spirito di Dio vuole, avviene come esso vuole, perché il tempo e lo spazio non hanno nulla a che fare con esso. Se lo Spirito di Dio vuole che tutto avvenga per gradi secondo un ordine determinato, come è insito nella natura delle cose di questa Terra, allora anche succede così come esso vuole, poiché anche il tempo e lo spazio sorgono sempre ed eternamente fuori dalla Sua Volontà e dal Suo Ordine!

10. Il cedro cresce, secondo la Sua Volontà, a volte per lunghi secoli prima di arrivare alla massima grandezza e robustezza; una pianta di trifoglio invece è pressoché completa in pochi giorni, e quando tu vedi il fulmine scoccare da una nube, esso impiega pochissimo tempo per scendere giù sulla Terra; ora anche da ciò potete vedere che allo Spirito di Dio è possibile ogni cosa. Comprendete adesso almeno qualcosa di quanto vi ho detto?»

11. Risposero i farisei, ancora immensamente sbalorditi: «Sì, noi le comprendiamo, almeno nella misura in cui le può comprendere gente cieca da lungo tempo come siamo noi; tuttavia la rapidità inconcepibile dell’adempiersi della Volontà divina nell’uomo, come ora in te, sarà ben difficile che noi arriviamo a comprenderla! Quel certo essere qui e là contemporaneamente non lo comprenderà mai in eterno nemmeno il più acuto intelletto umano»

12. Disse Raffaele: «E perché no? Non potete voi nei vostri pensieri trasferirvi ora immediatamente, per esempio, nelle vostre dimore?»

13. Disse un fariseo: «Oh sì, questo certamente; però, com’è naturale, senza il benché minimo effetto!»

14. Disse Raffaele: «Questo è sicuro, perché voi non siete unificati con lo spirito da Dio che colma tutto, compenetra tutto e agisce dappertutto! Questo spirito giace bensì nel centro intimissimo della vostra anima, però là esso è ancora del tutto isolato dallo Spirito fondamentale, dato che in seguito al vostro troppo scarso amore per Dio esso ha anche troppo scarso alimento per poter diffondersi nell’anima, compenetrarla e per espandersi in tutto il vostro essere, ben si intende non in rapporto allo spazio, ma nella sfera della capacità del volere che è presente in detto spirito altrettanto quanto in Dio stesso, il Quale lo ha posto nel cuore dell’anima come una minima scintilla vitale indistruttibile.

15. Ma espandersi nella sfera della volontà significa che l’anima stessa subordina completamente la propria volontà alla riconosciuta Volontà di Dio, e si lascia dominare completamente da questa per propria libera decisione.

16. Nel caso di un’anima che si lascia compenetrare fin nella sua parte più profonda, per così dire come dall’esterno, dalla Volontà di Dio riconosciuta ed esattamente seguita, allora questa riconosciuta e seguita Volontà di Dio risveglia lo spirito, proveniente da Dio, che giace e sonnecchia nel più profondo dell’anima. Questo spirito si unisce poi subito con lo Spirito di Volontà a lui simile, che ha compenetrato tutta l’anima – il quale è il vero e proprio Spirito di Dio – ed è poi una cosa sola con Esso in tutto, come anche Dio è e rimane così – sebbene di per Sé ad un livello infinitamente più alto; all’incirca così come un occhio è una cosa sola con l’altro occhio, anche se in un uomo un occhio sia sempre più acuto e veda più facilmente dell’altro.

17. Quando l’uomo è arrivato a questo punto, allora il suo pensiero col quale egli si è trasferito in qualche luogo per quanto lontano, non è più vuoto e senza effetto, ma esso trasferisce integralmente in quel luogo, spiritualmente, anche l’essenza di un tale uomo perfetto che tutto può compiere. Questa vede, ode e percepisce ogni cosa, dato che essa compenetra e domina tutto con l’infinito Spirito di Volontà, senza con ciò perdere per un solo momento la propria autonomia individuale. Poiché però compenetra e domina tutto, essa, quale pensiero ricolmo del vero Spirito di Dio, può anche operare in un istante tutto ciò che l’uomo perfetto vuole.

18. Ma finché l’uomo non ha raggiunto questo stato di vita beatissimo e il solo vero, egli può realizzare i suoi pensieri e le sue idee soltanto in una qualche maniera imperfetta usando le membra del proprio corpo, e anche ciò unicamente nel campo del naturale giudicato. Il pensiero però, di per sé, non è altro che la tua immagine riflessa in uno specchio, senza essenza, senza forza e senza qualsiasi potenza. Ma ad ogni modo esso ti dice che tu in lui puoi trovarti istantaneamente in un qualche luogo per quanto lontano sia, anche se, secondo la spiegazione che ti ho dato, senza alcun reale effetto.

19. Ed ora comprenderai bene come mi è stato possibile staccare quella rupe là dalla montagna piuttosto lontana da qui e farla inabissare in un mare lontanissimo!

20. Ma io non ho compiuto questo segno dinanzi a voi per incutervi in qualche modo timore di noi, né per costringervi ad accettare una nuova Dottrina che veramente è la più antica di questa Terra, ma io ho operato i segni solo per mostrarvi la vera via per ottenere la vera e perfetta forza vitale proveniente da Dio, senza la quale l’uomo nella sua anima può considerarsi veramente morto finché, nella maniera che ti ho indicato, egli non si sia pienamente unificato con la Volontà di Dio».

 

[indice]

 

Cap. 151

La guida divina degli uomini.

 

1. (Continua Raffaele:) «Voi però, con i sistemi del vostro Tempio totalmente corrotti e assolutamente deviati da ogni buona via di Dio, siete ancora immensamente lontani da questa meta, anzi andate allontanandovene sempre di più! Tutte le vostre speranze sono riposte in un Messia di questo mondo destinato a liberarvi dalla sovranità di Roma da voi odiata sopra ogni cosa, e a fare di voi nuovamente un popolo grande e temuto; ma io vi dico che un Messia di questa specie lo attenderete invano in eterno.

2. Il vero Messia promesso invece è già venuto a voi nella Persona da voi tanto odiata del Galileo, ed è venuto con l’intenzione di fondare sulla Terra un Regno spirituale e di ridonarvi il paradiso perduto, che per voi è il riconoscimento - che voi avete smarrito completamente - dell’unico vero Dio e della Sua Volontà; ciò che ha un’importanza infinitamente superiore a quella di tutti i regni e tesori di questo mondo. Ma una simile cosa a voi non è gradita, anzi non la volete affatto, e andate addirittura perseguitando il Santissimo di ogni santità in Dio, e tentate ogni mezzo per impadronirvene e ucciderLo.

3. Giudicate ora voi stessi se, dato un simile modo di pensare e di agire da parte vostra, sia possibile che voi perveniate un giorno allo stato di vita umana vera e perfetta! E adesso parlate voi e datemi una giusta risposta!»

4. Disse uno dei farisei: «Non può esservi alcun dubbio che tutto quello che hai detto è perfettamente giusto, e noi ora vediamo che è assolutamente vero che per nostra propria colpa ci troviamo tanto infinitamente lontano da quella che è la vera meta della vita umana, ma nello stesso tempo vediamo pure che, essendo così le cose, noi siamo irrimediabilmente perduti, poiché il Tempio, nella sua incurabile cecità, non vorrà mutare i suoi sentimenti, e quindi noi siamo perduti; ora dunque ci diventa chiarissimo il significato dei segni della scorsa notte sul firmamento.

5. Per quanto riguarda noi quattro, vedremo certo di incamminarci con ogni nostra forza per quella via che tu ci hai indicato, ma di gente come noi ce n’è qualche migliaio, ed essa è molto più tenebrosa e perversa di noi, e per tale gente questa Luce non comincerà a splendere mai; ma che cosa sarà di essa se vorrà ostinarsi nella sua perfidia?»

6. Rispose Raffaele: «L’occasione è ora giunta qui, e rimarrà con voi per un breve tempo ancora; chi verrà spontaneamente sarà anche accolto, ma chi non verrà, anzi vorrà persistere nella sua cecità, andrà in perdizione. Infatti la Dottrina per ottenere la vita interiore non viene imposta a nessuno, dato che ciò non sarebbe di alcun giovamento per la sua anima, poiché la vita naturale dell’uomo su questa Terra gli viene sì donata, ma non viene donata la vita interiore, la quale invece è bene che ciascuno la ottenga con la sua propria attività!

7. Io ve lo dico: “Il mistero e il bisogno della vita interiore perfetta si trovano, per l’uomo, talmente a portata di mano e sono talmente chiari come davvero non lo potrebbe essere il Sole in pieno mezzogiorno! Tuttavia, considerando l’imprescindibile necessità dell’assoluta libertà di decisione dell’anima umana, questa considerazione alla fin fine ha ben poca importanza, perché l’uomo è per sua natura pigro e quindi inattivo, il che d’altro canto è anche necessario, altrimenti l’uomo non avrebbe nessuna occasione di destare se stesso alla vita per rendersi in questo modo maestro autonomo della sua vera vita”.

8. Ma purtroppo la maggior parte degli uomini di questa Terra non si lascia così facilmente scuotere dal suo dolce sonno di pigrizia neanche quel tanto che basti per farle almeno conoscere quanto sia meravigliosamente bello lo spettacolo del giorno che sorge. Essi preferiscono continuare a dormire finché sia trascorsa metà della giornata, e quando si svegliano, è quello il vero momento della loro grande rabbia, perché il giorno si è fatto già così chiaro da non permettere loro di dormire tranquillamente per un altro po’.

9. Io dunque nel Nome del Signore ora domando: “A chi si può paragonare una simile generazione?”. Gli animali hanno il loro tempo per riposarsi e per dormire; ma quando si destano, essi sono attivi a modo loro come le formiche e le api, e provvedono fedelmente per il loro avvenire, perché ciò sta nel loro istinto! L’uomo invece, dato che è necessariamente dotato di assoluta libertà di volere, nonostante tutte le Rivelazioni si compiace di poltrire nell’ozio, e non vuole la Luce, ma preferisce la notte e la tenebra assoluta, allo scopo di poter continuare con tanto maggiore diletto a dedicarsi al suo sonno mortifero.

10. Ma Dio - il Quale con la Sua Onnipotenza non può, né deve influire sulla vita di un uomo, come fa invece su quella delle piante e degli animali, per non rendere la vita umana, destinata ad essere assolutamente libera e pienamente autonoma, simile a quella giudicata degli animali o delle piante - che altro può fare ai Suoi figli dormiglioni se non ciò che fanno i genitori scrupolosi a cui stanno a cuore la salute e il benessere dei propri figli?

11. Tali genitori tentano di destare i fanciulli per mezzo di ogni tipo di rumore, e se i piccoli nonostante ciò non vogliono lasciare il letto, allora essi devono prendere un bastone per impartire qualche consiglio un po’ spiacevole ai figli dormiglioni e far sapere loro, in maniera palpabile ed efficace, che è ora di alzarsi e di dedicarsi alle faccende del giorno pieno di luce!

12. E vedete, precisamente nello stesso modo il Signore si comporta ora, come sempre ha fatto, verso gli uomini! Egli va chiamandoli continuamente per mezzo dei Suoi illuminati messaggeri affinché si destino, dato che è già pieno giorno; ma i figli non danno retta alle chiamate dei messaggeri, anzi li oltraggiano, li cacciano fuori di casa e talvolta fanno loro addirittura del male! Allora viene il Padre in Persona e dice ad alta voce: “Ma figli, ormai il giorno è inoltrato; alzatevi dunque e andate a compiere il vostro lieve lavoro giornaliero!”

13. Udita la voce del Padre, i figli, come gli Ebrei al tempo di Mosè, sembrano volersi destare tutti e alzarsi precipitosamente per assolvere il non difficile compito giornaliero. Ma una volta che il Padre ha lasciato la stanza da letto, i figli non badano e non pensano più alla Sua chiamata, ma invece ricominciano nuovamente a dormire di un sonno ancora più profondo di prima.

14. Il Padre poi manda di nuovo dei messaggeri per constatare se i figli sono già scesi dal letto, ma i messaggeri ritornano e dicono: “O Padre, i Tuoi figli sono ora addormentati più che mai”; allora il Padre esclama: “Questa cosa assolutamente non va! È bene indurli a rinunciare al loro poltrire, altrimenti finiscono col rovinarsi tutti. Adesso bisogna adoperare la sferza!”

15. Il Padre in Persona dunque ritorna impugnando la sferza; e vedi, allora per paura dei colpi i figli di certo saltano giù dal letto della morte, si vestono e vanno, ancora ubriachi dal sonno, alle loro faccende giornaliere brontolando, avendoli il Padre incitati con la sferza in mano a destarsi e a lavorare! La maggior parte dei figli però lascia che il colpo di sferza scenda su di loro, e poi nella loro cieca ira si alzano infuriati, si precipitano sul Padre e cercano di strozzarLo! Ma che cosa meritano allora simili figli?»

16. Dicono i farisei: «Oh, guai ai figli di questa specie! Il padre profondamente offeso si accenderà nella sua ira contro di loro, li caccerà di casa e non li riconoscerà più come suoi figli; essi dovranno andarsene in terra straniera e selvaggia come cani randagi, oppure raminghi fra i pagani di cuore duro per compiere qua e là un miserando lavoro da schiavi! E chi mai avrà pietà di loro?»

17. Disse Raffaele: «Il Padre potrà averne pietà soltanto nel caso in cui essi faranno ritorno pentiti da Lui; ma coloro che non vorranno ritornare, il Padre non li farà affatto cercare appositamente per esortarli a ritornare, ma saranno invece lasciati nella loro miseria finché questa li costringerà al ritorno!

18. Tuttavia ora voi siete tra quei figli i quali - anche se con grande fatica da parte del Padre e molto mormorare da parte loro - si sono pure lasciati scacciare dal letto in pieno giorno. Ma visto che ora ne siete scesi, non ritornateci e restate invece sul libero campo nel giorno del Padre, allora vi guadagnerete il Suo affetto, ed Egli stesso vi aiuterà nell’opera del completamento della vostra vita; ma se voi ritornerete nuovamente nel vostro vecchio letto, allora sarete dati in mano a quegli spietati maestri di disciplina che si chiamano: povertà, bisogno, miseria, cecità [spirituale], abbandono, dolore e disperazione!

19. Infatti l’uomo custodisce sì in sé i sette Spiriti di Dio che in lui preparano la vita beatissima ed eterna, ma ugualmente egli ha in sé anche i sette spiriti dell’inferno che vi ho detto prima, e quest’ultimi preparano in lui la morte e i suoi tormenti, che alle loro condizioni sono eterni.

20. Quanto io vi ho detto ora è verità eterna che proviene da Dio; se voi a questa verità vi convertirete, allora anche i vostri peccati vi saranno perdonati, e perverrete anche alla completezza della vita delle vostre anime».

 

[indice]

 

Cap. 152

La diversità dei doni dello Spirito.

 

1. Allora il secondo fariseo interrogò Raffaele dicendo: «Oh tu, giovane totalmente ricolmo dello Spirito di Dio, e che sei - dico io - un secondo Samuele! Se ci fosse tuttavia anche per noi la possibilità di giungere alla completezza della vita interiore, potremmo allora giungere anche noi a quella forza interiore di cui abbiamo visto adesso la prova in te, così come prima l’abbiamo vista in quel perfetto uomo dell’Alto Egitto?»

2. Rispose Raffaele: «Non esiste completezza di vita a cui non sia strettamente congiunta anche la forza interiore, perché la vita perfetta è anche la forza perfetta stessa. Tuttavia nel dono agli uomini dello Spirito [proveniente] da Dio, [conferito] in base alla loro caratteristica interiore, c’è anche necessariamente una diversità, e questa diversità esiste affinché, per tutta l’eternità, gli spiriti beati possano servirsi reciprocamente nella misura del loro amore per Dio e, da questo, del loro amore reciproco.

3. E perciò, nella completezza della propria vita interiore, uno riceve il dono della preveggenza, l’altro il dono della sapienza nell’esprimere la parola e il discorso, un altro il dono dell’inventiva e della creatività, di nuovo un altro il dono della forza di volontà. Un altro la forza dell’amore, e di nuovo un altro il dono della potenza di serietà, un altro quello della pazienza, e di nuovo un altro specialmente il dono della potenza della misericordia, e di nuovo un altro quello della potenza dell’umiltà. E così via all’infinito, in modo che in uno è prevalente un dono mentre in un altro è prevalente un altro dono, affinché, come ho già detto, uno spirito possa sostenere l’altro in questa o in quella cosa. Tuttavia in caso di necessità anche ciascuno spirito ha riunite in sé tutte le capacità e può agire con ogni immaginabile e sia pur particolare dono dello Spirito da Dio.

4. Dunque, anche se voi, dopo il possibile completamento della vostra vita interiore, non entrerete totalmente in possesso, su questa Terra, esattamente del mio dono, entrerete però in possesso di un’altra grazia e dono da Dio, con cui potrete servire il vostro prossimo, altrettanto come io ora ho servito voi con i miei doni. Ma una volta che uno diviene partecipe di una speciale grazia e dono da Dio, in un particolare grado, ebbene, egli non sarà per questo tenuto come un figliastro per quanto riguarda gli altri doni.

5. Ma che le cose stiano proprio così, voi lo potete già desumere dagli infinitamente diversi talenti, capacità e caratteristiche degli uomini su questa Terra. L’uno è un oratore particolarmente bravo, l’altro è un pittore, un altro è un cantante, di nuovo un altro un eccellente matematico. Un altro un meccanico, un altro ancora un costruttore edile. Un altro è un esecutore di manufatti, un altro un tessitore, un altro un farmacista, un altro ancora un minatore. E così ciascuno è dotato già per natura di un qualche particolare talento; ma nonostante il particolare talento che gli è proprio, ciascuno è anche partecipe di tutte le altre capacità umane, sebbene in un grado minore e, con la fatica e la diligenza, può sviluppare ciascuna di esse fino ad una vera completezza.

6. Ora però, come appunto già qui avete dovuto scorgere questa diversità, così comprenderete anche che, a coloro che hanno raggiunto la completezza della loro vita, la diversità dei doni dello Spirito di Dio è e deve essere indicibilmente molto più varia, perché senza tale varietà non sarebbe possibile alcuna vera e vivissima beatitudine.

7. Certo, la via per giungere alla completezza della vita è uguale per tutti. Essa è pienamente simile all’efflusso della luce dal Sole e al cadere della pioggia dalla nuvola. Ma guarda poi l’effetto infinitamente diverso della stessa luce solare e della stessa pioggia sia nel regno dei minerali, sia anche in quello delle piante e degli animali! Ma proprio come già nella creatura della materia sei costretto a notare un’infinita diversità, ebbene, così pure una diversità tanto maggiore risulta poi proprio nel regno di vita perfetta dei beatissimi angeli. E questo lo ha disposto così la somma Sapienza e Amore di Dio, e ciò affinché la beatitudine degli spiriti divenga tanto più grande!

8. Perciò non domandate se nella vostra possibile completezza di vita riceverete anche voi proprio le mie stesse caratteristiche, ma continuate pure a camminare incessantemente, con ogni umiltà e amore, sulla via di luce che ora vi ho fatto conoscere, e allora avvertirete già in modo del tutto chiaro e vivo a quale dono dello Spirito da Dio voi sarete giunti!

9. Il corpo dell’uomo ha esso pure parti e membra estremamente diverse, che sono tutte vive e attive, ciascuna a suo modo, per la conservazione dell’intera persona. Ma avete mai sentito, in voi, che le varie parti e membra del vostro corpo si siano eventualmente lamentate, nel senso che ad esempio la mano sinistra avrebbe preferito essere la destra o che il piede avrebbe preferito essere il capo, oppure l’occhio essere l’orecchio, o viceversa?

10. Se il corpo è interamente sano, anche ciascuna delle sue parti e membra è del tutto e perfettamente soddisfatta della propria situazione, posizione, destinazione e caratteristica, e non si augura in eterno nessun scambio.

11. E vedete, così altrettanto avviene nella società degli uomini e degli spiriti, che nella sua totalità assomiglia essa pure ad una persona! Qua una parte rappresenta gli occhi (sono i veggenti), una parte gli orecchi (sono gli udenti), una parte le mani (i vigorosi nell’azione), una parte i piedi (sono coloro che procedono sempre in avanti verso una luce superiore), una parte il cuore (sono i possenti nell’amore), una parte lo stomaco (sono coloro che accolgono il buono e il vero da Dio, nutrendo così l’intera società), una parte è simile al cervello (sono i saggi che danno continuamente ordine all’intera società), e così prosegue all’infinito, dal più piccolo al più grande, e ogni pur minimo membro, ogni singola fibra della società è a suo modo perfettamente possente e beata, e partecipe delle capacità e delle caratteristiche dell’intera società. In modo simile anche i tuoi piedi sono perfettamente partecipi della luce dei tuoi occhi, mentre a loro volta i tuoi occhi della capacità dei tuoi piedi. Il tuo occhio infatti si rallegra quando, fatto avanzare assieme a tutto il tuo corpo dai piedi, arriva là dove può ammirare nuove cose e nuovi prodigi, e ne trae diletto nell’intelletto e nel cuore; ma questa letizia viene poi trasmessa anche al piede come se questo fosse esso stesso perfettamente l’occhio, l’intelletto e il cuore stesso!

12. Se riflettete bene su quanto vi ho detto, potrete certo essere anche più che perfettamente soddisfatti di qualunque dono dello Spirito di Dio che vi sarà concesso di ricevere. Ma adesso, ditemi, mi avete anche capito bene?»

13. Risposero i farisei, stupiti in sommo grado per la sapienza di Raffaele: «Oh tu vero, celeste Samuele! Quanto sei sapiente! Ora sì che ti abbiamo capito del tutto! Ma tutto questo tu lo hai ricevuto dal grande e sapientissimo Galileo?»

14. Disse Raffaele: «Sì, tutto in eterno solamente da Lui!»

15. Dissero i farisei: «Solo ora vorremmo vederlo noi stessi e parlargli! Noi ora non siamo più suoi nemici, ma amici molto pentiti. Indicaci dove sta, affinché possiamo presentarci davanti a lui e porgergli il nostro più profondo ringraziamento! Noi pianteremo del tutto il Tempio e seguiremo lui!».

 

[indice]

 

Cap. 153

L’espiazione dei farisei.

 

1. Raffaele però, invece di rispondere subito alla domanda dei due farisei riguardo alla Mia Persona, chiamò a sé Lazzaro e Nicodemo, e solo poi disse, rivolto ai due farisei: «Conoscete quest’uomo [Lazzaro] che in particolare voi più degli altri avete iniziato a perseguitare, per la ragione che egli non poté e non volle infine più darvi tutto quello che pretendevate da lui?»

2. Dissero i due farisei: «Oh, certo che conosciamo il ricchissimo Lazzaro, e anche sappiamo quanto e come ci siamo resi colpevoli verso di lui; tuttavia, in quanto saremo in grado di risarcirlo dei danni avuti, noi lo faremo alla prossima occasione con i fondi del nostro tesoro privato. Resta il fatto, però, che noi abbiamo maledetto il suo albergo sul monte degli Ulivi e la nostra maledizione è registrata nel Tempio, e questa certamente non potremo cancellarla dal libro nero se non sborsando un considerevole riscatto; noi però forniremo al buon Lazzaro il denaro occorrente prelevandolo dal nostro tesoro, e così egli potrà liberarsi da quella fastidiosa maledizione!»

3. Chiese allora Raffaele a Lazzaro: «Sei soddisfatto di questa proposta?»

4. Rispose Lazzaro: «Certo che sono perfettamente soddisfatto; d’altro canto io sono disposto ad accettare questa loro buona intenzione come azione compiuta, e così voglio essere, ed anche lo sarò, il migliore amico di questi due. Del resto, o miei cari amici, devo confessarvi apertamente che la vostra maledizione mi ha portato più vantaggio che danno, perché quando i forestieri appresero dai pubblicani che il mio albergo era stato colpito dalla maledizione, vennero direttamente tutti da me, perché fecero questo ragionamento: “Sono certamente gli albergatori della città - per i quali l’albergo sul monte, notoriamente il migliore e a più buon prezzo, era già da lungo tempo una spina nell’occhio - che stanno nascosti dietro al decreto del Tempio che, come si sa, è straordinariamente avido di offerte; sono stati proprio loro infatti a far emanare tale decreto con ogni tipo di offerte da un lato e di insinuazioni calunniose dall’altro! Ma appunto perciò noi daremo assolutamente d’ora innanzi la preferenza all’albergo sul monte, e lasceremo là il nostro denaro in cambio di una ospitalità che sappiamo essere la migliore e la più a buon mercato di tutte!”

5. Dunque, o amici miei, ora molto cari, voi vedete che la vostra maledizione non mi ha affatto provocato un danno, ma si è trasformata invece in un grande vantaggio per me, e quindi non ho nessun motivo di avercela con voi! Dunque non è affatto necessario farla annullare nel libro nero, dato che essa è evidentemente quanto mai utile al mio albergo.

6. Oltre a ciò è opportuno considerare che mi potrebbe accadere precisamente quello che è già successo a diversi altri, i quali avevano fatto cancellare la maledizione, ma dopo un anno, e a volte anche prima, il Tempio trovò di nuovo qualche motivo per colpire un albergo con una seconda maledizione, e l’interessato dovette allora pagare il doppio per ottenere la cancellazione di questa seconda maledizione! Infatti nelle vostre norme è detto: “Se la prima maledizione viene estinta attraverso un’offerta e poi, per debite ragioni, la stessa cosa viene colpita da parte del Tempio da una nuova maledizione, ebbene, questa seconda maledizione fa automaticamente ritornare in vigore anche la prima, e perciò sono due le maledizioni che occorre poi cancellare!”. E in questo modo la cosa si può trascinare fino alla decima maledizione.

7. Per conseguenza, per evitare questo grave dispendio assolutamente inutile, si preferisce ora lasciar sussistere la prima maledizione, specialmente quando essa porta più utile che danno, e si diventa un buon cittadino romano; il Tempio dal canto suo può ogni tanto tirare fuori il suo libro nero per far la somma, e fantasticare tranquillamente su come sarebbe bello poter deporre dentro la grande cassa delle offerte tutti quei riscatti se qualcuno si presentasse a pagarli!

8. Dunque, o miei cari amici, con quell’importo che vorreste togliere dal vostro tesoro per pagare per me il riscatto in questione, fate invece del bene ai poveri bisognosi, perché la maledizione del Tempio a me serve in maniera eccellente! E ugualmente così potete fare del denaro che sareste disposti ad offrirmi in risarcimento dei danni che mi avete arrecato, perché io - e ne sia resa ogni lode al Signore - sono già stato indennizzato da molto tempo più che mille volte di tutto! In conclusione, se voi siete proprio seriamente intenzionati a fare come avete promesso a questo giovane amico, noi possiamo anche restare i migliori amici per sempre!»

9. E uno dei farisei disse: «Così sarà certamente, poiché noi abbiamo assistito qui a cose che hanno suscitato il massimo stupore in noi e che, esaminate da qualsiasi lato, risultano corrispondere alla più pura verità, mentre tutte le teorie del nostro Tempio, al paragone, appartengono semplicemente a Satana! Noi dunque al più presto possibile ci ritireremo completamente dal Tempio come molti altri hanno già fatto, e poi vivremo del tutto secondo la nostra intima convinzione.

10. Questo giovane amico simile a un Dio, dinanzi ai cui occhi non sono sicuri nemmeno i nostri più intimi pensieri, potrà confermarti che la nostra decisione è assolutamente e irrevocabilmente presa; ma prima vorremmo pur vedere il famoso Galileo e parlargli per avere dalla sua stessa bocca qualche suggerimento riguardo a cosa noi dovremmo fare per giungere anche soltanto ad un minimissimo grado dell’interiore completezza della vita prima di dover scambiare la nostra condizione limitata dal tempo con quella eterna!»

11. Disse Lazzaro: «Ma già questo giovane amico, autentico servitore del Signore, vi ha dichiarato e spiegato tutto ciò che dovete fare per ottenere l’interiore completezza della vita; un di più non ve lo direbbe nemmeno il Signore stesso!»

12. Disse il fariseo: «O amico, tu hai perfettamente ragione, poiché la verità non può essere che una sola! Però anche il semplice trovarsi dinanzi a questo grande Uomo di Dio deve senza dubbio accrescere la fiducia di chi ha cominciato a credere in lui molto di più che non ragionando semplicemente con i suoi servitori e discepoli! Vi assicuro che non è affatto una vana curiosità che ci spinge a vederlo e a parlargli, ma il motivo e che, avendo ora udito e visto tali cose, si è destato in noi per lui un grande amore, ed è appunto per ciò che vorremmo vederlo e parlargli! Questo giovane amico, colmo dello Spirito di Dio, saprà certo con tutta esattezza dove egli, il Santo di Dio, soggiorna attualmente! Qualora egli si trovasse anche in qualche luogo della Galilea, noi vorremmo subito andare da lui e pregarlo di istruirci e consigliarci!»

13. Disse Lazzaro: «Ma non è vero che Egli si è presentato già molte volte nel Tempio e là ha insegnato al popolo? Non avete avuto allora l’occasione di vederLo e di parlarGli?!

14. Risposero i farisei: «Tu certo non ignorerai che il cosiddetto Sinedrio del Tempio non si fa quasi mai vedere in quella parte del Tempio che è destinata al popolo, dato che non ha niente da fare là; quindi noi abbiamo bensì saputo che egli veniva nel Tempio e che vi operava anche dei grandi prodigi, ma noi personalmente non lo abbiamo visto, né gli abbiamo mai parlato! Ed è perciò che noi vorremmo appunto adesso andare in cerca di lui per vederlo e - possibilmente - parlargli!»

15. Osservò Lazzaro: «E tuttavia io so che molti farisei, scribi e anziani del Tempio Lo hanno visto e Gli hanno anche parlato; anzi è là che è andata accentuandosi la loro inimicizia verso di Lui, avendo Egli rinfacciato loro, al cospetto del popolo, le ingiustizie e gli inganni di cui si erano resi colpevoli! Dunque tanto più riesce strano che voi del Sinedrio non abbiate avuto nulla di più urgente da deliberare se non riguardo al modo con cui avreste potuto impadronirvi del Signore per poi condannarLo subito a morte, mentre voi, quali le prime autorità dopo il sommo sacerdote, pare che sul serio non Lo abbiate mai visto, né Gli abbiate mai parlato?! Davvero che questa cosa non suona affatto troppo bene!»

16. Disse il fariseo: «Questo è verissimo, eppure è così! Io ti dico che il Gran Salvatore potrebbe trovarsi addirittura qui, in mezzo a voi, e noi certo non Lo riconosceremmo qualora Egli stesso non si facesse riconoscere! Prima, tra di noi, fummo portati quasi a credere che Egli fosse identico a questo vero secondo Samuele; soltanto l’età non la trovammo corrispondere, dato che, come ci venne riferito, il Gran Salvatore dovrebbe essere già sulla trentina d’anni, ciò che però a noi non consta con assoluta certezza. Ma ora noi desideriamo ardentemente vederLo di persona e parlarGli! Potresti dunque dirci dove potremmo trovarLo?».

17. Lazzaro però tacque, perché aveva scorto che Io stesso ero intanto uscito dalla capanna e che scendevo verso di lui.

 

[indice]

 

Cap. 154

Il Signore e i farisei.

 

1. E i farisei, visto che Lazzaro non si decideva a dar loro risposta, si rivolsero di nuovo a Raffaele, e gli dissero: «Ma spiegateci una buona volta perché non ci è lecito sapere dove si trova il grande Salvatore di Galilea!»

2. In quel momento Mi presentai Io davanti ai farisei e dissi: «EccoMi qui, da Buon Pastore fra i Miei agnelli, ed Io non fuggo affatto anche se i lupi si avvicinano al Mio gregge, perché questi agnelli sono Mia proprietà. Io non sono un mercenario che si dà alla fuga quando vede il lupo venire verso il gregge! Il mercenario invece fugge perché le pecore non sono sue; che importa a lui quello che è proprietà del suo padrone?»

3. Io invece sono il Signore stesso, e ci tengo alle Mie pecore, perché esse sono Mie, ed esse Mi conoscono e distinguono sempre bene la Mia voce quando Io le chiamo.

4. Voi siete bensì pure dei pastori, ma le pecore non sono vostra proprietà; basta che esse vi diano della lana, e poi vi interessa poco se le pecore, tante volte tosate, vengono sbranate dai lupi o dagli orsi, perché la loro carne ad ogni modo non è vostra!

5. All’inizio anche voi siete venuti come lupi feroci fra questo Mio gregge, ma non perciò Io, il suo buon Pastore, sono fuggito, né ho abbandonato questo Mio gregge, perché piuttosto di abbandonarlo Io darei la Mia vita per esso! Ma fareste voi altrettanto per il vostro gregge?»

6. Disse uno dei farisei: «O Signore e Maestro, in verità fino a questo momento noi non avremmo agito così come fai Tu; ma ora che siamo stati fatti partecipi della somma grazia di conoscerTi personalmente, davvero noi pure, fossimo anche soltanto come Tuoi ultimi servitori, saremmo pronti a sacrificare la nostra vita per la tutela delle Tue pecore! È vero: noi stessi fino ad oggi non fummo null’altro che dei lupi rapaci sotto la spoglia di pecore per l’umanità, sennonché noi qui abbiamo visto risplendere una grande luce, noi siamo completamente cambiati nei nostri sentimenti, e adesso è nostra seria intenzione farci d’ora in poi noi pure Tuoi discepoli! Infatti nella dottrina del nostro Tempio non regna che la morte e il giudizio e la massima tenebra della vita; nella Tua Dottrina invece domina la luce, la vita e la sua forza invincibile, ciò di cui noi abbiamo avuto qui le prove più convincenti!

7. Ma è proprio per questo che abbiamo preso la ferma decisione di abbandonare per sempre il Tempio e attenerci con tutta fedeltà alla Tua Dottrina, per pervenire così, come forse è ancora possibile, sia pure ad un grado minimissimo della vera completezza della vita, la cui via ci è stata indicata con tutta chiarezza poco fa dal Tuo giovane servitore, e prima ancora da quest’uomo dell’Alto Egitto. Noi però desideravamo conoscere anche Te stesso un po’ più da vicino per ricevere direttamente da Te qualche insegnamento più dettagliato riguardo a cosa noi dovremmo eventualmente fare per aver parte sia pure in minimo grado alla Tua Grazia!

8. Ma Tu perdonaci prima i nostri numerosi peccati, particolarmente quelli ai quali non ci è più possibile rimediare in nessun modo! Ma per quanto riguarda invece tutto il male che abbiamo fatto, per cui c’è ancora la possibilità di ripararlo, noi - per amore Tuo - ci daremo ogni cura di ripararlo nel modo e nella maniera come dalla Tua Bontà e dalla Tua Grazia attendiamo che ci venga suggerito! E nello stesso tempo, o Signore e Maestro, noi Ti chiediamo perdono anche per il fastidio che ora qui Ti abbiamo dato!»

9. Dissi Io: «Oh, sì! Tutto ciò sarebbe bello e buono da parte vostra qualora non aveste peccato così tante volte e in un modo così privo di scrupoli! Un simile peccato continuo contro Dio e contro tutto il prossimo, nonché contro natura, durato lunghissimi anni, ha talmente indebolito e deformato le vostre anime che vi costerà certo delle fatiche gravissime far sì che le vostre anime possano riacquistare un aspetto umano in voi!

10. È ben vero che voi, nella vostra eccessiva cecità mondana, non avevate la nozione precisa di quello che facevate, e solo per questo siete scusabili in qualche modo; però da parte Mia le segrete ammonizioni postevi nel cuore non sono mai mancate, e queste vi dicevano chiaramente: “Temi Dio e non fare del male al prossimo!”. Ma voi non ascoltavate tali ammonimenti, anzi l’uno rammentava all’altro le vostre pessime massime umane, e diceva: “È più saggio agire conformemente a dei principi ormai adottati che non abbandonarsi al proprio sentimento di misericordia in momenti inopportuni e allora diventare lo zimbello delle persone più in vista e più potenti del paese!”. Ma questi procedimenti hanno finito con lo spogliare le vostre anime da ogni caratteristica umana, e nelle vostre anime voi siete diventati degli animali rapaci fra i più selvaggi e feroci. E vedete: qui sta per voi il guaio! Come farete ora a trasformare le vostre anime, veramente da tigri assetate di sangue, in anime umane?»

11. Risposero i due farisei più intimiditi: «Ah, o Signore e Maestro, che vedi anche quello che c’è dentro di noi, certo le cose a nostro riguardo saranno precisamente così come Tu in tutta Grazia hai voluto rivelarcelo; ma appunto perciò noi brameremmo avere da Te un consiglio riguardo a come potrebbe venirci dato aiuto! A quanto abbiamo appreso dai Tuoi servitori, a Te è possibile tutto. E quindi noi nutriamo assoluta fiducia che potrai dare aiuto anche a noi, purché Tu lo voglia. O Signore e Maestro, in verità noi siamo fermissimamente decisi a fare quella cosa, qualsiasi essa sia, che a Te piacerà consigliarci per migliorare le nostre anime!».

 

[indice]

 

Cap. 155

I tre gradi della completezza interiore della vita.

 

1. Ed Io dissi loro: «Promettere è molto più facile che mantenere la promessa! Voi siete ancora eccessivamente attaccati al mondo e ai vostri immensi tesori grondanti del sangue di vedove e di orfani; per gli uomini del mondo questo è sempre un enorme abisso da varcare, il quale rappresenta una difficoltà immensa per loro.

2. Tuttavia, come presso Dio sono possibili tutte le cose, ugualmente anche il più indurito peccatore di questo mondo riesce a trasformarsi presto e in maniera efficace, sempre che egli con piena fede e fiducia in Dio faccia quello che la divina Sapienza gli consiglia. Egli, mediante un cambiamento improvviso della propria volontà, deve operare in sé un vero prodigio con la rinuncia totale a tutte le sue debolezze, alle abitudini, alle brame e alle male passioni di prima le quali, eccitate dagli spiriti naturali ancora grezzi e molto impuri della propria carne, salgono nell’anima, e la contaminano e la deturpano.

3. Ma ora cercate di fare voi i conti di tutte le molte e svariatissime passioni impure dalle quali siete dominati e poi concepite la fortissima volontà di sottrarvi al loro dominio e poi di seguire Me! Così potrete pervenire anche presto ad una completezza della vita interiore, altrimenti il compito si rende estremamente difficile e faticoso»

4. Dissero i farisei: «Per quanto riguarda la ferma volontà, non sarà questa che ci farà difetto, perché se finora abbiamo avuto la volontà fermissima di peccare, come non dovremmo averla anche per compiere ora il bene?»

5. Osservai Io: «Eh sì, proprio male non avete ora parlato; sennonché la volontà di peccare trova sempre un valido appoggio nell’uomo, e precisamente negli stimoli e nelle passioni della propria carne, mentre invece per la sua volontà al bene, egli non trova alcun appoggio nella propria carne, ma soltanto nella fede in un unico vero Dio e in particolare nell’amore per Lui, e oltre a ciò pure nella speranza che le promesse fattegli da Dio troveranno pieno adempimento.

6. Chi dunque, attraverso la fede salda e vivente, attraverso l’amore per Dio e per il prossimo, e attraverso la speranza che da parte di Dio non gli verrà certo a mancare l’aiuto promesso, può opporsi vittoriosamente a tutte le male passioni della propria carne, e perciò può rendersi completamente signore di se stesso, diverrà ben presto signore anche di tutta la natura esteriore ed egli, appunto per la ragione di essersi reso completamente signore di se stesso, si troverà già sul primo gradino della vera completezza interiore della vita, anche se in una simile condizione spesso non gli mancheranno affatto le tentazioni di ogni specie che lo inciteranno a questo o a quel peccato veniale.

7. Se a questo punto egli arriva a concludere un’alleanza solidissima con tutti i propri sensi, in seguito alla quale essi si sottraggono ad ogni stimolo terreno e si rivolgono esclusivamente verso l’essere puramente spirituale, questo è già un segno sicuro e colmo di luce di vita che lo spirito interiore proveniente da Dio ha compenetrato l’anima del tutto, e allora l’uomo si trova sul secondo gradino dell’interiore e vera completezza della vita.

8. A questo grado della completezza l’uomo, potendo agire in base alla sua anima che è completamente colma della Volontà di Dio, ha già ottenuto una forza ed una libertà che non gli permettono più di peccare, perché, dato che egli stesso si è fatto puro, tutto diventa puro per lui.

9. Ma siccome l’uomo in tali condizioni è già un signore assoluto di tutta la natura, ed ha in sé la chiarissima visione e convinzione del fatto che per lui non vi è ormai più alcuna possibilità di errare, dato che ogni suo agire si ispira alla vera Sapienza proveniente da Dio, egli è e resta per questo fatto tuttavia solamente sul secondo gradino della completezza interiore della vita.

10. Esiste però ancora un terzo e supremo grado della completezza interiore della vita.

11. Ebbene, in che cosa consiste e in che modo l’uomo può pervenirvi?

12. Essa consiste in questo: L’uomo completo, ben sapendo che ora, come possente signore dell’intera Natura, può fare senza peccato tutto quello che vuole, ciò nonostante, per umiltà e mansuetudine, tiene a freno la propria forza di volontà e la propria potenza, e in tutto il suo procedere, per purissimo amore a Dio, non fa alcuna cosa senza prima esserne stato comandato direttamente da Dio. Proprio questo è un compito ancora molto arduo per il completo signore della Natura, perché egli, nella sua piena saggezza, riconosce sempre di poter agire rettamente soltanto in base alla Volontà di Dio che dimora in lui stesso.

13. Però uno spirito il cui pensiero giunge a profondità ancora più grandi, riconosce anche che fra la particolare volontà di Dio in lui e la liberissima, infinita e universale Volontà in Dio c’è ancora una grande differenza, per la qual cosa egli poi subordina completamente la sua particolare volontà alla divina Volontà universale, e fa qualcosa per forza assolutamente sua propria soltanto quando egli viene chiamato a ciò in via diretta esclusivamente dalla vera e assoluta e propria Volontà in Dio. Chi fa così, costui è giunto in sé alla più interiore e alla suprema completezza della vita, ciò che è il terzo e superiore grado di completezza della vita.

14. Chi ha raggiunto questo grado della completezza, si è fatto anche perfettamente una cosa sola con Dio e possiede, come Dio, la suprema potenza e il dominio su ogni cosa in Cielo e sulla Terra, e nessuno in eterno glieli potrà mai togliere, dato che egli è completamente una cosa sola con Dio.

15. A questa suprema completezza della vita però, nella quale si trovano gli arcangeli, nessuno può pervenire prima che non abbia raggiunto il primo e il secondo grado di completezza della vita.

16. Ora ciascun arcangelo ha il potere di compiere in un istante tutto quello di infinitamente numeroso e svariato che può compiere Dio stesso; ciononostante però nessun arcangelo compie qualcosa puramente da se stesso, ma soltanto quando è Dio stesso che lo chiama a farlo. Perciò anche i più elevati arcangeli pregano sempre Dio, quando vedono questa o quella mancanza, specialmente negli uomini di questa Terra, e cioè pregano Dio affinché Egli chiami proprio loro a fare questa o quella cosa.

17. Guardate un po’ questo giovinetto! Egli si trova del tutto al terzo grado della completezza interiore della vita, e la sua volontà è già come un fatto compiuto; tuttavia egli, da sé e di per sé, non compie nulla, ma compie unicamente quello che Io voglio. Ma se Io gli dico: “Ora agisci esclusivamente da te e per te”, allora egli farà così e mostrerà ciò che è in lui»

18. Dissero i farisei: «Così il giovinetto è già uguale ad un arcangelo, poiché il Tuo interiore dovrebbe essere appunto la pienezza del puro Spirito di Dio?»

19. Dissi Io: «Certo, beato colui che crede questo nel suo cuore!».

 

[indice]

 

Cap. 156

Sulla vita di clausura e da eremita. Lo scopo delle tentazioni.

 

1. Dissero i farisei: «O Signore e Maestro! Dalla Tua bocca veramente divina noi abbiamo ora appreso le difficoltà che si oppongono al raggiungimento della completezza interiore della vita, ma oltre a questo anche gli infiniti vantaggi che tale raggiungimento offre; le difficoltà prospettate non ci hanno scoraggiato a fare tutto ciò che Tu vorrai prescriverci. Anche se noi dovessimo sottoporci a qualche mutilazione corporea fra i più atroci dolori, noi siamo sempre pronti anche a questo!»

2. Ed Io dissi loro: «Oh, questa sarebbe la massima delle sciocchezze, perché chi davvero ha la volontà di vincere un nemico, deve affrontarlo in campo aperto e non trincerarsi dietro ad ogni tipo di bastioni. Infatti quando il nemico si accorge che l’avversario si è ritirato nella trincea, allora certo per qualche tempo desiste dal passare apertamente all’attacco, dato che, con la forza di cui dispone, riconosce di non poter dare battaglia con speranza di successo sull’avversario ben trincerato; però intanto stabilisce l’assedio e si procura da ogni parte quanti rinforzi può. Quando il nemico poi si sente abbastanza forte, sferra l’attacco contro l’avversario e lo vince con poca fatica, benché quest’ultimo sia ben trincerato.

3. Ma Io ammetto pure il caso che il nemico non possa intraprendere proprio nulla contro l’avversario ben trincerato, finché questo si trova dietro alle sue trincee ben fortificate; sennonché l’avversario, per timore del nemico che egli sospetta più forte di lui, non potrà restare in eterno dentro le proprie trincee, e dovrà decidersi un giorno ad uscire fuori per affrontare il nemico in campo aperto. Ma che cosa sarà di lui se il nemico, venuto fuori dal posto dove stava in agguato, gli si scaglierà addosso? Io davvero vi dico che questa seconda battaglia, in campo aperto cioè, costerà all’avversario molta maggiore fatica che non se avesse affrontato il nemico in campo aperto già la prima volta!

4. Certo, l’uomo può ritirarsi completamente dal mondo come gli eremiti del Carmelo e di Sion che evitano di guardare la donna e che si nutrono stentatamente di radici, di ogni tipo di bacche e di miele selvatico e di carrube; anzi essi perfino si evirano a causa del Regno di Dio, perché così evitano di essere indotti in una tentazione che potrebbe eventualmente spingerli a contravvenire a qualcuno fra i precetti di Mosè. Appunto per questo essi non hanno nessuna proprietà, non hanno genitori, né mogli, né figli, e neppure una virilità. Le gole selvagge dei monti sono la loro dimora, e ciò allo scopo che la bellezza delle lussureggianti campagne terrestri non giunga a suscitare in loro degli stimoli, e tra di essi non si scambiano nemmeno una parola, affinché a nessuno possa sfuggire una parola che potrebbe scandalizzare lui stesso oppure il suo vicino.

5. Costoro dunque, in simili condizioni di vita supremamente stolte e con tali misure preventive per evitare la possibilità di cadere in peccato, certamente osservano le Leggi di Mosè; ma a quale fine e per il bene di chi? Io davvero vi dico che tutto ciò non è di nessun vantaggio né per loro stessi, né per il loro prossimo! Dio non ha affatto conferito agli uomini le varie forze, le attitudini e le capacità di cui dispongono affinché essi le seppelliscano in qualche chiostro o luogo da eremita, ma le ha conferite perché si rendano attivi secondo la Volontà di Dio loro rivelata, utilizzandola per sé e per il prossimo.

6. Così pure agli uomini Dio non ha mai detto: “Mutilati ed evirati affinché la carne della donna non ti sia di stimolo e affinché tu possa astenerti dalla fornicazione e dall’adulterio!”. Ma Dio, quando diede ad Adamo la donna, disse semplicemente: “Andate, moltiplicatevi e popolate la Terra!”. Ed in Mosè è detto: “Non fornicare, non desiderare la donna altrui e non commettere adulterio!”.

7. L’uomo dunque deve operare nel mondo, e deve volontariamente resistere alle sue malvagie attrazioni; così l’anima si fortifica, e la potenza dello Spirito di Dio poi la compenetrerà! Ma conducendo invece una vita da poltrone, nessuno giungerà mai alla vera vita eterna della quale anzi è condizione assoluta la suprema e più perfetta attività in tutte le innumerevoli sfere della vita.

8. È certamente vero che gli individui di questa specie peccano altrettanto poco quanto può peccare una pietra; ma è forse merito della pietra se essa non pecca? Un giorno l’anima dovrà ben deporre il suo corpo mutilato, e allora nell’aldilà cosa farà essa nel suo stato di immensa debolezza e di assoluta inattività?

9. Là essa dovrà pure venire a trovarsi di fronte a prove di ogni specie destinate a spronarla alla vera e piena attività della vita, e tali prove, per l’anima dotata delle capacità già possedute su questa Terra, saranno corrispondentemente le stesse che essa avrà avuto qui, con l’unica differenza che esse, per l’anima liberata dal corpo, saranno necessariamente più forti che non qui, perché nell’aldilà quello che l’anima pensa e vuole, le si presenta già dinanzi come una realtà.

10. Qui, su questa Terra, essa non ha a che fare che con i suoi pensieri e le sue idee invisibili, che può combattere con facilità e di cui si può anche liberare, ma là dove le idee e i pensieri diventano una realtà ben visibile e afferrabile, domando Io: come combatterà l’anima debole il mondo che essa stessa si è creata? Se già qui, per esempio, il semplice pensiero che la giovane e bella moglie del proprio vicino suscita in lei le più ardenti passioni, in quali condizioni verrà a trovarsi quando il pensiero per la moglie del proprio vicino lo vedrà tradotto nella pienissima realtà, anche se solo apparente, del tutto conformemente alla sua brama e alla sua volontà?

11. Per conseguenza, per quanto riguarda le tentazioni, le condizioni nell’aldilà si presenteranno molto più difficili di qui; e che cosa potrà fare poi l’anima per liberarsi dalla dura prigionia delle proprie malvagie passioni? Eppure nell’aldilà essa dovrà diventare molto più attiva che non qui per tirarsi fuori dal labirinto dei suoi propri pensieri e delle sue proprie idee e immagini, perché essa non potrà fruire di un qualche aiuto per effetto di un atto immediato della Misericordia di Dio o di un qualche altro spirito, come il più delle volte succede invece qui sulla Terra, se prima non si sarà messa all’opera da sola!

12. Infatti chi non cerca seriamente Dio e segue invece le brame del mondo, costui perde Dio, ed Egli non gli darà alcun segno in base al quale poter riconoscere quanto profondamente e quanto ampiamente egli si è allontanato da Lui. E solo quando egli, spinto dal bisogno, comincerà di nuovo a cercare Dio di proprio impulso, allora anche Dio comincerà ad avvicinarsi a lui, e si lascerà trovare da chi Lo cerca nella misura corrispondente alla vera serietà dimostrata da chi Lo cerca per trovarLo e nel riconoscerLo!

13. Dunque da quella certa pia poltroneria non ci si può ripromettere assolutamente nulla, poiché al Mio cospetto non ha alcun valore vitale!».

 

[indice]

 

Cap. 157

Come devono essere costituiti il vero pentimento e la vera penitenza.

 

1. (Continua il Signore:) «Chi si limiterà ad invocarMi dicendo “Signore, Signore!”, costui è ancora ben lontano dal vero Regno di Dio, ma chi invece crede in Me e fa quello che Io gli ho insegnato, costui perverrà anche a quanto gli è stato promesso e mostrato, e soltanto in seguito all’operare si accorgerà che le parole da Me pronunciate non sono parole umane, ma sono parole veramente divine, perché le Mie parole sono in se stesse amore, luce, potenza e vita. Le Mie parole rendono manifesta la Mia Volontà; ebbene, colui che accoglie in sé la Mia Volontà e opera conformemente ad essa, avrà in sé anche la vita eterna e continuerà a vivere anche se, ammesso che fosse possibile, dovesse morire molte centinaia di volte nel corpo.

2. Se voi dunque già tanto seriamente intendete pervenire al più presto possibile almeno al primo grado della completezza interiore della vita, andate alle vostre case, distribuite i vostri grandi tesori quanto mai superflui fra i molti poveri, e poi ritornate e seguiteMi. Così facendo voi accorcerete di molto la via, per voi ancora parecchio lunga, che conduce al Regno di Dio! Seguendo Me, però, è opportuno che le vostre vesti siano altrettanto semplici quanto vedete che lo sono appunto le Mie e quelle di tutti i Miei discepoli; a voi allora non occorrerà né il bastone, né nessuna tasca nella vostra veste e nel vostro mantello, ma un cuore volenteroso e aperto; di tutto il resto avrà cura il Padre che è nel Cielo!»

3. Udendo questo consiglio, i due farisei nonché i leviti fecero un’espressione assai malinconica, e uno dei due farisei disse: «O Signore e Maestro, io ben vedo che le Tue parole sono supremamente vere e giuste; tuttavia considera che noi abbiamo moglie e figli, e che quindi siamo tenuti a disporre con un certo ordine le cose al fine di provvedere almeno a quanto è loro strettamente necessario; quando avremo regolato al più presto questa faccenda, noi distribuiremo ben volentieri fra i poveri quanto ci avanzerà e poi Ti seguiremo di lieto cuore!»

4. Ed Io dissi: «Le vostre mogli e i vostri figli sono forse migliori delle numerose vedove e dei moltissimi orfani che voi avete spogliato di ogni loro avere abbandonandoli in preda al bisogno e alla più oscura miseria? Mentre le vedove devono adattarsi ai più duri lavori per guadagnarsi un pane scarso, le vostre mogli e i vostri figli nuotano nell’ingiusta abbondanza, e sono per di più colmi di superbia e sputano con spregio là dove la misera vedova, i cui beni voi avete divorato in maniera quanto mai ingiusta e inumana, suda e si affatica con i suoi figli resi scheletrici dalla fame per una scarsa ricompensa! Sarebbe forse ingiusto che le vostre orgogliose e prepotenti mogli e i vostri figli superbi arrivassero a provare essi pure una buona volta a questo mondo cosa sia la miseria, e che così giungessero al riconoscimento molto benefico per le loro anime di cosa veramente abbiano fatto sputando dinanzi alle povere vedove e agli orfani, qualificandoli come gentaglia stracciona e ritenendoli a mala pena degni di venire illuminati e riscaldati dal Sole!?

5. Tuttavia Io con ciò non intendo costringervi a fare come vi ho suggerito, perché la vostra volontà è altrettanto libera quanto la Mia; ma siccome Mi avete chiesto un consiglio riguardo a ciò che vi conviene fare per arrivare prima alla completezza interiore della vita, Io anche ve l’ho dato, ed esso è perfettamente giusto e vero.

6. Ma Io pure vi ho già annunciato anticipatamente che fare una promessa è molto più facile che mantenerla! Io però aggiungo ancora che chi non riesce ad abbandonare casa, campi, moglie e figli per amore del Mio Nome, costui non è ancora di gran lunga degno di Me, e chi pone mano all’aratro del Regno di Dio, ma facendo questo si volge continuamente indietro perché è ancora attratto dalle cose del mondo, costui non è ancora di gran lunga adatto per il Regno di Dio! Ecco dunque che ormai voi sapete tutte queste cose; spetta ora a voi fare in un modo oppure nell’altro!»

7. Disse il fariseo: «Ma, o Signore e Maestro, vedi: Lazzaro, che è certo un Tuo buon amico, e così pure Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea sono senza alcun dubbio molto più ricchi di noi; perché allora non chiedi anche a loro quanto hai chiesto a noi?»

8. Ed Io risposi: «Fra i loro beni e i vostri corre un divario immenso, alto e profondo quanto lo è il cielo! I loro beni rappresentano un possesso rigorosamente giusto; si tratta insomma di beni ereditati quanto mai legittimi, e i tesori grandi e veramente principeschi che li costituiscono sono il prodotto di una diligenza vera, e comunque assolutamente disinteressata, e dell’efficace benedizione dai Cieli di Dio! Nello stesso tempo i tre che hai nominato sono ormai gli unici a fornire il sostentamento alle molte migliaia di persone che il vostro scellerato agire ha ridotto alla miseria! Dunque essi sono ancora i veri amministratori dei beni che Dio ha loro affidato su questa Terra, e tali beni essi non li considerano se non per quello che sono veramente, cioè un dono dall’Alto concesso loro in custodia e amministrazione allo scopo di provvedere ai numerosi poveri.

9. Si può forse dire che questo sia il caso anche dei beni da voi accumulati a forza di rapine?! Le persone come i tre da voi nominati dovrebbero possedere molto di più ancora, e potrebbero possedere di più nella maniera più giusta e più gradita a Dio se voi non li aveste depredati di una buona metà con ogni tipo di astuzie, di inganni e anche con la violenza! Con ciò voi vi siete ingrassati, ma essi in compenso hanno dovuto provvedere in maniera inadeguata più di un povero. Ma è stata forse questa, da parte vostra, un’azione gradita a Dio? Avrebbe Egli potuto benedire i beni ottenuti da voi in un modo simile? Oh, la benedizione dell’inferno, questa sì che grava su tali beni, ma quella di Dio certo non vi si trova affatto, perché, se essi fossero benedetti da Dio, sarei senza dubbio Io il Primo ad averne la notizia più vera!

10. Non paragonatevi dunque a questi tre, e nemmeno con questi alti personaggi di Roma i quali pure sono molto ricchi, ma la loro ricchezza è legittima! Essi inoltre sono benefattori di molte migliaia [di bisognosi], e la benedizione dall’Alto è con loro in maniera pienissima, quantunque siano dei pagani; ma pure come tali, essi si trovano indicibilmente più vicini a Dio di voi, che siete ebrei.

11. Ai ricchi del mondo che sono del vostro tipo, Io, nella Mia assoluta Potenza e Forza divina, ripeto quello che già dissi altre volte a dei ricchi molto simili a voi: “Più facilmente potrà passare un cammello per la cruna di un ago che non un ricco di questa specie nel Regno di Dio!”. Mi avete compreso?»

12. Risposero allora i farisei: «O Signore e Maestro, ormai riconosciamo anche troppo bene la verità delle Tue parole, e abbiamo in noi già preso la ferma decisione di seguire scrupolosamente il Tuo consiglio; ora però noi Ti preghiamo di concederci la forza necessaria e il giusto coraggio! Infatti solo adesso cominciamo ad accorgerci veramente com’è difficile per un’anima schiava delle potenze dell’inferno liberarsi dai suoi ceppi! Se Tu, o Signore e Maestro onnipotente, non vieni in aiuto ad un simile prigioniero, egli resta tale per l’eternità!»

13. Ed Io dissi: «Sì, questa volta avete parlato rettamente! Ma perciò è bene che restituiate fino all’ultimo ingiusto spicciolo da voi sottratto con inganno al prossimo! Se non fate così, non vi sarà possibile entrare nel Regno di Dio, né nessun altro simile a voi vi potrà entrare.

14. Ma poiché a molti di quelli che voi avete ingannato non potrete più risarcire il danno da voi arrecato a loro, distribuite, di cuore volenteroso e buono, tutto quello che avete fra i poveri, e per questo non abbiate alcun timore del mondo; così anche i vostri numerosi peccati vi saranno rimessi, e poi potrete ritornare e seguirMi! Non vi sarà difficile venire a sapere dove Mi troverò se avrete la seria volontà di seguirMi! Ciò vi costerà senza dubbio un’aspra lotta; però chi combatte con acutezza e per una causa giusta, costui vince sicuramente; ora una giusta e sicura vittoria merita certo il combattimento!

15. Ecco che ormai vi ho detto tutto quello che dovete fare, e voi non potete più addurre a vostra scusa il fatto che non sapete come fare. D’ora innanzi tutto dipende dalla vostra volontà e dalla vostra accortezza!».

 

[indice]

 

Cap. 158

Della giusta accortezza e prudenza.

 

1. Disse uno dei farisei: «O Signore e Maestro, noi, secondo la Tua Parola, possiamo dunque usare una giusta accortezza e prudenza nel distribuire i nostri tesori ai poveri?»

2. Ed Io risposi loro: «Quello che Io ho detto una volta, l’ho detto per l’eternità! Infatti tutto questo cielo visibile e questa Terra un giorno passeranno, ma le Mie parole non passeranno mai in eterno!

3. Se qualcuno compisse anche la migliore delle azioni, ma nel compierla procedesse con stoltezza, la cosa non avrebbe nessun valore, perché operando stoltamente il buono scopo non verrebbe raggiunto. Ma se qualcuno vuole fare qualcosa di bene al prossimo, non lo faccia dinanzi agli occhi del mondo e non vada in cerca di lodi pubbliche, ma faccia il bene in segreto, così che la sua mano destra quasi non sappia quello che fa la sinistra; e allora Dio, al Quale non sfugge nemmeno la cosa più segreta, ricompenserà tale buona opera con la Sua Benedizione!

4. Sarebbe, per esempio, cosa accorta se voi affidaste i vostri tesori al Tempio per curarne la distribuzione ai poveri? Se faceste questo, il Tempio certissimamente vi proclamerebbe beati al cospetto di tutto il mondo, ma i poveri più che sicuramente non ne avrebbero alcun vantaggio!

5. Sceglietevi invece un onesto intermediario, e così opererete nel migliore dei modi; da un lato voi restate sconosciuti e sfuggite le lodi del mondo, e dall’altro lato i poveri ottengono il giusto ed efficace aiuto! Infatti è meglio provvedere tramite un onesto intermediario ai molti poveri secondo giusti e sani criteri che non assegnare all’uno o all’altro povero molto denaro tutto in una volta, poiché questo procedere potrebbe facilmente destare l’orgoglio nel povero fattosi già molto umile, e potrebbe guastare la sua anima paziente e devota a Dio.

6. Un simile intermediario però voi non avrete alcuna difficoltà a trovarlo! Io posso già qui indicarvene ben cinque. Ecco qui Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea e l’amico Lazzaro, oppure l’oste nella parte sottostante di Betania, od anche quell’oste della grande locanda non molto lontana da quella di Betania, sulla strada principale nei pressi di Betlemme!

7. E così Io vi ho indicato pure questa via; e qualora vi fossero difficoltà nelle vostre famiglie, queste potranno trovare presso l’uno o l’altro di loro, nella maniera certo più rapida, sicura e gradita a Me stesso, il necessario aiuto e ricovero per il corpo e per l’anima»

8. Dissero i farisei: «O Signore e Maestro! Noi Ti ringraziamo per averci dato anche questo consiglio! Noi lo attueremo in parte ancora oggi, e ad ogni modo al più tardi nella giornata successiva al Sabato! Oh, questo Tuo consiglio ha liberato i nostri petti da un peso immenso! Certo, ormai ci sarà facile operare e darci da fare!

9. Ma che ne dici, o Signore e Maestro, se noi consegnassimo a ciascuno degli amici appena indicati una parte dei nostri tesori, affinché non fosse solo uno di loro a sobbarcarsi di una fatica eccessiva per curarne il buon uso?»

10. Ed Io risposi: «Questo sta ora a voi deciderlo; tutti sono comunque ugualmente buoni e atti ad assumere un tale incarico!»

11. Così i due farisei, ormai del tutto convertiti, restarono perfettamente soddisfatti e si avvicinarono ai cinque per mettersi d’accordo con loro.

12. Poi anche i due leviti si presentarono dinanzi a Me e dissero: «O Signore e Maestro, e noi cosa dobbiamo fare? Il nostro patrimonio è ancora piccolo, e quello che possediamo l’abbiamo ereditato; si tratta quindi di un possesso legittimo! Tuttavia se fosse concesso pure a noi di seguirTi, vorremmo fare anche noi secondo l’esempio dei nostri due superiori!»

13. Ed Io dissi loro: «Voi siete liberi di agire come volete; ad ogni modo guardate qui questi Miei vecchi discepoli! Essi pure possiedono qualche bene assolutamente legittimo, ed hanno moglie e figli, ma nonostante ciò hanno abbandonato tutto per amore del Regno di Dio e sono venuti con Me! Così potete fare anche voi!

14. Ma Io vi dico ancora: “Gli uccelli hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma Io, che secondo il corpo sono pure un figlio dell’uomo su questa Terra, non possiedo nemmeno quel tanto di Mio da posarvi sopra il Mio capo!”»

15. Dissero i leviti: «Eppure il Cielo è il Tuo trono, e la Terra lo sgabello dei Tuoi piedi!»

16. Dissi Io: «Non la vostra carne, ma il vostro spirito interiore è stato a suggerirvi tali parole! Restate in questo riconoscimento e armatevi di pazienza; così perverrete facilmente alla completezza interiore della vita! Andate voi pure da Lazzaro e mettetevi d’accordo con lui solo!».

17. I due leviti allora seguirono subito il Mio consiglio e si avvicinarono a Lazzaro.

 

[indice]

 

Cap. 159

La vista spirituale degli abitanti dell’Alto Egitto.

 

1. Poi Nicodemo venne vicino a Me e disse: «O Signore, io Ti ringrazio per avermi liberato da una grande preoccupazione facendo convertire questi due capi dei farisei, perché erano proprio loro che mi facevano paura più di ogni altro!»

2. Ed Io gli dissi: «Lasciamo stare adesso queste cose! Io intanto Mi riposerò un po’, e poi Io pure fornirò un segno ai due, in seguito al quale essi si rafforzeranno pienamente nella fede in Me. Ora però consultatevi e accordatevi fra di voi!»

3. E detto questo, Mi ritirai di nuovo nella capanna per riposarMi un po’.

4. Io rimasi in pace per una mezz’oretta nella capanna, però a Pietro, Giacomo e Giovanni, che erano con Me nella capanna, affidai il compito di scendere dai sette egiziani per esporre le linee fondamentali del Vangelo e di prepararli ad assistere ad un prodigio che Io avrei operato.

5. I tre discepoli fecero così, e trovarono cordialissima accoglienza presso i sette. Pietro però rimase assai meravigliato quando si accorse che specialmente il loro capo ne sapeva molto di più di lui stesso per quanto riguardava tutti i molti Miei insegnamenti, le Mie opere e addirittura le vicende della Mia giovinezza. Perfino Giacomo e Giovanni, i quali erano senz’altro informati più di tutti riguardo alla storia della Mia giovinezza, considerato che per così dire erano cresciuti con Me, non poterono fare a meno di rendere omaggio alla mente illuminata dell’egiziano e di stupirsene enormemente.

6. Pietro però tra di sé pensò: «Questa volta il Signore ce l’ha fatta proprio bella! Noi dovremmo predicare il Vangelo a questi qui che già lo conoscono meglio di tutti noi tre presi assieme! Chissà perché il Signore ci ha fatto questo!»

7. Ma il capo degli egiziani, che aveva scorto in sé quello che Pietro stava pensando, gli disse: «Perché stai rimuginando così tanto riguardo al perché il Signore vi abbia mandato da noi, dato che noi, secondo quanto pensate, conosciamo e comprendiamo la Sua Dottrina meglio di voi? Oh, vedete, cari fratelli, il Signore sapeva con assoluta chiarezza che voi avevate già dimenticato diverse cose, e appunto per questo Lui vi ha mandato da noi a conversare una mezz’ora, affinché possiate riacquistare presso di noi il poco che avete perduto!

8. Del resto di ciò è fatta menzione pure nelle vostre Scritture, e precisamente: “Ma coloro che sono con il Signore hanno perduto qualcosa, e perciò sono venuti degli stranieri da lontani paesi che hanno restituito ai figli le perle e i gioielli di inestimabile valore che erano stati perduti da loro; per questo il Signore è molto benevolo con gli stranieri, ed Egli li accoglie nelle dimore dei Suoi figli!”

9. Vedete, dunque, o fratelli cari! Anche questo contrattempo che a voi appare del tutto insignificante, era stato già previsto da molto tempo dal Signore, e siccome tutte le cose che i profeti hanno profetizzato di Lui, dalle più piccole alle più grandi, devono trovare adempimento, così nemmeno questa piccola previsione poteva, né doveva restare inadempiuta»

10. Disse allora Pietro: «Ma, o caro amico, dimmi un po’: come hai fatto ad avere una così grande padronanza di tutto questo?»

11. Rispose l’egiziano: «Quando il tuo spirito si sarà unificato alla tua anima cosa che voi, Suoi eletti, dovete attendere che si verifichi ben presto - allora ciò ti apparirà quanto mai chiaro; la sola anima però, perché ancora troppo fortemente legata al proprio corpo, non lo può né vedere, né comprendere.

12. Ma io non conosco solamente quello che sta scritto nei vostri libri, ma conosco anche le antiche scritture degli egizi, dei parsi, dei gebri, degli indiani, dei cinesi nonché gli scritti di Meduhed presso i giapponesi! Insomma tutto ciò che è ed esiste su questa Terra, dal suo polo settentrionale a quello meridionale, mi è noto con tanta chiarezza come a te è nota la tua capanna da pescatore nelle vicinanze di Cafarnao nella quale il Signore ha già operato tanti prodigi, purtroppo senza che questi abbiano potuto indurre la maggioranza di quegli abitanti a credere in Lui, per il fatto che essi sono dei ciechi mercanti e usurai. Dunque, tutto ciò che questa Terra porta e contiene, io lo conosco benissimo; ma per quanto riguarda quello che esiste oltre alla Terra, ti ripeto che la mia vista è ancora debole.

13. Io so bensì distinguere le stelle fisse dalle stelle mobili o pianeti, e so calcolare il corso di quest’ultimi nonché la loro posizione, dato che già nei miei anni giovanili avevo studiato l’agrimensura[25] degli egiziani antichi; oltre a ciò vi è in me una supposizione molto fondata, secondo la quale le stelle mobili vanno considerate come mondi simili a questa Terra; tuttavia nel mio spirito non sono potuto ancora penetrare fino ad esse, ma non dubito che il Signore vorrà donarmi già qui anche questa capacità, e allora sarò immensamente felice.

14. Voi, da parte del Signore, attraverso la Sua Parola, avete ottenuto in questo campo già i massimi insegnamenti e le spiegazioni davvero più perfette; ora queste cose anch’io le conosco, e quindi anche riguardo al cielo stellato non mi mancano le cognizioni di questa nuova epoca. Tuttavia io vorrei contemplare tutto ciò nel mio spirito, come anche con i miei propri occhi, nello stesso modo in cui io posso contemplare e scrutare tutta la Terra. Anche questo però mi verrà concesso qui, e così pure ai miei sei compagni. Allora, o amico mio, solo allora io sarò completamente perfetto, perché solo allora arriverò a comprendere sempre più la Grandezza eterna e infinita del Signore».

 

[indice]

 

Cap. 160

Fede e visione. Del processo di sviluppo spirituale dell’abitante dell’Alto Egitto.

 

1. Disse Pietro: «Ma, amico mio, se tu sai quello che sappiamo noi, cosa vuoi di più ancora? “Credere fermamente, senza alcun dubbio ammissibile”, non equivale forse al “vedere in spirito”?»

2. Rispose l’egiziano: «In parte tu hai certamente ragione, ma in parte assolutamente proprio no! La fede ferma e priva di dubbi che nutre l’anima induce di certo l’uomo ad aspirare fortemente, nutrendo una fiduciosissima speranza, al fatto che quello che la fede lo induce a credere lo si potrà contemplare un giorno nella realtà, anzi lo contemplerà. Ma con l’aumentare della fede in fermezza e in potenza si accresce pure la brama di contemplare quello in cui si crede in tutta la sua perfezione e di bearsi così nella suprema misura della vita, e vedi, o amico, per queste ragioni il vedere sta indicibilmente al di sopra del semplice credere, poiché la visione è appunto il coronamento eterno della fede!»

3. Disse Pietro: «Tu hai perfettamente ragione; sennonché il Signore non è eccessivamente generoso con il dono della visione. Egli a noi ce lo ha concesso ogni tanto per alcuni istanti, ma del permanere dell’anima in un simile stato di grandissima beatitudine non è stato finora mai il caso di parlare»

4. Osservò l’egiziano: «Ah, questo lo credo anch’io! Tale facoltà Egli ve l’ha promessa già varie volte, però, in quanto ad ottenerla, voi la otterrete solo quando sarete completamente rinati nello spirito fuori da Lui. Del resto, noi che dimoriamo ancora nella carne non dobbiamo considerare la cosa nel senso come se noi non avessimo proprio altro da fare che contemplare continuamente i prodigi delle Sue infinite creazioni, perché su questa Terra, per amore verso Lui e verso il prossimo, noi abbiamo ancora vari doveri da compiere, e quindi il nostro compito non è quello della continua contemplazione; tuttavia conviene che l’uomo si conceda ogni tanto anche un Sabato da dedicare al riposo, e in un tal giorno egli può e deve contemplare, od almeno esercitarsi nella contemplazione interiore spirituale. In quanto poi alla visione permanente e perfetta, l’uomo la ottiene solo dopo la deposizione del corpo. Non sei tu pure di questa opinione?»

5. E Pietro rispose: «Ora certissimamente; però quello che mi meraviglia molto è come tu, nelle regioni selvagge che voi abitate, sia potuto pervenire a tanta vera sapienza interiore della vita! Chi fu il tuo maestro?»

6. Rispose l’egiziano: «In gran parte, a forza di cercare e di indagare senza tregua, ho imparato da me; tuttavia mio padre era agrimensore a Menfi, Tebe e Diadeira (Diathira), e la sua arte egli l’ha insegnata anche a me. Quando fui completamente padrone di quest’arte, egli cominciò ad iniziarmi nei grandi misteri del Tempio di JA BU SIM BIL; sennonché egli morì prima che la mia iniziazione fosse completa.

7. La sua morte fu per me come se avessi perduto mille vite; io perciò mi ritirai con i miei compagni nell’interno del paese risalendo lungo il fiume Nilo fin là dove ci fu possibile, e là trovammo delle grotte che ci offrirono sufficiente riparo contro i raggi roventi del Sole. Le grotte giacevano vicinissime al Nilo, là dove questo, fra poderose pareti di roccia, scorre tortuoso e si riversa in mille cascate. Seguendo il fiume non ci era possibile andare più oltre di dove eravamo arrivati, a meno che non avessimo voluto fare una grande deviazione a destra per avventurarci nel deserto sterminato e proseguire per la via dei nubiani; ma in questo caso le capre che avevamo condotto con noi sarebbero andate ben presto incontro alla morte assieme a noi per mancanza d’acqua. Però, avendo trovato vicino alle nostre grotte un ultimo posticino abbastanza ricoperto d’erba che avrebbe potuto offrire un discreto pascolo ai nostri animali, decidemmo di stabilirci là con le nostre famiglie poco numerose.

8. La prima notte che io passai nella grotta dopo essermi raccomandato alla protezione del grande Dio, mi apparve in sogno mio padre, morto secondo il corpo, il quale mi istruì riguardo a quello che avrei dovuto fare e a come avrei dovuto comportarmi per poter continuare a vivere in quella regione. Egli mi avvertì pure che da quelle parti c’era una quantità di animali da preda: leoni, pantere e aquile gigantesche, e mi insegnò come anche senza armi, ma con la semplice ferma fiducia nel grande Dio e con l’incrollabile forza di volontà, avrei potuto dominare tutte quelle belve.

9. Infatti, quando il mattino seguente uscii fuori da quella grotta, vidi avanzare tranquillamente verso di questa un grosso leone che evidentemente voleva rientrare nella sua tana. Quando esso mi vide, si fermò e cominciò a frustare violentemente l’aria con la coda. Io allora gli andai incontro impavido e armato solo della mia potenza di volontà, e, fissandolo con fermezza, gli comandai di abbandonare per sempre quella regione. Ed ecco, il leone si voltò immediatamente e si dileguò dalla parte del deserto! Poco dopo il caso si ripeté con due pantere, e nello stesso giorno pure con un’aquila enorme che aveva adocchiato le nostre capre che pascolavano sul prato.

10. Quindi già nel corso di quella prima giornata potei convincermi di cosa sia capace un uomo che confida veramente nell’unico vero Dio e che fa uso di tutta la sua forza di volontà senza timore! Venuta la sera, io mi collocai dinanzi alla grotta, raccomandai ogni cosa alla tutela del gran Dio onnipotente e imposi alla natura intera di lasciarci in pace. E così anche avvenne».

 

[indice]

 

Cap. 161

La rivelazione interiore dell’egiziano.

 

1. (Continua l’egiziano:) «Durante la notte successiva mio padre mi apparve nuovamente e mi disse che io avevo agito perfettamente bene, ma nello stesso tempo mi rese nota anche la Volontà del grande Dio esortandomi ad adempierla con la più scrupolosa esattezza, sottomettendo la mia alla Sua Volontà. Operando in questo modo, io mi sarei poi fatto assoluto signore della natura e dei suoi elementi, come lo erano stati pure i primi uomini di questa Terra che allora era disposta in modo da rendere molto più pericoloso il viverci!

2. Quando al mattino seguente ci destammo, io raccontai a tutti il sogno fatto e li esortai a ringraziare con piena serietà il grande Dio per la protezione concessaci, ma di pregarLo pure col massimo fervore di non volerci privare mai più della Sua tutela. Così anche fu fatto, e poi comunicai a tutti quale era la Volontà di Dio rivelatami in sogno per mezzo dello spirito di mio padre e li spronai ad adempiere rigorosissimamente tale Volontà col massimo amore, rispetto e gratitudine a Dio!

3. Tutti allora mi promisero questo, e vedi, allora si fece d’improvviso perfettamente chiaro nella grotta che, in condizioni normali, era molto tenebrosa anche di giorno, e nella stessa vedemmo che c’erano ancora molti corridoi che noi esplorammo coraggiosamente, scoprendo così varie altre grotte che avevano delle altre uscite più o meno comode più oltre, in alto, su per il fiume, le quali costituirono più tardi delle eccellenti dimore per i miei compagni. In quelle grotte scoprimmo delle sorgenti di purissimo olio minerale, che noi attingemmo per alimentare le lampade che avevamo portato con noi, con le quali potemmo successivamente illuminare molto bene le abitazioni offerteci dalla natura. Noi tutti riconoscemmo che questa scoperta era dovuta ad una Grazia assolutamente speciale dall’Alto, e non mancammo di ringraziarne con grande fervore il grande Dio.

4. E dopo averLo ringraziato, noi sentimmo una chiara Voce che, con parole molto ben percettibili, ci disse: “Adempite tutti la Mia Volontà che vi è stata rivelata, e tutti gli animali di questa regione selvaggia dovranno servirvi secondo il vostro volere! Tuttavia da essi dovrete richiedere soltanto quello che vi è necessario per nutrire il vostro corpo; però non dovete mettere da parte alcuna provvista!

5. Nella grotta di mezzo troverete del sale in grande quantità; esso vi servirà per condire i pesci che le aquile vi porteranno dal Nilo! Ponete i pesci su delle lastre di pietra ben riscaldate dal Sole, e poi potrete mangiarli! Presso l’uscita della prima grotta, sotto ad una pietra di color grigio chiaro, si trova una sorgente d’acqua pura; perforate la pietra che non è molto dura, e così potrete disporre subito di un’eccellente acqua potabile in quantità sufficiente! I leoni, le pantere e gli altri animali ancora che si trovano in questa regione, non perseguitateli, ed essi in compenso vi aiuteranno quando ne avrete bisogno!”

6. Dopo queste parole la Voce tacque, e noi di nuovo ringraziammo Dio per la rivelazione fattaci, avendo riconosciuto da ciò che era stata veramente la Volontà di Dio a far sì che ci fossimo scelti quella regione come nostra dimora.

7. Ma tutto ciò ebbe un effetto possente sul mio cuore e sul mio animo, perché ciascuna cosa che mi era stata rivelata la trovai confermata nei fatti. Io allora indagai più profondamente, poi ricevetti una Parola interiore e agii a seconda dei suggerimenti di questa. Constatai in effetti che mi riusciva quasi tutto, e solo quando ogni tanto sorgeva in me un piccolo dubbio riguardo alla riuscita, lo scopo voluto non veniva raggiunto, e io dovevo liberarmi assolutamente anche del minimo dubbio, dopo di che tutto mi riusciva in maniera tale che da allora in poi nemmeno l’ombra di un dubbio poté presentarsi più alla mia mente, e nel giro di alcuni anni io percepii in me quello che poco fa lo spirito di Enoch[26]  aveva detto ai farisei. Infatti, in qualsiasi luogo su tutta la Terra mi trasferissi col mio pensiero, là anche mi trovavo già presente con occhi, orecchi, bocca, naso, mani e piedi.

8. Certo, i miei compagni, salvo me, non sono progrediti ancora fino a questo punto, però si trovano tutti sulla migliore via per arrivarvi, e io li ho condotti con me affinché possano apprendere qui le cose supreme e possano vedere ed udire qui, nella Persona di un Uomo simile a noi, il grande Dio verso il Quale io già prima li avevo guidati in spirito. Perciò essi pure, con me, sono colmi di gioia purissima e di delizia; ed ecco che ora, attraverso questa mia breve esposizione delle nostre vicende, sei pienamente al corrente di come io e così pure i miei compagni siamo pervenuti all’attuale nostra completezza interiore della vita.

9. Per voi qui, che siete veri figli del Signore, la cosa è certo più facile; noi invece siamo degli stranieri e dobbiamo fare di più per venire ora accolti noi pure da Dio, il Signore, e adottati in qualità di figli! Sei soddisfatto ora della mia spiegazione?»

10. E Pietro rispose: «Oh, più che perfettamente soddisfatto, e provo anche una gioia vivissima nell’apprendere che il Signore si manifesta anche nei più lontani paesi a coloro che Lo cercano seriamente, che Lo amano e ripongono in Lui ogni fiducia!

11. Ma eccoLo appunto che sta uscendo nuovamente dalla capanna allo scopo di operare un segno per il bene dei due farisei convertiti. Conviene dunque che noi seguiamo con la massima attenzione tutto quello che succederà!»

12. In quel momento Io Mi trovai vicino a Pietro e gli domandai: «Ebbene, o Simon Giuda, come avete assolto l’incarico a voi affidato presso questi stranieri?»

13. Rispose Pietro: «O Signore! Tu ben sapevi che non saremmo stati noi a predicare il Tuo Vangelo a questi stranieri, ma invece loro a noi, e ci hai mandato appunto da loro perché ci chiarissero quello che purtroppo ci mancava ancora, per la ragione che molte cose dei Tuoi insegnamenti e delle Tue opere ci erano già sfuggite dalla memoria. E noi, o Signore, Te ne ringraziamo, perché dalla conversazione con questi stranieri abbiamo davvero tratto un grande vantaggio»

14. Ed Io dissi: «Allora sta bene anche così; ma adesso noi opereremo ancora un segno per fortificare nella fede questi quattro ministri del Tempio. Va dunque e dì loro di venire qui!».

 

[indice]

 

Cap. 162

Abramo compare davanti ai templari.

 

1. Pietro eseguì immediatamente l’incarico ricevuto e i quattro templari si affrettarono a venire da Me e dissero: «O Signore, Tu ci hai già fornito le massime prove di cosa e chi sei Tu, tanto che in noi non sussiste il benché minimo dubbio in proposito, e quindi sarebbe fuori luogo che noi Ti chiedessimo delle ulteriori prove; ma se Tu proprio vuoi operare ancora un segno dinanzi a noi, noi Te ne saremmo certo grati dal più profondo del nostro cuore!»

2. Dissi Io: «Voi vi rendete già discretamente conto del fatto che appunto Io sono il Messia promesso, e che dopo di Me non ce ne saranno altri! Tuttavia voi non avete ancora la chiara visione del fatto che il Messia non è altri se non precisamente quello stesso Jehova che sul Sinai diede a Mosè le Leggi, e che per tale ragione, nell’ultimo giorno della festa nel Tempio, poté asserire di Sé: “Prima di Abramo Io ero!”, affermazione per cui voi volevate lapidarMi. Ma affinché voi vediate, sentiate e poi fermamente crediate, Io intendo operare un segno del tutto particolare! Fate bene tutti attenzione a quanto accadrà ora!

3. Io, quale Signore pure del mondo degli spiriti, voglio che il Mio Abramo compaia qui e renda testimonianza di Me dinanzi a voi; e non appena egli sarà qui, potrete parlare voi stessi con lui!»

4. Nello stesso istante una nuvola chiara si abbassò fino alla collina, e fuori da questa nube apparve Abramo il quale, inchinandosi profondamente dinanzi a Me, così parlò: «Per quanto tempo e quanto sommamente mi sono rallegrato pensando al giorno della Tua discesa quaggiù; ed ora la mia letizia non conosce confini perché ho visto il Tuo giorno su questa Terra! Ma quanto Tu, o Signore Jehova Zebaoth, sei motivo per me di immensa letizia, altrettanto poco motivo di letizia sono per me i miei discendenti! In verità, i discendenti di Agar sono nella loro specie molto migliori dei discendenti di Sara!

5. O Signore, il Tuo Amore per questa generazione depravata e la Tua Pazienza verso di essa superano tutti i confini delle Tue infinite creazioni!

6. Quando un giorno io Ti pregai di voler risparmiare le dieci città con Sodoma e Gomorra per amore dei pochi giusti che avrebbero potuto trovarvisi, la Tua risposta così suonò amaramente: “Io so che tu le vorresti salvare anche se in esse dimorassero soltanto dieci veri giusti in tutto, e infine addirittura due o tre soltanto!”. Ma ecco che di giusti non ne fu trovato nessuno all’infuori di Lot, così Tu non risparmiasti le dieci città, salvasti solo Lot mentre ogni altro essere ed ogni altra cosa vennero consumati dal fuoco.

7. Ma se io adesso esamino questi miei discendenti, trovo che nel triplice numero degli abitanti delle dieci città di allora ce n’è a mala pena uno di giusto, e nonostante ciò, Tu, o Signore, risparmi ancora questa progenie lussuriosa e adultera! E a ricompensare il Tuo sconfinato Amore e la Tua immensa Pazienza questi miserabili Ti perseguitano, e nel loro satanico delirio pensano addirittura di ucciderTi!

8. O Signore, fa’ in modo di esaurire la Tua Pazienza troppo grande! O Signore! Per molto tempo io restai in attesa di Isacco, e fu soltanto la Tua Forza a generarlo nel corpo di Sara. E quando egli divenne un giovane robusto, Tu, per provare la mia fede e la mia obbedienza, richiedesti che io Te lo sacrificassi. Io mi sottomisi al Tuo Volere, però Tu stesso trattenesti la mia mano dal dare esecuzione all’opera comandatami, mi donasti invece un caprone che io poi sacrificai al posto di Isacco, e mi restituisti mio figlio. Oh, quale gioia non provò allora il mio cuore!

9. Eppure sarebbe stato meglio se allora al posto del caprone avessi sacrificato davvero Isacco, perché così da lui non sarebbe sorta una stirpe la quale già sotto il Sinai, nel deserto, cominciò ad adorare alla Tua Presenza santissima un vitello d’oro, e che ora è divenuta più malvagia di tutti i pagani, per quanto tenebrosi, e di altri figli del mondo generati dal serpente per via della grande fornicazione di Babele! O Signore, stendi una buona volta la Tua destra e annienta i Tuoi nemici!»

10. Queste parole lo spirito di Abramo le accentuò con voce poderosa e grave.

11. Ma Io gli risposi così: «Tu sai che Io d’ora innanzi non voglio più giudicare gli uomini dal Mio zelo, ma solo mediante loro stessi, e ciò per amore dei pochi giusti che non hanno ancora piegato le loro ginocchia dinanzi al mammona di questo mondo. Lasciamo dunque che il mondo volontariamente sordo e cieco prosegua per la sua via e che attiri su di sé quel giudizio che appunto esso stesso va preparandosi per la propria rovina.

12. I Miei veri figli invece li condurrò Io stesso per le vie della luce e per i sentieri della vita! Quello che si potrà salvare ora verrà anche salvato; ma chi non si vuole far salvare e liberare dal giudizio e dalla morte che egli stesso si sarà creato, costui avrà anche secondo quello che avrà voluto!

13. Se qualcuno vuole la libertà e con essa la vita eterna, egli anche le avrà, ma se qualcuno vuole il giudizio e la morte, egli avrà anche questi! Infatti d’ora innanzi nessun ebreo potrà scusarsi dicendo: “Io pure mi sarei incamminato per le vie della luce, qualora avessi saputo qualcosa di essa!”. Io personalmente ho insegnato e agito dappertutto, ed oggi stesso Io invierò circa settanta discepoli verso tutti gli estremi confini dell’antico regno d’Israele a portarvi la Mia Dottrina e ad annunciarla ai pagani e agli ebrei; oltre a ciò da qui ad un anno Io manderò in tutto il mondo nel Mio Nome pure i Miei vecchi e primi discepoli per annunciare questo Vangelo; beato chiunque lo accoglierà e ad esso conformerà la sua propria vita!»

14. Allora lo spirito di Abramo si inchinò di nuovo profondamente dinanzi a Me, Mi ringraziò e scomparve.

15. I due farisei esclamarono: «O Signore, Signore e Maestro dalle eternità, questo è stato un segno ben poderoso! Noi siamo del parere che, se gli altri farisei ne fossero stati testimoni, essi certo avrebbero dovuto finire col credere come ora crediamo noi. Perché non operi dei segni simili anche dinanzi a loro?»

16. Dissi Io: «Perché precisamente Io meglio di chiunque altro so come essi accoglierebbero un simile segno! Voi quattro siete assolutamente gli ultimi che era ancora possibile salvare fra la gente del Tempio; con tutti gli altri invece non c’è più nulla da fare! Ma nonostante ciò Io insegnerò ancora spesso nel Tempio, e vi opererò anche dei segni; però voi stessi avrete occasione di convincervi dell’impressione che tutto ciò farà sui templari. Sì, ancora molti fra il popolo crederanno in Me, ma quegli alti ministri del Tempio non crederanno mai in Me in questo mondo!».

 

[indice]

 

Cap. 163

Mosè ed Elia ammoniscono i farisei appena convertiti.

 

1. (Continua il Signore): «Ora però fate ancora attenzione! Per vostra pienissima tranquillità faranno la loro apparizione ancora vari testimoni dell’aldilà per confermarvi che, appunto, sono Io il promesso Messia anzitutto degli Israeliti e, per mezzo loro, anche di tutta l’umanità della Terra! E adesso scegliete voi stessi chi volete vedere e con chi volete parlare!»

2. Dissero i farisei: «O Signore, se proprio è Tua Volontà che così sia, fa’ in modo che noi possiamo vedere Mosè ed Elia, perché questi due furono certamente anche Tuoi maggiori profeti!»

3. Dissi Io: «Sicuramente; e poiché avete scelto questi, Io anche voglio che essi compaiano qui!»

4. Non appena ebbi terminato di pronunciare tali parole, nell’aria pura si produsse come un lampo accecante, e i due testimoni apparvero con facce molto serie al cospetto dei farisei; fecero essi pure un profondo inchino dinanzi a Me, e Mosè, rivolgendo uno sguardo di fuoco ai due, con la mano destra indicò Elia e chiese loro con voce tonante: «Lo conoscete?»

5. I due farisei furono allora colti da immenso spavento, e per l’angoscia non furono in grado di rispondere nulla a Mosè, perché in Elia essi avevano riconosciuto anche con troppa evidenza Giovanni il Battista, al cui arresto e decapitazione essi stessi avevano contribuito più di tutti!

6. Ed Elia così parlò: «Ora che l’accetta tagliente è posta alla vostra radice, solo ora riconoscete che il vostro giudizio è alle porte. Questo era il limite estremo di tempo per convertirvi, e poiché il Signore, l’Onnipotente, vi ha Egli stesso usato grazia, anch’io vi perdono il misfatto commesso contro di me. Mille volte guai però a coloro che metteranno le loro mani perfide anche sul corpo del Signore! La maledizione e il giudizio sono già scritti sulle loro fronti»

7. Uno dei farisei allora si fece un po’ di coraggio e disse con voce tremante: «Oh, grande profeta, chi mai avrebbe potuto sospettare che in te si celasse lo spirito di Elia!»

8. Rispose Elia: «Non sta scritto che Elia avrebbe preceduto il Signore per prepararGli le vie? Non avete letto: “Ecco, la voce di uno che chiama nel deserto, preparate le vie al Signore! Ecco! Io mando il Mio angelo dinanzi a Te per preparare le Tue vie!”

9. Ma se sapevate ciò, perché non avete creduto? Perché mi avete perseguitato e perché avete perseguitato il Signore fino ad oggi?»

10. Rispose il fariseo al colmo dell’angoscia: «Oh grande profeta, abbi pazienza con la nostra grande cecità, perché soltanto e principalmente a questa è dovuta la colpa di tutto il male commesso da noi e per causa nostra!»

11. Disse Elia: «Quello che il Signore vi ha perdonato, vi sia perdonato anche da parte nostra! Ma guardatevi bene che una nuova tentazione non venga ancora una volta ad accecarvi, perché, se cadeste nuovamente nell’abisso, ben difficilmente potreste risorgere alla luce!»

12. Dette queste parole, i due profeti scomparvero, e i farisei rivolgendosi a Me Mi supplicarono di non farli più assistere a segni di simile specie, perché già quest’ultimo li aveva colmati di troppa angoscia e spavento.

13. Ed Io dissi loro: «Se già questo è bastato per incutervi tanta angoscia e spavento, in quali condizioni vi trovereste se Io vi facessi comparire qui dinanzi tutta la moltitudine di coloro che la vostra inestinguibile sete di persecuzione e di vendetta ha soppresso nella maniera più penosa?»

14. Risposero i farisei: «O Signore e Maestro, risparmiaci una scena di questo genere, perché ciò vorrebbe dire la nostra morte!»

15. Dissi Io: «Questo proprio non accadrà finché, grazie alla vostra fede, Io Mi troverò presso di voi; pensate però che un giorno, nel grande aldilà, certo vi incontrerete con tutte quelle anime! Che cosa risponderete loro se vi chiameranno per forza a render conto delle vostre azioni davanti al trono di Dio?»

16. Dissero i farisei: «O Signore e Maestro dall’eternità, a questo mondo faremo assolutamente tutto quello che ci comanderai di fare, ma concedici di non venir chiamati a rispondere in un simile modo nell’aldilà, perché noi davvero non potremmo opporre nulla a nostra difesa! Ma nella Tua immensa Bontà e nella Tua Misericordia dacci un consiglio riguardo a cosa dovremmo fare per ottenere che un giorno, anche nell’aldilà, non si rinnovi per noi una situazione tanto angosciosa e penosa!»

17. Dissi Io: «Io vi ho già detto quello che dovete fare, ed è così che potrete pervenire alla Luce e alla vita; però Io vi dico anche che farete assai bene a scrutare con meticolosa precisione la vostra coscienza in modo da avere così una visione completa di tutti i gravissimi peccati che avete commesso.

18. Quando avrete fatto così vi sarete, in primo luogo, spogliati dei vostri peccati, proverete anche un giusto orrore di essi e li deplorerete veramente nei vostri cuori in maniera facile ed efficace; in secondo luogo potrete formulare il proponimento di non peccare più, anzi sentirete sempre più vivente in voi il desiderio di risarcire, nella misura concessavi da tutte le vostre forze, ogni danno da voi causato a chiunque! Però voi certo non sarete in grado di compiere questo in misura completa, specialmente rispetto a coloro che si trovano già nell’aldilà, ma allora Io accetterò la vostra ferma volontà come azione compiuta, e risarcirò Io per voi tutto quello che avete fatto di male.

19. Voi però dovete prendervi a cuore queste cose con la massima serietà, altrimenti vi potrà accadere come vi è stato annunciato poco fa dal profeta Elia, perché voi sarete esposti ancora a più di una tentazione! Una carne vecchia non depone le sue vecchie abitudini tanto facilmente come qualcuno potrebbe immaginarselo nell’istante del suo primo proponimento! Voi verrete bensì con Me; però al Mio fianco, finché dimorerò su questa Terra, voi, come i Miei altri discepoli, dovrete affrontare ancora varie tentazioni, e allora si vedrà quanto la vostra carne sarà rimasta ancora debole nonostante lo spirito in voi si sarà già considerevolmente rafforzato. Quindi si rende appunto tanto necessario fare ogni sforzo possibile affinché l’anima riesca a liberarsi dall’antica prigionia della carne! E ciò può verificarsi solamente facendo come Io vi ho consigliato, poiché il peccato abbandona l’anima nella stessa misura in cui l’anima riconosce il peccato, se ne pente, lo aborrisce e non vi cade più. Avete ora ben compreso tutto ciò?».

 

[indice]

 

Cap. 164

Un miracolo di velocità di Raffaele.

 

1. Dissero i farisei: «Noi Ti ringraziamo, o Signore, di questo insegnamento purissimo e vero; noi lo abbiamo preferito immensamente al terribilissimo segno di prima che ci ha colmato l’animo di spavento. Noi seguiremo il Tuo santo consiglio per quanto ce lo consentiranno le nostre forze. Considerato però che ci sarà ancora luce per due ore, noi ce ne andremo adesso in città per sistemare oggi stesso tutto quanto riguarda i nostri tesori e le nostre famiglie, allo scopo di poter ritornare qui presso di Te già domani che è Sabato»

2. Ed Io dissi loro: «Se tale è davvero la vostra intenzione, non occorre che vi muoviate da qui, perché la cosa si può regolare in un altro modo! Io darò a quel Mio servitore dall’aspetto tanto giovanile l’incarico di mettere in ordine ogni cosa al posto vostro, di condurre le vostre famiglie in casa di Lazzaro a Betania e di portare qui tutti i vostri tesori, e vedrete che egli sbrigherà la faccenda con la massima sollecitudine e nel miglior modo possibile! Vi sta bene così?»

3. Risposero i farisei: «Oh certo, o Signore, se ciò fosse possibile, noi ne saremmo immensamente soddisfatti!»

4. Dissi Io: «Presso Dio tutte le cose sono possibili! Quale sia però il potere del Mio servitore, egli ve lo ha già dimostrato prima. Andate dunque da lui e mettetevi voi stessi d’accordo con lui!»

5. Dissero i farisei: «O Signore e Maestro, parla Tu con lui, e così la questione sarà regolata molto meglio di quella che potremmo stabilire noi, che potrebbe anche essere disadatta e stolta!»

6. Dissi Io: «E sta bene; considerato che riconoscete questa cosa nei vostri cuori, Io farò come desiderate»

7. Io allora chiamai Raffaele e interiormente gli feci cenno che adempisse l’incarico.

8. E Raffaele, rivoltosi ai farisei, chiese loro in quanto tempo desideravano che tutta la questione venisse risolta.

9. Risposero i farisei: «O caro servitore di Jehova, tu sei libero di fare come vuoi; tuttavia se la cosa potesse venire risolta prima di sera, questo ci sarebbe quanto mai gradito, perché domani è Sabato, giornata in cui non si può e non è lecito occuparsi di alcun affare»

10. Disse Raffaele: «E cosa direste voi se il vostro affare io lo avessi già risolto nel massimo ordine e con la massima esattezza?»

11. Dissero i farisei: «Come potresti aver fatto ciò? Tu finora non sei stato assente neppure per un momento! E come potrebbero le nostre famiglie trovarsi già a Betania? Infatti, soltanto per attraversare la grande città esse devono camminare un’ora abbondante, e dalla città fino a Betania chi ha i piedi deboli non impiega meno di due ore buone secondo la misura romana del tempo! Dunque la cosa non può che apparire assolutamente impossibile!»

12. Disse Raffaele: «Il fatto si spiega così: io già un paio d’ore fa sapevo che la cosa si sarebbe conclusa così, e quindi ho fatto condurre con le più precise istruzioni le vostre famiglie a Betania, dove esse si trovano in eccellenti condizioni già da mezz’ora; anche i vostri tesori si trovano già in mano di coloro ai quali secondo il consiglio del Signore voi stessi li avete destinati, e così tutta la faccenda è ormai sbrigata.

13. Ma affinché possiate convincervi voi stessi almeno in parte di quanto ho detto, salite con me fino alla capanna, e là troverete la porzione dei tesori che è toccata a Nicodemo!»

14. Allora i due farisei e i due leviti andarono con Raffaele alla capanna, e su un tavolo, che era all’interno, videro già deposti in bell’ordine i tesori che essi ben conoscevano.

15. A quella vista essi rimasero completamente sbalorditi ed esclamarono: «Qui non è più possibile alcun dubbio: qui è la Potenza di Dio che opera! Queste sono cose che un uomo non può assolutamente fare! Ma dicci un po’, o caro servitore dell’unico Dio davvero onnipotente, come hai fatto a compiere una tale cosa?»

16. Rispose Raffaele: «Io l’ho compiuta esattamente nel modo che vi ho spiegato e mostrato chiaramente prima. Infatti il mio pensiero congiunto con la mia volontà, la quale a sua volta è in tutto e per tutto la Volontà di Dio, equivale a me stesso. Per mezzo del mio pensiero io posso essere presente dappertutto come completamente agente! Chi può questo, è perfetto e simile a Dio nella propria vita interiore.

17. E così pure anche Dio, come Entità personalmente Uno soltanto, è ora qui perfettamente presente nella Persona del Signore, e in tutto l’infinito non si trova in nessun altro luogo. Tuttavia Egli, con la Sua Volontà e con i Suoi pensieri supremamente chiari, si trova completamente presente e agente in tutta intera l’infinità. Se Egli non lo fosse, la Terra non esisterebbe, e nemmeno la Luna, il Sole e tutte le stelle; né per conseguenza potrebbe esistere alcuna creatura su di esse e in esse. Infatti tutti i corpi mondiali e le loro creature sono, dall’alfa all’omega, unicamente i Suoi pensieri e le Sue idee saldamente fissate e immutabilmente formate dalla Sua Volontà, pensieri e idee che Egli, nell’uomo, trasforma in esseri autonomi, e precisamente in maniera che essi abbiano a somigliarGli perfettamente sotto ogni riguardo, ciò che, naturalmente, è opera del Suo Amore e della Sua eterna Sapienza. Ora dunque vi ho spiegato come stanno le cose; e adesso lasciamo questo luogo!»

18. Poi i cinque ridiscesero e vennero a raggiungerci; e uno dei farisei si avvicinò a Nicodemo e lo informò di ciò che si trovava nella capanna.

19. Ma Nicodemo gli rispose: «O amico mio, io ne sono già stato avvertito, e anche a questo proposito tutto sarà fatto secondo il consiglio del Signore, vale a dire che la questione verrà risolta certamente nel migliore dei modi! Ma adesso stiamocene nuovamente tutti tranquilli, perché il Signore intraprenderà ancora qualcosa da Lui reputato necessario per oggi nel Suo Ordine!».

 

[indice]

 

Cap. 165

Il Signore invia in patria i mercanti di schiavi.

 

1. A queste parole di Nicodemo tutti tacquero, ed Io allora chiamai a Me l’ex mercante di schiavi, Hibram, nonché i suoi compagni, e dissi loro: «Nel corso di questi giorni voi avete udito, visto e imparato molte cose; voi ormai, al pari dei Miei discepoli, sapete quello che ciascun uomo deve fare per ottenere la vita eterna della propria anima! Se voi farete e vivrete così, anche voi certamente perverrete del tutto a quella meta che Io ho promesso a chiunque parlerà ed opererà conformemente alla Mia Dottrina!

2. Tuttavia voi pure nella vostra patria dovete porre rimedio al molto male che, da pagani tenebrosi come eravate, avete commesso in passato; vedete dunque di risarcire, per quanto mai vi sarà possibile, ogni danno ed ogni ingiustizia arrecati al vostro prossimo, e così vi renderete degni da parte Mia di una vera Grazia della vita che certo non vi verrà a mancare! Cercate inoltre di diffondere anche tra le altre genti del vostro paese questa Mia Dottrina, e fate in modo che la mettano pure in pratica in maniera vivente! Distogliete il vostro orecchio e il vostro cuore dai vostri indovini, e fate ogni sforzo possibile affinché anche i vostri compaesani facciano come voi; così voi sarete dei veri sacerdoti per il vostro prossimo, e a tale scopo vi verrà concesso da parte Mia in brevissimo tempo un grande tesoro di doti spirituali!

3. Sulla via del ritorno per la vostra patria evitate però di dire che sono qui, poiché là dove era necessario e dove sapevo che c’era della gente matura per la Mia Dottrina, l’ho già visitata Io stesso e istruita con parole ed opere; e a tempo opportuno Io farò ben scendere su di loro il Mio Spirito il Quale poi li guiderà in ogni verità. Insomma durante il vostro viaggio evitate assolutamente di fare qualsiasi vano rumore riguardo alla Mia Persona! Giunti in patria però potrete esporre al vostro popolo le cose esattamente come ne siete stati testimoni e potrete istruirlo conformemente; ma pure là astenetevi dal fare emergere eccessivamente i prodigi a cui avete assistito, e abbiate davanti agli occhi soprattutto la Mia Dottrina! Infatti la salvezza per gli uomini non sta certo nei segni operati, ma sta nella Mia Dottrina e soprattutto nell’osservanza attiva e vivente della Mia Dottrina!

4. E quando insegnerete nel Mio Nome, prima di cominciare non vi angosci affatto il pensiero di ciò che dovrete dire, perché quando voi vi disporrete a parlare agli uomini nel Mio Nome, vi verranno già poste - per mezzo del Mio Spirito - le giuste espressioni nel cuore e sulla lingua! E questo varrà anche per tutti coloro che insegneranno al popolo nel Mio Nome dopo di voi.

5. Sia ben lontano da voi il pensiero di edificarMi dei templi, e non fate diventare certe giornate dell’anno dei giorni particolari, come fanno i pagani, ma stabilite invece secondo il vostro migliore discernimento un giorno di insegnamento alla settimana, e durante questo giorno invitate il popolo a venire nelle vostre case e istruitelo! Dividete anche il vostro pane con i poveri, ma non cercate onori in compenso di ciò, né richiedete da qualcuno offerta o ricompensa, perché l’avete ricevuto in dono, e quindi dovete a vostra volta distribuirlo in dono fra il vostro prossimo! Il premio per le vostre fatiche conviene sotto ogni riguardo che lo attendiate da Me.

6. Ma se qualcuno tra i benestanti venisse da voi e spontaneamente vi portasse un’offerta di ringraziamento, accettatela e dividetela tra i poveri! Chi però vi porta un’offerta nel Mio Nome, costui non lodatelo eccessivamente e non stimatelo superiore agli altri fratelli poveri, affinché non si renda schiavo della vanità e non si innalzi al di sopra dei suoi poveri fratelli, ma accresca invece nell’amore per loro; e così la sua offerta sarà guardata con occhio benevolo da Me, e la Mia Grazia allora sarà la sua ricompensa, e la Mia Benedizione gli sarà di abbondante compenso per la sua offerta! Infatti chi farà delle offerte in questo modo a voi, lavoratori ora assunti al Mio servizio, costui avrà offerto a Me, e il suo premio non rimarrà certo a metà strada.

7. E quando avrete così istruito il popolo nel Mio Nome, Io vi manderò un apostolo maggiore, ed egli poi imporrà le mani ai fedeli nel Mio Nome, e così li battezzerà nel Mio Amore, nella Mia Sapienza e nella Mia Forza; in questo modo essi riceveranno il Santo Spirito da Dio, e mediante questo perverranno alla piena rinascita del loro spirito nella loro anima, e con questa e attraverso di questa pure alla vita eterna e alla sua potenza.

8. Ecco che ora sapete in breve quello che dovrete fare e che certo anche farete in avvenire; ricevete dunque la Mia Benedizione e iniziate il viaggio di ritorno in patria oggi stesso, dato che domani, essendo il Sabato degli Ebrei, avreste delle difficoltà a spostarvi!

9. Prendete però quella strada grande che conduce in Galilea, e verso la terza ora della notte raggiungerete una piccola località; restate là fino al mattino, vi troverete buona accoglienza! Da lì più innanzi vi porrò Io nel cuore e nella mente quale via dovrete scegliere ulteriormente per poter arrivare senza inconvenienti al vostro paese. Potete dunque mettervi subito in cammino; la Mia Benedizione vi sarà di scorta e vi proteggerà!»

10. Allora Hibram ringraziò per tutto, si raccomandò alla Mia Grazia e si allontanò assieme ai suoi compagni.

11. Lazzaro affermò di essere rimasto molto stupito che quegli ex mercanti di schiavi non si fossero congedati anche dai giovinetti che per Mio intervento avevano rimesso in libertà.

12. Ma Io gli risposi: «Sono Io che ho voluto così, e a ciò Mi ha indotto certo una savia ragione. Quei giovinetti sono laggiù, sul pendio settentrionale di questa collina, dove si stanno divertendo, e non sarebbe stato saggio interromperlo. Questi uomini Io li ho inviati nel Mio Nome, e ciò è stato buono, perché essi diffonderanno la luce nei loro paesi.

13. E adesso fate portare qui ancora del pane e del vino; Io avrò ancora degli altri da eleggere, e conviene che questi vengano rafforzati, perché Io li manderò fuori nel mondo! Fate dunque secondo il Mio desiderio».

 

[indice]

 

Cap. 166

L’invio dei settanta operai in qualità di messaggeri del Salvatore.

(Luca cap.10)

 

1. Nicodemo allora chiamò subito i suoi servitori che erano ancora presenti, e li incaricò di andare a prendere dell’altro pane e del vino nella giusta quantità; ed essi andarono solleciti e ritornarono portando del pane e del vino nella giusta quantità, come era stato loro comandato.

2. Portati il pane e il vino, Io chiamai subito a Me i settanta operai ancora presenti e dissi loro: «Eccovi del pane e del vino! Prendete, mangiate, bevete e ristoratevi, perché poi Io vi manderò prima di Me nelle città, nelle borgate e nei villaggi per preparare gli uomini alla Mia venuta! Però ora mangiate e bevete; dopo continueremo a parlare di questo importante argomento»

3. Allora i prescelti presero del pane e del vino e si ristorarono.

4. Quando ebbero terminato di ristorarsi, essi ringraziarono, e uno fra loro disse: «Eccoci, o Signore e Maestro, pronti a sentire le istruzioni che Ti piacerà in grazia di impartirci! La Tua Volontà sia fatta, sia essa sola a rappresentare in avvenire ogni nostra attività!»

5. Dissi Io: «Così dunque sia! Ecco: grande è la messe, e il campo con frutta mature si estende su tutta la Terra; però gli operai sono sempre ancora pochi! Pregate dunque il Signore della messe che mandi molti operai nella Sua messe!»

6. Disse l’oratore: «Certo, o Signore, e anche noi Te ne preghiamo! Infatti Tu solo sei il Signore della messe!»

7. Ed Io dissi: «Ebbene, andate dunque due a due nelle località di tutto il paese d’Israele, e anche in quelle dei Samaritani!

8. Io vi mando come agnelli fra i lupi, ma voi non li dovete temere, perché la Mia Forza vi infonderà il coraggio necessario per affrontarli. Non portate con voi né una borsa, né tasche, né bastoni, né calzari ai piedi, e non dovete portare neanche due mantelli! Sia il vostro comportamento serio e tuttavia mansueto; per via non salutate nessuno, ma non richiedete nemmeno a qualcuno che vi saluti, perché voi siete tutti figli dell’unico e medesimo Padre del Cielo! Uno soltanto è il vostro Signore e Maestro, mentre tutti fra di voi non siete che fratelli! Il vostro saluto sia il vero amore reciproco, cioè l’amore del prossimo, come si conviene tra fratelli e sorelle; quanto è da meno o da più ha la sua radice nel male. Ma che voi siete davvero Miei discepoli, lo si riconoscerà dal fatto che vi amerete fra di voi come Io vi amo.

9. Quando sarete arrivati in qualche luogo, in una dimora, sia questo il vostro saluto: “La pace sia in questa casa!”. Se là avrà dimora un figlio della pace, anche la vostra pace rimarrà con lui; ma se questo non sarà il caso, la vostra pace ritornerà a voi. Ma là dove troverete pace, rimanete in quella dimora e mangiate e bevete, senza timore e senza alcuno scrupolo di coscienza, quanto vi verrà offerto. Infatti se voi vi trovate in una casa quali lavoratori per il Regno di Dio, siete pure meritevoli della ricompensa che spetta a ciascun lavoratore diligente.

10. Là però, dove due di voi abbiano trovato accoglienza in una o nell’altra dimora di un qualche luogo, conviene anche che restiate in quella dimora, e che non andiate a prendere quanto è necessario a sostentarvi da una dimora all’altra! Infatti ciò non è bello, dato che voi non andate in un luogo o in una casa come dei mendicanti scansafatiche, ma andate come degli illuminati portatori della Mia Parola, e con ciò pure del vero Regno di Dio e della sua eterna benedizione!

11. Ma qualora arrivaste in una città dove la maggioranza degli abitanti fosse composta da pagani e trovaste buona accoglienza in qualche dimora, fermatevi là e mangiate anche quello che vi verrà offerto! Infatti quanto entra attraverso la bocca non rende affatto impuro l’uomo, ma impuro lo rende quanto esce dalla bocca, e in che cosa consista quello che rende l’uomo impuro Io ve l’ho già detto e spiegato sul monte degli Ulivi.

12. Se però voi, giunti in una città o in un’altra località qualsiasi, non trovate accoglienza in nessuna dimora, allora uscite subito sulla pubblica via e così parlate: “Perfino la polvere, che nella vostra città ci è rimasta attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo via perché ricada su di voi! Tuttavia sappiate che per mezzo nostro il Regno di Dio vi era venuto vicino!”.

13. Ed Io vi dico che in quel giorno, che Io prima[27]  vi ho indicato sul monte degli Ulivi, a Sodoma sarà riservata una sorte migliore di quella che dovrà attendersi una simile città che vi avrà respinti. Guai a te, o Corazim, guai a te, o Betsaida! Se Tiro e Sidone avessero visto opere come quelle che sono state compiute da voi, esse avrebbero fatto penitenza vestite di sacco e con il capo cosparso di ceneri; ma perciò anche Tiro e Sidone nel giorno del giudizio saranno trattate meglio di voi, o superbe città! E tu, o Cafarnao, che ti sei innalzata fino al cielo, sarai abbassata fino nel più profondo inferno!»

14. A queste Mie parole alcuni fra i Miei vecchi discepoli non poterono trattenersi dall’osservare tra di loro: «Avete udito? È pur strano che Egli si scagli di nuovo con tanto zelo contro quelle città che già una volta, mentre eravamo a Kis presso Kisjonah, ha minacciato altrettanto fieramente! È bensì vero che là Egli ha trovato meno fede che in qualsiasi altro luogo di quella zona, ma ad ogni modo alcuni Lo hanno pure accolto e riconosciuto come il vero Figlio di Dio e Intermediario degli Ebrei! Noi stessi siamo da Cafarnao! A volte è davvero curiosa la Sua spiccata avversione contro questa città!»

15. Ma Io dissi a quei discepoli che si meravigliavano in questo modo: «Perché state borbottando tra di voi così imbronciati? Cosa è Corazim, cos’è Betsaida e cos’è Cafarnao? Queste città rappresentano semplicemente coloro che non vogliono accogliere la Mia Dottrina e, nonostante tutti i segni operati, non vogliono credere che Io sono il Messia promesso, ora venuto a questo mondo! E non siete voi stessi già stati mandati una volta, prima di Me, in quelle città e in altri luoghi ancora? Non ricordate l’accoglienza che avete avuto in quelle sopracitate città? Voi stessi avete invocato il fuoco dal cielo! Come dunque potete meravigliarvi se Io, inviando nuovamente prima di Me dei discepoli nel mondo degli abominii, ripeto precisamente quella sentenza, affinché essi pure sappiano come devono comportarsi di fronte a quella gente da Me designata con i nomi di quelle città in cui voi stessi avete fatto delle esperienze non così tanto buone!?

16. Perciò Io ora dico a voi tutti e non solo a questi settanta: “Chi ascolta voi, ascolta anche Me; ma chi disprezza voi, disprezza anche Me. Ma chi disprezza Me, costui disprezza certo anche Colui che Mi ha mandato a questo mondo, poiché Io e Lui siamo una cosa sola!”.

17. Poi Io imposi le mani ai settanta dicendo: “Sia con voi la Potenza della Mia Volontà”; quando andrete dalla gente afflitta dall’uno o dall’altro male, imponete agli infermi le mani nel Mio Nome, ed essi riotterranno la salute! Se troverete qualcuno posseduto da demoni (spiriti impuri insinuatisi nella carne), comandate a questi pure nel Mio Nome, ed essi usciranno dalla carne del tormentato e se ne andranno là dove sarà da voi destinato!

18. Così pure vi conferisco il potere sugli spiriti malvagi nell’aria, su quelli nell’acqua e su quelli infine delle caverne della Terra. Vi do inoltre il potere di calpestare gli scorpioni e i serpenti, come pure di cacciare da voi qualsiasi nemico, e nulla sarà capace di recarvi danno.

19. Dunque non temete neppure di camminare nella notte, e non vi colga lo spavento dinanzi all’uragano, al fulmine e al tuono, poiché anche a questi potete comandare; e le fiere dei boschi e del deserto fuggiranno dinanzi ai vostri occhi. Armati così, voi potete quindi ormai partire con le vesti che avete indosso!

20. Notate però bene ancora questa cosa: “Ora, Io tutto ciò ve l’ho dato in dono, e a vostra volta dovete distribuirlo in dono fra coloro che ne saranno degni; tuttavia non conviene che gettiate queste Mie perle in pasto ai porci!”. E adesso alzatevi e andate là dove il vostro spirito vi guiderà».

21. Dopo di che i settanta Mi espressero la loro gratitudine per tali immensi doni della Grazia, e a due a due si allontanarono in tutte le direzioni.

 

[indice]

 

Cap. 167

Il compito dei settanta inviati.

 

1. Visto questo, i farisei nonché i già noti ebrei-greci si avvicinarono a Me e dissero: «O Signore, la nostra fede in Te è certamente uguale in fermezza a quella di coloro che hai inviato proprio ora, e noi pure conosciamo perfettamente la Tua Dottrina; non vorresti dunque mandare noi pure, prima di Te, fuori nel mondo?»

2. Ma Io risposi loro: «Verrà bene il giorno in cui toccherà a voi pure andare fuori nel mondo, ma per il momento bastano quei settanta! Quando Io sarò innalzato e dopo che sarò asceso al Cielo, verrete inviati anche voi e molti altri ancora ad annunciare a tutti gli uomini il Vangelo del Regno di Dio; nel frattempo però restate qui come fedeli testimoni delle Mie parole e opere; poiché anche qui voi siete altrettanto necessari, quanto lo sono altrove coloro che ho invitato.

3. I segni notturni dell’altro ieri sono stati osservati da moltissima gente che dimora anche a grande distanza da qui, la quale è tuttora molto angosciata non sapendo come interpretare la grande apparizione. Quando dunque gli inviati verranno in contatto con questa gente, le loro parole saranno una vera consolazione per tutti quelli spaventati e afflitti. E vedete, questa è appunto una fra le principali ragioni che Mi hanno indotto ad inviare i settanta già oggi; comprendete ora le grandi e sapientissime intenzioni del Padre nel Cielo?»

4. Essi rimasero soddisfatti dopo aver udito queste Mie parole, e nel periodo in cui noi ci fermammo sulla collina non fecero più altre domande.

5. Poi venne vicino a Me Lazzaro, e così Mi interpellò: «O grande e dilettissimo Amico, Maestro e Signore di tutta l’umanità, vedi, il Sole è già abbastanza prossimo al tramonto! E Tua intenzione pernottare qui, oppure vuoi ritornare al mio albergo sul monte degli Ulivi? Se io, come ardentemente bramo, scegliessi la seconda soluzione, potrei mandare immediatamente qualcuno là per avvertire la mia gente del nostro ritorno»

6. Dissi Io: «Noi tutti ritorneremo al monte degli Ulivi, ma solo quando sarà notte fonda, perché ora di giorno il nostro arrivo là potrebbe essere notato presto e facilmente dai templari. Del resto, per quanto riguarda il ristoro del nostro corpo, questo potrà venire provvisto benissimo anche qui, perché Nicodemo, il nostro amico, ha egli pure qui un grande albergo e una grande dimora; quindi al tuo monte degli Ulivi noi faremo ritorno in perfetto silenzio solo verso la mezzanotte, affinché nessuno si scandalizzi di noi!»

7. Lazzaro si mostrò soddisfatto di tale decisione.

8. Io poi chiamai Raffaele e gli dissi di prendersi cura dei nostri giovinetti i quali cominciavano già a sentire un po’ di appetito.

9. E Nicodemo intervenne dicendo che sarebbe stato meglio che quei giovinetti cenassero nell’albergo, in quanto sarebbe forse stato più comodo»

10. Ma Io gli risposi: «Non preoccuparti per tale motivo, perché il Mio servitore sa già quello che deve fare! Vedrai che tutto andrà per il meglio, e quindi accada così come ho detto!».

 

[indice]

 

Cap. 168

Consigli del Signore ad Agricola per il ritorno in patria.

La fede e la fiducia devono venire rafforzate mediante l’esercizio.

Lo stato di maturità per l’accoglienza dei doni della Grazia.

 

1. Allora Agricola Mi venne vicino e Mi disse: «O Signore e Maestro! Visto che tutti cominciano ad andarsene da qui, anche per noi romani è venuto il momento di pensare a come e a quando dovremo iniziare il nostro viaggio di ritorno! Considerato però che, particolarmente in Tua presenza, io non voglio intraprendere, né compiere nulla senza il Tuo consiglio, vorrei pregarTi che pure a questo riguardo Ti piacesse darmi il Tuo divino e savio parere.»

2. Ed Io gli dissi: «Per te, o amico Mio, il tempo non stringe ancora, perché comunque da parte dell’imperatore sei autorizzato a restare assente da Roma, in caso di bisogno, anche per più di mezzo anno! Considerato dunque che tanto qui nella terra d’Israele, quanto nel resto dell’Asia soggetta a voi romani, non ci sono per il momento degli affari di governo particolarmente importanti da sbrigare e che per conseguenza puoi ritornare in patria quando vuoi, Io credo che se anche tu partissi, mettiamo, dopodomani, non avresti niente da perdere restando presso di Me queste due giornate ancora. Da qui ad un anno l’imperatore ti affiderà una missione in Britannia (Inghilterra); in questa occasione il tuo figlio maggiore che porta il tuo stesso nome ti accompagnerà, e là otterrà un alto incarico per lungo tempo. Se dunque tu ritardi anche di un mese intero il tuo arrivo a Roma, la cosa non ha nessuna importanza, perché tu vi giungerai sempre per tempo.

3. Io però vorrei ancora darti un consiglio riguardo a come dovresti fare per arrivare nel modo più sicuro in patria sulle tue navi. Vedi, ben presto si annunceranno le tempeste equinoziali che, provenendo proprio da Occidente, ostacolano non poco la navigazione per chi procede da Oriente verso Occidente. Tu andresti quindi incontro a delle difficoltà se volessi attraversare il mare Mediterraneo in questa stagione, e perciò è meglio che tu viaggi via terra attraverso l’Asia Minore lasciando che le tue navi vadano ad attenderti al primo stretto; Cirenio certo non mancherà di procurarti una buona occasione per arrivare fin là. Lo stretto braccio di mare lo potrai passare facilmente e senza alcun pericolo, e da lì potrai proseguire il viaggio lungo le coste della Grecia fino in Dalmazia, dove potrai imbarcarti per attraversare facilmente l’Adriatico nella sua parte più stretta. Giunto all’altra sponda, la via più sicura per arrivare a Roma tu senz’altro la conosci già. Basterà che tu faccia giungere le tue navi in qualche porto a meridione di Roma anche un paio di mesi più tardi; sarà sempre un periodo di tempo più che sufficiente. Io ti ho ora suggerito queste cose unicamente affinché tu non debba subire qualche danno dal punto di vista terreno»

4. Disse Agricola: «O Signore, io Ti ringrazio per questo eccellente consiglio che mi hai dato e che io seguirò scrupolosamente; tuttavia in questa occasione non posso fare a meno di osservare che, malgrado i venti contrari del Mediterraneo, con la fede e la fiducia saldissime nel Tuo onnipotente aiuto, io potrei giungere in salvo ai porti di Roma anche attraversando il mare Mediterraneo, poiché a Te, o Signore, come ne sono assolutamente convinto, tutte le cose sono possibili; perché dunque dovrebbe esserTi impossibile, od almeno forse non gradita, questa cosa? Io ad ogni modo mi atterrò rigidamente al Tuo primo consiglio, ed ho fatto questa domanda soltanto per mia informazione personale»

5. Ed Io gli risposi: «Hai avuto perfettamente ragione ad interpellarMi così, perché, vedi, Io pure ti ho dato il primo consiglio unicamente per offrirti l’occasione di metterti alla prova, e vedere a quale grado di forza siano pervenute la tua fede e la tua fiducia nel Mio Amore, nella Mia Sapienza, nella Mia Potenza e nella Mia Forza!

6. Se la tua fede e la tua fiducia in Me sono così salde da escludere che, pure nel caso di imminente gravissimo pericolo, in te possa sorgere anche un minimissimo dubbio perché temi che Io, per una eventuale segreta ragione, voglia astenerMi dal venirti in aiuto, in questo caso puoi certamente azzardarti di affrontare anche le più spaventose tempeste sul mare, perché nello stesso istante in cui tu comandassi a loro di cessare nel Mio Nome, in quello stesso istante esse svanirebbero! Sennonché in te, o amico Mio, la tua fede e la tua fiducia, nonostante la tua buona volontà, sono ancora un po’ troppo deboli per imporsi agli elementi!

7. Tu sicuramente non dubiti affatto che a Me sia possibile fare ogni cosa, ma in te potrebbe sorgere invece il dubbio che Io non fossi sempre disposto a concederti quanto Mi chiedi. E vedi, anche questo dubbio in certo modo discretamente piccolo - sul fatto che Io possa o meno aiutarti quando Me lo chiedi - ti sarebbe sempre causa di grande angoscia e timore, ed è meglio per conseguenza che questa volta tu segua il Mio consiglio iniziale.

8. La fede e la fiducia devono prima essere tenute in esercizio finché esse siano pienamente atte ad unificare la propria volontà alla Mia in grado tale che quanto si vuole debba anche assolutamente accadere, escludendo qualsiasi possibilità di fallimento! Infatti soltanto con una fede piena e vivente e con una fiducia altrettanto assoluta un uomo può trasferirsi in spirito e nel Mio Nome dappertutto con piena facoltà di azione, e deve infallibilmente accadere quanto egli vuole.

9. Tu però acquisterai solo col tempo quella saldezza nella fede e nella fiducia mediante la quale la tua volontà si renderà pienamente possente, e poi potrai comandare nel Mio Nome in maniera efficace anche agli elementi. Ma perfino nell’occasione del tuo viaggio di ritorno in patria nel modo che ti ho consigliato tu dovrai affrontare vari pericoli non gravi, però essi non potranno danneggiarti in nulla, dato che Io saprò proteggerti in ogni evenienza. Da qui ad un anno, invece, quando viaggerai verso la Spagna, la Gallia (Francia) e la Britannia (Inghilterra), tu possederai già quel grado della fede e della potenza di volontà contro le quali non potrà insorgere alcun nemico; attualmente però non lo possiedi ancora»

10. E Agricola replicò: «O Signore e Maestro, i settanta lavoratori che prima hai mandato nel mondo quali Tuoi discepoli, non sono di certo proprio di molto più fermi nella fede e nella fiducia di quanto lo siamo io e questi miei discepoli, eppure Tu hai conferito loro delle facoltà che non lasciano davvero nulla a desiderare! Le doti concesse loro sono senza dubbio più necessarie, agli scopi del loro compito, che ad uno di noi, tuttavia io credo che la sola necessità non possa essere condizione assolutamente valida per l’ottenimento di tali meravigliose facoltà! Basandomi su quanto detto da Te, io sarei dell’opinione che l’abilitazione a ciò dovrebbe poter venire acquisita mediante la fede e la fiducia. Se però i settanta erano o meno capaci fino ad un simile punto, questa è certamente una questione di tutt’altro genere, alla quale Tu soltanto puoi dare risposta pienamente vera e valida!»

11. Dissi Io: «Quei settanta sono già perfettamente capaci a ciò, perché, da gente semplice come sono sempre stati, già in gioventù erano fermi nella fede e nella fiducia. Per quanti segni siano stati operati dinanzi a loro, non hanno mai domandato come fosse stato eventualmente possibile questa o quella cosa; essi invece hanno sempre creduto che per Me l’impossibile non esiste, e che infine volendo essi stessi una cosa nel Mio Nome, questa deve essere del tutto possibile anche a loro. E vedi, in seguito ad una fede e ad una fiducia assolutamente incrollabili, Io ho anche potuto conferire loro, in maniera facile ed efficace, tutte le facoltà a voi note!

12. In loro la fede veniva prima della conoscenza, in voi invece la conoscenza ha preceduto la fede; ora questo costituisce un grande divario per ricevere le vere facoltà spirituali interiori! Tuttavia ciò non fa nulla, perché, se col tempo la vostra fede non si indebolirà, voi pure otterrete le identiche facoltà. Ora Mi hai ben compreso, Agricola?»

13. Rispose Agricola: «Sì, o Signore, ora Ti ho compreso perfettamente, e Ti ringrazio dal più profondo del mio cuore per questo Tuo importantissimo insegnamento; io cercherò di attuare in me con tutto lo zelo possibile quanto hai detto!

14. Ma, o Signore, guarda un po’ adesso là sulla strada che da Oriente porta fino a qui! Io vedo avanzare una carovana; se, come è probabile, quella gente intende pernottare qui, allora resterà ben poco spazio per noi nell’albergo. Sono degli ebrei, dei greci o forse addirittura dei persiani?»

15. Ed Io osservai: «Di quella specie di mercanti Mi interessa poco! Se però vuoi proprio sapere chi sia la gente di quella carovana e da dove viene, non ho difficoltà a dirtelo. Si tratta precisamente di una carovana proveniente da Damasco che si dirige verso Emmaus e che dopodomani proseguirà per Sidone; essa porta al mercato ogni tipo di oggetti e arnesi di metallo; i mercanti sono degli ebrei e dei greci. Se vuoi fare qualche acquisto, devi approfittare della giornata di oggi, perché domani non è loro lecito fare commercio»

16. Disse Agricola: «Questo non lo farò, perché di questa specie di mercanzia tanto le mie navi, quanto la mia casa in patria sono già abbondantemente provviste. Ma ora cosa si farà? Il Sole è già prossimo al tramonto!»

17. Gli dissi Io: «Ebbene, lasciamoli stare; in quanto a noi, adesso che inizia la sera, riposeremo un po’, poiché finora abbiamo lavorato abbastanza. Poi si vedrà tutto quello che la sera vorrà ancora portarci!».

 

[indice]

 

Cap. 169

Le esortazioni del Signore ai giovinetti dal Settentrione.

Degli angeli. Cielo e inferno. L’essenza della vita spirituale interiore.

 

1. Allora Io discesi un po’ il pendio della collina fin dove sorgeva il fico e, colti alcuni frutti, li mangiai; poi andai a visitare la compagnia dei giovinetti i quali, disposti in bell’ordine, erano appunto occupati a consumare la cena consistente in pane e frutta della miglior specie. Quando Mi videro, si alzarono tutti, e con parole molto affettuose Mi ringraziarono di tutti i buoni doni che erano stati loro offerti.

2. Alcuni vollero raccontarMi fedelmente tutto quello che essi avevano già appreso dei Miei insegnamenti e delle Mie opere, e i sette che erano rimasti per qualche tempo vicino a Me sul monte degli Ulivi, ai quali avevo concesso la facoltà di capire e anche di parlare l’idioma ebraico, cominciarono a dichiarare apertamente che Io ero il Signore del Cielo e della Terra, e dissero che essi avevano già istruito anche i loro compagni a tale riguardo.

3. Ed Io li lodai e raccomandai loro di serbare sinceramente nei loro cuori una simile fede e, quando tra non molto sarebbero giunti a Roma, la grande città del mondo, di non lasciarsi illudere dal suo sfarzo, dalle sue pompe, dai suoi idoli e dalle sue seduzioni, e dissi che avrebbero dovuto comportarsi sempre pudicamente e modestamente, osservando con tutta fedeltà gli insegnamenti e le esortazioni del romano che fra pochi giorni li avrebbe condotti tutti a Roma come un buon padre conduce con sé i suoi figli. Se avessero fatto così, Io stesso Mi sarei compiaciuto in maniera particolare di loro, ed essi avrebbero potuto attendersi da Me ogni tipo di Grazia.

4. Essi però avrebbero dovuto tenere sempre presente che Io sono onniveggente ed onnisciente, e che non ignoro nemmeno il più insignificante pensiero che può sorgere nella mente umana. Sapere questo avrebbe dovuto trattenerli sempre dall’agire in un qualsiasi modo contro le Leggi del vero ordine della vita, perché come Io sono sempre pronto a concedere ogni possibile Grazia dai Cieli a colui che è puro di cuore, così pure sono altrettanto pronto ad impugnare il flagello punitore contro chiunque offenda le sagge Leggi del vero ordine della vita!

5. Dissi Io ancora a quei giovinetti: «Fino ad ora voi eravate puri come i Miei angeli del Cielo, e questo fu anche il motivo per il quale Io stesso vi ho liberato dai duri ceppi della schiavitù. Vedete dunque di mantenervi anche per l’avvenire altrettanto puri, e allora i Miei angeli cammineranno con voi e vi proteggeranno da ogni avversità e vi guideranno sulle vie della vita che conducono ai Miei Cieli. Avete fatto bene attenzione, o cari figlioletti Miei, a quanto vi ho detto?»

6. Tutti, e particolarmente i primi sette, così risposero: «O caro Padre e Signore nostro, certo che vi abbiamo fatto benissimo attenzione, e anche noi seguiremo del tutto puntualmente le Tue raccomandazioni! Ma che aspetto hanno i Tuoi angeli e dove sono veramente i Tuoi Cieli?»

7. Dissi Io: «Ecco, quello là che sembra un giovinetto, e che finora ha avuto cura di voi nel Mio Nome, è appunto uno dei Miei primi angeli! A causa degli uomini egli pure è provvisto di un corpo, però egli lo può dissolvere quando vuole. Ma quando fa così, non muore, anzi continua a vivere eternamente come uno spirito puro a Mia somiglianza, ed opera e crea. E come quest’angelo da Me ora indicatovi, colmo di forza e di potenza, che qui è visibilmente uno solo, ebbene nei Miei Cieli ce ne sono ancora degli altri in quantità innumerevole!

8. Dato che voi Mi avete chiesto in quale determinato luogo si trovino i Miei Cieli, allora vi rispondo: “I Miei Cieli si trovano dappertutto là dove ci sono degli uomini e degli spiriti onesti, puri e buoni”. Tutto questo spazio visibile che non ha termine in nessun luogo, è il Cielo senza principio e senza fine, però unicamente pe gli uomini e gli spiriti buoni; là dove invece dimorano degli uomini e degli spiriti cattivi, là questo spazio non è più Cielo, ma è l’inferno che è il giudizio e la morte eterna rappresentati a questo mondo dalla materia, la quale in sé è essa pure un giudizio e quindi è morta.

9. Chi perciò desidera solo i tesori di questo mondo i quali sono esclusivamente materia, giudizio, inferno e morte, costui con la sua anima corre incontro alla morte. Tutti gli spiriti cattivi si trattengono per lo più nella materia di questa Terra, mentre gli spiriti buoni e puri dimorano invece perpetuamente soltanto nei puri campi di luce nel libero spazio dell’etere.

10. Ma affinché voi, o Miei cari e puri figlioletti, possiate avere una raffigurazione permanente di ciò, Io ora vi aprirò per qualche istante la vista interiore dello spirito, tanto più che voi avete già una particolare disposizione a venire trasferiti in un simile stato, e voi potrete contemplare i Miei Cieli da questa Terra!»

11. Allora uno dei giovinetti domandò: «O caro Padre e Signore, che cos’è la vista interiore dello spirito?»

12. Ed Io gli risposi: «Vedete, figlioletti, quando voi dormite, gli occhi del vostro corpo sono chiusi, e tuttavia nei vostri limpidi sogni vedete ogni tipo di meravigliosi paesaggi, uomini, animali e alberi, e fiori, arbusti, e stelle ed ogni specie di altre cose in maniera più pura e limpida di quanto non vediate le cose di questo mondo con gli occhi del vostro corpo! Ebbene, tutto quello che voi vedete durante il sogno è spirituale, e dunque voi lo vedete con la vostra vista spirituale interiore, la quale però nello stato desto terreno è e rimane chiusa, e nessun uomo può aprirla a suo piacimento come fa con gli occhi del corpo, cosa questa che è stata disposta così da parte Mia per una ragione supremamente savia!

13. Io però, volendo, posso aprire a qualunque uomo in qualsiasi momento la vista interiore, e allora egli è in grado di vedere contemporaneamente lo spirituale e il naturale; ed è appunto così che Io voglio ora fare con voi per un vostro più profondo insegnamento che si deve imprimere durevolmente nella vostra anima. Dunque Io voglio che voi possiate contemplare i Miei Cieli!»

14. Non appena ebbi terminato di parlare, la loro vista interiore fu dischiusa, e tutti si videro intorno una quantità sterminata di angeli i quali cominciarono ad intrattenersi con loro incoraggiandoli a perseverare sulla via del bene. Ma nello stesso tempo essi videro pure, come guardando attraverso la materia della Terra, una quantità di esseri brutti e infelici i quali parevano tendere, con ogni loro sforzo, a scavare nella materia per potervisi seppellire sempre più profondamente. Essi però scorsero negli spazi dell’etere anche dei paesaggi di incomparabile bellezza, e qua e là degli edifici di una sontuosità e magnificenza da non potersi descrivere, cose queste che suscitarono in loro immensa ammirazione. Gli angeli poi fecero loro anche da guide in quelle deliziose regioni, e mostrarono e spiegarono loro moltissime cose.

15. Trascorso così un breve tempo, Io li richiamai tutti allo stato desto di vista e di vita terrena, e chiesi se erano piaciute loro le cose che avevano visto.

16. Ma ai giovinetti mancarono le parole per rendere con sufficiente esattezza le impressioni riportate dalla visione di tutti quegli splendori e di quelle magnificenze; essi, e particolarmente le fanciulle, Mi pregarono solo che Io concedessi loro di ammirare per qualche tempo ancora quegli splendori celestiali!

17. Sennonché Io dissi loro: «Per il tempo che dovete vivere ancora su questo mondo e considerando la vostra libertà di volere e affinché possiate diventare un giorno degli spiriti liberi e indipendenti, quello che avete visto è perfettamente sufficiente, perché ciò contribuirà ad accrescere in voi lo zelo a vivere e ad operare secondo la Mia Dottrina e i Miei Comandamenti.

18. Quando vi sarete resi completamente perfetti nell’adempimento della Mia Volontà, voi perverrete già durante questa vita ad avere padronanza assoluta della vostra vista spirituale e così pure del vostro orecchio spirituale interiore.

19. In che cosa però consistano la Mia Dottrina e la Mia Volontà rispetto agli uomini di questa Terra, voi avete già qualche nozione di questo, e il resto voi lo apprenderete tutto a Roma da parte di colui che vi condurrà là. Ma quando sarete bene istruiti in ogni cosa, potrete a vostra volta istruire coloro che vi chiederanno qual è la vostra fede e secondo quali precetti vivete e perché!

20. E adesso potete prepararvi a scendere giù all’albergo dove il Mio angelo vi condurrà; là potrete intrattenervi a vostro agio su tutto quello che avete visto e sentito finora, e il Mio angelo vi spiegherà tutte quelle cose che il vostro intelletto non ha ancora potuto afferrare!»

21. Allora essi Mi ringraziarono nuovamente, ed Io feci ritorno all’altra compagnia che era accampata sul versante opposto della collina.

22. Una volta raggiunta, Lazzaro Mi domandò cosa stessero facendo i giovinetti dall’altra parte, e se non sarebbe stato forse conveniente farli accompagnare subito fino al monte degli Ulivi»

23. Ma Io risposi: «O amico Mio caro, Io ho già provvisto a tutto, ed ho già impartito le istruzioni necessarie ai giovinetti; quindi ti ho esonerato di ogni altra cura a loro riguardo! Infatti anche se è di certo vero che anche gli uomini buoni hanno cura del loro prossimo, Io ne ho però cura da molto tempo prima, poiché se Io non avessi tale cura, in poco tempo tutto il mondo andrebbe in pezzi. Ma ora lasciamo da parte questa cosa, dato che ben presto qualcos’altro richiamerà la nostra attenzione».

 

[indice]

 

Cap. 170

La carovana di mercanti da Damasco.

 

1. Io avevo appena terminato di pronunciare queste parole, quando vedemmo accorrere Hèlia che si precipitò verso di Me in preda a grande orrore e spavento ed esclamò: «O Signore, Signore, per l’amore del cielo, cosa vuol dire ciò? Io stavo osservando là verso Oriente quella carovana che stava venendo verso di noi con i suoi cammelli e con i suoi cavalli, sennonché dietro ad essa ho visto che procedeva un’altra carovana la quale è qualcosa di veramente orrendo! Invece di cammelli e di cavalli non si vedono che dei mostruosi draghi di fuoco, e al posto di uomini ci sono delle figure veramente diaboliche intorno ai cui corpi sono attorcigliate delle serpi roventi mentre il petto è ornato di un teschio! Oh, Signore, Signore, cosa significa questa improvvisa apparizione?»

2. Questo racconto fatto da Hèlia tutta ansimante spinse anche gli altri a recarsi fino all’orlo della collina che dava verso Oriente, e scorsero essi pure quello spettacolo per niente piacevole. Poco dopo ritornarono e, con accento che tradiva qualche apprensione, Mi domandarono cosa significava quella nuova apparizione.

3. Ed Io risposi loro: «Vedete e comprendete! Che la carovana la quale procede per prima sia composta esclusivamente da mercanti avidi delle cose e dei guadagni del mondo, questo lo saprete si spera già da lungo tempo, perché un mercante di Damasco non è per nulla migliore di un ladro e di un bandito! I mercanti di questa specie hanno l’abitudine di profondersi in tutte cortesie possibili dinanzi ai loro clienti per indurli a comprare quanta più merce è possibile a caro prezzo, ma, una volta concluso l’affare, se non temessero le severe leggi del mondo, nulla li tratterebbe dall’assassinare i compratori per riprendere loro le merci vendute e per derubarli oltre a ciò di quanto avessero indosso! Eppure, nonostante una simile costituzione e tendenza interiori, agli occhi del mondo sono delle persone oltremodo ragguardevoli e stimate, e gli altri uomini non arrivano mai ad inchinarsi abbastanza profondamente dinanzi a loro!

4. Ma affinché voi tutti, ora Miei discepoli e amici, possiate imparare a conoscere questa mala progenie dal punto di vista della loro reale essenzialità interiore un po’ meglio di quanto sia stato il caso finora, Io a questo scopo ho aperto la vostra vista interiore, in modo che con gli occhi del corpo avete visto adesso la carovana del mondo che materialmente procede per prima, come ciascun altro sano occhio di uomo la può vedere; ma dietro a questa voi avete visto quello che gli altri non vedono, cioè la corrispondente carovana interiore spirituale.

5. I draghi roventi denotano l’ardente brama di venire in possesso di tutti i tesori della Terra, e i demoni che cavalcano sui draghi rappresentano appunto i mercanti come uomini del mondo. I serpenti di cui sono cinti i loro corpi significano la loro accortezza, la loro astuzia e la loro furbizia da mercanti, mentre con i teschi è raffigurata la smania di assassinio di questi veri demoni del mondo. Infatti se essi ne avessero la possibilità, non esiterebbero ad assassinare addirittura tutta la gente ricca pur di entrare nella maniera più comoda nell’assoluto possesso di tutti i beni e i tesori di questa Terra. Ora, siccome questo è appunto il caso dei mercanti in questione, ed Io so bene che voi stessi tenete talvolta in gran conto una simile razza di gente, ho dovuto svelare dinanzi agli occhi delle vostre anime il loro intimo essere.

6. Considerato che ormai li avete visti secondo la pienissima verità interiore, anche la vostra vista interiore sia di nuovo chiusa! Ecco che voi adesso vedete nuovamente soltanto la carovana esteriore la quale sta passando ai piedi di questa collina. Allora, vi è piaciuto lo spettacolo?»

7. Disse Nicodemo: «O Signore! Io ho mandato già all’albergo alcuni dei miei servitori con l’ordine di non permettere a nessun patto che quella carovana prenda alloggio nel mio albergo; sarebbe per me davvero un bell’affare accogliere in casa mia degli esseri di quella specie! Anzi, quale borgomastro del luogo io prenderò tutte le misure e disposizioni necessarie perché essi debbano cercare ricovero ancora parecchio più lontano da questa località. Quegli esseri finirebbero con l’appestare la nostra piacevole cittadina in maniera tale che nessuno potrebbe più sussistervi! Oh, conviene senz’altro che vengano prese misure severissime per evitare un simile malanno! O Signore, non va bene così?»

8. Ed Io gli risposi: «Se non vuoi accoglierli nel tuo albergo, non ti si può davvero biasimare; tuttavia non sarebbe prudente proibire del tutto alla carovana di fermarsi qui, perché in primo luogo essa a questo riguardo sta sotto la tutela della legge romana che concede libertà di transito a tutti i mercanti; in secondo luogo anche in questa città dimorano moltissimi individui i quali, per quanto riguarda il carattere, non sono affatto migliori di quei mercanti, e quindi non corrono davvero nessun rischio di diventare in qualche modo peggiori di quanto lo siano già da lungo tempo. Ed infine poi, pur trattandosi di questi damasceni, si può fare esattamente qualche tentativo per vedere se non sia forse ancora possibile provocare almeno in parte qualche cambiamento in meglio nel loro modo di pensare! Infatti, in vari casi, anche con gli individui della peggior specie è sempre più facile e possibile ottenere prima un miglioramento qui a questo mondo che non un giorno nell’aldilà, quando ci si trova di fronte a delle anime nude.

9. Quindi farai bene se desisterai dal tuo secondo proponimento; per quanto però riguarda il primo, Io sono, come l’ho già detto dal principio, perfettamente d’accordo, perché sarebbe intollerabile che noi e loro vivessimo sotto allo stesso tetto. Conviene che Cielo ed inferno rimangano ben separati l’uno dall’altro. Sei contento adesso di questo Mio consiglio?»

10. Rispose Nicodemo: «Oh, senza alcun dubbio, o Signore; tuttavia mi rattrista davvero e nello stesso tempo mi fa un po’ arrabbiare l’idea che pure in questo luogo, che io prediligo, vi sia della gente di sentimenti tali da venire paragonata a quei mercanti di Damasco!»

11. Gli dissi Io: «Guarda: un po’ più dietro di noi si trovano ancora i sette che Io laggiù, nella vecchia capanna del ricco Barabe, salvai dalla morte per fame; essi mandarono i loro figli nudi ai cittadini di qui per cercare presso l’uno o l’altro un po’ di misericordia, ma invece quei fanciulli non trovarono mai altro che cuori di pietra. Ma se è così, come puoi meravigliarti del fatto che Io non abbia potuto rendere una migliore testimonianza della gente di questo luogo che tu prediligi? Ma cosa diresti poi se Io ti facessi vedere con gli occhi della tua anima i signori altolocati che dimorano a Gerusalemme?

12. Perciò Io vi dico che questo mondo, sotto ogni riguardo, è simile all’inferno; soltanto che qui l’inferno è mantenuto celato agli occhi degli uomini, come lo è nella parola e nell’azione pure il Cielo. Per conseguenza qui il Cielo può influire in maniera salutare sull’inferno, mentre là dove ambedue sono svelati, col benigno influsso c’è poco da fare o, nei casi peggiori, non c’è proprio nulla da fare!

13. Quando i due farisei vennero qui, con loro venne qui, nascosto in loro, pure l’inferno vero e proprio, ma loro vennero qui senza sapere che qui c’era il Cielo vero e proprio.

14. Il Cielo però ha tre gradazioni, esattamente come tre gradazioni o gradini ha pure l’inferno.

15. I sette figli dell’Alto Egitto rappresentavano il grado inferiore del Cielo, quello della pura sapienza, e fu lecito agli spiriti infernali da Gerusalemme anzitutto di accedere solo a questo; così in loro cominciò ad accendersi una luce, ed essi si accorsero che si trovavano completamente nel male dell’inferno. Quando tale percezione si fu sempre più intensificata in loro, venne abbassandosi verso di loro la luce della seconda gradazione celeste nella persona di Raffaele, ed allora cominciarono a sentire il bisogno di deporre il loro male e di volgersi verso la luce; e quando essi poterono vedere se stessi intimamente nella viva luce di sapienza e di amore del secondo Cielo, solo allora furono compenetrati da vero pentimento e in loro sorse la brama ardente di Me quale il grado supremo dei Cieli. Quando poi Io stesso venni da loro, la loro conversione fu completa, ed essi stanno ormai qui quali candidati al primo grado celeste.

16. Ma se noi, facendo uso della nostra potenza, da quei veri demoni come erano venuti a noi, li avessimo cacciati subito via da qui, essi certamente non si troverebbero ora nella situazione felice nella quale effettivamente si trovano! E vedi, altrettanto può dirsi dei mercanti di Damasco che ormai si trovano in questa città, ma che non hanno il benché minimo presentimento di essere giunti tanto vicino al Regno di Dio! Noi però, quando saremo con loro, troveremo presto occasione di attirare un po’ la loro attenzione su questo argomento, e poi si vedrà quello che si potrà ulteriormente fare in proposito!

17. Ma adesso, considerato che i mercanti hanno ormai in gran parte trovato alloggio, noi lasceremo questa collina e ci tratterremo anzitutto un’oretta in casa tua, e dopo ce ne andremo al tuo albergo a cenare! E allora si vedrà tutto quello che si potrà ancora fare»

18. Agricola fece l’osservazione: «Ma, o Signore, io non vedo più i nostri giovinetti in nessun luogo! Che siano già andati giù?»

19. Ed Io gli risposi: «Ma caro amico, non hai sentito quello che ho detto prima a Lazzaro? Perché dunque domandi di ciò nuovamente? Ai giovinetti è stato già ben provvisto nel migliore dei modi, ed essi si trovano già all’albergo sotto la sorveglianza fedelissima di Raffaele; tu puoi esserne perfettamente certo che a loro non verrà a mancare proprio nulla! Ma adesso andiamocene e scendiamo in città! Finché non saremo arrivati laggiù, che nessuno Mi rivolga più altre domande! Così sia!».

 

[indice]

 

Cap. 171

Il Signore spiega il secondo capitolo di Isaia.

 

1. A questa Mia decisione tutti si alzarono, e noi scendemmo rapidamente in città dirigendoci poi verso la dimora di Nicodemo, affinché anche questa potesse, conformemente al suo segreto desiderio, venire benedetta dalla Mia presenza. Ma eravamo appena entrati in casa, quando udimmo un gran baccano sulla piazza del mercato, ciò che offrì occasione al nostro Agricola di domandare in tono veemente e dittatoriale che cosa stesse accadendo fuori.

2. Ma Io gli dissi: «Amico, finché Io sono con te, non è proprio necessario che tu ti informi di nulla! Tu ben sai quale Potenza sta sempre a Mia disposizione! Oltre a ciò Io certamente so tutto quello che avviene nell’intero infinito! Puoi quindi esimerti assolutamente dall’affannarti a causa di simili cose, almeno in Mia presenza!»

3. Rispose Agricola: «O Signore, io devo ringraziarTi anche per questo rimprovero! E voglio prenderne nota anche per tutte le occasioni future, perché l’impeto era, ed è sempre ancora in simili casi, il mio difetto principale! Ormai però il mio pensiero si volge molto spesso alla pazienza, la virtù tanto lodata da Te, o Signore, e io intendo appropriarmela del tutto. Tuttavia se mi coglie di sorpresa un’occasione tentatrice come questa di poco fa, allora ecco che il mio antico peccato fa nuovamente capolino. Ma d’ora innanzi è mia volontà che esso sparisca per sempre da me!»

4. Ed Io gli osservai: «Così va bene; il tuo proponimento è assai buono, anche se ti accadrà di ricadere alcune volte ancora nel tuo antico peccato.

5. Adesso però vedete di procurarMi il libro del profeta Isaia, perché Io devo chiarire un punto molto importante delle sue profezie!»

6. Allora Nicodemo si affrettò ad andarlo a prendere e, quando il libro di Isaia si trovò nelle Mie mani, Io lo aprii immediatamente al secondo capitolo e Mi misi a leggere ad alta voce dinanzi a tutti i presenti.

7. Dissi dunque: «Questo è ciò che Isaia, figlio di Amos, vide di Giuda e Gerusalemme: “Nell’ultimo tempo il Monte su cui sta la Casa del Signore sarà certamente più alto di tutti i monti e sarà elevato oltre tutte le alture, e tutti i pagani vi accorreranno”». (Isaia 2, 1-2)

8. Allora Nicodemo, nonché i due farisei domandarono: «Ma, o Signore e Maestro; dove è dunque il Monte del Signore su cui sta la Sua Casa?»

9. Ed Io risposi: «Oh, vedete quanto siete ancora mondani, schiavi del senso e colmi di materia! Non sono Io il Monte di tutti i monti sul quale sta la vera Casa di Dio? Ma che cosa è poi questa Casa molto accogliente? Ecco: Essa è la Mia Parola che ho annunciato a voi Ebrei per vari secoli per mezzo di tutti i profeti, e che ora Io stesso vi annuncio per bocca del Figlio dell’uomo. Io sono quindi il Monte, e la Mia Parola è l’accogliente Casa sul Monte, e qui intorno a noi ci sono i pagani provenienti da tutte le parti della Terra che sono venuti qui per vedere il Monte e prendervi dimora nella Sua Casa assai spaziosa.

10. Ma per gli Ebrei, per come essi sono ora, questo è in verità l’ultimo tempo, perché essi sfuggono il Monte e la Sua Casa, e le alture minacciano perfino di distruggerla! Comprendete ora questo versetto?»

11. Dissero tutti: «Sì, o Signore, esso ora ci è perfettamente chiaro; però questo capitolo contiene vari altri versetti che noi siamo ben lontani dal comprendere ancora! O Signore, spiegaci pure quelli!»

12. Dissi Io: «Abbiate pazienza, perché un albero intero non si riesce a spezzarlo sul ginocchio!

13. Dunque, così parla ancora Isaia: “Molti popoli andranno” (cioè nel futuro) “e diranno: ‘Venite, saliamo sul Monte del Signore, alla Casa del Dio di Giacobbe, affinché Egli ci insegni le Sue vie e poi camminiamo sui Suoi sentieri, perché la Legge uscirà da Sion, e la Sua Parola da Gerusalemme!” (Isaia 2,3)

14. Che nel presente caso con la parola Sion (Z’E ON = Egli vuole) vada inteso ugualmente il Monte, dunque il Signore oppure Io, e con la parola Gerusalemme sia da intendersi la Casa di Dio sul Monte, cioè la Mia Parola e la Mia Dottrina, sia per il tempo attuale e per ogni tempo futuro, ebbene, questo certamente non desterà alcun dubbio.

15. Ma chi sono ora dunque i popoli i quali dicono: “Venite, saliamo sul Monte del Signore” - vale a dire al Figlio dell’uomo o all’Uomo-Dio - e “alla Casa del Dio di Giacobbe, affinché Egli ci insegni le Sue vie e noi poi camminiamo sui Suoi sentieri!”?

16. Vedete, questi popoli indicano quegli uomini che in ogni tempo si convertiranno a Me, faranno propria la Mia Parola e compiranno la Mia Volontà, poiché è la Mia Parola che indica le vie che conducono alla vita, e i sentieri sono la Mia Volontà manifestata agli uomini attraverso la Parola, la cui precisa osservanza è di certo notevolmente più scomoda del semplice ascolto della Mia Parola, come pure è molto più comodo camminare su una strada ampia e pianeggiante che non su sentieri stretti e spesso molto ripidi.

17. Ma chi in se stesso vuole salire in cima al più alto di tutti i monti, e là vuole giungere alla Mia Parola vivente che è la Casa di Dio sul Monte, costui non deve semplicemente camminare sulla strada che conduce al Monte e fermarsi là dove essa è piana, ma deve avviarsi anche sui sentieri stretti e spesso molto ripidi, poiché solo procedendo su di essi egli infine potrà giungere pienamente sulla sommità del Monte e là nella vivente Casa di Dio.

18. Cosa questo significhi, Io ve l’ho già spiegato, come pure vi ho spiegato quello che il profeta ha veramente voluto dire con “Z’E ON e con JERUZALEM”; poiché è per questo che egli dice che da “Z’E ON” proviene la Legge, quindi la Mia Volontà, e da “JERUZALEM”, ovvero dalla Mia bocca naturalmente, la Mia Parola.

19. Chi dunque ascolta, accoglie e vive in conformità alla Mia Parola che Io ho annunciato agli uomini, in tutti i tempi, tramite i profeti, costui giunge in tal modo a Me, e quindi pure alla Parola viva e alla sua Forza, poiché Io stesso sono la Parola viva e la sua Forza, e tutto ciò che comprende lo spazio infinito è infatti anche solo la Mia Parola viva e la sua eterna Forza e Potenza. Avete bene compreso queste cose?»

20. Allora un fariseo, che era fra coloro che erano venuti da Me sul monte degli Ulivi e che era un dottore della Legge, Mi disse: «O Signore e Maestro, la Tua spiegazione dei due versetti è stata così chiara come il Sole in pieno mezzogiorno, e io l’ho compresa benissimo; però ora viene il quarto versetto che dice:

21. “Ed il Signore giudicherà fra i pagani e punirà i popoli. Allora essi dalle loro spade ricaveranno vomeri, e dalle loro lance ricaveranno falci, poiché nessun popolo alzerà più la spada contro l’altro, e da allora in poi gli uomini non impareranno più a fare la guerra”. (Isaia 2,4)

22. Allora, o Signore, chi sono qui i pagani e chi i popoli i quali, dopo essere stati castigati, non potranno più farsi la guerra? Questi popoli nasceranno forse in un lontanissimo futuro, dato che le generazioni della nostra epoca con i loro re orgogliosi, avidi e assetati di potere faranno guerra fino alla fine del mondo»

23. Ed Io gli dissi: «Tu sei bensì un dottore della Legge, dato che hai bene in mente le leggi e tutti i profeti, però non si può certo dire che tu li abbia compresi secondo il vero spirito! Tu ti sei certo incamminato sulla strada ampia e spianata, ma sullo stretto sentiero che conduce al Monte della vera Conoscenza tu non hai messo ancora piede.

24. Chi, operando secondo la Legge, non giunge sulla vetta del Monte del Signore e nella Casa di Dio, vale a dire alla vivente Parola interiore proveniente da Dio e alla vivente Parola di Dio dentro di sé, costui non può nemmeno riconoscere il vero e vivo spirito interiore della Legge e dei profeti».

 

[indice]

 

Cap. 172

Il Signore spiega le immagini di Isaia per il tempo futuro.

(Isaia 2, 1-5)

 

1. Disse il dottore della Legge: «Ma perché allora tutti i profeti hanno parlato e scritto in modo così occulto? Eppure costoro avrebbero dovuto pur ben avere interesse che le loro parole venissero comprese dagli uomini!»

2. Ed Io gli osservai: «Delle obiezioni di questa specie sono già state fatte alcuni giorni fa sul monte degli Ulivi, ed Io ho già avuto occasione di dimostrarvene la loro infondatezza; quindi non è necessario che Io ora ripeta qui ciò che è già stato detto una volta.

3. Mi limiterò dunque soltanto a chiedervi: “Che Parola di Dio dovrebbe mai essere quella che non avesse un significato interiore? Oppure, ti puoi immaginare un uomo che sia senza viscere, od un altro che fosse trasparente come una goccia d’acqua, così che fosse possibile esaminare tutta la sua costituzione interna, cosa questa che, pure essendo un’opera d’arte meravigliosa, non potrebbe non suscitare in te un’impressione sommamente ripugnante?”

4. Oh, imparate tutti quanti a pensare una volta in modo veramente saggio! Io vi spiegherò adesso il vero significato del quarto versetto di Isaia, che è qui a portata di mano, e perciò fate bene attenzione!

5. È detto che “il Signore, il Quale sono Io nella Parola, giudicherà fra i pagani e castigherà molti popoli”.

6. Dunque, chi sono i pagani e chi sono i popoli? I pagani sono tutti coloro che non conoscono l’unico vero Dio e che al Suo posto adorano e più di tutto onorano degli idoli morti e il mammona di questo mondo; dai pagani l’Ebraismo è assediato da tutte le parti, e ovunque voi vogliate andare ora nel mondo - sia a Oriente o a Meridione, sia ad Occidente o a Settentrione – non incontrerete altro che pagani di ogni genere e razza! Ora però a voi è noto come appunto siano venuti a Me i pagani da tutte le parti del mondo, da vicino e da lontano, di alto e basso rango; essi hanno ascoltato la Mia Parola e hanno visto i segni da Me operati, sono divenuti pieni di fede, hanno accolto la Mia Dottrina ed ora la Mia Parola giudica e governa tra loro, e quindi essi cessano di essere dei pagani e passano nel numero degli unti di Dio e nel numero dei veri popoli di Dio.

7. Sennonché anch’essi non rimarranno così come ora sono stati istruiti e disposti, perché ben presto tra di loro sorgeranno dei falsi unti che faranno essi pure dei prodigi e incanteranno re e principi, si approprieranno di un grande potere mondiale e perseguiteranno col fuoco e con la spada gli uomini che non vorranno parteggiare per loro. Ma alla fine si scinderanno in molte sette e partiti, e questi sono appunto i molti popoli che Io, quale Signore, punirò a causa della loro mancanza d’amore, della loro falsità, dei loro interessi personali, della loro superbia, della loro ostinazione, della loro sete di potere e delle loro scellerate contese, reciproche persecuzioni e guerre. Però, affinché giunga quel tempo, ci vorrà ancora parecchio, cioè quanto ci è voluto per arrivare da Noè fino ai giorni nostri.

8. Ma come accadeva ai tempi di Noè, in cui gli uomini tenevano grandi feste e conviti, si sposavano, si facevano onorare in maniera grande e facevano guerre disastrose contro coloro che non volevano inchinarsi davanti ai loro idoli, e che in seguito a tutto ciò venne poi il grande diluvio che annegò tutti quanti gli operatori di malignità, ebbene, precisamente così avverrà in quel tempo futuro! Ma allora verrà il Signore col fuoco del Suo Zelo e della Sua Ira, e spazzerà via dalla Terra tutti quegli operatori di malignità.

9. E allora avverrà che i buoni, puri e i veri amici della verità e della Luce proveniente da Dio, i quali saranno stati risparmiati, trasformeranno le spade in vomeri e le lance in falci, e smetteranno completamente con l’arte del fare la guerra, e in verità nessun vero popolo unto alzerà mai più una spada contro l’altro, all’infuori di quei pagani rimasti ancora in qualche deserto della Terra; però anche questi verranno ammoniti e poi spazzati via dalla Terra.

10. A quel punto la Terra verrà di nuovo benedetta! Il suo suolo porterà frutti centuplicati, di tutte le specie, e ai più anziani verrà dato il potere sopra tutti gli elementi.

11. Vedi, è in questo modo che va inteso secondo lo Spirito, per questa Terra, il quarto versetto che tu, un dottore della Legge, ritenevi tanto incomprensibile!

12. Nell’ambito di questo significato spirituale, naturalmente vero, c’è però un più profondo significato, puramente spirituale e celeste, che voi però col vostro attuale intendimento ancora prettamente terreno non potreste afferrare, ed è tale che non è neanche possibile esporlo in parole. Ma quando sarete entrati nella Casa di Dio sul Monte del Signore e poi verrete da questa casa di Giacobbe, come ne parla il profeta nel breve quinto versetto, solo allora camminerete nella vera Luce dello Spirito da Dio. E adesso dimMi se tutte queste cose tu le comprendi meglio di prima!».

 

[indice]

 

Cap. 173

Sul modo apparentemente ingiusto di guidare gli uomini.

 

1. Rispose il dottore della Legge: «Si, o Signore e Maestro, in questo modo il profeta lo si può comprendere, e il senso ora è chiaro e vero, nonostante qui non sarebbe proprio del tutto fuori posto la domanda: “Perché Tu, o Signore, permetti che da qui a circa duemila anni l’umanità diventi di nuovo tanto malvagia quanto lo era ai tempi di Noè? E perché il più delle volte la maggiore tribolazione si abbatte sul povero, anche se sotto ogni riguardo egli conduce una vita il più possibile gradita a Dio?”

2. Io stesso una volta sono stato testimone del caso di una povera famiglia che viveva scrupolosamente secondo i Comandamenti di Dio. Essa aveva una piccolissima proprietà, non lontano dalla quale c’erano i vasti possedimenti di una famiglia ricca e molto ragguardevole in senso mondano. Questa famiglia ricca era molto dura di cuore e non dava mai l’elemosina a nessuno, mentre la povera divideva sempre volentieri il suo scarso pane con altri poveri. Ora avvenne che in una giornata estiva soffocante si scatenò un furioso temporale, e il fulmine venne a colpire la capanna della famiglia povera e buona, la quale in quel momento si trovava su un campo per curare il proprio raccolto dell’orzo. La capanna prese fuoco, naturalmente con tutto quanto vi si trovava dentro, cioè vesti, provviste, masserizie e i necessari utensili e attrezzi. Lo stesso temporale passò anche sulla grande dimora della famiglia ricca e senza cuore, ma nessun fulmine devastatore cadde giù dalla nube sulla casa del ricco possidente! Dunque, perché in questo caso il ricco e duro di cuore fu risparmiato, mentre il povero no?

3. Ecco, di fatti simili ne succedono molto spesso; e in seguito a ciò l’uomo può assai facilmente venire indotto a credere questo: o un Dio non esiste affatto, oppure Egli non si cura affatto degli uomini. Ed io non credo di sbagliare vedendo appunto in questo fatto una delle principali ragioni della decadenza della fede! Infatti ogni uomo è dotato di un naturale senso di giustizia che va intimamente congiunto alla fede in un Dio buono e supremamente giusto; se questo sentimento viene offeso troppo spesso e per lo più in maniera vergognosa, allora col tempo ne resta lesa e indebolita anche la fede, e l’umanità poi si immerge gradatamente sempre più nella notte dell’incredulità e della superstizione, e nel momento del bisogno comincia a cercare dove può trovare consolazione e aiuto, finendo così col cadere vittima dell’idolatria o dello stoicismo[28].

4. Quando l’umanità, nel corso di vari secoli, si è ridotta in questo modo ad essere in grandissima parte quanto ci si può immaginare di più perverso, allora certo che vengono l’una dopo l’altra anche le punizioni; ma la mia opinione è che queste non sarebbero mai necessarie se, mediante certi avvenimenti, la fede degli uomini non venisse messa alla prova tanto spesso e così duramente.

5. Io certo qui giudico semplicemente da uomo naturale, ma come me giudicano moltissimi altri ancora, e in questo modo non fanno che peggiorarsi. E Tu, o Signore e Maestro, cosa ne dici?»

6. Gli dissi Io: «La famiglia povera che tu hai citato, è forse, dopo la disgrazia, rimasta a lungo sciagurata ed ha dovuto davvero vivere di stenti nella più nera miseria?»

7. Rispose il dottore della Legge: «Questo proprio no, perché la sua sventura ebbe l’effetto di muovere a pietà il cuore dei vicini, i quali vennero in aiuto della povera famiglia in maniera che questa dopo la disgrazia si trovò anzi a possedere più di prima.

8. Tuttavia ci sono anche dei casi nei quali una famiglia, colpita da qualche sciagura senza sua colpa, continua a restare infelice, e questi casi, che pure si verificano abbastanza di frequente, secondo il mio modo di vedere, sono appunto quelli che maggiormente contribuiscono a peggiorare l’umanità! Ho ragione oppure non ho giudicato bene neppure adesso?»

9. Dissi Io: «I casi da te menzionati sono in primo luogo rarissimi, e in secondo luogo, quando si verificano, hanno la loro savia ragione; per esempio, nel primo caso da te citato, il motivo della sciagura che aveva colpito la famiglia povera andava spiegato così. La loro capanna era molto tarlata e cadente, e alla minima scossa sarebbe crollata seppellendo con molta probabilità i suoi onesti abitanti. Ed era appunto per questa ragione che la famiglia povera aveva supplicato già varie volte i suoi vicini ricchi che le venissero in aiuto facendone costruire una nuova, ma le sue preghiere non erano state esaudite. Allora venne concesso che un bel giorno il fulmine venisse a distruggere la capanna vecchia e tarlata. Il doloroso fatto valse allora ad addolcire il cuore dei vicini in modo che, messo assieme un piccolo capitale, edificarono alla povera famiglia una dimora nuova e solida, e per lo più la provvidero abbondantemente di vettovaglie di ogni specie, in maniera che essa dopo la sciagura si trovò in condizioni molto migliori di prima, e quindi poté fare qualcosa a vantaggio dei più poveri di loro, e ciò in modo anche migliore di prima. Dunque quella che si pensava fosse una sciagura si rivelò invece una vera fortuna per la famiglia povera ed onesta; ora questi fatti erano stati da Me ben previsti, e venne concesso che dovessero svolgersi così.

10. Per quanto poi riguarda il caso di una famiglia sventurata per cui gli effetti della sventura hanno un carattere più o meno permanente, ebbene, il motivo per cui una simile famiglia è sempre caduta in miseria è per propria colpa; se essa poi nel suo stato miserando viene colpita di nuovo e più duramente, affinché si desti dal suo abituale pigro torpore, è ancora colpa sua se vuole continuare a persistere nella sua pigrizia e quindi anche nella sua sventura. Questo tipo di persone è certo dell’opinione che Dio resti sordo alle loro preghiere, oppure che Egli non si curi affatto dell’umanità; invece la questione è ben differente. Questi tali sono semplicemente troppo pigri, essi non hanno nessuna serietà né rispetto al lavoro di questo mondo, né rispetto all’osservanza dei Comandamenti di Dio e così pure nel loro modo tiepido e sfiduciato di pregare Dio, ed è per tali ragioni che essi verranno anche lasciati nel loro stato miserando, e ciò finché il bisogno sempre più opprimente non verrà a destarli all’attività, non importa quando, e allora diverranno più felici.

11. AscoltateMi ancora: “C’era una volta in Oriente un re che governava un popolo numeroso; questo popolo però, che dimorava in un paese eccellente, divenne pigro, e per conseguenza di anno in anno si impoveriva sempre di più. Il re allora si mise a meditare su come avrebbe dovuto fare per rimediare a quel malanno.

12. Ed ecco che gli venne una buona idea; egli cioè disse tra di sé: ‘Io prescriverò al popolo delle imposte maggiori delle attuali, e darò ordine ai miei soldati di esigerle da tutti con estremo rigore, eliminando ogni indulgenza, finché il popolo in generale non sarà divenuto più attivo!’

13. Così pensò il re e così fece! E vedi, all’inizio il popolo mormorò e si lamentò terribilmente, e sarebbe addirittura insorto contro la presunta durezza del re qualora avesse potuto sottrarsi più facilmente alla propria pigrizia. Ma stretto sempre più dal bisogno, il popolo finì col destarsi ad una grande attività, si arricchì ben presto e poté pagare al re i gravosi tributi richiestigli, e ciò con maggiore facilità di quanta ne avesse avuto prima a pagare i tributi più lievi!

14. Quando il re, trascorso un anno, osservò che il suo popolo si era fatto molto attivo e laborioso, egli inviò in tutte le parti del suo regno degli araldi per annunciare una considerevole riduzione delle imposte!

15. Sennonché gli anziani del popolo dissero: ‘Noi certo apprezziamo al giusto valore questo atto di grazia del saggio re, ma al tempo stesso lo preghiamo di lasciare i tributi al loro livello attuale, e ciò per il vero benessere del popolo, poiché qualora il popolo dovesse pagare di meno, diverrebbe anche ben presto più pigro e inattivo, e finirebbe col trovare maggiore difficoltà a pagare le imposte ridotte che non a pagare quelle gravose di ora!’

16. Udita tale risposta dagli anziani del popolo, il re elogiò molto la loro sapienza, constatando come il suo popolo diveniva sempre più attivo e con ciò sempre più ricco e felice. E quando il popolo apprese dagli anziani che il saggio re li aveva gravati di tributi così grandi appunto per spronarli all’attività e per renderli maggiormente felici, esso non poté che rendere lode alla saggezza del re e spontaneamente gli offrì un tributo maggiore ancora di quello che gli era stato imposto di pagare”.

17. Ora vedi, non altrimenti Mi comporto Io stesso di fronte alle Mie creature che tendono a mantenersi pigre; ma agendo così faccio forse un torto a qualcuno?»

18. Rispose il dottore della Legge: «O Signore, anche a questo riguardo mi è ora tutto chiaro, e Ti ringrazio dal più profondo del mio cuore per tutta questa luce con cui hai illuminato il mio intelletto!

19. Ma adesso Ti prego di voler continuare a chiarirci le parole di Isaia; infatti il sesto versetto appare ancora più oscuro dei primi cinque, e quindi noi tutti Ti preghiamo caldamente di spiegarci anche questo e i successivi!».

 

[indice]

 

Cap. 174

Spiegazione di Isaia 2, 6-22. Le Rivelazioni di grazia della nuova Luce.

 

1. Dissi Io: «Ebbene, ascoltate ancora la Parola! Così continua a parlare il profeta:

2. “Ma Tu, o Signore, hai permesso al Tuo popolo che abbandonasse la casa di Giacobbe. Infatti i Tuoi popoli si comportano peggio degli stranieri in Oriente! Ora sono anche indovini (e interpreti di segni) come i Filistei, e rendono i loro figli molti figli di stranieri[29]. Il loro Paese è pieno d’argento e d’oro, e i loro tesori non hanno fine; il loro Paese è anche pieno di cavalli, ed hanno carri senza fine. Oltre a ciò, il loro Paese è pieno di idoli, ed essi, gli uomini, adorano l’opera delle loro mani, ciò che le loro dita hanno fatto. E la plebe vi si inchina e il nobile vi si umilia. Questo, o Signore, Tu non lo perdonerai loro. Vattene sulle rocce dei monti, o popolo infedele, e nasconditi nella terra per paura del Signore e della Sua splendida Maestà”. (Isaia 2, 6-10)

3. Questi cinque versetti sono come un’unità perché essi segnalano le condizioni miserabili della Chiesa o della Casa di Dio sulla Terra, e ciò tanto presso gli Ebrei che erano prima di questo tempo, quanto presso coloro che saranno e verranno dopo di noi.

4. Però è la pigrizia nel praticare i Comandamenti di Dio la causa per la quale Io permetto che il Mio popolo abbandoni la casa di Giacobbe sul Monte del Signore e che imiti del tutto fedelmente l’agire dei popoli più rozzi e pigri che abitano nei paesi d’Oriente, nello stesso modo degli animali selvaggi.

5. E ciò che ora fanno i farisei e gli ebrei uguali a loro, lo faranno pure i nostri successori: essi istituiranno per il popolo una serie di giorni ai quali attribuiranno particolare forza ed efficacia, e chi si opporrà verrà perseguitato con il fuoco e con la spada. Essi saranno pure indovini e, per denaro, prediranno la fortuna e la sfortuna degli uomini, e per questo si faranno particolarmente lodare e pagare; infatti un tale ozioso lavorare frutta alla fine ben di più che il vomere e la falce.

6. Ma per aumentare ancor più i loro introiti oziosi, essi, come ora i farisei, invieranno nel mondo intero i loro apostoli e renderanno loro figli gli stranieri. Quest’ultimi erano già dei buoni a nulla, quali tenebrosi pagani, ma quando poi faranno parte del più autentico filisteismo del mondo, allora essi diverranno cento volte peggiori di quanto non lo fossero stati prima! Ma per effetto di tutto ciò il tenebroso Paese di questi nostri successori si colmerà d’oro e di argento, e la loro avidità di tesori di questo mondo non avrà più fine, e così pure la loro sete di potere e il loro furore bellico, cose queste che il profeta ha espresso nell’immagine con gli innumerevoli cavalli e carri. Ma anche il loro territorio sotto il loro dominio sarà pieno di idoli e templi, come simili cose intraprese già Salomone il saggio nonostante la personale ammonizione di Dio, il quale per amore delle sue donne straniere fece edificare nei dintorni di Gerusalemme dei templi per gli idoli. Davanti a tali idoli si inchineranno i ciechi pazzi e adoreranno l’opera delle loro stesse mani e delle loro stesse dita, nella stolta opinione di essere con ciò graditi a Dio. E chi non farà come loro, verrà perseguitato corporalmente, sarà questione di vita o di morte. Infatti molti re, a causa del grandissimo sfarzo dei loro troni, condivideranno l’insensatezza dei filistei mondani e perseguiteranno con il fuoco e con la spada il sempre piccolo numero degli amici della Luce e della viva verità!

7. Ed ecco che verrà il Signore e punirà tali popoli che, sotto il manto del Suo Nome, hanno sedotto e ingannato tanti uomini!

8. E allora, d’improvviso, da tutte le parti apparirà la vera Luce viva, e gli amici della notte verranno sconfitti per sempre. Essi (i grandi e i potenti della Terra) fuggiranno certo verso le spelonche e si seppelliranno sotto la loro terra sterile per paura della verità e della Maestà del Signore, ma questo servirà a loro ben poco!

9. Infatti il profeta ora prosegue e dice forte: “Poiché tutti gli altezzosi occhi (l’orgoglio dei sovrani) saranno abbassati, e tutta la gente altolocata sarà costretta a chinarsi. In quel medesimo tempo infatti soltanto il Signore sarà alto, e continuerà poi ad esserlo per sempre in eterno. Poiché il giorno (la Luce) del Signore Zebaoth avanzerà su tutto ciò che è altezzoso e altolocato e su tutto ciò che è elevato al cospetto del mondo, affinché venga umiliato; dunque anche su tutti gli elevati cedri del Libano (sacerdoti) e su tutte le querce di Basan (principali sostegni del sacerdozio idolatrico in ogni tempo); su tutti gli alti monti (reggenti) e su tutte le elevate colline (tutti i cortigiani); su tutte le alte torri (condottieri) e su tutte le solide mura (eserciti); inoltre su tutte le navi in mare (coloro che stanno al timone degli Stati) e su tutto il prezioso lavoro terreno (la grande industria statale). E ciò accadrà affinché si debba chinare tutto ciò che è alto fra gli uomini, e vengano abbassate tutte le persone altolocate, e il Signore soltanto sia alto in quel tempo. Per gli idoli invece in quel tempo sarà proprio la fine. Sì, si andrà bensì ancora nelle cavità delle rocce e nei crepacci della terra (nascondigli di Mammona), e ciò per paura del Signore e della Sua splendida Maestà (la luce dell’eterna verità), quando Egli si accingerà a spaventare (punire) la Terra. Sì, in quel tempo ciascuno getterà via i suoi idoli d’argento e d’oro nelle buche delle talpe e dei pipistrelli - e cioè gli idoli che si erano fatti fare per adorarli -, per potersi nascondere facilmente nelle fenditure delle pietre e nelle fessure delle rocce, per paura del Signore e della Sua splendida Maestà, quando Egli si accingerà a spaventare (punire) la Terra; ma ciò non porterà a nessuno un qualsiasi giovamento. Perciò ora abbandonate l’uomo che ha un qualche fiato nelle narici (il fiato nelle narici indica la superbia mondana), poiché non sapete quanto in alto egli stia nel mondo”. (Isaia 2, 11-22)

10. Ora, ecco che avete l’intera spiegazione, facilmente comprensibile, di tutto il secondo e ben notevole capitolo del profeta Isaia! Gli ultimi versetti si spiegano da sé, se si è ben compreso il significato dei primi.

11. Ma Io vi dico che in verità avverrà così anche già adesso, in un prossimo futuro e poi di nuovo in piena misura dopo circa millenovecento anni [dall’epoca attuale], poiché perfino nella Mia Volontà non c’è altro mezzo - se si deve lasciare all’uomo la più completa libertà di volere - se non questo solo e unico mezzo col quale è ancora possibile, di quando in quando, affrontare utilmente la pigrizia umana, perché essa è la radice di tutti i peccati e di tutti i vizi. Avete voi ben compreso tutto questo?

12. Ora, certamente sentirete in voi poca gioia per quanto vi ho annunciato, ma tanto più invece gioiranno i popoli futuri quando l’annuncio di queste cose verrà loro dato di nuovo nella loro grande tribolazione e nel tempo in cui un popolo si solleverà contro l’altro per rovinarlo. Comunque, a questo riguardo troverete una luce ancora maggiore nel prossimo capitolo!

13. Ed ora diteMi come avete compreso questa cosa che è estremamente importante! E dico che è “estremamente importante”, perché Io vorrei che voi, quali Miei futuri seguaci, vi prendiate particolarmente a cuore di premunirvi contro la pigrizia, sia voi stessi che anche tutti i vostri discepoli. E adesso potete esprimervi riguardo a cosa di spirituale avete potuto rilevare in Isaia; poi avrete un compito più facile nello spiegare il terzo capitolo!»

14. Risposero i discepoli e, all’unisono, pure gli altri presenti: «O Signore, quello che Tu disponi, vuoi e permetti che avvenga, è senza alcun dubbio supremamente buono, savio e giusto, poiché Tu, essendo il Creatore e Maestro degli uomini e di tutte le cose di questo mondo, sai meglio di tutti cosa sia più adatto agli uomini. Se l’argento, l’oro, le pietre nobili e le perle preziose fossero solo esclusivamente nocive alle Tue creature umane, in verità, simili cose maligne Tu non le avresti mai create!

15. Chi all’infuori di Te solo può sapere se gli uomini, in mancanza di questi mezzi stimolanti, non sarebbero forse diventati ancora molto più pigri di quanto lo siano comunque nonostante tutti questi mezzi stimolanti e di quanto maggiormente lo potranno diventare col tempo? Ma se anche moltissimi, per eccessivo amore per simili mezzi stimolanti, divengono dei veri demoni fra gli uomini, dato che si lasciano abbagliare dal falso splendore dell’oro, Tu hai a Tua disposizione dei mezzi di repressione in quantità infinita, e noi quindi siamo dell’opinione che alla fine dei tempi del mondo tutto andrà bene secondo il Tuo segretissimo ed eterno consiglio.

16. Noi, Tuoi discepoli eletti, certamente faremo di tutto per mantenere, secondo il Tuo consiglio, gli uomini in una giusta e vera attività e per spronarli ad apprezzare l’attività e ad amarla. Se poi nel susseguirsi dei tempi le generazioni future vorranno o meno restare fedeli a questo, questa è certamente una questione ben differente! Ma ad ogni modo sarai Tu stesso a provvedere e disporre perché avvenga tutto quello che a Tuo giudizio sarà più adatto a promuovere il benessere degli uomini: o guerre, pestilenze, carestia e fame, oppure pace, salute e annate e stagioni di benedizione e d’abbondanza! E così noi avremmo ora esposto apertamente la nostra opinione e Ti preghiamo di voler proseguire nella spiegazione del profeta»

17. Ed Io dissi: «Questa volta le vostre parole Mi hanno soddisfatto veramente del tutto, e considerato che avete afferrato bene la spiegazione del secondo capitolo del profeta, passeremo a commentare brevemente anche il terzo capitolo; dunque ascoltateMi».

 

[indice]

 

Cap. 175

Spiegazione del terzo capitolo di Isaia.

Le condizioni per una comunità ordinata.

 

1. (Continua il Signore:) «Anche questo terzo capitolo ha valore profetico per il nostro tempo nonché per quei tempi futuri dei quali vi ho parlato poco fa.

2. Così dunque dice il primo versetto molto significativo del profeta: “Ecco, il Signore, il Signore Zebaoth toglierà via da Gerusalemme e pure da tutto Giuda ogni sorta di approvvigionamento; ogni approvvigionamento di pane e ogni approvvigionamento di acqua”. (Isaia 3,1)

3. Con l’espressione “Gerusalemme” è qui da intendersi l’attuale Ebraismo, come è ora e come lo era anche già molto tempo fa; con “Giuda” invece vanno intese le future generazioni che poi, con l’accettazione della Mia Dottrina, verranno annoverate nella stirpe ebraica. Queste, come conseguenza della loro grande pigrizia, dovranno anche attendersi in misura ben maggiore lo stesso destino, come ora accadrà in misura più limitata agli Ebrei.

4. Col “togliere via ogni approvvigionamento di pane”, si intende la sottrazione dell’amore e della misericordia, e col “togliere ogni approvvigionamento d’acqua” si intende la sottrazione della vera Sapienza proveniente da Dio, e la conseguenza di ciò sarà che tutti quanti cammineranno nel grande inganno ed ottenebramento dell’anima e nessuno saprà dare un consiglio ad un altro; e se qualcuno darà un consiglio ad un altro, colui che ha bisogno di consiglio e di luce non si fiderà di lui e gli dirà: “Come puoi tu parlarmi di luce mentre tu ti trovi nelle stesse tenebre come me!”. Che in seguito gli uomini, per propria colpa conseguente alla loro pigrizia, saranno del tutto disorientati e privi di ogni aiuto, ciò lo manifesta fedelmente il profeta nei seguenti versetti, e precisamente con le parole:

5. “Ugualmente Egli toglierà via da loro i forti e i guerrieri, i giudici, i profeti, gli annunciatori del vero e gli anziani (Isaia 3,2); i consiglieri e i sapienti artigiani e gli assennati oratori, e i capi di cinquanta, come anche le persone oneste. (Isaia 3,3)

6. Io metto, in questo caso, intenzionalmente per ultimo i capi di cinquanta e le persone oneste anziché subito all’inizio del terzo versetto, ma faccio appositamente così perché ho le Mie buone ragioni. Ed ora udite la spiegazione!

7. Chi sono dunque i “forti” e i “guerrieri”? I “forti” sono coloro che sono pieni di fede e fiducia in Me, come a suo tempo lo fu Davide, e i “guerrieri” sono precisamente coloro che si lasciano pienamente entusiasmare dalla fede e dalla fiducia di un forte per essere vittoriosi in ogni tempo su tutti i nemici del buono e del vero da Dio, per quanto numerosi possano essere!

8. Quando però presso gli uomini sarà sopravvenuta la piena mancanza dell’acqua vivente dai Cieli e tutta la carne con le sue anime si troverà immersa nelle tenebre più fitte, chi sarà allora fra gli uomini un vero e giusto giudice? Chi avrà allora il dono di annunciare il vero? E se qualcuno lo avesse di per sé, chi gli crederà senza avere la capacità interiore di comprendere che le cose stanno così? Chi potrà annunciare il vero per i ciechi e sordi spiritualmente? E come sarà possibile che la tenebrosa umanità elegga a suo pastore un vero anziano perché dotato di eccellente sapienza? Perciò riconoscete ora bene quanto segue!

9. A chi è stato “tolto il pane e l’acqua” nel loro significato spirituale, con ciò a costui è stato tolto tutto, poiché colui che Dio punisce e castiga con la cecità spirituale, su costui è scesa la massima punizione e castigo. Infatti a costui è con ciò tolto tutto ed egli si trova completamente privo di consiglio e di aiuto. Questo è però poi anche il mezzo estremo con il quale sempre possono essere affrontati, nel modo più efficace, la pigrizia degli uomini, quando ha preso il sopravvento in misura eccessiva, e tutti molti vizi degli uomini.

10. Che però gli uomini, togliendo loro il pane e l’acqua spirituali, e tutto quello che viene ancora tolto loro a causa di questa privazione, si debbano trovare realmente nella miseria più grande, questo il profeta lo attesta nel proseguo del terzo versetto là dove dice espressamente: “Agli uomini saranno tolti anche i consigli o i consiglieri e i sapienti artigiani in tutti i rami delle necessità umane”, dunque anche assennati oratori che di solito fanno moltissimo bene con la loro saggezza.

11. Il peggio di tutto, però, è che contemporaneamente vengono tolti - dico cinquanta capi! Chi sono costoro, e che cosa c’entra qui il numero cinquanta? Questo lo vedremo ora subito molto bene.

12. Se noi ci immaginiamo una comunità di uomini molto grande e perfettamente organizzata, vedremo che, se essa vuole essere ben provvista di tutto, deve provvedere e istituire in tutto numericamente “cinquanta settori principali” per far fronte ai suoi bisogni vitali, come già era noto nell’antichità. Quello che è in più rientra già nell’ambito della superbia, e quanto è in meno è invece debolezza, carenza e miseria. Ma affinché a ciascun singolo settore dei bisogni enumerati possa essere provvisto e amministrato in modo proficuo, deve avere a capo anche un esperto come amministratore e dirigente che conosca bene il funzionamento della sua azienda, dall’inizio alla fine; se un tale capo viene a mancare e al suo posto viene messo un incapace, allora questo settore necessario per il bisogno dell’intera comunità comincerà ben presto ad andar male o addirittura non darà più alcun frutto.

13. Ma come farà poi a sussistere una grande comunità se essa, in seguito alla sua pigrizia e negligenza, si troverà infine priva di tutti i cinquanta capi? Io ve lo dico: “Precisamente così come fa la grande comunità degli Ebrei che esiste ora, nella quale solo certi ladri e briganti posseggono ancora qualcosa e si ingrassano a spese dei poveri avendo cura unicamente della propria pancia, mentre migliaia vivono di stenti, impotenti nella miseria più profonda. Infatti dov’è il saggio capo che provveda ad essi e dia loro pane e lavoro in uno o nell’altro settore lavorativo? Vedete, questo capo non c’è in ben parecchi settori, e per conseguenza manca pure tutto il resto! Ci sono bensì ancora certi capi che presiedono ai vari settori economici, però non lo fanno a vantaggio del popolo, ma per se stessi; per questo essi sono solo ladri e briganti e non giusti capi, come ai tempi dei Miei giudici”.

14. Voi ora avete visto come il benessere esteriore e interiore degli uomini di una grande comunità dipenda dai dirigenti principali dei vari settori; ma allora da chi dipende innanzitutto, in un paese governato da un principe o da un re, una giusta collocazione dei menzionati capi in una grande comunità di uomini? Ecco, essa dipende proprio da un saggio re!

15. Ma che cosa dice il nostro profeta in merito a ciò che farà il Signore alle comunità pigre e dimentiche di Dio?

16. Udite, le sue parole dicono così: “Io, dice il Signore, darò loro dei giovinetti per principi e persone puerili regneranno su di loro! (Isaia 3,4). E il popolo userà violenza: un uomo contro l’altro, e ciascuno addirittura contro il suo vicino; il giovane si leverà orgoglioso contro il vecchio, e un uomo dissoluto e disonesto contro l’onesto!” (Isaia 3,5)

17. Le parole del profeta sono qui così chiare e vere che non hanno bisogno di un’ulteriore spiegazione; Io posso solo richiamare la vostra attenzione sulle grandi ed evidentemente pessime conseguenze, nonostante non sia affatto difficile trovarle da sole. Ascoltate, dunque. Quando, in un simile caos, tutte le condizioni vitali di un paese sono finite nel disordine più grande e, con la miseria, tutti gli uomini di una comunità finiscono nella più grande scontentezza, allora avviene anche una rivolta dopo l’altra, senza esclusione di colpi. Il popolo si sveglia, insorge e scaccia i principi e i capi egoisti, o addirittura li uccide. E questo è il significato delle parole: “Un popolo si solleverà contro l’altro!”

18. Infatti l’uomo, a seguito della sua indole pigra, sopporta ogni tipo di pressione finché egli nella sua cecità può riempire il proprio stomaco con un cibo per quanto magro esso sia; ma quando gli viene a mancare anche questo e dinanzi ai suoi occhi non si profila altro che la morte per fame, allora egli si risveglia di certo e diventa una iena inferocita dalla fame. E fino a quel punto si deve arrivare, affinché l’umanità giunga al risveglio».

 

[indice]

 

Cap. 176

Il crollo dei falsi edifici religiosi indicato da Isaia 3, 6-27.

 

1. (Continua il Signore:) «Ma ecco che, dopo di ciò, tutto è distrutto e abbattuto. Colui al quale, attraverso il suo spietato egoismo, può venire attribuita la colpa di essere stato causa della generale disgrazia del popolo, costui cade purtroppo come una triste vittima della generale vendetta del popolo. Ma che cosa succede poi? A quel punto gli uomini non hanno più nessuna guida, ma proprio nessuna, né buona né cattiva; tra di loro regna la più completa anarchia nella quale alla fine ciascuno può fare quello che vuole, ma può trovare anche un altro più forte di lui che lo punisce pure come vuole.

2. Allora i più saggi si riuniscono e dicono: “Così non va, e così non può continuare! Noi che siamo più saggi e più potenti, vogliamo metterci d’accordo e indurre il popolo a scegliere con noi un saggio capo supremo! Ed è una casa grande, quella che abbia al suo interno due fratelli di una qualche riconosciuta esperienza!”. Che succede qui e dopo? Sarà il profeta a dircelo molto fedelmente! E che cosa dice qui il profeta?

3. Udite! Egli dice: “Allora uno piglierà suo fratello dalla casa del suo fratello e dirà: ‘Tu hai degli abiti (conoscenze ed esperienze), sii il nostro principe e aiutaci tu in questa sciagura!’. Egli però in quel tempo dirà e giurerà: ‘Udite, non sono un medico, e non c’è né pane (il buono della Fede), né abito (il vero della Fede) nella mia casa! Non ponetemi perciò come principe fra il popolo! Poiché Gerusalemme è matura e va in rovina e anche Giuda (il tempo a venire) giace in rovina; poiché la loro lingua e il loro agire sono contro il Signore, disgustando gli occhi della Sua Maestà (la luce della Sua Sapienza). Ciò è evidente e noto a tutto il mondo. Non fanno mistero della loro condotta. Si vantano infatti del loro peccato come a Sodoma e a Gomorra e sono sfacciati e non si nascondono neppure. Guai alla loro anima, poiché in tal modo si conducono da se stessi in ogni sventura!’.

4. Ma il principe scelto, che ad ogni modo potrei anche essere Io stesso, dice ancora: ‘Andate a predicare prima ai giusti che diventino buoni, ed essi allora mangeranno il frutto delle loro opere! Guai invece ai pigri ed empi; essi infatti sono sempre cattivi, e sarà reso loro secondo le loro opere e come hanno meritato! Udite, perciò dei bambini sono i principi del Mio Popolo, e perfino delle donne regnano su di loro. Popolo Mio, i tuoi (falsi) consolatori ti traviano (vedi Roma!) e distruggono la via che tu devi percorrere!

5. Ma il Signore è qui a far valere il diritto, e (ora) Si è presentato a giudicare i popoli. E il Signore viene a giudicare con gli anziani del Suo Popolo (la Scrittura) e con i Suoi principi (i risvegliati nel tempo futuro). Poiché voi (farisei e romani) avete guastato la vigna, e il bottino tolto ai poveri è nella vostra casa.

6. Perché calpestate il Mio Popolo, e perché fiaccate ancor più la persona dei miseri? Così dice (ora) il Signore pieno di somma Serietà.

7. E dice ancora il Signore: Poiché le figlie di Sion sono orgogliose (le false dottrine della prostituta di Babele) e camminano col collo eretto e con le facce dipinte, incedono orgogliose (baldanzose), si dimenano (come un cane affamato) e portano ai loro piedi scarpe molto preziose, per questo il Signore renderà calvo il cranio delle figlie di Sion (toglierà loro l’intelligenza), e con ciò toglierà loro anche il loro unico e miglior monile.

8. In quel tempo il Signore porterà via loro anche il gioiello delle preziose scarpe (i creduloni) e i pendagli (fedeli seguaci), e i fermagli (i diversi Ordini), le collane, i bracciali e i copricapi (le superstiziose corporazioni), i fronzoli, le catenelle ai piedi, tutte le catenine d’oro, le boccette di profumi, gli orecchini, gli anelli e i nastri per capelli, i vestiti da festa, i mantelli, i veli e le grandi borsette, gli specchi, le camiciole, le guarnizioni e le sopravvesti (tutte quante le brillanti cerimonie della prostituta di Babele). Allora ci sarà puzza anziché buon profumo, un laccio sciolto anziché la buona cintura, una calvizie anziché una capigliatura riccia (astuzia serpentina della prostituta di Babele), e anziché un ampio mantello le toccherà uno stretto sacco. E tutto questo le capiterà al posto della sua presunta bellezza.

9. Il tuo popolino cadrà di spada, e i tuoi guerrieri nella battaglia. E le sue porte si rattristeranno e piangeranno (perché nessuno più vorrà passare attraverso loro), ed ella siederà per terra gemendo. Ma in quel tempo le guerre renderanno gli uomini così rari, che allora sette donne piglieranno un uomo (ovvero dai sette Sacramenti ne verrà uno solo) e diranno: ‘Noi stesse vogliamo nutrirci e vestirci, ma lasciaci solo chiamare col tuo nome, perché sia tolta da noi la nostra vergogna!’”. (Isaia 3, 6-27)

10. E vedete ora, amici Miei, quello che il profeta ha detto si avvererà altrettanto certamente come è certo e vero che Io stesso ve l’ho ora spiegato. Infatti gli uomini non sanno sopportare la verità per un lungo periodo di tempo, essi si stancano e sprofondano sempre di nuovo nella loro vecchia pigrizia portatrice di giudizio e morte, ed allora non resta veramente nient’altro da fare che risvegliare di nuovo gli uomini con i mezzi più estremi e rimetterli nuovamente nell’antica attività, sulle vie e sui sentieri della Luce e della vita.

11. Per questo Io vi dico ancora una volta: “Mettete in guardia gli uomini innanzitutto dalla pigrizia spirituale, perché con essa subentrano poi tutti i mali dei quali ha parlato il profeta, ed Io devo purtroppo permetterli!”. Riflettete bene su questo, e poi quando saremo all’albergo ne riparleremo ancora un po’! Ed ora noi ci recheremo anche subito là, dato che questa notte avremo ancora qualcosa da fare».

 

[indice]

 

Cap. 177

Ambizione, orgoglio e umiltà.

 

1. Di lì a poco noi giungemmo al grande albergo di Nicodemo dove già ci attendeva una buona cena; dato però che fra i Miei discepoli c’era già un discreto numero di coloro che erano appartenuti al Tempio, e che quindi in segreto ci tenevano ancora un po’ al loro vecchio ordine di templari, sorse tra di loro un piccolo litigio riguardo a chi avrebbe dovuto occupare i posti a capotavola alla grande mensa. La conseguenza fu che il nostro dottore della Legge e i due farisei convertiti in quel pomeriggio, seguendo l’abitudine, occuparono subito i primi posti, senza porre per niente attenzione al fatto che anzitutto Io stesso non avevo ancora preso posto, e neppure i romani, i tre maghi dell’India e gli stranieri dell’Alto Egitto, cosa questa che indispose visibilmente molto tanto Nicodemo, quanto Lazzaro.

2. Ma allora Io Mi avvicinai ai due e dissi: «Udite, nel Mio Regno non esistono ordini di rango, ma là vige unicamente questa massima: “Chi si innalza da sé, sarà abbassato; ma chi si abbassa modestamente da sé, sarà innalzato!”.

3. Se tu sei invitato ad un banchetto, quando ti trovi dinanzi alla mensa, non sederti subito al posto d’onore che forse il padrone di casa ha riservato ad un ospite più ragguardevole di te! Se questo infatti venisse, e il padrone di casa ti dicesse: “O amico, vedi di prendere il tuo posto un po’ più da parte, poiché io ho riservato questo a una persona di maggiore riguardo!”, ebbene, non ti sarebbe immensamente sgradito se il padrone di casa si trovasse costretto ad infliggerti un simile sgarbo in presenza di tutti gli invitati?” (Luca 14, 7-9)

4. Ma se tu, quale invitato, vieni e ti siedi modestamente agli ultimi posti, e poi viene il padrone di casa e ti dice: “O amico, siedi pure là ai primi posti, perché questi qui sono destinati agli invitati di minore riguardo!”, ebbene, non ne saresti molto lieto? Sia quindi fra di voi questa la massima principale e fondamentale della vita: “Chi si innalza da sé, sia abbassato, ma chi invece si abbassa da sé, sia innalzato!” (Luca 14, 10-11)

5. E non altrimenti sarà un giorno nel Mio Regno; chi sarà il minimo e l’ultimo, costui sarà veramente il primo. Infatti nel Cielo tutto è costituito inversamente all’ordine di questo mondo; quello che è grande e splendido agli occhi del mondo è invece assolutamente minimo e oscuro nel Cielo.

6. Di questa Dottrina conviene che venga presa esatta nota, e là dove verrà predicato il Mio Vangelo, dovrà venire predicata fedelmente agli uomini anche questa massima!

7. Io certo sono il Signore stesso, ma, come vedete, sono mansueto e umile di tutto cuore! Dunque siate voi tutti pure così, e in questo modo sarà evidente al cospetto di chiunque che voi siete veramente Miei discepoli!»

8. A queste Mie parole quei farisei, visibilmente punti sul vivo, si alzarono con l’intenzione di andarsi sedere addirittura agli ultimi posti.

9. Sennonché Io dissi: «Potete restare senz’altro là dove siete! Presso di noi non ha affatto importanza considerare il posto che uno occupa, perché ora l’importanza del posto dipende dalla persona che lo occupa. Se Io sono il Signore, rimango Tale qualunque sia il posto dove Mi siedo, e questo o quel posto non conferirà mai alcuna magnificenza a nessuno!

10. A che ti servirebbe se, per esempio, tu andassi a Roma e ti sedessi sul trono dell’imperatore, e questo, stando allo scherzo, prendesse posto vicino a te su una comunissima panca di legno? Non per questo tu saresti l’imperatore, mentre invece egli lo sarebbe sempre, e possente, anche sulla panca di legno! Il rango dunque non dipende dal posto in se stesso, ma dipende sempre e unicamente da colui che lo occupa; ed ora rimanete pure tranquillamente ai vostri primi posti!»

11. Poi Io con i Miei discepoli, Raffaele, Lazzaro e Nicodemo ci sedemmo agli ultimi posti, e Agricola esclamò: «O Signore e Maestro, ora sì che vedo dov’è il vero primo posto per ogni uomo! Nella vera profondità di umiltà è celato per ogni uomo il posto di prim’ordine! Noi romani abbiamo pure un antico proverbio, il quale suona così: “LAUS PROPRIA SORDET” (Chi si loda, si imbroda), e dalle Tue parole ho constatato adesso che è proprio così; ma io sono lieto di constatare che noi, anche senza rivelazioni, pensando e scrutando, siamo giunti a scoprire quello che ora, nella Luce della Tua Sapienza, supera davvero di molto in confronto a più di una nuova istituzione del Tempio che da voi è stato edificato dal più sapiente fra tutti i re della Terra!»

12. Ed Io gli dissi: «Vedi, ma è per questo che la Luce sarà tolta agli Ebrei per essere data a voi, pagani, e ciò secondo quanto sta scritto nei profeti»

13. Chiese allora uno dei farisei: «Ma che cosa succederà poi degli Ebrei?»

14. Ed Io risposi: «Questo ve l’ho mostrato e descritto a sufficienza, e voi stessi lo avete potuto leggere nei segni notturni! Infatti ormai voi siete diventati mille volte più pagani di quanti ce ne siano sulla Terra e che dimorino in qualsiasi parte del mondo! Perciò gli Ebrei saranno dispersi fra tutti i popoli della Terra come pula in balìa dell’uragano, e non possiederanno mai più un Paese[30] loro proprio né un proprio re»

15. Disse il dottore della Legge: «Eppure il Signore ha promesso a Davide un trono eterno!»

16. Ed Io gli risposi: «Oh sì, questo è vero, e così anche sarà, ma non ha promesso un trono materiale, come voi forse pensate, bensì un trono spirituale.

17. Ciascuno, secondo la Mia Parola, diverrà in sé un Davide nel Mio Regno per l’eternità, ma a questo mondo, però, Io vi dico: “Siate d’ora innanzi soggetti a qualunque autorità mondana, sia essa buona o cattiva, poiché il potere che essa ha, essa lo detiene dall’Alto!”

18. Nessuno di voi ambisca mai a un posto di dominatore su questa Terra, poiché chi in uno o nell’altro modo dovrà governare gli uomini, sarà a ciò chiamato dall’Alto, e gli verrà posto nel cuore come dovrà esercitare il dominio sui suoi popoli. Le genti superbe ed orgogliose devono essere governate da un re sommamente orgoglioso e superbo, e quelle buone e umili saranno governate invece da un re egli pure umile e buono per vivere bene e felicemente sotto il suo scettro. In avvenire dunque dipenderà assolutamente dagli uomini come saranno i loro sovrani! Questa cosa annotatevela in modo del tutto particolare!

19. Ma ora, considerato che la cena è già servita, noi mangeremo e berremo per ristorare le nostre membra!».

20. Allora tutti ritornarono tranquilli; ciascuno mangiò e bevve quanto gli era stato presentato.

 

[indice]

 

Cap. 178

Il Signore si interpone e appiana il litigio tra i mercanti

di Damasco e gli albergatori di Emmaus.

 

1. Terminata la cena che era durata circa mezz’ora, e che aveva ristorato e rafforzato tutti a sufficienza, udimmo un clamore tumultuoso venire dalla strada, e ben presto si vide comparire, nella gran sala dove eravamo radunati, diversa gente che chiese di parlare a Nicodemo.

2. Costui si alzò e chiese loro, tutto serio in volto, che cosa succedeva e cosa volevano ad un’ora così tarda di sera.

3. Allora si fece avanti uno dei mercanti di Damasco e gli disse: «O signore, solo ora abbiamo saputo con precisione che sei tu il capo di questo luogo, e veniamo per esporti le nostre giuste lagnanze riguardo al modo infame in cui noi, mercanti viaggiatori, siamo stati trattati qui! Quello che abbiamo mangiato e bevuto noi non abbiamo difficoltà a pagarlo secondo giustizia ed equità, ma non intendiamo affatto lasciarci proprio scorticare da questi miserabili strozzini che sono i cittadini di Emmaus! Bisogna che ci venga resa giustizia, altrimenti ci appelleremo all’imperatore di cui siamo sudditi fedeli!»

4. Domandò allora Nicodemo: «Ma in che cosa consiste effettivamente il torto che vi è stato fatto qui?»

5. Rispose l’oratore: «O signore giusto e rigoroso! Noi abbiamo lasciato i nostri carri e i nostri animali laggiù su un grande spiazzo libero e siamo andati poi a gruppi nei vari alberghi di questa città, dato che non abbiamo potuto trovare alloggio qui nel grande albergo. Ci è stata offerta una cena molto magra, e noi avevamo tutta la buona volontà di pagare anche subito un prezzo ragionevole per quanto avevamo consumato. Sennonché questi albergatori ci hanno presentato un conto, che noi a Damasco, nonostante nemmeno noi regaliamo la roba, non avremmo osato presentare ad un ospite neanche se avesse mangiato da noi per un anno di seguito! Ah, davvero questa è una cosa che non si è mai vista a questo mondo!»

6. Chiese Nicodemo: «Cosa avete dunque mangiato e bevuto, e quanto si è preteso in cambio da voi?»

7. Disse l’oratore: «O signore giusto e rigoroso! Ciascuno di noi ha ricevuto un pesce non grande, un pezzo di pane lievitato e un bicchiere di vino assolutamente mediocre, e null’altro; e per questa cena così misera, questi veri usurai pretendono da ciascuno, dico, cento grossi (cento monete antiche), somma questa che di solito basta per un viaggio di andata e ritorno fino alla lontana India! Come ho detto, questo è veramente un fatto inaudito! Cosa ne dici tu, o signore, nel tuo senso di giustizia?»

8. Domandò Nicodemo: «Avete già pagato agli albergatori il denaro richiestovi?»

9. Rispose l’oratore: «O signore giusto e rigoroso! Saremmo stati dei matti se lo avessimo fatto! Ed è proprio perché noi a ragione ci siamo rifiutati di sborsare l’esorbitante prezzo che è scoppiato questo tumulto sulla pubblica strada! Essi vogliono ora portarci via le nostre merci come usano fare i briganti, e precisamente per questo motivo noi siamo venuti da te per cercare una doverosa tutela contro un simile atto di rozza violenza! E se non ci verrà concesso, allora questi furfanti di Emmaus dovranno imparare a conoscere chi siamo noi di Damasco!»

10. Disse Nicodemo: «Sta bene; voi avete esposto la vostra causa, e se le cose stanno proprio nei termini che mi avete detto voi, vi sarà resa piena giustizia; prima però di giudicare in via definitiva il vostro caso, sarà necessario che io senta anche la controparte, perché questa abbia modo di far valere anch’essa le sue eventuali ragioni! È bene che accettiate questo fatto!»

11. Rispose l’oratore: «Noi siamo perfettamente d’accordo; che vengano pure avanti!»

12. Disse allora Nicodemo: «Se qualcuno degli osti e degli albergatori estremamente scorretti chiamati ora in causa si trova qui presente, che si faccia avanti e parli!»

13. Fra i litiganti entrati in sala c’erano appunto tre degli albergatori, ed essi si fecero avanti e così parlarono: «Noi non neghiamo di aver preteso da loro per la cena l’importo indicato, e conveniamo anche noi che il prezzo è molto esagerato; a nostra giustificazione però abbiamo da dire che noi pure siamo andati spesso a Damasco per portare le nostre merci su quel mercato; non ci siamo mai trattenuti là più di tre giorni, ma in quegli alberghi siamo stati anche noi sempre trattati in modo da far rizzare i capelli sul capo. Se noi dunque adesso facciamo pagare loro dieci volte di più che ad altri viaggiatori, non facciamo che riprenderci quello che già da lungo tempo essi ci hanno preso di troppo. Ma facendo ora così, crediamo di non commettere un sopruso, considerato inoltre che nella Legge di Mosè è detto: “Occhio per occhio e dente per dente!”»

14. Disse Nicodemo: «Eh, stando in questo modo le cose, sarà difficile rendere piena giustizia ad una parte come pure all’altra! Infatti voi di Damasco non avete agito onestamente con quelli di Emmaus, e questi ora a loro volta si comportano in maniera non onesta con voi; quindi, come si comprende, è quanto mai difficile emettere una giusta sentenza. Vedete dunque di sbrigarvela e di mettervi d’accordo fra di voi, e così il litigio avrà fine dinanzi a Dio e ad ogni uomo ben pensante!»

15. Obiettò allora l’oratore dei damasceni: «O signore giusto e rigoroso, noi non conosciamo che una norma del diritto, e da noi questa si chiama equità! È bensì vero che nella nostra grande città, nelle giornate di mercato pubblico, vengono, da parte degli albergatori, fatti ai mercanti dei prezzi più alti rispetto ai loro clienti. D’altro canto però è anche vero che questi albergatori di Emmaus ora pretendono da noi precisamente tanto quanto essi a Damasco hanno pagato in eccesso almeno in dieci anni, cosa di cui, del resto, noi personalmente non abbiamo nessuna colpa, dato che non siamo affatto dei padroni d’albergo, ma dei semplici mercanti, e commerciamo con tutti i paesi del mondo vendendo i prodotti dell’arte delle nostre mani! Se questi usurai di Emmaus vogliono rivalersi per i conti esagerati pagati a Damasco, che vadano là da quei proprietari d’albergo a reclamare, e che non si rivolgano invece a noi che non abbiamo mai fatto pagare loro prezzi di usura per le merci che hanno eventualmente acquistato da noi!»

16. Dissero quelli di Emmaus: «Ci guarderemo bene dal fare come voi dite, perché abbiamo giurato di non andare mai più a farci spellare a Damasco! Voi pagateci il conto come vi abbiamo domandato, e poi quello che ritenete eccessivo andate a farvelo rimborsare al posto nostro dagli albergatori della vostra città che praticano prezzi da capogiro!»

17. Allora Nicodemo Mi venne vicino e Mi domandò come avrebbe dovuto comportarsi.

18. Ed Io gli risposi: «I damasceni hanno ragione, e questa gente di Emmaus è gente usuraia estremamente ingiusta! Che essi richiedano quello che è giusto, e quindi ciascuno dei mercanti è tenuto a pagare per sé soltanto due grossi, ma non uno statere (piccola moneta antica) di più! Se quelli di Emmaus sono stati presi per il collo a Damasco, devono ascrivere la colpa evidentemente a se stessi, perché là, volendosi dare l’aria di ricconi, hanno gozzovigliato in maniera a volte perfino insolente, e i damasceni hanno fatto molto bene facendosi pagare profumatamente. E se questi di Emmaus trovarono il conto di Damasco alquanto esagerato, avrebbero potuto reclamare già allora presso i giudici competenti! Ma se allora, in seguito alla loro altezzosa aria da spacconi, il conto stava loro bene, non c’è proprio nessuna ragione che debbano reclamare adesso! Se però essi vogliono ricorrere ora alla violenza nei confronti di questi damasceni, bisognerà che si aspettino a subire violenza a loro volta! Ormai possono scegliere e fare in un modo o nell’altro; poi faremo anche noi come vorremo!»

19. Queste Mie parole furono udite benissimo tanto dai damasceni, quanto dai tre di Emmaus.

20. I damasceni allora si avvicinarono a Me, e il loro oratore disse: «Senti, o amico che noi ancora non conosciamo affatto! Quello che hai detto è verità purissima; così infatti è stato! Questa gente, perché si trova a dimorare vicinissima alla gran città di Gerusalemme, nei nostri confronti ha a mala pena quella stima che si ha di un mucchio di stracci, e con il suo gozzovigliare spavaldo vuol farci capire quanto noi siamo piccoli a loro confronto. I nostri albergatori hanno servito loro quanto avevano domandato, e allora non trovarono che niente fosse troppo caro; adesso invece essi sembrano portati a deplorare le scorpacciate fatte presso di noi e vorrebbero rifarsi a spese nostre, mentre noi non c’entravamo per nulla nella questione! Ma tu, o nobilissimo e verissimo amico, hai dato ora una sentenza assolutamente giusta, e noi ci limitiamo soltanto ad aggiungere la preghiera che ad essa venga data effettiva esecuzione!»

21. Ma allora anche i tre albergatori si fecero avanti e in tono arrogante dissero: «All’esecuzione di una simile sentenza sapremo ben opporci noi! Chi sei veramente tu, che ti azzardi a schierarti contro di noi per favorire questi imbroglioni di Damasco?»

22. Ed Io risposi: «Qui alla Mia destra siedono delle autorità romane munite di ampi poteri, le quali sono venute qui addirittura da Roma appositamente per Me; se voi non vorrete adeguarvi alla Mia sentenza, saranno loro a spiegarvi chi sono Io veramente! Ma allora guai a voi, losche anime di usurai! Quello che ho detto, quello rimane! Ed ora fate quello che volete!»

23. A queste Mie parole i tre si allontanarono rapidamente con l’intenzione di recarsi assieme ai loro servi, compagni e aiutanti al posto dove erano stati fatti sostare i carri dei mercanti, allo scopo di saldare il conto asportando delle merci, ed Io avvisai Nicodemo e Agricola di quanto stava per accadere.

24. Agricola allora, il quale non poteva ormai più sopportare quei duri abitanti di Emmaus, si informò subito da Nicodemo se non ci fosse della milizia romana nella città.

25. E Nicodemo rispose: «O possente amico, noi abbiamo qui una guarnigione permanente di cento militi romani!»

26. Disse Agricola: «Fai venire qui il comandante!»

27. Ma Io intervenni dicendogli: «Amico, data l’imminenza certa di un pericolo, la tua disposizione ben intenzionata giungerebbe già parecchio troppo tardi! Perciò Io per mezzo del Mio Raffaele ho già disposto tutto, e i soldati romani stanno ormai già compiendo quanto è stato loro ordinato. Essi condurranno ben presto qui quegli albergatori cocciuti, perché, mentre questi si avvicinavano con i loro aiutanti ai carri e agli animali da soma, vennero circondati e arrestati dai militi che erano là già in attesa, e, come detto, fra poco verranno portati qui davanti all’albergo; poi il comandante entrerà in casa per chiedere la sentenza a Nicodemo!»

28. Agricola, com’è naturale, fu perfettamente soddisfatto di questa decisione, e Nicodemo Mi domandò che specie di sentenza avrebbe dovuto emettere.

29. Gli risposi Io: «Tu hai già sentito quello che ho detto ai mercanti di Damasco che sono ancora qui! Se gli albergatori dunque non vogliono adeguarsi a quanto stabilito da Me, prendi allora tu in consegna dai damasceni l’importo che ho prima indicato, e alla prossima buona occasione distribuiscilo fra i poveri; però, per quanto riguarda quei maligni albergatori fa in modo che vengano rinchiusi in carcere per tre giorni interi e che si impartisca loro, prima di venire rimessi in libertà, una seria ammonizione; questa basterà per indurli in casi futuri a mostrarsi più arrendevoli e giusti».

30. Io avevo appena dato questo consiglio a Nicodemo, che già comparve nella grande sala da pranzo il comandante romano il quale espose a Nicodemo il fatto e chiese che gli desse la sentenza corrispondente.

31. E Nicodemo disse al comandante quello che Io gli avevo detto prima.

32. Questi poi uscì immediatamente per comunicare la sentenza agli albergatori, i quali non vollero accettarla adducendo ogni tipo di pretesto. Ma allora il comandante andò per le spicce e li fece condurre in prigione; i mercanti di Damasco dal canto loro, visto come si era risolta la questione, depositarono senza indugio nelle mani di Nicodemo l’importo da Me stabilito per la cena consumata dall’intera carovana e Mi ringraziarono calorosamente per il giudizio da Me dato.

 

[indice]

 

Cap. 179

Un piccolo Vangelo ai damasceni.

 

1. Poi l’oratore dei mercanti si rivolse di nuovo a Me espressamente per domandarMi come avrebbe potuto ricompensarMi per la sentenza tanto efficace emanata secondo giustizia a loro favore. Infatti essi Mi ritenevano un vero giudice della città.

2. Sennonché Io risposi all’oratore: «Io non prendo mai da nessuno un qualche compenso per i Miei insegnamenti e per le Mie sentenze! Tuttavia, a prescindere dal vostro buon diritto nella causa appena definita, Io vi dico ora che voi pure d’ora innanzi dovete essere giusti ed equi verso chiunque tratterà degli affari con voi, poiché l’iniquità e l’ingiustizia fra gli uomini della Terra sono il male più grande, che divide i fratelli e le sorelle e suscita inimicizie. Dove queste però hanno preso piede, non c’è più salvezza fra gli uomini, ma invidia, odio, rapine, omicidi, assassinii e guerra.

3. Tra non molto tempo verranno da voi dei Miei discepoli; accoglieteli, prestate ascolto agli insegnamenti che vi daranno e vivete e operare secondo questi insegnamenti; allora quello che voi farete loro, sarà considerato da Me come se l’aveste fatto a Me. Questa è la ricompensa che Io vi chiedo per la Mia giusta sentenza! Mi avete ben compreso?»

4. Disse l’oratore: «Sì, certo, o giustissimo giudice, noi ti abbiamo compreso, poiché noi, vecchi fabbricanti e mercanti, commerciamo i nostri buoni prodotti quasi con tutti i popoli della Terra conosciuta, e quindi comprendiamo anche tutti gli idiomi, quantunque noi qui teniamo conto innanzitutto del senso delle tue parole. Però, per quanto riguarda i tuoi discepoli che ci visiteranno a Damasco, noi ti preghiamo di dirci da quale contrassegno li potremo riconoscere, per non accogliere eventualmente dei falsi discepoli al posto dei veri!»

5. Ed Io, accennando a tutti quelli che erano ormai Miei discepoli, risposi: «Eccoli qui seduti; guardateli! L’uno o l’altro verrà da voi, e vi annuncerà la Dottrina della salvezza delle vostre anime! Da qui a qualche anno, però, verrà suscitato da Me nella vostra città un apostolo per i pagani, ed egli vi mostrerà la piena verità! Tuttavia, prima di essere eletto egli sarà un nemico della Mia Luce, ma poi ne diverrà invece il più grande e zelante sostenitore. Ma prima di lui verranno da voi vari altri che egli stesso perseguiterà; a costoro riservate una buona accoglienza, e la vostra ricompensa allora non potrà dirsi piccola!

6. Infatti chi accoglie con fede un profeta nel Mio Nome, costui otterrà anche la ricompensa di un profeta. Ora i Miei discepoli e apostoli saranno dei veri profeti, e quindi servitori di Dio, il Signore, dal Quale Io pure sono stato mandato a questo mondo per la salvezza di tutti gli uomini che crederanno in Me, opereranno e vivranno conformemente alla Mia Dottrina! Avete ora compreso anche questo?»

7. Disse l’oratore: «Sì, perfettamente, o giudice supremamente giusto! Ma secondo quanto noi abbiamo potuto molto bene osservare da queste tue parole, tu non sei soltanto un giudice immensamente savio e giusto, ma sei pure un vero profeta degli Ebrei, cosa questa che a noi rincresce davvero di tutto cuore per te, dato che gli Ebrei, come sono ora, li si può considerare i nemici più accaniti degli antichi e più ancora dei nuovi profeti, ciò che è dovuto alla loro avidità insaziabile. I pastori (farisei), gli anziani (sacerdoti) e gli scribi, secondo le massime di Mosè, non dovrebbero possedere nulla, e dovrebbero vivere esclusivamente delle decime e di qualche altra modica offerta; succede invece che questi farisei, anziani e scribi vorrebbero ormai chiamare proprietà loro addirittura tutto il paese, anzi questo principio essi lo affermano e lo mettono in pratica, in modo che il popolo deve lavorare soltanto per loro e quindi, sempre per la maggior gloria di Dio, deve accontentarsi di non possedere nulla e di soffrire fame e sete fino alla disperazione.

8. Ah, certo, noi di Damasco eravamo e siamo tuttora in parte ancora dei buoni ed autentici ebrei; basta che da noi non venga nessun inviato da Gerusalemme per tentare di accalappiarci per contribuire alla causa di questa pessima e ingannatrice città! Chi volesse fare così, non arriverebbe davvero da noi, perché, se dovesse venire, può star certo che verrebbe cacciato immediatamente fuori dalla città, e può poi cercare la sua fortuna altrove. Ma se da noi vengono dei profeti e dei giudici della tua specie, noi li accettiamo sempre volentieri e li accogliamo, nonostante noi siamo in gran parte greci, antichi siriani e babilonesi. Infatti dai veri profeti chiunque può certo apprendere qualcosa di vero, e quindi anche di buono! Per conseguenza presso di noi troveranno buona accoglienza tutti coloro che vorrai mandarci in veste di tuoi veri discepoli!»

9. Ed Io gli dissi: «Ebbene, considerato che avete del tempo a vostra disposizione, fermatevi ancora qui, e avrete occasione di vedere e di sentire ancora dell’altro! Qui c’è ancora del pane, ci sono dei pesci e c’è del vino; sedetevi dunque, mangiate e bevete; perché in questo albergo non vi si metterà di sicuro cento grossi in conto per una cena!».

10. A questo Mio invito quei pochi mercanti presero posto a mensa e cominciarono a mangiare e a bere di buona lena, non lesinando le lodi per la squisitezza del pane, del vino e dei pesci preparati con ogni cura.

 

[indice]

 

Cap. 180

Il Signore risuscita una vedova morta.

 

1. Mentre però essi stavano ancora mangiando e bevendo, si vide comparire nella sala una quantità di donne e di fanciulli che, lamentandosi e piangendo, invocava Nicodemo perché volesse rimettere in libertà i loro mariti e i loro servitori i quali erano stati prima condotti in prigione dai soldati romani.

2. Ma Nicodemo rispose: «I vostri mariti e i vostri servitori verranno certo liberati, però soltanto fra tre giorni da ora, e non un istante prima! Essi furono consigliati di rinunciare alle loro esagerate richieste, ma non avendo voluto accettare il consiglio, è bene che scontino la loro ostinazione!»

3. Allora si fece innanzi una figlia, e disse: «O signore, mia madre giace a letto ammalata e quasi moribonda; lei è vedova ed ha soltanto un servitore fedelissimo che ha molta cura della nostra casa; ora è accaduto che quando il tumulto scoppiò sulla strada, il nostro servitore, che si trovava là del tutto casualmente, si permise di dire qualche parola a favore dei nostri albergatori, ritenendo, quale cittadino di Emmaus, di dover intervenire a loro favore. Ma avendo fatto così, venne anch’egli preso in mezzo dai soldati, legato e portato in prigione. Io vi scongiuro dunque, o cari giudici e signori, di voler far rimettere in libertà il nostro servitore che è finito in prigione pur essendo del tutto innocente, e ciò almeno per amore di mia madre che è morente!»

4. E Nicodemo rispose: «Che il vostro servitore sia meno colpevole degli albergatori e dei loro servitori per il fatto che il tumulto è scoppiato, di ciò non ho nessuna ragione di dubitare; tuttavia egli ha voluto in certo modo dar loro una mano, e quindi non gli è stato fatto proprio un torto conducendo anche lui in prigione assieme agli altri! Ma se, come dici, tua madre che io conosco bene sta così male ed è moribonda, allora interpellerò qui il nostro Giudice principale e sentirò da Lui se Egli acconsente che il vostro servitore venga rimesso in libertà. Abbi dunque un po’ di pazienza!»

5. Poi Nicodemo si rivolse, naturalmente, a Me e Mi domandò come avrebbe dovuto comportarsi in quella circostanza.

6. Ed Io gli risposi: «Il servitore in questione non può venire rilasciato dalla prigione, per il semplice motivo che non vi si trova affatto rinchiuso. Infatti quando egli si accorse che a causa della loro ostinazione gli albergatori e i rispettivi servitori sarebbero finiti in carcere in base alla tua minaccia, egli riuscì a svincolarsi in tempo e andò a nascondersi là fuori, e precisamente nella stessa capanna nella quale noi stamani abbiamo trovato questa povera famiglia ammalata. Ora Io manderò Raffaele a prenderlo per condurlo qui, e solo poi vedremo quello che converrà fare»

7. Io allora feci un cenno a Raffaele il quale uscì rapidamente dalla sala, e dopo pochi istanti ritornò conducendo con sé il servitore. E quando quest’ultimo si trovò alla nostra presenza, chiese a tutti perdono per essersi egli pure un po’ intromesso nella contesa per pura curiosità!

8. Ed Io gli dissi: «Sii dunque più prudente in avvenire, e non immischiarti più in contese e tumulti, altrimenti finirai in qualche serio guaio. Ma adesso va’ a casa con questa figlia che ha la madre ammalata e di cui tu sei al suo servizio, e voi insieme portate qui l’inferma; io poi vedrò se si potrà darle ancora qualche aiuto!»

9. I due allora se ne andarono sollecitamente, ma poco dopo fecero ritorno in lacrime, e il servitore disse: «O buon giudice e certo altrettanto buon medico; la madre di questa ragazza, che era anche mia padrona, è morta! Quando arrivammo a casa, la trovammo già completamente inanimata nel suo letto! Purtroppo nessun aiuto potrà dunque più venirle dato!»

10. Ma Io gli dissi: «Se voi poteste credere, potreste altresì vedere la grande Magnificenza della Potenza di Dio nell’uomo!»

11. Dissero i due: «O Signore! La Potenza e la Magnificenza di Dio sono bensì grandi, ma contro la morte esse non hanno creato alcuna erba salutare a quanto si sappia! Esistono certo dei mezzi molto prodigiosi, attraverso i quali possono venire guarite anche le più gravi malattie; ma c’è forse qualche mezzo capace di ridonare la vita ad un morto? Noi crediamo che l’anima umana continui a vivere di per sé anche dopo la morte del corpo, ma che un corpo, una volta morto, possa venire ridestato alla vita, questo è ben difficile da credere! Si parla bensì di un giorno del giudizio nel quale eventualmente tutti coloro che si sono dissolti nei sepolcri anche già da lungo tempo risorgeranno; a noi però questa ci sembra piuttosto una vana consolazione destinata soltanto a mitigare nell’uomo l’eccessivo timore della morte, e noi invece crediamo che una volta che si è morti, non si risusciterà mai più in eterno!

12. Cosa poi succeda o succederà dell’anima dopo la morte del corpo, anche questo lo saprà soltanto Dio, perché, a quanto ne sappiamo noi, nessuna anima è finora ritornata per raccontare come sia la vita nell’aldilà su qualche altro mondo. Noi, o eccellente giudice e guaritore, ti ringraziamo della tua buona volontà di ridonare la salute alla nostra madre! Ma poiché lei è già spirata, non è più possibile darle aiuto, e perciò sarebbe stato un po’ assurdo da parte nostra portare qui la morta!»

13. Ed Io osservai: «La defunta però potrebbe essere soltanto apparentemente morta, e in questo caso lei potrebbe ancora venire richiamata in vita!»

14. Disse la figlia: «O buon guaritore! Nostra madre è morta di consunzione dopo cinque interi anni di malattia durante i quali ogni rimedio si era dimostrato inutile; ma chi muore di una simile malattia, non è più soltanto apparentemente, ma è davvero e definitivamente morto! Lasciamola dunque che riposi nella pace eterna, perché soltanto Dio avrebbe il potere di richiamarla in vita, mai però l’arte ed il potere di un uomo!»

15. Le dissi Io: «Da un lato, e limitatamente alle tue conoscenze, tu hai certo ragione, e anche per il fatto che tu non Mi conosci; e tuttavia qualcosa avrebbe pur dovuto colpire la tua attenzione quando Io prima fui in grado di indicare esattamente dove si era nascosto il vostro servitore, malgrado Io durante il tumulto non Mi fossi mosso da questo Mio posto nemmeno per un istante. Ma se Io sono stato in grado di fare questo, allora potrei ben essere in grado di fare anche delle altre cose straordinarie qualora in voi vi fosse la fede e vi deste la briga di portare qui la defunta»

16. Esclamarono i due: «O guaritore eccellente, se a te e a tutti gli ospiti elevati che sono qui non fosse increscioso, noi vorremmo certo portare subito qui la defunta. Sennonché voi vi trovate lietamente radunati a cena, e quindi non si addirebbe la presenza qui di un cadavere!»

17. Dissi Io: «Oh, se la cosa si addice o meno, questo lo mostrerà l’esperienza; voi intanto andate e portate qui la defunta!»

18. Allora i due si allontanarono, e dopo qualche tempo ritornarono portando, con l’aiuto di altre serve, la morta assieme al suo letto sul quale giaceva del tutto inanimata, letto che essi deposero dinanzi a noi nella vasta sala.

19. Alla vista della morta, tutti i presenti rimasero un po’ scossi, e stettero a guardare ora Me, ora il cadavere.

20. Io però Mi alzai e dissi: «Se fra di voi c’è qualcuno che se ne intende, che vada vicino al cadavere e verifichi se la donna è proprio assolutamente morta!»

21. E la maggioranza dei presenti esclamò: «O Signore e Maestro, non occorre davvero che nessuno proceda ad una simile verifica; perché già da lontano le si legge la morte in faccia!»

22. Ed Io allora dissi: «Ebbene, ora però Io voglio che lei viva, che si alzi, che sia perfettamente sana e che tale rimanga fino ad una tarda età!»

23. Non appena ebbi terminato di parlare, la donna, che era effettivamente morta, si alzò immediatamente dal letto, si guardò intorno, esaminò gli ospiti e poi domandò alla figlia che era rimasta in preda ad uno smarrimento e ad uno stupore immensi: «Dove sono io dunque, e cosa è successo di me?»

24. E la figlia rispose: «Cara madre, tu fosti ammalata di un male che non perdona, e appena un’ora fa con mio grandissimo dolore tu esalasti l’ultimo respiro! Ma ecco, questo guaritore prodigioso ti ha resuscitata e ti ha promesso - e anche certamente donato - una perfetta salute e vita per lunghi anni ancora!»

25. Disse la resuscitata: «Sì, certo, io vivo e mi sento davvero perfettamente bene e in salute! Ma come potremo noi ora ricompensare adeguatamente questo prodigioso guaritore, considerato che io non sono che una povera vedova di un cittadino?»

26. Ed Io dissi: «Se di quanto possedete vorrete donare qualcosa a qualche povero, sarà come se l’avreste dato a Me! Ma tu fosti appunto quella donna pietosa, la quale, più di altri e più spesso, venne con i suoi scarsi mezzi in aiuto di chi era ancora più misero di lei; ed essendo tu stata misericordiosa verso il tuo povero prossimo, è avvenuto che a tua volta hai trovato misericordia presso di Me. Ma ora prendi posto qui alla mensa, e mangia e bevi, affinché le tue membra e le tue viscere acquistino vigore!»

27. Allora la donna con sua figlia e le sue persone di servizio si sedette ad un tavolo, e tutti mangiarono e bevvero di lieto animo il pesce ben preparato, il pane e il vino che vennero offerti loro, e ringraziarono calorosamente per il beneficio ricevuto.

28. E quando si furono così ristorati, tutti si alzarono da tavola profondendosi in ringraziamenti e lodi al Mio indirizzo; poi i servitori della vedova presero il letto e lo riportarono a casa, mentre la vedova stessa e sua figlia si fermarono per qualche istante a ringraziarMi e a lodarmi ancora di più.

29. Io però Mi rivolsi alla figlia e le domandai: «Ebbene, che ne dici tu adesso, o donna di poca fede? È possibile o no ridestare anche un morto?»

30. E la figlia, con voce profondamente commossa, rispose: «Solo a Te, o Signore e Maestro, certamente solo a Te sono possibili simili cose! Ma più che certamente Tu sei anche molto di più di un semplice guaritore di questo mondo! Tutte le generazioni della Terra Ti loderanno e Ti glorificheranno fino alla fine del mondo, poiché le azioni di questa specie non possono restare celate agli uomini!»

31. Ed Io le dissi: «Ora hai molto ben giudicato; tuttavia per il momento evitate di fare qui, nella vostra comunità, troppe chiacchiere riguardo a Me! E adesso potete far ritorno in pace a casa vostra!»

32. Le due allora Mi ringraziarono ancora una volta, e poi si allontanarono accompagnate alla loro dimora da Nicodemo e da Giuseppe d’Arimatea, occasione nella quale questi promisero loro tutto l’appoggio possibile, promessa che essi mantennero fedelmente.

33. Quando i due ritornarono, Nicodemo disse: «O Signore, a quella vedova da Te resuscitata noi abbiamo assicurato la nostra piena protezione, e io penso che con ciò non abbiamo sbagliato!»

34. Dissi Io: «Quando mai qualcuno ha potuto peccare facendo una vera opera di misericordia? Tuttavia quello che intendete fare, fatelo in silenzio, e non cercate per ciò le lodi del mondo, poiché è già più che sufficiente che sia Dio, al cui cospetto niente rimane sconosciuto e nascosto, a vedere e a conoscere quello che qualcuno di nascosto fa di bene! Ma chi per il bene compiuto si fa lodare ed onorare dal mondo, costui ottiene già così il premio delle sue buone opere, e quindi un giorno nel Mio Regno non potrà attendersi certamente che una minima ricompensa. Dunque, nemmeno la tua mano sinistra sappia quello che ha fatto la tua destra. Questa cosa vedete di comprenderla bene nel vostro cuore, e allora troverete vita e premio nei Cieli!»

35. I due, intese queste parole, non replicarono più nulla, essendosi accorti che non era Mia intenzione che essi esponessero ad alta voce dinanzi a tutti i presenti quanto di buono erano intenzionati a fare.

36. I mercanti di Damasco però, i quali avevano essi pure assistito al fatto, erano addirittura fuori di sé per lo stupore, e il loro oratore, rivoltosi a Me, disse pervaso dal più profondo timore reverenziale: «O Signore e Maestro, in verità, Tu sei molto di più di un semplice uomo! Oh, manda dunque a noi al più presto i Tuoi discepoli, e noi certo li ascolteremo, li onoreremo e faremo secondo quanto essi vorranno insegnarci nel Tuo Nome. Intanto noi Ti ringraziamo di tutto quanto abbiamo ricevuto e anche visto qui; adesso noi faremo ritorno ai nostri alberghi, e non mancheremo di raccontare ai nostri compagni, ancora molto ciechi, tutti i fatti a cui abbiamo avuto occasione di assistere durante l’ora che abbiamo trascorso qui; noi ora ci congediamo raccomandandoci alla Tua Grazia!».

37. Poi quei mercanti ci lasciarono.

 

[indice]

 

Cap. 181

Il ritorno sul monte degli Ulivi. La pigrizia è il peggiore dei mali.

 

1. Ed Io dissi poi a Nicodemo: «Ieri, sul monte degli Ulivi, ti promisi che ti avrei fatto avere una spiegazione chiara del diluvio di Noè, ed ora mantengo la promessa! Il mio Raffaele si incaricherà di questo, ed Io intanto Mi riposerò un po’»

2. Allora si fece innanzi Raffaele e narrò la storia del diluvio precisamente così come vi è già esposta da Me nella comunicazione “Il Governo della Famiglia di Dio”. E tutti rimasero molto stupiti sentendola narrare.

3. E quando Raffaele ebbe terminato la spiegazione del diluvio noacita durata circa un’ora e che, come detto, colmò di meraviglia tutti i presenti, Io dissi: «Ascoltate, noi siamo già quasi prossimi alla mezzanotte, ed è quindi tempo di partire! Andiamo dunque e ritorniamo al monte degli Ulivi, poiché gli occhi dei nostri nemici ora riposano, e potremo perciò avvicinarci inosservati alla città! Tuttavia noi non procederemo tutti uniti in una compagnia, ma sarà meglio che ci dividiamo a piccoli gruppi, e che nessuno parli strada facendo! Infatti il Tempio al calar della notte ha mandato in giro degli informatori, in parte per causa Mia, ma in parte anche a causa dei due farisei e dei due leviti che non hanno ancora fatto ritorno. Sennonché gli informatori sono adesso dominati da un grande timore che nell’oscurità possa succedere loro qualche malanno! Per conseguenza essi eviteranno di interpellare chi eventualmente passerà loro accanto senza, ovviamente, far sentire la sua voce; se invece due ragionassero tra di loro, essi avrebbero modo di riconoscere subito se si tratta di giudei da Gerusalemme, di greci, di galilei o di romani, e quindi essi si avvicinerebbero e domanderebbero da dove venissero a quell’ora così tarda di mezzanotte. Seguiamo dunque pure questo dettame della prudenza!»

4. Udito questo, il capo degli egiziani disse: «O Signore e Maestro! Se è lecito anche a noi venire con Te, permetti in grazia che noi precediamo tutta la compagnia, e quei malvagi spioni fuggiranno dinanzi a noi come tante lepri seguite dai cani, perché noi una volta che li avremo individuati incuteremo loro timore, ed essi scapperanno in fretta e furia vedendo la tinta scura delle nostre facce - che alla luce lunare appare perfettamente nera - ritenendo di aver a che fare con dei veri demoni! Se volessero reagire in qualche modo, basta che io faccia con loro quello che Agrippa e Laio, i due nobili romani, hanno raccontato di noi in relazione ai fatti ai quali ebbero occasione di assistere nel nostro paese. Noi li fissiamo sul posto dove si trovano per la durata di sette giorni, e per quel tempo che alla Tua volontà piacesse di comandarci!»

5. Ma Io dissi loro: «Miei cari amici, quello che voi vorreste fare ora per Me, lo potrei fare Io stesso qualora ciò fosse bene e proprio necessario, come ho fatto questo e moltissime altre cose ancora quando era bene e proprio necessario. Fare così ora non sarebbe però né bene né necessario; lasciamo quindi da parte queste idee, e andiamocene precisamente come da Me stabilito. Visto che però anche i due romani che dimorano qui ad Emmaus Mi accompagnano fino al monte degli Ulivi, voi potete pure restare con noi questa notte e la giornata di domani, la quale, come ben sapete, rappresenta per gli Ebrei un giorno festivo da osservare col massimo rigore; anzi Io stesso riprenderò domani ad insegnare al Tempio! Ma il giorno successivo potrete partire assieme ai romani e ritornare al vostro paese!»

6. Allora gli egiziani ringraziarono per le istruzioni ricevute, e si ritirarono.

7. Io poi Mi alzai e dissi: «Chi vuole venire con Me, si alzi e venga!»

8. Il Mio invito venne seguito da tutti, ad eccezione della moglie e dei figli di Nicodemo, i quali sarebbero bensì venuti volentieri anch’essi, ma invece venne indicato loro che avrebbero dovuto rimanere in casa. Io allora uscii per primo, e tutti gli altri Mi seguirono.

9. Giunti sulla piazza, Agricola volle ancora chiederMi notizie dei giovinetti.

10. Ed Io gli risposi: «Datti pace e non parlare; i Miei servitori si sono incaricati di questo, e i giovinetti sono ormai già arrivati a destinazione; tu li troverai tutti sul monte degli Ulivi»

11. Dalla piazza poi la compagnia procedette di buon passo, ma in perfetto silenzio.

12. Dopo una mezz’oretta noi ci trovammo già in vicinanza di Gerusalemme, e in quei paraggi ci imbattemmo in alcune guardie, le quali però ci lasciarono proseguire senza molestarci affatto, perché noi eravamo troppi per loro, ed essi ritennero di aver a che fare con dei romani e greci con i quali non desideravano affatto venire in conflitto. Ora le guardie furono indotte a credere questo dal fatto che noi procedevamo in gruppo secondo il costume dei romani e dei greci, e senza scambiare parola fra di noi come pure erano soliti comportarsi i romani quand’erano in servizio di pattuglia. Noi ben presto arrivammo alla porta del recinto del giardino, e da lì poco ci volle fino all’albergo del monte degli Ulivi, dove, una volta giunti, entrammo nella grande sala da pranzo sfarzosamente illuminata.

13. L’albergatore di Lazzaro Mi domandò se avrebbe dovuto far servire qualche cibo e bevanda.

14. Ma Io gli risposi: «A quest’ora per l’uomo non è bene prendere cibo, poiché anche le sue viscere hanno bisogno di riposare! Abbi cura invece per la colazione di domani!»

15. L’albergatore fu soddisfatto della decisione, e poi si recò da Lazzaro al quale consegnò un rilevante importo di denaro rappresentante l’incasso fatto fino a quel momento, e gli disse che la maggior parte del denaro egli lo aveva ricevuto dai mercanti di schiavi ormai partiti.

16. E Lazzaro allora disse: «Ma veramente da quelli non avresti dovuto prendere nulla!»

17. E l’albergatore rispose: «Mio caro amico! E nemmeno io volevo accettarlo, ben sapendo che essi erano più tuoi amici che ospiti! Sennonché essi obbiettarono: “Noi qui abbiamo avuto in dono i più preziosi tesori della vita i quali non si possono pagare nemmeno con tutto l’oro del mondo; come dunque potremmo permettere che noi e i nostri servitori venissimo alloggiati e nutriti gratuitamente? Accetta quindi senza alcuno scrupolo questa poca cosa per te e per il tuo padrone!”

18. Detto questo, essi deposero sul tavolo questi sette sacchetti colmi di buone monete d’oro e si allontanarono quasi scappando. Visto questo, io non potei ovviamente fare altro che tenerli per te; qui poi ci sono alcune centinaia di grossi (monete antiche) che ho incassato da altri ospiti, perché dopo la vostra partenza gli ospiti affluirono qui numerosi, la maggior parte forestieri, i quali si fecero servire bene e pagarono con generosità. Devo dirti ancora che essi avrebbero voluto pernottare qui, ma io mi scusai spiegando loro in tutta verità come stavano le cose e cioè che ero in attesa di qualche centinaio di persone le quali erano miei ospiti già dal giorno prima e che avevano approfittato della giornata di oggi per fare un’escursione fino ad Emmaus riservandosi di ritornare qui di sera. Ho accolto solo un vecchio pellegrino che era molto stanco e gli ho fatto preparare un giaciglio provvisorio in camera mia.

19. Fra altro è capitata nel pomeriggio quella donna che la prima volta ha condotto qui i nobili romani; lei mangiò e bevve qui nell’albergo, e si informò con molto interesse sul conto del Signore e Maestro. A questo scopo volle anche pagare questi dieci denari d’argento, ma io non mi fidai, dato che lei avrebbe potuto benissimo essere un’emissaria del Tempio, perché, come si sa, la gente poco di buono di quello stampo è capace per denaro di prestarsi a qualsiasi cosa, e per queste considerazioni io non volli nemmeno dirle dove era andato il Signore e Maestro partendo da qui!

20. La donna però era rimasta tanto visibilmente addolorata di non poter conoscere dove se ne fosse andato il suo Guaritore che si mise a piangere, e allora io stesso sentii qualche scrupolo e rimasi perplesso, non sapendo se avrei fatto bene o male a rivelarle dove Egli era andato! Tuttavia d’un tratto mi venne un buon pensiero e dissi tra di me: tu sei una persona venale e quindi in vendita, oppure una noiosa esaltata - come del resto hai mostrato di essere qui già la prima sera - e tu non puoi essere utile al Signore e Maestro né in un modo né in un altro, e io perciò non ti dirò niente!”. Però a lei dissi con buona intenzione: “Se proprio tanto grande è la tua brama di vedere il Signore e Maestro che ti ha guarito, allora vivi secondo la Sua Parola ed Egli, che non ignora nemmeno i nostri più nascosti pensieri, concederà bene a tempo opportuno che tu Lo possa incontrare!”. Così lei finì col riconoscere che avevo ragione e poi se ne andò. E questo sarebbe anche tutto quello che è accaduto di una certa importanza qui durante la tua assenza. Dimmi dunque ora: ho fatto tutto bene?»

21. Rispose Lazzaro: «Amico, come sempre, così anche oggi hai fatto bene, ed io credo che il nostro comune Amico, Signore e Maestro, sarà Egli pure contento di te come lo sono io; e queste varie centinaia di grossi [monete antiche] e di denaro d’argento, tienili come ricompensa delle tue fatiche!»

22. Disse l’albergatore: «Amico, io comunque ricevo da te una ricompensa troppo grande per accettare qualcosa di più; tuttavia siccome io so che quando dici una cosa, quella assolutamente rimane, non posso fare altro che accettare anche questo denaro! Ma certo non lo prendo per me, poiché di acquirenti bisognosi di questa merce non avrò fatica a trovarne in abbondanza!»

23. In quel momento Mi avvicinai Io stesso ai due e, posate le Mie mani sulle loro spalle, dissi: «Così va bene, o amici Miei cari! Tu hai lavorato oggi perfettamente anche secondo le Mie intenzioni! In verità Io vi dico: “Ai Miei occhi, tu, Mio Giordan, e qui il fratello Lazzaro valete così tanto da compensare più di cento paesi colmi di ingiustizia e di egoismo!”

24. Davvero, se Io non avessi trovato qui alcuni uomini come siete voi, e appunto voi a capo di questi pochi, Io non dimorerei in questo luogo! Continuate dunque a camminare per le Mie vie, ed Io sarò, come anche ora sono, non soltanto vostro Signore e Maestro, ma vostro vero Fratello nel corpo, e quello che è Mio dall’eternità sarà anche vostro per sempre!

25. Oh, se tutti gli uomini fossero come voi, le condizioni su questa Terra sarebbero del tutto differenti! Sennonché la pigrizia degli uomini è l’antica rete di Satana, nella quale essi volontariamente si lasciano impigliare a loro perdizione eterna! Eppure non potrebbero essere stati creati più perfetti di quanto già sono! Essi possiedono ragione, intelletto, una liberissima volontà e una retta coscienza che li ammonisce sempre; oltre a ciò essi hanno avuto ed hanno sempre e dappertutto degli uomini e maestri suscitati da Me, attivissimi e savi come gli angeli. Sennonché la loro pigrizia con i suoi voluttuosi miraggi li distoglie continuamente da ogni cosa giusta, vera e buona; così essi precipitano nel regno della perdizione, e l’unico mezzo che poi resta a disposizione, atto a portare loro ancora qualche aiuto, è quello di far scendere su di loro un giudizio dopo l’altro e una punizione dopo l’altra. E anche questo risulta efficace solo nei riguardi di una infinitesima minoranza.

26. In verità, la Terra tutta non avrebbe da lamentare mai un solo cattivo raccolto qualora gli uomini vi somigliassero anche solo la metà di quanto siete voi, mentre invece anche se si cerca molto bene, ora in tutto il paese d’Israele non se ne trovano nemmeno mille che siano completamente come dovrebbero essere. Tuttavia per amore anche di questi soli mille Io non visiterò il paese con una calamità generale. È bene che i buoni vengano sempre risparmiati da qualsiasi piaga finché si mantengono veramente buoni; ma se poi si assoceranno in qualche modo al mondo, allora dovranno partecipare pure loro alla piaga del mondo stesso.

27. Voi potete crederMi se vi dico che Io non Mi rallegro affatto quando Mi vedo costretto a permettere che l’umanità pigra sulla Terra venga spesso afflitta da ogni tipo di mali! Eppure vi assicuro che non esistono altri rimedi, perché, se un padrone non incitasse quasi giornalmente al necessario lavoro i suoi servitori sempre sonnolenti e troppo dediti al dolce far niente, ben magre sarebbero le prospettive per i suoi raccolti, e ben scarsi utili potrebbe ripromettersi. Soltanto lo zelo usato dal signore nel destare a tempo debito i suoi molti servitori e lavoratori riesce vantaggioso a lui e contemporaneamente anche a coloro che lavorano per lui. Quelli invece che si nascondono per non dover lavorare e per continuare a dormire, bisogna che poi ascrivano a se stessi la colpa se cadono in rovina.

28. Abbiate dunque cura che tutti coloro che vi sono sottoposti siano sempre desti e attivi in ogni cosa giusta, vera e buona, e così avrete sparso una buona semente sui Miei campi, la quale ci renderà cento volte il frutto, e non dubitate che una gran parte del raccolto andrà in eterno a vostro vantaggio!

29. Ma ecco che ormai si è fatta già notte avanzata; è bene concedere anche ai nostri corpi il necessario riposo fino a domani, perché la giornata di domani, anche se è Sabato, richiederà da noi uno sforzo considerevole!».

30. A questa decisione tutti i presenti si adeguarono volentieri e si ritirarono per passare il resto della notte ai posti loro assegnati. In quanto a Me, rimasi seduto sulla Mia sedia a braccioli, e là riposai tranquillo fino al mattino.

 

[indice]

 

Cap. 182

Uno strano sorgere del Sole.

 

1. Al mattino del Sabato, circa un quarto d’ora prima del levare del Sole, Io Mi alzai dalla Mia sedia e Mi recai subito fuori, all’aperto. Pietro, Giacomo e Giovanni se ne accorsero ben presto e vennero a raggiungerMi quando il Sole non era ancora spuntato sull’orizzonte.

2. Noi quattro allora salimmo fino in cima alla collina, però non rimanemmo a lungo soli, perché i sette egiziani ci raggiunsero anche loro, e il loro capo disse: «O Signore, perdonaci se Ti abbiamo seguito così di buon mattino, ma su questa Terra certo noi col nostro corpo non potremo seguirTi più, né mai più sarà concessa a questa Terra la fortuna infinitamente ed eternamente rarissima di veder calcare le sue zolle dai piedi corporei del proprio Creatore! Quindi avendo ora la felicità indicibile di essere con i nostri sensi testimoni di questo massimo fra tutti i Tuoi infiniti ed eterni prodigi, sarebbe un grossolano errore e un grave peccato perderTi di vista anche per un solo istante e non udire ciascuna Parola che esce dalla Tua bocca»

3. Dissi Io: «Chi segue Me, non sbaglia mai, e beato chiunque pensa e sente come voi; tuttavia, come non è difficile rilevare, sono moltissimi coloro che dormono ancora profondamente nonostante il Sole sia prossimo al suo sorgere. Lasciamoli però riposare, anch’essi si desteranno ancora in tempo quando si sarà fatto giorno! Moltissimi invece si desteranno solo quando sarà giunta la sera della loro vita, e questo destarsi nella notte della vita potrà essere di poca consolazione per loro.

4. Felici però sempre coloro i quali si destano in una notte rifulgente di stelle! Ma non altrettanto felici saranno coloro che si desteranno in una sera gravida di dense nubi, perché essi dovranno passare, vegliando, una notte assai lunga, tenebrosa e quanto mai sconsolata. E anche volendo riprendere il sonno in quella notte di tenebre, il sonno tuttavia non scenderà su di loro! E questo sarà sulla Terra un tempo ben infausto! Ma pure chi sarà perseverante nel vegliare fino alla fine dei suoi giorni terreni anche durante la notte più tenebrosa, costui sarà beato!»

5. E Pietro Mi domandò: «O Signore, ma allora andrà male a tutti coloro che dormiranno durante il giorno, ovvero a chi, come ce ne sono tanti, i quali sono portati a dormire tutto il giorno per sonnolenza? Non sarebbe possibile venire in tempo in soccorso anche a quelli?»

6. Ed Io gli risposi: «Ma, o Simon Giuda, quanto tempo dovrò ancora sopportarti nella tua stoltezza? Ho forse parlato del sonno naturale del corpo? Guarda qui questi sette pagani! Fino a quando tu, che sei un vero ebreo, continuerai a sfigurare accanto a loro? Questi Mi hanno compreso benissimo, perché dunque non tu, che pure già da tanto tempo sei vicino a Me?»

7. Rispose Pietro: «O Signore, abbi pazienza con me se il mio intelletto è ancora molto carente in varie cose!»

8. Ed Io gli dissi: «La pazienza certo non Mi manca, e tu ad ogni modo resterai Pietro; tuttavia la tua carne non ti innalzerà mai ad una conoscenza superiore, ma unicamente il Mio Spirito quando sarò asceso al Cielo.

9. Ma ora fate tutti bene attenzione all’odierno sorgere del Sole, il quale per questa regione della Terra sarà molto raro! Poi ciascuno domandi a se stesso se ne avrà compreso anche il significato spirituale! Infatti tutto quello che succede su questo mondo naturale non può succedere altrimenti che per influsso dai Cieli di Dio; ebbene, ogni influenza esercitata nei mondi naturali per mezzo degli angeli di tutti i Cieli proviene originariamente da Me. Fate dunque bene attenzione, perché anche la natura deve rendere testimonianza di Me dinanzi a voi!»

10. Non appena ebbi terminato di parlare, il Sole cominciò ad emergere sopra l’orizzonte, e quando esso si fu già alzato di circa mezzo grado, un secondo Sole apparve più verso Settentrione, però un intero grado sopra l’orizzonte, e del tutto simile al primo; ebbene questo era un sole gemello perfettamente formato il quale costituisce appunto uno dei fenomeni più rari.

11. Gli egiziani si raccapezzarono subito, e il loro capo disse: «Signore, è raro da noi che le apparizioni di questo genere abbiano una tale limpidezza; io personalmente ho avuto occasione di vederne una sola dopo la stagione delle piogge, ma da allora saranno trascorsi già quarant’anni! Io credo che, a modo mio, sarei in grado di ricostruire anche il senso spirituale di questo fenomeno»

12. Dissi Io: «Questo lo so bene, perché voi vi trovate ancora intatti nell’antica chiesa di Noè, nella quale gli uomini si mantennero ancora in stretti rapporti con gli angeli fino ai tempi di Abramo, ad eccezione dei discendenti di Nimrod, i quali furono i primi a rivolgersi al mondo, e perciò anche decaddero. Quindi avete tuttora in voi una giusta rivelazione e potete comprendere il senso interiorissimo di questo fenomeno; non così invece avviene per il momento di questi Miei discepoli! Essi sono bensì colmi di fede e di buona volontà, però la luce piena in loro potrà farsi solo quando appunto i sette spiriti di Dio avranno trovato in loro quanto prima il perfetto equilibrio.

13. Conviene perciò che, per il bene di tutte le genti, Io li guidi come un Maestro esteriore, affinché essi possano operare secondo il Mio eterno Ordine di loro propria volontà; quindi ora è soltanto a loro che intendo chiedere di esprimersi riguardo a questo fenomeno. Parla dunque tu, o Simon Giuda!»

14. Rispose Pietro: «O Signore, se dovrò spiegare il fenomeno con quanta sapienza c’è in me, davvero la spiegazione sarà molto magra! Io vedo adesso due soli simili tra di loro, e non saprei dire nemmeno quali dei due sia il vero! Ed ecco laggiù sulle strade c’è una quantità di gente, la quale sta pure osservando il fenomeno, e che certo sa farsene un giudizio ancora meno di me; infatti se già io, che dovrei essere un sapiente, non ne comprendo nulla, immaginarsi cosa potranno comprendere quelli laggiù!»

15. Pietro cercava così di eludere la Mia domanda; Io però dissi: «Quelli che sono ora laggiù non ci interessano! Io invece intendo avere a che fare qui soltanto con voi, ma vedo che tu questa apparizione non la comprendi; perciò Io dovrò domandare al Mio Giacomo!»

16. Sennonché questi pure rispose: «O mio Signore e Maestro! Purtroppo nemmeno io mi trovo per nulla in condizioni migliori del fratello Simon Giuda! Anch’io ignoro quali dei due soli sia propriamente il vero! Infatti ambedue sono ugualmente grandi e luminosi! Anche agli uccelli dell’aria sembra che la cosa appaia strana, perché essi sono muti e non fanno sentire né canti, né alcuna altra voce; a me fanno anzi l’impressione come se volessero dire: “Qual è il vero Sole? Perché noi non vogliamo salutare il falso col nostro canto!”»

17. Ed Io dissi: «La tua osservazione è stata buona, nonostante tu stesso non l’abbia compresa. Ma poiché voi non capite questa apparizione, cosa direte adesso che un po’ più verso Mezzogiorno comparirà un terzo Sole? Guardate un po’ là; la premessa del fenomeno esiste già per effetto di una massa di vapori formatisi nell’atmosfera, e adesso anche apparirà con grande meraviglia di tutti un terzo Sole perfettamente simile a questi due. E vedete, eccolo che già splende!»

18. Effettivamente in quel momento si vide apparire il terzo Sole completamente formato, come Io ne avevo dato l’annuncio; ma allora la gente che si trovava per le strade fu colta da spavento e corse di qua e di là rifugiandosi nelle case vicine; i più coraggiosi invece si fermarono per osservare quell’insolito spettacolo naturale. Gli uccelli tradivano un’estrema inquietudine, e ben presto si videro volteggiare alte nell’aria una quantità di aquile e di avvoltoi; l’uno dava la caccia all’altro. E quando i colombi ed altri piccoli uccelli si accorsero di quei molti e possenti nemici [volanti] al di sopra di essi, allora fuggirono precipitosamente e si nascosero come meglio poterono.

19. Allora l’egiziano fece la seguente osservazione: «È una cosa davvero molto strana! Allorché io, quarant’anni fa, ebbi occasione di assistere ad un fenomeno simile nel mio paese - allora però si trattava di un unico Sole gemello - mi ricordo che anche allora subito dopo comparirono in gran numero, negli alti strati dell’aria, degli uccelli rapaci di questa specie, i quali visibilmente combattevano l’uno contro l’altro, ciò che di solito succede soltanto rarissime volte! Ma probabilmente oggi anche i leoni e le pantere si combatteranno di nuovo tra di loro. Devo però confessare che l’apparizione di questo terzo Sole non la comprendo io stesso in maniera proprio ben chiara, quantunque io senta in me una certa idea discretamente formata, anche se non ben precisa, di ciò che essa può voler significare».

 

[indice]

 

Cap. 183

La causa dei soli gemelli.

 

1. Intanto anche gli altri discepoli erano venuti a raggiungerci, ad eccezione di Giuda Iscariota, e insieme a loro c’erano pure Lazzaro, Nicodemo e l’albergatore Giordan. Non appena questi Mi videro, la prima cosa che fecero fu, naturalmente, quella di chiedere cosa fosse quel fenomeno e quale potesse esserne il significato!

2. Ed il nostro Lazzaro fece l’osservazione: «O Signore, è un fatto quanto mai strano davvero! Adesso splendono di una luce viva tre soli, e tuttavia io scorgo un non so che di sinistramente torbido tanto nell’atmosfera, quanto ancora di più sul terreno, e le alte cime dei monti sono del tutto buie, mentre l’aria è così gelida da mettere i brividi. Invece tre soli dovrebbero evidentemente diffondere più luce e generare più calore di uno solo! Come si spiega ciò?»

3. Gli rispose l’egiziano: «O amico Lazzaro, la tua osservazione è perfettamente giusta per quanto riguarda la percezione naturale; e in occasione di un fenomeno simile, verificatosi nell’Alto Egitto quarant’anni fa, io ho fatto delle constatazioni assolutamente identiche; ora io potrei indicarti bensì la ragione naturale del fenomeno stesso, non così invece quella spirituale più profonda, tanto meno poi trovandosi addirittura di fronte a due soli gemelli»

4. Disse Lazzaro: «Allora dimmi almeno quale ne è la causa naturale!»

5. Rispose l’egiziano: «Vedi, o amico mio! Nelle regioni estreme dell’atmosfera, le quali arrivano ad un’altezza corrispondente a dieci monti del Libano messi l’uno sopra l’altro al disopra del suolo terreno, si raccoglie in certe epoche e in certi anni un vapore molto sottile! In seguito dunque ad un maggior grado di densità, nel grande oceano atmosferico sopra la Terra subentra uno stato di quiete perfetta, sia pure certo soltanto su singoli tratti dell’oceano stesso, come si può bene osservare in certe epoche anche sul grande oceano dell’acqua, dove pure a volte una determinata parte della superficie si mostra del tutto tranquilla come uno specchio, mentre tutto intorno c’è un ondeggiamento accentuato. Qualora dunque avvenga che sulla superficie immensa dell’oceano atmosferico si verifichi un simile parziale stato di quiete, su questa superficie tranquilla il Sole viene a riflettersi con altrettanta purezza come su quella di un tratto di mare in stato di calma perfetta, e per conseguenza allora noi vediamo per ragioni del tutto naturali un Sole gemello riflesso, e formandosi più di una di queste superfici tranquille, si potranno scorgere appunto altrettanti soli gemelli quanti saranno i tratti tranquilli di questa specie formatisi sulla superficie dell’oceano atmosferico, però a condizione che l’inclinazione della superficie dell’oceano atmosferico sia tale che l’immagine ricevuta debba cadere in linea retta in una zona corrispondente proprio a quegli stati tranquilli. Se la posizione della superficie tranquilla si modifica, per la corrispondente zona il Sole gemello o si rende del tutto invisibile, oppure si riduce ad una luminosità indistinta; se poi la superficie tranquilla si fa nuovamente ondeggiante, allora il Sole gemello scompare completamente.

6. Dopo simili fenomeni però, i quali si manifestano in seguito all’accumularsi dei vapori sottili menzionati prima nelle regioni più alte dell’atmosfera e ai quali va pure ascritta la diminuzione della luce e del calore, appaiono ben presto delle nuvolette più dense le quali poi si infittiscono sempre di più e terminano col diventare pioggia.

7. E così ti avrei esposto in brevi parole la causa naturale di questo fenomeno. Ma la causa vera, puramente spirituale, questa certo la conosce soltanto il Signore, nonché pure colui al quale Egli vuole rivelarla. Alcune idee vaghe in proposito ce le ho anch’io, ma non si può parlare nemmeno alla lontana di una concezione chiara delle cose, particolarmente per quanto riguarda ciò che il futuro tiene gelosamente in serbo. Hai ben compreso?»

8. Rispose Lazzaro: «Si, o stimatissimo amico mio, quello che tu mi hai detto io l’ho compreso davvero bene e chiaramente, e a questo riguardo non posso trattenermi dal fare l’osservazione affatto insignificante che presso di noi Ebrei, rispetto ad una valutazione pura dei fenomeni della grande natura e alla loro conoscenza radicale, non è stato scoperto finora proprio nulla. Dei singoli forse hanno scoperto per loro conto più di una cosa e sono giunti ad individuare le cause che sono forse all’origine di più di un fenomeno; sennonché tali conoscenze essi le hanno tenute per se stessi, avendo probabilmente delle buone ragioni per non comunicarle a nessuno. Infatti, in primo luogo, esse saranno state per loro fonte di cospicui utili, specialmente frequentando i pagani di più chiaro intelletto, e in secondo luogo saranno stati indotti a tenere nascoste tali conoscenze scientifiche per timore dei farisei, per non venire perseguitati a morte da questi.

9. Insomma io in proposito sono della seguente opinione: “Un’esatta visione e una giusta conoscenza degli svariatissimi fenomeni naturali sarebbero atti, più di qualsiasi altra cosa, a distogliere gli uomini da ogni genere di superstizioni e dalle rovinosissime conseguenze di queste, e perciò sarebbe quanto mai desiderabile per il futuro che agli uomini potessero venire impartiti dei radicali insegnamenti anche a questo riguardo!”. Ma Tu, o Signore e Maestro, sei pure d’accordo?»

10. Risposi Io: «Oh, nessuno più di Me può esserlo, poiché un uomo non potrà mai afferrare e comprendere pienamente in tutta la loro profondità le più profonde verità soprannaturali se egli non conosce il terreno sul quale si trova e cammina quale uomo naturale! E perciò Io stesso vi ho spiegato molte cose nel campo dei fenomeni particolari di questo mondo della natura e vi ho praticamente mostrato la configurazione della Terra e come vengono generati il giorno e la notte; vi ho spiegato le cause delle eclissi solari e lunari nonché delle stelle cadenti, e vi ho chiarito che cos’è la Luna, il Sole, tutti i pianeti e da ultimo il cielo stellato dalla vastità infinita.

11. Io vi ho inoltre detto che un uomo potrà amare Dio in modo totale soltanto quando Lo avrà riconosciuto sempre di più e sempre più puramente nelle Sue innumerevoli opere. Ebbene, se Io stesso vi ho sempre caldamente messo a cuore simili conoscenze, si comprende da sé che condivido completamente la tua buona opinione, e Mosè non avrebbe scritto un sesto e un settimo libro riguardante i fatti e i fenomeni naturali, nonché un’appendice profetica contenente l’antica dottrina delle rispondenze fra il mondo naturale e quello spirituale, se egli queste cose non le avesse reputate supremamente necessarie alla cultura vera e pura di tutti gli Ebrei.

12. Sennonché già all’epoca dei re questo importante ramo della cultura preliminare cominciò a venire sempre più trascurato; anzitutto per opera di una parte dei sacerdoti che andava facendosi sempre più tenebrosa e avida, e poi anche a causa dei re stessi. Quando poi, già sotto i primi discendenti di Salomone, il regno venne diviso, allora questo ramo della scienza andò ben presto talmente perduto che voi ora non sapete quasi più che tale scienza fu molto coltivata fra gli Ebrei dal tempo di Mosè fino a quello di Samuele.

13. Io dunque vi ho spiegato già molte cose, e voi ormai ne comprendete anche molte; tuttavia la cosa principale è e resta la costante aspirazione alla completa rinascita dello spirito nell’anima, perché unicamente attraverso di essa l’uomo verrà elevato a tutta la verità e sapienza, e solo così egli avrà una perfetta Luce che gli chiarisce tutti i rapporti esistenti fra le cose terrene e quelle celesti, puramente spirituali, e con tale Luce, infine, egli otterrà l’eterna vita. Questo però è infinitamente di più di tutte le scienze che riguardano tutte le cose della natura!

14. Infatti, a che servirebbe ad un uomo anche se riconoscesse e fosse in grado di valutare accuratamente nel modo più vero e preciso tutte le cose e i fenomeni dell’intero mondo della natura, dai più grandi ai più piccoli, se ciononostante egli fosse così lontano dalla rinascita dello spirito nell’anima, come la Terra lo è dal Cielo? Le numerose scienze potrebbero procurargli dunque la vita eterna? Giudica ora tu stesso e famMi sentire la tua opinione!»

15. Rispose Lazzaro: «O Signore e Maestro, allora sarebbe meglio che l’uomo non fosse mai venuto a questo mondo! Infatti una vita molto ben conscia di se stessa, capace di pensare, di ragionare e di comprendere e compiere tante cose, nonché accessibile ai sentimenti di sconfinata ammirazione e di beatitudine dinanzi alle Tue prodigiose opere, o Signore, tale vita sarebbe - in mancanza della prospettiva ben definita di un’esistenza eterna e perfetta - secondo il mio modo di vedere, in condizioni molte migliaia di volte più miserande di quelle del nudo e miserevolissimo verme vivente nel più immondo e pestilenziale pantano della Terra.

16. E chi, nella situazione sopra descritta, si proponesse di allevare ed educare fin dalla culla il proprio simile ad un più chiaro modo di pensare, commetterebbe il massimo dei crimini contro l’umanità, poiché egli così ucciderebbe doppiamente il suo simile, anzi di più ancora e nella maniera più tormentosa! Infatti così facendo egli evidentemente ridurrebbe l’uomo alla creatura più miserevole fra tutte!

17. Anche l’animale vive - questo è vero - ma la coscienza di sé è in esso certamente quanto mai ottusa: non può pensare, non conosce la morte, né sa apprezzare il valore della vita, quindi non può avere paura della morte ed è per conseguenza felice.

18. Ma si consideri invece le condizioni dell’uomo il quale conosce fin troppo bene il valore inestimabile della vita! Qualora potesse acquisire la certezza che con la morte del corpo finisce proprio tutto, egli dovrebbe evidentemente ben presto cadere vittima della più nera disperazione, e non potrebbe che maledire mille volte la propria esistenza. Ora, in simili condizioni, il maggior benefattore dell’umanità sarebbe colui che avesse il potere e avesse la forza di uccidere tutte le creature umane sulla Terra, e infine anche se stesso; in una parola, la forza di sterminare l’umanità intera. Oppure egli dovrebbe conoscere a fondo l’arte di ridurre tutti gli uomini ad uno stato tanto basso e idiota, da renderli perfettamente inconsapevoli di sé, ciò che infine sarebbe la stessa cosa che ucciderli tutti.

19. Oltre a ciò se l’uomo non avesse una prospettiva ben definita e nemmeno una qualche fondata speranza di una vita eterna, egli in primo luogo, qualora credesse in un Dio, non potrebbe che maledirLo per tutto il tempo della sua vita anziché lodarLo e glorificarLo. In quanto poi a Mosè e tutti i profeti, questi non potrebbero essere che l’oggetto delle sue più atroci imprecazioni, perché gli dovrebbero apparire nelle vesti dei nemici più grandi dell’umanità, e colui che perdesse il suo tempo ad osservare anche un solo jota della Legge, sarebbe il più gran pazzo di questo mondo!

20. Ma da tutto ciò risulta dunque chiarissimo che per l’uomo, qualora egli sia a conoscenza delle vie da seguire, l’aspirazione fattiva alla rinascita del proprio spirito nella propria anima rappresenta la prima e suprema necessità; perché senza di essa egli cessa assolutamente di essere una creatura umana malgrado tutta la sua scienza per quanto chiara! Ed in tali condizioni egli invece non è altro che un animale in forma umana, per quanto intelligente sia, ma perciò anche tanto più miserabile. O Signore e Maestro, ho ragione oppure torto?».

 

[indice]

 

Cap. 184

Il Signore spiega il fenomeno dei due soli gemelli.

 

1. Dissi Io: «Hai perfettamente ragione; eppure, vedi, ci sono attualmente sulla Terra degli uomini in grandissima quantità i quali anzitutto non credono in alcun Dio e Creatore, e quindi non credono affatto in una vita eterna dell’anima, e tuttavia si dilettano immensamente della vita, godono ed esultano, però oltre a questo sono colmi di superbia e di avidità, fanno lavorare gli altri per loro, e chi ricordasse a questi tali che una vita eterna dell’anima dopo la morte del corpo esiste realmente, verrebbe schernito e deriso, e si attirerebbe la seguente risposta: “Pazzo che non sei altro, quando sarai morto, vieni e insegnaci le tue teorie, e allora ti crederemo; ma finché tu stesso assieme a noi sei in attesa della morte, noi non crediamo a simili tue fantasticherie!”. In questo caso ora dimMi cosa risponderesti ad una simile replica!»

2. Disse Lazzaro: «O Signore, poco certamente si potrebbe ribattere, in generale, e da parte mia poi niente affatto! Infatti una volta che l’uomo si sia conficcato troppo profondamente nella morte della materia è estremamente difficile convertirlo completamente alla vera fede, e tanto meno alla vita dello spirito. Io penso quindi che sarebbe meglio lasciar stare questo argomento e che Tu volessi piuttosto spiegarci il significato spirituale del fenomeno di questi tre soli che tuttora sono visibili!»

3. Dissi Io: «Io certo farò come desideri; però era più opportuno che prima ti mostrassi che gli uomini, anche senza la minima prospettiva di una vita eterna, possono vivere comodamente accontentandosi anche della semplice vita temporanea dell’aldiquà. Invece di uomini come ne sei tu uno fra i Miei discepoli, uomini che credono con certezza in una vita eterna, ce ne sono ancora molto pochi in quest’epoca, e non ce ne saranno mai troppi nemmeno in avvenire su questa Terra. E l’apparizione odierna dei tre soli indica appunto che le cose stanno in questi termini e che purtroppo staranno così anche fino ad un lontano futuro.

4. Tu e voi tutti sapete che sul firmamento non splende che un Sole unico, eppure voi ora ne vedete tre. Così pure voi sapete che esiste soltanto un vero Dio e Creatore, tuttavia verrà un tempo nel quale la stolta umanità, in seguito ad ogni tipo di miraggi e di falsi ragionamenti, creerà dall’unico vero Dio tre divinità!

5. Allora la Luce vitale si indebolirà fra gli uomini della Terra, e l’amore per Dio e per il prossimo si affievolirà; e i pochi, ancora animati da fede vera e pura, verranno assaliti da un grande timore come questi uccellini, e i re della Terra si faranno simili ai possenti animali feroci e si faranno continuamente guerre micidiali tra di loro, e coloro che invocheranno le tre divinità non saranno esauditi.

6. Il primo Sole gemello, levatosi più a Settentrione quasi contemporaneamente al vero Sole che rappresenta per rispondenza Me stesso, significa l’Antiprofeta ovvero l’Antiunto, il quale sorgerà e dirà: “Ecco, io sono il vero Unto di Dio! Ascoltate me se volete essere beati!”. Io però vi dico che nessuno di voi si lasci attirare nei suoi lacci, perché questo sarà un inviato dell’inferno, e con le sue arti ingannevoli farà segni meravigliosi di ogni specie; la sua faccia apparirà molto onesta e molto pia, e pregherà e offrirà sacrifici, mentre il suo cuore sarà colmo di odio più terribile contro ogni verità che egli perseguiterà col ferro e col fuoco. Egli maledirà tutti coloro che non si comporteranno conformemente alla sua dottrina. Sarà lui a creare le tre divinità e le offrirà all’adorazione degli altri; Io, quale un Redentore del mondo, vi sarò bensì pure compreso, ma diviso in tre persone. La bocca parlerà certo di un Dio solo, ma l’adorazione sarà rivolta a tre persone, ciascuna delle quali, presa a sé, sarà essa pure un Dio perfetto e dovrà venire adorata separatamente.

7. Ma non molto tempo dopo sorgerà un Sole gemello, ovvero un secondo Antiunto il quale oscurerà il primo sotto ogni riguardo, e il secondo sarà dieci volte più maligno ancora del primo, perché il primo non porrà proprio eccessivi impedimenti alla Mia Parola, mentre quello del Mezzogiorno proibirà formalmente nella sua totalità la Mia Parola e la Mia Dottrina, e delle stesse prenderà soltanto quello che potrà giovare ai suoi fini perversi. Egli farà bensì innalzare il Mio Segno ad ogni angolo di strada e lo esporrà alla venerazione; ma accanto a questo ne verranno ostentati a migliaia di altri ancora e per lo più saranno segni di cui egli si compiacerà.

8. Il quel tempo l’orgoglio, la discordia e l’odio reciproco raggiungeranno il culmine: un popolo si scaglierà contro l’altro, le guerre si susseguiranno continuamente e ci saranno terremoti, pessimi raccolti, carestie, fame e pestilenze. Ma allora Io guasterò all’Antiunto le sue radici, così che poi egli inaridirà come un albero a cui siano state tagliate tutte le radici. Allora vi saranno molte maledizioni, gemiti, urla e lamenti in abbondanza, e di quei perfidi e vani soli gemelli, pur avendo ambedue rubato dal Mio il loro falso splendore, accadrà quello che ora accade di questi soli gemelli sul firmamento dinanzi ai vostri propri occhi. Ecco, vedete: essi divengono sempre più foschi e la forma di un Sole trapassa ad una forma vaporosa pochissimo luminosa, mentre invece con tanta maggiore magnificenza, splendore e calore si presenta l’unico vero Sole. Ed ora potete vedere pure come gli uccellini escano dai loro nascondigli, e tutti vispi salutano l’unico vero Sole con i loro canti, mentre i grossi uccelli rapaci si disperdono qua e là e si affrettano verso i loro boschi tenebrosi.

9. Ma non diversamente accadrà in quei tempi. Tutto ciò che sarà trovato alto, verrà abbassato; le cime dei monti dovranno venire ridotte a terreno piano e fertile. Allora non si chiederà più e non si dirà: “Chi è il re di questo paese?”, ma si dirà: “Chi è il primo e massimo benefattore di questo popolo felice? Lasciate che noi pure andiamo da lui, affinché anche noi possiamo imparare la sua sapienza nell’Ordine di Dio!”

10. Quando questo tempo beato sarà venuto, lupi, orsi, agnelli e lepri berranno tutti assieme in pace alla stessa fonte. Avete compreso bene tutto ciò?»

11. E il nostro Nicodemo disse: «Per averlo compreso, lo abbiamo certo compreso discretamente, malgrado questa profezia non si annunci proprio piacevole, e si sarebbe davvero tentati di domandare ancora: “Ma, o Signore, è poi veramente necessario che tutto ciò avvenga così finché la Tua Luce di verità possa risplendere assolutamente libera e senza ostacoli su tutta la Terra?”. Noi abbiamo ormai ricevuto la Tua Parola e la Tua Luce purissima, e le diffonderemo anche così come sono; allora le beatissime conseguenze di queste non potranno fare a meno di dimostrare all’umanità che la Parola da noi predicata è l’unica vera e genuina. Ma poi io davvero non vedo chi e cosa potrebbe osare opporvi una falsa dottrina»

12. Risposi Io: «Parlare bene è più facile dell’operare bene, ed è nell’operare che si cela la semente della zizzania, la quale, anche senza che ce se ne accorga, viene sparsa sul terreno del cuore umano assieme a quella pura del grano durante la semina; essa allora mette radici e cresce con tanto rigoglio fra il buon grano che questo ne rimane soffocato e rovinato. Per conseguenza anche voi non dovete limitarvi ad ascoltare soltanto la Mia Parola, ma dovete metterla in pratica! Sennonché accadrà che voi pure vi tratterrete dall’operare a causa del mondo grande e potente, e pur professandoMi di nascosto nel silenzio del vostro cuore, voi stessi a mala pena vi azzarderete a parlare nel Mio Nome per timore del mondo, e meno ancora di operare, poiché il mondo potrebbe accorgersene e potrebbe poi chiamarvi a rispondere, avendo constatato che vi siete incamminati per le Mie vie, poiché saranno le vostre opere a rendere testimonianza di ciò. E vedete, allora non si tratterà davvero più della domanda: perché tutto ciò che ora vi ho predetto debba proprio accadere, finché nei tempi molto più tardi la verità possa rendersi perfettamente libera e i popoli possano averne benedizione, ma invece dipenderà esclusivamente da voi se avrete più o meno timore del mondo che non di Me.

13. A causa del vostro timore del mondo la mala semente verrà sparsa assieme al buon grano, e da ciò sorgeranno i due soli gemelli. Ora Io appunto per questa ragione ho concesso che il fenomeno si manifestasse qui e vi ho fatto questa profezia, affinché quando avverrà così voi possiate ricordarvi - sia ancora qui, sia già nell’aldilà - che tutte queste cose Io ve le ho annunciate già in anticipo.

14. E perciò ancora una volta vi dico: “Non temete coloro che possono bensì uccidere il vostro corpo, ma che non possono in nessun modo arrecare danno all’anima; e invece, se proprio dovete temere qualcuno, temete piuttosto Colui nelle Cui mani sta la vita oppure la morte anche delle vostre anime!”

15. È vero che molti di voi manifesteranno in piena luce un vero coraggio, non tutti però lo faranno, e perfino parecchi di voi si scandalizzeranno[31] di Me.

16. Il Pastore verrà legato e percosso, e le pecore si disperderanno, e un gran timore, tristezza e angoscia verranno su di esse. Ma poi Io ritornerò, le radunerò e infonderò loro coraggio e vigore contro i nemici della Luce dai Cieli. Ed ora non si parli più di questo, poiché adesso Io vi ho detto e mostrato queste cose allo scopo che voi a tempo debito ve ne ricordiate e operiate giustamente, affinché non si debba applicare anche a voi l’antico proverbio: “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore!”. Ma adesso è giunta l’ora della colazione; perciò rientriamo in casa!».

 

[indice]

 

Cap. 185

Le disposizioni del Signore per la visita al Tempio.

 

1. In Nicodemo però, nonché in Giuseppe d’Arimatea e nel vecchio rabbi, non mancò di sorgere qualche lieve scrupolo per il fatto di dover partecipare alla colazione nel giorno di Sabato, e per di più dopo il levar del Sole.

2. Ma Io dissi loro: «Se già qui vi lasciate dominare da preoccupazioni a causa del Sabato - eppure voi sapete che Io sono Signore del Sabato e di Mosè - come ve la caverete poi quando siederete nuovamente a consiglio con i farisei e gli anziani di Gerusalemme?»

3. A questa Mia osservazione i tre ripresero coraggio e vennero in casa con noi, mangiarono e bevvero essi pure di lieto umore.

4. E il vecchio rabbi concluse col dire: «Sì, è vero, il Signore e Maestro ha sempre ragione! Una vecchia abitudine è come una veste macchiata da lungo tempo che, malgrado la più gran diligenza, non si riesce mai a pulire completamente»

5. Ed Io dissi loro: «Ora hai detto il vero; vedete perciò di spogliarvi del tutto dell’uomo antico e di vestirvi di uno nuovo, perché l’uomo antico non può più servire d’ora innanzi! Ma adesso mangiate e bevete ancora, e poi ce ne andremo al Tempio!»

6. Osservò allora Nicodemo: «E Ti fidi di recarTi ancora una volta nel covo di quei feroci?»

7. Gli risposi Io: «Io non vado al Tempio per causa loro, ma a causa del popolo che oggi è venuto qui per Me; e perciò Io non temo affatto quei feroci! Ma ora facciamo in modo di arrivare presto al Tempio!»

8. A queste Mie parole nessuno osò più obiettare nulla, poiché ciascuno pensò e disse tra di sé: «Egli ha potere sul Cielo e sull’inferno, e quindi non ha motivo di evitare o addirittura di temere quella perfida stirpe del Tempio»

9. Prima però che Io scendessi al Tempio, i romani e anche i discepoli Mi domandarono se avrebbero dovuto venire anche loro e che cosa sarebbe stato da disporre nel frattempo riguardo ai giovinetti.

10. Ed Io risposi loro: «Nessuno può vietare a qualcuno di voi l’ingresso al Tempio; in quanto ai giovinetti, però, che essi restino qui, e il Mio servitore sa già quello che dovrà fare. Ma se volete andarvene al Tempio, precedeteci e sceglietevi dei buoni posti; Io ad ogni modo verrò subito dopo. I Miei vecchi discepoli restano e vengono con Me, dato che è necessario che così sia affinché possano essere testimoni di tutte le Mie parole e di tutte le Mie opere!»

11. E Agricola disse: «Io pure bramerei molto essere con i Tuoi vecchi discepoli! Tuttavia sia fatta oggi come sempre e dappertutto soltanto la Tua santa Volontà!»

12. Dissi Io: «Se tu solo vuoi restare presso di Me quale testimone, puoi unirti tu pure ai Miei vecchi discepoli, perché, prima di aprire nuovamente la Mia bocca dinanzi agli ebrei, Io opererò ancora un prodigio. Un tale che è cieco fin dalla nascita, e che noi incontreremo non lontano dal Tempio, recupererà la vista; ora questo avverrà precisamente oggi, dunque, nella giornata di Sabato! Voi altri perciò incamminatevi pure e precedeteci; voi quattro invece, che solo ieri avete abbracciato la Mia causa, farete meglio a restare qui, perché nel Tempio verreste immediatamente riconosciuti e perseguitati»

13. I quattro allora si convinsero che il consiglio era buono e non si mossero dal monte degli Ulivi.

14. Ma allora anche Nicodemo Mi venne vicino per chiederMi come avrebbe dovuto fare per scendere egli pure inosservato assieme ai suoi due compagni.

15. Ed Io gli dissi: «Unitevi al gruppo dei nostri amici dell’Alto Egitto, ed essi vi condurranno giù in modo che nessuno possa scorgervi»

16. Così furono soddisfatti anche questi, e si misero subito in cammino assieme agli egiziani, e tutti gli altri poi li seguirono; soltanto i tre maghi, sempre ancora presenti, restarono e si disposero essi pure a seguirMi.

17. E Simon Giuda, chiamato Pietro, osservò allora: «O Signore, sei d’accordo che i tre vengano anch’essi con noi?»

18. Ma Io gli risposi: «E che te ne importa? Quando dissi a tutti gli altri di precederMi, non feci eccezione per questi tre; ma non perciò volevo costringere la loro volontà e i loro cuori, ed essi possono quindi fare quello vogliono e come il senso del loro cuore li spinge a fare! Ora ciò che è giusto per Me, non deve esserti motivo di preoccupazione come potesse eventualmente essere qualcosa di ingiusto, poiché coloro che ci seguono, non procedono certo su una via errata»

19. Udite queste parole, anche il nostro Pietro si mise il cuore in pace, e a nostra volta ci accingemmo a metterci in cammino.

20. Ma a quel punto Giordan, l’albergatore, pensò di interpellarMi riguardo al pranzo.

21. Ed Io gli dissi: «O Giordan, amico Mio, ora si tratta di offrire cibo e bevande a coloro che sono spiritualmente affamati e assetati, e ciò ha molto più valore del cibo per il corpo e delle bevande per una gola asciutta! Dunque non preoccuparti già adesso per il pranzo! Quando sarò di ritorno, tutto si accomoderà a tempo opportuno!».

22. Questa decisione piacque all’albergatore; egli fece subito radunare tutta la servitù della casa in numero di trenta circa, e cominciò a dar loro ogni tipo di buoni insegnamenti, in maniera che tutti poi credettero in Me, poiché prima, nonostante avessero assistito a molti Miei prodigi, non sapevano ancora proprio bene quale concetto farsi di Me. E così fu che, seguendo il Mio consiglio, anche Giordan assolse il compito di offrire cibo e bevande nel Mio Nome a chi era spiritualmente affamato e assetato.

23. Non appena Io ebbi dato questo consiglio a Giordan, Mi avviai subito con i Miei discepoli giù in città dove in tutte le vie e le piazze c’era una grande calca di gente che affluiva da tutte le parti.

 

[indice]

 

 

 

IL SIGNORE E I SUOI OPPOSITORI

(Vangelo di Giovanni, capitolo 9)

 

 

 

Cap. 186

La guarigione davanti al Tempio del nato cieco.

(Giov. 9, 1-34)

 

1. Giunti sul grande piazzale davanti al Tempio, scorgemmo ben presto, seduto su una pietra, un mendicante ancora giovane e precisamente sulla ventina d’anni, il quale era completamente cieco fin dalla nascita.

2. E quando i Miei discepoli lo ebbero visto, si immaginarono subito che quello era appunto il nato cieco che Io avevo nominato sul monte e, rivoltisi a Me, domandarono: «O Signore e Maestro! Chi ha peccato, costui oppure i suoi genitori, perché egli sia nato cieco?»

3. Ma Io risposi loro: «Perché fate delle domande tanto insensate? Come può egli aver peccato nel corpo di sua madre, così da dover nascere cieco per punizione? Io invece vi dico: “Né quel cieco, né i suoi genitori hanno peccato a questo riguardo, ma ciò venne concesso affinché le opere di Dio fossero rese manifeste in lui davanti agli uomini”. Infatti ora è opportuno che Io compia le opere di Colui che Mi ha mandato, finché dura il giorno [cioè sulla Terra tramite la presenza personale del Signore][32]; poi verrà anche quella certa notte della quale vi ho già parlato, e allora nessuno potrà operare qualcosa! Mentre Io sono nel mondo, sono evidentemente Io la Luce del mondo! Dopo di Me viene la notte»

4. Allora i discepoli si guardarono l’un l’altro e dissero: «A che cosa può giovare all’umanità il presente giorno spirituale, se dopo la Sua dipartita la notte si farà ancora più tenebrosa di adesso?»

5. Ma Io dissi loro: «Sono forse Io a volere che a questo giorno debba seguire la notte? Oh, no affatto! Ma la pigrizia degli uomini, questa sarà a volerlo; la volontà dell’uomo però deve essere lasciata completamente libera, addirittura se per effetto di questa egli dovesse farsi dieci volte un demonio, poiché senza la liberissima volontà l’uomo cessa di essere uomo, e si riduce a una semplice macchina, cosa questa che Io vi ho spiegato tante volte chiaramente!»

6. A queste Mie parole, dette in tono molto serio, nessuno osò replicare nulla.

7. Dopo aver parlato così ai discepoli, Mi chinai a terra, presi un po’ di fango, vi sputai su e ne feci una poltiglia che poi distesi sugli occhi del cieco.

8. Fatto questo, Io dissi al cieco: «Ora va’ alla piscina di Siloe (cioè lo mandai là ed egli fu condotto dalla sua guida), e lavati!»

9. Egli dunque vi andò, si lavò e ritornò che ci vedeva.

10. I suoi vicini però, i quali prima avevano visto che egli era un mendicante cieco, dissero: «Non è costui il cieco che poco fa sedeva sulla pietra e chiedeva l’elemosina?»

11. Allora alcuni dissero: «Sì, è senz’altro lui!»

12. Degli altri invece: «Ma quello era un nato cieco, e non si è mai udito che un cieco fin dalla nascita abbia potuto recuperare la vista! Però è innegabile che assomiglia perfettamente al cieco»

13. Sennonché il cieco risanato prese egli pure a parlare e disse: «Perché tirate a indovinare riguardo alla mia persona? Sono proprio io che prima ero cieco e adesso vedo benissimo!»

14. E coloro che lo circondavano gli chiesero: «Come ti sono stati aperti gli occhi? Chi è stato a farlo?»

15. Ed egli rispose: «L’uomo che poi mi ha detto di chiamarsi Gesù (Intermediario, Salvatore), prese del fango e, dopo averlo manipolato, me lo spalmò sugli occhi e mi disse di andare alla piscina di Siloe e di lavarmeli. Io andai, feci come mi era stato detto e recuperai la vista»

16. Essi allora continuarono a domandargli: «Dov’è ora quel Gesù?»

17. Ed egli rispose: «Questa è una domanda ben strana da parte vostra! Voi ci vedevate quando egli mi coprì gli occhi col fango, e non l’avete osservato; come avrei potuto scorgerlo io che ero ancora cieco? Ma poiché questo non mi era possibile, non posso nemmeno sapere dove egli si trovi in questo momento, quantunque io stesso bramerei sapere dove sia e chi sia per ringraziarlo con tutto il mio cuore»

18. E gli interroganti, udita da lui una simile risposta, esclamarono: «Ah, qui si tratta di un autentico miracolo, e colui che ti ha ridonato la vista deve essere un grande profeta! Bisogna che i nostri ebrei del Tempio e i farisei sappiano che effettivamente nel nostro tempo, come in quelli passati, ci sono sempre dei grandi profeti nel nostro paese, malgrado la presenza dei pagani, e che quindi non corrisponde ai fatti quello che essi vanno sostenendo, che cioè nell’epoca attuale non sorgerà più alcun profeta finché gli Ebrei non avranno cacciato dal paese tutti i pagani! Lascia ora dunque che ti conduciamo ai farisei, e noi tutti renderemo testimonianza di te!»

19. L’ex cieco si dichiarò d’accordo, e si fece condurre nel Tempio alla presenza dei farisei.

20. (Qui è particolarmente opportuno far notare che quella giornata in cui Io risanai quel cieco non era soltanto un Sabato, ma un Sabato post-festivo, il quale andava solennizzato con molto maggior rigore di un qualche altro Sabato più comune. [Nota bene: Si trattava cioè allora presso gli Ebrei dello stesso eccesso vigente oggigiorno ancora presso di voi durante le cosiddette ottave dopo le domeniche solenni]. In una simile giornata, agli occhi dei farisei, era un crimine tanto maggiore se qualcuno compiva qualche opera).

21. Quando il guarito si trovò dinanzi ai farisei, avvenne che quelli che lo avevano portato nel Tempio raccontarono il fatto indubbiamente prodigioso che si era verificato.

22. Ed i farisei, udito il racconto, si rivolsero al guarito, e a loro volta gli domandarono come avesse recuperato la vista, nonostante i testimoni si fossero già espressi molto chiaramente nell’esporre il fatto; ma i farisei procedevano così per confermare maggiormente la testimonianza di come egli aveva acquistato la vista.

23. Ed il guarito rispose: «Egli mi mise del fango sugli occhi, poi, secondo il suo consiglio, mi recai alla piscina di Siloe, mi lavai con l’acqua, e allora i miei occhi videro come ora anche vedono qui dinanzi a voi!»

24. Udito questo, alcuni dei farisei dissero: «L’uomo che ha guarito questo cieco non può essere suscitato (a profeta) da Dio, dato che egli non osserva e non santifica un Sabato tanto solenne come questo di oggi!»

25. I testimoni però, nonché qualcuno fra gli ebrei e i farisei di intelletto un po’ più chiaro, osservarono: «Ma come può un peccatore fare tali miracoli?»

26. E una discussione e una disputa sorse perciò fra di loro. (Giov.9,16)

27. E dopo aver così disputato per qualche tempo senza riuscire a mettersi d’accordo, quelli che Mi avevano dichiarato un peccatore si rivolsero nuovamente al guarito, e ancora una volta gli domandarono: «E tu, chi ritieni che sia colui che ti ha aperto gli occhi?»

28. E questo rispose: «Io dico di lui quello che di lui dissero coloro che mi hanno condotto qui, cioè che egli è un profeta!»

29. Ma coloro che Mi avevano dichiarato un peccatore, dissero: «Noi però non crediamo affatto che quest’uomo sia mai stato cieco, ma voi invece vi siete accordati in questo modo per polemizzare con noi!»

30. Ma i testimoni, in tono abbastanza energico, replicarono: «Quest’uomo ha ancora i suoi genitori! Egli saprà dove dimorano. Fateli venire qui e interrogateli! Essi sapranno certo meglio di tutti se quest’uomo ha mai avuto il beneficio della vista!»

31. Allora essi fecero chiamare i suoi genitori i quali ignoravano ancora che il loro figlio aveva recuperato la vista.

32. E quando questi poco dopo comparvero, vennero subito insidiosamente interrogati così: «È costui vostro figlio, del quale voi dite che è nato cieco? Ma se è così, come si spiega che ora egli vede?»

33. I genitori però risposero semplicemente e chiaramente: «Quello che noi sappiamo è che costui è veramente nostro figlio e che egli è nato cieco. Ma come ora egli veda e chi gli abbia aperto gli occhi, questo noi non lo sappiamo! Comunque egli è grande abbastanza, e perciò fatelo parlare per se stesso»

34. I genitori però, i quali già Mi conoscevano e supponevano che fossi stato Io a ridonare la vista al loro figlio, si erano espressi dinanzi ai farisei e agli ebrei del Tempio appunto in questo modo perché li temevano, dato che sapevano che i capi degli ebrei e gli ebrei fanatici si erano accordati di decretare che fosse bandito rigorosamente chiunque Mi avesse riconosciuto come l’Unto di Dio. E questa fu anche l’eccellente ragione per la quale i genitori dissero ai farisei e agli ebrei fanatici del Tempio: “È grande abbastanza; chiedetelo a lui stesso!”.

35. Allora i farisei chiamarono di nuovo quell’uomo che era stato cieco, e gli dissero: «Rendi gloria a Dio soltanto, perché noi sappiamo che colui il quale ti ha ridonato la vista è un peccatore!»

36. Al che il risanato così replicò: «Se quell’uomo sia o no un peccatore, io davvero non lo so; una cosa però io so con assoluta certezza: io ero completamente cieco fin dalla nascita e fino ad oggi non ho mai potuto distinguere il giorno dalla notte, mentre ora vedo altrettanto bene quanto voi»

37. Ed i farisei ritornarono alla carica domandandogli: «Ebbene, dicci tutta la verità: cosa ti ha fatto quell’uomo e come ti ha aperto gli occhi?»

38. Ed il guarito rispose loro, visibilmente spazientito: «Ma se ve l’ho detto proprio ora; non mi avete dunque ascoltato? Perché volete udire la stessa cosa ancora una volta? Intendete forse farvi voi pure suoi discepoli, il che non vi farebbe di certo male?»

39. A questa domanda i farisei e gli ebrei fanatici del Tempio andarono su tutte le furie, maledissero subito quell’uomo a causa della domanda rivolta loro ed esclamarono furibondi: «Resta pure suo discepolo, ma quanto a noi, siamo discepoli di Mosè. (Giov.9,28). Noi sappiamo che Dio ha parlato a Mosè; quell’uomo invece che ti ha ridonato la vista, non sappiamo affatto da dove sia!»

40. Il guarito però li guardò tutti con occhio scrutatore, e poi disse: «C’è davvero molto da meravigliarsi che voi non sappiate ancora da dove sia quell’uomo che fa simili prodigi! Eppure avete in me l’evidentissima prova che egli ha ridonato la luce degli occhi a chi ne era privo fin dalla nascita! Quell’uomo avrà certamente compiuto vari altri segni di questa specie, e voi sostenete ancora di non sapere da dove egli sia?»

41. Dissero allora i farisei e gli ebrei fanatici del Tempio alzando la voce: «Quello che noi sappiamo è che Dio non esaudisce i peccatori! Dio esaudisce solo il timorato di Dio, che è senza peccato e fa in tutto la Sua Volontà»

42. Osservò il guarito: «Eppure è assai strano! A questo mondo non si è mai sentito che qualcuno abbia aperto gli occhi a chi - dico - era nato cieco! Se quell’uomo non fosse dotato di una simile forza e potenza da parte di Dio, davvero egli non potrebbe compiere delle opere di questa specie! Ugualmente come voi, malgrado andiate dicendo di essere discepoli di Mosè, non siete certo in grado di ridonare la vista a chi sia nato cieco, perché, qualora foste capaci di tanto, lo saprebbe ormai il mondo intero, e le vostre case sarebbero piene zeppe d’oro da cima a fondo!»

43. A questa risposta del guarito, i farisei e gli ebrei fanatici del Tempio divennero addirittura furiosi ed esclamarono furenti: «Cosa vai dicendo? Tu sei venuto a questo mondo già carico di peccati, e adesso vuoi metterti ad insegnare a noi?!»

44. Dopodiché gli misero le mani addosso e lo cacciarono fuori dal Tempio assieme ai suoi genitori e ai testimoni!

45. E quando si trovarono tutti fuori, il guarito disse ancora ad alta voce: «O prepotenti, che Dio vi ricompensi secondo le vostre azioni, ma voglia tuttavia illuminare la cecità delle vostre anime!».

46. Allora gli altri chiusero violentemente le porte, e non si curarono più oltre del guarito che aveva scagliato loro in faccia seccamente la verità.

 

[indice]

 

Cap. 187

Il Signore parla con il guarito e con i farisei.

(Giov. 9, 35-41)

 

1. Quell’uomo, naturalmente, venne subito, assieme a coloro che erano con lui, nel grande vestibolo del Tempio dove si radunava tutto il popolo, e ciascuno gli domandò che cosa gli fosse accaduto nella sala del consiglio dei farisei e degli ebrei fanatici.

2. Ed egli dichiarò ampiamente come era andata la cosa, e tutti coloro che l’udirono furono invasi da grande sdegno contro i farisei e gli ebrei del Tempio.

3. E così i Miei discepoli e anche Io venimmo a sapere che la gente del Tempio aveva cacciato fuori il guarito assieme ai suoi compagni.

4. Ed Io dissi allora ai Miei discepoli: «Andiamo in cerca di lui, affinché quel poveretto possa fare la conoscenza di Colui che ha donato la luce ai suoi occhi!»

5. Infatti noi andammo e ben presto anche lo trovammo in mezzo al popolo.

6. Alcuni tra quei farisei però, i quali non si erano dimostrati proprio tanto accaniti contro di lui, lo avevano seguito fin nel grande vestibolo per sentire quello che egli avrebbe potuto eventualmente dire al popolo e accertarsi dell’impressione che questo ne avrebbe riportato.

7. Io allora Mi avvicinai immediatamente al guarito e gli dissi: «Ascoltami tu, che fosti cacciato fuori dai farisei e dagli ebrei fanatici del Tempio! Credi nel Figlio di Dio?»

8. Ed il guarito rispose: «O signore, Chi è? Ed è stato Lui a ridonarmi la vista? Oh, mostrami Chi è, affinché io possa credere in Lui!»

9. Gli dissi Io: «Lo hai già visto, quantunque tu non Lo abbia ancora riconosciuto! È Quello che parla con te!»

10. Il guarito esclamò: «Si, o Signore, io credo! Tu lo sei! Quando ritornai dalla piscina, io certo Ti vidi, ma non Ti riconobbi! Se Tu non fossi il Figlio di Dio e non fossi il Cristo, il Promesso, non avresti potuto donare la vista a me, che nacqui cieco! Perciò io credo che Tu sei veramente il Figlio di Dio!»

11. E detto questo, si prostrò ai Miei piedi e Mi adorò. Io però gli dissi di alzarsi.

12. Quando i vari farisei ed ebrei del Tempio che erano là intorno sentirono le parole pronunciate da Me e dal guarito e come Io venissi riconosciuto per il promesso Unto di Dio, essi, quantunque appartenenti al gruppo più moderato, arricciarono terribilmente il naso e una grande rabbia cominciò ad invaderli.

13. Ma essendoMi accorto subito di questi loro sentimenti, dissi ad alta voce: «Io sono venuto a questo mondo per giudicare, affinché coloro che non vedono, vedano, e coloro che vedono, diventino ciechi!»

14. E avendo udito questo, quei farisei ed ebrei del Tempio non poterono più frenarsi e, aperta la bocca, dissero rivolti a Me: «Siamo ciechi anche noi, oppure, secondo la tua sentenza, dovremo diventarlo, considerato che vediamo ancora?»

15. Ed Io risposi: «Se foste ciechi nella vostra anima, non vi sarebbe peccato in voi; ma poiché voi stessi testimoniate di vedere, il vostro peccato rimane in voi, e con esso il giudizio e la morte eterna! Infatti Io sono venuto a questo mondo mandato da Dio quale la Luce, la verità e la vita; chi crede in Me ed opera secondo la Mia Parola, costui avrà in sé la vita eterna, e non vedrà e non sentirà la morte!».

16. (Nota Bene: quello che accadde nel Tempio dal quel momento in poi, figura in parte scritto dagli altri compilatori dei Vangeli, non però in un ordine del tutto perfetto, per la qual cosa anche i loro testi vennero chiamati discordanti. In quanto a Giovanni, egli non prese nota di quello che si svolse ulteriormente, per la ragione che una simile discussione figurava trattata già molto spesso nelle Mie prediche, e i punti principali ne erano già stati messi per iscritto.

17. Il Capitolo decimo che segue[33] narra fatti accaduti solo tre mesi più tardi, sempre nel Tempio di Gerusalemme, di inverno, in occasione della cosiddetta festa della consacrazione del Tempio).

18. Questa osservazione era necessaria per poter conoscere in quale ordine rivolsi la parola agli ebrei e farisei.

19. Ma avendovi ormai spiegato anche questo, Io farò seguire adesso l’ulteriore dibattito che ebbe luogo nel Tempio con gli ebrei e farisei.

 

[indice]

 

Cap. 188

Il Signore illumina le contraddizioni dei farisei.

 

1. Dissero poi i farisei: «Noi vediamo benissimo che, per quanto riguarda la guarigione di svariate gravi infermità che affliggono gli uomini, per la cui cura non è valsa finora l’opera di alcun medico, in te risiede una forza insolita e tale che finora nel nostro tempo non si è mai visto nulla di uguale. Anzi noi non ignoriamo che, a quanto si dice, ti è possibile addirittura richiamare in vita o destare degli uomini giovani, morti di recente! Noi abbiamo altresì appreso che, in quanto al resto, tu sei una persona molto semplice, educata e molto benefica, e che non hai mai chiesto a nessuno un compenso di qualsiasi tipo per le tue straordinarie guarigioni. Ecco, questi sono indiscutibilmente i tuoi lati buoni, anzi eccellenti!

2. Che però nello stesso tempo tu ti vada spacciando dinanzi a tutto il mondo per il Figlio di Dio e tu dica di essere il promesso Unto di Dio, mentre non prendi nota delle massime di Mosè e frequenti pure i pagani, pubblicani e peccatori di ogni sorta, questi, vedi, sono i tuoi lati cattivi, e molto criticabili, con i quali il Tempio, sempre strettamente ligio alle massime di Mosè, non potrà mai essere d’accordo!

3. Perché tu, a causa delle tue facoltà particolari, ti vuoi innalzare così tanto al cospetto degli uomini, mentre è chiaro che tu pure sei solo un uomo? Chi di noi può avere qualche stima di te se pretendi che noi dobbiamo credere che tu sei il Figlio di Dio e l’Unto di Dio promesso, e se condanni colui che per delle buone ragioni non può credere a quello che tu sostieni? Tu hai un bel dire di essere la verità, La Luce e la vita, ma che prove puoi darci che quanto dici è vero? Dacci dunque qualche prova convincente in proposito e poi anche noi ti crederemo!»

4. Ed Io dissi: «Vedete queste pietre che sono qui sparse sul terreno? Ebbene, prima di convincere voi, Io riuscirò a convincere queste pietre del fatto che sono appunto Io Colui del Quale Mosè e i profeti hanno profetizzato!

5. Quando Io opero dei prodigi quali non sono mai stati compiuti da nessuno, nemmeno dal maggiore fra i profeti, i vostri occhi dovrebbero aprirsi e riconoscere i segni di quest’epoca a vantaggio della vostra salvezza! Sennonché voi siete ciechi, sordi e induriti di cuore, e quindi non vedete, non udite e non percepite nulla. E questo è anche il giudizio che è in voi stessi e che pende su di voi, e con esso pure la morte certa delle vostre anime.

6. Voi imbiancate bensì ogni anno i sepolcri dei patriarchi e dei profeti, ma ciò che sono i sepolcri imbiancati, lo siete appunto anche voi. Esteriormente siete sì vestiti secondo l’ordine di Mosè e di Aronne, i cui seggi voi occupate, ma interiormente siete colmi di muffa e di putredine!

7. Voi avete detto poco fa che un lato molto fosco e criticabile del Mio procedere consiste nel fatto che Io frequento i pagani, i pubblicani e i peccatori, e che Io sono un profanatore del Sabato e che non osservo i precetti di Mosè. Ma voi, dal canto vostro, diteMi un po’: come osservate voi questi precetti di Mosè? Io però vi dico che siete proprio voi quelli che non osservano tali precetti nemmeno all’apparenza come veramente andrebbe fatto; invece voi stessi vi siete fatti una quantità di precetti assolutamente privi di sostanza e di valore, che voi certo osservate sfruttandoli per il vostro benessere terreno, opprimendo il misero popolo e succhiandogli il sangue. È forse anche questo compreso fra i precetti di Mosè? Ma se, restando ligi a questi precetti, è assolutamente permesso, anzi comandato, di foraggiare di Sabato l’asino, il bue e la pecora e di condurli all’abbeveratoio e di tirare fuori dalla fossa o dal pozzo l’asino che vi sia caduto dentro, ebbene, domando Io, perché non dovrebbe essere tanto più lecito e giusto portare aiuto di Sabato ad una sventurata creatura umana? O ciechi, sordi e stolti di cuore e di intelletto che siete! È l’uomo al cospetto di Dio forse da meno di un animale?

8. Non ha Mosè comandato: “Onora tuo padre e tua madre, affinché tu possa vivere a lungo e felicemente sulla Terra”? Oh, ma allora perché andate predicando ai fanciulli: “Venite qui e portate un’offerta al Tempio, perché ciò vi sarà di maggior vantaggio!”? Quando insegnate così, agite voi conformemente alla Legge di Mosè?!

9. E non ha forse Mosè solennemente comandato a tutti di non opprimere le vedove e gli orfani? Cosa fate invece voi? Voi usate delle lunghe preghiere, come pretesto per farvi pagare dalle vedove e dagli orfani, che voi affermate essere molto efficaci, e in compenso vi impadronite di ogni loro avere! Quando poi le vedove e gli orfani, constatando che le vostre preghiere non giovano a loro in nessun modo, vengono piangendo da voi per esporvi i loro problemi, voi invece li cacciate via dicendo che sono dei peccatori, per cui nemmeno le più ferventi preghiere possono trovare alcun ascolto presso Dio! DiteMi adesso: quando ha Mosè comandato un simile modo di agire? Ogni vostro operare è contrario alle Leggi di Mosè, e poi venite a dirMi che sono Io Quello che non osserva queste Leggi!?

10. Ma vedete, avendo voi del tutto ignorato la Legge di Mosè, precisamente per questa ragione siete stati colpiti da cecità, così che ora non potete distinguere il giorno chiarissimo che splende dinanzi ai vostri occhi; e questo è il vostro giudizio, la vostra morte e la vostra dannazione! Voi con le vostre preghiere vuote e vane, ma profumatamente pagate, filtrate i moscerini, ma in cambio inghiottite dei cammelli interi, e tuttavia affermate sfrontatamente di essere discepoli di Mosè! Ma come, domando Io, potete essere discepoli di Mosè se, come già detto, agite contro i suoi precetti peggio di tutti i pagani? Ma perciò anche la Luce sarà tolta a voi e verrà data invece ai pagani.

11. Io sono venuto a questo mondo per avviarvi in tutta amicizia e amore sui veri sentieri della vita mediante l’insegnamento e l’esempio pratico; voi invece non fate che perseguitarMi sempre e dappertutto, e cercate ogni mezzo possibile per impadronirvi di Me e ucciderMi, perché andate dicendo che Io sono un seduttore e un sobillatore del popolo. Sennonché Io pure ho dei testimoni, e Dio stesso, che è in Me come Io sono in Lui, è testimone che voi tutti siete dei perversi mentitori al cospetto Suo e di tutto il popolo.

12. I romani, i quali ora sono i signori terreni di quelli che dovrebbero essere i figli di Dio e che con la loro vista molto acuta osservano bene tutto ciò che anche minimamente potrebbe essere pericoloso per il loro dominio, qualora avessero fiutato in Me sia pure alla lontana anche solo un’intenzione sovvertitrice dell’attuale stato di cose, Mi avrebbero portato già da molto tempo dinanzi al loro tribunale! Ma siccome di tutto ciò di cui voi Mi accusate essi non hanno mai scoperto in Me la benché minima traccia, avviene invece che essi Mi vengono incontro dappertutto in maniera molto amichevole, e, quali uomini, si dimostrano colmi di fede, di amore e di reverenza verso di Me, e di rispetto per la Mia Dottrina e le Mie opere. E perciò anch’essi verranno accolti nella Mia Luce e nella Mia vita; voi invece sarete cacciati, come sta scritto, nelle tenebre più estreme, dove non vi sarà che pianto e stridore di denti!»

13. Quando Io ebbi terminato di parlare, anche quegli ebrei e farisei dal sentimento più moderato apparvero oltremodo arrabbiati ed esclamarono: «Vedi come è insensato il tuo discorso! Chi mai si sogna di perseguitarti e di ucciderti? Per il fatto che tu insegni il bene e che fai del bene alla gente, nessuno ti perseguita, né cerca di ucciderti; ma se tu, che infine sei un uomo come lo siamo noi, pretendi di essere il Figlio di Dio, e quindi il Promesso, l’Unto di Dio, ciò che secondo le dichiarazioni dei profeti vuol dire quanto Jehova in Persona, devi ben vedere tu stesso che noi non possiamo fare a meno di considerare una simile asserzione da parte tua come una delle più atroci bestemmie contro Dio, almeno finché tu non ci abbia fornito sufficienti prove del fatto che tu stesso, conformemente a pienissima verità, sei il promesso Unto di Dio, e che quindi noi possiamo credere in te; altrimenti devi sconfessare dinanzi a noi e al popolo la testimonianza che hai reso di te stesso! Finché però non farai né una cosa, né l’altra, bisogna bene che ti adatti a venire perseguitato dal Tempio come un bestemmiatore di Dio! Non abbiamo ragione di rinfacciarti ora queste cose al cospetto di tutto il popolo?»

14. Ed Io risposi loro: «Certo voi avete parlato, ma avete parlato come il cieco che vuol parlare e giudicare dei colori della luce, ma poiché così giudicate e parlate, siete voi stessi a pronunciare la vostra stessa condanna. Non sarò per altro Io a giudicare, ma sarà la Parola, che Io tante volte vi ho predicato invano, a giudicarvi!

15. Se avete letto il profeta Isaia, per poco che l’abbiate compreso, dovete pur sapere cosa vuol dire: “Una vergine ci partorirà un Figlio, e il Suo Nome sarà: Emmanuele”, vale a dire “Dio con noi!”. Ora questo, nonché tutto il resto, non si è compiuto in Me? Ma se la cosa sta proprio così e in eterno non altrimenti, non sarei Io al pari di voi un mentitore qualora, ad avvallare adesso la vostra tenebrosa opinione, confessassi di non essere Colui che pure sono al cospetto di Dio, di tutti i Cieli e di tutte le creature di questa Terra?!

16. Voi d’altra parte vorreste da Me una prova tale da potervi convincere, inconfutabilmente e in maniera assolutamente chiara come il Sole, che sono Io appunto il promesso Unto di Dio. Ma diteMi voi cosa devo fare per convincervi nella vostra completa cecità!

17. Se Io compio dinanzi a voi delle opere che prima di Me nessuno ha mai potuto compiere, se guarisco gli zoppi e gli storpi così che essi saltano robusti e sani come cerbiatti, se oltre a ciò ridono la salute ai paralitici e ai lebbrosi, se per opera Mia i sordi e i muti riacquistano pienamente l’udito e la parola, e i ciechi la vista, se libero gli ossessi dagli spiriti malvagi che li tormentano, se addirittura ridesto a vita i morti per la Potenza della Mia Parola, e all’occasione compio tante altre cose le quali all’infuori che a Dio non sono possibili a nessuno, se inoltre Io predico ai poveri di spirito il Vangelo della venuta vivente del Regno di Dio sulla Terra, e nessuno può mai rinfacciarMi un peccato, ebbene, se facendo Io tutto ciò voi poi dichiarate che lo faccio con l’aiuto di Belzebù, il principe di tutti i demoni, è chiaro che devo domandare Io a voi quali altri segni devo ancora compiere dinanzi ai vostri occhi affinché possiate credere che Io sia veramente l’Unto di Dio!?

18. Anche se Io vi fornissi mille altre prove ancora compiendo mille altri prodigi, voi continuereste a sostenere che avrei compiuto tutto ciò sempre con l’aiuto del principe dei demoni! Ma, data questa vostra opinione assolutamente cieca, a che cosa potrebbero giovarvi tutti i Miei ulteriori miracoli? Io ve lo dico: “Come non è possibile fare in modo che un nato cieco arrivi a farsi un concetto dei colori, altrettanto impossibile è fornire in maniera accessibile a voi una prova che Io, conformemente a pienissima verità, sono l’Unto di Dio!”

19. E vedete, precisamente questa maligna notte nelle vostre anime costituisce poi anche la vostra rovina, il vostro stesso giudizio e la vostra vera morte! Infatti Io solo sono la via, la Luce, la verità e la vita eterna. Chi crede in Me e vive e agisce secondo la Mia Parola, riceve da Me lo spirito di vita eterna, e solo Io lo risusciterò a vita eterna nel Mio Regno nel suo ultimo giorno; chi invece Mi fugge, disprezza e perseguita, costui fugge, disprezza e perseguita la sua stessa vita, vita che egli non può in eterno mai ricevere da nessun’altra parte se non da Me soltanto.

20. Chi dunque non vuole accettare da Me la vita eterna della sua anima e rifugge da tutto ciò che emana da Me, costui resta morto anche per l’eternità!

21. Ma chi vuole avere vita, è bene che se la prenda da Colui il Quale è la Vita stessa; e quindi Egli, avendo la Vita, può donarla anche a chi vuole. Questa Vita però Egli la dona soltanto a chi è assetato di vita!

22. Ora appunto la Mia Parola e la Mia Dottrina sono la Vita che attualmente viene offerta a tutti gli uomini; chi dunque, come già detto, effettivamente accoglie la Mia Parola e la Mia Dottrina, costui accoglie da Me pure la vita della sua anima.

23. Ma se in fatto di vita eterna le cose non possono essere altrimenti da come le ho spiegate adesso a voi e a tutti gli altri, ebbene, da dove volete prendere o dove prenderete voi la vita eterna in cui sperate per le vostre anime?!».

 

[indice]

 

Cap. 189

Un fariseo spiega la sua visione del mondo.

 

1. Disse allora uno dei farisei, il quale aveva la pretesa di essere una fonte di sapienza: «Ecco, dalle parole che hai detto adesso ho potuto riconoscere in maniera molto più chiara che tu davvero ragioni come un insensato il quale non ha, né può nemmeno avere, alcun vero concetto della reale Essenza di Dio, della Sua sconfinata Sapienza, Potenza e Grandezza, e dei Suoi ordinamenti rispetto ai rapporti di questo mondo e delle Sue creature. Infatti, vedi, se la vita eterna di un’anima umana dipende esclusivamente dalla piena fede in te, nella tua parola e nella tua dottrina, e se ogni anima, la quale o non crede in te e quindi non si attiene alla tua dottrina, oppure, come accade nella maggior parte delle volte, senza propria colpa non sa, né può sapere nulla di te, non ha da attendersi che la morte eterna, allora tu assieme al Dio che ti ha mandato a questo mondo sei l’essere onnipotente meno savio e più ingiusto che l’intelletto umano un po’ lucido possa mai concepire!

2. Che colpa hanno gli uomini che sono vissuti centinaia e migliaia di anni prima di noi e che non hanno potuto mai sentire nulla della tua dottrina, la sola, come tu dici, atta a vivificare tutte le anime? Quei miseri dunque, secondo le tue parole, sono tutti dal primo all’ultimo preda della morte eterna!?

3. E ancora! Che colpa hanno tutte le altre innumerevoli popolazioni che vivono su questa vasta Terra e che forse nemmeno da qui a mille anni potranno apprendere qualche parola della tua dottrina? Anche quegli sventurati sono da considerarsi morti per l’eternità!?

4. E così il tuo Dio, con tutta la sua bontà e la sua sapienza imperscrutabilmente profonda, avrebbe alla fine la massima gioia e il suo massimo compiacimento nell'uccidere e nell'annientare, dopo una breve esistenza, tutte le sue creature da lui formate ed organizzate con tanta sapienza!

5. Ma allora perché è venuto Mosè a questo mondo e perché tutti gli altri profeti? Quale scopo hanno avuto le Leggi di Mosè, sempre difficili ad osservarsi, e le molte piaghe tanto di frequente fatte venire da Dio sugli Ebrei e anche su altre nazioni quando essi non vivevano e non agivano secondo la Sua Volontà rivelata?

6. Ora io ragiono così: “Per arrivare al bel risultato della morte eterna dell’anima dopo la morte del corpo non sarebbe stata più che sufficiente una qualunque vita da cane? Perché allevare degli uomini ed educarli spiritualmente? Per procurarsi la sicura morte eterna dell’anima dopo la morte del corpo, è chiaro che all’uomo basta il suo cibo quotidiano come agli animali; perché allora insegnargli a pensare, a discernere e a ragionare? Nessuno può negare che tutto ciò non fa che amareggiare la sua già miseranda esistenza! E tutti gli uomini ora purtroppo spiritualmente destati, farebbero anzi meglio uccidendo addirittura tutti i bambini subito dopo la nascita, per risparmiare a questi, una volta cresciuti e diventati uomini dotati di pensiero e consci di se stessi, di venire tormentati in mille modi e di venire un giorno angosciati dal timore di dover infine perdere per l’eternità una vita che a volte si presenta bella e piacevole!

7. Io confesso qui apertamente che, per conto mio, non mi sento nemmeno alla lontana di dover dei ringraziamenti, secondo la tua dottrina, al dio da te predicato, perché egli non mi ha posto a questo mondo per mia felicità durevole, ma per mia infelicità massima da essere sentita amarissimamente per tutto il tempo della mia vita. Dunque, quanto prima egli mi annienterà, tanto maggiore sarà il favore che mi farà!

8. E per dirla schietta, di una vita eterna eccezionale dell’anima da conseguire nel tempo presente attraverso la fede in te, nella tua parola e nella tua dottrina, non mi importa nulla già per la ragione che io poi, quale anima esistente per l’eternità, avrei sempre dinanzi a me il pensiero che delle schiere innumerevoli di uomini sarebbero state, innocenti del tutto, annientate per l’eternità dal tuo dio! In queste condizioni io preferisco di gran lunga un’eterna non esistenza ad una esistenza eterna sì, ma miseranda di questa specie!

9. Ed ora, per poco che tu sia capace di un sano pensiero, potrai assieme ai tuoi ciechi discepoli persuaderti in base a queste mie parole che la tua dottrina è per la felicità genuina degli uomini molto meno adatta ancora di quella dei sadducei che si sono ispirati all’esempio del filosofo greco Diogene, la quale è per tutta l’umanità di gran lunga più consolante della tua dottrina della vita che, in fondo, dice che si può pervenire alla vita eterna dell’anima esclusivamente attraverso la fede in te! In verità, per una simile dottrina, nessun vero benefattore dell’umanità potrà mai dirti grazie! E adesso, che tutto il popolo nel Tempio e anche fuori del Tempio giudichi se io ho proferito di fronte a te una sola parola che non sia giusta! Se puoi, confuta quello che ho detto!».

 

[indice]

 

Cap. 190

La vita eterna delle anime.

 

1. Ed Io, in tono molto serio, gli risposi: «Tu hai osato dirMi in faccia e al cospetto del popolo una quantità di cose non giuste e non vere! Se Io fossi facilmente accessibile all’ira come lo siete voi ebrei e farisei, per questo tuo sproloquio sfacciato, orgoglioso, contrario alla verità e perciò privo di senso, tu riceveresti ora da Me una ricompensa tale che tutto il popolo ne resterebbe inorridito, così che esso potrebbe certo immediatamente convincersi che a Me effettivamente sono dati ogni Potere e Autorità in tutto il Cielo e sulla Terra; sennonché Io sono invece mansueto di tutto cuore, e sono colmo di umiltà, e quindi Mi limiterò a punirti al cospetto del popolo soltanto con la Mia Parola!

2. Tu Mi hai tacciato di insensato perché Io insegno che colui il quale crede in Me e vive conformemente alla Mia Dottrina, avrà in sé vita eterna, e invece chi non crede in Me e non vive secondo la Mia Parola avrà in sé il giudizio e, con questo, la morte eterna.

3. O cieco e stolto fariseo! Secondo le tue idee esclusivamente materiali, che cos’è la vita eterna dell’anima nel Mio Regno, il quale non è di questo mondo, e che cosa è poi il giudizio e con questo la morte eterna?

4. Se tu comprendessi questo mistero, giudicheresti e parleresti altrimenti; ma siccome sei cieco nella tua anima e tenebroso nel tuo cuore, tu giudichi le cose spirituali precisamente così come un nato cieco giudica lo splendore dei colori.

5. Per te, la morte eterna dell’anima e il suo annientamento completo per l’eternità - il che è impossibile - sono forse la stessa cosa? Vedi, tu e tutto intero il tuo Consiglio siete, per quanto riguarda l’anima, già da lungo tempo del tutto morti; ma siete forse stati annientati per questo? Oh, no affatto, e non verrete nemmeno annientati mai in eterno! Però rimarrete come ora siete, cioè rimarrete nei vostri peccati che rappresentano la morte dell’anima per la ragione che in simili condizioni essa non può elevarsi mai ad un riconoscimento più alto e più puro, ma è costretta a rimanere nella sua antica tenebra e nei suoi antichi dubbi che le fornisce il mondo, com’è appunto il caso delle vostre anime che ne sono colme.

6. A questo mondo voi non ne risentite alcun dolore, dato che sapete benissimo consolarvi con le svariate cose del mondo; ma quando le vostre anime, prive del corpo terreno, si troveranno ben presto dentro la sfera del mondo spirituale che è loro propria e che sorge da loro, priva d’amore e senza alcuna luce in sé, ebbene, come se la caveranno le vostre anime?

7. Ma Io so queste cose e le conosco molto bene, e so anche troppo bene quanto voi vi siete completamente allontanati dalla Parola di Dio, e perciò Io stesso che in Spirito sono Quello stesso che diede le Leggi a Mosè sul Sinai, come pure un giorno ad Adamo, e più tardi, dopo il diluvio, a Noè, ad Abramo, ad Isacco e Giacobbe, nonché, dopo Mosè, ai molti altri profeti ancora -, in adempimento alle promesse fatte, sono ora venuto a questo mondo nella carne di un uomo per redimere voi tutti, con l’insegnamento e con l’esempio, dal vostro giudizio e dalla vostra morte, dato che voi, nonostante tutti i patriarchi, nonostante Mosè e tutti i profeti, siete caduti nella dura prigionia del peccato e della morte.

8. Ma se Io stesso ora vi insegno, considerato che l’opera di tutti i messaggeri inviati da Me a voi non è approdata a nulla, sono Io allora perciò un insensato? O razza di serpenti e di vipere, fino a quando dovrò sopportarvi ancora nel vostro giudizio e nella vostra morte!

9. Tu pensi che gli uomini, i quali sono vissuti prima di Me e che non sentono la Parola che ora indirizzo a voi, non credono dunque in Me e per conseguenza non hanno potuto ottenere la vita eterna, come pure coloro che attualmente vivono in paesi lontani e sono per lo più dei pagani? Guarda qui, o cieco fariseo che sei, questi sette uomini oriundi dal lontano Alto Egitto: essi Mi conoscono, sono vissuti secondo la Mia Volontà e le loro anime hanno già da lungo tempo ottenuto la vita eterna, e con questa anche la sua forza e la sua potenza indistruttibili! Saranno essi a fornirti un segno a questo riguardo!»

10. A queste Mie parole si fece avanti il capo dei sette, e disse: «Ascolta, o miserabile fornicatore e adultero, dieci padri dai quali tu traesti origine compariranno ora qui, ed essi stessi ti confermeranno che si trovano nell’aldilà in uno stato sicuramente molto deplorevole, ma che non sono per nulla annientati!»

11. In quello stesso istante il fariseo si trovò circondato dai chiamati che avevano un aspetto quanto mai miserando, e suo padre, che egli ben riconobbe, gli disse: «Poiché io fui come tu sei adesso, mi trovo nelle condizioni misere nelle quali ora mi vedi, e tu pure verrai a trovarti nelle stesse condizioni misere nelle quali io e tutti i nostri predecessori siamo e certo anche rimarremo, perché a noi non risplende alcuna fede, né alcuna speranza!»

12. Ed il fariseo, completamente sbalordito, domandò: «E non vi è più per voi possibilità di aiuto?»

13. Rispose lo spirito: «Oh sì, purché lo volessimo; però noi non abbiamo la volontà necessaria, come tu già a questo mondo non ce l’hai; tu invece continui a perseguitare Colui che potrebbe aiutarti, e lo stesso facciamo noi pure!»

14. Detto questo, gli spiriti scomparvero, e allora Io gli domandai: «Ebbene, di che opinione sei adesso?»

15. Ma il fariseo rispose: «Voi tutti non siete che degli incantatori e dei maghi, e questa apparizione è semplicemente opera della vostra arte magica! Io perciò non intendo più avere a che fare con voi, e me ne vado»

16. Ed il popolo uscì con questa esclamazione: «Oh, oh, ecco che la sua sapienza è agli sgoccioli, e perciò si ritira per nascondere la sua vergogna!».

17. Gli ebrei del Tempio vollero però rivolgere qualche ammonimento al popolo rumoreggiante, ma questo cominciò a fare ancora più chiasso e accolse le loro parole con fischi e urla. Allora tutti i farisei e gli ebrei del Tempio batterono frettolosi in ritirata.

18. Il popolo poi Mi pregò che Io volessi riprendere l’insegnamento.

19. Ma Io stesso lo esortai alla calma, ed esso si calmò immediatamente. Poi Io cominciai ad istruire il popolo riguardo all’amore per Dio e per il prossimo, e lo ammonii a guardarsi dai falsi insegnamenti dei farisei.

 

[indice]

 

Cap. 191

Un nuovo piano dei templari per catturare il Signore.

 

1. Ma alcuni spioni travestiti, frammisti al popolo, non mancarono di riferire ai farisei quello che Io stavo insegnando; allora essi si radunarono a consiglio per vedere cosa avrebbero potuto intraprendere contro di Me allo scopo di catturarMi e di rovinarMi.

2. Sennonché i più moderati osservarono: «Certo voi potete fare quello che volete; però noi possiamo assicurarvi già in anticipo che ogni vostro passo contro di lui rimarrà senza effetto, perché in primo luogo egli ha dalla sua gran parte del popolo; in secondo luogo egli è in possesso di una potenza magica per noi incomprensibile, attraverso la quale pare che tutte le forze della natura e del mondo spirituale gli obbediscano; in terzo luogo egli conosce la Scrittura tanto bene che noi tutti al suo paragone facciamo la figura di veri rattoppatori, e in quarto luogo infine egli trova un solido appoggio nelle alte personalità di Roma, le quali lo considerano senza dubbio un semidio; del resto egli ha intorno a sé anche gli antichi e stravaganti egiziani, arabi, indiani e degli altri orientali ancora. Ma in simili condizioni riteniamo che sia molto difficile intraprendere qualcosa contro di lui con qualche probabilità di successo. Ma se proprio non volete crederci, andate voi stessi fuori e informatevi, e non tarderete a convincervi della verità delle nostre asserzioni!

3. Inoltre, non sono andati nel pomeriggio di ieri ad Emmaus due dei più esperti farisei assieme ai nostri due più astuti leviti? Che fine hanno fatto? Non ne sappiamo nulla! L’altro ieri abbiamo mandato i nostri più fidati spioni e sgherri a cercarlo, con l’esplicito incarico di venirci a riferire prima di sera quanto fossero eventualmente riusciti ad apprendere; e finora nessuno si è fatto vedere! Dove se ne sono andati? E come se non bastasse, quali enormi imbarazzi ci hanno causato le apparizioni di due notti fa! E chi all’infuori di lui e dei suoi accoliti ha potuto provocarle?!

4. E anche oggi, che confusione hanno suscitato fra di noi e fra il popolo i tre soli sorti sull’orizzonte invece di uno! Pare sia sempre lui la causa anche di questo fenomeno! Sembra che effettivamente in lui trovi conferma tutto quello che da altre parti noi abbiamo potuto sapere sul suo conto, e quindi riteniamo che sprecheremo il nostro tempo proponendoci di impiegare la violenza contro di lui! Infatti se avesse un po’ di paura di noi, egli per molte buone ragioni eviterebbe certo di presentarsi nel Tempio per insegnarvi apertamente la sua dottrina, perché la nostra severità verso i predicatori di questa specie egli la conoscerà senza dubbio altrettanto bene quanto noi. Ecco, questa sarebbe la nostra modesta opinione; voi però, disponendo di una grande maggioranza, potete pur sempre fare quello che vi pare meglio, e dal canto nostro non intendiamo affatto ostacolare i vostri progetti.

5. Ragionando con obiettività, però, la questione ci pare debba andare considerata dal punto di vista seguente: “Qualora la sua missione dovesse eventualmente procedere in segreto da Dio, noi non saremo in grado di fare un’efficace opposizione; se invece essa è unicamente opera di uomo, non mancherà di svanire nuovamente da sé nella polvere dell’oblio!”. Se ora la nostra parola non può niente contro di lui, allora le nostre azioni riusciranno a ottenere ancora meno»

6. Disse uno del partito dei fanatici di Caifa: «Se le cose stanno davvero così come voi le avete ora esposte con buone intenzioni, allora quale buon consiglio potreste dare riguardo a che cosa sarebbe opportuno fare? Infatti, una questione simile, che può segnare da un momento all’altro il nostro tramonto, noi non possiamo lasciare che vada avanti da sé, così con tranquillità»

7. Ed i moderati risposero: «Se noi non riusciamo a smascherarlo e a renderlo sospetto dinanzi al popolo e ai romani per mezzo di parole e domande prudenti e ben ponderate, siamo belli che spacciati; per mezzo di azioni, infatti, non saremo mai capaci di arrecargli il benché minimo danno! Questa è la nostra precisa e ben fondata opinione»

8. Osservò il fanatico: «Il consiglio è buono e va preso in considerazione; noi certo possiamo tentare di metterlo in pratica, perché fra di noi non mancano ancora dei buoni oratori astuti e prudenti, nonostante in questi ultimi tempi noi abbiamo perduto già un numero considerevole di colleghi eloquenti fra i più esperti, cosa che probabilmente dobbiamo imputare a quel famigerato Nazareno. Chi dunque, fra quanti siamo qui, è disposto ad incaricarsi di questo, dietro un adeguato buon compenso?»

9. Allora si fecero avanti un dottore della Legge e un fariseo - quest’ultimo conosceva bene anche le leggi romane - e i due dissero: «Affidate a noi questa mansione, e ci ripromettiamo di farlo cadere presto e facilmente nella rete, perché finora a noi non è potuto sfuggire nessuno!»

10. L’intero Consiglio si dichiarò d’accordo, e Caifa, assunto un contegno assai grave, disse: «Sta bene, travestitevi dunque affinché non veniate riconosciuti dal popolo, entrate nel Tempio dalla grande porta destinata al pubblico e vedete di condurre a buon termine la faccenda; e le prove poi del mio compiacimento e di quello di Dio non vi mancheranno!».

11. Dopo ciò i due si travestirono e, conformemente alle raccomandazioni di Caifa, andarono nel Tempio dove Io stavo ancora istruendo il popolo riguardo all’amore per Dio e per il prossimo; sennonché i capi dei sacerdoti, i farisei e qualcuno pure fra gli scribi, non fidandosi completamente dei due, si travestirono essi pure, li seguirono dentro al Tempio per poter essere personalmente testimoni di come i due se la sarebbero cavata con Me, e si avvicinarono a loro il più possibile.

 

[indice]

 

Cap. 192

I farisei tentano di catturare il Signore.

(Matteo 21, 23-32)

 

1. I due Mi furono presto vicini e, mentre Io Mi riposavo un po’, Mi interpellarono sfacciatamente dicendo: «O maestro, noi sappiamo che tu fai delle opere straordinarie, quali prima di te nessuno ha potuto mai compiere! Ma pure vorremmo sentire una volta da te con quale autorità tu compi queste cose, poiché tu, da maestro che sei, certamente saprai meglio di ogni altro con quali forze e mezzi ti è possibile compiere tutti questi prodigi»

2. Ed Io risposi loro: «Oh, certo, questo lo so benissimo, e vedete, Io sono anche disposto a dirvelo; però prima anch’Io vi domanderò una cosa! Se voi darete una giusta risposta alla domanda che vi farò, Io poi vi dirò con quale autorità faccio queste cose»

3. Dissero i due: «Domanda pure, e noi non ti resteremo debitori di una risposta!»

4. Allora Io così parlai: «Ebbene, diteMi adesso qui liberamente e apertamente dinanzi a tutto il popolo: “Da dove era il battesimo di Giovanni, cioè del figlio di quel Zaccaria che venne da voi strangolato in questo Tempio fra l’altare e il Santissimo? Questo battesimo di Giovanni era dal Cielo o soltanto dagli uomini?”. Spetta a voi esprimere in tale riguardo un giudizio definitivo al cospetto del popolo. Voi siete celati sotto altri panni, e come altri pellegrini siete entrati nel Tempio attraverso la grande porta destinata al popolo, ma nonostante ciò siete stati presto riconosciuti! Vedete però di assolvere bene il vostro compito, altrimenti resterà a mezza strada la ricompensa che vi è stata promessa nel caso riusciste a prenderMi nella rete con le parole!»

5. I due restarono perplessi e si consultarono tra di loro dicendo: «Ecco una domanda terribilmente sottile, perché se a causa del popolo rispondiamo: “Il battesimo di Giovanni era dal Cielo”, egli e il popolo ci chiederanno: “Ma perché allora non gli avete creduto? E perché lo avete perseguitato e avete tanto insistito presso Erode al punto che egli lo fece anzitutto gettare in carcere e poi decapitare?”. Se invece diciamo che il battesimo di Giovanni era dagli uomini, allora tutto il popolo si solleverà contro di noi, perché tutto il popolo è convinto che Giovanni sia stato un vero profeta, e ci si scaglierebbe addosso qualora noi volessimo sostenere una cosa simile di Giovanni. Per conseguenza è quanto mai difficile dare una giusta risposta a quest’uomo!»

6. E un terzo, aggiuntosi a loro, osservò a bassa voce: «Mi è venuta adesso una buona idea! Che diciamo l’una e l’altra cosa, gli intrappolati siamo sempre noi, quindi dobbiamo darci l’aria di non esserci mai occupati di simili parti strampalati dell’Ebraismo corrotto, perché stavano troppo al di sotto della nostra dignità! E per tagliare corto rispondiamo semplicemente: “Noi non lo sappiamo, dato che per una questione tanto meschina di fronte al Tempio abbiamo ritenuto di non perdere il nostro tempo!”»

7. E presa questa decisione, i due si rivolsero di nuovo a Me e dissero: «O maestro, alla tua domanda noi non possiamo rispondere, perché noi non sappiamo da dove fosse il battesimo di Giovanni! Infatti, per parlare francamente, noi del battesimo ce ne siamo occupati davvero troppo poco!»

8. Ed Io risposi: «Ebbene, dato che voi non volete dirMi questa cosa, allora nemmeno Io vi dirò con quale autorità compio le Mie opere!

9. Ebbene, che ve ne pare? Ecco: un uomo aveva due figli! Andò dal primo e gli disse: “Figlio mio, va, lavora oggi nella mia vigna!”. Ma il figlio rispose: “O padre, io non lo farò, perché ho avversione per i lavori pesanti!”, ma poi, quando il padre se ne fu andato, egli si pentì, andò alla vigna e lavorò tutto il giorno con la massima diligenza.

10. Il padre poi si avvicinò al secondo figlio e gli disse quello che aveva detto al primo. Ed egli gli rispose: “Signore e padre! Certo io ci andrò e vi lavorerò subito!”. Quando però il padre si fu allontanato, il secondo figlio restò a casa e non andò alla vigna a lavorare! Ed ora diteMi: “Quale dei due figli ha adempiuto in questo caso la volontà del padre?”»

11. Risposero gli interrogati: «Questa è davvero una domanda puerile! In questo caso evidentemente il primo figlio ha adempiuto la volontà del padre! Infatti, con la risposta negativa data da principio al padre, egli avrà certamente voluto fargli soltanto una gradita sorpresa, e infatti è chiaro che la parola non è tanto importante quanto l’azione! Ma a che cosa può servire questa similitudine, e che cosa hai voluto farci comprendere con essa?»

12. Dissi Io: «Se non siete proprio tanto ciechi da comprenderla da voi stessi, ve la spiegherò Io! Il Padre è il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Dei due figli, poi, il primo rappresenta precisamente i veri profeti suscitati da Dio, i quali da principio non erano contenti della loro missione, come già Mosè lo dimostrò chiaramente quando si rifiutò di assumere l’alto incarico a causa della sua lingua poco sciolta, e perciò pregò Dio che gli mettesse a fianco quale oratore suo fratello Aronne! Sennonché a lavorare fu solo Mosè, mentre il secondo chiamato non fece che parlare; ma lavorato ha solo Mosè! In questo modo le cose continuarono ad andare anche sempre peggio fino ai tempi nostri.

13. Siccome i secondi, che pure avevano promesso e giurato che avrebbero lavorato nella vigna di Dio, continuarono sempre e semplicemente a promettere, ma di fatto non ci lavorarono, allora Dio dovette di nuovo far ricorso a quelli dalla lingua poco sciolta. Quest’ultimi non Gli fecero promesse, ma lavorarono, però mentre lavoravano, i secondi si avventarono loro addosso e li perseguitarono per gelosia, intendendo impedire il loro proficuo lavoro, affinché i veri lavoratori non dovessero venire presi in considerazione dal padre proprietario della vigna.

14. E così in tempi recentissimi anche Zaccaria e poi suo figlio Giovanni furono dei lavoratori ben provvisti della vigna del Signore, malgrado all’inizio della loro missione ciascuno dei due si fosse rifiutato di assumere un tale compito, perché essi ben conoscevano la grande pigrizia e la furiosa gelosia di coloro che avevano bensì fatto promessa e voto a Dio di lavorare nella vigna, ma che poi se ne stettero superbamente con le mani in mano, e non solo essi stessi non lavorarono, ma proibirono addirittura con fuoco e con la spada il lavoro ai buoni e zelanti lavoratori!

15. E perciò Io vi dico: “In verità, in verità, i pubblicani e le prostitute arriveranno prima di voi nel Regno dei Cieli!”. Giovanni venne da voi e vi indicò qual è la via giusta, e voi non gli credeste, come nemmeno i vostri predecessori hanno creduto agli antichi profeti; i pubblicani e le prostitute invece credettero a Giovanni, fecero penitenza e si ravvidero. Ora voi vedeste tutto ciò e vi convinceste del vostro torto, però non voleste fare quello che avevano fatto i pubblicani affinché non si divulgasse la voce che voi pure credevate in lui! E perciò anche i pubblicani e le prostitute entreranno nel Regno di Dio prima di voi, che attribuite al vostro compito tanta enorme importanza, e ve ne vantate dinanzi a tutto il mondo come se foste stati voi ad aiutare Dio a creare il Cielo e la Terra.

16. Io invece vi dico: “Appunto perciò voi siete gli ultimissimi al cospetto di Dio!”. Infatti, tutto quello che per il mondo è grande e splendido, è un abominio dinanzi a Dio. Voi non volete certo entrare nel Cielo, ma sbarrate pure la strada anche a coloro che vorrebbero entrarci. Perciò un giorno voi riceverete tanta maggiore condanna.

17. Queste cose Io ve le dico perché ho il diritto e l’autorità di dirle, e non ho nessun timore degli uomini di questo mondo come lo avete voi, perché Io conosco Dio e la Potenza della Sua Volontà, Volontà che ora è in Me e vuole ed opera! Voi invece non conoscete Dio, e la Sua Volontà non è in voi; ma appunto questo è il motivo per il quale voi temete il mondo, e agite secondo quello che esso vi prescrive nei vostri cuori. E poiché fate così, vi preparate da voi stessi il vostro giudizio, la vostra condanna e quindi la vera morte eterna. Ma questa consiste precisamente nel fatto che voi resterete continuamente schiavi della vostra pigrizia e sensualità sempre crescente, e non mancherete di raccoglierne gli ignominiosi frutti maligni!»

18. Disse allora uno dei due: «Tu parli apertamente e senza alcun riguardo a noi, che siamo degli uomini altrettanto quanto lo sei tu. Se all’onnipotente Dio è piaciuto creare noi uomini soltanto per l’inferno, Egli avrebbe potuto risparmiarsene la fatica, perché a causa di questo non Lo loderà nessuna anima. Noi però siamo portati a credere che Dio abbia creato gli uomini per qualcosa di meglio, e quindi speriamo che Egli, quale l’Essere più sapiente e più perfetto, non vorrà tormentare addirittura per l’eternità con tutte le pene dell’inferno noi uomini per il fatto che delle circostanze insormontabili ci costringono ad agire in questo o in quel modo.

19. Il motivo per cui noi non possiamo credere così, su due piedi, a più d’uno che ci si presenta come profeta, è più che lampante: se il Tempio facesse così, esso già da lungo tempo non sarebbe più il luogo di incontro degli ebrei che credono ancora in Mosè! Perché dunque un profeta colmo di tutta la Potenza di Dio si lascia afferrare dagli ebrei e mettere addirittura a morte? Ma quando una cosa simile accade, i suoi discepoli, come l’esperienza insegna, lo rinnegano, ed essi poi ritornano ad essere degli ebrei come erano prima del profeta! Perché dunque Dio concede che così avvenga?

20. Se i profeti sono dei lavoratori particolarmente destati e chiamati da Lui, mentre noi rappresentiamo il figlio pigro che ha bensì promesso al Padre di lavorare nella vigna, ma che poi non ha mantenuto la sua parola, come è possibile allora che i lavoratori tanto favoriti da Dio si sono sempre lasciati vincere da noi fannulloni? Come ha potuto permettere Dio che così avvenisse?».

 

[indice]

 

Cap. 193

La parabola dei vignaioli.

(Matteo 21, 33-41)

 

1. Dissi Io: «Dio ha concesso a ciascun uomo una volontà perfettamente libera, un intelletto e una coscienza sempre ammonitrice, tre facoltà senza le quali l’uomo sarebbe semplicemente un animale.

2. Nell’uomo però, affinché venga messa alla prova la sua libertà di volere, sono insiti anche la pigrizia e l’amore di se stesso, e precisamente nella sua carne, in cui l’uomo a questo mondo si sente maggiormente a suo agio.

3. Ora l’uomo è appunto chiamato a riconoscere per forza propria queste sue due caratteristiche come un male per la propria anima, e combattere questo male con i mezzi fornitigli da Dio, finché egli non sia arrivato a dominare tutte le passioni del suo corpo! Sennonché all’uomo sensuale e pigro questa lotta appare troppo scomoda e spiacevole; egli dunque preferisce lasciarsi stringere il più strettamente possibile fra le maglie della rete che le passioni del senso sempre crescenti vanno intessendo intorno a lui, e col suo esempio trova poi imitatori a migliaia, perché anche la carne di costoro trova diletto in ogni pigrizia e gioia dei sensi.

4. Ma qual è la pessima conseguenza di ciò? La conseguenza è che l’anima, invece di liberarsi dai lacci della materia per le vie della giusta attività a lei consigliata da Dio e di spiritualizzare e di vivificare veramente infine perfino la materia che la circonda, sprofonda invece sempre più nella morte della propria materia!

5. Quando questo male fra gli uomini comincia a diventare un po’ troppo diffuso, allora Dio si muove a misericordia di loro, e manda sempre a tempo debito dei destatori fra l’umanità impigrita. Ma non appena questi iniziano a compiere la loro missione, i molti pigri insorgono contro di loro, li assalgono, li maltrattano e li uccidono nel loro cieco furore, per poter poi ritornare di nuovo alla loro sonnolenza e alla loro pigrizia, fonti di tante delizie per la loro carne.

6. Ma avendo Dio creato appunto gli uomini unicamente per la vita eterna e non per la morte eterna, Egli non cessa di inviare ogni tipo di destatori all’umanità continuamente pigra e sensuale, affinché essa possa rialzarsi e dedicarsi all’attività vera che vivifica l’anima.

7. Se i profeti che esortano all’attività non vengono ascoltati, anzi vengono perseguitati, allora Dio fa seguire ben presto dei destatori di altra specie, più energici, come ad esempio dei cattivi raccolti, carestie, guerre, fame e pestilenze, e varie altre piaghe ancora.

8. Se l’umanità si converte e ridiviene attiva conformemente al Consiglio divino, ben presto Dio toglie del tutto le piaghe dall’umanità; ma se essa non si converte, allora Dio ha in serbo dei destatori ancora più energici, e questi allora hanno l’aspetto simile a quello del diluvio ai tempi di Noè e alla distruzione di Sodoma e Gomorra!

9. Se voi persisterete nei vostri peccati quando la misura stabilita sarà colma, dovrete voi pure attendervi quanto prima la venuta degli ultimi grandi e terribili destatori. Io ora vi do questo annuncio affinché vi ricordiate bene di queste Mie parole, quando essi si abbatteranno su di voi»

10. Dissero i due: «Ma che cosa facciamo di male noi, da meritarci che una cosa del genere si abbatta su di noi?»

11. Ed Io risposi: «Quello che fate e che sempre avete fatto, Io ve lo spiegherò con una similitudine; ascoltateMi dunque!

12. C’era una volta un saggio padrone, il quale piantò una vigna, la cinse con una siepe, vi scavò un torchio ed edificò una torre capace di offrire dimora a molta gente. Quando tutte queste opere furono condotte a termine, egli affidò ogni cosa ai vignaioli dopo che essi gli ebbero promesso fedeltà, sincerità, diligenza e impegno, e dopo che lui dal canto suo ebbe fissato per loro una ricca ricompensa della quale i vignaioli si dichiararono molto soddisfatti. Poi il padre di famiglia, il quale aveva da curare molte altre faccende anche altrove, poté tranquillamente partire, avendo egli disposto tutto in perfettissima regola.

13. Venuto il tempo della vendemmia, il padre di famiglia mandò i suoi servitori (profeti e maestri) per prendere in consegna i frutti della vigna. Ma quando i vignaioli, che al padre di famiglia avevano promesso completa fedeltà e sincerità e tutto l’impegno e la diligenza possibili, ebbero visto i servitori, si consigliarono tra di loro e dissero: “Eh, che vi pare! Noi siamo in molti, e così ce la sbrigheremo facilmente con questi pochi servitori del nostro padrone, e poi potremo dividere la vendemmia fra di noi!”. Allora tutti quei malvagi vignaioli si dichiararono d’accordo, afferrarono i servitori che erano venuti per ritirare i frutti della vigna, ne batterono uno, ne uccisero un altro e un terzo venne lapidato.

14. E quando il padrone venne a conoscenza di questi fatti, egli ne fu molto sdegnato e mandò alla vigna degli altri servitori in numero maggiore dei primi. E vedete, i vignaioli assalirono anche questi e fecero loro quello che avevano fatto ai primi.

15. Quando la notizia anche di questi fatti giunse all’orecchio del padrone, egli rimase immensamente rattristato e cominciò a riflettere riguardo al comportamento da tenere: se decretare un giudizio rigoroso contro i suoi vignaioli, oppure nella sua grande bontà e pazienza fare un tentativo ancora presso quei vignaioli per indurli a consegnargli spontaneamente i frutti della vigna. Allora egli pensò tra di sé e disse: “Ecco che cosa farò! Io manderò là il mio unico figlio! Essi certo avranno riguardo di lui, e faranno secondo le sue giustissime richieste!”

16. Ma quando i vignaioli ebbero visto il figlio, si consultarono nuovamente tra di loro e dissero: “Costui è l’erede! Venite dunque, e uccidiamo anche lui; così faremo nostra la sua eredità!”. Ed essi infatti lo presero e, cacciatolo fuori dalla vigna, l’uccisero.

17. DiteMi adesso voi: “Cosa pensate che il padrone della vigna farà a quei malvagi lavoratori, quando egli stesso verrà in tutta la sua grande potenza?»

18. Risposero i due: «Egli farà morire miseramente quegli scellerati, e affiderà certo la vigna ad altri lavoratori che gli renderanno i frutti al tempo dovuto!»

19. Allora Io dissi: «Questa volta avete ben giudicato! Ma sapete voi che con la parola “vigna” è da intendersi la “Chiesa”, che il “Padrone”, cioè “Dio”, ha fondato per mezzo di Mosè, mentre voi “sacerdoti” siete i “perversi vignaioli” di cui ho fatto menzione prima, e che i “servitori” sono i molti “profeti” che Dio vi ha mandato, e che l’Erede del Padre sono Io, e voi tenete giorno e notte consiglio per vedere come potreste mettere le mani addosso a questo Figlio per cacciarLo fuori dalla Sua proprietà e poi anche ucciderLo, per poter infine sedervi, quali dominatori indisturbati, sul Suo trono e dividere tra di voi i frutti della vigna?»

20. Dissero i due: «Ma dove sono dunque coloro che, se sei tu veramente l’erede, attentano alla tua vita? In quanto a noi, non siamo venuti affatto né per arrestarti, né per ucciderti, ma siamo venuti per indagare seriamente se tu sei in piena verità proprio colui che ci fu promesso. Noi abbiamo solo il dovere di far buona guardia qui sulle soglie dell’antica chiesa, per impedire che in questa epoca avida di miracoli, in cui gli esseni e i maghi di altra specie fanno così buoni raccolti, qualche falso Cristo riesca a insinuarsi eventualmente fra di noi e abbindoli e seduca il popolo cieco e credulone con le sue dottrine contorte e con i suoi falsi prodigi. Chi dunque dinanzi a noi non regge alla prova del fuoco, è un intruso e un imbroglione, e noi abbiamo il pieno diritto di pigliarlo e di cacciarlo fuori!

21. Se tu sei davvero il Cristo, perché ti indegni se ti mettiamo alla prova al cospetto del popolo? Se noi troveremo che in te non c’è assolutamente alcun inganno, saremo noi i primi a presentarti dinanzi a tutto il popolo per quello che tu stesso ti presenti a noi; qualora invece attraverso la nostra perspicacia dovessimo scoprire che sei tu stesso a volerti innalzare a qualcosa avvalendoti probabilmente delle tue segrete conoscenze di magia, allora sarebbe nostro assoluto dovere impostoci da Dio cacciarti fuori come un imbroglione e un bestemmiatore di Dio e punirti a rigor di legge. Ma se noi agiamo sulla base di queste premesse, come puoi paragonarci ai malvagi vignaioli e renderci così sospetti dinanzi a tutto il popolo?»

22. Ed Io risposi: «Io faccio così perché ho tutte le ragioni per poterlo fare, e perché non ho nessun timore di voi! Le ragioni però voglio esporvele più dettagliatamente ancora! Da molto tempo qui c’è stata gente che era e che si atteggiava come voi ora. Anche i vostri predecessori si consideravano sempre i custodi e i lavoratori assolutamente legittimi della vigna di Dio, sennonché là dove essi lavorarono, tennero anche il raccolto sempre per sé, e travisarono la Legge di Dio, sostituendola addirittura con una legge del mondo per il loro vantaggio in questo mondo.

23. Allora Dio inviò loro i profeti, ed essi li perseguitarono col ferro e col fuoco dichiarando sempre al popolo che quelli erano dei falsi profeti, e chiunque prestasse ascolto alle loro parole e vivesse secondo queste lo consideravano reo di sacrilegio e di bestemmia contro Dio.

24. Appena cent’anni più tardi i profeti perseguitati dai sacerdoti del loro tempo furono riconosciuti come autentici profeti, e si eressero loro dei monumenti che voi, per un apparente senso di reverenza, imbiancate tutt’ora ogni anno. Tuttavia alle loro parole voi oggi credete altrettanto poco quanto i sacerdoti vissuti in quei tempi; e come i sacerdoti di allora perseguitarono gli antichi profeti, così voi pure perseguitate i profeti che vi vengono inviati, li dichiarate falsi, li cacciate fuori e li uccidete!

25. Ma se voi fate così, cosa che voi non potete negare, non ho dunque ragione di dichiarare apertamente che siete appunto voi quei malvagi vignaioli quali, secondo la vostra propria sentenza, il padrone della vigna ucciderà senza pietà? Voi certo siete dei custodi, ma lo siete di quella perfida specie di custodi che fanno la guardia dinanzi alle spelonche dei ladroni e dei briganti!

26. Cosa interessa a voi il compiacimento di un Dio nel Quale non avete mai creduto? Quello che vi interessa unicamente è la vostra dottrina mondana, perché essa vi procura molto oro, argento e pietre preziose, e oltre a ciò anche tutte le primizie e le migliori cose che il paese produce! Infatti qualora voi credeste veramente in un Dio, osservereste anche le Sue Leggi le quali, fra l’altro dicono: “Tu non devi desiderare quello che è del tuo prossimo”, e “Non devi uccidere!”. Voi invece pretendete e vi prendete addirittura tutto ciò che appartiene al vostro prossimo e che esso si è conquistato col sudore della propria fronte! E chi non vuole darvi quanto pretendete, costui lo perseguitate più ferocemente di quanto i lupi affamati perseguitano l’agnello; e chi invece, suscitato da Dio, vi ammonisce e vi dichiara che il vostro agire è malvagio e ingiusto, allora voi gli mettete subito le mani addosso e lo uccidete!

27. Ma che il vostro operare sia proprio questo e non un altro, questo non lo so Io soltanto, ma lo sanno tutti, e tutti piangono e si lamentano della vostra durezza di cuore che non conosce pietà! Voi imponete ai miseri dei pesi insopportabili, ma voi stessi evitate di toccarli sia pure con un dito solo!

28. Dunque, dite ora qui in presenza del popolo se un simile procedere prepotente e privo di scrupoli è stato mai autorizzato da Mosè o da qualche altro profeta?! Dove sta mai scritto che vi è lecito appropriarvi dei beni delle vedove e degli orfani dietro la promessa di lunghe preghiere? E quando mai Mosè ha comandato di dichiarare falsi i profeti che insegnano il bene, di perseguitarli e di ucciderli?

29. Ma se tutte queste cose voi le fate - ciò che non vi sarà mai possibile negare - al cospetto di tutto il mondo, allora risulta chiarissimo che appunto voi siete i malvagi vignaioli dei quali ho prima citato!»

30. A questo punto i due farisei, e pure gli altri, montarono su tutte le furie di fronte a questi rimproveri da Me scagliati loro in faccia, e tutto il popolo si mise a gridare: «Giustissimo! Egli non ha detto che tutta la verità nuda e cruda! Le cose stanno propriamente così, e non vi è niente di esagerato!»

31. E udite queste esclamazioni del popolo, i due in tono minaccioso così Mi apostrofarono: «Ma chi sei tu dunque che osi esprimerti in questo modo di fronte a noi al cospetto del popolo! Non conosci tu i nostri diritti e il nostro potere? Per quanto tempo ancora intendi mettere alla prova la nostra pazienza?»

32. Ed Io risposi loro: «Io sono Colui il Quale ora vi parla; inoltre vi ripeto che non ho davvero il benché minimo timore del vostro potere, perché il vostro diritto immaginario è, dinanzi a Dio e a ciascuna persona onesta, la massima delle ingiustizie. E per quanto riguarda la pazienza, sarebbe piuttosto vostro dovere domandare per quanto tempo ancora dovrò avere Io con voi appunto proprio quella pazienza che vi illudete di dover avere voi con Me, perché a Me è dato ogni Potere nel Cielo e sulla Terra. La Mia Volontà può trarvi in perdizione e gettarvi nel fuoco della Mia Ira; voi invece non potete nulla contro di Me, poiché Io posso mandarvi in rovina molto prima che riusciate a toccarMi con un solo dito! Ah sì, quando Io, a causa della vostra eccessiva malvagità, permetterò che mettiate le vostre mani infami addosso a Me, allora certo arriverete a toccarMi, ma quel giorno segnerà anche il vostro giudizio e la vostra rovina!».

 

[indice]

 

Cap. 194

La domanda dei farisei riguardo al Regno di Dio.

(Matteo 21, 42-46)

 

1. Disse poi uno dei due: «Che cosa sono tutte queste insensatezze dal sapore blasfemo che vai proferendo? Non siamo noi dunque i costruttori della Casa di Dio sulla Terra stabiliti da Mosè e da Aronne, conformemente anche a quanto sta scritto?!»

2. Ed Io risposi; «Sì, indubbiamente questo sta anche scritto, però scritto sta anche qualcos’altro, ed Io voglio anche ricordarvelo, considerato che avete menzionato i costruttori; sta scritto anche, come voi sicuramente saprete in quanto voi lo avete anche letto nella Scrittura: “La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d’angolo; e questa cosa è accaduta al Signore, ed è ora meravigliosa a vedersi ai vostri occhi!”. Ma perciò Io vi dico che il Regno di Dio vi sarà tolto e sarà dato ai pagani, e presso di questi esso porterà i suoi frutti»

3. E chiesero i due: «Che cos’altro avverrà della testata d’angolo nella quale sembri voler simboleggiare te stesso?»

4. Ed Io dissi: «Rispetto alla pietra da voi scartata, e che tuttavia è divenuta testata d’angolo, le cose per l’avvenire si metteranno così: “Chi cadrà sopra questa pietra, come ora succede a voi, si sfracellerà; ma colui sul quale cadrà la testata d’angolo, ciò che dovete attendervi voi, costui rimarrà stritolato!”. Mi avete compreso adesso?»

5. A questa Mia spiegazione anche gli altri capi dei sacerdoti e farisei cominciarono a comprendere che erano appunto essi coloro che sarebbero rimasti stritolati dalla caduta della testata d’angolo! Ma allora essi si inasprirono ancora di più, e si consultarono tra di loro per vedere con quale altro modo avrebbero potuto afferrarMi e rovinarMi!

6. Sennonché i più moderati li sconsigliarono, richiamando la loro attenzione sul fatto che una grande quantità di popolo era con Me, il quale Mi riteneva un grande profeta, e che Io certamente già per questa ragione dovevo aver spiegato al popolo fino alla sazietà quello che i capi dei sacerdoti e i farisei avevano sempre fatto dei profeti. Quindi era invece consigliabile cercare di accalappiarMi prima con le parole, e di farMi apparire con fondati motivi dinanzi al popolo come un mentitore e un imbroglione, e solo dopo prenderMi e condurMi davanti al tribunale, nel qual caso il popolo non avrebbe potuto obiettare più niente. Finché però non si fosse riusciti a prenderMi con le parole, sarebbe stato estremamente azzardato tentare di impadronirsi di Me proprio in quei momenti nei quali il popolo era ancora troppo agitato a causa dei segni notturni manifestatisi sul firmamento!

7. I capi dei sacerdoti e i farisei si persuasero ben presto che i moderati avevano ragione, e, masticando amaro, decisero di rinnovare i tentativi di comprometterMi con i discorsi.

8. Essi dunque Mi rivolsero nuovamente la parola con un tono di benevolenza simulata, dato che temevano molto il popolo, e Mi domandarono: «O maestro, considerato che tu conosci tanto bene la Scrittura, ci sarebbe ora assai gradito apprendere da te in che cosa veramente consiste il Regno di Dio che sarà tolto a noi e verrà dato invece ai pagani, presso i quali esso anche porterà i frutti desiderati. Che cosa è insomma questo Regno di Dio, cosa intendi dire con ciò? È il Cielo al quale tutti i credenti sperano di pervenire dopo la morte del corpo, oppure esiste già in qualche luogo su questa Terra, ciò che a giudicare dalle tue parole sembra anche effettivamente essere, considerato che altrimenti non potrebbe venire dato ai pagani, riguardo ai quali non c’è evidentemente da parlare di un vero Cielo spirituale, siccome non risulta essere scritto in nessun luogo che un giorno anche i tenebrosi pagani verranno accolti nei Cieli di Dio? Queste espressioni uscite dalla tua bocca di profeta ci sono apparse davvero alquanto enigmatiche, e perciò ti preghiamo di volere essere un po’ più preciso su questo argomento!»

9. Essi già gongolavano in segreto, perché ritenevano di averMi intrappolato con questa loro domanda astuta, alla quale sarebbe stato difficile che Io avessi potuto dare una risposta esauriente. Anche il popolo apparve qua e là molto perplesso, e rimase ansiosamente in attesa di sentire come Io avrei evitato un simile tranello.

10. Ma Io Mi rizzai sulla Persona come un eroe e, con espressione e voce che non tradivano il benché minimo imbarazzo, così cominciai a parlare loro, avvalendoMi nuovamente di parabole: «Poiché siete colmi di pigrizia, di sensualità e dell’orgoglio più egoista, non vi è certamente possibile comprendere il mistero e la verità del Regno di Dio! Il Cielo in cui voi sperate ve lo raffigurate come una località sovranamente bella e immensamente estesa situata in qualche regione al di sopra di tutte le stelle, dove le anime pie dopo la morte del corpo - oppure, secondo l’opinione ancora più sciocca e insensata di alcuni fra di voi, solo dopo molte migliaia di anni nel giorno del giudizio da voi mai ancora compreso - verranno accolte e godranno continuamente per l’eternità di una vita di massime delizie. E da un simile vostro Cielo, che veramente non esiste in nessun luogo se non nella vostra arcistolta fantasia, secondo la vostra credenza quanto mai egoista, dovrebbero venire esclusi i pagani tenebrosi! Eh sì, certo, anzi Io vi dico che da questo vostro Cielo essi saranno anche esclusi per l’eternità, dato che è impossibile venire accolti in un Cielo che in verità non esiste in nessun luogo!

11. Ma affinché un giorno nessuno possa scusarsi di non aver saputo in che cosa altrimenti consista il vero Regno dei Cieli, Io, a beneficio del popolo, vi spiegherò per mezzo di similitudini che cosa è il vero Cielo che esiste con la stessa forma dappertutto in tutta l’infinità e così pure qui su questa Terra, su tutte le stelle e al di là di queste. Dunque ascoltateMi!».

 

[indice]

 

Cap. 195

La parabola del re e del suo banchetto nuziale.

(Matteo 22, 2-14)

 

1. (Continua il Signore:) «Il Regno dei Cieli, ovvero il Regno di Dio, è simile ad un re, il quale fece un banchetto di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servitori per invitare moltissimi personaggi ragguardevoli alle nozze regali, ma gli invitati così ragionarono tra sé: “Che bisogno abbiamo noi di intervenire ad un banchetto di nozze regali? A casa nostra noi abbiamo il meglio, e non ci occorre ringraziare nessuno!”. E quindi nessuno di quei personaggi volle accettare l’invito a nozze del re.

2. Quando il re fu informato che coloro i quali erano stati invitati per i primi si erano rifiutati di partecipare al banchetto, mandò nuovamente degli altri servitori dopo aver dato loro le istruzioni seguenti: “Dite così agli invitati: ‘Io ho preparato il mio banchetto; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono stati macellati, e ogni cosa è pronta; perciò venite tutti alle nozze!’”

3. Allora i servitori andarono ed eseguirono fedelmente il loro incarico; gli invitati però di nuovo non vollero saperne nulla, e sprezzantemente se ne andarono chi al proprio campo, chi ai suoi affari, e ce ne furono perfino alcuni che, presi i servitori, li oltraggiarono e li uccisero!

4. E quel re, udito ciò, si accese di giusta ira e mandò immediatamente i suoi eserciti i quali sterminarono tutti quegli assassini e arsero e devastarono completamente le loro città.

5. Poi il re disse nuovamente ai suoi servitori: “Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni, andate dunque su tutte le strade e le vie, e chiamate alle nozze chiunque troverete!”

6. E quei servitori, usciti sulle strade, radunarono tutti coloro che trovarono, cattivi e buoni, e così le mense furono tutte occupate!

7. E quando i posti alle mense furono occupati in questo modo, il re entrò nella grande sala del banchetto per vedere i suoi ospiti; ed egli ben presto scorse un tale che non era nemmeno alla lontana vestito da nozze, mentre tutti gli altri, non appena ricevuto l’invito, si erano affrettati alle loro case per abbigliarsi il meglio possibile in maniera degna di presentarsi al banchetto.

8. Allora il re domandò ai servitori: “Perché quell’uomo non ha indossato una veste da nozze così da rallegrare i miei occhi ed evitare di scandalizzare i molti altri ospiti?”

9. Ma i servitori risposero: “O re possente, è uno di coloro che tu hai fatto invitare già la prima volta e che non vollero venire! Noi lo trovammo sulla strada la terza volta che ci mandasti fuori, gli facemmo ancora una volta il tuo invito e gli consigliammo di voler egli pure vestirsi in maniera degna di sedere al banchetto nuziale! Sennonché egli rispose: ‘Eh, che mai! Non ho affatto voglia di sottopormi a noiose fatiche a causa delle nozze; verrò così come sono vestito!’. Ed egli infatti è venuto alle nozze assieme agli altri invitati vestito così come noi lo avevamo incontrato sulla strada, né noi abbiamo creduto di vietargli l’entrata, dato che non eravamo stati autorizzati da te!”

10. E il re, dopo aver sentito queste cose dai suoi servitori, si avvicinò a colui che non indossava l’abito di nozze e gli disse: “Come hai potuto entrare qui senza l’abito da nozze? Vedi, le mense sono ora tutte occupate da poveri, dei quali una gran parte era cattiva, mentre i buoni erano soltanto in piccola parte, eppure tutti si sono abbigliati così che ora il mio occhio trova compiacimento in loro. Tu però fosti già invitato una prima volta e non volesti venire, e solo adesso al terzo invito generale ti sei lasciato indurre ad entrare qui, ma senza indossare l’abito da nozze, pur essendo tu abbastanza ricco per possederne uno! Perché hai voluto farmi un simile affronto?”

11. L’interpellato però si dimostrò oltremodo sdegnato contro il re, e non volle nemmeno scusarsi e chiedergli perdono; anzi la sua bocca rimase chiusa e non diede affatto risposta al re, nonostante costui in precedenza gli avesse rivolto la parola da amico.

12. Ma constatando la malvagia ostinazione di costui, il re si adirò tanto che egli disse ai suoi servitori: “Considerato che quest’uomo è tanto indurito e ricompensa la mia grande indulgenza e la mia amorevolezza con lo sdegno, l’ira e il disprezzo, legategli le mani e i piedi (volontà d’amore e sapienza) e gettatelo fuori (nella materia) nelle tenebre più estreme (intelletto esclusivamente mondano). Là sarà pianto e stridor dei denti (le dispute mondane riguardo al diritto, alla verità e alla vita)”

13. Ebbene, Io con questo ho voluto dirvi che da parte di Dio, per mezzo dei servitori da Lui suscitati, anche molti fra voi sono stati invitati e chiamati a partecipare al banchetto del vero Regno di Dio, ma gli eletti sono stati soltanto pochi, poiché la prima volta non vollero accettare l’invito e la seconda volta essi rinnovarono il rifiuto, come è attualmente anche il caso con voi. Quando poi l’invito venne fatto per la terza volta, allora anche tutti i pagani vennero invitati alle nozze, e questi si presentarono al banchetto nelle vesti adatte; di coloro invece che erano stati invitati la prima volta non ne comparve che uno in veste non adatta, e questo simboleggia la vostra caparbietà che finirà col cacciarvi fuori nelle tenebre estreme del mondo e nella miseria spirituale. Perciò fra i molti già chiamati all’inizio, se ne troveranno ben pochi di eletti, e così il Regno di Dio verrà tolto a voi per essere dato ai pagani; voi invece nelle vostre tenebre estreme del mondo andrete cercando, contendendo e litigando, e il Regno di Dio da voi ora perduto e da cui vi siete allontanati non lo troverete mai più fino alla fine del mondo.

14. Il vero e vivente Regno di Dio, però, non si annuncia con fasto e con gran pompa esteriori - non è in ciò che esso consiste - ma esso si trova nell’intimo dell’uomo; quindi per colui che non lo ha in sé, esso non esiste assolutamente in alcun altro luogo in tutta intera l’infinità.

15. Ma in ciò consiste il Regno di Dio nell’uomo: nell’osservare i Comandamenti di Dio e nel credere d’ora innanzi in Colui che in Me vi è stato mandato.

16. In verità Io vi dico: “Chi crede in Me ed opera secondo la Mia Parola, costui ha in sé la vita eterna, e con questa anche il vero Regno di Dio, perché Io stesso sono la verità, la Luce, la via, e la vita eterna!”

17. Colui il quale - sia per Mia bocca, sia per bocca di coloro che Io invio ora e in avvenire più ancora invierò quali Miei veri e validi testimoni - sente queste cose e non vuole credere che questa sia appunto la verità, come effettivamente essa è, né potrà ora e in eterno essere altrimenti, costui di certo non entra nel Regno di Dio, ma rimane nella notte del suo proprio giudizio del mondo. Ecco, tutte queste cose Io ora ve le ho dette; perciò beato colui che vorrà regolarsi in base ad esse!».

 

[indice]

 

Cap. 196

La questione del tributo.

(Matteo 22, 15-22)

 

1. Quando i capi dei sacerdoti, gli scribi e i farisei ebbero sentito queste parole, non seppero più cosa altro escogitare per coglierMi in fallo per mezzo di ragionamenti. Infatti con la domanda in relazione al Regno di Dio essi avevano dato un colpo a vuoto, non essendosi trovati nella possibilità di obiettarMi qualcosa; d’altro canto anche il popolo dichiarava all’unanimità e ad alta voce che Io avevo detto e insegnato la più perfetta verità.

2. Così dunque quelli del partito moderato là presenti dissero: «Noi ve lo avevamo detto già prima che non era possibile farlo cadere in trappola con delle domande attinenti alla Scrittura, che evidentemente egli deve conoscere molto meglio di noi tutti! Voi dovreste piuttosto domandargli il suo consiglio e la sua opinione esclusivamente riguardo alle leggi di Roma, che egli, da profeta perfetto quale dice di essere, non può approvare dal punto di vista delle Leggi di Mosè. Questo sarebbe forse ancora il mezzo più spiccio per attirarlo nella rete! Ma converrebbe certamente che di questo si incaricasse qualche perfetto conoscitore delle leggi romane!»

3. La proposta trovò subito il consenso generale, ed essi si consultarono in segreto per vedere come avrebbero dovuto fare per coglierMi in fallo in qualche modo su qualche parola secondo il consiglio dato dai moderati.

4. Allora alcuni andarono per avvicinare certi studiosi del diritto romano e anche dei servitori di Erode esperti in giurisprudenza, e promisero loro una buona ricompensa qualora fossero riusciti a cogliermi in fallo su qualche parola!

5. E costoro vennero ben presto e, con un’espressione falsamente amichevole, Mi domandarono: «Maestro, noi sappiamo che tu sei veritiero, che insegni giustamente la via di Dio e non chiedi a nessuno se la tua dottrina gli piaccia o meno. Infatti tu hai riguardo unicamente per la verità e mai per il prestigio di una persona, perciò puoi anche sempre esprimere un libero giudizio. Vedi però, dato che a noi, che in fatto di giurisprudenza non siamo proprio degli ignoranti, appare pur sempre una cosa strana che anche noi Ebrei dobbiamo attualmente pagare il tributo a Cesare, a Roma, che secondo la Legge di Mosè dovremmo andarne esenti. Che ne pensi a tale riguardo? È giusto che anche noi Ebrei ora dobbiamo pagare il tributo a Cesare, anche se ci è stato rilasciato un salvacondotto secondo il quale, nonostante la sovranità di Roma, ci è concessa libertà di movimento in conformità alla nostra Legge mosaica? Noi dunque vorremmo sapere qual è la tua opinione in proposito!»

6. Ma Io che, già al loro avvicinarsi, Mi ero accorto anche troppo bene della loro astuzia, li guardai bene in faccia e ad alta voce dissi: «O ipocriti, perché Mi tentate? MostrateMi una moneta del tributo!»

7. Ed essi Mi porsero subito un denaro romano.

8. Allora Io domandai: «Di chi è dunque l’immagine e l’iscrizione?»         

9. Ed essi risposero: «Come chiaramente vedi, è di Cesare!»

10. Ed Io conclusi: «Ebbene, rendete a Cesare quello che è di Cesare, e a Dio quello che è di Dio!»

11. E avendo udito la Mia risposta, meravigliati della Mia Sapienza, essi dissero ai sacerdoti: «È bene che esaminiate questo sapiente voi stessi, perché noi non possiamo competere con la sua sapienza!»

12. Poi se ne andarono alle loro faccende.

13. Dal canto Mio continuai ad istruire liberamente il popolo riguardo all’immortalità dell’anima, argomento che non mancò di attirare l’attenzione di alcuni sadducei là presenti, con i quali Io ben presto ebbi occasione di venire in contatto come si vedrà in seguito.

14. Frattanto però, tra una discussione e l’altra, anche il mezzogiorno era venuto, e quindi qualche discepolo Mi domandò, visto che Io avevo ormai si può dire definitivamente turato la bocca ai farisei e che tutto il popolo teneva per Me e credeva in Me, se non sarebbe stato consigliabile lasciare il Tempio e dare qualche disposizione per il pranzo.

15. Dissi Io: «Per il pranzo non occorre affannarsi, perché l’uomo non vive di solo pane, ma anche di ciascuna parola che viene dalla bocca di Dio. Io devo lavorare mentre è giorno; quando viene la notte non è bene lavorare e avere a che fare con questo popolo. I farisei se ne sono andati, è vero, ma per tenere nuovamente consiglio fra di loro allo scopo di vedere se malgrado tutto non sia forse possibile farMi cadere in fallo in qualche altra maniera; perciò essi ritorneranno ben presto e si metteranno a gironzolare intorno a Me. Là c’è poi un gruppo di sadducei i quali Mi hanno preso anch’essi fortemente di mira, ed essi non tarderanno ad avvicinarsi per discutere con Me. In questa occasione non mancheranno affatto di essere presenti anche i farisei e gli scribi; per conseguenza è opportuno che ci fermiamo ancora qui nel Tempio, visto che nemmeno il popolo accenna ad andarsene. Ad ogni modo, se qualcuno di voi vuole proprio uscire per provvedere al suo corpo, può fare come crede; Mi sarà più gradito tuttavia se rimarrà!».

16. E quando i discepoli ebbero sentito queste Mie parole, rimasero tutti, e nessuno uscì dal Tempio.

 

[indice]

 

Cap. 197

Gesù e i sadducei. Il matrimonio in Cielo.

(Matteo 22, 23-33)

 

1. Infatti poco dopo si presentarono a Me alcuni sadducei, che erano dei cinici i quali non credevano né alla resurrezione, né alla vita dell’anima dopo la morte del corpo, e così Mi interpellarono: «Maestro, Mosè, se non proprio espressamente comandato, ha tuttavia detto: “Se un uomo sposato muore senza figli, sia il fratello del defunto a sposare la vedova, e così susciti una discendenza al fratello defunto”. Ora, presso noi vi erano sette fratelli. Il primo sposò una donna, ma morì ben presto senza aver avuto figli, e la vedova, secondo il consiglio di Mosè, divenne moglie del secondo fratello. Però anche al secondo toccò la stessa sorte del primo, e così di seguito fino al settimo, e sempre senza figli. Quando la donna morì, era stata la moglie di tutti e sette i fratelli. Dunque, se la resurrezione dopo la morte del corpo è una questione accertata, si domanda: “Di chi sarà moglie la donna nell’altra vita, dato che in questa vita lei ha avuto per mariti tutti e sette i fratelli?”»

2. Dissi Io: «Oh, qua vi sbagliate di molto, e non conoscete la Scrittura, e tanto meno la Forza di Dio! Nella resurrezione, che voi non comprendete, gli esseri umani saranno del tutto simili agli angeli di Dio e non sposeranno, né si faranno sposare! Infatti il matrimonio nel Cielo è qualcosa di ben diverso da quello vostro su questa Terra.

3. Però, come sulla Terra sono congiunti fra di loro un vero uomo e una vera donna, similmente anche nel Cielo sono congiunti fra di loro l’Amore e la Sapienza.

4. Sebbene voi non siate tanto esperti nella Scrittura, non per questo vi sarà sfuggito quel punto dove sta scritto che Dio ha parlato chiaramente così: “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe!”. Però Dio non è un Dio dei morti, ma dei viventi. Ora se Dio è certamente un Dio dei viventi e non dei morti, oppure, secondo le vostre idee, dei completamente annientati, è chiaro che Abramo, Isacco e Giacobbe devono essere tuttora viventi e devono essere risuscitati a vera vita eterna già da molto tempo! Infatti, se non fosse così, Dio avrebbe mentito a Mosè quando gli disse: “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”, dato che Dio può essere soltanto un Dio di coloro che vivono e sono, ma non di quelli che non vivono e non sono da nessuna parte. Non vi pare che affermare e credere una cosa simile sarebbe la cosa più insensata di questo mondo?

5. Ma quando ad Abramo, mentre egli era ancora nella carne su questa Terra, venne predetto che Io stesso sarei pure venuto un giorno a questo mondo nella carne quale Figlio d’uomo - ciò che ha trovato appunto ora adempimento davanti ai vostri occhi - e gli venne promesso che egli stesso avrebbe visto il Mio giorno e il Mio tempo a questo mondo, allora egli ne gioì immensamente. (Giov. 8,56)

6. Ed Io, secondo pienissima verità, posso assicurarvi che egli effettivamente ha anche visto il Mio giorno e il Mio tempo su questa Terra, e che continua a vederli e che se ne rallegra immensamente! Ma potrebbe essergli accaduto questo se non fosse risorto già da molto tempo, o se fosse invece completamente morto e, come lo intendete voi, annientato per l’eternità?»

7. I sadducei allora, non sapendo cosa replicare, dissero: «Mostraci dunque il patriarca Abramo risorto, e noi crederemo a quanto hai detto!»

8. Ma Io dissi loro: «Se non credete alle Mie parole, non credereste nemmeno all’apparizione di Abramo sempre facilmente possibile, anzi direste: “Ecco qui il mago che vuole abbagliarci con i suoi trucchi!”. Io però vi dico: “Io stesso sono la vita e la resurrezione; chi crede in Me, costui ha già in sé la vita e la resurrezione”.

9. Qui vedete molti che sono nella carne e che sono già risorti nello spirito, e d’ora innanzi non sentiranno né gusteranno più la morte, ma invece vivranno in eterno. Questi hanno già visto Abramo, Isacco e Giacobbe, hanno parlato loro e sanno cosa pensarne; voi invece siete ben lontani dal sapere cosa pensarne, quantunque siate in vita e anche pensiate e vogliate! Mi avete compreso?»

10. Ricevuta questa lezione da Me, i sadducei non ribatterono più nulla e si ritirarono.

11. Il popolo era rimasto addirittura intimorito di fronte alla Mia grande Sapienza, e disse: «Costui è davvero più di un semplice profeta, poiché Egli parla come un Signore assoluto! Se Egli fosse solo un profeta, non parlerebbe come un Dominatore colmo della massima Potenza di Dio! Poiché Chi dice: “Io sono la vita e la resurrezione stesse, chi crede in Me non vedrà, non sentirà e non assaporerà in eterno mai la morte, dato che così egli ha già in sé la vita e la resurrezione!”, ebbene, dice una cosa che nessuno all’infuori di Dio può dire! Però noi sappiamo che a tutti gli Ebrei è stato promesso un Messia, il Cui Nome sarà grande, poiché Egli si chiamerà “Emmanuele”, vale a dire “Dio con noi”. Ora quest’uomo deve essere di certo il Messia, altrimenti da dove potrebbe avere tanta Potenza e tanta Sapienza?».

 

[indice]

 

Cap. 198

Il Signore domanda ai farisei la loro opinione riguardo a Cristo.

L’essenza dell’uomo. Della triplice essenza di Dio.

 

1. Così il popolo andavano ragionando; tuttavia i farisei e gli scribi che erano appena ricomparsi non sapevano niente dell’opinione che il popolo aveva espresso sul Mio conto; essi erano arrivati nel momento in cui Io avevo turato la bocca ai sadducei, ciò che procurò loro in segreto una grande soddisfazione, dato che nutrivano un odio mortale per i sadducei. Nel frattempo essi avevano ripreso un po’ di coraggio, e perciò si accinsero a fare qualche altro tentativo per vedere di coglierMi in fallo con le parole.

2. Infatti poco dopo Mi venne vicino un dottore della Legge, e disse: «Maestro, ormai mi sono convinto che tu sei un conoscitore molto esperto della Scrittura e un uomo dotato di rara sapienza; abbi dunque la compiacenza di dirmi: “Qual è il maggior Comandamento di tutta la Legge?”»

3. Dissi Io: «Il più importante Comandamento il quale include in sé tutto, suona così: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente!”. Ecco, questo è il primo e più grande Comandamento! Il secondo però è simile al primo, e suona: “Amerai anche il tuo prossimo come te stesso”; vale a dire che tu devi essere sempre pronto con gioia a fare al tuo prossimo, nella misura delle tue forze, tutto quello che potresti desiderare che esso pure ti facesse qualora tu ne avessi bisogno. Da questi due Comandamenti dipendono tutta la Legge e tutti i profeti. O forse voi conoscete qualche altro Comandamento che sia maggiore di questi due?»

4. Rispose il dottore della Legge: «Io non ne conosco uno più grande, e quindi hai risposto giustamente!»

5. Intanto i farisei e gli scribi erano venuti radunandosi in gran numero intorno a Me, e si consultarono per vedere quali altre domande avrebbero potuto rivolgerMi allo scopo di farMi inciampare e cadere nella loro rete.

6. Sennonché Io li prevenni e chiesi loro: «Udite, che voi stiate ponendoMi continuamente delle domande tali che, secondo voi, potrebbero darvi modo di accalappiarMi, questo lo vedono ormai tutti coloro che sono qui presenti! Ma Io ho già dato risposta ad una quantità di simili domande, e vi ho fornito la prova che tutti i vostri tentativi sono vani e che Io non Mi lascio intrappolare in nessun modo. Ora però vi farò anch’Io una domanda; se sarete in grado di rispondere a questa, potrete poi di nuovo interpellarMi riguardo all’una o all’altra cosa»

7. Dissero i farisei: «Sta bene, domanda pure; vedrai che nemmeno noi resteremo debitori di una risposta!»

8. Dissi Io: «Bene, allora diteMi: “Che ne pensate voi del Cristo? Di Chi sarà Egli figlio?”»

9. Risposero i farisei: «Come sta scritto: “Egli è figlio di Davide!”»

10. Osservai Io: «Eppure è strano! Ma se è così, come mai Davide stesso Lo chiama in spirito un Signore, e precisamente là dove dice: “Il Signore ha detto al mio Signore: ‘Siedi alla Mia destra, finché Io abbia posto i Tuoi nemici per sgabello dei Tuoi piedi!’”?. Se dunque Davide lo chiama Signore, come mai è Egli suo figlio?»

11. Disse allora uno dei farisei: «Noi sappiamo bene che Davide in spirito ha parlato così del Cristo; ma chi mai può comprendere cosa egli abbia voluto dire parlando del “Signore” il Quale ha parlato al suo Signore, e chi dovesse essere il Signore che Davide chiamò suo? Infatti noi, secondo la Legge di Mosè, non possiamo ammettere che ai tempi di Davide si abbia avuto l’idea di due Signori e si sia creduto in due Signori, ciascuno dei quali dovrebbe essere stato interamente Dio! Il Signore che ha parlato al Signore di Davide deve dunque evidentemente essere un altro da quello che Davide chiama il suo Signore, perché altrimenti come avrebbe Davide potuto dire: “Il Signore ha parlato al mio Signore”? Ma chi è che può adesso comprendere queste cose? Se tu le comprendi, spiegacele, e poi crederemo che tu parli fuori dallo Spirito di Dio!»

12. Ed Io allora riposi: «Se voi, che avete la pretesa di essere dei dottori della Legge, non comprendete l’antico modo di esprimersi degli ebrei, come volete poi intendere il loro spirito?

13. Il Signore, Jehova dunque, sarà Egli pure stato un Signore di Davide, dunque Egli pure il suo Signore? E perciò Davide non ha errato se ha parlato così: “Il mio Signore ha detto al mio Signore”. Ma se ha parlato appunto così, risulta ben chiaro che i Signori, apparentemente due per effetto della struttura del discorso, non sono in sostanza che Uno e sempre lo stesso Signore soltanto! O non dite forse voi stessi: “Il mio spirito parlò all’intelletto della mia anima”? Non dimora lo spirito dell’uomo nella sua anima, e non è esso quindi una cosa sola con questa, nonostante esso, quale la vera e propria forza vitale nell’anima, sia un elemento più nobile e più perfetto dell'anima sostanziale in sé e di per se stessa?

14. Ora in Dio si trovano pure due essenzialità distinguibili, quantunque esse costituiscano il Suo Essere fondamentale originario e quindi il Suo unico Essere indivisibile.

15. Una essenzialità distinguibile è l’Amore, quale l’eterna fiamma vitale in Dio; l’altra essenzialità distinguibile invece è la Luce, ovvero la Sapienza in Dio, quale conseguenza della fiamma vitale supremamente chiara.

16. Ma se le cose stanno così, e inconfutabilmente non altrimenti, non è l’Amore in Dio perfettamente la medesima Gloria in Dio come la Sua Sapienza?

17. Dunque, quando Davide dice: “Il Signore parlò al mio Signore”, egli non ha detto altro se non che l’Amore misericordiosissimo in Dio compenetrò tutta la Sua Sapienza e le disse: “Siedi alla Mia destra, diventa Parola ed Essere [creato], e divieni Una cosa sola con tutta la Mia Potenza vitale, e tutto ciò che è nemico della Luce deve allora piegarsi dinanzi alla Potenza vitale dell’Amore nella sua Luce!”.

18. Quello che però Davide disse a suo tempo in spirito, sta prodigiosamente ora corporalmente dinanzi alle vostre facce! Ma perché allora vi ostinate a chiudere gli occhi e non volete rendervi conto che la grande Promessa ha trovato ormai adempimento dinanzi a voi, e vi insegna le vie della vera vita proveniente da Dio e in Dio?»

19. Quando i farisei sentirono queste parole dalla Mia bocca, essi rimasero intimoriti dalla Mia Sapienza, e nessuno si azzardò più a rivolgerMi altre domande allo scopo di tentarMi.

20. E i moderati del Tempio osservarono, piuttosto di nascosto, agli irriducibili: «Noi ve lo abbiamo detto già in anticipo e con tutte le buone intenzioni che con quest’uomo non c’è proprio niente da fare! Infatti, in primo luogo egli ha nella sua volontà una potenza prodigiosa tanto incomprensibilmente grande che può, volendo, trasportare e distruggere montagne; in secondo luogo tutto il popolo e così pure i romani stanno dalla sua parte irremovibili come un diamante; e in terzo luogo egli è tanto incredibilmente sapiente che noi, con tutta la nostra sapienza riunita, non arriveremo mai, nemmeno con le domande più astutamente combinate, a circuirlo e prenderlo nella rete quel tanto che basti per renderlo sospetto agli occhi del popolo! Quanto più lo interroghiamo, tanto più ci rendiamo noi stessi sospetti al cospetto del popolo, e la conseguenza è che questo non può che farsi beffe di noi tutti quanti siamo. E poi che cosa ci guadagniamo? Noi avremmo fatto molto meglio se non ci fossimo mai messi a discutere con lui! Ormai invece il male è fatto; che cosa ci resta da fare adesso? Secondo noi, la decisione più saggia sarebbe lasciare che la faccenda vada come deve andare e di non curarcene proprio più, almeno apertamente!

21. Qualora, malgrado tutto, si trattasse davvero di una disposizione divina, ogni nostra fatica per contrastarla risulterà vana; se invece non lo è, tutto svanirà da sé, e fra non molto la gente non ne serberà nemmeno il ricordo, come del resto è già accaduto molte volte. Ecco, così la pensiamo noi; voi però potete sempre fare come vi sembra meglio, nonostante finora abbiate dovuto persuadervi che noi avevamo ragione!»

22. Disse uno dei capi dei sacerdoti a bassa voce, così da non essere udito dal popolo: «È vero, avete proprio ragione; ma come possiamo d’altro canto tollerare che egli continui a denigrarci al cospetto del popolo che rappresenta per noi la vacca sempre disposta a lasciarsi mungere?»

23. Obiettò uno fra i moderati: «Eh sì, tu parli bene; ma trovate voi adesso un mezzo per rimediare al danno fatto, e noi non mancheremo di aiutarvi con tutte le nostre forze! Sennonché noi siamo dell’opinione che un mezzo adatto per guarire la piaga difficilmente lo si potrà trovare; con mezzi non adatti però noi non faremo che allargarla sempre di più, rendendo la nostra situazione ancora peggiore di quanto non lo sia già!»

24. Disse un capo dei sacerdoti: «Che ne dite se noi lo pregassimo che egli stesso volesse dichiarare al cospetto del popolo quello che, secondo Mosè, noi pur sempre siamo?!»

25. Disse uno dei moderati: «Questo potrebbe forse servire meglio di tutti i tranelli che noi abbiamo cercato di tendergli; che qualcuno provi a far così, però in maniera seria e vera; forse potrà giovare a qualcosa! Infatti, a quanto ci sembra, egli non è in fondo un uomo né perverso, né vendicativo, anzi, da tutte le parti ci è stato riferito che egli fa molto bene ai poveri, e questo spiegherebbe anche la grande considerazione che gode fra il misero popolino!»

26. Allora essi si consigliarono per vedere chi si sarebbe assunto l’incarico di trattare con Me a questo riguardo. Uno dei moderati si dichiarò disposto a tentare, e tutti gli altri, uno dopo l’altro, diedero la loro approvazione. L’eletto si avvicinò poi subito a Me per cominciare ad esporMi la sua questione.

27. Io però non lo lasciai nemmeno cominciare, e gli dissi subito in faccia: «Quello che tu vorresti ora dirMi, Io lo so già in maniera quanto mai chiara e precisa; per conseguenza ti puoi senz’altro risparmiare la fatica di sprecare qui dinanzi a Me una sola parola per esporMi la questione che vi sta a cuore. Per quanto poi riguarda quello che devo dire al popolo e anche ai Miei discepoli pro e contro di voi, questo Io lo so già molto bene; quindi puoi fare come vuoi: andare, oppure rimanere e ascoltare quello che dirò!».

28. Udito questo, al fariseo non rimase altro che voltarsi e far ritorno dai suoi pari, i quali aguzzarono tutti gli orecchi per sentire quello che avrei detto al popolo, sia a loro favore, sia contro di loro.

 

[indice]

 

Cap. 199

Il discorso del Signore sugli scribi.

(Matteo 23, 1-12)

 

1. Subito dopo Io cominciai a parlare, e dissi: «Ora sul seggio di Mosè siedono ovviamente gli scribi e i farisei. Tutto quello che essi vi dicono di fare che proviene da Mosè e dai profeti, osservatelo e fatelo; però le loro opere non devono servirvi da norma, e non dovete fare come essi fanno!

2. Essi per lo più vi dicono di fare cose che sono buone e vere; essi stessi però non fanno come vanno insegnando. Essi vi legano a dei pesi gravi e spesso insopportabili, e li mettono al collo degli uomini, ma essi non li vogliono toccare nemmeno con un dito.

3. Tutte le opere che sembrano essere buone, essi le fanno unicamente per essere considerati dagli uomini quali servitori di Dio! Anche per questo essi allargano le loro filatterie (foglietti d’annotazioni per coloro che, per promuovere il proprio benessere, pagavano a caro prezzo delle lunghe preghiere e dei sacrifici da offrire ai sacerdoti), e allungavano gli orli delle loro vesti. (I grossi orli stavano ad indicare un rigoroso e costante servizio di sacrificio e di preghiera, il quale però si concretava per lo più nel semplice portare tali grandi orli che venivano sempre più allungati).

4. Essi si siedono ai primi posti a mensa nei banchetti, come pure nelle scuole, e piace loro molto essere salutati al mercato (una grande piazza dove ci sono scambi fra molti uomini), ed essere chiamati dagli uomini: “Rabbi”.

5. Ma se anche voi volete diventare ed essere Miei discepoli, non dovete farvi chiamare così! Uno solo, infatti, è il vostro vero Maestro, e questi sono Io (Cristo); voi invece siete tra di voi tutti fratelli e uguali.

6. D’ora innanzi non dovete su questa Terra chiamare nessuno vostro padre nel senso vero e pieno della parola, perché Uno solo è il vostro vero Padre, cioè l’Eterno che è nel Cielo!

7. E ancora una volta vi dico di non farvi mai e poi mai chiamare né salutare come maestri da nessuno, perché voi già sapete ormai Chi è il vostro Maestro!

8. Ugualmente tra di voi non devono esservi gerarchie come ora esistono nel Tempio e, in generale, nel mondo, ma il migliore e maggiore di voi serva agli altri fratelli! Infatti chiunque si sarà innalzato, sarà abbassato; ma chi si abbasserà per amore dei propri fratelli, costui sarà innalzato!»

9. Quando Io ebbi terminato di parlare, i farisei là presenti dovettero rassegnarsi a sentire i commenti di tutto il popolo, il quale ad alta voce così si espresse: «O Maestro, Tu solo sei vero! Così infatti dovrebbe essere fra tutti gli uomini, e allora già sulla Terra regnerebbe un vero Cielo! Invece come vanno adesso le cose a questo mondo, dove ciascuno vuole essere ad altezze alle volte inimmaginabili al di sopra del suo prossimo, la Terra è ridotta ad un vero inferno, perché nella sua presunta superiorità un uomo perseguita l’altro, mentre il debole resta schiacciato sotto il peso dell’orgoglio sempre insaziabile di questi sedicenti eroi delle altezze mondane! Oh, la miseria immensa dell’umanità povera e debole; per quanti non sarebbe molto meglio non essere mai nati!

10. O Maestro, noi certo riconosciamo che la Tua Parola è davvero Parola di Dio; sennonché per coloro che la odono, ma che si trovano completamente nell’inferno, essa non potrà essere loro di alcun giovamento! Infatti coloro che più di altri dovrebbero averla a cuore, meno di tutti invece vorranno osservarla e farne tesoro! Già adesso nella loro ira mal contenuta essi digrignano i denti come lupi e iene affamate alla ricerca di qualche agnello che pascola tranquillo!».

 

[indice]

 

Cap. 200

L’inveire del Signore contro i farisei.

 

1. Questi discorsi da parte del popolo, com’è naturale, avevano dato terribilmente ai nervi ai farisei e agli scribi; alcuni di loro perciò si alzarono e tentarono con parole apparentemente pacate di calmare il popolo eccitato, non dimenticando però di provare nello stesso tempo a rendere sospetto e denigrare Me e la Mia Dottrina! Mi incolparono fra altro di presunzione grave e sconveniente, e sostennero che Io abrogavo il Comandamento di Mosè pretendendo che da allora in poi nessun figlio rendesse onore ai propri genitori salutandoli col nome di padre e madre, mentre Mosè aveva espressamente comandato che si dovesse onorare il padre e la madre.

2. Tali insinuazioni infatti suscitarono fra il popolo ogni tipo di dubbi, e alcuni dissero: «Eh, sì, da questo punto di vista non si può dar proprio torto nemmeno ai farisei e agli scribi! Nel Suo zelo pare che Egli questa volta sia andato un po’ troppo oltre!»

3. Allora il fariseo moderato si avvicinò a Me e disse: «Senti quello che dice il popolo adesso? Ecco, tu hai fatto delle insinuazioni molto gravi a carico nostro dinanzi al popolo, tanto che questo cominciò ad alzare la sua voce contro di noi; a noi però non è sfuggito che tu arrivasti al punto di opporti perfino a Mosè, e quindi abbiamo reputato nostro dovere illuminare il popolo a questo riguardo. Ora esso pure vede l’errore, e io perciò ti domando che cosa altro intendi fare»

4. Gli risposi Io: «A voi davvero non Mi rivolgerò per consiglio rispetto a quello che avrò ancora da fare e da dire! Quando Giovanni insegnava al popolo e lo esortava a fare penitenza, voi, per affermare il vostro diritto mondano, faceste allora quello che di nuovo state facendo adesso, ma voi non faceste penitenza, anzi impediste anche al popolo di farla con i vostri discorsi ipocriti. Ma perciò anche voi stessi vi addosserete tanta maggiore condanna. Queste cose le dice Colui che ha il potere di conservarvi o di mandarvi in rovina, a seconda che attraverso le vostre opere volete una cosa oppure l’altra.

5. O pazzi nel cuore e nel cervello che siete! Se voi stessi chiamate vostro Padre Dio e dite che non si deve bestemmiare il Nome di Dio, come potete mettere Dio e gli uomini sullo stesso piano? Non c’è dunque una differenza se voi chiamate vostro Padre Dio e nello stesso tempo anche colui che vi ha generati nel grembo di una donna?!

6. Voi pretendete di essere dei dottori della Legge, e non conoscete il divario tra le due parole del primitivo idioma ebraico, cioè Jeoua e Jeoutza! La prima significa “Padre”, e la seconda significa “generatore”! Ma se la cosa sta così e non altrimenti, chi, se non voi stessi, ha indotto nel più mostruoso errore il popolo?

7. Ma perciò guai a voi, scribi e farisei ipocriti e pazzi! Voi che con la vostra grande pigrizia, stoltezza e perfidia chiudete sempre il Regno dei Cieli davanti agli uomini che vorrebbero entrarvi, ebbene, nemmeno voi vi entrerete, né nessuno di coloro che in avvenire si comporterà come fate voi ora!

8. Voi stessi non entrate nel Regno divino della verità e della vita, e impedite l’accesso a coloro che eventualmente vorrebbero entrarvi, sbarrando loro in questo modo tutte le vie alla Luce e alla vita eterna. E perciò riceverete tanta maggiore condanna!

9. Guai a voi dottori della Legge e farisei ipocriti, che divorate le case delle vedove e degli orfani col pretesto di fare lunghe e ferventi preghiere! Anche per questo voi riceverete tanta maggiore condanna!

10. E ancora guai a voi, scribi e farisei ipocriti e malvagi! Voi viaggiate per terra e per mare allo scopo di convertire alla vostra fede qualche pagano; ma quando egli è convertito, voi ben presto lo rendete un degno figlio dell’inferno il doppio più di voi. E anche per questo riceverete un adeguato premio nell’inferno!

11. Guai a voi, o guide cieche, che dite: “Se qualcuno giura per il Tempio, questo non è, né significa nulla; chi invece giura il falso per l’oro del Tempio, costui è colpevole e punibile!”. O stolti e ciechi che siete! Che cosa è maggiore: il Tempio, per mezzo del quale l’oro viene santificato, oppure l’oro che di per sé non è niente di speciale?

12. Ugualmente voi dite e insegnate: “Se qualcuno giura per l’altare, ciò non ha nessun valore; ma chi invece giurasse il falso per l’offerta che è sull’altare, costui sarebbe colpevole e degno di castigo”. O pazzi e ciechi che siete! Cosa è maggiore: l’offerta, oppure l’altare che rende sacra l’offerta?

13. Infatti, non è forse giusto e vero solo questo: chiunque giura per l’altare, giura altresì per tutto ciò che è sull’altare, e chiunque giura per il Tempio, giura per tutto ciò che è nel Tempio? E infine, chiunque giura per il Cielo, giura certo anche per il trono di Dio e quindi pure per Colui che siede sul trono, o meglio, che ancora lo occupa e domina!?

14. E guai a voi ancora, voi scribi e farisei, voi grandi ipocriti, voi prelevate bensì come decima l’antica moneta - aneto e cumino[34]  - a vostro vantaggio secondo la Legge antica, ma intanto trascurate le cose più grandi e più gravi della Legge, cioè una vera giustizia, la fede e la misericordia, affinché chiunque possa trovare dinanzi a voi piena giustizia. Io non dico affatto che non si debbano fare le prime cose, ma Io dico che non perciò vanno trascurate, come appunto fate voi, le seconde, le quali poi sono molto più importanti delle prime!

15. O voi, guide perfettamente cieche: voi filtrate bensì i moscerini, ma in compenso inghiottite i cammelli! Guai a voi, scribi e farisei, ipocriti in tutto, poiché voi pulite l’esterno delle vostre coppe e dei vostri piatti sacri del Tempio, ma non vi fate nessun scrupolo anche se questi recipienti dentro sono colmi di rapina, di gozzoviglia e di fornicazione! O fariseo cieco, pulisci prima l’interno della coppa e del piatto, affinché poi anche l’esterno sia veramente pulito!

16. E ancora guai a voi, scribi e farisei sempre ipocriti! Voi siete simili a sepolcri imbiancati, i quali di fuori appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni bruttura rivoltante. Questi sepolcri sono davvero la vostra perfetta immagine! Infatti voi pure apparite esteriormente come giusti alla gente, ma interiormente siete pieni di ipocrisia e di ogni iniquità!

17. Ed infine immensi guai verranno a voi, scribi e farisei, maestri di ipocrisia! Voi ora edificate i sepolcri degli antichi profeti e adornate i monumenti dei giusti, e vi lamentate e dite: “Oh, se fossimo stati ai tempi dei nostri padri, non avremmo certo partecipato con i nostri ciechi padri allo spargimento del sangue innocente dei profeti!”. Ma appunto con ciò testimoniate da soli di essere veri figli di coloro che uccisero i profeti! Ebbene: dicendo questo voi colmate pure rispetto a Me la misura malvagia dei vostri padri, come l’avete già colmata rispetto a Zaccaria e a Giovanni! O razza di serpenti, progenie di vipere; dato un simile modo di agire, come potrete sfuggire alla condanna dell’inferno?».

 

[indice]

 

Cap. 201

Il Signore esorta il popolo alla calma. Il non rispetto dei Comandamenti e le

conseguenze negative già previste nell’immutabile Ordine di Dio.

 

1. A questa sfuriata uscitaMi di bocca senza alcun riguardo all’indirizzo dei templari, il popolo riprese a giubilare e disse: «Se quest’Uomo non fosse veramente il Cristo e non avesse in Sé la pienissima Forza divina, non potrebbe mai avere il coraggio di scagliare simili verità fondamentali in faccia a questi sanguinari! Chiunque altro essi lo avrebbero già afferrato e fatto a pezzi dalla rabbia; ma dinanzi a Costui essi stanno come dei grandi malfattori ben consci delle loro colpe al cospetto di un giudice inesorabile. E sì, è proprio così! Egli non ha fatto altro che dire loro schiettamente in faccia la pienissima verità, e, quale Signore, ha pure mostrato loro il premio che già da molto tempo si sono meritati! Ormai questa ciurmaglia del Tempio non è degna d’altro che di venire afferrata senza alcuna esitazione, cacciata fuori fino al Giordano e là annegata come l’autenticissimo capro espiatorio per i peccati di tutto il grande paese d’Israele!»

2. Ma Io allora così ammonii il popolo: «Non giudicate così come se spettasse a voi il compito di giudice e il diritto di condannare, ma abbiate pazienza con i peccatori! Infatti sta scritto secondo la Parola uscita dalla Bocca di Dio: “Mia è l’ira e Mia la vendetta!”; ma voi uomini sappiate che solo Dio, il Signore, è un giudice giustissimo, il Quale sa sempre a tempo debito come ricompensare tutto il bene e punire tutto il male! A voi invece spetta dimostrare pazienza anche verso i peccatori. Se qualcuno è molto ammalato nel corpo, sarebbe un procedimento molto strano quello di volerlo punire per la ragione che, certamente per lo più di sua propria colpa, si è tanto gravemente ammalato! Ma se poi viene un medico espertissimo che assicura all’ammalato che egli potrebbe benissimo guarire purché acconsentisse a sottoporsi ad una cura regolare seguendo i consigli dell’abile medico, mentre invece l’ammalato non vuole saperne affatto di ascoltare questi consigli, allora certo egli non potrà ascrivere che a se stesso le conseguenze della sua irriducibile ostinazione, conseguenze che non mancheranno di farsi sentire, riservandogli una fine quanto mai miseranda!

3. E vedete, precisamente così succede a questi ciechi scribi e farisei! Io, che sono un vero Medico, ho ora indicato loro quali sono i gravissimi difetti delle loro anime, e nello stesso tempo ho prescritto anche i rimedi; ma se essi respingono tali rimedi e non vogliono saperne di farne uso, non sarò Io a giudicarli per questa ragione, ma saranno le conseguenze della loro caparbietà che li giudicheranno e che li faranno precipitare nella miseria e nella rovina!

4. Infatti Dio ha dato all’uomo dei Comandamenti per la salvezza della sua anima; se l’uomo li osserva, vivrà e sarà felice in eterno, ma se proprio non vuole osservarli, egli si punirà da solo! Dio ha stabilito una volta per sempre un Ordine che è solidissimo e immutabile, senza il quale non sarebbe assolutamente immaginabile l’esistenza di alcuna creatura. Un simile Ordine Egli lo ha fedelmente spiegato all’uomo libero per mezzo di molte Rivelazioni, e l’uomo, per effetto della sua volontà liberissima, se vuole può riconoscerlo, conformarsi ad esso e formarsi in base ad esso. Se l’uomo agisce così, egli si completerà da se stesso conformemente alla riconosciuta Volontà di Dio, e diverrà un essere veramente libero, autonomo e simile a Dio, dotato di tutto il divino amore, della Sua sapienza, forza e potenza, e in questo modo soltanto egli allora erediterà la vera figliolanza di Dio; ma non è possibile che egli venga reso partecipe di essa altrimenti se non per le vie che gli sono sempre state fedelissimamente indicate all’altissimo scopo.

5. Nell’uomo dunque tutto dipende dalla vera fede e poi dalla propria liberissima volontà. Se egli crede e opera conformemente, egli diviene l’essere più felice in tutta intera l’Infinità di Dio, ma se non crede e non opera in conformità, non può che ascrivere a se stesso se nella sua anima egli diventa sempre più misero, cieco e morto.

6. Ora, considerato che non avete mai interamente creduto ai messaggeri da Me inviati e che quindi non avete nemmeno fatto secondo le loro parole, ebbene, sono venuto Io stesso, quale Uomo a voi, appunto per mostrarvi le giuste vie!

7. Ma se attualmente non credete neppure a Me stesso e non volete operare secondo la Mia Dottrina, Io vi domando: chi mai dopo di Me dovrà venire ancora a voi perché voi possiate credergli ed operare conformemente alla sua dottrina? Se non volete credere in Me, che sono il Maestro di ogni vita, in chi volete credere dopo di Me ed operare conformemente ai suoi insegnamenti per diventare beati?

8. Che però non si creda in Me, e che non si voglia nemmeno operare secondo la Mia Dottrina, sono qui i ministri stessi del Tempio a rendervene testimonianza inequivocabile!».

 

[indice]

 

Cap. 202

La libertà di volere dell’uomo. Impazienza umana e Indulgenza di Dio.

Scopo delle Rivelazioni divine.

 

1. Uno fra il popolo, che pure conosceva la Scrittura, disse allora: «O Signore e Maestro, tra di noi ci sono molti che hanno udito i Tuoi insegnamenti e che hanno visto e ammirato profondamente i molti segni da Te operati, tanto che fra di noi abbiamo fatto i seguenti ragionamenti: “Qualora quest’uomo, con tutta la sua immensa sapienza quale finora non ce n’è mai stata l’uguale e con tutta la sua potenza e forza evidentemente prodigiose e perfettamente simili a quelle di Dio, dinanzi alle quali perfino la rigida morte deve inchinarsi, non dovesse essere il Messia promesso, noi ci domandiamo sul serio se il vero Messia, qualora venisse, avrebbe la possibilità di compiere dei segni maggiori dei suoi! Noi non lo crediamo, né lo crederemo mai! Infatti l’uomo, il quale senza alcun mezzo, bensì soltanto tramite la sua parola, guarisce anche le più ostinate infermità, ricostruisce perfino delle membra mancanti - come abbiamo visto vicino a Betlemme -, richiama in vita i morti, comanda ai venti e alle tempeste, e rende visibile la sua volontà fino sul Sole, sulla Luna e su tutte le stelle, ebbene, questo non è più un uomo, ma un Dio!”

2. Vedi, o Signore e Maestro! Simili ragionamenti sono molto frequenti tra di noi, e perciò noi crediamo che Tu non soltanto sei uno dei profeti maggiori, ma che sei in tutta verità il Signore in Persona!

3. Tu certo hai pure un corpo come noi, però in questo Tuo corpo si cela la Pienezza della Divinità, e la Tua Parola e le Tue opere sono testimoni della Sua prodigiosa esistenza in Te! Noi questo lo crediamo ormai fermamente, e non ci lasceremo più indurre in errore da queste maligne furie del Tempio!

4. Noi però, o Signore, avremmo una preghiera da rivolgerTi! O Signore, diminuisci la Tua santa Pazienza, metti definitivamente i Tuoi incorreggibili nemici sotto allo sgabello dei Tuoi piedi, e puniscili con la verga che essi già da così tanto tempo si sono ben meritati!»

5. Ma Io dissi loro: «Se voi credete veramente in Me, conviene pure che non pretendiate di anticiparMi nella Sapienza che a questo mondo guida e appiana tutto, ma conviene che associate la vostra pazienza alla Mia e che ragionate così: “Su questo mondo della prova della libertà della vita è stabilito, una volta per sempre, l’Ordine in modo tale che ciascun uomo può fare quello che più gli piace, poiché soltanto attraverso la più completa libertà del suo volere egli può ottenere, combattendo, la vera vita eterna della propria anima; ma come egli dispone di una libera volontà, dispone pure di una equilibrata ragione e di un libero intelletto, per mezzo dei quali egli può riconoscere benissimo e valutare giustamente ogni cosa buona e vera, e poiché a questo riguardo è riccamente provvisto delle forze necessarie, egli può anche operare conformemente!

6. Se l’uomo riconosce il buono e il vero, e ciononostante di propria volontà agisce al contrario, egli si edifica così da solo il giudizio e il suo proprio inferno, ed è perciò un completo demonio già a questo mondo! E vedete, questa è poi appunto la punizione che l’uomo si tira addosso da solo senza che la Mia Volontà vi partecipi in qualche modo.

7. Quindi non vi sia di eccessiva preoccupazione la Mia grande Pazienza e il Mio immenso Amore per gli uomini, siano essi buoni o cattivi! Io Mi limito ad ammonirli quando vedo che per loro colpa si sono messi sul cattivo sentiero, però Io non posso afferrarli con la Mia Onnipotenza per rimetterli sulle giuste vie della vita, perché questo significherebbe togliere loro la libertà del volere, e cioè privarli della vita dell’anima e dello spirito in essa.

8. Proceda dunque ognuno come vuole procedere! È più che sufficiente per l’uomo che egli conosca le vie, nonché le sicure conseguenze, a cui deve pervenire, siano queste buone oppure cattive! Infatti ogni uomo, una volta giunto al punto di poter far uso della propria ragione e del proprio intelletto, sa in base alle Rivelazioni dai Cieli quello che è giusto e quello che è buono, come pure quello che è ingiusto e quello che è cattivo; la scelta riguardo al modo di agire nell’uno e nell’altro senso è rimessa pienamente alla sua libera volontà.

9. Se voi queste cose le riconoscete bene, non dovete lamentarvi della Mia Pazienza e della Mia Tolleranza, poiché così soltanto e non diversamente deve essere su questa Terra, la quale rappresenta una scuola e un istituto di educazione per i veri figli di Dio in formazione.

10. Là però dove gli uomini sono chiamati a diventare degli spiriti e degli esseri completamente simili a Dio, bisogna pure che la loro libertà di volere abbia liberamente modo di formarsi, in misura infinita, anche in direzione inversa fino a raggiungere la condizione di completissimo demonio, il quale poi certamente diverrà, per esclusiva propria colpa, il portatore miserevolissimo di quanto egli stesso si sarà preparato di propria volontà!

11. Io dunque non giudicherò, né punirò nessuno con la Mia Onnipotenza a causa delle sue opere malvagie, ma ciascuno si giudicherà e si punirà da se stesso, e lo giudicherà e lo punirà la legge immutabile del Mio Ordine eterno, la quale è stata resa nota a ciascuno per le vie luminose delle molte Rivelazioni già nei primordi dell’esistenza umana su questa Terra.

12. Se ora, per concludere, queste cose le avete comprese, esercitatevi anche nella pazienza, e abbiate in voi pure una pietà sincera non soltanto dei corpi ammalati, ma anche molto di più delle anime inferme e cieche degli uomini; e così, per la via più facile e breve, perverrete alla vera e piena somiglianza di Dio e diverrete simili agli angeli del Cielo».

 

[indice]

 

Cap. 203

L’avvenire di Gerusalemme.

(Matteo 23, 34-39)

 

1. Riprese allora a parlare uno dei farisei moderati, e disse: «O maestro, io e più d’uno ancora fra di noi vediamo benissimo che tu sei un maestro molto potente e che tu parli liberamente e apertamente senza badare minimamente al prestigio delle persone che ti stanno dinanzi; ed è assolutamente vero che per mezzo dei profeti è rivelata a tutti la giusta via che conduce alla vita! Ora, queste Rivelazioni dovrebbero essere del tutto sufficienti agli uomini; ma allora perché viene concesso che oltre a ciò vengano dei re e dei potenti della Terra con le loro proprie maligne leggi mondane, le quali per lo più non fanno altro che rovinare la debole e misera umanità? Io credo che questo non dovrebbe essere affatto necessario, perché è ad ogni modo già indicato in maniera perfetta nelle Rivelazioni come gli uomini debbano agire e vivere conformemente alla Volontà e all’Ordine immutabile di Dio; e allora perché concedere in aggiunta l’insediamento sui troni di principi, di re, o addirittura, come attualmente, di imperatori estremamente avidi di ricchezza e di dominio?»

2. Ed Io gli risposi: «Originariamente questa cosa non l’ha voluta né ordinata Dio mediante una qualche Rivelazione, perché Egli agli uomini non diede che delle guide e dei giudici veri, giusti e desti nello spirito. Con l’andar del tempo, però, quando il popolo cominciò a trovarsi in condizioni troppo buone ed era ricco di tutto ciò che la Terra offre di buono e prezioso, esso non volle più accontentarsi delle guide e dei giudici semplici e modesti, anzi cominciò a lamentarsi e richiese, mentre era sotto la guida fedele di Samuele, un re altrettanto circonfuso da splendore come lo erano i re degli altri popoli pagani i quali con i loro re praticavano l’idolatria.

3. Quando poi Samuele nel suo spirito espose a Dio quello che il popolo con grande veemenza reclamava da lui, Dio si accese nell’Ira e così parlò a Samuele: “Questo popolo ha commesso al Mio cospetto dei peccati della specie più grossolana già in numero tale da superare quello dei fili d’erba su tutta la Terra e dei granelli di sabbia nel mare! Ed ora esso si propone di commettere, in aggiunta a tutti questi numerosi e gravi peccati, ancora questo massimo peccato di non volersi accontentare più del Mio governo e di pretendere invece esso pure un re a somiglianza dei pagani senza Dio! A questo popolo ingrato sia dunque anche dato un re che gli sia un aspro flagello, sotto al quale esso urlerà dal dolore e gemerà!”

4. Ecco, questo e di più ancora disse quella volta al popolo la Voce ammonente di Dio per tentare di distoglierlo dalla sua pazza richiesta.

5. Ma visto che tutto ciò non serviva a nulla e che il popolo manteneva ostinatamente la sua pretesa, soltanto a questo punto Dio comandò a Samuele, Suo servitore, di ungere Saul a re degli Ebrei.

6. E vedi, così sorsero dappertutto i re laddove i popoli non volevano accontentarsi del mite governo di Dio ed esigevano assolutamente che un uomo scelto in mezzo a loro fosse proclamato re!

7. Ma non fu anche in questi casi la mala volontà degli uomini quel Satana che li trasse in uno stato di miseria spesso insopportabile? Nelle più svariate parti del mondo Dio ha ammonito molte volte e anche abbastanza a lungo gli uomini a non volersi eleggere un uomo come re, conferendogli ogni potere terreno, e non ha mancato di far vedere loro tutte le male conseguenze che essi avrebbero subito; sennonché gli uomini si turarono gli orecchi e il cuore per non sentire la Voce di Dio e così si sono preparati da soli la loro miseria! Ma ora bisogna che si adattino a sopportare quello che hanno voluto!

8. Ah, certo, se tutto intero un popolo di pari sentimento si rivolgesse a Dio e Lo invocasse di assumersi nuovamente il compito di guidarlo e di governarlo come era stato in origine, in verità, Dio non lascerebbe inesaudite le suppliche seriamente rivoltegli da un popolo! Ma invece i re hanno sempre dalla loro parte una grande quantità di favoriti e al popolo, che vorrebbe fosse altrimenti, non concedono nessuna libertà e anzi, nella maggior parte, lo fanno educare già fin dalla culla a sentimenti favorevoli a loro, in modo che il popolo, per quanto si senta oppresso dal re, d’altro canto non sa dove rivolgersi per ottenere un qualche aiuto, perché i detentori del potere, già all’inizio della loro signoria, si sono subito resi conto che un popolo illuminato da Dio si sarebbe ben presto svincolato dai loro ceppi.

9. E per questa ragione essi cercarono sempre, con l’aiuto di falsi profeti, di cui voi stessi siete ancora un triste rimasuglio, di abbindolare il più possibile il popolo e di renderlo cieco all’unico e vero Dio! Ma in tali condizioni esso, da solo e senza l’aiuto di uomini suscitati da Dio, non può più trovare la via giusta che conduce a Lui, ma continua a vivere nella sua idolatria abituale, e va in cerca esclusivamente di vantaggi materiali presso il suo re o i suoi favoriti, ricorrendo a qualsiasi mezzo, anche il più riprovevole e ignobile. Ma se poi si annuncia un vero profeta suscitato da Dio, questo non solo non viene riconosciuto per tale, ma viene anche perseguitato come bestemmiatore di Dio, e a volte anche ucciso, ciò che è già successo molto spesso appunto presso di voi.

10. Ora, stando così le cose, come può Dio venire in qualche modo in aiuto ad un popolo caduto tanto in basso, quando cioè il popolo stesso, nonostante la sua immensa miseria, allontana ostinatamente da sé ogni soccorso che gli viene offerto da parte Sua? Ma quando le condizioni sono ormai tali come si presentano attualmente presso di voi, allora è superflua la domanda riguardo al perché Dio concede che, accanto alle Rivelazioni, vi siano anche dei reggenti i quali con le loro leggi mondane traggono in perdizione l’umanità.

11. Vogliono forse gli uomini qualcos’altro, o lo volete voi? Se voi voleste qualcos’altro, Mi ascoltereste con fede e conformereste le vostre opere alla Mia Mia Dottrina, perché Io, quale il Signore stesso, sono venuto ora a voi con la volontà di salvarvi. Ma cosa fate voi? Voi fate di tutto per catturarMi e ucciderMi! Se ora voi, e altre migliaia ancora, fate così, dite un po’: "Chi mai all’infuori di Me potrebbe venire ancora in vostro soccorso e portarvi la salvezza?!"»

12. Disse il fariseo: «O maestro, tu incolpi sempre noi, come se le nostre stesse mani fossero macchiate del sangue dei profeti! Ma che colpa abbiamo noi di ciò che hanno fatto i nostri ciechi padri?! Se con le conoscenze e il nostro attuale modo di vedere le cose noi fossimo vissuti al tempo dei profeti, noi non li avremmo certo lapidati! E non siamo stati noi a chiedere un re al tempo di Samuele; tuttavia, qualora proprio noi dovessimo avere un re, è naturale che noi lo preferiremmo ebreo, e non pagano! In fondo io volevo che tu chiarissi solo questo punto, e cioè: perché noi, Ebrei, dobbiamo ora lasciare che ci governino delle leggi pagane?!»

13. Io risposi: «La ragione di questo sta nel fatto che voi già da lungo tempo avete rigettato le Leggi di Mosè e dei profeti, e le avete sostituite con le vostre massime perverse e insensate. Voi avete preferito le massime del mondo ai savi Comandamenti di Dio, e perciò Dio ha fatto in modo che a voi accadesse in piena misura quello che volevate e che sempre ancora volete, poiché se voi preferiste i Comandamenti di Dio e gli insegnamenti dei profeti alle leggi del mondo, allora voi Mi ascoltereste, vi convertireste e agireste secondo i Miei insegnamenti, dato che Io non predico altro che l’antica Parola di Dio, dalla quale voi vi siete tanto allontanati da non volerla e non poterla più riconoscere come proveniente dalla Mia Bocca; e così voi non fate che odiarMi e perseguitarMi come se Io fossi un volgare peccatore e malfattore, e allora il flagello e la spada dei pagani restano sopra di voi.

14. E infatti, sta anche scritto: “Ecco! Io vi mando dei profeti, e dei savi e dei veri scribi! E di loro voi ne ucciderete alcuni e addirittura li crocifiggerete alla maniera dei pagani; altri poi ne flagellerete nelle vostre adunanze e li perseguiterete di città in città, affinché ricada su di voi, come espiazione, tutto il sangue dei giusti”, da quello del pio Abele ucciso da Caino, a quello di Zaccaria che era figlio del pio Barachia, il quale voi uccideste fra la cortina del Tempio e l’altare del sacrificio. In verità ora Io vi dico che, avendo agito in questo modo e continuando ad agire ancora in questo modo, per tale ragione anche tutte queste cose sono ricadute su di voi, e molto peggiori ancora ne ricadranno su di voi in avvenire, perché siete voi che volete che sia così, e voi stessi preparate gli eventi a vostro danno!

15. O Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che ti vengono mandati! Quante volte ho voluto Io radunare i tuoi figli, come la gallina raduna i suoi pulcini sotto le sue ali, e voi figli non avete voluto lasciarvi radunare sotto le Mie ali protettrici! Perciò questa vostra casa sarà lasciata vuota e deserta, tanto anzi che tra le sue mura non dimoreranno più nemmeno le civette e i corvi!

16. Queste cose annotatevele bene, affinché, quando tutto ciò verrà fra non molto sopra di voi e sopra i vostri figli, possiate ricordarvi che Io ve l’ho predetto, conformemente a quanto vi è stato fatto vedere anche per mezzo dell’apparizione notturna sul firmamento!»

17. Allora il fariseo Mi domandò come potevo sapere che tutte quelle brutte cose sarebbero capitate alla città e Mi chiese anche, qualora avessi lasciato di nuovo Gerusalemme, quando vi sarei ritornato, perché egli era intenzionato a dire qualche parola a Mio favore ai capi dei sacerdoti!

18. Ma Io gli risposi: «Io ormai con tutti i Miei abbandonerò ben presto il Tempio, e voi non Mi vedrete più finché non sentirete il popolo acclamare: “Benedetto Colui che viene nel Nome del Signore!”»

19. Udito questo, il fariseo ritornò dai suoi colleghi e disse loro: «Amici miei! Come vi ho detto da principio, con quello lì noi combattiamo invano! Sono ormai cinque ore che ci affanniamo a discutere con lui senza poter concludere nulla. Anzi, con la nostra cocciutaggine non abbiamo fatto che irritare il popolo contro di noi. E adesso si domanda: “Chi potrà indurlo ad avere migliori intenzioni a nostro riguardo”».

20. A questa osservazione del fariseo nessuno trovò qualcosa da obiettare, e tutti si allontanarono dal Tempio.

21. Io poi rivolsi di nuovo qualche parola di esortazione e di consolazione al popolo; poi Io pure uscii dal Tempio in compagnia di tutti coloro che erano venuti con Me, e tutti assieme ci avviammo verso il monte degli Ulivi, dove già ci attendeva un pasto eccellente.

 

[indice]

 

Cap. 204

Il Signore con i Suoi di ritorno sul monte degli Ulivi.

 

1. Arrivati di nuovo sul monte degli Ulivi, ci raggiunsero ben presto anche Nicodemo, Giuseppe d’Arimatea e il vecchio rabbi, e Nicodemo Mi disse: «O Signore, Tu amore mio di ogni amore, oggi, oggi davvero hai messo sotto il naso a quei feroci tutta la verità senza alcun velo! Certo, è stato proprio un miracolo che essi non abbiano preso in mano le pietre come l’ultima volta! Dal canto mio, ciascuna delle Tue parole sante e verissime ha suscitato in me una gioia tanto grande e sincera come non mai. Il più bello della questione però fu, in primo luogo, che quasi tutto il popolo presente nel Tempio ha accolto la Tua santa Dottrina della vita e, in secondo luogo, che i farisei e gli scribi, con ciascuna delle loro domande insidiose rivolte a Te, non hanno fatto altro che tendere delle insidie a se stessi al massimo grado, e rimetterci così anche l’ultimo barlume di fede e di fiducia che il popolo aveva ancora in loro.

2. Questa è stata veramente una buona lezione per quegli ipocriti prepotenti, ambiziosi, falsi ed egoisti, i quali si sono ormai collocati al di sopra di Mosè e di Dio stesso, idee queste che essi hanno inculcato al popolo dichiarando di essere esclusivamente loro gli intermediari fra Dio e il popolo e che Dio non ascolta che la loro voce e non esaudisce che le loro preghiere. Ma oggi finalmente è stato loro chiarito dinanzi a tutto il popolo che specie di considerazione essi godono al cospetto di Dio, e questa è stata una cosa eccellente, come di più eccellente non se ne potrebbe immaginare! Non c’è dubbio che essi terranno di nuovo una consultazione dopo l’altra, ognuna delle quali però sarà come al solito più maligna e stolta dell’altra!

3. Ma la cosa più importante è che ormai le loro opinioni sono divise: i più moderati sono almeno persuasi che contro di Te essi non possono nulla, ma i veri fanatici del Tempio non vedono nemmeno questo, pur avendo dovuto constatare appunto oggi la loro assoluta impotenza. A dirla breve, io sono talmente lieto della completa vittoria da Te riportata su quei perversi figli delle tenebre, che avrei già voglia di mettermi a gridare ad alta voce: “Benedetto Colui che in Te è venuto a noi nel Nome del Signore!”»

4. Gli dissi Io: «Sì, certo, il tuo sentimento è buono e le tue parole sono giuste; tuttavia Io avrei di gran lunga preferito che i farisei e tutti gli scribi avessero essi pure riconosciuto la verità e avessero mutato i loro sentimenti; sennonché essi sono ancora altrettanto induriti, quanto lo erano prima.

5. Per mezzo dei loro spioni essi sono venuti a sapere che Io sono ritornato su questo monte assieme ai Miei discepoli e assieme a tutti gli altri Miei amici, e non passeranno nemmeno due ore che noi qui vedremo degli altri loro servitori e sgherri. Sennonché il Mio tempo sicuro del quale voi siete già a conoscenza, non è ancora venuto, e quindi Io non mancherò di far avere loro una opportuna punizione mediante il Mio Raffaele, e prima di lui si incaricheranno di questo i sette egiziani che sono ancora con noi, e poi quella gente ci lascerà di nuovo in pace per qualche tempo. Noi intanto andiamocene a tavola per ristorare le nostre membra! In quanto agli altri laggiù, che facciano pure quello che vogliono!».

6. A questo punto venne anche Raffaele con la schiera affidata alle sue cure, e annunciò ad Agricola che egli, secondo la Mia Volontà, aveva ormai già insegnato a tutti quei giovinetti la lingua romana, la greca e anche l’ebraica, e che perciò sarebbero stati perfettamente a loro agio a Roma, dato che essi non soltanto erano in grado di esprimersi benissimo negli idiomi stessi, ma anche di scriverli e leggerli.

7. Questa notizia fu appresa da Agricola con la massima soddisfazione, poiché in questo modo egli si vedeva sollevato da un grave pensiero ed esonerato da un enorme lavoro. I giovinetti Mi porsero allora il loro saluto in lingua ebraica, e poi, conformemente al Mio suggerimento, si ritirarono nella loro stanza dove c’erano pure delle mense molto ben fornite.

8. Dal canto nostro, entrammo senza ulteriori indugi nella nostra sala da pranzo, prendemmo posto nell’ordine consueto alle mense e ci ristorammo con delle eccellenti vivande e dello squisitissimo vino.

 

[indice]

 

 

 

DEGLI ANNI GIOVANILI DEL SIGNORE

 

 

 

Cap. 205

Giuseppe nega i suoi servizi ad un greco.

 

1. Trascorsa un’oretta circa, il buon vino non mancò di far sentire i suoi effetti, e la conversazione si fece ben presto molto animata in tutta la sala.

2. Io stesso narrai agli ospiti varie vicende del tempo della Mia giovinezza, ciò che deliziò moltissimo tutti i presenti, e i farisei e gli scribi convertiti, che facevano essi pure parte della compagnia, confermarono tutte le Mie parole, anzi uno di loro fece perfino una succinta esposizione degli avvenimenti svoltisi nel Tempio quando Io, all’età di dodici anni, avevo sbalordito con la Mia Sapienza tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani, gli scribi e i farisei. Egli aggiunse anche l’osservazione che già allora si era fatta strada, e si era mantenuta per qualche anno anche nel Tempio, l’opinione che Io potessi essere il Messia promesso. Sennonché in seguito, non avendo più udito raccontare nulla di Me, si era pensato che Io, come ragazzo troppo precocemente desto nello spirito, fossi morto, oppure che eventualmente gli esseni, venuti a conoscenza delle Mie capacità, Mi avessero accolto nelle loro scuole, col consenso ovviamente dei Miei genitori terreni. Così quegli avvenimenti accaduti allora nel Tempio erano caduti man mano sempre più in oblio, e solo in quest’epoca recentissima il ricordo si era ridestato in seguito alla Mia ricomparsa in pubblico.

3. E quando i farisei ebbero terminato questa loro narrazione, a loro volta anche Giovanni, Giacomo e anche gli altri discepoli si misero a raccontare varie cose del tempo della Mia giovinezza; Giacomo narrò perfino la prodigiosa concezione di Maria, la Mia nascita, la fuga in Egitto e la Mia permanenza là di tre anni, come pure i principali avvenimenti verificatisi là, cose queste che suscitarono grande meraviglia in tutti, e inoltre non mancò da parte di molti qualche espressione di invidia all’indirizzo di Giacomo perché egli aveva potuto trovarsi continuamente vicino a Me.

4. Anzi, terminato il racconto, Lazzaro uscì con questa esclamazione: «O Signore e Maestro, io certo mi rallegro immensamente poiché mi è lecito chiamarmi con tutto il cuore amico Tuo, ma quale non sarebbe la mia beatitudine se io fossi Giacomo, il quale davvero Ti vide scendere dai Cieli su questa Terra, e fu costantemente al Tuo fianco. Ah, se fossi stato io Giacomo!»

5. Ma Io gli dissi: «Giacomo è senza dubbio un uomo pienamente felice, e perfino gli angeli del Cielo lo hanno spesso invidiato, ovviamente, nel senso il più alto e nobile della parola; ma non perciò egli gode di qualche preferenza rispetto a qualche altro uomo. Il suo valore sta unicamente ed esclusivamente nel fatto che egli ascolta la Mia Parola, in essa crede e in conformità alla stessa opera per amore Mio; chi però fa altrettanto, gode assolutamente di quegli stessi vantaggi dei quali gode questo Mio diletto fratello Giacomo.

6. E adesso voglio raccontarvi un singolare avvenimento di un’epoca successiva al Mio dodicesimo anno, durante la quale non si udì proprio niente di particolare sul Mio conto.

7. In quel tempo Io aiutavo con tutta diligenza e instancabilmente Giuseppe, il Mio padre adottivo, nei suoi lavori di carpentiere, e, come ben si comprende, là dove Io mettevo le Mie mani il lavoro procedeva sempre in maniera sollecita e perfetta.

8. Una volta venne anche un greco, che era pagano, a trovare Giuseppe per proporgli un affare molto vantaggioso; si trattava cioè della costruzione di una nuova casa e di una grande stalla per maiali.

9. Sennonché Giuseppe era un ebreo puro e dai principi severissimi, e perciò egli disse a quel ricco possidente greco: “Vedi, noi abbiamo una Legge la quale ci proibisce di frequentare i pagani e di rendere loro dei servizi! Se tu fossi ebreo, noi ci potremmo mettere d’accordo facilmente, ma poiché tu sei un pagano tenebroso, io non posso esaudire la tua richiesta per tutto l’oro del mondo; per quanto poi riguarda la stalla per i maiali, io non potrei assumerne la costruzione in nessun caso, anche se tu fossi un ebreo!”

10. Questa risposta fece assai arrabbiare il greco, il quale così replicò a Giuseppe: “Tu sei un individuo molto strano! Io certo sono greco, ma posso dirti che io e tutta la mia casa abbiamo già da lungo tempo gettato a mare i nostri molti dèi, ed ormai crediamo in quel Dio nel quale appunto credi tu stesso, e da Lui abbiamo ottenuto già più di una grazia innegabile! Il fatto che noi non abbiamo però voluto accettare la circoncisione, si spiega perché non intendiamo essere soggetti al vostro insaziabile Tempio, ma unicamente a Dio e Signore, il Quale in nessun altro luogo viene ora tanto profanato e oltraggiato quanto appunto nel vostro Tempio, la cui vergognosa costituzione è nota a noi pagani molto meglio che a voi ebrei che il Tempio ha reso completamente scimuniti. Ma se il vostro unico vero Dio fa risplendere il Suo Sole anche sopra di noi, che siamo pagani, perché dunque volete disprezzarci?”

11. Disse allora Giuseppe: “Tu sei in errore se pensi che noi ebrei vi disprezziamo; noi però abbiamo avuto da Mosè un Comandamento che ci vieta di frequentare i pagani, e quindi non dobbiamo mantenere in nessun modo dei rapporti d’affari con loro; e qualora un puro ebreo facesse così, egli si renderebbe immondo per un lungo tempo! Ora vedi, io sono ancora un ebreo il quale ha osservato rigidamente la Legge fino dalla sua fanciullezza e che adesso nella sua vecchiaia non intende cominciare ad agirvi contro”

12. Osservò il greco: “Sta bene, amico mio, non sarò io ad indurti a trasgredire la tua legge, perché io pure ho la tua stessa età, e ti conosco già da un tempo più lungo di quanto forse te lo immagini. Ma se tu, a causa della tua legge, ti atteggi ora con tanto rigore verso di noi pagani, allora perché non ti comportasti altrettanto rigidamente nell’occasione in cui dovesti venire da noi, in Egitto, con la tua giovane moglie e i tuoi figli per sfuggire alle persecuzioni dei tuoi compagni di fede?

13. Vedi, o amico, le vostre leggi sono tutte buone e vere, però esse devono venire comprese anche nello spirito della verità interiore, e soltanto dopo trasferite in maniera fattiva e vivente nella pratica! Dunque, chi si lega soltanto alla lettera della legge, costui è ancora lontano dal regno della verità! Durante il tempo in cui dimorasti in Egitto, tu certo lavorasti anche per noi pagani, pur restando un ebreo puro; perché allora dovresti diventare impuro adesso?

14. Io mi ricordo bene che allora tu avevi un fanciullo graziosissimo che noi pagani, a causa delle sue meravigliose facoltà, veneravamo quasi come un Dio; che cosa è successo di lui? Se nel frattempo non è morto, egli deve essere già un giovanotto maturo!”

15. Rispose Giuseppe alquanto imbarazzato, perché aveva ormai ben riconosciuto il greco: “È vero, amico mio! Tu, ad Ostracina, mi hai certo dimostrato molta amicizia, ed ora sarebbe ingiusto se mi opponessi alla tua richiesta; tuttavia, da ebreo rigoroso come ci tengo ad essere, io mi consulterò prima con l’anziano di questa città, e poi agirò secondo il suo consiglio”

16. Ed il greco gli osservò: “Eppure, a quanto ne so io, tu ad Ostracina ti consultavi sempre col tuo figlioletto quando ti proponevi di fare qualcosa; se quel tuo figlio è ancora in vita, dovrà essere indubbiamente ancora più savio di allora! Non lo interpelli dunque più riguardo a ciò che in questo caso sarebbe bene fare, se già, come detto, lui è ancora in vita?”».

 

[indice]

 

Cap. 206

L’atteggiamento del Signore, all’età di vent’anni, con i sacerdoti.

 

1. (Continua il Signore:) «Giuseppe allora accennò con la mano a Me che Mi trovavo nell’officina, a pochi passi da lui, intento a segare un’imposta, e disse: “Eccolo là che lavora nell’officina. È un fatto strano: durante la sua fanciullezza e fino al suo dodicesimo anno compiuto, io e sua madre, che ora è occupata in cucina, eravamo assolutamente dell’opinione che egli si sarebbe davvero rivelato quale il Messia promessoci; sennonché, dopo aver compiuto il dodicesimo anno, tutto quello che in lui appariva tanto divino, svanì in maniera tale che ormai non ne possiamo più scoprire la benché minima traccia in lui! Egli del resto è un giovane molto pio, docile e diligente, ed esegue senza mormorare tutto ciò che gli diamo da fare nella misura delle sue forze, però, come ho detto, qualcosa di prodigioso in lui lo si cercherebbe adesso invano! Se vuoi, puoi parlare tu stesso con lui, e ti convincerai che tutto quello che ho detto è vero”

2. A queste parole il greco Mi venne vicino e disse: “Ascolta, o mio caro giovanotto! Io ti conobbi diciotto anni fa, e allora ammiravo le tue facoltà davvero divine, le quali, come le tue parole, furono quelle che più di ogni altra cosa mi indussero ad abbracciare la vostra fede, senza però accettare la circoncisione. Ad ogni modo, a causa della vostra fede io in seguito abbandonai l’Egitto per poter approfondire maggiormente le vostre dottrine colme di sapienza; e di tutto ciò fosti veramente tu la causa principale! Ma ecco che adesso tuo padre, che io non avevo più visto da molto tempo, mi racconta che tutte le facoltà divinamente prodigiose che erano in te al tempo della tua fanciullezza sono ormai andate perdute. Come dunque è potuto accadere una cosa simile?”

3. Io allora guardai, come sorpreso, il greco in faccia, e gli dissi: “Se tu sei bene iniziato nella nostra Dottrina, non puoi ignorare nemmeno i saggi proverbi di Salomone. E vedi, fra questi ce n’è uno il quale dice che a questo mondo ogni cosa ha il suo tempo! Quando Io ero fanciullo, non ero certo un giovane robusto, ma poiché ora lo sono, dunque non sono più un ragazzo e allora come qualsiasi altro giovane Mi dedico al lavoro con ogni diligenza e zelo perché tale è la Volontà del Padre Mio nel Cielo. Io il Padre Mio Lo conosco, riconosco sempre la Sua Volontà, e faccio soltanto ciò che Egli vuole; e vedi, questa cosa è gradita al Padre nel Cielo!

4. Da tenero fanciullo Io compii davvero dei grandi segni, allo scopo di mostrare agli uomini che Io sono venuto a questo mondo quale un Signore dai Cieli, ma gli uomini col tempo non attribuirono grande importanza a tutto ciò, anzi perfino si scandalizzavano quando Io compivo qualche prodigio dinanzi ai loro occhi. Io però, nonostante tutto, sono rimasto Quello stesso che sono, e nuovamente compirò dei prodigi al cospetto degli uomini e annuncerò loro la prossima venuta del Regno di Dio. Ma quando Io farò tutto ciò, sarò Io stesso a deciderlo al momento opportuno. Beato colui che crederà in Me e non si scandalizzerà di Me!

5. Tu ora vorresti che il Mio padre adottivo ti costruisse una casa nuova e una grande stalla per i maiali, ed egli anche così farà! Infatti quello che è giusto al Mio cospetto, non è nemmeno peccato al cospetto di Dio. Non bisogna dimenticare che un giusto commercio con degli onesti pagani non è stato mai vietato agli Ebrei; vietato era ed è agli Ebrei, nel frequentare i pagani, soltanto accogliere la loro idolatria e le loro male dottrine, i costumi, le usanze e il loro modo di agire. Ma qualora un pagano abbia abbracciato la fede degli Ebrei, e quindi, grazie alla sua fede nell’unico, solo vero Dio, sia veramente circonciso nel cuore e nella sua anima, allora non vi è alcun ostacolo a frequentarlo”

6. Esclamò Giuseppe: “Oh, bene, molto bene, è davvero consolante che tu d’un tratto abbia ripreso a parlare così tanto e così saggiamente, e non posso fare a meno di riconoscere che hai perfettamente ragione; tuttavia non conviene urtarsi nemmeno con i sacerdoti, anzi è bene consultarsi prima con loro per non venire tacciati d’eresia. Ora se ci si consiglia prima con loro a causa di un lavoro che secondo la lettera si trova ancora su un terreno legale, e si fa una qualche piccola offerta, un savio sacerdote permette anche sempre volentieri un lavoro il quale per sé non è forse proprio ben fondato nella Legge. Io dunque andrò immediatamente dal nostro anziano e gli esporrò il caso”

7. Gli dissi Io: “Ma che cosa farai nel caso egli, nonostante l’offerta che intendi fargli, non ti permetterà di assumere questo lavoro?”

8. E Giuseppe rispose: “Eh, allora è chiaro che noi non potremo incaricarci del lavoro in questione!”

9. Ma Io gli dissi: “AscoltaMi, quando un giorno Io darò inizio alla Mia grande Opera, non chiederò affatto ai sacerdoti se Mi sarà lecito o no intraprendere un simile importantissimo lavoro, che inoltre sarà molto contrario alle loro vane massime templari! Anzi, Io assolverò il Mio grande e greve compito per Forza e Potenza assolutamente Mie proprie! Infatti quanto è giusto al cospetto di Dio, deve essere tale anche al cospetto di tutti gli uomini, vogliano essi il giusto o non lo vogliano!”

10. Giuseppe allora obiettò di nuovo: “O mio caro figlio, se tu farai così, potrai contare ben pochi amici a questo mondo!”

11. Ma Io gli risposi: “In verità, chi tende ansiosamente a procurarsi l’amicizia del mondo, rischia facilmente di perdere l’amicizia di Dio! Ad ogni modo, nel caso attuale, il Mio consiglio è il seguente: ‘Noi facciamo quanto questo greco ci domanda, per amicizia verso di lui, senza interpellare affatto i nostri sacerdoti avidi e ambiziosi, e ci comportiamo così come riteniamo sia giusto, poiché quest’uomo ci ha dimostrato molta amicizia’; come potremmo dunque adesso opporci alla sua richiesta che egli ci fa in amicizia, e ciò soltanto a causa dei nostri sacerdoti? No, una cosa simile noi non la faremo! E se proprio tu non ti azzardi, allora andrò solo Io e gli costruirò la casa e la stalla!”

12. E Giuseppe esclamò: “Oh, ma che cosa hai oggi? Da molti anni non ti vedo così ostinato, né ti sento parlare in un simile tono! Quando degli ebrei e anziani ragguardevoli vengono a farmi visita, e molte volte parlano volentieri con te, tu sei sempre quanto mai parco di parole e non assumi mai un accento così imperativo, ma ecco invece che oggi è venuto un pagano, e tu vuoi fare all’istante addirittura tutto ciò che egli desidera! Come si spiega questo improvviso cambiamento da parte tua? Quasi quasi io sono nuovamente portato a credere che tu per questo greco saresti disposto a riprendere anche il tuo operare prodigioso, ciò che da tanto tempo non hai fatto dinanzi ad alcun ebreo!”

13. Gli dissi Io: “O Mio vecchio amico, giusto ed onesto che sei, non accalorarti tanto! Se Io Mi ritiro di fronte agli ebrei, ho delle buonissime e sagge ragioni per comportarMi così! All’infuori di te, vi è forse qui un solo ebreo che sia animato da piena e vera fede? Quando Io, ancora ragazzo, operavo ogni tanto un qualche prodigio, essi sostenevano che ero un posseduto e che era attraverso l’aiuto del demonio che io compivo tali cose che nessun altro uomo è mai stato in grado di compiere.

14. Tu stesso una volta domandasti ad un anziano se egli riteneva possibile che in Me si celasse lo spirito di un grande profeta, considerato che al tempo della Mia nascita si erano verificati dei segni tanto importanti; ma come ti ricorderai, quel cieco fariseo al colmo della rabbia ti rispose: ‘Sta scritto che mai nessun profeta sorgerà in Galilea; quindi già fare una simile domanda è da ritenersi condannabile!’. Ma se qui i sacerdoti e anche gli altri ebrei sono di questo stampo, dinanzi a chi Io dovrei operare dei prodigi, e per quale ragione?

15. Questo greco invece è colmo di buona fede ed è un amico dell’interiore e vera Luce vitale, il quale non si scandalizzerà se farò un miracolo per lui, ed è perciò ben comprensibile che il Mio contegno verso di lui sia del tutto differente da quello che tengo verso questi tenebrosi ebrei.

16. Anzi ora Io ti dico di più: ‘Considerato che gli ebrei sono ora precisamente così, la Luce della vita verrà loro tolta e verrà data ai pagani!’. La salvezza di tutti i popoli viene bensì da parte degli ebrei, e la salvezza sono Io, ma poiché gli ebrei non vogliono accoglierMi e riconoscerMi, la salvezza si allontanerà da loro e se ne andrà dai pagani!”».

 

[indice]

 

Cap. 207

Il Signore, all’età di vent’anni, fornisce prove della Sua Onnipotenza.

 

1. (Continua il Signore:) «Allora il greco disse a Giuseppe: “Soltanto adesso riconosco di nuovo il tuo prodigioso figlio, e di nuovo sono immensamente lieto che egli non pensi di noi pagani come la pensano gli altri ebrei che si considerano figli purissimi di Dio, ma che d’altra parte sono colmi di orgoglio e tra di loro si danno la caccia peggio dei cani e gatti. Già da tenero bambino questo tuo figlio si era spesso amaramente lamentato dell’Ebraismo come esso è attualmente, ma ora, fattosi adulto, egli si è espresso ancora più chiaramente ed ha dichiarato senza sottintesi quali siano veramente le condizioni degli ebrei. Ed io mi rallegro tanto più del giudizio da lui dato, in quanto ha detto proprio quello che io pensavo nel più profondo della mia anima.

2. È forse un bel modo di agire da parte di un primo popolo, di un popolo di Dio, quello di maledire addirittura qualunque pagano, che pure appartiene al genere umano, e ciò perfino nel caso in cui se ne abbia tratto dei benefici?! Ma perché allora essi non maledicono anche il nostro oro e il nostro argento? Pare invece che questo non offenda affatto la loro purezza, mentre basta che uno di noi varchi la soglia della loro casa e subito tanto la casa quanto essi stessi sono considerati impuri per una giornata intera! Oh, pazzi che sono! Di fronte ad una simile fede delirante io davvero non so trovare parole sufficienti per farne risaltare la malvagità e la stupidità! Ebbene, di questo ha reso adesso testimonianza anche il tuo prodigioso e divino figlio, e io ne sono lieto come non lo fui mai!

3. Ma considerato che abbiamo ormai ben chiarito questa cosa e che sappiamo quello che veramente si deve pensare delle massime mondane degli ebrei, mentre dall’altro canto io so ancora meglio che tu, fra i molti ebrei, sei il più onesto e sincero e non insisti a legarti a delle vuote formule, possiamo ben trattare fra di noi per definire come e a quali condizioni ti assumeresti la costruzione della mia nuova dimora e della grande stalla da maiali che mi occorrono. Il tuo prodigioso figlio farà certo in modo che tu non abbia ad avere noie a causa di ciò da nessuna parte. Ed ora, o amico mio, dimmi cosa ne pensi tu!”

4. Rispose Giuseppe: “Il mio prodigioso figlio e tu pure avete perfettamente ragione; tuttavia se la cosa verrà eventualmente saputa, la responsabilità cadrà soltanto su di me! In quanto alla spesa, noi andremo molto facilmente d’accordo”

5. Allora Io dissi: “Ascolta, o Giuseppe, padre Mio adottivo, soltanto dalla Mia Volontà dipende che qualcuno possa rivelare qualcosa di questa faccenda, poiché, malgrado Io, per i motivi già esposti, non abbia operato qui alcun prodigio da molto tempo, tuttavia Io sono sempre completamente Colui che ero da principio e a Me sono possibili tutte le cose! Il Sole, la Luna, le stelle e tutta la Terra, come pure tutti i Cieli e l’inferno intero devono obbedirMi e regolarsi secondo la Mia Volontà; ed Io dovrei forse aver timore dei tenebrosi e ciechi sacerdoti della nostra sinagoga?

6. Concludi dunque tranquillamente il tuo contratto con questo galantuomo, e lascia a Me la cura di tutto il resto! Riguardo alla costruzione, noi ne verremo a capo con la massima facilità, perché a Colui che ha potuto costruire il Cielo e la Terra, sarà ben possibile anche costruire per un onesto greco, il quale nel proprio cuore è un perfetto ebreo, una solida dimora e una stalla per i suoi maiali! Non posso fare a meno di dirvi che una stalla per maiali non è proprio da annoverarsi fra quelle costruzioni che fanno onore allo spirito umano, e tuttavia vi dichiaro che una stalla da maiali, anche la più sudicia, Io la preferisco al Tempio di Gerusalemme e a più di una sinagoga nel grande paese d’Israele!”

7. Esclamò Giuseppe: “Oh, figlio mio, oggi il tuo parlare è proprio temerario! Se qualcuno fra i cittadini ci avesse ascoltato e ci accusasse, che cosa accadrebbe? Noi certo saremmo dichiarati colpevoli di atroce bestemmia, e come tali verremmo lapidati senza pietà!”

8. Ma Io gli dissi: “Oh, preoccupati di qualcos’altro e non di questo! Chi mai può sentirci se Io non voglio, e chi potrà lapidarci se Io sono un Signore anche di tutte le pietre? Guarda qui questa pietra che adesso ho sollevato da terra! Io voglio che, per i sensi di questo mondo, essa non esista più! Ed ecco, essa infatti è svanita! Ma se qualche stolto ebreo volesse gettare delle pietre simili contro di noi, potranno esse in qualche modo farci del male? Guarda un po’ lassù il Sole! Vedi come esso splende in tutto il suo fulgore! Ma poiché Io sono Signore anche del Sole, voglio che esso per qualche istante neghi la sua luce al Creato! Ed ecco, la tenebra è scesa sulla Terra!”

9. Il fenomeno colmò di spavento Giuseppe e anche il greco, e quelli che erano in casa ne uscirono inorriditi, e in preda all’angoscia domandarono che cosa fosse successo e che cosa significasse quell’improvvisa oscurità.

10. Io però dissi: “Ormai è già da tanto tempo che vivo vicino a voi, eppure non Mi conoscete ancora! Questo è semplicemente dovuto alla Mia Volontà! Ma ora Io voglio che la luce ritorni! Ed ecco che il Sole brilla di nuovo di tutta la sua luce come prima; del resto il fenomeno non ha avuto alcun altro significato se non quello che voi tutti sappiate e riconosciate che Io Mi trovo con voi”

11. Allora tutti esclamarono: “Sia resa ogni lode al Signore! Il nostro Gesù ha riottenuto la sua potenza da Dio!”

12. Ma Io replicai: “Io non ho riottenuto nulla, perché ogni Potenza ed ogni Forza sono Mie. Io e Colui che vive in Me non siamo due, ma un solo Essere! E tu, o Giuseppe, dimMi ora se hai ancora qualche timore degli ebrei e degli anziani della sinagoga!”

13. Rispose Giuseppe: “Oh, mio carissimo Figlio e anche mio Signore, se le cose stanno così, io non ho certo più né angoscia né alcun timore, perché solo ora io ho visto interamente la mia salvezza. Ora senza ulteriori scrupoli ci metteremo immediatamente all’opera in questione e andremo oggi nel luogo dove questo nostro vecchio amico vuole far costruire la sua casa e la stalla!”

14. Disse il greco: “Io vi ringrazio in anticipo, e vi assicuro che la ricompensa sarà molto generosa. Il luogo però non è molto lontano da qui, e considerato che all’albergo io ho dei buoni animali da soma, noi potremo raggiungere facilmente già oggi prima del tramonto la località dove io dimoro con i miei”.

15. Allora Giuseppe chiamò a sé gli altri figli e comunicò loro quello che c’era da fare; però Joses osservò che sarebbe stato meglio se almeno uno di loro fosse rimasto a casa, dato che poteva sempre esserci qualcosa da sbrigare; oltre a ciò la faccenda avrebbe dato meno nell’occhio ai sorveglianti della sinagoga che per causa Mia tenevano gli occhi e gli orecchi sempre rivolti a quella casa; essi avrebbero meno notato l’assenza di Giuseppe e non sarebbero venuti a domandare dove e per conto di chi egli se ne fosse andato a lavorare.

16. Io allora dissi: “Una volta tanto hai ragione anche tu, quantunque non perfettamente! Io però dico e dispongo che all’infuori di Giacomo non occorre che nessuno ci accompagni; basterà quindi che portiamo con noi solamente gli attrezzi strettamente necessari per noi tre, e ciò all’unico scopo che si sappia che noi ci allontaniamo da casa per il nostro mestiere. Tu dunque, o Giacomo, preparati a venire con noi!”

17. Giacomo, udito questo, rientrò in casa, si preparò per il viaggio e in poco tempo fu di ritorno con gli attrezzi necessari.

18. E quando noi tre assieme al greco già ci disponevamo a metterci in cammino, comparve Maria, la madre del Mio corpo, e ci domandò quanto tempo saremmo rimasti assenti.

19. E Giuseppe le disse: “Donna, considerata la mole del lavoro che avremo da compiere, questa cosa non la si può precisare in anticipo!”

20. Ma Io osservai: “Gli uomini certamente non sono in grado di farla; Io però posso fare anche questo!”

21. Disse allora Maria: “Ebbene, dimmi Tu quanto tempo rimarrete assenti!”

22. Le risposi Io: “Tre giorni pieni, vale a dire oggi, domani e dopodomani; noi dunque saremo di ritorno sabato, prima ancora del levare del Sole!”

23. Tutti allora esclamarono: “Ma come farete voi tre a costruire in due giorni una grande casa d’abitazione e una grande stalla per maiali?”

24. Ed Io risposi loro: “Questo sarà affare nostro; voi altri abbiate cura soltanto che il lavoro in casa proceda nell’ordine dovuto!”

25. E Maria non poté trattenersi dal dirMi: “Ma, o Figlio mio carissimo, oggi mi sembri molto differente dal solito! Tu sei addirittura autoritario! Come si spiega ciò?”

26. Ed Io le risposi: “Ciò si spiega col fatto che Io devo esserlo per la vostra salvezza! Ma adesso non trattenerci più a lungo, perché da simili discorsi nessuno di noi può ripromettersi alcun vantaggio. Per l’uomo il tempo è una cosa estremamente preziosa!”

27. E Maria concluse: “Oh, certo, a Te non si può obbiettare mai nulla, perché hai sempre ragione; andate dunque e fate un viaggio felice e un felice ritorno!”».

 

[indice]

 

Cap. 208

La sosta durante il viaggio presso l’albergatore greco.

 

1. (Continua il Signore:) «Noi poi ci dirigemmo subito all’albergo, dove ci attendevano gli animali da soma del nostro greco.

2. Arrivati là, non mancarono i curiosi che cominciarono a molestarci con domande, e l’albergatore, buon conoscente di Giuseppe, disse a quest’ultimo: “Amico, al vostro posto io oggi non mi metterei in viaggio, perché abbiamo avuto un’eclissi solare, e un giorno simile, anche a detta degli antichi, è un giorno nefasto!”

3. Ma Io gli dissi: “Che strano genere di sapienza è il vostro! A simili leggende vuote e prive anche di un’ombra sola di verità, voi ci tenete molto, mentre ogni cosa vera e pura la calpestate nel fango e non ne volete sapere nulla; non intralciare dunque la nostra opera con delle insulsaggini di questo tipo!”

4. L’albergatore obbiettò: “Oh, amico mio caro, i nostri vecchi erano essi pure della gente avveduta; conviene perciò che i giovani tengano ben conto delle esperienze, altrimenti corrono il rischio di incappare in qualche guaio!”

5. Gli dissi Io: “Tu basta che tenga conto di quello che Mosè e i profeti hanno insegnato, e questo ti gioverà di più che badare ai noviluni e alle giornate propizie e nefaste che siano! Chi osserva i Comandamenti di Dio, ama Dio sopra ogni cosa e il prossimo come se stesso, costui non deve temere nessun giorno nefasto; per colui invece che non fa così, ciascun giorno è un vero giorno nefasto!”

6. Disse l’albergatore: “Eh sì, questo lo so anch’io; ad ogni modo merita sempre tenere anche un po’ conto delle tradizioni degli antichi”.

7. Poi egli salutò nuovamente Giuseppe e gli augurò buon viaggio e buon lavoro; noi allora montammo sulle bestie da soma e iniziammo il nostro viaggio che procedette rapidamente per monti e valli verso occidente, sulla strada che conduceva a Tiro.

8. Quando però, a circa metà strada, giungemmo ad un albergo tenuto da un greco, il nostro greco disse: “Amici miei, qui mangeremo qualcosa e anche foraggeremo i nostri animali!”

9. La proposta piacque a Giuseppe; tuttavia egli si informò subito se là si sarebbe potuto ottenere delle vivande permesse anche agli ebrei.

10. E l’albergatore rispose: “Mah, o amico mio, qui da me la cosa non andrà proprio tanto liscia! Della carne di maiale bene affumicata ne ho a sufficienza, e così pure del pane lievitato, e sale e vino, ma per il momento non c’è altro”

11. Osservò Giuseppe: “Eh, la questione, per quanto ci riguarda, si mette piuttosto male! Infatti a noi ebrei non è lecito mangiare carne di maiale, e in questa epoca dell’anno nemmeno il pane lievitato, dato che per noi è giunto il tempo dei pani non lievitati. Non hai forse del pesce, del pollame e delle uova?”

12. Rispose l’albergatore: “Vedi, questo albergo è situato proprio in cima ad un colle; dove dunque prendere del pesce? Ugualmente male si va qui con l’allevamento del pollame, perché anzitutto è quasi impossibile tenere un allevamento a causa della mancanza di un corrispondente mangime, e poi ci sono tanti uccellacci rapaci di ogni specie che rendono molto difficile non solo l’allevamento del pollame ma anche delle pecore, perché gli agnelli non sono neanche per un momento completamente al sicuro dagli attacchi di quelle bestiacce dell’aria. Perciò devo limitarmi a tenere qualche capo di bestiame grosso, come tori, buoi e mucche, e naturalmente anche qualche vitello, nonché dei maiali che qui prosperano bene. In quanto al vino, devo io stesso procurarmelo a Tiro. Così stanno le cose qui; ma di quello che ho, posso darvene in abbondanza e a buon mercato”

13. Dissi Io allora: “Portaci pure quello che hai di pronto, e noi lo mangeremo ugualmente”

14. E Giuseppe osservò: “Ma, figlio, e della Legge di Mosè che cosa ne facciamo?”

15. Gli risposi Io: “Hai tu dunque di nuovo dimenticato Chi sono Io? Colui che è in Me, fu Lui che diede le Leggi a Mosè; ma ora Quello stesso ti dice: ‘Mangia quello che ti viene posto dinanzi se non puoi ottenere altro da mangiare, poiché per chi è puro, tutto è puro!’.

16. Mosè ha vietato agli Ebrei l’uso della carne di animali immondi, affinché essi stessi non si rendessero più immondi ancora di quanto lo fossero già fin dalla nascita; in caso di necessità però anche agli Ebrei era lecito mangiare la carne degli animali qualificati come immondi. Ora noi non fummo mai immondi, né mai lo diverremo; per conseguenza nessun cibo, se ben preparato, può renderci immondi”.

17. Questa Mia dichiarazione ebbe il potere di calmare gli scrupoli di Giuseppe e anche di Giacomo, e l’albergatore ci portò subito della carne di maiale bene affumicata e preparata, del pane, del sale e del buon vinello, e noi mangiammo tutto di lieto umore. Il nostro greco si assunse ovviamente la funzione di mastro pagatore, e fu quanto mai lieto che noi fossimo rimasti contenti del pasto che ci era stato servito.

18. Terminato il pasto, Io dissi all’albergatore: “Su questa tua casa oggi è scesa una grande benedizione! A cominciare da oggi tu puoi allevare qui pollame e pecore quante ne vuoi e ne puoi, perché Io voglio che questa regione non venga più molestata da nessun animale da preda né dell’aria né della terra, finché questo albergo e questi terreni saranno in tuo possesso oppure dei tuoi discendenti. Qualora però un giorno, nel possesso di questo albergo e di questi terreni, dovessero subentrare degli altri padroni piuttosto cattivi, allora anche l’antica piaga ritornerà da queste parti!”

19. Esclamò l’albergatore: “O giovane amico mio, e che prova puoi darmi del fatto che accadrà così come tu ora mi hai promesso con tanta sincerità e senza alcun accenno ad un possibile dubbio?”

20. Ed Io gli risposi: “Tutto ciò accadrà con altrettanta certezza quant’è certo che qui in casa possiedi un tesoro, del quale né tu, né i tuoi familiari, e nemmeno qualcuno fra i tuoi predecessori hanno mai conosciuto l’esistenza! Prendi una vanga e scava il terreno composto d’argilla, precisamente al posto dove ora ti trovi, solo a tre spanne di profondità (60 cm), e poi verrà alla luce il tesoro di cui ti ho parlato e del quale potrai fare l’uso che vorrai!”

21. L’albergatore fece portare subito una vanga, e con l’aiuto dei suoi servi scavò in quel punto il terreno fino alla profondità indicata, e ai suoi occhi meravigliati apparvero diversi vasi d’oro del peso complessivo di più di duecento libbre (112 chilogrammi). Certamente, il suo primo desiderio fu quello di sapere come e quando quei preziosissimi oggetti fossero capitati in quel luogo a casa sua.

22. Ed Io gli dissi: “Tu sei ormai già il settimo proprietario di questo vecchio albergo da quando questi oggetti, rubati ad una carovana di orientali, vennero sepolti qui in questo terreno dai ladri per paura di venire scoperti; di più non hai bisogno di sapere. Ad ogni modo coloro che seppellirono qui questo tesoro non erano della tua stirpe, e tu non sei un loro discendente, perché la tua famiglia è originaria da Atene, mentre costoro erano ciprioti e ladri, anche se non proprio assassini”

23. Chiese nuovamente l’albergatore: “Ma come puoi sapere con tanta precisione tutto ciò? Chi te l’ha raccontato?”

24. Ed Io gli risposi: “Come Io conosco in Me e da Me ciascuno dei tuoi più nascosti pensieri, esattamente così conosco in Me e da Me stesso anche questa cosa! Ma per fornirti anche la prova che Io davvero conosco con assoluta esattezza i tuoi pensieri, adesso ti dirò i pensieri che stamani fervevano nella tua mente. Ecco, tu pensavi così: ‘Questo mio albergo a volte è ben frequentato e mi procura qualche guadagno; tuttavia se trovassi un compratore che lo acquistasse ad un prezzo tale da permettermi di edificare a Tiro un albergo migliore, io ne sarei tanto contento come forse non lo sarei per nessun’altra cosa a questo mondo!’.

25. Vedi, questo era il tuo pensiero principale; successivamente però tu pensasti se sarebbe stato forse opportuno comunicare questa idea a tua moglie. Ma arrivasti ben presto alla conclusione che ciò sarebbe stato prematuro, perché tua moglie avrebbe poi potuto diventare impaziente e, trascinata dalla sua impazienza, avrebbe potuto insistere affinché tu realizzassi immediatamente questa tua idea! E ora dimMi se Io conosco o no molto bene anche tutti i tuoi pensieri!”

26. A queste parole l’albergatore rimase addirittura sbalordito, ed esclamò: “No, davvero! Io ho visto e udito molte cose in vita mia, e ho fatto molte esperienze, ma una cosa di questo genere non mi è mai capitata! Io non posso dire altro che ormai credo fermamente in quello che Tu hai detto, e cioè che questa regione verrà completamente liberata dalla presenza di animali rapaci. Ma io ora sono diventato tuo grande debitore per tutto questo immenso bene che mi hai fatto, e mi domando perciò come potrò ricompensarti in maniera adeguata. Cosa posso dunque fare per te?”

27. Io dissi: “Ascolta, tu pure sei un pagano, però ai tuoi molti dèi tu non credi affatto, e perciò anche ti sei resa familiare la nostra dottrina, ciò che da parte tua è stato molto ben fatto; Io però ti dico: ‘Credi fermamente soltanto nell’unico vero Dio degli Ebrei, anzi amaLo sopra ogni cosa, e ama altresì il prossimo tuo come te stesso; fa’ cioè al tuo prossimo quello che ragionevolmente vorresti che il tuo prossimo facesse a te’. Così operando ti sdebiterai a sufficienza di tutto ciò che di buono Io ho fatto ora per te; una ricompensa materiale a Me non serve davvero!”.

28. L’albergatore rimase ancora più stupito constatando il Mio perfetto disinteresse, e non voleva accettare nulla dal nostro greco in pagamento di quanto noi avevamo mangiato e bevuto.

29. Tuttavia quest’ultimo non volle saperne, e pagò scrupolosamente e interamente il conto, aggiungendo queste parole: “Se ti avanza qualcosa, dallo in dono ai poveri, e così ti renderai gradito all’unico vero Dio degli Ebrei che propriamente Lo è anche dell’intera umanità!”.

30. L’albergatore allora promise solennemente che avrebbe seguito tale suggerimento, e che si sarebbe dato da fare per convertire tutta la sua casa alla fede degli Ebrei.

31. Allora noi ci alzammo, montammo di nuovo sulle nostre bestie da soma e ci rimettemmo in viaggio. La strada che ci restava ancora da fare correva attraverso una regione molto graziosa, e noi arrivammo comodamente al luogo di nostra destinazione un’ora prima ancora del tramonto».

 

[indice]

 

Cap. 209

Gli insegnamenti in cima al monte.

 

1. (Continua il Signore:) «Si trattava di un’antica borgata situata essa pure su un monte discretamente alto, dalla cui massima vetta nei giorni sereni si poteva scorgere il gran mare. Sul punto più alto della borgata sorgevano gli edifici d’abitazione e le stalle del nostro greco che erano molto in cattivo stato, e che evidentemente necessitavano di essere demoliti per essere poi ricostruiti di sana pianta.

2. Quando Giuseppe ebbe presa esatta visione di tutto, egli Mi disse: “O Figlio mio, se si tratta di demolire e poi ricostruire completamente ogni cosa, per sbrigare il lavoro ci vorrà qualcosa di più di un anno qualora dovessimo ricorrere esclusivamente ai soliti mezzi naturali!”

3. Gli dissi Io: “Non darti nessun pensiero per questo! Come ho detto, così accadrà! Tuttavia né oggi, né domani; dopodomani però tutto sarà in perfettissimo ordine!”

4. Intervenne allora il greco, e disse: “Io stasera avrei voluto ospitarvi completamente secondo l’usanza ebraica, sennonché neppure qui da me la questione si presenta del tutto facile. Per quanto riguarda il pesce, che è la vivanda prediletta degli Ebrei, qui non siamo in condizioni migliori di quelle dell’albergatore che ci ha servito oggi il pranzo, perché qui non c’è alcun corso d’acqua importante, né qualche lago e, d’altro canto, siamo un po’ troppo distanti dal mare. Ho invece del pollame e uova, agnelli e vitelli, come pure del pane lievitato, sale e un buon vinello, prodotto quest’ultimo dalle mie molte e grandi vigne. Sta dunque a voi scegliere, e io farò poi tutto quanto vorrete!”

5. Disse Giuseppe: “Ebbene, facci preparare un agnello, e tutto il resto poi andrà in ordine da sé”

6. Disse il greco: “Siamo perfettamente d’accordo! Farò subito ammazzare e preparare il più bello e grasso fra i miei molti agnelli. Ma adesso dovremo vedere cosa si potrà fare fino all’ora di cena per impiegare il tempo che ci resta!”

7. Ed Io gli dissi: “Saliamo fino sulla cima di questo tuo monte, e ammiriamo un po’ il paesaggio che è molto bello; là possono verificarsi ancora varie cose atte a fornire abbondante materiale alle nostre meditazioni ed osservazioni!”

8. Questo Mio desiderio incontrò immediatamente il gradimento di tutti; noi ci mettemmo in cammino e ben presto arrivammo sulla massima vetta del monte.

9. Da quel posto noi potemmo dominare con lo sguardo il gran mare, dato che era una giornata estiva limpidissima, e tutti si deliziarono molto contemplando quel magnifico spettacolo naturale.

10. E Giuseppe stesso esclamò con voce commossa: “Oh, com’è bella questa Terra, questo luogo di educazione dei figli di Dio! È tanto bello che niente di più bello e maestoso si potrebbe mai desiderare; ma quanto allora deve essere bello il Cielo, dove ci si può aspettare di pervenire dopo la morte di questo corpo e dopo la resurrezione all’ultimo giorno. Tra questa fiacca vita corporea e quella gloriosa resurrezione c’è forse una lunga e tenebrosa notte senza vita, ma io in fondo considero così la cosa: ‘Se qualcuno mentre vive nel corpo fosse costretto a vegliare una notte intera, questa dovrebbe sembrargli enormemente lunga; dato che però l’uomo tutta questa lunga notte la passa dormendo pacificamente, essa al mattino può apparirgli a volte perfino troppo breve!’. Per conseguenza io penso che, venuto il giorno della resurrezione, nemmeno a noi la notte trascorsa apparirà eccessivamente lunga. Il buon Dio ha certo disposto ogni cosa nel miglior modo possibile, tanto che ogni uomo che osserva i Suoi Comandamenti e che ripone ogni fiducia in Lui deve raggiungere la felicità e la salvezza suprema”.

11. Anche il nostro greco allora dichiarò di condividere l’opinione del vecchio Giuseppe; tuttavia egli Mi domandò cosa ne pensassi Io.

12. Ed Io risposi: “Eh sì, queste parole sono molto belle e suonano anche molto bene! L’immagine è stata davvero buona; sennonché l’unica cosa fatale è che essa non è altrettanto vera, quanto è bella ed edificante ad esprimersi! Ma se ora avete Me con voi, perché non Mi domandate come staranno un giorno le cose rispetto alla vita dell’anima dopo la morte del corpo? Questo Io devo ben conoscerlo meglio di voi! Ora in proposito Io devo dirvi che a Me non risulta niente affatto di una notte mortale pressoché eternamente lunga dell’anima dopo la morte del corpo, ma so che nello stesso istante in cui avrai deposto il tuo greve corpo, tu ti troverai già nella resurrezione e continuerai a vivere e ad operare per l’eternità, ovviamente se abbandonerai questo mondo quale un giusto al cospetto di Dio.

13. Ma se invece muori da uomo ingiusto al cospetto di Dio, allora certo fra la tua morte corporale e la tua vera resurrezione intercorrerà una notte molto lunga; tu però questa notte non la ignorerai, anzi la tua anima ne sarà perfettamente conscia, e questo fatto sarà per lei una morte vera e di lunga durata. Infatti una morte della quale l’anima non fosse conscia, non sarebbe nemmeno una morte; invece una morte della quale l’anima avrà coscienza nel regno degli spiriti impuri, sarà per essa di grave pena e tormento; vedete, così stanno le cose! E poiché ora conoscete questo, un’altra volta parlate in maniera più chiara e più vera: domandate a Me ciò che ancora non conoscete, affinché con le vostre parole non cadiate in ogni genere di errori! Fate tutti bene attenzione!”

14. Disse poi il greco: “Evidentemente così è e così deve essere, né mai più potrà essere altrimenti! Ma considerato che noi ora godiamo di questo meraviglioso panorama, e che certo la nostra anima, la quale vive, sente e percepisce, lo ammira, lo fa oggetto dei suoi pensieri e si delizia del suo splendore attraverso gli occhi del corpo come attraverso due piccole finestrelle praticate nella sua dimora temporaneamente animata e mobile che noi chiamiamo corpo, ebbene, di fronte a tutto ciò si domanda: ‘L’anima, dopo la deposizione del corpo, potrà vedere anche questo mondo e potrà contemplarne la bellezza, ovviamente trovandosi sul suolo di questa Terra?’. Tu, o giovane colmo di Dio, che spiegazione potresti dare in proposito?”

15. Ed Io gli risposi: “L’anima dell’uomo giusto e perfetto potrà con uno sguardo osservare in ogni punto, tanto l’esterno quanto il suo interno, non soltanto la Terra, e potrà giudicare da se stessa in maniera perfettissima tutto ciò che essa porta e contiene, e non soltanto questo mondo che voi abitate, ma potrà osservare e giudicare anche altre cose in numero sterminato, poiché questa Terra non è il solo mondo esistente nello spazio infinito della Creazione, ma in questo spazio infinito ci sono ancora altri mondi in quantità innumerevole e di grandezza enormemente maggiore, e corrispondentemente altrettanti ne esistono nel regno degli spiriti puri.

16. Tuttavia di tutto ciò un uomo può rendersi chiaramente conto soltanto quando sia lo Spirito di Dio ad insegnarglielo nel cuore della sua anima e quando egli abbia acquisito una più ampia facoltà di visione.

17. A dirla breve, l’anima perfetta può tutto, ma l’anima imperfetta, e quindi spiritualmente cieca, non potrà vedere altro all’infuori dei parti della propria vana fantasia inconsistente. Se però un’anima in un tempo successivo, anche nell’altra vita fuori da questo corpo, rientrerà in se stessa e, com’è possibile, si correggerà, essa pure trapasserà con ciò ad una visione più chiara e più vera, certamente però percorrendo una via più lunga e molto più penosa di quella terrena. Ecco dunque che ora anche a questo riguardo sapete quanto vi è strettamente necessario; credete dunque che è così e non altrimenti, ed osservate i Comandamenti; in questo modo vi renderete perfetti nelle vostre anime!”

18. Il greco allora aggiunse: “Io credo assolutamente senza l’ombra di un solo dubbio e sono del tutto convinto che le cose stiano così; sennonché a noi greci manca ancora un’idea vera e precisa riguardo all’aspetto e alla forma che ha un’anima! Non vorresti darci qualche piccolo chiarimento anche a questo riguardo?”

19. Ed Io gli risposi: “Oh, questo è per il vostro bene, ed Io lo faccio sempre volentieri! Vedi, l’anima ha la stessa figura e l’identica forma del suo corpo; soltanto che forma e figura sono assolutamente più perfette di quanto risultano nel corpo di carne; certamente questo vale soltanto nel caso che si tratti di un’anima perfetta. Essa possiede tutto quello che aveva posseduto il suo corpo, ma, ben s’intende, lo possiede per altri scopi. Ad ogni modo il suo corpo spirituale non è più materia, ma pura sostanza.

20. La sostanza però è simile alla luce che emana il Sole, la quale rispetto alla materia sembra essere un nulla, ma che invece è l’elemento fondamentale della materia, pur non essendo la stessa cosa con questa, perché ogni sostanza primordiale è libera e non è minimamente legata! Ed ecco che ora sapete anche questo.

21. Ma affinché possiate farvi un altro chiaro concetto della cosa, basterà che Io richiami la vostra attenzione sulle apparizioni di persone defunte che voi avete visto già varie volte per qualche istante, e con le quali avete perfino parlato; e infatti, hanno queste forse avuto un aspetto differente da quello che avevano mentre erano ancora vive nei rispettivi corpi?”

22. Disse il greco: “Sì, certo, ora soltanto riconosco definitivamente che tu sotto ogni riguardo hai detto la piena verità; io già moltissime volte ho avuto simili apparizioni ed ho parlato con più di un defunto; sono stato da loro anche istruito riguardo a varie cose, e devo dire che non li ho mai visti altrimenti se non sotto la perfetta forma umana. Io dunque ti ringrazio per queste tue spiegazioni”.

23. Anche Giuseppe e Giacomo Mi resero la stessa testimonianza, come lo può testimoniare lo stesso Giacomo, ora qui come Mio discepolo.

24. Mentre però Io li stavo così istruendo, il Sole era tramontato, e noi perciò abbandonammo lieti e sereni la bella altura e ci recammo alla dimora del greco, dove già ci attendeva una buonissima cena che consumammo con eccellente appetito. Terminata la cena, noi andammo subito a riposare, cosa di cui Giuseppe aveva particolarmente bisogno».

 

[indice]

 

Cap. 210

Il viaggio a Tiro.

 

1. (Continua il Signore:) «Il mattino seguente, già un’ora prima del levare del Sole, uscimmo all’aperto e salimmo di nuovo in cima al monte, da dove potemmo contemplare molto bene il magico panorama nella luce della prima aurora; particolarmente la regione costiera intorno a Tiro era visibile in quell’ora molto meglio che non nell’ora del crepuscolo. Ad accrescere la bellezza dello spettacolo contribuiva certo anche il ridestarsi della natura, tanto nel regno vegetale, quanto, e specialmente, nel regno animale, e là noi ci deliziammo nella natura per un’ora abbondante.

2. Poi Giuseppe cominciò a discutere col greco riguardo alla faccenda della costruzione, e gli domandò se aveva già a disposizione la quantità necessaria di legname ben stagionato.

3. Ed il greco rispose: “O mastro Giuseppe, qualcosa di pronto vi sarà sicuramente, ma se quello che ho, basterà, di questo conviene che giudichi il tuo occhio esperto! Ad ogni modo se qualcosa dovesse mancare, potremo ricorrere al bel bosco di cedri che io possiedo qui nelle vicinanze. Se non ti dispiace, dopo aver fatto colazione potrai dare un’occhiata al legname che ho fatto già mettere insieme! Da profano che sono, però, credo che del materiale ce ne sarà a sufficienza”

4. E Giuseppe rispose: “Va benissimo, terminata la colazione procederemo a questo esame, e poi faremo un piano di costruzione”

5. Ma allora Mi intromisi Io pure e dissi: “Questa fatica noi per oggi ce la possiamo risparmiare, perché domani non avremo bisogno né di materiali, né di piani! La Mia opinione sarebbe però che noi andassimo a Tiro quest’oggi per vedere se forse non ci sia là qualcuno che abbia bisogno in qualche modo del nostro aiuto”

6. Il greco si dichiarò d’accordo anche con questa proposta, e aggiunse: “Bisogna per altro che noi partiamo presto e che usiamo i miei animali da soma, perché per arrivare a Tiro da qui ci vogliono sette ore buone”

7. Noi non trovammo nulla da obiettare alle sue parole, perciò andammo immediatamente a far colazione, e un’oretta più tardi eravamo già incamminati di lieto umore per la strada che conduceva a Tiro. La nostra piccola comitiva viaggiò però questa volta senza fare alcuna sosta, in modo che arrivammo in città in cinque ore, ciò che stupì molto il greco, il quale confessò apertamente che non era mai riuscito fino ad allora a percorrere quella strada in un tempo così breve, perché una delle solite carovane non avrebbe sicuramente impiegato meno di una giornata intera a percorrere quella distanza. Dunque per il nostro greco questo viaggio fu esso pure una specie di piccolo miracolo.

8. Arrivati a Tiro, noi entrammo in un buon albergo, e il greco ordinò subito un pranzo all’ebraica, dato che del buon pesce ce n’era in abbondanza, né mancava il vino speciale di provenienza greca. Alquanto stanchi del viaggio, noi ci riposammo un po’; intanto venne preparato anche il nostro pranzo e noi lo consumammo alla svelta. Il greco pagò il conto e poi andammo in un posto da dove si poteva abbracciare benissimo con lo sguardo il mare e le molte imbarcazioni che là si trovavano.

9. Noi eravamo fermi già da qualche tempo osservando il mare, le sue onde e le imbarcazioni di ogni specie, quando Giuseppe disse: “Quello che della città era veramente meritevole di vedere, noi lo abbiamo ormai visto, però dato che la strada per ritornare là da dove siamo partiti è altrettanto lunga quanto quella per arrivare fino a qui, sarà opportuno che noi ci mettiamo sulla via del ritorno!”

10. Ma Io gli dissi: “O Giuseppe, per ritornare c’è ancora tempo, perché la nostra presenza qui si renderà molto necessaria tra poco. Guardate laggiù: in alto mare c’è ancora una grossa nave la quale si trova in difficoltà a causa delle ondate che si stanno facendo sempre più violente! Ora a bordo di quella nave c’è il nostro Cirenio, e noi non possiamo lasciarlo morire. Egli era in Asia Minore e si è imbarcato per far ritorno a Tiro, però, come vedete, la tempesta non gli consente adesso di entrare in porto. A suo tempo egli ci dimostrò davvero grande amicizia, e quindi ora spetta a noi venirgli in aiuto; e questa è stata veramente la ragione per la quale Io ho voluto venire a Tiro”

11. Disse Giuseppe: “Ma come potremo arrivare fin laggiù sul mare infuriato per portare aiuto al governatore generale?”

12. Ed Io gli dissi: “Non avete visto ieri come la Mia Volontà arrivò fino al Sole? Ma se Mi fu possibile comandare al Sole, sarò adesso bene in grado di comandare al mare! Io certo l’avrei potuto fare anche essendo lontano da qui, tuttavia era meglio che noi ci trovassimo tutti qui sul posto, e di ciò non mancherete di rendervi conto chiarissimamente più tardi. Ma per il momento si tratta anzitutto di aiutare, e solo dopo si potrà parlare!”

13. Detto questo, Io alzai le Mie braccia verso il mare e dissi ad alta voce: “Calmati, o mostro infuriato! Così voglio Io e così sia!”

14. Pronunciate queste parole, la superficie del mare ridivenne alquanto tranquilla, e la nave di Cirenio, come attirata da una forza invisibile, arrivò al sicuro a riva e fu così salvata da un naufragio certo e con tutto ciò che essa portava.

15. Presente a questo fatto, però, ci fu anche dell’altra gente la quale ne era rimasta molto meravigliata, e cominciò a domandarsi che specie di essere potessi essere Io visto che Mi obbedivano perfino gli elementi! Alcuni erano del parere che Io dovessi essere qualche celebre mago; altri erano propensi a credere che Io fossi un uomo assai pio e, come tale, in stato di piena grazia presso gli dèi i quali esaudivano ogni Mia preghiera! Degli altri ancora dicevano: “Costui è un ebreo, e, come si sa, quel popolo ha avuto molte volte dei possenti profeti. Certamente egli deve essere un veggente di questa specie; oppure addirittura un esseno!”. Sul posto dunque le discussioni furono molte; tuttavia nessuno si azzardò a venirMi vicino per domandarMi chi fossi!

16. La nave frattanto si era accostata a riva, e perciò tutti si affrettarono verso il punto d’approdo per ricevere e salutare il governatore generale. Noi invece restammo al nostro posto».

 

[indice]

 

Cap. 211

Il nuovo incontro con Cirenio.

 

1. (Continua il Signore:) «Quando Cirenio fu sbarcato, egli così parlò ai notabili che erano venuti per congratularsi: “Io vi ringrazio della vostra sincera partecipazione alla mia gioia per essere sfuggito ad un pericolo che minacciava davvero di diventare mortale; bisogna però dire che questo istantaneo placarsi della furiosa tempesta ha qualcosa di prodigioso! Questo fatto mi richiama alla mente un altro del tutto simile accadutomi in Egitto, nei pressi di Ostracina; allora una famiglia ebrea aveva là cercato rifugio, e tra gli altri figli questa aveva anche un bambinello il quale era dotato di facoltà meravigliose, e appunto quel bambino allora impose alla tempesta di svanire, ed essa anche improvvisamente svanì come è accaduto oggi; egli però aveva anche il potere di scatenare una tempesta qualora l’avesse voluto! Da allora saranno trascorsi ormai ben vent’anni; io ho già fatto fare tutte le ricerche possibili per rintracciare quella famiglia, ma finora ogni sforzo è stato vano. Veramente io mi ero dimenticato di quella famiglia già da molto tempo, sennonché l’improvviso calmarsi dell’uragano di oggi mi ha richiamato alla memoria gli avvenimenti di quella volta cui, come ho detto, partecipai io stesso.

2. È davvero una cosa quanto mai strana! Quando una tempesta di questa specie comincia ad infuriare da queste parti, bisogna aspettare vari giorni prima che il mare ritorni calmo anche quel poco solamente da permettere ad una nave di azzardarsi da lontano di avvicinarsi alla costa, ed oggi invece, guardate come il mare è diventato tranquillo che pare uno specchio, e senza la minima onda! Ma non meno strano mi è parso il fatto che la mia nave è stata attratta rapidamente verso la riva come per impulso di una forza misteriosa! Io dunque dico e sostengo che qui hanno avuto parte delle influenze che non sono naturali!”

3. Disse allora uno dei notabili a Cirenio: “Guarda un po’ là, sul quel piccolo promontorio tu puoi ancora vedere quattro uomini! Ebbene, uno di loro, un giovanotto di circa vent’anni, mentre infuriava la tempesta alzò in alto le mani e le comandò di calmarsi, e infatti in quello stesso momento la tempesta cessò come per incanto. Noi non sappiamo chi egli possa essere, ma è probabile che costui sia un profeta degli ebrei, perché dalla sua foggia di vestire bisognerebbe arguire che appartiene a quel popolo. Che la tempesta si sia calmata proprio per la potenza della sua parola, questo noi non oseremo affermarlo con certezza; ad ogni modo resta pur sempre quanto mai strano il fatto che il tempaccio cominciò a diminuire nello stesso istante in cui egli ebbe pronunciato ad alta voce quel suo comando. Varrebbe davvero la pena di informarsi esattamente riguardo a cosa e a chi egli sia!”

4. E Cirenio esclamò: “Aspettate! Io credo di cominciare a vederci chiaro nella questione; è possibilissimo che quell’uomo sia proprio il figlio prodigioso di quella famiglia ebraica che ho menzionato prima. Bisogna assolutamente che io parli personalmente con lui!”

5. E detto questo, Cirenio venne frettoloso verso noi quattro che eravamo rimasti fermi al nostro posto intenti ad osservare il mare ormai tranquillo con i suoi svariatissimi fenomeni, nonché ad ammirare le specie ancora più svariate di pesci e degli altri animali marini che, costretti dalla Mia Volontà, dovevano mostrarsi alla superficie.

6. Giuntoci vicino, egli rivolse la parola a Giuseppe, la cui fisionomia gli era rimasta discretamente impressa nella memoria, e gli chiese: “Amico, non sei tu forse quello stesso ebreo che circa vent’anni fa per mia intercessione era andato a cercare rifugio con la sua famiglia in Egitto, e precisamente ad Ostracina per sfuggire alla persecuzione del vecchio Erode? Ma qualora tu fossi davvero quell’uomo, non vorresti dirmi che cosa ne è stato di quel tuo fanciullino prodigioso che io apertamente ritenevo un Dio!”

7. Giuseppe allora fece un profondo inchino al governatore, e rispose: “O nobilissimo signore, hai fatto un onore troppo grande a noi, poveri carpentieri di Nazaret, degnandoti di venire fin qui, mentre avresti potuto semplicemente comandare che venissimo noi da te! Ma dato che ormai sei qui, ti dico, con tutta la gratitudine nel mio cuore per tutto il bene da te reso a me e alla mia famiglia davvero proprio circa vent’anni fa già qui e poi anche in Egitto, che realmente io sono Giuseppe, quello stesso carpentiere, e che questo giovanotto ormai adulto, anche Lui carpentiere, è appunto Lo stesso che tu conoscesti allora come fanciullino prodigioso”

8. A queste parole la faccia di Cirenio si fece addirittura raggiante di gioia.

9. Egli abbracciò anzitutto Giuseppe e lo coprì di piccoli baci, e poi, rivoltosi a Me, disse: “O Signore, quantunque io sia un gran peccatore, mi ritieni degno del permesso di baciarTi?”

10. Ed Io gli dissi: “Beato te e tutti i pagani, che nei vostri peccati Mi avete riconosciuto molto prima degli ebrei nella loro luce! Ma perciò anche la Luce della vita sarà tolta a loro, e verrà donata a voi pagani. Ma ora vieni da Me e baciaMi! Infatti colui che viene da Me con l’amore che tu hai nel cuore, anche se i peccati della sua anima fossero numerosi come fili d’erba su tutta la terra e come i granelli di sabbia del grande mare, Io non lo respingerò da Me, ma lo accoglierò come un padre accoglie suo figlio che era certamente perduto per lui, ma che poi venne ritrovato!”

11. E avendo udito queste parole dalla Mia bocca, Cirenio fu commosso fino alle lacrime, si avvicinò a Me e Mi abbracciò, e intanto coprì anche Me di piccoli baci. Solo dopo Mi ringraziò per la prodigiosa salvezza dal pericolo che lo aveva minacciato, e nello stesso tempo ci invitò a recarsi con lui alla sua residenza, dove egli aveva l’intenzione di ospitarci, e noi avremmo dovuto raccontargli tutte le nostre vicende dal tempo della nostra partenza dall’Egitto.

12. Ed Io gli dissi: “Mio caro Cireneo, per questa sera noi accetteremo certo il tuo invito; devo dirti però che domani di buon mattino dovremo andare alla dimora di questo greco, la quale si trova a più di sette ore da qui, perché dobbiamo costruire là per lui una nuova casa e una grande stalla per maiali”

13. Disse Cirenio: “Molto bene, o divino Amico mio, io stesso anzi vi accompagnerò e, visto che le mie occupazioni mi lasciano adesso una certa disponibilità di tempo, vorrei restare alcuni giorni con voi. Infatti, avendovi finalmente trovato di nuovo, non intendo perdervi così presto di vista!”

14. Dissi Io: “Questo è tutto molto buono e bello da parte tua, e noi anche accoglieremo il tuo invito. Ma adesso vorrei fermarMi ancora qualche tempo qui dove siamo, perché desidero mostrare a Mio fratello Giacomo e anche ad Anastocle, l’onesto greco che vedi qui, i vari animali che popolano il mare, e a questo scopo ci occorrerà ancora un paio d’ore!”

15. Esclamò Cirenio: “O Signore, sarei ben contento anch’io di assistere a questo spettacolo, e non meno di me certo pure gli altri che mi attendono laggiù al piccolo porto!”

16. Ed Io gli risposi: “Sta bene! Dunque falli venire tutti qui, perché questo è il luogo più favorevole a tale scopo»

17. Allora Cirenio mandò a chiamare tutti gli altri, che erano in numero di circa settanta, e tutti si disposero lungo l’orlo molto esteso del promontorio che era alquanto sopraelevato sul mare. Tutta la grande comitiva provò un’immensa meraviglia quando vide sfilare sulla superficie del mare liscia come uno specchio numerosissimi animali che fino ad allora non erano stati mai visti.

18. E Cirenio, al colmo dello stupore, esclamò tutto pervaso dall’ammirazione: “Oh, la fantasia infinita dell’unico vero Dio! Oh, la pienezza assoluta dei pensieri materializzati di Dio! Che diversità senza fine! Che colossi di mostri marini emergono sempre di nuovo attratti qui da una invisibile Potenza creatrice! Già da più di un’ora dura questo stupefacente corteo, eppure non se ne vede ancora la fine! Noi non ne conosciamo nemmeno la millesima parte, neppure di nome, e Tu, o Signore, li chiami con la Tua Volontà e secondo la Tua Sapienza certo per nome, ed essi obbediscono alla Tua onnipotente chiamata! Oh, guardate e fate bene attenzione voi tutti che siete qui, perché voi ora vedete quello che l’occhio di un mortale non ha mai visto!”

19. Uno dei notabili chiese allora a Cirenio se ero Io che provocavo il fenomeno.

20. E Cirenio gli rispose: “E chi altro poi? Noi due no di certo!”

21. E il notabile osservò: “Ma se quest’uomo ha un tale potere, egli deve essere evidentemente un Dio, e in un simile caso sarà nostro dovere rendergli onori divini per mezzo dei nostri sacerdoti”

22. Disse Cirenio: “Non pensate nemmeno lontanamente a queste cose, perché io Lo conosco già da lungo tempo e so meglio di chiunque altro ciò che Egli vuole e ciò che Gli è gradito; l’intervento dei sacerdoti non farebbe che allontanarLo da noi!”.

23. Avendo udito questo da Cirenio, il notabile si astenne dal parlare oltre dei sacerdoti.

24. Frattanto la sfilata degli animali marini era continuata, e in quel momento era precisamente venuta la volta dei crostacei e delle conchiglie dalle specie più strane e rare, e Cirenio espresse il desiderio di venire in possesso di alcune fra quelle magnifiche conchiglie a ricordo di quella meravigliosa giornata.

25. Ed Io gli dissi: «Ebbene, dà ordine ad uno dei tuoi servitori che salga su una barca e che si porti qui sotto; Io poi gli indicherò quali esemplari già maturi egli dovrà tirare fuori dall’acqua”

26. Così fu anche fatto, e dopo qualche istante, spinte dai remi, tre grosse barche giunsero proprio sotto alla sporgenza, dove gli esperti pescatori che le guidavano tolsero fuori dall’acqua tutte le conchiglie fra le più belle che Io indicavo loro, e ne colmarono le loro barche.

27. Dopo di che Io dissi a Cirenio: “Lasciale tutta la notte nell’acqua di calce; domani poi levate cautamente dal bagno, pezzo per pezzo, liberate i bei gusci dal loro contenuto carnoso, asciugateli bene e infine ungeteli internamente con un po’ di nardo. In questa condizione potranno essere conservate per ricordo nella tua camera del tesoro”.

28. Tutto ciò venne puntualmente eseguito, e in questo modo Cirenio venne in possesso di un tesoro del valore di varie migliaia di libbre d’oro.

29. Dopo due ore lo spettacolo ebbe termine, e noi ci disponemmo a lasciare il nostro posto d’osservazione».

 

[indice]

 

Cap. 212

Nel palazzo di Cirenio.

 

1. (Continua il Signore:) «Allora Anastocle, il greco, si scusò di non poter venire con noi da Cirenio, siccome ancora aveva da sbrigare varie faccende all’albergo.

2. Ma Io gli dissi: “Lascia che le cose vadano come devono con l’albergo: chi se ne occupa saprà ben fare quello che gli conviene; quello che invece potrai ottenere restando con noi, ti sarà di maggior vantaggio che non l’albergo; in quanto poi alla tua casa, sapendo tu ormai con Chi hai a che fare in Me, puoi essere sicuro che essa sarà pronta domani prima ancora che noi vi facciamo ritorno da qui.

3. Durante la notte in casa tua la trasformazione si verificherà in modo che nessuno della tua gente dovrà notare qualcosa! Ma al mattino saranno fuori di sé dalla meraviglia vedendo di trovarsi in una casa del tutto nuova, la quale tuttavia sarà perfettamente identica alla vecchia, con la sola differenza che sarà più grande e più comoda in ogni sua parte, ciò che sarà pure il caso della stalla. Se dunque tu ora sai questo per bocca Mia, puoi stare assolutamente tranquillo e venire con noi da Cirenio, dove ci troveremo tutti molto bene”

4. Disse poi Anastocle: “Oh, se è così, certamente lascio stare l’albergo e vengo con voi da Cirenio! Forse egli si ricorderà anche di me dal tempo di Ostracina!”

5. Dissi Io: “Lascia che di ciò Me ne occupi Io, perché Io posso tutto quello che voglio”

6. Anastocle rimase soddisfatto della soluzione, e venne egli pure con noi al sontuoso e grande palazzo di Cirenio, dove egli dimorava assieme ai suoi consiglieri, ministri e comandanti militari.

7. Giunti che fummo negli appartamenti di Cirenio, il greco rimase addirittura sbalordito, perché un simile sfarzo e tante ricchezze egli non le aveva mai viste prima in nessun luogo.

8. Tanta fu anzi l’impressione provata che egli Mi disse in segreto: “Ma, o Maestro colmo della Forza divina, questo è disumano: quanti tesori e ricchezze immense in possesso di una sola persona, mentre invece ci sono delle centinaia di migliaia che non hanno quasi nulla!”

9. Gli dissi Io: “Questo è vero, però è meglio che sia così, perché se tutti fossero in possesso di simili tesori, in primo luogo i tesori non avrebbero nessun valore, e in secondo luogo gli uomini perderebbero ben presto ogni stimolo all’attività, e ben presto comincerebbero a vivere in una pigrizia continua come fanno gli animali; soltanto la fame e la sete sarebbero capaci di indurli a muoversi, mentre tutto il resto non avrebbe alcuna attrattiva per loro. Se invece tali grandi ricchezze sono accumulate soltanto in mano di poche savie persone, esse allora hanno anche un valore inestimabile per tutti gli altri a causa della grande rarità; e così poi gli uomini si dedicano al lavoro e si rendono attivi per guadagnarsi presso questi ricchi sia pure una minima quantità di questi preziosi tesori! E vedi, questo è indiscutibilmente buono!

10. Tu vedi qui una grande quantità d’oro e d’argento e un numero enorme di pietre preziose e di perle; se Cirenio ti chiedesse di compiere per lui un qualche lavoro dietro il compenso anche di una sola di quelle splendide perle, tu certo ti metteresti presto all’opera con tutte le tue forze per guadagnartela. Ma se invece tu di simili perle ne avessi già tante quante se ne trovano qui, non impiegheresti affatto tutte le tue forze per ottenere quella sola perla, anzi diresti fra te e te: ‘Oh, che lavori chi vuole per una perla; io ad ogni modo ne possiedo già a sufficienza, e quindi posso concedermi il lusso di risparmiarmi la fatica!’. Ma solo da ciò tu puoi rilevare che per gli uomini di questo mondo è molto bene che i grandi tesori e le ricchezze di questa specie si trovino sempre unicamente fra le mani di pochi! Ne sei convinto?”

11. Rispose il greco: “E chi non dovrebbe esserne convinto, quando sei Tu a darne la spiegazione! Del resto Cirenio è un reggente certo severo, ma nello stesso tempo anche giusto e buono, e pensa sempre ai poveri, quantunque egli esamini prima scrupolosamente chiunque gli venga a chiedere aiuto, perché vuole convincersi se si tratta davvero di un povero, oppure, come molte volte succede, semplicemente di un pigrone a cui lavorare non piace. Considerato dunque che egli è un uomo di tale carattere, è anche equo e buono che possegga tanti tesori e tante ricchezze”

12. Così il nostro greco riacquistò la tranquillità e poté sopportare con maggiore facilità e indifferenza il fasto di quella sontuosa dimora.

13. Mentre Io discutevo con il greco di tale questione, Cirenio si intratteneva premurosamente con Giuseppe riguardo alla Mia Persona e alle Mie vicende dal tempo che non Mi aveva più visto. Giuseppe e Giacomo lo misero al corrente, in forma concisa e fedele, di tutti i fatti che Mi riguardavano, ed egli ne gioì enormemente. Per due ore durò questo susseguirsi di domande e risposte, e alla conversazione prese parte anche la maggior parte dei consiglieri e ministri là presenti i quali rimasero tutti meravigliati nell’apprendere quelle cose sul Mio conto».

 

[indice]

 

Cap. 213

Sulla vera adorazione di Dio. Gesù quale prototipo degli uomini.

 

1. (Continua il Signore:) «Quando Giuseppe ebbe terminato il suo racconto, uno dei consiglieri disse a Cirenio: “Ma se tutto ciò che si narra di quest’uomo corrisponde al vero, egli deve senz’altro essere un Dio, poiché nessuno ha mai udito che un semplice uomo abbia compiuto delle opere del genere grazie alla potenza della sua volontà. Noi certo abbiamo già avuto occasione di vedere una quantità di maghi i quali si esibivano in ogni tipo di dimostrazioni strabilianti, ma il più delle volte non si tardava a venire a conoscenza del come e con quali mezzi essi lavoravano. Anche nelle parti più meridionali dell’Alto Egitto sembra che dimorino degli uomini che per mezzo della loro volontà e del loro sguardo sono in grado di dominare qualsiasi animale; ma comunque sia, che cosa è tutto ciò al paragone del potere di cui è dotato quest’uomo?

2. Basta che egli lo voglia, e gli elementi si inchinano dinanzi alla sua volontà; egli comanda agli animali del mare come un capitano alle sue schiere, ed essi obbediscono al suo comando. Per me dunque non c’è bisogno di alcun altro prodigio a comprovare che tutto il suo essere è assolutamente di natura divina! Infatti chi ha il potere di operare simili cose, deve avere pure il potere di compiere ogni altra cosa. Trattandosi di quest’uomo, io sarei disposto a sostenere che egli sarebbe capace di creare addirittura un mondo, purché lo volesse! Ed è perciò che io ritengo sarebbe doveroso da parte nostra tributargli degli onori divini!”

3. Domandai Io allora a quel consigliere: “E come vorreste fare per tributarMi degli onori divini?”

4. Rispose il consigliere: “Ebbene, come noi adoriamo il maggiore fra gli dèi, Giove, o come i vostri sacerdoti adorano il loro Jehova senza figura”

5. Ed Io gli risposi: “Amico, di questi due tipi di tributi d’onore Io davvero non saprei cosa farne, per la ragione che né l’una, né l’altra è una vera e giusta adorazione di Dio.

6. La vera adorazione, quella valida al cospetto di Dio, consiste invece anzitutto nel credere con fermezza incrollabile in un solo e unico vero Dio il Quale ha creato il Cielo, la Terra e, in generale, tutto ciò che esiste, poi nell’amare sopra ogni cosa quest’unico vero Dio riconosciuto attraverso la fede e nel vivere e nell’operare secondo la Sua Volontà, e infine nell’amare il proprio prossimo come se stessi.

7. Vedi, questi sono i tre fondamenti della vera adorazione di Dio; tutto il resto invece è vano e non ha il benché minimo valore al cospetto di Dio!

8. Soltanto ciò che l’amore fa, è fatto realmente e costituisce un vero qualcosa agli occhi di Dio; quello che invece si fa sotto la costrizione di un certo timore della Potenza di Dio per ammansirLo e predisporLo a proprio favore, tutto ciò è un abominio al Suo cospetto. Infatti, allo scopo di un preteso servizio divino consistente in ogni tipo di cerimonie vengono ordinati sempre e dappertutto determinati sacerdoti. Questi, una volta investiti della carica, sono portati a considerarsi molto di più di un qualsiasi altro semplice mortale, si fanno onorare in maniera incredibile, guardano il loro prossimo dall’alto in basso, sono colmi del più fetente orgoglio, finiscono col ritenere se stessi altrettanti dèi, e secondo il proprio arbitrio giudicano il misero prossimo che spesso è mille volte migliore di quei sacerdoti superbi e ambiziosi. Puoi credere che Dio tragga compiacimento e gioia da simili tipi di adorazione fastose compiute da sacerdoti del genere che ti ho descritto e pagate a caro prezzo dal popolo?

9. Io davvero ti dico che, se Dio nella Sua suprema Sapienza si compiacesse di un servizio di questa specie compiuto in Suo onore, Egli non sarebbe un Dio, ma un semplice essere umano cieco, stolto e colmo di ambizione come lo sono i sacerdoti adibiti a tale servizio. Ma chi è che può credere capace di un sentimento simile il vero Dio, il Quale nel Suo Amore, nella Sua Sapienza e nella Sua Potenza infinite, ha certo creato tutto fuori da Sé e mantiene tutto continuamente attraverso la Sua eterna Bontà e Misericordia? Dov’è in tutta intera l’Infinità di Dio un essere che possa opporsi efficacemente a Lui o scendere in campo contro di Lui? Ma se tutto ciò che lo spazio sterminato della Creazione contiene non è altro che Pensiero e Volontà di Dio!? Se Dio non volesse più lasciar sussistere questa Terra, qualora essa volesse combatterLo, basterebbe soltanto che Egli non volesse più che essa fosse, ed ecco che nello stesso istante essa non esisterebbe più! E quindi Dio, dagli uomini che Egli vuole allevare ed educare a Suoi veri figli, non richiede altra adorazione se non che essi Lo amino sopra ogni cosa come un Padre vero e santo e che facciano sempre volentieri quello che Egli rende noto come Sua Volontà.

10. Per conseguenza Io dico a voi tutti che siete qui radunati: ‘Quello che agli occhi del mondo è grande, è un abominio al cospetto di Dio! Invece veramente grande dinanzi a Dio è un uomo umile che Lo ama sopra ogni cosa e che ama il proprio prossimo come se stesso e che non si innalza al di sopra del suo simile come un dominatore, anzi che lo avvicina come un amico sempre disposto a fargli del bene!’

11. Prendete esempio da Me! Io sono certo Uno come non ce n’è un altro al mondo! Il Cielo e la Terra sono in Mio potere, e tuttavia Io sono umile e mansueto di tutto cuore, e sono venuto per servire voi tutti indistintamente, grandi e piccoli. Dunque fate voi pure la stessa cosa, e questo sarà anche il modo migliore per renderMi onore!”».

 

[indice]

 

Cap. 214

La libertà di volere dell’uomo.

 

1. (Continua il Signore:) «Quando tutti ebbero percepito queste parole dalla Mia bocca, essi rimasero immensamente stupiti dalla Mia Sapienza, e lo stesso Cirenio disse: “Si, certissimamente, queste non sono comuni parole d’uomo, ma sono davvero parole di Dio, perché la verità, raggiante come il Sole, splende in ciascuna di esse, e non vi è intelletto umano, anche il più acuto, capace di obbiettarvi qualcosa.

2. Consideriamo un po’ i nostri dèi e i loro sacerdoti! Che massa di assurdità e di perfide stoltezze! E qui invece abbiamo la verità che splende come un sole! Perciò io non posso dire altro che: ‘O Signore, aiutaci ad uscire presto dalla nostra grande miseria!’

3. Tra di noi c’è moltissima gente che è materialmente povera, e alla quale noi, che siamo ricchi e potenti nel senso terreno, possiamo certo sempre venire in aiuto purché lo vogliamo; sennonché noi tutti siamo poveri spiritualmente, e questa è una miseria ben più grave di quella materiale, perché a tale riguardo nessuno è in grado di soccorrere l’altro; infatti quello che noi stessi non possediamo, non possiamo nemmeno donarlo agli altri. Tu invece in spirito sei prodigiosamente ricco, e dalla Tua infinita sovrabbondanza puoi sempre donarci quanto occorre per aiutarci.

4. Concedi innanzi a tutto che la piena verità possa farsi strada nei cuori degli uomini, e mostraci come noi su questa Terra possiamo liberarci dalla terribilissima piaga che affligge le nostre anime!

5. Ora questa piaga terribilissima è appunto la nostra idolatria e i nostri sacerdoti. Questi truffatori dell’umanità, mille volte privilegiati, se ne intendono di magie, ovvero, per parlare più chiaramente, praticano ogni tipo di arti menzognere, illudono così la massa del popolo da loro già resa cieca, e proprio per questo fatto, avendo continui contatti col popolo, detengono il pieno potere sul popolo, il che rende infinitamente difficile illuminare la mente del popolo. Infatti, se alla fin fine l’imperatore stesso volesse istituire delle scuole migliori per il popolo, i perfidi sacerdoti non mancherebbero di aizzargli contro tutte le popolazioni, e allora egli sarebbe perduto insieme al suo esercito!

6. E così avviene che noi, romani e greci dalle idee un po’ migliori e più sane, soffriamo di un grande male dal quale non possiamo liberarci nemmeno a costo di tutti i tesori del mondo. Forniscici Tu almeno qualche mezzo per combatterlo, e allora, una volta che sarà fatta luce presso di noi, verremo aiutati sia noi che molte migliaia di altre persone!”

7. Dissi Io: “Il tuo sentimento è molto buono, e quello che desidererai anche accadrà; tuttavia l’aiuto spirituale non può venire dato con quella rapidità con la quale Io domai la tempesta sul mare, poiché in quest’ultimo caso Io avevo a che fare solo con quegli spiriti e con quelle forze che di gran lunga non hanno ancora una propria libera volontà, e che quindi devono obbedirMi incondizionatamente!

8. Ciascun uomo invece è dotato di una propria volontà assolutamente libera, in base alla quale egli può fare liberamente ciò che vuole, e perciò la sua obbedienza è necessariamente condizionata. Dio stesso non può, né deve mai in nessun modo costringerlo per mezzo della Sua Onnipotenza, ma può soltanto guidare l’uomo verso una situazione attraverso cui egli può pervenire ad un riconoscimento più puro come se lo avesse acquisito da sé per le vie dell’esperienza, e può poi così indirizzare la sua volontà per mezzo del suo proprio intelletto.

9. Infatti, se Dio con la Sua Onnipotenza si mettesse a guidare la volontà umana direttamente dalla Sua Sapienza, l’uomo non sarebbe assolutamente migliore di un animale, anzi l’uomo sarebbe addirittura degradato al disotto di questo, poiché perfino all’animale è conferita già una minima libertà di volere in quanto, come l’esperienza vi insegna, ha esso pure un’intelligenza e una memoria, sente la fame, la sete e il dolore, e perciò, per quanto ottusamente, può pensare e distinguere, e mediante la voce e l’atteggiamento può rendere manifesto ciò che esso vuole e soddisfare quindi i suoi bisogni.

10. Un uomo, invece, che nella sua volontà dipendesse esclusivamente dall’Onnipotenza di Dio, sarebbe quasi come un albero che deve crescere e sussistere così come la Volontà di Dio lo ha posto in un determinato luogo!

11. Ma da ciò tu puoi già rilevare che la formazione vera di un uomo è un problema ben differente da quello dell’improvviso acquietamento di una tempesta sul mare. Se gli uomini andassero trattati in questo modo, in verità sarebbe ora una vera stoltezza da parte Mia parlare con voi e istruirvi secondo piena verità e sapienza, ma Io potrei invece porre subito i pensieri più luminosi nella vostra anima e poi, con la Mia Potenza, costringere la vostra volontà a volere e ad agire così come Io stesso voglio. Ebbene, potrebbe qualcuno averne un vantaggio qualora Io facessi di lui una semplice macchina della Mia Volontà onnipotente?

12. I vostri sacerdoti però, per quanto anche maligni ed egoisti, sono essi pure degli uomini dotati di libera volontà, e quindi possono fare quello che vogliono; e ciò tanto più in quanto le vostre leggi mondane non pongono loro alcun ostacolo e, d’altro canto, appunto così come sono voi ve ne potete servire nei riguardi del popolo.

13. Chi dunque vuole rendersi libero dal loro giogo, non deve fare altro che cercare la verità ed attenersi a questa, poiché ogni uomo, solo mediante la verità trovata in sé, può liberarsi completamente dal giogo delle tenebre, le quali sono un parto della falsa fede e superstizione che hanno mille teste.

14. Se avete compreso queste cose, agite in conformità, e allora i vostri sacerdoti in primo luogo non potranno farvi alcun danno, e in secondo luogo leveranno da soli le tende quando sul vostro campo della luminosissima verità non vedranno più accolte con applauso le loro stravaganze e le loro pazzie!”».

 

[indice]

 

Cap. 215

L’educazione dell’umanità.

 

1. (Continua il Signore:) «Allora lo stesso consigliere riprese a parlare e disse: “Ma come potrebbe essere dannoso, in particolare ai capi dei sacerdoti, se essi almeno per un paio d’anni venissero costretti dall’Onnipotenza e dalla Sapienza del Tuo Dio a rinunciare all’idolatria e ad insegnare al popolo la verità? Qualora poi più tardi, rimessi nuovamente in libertà dall’Onnipotenza di Dio, essi facessero ritorno all’antica idolatria, il popolo ormai illuminato si incaricherebbe di ricondurli al dovere in maniera tale da far passare loro la voglia di ritornare a praticare l’adorazione agli antichi idoli! Ho ragione o no?”

2. Gli risposi Io: «Se ciò fosse fattibile e vantaggioso per l’umanità, Dio non avrebbe bisogno dei sacerdoti, ma Egli potrebbe donare la parola anche agli alberi e alle pietre, cosa questa che risulterebbe ancora più efficace per il popolo. Comunque sia, però, tali sistemi non solo non gioverebbero affatto alla libera volontà degli uomini, anzi non potrebbero che nuocere al libero sviluppo della vita interiore autonoma dell’anima, perché se tutti i vostri sacerdoti cominciassero d’un tratto a predicare pubblicamente contro le antiche divinità e gli antichi idoli dinanzi al popolo, in gran parte ancora molto superstizioso e dalle idee fondate sul falso, esso li riterrebbe nemici delle sue antiche divinità, si scaglierebbe contro di loro e li ucciderebbe. Se invece d’altra parte gli alberi e le pietre cominciassero ad istruire il popolo, questo evidentemente subirebbe una costrizione enorme nel suo riconoscimento e nella sua volontà, e la conseguenza sarebbe che esso ben presto si avventerebbe contro tutti gli idoli e i loro sacerdoti, e li distruggerebbe.

3. Ma dimMi adesso: chi potrebbe avere giovamento da un tale fatto? Il popolo certo no, perché esso si troverebbe in una condizione giudicata e in uno stato di fede, di convincimento e di volontà forzati, per cui le anime sarebbero precisamente altrettanto poco in grado di rendersi libere, quanto per effetto dell’antica superstizione, la quale ormai in molti di voi si è già fatta molto inconsistente grazie al proprio pensiero e alla propria indagine.

4. Una fede, come ora descritta, imposta cioè agli uomini per forza di prodigi, non gioverebbe a nulla, dato che non sarebbe nient’altro che una superstizione come quella di adesso; essa sarebbe ancora meno di giovamento ai sacerdoti e così pure a voi; o puoi tu forse dimostrare di essere davvero un sapiente solo dandoMi una risposta ai quesiti che ti poni da te stesso?

5. Se Io ad esempio, come sarebbe facilissimo, donassi la parola alle colonne di questo palazzo e rivolgessi ad esse ogni tipo di domande improntate a profondissima sapienza, e poi le colonne Mi dessero delle risposte così vere e sapienti come non sarebbe in grado di darne alcun uomo al mondo, né alcuno spirito angelico del Cielo, ebbene, quale giudizio daresti della cosa?”

6. Rispose il consigliere: “Considerata da un certo lato, la cosa sarebbe indubbiamente quanto mai meravigliosa; ma alla fin fine le colonne darebbero sì delle risposte sapienti, però sempre conformi esclusivamente alla Tua volontà e alla Tua conoscenza, e ciò sarebbe precisamente come se fossi Tu a rivolgere a Te stesso delle domande e a darvi poi le risposte”

7. Dissi Io: “Ecco, ora hai giudicato perfettamente bene, e le tue parole sono state giuste; ma vedi, precisamente così sarebbe dell’uomo al quale Dio volesse imprimere per forza della Sua onnipotente Volontà un ordine della vita stabilito una volta per sempre. In questo caso però sarebbe Dio stesso a volere ed evidentemente anche ad agire nell’uomo; ora, date simili circostanze, dove andrebbe a finire l’assoluta libertà e l’indipendenza della vita umana?

8. Dio non si è creato affatto gli uomini perché Gli servano in certo modo da bambole, ma li ha creati perché divengano delle immagini perfettamente simili a Lui, che Egli ha posto fuori da Sé all’esistenza non come semplici creature di un Suo onnipotente capriccio, ma come veri figli del Suo eterno Amore paterno che Lui ha dotato della facoltà creatrice, del tutto simile alla Sua, di formarsi liberamente da sé, fuori dalla propria forza vitale e, secondo la propria liberissima volontà, fino alla compiutissima somiglianza a Dio. Tu vedi dunque che per queste ragioni, per la formazione degli uomini, non va affatto bene che la loro liberissima volontà venga ostacolata in qualsiasi modo dalla Costrizione divina, ma è opportuno che perfino nelle peggiori circostanze quella liberissima volontà venga loro lasciata, e addirittura nel caso che ciò dovesse costare la vita terrena sulla croce a Me stesso.

9. Vedete un po’ fino a che punto giunge l’Amore che la Sapienza divina nutre per gli uomini che Essa ha posto quali figli Suoi su questo mondo per la prova della liberissima volontà loro donata! Cercate dunque di comprendere bene questa cosa, e non rivolgeteMi altre domande inutili a questo riguardo, poiché Dio ha stabilito fuori da Sé un Ordine per l’eternità, e questo rimarrà anche eternamente immutato! E d’ora innanzi, se volete, parliamo d’altro!”

10. Disse allora Cirenio: “Ma, o Mio Signore e Maestro in ogni cosa, io spero che Tu non sarai arrabbiato per questo! Noi purtroppo siamo quello che siamo, cioè degli uomini terreni ancora molto tardi di comprensione e quindi Ti preghiamo di aver pazienza!”

11. A questo punto intervenne nel discorso anche Giuseppe, e disse: “La pazienza non resiste troppo a lungo presso di Lui, e io penso che adesso sia più conveniente lasciarLo tranquillo! Infatti, in verità Egli ormai ha già parlato molto, e quando arriva ad esprimersi così è meglio lasciarLo in pace come ha consigliato. Nemmeno io, che sono in certo modo suo padre, in tali condizioni riesco a concludere nulla con Lui. Egli d’un tratto si fa taciturno, e lascia che parliamo noi come vogliamo! Quindi, o nobili amici e protettori, lasciateLo per qualche tempo tranquillo, poi verrà ben fuori da solo con qualche argomento!”

12. Domandò Cirenio a Giuseppe: “Ma dimmi un po’: non si è proprio mai contraddetto in qualcosa nemmeno alla lontana?”

13. Rispose Giuseppe: “Mai, assolutamente! Una volta detta una cosa, essa è già come detta per tutta l’eternità, e ciò spesso anche trattandosi di cose fra le minime e insignificanti! Di questo posso rendere io verissima testimonianza!”

14. E Cirenio allora concluse: “Eh, in questo caso è certamente opportuno fare come Egli desidera, perché il Suo intimo è colmo dello Spirito di Dio, e tutto avviene così come Egli vuole; noi, deboli uomini, non possiamo opporci a Lui in alcun modo, come io ho già avuto l’occasione di convincermi venti anni fa. Ma adesso si domanda di che cos’altro noi potremo parlare, considerato che Egli stesso costituisce senza dubbio l’apparizione più memorabile di questo e di ogni altro tempo, e tale rimarrà fino alla fine del mondo!”».

 

[indice]

 

Cap. 216

La critica del romano sulle condizioni terrene.

 

1. (Continua il Signore:) «Disse Giuseppe: “Oh, io ti indicherò subito un argomento che non mancherà di attrarre ancora la tua attenzione. Ascoltate! Voi che siete iniziati in più di un mistero, quali sono le vostre idee riguardo alla creazione di una prima coppia umana su questa Terra?”

2. E il consigliere di prima disse: “O amico, a questo mondo non c’è proprio niente che sia tanto enigmatico, quanto appunto il discutibilissimo quesito da te sollevato adesso! Dire qualcosa di preciso e di certo a tale proposito è e resta per noi uomini una cosa impossibile, e quanto più anche si volesse indagare presso tutti i popoli della Terra conosciuta, tanto più ci si smarrirebbe in un labirinto interminabile di incertezza. Quando uno ha abbracciato con convinzione la cieca fede in una o nell’altra tradizione popolare, costui viene a trovarsi quasi sempre ancora in una situazione migliore che non altri; là dove non si può pervenire alla verità, si cerchi rifugio nella feconda fantasia, e in un simile stato di sogno ben vivido ci si troverà il più delle volte in condizioni molto più felici di chi si voglia ostinare ad andare alla ricerca di una verità che non si lascia davvero mai trovare!

3. I Persiani hanno una leggenda differente da quella degli Indiani e dalla vostra, cioè la mosaica; gli Sciiti ne hanno un’altra, noi Romani e Greci un’altra ancora; così pure gli abitanti dell’Alto Egitto e i popoli di Germania da me conosciuti hanno al riguardo delle tradizioni differenti! Insomma si potrebbe parlare e ragionare a lungo, ma è indubbio che si finirebbe col trovarsi sempre al medesimo punto.

4. Io sono perciò dell’opinione di lasciar cadere del tutto questo argomento riguardo al quale non c’è alcuna speranza di arrivare a una conclusione, poiché per quanto lo si volesse discutere, non si potrebbe mai arrivare ad una chiarezza maggiore di quanto riescano a farne gli astronomi sull’essenza delle stelle sul firmamento.

5. Ora ti dirò come la penso io: ‘Se c’è davvero una qualche vita superiore e perfetta dopo la morte del corpo, in quella noi riusciremo certo anche a comprendere delle verità più profonde; qualora invece la morte del corpo fosse assolutamente la fine anche rispetto alla vita dell’anima, allora davvero non avremo perduto molto se non saremo diventati grandi sapienti. Vedi, o amico, così la pensiamo noi, romani un po’ più ricchi di conoscenze e di esperienza.

6. Il dimostrare che l’anima umana continua ad esistere dopo la morte del corpo è certo un compito alquanto difficile, tuttavia esso è sempre più facile dell’altro, cioè di quello di stabilire con una certa sicurezza se, come o quando su questa Terra siano state poste una o eventualmente anche più coppie umane, sia simultaneamente, sia in epoche molto diverse. Questa cosa non la può sapere che un Dio, mentre un uomo, che vede poco e anche vive troppo poco, non la potrà mai sapere, perché ammesso pure che egli in base alle sue molte esperienze possa giungere alla contemplazione di verità più profonde, per lui viene comunque l’ora di andarsene da questo mondo! Visto dunque che questo mi è noto fin troppo bene, simili questioni e indagini non mi interessano davvero più! Insomma, il modo in cui è regolata la vita sulla Terra non può che apparire cattivo all’uomo che pensa e ragiona.

7. Se anche noi fossimo proprio chiamati alla figliolanza di Dio, a tanta dignità non potrebbe certo pervenire che una minimissima parte dell’umanità! Ma perché non tutti? Perché già un terzo degli uomini è costretto a morire nell’età infantile? Cosa possono sapere questi di Dio, della loro destinazione futura, e di come essi, attraverso il giusto uso della loro libera volontà, possono pervenire alla somiglianza a Dio?

8. Ma perciò io dico e sostengo che il pazzo più cieco è mille volte più felice di chi è colmo di sapienza, e qui la cosa più saggia da fare è parlare di altre cose invece di simili considerazioni del tutto sterili! Infatti quanto più uno sa e comprende, tanto vede più chiaramente che, in fondo, egli non sa assolutamente nulla. Almeno, per quanto mi riguarda, confesso che alle conversazioni di questa specie alquanto noiose non ci tengo proprio granché’. Ecco, io ho parlato!”

9. E Cirenio osservò: “Eh sì, considerata la cosa unicamente col nostro intelletto naturale, non si può dire che tu abbia torto; tuttavia...”

10. Lo interruppe il consigliere: “E tuttavia di qua e tuttavia di là! Ma che altro abbiamo se non un intelletto naturale?! Se questo non basta, dove ne prenderemo uno di soprannaturale?! L’uomo è certo il più vicino a se stesso e tuttavia non si conosce! Dunque come può fare a conoscere quanto gli sta più lontano?! Oh, lasciatemi un po’ in pace! O la natura umana è, senza che l’uomo lo sappia e lo voglia, interamente corrotta e non serve più a niente, oppure l’uomo è in un certo modo condannato a percepire tutta la sua imperfezione e ad essere per conseguenza la più infelice fra tutte le creature. Sta il fatto che io non ho mai visto un sapiente che fosse veramente felice; quanto più uno è savio, tanto più infelice egli è alla fine dei suoi giorni, e la morte viene ad essere addirittura la sua più grande amica! Davvero un bel divertimento questo da parte di un Dio onnipotente e sapiente al massimo grado: creare continuamente e continuamente distruggere!”».

 

[indice]

 

Cap. 217

Lo scopo di Dio con gli uomini.

 

1. (Continua il Signore:) «Allora Io ripresi a parlare e dissi: “Amico, tu sei un po’ agitato perché prima ho esposto a tutti la verità riguardo alla destinazione degli uomini; ma ciò non ha importanza. Invece quello che importa sono questi dubbi che Io avevo già scorto in te, e volevo appunto che tu li portassi apertamente alla luce. Ecco perché Giuseppe ha dovuto esporre un argomento che ti avrebbe sciolto la lingua al punto giusto. Comunque, da parte tua, hai parlato benissimo ed hai esposto i tuoi dubbi e le tue critiche per quanto riguarda la natura umana. Ora però tocca a Me, ed Io, sull’argomento trattato proprio ora fra di voi, posso dirti delle cose del tutto differenti da quelle che pensi tu.

2. Vedi, se Dio avesse creato gli uomini soltanto per questa Terra, allora certo che da parte Sua sarebbe un divertimento davvero strano quello di creare continuamente per poi distruggere di nuovo, ma poiché Egli ha creato gli uomini per una vita superiore ed eterna, e li lascia sussistere su questa Terra soltanto finché essi abbiano compiuto la prova assolutamente necessaria della libertà di volere, od almeno finché abbiano compiuto il periodo della loro incarnazione, allora il Suo è un diletto vero e vivente di fronte alle Sue creature umane se le lascia nella carne di questo mondo del dolore soltanto quel tempo che è strettamente necessario all’una o all’altra di esse. Una volta che l’uomo abbia abbandonato questa Terra, egli nell’aldilà trova delle scuole che gli dischiuderanno la via alla superiore e verissima completezza della vita, e là otterrà una sincera spiegazione anche per quanto riguarda la genesi dei primi uomini terreni.

3. Più di uno però, grazie all’amore per il suo prossimo, già su questa Terra diverrà perfetto come lo sono Io, ma questo accadrà esclusivamente attraverso la via della vera adorazione di Dio nel modo che vi ho indicato poco fa, quando vi consultavate per stabilire se renderMi le dovute onoranze divine.

4. Ma affinché tu d’ora innanzi non dubiti più dell’esistenza certa di una vita dell’anima dopo la morte del corpo, Io ti aprirò per un certo tempo gli occhi dell’anima, e tu poi ci racconterai tutto quello che avrai visto. Tuttavia Io agirò su di te, soltanto nel caso in cui lo voglia tu pure!”

5. Ed il consigliere rispose: “Si, io desidererei vedere quanto hai detto! Perciò accetto la Tua proposta!”

6. A questo punto il nostro Giuseppe Mi trasse un momento da parte e Mi disse sottovoce: “Ascolta, o mio diletto Figlio dell’Altissimo, Te ne prego, non spingere troppo oltre le cose con queste personalità di Roma, perché ho sempre l’impressione che a lungo andare essi non sarebbero in grado di comprendere in un modo giusto i Tuoi insegnamenti! Il nobile consigliere lo ha fatto capire prima abbastanza chiaramente, quantunque da principio si fosse dimostrato incline a renderTi onori divini!”

7. Ma Io gli dissi: “Non preoccuparti per questo! Il tipo di apparizione che gli ho riservato provocherà un cambiamento nel suo modo di vedere la cosa”

8. E Giuseppe concluse: “Ebbene, allora fa come meglio Ti pare!”

9. Dopo ciò, semplicemente grazie alla Mia Volontà espressa soltanto interiormente e non ad alta voce, feci trapassare il consigliere allo stato della cosiddetta seconda vista, ed egli si trovò immediatamente circondato da un gran numero di suoi parenti, amici e conoscenti defunti; infine comparve perfino Giulio Cesare, cosa questa che suscitò nel consigliere uno stupore immenso, tanto che egli si rivolse con impeto a Me, domandando: “Questo che vedo è proprio tutto realtà, o si tratta forse di una illusione?”

10. Ma Io gli risposi: “Chiedilo a loro, ed essi stessi te lo diranno! Infatti, un’immagine illusoria non ha facoltà di parola!”».

 

[indice]

 

Cap. 218

Un racconto degli spiriti sull’aldilà.

 

1. (Continua il Signore:) «Allora il consigliere chiese agli spiriti che gli erano apparsi se essi erano effettivamente realtà, oppure forse soltanto un’illusione dei suoi sensi influenzati in qualche modo da un’azione magica.

2. E gli spiriti gli risposero: “Noi siamo realtà vivente, e se tu non ci credi e non vuoi comprenderlo, allora inganni te stesso”

3. Disse il consigliere: “Ma perché allora io posso vedervi soltanto ora e non altre volte? E perché non vi mostraste a me quando io altre volte bramavo ardentemente di vedervi?”

4. Risposero gli spiriti: “Tu potresti vederci e parlarci anche in altre occasioni, qualora la tua anima non fosse tanto accecata dal godimento sensuale del mondo della materia.

5. I primi uomini di questa Terra, i quali conducevano una vita molto semplice, avevano questa facoltà; quando però i loro discendenti cominciarono ad immergersi sempre di più nella materialità del mondo, anche la facoltà di vedere le anime dei trapassati e di ragionare con essi andò perduta per loro. Ma in seguito a ciò venne su di loro la notte del dubbio, ed essi persero perfino la fede nella continuazione della vita dopo la morte del corpo, così che infine cominciarono a chiedersi l’un l’altro angosciosamente se dopo la morte del corpo l’anima continuasse a vivere davvero.

6. E vedi, questo stato di incertezza degli uomini rozzamente sensuali è una vera punizione per la loro corruzione morale, ed è anche bene che sia così! Infatti senza questa punizione amara gli uomini si inabisserebbero molto più e ancora più profondamente nel giudizio della materia; così invece li trattiene la paura della morte del corpo, dato che non sanno, né possono farsi una idea di quello che accadrà a loro dopo la morte del corpo!

7. Durante la nostra vita terrena, noi fummo tutti puniti nello stesso modo, e ci trovammo sempre in preda ad ogni tipo di dubbi; soltanto l’effettivo distacco dal corpo ebbe il potere di convincerci che dopo la deposizione della carne si continua a vivere. Sennonché della sopravvivenza rimane soddisfatto soltanto colui che a questo mondo, nel suo corpo, fu giusto e compì opere buone, ma agli ingiusti, ai calunniatori, ai duri e ai privi d’amore le cose vanno male, anzi mille volte peggio che non a coloro che qui sulla Terra vivono miseramente nel carcere più oscuro.

8. Tu sei bensì un uomo giusto, ma nello stesso tempo anche duro e inesorabile; quando trapasserai da questo mondo terreno al mondo in cui noi viviamo, a causa di questa tua costituzione interiore, tu troverai una giustizia rigida e inesorabile, ma non troverai né amore, né misericordia. Infatti da noi nessuna anima trova altra cosa da quella che essa ha portato con sé nel suo animo, poiché soltanto presso di noi ciascuno viene a stare su un terreno assolutamente suo proprio. Comprendi dunque queste cose e sappi regolarti, affinché tu possa trapassare da noi ben provvisto! Ora tu hai una occasione migliore di quanto l’abbiamo avuta noi!”

9. Disse allora il consigliere: “Adesso credo che voi siate realtà e non illusione! Ma ditemi chi è quel giovane ebreo che compie delle opere tanto prodigiose dinanzi ai nostri occhi!”

10. Risposero gli spiriti: “Quello è Colui che è, che era e che sempre sarà! Di più non ci è concesso dirti sul Suo conto, perché così ci impone la Sua Volontà. Del resto Egli si trova con voi, e tu quindi puoi chiederGlielo direttamente!”

11. Poi il consigliere si rivolse particolarmente a Giulio Cesare, e gli domandò: “Tu sulla Terra fosti un eroe avveduto e potente, e tutti obbedivano ai tuoi comandi. Ma come vivi ora nel mondo degli spiriti?”

12. Rispose lo spirito: “Nel mondo ho già raccolto una maligna ricompensa per quanto ho fatto esclusivamente a mia gloria, e perciò ho portato di qua poco di buono in me. Il mio premio fu dunque una grande povertà, e la mia gloria mondana apparve qui come una notte tenebrosa, nella quale io, attraverso dense nubi nere, non vedevo brillare qua e là che poche e minuscole stelle.

13. Per lungo tempo rimasi del tutto solo e senza la benché minima compagnia; all’infuori di me stesso non avevo nessun altro essere. Io potevo chiamare, pregare, piangere, andare in giro e cercare quanto volevo, ma tutto ciò non serviva a nulla. Io invocai tutti gli dèi, ma non ebbi risposta. E dopo che questa mia miserevolisssima condizione fu durata un tempo disperatamente lungo, mi venne l’idea di rivolgermi al Dio degli Ebrei; allora l’oscurità intorno a me si diradò alquanto, e le poche stelline che vedevo brillarono di luce più intensa e sembrò anzi che volessero avvicinarsi a me. Essendomi accorto di ciò, sentii sorgere in me piena fiducia nel Dio degli Ebrei, e io Lo pregai con tutto il fervore che volesse aiutarmi a liberarmi dalla mia grande miseria e dal mio tormento.

14. Allora intorno a me si fece ancora più chiaro e una delle stelline si abbassò fino a venirmi vicinissima, e vidi ben presto che essa stava assumendo una perfetta figura umana: era la figura di un tale al quale nel mondo terreno avevo reso una volta un reale beneficio, ed egli mi disse: ‘Felice te, che nella tua notte hai trovato il vero Dio degli Ebrei! Ripudia dunque tutti i tuoi falsi dèi e ripudia pure anche il tuo più grande idolo personale, cioè la tua gloria cesarea, e rientra nella perfetta umiltà, e io ti accoglierò nella mia dimora!’

15. Io invocai di nuovo il Dio degli Ebrei perché mi liberasse dalla gloria e da tutti i falsi dèi pagani. Poi anche le altre stelline assunsero forma umana e, avvicinatesi a me, dissero: ‘Noi pure fummo, come te, abitanti della Terra; noi però eravamo dei poveri ebrei perseguitati dai tuoi sacerdoti, e tu ci proteggesti e ci fornisti i mezzi per far ritorno in patria. Ora tu sei povero, e di tutti i tuoi tesori terreni non ti resta altro se non il bene che hai fatto a noi, e perciò, avendolo concesso Dio, siamo venuti da te per ricompensarti del bene che ci hai reso allora. Se tu dunque, rinunciando ad ogni gloria, vuoi venire con noi, allora seguici e troverai alloggio presso di noi’.

16. Allora mi avviai, e ben presto giunsi in una regione deliziosa; era come una valle assai larga con un bel lago ampio, circondata a grande distanza da grandi montagne che conferivano al paesaggio un aspetto incantevole. Sul posto dove arrivammo c’erano un paio di casette come ce ne sono in quantità sul mondo terreno, e che vengono chiamate capanne da pescatori; più lontano io scorsi ancora altre capanne del genere. I campi era provvisti di abbondante vegetazione di colore verde smagliante; di alberi io ne vidi pochi, però questi pochi erano stracarichi di bellissima frutta.

17. Io entrai nella capanna situata alla mia destra rispetto al punto d’arrivo, dove dimorava appunto l’amico che per primo era venuto da me nel momento della mia massima miseria, e là trovai subito qualcosa da mangiare e da bere; tutto però era di una semplicità estrema, ma io me ne rallegrai molto più di quanto mi fossi mai rallegrato al mondo contemplando i miei grandi tesori e i miei palazzi.

18. Dopo essere rimasto qualche tempo tutto beato nella capanna e dopo essermi ristorato a sufficienza, l’amico mi condusse nuovamente fuori, e subito vedemmo sulle chiare acque del lago una barca su cui c’era un uomo che vogava vigorosamente verso di noi. Io domandai all’amico chi potesse essere il barcaiolo. E l’amico rispose: ‘Quest’uomo viene ogni tanto giù da noi attraversando il lago assai esteso che non conosciamo, e ci istruisce e ci mostra sempre con grande amorevolezza tutti i lavori che ancora dobbiamo compiere. Poi si tratta di riprendere il lavoro; noi dunque, seguendo i consigli ricevuti, ci dedichiamo con ogni zelo e con tutta letizia al lavoro, e la nostra diligenza viene sempre benedetta dal Dio degli Ebrei. La prima volta che noi venimmo in questa regione, come sei venuto tu ora, era ancora molto deserta e desolata, e soltanto attraverso il nostro diligente lavoro ha raggiunto lo stato fiorente in cui attualmente si trova. Dunque se vorrai anche tu lavorare d’ora innanzi con noi, sarai pure reso partecipe della benedizione che abbiamo ricevuto”».

 

[indice]

 

Cap. 219

La vita di Giulio Cesare nell’aldilà.

 

1. (Continua Giulio Cesare:) «Ascoltando queste cose, io me ne rallegrai e andai con il mio amico sulla riva del lago; il barcaiolo scese ben presto a terra e disse: “Quassù sulla riva del lago, a destra verso l’interno del paese, c’è ancora una palude maligna che offre dimora ad ogni tipo di brutte bestiacce e che talvolta appesta l’aria di questa regione. Sarà bene prosciugare questa palude! Gettatevi dentro del buon terreno finché l’acquitrino, il quale non è poi grande, sia colmo; così voi avrete migliorato di molto le condizioni di questo vostro paese e disporrete di un altro buon pezzo di terreno fertile”. Il mio amico e io pure, lieti per il consiglio avuto, lo ringraziammo; egli poi ripartì in fretta, mentre noi ci accingemmo al lavoro indicatoci che era davvero parecchio pesante.

2. In casa trovammo gli attrezzi necessari per il lavoro; noi li prendemmo tutti contenti, ci recammo al posto designato e iniziammo a lavorare. Però alla vista di quella grande palude, fui colto da un senso di timore e di scoraggiamento perché dentro c’erano delle bestie schifose di ogni specie, di un colore grigiastro, in tale quantità che io fui indotto a dire all’amico: “Ascolta! Per prosciugare questa palude, dovrà trascorrere almeno un secolo terrestre!”

3. Ma l’amico rispose: “E che cosa importano a noi i tempi passati della Terra! Un simile tempo qui non esiste, poiché qui regna sempre lo stesso giorno eterno e il nostro tempo sta nella nostra volontà. Questa palude però non è altro che una necessaria apparizione dell’impurità interiore rimasta ancora appiccicata al tuo cuore, e qui è anzitutto compito tuo quello di purificarti mediante la ferma volontà e la pazienza che sulla Terra non conoscevi affatto. Io ti aiuterò, e vedrai che anche questa lurida palude verrà presto e facilmente trasformata in una zona fertile!”

4. Udito questo, io fortificai la mia volontà e cominciai a lavorare con tanta pazienza. Da principio sembrava che non sarebbe stato mai possibile colmare la palude, ma poi si poté veramente constatare che non lavoravamo invano, e fu così che la mala palude si trovò dopo non molto tempo del tutto colma di buon terreno; le schifose bestiacce rimasero soffocate e sepolte per sempre sotto il peso della terra gettatavi sopra. Sul bel pezzo di buon terreno ottenuto in questo modo noi costruimmo una nuova capanna che teniamo pronta per accogliere altri forestieri che arrivano, e ai quali veniamo in aiuto per lo più nella maniera in cui io stesso venni aiutato dall’amico già menzionato.

5. Da allora il barcaiolo ci ha fatto visita varie volte e ci ha sempre suggerito dei nuovi lavori che noi abbiamo eseguito, cosicché quella nostra regione noi la vedemmo trasformarsi in un vero eden. Io vi dimoro ancora, e davvero non mi auguro niente di più maestoso, di più bello e migliore. Tu dunque, sul mondo terreno dove vivi, non dare alcuna importanza a ciò che è mondanamente grande e prezioso, perché qui da noi un valore reale lo hanno soltanto le opere veramente nobili e buone!”

6. Allora quel nobile e rigido consigliere, tutto sconcertato, disse allo spirito di Giulio Cesare: “Dove si trova, dal punto di vista terreno, la regione da te descrittaci con tanta precisione?”

7. Rispose Giulio Cesare: “Su questa Terra la regione descritta non si trova certo in nessun luogo, però può anche localmente esistere dappertutto, poiché là dove sono io, là è pure la regione. Questo l’ho appreso a poco a poco, e cioè ho appreso che il luogo, la regione e tutto quello che nel nostro mondo mi circonda come apparentemente materia inanimata, sono tutte cose cresciute da me, in un certo qual modo come un albero cresce dal terreno; ovvero io stesso sono il creatore del mondo sul quale dimoro. Io e i miei amici, poiché siamo animati da un uguale amore, da una uguale volontà e quindi da un uguale modo di pensare, abitiamo perciò anche una uguale regione. In quello stesso punto però possono dimorare degli altri spiriti ancora in quantità innumerevole, e ciascuno in una differente regione. Questa è la grande differenza fra noi spiriti e voi uomini ancora terreni!”

8. Osservò il consigliere: “Questa cosa non la comprendo! Come possono esistere in uno stesso punto varie regioni e paesaggi?”

9. Rispose Giulio Cesare: “Oh, molto facilmente, e alla fin fine, per di più, addirittura in modo del tutto naturale! Ecco, mettiamo il caso che in una stessa stanza stiano dormendo per esempio cento persone, e tutte stiano sognando! L’uno sogna di essere a Roma, l’altro ad Atene, un terzo a Gerusalemme, un quarto ad Alessandria, e così di seguito ciascuno in un luogo differente, e ciò con tale senso di realtà che il giorno dopo tutti hanno un gran da fare a raccontare i loro sogni. Ma allora come è possibile questo? Tutti e cento che dormono nella stessa e medesima camera da letto, e tuttavia ognuno in un luogo completamente diverso?! Ma, d’altro canto, come si spiega che se su un campo si trovano migliaia di individui, nello stesso momento ciascuno vede qualcosa di diverso?

10. Vedi, così all’incirca stanno le cose nell’altro mondo, o meglio, nel mondo di noi spiriti. La differenza fra il nostro e questo vostro mondo consiste solamente nel fatto che noi spiriti abitiamo veramente in un mondo che è assolutamente nostro; voi invece abitate in un mondo che è di Dio. Infatti il nostro mondo è opera dei nostri pensieri, delle nostre idee, dei nostri desideri e della nostra volontà; questo mondo invece è opera dell’Amore, dei Pensieri, delle Idee e della Volontà di Dio.

11. Per questa ragione l’uomo è l’immagine di Dio, ha in sé la capacità creativa e, nello stato puramente spirituale, può crearsi da se stesso il proprio mondo, e quindi può dimorare nella sua stessa proprietà. Queste cose io penso che ora le avrai ben comprese!”

12. Disse il consigliere: “Ma allora le persone che ti circondano e che tu frequenti sono esse pure esclusivamente opera tua e tua proprietà in quel mondo che è sorto da te come in un sogno?”

13. Rispose Giulio Cesare: “Anche questo in parte; tuttavia senza la loro volontà io non potrei raffigurarmele, né meno ancora potrei avere dei rapporti con loro, né potrei vederle, udirle e parlare a loro! Questa cosa ha pure una somiglianza considerevole col vedere, l’udire e il percepire i propri simili su questa Terra. Infatti nemmeno tu vedi l’uomo nella sua realtà, ma vedi soltanto la sua immagine che è in te, lo percepisci soltanto per mezzo del tuo proprio senso tattile, e senti il suono delle sue parole nel tuo orecchio, il quale è costituito in modo da poter riprodurre i suoni che gli giungono attraverso l’aria. Ma se tu sei cieco, sordo e insensibile al tatto, per te il prossimo non esiste anche se ti sta immediatamente vicino; d’altro canto tu, pur udendo, vedendo e percependo col tatto, e pur potendo raffigurarti nella tua mente quanti uomini vuoi, se non ne avrai qualcuno vicino, non vedrai, né udrai, né percepirai nessuno.

14. Quindi anche nel mondo degli spiriti, lo spirito con cui vuoi comunicare deve essere presente almeno con la sua volontà, col suo amore e col suo riconoscimento. Senza questo tu sei solo, o le persone da te viste per qualche momento non sono che fantasmi della tua fantasia, di per sé non hanno esistenza né realtà, e quindi non può esserci nessuna reciprocità di rapporti fra te e loro, perché sei tu stesso tutto il loro essere.

15. Ma in questo consiste la grande differenza eternamente uguale e infinitamente grande fra Dio e noi, uomini a Lui simili: Dio soltanto può, a partire dai Suoi grandi Pensieri, chiamare all’esistenza perfetta, autonoma e assolutamente libera degli uomini, mentre noi, spiriti, possiamo bensì chiamare all’esistenza apparente dei fantasmi, ma non qualcosa di reale. Così dunque anche il mondo abitato da uno spirito è piuttosto un fantasma che una realtà. Infatti degli spiriti più perfetti mi hanno fatto vedere, su questo stesso posto, anche il loro mondo, e questo mondo aveva un aspetto molto differente da quello dove dimoro io! Ad ogni modo queste cose le vedrai e le comprenderai completamente solo quando tu stesso diverrai un abitante del tuo mondo spirituale interiore.

16. Ora però ti ho mostrato a sufficienza come stanno le cose rispetto alla vita dopo la deposizione del corpo; quindi non farci più altre domande!”».

 

[indice]

 

Cap. 220

Del credere per fede e del credere dopo aver visto.

 

1. (Continua il Signore:) «In quello stesso momento Io tolsi al consigliere la vista interiore, e lui non vide più alcuno spirito. Egli però apparve molto angosciato, e Mi domandò dove se ne fossero andati gli spiriti, dato che non poteva più vederli, né udirli, né intrattenersi con loro.

2. Io gli dissi: “Ma veramente essi sono ancora qui precisamente così come erano prima, però ora tu non li puoi più vedere, ne puoi udirli o parlare con loro, perché la tua anima è ancora troppo unita alla tua carne e non è ancora per niente affatto unita con lo spirito di Dio in lei. Se tu però ti sforzerai di congiungerti con lo spirito in te, allora potrai vedere sempre gli spiriti che ti sono intorno, potrai sentirli e parlare con loro. Hai ben compreso adesso?”

3. Disse il consigliere: “Sì, ho compreso; però mi trovo ora nelle condizioni di un ubriaco, il quale a volte ragiona bene, ma poi riprende subito a sragionare e dice: ‘Mi ci vorranno degli anni prima di arrivare a vederci proprio chiaro!’”

4. Dissi Io: “Chi cerca con impegno, costui troverà quello che cerca. Ma se l’uomo, come anche troppo spesso e generalmente avviene, può impegnare durante la sua vita tutte le forze a cose che guastano il suo corpo e di più ancora la sua anima, può pure impegnarsi anche in senso contrario, e cioè per l’eterno vantaggio della propria anima!

5. Se gli uomini rischiano tante cose per il bene del proprio corpo che entro poco tempo deve morire, perché tanto più non rischiano allora per il bene dell’anima che è destinata a vivere in eterno? Sii dunque in futuro tu pure più attivo per il bene della tua anima che non per il benessere del tuo corpo, e vedrai che poi si farà più luce in te”.

6. Questi insegnamenti furono accolti con grande soddisfazione, e tutti lodarono molto la Mia Sapienza.

7. Poi Cirenio Mi domandò: “O Signore, perché non è stato concesso anche a noi di vedere e di parlare con gli spiriti che il mio consigliere ha potuto vedere e con cui ha anche parlato?”

8. Gli dissi Io: “La ragione è semplicemente quella che fra di voi non c’è nessuno tanto incredulo quanto lo era appunto costui, e quindi una prova evidente era necessaria per lui; ed egli ora crede perché così ha potuto constatare l’inconsistenza dei suoi dubbi. Però non costituisce un suo merito il fatto che non vi sia più necessità per lui di cercare in sé faticosamente la conferma che l’anima continua a vivere anche dopo la morte del corpo.

9. Ma chi non ha visto quello che ha visto lui, e però crede a quello che Io gli dico, allora costui ha una fede la quale per l’anima è più salutare della visione, per il semplice motivo che nella fede l’anima si muove più liberamente che nella visione. Io però conosco la tua fede e so che le opere che Mi vedesti compiere costituiscono per te una prova pienissima dell’assoluta verità di quello che Io dico; per conseguenza sarebbe del tutto inutile che facessi vedere anche a te gli spiriti dei defunti affinché ti confermassero che quanto Io vi dico è piena verità.

10. Ma quando attraverso la diligente applicazione ti sarai colmato della fede vivente, allora non mancherai di pervenire da solo alla visione vera, libera e priva di qualsiasi azione costrittrice per la tua anima. Ecco, in ciò va ricercata la buona ragione per la quale a voi non è stato concesso di vedere quello che invece è stato fatto vedere al tuo consigliere pieno di dubbi!”

11. Udita questa Mia spiegazione, Cirenio e i molti altri ospiti Mi ringraziarono con fervore, e furono anzi lieti di non aver visto gli spiriti che erano apparsi e di non avere parlato con loro.

12. Essendo però nel frattempo venuta la sera, vennero accesi dei lumi e ci fu dato l’annuncio che la cena era già servita nella grande sala. Allora Cireneo si alzò e invitò tutti i presenti a prendere parte alla cena. Ma alcuni fra i consiglieri si scusarono dichiarando che prima avrebbero dovuto avvisare le loro famiglie, altrimenti queste li avrebbero attesi invano per la cena.

13. Io però dissi loro: “Adempite la volontà di Cirenio! Le vostre famiglie sono già state avvertite che voi siete invitati qui”

14. Domandò uno dei consiglieri: “Ma chi ha potuto avvisarle in questo brevissimo lampo di tempo?”

15. Ed Io risposi: “Appunto Colui al Quale è stato possibile calmare la tempesta sul mare. Dunque restate, e credete che così è stato anche fatto!”

16. A queste Mie parole tutti allora restarono, e l’intera compagnia si recò nella sala da pranzo dove trovammo una mensa speciale allestita per Me, per Giuseppe, Giacomo e anche per Anastocle, il greco, sulla quale erano state servite delle vivande all’ebraica molto ben preparate nonché un vino eccellente.

17. E quando Giuseppe si fu accorto di quella speciale attenzione a nostro riguardo, egli disse a Cirenio: “Ma, o nobilissimo signore e amico, perché questo trattamento speciale per noi pochi? Noi ci saremmo accontentati benissimo anche dei cibi che di solito prendete voi romani!”

18. E Cirenio, con grande affabilità, rispose: “Mio caro amico, io ti conosco già da quando eri ad Ostracina, e so che tu sei un rigido osservatore della vostra Legge ebraica; quindi ho ritenuto mio dovere trattarvi in modo che il vostro animo non ne rimanesse angustiato. Noi romani, come sai, siamo abituati ai nostri cibi che, alla sera, consistono per lo più di carne di animali che voi non mangiate; dunque non far caso se per voi ho fatto preparare delle vivande speciali”.

19. Il nostro Giuseppe allora non poté obiettare nulla, e noi prendemmo subito posto alla nostra mensa, mentre i romani presero posto attorno alla mensa grande, però in modo che Cirenio venne a trovarsi proprio vicino al nostro tavolo, e così si poté intrattenere con noi riguardo a varie cose anche durante il pasto».

 

[indice]

 

Cap. 221

Adamo ed Eva, i primi uomini della Terra. I preadamiti.

 

1. (Continua il Signore:) «Noi mangiammo e bevemmo di lieto umore, e durante la cena, quando il vino ebbe prodotto l’effetto di sciogliere alquanto le lingue, da parte del consigliere, il quale aveva parlato con gli spiriti, venne di nuovo sollevata la questione se originariamente fosse comparsa sulla Terra una sola coppia umana, oppure più di una sulle varie parti della Terra stessa. Infatti questa cosa gli spiriti non gliela avevano chiarita, ed egli desiderava venirne a conoscenza in maniera possibilmente comprensibile e precisa, considerato che il quesito era già stato posto in precedenza.

2. Dopo di che, Cirenio Mi pregò che volessi dare al consigliere la spiegazione richiesta.

3. Io però dissi a Cirenio: “Io certo potrei farlo, sennonché quanto potrei dire non sarebbe di particolare vantaggio a nessuno! Quello che necessita sapere all’uomo, Mosè lo ha già chiaramente esposto nella sua Genesi nonché in due altri libri che spiegano tutto, i quali però al tempo presente non sono più riconosciuti, anzi vengono rigettati come apocrifi. Chi dunque vuol sapere come è avvenuta la comparsa degli uomini su questa Terra, che legga gli scritti di Mosè e creda che così è stato e non altrimenti; in quegli scritti egli troverà la prova genuina se in origine sia stata posta sulla Terra un’unica coppia umana, od eventualmente più di una nel tempo stesso.

4. Io posso aggiungervi solo questo: Per quanto riguarda gli uomini chiamati a diventare figli di Dio, solo una coppia è stata posta sulla Terra, e precisamente Adamo e sua moglie Eva. Da qui ha avuto anche inizio l’educazione spirituale da parte del Cielo, la quale è continuata fino ad oggi.

5. Che però anche già molto tempo prima di Adamo ci siano stati degli esseri simili agli uomini, questo è del tutto sicuro e vero, e di simili esseri ce ne sono ancora sulla Terra, ma fra loro e i veri e propri liberi uomini c’è un’enorme differenza.

6. Infatti il vero uomo può formarsi da sé fino a raggiungere la piena somiglianza divina, e può riconoscere completamente Dio e le Sue opere, e queste opere confrontarle, valutarle e comprenderne lo scopo; mentre invece quel certo uomo-animale non sarà mai in grado di fare questo.

7. Che però anche gli animali, col tempo e con qualche fatica da parte dei veri uomini, acquisiscano essi pure una specie di addestramento superiore, questo lo avete tutti sperimentato con i vostri animali domestici. Gli uomini otterrebbero anche di più con gli animali, se si trovassero, come i semplici primi padri della Terra, in vera e piena unione con il loro spirito ultraterreno proveniente dal Cuore di Dio.

8. Ci sono tuttavia, nel profondo Egitto meridionale, degli uomini che sono ancora simili ai primi padri. Costoro sono ancora signori della Natura, ed essa deve servirli conformemente alla loro volontà. Ma per divenire così, il vero uomo deve elevarsi nella propria anima e porsi non ad di sotto della Natura, ma deve porsi, nello spirito, al di sopra di tutta la natura della materia e della carne. Infatti nella natura di ogni materia c’è il giudizio, l’impotenza e la morte. Solo nello spirito c’è l’eterna libertà, la vera vita ed ogni potenza e autorità. Ma che le cose stiano così, Io ve ne ho fornito la prova fuori, laggiù sul mare.

9. Datevi da fare dunque affinché la vostra anima diventi una cosa sola con lo spirito, esso allora vi guiderà già da se stesso in ogni sapienza; ma senza di esso oscillerete sempre tra luce e tenebra, e tra vita e morte, e tra libertà e giudizio!

10. Ma all’unificazione dello spirito proveniente da Dio con l’anima creata, l’uomo perviene credendo in modo vivo e vero all’unico vero Dio, amandoLo sopra ogni cosa e amando il prossimo come se stesso. Chi sa questo e lo fa, costui allora sperimenterà già in se stesso che Io ho vi detto ora la piena verità”.

11. Tutti si accontentarono di queste Mie spiegazioni, e l’argomento delle origini del genere umano su questa Terra non venne più toccato».

 

[indice]

 

Cap. 222

Più aumenta il progresso materiale, più diminuisce quello spirituale.

Non dedicarsi eccessivamente al benessere del proprio corpo,

ma dedicarsi completamente al miglioramento della propria anima.

 

1. (Continua il Signore:) «Noi poi riprendemmo a mangiare e a bere, naturalmente entro i limiti della giusta misura. Cirenio si intrattenne con noi riguardo a varie questioni in ambito domestico e attinenti alle costruzioni, mentre gli altri ospiti seguivano attentamente la conversazione e approvavano quanto Io e Giuseppe andavamo dicendo.

2. Alla fine, un capitano delle legioni romane, il quale fino allora non aveva ancora aperto bocca, disse: “Per quanto riguarda l’arte della costruzione, una questione fondamentale sarebbe quella di vedere se non fosse possibile dare alle navi d’alto mare una disposizione tale da renderle anzitutto maggiormente resistenti all’infuriare delle tempeste di quanto sia stato il caso finora. In secondo luogo, trattandosi di navi più grosse, bisognerebbe cercare di evitare di spingerle con i remi, perché se i remi sono sistemati troppo alti sul livello del mare, si rendono necessari dei pali esageratamente alti. Ora questi sono molto difficili da muovere, esigono molti rematori robusti, danno un rendimento minimo e per di più si spezzano facilmente quando il mare è grosso. Se invece i remi, come nei battelli più piccoli destinati alla navigazione costiera, sono sistemati più bassi, succede che in caso di mare mosso, l’acqua penetra nella barca dalle aperture dei remi, e allora tutti non hanno altro da fare che vuotarla continuamente fuori di bordo per evitare che la nave affondi. In terzo luogo, infine, le nostre grosse navi hanno ancora il difetto che esse, dato il grande numero dei rematori, possono accogliere in proporzione un numero esiguo di altri viaggiatori, e oltre a ciò, quando c’è anche solo un po’ di vento contrario, nonostante i molti rematori la nave non riesce ad avanzare affatto.

3. Vedi, tu, o caro giovanotto, che sei immensamente sapiente e dotato di potenza prodigiosa, non potresti dare a noi romani qualche buon consiglio a questo riguardo? Sembra che gli antichi Fenici abbiano avuto a loro disposizione delle imbarcazioni mediante le quali potevano navigare a lungo e attraversare rapidamente e in relativa sicurezza addirittura il grande oceano. Noi romani, invece, dobbiamo accontentarci sempre di navigare lungo le coste, e soltanto in stagioni e giornate perfettamente tranquille ci azzardiamo in alto mare. Qual è la tua opinione in proposito?”

4. Ed Io gli risposi: “Ma, o amico Mio, un consiglio a questo riguardo, per quanto giusto e buono, sarebbe fuori luogo! Infatti, a che cosa ti gioverebbe se infine non potessi metterlo in pratica?

5. Per una buona e sicura navigazione sul mare ci vuole anzitutto un’esatta conoscenza del cielo stellato nonché della Terra e particolarmente della situazione del mare, della sua estensione e della sua profondità. Ora voi queste nozioni non le avete ancora, né le potete avere per la ragione che i vostri stolti sacerdoti si opporrebbero con tutte le loro forze affinché esse non si facessero strada; quindi anche delle navi meglio sistemate non vi sarebbero di utilità, per il fatto che non sareste in grado di adoperarle.

6. I Fenici avevano delle navi meglio attrezzate, ma che, tutto sommato, non erano gran che più pratiche delle attuali. Un vantaggio essi effettivamente lo avevano perché sapevano manovrare le vele meglio di voi; ciononostante essi pure evitavano l’alto mare e si limitavano, in generale, alla navigazione costiera.

7. Ma se volete equipaggiare meglio i vostri natanti, dovete imparare dagli indiani che abitano sul mare; essi infatti sanno come navigare a vela, benché non ancora in modo del tutto perfetto.

8. Voi però cercate di fare in modo che la vostra anima divenga presto una cosa sola con lo spirito divino, e allora sarà già lo spirito a indicarvi come potrete migliorare moltissimo la vostra nautica!

9. Del resto per questo tempo le vostre navi sono ottime e molto efficienti. Le generazioni che verranno in futuro però costruiranno certamente anche delle navi meravigliosamente ingegnose, per mezzo delle quali essi, simili agli uccelli in velocità, potranno solcare tutti i mari in tutte le direzioni. Questo però non aumenterà la felicità degli uomini, né fisicamente, né tanto meno spiritualmente, anzi la diminuirà in modo enorme. Perciò ora restate pure ancora per molto tempo con ciò che avete. Infatti un miglioramento troppo grande nelle cose terrene è sempre un vero e durevole peggioramento nelle cose spirituali, le sole invece che l’uomo deve coltivare con tutte le forze della sua vita.

10. Che giova all’uomo, se anche potesse ottenere per sé tutti i tesori del mondo, ma così facendo la sua anima ne riportasse il massimo danno?! Dunque non conoscete ancora la breve durata della vita di ogni carne su questa Terra e la sorte finale della carne? Che tu muoia ora da imperatore oppure da mendicante, è la stessa cosa per l’aldilà! Chi ha avuto molto qui, dovrà rinunciare a molto nell’aldilà, chi invece qui ha avuto poco o anche nulla affatto, costui nell’aldilà dovrà rinunciare a poco o a nulla, e tanto più facilmente e più in fretta perverrà ai tesori interiori spirituali, i soli veri e vivi.

11. Per questo i primi padri di questa Terra erano persone così felici! Essi infatti soddisfacevano le loro esigenze di questa vita terrena nel modo più semplice possibile. Ma quando poi le genti, e in particolare quegli uomini che si erano stabiliti nelle vallate più basse, cominciarono a edificarsi delle città, con ciò è entrata in loro anche l’arroganza. Essi si rammollirono, divennero pigri, e caddero presto in ogni sorta di vizi, e con questi in ogni tipo di miseria. Che ne ebbero di buono? Perdettero di vista Dio nelle loro anime, e tutta la forza vitale interiore dello spirito li abbandonò, così che, come molti di voi, non poterono più credere a una vita dopo la morte del corpo.

12. Non fu questo uno scambio davvero disastroso, in cui per una maggiore comodità della vita materiale si perdette quasi completamente la spiritualità?

13. Perciò chi fra voi è saggio, costui cerchi ora di scambiare nuovamente la vita materiale inutilmente troppo bella e comoda, con la pura e vera vita spirituale, e in questo modo farà meglio e farà qualcosa di infinitamente più grande che non facendo le maggiori invenzioni per poter solcare in sicurezza e a velocità d’uccello tutti i mari. Un giorno, alla fin fine, anch’egli dovrà morire! Che gli gioveranno allora, per la sua anima, le sue grandi invenzioni?

14. Accontentatevi di quello che avete! Non attribuitegli alcun valore, e cercate prima di tutto come potervi incamminare sempre più sulla via dello spirito, e con ciò avrete fatto la più grande e la migliore invenzione per la grande traversata da questo lido terreno all’altro, cioè a quello spirituale ultraterreno!

15. Mettete pienamente in azione tutte le vostre forze e tutti i vostri mezzi per raggiungere ciò che sicuramente dura per l’eternità. Riguardo invece alle cose terrene per il corpo, preoccupatevi solo quel tanto che è ragionevolmente necessario! Che un uomo deve mangiare e bere e proteggere il suo corpo contro il freddo e il grande caldo, questa è una cosa del tutto naturale. Ma chi si da più da fare per il proprio corpo che per l’anima, e alla fine provvede addirittura unicamente per il corpo mentre non provvede affatto per la prosperità dell’anima che invece deve vivere eternamente, costui è nel senso più vero un cieco e sciocchissimo pazzo.

16. Oh sì, se qualcuno, contro il Volere di Dio, potesse procurare al suo corpo una vita eterna - il che è impossibile - allora costui sarebbe anche giustificato se si preoccupasse esclusivamente della prosperità del proprio corpo; ma non essendo invece così, allora si preoccupi di ciò che durerà e deve durare eternamente, perché così Dio ha disposto!

17. Se ora avete capito bene questo, non chiedeteMi più come potreste migliorare notevolmente le vane cose terrene; poiché Io sono venuto in questo mondo solo per mostrarvi le vie per la vita eterna e per aprirle stabilmente affinché possiate procedere su di esse in modo sicuro e facile!».

 

[indice]

 

Cap. 223

La via per la completezza spirituale.

 

1. (Continua il Signore:) «Quando tutti ebbero sentito queste Mie parole, dissero tra di loro: “Ha perfettamente ragione, e non Gli si può obbiettare nulla; ma noi, fin dalla nascita, siamo stati immersi troppo profondamente nel mondo, e ormai è difficile che riusciremo a liberarcene completamente. In base alla Sua affermazione, del tutto ben fondata, ciascuno deve necessariamente elevarsi dallo stato materiale a quello libero, spirituale, attraverso la propria spontanea attività interamente volontaria, e in questo non può sperare in una miracolosa assistenza da parte del vero Dio. In tal caso infatti l’uomo subirebbe una specie di costrizione della propria volontà, che invece deve restare eternamente libera. Ma per la pura attività spontanea, gli uomini come noi sono evidentemente troppo carenti di forza, coraggio, volontà e di una retta e perseverante pazienza, e così a ciascuno di noi riuscirà difficile progredire, senza stanchezza e senza cadere più volte, sulle vie che Lui ci ha indicato.

2. Comunque sarebbe una buona cosa il raggiungimento dello stato puramente spirituale, e sarebbe infinitamente più prezioso di tutti i tesori della Terra intera; ma la via per arrivarci sembra essere molto lunga e accidentata. Perciò forse non sarebbe affatto superfluo, in conclusione, chiederGli ancora in quanto tempo si può pervenire al pieno stato puramente spirituale, camminando coscienziosamente fedeli e assidui sulle vie della vita da Lui consigliate. Infatti si lavora di sicuro molto più facilmente, se prima di eseguire un lavoro ci si può calcolare in quanto tempo, con la dovuta diligenza, lo si possa terminare completamente. Lavorare invece a un’opera di cui non si può prevedere quando finisce il lavoro necessario al suo completamento, e così neppure quando si raggiunge il traguardo, è e rimane una cosa difficile. PoniamoGli dunque la domanda che ho detto!”

3. Mi si pose la domanda, e ad essa Io risposi dicendo: “Lavori spirituali e vie spirituali non vengono misurati ad ore e a braccia, ma solamente in base alla forza della volontà, della fede e dell'amore per Dio e per il prossimo.

4. Chi in una volta potesse rinnegare se stesso fino al punto da staccarsi interamente da tutto il mondo, dedicasse i suoi tesori – in giusta misura – solo ai poveri, per puro amore a Dio, e si astenesse dalla carne delle donne, costui in verità si troverebbe già in brevissimo tempo ad essere un uomo completo! Chi invece ha evidentemente bisogno di un tempo più lungo per purificarsi da tutte le scorie e i rimasugli terreni, per costui lo stato beatissimo della vera completezza spirituale deve anche farsi aspettare più a lungo.

5. Voi però siete alti funzionari di Stato e dovete adempiere il vostro ufficio; ma questo davanti a Dio non è un ostacolo che vi possa impedire di camminare rettamente sulle vie che vi ho indicato. Anzi, è proprio questo che vi fornisce i mezzi con i quali potete giungere tanto più facilmente e tanto prima alla vera completezza spirituale.

6. Però non ritenete di essere voi stessi l’ufficio, e l’onore, e la stima dell’ufficio! [Ciò che costituisce] l’onore e la stima dell’ufficio è la legge, e voi siete soltanto i suoi inservienti! Se però siete leali e buoni e giusti, anche voi stessi siete nell’onore e nella stima della legge, e il merito della legge nei confronti degli uomini, i quali mediante la legge sono protetti e tranquilli e sicuri, torna allora anche a vostro vantaggio davanti a Dio.

7. Voi però siete anche uomini molto ricchi; ma anche la vostra grande ricchezza non è un ostacolo al raggiungimento dello stato puramente spirituale, se la usate bene con vero amore a Dio e al prossimo, come dei padri buoni e saggi nei riguardi dei loro figli, e se non ne fate un uso scarso e avaro nel sostegno dei poveri. Infatti nella misura in cui darete ai poveri il vostro amore, in quella stessa misura Dio vi ricompenserà spiritualmente, e in caso di necessità anche nelle cose naturali.

8. Ma se ritenete che Dio non aiuti affatto quell’uomo che procede assiduamente e seriamente sulla via del Regno di Dio e della vita dello spirito, quando questi di tanto in tanto diviene stanco e debole, allora vi sbagliate di molto. Io vi dico: ‘Chi ha iniziato ormai seriamente a percorrere questa via, costui viene aiutato da parte di Dio, anche senza che egli lo sappia, affinché vada avanti e infine giunga anche sicuramente al traguardo’.

9. Dio ovviamente non forzerà con la Sua Onnipotenza l’unificazione dell’anima con lo spirito proveniente da Lui, però illuminerà sempre più il cuore dell’uomo e lo riempirà di vera sapienza dai Cieli, e con ciò l’uomo crescerà spiritualmente e diventerà vigoroso, e supererà sempre più facilmente e sempre più fiducioso tutti quegli ostacoli che, per provarlo maggiormente, dovessero ancora frapporsi in qualche modo sul suo cammino.

10. Ma quanto più amore a Dio e al prossimo un uomo comincerà a sentire in sé in modo vivo, e quanto più misericordioso egli diventa nel suo animo, tanto più grande e forte è anche già divenuto lo spirito di Dio nella sua anima. Infatti l’amore per Dio e di conseguenza per il prossimo, è per l’appunto lo spirito di Dio nell’anima dell’uomo. Come questo amore aumenta e cresce, così fa anche lo spirito di Dio in essa. Quando alla fine l’intera persona è diventata amore puro e sommamente caritatevole, allora è anche già riuscita la piena unificazione dell’anima con lo spirito proveniente da Dio, e l’uomo ha raggiunto per l’eternità il supremo traguardo della vita postogli da Dio.

11. Dio stesso è certamente il sommo e purissimo Amore, e così lo è anche lo spirito proveniente da Dio e che ogni essere umano riceve.

12. Quando l’anima, per sua libera volontà, diventa totalmente simile all’amore dello spirito proveniente da Dio, è certamente chiaro allora che essa è diventata una cosa sola con lo spirito proveniente da Dio in lei. Ma se l’anima diventa così, allora essa è anche completa. Ora, però, per arrivare a questo non si può stabilire un tempo preciso, ma ciò lo deve necessariamente dire e indicare all’anima il suo proprio sentimento.

13. Il vero, puro e vivo amore è in se stesso sommamente disinteressato; esso è pieno di umiltà, è operoso, è pieno di pazienza e misericordia, non si rende mai di peso a nessuno senza necessità e tollera tutto volentieri; non si compiace delle angustie del suo prossimo, ma la sua incessante premura è quella di aiutare chiunque abbia bisogno di aiuto.

14. Inoltre il puro amore è anche in sommo grado casto, e non prova gioia per la lussuria della carne, ma un piacere tanto più grande nella pura costumatezza del cuore.

15. Quando l’anima dell’uomo sarà dunque così costituita in seguito alla propria volontaria aspirazione e al proprio sforzo, allora l’anima è anche già simile al suo spirito, e così dunque è anche già completa in Dio.

16. E così ora sapete del tutto esattamente quello che dovete fare per giungere alla pura completezza spirituale. Chi in tutto questo si impegnerà nel modo più assiduo, costui diventerà anche completo al più presto.

17. Ma chi si impegnerà a percorrere questa via assiduamente e seriamente, costui sarà anche aiutato da parte di Dio, sempre e in modo estremamente vero e sicuro, a raggiungere la suprema meta della vita. Infatti se Dio vi è già venuto in aiuto ora attraverso Me, mentre a mala pena avete cominciato a scorgere molto da lontano che forse potrebbe esserci una simile via, ebbene, quanto più vi verrà in aiuto proprio allora, quando camminerete spontaneamente su quella via?! Avete capito questo?”

18. Questo Mio insegnamento aveva colmato tutti di stupore, e perfino Giuseppe non poté trattenersi dal dire: “Con tanta sapienza e verità, davvero io stesso non L’ho mai udito parlare!”

19. Poi, rivoltosi a Me, egli chiese: “Ma perché non hai mai istruito i nostri sacerdoti in un simile modo? Se uno di loro fosse stato ora qui presente, avrebbe certo anche dovuto farsi una ben altra opinione di Te!”

20. Ma Io gli risposi: “Ce la farei prima a convertire i pesci del mare che non i nostri rabbi! Anzi Io do a te e a Giacomo il consiglio di non divulgare, quando saremo tornati a casa, nulla di tutto ciò che è avvenuto qui, altrimenti avrete un bel da fare per sfuggire alle noie che vi procurerebbero. Quella gente ha il cuore più duro della pietra, e le loro anime sono molto più immonde dei maiali che si rotolano nella loro lordura fetente, ed Io preferisco costruire ancora mille stalle per i maiali e per le scrofe dei greci e di altri pagani di tutto il mondo, piuttosto che sprecare una sola parola con quei nostri rabbi stoltissimi, quanto mai perfidi e tenebrosi, che dimorano a Nazaret, Cafarnao e Corazim! Verrà il tempo però in cui Io aprirò la Mia bocca pure in quelle città, però non a loro consolazione, ma per profetizzare sopra di loro il giudizio per il giorno nel quale la loro mala misura si sarà fatta colma!”».

 

[indice]

 

Cap. 224

L’arrivo a Nazaret.

 

1. (Continua il Signore:) «Giuseppe era assolutamente d’accordo con quanto avevo detto; noi poi ce ne andammo a riposare e il mattino seguente ci mettemmo in viaggio per far ritorno alla casa del nostro greco accompagnati da Cirenio e da alcuni fra i suoi servitori, perché quest’ultimo desiderava accertarsi con i propri occhi del prodigio della costruzione da Me compiuto.

2. In poche ore noi arrivammo a destinazione, e già da lontano potemmo scorgere la casa del tutto nuova, nonché la grande stalla per maiali essa pure nuovissima. Il greco e Cirenio non la finivano più di stupirsi, e così pure i servitori del greco i quali non sapevano affatto spiegarsi come fosse stato possibile che ciò fosse accaduto nel corso della notte.

3. Io però comandai a tutti che prima di dieci anni non rivelassero a nessuno quello che era accaduto.

4. Tutti allora promisero solennemente che avrebbero osservato il Mio ordine.

5. Poi Cirenio consegnò a Giuseppe trenta libbre d’oro, e il greco da parte sua gli diede cento libbre d’argento.

6. Giuseppe le accettò col proposito di impiegarle per soccorrere i poveri che in gran numero trovavano sempre piena misericordia presso di lui.

7. Noi non rimanemmo molto in casa del greco, ma partimmo poco dopo e fummo di ritorno a Nazaret il giorno seguente piuttosto di buon mattino. Noi avremmo potuto certo arrivare a Nazaret ancora quello stesso giorno, dato che il greco ci mise a disposizione per il viaggio le sue robuste bestie da soma, ma Io non lo avevo voluto per delle Mie buone ragioni particolari. Perciò noi facemmo sosta in quello stesso albergo dove nel viaggio di andata avevamo mangiato della carne di maiale.

8. Quando però il mattino seguente giungemmo a Nazaret, tutti ci fecero domande precipitose su come fosse andata, su quale lavoro noi avessimo compiuto e se il profitto ottenuto fosse stato discreto, trattandosi di un lavoro eseguito per conto di un pagano.

9. Maria dal canto suo espresse l’opinione che, per una o al massimo anche una e mezzo giornate di lavoro, il guadagno non avrebbe dovuto essere stato eccessivamente grande.

10. Ma Giuseppe rispose: “State tutti tranquilli e non discorrete di quest’ultimo lavoro con la gente di questo luogo e di altre località, perché il popolo è pieno di invidia per la fortuna del prossimo! Io certo non terrò mai chiuso il mio cuore dinanzi a chi è veramente povero, e ci tengo a conservare anche in avvenire la mia antica reputazione, per cui io metto in pratica il detto che ciascuno conosce: ‘Là dove più nessuno aiuta, c’è sempre ancora il povero vecchio Giuseppe che aiuta col poco che egli stesso faticosamente ed onestamente si guadagna!’. Sennonché questa volta Dio è stato del tutto con noi! Noi abbiamo fatto miracoli e guadagnato un grosso gruzzolo d’oro e d’argento. Badate però di non dire niente di tutto ciò alla gente, né meno ancora ai sacerdoti! Invece tanto più conviene che qui trovi conferma il detto: ‘Il vecchio Giuseppe soccorre sempre di più ancora i poveri!’”

11. Tutti i presenti tennero in debito conto queste parole di Giuseppe, e Maria, la madre del Mio corpo, aggiunse: “Le tue parole, o Giuseppe, sono vere e buone, e saranno osservate da noi come fossero un Comandamento di Dio; tuttavia voi tre potreste ben raccontarci quali costruzioni meravigliose avete eseguito presso il pagano durante questo breve tempo, per aver ricevuto in compenso così tanto oro e argento!”

12. Rispose Giuseppe: “O cara madre, io vi ho già detto che stavolta Dio è stato con noi in maniera prodigiosa! I particolari di tutto quello che è avvenuto, però, voi non mancherete di apprenderli all’occasione e anche a tempo debito. Invece per il momento fate in modo che noi possiamo avere qualcosa da mangiare e da bere, perché oggi non abbiamo preso ancora nulla, essendoci messi in cammino già con i primi albori!”

13. Allora la madre si affrettò in cucina assieme alle sue aiutanti e si diede subito da fare per preparare una buona colazione; Giuseppe dal canto suo approfittò del momento per andare a mettere sotto custodia il molto denaro che aveva portato con sé.

14. Dopo che la colazione era pronta e che noi ci fummo accomodati a mensa per consumare il pasto, comparve un vecchio rabbi del posto, il quale volle informarsi su dove noi fossimo stati, che lavori avessimo eseguito e quale profitto ne avessimo tratto. Quell’avido rabbi, però, bramava di conoscere questi particolari perché intendeva pretendere di ricevere una certa offerta sul nostro guadagno, secondo una sciocca consuetudine vigente in tutta la Galilea.

15. Ma Giuseppe non poté nascondere la propria indignazione, e gli disse: “Tu sai bene che io ho sempre fedelmente adempiuto tutti i miei doveri, né mancherò di farlo anche questa volta; devo dire però che non mi pare affatto bello da parte tua che, spinto dall’avidità, tu sia venuto qui per regolare una questione per cui sarei venuto comunque io stesso a casa tua come ho sempre fatto. Come hai fatto a sapere che io assieme a Gesù e a Giacomo eravamo partiti per lavoro?”

16. Disse il rabbi: “Tu eri appena partito quando io sono venuto qui per farti una delle solite visite amichevoli; fu appunto allora che appresi che tu te ne eri andato piuttosto lontano con i tuoi due figli per lavoro, e appresi pure che il lavoro non era troppo grosso e che tu avresti fatto ritorno a casa dopo tre giorni. E vedi, perciò anch’io sono ora ritornato per rivederti e per sentire da te come vanno le cose nei luoghi dove sei stato, nonché se ci sono là delle novità di qualche interesse! Ma per il motivo a cui alludi tu, io non sono affatto venuto fin qui! Infatti da un lavoro che è durato a mala pena una giornata e mezza, tu certo non hai potuto trarre un profitto tale da comportare un’offerta di una certa rilevanza; ad ogni modo, se proprio intendi offrire qualcosa alla sinagoga, non occorre che tu lo faccia in contanti, dato che noi ti siamo ancora debitori per l’ultimo lavoro da te eseguito per nostro conto! Dunque, o vecchio amico, non essere arrabbiato con me se oggi sono venuto a farti visita prima del solito!”

17. Disse Giuseppe: “Certo che non me la prendo per questo motivo né con te, né con nessun altro, ma lo sono per il motivo che tu di solito vieni a farmi visita solo quando apprendi che, o vado in qualche luogo per lavoro, oppure che sono ritornato a lavoro compiuto. Ora, per quanto riguarda i lavori che io ho compiuto per voi, mi siete ancora debitori di una discreta sommetta, e quindi bramereste molto di non dovermi più niente, compensando così il vostro debito con le offerte che vi pago sempre con puntualità; ecco perché voi vi informate con tanta insistenza su che lavoro ho avuto e quanto ho guadagnato. Ma nel caso io ora, come del resto è probabile, non trovassi lavoro fuori di casa per tutto un mese, tu certamente non verrai a visitarmi nemmeno una volta sola!

18. Oh, puoi crederlo! Io per conto mio conosco sempre esattamente di che natura sia l’uno o l’altro dei miei amici! Tuttavia ciò non fa nulla, e non sarà mai detto che io abbia mancato di sincerità verso uno dei miei amici. Ti dico dunque anche questa volta che il lavoro compiuto durante gli ultimi giorni mi ha fruttato precisamente quel tanto che l’offerta che vi spetta da parte mia pareggia perfettamente la somma che mi dovete in base ai miei conti sempre molto ragionevoli; per conseguenza a casa tua puoi cancellare per intero il debito che avete verso di me!”

19. A queste parole di Giuseppe la faccia del rabbi si rischiarò ed egli disse: “Oh, questa è una bellissima notizia; davvero, a me, che sono il capo della sinagoga, è come fosse caduta una pesante pietra dallo stomaco! Proprio adesso abbiamo di nuovo in preparazione un altro importantissimo lavoro, ed oggi mi riservo di esportene i particolari. Però ora non voglio disturbarti un attimo di più”.

20. E detto questo, il rabbi si alzò subito e fece sollecitamente ritorno in città».

 

[indice]

 

Cap. 225

La morte del rabbi.

 

1. (Continua il Signore:) «E mentre noi ci accingevamo a mangiare, Io dissi: “Oh, com’è terribilmente cieco quell’uomo! A che cosa gli servirà quel centinaio di spiccioli in più? Infatti oggi stesso, e precisamente da qui ad un’ora, egli morirà, e a lui succederà poi uno che sarà un po’ migliore; lui ci pagherà il lavoro e dal canto nostro non gli resteremo certo debitori dell’offerta”

2. Disse allora Maria: “O mio caro figlio, sei di nuovo divenuto chiaroveggente?”

3. Ed Io le risposi: “Io non ho mai cessato di esserlo! Soltanto per Nazaret e per i suoi tenebrosi dintorni Io sono muto, perché là dove non c’è fede, non c’è nemmeno luce, né vero intelletto. Perciò non traditeMi! Ma quando da qui ad un paio d’ore udrete in città far lamenti da parte dei piagnoni prezzolati, non accorrete là tutti curiosi come l’altra gente cieca, ma restate tranquillamente in casa, perché ormai sapete di che cosa si tratta! E quando la notizia vi verrà portata ufficialmente, allora dite: ‘Nessun mortale può lottare contro la Volontà di Dio! Dio ha disposto così, e perciò i lamenti, i pianti e gli strilli non servono proprio a nulla!’. In attesa della notizia, però, noi possiamo continuare a lavorare pubblicamente; quando invece sarà giunta, ci asterremo dal lavoro pubblicamente durante i tre giorni comandati e ce ne andremo a Cafarnao; là al mare troveremo del lavoro che ci terrà occupati fino a Sabato!”

4. Disse Giuseppe: “Fare come hai detto può andare anche bene, ma cosa diranno i Nazareni chiacchieroni?”

5. Risposi Io: “Che quei pazzi dicano quello che vogliono; noi però faremo come vi ho consigliato proprio ora, e così sarà bene!”.

6. A queste Mie parole nessuno replicò più nulla, e noi, dopo aver terminato la colazione, ci accingemmo subito ad un lavoro di poco conto; si trattava cioè della costruzione di un cassone da cereali per un vicino.

7. Dopo tre ore però venne dalla città un messaggero funebre, il quale ci portò la notizia che un’ora prima il capo dei rabbi era stato toccato dal dito di Jehova nella sinagoga, ed era caduto fulminato al suolo; tutti i tentativi di richiamarlo in vita erano rimasti infruttuosi. Il rabbi era realmente morto, e noi quindi eravamo tenuti ad astenerci pubblicamente dal lavoro per tre giorni interi a partire da quel momento!

8. Ed Io dissi: “Per due giorni soltanto, essendo il terzo comunque un Sabato!”

9. Allora il messaggero si corresse dicendo: “Si, è vero, solamente due giorni!”. Poi egli se ne andò per fatti suoi.

10. Noi però ci mettemmo subito in cammino alla volta di Cafarnao, e là, nell’albergo situato in riva al mare che voi già conoscete, trovammo quel giorno stesso un buon lavoro che, fino al Sabato, noi sbrigammo benissimo e che ci fruttò un centinaio di grossi (monete antiche). Tutta la giornata del Sabato noi la trascorremmo a Cafarnao sul mare, pacifici e contenti, e solo la domenica ritornammo a Nazaret dove i nostri familiari ci misero al corrente di tutto quanto era successo durante la nostra assenza, e che molti avevano domandato di Giuseppe, esprimendo la loro meraviglia che egli, notoriamente persona molto pia, non fosse stato presente ai funerali del capo dei rabbi.

11. Allora Io domandai se a coloro che li avevano così interpellati essi avessero risposto come Io avevo consigliato, e che cosa gli altri avessero replicato.

12. E una delle serve rispose: “Noi li consolammo proprio in quel modo; e infatti essi terminarono dandoci ragione e poi se ne andarono”

13. Dissi Io: “E così anche è stato bene; la verità non fallisce mai il suo buon scopo! Noi nel frattempo, laggiù sul mare, abbiamo guadagnato quel tanto che il capo della sinagoga ci doveva per i lavori eseguiti per lui, e quindi anche questo conto è pareggiato! Dunque ormai possiamo dedicarci tranquillamente ad ultimare il cassone da cereali per il vicino.

14. Noi ci mettemmo immediatamente al lavoro con grande consolazione di Giuseppe, il quale avrebbe davvero voluto che il cassone fosse finito, dato che il vicino ne aveva urgente bisogno. Sennonché c’era qualcosa di molto strano nella faccenda di questo cassone, perché ogni qualvolta noi ci mettevamo a lavorare, subentrava sempre qualche circostanza che ci obbligava a sospendere il lavoro, o per poco tempo od anche per giornate intere, e perciò Giuseppe era del parere che nella cosa ci dovesse entrare l’influenza di qualche spirito maligno, e quindi noi avremmo fatto meglio a non lasciarci distrarre per nessuna ragione e a continuare il lavoro finché il cassone non fosse completato. Noi allora ci demmo da fare con tutto impegno, e al pomeriggio non mancavano che da applicare al cassone che poche assicelle ancora, quand’ecco giungere la notizia che nella casa di un vicino, situata un po’ distante dalla nostra, era scoppiato un incendio! Noi dunque, visto il pericolo incombente, dovemmo immediatamente abbandonare il nostro lavoro e accorrere sul luogo dell’incendio per partecipare, all’occorrenza, all’opera di spegnimento.

15. Fu questa la volta per Giuseppe di riprendere l’argomento, e infatti egli disse così: “Non avevo ragione di dire che ci deve essere sotto qualche influenza maligna nell’affare di questo benedetto cassone? Prima che noi potessimo applicare le poche assicelle ancora mancanti, ecco che prende fuoco una casa, e il risultato è che oggi non arriveremo a terminare il lavoro! Dimmi tu, o carissimo Gesù, qual è la tua opinione in proposito?”

16. Risposi Io: “La Mia opinione non è certo proprio identica alla tua, quantunque anche in quello che tu pensi ci sia qualche punto di verità! Il nostro vicino, a cui il cassone appartiene, ha un servitore malvagio il quale preferisce il vecchio cassone, perché da questo egli può sottrarre cereali a suo piacimento che poi di nascosto egli vende a suo profitto ai mercanti qui di passaggio durante i giorni di mercato. Dunque, la causa del fatto che noi finora non abbiamo potuto condurre a termine il lavoro del cassone è da imputare il più delle volte a degli intoppi naturali, ma pure quel malvagio servitore è stato varie volte lui stesso a farci interrompere il nostro lavoro di casa. E precisamente anche oggi è colpa sua se in quella casa è scoppiato l’incendio, anche se in questo momento egli stesso sia occupato col massimo impegno nell’opera di spegnimento.

17. Stanotte infatti egli vorrebbe rubare al suo padrone ancora diversi moggi d’orzo, perché sa che già domani il cereale verrà deposto nel cassone nuovo che chiuderà nel migliore dei modi. Essendosi dunque accorto che noi avremmo consegnato il cassone già due ore prima della sera e che il suo padrone avrebbe potuto farne immediatamente uso, egli andò alla casa del vicino, che si trovava con tutta la sua gente a lavorare i campi, e vi appiccò il fuoco affinché per oggi noi non potessimo ancora ultimare il cassone.

18. E vedi, o Giuseppe, qui avevi ragione tu, e questo è davvero un maligno spirito che già varie volte ci ha ostacolato nell’ultimare il lavoro del cassone; tuttavia diversi altri contrattempi sono stati dovuti a fatti puramente casuali, che sono stati permessi da Dio.

19. In quanto poi alla morte del capo dei rabbini, questa dipese assolutamente dalla Volontà del Signore, perché le sue truffe perpetrate di nascosto a danno dei poveri, delle vedove e degli orfani erano arrivati al punto che gridavano vendetta al Cielo. Ecco che adesso sai precisamente come stanno le cose; tu però serba per te quanto ti ho detto, e soprattutto non irritarti per questo!”

20. Osservò allora Giuseppe: “Ma quel malvagio servitore bisognerà consegnarlo senza indugio alla giustizia!?”

21. Gli dissi Io: “Non se ne potrà far niente, perché non c’è nessuno che lo abbia mai colto sul fatto; la Mia sola testimonianza non avrebbe alcun valore agli occhi dei giudici, e il nostro servitore potrebbe a sua volta chiamarMi a rispondere per pubblica diffamazione. Lasciamo dunque stare questa cosa! Dio, il Quale tutto vede e tutto sa, provvederà Lui a far avere fra non molto al malvagio servitore la ricompensa che si è meritata!”».

 

[indice]

 

Cap. 226

L’incendio nella casa vicina.

 

1. (Continua il Signore:) «Mentre ferveva l’efficace e diligente lavoro di spegnimento, Giuseppe Mi domandò in modo confidenziale: “Sopra questo devastante elemento non hai lo stesso potere che hai sui venti e sull’acqua?»

2. Ed Io gli risposi: “So bene dove vorresti arrivare; qui però non è ancora giunto il momento opportuno! Conviene che il malvagio servitore si dia intanto la maggior pena possibile in modo da ricordarsene per molto tempo! Fra poco infatti una caduta gli procurerà un grave malanno e lo si dovrà trasportare via tutto dolorante; solo dopo Io metterò completamente fine all’incendio con la Mia Volontà. Ad ogni modo Io già influisco affinché le fiamme non possano arrecare alla casa nessun danno particolare. E adesso fa attenzione a quello che succederà!”

3. Nel frattempo era venuta raccogliendosi sul luogo dell’incendio molta gente dalla città spinta più dalla curiosità e dall’avidità di spettacolo, che non dal desiderio di partecipare all’opera di spegnimento. Il servitore, pieno di zelo, cominciò allora ad apostrofare i nuovi venuti dandosi l’aria di volerli quasi costringere a prendere parte essi pure al lavoro, e ad inveire rozzamente contro coloro che non gli davano ascolto. Gli insultati però, molto adirati, per tutta risposta gli si scagliarono addosso e lo gettarono con violenza su un mucchio di travi che ardevano ancora.

4. Il servitore nella caduta si ruppe un braccio e riportò anche varie ustioni alla faccia, per la qual cosa egli dovette venir portato via, e allora Io dissi a Giuseppe: “Ecco, quello là ha già avuto la sua ricompensa, che alla fine avrà per risultato di fare di lui un uomo migliore; ma ora Io voglio che l’incendio abbia fine”.

5. Non appena Io ebbi terminato di dire queste parole udite dal solo Giuseppe, il fuoco si spense con tanta rapidità che in un momento in tutta la casa non ci fu nemmeno una sola scintilla che ardesse; ugualmente si poté constatare che la casa non aveva riportato danni se non al tetto il quale, naturalmente, era completamente bruciato per più della metà. Considerato però che sotto al tetto non c’era nulla che avesse potuto venire consumato dalle fiamme, il danno finì col ridursi a ben poca cosa, e noi così ottenemmo dell’altro lavoro, che però da parte nostra venne eseguito del tutto gratuitamente a vantaggio del vicino che non aveva avuto nessuna colpa della sua disgrazia, anzi noi gli fornimmo pure il materiale necessario alla riparazione.

6. Ma fra il popolo sorse una grande meraviglia per il fatto che il fuoco si era spento così d’un tratto senza lasciare in nessun luogo la benché minima traccia di scintille e nemmeno di fuoco, e anche le travi carbonizzate si erano completamente raffreddate all’istante. Molti dissero che si trattava di un vero miracolo, altri invece espressero il parere che quello doveva essere l’effetto dell’ultimo innaffiamento fatto con dell’acqua sporca. Ma degli altri ancora dissero: “Dio ha certo esaudito la preghiera di qualche giusto, e questo non può essere altri che appunto quel servitore che è stato fatto cadere nel fuoco dallo stolto furore di alcuni fannulloni che lui aveva insultato!”

7. Il nostro vicino però, quello cioè per il quale noi avevamo in costruzione il cassone dei cereali, disse a Giuseppe: “La causa dell’improvviso cessare del forte incendio siete voi, e particolarmente il tuo figlio più giovane! Infatti già da quando egli era ancora fanciullo spesso ho osservato in lui molte cose prodigiose, specialmente quando era del tutto solo; allora egli si trastullava con gli elementi e con le forze della natura. Però è già da più di otto[35]  anni che egli in presenza di altri non ha lasciato trapelare più nulla della sua facoltà interiore, e invece ha agito e lavorato come un qualsiasi altro uomo.

8. In particolare posso dire di averlo visto una volta abbattere da solo un’enorme quercia; uno di noi, per tagliare un albero di quel genere che avrà avuto i suoi cinque o seicento anni, avrebbe avuto un bel da fare per diversi giorni; egli invece lo fece cadere con un colpo unico assestato alla radice. Poi lo liberò velocemente dei suoi rami spessi. I rami si facevano da parte da soli e si disponevano immediatamente in cataste di ceppi sistemate nel miglior modo possibile. Poi il tronco venne squadrato, ma anche questa operazione procedette con la stessa rapidità come le precedenti, e così pure, da ultimo, quella della tagliatura e dell’accatastamento dei residui del tronco. In poche parole, tutto il lavoro non durò che mezz’ora. Terminato il lavoro, egli mise l’accetta in spalla, fece ritorno a casa e ti annunciò che la quercia era ormai pronta per essere adoperata per costruire; tu solo potesti quella volta andare ad accertarti della cosa, e ti fu detto che per il momento bisognava che gli altri fratelli ignorassero il fatto.

9. Vedi, questa e varie altre cose io ho osservato in lui più di una volta, e perciò anche adesso io sono assolutamente convinto che fu lui ad estinguere così istantaneamente l’incendio! E tu, o fratello mio, che ne dici?”

10. Rispose Giuseppe: “Sì, hai perfettamente ragione, e la cosa è appunto come tu dici; tuttavia quanto tu sai e dici, tienilo per il momento per te, altrimenti noi avremo noie e grandi difficoltà con la gente della sinagoga, ciò che per me sarebbe quanto mai spiacevole. Io mi ricordo benissimo di quella storia della quercia, e so pure di molte altre cose accadute specialmente in questi ultimi giorni; però noi dobbiamo mantenere il silenzio in proposito, perché altrimenti rischieremmo di intralciare, invece che favorire, le Sue intenzioni e i Suoi piani futuri. Considera dunque queste cose, o caro amico mio, e agisci conformemente, e vedrai che così farai bene!”

11. Poi noi lasciammo il luogo dell’incendio per far ritorno a casa nostra, dove ci ritirammo presto per riposare, avendo faticato molto in quella giornata.

12. Il giorno seguente, un lunedì, di buon mattino ci mettemmo al lavoro per terminare alla svelta il noto cassone, che infatti fu pronto prima del levare del Sole, e subito dopo aver fatto colazione ce ne andammo dal vicino la cui casa il giorno prima era stata danneggiata dal fuoco. Quando ci vide, ci pregò di assumerci l’incarico di riparare la sua dimora che aveva riportato danni abbastanza gravi.

13. E allora Io gli dissi: “Se tu sapessi tenere un segreto e volessi allontanare solo per un’ora da casa tutta la tua gente, compresa tua moglie e i tuoi figli, potresti vedere la Gloria immensa di Dio! E la tua casa verrebbe poi in breve tempo rimessa in completo ordine!”

14. Disse il vicino: “Io sarò muto come un pesce; in quanto alla mia gente, io la manderò subito fuori nei campi dove tutti hanno da lavorare, e poi voi qui potrete fare come vi piace!”

15. Dissi Io: “Sta bene, fa pure così, ed Io poi farò quello che spetta a Me di fare!”

16. Il vicino allora dispose perché la sua gente se ne andasse ai loro lavori, e noi restammo soli e senza alcun testimone.

17. E quando eravamo in attesa di cominciare e il vicino Mi domandò come intendevo procedere, Io gli risposi: “La tua casa verrà adesso riparata in una maniera per te del tutto prodigiosa! Tu già da molti anni non ignori che a Me è dato di operare più di una cosa meravigliosa grazie alla Mia Volontà. Io però dal Mio dodicesimo anno a questa parte non ho fatto niente di simile in pubblico, a causa della grande malvagità degli uomini e della loro assoluta mancanza di fede. Tu invece appartieni ancora al piccolo numero dei giusti e credi alle Mie parole, e perciò ancora una volta sarai testimone della Forza e della Magnificenza di Dio nell’uomo. Guarda un po’ adesso la tua casa gravemente danneggiata! Né Io, né Giuseppe, né i Miei fratelli prenderemo l’accetta in mano, e tuttavia la tua dimora sarà restaurata bene e durevolmente!”

18. Disse il vicino: “Oh, benissimo, o giovane amico mio; io credo fermamente che a te sia possibile ogni cosa; sennonché, come vedi, mi mancano ancora i materiali per la riparazione! Non solo, ma come posso io procurarli, e dove prendere il denaro e gli eventuali altri mezzi per comperare il materiale e per trasportarlo qui?”

19. Ed Io gli risposi: “Già ieri ho detto che noi ti saremmo venuti in aiuto gratuitamente anche per quanto riguarda i materiali; per conseguenza non occorre che ti preoccupi per nient’altro. Guarda adesso ancora una volta la tua casa, guarda cioè che aspetto miserevole ha col suo tetto mezzo consunto dal fuoco! Ebbene, Io voglio che essa sia restaurata all’istante! E vedi: puoi forse ora riscontrare nella tua dimora una qualche minima traccia di danneggiamenti?”

20. Il vicino, dopo aver visto ciò, rimase immensamente sbalordito, ed esclamò: “Ah, mio giovane amico, qui davvero si sono manifestate la Potenza e la Maestà di Dio! Siano dunque resi onore e gloria a Dio nell’alto dei Cieli per aver conferito all’uomo tanta forza e tanta magnificenza!”».

 

[indice]

 

Cap. 227

La misericordia di alcuni cittadini.

 

1. (Continua il Signore:) «Mentre il vicino stava così ancora lodando e glorificando Dio, arrivarono due cittadini di carattere un po’ migliore che erano venuti con l’intenzione di dargli un piccolo aiuto.

2. Ma quando videro la casa completamente restaurata, dissero: “Oh, guarda! Il vecchio Giuseppe ci ha preceduti! Ma voi avete dovuto lavorare assai di buona lena tutta la notte per poter rimettere la casa più a posto e più in ordine di quanto lo era prima dell’incendio! È vero per altro che il nostro Giuseppe è un costruttore quale non c’è un secondo in tutta la Galilea, ma cosa domanderà egli per un lavoro eseguito così bene e con tanta perfezione? Ad ogni modo, quanto egli richiederà, noi te lo daremo”

3. Disse Giuseppe: “Ma io non chiedo assolutamente nulla, e quindi non occorre che mi diate niente. Datelo però ad altri poveri, e così farete meglio che non portandolo di nuovo alla sinagoga secondo l’antica usanza!”

4. Osservò uno dei due: “Ma non si deve devolvere sempre a favore di una casa di Dio l’obolo destinato a soccorrere qualcuno, qualora il beneficiario non voglia o non possa accettarlo?”

5. Rispose Giuseppe: “Eh, certo, così suona di certo una nuova massima del Tempio; Mosè stesso però ci ha messo a cuore unicamente di aver cura anzitutto dei poveri, delle vedove e degli orfani con ciò che ci era in eccesso. Per quanto riguarda invece il provvedere a qualche scuola o sinagoga, Mosè non ha mai detto nulla all’infuori della decima da venire corrisposta alla tribù di Levi. Non è così?”

6. Dissero i due: “Oh sì, non possiamo che darti ragione! Fra le nuove massime del Tempio fa capolino una dose eccessiva di avidità che Dio sicuramente non ha mai comandato, considerato che Egli disse a tutti gli uomini: ‘Tu non devi desiderare quello che è del prossimo!’. I sacerdoti invece bramano addirittura tutto quello che vedono che ci appartiene, e dicono che è più meritorio sacrificare al Tempio che fare del bene in altre maniere. Ma questa non può essere la Parola di Dio, dato che Egli stesso ha fatto dire di dover amare il prossimo come se stessi. Noi dunque distribuiremo di nascosto fra i poveri quanto avevamo intenzione di offrire a questo amico”.

7. Allora intervenni Io e dissi: “Così sarà molto ben fatto! Ma se avete proprio queste intenzioni, andate nelle vicinanze di Cafarnao! Sulla riva del lago troverete una povera capanna di pescatori; il proprietario è un certo Simon Giuda a cui di recente è toccata una sciagura in relazione al suo mestiere, dalla quale gli è ora molto difficile risollevarsi. Infatti un malvagio individuo gli ha rubato tutti gli arnesi da pesca, e non possiede nulla con cui procurarsene dei nuovi, tanto che egli si trova nella miseria più estrema assieme a tutta la sua famiglia. Siccome si tratta di un uomo che è stato sempre giusto al cospetto di Dio e degli uomini - ciò che a Me è ben noto - voi farete davvero un’opera buona devolvendo a suo favore l’offerta che avevate intenzione di fare qui al vicino!”

8. E avendo udito questo, i due esclamarono: “Oh, noi conosciamo benissimo quell’uomo, e sappiamo che è veramente la rettitudine personificata; tuttavia ignoravamo che egli si trovasse in condizioni tanto precarie; ma se è così, noi andiamo subito da lui e lo aiuteremo!”

9. Allora i due cittadini si congedarono, andarono solleciti a trovare il pescatore e gli donarono un importo che gli bastò per comperarsi quanto gli era necessario per riprendere il suo lavoro.

10. E adesso qui con noi, fra i Miei discepoli, si trova precisamente quello stesso pescatore che dieci anni fa venne soccorso in seguito al Mio consiglio!»

11. E Pietro confermò: «Sì, o Signore, questo mi è capitato davvero!».

 

[indice]

 

Cap. 228

Nel bosco del vicino.

 

1. A questo punto Io avrei voluto mettere fine al racconto, ma il nostro Agricola Mi pregò che volessi far sentire ancora qualche avventura dal tempo della Mia giovinezza.

2. Ed Io acconsentii e dissi: «Ebbene, porgeteMi ascolto ancora per breve tempo!

3. Dopo che i due cittadini se ne furono andati, noi dicemmo al vicino: “Ecco che ora sei di nuovo in perfetto ordine come prima; per quanto però riguarda il prodigio avvenuto, vedi di tenerlo per te finché sia giunto il tempo in cui potrai raccontarlo con beneficio anche agli altri”

4. Ma il vicino disse: “E cosa dirò alla mia gente quando, ritornati a casa stasera, vedranno la casa completamente restaurata, ciò che non potrà suscitare grande meraviglia in loro?”

5. Gli dissi Io: “Per quanto riguarda la fede, i tuoi di casa non sono affatto degli eroi, e sono disposti a credere a tutto tranne che ad un miracolo; vedrai dunque che essi non ti faranno tante domande riguardo a come la tua dimora abbia potuto venire restaurata in così breve tempo. Infatti essi penseranno che noi abbiamo lavorato di tutta lena e che per conseguenza ci è stato facilmente possibile rimettere perfettamente in ordine la tua dimora in un giorno. Tua moglie addirittura ha detto varie volte che dei carpentieri possono costruire con tutta facilità una casa in un paio di giorni, purché lavorino con la massima diligenza. Ebbene, noi questa volta siamo stati eccezionalmente diligenti, e così tua moglie avrà avuto ragione una volta tanto!”

6. Questo consiglio soddisfece pienamente il vicino; poi noi ci congedammo da lui e ritornammo a casa dove riposammo fino a mezzogiorno. E dopo aver pranzato, ci consultammo su come avremmo potuto impiegare il pomeriggio, considerato che non c’era alcun lavoro da sbrigare.

7. Joses, il figlio più anziano di Giuseppe, osservò che noi avremmo potuto andare in cerca di lavoro in qualche luogo.

8. Ma Io invece gli dissi: “Qui da queste parti ci sono anche degli altri carpentieri i quali hanno pure diritto di lavorare e di vivere; dunque noi non pregiudicheremo i loro interessi! La gente del resto ci conosce bene e sa come lavoriamo; se dunque avranno bisogno di noi, verranno a cercarci; in quanto a noi, non vogliamo imporci in nessun modo!

9. Tuttavia, se proprio vogliamo fare qualcosa, andiamocene nel bosco del nostro vicino, il quale non è che una sola mezz’oretta distante da qui, e là troveremo bene un lavoro per il pomeriggio di oggi!”

10. Però Giuseppe chiese se questo sarebbe stato opportuno, visto che egli non aveva nessun incarico da parte del vicino.

11. Ed Io gli dissi: “Lascia che Me ne occupi Io di questo! È già da lungo tempo che l’incarico si cela nel desiderio del suo cuore, e noi troveremo lui stesso nel bosco intento a consigliarsi con se stesso riguardo a come potrebbe utilizzare dieci cedri per la costruzione di un nuovo granaio. Questa settimana egli pensava di far tagliare i cedri dai suoi tre servitori e poi di interpellarti per la costruzione, ma siccome il suo primo e presunto miglior servitore giace attualmente a letto gravemente ammalato, egli si trova molto imbarazzato, non sapendo come, quando e per mezzo di chi far preparare i suoi dieci cedri per la costruzione.

12. Già varie volte ha pensato a Me, da quando Io sistemai quella certa quercia, ma non ha mai avuto il coraggio di interpellare Me o te in proposito; se noi però oggi gli veniamo in aiuto di nostra propria iniziativa, saremo tanto maggiormente i benvenuti per lui! Noi dunque possiamo metterci senz’altro in cammino!”

13. Disse Giuseppe: “Quali arnesi dobbiamo prendere con noi?”

14. E Io gli risposi: “Non ci occorre che un’accetta e una sega, esse ci saranno più che sufficienti”.

15. Noi allora prendemmo un’accetta e la sega grande e ci disponemmo a partire.

16. Maria certo non poté fare a meno di osservare che le sembrava strano come noi potessimo restare a casa soltanto così di rado.

17. Ma Io le dissi: “Questo si spiega col fatto che a casa noi non abbiamo nulla da fare; tu invece hai sempre molto da fare a casa, e quindi è bene che tu rimanga a casa più di noi!”

18. Maria a queste parole non replicò più nulla; noi ci incamminammo poi verso il bosco e arrivammo in breve tempo sul posto dove il nostro vicino, tutto solo, stava guardando i suoi cedri lambiccandosi il cervello su come avrebbe dovuto fare per farli diventare legname da costruzione.

19. D’un tratto egli ci scorse, ci venne incontro con molta cortesia e disse a Giuseppe: “O fratello, tu giungi davvero a proposito! Come sai, io avevo altrettanto urgente bisogno di un nuovo granaio quanto ne avevo del cassone che hai fabbricato per me. A tale scopo ci sarebbe qui del legname quale di più bello non se ne potrebbe trovare; sennonché preparare questo legname è una questione che mi ha dato già molti grattacapi! Io ho bensì pensato già varie volte a te, ma abbattere questi alberi colossali non è evidentemente lavoro per un maestro carpentiere e per i suoi lavoranti. Perciò finora non mi sono azzardato parlartene, quantunque abbiamo già qualche volta discusso assieme della necessità di costruire un nuovo granaio. Ma poiché oggi mi siete capitati proprio a tiro, diretti da questa parte certamente perché siete chiamati per qualche lavoro in montagna, io vorrei pur consigliarmi un po’ con voi riguardo a cosa sarebbe da fare nel mio caso”

20. Rispose Giuseppe: “Tu ti sbagli se credi che noi ci troviamo ora in cammino per andare a sbrigare qualche lavoro in montagna, ma noi siamo venuti appositamente qui per te per fare quello che ti sta tanto a cuore ma di cui non osavi parlarmi!”

21. Udendo questa cosa, il vicino ne fu immensamente lieto, e voleva addirittura discutere con Giuseppe la questione del costo.

22. Ma Giuseppe gli disse: “Quando il granaio sarà pronto, solo allora parleremo di costi e di compensi; adesso però lascia che ci mettiamo subito all’opera! Infatti il giorno durerà ancora alcune ore, e in questo tempo possiamo sbrigare ancora varie cose!”

23. Osservò il vicino: “Fate pure secondo la vostra migliore scienza e coscienza, perché io so molto bene quello che voi a volte siete capaci di fare anche in brevissimo tempo, in particolare il tuo figlio più giovane! Ma ecco che ormai abbiamo parlato già abbastanza!”

24. Chiesi Io: “Ebbene, credi alla Mia Forza interiore e alla Mia Onnipotenza?”

25. Rispose il vicino: “Maestro, e come non dovrei credere dopo le tante prove avute?”

26. Dissi allora Io: “Sta bene così! Badate però voi tutti di non divulgare prima del tempo quanto sto facendo! Ma quando questo tempo sarà venuto, voi lo apprenderete da Me. E adesso dateMi l’accetta, affinché Io possa abbattere subito questi dieci alberi!”

27. Io dunque presi l’accetta in mano, e con un solo colpo abbattei un albero di dimensioni tali che degli altri boscaioli avrebbero impiegato per lo meno una giornata intera.

28. Quando i dieci alberi si trovarono a terra, tutti furono colti da una sensazione stranissima, e Giuseppe disse ai suoi figli: “Voi tutti cominciavate a dubitare di lui, benché io già spesso vi avessi detto: ‘Colui che Dio ha eletto fin dalla culla, costui non viene mai più abbandonato da Dio’. Ed ora voi tutti vi siete convinti con i vostri propri occhi di come Dio sia ancora completamente e perfettamente con lui, e di come operi prodigiosamente! Ma perciò in avvenire non dovete avere più alcun dubbio sul suo conto; d’altro canto però non dovete rivelare a nessuno l’esistenza in lui di simili facoltà, perché egli sa bene la ragione per la quale vuole ora rimanere celato”.

29. Tutti furono allora concordi nel dare ragione a Giuseppe, e promisero solennemente che tanto su questo, quanto su ciascun altro prodigio, essi avrebbero conservato assoluto silenzio finché a Me stesso fosse così piaciuto».

 

[indice]

 

Cap. 229

Il gioioso pasto presso il vicino.

 

1. (Continua il Signore:) «Allora Io dissi: “Voi quattro prendete la sega e dividete ciascun albero esattamente in quattro parti nel senso della lunghezza!”

2. Osservò Joses: “Con la nostra sola forza umana avremo da fare per diverso tempo!”

3. Gli dissi Io: “Credete allora, e fate come vi ho detto!”

4. Allora i quattro presero la sega, la appoggiarono sul tronco, e dove appoggiavano la sega e cominciavano a segare, il tronco appariva già segato in tutta la sua lunghezza; in questo modo non passò molto, e i dieci grandi alberi furono divisi in quaranta parti.

5. Compiuto questo lavoro, Io dissi: “E adesso non vi resta altro da fare che togliere via dai tronchi con l’accetta le corone, cioè la parte superiore dei tronchi, affinché Io possa poi squadrare i tronchi stessi agli scopi della costruzione!”

6. I quattro si misero subito all’opera; uno lavorava d’accetta, e gli altri tre toglievano via i rami, che erano stati fatti a pezzi e che venivano destinati in parte a servire come legname da ardere e in parte ad essere trasformati in chiodi e cavicchi[36]. Quando anche questo lavoro fu terminato dopo circa un’ora, Io presi in mano di nuovo l’accetta e squadrai i quaranta tronchi, per così dire, d’un colpo solo e in maniera che fuori dalla parte grossa, verso la radice, si poterono ricavare da due a tre buone travi, mentre gli sciaveri[37] verso la corteccia rimasero tanto nettamente staccati dal tronco, da poter poi essere benissimo adoperati per pavimentare il granaio, mentre i più deboli per formare il tetto.

7. Terminato questo Mio lavoro, il quale esso pure non era durato più d’ora, noi stivammo in buon ordine le travi e gli sciaveri.

8. E condotto così a termine tutto il lavoro nel giro di alcune ore, Io dissi al vicino immensamente lieto e fuori di sé per la meraviglia: “Adesso dipende da te far trasportare al più presto possibile tutto questo materiale a casa tua, perché sulla pubblica strada Io non ti posso più aiutare per mezzo di prodigi! Ugualmente la costruzione del tuo granaio - quantunque accelerata - procederà in maniera del tutto naturale, poiché, come già detto, là dove possiamo essere scorti ed osservati da qualsiasi passante, Io non posso, né devo operare prodigi, e ciò perché la gente qui non ha alcuna fede ed è perversa e dura di cuore! Abbi dunque cura che tutto questo legname venga trasportato al più presto possibile nel luogo opportuno che tu già conosci, dato che tu certo meglio di tutti saprai dove vuoi che il granaio venga costruito. Ma considerato che ormai anche questo lavoro è sbrigato, noi adesso possiamo fare ritorno a casa”

9. Disse il vicino: “Sì, noi possiamo ritornare alle nostre case, e ciò con cuore tanto più lieto in quanto oggi è stato compiuto un lavoro che mi dava da pensare più di ogni altro. Stasera però voi tutti siete miei ospiti; io farò macellare e ben preparare il mio miglior vitello, e bisogna che l’invito venga esteso a chiunque dimori in casa di Giuseppe. Così pure conviene che il mio migliore vino concorra ad allietare la mensa, e noi vogliamo nel Nome di Jehova trascorrere in letizia questa serata fino a mezzanotte”

10. Gli dissi Io: “La tua idea è buona, anche in omaggio all’usanza antica vigente presso i costruttori edili; sennonché a casa tua giace gravemente ammalato il tuo più fedele servitore, e quindi sarebbe un po’ sconveniente sedere molto lieti a mensa accanto ad uno che è gravemente infermo”

11. Rispose il vicino: “Questo è bensì vero, però, come del resto tu non ignorerai, il giaciglio del servitore non si trova nella casa padronale, ma in quella destinata alla gente di servizio, che già mio padre fece costruire molto opportunamente, e perciò noi possiamo passare allegramente quanto vogliamo la serata nella mia casa spaziosa; dunque resta deciso così. La mia volontà certo non raggiungerà, né avrà mai in eterno la potenza della tua volontà; tuttavia questa volta, o Gesù, stimatissimo amico mio, mi devi concedere di far valere anche la mia volontà!”

12. Ed Io, mentre noi eravamo già incamminati sulla via del ritorno, gli dissi: “Certo, Io farò come tu dici! Infatti nessuno in tutto il mondo rispetta quanto Me la libera volontà degli uomini, e tu di Me non avrai mai udito che nel campo del bene Io Mi sia in qualche modo rivolto contro la volontà di qualcuno, ma invece avrai udito che Io Mi sono rivolto contro la stoltezza di tanta gente! Per conseguenza, come detto, anche questa volta come sempre farò secondo la tua buona volontà; però, in compenso, bisogna che tu pure faccia qualcosa che ora Io ti chiederò di fare.

13. Vedi, finora tu consideravi il tuo primo servitore il più fedele fra tutti. Ebbene, ora è venuto il momento di dirti che il tuo primo servitore a cui hai affidato tutto è invece proprio il più infedele. A vantaggio della propria tasca, egli durante un anno ha sottratto dal tuo cassone oltre cento moggi di frumento nonché altrettanto fra orzo, miglio, lenticchie e altro ancora, per venderli a dei mercanti greci che di notte passavano di qui. Tu ti accorgesti bensì degli ammanchi, ma non ti accorgesti del ladro che avevi in casa tua, e sospettasti invece di altri, e per tale motivo anche incaricasti noi di fabbricarti un cassone nuovo e solido da poter tenere molto ben chiuso. Questo però non stava affatto bene al tuo servitore, e vedi, fu sempre lui appunto la causa molto astuta e maliziosa per la quale noi fummo spesso ostacolati per delle settimane nell’ultimare il nostro cassone, perché egli si dava daffare per procurarci del lavoro altrove allo scopo che noi fossimo ostacolati nel compimento di questo incarico. Egli era convinto che il nuovo cassone avrebbe pregiudicato gravemente i suoi loschi affari, e quindi cercò in tutte le maniere di fare in modo che si continuasse ad usare quello vecchio il più a lungo possibile. Ora avvenne che ieri, nel pomeriggio, egli vide che il cassone nuovo avrebbe potuto facilmente venire terminato in giornata, allora lui si recò alla casa dell’altro vicino e vi appiccò il fuoco, volendo in tal modo impedirci di completare il nuovo cassone entro la giornata di ieri, poiché pensava di vendere a proprio vantaggio ancora una buona quantità di frumento, sottratto dal vecchio cassone, ai mercanti greci che erano già d’accordo con lui e che dovevano passare di qui la notte scorsa.

14. A questo punto, però, anche la sua mala misura si trovò colma, ed Io dissi in Me: ‘O perverso individuo, sei arrivato fin qui, ma non andrai più oltre!’. Ed egli, visto che sapeva molto bene il motivo per cui partecipava con tanto impegno all’opera di spegnimento, ebbe anche la meritata ricompensa. Ecco che ora tu sei perfettamente informato riguardo a come stanno le cose rispetto al tuo servitore da te reputato fedelissimo; ma adesso che cosa intendi fare?”

15. Rispose il vicino, sorpreso e sgomento nello stesso tempo: “Ma, o amici miei, perché queste cose me le avete tenute nascoste tanto a lungo? Se avessi potuto averne il benché minimo presentimento, lo avrei già da molto tempo dato in mano ai greci, e mi sarei così rimborsato del denaro che egli ha ricavato dalla vendita del mio frumento”

16. Gli dissi Io: “Per questo c’è ancora tempo, e vedrai che tu non ci rimetterai nemmeno uno spicciolo! Infatti il tuo servitore è un avaro, e tutto il denaro che ha guadagnato egli lo tiene ben custodito nel proprio armadio. Ora però si tratta che tu devi conformarti prima alla Mia Volontà, se oggi ci tieni ad averci tuoi ospiti. Ecco dunque: tu manterrai in servizio il tuo servitore, Io gli ridonerò la salute, gli rinfaccerò il suo perverso agire e gli farò delle serie ammonizioni; poi egli con gioia ti restituirà il tuo denaro fino all’ultimo centesimo, e dopo tu avrai in lui un servitore veramente fedele! Vedi, Io da lunghissimo tempo avevo previsto che gli avvenimenti si sarebbero svolti così, e per questo prima non ti dissi nulla, perché Io aspettavo che si presentasse il momento il più opportuno e utile tanto per lui, quanto per te. Sei contento così?”

17. Disse il vicino: “E chi non dovrebbe essere contento? Io non posso che ringraziarti, o maestro mio veramente divino, e giudice eccellente e in ogni modo giustissimo! Ma ecco un altro motivo per cui conviene che quest’oggi sia in casa mia una vera giornata di festa e che tutti coloro che qui si raduneranno abbiano a partecipare alla nostra gioia! Io però tutte le cose che ora mi hai detto, le terrò gelosamente custodite in me, e nessuno saprà mai nulla del modo in cui il mio servitore abbia agito verso di me!”

18. Ed Io gli dissi: “Sì, fa pure come hai detto; così sarai felice nel tempo e per l’eternità! Infatti chi al suo massimo nemico può perdonare di tutto cuore, a costui anche Dio perdonerà ogni peccato, per quanto grande!

19. Ma quando noi andremo a visitare il servitore gravemente ammalato, nessuno dovrà essere presente all’infuori di te e di noi che ora veniamo con te; e affinché la guarigione del servitore non dia troppo nell’occhio a nessuno, Io lo risanerò completamente solo da qui a circa otto giorni. Inoltre, dopo che saremo arrivati, tu vedi di occupare la tua gente con i preparativi del banchetto, e noi intanto tratteremo e definiremo la nostra questione col servitore”.

20. Arrivati alla dimora del vicino, egli dispose ogni cosa per bene; a casa nostra venne dato annuncio del festino, e ben presto si vide comparire la madre Maria accompagnata da alcune serve, ed esse pure aiutarono a preparare il banchetto che in un paio d’ore fu completamente allestito.

21. Noi invece questo tempo lo impiegammo a sbrigare la faccenda col servitore. Costui confessò ogni cosa, pregò noi e il suo padrone di perdonarlo, gli consegnò le chiavi dell’armadio dove teneva custodito il denaro e diede ampia assicurazione che, quando fosse risanato, avrebbe dedicato tutto il suo impegno a riparare il male fatto. Il vicino allora gli perdonò tutto e continuò a tenerlo al proprio servizio in qualità di suo primo servitore.

22. Poi ce ne andammo a prendere parte alla cena solenne ormai già apparecchiata, e là ci trattenemmo in perfetta letizia e serenità d’animo fino alla mezzanotte.

23. Vedete, queste furono le opere da Me compiute nel Mio ventesimo anno d’età, delle quali però ben pochi sapevano finora qualcosa.

24. Ma ecco che ormai va facendosi sera, e diversi farisei travestiti arriveranno quanto prima qui sul monte degli Ulivi; ora è bene che essi vengano serviti a dovere!».

 

[inizio]

FINE DEL SETTIMO VOLUME

 

 

INDICE

 

IL SIGNORE SUL MONTE DEGLI ULIVI

(Vang. Giov. cap. 8)

 

Cap. 1

Un sorgere del Sole e la sua rispondenza

Cap. 2

Le comitive di mercanti avanzano

Cap. 3

I superstiziosi mercanti di schiavi

Cap. 4

La conversione dei mercanti di schiavi

Cap. 5

La liberazione degli schiavi

Cap. 6

Del commercio e dell’usura

Cap. 7

Agricola procede all’interrogatorio di un capo-sacerdote

Cap. 8

Le abominevoli massime del Tempio

Cap. 9

La confessione del criminale apparente

Cap. 10

La confessione del capo-sacerdote

Cap. 11

La sentenza di Agricola

Cap. 12

Il pasto nell’albergo

Cap. 13

L’accenno di Agricola al Signore

Cap. 14

I nuovi ospiti nell’albergo e il loro trattamento

Cap. 15

Una spiegazione delle materializzazioni

Cap. 16

Il lavoro degli spiriti naturali adibiti alla formazione dei metalli - Il mistero del miracolo

Cap. 17

I Materiali originari della Creazione

Cap. 18

I sette Spiriti originari di Dio - La Redenzione

Cap. 19

Le “guerre di Jehova”

Cap. 20

La disarmonia dei sette spiriti nell’uomo

Cap. 21

Miracolo su miracolo

Cap. 22

La brama di sapere della giovane ebrea riguardo al Signore

Cap. 23

La domanda del romano riguardo al Messia

Cap. 24

Raffaele veste i poveri

Cap. 25

L’ipotesi della giovane ebrea sulla Persona del Signore

Cap. 26

Il sotterfugio dell’ebrea

Cap. 27

L’accenno del Signore alle profezie riguardo al Messia

Cap. 28

Spiegazione dei primi tre Comandamenti

Cap. 29

Il quarto Comandamento

Cap. 30

La critica di Hèlia al quarto Comandamento

Cap. 31

Il quinto Comandamento

Cap. 32

Il sesto Comandamento

Cap. 33

Il settimo Comandamento

Cap. 34

L’ottavo Comandamento

Cap. 35

Il nono e il decimo Comandamento

Cap. 36

L’importanza del controllo dei propri pensieri

Cap. 37

Povertà e ricchezza

Cap. 38

Sulla critica umana - Il consiglio del Signore di liberarsi da tutti i dubbi - La comunicazione interiore col Signore

Cap. 39

Le opinioni del giovane schiavo - Il futuro della Russia

Cap. 40

Lazzaro e Raffaele servono i forestieri

Cap. 41

Raffaele e i greci

Cap. 42

Un miracolo di Raffaele

Cap. 43

La domanda di Agricola sull’essenza di Raffaele - La benedizione della pazienza

Cap. 44

La luminosa apparizione notturna delle dieci colonne di nuvole

Cap. 45

L’apparizione nel cielo subisce un cambiamento, creando l’imbarazzo dei templari

Cap. 46

Nicodemo si reca sul monte degli Ulivi da Lazzaro

Cap. 47

Nicodemo si intrattiene con Lazzaro sull’apparizione luminosa

Cap. 48

Nicodemo davanti al Signore

Cap. 49

L’apparizione della vecchia e nuova Gerusalemme

Cap. 50

Il Signore spiega le apparizioni luminose

Cap. 51

Il passato e il futuro degli Ebrei

Cap. 52

Destino o libero arbitrio?

Cap. 53

Sulla misura del bene e del male

Cap. 54

La spiegazione della terza apparizione luminosa

Cap. 55

Perché la Parola di Dio appare una stoltezza ai sapienti del mondo - Solo un rinato nello spirito può comprendere la Sapienza di Dio

Cap. 56

L’essenza degli angeli - Amore e sapienza, cuore e intelletto

Cap. 57

La scala di Giacobbe - Dell’essenza dei sogni - L’anima nell’aldilà

Cap. 58

Anima e corpo - Condizioni nell’aldilà di un’anima materialista - La Luna e i suoi abitanti

Cap. 59

La vera adorazione di Dio

Cap. 60

I greci sulla via per il solo vero Dio

Cap. 61

Dall’alimentazione degli angeli a quella dell’Universo - Accenno al sesto e settimo libro di Mosè

Cap. 62

Il valore del libero arbitrio dell’uomo - Le esperienze dell’aldilà dei profeti - Del divenire beati

Cap. 63

Il popolo e i templari

Cap. 64

Il ringraziamento degli schiavi liberati

Cap. 65

La capacità visiva dell’anima dopo la morte

Cap. 66

La natura dell’anima e dello spirito - L’anima nell’aldilà

Cap. 67

Dei vari gradi di beatitudine delle anime perfette

Cap. 68

L’essenza degli angeli

Cap. 69

La potenza degli angeli - Rapporti tra spirito e anima - Rinascita

Cap. 70

Dell’essenza dell’aria

Cap. 71

L’essenza dello spirito

Cap. 72

L’essenza dell’etere

Cap. 73

Il puramente spirituale nella materia

Cap. 74

L’influsso dello spirito sulla materia

Cap. 75

Lo spirito, la forza più interiore

Cap. 76

La liberazione dalla materia

Cap. 77

Il processo della conversione interiore nell’uomo

Cap. 78

Racconto dell’albergatore della valle sugli avvenimenti nel Tempio

Cap. 79

Il popolo rivela gli orrori dei farisei

Cap. 80

La richiesta del betlemita agli scribi

Cap. 81

Il vecchio rabbi racconta la storia della decadenza del popolo ebraico

Cap. 82

Il discorso pacificatore di Nicodemo al popolo

Cap. 83

La riunione del consiglio dei farisei

Cap. 84

La scissione nel Sinedrio

Cap. 85

Il giusto digiuno e la giusta preghiera

Cap. 86

I servitori del Tempio, travestiti, presso Lazzaro

Cap. 87

I templari vanno in pellegrinaggio da Nicodemo

Cap. 88

Il discorso di Nicodemo ai templari

Cap. 89

Il racconto dei due romani sulla forza del nubiano

Cap. 90

I due romani ammoniscono i templari a guardarsi dalla Potenza del Signore

Cap. 91

Il provvedere alla vita affidandosi alla Volontà del Signore - Il diluvio materiale e spirituale

Cap. 92

Del bene operare - La guida degli uomini da parte della Provvidenza divina

Cap. 93

Il male e il suo giudizio

Cap. 94

Sulla pena di morte

Cap. 95

I tre maghi dall’India e i loro prodigi

Cap. 96

Raffaele smaschera i maghi

Cap. 97

L’autodifesa del mago principale

Cap. 98

La confessione del mago principale

Cap. 99

La chiamata degli indiani a Dio rimasta inascoltata

Cap. 100

La vera via che conduce a Dio

Cap. 101

Degli insegnamenti religiosi indiani

Cap. 102

Il grande presentimento dei tre maghi - Il prodigioso trasporto del diamante

Cap. 103

La via per il completamento della vita

Cap. 104

La colpa dei maghi

Cap. 105

Il mago chiede la via della rivelazione dall’Alto

Cap. 106

La guida del popolo indiano

Cap. 107

La Rivelazione in India

Cap. 108

La brama dei maghi per il vero Dio

Cap. 109

Tutto a suo tempo! Il Signore e il Suo Ordine eterno ed immutabile

Cap. 110

Il violento vento del Nord e il suo scopo - Il Mar Morto

Cap. 111

I dubbi del mago indiano

Cap. 112

La diversa conformazione di tutto il Creato

Cap. 113

La necessità della diversità di tutto il Creato

Cap. 114

La Terra quale organismo

Cap. 115

Il buono scopo degli alberi velenosi in India - Lo sviluppo della Terra - Il periodo delle migrazioni dei mari

Cap. 116

La ricerca della verità

Cap. 117

Natura e sede della verità - La ricerca della verità da parte dei tre maghi

Cap. 118

La missione del Messia - Il dibattito tra i maghi

Cap. 119

I fenomeni vulcanici nella zona del Mar Morto - Agricola vede i Sodomiti di un tempo nel regno degli spiriti - Il grado di beatitudine degli spiriti

Cap. 120

Le domande di Agricola sul modo di guidare gli uomini

Cap. 121

La guida dell’umanità - Riconoscimento, intelletto e libera volontà

Cap. 122

I maghi riconoscono il Signore

Cap. 123

L’accoglienza della Parola del Signore in India

Cap. 124

Chiamati ed eletti

Cap. 125

La critica del mago alla parabola delle mine affidate ai servi

Cap. 126

L’istruzione giusta è quella che corrisponde alle diverse attitudini dei bambini - L’educazione interiore desta lo spirito

Cap. 127

Il Regno di Dio

Cap. 128

L’ubicazione dei Cieli

Cap. 129

La sfera d’azione degli apostoli e dei figli di Dio nell’aldilà

Cap. 130

La partenza verso Emmaus

Cap. 131

Sulla via di Emmaus

Cap. 132

Il Signore e la mendicante

Cap. 133

I fanciulli mendicanti di Emmaus

Cap. 134

Il Signore presso la famiglia povera

Cap. 135

Agricola e i pastori

Cap. 136

Il colloquio del Signore con Nicodemo riguardo ai poveri

Cap. 137

I curiosi cittadini di Emmaus

Cap. 138

L’arrivo dei sette figli dell’Alto Egitto - Le parole con cui l’egiziano riconosce il Signore - Della giusta nutrizione

Cap. 139

Entrambi i romani riconoscono il Signore - L’esortazione del Signore a non manifestarLo prima del tempo davanti al mondo

Cap. 140

La destinazione dell’uomo - Lo scopo dell’incarnazione del Signore

Cap. 141

L’amore indulgente di Dio per gli uomini - La posizione dell’uomo di fronte a Dio - La vera umiltà - La vera adorazione di Dio - La remissione dei peccati

Cap. 142

La forma e lo spirito delle creature

Cap. 143

Sulla collina presso Emmaus

Cap. 144

I farisei visitano Nicodemo

Cap. 145

Il capo degli egiziani svela i pensieri dei farisei

Cap. 146

La punizione del ricco Barabe

Cap. 147

La promessa dei farisei - I miracoli costringono a credere in Dio, mentre la Dottrina porta al libero e autonomo convincimento della verità

Cap. 148

Raffaele svela i peccati dei farisei

Cap. 149

Il prodigio convincente di Raffaele

Cap. 150

L’essenza interiore dell’uomo

Cap. 151

La guida divina degli uomini

Cap. 152

La diversità dei doni dello Spirito

Cap. 153

L’espiazione dei farisei

Cap. 154

Il Signore e i farisei

Cap. 155

I tre gradi della completezza interiore della vita

Cap. 156

Sulla vita di clausura e da eremita - Lo scopo delle tentazioni

Cap. 157

Come devono essere costituiti il vero pentimento e la vera penitenza

Cap. 158

Della giusta accortezza e prudenza

Cap. 159

La vista spirituale degli abitanti dell’Alto Egitto

Cap. 160

Fede e visione - Del processo di sviluppo spirituale dell’abitante dell’Alto Egitto

Cap. 161

La rivelazione interiore dell’egiziano

Cap. 162

Abramo compare davanti ai templari

Cap. 163

Mosè ed Elia ammoniscono i farisei appena convertiti

Cap. 164

Un miracolo di velocità di Raffaele

Cap. 165

Il Signore invia in patria i mercanti di schiavi

Cap. 166

L’invio dei settanta operai in qualità di messaggeri del Salvatore. (Luca cap.10)

Cap. 167

Il compito dei settanta inviati

Cap. 168

Consigli del Signore ad Agricola per il ritorno in patria - La fede e la fiducia devono venire rafforzate mediante l’esercizio - Lo stato di maturità per l’accoglienza dei doni della Grazia

Cap. 169

Le esortazioni del Signore ai giovinetti dal Settentrione - Degli angeli - Cielo e inferno - L’essenza della vita spirituale interiore

Cap. 170

La carovana di mercanti da Damasco

Cap. 171

Il Signore spiega il secondo capitolo di Isaia

Cap. 172

Il Signore spiega le immagini di Isaia per il tempo futuro. (Isaia 2,1-5)

Cap. 173

Sul modo apparentemente ingiusto di guidare gli uomini

Cap. 174

Spiegazione di Isaia 2,6-22 - Le Rivelazioni di grazia della nuova luce

Cap. 175

Spiegazione del terzo capitolo di Isaia - Le condizioni per una comunità ordinata

Cap. 176

Il crollo dei falsi edifici religiosi indicato da Isaia 3,6-27

Cap. 177

Ambizione, orgoglio e umiltà

Cap. 178

Il Signore si interpone e appiana il litigio tra i mercanti di Damasco e gli albergatori di Emmaus

Cap. 179

Un piccolo Vangelo ai damasceni

Cap. 180

Il Signore risuscita una vedova morta

Cap. 181

Il ritorno sul monte degli Ulivi - La pigrizia è il peggiore dei mali

Cap. 182

Uno strano sorgere del Sole

Cap. 183

La causa dei soli gemelli

Cap. 184

Il Signore spiega il fenomeno dei due soli gemelli

Cap. 185

Le disposizioni del Signore per la visita al Tempio

 

 

IL SIGNORE E I SUOI OPPOSITORI

(Vangelo di Giovanni, capitolo 9)

 

Cap. 186

La guarigione davanti al Tempio del nato cieco. (Giov. 9,1-34)

Cap. 187

Il Signore parla con il guarito e con i farisei. (Giov. 9,35-41)

Cap. 188

Il Signore illumina le contraddizioni dei farisei

Cap. 189

Un fariseo spiega la sua visione del mondo

Cap. 190

La vita eterna delle anime

Cap. 191

Un nuovo piano dei templari per catturare il Signore

Cap. 192

I farisei tentano di catturare il Signore. (Matteo 21,3-32)

Cap. 193

La parabola dei vignaioli. (Matteo 21,33-41)

Cap. 194

La domanda dei farisei riguardo al Regno di Dio. (Matteo 21,42-46)

Cap. 195

La parabola del re e del suo banchetto nuziale. (Matteo 22,2-14)

Cap. 196

La questione del tributo. (Matteo 22,15-22)

Cap. 197

Gesù e i sadducei - Il matrimonio in Cielo. (Matteo 22,23-33)

Cap. 198

Il Signore domanda ai farisei la loro opinione riguardo a Cristo - L’essenza dell’uomo - Della triplice essenza di Dio

Cap. 199

Il discorso del Signore sugli scribi. (Matteo 23,1-12)

Cap. 200

L’inveire del Signore contro i farisei

Cap. 201

Il Signore esorta il popolo alla calma - Il non rispetto dei Comandamenti e le conseguenze negative già previste nell’immutabile Ordine di Dio

Cap. 202

La libertà di volere dell’uomo - Impazienza umana e Indulgenza di Dio - Scopo delle Rivelazioni divine

Cap. 203

L’avvenire di Gerusalemme. (Matteo 23,34-39)

Cap. 204

Il Signore con i Suoi di ritorno sul monte degli Ulivi

 

 

DEGLI ANNI GIOVANILI DEL SIGNORE

 

Cap. 205

Giuseppe nega i suoi servizi ad un greco

Cap. 206

L’atteggiamento del Signore, all’età di vent’anni, con i sacerdoti

Cap. 207

Il Signore, all’età di vent’anni, fornisce prove della Sua Onnipotenza

Cap. 208

La sosta durante il viaggio presso l’albergatore greco

Cap. 209

Gli insegnamenti in cima al monte

Cap. 210

Il viaggio a Tiro

Cap. 211

Il nuovo incontro con Cirenio

Cap. 212

Nel palazzo di Cirenio

Cap. 213

Sulla vera adorazione di Dio - Gesù quale prototipo degli uomini

Cap. 214

La libertà di volere dell’uomo

Cap. 215

L’educazione dell’umanità

Cap. 216

La critica del romano sulle condizioni terrene

Cap. 217

Lo scopo di Dio con gli uomini

Cap. 218

Un racconto degli spiriti sull’aldilà

Cap. 219

La vita di Giulio Cesare nell’aldilà

Cap. 220

Del credere per fede e del credere dopo aver visto

Cap. 221

Adamo ed Eva, i primi uomini della Terra - I preadamiti

Cap. 222

Più aumenta il progresso materiale, più diminuisce quello spirituale - Non dedicarsi eccessivamente al benessere del proprio corpo, ma dedicarsi completamente al miglioramento della propria anima

Cap. 223

La via per la completezza spirituale

Cap. 224

L’arrivo a Nazaret

Cap. 225

La morte del rabbi

Cap. 226

L’incendio nella casa vicina

Cap. 227

La misericordia di alcuni cittadini

Cap. 228

Nel bosco del vicino

Cap. 229

Il gioioso pasto presso il vicino

 

[inizio]

[home sito]  [home GVG]  [home Lorber]

 



[1] “davano spazio e forma ai loro pensieri” significa “esprimevano i loro pensieri”, ed è proprio un esempio del loro modo di parlare. [Ndr]

[2] Isaia 7,14.

[3] Isaia 9,5.

[4] Isaia 25,9.

[5] Isaia 40,3 / 40,5

[6] Isaia 40,10 / 40,11

[7] Zaccaria 2,14-15.

[8] Isaia 42,6 / 42,8

[9] Geremia 23,5-6.

[10] L’ebraico distingue: Tu (uomo) devi! Tu (donna) devi!

[11] Hèlia sta parlando a nome di tutti. [Ndr]

[12] agatodemone = spirito buono, benefico spirito protettore.

[13] per adoni e veneri si intendono persone belle e vanitose. [Ndr]

[14] Latino: “Festina lente”, che significa “L’agire velocemente deve essere sempre accompagnato da adeguata riflessione”. [Ndr]

[15] Visitazioni: castighi del Signore. [Ndr]

[16] L’attuale stato d’Israele appartiene anche ai Palestinesi che vi abitavano prima dei rifugiati ebrei, e che fino ad ora non hanno rinunciato a rivendicare tale territorio come loro patria. [Ndr]

[17] Coboldo: nella mitologia tedesca, spiritello scaltro e malizioso, custode dei tesori nascosti. [Ndr]

[18] Pdolomeuze: agrimensori, ossia coloro che esercitano l’arte di misurare e dividere i terreni, rappresentandoli su una mappa. [Ndr]

[19] Arcadici: dell’Arcadia, regione della Grecia. [Ndr]

[20] Nodo gordiano: nodo complicato col quale Gordio, mitico re della Frigia, attaccava il giogo del suo carro. Chiunque fosse stato in grado di disfare tale nodo sarebbe diventato re di tutta l’Asia. Ci riuscì Alessandro Magno che tagliò la fune. [Ndr]

[21] con “quasi” vengono sottintesi, per quanto riguarda ad esempio la figura, i gemelli monovulari. [Ndr]

[22] Furie: spiriti femminili di giustizia e vendetta. Venivano rappresentate con testa di cane, ali di pipistrello e occhi iniettati di sangue, stringendo nelle mani pungoli di bronzo. [Ndr]

[23] mina = antica moneta greca di metallo pregiato. Corrisponde a 100 dracme. Come unità di peso = 500 grammi. [Ndr]

[24] talento = antica moneta equivalente a 60 mine. [Ndr]

[25] Agrimensura: arte di misurare, dividere i terreni e descriverli nella mappa. [Ndr]

[26] Enoch: l’arcangelo Raffaele. [Ndr]

[27] Cfr. capitolo 4, verso 8. [Ndr]

[28] Stoicismo: si tratta della dottrina filosofica degli stoici, del loro maestro Diogene, in cui tutto - dalla più tremenda tortura al più grande piacere sensuale - deve essere affrontato con la massima indifferenza, in impaziente attesa della morte e dunque di “non esistere più”. Lo stoicismo, inoltre, nega la continuità della vita dopo la morte del corpo. (GVG/5/173; GVG/8/184). [Ndr]

[29] si riferisce al divieto che aveva dato il Signore di mescolarsi con le popolazioni locali. [Ndr]

[30] cfr. capitolo 51, verso 14. [Ndr]

[31] significa “credere più agli accusatori che a Gesù”. [Ndr]

[32] la frase contenuta nelle parentesi quadre è stata aggiunta da Lorber. Nota tedesca.

[33] nel Vangelo canonico, dopo Giovanni, cap. 9, v. 41, segue il capitolo 10. È questo Capitolo decimo che intende il Signore. [Ndr]

[34] Aneto = erba aromatica. – Cumino = pianta dai cui frutti si ricava un liquore. [Ndr]

[35] cioè dal Suo dodicesimo anno.

[36] Cavicchi: cunei di legno usati per turare i fori lasciati dai chiodi nelle travi e nelle tavole. [Ndr]

[37] Sciaveri: tavole a sezione circolare, ottenute da un tronco dopo averlo segato longitudinalmente. [Ndr]